Io e te 3 - Io e te è semplicemente complicato

di Yellow Daffodil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Si sta, come d'autunno ***
Capitolo 3: *** Villa Magna ***
Capitolo 4: *** Testimone numero 2 ***
Capitolo 5: *** Ohana ***
Capitolo 6: *** Tra donne ***
Capitolo 7: *** Questo matrimonio (non) s'ha da fare ***
Capitolo 8: *** L'altalena ***
Capitolo 9: *** Semplicemente complicato ***
Capitolo 10: *** Discorsi ***
Capitolo 11: *** Sangue o pomodoro? ***
Capitolo 12: *** Odi et odi ***
Capitolo 13: *** Overdose ***
Capitolo 14: *** So chi sei ***
Capitolo 15: *** Uno strappo alla regola ***
Capitolo 16: *** La verità in tasca ***
Capitolo 17: *** Io credo nel matrimonio, lo giuro, lo giuro! ***
Capitolo 18: *** Per sempre e mai più ***
Capitolo 19: *** Non gli ho mai detto che lo amo ***
Capitolo 20: *** Amore Immortale ***
Capitolo 21: *** La mia fantastica realtà ***
Capitolo 22: *** Epilogo - Io e te ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


MxM3 1

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




ATTENZIONE: questa storia è il secondo sequel di "Io e te è grammaticalmente scorretto", romanzo edito il 16 marzo 2017 da Centauria, di cui potete leggere il primo capitolo QUI e di cui trovate anche il primo sequel, per intero, QUI.



"Io e te" è semplicemente complicato 

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Prologo









- Sarò solo io... senza te.  


Premo la cornetta rossa e lascio cadere la mano lungo il fianco, il cellulare trattenuto dalle dita per miracolo, dato che hanno appena iniziato a tremare.

"Nelli?"

Gli occhi che incontro sono quelli grandi e caldi di mio fratello. Per quanto familiari, nemmeno loro riescono a fornirmi un appoggio: mi sento cadere, sento di non avere più i piedi ancorati al suolo.

"Nelli, chi era al telefono?"

Ma la sua voce giunge ovattata, come anche i rumori in sottofondo. Il fischio di un treno in partenza, le voci dei passanti, le monetine di resto che vengono sparate fuori dalle macchinette. Esattamente come in quelle scene di guerra in cui tutto rallenta, si sfoca, e si sente un terribile eco di spari.

Davide mi prende per le spalle e mi scuote: "Nelli! Chi diavolo era al telefono? Che cosa ti hanno detto?" indugia un secondo sul mio viso sicuramente molto pallido: "Chi è morto?"

A quel punto decido di agire, ma mi muovo come una macchina. 

Mi giro verso la bigliettaia, le mani di mio fratello ancora sulle spalle, e le dico: "Mi scusi, signora. Annulli pure l'acquisto."

La donna mi fissa per un po', perplessa, poi lascia uscire un sospiro: "No, mi scusi lei, signora. Mi ha appena fatto stampare due andate per Modena e ora mi comunica che non le vuole?"

"Non servono più." rispondo, semplicemente, e sento Davide trascinarmi lontano, mentre si scusa con la bigliettaia e le spiega che c'è stato un imprevisto.

Poco dopo mi trovo in mezzo alla stazione, Davide che mi fa domande a raffica e parla a due centimetri dal mio viso, preoccupato. Ma io non lo vedo e non lo sento.

Sto solo pensando, in questo momento.

Pensare.

Una delle uniche cose che mi riesce davvero bene.

E penso, in mezzo a tutta questa confusione, a Mattia. Come non farlo? Ho mai pensato ad altro, da quando l'ho conosciuto?

Una fitta di dolore attraversa il mio cuore e si irradia in tutto il corpo. E' così ingiusto. E' tutto così... sbagliato. 

Anche il fatto che io stia pensando a questo, anziché rispondere a mio fratello, anziché fare qualcosa, è sbagliato. Non doveva andare così... nulla doveva andare così, a partire da quando ancora eravamo in questo stesso posto, tempo fa, prima che Mattia partisse per l'accademia.

Avrei dovuto far andare le cose diversamente allora, e così avrei evitato tutto questo.

"Marinella!" 

Non è la voce di Davide a riscuotermi, ma il suo gesto. Mi ha appena dato uno schiaffo e ora mi guarda con occhi imploranti: "Scusa. Non volevo farti male, però rispondi. Ho sentito che al telefono dicevano che qualcuno è morto. Chi, Nelli? Chi è stato a chiamarti? Chi è morto?"

Finalmente decido di rispondergli e non ho il coraggio di osservare la sua reazione.

Mi giro, gli do le spalle, poi mi copro la bocca con una mano.

Penso di nuovo a Mattia. E me. A quanto siamo stati idioti, da sempre.

Il semplice ragionamento è questo: tutti, ma proprio tutti, hanno fatto in modo che tra di noi dovesse andare così. Prima Lionel, poi Silvia, poi i suoi genitori, i nostri compagni,... io e lui, in cima alla lista, ogni volta che forse avremmo potuto essere felici. Ora, ci si è messo anche il destino.

Proprio quando si era aperto uno spiraglio, proprio quando, finalmente, avevo forse trovato un accordo tra il mio cuore e il mio cervello, è accaduto ciò che speravo non accadesse mai, ma che in fondo mi aspettavo.

E mentre una lacrima scende, sul mio volto spunta un sorriso amaro.

Non gli ho mai detto che lo amo.

E ora è troppo tardi.

***

Cominciamo alla grande, eh? XD

Immagino che molti di voi vorranno solamente insultarmi o farmi del male, dopo questo, e non avreste tutti i torti. State aspettando "Io e te 3" da mesi, ormai, e forse aprire le danze con un prologo del genere non è il modo migliore per farvi contenti. Specialmente dopo il finale di "Io e te 2".

Ma se avete imparato a conoscermi, con il tempo, sapete che faccio tutto ciò in nome dell'affetto che nutro nei vostri confronti, quindi abbiate pazienza con me e soprattutto... fidatevi :)

Per non lasciarvi nell'agonia fino all'inizio ufficiale della pubblicazione, cercherò di fornire qualche risposta a qualche domanda fondamentale.

- Quando pubblicherai il primo capitolo?
Il 10 settembre, salvo imprevisti.

- In quale punto, sulla linea del tempo, è collocato questo prologo?
Verso la fine di "Io e te 3".

- Quindi non sapremo CHE CAZZO E' SUCCESSO fino alla fine di "Io e te 3"???
Esatto.

- Stai scherzando, spero.
No. Il prologo è parte di un capitolo finale di "Io e te 3"; quindi l'inzio si apre con la fine e ci ricollegheremo a questi eventi solo tra un po'.
...tranquilli, lungo il cammino, ci saranno comunque altri motivi per cui stare in ansia.

- Ma il narratore è sempre Nelli?
Sì. Sempre la nostra psicopatica preferita.

- Ma tutto ciò accade quanto tempo dopo la fine di "Io e te 2"?
Questo lo scoprirete nel primo capitolo, anche se... si accettano scommesse :)

- Ti odio.
Immaginavo. Ma se vi metto la copertina? :)

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Dunque, miei amati lettori, credo che non sia il caso di aggiungere altro. Vi prometto che il prossimo capitolo, ovvero il primo, ufficiale capitolo, vi darà più soddisfazione di questo. Innanzitutto, sarà più lungo (a partire dal cap 2, ritorniamo nella media dei miei soliti capitoli, quindi intorno alle 10 mila parole per uno, mentre il prologo ne ha poco più di 600). In secondo luogo, sarà, ovviamente, un capitolo esplicativo.

Capiremo quanto tempo è passato dalla fine di "Io e te 2", cosa è successo ai nostri amati personaggi e, soprattutto, quale sarà il punto di partenza della nostra storia.

"Io e te 3" è l'ultimo tassello di un grande puzzle. Vorrei che fosse la fine perfetta di un viaggio bellissimo iniziato nel lontano 2011, e cercherò di impegnarmi al massimo in questa direzione. Con ciò, spero che come al solito non manchi il vostro appoggio: la vostra determinazione nel supportarmi, la vostra capacità di motivarmi anche nei momenti più no e i vostri consigli super. Mi dispiace già sapere che è l'inizio della fine, ma d'altra parte sono eccitata ed emozionata perché sta ricominciando l'avventura.

Ho già scritto 5 capitoli e mi sono divertita tantissimo. Credo e spero che piaceranno molto anche a voi e, allo stesso modo, mi auguro che l'idea di far diventare "Io e te" una trilogia vi entusiasmi. Ancora ci devo familiarizzare pure io con il termine trilogia, ma se avrò il vostro benestare sarò ben felice di celebrare questo battesimo.

Bene, allora vi lascio e vi ricordo ancora la data x: 10 settembre, non dimenticatelo.

Nel frattempo, se vi va di seguirmi per rimanere aggiornati o semplicemente per mandarmi minacce anonime, vi lascio qui sotto tutti i miei contatti!

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Capitolo 2
*** Si sta, come d'autunno ***


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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




ATTENZIONE: questa storia è il secondo sequel di "Io e te è grammaticalmente scorretto", romanzo edito il 16 marzo 2017 da Centauria, di cui potete leggere il primo capitolo QUI e di cui trovate anche il primo sequel, per intero, QUI.



"Io e te" è semplicemente complicato 

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Si sta, come d'autunno

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-Due mesi prima-

Diciannove giorni.

Scorro la settimana sul calendario e cerchio la data di oggi. Sì, avevo fatto i conti giusti... sono esattamente diciannove giorni che la mia vita è uno schifo. Mi auguro che al ventesimo si vinca Patrick Dempsey, altrimenti denuncio la Vodafone.

Ma vediamo nel dettaglio le tragedie che hanno segnato questa giornata, così anche voi potrete compatirmi: piove, c'è lo sciopero dei taxi, mi sono fatta fare le fototessere nuove per il curriculum e mi sono cadute tutte in una pozzanghera, ho bucato il trentesimo paio di collant del mese, ho subito una truffa.

No, non la cosa di Patrick Dempsey (anche se sono davvero tentata dalla denuncia), ma una truffa telefonica. Vedete, poco fa mi ha chiamato un tizio per un'intervista sulla mia lavatrice ideale e mentre io prendevo gusto a farmi psicanalizzare in termini di centrifuga e lavaggio a secco, mi ha fregato quindici euro di ricarica.

In seguito a questo, ho perso il mio ultimo elastico per capelli, ho erroneamente comprato un coniglio su Aliexpress e, sì, ho realizzato che non so usare il nuovo telefono. Stavo scorrendo sotto la voce di "soprammobile a coniglietto" e per sbaglio mi sono fatta mandare un coniglio impagliato. Maledette scritte cinesi tradotte con Google.

Ah, già, quasi dimenticavo, sono solo le due di pomeriggio, quindi ci sono almeno altre otto lunghissime ore perché accada l'apocalisse.

Ma ora passiamo brevemente in rassegna tutte le tragedie degli ultimi diciannove giorni, per capire quanto questa catena di sfiga si stia confermando nel tempo.

Dieci marzo, l'inizio di ogni dramma: licenziamento prima della scadenza del contratto. Sembrava ci fossero degli immediati tagli al personale da fare, ma poi ho scoperto che la tettona senza titolo di studio aveva la precedenza su di me, dato che sono più brutta e costosa.

Undici marzo: depressione post-licenziamento.

Dodici marzo: ulteriore depressione e sesso egoista senza raggiungimento dell'orgasmo causa stress.

Tredici marzo: ancora depressione e acquisto di due vasetti di Nutella.

Quattordici marzo: brufoli ed epifania sul fatto che non riuscirò mai a pagarmi la vita a New York senza lavoro. Evviva!

Quindici marzo: orale di Storia della cultura americana, voto 17, tonnellate di studio e crediti buttate al vento.

Sedici, diciassette e diciotto marzo: stalking intensivo al professore per far cambiare il 17 in 18, con tanto di pianto e scenata sul senso della vita.

Diciannove marzo: depressione post-insufficienza. La crema anti-brufoli non funziona.

Venti marzo: ulteriore depressione. La magistrale in America fa schifo, la magistrale fa schifo, l'America fa schifo, non è per niente vera la menata dell'American Dream.

Ventuno marzo: sesso egoista senza orgasmo (vedi dodici marzo) e conseguente 'dobbiamo parlare'.

Ventidue marzo: Sayid mi dice di aver bisogno di una pausa, io mi compro cinque vasetti di Nutella e rompo il libro di cultura americana.

Ventitré marzo: mi getto alle ginocchia di Mr. Davidson, ma lui non mi dà il 18 sperato.

Ventiquattro marzo: non ho soldi e non ho più tempo per concludere la magistrale entro giugno, ergo dovrò rimanere a New York fino a novembre, ergo diventerò una barbona di Downtown. Ancora più brufoli.

Venticinque marzo: la mia coinquilina libanese mi comunica che torna a casa e devo cercare un nuovo coinquilino, ma a me 1) piacevano i suoi amici libanesi (è tra loro che ho conosciuto Sayid) e 2) non sono rimasti soldi per pagare anche la sua parte di affitto. Quindi è chiaro che per non vendere un rene devo assolutamente trovare un nuovo coinquilino, tipo... adesso. Ha-ha-ha.

Ventisei marzo: tentativo di suicidio e invio del curriculum a tutte le gelaterie/pizzerie italiane della zona.

Ventisette marzo: gelaterie e pizzerie vogliono una foto in allegato al curriculum, quindi capisco che anche lì vale la regola figo è bello e piango per tre ore.

Ventotto marzo: pulisco casa per invogliare un nuovo inquilino, trovo dieci euro sotto il tappeto, penso che la sfiga sia finita e decido di usarli per comprarmi un soprammobile allegro, dato che mi sento sola senza la coinquilina.

Ventinove marzo: sapete che è successo quando ho cercato di comprare lo stupido soprammobile e quando un video motivazionale di PaceDeiSensi Tube mi ha spinto a inviare comunque quelle foto. E non solo in digitale, pure in cartaceo, così da mostrare quanto ci tenga al lavoro! Miseriaccia ladra.

Entro nell'appartamento, sentendolo più freddo e umido che mai, getto le chiavi sul mobile in entrata e raccolgo la posta da terra. Ovviamente sono uscita senza ombrello, quindi i miei capelli sgocciolano sulle bollette, mentre una a una le faccio cadere sul pavimento e recito "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie."

Mi manca tanto l'italiano; lo parlo poco, perché ormai ho messo a punto un anglo-franco-arabo che per sei mesi ho usato incessantemente con Fatima, la coinquilina libanese. Quindi ora che sono sola mi sto riscattando e tendo a recitare poesie ad alta voce o fingere dialoghi romantici tra me e lo spirito dell'uomo della mia vita, che è un bel manzo fiorentino immaginario. Ovviamente so di avere dei problemi, ma chi è stato per un lungo periodo all'estero mi capirà.

Tuttavia, presa come sono dal mio ripasso di antologia, quasi non mi accorgo della lettera che lascio automaticamente cadere per terra. Mi è balzata agli occhi perché reca un'intestazione in italiano e quasi non mi sembra vero.

Di solito ricevo bollette dallo Stato di New York, posta in francese per Fatima o cartoline che i miei si sforzano di scrivere in inglese perché ancora convinti che sia la mia lingua preferita. In realtà avrei voluto fare la magistrale in Francia e perfezionare il mio francese, ma alla fine non ce l'ho fatta e i sussidi da parte dell'università mi hanno permesso di seguire la magistrale nella seconda lingua. Alla triennale dell'università ho fatto francese e anglo-americano, anche se per il primo stravedevo, mentre per il secondo non del tutto. Mi piaceva molto di più al liceo.

In ogni caso, dopo tutte queste lingue, ho capito che la migliore è l'italiano con i suoi poetici vaffanculo ed è dicendone un paio che raccolgo da terra quella strana busta blu. È stampata in calligrafia elegante, argentata e di fattura ricercata. C'è scritto: Per Marinella Argenti. Che figo, sapevo che prima o poi avrei vinto quel concorso con i tagliandi Parmalat!

Oppure è davvero Patrick Dempsey che mi scrive?

All'aprire la busta ed estrarre il contenuto, scaccio i miei stupidi deragliamenti mentali. Anche perché smisi di tentare la fortuna con Parmalat nel 2013. Mi aveva davvero deluso.

Mi appoggio al mobile d'entrata con la schiena, il fiatone per aver fatto le scale di corsa e la tachicardia per ciò che i miei occhi scorrono alla velocità della luce. Non posso credere a quello che sto leggendo: non riesco a capire se sia uno scherzo o l'ennesimo evento apocalittico del giorno.

Abbasso la lettera e mi stropiccio gli occhi, mentre il telefono prende a suonare e io ho la malaugurata sensazione che sia strettamente collegato al tutto. Difatti, il mittente è proprio: Pidocchio brufoloso, ossia mio fratello Davide.

Il che è sinonimo di imminente catastrofe.

"Pronto?"

"Scemotta! Come butta nella Grande Mela?"

"Male, Davide, butta davvero molto male. Fra poco mi butto io dalla Grande Mela, per quanto sta andando male."

"Musica per le mie orecchie. Che canzone vuoi al funerale? Posso farti scegliere tra mamma sull'orlo delle lacrime per il tuo ultimo fallimento universitario oppure papà lanciato in un discorso razzista contro il venditore di cammelli che ti ha appena scaricato. È tutto in sol minore, quindi tranquilla, sarà ancora più tragico di come è in realtà."

"Oh mio Dio. Davide." sbuffo. "Stavo pensando a quanto mi mancasse l'italiano, ma poi ascolto la tua voce da mezzo uomo con esse moscia che nemmeno Jovanotti a quindici anni e sai cosa? L'italiano non mi manca poi così tanto."

"Sorellina, mi manchi così tanto." sospira.

"Non dire cazzate. E piantala di chiamare Sayid 'venditore di cammelli'."

"È papà che lo chiama così."

"Quindi ha il tempo di trovare soprannomi per i miei ragazzi tra una firma e l'altra sotto le tue note comportamentali?"

"Esatto. Tutti questi impieghi non gli permettono di farsi la mamma, quindi è sempre più vecchio e sempre più acido. Praticamente sta diventando come te."

"Davide. Ti stacco le palline. Che cosa vuoi da me?"

"Chiamavo per darti una notizia."

Prego tutta la volta celeste perché non si tratti di una brutta notizia, ma all'indugiare di Davide, intervengo.

"Che c'è? Ti hanno prolungato la sospensione di un'altra settimana? Mamma ti ha cacciato di casa per questo? Ti hanno finalmente relegato sotto i ponti?"

"Nah, stavolta riguarda te. E poi mamma non mi caccerebbe mai; sai che mi adora, anche se sono un figlio problematico."

"Oh, fantastico!" sospiro mentre schiaccio i piedi a terra per far spruzzare l'acqua dalle suole (quanto disagio). "Sapevo che chiamavi per rovinarmi la giornata. Vai, stupiscimi. E bada, non credere che sarà facile, perché è già successo il finimondo."

"L'invito è arrivato anche qui."

"Bene, ci sei andato molto vicino."

"Ho accettato."

"Hai-" momento di silenzio e implosione interiore. "Che cosa?"

"Ho accettato." ripete mio fratello, solfeggiando un'ingenuità davvero fuori luogo. "L'invito era per due, perché sapevano che stavi con un ragazzo, ma io ho spiegato la situazione e ho detto che ci andrai con me. Non c'è stato nessun tipo di obiezione, accetterebbero che venissi con il diavolo in persona, pur di averti con loro."

È un Argenti. È davvero un Argenti. Solo gli Argenti possono fare certe cacate.

"Ok, allora mi correggo: hai decisamente battuto la media della giornata." dico, inspirando per poi vomitargli addosso una serie di insulti, ma lui gioca una carta sempre vincente e mi interrompe con il tono da bambino supplichevole.

"Nelli, non essere arrabbiata..."

È fortunato perché nel suo passaggio all'adolescenza gli si è sviluppato tutto tranne un paio di cose: il cervello, anche se quello è confinato ai suoi standard di 1x1 millimetri, e la voce. Quest'ultima suona bene per un ragazzo della sua età, ma non so come e non so perché, riesce ancora a emulare quella di un marmocchio indifeso, se la modula con saggezza. Quindi non solo dispone di un'estensione vocale notevole, ma, come un supereroe ben allenato, riesce anche a piegarla al suo volere. Ed è perché ha davvero talento che non gli rivolgo una parolaccia grave e molto irrispettosa.

Certo, un'alternativa, però, posso ancora sfoderarla. La mia arma per eccellenza. Il sarcasmo.

"Arrabbiata? Arrabbiata? Come potrei mai essere arrabbiata? D'altra parte hai solo aperto una busta per me, deciso al mio posto, contattato gente che mi odia e, dopo aver rivelato che sono stata scaricata, accettato senza problemi un loro invito!"

"Io-"

"Oh, no, aspetta." insisto con tono mellifluo, ma cazzuto. "Non sono affatto arrabbiata perché mi hai spedito a un matrimonio senza prima chiedermi se lo volessi, non mi dà fastidio che tu abbia rotto il muro di scuse che ho faticosamente creato per proteggermi, non mi fa assolutamente incazzare che ora sappiano cose della mia vita che solo io dovrei sapere! Per giunta, Davide, no, non me la sono presa perché ti sei allegramente offerto di accompagnarmi, perché avrei dovuto? D'altra parte hai solo una sospensione che ti grava sulla testa, dopo la bocciatura dell'anno scorso e la denuncia da parte delle ferrovie dello Stato. Idea geniale, ma il consenso di mamma e papà l'hai trovato nei cereali oppure pensi che arrivi miracolosamente come Gesù?"

"Nelli, non si riceve un invito del genere ogni giorno." è la sua brillante risposta.

"Oh no, non si va ogni giorno a festeggiare un matrimonio a Cecina. Che poi, che dico? Quale matrimonio? Magari fosse solo un semplice matrimonio! Questa è una vera e propria rimpatriata, della serie: due piccioni con una fava! Due settimane tra i colli verdi della Toscana, con vitto e alloggio in una mansione di ricconi, dove, guarda caso, capiterà anche la persona per cui ho sofferto in tutti questi anni. Hai proprio ragione, Davide, sei – un piccolo – genio."

"Mi sono già informato su Mattia: non potrà esserci per via del lavoro."

"Ancora meglio! O ancora peggio! Non so proprio decidermi!"

"Scusami, Marinella. Se ho fatto una cazzata così grande, allora chiamali e inventati una cazzata più geniale per tirare pacco. Tanto sei bravissima."

"E con quale faccia pretendi che mi rivolga a due che si stanno per sposare?!" sbotto, sentendo un rovesciamento intestinale al pronunciare queste parole. "Li chiamo per dire 'Scusate, mio fratello ha sbagliato risposta, intendeva dirvi che io non ci sarò all'evento più importante della vostra vita, mi spiace. Però, ehi, su Sayid ci aveva preso, perché ormai la nostra pausa ha superato i dieci giorni e per il codice ufficiale delle pause, significa che presto mi pianterà in asso come hanno fatto tutti nella mia vita'!"

"Sei veramente una psicopatica." ribatte dopo un po' di silenzio. "Mi chiedo perché si siano dati la pena di invitarti, tanto è sempre la stessa storia."

Questa frase fa male, ma evito di lasciarlo trasparire, attaccando nuovamente: "E io mi chiedo perché tu non abbia mai smesso di farti i fatti miei. Hai diciassette anni, non hai già collezionato abbastanza dettagli sulla mia vita?"

"No. A quanto pare il destino mi ha fatto leggere anche quella lettera."

"Il destino? Oh mio Dio, sto per strozzare l'appendiabiti di fronte a me immaginando che sia il tuo collo!"

"E va bene. Stasera li chiamerò. Lo capiranno e non mi faranno troppe domande. Si sposeranno, si dimenticheranno della questione e magari sarà la volta in cui capiranno che i loro sforzi per farti recuperare il senno sono inutili. Ah, tra parentesi, posso anche dire che purtroppo hanno scelto il periodo sbagliato, perché, mio Dio, sei davvero sommersa di lavoro e la tua laurea magistrale è alle porte!"

Mi mordo il labbro così forte che lo sento sanguinare e stringo il telefono come se fosse davvero il collo di Davide. Credevo che parlare con Marco Ravasi, il mio amico d'infanzia, fosse un po' come discutere con la mia coscienza, ma ora che Davide è diventato abbastanza grande da articolare una ramanzina, ho sperimentato come sia litigare davvero con me stessa.

Stesso sarcasmo, stessa devozione per le cause perse, stesso impatto morale di un bue psicologo.

"Hello? Sto aspettando il suo consenso per procedere con la rettifica ai signori Magno, miss Argenti."

"Oh, fanculizzati Davide, non te ne è mai fregato niente del mio consenso!" getto la borsa sul divano e poi mi ci fossilizzo sopra pure io, il collo talmente infossato che mi sento molto Maurizio Costanzo quando ringhio a mio fratello: "Ma per curiosità, mi puoi dire come hai fatto a ottenere quello di mamma e papà? Quale genitore degenere lascerebbe che il figlio se ne vada in Toscana durante le settimane di sospensione che si è beccato per aver incendiato mezza scuola?"

"Se mi conosci, saprai già risponderti."

Attimi di intense elucubrazioni.

"Non gliel'hai detto!" evinco, gloriosamente.

"Ritenta."

Ok, pensa come Davide. È facile, basta pensare come penserei io. Quindi pensa: cosa farei io, se fossi una diciassettenne iperattiva con problemi scolastico-comportamentali che vuole andarsene lontano dalle regole, approfittando dell'altrettanto disastrosa vita sociale della sorella maggiore?

"Ce l'ho! Ce l'ho!" strillo con entusiasmo.

"Vai."

"Hai detto loro che partiamo in missione di fratellanza per riscoprire i nostri punti di debolezza."

"Ha del potenziale. Elabora meglio."

"Hai detto che io ho finalmente preso coraggio e andrò al matrimonio dei miei amici per cercare di recuperare i legami e più in generale la me stessa che si è persa negli anni di sofferenza. Nel fare ciò ho deciso di portarti con me, per starti vicino in quanto sorella amorevole e aiutarti a uscire dalla spirale dei cattivi comportamenti."

"Bingo."

"Sei un coglione."

"Nelli!"

"Tu mi hai incastrato!" strillo, ancora incredula per quanto quel cervello 1x1 sia simile al mio. "Mi hai messo in trappola da qualsiasi punto di vista e ora sono praticamente costretta ad accettare. Sei uno stronzo! Mi spieghi che cosa ti viene in tasca? Una vacanzina fuori porta? L'evasione dalla noia mortale? La soddisfazione per aver raggirato la punizione dei genitori?"

"L'ho fatto anche per te! Se hai letto quella lettera-"

"Sì, l'ho letta!" grido, all'apice dello stress. "E non avrei mai avuto il coraggio di accettare."

"Bene, allora mi ringrazierai. Nelli, è solo un matrimonio." precede il mio sclero, abbassando i toni. "Il tuo grande trauma Mattia Zingaretti non sarà presente, Alessandro e Gloria sono al settimo cielo per la tua partecipazione e pure Federica mi ha detto che cercherà di convincerti fino alla nausea, se non andrai. Vuoi risparmiarti ore di telefonate e corrieri che ti portano bracciali dell'amicizia per raccomandata? E, ancora più importante, vuoi risparmiare a me una sfilza di messaggi quando tu la blocchi su Whatsapp perché ti ha stressato troppo, come l'ultima volta che ti ha stressato per parlare di Mattia?"

"Oddio, scrive pure a te?"

"Certo, abbiamo parlato di acne e del fatto che non dovrei mai provare una canna."

"Ma perché?"

"Non chiedermelo. Comunque, riguardo al matrimonio..."

"Dimmi perché tu vuoi venire con me."

"Perché ho davvero bisogno di staccare." sussurra, imbarazzato.

Il silenzio che segue mi fa capire che è sincero e a disagio, e a me non serve indagare oltre. Ci sono una serie di motivazioni che riesco automaticamente a mettere assieme, senza dovergli dare il peso di spiegarsi ulteriormente. Ci scherzo e lo prendo in giro, ma so quanto in realtà gli ultimi anni non siano stati facili per lui. Per la scuola, principalmente, e poi per tutte le litigate che ha avuto con papà, con i professori, con gli amici e via dicendo.

"Ti prometto che se qualcosa va male, ti difendo io." se ne esce, di punto in bianco. "A patto che tu mi faccia stare un po' da solo con le tue compagne fighe."

"Vola basso, pidocchio." lo ammonisco, lasciandomi a una risatina e sentendo il bip della batteria scarica. "Ora dovrei andare, comunque..."

"Per me sarà una figata."

"Davide, non ho ancora confermato che..."

"Devo andare anch'io! Ci vediamo tra un paio di settimane, allora, ok? Buonanotte, scema!"

"Qui è ancora giorno, pidocchio, quando capirai che-"

Ma il cellulare decede sotto le mie mani e la telefonata viene mozzata. Lo poso con aria sconfitta e ne approfitto per chiudere gli occhi e inspirare a fondo.

Bel casino.

In realtà, una parte di me è emozionata come una bambina per il matrimonio di Alessandro e Gloria. Non dico che non me lo aspettavo, dato che quei due non si sono mai persi di vista per cinque anni, però, ecco, è sempre una notizia scioccante. E incredibilmente bella.

Devo dire che ne hanno fatta di strada dopo l'ultimo anno di liceo, al contrario di me. Io sono rimasta ferma esattamente a quel punto. Ma immagino non ve ne importi nulla della mia auto-commiserazione, e che vogliate sapere invece i fatti. Specialmente quelli che riguardano gli ultimi cinque anni e che spiegano perché sono terrorizzata all'idea del matrimonio.

Ebbene, riprendiamo da dove ci eravamo lasciati: in stazione, a Venezia, dopo la partenza del treno su cui sono saliti Lorenzo e Mattia, alla fine della quinta.

La reazione a quel particolare momento della mia esistenza si svolse al limite della sanità mentale: mi eclissai nel nulla per qualche giorno, sparii completamente, mi dissolsi nell'aere peggio della buona volontà quando inizi una dieta. Così, tipo quando il cervello ti va in corto e l'unica cosa che riesci a fare è andartene.

In seguito, i miei amici vennero a stanarmi con la forza e mi reintrodussero al mondo, ma ormai il danno era fatto.

Se n'erano andati i miei ultimi bagliori di speranza e ragione. Puff! Andati. Muerti. Per sempre.

I primi contatti che riuscii a ristabilire furono quelli con Marco e Federica. Non perché gli altri non ci avessero disperatamente provato, ma perché nella mia mente era scattato qualcosa di malsano. Qualsiasi fatto coinvolgesse i miei compagni di classe innescava in me la vera e propria conseguenza di un trauma; ero diventata una gran paranoica (e lo sono tuttora), ma una di quelle che addirittura non poteva ascoltare una voce o vedere un volto, senza subire un ribaltamento intestinale e ammirare i momenti felici della propria vita scorrerle davanti agli occhi.

Ve l'ho detto: non avevo più né speranza né ragione. Mi ero persa nel nulla, lasciando sulla Terra l'involucro di Nelli. E il tutto con le mie stesse mani, secondo il manuale della Perfetta Cogliona.

Dopo un paio di mesi, grazie al Cielo, i rapporti tra e me la società ritornarono decenti e ricominciai a tollerare la luce del sole, anche se ciò non risolse la mia crisi. Certo, piano piano, ripresi a sentire i miei amici, a scrivere loro dei messaggi e ricevere qualche telefonata, ma... non potevo ancora vederli.

Volevo bene a tutti, questo è ovvio, eppure, da allora in poi, ogni volta che ero sul punto di presentarmi davanti a loro e scusarmi per l'assenza, mi bloccavo. Mi saliva un'ansia incredibile, un flusso sempre più travolgente di ricordi e finivo per lasciar perdere. Puntualmente, come la più cretina dei cretini.

Io stessa valutai l'ipotesi di andare da uno psicologo, ma poi capii che mi serviva solo del tempo. Be' tanto tempo, ma proseguiamo con il racconto noioso.

Ho passato i tre anni dell'università nelle biblioteche e aule studio, cercando di uscire il meno possibile per non vedere nessuno. I miei mi chiamavano Suor Marinella, pensate a com'ero ridotta. Il vero problema è giunto quando, spazientiti, i miei compagni si misero a invertarne di ogni, pur di organizzare un'uscita assieme. E allora cominciarono le scuse.

Scuse, scuse, scuse, un oceano di scuse.

Tre lunghissimi anni di scuse. Certo, in un paio di occasioni cedetti, ma il trauma era ed è ancora in corso, quindi furono esperienze al limite del ricovero. Una volta partecipai a un apericena con le mie amiche e la seconda volta andai a trovare Diego e Cris. I miei compagni mi ritenevano una malata mentale (cosa che sono), ma almeno capirono che non mi comportavo da eremita a causa loro.

Era colpa di Mattia.

... è sempre colpa di Mattia.

Con il tempo mi resi conto che non potevo affrontarli perché c'era il rischio che a quelle rimpatriate ci fosse anche lui, che qualcuno mi parlasse di lui, mi domandasse di lui, che mi facesse, anche solo tramite uno sguardo, ripensare a lui.

Qualsiasi cosa potesse rimandare a quello stronzo e alla stupida decisione che aveva preso, quella di andarsene a Modena per diventare un militare, rappresentava per me un dolore e un ostacolo insormontabili.

Così ne parlai a Fede e Marco e, con il loro aiuto, riuscii a ovviare il problema.

Be'... parzialmente, s'intende, perché tutto ciò che feci fu chiedere espressamente di vedere i miei amici in assenza di Mattia. Con questa garanzia, promisi che sarei andata ovunque e avrei partecipato a ogni loro iniziativa. Ma la mia trovata, naturalmente, rappresentò un problema, perché tutti erano rimasti suoi amici.

Tuttavia, per i primi tempi mi accontentarono: uscii con Magno e Gloria, con Diego e Cris, con Ile, Pier e alcune volte pure con Marianna e Shaimée. Organizzammo anche una pizzata di Natale con alcuni di noi e un giorno andammo a trovare Ai, che era in visita alla sua palestra veneziana.

Per i primi tempi, dicevo, filò tutto liscio. Dopodiché, i ragazzi iniziarono a farsi troppe aspettative sul fatto che avrei vinto le mie paure. Da una parte, si erano un po' stancati di dover sempre usare mille accortezze e dall'altra anche loro avevano cominciato a vivere i primi eventi importanti della vita e quindi desideravano organizzare festeggiamenti collettivi, in grande, più o meno come Magno e Gloria per il loro matrimonio.

Grazie a Dio, loro sono i primi a sposarsi all'interno della classe, ma il succo è che da un certo momento in poi, le condizioni che io avevo posto diventarono troppo strette per il gruppo.

Così presi la laurea breve e afferrai al volo la prima occasione di andarmene. Mi sentivo un peso e sapevo di non poter dare loro quello che volevano... non sarei uscita da quei limiti, non ne ero capace, né tanto meno pronta.

Ho passato il mio quarto anno universitario a Trieste e quello successivo a organizzare la partenza per New York. E ora eccomi qui, paradossalmente più tranquilla, anche se odio questo posto e questo tipo di vita. Ma almeno sono lontana e mi sento come protetta, intoccabile da tutto ciò che li riguarda.

Ho creato una specie di circolo vizioso, tutto con le mie mani e tutto attorno alla mia stupidità. Però ormai non riesco ad uscirne. Rimango fuori a guardare, contenta e orgogliosa di loro, ma troppo impaurita per rimettermi in gioco e affrontare tutto quello che ripropone il passato.

Sono stata così brava a costruire muri attorno a me che ora non so più neppure io come scalarli. Inizialmente era per proteggermi, poi sono diventati abitudine e infine rifugio. E so che sono tutte fisse immotivate, però mi sento al sicuro in questo limbo malinconico, anche se non sono felice.

Quale positività.

Il mio non è nemmeno un trauma: sono io che dico che è un trauma per motivare le mie scelte da povera inetta. Anche se in realtà una ferita di fondo c'è, e tutti loro, seppur innocenti, ci sono direttamente legati, dal primo all'ultimo.

Se fosse bastato adottare certe misure per proseguire la vita normalmente, non sarei arrivata a questo punto. Se fosse bastato bloccare Mattia su qualsiasi dispositivo, cambiare numero, ignorare i suoi mille e uno tentativi di parlarmi, avrei continuato su quella strada. Ma la 5^A – ormai 10^ A – è qualcosa che Mattia e io abbiamo in comune... e direi fin troppo in comune, perché non possa rappresentare un ostacolo.

Quindi ho agito di conseguenza e i miei compagni sono arrivati a farci l'abitudine. Ovvio, il mio atteggiamento è come un'opinione: libera di essere espressa, rispettata, ma non condivisa, e sono certa che loro non mi capiranno mai pienamente.

Non mi capisco nemmeno io, vedete voi.

In ogni caso, la lontananza di questi ultimi due anni è stata inizialmente solo fisica e poi, pian piano, anche un po' morale. Io con le mie scuse e loro con i mille impegni, abbiamo finito per sentirci sempre di meno e pure i loro tentativi si sono fatti meno disperati.

Certo, sono sempre presenti (vedi matrimonio), ma non più assillanti come un tempo, fatta accezione per Marco e Federica, che – mio Dio – credo siano stati creati con lo scopo di molestare la sottoscritta. Sempre. Perennemente.

Ma perché in tutto questo non ho ancora nominato Lorenzo? Immagino che ve lo stiate chiedendo ed è più che comprensibile, ma quella di Lori è una storia lunga, quindi ve ne parlerò a tempo debito.

Ora potete odiarmi al cento per cento. Non c'è di che.

Mentre quest'enorme marasma di disagi si verificava, la vita dei miei compagni è andata avanti. Cris e Diego sono diventati genitori (prendetevi qualche minuto per assimilare lo shock), Eva fa la giornalista e Rachele ha cominciato le elementari. Mi sono congratulata con tutti per i loro successi, ma non vi ho partecipato come avrebbero voluto. Non c'ero al battesimo, né alla cena sponsorizzata da Diva e Donna, né agli otto anni di Rachele. Ci sono sempre stata o prima o dopo, in sordina, privatamente, quando ormai tutti gli altri se n'erano andati e non c'erano più rischi da correre.

È stato bellissimo vedere i frutti del futuro dei miei amici, ma allo stesso tempo è stato un colpo al cuore ogni volta: le loro facce dipinte di delusione nei miei confronti e il senso di colpa e inadeguatezza in me.

Con questi pensieri, mi faccio prendere dal panico riguardo al matrimonio. Come penso di cavarmela a contatto diretto con tutti per due settimane? Come penso di sopravvivere ai loro rimproveri, alle diverse reazioni, a ciò che diranno e penseranno di me?

Certo, il nemico numero uno sarà assente, ma è una magra consolazione. Infatti, questo non impedirà all'argomento di venire a galla, anzi, sono sicura che alcuni di loro (Eva per citarne una a caso) sia già in fermento per l'occasione. E in secondo luogo, non sarà sufficiente a dissolvere il mio malessere... li ho delusi tutti troppo per sperare che questi anni siano passati come se niente fosse.

Mi alzo in piedi per asciugare il disastro che ho lasciato sul pavimento e, passando davanti allo specchio, mi soffermo per qualche istante. Eccomi qua: sempre io, sempre in disordine e sempre confusa.

C'era stato un periodo in cui avevo perso parecchi chili, subito dopo la mia ultima estate da liceale. Avevo guadagnato un fisichino niente male, ma il mio viso aveva perso vita e colore. Ve lo dicevo che mi trovavo ai limiti della sanità: oltre a non uscire mai, saltavo addirittura dei pasti e andavo a dormire tardissimo, dopo aver fatto dei pianti epici soffocati da mille cuscini. No, non dirò che c'era un buon motivo o che rifiutare l'aiuto dei miei amici fosse giusto, ma ero davvero ferita e quella litigata con Mattia aveva cambiato il mio mondo.

Sapete la teoria della farfalla che batte le ali e causa un uragano? Ecco. Quel cambio di direzione è stato per tutti apparentemente sormontabile... ma non per me. Mattia ha battuto le ali e a me è arrivato addosso un uragano, solo che nessuno sembra capirlo davvero. Forse perché è davvero esagerato da parte mia, eppure l'ho sentito tutto in quei secondi, in quei giorni e in quei mesi. E gli effetti della catastrofe stanno durando ancora, a distanza di anni. È stato un uragano piuttosto devastante e la mia città non è affatto ricostruita. Troppe scelte sbagliate, sia mie che sue.

In ogni caso, in seguito ai numerosi rimproveri da parte dei miei cari (nonna in prima linea), piano piano ho ricominciato a essere la Nelli di sempre, almeno fisicamente. Ho ripreso tutto il peso perso, ho sistemato la mia frangia e fatto un terzo buco alle orecchie. Che trasgressiva.

Mi sono ripigliata un po' e ora non dico che sono una strafiga, ma almeno mi sento in equilibrio con il mio corpo. E sì, anche se ho i soliti fianchi larghi, i soliti centimetri in meno in altezza e la solita faccia trasognata.

Ho avuto la conferma di essere apprezzata da una pluralità di uomini e quindi, prima o poi (più poi che prima) ho ricominciato ad avere qualche relazione. Non fraintendetemi, sono state tutte di natura sessuale e senza intenzioni serie: solo Sayid aveva fatto vacillare un po' i miei principi, ma non credo sarebbe mai potuta essere un bocciolo di relazione.

Stavamo sempre e comunque a contare il tempo, ci vedevamo per noia più che per voglia ed eravamo i reciproci sbollitori di urgenze. Ma era un ragazzo carino e gentile; mi regalava le rose per i mesiversari (ne abbiamo fatti cinque) e alla festa della donna mi ha pure pagato il ristorante.

Però che mi aspettavo? Che lui restasse?

Sullo specchio c'è la mia faccia da bambina, con le orecchie leggermente a sventola e gli occhi grandi. Al contrario di qualche anno fa, ora sembro veramente un po' più grande.

Ho festeggiato i miei ventiquattro anni con Fatima e i suoi amici libanesi. Alla sera è arrivata anche Fede e ha passato qui a New York quattro giorni. Sono sicura che allora sapesse già del matrimonio, ma hanno giocato le loro carte con furbizia e hanno puntato tutto sull'effetto sorpresa.

In più Davide non è che mi abbia molto aiutato.

Da quando sono in America, sono diventata molto più riservata con tutti. Da una parte perché non mi piace sbandierare la mia collezione di insuccessi, dall'altra perché, come dicevo prima, questa lontananza è un po' come un guscio protettivo e funziona bene quando nulla entra e nulla esce. Di conseguenza, credo che Gloria sia stata informata sul mio conto da terzi.

Devono averle riferito anche del mio licenziamento, per questo ha inviato l'invito a entrambi gli indirizzi. Avrà pensato alla possibilità che avessi lasciato l'appartamento a New York per tornare a Venezia, e quindi voleva essere sicura al cento per cento che ricevessi la posta, o in un luogo o nell'altro. Già; tutto studiato alla perfezione. Molto probabilmente questo cavallo di Troia ha la faccia di Eva Cantarella.

Mi tiro le guance sconsolata: dopotutto è il matrimonio di Gloria e Magno, c'è da essere seriamente felici. Insomma, loro sono i miei bambini, sono nati e cresciuti come coppia grazie a me! Le cose buone che ho fatto nella vita sono poche, ma sono ben ferme nella memoria.

E ora sono così orgogliosa di loro che quasi mi metto a frignare, mentre inserisco la playlist araba che Fatima usava durante le crisi con il suo ragazzo. Insomma, anche io sono in crisi: con la vita, con mio fratello e con il mio quasi ex ragazzo.

E come faccio con il fastidio dell'essere stata incastrata? Ho più coraggio di annullare la mia partecipazione, deludendo così mamma, papà, Gloria, Magno e un'intera classe, oppure di andare e affrontare a testa alta i miei disagi? Ma soprattutto, con tutto quello che mi sono persa, ho davvero il coraggio di perdermi il matrimonio di due dei miei migliori amici?

Tutto sommato, mi sono anche risparmiata l'imbarazzo di parlare direttamente con loro e sparare una scusa strutturata che manco alle superiori quando avevi terminato le giustificazioni in storia. Ovvio, mi sarei sentita sollevata nel rinunciare, ma ogni volta che mi invento una cavolata c'è sempre un rinculo pazzesco e le mie scuse devono risultare perfette per stare al passo con la credibilità. Forse non avrei nemmeno saputo che diavolo mettere a punto stavolta, o avrei dovuto pianificarlo su carta e dopo giorni di elucubrazione. Senza contare il senso di colpa successivo.

Finora, grazie a questo studio, ho partecipato marginalmente agli eventi con ottime scuse: tutte evidentemente patetiche, ma tutte a prova di Eva. Eppure, mi sono sentita uno schifo in ognuna di queste occasioni. Così tanto che forse l'unico vero modo per rimediare sarebbe davvero questo matrimonio. Sarebbe la via perfetta per colmare tante assenze e silenzi. Per esserci finalmente, senza limitazioni o stronzate o complessi mentali.

Ma ancora una volta non so se sia saggio.

È vero, tutto sembra propizio: il tempismo che mi salverebbe dal declino qui a New York, l'assenza garantita di Mattia, la prospettiva di quindici giorni di pace, spesati e anche comprensivi di possibilità di uscire dalla chiusura mentale.

Gloria e Magno mi pagano addirittura il viaggio da Venezia a Firenze e giusto in quel periodo, verso metà aprile, avevo già mezzo organizzato una visita a casa, fiduciosa che avrei avuto in mano una laurea. Ora la laurea non ce l'ho (e nemmeno la dignità), ma una prenotazione del volo sì.

Eppure... ne sarei davvero capace?

Presa dalla coesistenza ossimorica di speranza e puro sconforto, assicuro il telefono al carica batterie e poi afferro di nuovo la busta raffinatissima, rigirandola tra le mani ed estraendo l'invito come se potesse darmi una soluzione mediatica per tutte le prospettive descritte.

Ed è solo allora che noto un particolare di cui non mi ero accorta prima.

Davide deve averlo dato per scontato, ma io nella fretta l'avevo completamente tralasciato.

Così leggo e rileggo avidamente quelle frasi, incredula di come siano potute sfuggirmi. Sicuramente ho gli occhi spalancati e le sopracciglia rasenti l'attaccatura dei capelli.

Oh mio Dio!

Ora si spiega tutto!

Il perché della premura nel mandare due lettere, l'urgenza da parte di Davide di agire per il mio buonsenso, il viaggio e l'alloggio spesati...

Rileggo l'ennesima volta per essere sicura e non posso fare a meno di lasciarmi fuggire un sorriso accompagnato da gridolino. Prendo a saltellare da pazza, con conseguente spruzzata dalle suole delle scarpe. Che visione grottesca.

Ma non posso non dare di matto per questi pochi secondi: Gloria mi ha chiesto di essere la sua testimone di nozze!

Oh mio Dio! È scritto proprio qui, nell'intestazione dell'invito!

È il mio sogno proibito da tipo... secoli! Praticamente da embrione io sognavo di essere una testimone di nozze, figuriamoci poi la loro testimone di nozze!

Ripongo il foglio, emozionata e per la prima volta totalmente eccitata al pensiero del matrimonio.

La portata di tutto ciò mi gasa troppo e, proprio come capita quando sei a tre quarti del drink, spazza via tutta l'insicurezza. Così, di botto, senza che nemmeno tu te ne accorga.

D'altronde è un po' quello che il mio cervello tende a fare di fronte alle situazioni importanti: andare in cortocircuito, scegliere esattamente l'alternativa peggiore e produrre cazzate.

Quindi, pur sapendo che è una gioia temporanea, e che domani me ne pentirò amaramente, e che non sto che prolungando la catena della sfiga per tutto il mese prossimo, d'istinto afferro il telefono e compongo il numero di cellulare riportato sotto la firma di Gloria.

Ovviamente mica sono scema, non ho il coraggio di chiamare, però le scrivo un messaggio.

Ehi, Gloria, sono Nelli.

Sarò onorata di essere la tua testimone di nozze. Grazie e congratulazioni... ci si vede tra qualche giorno ;)

Ecco fatto, sono ufficialmente una deficiente.

Sospiro, piego l'invito e lo richiudo nella sua busta. Non so quale pazzia ho appena compiuto, ma sono piuttosto sicura che le mie mani che tremano e il cuore che galoppa siano segno che presto morirò per questo.

Brava, Nelli, rovinati la vita!

Applausi, applausi.

Però ormai l'ho fatto, non si torna più indietro.

Sarà forse il mio riscatto o la mia disfatta completa, non posso prevederlo – anche se propendo fortemente sul fronte disfatta.

Almeno mi consola che finalmente sarò di nuovo con loro, che li vedrò, che saremo tutti insieme... senza stupide paure. Certo, sarà una scossa per il mio fragile cervellino complessato e probabilmente la mia figura sociale perirà nel mare dell'imbarazzo, ma c'è del giusto nella mia scelta.

Loro hanno bisogno che io lo faccia e io, d'altra parte, ho bisogno di loro.

Sarà la volta buona in cui riuscirò finalmente a premere di nuovo play? Sarà il modo per sbloccare la mia vita dalla pausa di quel giorno alla stazione?

Non lo so. Lo spero.

E spero, soprattutto, che non capiti come l'ultima volta che ho accettato di fare qualcosa, sapendo che avrei mandato definitivamente affanculo la mia stabilità mentale e sentimentale per i mesi successivi.

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***

Lo annuncio: "Io e te 3" è ufficialmente cominciato.

*For the sweet love of Jesus!*

Dopo ben 3 mesi e 10 giorni d'attesa, ora ricomincia la tortura (guarda caso a pochi giorni dall'inizio delle scuole... coincidenza?). Questa storia vi terrà compagnia durante i periodi di studio e di lavoro, sperando che possa rivelarsi una più che degna chiusura della storia d'ammmmore più grammaticalmente scorretta di sempre.

I miei buoni propositi per "Io e te 3" sono: parlare poco e agire tanto. Farò il possibile per non annoiarvi alla fine dei capitoli, ma ci sarò per qualsiasi cazzata vogliate condividere sui social (anche riguardo a tutt'altro rispetto a "Io e te") e, in più, mi impegnerò per essere più regolare possibile nella stesura e pubblicazione dei capitoli, ispirazione e università permettendo. Giusto per iniziare bene, infatti, vi devo mettere in guardia su una cosa: per il prossimo mese sarò impegnatissima a scrivere la tesi, ma non dovrebbe rappresentare un problema dato che ho già i capitoli successivi pronti. Solo... non prendetevela se magari vi rispondo dopo qualche giorno!

Ma passando al vero disagio: il capitolo... il capitolo.

Come avrete notato, esso si colloca 2 MESI PRIMA del prologo che avete letto. Ci presenta una Nelli più grande, ma ugualmente scoppiata... anzi, forse anche molto più del normale. Questa volta conoscerete un lato inedito della nostra protagonista: quello un po' negativo e rovinato da scelte ed esperienze sbagliate. In ogni caso, però, state tranquilli: "Io e te" non perde la sua (presunta) comicità né i suoi classici e dementi protagonisti, che rivedremo, naturalmente al... matrimonio di Gloria e Magno. Dai, in quanti se l'aspettavano?

Prima di salutarvi, una menzione speciale va fatta agli aiutanti di Babbo Natale per questo capitolo.
La beta Ellie, che ormai conoscete e che spoilera tutto lo spoilerabile nel gruppo di FB, ma che va premiata per aver letto tutto da sola senza poter sclerare con nessuno.
Le illustratrici Nicole e Angelica, che ci delizieranno con disegni originali in ogni dove. Cito il meraviglioso disegno della lettera, creato da Angelica, nonché parte della copertina (quella porno) sempre sua, e il disegno di Nicole rappresentante Nelli e Davide che invece trovate nel banner.
Il poeta che ha aperto le danze della storia, Christian, con una poesia che ho semplicemente adorato e che mi sembra rappresentativa di tutto ciò che abbiamo letto finora e che leggeremo sui nostri personaggi.
Quindi grazie a tutte queste persone e ovviamente alla componente più importante che sta esattamente di fronte allo schermo in questo momento :) (abituatevi, vi leccherò il culo costantemente)

Se voi siete d'accordo, io fisserei la pubblicazione del prossimo capitolo fra 10 giorni, quindi il 20 settembre, in modo da dare a tutti la possibilità di leggere e stare al passo con calma. 

P.S. Prima che me lo chiediate; sì... ci saranno ancora i momenti social, solo che in questo cap non ne ho messi perché non mi sembravano necessari.

Alla prossima e nel frattempo, fate due cose:
1) commentate e recensite oppure sguinzaglio Davide Argenti per perseguitarvi;
2) Venite a trovarmi su:

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Capitolo 3
*** Villa Magna ***


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"Io e te" è semplicemente complicato 

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Villa Magna

Il taxi frena dolcemente sul ciglio erboso della strada e la mia bocca si spalanca senza emettere alcun suono. Quella di Davide, invece, lascia uscire lo stesso pensiero che io sto avendo in questo momento.

"Ma questi hanno dato il culo per ottenere una proprietà del genere?"

Mi volto, indecisa se rimproverarlo o concordare con lui; si è tolto una cuffietta e, mentre lascia che la musica si sparga ovattata nell'abitacolo, sui suoi occhi scuri è riflessa un'enorme cancellata in ferro battuto.

"Davide, che cosa ti avevo detto? Niente mancanze di rispetto, turpiloquio, illa..."

"Illazioni, rutti, scoregge e gesti di natura sessuale." completa senza smettere di fissare fuori dal finestrino. "Conosco meglio questo dell'Atto di Dolore, stai tranquilla, ma ora puoi darmi l'autorizzazione a essere sconvolto? Ci sono addirittura le iniziali sul cancello!"

Il pidocchio non ha tutti i torti: non solo si vedono una V e una M incastonate sull'entrata principale, ma sono addirittura grandi quanto la mia porta di casa. E tralascio volutamente il fatto che siano di colore dorato, perché significherebbe considerare la possibilità che si tratti di vero oro e di conseguenza fare illazioni sulla ricchezza dei Magno, e noi non facciamo illazioni sulla ricchezza dei Magno.

V ed M stanno per "Villa Magna", il nome umile e per nulla auto-riferito della loro mansione toscana. Già dai tempi del liceo sapevamo che Alessandro Magno, mio umile e per nulla auto-riferito ex-compagno di classe, era tanto bello quanto ricco e che doveva tutto ciò alla sua facoltosa famiglia. Oltre ad essere un nucleo di bellocci, infatti, i Magno possiedono case in tutta Italia e non mi stupisce che abbiano scelto quella di Cecina per ospitare il matrimonio del loro figliolo.

In quanto originaria della Toscana, la signora Magno ha da sempre avuto un attaccamento speciale a questa residenza, tanto da averla addirittura messa a disposizione per la sua progenie, quella volta in cui, anni fa, Magno era convinto di aspettare un bambino da Gloria.

Se fosse stata mia madre, al suo posto, l'unica cosa che avrebbe messo a mia disposizione sarebbe stata una torta. Perché mia mamma è una pasticcera e crede che i dolci siano la risposta a tutto.

Non scherzo; per convincermi a fare la prima visita dal ginecologo decise di farmi trovare come dessert, per svariate sere di fila, dei tartufi alla fragola. Erano rosa chiaro e in cima vi piazzava mezza fragola, così da ricordare un seno e l'importanza di farselo palpare da un dottore. Ringrazio iddio di aver ceduto prima che cominciasse con i dolci a forma di vagina.

Siamo una famiglia diversamente normale, lo so.

Il tassista ci informa che siamo arrivati (non che avessi troppi dubbi), così scendiamo dalla macchina. Dopo le quasi due ore di viaggio, sommate alle altre due passate prima in treno, è un miracolo se le mie ginocchia non stridono muovendosi, mentre Davide saltella già come una cavalletta.

"Dato che hai dei fenomeni come legamenti, prendimi la valigia." gli ordino, approfittando del fatto che è in debito con me per fargli fare il facchino.

"Prenditela da sola." mi sorride, picchiettandomi una spalla e arrotolando le cuffiette attorno al telefono.

Visto? Sempre la stessa storia. Non c'è rispetto.

Come al solito, nessuno dei miei è venuto ad aiutarmi con le valigie in aeroporto una settimana fa, quando sono tornata da New York. Considerato che mi ero portata appresso mezzo appartamento, è stata una goduria superare i ponti in completa solitudine, ma almeno una volta a casa, mi avevano preparato la cena. È già un traguardo, fidatevi.

E considerato che non avevano cucinato nulla dalla forma sessuale, posso ammettere che è stato bello e accogliente tornare finalmente a casa mia. A Venezia.

Dopo aver accettato l'invito di Gloria, infatti, ho deciso che mi sarei presa una pausa dalla vita newyorkese. È vero, sarebbe stato in programma, se avessi passato tutti i miei esami, ma purtroppo non ho avuto quella fortuna e quindi avrei fatto meglio a rimanere là a studiare. Sapete, usare quei dieci giorni per trovare un nuovo lavoro e concentrarmi sui libri per poi essere pronta a terminare i mesi americani una volta tornata da Cecina.

Ma con la scusa del matrimonio e del lavoro che non avrei trovato in alcuna gelateria, ho deciso di far fagotto e staccare un po' prima, per cercare di ripigliarmi e di riambientarmi alla terra natale. Forse non avrei dovuto, eppure i miei mi mancavano troppo e c'erano alcune commissioni da fare. Tra cui, non dimentichiamolo, vendere un rene per poter comprare a Gloria e Magno un degno regalo.

Quindi, a fine marzo ho chiamato l'affittuario dicendo che almeno fino a maggio avrei lasciato libero l'appartamento, poi ho avvisato Sayid che me ne sarei andata (non dicendo dove) e infine ho preso il volo per Venezia.

Sono rimasta a casa mia per una settimana intera: bello rivedere la propria camera da letto, i peluches pieni di acari e le lenzuola di Barbie che ho dalla terza elementare. Mi sono risistemata nel mio nido e sono uscita esclusivamente per fare due cose:

1 - comprare il benedetto regalo, che, in quanto testimone, mi è costato tutto lo stipendio preso in sei mesi a New York e;

2 - passare come un ninja davanti alla Tana del Ghiro. Sorprendentemente, in cinque anni quel bar ha resistito contro le correnti dell'imprevisto e ora è più popolato che mai. L'insegna è rimasta tale e quale: le z del ghiro che dorme/muore si illuminano ancora a intermittenza e non vi dico la marea di ricordi dolce-amari che mi causano ogni volta che le vedo.

La Z è una lettera maledetta, ricordatevelo.

Anche se il peggio, in realtà, è stato vedere Pierpaolo, da lontano, impegnato a fare un cappuccino e chiacchierare con la cliente di fronte a lui. Già... vederlo e non salutarlo, dato che dopo dieci minuti nascosta dietro un bidone della spazzatura, ho realizzato che avrei fatto meglio ad andarmene.

Io e il coraggio.

Ma, sapete, il rischio che mi riempisse di domande a cui non volevo rispondere era troppo alto: perché sei sparita durante il trasferimento a New York, perché non c'eri agli incontri importanti, perché ti lasci condizionare così tanto dal passato e via dicendo.

Saranno tutte questioni che dovrò affrontare questa sera, all'arrivo dei miei compagni, quindi non me la sono sentita di entrare a salutare, non in quel momento. Quando lo vedrò fra poche ore, farò finta di nulla e subirò un bel rimprovero collettivo a cui mi sono preparata psicologicamente durante la settimana, attraverso un corso online. Non ridete: è costato una cavolata ed è stato utilissimo. Ho pure passato l'esame finale con settanta punti-autostima su cento!

E poi, solo guardare da fuori quel bar mi ha fatto stare malissimo. Figuriamoci entrarci e conversare con il miglior amico della persona che mi ha rovinato la vita.

Be'... io sono la persona che si è rovinata la vita con le sue stesse mani. Ma ormai lo sapete: anche se solo di riflesso, è sempre colpa di Zingaretti. Dogma.

Questa mattina mio fratello e io abbiamo preso il treno grazie ai biglietti già acquistati da Magno e Gloria e abbiamo viaggiato fino a Firenze. Dopodiché, il taxi, spesato pure quello, ci ha condotti fino a Cecina e ora eccoci qua. In tutto questo, sono passate già due settimane da quando sono stata incastrata nella scellerata avventura del matrimonio: Sayid non ha mai risposto al mio messaggio, Federica non vede l'ora di vedermi e io mi sono pentita alla grande. Non posso farcela. Voglio la mamma.

Mi mancano assai i tartufi fatti a tetta; erano un problema molto più blando rispetto alle catastrofi imminenti. E sì, credo che il discorso sul pentirsi di cazzate fatte in preda all'euforia si stia manifestando esattamente ora.

Davide solleva con facilità la sua valigia e la tira giù dal bagagliaio, facendomi poi spazio per poter recuperare la mia. Quando gli passo vicino, gli lancio un'occhiata di fuoco che, ahimè, ora proviene dal basso verso l'alto.

Era prevedibile: le mie paure riguardo lo sviluppo del pidocchio si sono fatte realtà e mi sorprendo ogni volta che lo realizzo. Specialmente quest'oggi, dato che, dopo mesi in cui siamo stati separati da un oceano, me lo ritrovo come compagno di viaggio e di sventura.

Per tutte le medie, Davide è stato solamente stronzetto, baffuto e pieno di brufoli. Dopodiché ha cominciato le superiori ed è stato come osservare un muffin lievitare dentro al forno: un attimo ed è passato da nano a montagna.

Ironia della sorte, si è anche fatto più carino. Certo, gli occhi giganti da demone spiritato non glieli toglie nessuno, ma almeno ha superato la fase del mono-sopracciglio e i brufoli ora gli escono solo ai lati del viso, al posto delle basette che non ha. È un ragazzo mingherlino (il grasso che non ha lui l'ho preso tutto io), cuffiette sempre in testa e al polso una serie di bracciali in silicone che testimoniano a quanti eventi e feste si sia imbucato. Come statura, in realtà, risulta comunque nella media... è che vicino a me tutti sono alti, quindi è sempre imbarazzante.

Adesso Davide ha sedici anni e mezzo, ma non frequenta la terza superiore come dovrebbe. Fa ancora la prima e qui potrei aprire un paragrafo sul disastroso profilo scolastico-caratteriale della sua adolescenza. Ma non lo farò. Per il bene di tutti, non lo farò.

"Dai, tieni." mi scansa, prendendo la valigia per me e inquinando l'aria con il suo aroma Homme Sans Argent pour Achter un Parfum (*Uomo senza soldi per comprare un profumo). "Non mi avevi detto che avere ventiquattro anni è così invalidante."

Nonostante a scuola sia una capra, i suoi fallimenti derivano dalla zero voglia di far bene nella vita e non da qualche difficoltà intellettiva. Perché l'altro grande problema con Davide, oltre che è un criminale, è che è fin troppo intelligente.

Gli faccio un verso in risposta e poi trascino il trolley verso l'entrata, mentre il taxi se ne va, lasciandoci soli qui davanti a Villa Magna.

Una volta giunti ai piedi del cancello, ci fermiamo a contemplarlo a faccia all'aria, due topolini davanti a una forma di Parmigiano Reggiano, dedicandogli i secondi di ammirazione che si merita. È davvero bellissimo, imponente, scintillante... magno.

Minuto di silenzio.

Fortunatamente, non ci fanno rimanere troppo in attesa e le porte si aprono in automatico con un rumore sordo, ma solenne.

Mentre io mi aspetto che un qualche servo medievale spunti suonando una tromba introduttiva, Davide sospira: "Spiegami, Nelli. Potevi scegliere di innamorarti di Magno e finire con lui qui, invece sei rimasta cinque anni a sospirare per quel deficiente di Mattia."

"Pidocchio? Punto primo-" ringhio, assottigliando gli occhi. "anche se si presenteranno infinite occasioni per farlo, non voglio sentire allusioni al signor Zingaretti per le prossime due settimane, pena calcio nelle palle e divulgazione di informazioni compromettenti ai genitori. È già abbastanza che debba affrontare tutti loro, non voglio che anche tu tiri fuori l'argomento ogni cinque minuti. Punto secondo-"

Vorrei spiegare a Davide che la parola innamoramento è inesatta e che si tratta piuttosto di un profondo amore longevo, calpestato e tradito da un cervello e un cuore disfunzionali messi nel satanico corpo tentatore di uno stronzo, ma la voce al ricevitore del citofono mi interrompe.

Tanto meglio: Zingaretti non ci sarà e non è giusto che io mi stressi anche per lui. Se fosse stato presente a questa rimpatriata, non sarei venuta nemmeno sotto tortura, quindi devo prendere il tutto più alla leggera. In fondo, posso considerarlo un gran regalo del destino: per la prima volta in cinque anni ho tutto il tempo di rimediare con ognuno dei miei compagni, senza che lui o la possibilità della sua presenza mi mettano i bastoni tra le ruote.

"Nelli! Davide!" esclama Gloria, distorta dal suono metallico del citofono. "Entrate pure, Ale vi sta aspettando!"

Solo all'udire la sua voce, il cuore mi si blocca, perché tutto sommato, anche con l'assenza del nemico principale, il nodo sociale con gli altri rimane. È passato almeno un anno dall'ultima volta che li ho visti e non so quanto sarò capace di mantenere il controllo della mia mente vagante.

Pensate solamente ai miei dieci minuti dietro al cestino della spazzatura. Pensateci.

Ora siamo seri: sebbene io sia qui con delle certezze, non posso dire di aver vinto tutte le incertezze. Anzi... credo che avrei dovuto riflettere più a lungo su questa scelta: dopotutto, vincere una paura, o un trauma, non è un processo facile e la leggerezza di spirito non è di casa, per me, negli ultimi tempi.

E se poi loro mi odiano? E se vogliono parlare di certi argomenti? E se ritorna quell'ansia dei primi tempi, legata ai ricordi e alla nostalgia?

Sto giusto per fare retromarche, persuasa alla resa da questi pensieri, quando Davide posa la sua mano sulla mia schiena e mi spinge letteralmente all'interno della proprietà. Accompagna il tutto a un 'Piantala di fare la cacasotto!', che mi fa sentire più disadattata che mai.

Notate come il ragazzino immaturo sproni la giovane adulta ad affrontare problemi adolescenziali irrisolti. Il mio personaggio ha davvero uno spessore psicologico devastante. Manco Patty de Il Mondo di Patty era mai arrivata a questi livelli.

A questo punto, potrei seriamente avere un attacco di panico, ma rimango stordita da ciò che mi si presenta allo sguardo, come presa in piena faccia da un pugno inaspettato.

In realtà avevo già visto Villa Magna in foto, ma esserci dal vivo è una visione a dir poco mozzafiato. Così potente che per un attimo mi salva davvero dallo sclero più totale. E forse è proprio perché è tutto bellissimo che non giro i tacchi e scappo gridando a mani all'aria.

...immaginate per un secondo la scena. È una chicca.

Il cancello si apre sul lungo vialetto in ghiaia bianca, costeggiato da scorci di prato verdissimo e brillante, per cui avranno trovato lavoro almeno quattro giardinieri. Vinta la forza evocativa degli alberi e delle siepi perfettamente curate, l'occhio sale naturalmente sulla facciata bianca in stile coloniale, talmente lunga da rendere visibile solo uno dei due angoli. I piani sono due, lo si capisce dalle file di finestre rettangolari e più alte di me, ma poi il tetto scuro fa sicuramente pensare a qualche mansarda al terzo piano.

Colonne lisce, portici e chioschi danno movimento alla mansione, anche se, con tutta la vegetazione qui introno, non si può certo dire che sia un'area piatta. Camminando incrocio aiuole di ogni colore, statue di Veneri che abbracciano luci da esterno e pure qualche animale scorrazzante.

È risaputo che Alessandro Magno ha una passione per i pavoni e non mi stupisco di vederne qualcuno in giro, libero e padrone come vuole la sua specie. Nessun problema: purché non mi si avvicinino, né io né loro rischieremo la vita.

Ho un rapporto complicato con i pavoni di Magno. Mi auguro che non siano animali che si reincarnano, altrimenti passerò dei brutti momenti con lo spirito di Bucefalo. È una storia lunga.

"Nelli!" la voce di Alessandro arricchisce l'aria con soave godimento e io mi chiedo ancora, dopo anni che l'ascolto, se non siano angeli a suonare le sue corde vocali come un'arpa celestiale.

"Se stai avendo visioni su Magno e la sua bellezza, ti tiro un pizzicotto." mi scrolla Davide.

E, anche se lo detesto, fa bene, perché quasi non me ne sono resa conto, ma ormai sono arrivata. A due passi dall'entrata principale della villa c'è uno spiazzo rotondo, dove una fontana mostra due amanti che si dissetano l'un l'altra. Proprio accanto a loro, compare Alessandro Magno, irradiato di luce divina.

Davide non potrà mai capirlo, ma le amiche donne che leggono sì: non si rimane sterili di fronte a un uomo così bello. Mai. Nemmeno se si è sposate, frigide o incazzate.

"Sono Venere e Marte." esordisce Magno, indicando i due amanti di marmo nella fontana. E io immagino che completi la frase aggiungendo: "I miei fratelli dell'Olimpo."

"Wow, sono piuttosto disinibiti." commento, osservando come lui palpi i seni di lei, mentre spruzza l'acqua direttamente nella sua bocca. "Avevano una tresca?"

"Chi non ha una tresca nell'Olimpo?" ribatte soddisfacendo la mia fantasia di lui come semidio in incognito e allargando le braccia per accogliermi. "Benvenuta a Villa Magna!"

Gli sorrido e accetto il suo gesto, cedendo subito al golfino senza macchia e al profumo etereo che Cavalli crea appositamente per lui.

"Congratulazioni allo sposo!" boccheggio, mentre vengo letteralmente sopraffatta dal suo abbraccio.

Alessandro mi stringe con affetto e indugia un po', aggrappato alla mia schiena: "Ero l'unico a essere certo che saresti venuta. Lo sapevo, Nelli. Grazie."

"E di che?" balbetto nella più totale agonia. Sentire il suo abbraccio mi sconvolge profondamente: era da un po' che non ne avevo esperienza e, come previsto, la memoria ha già iniziato a galoppare.

Ma è ancora peggio di come ricordassi dall'ultima volta: i momenti passati si mescolano alle emozioni presenti creando un continuo destabilizzante e, mentre mi stacco, notando la sua barba e le sue rughe da uomo (sexy), ho già il cervello nei piedi e il cuore nella testa.

"Ciao bello, grazie per l'invito." se ne esce mio fratello, dandogli una pacca amichevole sulla spalla e intervenendo in aiuto del mio disagio. "Complimenti per la villa e per la scelta della sposa."

"Ehi, sempre e solo il meglio." ribatte Magno, tirandosela come al solito. "Ma aspettate di vedere dentro, è una vera bomba. Nelli, tutto ok?"

"Sì... sì. Credo che prenderò un bicchiere d'acqua, magari."

"Certo! Seguitemi pure."

Seguiamo il mio compagno per la stradina di ghiaia fino alla porta, non senza che mio fratello mi lanci occhiate guardinghe, e poi veniamo introdotti al cuore di Villa Magna. E gente... che cuore.

Non ve lo descriverò così, tutto in un botto, perché da testimone oculare, mi rendo conto di quanto potente risulti questa visione. Verrete a conoscere Villa Magna a piccoli morsi, un po' alla volta, nel corso di questa avventura, altrimenti finisce che per l'invidia non leggete nemmeno.

Io di invidia ne provo molta e si placa solo quando finalmente accetto di avere una stanza singola, elegantissima, con vista sul prato sconfinato e quadro gigante di qualche parente morto, ma ricco.

Dopo aver bevuto un po' d'acqua, infatti, Alessandro ci ha accompagnato al piano superiore, dove ha fatto allestire le quindici stanze libere come dormitori. Alcuni sono doppi, ma ce ne sono anche di singoli e mi ha detto che, in quanto testimone di nozze, io ho diritto al massimo comfort, per questo mi hanno sistemato nella camera migliore.

All'inizio ero sconvolta, devo ammetterlo. Mi ci sono voluti venti minuti buoni per accettare la situazione, iniziando dalla questione del mio essere povera e sfigata in confronto a questo ragazzo, ma soprattutto vincendo la rabbia perché alla morte dei miei avrò solo un terzo di pasticceria e i debiti dell'azienda vinicola di papà. Accidenti!

Poi ho mandato al diavolo le pare mentali e ho iniziato a sentirmi come una vera principessa. Dio, nessuno mi fermerà dall'indossare una camicia da notte e mettermi alla finestra mentre mi pettino i capelli con una forchetta!

Ma poi qualcosa interrompe il mio stupido fantasticare disneyano, ovvero il fatto che sia ormai arrivata l'ora di scendere, purtroppo giunta in un batter d'occhio, senza che nemmeno me ne rendessi conto.

Vedete, tutti gli ospiti arrivano oggi. Alcuni sono già qui, altri ci raggiungono per cena, ma il punto è che la gran riunione è prevista per, praticamente, adesso e io ancora non riesco a realizzare chi sono e cosa sto facendo.

Sono emozionata di poter finalmente rivedere tutti, ma allo stesso tempo ho una paura fottuta e non so come potrebbe finire. Dopo Alessandro, ho avuto modo di salutare anche Gloria e per poco non sono morta: ho dovuto bere altri due bicchieri d'acqua per riprendermi.

Lei è bellissima: radiosa, felice, soddisfatta... nulla che non fosse anche gli anni scorsi, ma forse ora che si sta per sposare c'è qualcosa in più dentro di lei. Accanto a Magno è un vero diamante: sono una coppia di belli, non c'è che dire e, soprattutto, ora la posso chiamare Dottoressa Ferrucci. Il che mi rassicura sul fronte sanitario nella mia decisione di venire qui.

No, veramente gente, potrei lasciare questo mondo oggi.

Mi vesto per come vorrei che mi vedessero quelli dell'ambulanza, nel caso ci lasciassi le penne: biancheria perfetta, maglietta larga per coprire rotolini antiestetici, pantaloni scuri e scarpe non troppo basse. Lascio i capelli sciolti e mentre sbuffo allo specchio nell'indecisione tra continuare la pagliacciata o gettarmi dal balcone, realizzo che sono già oltre l'orario concordato con Federica, così le scrivo.

Fede, dove diavolo sei? Sappi che se non intendi più venire a prendermi in stanza, non mi vedrai scendere alla cena né ora né mai.

Ma proprio mentre sto per premere invio, la porta si spalanca e Federica entra urlando e saltellando.

"Ce l'hai fatta! Ce l'hai fatta! Ce l'hai fatta!"

Un orgasmo a ogni frase, praticamente, e mi ha pure abbracciata coinvolgendomi nella danza propiziatoria. Vorrei davvero fermarla e dirle che non c'è nulla da festeggiare, ma non la vedo da troppo tempo e non ce la faccio a essere la guastafeste di turno.

In più i suoi gridolini mi stordiscono.

"Fede! Temevo che mi lasciassi da sola in pasto alle figure di merda!"

"Mai, Argenti, fatti vedere!" fa, allontanandosi e tirandomi il braccio per controllare il mio gusto estetico. "Non ti sei nemmeno vestita da funerale! Credevo che l'avresti fatto, immaginando di morire stasera."

"Ma ti pare!" minimizzo con un gesto della mano.

"Oh, Nelli, non sei emozionata? Mio Dio!" gorgoglia, congiungendo le mani e facendo dondolare la sua treccia.

"Non sono emozionata." mento, scostando la tenda del balcone e osservando chi arriva in questo momento. "Ho seriamente paura."

"Ma di cosa? È una semplice cena di classe! Dovremo pur ripartire da un punto per affrontare questi quindici giorni insieme. Mio Dio, Nelli..." sospira, sedendosi sul mio letto. "Io ancora non ci credo che tu abbia accettato, Magno aveva davvero ragione."

"Avete architettato tutto e questo non mi piace." la rimprovero, senza guardarla. "Avete studiato come chiedere la mia partecipazione facendo coincidere più elementi favorevoli possibile."

"Ed è un problema così grande?"

"Lo è." rimarco, appoggiandomi al vetro con un po' di nodo alla gola. "Sai quanto per me sia..."

Ma Fede mi ha già raggiunto e mi ha preso la mano: "Ehi."

"Ah, quegli occhi! Quella faccia!" mi faccio schermo, imitando perfettamente Terk quando ripudia la tenerezza di Tarzan.

"Dai, piantala. Ascoltami." mi riscuote. "Magno e Gloria ci tenevano davvero tanto che tu fossi la loro testimone. Hanno iniziato a parlare di matrimonio l'anno scorso e non dico che hanno organizzato tutto in funzione di te, ma quasi... sei importante per loro. Per noi. E se in tutto questo tempo non abbiamo smesso di tenderti delle trappole, allora dovresti sapere che è vero. In più ti conosciamo, Nelli, e sappiamo che un cuore ce l'hai. Forse ha smesso di funzionare bene per certi versi, ma l'affetto che provi per noi è grande e non saresti mancata al fianco di Magno e Gloria nel momento più importante della loro vita."

"Sono mancata in molte altre-"

"Stavolta no."

Fa una pausa e io la guardo, assorta, ipnotizzata, speranzosa.

"Abbiamo fatto in modo che la decisione ti causasse meno disagio possibile, come all'inizio. Poi è vero che qualcuno di noi faceva il pessimista, ma tutti sapevamo che in fondo poteva funzionare. Magno non ha mai avuto il minimo dubbio."

"Quindi nell'intelligence c'eravate tu, Magno, Gloria... e poi?"

"Be', gran parte di chi voleva che tornassi a sorridere insieme a noi. Nelli, non siamo la stessa classe senza di te, ok? Ce lo siamo detti troppe volte in questi cinque anni e abbiamo realizzato che dovevamo fare qualcosa. Qualcosa di meglio studiato del solito, s'intende. Basta uscite a gruppetti; volevamo festeggiare in grande e con la garanzia che anche tu fossi presente."

"Quindi Zingaretti... " deglutisco nel pronunciare quel nome in contesti emozionali del genere. "Non è venuto perché non poteva sul serio, o perché sapendo che ci sarei stata io..."

"Per favore, Nelli." mi interrompe con un sospiro. "Non pensare a lui, ok? Adesso non c'è e non devi associarlo alle persone che sono qui. Goditi il meglio di quello che ti sei persa. Per favore. Dai una chance a tutto il resto."

"E se non riesco a gestire la situazione? E se poi scappo a gambe levate, perché scatta qualcosa nella mia testa?"

"Non succederà. Non questa sera, almeno. Datti qualche ora di tempo." mi suggerisce, concitata, indicando fuori dove proprio in questo momento sta passando quella che riconosco essere Eva. "Guarda con i tuoi occhi come stanno procedendo le nostre vite e che cosa rischi di perderti. Se dopo questa sera non ti sentirai pronta, allora potrai veramente pensare di andartene. Ma sono sicura che ti basteranno due parole con ognuno di noi per ricrederti su tutto."

Alzo gli occhi su Federica, che non mi è mai sembrata così sicura di sé e piano piano mormoro un timido 'ok'. Anche perché non ho altra scelta: ormai sono qui, la cena inizia tra meno di mezz'ora e tutti i miei compagni sono arrivati a Villa Magna per festeggiare gli sposi, sapendo che io sarò la loro testimone.

"Senti, Fede, ma l'altro testimone chi-"

"Zia Nelli!!!" il grido disumano proviene da una bambina-demone che si lancia nella mia camera, finendo la gittata sul letto e distruggendo la magnificenza delle coperte ordinate a dovere.

Nemmeno si preoccupa di avere le scarpe ai piedi; si mette a saltare sul materasso, rovinandosi la pettinatura e scoprendo il sedere, ogni volta che le si alza il vestito: "Ciao zia Nelli! Ciao zia Nelli! Ciao zia Nelli!"

Ma perché la gente ripete le cose tre volte, quando è contenta?

"Toc toc! Si può?" Marco bussa sullo stipite, ma in realtà è già dentro di mezzo passo e ci saluta con un sorriso smagliante: "Signorina Di Mario, signorina Argenti, il vostro chaffeur è pronto per guidarvi nella boscaglia del disagio."

"Marco!" sorrido, incrociando il suo sguardo con un moto di affetto. È nella sua solita tenuta da padre sexy, mai decadente su uno come lui, e si è fatto crescere un po' di barba, tanto per essere ancora più bello e impossibile.

"Ah-ha, signor Ravasi, stasera Marinella la guido io, tu sei troppo insensibile e, aggiungerei, stronzo." dice Federica, incrociando le braccia. "E poi mi pare tu abbia già altre gatte da pelare." aggiunge alludendo al demone in gonnella.

"Giorgia non poteva tenerla a Venezia, così ho dovuto portare con me anche Rachele. Ma abbiamo entrambi gatte da pelare, Di Mario, mi dicono che a questo matrimonio parteciperanno sia un rosso che un moro che formano due vertici di un triangolo." Marco si porta la mano alla bocca, fingendo di aver detto qualcosa di sconvolgente. "Il triangolo no!"

"Nelli, per favore, digli qualcosa."

"Marco, basta. Piantatela di ringhiarvi addosso, voi due." l'accontento, ma poi mi avvicino inevitabilmente a lui con un sorriso. "Mi sei mancato!"

"Puah." commenta Fede.

Marco e io ci abbracciamo fraternamente, le altezze che come sempre lo rendono difficile, ma una voglia di contatto che, almeno da parte mia, si è fatta sentire troppo in questi ultimi tempi. Sebbene Marco e Federica mi siano stati vicini più di tutti, li ho sempre visti di rado e con il solito groppo alla gola.

Una maga delle relazioni, io.

"Com'è grande, Rachele. Perché Gio non c'è?" domando a Marco non appena ho la possibilità di guardarlo in viso.

"Con il lavoro riuscirà a venire solo per il giorno delle nozze, così ha inviato me in rappresentanza per questi quindici giocosi giorni di riunione d'anime."

"C'era anche lui nell'intelligence, solo che non te lo vuole dire." interviene Fede. "Era il primo a volere che ci fossi."

"Frufru!" Marco si finge oltraggiato e rimprovera Federica, chiamandola con il soprannome che lei rifiuta di ascoltare da quando è finito il liceo.

Marco sa perfettamente quanto ciò la infastidisca: io avrò i miei disturbi psicologici, ma anche Fede ha deciso di tagliare i ponti con gli aspetti peggiori del passato. Con Francesco è ritornata l'amica dirimpettaia di sempre e si divertono a uscire ogni tanto in compagnia. Tutto ciò che, invece, non fa e non si sognerebbe di fare con il nemico numero uno: Pierpaolo Scilla.

Per Federica, da quella volta del pugno in faccia a Francesco, Pierpaolo è il male e non c'è stato nulla tra loro due se non la solita, apprezzata indifferenza. Per tutti questi anni, pur vedendosi in più di una occasione e studiando entrambi nella stessa città, non hanno fatto altro che ignorarsi, come è giusto che facciano due capre come loro.

Che bella la vita: ripropone le stesse occasioni di sbagliare e noi sbagliamo ogni volta, finendo sempre per imparare quando è tardi.

Ma Marco Ravasi è qui per questo; la sua capacità è quella di usare i punti deboli altrui per divertimento personale e così tutti quelli che diventano suoi amici sono in realtà dei gran masochisti. Federica prima fra tutti, che, da quando frequenta il nostro padre preferito, si sente punzecchiare sull'argomento circa duemila volte al giorno.

Il mio comportamento in questi anni è stato indubbiamente riprovevole, ma se non altro ha permesso a Marco e Fede di conoscersi più a fondo. Ora continuano a darsi contro e contendersi il primato della mia amicizia, come hanno fatto per tutta l'infanzia, ma per lo meno hanno capito come sopportarsi e, tutto sommato, mi piace pensare che si vogliano bene. O almeno, che lo facciano per me.

Un grido dal giardino attira la nostra attenzione: sembra proprio che sia arrivata Ilenia e che stia dando prova del suo esagerato entusiasmo con gli sposi. Così ci guardiamo tutti e tre e io faccio un profondo respiro.

"Pronta?" mi sorride Marco.

Federica mi prende per il braccio e io annuisco: "Pronta."

"Scendiamo, allora."

***

BREAK

Sono tornati. I break sono tornati.

E quindi ridate il benvenuto agli amatissimi momenti social <3 Alla fine del capitolo ne troverete altri 2!

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***


"E quindi le ho detto che potevano andarsene a quel paese, lei e il suo stupido Justin Bieber!"

Alla battuta di Eva ridiamo tutti, chissà perché forse ci ha davvero divertiti con la sua ultima avventura cronistica, o perché forse siamo un po' brilli a quest'ora.

Magno e Gloria hanno fatto alla vecchia maniera: fattorino, pizza a volontà e birra, così ci siamo messi fuori in giardino e l'enorme tavolata è ben presto diventata un confessionale per i più strani e irriverenti aneddoti.

Ho riso davvero, di cuore.

Devo dire che a questo punto della serata mi posso dichiarare ufficialmente vittoriosa: non ho più un briciolo d'ansia in corpo! La birra di certo ha aiutato, ma anche i miei compagni ce l'hanno messa tutta e in ore non hanno accennato ad argomenti scottanti nemmeno una volta.

Questa rimpatriata è stata del tutto Mattia-free, quindi non potrei essere più sollevata. Quello che temevo, e cioè che il mio cervello andasse in corto e rovinasse tutto per me, non è accaduto. Non ho ripensato a momenti brutti, sensazioni infelici, traumi auto-inflitti, nulla di nulla! Solo a loro; le loro storie, le loro vite... i loro cambiamenti talvolta anche drastici.

E così i minuti sono scivolati come le pizze nei nostri stomaci. Credo fossero istruiti per questo, per non lasciare che argomenti spinosi si impossessassero della conversazione, e devo dire che ha funzionato. Certo, mi sono sentita un po' allo stesso tavolo con Harry e Hagrid nel primo film di Harry Potter, ma, ehi, ognuno ha i propri Tu Sai Chi e sono felice che i miei compagni ne abbiano tenuto conto.

Specialmente Eva, la quale temevo davvero molto. Invece è rimasta piuttosto discreta su quel fonte, mentre ha parlato, straparlato e riparlato della sua carriera da giornalista impegnata.

All'inizio non è stato così semplice. Anzi, per niente.

Sembravo sul serio un animale impagliato, mentre gli abbracci e le pacche sulla spalla la facevano da padrona nella grande sala d'entrata di Villa Magna. Poi sono arrivate le pizze, le prime chiacchiere e via via la tensione è andata sciogliendosi, rimpiazzata dalla fame fisica e dalla fame di curiosità.

"Oh, Eva, prima che lo dimentichi, il tuo amico fotografo verrà?" se ne esce Gloria, alzandosi e iniziando a pulire il disastro.

"Dovrebbe arrivare un paio di giorni prima delle nozze, per fare le prove."

"Lo spero davvero. È tutto incastrato a pennello e ci resta solo quel momento per provare il servizio."

"Gloria, sei troppo agitata." la riprende Magno, circondandole amorevolmente la vita.

"Non si è mai troppo agitati per un matrimonio. E questo dev'essere perfetto, specialmente per i tuoi."

Magno e Gloria ci hanno spiegato come sta davvero la situazione: dopo la laurea di lei in medicina, si sono trasferiti a Cecina, dove ha iniziato la specialistica nell'ospedale locale. Magno, invece, con la sua laurea breve ora fatica a trovare un lavoro, quindi per un paio d'anni ha aiutato i suoi nel mantenimento della mansione. L'anno scorso gli è venuta l'idea di trasformarla in una vera e propria residenza; da affittare in estate o durante l'anno per celebrazioni e matrimoni.

Quindi si sono praticamente stabiliti qui, ma il progetto di Alessandro è ancora in vaglio, dato che i suoi vogliono vedere quanto sia realmente bravo a gestire la situazione, prima di fare degli investimenti e cedere la proprietà.

In occasione del matrimonio, i Magno hanno incoraggiato il figlio a organizzare il tutto tra le mura di casa, sia perché era l'ambiente perfetto, sia perché è un'occasione d'oro per fare una prova pratica della teoria.

Ecco perché un matrimonio lungo quindici giorni: Alessandro e Gloria vogliono spendere del tempo assieme a noi, ma allo stesso modo vogliono dar prova di poter gestire il luogo con ospiti e servizi. Soprattutto per quanto riguarda Alessandro, dato che, se riesce a ottenere la proprietà di Villa Magna, lui e Gloria possono davvero dire di aver trovato il nido d'amore più bello di sempre.

Gloria realizzerà il suo sogno di diventare un medico importante qui a Cecina e Alessandro sfrutterà le fortune della sua famiglia per crearne una propria... di fortuna e di famiglia, s'intende.

L'idea nel complesso mi è sembrata commovente: i nostri amici non ci hanno solamente invitato al loro matrimonio, ma hanno in qualche modo richiesto il nostro aiuto per coronare un loro progetto di vita. Quando tutti ne siamo venuti a conoscenza, eravamo entusiasti e siamo stati di gran supporto per Alessandro, fornendogli in tutto e per tutto ogni tipo di collaborazione.

Lui naturalmente ci ha consigliato di godere il soggiorno in tutta calma: oggi è solo il 13 aprile e fino al 25, data delle nozze, potremo disporre di Villa Magna come se fosse casa nostra. Mentre lui e Gloria decideranno gli ultimi dettagli del matrimonio, noi potremo organizzare qualsiasi tipo di attività, rilassarci e sfruttare l'ambiente come meglio ci pare.

Dopotutto, chi di noi non sta ancora studiando all'università ha dovuto prendere le ferie per poterci essere. Difatti la classe non è presente al completo: Giorgia non ce l'ha proprio fatta, se non con un permesso per il 25, Marianna nemmeno, a causa di una preparazione sportiva e Dovrinka ha solamente detto di non poter tornare in Italia. Mistero.

Inutile citare Zingaretti, che per comodità da oggi in poi sarà chiamato 'Lo stronzo', dato che lui non c'è e basta. Come sempre: non ha motivi chiari per giustificare la sua assenza. Ma meglio così, come ho già detto, perché altrimenti sarebbero stati quindici giorni d'inferno.

Tuttavia, ad accompagnare l'assenza di alcuni vi è anche la presenza di altri, che mi risulta tanto sgradita quanto inaspettata. Non parlo solo di mio fratello, al quale stasera ho affibbiato la supervisione di Rachele per assicurarmi che si tenesse occupato, ma anche di due ospiti che non immaginavo di vedere. Uno di questi è Lionel Sanchez, il divo indiscusso del Maffei, ai tempi d'oro della nostra classe. Se vi dico con chi è venuto, non ci crederete mai...

Ma prima, ve lo ricordate Lionel? A dire il vero non è cambiato troppo: è sempre un bel vedere, con i capelli lunghi e mossi che ballano la salsa a ogni suo passo e la pelle ambrata che contrasta il sorriso smagliante. Chiaramente ha perso un po' della freschezza di cui godeva ormai svariati anni fa, ma almeno non ha perso la memoria, dato che quando mi ha salutato, non solo ricordava il mio nome, ma pure il mio gruppo sanguigno.

Ahah, davvero divertente, Sanchez.

Ma dicevo che, dato che ognuno di noi ha ricevuto l'invito per se stesso ed eventuale consorte, Lionel è l'accompagnatore di... rullo di tamburi... Tommaso Fiore.

Primo trauma della serata.

I traumi saranno infiniti, gente, preparatevi.

Infatti, l'altra persona che ha partecipato con un accompagnatore inimmaginabile è Pierpaolo, il quale è venuto assieme a niente popo' di meno che Silvia Trepalme.

Ora, non vi starò a raccontare il mio tentativo di fuga non appena ne sono venuta a conoscenza, ma potrete immaginare da soli quale tipo di sfuriata abbia fatto a Federica.

Ciò che l'ha salvata è il fatto che nemmeno lei sapesse che la Trepalle e Scilla si stessero frequentando (il modo in cui è impallidita al vederli me l'ha confermato), e quindi la persona a cui domattina farò una sfuriata è Gloria. Sono sicura che lei sapesse gli invitati al suo stesso matrimonio e che mi abbia tenuto nascosto il particolare per scongiurare un mio cambio di idea.

In quanto a Sanchez, invece, deduco che per essere venuto assieme a Tommaso, qualcosa gli abbia aperto gli occhi sul suo vero orientamento sessuale. L'invito diceva espressamente che sarebbero stati accettati eventuali fidanzati o addirittura consorti, quindi logica vuole che lui non sia qui in veste di semplice amico.

Non da come portava eroicamente in spalla anche la valigia di Tommaso - no no.

Sinceramente, non so spiegarmi come abbia fatto a passare da sciupa-femmine a gay e addirittura compagno di Fiore, ma di sicuro non vedo l'ora di sondare il terreno quando avrò l'occasione di parlare con Lorenzo. Lorenzo che, tra le altre cose, è l'unico che non mi ha salutato né abbracciato al suo arrivo.

Bene, ma non benissimo.

L'unica cosa positiva è che siamo tutti qui; dunque, eccetto io, Tommaso e Pierpaolo, nessun altro di noi è venuto in coppia. Già questa classe è strana; se ci mettiamo ad aggiungere ingredienti del calibro di Davide, Lionel e Silvia, altro che manicomio. Facciamo direttamente lo zoo (velata allusione al fatto che io consideri Silvia, Lionel e Davide delle bestie. Silvia in primis.).

"Comunque. Io ora andrei a dormire." se ne esce Alessandra, stiracchiandosi con grazia. "Devo riposare almeno otto ore e prendere musli per colazione. Segnatelo, Magno."

"Ehi. Dato che non pagate, Gruccia, niente pretese."

Lei si alza con una scrollata di spalle: "Hai già perso una stella, per me."

Alessandra è rimasta praticamente uguale: alta, snella, elegante e sempre perfetta nel vestire. La sua novità è che a quanto pare ha una relazione stabile, ora - il che è difficile da credere, dato che ho sempre pensato a Satana come single, però ci ha pure mostrato le foto.

Il fortunato (martire) si chiama Johannes, ed è un surfista olandese che ha conosciuto durante le sue ultime vacanze a Formentera. Una relazione piuttosto a distanza, ma che dura già da un anno... e beata lei che ci riesce, oserei dire, ma poi la guardo e mi sembra sempre e comunque infelice. Non so se sia perché Johannes non è riuscito a venire al matrimonio, oppure perché qualcosa nella sua vita non è esattamente come vorrebbe, ma è chiaro come il sole che gli angoli della sua bocca non siano sempre rivolti all'ingiù per colpa della gravità.

Sculetta verso l'interno della villa, facendo partire a ruota una serie di scuse per cui non è l'unica a eclissarsi. Alla fine rimaniamo in pochi, un piccolo gruppo che decide di aspettare l'arrivo di Cris e Diego.

I due sarebbero dovuti arrivare oggi verso mezzogiorno, ma la macchina li ha lasciati a piedi e poi hanno dovuto fare delle tappe lungo la strada, quindi sono ancora in viaggio. Il che è ridicolo, dato che sono i più vicini, ma dopotutto si portano appresso non solo uno, ma ben due bambini.

Forse non l'avevate capito, ma Cris e Diego sono diventati genitori due volte: quattro anni fa e poi tre anni fa. Un maschio e una femmina, con solo dodici mesi di differenza, e io non vedo l'ora di rivederli. L'ultima volta è stata circa due anni e mezzo fa, in circostanze ad alto livello d'imbarazzo, ma innegabilmente commoventi.

L'occasione era quella del battesimo della secondogenita: Cris e Diego avevano invitato tutti e poi ci sarebbe stata la grigliata collettiva. Ovviamente, non potendo chiedere di non invitare Mattia, non diedi la mia adesione. Aspettai un po' ubriacandoli di scuse e alla fine, troppo preoccupata che lui potesse presentarsi, rinunciai.

Mi fece talmente male che quasi non riuscii ad affrontarli, in seguito, ma allo stesso modo non potevo mancare per la piccola. Andai da loro a feste finite, qualche giorno dopo, e per quel motivo fu imbarazzante. Diego non riusciva a nascondere la delusione e Cris aveva sicuramente capito che la mia assenza non era dipesa da impegni.

Da un lato scelsi saggiamente, dato che alla fine Mattia si presentò al battesimo, ma dall'altro soffrii così tanto che fu anche l'ultima volta che li vidi di persona. Avevo toccato il fondo e loro lo sapevano, si leggeva nelle loro facce che condividevano questo pensiero.

Quindi me ne andai a studiare lontano e, tra una cosa e l'altra, riuscii a salvarmi la faccia non facendomi più vedere. Chiaramente, rimasi in contatto con loro, per seguire le loro vite e quelle dei bambini. Cris non ha mai smesso di inviarmi una quantità industriale di foto, anche se nell'ultimo periodo pure la comunicazione tra me e i Vallicroce si è fatta più saltuaria.

Non so se il motivo riguardi me in persona o la loro vita che è diventata inevitabilmente più caotica e impegnata, ma sono fiduciosa che si tratti della seconda opzione. O almeno lo spero.

In ogni caso, spero anche che questa sia l'occasione per iniziare a rimediare a molti errori, primo fra tutti, la mia assenza nella vita di due dei miei migliori amici e i loro figli. In più, naturalmente, non vedo l'ora di rivedere quelle due meraviglie vallicrociane... saranno cresciuti un sacco!

Mentre mi scrollo l'eccitazione di dosso, decido di alzarmi per fare due passi e, rassicurati Marco e Federica con lo sguardo, mi allontano verso il laghetto.

Questa villa ha tutto: una piscina sul retro, un laghetto artificiale, una stalla e dei recinti, un quarto di bosco e pure una dependence dove alloggeranno i tizi del catering, quando arriveranno. Di sera è davvero suggestivo scoprirla nei suoi vari angoli, specialmente in questa zona.

