La penombra del tramonto

di apeirmon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Consapevolezza ***
Capitolo 3: *** A Musubi ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


Nickname su EFP e sul forum: apeirmon
Titolo: La penombra del tramonto
Personaggi: Taki; Mitsuha; Tsukasa; Yotsuha; Oshiro Manabu; Toshiki; Hitoha
Pairing: Mitsuha-Taki; Futaba-Toshiki; Hitoha-Manabu
Sentimento e Ending: empatia, bad ending
Introduzione: [“Kimi no na wa. YOUR NAME.”, lungometraggio e romanzo]
Cinque anni dopo l’impatto della cometa, la sensazione di incompletezza avvia una ricerca inconsapevolmente condivisa. Entrambi i metodi saranno dettati dal passato e dal carattere dei cercatori, ma la sensazione che li guida è una.
Ho rielaborato informazioni esclusive del romanzo, facendo riferimenti al giapponese per mantenere lo stile tradizionale delle vicende di Itomori.
[Storia partecipante al contest L'oscurità prima dell'alba indetto da Ayumu Okazaki & AriaBlack sul forum di EFP]
 
Note dell’autore: Erano sette anni che non piangevo. Mi sono commosso guardando altri anime, ma è la prima volta che rido mentre mi commuovo. È successo quando Taki ha visto la vita di Mitsuha, quando si sono incontrati di persona durante il tramonto e quando si sono ritrovati sui treni. Scrivo queste note prima di finire il film, fattomi conoscere da Ayumu Okazaki e Aria Black, che ringrazio di cuore per questo. Ho riconosciuto più metafore, ma sono rimasto spontaneamente a bocca aperta leggendo al posto del nome “Taki” sulla mano di Mitsuha, un’etichetta, l’amore che è realmente.
Questo secondo capoverso lo aggiungo appena finito di raccogliere informazioni dal romanzo da usare eventualmente, che riporto sinteticamente in seguito. Ho deciso di adottare lo stile del regista e autore, Shinkai Makoto, nell’usare la prima persona e cambiare il punto di vista tra i due protagonisti anche senza cambiare scena.
Informazioni
Lacrime al risveglio, panorami, kumihimo regalato nella stazione di Yotsuya, superiorità di Yotsuha rispetto a Mitsuha, villaggio di Itomori a Hida, rete radiofonica nelle case, Hitoha ottantaduenne con kimono antico, cometa a un mese dall’inizio, amicizia di 10 anni con Teshigawara Katsuhiko e Natori Sayaka, padre di Teshi nell’edilizia, “kasogaredoki” era “katawaredoki”, Teshi non trascina le questioni, randagio, intelaiatura del kumihimo, incendio di Mayugorou 200 anni prima, il compito del tempio di Miyamizu è rendere i significati alla formalità, Mitsuha si vergogna a fare il kuchikamisake, Yotsuha ha talento economico, la sacerdotessa è ordinatissima, Tsukasa e Takagi sono interessati all’arte edile, Taki ricorda l’odore degli anziani di casa di qualcuno, musubi=legame è l’antico nome del dio di Itomori, per tornare da Kakuriyo bisogna cedere qualcosa di importante, l’uomo del ramen accompagna Taki al tempio, la cometa ha già distrutto un villaggio più volte ed è stata rappresentata come un drago e un nastro, Taki considera Teshi un ottimo amico, Taki sente i sapori più buoni nel corpo di Mitsuha, la cometa è verde smeraldo, ognuno avverte la memoria del sistema nervoso dell’altro, Sayaka ritiene gli amici in debito dalla trasmissione di allarme, Taki si è separato dalla madre poco prima di vedere la cometa, l’enormità spazio-temporale del ciclo della cometa aveva disabituato Taki alla quotidianità, Miyamizu Toshiki ha obbligato una prova di evacuazione, qualcosa ha ravvivato l’interesse di Taki per Itomori anni dopo gli scambi, Okudera si è fidanzata.

La penombra del tramonto

Incontro

Non ricordavo che la stazione di Yotsuya sia tanto affollata. Tsukasa scende dopo di me, e insieme ci avviamo all’uscita.
