La vendetta è un piatto che va servito freddo

di rihal
(/viewuser.php?uid=95568)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Victoria: Amore ***
Capitolo 2: *** Irina: Spia ***
Capitolo 3: *** Jane: Accusa ***
Capitolo 4: *** Kate,Tanya: Sorella ***
Capitolo 6: *** Stefan, Vladimir: Dominio ***



Capitolo 1
*** Victoria: Amore ***


VICTORIA: AMORE
 

Le aveva spezzato il cuore.
Lui era morto. James, il suo cacciatore, il suo amante, il suo mondo, era morto per colpa di un’insignificante, sciatta preda umana.
Il suo dolore era un’agonia continua, un crocevia di pensieri distruttivi e di un cuore spezzato. Se ne avesse avuto uno, avrebbe avuto il battito cardiaco e il respiro che si facevano sempre più irregolari, il corpo appesantito dalla disperazione: tutte emozioni che aveva visto nelle sue vittime.
Malediceva il suo insaziabile ego, il suo essere un predatore per natura, che aveva puntato una preda più grande di lui.
I Cullen erano un clan forte, decisamente compatto e ben preparato; difendevano quella mortale come se fosse la pietra più preziosa, il fiore più raro del deserto.
Mentre raccoglieva i cocci di quella perdita, i capelli rossi che cadevano disordinati sul suo viso, la sua mente venne colta da un’idea; si alzò in piedi, pregustando il suono di quella parola che si era fatta larga tra la sua sofferenza.
Vendetta.
Mentre la sua bocca la sillabava lentamente, aumentava la sua sete di sangue. Ora toccava a lei essere la predatrice, e sarebbe stata la più letale, la più sanguinaria che i Cullen avessero mai fronteggiato.
Perché è durante un lutto che il corpo si risveglia, che reagisce agli stimoli negativi; se in bene o in male è irrilevante, perché era la soluzione definitiva a cui aspirava la vampira.
Quella famiglia avrebbe assaporato la stessa sorte che aveva colpito il suo amato: una condanna che li avrebbe straziati per l’eternità, mentre quell’idiota umana sarebbe stata prosciugata, e ci avrebbe pensato la stessa Victoria a farlo.
Sapeva come agire: doveva aggirare i poteri della veggente, oscurare i pensieri, muoversi con cautela e senza sbagliare.
Si sarebbe spostata, tornando più forte ed invincibile, con un esercito di neonati.
Doveva solo creare il primo, manovrarlo e fargli credere di combattere per una giusta causa; solo allora gli avrebbe consegnato le redini del gioco, architettando come un superbo regista il futuro della sua lunga vita.
Perché se James non poteva godersi l’eternità, lo avrebbe fatto lei, vivendo per due: ma prima doveva togliersi quello sfizio, dimostrare di che cosa era capace una donna implacabile e vendicativa. Tutti avrebbero visto il suo tormento, avrebbero compreso appieno cosa provava.
Ma ora non aveva più tempo di crogiolarsi dal dolore: era giunta l’ora.
Corse, corse più veloce, la mente che rimandava continuamente a James: al suo sorriso malefico quando puntava l’umano, alla sua possente ferocia quando consumavano, ai suoi occhi, che si divertivano a scrutarla e a guardarla mentre si cibava.
Nessuno sarebbe stato alla sua altezza, ma non si sarebbe scoraggiata.
Perché, come dice il proverbio, la vendetta è un piatto che va servito freddo.
 
Ciao! Questa prima flash è dedicata a Victoria, nel momento in cui perde James e decide di fargliela pagare ai Cullen. Non so come siano andate realmente le cose, ma io la immagino così, ferita e veramente arrabbiata, giurare vendetta contro Bella. Lo ammetto, per un attimo ho tifato per lei: insomma, al suo posto pure io avrei voluto farla fuori!
Ringrazio chi leggerà, e mi raccomando, scrivete che ne pensate, si può solo migliorare!!!
Alla prossima! 