Magno ha fatto installare Veneri luminose ogni tre metri, quindi non c'è mai buio, e se si seguono si arriva al laghetto, al cui centro galleggia una fontanella illuminata. Non è che sia un'attrazione troppo grande; il diametro di questo specchio d'acqua non supera i cinque metri, però è d'effetto e ci sono pure i pesci che ogni tanto si avvicinano alla superficie. Per completare l'oasi, Magno ha creato una zona romantica, con un'amaca gigante e due lanterne che pendono dagli alberi. Poverino: i soldi gli escono davvero al posto della cacca.

Ma tutto sommato capisco l'esigenza: lui e Gloria dovranno pur consumare i momenti d'intimità in pace, no?

In più, non è una mansione nei colli, se non la puoi gustare dondolando, infatti non resisto e mi siedo sulla rete, constatando che in ventiquattro anni mi è davvero mancata la presenza di un'amaca nella vita. È il paradiso, ve lo assicuro. Compratevi un'amaca e non avrete più pensieri negativi.

Tuttavia, sebbene l'ideale adesso sarebbe stravaccarsi qui sopra e produrre profonde riflessioni sul senso dell'esistenza, qualcosa mi impedisce di farlo, poiché mi accorgo che qualcun altro si sta avvicinando.

Ora, le opzioni sono tre: mi nascondo, mi fingo morta stecchita come gli opossum sperando di passare inosservata, oppure lo saluto.

"Ehi, Lori."

Ha vinto la decenza!

Lorenzo non si aspettava di incontrarmi, così sussulta spaventato, ma poi si apre in un sorriso: "Nelli, per fortuna sei tu. Per un attimo ho creduto che queste Veneri da esterno chiamassero il mio nome."

"Se ci pensi, i film dell'orrore iniziano sempre così." osservo. "Un gruppo di amici si ritrova dopo anni per una rimpatriata nella casa enorme del riccone di turno. Si dividono in sottogruppi e piano piano iniziano a scoprire cose inquietanti. A un certo punto si deduce che è infestata da spiriti assassini e i personaggi muoiono uno a uno, a partire dal più antipatico."

"Allora non sono a rischio." sospira. "Alessandra lo è."

"Oh, lei sarebbe proprio la prima. Verrebbe afferrata per la caviglia e trascinata fino a un pozzo in piena notte, gridando come sue ultime parole un gallinaceo: non ho dormito otto ore, morirò con le occhiaie!"

"Hai fatto una maratona di film horror, ultimamente?"

"Nah, Sayid giocava ad Until Dawn sulla PlayStation."

"Non so e non voglio sapere." ridacchia con sguardo malizioso. "Ma di Sayid sì che mi interessa, invece. Come sta procedendo?"

Lorenzo salta sull'amaca sistemandosi di fianco a me e io non posso che trattenere il fiato per questa sua trovata. Mi ero disabituata al contatto con lui e risulta abbastanza strano averlo così vicino e così di buon umore.

Non che adesso mi faccia anche problemi a stare seduta vicino a un amico, che sia chiaro. È solo che i trascorsi tra me e lui sono molto molto travagliati e l'ultima volta che abbiamo avuto occasione di parlare è stato per urlarci addosso, quindi, sì, è strano.

Ma volete prima questa storia o le balle su Sayid?

"Procede bene."

Ok, vada per le balle su Sayid.

"Abbiamo fatto cinque mesi, solo che adesso ci siamo presi una pausa di riflessione." spiego, sommariamente.

"Mi sono perso tra il procede bene e la pausa di riflessione."

"È una tappa normale, no?" improvviso sapendo benissimo di fare la figura della disperata. "Dopotutto, cinque mesi non sono così pochi e... ci sono delle idee da riordinare, sai... sentimenti da mettere in chiaro."

"Quindi l'hai lasciato tu o ti ha lasciato lui?"

"Non ci siamo lasciati."

"Tu o lui, Marinella?"

Sospiro un sonoro 'ah' di autocommiserazione e poi sfiato: "Lui."

"Che merda." commenta, mascherando molto bene quello che entrambi sappiamo che pensa in realtà. "Mi sembrava che fosse soddisfatto con te, ma quelli così hanno sempre un motivo per non apprezzare ciò che hanno."

"Lori, siamo solo in pausa." insisto. "E poi comunque è soddisfatto, è solo che ha bisogno di pensare a fondo alle sue prossime mosse e io lo capisco. Non è che mi sia sfondata di Nutella e Netflix solo perché per una buona volta un uomo richiede di voler usare la testa."

Sento questa frase in modo fin troppo allusivo persino per me, così cambio rapidamente soggetto prima che si finisca alle solite.

"Ti sei fatto un piercing."

"È un orecchino." precisa toccandosi il lobo sinistro, su cui porta l'oggetto. "Ed è piccolo e opaco, così nessuno potrà dire che sembro una donna."

Trattengo malamente una risata, ma è impossibile non trovarlo buffo: "Non sei mai sembrato una donna; nemmeno quando ti vestivi di rosa. Che pare mentali ti fai, adesso?"

"Una al mese: in aprile andiamo con tutti i look che mi fanno sembrare al contempo gay e maschio alfa."

"Lori, sei sempre il solito."

"Per fortuna." conclude tagliente, e la tensione si riappropria dell'aria.

E va bene, è il momento che lo sappiate anche voi. Il mio rapporto con Lorenzo è stato burrascoso sin dal primo giorno in cui è partito per Modena, assieme allo stronzo. Certo, allora nemmeno lui aveva idea che sarebbe successo, ma quel fatto ha colpito tanto la mia vita quanto la sua.

Inizialmente mi ha cercato in tutti i modi e, come i miei amici, ha dovuto trovarsi uno spiraglio nella nebulosa che costituiva i miei sentimenti del periodo. Ritornare a parlare con lui è stata dura, ma mai come lasciare che un giorno ci incontrassimo di persona.

Erano passate due settimane dalla sua partenza e lui era tornato a Venezia appositamente per stanarmi e parlare con me. Credevo sarebbe stata una missione di pace, invece fu l'esatto contrario. Lorenzo mi coprì di accuse e di rimproveri per aver reagito in un modo così orgoglioso e testardo, ingiusto e addirittura inappropriato. Non veniva a parlarmi solo per se stesso, ma anche in difesa di Mattia, che era stato, secondo lui, condannato a una sofferenza immeritata.

Andò a colpire esattamente lì dove faceva più male e mi lasciò talmente basita da togliermi la parola. Tutto mi sarei aspettata, ma non che il mio migliore amico si sarebbe schierato con il nemico. Non che si sarebbe messo dalla parte di uno che a lui stesso non piaceva, mettendo così in pericolo la nostra amicizia.

Mi aggredì con liste di comportamenti che secondo lui erano stati sbagliati da parte mia; mi disse che stavo rovinando la vita a Mattia e a me stessa. Io gli risposi, urlando, che lui non ne sapeva davvero nulla della mia vita e non ci parlammo più per diversi mesi. Ma un migliore amico non passa come un raffreddore e così riprendemmo a scriverci, con cautela, dopo un po'.

Ancora una volta credetti che Lorenzo avrebbe finalmente capito le mie ragioni, invece presto ricominciammo a tornare su quell'argomento e a litigare in ogni modo possibile. Capii che sarebbe diventato un rituale, ormai, perché io non mutavo le mie intenzioni nei confronti dell'idiota e lui quell'idiota lo difendeva pure. Assurdo.

Ma mantenere il rapporto con Lori era fondamentale per me, anche se era diventata una sofferenza: sostenevamo due casi agli antipodi e non volevamo venirci incontro. L'unica cosa che continuava a tenerci uniti era l'amicizia e proprio in soccorso di questa decidemmo di intervenire.

Ci prendemmo un periodo di pausa - io e i periodi di pausa, un amore indissolubile - e per una bella fetta di tempo ci ignorammo completamente. Fu molto dura, ma sapevo che nessuno dei due avrebbe ceduto sulle sue convinzioni, e quindi era meglio così.

L'equilibrio si ruppe quando ci incontrammo a un compleanno di Federica: riunirci venne naturale, ma portò con sé la solita musica e quindi finimmo addirittura per rovinare la festa alla nostra amica. Da lì in poi continuammo a vederci solo in sporadiche occasioni, complice anche il mio trasferimento, e concordammo che era meglio così, per il bene di tutti.

Dal mio arrivo a New York la situazione è migliorata, dato che in quella bolla protettiva sapevo che ogni tanto una telefonata me la potevo concedere e che se avessi finito per litigare con Lori, sarei corsa a sfogarmi da Sayid, tramite il nostro sesso sbollitore.

Tra una discussione e l'altra - sempre e comunque su quell'idiota di Zingaretti - un po' delle nostre vite ce le siamo raccontate finora, e quando non si litiga, riesco ancora a godere di quella sana, necessaria e pura amicizia che ci lega nel profondo e che, tutto sommato, è sempre rimasta: aggrappata con le unghie e con i denti alla speranza che prima o poi l'orgoglio di uno dei due cada.

La vedo dura, ovviamente, specialmente in quanto sono convinta che la ragione di tutto sia Zingaretti. Lorenzo non si sarebbe mai rivoltato contro di me, se lui non gli avesse fatto il lavaggio del cervello, e credo che condividere una partenza o, comunque, un trasferimento insieme, li abbia uniti fin troppo. Maledetto fu quel giorno in cui salirono sullo stesso treno.

"Senti, non voglio che questo matrimonio sia una merda." esordisce allora, sfregando i palmi tra di loro con espressione persa. "Sarà già molto difficile per te e non mi sembra sia il caso di aggiungere carne al fuoco. Farò come gli altri; cercherò semplicemente di recuperare un rapporto, al di là delle divergenze."

"Che concessione, Castelli. A cosa devo l'onore?"

"Mi hai stupito scegliendo di venire." confessa, sentitamente. "Onestamente non ci avrei scommesso un centesimo e ho continuato a prendere in giro gli altri perché nutrivano speranze vane."

"Non riesci più a prevedermi come una volta."

"Al contrario, ti prevedo ancora molto bene." rivela. "Difatti sono certo che questo sia uno strappo alla tua stessa regola, vero?"

Rimango per un attimo in silenzio, scrutando il suo volto ormai a tutti gli effetti da uomo, gli zigomi pronunciati e i capelli perfettamente domati dal gel: "Spero solo di aver fatto la scelta giusta, Lorenzo."

"L'hai fatta." mi sorride posando la mano sulla mia, ma senza stringerla. "E per la cronaca, sono felice che tu sia qui. Tanto."

Sorrido anche io al mio amico e rubo questo momento chiudendolo nel mio cuore, perfettamente consapevole del suo valore: "Grazie."

Non so quanto durerà, prima che lui ricominci a dirmi quanto stronza sono nei confronti di Mattia, quanto gli abbia fatto male e quanto gliene stia facendo dal giorno in cui non ho voluto capirlo. Per questo, decido di non dire niente di più, nemmeno di accennare al fatto di Lionel e Tommaso. È meglio se rimaniamo entrambi in silenzio, a godere del rumore dell'acqua e del dondolio dell'amaca.

In fondo, a volte, tra amici è meglio così. Quando ogni parola è una scintilla in un campo di micce, solo il silenzio può garantire la tranquillità, sebbene la dinamite rimanga sempre lì, in attesa di esplodere.

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Non passa molto tempo, prima che un rumore di freni catturi la nostra attenzione e ci avvisi dell'arrivo di Diego e Cris.

Non si capisce se siano venuti con un'auto o con una carriola, ma appena raggiungo gli altri, radunati davanti al cancello, tutto si fa più chiaro. A stridere è una vecchia Ford guidata da un loro conoscente, che li fa scendere, frettoloso di potersene andare. Chissà quali peripezie hanno passato per giungere sin qui a mezzanotte, accompagnati da un tizio mai visto, ma la cosa perde tutta la sua rilevanza quando compaiono davanti ai miei occhi.

Per primo scende Diego, allegro, sorridente e per nulla cambiato. Ha sempre i capelli spettinati e raccolti in un codino dietro la nuca, ma vedo che sulle braccia mostra alcuni tatuaggi che si è fatto fare nel corso degli anni.

Immagino che ormai sul pube abbia esaurito gli spazi.

In seguito, fa la sua comparsa il baby Vallicroce, simile al padre come ricordavo, anzi, direi piuttosto identico. Ha i capelli lunghi che si arricciano sulle punte come quelli di Cris, ma sono dello stesso colore di quelli di Diego, come gli occhi. Stessa postura, stesso sorriso e pure stesso modo di camminare del Vallinator.

Prego tutti i santi perché Diego non l'abbia educato prendendo se stesso come esempio.

"Dai, scendi, muoviti." il bambino tira sua sorella per la maglietta, mentre lei, piccolina e paffuta, fatica a scendere dall'auto.

Mi sa che invece segue proprio le orme del padre, in tutto e per tutto.

La vera sorpresa è quando vedo la piccola alla luce del giardino: è bellissima, con gli stessi occhi castani di Cristiana, ma una cascata di ciocche rosso sangue che le scendono fino alla schiena. Da chi abbia preso quella particolarità non lo so proprio... l'ultima volta che l'avevo vista era troppo piccola per avere tratti ben sviluppati, invece ora sembra davvero una di quelle bamboline di ceramica da collezione. Magari lei ha ereditato la creanza di Cris e la sua prima parola non è stata 'cazzo'. Vi assicuro che quella del più grande lo è stata: Cris mi mandava i video di lui che sillabava "Ca-zzo" mentre Diego lo incitava felice.

Come rovinare i tuoi figli; manuale scritto e redatto da Diego Cazzo Vallicroce.

A questo punto, pare che le sorprese siano finite, ma poi anche Cristiana esce dall'auto e allora capisco che questi due sono davvero pazzi.

Ma proprio fuori di testa.

Dopo aver ringraziato il conducente per il passaggio, lei si volta verso di noi e mostra, sotto il vestito, il pancione pronunciato di chi fuori dalle lenzuola proprio non sa starci.

Mi soffermo a sondare le espressioni altrui: bene, non ero l'unica a non saperlo. Cris è incinta. Per la terza volta. Peggio dei conigli, davvero.

"Bambini Vallicroce, a rapporto!" Diego afferra le valigie e chiama a sé i suoi figli. "Salutate tutti quanti, come concordato."

I due piccoletti ridacchiano e poi si disperdono per salutare gli altri, mentre Diego annuncia a tutti che, sì, ha nuovamente impregnato Cris (queste sono le parole che usa) e invaderà il mondo con la sua stirpe. Cris ride e prima di andare da chiunque altro, si avvicina a me.

Non si prende tempo per dire qualcosa, ma mi abbraccia direttamente, stringendomi così forte da togliermi il respiro per qualche secondo. Tutto così inaspettato e così dannatamente familiare: un abbraccio del genere lo abbiamo scambiato solo cinque anni fa, al finto funerale di Ai Zu e mai come ora mi sembra di essere in viaggio mistico, in un'altra dimensione spazio-temporale.

La gola mi si chiude letteralmente, mentre anche il profumo di Cris mi trasmette scariche di emozioni di ogni genere. Lei è molto meno magra di un tempo, anzi, complice anche la gravidanza, ha messo su diversi chili e il suo viso rotondo è più vivace che mai.

Prima di staccarsi da me e ridarmi il respiro, sussurra al mio orecchio: "Sono due gemelli e stavolta al loro battesimo devi assolutamente esserci."

Così gli occhi mi si inumidiscono, prima ancora che il piccolo Vallicroce scansi sua madre e si pari di fronte a me.

"Ciao!"

"Ciao..." sussurro, con la voce tremante e gli occhi indecisi se fissarsi su Cris, sul suo pancione o sul viso determinato del bambino.

"Zia Nelli, lo sai che so contare fino a cento, far vedere i pettorali e ho baciato già dieci bambine dell'asilo?"

Annuisco, impressionata.

"Perfetto, Fil, ora che ti sei vantato, perché non dai la parola a tua sorella? Zia Nelli non la vede da un po'." lo incoraggia Diego.

La piccolina si fa timidamente avanti e si presenta con le mani dietro la schiena: "Cia-cia-ciao, zi-zi-zia Ne-Ne-..."

"Nelli." fa Filippo Vallicroce.

La sorella lo guarda male e prosegue: "I-io o-ora ho t-t-t-tre anni."

Mi mostra la mano con il pollice, l'indice e il medio alzati, ma Filippo la scansa malamente e si rivolge a me: "Vittoria non ha mai baciato nessuno e non gli sono ancora cresciute le tettine."

"Si dice 'le'." lo corregge Diego, facendomi l'occhiolino.

"Poi è anche scema, rompiscatole e balbetta sempre."

"Filippo!" stavolta Diego non approva e si china per guardare suo figlio con espressione severa. "Chiedi scusa a tua sorella. In quanto una femmina e stirpe dei Vallicroce non può mai essere offesa."

"Però non dici nulla se commenta le sue tette." osserva Cris, lanciando a Diego un'occhiataccia e assomigliando terribilmente a sua figlia qualche secondo fa.

"Amore, ha solo detto la verità. Su quello non posso dissentire, non voglio insegnargli la disonestà."

Filippo sbuffa e senza nemmeno guardare Vittoria mormora un "Ok, scusa.".

Ancora molto in difficoltà alle prese con il nodo alla gola, sorrido a entrambi i bambini: "Piacere di rivedervi, siete cresciuti tantissimo." poi alzo gli occhi su Diego e Cristiana. "Sono davvero bellissimi."

"Grazie." cinguetta Cris e poi li prende per mano. "Adesso muovere le chiappe e a nanna ché è tardi! Oh, ciao Ile..."

Cris si perde a chiacchierare con alcuni di noi, mentre Vittoria si lamenta perché non vuole andare a dormire e Filippo sfugge al suo controllo per ammirare la fontana e imitare la posa di Marte (è proprio un Vallicroce).

Finalmente, mi posso rivolgere a Diego faccia a faccia e gli faccio un sorriso enorme, spontaneo e orgoglioso per quello che i miei occhi hanno appena visto e appreso su di lui.

Ma lui non ricambia per niente e mi guarda con un'espressione fredda.

"Diego?" forse si è incantato, perciò faccio mezzo passo verso di lui, con il sorriso ancora in volto.

"Vaffanculo." dice semplicemente, rimanendo rigido nella sua posizione.

Spero davvero di aver sentito male: "Come?"

"Vaffanculo, Marinella." ripete, senza mutare minimamente di tono o emozioni. "Sono praticamente due anni che non ti vedo, senza contare i tre precedenti in cui ti ho visto con più difficoltà di quante ne abbia un ergastolano a ricevere visite."

Oh.

Il mio sorriso si affievolisce: "Ma..."

"Ma che cosa?" rilancia, pungendomi ancora di più con quell'attitudine a cui nemmeno riesco a credere.

Così farfuglio qualcosa di confuso: "Ma poco fa sembravi contento... io... credevo che..." in effetti, non collego il suo tono e la sua faccia a quanto successo qualche secondo fa, quando mi ha fatto l'occhiolino ed era allegro ed entusiasta come tutti.

Diego si avvicina a me e abbassa la voce, in modo che ci possiamo sentire solo noi due: "Per loro io voglio solo il meglio e se zia Nelli si è finalmente fatta viva, voglio che imparino a conoscerla e che ci giochino come hanno fatto con tutti, per questi anni. Ma io e te non abbiamo niente da dirci, Marinella, non dopo che sei sparita dalla circolazione e ti sei dimenticata di me, nonostante quello che abbiamo condiviso."

"Ma... ma, Diego, io... non mi sono dimenticata, io ho continuato a rimanere in contatto con te e Cris... per telefono... "

"Oh, wow, quei messaggi sono stati davvero importanti per la mia vita, ma specialmente per la crescita di Filippo e Vittoria."

"Diego, mi sono comportata così con tutti. Questo matrimonio è il primo evento a cui partecipo, dato che Mattia... insomma, tu lo sapevi che era per colpa sua..."

"Un cazzo." sbotta, sfoderando una serietà che mai e poi mai in tutta la vita avevo sentito nel suo tono. "Tu te ne sei semplicemente strafregata di chi ci teneva a te. Hai lasciato che il tempo scorresse sperando che ti avremmo automaticamente capita. E io ti ho capita, ma dopo un po' ho iniziato a non capire più. Ho desiderato che fossi prima la madrina di Filippo e poi la madrina di Vittoria, dicendo a Cris, quando era incinta, che quelle su di te erano cazzate e che ci saresti venuta a quel cazzo di battesimo. Invece come al tuo solito hai solamente raggirato l'ostacolo e ti sei presentata giorni dopo, con una faccia di bronzo e un giocattolo che Filippo ha sfasciato subito. Cris aveva ragione ad insistere e infatti non te l'abbiamo mai nemmeno chiesto, per non darti la pena di inventare scuse epiche con cui rinunciare a fare da madrina ai miei figli. Perché, cazzo, quello sarebbe stato una vera merda sia per te che per noi che per loro. Anche se, te lo garantisco, è stato comunque uno schifo. Certo, hai fatto la visitina di circostanza e inviato il classico, patetico messaggino di congratulazioni, ma secondo te poteva davvero bastare?"

"Diego..."

Grado di difficoltà: massimo.

Funzioni vitali: compromesse.

Voglia di vivere: assente.

"A Cris e agli altri sì. Si sono sempre fatti bastare le stronzate che hai detto, dopotutto, ma a me no. E anche se ci litigo con Cris, perché mi dice di non essere così duro con te, a me non frega un cazzo. Sii pure la fantastica zia Nelli che Fil e Vitto non hanno avuto finora e, stai tranquilla, con loro non farò mai una parola cattiva su di te. Ma non credere che per me questi anni siano volati come niente."

Diego mi guarda per un altro istante, poi se ne va prendendo appositamente contro la mia spalla e mi lascia così. Ferita, boccheggiante e con un'enorme, pesantissimo, insormontabile senso di colpa che mi ha appena schiacciato a terra.

Ecco, lo sapevo.

Immaginavo che sarebbe successo.

Ed è un vero peccato, perché stava andando tutto bene.

***

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Volevaaaate che fossero tutti più grandi e maturi, eh?

Dallo scorso capitolo, eravate molto ansiosi di sapere di più sulle vite dei nostri amati personaggi. Ho sentito molta apprensione per Lori (vi ringrazia per l'affetto) e curiosità per Diego e i suoi pargoli. Contenti adesso? Nelli sicuramente no XD

Ma sono sicura che il vostro chiodo fisso è ancora lì: dov'è Mattia? Quando potremo vederlo? Se avete letto tra le righe, avrete già capito, altrimenti vi rassicuro sul fatto che sarete presto accontentati :)

Prima di salutarci, qualche domanda per voi:
1) come vi è sembrata la classe quasi riunita? Metro di valutazione da 'andrà tutto bene' a 'si uccideranno a vicenda'.
2) quanto molesto è Davide Argenti?
3) vi immaginavate quanto letto su Nelli e Lorenzo? Come valutate il loro rapporto adesso?
4) Lionel e Silvia Trepalme. Parliamone.
5) vi ho fregati su Diego e Cris... non sono nemmeno 2, ma 4. Lo chiamiamo Vallinator o Impollinator?
6) che ne pensate dell'atteggiamento di Diego nei confronti di Nelli? Chi capite di più: lui o lei?
7) ma allora avete capito che cosa c'entra Mattia Zingaretti?

Sono troppo curiosa di leggere le vostre risposte! E, tra l'altro, volevo congratularmi con i 9 su 52 di voi che hanno partecipato al sondaggio nel gruppo e hanno indovinato i nomi del primo e della secondogenita Vallicroce: Filippo e Vittoria <3 Ora ci sono altri 2 nomi da decidere e più avanti toccherà proprio a voi! Un omaggio da Nicole e Micol:

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Dunque fatemi sapere i vostri commenti sul capitolo in questi lunghi 10 giorni d'attesa. Eh già, ho deciso che, se tutto va bene, vorrei pubblicare sempre secondo questa cadenza, così da permettere a tutti di seguire con calma la storia, ma allo stesso tempo di non farvi aspettare troppo.

Già che ci siamo, vi avverto circa i primi ipotetici programmi per la storia: a differenza di Io e te 1 e 2, Io e te 3 conterà meno di 20 capitoli, forse addirittura 15. Non allarmatevi: è un calcolo piuttosto teorico, quindi potrebbe essere modificato in qualsiasi momento. Ovviamente a me piacerebbe scriverne molti di più di 15, ma bisogna vedere se mi vengono altre idee e quali. Per il materiale che ho ora, si prevedono appunto intorno ai 15 ricchissimi capitoli (sono tutti piuttosto intensi). In ogni caso, il dato certo è che saranno capitoli lunghissimi XD Saremo spesso attorno alle 10 mila parole, ma capiterà anche di sforare, vi avverto già!

Ora vi lascio con tutti i miei contatti e ringrazio voi, la beta e le disegnatrici per questo capitolo! Ci si sente il 30 settembre! (probabilmente anche il 29, dato che il 30 penso di avere un impegno, ma ci aggiorniamo)!

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Capitolo 4
*** Testimone numero 2 ***


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"Io e te" è semplicemente complicato 

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Testimone numero 2

Il mio mattino non ha l'oro in bocca.

La villa di Magno ha l'oro in bocca, io invece ho solo l'amaro in bocca e mai come oggi odio me stessa.

Mi odio tutta: il mio carattere, la mia debolezza psico-fisica, la mia faccia che quando succede qualcosa diventa mostruosa. Avere le occhiaie è solo l'ultimo dei problemi; mi è anche uscito un brufolo sul mento e il primo capello bianco.

Non si posso avere i capelli bianchi a ventiquattro anni!

Cioè sì, si possono avere, ma io ho già abbastanza difetti, perciò non vorrei aggiungere alla lista anche l'effetto sale-pepe precoce.

Tuttavia, se mi sto imbruttendo, do la colpa a Diego: con quello che mi ha fatto passare ieri sera, il minimo che mi possa aspettare è di avere perso vent'anni di vita e acquisito un aspetto sbattuto. Il resto si compone di: poco appetito, bruciore di stomaco e intensa voglia di morire.

Ok, o morire o comunque andarmene da qui.

Era logico che volessi levare le tende, no? Dopotutto, abbiamo appreso che è il mio modo di reagire ai problemi: tra zebra e leone sono molto più affine alla prima specie.

Prima di fare fagotto e sparire, però, ho atteso che Federica si svegliasse per raccontarle ogni cosa, fiduciosa che forse lei avrebbe potuto mostrarmi le sfaccettature positive della situazione. Ma non ho considerato che:

a – in quanto pigra di professione, lei sta ancora tra le lenzuola e;

b – Federica è una persona di raziocinio e non di speranza, quindi se ho bisogno di bugie a fin di bene, non posso rivolgermi a lei. Mi serve qualcuno tipo Ilenia o Cristiana, ma codeste persone sono ancora troppo incazzate con me perché io possa molestarle in tranquillità.

Be', ok, Cris non sembra più di tanto arrabbiata, ma dopo le parole di Diego, voi sareste tranquilli a mostrare le vostre facce in giro? E poi non parliamo di Ilenia: sono sei mesi che non partecipo all'uscita collettiva con le mie amiche e, prima di New York, mi persi anche un suo spettacolo a cui, ovviamente, Zingaretti andò.

Inutile dire quanto patetici siano stati i fiori che le feci mandare assieme alle mie scuse per non aver potuto assistere.

Quindi sono scesa di buonora e ho sbollito i sentimenti più scottanti da sola, diluendoli in uno yogurt magro immangiabile. Ho sperato che il famoso tempo curasse le famose ferite e mi desse la forza di non scappare, ma sono già passati quaranta minuti e mi sento comunque depressissima. Nell'attesa, me ne sto qui seduta a pugnalare lo yogurt con il cucchiaino, mentre nella casa tutti iniziano a destarsi e saltellare eccitati.

Per cosa non si sa.

C'è gente che ronza per le stanze di Villa Magna dalle otto del mattino; alcuni che organizzano gite in città, altri giornate a prendere il sole, altri ancora che semplicemente studiano per i prossimi esami che devono dare. Ma sono tutti allegri e spumeggianti, mentre la sottoscritta sta immaginando scorci di futuro drammatico in solitudine.

Prima la laurea di Filippo Vallicroce: la foto con tutti gli zii dell'ex 5A e il fotografo assunto da Diego che erroneamente taglia l'angolino dove compaio anche io.

Poi il diciottesimo di Vittoria. Tutte le ragazze dell'ex 5A vestite a tema e io, erroneamente non informata, che mi presento sulla porta con uno scialbo vestito casual e il libro di Harry Potter come regalo. Ovviamente a Vitto non piace Harry Potter, ma Diego mi ha erroneamente detto il contrario.

Infine il matrimonio di Filippo e Vittoria (si spera non fra loro): i loro ringraziamenti andranno alla persona che è stata loro vicina per tutta la vita; la loro madrina, che erroneamente non sono io, e che Diego farà entrare nella famiglia Vallicroce con una benedizione mafiosa.

Io, come adesso (e come sempre), me ne rimarrò in disparte a guardare e ad odiarmi.

Ma allora perché non me ne vado e basta, piantandola con questa pagliacciata? Perché non mi arrendo al fatto di aver rovinato tutto e di essermi giocata tutte, o quasi, le mie amicizie? Forse perché ormai sono qui. Forse perché Fede aveva ragione e dopo ieri sera mi sono resa conto di ciò che potrei perdere.

È vero, non mi aspettavo il risentimento di Diego, o almeno non così tanto, ma posso sempre fargli cambiare idea, no? Mattia non c'è e gli altri mi vogliono ancora abbastanza bene: quanto potrà essere difficile far capire a Diego che ci tengo davvero, anche se finora non è sembrato?

Magari non succederà tra due giorni, ma vedendo il mio impegno nel mettere toppe laddove ho causato dei buchi, si intenerirà. Lo prenderò per la sua vena debole: i bambini. Sì, perché no? Sarò per loro meglio di una zia, sarò la loro migliore amica!

Dopotutto, io ci so fare con i bambini; ho dovuto sopportare un fratello nudista iperattivo per ben sedici anni e mezzo! Sarà una passeggiata conquistare Vittoria e Filippo, ho già delle idee favolose.

Con rinnovata motivazione, quindi, decido che, cascasse anche il mondo, sarò io la zia preferita di quei due bambini e riconquisterò l'affetto di Diego. E alla fine mi ameranno così tanto che trasmetteranno il loro amore anche a Diego e, di conseguenza, quella ad entrare nella famigghia Vallicroce sarò io!

Per enfatizzarmi ho appena conficcato il cucchiaino nello yogurt e Magno è apparso davanti a me.

"Vediamo se sono il prescelto." dice, poi lo afferra e lo estrae dal vasetto, esultando per se stesso come se lo stesse facendo una folla. "Chiamami Artù."

"Divertente, Magno. Che ci fai qui? Non sei a scrivere i tuoi voti?"

"Prima si fa colazione." mette le mani avanti, aprendo il frigo. "E poi comunque oggi dobbiamo andare dal fioraio, quindi i voti li scriverò più avanti."

"Più avanti, non più tardi?"

Magno si ferma un attimo di troppo prima di guardarmi e io capisco che qualcosa non va.

"Non sai che cosa scrivere, vero?"

Magno alza le spalle: "Non capisco perché si debba fare tutto all'americana. Io il mio voto l'avevo già imparato a memoria, vuoi sentire? Io, Alessandro, accolgo te, Gloria, come mia legittima sposa. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e ono-"

"Procedi, Magno."

"Be', l'avevo già imparata tutta, con tanto di strizzatina d'occhio verso la fine, ma poi qualche stronzo ha suggerito a Gloria che fossimo noi a scriverli e voilà! Ora dovremo ideare e pronunciare davanti a tutti i nostri voti personalizzati." conclude la lamentela allargando le braccia e facendo ondeggiare il latte dentro al cartone.

"Sono stato io!" annuncia Pierpaolo irrompendo nella cucina e rubandogli di mano il latte. "Ho pensato che per una come Gloria ripetere una cantilena fosse troppo banale, così le ho parlato del mio amico che si è sposato in America e ha recitato davanti a tutti dei voti scritti di suo pugno... super romantici."

Magno inspira sonoramente: "Allora mi correggo: non è stato uno stronzo a suggerirlo, ma una merda di cavallo di dimensioni epiche."

"Ti dovrai confessare cento volte prima di sposarti."

"Pierpa, perché?"

Mentre Magno fa gli occhi da cucciolo, Scilla alza le spalle e beve il latte freddo direttamente dal cartone. Così, come se non ti facesse venire la diarrea a ombrello.

"È sempre bello mettere un amico in difficoltà nel giorno più importante della vita, no?" gli risponde gustando la bevuta con un 'ah!'.

"Vaffanculo."

"Centouno." lo indica Pierpaolo, poi si passa la mano sulla bocca ricordandomi molto Heidi. "Buongiorno, Marinella. Come va?"

Alzo le spalle: "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie."

"Wow, positiva. Oggi si pensava di fare un giro in centro a Cecina, sei dei nostri?"

"Dipende." ribatto gettando lo yogurt. "Tra i vostri c'è anche Succhia Trepalle?"

"Chi?"

"La tua ragazza."

"Ah. Be', mi pare ovvio."

"Allora no. Piuttosto aiuto Magno a scrivere i suoi voti, così Gloria si accorgerà che non li ha scritti di suo pugno e divorzieranno il giorno dopo essersi sposati."

"Nelli, perché?"

"Sul mettere un amico in difficoltà ha ragione Pier." faccio spallucce, scusandomi allegramente con Magno.

Sembra strano, ma ascoltare i battibecchi dei miei compagni mi ha già messo un po' più di buon umore. Un aspetto che manca terribilmente, quando stai lontano da loro, è quel modo che hanno di interagire a metà tra l'odio profondo e l'amore sconfinato... tutti, dai più ai meno simpatici, dagli amici di lunga data ai nemici giurati.

E nessun gruppo che io abbia mai conosciuto; né all'università, né in mezzo alle mie amicizie triestine e newyorkesi, ha mai avuto questa fantastica particolarità. Anzi, a dire il vero, la 5^A è unica. Nemmeno cercando di proposito, si riuscirebbe mai a mettere insieme una simile banda.

E quindi, anche se litigano e si sovrappongono e si incasinano come i fili in una matassa di lana, non c'è niente al mondo che ti faccia sentire meglio, se non esattamente loro.

Il biondo sbuffa, poggiando in tavola il suo caffè d'orzo e qualche cereale mai visto sulla faccia della Terra, che sicuramente costerà quindici euro al pezzo: "In ogni caso, Nelli, oggi io e Gloria vorremmo che ci accompagnassi."

"Dal fioraio?" domando, con il sopracciglio scettico in aria.

"E dall'enologo. Vorremmo scegliere certi dettagli assieme a te."

Momento di silenzio significativo.

"Ok, è solo una scusa." sbuffa, incrociando gli occhi per selezionare i cereali bianchi dal resto del mucchio. "In realtà, dovresti venire dall'enologo perché sta cercando dipendenti."

Ah.

Be', la cosa si fa interessante.

Mi sporgo verso Magno, incitandolo a continuare, ma al contempo chiedendomi cosa diavolo c'entri l'enologia con il mio percorso di studi.

"Vogliono iniziare una collaborazione import-export con un'azienda della Provenza. Il proprietario è un amico di papà e... sai, mi ha domandato se conoscessi qualcuno che sapesse il francese, che cercasse un lavoro e che se ne intendesse di vini."

"Io non me ne intendo di vini."

"Nelli, tuo padre ha un'azienda di vini." mi ricorda Pierpaolo.

"Vero. Ma è sull'orlo del fallimento e non mi ha mai portato con sé, perché l'ha fatto una volta e mi sono ubriacata. Avevo otto anni."

"Senti, sei tu che devi decidere." taglia corto Alessandro, gettando i cereali scuri dentro una ciotola che poi allunga a Pier come se fosse un cagnolino a cui dai i resti del tuo cibo. "So che attualmente sei in difficoltà con il lavoro, che hai bisogno di soldi e che comunque qualche telefonata in francese sai gestirla."

"Ma la mia magistrale in America..."

"È solo un colloquio." mi sorride Magno. "Niente di definitivo e comunque la puoi sempre terminare a distanza. So che non ti mancano molti esami."

Fisso una goccia di yogurt sul tavolo con una certa titubanza, grata ad Alessandro per la sua preoccupazione nei miei confronti, ma allo stesso tempo poco convinta dalla sua offerta.

"Scusa se non te l'ho anticipato, ma Antonio, l'amico di papà, me ne ha parlato giusto qualche giorno fa. Era piuttosto preoccupato e allora mi è venuto istintivo fare il tuo nome, sapendo che saresti venuta qui. Chiaramente non è un obbligo, però pensavo che avrei potuto prendere due piccioni con una fava, ecco."

"Ehi, l'invito a uscire con noi è ancora valido." s'intromette Pier. "Vengono anche Vacca e Alessandra."

"Allora vado a cambiarmi!" decido sul momento, con espressione inquietata. "Piuttosto di uscire con la Trepalle, la Gruccia e Vacca, mi faccio intervistare pure dal fioraio."

"Ottimo!" esulta Magno.

"Come ti pare." Pier fa spallucce. "Ma sappi che prima o poi dovrai accettare l'idea che Silvia è la mia ragazza."

"E tu accetta questo: è una gallina e vi lascerete prima del matrimonio. Quello di Gloria e Magno, s'intende."

Pierpaolo rotea gli occhi e io mi ritiro nelle mie stanze.

Cerco qualcosa di carino per un colloquio di lavoro, ma non ci metto troppo impegno. Prendo la scampagnata di oggi davvero alla leggera; in fondo, credo che un'azienda di vini in Toscana non assumerebbe mai una veneta ignorante e mezza astemia come me. Sarebbe bello, certo, ma anche fin troppo utopico.

Uno perché, seriamente, io sto al vino come un bestemmiatore sta alla chiesa, ma poi anche perché, due, non ho un piano che non sia quello di laurearmi in America e proseguire la mia vita lì. Non che la prospettiva mi allieti troppo, eh, ma almeno ho una linea guida e uscire dagli schemi non è troppo nel mio stile. La percentuale maggiore di certezza è nel progetto che sto seguendo da qualche anno: concludere gli studi e sperare di finire in una scuola americana a insegnare italiano.

Ho anche inventato un mantra per convincermi che ce la posso fare: Niente è impossibile e, in ogni caso, in America è pieno di McDonald's! Che per abbreviare ho trasformato in N.E.I.E.I.O.C.I.A.E.P.D.M.

Il McDonald's serve a ricordarmi che prima di fare barbonaggio, ho sempre un piano-cuscinetto. Dai, chi non riesce a farsi prendere al fast-food in America? Voglio dire, non sarò mica troppo brutta persino per quello, no?

Mi scrollo e approvo il mio riflesso casual, ma non troppo. 

Alla fine ci vado perché tentare non nuoce, soprattutto se è per fare un favore a Magno, e sarà comunque divertente mettere in pratica quelle poche conoscenze che papà ha cercato di impartirmi mentre io mi guardavo i Simpson sul divano e lui selezionava vini dal catalogo. Chi lo sa, magari per una volta le mie utopie si realizzano davvero.

In più, oggi non ho davvero nulla da fare e Federica dorme e Davide sta "studiando" per evitare il debito che probabilmente gli daranno in tutte le materie. Naturalmente, non credo nemmeno per un secondo che stia studiando, ma me ne vado così non sono costretta a sgridarlo se lo becco a fare altro.

Ma, in fin dei conti, la verità è che mi servono speranze. Il mio piano "sicuro" è fin troppo grigio e solo il pensiero di dover organizzare il mio futuro in America mi mette malinconia. Ovviamente so che oggi non cambierà il mio destino, ma poter osservare degli spruzzi di colore ogni tanto è rigenerante. Non di meno, mi sento sollevata ad allontanarmi dalla villa, dato che l'accaduto con Diego mi ha depresso troppo.

Ho bisogno di distrarmi per reprimere la voglia di scappare... ed è una frase molto adattabile.

In ogni caso, quando tornerò, stasera, so che avrò la mente più sgombra e la giusta vena ispiratrice per restaurare questa grande opera che è la mia classe.

Ce la posso fare.

E magari pure con qualche goccia di vino in corpo che faccia passare l'agitazione.

E andiamo.

***

PRIMO BREAK

Momenti social, evvai <3

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*
E ora proviamo a entrare nelle malvagie menti di Marco e Fede e... decrifiamo, decrifiamo.

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***

Gli amici di Gloria e Magno sono troppo carini: i genitori della fioraia allestirono il matrimonio dei signori Magno venticinque anni fa e ora lei è praticamente un'amica di famiglia. Hanno un negozietto a conduzione familiare che fa angolo, per questo si chiama "L'angolo del fiore" e sono tutte persone squisite, a partire da Paola che, non solo si è complimentata per la scelta della graziosissima testimone (grazie, troppo buona, troppo buona), ma mi ha pure consigliato quali fiori si intonano al mio viso.

Per il tema del matrimonio consiglia un accostamento di agapanthus blu, gipsofila bianca e narcisi gialli. Agapanthus a simboleggiare la delicatezza di Gloria, il narciso ispirato liberamente al carattere di Alessandro e infine la gipsofila per la pura ed eterea unione dei due.

Io ho trovato la sua intuizione creativa commovente e le ho stretto la mano dicendole che lei era me, versione toscana e dal pollice verde. È stato a quel punto che lei mi ha fatto partecipare alla progettazione del bouquet della sposa e pure al mio mini bouquet. Ha detto che il narciso giallo illumina il castano dei miei occhi e che farò un figurone accanto alla sposa. Le ho chiesto se volesse essere mia madre.

Dopo la mia monopolizzazione della fioraia, lei e gli sposi hanno messo a punto ogni dettaglio. Paola verrà personalmente assieme ai suoi collaboratori per allestire il chioschetto e il tendone del pranzo; fra qualche giorno farà un sopralluogo per capire i vari spazi e le dimensioni delle composizioni. Che gentilezza. Che professionalità.

Si vede che ho bisogno di trovare un lavoro che mi realizzi, vero? E anche delle persone che mi accudiscano. Ma soprattutto la sanità mentale perduta.

Alessandro e Gloria mi hanno spiegato come intendono organizzare la giornata del 25 aprile, data della loro ufficiale unione civile e religiosa. Al mattino si terrà la funzione cristiana sotto il chioschetto della villa; il prete è primo cugino di Magno, quindi sarà lui a celebrarla e una banda di archi e ottoni accompagnerà dal vivo. In seguito, per il pranzo ci sarà il servizio catering che in questi giorni viene a montare i tendoni nel giardino di Villa Magna e allestire le varie tavolate. Il pomeriggio trascorrerà tra balli e festeggiamenti e poi dalla sera stessa saremo liberi di ritornare alle nostre case.

In quanto cerimonia piuttosto solenne, tutti i collaboratori pagati da Magno si stabiliranno nella villa e faranno le loro prove durante il soggiorno. Io ho visto solamente il preventivo dei fiori e, amici, se penso che quella cifra dev'essere moltiplicata per il catering, l'orchestra, il trucco e il fotografo, be'... spero davvero che Magno faccia una buona impressione ai suoi, oppure dovrà mendicare per il resto della vita.

Mi sento un po' sotto pressione anch'io, a dire il vero. Dopotutto, ho un ruolo importante nella questione e quando toccherà a me pronunciare il discorso in onore degli sposi, tutti dovranno ascoltare qualcosa di adatto e possibilmente strappalacrime. Mi preoccupa doverlo scrivere e mi preoccupa doverlo pensare assieme all'altro testimone che, mi hanno detto, è un amico di Magno.

Verrà anche lui a soggiornare a Villa Magna, così potrò conoscerlo e lavorare con lui sul progetto. Non mi sembrava carino con Magno lì presente, ma appena ho avuto un momento con Gloria, le ho chiesto se questo amico fosse almeno un bel manzo. Gloria mi ha assicurato che è sicuramente il mio tipo e mi ha anche rivelato che è attualmente single.

Alla faccia tua, Sayid!

Gli altri invitati, cioè i parenti e gli amici di Gloria e Magno, arriveranno il giorno stesso, quindi la pressione si sente e si sente tanto. Capisco la frase di Gloria di ieri: dev'essere tutto perfetto entro il 25, oppure qualcuno verrà defenestrato.

Anche il vino sarà perfetto... non per niente, Magno ha perso due ore per scegliere che cosa offrire ai suoi ospiti. Ha ordinato svariate casse che verrà a prendere fra qualche giorno e che poi metterà in fresca nella cella frigorifera delle cucine di Villa Magna.

Se vi state chiedendo: perché non ho anche io una cella frigorifera nelle mie cucine? Non vi preoccupate, è una fase. Passerà.

In ogni caso, mentre i miei amici girovagavano per l'immensa azienda incastrata nei colli, io ho conosciuto il signor Antonio Benigni, che ha voluto fare una chiacchierata con me.

Devo dire che me lo aspettavo più minaccioso - finora i miei superiori sono sempre stati grossi e intimidatori - invece è un piccoletto dalla parlata spigliata e la battuta pronta. Sarà che sta tutto il giorno in mezzo a odori inebrianti, ma la sua scioltezza e loquacità ti convincerebbero a concordare con lui su qualsiasi argomento di cui si discuta.

Abbiamo parlato dei miei studi, della mia forte passione per l'enogastronomia (ma dove, ma quando) e di quanto io ci tenga a difendere i tesori del territorio. Ho esposto il mio curriculum vitae oralmente, quindi ho barato un pochino, giusto per non sembrare la sprovveduta che in realtà sono. Ho raccontato di aver seguito il lavoro di mio padre per tutta l'infanzia (vi ricordo l'immagine di me svaccata sul divano davanti ai Simpson) e di avere come sogno nel cassetto quello di lavorare nel reparto del commercio estero, per un'azienda di vini import-export.

Ma dai? Originale, Argenti, brava.

Eppure, Benigni ci è cascato in pieno.

"Ah, quindi lei ha anche un legame affettivo con il vino?" mi ha chiesto mentre i suoi occhietti speranzosi lanciavano bagliori verso la mia bugiarda figura.

"Come non averli?" ho civettato in risposta. "Per me il vino è... è casa. È, praticamente, famiglia. Il vino è ohana, ecco."

"Ohana?"

"Sì, ha presente...? Be', lasciamo stare. Ogni tanto mi lascio sfuggire un francesismo." ecco, in quel momento, mi ero completamente calata nella parte degenerativa della recita.

"Lei mi sembra così motivata, signorina Argenti. Ma mi dica, qual è il suo vino preferito? Sa, il classico detto: dimmi cosa bevi e ti dirò chi sei."

"Ehm... più o meno. Ecco... il mio vino preferito, dunque..." sapevo che sarebbe arrivato quel momento. E lì ho sparato la cazzata più grande del secolo.

"Il vino della Cresima."

Nonché l'unico che abbia mai bevuto.

"Il vino della Cresima?" quando me l'ha chiesto, ero convinta che mi avrebbe preso a calci per mandarmi via dalla sua azienda.

"Assolutamente. Ecco, quel vino, sa... " cosa non si fa per un lavoro! "Quel vino rappresenta tanto per me. Io... io... lo bevvi e riconobbi subito gli aromi, la... ehm, la corposità..."

Sostantivi a caso.

"Ma signorina Argenti, questo mi dice che, oltre a una lingua internazionale, lei ha anche un ottimo palato!"

"Sopraffino."

 Vedete, so che mentire è sbagliato e so che farlo in certi contesti è anche penalmente punibile, ma il signor Benigni sembrava aver riposto tutta la sua speranza in me e quindi, grazie anche alla sua parlata ipnotizzante, mi sono lasciata prendere un po' troppo. 

"Alessandro non me l'aveva detto, aveva accennato solamente alle sue competenze linguistiche. Che sciocco, quel ragazzo, sempre troppo preso da se stesso!"

"Eeeeh, già."

"Molto bene, Marinella, allora..."

Non so per quale astrale coincidenza, il mio discorso lo ha convinto e mi ha detto che mi rivedrebbe volentieri nei prossimi giorni. Vuole darmi una mansione veloce da smaltire in un paio di orette: controllare i contratti inviati dagli associati francesi, fare un giro di chiamate e infine testare due partite di vino in arrivo dalla Provenza.

Se mi andrà di esserci, monitorerà il mio lavoro e poi valuterà l'ipotesi di un'assunzione.

Alla parola 'assunzione' tutti i miei chakra si sono aperti.

E non ho capito più niente: gli ho detto di sì.

Non so nemmeno io se fosse per la gioia o per i fumi alcolici che aleggiavano lì intorno, ma gli ho dato pure la mia parola. Chiaramente, testerò due partite di vino in arrivo dalla Provenza con un miracolo di San Crispino, ma ha detto 'assunzione', gente, non potevo lasciarmi scappare un'occasione così.

In qualche modo me la caverò... magari gli basterà anche solo vedere come sono poliglotta e mi vorrà a prescindere. No? E poi il vino è un dettaglio!

Avreste dovuto vedere Gloria e Magno; erano super entusiasti! Hanno detto che tifano per me e io, presa dal momento, l'ho pure comunicato a mamma e papà. Grave errore: ora sono ancora più invasati riguardo questo mio viaggio e il margine che ho per dare di matto è inesistente, ma va bene. Sono felici, almeno.

Arrivati a questo punto, ormai pensano che io troverò un lavoro e che Davide recupererà il buon senso passando l'anno scolastico, quindi sono praticamente fottuta. Se non torno con un contratto e un fratello modello, sarò io quella a essere cacciata di casa... altroché Magno. Mi rimane solo da pregare San Crispino, ma, tutto sommato, sono contenta anche io.

Sono eccitata e motivata nei confronti di una sfida. Non mi succedeva dal liceo, praticamente.

Tra una cosa e l'altra, Magno, Gloria e io ritorniamo alla villa che è quasi il tramonto. Magno parcheggia la sua Bmw accanto a un furgone e io capisco che sono arrivati pure quelli del catering. Il loro logo è la silhouette di un cameriere che regge un vassoio con sopra il nome della ditta: MatriMagni – Servizio Catering e Banqueting.

"Magno, ma questi sono tuoi parenti pure?"

"Siamo tutti a Cecina." minimizza ridendo tra i baffi.

Gloria rotea gli occhi e io scuoto la testa.

Ma la spensieratezza è destinata a lasciare spazio ad altro.

Infatti, sto ancora sorridendo per la vastità dell'ego collettivo dei Magno, quando, scendendo dalla macchina, incrocio un paio d'occhi che mi fanno letteralmente fermare il cuore.

Mi immobilizzo sul posto, una mano ancorata alla portiera e l'altra abbandonata lungo il fianco. Lascio che il sorriso lentamente si estingua, mentre mi risulta impossibile interrompere il contatto visivo.

Non mi sembra nemmeno vero: il cuore ha ripreso a battere, ma fortissimo, e tutto il sangue è affluito verso le guance.

Sto per avere un mancamento.

Gli occhi che mi stanno scrutando se ne accorgono con un certo divertimento e io, invece di riprendermi ed evitare una figuraccia, mi abbandono completamente a loro. Sono così familiari, così belli, così...

Azzurri.

"Piacere, Carlo." il ragazzo davanti a me sorride e mi porge la mano, mostrando così i circa cinquanta tatuaggi che ha sul braccio e i bicipiti che neanche Rocky Balboa.

"Ammazza." deglutisco. "Cioè..." tossicchio. "Ciao." strozzamento con la saliva.

Un attimo di silenzio ed espressione compassionevole da parte sua.

"Io sono Marinella. Gloria?" sfiato, voltandomi appena e senza mollare la presa alla mano di lui. "È questo l'altro testimone di cui mi parlavi?"

Dimmi di sì e giuro che lo possiederò sessualmente qui e ora. E sì, davanti a tutte le Veneri da esterno. Me ne fotto.

Gloria, dall'altro lato della macchina, ci raggiunge allegramente a passo spedito: "Carlo, sei già arrivato! Ciao!"

E lo abbraccia mentre io penso che: Dio, grazie. Grazie per questa meravigliosa giornata.

"Hai già conosciuto la nostra testimone? Lei è Nelli. Nelli, Carlo. Carlo, Nelli." ci introduce vicendevolmente, agitando l'indice.

"Molto, molto piacere di conoscerti." pronuncio questa frase con una voce grossa che dovrebbe imitare Jessica Rabbit, ma suona molto di più come quella della sorella trans di Cenerentola in Shrek.

Non importa: il ragazzo sarà mio. 

Saremo i due testimoni di nozze più sessualmente coinvolti della storia.

Cioè, sto letteralmente sbavando. Altroché sul tuo genere, mia cara Gloria... questo è mio marito.

"Nelli, questo è il parroco."

"Ma dai, no!"

L'esclamazione era inevitabile.

No, ma io dico, perché?

Perché devono essere belli e impossibili. Perché, Dio? Perché questa non poteva essere una bella giornata? Perché te li prendi tutti tu?

Ma dai non è giusto! Gli ho anche fatto la voce alla Jessica Rabbit!

"In che senso?" ridacchia Gloria che, poverina, accerchiata com'è da icone doriforiche, non riesce più a farsi centrifugare le ovaie dai fighi.

Nemmeno Carlo capisce e si mette a ridere, mentre io passo alle deduzioni scientifiche. Se questo è il parroco, significa che è anche il cugino di Magno. E se è il cugino di Magno, significa che si chiama Carlo Magno.

Buon Dio.

"Cugino, come stai?" esulta il mio amico, chiudendo l'auto a chiave. "Sempre più tatuato, mi dicono."

"Ale, lo sai che ho smesso." lo ragguaglia lui, lasciando intendere che, se potesse, si tatuerebbe ogni centimetro.

Ma io sto ancora pensando a Carlo Magno. Don Carlo Magno. Ma si può?

"Carlo è un ex teppista dei bassi fondi." mi rivela Alessandro, con fare saggio, dopodiché torna a molestare il cugino. "Vai, puoi dirlo a Nelli, è una ragazza sensibile."

"Diciamo che il mio passato è un po' oscuro. Comunque, ora ho trovato la mia via." mi rassicura con un occhiolino. "E anche Villa Magna. Sono arrivato poco fa."

"Oh, credevo che ci raggiungessi più tardi. Hai trovato la tua camera?"

"Una tua amica è stata così gentile da farmi da guida." Carlo si indica alle spalle e tutti noi assistiamo a Vacca che saluta provocatoria con la manina moscia.

Buon Dio, parte seconda. Quella di sicuro si è rivista Magno davanti e vuole tentare il colpaccio.

Carlo e Alessandro si somigliano, infatti. Certo, il cugino ha almeno cinque o sei anni in più di lui e tutti i tatuaggi che Alessandro non oserebbe mai dipingere sulla sua pelle sacra, ma è indubbiamente di quel ceppo. E, di fatto, è pure realmente divino, in un certo senso.

I loro occhi sono identici: è per questo motivo che vedendoli mi sono sembrati così familiari. Alessandro è biondo, Carlo è moro, però hanno lo stesso naso nobile. Come vorrei essere loro parente anche io.

Presumo sia proprio questo congiunto di somiglianze ad aver esaltato Vacca. Non le è mai andata giù quella volta in cui è stata mollata da Alessandro e non mi stupirei proprio, se volesse tentare il tutto per tutto unendo il sacro al profano e quindi provandoci con Carlo.

È ancora in quella posa da pornodiva: qualcuno le dica che si sta comprando un biglietto di sola andata per l'inferno.

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(disegno di Angelica... mlml)

Gloria e io ci distanziamo, così evitiamo di testimoniare blasfemie e lei mi può spiegare per bene la storia di Carlo. Ragazzo di strada, scapestrato e pure pericoloso, finché non viene rinchiuso in un centro di recupero. Lì cambia radicalmente, si avvicina alla Fede e... niente, si toglie spontaneamente dal mercato. Ma ditemi voi.

Vacca è abbastanza sfortunata, in fin dei conti. Esce pazza per i Magno, ma nessun Magno si metterebbe mai con lei. Ed è pure pieno, di Magno, qui a Cecina.

Dopo il racconto di Gloria e una bella bevanda fresca, mi prendo un quarto d'ora per disinnamorarmi di Carlo. Immagino che ogni sua fedele viva un primo momento di catarsi fiabesca, vedendolo, ma poi deve tornare nei confini dell'etica e farsela passare. Sarebbe stato meraviglioso se il mio co-testimone fosse stato lui, ma, purtroppo, devo arrendermi alla realtà. Magari posso commemorare questa brevissima sbandata nella mia prossima fantasia sessuale. 

Oddio. Finirò pure io all'inferno.

Una volta tornata in camera, decido di farmi una doccia punitiva (fingendo che dal rubinetto esca acqua santa) e poi mi preparo per la cena, pensando che tutto sommato non è andato troppo male come primo giorno. Certo, la mia interazione sociale si è limitata a Gloria e Magno, ma ora mi si sono aperte alcune prospettive e sento di poter affrontare qualche ostacolo che solo una decina di giorni fa appariva insormontabile.

Così mi raccolgo in meditazione sull'amaca per una mezz'ora, godendomi quel momento pre-serale dove si concentra tutta l'ispirazione giornaliera (e la fame). 

Ripasso il mio programma per i giorni a venire.

Come prima mossa, riallaccerò i rapporti con Eva, così da non dover temere qualche suo agguato nel riportare a galla spiacevoli eventi passati. Dopodiché, mi proporrò come babysitter ufficiale della comitiva: dato che ho già Davide, mi farò carico anche di Rachele, Filippo e Vittoria. In tal modo mi assicurerò di far breccia nel cuore dei Vallicroce, monitorerò la vena criminale di mio fratello e parteciperò alle uscite di gruppo. Con l'aiuto di Marco e Fede cercherò di riavvicinarmi a Lorenzo e, una volta che avrò scoperto i suoi attuali sentimenti, deciderò se sia o meno il caso di provocare la rottura tra Lionel e Tommaso per far ritornare quest'ultimo con Lori e vissero per sempre felici e contenti.

Nel frattempo, aspetto il mio di felici e contenti, che avverrà giusto alla fine di questi quindici giorni, quando, dopo la perfetta riuscita del matrimonio, Testimone Numero 2, un bel manzo dall'accento fiorentino, mi chiederà di sposarlo. E va bene: non sarà mai come Carlo, ma mi aspetto grandi cose da quell'amico di Magno. Davvero grandi cose.

Finiremo quindi per essere promessi sposi pure noi e io lavorerò nell'impresa del vino di Benigni, mentre Testimone Numero 2 si rivelerà essere uno dei millemila parenti di Magno, ricco e mantenuto come lui.

È un piano geniale.

Marco mi scrive che la cena è pronta e aggiunge pure una faccina nauseata, come se anche a lui desse veramente fastidio stare qui. In realtà è un po' l'attitudine di tutti quelli che vogliono far passare il messaggio di avere di meglio da fare. Alessandra e il suo fantomatico ragazzo surfista, Vacca che ieri sera si è lamentata di aver perso un'asta di ceramiche africane, e infine Marco, con la scusa di Giorgia che lo obbliga ad esserci.

Ma la verità è che a nessuno di noi dispiace davvero così tanto.

Specialmente ora che c'è Don Carl-

Basta! Basta, Nelli, basta!

E che diavolo, tutti gli step per il disinnamoramento sono stati completati! Non puoi più pensare a Carlo ora, non puoi. Lo dice il regolamento degli amori impossibili. Nello specifico, il sottocapitolo dedicato alle procedure di 15 minuti per preti, gay o uomini già sposati.

Mi alzo dall'amaca e raggiungo la villa godendomi ancora gli ultimi raggi di sole. Mentre passeggio lentamente, provo a contare quanti pavoni si vedono in giro, ma risulta davvero difficile, specialmente quando, spaventati da un rumore, si defilano tutti con una gran confusione.

"Accidenti." mormoro sicura di aver intravisto per un secondo Bucefalo. Aveva gli stessi occhi. Era lui.

Il panico tra i volatili è stato causato da un'auto che sta entrando ora dal cancello principale. È un'Audi nera, davvero stilosa, che raggiunge la rotonda con la fontana e poi si parcheggia poco distante dal furgone del catering, sotto il pergolato dove anche Magno mette a riposo la Bmw.

È davvero una signora macchina e improvvisamente mi trovo a sperare che sia quella di Testimone Numero 2, così avrò ancora più possibilità di finire assieme a un riccone.

A scendere dopo poco, infatti, è proprio un ragazzo, ma distolgo repentinamente lo sguardo, prima di farmi beccare a fissarlo con occhio da cernia. Dopo l'esperienza di poco fa, è meglio se evito di fissare intensamente la gente... se poi si rivelano essere ecclesiastici, è davvero un disastro.

Decido quindi di inscenare una posa principesca: se veramente è l'amico manzo fiorentino, voglio fargli una bella impressione sin da subito.

Così, mentre lui scarica la valigia, mi avvicino alla fontana e mi siedo sul bordo dandogli leggermente le spalle. Mi sciolgo i capelli, portandomeli su un lato e prendendo a giochicchiare con l'acqua come la dama di qualche quadro impressionista.

Quando sarà a pochi metri da me, alzerò lo sguardo e incrocerò il suo con una cigliata che nemmeno dall'oculista con le gocce e poi... sbam! Sarà amore a prima vista.

Devo giocare bene le mie carte. I miei migliori amici si stanno sposando, mentre io non ho ancora né una laurea, né un lavoro, né un fidanzato, né, sopra ogni cosa, i soldi.

Così attuo il mio piano e quando il suo passo rallenta – segno che si è accorto della mia bella presenza – alzo gli occhi in modo sensuale, quasi come al rallentatore.

Non so quale delle due reazioni sia la peggiore: lui che mi vede ed esclama "Porca troia!" o io che lo vedo, scivolo e finisco per metà dentro la fontana.

Ma comunque quoto la sua esclamazione.

"Che cosa ci fai qui?" sbotta, tanto sorpreso quanto per nulla preoccupato del mio mezzo annegamento.

"No, che cosa fai tu qui!" rimbecco, alzandomi in piedi di scatto e indietreggiando, mente la parte bagnata della maglietta sgocciola sui pantaloni. "Oh mio Dio, è un incubo."

"Calmati."

Dice semplicemente, e io mi appello per l'ennesima volta a Dio.

Dio, perché gli hai dato l'abilità di dire esattamente la cosa più sbagliata al momento sbagliato? Perché non l'hai fatto più capace a letto e meno deficiente nella vita?

"Tu..." gli punto addosso il dito bagnato, con la manica floscia, poi avverto il panico, la paura, l'esasperazione, la rabbia, la frustrazione, la tristezza, l'odio, la preoccupazione e la sofferenza tutte insieme, così mi prendo un secondo di riflessione e infine sbotto.

"Gloria!" giro i tacchi e mi dirigo a grandi falcate verso la villa, mentre invoco il nome della mia pseudo-amica con quanta più minacciosità possibile. "GLORIA!"

Spalanco la porta della villa, incontrando qualche faccia stranita e finalmente la figura della biondina che scende le scale: "Gloria! Che diavolo significa?!"

"Cosa?" mi domanda, presa in contropiede.

"Lui! Perché è qui?!"

A quel punto, dietro di me compare anche Mattia, e il volto di Gloria si colloca in un'espressione nel mezzo tra estremamente angelica ed estremamente colpevole.

"Se possibile, vorrei sapere anche io perché lei è qui." dice il microcefalo, con la voglia di essere assassinato nella voce.

"Zingaretti!" lo saluta Marco, affacciandosi dalla cucina con un canovaccio sulle spalle. Poi passa a guardare me. "Adesso sì che inizia lo sballo."

"Marco, per favore." lo richiama Gloria, prima di schiarirsi la voce. "Ragazzi, siete entrambi qui perché siete i nostri testimoni di nozze."

"Mi avevi detto che l'altro testimone era un amico di Magno!" sbotto puntandole il dito contro, talmente offesa da non curarmi nemmeno del pavimento che si bagna a causa mia.

Gloria fa una faccia molto eloquente.

"Mattia è un mio amico." chiarisce Magno, entrando nel salone. "Ciao, Zinga."

"Se ti può consolare, a me avevano detto che l'altra testimone sarebbe stata un'amica di Gloria." la voce di Mattia è così irritante che preferirei sentirlo parlare con quella di Topolino, ma almeno mi aiuta a capire che diavolo sta succedendo qui.

"Magari ti hanno anche detto che era una ragazza single e sul tuo tipo." mi assicuro, senza darmi la pena di guardarlo.

"Sì."

"Siete delle merde!" indico tutti i presenti nel salotto, incrociando le facce di Ilenia, Eva, Tommaso e Shaimée. Erano tutti preparati, questi stronzi, ecco perché non sembrano più di tanto turbati.

Ma ora gliela faccio vedere io.

"Dov'è Federica?" ringhio. "E tu, vattene a fanculo!" aggiungo indicando Mattia.

"Bene, grazie."

"E anche tu!" completo, poi saettando l'indice verso Marco.

"Nelli, dove vai?" Gloria cerca di richiamarmi, mentre salgo le scale e le passo a fianco con foga.

"A fare le valigie! E che nessuno provi a fermarmi!"

"Infatti, non fermatela. Si sta esibendo in ciò che le viene meglio fare."

"Che cosa, Zingaretti, sentiamo?" rilancio fermandomi di spalle sulle scale.

"La bambina."

Non rispondo nemmeno e me ne vado in camera salendo i gradini a due a due. Fortunatamente non ho ancora sistemato la valigia, perciò ci ficco dentro i miei averi a caso e la chiudo malamente, prendendola sotto braccio in maniera goffa.

Era destinata sin da questa mattina.

Quindi mi fiondo nel salotto, schivando qualsiasi polemica mi venga rivolta e persino la faccia perplessa di Davide che, cuffiette alle orecchie, non si è accorto di nulla: "Ma dove vai?"

Lo ignoro e passo in mezzo ai miei compagni, evitando di guardarli in faccia se non per incendiarli con lo sguardo. Poi giungo alla porta e incrocio Zingaretti, che se n'è rimasto lì con la valigia ai piedi.

"Sarò pure una bambina, ma tu sei ancora il solito idiota."

E, attenta a non cedere alla curiosità di indugiare sulla sua figura, esco di casa, tirandomi appresso il trolley e il rumore infernale che produce sulla ghiaia.

Magno mi richiama immediatamente: "Nelli, aspetta!"

Si è affacciato alla porta e tenta invano di attirare la mia attenzione. Non la avrà mai: ormai sono quasi al cancello ed è ancora aperto da quando Mattia è entrato con la macchina. Nemmeno se lo chiudesse ora, mi impedirebbe di passare.

Lo scalerei sculettando come Lara Croft. Ve lo giuro.

Tuttavia, Magno sceglie un approccio più fisico e si mette a correre per raggiungermi a qualche metro dall'uscita.

"Nelli." mi ferma per un braccio, ansimando leggermente. "Non andare, per favore."

"Tu lo sapevi." sibilo, scansandomi malamente.

"Nelli, lo sapevamo tutti... tranne voi due."

"Siete un branco di stronzi. Non capite davvero nulla e pensare che..." guardo in aria, la rabbia che mi inumidisce gli occhi e se la prende con le mie tonsille. "Mi sembrava che avrebbe potuto funzionare."

"Infatti può funzionare!"

"Ma non con lui qui, accidenti!"

"Nelli, se ve l'avessimo detto, non sareste venuti." si affretta a spiegarsi. "Tu non avresti voluto correre il rischio di vederlo e lui si sarebbe sentito a disagio, sapendo come avresti reagito alla sua presenza. Ma sia io che Gloria volevamo a tutti i costi che ci foste voi due al nostro fianco. Noi lo vogliamo ancora, è così che deve essere, vi abbiamo scelti appositamente!"

"Lo vedo, avete fatto davvero tutto appositamente." con questa mia frase, getto un'occhiata alla villa e scorgo Federica, che è appena uscita e si sta torturando le labbra e le mani. Tutto un gran piano, non c'è che dire. Ecco perché erano così fedeli al copione.

Nelli, non pensare a lui. Goditi la serata. Esci con noi. Trova un lavoro.

Certo.

Rivolgo un ultimo sguardo disgustato a Magno e poi gli do la schiena ed esco dal cancello.

"Nelli!" tenta di fermarmi ancora una volta, ma io non gli do retta e prendo a camminare lungo la cancellata di Villa Magna, finché non sono ben lontana, con il trolley che inciampa sull'asfalto e il viso di Mattia stampato nella testa.

***

SECONDO BREAK

La solita Eva, nei momenti peggiori! XD

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*
Questa fontana mi ispira proprio tanto... ma proprio tanto tanto. Disegno di Nicole!

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***

Il moto di eroismo è passato dopo una mezz'ora abbondante.

C'erano un sacco di fattori per cui la mia non sarebbe stata altro che una scenata da bambina e difatti Zingaretti aveva ragione. Rara volta nella storia.

Innanzitutto, non potevo andarmene lasciando qui mio fratello. Questa era in realtà la problematica maggiore, ma presa dalla foga del momento non me ne sono preoccupata adeguatamente. Quando mi sono calmata, ho valutato se chiamarlo e ordinargli di raggiungermi con la valigia, ma a quel punto ero già troppo confusa.

Scesa l'adrenalina, mi sono fermata al lato della strada e mi sono seduta sulla mia valigia a pensare.

Inizialmente ho solo pestato i piedi per la rabbia, poi è subentrato un briciolo di maturità e mi sono sentita stupida e in imbarazzo per aver reagito così. In seguito ho sentito una gran frustrazione, tant'è che avrei volentieri pianto di fronte ai passanti, ma ancora una volta il mio umore è cambiato e ho pensato a Magno.

Ho pensato a quanto lui e Gloria sembrino avere a cuore questa cosa dei testimoni di nozze. A quanto sia stato bello sentire l'affetto di tutti gli altri nel rivederci ieri sera. Alla gioia di Federica nel condividere finalmente questo genere di situazioni con me.

Ho riascoltato nella mia testa le parole di Lorenzo: Mi hai stupito scegliendo di venire.

L'avrei probabilmente disilluso, confermando la sua teoria e vanificando la mini-tregua proposta ieri.

Ho rivisto anche il risentimento di Diego. Cosa penserebbe, se me ne andassi? Fino a che punto arriverebbe ad odiarmi, se anche questa volta sparissi senza curarmi di lui e dei suoi bambini?

E mamma e papà? Sicuramente deluderei anche loro. Non che la semi-promessa fatta al signor Benigni mi tenga veramente qui, però c'è da mettere in conto anche lui e le aspettative che tutto ciò ha innalzato a casa.

Sono davvero stata incastrata e aggiungerei anche alla perfezione.

Solitamente sono io quella dei piani contorti e malvagi, ma questa volta sono passata da carnefice a vittima e devo dire che, se non altro, in questi cinque anni i miei compagni hanno raggiunto un ottimo livello di emulazione.

E pensando a tutte queste cose, alla fine, sono rimasta una mezz'ora qui da sola. Sebbene non potessi andare avanti e imbarcarmi verso casa, non volevo nemmeno tornare indietro.

Rivedere quel poco di Mattia mi è bastato. Fin troppo.

Se non fosse stato per tutta quella rabbia verso gli altri, sarei di sicuro collassata. Incrociare i suoi occhi, accanto a quella fontana, è stato come rimanere sospesi sul vertice di una discesa. Un frangente di secondo in cui tutto accade e poi c'è la caduta nel vuoto. La giostra diventa il tuo più grande nemico e in una manciata di secondi vieni a conoscenza di emozioni che mai hai occasione di provare nel quotidiano. Questo ha poi effetti diversi, a seconda della persona: può rivelarsi l'esperienza più divertente di sempre, o, una volta tornato a terra, puoi accasciarti e vomitare.

Ora, io sono quella personcina che scende dalle montagne russe e dà fuori l'anima, ecco.

Non mi sono soffermata su di lui appositamente, ma è stato impossibile non notare alcuni particolari. Innanzitutto, che la sua immagine scatena ancora la stessa reazione in me; solamente che, forse a causa di tutto questo tempo, questo giro vale il triplo. Mi gira la testa solo a lanciargli un'occhiata e, magari ho visto male, ma mi sembra anche molto più allenato rispetto a cinque anni fa, molto più... più uomo, sì, ecco, come ci si aspetta che sia.

Di sicuro, lui non pensa lo stesso di me, visto che mi ha dato della 'bambina'.

C'è da dire, però, che ha mantenuto lo stesso sguardo, che a sua volta è un po' bambinesco, ma fintamente innocente. Comunque sempre ipnotizzante e verde, gli unici occhi che mi abbiano mai fatto uscire di testa in un ragazzo. 

Gli unici occhi di cui non riuscirei mai a disinnamorarmi: né in un quarto d'ora, né in una vita intera.

Il problema sono i capelli, che mi hanno provocato un mezzo infarto e che, ora che ci penso, mi fanno seriamente venire voglia di piangere. Mattia li ha tagliati tutti e voi solo sapete quanto mi piacessero, quanto adorassi l'idea di metterci le mani in mezzo da brava pervertita.

Non che lo desideri attualmente, ma è come se avesse cambiato una parte così caratteristica di sé da non sembrare neanche più lui e a me questo fa arrabbiare. E la rabbia, conseguentemente, mi fa riflettere che non dovrebbe affatto dispiacermi. E invece eccomi qui, e tutto perché quell'idiota ha scelto di fare il militare.

Se non avesse prediletto quella professione del cavolo, ora avrebbe ancora i suoi bellissimi capelli lunghi. Erano così belli...

E il peggio è che Mattia non ha mai abbandonato la sua stupida idea di lavorare per l'esercito. Lo sapevo già e ne ho avuto la conferma tra i pochi dettagli che ho notato. Sulla sua giacca, infatti, ho intravisto lo stemma dell'Accademia di Modena, con quella frase che non dimenticherò mai: Una Acies.

Una Acies 'sta minchia, ecco cosa.

Perché è questo, fondamentalmente, la causa di tutto. È il mio più grande problema, il mio peggiore incubo, il motivo per cui sono qui oggi, a cercare di recuperare una ventina di legami che ho buttato nel cesso.

Se Mattia non passasse ogni secondo a rischiare la vita, la mia, di vita, sarebbe completamente diversa.

È davvero un grandissimo, enormissimo idiota. E questa la situazione peggiore in cui sia mai capitata da cinque anni a questa parte.

Un ronzio lontano mi attira verso il ciglio della strada e piano piano riconosco mio fratello che sta venendo verso di me a cavallo di una bicicletta. Spero che non l'abbia rubata a un passante, ma non ci metterei la mano sul fuoco.

Frena appena mi riconosce, sgommando a qualche centimetro da me e smontando con un salto. Avrà pedalato al massimo per un quarto d'ora, ma ovviamente si è messo le cuffiette.

"Eccoti."

"Nessuno ha pensato che me ne fossi andata davvero?" domando, alzando gli occhi.

"In tre. Federica, Lorenzo e Pierpaolo."

"Oh. Tre su venti, un bel numero."

"Federica, perché ovviamente ha dato di matto e credeva di aver rovinato la vostra amicizia." spiega togliendosi la cuffietta dall'orecchio sinistro. "Lorenzo, perché si immaginava che avresti reagito così e, orgogliosa come sei, era pronto a scommettere che saresti andata fino in fondo. O almeno fino alla stazione."

"Pierpaolo?"

"Pierpaolo ti capisce. Non avrebbe voluto tenertelo nascosto, ma è stato obbligato. Ha detto che al tuo posto avrebbe reagito allo stesso modo. O peggio."

"Ho sempre creduto in Pierpaolo." sospiro, abbracciandomi le ginocchia, mentre Davide mi guarda dall'alto, una mano sul manubrio.

A un certo punto mi allunga l'altra e mi offre una presa: "Dai, andiamo."

Afferro la sua mano e mi faccio tirare in piedi, esalando un lungo sospiro sconsolato.

"Nelli, non credo sia una tragedia così grande." dice, aiutandomi poi a sollevare il trolley e piazzandolo in bilico sul cestino della bici. "Ti aiuterò io a superarla, ok?"

Guardo il sorriso di Davide e lo ringrazio sentitamente. Certo, so che in realtà non potrà mai aiutarmi e che, per quanto abbia potuto vedere l'effetto del microcefalo su di me, non abbia la minima idea di quanto sia grande come tragedia. Ma sono comunque contenta che ci sia, che voglia stare al mio fianco, dimostrando di fatto di non essere così infantile, e che abbia rubato una bici per me.

"La bicicletta è di Gloria e Magno, se te lo stai chiedendo. Dai, salta su."

"Ah. Non possiamo andare a piedi?"

"Perché dovremmo, quando abbiamo una bici? Vivendo a Venezia, non ti capita di guidarne una ogni giorno."

"Infatti, io non so guidarla e tu mi sembri troppo gracile e veneziano per riuscirci. In più, sai che questi congegni mi spaventano."

"Sì, so della tua psicosi riguardo le biciclette."

"Ottima cosa."

Davide ghigna in modo inquietante: "O ci sali, oppure rubo il motorino a quel tipo." fa, indicando un signore che ha appena parcheggiato sul ciglio opposto.

"Sei una bestia." e così dicendo, mi arrendo al suo ricatto, appoggiando le mie sante chiappe al porta pacchi. In una bicicletta con sopra un ragazzino sottopeso, sua sorella culona e un trolley con dentro mezzo mondo, credo non ci sia spazio per la speranza, eppure in qualche modo sopravviviamo e quando ormai è calata la sera, rientriamo a Villa Magna.

Passando per il giardino, lancio un'occhiata all'Audi di Zingaretti e solo ora mi rendo conto che è un modello un po' datato e non tenuto benissimo. Molto probabilmente l'ha presa usata, ma il fatto che comunque l'abbia presa la dice lunga. Io non so molto di lui e di quale sia la sua situazione economica, ma mi pare abbastanza chiaro che qualcosa del suo progetto sia andato in porto.

Chissà come ha reagito lui e che ha fatto, mentre io me ne sono andata in questa mezz'ora. Di sicuro comunque non si è mosso da qui.

...e infatti è ancora sveglio. Anzi, è rimasto fuori ad aspettare sotto il pergolato.

"Perfetto..." sussurro, mentre lui si mette in piedi e muove un paio di passi verso di noi.

"Vado a sistemare la bici!" cinguetta Davide, montando in sella ed eclissandosi tra gli alberi.

"Ehi! Dove è finito il tuo supporto?!" gli grido dietro, mentre Mattia è ormai a qualche passo da me.

Piccolo pidocchio venditore di false speranze! Gliela farò pagare.

"Sei tu la sua babysitter o il contrario?" mi provoca il microcefalo, arieggiando quella bocca che invece andrebbe solamente riempita con un pugno.

"Ci guardiamo le spalle a vicenda." ribatto. "E tu, dove hai messo la simpatia? Dimenticata a Modena?"

Mattia fa mezzo sorriso in risposta e poi indica la casa con la testa: "Hai fatto piangere Gloria, prima. Complimenti."

"Davvero?" domando, stupita.

"Sì. Aveva paura di averci fatto arrabbiare e che nessuno di noi le avrebbe fatto da testimone."

Mi chiudo nelle spalle: "A me ha fatto davvero arrabbiare. Tutti lo hanno fatto... ma per fortuna, Gloria può anche contare sulla mia maturità, che tu ci creda o no. Infatti sono tornata."

Indugia su di me per qualche secondo e poi: "Gloria è fortunata, allora."

Collera.

Profonda e funesta collera.

"Zingaretti." inspiro, sforzandomi di trattenermi. "Mi hai aspettato qui fuori per propinarmi battutine taglienti o perché te ne frega davvero qualcosa dei nostri compagni?"

"Perché me ne frega." risponde, scocciato. "Difatti mi sono preso la briga di consolare Gloria e di assicurarle che almeno uno di noi le farà da testimone. Se vuoi fare la scenata e scappare di nuovo per poi farti raccattare da un ragazzino, è meglio che lo dici subito. Sono pronto ad andarmene."

"In che senso?"

Mattia mi guarda eloquentemente e poi incrocia le braccia, evidenziando la sua muscolatura ora decisamente più pronunciata.

"Non voglio generare tragedie. O io, o te, Argenti." riassume nel suo classico stile da saggio-fai-da-te.

E io gli rispondo esattamente come tutti si aspetterebbero: "O tu, o io, Mattia."

"Grazie per la correzione." dice, senza riuscire a nascondere un leggero fastidio. "Se credi di non poter sopportare il peso della mia presenza, lì sta la macchina e dentro stanno le mie valigie. Me ne vado, se vuoi, oppure vattene tu. Basta che tu prenda una decisione ora, prima che roviniamo il matrimonio dei nostri migliori amici."

Guardo lui, poi l'Audi e poi la porta di casa.

Di sicuro è una proposta allettante e sarebbe la soluzione a tutte le mie ansie.

Perché io lo so che se non accetto la sua idea, le cose finiscono male. Lo so per certo.

E d'altra parte, se lui se ne andasse, io non avrei più alcun genere di problema. Potrei mantenere l'approvazione della mia famiglia, tentare di recuperare i vari legami, essere al fianco di Gloria e Magno, senza che ciò generi catastrofi dopo catastrofi.

E non dovrei vedere Mattia ogni giorno, e soffrire, ed essere io quella a cui alla fine viene rovinato il matrimonio.

Eppure c'è qualcosa che mi frena: forse il buonsenso che mi ricorda che non sarebbe comunque la decisione dei miei amici, che loro ci vorrebbero entrambi, che così supererei un trauma solo a metà. O forse sta parlando in favore di Mattia, perché probabilmente anche lui vorrebbe rimanere e non sarebbe giusto cacciarlo.

E allora un'immagine compare alla mia mente: Gloria con gli occhi arrossati, Lorenzo e Magno con un'espressione delusa, Federica con il volto della sconfitta.

Diego. Diego e i suoi bambini che non provano più assolutamente nulla per me.

Non posso fare del male a loro e alla mia classe, non per l'ennesima volta. Se essere io quella che se ne va li avrebbe fatti soffrire, allo stesso modo non prenderebbero bene la partenza di Mattia e io non posso più permettermi di porre loro dei limiti. Di rovinare sempre la festa. Di modellare la loro felicità sulle mie paure. Di sacrificare il collettivo per il singolo.

L'ho fatto per troppi anni, ormai. È ora di crescere... è sempre ora di crescere per me. Quando mai inizierò?

"Resta." dico a Mattia, faticando a guardarlo negli occhi. "Saremo entrambi i loro testimoni. Lo facciamo per loro."

Mattia annuisce lentamente e lascia che scorra qualche minuto di silenzio, prima di parlare di nuovo: "Cinque anni che provo disperatamente a parlare con te. Se sapevo che sarebbe bastato un matrimonio, avrei chiesto a Gloria e Magno che si sposassero prima."

"Magno ha detto che se l'avessi saputo, non saresti venuto."

"Esatto." conferma Mattia. "Essere qui con te fa male anche a me. Più di quanto immagini, Argenti."

Silenzio di nuovo, stavolta molto più freddo, quasi gelido, mentre io mi sono già pentita di tutto, a partire dall'aver accettato l'invito di Gloria.

"Ma sono d'accordo con te sul fatto che questa cosa vada fatta insieme, per loro. Buonanotte." si volta, e senza aggiungere altro, se ne torna all'interno, lasciandomi qui in mezzo al prato con un infausto senso di ingiustizia nel cuore.

Io sono sicura che prima del matrimonio impazzirò del tutto.

Perché, alla fine, non è mai davvero o io, o te. E' sempre io e te, e io, per questo, non sono affatto pronta.

Non sono pronta per affrontare Mattia.

Non di nuovo, non sapendo tutto quello che provo ed ho sempre provato per lui. Quello che lui ha fatto a me e quello che io ho fatto a lui. Quello che per anni ho cercato di evitare.

Forse è meglio fermarlo e dirgli che ho cambiato idea. Che uno di noi se ne deve andare. Sì, devo fermarlo.

O adesso o mai più, quindi ora lo chiamo e gli dico-

"Nelli."

Mi volto verso Davide e scruto il suo volto come se fosse un fantasma.

"Dove stai andando?"

"Volevo dire a Mattia che..."

"Senti, dammi una mano con la bici, per favore. Ho staccato il cavalletto per sbaglio."

Il mio sguardo non si scolla dall'entrata della villa, osservo la porta chiudersi e poi la luce accendersi. Vedo la figura di Mattia che raccoglie le valigie e sale le scale. 

"Ehilà? Terra chiama Nelli!" Davide mi agita il palmo davanti agli occhi. "Ho capito che ora è un palestrato, ma puoi dar retta a quello che ti ho detto? Ho staccato il cavalletto dalla bici. Avevi ragione tu, forse sono troppo veneziano per maneggiare un veicolo così insulso."

Finalmente sposto lo sguardo su di lui.

Nella mia testa un miliardo di pensieri.

E poi sospiro.

"Oh, Davide! Sei un disastro. Andiamo, ti aiuto."

***

Sapete qual è il brutto di essere avanti di 3 capitoli rispetto a voi? Che non riesco ad aspettare di farvi leggere tutto T.T Vorrei troppissimo pubblicare tutto quello che ho, ma mi devo dare una certa disciplina. Devo.

Almeno... abbiamo del materiale qui, if you know what I mean.

Dai, non stiamo a girarci intorno.... MATTIA - E' - TORNATOOOOO!!!!
*For the sweet love of Jesus!*

Qualcuno temeva che non si sarebbe visto in questo capitolo. Qualcun altro che non si sarebbe visto fino alla fine. Qualcun altro che non si sarebbe per niente visto. Ma lo sapete come sono... nemmeno io resisto a Mattia Zingaretti e non potevo far finire !Io e te" senza il te in questione. Quanto amore.

Chiaramente tutto il contesto DEVE essere commentato. Dai sondaggi su Facebook è emerso che la maggior parte di voi si aspettava che Zinga fosse il testimone, ma che allo stesso tempo si presentasse con una compagna.
E invece no!

Quella vecchia volpe è venuta in completa solitudine. Oh, avete capito?? Mattia è single!!!

... si accettano prenotazioni XD

Per evitare di sembrare troppo perversa, stempero con qualche solita domanda. Vedo che vi aiuta nelle recensioni e, tra l'altro, lo scorso capitolo è stato uno spasso leggere le vostre risposte :)

1) Nelli enologa? Ma... sul serio? Chi pensa che fallirà miseramente nell'intento di dare una smossa alla sua vita lavorativa? *Benigni alza la mano*

2) Non ne bastava uno di Magno. Ora c'è anche il suo clone Don Carlo Magno. Chi dei due vi attizza di più? (dai, non fate i santarelli)

3) Nelli vede Mattia, Mattia vede Nelli. Quali sono state le vostre primissime emozioni/reazioni?

4) Mentre la reazione di Nelli, dalle sue prime parole alla quasi fuga, l'avete trovata anche voi da bambina o un po' l'avete capita?

5) O io, o te... era il titolo originale di questo capitolo, poi ho cambiato idea. Ma che emozioni vi ha suscitato quest'ultima parte di gelido dialogo tra Nelli e Mattia?

6) Alcuni di voi avevano indovinato: è tutta una grande trappola. Ma come andrà a finire?


Sono molesta, lo riconosco. Ovviamente non sentitevi obbligati a rispondere a queste domande... sono solo una guida, ma apprezzo moltissimo anche i commenti a caso XD

Coooomunque, vi piazzo qui i bellissimi disegni del capitolo, creati da Angelica e Nicole, dato che non ho capito per quale ragione, se li mettevo in mezzo mi stravolgevano l'html. Grazie mille alle grafiche: sia lodato il vostro talento!

Questo di Nicole (dello scorso capitolo, durante il faccia a faccia tra Lori e Nelli)

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Questo di Angelica, dove sono chiaramente immortalate la finezza di Mattia e la compostezza di Nelli XD

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E poi va beh, c'è un mio disegno che avevo abbozzato come copertina, ma che poi ho trovato troppo spoiler, ma lo metto perché mi sembra simpatico XD

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Ebbene, anche oggi siamo giunti alla fine dei giochi U.U
Voglio lasciarvi qualche info sulle future pubblicazioni, cosicché possiate mettervi il cuore in pace già da ora.
Dunque, il prossimo capitolo sarà online MARTEDI' 10 OTTOBRE (il giorno del mio compleanno *_*). Giuro che non ho fatto apposta a farlo cadere in questa data, quando ho deciso di pubblicare ogni 10 giorni!
Ma sarà un modo bellissimo per festeggiare, dato che il prossimo capitolo è uno dei miei preferiti finora!
Poi ho già una stima per il cap successivo, il numero 5. Come da accordi dovrebbe essere online il 20 ottobre, ma proprio quel giorno scade la possibilità di caricare la tesi, quindi penso proprio che sarò consumata dall'ansia fino all'osso e che starò facendo tutto all'ultimo minuto. Prevedendo dunque dei disastri epocali, vi avverto già che ritarderò la pubblicazione circa verso il 25 ottobre.

Ecco, mi sembra di aver detto tutto :)

Come sempre ringrazio beta e grafiche e vi lascio, oltre alla solita lista dei contatti, i link a 2 OS che ho scritto e che magari potrebbero interessarvi.

Una è relativa a "Io e te" e si presenta come una sorta di prequel alla storia (ho dei problemi, lo so): Primo giorno di scuola

Mentre l'altra è un'originale romantica nata un po' per caso: Autostop

Spero che le leggerete e che vi piacciano <3

Contatti:

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Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP

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Capitolo 5
*** Ohana ***


MxM3 5

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




"Io e te" è semplicemente complicato 

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Ohana

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¨Ohana significa famiglia

Famiglia significa che nessuno viene abbandonato o dimenticato¨

Lilo&Stitch

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"È tutto così bello."

Il sospiro di Ilenia riempie l'aria, ci fa voltare verso di lei e scatena in me un istinto omicida.

"Spiegami che cosa dovrebbe essere bello." ringhio, infatti.

"Be', l'ambiente, il prato, tutti questi tizi del catering che montano tendoni bianchi, il cugino di Magno, il fatto che due dei nostri migliori amici si sposino, la gio-"

"Se stai per aggiungere al tuo elenco anche la giornata di sole, mi avvento su di te."

"La giornata di sole, il profumo di primavera." continua imperterrita. "Quei pavoni che passeggiano intorno alla fontana..."

"Ok, piantala." sbotto, mettendo le mani avanti.

Lorenzo schiocca la lingua: "Ile, non irritare Nelli con la tua positività. Lo sai che ora lei disprezza la felicità altrui, perché non può essere felice."

"Oh, andiamo!" ridacchia la rossa. "Non starai ancora tenendo il muso lungo per Mattia."

"Barro." la chiamo per cognome come penso di non aver mai fatto nella vita. "Avrò sempre il muso lungo per Mattia; al cinquanta percento per colpa sua, dato che è uno stronzo e un idiota, e all'altro cinquanta per colpa vostra, dato che siete un branco di traditori subdoli doppiogiochisti."

Ilenia spalanca leggermente quei suoi occhi verdi, quasi gialli.

"Fase due." interviene Eva, apparentemente interessata al suo giornaletto di gossip. "Vendetta e aggressività."

Non si capisce se lo stia leggendo o se si rivolga direttamente a me.

"La prima fase è stata quella del rifiuto, l'altro ieri." stacca gli occhi dalla rivista e allora so che sta solo sparando cazzate per infastidirmi. "In un primo momento, infatti, si reagisce a un tradimento cercando di evadere e languire nella sensazione non del tutto negativa di incredulità."

"Eva, ti arriva un pugno."

"La seconda fase invece è appunto quella dell'ira."

Mi giro verso Lorenzo: "Dille qualcosa."

Lori sospira e si avvicina a me, mettendomi un braccio attorno alle spalle, non tanto per sostenermi, quanto più per trattenermi.

"Marinella, sono le cinque fasi del tradimento." insiste Eva, chiudendo il giornale e mostrando un'aria saputa. "Le vivono tutti i più famosi V.I.P. quando vengono cornificati per gente ancora più V.I.P. Ora sta toccando a te, solo che non sei famosa e sei stata cornificata da diciannove persone."

Lorenzo mi stringe più forte e prova a calmarmi con uno stupido shh.

Li odio tutti.

"Successivamente dovrai affrontare la terza fase, detta di negoziazione, dove cercherai di anteporre l'urgenza di trovare una soluzione ai sentimenti di rifiuto e rabbia. A quel punto ci odierai un po' di meno e sarà tuo obiettivo principale quello di cercare un compromesso che ti impedisca di ammazzare te stessa, Mattia o noi."

"Vale se ti ammazzo già alla fase due?" 

Per fortuna Lorenzo mi ha immobilizzato le braccia.

"Passerà. Senza nemmeno accorgertene, sarai già alla fase quattro, quella in cui noi non c'entriamo più, ma tutto si focalizza - e qui cito Vanity Fair - sul tuo rinascimento interiore."

"L'unico Rinascimento che conosco è quello di Michelangelo. Tu e Vanity Fair riceverete presto una querela!" oltre ad un dizionario, direi.

"Durante la fase quattro, il focus passerà da chi ha fatto il torto a chi l'ha subito. Se inizialmente ti premeva vendicarti senza curarti di te stessa, ora capisci che è tempo di leccarsi le ferite. Devi prenderti cura della tua persona: sei stata tradita, hai bisogno di tempo e di cerotti."

"È fighissima questa cosa." cinguetta Ilenia, interessandosi. "Vale anche per quando i tuoi decidono di tagliarti i fondi?"

"Immagino di sì. È una forma di tradimento." annuisce Eva, poi ritorna a istruire la sottoscritta. "L'ultima fase è quella che impiegherà il maggior tempo a sopraggiungere. Ipotizzo che la quarta durerà più a lungo di tutte e poi la quinta ti colpirà, sorprendendoti. Un giorno alzerai gli occhi dalle ferite e guarderai avanti: capirai che il tradimento subito dai tuoi compagni è stato doloroso, ma non poi così insensato, dato che ti ha aperto delle prospettive. Questa fase è infatti detta della riscoperta, in cui l'io, finalmente libero dal rancore nei confronti del Traditore, supera la negatività e recupera tutta la voglia di rimettersi in gioco."

"Vaffanculo!" 

Non so come, mi libero da Lorenzo e mi avvento veramente su Eva, che grida, fa cadere il giornale e si protegge agitando le mani.

Chiaramente non voglio prenderla a botte, ma mi piace aver visto la paura contorcerle la faccia. Dato che blatera tanto di vendetta, dovrebbe temermi. Tra loro che giocano con la mia pazienza e Mattia che mi fa pressioni psicologiche, penso che diventerò sul serio un'instabile durante questo fantastico soggiorno.

Ho appena cominciato.

"Levati, pazzoide!" ulula Eva, colpendomi con Vanity Fair.

"La potete piantare una buona volta?" sbuffa Cris, che, ferma nella sua posizione per tutto il tempo, finalmente esprime il suo disappunto. "Certe volte non so se sia giusto fare da mamma solo ai miei figli, o anche a voi."

"E a Diego." le ricorda Lorenzo.

"Be', quello è sottinteso."

"Eccomi, scusate il ritardo!" Federica fa la sua comparsa proprio in questo momento, ansimando e portando con sé un discreto aroma di cavallo.

"Dovresti dire 'scusate la puzza'." commenta infatti Alessandra, che durante la quasi rissa ha alzato gli occhi dal suo smalto solo un paio di volte.

Federica naturalmente si imbarazza e si gratta la nuca: "Ho ritardato un po' e non sono riuscita a trovare il tempo per una doccia."

Fede ha scoperto giusto ieri che il signore che si occupa delle stalle a Villa Magna è in ferie, così si è proposta di prendere il suo posto. Alessandro le ha detto che non ce n'era bisogno e che si sarebbe arrangiato lui, ma la supplica si leggeva chiaramente nei suoi occhi celesti. In realtà, stava implorando Fede affinché lo salvasse da quella inficiante mansione.

Inutile dire che per Fede è un piacere poter stare a contatto con l'essere vivente che preferisce di più al mondo (ben più di me, Lori, i suoi genitori e addirittura Patrick Dempsey) e quindi magicamente ha perso tutta la pigrizia. Si sveglia ogni mattina alle sei e mezzo, si prepara e poi porta a passeggio il cavallo nel bosco.

Per aggiungere mordente a tutto ciò, giusto ieri ha anche scoperto che ogni mattina alle sette Pierpaolo Scilla - il suo peggior nemico - va a fare jogging nel bosco. Coincidenze?

"Mio Dio." sbuffa Alessandra, tappandosi regalmente il naso con il pollice e l'indice.

Poi si alza e sculetta lontano dal gruppo, uscendo dal chioschetto sotto cui siamo radunati: "Penso sia meglio che vada ad organizzare l'addio al celibato di Magno. Non ho intenzione di passare la mattina ad annusare una stalla."

In realtà, io penso che Alessandra detesti Federica per essere diventata molto amica di Francesco, dopo la loro rottura di anni fa.

Ma sono solo supposizioni.

Muahaha.

"Scusa..." si imbarazza ancora di più lei, arrossendo e fissandosi le scarpe.

"Ci sono anch'io!" e così giunge anche Vacca, quasi dando il cambio ad Alessandra che se ne va. "Scusate! Siamo al completo? Che puzza."

"Ehi, avete finito di arrivare in ritardo?" sbotto, arrabbiata persino con l'aria. "Capisco che abbiate tutti di meglio da fare, ma qui c'è qualcuno che si sta davvero prodigando per il matrimonio. Qualcuno che non ha affatto di meglio da fare, se non pensare a Gloria e Magno e a quanto loro, a differenza di questo qualcuno, appunto, siano felici."

Fede e Vacca mi fissano con certa perplessità, ignare che il mio sia solamente il proseguimento dello sfogo di poco fa.

"Ehi, datti una calmata." dice Vacca.

"Oh, Nelli, sei ancora arrabbiata con me?" mugola Fede.

Due reazioni completamente diverse, ma prevedibili.