- Sicuro di voler fare le ricerche sul Castello Imperiale con questo caldo? Le previsioni hanno anche annunciato pioggia per stasera.
- Non mi ci vorrà molto. - rispondo. - Devo approfittarne finché ho l’ispirazione.
- Come vuoi. Allora ci sentiamo domani.
Sollevo una mano verso Tsukasa, mentre si dirige al parcheggio.
Non mi piace molto venire a Chiyoda: tutti quegli uffici, associazioni formali e governative, per non parlare del castello Edo che costituiva la mia meta, stonano con il ceto sociale in cui mi identifico. Ma, sebbene manchi più di un anno e mezzo alla mia laurea, voglio cominciare a raccogliere informazioni per la tesi sull’architettura nobiliare del Giappone. E oggi è il giorno adatto.
__________
Yotsuha ha ancora gli occhi rossi per il pianto.
Io mi sono preparata: a ottantotto anni c’era da aspettarsi che non le restasse molto tempo. Ma la mia sorellina non aveva detto nulla da quando era arrivata la chiamata di papà. L’incidente, il trasferimento a Tokyo, la morte della mamma… Erano stati tutti molto più improvvisi per lei che per me. Lei doveva essere così carica di stress per i cambiamenti traumatici che avevamo condiviso da non potersi permettere di prepararsi ad [NdA: “d” eufonica voluta per riprendere il linguaggio arcaico di Itomori] un ennesimo. Non ero immune dal malessere nemmeno io, ma preoccuparmi per lei mi distrae quanto riesco.
Eravamo sull’autobus che portava i pendolari al villaggio in cui eravamo cresciute. So che potrei vederlo dal sentiero su cui stiamo passando, ma vedrei anche il lago.
Il nuovo lago.
La nonna sperava che le tradizioni di Itomori potessero mantenersi in vita se la nostra famiglia, le Miyamizu, le avesse protette, interpretando e trasmettendo il significato degli usi ormai rituali. Adesso, il tempio che simboleggiava questo proposito era servito a nutrire alghe o altri organismi sul fondo del lago, insieme a una decina di quartieri che attraversavo ogni giorno.
Un brivido: non mi ero mai accorta tanto della possibilità che tutto quello che forma la tua vita, che per te è importante, può svanire quando meno te lo aspetti.
Fortuna che i ricordi rimangono.
__________
Non conoscendo bene il quartiere, uso il navigatore per evitare di perdermi.
Sto costeggiando una casa a due piani, fuori posto tra due palazzi di altezza almeno quadrupla, in una via priva di alberi o aiuole. Neanche un vaso. Dovrei esserci abituato, vivendo in una delle più grandi metropoli al mondo, ma all’improvviso mi sento a disagio, come se iniziassi a soffocare.
Ho bisogno di un paesaggio di montagna, immerso nel verde. Ho bisogno di rivedere Hida. Rivedere? Ricordo di esserci stato, ma quando ci sono stato [NdA: ripetizione dovuta al discorso diretto interiore, se qualcuno avesse dubbi]? Non era una gita, né sono andato con la mia famiglia… Aspetta! Tsukasa e Okudera-senpai mi hanno accompagnato lì tre anni fa. Sono andato al villaggio colpito dal meteorite, come si chiama? …Itomori! Stavo cercando qualcosa, no, qualcuno. Quale era il suo nome?
A un tratto ricordo tutto: il kumihimo, Teshigawara e Sayaka, i due bar adiacenti, il sindaco, il mio piano, la sorellina terrorizzata, il tempio nella grotta, il katawaredoki...
- Mitsuha! Devo trovare Mitsuha, sapere se sta bene, se è sopravvissuta!
Mi volto e comincio a correre verso la stazione. Non so come ritrovarla, esattamente, ma farò un altro viaggio per sapere se lei, un suo familiare o un amico abita ancora lì.
Non so perché me ne sono ricordato adesso, ma mi devo sbrigare prima che tutto questo finisca. Devo ritrovarla, devo ritrovare…
Mi fermo. La mia memoria si ferma. Per un attimo anche il mio cuore. Non ho avuto neanche il tempo di scriverlo come promemoria. Non ricordo più  dove volevo andare o perché. So solo che voglio ricordare quanto voglio vivere.
