Even Minutt For Minutt

di kira_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’idea di questa ff mi è venuta durante un rewatch della quarta stagione, precisamente durante la scena tra Yousef e Sana dove Yousef racconta di quando Even ha provato a baciare Mikeal e dopo ha provato a togliersi la vita. Penso abbiate capito di quale scena si tratti. Ho realizzato in quel momento quanto fosse triste il fatto che non abbiamo mai avuto una spiegazione raccontata da Even stesso. Abbiamo solo avuto pochi dettagli da persone che non fossero lui. Ed è triste e non solo per questo perché Even è un personaggio molto complesso che avrebbe davvero molto da raccontare e non gliene è stata data alcuna opportunità.
Questa ff è nata con lo scopo di dare una voce a questo fantastico personaggio, così unico e infatti non ho mai visto un personaggio così in altre serie tv. E se amate Even, tanto quanto lo amo io, penso che sarete d’accordo con me. Gli ho dato una voce e spero di non aver combinato disastri. Ho cercato in tutti i modi di non farlo diventare ooc ma se notate degli errori, vi prego di dirmelo affinchè possa correggerli. Credo che questa sia una delle ff a cui tengo di più ed ho cercato di renderla perfetta ed adesso la lascio a voi. Enjoyy!


 
​PROLOGO



Even si trovava nella sua camera a fissare il soffitto. Non riusciva a credere a quello che aveva fatto, ancora una volta non era riuscito a fermare ciò che il suo cervello gli comandava. E nessuno, nemmeno Sonja per quanto dolce e carina, poteva riuscire a capire pienamente cosa si provava ad avere questa malattia. A non avere un controllo su di sé, a vedere la vita distruggersi con le proprie stesse mani senza avere la forza di fermarsi, di cambiare.
Even malediva ogni giorno che passava in preda alla mania eccessiva, anche se in quei momenti non riusciva a capirlo. Odiava vedere le conseguenze di un'azione che lui stesso aveva causato e che in circostanze normali non avrebbe mai fatto e quel giorno era successo di nuovo: Il ragazzo della Bakka, scuola superiore di Oslo, aveva provato a baciare Mikeal suo compagno di scuola musulmano. Ovviamente quest'ultimo era diventato furioso.
“Che cazzo stai facendo, amico?! Stai alla larga da me!”.
Le parole risuonavano nella sua testa come lame affilate. Stai alla larga da me.
Quando lo avrebbe capito che era destinato a restare solo per il resto della sua vita? Anzi, quando avrebbe capito che fin dalla nascita era sempre stato solo? E perché sua madre lo aveva fatto nascere se era destinato a rovinarsi la vita con le sue stesse mani a causa di questi momenti di mania eccessiva?
Even non aveva più il coraggio di mettere piede in quella scuola. Non aveva più il coraggio di guardare in faccia i suoi amici. Succedeva di continuo nella sua vita: Era un tipo socievole e non gli era difficile fare nuove amicizie, il punto era saperle mantenere. Ogni volta che si sentiva parte di un gruppo o a qualcuno in generale finiva sempre per avere quegli episodi di mania che mandavano all'aria tutti i rapporti. Even si odiava, odiava sè stesso, odiava ciò che era, odiava non essere capace di cambiare, di tenere sotto controllo la sua malattia. I dottori gli avevano prescritto pillole, gli avevano detto che poteva condurre una vita normale e che la malattia poteva essere tenuta a bada tranquillamente. Ma il liceale della Bakka era stanco di tutto e nonostante la sua ragazza dicesse che faceva progressi, che riusciva a tenerla sotto controllo, lui non li notava.
Ed era accaduto di nuovo.
Ed Even non voleva più uscire dalla sua stanza ed affrontare il mondo. Voleva solo dormire e lasciarsi cullare dalle braccia di Morfeo. Il sonno era l'unico vero conforto nei momenti depressivi causati dalla mania.
Ad un tratto sentii bussare alla porta. “Even, so che sei lì dentro. Apri!” Era Sonja, ma il ragazzo non voleva vedere nessuno.
Si portò le coperte sopra il viso, nascondendosi dal resto della stanza e ignorando la sua ragazza che lo chiamava. Iniziò a piangere silenziosamente. Non era questo ciò che voleva. In quel momento aveva sentito il cuore esplodergli di affetto e Mikeal era anche un bel ragazzo, solo che l'impulsività dettata dalla mania lo aveva portato a tentare un bacio. Even non era innamorato di Mikeal, voleva solo essere un bacio innocente e non passionale. Ma nessuno lo aveva visto in quel modo ed adesso tutti credevano che fosse gay. L'iralità della situazione lo portò ad una risata nervosa. Gay? Che stronzata! Lui era un pansessuale non dichiarato. Un altro segreto che portava con sé. Un pansessuale non dichiarato bipolare.
Even continuò a ridere nervosamente, ridere al destino, al caso, o a quel qualcosa che lo aveva fatto nascere pansessuale e bipolare in questa società che sebbene non fosse quella del medioevo aveva così tanti pregiudizi e generalizzazioni che era ugualmente difficile viverci. La risata cessò e si ritrovò a fissare nuovamente il vuoto con la testa affollata di pensieri e lui era solo. Sonja si era anche arresa nel bussare e chiamarlo, cosa che da una parte apprezzava ma dall'altra lo faceva sentire più solo e abbandonato. Dopo un po’, minuti che sembrarono ore, Even si addormentò sfinito dai pensieri.