 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Irina: Spia ***


IRINA: SPIA

“Mettiti qualcosa di allegro, è un matrimonio!” esclamò felicemente Kate.
Lei però non era affatto di buon umore. Con riluttanza, si era vestita, pettinata, ma poco bastava per perfezionare il suo corpo: lo era già di suo.
Davanti allo specchio, rimirava la sua figura longilinea, magra, bellissima: nessun aggettivo poteva descrivere con completezza la sua figura.
Sapeva chi era la sposa: Isabella Swan, l’umana che aveva condannato Laurent alla morte peggiore. Quei cani bastardi non avevano avuto pietà di lui, che grazie a Irina stava seguendo il suo regime alimentare e stava cambiando.
Lo stava rendendo più buono, lontano dai pericoli in cui si era messo tempo addietro. In Alaska il loro rapporto si era rafforzato, e un domani chissà, in abito bianco ci sarebbe stata lei…
Si immaginava percorrere la navata, Laurent alla fine ad aspettarla in smoking, tutto il clan a festeggiare la loro unione.
E invece, quel desiderio non si sarebbe mai realizzato.
Era Bella a coronare il suo sogno: alla cerimonia sentiva gli occhi addosso di ogni maschio umano, ma ci era abituata. Il suo sguardo era perennemente puntato sulla mora, che sorrideva estasiata al vampiro.
Disgustoso.
Era invidiosa? Assolutamente sì. Lei doveva sorridere in quel modo, lei aveva più diritto di sposarsi, e invece era costretta da fare da spettatrice a quello spettacolo pietoso. La sua famiglia era felice, seguiva con attenzione quell’unione nefasta; Irina si era sforzata di essere gioiosa, ma il suo animo era in lotta con le sue reali intenzioni.
Prima o poi, si sarebbe vendicata. Si sarebbe vendicata di Bella, dei cani, di tutti coloro che le avevano tolto la possibilità di essere felice.
E l’occasione non tardò ad arrivare.
Quel quadro era perfetto: un cane, Isabella (ormai vampira) e… una bambina.
Una bambina immortale.
Un sacrilegio, un abominio, la conseguenza della morte della loro creatrice.
Lo ricordava ancora: il fuoco che bruciava la loro madre, il bambino lanciato tra le fiamme, senza che potesse difendersi, e i Volturi.
Ecco, la sua soluzione: sarebbe andata in Italia, avrebbe raccontato loro della bambina.
“Irina!” sentiva Isabella che la chiamava; una supplica, un modo per cercare di parlarle. Ma non aveva bisogno di spiegazioni. Osservò la bambina, una creatura angelica, meravigliosa, e non esitò un secondo di più.
Corse velocemente, l’eco del nome che rimbombava; ma era un ronzio sempre più lontano, ormai ovattato. Non aveva remore e ripensamenti, perché presto giustizia si sarebbe fatta.
L’Italia era vicina, i Volturi anche, e quando varcò la soglia sentì ardere il suo istinto primordiale, e quando raccontò ad Aro ciò che aveva visto, le parole le uscirono fluentemente, senza incepparsi, senza pentimenti improvvisi.
Forse la sua famiglia non avrebbe approvato il suo comportamento, ma non era nelle sue priorità pensare a ciò che era giusto o sbagliato.
Non voleva perdono, non voleva compassione, lei stessa non avrebbe voluto darne.
E, mentre marciava con i reali e la guardia alla volta di casa, un solo pensiero la accompagnò in quel tragitto silenzioso.
La vendetta è un piatto che va servito freddo


Hola! oggi tocca a Irina! Scrivere di lei mi è piaciuto molto, perché si sarebbe meritata di vivere con un compagno, e invece la sfiga si è abbattuta su di lei!!
Ringrazio chi ha letto, e chi l'ha messa tra le seguite... come sempre, vi invito a recensire, i vostri pareri sono molto importanti per me!! 
Alla prossima! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Jane: Accusa ***


JANE: ACCUSA

Perché loro erano speciali.
Questa era la motivazione, e l’accusa, con cui lei e suo fratello Alec venivano condannati al rogo.
Essere diversi era bello, perché la gente riconosceva in te un talento: sua madre glielo diceva sempre, che lei era unica e che la sua vita sarebbe stata bellissima, un dono del cielo.
Era quasi adolescente, sentiva il corpo che cominciava a cambiare, le sue forme si addolcivano; ma la sua vita stava per interrompersi. non avrebbe avuto il tempo di crescere, di vedere il mondo.
Sentiva gli sguardi sprezzanti degli uomini, e, ancora peggio, quelli giudicanti delle donne. Le malelingue si diffusero a macchia d’olio, senza che potesse difendersi da quelle calunnie false ed ingiuriose.
O forse tanto false non erano.
Non conosceva appieno il suo potenziale, ma percepiva che c’era qualcosa di anomalo in lei –e in suo fratello-. Se qualcuno osava fare loro del male, o semplicemente far scaturire dei sentimenti negativi, le loro reazioni erano al limite dell’ordinario. Eppure, con i loro corpi minuti e acerbi, era impossibile che riuscissero a procurare tanto dolore ai malcapitati.
Ma la gente parlava, e le voci non aiutavano a farli scagionare. La loro morte stava per sopraggiungere.
Erano legati vicini, i loro corpi si sarebbero sfiorati se non fossero state per le corde, legate saldamente al palo.
“Voi siete accusati di stregoneria; la vostra condanna è l’Inferno. Il diavolo ha preso le vostre anime, e nessuna preghiera può salvarvi.”
Tutti annuivano, ma loro rimanevano in silenzio. Sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi, ma era troppo orgogliosa per permettere di mostrarsi vulnerabile.
Non voleva che tutti vedessero il suo stato d’animo.
Il fuoco cominciava a divampare, il fumo le bruciava gli occhi, le forze le venivano meno; guardava gli uomini, quelli che li avevano condannati, e provò un desiderio intenso che provassero dolore, lo stesso che stava attanagliando la sua gola, che le rendeva impossibile respirare.
Se solo avesse potuto procurare loro sofferenza… li fissava, gli occhi stanchi, ma non cedeva facilmente. Uno ad uno, li immaginava contorcersi dal male, urlare strazianti e senza via di scampo, senza nessun aiuto, solo lei, che li guardava e che era causa del loro male.
E vederli morire, consumati dalla sua vena omicida.
Ma forse non avrebbe mai potuto gustare quel momento, quella brama malvagia che avrebbe rizzato i capelli alle donne pie della comunità.
Una figura però, spiccava tra tutte tra la folla: quell’uomo, lo stesso che si era presentato quando erano bambini, alto, magnetico, pallido.
Lo ricordava vagamente, ma aveva fatto una promessa: li avrebbe portati via con  lui. E non desiderava altro, che poter lasciare quel posto bigotto.
Le fiamme stavano per lambire la sua carne, ma l’uomo non lo permise; in un secondo, o forse meno, li slegò, e poi li morse.
Fu uno spasimo atroce, un agonia lenta, un dolore indescrivibile. Il suo corpo cercava di reagire, si ripeteva di non morire, di combattere e sopravvivere.
Ci riuscì; e presto, quegli stessi uomini, che avevano cercato di ucciderla, si ritrovarono vittime del suo potere, prima di essere privati del loro sangue.