Premo sulle mie tempie, cercando di sforzare il più possibile i neuroni. Perché ho smesso di cercare il castello e sono tornato indietro? Non ho nemmeno superato…
Mi volto di nuovo. Tra i due palazzi c’è ancora un’abitazione a due piani. Ripercorro il marciapiede. Man mano che mi avvicino, i ricordi riaffiorano sempre più nitidi.
Mi avvicino alla porta in marmo laccato in smeraldo. Affianco, sul muro grigio, noto un campanello con tanto di targa identificativa: “Oshiro”.
- Forza, Taki, è la tua unica occasione!
__________
La fermata dell’autobus è ancora la stessa, dopo l’incidente. Il randagio che si faceva coccolare da Teshi è deceduto, anche lui, poco prima che mettesse da parte abbastanza soldi per un appartamento a Tokyo da condividere con Saya-chin. Suo padre aveva guadagnato parecchio dall’estensione del lago, e Teshi ne aveva approfittato per sfuggire a una vita nell’edilizia.
Avevano anche cominciato il rapporto che avevo sempre desiderato per loro. Ma io ne avevo perse due: non sapendo spiegare come avessero anticipato la scissione della cometa, molti nel villaggio si erano tenuti alla larga da loro e dalla mia famiglia.
Nostro padre aveva perso le elezioni e la possibilità di vincerne in futuro, nonostante avesse ordinato lui l’evacuazione che aveva salvato un terzo di Itomori. Secondo loro, ero stata io ad avvertirli, ma non mi ricordo nulla. I miei migliori amici si sono allontanati da me senza dirmelo direttamente, poco a poco. Non so nemmeno se abbiano creduto che non ricordavo perché sapessi che la cometa si sarebbe divisa, o che lo sapessi. Penso di essere diventata un presagio di sventura, specialmente per Saya-chin. Il giorno dopo l’impatto era terrorizzata.
Dopo che la casa della nonna è stata distrutta, ho solo avuto il bisogno inspiegabile di andare a Tokyo. Mio padre era troppo sconvolto per impedirmelo. Capiva che l’aver salvato molte famiglie non avrebbe protetto la reputazione della nostra dai pettegolezzi, poiché se il modo per salvarle non era spiegabile, l’avrebbero temuto.
Io e Yotsuha restammo da lui giusto il tempo per farmi prendere, con molta più fatica di prima, il diploma. Aveva preparato il trasloco in anticipo, così che potessi cercare un lavoro e far studiare Yotsuha lì. Non aveva i soldi per un altro appartamento, quindi è rimasto al villaggio. Sono stata fortunata ad essere assunta per il ricamo di kimono da donna. I guadagni mi permettono di continuare a vivere in città e pagare gli studi a Yotsuha. Anche per questa capacità devo ringraziare la nonna, che mi ha insegnato l’arte del kumihimo.
- Onee-chan. Onee-chan! – mi chiama una voce vagamente rauca.
Non mi ero accorta di aver superato la casa di mio padre.
__________
- Chi è? – sento la voce sbrigativa di un anziano rispondermi da dentro.
- Mi chiamo Tachibana Taki. Vorrei parlare con Lei, se mi dedica qualche minuto.
La porta si socchiude lentamente. Si affaccia un uomo alto e magro, con corti capelli grigi e una calvizie avanzata. La pelle è piuttosto distesa e il naso lungo e affilato.
Ma, soffermandomi sugli occhi, ho la certezza, incontrastabile dal raziocinio, di guardare uno specchio. Sono abbastanza ampi e decisi da contenere le ingiustizie e il dolore che esprimono ancora. Per un momento, individuo due linee ai lati del naso lungo cui sono scese, ne sono sicuro, molte lacrime.
- Chi?
- Tachibana Taki. Ascolti… Oshiro-san, forse potrà sembrarle trano quello che le sto per chiedere, ma: - inspiro - cerco informazioni sul caso della cometa che si è spaccata tre anni fa, distrugge… Aspetti!