I giorni passarono ma il momento depressivo lo accompagnava giorno e notte e questa volta sembrava non volesse andare via. Questa sensazione di essere sbagliato premeva sul petto e faceva male al cuore. Non usciva più di casa e mangiava a appena. Sonja era sempre più preoccupata, lo vedeva nei suoi occhi, ma non sapeva come reagire.
Un pomeriggio Even ebbe l'idea di imparare il Corano in arabo. Nella sua testa era convinto che imparandolo forse si sarebbe fatto perdonare dai suoi amici. Ma più lo leggeva e più vedeva che l'omosessualità era vista come qualcosa di contro natura ed un peccato imperdonabile, più la sensazione di essere sbagliato si faceva presente, forte e irremovibile.
‘Forse una lama sul braccio avrebbe fatto meno male’, pensò.
Passarono i giorni e imparò il Corano in arabo in poco tempo. Non usciva di casa ed era sempre chiuso in camera. Usciva solo per mangiare quando Sonja era via. Sonja aveva provato a parlargli, ma lui rispondeva a monosillabi. “Ho solo bisogno di un po’ di tempo e mi calmo” le aveva detto dopo l'ennesimo “come stai?”. Ed alla sua domanda “prendi le pillole?” lui rispondeva con un “si” e un sorriso che voleva strapparsi dalle labbra perché non poteva essere più falso.
Gli dispiaceva prenderla in giro. Even amava veramente la sua ragazza, ma aveva deciso di rinunciare alle pillole. Era stanco, e la verità era che aveva deciso di rinunciare a tutto. Il ragazzo pensava che una volta imparato il Corano sarebbe tornato tutto apposto, ma i suoi amici sembravano non capire. Aveva iniziato a scrivere versi del corano in arabo a tutti loro e le uniche risposte erano “????” e “amico, che hai?”. Ma anche se avevano iniziato a scrivergli di nuovo, lui non riusciva a togliersi questa sensazione di essere sbagliato.
Questo dolore nel petto e le voci nella testa che continuavano a dirgli ‘sei solo. É inutile continuare a vivere così. Meglio morire e basta.’ Fu durante una notte, sempre chiuso in camera, che decise di farla finita.
Scrisse un biglietto a Sonja, dicendole che era contento di aver passato del tempo con lei. Che era la migliore ragazza che potesse avere e che non era colpa sua tutto questo.
Scrisse un altro biglietto per i suoi, dicendo loro che gli voleva tanto bene e di scusarlo per non essere stato forte abbastanza da reagire.
Ed infine scrisse un altro biglietto per i suoi amici della Bakka: Scusate se non sono stato abbastanza. Abbastanza cosa? Chiese la sua mente. ‘Tutto’, rispose un’altra voce nel cervello. Non era abbastanza in niente.

Il giorno dopo quando Sonja uscì, lui tentò di togliersi la vita. Fu Sonja a ritrovarlo successivamente, dopo che era rientrata a casa perché aveva dimenticato delle cose importanti. Ma lui aveva già perso i sensi. Quando riprese i sensi, la prima cosa che vide furono le mura bianche dell'ospedale. Aveva una flebo attaccata al braccio sinistro, Sonja gli teneva una mano tra le sue e la baciava piangendo e i genitori lo guardavano con quello sguardo che lui odiava tanto, come se si sentissero colpevoli.
Sonja gli baciò nuovamente la mano e gli carezzò i capelli. “Inizieremo da capo, un'altra scuola e vedrai che andrà meglio.”
Even la amava. E si sentì in colpa per averle fatto passare tutto questo. A differenza sua, Sonja era una ragazza molto forte. Ed anche se non ne aveva le forze, voleva dannatamente credere che questa volta lei avesse ragione.
Un'altra scuola, perché alla Bakka non ci sarebbe più tornato. Un'altra scuola, un'altra vita e si chiese dopo quanto tempo avrebbe di nuovo incasinato le cose. Ma Even non poteva sapere che nella nuova scuola avrebbe incontrato la sua persona speciale e non avrebbe più tentato il suicidio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1
 
