Tre giorni di ordinaria follia

di Elisir86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 -Romano- ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 -Flavio- ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 -Alejandro- ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 -Roderich- ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 -Romano- ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 -Morten- ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 -Ludwig- ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 -Matthias- ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 -Romano- ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 -Flavio- ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11-Roderich- ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 -Antonio- ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 -Flavio- ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 -Matthias- ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 -Romano- ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 -Antonio- ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 -Morten- ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 -Roderich- ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 -Lokki- ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 -Romano- ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21-Kiku- ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22-Matthias- ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 -Morten- ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 -Romano- ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 -Sadiq- ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 -Lutz- ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 -Flavio- ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 -Luciano- ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 -Alfred- ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 -Alejandro- ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 -Yekaterina- ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 -Roderich- ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 -Morten- ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 -Matthias- ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Tre giorni di ordinaria follia

 

Prologo

 

Arthur aveva sistemato il bacile pieno d'acqua fredda nel centro della piccola radura, i bracciali ai polsi tintinnarono nel silenzio del bosco.

Il cappuccio del pesante mantello era calato sul capo, nascondendo i biondi capelli e scendeva sul viso coprendone gli occhi, il collo nudo ornato da fredde e rigide collane si mosse sinuoso verso la torcia che aveva portato con se.

“Sei arrivato.” la voce fredda, annoiata, proveniva da dietro di lui, nascosta nel buio degli alberi, non si diede la briga di rispondere mentre porgeva il fuoco sulla legna secca sotto il catino.

Un tonfo fece tremare l'acqua e scappare diversi animali, un gruppo di conigli s'intrufolò sotto la tunica del biondo rischiando di farlo cadere in avanti.

Un altro tonfo forte come un masso che colpisce il terreno dopo essere precipitato da un'altezza considerevole, lo fece sobbalzare. Alcuni corvi si alzarono in volo gracchiando e colpendo con le loro ali le fronde.

Sul viso di Arthur spuntò una smorfia, si girò con il busto “Ancora usi quel giocatolo?” una figura alta quanto un albero, solida come una montagna ed estremamente puzzolente emerse nel cono di luce.

Gli occhi verdi percorsero quel corpo maleodorante fino alle spalle, su una di esse vi era comodamente seduto un altro giovane, faceva dondolare i piedi -piccoli e pallidi- sbattendo i talloni su quel mostro. “Ruzma non è un giocatolo...” Lukas accarezzò la mascella del gigante con una dolcezza tale che Arthur faticò a reprimere un conato di vomito “È un splendido esemplare di Troll.” il mostro iniziò a gorgogliare felice di quelle coccole, facendo scappare gli ultimi animali rimasti.

Un pipistrello sbatté le ali con impazienza rimanendo attaccato a testa in giù su un grosso ramo sopra la testa dell'inglese “Per favore fallo smettere!” gracchiò con una vocina terribilmente acuta, le ali nere che si avvolgevano sulla piccola e pelosa testa.

“Ah!” Arthur alzò il viso quel tanto che bastava per posare gli occhi sull'animale “Sei arrivato anche tu...” quello per tutta risposta iniziò a ciondolare pericolosamente avanti e indietro tenendosi le ali sulle orecchie “In realtà io sono qui da ben prima di Mister-Troll!” precisò fulminando -ma tanto in quel frangente non faceva tanta paura- il ragazzino che ancora stava sulla spalla del gigante.

Lukas ruotò gli occhi con noia -non che la sua espressione cambiasse un granché- e tornò a fare i grattini sotto al mento sbavato di Ruzma. “Ammetto che ancora non sa trattenersi, ma è ancora un bambino.” convinto spostò lo sguardo sul pipistrello, “Ha solo sessantacinque anni.”

“Oh, giovanissimo!” la voce del pipistrello aveva un timbro derisorio, mentre sul viso di Arthur si delineava un ghigno divertito, “Comunque, scendi da quel ramo Vladimir e tu...” indicando il più giovane “...fai ritornare il tuo amico da dove è venuto! Non siamo qui per guardare le stelle!”

Il norvegese sbuffò leggermente mettendosi in piedi sull'enorme spalla, parlò sottovoce al suo Troll e questo con estrema delicatezza lo prese nella sua manona. Ruzma grugnì quasi con dispiacere trasportandolo verso il basso, gli occhi grandi e acquosi di un verde sporco -che agli altri due maghi ricordavano tanto l'acqua inquinata- osservò il maghetto saltellare dalle sue dita e scendere sul terreno. Lukas fece un piccolissimo e impercettibile sorriso verso la creatura “Verrò a trovarti presto...” mormorò mentre nelle sue mani si formava una luce d'energia.

Il gigante venne avvolto da scie luminose di diverso spessore, le vide vorticare intorno a se sempre più velocemente per poi fondersi in un bagliore per qualche secondo.

Quando la luce finì del Troll non c'era più traccia.

“Bene, bene...un bel spettacolino!” una voce forte e chiara attirò l'attenzione di Lukas e Arthur, sul ramo dove stava prima il pipistrello, stava accovacciato un ragazzo bianco come un cadavere. Le dita lunghe e magre della mano sinistra stringevano il mantello nero come la pece, il collo lungo avvolto da una antica cravatta del settecento e sui capelli corti stava appoggiato un cilindro perfettamente lucido.

“Vladimir scendi e iniziamo...” sbuffò l'inglese facendo tintinnare tutte le catenelle che portava sul corpo.

 

 

Non si erano mai cimentati a una cosa del genere, unire tre delle loro magie più basilari per vedere se insieme riuscivano ad avere un effetto migliore.

Arthur non era sicuro che potessero farlo, infondo erano tre magie differenti, soprattutto quella del rumeno che era per di più negativa.

Tentare non nuoce si era detto.

E in effetti non stava accadendo nulla di strano: l'acqua bolliva nel calderone, le foglie di belladonna venivano spinte verso l'alto, il muco di troll rimaneva vischioso nel fondo e le gocce di sangue -che nessuno dei due biondi voleva sapere da chi provenisse- macchiava solo il liquido trasparente.

Le loro mani lievemente sollevate sopra a quella strana pozione, sprigionavano le loro energie.

La mano di Lukas era quella che stava in centro, le dita che si muovevano impercettibilmente creando fili di luce chiara e fredda. Si muovevano lungo il contorno del recipiente sfiorando l'acqua e intrecciandosi al bagliore dorato e caldo che invece emanava la mano di Arthur.

Insieme alle loro magie vi era anche quella di Vladimir, più scura e malevola, era una nuvola di fumo grigio che ripugnava completamente le altre due. Ogni volta che Arthur cercava di spostare la sua splendente energia, quella del castano si ritirava o aggrediva. “Insomma Vla, cerca di metterci più impegno!” ringhiò l'inglese dopo l'ennesimo tentativo andato a vuoto “Guarda che è colpa tua!” fu l'aspra risposta “Sei troppo luminoso, caldo e...” il rumeno storse la bocca in una smorfia disgustata “...benevolo...” sputò come se in bocca avesse avuto un pezzo di carne marcia.

Lukas li guardò apatico, come al solito quei due discutevano per ogni minima cosa -non che fosse semplice aver a che fare con Arthur-.

“Sei tu che hai sempre questa aria lugubre e tutto ciò che ti riescono bene sono solo maledizioni e sortilegi...” la voce del biondo si fece acuta, “I miei incantesimi sono al pari dei tuoi!” aveva ribadito il castano con fervore snudando i canini appuntiti “Solo che io all'incontrario do esattamente quello che vogliono le persone!”

Arthur aveva sbuffato una risata “Ah, certo! La morte o il dolore di un'altra persona è quello che tutti vogliono!” i braccialetti tintinnarono mentre muoveva le braccia in aria.

Lukas alzò gli occhi al cielo, la luna piena si vedeva benissimo in quel piccolo spazio libero dagli alberi del bosco. “Secondo me...” iniziò riportando l'attenzione sulla sua mano notando solo in quel momento una bolla uscire dal calderone, aggrottò la fronte seguendone il movimento: leggiadra si alza verso il cielo seguendo una traiettoria lineare.

Subito dopo ne uscirono altre tre. “Bolle...” mormorò guardandole salire sempre più in alto in una fila perfetta.

Vladimir alzò lo sguardo verso quelle sfere che sembravano fatte di sapone ma che invece contenevano strane striature bordò “Tutta questa fatica per fare delle stupidissime bolle?” borbottò scuro in viso. Le bolle stavano iniziando a sbrodolare verso terra una sostanza vischiosa, verdognola che lui -ma anche Arthur- decretava anche puzzolente.

Arthur sospirò “Beh, meglio che niente...” gli occhi disgustati guardarono il muco che penzolava pericolosamente sulle loro teste, rabbrividì al pensiero di esse colpito da quella schifezza, ma le bolle continuarono a salire fino a sparire dalla loro vista.

 

 

 

 

Note:

Questo è solo il prologo, corto, ma era necessario: questo loro incontro è la causa di tutto ciò che capiterà nei capitoli seguenti.

Qui parlo di magie differenti, esattamente non ho idea di come sia quella rumena, ma su internet ho trovato che è negativa, perciò abbiate pazienza e spero di non aver scritto cavolate.

Spero che comunque sia di vostro gradimento.

Il Rating è arancione per via del linguaggio e comportamento dei vari personaggi.

Elisir

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 -Romano- ***


Capitolo I

Romano

 

Si era svegliato con la stranissima sensazione che qualcosa gli fosse appiccicato addosso. Per un attimo aveva pensato che Feliciano si fosse intrufolato nel suo letto durante la notte, finché non aveva notato che quel qualcosa era ben più pesante e grande di suo fratello.

Romano si mosse lentamente cercando di muovere il braccio destro ma la cosa non lo lasciò libero e anzi lo strinse con più forza. L'italiano poté sentire le dita lunghe sul proprio fianco e sulla spalla, le unghie che si conficcavano nella sua pelle rischiando di graffiarlo. Sentì il respiro della cosa sul suo collo, caldo e delicato, il naso -perché era sicuro che fosse quello- che gli sfiorava la mascella.

Romano era sicuro che quella cosa era qualcuno e a costatare dal fatto che non sentiva delle morbide curve ma un petto piuttosto piatto quel qualcuno era un lui!

Si alzò di scatto incurante del peso che si portò dietro e del mugolio di protesta dell'altro, gli occhi spalancati e le labbra arricciate in una smorfia disgustata al solo pensiero che un uomo, non una donna, stesse nel suo letto e che lo tenesse stretto come un amante.

L'altro sbuffò qualcosa in un mormorio impastato dal sonno, le mani che scivolarono sulla sua pelle nuda per poi cadere sul materasso, l'istinto di girarsi e vedere in faccia quel bastardo era forte ma altrettanto era la voglia di scappare e cancellare quel risveglio.

Cazzo sono solo le sei...” il cuore di Romano balzò in gola, quella voce, quella lingua, quella cadenza...

...le conosceva...

L'immagine di un ragazzo sorridente con una massa di capelli ricci e spettinati gli si visualizzò nella mente.

No, no, no!

Si portò le mani nei capelli spettinandoli ancor di più e scosse la testa con forza, di sicuro si era sbagliato, quello non poteva essere Spagna!

Irrigidito diede uno sguardo fugace alla sua destra, ma dalla sua posizione poteva solo vedere il profilo di un bacino maschile, deglutì rumorosamente cercando di scacciare quell'orribile pensiero.

Sentì il fruscio delle lenzuola e subito dopo due braccia, forti e magre, abbracciarlo alla vita, qualcosa di caldo e morbido si posò sulla schiena, rabbrividì riconoscendo in quel tocco un bacio...

...Datogli da un uomo...

Non da uno qualsiasi, ma da Antonio.

“Vuoi fare sesso di nuovo?” l'alito che scivolava lungo la colonna vertebrale insieme alle labbra fino alla base del collo, quel accento così caldo, esotico, sensuale...

Romano si ritrovò a strinse il lenzuolo con forza con gli occhi sgranati e nella testa un'enorme confusione che non lo lasciava pensare. “Che...” iniziò con voce gracchiante, tossì per darsi contegno “Che cazzo vuol dire sesso?” aveva tenuto un tono basso, ancora incapace di muoversi anche se le labbra dell'altro ormai erano sul suo collo e stavano facendo qualcosa che di sicuro gli piaceva parecchio.

L'altro rise appena solleticandogli la pelle con gli incisivi, Romano deglutì per l'ennesima volta, incredulo delle reazioni del suo corpo ma soprattutto incapace di credere che quello era Spagna. Una mano, ruvida -come chi lavorava la terra da mattina a sera- e calda scese lungo il suo stomaco accarezzandolo delicatamente per fermarsi sui peli pubici “Non sono stato abbastanza bravo?” e lui si sentì morire, “Eppure da come urlavi mi sembrava che ti piacesse...”

Romano cercò d'ignorare le dita che giocava con i suoi peli e la bocca che continuava peccaminosa a segnargli il collo per concentrarsi sui suoi ricordi della sera precedente.

Ma non ricordava che Spagna lo avesse seguito nella sua stanza, lo aveva lasciato al bar di quel hotel -che tanto per cambiare faceva schifo come il resto di cruccolandia- e lui si era addormentato nel letto da solo.

Prima ancora aveva visto Antonio bere insieme a quei cretini dei suoi amici e visto quanto poco reggeva l'alcool era impossibile che fosse arrivato davanti alla sua porta.

Era stata la classica serata prima di un lungo meeting -che ancora non aveva capito perché proprio nella Patria dei crucchi dovevano andare!- con urli, schiamazzi di chi non si vede da tanto tempo.

Insomma tutto come al solito.

Quando sentì le dita lunghe allungarsi verso il pene Romano si alzò di scatto, il cuore in gola e la stranissima sensazione di freddo sulla pelle nuda “Che cazzo fai?” questa volta la voce più alta, si voltò verso colui che era sempre stato come un fratello maggiore, “Tieni le tue fottute mani lontane da me!”

Come aveva potuto lasciare che Spagna arrivasse a tanto? Si era lasciato toccare, baciare come una donna... rabbrividì al solo pensiero del calore che aveva iniziato a provare per quelle attenzioni.

Spostò lo sguardo sul corpo steso sul letto, il buio gli impediva di vederne il viso, gli occhi verdi o le labbra che di sicuro formavano un stupidissimo sorriso, ma notava benissimo il profilo nudo di quel corpo. Stava adagiato su un fianco, il mento appoggiato sul palmo della mano sinistra ed era sicuro che qualche riccio gli scivolasse sulla fronte.

Realizzare che quello era proprio Antonio e non uno scherzo bizzarro dell'inconscio gli fece male. Vedere che effettivamente era lui, l'uomo che lo aveva cresciuto, gli creò ancora una volta una paralisi corporea mentre la sua mente era ancor più confusa di prima.

Spagna non aveva mai provato a toccarlo in quella maniera prima, non lo aveva mai guardato con desiderio e anzi riservava quelle attenzioni a suo fratello Feliciano oppure a Belgio, eppure in quel momento era steso nel suo letto nudo.

Si portò una mano sul collo dove ancora sentiva il calore della lingua del moro, il punto dove lo aveva morso pulsava ancora.

Come erano arrivati a quel punto?

Dai, non fare la puttana isterica e succhiamelo!” Romano sobbalzò leggermente nel sentire la voce di Spagna parlare in quel modo languido nella sua lingua natia, la sua mente tradusse velocemente -Cazzo! Ci aveva vissuto secoli in quella stramaledetta terra era ovvio che sapesse benissimo quella patetica lingua!- e per qualche arcano motivo non riuscì a metabolizzare cosa effettivamente significassero quelle parole.

Solo quando vide Antonio alzarsi a sua volta, la sua figura magra che trasportava nel movimento il lenzuolo facendolo cadere alla base del letto, formulò del tutto quella frase.

Sentì le guance farsi calde così come le orecchie, gli occhi trattenevano a stento le lacrime di pura rabbia, gli mollò uno schiaffo sul viso lasciandolo spiazzato.

“ESCI SUBITO DALLA MIA STANZA!” e questa volta lo urlò, con rabbia, dolore e disprezzo. Spagna si massaggiò la parte lesa, posando lo sguardo freddo sul suo viso, “Non dirmi che ti sei offeso.” la voce non più dolce e sensuale ma inespressiva “Dopotutto ho solo detto la verità.” Romano accusò il colpo sentendo il petto schiacciarsi sotto quella rivelazione.

“ESCI!” lo colpì di nuovo, questa volta usando i pugni e colpendolo una o due volte sul petto “ESCI BASTARDO!” e forse in quel momento sembrava un isterico, ma non gli importava. Antonio lo afferrò a sua volta per i polsi attirandolo a se “Non so cosa ti è successo...ma mi ecciti ancor di più...” soffiò sulle sue labbra e aderendo i bacini.

“Cos...cosa fai, bastardo?” gracchiò l'italiano sentendo l'erezione dello spagnolo e le labbra sfiorargli le sue, preso dal panico lo colpì sulla fronte con la propria “Stammi lontano, lurido, schifoso maniaco!” gridò guardandolo cadere a terra.

 

 

Note:

Ecco il primo capitolo. Forse non si capirà molto, ma abbiate pazienza.

Direi che devo dare una piccola spiegazione riguardo a Romano e Antonio:

Nonostante la spamano sia la mia OTP, qui, loro non hanno una relazione sentimentale e nemmeno sessuale.

Come avrete notato Romano era molto spiazzato dal comportamento di Antonio, tanto da non riuscire a reagire all'inizio.

Questo però non vuol dire che da parte di uno di loro non ci sia sentimento o che la situazione rimanga invariata.

Come avrete notato le battute scritte in corsivo tra le virgolette sono per indicare che si parla in una lingua straniera. In questo caso lo spagnolo.

 

A presto

Elisir

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 -Flavio- ***


Capitolo II

Flavio

 

Flavio allungò la mano verso destra certo di trovare il corpo caldo di Spagna, invece con le dita sfiorò solo il tessuto ruvido e freddo del lenzuolo. Tastò con più energia spostandosi completamente e rotolandosi in quel letto troppo grande.

La mano oltrepassò il materasso e rimase a penzoloni nel vuoto, fu costretto ad ammettere che era da solo.

Era strano svegliarsi senza nessuno accanto, ancor di più se la sera prima -ma anche un bel pezzo della nottata- l'aveva passata in compagnia di Alejandro. Insomma Spagna non se ne sarebbe mai andato senza aver fatto sesso ancora una volta, senza contare che di mattina il moro era molto più propenso alla gentilezza, non che disprezzasse il suo modo rude -no, lui adorava quando lo prendeva e lo sbatteva con forza- ma era bello ricevere delle coccole ogni tanto.

Sbuffò portandosi un braccio sugli occhi, mugolando come un bambino capriccioso. Dal bagno non sentì nulla, nessuno che faceva la doccia o che fosse sul water, dedusse che Alejandro aveva lasciato completamente la stanza.

Senza avvisarlo.

Aprì gli occhi scoprendo che le persiane erano aperte e lasciavo la luce illuminare l'intera camera, sbatté le palpebre con forza, ecco un'altra cosa strana in quella mattinata: lui chiudeva sempre gli scuri. In tutti quei anni non era mai capitato che se ne dimenticasse e i suoi occhi, sensibili come non mai, gli erano riconoscenti.

Si alzò a sedere tenendo una mano sugli occhi per difenderli da quei deboli raggi mattutini ma stranamente non trovava faticoso tenerli aperti.

Sbadigliò andando a tirare perlomeno le tende, almeno Lutz non era solo bravo a letto -e con la cosa che si ritrovava in mezzo le gambe era il minimo!- ma sapeva come far trovare a proprio agio gli ospiti. Nella sua stanza aveva sempre messo un paio di tende pesanti per lasciarlo nella penombra senza dover così esporsi oltre al sole.

Ma quando la sua mano si ritrovò a tenere la consistenza leggera rimase in mobile, scostò la mano dal viso e puntò lo sguardo sul tessuto di un orribile verde bottiglia -Ma che siamo ancora ai tempi della guerra?!??- che però era trasparente.

Corrugò la fronte, c'era qualcosa che non andava, perché si ricordava perfettamente di aver visto delle deliziose tende azzurre con ricami orientali bianchi e non quella cosa che ancora teneva in mano. Orribilato la lasciò andare e si pulì la mano sul muro, come se potesse rimanere infettato dal brutto gusto, e solo quando il palmo strusciò sull'intonaco -che almeno aveva la decenza di essere bianco- per l'ennesima volta si accorse di avere gli occhi completamente alla mercé della luce.

Ed erano aperti!

Si tastò gli zigomi non sentendoli bagnati come avrebbe dovuto essere, ma dall'altro canto nemmeno sentiva bruciore negli occhi.

Non lacrimavano e non bruciavano.

Si azzardò a guardare il vetro forse il sole era coperto e i suoi -odiosi- raggi non erano così potenti.

Invece in cielo non c'erano nuvole e il sole era ben visibile. E i suoi occhi stavano aperti senza nessun fastidio.

Si portò tremante le mani sulle palpebre, le guance, le labbra e di nuovo su, toccando e tastando con insistenza confermando che non stesse dormendo.

Spaventato si spostò dalla finestra nascondendosi affianco a quella tenda orrenda e puntando lo sguardo sulla parente di fronte dove stava un cassettone e uno specchio. Non fece subito caso al riflesso, troppo confuso da quello che stava succedendo -l'ultima volta era capitato quando i suoi occhi avevano iniziato a cambiare colore-, respirò profondamente cercando di regolarizzare il battito cardiaco.

Infine si accorse che quell'immagine che lo stava fissando con occhi sgranati non era la sua.

Certo il viso era simile al suo -forse con qualche chilo in più- ma i capelli erano di un castano scuro e gli occhi erano di un tenue verde...

...un colore che non vedeva da secoli.

Si portò una mano al petto e il riflesso eseguì lo stesso movimento e forse -ma solo perché ancora non aveva metabolizzato tutte le stranezze- quello fu il momento più spaventoso della sua vita.

Urlò lanciandosi questa volta verso il mobile, afferrando con le mani il legno scuro e inchinandosi verso lo specchio gli occhi allargati all'inverosimile e se era possibile il suo viso impallidì come mai era capitato.

Il castano fece esattamente la stessa espressione facciale rimandando l'immagine terrorizzata “È uno scherzo? Alejandro?!?” la voce usciva alta e stridula mentre si toccava di nuovo il volto pizzicandosi le guance e facendole diventare rosse.

Nessuno rispose.

Nessuno rise divertito.

Com'era possibile?

Quello che lo stava guardando era lui ma contemporaneamente non lo era.

Doveva essere uno scherzo...di cattivissimo gusto, ma pur sempre uno scherzo! Oppure era stato quel pazzo di Oliver, lui e la sua stregoneria da quattro solidi! Lo sapeva che non doveva mangiare al suo stesso tavolo, ma cosa poteva farci se lui sapeva fare lavori di bocca sublimi...

“Ma questa volta me la pagherà cara!” sibilò guardando il riflesso con rabbia “Gli farò pentire di essere nato!”

 

 

Note:

Ecco il secondo capitolo. Qui finalmente si capisce cos'è capitato o almeno spero...

Vi do una piccola spiegazione sui 2p di questa fanfic:

Non fanno parte del mondo dei personaggi principali, ma di un universo parallelo.

Perciò Romano non conosce Flavio, così come Antonio non conosce Alejandro e viceversa.

Alcuni nomi dei 2p sono quelli più usati dai fan altri invece li terrò ad esempio Flavio e Luciano. Mi scuso se vi creerò confusione.

Chiedo scusa se la trama sembra andare lentamente e spero che sia di vostro gradimento.

Comunque ringrazio chiunque segua questa fanfic.

A presto

Elisir

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 -Alejandro- ***


Capitolo III

Alejandro

 

 

Aveva alzato lo sguardo sulla figura furente dell'italiano, dallo stupore passò subito alla rabbia, si alzò di scatto “Puttana!” aveva urlato mentre l'altro era corso in bagno.

Rimase un attimo spiazzato nel vederlo muoversi così velocemente, mai in vita sua -e ne aveva dei secoli sulle spalle- lo aveva visto fare scatti così fulminei. A Flavio piaceva andare con calma, nemmeno le guerre lo avevano spronato...

...Nemmeno quando era a un soffio dalla morte...

Scosse la testa raggiungendo con tre rapide falcate la porta, la chiave che ruotava nella serratura gli fece aumentare la rabbia.

“Apri piccolo bastardo!” aveva battuto due pugni sul legno mentre dall'altra parte sentì uno squittio spaventato. Un'altra cosa che in quel risveglio stonava con insistenza.

Flavio spaventato era qualcosa d'impensabile.

Non lo era mai -MAI!- stato.

Colpì con più forza l'uscio abbassando anche rapidamente la maniglia nella speranza vana che si aprisse, “Vattene!” la voce che lo raggiunse era distorta da qualcosa a cui non voleva dare nome “Vattene subito!” le parole tremavano.

E forse fu proprio quello a farlo desistere, a farlo arretrare e sentirsi improvvisamente a disagio.

Si era portato una mano tra i riccioli spettinandosi, il petto sudato che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro affannoso.

Si sentì spaesato con un peso sullo stomaco che non aveva mai provato, “Vai via Spagna...” ancora una volta la voce di Flavio lo mise in agitazione, tremava ed era pregna di panico.

Senza nemmeno pensarci raccattò i boxer che aveva lasciato sul pavimento ed era uscito sbattendo la porta talmente forte da far cadere un quadro sulla parete.

Si ritrovò davanti a un Kazuki ghignante e un Fabian che rideva sguaiatamente, la giornata non poteva andare peggio “Cazzo!”

Oh mio Dio! Non avrei mai pensato di vederti nudo, Spagna!” l'accento terribile di America gli fece arricciare le labbra mentre Giappone non distoglieva lo sguardo dal suo pene “Che guardi nano!”

Si infilò alla svelta i boxer intenzionato a lasciare quei due affogare da soli nella loro stupidità, ma Fabian non era della stessa opinione, si piegò in avanti verso di lui i visi alla stessa altezza “Hai fatto a botte di nuovo con Florian?” ghignò toccandogli il segno violaceo che aveva sulla fronte.

Alejandro trasalì e con uno schiaffo allontanò la mano del biondo “Idiota che non sei altro! Sei tu che ti sei accapigliato con lui ieri sera!” si raddrizzò facendo schioccare l'elastico dei boxer sul ventre.

Giappone sghignazzò deformando i tratti dolci del viso, gli occhi neri scintillanti di malizia “Te le sei prese da quella checca di Flavio?!!” e al solo pensiero di quella dolorosa testata le guance si colorarono di rosso, scanso i due deciso più che mai di farsi una rilassante doccia prima di affrontare di nuovo la sua ex-colonia.

“Oh ma dai!” Fabian aumentò la risata camminando dietro a lui con quei jeans lacerati e il chiodo sulla canottiera gialla canarino, “È la barzelletta del secolo!” gli occhi azzurri puntati sulla schiena abbronzata dell'iberico.

Kazuki rinchiuso nella sua uniforme nera -per quale motivo si ostinasse a indossarla in quei insulsi meeting nessuno lo sapeva!- li seguiva con il ghigno stampato in faccia e gli occhi a mandorla nascosti dalla frangetta “Il grande Spagna che se le prende dall'inutile e effeminato Sud Italia!” infierì facendo ridere ancor di più America.

“Non è divertente!” sibilò il riccio con occhi talmente ghiacciali da far congelare l'intero hotel, “E non mi ha picchiato lui!” precisò afferrando finalmente la maniglia della propria stanza “Abbiamo solo calcato un po' troppo la mano in un gioco” ringhiò prima di chiudere la porta sul muso dei due.

Alejandro grugnì dirigendosi verso il bagno deciso più che mai di lasciare l'irritazione nel corridoio e di rilassarsi.

Si guardò allo specchio, il riflesso lo mostrò il suo viso abbronzato, gli occhi verdi socchiusi in due fessure furenti, i ricci neri con ad eccezione del ciuffo bianco che ricadeva sulla fronte e il livido violaceo sulla fronte.

La sfiorò con i polpastrelli, dannazione faceva un male incredibile ma quanta forza ci aveva messo in quella testata?!?

Flavio non lo aveva mai colpito -se non in quei giochetti sessuali che lo eccitavano parecchio- di sua spontaneità per evitare di fare sesso poi...

...era strano...

Non si era mai ritrovato in quella situazione, insomma perfino Erina -che di sicuro lo detestava per essere stata sotto il suo dominio- non lo aveva rifiutato, anche Oliver che aveva mire solo su Francia aveva ceduto alle sue avance!

E poi la voce di Flavio dietro a quella porta lo aveva spiazzato ancor più della testata e degli insulti...

...non era affatto normale...

Forse, Flavio, aveva assunto una nuova droga che lo aveva confuso...Oppure quel cretino di un Inglese lo aveva avvelenato con uno dei suoi pasticcini! Oh, si, sembrava la più sensata delle possibilità “Appena ti vedo di spacco la faccia!” ringhiò al vuoto.

Rovinargli così la mattinata per vedere gli effetti della sua ultima droga, si lo avrebbe ridotto a un ammasso di carne macinata!

 

 

 

 

Note:

So che i capitoli sono corti, forse anche troppo, ma non sono una fan dei capitoli troppo lunghi.

Comunque d'ora in avanti pubblicherò un capitolo a settimana, sperando in una qualche recensione.

Allora come avrete visto metterò anche altri punti di vista.

Ora passiamo ai nomi che ho scelto per i 2p che sono presenti in questo capitolo:

Alejandro Fernandez Carriedo: Spagna

Fabian A. Jones: America

Kazuki Honda: Giappone

Flavio Vargas: Sud Italia

Oliver Kirkland: Inghilterra

Erina Dubois: Belgio

Florian Bonnefoy: Francia

Di Belgio non ho trovato il cognome e spero che non ce ne sia.

Nello scorso capitolo vi avevo avvisati che per alcuni personaggi non avrei tenuto i nomi canon decisi dai fan. Dunque ogni qual volta che ne aggiungerò uno, canon o no ve lo scriverò qui nelle note.

Non so se riuscirò a dare i caratteri che m'immagino ai 2p ma farò del mio meglio.

Intanto vi dico che hanno lo stesso aspetto dei loro 1p con qualche modifica ad esempio Alejandro ha il ciuffo bianco -l'ho letto da qualche parte e mi piaceva come idea-.

A presto

Elisir

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 -Roderich- ***


Capitolo IV

Roderich

 

Guardava sconcertato i vestiti nella sua valigia. Non erano quelli che si era portato lui.

Alzò una maglietta nera con un indecente disegno sul petto, fece una smorfia di disgusto facendola cadere a terra, decisamente quello non era il suo bagaglio ma di qualcun altro, forse di America, quel ragazzo si vestiva in maniera alquanto discutibile.

Oppure era uno scherzo di quel idiota di un albino! Una vena iniziò a pulsare sulla sua fronte al solo pensiero che Gilbert avesse messo le sue mani sui suoi vestiti pregiati per buttarli chissà dove!

Si guardò il pigiama di seta rossa: era il suo e Prussia sapeva che non si sarebbe fatto vedere in giro con quello, piuttosto si sarebbe avvolto nel lenzuolo come una tonaca romana.

Frugò nella valigia cercando qualcosa che non contenesse gestacci o disegni erotici, le mani prudevano dalla voglia di dare due schiaffi su quel pallido viso giusto per vedere quel ghigno sparire.

Tirò fuori ogni singolo abito, almeno gliene aveva lasciati parecchi, guardando con occhi critici l'unica camicia che aveva trovato: nera, attillata e con i polsini di pizzo.

Ruotando gli occhi verso l'alto prese dei jeans del medesimo colore, domandandosi quanti soldi avesse sprecato Gilbert per quel stupido scherzo.

Tra diversi borbottii Roderich si ritrovò vestito e lavato nella sala allestita per la colazione.

Gli occhi di un viola cupo scrutarono le poche persone presenti, non c'era Germania di solito già sveglio, nemmeno Ungheria o Svizzera.

In un angolo vi stava Grecia insolitamente sveglio e pimpante, ridacchiava con Turchia che in quel momento dava le spalle all'entrata.

“Austria!” il greco alzò un braccio muovendolo con entusiasmo in un modo che gli ricordava tanto Italia. Sospirò avvicinandosi, ancora vergognoso per quell'abbigliamento, le borchie sugli anfibi tintinnarono sospirò sconsolato, ci aveva messo quindici minuti buoni per decidersi a metterli -mai e poi mai qualcuno lo avrebbe visto con delle pantofole ai piedi- e altrettanti per riuscire ad allacciare tutto quella ferraglia.

Una volta raggiunti i due notò ben due particolari non tanto consoni: Uno era il viso di Turchia o meglio, l'assenza di quella maschera bianca che portava come una reliquia. Certo lui lo aveva visto anche senza -insomma ci aveva avuto a che fare per parecchio tempo...- ma negli ultimi due secoli non se le era mai tolta, corrugò la fronte dubbioso quando questi abbassò lo sguardo sul bicchiere di vetro contenete del caffè. E quella era la seconda cosa strana, perciò o si stava trattenendo nel ridere del suo aspetto -ma ne dubitava, Turchia non era così educato da non metterlo in imbarazzo- oppure era in combutta con Prussia per giocarli uno scherzo scellerato.