Blocco la porta con la scarpa per evitare che si richiuda.
- Non avete proprio notizie da cercare! Tokyo è grande, ragazzino: sono sicuro che potrai lavorare in modo più dignitoso altrove!
- Non sono un giornalista! Voglio solo ritrovare la mia amica! Miyamizu Mitsuha!
L’uomo spalanca la porta.
- Chi?!
__________
Nostro padre spalanca la porta. Poi gli occhi.
- Mitsuha, Yotsuha. Siete tornate.
- Papà!
Mia sorella lo abbraccia scoppiando in lacrime e lui la stringe a sé.
- Come stai? - gli chiedo.
- Adesso molto meglio, grazie. Vostra nonna è nello washitsu, venite.
Lo seguiamo per mezzo corridoio prima di trovare una bara sul chabudai. Mi accorgo di non riuscire ad entrare. La nonna trasmette saggezza e benevolenza: lì dentro non c’è nessuno che lo faccia.
Yotsuha si avvicina immediatamente, invece, lasciandomi sulla soglia.
- Mitsuha.
Osservo l’uomo che ho disprezzato per metà della mia vita. È passato solo un anno e mezzo dall’ultima volta che l’ho visto, ma sembra invecchiato nettamente. Le sue rughe trasmettono rimpianti, le sue occhiaie sacrifici e i ciuffi di capelli grigi insoddisfazione. Non ha trovato niente di quello che cercava dalla vita.
- È merito tuo se questo villaggio esiste ancora. Voglio parlarti di Futaba. È qualcosa che neanche tua nonna sapeva. Forse può aiutarti a capire cos’è successo sei anni fa.
Rimango impietrita. E me lo dice adesso?
- Quando era ragazza, tua madre si comportava in modo strano per intere giornate, una o due volte alla settimana. Diceva di essere un ragazzo di Tokyo e Hitoha le credeva. Io le dicevo di farle controllare il cervello, ma non mi ha mai ascoltato.
- Nemmeno io voglio ascoltarti mentre ci dai delle pazze. - gli rispondo freddamente.
Inizio ad avvicinarmi a Yotsuha, ma la frase successiva mi ferma.
- Ho visto un’altra persona in te, il giorno dell’incidente.
Lo guardo incredula: come può un’affermazione simile essere uscita da quella bocca?
- Stai scherzando? Non stai dicendo che qualcuno mi ha posseduta?
- Quando sei venuta a dirmi che la cometa si sarebbe divisa, ho preso il telefono per chiamare un’ambulanza, ma mi hai aggredito prima che ci riuscissi. Non eri tu.
Sono stravolta. Qualcuno prendeva il controllo del mio corpo? Assurdo! Aver perso tutto doveva aver tolto la lucidità a mio padre. Eppure, spiegherebbe il mio vuoto di memoria e gli strani comportamenti di cui mi hanno parlato Saya-chin, Teshi e Yotsuha. Inoltre, sento un legame con qualcuno, ma non so chi.
- Non mi aveva ancora insegnato a fare i…il kumihimo. – dice Yotsuha tornando indietro mentre si asciuga gli occhi. Poi mi guarda: - Tu non vai a salutarla?
Guardo lei, poi papà, poi di nuovo lei, ancora confusa. - Sì, adesso vado.

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Capitolo 2
*** Consapevolezza ***


Consapevolezza

Mi avvicino alla bara a passo lento, attenta ad ogni impressione che ricevo vedendo i lunghi capelli grigi, insolitamente sciolti, e il suo kimono cerimoniale preferito.
Quando arrivo vicino al chabudai, guardo quel corpo immobile, ma nient’altro: dentro non c’è nessuno, come se avesse scambiato l’anima con il nulla. Lei avrebbe detto di aver attraversato il fiume che ci separa da Kakuriyo. Non mi serve restare qui: il musubi si è formato tra le nostre anime. Ritorno verso il corridoio.
- La tua bontà è troppo importante per scambiarla. Non tornare indietro.
_________________
Passo accanto a una porta in ferro molto calda, prima di essere invitato a sedermi sul divano in soggiorno. Il mio ospite va in una stanza adiacente.