 
Isak era un ragazzo del secondo anno, capelli biondi e mossi e con occhi color castano, alto all’incirca un metro e ottanta e Even era follemente innamorato di lui fin dalla prima volta che lo aveva visto a scuola. Non sapeva bene come fosse riuscito a conquistarlo, come gli fosse venuto in mente di entrare a far parte del gruppo delle coccole di Vilde solo per avere una chance di parlare con lui. Le cose si erano susseguite con una facilità impressionante. A volte si sentiva in colpa nei confronti di Sonja, altre volte non ci pensava nemmeno. Era soggiogato da tutte quelle nuove emozioni. Quand’era l’ultima volta che si era sentito eccitato in questo modo? E non solo sessualmente. Era tutto, era il ritornare a provare le cosiddette farfalle allo stomaco, il filtrare con una nuova persona, il prendere in giro Isak ( il che era diventato il suo nuovo hobby preferito ) e il sorprenderlo, vedere quel sorriso, quegli occhi così innocenti. Ma ovviamente Isak era anche molto sexy e non faceva altro che farglielo notare. Quindi si, Even non si era mai sentito così prima d’ora.
Quando fuggirono insieme dall’appartamento del minore, durante il pre-drink di Halloween, Even non aveva in mente un piano d’azione. Sapeva dentro di sé che stava diventando di nuovo troppo impulsivo e che doveva stare attento e doveva darsi una regolata, ma non gli importava. Non riusciva a controllarsi, voleva Isak e lo voleva quella notte. Quella era l’unica certezza della serata.
E lo aveva avuto, lo aveva baciato e Isak aveva baciato lui. Ed erano fuggiti, e si erano abbracciati, baciati e avevano parlato per tutta la notte. Ed Even aveva deciso: Doveva lasciare Sonja. Il rapporto con la sua ragazza aveva iniziato a deteriorarsi da un po’ di tempo ormai. Ormai Il loro rapporto era più dettato da abitudine che da altro e poteva sentirlo anche dalla parte della ragazza. Sonja si stava stancando di ‘accudirlo’ e Even si stava stancando di sentirsi sempre controllato. Lo capiva, non era facile per una persona stare con lui ed era anche questo il motivo per cui non voleva dire a Isak di essere bipolare, sarebbe fuggito via probabilmente o sarebbe finito per stancarsi. Ed Even non voleva rischiare.
Quando disse a Sonja che si era baciato con Isak, la ragazza non la prese molto bene.
“Even, non sei tu questo. Non capisci che stai affiorando un altro episodio di mania?”
Ma era davvero così? Era davvero la mania a causare tutto quello che stava provando in questo momento? Era molto attratto da Isak e lo voleva tantissimo, ma era davvero mania? Even si rifiutava di crederlo. Era confuso, gli era capitato a volte di non sentire bene la differenza tra ciò che gli faceva provare un episodio di mania e ciò che sentiva davvero e spesso era Sonja a guidarlo, a far chiarezza nella confusione di pensieri che era la sua mente.
E se Sonja adesso stesse provando solo gelosia? Sarebbe stato così strano?
“No, non è un altro episodio di mania.” Disse con voce ferma, anche se dentro di sé non ne aveva la completa certezza.
Erano nella loro piccola cucina. Separati solo da un paio di metri, Sonja con le spalle rivolte verso il frigo e lui verso la porta. La ragazza fece esitante un passo avanti, “come fai ad esserne sicuro? Vuoi davvero rischiare di compromettere il nostro rapporto per qualcosa che probabilmente non è vera?”
Ed Even si sentì molto infastidito da quelle parole. Cosa ne sapeva Sonja? Cosa ne sapeva lei di ciò che sentiva essere vero o falso? La ragazza fece cautamente un altro passo avanti e Even indietreggiò di riflesso. “Forse è il caso che ci prendiamo una pausa” disse con freddezza, le voltò le spalle e uscì per fare una passeggiata e schiarirsi le idee.
Ciò che le dava fastidio di Sonja era che il più delle volte ci vedeva giusto. Lo conosceva troppo bene e sembrava sempre leggergli nella testa. Questa cosa iniziava ad infastidirlo per davvero perché era come se non fosse più libero. Eppure sentiva dentro di sé che questa volta la sua ragazza aveva torto. Ciò che provava per Isak non era un qualcosa amplificato dalla sua malattia ma qualcosa di più puro e forte che non aveva mai sperimentato prima, certamente non con Sonja.
Quel giorno saltò la scuola. Non era in vena di affrontare le persone e voleva del tempo per schiarirsi le idee. Ma più continuava a pensarci più riteneva che la cosa migliore fosse lasciare Sonja e portare avanti le cose con Isak. Even decise di andare a scuola a di vedere il ragazzo, voleva capire anche se per lui andava bene. Per quello che aveva capito Isak non aveva mai avuto un ragazzo prima e per lui questa cosa di stare con un uomo era completamente nuova. L’ultima cosa che voleva era creargli più problemi e disagi con amici e genitori. Doveva andare a scuola e parlare con Isak.
Isak in quel momento aveva educazione fisica. Even si concesse il piacere di osservarlo per un po’ in silenzio prima di farsi vedere. Il minore indossava shorts e una maglietta nera e giocava con un pallone da calcio. Era adorabile, era così carino che Even provò un’ondata di affetto che quasi lo spinse a raggiungerlo e riempirlo di baci. Dovette seriamente trattenersi.
Dopo almeno due minuti decise di farsi vedere. Isak lo notò, si guardarono negli occhi e gli fece cenno di seguirlo. Fece strada verso gli spogliatoi.
“Dove sei stato?” chiese il ragazzo in un sussurro.
“Ho detto a Sonja di noi. Ci siamo presi una pausa.” Fu la risposta del maggiore e Isak lo guardò sorpreso. Non sembrava molto felice.
“Oh... beh, se questo ti rende triste…” iniziò a dire. E Even sorrise. Era quella davvero la sua unica preoccupazione? Che lui potesse essere triste di lasciarsi con Sonja? Al contrario, l’idea lo rendeva felice.
“Io non sono triste” gli confessò sorridendo e si avvicinò per baciarlo, cosa che voleva fare dal primo momento che lo aveva visto in palestra. Even non si sarebbe mai stancato di baciare Isak. Erano vicini, l’uno nello spazio personale dell’altro. Erano così vicini che poteva respirare il respiro del ragazzo di fronte a sé. “Cosa direbbero i tuoi genitori se tu ti mettessi con me?” chiese cercando i suoi occhi. Era ora che la conversazione si facesse più seria.
“A mio padre non importerebbe…”
“E a tua madre?” domandò.
“Mia madre è pazza” esclamò. Even si bloccò.
“Come?” chiese, cercando di capire bene.
“E’ una situazione surreale. Pensa che il mondo stia per finire e che mio zio sia Donald Trump”
Even era perplesso. Lo guardava con intensità e forse Isak si accorse che qualcosa non andava perché chiarì “mio zio non è Donald Trump”.
“Fiuu” esclamò il maggiore dei due, più per fare qualcosa che per rispondere. Sentiva come se le sue speranze stessero svanendo.
“Non lo so comunque, non ci parlo più”
“Perché?” Ed Even non sapeva come reagire alla luce di questa nuova informazione.
“Penso che la mia vita sia meglio senza persone malate di mente intorno”
E fu come ricevere un pugno allo stomaco. Even si dovette ricredere su tutto, ringraziando sè stesso per non aver detto una sola parola sulla sua malattia. Ma adesso non sapeva cosa dire o rispondere. Fortunatamente quel momento di silenzio fu riempito dal minore che chiese “cosa penserebbero i tuoi genitori di me?” ed era esitante, era una domanda che probabilmente non voleva fare ed allo stesso tempo pieno di insicurezza e bisogno di certezze.
“Penso che ti amerebbero” rispose. Ed era vero. I suoi genitori erano molto aperti e avrebbero amato quel ragazzino come un figlio. Ma non poteva funzionare. Isak lo aveva rifiutato senza saperlo. Even lo baciò per quella che considerava essere l’ultima volta.
Quella sera gli arrivò un messaggio di Isak con scritto se aveva voglia di fare qualcosa. Even si prese un po’ di tempo prima di rispondergli che si scusava per aver affrettato le cose e che gli serviva un po’ di tempo.
 