"No, non mi calmo, e sì, sarò arrabbiata nei secoli dei secoli, indipendentemente dai braccialetti che mi regalerai. E per la cronaca, Vacca, se sei in ritardo perché sei rimasta a spiare il prete dalla finestra, ti ricordo che si tratta di un atto profondamente blasfemo e peccaminoso!"

Vacca si spaventa, ma solo perché ho utilizzato due termini ricercati che nella sua testa risultano come qualcosa di nuovo, alieno.

"Nelli, piantala, sul serio." Cristiana mi pizzica il braccio e si alza per prendere, come al solito, le redini della situazione. "Veronica dovrebbe smetterla di stalkerare Don Carlo, Federica ricordarsi che abbiamo tutti delle narici funzionanti e tu, Marinella, accettare il fatto che ormai è inutile prendersela per ciò che è successo."

"Quella è la fase cinque." le ricorda Eva. "Per ora siamo solo alla due."

"Eva, stai per prenderle di nuovo." sussurro tra i denti.

"Quella della rabbia e della vendetta." specifica Eva, con un sorrisetto provocatore che sottolinea quanto io sia innegabilmente nella fase due.

Cris ignora il nostro battibecco e prosegue: "Andiamo, Nelli, sai che non l'abbiamo fatto con cattiveria." 

"Ecco, di nuovo la storia dei buoni samaritani." protesto incrociando le braccia e preparandomi ad ascoltare per l'ennesima volta il discorso moralista che tutti, nelle ultime ventiquattr'ore, hanno cercato di propinarmi per discolparsi.

Non l'abbiamo fatto in cattiva fede, comunque ci è dispiaciuto, non volevamo ferirti, è per il tuo bene. Bla, bla, bla.

"Sì, ti devi fidare." asserisce la ricciolina. "Non avremmo organizzato tutto, se non fossimo stati sicuri che fosse per il vostro bene."

Aridaje.

"Mio e di chi, scusa?"

"Tuo e di Mattia, ovviamente."

"Oh, certo, quello è felice di vedermi come Titti era felice di vedere Silvestro spuntare tra le barre della sua gabbietta."

"Non si tratta di questo." la mia amica scuote la testa. "È soprattutto per te che lo stiamo facendo: vogliamo che tu la smetta di perderti certe occasioni perché c'è anche-"

"D'accordo, ho capito." la interrompo, sentendo già gli sguardi pesanti di Ile, Lori e Fede su di me. Chissà se Cris intendeva dire 'perderti certe occasioni' o 'rovinarci certe occasioni'.

E dato che da questo punto di vista mi sento meno in diritto di arrabbiarmi e molto più soggetta a crisi di pianto, cambio argomento: "Concentriamoci su questo nubilato, ok?"

Per fortuna la conversazione si dirige verso altri porti, mentre anche io mi distraggo e posso allontanare il senso di rabbia. Sebbene le motivazioni profonde del loro gesto siano corrette, sono comunque ancora pienamente oltraggiata e non penso di voler perdonare nessuno. Almeno per i prossimi mille anni.

Per lo meno mi consolo con l'attività odierna, dato che il capannello di gente qui radunata serve ad organizzare un lieto evento.

Dico lieto perché, in quanto addio al nubilato di Gloria, ci saranno prevalentemente solo femmine, mentre l'altra metà si occuperà di come festeggiare Magno.

Abbiamo deciso che, anche per ringraziare dell'ospitalità, prepareremo una serata indimenticabile per entrambi. Per Magno, ovviamente, i ragazzi hanno pensato a qualcosa di sconcio, stupido e pornografico, come solo un maschio può volere il suo addio al celibato.

Porteranno Alessandro in qualche pub perverso e si divertiranno controllando al contempo che lui non faccia cazzate. Faranno attività di vero spessore, come fissare culi, fissare tette, e in generale, fissare cose rotondeggianti che rimbalzano. D'altra parte, è quello per cui impazziscono da sempre. Per questo nel comitato per Magno ci sono Diego, Pierpaolo, Silvia, Mattia, Francesco, Amerigo, Lionel, Tommaso, Marco e, ultima aggiunta, Alessandra. Le due donne in questione, naturalmente, vanno con loro per motivazioni che stanno su altri piani.

Il nostro gruppo, come avrete potuto dedurre, è molto più tranquillo e consta di persone con una certa integrità morale. Tra cui compare sorprendentemente anche Vacca, ma solo perché Don Carlo rimarrà alla villa.

La nostra idea era infatti quella di approfittare della casa libera per fare un mega pigiama party, in grande stile. Per capirci: pizza, CocaCola, dolcetti e tutte le schifezze che Gloria non ha mangiato per mesi per poter indossare l'abito da sposa. Non che solitamente lei mangi cibi non-salutari, ma stavolta si tratta di un affare importante.

Gloria indosserà il vestito che la signora Magno usò al proprio matrimonio. Un regalo che, per quanto fuori moda e attempato (non gliel'ho visto addosso, ma solo da dentro il cellophan sembra orribile), ha un inestimabile valore. Quindi Gloria, che è già magra di suo, in questi mesi ha sfiorato la denutrizione, pur di essere certa di stare all'interno di quell'abito.

Quindi noi la faremo ingrassare.

O, almeno, lo spero davvero. Perché, anche se lei continua a convincersi del contrario, quel coso è sinceramente brutto. No, davvero. E' un sudario coperto di perline.

Ma tornando a noi, per proseguire la serata, proietteremo dei film dove compaiono per la maggior parte del tempo uomini nudi (attori che Gloria e tutte noi amiamo), giocheremo ad obbligo o verità per farle raccontare i più privati segreti tra lei e Magno e, infine, commenteremo i nostri compagni di classe, approfittando della loro assenza per stilare classifiche sulle loro presunte doti.

La mia missione personale è assicurarmi che Zingaretti sia sempre ultimo in ogni classifica. Anche se è comunque ben lontano dal finire tra i primi posti, eccezion fatta per la classifica sull'idiozia.

Battutine cattive. Battutine cattive ovunque.

Quindi organizziamo ogni dettaglio e stiamo giusto per mettere su carta chi comprerà cosa, quando una chiamata mi costringe ad allontanarmi dal gruppo.

Si tratta del signor Benigni, che mi invita a svolgere il 'tirocinio' domani alle undici. Gli assicuro che ci sarò e preparo già mentalmente il mio outfit: camicia bordeaux, in tinta con il vino, pantalone scuro e chignon da donna in carriera. Sarò così bella che mi dovrà prendere per forza; sarò la segretaria appassionata di enologia che ogni enologo in carriera vorrebbe.

Renderò onore a mio padre. Renderò onore alla mia famiglia.

"Con chi parlavi?" mi domanda Marco, materializzandosi nei miei pressi e dissolvendo l'immagine mentale di me in versione Mulan occidentalizzata, che rotea elegantemente un calice di vino bianco.

"Lavoro." riassumo semplicemente. "Si spera."

"Ah, credevo foste lì ad organizzare l'addio al nubilato."

"Lo siamo, in realtà. Abbiamo già fatto la lista di cosa comprare. Voi?"

"La lista dei pub." sorride diabolico. "Anche se..." indica Rachele con la testa, poi alza le spalle.

In quanto padre responsabile, Marco è il prescelto non bevitore, dunque pure autista e balia di Magno. Rachele, ovviamente, rimarrà a casa con noi. Infatti, prima che Marco si rivelasse complice del piano sovversivo contro di me e il microcefalo, gli avevo promesso che avrei dato io un occhio alla bambina. Ovviamente ora me ne pento: nessuno di loro si merita favori dalla sottoscritta.

"Be', dato che Racky non è con voi, potresti divertirti. Scegliete qualcun altro che non beva, no? Ad esempio, non so... Zingaretti." butto lì, fingendo di aver scelto quel nome a caso. 

"Zingaretti è già uno degli autisti. E io sono l'altro." si indica con entrambi i pollici. "Dato che siamo in tanti, servono un paio di macchine. E anche se la mia adorata principessina non c'è, non rischierei di fare troppo il coglione, quindi mi sono offerto. Guiderò il BMW di Magno." aggiunge con gli occhi a cuoricino.

Soffoco una risatina, ma poi incrocio il suo sguardo fattosi di colpo serio.

"Che c'è, Marco?"

"Mi chiedevo se fossi ancora molto arrabbiata con me."

Roteo gli occhi: "Tu e Federica vi frequentate troppo."

"No, è perché sappiamo che, per quanto giusta, la nostra azione ti avrebbe fatto incazzare e possibilmente soffrire." strano ma vero, guarda in basso e si ficca le mani in tasca. "Mi dispiace."

"Se ti dispiace così tanto, perché non li hai fermati?"

"Perché sai che hanno tutti ragione." spiega. "E perché non sono il genere di persona che capisce, ma il genere di persona che agisce. Lo sai."

"Sì... ma..." tento di opporre delle obiezioni, ma l'unica cosa che mi riesce, come al solito, è fare la vittima. "Lascia stare. Tanto nessuno qui ha la più pallida idea di cosa significhi essere nella mia testa."

"Nelli-"

"Lascia stare." ripeto. "Vedremo se la vostra trovata avrà davvero qualche effetto positivo. Per ora mi vivo in tutta gioia la fase numero due, ovvero quella che per Eva corrisponde alla rabbia. Perché, sì, Marco, sono molto arrabbiata con te e con Federica. Ma vi ritengo miei grandi amici, quindi da qualche parte dovrà pur portare la vostra caparbietà, no?"

"Esatto." concorda, sorpreso.

"Bene. Però per ora vaffanculo." ribatto spingendolo con una mano. "E fammi un piacere, se vuoi iniziare a rimediare. Durante l'addio al celibato, tra un drink che non berrai e l'altro, controlla che quella gallina della Trepalle non ci provi con Zingaretti. Ok?"

Marco sorride a trentadue denti, facendomi poi l'occhiolino: "Ok."

Ritorno al chioschetto calpestando l'erba come un soldato e mi ritrovo gli occhi chiari di Lorenzo puntanti addosso, mentre si è distanziato dal gruppo di qualche metro: "Vedo che Marco è rimasto sempre uno dei tuoi migliori amici."

Fantastico, pure il risentimento adesso. Mi ci voleva proprio.

"È un mio grande amico, non il migliore." rispondo argutamente, sperando che questo gli basti.

Lorenzo incrocia le braccia e non mi lascia passare per qualche secondo: "Quello che lui ha fatto ora con la trovata del matrimonio, io ho cercato di farlo per anni a parole. Per una differenza di metodo, hai avvicinato lui e allontanato me."

Rimango in silenzio un attimo, a pensare, e poi me ne esco con un'affermazione che parla da sé: "Marco è stato per me ciò che tu sei stato per Mattia. Sia io che l'idiota avevamo solo bisogno di qualcuno che stesse dalla nostra parte."

"Be', sembra che Marco sia stato dalla tua parte... fino ad oggi. Quindi mi chiedo se avessi bisogno di un amico vero o solo di una comoda consolazione."

Sbuffo, per nulla desiderosa di continuare questa discussione, né di spiegare a Lorenzo, per l'ennesima volta, che ciò che è successo non ha mai cambiato la nostra amicizia. Anzi, è stato e continua ad essere una prova di quanto sia forte, anche se a tratti può diventare seriamente snervante.

Comunque bella domanda, la sua. Avevo bisogno di entrambe le cose... solo che non possono coesistere, vero?

"Quando mai smetteremo di litigare per colpa di quell'idiota?" gli domando, riferendomi a Mattia.

"Non litighiamo per colpa di quell'idiota." fa Lorenzo, posandomi l'indice in mezzo al petto. "Litighiamo per colpa tua."

E poi veniamo entrambi richiamati nel cerchio. 

E io penso che non vedo davvero l'ora che arrivi la fase tre, così smetterò di immaginare un'impiccagione collettiva di tutti i miei compagni e io che me la rido maleficamente nello sfondo.

Ripeto e sottoscrivo: li odio tutti.

***

PRIMO BREAK

Insomma, che vi aspettavate, cara 10^ A? Che Nelli vi amasse?

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***

"Questa è una tragedia, Magno!"

"Nelli, calmati." mi suggerisce al ricevitore, ma io sono già rannicchiata in posizione fetale e con le lacrime agli occhi.

Mi chiedo seriamente perché la gente abbia preso la brutta abitudine di dirmi di calmarmi. È risaputo che non puoi dire a uno non calmo di calmarsi. È come tirare un pugno a Bruce Banner. Non si fa.

"No che non mi calmo!" obietto infatti. "Devo essere là tra venti minuti e non c'è nessuno che mi possa accompagnare!"

"Nelli, te l'ho già detto. Chiedi a Mattia."

"Devo essere là tra venti minuti e non c'è nessuno che mi possa accompagnare!"

"Smettila di ignorare tutte le frasi in cui c'è il nome di Mattia."

"Ma Magno!" il muro diventa sul serio il mio unico appiglio nella vita, e mi ci abbandono contro stringendo il telefono come se potessi trasmettere a Magno il mio bisogno di comprensione.

"Nelli, mi dispiace tanto." si scusa, sembrando fin troppo sbrigativo. "Non ci aspettavamo che entrambe le fedi fossero da stringere e nemmeno che la pasticceria ci spostasse l'appuntamento. Ti avremmo sicuramente accompagnato, se fossimo tornati in tempo, ma stiamo risolvendo degli imprevisti."

"Perché tutti questi imprevisti suonano invece come previsti?"

"Nelli!" silenzio imbarazzato. "Non lo faremmo mai!" 

"Ah, siete un branco di bestie!" piagnucolo. "Fammi parlare con Gloria."

Alessandro passa il telefono alla consorte e io cerco di radunare tutti i miei chakra positivi per non urlarle nell'orecchio.

"Nelli?"

"CHE DIAVOLO AVETE NEL CERVELLO?"

Bene, ho fallito.

"Guarda che ci sono veramente dei problemi qui." si discolpa l'angioletto del focolare. "Le misure degli anelli sono sbagliate e il pasticcere vuole discutere su grandezza e prezzo della torta, ma dobbiamo aspettare il titolare, che arriverà non prima di mezzogiorno."

"Probabilmente poi bucherete anche una gomma e vi chiamerà la fioraia dicendo che alle due vi vuole vedere per contare i narcisi nel bouquet."

"Mi sento offesa da queste insinuazioni, Marinella."

"E io mi sento offesa dai vostri giochetti." ribatto, agitando l'indice come una latina del ghetto. "Stai mettendo molto a rischio la mia voglia di farti da testimone."

"E tu stai costruendo troppi castelli." decreta con convinzione. "Se pensi che stiamo architettando tutto ciò per costringerti a socializzare con Mattia, allora sbagli. Ci sono mille altri modi con cui raggiungere l'azienda di Benigni, ad esempio l'autobus..."

"Che passa tra quaranta minuti e io ne ho solo venti."

"Be', puoi sempre prendere la bici."

La bici. Certo. Come no.

A parte il fatto che non guiderei una bicicletta nemmeno se avesse le rotelle, ma poi, sul serio, dovrei pedalare fino al lavoro? No, dico, avete mai fatto un colloquio-tirocinio con le ascelle pezzate e i capelli da leone?

Il sospiro di Gloria giunge attraverso l'apparecchio: "Senti, ti pago un taxi." 

Ma ovviamente la sua vocetta esausta e stressata rigira la situazione come se io fossi una bistecca e il mio lato da vittima lasciasse spazio a quello da carnefice.

Vedete, nella mia posizione è impossibile non sentirsi in colpa al minimo segnale: innanzitutto, quel tono usato da Gloria mi riporta subito a qualche giorno fa, quando Mattia mi ha raccontato del suo pianto per causa mia. Gloria Ferrucci è un agnello: se la si fa soffrire, si vive un'esperienza che nemmeno il Guardaboschi con Biancaneve. Qualcosa che ti logora dentro, proprio. Che ti segna.

Dopodiché, si consideri che siamo a soli dieci giorni dal matrimonio, quindi aggiungere stress allo stress che già Gloria sopporta è davvero da stronzi. Da ultimo, non posso non tenere a mente, in ogni secondo che passo qui, come tutte queste persone abbiano già sofferto abbastanza per i miei capricci e che, quindi, ogni mia lamentela ha valenza zero se comparata al passato. 

Yuppi! Non uscirò mai da questa trappola!

"No, lascia stare." ritratto, sforzandomi con tutta me stessa di fare la persona matura. "Chiedo un passaggio a Zingaretti."

"Nelli, senti, per qualsiasi..."

"Tranquilla." sorrido, sperando che trapassi un po' di allegria dall'altra parte. "Me la cavo. Stasera ti aggiorno su com'è andata la prova."

"Va bene, buona fortuna. E grazie."

E non so se mi ringrazi per averle risparmiato il disturbo del taxi, per averla piantata con questa storia, o per aver fatto finta di crederle. Sarò anche scema, ma nessuno mi toglie il sospetto che i miei compagni stiano facendo di tutto affinché Mattia e io siamo costretti a passare del tempo assieme.

Zingaretti sarà felicissimo, quando gli esporrò questa teoria.

Infatti mi dirigo verso la sua stanza con il gelo nel cuore. Non solo mi imbarazza dover aver bisogno del suo aiuto, ma so per certo che la mia richiesta gli rovinerà la giornata e che piuttosto di farmi un favore, si farebbe rubare l'auto.

Invece, ahimè, è l'unico ad essere venuto con i propri mezzi (altra strategia su cui molto probabilmente i miei compagni si erano accordati, quei maledetti) e io non ho altra scelta. Certo, c'è sempre il furgoncino del catering, ma è da qualche ora che lo vedo andare e venire per il trasporto delle varie attrezzature e immagino che non sia opportuno domandare di sospendere i lavori per dare un passaggio a una sprovveduta.

Un moto di rabbia rallenta la mia mano, che sta per bussare alla porta di Mattia.

Non è giusto; non sarei così sprovveduta, se per tutto questo tempo non mi fossi affidata alle parole di Magno! Mi sarei organizzata per essere là autonomamente. 

"Ah, dopodomani, perfetto! Ti accompagniamo io e Gloria in macchina! Dovremmo essere di ritorno giusto per le dieci e mezzo." mi aveva detto il traditore non appena gli avevo riferito della telefonata. Ma, da brava polla, ci sono cascata una seconda volta e mi sono fatta fregare alla grande.

E sebbene Gloria abbia insistito, io penso davvero che gli imprevisti delle dieci e venti non siano altro che una scusa ben studiata. D'altronde, me ne intendo di scuse ben studiate e sono certa che la cara 5^A si stia prendendo la propria vendetta, tutta nel vecchio Marinella-style.

Quando l'allievo supera il maestro! esclamo tristemente nella mia testa, lasciando cadere la mano che avrebbe dovuto bussare.

Sono davvero sconvolta da tutta la situazione: in positivo perché questi sono dei geni del male, in negativo perché mi stanno muovendo come una pedina. Un oggetto, appunto, incuranti delle mie paure ed emozioni. Prima l'invito con garanzia che non si sarebbe presentato alcun Mattia Zingaretti, poi la trappola per finire necessariamente assieme a lui. Mi chiedo perché, dopo cinque anni di resistenza, mi sia fatta ingannare ben due volte da questi stronzi.

Almeno ora so che devo stare all'erta e non permetterò che ci sia una terza volta.

Dopotutto, Mattia mi serve solo per questo benedetto colloquio, dopodiché faremo come abbiamo fatto da quando ci siamo ritrovati entrambi in questa farsa: ignoreremo le reciproche esistenze, eccetto per guardarci con rabbia ogni tanto. 

Sempre stati bravissimi in questo, realizzo con una certa malinconia, mentre finalmente mi decido a bussare.

"Wow, ce ne hai messo di tempo." sbotta la voce del microcefalo alle mie spalle, facendomi voltare verso il corridoio con faccia da ladra.

È proprio un idiota, non c'è niente da fare. Ci è nato in quel modo.

"Sei stato tutto questo tempo a contemplarmi qui fuori?"

"Ovviamente."

"E perché non mi hai semplicemente avvertito che eri alle mie spalle e che in camera non c'era nessuno?"

"Perché è stato appassionante decifrare i tuoi pensieri prima, durante e dopo il semplice gesto del toc toc." mi prende in giro, muovendo il pugno avanti e indietro per sottolineare la banalità di quell'azione. "Comunque sentiti libera di entrare, se vuoi."

"Anche no." sbotto, voltandomi completamente verso di lui e incrociando le braccia. "Volevo solo chiederti un favore, non entrare a prendere un tè."

"Un favore? Tu? A me? Non è mai stato un buon segno."

"Mi serve un passaggio."

Mattia alza le sopracciglia, sinceramente turbato dalla mia richiesta: "Dove devi andare?"

"In via Alighieri, 31, località Guardistallo. Non ci si mette più di venti minuti."

"La mia domanda non era così mirata." sorride, provocatorio. "Volevo sapere che cosa vai a fare."

"Non devi saperlo per forza. Mi ci devi solamente accompagnare." sibilo, contrariata all'idea che Mattia venga a sapere i fatti miei. Specialmente il fatto che sono povera, disoccupata e che sto tentando di ottenere un lavoro per cui ho solo metà dei requisiti.

"Hai ragione." mi concede, con un'alzata di spalle. "Andiamo."

"Sul serio?" mi esce quasi involontariamente, stupita dalla facilità con cui Mattia accetta di farmi un favore, senza stressarmi l'anima o almeno presentarmi tutte le alternative che gli permettano di essere lasciato in pace.

"Sì." dice, passandomi davanti ed entrando in camera sua. "Mi cambio e arrivo."

Rimango lì a fissarlo con faccia da allocco, finché lui non si esibisce in un'espressione divertita e dice: "Vuoi entrare ad assistere allo spettacolo o te ne vai da davanti la porta?"

Non ci penso due volte e scappo al piano inferiore.

***

SECONDO BREAK

Io sarei rimasta, non so voi U.U

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***

L'Audi nera frena con grazia davanti al vialetto ghiaiato. Per giungere al casolare non si deve fare molta strada, ma il tratto di fronte all'entrata è attraversato in parte da un vigneto. Così, prima di scendere dalla macchina, nascosta dalla piantagione, abbasso lo specchietto e dipingo le mie labbra con un rossetto rosso.

Alla fine ho letto segretamente il Vanity Fair di Eva e ho scoperto che mettere un rossetto ai colloqui di lavoro, al contrario di ciò che si pensa, favorisce buone congetture sul candidato. In particolare se il rossetto è di colore rosso: non troppo carico per evitare di dare impressioni ambigue, ma nemmeno qualcosa di appena accennato.

Un signor rossetto, insomma. Che Vacca ignora le sia stato rubato questa mattina.

"Quindi si tratta di sesso a domicilio." commenta Mattia, osservando prima me in piena fase make-up e poi l'edificio davanti a cui ci siamo fermati.

Finisco di colorare il labbro inferiore: "Ovviamente." ribatto, seccata dal suo sorrisetto, che ha mantenuto da quando ha impostato il navigatore a ora.

Naturalmente lui non può neanche lontanamente saper cogliere i significati legati alle sfumature di rossetto, così pensa che valga la classica equazione rossetto rosso = prostituzione.

Povero ebete.

"Attenta alla camicia; io avrei scelto un colore più chiaro, sapendo di correre certi rischi."

"Mattia!" la mia mano colpisce il suo avambraccio, ancora saldo alla presa del volante, ma per lui è un gesto molto divertente, quindi ride.

"Che battute stupide."

"Signorina Argenti!" la voce di Benigni arriva ovattata nell'abitacolo e allora io lascio perdere l'idiota, per liberarmi dalle cinture e scendere.

Quando esco all'aria frizzante del vigneto, il sorriso dell'ometto mi accoglie e distende un po' l'agitazione. Per fortuna c'è lui. Sento di potermi affidare al suo charme per superare questa prova e, soprattutto, per ignorare che la risata di Mattia ha ancora il potere di mandarmi sottosopra lo stomaco. Accidenti.

"Bentornata alla Casa del Vino! Pronta per vider quelque verre?"

Carino che l'abbia imparato in francese per me, ma assolutamente di pessimo auspicio: mi ha chiesto se sono pronta a vuotare qualche bicchiere.

Ri-accidenti.

"Ah, e lei dev'essere il ragazzo inviato da Magno!" l'esclamazione sorprende sia me che Mattia, il quale abbassa il finestrino e fissa Benigni con il sopracciglio alzato.

"Mi scusi?"

"Buongiorno, sono Antonio Benigni." l'enologo si abbassa e fa passare attraverso il finestrino la sua mano minuta, che stringe quella tre volte più grande di Mattia. "Alessandro mi ha detto che avrebbe mandato un ragazzo a giorni. Ho tutte le casse pronte e bisogna caricarle sull'auto per poi portarle alla villa, per il matrimonio."

Quell'ingrato subdolo traditore.

"No, non sono io. Alessandro non mi aveva avvertito di nulla."

"Ci credo, quello sciocco!" esclama Benigni, allargando le braccia. "Davvero, è così concentrato sulle superficialità della vita che dimentica sempre le cose importanti. Non so voi, ma io sono allietato dal suo matrimonio con Gloria. Sembra essere l'unica capace di tenerlo con la mente sui binari."

Mattia e io ci scambiamo uno sguardo e non serve molto altro: abbiamo capito entrambi che si tratta dell'ennesima trovata dei nostri compagni.

Impiccagione di massa, impiccagione di massa, impiccagione di massa...

"Ehm... io... non so, forse dovrei chiamare Magno per chiedere conferma." tenta Mattia, ma Benigni è già partito in quarta, aprendo per lui la porta della macchina e trascinandolo letteralmente fuori.

"Non ci vorrà molto, mi creda, e poi mi devo liberare del suo ordine al più presto perché ho praticamente riempito il magazzino. Mi segua, mi segua..."

Mattia chiude la macchina al volo e poi torna a scambiare con me uno sguardo perplesso.

"Siete amici, immagino." prosegue Benigni, facendoci strada verso il casolare. "Mentre la signorina Argenti sbrigherà le sue faccende, noi caricheremo l'auto, così poi potrete tornare a casa il prima possibile. Lei mi sembra anche un bel giovanotto forzuto e questo è un bene, dato che le casse non sono proprio leggere. Ah! Se le avanza un po' di tempo, signor..."

"Mattia."

"Signor Mattia, le chiederei giusto un paio di braccia per spostare quelle botti. Sa, io e il mio socio siamo abbastanza attempati, anche se non sembra del tutto..."

Ve l'avevo detto che quest'uomo stordisce a suon di parole ed è per questo che improvvisamente, da un momento all'altro, sia Mattia che io ci troviamo al lavoro, senza nemmeno avere il tempo di indignarci per la situazione né di salutarci.

Benigni sparisce assieme a Mattia verso il magazzino nel vigneto, mentre il suo socio, un tipo al contrario molto taciturno, mi conduce nello studio dove si trova il computer. Non mi dà troppe istruzioni, se non quelle che trovo in un post-it appiccicato al monitor e mi metto subito di buona lena per rispondere alle mail.

Devo dire che me la cavo abbastanza bene: per lo più traduco le bozze che Benigni aveva scritto in italiano, faccio una telefonata per concordare la spedizione di venti casse di vino e infine compilo un modulo di consegna e una copia in francese di un contratto.

Ho quasi sviluppato la sicurezza di essere assunta, quando Benigni fa capolino nell'ufficio e posa ai miei piedi tre bottiglie aperte. Tre bottiglie, naturalmente, non etichettate.

Mi passa un foglio dove per ogni vino ci sono un sacco di parametri e delle caselle da barrare. Mi dice di compilare la scheda di degustazione per ognuno e poi farne la scannerizzazione per poterle salvare in archivio, con i numeri 1, 2 e 3, dato che sono tutte novità e quindi ancora anonimi.

Bene, sono fottuta.

A parte il fatto che non avrei comunque saputo cavarmela, anche se fossero stati vini noti (conosco solo due vini al mondo, e solo perché hanno nomi osé, quali Scopaia e Passerina), ma poi sto leggendo parametri come: pseudocalore, astringenza ed effervescenza. Che come unica sensazione mi suscitano l'immagine di me che prendo una medicina contro la diarrea.

Voglio morire.

I primi dieci minuti scorrono con me che sniffo le bottiglie sperando che esca un genio e mi dia tre desideri da esprimere. I seguenti cinque sempre io che cerco su Google 'guida breve alla degustazione di vini'. I restanti cinque io che, piangendo, verso vino nei calici che mi ha dato Benigni e bevo pensando che a me il vino fa proprio schifo.

E così venti dei cinquanta minuti che avevo a disposizione si sono fottuti. Bene.

"Argenti, che cosa stai facendo?"

La domanda di Mattia mi riscuote. Entrando nell'ufficio, deve sicuramente avermi visto mentre ero intenta a mormorare, con le due dita alle tempie: 'Abracadabra, genio della bottiglia, esci!'.

"Ehm, nulla!" balzo in piedi, fingendo di essere una persona normale. "Tu? Finito di caricare le casse?"

"Giusto qualche minuto fa. Quel tizio è da denuncia. Comunque, quanto ti manca? Non credo abbia molto senso andare a casa se poi devo tornare subito a riprenderti."

"No, infatti." sbuffo, circumnavigando il tavolo e raggiungendolo. Poi fisso le tre bottiglie di fronte a noi a braccia conserte: "Ho altri trenta minuti per provare a Benigni che sono un'intenditrice di vini."

"Ma il problema è che tu te ne intendi solo di cazzate."

La risposta di Mattia è talmente pronta ed esatta, che non riesco nemmeno a nascondere la disperazione. 

"Oh mio Dio, hai ragione." mi volto guardandolo con smarrimento. "Sto facendo una cazzata enorme."

"Non che normalmente ciò non capiti."

"Ti prego, Mattia." esordisco allora, buttando nel cesso tutta la mia dignità e congiungendo le mani di fronte a lui. "Aiutami."

"No."

"Ti scongiuro, dammi una mano ad uscirne!"

"Non se ne parla." insiste, scuotendo la testa. "Tu ora vai da lui e gli racconti che ti sei inventata tutto e che non sai nemmeno distinguere il vino dalla CocaCola."

"Be', ora non essere eccessivo. So distinguere lo Scopaio dalla Passerina."

Gli occhi di Mattia si allargano.

"No, ok, d'accordo, forse è meglio che ti racconti perché siamo qui. Vedi, Magno mi ha proposto di candidarmi per un lavoro che non aveva nulla a che fare con l'enologia. Io e il vino avremmo avuto rapporto zero, se solo quell'omuncolo non mi avesse ubriacato di parole e costretto a improvvisare un passato da piccola enologa."

"Mi sto chiedendo quale accezione prenda la parola 'costretto' nel tuo racconto."

"Mattia, per favore." le mie mani sono ancora unite e per aggiungere dramma al tutto, le agito con devozione. "Devo evitare di fare una figuraccia grande come una casa. I miei si aspettano che io prenda questo posto e nemmeno a me dispiacerebbe più di tanto."

"Davvero vorresti lavorare qui?"

"Sì, perché no? A New York..." ma incrociando i suoi occhi curiosi, mi rendo conto di star lasciando trapelare troppe informazioni, così riformulo il discorso. "Una volta superata questa prova, potrò parlare con Benigni e convincerlo che voglio essere assunta per svolgere le mansioni indicate nel contratto, e cioè solo quelle che hanno a che fare con le attività di segreteria. Ma se gli dico ora che non ho fatto altro che mentire, brucerò la mia opportunità. Per favore..."

Mattia abbassa lo sguardo e si morde il labbro, pensieroso.

Non so bene che cosa lo freni dall'accettare, ma avrei poco più di un milione di ipotesi, tra cui il fatto che io sia un'eterna combina guai incapace di gestire la propria vita, oppure il fatto che mi odi profondamente per aver ignorato qualsiasi suo avvicinamento nei miei confronti negli ultimi cinque anni, o ancora, giusto per non dimenticare il collegamento al passato, per non aver mai appoggiato la sua scelta di fare il soldato, e quindi di aver stroncato sul nascere la nostra relazione.

Alla fine sospira: "Ok."

Senza indugiare in imbarazzanti ringraziamenti, cerco di preparare assieme a lui un piano. 

Mattia userà il suo telefono per accedere a Wikipedia e selezionare le informazioni più importanti sulla degustazione del vino. Leggerà a che cosa si riferiscono le varie diciture nella scheda e io cercherò di barrare le caselle in modo più accurato possibile. In tal modo se Benigni entrerà, Mattia potrà far finta di nulla e io non verrò beccata con il telefono. In quanto solo io posso avere alcol nel sangue, perché poi non dovrò guidare, assaggerò ogni vino poco alla volta, sforzandomi di completare a parole i punti dove non c'è una scelta chiusa.

Se Benigni non ci interromperà, riusciremo a coordinarci per finire tutto entro la mezz'ora.

Così seguiamo il piano e qualcosa di positivo esce per quanto riguarda le schede uno e due. Poi, alla terza, le crocette iniziano a sovrapporsi e leggendo i parametri di durezza, intensità e persistenza mi viene da ridere.

"Senti, Mattia, non ti sembra che il vino faccia sesso?"

Lui alza gli occhi dal telefono, guardandomi con un sopracciglio alzato: "Me l'hai chiesto anche due minuti fa. No. Ora procedi con la persistenza."

Rido: "Magari questo vino è più persistente di te."

Rido di nuovo.

"Ma sei ubriaca, per caso?"

Ecco, mi sa che questo potrebbe essere un problema.

Mattia sospira e si avvicina alla postazione, alzando le bottiglie una alla volta per ponderarne il peso e poi guardandomi con orrore: "Ma quanto hai bevuto?!"

"Senti, ti sfido a capire tutte queste cose in un solo sorso!" esclamo, rendendomi conto che alzare la testa dai fogli è molto destabilizzante. "E poi che ne diavolo dovrei sapere io se un vino fa sesso o no?"

"Porca puttana."

Dice lui semplicemente, e con un gesto rassegnato, mi scansa per prendere il mio posto. 

Compila da solo le ultime voci della scheda, controllando con un occhio il telefono e con l'altro me, che ho cominciato a vagare per l'ufficio ritenendo ogni oggetto meraviglioso.

Sì, sono indubbiamente ubriaca.

E sì, so che da qui al post-sbornia sarò di un imbarazzante pericoloso, ma almeno la mezz'ora è finita e io mi sono salvata dall'essere scoperta. 

Sono sempre stata poco tollerante al vino; ricordo che quella volta a otto anni dopo solo due o tre sorsi mi misi a correre e saltellare come Heidi per l'azienda. E a quell'età avevo una conoscenza del mondo molto ridotta; ora che ho esperienze anche di tipo sessuale, sono assolutamente convinta che tutto ciò che dirò e farò da qui in avanti sarà di natura pornografica.

Spero che Mattia si inventi qualcosa, oppure questo racconto prenderà pieghe oscene.

"Adesso stai zitta e fai parlare me." mi intima, sistemando i fogli in ordine e uscendo per andare a chiamare il signor Benigni. Ritorna dopo poco e stanno discutendo; di cosa sinceramente non lo capisco, dato che trovo il cartellino identificativo di Antonio a dir poco meraviglioso.

Cioè, è così luccicante... tutto dorato e... luccicante. Anche io quando avrò un lavoro serio vorrò avere un cartellino identificativo. Ho sempre adorato quello dei dottori, con la fototessera e tutto il resto. 

Ad un certo punto Benigni mi interpella e allora si fa tutto più complicato.

La parte in cui devo intervenire per forza risulta abbastanza triste per me. Invece, quella in cui discutiamo del lavoro che ho svolto, delle mie impressioni e di ciò che pensa di fare riguardo l'assunzione mi sfugge completamente. 

Così in un batter d'occhio mi ritrovo sul sedile del passeggero dell'auto di Mattia, senza aver capito nulla riguardo la mia assunzione o meno. Tutto molto confuso e sfocato, dal sapore leggermente acidulo del mosto, ma sicuramente intenso, dato anche dalla conservazione a tredici gradi dentro le rocce naturali del Conero.

Ma che diavolo sto pensando?

La porta si chiude e la faccia di Benigni si affaccia al finestrino. Così lo saluto agitando la mano e ridendo, da brava spastica. Mattia non ci pensa due volte: parte e si allontana da lui il più velocemente possibile, probabilmente per evitargli la scena di una ragazza-polipo che lo saluta in modo scomposto e con il viso ormai viola per la sbronza.

Tipo, avete presente Zoidberg di Futurama?

"Mattia, hai presente Zoidberg di Futurama?"

"Marinella, hai presente che hai sfanculato due ore di lavoro?!"

Pronuncio un lunghissimo 'pssst' ridendo e continuando ad agitare le mani: "Quello mi ha fatto analizzare dei vini che fanno sesso! Per l'amor del Cielo!"

"No, Argenti." Mattia mi placa con un braccio e mi guarda male. "Il vino non faceva sesso e te l'ha assicurato pure Benigni, dato che hai voluto accertartene con lui, chiedendoglielo direttamente."

"Sicuramente mi ha provocato."

"Ma che significa?" Mattia è allibito.

Io ho abbassato il finestrino e ho messo fuori la testa, perché ho sempre desiderato sapere come si sentono i labrador.

"Ma che cazzo fai?" Mattia mi tira di nuovo all'interno. "Tu non hai mai bevuto del vino?"

"Sì. Quello della Cresima. Era buonissimo, sapeva di ohana. Ohana significa famiglia. E famiglia significa che nessuno viene abbandonato o dimenticato."

"Secondo me, stai molto male."

Chiudo la gola e parlo con una voce ostruita: "Stitch buono."

"Nelli!" Mattia mi strattona per il braccio, evidentemente per scrollarmi. Naturalmente, presa come sono dal vino che ho in corpo, prendo il suo gesto molto male. Veramente troppo male.

"Ahia! Perché mi picchi?"

"Non ti ho picchiato!"

"Tu sei cattivo! Non sarai mai la mia ohana!"

"Oh, questo l'avevo già capito, Argenti." sbotta, stringendo il volante con intensità e fissando la strada. "Se ohana significa non venire abbandonati o dimenticati, allora io sono ben lontano dal rientrare nella categoria." 

"Esatto. E non sei nemmeno persistente!" offesa al massimo, incrocio le braccia e slitto in basso, infossandomi sul sedile. Piego le ginocchia finché non mi sfiorano il naso e dunque divento un tutt'uno con il cruscotto.

Mattia mi lancia uno sguardo, sospira e scuote la testa.

"Proprio una bambina..." mormora, e poi per tutto il viaggio nessuno dei due dice altro.

Grazie al Cielo, qualcosa mi fa decidere a rimanere zitta. Forse la vergogna per essere me stessa, oppure il fiuto per gli istinti omicidi di Mattia nei miei confronti. Non solo mi sto comportando da squilibrata, ma sto pure trattando la sua auto come un salotto personale.

Arrivati alla villa, ormai nell'ora in cui il sole è alto in cielo, accuso un calore fuori dal normale e una serie di capogiri che fa sì che allo scendere dall'auto, cada per terra a quattro zampe.

"E ora che fai? Cerchi nuovamente di imitare Stitch?"

"No, sto male."

Mattia si accovaccia prontamente accanto a me: "Devi vomitare?"

"Forse."

"Ce la fai a salire da sola in camera?"

"Forse."

"Quante dita vedi?"

"Quelle non sono dita! Quello è Zoidberg!"

"Ok, ti accompagno."

Mattia mi carica sulla sua spalla come fossi un sacco di patate e io percepisco un paio di sensazioni, che si presentano come bagliori indistinti: uno fa parte del presente, ed è il vago istinto di volergli vomitare addosso tutto il vino ingerito. Il secondo invece, più timido e recondito, è la parvenza di un ricordo.

Di una sera, diversi anni fa, quando Mattia era di sicuro meno muscoloso di adesso, ma mi reggeva comunque sulle spalle.

E io che ridevo e lo imploravo di mettermi giù.

E lui, con i capelli lunghi, che correva verso il mare, deciso a far finire dentro entrambi, per dimostrarmi che non aveva paura dell'acqua, ma solo dell'acqua alta.

"Eccoci qui." esclama, rimettendomi a terra, davanti alla porta della mia stanza. "Ora, entri, dormi e io avviso Federica."

Io scendo, lo guardo e mi mancano un sacco quei suoi capelli lunghi.

Ma in realtà è lui che mi manca, maledizione. Tanto. Tantissimo.

"No, per favore, resta con me." azzardo, allungando una mano verso di lui.

"Cosa?"

"Dai, Mattia, resta qui."

Lui si guarda intorno, incredulo per la mia richiesta: "Marinella, io..."

"Non andare via."

E nella mia testa lo sfondo scompare per lasciare posto ad un altro; dal corridoio di villa Magna diventa la stazione di Venezia, e si alterna ad esso, sempre più frequentemente, sempre più caoticamente, tanto che non capisco più in quale realtà siamo, ma so solo che in entrambe lui se ne andrà.

"Per favore..."

"Marinella, sei ubriaca, vai a letto, lascia che chiami-"

"No. Stai qui con me."

Sia a Venezia che qui, decido di non lasciare che Mattia se ne vada. Non voglio più soffrire come ho sofferto per anni, non ce la farei, così afferro la sua maglietta con entrambe le mani, lo tiro verso il basso e lo bacio.

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(disegno a tema di Angelica <3 )

Che? 

Lo bacio?

Sono impazzita del tutto, credo.

Ma lo bacio per tre motivi: perché sono ubriaca, per convincerlo a restare e perché, Dio, quanto ho desiderato di poterlo fare per tutto questo tempo!

Sento Mattia lamentarsi, ma non è che gli lasci molta libertà di espressione. Mi avvinghio letteralmente a lui, le labbra che cercano di fermare un treno e le mani che provano a trattenere un soldato.

"Ma che cosa fai?" riesce finalmente ad esclamare, staccandomi da lui e fissandomi con espressione stravolta. Ha tutta la bocca dipinta di rosso, sembra un pagliaccio.

Quindi rido, giustamente.

"Hai tutta la bocca dipinta di rosso, sembri un pagliaccio!"

"Senti, Argenti-"

So che sta per ricominciare con le sue prediche, e che in una delle due fantasie salirà senza darmi ascolto e io impazzirò. Diventerò un'asociale per anni, vivrò nella preoccupazione per lui giorno e notte, farò incubi in cui qualcuno gli spara un proiettile nel cuore. Non capirò mai la sua scelta ed essa condizionerà la mia vita, e non sarò più capace di vederlo né sentirlo. Non dirò a nessuno che si tratta di una paura profonda e della consapevolezza che con la sua vita a rischio, lo è anche la mia. Non reagirò in modo maturo, ma sparirò e basta, lasciando che il mio cervello prenda il controllo su tutti i miei sentimenti.

Lo so che questo accadrà, perché in realtà è già accaduto.

E allora provo a fermarlo di nuovo, sempre con lo stesso metodo, sempre con lo stesso impeto, sperando di cambiare il passato, e quindi il presente.

Questa volta, almeno, lui risponde al mio bacio.

Certo, non per più di una frazione di secondo, ma la fatica con cui mi distoglie è sicuramente maggiore rispetto alla precedente.

"Ahahaha!" rido, ma ho lacrime per nulla divertite agli occhi. "Mio Dio, sei ancora più rosso e sembri ancora più pagliaccio!"

Mattia mugola qualcosa, mi spinge dentro la stanza e poi si chiude la porta alle spalle, assicurandosi che nessuno ci stia osservando.

"Senti, tu hai dei seri problemi con questa sbronza. Ora ti stendi a letto e non muovi più un solo muscolo!" mi ordina, alterando la voce e puntandomi contro un indice, mentre arretra.

"Se tu non resti con me, io ti seguo!"

"Ah, questa volta sì?"

La sua frase mi fa un male incredibile, tant'è che... sì.

Sì, purtroppo, faccio il labbruccio e fingo di piangere. Spero che questa sbronza non vada davvero oltre.

"Piangi quanto ti pare." dice infatti.

Ma io non do retta alle sue minacce e mi avvicino a lui con fare contrito: "Tu non hai idea di quanto io mi senta sola..."

"Tu non hai idea." ribatte, indietreggiando.

"...di quanto sia stata male..."

"Non dire stronzate, stavi benissimo senza di me e le mie patetiche richieste di vederci e parlare."

"...mi manchi così tanto."

"Sei una bugiarda."

"Mattia." mi fermo e lo guardo intensamente, inglobando, nelle mie iridi bagnate di lacrime imprecise, le sue iridi di smeraldo. Poi, ovviamente, sparo una cazzata: "Facciamolo."

"Che?"

Con l'inibizione fottuta dall'alcol, mi sbottono lentamente la camicia, la lingua che si bagna le labbra e la ragione scappata in Uzbekistan per sempre. Mi torna la malsana idea di imitare Jessica Rabbit, quindi prendo pure ad ancheggiare mentre mi approccio alla sua figura turbata.

Fortunatamente, Mattia prende finalmente le redini e ferma il mio ormone impazzito con le maniere forti.

Mi afferra per le spalle, mi spinge sul letto e poi mi trattiene sul materasso, di modo che io non possa più causare danni all'ambiente e al genere umano. Ma soprattutto a lui.

"Ora basta, Marinella." si impone, minacciandomi dall'alto con una scintilla nel verde. "Se io resto, mi prometti che stai ferma qui, chiudi gli occhi, e provi a dormire?"

Ridacchio, godendomi la vicinanza al suo naso, e mi sento davvero una teenager che recita nel primo porno amatoriale della sua vita.

Dunque, faccio scivolare la mia mano sulle lenzuola per trovare la sua, poi la tocco, afferro il mignolo e lo stringo con il mio, facendoli incastrare: "Lo giuro."

"Bene." sibila, togliendosi da me come se scottassi e poi mettendosi seduto sul bordo del letto, rigorosamente di schiena.

"Ma non dormo, se stai così distante."

Mattia sospira, esausto, e cede sapendo che nessuna obiezione avrebbe potere su di una me così deficiente. Allora si stende accanto a me, mentre io mi accoccolo sul suo petto, raccogliendo le mani e le gambe.

Di nuovo: non vorrei vedermi da fuori e da lucida. Probabilmente mi strapperei i capelli, piangendo per l'imbarazzo e invocando mia madre.

Mentre mi struscio sulla sua maglia, sento tutta la tensione che sta provando, ma non riesco a capirlo. Dato che io ho perso tutti gli inibitori del mondo, nemmeno spogliarmi ora mi metterebbe a disagio.

Vorrei giusto togliermi i pantaloni, quando mi rendo conto di essere così stanca da non riuscire a compiere nemmeno un movimento. Dopotutto, il vino appesantisce anche i muscoli, oltre che le palpebre, e credo proprio che una bella dormita mi farebbe bene.

Così, prima di abbandonarmi al sonno, decido di dire solo un'ultima cosa al microcefalo: "Mattia?"

"Che c'è, adesso?"

"Tu sei troppo persistente."

"Dormi, Marinella. Ti prego."

***

TERZO BREAK

Disegno a tema creato da Nicole :)

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***

Avete presente quei film in cui la telecamera è fissa sul volto dormiente del protagonista, poi lui sogna qualcosa di estremamente brutto e allora si sveglia, rizzandosi tra le lenzuola e gridando un lunghissimo e straziante: "Noooooo!"

Ecco. 

Io uguale.

Solo che non ho sognato nulla, ma è tutto vero e tutto nella mia testa come un vivido ricordo.

O meglio - della parte dopo la classificazione dei vini non ricordo davvero più nulla. Ma di aver baciato Mattia, di averlo molestato verbalmente e di essermi accoccolata accanto a lui sì.

"NOOOOOOOOOOO!" 

"Oddio!" Federica, seduta sulla poltrona nell'angolo della stanza, sussulta e lascia cadere il libro. 

Io la fisso con uno sconvolgimento tale che pure le mie budella si contorcono.

Datemi subito un container per vomitare l'anima.

"No, Fede... no... oh mio Dio!" mugolo, afferrandomi la faccia in un modo che Munch approverebbe.

Mi guardo intorno: sono nella mia stanza, a Villa Magna, è sera, Mattia se n'è andato, ma i ricordi sono rimasti. Che casino ho combinato?

"Oh, e invece sì." mi delude la mia amica, alzandosi e raccogliendo il libro. "Mattia era così arrabbiato che credevo che il rosso attorno alla sua bocca fosse il tuo sangue, dopo averti mangiato."

"Almeno io certe cretinate le sparo solo da ubriaca."

"Davvero?" fa Federica, avvicinandosi a me e muovendosi le dita davanti al volto. "Zoidberg?"

"E' tutta colpa tua!" sbotto, indicandola e liberandomi dalle lenzuola. "Se non mi avessi spudoratamente mentito e ingannato, nulla di tutto ciò sarebbe mai successo."

"Sono io la responsabile dell'innamoramento che ostini a ignorare come se in realtà non condizionasse ogni tuo singolo gesto?"

Inspiro con indignazione: "Questo non dovevi dirlo!"

Scendo dal letto con un salto e, tutta impettita, mi dirigo verso la porta.

"Dove vai?"

"Lontano da te!"

"Nelli!" Federica mi segue lungo il corridoio. "Hai ancora la camicia mezza sbottonata."

"Oh, grazie, amica del cuore!" farfuglio, mentre cammino e mi abbottono contemporaneamente. 

"Nelli, dai!"

"Io sarò anche innamorata!" le grido contro, inciampando sui miei stessi piedi e desiderando ogni secondo di più di poter vomitare. "Ma quello è uno stronzo! E voi che insistete a volermi mandare tra le sue braccia ancora di più! Lo sapete che sono fin troppo debole da quel punto di vista! State giocando sulle mie instabilità!"

"Forse lui non è lo stronzo che credi, Nelli! Forse la stronza sei tu!"

"Già, e forse oltre a Magno e Gloria riuscirete anche a far sposare noi due!" entro in bagno e mi trovo Fede alle calcagna, testarda.

"Forse."

"Mai."

Mi chiudo nel gabinetto girando la chiave, ma sento ancora la voce irritante della mia amica da dietro il legno: "Ci ringrazierai, un giorno."

"Fede, ti prego, sparisci."

Lei sospira e sento dei passi muoversi fino alla porta. Dopodiché, prima che questa venga aperta, aggiunge qualcosa: "Se non ti volessi così bene, non ti avrei mai fatto tutto questo."

E magari anche grazie a questa frase, riesco a sfogare il corpo e lo spirito nel water.

Mentre ciò accade, penso con rabbia alle tre ragioni per cui mi trovo qui.

La prima, Antonio Benigni. Devo assolutamente farmi dire da Mattia se ha deciso di assumermi o meno. E in caso di un 'no', voglio anche sapere quanto mi sono infangata la dignità. Ma, in realtà, sotto sotto, ho una paura incredibile. Perché è la prima volta che mi sono sentita viva portando a termine un compito. E la prima volta che quel lavoro lo voglio perché mi piace e non solo perché mi serve. Quindi sono arrabbiata per aver rovinato ogni cosa e per aver lasciato che la sua offerta mi tentasse a tal punto da elevare così tanto le mie speranze.

La seconda ragione: i miei amici. Il confine tra amicizia e cattiveria si sta confondendo fin troppo per me, negli ultimi giorni. La differenza tra l'odio e l'amore, come sappiamo, è molto labile e sono convinta che mai, prima di oggi, sia apparsa così sottile nelle mie convinzioni. Non capisco, ma il realtà sì... eppure no. Continuo a non capire perché lo stiano facendo. E se è davvero perché mi vogliono così bene, come ha detto Fede, allora mi chiedo come facciano a volermi bene fino a questo punto, dopo tutto quello che ho fatto loro. Sono davvero delle merde, però.

La terza ragione, infine: Mattia. Mattia che non mi aspettavo di vedere. Mattia che non ero pronta a incontrare. Mattia che ha provato disperatamente a cercarmi, presentandosi sotto casa mia, inviandomi lettere e chiamandomi da mille numeri diversi, sperando che prima o poi gli avrei risposto. Mattia che per questo mi odia. Mattia che pensa che tutto ciò che gli ho detto non sia vero: che mi sento sola, che mi manca. Mattia che non lo saprà mai, ma che sicuramente ha sofferto almeno tanto quanto me, con la differenza che lui l'ha dato a vedere e io no.

Mattia, di cui mi sono innamorata ben dieci anni fa e che amo ancora, nonostante tutto.

Ma c'è una cosa che non posso fare: lasciare che questo amore mi tragga in inganno per l'ennesima volta. In fondo, in questi anni, ho preferito scappare da Mattia, piuttosto che essere io quella da cui lui se ne sarebbe andato.

E forse intendo andarsene in tutte le accezioni che questo verbo può prendere.

Non vedo l'ora che passi questa fase 2. Sono così arrabbiata con lui e con il mondo che vorrei solamente tornare indietro nel tempo e non accettare l'invito di Gloria.

Anzi, ancora più indietro, e non chiedere ripetizioni di sesso a Mattia, così da non perdere la testa per lui.

No, meglio, indietro di qualche altro anno, e non accettare di dargli ripetizioni, per non scoprire che una persona come lui io avrei davvero potuto amarla.

Ripetizioni... non avrei mai dovuto accettare. E basta.

- Fine con colonna sonora (CLICCA QUI) -


***

E va bene, mi sono fatta un bel regalo di compleanno XD

Questo capitolo è finora uno dei miei preferiti, perché sì, si baciano e tutto il resto, ma soprattutto perché Nelli ubriaca e Mattia babysitter sono una cosa commovente :') Davvero, mi sono divertita troppo a scrivere certe scene.

In realtà siamo solo al quarto capitolo e le cose sembrano ben lontane dal miglioramento, ma sia Nelli che Mattia hanno usato parole significative e presto potrebbero avere l'occasione giusta per spiegarsi meglio.

...psssssssssssst ma chi ci crede.

Andiamo subito alle domande riassumi-capitolo:


1) All'inizio abbiamo la prova che si tratta tutto di un complotto ben studiato: ma dove vorrà andare a parare? Quali altre sorprese riserverà?

2) Ce la farà Nelli a superare tutte le 5 fasi del tradimento? (senza uccidere nessuno?)

3) Nelli ha rimpiazzato Lorenzo con Marco, o almeno così è come la vede il nostro Castelli. Voi come vedete tutta la questione?

4) Molti di voi avevano dato fiducia a Nelli nella missione enologa, ma lei vi aveva avvisati: il vino proprio non lo regge. Come l'avete trovata nell'inedita versione ubriaca?

5) E Mattia, invece? Adoriamolo nelle diverse fasi: a) decide di accompagnare Nelli; b) decide di salvare il culo a Nelli (per quanto possibile); c) decide di non denunciare Nelli quando lo bacia 2 volte e d) decide di non soffocarla nel sonno. E' puccioso, vero?

6) Insomma, nel complesso, questi due, dopo il capitolo, che sensazioni vi hanno lasciato?

7) E Nelli avrà guadagnato il posto nell'azienda di Benigni?


Lo sapremo nella prossima puntata XD

Dove, tra l'altro, ci sono un addio al celibato e un addio al nubilato che ci aspettano. No buono. La vedo brutta.

Ahimè, mi dispiace confermarvi che, come già annunciato, il prossimo capitolo uscirà con più attesa rispetto ai precedenti. Sono in fase mistica con la tesi, ho gli ultimi giorni per finirla e confrontarmi con il relatore, quindi mi tocca fare l'eremita. Non toccherò il cap 6 (quello quasi finito) e non riuscirò a fare i social del 5 almeno fino al 20 ottobre, quindi scelgo come data papabile per la pubblicazione il 25 ottobre, anche se potrebbe variare di qualche giorno. Mi scuso, ma è un'epoca oscura, e tra l'altro, ho perso tutto il vantaggio che avevo con i cap già pronti. Ma niente paura: me lo aspettavo e per questo avevo già preparato tutto. Impegni permettendo, dopo questo casino mi rimetterò a fare la brava bambina e scriverò Io e te 3 con regolarità <3

Nel frattempo vi ringrazio per il supporto. Nonostante sia la terza parte di una "saga", Io e te 3 ha un sacco di considerazione. Già per i sequel ci si aspetta un successo minore rispetto agli esordi, figuriamoci con i sequel dei sequel. Invece vedo che questa storia su EFP continua ad avere un bel numero di recensioni, seguiti e preferiti, mentre su Wattpad i commenti sono tantissimi e la settimana scorsa è salita al numero #54 nella classifica dei ROMANZI ROSA. Ditelo che è merito di Vallicroce. Ditelo.

Spero di continuare sulla buona strada, ma spero anche di potervi parlare presto di alcuni progetti in cantiere.

Per oggi accontentiamoci, dai, pensiamo che Nelli sta dormendo accoccolata accanto a Mattia e che tra uno Zoidberg e l'altro, ha visto anche un po'di luce sull'oscurità dei suoi sentimenti (*what? Daffy, sei ubriaca pure tu?*)

Prima di andarmi a sfondare di torta di compleanno, un grazie alla beta Ellie che ha dovuto sclerare da sola settimane e settimane fa (#zoidberg) e alle grafiche Nicole e Angelica, alias Disegnatrici Disperate (che chattano alle due di notte per il maledetto gomito di Mattia e attendono giorni per sapere se Nelli ha o meno lo chignon)

E poi, naturalmente, grazie a tutti per aver dato un'emozione in più al mio compleanno; vi aspetto nei commenti, nelle recensioni e nei vari social per festeggiare e, ovviamente, per sclerare sul capitolo!

*Tanti auguri a me, tanti auguri a me, tanti auguri a Daffyyyy... tanti auguri a me!!*
(è la cosa più inutile che potessi scrivere, ma l'ho scritta. Bene. Ora mi sento ufficialmente una ventiduenne.)

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Capitolo 6
*** Tra donne ***


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"Io e te" è semplicemente complicato 

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Tra donne

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¨Ma la passione spesso conduce
a soddisfare le proprie voglie
senza indagare se il concupito
ha il cuore libero oppure ha moglie.¨

F. De André, Bocca di rosa

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Quando scendo sono stremata: ho freddo, mal di testa e nessuna voglia di litigare con Magno e Gloria, anche se interiormente li sto odiando.

In realtà, odio tutti.

Ognuno dei miei compagni ha un ruolo ben studiato in questa trappola collettiva ed è per questo che sta funzionando benissimo. O meglio: è per questo che io soffro, mentre loro, tranquillissimi, proseguono senza scandalo il meraviglioso soggiorno a Villa Magna.

È davvero irritante, ve lo garantisco. Voi non sapete nemmeno più da che parte voltarvi per la frustrazione e loro invece, vi stanno attorno indifferenti, come se nulla fosse. Sapete che mi ricorda? Mi ricorda quand'ero all'asilo e pensavo che mia madre mi avesse abbandonato lì, tra quelle quattro coloratissime mura.

Piangevo, gridavo, invocavo la mia genitrice, ma le maestre non mi ascoltavano. Le guardavo e non mi capacitavo: come potevano non comprendere la gravità della situazione? Come facevano a rimanere così tranquille, quando mia madre, la mia mammina, mi aveva abbandonato?

Naturalmente, nel loro essere adulte e consapevoli, classificavano ogni dramma come 'capriccio' e io arrivai a rendermene conto solo dopo aver finito l'asilo. Ma la situazione oggi è la stessa: gli altri non hanno la minima idea di come mi senta e avevano previsto ogni mia singola reazione al tutto. Quindi la loro piattezza emotiva è uguale a quella delle mie maestre e io posso solo sperare che, anche in questo caso, il tempo mi aiuti ad uscirne.

Certo, ciò non mi frena dal desiderare di scoppiare in una scenata come l'altra sera, chiamarli 'merde' e arrogarmi il diritto di sbattere porte e urlare selvaggiamente. E giuro, lo farei davvero. Ma, ahimè, sto troppo male, e prima di tutto devo trovare Mattia.

Per cominciare, devo assolutamente chiedergli perdono per l'increscioso incidente di poco fa. Ovviamente sarà imbarazzante da morire, ma purtroppo Dio non mi ha premiato con la capacità di dimenticare le cazzate fatte da ubriaca e quindi sono consapevole di essere stata alquanto molesta. O mi scuso con lui, oppure sbatto la testa contro il muro sperando di provocarmi un trauma cranico con conseguente amnesia.

In secondo luogo, c'è un altro validissimo motivo per cui mi preme vedere urgentemente Mattia. Lui è l'unico a conoscenza di come sia andato il mio semi-tirocinio e, sebbene l'idea di parlargli mi generi un disagio inquantificabile, io ho bisogno di sapere.

Immagino che mi darà quest'informazione, in cambio della promessa che da oggi in poi gli starò a minimo un chilometro di distanza.

Federica ha detto che era incazzato... ovvio che fosse incazzato! Ho flash di me in versione spogliarellista assetata di sesso che si sbottona la camicetta e inizia uno strip leccandosi le labbra. Oltre ad odiarmi già da cinque anni, ora la sua opinione nei miei conforti sarà più bassa dello zero e, sicuramente, avrà ben da ridire sul fatto che io l'abbia stupra... ehm, baciato due volte.

Mi affaccio al salotto, dunque, con l'umore sotto le scarpe. Mi ritrovo sempre a dovermi giustificare per atti imbarazzanti e/o pericolosi; mi chiedo se la mia vita subirà mai un risvolto positivo o se rimarrò una specie di Pollon dei poveri fino alla morte.

"Zingaretti dove sta?" la mia domanda è rivolta un po' a tutti, ma nessuno mi dà peso. Perfetto.

I miei compagni sono radunati per la maggior parte nel salone di Villa Magna. Mettete di vedere casa vostra senza muri divisori e con i battiscopa placcati in oro; ecco, più o meno quello è il salone di Villa Magna. Alcuni si sono seduti in cerchio sul tappeto, con il mega televisore acceso più per aumentare la vivacità dell'ambiente che per vero interesse.

In mezzo a loro, infatti, i bambini stanno giocando: Rachele, con una coroncina di plastica in testa, finge di essere una qualche baby despota a capo dell'universo, mentre Filippo è il servo fidato che desidera di soffiarle il trono e Vitto la rappresentante del Terzo Stato, perennemente manipolata e presa per i fondelli dal governo.

Appoggiato con la schiena al divano c'è Diego, che li osserva e dà consigli a Filippo su come conquistare la fiducia della principessa per vie a cui un bambino innocente non penserebbe. Stravaccata sul divano, Eva immersa nel suo iPad, mentre la luce dello schermo fa sembrare i suoi occhi molto più chiari di come in realtà sono.

A proseguimento della circonferenza mi sorprendo di vedere Amerigo, che conversa fluentemente con Patrizia. Notate come Amerigo e conversare fluentemente risultino alquanto dissonanti nella stessa frase. Ma lasciate che aggiorni il vostro database, così potrete capire.

Da quello che so, il buon vecchio Ame ce l'ha fatta davvero a costruirsi una strada nel mondo del calcio. Per un po' ha partecipato a diversi provini, poi, tre anni fa, la buona parola di suo padre è finalmente giunta a qualche procuratore della Juventus.

Ora quindi vive a Torino ed è una specie di riserva della riserva della riserva, ma è un bravo portiere e finché è così giovane, c'è la speranza che salga sempre di più nelle grazie dell'allenatore. Magari prima o poi lo vediamo parare un rigore alla tv ed esultare alzando la maglietta sotto cui ha tatuato il nome di Patrizia.

Patrizia, dal canto suo, aveva cominciato gli studi con scienze dell'educazione, ma si è ritrovata a preferire un'altra facoltà, così adesso sta frequentando psicologia. La strada per lei non è stata molto facile, la sua situazione procede a rilento, ma tutto sommato si è appassionata ed è determinata a prendere la laurea. A diventare, in poche parole, la persona depressa che curerà la vostra depressione.

Ma è comunque bello vedere come tutti qui siano finalmente convinti del loro percorso... alla fine dei conti, l'unica pecorella smarrita sono io.

Ma a New York, ricordiamolo. Dove mi sta aspettando un affittuario incazzato e un appello di storia della cultura. E forse un ex a cui manco.

Sì, ci sto ancora sperando.

Ma più per orgoglio personale che per altro, eh.

Rispetto al rapporto tra Amerigo e Patrizia - a cui ci riferiremo in modo totalmente casuale come Marcantonio e Cleopatra - non si è più saputo nulla. Pare che la distanza e la vita universitaria abbiano mitigato qualsiasi strana cosa stesse nascendo - o fosse stata distrutta - tra di loro, ma è innegabile che entrambi siano maturati molto, e ora, il poter essere tranquillamente amici non è più impossibile.

Marcantonio ha perso un po' della sua distintiva timidezza, mentre Cleopatra ha trovato dei compromessi per se stessa. Ama ancora il nero e tutto ciò che è deprimente e tragico (sarà un'ottima psicologa), ma per lo meno ha imparato a concedersi qualche sorriso.

Non si capisce bene fino a che punto siano veramente solo amici, ma d'altronde... quando mai lo si capisce davvero, in queste situazioni?

Quindi, nulla. Li fisso in modo malizioso e loro smettono di parlare. Poi Ame unisce le dita e muove la mano su e giù, come a chiedere 'Ma che vuoi?'.

O più precisamente, analizzando il suo sguardo scocciato, 'Ma che cazzo vuoi, psicopatica?'.

Sorrido, probabilmente sembrando ancora più maniaca, e mi concentro sugli altri presenti. Marco sta controllando passivamente Rachele, mentre sono certa che il suo digitare al cellulare sia indice di una porno chat in corso con Giorgia. Ha pure la linguetta da depravato in mostra, stretta tra le labbra.

Ilenia, poco distante, annoia Shy con il copione dell'ultima opera che sta imparando.

Quindi è tempo che anche io annoi voi con la cronistoria di Ilenia, giusto? E andiamo.

La povera Ilenia aveva molti piani per il futuro, ma purtroppo non tutto è riuscito come avrebbe voluto. I genitori, ritenendo le sue scelte troppo superficiali, hanno deciso di tagliarle i fondi, quindi ha dovuto arrangiarsi da sola per gran parte di questi ultimi anni.

Il suo estro da artista le permette di racimolare qualcosa per pagarsi gli studi e la vita, ma ovviamente è difficile e ciò la rende ancora più instabile e tormentata. Ha dedicato la maggior parte del suo tempo libero a perfezionare le sue doti e ora il suo nuovo motto è 'Recitare per vivere, vivere per recitare'.

Della serie che attualmente è in fissa con la prossima opera che deve interpretare. Per poter firmare un contratto a tempo indeterminato con la compagnia, la sua dovrà essere una performance perfetta e, dunque, ognuno di noi prima o poi si ritroverà ad ascoltare un suo monologo, nel mezzo del quale si chiederà come e perché è finito per essere audience di Ilenia.

Oggi, appunto, è toccato a Shy.

Anche per lei i piani sono cambiati negli ultimi anni. Se i suoi studi erano improntati dapprima su criminologia, poi sono passati a scienze politiche. Forse apparentemente inadatto a una introversa come lei, vero?

Eppure, da quanto so, negli anni Shy si è riscoperta una paladina di sani valori. Dopo aver preso familiarità con tutto ciò che di cattivo sa fare l'uomo, Shy ha deciso di provare a far sentire la sua voce a riguardo, tanto che il suo sogno ora punta verso un titolo politico, così da avere la possibilità di cambiare concretamente qualcosa, di farsi ascoltare.

In questo, Mattia e lei sono simili, devo dire. Peccato che il microcefalo abbia scelto la via più fisica ed eroica piuttosto di utilizzare il cervello e la pazienza.

Quanto lo detesto.

"Zingaretti? Qualcuno l'ha visto?" chiedo di nuovo, avvicinandomi al cerchio, mentre Fil e Vitto iniziano una sessione di lotta libera.

Diego stavolta mi sente e mi lancia un'occhiata che non riesce a nascondere la curiosità: "Uscito."

"Con chi?" la domanda, da parte mia, suona tanto prevedibile quanto preoccupata.

Peccato che di solito si chieda prima dove e poi con chi.

"Con Pier." dice Diego, caricando una macchinina e sparandola a tutta velocità contro Filippo. "E Silvia, ovviamente." aggiunge sondando la mia reazione.

Se possibile, impallidisco ancora di più.

"Ah... be'... buon per loro. Non lo sapevo."

"Uh, qualcuno è ancora geloso!" Eva spunta alle spalle di Diego con il faccino accartocciato dalla malignità.

Il tutto è illuminato dalla luce biancastra del tablet e, vi garantisco, è ancora più spaventoso di vostra nonna con la teglia delle lasagne in mano.

Ma Eva mi irrita troppo, perciò le mostro il pugno per minacciarla: "Non è affatto saggio provocarmi mentre sono ancora nella fase due!"

Diego si ritrae: "Buone, micie."

"Scusa." ridacchia Eva. "Ma non resisto alla sua espressione quando pronuncio le seguenti parole." pausa teatrale. "Silvia Trepalme! ...visto? L'ha fatto ancora! Le si alza l'angolo del labbro!"

"In effetti è vero." concorda Diego.

"Smettetela." li minaccio, per nulla intimidatoria con la coperta di pile che mi sono avvolta attorno, a causa del malessere. Sembro un baco da seta decorato da pois arcobaleno. "Senti, Eva, è mai possibile che in cinque anni tu non ti sia trovata un ragazzo a cui rovinare la vita per non nutrirti della nostra?"

Nello stesso momento in cui Filippo schiaccia Vittoria sedendosi sulla sua pancia, Eva arrossisce e io - che sono l'unica testimone oculare della scena - esplodo in un boato.

"Tu hai un ragazzo??" strillo, mentre Diego allunga il piede e sposta Filippo da sopra Vittoria, facendolo rotolare per terra.

"Cazzo, Argenti, allora non hai ignorato solo me in tutti questi anni." commenta lui, apparentemente preso dai bambini.

Vorrei mostrargli un'espressione contrita, ma sono molto più attratta da Eva e lo scoop che, per la prima volta nella storia, riguarda lei e non altri.

Ma, come ci si potrebbe aspettare, una che fa gossip sul mondo intero è spaventata a morte dal dover parlare di se stessa, quindi cerca di cambiare argomento, blaterando a caso sul fatto che Francesco Natale prenderà la laurea magistrale a novembre.

"Ma chi se ne frega." commento.

"Ehi, grazie." se ne esce Francesco, che ovviamente doveva sedersi accanto a noi proprio in quest'istante.

"No, non era un commento su di te!" mi discolpo, agitando entrambe le mani. "Era perché... ma tu lo sapevi che Eva ha un ragazzo?"

"Bah, sì." butta lì il rosso, chiudendosi nelle spalle. "Ma devono essersi messi insieme da poco. No, Eva?"

Lei è seriamente in difficoltà e, dunque, fa la cosa più sbagliata al mondo: non nega e non conferma.

"È un amico."

"Oh dei!" strillo. "Ma come facevo a non saperlo?"

"Serve davvero una risposta?" mi provoca Diego.

"Nessuno avrebbe dovuto saperlo, dato che sono fatti miei." ci zittisce Eva. "È semplicemente uscito fuori all'ultima cena di classe, ma solo perché Vacca insisteva e qualcuno aveva l'obbligo morale di zittirla."

"Perché sento sempre questo disgustoso soprannome riempire l'aria? È Veronica, non Vacca." Vacca si unisce a noi, intervenendo nel discorso con lo stesso tono e la stessa simpatia con cui Hermione corregge la pronuncia di Leviosa.

Poi prende posto a lato di Francesco e ruba una nocciolina dalla sua ciotola. "Posso, Pel di carota?" chiede, dopo averla già ingerita.

"Quel soprannome lo meriti tutto." ringhia lui.

Vacca non gli dà troppa retta e si rivolge a me, riprendendo il succoso discorso che stavamo facendo su Eva: "Quella sera stavamo giocando ad obbligo o verità. Tutti stavano partecipando secondo le regole tranne Eva, che pretendeva come al solito di fare la burattinaia senza essere coinvolta. Volevamo a tutti i costi sapere del suo lavoro, dei VIP con cui ha a che fare, ma soprattutto della sua vita sentimentale di cui ha sempre sperato non ci interessassimo. Così l'abbiamo spinta a cantare."

"Cantarella ha cantato." scherza Francesco, e nessuno ride.

"Inizialmente ha opposto resistenza, sia nel fare gli obblighi che nel rispondere alle verità, ma poi l'abbiamo..."

"Ricattata." propone Eva.

"Convinta." corregge Vacca. "E le abbiamo cavato di bocca quel nome."

"Cazzo." dice Diego. Così, a caso.

"Luca." prosegue Vacca. "Il suo collega giornalista, nonché amico, nonché fidanzato."

"Non ho mai detto che fossimo fidanzati." rettifica Eva.

"Hai detto che era un tuo amico, arrossendo. Quindi siete fidanzati. Vero, Argenti?"

"Vero." confermo, secondo teorie puramente inventate ma che condivido. Insomma, dai. Negli anime, ogni volta che lei o lui arrossiscono nel parlare dell'altro, si amano da pazzi.

"E la cosa migliore..." prosegue Vacca, ispiratissima e intenta contemporaneamente a masticare un'altra nocciolina. "È che questo amico Luca fa il fotografo, dunque Gloria ha chiesto ad Eva di chiedergli di venire al matrimonio."

"Ah, quindi è lui il fotografo ufficiale delle nozze?" chiedo, sentendo già l'acquolina in bocca per ciò che questo comporterà. Eva ha detto che arriverà fra una settimana. Inizia il conto alla rovescia, amici.

Eva si alza di colpo in piedi, puntandoci contro il dito: "Tralasciando il fatto che le notizie le racconto molto meglio io, tutti questi restano comunque fatti miei, quindi non immischiatevi, ok?"

Eva se ne va verso le scale e io ribatto giustamente: "È quello che fai tu da una vita!"

Ma lei non mi ascolta e sparisce al piano di sopra. Lo fa con una fretta felina; quasi fosse più una fuga che un'uscita di scena.

"Wow." commento, cercando l'approvazione di Vacca.

Lei si stringe nelle spalle: "È sempre stata suscettibile all'argomento."

Alzo le sopracciglia e rimango in silenzio, sinceramente turbata per questa novità e per il comportamento di Eva.

Credo che prima di questo Luca lei non abbia avuto alcun tipo di attrazione o relazione. Ero addirittura arrivata a pensare che Eva avrebbe condiviso la sua vita con il gossip, un po' come le suore fanno con Dio. Ma il fatto che abbia trovato qualcuno che la fa arrossire deve aver sconvolto in primo luogo lei, ed è per questo che Vacca sostiene la delicatezza dell'argomento.

Inoltre non dimentichiamo che, per quanto il contrario si verifichi molto spesso, nessuno sa mai nulla di Eva, per cui giocare a ruoli scambiati dev'essere un vero shock.

In effetti lo è sul serio, ora che ci penso. Per lei, chiaramente, ma anche per me e credo per tutti noi. Non abbiamo mai visto una Eva così ricca di segreti. O, almeno, di segreti personali e non altrui.

Devo assolutamente sapere di più su questo Luca.

"Sarebbe stato figo se si fosse chiamato Adamo." osserva Francesco, con la sua tipica ironia che non fa ridere, ma che, perlomeno, mi fa tornare alla realtà.

Mi concentro su di lui, che a causa del gossip dei gossip avevo leggermente ignorato.

Francesco ha lo stesso viso pieno di sempre, le lentiggini che occupano i contorni degli occhi, del naso e della bocca e un nuovo paio di occhiali. Sono sempre grandi e squadrati, ma sono color guscio di tartaruga. Chissà se ce li ha da quando li ha cambiati per via del destro di Pierpaolo. Non ci ho mai fatto caso, sebbene quell'evento sia stato abbastanza determinante nell'evoluzione dei rapporti all'interno della classe.

"Nelli?" mi riscuote con un sorriso lentigginoso.

"Pensavo alla tua laurea." mento. "Manca davvero poco... complimenti."

"Lo so." dice passandosi un mano tra i capelli, lusingato. "È stata dura, ma sono molto soddisfatto."

In effetti, prendere una laurea in architettura è davvero impegnativo. So, dai racconti di Fede, quanto Francesco abbia sudato sui libri e sui progetti, facendo ore tarde ogni giorno e uscendo pochissimo, per raggiungere i propri obiettivi.

"Progetterai la tua stessa casa, sarà pazzesco."

"Sì, ma magari prima mi trovo la ragazza con cui condividerla." ribatte, ironizzando, ma io non posso non lasciare che, a questa battuta, lo sguardo mi cada su Alessandra.

"Che?" sbotta, accorgendosene. "La strega del male? Ma neanche morto! Nel, è stato secoli fa." si alza anche lui e mi dà una pacca sulla spalla. "Ripigliati un po', eh, ché ti sei persa un bel po' di cose tu."

Francesco lascia il cerchio per sparire in cucina e io incrocio gli unici occhi rimasti nei miei pressi, quelli di Diego.

"Un bel po' di cose, Marinella." rigira il dito nella piaga e poi anche lui si allontana, distruggendo definitivamente la forma del cerchio e lasciandomi sola in quello che è ora diventato un angolino in disparte.

Da un momento all'altro se ne sono andati tutti, nuovamente non curandosi di me. Chissà, forse per loro è diventata un'abitudine in questi anni, oppure è solo l'effetto "maestra dell'asilo" a cui accennavo prima.

Non a caso, mi sento davvero come quando ero bambina.

I veri adulti sono quelli che mi circondano e mi rimproverano. Per loro, io sono solo la piccola, infantile, capricciosa Nelli. Nulla di ciò che dico, provo o penso è così rilevante per loro.

Certo, fastidioso, ma non rilevante.

Se lo fosse, non starebbero prendendo tutta questa storia di Mattia e me così alla leggera. Se potessero davvero condividere i miei sentimenti, non sarebbero arrabbiati per il mio comportamento passato, ma comprensivi. Ma d'altra parte... quando mai veniamo realmente compresi dagli altri? Mai, eccetto in quelle rare volte in cui anche l'altro ha passato le stesse cose.

E nessuno qui si è mai auto-inflitto cinque anni di esilio e sofferenza solo perché teme che la persona che ama possa farsi del male, a causa della stupida carriera che si è scelto senza alcun parere altrui ed esattamente nel momento in cui stava per diventare la perfetta dolce metà, sperata ed agognata per altrettanti cinque anni.

Se qualcuno di voi l'ha provato, fatemi sapere. Vi prego.

Perché, nonostante sia circondata dalle persone a cui tengo di più, mi sento l'unica in grado di capirmi. E, sì, anche se è il trauma più stupido del mondo, con la reazione più sbagliata del mondo, e gli effetti sul prossimo peggiori al mondo, io un po' mi capisco.

È forse l'unico segnale che mi fa sperare di non essere pazza?

Non importa. Tanto, che io sia pazza o meno, il punto è sempre lo stesso. Chi non è stato me durante gli scorsi cinque anni, non potrà mai capire.

***

PRIMO BREAK

Ragazzi, in questo capito troverete meno disegni del solito ma più social! Perciò tuffiamoci subito a capofitto nel cellulare di Nelli con l'idea di Ellie e a seguire una amichevolissima conversazione tra Nelli ed Eva partorita dalla mia mente XD

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***

Il rumore della serratura che scatta mi fa salire verso la superficie del sonno, ma non sono ancora completamente sveglia quando la porta si apre, così mugolo qualcosa di indefinito rigirandomi su me stessa.

Ormai devo essere una specie di raviolo: con la coperta ben avvolta attorno alla mia figura e solo qualche ciuffo di capelli che spunta per ricordare al prossimo che dentro tutto quel tessuto c'è un umano. Non è che ci sia troppo freddo - dopotutto, siamo in aprile - ma sono quei momenti della vita in cui la copertina è tutto ciò di cui hai bisogno per sentirti protetto.

In più, i divani in pelle di villa Magna non sono così accoglienti e, dopo che tutti i miei compagni se ne sono andati, ho dovuto trovare qualcosa che ingannasse la freddezza della mobilia. Avrei potuto andarmene a letto anche io, ovviamente, ma adoro farmi del male e quindi ho deciso di rimanere in salotto da sola.

Speravo che di lì a poco sarebbe tornato Mattia, ma i minuti passavano senza che nessuno aprisse la porta, quindi mi sono ridotta a raviolo e ho lasciato che il nulla si impossessasse del mio cervello. Non volevo salire; consciamente perché aspettavo con ansia il colloquio con il microcefalo, inconsciamente, perché il fatto che fosse fuori con la Trepalle mi causava un mal di vivere intenso.

Quindi alla lunga mi sono addormentata - ancora la sbronza non aveva esaurito il suo effetto - ed ora eccomi qui; a muggire nel dormi-veglia, mentre con l'eleganza di un vitello mi nascondo dalla luce che qualcuno ha acceso.

"Ops, c'è qualcuno che dorme!"

E questa stupidissima considerazione, esclamata da una stupidissima vocina, con uno stupidissimo accento cantilenato mi fa desiderare di essere veramente un bovino per poter atterrare Silvia sotto il mio peso. Quanto è insopportabile.

"È Nelli." dice Pierpaolo. "Evidentemente è ancora in hangover. Ehi, Nel, sveglia sveglina!"

"Dai!" il richiamo a mezza voce di Mattia e poi il suono di una pacca non amichevole sulla testa di Pier.

"Ahia, vaffanculo." ringhia quest'ultimo.

Così decido che è il momento di raggiungere completamente la superficie del sonno e riemergere nel mondo dei vivi. Spunto dal mio involucro con la testa, apro mezzo occhio e con una forza immane che trovo solo dentro il mio cuore, mi metto seduta.

"Quanto casino, Scilla." mormoro, ritrovando la mia mano da qualche parte nella coperta e passandomela sul viso.

"Oh, allora non sei in coma etilico." mi prende in giro lui, avvicinandosi a me e dandomi un buffetto sulla testa. "Lieto di rivederti. Mi chiedevo se avresti dormito fino al matrimonio o se avrei potuto complimentarmi prima per la tua resistenza all'alcol."

Silvia ridacchia e a me sale il nazismo.

"Fottetevi tutti e tre." sbotto includendo gratuitamente anche Zingaretti, così, perché mi sembra giusto. "Sono stata malissimo e vi stavo aspettando. Anzi, ti stavo aspettando." rettifico, incontrando i miei occhi verdi preferiti, ma con molta rabbia.

"A quest'ora?"

"Perché? Che ora è?"

"Le tre."

"Che avete fatto fuori fino alle tre?" la mia domanda suona fin troppo sconvolta e, non so perché, ma la rivolgo specialmente a Silvia, controllandola da cima a fondo con lo sguardo. Per qualche strana ragione, ho il sospetto che lei possa trasformare qualsiasi attività collettiva e notturna in un'orgia.

Dio, ti prego, liberami dai pregiudizi.

"Parlato. Preso una birra." Pierpaolo fa spallucce. "A dire il vero ci è un po' sfuggita l'ora, in effetti. Silvietta, andiamo a letto?"

Silvietta, che porcheria.

L'interpellata annuisce vigorosamente e gli fa l'occhiolino: "Ti aspetto su. 'Notte, Nelli, 'notte, Matty!"

Matty... che mega porcheria.

"'Notte." il sorriso che Mattia le rivolge mi scombussola pesantemente lo stomaco e mi provoca dei flash che cerco immediatamente di scacciare.

Infatti, sto ancora facendo versi disumani con le palpebre strizzate, quando anche Pier ci saluta.

"Vado... e voi mi raccomando, state lontani dal vino. Ok, Nelli?" ride. "Buonanotte!"

Sale le scale a due gradini alla volta, incurante del terremoto che provoca con il suo passo leggiadro e noi, lasciati soli nella stanza enorme, rimaniamo ad ascoltare il rumore finché non si dissipa ai piani superiori, assieme a quello della risatina di Silvia.

Bene.

Ora inizia il momento collerico/imbarazzante/insensato/stupido. Un classico, se leggete questa storia dagli inizi.

"Se non hai voglia di parlare, fa lo stesso."

Ecco, come da copione, apre le danze una battuta vittimista/offesa da parte di Nelli, il cui senso è impossibile da comprendere, ma che scatena in Mattia la voglia di ribattere in maniera arguta/irritante.

"Tanto prima o poi mi costringerai comunque, quindi ok, parliamo."

Visto?

Mattia si siede sul bordo del tavolino - il quale è in vetro, quindi fossi in lui ci rifletterei un tantino meglio - e mi guarda incrociando le mani sulle ginocchia.

Siamo di fronte, a pochi centimetri di distanza. Io sono ancora in modalità baco da seta, seduta sul divano di pelle, lui, invece, pare abbastanza indifferente al fatto che nel salone ci siano circa altri venti morbidi posti su cui accomodarsi.

Mi schiarisco la voce, pensando a cose stupide per ingannare l'imbarazzo: "Innanzitutto, scusa.

Ero talmente ubriaca che non mi sentivo nemmeno padrona delle mie gambe. Ho esagerato; ho fatto cose... ehm... gesti che non avrei dovuto fare e che sicuramente sono stati irrispettosi nei tuoi confronti. Scusa. Se potessi tornare indietro, non berrei quel vino e risolverei la situazione in modo completamente diverso."

"Per esempio, come avevo suggerito io?"

La parte delle battutine sarcastiche durerà fino alla conclusione, vi avverto.

"Sì." rispondo, abbassando lo sguardo. "Sicuramente la tua idea era migliore. Però, ecco... mi chiedevo... se il mio piano avesse funzionato comunque. Cioè, insomma, se Benigni si è arrabbiato o se mi ha dato il posto. Non mi ricordo niente."

"Come non ti ricordi?" Mattia pare un po' sorpreso dalla rivelazione.

Io mi chiudo nelle spalle: "Mi è rimasto solo qualche flash."

"Ah."

E quindi rimane in silenzio, pensando cose che non riesco a dedurre e che mai dedurrò, come tutte le volte in cui il suo sguardo inizia a vagare e le sue sopracciglia si corrugano.

"Allora?" lo riscuoto, speranzosa.

"Allora ti assume."

"Sul serio??"

Per quanto ci sperassi, la notizia mi fa comunque spalancare gli occhi con incredulità. Andiamo, mi vuole dire che il piano disonesto e truffaldino che abbiamo ideato ha funzionato davvero? Che tutte le cazzate sparate nelle schede identificative erano giuste? Che Benigni non si è accorto della mia sbronza rasente il coma etilico e non gli ha dato fastidio che blaterassi di vini che fanno sesso??

O è pure lui un pagliaccio, oppure ho un culo grande come una casa.

"Sì. Ha detto che prepara le carte e che entro fine aprile, se sarai ancora dell'idea, potrai firmare il contratto per diventare dipendente segretaria dell'azienda."

"Oh mio Dio!" strillo, senza badare al fatto che siano tutti a letto. "È fantastico!"

"Credo di sì."

"Grazie, Mattia!"

La mia contentezza mi fa agire d'istinto: mi libero della coperta e allungo le mani per avvolgere le sue e stringerle in un impeto di gratitudine. Ma per quanto il mio gesto sia genuino e dettato dall'euforia, mi rendo conto piuttosto nell'immediato di quanto risulti inappropriato e imbarazzante.

Per me ma anche per lui, ovviamente, che si ritrae, irrigidendosi all'istante.

Quindi anche io caccio le mie mani di nuovo all'interno della coperta e mi blocco completamente, arrossendo e guardando ovunque per non incrociare i suoi occhi. Ecco, questa è la fase in cui Marinella fa qualcosa di estremamente stupido e getta la conversazione nel baratro della stranezza.

In genere, si colloca a metà dell'interazione, ma sono piuttosto convinta di aver decretato la fine dei giochi con questa mia ultima mossa. Mi stupisco di come, ogni volta, io sia brava a oltrepassare il recinto elettrico che ho personalmente costruito intorno alle zone che devo evitare. Sembra che ami farmi del male, o che, in generale, non sia capace di ascoltare i rimproveri da parte di me stessa.

"Magari chiamalo." dice Mattia, fingendo malamente che non sia successo nulla e tornando a riferirsi a Benigni.

"Certo." annuisco. "Be'... ci dovrò pensare, ovviamente. Ma appena decido quale dei miei due possibili futuri scegliere, gli darò un colpo di telefono."

"D'accordo."

Percepisco che Mattia sta per andarsene e mi sento di colpo non pronta per rimanere di nuovo sola. O meglio, non pronta perché lui vada via. È strano e altamente disturbante: non faccio altro che provare questa sensazione da quando l'ho rivisto per la prima volta.

"Ora vado, è tardi." fa per alzarsi e, ovviamente, subentra la fase in cui lascio trasparire tutto il mio disagio interiore.

"Mattia." lo fermo, costringendolo a rimanere seduto di fronte a me. "Posso farti solo una domanda?"

"Direi di no." risponde, confermandosi il solito microcefalo, ma, in realtà, rimanendo qui per darmi l'opportunità di parlare.

E io quindi parlo, sparando cose che rovinano la mia dignità, ma ormai un insieme di fattori mi permette tranquillamente di farlo. Innanzitutto, siamo alla fase conclusiva dell'interazione tra me e il microcefalo e, di solito, questo è il momento più degenerativo, dove ci urliamo contro perché tocchiamo argomenti delicati oppure, semplicemente, tocchiamo argomenti delicati. Secondariamente, ho già mandato all'aria la serietà della situazione con il mio quasi gesto d'affetto e, infine, come se le ragioni appena elencate non bastassero, c'è da considerare che stiamo entrambi pesantemente ignorando il fatto che solo qualche ora fa ci siamo baciati. Ok, non troppo consenzientemente, ma tant'è.

"Ehm..." introduco la mia domanda, guardando a tratti lui e a tratti il tappeto. "Ci esci ancora spesso con Silvia?"

Penso che tra tutte le alternative da lui valutate, questa fosse la meno aspettata.

"Ci facciamo domande personali, adesso?" ribatte, indecifrabile.

Io, quasi intimidita, alzo il dito indice. "Solo una."

Lui scuote la testa, ma poi risponde subito e in modo sincero: "No. Ci uscivo anni fa, ma poi ci siamo persi di vista. Era una vita che non la incontravo. Anzi, a dire il vero, ora che ci penso, questa è anche la prima volta che ci esco da quando sta insieme a Pierpaolo."

"Quindi vi sarete raccontati un bel po' di cose, stasera."

Accidenti a me e alla mancanza di un filtro tra la lingua e il cervello.

"Parecchie." risponde, non riuscendo a nascondere un sorriso divertito. "Silvia coinvolge sempre tutti in discorsi profondi e impegnativi."

Ed è per questa frase molto, molto codificata che anche a me spunta un sorriso, mentre, per un millesimo di secondo, i nostri sguardi diventano complici.

"Da quanto stanno insieme lei e Pier? Ma soprattutto, perché?" non resisto alla curiosità di chiedere.

"I motivi sono sempre molto intuibili, Argenti." risponde, senza essere troppo diretto, ma nemmeno troppo comprensibile. "Se non erro, da un paio di mesi."

"Wow. Un record."

Mi aspetto che Mattia rida alla battuta, invece la complicità di prima e già svanita. Ha assunto uno sguardo serio e mi guarda, a sua volta, con una certa aspettativa.

"Ora anche a me tocca fare una domanda."

E qui il mio povero stomaco si contorce e si richiude su se stesso come quegli occhiali componibili che si comprano da Tiger. Da un momento all'altro, mi ritrovo da uno stato di discreto relax alla paura più nera. Mi preparo alle peggiori alternative, a tutto ciò per cui non sono venuta qui, alla pretesa, anche giusta, da parte sua, di sentirsi raccontare il perché delle mie azioni.

Mattia mi chiederà perché l'ho ignorato, perché non ho mai risposto, perché sono scappata. Tutto il mio malessere degli ultimi cinque anni racchiuso in una sola domanda, a cui risponderò, come sempre, con una bugia a me stessa.

Quindi fisso quegli occhi verdi, con la gola completamente bloccata da un nodo, e attendo il momento peggiore della mia vita.

Mattia sostiene il mio sguardo e poi chiede in tono fermo: "Chi è Sayid?"

Ammetto che per un secondo vorrei sospirare di sollievo, ma il mio cervello è molto veloce a realizzare che comunque questa domanda è bastarda, e, mentre tutto ciò accade, spalanco gli occhi e mi stupisco di come diavolo Mattia sia arrivato a conoscere questo nome.

"Come?" faccio a mia volta, probabilmente assumendo una colorazione molto calda.

"Chi è -" pausa per permettermi di connettere i neuroni. "Sayid."

"Sayid?" prendo tempo, scrutando l'orizzonte, e soppesando quel nome come se mi avesse chiesto chi è Napoleone. "Sayid... ehm... ecco, be'. Chi è? Chi è Sayid?"

La mia idea di rilanciare la domanda risulta talmente patetica che decido di auto-infliggermi dolore, pizzicandomi una coscia di nascosto.

"Non lo so." ribatte Mattia, calmo. "Se lo sapessi, non te lo starei chiedendo."

"Be', nemmeno io lo so. Sarà... sarà qualche marocchino che ti ha venduto dei tappeti contraffatti. Che ne so."

Vedete? C'è sempre un momento in cui desiderate chiudere la schermata e andarvi a leggere Emily Bronte. C'è sempre quel passaggio in cui vi chiedete perché state perdendo tempo per queste puttanate, invece di farvi una cultura seria.

"Marinella, ormai capisco quando menti." mi ricorda Mattia. "Non credo che, se fosse veramente un venditore di tappeti, lo chiameresti nel sonno."

"Che cosa?" avvampo. "L'ho... l'ho chiamato nel sonno?"

"Oggi, quando eravamo in camera tua." conferma. "Dormivi, ma ogni tanto ti appiccicavi a me chiamandomi Sayid."

La sua non è una semplice spiegazione; suona molto come una considerazione intrisa di fastidio. E non si capisce se il fastidio derivi da me che mi appiccico a lui nel sonno oppure da me che chiamo lui Sayid nel sonno.

In ogni caso, tutto ciò mi dà un'incredibile vergogna.

"Ehm... scusa, io..." con la mano inizio a portare i capelli dietro l'orecchio, nervosa.

"Guarda che non ti devi scusare." interviene, stizzito. "Sei libera di sognare chi vuoi, volevo solo sapere a chi corrisponde quel nome."

È inopportuno che l'argomento mi sconvolga così tanto, ma forse è perché solitamente non penso mai a Sayid e nemmeno lo sogno. Anzi, in generale, io non chiamo nessuno mentre dormo o, almeno, non che me l'abbiano mai fatto notare.

Il fatto che sia accaduto proprio oggi e proprio mentre ero con Mattia, mi fa sentire a disagio. Mi sembra un enormissimo malinteso: se c'è una persona che da anni disturba il mio riposo, quello è proprio Mattia, e non Sayid. A causa del microcefalo faccio incubi in continuazione, mi sveglio di soprassalto e a volte nemmeno mi addormento.

Ma, logicamente, dovevo inconsciamente pensare a Sayid proprio nel momento meno adatto: non solo dando l'impressione che tra me e lui ci siano stati tutti questi momenti d'affetto (come vi dicevo, le nostre interazioni sono sempre state molto più fisiche che romantiche), ma anche facendo sapere al microcefalo della sua esistenza.

Ecco, questo è qualcosa di cui avrei volentieri fatto a meno: dargli la prova che dopo la nostra mancata relazione, nessuna delle relazioni che ho provato ad avere sia finita bene.

"È un ex." concludo, allora, sperando che la questione si risolva così.

"Di New York?"

"Sì... l'ho conosciuto a New York."

Mattia combatte la curiosità a fatica: "Vi siete lasciati da poco?"

"Sì e siamo anche stati insieme poco. Noi... " mi alzo in piedi, liberandomi della coperta e della scomodissima situazione. "Eravamo troppo diversi, ecco tutto."

"Ma a occhio ti manca."

Faccio un verso con la bocca, sia per sdrammatizzare tutto l'imbarazzo, sia per cercare di mantenere un certo distacco. Non è niente in confronto a quanto mi manca Mattia ed è per questo che mi sento così impedita ad affrontare il discorso.

Tra l'altro, notate come alle volte lo stesso contenuto venga proposto in forme completamente diverse, a seconda dell'interlocutore. Mi riferisco al mio dialogo di qualche giorno fa con Lorenzo, in cui non volevo nemmeno ammettere che tra me e Sayid fosse finita. La storia della pausa era fondamentale per salvare quel concetto di coppia che poteva essersi creato tra me e lui, ora, invece, a distanza di qualche giorno, è addirittura un ex.

"Mi manca, sì, un pochino..."

Lo sguardo di Mattia mi dice che sta per arrivare una meritata frecciatina.

"A te manchiamo proprio tutti, eh?"

Sono o non sono una cazzo di veggente?

"Mattia, se ti riferisci a oggi, in camera..."

"Nah, non serve che lo ripeti. Hai esagerato, non sei stata rispettosa, se potessi tornare indietro non ripeteresti gli stessi errori."

"Sì, ma..."

Anche Mattia si alza in piedi, tornando a sovrastarmi da bravo bullo, troppo alto e muscoloso per non usare a proprio vantaggio il fisico, in mancanza dell'intelligenza.

"Forse prima di dire certe cazzate, dovresti davvero valutare il loro peso." sibila, duro. "Usi l'espressione 'mancare' con molta facilità, ma non hai la minima idea di cosa significhi."

Incredibile... si è arrabbiato perché oggi gli ho detto che mi è mancato e non perché l'ho baciato ben due volte!

"Sì che lo so!" protesto, mentre lo osservo andarsene verso le scale.

"Oh, lo sapresti davvero bene... se solo fossi stata me, negli ultimi cinque anni." e detto ciò, si dirige velocemente verso le scale, con un'andatura che suggerisce che dovrei proprio evitare di seguirlo.

Ribatto inutilmente che è lui quello supponente, dato che incolpa senza sapere che cosa sia successo, ma non ricevo ascolto e ben presto mi ritrovo per l'ennesima volta da sola.

Ecco, per un attimo, solo per un attimo, mi manca davvero Sayid.

Se solo fosse qui ci chiuderemmo in camera e sfogherei tutta la mia frustrazione tra le lenzuola.