- Hai sete? Ho acqua, sakè, spremuta di pompelmo…
- Del sakè, grazie.
Il signor Oshiro esce dalla cucina con due bicchieri in mano. - Lo sapevo.
Quando me lo porge, prendo il bicchiere, poi aspetto che si sieda davanti a me.
- Anche Lei faceva dei sogni da ragazzo? Sogni in cui diventava un’altra persona?
- Non erano sogni. Si tratta di un cambio di punto di vista della coscienza dovuto a una liberazione profonda dal conscio quando dormiamo molto pesantemente, a un particolare tipo di energia oscura e, credo, a tratti che si trasmettono nel genoma femminile della famiglia Miyamizu.
Sbatto le palpebre più volte: le scienze non mi sono mai piaciute.
- Cosa intende con “energia oscura”?
- Noi fisici chiamiamo così l’energia che non rileviamo con la tecnologia attuale, e occupa quasi tutto l’universo conosciuto. Il meteorite che è caduto a Itomori è costituito da elementi conosciuti sulla Terra, ma se sottoposto a calore e pressione adeguati, mostra anomalie che nessuna legge fisica accettata ammette. Non riesco a provarlo, ma deve aver portato sul pianeta un’energia ignota alla scienza.
Deglutisco un sorso di sakè poco prima che mi vada di traverso.
- Sta dicendo che ha dei campioni di quel meteorite?
- E perché credi che ti sia tornata la memoria? Ragazzo, usa la testa! Mio figlio mi ha ritenuto uno scienziato pazzo per quasi tutta la sua vita, ma mia nipote è una ragazza dolcissima e di ampie vedute. Si è laureata da due anni in geologia e mi ha procurato vari campioni da uno scavo. Ora sono nel forno apposito che ho nella stanza accanto.
Sono sempre più sbalordito e affascinato.
- Come ha capito quale è il modo per riavere i ricordi?
- Non è la prima volta che la Cometa di Tiamat lascia una parte di sé sulla zona di Itomori. Un altro pezzo è immagazzinato vicino a una camera magmatica sotterranea, a quanto ha scoperto mia nipote, così ho riprodotto pressione e temperatura a cui era sottoposto, sperando che fossero quelle a mantenere i ricordi. Ha funzionato.
Prendo una decina di secondi per riordinare le idee.
- Ma… quando ho perso la memoria l’ultima volta mi trovavo a Itomori. Perché non ho continuato a ricordare?
- Continuato? Vuoi dire che quando sei andato lì, ricordavi tutto?
- Sì, perché? Lei no?
- La memoria si cancellava dopo qualche ora dal risveglio e allora era molto più lungo un viaggio da Kanto a Hida, per non parlare dell’assenza di trasporti nel villaggio. - Fa una pausa, prima di guardarmi quasi supplichevole. – L’hai incontrata?
Lo osservo, prima di rispondere: quest’uomo non è mai riuscito a incontrare la sacerdotessa, anche se deve aver dedicato tutta la vita a quelle ricerche, allontanando suo figlio e perdendo credibilità professionale.
Mi sento fortunato ad aver parlato con Mitsuha, anche se per pochi minuti.
- No, ho perso i ricordi prima di riuscirci. – mento.
Lui chiude gli occhi con una smorfia: - Peccato. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa avrei provato. Ad ogni modo [NdA: una locuzione diffusa nel parlato richiede la “d” eufonica], credo che gli effetti del meteorite di Itomori abbiano annullato il mantenimento di memoria. D’altronde, noi due non ci scambiamo per la vicinanza al meteorite, e per noi le conseguenze potrebbero essere anche opposte.
- Oshiro-san, in realtà… - comincio incerto.
- Chiamami Manabu. Per uno scienziato le formalità sono una noia inimmaginabile.
- Manabu-san, l’ultima volta che ho perso i ricordi è stato durante il tramonto. È successa una cosa strana, come se il mio tempo e il suo si sovrapponessero.
Aggrottò le sopracciglia: - Cosa vuoi dire? Non eravate nello stesso tempo?