“Buongiorno.” salutò sedendosi vicino al greco che per poco non si strozzò con lo yogurt mentre il turco sputacchiò la propria bevanda sulla ricamata tovaglia.

Roderich alzò un fino sopracciglio mentre una cameriera gli portava la sua colazione “Io non ho ordinato nulla...” guardò la giovane che iniziò a tremare “Mi...mi spiace...il signor Germania ha pensato che fosse di vostro gradimento una colazione tipica del vostro Paese...”

Lui annuì di tutta risposta e sorrise educatamente alla cameriera “Grazie.” e ancora una volta gli altri due rischiarono di soffocare con il loro cibo e la ragazza spalancò gli occhi incredula “P...prego...” rispose allontanandosi il più velocemente possibile.

Con dita lunghe e affusolate prese la tazza di ceramica la scrutò criticamente, non pensava che al mondo ci fosse un oggetto di tale mediocrità come quello. Bianca con dei segni rossi che sembravano proprio delle gocce di sangue e il manico era la riproduzione fedele di un osso...una falange per essere precisi.

Orrido!

Decise di dedicare il suo tempo ad altro, alzò lo sguardo per incrociare gli occhi scuri di Turchia che subito abbassò lo sguardo trovando improvvisamente interessante il proprio bicchiere. Roderich, osservando il vetro di un blu scuro con disegni bianchi che rappresentavano pose erotiche, si domandava se anche Germania fosse coinvolto in quello scherzo.

Scosse la testa, Ludwig non si sarebbe mai abbassato a seguire certe burle e se poi erano ideate da suo fratello si sarebbe rifiutato categoricamente. Spostò lo sguardo su Grecia, che non aveva sbadigliato nemmeno una volta e anzi sembrava allegro e riposato.

Stava mugolando una canzoncina stonando ad ogni due note, si sentì gelare il sangue.

“Allora...” iniziò accavallando le gambe, alcune borchie gli graffiarono il polpaccio “...Cosa ha intenzione di fare Gilbert?” chiese afferrando un dolcetto al cioccolato -almeno quello non aveva strane decorazioni.- “Chi?” il greco ingoiò un paio di chicchi d'uva.

Roderich sospirò posando due dita sulla fronte “Gilbert...quell'idiota cosa ha organizzato per farmi perdere la pazienza?”

In quel momento si rese conto che le due Nazioni lo guardavano come se fosse impazzito e con un misto di pietà, “Prussia!” scandì come se avesse a che fare con dei bambini.

Turchia alzò le spalle mentre Grecia scoppiò a ridere “Era con te ieri sera, ti manca di già?!” lui alzò un sopracciglio, va bene la cosa stava diventando seccante.

Poi lui la sera precedente l'aveva passata a suonare il piano del bar e di quel pagliaccio non ne aveva visto nemmeno l'ombra!

“Oh...” fu una voce bassa proveniente dall'entrata della sala che gli impedì di rispondere seccamente al greco, spostò lo sguardo sulla figura che stava in piedi, i capelli bianchi che ricadevano sul viso pallido, due occhi color rubino che si riempirono di felicità quando lo videro e le labbra curvate in un sorriso timido.

Gilbert stava sorridendo a lui. Un brivido gli salì lungo la colonna vertebrale.

Roderich si alzò di scatto, ignorando gli sguardi confusi dei due e con un dito rivolto verso l'albino sibilò con astio “TU!” che fece sparire il sorriso da quel volto che sbiancò ancor di più.

“DOVE HAI MESSO I MIEI IDUMENTI?!?” strepitò raggiungendolo, e più si avvicinava più l'altro indietreggiava e i suoi occhi -che prima sembravano brillare- si riempivano piano piano di timore.

“I...io...non...lo so...” lo sentì mormorare prima di fuggire lungo il corridoio “EHI!” lo richiamò “Non abbiamo finito noi due!”

Turchia dall'altra parte scosse il capo “Hermes, c'è una cosa che non ho capito...” rubando un cucchiaino dello yogurt del greco “Chi è questo Gilbert?”

 

 

 

 

 

Note:

Ecco a voi anche l'altro poveretto che si è ritrovato a suo malgrado in questa situazione.

Forse dovevo soffermarmi di più sul disgusto che provava per gli abiti o boh...non so...comunque spero di farlo meglio nei prossimi capitoli!

Hermes Karpusi: Grecia

 

A presto

Elisir

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 -Romano- ***


Capitolo V

Romano

 

Romano era rimasto per alcuni minuti fermo ad ascoltare i battiti del suo cuore. Stava appoggiato alla porta con le mani premute sul legno scuro, e la fronte appoggiata su di esse.

Antonio non lo spaventava dal tempo dell'inquisizione e beh, forse non era uguale a quel periodo -come scordarsi la follia in quei occhi- ma la forza con cui aveva colpito la porta e la rabbia urlata in quelle parole...

...lo avevano riportato indietro nel tempo in cui era alto poco più di un metro...

Dopo un tempo indefinito di silenzio decise che forse era fuori pericolo, tremante si allontanò dalla porta, le mani che ancora non volevano lasciare il legno.

Fece un passo indietro tenendo ancora i palmi premuti come ad assicurarsi che niente e nessuno potesse superare quella barriera.

Con il sedere sfiorò il lavandino, un brivido freddo lo investì fino alla radice dei capelli, si raddrizzò di colpo lasciando la presa dall'uscio.

Sospirò cercando di calmarsi, “Cazzo...” mormorò portandosi una mano tra i capelli, in fondo non era capitato qualcosa di così estremamente spaventoso,insomma aveva affrontato conquiste da parte di altre Nazioni, l'indipendenza e ben due guerre mondiali, quella era solo una stupida lite mattutina.

Lite che non doveva avvenire visto che Spagna non doveva essere nel suo letto nudo “Cazzo...” e forse -ma molto, molto, molto in forse- lui aveva esagerato. Eppure l'aveva sentita l'erezione dell'altro contro il suo bacino, e al solo pensiero gli saliva tutta la cena!

Si diede due forti pizzicotti sulle guance facendole arrossire, “Cazzo...” buttò fuori prima di strofinare gli occhi “...devo smetterla di spaventarmi per cose del genere...”.

Si portò una mano tra i capelli prima di decidere sul da farsi, magari con una bella doccia si sarebbe calmato, poi magari avrebbe potuto dormire ancora un poco -giusto quelle 3-4 ore che gli avrebbero evitato la prima parte del meeting- e infine avrebbe parlato con Spagna.

Si, gli avrebbe chiesto in maniera più o meno pacifica come cazzo aveva fatto ad entrare in camera sua e sopratutto il perché!

Accese la luce del lavello maledicendo Germania in tutte le forme possibili -ma com'era possibile mettere un fottuto pulsante nascosto dietro un inutile armadietto?-

“CAZZO!” chiuse subito gli occhi, portandosi le mani sulle palpebre e cercando di non cadere all'indietro, “PORCA PUTTANA BRUCIA!” sentiva che stava lacrimando e aveva la terribile sensazione che qualcuno gli avesse versato addosso un detersivo. Non che non avesse sperimentato sulla sua pelle cose ben peggiori -come dimenticarsi le torture della chiesa? E vogliamo parlare della mafia?- ma quella cosa non se l'aspettava.

Dire che i suoi occhi erano trafitti da aghi era ben poco! Ma cosa avevano a cruccolandia una luce assassina?!?

Iniziò a respirare profondamente cercando di calmarsi, “Va bene...ora ci riprovo...” si disse aprendo piano una palpebra, ma appena un sottilissimo filo di luce attraversò le ciglia si ritrovò di nuovo a bestemmiare.

Con una mano andò direttamente ad aprire la porta, girando come un ossesso la chiave che sembrava non voler far il suo dovere. Con un ringhiò la serratura scattò e lui non perse tempo, con un balzò fu di nuovo nella stanza da letto e la luce killer venne rinchiusa alle sue spalle.

Quando fu certo che il bagno fosse chiuso di nuovo aprì con prudenza gli occhi ritrovandosi a sospirare di sollievo. Ancora bruciavano e lacrimavano ma non aveva più la sensazione di avere spilli nella pupilla.

 

Dopo circa due minuti i suoi propositi di tornare a dormire erano andati a quel paese e Romano si era ritrovato a vestirsi alla cieca per il terrore di avere anche in stanza una lampadina a raggi laser -tutta opera di quel crucco che voleva tutto per se il suo fratellino!-.

Quando decise che non poteva uscire dalla camera con addosso qualcosa di rovescio -sia mai!- automaticamente la sua mano aveva tirato la tenda che lui la sera prima non aveva chiuso ma magari era stato Spagna, per poi ritrovarsi con anche gli scuri chiusi, come se lì dentro la luce del sole non dovesse infiltrarsi -nemmeno fossi un dannato vampiro!-

Ed ecco che con gesti seccati spostò un imposta “Cristo! Un po d'aria e sol...” rimase impietrito sentendo i bulbi oculari dolergli e tornare a lacrimare come se stesse tagliando una cipolla. Il dolore era più acuto di prima e se prima lo aveva paragonato ad aghi che si impiantavano con forza, ora sembrava come se qualcuno ci stesse buttando sopra cerca liquida e dannatamente calda.

D'istinto richiuse l'anta e gli occhi cercando di calmare quel bruciore disumano -e che gli ricordava alcune torture che aveva subito per mano della mafia-, respirando profondamente si accucciò a terra.

Con mani tremanti si scompigliò di più i capelli, cosa cazzo sta succedendo?!?

Si morse le labbra, doveva uscire da lì, cercare Feliciano o magari qualcuno di più sveglio -e gli unici tre nomi che gli venivano in mente erano: Germania, Giappone e Inghilterra... E nessuno dei tre gli piaceva!- e scappare da quel Paese che sembrava nato solo per portarlo alla morte.

 

Si mosse nel buio incurante di essere scalzo e di aver addosso vestiti mal abbinati e magari al contrario -e ma chi era lui per dare attenzioni a certe cose mentre i suoi occhi rischiavano di diventare dei carboni ardenti?!?!-

Aprì la porta con uno scatto e “PORCA TROIA!!!” lo gridò con forza nel momento esatto in cui i suoi occhi si scontrarono con un corridoio luminoso e dove altre Nazioni si stavano muovendo.

Dire che Romano chiuse immediatamente gli occhi è superfluo perciò parliamo della gente che appena sveglia e con ben poco voglia di seguire un meeting nel bel mezzo dell'estate si ritrovò davanti alla porta di Sud Italia. Gli occhi sbarrati e scandalizzati non tanto per le parole in se, ma che quelle parole fossero uscite davvero da quella bocca e soprattutto registrarono il suo abbigliamento poco accurato e i capelli -SCANDALO!- scompigliati.

“Fratello...” Romano accolse quella parola come mai aveva fatto, la voce di Feliciano era più dura del solito e mancava il suo gridolino di felicità, ma era pur sempre lui: il suo dolce e tenero fratellino!

Allungò le mani in avanti, arrivando a toccare la faccia dell'altro “AIUTAMI NON CI VEDO!” lo afferrò con decisione le spalle “Ma sei cretino?” e fu in quel momento che iniziò a dubitare che quello fosse Feliciano “Mettiti quei orribili occhiali a cuore e non rompermi le palle.”

Romano registrò quelle parole, le macinò nella mente con lentezza perché sentire suo fratello dire -non una, ma ben due volte- parolacce era una cosa più unica che rara, infine si sentì ribollire.

Le guance si colorirono di rosso, le mani si strinsero con forza sulle fragili spalle del Nord Italia e soprattutto aprì la bocca ancor prima di pensare “CHI CAZZO TI HA INSEGNATO A PARLARE IN QUESTO MODO? RAZZA DI MOCCIOSO CAGA SOTTO CHE NON SEI ALTRO!”

“Flavio ma sei impazzito?” la presa si sciolse e irrigidito si girò verso la voce di quella dannata patata platinata, perché si era il tono e la cadenza di quel coso. “Come mi hai chiamato?” sentì il tedesco muoversi leggermente “Flavio...è il tuo nome, no?”

“Che cazzo significa che è il mio nome?!?”

 

 

 

 

 



Note:

Devo dire che questo capitolo è terribile, l'ho scritto e nemmeno riletto perciò chiedo scusa per gli errori -che di sicuro troverete-

State calmi, nessuno scoprirà nulla, anche perché ci sono anime sante che non vogliono un Flavio furioso -e chi lo vuole? Teniamocelo pervertito e amorevole!-

Ringrazio Miky_chan 69 che mi ha lasciato due recensioni e spero che seguirà anche dopo quest'orribile capitolo la fanfic!

E grazie a chi segue in silenzio!

 

A presto

Elisir

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 -Morten- ***


Capitolo VI

Morten

 

Erano dieci minuti buoni che Danimarca fissava, in silenzio, le tre Nazioni nordiche. Dieci minuti in cui Svezia aveva grugnito qualcosa d'incomprensibile, Islanda aveva mantenuto apparentemente un'espressione annoiata e Finlandia si era ritrovato a fissare a sua volta in viso pallido di Dan.

Da canto suo Morten, non aveva spiaccicato parola -nemmeno un ciao- e non ne aveva nessuna intenzione di sprecare aria per quei tre che non sembravano nemmeno essere come al solito.

Svezia non stava parlando a vanvera e i suoi occhi non si erano posati nemmeno una volta su Islanda con quello sguardo languido che tanto lo faceva vomitare!

Spostò lo sguardo sulle mani delicate e pallide di Finlandia: perfettamente lisce, senza nemmeno l'ombra di una cicatrice. Eppure lui conosceva ogni centimetro di quella pelle e ci avrebbe scommesso la vita che sui palmi e i dorsi c'erano vari segni di tagli procurategli dalla mania di usare lame affilate.

Gli occhi si spostarono involontariamente sul più giovane che se ne stava apatico, senza la minima espressione sul volto, a mangiare con i capelli platinati che gli ricadevano sulla fronte. Ma soprattutto sulla sua testa stava un disgustoso animale!

Una leggera morfia gli deformò il viso, non sapeva perché quei tre sembrassero così diversi dalla sera precedente ma la cosa gli dava molto fastidio, come se qualcosa di grande fosse capitato tutt'intorno a lui senza che se ne accorgesse.

Corrugò un attimo la fronte mentre tornava ad osservare Taisto, aveva accarezzato, baciato e posseduto quel corpo parecchie volte da ricordarsi ogni minimo particolare anche se i loro momenti intimi erano attimi rubati alla routine dei meeting nascosti nel buio degli sgabuzzini o -se volevano fare con più calma- nella stanza dell'albergo.

Sapeva della sua voglia sulla natica sinistra, impossibile non notare quella macchiolina marrone a forma di un triangolo con la punta storta su una pelle così pallida. E quante volte aveva baciato la lunga cicatrice che gli lacerava il fianco che lui stesso gli aveva procurato?!

“Perché mi guardi così?” Finlandia esprimeva calma e ciò fecce corrucciare la fronte del più grande che incrociando le braccia s'imputò a fissarlo, “Dan, sul serio, stai iniziando a preoccuparmi...”

Morten inclinò appena la testa, gli occhi blu fissi su quelli violacei del giovane, Fin impensierito era strano quanto l'aria apatica di Islanda -insomma quello aveva sempre una faccia contorta in qualche ghigno sadico- o la mancata parlantina di Svezia.

Non guardare mia moglie!” la voce bassa lo fece incupire ancor di più, aveva usato lo svedese -e insomma lui era pur sempre un nordico e le loro lingue le conosceva tutte! Parlava perfino polacco e russo!- sottolineando l'ultima parola che fece arrossire Finlandia fino alle punte delle orecchie.

Cosa aveva appena pronunciato Bernard ? Da quando dava della donna, soprattutto sua, a Taisto?

Moglie...” assaporò quella parola come se non l'avesse mai pronunciata alzando lo sguardo sul soffitto della stanza “Moglie...” ripeté tornando ad osservare davanti a se, più precisamente il viso di Svezia.

Lo squadrò come non aveva mai fatto prima: i capelli corti, la fronte ampia, gli zigomi pronunciati, gli occhi azzurri insolitamente freddi, il naso sottile e lungo, le labbra sottili che formavano un linea dritta e il mento marcato.

Svezia fisicamente non era diverso dalla sera precedente, era lui ma in contemporanea non lo era, come se qualcosa di alieno si fosse impossessato di quel corpo.

Lo vide alzare un sopracciglio aspettandosi qualcosa da parte sua ma se sperava in una sua scenata di gelosia si sbagliava, lui non era così bambino.

“Buongiorno...” una voce maschile s'insinuò nei suoi pensieri e con freddezza spostò lo sguardo sui nuovi arrivati, gli seccò la gola quando vide il più basso dei due. Stava dietro alla schiena di Estonia con le mani arpionate all'elegante giacca, gli occhi bassi e il viso pallido eppure Ruslan non era tipo da nascondersi così come Egor non era in buoni rapporti con Finlandia.

Ciononostante eccoli lì, uno pacato e sorridente -e senza una tuta lercia- e l'altro tutto tremante.

Morten non aveva mai legato con nessuno, non gli piaceva mischiarsi con la gente e tanto meno farsi gli affari degli altri, ma conosceva le altre Nazioni. Oh se le conosceva!

Egor, ad esempio, non era cordiale soprattutto con loro che erano i suoi “vicini di casa”. E vederlo chiacchierare con il sorriso sulle labbra con Taisto gli aveva fatto salire la colazione lungo l'esofago.

Lettonia poi, da quando tremava come una foglia? Mai -e lui di secoli ne aveva sulle spalle- lo aveva visto in quello stato, poi che ricercasse la protezione proprio di Estonia era il colmo!

Aggrottò la fronte, forse -ma non era totalmente sicuro- stava avendo un incubo -non poteva chiamarlo diversamente- dove tutti era buoni, carini e circondati da migliaia di fiorellini e cuoricini volanti. Ebbe un conato di vomito a solo immaginarlo.

Ed ecco che dietro a quelle due misere Nazioni comparire quella che più in assoluto non riusciva a sopportare: Norvegia.

Nor con i suoi capelli accuratamente pettinati, con il fermaglio a forma di croce a tenergli una parte di frangetta, il viso pallido e la sua mania di stargli sempre appiccicato!

“Buongiorno.” mormorò l'ultimo nordico sedendosi lontano da lui accanto a Islanda che aveva ruotato gli occhi infastidito.

Si, Morten puntò lo sguardo sulla figura di Norvegia, decisamente c'era qualcosa che non andava!

“Perché mi fissi?” gli occhi di Lokki non si erano alzati dalla colazione ma era sicuro che parlasse con lui, pensare che di solito gli si sedeva sulle gambe -con suo enorme disappunto- e tentava d'imboccarlo come un marmocchio!

La risposta fu lo stridio della sedia e una mano che artigliava il colletto della camicia di Norvegia.

I primi due bottoni saltarono sul tavolo sotto lo sguardo attonito delle altre Nazioni e quello spaventato di Lettonia, la mano di Danimarca strattonò ancor di più il tessuto leggero scoprendo il collo pallido del giovane norvegese “Ehi! Ma che fai?!” le altre proteste di Lokki rimasero silenziose. Non che lo stesse ascoltando.

Con due dita gli sfiorò il collo salendo fino allo zigomo che si era tinto di un delicato rosa segno che si stava imbarazzando, ghignò contro la pelle respirando il profumo insolitamente leggero “Dov'è?” sussurrò all'orecchio. Lo sentì fremere ed era sicuro che quel trattamento lo eccitasse “Come hai fatto farla sparire?”

“Cosa?” ancora la voce atona di Lokki gli fece corrucciare la fronte, Morten si allontanò di scatto come se si fosse scottato, aveva fatto un passo indietro e fissava il collo scoperto del norvegese come se si aspettasse che da un momento o l'altro potesse crescere un fungo.

Quello che vedeva non gli piaceva affatto, quella pelle liscia voleva significare solo una cosa: era nei guai.

 

 



 

 

Note:

Devo sottolineare che questo capitolo è stato difficile da gestire, evitare di scrivere il punto di vista dei nordici non è stato affatto semplice. Anche perché diciamocelo, volete sapere che passava per la mente di Norvegia nel momento in cui Danimarca l'ha sfiorato XD

A parte gli scherzi, oggi vi ho dato il 2p del nostro bel “Re del Nord” che a dirla tutta ha già capito cosa gli sta capitando anche se non sa esattamente come comportarsi al riguardo.

 

Morten Kohler: Danimarca

Taisto Vainamoinen: Finlandia

Ruslan Galante: Lettonia

Egor Von Bock: Estonia

Lokki Bondevik: Norvegia

Bernard Oxenstierna: Svezia

 

A presto

Elisir

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 -Ludwig- ***



Capitolo VII

Ludwig

 

Le giornate di Germania erano scandite dalla solita routine da più di cinquant'anni, pensandoci era pressapoco così anche durante la seconda guerra mondiale perciò poteva tranquillamente dire che era così da cent'anni.

Si alzava alle cinque del mattino stando attento a non svegliare Italia -che dopo la notata che avevano passato aveva bisogno di recuperare l'energia-, alle cinque e trentacinque iniziava la sua abituale corsa, attraversava il solito ponte arrivando nel parchetto anonimo nel quale si soffermava a fare settanta flessioni e ben cinque esercizi per gli addominali -non uno di più-, percorreva delle vie secondarie che lo avrebbero portato direttamente a casa. Alle sette e cinque minuti doveva essere lavato e vestito di tutto punto, pronto a svegliare Feliciano anche a costo di sgolarsi, infine alle sette e ventun minuti era seduto davanti alla propria colazione.

Quella routine la teneva anche durante i meeting modificandola leggermente, come quando il convegno era stato fatto in Russia in un bel weekend di dicembre, al ricordo rabbrividì di freddo -anche se era luglio e all'interno della sala facevano ben ventisei gradi-.

Ludwig dunque aveva la sua scaletta in tutto il resto della giornata che variava a seconda delle esigenze ma i punti principali rimanevano gli stessi.

Durante i meeting i pasti li consumava sempre in compagnia delle stesse persone: Inghilterra -che da quando era finita la guerra voleva tenerlo sottocchio-, Italia -che sembrava non volerlo mai lasciare in quei rari momenti in cui riuscivano a vedersi-, Austria e Ungheria -che sembravano ancora una coppia di sposini- e suo fratello maggiore Gilbert -che nonostante non fosse più una nazione partecipava a quei convegni-.

Forse in quello non era l'unico, tutti avevano il loro gruppo tranne Romano che teneva il broncio con chiunque e prendeva a craniate sia Spagna che Francia -ma a dirla tutta non era nemmeno un ragazzo mattutino e saltava sempre la prima parte del meeting-.

 

Ma quella mattina si preannunciava diversa dal solito.

Era arrivato nella sala da pranzo -con Nord Italia- alle sette e venti minuti pronto a gustarsi una sana colazione a base di salsiccia, pane nero e una tazza di caffè -che Feliciano decretava acqua sporca- trovando già accomodati nei rispettivi tavoli Svizzera e sua sorella, e quattro nordici. Tra di loro Danimarca.

Quella era una nota stonata, non che Matthias fosse uno che dormiva ma solitamente arrivava all'ultimo minuto quando le altre nazioni si alzavano dal tavolo.

Danimarca, dunque era al tavolo con i nordici e non stava parlando. Registrò la formazione catalogandola come anomalia ma mettendola da parte.

Si sedette al tavolo con un ritardo di ben quattro secondi, scrollò le spalle li avrebbe recuperati mangiando leggermente più velocemente del solito.

Dopo ben dieci minuti arrivò l'irregolarità numero due: Danimarca aveva quasi spogliato della propria camicia Norvegia, Germania aggrottò la fronte, conosceva la passione di Matthias ma da manifestarla con parole dolci -“La sua pelle è così nivea che farebbe invidia alla dea della luna!” - a strappargli l'indumento ne passa di acqua sotto i ponti!

Si riscosse quando vide Feliciano fare una smorfia degna di Romano nel vedere il piatto d'Inghilterra pieno di uova strapazzate. Sospirò, certo che le due Italia erano piuttosto suscettibili sul cibo -se poi si parlava della colazione poteva uscire l'apocalisse!-

Dopo nemmeno tre secondi da quando Danimarca aveva lasciato la sala -fatto che la sua mente aveva registrato mentre osservava Feliciano nascondere il suo sguardo disgustato dietro una enorme tazza di cappuccino- era arrivata Ungheria. Da sola. Senza Austria.

Per la prima volta dal lontano 1989.

La donna però non sembrava preoccuparsi perciò anche quel fatto strano fu immagazzinato in una parte remota del suo cervello.

“Ho visto Matthias con un'aria furiosa...” Elizabeta si era seduta accanto a Feliciano, lasciando una sedia tra lei e Inghilterra come se Roderich gli avesse raggiunti a breve. “Poverino, ha litigato con Lukas...” sospirò Feliciano afferrando la seconda brioche “Mi dispiace a tal punto che mi è ritornata fame!”

Germania diede uno sguardo all'orologio notando che per tutte quelle anomalie era in ritardo di ben un minuto e cinquantasette minuti sulla sua tabella di marcia, guardò il proprio piatto: aveva ancora due salsicce. Ne eviterò una magari inizio anche a far diet...

Non finì di formulare il pensiero che una voce allegra proveniente dal corridoio lo distrasse. La voce formulava delle parole che in vita sua aveva sentito solo una volta -quando Feliciano aveva avuto la stravagante idea di portarlo a Napoli, territorio di suo fratello...- e che solo una persona sapeva pronunciare perfettamente: Romano.

 

Decisamente questa è una mattina diversa dal solito.

 

Ma non era preparato all'entrata trionfare di Sud Italia.

La porta si spalancò facendo sobbalzare le poche nazioni sveglie e la figura di Romano vestito di tutto punto -aveva perfino una cravatta- fece un passo in avanti o era meglio dire un saltello.

“Buongiorno a tutti!!!” Ludwig rischiò di soffocarsi con il caffè, alzò lo sguardo su Inghilterra che era nella sua medesima condizione, con il viso rosso e sputacchiava il tea che gli era andato di traverso.

Si sentirono posate che cascarono sul pavimento e lui poteva giurare che tutti avevano smesso di respirare.

Romano che salutava, anzi augurava una bella giornata, era una stranezza che superava la mancanza di Austria e il mutismo di Danimarca!

Si voltò solo per vedere Sud Italia sorridere.

Non un sorriso sghembo che gli usciva quando era intenerito dal comportamento di Feliciano e nemmeno quello strafottente che metteva quando diceva qualcosa di molto tagliente verso qualcuno.

NO!

Se fossero stati quelli non avrebbe trattenuto il fiato fino a diventare rosso!

Era un sorriso solare, allegro e bello grande che metteva in mostra due file di denti bianchissimi...un sorriso da Feliciano insomma!

Riprese a respirare -ma solo perché i suoi polmoni chiedevano pietà- e tornò ad osservare le sue due salsicce con la fronte corrugata. Stava perdendo minuti preziosi, alle otto e mezza sarebbe iniziato il meeting...

...ma gli occhi continuavano a saettare su Sud Italia sorridente, era come quando guardava un film dell'orrore con America -che tra parentesi era peggio di Feli in quei momenti- che per quanto fosse spaventosa la scena non riusciva a distogliere lo sguardo.

“Fraaaateeelliiinooooo!!!” e questa volta perfino Ungheria aveva smesso di sorseggiare il caffè, Germania la guardò vagamente preoccupato, non quanto lo era Italia che si era ritrovato avvolto tra le braccia del fratello che lo sbaciucchiava come se avesse ritrovato uno dei più grandi tesori del mondo.

“Perché non mi hai chiamato? Potevamo fare colazione insieme!” Ludwig corrugò maggiormente la fronte creando un solco tra le sopracciglia che sembrava un piccolo canyon, “Non mi avresti disturbato sai? Ero completamente solo...”

Sospirò sconsolato, va bene, Romano era strano: sorrideva, parlava più del solito e stringeva dolcemente Feliciano come si fa con un peluche, magari era arrivato il giorno del giudizio -per precauzione si annottò di guardare le varie testate dei giornali mondiali su internet prima di iniziare il meeting- o forse semplicemente era un momento di debolezza del castano.

Decise che la seconda opzione era quella più idonea e tornò a guardare l'orologio: sei minuti e quattordici secondi di ritardo sulla sua secolare tabella.

Un rumore di sedia lo costrinse ancora una volta a guardare Sud Italia, si era seduto davanti a Feliciano, più precisamente vicino a lui...

Fu Ungheria a spezzare il silenzio “Hai per caso visto Austria? È in ritardo e non so...” Romano aveva portato una mano sulla frangetta alzandola “Sarà a letto con Prussia” aveva sorriso con un'aria talmente candida che per poco non fece cadere la tazzina dalle mani di Inghilterra.

“Che vuol dire?” la voce di Elizabeta era diventata un soffio e Germania si chiese cosa mai avesse preso l'italiano per essere ridotto in quello stato serafico “Ma si, lo sanno tutti che tra loro c'è un intesa sessuale!” in quel momento Ludwig sputò il proprio caffè sulla tovaglia e Ungheria rimase pietrificata -nel vero senso della parola, non non muoveva un dito!-

“Ma figurati...” aveva mormorato Arthur guardando con la coda dell'occhio la donna, “Beh? Sei tu il primo a trovarli irresistibilmente carini insieme!”

Germania tossì varie volte cercando di darsi contegno mentre Inghilterra era tentato di rispondere per le rime a quello che era un alieno -oppure uno spirito aveva posseduto il corpo di Sud Italia, inquietante! - “Ma si è come tra te e Francia! Si vede lontano un miglio che tu vorresti finirci a letto!” e lì fu il turno di Arthur di sputare la sua bevanda sulla tovaglia “Tu, razza di bamboccio...”

“Comunque...” la voce di Romano era ancora tranquilla come se avesse detto una cosa normalissima “Notate qualcosa di diverso da me?”

Decisamente avrebbe voluto dire sorridi, mandi baci, dici cose scioccanti e soprattutto hai causato molti infarti nel giro di due minuti! ma fu bloccato di nuovo dalla voce allegra del castano “I miei occhi...” indicandosi con un dito il volto “...Sono verdi!”

Ludwig sbatté le palpebre per qualche secondo nel silenzio generale della tavolata, probabilmente tutti loro si stava domandando se ci fosse uno strano virus nell'aria -mentalmente appuntò di controllare il tasso di smog ad Amburgo e di fare dei test all'acqua dell'hotel- “Non è che hai mangiato qualcosa cucinato da Inghilterra, vero?” Feliciano aveva spalancato gli occhi e guardava il fratello con preoccupazione.

Romano rise guardando con dolcezza Arthur “Ma lui cucina benissimo, anche se avvolte esagera con qualche ingrediente non idoneo, vero tesoro...” e fece l'occhiolino.

 

COSA?!?

 

 

 

Note:

Spero sempre che questa raccolta piaccia e non sia qualcosa di noioso.

Descrivere Flavio mi piace, ma è difficile gestirlo, mah speriamo in bene!

Feliciano qui non sembra lui ma mettetevi nei suoi panni, poverino è abituato a un fratello scorbutico che insulta sempre e una bella mattina si ritrova l'esatto opposto, lasciato un attimo basito...

Fatemi sapere che ne pensate!

A presto

Elisir

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 -Matthias- ***


 

 

Capitolo VIII

Matthias

 

Matthias era ancora intontito quando giunse al tavolo -era stato svegliato dalle urla isteriche di Romano, ma quello non dormiva sempre di mattina?- dove stavano i suoi compagni, anche se forse era l'unico che li definiva così visto la freddezza che loro gli riservavano.

“Giorno...” sbadigliò ben sapendo che non avrebbe ricevuto risposta tranne che da Finlandia prima che si alzassero lasciandolo da solo come sempre. Fu Svezia a svegliarlo completamente con un sonoro “Buongiorno!” e un sorriso smagliante -il ché era inquietante!- “Dormito bene?” continuò quello ignorando lo sguardo smarrito del più vecchio.

Danimarca sbatté le palpebre una decina di volte, si passò le mani sugli occhi e si diede un paio di pizzicotti sul braccio sinistro, una volta certo che non stesse ancora dormendo tornò ad osservare lo svedese “S...si...” rispose incredulo di aver sentito più di un grugnito da parte di Berwald.

“Anch'io ho dormito benissimo!” un sopracciglio biondo saettò in alto all'ennesimo sorriso allegro dell'altro “Avrei voluto però un poco di compagnia...” anche il sopracciglio sinistro si alzò seguendo un arco ben accurato, sbagliava o la voce dello svedese aveva preso una nota capricciosa?