Anche se, ancor più tristemente, mi rendo conto conto che alla fine non sarei felice. Più spensierata, certo, ma non felice.

***

SECONDO BREAK

Un faccia a faccia non troppo produttivo, come al solito, ma c'è chi ci potrebbe vedere dei passi avanti. Voi ne vedete?

Disegno di Angelica <3 (alcuni dettagli non coincidono con il testo perché la sottoscritta si è dimenticata di fornirli alla disegnatrice ignara, per cui siete in diritto di preparare i forconi per me)

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E ora, anche per permettere al tempo di passare all'interno del racconto, fermiamoci qualche minuto. Siamo solo a metà, quindi: pipì, pupù, cibo e rispondere a Whatsapp. Fatto? Bene, adesso allora potete approcciarvi a questo di Whatsapp: Zuckerberg ha tirato fuori dal suo archivio, solo per voi, una perla molto molto rara. Ma non ditelo a nessuno, eh! Leggete e... meditate... meditate.


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***

Casa vuota.

Quale pace. Quale serenità.

Oddio, non è che sia proprio del tutto vuota, ma considerando che le persone più caotiche se ne sono andate, la loro assenza si nota in positivo.

Saranno le otto, ormai. I ragazzi sono partiti assieme a Magno per condurlo verso qualche pub; noi ci stiamo preparando per l'addio al nubilato di Gloria.

A dire il vero, non c'è troppo da preparare. Dato che sarà un pigiama party nessuna di noi deve perdere tempo a farsi bella, ma se guardavate Sleepover Club, capirete che un minimo di lavoro pregresso deve esserci.

Per quanto riguarda me, ho scelto un delizioso pigiamino lilla, ricco di fiocchetti antiestetici e orli delle maniche ondulati. Niente reggiseno, rigorosamente, e, giusto per tornare la tredicenne che amavo essere, mi sono legata i capelli in due trecce laterali.

Sento che giù stanno facendo le prove con il proiettore; la voce inconfondibile di Zac Efron echeggia fino al piano di sopra. Eravamo indecise tra Beastly e High School Musical, ma sebbene Alex Pettyfer faccia rizzare gli ormoni a tutte, abbiamo optato per l'ignoranza pura. Bei vecchi tempi, canzoncine che sappiamo meglio dell'Ave Maria e invidia per Gabriella. Sarà una serata fantastica.

Mi avvicino allo specchio scrutandomi e pensando che ne ho davvero, davvero bisogno. Dal mio ultimo faccia a faccia con Zingaretti, l'altro giorno, non ho fatto altro che cercare distrazioni. Ovviamente, con grande insuccesso.

Continuo ad arrovellarmi, a pensare a lui, a vivere un senso di colpa che mi impedisce di fare qualsiasi cosa... persino gioire per la mia quasi assunzione!

In più, mi sono seriamente resa conto di quanto sia grave questa situazione.

Perché?

Perché lui è qui.

Certo, è qui da svariati giorni, ormai, eppure sono riuscita a realizzarlo solo recentemente. Non importa quanto io abbia cercato di imbrigliare i miei sentimenti, di costringere il pensiero a rimanere su una certa traiettoria o di dimenticare tutto ciò che riguarda il passato.

Non è servito a nulla... non è mai servito e ora che ho incontrato nuovamente Mattia, ciò appare ancora più chiaro e inevitabile.

È come quando sai di avere un problema e fai di tutto per scacciare il pensiero finché esso non si aggrava. E allora realizzi che non ha avuto senso sforzarsi per ignorarlo o conviverci, quando avresti potuto impiegare le stesse energie per cercare una soluzione molto prima.

In ogni caso, mi sono tristemente resa conto di come il tempo e la distanza non abbiano affatto mitigato i miei sentimenti. Non è variato nulla rispetto a cinque anni fa, anzi, ora, complici anche i vari trascorsi, sento tutto più intensamente.

E questo vale sia in positivo che in negativo: vedere Mattia mi fa muovere le farfalle nello stomaco, sentire la sua voce mi fa accelerare il battito, essere vittima di un suo sorriso o del suo profumo è ancora quanto di più efficace esista per annullare l'attività cerebrale di una pensatrice come me. Ma, allo stesso modo, percepire il suo risentimento mi carica di sensi di colpa, sentire la sua rabbia mi fa accrescere il doppio di rabbia, rischiare la sua assenza, anche se solo per qualche minuto, mi toglie l'ossigeno.

Se pensavo di combattere questa maledizione piombatami addosso anni e anni or sono, mi sbagliavo di grosso. Penso che non vincerò mai a questo gioco, anche se mi auguro con tutto il cuore, un giorno o l'altro, di svegliarmi e trovare il modo definitivo di fuggire.

"Zia Nelli?" il richiamo di Rachele mi fa voltare verso il letto, dove lei è distesa a leggere un libro che le ho prestato (s'intitola Il sogno americano da Colombo a Obama, dovrei leggerlo per l'esame, ma spero che Rachele lo riassuma per me. Le ho detto che era una storia divertente).

In ogni caso, la sua attenzione non è sul libro, ma rivolta alla persona presente nella stanza, oltre a noi due. Difatti mi sta indicando Davide, che è entrato senza bussare e ha iniziato a rovistare nella mia valigia, senza nemmeno chiedere il permesso.

"Che fai?"

Naturalmente, assordato com'è da quelle cuffiette, nemmeno mi sente, così mi avvicino a lui e gliene tolgo una bruscamente.

"Ti ho chiesto che stai facendo."

"All'andata ti sei fregata le mie gomme da masticare. Me le riprendo." Davide sfila la mano dalla mia valigia e mi pianta il pacchetto di Vigorsol davanti alla faccia, agitandolo fastidiosamente.

"Oh mio Dio." sbuffo, allontanando malamente la sua mano. "Non riesco a credere che tu sia davvero così infantile."

"O invece sei tu ad essere troppo vecchia."

"Non sono vecchia, Davide. E piantala con queste stupide ripicche!"

Davide mi mostra molto tranquillamente il dito medio, poi usa la mano per infilare una chewing gum in bocca, mentre con l'altra si rimette la cuffietta. Buon Dio. Se avete mai avuto un fratello/sorella adolescenti, capirete la mia urgentissima voglia di prenderlo a vergate in pieno volto.

Specialmente ora che mastica la gomma come fosse una coscia di orso, a due centimetri dal mio viso, appositamente per darmi fastidio.

Qualcuno mi trattenga dal picchiarlo forte.

"Sparisci dalla mia camera." ringhio, sentendomi già prudere le mani.

Vedete, tutto questo astio deriva da un piccolo screzio, risalente a circa un'ora fa. Non avrei mai pensato che potesse rappresentare tutto questo dramma per Davide, ma a quanto pare non avevo fatto i conti con il suo unico neurone, nonché re senza sudditi della pubertà.

Me ne stavo comodamente in camera a intrecciarmi i capelli, quando con la coda dell'occhio ho avvistato un'ombra passare davanti alla mia porta aperta. Riconoscendolo, ho chiesto a mio fratello dove stesse andando e lui, in tutta scioltezza, mi ha risposto: "All'addio al celibato di Magno, con Marco e gli altri."

Così, aggiungerei, giusto perché non sono un minorenne che non può entrare nei pub e bere alcol.

Ma il peggio era nel vestiario da fighetto. Ossia, ciò che prevede il kit del sedicenne medio: jeans a vita bassissima strappati sulle ginocchia, mutanda di Calvin Klein in realtà presa su AliExpress, polo nera, bracciali di gomma indicatori di carattere festaiolo e, naturalmente, le Stan Smith guadagnate in tre anni con le pulizie in casa.

"E a chi avresti chiesto il permesso, di grazia?" è stata la mia lecita domanda.

"A me stesso medesimo. Sulla Bibbia dicono che non è un peccato, quindi puoi salutarmi a cuor leggero. A più tardi!"

"Non osare fare un altro passo, Davide Argenti."

E così, molto a ricalco del mio modello materno, ho raggiunto Davide e l'ho tirato per il colletto della maglia, dentro la mia stanza.

Mia madre, quando eravamo piccoli, ci lasciava molte libertà e tutto lo spazio che secondo lei il nostro sviluppo creativo/cognitivo richiedeva. Mia madre è un po' Satana e un po' hippie, forse per questo io sono diventata un tale casino.

Ma se io sono cresciuta come una specie di scarabocchio emotivo, Davide ha sviluppato la sua personalità tramite atti molto spesso ribelli e in preadolescenza direi addirittura anarchici. È sempre stato un tipo estroverso, ma di certo mia madre non avrebbe pensato che un'educazione meno rigida l'avrebbe trasformato in un criminale.

Ogni genitore compie degli errori, e sicuramente i miei se ne sono accorti fin troppo bene. Non smettono mai di darsi la colpa per come Davide sta crescendo in modo problematico, addirittura passando sopra alla sua stessa indole, dimenticandosi che non è solo a causa di com'è stato cresciuto, ma anche di com'è fatto, se alle volte diventa seriamente intrattabile.

Il problema è che lui ha fame di tutto: specialmente, come spesso accade, dei cibi proibiti.

Davide è curioso, dinamico, vivace. Non sopporta di essere comandato, ma soprattutto ingabbiato e costretto. Perciò ogni buona regola è per lui un qualcosa da dover rompere. Ovvio, no? Aggiungiamo pure che è in una fase infame della crescita e che, oltre ai suoi vari disagi psichici, ha anche gravi problemi a relazionarsi con i suoi coetanei.

Insomma, niente di più promettente per un possibile sequel thriller.

Per questo motivo, la nostra discussione ha raggiunto toni elevati fino al punto in cui ho dovuto ricattarlo. Gli ho detto che non sarebbe andato in giro per pub, oppure l'avrei raccontato a mamma e papà. Certo, ci sono cose più gravi di uscire con degli amici più grandi e fare qualche cazzata, ma io conosco Davide. Non puoi dargli una scintilla senza aspettarti che ne faccia subito un falò. Ve lo spiego meglio: Davide fa delle stronzate davvero, davvero pesanti, come farsi sospendere da scuola, farsi denunciare dalle ferrovie dello stato e farsi allontanare dai suoi amici. E solo perché ne ha assaggiato prima il sapore... solo perché non ha saputo contenersi, e ha voluto sempre di più, sempre meglio.

Si parla metaforicamente, ovvio, ma il concetto è semplice. Come per la sua bocciatura, perché un giorno ha sfidato per scherzo un professore e poi ha continuato con gli altri, diventando mano a mano più pesante, ottenendo le antipatie di chiunque, preside compreso.

Naturalmente non ha capito l'intento di protezione, buonsenso e responsabilità dietro il mio divieto per questa sera, e non ha fatto altro che accusarmi di essere vecchia, di non dargli fiducia e di essere esattamente come gli altri. Ma come posso non temere che l'uscita con i grandi lo spinga a voler fare il grande, nel modo sbagliato e prematuramente? Come posso sperare che questa volta rimanga nei confini? Non lo fa mai.

E io dovevo fare la psicanalista, non la linguista, diamine.

Quindi è passato alla fase tragedia e, come al solito, ha iniziato a sparare accuse contro, praticamente, l'intera umanità. Che non lo capisce, che lo tratta come un bambino, eccetera eccetera eccetera. Ha incolpato pure Rachele, la quale non aveva ancora aperto bocca.

Infine, al termine della scenata, se n'è andato furioso, accettando per forza la mia imposizione.

Ma, ovviamente, non è per nulla finita qui. Ora si prospettano giorni di: ripicche, dispetti, musi lunghi e frecciatine. Fino alla prossima ribellione. E il ciclo continua.

Infatti, quando Davide leva finalmente le tende, mi sento in super diritto di sospirare sonoramente. Non ho la più pallida idea di come i miei riescano a gestirlo senza uscire di testa, ma confido nel fatto che facciano ancora sesso sfrenato per sfogarsi, oppure prima o poi lo molleranno in un riformatorio.

Per fortuna, lo sento rinchiudersi nella propria stanza (naturalmente dopo aver violentemente sbattuto la porta) e decido di rimandare a più tardi il confronto faccia a faccia, in cui tento inutilmente di farlo ragionare.

"Perché non lo lasci andare?" mi domanda Rachele, puntandomi contro i suoi innocui occhi blu. Ovviamente è furba come il serpente del peccato originale, ma non ve lo farà mai capire.

"Perché è ancora piccolo."

"Gli hai detto che i ragazzi vanno solo a ubriacarsi e guardare culi. Ma anche lui è un ragazzo."

"Si ma è un ragazzo ancora in fase di costruzione, quindi non abbastanza grande per andare con loro. E comunque è sederi, non culi. Ho sbagliato."

"Quindi è veramente così? Papà sta andando a ubriacarsi e guardare culi?"

Maledizione.

"No, lui non beve e poi non ci sono sederi, ma solo donne vestite in modo provocante." mi fermo, rendendomi conto di aver completamente sbagliato l'organizzazione del discorso.

Rachele mi fissa, assolutamente poco raccomandabile con quei suoi ricci selvaggi e il libro di cultura americana sotto il mento.

"Senti." Satana, vorrei aggiungere. "Tuo papà è lì solamente per controllare. Non berrà e non guarderà donne, gli altri invece si divertiranno solo un po'. Davide è sotto la mia responsabilità e, in quanto tale, sta esattamente dove gli dico di stare."

"Capito."

"E tu non dire a nessuno che abbiamo avuto questa conversazione, è chiaro?"

"Se tu mi lasci giocare a nascondino per la villa, assieme a Fil e Vitto."

Indugio un secondo sul suo viso demoniaco. Il ricatto non è male ed è addirittura opportuno, dato che sia Cris che io ci chiedevamo come sbarazzarci dei minori a carico per poterci godere appieno la festa. Così avviso Cris: lei pare d'accordo e quindi diamo il permesso ai marmocchi di girovagare, a patto che non si ammazzino o rompano cose.

Pure Gloria sembra non avere troppi problemi a riguardo, anche se una sfumatura preoccupata le circonda le iridi solo per un attimo. Tuttavia, a tutti noi serve innegabilmente un momento di relax totale, quindi alla fine optiamo per l'hakuna matata generale.

Niente bambini, niente fidanzati, niente ex-cotte per cui ancora moriamo dentro. Sarà la serata migliore del secolo.

Quindi scendiamo allegramente al piano di sotto, dove entro poco ci raggiungono tutti e si può cominciare a guardare il film. E va bene, forse scegliere High School Musical non è stata la mossa più matura che potessimo fare, ma, ehi, almeno fino a metà è davvero divertente.

Dopodiché, la birra comincia a scaldare gli spiriti e il film passa in secondo piano. Inutile dire che io mi sono tenuta a debita distanza da qualsiasi bevanda facesse più di zero gradi d'alcol, ma lo stesso non è stato per gli altri presenti, che ora hanno definitivamente lasciato perdere Zac Efron e si sono messi a fare un gioco stupido.

Che 10^A è senza giochi stupidi?

Vacca se n'è andata ancor prima che stappassimo le bottiglie; si è lamentata che il film faceva schifo, che la serata era noiosa e che, fondamentalmente, non c'erano uomini per divertirsi. Be', eccetto Lori, ovviamente, ma Lori è pur sempre Lori.

Alla fine di tutto il suo travaglio emotivo, il nostro caro Castelli ha capito dove si orienta la sua bussola e cioè... sia ad Est che ad Ovest. Lorenzo è bisessuale - finalmente sembra esserne sicuro - anche se ciò non comporta che Vacca sia attratta da lui. Né tanto meno che lui sia ancora attratto da me.

Ah... quasi quasi rimpiango quei tempi. Ora sembra solo odiarmi... più o meno come tutto il resto del mondo.

Scusate. Momento vittimismo.

Ma tornando alle cose serie, il fatto che Vacca non ci sia, che io non beva, che Cris non possa bere e che Shy non voglia bere fa sì che in tavola ci sia un bel po' di roba da spartire. Pochi stomaci uguale tanta euforia e, se fino alle undici sono stati tutti bravi, da poco è subentrato il ma sì, finiamole, hakuna matata che li farà ubriacare come animali. Difatti, il suddetto gioco stupido è andato degenerando di minuto in minuto.

Dapprima, seguiva semplicemente le orme di un obbligo o verità, mentre adesso è diventato un dire, fare, baciare in versione non adatta ai minori di diciotto anni. Ringrazio il Cielo che Davide stia ancora facendo il nobile offeso e che quindi non sia voluto scendere a partecipare. Per quanto non ci siano dubbi sulla sua vasta conoscenza sessuale, ascoltare certe storie è davvero diseducativo.

Dio, avreste dovuto sentire che cosa ha appena raccontato Gloria.

"È stata la volta in cui sono andata più vicino al farmi odiare da questa famiglia. Se solo ci avessero scoperti..." ridacchia la sopracitata, con la voce alterata dall'alcol.

Ok, siete lettori fedeli, non vi meritate certi tagli, quindi ve la farò breve. La prima volta in cui Gloria ha provato il vestito della madre di Magno si è messa a piangere per la disperazione. Secondo lei - e secondo il mondo intero - era orrendo e il pensiero di doverlo indossare per forza l'aveva demoralizzata. Quindi Magno, da bravo maritino, ha cercato di tirarle su il morale. Si sono coccolati, e poi baciati, e poi... be', da cosa nasce cosa.

Quello che vi dirò è il risultato e non il come abbiano fatto a ottenerlo (quello è ciò che ritengo un cattivo insegnamento sia per Davide che per voi): i due piccioncini hanno macchiato il vestito.

Immagina, puoi.

Non avendo il coraggio di portarlo in lavanderia, hanno semplicemente aspettato che la macchia si asciugasse e ora il vestito è bianco. Come la maggior parte dei vestiti da sposa, solo che gli altri vestiti da sposa sono tinti chimicamente di bianco e non naturalmente. Non so se mi spiego.

"Gloria!" Cris si tiene il pancione e ride convulsamente. "Dai, io ne avrei approfittato per bruciare quel vestito e comprarne uno che non sembrasse uno scopino del cesso!"

Ilenia annuisce vigorosamente: "O più che altro, che non sembrasse un preservativo bianco perlato anni '50. Ti sta addosso come se avessero aspirato l'aria tra te e il tessuto. Un sottovuoto con le balze, praticamente."

"Avevi già reso l'idea a 'preservativo perlato'."

"Penso che il sarto quella volta volesse vendicarsi per non aver potuto seguire la sua vocazione da sollevatore di zolle." osserva Lori. "Avrei potuto disegnarlo io."

Gloria ride, ma piagnucola allo stesso tempo, rossa in viso: "Te l'avrei fatto fare volentieri, ma non posso. Mia suocera ci tiene troppo e nemmeno Magno vorrebbe darle un dispiacere."

"Quindi ti sposerai con addosso un preservativo sporco. In vari sensi." riassume Patrizia.

Tutti fanno una faccia schifata e Gloria arrossisce ancora di più: "Ti prego, ora tocca a te."

Le passa la benda e Patrizia se la lega attorno agli occhi. Quindi Gloria apre la mano davanti al suo volto e pronuncia: "Dire, fare, baciare, lettera o testamento?". Patrizia va a tentoni, finché non trova una delle cinque dita, il mignolo, che corrisponde a testamento.

È fortunata, dato che testamento è una delle scelte meno compromettenti di questo gioco. Ti obbliga semplicemente a ricevere una punizione, infatti Patrizia si ritrova con un bicchiere d'acqua vuotato in testa, ma tutto sommato non va oltre quel fastidio. Per carità, per lei è un vero dramma, dato che i duecento chili di matita le si sciolgono fino al mento, ma rispetto ad altri non può proprio lamentarsi.

Il dito anulare, quello che corrisponde a lettera, è l'altro pegno facile e tocca, subito dopo, a Federica. Qualcuno le disegna una lettera sulla schiena e lei la indovina, quindi si risparmia un pugno in mezzo alle scapole. Anche a me capita la stessa sorte, dopo aver stretto l'anulare di Fede, ma, al contrario di lei, non capisco la lettera e quindi mi percuote. Oh, quella ragazza ha così tanti conti in sospeso con la sottoscritta.

Finalmente tocca a me proseguire. Sottopongo al giochino il buon vecchio Lori e, proprio come desideravo, mi prende il pollice: dire. Dire è come la versione avanzata di obbligo o verità, dove obbligo e verità si fondono e tu sei obbligato a dire la verità. Adoro.

"Lori."

Il biondo è pure ubriaco. Adoro ancora di più.

"Dimmi la tua classifica dei ragazzi della classe, in termini di chi ti faresti di più."

Lorenzo, prevedibilmente, fa gli occhi da gufo e ride. Sa di essere stato incastrato.

"Be'... " fa un po' il vago, giusto per non sembrare troppo maniaco. "In cima alla classifica, direi Magno. Con tutto il rispetto, Glo."

Lei si chiude nelle spalle. Ve l'ho detto: non è consapevole di star sposando Dio.

"Poi, ehm..." Lorenzo si gratta il mento, sembrandomi terribilmente imbarazzato e carino. "Direi, Tommaso."

E qui ho sentito tutto ciò che volevo sapere. Lorenzo è ancora cotto. Direi innamorato pazzo. Molto bene: ho un sacco di materiale su cui lavorare per riassestare una vecchia coppia e possibilmente riconquistare l'affetto del mio migliore amico.

"E di Lionel che mi dici?" intervengo, ottenendo i lamenti di chi era interessato a sapere il terzo classificato. Devo scoprire fino a dove è salito il mercurio nel gelosometro di Lori; devo capire se procedere per vie più o meno dirette.

"Lionel non è della classe." mi fa notare lui, incrociando il mio sguardo con un certo sospetto.

"Be', ma così per sfizio. Cosa ne pensi? Te lo faresti?"

"No."

"Una volta non la pensavi proprio così."

"Nelli." la gomitata tra le costole da parte di Fede mi fa perdere l'uso del polmone sinistro, ma mi restituisce un po' di bontà d'animo. In effetti Lorenzo non sembra troppo geloso di Lionel... il che è strano, eppure la sua espressione non mente.

"Beh, comunque non importa." ritratto, rivolgendomi a Lorenzo e quasi scusandomi per l'insistenza. "E comunque sono d'accordo con te."

"Una volta non la pensavi così." ribatte argutamente lui, con mezzo sorriso, poi grazie al cielo cambia argomento. "Per quanto riguarda il resto della classifica, in seguito direi Pierpaolo, poi Francesco, Mattia, Amerigo e... Cris, perdonami, ma Diego è l'ultima persona sulla Terra con cui vorrei avere un rapporto."

Come Gloria poco fa, anche Cris si stringe nelle spalle. Lei è molto consapevole di stare con Diego The Vallinator Vallicroce ed è estremamente felice di ciò, nonostante sia praticamente come avere un terzo figlio. O, per meglio dire, un quinto figlio, dato che ne ha già due e sta aspettando una coppia di gemelli.

I Vallicroce invaderanno il pianeta.

La sfida di Lori termina con i vari pareri sulla sua classifica, dopodiché lui sceglie Ilenia per continuare il gioco. Lei stringe il dito indice, fare, e Lorenzo la obbliga a recitare la scena che le esce peggio dello spettacolo che sta preparando. Ilenia dice che è quella del bacio e così passiamo un quarto d'ora a guardarla limonare l'aria.

Mi scuso per la finezza, ma dopo infiniti minuti di preliminari tra Ilenia e un fantasma, si perde la pazienza. Ed è brava, eh, molto brava, solo che non è toccante come se l'avesse fatto sul palco e insieme a qualcuno.

"Vedete?" si lamenta Ilenia, sistemandosi i codini. "Nemmeno le vostre facce riescono a nascondere la noia! Guardate Nelli!"

Tutti si girano. Ma perché sono sempre così interpretabile?

"Macché noia! Ile, sei bravissima!"

Un Nobel, signori. Un Nobel per la falsità.

"No, non è vero. È da mesi che la provo! Da sola, con gli altri attori, addirittura con il regista, ma..." Ile è scioccata per la non riuscita della scena, noi perché si è passata l'intero staff. "Non so che cosa manchi. Non c'è spessore, non c'è la... la..." stringe l'aria, con fare appassionato. "La scintilla."

Per evitarci l'ennesimo monologo di Ilenia, facciamo proseguire il gioco, in poche parole ignorandola. Così tocca di nuovo a Gloria e scopriamo altri dettagli che la preoccupano circa il matrimonio, come il fatto che il pasticcere le abbia chiesto un sacco di soldi per la torta, che le fedi non siano ancora state sistemate e che l'orchestra abbia un concerto a Roma la sera prima e potrebbe arrivare in ritardo. Soluzione: la costringiamo a bere un'altra bottiglia e si canta insieme: We're all in this together, and it shows where we stand, hand in hand, make our dreams come truuuuuuue...

Gloria propone come turno successivo Eva e quella, fortunata come pochi, si salva con il testamento. Dunque la puniamo con alcuni pizzicotti sulle braccia, delusi in parte dal fatto di non aver potuto estorcerle informazioni, e poi lei si affretta a scegliere la sua vittima.

È Shy, e il fatto di essere la prescelta di Eva è solo una sciagura. Difatti, guarda caso, le capita il dito medio. Prima di lei, nessuno aveva beccato baciare e ora mi chiedo se il buonsenso agirà da freno, o se questo addio al nubilato prenderà pieghe ancora più preoccupanti.

Eva sogghigna e io già capisco che è la seconda.

"Oh, vediamo un po', cara Shymée. Devi baciare... devi baciare..."

L'occhio devastatore di Eva cade su Ilenia e allora si ode in lontananza il suono di una risata malefica durante un temporale: "Devi provare la scena del bacio con Ile."

Sapevo.

Ero sicura che gliel'avrebbe fatto fare.

Eva è un mostro. Dio solo sa quanto gliela faremo pagare quando arriverà quel suo Luca. Mi vendicherò di tutte le angherie subite dalla prima superiore a oggi. E sono tante. Sarà bello. Sarà come quando vedi crepare quella vecchietta acida che dà la mela avvelenata a Biancaneve.

Mi sto pregustando la soddisfazione.

Shy e Ilenia si scambiano uno sguardo fugace, prima di abbassare entrambe gli occhi e puntarli al suolo con disagio. Qualcuno allora tenta di sdrammatizzare e propone e di far baciare a Shy una colonna o la mano di qualcuno, ma Eva è irremovibile. Vuole che siano le due persone che ha scelto e vuole, soprattutto, cito, vedere la lingua.

Immagino che a questo punto una delle due si rifiuti con uno sclero pazzesco e propini a Eva una bella ramanzina, invece Ilenia pare piuttosto risoluta sul da farsi.

Si alza in piedi, si dirige nel punto in cui si trovano Shy ed Eva e si porta le mani ai fianchi: "Ok. Dunque. La scena è questa."

Afferra Shy per le spalle e conduce verso un lato del tavolino di vetro (sì, quello su cui era accomodato il microcefalo). La fa inginocchiare e le prende i polsi per far distendere e braccia sulla superficie.

"Tu sei Lancillotto, io Ginevra." spiega, sistemandosi pure lei nella stessa posizione, ma al lato opposto. "A causa della nostra relazione fedifraga, mio marito, Artù, è morto. Ora lo stiamo compiangendo sulla tomba, ma tutto sommato io ero stufa di farmi un megalomane e tu te ne sbatti perché io ho le tette in esposizione. Così, ci prendiamo le mani, guarda come..."

Ilenia distende le braccia sul tavolino e afferra le mani di Shy con le proprie (prima, mentre provava da sola, non capivo molto bene cosa stesse facendo... avevo ipotizzato che fosse una contadinella in piena muggitura di un bovino). Fa in modo che le loro dita si allaccino e poi si sporge verso di lei, facendo effettivamente risaltare il balcone.

È vero, indossa semplicemente un pigiamino, ma ci sono persone che risulterebbero provocanti anche con un sacco addosso e altre che per essere provocanti hanno bisogno dell'intercessione di un santo. Tossicchio internamente. Mi sto riferendo a me stessa e alla mia tragica mancanza di sex appeal.

"Ora, io mi sento attratta da te, perché tu mi stai guardando dritto negli occhi con crescente coinvolgimento." prosegue Ilenia. "Shy! Devi guardarmi!"

"Perdonami, Ile, ma io no so come... io non ho mai..." Shy sta guardando ovunque, imbarazzata, e le sue mani sembrano volersi ritrarre dalla stretta decisa di Ilenia.

"Non hai mai che cosa?" chiede la rossa, leggermente maliziosa.

"Recitato."

"Oh, è solo una scena, Shy." la rassicura lei con un sorriso. "Sul palco non hai nulla da temere. Ora, dicevo, guardami."

La mora mugola qualcosa, facendosi piccola tra le onde dei capelli, ma lentamente alza lo sguardo e incrocia quello di Ilenia.

"Per Dio, Shymée, devi guardarmi come se mi amassi!" la rimprovera. "Sei Lancillotto, non il pulcino Pio e io sono Ginevra! Hai appena mandato sotto terra il re più amato di Camelot per queste!" Ilenia lascia brevemente le mani di Shy per radunare il suo petto e metterlo ancora più in esposizione.

"Allah." mormora la mora, coprendosi il viso.

Ed è chiaro che non sia un paio di tette a scandalizzarla, ma credo che, come tutti, sia leggermente sopraffatta dall'esuberanza artistica di Ginevra, qui.

"Sentiti Lancillotto e fammi sentire la tua Ginevra!" tuona quest'ultima.

Poi afferra nuovamente le mani di Shy, stringendole ancora più forte e si sporge così tanto da sfiorarle il naso. Se fossi io, mi sarei già strozzata con la saliva, come minimo, infatti Shymée diventa paonazza ed esita immobile a due centimetri dalla faccia di Ilenia. Ma, alla fine, rizza la schiena e in un moto di coraggio riesce a sostenere il suo sguardo.

Oddio, ora si baciano sul serio.

E il momento è così intenso, così pregnante, che persino il tablet di Eva, alto allo zenit per poter riprendere la scena, si abbassa, lentamente. Gli occhi della mia compagna sono fissi sulle due attrici, desiderosi di sapere se lo faranno.

Gli occhi di tutti non si bagnano, nemmeno una volta, lasciando le palpebre ben spalancate, finché Shy e Ile non si baciano per davvero.

Non so se ci dovesse essere una pausa più lunga. Non so se Lancillotto avesse dovuto prendere l'iniziativa, o se invece spettasse a Ginevra. So solo che c'è stato un secondo in cui gli sguardi dei due personaggi sono vissuti attraverso quelli di Ile e Shy e poi entrambe, in perfetta sintonia, hanno inclinato la testa in avanti e hanno unito le loro labbra.

Increduli e intontiti dalla magia della scenetta, tutti noi spettatori non osiamo fare un fiato.

Il bacio di Shy e Ilenia rimane sospeso per un attimo sulle loro bocche, imbarazzato, ma poi si irradia attraverso i loro corpi, e lo si vede nel momento in cui le loro dita, ancora intrecciate, si chiudono con uno spasmo. Non si esaurisce per niente nell'attimo di tensione. Ancora una volta non so se sia nel copione, o se si tratti di improvvisazione, ma il tutto diventa ben presto appassionato e... lungo, molto lungo.

Ma non è quella lunghezza anonima che mi ha annoiato prima. Stavolta c'è davvero la scintilla.

Non è strano che siamo tutti molto stupiti, infatti. Osserviamo il bacio in assoluto silenzio, tanto che si sentono distintamente gli schiocchi delle labbra e il suono della saliva quando, come Eva aveva richiesto, le ragazze usano la lingua.

Non è affatto come vedere due uomini, o un uomo e una donna baciarsi. No, no. Oh, no, se non lo è. Come solo due ragazze sanno fare, è una delle espressioni d'affetto più dolci e passionali di sempre. E anche se è molto difficile distinguere la linea di separazione tra finzione e realtà, credo che tutti i presenti siano concordi sul fatto che questo è il più bel bacio del mondo. O, meglio... be', di Camelot, ecco.

Improvvisamente vorrei amare una donna.

E invece subito dopo mi rendo conto che mi è toccato un microcefalo. Vaffanculo.

Finalmente, le ragazze si distanziano l'una dall'altra e in un secondo i loro occhi tornano a rispecchiare le anime di Lancillotto e Ginevra. Poi, Shymée scioglie la stretta e nasconde le mani dietro i capelli, l'esigenza improvvisa di sistemarsi il colletto del pigiama.

Ilenia tossicchia: "Lancillotto, mio amato, mio salvatore."

Non so dove trovi la vocazione dopo un bacio così. Io avrei il cervello polverizzato.

"Artù non sarà morto invano: sarà un amore, già sepolto da tempo, che lascia il posto a un germoglio più verde e più sano. Quello della vita. Che esso ci dia il coraggio di accettarlo, tra la sofferenza, e di incontrarci di nuovo, prima di morire, a nostra volta, un giorno."

Bravo! esclamo con accento francese nella mia testa, mentre nella realtà le batto le mani.

Ma sono l'unica. Quindi la smetto immediatamente.

In realtà, negli sguardi degli altri c'è dell'altro oltre all'ammirazione. Qualcosa che questo bacio ha provocato a tutti. Emozione? Coinvolgimento? No, non basta.

Direi... direi eccitazione, ecco.

E non fraintendetemi, a me non piacciono in quel senso né Ile né Shy, ma è stato qualcosa di così trascendentale, di così etereo e perfetto che non posso non pensare una sola cosa.

Sesso.

Sesso sesso sesso sesso sesso.

Ve lo detto che mi si sarebbe polverizzato il cervello.

Quindi mi affretto a mettermi in piedi e fuggire dal cerchio imbarazzato di gente (molto probabilmente tutti stanno pensando la mia stessa cosa). Infatti, assieme a me si dileguano anche Cris, Patrizia e Shy, mentre Fede tenta malamente di sdrammatizzare con un aneddoto sui cavalli (la regina del fuori luogo). Io tossicchio camminando all'indietro: "Vado a dare una controllata ai bambini!"

In realtà, mi defilo al piano superiore, verso il bagno.

Mio Dio! 

O... Allah!

Mi chiudo all'interno del bagno per un po', mi bagno il viso e rifletto su quanto sia fisicamente in necessità di sfogare qualche buon vecchio istinto. Dopotutto, ho fatto sesso l'ultima volta... un mese fa.

Ok, ora ci sarà un malinteso.

No, non sono una che dopo un mese di inattività va in astinenza. Anzi, se è per questo, vi posso garantire che sono durata anche molto di più, ricaricandomi di tanto in tanto con Federica.

...oddio, no.

Un altro malinteso.

No, non è come pensate. Intendevo Federica, come Federica la mano...

Insomma, non Federica l'amica vera.

Sbuffo addosso al mio riflesso sullo specchio. Quanto casino c'è nella mia testa? Quanta confusione faccio?

Per distrarmi estraggo il telefono e mando un messaggio a Marco, magari sperando di dirigere la conversazione verso la fatidica domanda: come sta andando l'addio al celibato? Leggasi: quella sciacquetta della Trepalle si sta comportando bene? Leggasi: Mattia non è ancora stato abbordato da nessuna?

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(momenti social creati da Ellie)

Esco dal bagno, pensando che il mio risveglio ormonale da ninfomane non dipende da me, né da chissà quali periodi di calma. È colpa di Mattia, tanto per cambiare.

Mi è partito l'ovaio pazzo da quando l'ho rivisto e ora faccio gli strip in camera da letto e mi eccito per un bacio saffico. Ho bisogno di un bagno nell'acqua gelata, o di qualcuno che svolga la stessa funzione di Sayid. Al più presto, prima che salti addosso a quel microcefalo.

Oh mio Dio. Ho davvero appena pensato di saltare addosso a Mattia? Ma che mi prende?

Allah. Allah, aiutami tu.

Cerco di scacciare questo brutto pensiero con tutta la forza di volontà, mentre la mia concitazione accresce, quando al passare per il corridoio, sento degli strani rumori.

Mi sembrano... mi sembrano mugolii, gemiti.

Oddio. Sento le voci.

Oh mio Dio, sono diventata come Giovanna D'Arco mista a Diego Vallicroce.

No, ma aspettate un momento.

Non me lo sto immaginando. I mugolii ci sono davvero, qualcuno sta davvero facendo...

Mi fermo davanti alla camera da cui provengono i suoni e mi affaccio alla fessura della porta.

Quello che vedo, anzi, che intravedo solamente, per mia fortuna, mi fa trasalire, ma allo stesso tempo pensare che avrei dovuto aspettarmelo. Che era scritto nel destino di questa serata, che, mentre tutti ce ne stavamo al piano di sotto a bere e fare cazzate, tutto questo sarebbe ovviamente successo.

Era prevedibile, era ovvio.

Certo, estremamente sbagliato, ma davvero ovvio.

E mentre voi cercate di indovinare, io mi faccio il segno della croce.

Dio, o Allah, saranno molto, molto incazzati adesso.



***

Devo assolutamente spiegare, prima che qualcuno mi dia fuoco o istituisca l'Inquisizione 2.0 (sono una paracula, lo sapete)

Questo capitolo è un GIOCO, l'ho scritto senza la minima intenzione di offendere/criticare/mancare di rispetto alle religioni, alle varie divinità e ai concetti più puri che queste esprimono. Il sottofondo delle vicende è l'intreccio scherzoso di alcuni luoghi comuni che spesso vengono trattati nei dibatti e nei programmi tv che mio papà si guarda impedendo a me e mia sorella di seguire Bake Off. Ahah. No, scherzi a parte, spero che si sia capita la leggerezza di spirito con cui si è giocato con i concetti di sacro e profano per tutto il capitolo e specialmente nel finale, non chiaro, ma intuibile.

Non nego di aver anche riempito il capitolo di informazioni: a partire dalla prima parte, dove trovate un ritmato recap delle vite dei ragazzi della 10^A, passando poi per il faccia a faccia tra Nelli e Mattia e concludendo con Davide che sclera e le ragazze che... fanno cose. Ah, e non ci mettiamo in mezzo i momenti social! XD Se non erro, è il capitolo più lungo finora, anche se il prossimo lo batte. Insomma, vi avevo avvertito che Io e te 3 avrebbe avuto meno capitoli, ma più lunghi e intensi! Nel prossimo passiamo le 12 mila parole O.O

Vi lascio le solite domande, anche per fare un po' il punto della situazione.


1) Amerigo e Patrizia amici, Eva fidanzata e Francesco single. Nessuna di queste realtà mi convince.

2) Nella prima parte del dialogo tra Nelli e Mattia, c'è qualche parvenza del fatto che siano cresciuti? Oppure non notate alcuna differenza tra il "copione" delle vecchie discussioni e le nuove?

3) Vi aspettavate che Mattia facesse a Nelli proprio quella domanda? XD

4) Se siete fratelli, siete maggiori o minori? In ogni caso, chi capite di più fra Davide e Nelli?

5) Che ne pensate di Lorenzo? Secondo voi è ancora in qualche modo preso da Tommaso o si tratta dell'ennesima fantasia di Nelli?

6) Ilenia e Shymée - scatenate l'inferno.

7) Ma chi / che cosa avrà visto Nelli???

Lo sapremo nella prossima puntata!

La quale si può considerare davvero una chicca XD Un classico alla 'io e te'. Non dico altro.

Per quanto riguarda le tempistiche, dunque: il capitolo è già pronto perciò potrei tranquillamente postarlo online fra 10 giorni, ma 10 giorni significa verso il 5 novembre e proprio in quella settimana non sono in Italia XD Se tutto va bene, dal 2 al 6 progetto di fare un viaggio in Germania e Austria, quindi se non vi rompe troppo penserei di pubblicare attorno al 10. Che ne dite?

So che così tra il capitolo attuale e il prossimo avrò rallentato di un po' la pubblicazione, ma almeno nel frattempo potrò recuperare con i nuovi e organizzarmi decentemente :)

Detto questo, io non avrei più nulla da aggiungere. Ovviamente i soliti ringraziamenti a beta e grafiche, persone preziose <3, e a voi che non mancate mai di recensire e commentare. Un' info meno importante riguarda una cosa che forse avrete già visto se mi seguite sui social. In questo cap avrei dovuto parlarvi di una collaborazione che ho fatto con Firmoo, un'azienda di occhiali da vista, ma per quanto i miei propositi fossero buoni, ho dovuto rimandare. Ho a malapena finto i disegni e i momenti social in tempi decenti, figuriamoci se avrei avuto l'occasione di fare una recensione di qualsiasi tipo! Per non ritardare ancora di più la pubblicazione di questo cap, ho deciso che posticiperò Firmoo al prossimo e che per farmi perdonare anche da loro magari al più presto farò un video o una diretta per rendere giustizia agli occhiali fantastici che ho ricevuto e che ormai hanno sostituito i miei vecchi.

Voi comunque andateci a fare un salto sul loro sito, specialmente se siete talpe come me: Firmoo

Vi lascio con i miei contatti e... solo per questa volta, in via del tutto eccezionale, con uno spoiler dal prossimo capitolo!

***

"Perché è un circolo vizioso!" Mattia si è leggermente abbassato e i suoi occhi sono quasi alla mia altezza. Si sono ancorati ai miei e hanno preso il controllo della situazione. Devo ammettere che scrutandoli mi infondono una certa... disciplina. Ho appena avuto un brivido o sbaglio?

"Spezza quel circolo, Marinella." questa frase, a differenza delle altre, è pronunciata con una certa fermezza.

Signor sì, signore! verrebbe quasi da rispondere, ma poi mi rendo conto di essere una disagiata.

Non sapendo bene come reagire a questo consiglio barra ordine barra rimprovero, mi concedo qualche attimo di nulla. L'unica azione che compio è continuare a fissare gli occhi di Mattia da vicino, forse troppo vicino, e rievocare il ricordo di qualche giorno fa, quando l'ho baciato senza pudore. 


***


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Capitolo 7
*** Questo matrimonio (non) s'ha da fare ***


MxM3 7

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




"Io e te" è semplicemente complicato 

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Questo matrimonio (non) s'ha da fare

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Post fata resurgo.

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"Siete pazzi. Fuori di testa!"

"Marinella, basta. Sembri una suora."

"Oh, tu! Tu sei proprio l'ultima persona che può fare un commento del genere!"

Indico Veronica gonfiando il petto come un volatile. Guardo con disprezzo la sua mano che abbottona la camicia per nascondere il reggiseno leopardato. Arretro, giusto per aggiungere dramma al tutto.

"Ok, ok, calmiamoci." la voce che interviene è quella blasfema di Carlo. Don Carlo. Carlo. Non lo so più ormai. "Per favore, cerchiamo di non aggravare le cose."

"Non aggrav-? Calm-? Cos-?"

"Ci siamo rimessi i vestiti. Non ci ha visto nessuno. Stiamo tutti bene."

"Amen!" sbotto, fuori di me.

Carlo incassa con una smorfia: "È una situazione spiacevole, me ne rendo conto."

"Oh, certo che è spiacevole! Non solo è spiacevole beccare due che fanno rumorosamente sesso con la porta aperta, ma anche il fatto che uno dei due sia un parroco è davvero, davvero spiacevole! Ci sono dei minorenni in casa, per l'amor del cielo! "

"Nelli!" a causa del volume troppo alto della mia voce, Vacca mi richiama.

Vacca. Mi richiama. Non ho parole.

"Senti, ho tutto il diritto di urlare, dato che tu, peccatrice, e lui, sedicente prete, avete appena copulato. No dico, copulato. Ma vi rendete conto?"

"Sono venti minuti che ce lo ricordi. Lo so molto bene, grazie." la sfacciataggine con cui Vacca risponde mi sconvolge.

Cioè solo una manciata di minuti fa l'ho vista nuda e in cima a un prete altrettanto nudo. Ho iniziato a ripetere mentalmente l'Atto di Dolore non appena ho realizzato la forza distruttrice di tale immagine.

"Marinella, per favore." ritenta Carlo, fastidiosamente calmo. "Ok, forse hai visto qualcosa che non avresti dovuto vedere, ma tutto sommato non serve agitarsi così."

"Non serve, padre?" rilancio, nervosa. "Mi hai fermato la crescita. Sei disgustoso."

"Addirittura?"

"Oh, sì. Addirittura. Con Vacca... io non..."

"Ti prego, cerca di recuperare un po' di tranquillità." Carlo mi posa una mano sulla spalla e io mi scanso malamente. L'ho persa la tranquillità. L'ho persa per sempre. Esattamente come lui ha perso la grazia di Dio.

"Dovete dirlo a Magno."

"Certo che glielo dirò. Io..." Carlo si passa una mano tra i capelli castani, animando tutti i tatuaggi che ha sul petto (sì, è un prete a petto nudo. Abbi pietà di noi.). "Chiaramente quando sono venuto qui per lui, non avevo la minima intenzione di fare sesso con qualcuno, ma..."

Guarda Vacca. Lei guarda lui. Un porno.

"Datevi un contegno!" grido, coprendomi gli occhi.

"Marinella, sei troppo agitata." commenta Vacca, ripetendo quello che sembra essere diventato il mantra della situazione.

Si avvicina a me, mi prende per il polso e mi fa sedere a una scrivania, accanto a una finestra. La apre e sventola l'aria verso di me.

"Che brutta situazione." sospiro, tenendomi la fronte con una mano.

Carlo tossicchia e si siede qualche metro più distante, sul letto. È indubbiamente imbarazzato, ma calmo, mentre Vacca non riesce a nascondere l'eccitazione e la contentezza. Credo che lei non abbia avuto il minimo problema a passare oltre le circostanze.

Dio, per favore, accoglila nel tuo regno, nonostante i suoi peccati.

Carlo tossicchia di nuovo: "Comunque, ehm... mi- ci dispiace per quello che hai visto."

Flash di chiappe che si dimenano e mani tatuate sulle suddette chiappe. Voglio morire.

"Per piacere." lo ammonisco, avanzando il palmo aperto. "Fingiamo che non abbia visto proprio nulla. Ora il vero problema è pensare a come dirlo a Magno."

"Potresti farlo tu?" mi domanda Vacca, a mo' di richiesta.

"Neanche morta. Non voglio vederlo incazzato."

"Incazzato." Carlo ride tra sé. "Sarà imbestialito, dato che non posso più sposarlo."

"Come non puoi sposarlo?" chiediamo io e Vacca, preoccupate.

Carlo scuote la testa: "Dopo una cosa del genere... il minimo che devo fare è ritirarmi dal sacerdozio seduta stante."

"Farlo dopo il matrimonio no?"

"Non posso. Sarebbe un affronto indicibile, senza contare il peso che avrebbe sulla mia coscienza. Io non mi sento prete, ragazze. Non mi ci sento più da svariato tempo e ora che ho conosciuto Veronica..."

Altro porno.

"Basta! Piantatela! Ho capito." intervengo. "Niente celebrazione. Mi auguro che tu abbia almeno un sostituto pronto."

"Be'..."

"Un momento... qui c'è puzza di bruciato." osserva Vacca.

"No, affatto." ribatte Carlo. "Purtroppo è semplicemente difficile organizzare una celebrazione dall'oggi al domani. La maggior parte dei parroci ha già impegni fino a Natale."

"No, c'è veramente puzza di bruciato."

Carlo e io sospendiamo il dibattito e sniffiamo un po' l'aria per verificare se Vacca ha ragione. Non serve impegnarsi molto: l'odore di fumo si percepisce subito e a me viene istintivo voltarmi verso la finestra.

Non l'avessi mai fatto.

Quello che vedo è addirittura peggiore di Carlo e Vacca che fanno sesso.

È una catastrofe. È... è...

"GLORIA!" grido, lasciando il posto agli altri due per vedere. "C'è un incendio! GLORIA, IL TUO GIARDINO STA ANDANDO A FUOCO!!!"

Il mio grido allarma tutti. Nel momento in cui arrivo al piano inferiore, seguita da Carlo e Vacca, i miei compagni si sono già lanciati a ridosso della finestra e hanno assunto uno sguardo inorridito.

Gloria è la prima a precipitarsi all'esterno, lasciando la porta principale spalancata. Nel suo pigiama a fiori, si blocca per un secondo a metà del giardino e si porta entrambe le mani alla bocca, trattenendo il respiro. Sulle sue iridi e sulle nostre si riflette una luce arancione, quella delle fiamme che stanno ardendo un lato del tendone bianco, montato dall'equipe del catering solo qualche ora fa.

"Oh mio Dio..."

La voce di Gloria è quasi impercettibile. È il caos.

Ma mentre lei muove qualche passo, incerta se agire o contemplare l'orrore davanti a sé, Lorenzo è già arrivato a pochi metri dal tendone con una corsa, pronto ad aiutare. Assieme a lui, infatti, si sono appena radunati alcuni membri del catering, che alloggiano nella dependance, e hanno già portato con loro dei secchi pieni d'acqua.

Tra coloro che tentano di soffocare le fiamme in tutti i modi possibili scorgo anche mio fratello, che incrocia il mio sguardo con una pena incredibile.

Guarda poi Gloria e la avverte di stare tranquilla, ché i vigili del fuoco stanno arrivando.

Chi li ha chiamati? Da quanto sta bruciando il tendone? Com'è successo?

"Andate a prendere dell'acqua!" ci ordina Lorenzo.

"Bottiglie, secchi, tutto quello che potete." aggiunge un uomo sicuramente dipendente di MatriMagni. "Signorina Ferrucci, c'è una gomma qui intorno?"

"Uhm... io non... non saprei..." Gloria si guarda alle spalle con fare smarrito.

"Chiami uno dei giardinieri. Chieda a lui. Presto."

In velocità ci dissolviamo tutti: chi a prendere dell'acqua, chi assieme a Gloria, chi ad aiutare gli improvvisati pompieri. Alcuni di noi si fiondano addirittura nel retro della villa, dove si trova la piscina interrata, e tentano di trasportare l'acqua da lì, in qualche modo. Ma il giardiniere non risponde, Magno nemmeno e le fiamme si sono già appropriate di metà del tendone.

"Nelli, dove sono i bambini?" Cristiana mi rivolge uno sguardo preoccupato, ma non faccio nemmeno in tempo ad avere pure io un attacco d'ansia che vengo distratta.

Il cancello di Villa Magna si apre e l'Audi di Mattia fa il suo ingresso a velocità piuttosto sostenuta, frenando bruscamente seguita dalla BMW. La porta del passeggero di quest'ultima si apre lasciando uscire un Alessandro Magno barcollante e ricoperto di... birra?

Gloria gli corre incontro senza badare al suo aspetto, il cellulare stretto tra le mani, lui fa lo stesso e, come lei, stringe il telefono con espressione colpevole.

"Ti posso spiegare!" esclamano all'unisono.

Gloria acquisisce per un secondo uno sguardo perplesso: "Che cosa mi devi spiegare?"

Ma gli occhi di Magno sono già passati oltre la sua figura e si sono allargarti davanti alla ferocia delle fiamme.

"Oh mio Dio!" la reazione è la medesima.

"Cazzo..." biascica Diego, smontando a sua volta dall'auto. "Merda! Ma che cazzo, porca puttana!"

"Un signore." commenta Cris.

Lui la guarda con l'occhio lucido da ubriacatura: "Cris, stai bene? Dove sono i bambini?"

Cris non risponde e allora Marco si avventa su di me: "Dov'è Rachele?"

"Ma cosa è successo?" ovviamente la domanda più stupida è quella di Mattia.

"È partito un idrante." anche in un momento così, non riesco a frenare il sarcasmo e guadagno un'occhiataccia verde.

"Non lo so." risponde Gloria, disperata. "Eravamo in salotto, stavamo parlando... noi... non ho idea di cosa sia successo, amore, devi credermi." si rivolge a Magno con tutta l'aria di chi è sicuro di essere rovinato. "Nelli si è accorta dell'incendio solo pochi minuti fa, ma i pompieri stanno arrivando."

Tutti gli occhi su di me. Ora nelle loro menti la piromane sono io. Sicuro al cento per cento.

"Non c'entro nulla." mi discolpo prima che qualcuno se ne esca con ipotesi strane. "Ero solamente di sopra con..." incrocio la figura a petto nudo di Carlo e mi mordo la lingua. "Be', ero a... stavo..."

"Marinella, dov'è Rachele?" Marco ripete la domanda, sfoderando un tono che neanche mio padre quando omettevo di aver preso un'insufficienza.

"Beh, ecco, io stavo appunto cercando i bambini."

"Perché cercavate i bambini? Non erano con voi?"

Dopo questa domanda, Diego si rende conto che forse è più utile agire, quindi fa per correre verso il tendone, ma Cris lo afferra prontamente per la maglietta.

"Dove pensi di andare?"

"A cercare Filippo e Vittoria. Se sono lì dentro..."

"Non vai da nessuna parte. Sei ubriaco."

"Allora li lasciamo bruciare?" ribatte, arrabbiato.

"Ha ragione." gli dà man forte Marco.

"Non fate gli eroi." sibila Cris.

"I bambini stanno bene. Stavano giocando in casa." intervengo.

"Lo sai per certo o stai parlando a caso?" mi domanda Marco.

"Fantastica babysitter, Marinella." Diego mi lancia uno sguardo adirato.

"Vi potete calmare?" Mattia si frappone tra noi con aria seria e per un attimo sembrano zittirsi tutti, persino le persone che cercano di spegnere il fuoco alle nostre spalle. Poi lui guarda Diego e Marco in modo contrariato: "Vi vorrei ricordare che mentre loro dovevano badare ai bambini, voi vi ricoprivate a vicenda di birra in un pub. Ora piantatela di accusarvi; i pompieri sono qui e lì ci sono i bambini."

Mattia indica un punto un po' lontano, da cui stanno arrivando, di corsa, Rachele, Filippo e Vittoria. Sospiro di sollievo, ma mi basta qualche altro secondo per capire che non portano affatto buone novelle.

Rachele sta indossando il vestito da sposa di Gloria. Il problemi sono due: le è evidentemente grande ed è di colore viola.

"Oh mio Dio!" esclamano Gloria e Magno al vederlo.

Sì, esatto. Oh mio Dio. Stasera Dio ci deve molte spiegazioni.

"C-c-ci di-dispiace, z-zia Gloria!" piagnucola Vittoria con gli occhioni pieni di lacrime.

"Scusa, papà..." biascica Rachele incollando gli occhi al suolo.

"È colpa sua!" se ne esce Filippo, anch'esso sommariamente violaceo. Indica Vittoria e lei piange di più, nascondendosi dietro a Cris. "Stavamo giocando, quando ha visto l'incendio e ha voluto a tutti i costi andare a spegnerlo. Ha preso delle bottiglie che ha trovato da qualche parte, ma erano più pesanti di lei, quindi le ha fatte cadere e ci ha sporcati tutti!"

"Le bottiglie di vino..." pigolo in un soffio inorridito. Mattia e io ci guardiamo; solo lui può capire.

"E perché stavate indossando il mio vestito?" chiede Gloria, sull'orlo della crisi più nera.

"Rachele l'ha trova-"

"Parlo io!" s'intromette la piccola demone. "Stavamo giocando a nascondino; mi sono nascosta nell'armadio di Gloria e ho trovato questo. Mi piaceva troppo, lo stavo solo provando, ma poi è arrivata quell'imbranata!"

Vittoria piange di più. Anche Gloria piange. Magno sta per avere un mancamento.

"Scusa, papà." ripete Rachele.

"Sei in punizione." decreta lui, e successivamente guarda me. "Quoto ciò che ha detto Diego poco fa, comunque. Dovevi solo controllarli."

La mia mortificazione si esprime sonoramente nella sirena dei pompieri, che fanno il loro ingresso nel giardino a bordo del veicolo rosso.

"Marco, dacci un taglio, ok?" mentre tutti si distraggono per raggiungere i soccorritori, solo io rimango a testimoniare la scena. Mattia mi sta difendendo, di nuovo, e ha pure posato una mano sulla spalla di Marco, alla maschio alfa: "Ti ha solo fatto un favore."

Oh mio Dio.

Oh-mio-Dio.

Se non lo odiassi, lo amerei.

Perché non lo amo più? Ah sì, perché è uno stronzo suicida.

Ma in realtà lo amo ancora. Solo che è uno stronzo suicida. Quindi lo odio.

Vorrei fermarlo un momento per ringraziarlo, ma non riesco nemmeno a sorridergli, dato che la frenesia dell'attimo coglie tutti quanti e ci vediamo costretti a seguire i movimenti dei soccorsi, frementi di poter dare anche il più piccolo degli aiuti.

I pompieri si posizionano subito lungo il perimetro del tendone, eseguendo le loro manovre in modo rapido e coordinato: spettacolo a cui non possiamo assistere, dato che un'ennesima macchina fa capolino oltre il cancello di villa Magna.

E ora sono cazzi. E pure amari. Che tempismo.

La BMW bianco perlato parcheggia scioltamente accanto alla BMW grigia, quella di Alessandro, e fa scendere la coppia più tirata della terra. Lei: alta, magra, apparentemente più giovane della sua età e fastidiosamente elegante, il Dior che la precede ancor prima che posi il piedino fatato a terra. Lui: abbinato maniacalmente all'outfit di lei, capello grigio leccato all'indietro e quel naso, quel naso nobile che ogni singolo Magno di razza possiede.

"Mamma. Papà." le quattro sillabe più dolorose che Alessandro abbia mai pronunciato.

Il sandalino modesto della signora Magno sbrilluccica a ogni falcata e, quando giunge nei pressi del nostro sfigato gruppetto di delinquenti, tuona sul ghiaino preannunciando morte certa. Poi segue il mocassino del signor Magno, e Gloria è più pallida di un lenzuolo.

"Che diavolo succede qui, Alessandro?" il padre inaugura quello che sarà il peggior dialogo della storia.

"Papà. Ti posso spiegare."

Frase ricorrente, mi dicono. Un po' come il "Marinella, stai calma" che non passa mai di moda.

"Ci hanno chiamato tutti quanti, Alessandro. Che cosa hai combinato?"

"Non sappiamo come sia successo." lui deglutisce, guardando sua madre con ancora più fifa di quella che riserva al padre. "Io ero fuori con amici, Gloria era in salotto. Se ne sono accorti quando già le fiamme erano alte."

"Perché eri fuori?" ringhia la signora Magno, sniffando l'odore di birra e vino che ormai impregna l'aria, assieme al fumo, e passando poi in rassegna, con sommo disprezzo, i nostri volti.

Ma la risposta di Alessandro nemmeno lambisce le sue orecchie, perché i suoi occhi glaciali hanno appena catturato un'immagine per lei sconvolgente: Rachele, con indosso l'abito da sposa più costoso del centro Italia, le balze strascicanti a terra per via della sua bassa statura, e il petto tutto macchiato di viola.

"Oddio, Gregorio." la donna si ancora saldamente al marito portandosi una mano davanti al viso. "Che cos'è quell'orrore?"

Attimi di panico. Tommaso Fiore ne approfitta per defilarsi e correre ad aiutare i pompieri. Vorrei avere la sua furbizia e prontezza di riflessi.

"Quello è il mio vestito!" continua lei, allibita.

"Quello che hai macchiato con lo sperma?" la domanda di Diego, rivolta a Magno, è davvero fuori luogo e la perfetta ciliegina sulla torta. Ottimo. Fenomenale.

Mamma Magno, al culmine dell'indignazione, gira il volto con uno scatto e fulmina la povera Gloria da capo a piedi: "Come hai potuto?"

"Io-"

"Gloria, questo è davvero inaccettabile!"

La mia amica prende a tremare e a stento trattiene il pianto: "Signora Magno, io... sono sinceramente mortificata per... per tutto quanto. Mi dispiace, questo vestito..."

"Questo vestito era il mio vestito! Hai la minima idea del valore che ha? L'ho dato a te perché mi fidavo e tu... tu l'hai rovinato! L'hai trattato senza un briciolo di rispetto!"

"Mamma."

"Lasciami finire, Alessandro!" gracchia la donna. "Sei davvero una delusione, Gloria, era l'ultima cosa che mi sarei aspettata da te. Senza contare che-"

"Adesso basta, signora."

La voce fuori campo appartiene a quello dei nostri compagni che solitamente non si preoccupa di essere fuori luogo e non avere il minimo tatto. Quello che dice esattamente ciò che pensa. Quello che non ha nessuna, piccolissima, microscopica accortezza o freno inibitore per qual si voglia situazione.

"Sta facendo una tragedia per un vestito del cazzo."

Ebbene sì; oggi Diego ha tanta voglia di prendersele.

La donna è fuori di sé: "Un cosa?"

"Un vestito - del - cazzo." Vallicroce incrocia le braccia affrontandola direttamente. "È un vestito del cazzo che non starebbe bene nemmeno addosso a una modella con due bocce così ... con rispetto parlando, signor Gregorio. E comunque, si da il caso che Gloria non c'entri assolutamente nulla. È stata Vittoria a rovinarle il vestito, mia figlia. Se può farla stare più tranquilla glielo ripagherò, ma alla nanetta che ha spaventato con le sue grida isteriche non rivolgerò un singolo rimprovero, perché non l'ha fatto con cattiveria. Nemmeno Gloria ha mai fatto di proposito nulla che potesse darle fastidio; né per quanto riguarda il vestito, né tanto meno a quel cazzo di capannone. Si ripigli, signora, ché gli unici che hanno il diritto ad essere sconvolti sono questi due ragazzi che si stanno facendo il culo per voi, invece di trombare felicemente prima del matrimonio, come natura vorrebbe!"

Eeeee.... sipario.

Scroscio di applausi in quasi tutti i nostri flussi di coscienza. Inchini fantasma di Diego. Lancio di rose immaginarie e urla di fan.

Chapeau.

Potrei addirittura giurare di aver visto negli occhi della signora una scintilla da milf repressa.

Tuttavia, nello strano e imbarazzato silenzio che segue, Gregorio Magno prende una saggia decisione. Afferra la moglie per le spalle e gentilmente la conduce innanzitutto lontano da Diego, e poi lontano da noi.

"Andiamo, cara." le sussurra concitato, e taglia la corda. Ma prima, però, provvede a passare davanti ad Alessandro annunciando un gelido e grave: "Con te facciamo i conti domani."

Quindi la dipartita dei signori Magno lascia tutto il nostro gruppo in un'atmosfera d'angoscia.

"Che cosa vuol dire trombare?"

Perfetto. La domanda di Vittoria è ancora più appropriata di quella di suo padre, poco fa.

Ma per fortuna le circostanze non ci danno il tempo di trovare una risposta convincente. Uno dei vigili del fuoco si avvicina al nostro gruppetto e si abbassa la mascherina per parlare.

"Abbiamo trovato questa." dice, mostrando nella mano un mozzicone di sigaretta. "Probabilmente è stata la causa dell'incendio. Qualcuno l'ha gettata troppo vicino al tendone, mentre non era del tutto spenta. Ha preso addosso al tulle e questo ha fatto da miccia al resto."

Pierpaolo afferra l'oggetto studiandolo da vicino e poi decreta: "È una Camel. Io fumo una volta ogni tanto, ma solo Merit. Di chi è?"

Francesco alza entrambe le mani: "Ho smesso, ma comunque Marlboro tutta la vita. Vacca, non sei tu che fumi Camel?"

"Sì, ma io..." Vacca si tasta le tasche. "Non le ho nemmeno con me, le avevo lasciate in camera."

"Ne sei sicura?"

"Sì, non ho nemmeno fumato nelle ultime due ore!"

"Ma se nessun altro fuma le Camel, quali alternative abbiamo?" fa notare Alessandra.

Eva annuisce: "Più che altro, nessun altro di chi era alla villa fuma, quindi..."

"Mi stai dando la colpa?" si anima Veronica.

"Sto solo dicendo che tu non eri con noi."

"Ma non sono stata io!"

"Nessuno può dirlo con certezza."

Prima che Veronica sbotti con qualche offesa nei confronti di Eva, mi sento di intervenire: "Non è stata lei. È vero."

Tutti mi guardano di nuovo. Ecco, adesso passa il messaggio che la piromane bugiarda fumatrice sono io. Quanto odio queste cose.

"Ero con lei quando ci siamo accorti dell'incendio, tutto qui." mi difendo nuovamente. "Sicuramente non può averlo causato, dato che almeno per la mezz'ora precedente era occupata."

Eva assottiglia gli occhi. Non mi crede.

"Occupata a fare cosa, precisamente? È sparita per ore." interviene Ilenia.

Penso alle migliori parole da usare, ma non so più come coprire Vacca. Sta diventando piuttosto difficile, dato che abbiamo degli amici testardi: "A fare altro, ok? Di certo non a fumare."

"E tu come lo sai, dato che eri al piano di sotto con noi?"

Sto per sbottare ad Eva che la deve piantare di fare Sherlock se non vuol essere spinta casualmente tra le fiamme dietro di noi, ma qualcosa mi trattiene. Cioè, qualcuno.

È Carlo, che ha tossicchiato e fatto un passo in avanti.

Lo guardo inorridita: No, ti prego, non fare cose stupide.

No, Carlo, non adesso. Non dirlo adesso.

Non qui davanti a tutti.

Non dopo che hanno saputo di essere senza tendone, senza vestito e probabilmente anche senza catering.

"Carlo, nooooo!"

"A fare l'amore con me."

Ottimo. Ottima cosa.

È un deficiente.

Ma poi, cioè, neanche su Il Segreto. Si sono voltati tutti. Tutti. Pure quelli di MatriMagni.

Io mi sbatto una mano sulla fronte, invece Eva inizia a fargli foto da diverse angolature, mentre si registra dire: "Prete cecinese rompe il voto e si concede a una ragazza di facili costumi."

"Ehi!" protesta Vacca. "Non sono di facili costumi!"

"Che cosa hai fatto?" la domanda sconvolta è da parte di Alessandro e già riesco ad annusare l'aggettivo imbestialito che Carlo ha usato poco fa.

"Mi dispiace, Ale. Davvero." Carlo si sta metaforicamente disegnando un mirino in pieno volto. "Mi rendo conto che è proprio il momento peggiore, ma... mi sono accorto di non avere più la vocazione di un tempo. Veronica, lei..."

Non fatemelo ripetere. Aprite direttamente YouPorn per capire.

"Scusami, sul serio. Temo che non potrò più definirmi un parroco e, di conseguenza, non ho più la facoltà di unirvi in matrimonio."

Le gambe di Gloria cedono e si aggrappa ad Alessandro tenendosi una mano sul cuore. Povera anima.

"Spero che tu stia scherzando." quello di Alessandro non è un commento. È un ringhio. Un ringhio bavoso.

"Sono davvero addolorato, cugino. Devi credermi."

"Addolorato? IO TI AMMAZZO!" come previsto, Alessandro si avventa su di lui, ma grazie al Cielo ha degli amici un po' meno ubriachi che lo trattengono. Primo fra tutti, strano a dirsi, Pierpaolo.

"Fermo, amico, non è quello che vuoi. Te l'assicuro."

"Amore, ti prego..." finalmente Gloria si fa sentire. "Ci mancherebbe solo una rissa, adesso. Siamo senza vestito, senza tendone per il catering, senza prete. E c'è... c'è tutto il giardino bruciato. Probabilmente MatriMagni vorrà un rimborso e non ci fornirà più il servizio. Io tuoi ci odiano, io..."

"Oh, e non è finita qui." si lascia scappare Pier, mentre Gloria inizia ad annaspare.

"In che senso." balbetta.

"Non hai ancora sentito la chicca. Magno..." Pierpaolo si porta le mani ai fianchi e incoraggia l'amico a parlare.

Lui perde subito l'attitudine da valoroso guerriero, dimenticando completamente di Carlo e dell'accenno di rissa che stava per causare. Quindi si fa piccolo piccolo, mostrando un sorrisino tirato e inarcando le sopracciglia in un'espressione colpevolmente angelica.

Gloria è letteralmente in punto di morte: "Cosa? Che altro c'è ancora?"

"Domani, ragazzi. Non ti preoccupare, Glo." sdrammatizza lui.

"No, oggi." lo corregge Mattia dandogli uno scapellotto.

"Oh, sì, ora o mai più." concorda Diego. "Tanto peggio di così..."

"Cosa, ragazzi? Che cosa è successo?"

Magno deglutisce e si gratta un orecchio, teso: "Beh, c'entra con quello che ti ho detto prima, Che... potevo spiegare, ricordi?"

"Fatemi sedere." rantola Gloria.

Qualcuno le allunga uno sgabello e, non appena si posa, Magno pronuncia tutto d'un fiato: "Ero ubriaco, mi hanno costretto a fare degli scherzi telefonici, ho chiamato Paola la fioraia e le ho detto che è una bella topa."

"Che cosa le hai detto?!"

"Che è una bella topa."

"Oddio..."

Cristiana si porta le mani ai capelli e prende a camminare nervosamente. Eva registra come se non ci fosse un domani. Shy, Patrizia e Amerigo sono così imbarazzati che quasi si nascondono dietro a un albero. Vittoria chiede che cosa significhi 'bella topa'.

"Sei uno stupido, Alessandro."

"Di sicuro è colpa loro!" Cris si lancia in un moto di isterismo e indica tutti i partecipanti all'addio al celibato con astio. Si sofferma su Diego: "Anzi, colpa sua. L'avrà indotto a bere e poi a fare questa cazzata."

"La solidarietà." commenta lui, sarcastico.

"Beh, è vero." fa Silvia Trepalme, con una semplice alzata di spalle. Chissà in quale fantastico luogo ha dimorato il suo mini cervello durante tutto questo casino.

"Visto?" si dà ragione Cris.

Mattia come al solito tenta di fare il diplomatico: "Ok, erano un po' ubriachi, ma sembrava una cosa abbastanza innocente. Tutto sommato, era sembrato divertente anche a me e Marco, anche se non avevamo preso nulla da bere."

"Evidentemente ha avuto sfiga." spiega Marco. "Nella sua rubrica non c'erano molti nomi femminili. La maggior parte erano contatti della classe o parenti varie, poi Natale ha letto di questa Paola..."

"...Tommaso ha detto che gli ispirava..."

"...Lionel ha passato un altro drink a Magno..."

"...e Diego ha premuto la cornetta verde, costringendo Magno a sedurla, pena smutandata davanti a tutti."

Shy si tiene il mento fra le dita: "L'abisso tra l'uomo e la donna."

"Siete tutti coglioni!" si lamenta Cris senza togliere le mani dai capelli.

"Mi dispiace, Glo." sussurra Magno. "Paola mi ha riconosciuto e ha detto che non vuole più... insomma che non ci farà..."

Gloria scuote la testa, con una faccia che nemmeno Bambi dopo che gli hanno ucciso la madre: "Lascia stare, ho capito."

"Scusa, amore. Scusami."

Come perfetta ciliegina sulla torta, Eva, che, in effetti, ha smesso da un po' di filmare la catastrofe dà un leggero colpetto di tosse e attira a sé tutti gli sguardi, eccetto quelli persi e sconfitti di Gloria e Magno.

"Ehm, non per fare la guastafeste, ma, dato che ci siamo..." prorompe, con voce alquanto insicura. "Ecco, volevo comunicarvi che non avete più nemmeno il fotografo. Io e Luca abbiamo litigato, ieri. Non è più disposto a farvi il servizio."

Gloria non ha nemmeno la forza di spostare le iridi. Si alza in piedi imitando un automa e, senza fare nemmeno un soffio, si dirige come uno zombie verso la villa.

"Sei sicura che non verrà?" le chiede Magno, con la gola annodata.

Eva abbassa lo sguardo, per non farsi scrutare da nessuno: "Mi dispiace, Magno."

"Tranquilla." è il suo commento e sa così tanto di delusione, per ogni singolo evento negli ultimi dieci minuti, che le parole del vigile del fuoco non fanno quasi nemmeno più effetto in confronto a quel semplice 'tranquilla'.

L'uomo ci si avvicina per la seconda volta: comunica che il loro lavoro è finito qui, che il tendone del catering è bruciato per tre quarti e che abbiamo perso tutte le decorazioni. Anche il giardino è rovinato: in quel punto l'erba farà fatica a ricrescere per un po'.

Infatti, osservo lo scenario con un nodo alla gola. Tutto ciò che è rimasto del lavoro di MatriMagni è uno scheletro carbonizzato. Solo a guardare il profilo della struttura, a cui si aggrappano mozziconi di tulle e nastri mangiati dal fuoco, si sente la stessa vaga angoscia che si sentiva quando si andava a fare dolcetto o scherzetto per le strade del quartiere ad Halloween. Sembrava di scorgere fantasmi ovunque, che ora sono impersonati dal tessuto svolazzante tutto intorno. E c'era freddo e buio e uno strano presagio che ti faceva desiderare che fosse presto mattino. 

Mentre familiarizzo con le chiazze di erba bruciata che hanno macchiato il verde brillante del giardino di Magno, incontro per un attimo l'espressione rassegnata di Lorenzo. Segue con dispiacere ciò che ci stiamo dicendo, ma rimane in disparte come ha fatto per tutto questo tempo, prima con la scusa di aiutare e adesso in una solitaria valutazione del danno.

Mi chiedo cosa stia realmente valutando e perché non sembri più lo stesso. Lasciando perdere Mattia, Lorenzo è la persona con cui mi sono maggiormente scontrata negli ultimi anni, ma ho sempre trovato in lui una sorta di coerenza. È vero; è strano definire coerente uno che ha una crisi identitaria dopo l'altra, eppure anche nelle crisi era coerente. Insomma, lo sapete anche voi. Lorenzo Castelli è Lorenzo Castelli, punto. Frizzantino, puntiglioso, provocatorio, confuso, tragico, individualista ed emotivo. Sapreste esattamente quali comportamenti attribuire a Lorenzo, persino la sua cocciutaggine nel difendere un mentecatto (riferimenti puramente casuali) a discapito della sua migliore amica.

Ma da quando è arrivato qui alla villa ho sentito qualcosa di diverso. Qualcosa... d'altro. Per me in Lorenzo c'è un inquietudine, ma non un'inquietudine che appartiene al lui. Niente solite crisi, niente amori dalla sessualità confusa, niente ripicche sceme o cambiamenti importanti. Si tratta davvero di un pezzo mancante, di un tassello che mi sono persa tra una paranoia e l'altra della mia recente esistenza. O della sua.

Voi non avete avuto la stessa impressione?

Per farvi capire, persino Diego mi sembra il solito Diego, anche se adesso mi odia e mi ritiene una babysitter omicida. Federica la solita Federica, Marco il solito Marco, lo stesso Mattia il solito Mattia. Ok, sono tutti cresciuti e maturati (eccetto Mattia), ma sono tutti i soliti tutti.

Lorenzo invece non lo è. O meglio, lo è stato per questi anni, persino nei litigi e nel detestarsi, ma ultimamente no. C'è qualcosa che non mi convince, c'è... qualcosa che non va. Non sembra anche a voi? Forse è il suo essere così distaccato da me, forse la sua attitudine passivo-aggressiva che ha dimostrato sin dal primo giorno alla villa, forse solo questa stupida rassegnazione che leggo sulla sua faccia.

Sono tutti tratti che non avrei mai usato per descrivere Lorenzo, nemmeno nei momenti peggiori del nostro rapporto. Ma adesso...?

Dite che sono pazza o che semplicemente ho respirato troppo carbonio e sto avendo allucinazioni accompagnate da trip mentali su basi inesistenti?

Lo schiocco di dita davanti alla mia faccia mi fa propendere per la seconda opzione. Federica mi ha riportata con l'attenzione su quello che sta succedendo a un passo da me, ossia la conclusione di questa tragica serata.

Quando ormai i pompieri sono pronti per ripartire, il direttore del catering chiede di poter discutere qualche minuto con Magno per decidere sul da farsi. Ma Magno ha già capito che non c'è più molto da salvare e, in ogni caso, le spese per recuperare il tempo e il materiale perso sarebbero troppo ingenti. Quindi gli risponde che, cortesemente, preferirebbe incontrarlo il giorno successivo e, senza salutare nessuno, se ne va anche lui.

Resta solo silenzio tra di noi, e un mozzicone di sigaretta.

"Comunque questa non può essersi accesa da sola." commenta Alessandra dopo un po'.

Ed è forse con questa frase che dimentico i viaggioni su Lorenzo e, purtroppo, capisco chi ha causato il disastro.

***

PRIMO BREAK

Primo di due break, nonostante sia davvero un capitolo lungo XD Quindi riposatevi e tentate di capire anche voi chi ha causato il disastro senza però barare e leggere oltre. Nel frattempo, beh... meet the Magnos XD (disegno gentilmente fornito da Angelica)

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Un paio di "simpatici" social... si respira carbonio e tensione, ragazzi. Carbonio e tensione.

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Mentre mi dirigo come un panzer all'interno della villa, non riesco proprio ad allontanare i flash che appaiono nella mia mente. È come quando Dr. House capisce la malattia del paziente: le sinapsi si collegano e inviano un'intuizione dopo l'altra.

Da una parte è una sensazione piacevole, ti fa sentire un po' il commissario Derrick della situazione, dall'altra però dipende molto da che cosa scopri e realizzare che forse mio fratello è la causa dell'infelicità collettiva non mi sembra una bella scoperta.

Mentre tutti stanno pian piano lasciando il luogo del crimine - Gloria e Magno ritirati già da un po' nelle loro stanze - io salgo le scale per raggiungere il piano superiore e percorro la strada che porta alle camere da letto maschili.

Mio fratello non condivide la propria con nessuno, quindi non dovrei incontrare ostacoli che mi impediscano di mettergli le mani al collo.

Tuttavia, il primo sentimento che mi colpisce quando mi affaccio alla porta aperta non è rabbia, bensì un misto tra delusione e tradimento. Davide non è nemmeno al suo interno, si starà nascondendo da qualche parte nella speranza che nessuno faccia due più due. Potrebbe addirittura essersi inabissato nella piscina del retro, se lo conosco bene.

Ma come può aspettarsi che almeno io non ci arrivi? Prima la nostra litigata, poi lui che entra in camera mia e si prende le chewing-gum e infine la sua presenza nel luogo dell'incendio prima degli altri.

Con un minimo di immaginazione, posso ricostruire ogni dettaglio: il mio divieto di uscire con i ragazzi deve aver scatenato il classico istinto di ripicca, per fare un dispetto e sentirsi ancora forte Davide deve aver deciso che avrebbe fatto un gesto ribelle, come fumare. È così da lui! Deve essere entrato nella stanza di Veronica mentre lei era occupata altrove per rubarle le sigarette e poi dev'essersi reso conto che le gomme da masticare l'avrebbero aiutato a nascondere la puzza, qualora l'avessi incontrato per i corridoi, prima che ritornasse nella sua stanza. Dev'essere uscito per fumare la sigaretta, ma magari qualche rumore deve averlo spaventato, spingendolo a gettare a terra il mozzicone non terminato. Ignorando di averlo lanciato troppo vicino ai nastri di tulle, deve aver cercato di tagliare la corda, ma l'odore di fumo deve averlo allarmato e, così, senza poter contattare nessun altro, deve aver chiamato i vigili del fuoco.

Ci scommetterei il mio nuovo contratto di lavoro, ma ci sono almeno un paio di cose che posso fare per esserne davvero certa al cento per cento. Domandare ai pompieri da quale numero hanno ricevuto la chiamata o, ancora meglio, frugare nella stanza di Davide.

Mi aspetto che con l'arrivo dei vigili del fuoco si sia defilato in casa per rimettere al loro posto le prove, ma non so quanto si sia arrischiato a riportare le sigarette in camera di Vacca, considerato che qualcuno, nel caos di gente che entrava e usciva per aiutare a risolvere l'emergenza, avrebbe potuto vederlo.

Difatti, la conferma alle mie ipotesi si lascia scovare quasi subito. Per fortuna noi Argenti pensiamo in modo uguale, così il primo posto dove vado a cercare è il cassetto della biancheria e, dentro un paio di boxer, trovo un pacchetto mezzo vuoto di Camel.

Non solo, c'è anche un accendino decorato dal logo D&G tempestato di zirconi. Difficile intuire dove Davide l'abbia preso, eh?

Sono sicura che se rimango ad aspettarlo, sarà questione di minuti prima che torni qui. Vorrà accertarsi che le sigarette e l'accendino siano ben nascosti o magari tentare di farle sparire del tutto. Ho tutti i motivi di questo mondo per fargli una sfuriata epica e, sinceramente, non vedo l'ora.

Ma il senso di delusione, ancor più forte della rabbia, non mi lascia pace. Ben presto realizzo quanto tutta questa situazione dipenda ancora una volta da me, quanto cavolo di casino abbiamo fatto stasera, e il grado di serietà con cui tutto ciò ha rovinato l'umore e probabilmente le nozze di Magno e Gloria.

Il tradimento di mio fratello pesa così tanto che la stanza inizia a starmi stretta e prendo a camminare nervosamente in tondo, scavalcando mucchi di vestiti qua e là. E quando vedo l'impalcatura del tendone ridotta in cenere, fuori dalla finestra, mi sale al petto un senso di frustrazione incredibile, che mi inumidisce gli occhi e mi impedisce di respirare bene. Non so più gestire situazioni così; sento quell'impulso che in questi anni ha risolto per me tutti i problemi. Devo scappare.

Così esco dalla stanza di Davide, sperando di trovare un posto dove recuperare la calma o sfogare il malessere, prima di prendere per i capelli mio fratello. Tuttavia, al primo passo fuori dalla porta, sbatto addosso a qualcuno.

Chi mai potrebbe essere, se non Mattia Zingaretti, il microcefalo ubiquo progettato da Dio per non farmi mai dimenticare quanto sono disadattata?

Appena incrocio il suo sguardo, mi accorgo di aver commesso un grave errore: non avrebbe dovuto vedermi qui. Non sulla soglia della camera di mio fratello, non con in mano un pacchetto di sigarette e un accendino.

Difatti provvedo immediatamente a farli sparire dietro la schiena, ma Mattia in un'occhiata ha capito che:

a - mio fratello ha incendiato il giardino di Magno e Gloria;

b - io sto tentando di coprirlo nell'indecisione di cosa fare, ma comunque lo detesto a morte e mi incazzerò come una belva con lui;

c - sto vivendo un momento di crisi e ho un profondo bisogno di piangere.

Come faccia a capirmi così velocemente non lo so proprio, ma il fatto che dica: "Adesso non fare gesti inconsulti." mi conferma che è ancora più perspicace di mia madre.

Io deglutisco e rimango immobile, per una volta decidendo di ascoltarlo.

Mattia non mi si avvicina e mi affronta in genere come si fa con i pitbull o con gli orsi, mettendo le mani avanti: "So perfettamente perché stai nascondendo quegli oggetti, per cui non c'è ragione di scagliarmeli contro o gettarsi in fuga. Giusto?"

"Giusto."

"Ok. Bene, Argenti." Mattia abbassa le mani. "Davide ha fatto un'enorme cazzata. Immagino tu sia molto arrabbiata, vero?"

"Moltissimo."

"Ma stai anche male, mi sembra di capire."

Annuisco.

"Possiamo parlarne. Vuoi parlarne?"

Scuoto la testa.

"Ok, ok, allora non parliamo. Vuoi piangere?"

Annuisco e automaticamente mi si riempiono gli occhi di lacrime. Sapete, come al vostro cuginetto quando fingete di avergli impiccato il peluche.

"Ehi... non è successo nulla di così grave."

"No?" dico, facendo tremare la voce. "Guarda cos'ha combinato! E sta anche cercando di farci tutti fessi, me compresa!"

"Nelli, sai che non è colpa tua?"

"Sì che lo è!" sbotto. "Io ho portato Davide qui, io non gli ho permesso di venire con voi istigandolo a fare peggio, io non l'ho controllato mentre era in casa! Per non parlare di quei bambini, che a causa mia hanno aggravato ancora di più la situazione. Conclusione? Io ho rovinato il matrimonio di Magno e Gloria!"

"Quando si dice 'saltare alle conclusioni'."

"Ah, lascia perdere. Vado ad ammazzare quello stronzo di mio fratello!"

Mi lancio verso il corridoio, ma Mattia mi ferma in una sorta di placcaggio: "No. Nelli, stai buona."

"Stai buona un cavolo! Lasciami andare!"

"Marinella, rifletti un secondo." si allontana, ma mi tiene comunque le spalle, sapendo di fronteggiare un pericolo non indifferente. "Urlargli contro e arrabbiarsi non serve a niente. Provocherai solo una reazione peggiore."

"Che ne sai?"

"Te lo suggerirebbe anche un idiota." Mattia corruga le sopracciglia. "E ora non fare la battuta che io sono idiota. Davvero, lascia perdere."

"Be', me ne frego di quello che mi suggerisce la gente. Davide si merita solo di essere evirato!"

"Vuoi che sfugga completamente al tuo controllo? Ancora di più di così? Andiamo, sai che lo farà. L'hai appena testato."

"Non importa quello che farà, tanto finirebbe comunque in un altro dramma! Come sempre!"

"Perché è un circolo vizioso!" Mattia si è leggermente abbassato e i suoi occhi sono quasi alla mia altezza. Si sono ancorati ai miei e hanno preso il controllo della situazione. Devo ammettere che scrutandoli mi infondono una certa... disciplina. Ho appena avuto un brivido o sbaglio?

"Spezza quel circolo, Marinella." questa frase, a differenza delle altre, è pronunciata con una certa fermezza.

Signor sì, signore! verrebbe quasi da rispondere, ma poi mi rendo conto di essere una disagiata.

Non sapendo bene come reagire a questo consiglio barra ordine barra rimprovero, mi concedo qualche attimo di nulla. L'unica azione che compio è continuare a fissare gli occhi di Mattia da vicino, forse troppo vicino, e rievocare il ricordo di qualche giorno fa, quando l'ho baciato senza pudore.

Ok, sto male. Non è ammissibile che debba combattere contro l'istinto di stuprarlo ogni volta che mi sta davanti, o che mi ricordi di me e lui in situazioni intime! Va bene, per me sono istanze dolorosamente dolci, ma Nelli! Datti una calmata!

Sembra molto più grave di una semplice astinenza; sembra essere tornato tale e quale ad anni fa, il mio momento di perversione per questo idiota. Insomma, stavo sempre lì a reprimere l'eccitazione da brava diciannovenne depravata e adesso sembra non essere cambiato nulla. L'essere diventata adulta non influisce nemmeno di una virgola sul mio traviamento per lui. Almeno una cosa positiva della distanza c'era: avevo dimenticato quanto fosse inevitabile sentirsi ninfomani con la sua sola presenza.

Ma, per lo meno, un lato positivo della situazione sta emergendo. Innanzitutto, il subbuglio ormonale offusca i miei veri sentimenti nei suoi confronti (amore/odio profondo, disperazione, preoccupazione) e poi tutto ciò mi distrae dalla tragedia madre. Anzi, mi rendo conto, dopo qualche secondo di fantasie pornografiche, di stare addirittura leggermente meglio.

Allora ne approfitto ancora un po' di queste due iridi che, a quanto pare, funzionano esattamente come la bamba, e le studio più in dettaglio. Ah, come se già non le conoscessi a memoria!

Ma facevo appunto un discorso, qualche tempo fa, su come gli occhi di questo microcefalo abbiano la particolarità di trasformarsi a seconda delle situazioni. In realtà, sono un po' come un camaleonte: fondamentalmente verdi, ma occasionalmente qualsiasi cosa. Ed è simpatico interpretarle ogni volta... ora sembrano del colore della divisa di un generale. Forse è per questo motivo che mi faccio comandare e che lo odio ancora di più.

Affrontando la sua stupidità con il pensiero laterale, riesco finalmente a calmarmi un po' e forse tra una pagliuzza verde e l'altra ritorna in me un barlume di buon senso.

"E come dovrei fare a rompere il circolo vizioso?"

"Lascia che passi un po' di tempo. Fagli capire che sai, ma che aspetti sia lui a parlartene e magari scusarsi. Intanto puoi dirlo a Magno e Gloria, vedrai che capiranno."

"No, non posso dirlo a Magno e Gloria." scuoto la testa. "Lo odierebbero troppo. Certo, lo perdonerebbero, ma in cuor loro non lo guarderebbero più allo stesso modo. Sono consapevole di quanto grave sia il danno che ha causato."

Mattia studia per un attimo il mio viso, poi sorride.

"Cosa?" chiedo, non trovando un nesso con la sua espressione.

"Niente." abbassa gli occhi. "Se ritieni giusto proteggerlo, fai bene. Solo... non rovinare le cose tra te e lui. È un consiglio."

"Non richiesto." ribatto, sorridendo pure io.

Mattia mi molla finalmente le spalle e si allontana da me, sembrando molto più rilassato di quando mi aveva davanti in versione pitbull: "Non hai più voglia di piangere, adesso?"

"Mi sono calmata un po'." rispondo, notando che, effettivamente, il suo metodo ha funzionato.

"Bene."

Questo maledetto uomo mi prende sempre in contropiede. Mi rendo conto che ho passato una vita ad aspettarmi cose diverse da lui; ogni volta che interagiamo prevedo che dica o faccia qualcosa di immaturo, stupido o sbagliato, ma alla fine quella che ricopre questo ruolo sono io. Lui, tutto sommato, è sempre quello ponderato, quello diplomatico, quello stabile.

Io non sono per nulla stabile. Mai stata. E tutti ormai lo danno come dato certo.

Un po' mi dispiace, devo dire, ma un po' mi fa riflettere. Senza di lui tendo a seguire un sacco di idee sbagliate. È vero, ci sono Fede, Lori, Marco,... ma lui... solo lui riesce a giocare con me in questo modo. Solo lui riesce a bilanciarmi, pur non essendoci alcun equilibrio tra di noi.

Infatti sono molto meno Pollon, quando lui è con me.

Rigiro gli oggetti che tengo fra le mani, ponderante: "Penso che questi li riporterò io stessa a Vacca, li appoggerò semplicemente sul suo letto senza essere vista."

"Vuoi che ti accompagni?"

"No, grazie."

"Va bene. Allora vado a dormire."

"Mattia..."

Lo fermo proprio mentre sta per aprire la porta della sua stanza e lo guardo, stringendo più forte l'accendino: "Non abbiamo più parlato dopo l'altra sera, dato che mi eri sembrato davvero arrabbiato, però... ti ringrazio per avermi difeso, prima, con Marco. Non ne capisco il motivo, visto che a quanto pare mi odi abbastanza..."

Mentre io mi riguardo bene dall'alzare lo sguardo, Mattia si concede qualche attimo per pensare, e poi parla a tono basso e pacato: "Sì, ti odio abbastanza. Ma mi succede la stessa cosa che succede a te con Davide. Per quanti casini faccia, per quanto vorresti ucciderlo... non puoi evitare di preoccuparti per lui."

Queste parole prendono a calci il mio cuore e così si mette a battere forte, mentre ora gli occhi non vincono la voglia di alzarsi e incrociare i suoi. È il motivo per cui Mattia mi fa così male: perché mi fa anche così bene. E d'istinto vorrei fargli mille domande, chiedergli anch'io il perché, perché continua a perseverare in una carriera così stupida, perché si mette così a rischio, perché non può pensare a una vita diversa.

Perché mi fa letteralmente impazzire. In tutti i sensi.

Ma poi mi rendo conto che non ne ho il diritto: me lo sono giocato tutte le volte in cui è venuto a cercarmi per darmi spiegazioni. E ora che le vorrei, è troppo comodo chiedere.

Lui scuote la testa: "Sarebbe bello riuscire ad odiarti del tutto e non solo abbastanza."

A quel punto faccio una smorfia: "Vale anche per me."

"Bene." Mattia sorride di nuovo. "Buonanotte, allora."

"Buonanotte." gli sorrido e non spezzo la catena di sguardi fin quando non si chiude la porta alle spalle.

Sono sicura che il piano dei nostri compagni sia la trovata più azzeccata del secolo. Nessuno avrebbe mai dubitato che Mattia e io ci saremmo riavvicinati, nemmeno io. Ma è proprio questo il problema.

Che ora Mattia e io ci stiamo riavvicinando.

E loro non hanno la minima idea di quanti effetti collaterali questo possa portare. Per me, per lui, per tutti. Spero solo che i miei amici abbiano pensato a una soluzione anche per quelli, oppure qualcuno non uscirà vivo da questo matrimonio.

***

SECONDO BREAK

Vediamo se questo incontro/scontro ha aperto uno spiraglio di speranza... (voi intanto bevete, mangiate e riposate gli occhi dallo schermo per scongiurare attacchi di epilessia). Manca ancora l'ultima parte U.U

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***

"Ecco! Eccomi, scusate il ritardo." Federica si siede sull'unico posto rimasto, facendo strisciare i piedi della sedia con un rumore sgradevole.

Ancora una volta porta con se una folata di puzza. Il fetore degli escrementi di cavallo si fondono con il tipico odore di stalla e di animale. Wow. Così sì che troverà ben presto un fidanzato.

Ma ho l'impressione che a Fede non interessi trovare un fidanzato, sennò ne avrebbe già avuti a decine. Anche stamane è partita per la passeggiata a cavallo alle sei del mattino. Anche stamane Pierpaolo faceva la sua corsetta nel bosco alle sei del mattino.

Coincidenze?

Motivo in più per pensare che non lo siano affatto è il seguente: Alessandra si lamenta dicendo che Federica odora di lercio, lei alza gli occhi incrociando quelli di Pierpaolo e si sorridono.

SI SORRIDONO.

Madre di tutti di flirt, fammi capire se questi due hanno qualche ritardo o se sono consenzientemente così ebeti!

"Bene, allora possiamo cominciare." Alessandro cammina nervosamente in tondo. Si trova al centro di una specie di cerchio che abbiamo fatto spostando sedie e divani. Gloria è seduta su di un pouf, gli occhi gonfi e iniettati di sangue e un fazzolettino di carta tra le mani. Alessandro invece non è smagliante come al suo solito: certo sempre un gran gnocco, ma con un accenno di barba (inusuale per uno con le guance solitamente più morbide di quelle di un neonato) e le occhiaie segnate.

Attorno ai due ci siamo proprio tutti: la coppia ha richiesto che ci riunissimo questa mattina alle dieci per discutere di faccende importanti. Purtroppo, le conseguenze dell'incendio di ieri sera incombono sulle nostre teste con i peggiori presagi.

Infatti, dal modo in cui Alessandro parla e cammina non si può immaginare altro che brutte notizie in arrivo.

"Chiaramente siamo qui per parlare di ieri sera."

Ecco. Prepariamoci alla svolta drammatica della storia.

Sfidando il buonsenso, lascio che i miei occhi si alzino in direzione di Davide. Se ne sta seduto sull'angolo del caminetto, sopra il marmo, leggermente in disparte rispetto al resto del gruppo. Sono sicura che stia morendo internamente, ma non poteva rifiutarsi di essere presente. Per non destare sospetti, ovviamente, e poi anche perché fondamentalmente si sente una schifezza umana.

"Non si capisce bene che cosa sia successo e a causa di chi." annuncia Magno e, prima che prosegua, Davide ha già capito che io invece l'ho capito.

Alessandro spiega e riassume ciò che è successo ieri, nel caso qualche presente si fosse perso i dieci metri di fiamme visibili fino al Friuli-Venezia Giulia. Quando racconta la storiella della sigaretta misteriosa sento dentro di me una rabbia che monta. Il comportamento di Davide non aiuta di certo: si limita a guardarmi e restare in silenzio, il pomo d'Adamo che sale e scende vistosamente.

Ma che mi aspettavo? Che avrebbe confessato? Che, una volta visto che io ero a conoscenza del suo segreto, si sarebbe costituito di fronte a tutti?

Forse sì. Forse lo speravo davvero.

Ma... dopotutto, io e Davide siamo uguali. Davvero uguali. Facciamo un casino dopo l'altro e, quando arriviamo ad un punto di non ritorno, non siamo capaci di prenderci le nostre responsabilità. Piuttosto scappiamo.

È quello che sta facendo lui. È quello che io continuo a fare da cinque anni.

Qualcuno tossicchia e attira la mia attenzione. Mentre io stavo fissando Davide, Mattia fissava me, e ora mi sta ricordando quale linea di pensiero è meglio mantenere. Tranquillo, microcefalo, non lo infangherei mai, anche se, devo dire, la solidarietà maschile non manca proprio in nessun caso.

"Nessuno ha idea di che cosa possa essere successo? Dai, ragazzi, una sigaretta non ha vita propria, qualcuno l'ha fumata e gettata." fa notare Eva. "Vacca?"

"Vi ho già detto che io non c'entro. Ieri notte mi sono ritrovata il pacchetto e l'accendino sul letto. Non li ho tirati fuori io... qualcuno deve averli posati lì."

Allora Davide sussulta. Ha intuito di chi fossero le mani invisibili che hanno trasportato le prove del caso lontano da lui. Nel suo sguardo si legge un misto tra sorpresa, gratitudine e somma colpevolezza.

"In ogni caso-" sospira Magno. "Il servizio catering MatriMagni si è rifiutato di ri-allestire i tendoni e ha rinunciato a essere presente il giorno del matrimonio. Vogliono solo il rimborso e poi se ne vanno. Anzi, se ne sono andati un'ora fa, per essere precisi."

"Quei cazzoni!" se ne esce Diego, e Cris lo guarda male, segnalando la presenza dei bambini nell'angolo giochi.

Francesco pare molto contrariato: "E queste persone sarebbero tuoi parenti? Io darei il via ad una faida. Subito."

"Avete provato a insistere, proponendo magari di ricreare una struttura più basilare? O addirittura niente tendone, ma solo servizio?" s'informa Mattia.

Magno annuisce mestamente: "Dicono che vogliono stare dentro i soldi del preventivo, quindi o si fa in grande oppure nulla. Ma a), non c'è più tempo per costruire le loro fottute Ziqqurat di tulle e b) non ho intenzione di dar loro un miliardo di euro, tra rimborso e nuovi fondi. Non ho più alcuni fondi, quindi si fottono."

"Magno sboccato. Mi piace." commenta Vacca. "Mi ti farei."

Alessandro si volta verso di lei con una particolare scintilla blu negli occhi e le punta addosso l'indice: "Tu non ti fai proprio nessuno. Anzi, tu vai e spieghi a mio padre e mio zio perché Carlo ha sfanculato dieci anni di riabilitazione e seminario presbiteriale!"