**
Ciò che odiava di tutta questa situazione era ammettere che Sonja aveva avuto ragione. Forse era stato di nuovo troppo impulsivo, forse si stava di nuovo lasciando andare ad un episodio di mania. Tuttavia qualcosa continuava a stonare. I giorni passavano ed il ragazzo sentiva la mancanza di Isak, ogni giorno sempre di più. Se era stato davvero un momento di mania, perché continuava a sentire così tanto la sua mancanza? Even voleva riprendere i contatti con lui, ma sembrava come se il minore lo stesse evitando per qualche ragione. Gli aveva fatto un paio di disegni, lasciandoglieli nella giacca e nell’armadietto della scuola (sapeva la combinazione a memoria dopo un attento e segreto stalkering) e aveva solo ricevuto un messaggio.
Il problema di tutta questa situazione era che, nonostante fosse impulsivo e lasciava disegni, Sonja continuava a ripetergli che aveva fatto bene a lasciar perdere Isak e che era un bene anche per la sua salute mentale. Il problema era che il più delle volte finiva per crederci, anche se il suo corpo gli faceva intuire il contrario. Isak continuava a mancargli.
Fu un venerdì sera dopo avergli lasciato il secondo disegno che Even ricevette un messaggio da Isak.
“Grazie per il disegno, ma se non sei interessato in qualcosa di più puoi anche finirla. Chiamami quando hai lasciato la tua ragazza.”
Even impallidì. Guardò lo schermo e sentì il cuore fermarsi per un attimo, per poi iniziare a battere sempre più veloce. Stava entrando in panico. Non poteva permettersi di perdere Isak.
“Dove sei? Possiamo parlare?”
Inviò il messaggio. Stava diventando di nuovo impulsivo e lo sapeva ma non gli importava. Sapeva fin dall’inizio che questa volta gli episodi di mania non c’entravano nulla. Sonja aveva torto e lui non poteva permettersi di perdere Isak.
“Mi rilasso a casa”
Even non ci pensò più di tanto. Prese le chiavi di casa e uscì. Quella sera doveva andare ad una festa con Sonja, organizzata da non si sa quale studente e tutta la scuola era invitata. Even uscì senza dire una parola alla sua ragazza, spinto dalla fretta di essere subito a casa del ragazzo per farlo ragionare. Non poteva perderlo.
Mentre era per strada la sua mente si affollava di pensieri. Cosa gli avrebbe detto? Come avrebbe reagito Isak vedendolo? Stava facendo uno sbaglio? Cosa ne sarebbe stato di lui e Sonja? Sonja sarebbe mai riuscito a perdonarlo? Ma ancora, gli importava così tanto di Sonja? Ricordò tutti i momenti passati con Isak da quando lo aveva conosciuto e magari non erano tantissimi, ma l’unica certezza che aveva era che non poteva rinunciare a lui. Sonja, con un po’ di fortuna, avrebbe capito. Era comunque una ragazza intelligente.
Quando Isak aprì la porta minuti dopo, Even non sapeva bene che dire o che fare. Non sapeva se entrare, non sapeva se baciarlo, non sapeva se parlare. Fu piacevolmente sorpreso di ritrovarsi le labbra di Isak sulle sue. Fu come svegliare una parte di sé addormentata da tempo, Even ricambiò il bacio prendendo il controllo della situazione e spingendo entrambi verso casa. Quella notte non ci fu tempo e spazio per le parole, se non gemiti e “ancora” e “più forte”. Ed andava bene, il giorno dopo ci sarebbe stato tutto il tempo per chiarirsi. 




NA: I discorsi diretti tra Isak e Even sono citazioni prese dalla serie tv. 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 
Non poteva credere che fosse successo di nuovo, che aveva rovinato tutto per l'ennesima volta. Non quando, per la prima volta in vita sua, sentiva di aver trovato la persona giusta. Even amava Isak ed adesso Isak lo avrebbe odiato per sempre.
Si rigirava nel letto, cercando una posizione comoda e confortante. Il cervello era spento. I ricordi di quella sera lo investirono come un treno che corre nei binari. 
 