“Comunque, stavo raccontando cosa mi è capitato quando sono partito per venire ad Amburgo!” e di nuovo Matthias si sentì smarrito, Berwald che raccontava? Doveva essere uno scherzo, qualcosa per cui tutti loro si erano messi d'accordo per farlo sentire per l'ennesima volta un idiota!

“C'era questa signora che tremava come una foglia sul sedile dietro di me, diceva cose del tipo “Moriremo!” “Ci schianteremo!” e intanto a me sembrava di stare su uno di quei treni vecchi dove tremi tutto...”

 

Ma quanto parla? Si sarà esercitato per settimana? Ma poi perché continua a sorridere? Gli faranno male le mascelle, io non sapevo nemmeno che riuscisse ad alzare gli angoli della bocca, figurati ad arrivare a tanto!

Islanda poi, perché lo guarda come se pendesse dalle sue labbra? Cioè va bene lo scherzo, ma vedere un'emozione sul suo viso è più agghiacciante che vedere Svezia in questo stato!

Ma non ha ancora finito di parlare?

 

“...Perciò alla fine ho estratto il mio coltello a serramanico, sapete quello che mi ha regalato Fin...” Danimarca spostò lo sguardo su Tino che da canto suo si era illuminato tutto “Oh, finalmente lo hai usato!” e vederlo così felice come se avesse ricevuto un regalo di Natale lo fece sorridere, insomma era sempre il solito e dolce ragazzino!

“Oh, si! Non credevo che potesse essermi utile, io preferisco le pistole, ma...” Matthias smise di sorridere improvvisamente consapevole che in quella discussione c'era qualcosa che stonava, come ad esempio una lama su un aereo -erano anni che era vietato perfino portare la lamenta per le unghie, figurati un coltello!- o quel “L'hai usato!” -detto con tanta allegria che contrastava con l'utilizzo - e infine nel racconto, Svezia si stava lamentando di una donna...

...una donna terrorizzata dal volo...

Allora, a detta sua, Berwald non era un tipo socievole e grugniva in continuazione, ma non era nemmeno un tipo da lagnarsi di donne e bambini.

“...Ha fatto un taglio perfetto: lineare e profondo!” Danimarca sbatté le palpebre, il sorriso di Svezia si era trasformato in un ghigno sardonico e lui si sentì improvvisamente in mezzo a dei pazzi “E il sangue? È schizzato?” questa volta a parlare fu Islanda con allegria.

“No, no...per carità la mia camicia vale più del mio stesso Paese, l'avrei uccisa una seconda volta se la macchiava!” il ridacchiare delle tre Nazioni non gli piaceva. Assolutamente! Gli trasmetteva un senso d'inquietudine che aveva provato solo durante le guerre.

“E il tizio accanto a lei, il marito, era decisamente spaventato e gli ho chiesto se volesse seguire la sua mogliettina e lui si è messo a piangere!”

 

Credo che questo scherzo sia durato troppo. Ed è veramente di pessimo gusto!

Perché raccontare certe cose che Berwald non farebbe mai?!

E perché ridono? Lo trovano così spassoso?

Io non mi sto divertendo, lo trovo orribile! Perché Svezia continua a parlare di questa donna???

 

“Insomma, alla fine il marito mi ha lasciato prendere il cadavere della sua signora e portarlo dalla hostess, uno smidollato, quasi quasi quella poveretta mi faceva pena...”

Danimarca si morse le labbra mentre i membri più giovani del gruppo ridacchiavano come iene e ascoltavano ogni parola che usciva da quello che fino alla sera prima non sapeva altro che mugugnare.

“...Le faccio “Me la tagli a pezzi e impacchettala!” lei pallida come il latte annuisce, credo che abbia anche tentato di sorridermi cordiale, ma diamine se era terrorizzata!”

 

Non credo che questo scherzo debba continuare, mi mette a disagio. Sento una stretta allo stomaco che m'impedisce perfino di parlare e chiudere qui questo orribile siparietto!

 

Si leccò le labbra indeciso su cosa dire, perché non si stava divertendo e non gli piaceva che si scherzasse sulla vita altrui.

Socchiuse la bocca, fece uscire un alito caldo pronto a parlare, a far finire quella farsa che era solo un'indecente trama di un film di serie D, quando due mani, fresche e delicate si posarono sui suoi occhi.

Danimarca sentii il viso dello sconosciuto -perché mai nessuno si era permesso di avvicinarsi così tanto a lui- strusciare impercettibile sulla sua mascella, le labbra piccole e morbide seguirono la forma lasciando sulla sua pelle una scia di piccoli baci fino ad arrivare all'orecchio, l'alito caldo lo stordì ancor più della situazione in se “Indovina chi sono...”

Rabbrividì nel sentire quella voce con un tono così sensuale -e accidenti a lui stava risvegliando una parte del suo corpo rinchiusa nei pantaloni- era meglio che nei suoi sogni dove Lukas lo amava e si lasciava toccare.

Quello però non era uno dei suoi sogni erotici, era la realtà che faceva parte dello scherzo di cattivo gusto che i nordici avevano messo in scena quella mattina.

Eppure le labbra di Norvegia si stavano chiudendo intorno il lobo dell'orecchio e ciò non lo aiutava a ragionare!

Erano anni che si era accorto di desiderarlo come un fratello non dovrebbe fare, si era maledetto e straziato per quell'amore non corrisposto, aveva accettato il secco rifiuto del più giovane e si era accontentato di averlo solo nel mondo onirico.

“Nor...” aveva sussurrato ma fu udito da colui che si era appena presentato, le mani si allontanarono dai suoi occhi lasciandolo libero di vedere.

“Bravissimo!” e il viso sorridente di Lukas si mostrò davanti a lui: mise a fuoco i capelli platinati e lisci, il fermaglio a forma di croce –nera? Perché è nera?-, gli occhi color indico circondati da folte ciglia bionde, il nasino piccolo e leggermente all'insù e...

 

“CHE COSA HAI FATTO ALLA FACCIA???!!!???”

 

Matthias afferrò il volto di Norvegia con delicatezza, le dita della mano sinistra che sfioravano l'orribile cicatrice che gli deturpava la guancia destra, la seguì giù fino al collo, “Quando è successo? Come? Perché non mi hai chiamato?” la voce gli usciva via, via sempre più disperata, “Perché...” deglutì sotto lo sguardo incredulo delle altre Nazioni “...Non ti sei curato da solo?”

Ci furono attimi di silenzio da parte di tutti che misero ancor più a disagio Matthias, “Ma sei stato tu a dirmi che mi preferisci così...” sgranò gli occhi “Quando ho mai detto una cosa del genere???”

 

Ero sicuramente ubriaco fradicio!!!

 

Svezia batté le mani come un bambino “C'ero anch'io! Le tue testuali parole sono state “La tua faccia era così patetica...” e sei scoppiato a ridere, me lo ricordo perché ho pensato: caspita Danimarca allegro!”

Norvegia incrociò le mani dietro il collo del più grande “L'ho tenuta per te, per amore...”

 

AMORE?!?

 

All'incontrario di quello che tutti pensavano Danimarca non era stupido semplicemente era il suo modo per scordarsi tutto ciò che era stato...

In quel preciso momento gli parve tutto chiaro: quello non era uno scherzo di pessimo gusto e quelli che lo circondavano non erano i suoi amici...

...quello che lo guardava con occhi dolci non era il suo Lukas...

...Non era a casa...


 

 

 

 

Note:

Ed ecco Danimarca che come il suo 2p ha capito che non è nel suo mondo. Non l'ho fatto apposta, anche perché -secondo me- Austria ci sarebbe arrivato velocemente, ma non è che ha avuto tanti indizi fin'ora!

Forse vi ho fatto Svezia troppo chiassoso, ma sapete il 2p lo vedo così e anche con qualche caramella in bocca -forse nel prossimo ci aggiungo i dolci XD-

Ora, sono leggermente indecisa se il prossimo capitolo dedicarlo a Romano o a Gilden -il 2p di Prissia-, voi chi vorreste?

 

Un grazie a chi recensisce sempre e anche a chi legge restando nell'ombra :)

 

A presto

Elisir

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 -Romano- ***




Capitolo IX

Romano

 

Quando si fu calmato -grazie alla sberla che Feliciano gli aveva dato in pieno viso-, Romano si sentiva ancor più confuso, senza contare che Germania gli aveva messo una mano sugli occhi per impedirgli di essere ancora accecato da quella orribile luce...

Insomma, sentire le frasi fredde di suo fratello -ma dov'era finito quello imbranato che conosceva?-, le scuse di un mortificato Ludwig -che quando mai quello faceva da zerbino a Feli?!??-, le risatine di qualche nazione demente e non poter vedere un ficco secco lo disorientava!

Inutile dire che si stava dimenando, non gli importava un cazzo se quella patata platinata stava salvando i suoi occhi! Lo stava toccando! Una sua enorme e TEDESCA mano lo stava toccando!

Di sicuro i suoi microbi da “io sono un macho” lo avrebbero contaminato facendolo diventare un demente come Feliciano alla sua presenza!

Piuttosto la morte!

“Tienilo fermo! Ma che cazzo di acido ti sei fatto per ridurti così?!” la frase del suo ormai ex-tenero fratellino coincise con un suo calcio nell'aria “La fai facile tu! È forte!” fu trascinato all'interno della stanza.

“Lasciami andare crucco di merda!” ma le sue parole si confusero con il rovistare di qualcuno nella sua valigia “Ah, io pensavo che fossi un frocio e invece guarda, delle mutandine firmate da quella vacca di Lilly!”

“E pensare che è così psicopatica! Sempre a volere sparare anche nei momenti di pace...” “Ma sa fare certi lavori di bocca!” le risate di entrambi lo fecero azzittire. Si ritrovò a pensare al viso infantile e dolce di Liechtenstein, gli occhi di un verde scuro sempre rivolti al pavimento, le dita pallide che si intrecciavano timide...

“Ma che cazzo dite?” sbraitò, va bene lui non era un ragazzo socievole, non gli piaceva stare in compagnia ed era molto volgare -andiamo, chi lo sarebbe stato dopo qualche secolo passato insieme a Spagna? Quello ti tirava fuori le parolacce con solo la sua presenza!- ma c'era tre cose che non sopportava:

1-Chi parlava male della sua amata Italia

2-Chi parlava male della sua amata cucina

3-Chi parlava male delle donne

Una mano scese sulle sue labbra “Preferisco le tue labbra impegnate a fare altro che urlare...” il viso di Romano divenne rosso e senza pensarci due volte spalancò la bocca, i suoi denti affondarono nella pelle del tedesco facendolo sanguinare.

“CAZZO!” Germania mollò la presa nello stesso momento in cui Feliciano esclamava un “FINALMENTE!” sventolando dei orribili occhiali a forma di cuoricino davanti al naso.

“Che cosa sono quelli?!?” Romano indietreggiò di un passo spalmandosi sul petto ampio di Ludwig “I tuoi fottuti occhiali! Mettili e non rompere le palle!” “ANCHE NO!”

 

Dopo circa dieci minuti di lotta tra lui e quei due dannati Romano si ritrovò con addosso quella schifezza ma con la facoltà di poter osservare il mondo senza ritrovarsi a piangere e urlare dal dolore.

E no, non era affatto felice di poter vedere il suo viso allo specchio!

Si massaggiò la guancia dove Feliciano lo aveva colpito era solo arrossata, ma porca vacca si capiva che qualcuno lo aveva picchiato!

Ma non era solo quello -in fondo di sberle ne aveva ricevute nei secoli- a farlo rabbrividire. La persona che era riflessa non era lui!

Prima di tutto era biondo -si vedeva lontano un miglio che era una tinta!- ed era sicuro che quello centrava con il motivo di Antonio nel suo letto quella mattina!

Secondo era magro, non che fosse mai stato grasso -aveva una linea invidiabile!- ma era come se non mangiasse da mesi: aveva le guance scavate, gli zigomi evidenziati e beh...si vedevano le clavicole in maniera sconvolgente!

No, quello non era Romano, così come l'uomo corpulento che lo teneva d'occhio dietro di lui non era Ludwig. Perché mai quel crucco avrebbe eseguito gli ordini di Italia, mai si sarebbe messo a sbadigliare vistosamente, mai avrebbe guardato suo fratello con quei occhi a cuore!

Ma che schifo!

In poche parole, stava iniziando a dubitare di stare veramente bene, magari aveva ingerito qualcosa di avariato -visto che era in un hotel tedesco era più che possibile!- oppure qualcuno -come Spagna e quei due cretini dei suoi amici- gli aveva giocato un brutto scherzo e lo aveva drogato.

Non trovava altre soluzioni, mentre si sistemava il colletto della camicia di un certo Koku -ma chi cazzo è sto tizio?- e no, nella valigia non aveva trovato un solo capo firmato Armani!

“Lutz...andiamo!” la voce fredda di Feliciano lo fece voltare verso la porta, stava in piedi con il petto in fuori, il cipiglio serio e lo sguardo che non ammetteva repliche. In uno strano modo gli dava i brividi.

“E lo lasciamo così?” ok, forse non era stato il cibo avariato a fargli avere anche visioni uditive -la droga si però!- Germania che si preoccupava di lui... “Fidati, Flavio sembra essersi ripreso...”, corrugò la fronte ancora con quel nome, ma perché lo chiamava così?

“Luciano, ma hai visto che sguardo da rimbambito che ha?” Romano tornò ad osservare i due che sembravano non accorgersi che lui era ancora lì.

Luciano????

“Come lo hai chiamato?” chiese avvicinandosi di un passo “Oh no! Ci risiamo!” gemette Germania portandosi una mano sul viso mentre Feliciano incrociava le braccia “Dimmi un po', mi prendi per il culo?”

“E anche tu, hai chiamato lui...” indicando il tedesco con un dito “...con un nome strano...”

I due lo guardarono straniti per qualche secondo prima di prendere fiato, i loro petti si gonfiarono così come le guance “Non è strano!” “Ma cosa ti prende oggi?” furono esclamati in contemporanea così come le due frasi seguenti “Ti conviene riprenderti!” “Se ti sei fatto qualche nuova droga avresti potuto dividerla con me!” e il tutto lo disorientò ancor di più.

Alzò le mani in segno di resa “Ahahah...” ridacchiò nel panico, sentire Germania -il serio e diligente tedesco- che chiedeva una dose di chissà cosa gli sembrava stranissimo...

...e forse, si disse, tutto lì era l'opposto di quello che conosceva...

Feliciano ne era la prova ed era davanti a lui ben piantato sui piedi con uno sguardo che gli ricordava tanto quello di Russia...

“Beh...” iniziò grattandosi la nuca “...mi sa che...” si voltò verso lo specchio, quel tizio magro e biondo lo stava osservando “...ho bisogno di zuccheri...” borbottò.

“Giusto! La colazione!” La voce di Germania lo fece rabbrividire, aveva davvero usato quel tono? Come un bambino a cui hai regalato delle caramelle?

 

Assomigliava a Feliciano...DOVE CAZZO SONO FINITO???!!!???

 

 

 

 

 

Note:

E finalmente anche Romano sta iniziando a capire che non si trova nel suo mondo o perlomeno a casa!

Ora ditemi voi chi vorreste vedere nel prossimo capitolo!

 

Allora, ho postato questo capitolo in fretta e in furia senza nemmeno leggerlo una sola volta solo per avvertirvi che in questi giorni mi sarà difficile pubblicare. Il motivo? Mi sto trasferendo e perciò ho poco tempo, ma non preoccupatevi appena sarò nel mio nuovo salotto tornerò a scrivere un capitolo alla settimana!

 

Un bacione a tutti!

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 -Flavio- ***


Capitolo X

Flavio

 

Flavio non era stupido e odiava quando non riusciva a capire cosa stesse succedendo o di cosa si parlasse. In quel momento, odiava tutti commensali che lo stavano fissando con occhi sgranati e la bocca aperta in una profonda “O”.

Quando si era guardato allo specchio e si era visto in quello stato aveva pensato che la colpa fosse di quel pazzo mezzo drogato di Inghilterra, ma poi l'euforia di poter finalmente guardare il mondo senza lenti gli aveva fatto passare la rabbia.

Per un giorno si era detto posso anche rimanere così!

Anche se era ingrassato -sembrava tondo come una palla- in maniera impressionante poteva anche sorvolare per qualche ora.

Fin lì era andato tutto bene, in valigia si era ritrovato anche dei vestiti della sua taglia firmati Armani, Cavalli, Barocco e Fendi ma chi erano quelle persone lo ignorava -probabilmente stilisti per obesi-.

La cosa si era fatta più complicata quando aveva abbracciato il suo adorato fratellino, che stranamente non lo aveva insultato o preso a sberle, ma quando la sua attenzione era finita su Lutz era rimasto un attimo spiazzato. Sul suo viso spigoloso non vi era traccia di cicatrici, quella che si ostinava a tenere -simbolo dell'amore di Luciano -e che gli rovinava la guancia sinistra era completamente sparita.

Non era strano che loro come Nazioni potessero risanare vecchie ferite, ma era sconvolgente che lo avesse fatto quella notte. Quando -durante una delle loro interminabile guerre e dopo una sana scopata- gli aveva chiesto di far sparire quell'orribile taglio lui si era categoricamente rifiutato specificando che Luciano amava così.

Ma ora non ha più quell'aria assonata, quei occhi a cuoricino verso mio fratello e soprattutto non ha la cicatrice!

Gli era bastato questo per rendersi conto che le persone accanto a lui non erano le stesse che aveva visto la sera prima, ma il colmo fu lo sgomento di tutti quando semplicemente aveva detto che Inghilterra cucinava benissimo. Era vero, Oliver sapeva fare qualsiasi piatto in maniera sublime se solo non avesse avuto quel dannato vizio di provare ad avvelenare chiunque con sempre nuovi metodi -beh lui era un'eccezione, conosceva ogni tipo di droga, veleno e qualsiasi cosa che potesse solo far del male a delle persone-.

Quando quel “COSA” urlato all'unisono, perfino da Inghilterra, aveva smesso di rimbombargli nella testa aveva capito che lui non era con i suoi amici. Luciano non era quel ragazzino dall'aria tonta che lo stava guardando con le lacrime agli occhi, Lutz non era quel bel pezzo di manzo con lo sguardo sconvolto e che nemmeno Oliver e Dorika erano quelli seduti al suo tavolo.

Erano uguali, si lo doveva ammettere, così uguali da farlo cadere in trappola ma non erano loro.

Aveva assottigliato lo sguardo, fissando con quei occhi gelidi -che non erano suoi- quello che assomigliava al suo fratellino -ma che non era lui- “Cosa ho detto di male?” sibilò per nulla contento di quella situazione.

“Romano, tu hai sempre insultato la cucina di Inghilterra...” ormai le lacrime del Nord Italia erano arrivate fino al mento “...Hai sempre odiato tutto di tutti...” singhiozzò.

Flavio corrugò la fronte: Romano era un nome ma non il suo. Nei secoli lo avevano chiamato in vari modi come Lucius, Valente oppure Nero, ma mai Romano. Non che non fosse bello, anzi, scivolava sulla lingua con delicatezza, gli piaceva come la R vibrava nel palato e soprattutto era simile al nome della sua capitale. Ma non era il suo nome.

Intanto davanti a lui, Luciano -o chiunque fosse- stava ancora bisbigliando e piangendo come un bambino e lui non aveva intenzione -oh no! Lui non sopportava i piagnucoloni!- di sopportare oltre.

“Si, si...ho capito...” disse sventolando una mano davanti a se come a voler scacciare un insetto, quella situazione non era per nulla piacevole: se lui era in un corpo -ciccione- non suo e in un mondo parallelo voleva solo significare che quel Romano stava nel suo -splendido- corpo nel suo vero mondo. E solo il demonio poteva sapere cosa stesse combinando!

Aveva la strana sensazione che quel tizio avrebbe combinato qualcosa di sbagliato! L'immagine di lui che insultava Oliver e la sua cucina lo fece rabbrividire mi farà morire!

Con quel pensiero prese una forchetta dal tavolo e come se fosse la cosa più naturale del mondo prese un po' di uova strapazzate dal piatto di Inghilterra.

“Romano...” Flavio alzò gli occhi su Germania “...quelle sono...u...uova...” lo vide mormorare come se temesse di ritrovarsi un fucile puntato sulla fronte, da parte sua non capiva cosa avesse quel cibo che non andava. Corrugò la fronte guardando la forchetta e quello che lui decretava delizioso, che Lutz -o chicchessia- volesse mangiarle?

Gli porse la forchetta “Ne vuoi un po'?” e fu in quel momento -mentre Germania stava avendo una crisi respiratoria e gli occhi delle altre tre Nazioni stavano uscendo completamente dal cranio- che capì che quel Romano non doveva essere incline alla gentilezza.

Forse stava rischiando di più lui in quel corpo che l'altro nel suo.

 

 

 

 

 

Note:

Scusate l'attesa, ma non ho ancora ricevuto internet -se andiamo avanti così diventerò vecchia!- ma mia sorella mi ha imprestato la sua chiavetta (si vede che le facevo pena, mah...) e perciò posto questo misero capitolo!

Lo so, mi avevate chiesto 2p Austria, ma lui lo inserirò più avanti: nella mia assurda mente lo immagino come un dormiglione!

Qui finalmente anche Flavio capisce che non è in se, anzi arriva addirittura a capire che Romano è nel suo corpo (perciò fategli un applauso)!

Presto inizieranno i veri problemi, perché per quanto tutti capiscano che non sono nel loro universo hanno i loro caratteri e beh...vi lascio immaginare...

 

Dorika Héderváry : Ungheria

 

A presto!

Elisir

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Capitolo 12
*** Capitolo 11-Roderich- ***


Capitolo XI

Roderich



 

Inseguire Prussia non era mai stato così semplice, insomma correva dritto senza cambiare traiettoria, non saltava mobili e tanto meno gli lanciava frecciatine sulla sua incapacità di acciuffarlo.

Lo aveva rincorso per mezzo corridoio o giù di lì, quando lo aveva visto nascondersi dietro le spalle di Russia come una coniglio terrorizzato che entra nella prima cavità che trovava.

Si era fermato di colpo indispettito da quel comportamento, lo trovava sleale che usasse un armadio come Ivan per salvarsi e a ben vedere era anche strano visto i loro trascorsi. Se non ricordava male, Gilbert insultava spesso Russia indicandolo come un psicopatico -ed effettivamente lo era- con problemi sessuali, sottolineando che si sarebbe fatto chiunque pur di divertirsi.

Corrugò la fronte quando si accorse che non solo Prussia stava dietro la grande schiena del russo, ma gli stava arpionando la maglietta come se da essa dipendesse tutta la sua vita. Non che gli volesse bene -sia chiaro, lo detestava con tutto se stesso!- ma di sicuro il tedesco non avrebbe mai toccato con tanta facilità Russia soprattutto se rischiava di trovarsi un tubo in testa.

Qualcosa nella sua testa gli diceva di raccogliere quegli indizi e unirli, ma per fare cosa?

La luce del sole si riflesse sui suoi occhiali mentre cercava la soluzione per raggiungere l'albino senza finire nelle grinfie del sadico nordico, e solo quando alzò lo sguardo sul ingombrante figura si soffermò sul suo abbigliamento.

Da quando aveva memoria Russia si era sempre vestito in uniforme, con quel completo lugubre che faceva storcere il naso a Polonia e spaventare i Baltici. In quel momento, invece, indossava una maglietta a maniche corte nera con un bel cagnolino bianco disegnato sull'addome -il che gli fece cadere le braccia, ma cos'era quella cosa?-, dei jeans con una stampa sbiadita della bandiera americana su una coscia e infine sul collo pallido stava un foulard rosso con alle estremità diverse perline bianche e gialle.

Per poco -e ci mancava solo l'infarto!- non gli si fermò il cuore a quella vista, si portò una mano al petto come a voler togliere quella brutta sensazione.

 

Va bene si disse Prussia è spaventato e Russia è un figlio dei fiori ma va tutto bene!

 

“Austria!” sorrise giovale Ivan “Che piacere vederti di prima mattina!” e se era possibile quel sorriso si allargò ancor di più, facendo illuminare di gioia i suoi occhi.

Roderich era sicuro che le sue mandibole si sarebbero aperte fino a terra -se non fosse una stata una cosa impossibile- da quanto era sconvolto!

Un conto era l'abbigliamento strano, magari aveva deciso di provare un look diverso -non che gli stesse male!- tutt'altra cosa era sorridere come America!!!

Respira

Prese un profondo respiro cercando di calmarsi, chiuse gli occhi e buttò tutto il fiato fuori dalle labbra.

Sollevò le palpebre solo per ritrovarsi davanti alla medesima scena con un Russia stranamente stupito e un Prussia preoccupato. E no! Quello non andava bene, non lo aiutava per niente!

“Ahem...” iniziò guardandosi in torno, l'unica via di fuga era l'ascensore alla sua sinistra, di sicuro avrebbe potuto rifugiarsi lì se scatenava l'ira del russo, “Io vorrei parlare da solo con Prussia...”

Il gigante sembrò rianimarsi “Oh, è una cosa romantica?” chiese facendo comparire chissà da dove uno sguardo dolce “Cos..? NO!” la voce di Roderich assunse un tono scandalizzato, ma come gli uscivano certe idee a Russia?

“Romantica?” una voce dietro le sue spalle fu accompagnata da un piccolo applauso “Lo sapevo che dietro al tuo aspetto da barbaro burbero eri un orsetto morbidoso!” ad Austria andò di traverso la saliva, conosceva quella intonazione solo che non voleva credere che appartenesse proprio a lei. Scosse la testa per darsi un contegno prima di voltare leggermente il volto e lì, proprio a pochissimi passi da lui, stava una ragazzina minuta con lunghi capelli biondi legati -con un elastico sul quale spuntava una enorme faccia da coniglio- in una coda e con addosso un vestitino rosa confetto che lasciava spoglie le pallide gambe.

E questo cos'è???!!!

Roderich era sicuro di essere impallidito a quella vista, ma la cosa peggiore era vedere quel viso di solito così serio sorridere allegramente: Bielorussia sembrava sprizzare fiorellini da tutti i pori.

Oh no! No! No! Mi rifiuto di credere a quel che vedo!

 

La questione non sarebbe stata nemmeno così spaventosa se al posto dei due pazzoidi ci fossero stati altri, ma invece lì a guardarlo con aria sognante c'erano proprio Natalya e Ivan!

Roderich aveva fatto giusto un paio di passi verso l'ascensore come un granchio che cercava di arrancare in una piccola galleria quando incrociò di nuovo lo sguardo di Gilbert.

Dannato è tutta colpa tua!

Lo stava guardando con preoccupazione come se lui avesse fatto qualcosa di strano. Ma dai! Bielorussia era strana: sembrava uscita da una casa di marzapane!

“Guarda che io faccio il tifo per te!” continuava la ragazza saltellando come una ragazzina “Gilen deve avere un vero uomo accanto!” lui le lanciò un occhiata, no, non si era cambiata d'abito in quel secondo e mezzo: aveva ancora quel assurdo abitino che poi a guardare meglio aveva le stampe di coniglietti sull'orlo della gonna.

“Non capisco di cosa parli...” indietreggiò ancora fino ad arrivare alle porte dell'ascensore con le spalle, schiacciò in fretta il botto della chiamata. Sapeva che trattare con Natalya era peggio che trattare con Ivan e aveva il terrore che tra le pieghe di quella corta gonna ci fosse un coltello affilato. Sorrise lievemente mentre la ragazza increspò leggermente la fronte “Ma che vuol dire che non capisci?”

“Oh!” Russia parve rianimarsi improvvisamente “Non vuoi che lo diciamo in giro? Vuoi fare una cosa così schifosamente dolce che rovinerebbe la tua reputazione da cattivo ragazzo?”

Roderich rischiò veramente di morire a quell'affermazione, ma cosa erano tutte quelle confidenze? E chi era il cattivo ragazzo?

A prescindere che lui era un uomo e non un ragazzino!

Non era ne cattivo -forse era un po' rigido sulle regole e pretendeva che anche gli altri le eseguissero ma non faceva nulla di male!- e tanto meno barbaro come lo aveva definito Bielorussia!

Corrugò la fronte, guardando Natalya raggiungere il fratello, prendergli un braccio e fare una piccola bolla con la gomma di masticare che aveva in bocca “Non dire così Adrian! È bellissimo, dolce ed estremamente romantico che voglia passare del tempo con il suo ragazzo!”

 

IL MIO COSA?????

 

Le porte si aprirono all'improvviso e Austria si ritrovò per terra nell'ascensore, gli occhiali leggermente storti e una stranissima sensazione di terrore nel petto, si alzò di scatto e una volta schiacciato il pulsante del quinto piano guardò ancora una volta i tre

Russia e Bielorussia lo guardavano straniti in quei ridicoli costumi “Non stai bene Ronald?” Prussia aveva lasciato la presa dalla maglietta del gigante e lo stava fissando ancor più allarmato di prima, e va bene c'era qualcosa che non quadrava in tutto quello “Ne parliamo dopo!” sibilò nel suo accento austriaco che l'albino tanto odiava.

Devo riflettere...capire cosa mi sta capitando...

Poi le porte si chiusero su quell'immagine che lo aveva spaventato più di tutte le guerre che aveva combattuto.

 

 

 

 

 

Note:

So che i 2p di Bielorussia e Russia non sono così ma questi sono i miei personali!

Me li vedo molto hippy e caramellosi, mi spiace se non saranno di vostro gradimento, ma li tengo così! :)

Roderich sembra quasi che non si sofferma sui nomi che sente ma quando sarà da solo avrà modo di riflettere, qui è troppo terrorizzato nel trovarsi i due psicopatici così strani.

Ora passiamo ai nomi che ho scelto per i 2p che sono presenti in questo capitolo:

Gilen Beilschmidt: Prussia

Adrian Braginsky: Russia

 

A presto!

Elisir

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 -Antonio- ***


Capitolo XII

Antonio


 

 

“Io ti detesto...” mormorò appena vide Gilbert bello sorridente davanti alla porta della sua stanza, di tutta risposta il tedesco si mise a ridere facendogli nascere una sorta di fitta continua alle tempie. “Mio Dio! Sei proprio uno straccio vecchio mio!” e gli aveva dato una manata -di quelle che ti fanno male quando stai bene figurati quando sei in uno stato pietoso- sulla spalla facendolo barcollare di brutto.

Antonio sapeva di stare da schifo, quando due minuti prima si era trovato nel bagno si era visto allo specchio: aveva il viso pallido, occhiaie da far paura e labbra screpolate. E quello era solo l'aspetto fisico, se metteva in conto il mal di testa, la nausea e la bocca impastata poteva benissimo darsi per un malato grave.

Guardò Gilbert, baldanzoso nei suoi abiti scuri -come potesse vestire di nero anche con quel caldo non lo capiva...- sembrava che l'acool su di lui avesse un effetto rigenerante: più beveva più stava meglio.

“...Ti detesto davvero...” mormorò infilandosi la prima maglietta che sbucava dalla valigia, era di un verde brillante che di sicuro avrebbe stonato durante la riunione dov'erano tutti vestiti -chi più chi meno- elegantemente, ma con le tempie che pulsavano, la stanza che ruotava ancora intorno a lui e lo stomaco attorcigliato a lui non poteva fregare di meno.

Antonio non amava particolarmente bere, non che fosse astemio anzi il vino italiano lo apprezzava così come la sangria, ma non eccedeva mai fino a ridursi a quello stato.

Beh, mai era una parolona, si lasciava andare quelle due volte all'anno in cui avevano un meeting piuttosto lungo e quello lo era: cinque giorni di puro stress!

Infine Gilbert aveva sfidato Danimarca a una gara di bevute includendo anche lui e Francis, ma quel nordico altissimo -perché tutto si poteva dire di Mattihias ma non che fosse basso- beveva i vari cocktail, birre e chissà cos'altro come si beve un bicchiere d'acqua.

Risultato?

Bastava vedere come era conciato quella mattina!

 

 

Quando finalmente riuscì ad uscire dalla stanza, Antonio non sapeva se era il caso di prendere l'ascensore o le scale per impedire alla sua nausea di diventare qualcosa di più tangibile.

“Ti odio davvero tanto...” piagnucolò guardando le porte dell'ascensore con il suo ex-amico al suo fianco “Potresti anche saltare la prima parte della riunione. Prendi un'aspirina, vai a riposare e ti riprendi per l'inizio del pomeriggio!”

Non era male come idea e forse l'avrebbe anche seguita se non si fosse ritrovato travolto da Danimarca in persona.

Ma non il solito ragazzone sorridente bensì da una valanga tutta muscoli e sguardo gelido come ghiaccio.

 

Porca paletta!

 

Si ritrovò a dondolare pericolosamente all'indietro con qualcosa di schifosamente acido che rischiava di salirgli in bocca.

Gilbert fermò il suo movimento posizionando le mani sulle sue spalle, lo vide lanciare uno sguardo infuocato al biondo e urlargli un “Guarda dove vai, idiota!”.

Matthias si fermò di colpo per girarsi verso di loro – guardava più a Prussia che a lui- con uno sguardo omicida, aveva le pupille talmente ristrette che si faticavano a scorgere nonostante i suoi occhi fossero chiari.