"Forse perché è più sveglio di te?" ribatte, indicandosi nel complesso, come a sottolineare l'ovvietà della sua bella presenza. Del tutto opinabile, s'intende.

"Vacca, quanto sei-"

"Alessandro." il tono piatto, ma intenso di Gloria riporta immediatamente l'ordine e anche Vacca si zittisce, senza però rinunciare a uno sbotto di superiorità.

"Beh, come avrete capito, Carlo non ci sposa più e il comune non ha nessun altro disponibile fino al 25. Di giugno." precisa Magno, ancora innervosito e con infinita amarezza nella voce. "Dobbiamo chiedere nei comuni limitrofi, ma il tempo è poco. E ci sono giusto altri due piccoli particolari di cui vorrete venire a conoscenza."

"Tua madre mi denuncia. Dimmelo subito e senza remore, Magno." ipotizza Diego.

"No, ma ti odia."

"È un po' l'effetto che faccio alle donne in generale." osserva, con un'alzata di spalle. "O mi amano subito o mio odiano subito. Vero, Cris?"

"Confermo."

"Vero, pa-papà. Ma i-io ti-ti amo." interviene Vittoria, da un angolino in disparte, distraendosi per un secondo dal gioco con le bambole di Rachele.

"Anch'io ti amo, amore. Se quando hai diciotto anni sono ancora vivo, ci sposiamo."

"Non credo che sarai ancora vivo, perché mio padre, lui sì, vorrebbe seriamente pestarti." rivela Magno.

"In effetti ho un problema anche con i genitori delle persone a cui tengo."

"Grazie per aver difeso Gloria." Magno ammansisce i toni e si rivolge al mio compagno con imbarazzo e gratitudine. "Davvero, Diego. Non avrei detto certe cose a mia madre, ma sarei intervenuto io, se non l'avessi fatto tu. Il problema è che ora mi hanno tagliato i fondi. Beh... ci hanno tagliato i fondi. Rivogliono tutti i soldi che ci avevano prestato per le varie spese del matrimonio."

"Eeeh, quanti saranno mai?" sbuffa Alessandra.

"Decine di migliaia, diciamo così." taglia corto lui. "In più mamma è incazzatissima per il vestito. Ma proprio tanto."

"Senti, è inutile girarci attorno." si lamenta Gloria. "Mi odia. Mi odia e basta." un singhiozzo rattristisce ancora di più la scena, come se il fazzolettino che asciuga una lacrima non fosse abbastanza.

"Te l'ho detto, amore, le passerà."

"Sì, fra quanto? Fra una vita? Quando i nostri figli si sposeranno e forse rimedieranno al casino che abbiamo fatto noi?"

"Non è colpa vostra." mi sento di intervenire, facendo salire queste parole direttamente dal cuore e sentendomici particolarmente affezionata.

Alessandro fa spallucce: "In realtà sì, in un modo o nell'altro lo è. La fioraia lo è senza ombra di dubbio: come se la figuraccia di ieri non bastasse, è anche venuta a sapere dell'incendio. Ora non vuole aiutarci nemmeno con il triplo dei soldi."

Paola. Paola, non deludermi così.

"Ma sei sicuro...?"

"Nelli, tu non l'hai sentita al telefono. Era così offesa e delusa..."

"Oh, e dille dell'enologo." pigola Gloria.

"Benigni?" Alessandro scuote la testa, cercando di trattenere quella che sembra un'immensa voglia di piangere. "Benigni non può rifare l'ordine entro il 25. Ha altro vino, ok, ma dovremmo comunque pagarcelo e la verità è che non ho più un centesimo."

Ilenia entra in empatia con la situazione e tira un sospiro tristissimo: "Oh, Magno..."

"Tra quelli che devo ridare ai miei e quelli che devo ridare ai vari danni fatti... penso che potrebbe salvarmi solo la prostituzione."

"Be', io ti farei da cliente in tal caso." commenta Vacca, poi alza subito le mani. "Solo per dire."

"In effetti anch'io." concorda Lorenzo. "Ma, ehi, Magno, non è che sia andato tutto così a rotoli... avete ancora la torta, l'orchestra, le fedi,..."

"La torta servirà a ben poco senza altro da mettere in pancia. L'orchestra non è nemmeno da nominare..." scuote la testa. "Appena hanno saputo le buone nuove dai miei, hanno rinunciato che manco Pietro prima che cantasse il gallo. E per finire le fedi, che ci hanno modificato e che dovevamo andare a ritirare stamattina, ma..."

"Beh, ma non è detto che magari-"

"Ragazzi." Magno si ferma in mezzo al cerchio con espressione terribilemtne dispiaciuta, ma dura. Ci guarda tutti velocemente e poi prende un sonoro respiro: "Non ha senso. Non ha più senso fare niente, adesso. Il matrimonio è annullato."

Io non sono una fan sfegatata di Star Wars, ma ricordo molto bene il momento in cui Dart Fenner rivela a Luke si essere suo padre. Un 'noooo' straziato esce dalla bocca del giovane che persino i pianeti vicini indicono una giornata di lutto.

Ed è più o meno così che reagiamo anche noi. Solo che non siamo un solo Luke, ma una ventina di Luke sconvolti e indisposti nei confronti della realtà dei fatti.

"Siete pazzi?" sbotta Fede alzandosi in piedi e spargendo un po' di cavallitudine.

"No, Fede, magari fosse solo una pazzia."

"Sì che lo è. Lo è, dopo tutta la fatica che abbiamo- che avete fatto per organizzare questo matrimonio!"

"Ha ragione." interviene Diego. "È una decisione del cazzo. Non l'hai presa tu Gloria, vero? È stato Magno. È stato sicuramente quel coglione di Magno."

"Ragazzi, siamo stati entrambi. Non abbiamo altra scelta."

Mattia alza gli occhi su Magno: "Dai, per favore, non così..."

"E come allora?" sbotta lui. "Come dovremmo fare?"

"Magno, mi sembra una decisione un po' troppo drastica." interviene Pierpaolo e poi si appella alla consorte, notoriamente più ragionevole. "Gloria..."

"Ragazzi, non vedete come stanno le cose?" la biondina si alza in piedi, frustrata. "Non ne caviamo un ragno dal buco. Siamo al capolinea."

"Ma non è vero." Lorenzo si accoda alla protesta. "C'è ancora qualcosa che vi rimane, no?"

"Che cosa?" rilancia Magno, sardonico.

"Beh... la villa... siete in una villa, il posto per organizzare cose l'avete ancora."

"E cosa organizziamo? Una pesca di beneficenza?"

"Amore dai, basta." Gloria si accorge dell'alterazione di Alessandro e arriva a mediare, spiegando pacatamente al resto del gruppo. "Avere solo la villa è come avere una scatola vuota. Se non hai nulla da mettere dentro rimane vuota."

"E io non ho nulla." afferma Magno. "I fondi che io e Glo avevamo messo per il matrimonio sono già tutti esauriti. Il mio conto è in negativo, non posso permettermi più niente."

In effetti è difficile ribattere a una considerazione del genere. Qui non manca una macchina o una patente, qui manca il carburante.

Osservo le facce dei presenti con un macigno enorme sul cuore. È straziante vederci così, non è da noi. Magno e Gloria sono il ritratto della sconfitta, del sogno infranto, del male che vince sul bene. Una favola al rovescio, insomma.

Gli altri non sono da meno, dato che hanno un'espressione mortificata. Mattia sembra addirittura pallido, come se si sentisse in colpa, e, sinceramente, non lo biasimo. Io sono la prima a capirlo, ma credo che tutti qui si sentano responsabili. Chi più e chi meno, ognuno di noi ha concorso in qualche modo allo svolgimento degli eventi fino a questa conclusione. Fede, Lori, Diego, Cris, persino i bambini, che hanno smesso di giocare e se ne stanno in silenzio nell'angolo.

Ma io non posso sopportare questa situazione.

Ok, stavolta non ho direttamente fatto alcun danno, ma indirettamente è da ben cinque anni che faccio soffrire queste persone. Da cinque anni che vedo quegli sguardi sulle loro facce. Da cinque anni che li faccio aspettare un risvolto positivo e un risvolto positivo non arriva mai.

Sempre ostacoli, sempre passi indietro.

Basta. Stavolta hanno bisogno di Nelli. Hanno bisogno di me.

"Questo matrimonio si farà!"

Il fatto che l'abbia detto con quest'enfasi ottocentesca, alzandomi in piedi e sbandierando l'indice come quando tua madre ti rimprovera, attira un sacco di sguardi perplessi su di me. Poi realizzano che sono stata io a dirlo e la perplessità muta in scetticismo.

In effetti pure io sono scettica su me stessa. Che problemi ho?

Con la coda dell'occhio vedo Magno prendere fiato per spegnere l'ennesima fiammella d'entusiasmo, così lo precedo e gli impedisco di scoraggiarmi.

"Si farà, punto. Magno, guardaci." Magno rimane a bocca aperta e, in effetti, ci guarda. Ora aspetta che io faccia qualche rivelazione di qualche tipo. Ok, Nelli, è il tuo momento.

"Siamo un gruppo di venti persone. Venti persone grandi ed intelligenti che possono trovare rimedio a un incidente. Francesco!" appena esclamo questo nome, apparentemente in preda a un deragliamento mentale, il rosso sgrana gli occhi e si mette sull'attenti. "Francesco è un asso in queste cose. E non dimentichiamoci che è un quasi architetto."

"Beh, in effetti una laurea breve ce l'ho." osserva, tirandosi il colletto, poi sorride. "Se è per montare un tendone e qualche tavolo per poveri, direi che quella basta e avanza."

"Esatto. Esattamente." lo ringrazio, annuendo vigorosamente. "E poi abbiamo Lorenzo, che è un esperto di moda. Ok, non un sarto e non la fata Turchina, ma comunque un esperto di moda."

"Fata Turchina non gli starebbe male come soprannome." è il commento di Diego.

Fisso Diego con superiorità: "Fata Turchina era in riferimento al suo intervento sul vestito rovinato della signora Magno." Diego sostiene il mio sguardo, ma si zittisce, intuendo che il mio tono è in risposta al suo di ieri sera. "Non potrà di certo migliorarlo in un colpo di bacchetta, ma con una rattoppata qua e là forse riesce a salvare qualche orlo, no, Lori?"

Il mio amico è seduto a gambe accavallate e braccia conserte, oggi sfoggiando un papillon color lavagna che contrasta la camicia azzurra. Un richiamo al suo nuovo piercing e uno ai suoi occhi: se non ha stile lui, allora chi? Almeno questo è un aspetto che non si potrà mai e dico mai, in saecula saeculorum, mettere in dubbio.

Lori alza le sopracciglia e sposta le iridi nel nulla per un secondo, approvando con un leggero annuire: "In effetti, sì. In effetti potrei."

"Il modesto." ridacchia Mattia, guardandolo affettuosamente. "Lui e mia sorella Laura hanno cucito un vestito da sera per Giulia, partendo dalla stoffa nuda e cruda. Ed era anche figo. E sexy."

Pier lo indica con due dita: "E detto da te suona molto incestuoso."

Mattia fa spallucce: "Siamo belli in famiglia."

Roteo gli occhi e glisso sull'argomento per non dover rivangare ricordi su me commossa davanti alle foto degli Zingaretti: "Proseguendo, parliamo di cibo vero e proprio."

Che poi. Le sorelle di Mattia sono belle. Mattia è solo normale.

Mattia è normale.

Ok, Nelli?

Mattia è normale.

"In quanto al cibo, appunto... beh, il cibo..."

Mattia è normale, ma non per me.

Forse dovrei fare come gli uomini quando hanno un'erezione e pensano alla nonnetta nuda per farsela passare. Quindi scelgo di pensare a Mattia nei primi anni delle superiori e... ah, sollievo.

Brufoli, ciccia, davvero un sollievo.

Anche se mi piaceva già al tempo, quindi...

"Il cibo?" la domanda scocciata di Pier mi fa finalmente rinsavire da questo turbamento psichico.

"Per il cibo, dicevo, c'è Marco." mi do un tono, accennando al mio amico. "Marco è bravissimo a cucinare, ma non solo. Ha fatto dei corsi, quindi sa come gestire le cose in grande. Dico bene?"

Marco si gratta la testa: "Nel, l'ho fatto anni fa quel corso..."

"Beh, ma hai noi!" esclamo, ovvia. "Non staremo mica tutti venti a fare cose diverse. Un gruppo si occuperà di cucinare e servire per gli ospiti come un vero e proprio servizio catering."

"Ma voi dovreste essere invitati." è il primo intervento di Magno, dopo la mia proposta.

"Se tu annullassi queste nozze, non lo saremmo comunque." gli faccio notare e lui si predispone nuovamente al silenzio.

"Ora, ammesso che riuscissimo a ricostruire delle tavolate decenti con un tendone carino e del tulle eccettera-"

"Nelli, su quello puoi contarci." dice Francesco. "Con un po' di ricerca di materiali economici e una mano dagli altri posso farlo entro il 25. Ce la faccio di sicuro."

"Bene. Dunque ammesso questo e ammesso che abbiamo chi serve e chi cucina, possiamo scegliere dei piatti buoni, ma non costosi. Minimo sforzo, massima resa. Che idee avete per dare l'impressione che quello che mangeranno sarà meglio del caviale che c'era in programma?"

Tommaso sbuffa, poco fiducioso: "Gente, non è che potete servire pizza a un matrimonio."

Silenzio.

Lungo silenzio.

Nessuno lo dice, ma tutti lo pensano.

In realtà sì.

Potremmo fare la pizza. Sarebbe super originale.

"No, non pensateci neanche." prova Magno, ma in quattro e quattr'otto è sovrastato da un'esplosione di patriottismo.

Tutti concordano che con qualche dettaglio d'alta classe, mettere una meraviglia rotonda davanti agli occhi di nobili cecinesi farebbe sicuramente colpo. Che a essere sinceri, è anche modo per dar prestigio a un'iniziativa che non ne ha, ma dopotutto dobbiamo fare così, perché non abbiamo soldi per fare diversamente.

E poi dai, è un'idea simpatica! Nessuno a un matrimonio ha mai mangiato la pizza!

Marco ci assicura che con qualche tutorial su YouTube potrebbe venire un bel lavoro e dunque si accantona ufficialmente il problema catering.

"Ammesso anche che il problema del vestito lo risolve Lori. Che cosa rimane fuori?" esordisco, pensosa.

"Il vino." risponde Shy.

"Ok, risolvibile. Ci posso pensare io; ho un contratto in quell'azienda, ho Benigni in pugno."

Mattia non trattiene una risata e io gli lancio addosso un pacchetto di fazzoletti che Gloria ha posato sul tavolo.

"Il vino è il minore dei problemi." se ne esce Gloria. "Anche sorvolando sulle strane proposte fatte finora, ci manca comunque un prete! E l'orchestra, i fiori..."

"L'orchestra? Vi serve davvero un'orchestra?" interviene Cristiana. "L'avevate scelta voi, oppure i genitori di Magno, l'orchestra?"

Gloria e Alessandro si scambiano un'occhiata ed è subito oppressione.

"Sentite, chissene dell'orchestra, ok?" faccio, posando una mano amichevole sulla spalla di Gloria. "Ci saranno anche Ai e Sanjay alla cerimonia, no? Ecco, Sanjay se ne intende di tecnologia, vi può sistemare una cassa qua e là e si mette della musica di sottofondo."

"Classica." propone Gloria, come se stesse partecipando ad un'asta, preoccupata che qualcuno avanzi altre proposte.

"Anche latina non è male." Lionel si lancia in questa follia con espressione temeraria e, sorprendentemente, Glo non gli urla contro.

Anzi, attende e pondera per qualche istante: "Beh, anche latina non è male, in effetti."

Gloria. Povera Gloria.

Con questo matrimonio sta reprimendo tutti i suoi gusti e lo capisco proprio dall'ultima uscita. Mi ricorda quei lavoretti inquietanti che si facevano alle elementari, dove creavi un bel disegno con le cere su un cartoncino e poi dovevi ricoprirlo interamente di cera nera. Se poi andavi a scavare il superstrato, spuntava, da sotto, il tuo disegno originale, ma altrimenti rimaneva solo un'inquietante e anonima chiazza scura. Gloria è così: più scavi più scopri quanto stia ricoprendo i suoi gusti con quelli dei Magno, per paura di non piacere loro.

Così la guardo intenerita e mentre gli altri discutono di pizze e di musica, le sussurro una cosa: "Se lasci fare a noi, sarà il matrimonio che hai sempre sognato."

Mi guarda e i suoi occhi brillano. Forse con questa frase l'ho conquistata. E se ho conquistato lei, ho già tra le mani anche Alessandro.

E invece sarà un po' più difficile del previsto, data l'uscita di quest'ultimo: "Non facciamo niente. Non c'è neanche un prete. Vi rendete conto che state costruendo sui mattoni?"

Tutti lo fissiamo.

"Beh, intendevo un concetto simile, ma con più parole. Tipo che posate dei mattoni sopra un muro senza fondamenta. Tipo. O c'entrava il cemento?"

"Vi facciamo sposare da Carlo illegalmente." dice Vacca. "Tanto chi lo sa che abbiamo fatto-?"

Un colpo di tosse collettivo le impedisce di continuare.

"Carlo se n'è già andato." spiega Magno. "Non può, ma soprattutto non vuole. E nemmeno io vorrei! Voglio che mi sposi una persona che ne ha le piene facoltà, una persona di Fede, ma soprattutto di principi."

Ed è proprio quest'ultima parola di Magno, principi, a scatenare una reazione chimica a livello neuronale nella mia corteccia cerebrale. Forse l'ennesima tragedia preannunciata, o forse un'idea che gli altri accoglieranno perché sono, in fondo, esattamente malati come me.

"Ai Zu!" esclamo, a tutti polmoni. "Vi sposerà Ai Zu!"

"Certo, e io avrò la benedizione di Buddha sopra il mio matrimonio!" replica Alessandro, contrariato.

"Perché no? Cioè, voglio dire... Dio, Buddha, Allah... che vi importa?"

"Che ci importa??" Alessandro è fuori di se. "Glo, diglielo tu che ci importa!"

"Amore, io sono atea. Effettivamente non mi importa."

"Sì, ma se i miei genitori parteciperanno a un matrimonio buddista, né Dio, né Allah e né lo stesso Buddha mi salveranno dalla morte certa!" Magno è a qualche millimetro dal mio viso, rosso e con l'indice puntato al mio mento. "Non incasinare le religioni, Nelli, non davanti agli occhi dei miei genitori. Quelli sono tradizionalisti fino al midollo e se scoprono che oltre ad avere un nipote spretato, hanno pure un figlio che rinnega la religione con cui l'hanno cresciuto, mi ammazzano sul serio. Sono un uomo finito. Morto."

"In grazia di Buddha, però."

Alessandro mi fissa allucinato, poi sospira inebriandomi di alito divino. Non mi dispiace se mi rimane appiccicato alla faccia. Mi dispiace per Gloria, quello sì, ma ai miei ormoni fotte nulla.

"È un'idea assurda."

"In realtà, è un'idea bellissima Nelli, complimenti." Shymée si alza dal suo posto sul divano e mi guarda davvero con ammirazione. "Magno, potremmo dare a un sacco di persone un insegnamento vero, tangibile. Che l'amore vince sulla religione. Che per lei" - e accenna a Gloria - "tu vai oltre. Oltre Dio e, ancora più in là, oltre la tua stessa famiglia."

Anche la vostra pomiciata di ieri sera andava oltre, ma dettagli, penso nella mia testa. Non è il momento opportuno per fare le ninfomani, anche se in effetti devo chiedere a Eva quel filmino. In ogni caso, mi fa davvero piacere che una persona seria e autorevole come Shy apprezzi la mia uscita.

"Ma come sai che Ai può fare una cosa del genere? E poi che valenza ha a livello legale?" mi domanda Gloria.

Io faccio subito saettare i miei occhi su Cris, che tra un pargolo e l'altro, si è recentemente laureata in Giurisprudenza: "Avvocato?"

"La celebrazione religiosa non c'entra con l'unione civile." spiega lei, prontamente, dando addito con le movenze e l'espressione alla mia iniziativa. "Per essere coniugi vi serve solo la firma su un documento in comune. Dopo di questo, potete convolare a nozze davanti a qualsiasi sacerdote, che sia esso buddista, cristiano o musulmano, con un rito simbolico."

"Ma Ai non è un sacerdote!" dissente Magno.

"Non si sa mai." metto le mani avanti.

"In realtà, non importa." riprende Cris. "Se volete, potete anche rivolgervi al comune e chiedere che sia una persona da voi scelta a farvi da officiante del matrimonio. Se il sindaco vi dà il nulla osta, non ci sono problemi e, generalmente, il sindaco dà sempre il nulla osta per queste cose. Meno lavoro per lui."

Magno si siede e si mette le mani nei capelli: "Non capisco niente."

"Quello che dice Cris è che potenzialmente chiunque di voi, se se la sentisse, potrebbe sposarci." parafrasa Gloria. "Sarebbe un'unione civile e non religiosa, però. Giusto?"

"Sì." conferma la ricciolina. "Tuttavia, se chiedeste ad Ai Zu, sono sicura che saprebbe creare il giusto connubio tra rito civile e rito religioso. Ok, non avreste la cerimonia tradizionale e cristiana che i tuoi si aspettavano, ma sarebbe comunque del tutto legale. Lui sarebbe l'officiante civile, assieme ad un funzionario del comune, ma creerebbe la giusta atmosfera religiosa, con le sue perle di saggezza e tutto l'incenso del caso. Credo che Nelli abbia avuto un'ottima idea, ragazzi."

Mentre io gonfio il petto come un gallo cedrone, Magno e Gloria si guardano a lungo negli occhi. Sono dubbiosi, ma io vedo l'essere dubbiosi come qualcosa di positivo. Non è un 'no' categorico. C'è speranza. C'è ancora speranza.

Così tento di gettare più peso sul mio piatto della bilancia: "Dovete chiamare Ai e poi correre in comune e farvi dare questo nulla osta. Se sprecate tempo a decidere, vi lasciate sfuggire le nozze dalle mani. E io credo che i Magno accetterebbero una cerimonia un po' pittoresca, pur di vedervi rialzare in piedi. Credo che, in fin dei conti, apprezzerebbero una dimostrazione del fatto che voi due avete le palle. Che sapete gestire ogni situazione. E che volete stare insieme, succeda quel che succeda, contro ogni imprevisto."

Magno scuote la testa: "Potrebbero prenderla come una sfida contro di loro."

"Sarà così!" lo ragguaglio. "Ma immagina il sapore della vittoria una volta vinta la sfida. Sulle tue labbra, Magno, ma in particolare sulle loro. Riconquisterai la loro fiducia e il loro rispetto. E sarai il re di villa Magna."

Dopo il mio discorso alla Rafiki, la sala piomba in un mutismo generale, al quale mi aggiungo per riascoltare mentalmente ciò che ho detto.

...perché, diavolo, ha ispirato pure me! Sono una cazzo di motivatrice!

Se fossi stata così convincente anche con me stessa in tutti questi anni, mi sarei evitata molte pene e molti scivoloni. E li avrei evitati pure ad altri. Ma non so che cosa mi abbia privato di questa scintilla.

L'ho sempre avuta, è sempre stata dentro di me, eppure... si era assopita fino a questo momento. L'ho riassaporata solo ora; è tornata nel mio petto come un flusso improvviso che coniuga palle, affetto e una grandissima ars oratoria.

Io in piedi e Magno e Gloria seduti, ripercorro i fili dorati dei loro capelli, mentre ipotizzo che possano essermi mancati proprio loro. Proprio la mia classe, che, unita, a modo suo, mi ha sempre dato il coraggio di essere me stessa e di realizzarmi al meglio delle possibilità.

Poi dai miei due amici, sposto lo sguardo un po' oltre e incrocio quello di Mattia fisso su di me. Sul suo viso c'è un'espressione, ma non una decifrabile, come spesso accade. Tuttavia questo contatto di color speranza, mi fa ipotizzare che forse, invece, la mia chiave di volta è lui.

Forse la Nelli migliore non può esistere se a istigarla, con ansie e scleri perenni, non c'è Mattia Zingaretti, re degli idioti.

Bella seccatura, eh?

"Ok." Alessandro unisce le mani con uno schiocco che mi fa sussultare e riportare immediatamente l'attenzione su di lui. "Metti che io, Glo e Cris partiamo ora. Andiamo in comune, ci facciamo dare questa delega o come si chiama e ricattiamo Ai Zu perché ci tiri fuori dalla merda ancora una volta."

"Ah-ha?"

"Chi va a prendere le fedi? Sono dall'altra parte della città e ci aspettavano per provarle e ritirarle un'ora fa." dice, guardando l'orologio preoccupato. "E si dovrebbe parlare con Benigni, prima o dopo aver trovato un nuovo fioraio che accetti di preparare un matrimonio entro dieci giorni."

"Ci penso io, faccio tutto io." li rassicuro, ondeggiando le mani con finto controllo della situazione. "Prendo le fedi, passo da Benigni e poi tento il tutto per tutto con Paola, tanto mi ricordo dov'è il suo negozio e, non per vantarmi, ma mi adora."

"Sono tutti luoghi lontani dal centro di Cecina, non ti ci possiamo accompagnare noi."

"La accompagno io." se ne esce Mattia, sereno, ma anche un po' divertito dalla situazione. "Ho posto per tutto in macchina, anche per il suo culo che fa provincia."

Oh, le battutine sul culo, mi mancavano.

No. Per niente.

"Ma-ma-mamma ci po-posso a-andare anche io a co-comprare gli anelli?" Vittoria corre ad abbracciare le gambe di Cris e le stritola ripetendo un balbettante "Per favore!". Per non essere da meno rispetto alla sorella, anche Filippo si erge sopra la montagna di giocattoli e grida: "Anch'io!"

"Papà, anch'io vorrei andare con loro." Rachele chiude la scena da copione e Marco e Diego guardano subito me.

Marco dopo poco mi sorride e pronuncia un semplice 'ok' che le mie orecchie sentono come uno 'scusa'. Diego invece mi soppesa e tace, mentre i suoi figli iniziano a cantare cori da stadio. Ma la loro insistenza non lo turba, Diego ha davvero dei problemi a fidarsi di me.

A essere sincera, non credo che c'entrino con ieri sera. Diego non si è mai veramente arrabbiato perché ho perso di vista i bambini (l'ha fatto pure Cris e l'avrebbe fatto anche lui, nella stessa situazione). Tuttavia, il discorsetto che mi ha propinato al suo arrivo qui spiega tutto molto bene. Diego ha perso fiducia nell'amica Nelli. La zia Nelli è sufficiente a colmare i vuoti lasciati negli anni con i suoi figli, ma l'amica Nelli, quella riservata agli adulti, finora ha solo fallito. E lui non sa se darle un'altra occasione, non sa se metterla alla prova la farebbe solamente sentire a disagio o se produrrebbe qualche effetto positivo.

Non è un problema tra me e i piccoli, ma tra me e Diego.

"Diego." alle mie spalle, Mattia l'ha richiamato e gli ha rivolto uno sguardo che serve come assicurazione sul mio conto. Intuisco che sta assicurando a Diego che andrà tutto bene e che sì, un'altra occasione a zia Nelli la può dare. E una all'amica Nelli pure.

Tra maschi si capiscono, così Diego alza un pollice insù e senza guardare me, si rivolge subito a suo figlio: "Tu non fare lo stronzetto con Rachele e tua sorella, mentre io non ci sono, ok?"

Fil imita il padre e rivolge il pollice verso l'alto, recitando la seguente ammonizione sicuramente impartitagli da tempo: "A meno che non attacchino la bellezza di mamma e la prestanza di papà."

"Bravo, Vallicroce." approva paternamente, ma con la stessa espressione complice di due colleghi davanti a una bionda.

... una birra, bionda.

"Allora... andiamo." riassumo, parlando per me, ma in realtà anche un po' per tutti. "Ognuno sa quel che deve fare. Chi ha bisogno di organizzarsi lo faccia alla svelta, e per il resto... 'fanculo i bravi e Don Abbondio!"

La mia battuta fa sorridere un po' tutti e poi, in fretta, eseguono davvero quanto concordato. Con casino, disordine e un po' d'urla selvagge, certo, questo è normale, ma almeno lo fanno. Rimango a fissare la marmaglia agitata con uno stupore quasi infantile e un benessere inaspettato: mi hanno ascoltato. Mi hanno accettato di nuovo nel gruppo. Avevo dimenticato quanto fosse stimolante e rasserenante avere un peso, avere un ruolo attivo, tutto tuo e tutto incastonato ad altri venti. Avevo dimenticato quanto facesse sentire vivi e... importanti.

"Brava." una mano stringe il mio braccio e io devo alzare gli occhi di parecchi centimetri per incontrare il suo possessore.

"Grazie." sorrido arrossendo leggermente per l'afflusso di emozioni positive e per il mio classico disagio nell'affrontare un complimento. "A dire il vero non ho fatto assolutamente nulla di eclatante..."

"Hai incastrato tutti i pezzi nel modo giusto. È un po' il tuo ruolo di sempre qui dentro, no?"

"Non lo so. Credo di sì... vi era mancato?" la domanda mi esce spontanea, ma poi mi accorgo di aver usato quel verbo, mancare, che mi era stato rimproverato proprio da lui.

Fortunatamente non se la prende e risponde senza troppi giri di parole: "Sì."

Annuisco, appagata da tutto, mentre anche lui rimane in silenzio, indugiando entrambi negli occhi dell'altro.

"Meglio se ci prepariamo." dice, infine, Mattia. "Io non so la strada e credo che avere appresso tre eredi del disagio non velocizzerà di certo la nostra missione."

"No, per nulla." concordo. "La strada te la spiego dopo: ho in mente un piano-"

"Un piano?" ora Mattia è preoccupato e, in mezzo secondo, fa svanire tutta l'ammirazione di poco fa.

Ma io sorrido, fiduciosa in me stessa, per una volta, grazie a quanto appena accaduto: "Fidati di me."

"Non ho ancora perso certe brutte abitudini, purtroppo."

"Come vedi, nemmeno io." ribatto accennando a noi due che prepariamo assieme una missione, ma in generale a noi due che facciamo cose. "E comunque grazie. Quando sbaglio con te trovo sempre la soluzione."

Mattia ci pensa un po': "Dov'è la virgola in questa frase?"

"Dove vuoi."


***

Un classico, quando si parla di "Io e te", è il disastro epocale. Troverete sempre un capitolo in cui vari filoni si intrecciano e generano collisioni atomiche che finiscono in distruzione e disperazione. Se in "Io e te 1" questo poteva coincidere con la festa alla Tana e l'arresto di Federica e Pierpaolo, nel 2 è capitato verso la fine, con conseguente svenimento di Cris. Questa volta, invece, siamo solo al capitolo 7 (6 se escludiamo il prologo) e già Gloria e Magno hanno rischiato di lasciarci le penne per l'ansia.

Ma dopotutto che Io e te sarebbe se i ragazzi della 10^A non mettessero se stessi nella costruzione di un casino con i fiocchi? Beh, in questo caso senza fiocchi. Si sono bruciati.

Haha. Ilare.

Per carità, magari Nelli avrà avuto davvero una bella idea, magari rimetteranno in sesto questo matrimonio, ma... sarà davvero l'unico mega casino della storia? Oppure la zia Daffy ha in serbo per voi altre rotture di palle?

La lunghezza di questo capitolo è il nuovo record. Non mi ricordo quant'era l'ultimo capitolo di Io e te 2, ma penso che questo ci vada vicino, con le quasi 13 mila parole. Il prossimo non sarà da meno, ma sarà anche (spero) di vostro gradimento, dato che per una rara volta sarà protagonizzato quasi solamente da Marinella e Mattia. Potete iniziare ad avere paura. Approfitto per lanciare una papabile data: facciamo 20 novembre? Il capitolo è già pronto e betato (grazie Ellie e il tuo magico cellulare) e spererei di portare a termine anche quello successivo, per avere un po' di vantaggio. Se avrò cambiamenti di data, vi farò sapere, ma per ora manteniamo il 20 :)

Prima di concludere con le solite domande, vorrei condividere con voi cose di cui non ve ne frega un cavolo (il Diego che è in me avrebbe voluto dire cazzo). Il viaggio di cui vi parlavo in Austria e Germania è andato molto bene, mi è davvero piaciuto, e mentre ero via ho atteso con ansia una notizia fantastica: mi sono laureata!!! Per carità, a voi la cosa non cambia la vita, ma può essere comunque un bello spunto di riflessione (mi drogo): ho iniziato a scrivere e pubblicare "Io e te" nel 2011, ovvero durante la seconda superiore. Ho continuato a farlo poi per sei anni, quindi ho fatto la terza, quarta e quinta superiore accompagnata da voi. Ho gioito con voi per il diploma dopo la maturità e ho iniziato assieme a voi altre 2 avventure: l'università e "Io e te 2". Ora anche parte del cammino universitario è concluso, ho una laurea in mano e sto scrivendo "Io e te 3". Ma la cosa più bella è che ve lo sto dicendo; sto ancora condividendo con voi certi traguardi... dopo tutto questo tempo (plagio alla Rowling - denuncia).

Scherzi a parte, sappiate che per me è davvero bello e che ogni volta che mi capitano queste gioie, è bello sapere di potervele comunicare, come foste uno dei vari amici da aggiornare ^^

E dopo tutto questo affetto... via con le domande!


1) L'ipotesi corretta era anche quella più malata. Potevate aspettarvi altro da me? Ma ora ditemi, in qualche modo li perdonate Carlo e Vacca? No?? Solo Vacca... ?

2) This girl is on fiiiiiiireee!!! Qualche capitolo fa, qualcuno di voi aveva annusato nell'aria un certo odore di bruciato. Direi che nell'evoluzione della classe ci sta che in decima superiore siano addirittura arrivati a rovinare un matrimonio, no? Ma chi ha fatto la cazzata più grande? Di chi o di che cosa è realmente la colpa?

3) Il matrimonio è veramente rovinato o i ragazzi sapranno realizzare il progetto guidato da Nelli?

4) Davide si è comportato da stupido, è vero. Nelli si è sentita tradita, è vero. Ma adesso cosa dovrebbero fare l'uno e l'altra? Il consiglio di Mattia è adatto, oppure non conosce così bene i fratelli Argenti?

5) Nelli ha una strana sensazione nei confronti di Lorenzo Castelli (no, non quella strana sensazione!!!). E voi? La sentite anche voi? Siete d'accordo con lei?

6) Che succede? Sembra che Mattia e Marinella stiano davvero avendo delle interazioni semi-adulte! O mi sbaglio?

7) Dai, su. So che non vedete l'ora di rispondere a questa domanda: dov'è la virgola nella frase di Nelli?


Avrei voluto farvi altre domande, parlare di Diego e i suoi istinti suicidi, di Eva e la litigata con il fidanzato/amico/fotografo/Luca, delle premure di Mattia versione maschio alfa, di Federica e Pierpaolo, del fatto che rivedremo Ai, ma... per ora, mi fermo qui e se ne vorrete parlare, ci sentiamo nelle recensioni e nei commenti :)

Vi ringrazio tanto per aver letto e per continuare a seguire la storia. Vi lascio con i miei contatti, con i ringraziamenti a beta e grafiche e... ma sì, dai. Con un minuscolo spoiler di una conversazione tra Nelli e Mattia nel prossimo capitolo!


***

Lui non smette di scrutarmi e parla a mezza voce: "È strano pensare che una come te voglia rimanere con i piedi per terra. Però sei veramente cresciuta, Marinella."

"Anche tu." gli concedo, continuando a squadrarlo e a passare mille volte su tutti i lineamenti del suo volto, così familiari e così belli per me. "Ma non avevi detto che ero una bambina?"



***


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P.S. Di solito non lo faccio, ma, questa volta, vorrei spendere giusto poche righe per la citazione di inizio capitolo. Non so se sappiate il significato o siate familiari con l'espressione; si tratta di una frase latina che in italiano è tradotta come: Dopo la morte mi rialzo. Cito direttamente Wikipedia per spiegare la scelta di questa citazione: "È il motto della Fenice e si trova riprodotto nello stemma dei comuni di Torre del Greco, di Castellammare di Stabia, Formia, Alezio, Zocca e Suzzara. Nello stile familiare lo fa proprio, nello scrivere lettere, chi ha conservato a lungo il silenzio con la persona cui corrisponde: esordisce Post fata resurgo chi vuol dire 'Finalmente mi faccio vivo!'. La si trova anche sul rovescio di una medaglia commemorativa della ricostruzione del Campanile di San Marco."

Spero che sappiate cogliere i vari significati annessi <3

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Capitolo 8
*** L'altalena ***


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"Io e te" è semplicemente complicato 

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L'altalena

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Il viaggio è un vero spasso. Un vero spasso.

Da quanto tempo non mi sbellicavo così?

Mi asciugo una lacrima dall'occhio sinistro e poi mi volto verso il sedile dietro: "Ma seriamente l'ha lasciato lì?"

I bambini annuiscono ridendo e io mi sbatto la mano sulla coscia imitandoli. Sapete, tipo quando pensate che non possa esistere niente di più comico e, non solo siete lontani anni luce dallo sbeffeggiare etereo di una dama di corte, ma addirittura vi spanciate sguaiatamente facendo gesti e rumori che manco una balena con le doglie.

Mattia grugnisce evitando di guardarci e, come per gli scorsi cinque minuti, mugola cose incomprensibili con tono offeso. È carino così imbronciato, se devo dirla tutta, ma ora la priorità è sapere com'è finita la vicenda che lo riguarda in prima persona.

"E poi com'è uscito?" chiedo quindi ai marmocchi.

"Lui stava al centro." mi spiega Rachele, aiutandosi con la gestualità delle sue manine. "Davanti e dietro di lui c'erano zio Amerigo e zio Francesco, mentre ai lati zio Pierpaolo e zio Alessandro."

Sputo i polmoni per la demenzialità della scena e guardo Mattia tra le lacrime: "Ma neanche una testuggine romana nel 30 avanti Cristo! Ma quanto scemo sei?"

"Senti." sibila, per non farsi sentire dietro. "Era una brutta situazione per me, e quelle merde non vedevano l'ora di usarmi per farsi una risata, piuttosto che darmi una mano."

"Darti una mano? Se ci fossi stata, avrei fatto esattamente come loro!" 

Ma la mia frase smorza subito l'entusiasmo: se ci fossi stata. Accidenti.

Mentre anche Mattia s'incupisce ancora di più, i bambini continuano a ridacchiare: "Vuoi sapere altri anettodi sullo zio Mattia, zia Nelli?" mi domanda Filippo.

"Si dice aneddoti." lo correggo, affievolendo consistentemente la mia ilarità. "Comunque no, grazie. Ora basta aneddoti."

Loro si mettono a parlare d'altro e io mi fisso sulla strada davanti, cercando di annegare l'imbarazzo nella piscina dell'episodio appena raccontato. Non ricordo nemmeno come siamo finiti a parlare degli aneddoti riguardanti zio Mattia, fatto sta che i bambini hanno sfoderato alcune perle davvero irresistibili e io non potevo non diventarne affamata. Fondamentalmente si trattava di episodi divertenti accaduti durante le scorse riunioni di classe - a cui io non avevo rigorosamente partecipato. Mattia non l'aveva presa male, inizialmente, ma quei piccoli ne sanno una più del diavolo e, durante l'ultimo racconto, ha iniziato a mostrare segni di disappunto, misti naturalmente all'imbarazzo.

È comprensibile, considerando il contenuto di quest'ultima rivelazione, che sto per condividere con voi, da brava stronza. L'estate scorsa i ragazzi della classe si trovavano in piscina per passare una giornata assieme. Si erano buttati all'aperto, in quella olimpionica, dove in un'estremità ci tocchi e nell'altra no. Mattia aveva indossato un costume a cui era affezionato (probabilmente credeva che gli facesse un bel culo), ma era talmente vecchio e sgualcito che continuava a scivolargli lungo i fianchi.

Interromperò brutalmente il racconto per fare un commento da leggere con il tono da maniaco sessuale: gnam.

Di fatto, mentre si issava sul bordo per uscire dalla vasca, gli si sfilò completamente e scese ben più in basso dei fianchi (gnam gnam).

Nelli, basta! Che problemi hai?

Il vero inconveniente fu che in quell'esatto momento Diego si tuffò e - sappiamo tutti l'entità dei tuffi di Diego - investì Mattia che rimase definitivamente nudo. L'onda provocata da Diego spinse il costume verso l'estremità opposta della piscina, quella più profonda, e lo fece galleggiare giusto qualche secondo prima che si inabissasse come il Titanic. Chiaramente l'idiota, avendo paura dell'acqua, non si azzardò nemmeno a pensare di andare a riprenderlo, e gli altri, maledetti come solo dei veri amici possono essere, si rifiutarono di farlo al suo posto. Si sarebbero sentiti offendere nel peggiore dei modi, anche arrivando alle mani, pur di poter vedere Mattia scorrazzare nudo per la piscina.

Li capisco, sul serio. Avrei pagato oro per esserci.

Ma no, che marpioni! Non per vedere Mattia nudo!

...cioè, non solo.

Così, appunto, uscì dall'acqua accerchiato dagli altri ragazzi, che lo condussero agli spogliatoi facendogli da separé umano. Dev'essere stato un giorno epico per l'umanità, anche e soprattutto a giudicare da come i marmocchi ricordino nettamente ogni singolo dettaglio. Se fossimo stati un gruppo di amici normali, avremmo tenuto alla larga i minorenni da certe scene, ma i miei compagni non si fanno di questi problemi e, come potete notare, la progenie della 10^A sta avendo un'infanzia ricca di traumi e cattivi esempi.

Tuttavia, come vuole la tradizione, la mia uscita ha rovinato tutto il clima sereno e delirante di poco fa. Se per una mezz'oretta eravamo riusciti a mantenere un'atmosfera allegra, ora è tornato il gelo e solo nei sedili posteriori sembra esserci voglia di sorridere. Mattia non ha lasciato uscire nessun commento, ma la sua aria bonariamente offesa si è dissipata nelle linee piatte del viso, che è tornato serio. Io invece ho la faccia colpevole e tutta l'intenzione di non parlare più fino al nostro arrivo.

Anni fa avrei ricevuto delle battutine saccenti, se avessi detto frasi ambigue. Ora il silenzio è molto, molto più significativo di qualsiasi provocazione. È la frecciatina più profonda che si possa ricevere... direi, direttamente un fendente ben assestato tra le costole, ecco. E non so perché, ma ho l'impressione che oggi me ne arriveranno moltissimi.

Gloria e Magno hanno ordinato le loro fedi in una gioielleria di un centro commerciale, piuttosto ai confini della città. Quando arriviamo nella zona industriale troviamo subito il luogo indicato e, fortunatamente, all'entrata ci accoglie una coloratissima area bimbi. Così parcheggiamo lì le pesti, che molto probabilmente manderanno in paranoia la giovanissima animatrice, ma... tutto sommato, va bene così. Guardava troppo le chiappe di Mattia, quell'impudente.

Seguendo le dritte di Gloria, troviamo facilmente la gioielleria; un negozietto molto piccolo e luccicante verso metà del centro commerciale, il cui nome la rappresenta davvero bene. Si chiama "La Perla", anche se mi sarei aspettata un titolo del tipo "La Magna Perla" o comunque qualcosa di più magno. Adocchiando sommariamente le commesse, entrambe bionde e dagli occhi chiari, deduco che molto probabilmente anche questo nido prolifera di esponenti della razza.

Ci punta subito la commessa meno giovane delle due, che sembra già aver capito ogni cosa con un solo sguardo a me e Mattia: "Buongiorno, le fedi dei signori Magno? Venite pure."

Non si preoccupa nemmeno di accertarsi che siamo le persone giuste e ci guida verso il bancone in fondo al negozio, dove si trovano la cassa e una tazzina di caffè marchiata da uno stampo di rossetto fucsia. Stava chiaramente prendendo una pausa, ma il fatto che l'abbia interrotta così tempestivamente fa presagire che Gloria e Magno siano clienti stimati qui dentro.

E difatti ne ricevo conferma nel momento in cui estrae le fedi dal ripiano sotto al bancone. Il motivo per cui Gloria e Magno valgono così tanto è perché il loro acquisto deve assolutamente valere così tanto. Su un espositore di velluto blu notte sono posati due cerchi perfetti, uno leggermente più grande e spesso dell'altro. Sono dorati, ma ricchi di particolari pure essendo così piccoli. Nella circonferenza esterna ci si imbatte subito con una minuta pietruzza, di colore azzurro quella incastonata nella fede femminile, mentre bianca quella nell'altra. Avvicinandomi per ammirare estasiata la luminosità e la scelta ridondante dei colori giallo, azzurro e bianco, come il bouquet, noto un ulteriore dettaglio. Sarà sicuramente costato una fortuna, dato che riporta un'incisione nella circonferenza interna con la seguente dicitura: 25 - 04 - 2019 Magna Gloria ad aeternum

Mi sono commossa. 

No, davvero, sono commossa. Sto piangendo.

Sono così... è bellissimo.

"Hai visto la Madonna?" mi sussurra Mattia, strafottente.

Sicuramente lui non ha la minima idea di che significhi. Tutto quanto: non sa quanto è meraviglioso il simbolo della fede nuziale, non capisce la ridondanza voluta di giallo, azzurro e bianco, non riesce a tradurre il latino e, anche se ci riuscisse, cosa che dubito dato che è una capra, non sarebbe in grado di apprezzarne la carica emotiva. Perché è Mattia; è stupido.

Né lui né Magno saprebbero mai cogliere tutta questa profondità, ma Gloria... oh, mia cara Gloria, tu hai fatto centro. Il gioco di parole, la raffinatezza, la perfezione con cui tutto è stato pensato. Sono così felice per loro, sono così belli!

Ma come spiegare tutto questo a Mattia?

"No, non ho visto la Madonna." dico. "Però se la vedessi, le chiederei di fare un miracolo."

"Aspetta che lo indovino... darmi un cervello?"

"Quasi." faccio un sorrisetto saputello. "Le chiederei di farti diventare donna per un giorno, così oltre al cervello, ti arrivano anche la sensibilità e il buongusto."

"Importante è che non si dimentichi le tette. Dille che preferisco una quarta, ma mi accontento anche di una terza. O una terza e una quarta."

Mi volto e lo guardo talmente male, ma talmente male che penso che le mie sopracciglia siano arrivate a coprire il rossore sulle mie guance. Spero, almeno.

"Eh-ehm." la bionda tossicchia e riporta la nostra attenzione sulle fedi di Magno e Gloria.

"Sono state fatte restringere il prima possibile, dal migliore dei nostri orefici." ci spiega. "Siamo desolati per aver sbagliato la misura, ma la mia collega aveva riportato male i dati." lancia uno sguardo da capetta alla ragazza e poi torna a guardare noi languidamente. "Spero non sia a causadi questo disguido che i signori Magno non sono venuti."

Io e Mattia ci scambiamo un'espressione dubbiosa.

"In realtà, non credo." butto lì. "Ci sono state un po' di complicazioni a casa e quindi hanno mandato noi; siamo i testimoni. Ma vi avevano avvisato per telefono, no?"

"Oh, certo." mi sorride. "Solo che..."

La bionda - Benedetta, leggo dal cartellino - lascia la frase in sospeso con tutta l'intenzionalità di questo mondo. Punta le iridi verso l'alto e si morde il labbro, che ormai ha solo il contorno fucsia. Un'icona mostruosa, altro che Madonna!

"Cosa?" sbotta Mattia, abboccando alla sua scenetta.

"Oddio, beh..." continua lei, ora passandosi i capelli biondi dietro l'orecchio e incastrandoli in mezzo all'orecchino fatto a cerchio. Così un ciuffo le va sulle labbra, e trasporta il residuo di rossetto fino al mento. Una fata, insomma.

"Ecco, forse i signori Magno l'hanno dimenticato, ma avevamo preso un determinato accordo e il fatto che non ci siano loro qui..."

Io detesto la gente che fa così. Sul serio, è una razza pessima. Senza contare che ora l'istinto più forte che ho verso di lei è afferrare quella stupida tazzina e sbattergliela in faccia sperando che il rossetto perduto le si riattacchi a quel buco generazionale che c'è tra il suo contorno labbra e il resto della bocca!

Maledetta Benedetta. Mi sta facendo salire i nervi!

"Di cosa si tratta?" domanda Mattia, dimostrando ancora una volta che qualsiasi uomo cade nella trappola di qualsiasi donna. Davvero, non si sta rendendo conto che tutta la sceneggiata della tipa servirà a farci fare cose a suo vantaggio, facendo passare il tutto per una sincera opera di bene?È così che fanno i commercianti. È così che fanno le commercianti donne, che hanno da guadagnare centinaia di euro per due fedi nuziali.

Di cui il microcefalo nemmeno capisce il significato.

Difatti gli tiro una gomitata e lo faccio per noi. Sì, per noi donne che dobbiamo avere a che fare con un genere così deliberatamente rincoglionito. La volpona, qui, avrà solo voglia di rifilarci qualche kit per mantenere i gioielli luccicanti, come fanno quelli di Pandora, e so che alla fine potrebbe davvero convincere Mattia a spendere duecento euro in pennellini lucidanti e pannetti anti-acaro.

Benedetta mi riserva un fugace sguardo da 'ho vinto io' e poi si lancia nel dramma: "Ecco, avevamo concordato con i signori un piccolo servizio, chiaramente remunerato, che ci avrebbero reso una volta ritirate le fedi."

"Cioè?"

"Ecco, questi due pezzi sono davvero importanti per noi, due dei migliori lavori mai svolti per una piccola gioielleria come la nostra. Ancor di più contando il fatto che siamo nati da poco e che, personale permettendo-" di nuovo occhiata di superiorità alla collega. "Vorremmo crearci un nome per dimostrare che l'eleganza è di casa, qui alla Perla. Il progetto che stiamo ideando da mesi prevede di aprire altri punti vendita indipendenti, di cui uno anche in centro e vorremmo lanciare dei messaggi pubblicitari, farci vedere, mostrare ciò che sappiamo fare." incalza, indicando gli anelli e smentendo tutte le belle parole con quei labbroni agghiaccianti. È inguardabile, giuro. Continuo a fissare quelli, mentre i suoi auto-elogi senza senso occupano l'aria ingiustamente.

"Il punto è che i signori Magno avevano concordato con noi di prestare la loro disponibilità e il loro acquisto per aiutarci nella campagna pubblicitaria. In poche parole, queste fedi dovrebbero comparire in un piccolo servizio fotografico. Su sfondo a dovere, con modelli, buona qualità e tutto il resto."

"Eh." sorride Mattia. "Ok. Nessun problema."

"Ehm... già."

Ehm... troppi impliciti in questo stupido dialogo.

"Dovete farlo ora?" s'informa Mattia. "Possiamo lasciarvele in negozio un po', intanto andiamo a fare un giro. Non c'è problema, se è per l'adesione. Sono sicuro che Magno non ha niente in contrario a farvelo fare, probabilmente si è solo dimenticato."

"Ehm... no." Benedetta lo interrompe con un sorriso tirato. "Non mi sono spiegata bene, signor... ehm..."

"Mattia."

Perché dice sempre il suo nome quando lo chiamano 'signor'? Il concetto di galateo non è compreso nei parametri del suo cervellino raggirabile.

In ogni caso, comunque, non ho capito nemmeno io a cosa diavolo sta girando intorno questa qui.

"Signor Mattia." riprende gentilmente. "I modelli per lo shooting avrebbero dovuto essere la signorina Ferrucci e il signor Magno. Li aspettavamo oggi in negozio per scattare le fotografie, prima del ritiro delle fedi. Abbiamo preparato già tutto nel retro, ed il fotografo è qui da stamattina."

Mattia alza le sopracciglia. Io esclamo un mentale 'Ma vaffanculo!' che comprende tutto il genere umano, includendo ai primi posti, nell'ordine: Benedetta, Gloria e Magno, il fottuto fotografo e mio fratello Davide, senza cui non ci sarebbe stata la scusa per mandare me e il microcefalo a fare un diavolo di shooting per degli anelli!

"Ci deve essere un errore." è l'insensata reazione di Mattia.

"Senta." mi intrometto, imponendomi. "Noi due non sapevamo nulla di tutto ciò. I nostri amici continuano a metterci in queste scomode situazioni già da un po', ormai, e il motivo risiede in racconti che lei davvero non vuole ascoltare. Io e il signor Zingaretti, qui, non faremo foto di nessun tipo, oggi. Pagheremo per queste fedi, le porteremo a casa e ci saluteremo in tutta professionalità."

Benedetta fa la faccia da cucciolo: "Ma, il fotografo..."

"Mi ricresce davvero per il suo fotografo. Ognuno di noi fa un buco nell'acqua prima o poi e oggi è toccato a lui. La Perla diventerà indubbiamente una grandiosa catena di orefici, anche senza il servizio di oggi. Fra non molto qualche altra coppietta vi farà fare un paio di fedi da urlo e potrete spargere la vostra eleganza con le loro prestazioni."

La commessa ha capito che non sono pirla come Mattia. Bene.

"La nostra campagna parte fra qualche giorno." decreta, piatta. "Abbiamo dovuto rimandare il servizio già una volta, per cui oggi speravamo davvero di portare a termine gli accordi. Certo, mi rendo conto che non dipende da voi e capisco che ci sia stato un problema di mal comunicazione."

Che può fare adesso la nostra eroina per fottere la cliente scaltra?

Ovvio, se siete donne e volete convincere altre donne, non potete far altro che sfoderare tutta la vostra stronzaggine.

Ripone le fedi in un scatolina bianca, la chiude e ce la allunga. Poi slitta verso la cassa e preme un tasto: "Dunque, i duecento euro di servizio verranno riaddebitati al costo originale delle fedi..."

"Aspetti!" in coro, Mattia e io fermiamo la commessa.

"Sì?"

Le murene de La Sirenetta. Giuro, è meschina uguale. E ha lo stesso tono viscido.

"Duecento euro?" domanda Mattia.

"Beh, con i signori Magno si era pensato a uno sconto di questo tipo, considerato che ci avrebbero appunto concesso un po' di tempo per fare le foto con gli anelli da loro indossati e... insomma, sì, direi che è un accordo appropriato. O meglio, era."

Che tu sia maledetta, Benedetta. Nei secoli dei secoli e oltre!

Dopo un attimo di silenzio e riflessioni da parte nostra, Mattia fa la domanda con cui automaticamente acconsente alla richiesta: "Che cosa dovremmo fare di preciso?" 

Ma stavolta non lo critico: duecento euro sono duecento euro. Non possiamo di certo riaddebitare duecento euro che erano stati scontati, a causa dei nostri capricci. È vero, ne avremmo tutto il diritto, visto e considerato che Gloria e Magno sapevano della questione e non ci hanno avvisato. Ma che fosse intenzionale o meno, è chiaro che non possiamo far loro questo. Sarebbe un gestocattivo. Giusto, magari, ma cattivo. E Mattia e io, purtroppo, nonsiamo cattivi. Non con gli altri, per lo meno.

"Intanto provare le fedi, sperando che vadano." esulta Benedetta. "E poi giusto un paio di scatti!"

E qui vorrei davvero concludere il paragrafo riaprendone uno nuovo che inizia con "Sbrigata la veloce questione del servizio fotografico, ...", ma non posso. Perché, ben cinquantadue scatti dopo, Mattia e io ci troviamo ancora qui, nell'angusto retro della Perla, con un fotografo impedito che ci inquadra le mani e Benedetta che blatera in sottofondo.

La fortuna pazzesca del destino ha voluto che le fedi calzassero perfettamente sia a me che al microcefalo. Gloria ha le dita più magre delle mie, ma anche più lunghe. Il fatto che le mie mani siano grandi più o meno come quelle di Rachele ha reso possibile la combinazione, mentre per Mattia è semplicemente il caso che abbia l'anulare simile a quello di Magno.

Grazie al Cielo le foto non prevedevano che ci mettessimo anche la faccia. Ci hanno preso le mani: chiuse, aperte, avvolte attorno a qualche oggetto, filtrate, e via discorrendo, ma mai altre parti del corpo. Il che è un bene, dato che io ho tutto, fuorché le fattezze di una modella.

"Ok, abbiamo quasi finito, manca l'ultima foto." annuncia Benedetta, approvando lo scatto appena realizzato di Mattia che regge la fede tra l'indice e il pollice per far vedere l'incisione all'interno della circonferenza. "È quella che metteremo anche fuori dal negozio, sull'insegna. Mettetevi vicini, per favore."

La donna ci conduce a ridosso di tavolo bianco, di vetro lucido, che brilla, illuminato da un faro a cerchio. 

"Mani qui su." dice, picchiettando sulla superficie del tavolo e facendo segno al fotografo di inquadrare dall'alto. "Per favore, prendetevi la mano, quella con la fede, ovviamente, e intrecciate le dita."

Eh? Cosa?

E dopo?

Che altro vuoi, che ci slinguazziamo di fronte all'obbiettivo? Ma guarda un po' questa!

Benedetta nota subito il mio disagio e mi sorride angelicamente: "È solo una fotografia, tesoro."

Vedo omicidi all'orizzonte.

Ma per fortuna non sono l'unica a dimostrare titubanza.

"Che succede? Ho fatto una richiesta troppo strana?"

Ora la bionda fissa Mattia, che ha semplicemente deciso di non muoversi. Come al solito non si deduce troppo dalla sua espressione, ma di sicuro è chiaro che non sprizzi di gioia all'idea di dovermi prendere per mano.

"Ve ne prego." insiste Benedetta. "Vi assicuro che è l'ultimo scatto, ma anche il più importante per noi. Tutta la linea grafica si fonda sul concetto dell'intreccio delle dita come a simulare una conchiglia al cui interno si trova la perla, che fa poi riferimento a-"

"Ok, d'accordo, facciamo questa foto."

Taglio corto: a) per dare un sollievo alle mie orecchie e b) perché Mattia non prenderà una decisione a riguardo, per cui lo faccio io.

Decisa, posiziono la mano leggermente aperta sopra al tavolo e, dopo qualche istante, Mattia ci posa sopra la sua.

"Il contrario." ci ricorda Benedetta, gentilmente.

Eseguiamo, invertendo la posizione della mani, lui sotto e io sopra, e poi ci viene ordinato di intrecciare le dita. Senza osare alzare lo sguardo su di lui, che sento fin troppo vicino a me, allargo le mie e le incastro precisamente negli spazi tra le sue. Così, mi ritrovo a stringere la mano di Mattia; un gesto che, nel poco tempo che ho per pensare, non ricordo di aver mai fatto. Mai, in dieci anni che conosco questa persona e con tutto quello che abbiamo combinato.

Anche se è considerato un gesto così spontaneo, anche se è così semplice e automatico, anche se si tratta, forse, della prima interazione tra due persone che provano, o hanno provato, affetto reciproco, noi non l'abbiamo mai fatto. È così surreale che stia succedendo adesso.

Avverto il calore di Mattia accanto a me e nella sua stretta. Sta seguendo le istruzioni accuratamente; non ha lasciato che la sua mano se ne stesse immobile senza nervo, ma ha preso la mia con decisione, pensando a chissà quali cose, mentre io affronto un'ondata di emozioni difficili da gestire. 

Questo contatto mi destabilizza, per quanto mai stabile io possa sembrare. È inutile provare a convincermi che non mi stia facendo battere il cuore e avvertire quella sensazione alla bocca dello stomaco. Sì, quella, che viene detta 'farfalle', 'formicolio', 'vuoto', ma che in realtà ha lo stesso denominatore comune. D'altronde... è proprio amore quello che so di provare per lui da dieci anni. E in dieci anni non c'eravamo mai tenuti per mano.

Il flash della fotocamera mi accieca e mi disorienta per un po'. Quando riprendo la vista, quello che vedo per primo è lo scintillio degli anelli e allora mi scappa davvero da ridere. 

Noi due... per mano... con delle fedi nuziali al dito...

I nostri amici devono essere davvero, davvero malati per aver organizzato tutto ciò.

"Cosa c'è di divertente?" mi domanda Mattia, facendomi venire il dubbio che forse solo io abbia evitato di guardarlo per tutto questo tempo. 

"Mi fa ridere questo." rispondo, alzando la mano che tiene la sua. "È davvero l'esperienza più assurda che mi sia capitata nella vita."

Anche Mattia sorride con un certo divertimento: "Disse colei che ha simulato la morte di un professore, fatto sesso per la prima volta in una barca a vela e trasformato una rimessa di barche in una palestra."

Con ciò, Benedetta scoppia a ridere, mentre io sciolgo la stretta con Mattia e gli do un pugno sul braccio.

"Ahia!"

"Trovi simpatico sbandierare i fatti miei in giro?" rimbecco, alterata. "Se dicessi alla gente che tu hai simulato una bocciatura per vincere una vacanza gratis, fatto sesso in un mulino a vento e trasformato un orecchino in un anello di fidanzamento, non gongoleresti così tanto!"

Benedetta ride di più e quasi alle lacrime, esclama: "Bella l'idea dell'anello! Potrebbe essere la nostra nuova frontiera!"

Mattia appare improvvisamente risentito e quindi tutta la romanticheria di prima scema in un battibaleno. Senza indugiare troppo nel retro bottega, ci congediamo, mentre i due sistemano la stanza. Salutiamo il fotografo, Benedetta ci ringrazia e poi ci riaccompagna fuori. Il servizio è finito - andate in pace - e io mi posso dire decisamente provata da tutta questa esperienza.

Tornata in negozio, la commessa posa le fedi per bene nella loro scatolina e completa il tutto con un'ulteriore sconticino, togliendo al prezzo originale duecentocinquanta euro.

Nemmeno per altri duecentocinquanta rifarei una cosa simile: è stata piuttosto intensa per me, ha fatto riaffiorare emozioni troppo contrastanti.

"Qualsiasi cosa sia successa tra di voi." dice Benedetta, mentre ci allunga il sacchettino con il logo della conchiglia. "Credo che non sia riuscita ad allontanarvi a dovere."

Ma non ci lascia trovare una risposta a questa perla (è il caso di dirlo), dato che, notando la collega alle prese con dei clienti, si fionda subito a controllare.

Mattia e io fingiamo che non abbia nemmeno parlato, per il bene di tutti, e quindi ce ne andiamo salutando sbrigativamente, sicuramente concordi sul fatto che qui non torneremo più nemmeno sotto tortura. Usciamo a recuperare i marmocchi e, tra un insulto e l'altro da parte dell'animatrice, riusciamo a cavarcela in direzione macchina. Saliamo interagendo con i bambini e non tra di noi, poi Mattia mette in moto e fa partire l'auto verso L'angolo del fiore.

Sperando solo che Paola non abbia bisogno di un servizio fotografico in cui ci si deve baciare.

***

PRIMO BREAK

Mah, a noi non dispiacerebbe, cara U.U

Ringrazio Angelica per aver realizzato questo fermo immagine di una carineria tra Nelli e Mattia che forse non vedremo mai più nella vita!

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*
E ora uno sguardo nel cellulare di...

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...mmm, di chi, secondo voi?

***

La tappa riguardante Benigni è stata la prima di tutto il nostro iter, dato che il centro commerciale e la fioreria si trovavano più avanti, lungo la strada. Sono stata l'unica a scendere, mentre Mattia e i bambini mi hanno aspettato nell'auto.

Quella di andare da sola è stata una mia espressa richiesta; non volevo avere nessuno intorno, volevo parlare a quattrocchi con il mio enologo preferito. Anche perché... avevamo delle questioni in sospeso, se ben ricordate.

Antonio mi ha accolto calorosamente e mi è dispiaciuto rifiutare un bicchiere di vino, ma ho dovuto, per l'incolumità di tutti noi. Abbiamo parlato di ciò che è successo in villa, ho raccontato il dispiacere di Gloria e l'afflizione di Alessandro, poi, ho proposto la mia soluzione. Ho chiesto a Benigni che mi fornisse del numero di bottiglie che Vittoria aveva rotto, scegliendo a suo gusto il vino più pregiato. 

Ha accettato volentieri e, con uno sconto, mi ha presentato la cassetta migliore che aveva in cantina. Tuttavia, si è tremendamente rattristato quando ha realizzato che i soldi per pagare provenivano dal mio portafogli e non dai fondi Magno e Gloria. Ma io non l'ho detto davvero a nessuno, se non a lui. 

In fondo, è come se mi fossi fatta trattenere la paga di un mese; non fa nulla. Che io decida di accettarlo o meno, il lavoro l'ho ottenuto comunque grazie a Magno e fare un piccolo favore per ricambiare mi sembra il minimo. Ho chiesto a Benigni che mantenesse il segreto e che confermasse di avermi dato tutto quel vino sulle basi di una traduzione extra fatta da me per l'azienda. Niente di vero, ovviamente, ma voglio solamente che Magno e Gloria non abbiano pensieri.

Prima di farmi andare via, Benigni mi ha detto che sperava tanto che accettassi il suo lavoro, così mi è venuto naturale chiedergli perché. Perché diavolo mi volesse così tanto dopo che mi ero palesemente ubriacata durante il colloquio/tirocinio.

Lui mi ha risposto semplicemente così, sorridendomi: "Perché quel ragazzo aveva davvero ragione, signorina. Non importa quanto sbagliato sia quello che stai facendo, perché in ogni cosa tu faccia, ci metti davvero tutto il cuore che hai. E si vede."

Magno deve proprio avergli raccontato una marea di balle, ma... in fondo, poco male. Devo solo ringraziarlo ancora una volta per avermi aiutato così tanto in un ambito che sapeva non stesse andando a gonfie vele dalle parti di New York. 

Ed è a questo che penso, in realtà, mentre Mattia cerca parcheggio lungo la via del paesino dove si trova la fioraia. A cosa scegliere per il mio futuro. Al fatto che abbandonare la vita a New York sia più reale di quanto sembri. Al fatto che-

"Potete stare zitti solo un secondo?!" il tono arrabbiato di Mattia mi colpisce e mi fa voltare all'indietro. I bambini stanno diventando una chiavica: sono stanchi, hanno fame, devono fare pipì e tutte le tragedie del mondo. E urlano come bestie.

Così do una mano a Mattia a parcheggiare e poi decido di andare da sola anche dalla fioraia. Mattia concede ai marmocchi un'ora d'aria e rimane a controllarli nella piazzetta adiacente al negozio, mentre io entro con fierezza ne L'angolo del fiore.

"Fuori subito."

È il cordiale saluto di Paola, non appena mi avvista sulla soglia. Mi sta indicando l'uscita con l'indice: credo che sarà davvero dura guidarla verso il perdono.

Tuttavia, il mio caratterizzante stoicismo mi impone di rimanere a molestare la signora fino a sfiorare la denuncia per stalking. Insisto a lungo con lei, gioco la carta della pietà, della rabbia, addirittura di Dio che ce l'ha con noi, ma lei non desiste. I genitori di Magno sono stati categorici: il loro figliolo è un irresponsabile e non merita più l'appoggio di nessuno.

A quel punto, dunque, decido di fare una marinellata: mi faccio salire le lacrime pizzicandomi di nascosto il braccio e le racconto che Gloria è affetta da una brutta malattia che cancella la memoria e che quindi non possiamo rischiare che il ricordo delle sue nozze svanisca senza lasciarle dei sentimenti positivi e bla bla bla, cazzate del genere. Alla fine del racconto fingo di soffiarmi il naso ed esclamo: "Ah, povera, povera amica mia!"

"Senti." Paola sta tagliando dei gambi e ora mi ha puntato addosso la forbice. "Se mi racconti un'altra balla del genere, vengo io con il lanciafiamme e do fuoco all'intera villa. Sono stata chiara?"

"Trasparente, Paola. Trasparente."

"Adesso smettiamola con la storiella della sposa malata o dello sposo in bancarotta." lancia un'occhiata fuori dalla vetrina e scorge Mattia che guarda nella nostra direzione, anche lui fondamentalmente in apprensione per la buona riuscita del matrimonio. "Ho capito che ci tenete."

"Ci teniamo a te, Pa-"

"Sh! Parlo io." intima brandendo quei ferri che se Mattia non viene a salvarmi, qui ci rimetto le cosce. "Vedo cosa posso fare per tener fede agli accordi presi."

"Quindi forse ci farai tu tutto quanto? Decorazioni, bouquet...? Come prestabilito?"

"Forse." acconsente. "Ma, rosellina mia, non posso regalarvi i fiori. Non posso."

"Regalare no, ma... scontare? Nemmeno?"

Paola sbuffa: "Composizioni, mini-bouquet, addobbi per il chiosco, centritavola... si parla di ore di lavoro. E il materiale? Non si reperiscono facilmente i narcisi ad aprile; è un fiore invernale."

"Paola, io..." sospiro. "Odio dover chiedere l'elemosina, ok? Ma Magno è davvero in bancarotta. Davvero. Sai che cosa hanno detto a tutti qualche ora fa? Che il matrimonio era annullato. Ti sembra normale? Quello che sognano da una vita, il loro momento di 'grande gloria in eterno' e li sto citando! Che cosa ne sarebbe dei loro cuori e dei nostri? E del tuo? Eh?"

"Ti hanno mai detto che sei insopportabile?"

Guardo istintivamente fuori dalla vetrina, incrociando gli occhi di Mattia.

"Sì."

"Beh, perché è vero." Paola fa il giro del bancone, lo pulisce dalle foglie con l'avambraccio e poi finalmente mi dà piena attenzione. "Se io provo a trovare un modo per darvi una mano..." si sofferma per pensare. "Una mano consistente, diciamo. Voi che cosa fate per me?"

"Tutto quello che vuoi, Paola. Io e quel ragazzo siamo forti a fare favori alla gente. Devi fare delle consegne? Tagliare qualche altro fiore? Prendere materiale presso i rifornitori?"

Paola scuote la testa: "Nah, non mi fiderei a far gestire faccende del genere a dei piromani come voi. Però ci sarebbe qualcosa che potreste fare per me... qualcosa di serio."

"Spara."

Paola sogghigna: "Oh sì. Sparo, sparo."

*

Esco dalla fioreria con le idee confuse e con un giglio in mano. Paola ha deciso di regalarmelo dopo essere giunte a un accordo ben preciso, ma io non ho ancora capito se sia più vantaggioso per noi o per lei. Dubbiosa, raggiungo Mattia al centro della piazzetta.

"Tieni." esordisco, porgendogli il fiore. "Un regalo per te."

Lo guarda con un sopracciglio alzato e del sarcasmo latente: "Che romantica." 

Mi stringo nelle spalle.

"Risolto, allora?" si interessa, esplorando le fattezze del giglio forse per dissimulare la tensione. Deve stare attento ai pistilli, perché rilasciano una polverina arancione che macchia persino l'anima. Ma glielo dico o non glielo dico?

"Ma perché ho le mani gialle?"

Perfetto.

"È il giglio, devi stare attento."

Mi guarda male: "Pacchi bomba i tuoi regali. Avrei dovuto aspettarmelo."

"Non ci avevo pensato, era un regalo-"

"Hai risolto con la fioraia?"

Sbuffo: "Più o meno."

"Come più o meno? Sì o no?"

"Sì, ci fa i fiori e tutto quanto e fa pure uno sconto consistente." spiego.

"Quanto?"

"Sessanta per cento."

"Wow!" esclama Mattia, sinceramente colpito. "Come hai fatto?"

"Eh, le ho promesso un favore in cambio." dico, infilando le mani nelle tasche e posandomi con la schiena a una colonna del porticato dove stanno i negozi. Davanti a me, al centro della piazza, i bambini stanno rincorrendo dei piccioni - deformazione professionale di chi ha Venezia nel DNA.

Mattia mi fissa incuriosito: "Cosa? Perché sembra una tragedia?"

"No, sono solo confusa."

"Argenti, non ti avrà mica chiesto prestazioni sessuali?"

Fisso Mattia.

"Le ha chieste a me??"

"Ma no, idiota!" sbuffo, picchiandolo di nuovo. Perché sì, dai, ammettiamolo, picchiarlo mi appaga. È così rinvigorente. "Sei un egocentrico assurdo. Mio Dio. Non è che la gente ti vede e ti vuol portare a letto solo perché sei piacente."

Mattia si lascia scappare mezza risata: "Nessuno l'ha messa in questi termini."

Ringhio e poi cambio argomento: "Sono solo un po' confusa perché in cambio dei fiori mi ha chiesto la partecipazione dell'intera classe a un'inaugurazione."

"Beh, carino. Cos'è, una serra da qualche parte?"

Scuoto la testa: "Un'attività che suo figlio sta per aprire con la sua ragazza, in piena collina, in provincia di Lucca. È un campo boschivo dedicato al paintball. Lo hanno ristrutturato da poco, prima era una zona dedicata alla caccia, e ora lo inaugurano, sperando di farsi presto un nome. Per questo Paola ci tiene che abbia tanta gente all'inaugurazione. Non pagheremo nulla e gli faremo pubblicità."

La reazione di Mattia è ben diversa dalla mia. Alza le sopracciglia e si illumina, come quando entrava un prof diverso dall'ordinario e comunicava che ci sarebbe stata supplenza: "Paintball? Che figata! Ci andiamo, vero?"

Sette anni mentali.

"Sì, beh... siamo obbligati, ormai. Ne parleremo con gli altri e trascineremo Gloria e Magno con la scusa di festeggiare per bene il celibato e il nubilato a cui non hanno felicemente dato l'addio."

"Perfetto. È fantastico, no? Sembra quasi fatto apposta."

Ma il mio è decisamente un no.

"Cosa c'è che non va?"

"Che non è un'attività che mi ispira, insomma..." alzo le spalle. "Ci si spara tutto il tempo. È davvero così divertente?"

"Ma è per finta."

"Ma è per davvero una merda, però."

Fisso Mattia negli occhi e mi rendo conto di averlo fatto. Per la prima volta da quando l'ho incontrato di nuovo, ho accennato all'argomento che più temo e che più mi spaventa; quello che lo riguarda in prima persona, quello che ha dato un colpo di freni incredibile alla mia vita negli ultimi anni.

Va bene, l'ho abbordato per associazione di idee, ma non credevo che avrei avuto il coraggio per farlo. O meglio, credevo che sarei stata troppo rassegnata e fredda nei suoi confronti per farlo. Quindi... perché lo sto facendo? Che cosa sta succedendo?

La reazione di Mattia è piuttosto criptica. Non dice niente, mi guarda e basta, a lungo, ed è il primo che poi distoglie lo sguardo per rivolgerlo ai bambini al centro della piazza.

"Ehi, Vallicroce e Ravasi, andiamo!?" li richiama. "C'è almeno mezz'ora di strada per tornare e si sta facendo tardi!"

Ebbene sì. È come me questa mattina in auto. Un po' si sente in colpa pure lui. 

Un po' se n'è accorto che ho sofferto davvero in questi cinque anni e non per finta come crede. Cinque anni ad aspettarmi che prima o poi avrei visto un telegiornale orribile. Cinque anni a sognare mille e uno morti dolorose nei campi di battaglia. Cinque anni ad evitare le serate film con i miei colleghi di università, per scongiurare che all'ultimo tirassero fuori classici come Pearl Harbour o Salvate il sodato Ryan.

Si meriterebbe di ricevere una sberla in pieno volto seduta stante. Sono così arrabbiata, così triste, ma anche scombussolata. Non so cosa mi prenda; pensare a questo con lui di fronte è altamente destabilizzante. È impossibile calmare il battito del mio cuore, che si è fatto velocissimo. Lo odio per aver preso certe decisioni.

I bambini sbuffano un paio di volte, ma alla fine si danno un contegno e decidono di seguirci fino alla macchina. Sono felice per aver sistemato tre situazioni su tre, lo sono davvero, ma sento che una nuova inquietudine è nata in me. Forse ho assaggiato delle emozioni troppo insolite oggi. Forse ho intravisto, da qualche parte nelle reazioni di Mattia, la possibilità di un confronto serio.

Ho forse... iniziato a nutrire degli embrioni di speranza?

No! No, Nelli, no! Vade retro!

È l'errore più grande che potrei fare, dato che le mie illusioni portano sempre, sempre, a una dolorosa smusata in piena faccia. Con lui poi, siamo all'apoteosi del caso. Quindi cerco di scacciare il pensiero e qualsiasi sentimento di natura positiva, che non riguardi direttamente il matrimonio di Gloria e Magno.

E prego davvero che questa mia mezza idea di potermi aprire con Mattia riguardo alle mie preoccupazioni sia solo uno stupido fuoco di paglia destinato a morire.

Lo prego. Tantissimo. Perché altrimenti finirei per farlo davvero.

E lui mi direbbe che sono solo una bambina.

E poi se ne tornerebbe a fare il soldato.

Per sempre.

***

SECONDO BREAK

Vi consiglio di riposarvi perché... la parte che state per leggere è ricca ed intensa. Ci sono altre emozioni che aspettano di essere vissute, per questo siate rilassati e rigenerati nel corpo e nella mente. 

Io farei qualche esercizio per la schiena, un rituale zen e poi un sorso di tisana.

Non è vero. Ma la Nutella a fianco, quella sì, però.

Prima di ricominciare, una piccola sbirciatina per vedere chi scrive al nostro Mattia Zingaretti!

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***

È davvero impossibile. Avere a carico questi satanassi è una punizione del diavolo, sul serio. Sono irrequieti, rumorosi, molesti. Ci hanno fatto venire il mal di testa ed è solo da venti minuti che guidiamo. Ora ne mancano altri venti, perché abbiamo dovuto fermarci per fare benzina, ma la situazione può essere risolta solo in due modi: stenderli con dell'anestetico da elefante o sperare davvero nell'arrivo dell'Uomo Nero con cui li abbiamo minacciati fino ad ora.

Ma solo ai miei tempi funzionava questa politica del terrore?

Cioè, io avevo paura dell'Uomo Nero. Davvero. Ancora di più di quanta ne avessi del dentista. Ed è tutto dire.

"Senti, lì c'è un parco." faccio notare, mentre il microcefalo toglie l'erogatore dall'apertura del serbatoio. "Fermiamoci una mezz'ora, facciamoli scaricare del tutto."

"Ma così torneremo che sarà sera inoltrata."

"Hai da fare? Devi uscire con Silvia?" lascio passare qualche secondo. "E Pierpaolo?"

"In realtà no, ma avrei comunque dei programmi. Però hai ragione." mi concede rimettendo a posto l'erogatore. "In genere funziona fargli dare il cento per cento."

O il centouno, vorrei ribattere, ma suonerei troppo nostalgica.

Mattia finisce di fare benzina e poi parcheggia qualche metro più avanti. I bambini sono super entusiasti e si mettono subito a saltellare per il parchetto pubblico, guadagnando l'egemonia sul castello con lo scivolo. Riempiti dai nostri dibatti sul matrimonio, decidono che celebreranno le nozze tra Filippo e Rachele, i quali domineranno il regno dal castello, mentre Vitto sarà la loro figlia/serva, o una cosa del genere.

Ridacchio mentre seguo gli sviluppi delle loro fantasie e nel frattempo mi isolo volutamente in un angolino, pensando che forse Mattia abbia voglia di stare un po' in pace. Dopotutto, sono parecchie ore che si ritrova a condividere forzatamente gli spazi con me e non so fino a che punto lo desiderasse quando si è proposto di accompagnarmi. Per diversi minuti rimaniamo entrambi lontani l'uno dall'altra, presi dai cellulari e dai vari messaggi ricevuti durante la giornata. Poi, però, mi sento effettivamente troppo sola.

Dopo una settimana passata sempre assieme ai membri della 10^A, che fossero uno, due o venti tutti insieme, anche solo riassaporare per qualche minuto la solitudine è strano. E devo dire, attualmente anche angosciante, a quest'ora dell'imbrunire, con un leggero freddo che avvolge le gambe e gli strani pensieri di prima che ancora vorticano nella testa.

"Freddo?" chiede Mattia, vendendomi avvicinarmi a lui.

"Nah." mento. "Vuoi sederti un po'?" accenno con la testa all'altalena.

Lui, per tutta risposta, si esibisce in un sorrisino storto: "Nelli, su quei mini sedili ci sta a malapena il mio di fondoschiena. Vuoi starci tu?"

Che faccio? Lo picchio? Lo picchio.

Gli do uno schiaffo sul braccio, rischiando di fargli mollare a terra il telefono, e sibilo: "È questione di prospettive, idiota."

Poi, fiera come poche volte nella vita, raggiungo l'altalena e mi ci siedo a cavalcioni,  dando le spalle all'altra altalena e fronteggiando la struttura in legno. Così sistemata, il mio fondoschiena ci sta che è una meraviglia.

"Wow." mi concede, vagamente ammirato, e sospende qualsiasi attività sul telefono per riporlo in tasca e raggiungermi. Si appoggia al palo di legno di fronte a me, incrociando le braccia e preferendo rimanere in piedi, probabilmente per imporsi simbolicamente.

"Vedo che frequentando ambienti americani sei diventata molto pragmatica."

"Ti insegnano ad arrangiarti con quello che hai." ribatto con sufficienza. "E di solito è poco."

"Com'è vivere lì?"

Era ovvio che avrebbe fatto questa domanda, ma per quanto me l'aspettassi - e l'avessi volutamente cercata - sbuffo, facendo finta di non voler intraprendere tale dialogo: "Facciamo conversazione come se fosse tutto normale?"

"Non lo so." fa spallucce. "Preferisci che te lo chieda urlandoti in faccia?"

"Touché." concedo, apprendendo che anche lui ha solo voglia di parlare. Senza secondi fini: solo chiacchierare. Che sollievo.

 "Vivere lì è... beh..." ok, non mi voglio sbilanciare troppo, né in positivo, perché effettivamente è impossibile, ma nemmeno in negativo, per evitare di sembrare la sfigata che in realtà sono. "Diciamo che è molto utile per lo sviluppo dell'autonomia. Credono molto nell'individuo e quindi spesso ti trovi ad essere te stesso contro i vari problemi della vita. Ma quando hai trovato il modo per vincere tutte le sfide, allora stare lì è il massimo. Ci sono un sacco di opportunità."

"E tu quale hai scelto?"

"Ehm... diciamo che sono ancora nella fase in cui devi trovare il modo per vincere tutte le sfide." Mattia sorride affettuosamente. "Ma punto a trovarlo molto presto e poi vorrei ottenere un lavoro come insegnante o traduttrice. Pagarmi l'affitto di un appartamento, avere... una routine tutta mia..."

E qui Mattia corruga le sopracciglia: "Ma quindi Benigni? Non ci tenevi assolutamente ad avere quel lavoro?"

"Sì, è vero, ma... ci sto pensando. Insomma, devo scegliere se quello o il progetto che ho avviato a New York. E, sinceramente, per quanto il lavoro qui mi piaccia mille volte di più, non so se me la sento di mollare la strada già battuta."

"Ma perché?" chiede, scrutandomi come se stessi dicendo delle stronzate colossali. Per capirci, come De Paoli quando, a latino, rispondevo 'ablativo assoluto' a qualsiasi domanda.

Quindi mi innervosisco leggermente: "Senti, Zingaretti, tu non hai mai paura?"

Alza le spalle: "Dipende. Di cosa dovrei avere paura?"

"Beh, di...di..." non voglio dirlo, ma alla fine lo dico, anche se sembrerò una complessata. "Dell'instabilità. Di non avere delle certezze."

"Beh, sì" risponde, senza rifletterci troppo. "Però bisogna considerare i binomi relativi a queste due realtà. Certezze è spesso accompagnato da tristezze, instabilità invece va di pari passo con felicità. Vuoi essere felice o essere stabile?"

"Stabile." rispondiamo insieme, dopo qualche secondo, io parlando onestamente, lui indovinando senza fatica il mio punto di vista.

Mattia si stacca dal legno con una spinta e fa il giro per sedersi sull'altra altalena, a cavalcioni come me. Così mi sistemo all'opposto di com'ero messa prima, per averlo di fronte. Non mi dispiace lasciarmi coinvolgere da questo confronto: è un argomento su cui spesso ragiono anch'io e di cui ho discusso anche con altre persone. Non ho mai trovato una conclusione che vedesse vincere l'una o l'altra alternativa al cento per cento, perciò mi interessa sapere se Mattia l'ha trovata. Anche se penso di poter comodamente indovinare la sua posizione a riguardo.

"Tu preferisci essere felice, invece." osservo, provando uno strano moto di invidia.

"Sì." afferma. "Anche se, in realtà, non è nemmeno una questione di stabilità o felicità."

"E di cosa, allora?"

Mattia sorride enigmatico e afferra la catena della mia altalena, tirandomi verso di sé: "Di tempo."

Mi molla e la mia altalena si muove con uno strattone non molto dolce, mentre io mi lamento, infastidita dal repentino attacco contro il mio equilibrio su questo mini sedile. 

"Dai! Perché?" piagnucolo, non sapendo nemmeno io se mi riferisco alla sua risposta o al perché gli sia balzato in testa di comportarsi come un bambino dispettoso.

"Per darti fastidio e un po' di instabilità." risponde, soddisfacendo almeno una delle mie perplessità.

"Gentile." ribatto, cercando di frenarmi con i piedi e acquisire di nuovo il controllo sulla giostra. "Spiegami che c'entra il tempo, invece di fare il demente."

"Uno che vuole stabilità investe sul tempo. Sarà triste all'inizio, ma alla lunga quella stabilità raggiunta e consolidata lo farà finalmente essere felice."

Approfittando della mia altalena che torna nei suoi pressi, mi dà un'altra spinta, a cui stavolta rispondo con una parolaccia che si disperde nei movimenti della giostra.

Zingaretti non bada alla mia ira e prosegue con la sua trattazione filosofica: "Uno che invece vuole essere felice subito, avrà i suoi momenti di gloria, ma alla lunga dovrà confrontarsi con gli imprevisti e... cosa gli rimarrà, alla fine? Dei bei ricordi?"

"La soddisfazione di aver vissuto come diavolo gli pareva." rispondo tentando di combattere le spinte del microcefalo. "Stai fermo, Zingaretti, mi fai vomitare."

"Sì ma quella persona non avrà investito sul tempo, l'avrà sprecato, perché invece di essere felice subito avrebbe potuto pensare a come esserlo poi, quando le cose si saranno fatte più complicate."

"Al contrario." ribatto. "Non avrà sprecato un solo secondo a fare cose che non voleva, e avrà la certezza di aver provato la felicità, nel rischio di non poterla provare un domani. Comunque se mi fai cadere, ti denuncio."

Mattia sembra finalmente stancarsi di fare il bambino dell'asilo. Afferra una catena con decisione e blocca il dondolio, tirandomi davvero, davvero vicino al suo viso: "Ma allora tu da che parte stai?"

"Io? Io preferisco stare con i piedi per terra." rispondo, deglutendo per la vicinanza inaspettata, ma convinta delle mie parole. "Ma ammetto che l'instabilità ti dà emozioni che rimanendo fermo non proveresti mai." e nel dire ciò, alludo allo stupido giochino che grazie al cielo ha appena concluso.

Mattia si sofferma sul mio viso, un po', lo riconosco, realmente ammirato, e poi si limita a dire: "Immagino sia davvero una questione di prospettive."

"Mh-mh." annuisco, un po' frastornata dal movimento di poco fa e un po' dai suoi occhi.

Lui non smette di scrutarmi e parla a mezza voce: "È strano pensare che una come te voglia rimanere con i piedi per terra. Però sei veramente cresciuta, Marinella."

"Anche tu." gli concedo, continuando a squadrarlo e a passare mille volte su tutti i lineamenti del suo volto, così familiari e così belli per me. "Ma non avevi detto che ero una bambina?"

"Lo sarai per sempre." risponde spontaneamente. "Magari non di tre anni, però. Facciamo sette."

"Wow, presumo sia... un complimento?"

Mattia sorride e io sorrido. Non so bene quando, ho posato la mano sulla catena della sua altalena e ora non è solo lui a tirare me, ma ci teniamo saldi l'un l'altro, a pochi centimetri di distanza.

Come prima, il cuore ha iniziato a martellare di nuovo, implorandomi di non soffocarlo ancora, di lasciare che esploda come vorrebbe e come ha sempre sognato per anni. Che dirgli? È difficile ragionare lucidamente quando lui è così vicino a te, così caldo con il suo respiro sul tuo viso, così uomo eppure così stupidamente bambino, che non capisci davvero più niente.

È una sensazione che ha profili ben delineati nella mia memoria, ma che finché non si manifesta in sua presenza, rimane come un contenitore vuoto. Credo di averlo già pensato un tempo, e forse è perché mi sono vista troppe volte Ghost, ma la passione per me ha davvero la forma di un vaso. Linee voluttuose e definite, ma che hanno uno scopo solo quando sono riempite. Solo quando l'oggetto della passione realizza le fantasie. Solo quando la forma si fa contenuto e i ricordi presente.

Non c'è contenuto più adatto di lui che sappia riempire il mio vaso. E ci ho provato a farne stare altri, ma solo questo microcefalo è stato progettato per adattarsi perfettamente alle mie linee. E chissà se tutti, quando sono sul punto di baciare qualcuno, si fanno seghe sui vasi.

Scaccio i pensieri e faccio posto all'istinto: socchiudo le labbra e lascio che la testa si inclini seguendo il campo di forza che proviene dal suo polo. Essendo io l'opposto, forse accade lo stesso anche a lui, che risponde a specchio ai miei stessi movimenti. Nella mia mente scorrono le nostre mani intrecciate e il sesso nelle barche e nei mulini e noi bambini che litigavamo per qualsiasi stupidaggine, mentre nella realtà le mie labbra sfiorano le sue. 

Le toccano appena, solleticando la mia pelle accaldata e la sua pelle delicata, poi subito si irrorano di sangue e dell'impulso unico e irreversibile di baciarlo adesso e non staccarsi mai più.

Ma Vittoria bussa sulla mia gamba, perciò io mi spavento e, di colpo, mollo la presa sull'altalena di Mattia. Di riflesso, lui molla la presa sulla mia, provocando la stessa reazione di due calamite che improvvisamente invertono la polarizzazione. Dall'attrarsi irrefrenabilmente passano al respingersi con violenza, tant'è che le nostre altalene saettano all'indietro e il riculo ci riporta avanti così di fretta che le nostre ginocchia collidono.

Non vi riporto le esclamazioni che seguono.

Tutto il mio rincoglionimento sentimentale viene tranciato brutalmente dal pianto di Vittoria. Ammetto che ci metto un bel po' per tornare sul pianeta Terra, sentendomi le guance e il collo ardere e vendendo le orecchie di Mattia fare lo stesso, mentre dondolo avanti e indietro, sempre più piano. Ma dopo questa parentesi di totale alienamento, afferro il filo del lamento ad alta voce di Vittoria, la quale si sta disperando perché, nella sua visione del mondo, è lei la legittima consorte di Filippo, è lei a cui Filippo ha promesso amore eterno ed è lei che sta venendo rimpiazzata da Rachele.

Che??

Ma perché, Vittoria?

Perché sei così incestuosa e irragionevole?

Perché mi hai fatto questo?

Mentre Mattia si alza dall'altalena e corre a opporsi alle finte nozze tra Filippo e Rachele, io mi concentro a fatica sugli occhi colmi di lacrime della rossa e sul suo petto che si alza e si abbassa incontrollato.

"Vittoria, dai... è tuo fratello... non puoi dire queste cose... non puoi pensare..."

"Ma-ma i-io amo l-lui e lui ama Ra-Ra-Rachele!" continua a piangere, disperata, e io capisco che Mattia e io abbiamo finalmente raggiunto il nostro scopo. I bambini sono stanchi, quasi troppo, e lo stanno manifestando appieno.

Pazientemente, cerco di consolare Vittoria, mentre Mattia comunica che è ora di fare fagotto e andare a casa. Carichiamo i litiganti sul sedile posteriore dell'auto ed effettivamente, li vediamo davvero esausti. Senza che nessuno di noi abbia la forza di parlare, ripartiamo con destinazione Villa Magna, sperando che questo viaggio sia tanto più silenzioso quanto meno imbarazzante.

*Interrompiamo questo momento per ficcarci in mezzo un attacco d'arte di Daffy, di cui non frega niente a nessuno*

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E i calcoli si rivelano corretti: dopo nemmeno cinque minuti, i tre demoni sono collassati. Filippo completamente addossato alla piccola Vittoria, che continua ad avere spasmi durante il sonno, probabilmente in preda a inconsci attacchi di gelosia. Rachele, invece, ha la testa appoggiata al finestrino e le guance rosee di chi ha fatto fiere conquiste. Sono solo bambini, ovviamente, ma ho la sensazione che Filippo sceglierebbe mille volte sua sorella al posto di Rachele. È solo che è un Vallicroce, quindi deve disprezzare gli impulsi del cuore e seguire quelli del pene, finché non si rende conto di aver incasinato tutto.

Fantasticare sui bambini mi ha disratto un po', ma non completamente. Tra un'occhiata allo specchietto retrovisore e una alla strada davanti, mi è impossibile non sentir riaffiorare i pensieri e le emozioni, che mi invadono dallo stomaco in su. Dopo solo qualche minuto di realtà, quando ormai il contatto con la Terra è stato pienamente ristabilito, mi rendo conto di cosa sia veramente successo e stavolta non ho scuse.

Non ero ubriaca fradicia e non agivo per colpa di fattori esterni. Ho fatto tutto seguendo i miei istinti più forti (non quelli della ragione, ovviamente) e ho contribuito a creare una tragedia. Perché sì, la considerazione generale a proposito di quanto accaduto poco fa per me è la seguente: un dramma.

Quindi mi schiarisco la voce, mentre Mattia sterza per imboccare la superstrada. Non sarei capace di starmene zitta, se non mi chiamassi Argenti Marinella, e anche se ci provo sul serio, alla fine non riesco a combattere la foga di dover in qualche modo chiarire; o meglio, rimediare.

"Senti, Mattia, riguardo a poco fa..."

Mattia non mi lascia andare oltre e mi interrompe con la sua tipica indelicatezza: "Risparmia il fiato, so già cosa vuoi dirmi."

Naturalmente lo dice per innervosirmi e io, naturalmente, mi innervosisco.

"Ok." rilancio. "Quindi immagino che tu sappia già che-"

"È stato un errore, se potessi tornare indietro non lo rifaresti e che sono un idiota."

"Ok, ma anche-"

"Che non ha significato nulla e che dobbiamo smettere di cacciarci in situazioni del genere."

Porto aria alle guance e la soffio fuori: "Sei fastidioso."

"E tu prevedibile." risponde. "Ma comunque hai ragione."

Alzo un sopracciglio: "Ah sì?"

Mattia cambia la marcia e con gli occhi fissi sulla strada davanti, si imbarca in una spiegazione che sono curiosa di sentire: "Che ci piacciamo è ormai chiaro da anni. Che ogni volta in cui ci avviciniamo l'attrazione sia molto forte è un fatto consolidato. Sarebbe stupido negarlo adesso, il coinvolgimento fisico non passa così facilmente."

"Sì..." abbasso lo sguardo. "È vero."

"Già. Però andare avanti così non fa bene a nessuno dei due. Voglio dire; avvicinarci e poi allontanarci, come in altalena. O tutto o niente, ogni volta, non è il massimo se ci dobbiamo convivere per giorni."

"Lo so."

"Quindi." si schiarisce la voce. "Ci sono due soluzioni. Una che sceglierebbe Marinella e l'altra che sceglierebbe Mattia. Per me quella di Mattia è la più intelligente."

"Fammi indovinare." sbotto. "Quella di Mattia prevede di trovare una via di mezzo."

"E quella di Marinella di scegliere tra tutto e niente. O meglio, di continuare a scegliere niente, perché non puoi avere tutto e niente è la più sicura."

"Come si trova una via di mezzo a questa situazione, Mattia?"

Lui cambia di nuovo e accelera: "Parlando."

"Oggi abbiamo parlato."

"Parlando seriamente." specifica. "Facendo ciò da cui sei scappata per cinque anni."

"Se sono scappata è perché non lo voglio fare. E vuoi sapere il perché? Perché è inutile. E doloroso. Ci collocherebbe, appunto, nel mezzo, e a me stare nel mezzo fa schifo. Perché tu continueresti a sostenere le tue idee e io le mie, e non ci capiremmo. Siamo fatti così."

"Ma cosa ti costa parlare?" la domanda di Mattia è espressa con un tono un po' troppo alto, che fa svegliare Filippo, così abbassa istantaneamente il volume e sussurra: "Cosa ti sarebbe costato ascoltarmi, anche solo una volta, in tutto questo tempo?"

"Parlare mi farebbe male." rispondo, rifacendomi al mio stesso ragionamento sulle illusioni. "E comunque allora non si tratta di noi, si tratta di te. Vuoi solo avere il modo per accusare me, se le cose non hanno funzionato."

"Forse perché la colpa è veramente tua, no?"

"La colpa è tua, a monte." ringhio. "E tra parentesi, stai dimostrando il motivo per cui non ne voglio parlare. Perché sei cieco e sordo e tutto quanto, quando hai davanti la mia sofferenza."

"La tua-" Mattia ride amaramente, spostando gli occhi fuori dal finestrino con una certa irritazione. Contemporaneamente anche Vittoria si sveglia e comincia a fare le solite, fastidiose domande.

"Sia-siamo arrivati? Qua-quanto m-manca? Fi-Filippo, mi-mi-mi vuoi bene?"

Filippo sbuffa: "Ma se balbetti sempre!"

"I-io no-non-"

"Visto?"

"La tua sofferenza non è niente in confronto alla mia." continua Mattia. "Ti ho già detto che non hai idea di quello che ho passato e che quindi faresti meglio a non sbandierare l'argomento come se ne avessi pieno diritto."

"Io ne ho diritto!" esclamo. "Ne ho tanto quanto te perché, come si è già sottolineato, nemmeno tu sai come ho passato gli ultimi anni."