Si sentì mortificato, immerso nella vergogna e mentre i poliziotti gli facevano domande, lui fissava il pavimento con sguardo perso. Sentiva delle voci ma non riusciva a distinguere le parole.
Uno dei poliziotti gli mise la mano davanti agli occhi, come per svegliarlo, e solo dopo un po’ lui alzò gli occhi per capire cosa stesse dicendo.
“Ragazzo, come ti chiami?”
“Even” rispose lui, quasi assente.
“Mi dai il numero di qualcuno che posso chiamare?”
Il ragazzo ci pensò un po’, gli unici numeri che sapeva a memoria erano quelli di Sonja e Isak, ma non poteva chiamare Isak. Non era pronto ad affrontarlo in questo momento. Decise dunque di dare quello della sua ex ragazza.
Sonja arrivò dopo una quindicina di minuti, correndo e abbracciandolo con la sua espressione preoccupata. Ma Even non riuscì a ricambiare l'abbraccio, la ragazza non se ne preoccupò capendo lo stato mentale in cui si ritrovava e per questo gliene era sempre grata.
Salirono in un taxi e sentì Sonja chiedere dove volesse andare e dicendogli che Isak lo aveva cercato per tutto il quartiere. Ma Even non se la sentiva di affrontare Isak in quello stato. Isak non poteva vederlo in quelle condizioni. Si strinse nel cappotto che gli avevano dato gli agenti e poggiò la testa nel finestrino. Non poteva nemmeno affrontare i genitori in questo stato, no, sarebbe andato a casa sua con Sonja.
 
Non riuscendo a prendere sonno e capendo di dover fare qualcosa, il ragazzo decise di scrivere a Isak. La paura di perderlo, di averlo già perso lo paralizzava ma allo stesso tempo non sapeva bene cosa scrivere. Passò tutta la giornata di fronte al telefono aprendo la chat e chiudendola. Quali erano le parole giuste per affrontare questo delicato argomento? “Scusa se sono andato in giro nudo?”, “Scusa se ti ho coinvolto?”, “Scusa, per favore non odiarmi”?
No, nessuna di quelle andava bene. Si guardò attorno per cercare idee e lo sguardo si soffermò su un poster di Nas: Si, aveva trovato la soluzione. Una canzone di Nas sarebbe stata la scelta appropriata ed una anche con un messaggio positivo che non avrebbe spaventato ancora di più il suo ragazzo, se poteva ancora chiamarlo così.
Even aprì la chat con Isak e inizio a scrivere vari messaggi con tutto il testo della canzone.
yeah, life is good, life is good no metter what.”
Dopo un po’ il messaggio di Isak apparse sullo schermo e fu come ricevere un pugno allo stomaco. Ecco, si disse, aveva perso la persona più importante della sua vita.
Hey Even, non ci sto capendo più niente, smettila di scrivermi.”
Even ripose il cellulare nel comodino e si avvolse nelle coperte dopo aver spento la luce. Si sentiva come se avesse perso tutto.
 
**
 
I giorni passarono ed era arrivato il fine settimana. Even non era uscito di casa e a stento si era alzato dal letto per mangiare. Non aveva avuto voglia di affrontare le persone, la scuola e tutto il mondo di fuori. Sentiva ancora come se ci fosse un qualcosa di indefinito in sospeso tra lui ed Isak e non sapeva cosa fare. Era irrequieto, sentiva piccole smanie qui e là di dover fare qualcosa perché non voleva perdere quello che era stato il suo ragazzo. Sentì nostalgia dei primi incontri, della prima volta che lo aveva visto davanti scuola, ed aveva pensato che fosse cosi carino con quei riccioli d’oro e si era trattenuto dall’impulsività di andarci e baciarlo li, di fronte ai suoi amici. Aveva imparato dai suoi errori, dopo tutto.
Aveva nostalgia del loro primo incontro. Ricordava come era a corto di idee su come approcciarlo, come parlargli e fece la cosa più stupida di questo mondo nel prendere e consumare tutta la carta del bagno, strano ma aveva funzionato. Even sorrise tristemente, perché anche se in quei momenti sembrava come se fosse sempre sicuro di sé, in realtà dentro l’ansia lo mangiava vivo.
Cosa sarebbe successo se Isak non lo avesse seguito fuori? Avrebbe continuato a cercare di conoscerlo e parlare con lui? Probabilmente, perché quando si metteva in testa una cosa era difficile fargli cambiare idea e non perché era bipolare, ma perché era semplicemente molto testardo.
Even si alzò dal letto. Sentiva il bisogno di ritrovarsi in quel bagno, sentiva il bisogno di sentire l’odore di Isak, di stringerlo a sé e baciarlo e dirgli che lo amava.
Quando si ritrovò nel bagno della scuola, non sapeva bene cosa fare. La carta era stata rimessa ed aveva quell’insana voglia di strapparla tutta via. Si guardò allo specchio e l’immagine di riflesso quasi lo spaventò: Era un ragazzo con un’espressione spenta, persa, con occhiaie profonde sotto gli occhi. Un ragazzo che aveva perso il suo scopo nella sua vita e che non riusciva più a godere delle piccole cose. Even decise di mandare un ultimo messaggio a Isak, e dopo chiudere con questa storia.
Cosa avrebbe fatto? Come sarebbe andato avanti sapendo che aveva rovinato tutto di nuovo? Come sarebbe andato avanti sapendo che avrebbe sempre rovinato tutto?
Uscì fuori il cellulare dalla tasca e iniziò a scrivere parole dettate dall’istinto e dal cuore:
“Caro Isak, sono seduto nel posto dove ci siamo incontrati la prima volta e penso a te. Presto saranno le 21:21. Vorrei dirti tanto cose. Mi dispiace di averti spaventato, mi dispiace di averti ferito. Mi dispiace di non averti detto che sono bipolare. Avevo paura di perderti. Ho dimenticato che è impossibile perdere qualcuno, che tanto le persone sono sole comunque. In un universo parallelo noi stiamo insieme per sempre, ricordalo. Ti amo, Even.”
Even inviò il messaggio. Era fatta. Non c’era più speranza. Per qualche ragione non riusciva però ad andarsene da quel posto. Non si aspettava che Isak lo raggiungesse ma voleva ancora rimanere in quel posto che per lui significava molto. Quando uscì, dopo minuti che parsero ore, vide Isak sull’altro ciglio della strada. Even si fermò, lo osservò incapace di cogliere il significato del momento. Il suo cervello faticava a riconoscere quella come realtà e non come un’allucinazione. Iniziò a camminare lentamente non aspettandosi nulla, Isak lo raggiunse a metà strada.
Ed erano proprio lì, insieme, in mezzo alla strada e la presenza di Isak era vera. Even era come paralizzato, la sua mente in bilico tra la ragione e un crollo emotivo totale. Dopo qualche secondo sentì Isak carezzargli i capelli, il viso, le sue labbra vicine quasi come ad assicurarsi che fosse egli stesso presente e non un fantasma. Even chiuse gli occhi assaporando quei momenti e poi le sentì, quelle parole che lo fecero cedere.
“Tu non sei solo” Era un sussurro.
Isak lo abbracciò forte e Even iniziò a piangere sulla sua spalla, disperato, perso, in colpa per aver rovinato la loro relazione. Perché niente sarebbe stato più lo stesso ormai.
 