Antonio deglutì, improvvisamente tutto intorno a lui aveva smesso di girare, come se quell'incidente gli avesse tolto i postumi della sbronza.

 

Ok, mai dare dell'idiota a uno che effettivamente era stato un tiranno, soprattutto se era di pessimo umore.

 

Cattivo umore o no, Danimarca continuò la sua marcia imperturbabile “Gil...” mormorò alzando un dito “Esattamente cos'è successo?” il tedesco alzò le spalle “Mah, forse tutto l'alcool che ha ingurgitato ieri lo ha fatto impazzire!”

Spagna sospirò entrando mestamente nell'ascensore “Ora andiamo a fare colazione, ho una voglia di salsicce!” e improvvisamente la nausea fece ancora la sua comparsa più forte di prima.

“Ti odio!”

 

 

 

Una volta usciti da quella trappola mortale che dal secondo piano li aveva portati al piano terra, Antonio si buttò a capofitto sulle poltrone della hall. Non era possibile che lui potesse partecipare al meeting in quelle condizioni e doveva solo ringraziare Prussia.

Lui e le sue pessime idee!

Finalmente! Vi sto aspettando da diversi minuti!” la voce melodiosa di Francia gli fece pulsare la tempia sinistra, lo guardò avvicinarsi con il suo completo elegante, i capelli raccolti in una piccola coda e il viso rilassato.

Ma perché solo lui stava da schifo? Anche Francis non era un gran bevitore -reggeva l'alcool più di lui, certo, ma non quanto Prussia- eppure eccolo lì, perfetto, bellissimo e profumatissimo...

...la nausea aumentò appena sentì quel odiosissimo aroma che circondava il biondo.

 

Ma cos'è questa cosa? La gara di chi mi farà vomitare???

 

“Vi detesto entrambi...” sibilò mentre quei due se la ridevano del suo stato pietoso “Mio piccolo, dolce pasticcino, dovresti smetterla di farti trascinare da Gilbert in certe faccende...”

Antonio era sicuro che se fosse stato nel pieno delle sue forze probabilmente avrebbe strappato quel sorrisetto insolente dal sue secondo ex-amico!

“Andiamo?” Gilbert aveva dato una spallata amichevole a Francis facendolo storcere il naso “Ho fame!” decretò mettendo le mani in tasca.

Spagna aveva una voglia matta di colpirlo con una serie di calci stile Romano, lo aveva capito che l'albino voleva mettere qualcosa sotto i denti ma non c'era bisogno di dirlo in continuazione in modo da far ritorcere il suo stomaco!

 

Alzarsi da lì fu dura, un'impresa che non tutti in quello stato potevano portare a termine!

Dopo lunghi minuti di mugolii, insulti poco velati in spagnolo e piedi trascinati a terra, Antonio riuscì a raggiungere la sala da pranzo dove altre -grazie a Dio!- sedie erano pronte ad accogliere le sue straziate membra.

Quello però che si ritrovò davanti fu una scena che mai -nemmeno nei suoi incubi peggiori- avrebbe immaginato: Germania in piena crisi respiratoria tanto che stava respirando dentro a un sacchettino di carta, Inghilterra e Ungheria che non sapevano che pesci pigliare, Feliciano che disperato non la smetteva di piangere e Romano che mangiava tranquillo uova strapazzate.

Non era una bella scena, soprattutto per le lacrime del Nord Italia che in quello stato non faceva altro che fargli nascere una voglia matta di coccolarlo.

“Spagna!” Feliciano si era precipitato da lui abbracciandolo come se fosse la sua ultima speranza “Romano...” singhiozzò strofinando il volto sulla maglietta -che a quel punto avrebbe dovuto cambiare prima del meeting- “...oh, mio fratello...” e il pianto si fece più forte, tanto che non solo le tempie ma anche il resto del cranio iniziò a pulsare.

Vide Gilbert avvicinarsi al tavolo e guardare con un sopracciglio alzato Germania “Ludwig?” e anche quell'omone tutto muscoli e cervello -la rarità nel mondo- si ritrovò a guardare pieno di sollievo suo fratello.

 

Ma cosa ha combinato Romanito???

 

Antonio spostò lo sguardo sull'italiano che stava fissando proprio lui e Feliciano trapassando con uno sguardo omicida la schiena del più piccolo.

Ed era strano, una cosa che non capitava da più di cent'anni e che lui sperava di non vedere mai più!

Intanto Nord Italia aveva usato un lembo della sua maglietta per soffiarsi il naso -ed era sicuro che se fosse stato qualcun altro gliela avrebbe fatta ingoiare, ma come poteva arrabbiarsi con quel dolce e tenero ragazzo?- “Ita, mi spieghi con calma che cosa è capitato?”

“Te lo spiego io!” Inghilterra si era alzato e con quelle enormi sopracciglia corrugate -tanto da creare una linea unica- indicò con ben poca educazione Romano che da canto suo continuare a fissare le sue braccia che circondavano Feliciano, “Il tuo pomodorino...”

Sud Italia spostò lo sguardo sull'inglese senza dire una parola, non un insulto e nemmeno un gesto ai limiti della decenza, nulla. “...Non è normale!”

Antonio sbatté le palpebre cercando di fermare il dolore alle tempie e la nausea che tutti quei odori mischiati stavano aumentando.

“Beh...” iniziò con il solito sorriso, era più che sicuro che tutti conoscessero l'indole manesca di Romano perciò non trovava giusto etichettarlo come strano dopo tutti quei secoli. Francis gli si avvicinò “...Sta mangiando delle uova...” mormorò al suo orecchio “...uova strapazzate...” puntualizzò e facendo aumentare i singhiozzi di Feliciano “...di mattina!” finì con un tono tragico che avrebbe fatto invidia al più grande degli attori.

Ok, era strano.

Molto strano.

E quando vide con i suoi occhi il suo Romanito sorseggiare anche del caffè tedesco -non quello nella moca messa davanti al posto di Ita- capì che doveva fare due cose:

Uno controllare lo stato di salute della sua ex-colonia, due correre in bagno.

La seconda opzione lo costrinse lasciare Feliciano tra le braccia di Francia -che scandalizzato cercava di non farsi rovinare la camicia- con la velocità che manco i supereroi potevano stargli dietro!

 

 

 

 

 

Note:

Allora, so che non succede niente, ma Antonio a finalmente fatto la sua comparsa!

Perdonatemi per come l'ho trattato, ma tutto sommato sta messo meglio di Ludwig, no?

 

Comunque grazie per i commenti e spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento :)

 

Ah, ho pubblicato un secondo capitolo questa settimana per farmi perdonare dell'enorme ritardo.

 

A presto Elisir

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 -Flavio- ***


Capitolo XIII

Flavio

 

 

Flavio aveva una gran voglia di tagliare a pezzetti quel pappamolla piagnucoloso che assomigliava tanto a suo fratello!

Tagliare quelle sue stupidissime mani che avevano osato toccare Spagna e poi ricucirle con lentezza con ago e filo.

Oppure strappare quel naso colante con il quale si era strofinato fin troppo sul petto del suo amante e ficcarglielo in bocca!

Voleva ucciderlo come mai gli era capitato nella sua secolare vita!

Va bene, lui era andato spesso a letto con Lutz ma solo perché quel poveretto non avrebbe mai ottenuto nulla da Luciano e lui non poteva mica lasciare che un fusto del genere potesse rimanere vergine aspettandolo!

Ma Spagna era solamente suo!

Quando aveva scoperto che nel passato si era scopato cani e porci non era mica rimasto con le mani in mano, o no, aveva torturato tutti i suoi ex-amanti in maniera da far dimenticare a tutti il proposito di provarci. Ed ora ecco che si ritrova quella brutta coppia di suo fratello che se lo stringeva...

Strinse con forza la forchetta continuando a fulminare quella femminuccia da quattro soldi cercando di calmarsi.

Magari in quel universo parallelo quei due erano amanti e Romano non provava niente per Spagna e viceversa, ma lui non era quel dannato Romano e non riusciva a non provare odio contro quel coso lacrimoso!

Non poteva mettere da parte quel che era solo perché era finito in quel corpo obeso e quello che provava per Alejandro si rifletteva su Spagna di quel mondo. In poche parole doveva essere suo!

Lanciò la forchetta senza nemmeno pensarci verso Nord Italia che si conficcò a pochi centimetri dal suo orecchio, vide gli occhi di Luciano -ma come si chiamava quello?- spalancarsi e lui credette che tornasse a frignare ancor più istericamente.

Nessuno fiatò per interminabili secondi poi Ungheria batté una mano sul tavolo con la grazia di un elefante “Finalmente sei tornato in te Romano!” e insieme a lei anche gli altri sospirarono confortati compreso il piagnone.

 

Ok, non è normale...

 

Che quel Romano fosse incline alla violenza? Era assodato che non mangiasse come lui -infatti si vedeva dai rotoli di ciccia!- e che non fosse educato, perciò poteva benissimo essere un tipo collerico come era la sua Belgio o Lettonia.

Flavio si ritrovò a pensare se quel tizio obeso aveva tutti questi tratti diversi da lui poteva essere anche che non amasse divertirsi come lui -sperò con tutto se stesso che non fosse uno di quei sfigati che stava ore in biblioteca- e magari non aveva la minima fissazione con Spagna...

Guardò pensieroso Germania che aveva smesso di respirare nel sacchetto e ora sembrava leggermente rilassato, Lutz era sempre -perennemente- riposato perciò anche gli altri erano il contrario dei suo conoscenti. Forse.

“Fratellone...” Nord Italia tirò su col naso in un modo che gli fece venire la pelle d'oca e che gli ricordava tanto il suo vero fratello -ok, forse avevano delle qualità uguali ai loro sosia- “...mi hai fatto preoccupare...” si soffiò il naso in un fazzoletto di carta per poi buttarlo con un centro perfetto nel cestino più vicino.

Romano o no, in quel corpo ora c'era lui! Non poteva comportarsi come loro erano abituati e di sicuro non sarebbe andato in giro a tirar forchette a chiunque -non era un bambino con problemi mentali!-, perciò doveva meditare bene su cosa fare e quando farlo.

 

Facile a dirsi!

 

“Oh, caspita che cos'è questo delizioso profumo?!” ecco, lo aveva detto che era facile a dirsi che a farlo! Ma come poteva, lui il guru della moda, ignorare una fragranza così fresca e piacevole?

Nel suo mondo non l'aveva ancora sentita, non che avessero così tanto tempo per creare nuovi prodotti con tutti i conflitti che creavano, ma era certo che potesse ricrearla e venderla a un prezzo piuttosto alto.

“Oh, dolcezza, è Le Male di Jean Paul Gaultier sono contento che qualcuno si sia accorto e apprezzi...” Francia -quello che all'incontrario del suo era completamente pulito e stirato- aveva iniziato a parlare, aveva l'accento molto più marcato di Florian e un'espressione più elegante.

Va bene, doveva ammettere che non sapesse chi fosse quel Jean ecc... ma era rimasto incantato nei movimenti della mano del francese, dai suoi occhi accessi e vivaci ma soprattutto era ammaliato da quelle labbra fine che si curvavano in piccoli sorrisini maliziosi e sicuri.

“Non ce ne può fregare di meno del tuo aroma da donniciole!” la voce di Inghilterra aveva ottenebrato la bellezza del momento, Flavio aveva una gran voglia di strozzarlo e magari infilargli una quantità esagerata di arsenico giù nella trachea! Guardò con dispiacere la forchetta ancora impiantata nella sedia di Nord Italia, gli serviva ora per infilzarla in quel collo flessuoso e pallido...

...con un dito gli sfiorò la pelle, era veramente bella come quella di Oliver ma stranamente diversa: più pallida, profumata e vellutata...

 

ASPETTA UN MOMENTO!!!

 

Si alzò di scatto portandosi le mani sulle guance sentendole calde, guardò l'inglese che aveva il volto corrucciato e con due occhi che mandavano scintille -pronte a scatenare un inferno- proprio a lui.

Era in qualche modo sexy anche se quelle sopracciglia rovinavano l'armonia del viso.

 

NON È POSSIBILE!!!

 

Nel suo mondo Inghilterra non era così virile -in un certo modo gli assomigliava- e perciò non lo aveva mai considerato come un possibile amante, certo si divertivano insieme ma non andavano mai oltre il pompino.

Invece lì aveva qualcuno che era un uomo!

E non solo l'inglese, ma anche i due fratelli tedeschi -Gilen per carità era il suo migliore amico e gli voleva bene- erano talmente maschi che svegliavano tutti i suoi istinti predatori...

...Per non parlare di Francia che lo aveva affascinato dal primo secondo che era entrato in contatto con lui...

 

SONO TUTTI COSÌ FOTTUTAMENTE SEXY!!!

 

“Fratellone...” Nord Italia aveva di nuovo uno sguardo preoccupato così come tutti i presenti.

Ok, non doveva dare troppo nell'occhio ma come poteva ignorare tanta mercanzia? Ah, quel Romano gli stava rovinando quel giretto nel mondo parallelo!

“Ah, mi sono scordato che devo prendere gli appunti in camera...” ridacchiò nervoso indietreggiando per uscire da quella situazione, “Roma tu...” quella volta fu Ungheria a parlare “...hai portato qualcosa su cui discutere?”

Flavio non sapeva se quel Sud Italia avesse portato o no degli appunti, lui come Flavio era piuttosto meticoloso a riguardo e non passava meeting dove non tenesse banco almeno per un'oretta!

Aprì la porta guardando l'intera sala e si accorse che tutti -ma proprio tutti- lo guardavano stupiti, si sentì leggermente un idiota ma decise di sorridere come sempre abbagliando le Nazioni “Forse!” e fece l'occhiolino alla bella donna mandandole perfino un bacio.

Il respiro si bloccò in tutti presenti mentre lui usciva dalla stanza salutando allegramente.

 

 


 


 

Note:

Niente di nuovo ma dovevo mettere un pochino in crisi perfino Flavio XD

 

Spero comunque che sia di vostro gradimento

 

Elisir

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 -Matthias- ***


Capitolo XIV

Matthias

 

 

Matthias non era abituato alla parlantina di Svezia, aveva una voce profonda e una risata forte quasi quanto la sua. In quei minuti nei quali era rimasto a fare colazione con loro si era accorto che gli mancava il buon vecchio Berwald con le sue risposte da cavernicolo.

Norvegia invece gli piaceva così espansivo come da piccolo non faceva altro che saltellare a destra a sinistra chiacchierando animatamente e soprattutto continuava a dedicargli attenzioni. Quando lo guardava con quei occhi carichi d'amore gli riscaldava l'anima e intimamente sperava di non andarsene da quel mondo distorto solo per avere lui accanto.

“Morten!” lo aveva chiamato Norvegia sedendosi sulle sue ginocchia e accavallando le gambe strette in quei pantaloncini di jeans che -per tutti gli dei scandinavi!- lo distraevano parecchio dal resto dei presenti!

Deglutì per ritornare ad osservare il viso sorridente del giovane “Mangiamo insieme il æblekage?” le mani del norvegese avevano avvolto le sue spalle in un semplice contatto che però per lui era qualcosa di davvero paradisiaco.

In quel momento non gli importava della cicatrice, del fatto che l'altro non si rivolgesse a lui ma al suo sosia o che era finito in un mondo completamente differente dal suo, per avere quello sguardo sempre rivolto verso di lui avrebbe anche finto di essere quel Morten fino alla fine dei suoi giorni!

Gli avvolse il braccio destro intorno alla vita “Perché no?” e sorrise, uno di quei suoi esagerati sorrisi ma che riscaldavano l'anima e che a quanto pare lì invece facevano impallidire perfino loro -che erano talmente bianchi da far invidia al latte-.

Il suo sorriso si congelò mentre osservava Svezia sbrodolarsi con il succo d'arancia, Finlandia stringere convulsamente il coltello e Islanda soffocare con una aringa affumicata. L'unico che sembrava aver riacquistato colore era Norvegia con le sue guance rosate e gli occhi che brillavano di felicità “Che bello!” cantilenò appoggiandosi con la testa sul suo ampio petto, Matthias lo paragonò a Feliciano quando Germania si complimentava con lui.

“Che bello! Che bello! Che bello!” ripeté Norvegia stringendosi di più a lui e strofinando il viso sulla sua spalla come un gatto che faceva le fusa.

 

“Cosa vuol dire tutto questo?” sibilò Tino -o come si chiamava- tremava di rabbia e i suoi occhi erano diventati più cupi del solito “Hai qualcosa da dirmi Danimarca?” e lui non sapeva cosa dire.

Nel suo mondo Finlandia era sempre stato calmo e dolce -a parte quando ascoltava quell'assordante musica metal-, vederlo così gli dava l'idea di un ragazzo geloso, ma geloso di chi? Di lui? E la sua relazione con Svezia?

 

Aspetta! -la sua mente elaborò troppo velocemente il concetto perciò si diede una calmata da solo e rimise in ordine le idee- Aspetta! Non vorrai dirmi che qui io frequento Tino?!?!

 

E la sua faccia divenne come l'urlo di Munch con tanto di sfondo inquietante! Non poteva credere che quello non fosse un incubo!

Lui e Finlandia insieme? Ma come era potuto accadere? Loro non avevano nulla ma proprio nulla in comune...

...nel suo mondo...

“Ma no...” ridacchiò facendo di nuovo rischiare il soffocamento a Islanda “...non è possibile!” lo disse a voce alta più per se stesso che per rispondere al suo fratellino, ricevendo in cambio uno sguardo abbattuto da parte di Norvegia.

Ok, si stava incasinando con le sue stesse mani ma lui era nuovo lì che ne sapeva di cosa aveva combinato fino a quel momento quel Morten?!!

Al massimo poteva sorridere e annuire come un completo idiota fino a che qualcuno -un'anima pia- si sarebbe messo a spiegargli le varie sfumature di quella nuova vita.

Ma era un'opzione che poteva toglierli dalle mani -in senso letterale!- Lukas e lui non voleva perdere quello che aveva cercato in tutti quei anni!

ASSOLUTAMENTE NO!

Così strinse il braccio sulla vita del giovane “Allora questo dolce?” Norvegia si illuminò di nuovo e con audacia gli scoccò un bacio sulla guancia.

Islanda mandò fulmini -e poteva sentirli tutti quanti- dagli occhi “Non dovresti andare a sistemarti i vestiti Lokki?” sibilò inviperito prima di lanciarli addossò un bel po' di salsa rosa sulla candida camicia.

 

Lokki? Ma che razza di nome è?

 

Quello che poi lo portò ad alzarsi dalla sedia -trascinando con se anche Norvegia- non lo capì realmente. Sapeva solo che Lokki e Finlandia avevano iniziato a discutere animatamente con parole piuttosto pesanti e minacce di morte da parte di entrambi.

Tanto per intenderci sembrava di essere tra America e Russia e si può benissimo dire che questo non aiutava già la provata mente di Matthias.

Ma quando aveva visto Tino -o chicchessia- tirare fuori un coltellino affilato dalla tasca dei jeans non aveva esitato un secondo a ruggire in difesa di Norvegia.

TINO!” tuonò non rendendosi nemmeno conto d aver chiamato Finlandia con il nome del suo amico e di aver fatto cadere sul pavimento Lokki o Lukas, anzi si era piegato in avanti e aveva sbattuto con forza le mani sul tavolo.

Perfino Svezia che fino a quel momento era intento a parlare con Islanda si azzittì per osservarlo stupito.

Beh in effetti lo stavano guardando tutti un po' stranamente ma insomma che ci poteva fare lui se ancora non sapeva tutti i loro nomi? Gli era uscito spontaneamente dalle labbra volevano fargliene una colpa?

“Chi è Tino?” Finlandia non l'aveva prese bene “Un altro che ti sbatti?” e mentre osservava gli occhi del giovane farsi due fessure furenti un'altra voce proveniente dal pavimento lo fece sudare freddo “AH! TI FAI TUTTI TRANNE ME!!!”

 

Ok, sono nella merda!

 

 

 

 

 

Note:

Matthias non è stupido ma è confuso, vedrete che più avanti si chiarirà le idee...

Fra qualche capitolo arriverà perfino Ronald: il 2p Austria XD

 

Ringrazio tutte coloro che mi lasciano una recensione -che fa sempre piacere ricevere- :)

 

A presto

Elisir

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 -Romano- ***


Capitolo XV

Romano

 

 

Romano guardava sconvolto il piatto davanti a se, il frutto rosso tagliato spiccava sulla candida porcellana -dove le decorazioni erano dipinti di occhi scuri e inquietanti-.

Lo stomaco gli si chiuse a quella vista, non che avesse qualcosa contro il pomodoro, anzi lo adorava! Era il suo frutto preferito, lo mangiava anche a merenda e soprattutto gli ricordava i pomeriggi passati insieme a Spagna nell'orto i quei rari momenti in cui entrambi riuscivano a rilassarsi.

Il pomodoro dunque era qualcosa a cui non solo associava la sua cucina ma anche ricordi piacevoli, ma trovarselo davanti -in quell'orribile piatto- alle otto del mattino gli stava dando tutt'altro che belle sensazioni.

Dov'era il caffè e la brioche al cioccolato?

Gli sarebbe andato bene anche del latte macchiato -anche se non era il massimo- e dei biscotti, ma non i pomodori!

Pomodori poi che erano il contorno di disgustose salsicce tedesche, mancava poco che pretendessero che lui parlasse in tedesco!

Ma dov'era finito??? In un film di Dario Argento??? Perché per lui non poteva esserci di peggio di quello che aveva visto e udito fino a quel momento!

“Non mangi?” ecco il crucco che gli rivolgeva di nuovo la parola con quel timbro preoccupato che gli faceva venire la pelle d'oca “E che cazzo dovrei mangiare?!?” sbraitò lanciandogli uno sguardo di fuoco “Sta merda te la faccio salire su per il culo!”

Feliciano -No, Luciano!- aveva smesso di bere il caffellatte e lo fissava con altrettanto astio “Per l'ennesima volta, Flavio, non sono dell'umore giusto per questi giochetti...” lo vide massaggiarsi la tempia “...Non mi va di stare dietro a te e alla tua stupidità che tanto per cambiare è peggio del solito.”

Romano corrugò la fronte deformando il bel viso con una smorfia di rabbia: lui stupido?!? Detto dalla brutta coppia del più ricoglionito del suo mondo era veramente il colmo!

“Razza di cretino che non sei altro, io voglio un fottuto caffè! Non delle salsicce che sembrano uscite dall'ano di un maiale!”

Germania si strozzò con un pezzo di pane prima di rivolgersi tossendo a Italia del Nord, “Mi sembra che parli esattamente come te Love...” e in quel momento Romano stesso si ritrovò a rischiare il soffocamento con la propria saliva.

 

Love? Che cazzo vuol dire love???

 

“Tu...” e non gli interessava un ficco secco se lì era un deficiente con gli occhiali a forma di cuore, i capelli ossigenati e anoressico “...Come...” si alzò in piedi allungando il busto verso il tedesco “...Osi...” gli puntò un dito sulla fronte “...Chiamare mio fratello Love?!?”

E perfino quella bruttissima coppia di Feliciano rischiò di soffocarsi con un pezzetto di torta di mele, Romano l'osservò diventare rosso, poi viola e infine arrivare a un azzurrino che dava tanto l'idea di asfissia.

Germania alzò una mano, poderosa colpì la schiena del povero Italia che finalmente riuscì a sputare quello che lo stava portando lentamente a una morte non molto da Nazione.

“Ma dico io?” il tedesco aveva iniziato a usare un tono più scazzapalle -quello che Ludwig usava quando Feliciano non capiva nulla nonostante le decine di spiegazioni- che aveva nel repertorio “Ti sembra il caso di fare tanto il geloso dopo che ti ho spiegato esattamente la situazione. Sai che amo Italia fin da quando l'ho incontrato la prima volta e a te andava più che bene...”

Romano smise di ascoltare il blaterare del biondo che lo stava portando sulla via del mal di testa e rimase ad osservare Luciano -ma poi perché doveva avere sempre quella faccia corrucciata? Era peggio di lui o Inghilterra!- che stava riassumendo la tonalità normale.

“...Infine quando siamo stati insieme quest'estate tu mi hai assicurato che non provavi nulla per me e che...”

Romano annuì con il capo non assimilando appieno le parole di Germania, ma poi il suo radar di stiamo sparando cazzate si accese, lampeggiando lucine rosse e azzurre tutt'intorno a quella frase estrapolata da un discorso piuttosto lungo e ancor lontano da essere terminato.

Sbatté le mani con forza sul tavolo “Che cazzo vuol dire che siamo stati insieme l'estate scorsa?” urlò con tutto il fiato che aveva facendo azzittire l'intera sala “E poi per quale cazzo di motivo dovrei essere geloso di te???”

Il tedesco si azzittì, arrossendo fino alle punte, “Ma per via dei nostri...ecco...” “Ti fai quel pezzo di merda?” ecco la domanda di Luciano era arrivata al momento giusto, anche perché lui non era sicuro di poter pronunciare tali parole -il solo pensiero di essere andato a letto con il crucco bastardo gli dava i brividi, altro che film horror!-

Ludwig -Lutz, dannazione si chiama Lutz!- sbiancò tanto che Romano ebbe un attimo di pietà per lui “Impossibile!” sbottò guardando schifato il biondo “Io con sto coso non ci farei nulla nemmeno se fosse una donna!” e avrebbe sottolineato che lui gli uomini non li considerava nemmeno nella veste di amanti ma si era ritrovato un tedesco che annuiva quasi terrorizzato e un fratello che sembrava voler uccidere con lo sguardo e si era rimangiato tutta la frase.

Si prese il caffè che era stato posato solo e unicamente davanti a suo fratello, lo versò in una tazzina -che doveva essere solo per Italia ma a lui non fregava nulla- e lo sorseggiò come se avesse tra le mani una rara bevanda, si ricompose tornando a sedersi.

“Allora, Lutz è vero? Non ti fai questa checca?” a quella domanda Romano avrebbe voluto lanciare sulla testa di suo fratello il piatto pieno di pomodori e la moca del caffè, solo i Santi lo stavano trattenerlo nel commettere un omicidio verso quella persona che già era finita sulla sua lista nera -lista che conteneva diversi nomi come Gilbert, Ludwig e Francis- “Sei cretino o cosa? Ha appena detto che vuole solo te!” e ok, lui stesso stava vomitare per aver difeso il crucco ma non voleva assolutamente andare avanti con quel discorso!

Perciò mali estremi, estremi rimedi!

Si girò verso il tedesco con occhi di fuoco “Ma se scopro che ti scopi mio fratello ti uccido!” e lo disse con talmente tanta serietà che perfino Fel...Luciano! -Luciano! Luciano! Dai Romano non è difficile da ricordare, cazzo!- deglutì intimorito.

Lud...Lutz -Cazzo!!!- annuì lentamente e solo Cristo sapeva cosa gli passava per la testa, ma l'importante era non sapere -o ammettere- che lui o meglio Flavio fosse finito sul würstel di Germania.

 

Brrrr....che schifo!!!

Strizzò gli occhi e represse un brivido che gli stava salendo lungo la schiena.

No! No! Certe immagini non le voglio, cazzo!!!

Si strofinò le mani sulle palpebre e cercò di far riaffiorare dalle mente il corpo dannatamente sexy di Belgio, il loro ultimo bacio, le carezze e...

 

“Ci sei andato a letto allora si o no?!?” ed ecco che la sua bella Emma finiva in fumo per colpa della frase di quel cretino -peggio di Feliciano!- di Luciano!

“Ma dillo che vuoi farmi incazzare!!!” esclamò facendo ribaltare la tavola, i pomodori e il resto della colazione di quei due.

Sibilò insulti in tutti i dialetti d'Italia verso suo fratello e verso quel crucco platinato e con in mano ancora la tazzina del caffè abbandonò il suo posto “E NON VENIRE A ROMPERMI I COGLIONI!!!” urlò all'indirizzo di un quanto scioccato Luciano.

 

 

 

 

 

 

Note:

E va bene, Romano è un poco isterico ma non lo cambio per nulla al mondo >_<

Si avvicina l'ora del meeting XD

Comunque chiedo perdono a tutti coloro che leggono la mia fanfic, internet mi è arrivato solo oggi perciò non è colpa mia!!!

Visto che devo farmi perdonare vedrò di pubblicare due capitoli per le prossime tre settimane!

 

Grazie per la pazienza!

Elisir

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 -Antonio- ***



Capitolo XVI

Antonio

 

 

Dopo aver rimesso anche l'anima Antonio si sentiva decisamente meglio. Era in grado di camminare senza sentirsi su una scialuppa in balia delle onde -non che lui soffrisse il mar di male, eh!-, la nausea era un leggero malessere -anche perché diciamocelo non aveva più nulla da buttar fuori- e sopratutto si sentiva in grado di connettere nonostante il mal di testa.

Beh, non poteva mica pretendere che con una visita al bagno potesse tornare come nuovo ma comunque con un'aspirina e due orette di sonno si sarebbe rimesso pronto per partecipare al meeting prima di mezzogiorno.

Prima di tutto però doveva vedere Romano.

Si, perché era stato un colpo durissimo per il suo cuore -oltre che per il suo stomaco- vederlo mangiare quelle uova strapazzate e bere quel caffè che aveva sempre definito veleno per topi.

Tornare nella sala da pranzo fu un trauma: Germania stava scrutando le sue salsicce con talmente tanta concentrazione che Antonio pensò che avrebbe potuto friggerle, Ungheria stava discutendo con Gilbert riguardante a chi si sarebbe tenuto Austria -anche se Prussia era completamente smarrito e non sapeva più dove sbattere la testa- e infine Feliciano che giocherellava con una forchetta conficcata nello schienale della sua sedia.

Non guardò nemmeno Francia e Inghilterra che tanto per cambiare stavano litigando su qualcosa di stupido.

“Dov'è Roma?” chiese trovandosi improvvisamente non solo lo sguardo dei sei su di se ma anche del resto della sala. Antonio alzò la mano salutando lo scontroso Svezia e il timido Lituania ricevendo solo il silenzio.

E va beh, non che quei due fossero così loquaci, ma trovarsi osservato da così tanta gente che faceva scena muta a una sua domanda era leggermente inquietante.

“Se ne è andato!” fu Arthur a parlare con il suo tono aspro e le sopracciglia increspate che tanto detestava ma che in quel momento gli sembravano una via di fuga da tutto quel disagio che stava provando, “Dove?” e come se Gilbert si fosse svegliato dalla sua apatia -mai visto in quello stato e sinceramente fino a quel momento non era nemmeno sicuro che potesse capitare!- “Ha parlato di appunti e...” lo vide reprimere un brivido freddo “...ha mandato un bacio alla padellara!” beh nemmeno il tempo di dirlo e vide l'amico ricevere non una padella ma un vassoio ripieno di dolcetti in pieno viso.

Il mal di testa iniziò ad aumentare, forse avrebbe dovuto dormire tre di ore...o quattro...

Perfino Ludwig sospirò esasperato smettendo di dare il tormento a quelle povere salsicce “Credo che sia andato in camera...” Antonio a quel punto si sentì tirare la maglietta -completamente rovinata- dalla mano delicata di Nord Italia “Ti prego, vedi di farlo tornare in se...” singhiozzò “...Ha portato degli appunti.” tirò su col naso alzando lo sguardo da cucciolo -che lui adorava e a cui non poteva dire di no- “Appunti! Ti rendi conto??? Lui non sa nemmeno di cosa si parla in questo meeting!” e giù a piangere di nuovo.

Ok, Antonio doveva ammettere che quello era ancor più strano delle uova strapazzate -non del caffè, perché Sud Italia su quello non scherzava- ma da qui a dire che Romano non sapesse di cosa si parlava era esagerato cioè Germania aveva mandato una email piuttosto lunga e dettagliata a tutti e...

...Oh, giusto! La sua ex-colonia cestinava subito qualsiasi cosa proveniente dallo Stato tedesco.

“Si...” staccò il viso della dolce Italia dalla sua maglietta “...ci parlo io.” sorrise rassicurante prima di sentire la voce di Francia “Di a Roma che sono così fiero di lui per aver dimostrato un cenno di dolcezza! Che io, Francis, ho deciso che non è più una causa persa e ch...”

Antonio non finì nemmeno di ascoltare per scappare da quel manicomio e avviarsi verso la camera di Romano sperando di poter andare a dormire presto nel suo comodo letto.

 

 

Bussò esattamente tre volte prima che Sud Italia gli aprisse, lo vide sorridere maliziosamente e appoggiarsi alla porta in un modo talmente lascivo che avrebbe fatto invidia a una squillo di alta classe.

“Spagna...” Antonio sbatté le palpebre incredulo che da quella bocca uscisse un tono così erotico “Roma...” tossì rumorosamente di sicuro si stava immaginando tutto “...posso entrare?” sorrise cordiale mentre l'altro aprì ancor di più l'uscio “Certo, tu puoi entrare ovunque...”