"Perché tu non mi hai permesso di saperlo!"

Al subbuglio generale si aggiunge il frignare di Vittoria che sveglia Rachele.

"Siamo arrivati? Quanto manca?" biascica la morettina.

"Poco." decreta Mattia, con tono freddo.

Rachele sbuffa: "Ma io sono stanca! E quella rompiscatole si lagna continuamente!"

"I-io no-non sono ro-ro-rom... rom..."

"Siete rompiscatole tutte e due!" esclama Filippo, tappandosi le orecchie. È seduto in mezzo alle due bambine e loro hanno tutta l'aria di star per iniziare la guerra dei mondi.

"Smettela, ok?" faccio, e poi ritorno a fissare il microcefalo con astio. "Sai perché non ti ho permesso di avvicinarti a me? Perché sei uno stronzo. E un pazzo!"

"Non si dice stronzo." mi ricorda languidamente Rachele.

"Lo-lo vo-voglio spo-spo-sposare i-io Filippo!" grida Vittoria, a caso, sporgendosi per guardare Rachele, infuriata e rossa in viso, la cintura che chiaramente ostacola la sua ira.

"E prenditelo." lei fa spallucce. "Tanto lui ama me e siamo già sposati. Vero, Filippo?"

"Oddio." Mattia sospira e si porta una mano alla testa, massaggiandola. "Parli di pazzia, ma l'unica che l'ha dimostrata sei tu." si rivolge ancora a me, ignorando malamente la confusione nel retro. "Cinque anni senza i tuoi amici. Hai abbandonato chiunque, non sai... niente di noi. Che amica sei?"

Questo mi ferisce davvero. Davvero troppo.

"Ho avuto i miei problemi e fatto degli errori." ribatto, sentendo la gola che si chiude. "Ma sono un'ottima amica, Mattia."

Sbotta in una risata: "Chiedilo a Lorenzo se la pensa alla stessa maniera."

Wow, ancora più a fondo. Questa spada non smette di infilarsi nel mio petto, trafiggendo cuore, polmoni,... tutto.

Avanzo una minaccia tremante, mentre le mani mi prudono per la rabbia: "Giuro che se non stessi guidando, ti mollerei uno schiaffo in faccia. A quest'ora avresti già l'impronta della mia mano sulla guancia."

"Giustamente."

"Zi-zia Ne-Nelli, Ra-Rachele di-dice che è spo-sata con Fi-Filippo, ma tu-tu hai detto-"

Torno a voltarmi: "Non siete sposati, ok? Nessuno di voi lo è e nessuno si può sposare alla vostra età. Tanto meno i fratelli."

Vittoria scoppia a piangere rumorosamente.

"Perfetto." commenta Mattia.

"Senti, zittiscili tu, ok? Tanto non sbagli mai, tanto fai sempre tutto nel modo giusto."

Mattia sospira per l'ennesima volta, e nel frattempo, Filippo si impietosisce per la sorella: "L'avete fatta piangere! Non puoi far piangere i Vallicroce, se non sei un Vallicroce!" incolpa me, Mattia e Rachele, indicandoci con sdegno. In realtà la colpa di tutto è sua, ma dettagli. È un bambino, Nelli, ricordati che è un bambino.

"Che lagna." commenta Rachele, roteando gli occhi e guardando dal finestrino.

Filippo allora si sporge verso Vittoria e la abbraccia lasciando che lei pianga sulla sua spalla - una scena piuttosto dolce se esulata dal contesto, ma mi stanno davvero facendo impazzire con questi baby drammi d'amore. Senza contare che siamo a un passo dal fare un mega incidente dove chi sopravvive muore comunque per sensi di colpa. 

"Filippo, ti prego, falla smettere." lo imploro, dunque.

Lui annuisce: "Voglio sposare lei."

"Ottimo, ottima cosa." sospiro di sollievo.

"Zio Mattia, ci puoi sposare?"

"No, Filippo, sto guidando. Ma zia Marinella potrebbe davvero usare il fiato per scopi più nobili, quindi vi può sposare lei. È il genere di casino che potrebbe sottoscrivere senza problemi."

"Oh-oh-oh, come siamo divertenti!" sibilo. "Zio Mattia non ci sa fare nelle storie d'amore, specie quando si tratta di promesse. Quindi, ok, vi sposo io; siete ufficialmente marito e moglie."

"Posso regalare l'anello di zia Gloria a Vittoria?" chiede Filippo, mentre la rossa batte le mani, eccitata. "Così gli dimostro che gli voglio bene a lei e non a Rachele."

"Ehi!" si lamenta la più grande, mentre l'italiano di Filippo va sempre più a puttane.

"No." decreto.

"Dai, per favore!"

"No!"

"Senti, dagli quell'anello." ringhia Mattia. "Prima che mi scoppi la testa."

"Vuoi fargli fare una brutta fine, per caso?"

"Saremo noi a fare una brutta fine, se questi tre non se ne stanno zitti." poi mi regala un instante della sua attenzione per rivolgermi un'occhiata di sottecchi. "Facciamo quattro."

"D'accordo, Mary Poppins, facciamo come dici tu." sbotto, contrariata. "Vediamo quanto intelligenti sono le idee di Mattia Zingaretti." 

"Sono bambini. Credimi, ormai ci so fare."

Contemplo il nirvana dei sentimenti negativi, mentre la do vinta all'equinocefalo, solo per dimostrargli che è davvero un idiota e che non risolverà un bel niente. Do la fede di Gloria a Filippo, che la infila al pollice di Vittoria e si compiace sfottendo Rachele. Mattia finalmente esce dalla superstrada e imbocca il sentiero alberato che conduce a villa Magna, con sommo sollievo di tutti quanti. 

Ma i bambini ricominciano istantaneamente a litigare; Rachele a sua volta gelosa adesso che c'è di mezzo un anello. Era prevedibile; d'altronde è una Ravasi. Quindi ora che siamo fuori dal traffico, posso inveire liberamente sullo stronzo alla mia sinistra.

"Vedi? Sei un idiota!"

"Almeno siamo salvi. Se avessimo aspettato te, ci saremmo schiantati venti volte contro un platano."

"Non sei divertente. Non sono cose su cui scherzare."

"Appena mi fermo, ci facciamo ridare l'anello, stai tranquilla."

"Non mi riferivo a quello! Mi riferivo alla tua costante voglia di giocare con il concetto di vita e di morte, come se fosse simpatico, come se nessuna delle due avesse valore per te!"

Mattia rimane interdetto per un secondo: "Perché esageri sempre? Perché anche le più piccole cose, come le battute, diventano un ostacolo tra noi due?"

"Perché lo sono!"

"Se volessi affrontare il tema delle nostre scelte e divergenze d'opinione-"

"No! È evidente che non parleremo mai, io e te." decreto. "Come si è visto, è completamente inutile!"

Da lontano avvistiamo il cancello della villa che inizia ad aprirsi. Grazie a Dio: tra la voglia di piangere e le urla dei bambini dietro, non vedo davvero l'ora che questo viaggio sia terminato.

"Non ci gioco con la vita e la morte, so il valore che hanno." dice, stringendo il volante, come ogni volta che si innervosisce. "Lo so meglio di te."

"Non mi pare."

"So anche il valore del tempo. Come dicevo prima, è un concetto che io ritengo importante. Io, tu per niente."

"Sei molto filosofico, Mattia, ma in pratica non fai nulla che eguagli le tue parole."

"Ah, no? Vuoi sentire che faccio in pratica?" Mattia entra nel cortile della villa e frena bruscamente per parcheggiare, tirando con foga il freno a mano. Finalmente spegne il motore e molla il volante, così può voltarsi verso di me e sovrastare il baccano dei bambini con la sua voce: "In pratica sono cinque anni che ti corro dietro! Cinque anni che provo a farmi ascoltare da te, ma tu sei come i miei genitori! Non mi stai a sentire, mai! E lasci che tutto vada a rotoli facendomi annaspare nella mia stessa impotenza!"

Non me lo aspettavo. Non mi aspettavo per niente che scegliesse questo termine di paragone, ma ha sbagliato alla grande.

Mi sporgo verso di lui e gli punto l'indice contro, fissandolo con tutta l'autorità che mi è concesso esprimere: "Non mettermi sullo stesso piano dei tuoi genitori." sibilo, facendomi sentire solo da lui per evitare a quei bambini di ascoltare cose traumatiche. "Perché loro non ti hanno amato sempre. Io invece sì."

Mattia non trattiene una mezza risata di scherno, esattamente come prima. Poi mi riserva l'ultimo sguardo di disprezzo, prima di scendere dall'auto: "È una dichiarazione bellissima. Grazie, Marinella. Ne avevo proprio bisogno."

E con questo smonta, non senza essere accompagnato dai bisticci incessanti di Vittoria, Rachele e Filippo, che si sovrappongono allo schianto di quattro portiere - povera Audi.

"Beh, invece lo è!" mi difendo, urlando da sopra il tetto della macchina. "Ma ovviamente a te non fa né caldo né freddo! Tu sei un soldato, per la miseria!"

"Tu non sai niente di amore!" mi accusa, mentre chiude a chiave premendo il tastino con forza bruta. "Blateri a riguardo da tempi immemori, ma, di fatto, non ne sai proprio nulla."

"Oh, mio Dio! Tu non ne sai nulla! Tu non sai com'è stare cinque anni rinchiuso dentro la tua testa, sorvegliato dalla paura e attaccato dall'ansia! E tutto perché chi ami non ti ha ferito così tanto che..."

"Almeno tu hai trovato qualcuno, Marinella, qualcuno che a quanto pare chiami anche nel sonno! Almeno a te è capitato qualche volta di stare bene. Ma io ho sprecato due anni a sperare di parlarti, il successivo a cercare a tutti i costi di dimenticarti e i restanti ventiquattro mesi a provarci con qualsiasi ragazza, ma non riuscire ad innamorarmi di nessuna, perché l'unica che ho mai voluto mi ha odiato per tutto il tempo!"

"Io non ti odio." le mie parole non trovano approdo, dato che Mattia si è messo a camminare lontano da me. Segue i bambini che ora si sono fatti trasportare dai battibecchi nel retro della villa, apparentemente interessato a loro e al come riportare la calma almeno in quel contesto.

Anche io mi affretto a raggiungerlo e ripeto nella foga: "Io non ti odio."

"No, certo che no. Mi ami, giusto?" cammina in avanti e nemmeno mi guarda.

"Sei libero di non credermi e di continuare con le battutine. Ma se ti odiassi davvero, Zingaretti, mi sarei messa con te cinque anni fa. Avrei lasciato che gli eventi accadessero. Che tu partissi, che io restassi a Venezia, che ci vedessimo quando possibile." 

Mattia grida qualcosa ai bambini che non lo ascoltano, e io lo strattono affinché presti attenzione a me: "Saremmo stati assieme per un po', finché la famosa instabilità di cui ti parlavo prima avrebbe trasformato l'euforia in paura, in insicurezza e, alla fine, ci avrebbe separato."

"Allora il tuo metodo è una bomba. Non siamo stati separati per niente."

"Non ho risparmiato sofferenze a nessuno dei due." ribatto, deglutendo il suo sarcasmo. "Ma almeno ho lasciato che rimanesse, da qualche parte, una possibilità per noi. Di essere quelli che avremmo potuto essere, se le tue stupide idee e le tue insensate vie di mezzo non si fossero frapposte fra noi e i nostri piani."

"Giusto." sorride amaramente, lasciando passare qualche attimo perché quello che sta per dire assuma un certo peso. "Sempre meglio la fantasia che la realtà per te, eh?"

Incasso malamente questa frecciatina e sto per rispondere in un modo che lasci vedere tutto il mio disagio, quando qualcosa mi interrompe. Avvisto i bambini correre, alle spalle di Mattia, e venire verso di noi con fare disperato.

Non serve nemmeno che chieda che succede, perché in realtà ho seguito tutta la scena distrattamente. Ero concentrata su Mattia, ma ora che faccio mente locale, non è difficile ricostruire l'accaduto, dato che si è svolto sotto i miei stessi occhi.

Smontando dalla macchina, Rachele stava urlando contro Filippo, perché la fede che aveva messo a Vittoria sarebbe in realtà spettata a lei. Così Vittoria ha difeso il suo neo-sposo/fratello e Rachele si è infuriata ancora di più. Ha facilmente sfilato l'anello dal pollice di Vitto ed è corsa lontano con quello. Ma Filippo l'ha raggiunta e l'ha atterrata. Vittoria si è riappropriata dell'anello, Rachele ha scansato Filippo da sopra di lei e poi le due si sono messe a litigare. Strattonando la fede da una mano all'altra, quest'ultima è caduta, è rimbalzata a terra ed è rotolata dritta dritta dentro la piscina interrata di villa Magna.

"Oh, merda." esclamo con un filo di voce, giusto prima che Mattia si volti e venga assalito dalle caotiche spiegazioni dei bambini.

Appena comprende pure lui la gravità della situazione, spalanca gli occhi e mi fissa disorientato.

"Sono le tue stupide idee." gli ricordo, tanto preoccupata quanto lui rispetto al rischio di aver appena sfanculato una fede nuziale.

Ma faccio giusto in tempo a sgridare i bambini e rimandarli di sopra, che la BMW grigia di Magno fa la sua comparsa in villa, parcheggia e lascia scendere una Gloria e un Magno dai visi molto più distesi rispetto a quelli di stamattina. Ottimo, perfetto.

Gloria ci avvista qui impalati davanti alla piscina, i bambini che sono appena spariti dietro la porta, ma non si fa troppe domande. Agita la mano nella nostra direzione e sorride.

"Che cosa facciamo?" sussurra Mattia.

"O si dice la verità o si improvvisa. Mattia direbbe la verità, Marinella improvviserebbe. Ma è colpa tua, quindi veditela da solo."

Faccio per defilarmi, ma Mattia mi trattiene per un braccio: "Aspetta. Per favore..."

È una chiara richiesta d'aiuto a cui risponderei con un chiaro 'vaffanculo', ma purtroppo mi trovo in debito, da questo punto di vista. Per quanto mi disgusti aiutare questo stronzo, sono obbligata, dato che lui mi ha dato una grossa mano a gestire una brutta situazione alle cantine di Benigni. 

Quindi, guardandolo in cagnesco, mi trattengo qui accanto a lui, finché Gloria, Magno e Cris non ci raggiungono spumeggianti. Prima ci informano dei loro successi, quali aver guadagnato il consenso del comune e poi quello di Ai per il celebrante del matrimonio. Dopodiché ci chiedono di noi. Purtroppo non posso nemmeno arrabbiarmi per la questione del servizio fotografico, non sarei nella posizione per farlo, ma assicuro che tutto è stato portato a termine nel migliore dei modi: il vino è già nella cella frigorifera, i fiori verranno procurati da Paola e le fedi... beh, sono al sicuro nelle stanze dei testimoni, ovviamente!

Gloria e Magno sono piacevolmente sorpresi e ci invitano a prendere un drink in centro dopo cena. Mattia e io decliniamo prontamente, dicendo di essere davvero, davvero stanchi. I nostri compagni se la bevono e tornano dentro alla villa, raccomandandosi di far presto ché Marco sta per servire la cena: una prima prova per il pranzo ufficiale del matrimonio.

Appena i ragazzi sono scomparsi all'orizzonte, mi volto verso Mattia: "Stasera è l'occasione perfetta. Mentre sono tutti via, esci senza farti notare e recuperi l'anello."

"Cosa?" il microcefalo è sconvolto da tutto ciò. "No! Non esiste!"

"Oh, sì, e vedi anche di non farti beccare da nessuno, se non vuoi essere la causa del suicidio di Gloria, nonché della nostra defenestrazione." 

"No, forse non hai capito. Io non ci entro nella piscina."

Lo fisso con sommo disappunto.

"Facciamolo adesso. Insieme." propone.

"No."

"Per favore."

"Ma non vedi che adesso è impossibile? C'è ancora luce, ci vedono tutti, e poi cosa raccontiamo quando ci vengono a cercare fra cinque minuti? Volevamo farci un bagnetto prima di cena?"

Mattia mi guarda smarrito e deglutisce: "Allora aiutami stasera. Per favore. Non ce la faccio da solo."

"Oh mio Dio, ma è così facile! Non puoi annegare in una piscina!"

"C'è gente a cui è successo."

"Senti." sbuffo. "Arrangiati da solo. Sei uno stronzo e io una pessima amica. No?"

"Non ritiro quello che ho detto, solo perché mi serve un favore." ribatte, afferrando di nuovo il mio braccio e guardandomi fisso. "Ma mi serve un favore."

"Te ne ho già fatto uno."

"Cioè? Non mettermi appositamente nei guai? Grazie."

"Te lo saresti meritato." affermo. "Sai, a volte mi ritengo anche troppo buona. Dopo tutto quello che mi hai riversato addosso..."

"La chiamano verità."

Mi libero dalla sua stretta con uno strattone: "Beh, eccoti la verità: noi due siamo inconciliabili, quindi non troveremo mai un equilibrio, quindi hai ragione tu. Meglio vivere le grandi emozioni dell'instabilità e le sfide che essa ti mette davanti, rischiando di vincerci tutto o di perderci... tutto. Buon lavoro con la fede di Gloria, soldato. Io me ne torno nella mia fantasia, dove si sta mille volte meglio!"

E detto questo, rivolgo le spalle a Mattia e me ne vado a cena. Non mangerò niente, perché il mio stomaco oggi è stato letteralmente preso a pugni. E no, non starò mille volte meglio. Starò peggio, di sicuro, ma almeno fino a domani non dovrò ascoltare la sua voce, che mi fa così male, né vedere i suoi occhi, che, come ogni volta, mi impediscono di ignorare ciò che provo per lui.

Non ci crede, ma è veramente amore. E se solo ci fossimo baciati, oggi, su quell'altalena, l'avrebbe sentito.


***

Come ci si può dimenticare la data di pubblicazione del capitolo?

Chiedo scusa, ma nella mia mente un caledario Maya ha preso il sopravvento e mi ha fatto perdere la cognizione del tempo come lo intendiamo oggi; per questo ho pubblicato così tardi rispetto agli accordi presi. Perché mi sono bevuta il cervello.

MA, ci sono dei ma.

Innanzitutto, questo è stato un capitolo molto interessante da scrivere: pieno di pathos ed emozioni. Ma la cosa bella è che mi ha fatto davvero sentire come su un'altalena: alle volte ero presisissima dalle scene, altre volte mi lasciavo sorprendere dai piccoli dettagli. Era un su e giù di emozioni, sia positive che negative.

E poi, dai, ci stava. Ci stava un capitolone protagonizzato da questi due, non credete? Io penso pure che si siano fatti dei microscopici passi avanti. Ok, forse non finiranno a letto nel prossimo capitolo, ma...

O forse sì. Forse finiranno a letto nel prossimo capitolo.

E poi si uccideranno.

Ma sono Nelli e Mattia, che cosa c'è di strano?

Il vero punto cruciale - e qui lancio le basi per le mie solite domande - è: arriveranno mai ad avere un confronto che porti a delle decisioni? A una conclusione? A un tirare le somme? O continueranno ad amarodiarsi (neologismo) finché uno dei due non tronerà a casa propria e tutto tornerà ad essere brutto e distaccato come prima?

E ora altre domande sul capitolo:

1) La prima scena è stata troppo bellina. Si tengono per mano, ma che cuccioliiiii <3 Vero? VERO??

2) Nelli è veramente combattuta sulle scelte per il futuro, proprio per i motivi che ha esposto. Secondo voi, alla fine, che decisione prenderà riguardo al lavoro con Benigni?

3) Scorci di DIALOGO e CONFRONTO nella scena dell'altalena. Scherzi a parte: per la prima volta nella vita mi sono trovata per le mani una discussione intelligente portata avanti, senza particolari scleri e con mutuale curuiosità e beneficio, da Marinella e Mattia. Allora sono diventati grandi :') *stappa lo champagne*

4) E il bacio? Ne vogliamo parlare? Beh, quasi bacio, dai.

5) Io shippo Vittoria e Filippo. Fottesega se sono fratelli.

6) Ovviamente ogni cosa era destinata a degenerare, ma ho come il presentimento che Nelli e Mattia si siano solo riversati addosso parole cattive e vuote, perché entrambi sentono fortemente la rabbia e il risentimento. Sappiamo che quando non basta litigare, questi due passano ad approcci diversi, quindi... chi spera che nel prossimo capitolo facciano sesso veramente?

Adesso sta a noi decidere la prossima data: io mi darei qualche giorno in più del solito, visto e considerato che sto lavoricchiando un po' di più, ma provo comunque a fissare per l'1 dicembre. Se mi vedo in difficoltà per quel giorno, sposto la data e vi avviso, ma ad ogni modo stavolta me la segno su vari calendari, onde evitare figuracce come quella di oggi -.-

Non vi voglio molestare più di tanto, quindi per stavolta concludo in fretta. So che per voi è una scelta del ca**o, ma ho deciso che al posto di lasciarvi con uno spoiler dal prossimo capitolo, vi lascio con una video-recensione. Ero in debito da tempo con l'azienda Firmoo, a cui avevo promesso una review e ora eccola qui. Girata in ottima qualità dal mio Huawei P10, ma condotta poveramente dalla mia faccia e dalla mia incapacità di fare inquadrature decenti. Buona visione... e buona vista ahaha XD

Che ridere.

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P.S. So di aver messo un po' di carne al fuoco con i momenti social di questo capitolo, ma ci terrei a specificare una cosetta che mi frulla in testa da un po'. Per me i momenti social sono un qualcosa in più, molto spesso in veste di provocazione, ma non dicono mai nulla che prima o poi non si trovi anche nella storia. Quindi non vi preoccupate se delle volte ve ne perdete qualcuno per strada: sono importanti e caratteristici di "Io e te", ma non sono fondamentali ai fini della trama; la integrano solamente e la manipolano in termini di flashback o anticipazioni.

P.P.S. Forse vi sembrerò una psicopatica, ma c'è una parte che per me è bellissima nel cap ed è quando Nelli regala il giglio a Mattia... non capisco perché mi piaccia così tanto, eppure... non lo so, è strana e... a modo suo... bella. (Marinela, kosa ciera in quel gilio?)

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Capitolo 9
*** Semplicemente complicato ***


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"Io e te" è semplicemente complicato 

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Semplicemente complicato

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Se non puoi sconfiggere il tuo nemico, fattelo amico.

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Ok, è vero, non avevo la minima voglia di cenare, ma ehi, vi presentano una pizza davanti e voi che fate? La lasciate?

Peccato che la pizza di Marco facesse proprio schifo.

Non so cosa sia successo; nemmeno lui lo sa, ma nulla si poteva definire buono in quella... cosa. Si è affidato a una ricetta di YouTube, che spiegava come fare una pizza raffinata, con la pasta ultra soffice, il pomodoro aromatizzato alle erbe e le ciliegine di mozzarella cotte in modo da avere un cuore fondente e l'esterno perfettamente sferico.

'Na schifezza. La pasta è venuta piatta come l'encefalogramma di Zingaretti e dura come il suo comprendonio, il condimento sembrava erbe aromatizzate al pomodoro, più che il contrario, e le ciliegine... lasciamo perdere. Su alcune pizze erano talmente sciolte da essersi ridotte a macchie marroni, mentre su altre si poteva ancora sentire il freddo del frigo in cui erano rimaste fino a sera.

Quindi, di fatto, non ho toccato cibo, e quando Cris ha proposto di scaldare delle crocchette di pollo come alternativa, io me ne sono semplicemente andata. Non sono stata l'unica a saltare la cena; anche Lorenzo si è dileguato dopo aver gettato la sua pizza nella pattumiera, paragonandola a 'ciò che resta di un paio di stivaletti da donna natalizi dopo che accidentalmente qualcuno li ha fusi assieme alle lucette dell'albero'.

Paragoni fantasiosi.

La sua voglia di isolarsi ha ispirato pure me e quindi ho deciso di seguirlo. Uno, perché sono di natura una vera stalker, due, perché il mio dissidio interiore per ciò che lo riguarda non ha ancora smesso di tormentarmi e tre, perché dopo oggi, Zingaretti mi ha definitivamente messo la pulce nell'orecchio.

Quindi mi sono armata di coraggio e ho seguito il mio amico, sapendo già in anticipo dove si sarebbe recato. Nella mansarda della villa, una trisavola di Alessandro aveva un angolo dove praticava il cucito: stoffe, fuso, attrezzi vari. Tutti datati, ovviamente, e vendibili su eBay alla stessa quota di uno stipendio mensile di Berlusconi, ma comunque utilizzabili.

Quando arrivo sulla soglia, un po' provata dalle scale, sento che Lorenzo è già al lavoro. Seduto alla macchina da cucire, la luce fioca della sera che filtra da una finestra e una candela accesa a fianco, sembra quanto di più inquietante potessero ficcare i fratelli Andersen in una loro fiaba. La penombra enfatizza le sue occhiaie e lo fa sembrare un fantasma.

"Che cera." commento infatti, entrando. 

Lui si spaventa, e la stoffa gli scivola e, dalle parolacce che seguono, penso che si sia cucito un dito al vestito.

"Oddio, scusa, non ti volevo spaventare!"

Lorenzo si ficca il dito in bocca istantaneamente e, con gli occhi lucidi per il dolore, mi fa il medio dell'altra mano. Poi si libera per dirmi: "Sei fortunata che ho rinnovato l'antitetanica due mesi fa, altrimenti avrei preso tutte le malattie di cui soffriva la nonna di Magno, compreso il tetano."

Addolorata, mi avvicino a lui e mi faccio fare posto sul sedile della macchina da cucire.

"Vediamo?" chiedo il dito di Lorenzo, ma lui si scansa, come se gli dessi troppo fastidio anche solo per starmi accanto.

Inutile dire che in ogni suo singolo gesto o espressione, riascolto le parole di Mattia. Chiedilo a Lorenzo se pensa ancora che tu sia un'ottima amica. Quella di essere un'ottima amica è forse una presunzione e un'utopia di molti, ma almeno avevo una certa tranquillità di base per cui pensavo che il rapporto tra me e il biondino fosse saldo.

...e invece mi sbagliavo.

Certo, attualmente, quella tra me e Lori non si può definire un'amicizia rose e fiori, ma da parte mia non ha mai smesso di esserci un impulso forte, un affetto viscerale, che non veniva questionato nemmeno dalle discussioni più accanite. Credevo che fosse lo stesso anche per lui, ma a quanto pare ci sono dei non detti. A quanto pare, avevo presagito bene e qualcosa di Lori mi sta sfuggendo alla grande.

È per questo che sospiro, poso un gomito sul piano di lavoro tra le stoffe e mi reggo la fronte con una mano, mettendo in disordine la mia frangia con espressione drammatica.

"Wow!" esclama Lorenzo. "E questa sceneggiata diretta e prodotta da Lucio Anneo Seneca cosa mi dovrebbe rappresentare?"

Lo fulmino con lo sguardo: "Sono una pessima amica."

Lorenzo inclina gli angoli della bocca all'ingiù e alza le sopracciglia. Poi applaude.

"Grazie." sibilo.

"Beh, devo dire che non me lo aspettavo, quindi lasciami almeno complimentarmi per il colpo di scena." 

Sbuffo di nuovo, mentre lui guarda un po' me e un po' la stoffa con perplessità. Sicuramente non si aspettava quest'ammissione... però pare che per lui sia ovvio che la nostra amicizia si trovi sulla via del decesso. Non avrei mai pensato che il problema fosse questo, davvero.

Cioè, negli anni abbiamo avuto i nostri alti e bassi e io ho sempre pensato che il motivo fosse da ricercarsi nella fine del nostro rapporto. Ma ogni volta mi sbagliavo: ogni volta c'era qualche altra problematica che spuntava fuori, come la sua crisi d'identità in terza superiore o l'infatuazione nei miei confronti alla fine della quinta. Per questo avevo ipotizzato che, indipendentemente da tutto, la nostra amicizia non avrebbe mai conosciuto una fine.

Ma ora non c'è nulla che possa indirizzarmi verso un fattore esterno. Lorenzo sembra semplicemente... stanco, distaccato e rassegnato. Sembra non avere più nulla da condividere con me, eccetto il risentimento per i nostri recenti bisticci. Sembra che sia ridotto tutto solo a questo.

"Secondo te quanto sono pessima da zero a dieci?" indago, allora, per cercare di capire. Voglio almeno estorcergli una confessione: Marinella, per noi non c'è futuro. Siamo stati cinque anni lontani fisicamente e io lo sono diventato anche moralmente, quindi non mi rompere più. Vattene, sciò, pussa via.

Lorenzo si fa più serio e mi scruta, curioso: "Perché vuoi saperlo?"

Mi chiudo nelle spalle: "Dimmelo e basta. Quando schifo faccio come amica da zero a dieci? E per favore, non andare aldilà del dieci, te ne prego, mi farebbe troppo male."

Lori scuote la testa: "Marinella, hai parlato con qualcuno?"

"No."

"Le alternative sono due. O Federica ha fatto trasmigrare la sua anima ansiosa dal suo corpo al tuo, oppure mentre eri a spasso con Mattia, quello ti ha fatto sentire una merda."

Sgrano gli occhi: "Come fai a saperlo?"

"Capisco quando una persona avvia il meccanismo contorto del tuo cervello e ti fa sentire in colpa per qualcosa a cui tieni molto. Ricorda che io stesso ci ho provato per anni, fallendo." risponde. "Però conosco bene Mattia, so che è mooooolto più in gamba di me in questo."

Non so bene come reagire a questa spiegazione, ma alla fine mi riduco a piagnucolare senza vergogna, sentendomi manipolata un po' da tutti: "Siete degli stronzi!" 

Così per aggiungere pathos, porto entrambe le mani alla fronte e mi ci affondo con rassegnazione. Lorenzo sospira e finalmente lascia perdere il lavoro a metà sulla macchina, poi si distanzia un po' da me, ruotando il busto per potermi fronteggiare con facilità e in modo diretto.

"Io ho i miei motivi per essere incazzato con te e per ritenerti una stupida." spiega, dandomi tranquillamente della stupida senza esitazioni. "Ma non ho mai pensato che fossi una pessima amica."

"Non dire sciocchezze." farfuglio da in mezzo alle dita. "Tu mi odi."

"Se te l'ha detto Mattia, è perché voleva colpire un tuo punto sensibile, ma non ti odio. Odio come pensi e come agisci certe volte, ma non odio te. E, comunque, sono la persona sbagliata a cui parlare di queste cose."

Al che mi apro uno spiraglio tra le dita e lo osservo: "In che senso?"

"Che io sono ben lontano dall'essere un buon amico. Non sono nella posizione di dare voti da zero a dieci a nessuno."

Rido, ovattata dalle mie mani: "Ma come, Lori? Tu sei il mio migliore amico. O almeno lo eri. Non lo so, insomma..."

"Che cosa stai dicendo? Eri?"

"Non so, forse non ti interessa più coltivare l'amicizia con me. Non dopo tutto quello che è successo. Insomma, se non ritieni più così importante avermi come amica, puoi dirmelo, Lorenzo. Si cambia, nella vita."

"Non dire stronzate, sei proprio stupida." ribadisce con sdegno, giusto perché mi sia chiaro il concetto. Ma anche con sincerità, mi sembra. E quindi forse non ci ho azzeccato con la teoria dell'amicizia sulla via del decesso. 

Lo spero. Spero che ora, dunque, mi fornisca una ragione che spieghi il suo strano comportamento.

E in realtà non mi interessa nemmeno che tipo di ragione possa essere: che sia ancora innamorato di me, che voglia diventare un transessuale, che sia addirittura cotto di Mattia, non mi interessa. Quelle cose noi due sappiamo superarle: l'importante è che continui a volermi essere amico.

"Semplicemente il tuo è un discorso insensato, che non vale la pena fare. Dare voti all'amicizia..." prosegue, ridendo amaramente. "Nessuno qui è mai stato l'amico d'oro di nessuno. Tutti abbiamo sbagliato: tu nei nostri confronti, noi nei tuoi. Chi meno, chi più, chi a fin di bene, chi no."

"Credo che nessuno abbia fatto cose cattive appositamente. Insomma, tutti, noi due compresi, abbiamo creduto che le nostre azioni avessero scopi positivi. Forse anche lo stesso idiota microcefalo."

"Sì, credo di sì." concorda, pensieroso. "Ma io avrei voluto che le cose andassero diversamente. Tra noi due, intendo."

Lo osservo, stringendo gli occhi, confusa: "Per caso tu e Mattia vi siete accordati per farmi sentire in colpa di tutto quanto?"

"Non voglio farti sentire in colpa."

"Eppure anche lui oggi ha avuto da dire sull'argomento. Quoto: questi anni sono stati una merda, ma la colpa è tua. Entrambi abbiamo sofferto, ma la colpa è tua. Tu e Lorenzo avete litigato e, se ti odia, la colpa è tua."

"Ma Mattia è un coglione." lo dice ridendo e mi dà fastidio.

"Siete più simili di quanto pensi."

"Avrei voluto parlare con Mattia, oggi." esordisce allora, prontamente. "Ma quando è con te, non c'è per nessun altro. Sta scrivendo per mezz'ora e poi non mi arriva alcun messaggio. Quindi stai tranquilla, non c'è ragione per cui dovremmo esserci accordati contro di te, non è questo che ti stiamo nascondendo."

"Quindi nascondete comunque qualcosa?"

Io spero che la risposta sia un "sì", poiché spiegherebbe i comportamenti di Lori e risolverebbe i miei dubbi sulla solidità del nostro legame, ma il mio amico sbuffa, notando di aver usato le parole in modo ambiguo, e riformula il discorso: "Rifacciamo questa conversazione da capo, per favore. Io, Lorenzo Castelli, prendo te, Marinella Argenti, come mia legittima migliore amica finché morte non ci separi. A titolo di cronaca, da zero a dieci ti ritengo una pessima amica tre, e ti spiego perché. Uno, per la volta in cui mi sono innamorato di te e tu hai continuato a preferire un altro, che tuttora definisci idiota microcefalo. Due, perché non me l'hai mai data vinta per cinque anni su un argomento che stava a cuore a entrambi, nonostante io fossi, e sia ancora, dalla parte della ragione. E tre, perché mi hai sostituito con quell'adepto della Clerici tutto Nelli, hai ragione, ti proteggo io che in realtà mi sta pure simpatico, ma sono troppo geloso e invidioso per ammetterlo. Per il resto non preoccuparti, ok? Aldilà di tutto, io ti voglio bene. Tanto bene."

Deglutisco, toccata da quel ti voglio bene. Da quanto tempo non me lo sentivo dire da lui?

"Anche io." ribatto. "Ma, uno, ti ho comunque baciato ed è stato significativo, due, non la do vinta a chi non prova a capirmi, fosse anche la ragione fatta persona, e, tre, non ti ho sostituito con Marco, piantala di farti certi complessi!"

Lorenzo si abbandona all'ennesima risatina, poi si fa cadere le braccia in grembo, sospirando: "Sul fatto di non aver provato a capirti hai ragione. Cioè... l'ho fatto, non fraintendermi. Ma per troppo poco. Poi mi sono stancato e ho visto tutto solo da un'unica prospettiva. Quella giusta, ci tengo a ribadire, ma in modo troppo ferreo."

"Mattia ti ha fatto il lavaggio del cervello."

"Basta con questa storia." intima, seccato. "Io e lui non facciamo cospirazioni contro di te, mettitelo in testa. Anzi, io e lui ragioniamo come persone autonome, quindi non ho idea di cosa ti abbia detto o che cosa intenda fare per portarti dalla sua parte. Io sono di una determinata opinione in base a quel che ho visto in questi cinque anni. Dico solo che forse ho sbagliato nel tralasciare che sei una ragazza fondamentalmente sensibile e che, ora non offenderti-" mette le mani avanti. "Sei delicata, sotto certi punti di vista."

"Delicata?"

"Fragile. Meglio così?"

Annuisco, guardando in basso: "Se tu lo ammetti, perché non lo fa anche Mattia? Perché non capisce la mia fragilità?"

"Non lo so." ribatte. "Come ho già detto, non pensiamo in modo uguale. E pure lui è fragile, non credere."

"Certo..." commento in un soffio.

Lorenzo non mi sente e viene per un attimo rapito dal vestito che ha sul bancone. Si ricorda di qualcosa e repentinamente lo aggiusta sotto l'ago, sistemando un orlo.

"Questa piega mi stava facendo sanguinare gli occhi." spiega, concitato.

Quindi seguo anch'io il suo lavoro e, dando un occhiata al ripiano, mi accorgo di un modello disegnato sopra un foglio: "Wow!" esclamo, prendendolo in mano. "Questa sarebbe la trasformazione del vestito di Gloria?"

"Quella che rimane nell'iperuranio." risponde concentrato.

"Ma è bellissimo! L'hai mostrato a Gloria? Sei stato bravissimo!"

"Oh, non l'ho fatto io." dice. "Io non so disegnare."

"Ma come? Che sarto sei?"

Lorenzo mi lancia un'occhiataccia: "Nelli, io non sono un sarto. Non sono il braccio, io sono la mente, ok? Io ho le idee."

"Ma se stai cucendo."

"Perché nessun altro lo sa fare." mi fa notare, con ovvietà. "Ma di solito io detto e gli altri scrivono, non so se mi spiego."

"No."

"Ah, mio Dio! L'ha fatto Tommaso!"

"Oh-oooooooh!" il mio 'oh-oh' è molto più lungo e grottesco di come avrei voluto farlo uscire, ma Lorenzo rotea gli occhi, quindi sì, ha svolto la sua funzione.

"Ecco perché hai l'aria così sbattuta!" continuo a gorgogliare. "Oggi hai interagito con il tuo sexy ex, secondo in classifica, storica cotta del liceo, fidanzato per tre anni Tommaso Fiore!"

"Ah-ha. Sì, proprio per quello." prosegue il suo lavoro, imperturbabile.

Io ho già intrecciato le mani e fatto gli occhietti a stellina: "Gli hai chiesto tu aiuto o si è offerto lui?"

"È complicato."

"Oddio, vi amate così tanto!"

Ok, questo era esagerato anche per me. Seriamente.

Lorenzo fa una faccia sconvolta: "Non mi va di parlare di questo argomento."

"È per Lionel?"

"Marinella!"

Il tono di Lorenzo eccede la soglia dello scherzo e capisco che non ho ancora le facoltà per approdare certi porti. Va bene, forse questo breve faccia a faccia ha leggermente migliorato la situazione tra me e Lori, ma non mi ha restituito il diritto di molestarlo su certi argomenti. Anche se muoio dalla voglia di farlo.

E sì, per la cronaca, si amano e Lori è geloso marcio di Lionel.  È    una storia bellissima.

Tra l'altro, forse potrebbe essere proprio questa storia a rendere Lorenzo strano. Se il mio amico sembra così sconvolto dalla vita per colpa di Tommaso, allora mi sta più che bene. A quanto so dopo la loro rottura di cinque anni fa non si sono più calcolati, ma Lorenzo lo aveva lasciato con delle riserve. Dal canto suo, si era reso conto che l'assenza di un fidanzato come Fiore era pesante, mentre dal punto di vista di Tommaso, la loro storia d'amore avrebbe potuto e dovuto continuare ancora per molto. 

"Mattia dov'è, comunque?" mi chiede Lorenzo, ritornando normale, ma inevitabilmente più freddo.

"Spero in un brutto posto." dico. "E comunque chissenefrega."

Lorenzo alza e abbassa le sopracciglia facendo il gufo per un solo secondo.

"Cosa?"

"Chissenefrega, eppure ogni volta lasci che metta il tuo mondo sottosopra."

"Questo non è affatto vero." sono costernata dalle sue parole.

Lui sorride di sottecchi: "Invece ti cambia, ti mette in discussione... ti migliora."

Non voglio ascoltare queste belle osservazioni, non voglio! Sono troppo positive, mi fanno sperare e io non posso sperare. Non posso sperare nulla. E poi non è vero: Zingaretti è solo un demente, cacchio!

Lorenzo nota quanto mi sia irrigidita: "Discorso spinoso?"

"Non ne voglio parlare."

"Va bene." afferma, mentre alza un orlo. "Va bene così."

"Bello." commento, guardando il tessuto e cercando di cambiare argomento.

"Lo spero." sorride. "Hai avuto una bella idea, l'ha detto anche Tommaso. Ti sono tutti grati. E io ci metterò il massimo impegno."

"Grazie." soffio, intenerita.

"E comunque, Nelli." ha preso a fissarmi senza avvisare e ovviamente ora mi ha catturata con quegli occhi chiari. "Ora che siamo qui, vorrei che smettessimo di perdere tempo. Voglio dire... a discutere di cose stupide. Ad arrabbiarci per niente e non capirci."

"È una bandiera bianca?"

"No, è quello che sto cercando di dirti sin dal primo giorno. Io... vorrei riavere la Nelli di sempre. La Nelli che ho visto ieri nel momento di sconforto collettivo. Direi anche... la Nelli di cui mi sono innamorato, ma probabilmente uscirei da qui carino come Smiley. In ogni caso, hai capito il concetto. Sono disposto a passare sopra ad ogni cosa per riaverla, anche a darti ragione e schierarmi dalla tua parte come ha fatto Marco, se dovesse servire."

"No, non voglio questo." ammetto, rispondendo anche alla sua accusa di qualche giorno fa. La sua osservazione era intelligente, dopotutto: l'ho allontanato perché non mi voleva capire, mentre Marco mi ha dato ragione sin da subito. Con questo non dico di aver rimpiazzato un amico con un altro, ma sicuramente non ho considerato che mi sono entrambi amici, indipendentemente dal modo in cui me l'hanno dimostrato. "Non devi darmi ragione solo per zittirmi, anche perché non saresti più tu. Ma è vero che ho bisogno di cedere su alcuni punti; so anch'io quanto migliore è quella Nelli."

"Mi manca tantissimo."

Accuso, rimanendo in silenzio per un po'. Si tratta solo di questo, quindi? Di darci una tregua? Di smetterla di fossilizzarci su idee opposte? Non so, le sue parole non mi convincono del tutto. Mi sembra una soluzione quasi banale, che avremmo potuto benissimo ideare molto prima del matrimonio di Magno e Gloria.

"Senti, Lori, però... sei stato così testardo per cinque anni, non hai voluto passare sopra a nulla, convinto che io facessi solo scelte sbagliate. Che cosa è cambiato?"

"Nel pensare che le tue siano scelte sbagliate, niente. Credo di avertelo ribadito anche prima." risponde, abbassando gli occhi e gestendo male un sospiro. "Ma mi sono reso conto di aver sprecato troppo tempo... inutilmente. Mi sono accorto che lo cose cambiano da sole e tu non puoi cambiare niente e puoi solo accettare. Forse prima o poi te ne accorgerai pure tu."

E questo che diavolo vuol dire? 

Istintivamente mi viene da pensare alle parole di Mattia: a questo concetto di tempo che torna ad assillarmi e a quanto, effettivamente, mi sia persa i legami più belli per tanti, troppi anni.

"Ci rifletterò, Lorenzo." dico, alzandomi in piedi. "Ma credo che tu abbia ragione. E credo che in qualche modo queste funzionino come scuse, no? Da parte tua e da parte mia, per gli ultimi anni."

Annuisce e se non vedo male, ha pure gli occhi un po' lucidi.

"Bene." con la gola annodata, sospiro internamente di sollievo: forse è veramente solo questo, forse tutti i miei viaggi mentali non erano altro che fantasie e c'era solo bisogno di dire ad alta voce che siamo stati troppo testardi. Quindi mi rivolgo a Lorenzo con rinnovata fiducia: "Voglio tornare ad essere la Nelli di sempre, davvero, ci voglio lavorare, a patto che tu sia il Lori di sempre. Me lo prometti?"

Lorenzo abbassa gli occhi.

"Lori?"

Li rialza e ora sono indubbiamente lucidi: "Sì."

Ma allora perché non sono convinta di quel "sì"?

La mia domanda non trova risposta: un rumore ci distrae e di lì a poco una terza persona fa la sua comparsa nella mansarda. Come al solito succede tutto con un tempismo perfetto: dallo stipite sbuca Tommaso, che porta a Lorenzo anche la versione del vestito visto da dietro. Si trattiene un po' con noi, captando che stava avendo luogo qualcosa di significativo, ma non indagando a riguardo.

Tommaso, beh... credo che non abbia mai smesso di odiarmi, da quando per colpa mia Lorenzo è sfuggito dalle sue mani. Ora siamo tutti e tre qui, ma sembra che ci sia molta più intesa tra i due ex fidanzati che tra i migliori amici e che ciò, tuttavia, non abbia nulla a che vedere con le questioni di cuore. Non stavolta, almeno.

Resto giusto per non sembrare antipatica, mentre Tommaso mi racconta che ha perfezionato la sua manualità con il disegno, dando e seguendo corsi di murales e divertendosi, ogni tanto, a fare disegni su commissione. Appena ne trovo occasione, mi congedo con un falso sorriso e me ne vado da quel posto, sapendo per certo, questa volta, che Mattia Zingaretti aveva ragione.

Cinque anni senza i miei amici. Ho abbandonato chiunque. Non so... niente di loro.

Che amica sono?

***

PRIMO BREAK

E dopo questa botta di vita iniziale direi che è il caso di rallegrare un po' gli spiriti. Vi propongo un momento social che di social dovrebbe avere solo gli assistenti e in seguito un bellissimo disegno fatto da Angelica. Non è relazionato al capitolo, ma è un regalo che ha voluto farmi e farci in onore dalla migliore amica di Nel... no, scusate, in onore della migliore amica dei cavalli. Ecco XD

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In previsione della prossima lunghissima parte e, in generale, del capitolo record, mi raccomando pisciatina e merendina prima di proseguire :)

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***

Senso di colpa. Quel guastafeste che si appropria della tua serenità, nonché del tuo stomaco, nonché del tuo tempo.

Perché è veramente tempo quello che sto sprecando e no, ora non sono impressionata dalle ramanzine di Mattia e Lorenzo, nossignore! E va bene, un po' sì, ma dopo più di mezz'ora di riflessioni mi rendo conto che lo sto buttando davvero, il tempo.

Vedete, dopo essere quasi scappata dalla mansarda, mi sono ritrovata a percorrere un tratto di corridoio con ritmo agitato e pendolare, per molte, molte volte. Il perché mi stia comportando come un tormentato avvoltoio è da ricercarsi nel profondo della mia anima turbata, il perché lo stia facendo proprio in quest'angolo di Villa Magna è invece molto più semplice: dalla finestra a fianco a me si può vedere molto chiaramente la piscina interrata nel retro.

Quindi mi sono involontariamente recata qui subito dopo il mio colloquio con Lorenzo, già abbastanza sconvolta, e poi, quando ho visto che effettivamente il microcefalo Zingaretti si stava accingendo a rimediare al fattaccio dell'anello in piscina, non sono più riuscita a staccarmi dal vetro. Si sa, quando le cose vanno male, tendiamo spontaneamente a farle andare peggio, perché ci abituiamo alla sofferenza. Ci piace, diventa un'amica e una compagna di giochi.

Osservo Mattia per due motivi. Il primo, perché è davvero imbranato: è fuori da venti minuti e non ha ancora trovato il modo di salvare la fede di Gloria dall'acqua, ma nel frattempo ha rischiato di farsi sentire e vedere da tutta la Toscana. Il secondo motivo è che sono davvero in apprensione. Deve farcela per forza, perché dal suo fallimento dipenderebbe il nostro fallimento e, quindi, la fine dell'amicizia tra noi e i Magno. Nonché il suicidio di Gloria, ne sono certa.

Ma è innegabile che nel mio piccolo e sofferente cuoricino si sia ormai annidato il famoso senso di colpa. Da una parte lo ha scatenato Mattia con l'approccio che ha scelto per la missione. Poverino; è sceso in giardino tutto vestito e munito di attrezzature che neanche fossimo da Esca e Pesca: il tuo negozio di articoli per la pesca in via Salvador Dalì a Venezia.

Che ci crediate o no, ha trafficato per un quarto d'ora buono con secchielli e canne da pesca, rubati da chissà dove nella villa o addirittura forniti da Pierpaolo, con il quale so che ogni tanto amava andare a trote, ancora alle superiori.

Niente doppi sensi, niente doppi sensi, niente doppi sensi.

Fatto sta che ben presto ha capito che un anello non si comporta come un pesce e allora ha riposto tutto quanto in un borsone, l'ha calciato da parte e si è messo a fissare l'acqua con le mani nei capelli. Da qui sopra mi è quasi sembrato di vederlo gioire quando i suoi occhi hanno incrociato il retino per pulire e, mentre lui trotterellava glorioso verso lo strumento, io sbattevo la fronte contro la finestra.

Per quanto anche solo immaginare che Mattia avrebbe provato a usare il retino sia stupido, l'ha fatto sul serio e ora sono già esattamente sei minuti e cinquantotto secondi che raschia il fondo della piscina con l'arnese, nella vana speranza che possa davvero non essere un'idea da mentecatto. Ma lo è, porca miseria. È davvero un'idea idiota.

Ma non solo questo, è talmente idiota che Mattia ne è seriamente convinto e mi ci vuole poco a realizzare che continuerà a brandire invano quel retino per tutta la notte, senza tirare fuori assolutamente niente dalla piscina.

Purtroppo, a questa penosa scena devo pure aggiungere le mie pare mentali, che sono insorte a causa della smossa sentimentale ricevuta da Lorenzo, ma anche per altri ovvi motivi. Lasciando stare la giornata intensa e il quasi bacio, mi sono addirittura rimessa a pensare ai giorni scorsi: Mattia che mi accompagna da Benigni, Mattia che mi salva dal fallimento lavorativo, Mattia che mi difende da Marco e Diego, Mattia che mi impedisce di porre fine alla vita di mio fratello, Mattia che mi sostiene nell'idea del matrimonio fatto in casa. Insomma, Mattia che mi aiuta nei momenti peggiori, nonostante tutto, nonostante mi odi e pensi di me quello che mi ha gentilmente riportato quest'oggi.

In fondo, nessuno l'ha mai spiegato meglio di lui stesso: Per quanti casini faccia, per quanto vorresti ucciderlo, non puoi fare a meno di preoccuparti per lui.

E non solo, con tutti i favori che mi ha fatto o che si è ritrovato a dovermi fare, lasciarlo a se stesso, là fuori, ora, farebbe di me un vero mostro. Non solo un'ingrata, ma una vera e propria stronza, dopo che, innegabilmente, parte della colpa per aver perso l'anello è anche mia.

Parlare con Lorenzo è stato proprio un toccasana, vero? Ora come ora potrei mettere in discussione tutto di me, arrivando sempre alla stessa conclusione: sono un essere ignobile.

Quindi, dopo minuti di passeggiata tormentata, mi blocco davanti alla finestra, guardo Mattia e sospiro. Probabilmente non si immagina che lo stia spiando e nemmeno che arriverò in suo soccorso, ma lo farò. Con riluttanza e rassegnazione, certo, ma lo farò. Sono una tenera di cuore dopotutto e, peggio ancora, una ragazza innamorata.

Poco dopo, sono già sbucata in giardino. A differenza del genio, mi sono attrezzata in modo molto più consono: infradito, costume e un accappatoio rigorosamente nero per permettermi di mimetizzarmi con la notte. Ovvio: Magno non spegne mai le veneri luminose, ma per un attimo ho sentito di dover fare le cose per bene e ho anche portato con me una torcia. Non ho giocato anni e anni a Tomb Raider per niente. So come si portano a termine le missioni segrete, al buio e nel retro di una villa di ricconi.

Tra le altre cose, anche il mio passo felpato è un tocco di classe. Quando appaio alla destra di Mattia, accarezzando il terreno con la leggiadria delle mie infradito, lui prende un colpo per non avermi né sentito né avvertito alle sue spalle. Infatti, invoca qualche divinità, mentre io, con fare superiore e di nonchalance, mi porto a bordo piscina e osservo il suo operato a braccia conserte.

Mi aspetto che mi insulti, ma invece, quando ha finito di elaborare lo shock, mi sorride. Non ero preparata a un suo sorriso, così ricambio con uno molto timido e spastico, mentre quasi non riesco a guardarlo negli occhi. Forse ho sottovalutato la carica atmosferica della situazione: dopotutto, sono a fianco di Mattia, in una notte fresca di fine primavera, mentre la luce prepotentemente azzurra della piscina illumina le nostre facce e colora le sue iridi di verde acqua. Perrrrrfetto.

"Sei venuta."

E miseria, certe frasi! 

"A quanto pare sì." rispondo sperando fortemente che non mi tremi la voce.

"Per fortuna. Qui è un vero disastro, Marinella."

Indica lo spazio circostante con aria gravosa, come se non avessi passato l'ultima mezz'ora della mia vita ad osservare il suo lavoro pensando che fosse un vero disastro.

Così sospiro, irritata, ma anche un po' dispiaciuta, e slego la cintura del mio accappatoio. Appena Mattia si rende conto che mi sto denudando, si lascia sconvolgere dalle mie azioni.

"Ma cosa stai facendo?"

"Quello che tu non sei capace di fare, no?"

"Ma... sei in costume!"

Fisso Mattia con sufficienza. Il mio sguardo saltella con compassione da lui al retino che tiene in mano.

"E come ci dovrei entrare in piscina? Con il parka?"

"Marinella, c'è freddo! Forse riusciamo a tirare fuori l'anello con questo-"

"Per favore, Mattia." ora sono seria. "Non possiamo permetterci di rovinare anche questa cosa, per cui uno dei due deve tuffarsi e raccogliere la fede. In quanto persona con più attitudine al nuoto, lo farò io. Prendilo come un appianamento dei miei debiti nei tuoi confronti, nonché dimostrazione del fatto che io non sia poi una così pessima amica."

"Tu non sei mia amica."

"Come ti pare."

Con un'occhiataccia, prendo la scaletta di acciaio che si immerge nella piscina e scendo i gradini con la giusta fretta. L'acqua non mi accoglie molto calorosamente: dopotutto è quasi mezzanotte in pieno aprile e, per quanto il tempo sia stato amichevole negli ultimi giorni, non è di certo idealissimo per sguazzare in piscina.

Non ne sono certa al cento per cento, ma con la coda dell'occhio mi sembra di scorgere lo sguardo di Mattia su di me. Forse mi fissa perché è ancora disorientato, o forse perché ha qualcosa da dire sul mio culo, o forse perché sta per usare la pelle d'oca sulla mia pancia per avvalorare la sua tesi del 'c'è troppo freddo'.

O forse non è nulla di tutto ciò: forse per un attimo gli è capitato quello che capita anche a me e con la fantasia è tornato indietro a quando disponeva abbastanza liberamente del mio corpo sotto le sue stesse mani. 

E nel frattempo i miei capezzoli si sono ispirati alla Torre Eiffel per mostrarsi fieramente contro il costume. Sempre più perfetto.

Sperando che Mattia ignori questo incidente e rimanga zitto in generale, prendo fiato per la mia prima immersione. Cerco di orientarmi sott'acqua seguendo il retino che il mio collega usa per indicarmi la posizione dell'anello, ma il fondo a mosaico non aiuta e sono quasi sicura che l'anello si trovi a un millimetro da una malefica grata per il drenaggio.

Senza occhialini non riesco a capire quanto ci sia vicino e se ci possa passare in mezzo per andarsene definitivamente nel primo tubo che trova, ma so che posso fare qualcosa per impedirlo. Perciò riemergo e mi allontano dal punto incriminato muovendo meno corrente possibile. Torno verso la parte più bassa della piscina e ignoro le mille domande di Mattia per poi guardarlo in modo autoritario.

"Devi venire dentro."

"Cosa? Ma sei pazza?"

"Mattia. L'anello è vicino a una grata, possibilmente che aspira acqua, e io non vorrei rischiare di buttarcelo dentro per cercare di prenderlo."

"Quindi?"

"Quindi tu entri e con il piede tappi la grata, così io posso recuperare l'anello senza problemi."

"Non puoi tapparla tu?"

"Oddio." con la mano mi massaggio la fronte, i capelli bagnati che ormai si sono appiccicati ovunque. "Lezione di nuoto numero uno: i piedi servono per rimanere a galla, per cui i miei saranno impegnati a sbattere. Tu, che sei lungo e rimani in verticale, puoi farne un uso diverso."

"Ma non ci tocco!"

"Ma ti droghi?"

Veramente, mi sembra di star litigando con un fattone. Mattia è chiaramente in difficoltà qui, ed è raro che lui si mostri in difficoltà, ma almeno sto imparando che quando gli capita, uno dei sintomi è dire una cosa senza senso dopo l'altra.

"Mattia, nel punto più alto l'acqua mi arriva alle spalle. A me! Significa che a te al massimo potrà arrivare al petto, non puoi dire che non ci tocchi!"

"Ma se scivolo..."

"Buon Dio!" la mia esclamazione esce davvero frustrata, forse perché la sua è una paura che non riesco proprio a comprendere. Di solito sono brava con le turbe psicologiche altrui; riesco spesso a immedesimarmi, però questo muro che Mattia non riesce a superare è per me incomprensibile. Sarà che da uno fisicamente imponente non me lo aspetto, sarà che l'ho sempre visto lucido, persino nelle questioni con i suoi genitori, sarà che, semplicemente, non riesco a pensare che Mattia Zingaretti possa farsi fermare da una debolezza.

E sempre perché di solito sono brava in queste cose, potrei anche avanzare un'ipotesi di autoanalisi: forse sono solo gelosa dell'acqua, perché lei riesce ad influenzare le scelte di Mattia, mentre io no.

"Senti, lascia perdere. Provo a prenderlo lo stesso, tu indicami solo dove si trova."

"Ah, e va bene!" Mattia sospira e molla a terra il retino, nervoso. "Ok, vengo dentro. Ma faccio questa cosa una volta sola. Se non funziona, torno nella parte bassa e cerchiamo un altro modo."

Roteo gli occhi e mi sposto verso il bordo per lasciare alla regina del dramma lo spazio per esternare il suo disappunto. Lo osservo deglutire e analizzare l'area della piscina con preoccupazione, camminare nervoso fino alla scaletta e tornare indietro, poi riempirsi la bocca d'aria e sbuffarla fuori sonoramente. A quel punto si toglie i pantaloni rimanendo in boxer e maglietta e allora guarda di nuovo il punto dove si trova l'anello e si gratta la testa. Alla fine del teatrino, dice una parolaccia e si decide a entrare. 

"Non ti togli la maglietta?" domando, osservandolo allibita mentre scende i gradini con lentezza bradipea.

"No."

"Lo sai che l'acqua è bagnata, vero?"

Mattia si volta di scatto e mi fulmina: "Piantala di prendere per il culo."

Alzo entrambe le mani e resto religiosamente zitta, finché lui non si è immerso. L'acqua gli arriva a malapena al bacino ed è già preoccupato. Forse ricordo male, ma questa fobia sembra nettamente peggiorata dall'ultima volta che ne ho avuto dimostrazione. 

Dunque lascio che sia lui a dettare le tempistiche. Dopo 'aver preso' l'acqua ed aver familiarizzato con la situazione, muove qualche passo verso di me, verso, quindi, la parte della piscina dove il livello dell'acqua aumenta. Questo accade perché il pavimento della piscina è obliquo e credo sia anche la ragione per cui la fede è pericolosamente finita accanto alla grata. Muovendo le onde con il retino, Mattia deve aver fatto sì che la corrente facesse scivolare l'anello fino al punto più profondo, dove appunto, l'acqua viene aspirata quando si deve togliere o semplicemente riciclare. 

Mentre Mattia avanza con circospezione sotto il mio sguardo, ammetto di sentirmi nuovamente un po' in colpa. Insomma, non è che l'abbia annegato, ma mi sta facendo sentire esattamente così. Il che è ridicolo: la piscina è tutt'altro che profonda, lui ci tocca benissimo ed è statisticamente impossibile scivolare, eppure è così evidente che sta facendo qualcosa di spaventoso che mi sento ancora una volta un mostro cattivo.

Che cosa mi sta succedendo? Dov'è tutta la mia determinazione? Non l'ho di certo obbligato a venire qui dentro, no? E se gli succedesse davvero qualcosa di brutto?

"Ehi, mi potresti dare una mano?"

Presa come sono dall'ansia sto per sbottare "Ti dovrei dare una mano a fare cosa? Camminare?", ma la mia cattiveria si dissipa guardandolo e vendendo che mi sta, in effetti, tendendo una mano. Così, incapace di trattenere le mie sopracciglia dal sollevarsi, mi lascio stupire dalla richiesta e la accetto.

Prendendo la sua mano fredda e insicura, mi rendo conto che i primi giorni era tutto molto più facile. Essere arrabbiati e scontrosi con lui veniva più istintivo. Pensare solo a quanto mi avesse fatto soffrire era quasi un ancora sicura. Ritenere che fosse solo uno stronzo era la tesi più appassionante da trattare.

Ma adesso...

Oh mio Dio, adesso tutte le mie difese si stanno sciogliendo in una piscina e un paio di occhi impauriti. Ma vaffanculo.

"Un giorno mi dovrai spiegare." esordisco, ravvivando la presa per infondergli un po' di sicurezza. "Come mai tutta questa paura."

"Se potessi spiegarla, non la sentirei nemmeno." risponde, affidandosi volentieri al mio appiglio. "Si dice in giro che le paure siano piuttosto irrazionali. Questo-" fa cenno a se stesso. "Non è affatto razionale."

"Ma sarà legato a qualche cosa, no? Un trauma o una malattia... che ne so."

"Sì, forse." fa spallucce. "Mia madre dice che è perché da neonato ho rischiato di annegare, ma alla fine che importa? Non è nulla di invalidante, non è che mi serva uno psicologo perché ho paura dell'acqua. Alta."

Mi scappa una risata: "No no, Mattia. Ma davvero ti è successo?"

"Dicono così, ma non è che lo ricordi molto."

Gente meno sarcastica di me che usa il sarcasmo per impressionarmi. Tzè.

"E dimmi cosa ti ha raccontato tua madre."

"Ma perché ti interessa? Non abbiamo un anello da recuperare?"

"Ti voglio distrarre." rispondo, facendogli notare che, tutto sommato, siamo nell' 'acqua alta' da un po' e non siamo ancora morti. E poi, sono curiosa pure io, se permettete. Se posso sapere quali sono i punti deboli del nemico, meglio approfittarne, no?

"Che palle." Mattia sbuffa, irritato e infreddolito, ma cede perché sa che posso essere molto insistente. "Molto semplicemente, Argenti, due genitori alle prime armi possono fare cazzate. Mi hanno fatto il bagnetto troppo presto, si sono distratti e io sono quasi morto."

Fa ridere come lo racconta, ma io mi impongo di non ridere. Non c'è niente da ridere.

"Hai rischiato molto?"

"Non lo so." si lamenta, indisposto dall'essere trattenuto in una situazione così scomoda per lui. 

"Beh, evidentemente sì, dato che hai sviluppato un trauma così importante."

"Eh, adesso non esageriamo. "

"No, seriamente. Mattia, sei stato un bambino fortunato."

Dico queste parole quasi per scherzo per provocare lui, ma in realtà colpiscono profondamente me e fanno partire un altro viaggio mentale, tanto che per un attimo credo che Mattia mi abbia visto fare come Raven Buxter quando aveva le sue visioni. 

Oh mio Dio. Mattia sarebbe veramente potuto morire. Mattia sarebbe potuto non crescere!

Come sarebbe stata la mia vita, se Mattia non fosse mai cresciuto fino a oggi? Come avrei vissuto, se non lo avessi mai incontrato? Dove sarei adesso? 

Forse sarei un'altra Marinella Argenti. Forse nemmeno voi mi avreste mai conosciuto. Beh, è vero! Chi vi avrebbe mai rotto le scatole, se non ci fosse stato il motivo per farlo? Chi vi avrebbe mai scritto di Mattia, se Mattia non fosse esistito?

Oh, cavolo e quindi... quindi, se io esisto per voi e voi esistete per me, è merito di Mattia. Mattia Zingaretti non è solo qualcuno e basta, Mattia Zingaretti in realtà è parte di me. Io sono Mattia Zingaretti.

No, ok, ora mi sono calata troppo in Cime Tempestose, scusate.

Però è una riflessione di spessore. Ho sempre avuto la consapevolezza che Mattia fosse una persona importante, ma non avevo mai realizzato che lo fosse al punto di definirmi. O, per lo meno, di definire un aspetto piuttosto profondo della mia esistenza.

Uno schizzo di acqua mi prende in pieno volto.

"Ma riesci a mantenere una linea di pensiero unica?"

"No." sputacchio.

L'irritazione di Mattia sale alle stelle: "Troviamo questo anello e poi andiamocene."

Fortunatamente almeno la mia curiosità è servita a qualcosa. Siamo esattamente nel punto incriminato, quindi Mattia può procedere a tappare il buco e io mi posso immergere per afferrare la fede di Gloria, senza indugiare oltre. Con inusuale semplicità, la nostra collaborazione va a buon fine: quando riemergo dall'acqua, la fede con la pietruzza azzurra scintilla attorno al mio anulare.

E Mattia non riesce a trattenere un sorriso sollevato.

"Visto?" mi compiaccio, un po' infastidita dalle goccioline d'acqua, ma contenta che non siano successi drammi.

No, ok.

Non si devono dire queste cose.

Nemmeno pensare.

Perché poi la sfiga si sente chiamata in causa e te lo mette nel-

Dal punto in cui sono, quindi con il viso rivolto verso il giardino, vedo ciò che succede alle spalle di Mattia. Una bmw grigia ha appena parcheggiato e da essa, di ritorno dalla serata in centro, sono scesi Magno, Gloria, Pierpaolo, Silvia ed Eva. 

Ora, a meno che non guardino volontariamente verso la piscina, non si potrebbero accorgere di noi. Ma c'è una piccola percentuale secondo cui ognuno di loro potrebbe averne motivo. Magno per controllare che a casa sua sia tutto in ordine. Gloria perché essendo un genio riesce ad analizzare gli ambienti come se avesse un radar al posto degli occhi. Pierpaolo perché è il migliore amico di Mattia e come per i cani, può annusare la sua presenza nell'aria. Silvia perché è stupida e quindi fa cose senza una ragione precisa. E infine Eva, perché se c'è una situazione in cui Eva può trovare una sua massima espressione è proprio questa, sgamando persone in atti infamanti.

Quindi agisco d'istinto e faccio una cosa che potrebbe in ugual misura salvarci il culo, oppure generare il caos primordiale.

Sussurro a Mattia di trattenere il fiato e, afferrata la sua maglietta, lo tiro giù assieme a me. Per la precisione, sott'acqua, dove risiede la sua più grande paura di tutti i tempi.

Non male come pensata, vero?

Molto da me, non c'è che dire.

Nel panorama offuscato che offre questa vasca, non riesco a tratteggiare i lineamenti dell'espressione del microcefalo, ma dall'istantaneo irrigidimento di tutti i suoi muscoli posso immaginare senza fatica che sia come minimo agonizzante. Temo che prenda a dimenarsi o che risalga in superficie attirando drammaticamente l'attenzione degli altri. E ne avrebbe tutto il diritto, solo che metterebbe nella merda me, lui e tutti gli invitati a questo matrimonio.

Purtroppo non gli posso parlare, non posso dirgli che non lo voglio annegare (anche se a volte l'istinto ce l'ho, eh), non posso spiegargli che non succederà niente, che si tratta solo di mezzo minuto, giusto per sparire dalla visuale dei nostri compagni finché non saranno rientrati. Non posso nemmeno cercare di comunicarglielo con lo sguardo, perché non si capirebbe nulla.

Che fare, allora? Forse un gesto fin troppo materno e protettivo, ma che a me, al suo posto, avrebbe infuso calma e sicurezza. Allungo la mano e accarezzo il suo viso, così, nel silenzio assoluto degli abissi, osservando tutto come filtrato da una nebbia azzurra. Non so se funzioni, ma almeno Mattia continua rimanere immobile. Rigido, paralizzato, ma fermo contro la mia mano, che scivola dal suo zigomo e sulla guancia, fino al mento, un po' ruvido, e poi ritorna a ripetersi. 

Non è che passi molto tempo. Rimaniamo così per quei pochi secondi che secondo la mia testa ci permettono di passare inosservati, come se la piscina fosse deserta, piatta. Insomma, giusto quell'assaggio di pace che mi fa pensare a come spesso le situazioni estreme ci spingano a compiere certe azioni. Ad essere... affettuosi. La prossima volta lo inviterò a fare bungee jumping, vediamo se ci scappa il bacetto.

La mia mano non si sposta dal suo viso e dal suo collo, quasi trovandoci gusto, finché non mi sento a corto di fiato e ritengo di essere fuori pericolo. Così, ritorno in superficie e riemergiamo simultaneamente, io sospirando di sollievo per la riuscita del piano, lui tossendo fuori i suoi stessi polmoni.

Infatti non è affatto sollevato come me. Sembra che l'acqua lo voglia aggredire; sguscia verso la scaletta con smania, tossendo, agitandosi e colpendo braccia immaginarie che lo vogliono riportare sul fondo.

"Mattia!" un po' più lenta di lui, provo a richiamarlo, ma è già arrivato alla scaletta e sta per uscire.

"Mattia, calmati. Non è successo nulla."

Ma lui nemmeno risponde. Esce e si strofina la faccia, allontanando le gocce come se fossero spine che minacciano di forare la sua pelle. Tossisce e si passa più volte le mani sul corpo, finché addirittura non ne può più della maglietta che, impregnata d'acqua, gli comprime il torace, così la sfila e la getta via. Quanta scena, ragazzi.

Ma a quel punto sono fuori dalla vasca pure io e mi avvicino a lui, allo stesso tempo preoccupata e dispiaciuta: "Scusa..."

"Vaffanculo." sbotta, dandomi le spalle e continuando a levarsi di dosso l'acqua. È traumatizzato, ma allo stesso tempo penso che si stia vergognando. Com'è carino!

"Porca puttana." 

"Eddai..."

"Ho rischiato di annegare!" 

"Ma non è vero. C'ero io."

"Esatto!" sbotta. "C'eri tu. Se non ci fossi stata, non avrei rischiato di annegare."

"Basta, Mattia, hai rischiato maggiormente di essere beccato dai nostri compagni e grazie a me, questo rischio è stato evitato. Direi che potresti piantarla con il dramma e ringraziarmi."

Mattia sospira e finalmente si gira verso di me: "Voglio solo tornare di sopra." 

Un po' ferito e risentito, raccoglie la sua maglietta e poi in un paio di falcate si mette in spalla il borsone con gli stupidi attrezzi da pesca. Considerato cosa gli è appena successo, potrei anche lasciargliela passare così, senza insistere e senza imporre il mio punto di vista.

Tuttavia, qualcosa che vedo mi obbliga moralmente e fisicamente a trattenerlo esattamente qui, ora, in quest'esatta posizione.

"Mollami." ringhia, non appena afferro il suo polso.

Ma il signorino fa un po' troppo l'offeso per aspettarsi che io mi impietosisca.

"Mattia, che cos'è quella?"

Sto indicando un punto sul suo ventre che finora mi era stato nascosto. È una cicatrice piuttosto grande e vistosa, che si estende da poco sotto all'ombelico fino alla 'v' dei suoi addominali bassi. Ho fatto una scelta lessicale accurata, dato che dalla reazione di Mattia, è chiaro che quella ferita dovesse rimanere nascosta.

"Niente."

"Che cos'è?"

Lui cerca di divincolarsi e oscurarla, ma la mia presa è tanto forte quanto il mio tono di voce.

"Vuoi parlare piano?" sussurra. "Mi hai appena mezzo annegato per non farti scoprire e ora stai urlando ai quattro venti."

"Mattia, ti avverto." sibilo, ancorandomi a ogni singola variazione della sua espressione per trovare una risposta alla mia domanda. "Se non mi dici seduta stante perché hai una cicatrice sulla pancia, primo, te ne faccio una personalmente a proseguimento di quella che già hai, e stai attento, perché mi orienterei verso il basso e, secondo, entro nella villa e spiattello a tutti della tua trovata di dare una fede da un triliardo di euro in mano a un bambino di quattro anni."

Mattia sospira e si libera malamente della mia mano sul suo braccio. È ancora più nervoso e in difficoltà di prima: un'escalation di momenti no per lui, stasera.

"Non è niente. È una cicatrice dovuta all'appendicite."

"L'appendicite? A sinistra?"

"Non è così raro; capita anche a sinistra."

"E dimmi, è anche comune che abbia la forma di due buchi creati da due pallottole? No, perché se è così che operano i chirurghi, allora bravi."

"Marinella..." credo che Mattia ora cerchi di mediare, invece, continua imperterrito a mentire. "È veramente appendicite."

Non ho mai visto una cicatrice dovuta all'appendicite così simile a una ferita di guerra. Ma soprattutto non ho mai visto una faccia così simile ad un culo. Quanto lo odio, Mattia.

"Smettila." intimo. "Dimmi la verità."

"È..." si blocca per un attimo, forse combattuto, ma fa ovviamente la scelta più stupida. "Appendicite."

Nella mia mente succede questo: alzo il braccio, lo colpisco in piena faccia con un doloroso schiaffo e grido: "Sei un bugiardo!".

Nella realtà invece mi trattengo dal picchiarlo, ma due lacrimoni salgono istantaneamente ai miei occhi e grido: "Sei un bugiardo!"

"Marinella..." Mattia allenta la presa sul borsone e fa vagare lo sguardo, mentre deglutisce vistosamente: "Non è davvero niente di che, è solo un segno rimasto perché non curato bene."

"Sai quanto me ne fotte di come ti hanno curato? Io voglio sapere perché. Perché ce l'hai? Quando è successo? Come?"

"Non è un dettaglio importante."

"Non è un dettaglio!" rilancio, furiosa. "Ed è importante!"

Nei suoi occhi si legge quanto si senta messo all'angolo: è colpa sua se ci è finito, ma avrebbe dovuto e voluto evitarlo. Ora preferirebbe essere ovunque per non trovarsi di fronte a me con una spiegazione da dare, ma d'altra parte è obbligato a farlo, perché io ho visto e sono diventata un problema. Ed ostinarsi a dirmi una bugia, o scappare, non farebbe altro che ingigantire il problema.

Tanto sappiamo che alla fine sarò io quella a scappare.

Quindi si arrende, posa il borsone e muove mezzo passo verso di me. Non so se per premura o per perdere tempo, esordisce così: "Mettiti l'accappatoio, asciugati e torniamo dentro. Poi ne parliamo con calma."

Ma la mia calma è partita per un viaggio di sola andata da un po' e adesso non ho più il controllo e sento che l'unico modo per salvarmi è imitarla e correre via. È l'unico modo per non soffrire; il mio riparo da tempi immemori, ormai.

"Voglio saperlo adesso, Mattia." barcollo, sentendomi pure in imbarazzo, perché come se non bastassero già il freddo e la rabbia, pure le lacrime mi rendono ancora più debole. Come dicevo prima, era tutto molto più bello quando mi bastava solo odiarlo.

Schiocca la lingua: "No."

Un altra spinta verso l'oblio. Mattia è cattivo e il mio cuore non può sopportarlo.

"Non mi daresti nemmeno il tempo di spiegare, Marinella. Sei già partita con il piede di..." scelta infelice di parole. "Con il piede sbagliato. Lascia che ci vestiamo, calmati e poi-"

"Basta dirmi che mi devo calmare!" ecco, ora sclero. "Sei uno stronzo, Mattia! Ecco perché in questi anni ti ho tenuto alla larga come se scottassi, perché, di fatto, quando mi avvicino a te rimango sempre scottata! Lo sai cos'è quello?!" quasi urlo, indicando tremante la sua cicatrice. "Quello è il motivo per cui sono scappata dalla stazione quel giorno a Venezia e il motivo per cui sono scappata da tutti i miei amici e il motivo per cui anche adesso scapperò per l'ennesima volta!"

"Nelli-"

"No, non voglio ascoltare le tue stupide e false rassicurazioni! Mattia, per colpa tua io non so più chi sono e chi sono i miei amici. Per colpa tua, persino Lorenzo non mi vuole più. Io... ho anche io delle ferite e sai chi me le procura? Le tue stesse ferite." 

Mi fermo per qualche istante, respirando velocemente e notando che, per lo meno, lui si è fatto colpire dalle mie parole. Anche se sono incasinate e forse infantili.

"Se non l'hai ancora capito, Mattia, io sono così perché ho paura che tu..." deglutisco, imbarazzata, sofferente ed esasperata. "Che ti succeda qualcosa di brutto."

Ma ammetterlo è ancora peggio di pensarlo. Non riesco proprio a reggere questa situazione: mi ha sormontato, ha prevalso su di me e per questo mi arrendo, afferrando l'accappatoio e correndo verso la villa con il volto coperto.

Molto melodrammatico, lo so, ma come ho detto a Mattia ormai c'è qualcosa che non va dentro di me: ho perso ogni equilibrio, e non capisco se sia stato lui a scombussolarmi o se abbia fatto tutto da sola, ma so per certo che da lui dipende il mio grado di oscillazione. Verso il baratro o verso la vetta, questo è tutto da vedere.

"Nelli! Nelli!" lo sento chiamarmi varie volte, quasi implorante, ma ormai non torno indietro. Quella ferita mi spaventa come la prova che per tutto questo tempo ho avuto ragione ad avere paura. 

E questo mi fa ancora più paura.

***

SECONDO BREAK

Ahi ahi, Mattia, ahi ahi. Meglio che ricordiamo solo i momenti più belli di questa serata, con l'illustrazione di Angelica :)

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Mentre riprendiamo l'atmosfera litigiosa con questo scambio di messaggi.

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Non è ancora finita, no no, per cui fate un profondo respiro e preparatevi al meglio per quest'ultima parte!


***

Per tutto il giorno successivo mi è sembrato di vivere nella nebbia. 

Ho passato la notte in bianco, infreddolita e pensierosa. Mi sono alzata dal letto alle undici, sentendomi malata, ma non avendo, di fatto, nulla. Ho bidonato sia Federica, Cris e Ilenia per dello shopping sia Marco e qualche altro che mi volevano coinvolgere in qualche ricetta del cavolo.

Ho anche negato a Francesco una mano con il gazebo. So che gli sarebbe davvero servita, so che sarei servita, ma non ce l'ho fatta. Le parole che ho detto ieri a Lorenzo sono state piuttosto vane, eh? Eppure in quel momento sentivo davvero di voler tornare la Nelli di sempre... poi sono successe delle cose, e forse ho capito che non ci tornerò mai.

Francesco ha dovuto contare sulle uniche mani libere che c'erano in quel momento, quelle di Alessandra, la quale ha acconsentito riluttante ad aiutare, e solo perché dice di aver bisogno di fare attività schifose per non pensare ai suoi problemi. Li ho spiati per un po' dalla finestra, poi li vedevo solo litigare ininterrottamente, quindi mi sono stancata.

L'unico momento di vera interazione con gli altri è stato poco dopo pranzo, quando, ahimè, ho dovuto portare alla luce la questione del paintball. Ne ho parlato con Marco e lui mi ha aiutato ad esporre l'idea e convincere gli altri. Mattia non era presente, quando è accaduto; ho accuratamente cercato di evitare sia lui che Lorenzo per tutta la giornata.

Il tedio è proseguito nel pomeriggio: non nascondo di aver sfiorato più volte le mie valigie e il pensiero di prepararle. Inizialmente era solo un'idea, poi qualche mio compagno ha cercato di stanarmi dalla stanza e più accadeva più lo stimolo diventava reale.

Come ho già detto, sono tornata indietro. Tutti passi avanti fatti in questi giorni sono stati vanificati ieri notte. Due episodi hanno continuato a frullarmi in testa e a convincermi che, davvero, i miei miglioramenti non sono stati che mere illusioni.

Certo, avrei potuto parlare con Federica. Se non di Mattia, almeno di Lorenzo, e lei mi avrebbe spiegato, mi avrebbe confortato. Ma il malessere mi ha invaso da cima a fondo e non sono riuscita ad uscirne: dirlo a Fede avrebbe richiesto uno sforzo e, in ogni caso, sono sicura che appena tornerà e mi vedrà così, lo capirà da sola. E allora sarò costretta a confidarmi.

Non vedo l'ora, è vero, ma nel frattempo mi abituo alla permanenza in questo limbo, in questa nebbia. Me ne sto seduta sul marmo della finestra gigante, al secondo piano di Villa Magna, guardando in basso con le ginocchia rannicchiate al petto. Spio Alessandra e Francesco che si urlano addosso perché lei non fa nulla se non blaterare e lui sminuisce qualsiasi sua proposta. Mi sposto sui bambini che, già dimentichi di ciò che è successo ieri, giocano ad acchiapparella tra le travi di Francesco e, infine, studio Eva che, animata da un nuovo entusiasmo, interrompe le attività di chiunque per fare pratica come fotografa. Si è offerta di occupare la mansione che sarebbe spettata al suo "amico". 

Sta quasi per scapparmi un sorriso, quando qualcuno mi bussa sulla spalla e mi fa voltare verso il corridoio.

Non mi aspetto affatto di incontrare due occhi uguali ai miei, così mi lascio cogliere di sorpresa. 

"Ehi." saluto freddamente mio fratello.

"Pensierosa?" mi chiede, lanciando un'occhiata generale a me e alla finestra. Ma c'è un'inquietudine anche dentro di lui, sebbene molto diversa. 

Indugio sul suo viso, avvertendo una piccola scintilla di speranza che forse potrebbe dissolvere la nebbia: magari è venuto a confessare. O almeno a scusarsi. Dopo l'incidente dell'incendio, non abbiamo più palato.

Ma Davide non sostiene il mio sguardo e lascia che le aspettative si dissipino, mentre mi allunga il cellulare aperto in chiamata: "La nonna ti vuole."

Ah.

Afferro il cellulare, facendo trapelare tutta la mia delusione, ma poi torno a fare buon viso a cattivo gioco e saluto nonna dall'altro capo del telefono. In quest'ultimo periodo mi sono avvicinata ancora di più a lei: è stata una dei pochi sulla faccia del pianeta a cui abbia raccontato le mie vere emozioni e le mie vere paure, sempre.

È un peccato, però, che stia invecchiando troppo velocemente, che abbia sempre più problemi di salute e che forse non farò in tempo a darle delle soddisfazioni. Quando le ho raccontato che al matrimonio avrebbe partecipato pure Mattia, lei ha predetto che questa volta, in via definitiva, il nostro amore sarebbe sbocciato e che sarebbe stata la realizzazione di lei come nonna, consigliera e, fondamentalmente, chiaroveggente. Che delusione immensa le procurerò: sarà l'ennesima persona che non sarà felice a causa mia.

Scambiamo un paio di battute, poi mi confessa di essere oltremodo felice per me e di sentirsi orgogliosa del cambiamento che sto cercando di fare.

Certo, nonna.

È convinta che tornerò a casa molto più forte di prima, invece credo che, semplicemente, tornerò solamente a casa molto prima.

Faccio il giro dei parenti e dico a mamma che non rispondo al telefono perché mi dà problemi da questa mattina, quando in realtà è solo spento. Quando poi metto giù e restituisco il cellulare a Davide, evito di tirare fuori ogni discorso. E non perché stia seguendo i consigli di Zingaretti: semplicemente non mi va di affrontare altri drammi e sembra che anche Davide sia del parere.

Ammetto che a questo punto il mio depressometro abbia sfiorato vette inaudite e sentire mia nonna non ha di certo aiutato: voglio tornare da lei, voglio tornare al sicuro, voglio tornare... a casa. Mi manca vivere nella mia bolla di alienazione ed essere accerchiata da persone che non potrebbero mai farmi soffrire. Ho bisogno di qualcuno che mi faccia sentire protetta e di riprendere delle abitudini: si può sempre contare sulle abitudini, sono rassicuranti.

Perciò una mezz'ora dopo mi ritrovo con la valigia aperta davanti agli occhi e la testa incasinata da morire. Non so se andarmene sul serio: il desiderio è forte, impellente, ma il senso di colpa è già qui, puntuale al centro del mio petto.

Avrei bisogno di uno scossone, di un'iniezione di buonsenso e razionalità, fatta con urgenza, quindi compongo il numero di Federica, ma non mi risponde. Accidenti. Con Marco non provo nemmeno, so che è giù a cercare di istruire Patrizia e Shy su come si serve ai tavoli e mi vergognerei anche solo a presentarmi con questa faccia davanti a loro. Gli mando un messaggio, ma chissà quando lo vedrà.

Potrei rivolgermi a qualche altra persona, in effetti, persino allo stesso Lorenzo, ma ora il grado di confusione è salito ulteriormente e solo una vera e propria secchiata di acqua gelida potrebbe riscuotermi.

D'istinto mi volto verso la finestra: non c'è più nessuno, in effetti, la giornata sta volgendo al tramonto e io posso concedere a tutta questa situazione ancora un paio d'ore prima di fare davvero armi e bagagli.

Così infilo di fretta il costume e, nemmeno ventiquattr'ore dopo il fattaccio in questo stesso luogo, mi trovo a nuotare in piscina, da sola, osservata solo dai colli toscani che si stagliano tutt'intorno alla villa.

Il clima è come lo volevo: c'è freddo, ma troppo da farmi stare male. È la secchiata di cui ho bisogno e riflettere in acqua è davvero proficuo. Di pesante ci sono solo i tuoi pensieri, perché tutto il resto per una volta è sostenuto. Sarà proprio per questo che forse le mie idee sembrano ancora più reali: con il corpo sospeso e fluttuante, pare che l'unica prova di essere vivo sia il tuo flusso di coscienza.

Il problema è che proprio lui continua a dirmi che questo non è il posto per me. Non posso diventare donna qui, adesso. Dopo che il mio mondo è cambiato, ancora da adolescente, l'unico modo per diventare grandi è dimenticare tutto. Devo tornare a casa mia, a Venezia, e poi ripartire per New York. Devo finire gli studi, cercare un lavoro serio, rimettermi in contatto con Sayid, magari, oppure trovare un altro ragazzo.

Sì, io ho bisogno di un ragazzo, o di una passione, un lavoro, qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa che possa occupare questo vuoto che ho creato nel mio cuore eliminando Mattia e i miei amici. Cancellando, in buona sostanza, tutto il mio passato. Ed è così che deve rimanere, perché io smetta prima o poi di soffrire: inesistente. Me lo devo dimenticare, devo dimenticare tutti.

Se non puoi sconfiggere il tuo nemico, fattelo amico, si dice, ma allora come funziona al contrario? Se non puoi riconquistare i tuoi amici, fatteli nemici?

"Mi insegni a galleggiare?"

La domanda improvvisa mi spaventa di brutto, tant'è che mentre la pace dei sensi e il silenzio delle colline si spezzano, io annego e bevo tre litri di acqua. Ora in me c'è più cloro che sangue.

Mi rimetto in posizione verticale dentro l'acqua (stavo facendo il morto) e fisso Mattia, pensando per prima cosa alle mie tette: le sistemo dentro le coppe del costume, non si sa mai che per lo shock ci sia stata qualche fuoriuscita.

"Mi spiace." ribatto, mentre do pure una sistematina ai capelli. "Non do ripetizioni di nuoto."

"Peccato." ridacchia.

Ma io non sono proprio nel mood: "Mattia, vai via, per favore."

Pure lui cambia espressione, ma invece di ascoltarmi, ovviamente, si fa più vicino e si appoggia alla scaletta in acciaio. Lo osservo, anche se vorrei sforzarmi di ignorarlo, ma è impossibile: sta indossando solamente il costume da bagno, quindi wow, fammi vedere quei pettorali e complimenti a mamma!

Ieri sera con il buio e con il mare di disperazione non ho potuto fare la depravata. Oggi la disperazione permane, ma c'è luce. 

È inutile fingere che il cambiamento fisico di Mattia non sia sostanziale: anni di allenamento e sacrifici hanno sortito il loro effetto e ora si trova più in forma che mai. Certo, io lo apprezzavo pure quando era bruttarello e grassoccio, ma una donna di fronte a un fisico così non può essere tanto ipocrita da disprezzare.

Disprezzo le ragioni che l'hanno fatto diventare così, quindi per me il fine non giustifica i mezzi, ma dirvi che è meno sexy di un tempo sarebbe una bestemmia: Mattia è molto, molto, molto sexy. I suoi fianchi si sono snelliti, conferendo al suo busto una forma triangolare, data anche dall'irrobustimento delle sue spalle. Ma essendo una persona morbida, per fortuna, non è diventato uno di quegli ammassi di muscoli simili alla Cosa; il tanto movimento ha bruciato i grassi e fatto risalire i muscoli in superficie. Quindi ora è perfettamente equilibrato e sono felice che non sia in boxer come ieri, o avrei dovuto commentare anche il suo culo.

Per ora mi fermo solo al suo torace, che sembra essere stato scolpito da me: esattamente come mi piace ed esattamente secondo il canone creato e approvato dai miei ormoni. L'unica pecca è quel segno verso il basso, ma in un istante di profondo traviamento mi ritrovo addirittura a pensare questo: quella cicatrice che corre verso la sua area privata è ancora più sexy di Magno.

Bene, sono completamente degenerata.

"In realtà, sono venuto apposta." annuncia. "Ieri te ne sei andata troncando un bellissimo momento di condivisione."

"Non ti conviene fare del sarcasmo. Sei in territorio nemico." lo ammonisco, riferendomi all'acqua tutt'intorno.

"Lo so." Mattia mi fissa significativamente e deglutisce. "Sto facendo una mossa diplomatica. O almeno ci provo."

A questo punto, dunque, compie un'azione che mi lascia di sasso: ok, avrei potuto ipotizzarlo dal momento in cui si è presentato in costume, ma non immaginavo che avrebbe davvero avuto il coraggio di farlo. Invece impugna i manici della scaletta e, rigorosamente attirando i miei occhi sulla sua tartaruga, scende all'interno della piscina.

"Cosa fai?"

Lui aveva già previsto che mi sarei sorpresa, quindi mi ignora e si immerge finché i suoi piedi non toccano il fondo. Ok, da dove si trova, l'acqua lambisce a malapena il suo stomaco, ma in ogni caso continuo a non afferrare il suo anti-istinto di preservazione.

"Ti do una mano?" mi propongo, preoccupandomi leggermente.

Ma lui scuote la testa e, molto lentamente, provvedendo a costeggiare il bordo, giunge fino al lato opposto, dove mi trovo io.

Io che, vi vorrei candidamente ricordare, non sono né tonica, né sexy, né psicologicamente pronta ad affrontare la vicinanza del mio ragazzo ideale in versione mare e muscoli. Era più facile controllarsi su un altalena e bardati fino al collo.

"A volte si tratta solo di affrontare le proprie paure."

Pronuncia questa frase e io roteo gli occhi.

"Se è una lezione di vita, passo." mi affretto a fargli presente e sto quasi per sgusciare via, quando lui mi trattiene posandomi una mano sulla spalla.

"No, aspetta, ormai sono entrato!" si lamenta. "Non mi puoi lasciare da solo, morirei sicuramente."

Roteo gli occhi di nuovo. È un povero deficiente. E ultimamente sta cominciando a suonare molto come me: ci frequentiamo troppo.

Incrocio le braccia, generando qualche dolce onda e rimango a fissarlo, mentre con una mano si appiglia saggiamente al bordo, mentre l'altra sta ancora avvinghiata alla mia spalla: molto credibile, davvero. Sta affrontando la paura benissimo.

"Ti servono dei braccioli?" 

Eeeee non riesco a contenere l'acidità, scusate.

Mattia si offende e rinuncia al suo ancoraggio per schizzarmi con abbondante dose di acqua. Beh, me lo merito, anche se avrei preferito non essere ulteriormente spettinata, dato che, al contrario delle modelle nelle pubblicità dei profumi, i miei capelli bagnati sono tutt'altro che fili brillanti e attraenti. Somigliano più alla zazzera di Mowgli, mista a un mocio Vileda, ecco.

"Almeno io non scappo di fronte ai miei demoni, Argenti." mi fa notare. "Non pensare che stare qui dentro sia facile. Stare qui dentro con te, poi, è più una punizione che un incoraggiamento."

"Allora vattene, nessuno ti ha obbligato a venire. Anzi, stavo bene da sola."

"Ed è qui che ti sbagli." Mattia si allunga e scioglie le mie braccia incrociate per prendermi una mano. Senza troppa delicatezza, la trascina sott'acqua e la posa sul suo basso ventre, inizialmente facendomi venire un infarto multiplo carpiato, e successivamente facendola volutamente arrestare sulla sua cicatrice.

Il contatto con quell'area è tutt'altro che smorzato dalla sua pelle fredda: grazie al cielo siamo in una piscina, altrimenti non so come avrei reagito a temperatura ambiente.

... o all'asciutto.

Il fatto che tutto ciò mi faccia trasalire non è nulla di strano, ma lo fa sorridere in maniera divertita come ogni volta: "È difficile vincere completamente le paure, ma almeno si può prendere confidenza con esse, no?"

"Mattia, ma le studi di notte?"

"Beh, io non ho dormito molto questa notte. Tu?"

Mi indico le occhiaie: "Rispondono loro."

"Esaustivo. Comunque," si schiarisce la voce, ora un po' meno sicuro. "Mi dispiace di averti mentito. L'ho fatto, ma nel profondo del cuore non volevo farlo."

"Almeno potevi inventarti una cazzata più credibile."

"Mi hai colto impreparato." ritratta. "Anzi, mi ero preparato all'evenienza, ma ieri sera ho dimenticato tutto come quando mi interrogavano e, pur avendo studiato, c'era il vuoto nella mia testa. Avrei voluto farlo passare come la prova per aver salvato un bambino innocente da un incidente mortale a causa di un conducente ubriaco, ma... niente, al momento il mio cervello offriva solo l'opzione appendicite."

"Molto meno eroico."

"Lo so, ma tanto avresti capito comunque che era una cazzata."

La mia mano è ancora sulla pancia di Mattia e per quanto io mi sforzi, rappresenta motivo di rallentamento della mia reattività neuronale. Sono situazioni peculiari e cariche di stimoli, concordate?

"Quindi, ecco, sono venuto qui perché non mi sta bene che sia finita così."

"Che cosa?"

Niente, non riesco a stare focalizzata. Il mio cervello sta iniziando a fottersi già adesso.

"Ieri sera." risponde. "Io ho gestito male e tu hai reagito male, ma ti devo una spiegazione e tu mi devi un po' di riconoscenza."

"Riconoscenza per cosa?"

"Perché non pretendo che tu sia la sola ad affrontare cose che ti fanno stare male. Lo sto facendo anch'io, assieme a te: sono in acqua."

"Beh... grazie?"

Mattia sospira, sa che il suo gesto vale ma non troppo, allora inizia a parlare, nella speranza che la spiegazione da me richiesta ieri sia apprezzata ugualmente oggi: "Era una delle prime missioni. Eravamo un gruppetto di imbecilli e senza ascoltare le dritte del luogotenente siamo andati in un'area che sapevamo essere off-limits."

Si ferma, ma io ovviamente non mi faccio bastare questo.

Chiaramente preferirebbe sotterrarsi che dirlo, ma si vede costretto e con riluttanza spiega: "Mi hanno sparato. Due colpi, qua e qua. Ma Marinella, gli altri sono corsi in soccorso istantaneamente, mi hanno portato all'accampamento ancor prima che mi rendessi conto di cosa fosse successo e, in ogni caso, la colpa è solo mia. Ok? Mia. Me la sono cercata. È successo perché non ho eseguito gli ordini. Non sarebbe mai successo, altrimenti."

Allora allontano la mia mano da lui e avverto chiaramente il cuore salire fino alla gola. Ipotizzavo qualcosa di simile, ma... sentirlo dire è davvero diverso. È l'incubo diventato realtà.

"Per favore, non guardarmi così."

Io non so nemmeno cosa dire. Con sarcasmo, ma anche profondo turbamento, mi copro gli occhi con una mano.

"Marinella." Mattia la leva subito, e ne approfitta per trattenere i miei polsi sott'acqua, mentre si fa molto vicino. "Come potevo sapere che ti facesse così paura?"

"Secondo te non voglio che tu faccia il militare perché non ti sta bene il verde?"

"No, ma nella tua faccia ho visto del puro terrore ieri sera. Eri traumatizzata. Nelli, io non..." scuote la testa, quasi come a scusarsi. "Non pensavo così..."

"Tu non pensi proprio." rido, sentendo un brutto nodo alla gola.

Mattia soppesa la situazione, visibilmente a corto di idee e di parole. Forse sta avendo una qualche epifania, o forse lo vorrei e basta. Forse in realtà l'ha sempre saputo, ma averlo davanti agli occhi è un altro paio di maniche. Avere davanti a te una vita che si fa influenzare così tanto dalla tua è come guardarsi allo specchio, vedendo riflessa la tua parte più fragile.

E come ti comporti quando è ora di affrontare le debolezze?

Le labbra di Mattia si muovono e solo dopo realizzo quello che ha detto in un soffio.

"Scusa."

Sempre un asso nel fare la mossa più azzeccata, nel dire la cosa più semplice, ma in un contesto così complicato da farle assumere mille significati diversi.

E dai, adesso che cosa dovrei fare? Serve davvero che vi dica quali sono i miei più naturali istinti? Serve dirvi che il mio fisico e i miei sentimenti non ce la fanno più? Che vogliono un sollievo? Che vogliono lui?

Ma mi sforzo di non lasciare tutto, come sempre, in preda all'irrazionalità e chiudo gli occhi, inspirando profondamente: "È così difficile, Mattia."

"Lo so." risponde, trovandosi altrettanto in difficoltà. "È tutto molto complicato."

Senza aprire gli occhi, mi lascio andare in avanti e poso la mia fronte sul suo petto: "Semplicemente complicato."