- No. Lei era tre anni nel passato rispetto a me, poco prima che la cometa la colpisse.
- È morta? Ma non hai detto che vuoi ritrovarla? – mi chiede spazientito.
- No, no! Sono riuscito a scambiarmi con lei un’ultima volta poco dopo aver scoperto della tragedia e a cambiare il passato. Non so bene neanche io cosa sia successo.
Il signor Oshiro posa il bicchiere e inizia a camminare a passo svelto per la stanza.
- Quando ho capito che sei come me, pensavo di trovare le risposte che mancavano, ma ora ho più quesiti aperti di prima. Purtroppo, se ci allontaniamo dal forno, perdiamo di nuovo i ricordi, o avrei fatto un viaggio per incontrare Hitoha.
- Ha provato a chiedere a sua nipote di cercarla?
- Ovviamente, ma la sua casa è stata distrutta e nessuno nel villaggio voleva parlarne. Temo che si sia trasferita in un centro più grande.
Un rumore sulla finestra attrae la nostra attenzione: ha iniziato a piovere forte. Guardo ancora quel vecchio: finalmente ho qualcuno con cui parlare della mia storia, con cui condividerla senza che mi prenda per pazzo; qualcuno che mi capisce.
- Sembra che mi dovrò trattenere ancora. - Mi alzo. - La aiuterò a trovare un modo per manten ere la memoria! Vedrà che le ritroveremo!
Lui accenna un sorriso: capisco di ricambiare il favore dandogli speranza.
________________
Noi tre superstiti della mia famiglia beviamo un tè mentre aspettiamo, seduti al tavolo della cucina, gli agenti delle pompe funebri.
- Sapete, vostra nonna mi ha ringraziato per averla ospitata, malgrado lei mi abbia cacciato di casa. - Lo fisso socchiudendo la bocca senza quasi accorgermene. - Mi ha tolto le persone più importanti che ho, ma era una brava donna e vi ha cresciute bene.
Yotsuha scoppia in lacrime e lui la stringe a sé dalla sedia adiacente.
- Sono sicura che… che la nonna ti voleva bene! Ha sba…sbagliato, non voleva!
La guardo cercare di consolarlo mentre piange come non ho mai visto piangere nessuno. Poi si alza e strofina una guancia con la manica.
- Vado a rive…rivedere la mia vecchia scuola. Torno dopo.
Mia sorella attraversa il corridoio a passo lento fino all’ingresso. Noi due sentiamo la porta chiudersi non proprio dolcemente. Appena incrociamo gli sguardi, li rivolgiamo al tavolo. Poi, io risollevo il mio con un certo imbarazzo.
- Hai detto che sai qualcosa sulla mamma che la nonna non sapeva. Cos’è?
- Sì, giusto. Il giorno in cui tua madre se n’è andata, ecco, era uno di quei giorni in cui si comportava diversamente, in cui era… qualcun altro. È svenuta, quindi l’ho portata a casa di Hitoha per assisterla e, mentre le stava preparando qualcosa, lei ha ripreso i sensi. Sembrava Futaba, ma mi ha detto qualcosa che per me non aveva senso. Ha detto che lui era caduto da un ponte, che l’aveva ucciso. Voleva che verificassimo se si poteva salvare.
Quella rivelazione spezza il sistema di controllo che ho usato per affrontare la giornata. Cerco di riordinare le idee per capire cosa le è successo.
Era in corso uno scambio. Lei ha reso inutilizzabile alla vita il corpo di lui. Lei è tornata nel suo corpo. Allora perché è morta? Che scherzo sadico è?!
- Ma perché? Il suo corpo era a posto, no? Doveva continuare a vivere!
- Negli ultimi tempi me lo sono chiesto anch’io. Forse… Incredibile, mi sembra di pensare come Hitoha… Forse la sua anima stava già staccandosi da un corpo e non era più capace di rimanerci. Tua nonna diceva che il musubi è molto difficile da recuperare quando viene annullato.
- Sì, lo so. Lo ha detto anche a noi.
Sento un dolore terribile, nella mia mente e nella mia anima c’è un trambusto opprimente e sento il bisogno di svuotarle, eppure non riesco a piangere.