L'iberico non badò alla frase ma al tono si, perché improvvisamente Romano sembrava un predatore -ma lui mica era un filetto di manzo!-?

Decise di ignorare la strana sensazione e di sedersi sul letto che stranamente era stato rifatto, guardò stupito perfino gli abiti ben piegati nel piccolo armadio di legno e si convinse che doveva parlare e chiarire cosa stesse succedendo alla sua ex-colonia...

...che in quel momento si era seduto dietro di lui appoggiando il mento su una spalla e il petto sulla sua schiena.

 

COSA STA FACENDO???

 

Antonio sentì le mani del più giovane accarezzargli il collo, scivolare lungo la colonna vertebrale e cambiare direzione a metà del percorso per fermarsi sul fianco, “Ti vedo un po' teso...” il sussurro direttamente nell'orecchio lo fece arrossire come alla sua prima cotta “...che ne dici di rilassarti...” e quei tocchi così precisi e sensuali si spostarono sull'addome...

...Sotto la maglietta!

“Romano...” si schiarì la voce “...Cosa stai facendo?” l'altro rise in una maniera così libidinosa che avrebbe potuto far capitolare anche il più etero degli uomini “Mmm...tu che dici?” le dita erano calde...troppo calde...

Il tintinnio della cintura che veniva aperta lo fece alzare di scatto, con la spalla colpì il mento del giovane facendolo mugolare di disapprovazione.

Si grattò i capelli scompigliandoli ancor di più, rise falsamente cercando di far tornare l'atmosfera informale e infine si girò verso il castano. Stava lì fermo con lo sguardo confuso e -cazzo!- così bello da farlo tremare.

 

Questo è uno scherzo dell'alcool! Non ho pensato mai che fosse bello...non così almeno...

Maledetto me che continuo a stare dietro alle pazzie di Gilbert!

 

“Penso di non stare ancor molto bene!” Antonio ridacchiò di nuovo allacciandosi la cintura “Ho bevuto troppo ieri sera!” si grattò ancora i capelli ridacchiando per l'ennesima volta “Mi sto perfino immaginando che tu ci stia provando con me!”

“E che c'è di male?” sbottò l'altro facendolo bloccare per qualche secondo, quella risposta non se la aspettava “Non ti piaccio? Preferisci mio fratello?” non credeva nemmeno di doversi difendere da una cosa del genere! Insomma erano anni che prediligeva Feliciano: come si poteva resistere a quel viso dolce, a quel sorriso luminoso e a tutta quella allegria??!

Senza contare che Romano non aveva mai espresso di desiderarlo. Ne lui ne nessun altro uomo, era sempre andato dietro alle donne sopratutto a Belgio -che era di sicuro bellissima- e anche dopo la loro rottura sapeva che quei due si vedevano spesso e non solo per fare una partita a carte.

Perciò quella situazione era semplicemente assurda e lui faticava a ragionare a trovare una soluzione...

“Roma, cosa stai cercando di dirmi?” e intanto dentro di se sperava che non dicesse qualcosa del tipo ti amo, perché lui quel sentimento non lo provava e non lo avrebbe mai provato. Certo gli voleva bene e per aiutarlo si sarebbe buttato anche nel fuoco ma da lì a considerare i suoi sentimenti amore ce ne passava di acqua sotto i ponti!

“Tu cosa stai cercando di dirmi? Che quella ameba piagnucolosa è meglio di me?” Antonio sbatté le palpebre, mai Romano aveva parlato in quei termini di suo fratello e con quell'astio che aveva visto rivolto solo a coloro che lo avevano sottomesso -lui compreso- “Cos'ha più di me? Mnh? Io non piango per delle sciocchezze!”

Spagna voleva ricordargli che in quello si sbagliava perché proprio come Feliciano piangeva per delle piccolezze forse ancor peggiori del fratello ma Sud Italia sembrava proprio furioso.

“Io non pretendo di mangiare solo il cibo della mia terra all'incontrario di lui!”

Ancora una volta, Antonio avrebbe voluto sottolineare che in realtà lui si rifiutava di toccare qualsiasi cosa non fosse cucinato da un cuoco italiano o che non fosse preparata con ingredienti made Italy.

“Non sono bello forse? È perché sono grasso?” E lì avrebbe voluto dirgli che non era affatto grasso e che era bello così, che aveva due occhi che esprimevano talmente tanto che ci potevi affogare in quei sentimenti e che quando sorrideva illuminava più del sole stesso ma ancora una volta si azzittì. Romano non era facile da trattare e sapeva qualsiasi cosa avesse detto non avrebbe fatto nessuna differenza perché Sud Italia trovava cose negative anche nelle più belle cose.

“Oppure è per il fatto che sono più vecchio di quello lì?” Antonio sgranò gli occhi, cosa c'entrava l'età?

Loro erano Nazioni e se per una persona normale cinquanta anni era una vita per loro era un battito di ciglia.

Senza contare che lui non sapeva esattamente quanti avessero i due italiani, sapeva solo che Romano era nato prima e nel momento in cui l'Impero Romano stava iniziando a decadere.

“Tutto quello che stai dicendo non ha senso!” gli si avvicinò per poi afferrarlo per le spalle “Lo sai che ti voglio bene come a un fratello e se questo è uno scherzo...” distende un sorriso sincero “...beh, sono colpito! Non me lo aspettavo da te!”

Si pentì di tale affermazione quando vide negli occhi -che adorava più dei pomodori- del giovane delusione e rassegnazione “Dunque è così...” lo sentì mormorare “...siamo solo amici...”

“No, no! Siamo fratelli!” esclamò per sottolineare che il loro rapporto andava al di là dell'amicizia ma Romano scosse la testa poi sorrise, un sorriso enorme che -Dio!- gli scaldò il petto e battere il cuore, “Va bene. Ora però devo prepararmi per il meeting...”

Antonio lo scrutò un attimo mentre l'altro gli girava le spalle “...devo trovare i miei appunti...” e lui si sentì male: oh no! Non poteva iniziare un altro scherzo...discorso... o entrambe le cose...

Che mal di testa!

E approfittando della distrazione di Romano uscì il più velocemente da quella stanza.

 

Altro che tre ore io resto a dormire per tutti cinque i giorni!!!

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Ed ecco qui...

...Ora non voglio dire nulla ma non pensate che Flavio accetti a cuor leggero è pur sempre un 2p. Vedrete che cosa combinerà...

Antonio non so se va bene così, devo dire che non farlo smielato e schifosamente zerbino mi piace ma ditemi voi se lo trovate troppo OOC

E dal prossimo capitolo entriamo nel meeting...

...vediamo cosa potrebbe scatenare... XD

 

Un bacione

Elisir

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 -Morten- ***


 
 

Capitolo XVII

Morten

 

 

Aveva spalancato tutte le sue valige, ne aveva tirato fuori dei vestiti alquanto monotoni e un plico di fogli -sicuramente il suo discorso per quel meeting- ma non aveva trovato la sua amata pistola.

Dov'era la sua APX?

L'aveva portata con se perché non si fidava di nessuna nazione, erano tutti manipolatori, pazzi e pronti ad azzannarsi alla gola anche tra fratelli. Eppure non c'era. Non era nei bagagli e nemmeno tra le lenzuola bianche.

Si era perfino messo a cercare sotto il letto, lui che di solito si limitava a far spallucce se qualcosa cadeva a terra -e forse era per quello che il suo salotto puzzava di marcio-.

Infine si era ritrovato seduto e sfinito sul materasso, il mento appoggiato sul dorso della mano sinistra e gli occhi fissi sullo specchio: sul proprio riflesso.

Non era diverso dal solito era perfino vestito con i propri indumenti ma era sicuro al cento per cento che quello non era lui. Assottigliò lo sguardo, aveva visto con i propri occhi Finlandia con un carattere completamente opposto a quello che conosceva: era quasi imbarazzato ed era arrossito quando Svezia lo aveva chiamato moglie.

E come poteva non accantonare i lunghi silenzi di Sve o l'apatia di Norvegia?

Certo, poteva darsi che era uno stupidissimo scherzo ma loro lo conoscevano, sapevano che lui non amava particolarmente queste ragazzate e di sicuro preferivano tenerlo buono piuttosto che vederlo furioso.

Per tutti gli dei aveva bisogno di una sigaretta! Ma come la sua pistola anche le sue tre stecche di mistral erano scomparse.

Tre stecche sparite o per lo meno non erano lì con lui... che poi lui dove si trovava di preciso?

Che avesse il suo corpo era innegabile, che fosse in Germania era scontato -visto che aveva trovato il biglietto di ritorno per la Danimarca- e che ci fosse un meeting tra nazioni era ovvio.

Ma esattamente dove era finito?

In un mondo alternativo?

Lo diceva quel pazzo di Austria che c'erano varie realtà parallele dove esistevano anche i loro sosia e dove tutto era distorto.

Era possibile che lui fosse finito in uno di quei universi durante il sonno?

Ronald diceva sempre che era impossibile senza magia, se era così, lui non era stato l'artefice -non gliene fregava proprio nulla di quelle cazzate!- e nemmeno quei sfigati di nordici.

Oddio, magari Svezia si era ritrovato a far riti strani con quel mezzo drogato di Inghilterra che a sua volta -essendo ignorante sulla magia- aveva convinto Austria a imprestargli un libro di sortilegi!

 

No, no...Sto letteralmente impazzendo.

 

Si portò due dita sulla radice del naso cercando di rilassarsi, certo con una sigaretta sarebbe andata meglio ma doveva rimanere lucido, era in una situazione complicata e non era il caso di iniziare a sragionare.

 

Ok, non so dove mi trovo, non so chi sono io qui e soprattutto com'è la situazione in questo mondo...

 

Tornò a fissare il riflesso cercando in lui una risposta che ovviamente non sarebbe arrivata.

 

Devo solo uscire di qui. Andare alla prima riunione della settimana, ascoltare e poi stare un attimo al gioco.

 

Si, non era nulla di difficile, sarebbe rimasto zitto al proprio posto giusto per non dare nell'occhio.

 

Infine andrò a dormire presto e BAN tornerò nel mio caro mondo, con le mie dolci sigarette e con la mia amata pistola!

 

°

 

La struttura dell'albergo era uguale a quella del suo mondo e ciò lo aveva facilitato a trovare la sala per il meeting.

All'interno erano già presenti alcune nazioni, tra le quali Germania e Prussia. Li fissò per qualche minuto titubante.

Germania era alto quanto Lutz ma sembrava incutere più timore -nonostante quello della sua realtà fosse un maniaco omicida-, aveva occhi chiari e seri, le labbra stirate in due linee rette e i capelli erano ben ordinati: non aveva un ciuffo fuori posto.

Prussia stava seduto sul tavolo, affianco al fratello, aveva un sorriso affilato e occhi rossi che dardeggiavano ogni qualvolta si ritrovava lo sguardo del minore su di se, era così diverso da Gilen che quasi rimpianse il comportamento piagnucoloso e timido dell'ultimo.

Infine gli occhi azzurri di Germania si erano posati su di lui, calmi lo scrutarono per qualche secondo “Danimarca...” lo salutò con una voce talmente controllata che non gli sembrava nemmeno vero, poi vide un lampo sul viso del tedesco e tutta la sua autorità sparì dando spazio all'incertezza “S...stai bene?”

Morten non capì il significato di quella domanda, che in quel mondo lui fosse debole di costituzione? Oppure aveva qualcosa che non andava?

Si guardò il completo che aveva addosso, una camicia rossa e dei pantaloni neri e se erano nella valigia era ovvio che il suo alter-ego avesse intenzione d'indossarli, il suo viso era chiaramente pulito visto che era stato circa mezz'ora a guardarsi allo specchio, perciò dove stava il problema?

Prussia sfoderò un sorriso malizioso “Matthias, mi hanno raccontato della tua poco velata intenzione di spogliare Lukas stamattina...” ancora una volta Morten si ritrovò a non capire. Chi era Luk...

...Ooooh...intende Norvegia...

“Ti ha già rifiutato svariate volte...” vide Germania diventare rosso alle parole del fratello “...Non ti vuoi proprio arrendere, eh?” per poi alzarsi e tappare la bocca a Prussia con una mano.

“Non ascoltarlo, Danimarca, lo sai anche tu che strapparla...” e no, lui non lo sapeva Gilen era così riservato e silenzioso che quasi non si accorgeva della sua presenza!

 

Stai al gioco. Stai al gioco. Stai al gioco!

 

Annuì prima di riportare lo sguardo sulla sala. Il suo posto era ovviamente dove stavano gli altri nordici, chissà perché volevano sempre mischiarlo con quei quattro deficienti...

Finlandia si era voltato a guardarlo e con un cenno della mano gli indicò un posto vicino a Norvegia che lo stava completamente ignorando.

Non era particolarmente felice di doversi sedere proprio lì, vicino a quell'essere...

 

Coraggio, Dan, devi solo fingere...finché non ritorni nella tua realtà...

 

Peccato che non sapeva esattamente come doveva comportarsi, quel Matthias era un mistero.

Mentre si muoveva tra le file per raggiungere l'odiato posto si ritrovò a dover scavalcare la gambe lunghissime di Olanda che lo stava guardando con noia.

Morten non era solito a faticare perciò aveva valutato le varie opzioni per superare quell'ostacolo ma tutte richiedevano uno sforzo superiore a quello che di solito concedeva al suo corpo.

Aveva messo una gamba tra quelle di Olanda e mentre stava per alzare l'altra il suo sguardo si soffermò sulla mano, o meglio, su ciò che teneva in mano il giovane. Seguì il fumo alzarsi fino al mento del biondino, nel suo mondo Killian era un salutista -più o meno- ma a quanto pare lì era un fumatore...era la sua ancora di salvezza.

Appoggiò le mani sulle cosce dell'altro facendogli inarcare un sopracciglio, allungò il busto verso quello del giovane, così vicino che poteva notare il disagio che provava dentro a quelle iridi chiare, sorrise dentro di se prima di avvicinarsi ancor di più “Non è che me ne offri una?”

Gli occhi di Olanda si riempirono di avarizia, conosceva quel sentimento e beh in un certo senso lo faceva sentire a casa.

“Un euro.” fu la semplice risposta dell'olandese, bene voleva qualcosa in cambio solo che lui non sapeva che fosse quel euro. Lo guardò leggermente confuso mentre l'altro si portava la sigaretta alle labbra, “Se ne vuoi una mi devi dare un euro.” certo che quella bocca era veramente invitante mentre buttava fuori il fumo.

Si sporse in avanti e appoggiò le proprie labbra su quelle del più giovane e prima di chiudere gli occhi e approfondire il bacio -godendo così del fumo dell'altro- riuscì solo a vedere un flash alla sua destra.

 

 

 

 

Note:

Prima di tutto mi scuso per l'assenza. Non è stato un bel periodo questo.

Devo dire che è da poco che sono ritornata a guardare fanfic e a scriverle.

Da un mesetto non riuscivo proprio a scrivere o a divertirmi, e ora che le feste natalizie si avvicinano sono sicura che il dolore che ho provato in queste settimane si farà sentire più che mai, perciò penso proprio che ci sarà un altro buco in questa fanfic.

Eppure mi sono detta che dovevo riprendermi e soprattutto ritornare con la mia solita vita.

Detto questo vi voglio dire che cercherò di postare un altro capitolo prima di Natale (ci riuscirò? Mah...)

 

Ora passiamo ai nostri eroi. Morten qui bacia Abel...non pensate che Danimarca 2p sia uno semplice, per nulla, ma le labbra di Olanda sanno di nicotina e lui ne era in astinenza.

Qui è citato anche il nostro caro euro e che Morten non ha idea di che sia perché nella mia mente nel mondo dei 2p non ci sta l'Unione Europea e di conseguenza l'Italia ha ancora la sua lira!

 

Un abbraccio

Elisir

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 -Roderich- ***


Capitolo XVIII

Roderich

 

 

Roderich si era rinchiuso in camera, si era messo a camminare velocemente nel piccolo spazio tra il letto e l'armadio in un continuo andare avanti e indietro. La sua mente era occupata a estrapolare informazioni da quello che aveva visto e udito fino a quel momento.

Si era ritrovato a dover ragionare su un paradosso temporale, una cosa che mai nella sua vita aveva preso in considerazione, dopo esser giunto alla conclusione che lì -in quel albergo- nessuno era come doveva essere.

Poi aveva guardato fuori dalla finestra, la via che di solito traboccava di negozi all'ultima moda era invece un insieme mostruoso di locande sporche che tanto gli ricordavano il medioevo e solo in quel momento aveva capito che non solo chi stava nel hotel era diverso ma anche chiunque stava dall'altra parte.

Infine, dopo parecchie congetture logiche che portarono solo alla conclusione che era stata colpa di quei tre maghetti da strapazzo -aveva una strana voglia di schiaffeggiarli!- e di qualche rituale, si era messo a ragionare su chi fossero allora le Nazioni che aveva incontrato e chi era lui.

Gilbert -o chi per lui- lo aveva chiamato Ronald e a quanto pare non era un ragazzo pacato visto che perfino Russia lo aveva considerato un cattivo ragazzo, un brivido lo aveva attraversato per tutto il corpo al solo pensiero che quei abiti per nulla decenti appartenessero al suo se stesso di quel mondo!

Mentre camminava in quei due metri e mezzo continuando a unire i pochi indizi che aveva raccolto qualcuno bussò alla sua porta.

Qualcuno che lui non conosceva e con cui -sicuramente- doveva interagire!

Si bloccò con un piede ancora alzato e corrugò la fronte, come doveva rispondere? Si, chi è? Era una domanda neutra che non avrebbe dato tanto nell'occhio, ma se l'Austria di lì invece avesse avuto anche un modo di parlare diverso da lui? Insomma già vestiva come un disgraziato poteva benissimo anche usare parole poco consone e...

“Ron, sono io Dorika...” la voce era uguale a quella di Elizabeta anche se era meno squillante del solito e doveva ammettere che aveva paura di aprire quella porta. Se Russia era diventato una caramella tutta pace e fiori Ungheria cosa poteva essere diventata? Subito immaginò il bel viso della donna completamente deformato e in decomposizione come uno di quei zombi che stava nei film americani -e che quando America aveva carta bianca costringeva tutti a vedere-.

Un secondo bussare, questa volta più forte lo costrinse a tornare nella realtà, “Ron, so che ti piace dormire, probabilmente sei andato a dormire un paio di ore fa ma dovresti proprio venire con me!”

Ok, non era tanto diversa dal solito caratterialmente, almeno sembrava decisa, “Perché?” chiese infine avvicinandosi con circospezione “Come perché?” la voce di lei salì di qualche nota facendola sembrare una racchia “Hai forse dimenticato che sei tu quello che ha deciso tutti gli schieramenti militari delle nostre rispettive Nazioni?”

Roderich si ritrovò a bloccarsi di nuovo con una mano sulla maniglia, non capiva cosa volesse dire Ungheria con schieramenti, che ci fosse una guerra in corso in quel mondo?

Sospirò aprendo finalmente l'uscio, guardò la sagoma minuta della donna e si lasciò andare a un sospiro di sollievo notando che era uguale a Eliza e non a un mostro mangia cervelli!

La fissò per qualche secondo: indossava un abito leggero color rosa antico, i capelli lunghi quanto quelli di Elizabeta erano intrecciati in una morda acconciatura e su di essi stavano piccoli fiorellini bianchi, gli occhi non erano di quel verde chiaro di cui era sempre stato innamorato ma di un stranissimo rosa ed erano risaltati dal trucco e per finire una collana era appoggiata sull'esile collo, il pendente -bello grosso- si insinuava tra i seni.

“Ronald!” esclamò lei portando entrambe le mani sulle guance, era in procinto di piangere “Non dirmi che vuoi lasciarmi sola!” singhiozzò in preda a dubbi che lui non poteva capire “Lo sai che non so combattere, che ho una paura matta delle armi e che Luciano mi terrorizza!”

Austria corrugò la fronte, altro che simile a Elizabeta erano propri l'una l'opposta dell'altra! La sua Ungheria era dolce in intimità ma aveva un carattere combattivo, fiero e in guerra era una furia.

“Ma no, tranquilla...” sorrise appena per rassicurarla e lei lo guardò con talmente tanta gratitudine che si sentì arrossire.

 

 

La riunione non era ancora iniziata, Dorika -perché così si era presentata- gli aveva detto che Lutz era dovuto andare a cambiarsi dopo che si era ritrovato la propria colazione sulla canottiera preferita.

Roderich avrebbe preferito non iniziare mai quel meeting già da quella affermazione e dal fatto che ancora non aveva elaborato la faccenda dell'universo parallelo -proprio non gli andava giù di essere finito in quel guaio per colpa di Romania e compagnia bella!-

Guardò le poche Nazioni sedute.

Grecia era in continuo movimento -non come quello che conosceva lui-: si alza per parlare con qualcuno, tornava al proprio posto per poi rialzarsi. Sembrava che si fosse iniettato una dose eccessiva di zuccheri.

Inghilterra rideva sguaiatamente vestito con un completo color lime una camicia viola -gli venne male agli occhi a quella vista- e vicino a lui stavano i suoi tre fratelli completamente verdi e in preda da attacchi di vomito. Scozia addirittura piangeva dal dolore.

“Oh, Olliver a quanto pare ha già iniziato con i suoi scherzi. Poverini chissà che pene stanno soffrendo...” Ungheria sospirò davvero preoccupata e lui si domandò di cosa stesse parlando, stava per chiedere “Chi?” quando qualcuno urtò il suo braccio. Riuscì a scorgere una figura rannicchiata che teneva le mani sopra la testa come a proteggersi.

“Buongiorno Voss.” Dorika si frappose tra lui e lo sconosciuto che alzò timidamente il viso. Roderich fece un passo indietro nel riconoscerlo, va bene, era più pallido del solito e sembrava in procinto di piangere ma era innegabile che quello fosse Svizzera.

 

Questo è peggio di vedere Ivan conciato come un figlio dei fiori!

 

“M...mi dispiace...io...” iniziò il biondino mentre si alzava in piedi “Non...volevo...” e no! No! Quello era troppo anche per lui! Ma come poteva sopportare la vista di Vash in quello stato!

“Fa niente!” esclamò ancor prima di pensare e come se non bastasse sentì lo sguardo perplesso Ungheria e Svizzera come se avesse fatto un errore. “Cioè...si...” tossì per darsi un contegno e cercare di sembrare un cattivo ragazzo “Non farlo più” ma lui a quanto pare non era nato per fare quella parte.

Dorika sorrise rilassata come se si aspettasse quello da lui mentre lo svizzero annuì defilandosi tra la folla, “Ben fatto, Ron, allora le mie casette sul corso ti sono state d'aiuto!” Roderich lasciò che lei gli cingesse il braccio sinistro “Quali casette?” e sopratutto perché li erano rimasti indietro sulla tecnologia?

“Ma come? Quelle per gestire la rabbia!” quello lo fece bloccare ma che razza di persona era quel Ronald???

 

Fatemi uscire da questo posto!!!

 

 

 

NOTE:

Si, lo so, avevo detto che se riuscivo mettevo un altro capitolo prima di Natale ma impegni qui e impegni là mi hanno impedito di farlo.

Perciò vi faccio i miei auguri di Buon 2018 e spero che per voi sia iniziato meglio di quanto sia iniziato a me! Che sono praticamente claudicante con un piede che viene pervaso da fitte -che non vi dico quante maledizioni mando!- ogni qualvolta che faccio più di cinque passi!

 

Ma parliamo del nostro capitolo! Rodeich qui finalmente è giunto alla conclusione che si ritrova in un posto che non gli appartiene e da dove vorrebbe scappare a gambe levate sopratutto da se stesso.

Boh, non so se sono riuscita a far capire qui che lui non potrà mai arrivare ad imitare e tanto meno prendere il posto di Ronald, ma ci saranno altri capitoli dove succederà.

 

Riassumendo: Per ora dei nostri 6 sfigati solo due sono arrivati alla sala meeting: Roderich e Morten. Vi consiglio di darmi un aiuto sul prossimo che arriverà: Matthias o Flavio?

Non preoccupatevi per Ronald, lui arriverà...farà la sua entrata trionfale, ma in questo momento è ancora nel mondo dei sogni XD

 

A presto

Elisir

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 -Lokki- ***


Capitolo XIX

Lokki

 

 

Lokki non aveva finito la frase che si era ritrovato la mano, grande e calda, di Danimarca attorno al suo polso sinistro. In pochi istanti, in cui aveva avuto modo solo di vedere la faccia scioccata dei suoi amici, si ritrovò ad essere trascinato via dalla sala.

Morten camminava velocemente e non aveva lasciato la presa nemmeno un istante, lui sentiva che faticava a stare al suo passo -insomma c'erano parecchi centimetri di differenza tra loro e quelle gambe lunghissime facevano passi enormi!- ma la sensazione di calore che gli davano quelle dita strette intorno al suo polso era quasi paradisiaca.

Quando giunsero alla hall era già con il fiatone e dannazione era sicuro di aver sudato in maniera indecente! Fu lì che Morten si fermò, improvvisamente, facendolo sbattere contro la sua schiena.

Lo sentì irrigidirsi a quel contatto, alzò gli occhi e vide il viso del più grande rivolto verso di lui, lo stava studiando con uno sguardo che mai aveva visto che in un certo senso lo metteva in agitazione.

Dentro a quelle iridi azzurre c'erano talmente tante parole che lo confondevano, c'era insicurezza ma anche rabbia, c'era odio e anche amore e soprattutto vi vedeva tanto rammarico.

Quando sentì l'altra mano accarezzargli la cicatrice sussultò, il tocco era delicato come se non volesse fargli del male, mai in tutti quei anni lo aveva sfiorato. Si sentì imbarazzato e sentiva di essere diventato rosso come un pomodoro ma mai quanto si sarebbe sentito da lì a un secondo.

Aveva sempre immaginato le labbra di Danimarca fameliche e al gusto di sardina -infondo era il suo pesce preferito!- e invece erano morbide e sapevano di biscotti.

Arrossì fino all'attaccatura dei capelli a quel contatto, breve -troppo, troppo breve- ma intenso.

Lokki rimase fermo con gli occhi sgranati e le guance bollenti con la sincera confusione su cosa esattamente fosse successo. Non che lui non avesse sognato -con disperazione- che questo succedesse -e magari anche qualcosa di più!- ma non capiva perché proprio in quel momento.

Perché Danimarca lo stava baciando?

Fino alla sera prima era stato con Finlandia.

Infine vide il viso di Morten, rilassato e sorridente, così bello da far invidia agli dei scandinavi...

...ma era anche una visione scioccante!

 

Dan che sorride?!? È la fine del mondo!

 

“COSA VUOL DIRE TUTTO QUESTO????” l'urlo di Taisto fu sentito per tutto l'hotel e oltre -secondo Svezia anche fino ad Urano, ma non ci sono prove a favore di questa teoria- mentre li guardava dal fondo del corridoio con aria omicida.

Inutile dire che Lokki vide la sua vita passargli davanti agli occhi -ma perché poi doveva vedere tutte le sue figuracce???- mentre la mano che gli stringeva ancora il polso lo trascinava via ancora una volta.

“Fattene una ragione!” ridacchiava Morten mentre correva velocemente -ma stava scherzando? Da quando quel nullafacente sapeva muoversi così agilmente???- “Io voglio lui e nessun altro!”

Il cuore di Lokki si riempì di gioia nel sentire quell'affermazione, era talmente felice che si ritrovò a ridere insieme a Danimarca.

 

Vole me...ama me...

 

Peccato però che lui non era abituato allo sforzo fisico -manco in guerra faceva così tanta fatica!- e il momento idilliaco si trasformò in una delle sue peggiori situazioni.: Aveva il fiatone, il viso rosso dallo sforzo, il sudore che colava come una cascata su tutta la faccia, i capelli appiccicosi e dannazione stava iniziando a puzzare sotto le ascelle.

Alzò lo sguardo sulla schiena ampia di Morten, perché lui non aveva una singola goccia che gli macchiasse la camicia? Eppure era meno abituato di tutti loro a muoversi, come era possibile che non fosse stanco e tanto meno sudato??!!??

Fu in quel momento che il più vecchio si voltò ad osservarlo “Nor, stai bene?” e che cavolo! Non lo vedeva da se che era in uno stato pietoso? Non sentiva i suoi profondi respiri che lo facevano sembrare un asmatico?

Eppure gli occhi blu di Danimarca non sembrarono scalfiti da tutte quelle cose, lo guardavano calmi, dolci e carichi d'amore. Si ritrovò ad annuire senza nemmeno accorgersene, incapace da staccare lo sguardo da quel viso tanto bello quanto raggiante.

 

Non posso dubitare...lo ha detto chiaramente che vuole solo me...

 

“Dovremo parlare con Finlandia, mi sa tanto che non l'ha presa bene...” ridacchiò l'altro fermandosi definitivamente nel bel mezzo di un corridoio “Non possiamo mica scappare da lui ogni volta!”

Lokki sbatté le palpebre un paio di volte ritornando alla realtà, guardò stranito Danimarca cercando di afferrare le sue parole, certo che non potevano scappare, dovevano per forza di cose andare al meeting -insomma era di estrema importanza!-. Ma l'immagine di Taisto con i suoi numerosi coltelli pronto a tagliarlo a fettine gli metteva i brividi!!!

“E poi...” si ritrovò con il viso di Morten a pochi centimetri dal suo “...io voglio baciarti sempre...” si sentì arrossire per l'ennesima volta, “...ovunque...” il respiro divenne irregolare, “...fino a che non sparirò...” e se non svenne in quel momento fu un miracolo.

 

Mi sta chiedendo di sposarlo???

 

Non riuscì a pensare ad altro che si ritrovò coinvolto in un bacio, non come quello di prima -che era stato un solo sfiorarsi di labbra- ma uno di quelli passionali che ti tolgono il fiato e la ragione.

Lokki decretò che gli bastava quello per dimenticare il resto del mondo.

 

 

 

 

Note:

 

Mi sa che ho problemi nel fare Matthias sano di mente. Perché solo un pazzo si metterebbe in certi guai ben sapendo di non essere nel proprio mondo.

Ci ho pensato a lungo e penso proprio che non riuscirò a farlo rinsavire, non prima di essersi portato Lokki a letto...credo...

Parlando di Lokki, voglio sottolineare che non è propriamente un bravo ragazzo e che potrebbe far saltare in aria tutto l'hotel se scoprisse che Danimarca non è Morten.

 

Intanto voglio ringraziarvi, continuate a leggere questa fanfic nonostante le lunghe assenze!

Vi ringrazio di cuore!

Elisir

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 -Romano- ***



 

Capitolo XX

Romano

 

 

Non ci poteva credere!

Nessun attimo di pace in quell'inferno! Tra un fratello che sembrava la sua brutta coppia -ma figurati se poteva superare lui in fatto di linguaggio colorito!-, un crucco tutto innamorato e riccoglionito, un Antonio completamente pazzo, si trovava pure quella patata candeggiata che piangeva a dirotto sulla sua spalla.

La cosa però che gli dava più fastidio era il fatto che si era avvinghiato su di lui senza nemmeno chiedere il permesso come se fossero amici inseparabili!

La tazzina nelle sue mani si frantumò nel momento in cui sentì Prussia singhiozzare come una ragazzina un “Non mi ama più!” ma a chi cazzo poteva fregare di quelle lagne!

A lui di certo no!

Certo, aveva capito che lì non era nel suo mondo, che le persone erano opposte e che lui era un prostituto -e la cosa gli dava parecchio fastidio- ma non poteva cancellare il suo astio verso Germania e Prussia!

Sul serio, non ci riusciva a far finta di niente! Gli prudevano le mani e aveva una gran voglia di picchiare quella faccia pallida fino a che non gli avesse dato un bel colorito violaceo!

“Mi ha guardato con tanto astio che io...” lo sentì deglutire a vuoto “...penso che si sia stancato di me!” e giù di nuovo lacrime e lamenti che avrebbero fatto invidia a un bambino viziato e capriccioso.

Prussia si era strofinato con il naso sulla sua camicia “Deve aver trovato qualcuno di più bello e interessante...” e beh, non ci voleva mica tanto. In quel momento perfino la presenza di quel pervertito di Francia era decisamente migliore!

Romano sbuffò cercando di vincolarsi da quell'abbraccio ricevuto a tradimento -mentre stava andando in camera sua con la speranza di dormire finché non ritornava tutto nella normalità- ma ritrovandosi con quelle braccia ancora più strette sulle sue spalle.

Era una tortura bella e buona quella!

“E lasciami!” sbraitò afferrando con forza la maniglia della propria stanza “Non me ne frega un cazzo della tua fottuta vita!” e come per magia si ritrovò libero di muoversi.

 

Oh, finalmente!

 

Non riuscì comunque a tirare un sospiro di sollievo che sentì un singhiozzo più forte di quelli precedenti, “Perché sei arrabbiato con me?” e a sentire quella frase, pronunciata con un tale tono di voce e uscire da quel crucco sbiadito lo fece rabbrividire di paura -che manco i protagonisti nei film terrore provavano!-.