Ciao! Oggi tocca alla piccola e -poco innocente- Jane: nella guida c'è scritto che Aro li conosce quando erano bambini, e che promise loro di portarli via con lui. Ho cercato di immaginare i suoi sentimenti e la sua rabbia durante la condanna: invito tutti a leggere, spero vi piaccia!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Kate,Tanya: Sorella ***


KATE, TANYA: SORELLA
I Volturi non danno seconde possibilità.
Lo sapevano, avrebbero dovuto intuirlo, ma speravano fino all’ultimo che quella potesse essere un eccezione.
Nessuno sconto, nessuna pietà.
Così Caius aveva posto fine all’immortalità di Irina. Le aveva guardate, aveva sorriso, un ghigno che frequentemente attraversava il suo volto pallido ed etereo, ma quella volta era riservato solo a loro.
Eleazar e Carmen erano rimasti impietriti, attoniti; ci misero poco a realizzare che la loro Irina era morta, lei che era parte del clan.
Ma le due vampire non si dimostrarono altrettanto sbigottite: la rabbia le invase come una tempesta, travolgendole come un’onda che si infrange sugli scogli.
Aro le osservava, compiaciuto, le mani incrociate e un’espressione felice. Era falso, ipocrita, ma ciò che importava alle due era togliergli personalmente quel sorrisetto dalla faccia; a lui, a Caius, ai Volturi.
Senza esitare, si scagliarono in avanti, ma vennero prontamente trattenute.
Quanta possibilità c’era che sarebbero sopravvissute al clan italiano?
A loro non importava, volevano le loro teste, farle bruciare come avevano da poco fatto con la loro amata sorella.
Garrett prese Katrina, cercando di confortarla; lei fece di tutto per liberarsi, scatenando il suo potere; le urla del nomade sovrastarono ogni rumore nella radura, ma il suo allenamento nei giorni precedenti fu premiato per saper contrastare il suo potere.
“Figlio di puttana!” aveva esclamato la donna. Garrett rise a quell’imprecazione; di certo la madre di Aro era sconosciuta, ma in quel momento si meritava quell’appellativo.
“Calmatevi!” esclamò Carlisle, in tono pacato ma deciso allo stesso tempo. La tranquillità che emanava era tale da placare ulteriori tentativi di lanciarsi contro i Volturi. Si bloccarono, i loro sguardi che si alternavano tra il clan e la cenere che aveva lasciato il corpo della sorella.
Era proprio necessario?
Il pensiero attraversava entrambe le loro menti. Certamente Irina non aveva agito correttamente, non aveva valutato meticolosamente, ma quella punizione era esagerata.
Kate fissava Jane, la tunica della vampira in netto contrasto con le sue fattezze da preadolescenziale immortale. Sperava di poterla uccidere direttamente, di usare l’elettricità per destabilizzare il suo corpo, di staccarle arti e testa con le sue stesse mani… Tanya osservava Caius, l’omicida per eccellenza: fremeva dalla voglia di finirlo, di ripagarlo con la stessa moneta.
Cosa sarebbe successo se avessero iniziato una lotta? Non lo sapevano, non erano certe dell’esito, e se sarebbero o meno sopravvissute. Di una cosa però erano sicure: avrebbero dato il massimo per far fuori i loro obiettivi, per torturarli, ammazzarli, riversare la loro rabbia su quei esseri immondi.
La vendetta è un piatto che va servito freddo.