**
 
Quando Even riaprì gli occhi ebbe un momento di smarrimento. Per un attimo non riuscì a ricordare dove si trovasse, ma poi sentì accanto a sé la presenza di Isak. Non sapeva bene cosa dire, perché era finito in camera sua? Ricordava vagamente cosa fosse accaduto dopo il loro abbraccio. Isak lo aveva baciato. Poteva ancora sentire la presenza fantasma delle sue labbra morbide sulle sue, quel tocco pieno d’amore eppure così innocente. Isak lo aveva portato al suo appartamento. Le immagini di loro due che camminavano nelle strade deserte si presentarono nella sua mente come la pellicola di un film. Non parlarono per tutto il tragitto, Even sentì solo la presenza del ragazzo che gli strinse la mano per tutto il tempo. Sembrava come se avesse paura di lasciarla andare, come se lasciando la sua mano, avesse perso Even per sempre.
Ma Even non voleva continuare, non aveva senso continuare quella relazione perché avrebbe incasinato di nuovo le cose. Era nella sua natura, era nato per distruggere i rapporti con le persone che amava e soprattutto non voleva che Isak si sentisse in obbligo di restare con lui solo perché aveva scoperto la verità.
“Fame?” chiese una voce accanto a lui.
Even rimase un attimo in silenzio, raccogliendo i pensieri nella sua testa, cercando di mettere un po’ di ordine. “Che ore sono?” domandò, ignorando la domanda precedente.
“le dieci e mezza, forse”
Silenzio. Di nuovo.
“Dovrei andare” esclamò debolmente.
“Perché?” Domandò Isak e la sua voce aveva una nota di disperazione che Evan si costrinse ad ignorare.
“Perché non voglio che te ne stai lì a badare a me”
“non mi sembra di starti accudendo” ribatté il ragazzo debolmente. “Perché…perché non va bene?” aggiunse esitando.
Even non riusciva a sopportare questa situazione. Come poteva insistere così dopo tutto il male che gli aveva fatto? La poteva sentire nella sua voce tutta la tristezza che cercava di nascondere.
“No, è che…non voglio che te ne stai lì ad essere triste”
“Io non sono triste” rispose, sempre con quel sussurro e quella voce carica di sentimenti a cui non voleva dare un nome, perché no, non era possibile che Isak volesse stare ancora con lui. Perché non voleva capire che lui era un pericolo e che distruggeva solo i rapporti con gli altri?
“Ma tanto non funzionerà” e lo disse con convinzione, con voce ferma, seppur bassa. Perché era la pura verità. Lui era destinato a rimanere solo per sempre e Isak poteva senz’altro trovare di meglio. Non voleva che sprecasse la sua vita con lui.
“Perché dici così?” chiese sinceramente sorpreso il più giovane.
“Perché è vero” rispose e con enorme sforzo lo guardò negli occhi. Gli avrebbe detto la verità e distrutto quelle poche speranze che aveva ancora su di loro. Gli avrebbe fatto male ma col tempo avrebbe capito che era la cosa migliore. “Io…ti farò solo del male e poi mi odierai.” Perché forse Isak non lo odiava in questo momento, ma cosa sarebbe successo se fosse finito a fare cose peggiori?
“No! Non sai niente di come finirà.” Le parole di Isak erano piene di rabbia e continuò senza dargli l’occasione di interromperlo. “Magari domani ci scoppia una bomba in testa e… ed allora questo sarà solo tempo perso. Quindi io dico che tu fai schifo a parlare del futuro e che adesso io e te ce ne stiamo qui belli rilassati e facciamo un gioco che si chiama Isak e Even minuto per minuto. L’unica cosa di cui ci dobbiamo preoccupare è il prossimo minuto. Ci stai?”
Even non sapeva che dire. Isak lo aveva travolto, colpito, distrutto ogni volontà che aveva di cacciarlo via dalla sua vita con quel discorso. Isak lo aveva sottomesso, aveva plagiato la sua mente contorta, facendo riprendere la parte razionale di sé che continuava a dirgli, che si, Isak aveva ragione. La vita era imprevedibile, e sicuramente lui stesso sapeva che era fin troppo breve, e forse, solo forse, la cosa migliore era prendere il meglio di essa e viverla a pieno per quel che si poteva. E la cosa migliore della sua vita era sicuramente il ragazzo accanto a lui che gli carezzava i capelli con infinito amore. Quell’amore che sentiva nei gesti, nelle parole, che vedeva nei suoi occhi di cui era follemente innamorato e la risposta gli scappò dalle labbra prima che se ne rendesse conto: “Okay”. Ed era una risposta semplice ma allo stesso tempo piena di significati ed era sicuro che Isak li avesse individuati tutti.
“E che dovremmo fare in questo minuto?” chiese ancora.
“In questo minuto ci baciamo” e grazie Dio, Allah o Universi Paralleli, perché quella era la risposta che sperava. “Bello” riuscì a dire Even, accennando un sorriso. “Bello “ rispose il suo ragazzo. E pensare di nuovo a Isak come al suo ragazzo gli riempì il cuore di gioia.
Un momento dopo sentì le labbra del minore sulle sue. Un tocco lento, gentile, casto, senza passione ma con tutto l’amore che sentiva ed Even ricambiò debolmente quel bacio e seppe dentro di sé che le cose sarebbero andate bene. Non aveva più nulla da nascondere, se non qualche episodio del passato, ma Isak sarebbe sempre rimasto accanto a lui. E forse non lo avrebbe creduto sempre, avrebbe continuato ad avere crisi depressive e momenti di mania ma se il suo ragazzo era con lui, Even le avrebbe superate tutte.
 