“Cosa ho fatto di male per farvi arrabbiare?” e Romano lo sapeva che non doveva girarsi ma lo fece lo stesso. Voltò il viso per ritrovarsi davanti una scena pietosa, la peggiore che potesse vedere!

Prussia -quel sadico, pazzo e super egocentrico- che piangeva come un bambino, i lacrimoni che gli scendevano fino al mento, il muco che gli colava dal naso e le mani che cercavano di bloccare le lacrime.

 

Cristo! Ma fa schifo!

 

Non che gli fregasse di quel coso ma insomma, nemmeno Feliciano si riduceva in quello stato mentre piangeva!

“Qualsiasi cosa sia...” continuò l'altro tirando su con il naso facendo salire l'istinto omicida del Sud Italia “...ti chiedo scusa...” la voce sempre più disperata mentre si buttava a terra “...non lo farò più!”

 

Ma cosa sta facendo???!!!???

 

Ok, doveva ammettere che aveva sempre sognato di vedere i crucchi prostrati ai suoi piedi ma non così!

Quel cretino si era inginocchiato davanti a lui con tutta la faccia distorta dal pianto -e che qualcuno gli desse un fazzoletto!- e gli chiedeva scusa per una cosa dove non centrava un ficco secco!

Si voltò del tutto verso quel essere patetico, in quel momento preferiva il Prussia del suo mondo anche se lo irritava parecchio! “Cosa fai?” borbottò con disappunto “Alzati, mi dai fastidio così!” lo vide alzare il viso verso di lui confuso, beh non era l'unico in quel momento -anche lui lo era ma mica poteva darlo a vedere, aveva la sua reputazione da proteggere!-, non sapeva come comportarsi, nessuno -a parte quel cretino di uno spagnolo- si era mai azzardato a dargli così tanta confidenza, nemmeno Feliciano che preferiva rivelare in suo problemi a Giappone.

Lituania -che sembrava un pazzo con quei capelli arruffati e gli occhi spiritati- passò accanto a loro, lo vide lanciargli addosso uno sguardo carico di disprezzo prima di allontanarsi.

Romano non sapeva se doveva trovarsi in imbarazzo per quella situazione o sferrare un pugno da sferrare sulla testa di Prussia che lo aveva artigliato alle gambe.

“Cretino! Ti ho detto di alzarti non di legarti alle mie caviglie!” ringhiò cercando di allontanarlo come se fosse un cane randagio, ma l'altro continuava a stargli attaccato come un cozza e supplicarlo di perdonarlo e che avrebbe rimediato.

 

 

Dieci minuti dopo era riuscito a far tornare in se quella patata platinata, più o meno, stava ancora piangendo ma senza singhiozzare e gli stava ancor incollato al culo ma almeno non stava più strisciando sul pavimento.

Ma la cosa più importante era che finalmente era riuscito ad entrare nella sua stanza, si buttò sul letto “Non svegliarmi...” mormorò mentre l'altro andava a sedersi in fondo al letto.

“Fla...” lo sentì mormorare timidamente, ma era cretino o cosa? Gli aveva esplicitamente detto di non rompere i coglioni!

“Fla...” cercò di ignorarlo, “Fla...” e fu lì che tutti suoi buoni propositi di trattenere la rabbia andarono nel cesso “CHE CAZZO VUOI???!!!???!!?”

Lo vide impallidire ancor di più, le labbra iniziarono a tremare come se stesse per scoppiare a piangere istericamente e le lacrime aumentarono.

 

Oh, no! Nononononono!

 

Era tremendo vedere la faccia di Gilbert in quello stato, va bene, era praticamente un coglione anche nel suo mondo ma era un deficiente allegro, lì era una ameba!

“Io...” Romano avrebbe voluto tornare indietro e rimangiarsi l'ultima sua frase o almeno il tono con cui l'aveva detta nel momento in cui lo sentì tirare su con il naso -gli dava talmente fastidio!- “...volevo solo dirti che oggi inizia il meeting e che non puoi dormire...”

Ma stava scherzando??? A lui cosa poteva fregare di quel congresso del cazzo?! E poi, Flavio o no, lui la mattina non la sprecava ad ascoltare Germania e compagnia bella!

“Non ci vengo...” vide l'altro sgranare gli occhi “Vuoi dire che lascerai decidere tutto a Luciano?” sembrava davvero scioccato come se trovasse quella una pessima soluzione. Romano s'incupì, probabilmente in quel mondo era lui ha decidere e Luciano era sua spalla, ma lui, nel suo universo aveva vissuto anni all'ombra del suo fratellino che quasi si era dimenticato di essere Italia.

Sospirò appoggiando la guancia sinistra sul dorso della mano “Dimmi un po'...” guardò la faccia ancora sporca di lacrime e muco di Prussia con aria schifata “...di cosa parla sto meeting?”

 

 

Nota:

Spero che sia di vostro gradimento. Se non si è capito Romano è stato intrappolato da Gilen sul corridoio visto che per quest'ultimo sono amici.

Ok, sembra un po' una gelatina lacrimosa e vorrei tanto dirvi che in realtà è diverso ma sarebbe una bugia!

Gilen = ameba

 

A presto

Elisir

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Capitolo 22
*** Capitolo 21-Kiku- ***


Capitolo XX

Kiku

 

 

 

Giappone trovava quella mattina parecchio insolita ma interessante. Il fatto che Danimarca avesse baciato Olanda proprio davanti a lui era uno di quei motivi per cui lui andava matto per lo yaoi -poco importava che preferiva decisamente Lukas ad Abel- e ovviamente era anche la ragione per cui andava in giro con una macchina fotografica.

La foto che aveva scattato era venuta decisamente bene anche se avrebbe voluto vedere un Olanda più preso dalla situazione e meno sconvolto, gli lanciò uno sguardo: stava ancora con gli occhi spalancati e il volto pallido a fissare davanti a se. Forse non era un tipo che condivideva i suoi sentimenti con il resto del mondo?

Non che Kiku amasse il pettegolezzo -quelli erano i fratelli Italia, Francia e America- e di sicuro anche quella fotografia sarebbe rimasta solo nella sua bacheca -quella dove aveva messo tutte le coppie che nascevano tra le varie Nazioni, poco importava se rimanevano insieme o se scoppiavano come bolle!- e forse l'avrebbe usata come spunto per una scena yaoi nel suo manga, nulla di più. Dicevamo che Giappone non era un tipo da pettegolezzo ma in quel momento si stava domandando come avesse potuto ignorare la nascita di quella coppia tanto bizzarra. Nessuno ne aveva parlato, nemmeno Feliciano -diciamocelo, era il numero uno della sopracitata lista di comari- aveva speso una mezza parola a riguardo, va beh che quella mattina aveva altri pensieri ma poteva parlargliene durante le sue interminabili telefonate.

Un'altra cosa che quella mattinata ebbe l'effetto di farlo bloccare con la bocca aperta in una O nel bel mezzo della colazione fu la gioia a stento trattenuta da Sud Italia. Un'allegria che lo aveva spiazzato e che non gli aveva dato il tempo di poter scattare una foto, cioè di tempo ce ne era ma lui -come tutti- era rimasto davvero scioccato nel vedere un sorriso su quel volto perennemente imbronciato.

Il fatto che poi fosse capitato di tutto e di più che aveva fatto tremare il tavolo di Germania e compagnia non aveva aiutato a ricordargli di fare una serie di foto per il futuro.

Nonostante questo era pronto per il meeting di quella mattina ed era sicuro che anche le altre Nazioni avrebbero messo nel dimenticatoio le stramberie di Romano e Matthias.

 

 

 

Si stava sistemando il colletto della camicia quando la porta si spalancò sbattendo con forza sul muro e mostrando a tutti -perché ormai le Nazioni erano tutte al loro posto- un baldanzoso e luminoso Sud Italia.

Sbatté le palpebre accecato per qualche secondo dal sorriso smagliante dell'italiano, un sorriso che lo rendeva ancor più bello del solito ma che inquietava parecchio -visto che nessuno era ancora abituato a quel cambiamento-.

 

Ah no! Ora ti fotografo, un evento così raro lo devo immortalare!

 

Pensato e fatto! Nelle sue mani si materializzò la macchina fotografia e con un clik -piuttosto udibile nel silenzio che si era creato- scattò quella che sarebbe passata per la foto più rara dell'intera storia delle Nazioni!

Romano da canto suo lo aveva subito notato e aveva alzato la mano in segno di saluto in una imitazione spaventosamente perfetta di Feliciano -GIAPPO!- Kiku si sentì in imbarazzo, da quando qualcuno lo chiamava in quel modo?

Sentì su di se gli sguardi del resto del mondo e perfino quelli di Nord Italia intento trattenere i singhiozzi “Speravo che Antonio...” lo sentì sospirare “...lo facesse tornare in se...”.

Giappone decise saggiamente di non intromettersi, anche perché Sud Italia stava allegramente salendo gli scalini, saltando come una lepre per far prima e senza accorgersene scattò un'altra innocua foto.

Il clik fu ancor più udibile di prima visto che tutti -nessuno escluso- stavano fissando sconvolti -o meglio terrorizzati- Romano, ormai a qualche passo da lui. Perfino Russia osservava la scena con un sorriso sornione.

“Se volevi una mia fotografia bastava dirlo!” e Kiku in quel momento fu sicuro che il ragazzo davanti a lui non era Romano. Non poteva essere lui, tutto sorridente e cordiale “Io AMO farmi ritrarre!” e non soprattutto non poteva usare una voce tanto sensuale nel parlare di se stesso!

Feliciano trattenne malamente un singhiozzo “Ma tu odi tutto fratellone!” buttò fuori con le lacrime che non smettevano di scendere da più di un'ora, Sud Italia sospirò esausto “Sciocchezze! Io non odio niente e nessuno!”

 

Questa è una novità...più insolita del suo sorriso.

 

Novità o no, Kiku incrociò per un attimo lo sguardo, indubbiamente più tranquillo e allegro del solito ma c'era qualcosa di spaventoso nel fondo di quelle pupille, fu pervaso da brividi freddi.

Si domandò se fosse il caso di chiedere spiegazioni ma ci rinunciò quando sentì il braccio di lui avvolgerlo in una stretta “Facciamo una foto insieme!”, Romano sembrava felice e disponibile ma una strana sensazione di terrore -come se stesse in contatto con qualcosa di pericolo- lo invase per tutto il corpo.

Quella fotografia sarebbe rimasta per millenni come monitor a Giappone di dover sempre seguire il proprio istinto.

 

 

 

Note:

 

Ringrazio le nuove entrate nelle recensioni: Vully e La Vargas e che spero continueranno a lasciarle.

Chiedo perdono per gli errori ecc...

 

Capitolo dedicato a Giappone, spero di non averlo fatto troppo OOC in caso perdonatemi!

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Capitolo 23
*** Capitolo 22-Matthias- ***





Capitolo XXII

Matthias

 

 

 

Lo sguardo glaciale di Finlandia non gli piaceva per niente, ancora meno se mentre lo osservava era intento a limare un pugnale. Si chiese per la prima volta se avesse fatto bene a baciare Norvegia e se quello avrebbe interferito su quel mondo o se avesse alterato il suo di universo.

Eppure non era riuscito a resistere, lì Nor lo amava e lui era da troppo tempo che aspettava in silenzio che ciò accadesse con Lukas.

 

Perché non approfittarne?

 

Conosceva abbastanza bene la magia, lui era nato nella terra dei vichinghi, conosceva benissimo i Troll, gli dei e tutto ciò che era legato a loro ma quello era il passato, quel periodo che lui voleva dimenticare non tanto per i miti ma per quello che era stato lui. Dicevamo che Matthias conosceva la magia e sapeva che quello che stava vivendo era un sortilegio e quasi impossibile da spezzare, perciò non aveva senso piangersi addosso e negarsi ciò che nel suo mondo gli era negato.

 

Chi se ne frega della gelosia di Finlandia!

 

Se lo era ripetuto per tutto il tragitto verso la sala meeting ma una volta giunto davanti ai tre nordici si era sentito congelare dalla testa ai piedi! -Era abituato a sguardi apatici non a quelli da pazzi serial killer!-

Strinse con forza la mano di Lokki che stava iniziando a tremare e sorrise caloroso, un gesto che voleva tranquillizzare le acque e che invece aveva fatto scioccare tutti quelli che erano nei paraggi.

Guardò gli occhi sbarrati di Svezia, la bocca spalancata di Islanda e l'improvvisa immobilità di Finlandia, come se la sua coppia non avesse mai sorriso nella sua intera esistenza, con la coda dell'occhio vide anche Norvegia guardarlo stregato -mancavano i cuoricini al posto degli occhi!- ma quello gli andava anche bene!

“Ho una notizia da darvi!” esclamò trovando nell'ammirazione di Lokki il coraggio di mettere le cose in chiaro “Io e Nor ci siamo fidanzati!” puntò lo sguardo su quella improvvisamente più furente di Finlandia, lo fissò con determinazione “E nulla...” la sua voce divenne più profonda, più autoritaria e minatoria “...mi farà tornare sui miei passi. Sono stato chiaro?”

Il pugnale in mano a Taisto tremò leggermente, vedeva chiaramente che era furioso, che non accettava tutto quello e che non sarebbe rimasto fermo come lui aveva richiesto ma Matthias era anche convinto che Finlandia avesse del sale in zucca.

Finito il gioco di sguardi -in parità- si andò a sedere vicino a Svezia -che ancora non si capacitava di averlo visto sorridere- e a Norvegia, non badò allo sguardo preoccupato di Islanda e tanto meno all'aurea nera che aleggiava intorno a Fin.

Una volta seduto iniziò a domandarsi se avesse fatto bene. Aveva fatto una scelta seguendo determinati ragionamenti ma se alla fine quel sortilegio si fosse spezzato e fosse ritornato nel suo mondo cosa sarebbe successo?

Il suo doppio -per quanto aveva capito- non sopportava Lokki e aveva una relazione -più o meno- stabile con Taisto, cosa avrebbe fatto una volta capito la nuova situazione?

 

Potrebbe fare del male a Nor?

 

Probabile, lì erano tutti un po' matti -come Polonia che puzzava, completamente disfatto e che si trascinava in giro con solo un paio di jeans strappati e sporchi- ma se era così non aveva da preoccuparsi per Lokki che di sicuro non era da sottovalutare.

 

 

Dopo qualche minuto si rilassò sulla poltroncina, decidendo di dedicarsi alla mano decisamente perfetta di Norvegia, si domandò come potessero esistere due esseri così perfetti, così belli e quante possibilità ci potevano essere che uno di essi lo amasse davvero.

Certo, quello che gli stava accanto aveva un passato che lui non conosceva, un presente che ignorava e una terribile cicatrice sul volto. La accarezzò, di nuovo, con estrema delicatezza, la pelle era sciolta, fusa e solidificata in un modo armonico che non dava fastidio alla vista, non era come capitava agli umani normali quando finivano bruciati e forse questo lo doveva al fatto di essere una Nazione.

Sorrise quando incrociò gli occhi color indaco dell'altro, erano colmi di amore e venerazione, il cuore gli si riempì di gioia e lì fu certo di aver fatto la scelta giusta. Per quello sguardo, per quel amore, sperò di non tornare mai più nella sua realtà.

 

Voglio stare con lui per sempre...

 

 

 

 

Note:

 

Capitolo più corto del solito, diciamo un mini-capitolo XD

Matthias secondo me è solo innamorato perso, vorrei vedere se qualcuno riuscirebbe a resistere dopo decenni che aspetta!

Dovevo inserire il capitolo per forza, non potevo mica far sbucare Dan e Nor nel bel mezzo del meeting...E poi Matthias ha messo in chiaro che vuole solo Lokki XD

 

Nel prossimo capitolo torna Morten -che ricordiamo ha baciato a tradimento Olanda!- e con lui inizia definitivamente il meeting!

Primo punto della riunione: Il terrorismo!

Immaginatevi Danimarca, sanguinario, sadico e completamente innamorato delle armi da fuoco che deve dibattere su un argomento del genere XD

Quel capitolo prometto che lo farò più lungo!

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 -Morten- ***



Capitolo XXIII

Morten

 

 

 

Doveva ammettere che stare accanto a Norvegia -di quel mondo- era meno seccante di quel che pensava. Non era affatto iperattivo come Lokki e di sicuro non era innamorato di lui -ed era una cosa che gli piaceva parecchio-.

Dall'altra parte, aveva notato che Sud Italia era esattamente uguale a Flavio se non fosse stato per quel corpo decisamente più in salute e gli occhi di un verde strabiliante. Si era chiesto se anche Flavio fosse finito lì insieme a lui e se poteva fidarsi?

Chiunque conoscesse il Sud Italia del suo mondo sapeva che dietro a quel sorriso allegro vi era un terribile torturatore, lui per primo non riusciva a scordarsi di quando gli aveva strappato le unghie dei piedi -al solo pensiero gli veniva male-. Sapeva che aveva anche avvelenato Spagna, colui che lo aveva cresciuto e che -in un modo alquanto contorto- lo amava, lo aveva usato come cavia per le diverse droghe che creava nei periodi di pace.

Perciò, poteva fidarsi di Flavio?

Se si fosse presentato da lui a parlare cosa rischiava? Di trovarsi senza un occhio?

Storse le labbra disgustato all'idea, se avesse avuto la sua amata pistola non si sarebbe posto tanti problemi e invece no, era in mezzo a degli sconosciuti -e ancora non capiva se erano suoi nemici o alleati- senza protezione.

Ora, sapeva di essere forte anche fisicamente ma lui odiava faticare e soprattutto sudare, perciò non aveva nessuna intenzione di usare la forza fisica.

Germania si alzò in piedi nello stesso momento in cui lui posò per l'ennesima volta lo sguardo su Sud Italia, si era tranquillamente seduto al suo posto e stava spulciando gli appunti di suo fratello.

“Ora che ci siamo quasi tutti...” il tedesco guardò la stanza con gli occhi glaciali “Direi che possiamo iniziare il nostro meeting.” Morten si sentì improvvisamente a disagio, per il nervosismo di non avere ne pistola ne sigarette si era scordato di dare un'occhiata agli appunti di quel Danimarca.

Prese la teca, la copertina si presentava bene anche se era colorata ma non sembrava infantile, l'aprì con lentezza squadrando l'indice di ciascun capitolo -quel tizio era piuttosto meticoloso su quelle cose!-, la scrittura non sembrava fatta con una macchina da scrivere anche se era palese che non era opera di un umano. Forse, lì, avevano un macchinario che sbavava meno e con un carattere notevolmente migliore -Quanto mi piacerebbe avere una macchina del genere!-.

Girò la pagina trovandosi un titolo scritto in un carattere completamente diverso da quello precedente, “Perché da me non esiste?” mormorò ma la sua voce fu sovrastata da quella di Germania che ancora stava presentando i vari punti di quelle giornate.

Morten scosse la testa tornando a leggere -o meglio iniziando a leggere- e fu sorpreso da quella parola scritta in grassetto: Terrorismo!

Ok, lui conosceva quel termine, lo usavano spesso durante i periodi di pace quando una Nazione -specie Austria- cercava di conquistarne altre con il terrorismo psicologico, ma in quel mondo, dove tutti sembravano tranquilli e pieni di brillantini fatati cosa centrava? In che modo veniva utilizzata quella parola?

La risposta giunse da Germania che fermo sul palchetto continuava a intrattenere le Nazioni “...Dopo l'attentato avvenuto a Londra, ci stiamo chiedendo se è il caso di rimanere con le mani in mano.” aveva le braccia incrociate, le gambe leggermente divaricate e lo sguardo puntato sui fratelli Italia come a volerli accusare.

 

Perciò sono loro i terroristi?

 

La cosa si faceva interessante, si leccò le labbra pregustando una bella rissa con qualche ossa fratturata e sangue, tanto, tanto, tanto sangue!

Peccato che i suoi sogni malefici si frantumarono subito!

“Veeeh...” sentì sospirare Nord Italia, che sembrava aver smesso di piangere -che poi vedere la faccia di Luciano in quello stato era uno vero spasso- “...Germania sei sempre così severo...” ci fu un attimo di silenzio.

Morten non capiva a cosa era dovuto forse si aspettavano un intervento di Sud Italia che però stava chino, concentrato sulla lettura.

 

Allora sono loro o no quelli che hanno attentato Londra?

 

“Italia!” lo sgridò il tedesco, congelando l'intera sala con il suo sguardo “Più controlli! Te l'ho dico da quando c'è stato il primo attentato!”

Nord Italia mugolò qualcosa cercando di sottrarre i fogli dalla presa del fratello, “Ma io ho faccio del mio meglio...” la sua voce era un lamento continuo.

Morte ruotò gli occhi ma quanto era lagnoso quel ragazzetto? Preferiva di gran lunga Luciano anche se minacciava di morte tutti, “...Certo se anche voi aiutaste...” fu l'ultimo sospiro di Italia prima che Germania lo apostrofasse con la sua limpida voce.

 

Dunque non son i due fratellini i cattivi...ma che noia, sembrano tutti dalla stessa parte...

 

Morten s'incupì, in che razza di posto era finito? Dove le varie Nazioni erano tutte d'accordo e non c'era una sola guerra?

Sbuffò iniziando a leggere quello che Danimarca aveva scritto ignorando quello che succedeva sul palchetto.

A quanto sembrava, perfino nella sua patria avevano fatto un attentato ma le zone più colpite erano state America, Germania, Inghilterra, Francia e Spagna. Poi vi erano alcuni casi isolati come il suo, che era stato uno e con un solo morto.

Si accusavano i Paesi arabi per quella situazione e si pretendeva più particolare attenzioni da parte di Italia e Grecia.

La sua copia aveva scritto ben tre pagine -fronte e retro- dove spiegava come quella situazione stava diventando ingestibile e come il suo governo pensava di risolvere, in fondo aveva messo un appunto personale dove dichiarava che dovevano aprire le frontiere e accogliere i clandestini.

Per lui era un emerita cazzata, come era una cazzata quel meeting.

Alzò lo sguardo, ora stava parlando Inghilterra che sembrava molto più sicuro di se e decisamente meno pazzo di Oliver, “...abbiamo rimandato nei loro Paesi d'origine oltre 6.000 persone negli ultimi otto mesi...” la voce era ferma e incolore, gli occhi dardeggiavano di certezza, e per un attimo ebbe timore di lui.

Non capiva perché ma sembrava molto pi forte dell'Inghilterra del suo mondo, molto più combattivo e più infido.

Ed era strano che avesse quell'impressione, Oliver era un pazzo, drogato e che non esitava a venderti ai nemici per ricavare qualcosa -come scodarsi quella volta che per un carico di droga proveniente da Cuba aveva regalato Finlandia a Macario!-, senza contare che lì sembravano tutti così uniti che vedere qualcuno agguerrito era quasi irreale.

Si alzò in piedi guardando Inghilterra “Io non capisco...” ci fu silenzio, sentì che aveva tutti gli sguardi puntati addosso “...Perché ce ne stiamo qua a parlare invece d'intervenire?”

Vide l'inglese corrugare la fronte come se stesse ragionando sulle sue parole, per niente offeso di essere stato interrotto “Che vuoi dire? Non siamo qui per del tè e pasticcini.” i suoi occhi verdi si affilarono come lame “Abbiamo indetto questo meeting per trovare una soluzione insieme, in modo da poter aiutare noi stessi e i Paesi da cui arrivano gli emigrati...”

“Perché non li sterminiamo?” ci fu un silenzio improvviso. Morten non capì perché tutti lo stessero fissando increduli, cosa aveva detto di male?

Lo sguardo d'Inghilterra divenne una lastra di ghiaccio, il viso si fece completamente rigido e la lingua schioccò con rabbia sul palato, “Stai scherzando, spero.” la sua voce era come mille spilli appuntiti, Danimarca non era abituato a vedere l'inglese così combattivo, per cosa poi?

Strinse i pugni e rispose con il suo di sguardo -così gelido che i Poli sembravano esotici al confronto!-, “Non sono mai stato così serio.”


 

 

 

 

NOTE:

 

Penso che questa parte della storia sarà abbastanza lunga, perciò vi chiedo scusa se spenderò altri due o tre capitoli sulla frase infelice di Morten.

Eh, che volete che vi dica? Morten è un 2p per lui la soluzione migliore è una bella guerra che sradichi il nemico alla radice...

 

Nel prossimo capitolo ci sarà Romano alle prese con il difficile compito di capire l'unico motivo per quel meeting. Riuscirà a non fare una strage?

A presto

Elisir

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 -Romano- ***


Capitolo XXIV

Romano

 

 

 

Arrivare alla sala meeting non era stato per niente facile: quel ricretinito di un Prussia 02 gli si era incollato di nuovo alle spalle sporcandogli il colletto di lacrime e muco!

Aveva sbraitato come un pazzo, minacciandolo di picchiarlo ma nulla l'ameba non si era staccata, anzi si era messo a singhiozzare ancor più forte e a blaterare qualcosa su amori infranti e amicizie perdute.

Veramente, stava rivalutando Gilbert.

Il problema più grande però, fu quando trovò il suo di posto, accanto a quel rincretinito di suo fratello e a Spagna, appena vide gli occhi verdi dell'altro ebbe una -più che giustificata- voglia di scappare, lo stava praticamente trapassando!

L'ameba però gli faceva da zavorra e gli era praticamente impossibile correre fuori da quella sala!

Deglutì prima di sedersi, mettendosi molto più vicino a Luciano -che grugnì infastidito- e stando ben attento a non toccare nemmeno il bracciolo che lo divideva da Spagna, quest'ultimo digrignò i denti come una bestia pronta ad attaccare.

Prussia da canto suo si era accucciato contro il suo schienale, ma cosa diavolo aveva che non andasse nel cervello? Sempre se non si trovasse con la scatola cranica vuota!

Comunque, Romano sfoggiò tutta la sua pazienza in quei minuti dove la patata candeggiata aveva posato la fronte sulla sua testa -a pochi millimetri dal suo ciuffo!- sussurrando “Mi ucciderà...” oppure “Non mi ama più...”.

Cose che di solito lo avrebbero mandato in bestia, perché diciamocelo era uno stronzo e come tale non gli fregava un granché degli altri, ma -che rimanga tra noi e lui- in quel momento era troppo preoccupato per la presenza di così tante Nazioni sconosciute e spaventose.

Cioè davanti a loro c'era Inghilterra che rideva sguaiatamente mentre usava Irlanda come poggia piedi! Ma chi aveva il coraggio anche solo di fiatare!

“Vattene!” sussultò -o meglio saltò saltò colpendo con forza sul mento di Prussia e facendo male sia a se stesso che all'altro- nel sentire il tono tagliente di Spagna, spalancò gli occhi voltandosi lentamente verso di lui, stava guardando con una strana aurea minacciosa il prussiano, quest'ultimo tremò leggermente mordendosi le labbra “Mi hai sentito, cretino? Togli le tue fottute mani dal mio fidanzato!”

Romano soffocò un gemito disgustato, ma che voleva dire fidanzato? Lui era felicemente single e di sicuro anche alla sua -terribile- coppia non fregava un bel nulla dello spagnolo, visto che andava a scoparsi chiunque gli capitasse a tiro!

Stava per ribattere a tono ma la risata ancora più acuta e spaventosa di Inghilterra lo fece azzittire -come un bambino a cui fai vedere IT-, “Oh, oh...abbiamo un gelosone!” non lo guardò nemmeno, una voce così terrificante la aveva sentita solo nei film horror e si giurò di non guardarli mai più!

È inutile stare qui a parlare di quanto accadde in quei tre miseri minuti, diciamo solo che Inghilterra e Spagna iniziarono una conversazione poco amichevole e che Prussia, spaventato come un coniglio, andò a nascondersi dietro a Russia.

In tutto quello Luciano aveva iniziato a urlare che li odiava tutti e che augurava la morte ad ognuno di loro.

Romano iniziò a sudare freddo quando intervenne anche Lilly che tutto era tranne la timida ragazza del suo mondo -si amputò di farle un regalo quando sarebbe tornato a casa- e che iniziò a puntare armi di vario genere verso di loro.

Tre minuti insomma di follia pura in cui Sud Italia stava ripiangendo l'allegria che circolava nei loro soliti meeting!

 

Dannazione, preferisco stare una giornata intera con Ivan!

 

Quando però entrò Germania, con una canottiera color pesca e dei pantaloncini bianchi da spiaggia tutti ritornarono ai loro posti in silenzio -tutti tranne Prussia che rimase al sicuro dietro al russo-.

Romano aggrottò la fronte e per poco gli occhiali non gli scivolarono sul naso, non era facile da digerire ma doveva ammettere che Lutz incuteva timore quanto Ludwig -anche se era vestito come se dovesse andare al mare!-.

Lo vide sistemarsi il capello sui biondi capelli prima di prendere la parola, “Bene. Siamo qui perché voi avete deciso di fare un meeting nella mia Nazione.” il castano iniziò a dubitare che quel silenzio fosse dovuto al timore “Perciò iniziamo e finiamola presto!”

 

MA MI PRENDI PER IL CULO??!??

 

Non ci poteva credere che quel coso fosse una Nazione, nemmeno Grecia che dormiva 23 ore su 24 era così scazzato!

E che diamine!

Non che gli dispiacesse un'introduzione del genere, corta e indolore -se solo anche Germania del suo mondo fosse stato un pochino più coinciso...- ma quello rasentava il ridicolo, dai, l'unica volta che aveva ospitato lui il meeting aveva fatto un discorso decisamente migliore!

Lui, che non amava conversare!

Sentì le mani prudergli, lo stavano davvero prendendo in giro? Cioè tutti zitti e composti per due parole in croce????

 

Io ammazzo tutti!

 

Luciano accanto a lui sbuffò “Sempre il solito nullafacente...” sembrava annoiato come se non si aspettasse altro.

Si guardò intorno, beh sembrava che tutti fossero davvero soddisfati, anche se la maggior parte delle persone gli davano la schiena, ma c'erano i nordici a qualche posto di distanza e Danimarca sembrava impensierito -lui, Matthias con quella faccia non lo aveva mai visto perciò lo decretò come espressione del sosia-.

Sbuffò incrociando le braccia sul petto.

 

“Allora, siccome sono stanco mettiamo subito ai voti. Alzate la mano se siete pronti per la guerra?” Romano quasi si soffocò con la saliva, guerra? Quale guerra?

Ma porca paletta, perché quell'ameba di Prussia non gli aveva minimamente accennato a un conflitto?

Si morse il pollice con rabbia, che per “le solite questioni” intendesse proprio quello?

Ma stavano scherzando?

Tutti alzarono la mano -perfino Prussia-, tranne lui, Austria e Danimarca. Ok, non era da solo poteva farcela!

Si aggrappò al braccio alzato di Luciano e con forza lo abbassò “Ehi, che cazz..?” lo freddò con un occhiataccia che avrebbe steso Jason!

Non sapeva per quale motivo doveva nascere un conflitto, ma a lui erano bastate le battaglie a cui aveva partecipato nel suo mondo e vaffanculo a Flavio!

“Noi non siamo pronti!” Germania lo guardò perplesso, poi si portò una mano sul viso disperato “Ti prego non iniziare ora...Sono stanco e...” Luciano strattonò via la mano dalla sua presa “Ma dico sei cretino? Abbiamo pianificato tutto ed ora tu vuoi buttare nel cesso...”

Romano non ne poteva più di quel linguaggio, soprattutto se era la stessa faccia di suo fratello a pronunciare tali parole, gli mollò un ceffone sulla guancia sinistra “Ho detto che non siamo pronti!” sentì gli occhi di tutti su di lui, perfino quelli di Spagna che per un attimo erano sembrati più scuri del solito.

Luciano si alzò di scatto “IO TI AMMAZZO!”, il silenzio riempì la sala, una smorfia comparve sul suo viso “Provaci!”

 

 

 

 

NOTE:

Ed eccoci qui. Finalmente sveliamo il motivo del meeting dei 2p XD una nuova guerra ma tranquilli vi spiegherò con calma il loro modo di ragionare (credo XD)

Romano alla fine sembra uno di loro, ma io non lo vedo solo come un nullafacente perciò aspettate e vedrete!

Il prossimo capitolo sarà di nuovo nel mondo 1p e continueremo da dove abbiamo lasciato nel capitolo precedente!

 

A presto

Elisir

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 -Sadiq- ***



Capitolo XXV

Sadiq

 

 

 

Marocco si era alzato in piedi, gli occhi neri dardeggianti di rabbia “Cosa intendi per sterminarli? Sono pur sempre nostri fratelli!”

Sadiq guardava la scena da dietro la maschera, non gli importava un granché di quello che stava capitando, anche perché Germania e Inghilterra erano in grado di sedare una lite da niente.

 

Ma da dove gli è uscita un idea del genere a quello stupido?!