Mattia si fa scappare una mezza risata, un po' esasperata, ma molto consapevole e pure io sorrido. Resto a riposo contro il suo petto bagnato, che si alza e abbassa piano, mentre quasi inavvertitamente le nostre mani si intrecciano sott'acqua. Allora non è solo una questione di circostanze: in fondo in fondo questo contatto ci serve, ci viene spontaneo. Dove non arrivano i compromessi, si fanno spazio le esigenze e gli istinti.

E indovinate i miei cosa suggeriscono?

"Possiamo ricominciare da capo, Marinella?"

"Cioè?"

"Cioè, dal 'Ciao, sono Mattia e tu?'."

"In realtà è stato un 'Porca troia', ma dettagli."

"Mh?"

Non se lo ricorda; meglio così.

"Nulla, ma comunque sei tornato troppo indietro." dico. "Se invece ricominciassimo da dove siamo rimasti?"

"Cioè?"

Finalmente alzo la testa e guardo Mattia negli occhi: i colori che mi ritrovo a contemplare sono adorabili, perché c'è l'acqua che rende il suo verde più freddo e vicino all'azzurro, ma allo stesso tempo il tramonto che riscalda ogni riflesso. Quando mai potrò riavere questa combinazione perfetta?

"Cioè a un esame e tanti bei sentimenti."

"L'esame potevi anche tralasciarlo, Nelli, erano più importanti i sentimenti." osserva, con un mezzo sorriso.

"E se adesso mi sentissi pronta per passarlo?" lo provoco, glissando volontariamente sul doloroso discorso relativo ai sentimenti.

"Sul serio saresti pronta?"

Alzo le spalle: "Tanto non ho più niente da perdere, perché ho già perso tutto."

Mattia finge di pensarci, dalla faccia non è molto d'accordo con le mie motivazioni, ha qualcosa da dire.

"Ok." esordisce, infatti. "Ma prima solo una cosa."

Lo fisso con un certo coinvolgimento, ormai, e con aspettativa.

"Non perdere tutto per colpa mia. Non perdere loro." e accenna con la testa all'indietro, alla villa.

Inizialmente sembra una frase banale da dire, ma poi, non so perché, le sue parole quasi mi commuovono. Sembra sempre sapere cosa mi passa per la testa, quali sono le mie paure, che cosa mi serve sentirmi dire. Sembra capire cosa per me è importante, in quell'esatto momento, e il modo in cui mi parla, prendendosi la responsabilità per i miei complessi, è ciò che ogni volta mi fa perdere la testa.

Se solo fosse così bravo anche a capire cosa provo per lui, allora forse saremmo stati diversi sin da quando è inciampato contro il mio banco dicendo 'Porca troia!'.

"Mattia, è..."

"Complicato, lo so. Ma ascolta almeno questo, se non vuoi ascoltare me. Non perdere la classe, perché la classe non vuole perderti, ok? Nessuno di loro, nemmeno chi ti sembra più distaccato. Te lo giuro." aggiunge, accorandosi particolarmente queste parole e mettendomi ancora più in difficoltà nel mio marasma di emozioni.

Annuisco, quasi tremando, e percependo un'enorme voglia di esplodere: in lacrime, in realtà, ma potrei trovare anche altre vie di sfogo.

Infatti ci mette poco a scoccare la scintilla, di nuovo, e stavolta con più facilità delle volte precedenti. Grazie a queste premesse, per me ora è tutto più giusto e possibile e bello e meritevole di essere fatto: faccio risalire le mie mani in superficie e le fisso dietro al collo di Mattia, poi con naturalezza mi spingo verso l'alto e lo bacio di un gusto che, gioiscano i cieli e tutta la Terra, finalmente ce l'abbiamo fatta!

Mattia cinge la mia vita per potermi sollevare e tutto accade con la massima leggerezza; forse il microcefalo apprezzerà maggiormente l'acqua dopo oggi. Risponde al mio bacio con estremo piacere, ricordandomi la sua finta riluttanza di quand'ero ubriaca, a cui non ha creduto nessuno. In ogni suo movimento si percepisce quanto diavolo stesse agognando questo momento. Come me d'altronde, e come tutti voi.

For the sweet love of Jesus, direi.

La mia schiena è parallela alla parete della piscina, così faccio qualcosa che sulla terraferma provocherebbe un'ernia a qualcuno: incrocio le gambe attorno alla vita di Mattia e mi incollo a lui a mo' di koala. Lasciamo stare le moine ipocrite: ne ho bisogno, io ho bisogno di lui e ora che l'ormone ha preso il via, credo che nulla mi fermerà dal farglielo capire.

Ci baciamo, infatti, in modo molto appassionato, non troppo bravi a dosare la lingua e i gemiti, ma memori ancora di come ci si deve muovere. Insomma, ognuno ha il suo modo di baciare e se siete mai stati con qualcuno per un po' di tempo, avrete imparato a capirlo. Avrete notato quali sono i suoi piccoli vizi, quali movimenti contraddistinguono un suo bacio rispetto a quello di un altro e gli odori e i sapori che vi lasciano addosso. 

È bellissimo scoprirlo, ma ancora di più riscoprirlo, come quando vi passa sotto il naso un odore che vi fa rivivere una determinata situazione ed è ciò che più si avvicina all'immortalità.

Ma chissenefrega, comunque. 

Mattia ha finalmente dato piena fiducia alle sue gambe per stare a galla e quindi ha le mani libere. Sono io la prima ad usare le mie: forse goffamente e troppo avidamente, ma non posso impedirlo, mi sta succedendo ciò che succede a un viaggiatore dopo che rincasa a seguito di un lungo periodo lontano. Vuole riappropriarsi di ogni stanza, ogni mobile, ogni superficie.

Mattia è casa mia, e sono stata lontana per cinque anni.

"Non posso farlo."

Ed ecco che l'idiota smorza il mio entusiasmo, staccandosi dalle mie labbra con rammarico. Tipico.

"Perché?" domando, con un po' di fiatone.

Temo che mi propini altre elucubrazioni, osservazioni con cui concordo e che mi facciano sentire in colpa, ma la sua spiegazione è molto più semplice: "Non ho il preservativo, non ne ho portato uno."

Mi viene da ridere e mi sento sollevata.

"Ah, è questo il problema, non che stiamo per fare sesso?"

"No."

"Nemmeno che stiamo per fare sesso nella piscina di Magno?"

"Mmm, no." risponde, mentre la mia mano scivola sul suo ventre fino ad infilarsi sotto l'elastico del costume.

"E nemmeno che stiamo per fare sesso dove potenzialmente potrebbero vederci tutti?"

"Dipende se facciamo veloce o meno."

Ridacchio di nuovo: "Dipende se sei migliorato."

Mattia non ha molta voglia di parlare, infatti inclina la testa per darmi un bacio sul collo. E due e tre e quattro... Insomma, il problema del preservativo potrebbe rivelarsi per lui una seccatura non da poco, specie se continua a fare così, approfittando della libertà di potermi toccare, baciare e avere per sé.

"Posso salire a prenderne uno." dice, infatti. "Di preservativo."

È così sexy, ragazzi, ve lo giuro. Potrei morire da un momento all'altro e sarei la donna più soddisfatta di sempre. In più è dannatamente bello quando non nasconde l'urgenza di volermi.

Quindi, su di giri, approfitto della sua vicinanza per accostarmi al suo orecchio e sussurrare: "Prendo la pillola."

Ed è subito porno.

Mentre Mattia gioisce per la notizia, anche il mio basso ventre viene invaso da mani estranee e magicamente le mutande del mio costume si sfilano dalla loro sede.

"Adoro essere grandi." commenta Mattia. "Potrebbe anche scapparci la lode, stavolta."

"Per me. Nel tuo caso, invece, non me la tirerei troppo." 

Mattia spinge le mie gambe e si accomoda tra di esse. Siamo nell'angolo della piscina, io appoggiata alle pareti e lui rivolto di schiena alla villa. Non l'ho mai fatto in una piscina, ma, d'altra parte... quando mai fare sesso con Mattia implica farlo in luoghi normali?

Potenzialmente potremmo rappresentare lo scandalo più grande del secolo: potrebbero vederci Gloria e Magno, Eva, persino i bambini! Ma, onestamente, non mi interessa.

Stavolta non abbiamo combinato un guaio, non stiamo litigando, né nascondendo nulla: stavolta stiamo facendo qualcosa di sano.

Il mio spirito desidera tutto questo da troppo tempo. Mattia e io abbiamo già litigato, già fatto il nostro tipico teatrino, già pianto e sofferto. Adesso ci possiamo lasciare andare, ce lo possiamo concedere di scivolare così, di cedere all'errore, di complicare tutto ancora di più.

Almeno una volta, una volta sola.

Perché in fondo fa male da morire, ma è anche bello... da morire. E lo sappiamo molto bene.

"Ok, mi saprai dire fra poco." ribatte, divertito ed esaltato da quello che sta per fare. 

Come per me, anche nel suo viso è chiaro che sia un momento che aspettava e che possa anche interromperci il giardiniere, ma noi faremo lo stesso l'amore, anche in mondo visione.

Infatti non sono nemmeno in ansia, non sono preoccupata per nulla e penso solo al momento in cui Mattia sarà di nuovo, anche carnalmente, mio. Apparterrà a me e a nessun altro; non alla stupida accademia, non agli incubi che faccio di notte, non ad un'ombra che tormenta la mia vita.

E di lì a poco, succede. Mattia e io ritorniamo ad essere 'noi', dopo cinque anni, nella piscina dei Magno, reduci dall'ammissione che, tra di noi, sia e sarà sempre tutto semplicemente complicato.

Da questo momento in poi è tutto molto veloce, agitato e confuso. La mia voglia è talmente tanta che non so per quanto rimango padrona di me stessa; so solo che a un certo punto perdo totalmente cognizione di causa e mi lascio andare, vinta, in tutto e per tutto, dalla passione.

L'ultima volta che mi era capitata una cosa del genere stavo dentro a un mulino.

Accarezzo la schiena di Mattia dapprima piano e poi facendo diventare i miei gesti vere e proprie strette, quasi spasmi, perché mi serve un ancora per rimanere ferma e un salvagente per non annegare. Anche lui tratta il mio corpo come se fosse il pezzo complementare al suo, come se per anni non avesse desiderato altro che delineare le mie forme con le sue dita ed infilarle poi in mezzo ai miei capelli. Chiaramente evito similitudini che coinvolgano le nostri parte intime, perché al momento sono troppo presa per non inventarne di pesanti e volgari.

Infatti quando vengo - e per fortuna sono la prima a venire - non faccio nulla di principesco, ma i soliti vecchi gemiti che creano tanto diletto al microcefalo. E poco dopo arriva anche il suo turno, e come al solito, io lo trovo quasi più sexy dell'atto in sé. Ok, lo ammetterò senza vergogna: gli orgasmi di Mattia sono davvero molto eccitanti.

Ecco, ora potete segnalare questa storia.

"Quanto mi dai?" domando, ansimando un po' e scollando fastidiosi ciuffi bagnati dalla sua fronte.

"Non vale chiederlo adesso, non sono abbastanza lucido."

"Eddai, Zingaretti..."

Lui ride, spontaneamente, mostrando uno dei suoi sorrisi più belli e rari: "Ti do trenta e lode, ok?"

Esulto in modo sgraziato e scomposto, senza staccarmi dalla modalità koala, ma facendo un po' di imbarazzante pole dance addosso a Mattia. Pare giusto.

"È stato un lungo percorso di studi, ma ce l'hai fatta." commenta, guardandomi divertito e ancora un po' stordito da poco fa.

Sospiro posando la fronte di nuovo contro la sua e abbassando la voce ad un sussurro: "Scusa anche tu."

"Di cosa?" si stupisce.

"Scusa perché se già le cose erano complicate, io le ho rese ancora più complicate. Scusa se non ti ho mai ascoltato."

"Quindi vuol dire che mi darai un opportunità?"

Fare l'amore con Mattia mi ha permesso di dimenticare per un po' quali sono le mie vere ansie, ma non per questo sono scomparse. Anzi, sono ancora qui, più reali che mai, sotto di me, dentro di me, a contatto con la mia pelle. Contro la mia coscia, tra le altre cose, posso sentire lo spessore della sua cicatrice e i due punti in rilievo. 

Non so se l'abbia davvero capito, non so se potrà mai condividere quello che ho provato e che provo, ma so a cosa dovrei rinunciare e di colpo la prospettiva di provare a parlare con lui non mi sembra più così impossibile.

Certo, credo che sarà comunque inutile, perché per quanta pena abbia dimostrato Mattia, non ha mai parlato di voler rinunciare alle sue scelte, alla sua carriera, ai suoi sogni. E io non potrei mai chiedergli una cosa del genere. E allora siamo di nuovo al punto di partenza: parlare non servirebbe a nulla, alla peggio, ci separerebbe definitivamente.

Quindi sì, ci posso sempre provare nella speranza che lui nel frattempo mi riservi delle sorprese, ma prima di allora mi godrò semplicemente tutti gli attimi che posso rubare prima che lo nostre vite tornino ad essere uno schifo.

"Questo matrimonio è ancora lungo." rispondo, allora, enigmatica. "Non è detto nulla."

Mattia sorride e, in risposta a questo, mi dà un lungo e dolce bacio con la lingua.

*

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(conversazione creata da Ellie)


***


Ve l'avevo detto o non ve l'avevo detto che avrebbero... ? XD

Dunque, sinceramente non so come la prenderete... mi aspetto dei finalmente, dei ma è troppo presto, dei ma sono pazzi?? e degli ecco, hanno rovinato tutto. Ma questo "Io e te" è volutamente intenso, a volte affrettato e irrazionale e, come i nostri protagonisti, spesso si trova in preda alle incertezze. La copertina della storia non è a caso: che sia la volta buona in cui questa attività sostituisce davvero i litigi di Nelli e Mattia? Vi immaginate se ora prendono seriamente a fare l'amore ogni volta che le cose non vanno bene? Diventa sì un porno, Io e te <.<

Ma al di là dei bollori dei nostri protagonisti, parliamo anche del resto del capitolo: le dinamiche tra Nelli e gli altri ragazzi sono ancora molto altalenanti. Dopo 5 anni di comportamenti sbagliati, non è così facile riprendere i ritmi e la fiducia che si è persa, ma ancor di più è difficile mantenere un'equilibrio quando ovunque tu giri la testa, qualcuno ti sta guardando male. Nelli dovrà fare fatica, insomma, ma se quello che pensava essere il suo più grande nemico si rivelerà essere in realtà il suo più grande alleato?

Nel prossimo capitolo riprenderemo un po' il contatto con la classe: ok, so che vi piacciono questi capitoli Zingargenti, ma c'è della carne al fuoco che dobbiamo girare perché non si bruci, e poi ci sono Ai e Sanjay che devono arrivare, e poi un sacco di novità che ancora non sapete e che probabilmente non vi immaginate minimamente. Ma vedremo anche come si comporteranno i nostri protagonisti dopo che, finalmente (sì, io sono per il finalmente) hanno ceduto ai loro istinti. Dite che ci sarà una seconda volta o che, per non rischiare di ricadere in tentazione, Marinella evirerà il povero Mattia?

Prevedo di pubblicare il nuovo capitolo verso l'11 dicembre, come al solito con riserva di qualche giorno, nel caso dovessero capitare cose, e nel frattempo vi lascio con queste domande riassuntive <3

1) La chiacchierata tra Nelli e Lorenzo vi ha tranquillizzato o ha lasciato in voi un senso di inquietudine come è capitato a Nelli? Voi pensate che sia una pessima amica o solo che abbia fatto pessime scelte?

2) Mattia vs piscina dei Magno. Qual è stato il momento che più vi ha fatto sbattere la testa contro il muro? O siete come Nelli e, ammettetelo, vi ha fatto una tenerezza unica?

3) Com'è stata la vostra reazione nello scoprire che Mattia porta una cicatrice di guerra?

4) Chi è d'accordo con le previsioni di nonna Argenti?

5) Si uccideranno prima Francesco e Alessandra o Davide e Nelli?

6) Ultima scena: quella semplicemente complicata, come ogni scena tra Nelli e Mattia che mi ritrovo a scrivere. Beh, era da cinque anni che questi due non facevano l'amore: voi che ne pensate? Vi aspettavate che succedesse ora? Che succedesse così? E' stato bello?

Temo sia ora di ritirarmi nel mio antro a scrivere. Per non lasciarvi 10 giorni senza nulla da fare ( = per infestare la vostra vita) vi lascio con 2 proposte. La prima si rivolge a tutti i lettori, in particolare quelli che amano il Natale e le disgrazie che accadono in periodo natalizio. Sì, quei lettori un po' malati, a cui piace quando lei viene rapita da lui, ma lui sbaglia vittima e si incazza e la prende a schiaffi e poi lei prova a scappare, ma viene fermata e dovrebbe essere punita, ma, diavolo, è difficile e allora il cattivo si arrabbia e manda i suoi scagnozzi e finiscono quasi tutti ammazzati e allora è sul serio ora di prendere provvedimenti, ma il capo di lui lo costringere a uccidere lei e allora lui si rende conto che forse è fottuto perché, forse, si è innamorato di lei, che a sua volta si è innamorata di lui, ma nonostante questo solo uno dei due si potrà salvare. Un casino insomma, ma comunque buon Natale XD

Ecco, se siete quel tipo di lettore, dovreste assolutamente iniziare a calarvi nell'atmosfera natalizia leggendo: "All I Want for Christmas is..." di cui vi lascio il link qui, sia per EFP che per Wattpad.

All I want (EFP)

All I want (Wattpad)

E poi vi voglio anche dare un'alternativa più social, per quelli di voi che magari amano un po' di polemica youtubiana o che, comunque, hanno voglia di sapere finalmente, in tutta onestà, che fine ha fatto la mia famosa storia Hellcome.
Un saluto dalle mie occhiaie e alla prossima <3


VIDEO: Accusata di plagio - vi racconto tutto

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Capitolo 10
*** Discorsi ***


MxM3 10

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




Riassunto della puntata precedente:
dato che è passato un po' di tempo dall'ultimo capitolo, forse vorrete ricordare che...
Negli ultimi capitoli, abbiamo assistito all'inevitabile e preannunciato riavvicinamento tra Nelli e Mattia. I due, dopo essere partiti insieme per una missione di pace, riescono a sistemare qualche falla nel matrimonio di Gloria e Magno e addirittura portare a casa le fedi dei due sposini. Ovviamente, però, non può filare tutto liscio. Dopo aver sfiorato un bacio, i litigi imperversano e i ragazzi non si accorgono che i bambini hanno fatto finire la fede di Gloria sul fondo della piscina. Offesa al massimo, Marinella dà la colpa di tutto a Mattia e gli assicura che dovrà risolvere da solo la situazione, lasciandolo così alle prese con la sua paura dell'acqua (alta). Ma una chiacchierata faccia a faccia con Lorenzo rimescola i sentimenti nello stomaco di Nelli: capisce che il suo amico ultimamente non è più lo stesso, che non vuole più nemmeno litigare con lei come ha sempre fatto. Così, inquieta, cede al rimorso e scende in piscina per aiutare Mattia. Durante le immersioni, però, qualcosa spinge la situazione ancor di più verso il baratro: Marinella si accorge di una cicatrice sulla pancia di Mattia ed è subito guerra. In tutti i sensi. Le ultime istanze rendono le ore successive invivibili, al punto da spingere Nelli a far fagotto e andarsene. Tuttavia, un ultimo tuffo in piscina risulta davvero illuminante: Mattia raggiunge la nostra protagonista e, come al solito, le incasina ancor di più il cervello. E come se non bastasse, entra in acqua per dimostrale che con le paure si può familiarizzare e dirle che non deve mollare la classe perché tutti le vogliono bene e chiederle scusa per averle mentito riguardo la cicatrice e... e va beh, dai, alla fine si amano troppo e quindi si baciano. E non solo, fanno anche l'amore! Perché Marinella adesso è pronta per passare quel famoso esame, infatti si prende anche un bel 30 e lode, solo che un'ombra oscura incombe ancora su di lei. Lei e Mattia dovranno parlare, prima che le nozze finiscano. E quando accadrà si decideranno molte cose... un nuovo inizio o una fine definitiva?



"Io e te" è semplicemente complicato 

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Discorsi

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Scappa senza far rumore,

dal lavoro dal tuo letto

dai gradini di un altare

ti aspetto, Gloria.

- Umberto Tozzi, "Gloria"

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Pierpaolo, Mattia, Diego e Alessandro. 

Non sono di certo quattro persone a cui affiderei compiti importanti, non un gruppo in cui riporrei speranza e nemmeno un insieme di personalità ben assortite. Sono invece disagio, imbecillità e distruzione. 

Per dirla alla J.K. Rowling, sono la versione babbana dei malandrini, ma con metà del fascino e un cervello diviso in quattro.

Abbiamo Pierpaolo che è senza dubbio il più scaltro, il calcolatore, colui che nella vita le azzecca tutte, ma proprio tutte. La sua furbizia gli ha permesso di intraprendere studi importanti per una carriera importante, ma allo stesso tempo di essere quello cool, stimato da tutti, amante del calcio e amante delle donne. Insomma, Scilla è un nerd non nerd, che riesce a fare il serio a comando e che può vantare mille altre fortune, oltre a questa. L'unica pecca con lui è che per quanto si sforzi, c'è un ambito in cui non riesce a convocare a proprio servizio la serietà, ed è quello sentimentale. A causa di qualche profondo dissidio, che per sua sfuggevole natura non sono mai riuscita a catalogare, Pierpaolo non ha mai avuto una relazione seria. Pierpaolo non si è mai innamorato. Forse perché l'amore, a contrario di tutto il resto della sua vita, è qualcosa che non può tenere sotto controllo?

Poi c'è Mattia. Non serve che sprechi molte parole su di lui; ma per essere neutra, ve lo descriverò come se non lo amassi. Mattia è l'amicone, quello che inviti ovunque perché sta bene in qualsiasi contesto, quello che fa ridere piazzando una battuta demente al momento giusto e quello che, non lo dimostra, ma ti prende a cuore anche se gli stai antipatico. Mattia è un buono, sostanzialmente, ma una persona radicalmente incasinata, che pretende troppo da se stesso e che dimostra una bonarietà solo apparente. Ha un mondo dentro, ma lui stesso ne è spaventato, quindi non si aprirà mai facilmente e, quando lo farà, ti trascinerà in buco nero da cui non uscirai mai più. Ops, non sono stata molto neutra. Il problema principale di Mattia, comunque, è che impossibile da capire, perché ciò che arrivi ad ipotizzare dopo anni di tentativi di capirlo è che nemmeno lui abbia mai capito se stesso.

Diego. Diego è istinto, passione, sincerità. Diego non ha filtri tra se stesso e il mondo; forse è il più vero fra i quattro, perché fa sempre ciò che ritiene giusto fare, senza pensare alle conseguenze. È impossibile descrivere Diego senza citare la sua perversione: è vero, ha una grave deviazione che lo porta a fare incessanti battutine e doppi sensi a sfondo sessuale. Ma, d'altra parte, non prendiamoci in giro, la gente adora le persone così! È sempre allegro, porta il buon umore, e ha il dono di saper sdrammatizzare anche la situazione peggiore. Vedendolo accanto agli altri, nessuno scommetterebbe su di lui, eppure è l'unico che finora è stato capace di affrontare ogni ostacolo. In effetti, è quello più in pace con se stesso. L'unica con cui non è in pace sono io, ma quello è un altro discorso, ed implica anche i suoi due meravigliosi bambini.

Infine, troviamo Alessandro. La punta di diamante della combriccola; ciò che li ha fatti vivere di rendita per anni, dato che, almeno per quanto riguarda l'aspetto fisico, Magno si può ritenere il frontman di una boyband che vende solo grazie al frontman. Ma attenzione: ecco il tipico errore in cui si ricade spesso; ridurre Magno al suo bell'aspetto. Certo, lui non fa molto perché questo venga evitato, dato che è apertamente vanitoso, egoriferito e pronto a sbandierare la sua infinita autostima, però nel tempo ha saputo tirar fuori qualità nascoste sotto i chili di meravigliosità. La dedizione con cui ha curato la sua relazione di coppia e l'amore che ha saputo riservare alla sua futura moglie fanno di lui anche il più bello dei fedeli. Ora solo deve provare di essere anche un bravo figlio, un eccellente wedding planner e un candidato al titolo di gestore d'hotel. Fatto ciò, allora, sarà davvero perfetto.

Ecco, proprio queste quattro persone rappresentano ciò che dà vita alla mia inquietudine nel saperli insieme, eppure...

Eppure, sin dalla prima superiore, tra loro c'è un legame speciale: incomprensibile ai miei occhi e agli occhi di tutte le donne che hanno incrociato il loro cammino, però credo che sia adeguato chiamarli migliori amici. È vero, ci sono state occasioni in cui hanno sfiorato risse con omicidio e altre volte in cui si sono fatti scherzi che di divertente non avevano nulla, ma sono rimasti uniti, sempre. Hanno condiviso tanto: i fallimenti e i successi delle loro vite, a partire da quelli inerenti la carriera scolastica; i loro dubbi e le certezze, ma anche i consigli e le botte per non averli seguiti.

Anche se nella nostra classe, e, più avanti nel nostro gruppo, non erano gli unici ragazzi, il loro disagiato ed eterogeneo nucleo si è assemblato fin da subito così, e non ha mai subito modifiche.

Infatti, quando entro nella cucina di Villa Magna e li vedo insieme intenti a insultarsi, mi intenerisco troppo. Per un attimo decido di spiare le loro dinamiche dalla soglia, per non spezzare la magia delle prese in giro e di Diego che decide di lanciare un cucchiaio in testa a Mattia. 

Poi lo stomaco brontola e decido di avventarmi sul bancone della colazione.

"Buongiorno!" li saluto tutti, ma alla fine mi trovo a guardare solo Mattia. Prendo posto vicino a lui e faccio schioccare un bacio contro la sua guancia.

"Buongiorno..." biascica, sorpreso e un po' assonnato, portando una mano sul punto che ho baciato. "Ti sei drogata, stamattina?"

"Sono solo molto carica." rispondo, picchiettando sul fascicolo che stringo al petto, ma riferendomi in realtà a ciò che è successo ieri in piscina. 

Dai su, non prendiamoci in giro. Ho fatto dell'ottimo sesso e l'ho fatto con Mattia Zingaretti. Ora sarà come in The Sims: la mia barra dell'euforia starà al massimo per almeno due giorni.

"Sì, è decisamente drogata. Nasconde l'hashish nei capelli di Amerigo." scherza Pierpaolo, mentre mi lancia, tuttavia, un lungo sguardo di sottecchi, curioso e complice.

Diego sta selezionando altre posate per proseguire il suo attacco alla testa di Mattia: "Se fossi un esperto in queste cose, direi che avete trombato. Ehi, ma sono veramente un esperto in queste cose!"

"Ma che diavolo dici?!" Pierpaolo entra subito in nostra difesa, ostentando un tono sconvolto. Probabilmente sa già tutto, ma Mattia ha chiesto di non sbandierarlo troppo in giro e quindi Pier, da bravo migliore amico, sta cercando di dissuadere Diego.

Ma ho dimenticato di dirvi, durante la mia precedente descrizione, che Pierpaolo trattiene i segreti tanto quanto uno scolapasta trattiene l'acqua. E, in più, ha le doti recitative di un albero.

Capendo che Diego non si farà raggirare dal teatrino, mi arieggio, afferrando una fetta di pane per la colazione: "Anche se fosse, Vallicroce?"

Lui alza per un secondo gli occhi dal cassetto di posate e mi guarda, serio. Evidentemente stava bluffando e con una sola occhiata alla mia faccia sessualmente soddisfatta, il suo fiuto pornografico gli ha dato l'illuminazione.

"L'avete fatto davvero?"

"Ma no..."

"Checcazzo!" commenta in un grido incredulo.

Poi afferra una forchetta e la tira addosso a Mattia.

"Ahia!"

"Fai sesso e non me lo dici, pezzente?" inveisce contro il suo amico, però sembra davvero contento, tant'è che torna subito a concentrarsi su di me con aria ammirata. "Oh cazzo, non ci posso credere! Com'era il pene di Zinga? Piccolo, vero? Ti dovrai accontentare di poco, Argenti."

"Scusate, ma come e dove avreste fatto sesso voi due?" salta fuori Alessandro, che fino a quel momento stava facendo una selezione di cereali da inzuppare nel latte.

Io e Mattia rispondiamo all'unisono: "Da nessuna parte."

"Magno, che palle però, eh!" di nuovo, Pier corre in nostro soccorso e dà una spinta al biondino. Quindi cambia argomento, riferendosi probabilmente alla discussione che si stava sviluppando prima che arrivassi: "Ce li leggi questi voti o no? Ora che c'è anche Nelli qui, ti può dare una mano."

"Sarebbe un'occasione più unica che rara." interviene Diego, ribattendo come al solito sul punto dolente. Consacrare il finto matrimonio tra i suoi figli, Filippo e Vittoria, non è bastato: per quanto loro mi amino, Vallicroce è ancora arrabbiato con me per aver saltato gli appuntamenti più belli con la sua famiglia ed è qualcosa che recentemente non perde occasione di ricordarmi.

Il suo è ogni volta un rimprovero misto a un grido di dolore: l'ho capito passando del tempo con Mattia, che alle volte posso fare davvero male alle persone, anche involontariamente. E, paradossalmente, in questo sono più maturi i figli del padre: anche se sono stata una zia poco presente, Filippo e Vittoria non serbano alcun rancore nei miei confronti. Diego, invece, non mi perdonerà mai.

Dopo questa orribile riflessione, non riesco nemmeno a sostenere il suo sguardo allusivo, ma Magno per fortuna decide di salvarmi, acconsentendo a recitare i suoi voti e portando l'attenzione di tutti su di sé. Come già mi era stato annunciato, su suggerimento di Pierpaolo (appositamente per complicare le cose), Gloria e Magno si dedicheranno dei voti personalizzati in occasione del matrimonio e proprio per questo il nostro sposo ultimamente si è trovato in grosse difficoltà.

"Non è la versione definitiva, ma..." Magno si schiarisce la voce. 

Mentre io mangio e Pierpaolo beve latte, lui si posiziona di fronte al suo mini-pubblico leggendo un foglietto che ha estratto dalla tasca. "Gloria," esordisce con serietà, prendendo un grosso respiro. "Manchi tu nell'aria, manchi come il sale, manchi più del sole-"

Pierpaolo sputa il latte e Diego si getta dalla sedia per poter ridere strisciando a terra.

"Che c'è?" si scandalizza il biondo. "Non volete nemmeno sentire come prosegue? Gloria, manchi ad una mano che lavora piano, un tuffo nei papaveri in una terra libera-"

"Magno, basta." mosso dalla pena, Mattia gli posa una mano sulla spalla e accartoccia il bigliettino per lanciarlo via.

"Era bellissima!"

"Ma che cazzo!" ulula Diego. "Dove cazzo l'hai beccata, Magno? Hit anni '80 per sposi disperati? Cazzo, muoio!"

Alessandro abbassa gli occhi. Occhi azzurri così belli non dovrebbero mai essere abbassati.

"Ale, dove l'hai trovata?" domando stringendogli una mano per compassione e solidarietà. "Su internet?"

Lui annuisce.

"È una canzone famosa, Magno, possibile che tu non l'avessi mai sentita?" interviene Pierpalo, che di nascosto prende a calci Diego per farlo smettere.

"Mi sembrava familiare, in effetti." commenta lui.

Mattia osserva la mia mano sopra quella di Magno, un po' troppo contrariato perché io non lo noti, ma nonostante tutto fa finta di nulla e lo rincuora: "Lascia perdere internet, amico. Te lo dico per esperienza, ti sgamano subito. Gloria, poi, si può considerare un server umano contenente i dati degli ultimi trentamila anni, quindi è sicuramente la via sbagliata."

"Senti, Magno, ti aiuto io a scriverli, promesso." me ne esco, incrociando lo sguardo di Diego con aria di rivincita. Non crede che io ci possa essere per i miei amici, invece si sbaglia. Succeda quel che succeda; gli proverò che quella parte di Nelli è immortale. Si piega, ma non si spezza.

Ed è quello che sentivo anche ieri mentre ne parlavo con Lori. Quella Nelli dentro di me c'è ancora; devo solo ritrovarla e non lasciare che ogni cavolata la metta in discussione. Devo ricominciare a fidarmi di me stessa, perché anche se ultimamente ho ripetuto il contrario, io so chi sono.

Fare sesso con Mattia mi fa sentire così sicura di me, dannazione!

"Grazie!" esulta Magno, il quale ci sperava sin dall'inizio.

"Prego. Ma prima-" afferro il fascicolo che ho portato e allungo a Mattia la sua copia. "Noi due abbiamo da fare!"

Il microcefalo prende i fogli con una certa diffidenza e dà loro una sommaria occhiata: "Compiti. Wow."

"Come ai bei vecchi tempi." commenta Diego, offrendogli una gentile pacca sulla spalla.

Io cerco di ignorare l'allusione e apro il fascicolo con una sicurezza mai posseduta prima: "Ho parlato con Gloria, abbiamo fatto un mini-calendario e... gente, il tempo stringe. Tra una cosa e l'altra, arriveremo a malapena al venticinque senza lasciare indietro nulla e in tutto questo lavoro, non ci dobbiamo dimenticare che io e te-" con l'indice percorro la distanza tra me e Mattia. "Siamo i testimoni di nozze."

"Giusto." concorda lui. "Tra le altre cose, grande scelta, Magno. Volevo proprio avere un'enorme  responsabilità sulle spalle e sentirmi sotto pressione a causa dei tuoi minacciosi genitori e della mia co-testimone, nonché wedding planner autoeletta dalla metodologia neonazista."

Scapellotto.

"Dobbiamo scrivere il nostro discorso, Mattia. Insieme." spiego, non badando al suo sarcasmo. "Ci mettiamo al lavoro stasera, dopo aver accolto Ai e Sanjay. Entro domattina dev'essere finito, ok? E non darmi della neonazista, ho fatto un test attitudinale in internet: il mio profilo risulta adatto per tutti i mestieri che coinvolgono eventi e persone."

"Tipo la seconda guerra mondiale?"

"Capisco perché la gente voglia tirarti forchette in testa."

Mattia torna a rivolgersi a Magno e non capisco se sia serio o se lo faccia solo per provocarmi: "Non potevi scegliere una testimone donna meno dittatoriale?"

"Sono tutte così." semplifica lui.

"Stamattina ci puoi dare un'occhiata." proseguo imperterrita. "Nel fascicolo ti ho scritto quali sono i punti che dovremo toccare e un'ipotetica divisione in paragrafi. Ah, verso la fine ho scarabocchiato un paio di aneddoti che credo faranno commuovere Gloria; sono chicche che conservo dalla terza superiore."

"Alla faccia del nostro discorso."

"Ehi, so con chi ho a che fare." lo ammonisco. "Se non ti guido, ti perdi."

Pierpaolo fischia per sottolineare la stoccata, solidale come al solito, mentre Magno si lamenta che concentrandomi su questo, non troverò mai il tempo di aiutarlo.

"Magno, ricordati che le più belle parole che potrai mai dedicare a Gloria saranno quelle su cui non ragioni." gli regalo questa perla, soddisfatta di come sto gestendo la nuova me, che si prodiga per gli amici e che è padrona dei propri sentimenti. "Quindi non ti preoccupare troppo, ok?"

"Parole o atti su cui non ragioni." integra Diego, mostrando a Magno un movimento pelvico ambiguo, molto incoerente con tutto il discorso, ma d'altra parte anche molto in stile vallicrociano.

In condizioni normali mi scapperebbe una risata, ma mi manca ancora un piccolo passo per essere dell'umore adatto. Vedere Diego solare e normale con tutti eccetto che con me mi fa male. Non saprei davvero che fare per riconquistare la sua fiducia, ma voglio che sia il mio prossimo obiettivo, alla pari con un ulteriore chiarimento tra me e Lorenzo.

Con quest'ultimo mi farò aiutare da Fede, mentre con Diego, beh... forse dovrei tendergli un'imboscata e costringerlo a parlarmi faccia a faccia? L'idea fa molto mio stile, ma non mi convince. Vallicroce mi ha dedicato testuali parole: non abbiamo più niente da condividere e io paura che le intendesse sul serio. 

"Va bene, ci darò un'occhiata." la voce di Mattia mi distrae.

Torno a concentrarmi sui suoi occhi, che ora posso godere senza distrazione, dato che il resto del gruppo si è isolato per parlare di sesso.

Era da un sacco, ma veramente un sacco di tempo che non guardavo Mattia dritto negli occhi: "Grazie." dico, facendogli un sorriso.

Mattia ricambia e poi si alza dalla sua sedia, raccogliendosi i fogli al petto con fare un po' disordinato, ma attento a non rovinare nulla.

"Prego." mi dà un bacio sulla guancia e se ne va dalla cucina.

E io nel frattempo muoio.


***

PRIMO BREAK

Dai, raga, che questo è un capitolo lungo e piuttosto allegro! Ritorniamo un po' alla nostra atmosfera di classe e... vi piace la similitudine tra i quattro ragazzi della calsse e i Malandrini? Ovviamente niente a che vedere con la maestosità dell'opera rowlinghiana, però mi sembrava carino dipingerli così. Per dar colore alle parole, Nicole ha creato questo bellissimo disegno, dove non saprei nemmeno scegliere quale dei ragazzi è più bello <3

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***

"Eccomi." Marco scarica la sua tracolla sul tavolo dove io e Federica staremmo bevendo il caffè, quindi tutto trema e i liquidi si spargono in giro. Ma a Marco non interessa minimamente, infatti infila qualche giocattolo di Rachele all'interno della borsa, facendo ancora più casino e fissandomi con aria di rimprovero: "Tralasciando che hai dei problemi psicologici, sono venuto ad informarti che sta andando tutto bene e che il mio turno è terminato."

"Perché mi accusi di avere problemi psicologici?" sbotto, offesa.

"Perché è vero. Incaricare i tuoi migliori amici di spiare tuo fratello perché tu non ti fidi delle sue azioni è da psicopatici. Serio, dovrebbero farci una serie tv su Real Time. Alta Infedeltà versione legami di parentela."

Federica raschia il fondo del suo macchiato con il cucchiaino: "Marco ha ragione."

"Oh, senti che melodia piacevole." commenta lui, strisciando la sedia per accomodarsi tra noi due. "Una delle rare volte in cui la voce della Di Mario non suona come unghie sulla lavagna."

La mia amica non si scompone, abituata a questo genere di uscite, e senza perdere la calma, inscena una confidenza a bassa voce: "Ah, dimenticavo, è vero." guarda me e indica Marco. "Ha il ciclo."

"Avete il ciclo entrambi, secondo me." ringhio, stizzita dalle loro accuse. "Se aveste dei fratelli piromani e dipendenti dalla nicotina, capireste."

"La sottile differenza tra una marachella e la piromania." ribatte Marco.

Federica, regina della coerenza, decide di dargli man forte: "O tra un adolescente che fa un tiro e il fumatore incallito." 

Questi sono i rari casi in cui i due nemici hanno un nemico in comune (io) e diventano amici. Poi nel giro di tre secondi ricominciano a sfottersi e allora cercano la cara Nelli per fare da paciere.

"Tu zitta che fra dieci minuti è il tuo turno." ammonisco Federica. "E tu dimmi, Marco, sei sicuro di aver seguito Davide in ogni suo passo?"

"Sì, se vuoi mi sono anche scritto a che ora è andato a fare la cacca stamattina."

"Sono seria."

Marco sospira: "Puoi stare tranquilla, ok? Ora gli ho affibbiato Rachele chiedendogli di farla giocare a Candy Crush: non avrà pace finché quel telefono non si scarica."

"Bella idea."

"Unisco l'utile al dilettevole: ho bisogno pure io di disintossicarmi dai vaneggiamenti su Riki, papi, non sai chi è Riki?? La polarooooid!" imita sua figlia benissimo, tant'è che per un secondo, un solo secondo, ritorno la Nelli di dieci anni di fronte al Marco di dieci anni che insegnava arrogantemente la sigla dei Pokémon.

Dice 'godachecemol' con la elle, non 'godachecemon', con la enne!

Che brivido. 

"Quindi non l'hai visto andare al tabacchino? Prendere una sigaretta?"

"No, ha solo scippato una vecchietta e poi molestato una ragazza in metropolitana... Marinella, piantala!" sì, decisamente arrogante. "Davide sta a posto, ok? Non è che se uno scivola una volta, poi prenderà una brutta piega e ammazzerà la famiglia."

"Tu non conosci Davide."

"E tu non conosci il buonsenso." sbuffa. "Fede, non è che mi chiami il cameriere?"

Il ragazzo del bar si presta gentilmente a raccogliere l'ordinazione di Marco e poco dopo torna con una spremuta e un tramezzino per lui. Stiamo aspettando Ai Zu e suo nipote Sanjay alla stazione, ma il treno è in ritardo, così alcuni di noi stanno provvedendo a colmare i vuoti di stomaco all'avvicinarsi dell'ora di pranzo.

"Nel, sul serio." interviene Federica, riprendendo l'argomento. "Fai bene ad essere apprensiva, ma non devi esagerare. Il consiglio che ti ha dato Mattia è il migliore."

"E quello di Marco ancora più chiaro." sottolinea il medesimo, mentre la maionese trabocca dal suo tramezzino e sporca ogni superficie. "Lascialo in pace."

"Se solo mi parlasse..." sospiro, riferendomi a mio fratello. "Non pretendo nemmeno che si scusi, basterebbe che confessasse, ma continua a non farlo, a fingere che non sia successo nulla e questo mi fa imbestialire. Mattia dice di aspettare, ma non sa che aspettare mio fratello equivale a seppellire definitivamente la questione."

"Beh, e anche se fosse?" rilancia Marco. "Sei grande abbastanza per sopportare questo risvolto, no?"

Marco e Federica sono figli unici: non capiranno mai e poi mai.

"Comunque, a proposito di Mattia." quest'ultima riprende l'argomento con euforia. "Ormai lo sanno tutti. Che cosa ti dicevamo?"

La fisso con l'espressività di un pesce da acquario. Mi scoccia che siano tutti così consapevolmente contenti. Nessuno di loro si è sorpreso o scandalizzato, nessuno ha trattato il mio sesso con Mattia come un gossip, nessuno ne ha reso il pettegolezzo più in voga. Non fraintendetemi, non è che desiderassi un articolo su Diva e Donna, ma vedere per l'ennesima volta che era tutto previsto, tutto parte di un piano, mi urta quasi quanto la maionese di Marco sul mio portafogli.

"Stare con Rachele ti ha fatto disimparare come mangiano gli adulti." bercio, infatti, levandolo dal tavolo. "In ogni caso, Fede, vedo che la cosa non sconvolge nessuno, quindi non parliamone nemmeno, ok? Ci ripenseremo quando tutti i vostri pucciosi piani porteranno alla distruzione di due cuori e una villa."

Federica sbuffa, smuovendo i ciuffi della sua treccia corvina: "Finora i pucciosi piani hanno portato solo ad ottimi risultati."

"E dello sperma in piscina."

"MARCO!" io e Federica gli schiaffeggiamo le braccia.

"Pensavo fosse ormai chiaro che la location deve rimanere segreta." sottolineo. "Se Magno lo scopre, mi fa ripulire tutto da cima a fondo."

"Tzè." fa spallucce il mio amico. "Perché credi che tu e il soldato Ryan abbiate avuto l'esclusiva sulla piscina? Ragazze, aprite quegli occhietti da puritane: in questo gruppo ci sono almeno cinque coppie, una delle quali sta per sfornare il terzo e quarto figlio."

"Cris ha detto che è da un mese che lei e Diego non lo fanno." lo contraddice Federica. "Non possono rischiare per i bambini."

"E tu credi che Diego Vallicroce si faccia fermare da una gravidanza?" in effetti, l'osservazione di Marco non è del tutto sbagliata. "Comunque non è a loro che mi riferivo. Scilla se ne esce ogni giorno con i dettagli della sua proficua vita sessuale e, mi spiace deluderti, Nelli, ma per lui la piscina è addirittura banale."

Il cucchiaino di Federica, che ha da un bel pezzo terminato il caffè, cade inspiegabilmente a terra.

"Che sbadata." 

Mentre lei sparisce sotto al tavolo, Marco mi guarda con un sopracciglio alzato.

Ovviamente cerco di non lasciar trapelare nulla, quindi mi lascia perdere e decide di attaccare direttamente il bersaglio.

"Non sapevi che Scilla si fa regolarmente la Trepalme?" chiede a Federica, non appena lei riemerge. "No, perché, se vuoi, nello sgabuzzino degli elettrodomestici, ogni sera alle sei, puoi sentirne la conferma. Fa più o meno così: ah, sì, uh, di più..."

"Marco." il mio sussurro è accompagnato da un calcio sotto la sedia.

"Che ribrezzo." commenta Federica, diventando purpurea come il tramonto e iniziando a sistemare le tazzine al centro del tavolo. "Voglio dire, che comportamenti... spregevoli... Silvia, insomma..."

"Ma guardala, la nostra Frufru." Marco è uno stronzo e, sebbene si sia accorto del disagio di Fede, le prende una guancia tra il pollice e l'indice e finge ingenuità. "Tutta imbarazzata perché lei a ventiquattro anni è ancora vergine."

Ovviamente il motivo del suo imbarazzo non è la verginità. O meglio, non del tutto, ma Marco è al corrente della situazione tra lei e Pierpaolo, quindi fa apposta a girare attorno alla boa, giusto per provocare ancora di più. È davvero una spina nel fianco di natura, bisogna proprio avere una vena masochista per essergli amici.

Ma non mi sta bene che si comporti così: Fede è la mia cucciola e se Marco fa la iena ridens con lei, io mi trasformo in leonessa e me lo pappo senza problemi.

"Marco!" ruggisco. "Mica siamo tutti come te che a diciassette anni andiamo a infilarci in buchi a caso."

Sia lui che Fede alzano le sopracciglia, colpiti, poi Marco compie un breve esame di coscienza e alza le mani: "Touché. Ho esagerato."

"Coglione." sibila Federica.

Lui le sorride malizioso: "Amici come prima?"

"No. Io amica tua non ci sarò mai."

Marco sospira: "Grazie a Dio, temevo avessi cambiato idea. Comunque vai tranquilla, FruFru, ai ragazzi piacciono le vergini. Considerando che a ventiquattr'anni è difficile trovarne, tu sei un esemplare più unico che raro e Scilla potrebbe apprezzarlo."

"Certo, come no." Federica scuote la testa e fissa rammaricata il fondo della sua tazzina.

Io, sinceramente, sono allibita.

E no, no, non di certo per tutto questo discorso su Scilla e la verginità, ma per come questi due si siano appena scannati e mancati di rispetto, senza che ciò implicasse qualche omicidio. Insomma, che cosa ho creato in questi anni in cui li ho costretti a rapportarsi? Quale mostro sta uscendo da tale unione?

Voglio dire, io, Fede e Lori siamo un trio spumeggiante, ma di base armonico e dolce. Invece l'apporto di Marco alle nostre dinamiche è grezzo e pesante. Non va d'accordo né con Federica né tanto meno con Lorenzo, eppure in qualche modo piace sia a me che a loro, nonostante abbiano entrambi sempre faticato ad ammetterlo. È possibile che... ci sia bisogno di un Marco nel nostro gruppo di amici?

È un'idea tanto strana immaginare che in un futuro ci confideremo tutti e quattro insieme su una barca abbandonata nella laguna veneziana?

"Sentite, ma Lorenzo che diavolo ha?" me ne esco, colpita dall'ansia nel ripensare alla mia ultima conversazione con il biondino.

Marco e Federica escono dal loro limbo di pensieri e si guardano significativamente: devono lavorare sulla complicità, questo è poco ma sicuro. Ormai si sono scavati la fossa e io ho realizzato che avrei dovuto chiedere molto prima.

Marco tossicchia, Federica temporeggia.

Dove ho già visto questa scena?

"Spiego io." Marco prende in mano la situazione. "Marinella, come sai, sono successe cose e tu non ci sei sempre stata. A Lori è successa... una cosa, diciamo, di cui ti deve parlare. Sei l'unica a cui non l'ha ancora detto, ma, ehi, è una cosa che riguarda Tommaso, quindi capirai che l'argomento è delicato e che si stia prendendo il suo tempo."

Quante volte ha usato la parola 'cosa'?

"Nel, non te la prendere, ok?" Federica mette le mani avanti. "Lorenzo aveva messo in conto che ti avrebbe parlato una volta arrivati qui e, sebbene io lo sapessi, non ti ho volto preannunciare nulla per rispetto di lui."

Marco sorride, pulendosi le labbra dalla maionese. Ha delle labbra estremamente carnose, ora che lo noto: "Non fargli pressione e fidati di noi. Quando sarà il momento che tu lo sappia, sarà lo stesso Lorenzo a gestire il tutto."

"All'epoca si era comportato strano pure con noi, prima di dirci finalmente questa cosa. Ma è giusto che sia lui a prendere coraggio per affrontarla con te."

"Una cosa... che riguarda Tommaso?" ripeto, processando un sacco di input nel cervello.

Federica e Marco si guardando un po' incerti e ponderanti, ma alla fine danno la medesima risposta: "Sì."

Così.

Così... semplice.

Era davvero così semplice? 

E perché quando ero davanti a Lorenzo non lo sembrava affatto?

Oh mio Dio, penso scrutando i volti tesi e compassionevoli dei miei amici, Lorenzo è ancora innamorato di me. 

Non so perché mi viene questa intuizione, in fondo ci ho sempre scherzato come se non fosse nemmeno realmente possibile, ma in realtà lo è e in realtà, anche se ho affermato il contrario, costituisce un enorme problema.

Gloria una volta mi aveva detto che Lorenzo avrebbe dovuto prendersi del tempo per chiarire con se stesso e i suoi sentimenti. E se in questi cinque anni l'avesse fatto? Se in cinque anni si fosse irrimediabilmente reso conto che il suo amore nei miei confronti è vero, puro, innegabile? 

Ecco perché sta succedendo tutto questo: perché Lorenzo sa che non verrà mai ricambiato, che vivrà una vita irrealizzata, che non potrà mai stare al cento per cento. E io lo capisco, perché mi sento allo stesso modo se penso a Mattia e al fatto che non ci potremo mai amare a causa della nostra natura. O della sua natura idiota, per la precisione.

Le intuizioni mi arrivano una dopo l'altra come dei flash.

Mi sembrava che fosse soddisfatto con te, ma quelli così hanno sempre un motivo per non apprezzare ciò che hanno.

Non litighiamo per colpa di quell'idiota. Litighiamo per colpa tua.

Ora che siamo qui, vorrei che smettessimo di perdere tempo.  

Uno, per la volta in cui mi sono innamorato di te e tu hai continuato a preferire un altro, che tuttora definisci idiota microcefalo. 

Non mi va di parlare di questo argomento.

Direi anche... la Nelli di cui mi sono innamorato. 

E per la cronaca, sono felice che tu sia qui. Tanto.  

Una cosa che riguarda Tommaso, eh? Certo.

Me l'aveva data a bere una volta, Lori, con la stessa scusa, ora non mi farà fessa di nuovo. Ormai conosco i meccanismi psicologici del ragazzo e sono pure forti, perché mi stava per fuorviare ancora una volta. Invece il problema è sempre lo stesso, il più ovvio, quello che nel tempo non ha fatto altro che radicarsi e dar vita a sentimenti di contrasto: Lorenzo mi ama ed è stato ogni giorno a contatto con la persona che io amo, e che non è lui.

Che vita difficile deve essere stata, la sua.

Ora che siamo tutti felicemente riuniti e che Mattia si starà confidando con lui sui nostri incontri ravvicinati, Lorenzo starà vivendo momenti d'inferno. Ora mi spiego davvero tutto... e mi sento così male che mi sembra di essere ritornata a quella vacanza in Grecia di cinque anni fa, precisamente al momento in cui tutto tra noi amici stava andando a rotoli.

Forse ho per davvero sbagliato a inquadrare la mia fantasia: non saremo in quattro a confidarci su una gondola in disuso, ma, come ci aveva ben visto Lorenzo, Marco prima o poi lo dovrà necessariamente sostituire.

"Ohi, stai in coma?" Marco mi schiocca le dita a due millimetri dal naso. "Stavo dicendo che anche io, comunque, avrei qualcosa da dirvi."

Mi riscuoto: sto ricevendo troppe informazioni di fila. Sapete che questo mi manda spesso in tilt.

"In realtà avrei voluto condividere solo con Marinella." precisa, lanciando un'occhiata a Fede. "Ma dato che siete l'una l'estensione dell'altra..."

"Dai, apriti." lo punzecchia Federica, incassando l'ennesima frecciatina. "Ho proprio bisogno di novità noiose."

Marco le fa il verso e poi apre la sua tracolla. Estrae il telefono e accede all'applicazione di Facebook, mettendosi a trafficare con mezza lingua di fuori. Io e Fede ci guardiamo: non capiamo il suo modus operandi.

"Ecco qua." ha selezionato il profilo di un tizio e ora ci sta mostrando la foto. "Questo è il nuovo fidanzato di Giorgia."

Ah.

Che cosa???

"Ma è brutto." è il commento genuino che per primo Federica decide di esternare.

"Stai dicendo che io sono bello?" si pavoneggia Marco, ignaro della maionese rimasta lungo il mento.

Federica lo fissa interdetta e incredula che lui non stia mostrando la depressione che ci si aspetterebbe dopo aver mostrato la foto del nuovo fidanzato della tua fidanzata. Con cui hai una figlia.

"Marco, ma è uno scherzo?" gli chiedo, rubandogli l'iPhone e appiccicandomi allo schermo.

Sì, ha ragione Federica: è brutto. Ma non è la problematica principale. La problematica principale è: che diavolo ho appena sentito??

"No." risponde lui, stendendo la schiena e sbilanciandosi all'indietro sulla sedia. "Purtroppo no. Stanno insieme ufficialmente da ieri, ma si frequentano da un mese e si conoscono da sei."

Marco nota che io e Federica lo stiamo fissando intensamente, quindi provvede da solo a rispondere alla domanda madre, senza che gli venga fatta.

"No, non sono disperato." fa, mantenendo il contatto diretto con i nostri volti, segno che sta dicendo la verità. "Mi dispiace, questo sì. Da morire, questo sì. Ma non sono un uomo rovinato."

"Chi ha lasciato chi, perché, quando, come, ora che ne sarà di Rachele." i miei sono titoletti per i paragrafi in cui Marco dovrà organizzare il suo discorso.

"Mi ha lasciato Gio-"

"Ma che stronza!" non fa nemmeno in tempo a finire, la considerazione di Federica precede l'informazione. Forse l'ha pensato per troppo tempo durante le superiori e ora dirlo è più appropriato e liberatorio che mai.

"No, non si è comportata da stronza." la corregge, pacatamente. "Me l'aveva detto, anzi... ce lo eravamo detti, in realtà. Sapevamo che prima o poi sarebbe successo."

Io lo incoraggio con un gesto della mano: "Perché, quando, come, ora che ne sarà di Rachele. Coraggio, Marco, non farmelo ripetere ogni volta."

Marco sospira e rivolge un'occhiata a sua figlia, seduta sulle gambe di mio fratello e ben distante da noi: "È cominciata più o meno l'estate scorsa. Convivevamo nell'appartamentino di Mestre già da un anno e in quell'anno avevamo preso determinati ritmi. Una sera lei mette a letto Racky e poi mi chiede di parlare. Ci sediamo in divano e mi fa dire gli aspetti che vorrei cambiare di quel tipo di vita, poi lei dice i suoi ed effettivamente ci rendiamo conto che si salvano solo un paio di cose, tra cui la bambina. Gio mi dice che non è soddisfatta dei ritmi che ha, che si sente già vecchia, che avrebbe bisogno di cambiamenti e che forse servirebbero anche alla nostra coppia. Decidiamo di darci una smossa, ma non funziona: tra la bambina e i nostri lavori continuiamo a fare la famigliola felice, ma in effetti è diventato tutto un insieme di abitudini. Dopo il capodanno passato a casa con la febbre tutti e tre, Gio mi dice che adora la sua famiglia, che adora me e che ama Rachele. Ma appunto quella che ama è Racky, non me. Insomma, in qualche modo mi ha fatto capire che i sentimenti tra noi erano dati da Rachele e non da noi due e io... beh, in fondo, mi sono trovato d'accordo."

"Così?" domando, malsopportando il suo tono di sufficienza.

"No, non così. Non è tutto qua." specifica, capendo di aver semplificato troppo. "Per me non era come per lei, nel senso che la vita che avevo mi andava bene. Ok, era abitudinaria e forse priva di quell'amore passionale e folle che c'era qualche anno fa, ma non mi sarei lamentato. Avrei continuato con quei ritmi, con quell'affetto che tutt'ora ho per Gio e quel fuoco che alimenta la mia vita, cioè l'amore per Racky." si ferma un secondo, riflessivo. "Bella questa. Fuoco che alimenta la mia vita. Di Mario, segnatela."

Federica rotea gli occhi.

"Però per Gio non valeva lo stesso, lei sentiva l'esigenza di cambiare e io ero d'accordo con le sue motivazioni. Certo, forse non appoggio la sua scelta e i suoi passi successivi, ma non potevo di certo incatenarla. Non ne sentivo nemmeno il bisogno, in realtà. L'avrei fatto solo per Rachele, ma forse sarebbe stato peggio perché si sarebbe resa conto della forzatura."

"Quindi lei lo sa?"

"È complicato." risponde Marco, grattandosi il mento e spargendo quindi la maionese su tutta la mandibola. "Diciamo che io e Gio abbiamo deciso di prendere direzioni sentimentali autonome, ma di preservare il clima famigliare uscendo insieme, tutti e tre, facendo cose e via dicendo. Lo faremo da amici, il che per Racky sarà uno schifo, ma è sempre meglio che farlo da nemici, no?"

Spero che la mia espressione sia meno contrariata di quella di Federica, perché sto leggendo nella sua faccia tutta la disapprovazione che potrebbe avere un assistente sociale.

Infatti Marco le appoggia la mano aperta sul viso, coprendolo interamente: "Non guardarmi così, mia madre è sembrata più comprensiva, cazzo."

Fede mugola qualcosa da sotto il palmo di Marco, ma non la capisco.

"Io e Gio abbiamo deciso che divideremo il tempo per stare con lei in modo perfettamente equo. Sono passati tre mesi da quando ci siamo lasciati, ormai, e per ora il metodo sta funzionando bene. Ha funzionato anche durante il mese con il nuovo fidanzato e sono fiducioso che su questo saremo impeccabili, perché ci vogliamo ancora tanto bene e perché per entrambi Rachele è più importante di qualsiasi cosa. Ovviamente la mamma ha la precedenza su tutto, in questo caso, anche legalmente, e io ne sono perfettamente consapevole."

Federica si libera finalmente: "Ma quella povera creatura?"

"La povera creatura è stordita da quel Riki e per ora ha fatto poche domande, ma io l'ho portata qui anche per questo. Io e Gio abbiamo concordato che debba dirlo io a Rachele e quindi è in vacanza con me perché prima o poi dovrò sganciare la bomba."

"Avrebbe dovuto dirlo lei, dato che è la promotrice di questo abominio."

"No, ho voluto fortemente gestire la situazione da solo. Penso di sapere come fare, penso che se glielo dicesse Gio, lei soffrirebbe di più. Ma non la farò soffrire, giuro, mi sto preparando da tanto e poi con lei ho un rapporto talmente forte che nulla la farà mai dubitare, se detto dal suo papà."

Non so perché, ma mi si è annodata la gola. Provo una forte tristezza, quasi un senso di ingiustizia, anche se da come Marco ha presentato il tutto, pare che sia una situazione già pienamente accettata, come se non rappresentasse chissà quale rivoluzione nelle vite dei diretti interessati.

"Ma perché non l'hai detto a nessuno?" domando, sentendomi leggermente tradita.

"Per la bambina." sospira. "Avrei tanto, tanto voluto confidarmi con qualcuno, ma non potevo rischiare che la notizia arrivasse in qualche modo a lei."

"Ti fidi così poco di noi?" mi stupisco.

"Della Di Mario sì, di te avrei anche potuto fidarmi. Ma..." Marco si dondola e si stringe nelle spalle. "In fondo ho sperato fino alla fine che si riaccendesse la scintilla, che si tornasse indietro, che non stesse succedendo davvero. Ma è successo, e, dall'oggi al domani, mi sono ritrovato come prova della realtà questo qua." accenna alla foto del nuovo fidanzato. "E ho capito che la situazione è vera e che non posso più ignorarla, né con voi, né con me stesso, né con la mia principessina adorata."

Dirò la cosa più banale del mondo ora: "Marco, mi dispiace."

"Non dispiacerti, non sto cercando compassione." mi sorride. "Ho davvero accettato il cambiamento e voglio affrontare la nuova situazione in modo del tutto sciallo. Mi farebbe piacere se mi poteste dare una mano, o dei consigli."

"Sì, io ne ho uno." salta fuori Fede. "Usa più preservativi nella vita."

Per una frazione di secondo, Marco pare profondamente ferito e offeso dalla frase, quasi stupito di sentirla proprio da lei e con un tono così cattivo, ma si ripiglia in un battibaleno.

"Ricambio con lo stesso consiglio. Anzi, fai che è più un augurio."

"Siete degli incoscienti." rimarca lei, come al solito con il tatto alle stelle. "Giorgia, poi... non so, è davvero inconcepibile. Dovresti prendere dei provvedimenti più seri, parlare con i suoi genitori."

Federica ha preso la notizia con rabbia, mentre io sono molto più rammaricata e triste: "Se vuoi, ti aiuterò nel parlarne a Rachele. Starò lì assieme a voi, organizzeremo bene il discorso."

Marco ignora Fede e sorride a me: "Grazie, sarebbe importante per lei."

"Certo."

"Io non posso sentire questa conversazione, davvero." Federica si alza, un po' isterica, e raccoglie la sua borsa, urtando e facendo cadere il cucchiaino per l'ennesima volta. 

"Chi di noi aveva il ciclo, scusa?" la provoca Marco, osservandola con un sopracciglio alzato.

"Sei così superficiale." lo rimprovera lei. "Ci scherzi e ci ridi su, mentre stai rovinando la vita a una bimba come se niente fosse."

"Molti bambini sopravvivono al divorzio dei loro genitori, sai?"

"E molti altri invece no. Mi fa arrabbiare la tua leggerezza di spirito, come se fossi davvero un adulto, mentre non sei neanche capace di mangiare senza sporcarti la bocca." Federica si appropria di un tovagliolino e lo striglia senza troppi complimenti sul mento di Marco, esattamente come faceva la tata novantenne che avevamo io e mio fratello da piccoli e che sicuramente odiava il suo lavoro. Poi molla il tovagliolo sul tavolo e si rivolge a me: "Vado a coprire il mio turno di sorveglianza a tuo fratello. Ricordami di rimanere vergine per sempre."

Federica gira i tacchi e scompare, mentre nell'aria si ode il commento di Marco: "Non c'è pericolo."

"Siete snervanti." considero, sospirando.

Marco alza le spalle: "Presumo che sia il prezzo da pagare per averci scelti entrambi. Potevi avere solo me come migliore amico e saresti stata libera da ogni paranoia."

"Sei troppo arrogante e presuntuoso perché ti possa sopportare da solo." gli faccio notare. "E comunque un po' ha ragione, anche se l'ha espresso in modo infelice."

"Lo so che ha ragione." annuisce. "Ma non posso permettermi quel tipo di atteggiamento, né di essere triste e abbattuto come te. Quando avrai un figlio, capirai."

"Credo di poterlo immaginare." dico, radunando le mie cose in vista dell'arrivo del treno. "E forse sotto sotto lo immagina anche Federica, solo che con ogni probabilità si rivede in Rachele. I suoi sono persone splendide e amorevoli, ma a livello personale ha sempre gestito male il trauma della fine di una relazione. Ha lasciato ed è stata lasciata rispettivamente una volta sola nella vita e sono state entrambe esperienze che l'hanno sconvolta."

"Non mi meraviglio che sia ancora vergine."

"Sì, ma tu sei proprio uno stronzo." 

Marco ridacchia e si alza, indossando la tracolla: "Non posso farci nulla, è più forte di me. Ma non preoccuparti; tanto poi ci pensa sempre il karma a queste cose."

Mi fa l'occhiolino e guarda in alto, e scorgo per un attimo tutto il vero dolore che sta provando.

Solo una frazione di secondo, ma mi basta per capire che non è facile. Per niente facile, nemmeno per lui.

***

SECONDO BREAK

Purtroppo l'avete scoperto anche voi... Non vado fiera di questa novità che coinvolge Marco, Giorgia e Rachele, ma come avrete notato finora, cinque anni sono passati per tutti e non hanno sempre riservato solo gioie. Dai, coraggio, cerchiamo di seguire l'esempio di Marco e non abbattiamoci troppo; dobbiamo essere di supporto per lui e la piccola principessina. Nel frattempo, Nelli ha ricevuto una nuova notifica sul suo smartphone. Vediamo insieme di cosa si tratta...

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***

Come se le brutte notizie non bastassero mai, l'arrivo di Ai e Sanjay ha rappresentato un piccolo shock per il nostro gruppo.

Sapevamo che il nostro caro supplente di educazione fisica non stava godendo di ottima salute, ma dalla nostra ultima vacanza in Grecia non l'avevamo più visto, quindi non ci aspettavamo che arrivasse in certe condizioni. Sanjay, suo nipote nonché gestore della sua palestra a Venezia, ha continuato a darci sue notizie sin dai primi mesi in cui se n'è tornato in Giappone. Ci passava le cartoline che lui inviava, ci aggiornava sulle stramberie che ideava durante il suo pensionamento nella terra natale e, da due anni a questa parte, spesso ci comunicava le più importanti notizie sugli intoppi della senilità che stava affrontando.

Ai è indubbiamente invecchiato ed è stato spesso in ospedale per lunghi periodi. Ora è in uno dei suoi momenti di calma, ma ciò non toglie che nel tempo abbia sviluppato serie difficoltà a deambulare, così, per la maggior parte della giornata, suo nipote è costretto a scarrozzarlo su una sedia a rotelle. È stato questo lo shock più grande, assieme al rivedere il nostro professore così cambiato. L'ho sempre preso in giro per la quantità inumana di rughe che gli adornavano il viso, ma ora è indubbiamente l'essere più rugoso del mondo. Il suo volto è meno vispo di un tempo, il fisico affaticato e piegato sulla sedia e le mani leggermente tremanti.

È come quando giochi a The Sims e lasci una famiglia inattiva: te ne dimentichi, li rivedi da vecchi e il trauma non se ne va per giorni.

"Marinella san, pensi di volere aiutarmi oppure ti devo fare un ripasso di rispetto ed educazione?" 

Tranquilli, nell'anima non è affatto invecchiato. 

Lo raggiungo prontamente e lo aiuto a passare dalla carrozzina alla sedia tappezzata del salotto, che Magno ha avvicinato a un tavolo imbandito. Si è fatta sera, ormai, e dopo un pomeriggio passato a mostrare la villa agli ospiti, è arrivata ora di cena. Per l'occasione, sushi ordinato presso Magno Oriente, il ristorante nippo-cinese di alcuni parenti di Alessandro.

Mi aspetto che anche il sindaco di Cecina sia un Magno, arrivati a questo punto.

"Grazie." mi sorride il vecchio, camuffando uno sguardo marpione sotto a una ruga. "Sempre con testa fra le nuvole, eh?" 

Io a lui non ho mai raccontato nulla, ma in quanto mistico e stalker sicuramente sa. E ora, dal mio sospiro, avrà già capito tutto il mio passato, presente e futuro. E quello dei miei parenti. E sa già anche come finirà Il Trono di Spade, ma non lo dirà mai perché gode nel vederci soffrire tutti.

"Pare sia diventato un mio tratto caratterizzante." gli rispondo, rubando un gambero dal centro del tavolo.

"Lo è sempre stato." ribatte.

Con gran spirito masochista, prendo posto accanto a lui, sapendo, nel profondo del cuore, che sarà una cena impietosa, durante la quale dovrò spifferare ad Ai tutti i miei ultimi fallimenti come amica e persona. E difatti dopo nemmeno mezz'ora mi sento già come dopo tre mesi di seduta dallo psicanalista: voglio buttarmi da un balcone il prima possibile, magari urlando uno straziante "Addio, mondo crudele!". Così, perché fa molto Marinella Argenti.

"Tutti commettono errori." è il commento riassuntivo di Ai, che decide di condividere senza articoli determinativi per non appesantire il file. Nel frattempo, posa solennemente la sua mano rugosa sulla mia.

Io mi irrigidisco un po': mi ero totalmente disabituata a questo tipo di contatto. Anche se lui è l'unico estraneo adulto, eccezion fatta per i miei parenti, da cui mi sia mai fatta toccare.

Sì, ok, ora isolate la frase e ridete perché vi sembra porno. L'ho fatto anch'io.

"Per cinque anni di fila?" gli domando, sarcastica, sentendomi per un secondo la ragazzina di sette anni fa, che guardava dentro questi occhi e faceva domande stupide, le cui risposte avrebbe trovato solo grazie al tempo e a se stessa. Cosa che in realtà deve ancora accadere, ma dettagli.

"Anche di più!" mi fa notare Ai, picchiando il mio avambraccio.

Io sbuffo, fissando il sushi che ho sul piatto con frustrazione: "Sensei, comincio a pensare che lei abbia sempre puntato sulla persona sbagliata." abbasso la voce in un sussurro, per farmi sentire solo da lui. "Cioè, io sto facendo di tutto per rimediare, ma mi vedo un passo indietro rispetto a chiunque. Non sono cresciuta, non mi sono fatta una vita, non ho realizzato niente e, come se tutto ciò non bastasse, ho paura di farlo. Non voglio diventare grande."

Ai stringe la mia mano, accartocciando il volto in un modo che mi ricorda un antistress di Tiger: "Il problema è che sei già grande."

"Lo so!" ululo.

Ai Zu ride per il mio modo scomposto di reagire alle situazioni: "Ho puntato sulla persona giusta, Marinella-san. Proprio per questo."

"Proprio perché con me c'è sempre materiale su cui lavorare?"

"Più o meno." pondera con il salmone in equilibrio tra le bacchettine. Poi lancia un'occhiata alla mia gestione del cibo, si acciglia e corregge la mia impugnatura. "Diciamo che sei la sfida che alimenta ogni insegnante."

"Wow."

"È positivo e negativo insieme."

Ai Zu mi osserva mentre fallisco miseramente nel prelevare il sushino con la nuova impostazione delle bacchette, ma invece di prendersela, sorride. 

"È grazie a persone come te che un insegnante vuole essere un insegnante."

Non vorrò mai essere un'insegnante: l'unico alunno che abbia mai avuto mi ha rovinato la vita. 

Ai sembra leggermi negli occhi questa considerazione, ma sembra anche piuttosto stanco, perciò non prosegue oltre. La cena termina tra le risate collettive e le notizie di Sanjay: è finalmente riuscito ad espandere la palestra di Ai, ora ospita un sacco di attività sportive e non vede l'ora di inaugurare il nuovo padiglione per il tiro al piattello.

Ignoro l'ansia che tutto ciò mi fa provare (persino lui che ha un anno in meno di me è tre volte più in gamba) e inizio a sparecchiare. Questa settimana il turno è mio, ma ho manovrato la tabella degli orari in modo di avere il turno di aiuto cuoco per il pranzo di domani. Il motivo è molto semplice: Marco riproverà la ricetta della pizza e la persona che lo aiuterà sarà Tommaso.

Il mio scopo è di parlare a quattrocchi proprio con lui. Dato che Lorenzo non trova le palle per ri-dichiararsi e Marco e Federica non mi vogliono spoilerare il divertimento, andrò direttamente dalla parte lesa della situazione. Voglio mettere le mani avanti prima che succeda di nuovo il putiferio: voglio mettere in chiaro con Tommaso che i sentimenti di Lorenzo non sono mai stati istigati dalla sottoscritta, dopodiché gli chiederò di aiutarmi a far ritornare gay il mio amico.

So che finirò con un coltello nel petto, ma vale la pena di provarci, no?

Terminati i miei doveri, mentre nel salone tutti chiacchierano o guardano la tv o sgridano i bambini, decido di afflosciarmi drammaticamente sul divano, accanto a Federica, ancora scossa per la realtà su Ai Zu. Affondo sempre più tra i cuscini, mentre con la gola annodata lo osservo ritornare a fatica sulla sua carrozzina. Stavolta lo sta aiutando Francesco, e, visto dall'esterno, questo gesto lo rende protagonista di una scena quasi pietosa: da una parte c'è Natale, alto, robusto, ben eretto e in salute, un uomo ancora tutto da vivere, dall'altra, invece, c'è Ai Zu, piccoletto, gracile, piegato su se stesso e pallido, un uomo più che vissuto, ormai, che ha bisogno degli altri per portare a termine anche le azioni più semplici.

"Non si può vedere una cosa del genere."

Al commento di Federica manifesto tutta la mia approvazione, indignata che la vecchiaia abbia effetto anche sul più forte dei sensei. Ma poi mi accorgo che i suoi occhi grigiastri non stanno incorniciando il mio stesso soggetto e seguo la loro traiettoria, incuriosita.

Capisco il perché di cotanta riluttanza: Silvia Trepalle e Pierpaolo Scilla stanno impudentemente limonando contro il bancone della cucina, mentre, immaginatevi cinquemila virgolette prima e dopo la seguente locuzione, lavano i piatti. Oltre ad essere uno spettacolo raccapricciante, stanno inficiando la scena del vecchio e il giovane che stavo appassionatamente commentando con metafore degne di Nobel per la letteratura.

Tuttavia, per restare in tema di metafore, sento di dovervi dire che Federica è verde di gelosia e... amici, io la capisco.

"Non guardare, Fede. Ti fermano la crescita. Lo dico per esperienza personale."

Ma lei nemmeno mi ascolta; è impegnata ad emettere fumo dal naso e dalle orecchie.

Così tento di mostrarle tutta la mia comprensione: "Sono rimasta così bassa perché dopo avere avuto incontri ravvicinati con la Trepalle in terza superiore, non sono più riuscita ad evolvere. Lei inquina le cose e le persone, come muffa, come ruggine, come acido solforico sulla pietra."

"Ok, ho capito la metafora."

Non riesco a trattenere una risatina: "Perché non incoraggi Scilla a scegliersi una fidanzata con dell'intelletto?"

"Perché a lui basta che sia nel letto, il resto è noia."

"Sono sicura che non è realmente così." dico, poco convinta delle mie stesse parole, ma dispiaciuta che Fede sia innamorata di un tale ebete. "Se fosse così, non starebbe ricominciando a costruire un rapporto con te, no?"

Federica scoppia in una risata amara: "Rapporto? Quale rapporto?"

"Beh, vi vedete per il tè delle cinque, alle cinque della mattina in una foresta. Fa molto fuga esotica dalla realtà."

"No, fa molto sociopatici, invece, ma in fondo è quello che siamo."

È vero! Cavolo, è vero! Ecco la parola con cui non sono mai riuscita a classificare i disturbi di Federica e Pierpaolo: sociopatia!

"E comunque." riprende lei, senza distogliere le iridi dalla coppietta (ci sono passata pure io, quanti brutti ricordi). "Non è che stiamo ricostruendo un rapporto. È già tanto che chiacchieriamo del tempo."

"Ma come? Non ti aveva tipo salvata nel mezzo della foresta e da lì in poi avevate trovato un punto segreto, tutto vostro, in mezzo alle liane?"

"Questa è la versione prodotta da Marinella Argenti in un medley tra fantasia e Tarzan." sibila. "E ci tengo a sottolineare che non mi ha mai salvata. Semplicemente il primo giorno Magno ha sellato male il cavallo, io sono caduta, mi sono un po' disorientata e lui è capitato a fagiolo con un orientamento che neanche le giovani marmotte. Da lì in poi io mi sono fatta strategicamente trovare, puntualmente, nella stessa zona. Lui puntualmente ci passava e io puntualmente da lì in poi lo seguivo a passeggio fino al ritorno in villa, per un totale di ben dodici minuti al giorno di conversazione."

"Però ora vi sorridete."

"È come dire che siamo fidanzati, per te?"

"Meglio: è come dite che avrete dei bambini."

Federica sbuffa e rotea gli occhi, le mani ben salde in una stretta tra se stesse: "Pierpaolo vuole solo essere mio amico."

"È già un passo avanti rispetto a volerti uccidere nel sonno, no?"

"Non c'è mai stato un passo avanti. È sempre e solo stato così, dalle superiori a oggi." il tono di Fede è davvero arido, secco, pungente.

"Perché sei sempre così dura quando si parla delle tue debolezze?" le domando, in totale affetto ed amicizia. "Sembra che sia colpa di tutto e tutti, quando in realtà non è nemmeno una colpa e non dovresti viverla come tale. Nemmeno il modo in cui hai reagito oggi con Marco è stato troppo carino, e tutto perché non vuoi ammettere che hai un bel tallone d'Achille a forma di faccia di Scilla."

"Marco lasciamolo proprio stare."

"Oh, andiamo, come se quella con la ragione oggi fossi tu!"

Federica rimane in silenzio e - miracolo - per la prima volta stacca gli occhi da Pierpaolo e Silvia per puntarli al terreno.

"Che c'è? Pensi che stia difendendo lui, a scapito della nostra amicizia? No, perché se pure tu ti fai le pare come Lorenzo, allora giuro che divento la migliore amica di Eva."

Eva Cantarella, come evocata in qualità di spirito malvagio, si materializza alla mia destra, portando con se il fidato iPhone ed accecandomi con una foto.

"Ah! Un demone mi attacca!" grido.

Eva ride: "Marinella, sei venuta con la bocca aperta e gli occhi da trota, mentre... Fede, a te non ti si vede proprio, è evidente che il desiderio di poter dissanguare la Trepalme ti abbia trasformato in un vampiro."

"Oh. Ho ho. Ho." ride la mia amica, senza sentimento.

"Eva, si può sapere perché fotografi a caso?"

"Perché la nuova fotografa ufficiale sono io!"

"E fai il servizio con l'iPhone?"

"Che problema c'è? Ormai tra un iPhone e una Reflex c'è ben poca differenza."

"Senti, ma questo tuo amico barra fidanzato Luca non potrebbe per lo meno prestarti la fotocamera?"

"No, Nelli, te l'ho detto, abbiamo litigato." Eva fa spallucce, allegra, e poi affina la vista per guardare la foto appena scattata. "Però sai che c'è? Credo proprio di intravedere un'aura diversa attorno a te... credo che... sì, credo che tu abbia finalmente intrapreso la fase tre del tuo cammino di rinascita post-trauma."

"Sei brava a cambiare argomento."

"E tu sei brava a farti prevedere." Eva gira i tacchi e, così come è comparsa improvvisamente, sparisce, se ne va, si dissolve nel nulla. Puff. Come un elfo indesiderato che ruba i tuoi doni di Natale, un brufolo pre-ciclo in mezzo alla fronte, un attacco di diarrea nel pieno della notte. Tutte cose che arrivano, ti danno fastidio, e poi scompaiono. Come le cavallette di A Bug's Life: vengono, mangiano, se ne vanno. Vengono, mangiano, se ne vanno.

Federica sta ancora fissando il tappeto peruviano del salotto.

"Non vorresti stringere quel suo collo filiforme e strozzarla come faceva tua nonna con le galline da brodo?" le domando, riferendomi naturalmente ad Eva.

Federica alza le sopracciglia: "Stesso concetto, ma procedura diversa."

"Bene."

"Comunque." Fede si schiarisce la voce e finalmente mi guarda. "Non è che voglia ripetere certi errori del passato, quindi sì, lo ammetto. Scilla mi piace ancora e tanto e credo di avere un enorme conto in sospeso con lui, e lui con me. Ma finché starà con quella decerebrata non voglio fare nulla di incosciente; già una volta ho tentato di mettermi tra lui e la sua fidanzatina e non ha per niente funzionato. Certo, ok, gli scrivo di sera e sono ansiosa di vederlo di mattina, ma, ehi, io sono Federica di Mario, ho la sua età e anche un cervello pensante, due requisiti che insieme mi impediranno per sempre di costruire un rapporto con lui. Un rapporto diverso dall'amicizia, s'intende."

Sbuffo, intuendo che la mia amica abbia esposto una teoria corretta.

"In ogni caso." aggiunge, alzandosi dalla poltrona e stirando il suo maglione lungo fino alle ginocchia. "Quello che di rapporti blatera tanto e non se ne intende per nulla, è proprio il paparino dell'anno." soffia, sprezzante, indicando nella direzione di Marco. "So che non è solo colpa sua se ora quella bambina vivrà una situazione spiacevole, ma è colpa sua se riesce a farsi odiare da mezzo mondo."

"Io non lo odio."

"Perché tu sei nella metà dei fessi."

"E nemmeno tu lo odi."

Federica lo guarda e pondera per un po', in silenzio. Poi dice: "Per ora non completamente, ma un'altra battutina sulla mia verginità e lo faccio diventare sterile, così da fare un favore al mondo e a tutte le possibili ragazze che potrebbe ingravidare."

La seguo andarsene con un sopracciglio scettico. Non capirò mai fino a che punto sia ancora gelosa di lui per l'amicizia che condivide con me. La loro rivalità può essere giocata su molti punti: il fatto che sin da piccoli non siano mai andati d'accordo, il fatto che la vacanza di maturità li abbia messi ancor più contro, oppure il fatto che siano veramente e puramente incompatibili. Federica si è sempre tenuta a debita distanza dai tipi come Marco: non sopporta l'arroganza e l'autocelebrazione, non sopporta chi è troppo convinto di sé, dato che lei è tutto il contrario. Quindi Marco, a sua volta, non compatisce chi si nasconde dietro a un dito, chi non sa difendersi e chi vive d'insicurezze. Capirete che ci troviamo su due estremi opposti, qui.

Marco si gira, come spinto dalla sensazione di essere osservato e, difatti, si accorge del mio sguardo su di lui. Così mi fa un cenno e mi sorride, mentre io gli sorrido di rimando prima che torni a giocare con Rachele. Secondo la mia personalissima opinione, quel ragazzo non è proprio così male, dopotutto. E va bene: c'è stato un periodo in cui pure io lo odiavo intensamente, ma se nel corso della mia vita ci sono addirittura stata assieme, significa che del buono, nel profondo, l'ho sempre intravisto. I suoi difetti sono come i difetti di tutti: c'è chi sa sopportarli e chi no, ma lui non potrà mai scrollarseli di dosso come se niente fosse.

Sarebbe bello se tutti potessimo farlo con una scrollata, saremmo semplicemente perfetti.

"A chi sorridi?"

"Mattia!" mi rendo conto di essere talmente infossata nel divano che i miei rotolini sembrano salvagenti e la mia faccia è un tutt'uno con il collo, alla Maurizio Costanzo. "Merda."

"Mh, fine."

"Scusa." mi rialzo, mettendomi dritta e pettinando il rasta che mi si è formato nei capelli stando distesa. "Sorridevo a Marco e pensavo al fatto che sia un papà troppo carino."

"Troppo carino non è come lo definirei anche io, però accetto il tuo punto di vista femminile." commenta, avvicinandosi a me, ma evitando di sedersi. 

Posa sulle mie gambe il famoso fascicolo, portandomi a ricordare che, tra le mille altre cose, c'era pure quello. Me n'ero totalmente dimenticata: l'arrivo di Ai mi ha destabilizzata troppo.

"L'ho letto." m'informa Mattia.

"Oh, fantastico. Che te ne pare?"

"Carino?" tenta, riprendendo il mio aggettivo e cercando di comunicarmi che, in realtà, l'ha letto e non ci ha capito una mazza.

Io sorrido e do un'occhiata all'orologio: "Cavolo, è tardissimo. Avremmo dovuto lavorarci prima, quando erano tutti fuori..." sbuffo, grattandomi la testa e dando un'impressione ancora più scimmiesca di me.

"Non c'è problema, possiamo andare in camera mia."

"In camera tua?" mi strozzo, mentre rimango pure incastrata con un dito in un nodo di capelli.

Lui mostra un'espressione saccente: "Sì, c'è addirittura una scrivania dove ci si può appoggiare per scrivere."

Oh, chissenefrega della scrivania. Lui sta palesemente glissando sul fatto che in camera sua ci sia un letto. Ed è il letto l'arredamento fondamentale. Non la scrivania.

"Ok." rispondo, faticando ancora a deglutire come un umano. "Andiamo."

E prima di alzarmi dal divano, passo una mano sulla mia natica: grazie a Dio non ho indossato i mutandoni da nonna.

Però, cavolo, sono senza reggiseno!

***

TERZO BREAK

Oh-oh, la storia insegna che questa non è mai una buona premessa!! Ma prima di seguire Mattia in camera sua, controlliamo quali novità sono uscite sui social e nel telefono di Nelli <3 

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***

La camera di Mattia è un conflitto. È ordinatissima e disordinatissima allo stesso tempo: solo la sua camera poteva essere descritta così. Dico che è ordinata perché fondamentalmente c'è pochissima roba: una valigia, dei vestiti, due paia di scarpe e l'asciugamano da doccia, ma è tutto così fuori posto che mi verrebbe voglia di picchiarlo.

Ok, io non sono l'essere più ordinato di questa Terra, ma tu non puoi, e dico non puoi lasciare la tua valigia davanti alla porta. Seriamente. Non puoi. Ci sono dieci metri quadri di stanza e per entrare e uscire devi spingerla via con il piede, altrimenti il passaggio è bloccato. Quale forma mentis ti suggerirebbe di fare ciò?

Mattia ha lasciato i mille armadi e cassetti vuoti; ha posato i vestiti più in uso a cavallo della sedia e le scarpe sotto di essa. Poi ha piegato l'asciugamano da doccia e l'ha lasciato sopra la scrivania, dove, invece, in camera mia, ci sono il pc e una distesa di smalti, trucchi e gioielli vari. Lo ripeto: io non sono ordinata, ma almeno seguo una logica.

L'unico elemento al posto giusto è il giubbotto, che Mattia ha appeso al gancio sul muro e che mi sta generando non poca ansia, dato che è lo stesso giubbotto con cui si è presentato il primo giorno. Lo stemma dell'Accademia spicca con la sua scritta in ricamo dorato: Una Acies, una sola schiera. O, più che altro, un solo neurone nella testa di questo idiota.

"Allora." Mattia si siede accanto a me sul letto, piegando il materasso e facendomi sbilanciare un po' all'indietro.

È un letto grande, una piazza e mezza, dovevi proprio metterti così vicino? Penso che non sarà affatto facile scrivere questo benedetto discorso.

I fogli sono tutti sparsi davanti a noi: su alcuni ho scritto uno schema da seguire, con introduzione, svolgimento, aneddoti e finale strappalacrime, su altri ho appuntato qualche frase che secondo me sarebbe davvero d'effetto e, infine, ho lasciato qualche foglio per buttare giù i momenti più belli in cui sono stati coinvolti i nostri cari Gloria e Alessandro. Vorrei citarli tutti, ma è impossibile, specialmente perché ci saranno le loro famiglie ad ascoltare. Non vorrei generare traumi.

"Innanzitutto, dovremmo decidere la focalizzazione del discorso." esordisco, la bic che dondola tra il mio indice e il mio medio.

"Cioè?" domanda lui, estremamente preoccupato nell'udire terminologie sconosciute.

"Prima persona, terza persona...? Parliamo come noi, oppure come io, o prima io e poi...?"

Mattia è a due centimetri da me. È già tutto molto imbarazzante.

"Fai al plurale." mi consiglia. "I testimoni siamo noi e siamo due."

"Ok." gli do adito. "Allora parleremo in prima persona plurale. Ma secondo te dovremmo iniziare ringraziando per essere stati scelti o sarebbe meglio mettere i ringraziamenti alla fine?"

Mattia alza le sopracciglia: "Forse è meglio non ringraziare proprio."

"Perché?"

"Sarebbe un po' ipocrita, Argenti." sottolinea con un sorrisetto malizioso.

Non so perché, non lo so davvero, ma sto arrossendo. Forse perché siamo troppo vicini, in un posto troppo intimo come un letto, dopo che poco più di ventiquattr'ore fa abbiamo fatto l'amore dopo cinque anni in cui ci siamo convinti che ci saremmo odiati per sempre.

Accidenti, perché non sono mai riuscita a tenere a bada la mia risposta fisica di fronte a lui? Che ho, sono rimasta con l'impostazione ormonale di una sedicenne? Per la miseria, reazioni così dovrei averle solo ed esclusivamente di fronte a un figo spaziale, palestrato, abbronzato, con gli occhi azzurri, i capelli dorati e conosciuto al mondo con il nome di Brad Pitt! Non di fronte a Mattia!

"Perché sei così rossa?"

Mi chiede, ovviamente.

"Boh." rispondo in difficoltà. "C'è caldo qui dentro."

Mattia ride: "Spogliati."

Ma beneeeee! Perfetto! Dai, continuiamo così. Rendiamo tutto sempre più ambiguo e ingestibile per la povera, adolescente dentro, Marinella Argenti.

"Mattia, dobbiamo assolutamente impostare il discorso in modo coerente e coeso." dico, provando con tutte le forze a concentrarmi solo sulle nozioni di antologia che mi sono rimaste dalle superiori. "Anche perché dovremo esporlo davanti a gente molto colta, che tiene all'eleganza e alla perfezione."

"Per questo suggerirei che lo leggessi tu."

"Ah-ah." scuoto la penna come fosse l'indice, a un palmo dal suo viso. "Punto primo, il discorso non si legge, si impara a a memoria. Punto secondo, io non mi imparo tre chilometri di testo. Ci si divide il tutto in modo equo e congeniale alle abilità di ognuno."

La faccia di Mattia è oltremodo sconvolta sin dal punto primo: "Io non ho abilità."

"Invece sì." insisto. "Sai stupire molto bene, per cui ti assegnerò le parti dove ci sono punti di svolta o aneddoti con una morale inaspettata."

"Ma cosa dobbiamo scrivere, un libro?"

"No, ma non sarà di certo il temino delle elementari, Zingaretti."

"Sì, ma io non riesco a imparare un discorso a memoria! Sei pazza?"

"Parti di un discorso."

"Ma neanche mezza frase!"

"Vedo che certe frasi, semplici o complesse che siano, ti sovvengono facilmente anche a distanza di anni in cui le hai pronunciate o sentite."

Mattia sbuffa, seccato e contrariato. Quindi si passa una mano tra i capelli corti e il mio cuore perde un battito.

"Dobbiamo..." deglutisco, presa malissimo. "Dobbiamo stare concentrati, ecco. Propongo di essere io quella che apre il discorso. Potrei esordire con: 'Cari Alessandro e Gloria...'"

"'Auguri e figli maschi. Fine.'"

Mattia si merita uno schiaffo sulla gamba: "Mi vuoi aiutare o no?!?"

A quel punto, la sua motivazione perde drasticamente quota. Mi guarda, sospira e poi si lascia cadere all'indietro, finendo disteso con la testa sul cuscino. Il problema, in tutto ciò, non è che stia facendo la persona per nulla collaborativa, ma che la sua maglietta si sia alzata e l'elastico dei suoi pantaloni abbassato, lasciando così scoperta una zona di pelle piuttosto ampia e dall'ubicazione piuttosto inopportuna.

Posso benissimo notare le sue anche in rilevo e seguirle fino all'avvallamento verso Sud, coperto dai pantaloni, che tuttavia non nascondono un po' della naturale peluria di cui è provvisto.

Qualcuno mi aiuti.

Anche se distolgo subito gli occhi, il cuore mi si spara nelle orecchie e la penna che ho fra le dita prende ad agitarsi come se fosse un colibrì.

"Non possiamo pensarci domani? Sono stanco." si lamenta Mattia.

"N-no." ecco, ora balbetto pure. Fantastico. "Manca meno di una settimana."

"Ce la faremo."

"Beh, se non mi vuoi aiutare, l'introduzione la scrivo da sola. Dunque..."

Davanti a me, i fogli sparsi non mi comunicano assolutamente nulla. Continuo a prenderli a caso, e a riporli, e sbuffare. "Beh, allora, 'Cari Magno e Gloria...'"

"Non puoi chiamarlo Magno."

"Giusto. Cari Alessandro e Gloria, oggi è davvero un giorno... oggi è il giorno... oggi è il vostro... ah!" il mio cuore non si sta affatto dando una calmata. Lo sento in testa, ovunque, sta persino modificando la mia voce e mi sta facendo tremare le mani. "Siamo felicissimi di poter finalmente celebrare il vostro matrimonio, qui, insieme, a Villa Magna..."

"Tecnicamente a quell'ora il matrimonio sarà già celebrato."

"Siamo felicissimi di aver finalmente celebrato il vostro matrimonio, qui, insieme, a Villa Magna... oggi, venticinque aprile duemila-"

"No, io non direi anche la data."

"E cosa devo dire allora, eh?" mi spazientisco e lascio cadere la penna sul foglio. O meglio, la sbatto sul foglio.

Mattia non si scompone, ma dallo svacco della sua posizione domanda: "Che cosa c'è? Sembri agitata."

I miei occhi finiscono naturalmente sul suo bacino scoperto, dove, come se non bastasse, lui ha appoggiato pigramente la mano. Un'immagine spacca-ovaie, ve lo giuro.

"Già." confermo, infastidita da tutto.

Mattia non dice nulla, forse crede che il problema sia il discorso, ma io continuo a stare sempre peggio. Non riesco a non ripensare a ogni singolo istante di ieri pomeriggio, a quanto sia stato bello, sollevante, intenso e desiderato. Ma allo stesso modo mi rendo conto che non è servito a sfogare un bel niente. Non mi sono passate né le urgenze né i desideri, né nei confronti del sesso, né nei confronti di Mattia.

E questo è un problema enorme, perché se con il rapporto di ieri pensavo di aver finalmente estinto le fiamme represse da anni, ora mi accorgo che le fiamme ci sono ancora e talmente potenti che l'incendio di qualche giorno fa nel giardino della villa non era nulla a confronto.

Ho ancora voglia di fare l'amore con Mattia: immensa, infinita, tragica voglia. E non riesco a scacciare il pensiero, non riesco ad impormi su me stessa e controllare le mie emozioni.

Però sento le parole di poco fa di Federica risuonare nella mia mente già di per sé abbastanza corrotta dal desiderio: Non è che voglia ripetere certi errori del passato, quindi sì, lo ammetto.

"Sai qual è il problema?" esordisco, dunque, lo sguardo fisso sulla sua giacca del cavolo, appesa in fondo alla stanza, mentre lui se ne sta rilassato e disteso alle mie spalle. "Il problema è che mentre provo disperatamente a concentrarmi su qualsiasi altra cosa, l'unico pensiero fisso nella mia testa sei tu e lo stramaledetto effetto che hai su di me."

Evito volutamente di girarmi, ma dopo qualche secondo sento Mattia muoversi. Ha alzato il busto, facendo leva sulle braccia e anche se non mi vede in viso, per lo meno si può accorgere di quanto mi sia irrigidita solo per aver detto tutto ciò ad alta voce.

"Cosa vuoi che sia." è la sua risposta. "Da quando hai iniziato a darmi ripetizioni in terza superiore, questo problema ha sconvolto anche la mia esistenza di ragazzino semplice e interessato solo al calcio. Ma tranquilla, con un po' di allenamento, riesci anche a conviverci poi."

Allora adesso sì che mi volto.

"Stai dicendo a me che devo imparare a convivere con la tua disturbante presenza?" sono sconvolta. "Mattia, io questo problema ce l'ho da quando eri un embrione. Il destino mi ha maledetta sin dal primo respiro."

Mattia si lascia scappare una risatina spontanea e io mi sento come al solito destabilizzata nel profondo dell'anima. Quindi mi mordo il labbro inferiore, mentre la penna torna fra le mie dita, per fare da antistress.

"Ieri è stato bellissimo." ammetto finalmente, sentendomi quasi in colpa nei miei stessi confronti, ma liberandomi da un peso.

Perché finisco sempre per esternare queste cose? Perché mi rendo così vulnerabile? Perché, alla fine, mi lascio sempre andare?

"Anche per me." ribatte. "E non è che non abbia influito sul mio umore, solo che sono un po' meno psicopatico di te, quindi non salterello per la casa e non arrossisco per ogni cazzata, ma comunque sono molto molto contento."

Sarebbe da psicopatica anche lasciarsi andare a un sospiro tormentato ora, eppure lo faccio, sembrando ancora più adolescente e ancora più invasata.

"E anche tu... hai... hai pensato che sarebbe bello poterlo rifare?"

"Mmm... tipo quando? Tipo adesso?"

Lo guardo dritto in quegli occhi, colpevole e supplicante e imbarazzata e anche eccitata ed euforica: "Tipo sì. Perché no?"

Mattia come al solito è troppo soddisfatto della sua influenza su di me, specie perché è andata così palesemente a segno, quindi sorride vanitosamente: "Se non me lo chiedevi, ci avrei provato comunque."

"Che congiuntivi."

Ma ovviamente lui se ne frega dei congiuntivi, si mette dritto con la schiena per avvicinarsi a me e sposta i miei capelli da davanti al viso. Li adagia sull'altra spalla, così il mio collo rimane scoperto e lui può posare lì sopra un bacio.

Sono così rovinata, ma così rovinata che ora sono certa che, in un modo o nell'altro, dopo questo matrimonio non tornerò mai più come prima. 

Però lo voglio così tanto che ormai non riesco a nasconderlo nemmeno a lui. Un tempo cercavo di nasconderlo a me stessa, poi l'ho ammesso, ma ora sento l'esigenza di farlo sapere anche agli altri e in particolare al diretto interessato; è davvero, letteralmente, tutto più forte di me.