NA: L'ultima parte di questo capitolo contiene citazioni della serie tv. Così come i messaggi che si scambiano.
Volevo anche mettere un trigger warning per il messaggio che Even manda a Isak perchè, Dio, i feels, ma ho preferito evitare xD

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


EPILOGO
 
Isak era strano, era pensieroso. Da quando Even era tornato da lavoro si erano scambiato solo poche parole  e il maggiore dei due stava iniziando a preoccuparsi. Sentiva l’aria tesa e non quel tipo di tensione che si sarebbe risolta con una bella scopata, ma quel tipo che aveva bisogno di parole con il pericolo di ferirsi l’un l’altro e Even odiava quel tipo di tensione. La odiava quando stava ancora con Sonja ma ancora di più la odiava adesso che stava con Isak. Loro non avevano problemi nel parlarsi e spesso e sempre erano rinchiusi nel proprio mondo tra prese in giro e discorsi che solo loro riuscivano a capire.
Quando iniziavano a parlare così, spesso i loro amici rimanevano in silenzio, incapaci di seguire il discorso. Ma per loro era facile, una battuta tirava l’altra, una risata tirava quella successiva che magari finiva con qualche bacio sulle labbra, sul naso, sulla fronte, sui capelli e quando erano soli magari in qualcosa di più. Loro erano fatti per stare insieme ed Even lo sapeva, perché non si era mai sentito cosi prima di allora. Ed anche quando arrivavano momenti depressivi e o di mania, Isak sapeva ormai come prenderlo. Sapeva quando era il caso di lasciarlo solo, quando era il momento di calmarlo e farlo ritornare in sé perché la malattia lo aveva trascinato nuovamente troppo oltre.
Ma adesso era come se ci fosse un muro invisibile tra di loro e Even iniziava a sentire la testa affollarsi di pensieri e no, non andava bene. Fu a letto che Isak parlò per la prima volta: “Perché non mi hai mai detto che conoscevi Sana tramite suo fratello e i suoi amici?”
“No ne vedevo il bisogno. Non parlo più con loro da almeno un anno.” Ed in parte era vero. Aveva cambiato scuola per cambiare vita, per avere un’altra possibilità con la vita. E come poteva iniziare una nuova vita se continuava a pensare al passato? Anche se sapeva benissimo dentro di sé che non era solo quello il motivo. Lui voleva anche nascondere il suo passato.
“Solo per quel bacio? Ti piaceva così tanto Mikeal da dover cambiare scuola?” Isak non lo guardava, aveva lo sguardo fisso sulle coperte che li avvolgevano. Entrambi avevano le spalle poggiate al muro ed entrambi non osavano alzare la voce per paura di rompere quell’equilibrio che avevano creato con fatica. Loro parlavano, non si urlavano contro... o al contrario, sussurravano.
Even era sorprendentemente calmo. Sapeva che questo giorno sarebbe arrivato, che doveva confrontarsi con il suo passato. Era inevitabile data l’amicizia sempre più forte che si era creata tra il suo ragazzo e Sana. Even prese un bel respiro profondo preparandosi per quella conversazione. Si girò e prese il viso di Isak tra le mani, aveva bisogno di guardarlo tra gli occhi. Vide l’occhio ancora nero per la rissa di qualche giorno fa, anche se stava schiarendo ed era molto meno gonfio. Gli carezzò la guancia con il palmo destro.
“Non mi è mai piaciuto Mikeal” iniziò a dire con tono basso. Isak aprì la bocca per interromperlo e Even vide quel ‘ma’ formarsi silenziosamente ma non gli diede il tempo di rispondere perché iniziò a parlare subito dopo. “Ero colto da un episodio di mania. Mikeal era il mio migliore amico e non sono riuscito a fermarmi. Non voleva essere un bacio passionale, ma uno casto. Solo che lui non la prese molto bene.” E dopo tutto questo tempo era difficile ammettere una cosa simile, ammettere di essere bipolare, descrivere un momento di mania era tanto difficile quanto avere i momenti depressivi e raccontarli a Isak. Even si vergognava e nonostante il suo ragazzo gli aveva detto milioni e milioni di volte che non doveva vergognarsi, per lui era difficile non farlo. Ogni momento di mania della sua vita rappresentava una vergogna, ogni episodio depressivo era una vergogna e la sua stessa malattia era una vergogna. Lui stesso era una vergogna di quel destino a cui non credeva.
Il ragazzo vide gli occhi di Isak allargarsi, segno che aveva capito. E sapeva che non gliene avrebbe fatto una colpa ma Even dopo tutto questo tempo il senso di colpa lo sentiva ancora. Era qualcosa che si sarebbe sempre portato dietro.
Even gli lasciò il viso e Isak gli strinse la mano. “Loro non lo sapevano, vero?” e non c’era bisogno di dar un nome a quel ‘lo’, entrambi sapevano a cosa si stava riferendo. “No, ma sono venuto a sapere successivamente che Sonja lo ha riferito a loro. Almeno che ero depresso… ma penso che ormai si sappia” rispose.