 

Si lasciò dondolare pericolosamente sulla sedia mentre poco distante anche Libia ed Egitto si erano uniti a Feisal “Esatto! Non dimenticare che noi siamo qui anche a nome di Siria!” Dawud si era messo ad accarezzarsi il pizzetto “È messa talmente male che non riesce praticamente a camminare...”

“...Non dimentichiamoci che è anche addolorata per non riuscire a sistemare da sola le sue questioni interne...”

“...Piange in continuazione...”

“...È l'unica sorella che abbiamo, non possiamo lasciarla da sola...”

Le voce dei tre arabi si sovrapponevano in maniera fastidiosa tanto che perfino Grecia, accanto a lui, si svegliò dal pisolino.

“Chi ha detto che sarà l'unica a sparire?” la voce di Danimarca suonò talmente minacciosa che gli drizzò i peli delle braccia, non sentiva più quel brivido dai tempi della guerra e questo la diceva lunga.

Si concesse di guardare il nordico, se ne stava in piedi con occhi glaciali e la sua aurea funesta oscurava i suoi compagni, sembrava un tiranno.

“Per quel che ne so, la causa di tutto questo è di tutti voi.” lo vide allargare le braccia ignorando gli sguardi confusi che lo circondavano “Questi terroristi provengono da Stati diversi ma pur sempre arabi.”

Tunisia e Arabia Saudita si mossero in contemporanea “Che vorresti dire?” il primo a parlare fu Issam “Io e il mio popolo stiamo facendo di tutto per bloccare i terroristi! Siamo completamente contrari alla loro idea di mondo ideale, non ci puoi mettere a confronto!”

Turchia smise di dondolarsi quando incrociò lo sguardo di Matthias, non si ricordava di averlo mai visto in quello stato -ma sapeva che aveva un lato crudele che lo aveva portato quasi alla follia-, lo vide piegare le labbra in un sorriso terrificante “Non lo metto in dubbio, ma vedi...” si mise le mani in tasca “...Io non intendo sterminare solo la vostra popolazione araba ma anche quella turca.”

Sadiq alzò un sopracciglio incrociando le braccia al petto, “Io non ho nulla a che fare con loro...” e con il mento indicò il gruppo di Nazioni arabe intente a discutere animatamente nella loro lingua.

Danimarca si leccò le labbra con la punta della lingua girandosi completamente verso di lui “Sbaglio a dire che la religione per cui i terroristi sono fanatici è presente per il 90% nel tuo Paese?”

Stava per ribattere quando un colpo fortissimo proveniente dal palchetto li fece azzittire tutti, “SILENZIO!!!” la voce di Germania riecheggiò nella sala.

Ludwig si voltò freddo, glaciale pronto a fronteggiare Danimarca, a Sadiq sembrava di vedere un incontro tra Hyoga e Camus*, “Ti rendi conto di quello che stai insinuando, Matthias? Mi sembra che tu sia venuto qui solo per portare discordia soprattutto con i Paesi che hanno la sfortuna di trovarsi in questa situazione senza poterci fare nulla.”

Danimarca rise “Pensi che sia un bambino capriccioso, Germania?” Turchia increspò le sopracciglia ancora con l'amaro in bocca per non aver potuto rispondere a quel cretino “Ho solo calcolato i pro e i contro di questa situazione, per quel che mi riguarda è molto più semplice estirpare un'erbaccia alla radice per non farla crescere di nuovo. Sterminare cinque o sei Nazioni non è poi così difficile e porterebbe sollievo a noi che veniamo continuamente attaccati, tu più di tutti dovresti essere stanco di questa situazione, no?”

 

Mi sembra di avere davanti il Re del Nord, sembra che il ghiaccio lo circondi...

 

Turchia si alzò in piedi impedendo a Ludwig di rispondere “Lascia rispondere a noi...” indicando anche i Paesi arabi che annuirono, offesi e pronti a farsi valere.

“Danimarca, le tue provocazioni mi scivolano addosso, non ho problemi ad ascoltare queste tue teorie strampalate nella mia lunghissima vita ho sentito e subito di peggio.” e in fondo aveva davvero ragione, era comunque una delle più antiche Nazioni! “Tuttavia la tua tranquillità nel affermare uno sterminio di massa mi porta a chiedermi cosa sia cambiato da quando ci siamo incontrati l'ultima volta a dicembre, il tuo governo ha qualcosa da reclamare formalmente?”

Lo vide sogghignare “Le mie non sono provocazioni è semplicemente la realtà dei fatti. L'ho valutata soggettivamente, senza nemmeno badare all'unico attentato avvenuto nella mia Nazione, ho guardato da dove provengono i terroristi e sono arrivato a questa soluzione.”

Sadiq assottigliò lo sguardo cercando di seguire la logica del nordico, lo fissò a lungo nel silenzio generale, ma più lo guardava più sentiva che si stava scontrando contro un muro di ghiaccio.

“Quale soluzione? Sterminare delle Nazioni senza battere ciglio? Devo ricordati che la maggior parte dei attentatori sono nati e cresciuti nei Paesi in cui poi hanno fatto gli attentati.” si pentì di aver parlato nel momento in cui i suoi occhi si scontrarono con quelli del biondo, un brivido di puro terrore gli risalì lungo tutta la colonna vertebrale, in quelle iridi non vide nemmeno un briciolo di umanità.

Danimarca tolse le mani dalle tasche “Di quello non dovresti preoccuparti Turchia.” alzò i pallidi palmi “Vedi, una volta eliminato il problema alla radice, le piccole e inutili cellule si dissolveranno come bolle.” schioccò le dita facendo sussultare i compagni vicino a lui.

“Tu sei pazzo.” mormorò Egitto seguito a ruota da tutti gli altri, Arabia prese la parola calmando i suoi compagni “Anche se questa è la linea che vorrebbe adottare il tuo governo, deve prima avere la maggioranza di questa assemblea e dei rispettivi governi.” si sistemò il ghutrah bianco “Credi che questo sia possibile? Ti va di mettere alle votazioni questa tua proposta?”

Sadiq tornò seduto, le braccia conserte e la fronte aggrottata, sentiva che qualcosa non quadrava che Danimarca era in qualche modo cambiato, eppure la sera prima era uguale al solito, si erano messi perfino a fumare il narghilè insieme.

 

“Io la trovo una proposta molto interessante.” il brusio che si era creato per quei attimi si spense.

 

 

 

 

NOTE:

Ebbene, eccoci qui a parlare ancora della colossale cavolate di Danimarca. Ora, sono sicura che molti abbiano capito chi ha sparato l'ultima frase, ma lasciamo comunque tutto in sospeso.

Che ne dite? Sadiq l'ho voluto mostrare più calmo e maturo per via dei suoi anni.

Morten è intelligente e ha capito tutto questo leggendo gli appunti di Matthias.

 

Prossimo capitolo si ritorna nel mondo 2p dove vedremo le altre nostre due Nazioni negare il loro appoggio nella Guerra, voi cosa pensate che succederà?

*Menzione allo scontro all'undicesima casa nella saga dei cavalieri dello zodiaco

Feisal = Marocco

Dawud = Libia

Issam = Tunisia

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 -Lutz- ***


Capitolo XXVI

Lutz

 

 

 

“FEEEERMIIII!” lo urlò con tutto il fiato che aveva in gola, bloccando il pugno di entrambi i fratelli proprio a metà traiettoria.

Non aveva nessuna voglia di sedare risse, di allungare quel meeting e di doversi subire discorsi, ma non aveva intenzione nemmeno di non ascoltare le ragioni di Flavio su quella decisione.

Insomma aveva il diritto di saperlo, no?

Infondo era il loro alleato più fedele, era colui che sopportava tutta l'ira di Luciano ed era lui che si era subito ore, ore, ore di studio tattico con entrambi i fratelli Italia! Non gli andava giù che tutto il tempo che aveva sottratto al suo ristoro fosse andato a quel paese senza una spiegazione!

Guardò con ferocia Sud Italia “Te lo chiederò solo una volta, perciò vedi di essere chiaro oppure punterò tutti i miei missili sulle tue cose e non avrò nessuna pietà!” allungò l'indice verso di lui con il chiaro intento di intimorirlo -con successo, visto che il castano aveva fatto un passo indietro rischiando di cadere sulla sedia, “Cosa ti fa credere che questo basti per non farti scendere in campo? Chiunque di noi...”

“TU!” Lutz sentì chiaramente l'astio in quella affermazione e negli occhi vide puro odio, per un attimo si sentì disorientato perché mai era stato guardato in quel modo da Flavio. Vide l'indice dell'italiano puntarsi su di lui come se volesse condannarlo “Tu, lurida patata bastarda! Dovevo immaginarmi che c'era il tuo zampino dietro a tutto questo! VOI TEDESCHI NON FATE ALTRO CHE GUERRE!” e tutto ciò che Lutz riuscì a pensare fu che in quel momento Flavio era davvero bello. Bello come suo fratello, talmente grintoso e pieno di veleno che poteva innamorarsi di lui!

Non gli importava che lo avesse definito guerrafondaio o che desse a lui tutte le colpe, lo trovava improvvisamente interessante, alla stregua di Luciano.

 

No, no, Germania datti una regolata, lui non è così...è solo impazzito...

Abbassò lo sguardo sulle punte delle scarpe, il tessuto bianco faceva contrasto con il palchetto di legno scuro, scrutò a lungo quel particolare cercando d'ignorare quella sensazione che gli aveva preso lo stomaco.

 

Sono forse ammattito? Io amo Luciano e non posso cambiare i miei sentimenti nel giro di quindici secondi!

 

“Aspettate un momento.” Lutz alzò lo sguardo su Austria, si era alzato con una calma che non gli apparteneva, “Anch'io sono contrario a questa guerra.” e lui si pietrificò. Si sentì perso nel vedere Ronald in piedi, con i capelli composti e uno sguardo serio che non ammetteva repliche, cosa stava succedendo?

Per fortuna fu Gilen a parlare a posto suo, lo vide uscire dal suo nascondiglio con solo una porzione del viso e gli occhi rossi confusi che fissavano il fidanzato, “Ieri eri così euforico...” mormorò ricevendo in cambio uno sguardo sprezzante che lo fece ritornare dietro la schiena di Russia.

Germania rimase in silenzio incapace di capire cosa si stava creando attorno a lui, perché Austria e Sud Italia non volevano più combattere?

Avevano trovato qualcosa di diverso da fare in quei quattro anni di tregua? Eppure durante quelle giornate passate nella casa di Luciano a programmare e studiare strategie Flavio non aveva mai parlato di pace, e quando andava a cena da suo fratello, Ronald non aveva accennato a non voler più prendere in mano le armi.

“Anch'io! Anch'io!” Lutz saettò con lo sguardo verso Danimarca che allegro aveva alzato la mano “Non ho nessuna intenzione di partecipare a una battaglia!” e si sentì tremare, dalla rabbia e dalla disperazione, in secoli di vita mai era capitato che qualcuno rinunciasse a combattere!

Norvegia lo seguì a ruota “Se lui non ne fa parte mi tiro fuori anch'io...” e subito anche la voce di Spagna si alzò tra i mormori dichiarando che lui preferiva starsene a non fare nulla che stare in trincea.

 

Cosa? Cosa devo fare? Perché tutto questo quando il meeting si fa a casa mia? Perché non potevano fare un ammutinamento quando eravamo in Russia?

 

Si portò le mani sul capo trovando improvvisamente difficile concentrarsi, non era un gran pensatore lui, non amava tenere comizi e soprattutto non sapeva come gestire certe situazioni.

Si sentiva perso, la mente si era bloccata mentre sentiva che anche altre Nazioni cambiavano idea, Ungheria si era addirittura aggrappata al braccio di Austria urlando che lei non poteva stare in guerra senza di lui -e lei non urlava mai-.

Fu Luciano a salvarlo da quel caos “Lutz!” aveva gridato, lo focalizzò e gli parve di vedere un leder: stava con un piede sulla sedia e una mano sul cuore “Io sono ancora del tuo stesso parere!” esprimeva tanta sicurezza che gli si inumidirono gli occhi.

Solo che nel giro di un secondo si ritrovò con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite quando Flavio con una forza inaudita aveva colpito il suo amato con un calcio sulla schiena facendolo cadere due file più sotto.

“RAZZA DI CRETINO RICOGLIONITO!” e se prima Germania aveva paura che Luciano -la luce della sua vita- fosse morto ora era sicuro che nel ade ci era finito lui visto il silenzio che si era creato dopo quelle -poco- dolci parole “TI HO DETTO CHE NOI CE NE STIAMO BUONI, BUONI A MANGIARE CORNETTI SICILIANI E PASTA AL POMODORO!”

Alzò lo sguardo su Sud Italia che se ne stava in piedi con le mani tremanti di rabbia e gli parve così...

 

...bello!

 


 

 

NOTE:

Ecco di nuovo un nuovo capitolo, questa volta e Lutz che si ritrova in difficoltà!

Immaginarmi Germania con gli occhi a cuore mi mette allegria XD

 

Ho faticato a trovare il tempo per scrivere questo capitolo, perciò mi scuso per i vari errori.

Elisir

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 -Flavio- ***


Capitolo XXVII

Flavio

 

 

 

Il silenzio che si era creato era qualcosa di divino. Non si era aspettato di riuscire ad azzittire tutti con una affermazione.

Deformò il suo candido sorriso con uno più viscido facendo sussultare suo fratello e ricevendo uno sguardo gelato da Russia.

“C...che cosa intendi dire?” il balbettio di quella ameba di Nord Italia gli fece alzare gli occhi al soffitto -che doveva ammettere, era davvero stupendo con quell'affresco-, valutò l'idea di fare un lungo monologo ma decise di scartarla.

“Trovo interessante la soluzione di Danimarca, il problema verrebbe risolto nel giro di pochissimo e con un minimo di...” fu interrotto dal sbattere di un piede sul palchetto, Inghilterra lo guardava con occhi verdi e affilati, le labbra stirate in una smorfia e le mani che stringevano il microfono come se avesse voluto romperlo “Parlate proprio voi che non avete avuto nessun attentato?!”

Con la coda dell'occhio vide Feliciano sobbalzare e abbassare lo sguardo, non sapeva perché ma vedere quel senso di inferiorità su quella faccia così simile a quella di Luciano gli diede fastidio! “Siamo stati minacciati parecchie volte.” la sua voce era calma e sicura, nel silenzio più completo si alzò in piedi e fissò il suo sguardo in quello dell'inglese.

“Nei vari attentati sono morti anche italiani, volete negarlo?” non lo chiese, era un dato di fatto, stava tutto scritto nero su bianco sugli appunti di Feliciano. Nessuno fiatò, “Senza contare che noi abbiamo un aumento di clandestini e l'Europa non sta aiutando come promesso. Non ci servono i vostri ringraziamenti per il lavoro svolto e tanto meno medaglie all'onore, noi stiamo soffocando!”

Inghilterra si sporse in avanti pronto a ribattere ma Flavio non aveva intenzione di lasciarlo parlare “Avete lasciato tutto nella mani nostre...” e saettò con lo sguardo verso Nord Italia che lo guardava con ammirazione -chi lo capiva era davvero bravo- “...e in quelle di Grecia. Sono sicuro che anche lui sia stanco della situazione.”

Vide il giovane così simile a Hermes alzare leggermente le spalle, grattarsi i capelli e annuire lievemente mentre sbadigliava spudoratamente, Flavio era sicuro che gli stava già sulle scatole nonostante fosse veramente un gran pezzo di manzo.

“Per questo trovo interessante la proposta di Danimarca, ciò porterebbe sollievo sia alla nostra Nazione sia a quella greca.” in quel momento iniziarono i mormorii, i Paesi Arabi sembravano pronti ad esplodere e discutevano nella loro lingua -che lui comprendeva- di trattative economiche e politiche che avevano intrapreso con l'unione europea.

“Feliciano!” la voce di Germania echeggiò nella sala sovrastando i bisbigli, “Tu sei d'accordo con quello che ha detto Sud Italia? La tua Nazione ha idee simili?” Flavio sbatté un pugno sul bracciolo della propria poltrona “COSA VUOL DIRE LA SUA NAZIONE?” lo ringhiò con talmente tanta rabbia che perfino Russia trattenne il fiato “FINO A PROVA CONTRARIA L'ITALIA È DI ENTRAMBI!”

Nord Italia sobbalzò terrorizzato da quella scena “M...ma io...ho s...ssssse....mpreeee...” iniziò a balbettare e vedere quel piagnucolone in quello stato lo fece calmare. Se fosse stato nel suo mondo avrebbero chiesto a lui, Flavio, cosa ne pensasse ma lui era in simbiosi con suo fratello e nessuno dei due vedeva l'Italia ne di uno ne dell'altro.

Sospirò portando due dita sulle tempie massaggiandole “Non importa...” buttò fuori ancora con molto veleno “...La mia era una modesta opinione personale. Ho solo espresso il mio pensiero e non mi ero consultato con mio fratello. Tuttavia, voglio sottolineare che io, F...Romano, non ho nessuna intenzione di continuare ad accettare clandestini sulle mie coste a costo di mitragliare tutte le imbarcazioni.”

Fissò le due Nazioni sul palchetto ignorando il pigolio proveniente da Nord Italia “Non esiterò a uccidere e torturare chiunque provi ad entrare clandestinamente.” allungò l'indice verso quei due biondini da strapazzo “E la stessa sorte toccherà a chi avrà da ridire sulla mia gestione. Se Lu...Feliciano è comprensivo io non lo sono.”

Inghilterra snudò i denti “Tu, piccolo bastardello, come osi minacciarci?” Germania irrigidì la mascella “Abbiamo dei trattati da rispettare...” iniziò ma fu fermato dall'ennesimo singulto di Feliciano.

“Ora basta...” Flavio lo osservò con la coda dell'occhio “...basta dire cazzate.” lo vide tremare di rabbia “Tu non sei così. Tu non lo faresti mai...” o quel piagnucolone parlava del suo vero fratello?

Strano, da quello che aveva capito odiava tutti, era collerico e teneva chiunque a distanza -tanto che nemmeno Spagna lo amava-.

Sorrise voltandosi verso di lui “Tu credi?” e la faccia che sbiancava di Feliciano fu la cosa più divertente che avesse visto in quella mattinata.

 

 

 

NOTE:

 

Sono in ritardo e mi scuso, ma tra i vari impegni non sono riuscita ad accendere il computer e visto che scrivere sul cellulare mi fa schifo ho aspettato il momento giusto per buttar giù il capitolo.

Non lo riguardo per il solo fatto che so di non averne il tempo. Sono le 23.06 e domani mi sveglio alle 06.00 perciò perdonatemi ma voglio andare a dormire.

Detto questo, abbiate fede che questa fanfic la finisco, con calma, ma arriverò alla fine!

 

Flavio qui fa il suo discorso, e lo termina con una minaccia per niente velata a tutte le Nazioni XD io m'immagino Spagna quando lo saprà XD

 

Voglio sottolineare che io non ho nulla contro lo straniero -figurarsi il mio amore e arabo-, e che sono leggermente ignorante sulle stime di quanti clandestini ospitiamo noi e quanti ne ospitano gli altri Paesi.

Ricordo che questa è una fanfic dove ci sono personaggi non propriamente sani di mente -Flavio ad esempio è un torturatore- e che non voglio inneggiare al razzismo, al bullismo e alla violenza.

Probabilmente tutti coloro che seguono la fanfic lo capiscono ma è meglio specificare.

 

Tornando a noi, nel prossimo capitolo torneremo nel modo 2p!

 

Un grazie a tutti coloro che recensiscono.

 

Elisir

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 -Luciano- ***





Capitolo XXVIII

Luciano

 

 

 

 

 

 

Quando aprì gli occhi si ritrovò a fissare inebetito il viso preoccupato di Germania, più precisamente gli occhi chiari.

“Cosa è successo?” mormorò alzandosi a sedere, scoprendo di stare su un letto e senza camicia “Flavio ti ha colpito...” quello si, se lo ricordava, suo fratello -quella merda- lo aveva spinto facendolo cadere, poi era diventato tutto buio. “La riunione? Cosa avete deciso di fare?” vide lo sguardo dell'altro rabbuiarsi “Abbiamo sospeso tutto fino a stasera. Tuo fratello ha scatenato una reazione a catena e a quanto pare parecchie Nazioni sono contrarie alla guerra...”

 

Contrarie?

Che cazzo significa?!? Nessuno aveva mai cambiato idea...

Quello stronzo! Gli strapperò le viscere!

 

Luciano si tolse il lenzuolo che ancora avvolgeva le sue gambe -per fortuna indossava ancora i pantaloni- “Questo non può essere vero!” sbraitò guardandosi intorno “Quel cretino non mi ha detto nulla, fino a ieri sera era d'accordo perfino nel attaccare Francia, non può aver cambiato idea nel giro di una sola notte!”

Era impossibile soltanto immaginarsi suo fratello che si fosse trovato in balia di dubbi, certo si poteva dire che fosse eccentrico ma non che fosse un fifone, allora perché aveva cambiato le carte in tavola?

Perché in quei quattro anni lo aveva aiutato nell'organizzazione delle strategie se poi la sua idea era stare ancora in pace?

“Forse...” la voce di Lutz lo distolse dai suoi pensieri “Forse, dobbiamo allungare i periodi di tregua...” lui lo osservò sorpreso, era così strano vedere come Germania capisse i suoi pensieri, come se potesse leggerli. Il biondo alzò le mani come a volersi difendere “Le risorse sono sempre meno, la popolazione sempre più stanca e anche le nascite sono al limite storico. Forse dobbiamo davvero dare più tempo ai nostri popoli di riprendersi per poi sfogarci in una guerra più decente e meno frettolosa. L'ultima è durata a malapena due anni. Forse...”

Luciano non riusciva a crederci che quel discorso era uscito dalle labbra del suo miglior alleato, corrugò la fronte “Cosa cazzo stai dicendo? Anche tu non vuoi più combattere?!?” la rabbia iniziava ad annidarsi nel petto e come un fiume in pieno era pronta ad esplodere “NO! ASSOLUTAMENTE NO!” gli mise le mani sulle spalle “Dico solo che questo è quello che intendeva tuo fratello! Dare tempo all'esercito di rinfoltire le proprie file!”

Ringhiò afferrando per la canottiera “Razza di merda! Noi non abbiamo bisogno di aspettare!” lo strattonò “Siamo immortali e come tali abbiamo tutto il diritto di fare quello che vogliamo con il nostro popolo! IO NON VOGLIO ASPETTARE!”

“E non aspetteremo.” la voce di Kazuki li fece sobbalzare entrambi, si voltò verso l'entrata della stanza, Giappone stava appoggiato al muro e lo fissava divertito “Abbiamo deciso di fare una riunione senza Flavio, manderemo Alejandro a distrarlo, io e Cina siamo sicuri che togliendo l'elemento di disturbo avremo una risposta più che positiva per questa guerra.”

Luciano sbuffò lasciando andare Germania, fissò il piccolo orientale, “Mio fratello non la prenderà bene...” l'ultima volta che lui aveva fatto una riunione per discutere di strategia -circa sei mesi prima- senza invitare Flavio si era ritrovato con duecento frustate sulla schiena e l'armadio pieno di abiti femminili, rabbrividì al solo pensiero.

Kazuki rise riportandolo alla realtà, anche lui conosceva Sud Italia e approvava il suo comportamento, in fin dei conti erano simili “Non vedo dove sta il problema, come hai detto tu noi siamo immortali...”

 

Solo se non decidiamo di ucciderci tra di noi...

 

Luciano corrugò la fronte, era vero, non potevano morire per torture ma Flavio gli faceva paura. Anche loro nonno aveva timore di lui.

Si morse le labbra insicuro che quel piano potesse andare a buon fine, “Oggi mi sembrava voler stare lontano da Spagna...” il giapponese rise bloccandolo “L'ho notato anch'io...ma tuo fratello è un maniaco sessuale e lo sappiamo tutti che non riesce a dir di no al cazzo di Alejandro!”

 

Se è per quello non sa dire di no a nessuno...

 

Alzò lo sguardo su Lutz, lo vide leggermente impensierito come se qualcosa non gli andasse a genio, si chiese cosa gli desse fastidio da estraniarlo dalla conversazione, poi si ricordò la scenata di quella mattina e quel dubbio che il suo migliore alleato si fosse scopato suo fratello.

“ALLORA È VERO TI VEDI CON LUI!!!” lo urlò diventando rosso come un pomodoro, non capiva il perché ma il pensiero che Germania fosse stato con Flavio gli dava una sensazione di prurito su tutto il corpo, un bruciore assurdo nel petto e una strana sensazione nel cuore...

Lutz divenne rosso e Kazuki rise divertito “Mi sa che l'unico che non ha scopato Flavio sei proprio tu, Luciano!”

“VAFFANCULO GIAPPONE, TU E IL TUO CULO DI MERDA!”

 

Lo uccido! Giuro che lo uccido!

 

“Comunque, la riunione è fra mezz'ora nella stanza di Bielorussia, era così felice di fare una festa che non siamo riusciti a rifiutare...” il moro si sgranchì la schiena “Quando avrete finito di litigare -io vi consiglio una sveltina- raggiungeteci...”

Luciano lo guardò andare via prima di recepire il messaggio dell'orientale “TORNA QUI LURIDO TOPO DI FOGNA CHE TI RIDUCO LA FACCIA IN UNA POLPETTA!!!”

 

Le bestemmie che Nord Italia tirò giù per diversi minuti furono udite a chilometri di distanza.

 

 

 

Note:

 

Eccomi, capitolo cortino ma il tempo è quello che è.

Un capitolo che salta da un discorso all'altro senza apparente senso, ma ricordiamoci che i 2p non sono esattamente sani di mente.

 

Arrivati a questo punto dovevo scrivere anche di Luciano (mi fa leggermente pena) e magari ne farò un altro più avanti.

 

Ora vi chiedo, il prossimo capitolo volete tornare nel mondo 1p o restiamo nel 2p?

 

Alla prossima.

Elisir

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 -Alfred- ***


 

Capitolo XXIX

Alfred

 

 

 

 

 

 

Alfred non era abituato a stare zitto eppure in quel inizio di meeting non aveva spiaccicato parola troppo sconcertato per quel cambio di rotta sia di Danimarca sia di Sud Italia.

C'era da dire che Romano era quello che aveva fatto un cambio più che evidente, a parte l'allegria -che gli stava contorcendo lo stomaco- sentiva che le sue parole non erano i soliti vaneggiamenti fatti per proteggersi.

Decise di alzarsi nel momento in cui Feliciano tornò a singhiozzare con forza, lo guardò con un misto di pietà e nervosismo, stufo che tutto diventasse una tragedia sbatté con forza le mani per attirare l'attenzione.

Cosa che avvenne visto che tutti, perfino Sud Italia, si erano voltati verso di lui, sorrise raggiante “Direi che oggi siamo tutti un po' tesi...” spostò lo sguardo su Matthias “...Abbiamo tirato fuori qualche sassolino dalla scarpa, pareri completamente personali e che non saranno presi in considerazione in questa assemblea, ma che a quanto pare dovevate sputar fuori.” incrociò le braccia iniziando ad annuire con la testa “Vi capisco, non è facile dover tenersi dentro ciò che provate e annullare i vostri pensieri per dover solo esporre i fatti scelti dai vostri parlamentari...” assottigliò lo sguardo, gli occhi azzurri diventarono per un attimo malinconici “...Credetemi, ne so qualcosa...”

Alzò di nuovo lo sguardo questa volta su Romano che se ne stava a fissarlo con occhi sgranati e una smorfia di disgusto “Direi che il caso di fare una pausa, calmarci e tornare qui come rappresentati del nostro governo.” voltò la testa verso il palchetto, Arthur e Ludwig lo ascoltavano in silenzio ma vedeva chiaramente le loro vene del collo pulsare con rabbia, per due persone che esprimevano solidità nei momenti di crisi erano anche quelli più inclini alla rabbia -anche se il tedesco era decisamente più bravo a reprimersi-.

 

Santa pazienza...

 

Si portò due dita alla narice, spostando leggermente gli occhiali e sospirò. Sperò con tutto se stesso che tutti lo ascoltassero, così da poter andare a bersi una cocca-cola e tranquillizzare Inghilterra su quella assurda situazione.

Dai, era ovvio che nessuno lì avrebbe sterminato e torturato, parlavano di Sud Italia e Danimarca due Nazioni che non avevano voglia di sprecare il loro tempo in una guerra.

“E una volta rientrati in questa stanza tutte le frasi offensive, razziste e le varie minacce verranno cancellate.” continuò guardando i Paesi Arabi che stavano borbottando qualcosa nei vari dialetti “Si ripartirà da zero. Che ne dici Germania?” il tedesco annuì “Si. Mi sembra un'ottima idea.”

America sorrise raggiante “Bene, facciamo un break di venti minuti!” si stiracchiò le braccia “E vedete di non far scoppiare una terza guerra nei corridoi!” ridacchiò con la coda dell'occhio vide Tunisia fare il dito medio a Matthias con tanto di linguaccia, doveva ammettere che Issam era l'unico di quei Paesi a infiammarsi quasi subito...non che Marocco fosse da meno visto che in quel momento seguì il fratello mandando a quel paese Danimarca nello stesso identico modo.

Rise ma si andrà tutto bene!

 

Fece appena tre passi verso il palchetto dove Arthur stava ancora tentando di sbriciolare il microfono quando fu fermato da Sud Italia “ASPETTA AMERICA!” si voltò giusto per vederlo scendere velocemente le scale, non erano soliti a parlare loro due al massimo si salutavano la mattina durante i meeting -o meglio era lui a salutare l'italiano visto che l'altro borbottava un “Mmm...”-

Romano lo raggiunse con il viso rosso dallo sforzo della corsa e con un fiatone che avrebbe messo k.o. un qualsiasi essere umano.

“Ehi, marmocchio!” Arthur decise di spostare la sua attenzione dall'oggetto che teneva in mano all'italiano, era quello che temeva America, “Spero per te che le tue parole siano le solite cazzate per dar aria alla bocca!”

 

A volte mi domando se sia sordo...

 

“Ma cosa vuoi che m'importi, non vedi che abbiamo una cosa ancora più importante su cui dover rimediare?!?” Alfred sbatté le palpebre e guardò perplesso il proprio compagno che di tutta risposta corrugò la fronte.

“Cosa intendi?” Romano lo abbracciò, improvvisamente, come se fosse la cosa più normale del mondo per lui “Non riesco a circondarti la vita con le braccia!” l'esclamazione fu talmente alta che tutte le Nazioni, comprese quelle che stavano nel corridoio la sentirono “COME HAI FATTO FARTI VENIRE UNA PANCIA DEL GENERE????”

America arrossì di botto sentendo la risata di Russia proprio alle sue spalle “N...non è vero! Ho le ossa robuste!” si difese come un bambino “Dillo anche tu Arthur!” il britannico storse la bocca. “Da una parte ha ragione, sono vent'anni che ti dico di metterti a dieta...” si sentì gelare da quella affermazione, non poteva credere che il suo amato stesse dando ragione a quell'italiano impazzito “...dall'altra non vedo perché deve interessare a te, Romano...”

Se non avesse avuto cinquanta chili in più attaccati all'addome si sarebbe lanciato a baciare il suo ragazzo, peccato che però furono proprio quei chili a parlare “Come posso far finta di niente davanti a questa devastazione?!” puntò i suoi occhi azzurri su quelli verdi di Sud Italia “Eri così virile quand'eri magro...” mugolò facendolo diventare ancor più rosso “...Non riesco a capire perché ti sei rovinato così tanto!”

Fu in quel momento che Ludwig decise d'intervenire, “Smettetela di parlare e uscite da qui!” Alfred lo guardò, se ne stava seduto sconfortato sul palchetto con in braccio un Feliciano in piena crisi, si vedeva che era stanco -eh non poteva certo biasimarlo, quella mattinata era stata carica di strani avvenimenti-, decise di seguire l'ordine e di andarsene fuori da quella stanza.

 

Nonostante non fosse magro come un tempo, -ma era comunque in splendida forma!- riuscì a spostare se stesso e Sud Italia che ancora non si era staccato dalla sua camicia.

“Psss...” istintivamente guardò in basso verso l'italiano “Non trovi che Germania sia figo quando fa così?” per un attimo la saliva gli andò di traverso facendolo tossire. Da quando Romano parlava così liberamente con lui? E soprattutto da quando riteneva Ludwig figo?

“Senti, non potresti scendere? Vorrei andare da Iggy...” l'altro di tutta risposta si strinse ancor di più “NO! DEVI FATICARE PER TOGLERTI TUTTA QUESTA CICCIA!” strofinò il volto sul tessuto “HAI UN ARNESE DEGNO DI NOTA TRA LE GAMBE E TU VUOI NASCONDERLO CON QUELLA PANCIA!”

Alfred si gelò sul posto, rosso come un pomodoro e sul punto di emettere fumo dalle orecchie.

 

Lo so, sono un eroe, non posso fare un omicidio...Conterò fino a dieci e mi calmerò...

 

Russia rise ancora più forte fermandosi accanto a loro, gli occhi chiari pieni di lacrime lo guardarono ilari.