- Ora dovrò riabituarmi a mettere in ordine la casa. Quando c’era lei era impossibile: non trovavi un foglietto fuori posto.
Mi si assottigliano le labbra: - Già, è un’abitudine che ha passato anche a Yotsuha. Io non ci faccio caso da molti anni. Papà, perché hai aspettato tanto a dirmi tutto?
Guarda la finestra.
- Non lo so. Forse non volevo dare un senso a quei comportamenti assurdi e ammettere che Hitoha aveva ragione sugli avvenimenti che sfuggono alla razionalità, o almeno, non volevo che lei se ne accorgesse.
Papà si afferra le tempie stringendo gli occhi.
- Non avrei dovuto ritenerla pazza. Se le avessi dato ascolto, capito cosa succedeva…
Improvvisamente me ne accorgo. Mi alzo e lo raggiungo dall’altro lato del tavolo per mettergli una mano sul braccio. Se n’era andato perché si dava la colpa per la morte della mamma e, inconsapevolmente, avevo percepito questa confessione silenziosa.
- Tu non hai fatto niente. Volevi solo scaricare la colpa su qualcuno per non darla a lei. Siamo più simili di quanto pensassi: abbiamo scelto la stessa persona per farlo.
Alza gli occhi umidi e sento anche i miei più caldi. Appena si alza, ci abbracciamo.
Per tanti anni avevo considerate vicini a me solo mia nonna, mia sorella e i miei amici. Dal trasferimento in città, avevo avuto solo Yotsuha. I colleghi sono gentili, ma il nostro lavoro dev’essere perfetto e non ammette distrazioni emotive. Riavere mio padre, dopo tutto il tempo che ho passato a condividere una sua convinzione impostasi, è un regalo inimmaginabile.
Sarà anche vero che per tornare da Kakuriyo bisogna fare una grande rinuncia. Ma credo anche che quando qualcuno entra, lascia un grande dono a chi rimane fuori.
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Alla fine, io e il signor Oshiro avevamo deciso di stendere una relazione su tutte le informazioni che avevamo, prima di spegnere il forno che attivava l’energia oscura portata dal meteorite. Avrebbe raccontato tutto a sua nipote, che manteneva i ricordi sulla faccenda anche lontano dalla casa. Purtroppo, l’acquazzone era peggiorato, ostacolando la linea telefonica ma, appena fosse tornato il bel tempo, l’avrebbe avvertita immediatamente, dandole il mio contatto per ritrovarmi.
Io avrei scritto un promemoria, in tutti i sensi, per potermi fidare di loro. I miei disegni di Itomori erano rimasti, per quanto non sapessi cosa vi fosse raffigurato, quindi ero fiducioso che anche gli scritti su carta sarebbero restati. Avevamo concordato che i commenti che ci lasciavamo sul cellulare io e Mitsuha fossero scomparsi perché erano stati scritti durante gli scambi, per quanto non sapessimo spiegare esattamente come.
- Dimmi, Taki-kun: hai parlato con Hitoha durante gli scambi?
- Sì, il giorno dell’impatto mi ha anche detto che ha capito, che si ricordava di aver avuto un’esperienza simile, ma non molto di più.
- Allora soffre anche lei la lontananza. – Il signor Oshiro si copre la bocca.
Chissà se anche Mitsuha è consapevole di aver scambiato il corpo con me. Sua nonna le [NdA: ho evitato appositamente la forma contratta per rendere esplicitamente la forma femminile] l’avrà sicuramente detto.
- Una volta mi ha anche portato in una piccola grotta sacra in cima alla montagna.
- Ah, sì! Quella con il tempio. L’ho vista anch’io. Ci ho portato del kuchikamisakè.
- Anche io e la sorellina di Mitsuha. La sacerdotessa Miyamizu mi ha parlato di Musubi, l’antico dio di Itomori, che si trova nelle unioni. Anche il nostro incontro, tra Lei e me, dev’essere un musubi.
Il signor Oshiro fissa un armadio, pensieroso.