Ed un po’ era infastidito. Even ricordava di essersi arrabbiato per davvero quella volta, tanto da urlare ma Sonja lo aveva convinto che era sempre meglio dire la verità. Anche lei, come Isak, cercava di fargli credere che non doveva vergognarsi di essere così.
“Hai una malattia. E’ come se avessi una broncopolmonite. Perché dovresti vergognartene?” aveva detto quella volta la sua ex ragazza. Ma lui non riusciva a vederla in quel modo.
Isak annuì e Even si spinse verso di lui baciandogli le labbra. Si persero in quel bacio e Even sentì la passione invaderlo e si spinse sempre di più verso il ragazzo che ormai era quasi sotto di lui, ma Isak aveva altre intenzioni. Lo fermò posandogli la mano sul petto.
“Sento che c’è ancora qualcosa che non mi dici.” Disse Isak e aggiunse di corsa “Non voglio forzarti, ma non riesco a togliermi questa sensazione di dosso”
Even si mise a sedere e Isak si sistemò come prima. “E’ così importante per te?”, il minore annuì. Even sospirò. Non voleva che Isak si sentisse turbato da tutta quella faccenda. Il maggiore voleva solo ritornare a quell’equilibrio che avevano raggiunto e che si era un po’ disfatto da quando Isak aveva scoperto di Mikeal, anche se all’inizio non sapeva tutta la storia.
“Ho parlato con Sana” confessò il biondo accanto a lui. Ed adesso Even capiva meglio perché il ragazzo non riusciva a togliersi questo pallino dalla testa.
“Cosa ti ha detto?” Even non dubitava di Sana ma era curioso di sapere la sua risposta.
“Mi ha detto che sei tu a dover decidere quanto dirmi del tuo passato. E va bene, sono d’accordo, non voglio ass-“ Even sorrise e lo interruppe baciandogli le labbra. Un semplice tocco delicato che comunque servì al suo scopo.
“Sono pansessuale” confessò.
Isak lo guardò e scoppiò a ridere. Even lo guardò perplesso. “Quindi...” iniziò il minore cercando di darsi una calmata con scarsi risultati. “Quindi Magnus aveva ragione.” E riprese a ridere. La sua risata era così contagiosa che Even si unì alla sua. Amava vedere il suo ragazzo ridere.
“Cosa?”
“Quando…” altra risata. “Quando ho fatto coming out con Magnus e Madhi, Magnus diceva che ero pansessuale perché mi facevo le ragazze nei weekend, cosa che in realtà non era vera. E quando ho detto che tu stavi con Sonja, lui ha detto che anche tu lo eri. Quindi Magnus aveva ragione.” Chiarì di nuovo all’ultimo.
“Magnus ci ha sempre visto giusto” confermò lui. Ma il suo sorriso si spense sapendo ciò che doveva dirgli adesso. Aveva rimandato per troppo tempo.
Isak se ne accorse. “Però non è questa la cosa che stavi nascondendo, il tuo segreto.”
Even scosse la testa. “Dopo aver baciato Mikeal e dopo aver imparato il Corano in arabo, mi ha colto un momento depressivo… “ Even non sapeva se continuare, ma doveva, lo doveva anche a sé stesso. Non poteva far finta che il passato non fosse mai esistito e raccontarlo a Isak era un modo di accettarlo e andare avanti, perché in determinati momenti quel vuoto che sentiva si allargava nel momento in cui ricordava di non esserci riuscito. Non era riuscito a togliersela la vita e la vita era stata comunque troppo buona con lui. Gli aveva concesso il suo ragazzo.
“…e, mh, ho cercato di uccidermi.” Non aveva il coraggio di guardare in faccia il minore. Si sentiva svuotato, si era tolto un enorme peso dal petto ma allo stesso tempo sentiva di potersi perdere n quel vuoto. Sentì le mani del minore prendergli il viso e cercare il suo sguardo. Gli occhi di Isak erano umidi ma non scese nessuna lacrima. Fece esattamente quello che aveva fatto quel venerdì in cui era tornato a scuola, nel posto in cui si erano parlati la prima volta. Isak avvicinò il viso al suo e sfiorò le sue labbra.
“E tu mi chiederai, cosa succede dopo che tu salvi me, ed allora io ti risponderò, io salverò te.” Sussurrò il minore e lo baciò. Baciò le sue labbra, baciò le sue guance, la sua fronte, i suoi capelli. E Even si lasciò baciare e amare. Era dannatamente bello lasciarsi andare a quell’amore così puro che c’era tra lui ed Isak ed era bello lasciare tutto il comando al suo ragazzo una volta ogni tanto. Even si sentiva nudo e non era certo la mancanza di vestiti a dargli quella sensazione. Adesso tra di loro non c’erano più segreti. Si amarono quella notte abbattendo finalmente quel muro che si era creato tra di loro.




NA: Ci siamo, questa è la fine di questa ff. Io spero di non aver combinato casini, spero che questa ff vi sia piaciuta ed abbia un po' riempito un po' i vuoti lasciati nella storyline di Even. Ringrazio tutti coloro che si sono soffermati su questa fanfic, semplicemente leggendola, e tutti coloro che l'hanno messa fra i preferiti, le seguite e le ricordate e coloro che hanno recensito. 
E forse, chi lo sa, ci vediamo alla prossima ff evak. 

 

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