“E TU!” Romano si voltò con sguardo omicida verso Ivan, non sembrava temerlo e America iniziò a pensare che qualsiasi cosa avesse preso l'italiano non fosse propriamente legale “COME HAI FATTO A FARLO DIVENTARE COSI'? AVETE SMESSO DI SCOPARE?!?”

In quel momento si sentì benissimo il tubo di ferro di Russia cadere a terra -ma lui era troppo scioccato per accorgersene- e il tossicchio di Inghilterra alla loro sinistra -ma lì era Alfred troppo scioccato per poter dargli ascolto-.

“INSOMMA IO MI ACCORGEREI SE IL MIO RAGAZZO DIVENTASSE UNA MONGOLFIERA!

 

 

Io il cosa di Russia???

 

 

 

Note:

 

Visto che non ho avuto recensione continuerò così come al solito alternando i capitoli.

 

Alla prossima

Elisir

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 -Alejandro- ***





 

Capitolo XXX

Alejandro

 

 

 

 

 

 

Alejandro se ne stava davanti alla porta della stanza di Flavio. La stessa porta che qualche ora prima aveva sbattuto con rabbia.

La guardava sperando che si aprisse da sola, non aveva voglia di urlare nel bel mezzo del corridoio perché il suo ragazzo aveva deciso che quel giorno non era in vena di sesso.

Si sfiorò la fronte, sapeva che il livido era ancora lì e gli faceva un male cane! D'istinto strinse un pugno, aveva così tanta voglia di ripagare Flavio di quel bollo blu, magari prendendolo con la forza...

“Non mi ama!” una voce che conosceva benissimo lo destò dalle sue fantasie, corrugò la fronte e si mise all'allerta, “Hai visto con che sguardo mi ha fulminato?!” l'accento tedesco era terribilmente fastidioso ma ancor di più era il fatto che quell'albino di merda era nella camera da letto di Flavio.

Il suo ragazzo!

Certo, sapeva che la sua ex colonia andava a letto con chiunque -era quasi una malattia la sua-, ma mai quando c'era lui nei paraggi.

Per questo duranti i meeting Alejandro non lasciava un attimo libero Flavio, facevano l'amore -o sesso, non era importante come lo si chiamava- per tutta la notte e durante le pause, si creavano una bolla dove c'erano solo loro due.

“Senti un po', crucco, perché continui a scassarmi le palle con sta storia?” Spagna storse le labbra, mai aveva sentito Sud Italia parlare in un modo tanto scurire, non che non dicesse sconcerie -sapeva perfettamente come stuzzicarlo- o qualche parolaccia ma il tono, non era mai quello di uno perennemente incazzato.

“MI ODI ANCHE TU?!?!” e lì Alejandro non riuscì più a capire una sola parola, Flavio aveva iniziato a parlare uno dei suoi dialetti, urlando come un ossesso.

Infine la porta si spalancò come lui aveva sperato.

Sud Italia lo fissò per qualche secondo prima di spalancare gli occhi, la rabbia era sparita facendo posto al timore “Cazzo...” lo sentì bisbigliare prima di provare a chiudere la porta. Subito portò un piede per bloccare il tentativo, “Aspetta! Voglio solo parlare...” ma Flavio spinse con più forza rischiando di frantumargli le ossa.

“Vattene a cagare!” il tono dell'italiano era molto più alto di prima e gli giunse come un pugno in pieno viso o meglio, come una porta in pieno viso -visto che si era ritrovato di nuovo chiuso fuori dalla camera.

“Quello era Spagna...” la voce di Gilen arrivò ovattata come se si stesse premendo qualcosa sulla bocca -conoscendolo, si stava asciugando il muco- e si chiese perché quella merda senza spina dorsale se ne stava ancora con il suo fidanzato!

Sbatté un pugno con forza “APRI QUESTA PORTA LURIDA PUTTANA!” non ci stava di essere preso così per il culo, aveva ingoiato tanto di quell'amaro con quel bamboccio e solo perché...non sapeva perché ma gli piaceva stare in sua compagnia e il sesso era fantastico, ma trattarlo come se non valesse nulla era troppo.

“MA LO SENTI?” lo sentì strepitare “HAI SENTITO COME MI HA CHIAMATO? PUTTANA! IO, SAREI UNA PUTTANA!” ci fu un tonfo di un oggetto buttato sul pavimento e il rumore di qualcosa -forse un vaso- che si rompeva.

 

 

Dopo qualche istante dove Flavio non aveva fatto altro che sbraitare e lanciare oggetti, la porta si riaprì, Alejandro si ritrovò con Prussia che sgusciò dietro la sua schiena.

 

Mezzo uomo!

 

“Non so perché si comporti così ma bisogna farlo tornare in se!” lo sentì bisbigliare prima che la sveglia lo raggiunse nello stomaco. Si piegò dal dolore “Cazzo...” alzò lo sguardo nello stesso istante in cui Sud Italia si posizionò di fronte all'uscio.

“CHIARIAMO UNA COSA, LURIDO MANIACO DEL MIO CAZZO, IO NON SONO LA TUA MIGNOTTA!” e detto questo la porta fu sbattuta per la seconda volta, le parete vibrarono e un quadro -raffigurante un omicidio- cascò a terra, dalla stanza in fondo al corridoio uscirono le altre Nazioni.

Giappone lo guardò con disprezzo “Una cosa dovevi fare...” era sul punto di esplodere e gridare che non era colpa sua, che Flavio si era fatto di un mix di acidi e cocaina, quando fu Flavio a parlare “Beh, in un certo modo ci è riuscito, mio fratello non ci darà fastidio...per un bel po'...”

Lutz corrugò la fronte e storse le labbra in un ghigno divertito “Cos'è? Non sbocciano più rose nel paradiso?” lo mandò a quel paese con un bel dito medio mentre si avvicinava pestando i piedi.

Che cazzo ridi biondaccio?” sibilò ma il tedesco sorrise ancor più apertamente “Sai, questo Flavio non mi dispiace!” lo gelò con quella frase in tedesco lasciandolo bloccato e confuso a metà corridoio, che cosa gli aveva detto quel crucco?!?

 

 

Vaffanculo, stronzo!

 

 

 

 

 

NOTE:

 

Piccola nota per ricordarvi che le frasi tra le virgolette e scritte in corsivo sono dialoghi pronunciati nella madre lingua dell'individuo.

In questo caso Spagna parla in spagnolo e Germania in tedesco.

 

A presto

Elisir

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 -Yekaterina- ***


Capitolo XXXI

Yekaterina

 

 

 

 

 

Ucraina non aveva idea di cosa fosse capitato per far imbestialire in quel modo suo fratello, sapeva solo che le grandi mani di Ivan stavano stringendo in un modo spaventoso il collo di Sud Italia.

Sospirò sconsolata nello stesso momento in cui Alfred era riuscito a far allentare la presa, “MOLLA L'OSSO RUSSIA!” stava urlando sull'orlo di una crisi “OGGI NON È IN SE!” ma non era stato lui a dire di non iniziare baruffe durante la pausa?

Sua sorella, Natalya, li guardava con una vena di ammirazione, come se quella scena fosse qualcosa di meraviglioso da doverla ricordare per secoli.

“NON PUOI SOFFOCARLO!” quando vide perfino Inghilterra dondolare sulle braccia di suo fratello decise che era momento d'intervenire, si alzò lentamente le maniche a tre quarti dell'elegante camicia -come se quel gesto potesse renderla più minacciosa- si sistemò il reggiseno per assicurarsi che il seno non rimbalzasse troppo e con passo pesante -tanto che rischiò di rompersi i tacchi- raggiunse i tre uomini.

“IVAN LASCIALO IMMEDIATAMENTE!” strano a dirsi ma appena gli occhi glaciali di Russia si posarono sulla sua figura le sue mani si staccarono di colpo dal collo dell'italiano. Ucraina sapeva che suo fratello stravedeva per lei -poco importava che tentasse di riaverla accanto in modi poco gentili- per questo non esitava a far leva sulla sua presenza se serviva a salvare qualcuno dai suoi attacchi d'ira.

“Non è colpa mia...” Ivan si era voltato verso di lei con gli occhi carichi di tristezza e una voce piagnucolosa “...lui ha detto una cosa molto brutta!” indicò con l'indice la figura a terra -che tentava di riprendere fiato- di Sud Italia.

“TI HO GIA' DETTO CHE NON È IN SE!” sbraitò America che a quanto pare aveva la mania di urlare nelle orecchie altrui anche quando la situazione si era calmata. Yekaterina sospirò per la seconda volta, si portò una mano sull'anca e l'altra sul petto e sul viso si disegnò un'espressione di rimproverò “Ivan, ti continuo ripetere che durante questi meeting siamo tutti amici, non c'è nessuna guerra e nessun territorio da conquistare, sono incontri per discutere serenamente su tematiche che ci coinvolgono un po' tutti.” lo guardò negli occhi “Mi sembra di essere stata chiara, non voglio più ripetermi.

Suo fratello annuì titubante, “Ma lui ha detto che quello...” sputò guardando America “...è il mio fidanzato...” lei rimase basita da quella affermazione, “CHE COSA?” sua sorella invece era fin troppo attiva, la vide con la coda dell'occhio travolgere Alfred e fallo cadere a terra.

“OSA TOCCARE MIO FRATELLO E IO TI SQUARTO!” urlò facendo comparire -chissà da dove- un coltello affilato, Ucraina scosse la testa sconsolata ma perché doveva avere due fratelli così collerici?

Stava per dire qualcosa quando fu proprio Sud Italia a intervenire, si era alzato e si era avventato su Natalya, gli occhi luccicanti come se avesse trovato un tesoro e le mani che strinsero quelle di lei.

Tutti rimasero in silenzio, chi scioccato, chi spaventato -per la brutta fine che avrebbe fatto Sud Italia- e chi come lei che stava iniziando a desiderare una bottiglia di vodka.

“Sposami!” l'italiano aveva sorriso raggiante, “Potrai picchiarmi, squartarmi e spezzarmi le ossa, quanto vuoi! Ma sposami, oggi, qui, adesso!” lo schiaffo di Bielorussia non tardò arrivare, rossa in volto si allontanò di colpo da quel tipo mezzo matto.

 

Meno male, niente sangue versato, pericolo scappato!

 

“Lo prendo per un si?” oh ma quanto sembrava il Sud Italia non voleva rimanere vivo abbastanza, “No, no! Io mi sposo il mio fratellone!” e per la seconda volta, Ucraina credette che tutto si fosse risolto -in un modo un po' insolito, perché sua sorella sembrava davvero spaventata-, peccato che l'ennesima affermazione di Romano le fece gelare il sangue “Oh, ma possiamo sposarci tutti e tre! Sentire le sue mani stringermi il collo mi ha eccitato!”

 

VUOLE MORIRE!!!

 

Non fece in tempo a fermare Ivan che si era voltato con un'aria omicida, meno male che Alfred -grande e grosso- riuscì a prevedere la mossa e bloccare suo fratello prima di cancellare l'esistenza dell'italiano, “CALMATI!”

 

Yekaterina si chiese se al bar dell'hotel le avrebbero potuto dare più di una bottiglia di vodka, si avviò verso la caffetteria ignorando completamente suo fratello baruffare con America, sua sorella negarsi in continuazione a un insistente Sud Italia e Inghilterra maledire in una antica lingua chiunque gli capitasse a tiro -infatti ci fu un fuggi, fuggi generale di tutte le Nazioni che avevano assistito a loro malgrado alla rissa/discussione-.

 

In caso chiederò a Raivis lui ha sempre una decina di bottiglie nella sua valigia!

 

 

 

NOTE:

 

Un altro capitolo corto. Mi dispiace, ma volevo postarlo prima di partire per le mie agognate vacanze!

Siccome io quando vado in ferie non mi porto il computer e stacco per quasi tutto il tempo il cellulare -perché devo rilassarmi e non pensare a ciò che lascio nella mia vita comune- non potrò scrivere per le prossime 2 settimane o anche più.

Perciò buone vacanze a tutti quelli che partono ora ma anche a quelli che sono già stati partiti!

 

A presto

Elisir

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 -Roderich- ***


 
 

Capitolo XXXII

Roderich

 

 

 

 

 

Non ci poteva credere, cosa ci stavano a fare nella stanza di Bielorussia? La donna stava regalando a tutti pugni di caramelle dai colori sgargianti -sembravano uscite da un cartone animato- e Vash, o chiunque fosse, se le stava mangiando con gusto.

Era orribile vedere Svizzera in quello stato.

Ungheria era artigliata al suo braccio si guardava intorno con terrore “Ci tortureranno per esserci opposti!” la sua voce era stridula, tanto che gli era venuto mal di testa e Prussia lo stava fissando da dietro la schiena di Russia -ma era una mania nascondersi dietro a quel omone?- con talmente tanta tristezza che si sentiva a disagio.

Fu Canada a fermare il trambusto, batté un pugno con talmente tanta forza che il comodino si ruppe, lo guardò in silenzio, i capelli lunghi legati in un piccolo codino, il viso pallido ma con i lineamenti marcati -così simili a quelli di America- e due occhi viola che mostravano solo irritazione, era così diverso da Matthew -nonostante fisicamente fossero due gocce d'acqua-

 

Non ne posso più di questa pagliacciata!

 

“Okan è nervoso...” mormorò Dorika deglutendo, a quanto pare aveva paura anche di Canada ma cosa poteva aspettarsi da quel mondo?

C'era qualcuno sano di mente?

Probabilmente solo lui.

Si voltò verso Giappone che si era messo in mezzo alla stanza in una posa talmente teatrale che gli occhiali scivolarono da soli -per l'imbarazzo- sul naso. Kiku non si sarebbe mai presentato in quella maniera, era sempre così tranquillo ed elegante.

“Gente!” anche il suo modo di parlare, l'accento e come muoveva le labbra sembrava qualcosa di assolutamente volgare, “Siamo qui perché quel frocio di Flavio ha avuto una crisi isterica...” storse il viso in una smorfia schifata.

“Come se tu non te lo fossi scopato!” Roderich poté giurare che sentì chiaramente un'aurea omicida circondare Spagna all'affermazione di America, “Se non sbaglio era il tuo cazzo che stava nel suo culo, Fabian, due weekend fa.”

“ORA BASTA PARLARE DI CHI SI FA IL MIO RAGAZZO!” e per una volta Austria era d'accordo con Spagna, non era un discorso che voleva affrontare ne in quel momento ne in futuro!

Giappone alzò le spalle per tornare a far teatro “Insomma, la questione la sapete, vogliamo iniziare al più presto la guerra...” ma fu interrotto da Russia “Davvero ti sei visto con Flavio?” America snudò i denti malizioso “Hai qualcosa in contrario? Pensi che sia di tua proprietà?”

 

Oh! Ma andiamo! Qui siamo ai confini della realtà!

 

Austria non ci stava ad ascoltare oltre, era davvero al limite! Non gli interessava della vita sessuale di quel Flavio e tanto meno assistere a scene di gelosia di diverse Nazioni.

Fece un passo avanti “Ora basta!” il suo tono non ammetteva repliche, gli sembrava di essere tornato ai tempi d'oro, quando Feliciano era sotto di se e lui doveva metterlo in riga, la differenza stava che lì c'erano uomini e donne adulti -con qualche problema mentale-.

“Non so cosa vi siete messi in testa, ma non è solo Sud Italia che è contrario alla guerra...” guardò Giappone negli occhi “Anch'io sono contrario e non intendo cambiare idea!”

Svizzera con la bocca ancora piena di caramelle iniziò a parlare in mondo incomprensibile “Neffeno io foglio fafla” gli venne un brivido lungo la schiena schifato.

 

Pazienza...ci vuole pazienza...

 

Ungheria alzò la mano “Perché dobbiamo combattere sempre?” la sua voce era talmente bassa che tutti si stupirono di averla sentita. Feliciano la raggiunse e con una mano le prese il polso con forza “Lo sappiamo tutti che tu sei un piccola pisciasotto, troia!” l'ira nella voce fece tremare la donna.

E senza nemmeno pensarci -perché lei assomigliava tanto a Elizabeta e gli mancava notevolmente, perché lei era una donna e lui aveva insegnato a Feliciano di aver rispetto- si mise tra i due “Lasciala andare o te ne pentirai.”

Fu in quel momento che capì quanto potere aveva Austria in quel mondo, quando tutti trattennero il fiato con lo sguardo pieno di terrore.

 

Non mi piace questa persona...

 

Vide Nord Italia spalancare gli occhi “Perché mi tratti così?” lo guardò portarsi una mano al petto “Io sto facendo solo ciò che mi hai insegnato!” per un attimo pensò che si sarebbe messo a piangere -e lui detestava quando Feliciano piangeva- invece lo vide scattare verso la porta e uscire in splendido stile manga.

 

...Davvero? Questa cosa è normale?

 

Se Mozart avesse visto tutto quello probabilmente avrebbe composto la più tetra delle sue opere. Ne era sicuro.

“Dunque che si fa?” Irlanda, che teneva Inghilterra -seduto su una sedia- sulla schiena, sembrava dubbioso su quello che era appena capitato “Voi fate quello che volete, io mi tiro fuori da tutto questo caos.”

Prussia si fece avanti, sfiorandolo su un braccio con una carezza, rabbrividì di disgusto, gli lanciò uno sguardo freddo e l'albino si pietrificò sul posto. Roderich non poté ignorare lo sguardo tremendamente ferito del prussiano.

Sperò con tutto se stesso che quel maleficio finisse presto.

 

 

Note:

Mi dispiace per il ritardo, ma il tempo è sempre tiranno...intanto ringrazio tutte coloro che hanno letto e commentato questa fanfic!

 

Parliamo di questo mini capitolo. Un Roderich che sta iniziando a perdere la pazienza -si perché lui sarà il più calmo ma la situazione è troppo caotica perfino per lui- è solo un antipasto.

 

A presto -spero-

Elisir

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 -Morten- ***




Capitolo XXXIII

Morten

 

 

 

 

 

Aveva ignorato completamente gli insulti degli stati arabi e le occhiate delle altre nazioni ed aveva camminato con passo lento verso la propria camera.

Non credeva che potesse esistere un mondo dove si potesse andare d'amore e d'accordo, lui era sempre vissuto con la presenza costante della guerra, dell'odio e della volgarità. Perfino nei mesi -o anni- di pace forzata non c'era giorno in cui qualcuno barasse in un gioco o rubasse qualcosa nelle casse delle altre nazioni, Sud Italia ad esempio esportava talmente tanta droga che parecchi di loro avevano rischiato il collasso pur di avere quella polverina magica...

...anche lui non era da meno, gli piaceva troppo vedere la faccia di qualche innocente mentre lo scuoiava vivo e amava farsi un bagno nel sangue delle sue vittime. Doveva ammettere che nei momenti di tranquillità -quando non doveva organizzare strategie o guidare il proprio esercito nelle trincee- lui era terribile, un mostro senza cuore, ma adorava quella sensazione di adrenalina che gli scorreva nel corpo durante tutte le operazioni di tortura e non poteva assolutamente farne a meno!

Morten si fermò a metà corridoio, anche in quel momento aveva tanta voglia di prendere qualcuno -magari una delle cameriere che aveva visto a colazione- portalo nella sua stanza e togliergli ogni pezzo di carne fino a poter vedere le ossa pulite e bianche. Il solo pensiero lo eccitava tanto che perfino il suo membro s'indurì.

“Matthias!” una voce lo distolse dai suoi pensieri, voltò di poco il viso giusto per vedere Finlandia insieme a tutto il resto dei nordici, il sorriso sadico sparì così come l'erezione.

Si voltò completamente verso di loro valutando la situazione, come si sarebbe comportato il suo doppio in quel momento?

“Dan, ci stavamo chiedendo se ci fosse qualcosa di cui vorresti parlare...” Finlandia era arrossito sulle guance e si stava morsicando il labbro inferiore come un bambino impacciato, era completamente diverso dal suo Taisto e ciò gli diede fastidio. Fece una smorfia disgustata “Non capisco cosa intendi.” ci fu silenzio per qualche attimo, giusto il tempo per farlo innervosire ancor di più.

 

Voglio una dannata sigaretta!

 

Si appuntò mentalmente di scoprire che cos'era un euro, trovarlo e dallo ad Olanda, tutto per fumare!

Islanda si azzardò a fare un passo in avanti, era così apatico che il ghiaccio in confronto sembrava qualcosa di caloroso, “Hai parlato di sterminio, non è da te...” con una piccola mano accarezzò l'animale che aveva in testa “...non più.”

Gli occhi di Morten s'illuminarono a quella affermazione, era interessante sapere che anche quel Danimarca -che sembrava essere uno zucchero filato- avesse un lato oscuro, si leccò le labbra “E cosa ti fa credere che non sono ancora quel genere di persona?”

Il brivido che percosse il corpo di Finlandia gli chiarì alcune cose, a quanto pareva il suo alter-ego aveva fatto assaggiare la sua ira su di loro, la cosa gli piaceva sempre di più!

“Ora basta scherzare...” era stato Svezia a parlare, a quanto sembrava ognuno doveva dire la sua “...Sappiamo che ti abbiamo estromesso dalle ultime riunioni e che forse abbiamo esagerato, ma...”

 

Estromesso? Mi...no! LO hanno lasciato fuori da riunioni?

Allora non è tutto cuori e fuori!

 

“Ci stai ascoltando, Matthias?” la voce di Norvegia era incolore, come se essere in sua presenza gli desse fastidio, lo guardò con occhi glaciali “No.” rispose secco, “Quello che avete da dire non m'interessa e se avete problemi con la mia proposta sono solo affari vostri.”

Usò il tono più tagliente che possedesse, lo sguardo più insensibile che avesse nel repertorio, e aveva una vaga idea di colpire uno di loro se avesse insistito sul parlare tra amici.

Svezia sollevò un sopracciglio, Norvegia si era irrigidito -impercepibilmente, ma lo si vedeva dalla mascella contratta-, Finlandia aveva spalancato gli occhi e Islanda, beh quello era ritornato a far le coccole a quel coso pieno di pulci!

Ora, se non vi dispiace, ho bisogno di una sigaretta e un paio di Akvavit!” diede le spalle ai quattro nordici, domandandosi come il suo doppio potesse sopportarli, doveva essere un masochista o roba del genere.

 

Quando chiuse la porta della stanza tirò un sospiro di sollievo, si guardò attorno, adocchiò il bagno e si avviò, va bene, la doccia non era alla pari con il fumo e l'alcool ma doveva togliersi tutto quel sudore che aveva prodotto dopo aver camminato più veloce del solito.

 

Poi uscirò da qui, cercherò un dannato venditore di tabacco e comprerò cento pacchetti!

 

Accese l'acqua e rimase immerso nei suoi pensieri fino a quando il box doccia non si spalancò, si voltò di scatto pronto alla rissa: la mano sinistra chiusa a pugno si fermò a qualche centimetro dal viso del nuovo arrivato.

Danimarca sbatté le palpebre confuso “Nor?” vedere quel piccoletto con le sopracciglia corrugate e le labbra strette in una unica linea, gli ricordava tanto Lokki quando non capiva qualcosa -e credetemi, non è che fosse una cima!-

Rilassò il braccio e tornò a dargli le spalle, l'acqua bollente gli stava arrossando la pelle e lo rilassava in una maniera innaturale, “Pensavo di aver chiarito prima.” soffiò inclinando il collo, si domandò se quelle sensazioni fossero dovute al corpo che non gli apparteneva -perché lui non si abbandonava mai in quel modo per una doccia- ma quello che sentì dalla voce di Norvegia lo destò completamente da quel piacere.

Volse il capo lentamente verso il giovane, insicuro di aver sentito bene, lo fissò negli occhi e vi lesse determinazione.

“Tu...” si ritrovò a fissare il movimento delle labbra con ansia, anzi stava osservando tutto di quel visino: il naso arricciato per il disappunto, la frangia stretta nel fermaglio a forma di croce, le guance arrossate dal calore dell'acqua “...chi sei?”

 

 

 

Note:

 

Hola!

Ecco con un altro piccolo capitolo che beh...c'è già una novità!

Norvegia potrebbe sembrare indifferente ma secondo la mia visione -in questa fanfic- lui conosce benissimo Danimarca e non poteva non notare la differenza tra il suo e il 2p.

Per chi se lo chiede, si, ho fatto fare una frase di senso compiuto e più lunga di due parole a Svezia!

Scusate per gli errori, ma come ho detto il tempo è tiranno e non posso stare troppo al computer.

Spero sia comunque di vostro gradimento!

 

A presto

Elisir

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 -Matthias- ***






 

Capitolo XXXIV

Matthias

 

 

 

 

 

Aveva ascoltato tutta la riunione segreta in silenzio e dando baci sulle labbra di Norvegia che di sicuro non si negava, non come Lukas che lo allontanava in malo modo in continuazione...

Era consapevole che lì, Lokki, non era la persona che amava, era completamente diverso e probabilmente un psicopatico come tutte le nazione che abitavano quel mondo, ma si era detto “è solo un capriccio, solo per ora...prima di tornare a casa e non aver più niente...”

Lo aveva baciato e sfiorato con mani tremanti come se temesse di toccare quelle braccia o quella schiena, fino al momento in cui Austria aveva parlato e Nord Italia era scappato -come una donzella nei film romantici- dalla stanza. Aveva guardato i presenti per la prima volta, trovandosi due occhi fiammeggianti di Finlandia -che se avessero potuto uccidere la sua Nazione sarebbe scomparsa dalla cartina geografica!- e lo sguardo scioccato di Svezia che per qualche strana ragione in quel mondo sembrava un pesce lesso.

Guardò al di là di loro, trovando sulla sua traiettoria Estonia con una tuta da ginnastica color zucca, dei fili gli uscivano dalle diverse tasche e in mano aveva la bajour della stanza, la fronte corrucciata come se non capisse la situazione, accanto a lui Lettonia aveva una smorfia disgustata dipinta sul viso che strideva con il suo vestiario da bravo bambino -per intenderci aveva braghette corte color fiordaliso e una camicetta chiusa fino al collo con un fiocco azzurro-.

“Cioè...” Giappone, che era seminascosto da tutte le persone che lo circondavano, -Matthias riusciva a vedere solo i suoi capelli neri e la katana che teneva sulla schiena- impose ancora la sua teatrale presenza “...Mi volete dire che voi due, oltre a Flavio, non volete partecipare alla guerra?” sembrava sull'orlo di una crisi isterica “Si. Non mi va di combattere, ho altre cose da fare e una Nazione da far crescere.”

“E tu? Danimarca? Anche tu prima hai espresso parere contrario, sei sempre di quella opinione?!” questa a volta a parlare fu America -che di Alfred aveva solo il volto ma di tutta la sua frizzante allegria non aveva nulla- gli puntava contro la sua mazza chiodata, ma dov'era finito? In un film di serie Z?

Lui si rizzò lasciando andare Norvegia -in quel mondo era meglio essere pronti a una rissa- “Certo! Non cambierò idea nemmeno se mi pagassi!” guardò l'altro con occhi seri e freddi, come aveva guardato anni addietro Germania nel momento in cui lo aveva invaso, “Trovo che ci sia altro oltre che combatterci, ad esempio migliorare la qualità della vita delle nostre Nazioni. Siamo o no responsabili di tutte le vite che abitano su questa terra?”

Ci fu un attimo di silenzio dove Austria annuiva e gli altri si guardavano confusi, decise quindi di spezzare il silenzio “Spagna!” chiamò ricevendo uno sguardo furioso, a quanto sembrava ancora rimuginava sul comportamento di Sud Italia, “Non hai detto che preferisci la tranquillità alle trincee?” lo spagnolo ringhiò un si incrociando le braccia al petto “Perché? Cosa ti porta a dire che è meglio stare a dormire sul divano che abbracciare le armi?”

Spagna rimase un attimo in silenzio “Beh...” iniziò titubante “...posso occuparmi del mio orto e curare pomodori...” Matthias trovò rassicurante che anche a lui piacesse coltivare proprio come Antonio, “...non so spiegarmi...ma sento di stare bene, che il mio corpo si rinvigorisca...”

Lui annuì con il capo “E sai questo perché accade?” chiese sentendo gli altri trattenere il fiato “Perché è il tuo popolo che sta bene! Sono loro che determinano anche la tua salute!” Spagna spalancò gli occhi incredulo “Sei mai andato in giro per la tua Nazione durante la pace? Hai mai guardato cosa fanno le persone mentre non devono pensare a sopravvivere?” l'altro abbassò il capo a disagio.

 

Va bene, forse sto tirando troppo la corda...

 

“Stai dicendo una marea di cazzate!” Lettonia lo fissò con astio “Io mi sento in pace con me stesso solo quando prendo a frustate -fino a dissanguare- qualcuno...” vedere quel faccino corrucciato gli metteva allegria, era tentato di ridere e scompigliargli i capelli ma qualcosa gli diceva che avrebbe potuto perdere la mano, fu Austria a parlare a posto suo “Questo è una cosa tua personale, non è il tuo popolo.”

Il piccoletto si voltò verso l'altro “E come fai a dire che quello che prova Spagna non sia la stessa cosa?” il moro sospirò aggiustandosi gli occhiali “È molto semplice, quello che provi tu è una sensazione di improvvisa euforia, mentre quello che ti fa provare la tua gente è un benessere sia fisico che psichico ed è costante nel tempo.”

Danimarca sorrise raggiante “Esattamente, se la tua nazione è continuamente sotto stress anche tu ne risenti. Il fatto che siamo legati a loro dovreste già averlo capito da secoli...”

Ci furono mormorii di chi non capiva cosa intendessero dire, Prussia che se ne era rimasto in silenzio alzò una mano tremante “Io...” deglutì senza alzare gli occhi dal pavimento “...penso che i prussiani...la mia gente, non voglia più combattere.”

Lutz allungò un passo verso di lui “COSA?” urlò sconcertato, “Come fai a sapere cosa vuole il tuo popolo? Per quel che ne sappiamo loro due -indicò poco civilmente Austria e Danimarca- possono essersi inventati tutto solo per restare seduti a non far nulla!” l'albino tremò leggermente ma alzò gli occhi scarlatti su suo fratello con determinazione “Loro hanno paura, sono stanchi e anch'io lo sono...” pestò un passo traballante verso Germania “Ho tutto il diritto e il dovere di ascoltare la mia Nazione, e per quanto sia piccola rispetto alla tua, per quanto può essere debole tanto da poter essere spazzata via in un batter d'occhio, esiste.” strinse i pugni “Prussia esiste e non farà parte di questo conflitto!”

Il tono che aveva usato era fermo, come mai lo aveva sentito in quella mattinata e perfino Austria sembrò guardarlo con soddisfazione -cosa assai strana visto che Roderich riservava solo occhiatacce all'albino.-.

Danimarca fischiò estasiato, non immaginava che la controparte di Prussia potesse essere così risoluto e per un attimo gli sembrò di avere Gilbert davanti a se, e a quanto sembrava perfino Germania non se lo aspettava -beh, in realtà tutti erano scioccati- tanto che non riuscì a ribattere.

“Se devo essere sincero...” la voce di Spagna riempì di nuovo la stanza “...non ho mai pensato di essere legato alla mia gente, ma se ci penso credo...” deglutì faticosamente “...credo...che sia vero...io...”

Matthias lo guardò speranzoso ma un'altra voce bloccò il calvario dello spagnolo “Ora basta! Fino a domani non voglio vedere le vostre stupide e orribili facce!” Cina diede una gomitata a Prussia, i capelli neri e lisci -e possiamo dire anche spettinati- cadevano liberi sulla schiena, colpì con rabbia Spagna con la sua jian facendolo sussultare, era furioso come non mai “E tornate solo quando avrete le idee chiare!”

Danimarca sospiro esausto, era finito in una gabbia di matti. Sentì le mani di Norvegia sulla sua schiena e il fiato caldo gli diede un brivido ben poco che casto -qualcosa si stava risvegliando in mezzo le gambe- “Sei stato magnifico!” il complimento lo fece ridere.

 

Solo un altro po...lasciatemi godere questo sentimento ancora per poco...

 

 

 

NOTE:

 

Jian: è una spada dritta a doppio filo. Un'arma tipica cinese.

 

Allora, non so che ne pensate del capitolo precedente perché non ho ricevuto nemmeno una recensione ma va beh...

Parliamo di questo, Matthias qui si rivela un po' meno scemo, credo, e spero di aver fatto capire qualcosa con parole semplici.

Non pensavo di riuscire a finirlo presto ma stasera ho avuto il computer per bene 40 minuti e ho scritto tutto di getto, avevo tutto in mente da settimane e se non lo buttavo fuori sarei impazzita!

Qui abbiamo incontrato qualche personaggio nuovo, che ne dite di Lettonia? Lui e la sua frusta (mi immagino che a casa abbia una serie infinita di fruste da usare a seconda dell'occasione XD )

 

Comunque le cose iniziano a farsi interessanti, vi avevo detto che anche nel mondo 2p si sarebbe creato scompiglio :p

 

A presto

Elisir

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