- Secondo resoconti riportati da molte culture di Americhe e Asia, le loro origini risalgono a un continente in mezzo al Pacifico, Lemuria, che è sprofondato una decina di millenni fa. Sembra che possedessero una tecnologia che noi nemmeno immaginiamo e credessero nella connessione di tutti gli universi in tutti i tempi. [NdA: queste informazioni sono state realmente raccolte e potete reperirle in “The Children of Mu” e altri libri di James Churchward, prontamente screditati dalla corrente scientifica convenzionale per evitare il crollo delle proprie invenzioni. Già l’edificazione delle piramidi dovrebbe essere una testimonianza sufficiente di civiltà molto più avanzate rispetto a quella conosciuta attualmente, negando che la preistoria ospitasse esseri umani le cui conoscenze più complicate riguardino la lavorazione dei metalli, ma è importante conoscere i dettagli per sapere quanto l’insieme di assurdità che ci fanno studiare come “storia umana” nasconda. E per motivi anche più disgustosi di quelli economici.]
- Quando la ascoltavo raccontare le tradizioni e le leggende del villaggio, la sacerdotessa mi sembrava una narratrice di storia giapponese. Di quelle che sentivo alla televisione da bambino. - Scoppio in una risata imbarazzata. - Lo so che è buffo.
- Lei è così: le piace far sentire al sicuro mentre ti insegna qualcosa.
- Ma non ha detto di non averla mai incontrata? Come fa a saperlo?
- Imparavo moltissimo ogni volta che vivevo un pizzico della sua vita, e la sensazione che provavo era quella. Scambiarmi con lei mi ha trasmesso più di tutti i miei studi.

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Capitolo 3
*** A Musubi ***


A Musubi

Il cimitero di Itomori si trova dall’altra parte del lago, rispetto al villaggio. L’auto che sta portando la bara, proveniente dalla cittadina che ci fornisce i trasporti, precede di qualche metro lungo la riva noi, Yuki-chan e pochi amici di nonna ancora in vita.
Stiamo camminando in direzione dell’antico tempio di Itomori. Adesso che non sono rimaste componenti della famiglia nel villaggio, è diventato un luogo abbandonato, che servirà da casa ai pipistrelli. Mi chiedo se l’abbia visitato prima di andarsene.
__________
Il bagno è dietro la porta tra l’ingresso e la camera del forno. Mentre attraverso il corridoio, mi accorgo dell’odore presente in quella casa, ora che non sono concentrato sulla faccenda di Itomori. Mi torna alla mente un altro posto in cui lo sentivo, in modo vago. Forse dai genitori di mamma, ma non me li ricordo.
Chiudo la porta dietro di me ma, prima di abbassarmi i pantaloni, noto un nastro lilla appeso a un gancio sul muro. Un kumihimo!
Mi avvicino per prenderlo, ma un bagliore dalla finestra mi acceca, sento un botto fragoroso e vengo scaraventato contro il muro, che si spacca violentemente.
__________
Il mondo mi crolla addosso mentre penso a tutto quello che non ho fatto con nonna in questi ultimi cinque anni e che non potrò più fare. Mi sarebbe piaciuto riascoltare alcune leggende dalla sua voce, intrecciare con lei un altro kumihimo e produrre un ultimo kuchikamisakè. Papà copre la bara con un po' di terra in segno di addio.
So che si tratta di un addio, malgrado non abbia le forze per alzarmi dalla strada allagata. Metà della casa era esplosa: il fulmine doveva aver colpito la stanza del forno, distruggendo l’intero nostro piano e una vita. Tra le gocce fredde di pioggia, ne sento due più calde accarezzarmi le guance.
Due raggi caldi mi accarezzano le guance, per cui mi volto verso il villaggio. Katawaredoki. Il momento in cui due mondi si sovrappongono.
Oggi i nostri mondi si sono sovrapposti, ma era stato solo un momento. L’impegno che ha messo in una vita per ritrovarla sono stati fulminati in un secondo.
Mi prometto di tornare al tempio nella grotta per onorare il nome delle Miyamizu.
Cerco di tenere vivo quell’incontro ma, adesso, non ricordo neanche il mio nome.

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