Ciao! Oggi tocca alle "sorelle" di Irina: dopo la morte della bionda ho immaginato la loro sete di vendetta.
Cosa dire: la raccolta non è finita, ci saranno altri personaggi più o meno buoni, quindi rimanete aggiornati!
Come sempre, ringrazio chi legge e chi recensisce: fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima!
Rihal 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Stefan, Vladimir: Dominio ***


STEFAN, VLADIMIR: DOMINIO

Maledetti bastardi.
Da quando i Volturi avevano preso il controllo, i rumeni non riuscivano a dimenticare la loro insolenza. Con un tranello – ben congeniato, dovevano ammetterlo- erano riusciti a far passare dalla loro parte moltissimi clan di vampiri.
E la loro Guardia, la loro dannatissima Guardia…
Col senno di poi, avrebbero dovuto selezionare gli elementi con più minuzia, senza voler annettere solo bicipiti possenti e forza sovrumana. I Volturi si erano dimostrati più intelligenti a ricercare e rinnovare la loro schiera personale.
Ogni gioiello che riuscivano a possedere si dimostrava di un’importanza magistrale.
“Se solo riuscissimo a dimostrare che sono solo un branco di penosi falsi e miscredenti…”
Vladimir voleva divulgare le loro intenzioni, la loro finta magnanimità che contraddistingueva il loro modus operandi.
Sicuramente i rumeni erano migliori in quello: non si dimostravano clementi, ma agivano subito e con violenza, punivano con severità ogni insubordinazione, condannavano facendo valere la giustizia, senza far pensare ai condannati di potersi salvare.
Era un inganno troppo cruento, persino per loro.
“Se ci fosse un modo per riportarci ai nostri antichi fasti… ricordi, fratello? I banchetti, le glorie, la musica, la noia. Rimpiango quei momenti, è passato troppo tempo,  e i Volturi ormai sono troppo forti per poterli sconfiggere da soli.”
Stefan era sempre stato il più calcolatore tra i due: ogni minima possibilità, ogni dubbio, ogni opzione veniva soppesata in tranquillità, dandosi il tempo di ragionare per arrivare ad una soluzione efficace.
Gli anni passavano, la loro sete di vendetta non accennava a diminuirsi; era come una bevanda energetica, di quelle che ti entrano in circolo e non puoi contrastarle, e l’unico modo per arrivare sano alla fine della giornata era agire.
Se avessero potuto crearsi un esercito, li avrebbero battuti. Giocandosela sullo stesso terreno, anche loro si sarebbero scelti una rosa di fuoriclasse, dalle doti astruse ma potentissime.
Ma forse non avrebbe funzionato.
I Volturi avrebbero avuto sentore di rivolta: con un pretesto –falso, ma così voleva la loro tradizione- si sarebbero disfatti di loro senza dare modo di reagire. Nonostante la loro avanzatissima età e la smisurata esperienza (conseguenza di anni ed anni di trono), non avrebbero avuto scampo contro quella vipera di Jane, figurarsi col resto della ciurma.
Ma la fortuna sorrise ai loro piani: i Cullen, un modesto clan pacifico, chiedeva il loro aiuto. Una bambina, concepita da grembo materno e padre vampiro; gli italiani credevano fosse una bambina immortale, ma era frutto di un rapporto sessuale autentico.
L’occasione da tanto aspettata: rimarcare la loro ignoranza, il loro credere a tutto senza prima raccogliere prove. Stavano arrivando, con l’ascia alzata e il giudice corrotto.
Se fossero stati loro sui troni…
Tutto questo spargimento di sangue non sarebbe successo.
“Non mi interessa. Bambina o meno, è giunta l’ora di riprenderci ciò che è nostro.”
Stefan sogghignava, estasiato all’idea di tornare sulle loro sedie.
Dovevano partire, e in fretta: la loro rivincita sarebbe arrivata presto, servita su un vassoio senza sforzarsi troppo.
La vendetta è un piatto che va servito freddo.



Ciao! Scusate il ritardo, ma ho ripreso gli studi, e da pendolare non si ha vita facile!
Mi sono basata sulla storia dei due che è raccontata nella Guida di twilight: i due avevano una guardia di vampiri anche loro, ma erano solo dotati di fisicità piuttosto che di poteri, e quindi furono facilmente annientati. Una breve spiegazione per chi magari non ne fosse a conoscenza.
Ringrazio come sempre chi legge! Ancora un paio di flash e la raccolta è finita!!
Alla prossima!
Rihal

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3694815