Così mi giro e prendo il suo volto tra le mie mani, per condurlo verso il mio e baciarlo dapprima affrettatamente e poi, piano piano, calmandomi, godendomelo e facendoglielo godere di più. Lui si trova ormai seduto, mentre io mi posiziono in ginocchio tra le sue gambe, piacevolmente incredula di quanto sia più comodo fare certe cose su un letto.

Il nostro bacio dura veramente tanto, ma non c'è un solo secondo in cui non sia magico e sentito. Ogni movimento della sua lingua mi fa girare la testa e mi spinge a continuare, a rimanere lì, tra le sue labbra buone. Senza essere brusche, le sue mani si fanno strada sotto la mia maglietta e ormai sicure di poterselo concedere, la sfilano completamente, lasciandomi, ahimè, nuda, integrale, come mamma mi ha fatto.

Quindi le mie mani ricevono l'immediato input dai neuroni per fare da censura vivente, ma Mattia precede persino le mie sinapsi.

"Ti prego, non farti complessi per il seno, ora." mi implora, memore delle nostre esperienze passate.

Sbuffo.

"Anch'io ho dei complessi." mi rincuora. "Non credo di piacerti così tanto."

"Potresti sbagliarti."

"No, sono serio." si ferma per un attimo, interrompendo le smancerie. "Fisicamente, ci sono delle cose che non mi piacciono di me e che non mi sono mai piaciute. Ma il fatto che tu mi abbia sempre apprezzato, sempre, nonostante tutto, è uno dei motivi per cui sto così bene quando siamo assieme. Prova a vederla allo stesso modo, ok? Mi piaci tutta."

Oggi è la giornata della trasparenza d'animo. Ma non è affatto male. Per niente, anzi.

Rinnovata l'autostima, allora, decido di togliermi anche i pantaloni e le mutande, così perché alla perversione non c'è confine, e rimango totalmente nuda di fronte a lui. Esposta, al cento per cento.

"Sì, ma togliteli i calzini delle Superchicche, però."

"Ah, scusa."

Ecco, ora al cento per cento. Scusate.

Mattia sembra molto ispirato dalla cosa, quindi anche lui si lascia denudare e prima che possiamo rendercene conto, finiamo distesi l'uno sull'altra, nella versione più semplice in cui un umano si possa trovare. Le nostre parti più preziose, di solito rese inaccessibili al resto del mondo, si toccano senza vergogna. O meglio, di imbarazzo ce n'è un po', dai, dopotutto non è che l'abbiamo fatto assieme così tante volte, però mi sento giusta assieme a lui, sento che i nostri corpi si possono scoprire, nel senso riflessivo e non del termine.

Finisco supina sul materasso, con Mattia chino sul mio petto, perché i suoi baci hanno voluto arrivare anche sui miei seni, facendomi riscoprire sensazioni che solo con lui avevo provato. E quindi, nello stile più classico dei rapporti sessuali, iniziamo i famosi preliminari, accedendo finalmente ai punti più salienti di noi.

Le mani e le dita hanno un ruolo da protagonisti in questa fase, ma è tutto così naturale e normale che quasi mi viene da piangere. Prima in una barca, poi in un mulino, poi per un esame e poi in piscina, ma fare l'amore su un letto, nudi, con i preliminari e i bacetti e i sospiri a ruota libera, è quanto di più confortevole e confortante possa esistere. È come se avessimo veramente fatto un passo avanti, come quando per la prima volta con il fidanzatino passi dal retro della macchina a camera sua ed è così rilassante e contemporaneamente romantico e perfetto. Ora è ufficiale: questo è sesso vero, questo è sesso serio, questo è sesso adulto.

E sesso fu, difatti, dopo preliminari tanto lunghi quanto estremamente piacevoli, quando finalmente Mattia si sistema sopra di me e colma i miei vuoti con i suoi eccessi. Oggi, oltre a essere il giorno della trasparenza d'animo, è anche il giorno delle metafore. E io voglio. Quel cavolo. Di Nobel.

Ci baciamo a lungo, mentre ormai avvezzi ai reciproci ritmi, consumiamo questo nostro fuoco sulle lenzuola di una villa bellissima. Mi viene un po' difficile non gemere; con il tempo mi ero abituata ad essere più discreta, anche e soprattutto perché ho vissuto in un appartamento condiviso, ma con Mattia le carte in tavola cambiano. Mi fa gemere perché mi piace particolarmente come si muove, ma anche perché con lui mi succede di togliere davvero ogni freno e ogni velo. Di essere io, Marinella, rumorosa e imbarazzante come pochi, ma meravigliosamente io.

Ed è così bello, ve lo posso garantire!

In più, forse per la prima volta nella nostra storia, questo rapporto dura tantissimo. Sarà perché un po' ci siamo sfogati durante i preliminari, oppure perché, all'Accademia, Mattia ha potenziato la resistenza in tutti i sensi, però non mi era mai capitato di rimanere in una piacevole agonia così a lungo con lui. E per me è millemila volte vantaggioso: cullata in un questo mare dolce di piacere, ogni tanto vengo travolta da un'onda e nel mare delle donne ce ne possono essere davvero tante, di onde, una volta trovato il punto giusto.

Purtroppo, però, dopo un po' tutto finisce. Dopo essere venuto, Mattia sembra voler continuare a darmi piacere in altro modo, estasiato dalle mie facce e dei miei versi che forse solo lui su tutta la Terra non trova ridicoli, ma io sono troppo soddisfatta, e fisicamente provata, per non accogliere un po' di riposo a braccia aperte.

Difatti anche rimanere qui immobili, nudi e a pancia in su sul letto, è qualcosa di magico. Naturalmente avrò tutte le barre vitali al massimo, ora, come dopo aver sniffato, e dunque potrei anche avere qualche allucinazione. Ma quello che sento in questo momento è di essere follemente innamorata e amata. Due stati d'animo che non raggiungo mai contemporaneamente.

"Sai che tutto questo potrebbe finire?" prorompe Mattia, con una voce più profonda del solito, data dalla recente attività.

Deve sempre accoltellare i bei momenti, che stronzo.

"Finirà sicuramente." commento, fissando il soffitto. "Non so come, però."

"Lo possiamo decidere noi, se e quando mi concederai di avere un confronto con te, per darti e ricevere delle spiegazioni a cuore aperto e per poter parlare insieme del passato, ma anche del presente e del futuro."

Già, lo so. Ma io ho paura di quel momento. Lo temo con tutta me stessa, perché sarà il momento della verità e, come dice Mattia, potrebbe finire tutto quanto. Mentre, come dico io, finirà sicuramente.

È per questo che cerco di rimandare in ogni modo ed è per lo stesso motivo che non voglio di certo avere tale confronto ora. Non dopo questo momento indescrivibile, non con certe emozioni così fresche in corpo. L'idea di doversene separare adesso mi spaventa quasi più della possibilità di abituarmici e soffrirci ancora di più in futuro. Ma io non voglio soffrire ora; ora voglio solo amare, solo stare con lui, qui, finché c'è.

Mattia capisce che non è proprio il caso di insistere, per cui cambia argomento: "Vuoi scrivere il discorso?"

"No." scuoto la testa. "Ma vorrei riposarmi un po'."

"Vuoi dormire qui?"

"Se il mio enorme culo ci sta sotto le tue coperte, anche sì."

Mattia ridacchia, poi alza il lenzuolo e mi fa accomodare al caldo. 

"Mi puoi prestare un pigiama?"

"Mmm..." Mattia ci pensa su, mentre io mi raggomitolo nel posticino che finora è stato fortunatamente riscaldato dai nostri movimenti. Si alza per dirigersi verso la valigia, ci scava dentro ed estrae una camicia e un paio di boxer. Nel frattempo, io mi sforzo per non guardargli le parti intime come una vera depravata, anche se scommetto che nella vostra immaginazione voi l'avete già fatto. Ammettetelo, impuri.

"Grazie."

Ma mentre si avvicina, il microcefalo comincia ad indossare gli abiti su di sé: "Questo è il mio completo notturno, Argenti. Se vuoi dormire qua, devi dormire nuda."

"Cosa?? Ma sei uno stronzo!"

Mattia si infila sotto le coperte, a fianco a me, e allunga il braccio per spegnere la luce dall'interruttore.

"Non è giusto." commento.

"Tranquilla, ti scaldo io."

"Ma non è..."

Ma in realtà va benissimo anche così.

Mattia si sistema di lato e attira la mia schiena sul suo petto. Mentre posa la testa sull'incavo del mio collo, le sue mani afferrano la mia pancia e sono così grandi che quasi riescono a coprirla tutta. Nonostante mi sia sfogata per bene poco fa, il mio cuore torna a battere forte ed è impossibile nascondere un fremito quando il suo respiro scalda la mia guancia.

"Hai freddo così?"

"No."

"Sicura?"

"Sì, ma..."

"Ma?"

"Ma forse non riesco a dormire, se stai così vicino."

Ancora una volta Mattia trova la mia uscita buffa: "Sai che cosa mi hai detto qualche giorno fa? Che non saresti riuscita a dormire, se io fossi rimasto così distante da te. Ed ero solo sul bordo del letto."

"Non l'ho mai detto."

"Sì, quando eri ubriaca."

"Mattia..." mi lamento sentendo la mia pelle ardere sotto le sue mani.

"Mi hai detto anche che ti sei sentita sola, che sei stata male e che ti sono mancato."

"Allora vedi che te le ricordi le frasi?"

"Le tue." risponde in un sussurro. "Le tue me le ricordo sempre."

Dopo qualche secondo di silenzio, il suo respiro inizia a farsi più lento, mentre io mi sento di condividere un pensiero con l'aria e con voi che sicuramente non state per addormentarvi.

"Non riuscirò mai a dormire."

E chiudo gli occhi, sperando di sbagliarmi, di addormentarmi profondamente e di non risvegliarmi mai più, perché non vorrei mai dover andarmene da qui.

Sì, sono ufficialmente rovinata. Buonanotte a tutti.

*

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(Non so se potete notare la data in cui questo disegno è stato creato... l'autrice Angelica l'aveva fatto mossa dall'ispirazione, ma io le avevo detto che sarebbe passato un po' prima che potessi usarlo, se mai l'avessi usato. Direi che è arrivato il momento e che lei ha avuto un'intuizione geniale, quel 29 agosto XD )


***


Bentrovati <3

Questo capitolo si conclude così... con un po' tanta dolcezza e, spero, un sorriso. Magari vi potrà piacere come pensiero per Natale, o magari vi avrà messo ansia, non lo so. Alcuni di voi penseranno che, in effetti, sembra andare tutto troppo bene, della serie: sì sì, tutto molto bello, ma il disastro si nasconde sempre dietro l'angolo. Beh... può darsi, o può darsi che Mattia e Marinella stiano facendo davvero le cose per bene, per una volta.

Certo è che non siamo per nulla a buon punto: abbiamo quasi raggiunto la metà della storia, ma devono succedere ancora molte, molte cose. C'è da sistemare tutto per il matrimonio, bisogna andare all'inaugurazione del paintball e un sacco di discorsi sono rimasti chiusi nelle bic dei nostri protagonisti. O nel cuore di un papà preoccupato.

Per il prossimo capitolo non mi sento di darvi indicazioni precise: ci sono le feste e non so ancora bene in che cosa sarò impegnata, ma ancora peggio c'è la sessione. Prima sessione del corso magistrale, la quale mi sta creando non poca ansia. Cercherò di essere veloce e di tornare appena dopo le feste con un nuovo capitolo, che segnerà più o meno la metà di "Io e te 3". Ma voi che cosa prevedete che succederà?

Prima di lasciarvi alle solite domande, vorrei esprimere una mia noiosa riflessione: so che "Io e te" è scandito principalmente da soprese, disastri e drammi, ma mi è capitato, studiando teoria della letteratura, di pensare che forse sia solo questo. Nel senso, credo che la trama sia un punto forte di "Io e te", non tanto per originalità, quanto per ritmo, però ho paura che per tanti di voi sia l'unica cosa che rimane. Spero che oltre a ricordarvi di COME va la storia, vi ricorderete anche di CHI la protagonizza e di come è scritta, di COSA vi da, non in termini di sequenze di fatti, ma a livello più profondo. Sempre che sia riuscita a crearne uno >.>

E ora domandiamoci:

1) Perché la gente sente il bisogno di lanciare utensili da cucina addosso a Mattia?

2) L'argomento è già stato trattato sul gruppo, ma volevo chiedervi come avete interpretato le reazioni di Federica nei vari paragrafi del capitolo. Cioè, che opinione avete di lei? E' cambiata nel corso di tutto Io e te? E' cambiata in questo capitolo? Sì o no? In positivo o in negativo? Che pensate di lei?

3) Come avete accolto la notizia che riguarda Marco e Giorgia? Ve l'aspettavate o pensavate che avrebbero proseguito la loro vita come famiglia felice?

4) Come pensate che reagirà Rachele al tutto? Come teme Federica o come ha previsto Marco?

5) Come potrebbe fare Nelli a salvare la sua amicizia con Lorenzo, sapendo che ci sono ancora in gioco dei sentimenti? Come dovrebbe comportarsi?

6) Ai Zu è tornato!!! Come in ogni "Io e te" che si rispetti ;) Vi era mancato?

7) Avete aspettative per il discorso di Marinella e Mattia?

8) Se dovessi descrivere l'ultima parte del capitolo attraverso la MIA personale interpretazione, direi che ciò che traspare di più è il cedimento di Marinella. Non che sia mai partita determinata, ma penso che piano piano si stia lasciando andare del tutto alla situazione, sentimenti e cervello compresi, anche sbagliando perché sta ignorando le conseguenze. Le sta ignorando palesemente, per me. Vedo in lei anche una spontaneità e genuinità che forse di fronte a Mattia non ha mai avuto e, in conclusione, ho la sensazione che lui la stia facendo innamorare pesantemente di sé. Non di nuovo, dato che ci era egregiamente già riuscito, ma più in un modo inedito, più profondo e intimo. Tutto questo per dirvi: siete d'accordo? E se non lo siete, qual è la vostra interpretazione di quanto detto e successo nell'ultima parte?

Prima di salutarvi, devo assolutamente ringraziare tre persone: Ellie, Angelica e Nicole. Per questo capitolo ho fatto svariati casini e il pc non mi è stato d'aiuto, ma loro tre si sono mostrate sempre pronte e comprensive. Ellie ha betato il capitolo alla velocità della luce (subendo il trauma di Marco e Giorgia tra capo e collo in una notte di pura follia), mentre Angelica e Nicole hanno incastrato i loro impegni per proporsi come disegnatrici, nonostante le mille altre cose da fare. Se avete apprezzato il capitolo, è anche merito loro.

Dopodiché io torno a pubblicizzare una delle storie natalizie che più amo, ovvero quella che mi sta servendo da calendario dell'avvento per potervi fare una sorpresina con l'arrivo del nuovo anno. Ve l'ho già descritta alla nausea e, se seguite le mie Instagram stories, saprete che oggi è già il giorno #7, per cui sono arrivata a condividere il settimo capitolo, "Monsters at the Diderot". Vi lascio i link per andare a leggerla e vi raccomando di farlo, in quanto storia per me importantissima, nonché antica del mio repertorio.

All I want (EFP)

All I want (Wattpad)

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Con questo vi saluto sul serio; ovviamente ci sentiremo sui social per le feste e spero anche di poter pubblicare al più presto qualsiasi cosa, con precedenza al nuovo capitolo, s'intende.

Voi mangiate tanto e aspettatemi calorosamente come al solito. Grazie per tutto il supporto e a presto <3

Ah, PS: voglio un commento sui momenti social ;)


***


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Capitolo 11
*** Sangue o pomodoro? ***


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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




Riassunto della puntata precedente:
è tempo di discorsi per i ragazzi della 10^A! C'è Magno che deve scrivere le sue promesse, Nelli e Mattia che devono pensare al loro contributo in quanto testimoni e poi ci sono altri discorsi, che è molto molto più difficile affrontare. Quello di Marco a Rachele, per esempio, che da ora dovrà considerare i suoi genitori non più come una coppia, ma anche quello di Lorenzo a Marinella, e viceversa. Dai, non giriamoci attorno; questi due stanno solo temporeggiando, perché c'è qualcosa che non si sono ancora detti, e non è di certo l'argomento più frivolo di questo mondo. Nelli ha già capito che si tratta ancora del problema con cui lei e Lori si erano lasciati, ovvero la presenza di sentimenti troppo diversi dalla pura amicizia tra di loro. Ma Nelli non può gestirli senza fare del male al suo amico e quindi, prima che lui sganci la bomba, decide di parlarne con Tommaso, l'ex ragazzo di Lori. Quest'ultimo non ha mai sopportato Nelli, ma lei è sicura che, per il bene di Lorenzo, deciderà di intervenire e, se lo ama ancora come ipotizza, sarà capace di farlo tornare sulla "retta via". Nelli ha già organizzato tutto: durante il turno di pranzo, sarà sola con Tommaso e potrà manovrare la situazione a suo vantaggio, scusandosi e facendo capire al ragazzo che non può stare con Lionel, perché il cuore di Lorenzo appartiene a lui e nessun altro. Ma si deve sbrigare o non riuscirà a fare tutto quello che si è prefissata! La notte prima è andata in camera di Mattia per scrivere il benedetto discorso e... niente, non ce la fanno proprio. Tutto è degenerato e i due sono finiti sotto le coperte. Di nuovo. Quindi si sono addormentati e adesso il lavoro inizia ad accumularsi: Tommaso, il matrimonio e, sopratutto, il discorso che più di tutti spaventa i nostri protagonisti, quello sul passato e sul futuro, che attualmente, nel presente, rappresenta la più grande minaccia per i loro sentimenti. Il tempo stringe... quale dei discorsi in ballo è destinato a concludersi per primo?


"Io e te" è semplicemente complicato 

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Sangue o pomodoro?

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To choose between right or wrong is simple, but what defines one's life is

 the decision between the greater of to two goods and the lesser of two evils.

- Fanaa (2006)

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Wavin' flag.

Ve la ricordate? È una canzone di K'naan, è stata usata dalla Coca Cola come brano ufficiale dei mondiali di calcio 2010 in Sudafrica. Quando partiva alla pubblicità, si scatenava l'africana dei villaggi che è in me: io e mio fratello correvamo a prendere delle pentole e le usavamo come bonghi circolando animatamente per la cucina.

Nella mia testa quel file era stato archiviato sotto la dicitura 'Tormentoni 2010', ma per Zingaretti Mattia, a quanto pare, il tempo non è mai passato: è ancora la sua suoneria, ancora dopo anni, ancora accompagnata dallo screensaver illuminato di Gattuso, che irradia la stanza come se fosse il volto sacro di un'inedita Madonna barbuta.

Ho appena bestemmiato?

"Che palle..." è il commento di Mattia, espresso con un tono assonnato ed accompagnato da un movimento bisontico del busto. No, non è sexy da paura come la maggior parte dei ragazzi appena svegli, lui è semplicemente arrabbiato da paura con chi ha osato disturbare il suo sonno.

"Pronto?"

Gli risponde una voce che non riconosco. Non capisco le parole esatte, ma nei pochi secondi in cui la sento attraverso il ricevitore, raccolgo i seguenti dati: è molto autoritaria, appartiene ad un uomo e scatena in Mattia un tumulto che neanche alle superiori quando sentiva chiamare il suo nome per l'interrogazione di matematica.

Difatti il microcefalo è scattato in piedi con la reattività di un cerbiatto al colpo di fucile. Mi ha lanciato addosso mezzo letto ed è scappato fuori dalla porta.

Bello, insomma. Buongiorno principessa, proprio.

Tutto questo mi indispone, ma sono troppo assonnata per reagire, quindi sbuffo infossandomi nelle lenzuola che Mattia mi ha gettato addosso. Aspetto qualche minuto in silenzio, ripercorrendo ad occhi chiusi gli ultimi momenti della giornata di ieri. 

Discorso nemmeno accennato, dichiarazioni d'amore, battibecchi, altre dichiarazioni, sesso con Mattia, dichiarazioni. Niente male, ma ora non posso gongolare. C'è un evento misterioso in atto e io ho il dovere morale di preoccuparmene. Anche se il sesso con Mattia è stato l'evento più bello della mia vita, dopo l'uscita al cinema di Harry Potter e i doni della morte - parte 2.

Mattia rientra nella stanza dopo un paio di minuti, cercando di fare piano, nella speranza che io abbia un sonno impenetrabile e non abbia sentito K'naan inneggiare. È un povero illuso, perché se si ricorda le nostre ultime notti insieme, cinque anni fa, sa che mi accorgo di ogni cosa, persino di un respiro irregolare. 

Non è vero, è stato tutto un caso, ma tant'è.

"Chi era?" domando infatti, facendogli prendere un colpo. Sto anche per alzarmi in modo da poter sondare la sua espressione, ma, fortunatamente, ricordo all'ultimo secondo di essere nuda e me ne resto sdraiata con le coperte tirate fino al mento.

"Papà." risponde prontamente.

Dunque mi perplimo: "Tuo papà?"

Se fosse stato suo papà, l'avrei riconosciuto dalla voce, dato che ce l'ho presente, ma poi dai... papà? Non so nulla di come siano cambiate le cose tra loro, ma di sicuro per come ero rimasta qualche tempo fa, era una grazia che lo chiamasse mio padre e non stronzo, coglione e via dicendo. Papà è un appellativo che ha smesso di utilizzare da quando ha compiuto diciott'anni.

"Lascia stare..." minimizza, generalizzando con un gesto della mano. "Casini." e chiude la porta alle sue spalle, riportando il buio nella stanza.

Non so se sia più inquietante il fatto che Mattia potrebbe appena avermi mentito o che mi sia presa un'ansia assassina. Il pensiero che veramente ci potrebbero ancora essere delle telefonate di suo padre, con annessi casini, mi riporta a provare l'infinita pena che sentivo nei confronti del microcefalo anni fa. Rivivendola ora mi sembra quasi di fare un tuffo nel passato, di sentire l'odore del vento che saliva dal mare, quella mattina di agosto in cui Mattia decise condividere con me la sua sofferenza. Erano scene che avevo imparato ad oscurare, a spingere giù per la gola e inghiottire ogni volta in cui qualcosa le riportava alla mia mente. Per questo spegnevo il tg quando parlavano delle guerre in Siria, per questo non uscivo con i miei amici della 10^A, per questo non volevo avere un confronto con Mattia. Per non ricordare, per non vivere di nuovo quelle emozioni così profonde, così... nostre.

E non capisco se sperare che quella di Mattia sia l'ennesima bugia, oppure che non lo sia affatto.

"Sei sicuro che-"

"Scusa per-"

Parliamo assieme e, dopo qualche secondo di imbarazzo, reso ancora più angosciante dalla cecità che stiamo sperimentando per via del buio, Mattia decide che è meglio stare sui binari del suo discorso.

"Scusa per il risveglio traumatico." dice, adagiandosi un po' a tentoni sul bordo del letto. "Ogni tanto provo con le canzoncine allegre della Samsung, ma... non riesco a stare senza quella suoneria."

"Né la Samsung né le nuove reclute del Milan battono il passato, eh?"

"No, Gattuso fino alla fine."

Mattia ha raggiunto il mio posticino in mezzo alle coperte e ora sta gattonando verso il mio viso, senza che nessuno gli abbia dato il permesso di farlo.

"Che ore sono?" chiedo, sincerandomi di non avere parti nude esposte.

"Troppo presto." mormora lui, e ormai è arrivato a sfiorare la mia guancia con il suo naso. "C'è ancora tempo per dormire... o..."

"O?"

Vorrei e dovrei, forse, saperne di più sulla telefonata di poco fa, ma ci sono certe circostanze che mi fanno da ostacolo. Certo, non intendo affatto passare sopra all'argomento come se nulla fosse, ma attualmente c'è qualcosa che, a sua volta, sta passando sopra di me. In senso letterale: c'è Mattia sopra di me, e il suo profumo è già all'interno dei miei polmoni. Maledetto uomo che con la sua vicinanza conturbante mi rende rimbambita.

Nonostante il risveglio brusco e le preoccupazioni, comunque, non riesco ad essere adeguatamente agitata. Da quando mi sono risvegliata qui, accanto a lui, sto provando una rara sensazione di pace, di avvolgimento, di alienazione dai mali. Un po' come quando esci da una doccia calda in una giornata d'inverno e non hai nemmeno voglia di asciugarti i capelli perché sei così rilassato che vorresti solo distenderti e rimanere immobile a goderti la vita.

La camicia di Mattia profuma della notte appena trascorsa tra le sue braccia, le lenzuola soffici sembrano spuma attorno alle mie curve e l'essere nuda ma invisibile per via del buio è quanto di più delicatamente sexy mi sia mai capitato. Io che sexy non mi ci sento quasi mai.

"O per scrivere il discorso." sussurra, allora, a un centimetro dal mio orecchio.

Il suo soffio mi fa venire un brivido di pelle d'oca, che corre per il collo e scende su tutta la pancia, raggirando di poco il punto di fuoco nella mia metà inferiore. Insomma, sveglia da cinque minuti e già mezza convinta che saltargli addosso come una cowgirl assatanata sia cosa buona e giusta.

"Mattia." lo richiamo in un bisbiglio, ormai sicura che potrebbe sentire anche il battito del mio cuore, per quanto è vicino. "Ieri abbiamo dimenticato di stabilire una cosa molto importante."

"Ossia?"

Lascio che passi qualche secondo prima di rispondere, perché voglio creare una certa sus-

"Ossia, Argenti?"

Seh, vabbe'.

"Non abbiamo scelto in che lingua scrivere il discorso." rivelo.

Mattia rimane immobile, preso in contro piede dall'osservazione apparentemente senza senso. Non lo vedo troppo bene, ma sono sicura che abbia assunto un'espressione confusa e che nel giro di pochi istanti sbotterà con un maleducatissimo e ovvio: "In italiano, no?"

Ma io lo precedo, spiegando meglio la mia preoccupazione riguardo la lingua: "La mia o la tua?"

Mattia, allora, distende i muscoli e sorride. Fortunatamente anche lui è abbastanza pervertito per stare al gioco. Difatti risponde: "A me piace il suono della tua."

E io ribatto: "E a me il gusto della tua."

E non indugio oltre, nel protrarmi leggermente in avanti per avvolgere le sue labbra in un fresco bacio mattutino.

Va bene, fresco bacio mattutino è una cazzata, ma prima ancora di preoccuparmi del mio alito che sicuramente potrebbe farlo stecchito, mi preoccupo del suo naso, che ho appena avvolto con le mie labbra, sbagliando la mira di qualche centimetro. Buono il naso del microcefalo.

Ridiamo entrambi e allora lui posa la sua mano sulla mia guancia per assicurarsi che stavolta non gli ficchi la lingua nell'occhio. Mentre le nostre labbra sono ancora increspate in un sorriso, ci scambiamo un bacio.

Mmm... un bel bacio.

Tra l'altro, avverto che stavolta si tratta di un bacio fine a se stesso. Anche se sono nuda e lui è a gattoni sopra di me, questa effusione non vuole per forza condurre a null'altro. Certo, lo spiraglio di perversione esiste sempre, ma è quasi più bello lasciare che nasca e muoia così, nelle nostre bocche, parlando due lingue che raramente si capiscono ma che se non altro suonano bene e sanno di buono. Discorso dell'alito a parte.

Potrei rimanere ad ascoltare il suono di questo bacio per ore. Anche se fa un po' senso dirlo, lo schiocco delle labbra che si schiudono e il fruscio umido della saliva scambiata risultano essere un'armonia, quasi come stessimo seguendo un pentagramma studiato alla perfezione da entrambi. Che, tra parentesi, io non saprei nemmeno leggere, dato che il nostro prof di musica alle medie non faceva altro che darci brani di Celentano da imparare a memoria.

Ma il sovrapporsi dei baci nella realtà e di Celentano nella mia testa diventa davvero l'unica cosa che riempie questo momento e, per quanto mi riguarda, potrebbe anche durare per sempre. Ok, non vado matta per Celentano, ma ho scoperto che vado matta per Mattia, per quanto questa frase sia tutta un'allitterazione e il sintomo che ormai non c'è Marinella che si possa recuperare.

Il momento, ovviamente, è brutalmente rovinato da una suoneria. La mia, questa volta, che spinge Mattia a scostarsi e lanciare un'occhiata verso il comodino, dove dallo schermo si legge il mittente della chiamata.

"Sei seria?" domanda con tono seccato, mentre io allungo il braccio per rispondere.

È Marco.

"Pronto?"

La sua voce profonda distrugge definitivamente tutta l'atmosfera di armonia che mi stava pervadendo: "Nel, fai conto che la linea è intercettata da Rai 3, per il programma di Chi l'ha visto, quindi non dire cose scomode."

"Eh?" sono ancora troppo assonnata per capire.

"Marinella, ti sto cercando ovunque, sei sparita? Dove sei?"

"In... ehm... in camera."

Mattia si sposta piano da sopra di me, ghignando appena per il fatto che io stia suonando fin troppo colpevole. È indubbiamente soddisfatto di poter influenzare così negativamente la mia reputazione.

"In camera, questo lo credo." ribatte Marco dall'altro capo del telefono. "Ma di certo non in camera tua, porcellina. Che stai combinando con Zingaretti?"

La mia mano vola per coprire il ricevitore, ma Mattia ha sentito tutto, quindi si è già messo a ridere a pancia in su.

Porcellina... ma seriamente, Marco? Gliela farò pagare così tanto.

"Senti, comunque ti cercavo perché stiamo preparando le pizze e ti sei volontariamente arruolata come aiuto cuoco. Non so se tu l'abbia fatto apposta per poter tagliare salsicce in modo provocante sotto gli occhi di Zingaretti-"

Mattia ride ancora di più. Io decido di alzarmi in piedi e camminare il più lontano possibile dal letto, chiaramente coprendomi con un indumento di fortuna.

"Ma resta il fatto che ho bisogno di una mano." prosegue Marco. "Tommaso è già qui, bisogna tagliare i pomodori e stendere la pasta. Comunque, spero che almeno abbiate usato il preservativo."

"Marco. Appena scendo ti faccio pentire di essere nato." ringhio. "Che ore sono?"

"Mezzogiorno, bella addormentata tra le braccia del tuo-"

Premo la cornetta rossa interrompendo il flusso di boiate di Marco. Non lo lascio nemmeno finire, perché sono sicura che potrebbe andare avanti a ruota libera con il perculo fino alla fine dei suoi giorni. Lo immagino già con la faccia compiaciuta mentre saltella tra le foglie di basilico, felice di aver messo qualcuno in imbarazzo anche oggi.

Comunque, mezzogiorno, wow. Solitamente non sono una dormigliona, eppure ho già capito perché stavolta sono rimasta a letto così a lungo. Marco sarà anche uno stronzo, ma tra le braccia di Mattia mi sento veramente come la bella addormentata. Bella, per l'appunto, e addormentata, pronta a svegliarmi solo con il bacio del mio principe azzurro. 

Puah, questa sdolcinatezza mi sta distruggendo. 

"Ravasi." esordisce Mattia, ridacchiando dal suo posto tra le coperte. "A volte lo picchierei, a volte gli stringerei la mano."

"Non ti dico io cosa gli stringerei..."

Mattia accende la luce.

"Zingaretti!" strillo, coprendomi alla bell'e meglio con quella che scopro essere la giacca dell'accademia. Ho preso proprio l'indumento migliore, brava me.

Lui mi sta fissando in modo contrariato. È geloso della battuta su Marco? Sul serio? No, perché se è così, allora mi sento autorizzata a soffocarlo con la sua stessa stupida giacca. Ora. E vaffanculo anche al bacio del principe.

"La smetti di fissarmi?" bercio, voltandomi di schiena come per proteggermi, ma senza pensare che, ovviamente, ho il sedere nudo.

"Convincimi." risponde, dimostrando di starsi divertendo fin troppo.

Allora cerco di coprirmi con la giacca davanti e con una mano dietro, e inizio a raccogliere i miei abiti da terra: "Me ne vado."

"Ma non abbiamo scritto il discorso."

"Sono in ritardo, Mattia." mugolo mentre mi infilo la maglietta.

Lui prende a ribattere e dire cose che nemmeno ascolto. Sono concentrata ad attuare un piano malvagio: dato che ho ancora le parti intime all'aria, prendo le mie mutande, che avevo appoggiato alla sedia, e... le nascondo sotto il letto. Tranquilli, non sono pazza: è tutto calcolato.

"Mattia." lo interrompo, con finta preoccupazione. "Non trovo più le mie mutande."

Lui si guarda in giro.

"Senti, sono davvero in ritardo per aiutare Marco con il pranzo, non è che mi presteresti un paio di boxer?"

"I miei?"

"No, quelli di Amerigo. Sì, i tuoi!"

"Ok, ok." mi calma, scuotendo la testa. Dopodiché si mette a sedere per sfilarsi i boxer di dosso.

"Ma che fai?" ululo coprendomi gli occhi. "Non intendevo quelli attualmente in uso!"

Mattia allora, grazie al cielo, rinuncia a denudarsi e si caccia a ridere di gusto, confermandomi che veramente pensava che volessi i suoi boxer, manco fosse qualche cantante famoso di cui mi approprierei anche della canottiera sudata. Poveri noi.

"Scusa, Argenti, ma dalle parole di Marco avevo capito che fossi un po' deviata, quindi mi sembrava plausibile che volessi qualcosa di intimamente mio."

"Vaffanculo."

"Sono nella valigia." mi indica senza perdere il buon umore.

Si sistema a mo' di vedetta sul materasso, mentre io mi dirigo verso il punto indicato e mi chino, ahimè, a sedere nudo. Io sarò anche depravata a volte, lo ammetto, ma lui è indubbiamente indecente.

"Ecco." sbotto infilandomi un paio di boxer a caso. "Così almeno non mi fissi più le chiappe."

"Difficile non fissare qualcosa che ti copre tutta la visuale."

Mattia, il solito romanticone.

Offesa, finisco di vestirmi completamente e mi assicuro di aver infilato le mie mutandine ben sotto il letto, in modo che non si possano vedere se non cercando apposta in quel punto.

Questo escamotage mi tornerà utile per fare visita alla stanza di Mattia durante la giornata. Mi sono appena comprata due occasioni per provarci: una sarà grazie alla scusa di dover recuperare il mio prezioso indumento e una sarà per riportare i boxer al loro posto. In almeno una delle due, devo fare in modo che Mattia non sia qui, così da poter vagare liberamente nei dintorni e, magari, cercare qualcosa, qualsiasi cosa, che mi riveli se c'è un segreto che Mattia tiene nascosto.

Voglio un indizio per scoprire se il mittente della chiamata di prima era veramente il signor Zingaretti o qualcun altro, e, naturalmente, voglio sapere che cosa voleva con quel tono così perentorio. So che è sbagliato e mi sento in colpa ad aver progettato questa cavolata in stile Argenti, ma la recente inquietudine non è ancora passata e una vocina lontana nel mio cuore ha iniziato a chiamare.

Marinella, Marinella, fai attenzione! Potrebbe essere tutto come in passato! Potrebbe essere tutto come ogni singola volta in cui ti avvicini a lui! Stai attenta, Marinella.

E so molto bene come parafrasare questo monito: in base all'esperienza, come in una maledizione, sembra che ogni volta in cui io e Mattia creiamo un legame, si verifichi un fenomeno inevitabile, per cui tutto sul più bello va a rotoli. Perché lui è un idiota e nasconde una scomoda verità che ci piomba addosso un istante prima che la bella addormentata possa finalmente svegliarsi e vivere la sua vera, meritata fiaba.

"Te ne vai così?" mi domanda Mattia appena poso la mano sulla maniglia.

"Beh, ci vediamo fra poco, no? Non scendi?"

"Sì, ma volevo un bacio."

Indubbiamente Mattia è un idiota, questa è sul serio la verità più assoluta dell'intero universo, ma purtroppo è anche un idiota che nella sua idiozia, non si sa come, riesce ogni volta a sciogliermi il cuore. Ho sempre avuto questo problemino, ahimè.

Mollo la maniglia e mi dirigo verso di lui. È ancora seduto sul materasso, la camicia aperta sul torace nudo e i boxer neri che gli fasciano divinamente quel suo...

Oddio, contieniti, Marinella.

Mi appoggio al letto con un ginocchio, ma lui mi prende per i fianchi e mi trascina a sé. Sussulto, perché non mi aspettavo che mi stringesse così, ma mi basta incrociare i suoi occhi da vicino per farmi rapire e desiderare di morirci dentro.

Ci scambiamo un bacio a stampo e poi subito un altro, che poi diventano tre e al quarto non sono già più baci a stampo. Le mie braccia si sono automaticamente legate dietro il suo collo e la presa delle sue mani è diventata ancora più salda.

"Devi andare." mi ricorda, dando alla frase un'inclinazione a metà tra la domanda e la triste constatazione.

Ma lo capisco. Anche io sento la sua stessa riluttanza: non mi vorrei staccare, non vorrei mai allontanarmi da qui.

Sbuffo: "Perché stiamo facendo così?"

"Non so, perché ti ho chiesto di baciarmi?" ribatte, un po' sarcastico.

Ma non era quello il senso della mia domanda.

Sto per imbarcarmi in qualche profonda trattazione su noi due in quanto amici, nemici o amanti, quando lui mi precede con un'altra tematica importante: "Possiamo parlare, Marinella? Ti prego. Vorrei tanto poterti spiegare delle cose... non posso più aspettare."

Sospiro a ridosso della sua bocca, arrendendomi contro la sua fronte e contro una situazione che sta diventando molto, molto più grande di me: "Ok."

"Ok?" si stupisce.

"Sì, più tardi. Magari stasera, dopo aver scritto il discorso."

"Ok." sospira, quasi sollevato. "Grazie... ora posso lasciarti andare."

"Davvero?"

"No." sorride. "Però vai." e contemporaneamente allunga una mano per darmi una sonora sculacciata.

"Ahia!" strillo, indignandomi.

"Te lo meriti, per aver detto certe cose su Marco."

"Ma vaffanculo, Zingaretti."

Mi alzo e mi faccio strada verso la porta, tutta impettita e offesa dalle maniere dell'idiota. Ma in realtà sono fin troppo su di giri, e lusingata dal modo in cui Mattia, solo Mattia in tutto il mondo,  riesce a farmi sentire così... preziosa.

"È molto più bello di te, sai?" lo provoco, prima di sparire dietro la porta. "Marco, intendo. Come dicevo ieri, è un ragazzo davvero carino."

Mattia mi mostra il dito medio.

Allora raccolgo la giacca dell'accademia da terra e gliela lancio addosso, coprendo quella sua faccia da equinocefalo.

"Vaffanculo, Zingaretti." rido.

Si toglie la giacca dalla faccia e sorride a sua volta: "Altrettanto, Argenti."

***

PRIMO BREAK

Now wave your flag! Now wave your flag! OHO HOHO  OOOOOHOH!

Ok, la pianto XD

Buongiorno, miei cari! Sì, ci salutiamo qui, nel break, perché ne approfitto dello stop per dirvi un paio di cosette. Questo capitolo, come avrete notato è lunghissimo, eterno, perciò vi raccomando di affrontarlo in un momento in cui potete rilassarvi e stare per conto vostro. Vi raccomando di avere a portata di mano tutti beni necessari alla sopravvivenza: acqua, cibo, telefono e via dicendo, cosicché possiate prestare totale attenzione alle parole del capitolo. Sono più di 15 mila, ma nessuna di esse è stata scritta solo per riempire spazio.

Si tratta di un capitolo centrale per la storia, e indubbiamente molto molto importante. Se avete dubbi sulla trama e i personaggi, ripassate dai cap precedenti prima di proseguire, oppure chiedetemelo con un commento, perché, come avrete notato, ci sono vari riferimenti alle store precedenti, "Io e te 2" e "Io e te 1", e continueranno ad esserci per tutto il capitolo.

Dopo questo break ce ne saranno altri 3, ma cercherò di non intervenire in quei casi, perché sarebbero interruzioni superflue. Noterete anche meno materiale multimediale del solito, proprio perché il capitolo è già di per sé molto ricco e credo che non vi andrà molto di soffermarvi su altro. Detto questo allora vi rimando a fine capitolo, dove potremmo scambiare tutte le opinioni del caso, ma vi invito anche, se vorrete, a usare i commenti di Wattpad e l'annotazione per gli appunti di EFP per farmi sapere, passo passo, quali sono le vostre sensazioni e reazioni, perché vi assicuro che cambieranno man mano che andrete avanti.

Sembra un esperimento sociale, lo so, ma in realtà è solo un capitolo molto importante, che influirà per sempre su "Io e te" XD

Buon proseguimento <3

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Qui sopra un esemplare di Marinella Argenti, immortalata nel suo status nature, mentre crede ingenuamente che Mattia non le stia fissando le chiappe. Disegno di Angelica :)

***

Prima di sbucare nella cucina immensa di Villa Magna, mi appoggio alla parete e porto una mano sul cuore.

Sta battendo a ritmo incontrollato, e manda il sangue alle mie guance, facendole sembrare braci bollenti. Quando le tocco, percepisco le mie dita quasi ghiacciate a confronto. Mi sento stordita, come nelle ore che precedono l'inizio di una febbre alta. Ho l'impressione di avere le gambe molli, gelatinose e un senso di debolezza attorno a tutte le articolazioni.

Ho pure un pizzicore alla bocca dello stomaco, ma non sto per vomitare o per sviluppare un febbrone da cavallo. Certo, il mio fisico sembra sul punto di abbandonare per sempre questa terra, ma dentro di me c'è un tumulto di felicità, euforia e ridarella. Esatto, perché mi sono anche messa a ridere.

Vi hanno mai fatto respirare dell'ossigeno puro? A me sì, tipo prima di un'operazione, e ricordo chiaramente che furono secondi bellissimi, dove respirare era così leggero e i dottori tutt'intorno così simpatici. Sembravano degli unicorni dolci e simpatici.

Non ho respirato ossigeno puro stavolta, ma Mattia Zingaretti. Chiaro che non mi sniffo Mattia, ma tutto quello che sta accadendo e quello che è accaduto giusto pochi minuti fa mi dà alla testa come non mai. Non riesco a capire, mi sono trovata in queste situazioni anche in passato, ma non mi sono mai sentita così. Il mio corpo ha sempre reagito a lui, ma mi rendo conto che ogni volta lo fa in modo sempre più potente e mi sto chiedendo se sia per caso arrivato al suo massimo. Sennò quale potrebbe essere il prossimo livello? La morte?

Sono spaventata da tutto ciò, spaventata come non mai, ma allo stesso tempo felice come non mai. Rispetto alla terza superiore e all'avvicinamento che abbiamo avuto cinque anni fa, la nostra relazione è indubbiamente evoluta ed è anche-

Un momento... la nostra relazione?

Io e Mattia stiamo avendo una relazione?

Un mancamento, ecco cosa sto veramente avendo.

Vacca e Alessandra passano davanti a me proprio in questo momento di epifania, reggendo una pila di piatti ciascuna. Potrebbero procedere tranquillamente ignorandomi come sempre, ma niente impedisce loro di farsi gli affari miei e stavolta ritengono sia il caso di farlo. Pare giusto.

Vacca si ferma e mi si posiziona davanti con un sopracciglio inarcato: "Argenti, tutto bene? Sembra che tu stia avendo un collasso."

Beh, circa.

"Nah, sto solo avendo una vampata di calore." minimizzo sventolandomi con la mano, e in realtà continuo a realizzare cose come: io amo troppo Mattia, questa vacanza sarà la mia fine, muoio.

"Tesoro, ti suggerisco di assumere dei medicinali per tenere a bada i sintomi della menopausa precoce." civetta Alessandra, vogliosa, come sempre, di rendere la vita difficile a chiunque. Non mi meraviglio che in origine quelli ad essere la coppietta perfetta fossero lei e Marco Ravasi. "Non c'è da vergognarsi, capita."

"A ventiquattro anni?" Vacca, che non ha colto la cattiveria nell'affermazione di Alessandra, si allarma e naturalmente ipotizza che possa capitare veramente anche a lei.

Ma, per fortuna, nessuna di noi decide di soffermarsi sulla questione.

"Alessandra!"

La rossiccia rotea gli occhi al sentirsi chiamare dal salotto. È la voce di Francesco, o, per essere più precisi, la voce di Francesco quando è incazzato con Alessandra perché non lo sta aiutando. Ormai riesco a decifrare un range notevole di sfumature all'interno delle esternazioni dei miei compagni. Nonostante i cinque anni di pausa da loro, è impossibile levarseli dalla testa. Li conoscete una volta, li conoscerete per sempre.

"Arrivo, Malpelo, un attimo! Non sei ancora stato eletto capo miniera!" sbuffa lei, e io ne approfitto per passare al contrattacco, nella speranza di levarmela di torno.

"Gruccia, com'è che ti stai prestando a tutti questi lavori socialmente utili, anziché passare utilmente le ore a... che so, darti lo smalto?"

Vacca ridacchia e Alessandra si volta lentamente verso di lei come un'anaconda che si prepara ad allargare le fauci per inghiottire il topolino: "Tu zitta, Rinaldi, che da quando il prete se n'è andato, passi le ore a fare cyber sesso con lui via Skype. E non negare; anche se hai le cuffiette, con il silenzio della notte sento benissimo, e non riesco a riposare per quanto il tutto risulti blasfemo e traumatico. Se poi mi escono le occhiaie, non pensare che sia a causa di un correttore scarso." al che si volta verso di me, dato che ha ancora posto nello stomaco. "In quanto ai lavori socialmente utili, Argenti, purtroppo devi sapere che in questi cinque anni in cui sei entrata nei club dei desaparecidos, un certo Francesco Malpelo ha preso il sopravvento all'interno del gruppo. Prima lo odiavano tutti segretamente - eccetto io, io lo odiavo apertamente - mentre ora, dopo aver preso simpatia con la plebe e un pugno di iniziazione sullo zigomo, è una sorta di eroe locale, acclamato e venerato da tutti gli ignoranti. Qualsiasi cosa proponga viene accolta con entusiasmo e lui ha proposto che tutti debbano rendersi utili qui per aiutare Renzo e Lucia." prende fiato. "A me non frega nulla se quei due hanno incasinato le loro stesse nozze perché sono accecati dal loro amore fiabesco, ma se non faccio come viene imposto, quello mi stressa fino alla morte. Mi viene a cercare, peggio di un esattore, e arriverebbe persino a prendermi di peso, affinché la sua parola sia compiuta. E gli altri lo appoggiano, naturalmente. Quindi, dato che ho cose ben peggiori a cui pensare, mi adeguo alla tirannia vestita da democrazia di quel Geppetto esaltato, ma alla prima occasione che mi si presenterà, ti assicuro che avrò modo di ricordargli che nella vita di Alessandra Gruccia l'unica che comanda è Alessandra Gruccia. O al massimo Donatella Versace. Sono stata abbastanza esaustiva?"

Io e Veronica fissiamo Alessandra con la bocca aperta.

"Gruccia, ce la fai o no a portare in tavola questi piatti? " grida di nuovo Francesco, dal salotto.

E allora Alessandra se ne va, non senza prima aver aggiunto: "Una volta temevate me, perché sono apertamente cattiva. Ora adorate lui, ma non avete idea di che cosa si nasconda dietro quella finta faccia di buono."

Avrei scommesso che avrebbe detto 'faccia di culo', invece è stata ancora una volta elegante nella sua malvagità. Dove la trovate una cattiva così forbita e di classe?

Quando è finalmente sparita, Vacca mi lancia un'occhiata vagamente divertita : "Non le è mai andato giù il fatto che lui l'abbia ignorata dopo che si sono baciati. Di solito cadono tutti ai suoi piedi."

"Amen." sottoscrivo trovandomi d'accordo con lei.

Vacca ride: "Amen! Me lo dice sempre anche Carlo."

Finalmente pure lei leva le tende, lasciando una sorta di silenzio rievocativo, in cui non si può fare a meno di sentire l'eco delle parole di Alessandra. Certo che ne ha di risentimento nei confronti di quel rosso, ma mi chiedo questo: se è proporzionale al fastidio che le ha causato quella volta in cui si sono baciati, quanto deve averla toccata il loro bacio? Voglio dire, riguardo a Johannes, il suo attuale fidanzato olandese, non ha mai nulla di cui lamentarsi, eppure non sembra proprio uno stinco di santo. Non è venuto al matrimonio, non la chiama mai, non ha nemmeno scritto su Facebook che è impegnato con lei (e va bene, io e Fede l'abbiamo stalkerizzato). Proporzionalmente, dovrebbe essere molto più infuriata con lui che con Francesco.

Certo, per queste cose, Alessandra, come d'altronde Federica, è una ragazza emotivamente congelata... eppure Francesco, in qualche modo, a suo tempo è riuscito a scombussolare entrambe e gli effetti si notano ancora. Sarà per caso, Francesco, un decongelatore umano? 

Sto sclerando.

Questa cosa di Mattia sta veramente raggiungendo livelli epici; il mio cervello ne risente più che mai. Chiamate la neuro, vi prego, e anche in fretta.

Però c'è da dire che, almeno, ora mi sento un po' sollevata. Non sono l'unica a subire gli effetti dei sentimenti; anche le mie compagne, anche quelle più impenetrabili, non riescono a restare indifferenti di fronte alle risposte fisiche e psicologiche del loro essere donne.

Entro in cucina con questa intuizione scientifica e con il sorriso stampato in faccia. 

Mi aspetto di essere accolta da una qualche battutina di Marco, della serie: 'Ma non è ancora finito l'orgasmo?', invece lui non c'è. Davanti al lavabo si trova solo Tommaso, silenzioso e concentrato a lavare le verdure, mentre indossa un grembiulino shabby decorato da pizzi e merletti che lo fanno sembrare grottesco. 

Ci sono ragazzi, come Lorenzo in terza superiore, che palesano la loro omosessualità attraverso comportamenti o modi di vestire effeminati. Non perché le due cose siano necessariamente collegate, ma qualche volta capita che l'una implichi l'altra, come nel caso Castelli. Ovviamente, maturando è anche cambiato, e ha perso questo suo lato più roseo, ma ciò che volevo evidenziare è il fatto che, al contrario, Tommaso è sempre stato un tipo estremamente mascolino. La sua forma fisica e il viso squadrato hanno sicuramente influito da questo punto di vista, ma solo guardandolo uno non potrebbe mai indovinare il suo orientamento sessuale, tant'è che molte ragazze si sono spesso interessate a lui, tra cui annoveriamo anche la nostra cara Ilenia. Quando mai non si annovera Ilenia in situazioni del genere?

Per questo, vederlo indossare un indumento di gusto femminile mi fa tanto strano, e ammetto che mi risulta difficile trattenere una risatina non appena mi avvicino a lui.

"Ehi, Fiore." lo saluto allegramente, sforzandomi di non fissare il grembiulino.

Tuttavia, lui mi legge nel pensiero e si indica: "No comment su questo aborto; è stato Marco ad obbligarmi a indossarlo."

"Marco è una persona pessima."

"In realtà, avevo già sentito leggende metropolitane a riguardo." mi informa a bassa voce, come se temesse l'imminente materializzazione di Marco alle sue spalle. "C'è chi afferma che a qualcuno, ad Amerigo per l'esattezza, abbia addirittura chiesto di indossare la cuffia da doccia." 

"Per fortuna ho meno capelli di Amerigo." rabbrividisco, guardandomi intorno. "Comunque, lui dov'è?" domando, riferendomi a Marco come fosse qualche innominabile entità del male.

"Sta preparando il forno a legna fuori. Noi dobbiamo finire di tagliare questi." indica un'insieme di ciotole con vari ingredienti all'interno. "Si è raccomandato che io facessi i pomodori e tu le salsicce."

"Simpatico."

"Omofobo."

Sbuffando, mi arrendo alla volontà del nostro capo temporaneo, preoccupata che possa farcela pagare dandoci mansioni ancora più imbarazzanti. D'altronde l'ho chiesto io di occupare questa posizione, quindi non mi posso lamentare. Spero almeno di portare a termine la missione che ho in mente. 

Mi lavo velocemente le mani e sposto le salsicce sul tavolo, per lasciare il ripiano libero a Tommaso.

"Scusa per il ritardo, comunque." faccio, mettendomi di spalle a lui. Non ho bisogno che sia l'ennesimo a leggermi in faccia l'euforia; dopo l'umiliazione subita per colpa di Vacca e Alessandra, direi che sono a posto.

"Stai poco bene?"

E invece mi ha già beccata.

"No, non ho niente." rido, pensando a quanto risulti strano che anche uno come lui, con cui non ho chissà quali rapporti, noti il mio stato di alterazione. "È solo una giornata particolare. Sai, a volte quando sento la gente dire che l'amore non esiste, vorrei riderle in faccia, perché non sono affatto d'accordo. Vorrei tipo sbottare con un 'finiscila di piangerti addosso e dire cazzate, l'amore esiste eccome, bisogna solo ammettere che la maggior parte delle volte lo scambiamo per pazzia'. Anche se in realtà poi la prima che si piange addosso e non lo ammette sono io."

E perché sto dicendo tutto ciò a Tommaso Fiore?

Ma soprattutto... perché sto dicendo tutto ciò?

Lui sbotta con una risatina, ma non si pronuncia oltre e continua a tagliare i pomodori.

"A proposito." tossicchio, tornando in me. "Non abbiamo avuto modo di parlare molto in questi giorni, ma ti volevo chiedere... Come va con... insomma... che mi dici di te e della tua situazione sentimentale? Sei single al momento?"

Il rumore del coltello che sbatte contro il tagliere cessa improvvisamente. Nelli, dai, non fare passi falsi, cerca di spiegarti meglio.

"Non per essere invadente, Tommaso, non mi fraintendere, ma... siccome ho visto che sei venuto con Lionel, ero solo un po' curiosa."

Ti prego, dimmi che sei innamorato perso di lui e che vi trasferirete a Mallorca per sposarvi e adottare una squadra di calcio. Così il problema Tommaso geloso perché Lorenzo è innamorato di Nelli e non di lui si eliminerebbe automaticamente e io avrei un peso in meno sulla coscienza.

"Che cosa?"

Ma il suo tono non sembra per nulla quello di uno che vuole sposarsi a Mallorca e adottare una squadra di calcio.

Quindi deglutisco, già imbarazzata. Non essendo abituata a conversare con lui (leggasi: a stalkerizzarlo) non riesco a capire come modellare questa chiacchierata affinché non finisca con me trafitta da un coltello nello sterno: "Tu e Lionel... insomma..."

"Io-" si volta. "E quel demente? Argenti, ma ti droghi? Io sono gay! Lionel è più etero di Enrico ottavo!"

Mi volto anche io, sconvolta: "Quindi non è diventato gay?"

"No!" sbotta. "Non si diventa gay come si diventa vegetariani e comunque, anche se fosse, non mi ci metterei mai insieme. Lionel è il mio migliore amico! E, tra parentesi, in questi ultimi anni, si è passato tutta la popolazione femminile del triveneto. Ma dove cazzo eri?"

Uh, che toni.

Accuso questo come un colpo basso, ma decido di restare focalizzata sull'obiettivo principale della mia missione.

"Ero distratta, ok? Non lo sapevo." mi difendo. "Ma sono comunque venuta a conoscenza delle ultime notizie. Quelle più importanti, s'intende, e forse avreste dovuto parlarmene un po' prima, che ne dici?"

"Di cosa stai parlando?"

"Sai di cosa sto parlando."

Tommaso abbassa di colpo lo sguardo e si asciuga le mani sul grembiule. Poi inspira sonoramente e torna a voltarsi per tagliare gli ultimi pomodori rimasti.

"Te l'ha detto Lorenzo?"

"No." sibilo, fissando in modo seccato la sua schiena. "Ma me l'ha fatto capire."

Figuriamoci se Lorenzo avrebbe trovato il coraggio di ri-dichiararsi per la seconda volta, considerato che non abbiamo fatto altro che allontanarci e litigare, dopo la prima volta. Ok, c'era un Mattia Zingaretti di mezzo, ma ora è molto chiaro il perché di tutta quell'esagerata  ostilità.

"E come l'hai presa?" mi domanda Tommaso.

"In realtà mi preoccupa di più come l'abbia presa tu." 

In fin dei conti, è lui quello che è stato scaricato per colpa mia. Se cerco di ricordare l'ultima volta in cui si era parlato dell'argomento, mi appare alla memoria la disperazione sul suo volto, dopo i vani tentativi di far ragionare Lorenzo al fine di riaverlo per sé. Chissà quante altre volte ci ha riprovato in tutto questo tempo... peccato che, in tutto questo tempo, Lori abbia continuato ad amare me.

Tommaso sospira di nuovo: "Per me stesso non mi preoccupo mai, credimi."

"Ah, quindi non mi odierai per tutta la vita, se Lorenzo non si rimetterà mai con te. Dico bene?"

Silenzio.

"Che cosa?"

"Non è colpa mia Tommaso, ok? Non è colpa mia se Lorenzo è innamorato di me, non l'ho chiesto io."

"Lorenzo ti ha detto questo?"

"Non me l'ha detto, me l'ha fatto capire! E se è la prima volta che anche tu lo vieni a sapere, allora benvenuto nel club. Pare che tutti gli altri della classe siano già ben informati a riguardo."

Tommaso stringe il coltello con maggiore forza: "No, non me ne ha mai parlato, ma sinceramente non pensavo ci fosse anche questo problema."

"Ovvio che non te l'ha detto, perché sei tu quello a cui la questione va meno a genio di tutti! Sei tu quello che se la prende con il mondo e in primis con me, ma, notizia dell'ultima ora-" quasi grido, arrabbiata. "Non sono io che gli ho chiesto di diventare etero."

"Ah, quindi ora Castelli sarebbe etero."

"Puoi anche dire il mio ex, invece di chiamarlo per cognome."

"Dunque il mio ex non è bisex, ma etero?" rilancia mentre trita pomodori a velocità mai raggiunte. 

Tsè... ci credo che Lorenzo abbia fatto passare tutto questo putiferio per 'una cosa che riguarda Tommaso'. Il problema tocca tutti e tre, ma sembra che Tommaso sia il protagonista indiscusso: tutta la tragedia ruota attorno a lui che non può accettare di essere la seconda scelta, quando in realtà c'è un altro lui che vive un dramma identitario-sentimentale da anni e una lei costretta a spezzare il cuore del suo migliore amico, di nuovo.

Tutta questa situazione mi sta facendo arrovellare e soffrire, ma l'egocentrismo di Fiore è semplicemente insopportabile. Non si merita che io sia qui a scusarmi. A scusarmi, tra l'altro, di qualcosa di cui non ho nemmeno colpa.

"Esatto, e non mi dire che non si diventa etero come si diventa vegetariani." ribatto. "Me lo sono ritrovato attaccato alle labbra da un giorno all'altro, cinque anni fa, mentre pensavo ancora che fosse il mio migliore amico gay. È come se tu ti ritrovassi Lionel attaccato alle labbra da un momento all'altro!"

"Non serve che me lo spieghi, né che mi ricordi cosa è successo cinque anni fa."

"Tommaso, non sono io ad averlo sedotto, mettitelo in testa. Anzi, se tu invece di tenermi il muso lungo mi avessi dato una mano, avremmo potuto risolvere la situazione! L'avremmo riportato sulla retta via, sarebbe tornato con te!"

"Tu l'hai sempre e solo allontanato da me."

Cooosa??

"Che cosa?! Mentre tu passavi il tempo a ringhiarmi contro, io non facevo altro che spingerlo tra le tue braccia! Sin dal primo momento, sin da quando gli hai versato il succo sulla camicia, sette anni fa!"

"Wow, grazie mille, Cupido. Se non ci fossi tu..."

"Se poi ha cambiato direzione non è colpa di nessuno! E se ancora oggi cerca il mio amore ignorando il tuo, forse c'è una valida motivazione!"

"E sarebbe?"

"Che io sono meglio di te e tu non lo meriti!"

Mi rendo subito conto della cattiveria che mi è uscita di bocca e porto le mani a coprirla stupidamente, come se si potessero cacciare indietro le parole. Il mio gesto è anche in reazione a ciò che è appena successo: nervoso come l'ho reso, Tommaso ha fatto scivolare il coltello e si è tagliato.

"Merda!" commenta, passando subito dal bancone al lavabo, circondando il dito ferito con la mano sana.

"Oddio." sussulto, accorrendo verso di lui. "Ti sei fatto male?"

Ma Tommaso mi scansa malamente e fa un passo indietro: "Stai in là, Argenti. E anche vaffanculo nel frattempo."

"Scusami. Scusa."

Vedo l'acqua che scorre sul suo dito tingersi di rosso e mi sento talmente in colpa che quasi mi salgono le lacrime: "Scusa, Tommaso. Non volevo arrivare a questi toni, sono una cretina. Fammi vedere."

"No."

"Dai..."

"Stai in là, ti ho detto." il suo viso è nero di rabbia e scandisce le parole con tanto odio che quasi avrei veramente preferito il coltello nello sterno. Direi che la missione è totalmente fallita. 

Ammutinare la nave! Ammutinare la nave!

"Mio Dio, che disastro." sfiato mettendomi le mani nei capelli e sentendomi malissimo, mentre osservo il misto di sangue, pomodoro e semini sul tagliere. "Non so come scusarmi. Ho sbagliato, non volevo dire quelle cose. Sono cazzate."

"Come la maggior parte di quelle che dici."

"Ci sta." alzo le mani. "Questa frecciatina ci sta tutta."

"Non è una frecciatina. È una verità universalmente condivisa." afferma, mentre stringe i denti per il dolore.

Non mi sono mai sentita così stronza. E il bello è che volevo solamente chiedergli aiuto per portare tutto alla normalità, ma ho scazzato come al solito e ho ottenuto tutto il contrario della normalità. Ora la normalità la vedrò solo con il binocolo. Anzi, facciamo pure con il telescopio.

Sospiro, sconfitta nel corpo e nell'anima: "Dai, fammi almeno ripulire."

Ripulire il casino: l'unica cosa che mi resta da fare ogni volta che metto in pratica un'idea.

"No, lascia tutto lì, non toccare."

"Sei diventato come Marco, adesso?" ribatto, atona. "È solo un po' di sangue. Buttiamo i pomodori e sciacquiamo il ta-"

"No!"

Non so se mi spaventa di più il grido improvviso di Tommaso o la spinta che mi dà per impedirmi si raggiungere il tagliere.

Mi sembra quasi impossibile, ma mi ha veramente appena spinto. Non troppo forte, non mi ha fatto male, ma nemmeno troppo piano ed è stato così inaspettato che è come se mi avesse mandato a decine di chilometri di distanza. Che diavolo...?

Fisso Tommaso con estrema inquietudine.

Dato che nemmeno lui è mai troppo gentile, mi sento proprio di sbottare con un bel: "Ma che cazzo ti prende?"

"Se tu e Lorenzo aveste parlato di cose serie, invece che della vostra bellissima relazione, allora lo sapresti."

"Non abbiamo parlato della nostra relazione e non abbiamo nemmeno una relazione, stronzo, e in ogni caso, spiegamelo tu, allora."

Tommaso mi fissa con una rabbia che non avevo mai visto negli occhi di una persona. Non capisco nemmeno se sia rabbia nei miei confronti o rabbia pura, incontaminata, verso qualsiasi molecola di cui è composto il mondo.

Forse non avrei dovuto chiamarlo stronzo; ha tutta l'aria di volermi picchiare.

Ma io lo precedo, alzando l'indice in segno di minaccia: "Se provi anche solo ad avvicinarti a me, lancio un urlo che farebbe accorrere persino Ai Zu con le sue stesse gambe." 

Seccato e stanco, Tommaso sbuffa: "Ma che cazzo dici, Argenti?" 

Quindi scuote la testa e mi dà le spalle. Senza quasi più calcolarmi, prende da sé il tagliere sporco e lo lascia cadere nel lavabo con violenza, così come alza la manopola dell'acqua, facendola uscire al massimo della potenza. Bene, è passato dall'essere furente, al fare il passivo-aggressivo con gli utensili da cucina.

Non capisco.

Lascia scrosciare l'acqua bollente sul tagliere per un po', poi lo afferra e lo getta nel cestino della spazzatura. 

Cioè, parliamone. Ha appena buttato via il tagliere di Magno. Non bastava lavarlo? Ok maniaci della pulizia, ma diamoci un contegno. No?

Che diavolo succede?

Si attorciglia quaranta strappi di Scottex attorno al dito, dunque tira fuori il disinfettante e passa tutto il ripiano della cucina, provvedendo ad insistere sul punto in cui c'era il tagliere. Getta via tutto il cibo nei dintorni e dà di nuovo una spruzzata all'area.

Io rimango in piedi, allibita, e non oso né muovermi, né fare domande.

Quando ha finito, Tommaso si appoggia con un fianco al mobile della cucina e mi fissa in silenzio, incrociando le braccia al petto. La linea della sua bocca rimane piatta e serrata per svariati, numerosi secondi, e l'unico organo che parla sono i suoi occhi neri come la pece, segnati da due occhiaie violacee che noto solo adesso.

Deglutisco. Non parlo. Non mi muovo.

Sta avvenendo tutto nello spazio che c'è tra le mie e le sue pupille e il mio cervello si sta sforzando per non dare risposte sensate alle domande che stanno sopraggiungendo. Perché Tommaso è così arrabbiato? Perché mi ha spinto via dal tagliere? Perché ha gettato il tagliere nella spazzatura?

...qual è la cosa che riguarda Tommaso, di cui Lorenzo mi doveva parlare?

Di tante teorie, c'è n'è una che sembra fornirmi tutte le spiegazioni mancanti. E se è quella giusta, allora andatevene da questa storia prima che si trasformi in qualcosa che non avete mai sperimentato. 

Di certo, non ne chiederò conferma a Tommaso.

Adesso ho solo il coraggio di voltargli le spalle e sparire dalla cucina.

***

SECONDO BREAK

Entriamo nel vivo del capitolo. Quali sono le vostre teorie finora? Starete pensando alla stessa di Marinella?

Giusto per fare un piccolo stacco, vi propongo un meraviglioso disegno che chi non utilizza i social non è riuscito a vedere. Durante le feste, e in particolare per il capodanno 2017, la nostra disegnatrice Nicole ha creato questa meraviglia come regalo per tutti. Vi piace? Io la adoro! Non fa parte della trama attuale della storia, ma sicuramente in un ipotetico ultimo dell'anno che Mattia e Nelli hanno passato assieme, qualcuno può aver scattato loro questa foto, giusto un momento prima che si dessero fuoco a vicenda :)

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*

Ma prendetevi un altro momentino di pausa, vi servirà per affrontare meglio il resto. Leggiamo insieme che cosa ha scritto quell'idiota di Mattia a Marinella, e poi andiamo a pranzo con la 10^A.

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***

A pranzo sono tutti allegri e chiacchieroni, ma io no.

Ci siamo seduti dentro, dato che fuori c'è la polvere creata dai lavori di Francesco per sistemare il gazebo. Tutti sono contenti di mangiare dentro, perché c'è fresco e il salotto è un amore e il tavolo è stato apparecchiato divinamente. Ma a me fa tutto schifo.

Marco ha servito venti pizze da dividere per assaggiare i vari gusti. Ci sono le margherite, le tonno e cipolla, le prosciutto e funghi, le quattro formaggi. Manca quella alla salsiccia, mentre i pomodorini siamo riusciti a metterli solo sulla vegetariana - ironia della sorte, eh? - che al momento sta mangiando Cristiana.

Io non ho toccato cibo. Ho passato venti minuti a fissare quella maledetta pizza e ora sto fissando Cristiana, con lo stomaco attorcigliato e una rabbia che mi fa tremare sulla sedia. Qualcuno se n'è accorto, ma nessuno ha ancora detto nulla. Se l'avessero fatto, non sarei ancora qui zitta e buona; li avrei già ammazzati con le mie stesse mani.

Perché il problema è che mentre quelle stupide pizze si cucinavano, la mia teoria sbaragliava la concorrenza delle altre teorie e si imponeva nella mia testa come unica plausibile, implicando una miriade di situazioni che non riuscivo, e tutt'ora non riesco, ad accettare.

A partire dal fatto che se è vera, e nessuno me l'ha detto, sono tutti delle grandissime ed enormissime merde.

"Raga, questa viennese è la fine del mondo!" commenta Pierpaolo, mentre mastica una fetta intera che si è ficcato voracemente nelle fauci.

"Ti piacciono i wurstel, eh, Scilla?" ridacchia Diego. "Comunque è vero, stavolta spaccano, Ravasi, è definitivamente la versione migliore. Ma perché non le chiamiamo con nomi originali, invece di viennese, marinara e margherita?" propone, pronunciando questa lista come fossero noiosi argomenti di storia. "Tipo... con i nomi delle posizioni del kamasutra? La Missionaria, la 69, la Forza-G, la Monta inglese,...?"

Federica sputa il pezzo di pizza che ha in bocca: "La monta inglese? Ma è uno stile di cavalcata!"

Diego mostra un sorriso malizioso: "Esatto, Di Mario. Vai per associazione di idee."

"Meglio se le spieghi." se ne esce Marco. "Frufru è un po' inesperta in queste cose."

"Le spiego volentieri. Teoria e pratica."

Cristiana si toglie una scarpa e la lancia in testa a Diego: "Brutto maiale!"

"...uomini stupidi." si sente commentare, allora, Federica.

Tra di noi c'è chi ridacchia e chi saggiamente tace per non irritare ancora di più la parte lesa della situazione. Per un po' si sente solo il tintinnare delle forchette contro il patto, poi Shymée interviene per dare man forte a Federica.

"Fede, sai che cosa dico sempre." le sorride. "Non vale la pena perdere tempo dietro agli uomini; sono cento volte meglio le donne."

I maschi fischiano a questa uscita, immaginando chissà quali porcate, mentre Eva si sfrega le mani alla Bruno Vespa e non perde l'occasione per molestare Ilenia: "Vero, Ile? Tu che ne pensi? Sei d'accordo con Shy?"

Chi capisce il riferimento si fomenta, mentre Ilenia fa tranquillamente spallucce e risponde: "Dipende... se sono donne come Shy, allora sono assolutamente d'accordo."

I maschi fischiano di nuovo. Marco si alza in piedi e applaude. 

Diego afferra il tovagliolo e si asciuga una lacrima dall'angolo dell'occhio: "Che belle parole, ragazze, grazie. Sono felice di essere vostro amico. Sono soddisfatto di essere cresciuto assieme a voi. Vi sono grato per le fantasie lesbo che mi regalate, live e gratis."

Tutto questo chiaramente innesca Cristiana, che sembra in tutto e per tutto una bomba, sia fisicamente che nell'intenzione di esplodere contro la perversione di Diego. La riccia, infatti, si alza in piedi e lo raggiunge a passo di marcia per tirargli un sonoro schiaffo sulla testa: "Brutto porco, se osi solo un'altra volta-"

Ma allora anche Diego si alza in piedi, interrompendo lo sclero della sua fidanzata a mo' di kamikaze che sottovaluta il rischio a cui sta andando in contro.

"Oh sì, Cris gelosa, aspettavo solo questo momento." la prende da dietro la nuca e, davanti a tutti, senza il minimo pudore o ritegno, la bacia con una passione quasi disturbante. 

"Eddai, ragazzi!" si lamenta qualcuno. Altri si coprono gli occhi, altri guardano altrove.

"Dio, grazie per questo miracolo!" esclama Diego non appena si stacca da lei, dandole un buffetto sulla guancia. "Anzi, per questi miracoli." si corregge e, dolcemente come non si confà a lui, accarezza il pancione di Cristiana.

A lei è istantaneamente passata la rabbia, ma è rossa di lusinga e, per deviare l'imbarazzo, cambia discorso, tornando a sedersi davanti alla sua pizza: "Comunque secondo me la più buona è questa."

"La vegetariana?" chiede Marco.

"Sì, ultimamente mangio solo vegetariane in giro, per via della gravidanza, e devo dire che questa è in assoluto la più gustosa che abbia mai assaggiato."

E allora qui devo sopraggiungere io. Cris ha messo l'occasione su un piatto d'argento, e io non me la lascerò scappare.

"Buona, vero?" esordisco, stupendo quelli che finora mi avevano vista così cupa e silenziosa. "Anche secondo me è la più gustosa; ingredienti pazzeschi."

"Freschi freschi dall'orto dei Magno!" mi conferma Alessandro, con un occhiolino.

"Con l'aggiunta del sangue di Tommaso, ahah!" esclamo, fingendo una risatina frivola. "Per forza è così gustosa; tagliando i pomodorini ci ha lasciato mezzo dito."

Continuo a ridacchiare euforicamente, mentre sotto ai miei occhi si verifica il fenomeno che avevo ipotizzato: tutti perdono istantaneamente il sorriso e Cristiana abbassa la fetta di pizza che stava per imboccare, impallidendo visibilmente.

Ora attorno al tavolo c'è solo silenzio: un pesante, assordante silenzio, rotto solo dalla mia risatina che via via si affievolisce, seguendo la flessione sonora di quella delle bambole assassine nei film dell'orrore. 

Tutti si stanno guardando negli occhi, facendomi sentire ancora più stupida, e l'unico che invece ha il coraggio di guardare me è Tommaso, il quale, senza dire una parola, mi conferma che ho pensato alla teoria giusta.

Piano piano la mia recita si dissipa e gli angoli della mia bocca prendono a tremare.

"Nelli..." qualcuno osa timidamente pronunciare, anticipando il dramma che sta per avere luogo.

Io non li ascolto, ma chiudo gli occhi ed inspiro sonoramente. Quando li riapro, mi alzo in piedi in modo brusco, non preoccupandomi di aver spaventato i bambini con il rumore della sedia che striscia.

"Siete delle merde." dico, talmente piano da essere l'unica che forse riesce a sentire.

"Nelli, ti dobbiamo spiega-"

"Zitta." minaccio Cristiana, che sussulta e ritiene che, almeno questa volta, sia meglio stare ai miei ordini. 

"C'è sempre qualcosa che mi dovete spiegare." riprendo, mantenendo un tono basso e arido. "E mi sta bene che si tratti del perché mi avete preso per il culo facendo venire qui sia me che Mattia."

Guardo tutti loro, specialmente Federica e Lorenzo.

"Ma non mi sta bene che qualcuno mi debba spiegare, dopo chissà quanto tempo che lo sapete, che un nostro compagno è malato, probabilmente di qualcosa di orribile e terminale. Perché, anche se me ne sono andata, a me di queste cose interessa. Ok? Mi sono allontanata dal gruppo, è vero, ma mi interessa. Stronzi."

Probabilmente lo sanno da così tanto che nessuno ha avuto il coraggio di dirmelo per paura che me la prendessi. L'avranno saputo tempo fa e, per volontà di Tommaso o perché ormai avevo perso il diritto di venire a conoscenza delle esclusive del gruppo, hanno temporeggiato nel parlarmene. D'altronde un fatto così grave non si racconta per telefono, specie se è il diretto interessato a non voler condividere certe cose con una che odia e che se n'è andata dalla combriccola. Ma poi si sono resi conto che prima o poi sarebbero stati obbligati a dirmelo e più il tempo passava, più diventava difficile trovare un modo per affrontare l'argomento senza farmi sentire tagliata fuori. E più aspettavano più aumentava lo scarto tra me e loro, e nel frattempo anche la possibilità di salvarsi in corner è sfuggita loro di mano. Ora ai miei occhi sono solo delle merde e, sì, anche se fondamentalmente è successo tutto per colpa mia e per le mie fottutissime pare mentali, non è così che ci si comporta con un'amica.

Magari non è così che un'amica si comporta, è vero, ma si tratta di un nostro compagno che ha una malattia, per Dio, e loro non possono non avermelo detto. Non avrei mai pensato che sarebbe potuto succedere.

Mi hanno... mi hanno tradita.

"Nelli." Lorenzo si alza in piedi e fa per dire qualcosa.

"Tu dovresti proprio startene zitto, Lorenzo. Questo è il momento giusto per farlo." lo aggredisco. "E sai, per un po' ho pensato che fossi ancora innamorato di me, ma ora rimpiango che non sia così e che quello che in realtà ti avevano incaricato di dirmi era ben altro. Be'... la riprova che sei davvero gay, no? Dato che ti hanno dato le palle, ma non te ne fai un cazzo."

E detto questo, lascio definitivamente la scena, imitando l'eleganza di Alessandra, per quanto possibile, e la codardia di tutti i miei "amici", nel decidere che il modo corretto per affrontare il problema è direttamente evitarlo.

***

TERZO BREAK

Il prossimo paragrafo sarà molto lungo, quindi vi consiglio di fare tutto il necessario per poterlo leggere senza interruzioni.

Come stacco, vi lascio qui un disegno stupendo di Angelica. Una scena che forse nel contesto del capitolo potrebbe passare in secondo piano, ma che grazie a lei manterrà la sua forza evocativa, magari quando andrete a rileggere il capitolo, senza l'ansia che state sperimentando ora :/ Grazie Angelica, è bellissimissimo, e Cris e Diego sono semplicemente commoventi! <3

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***

La porta della mia camera trema da quanto forte viene percossa. 'Bussare' era solamente lo stadio iniziale del fenomeno che si sta verificando adesso.

"Marinella, dai, apri, per favore!"

"Ti ho detto vaffanculo, Lorenzo!" urlo senza vergogna, tornando poi ad affondare di nuovo la testa nel cuscino.

Non so nemmeno come sentirmi. Non ne posso più.

Da una parte sono distrutta per i pensieri negativi su Tommaso: che cos'ha? Quanto è grave? Perché? E poi sono arrabbiata. No, arrabbiata è decisamente riduttivo. Sono furiosa. Sto odiando tutto e tutti, persino la mia stessa vita. E credo di non essere mai arrivata a livelli così alti di pessimismo.

"Apri, Marinella!" grida anche lui, a sua volta. "Fammi entrare!"

"Mi spiace, ma è vietato l'accesso alle merde!"

Wow, quanta maturità.

"Per favore, lascia che ti spieghi!"

"Ancora non hai capito che sei in ritardo per le spiegazioni? Puoi anche ficcartele nel-" parolaccia. "Le tue spiegazioni di-" parolaccia. "Tanto lo sappiamo tutti che ti piace!"

"Piantala di fare battute omofobe, ok? Stai già dimostrando sufficiente ignoranza!"

"Potrei andare avanti all'infinito!" ribatto. "Tanto non ho niente da perdere! Gli amici li ho già persi tutti!"

"E io sto perdendo la pazienza!" grida, sbattendo i pugni contro la porta. "Se non mi apri, giuro che vado da Mattia e gli racconto il sogno erotico che hai avuto su di lui ancora all'inizio delle superiori!"

Bravo, inventati le cose, Lorenzo. Ah-ah, ci caschiamo tutti.

"Ehi, mi hai capito? Gli racconto che hai sognato di afferrare tra i denti l'elastico dei suoi boxer e di sfilarglieli con la bocca, mentre con la mano sinistra gli accarezzavi il pelo del torace e con la destra-"

Ho aperto la porta.

Fisso gli occhi di Lorenzo con un odio mai provato prima nei suoi confronti: "Hai l'opportunità di girarti e andartene adesso, oppure restare e farti picchiare, perché -non sto scherzando, Lorenzo- ho solo voglia di fare del male a qualcuno. Lasciami stare."

Lui sospira e si volta di spalle, ma in realtà mi fa solo credere di voler andare via, perché in una frazione di secondo mi scansa ed entra nella stanza, correndo saggiamente ad afferrare un cuscino con cui si fa da scudo.

Quindi mi pare giusto lanciarmi addosso a lui con tutte le forze che ho, cacciando un urlo aborigeno che se le Amazzoni mi avessero sentito, mi avrebbero fatto chapeau. Tipo, avete presente Xena, la principessa guerriera quando gorgheggia il suo grido di battaglia? Uguale.

Sorvolerò sulla descrizione dei successivi minuti. Li passiamo veramente a lottare. O, per essere più precisi, io li passo a sferzare pugni a caso e Lorenzo a spingermi via, mentre cadono cose dai comodini e una statuetta si rompe. 

Dopo un po' non mi appaga nemmeno più sfogarmi in questo modo, dunque lo lascio perdere, facendo come se non fosse nella mia stessa stanza. Mi affaccio alla finestra aperta sul giardino, appoggiando i gomiti sul davanzale e affondando la testa nelle mani.

"Nelli, mi dispiace." esordisce, ancora con il fiatone, mentre posa il cuscino al suo posto.

"Stai zitto, non ti voglio nemmeno ascoltare."

"È tutto un enorme casino." 

"Un casino." rido amaramente. "Tommaso è malato ed è tutto un enorme casino. Ok, sembra una mia battuta, ma ok."

"E va bene." mi concede, restando nei miei pressi, ma non avvicinandosi troppo. "Più grave di un casino."

Sospiro, tormentata: "Quantifica grave. Non capisco neanche più se nulla sia grave o tutto sia grave."

"Perché sei arrabbiata, è normale."

"Ma va? Sul serio?" mi giro verso di lui, sconvolta. "Sei proprio un oscultatore della psiche umana, Lori!"

"Sei inopportuna con questo sarcasmo."

"E allora come vuoi che reagisca, eh? Ti picchio un altro po'? Rido, piango, me ne torno a casa? Che cosa devo fare?" allargo le braccia. "Sono accerchiata da un branco di traditori bugiardi, che fino a qualche minuto fa ritenevo amici."

"Stai esagerando."

"Ah sì, io esagero? Vi siete mai chiesti se non siate per caso voi quelli ad esagerare? Tommaso è malato! Per quanto ne so potrebbe anche stare per morire!"

"Non sta per morire."

"Certo, perché non è malato di AIDS, vero? Il fatto di non poter toccare il suo sangue dipende da tutt'altro motivo ancora sconosciuto dalla scienza."

"In realtà lui-"

"Sei capace di dire le cose come stanno? Basta trattarmi come un'idiota!"

"Non è così, Marinella, la situazione è molto più complicata."

"Basta raccontarmi stronzate!"

"E tu basta urlare!" replica, portandosi entrambe le mani alla testa, seriamente disturbato dal mio tono. 

Ma io non mi faccio di certo impietosire dai suoi vittimismi: "Urlo quanto mi pare, Castelli! Tommaso è malato di AIDS e voi non me lo avete mai detto! Siete delle merde!"

"Tommaso non è-"

"Chissà da quanto tempo va avanti, ma Marinella non è degna di saperlo, vero? Perché non fa più parte del vostro club, perché tanto se ne sta lontano da tutti, perché è traumatizzata come un riccio lungo l'autostrada e inebetita dalle sue stesse seghe mentali!"

"Non è-"

"Siete degli stronzi, tu sei uno stronzo! Ti rendi conto, oppure è più importante vendicarsi su di me? Tommaso ha una malattia grave, porca puttana!"

"Non ha-"

"Tommaso potrebbe anche morire!"

"BASTA!" la pazienza di Lorenzo ha raggiunto il limite, e allora sbotta sovrastando anche il più alto dei miei toni. "Non è Tommaso che potrebbe morire, cazzo! Mi lasci parlare?! Non è Tommaso!"

Poi respira.

"Sono io."

Respira di nuovo.

"Sono io ad essere malato, Marinella."

Che cosa???

"Ma non di AIDS, prima che sbrocchi." mette le mani avanti e poi le passa tra i capelli, nervosamente. "Ho l'epatite c."

L'epatite che cosa???

Scusate, ma credo di non aver capito molto bene.

Lorenzo è malato e ha l'epatite c?

Stiamo scherzando?

Ma poi, no.

No.

Questo non può essere vero. Sta dicendo una cazzata.

Cioè, è malato e me lo dice così, mentre si passa le mani nei capelli? Ha l'epatite c e io lo vengo a sapere ora? Così?

Che poi, che diavolo è l'epatite c? È grave? Si muore?

Calma, Marinella, calmati, cerca di riordinare le idee: sicuramente sai cos'è, come minimo te l'avrà fatta studiare il prof. Macchi ad anatomia. L'epatite c è quella che colpisce il fegato, in seguito al contagio tramite il sangue. È grave? Sì. Sì, se non ricordo male, può portare a rischi concreti, come il tumore al fegato. Si muore? Non lo so, non so se tra i rischi ci sia anche la morte, ma di certo quelli appena elencati non fanno presagire sviluppi allegri.

Ma comunque non è vero, è una cazzata.

Non è affatto vero.

Non credo a una sola virgola di quello che ha appena detto, infatti reagisco prorompendo in una grassa risata.

"Ok, ok, questo deve essere proprio il giorno delle stronzate!" sghignazzo esasperatamente, sbattendomi una mano sulla coscia e prendendo a girare in modo scomposto per la stanza.

"È uno scherzo." affermo con convinzione, mentre lui si siede sul letto e si limita a guardarmi, come fossi un animaletto allo zoo che dà spettacolo da dietro il vetro.

"Dai, coraggio, ditemi che vi state vendicando della mia assenza e avete messo in piedi il perculo più grande della storia, bravi. Fantastici atti di recitazione, vi faccio i miei complimenti." batto le mani continuando a ridere, ma Lorenzo abbassa gli occhi e mostra sul viso una stupida espressione di compassione.

Che faccia di culo.

Cammino fino ad arrivare di fronte a lui e lo fisso dall'alto: "Ehi."

Allora sposta gli occhi dal pavimento a me, ma ha ancora quello sguardo inutile che non mi comunica proprio niente, se non estremo e penetrante odio.

Alzo la mano e lo colpisco in faccia con uno schiaffo. 

È piuttosto forte, tant'è che gli fa girare il viso dall'altra parte, ma non me ne pento. Sono contenta di avergli fatto male e mi dispiace di non avergliene fatto di più.

Lui rimane immobile, le mani congiunte sulle ginocchia, e manda giù quello schiaffo semplicemente serrando gli occhi.

"È uno scherzo, per questo fai quella faccia da idiota?"

Lorenzo non mi risponde e io gli tiro un altro schiaffo. Sulla guancia opposta.

Reagisce allo stesso modo di prima, poi lascia passare qualche secondo e alza gli occhi solo per chiedermi con tono monocorde: "Hai finito?"

Sono presa in contro piede. Posso solo fissarlo, sconvolta, nella più totale confusione. 

Che diavolo sta succedendo? 

"Siediti, per favore." mi invita, serio, dando un colpetto su un punto del lenzuolo accanto a lui.

Incapace di fare o dire nient'altro, obbedisco.

Mi siedo un po' più lontano di quanto indicato, mantenendo le distanze da lui e una rigidità da mummia egiziana. Tutti i miei muscoli sembrano in stato di rigor mortis.

"L'ho scoperto sei mesi fa." annuncia. "Ma in realtà era già da un bel pezzo che non sto molto bene."

"Oddio."

Vedo tutto buio davanti a me. Mi porto una mano alla fronte. Forse sto per svenire, o vomitare.

"Nelli." Lorenzo avvolge una mano attorno al mio braccio. "Per favore, ti giuro che se mi lasci spiegare andrà meglio. Lo prometto, però mi devi ascoltare."

Annuisco semplicemente, anche se non credo di riuscirci. Stavolta so per certo che il malessere è reale e dipende da quello che ho appena realizzato. O meglio, che non voglio realizzare. Non sono mai svenuta per uno shock, ma credo che questa sia la volta buona.

A dirla tutta, spero proprio di svenire, e anche il prima possibile.

"Era l'anno scorso, tu eri da poco partita per New York e io stavo preparando delle esposizioni per i crediti sovrannumerali." mi spiega. "Ho iniziato a stare male; pensavo mi fosse venuta l'influenza intestinale a causa dello stress, ma poi è passata e per un po' non è più tornata. Dopodiché il problema si è ripresentato nei mesi successivi e da lì in poi ho cominciato ad essere piuttosto cagionevole di salute, come non lo ero mai stato. Inizialmente avevo queste influenze occasionali, poi altri sintomi e mi sentivo stanchissimo, indipendentemente da ciò che facessi. Alla lunga mi ritrovavo ad avere quasi giornalmente mal di pancia, poco appetito e nausea, e così mi sono fatto prescrivere gli esami del sangue."

Aspettate, io non sto capendo. Sono ancora al 'Sono io ad essere malato, Marinella'. Quindi non era uno scherzo? Non stavano recitando per vendicarsi del mio allontanamento da loro? Non capisco più niente, sono confusa e mi viene da vomitare.

"Gli esiti hanno mostrato che la causa di questi problemi di salute era niente popò di meno che epatite c." simpatico Lorenzo, che racconta tutto ciò come se fosse la storiella dell'orso Teddy. "Lo stato della malattia era avanzato, andava avanti da troppo tempo ed era... beh, è arrivato ad intaccare il mio fegato."

Oh no, allora ricordavo ancora bene le lezioni di Macchi.

"Vuol dire che... diciamo, mi trovo ad un punto in cui è molto difficile intervenire; qualsiasi soluzione porta necessariamente con sé dei rischi. Se mi fossi accorto prima che tutti quei sintomi non erano semplici malesseri stagionali, sarebbe stato molto meglio, ma non avrei mai potuto immaginarlo. Credevo di avere l'influenza intestinale, e poi gli strascichi e poi una ricaduta, e mettici anche lo stress per quel maledetto corso, insomma... sapevo di non star godendo di ottima salute, ma ero convinto che si trattasse di un periodo sfigato, non certo di epatite."

Epatite: che brutta parola. Mi fa girare ancora di più la testa.

"Trascurando la malattia, ho permesso che si aggravasse, e qui nasce il vero problema, purtroppo. Ce l'ho da così tanto tempo che il mio fisico ha esaurito le difese e... ha lasciato che si formasse un tumore, al fegato. Ecco perché stavo così male."

"Me ne vado."

Mi alzo in piedi, ma Lorenzo mi trattiene per il braccio: "Siediti e ascoltami, per favore."

Un cavolo!

Io me ne vado! Non posso ascoltare queste cose, non posso!

"Nelli! Vuoi vedermi incazzato oltre che in difficoltà? Già è una tortura dirtelo, se poi reagisci come se il tumore ce l'avessi tu, siamo a posto."

Ok, va bene, mi siedo. Ma sappiate tutti che non mi sento affatto bene, che odio Lorenzo Castelli e che se il paragrafo si interrompe improvvisamente è perché sono caracollata a terra, o peggio, morta.

Riprende il racconto con il tono ancora alterato: "Cinque mesi fa ho iniziato delle cure che avrebbero dovuto sistemare tutto. Ma non sono servite."

Ma bene.

"Hanno anche provato con soluzioni potenti, eppure il mio fisico non le ha accolte bene e il tumore non se n'è andato. Per fortuna non è entrato in stadio avanzato, però non posso nemmeno tenermelo; è un miracolo che non abbia generato metastasi, anche se il rischio è dietro alle porte. Quindi la via che i medici ritengono attualmente più efficace è un trapianto."

Ma c'è una fine a questa serie di notizie sempre più tragiche? No, perché io non so più a quale finestra puntare per essere sicura che se mi butto di sotto, ci lascio le penne subito.

Un trapianto di fegato. A Lorenzo. Ha solo ventiquattro anni, perché un ragazzo di ventiquattro anni si merita l'epatite, un tumore e un trapianto di fegato?

"Comunque." si schiarisce la voce. "Tralasciando le varie cure, la prima cosa che hanno fatto è stata sincerarsi che non avessi contagiato le persone con cui ero stato a contatto. In particolare quelle con cui avevo avuto rapporti sessuali. Nel caso non lo sapessi, questa malattia si trasmette venendo a diretto contatto con il sangue infetto, cosa che può capitare avendo rapporti sessuali, e specialmente avendo rapporti sessuali di natura-"

"Lo so."

"Ok..." fatica a guardarmi negli occhi, ma non toglie la mano dal mio braccio. 

E ora mi dirà pure che ha contagiato Tommaso, me lo sento. È la perfetta ciliegina sulla torta per questo scempio; ormai è persino prevedibile. 

"Grazie al cielo non avevo contagiato nessuno; d'altronde i miei rapporti sono sempre stati occasionali e super protetti." prosegue. "Quindi una volta scartata l'ipotesi che io avessi contagiato qualcuno, hanno voluto capire chi aveva contagiato me. In mancanza di risposte nelle mie recenti avventure sessuali e viste le mie condizioni, hanno ipotizzato che il contagio risalisse addirittura a sei o sette anni fa. Come da prassi, dovevano assolutamente capire com'era avvenuto e sono dovuti tornare indietro nel tempo. Ovviamente avevo già un forte sospetto, ma avevo paura a credere che fosse vero."

No, ti prego, non lo dire. Non continuare.

"Invece era quasi ovvio che si trattasse di Tommaso. È l'unico ragazzo con cui ho avuto una storia seria, quindi con cui ho avuto rapporti non protetti."

È Tommaso che ha contagiato Lorenzo, non il contrario. Che giornata del cazzo, gente.

"Non ci posso credere..." sfiato.

"Tommaso non lo sapeva, chiaramente." precisa. "L'hanno contattato appena ho detto loro quello che ho detto a te, gli hanno fatto le analisi, et voilà, caso risolto. Anche per lui c'è stata tutta la prassi del possibile contagio ad altri, ma fortunatamente dopo di me Tommaso ha avuto rari contatti con il mondo e sempre comunque distaccati... sai che è andato a vivere da solo per fare l'artista eremita e tormentato, no? L'unico che poteva essere veramente a rischio era Lionel Sanchez, ma quell'imbecille, pur essendo il tuo migliore amico, anche se stai morendo dissanguato non corre di certo in tuo soccorso, è una grazia che chiami l'ambulanza, quindi si è salvato. Non ha mai toccato il sangue infetto e non è successo nemmeno agli altri partner occasionali di Tommaso."

"Ma se ti ha contagiato lui, vuol dire che era malato ancora prima che lo fossi tu! Come ha fatto a non accorgersene?"

"Perché prima che la malattia mostri sintomi possono passare anni, anche decine di anni. I medici non sono riusciti a capire come abbia potuto contrarla, ma sospettano sia infetto da addirittura più di otto anni. E non solo quella di Tommaso è stata una malattia finora asintomatica, ma non ha nemmeno causato complicazioni al fegato. Questo aspetto può variare notevolmente da persona a persona e lui sì che, in questo senso, è stato più che fortunato." deglutisce, con una pallida sfumatura d'invidia. "Almeno grazie alla scoperta, lui ha potuto agire in tempo. Sarà molto più facile nel suo caso tenere a bada il tutto e guarire."

Mi porto le mani ai lati del viso prendendo la forma e il colore della faccina sconvolta di Whatsapp: "Non posso credere che sia vero."

Lorenzo sospira: "Non devi prenderla male. All'inizio ovviamente avevo reagito così anche io, ma poi ho iniziato le cure e mi sono informato profondamente sull'argomento. Il trapianto è invasivo, ma molto valido come soluzione... ehi, ti giuro che è molto peggio nella tua testa che nella realtà." sorride. "Ho la stessa speranza di vita che hai tu, se trovano un donatore alla svelta e va tutto come deve andare."

"Cioè non sai ancora se e quando dovrai affrontare l'operazione?"

"No, non lo so finché non trovano un fegato per me."

"E nel frattempo te ne vai in giro con un tumore nella pancia che rischia di ucciderti e l'ansia di contagiare la gente?"

"Sì."

"Vita spensierata, insomma."

"Non la sto prendendo così male, sul serio." ribatte, sincero. "Sto molto più tempo in casa, sto coltivando un sacco di passioni e perfezionando le mie abilità."

"E che mi dici del fatto che sei praticamente uno zombie?"

"Uno zombie perché sono un morto che cammina o uno zombie perché potrei contagiare la popolazione mondiale come nei peggio film distopici?"

"Lorenzo!" gli mostro la mano per avvertirlo che sta per arrivare il terzo schiaffo. 

"Quello di essere contagioso è uno schifo." ragiona, allora. "E all'inizio mi aveva fatto andare in paranoia. Pensavo che avrei perso tutti, invece ho degli amici assurdi, Nelli." scuote la testa, meravigliandosi delle sue stesse parole. "Li ho avuti per anni e ho sempre trovato qualcosa che non andasse in loro. I maschi della classe, poi, li ho sempre evitati, lo sai, e così facendo non mi sono accorto che ero io il vero coglione. Forse mio padre mi ha sempre messo troppa paura di non essere accettato, in ogni caso, solo adesso ho visto veramente che tesoro ho fra le mani. Ovviamente ci sono state reazioni di ogni genere quando ne ho parlato alla classe, e una sceneggiata della Gruccia degna di Oscar, ma alla fine sono qui e loro sono qui. Ci sto attento in modo maniacale e ho reso tutti consapevoli del problema... anche tuo fratello. Anche, in versione più fantasy e censurata, Rachele, Filippo e Vittoria."

Alzo le sopracciglia: "Lo sapeva anche Davide?"

"Non avrei corso il rischio che accadessero incidenti." spiega. "E anche Tommaso si è trovato d'accordo con la mia politica dell'informazione, dato che ha iniziato le cure da poco e per il momento il suo sangue è ancora contagioso. Lo abbiamo detto a qualsiasi persona ci stesse accanto... mancavi solo tu."

"Sei mesi dopo. Grande."

"Ehi, per la cronaca, gli altri l'hanno saputo un mese fa, quando ho ricevuto la notizia del trapianto. Prima non volevo dirlo a nessuno; ne eravamo a conoscenza solo io e Tommaso."

"E perché mai?"

"Perché non pensavo di essere così tanto nella merda!" esclama, con ovvietà. "Te l'ho detto; inizialmente per i medici sembrava scontato che le loro cure avrebbero sconfitto ogni male, e io non volevo preoccupare nessuno. Ve l'avrei detto con il sorriso in faccia, una volta sicuro di essere di nuovo in salute."

"Hai fatto male i calcoli."

"I dottori hanno fatto male i calcoli! E tu non essere arrabbiata con gli altri, ok? Non te l'hanno mai voluto tenere nascosto, sono io che ho chiesto loro di farlo, perché non era una cosa che potevi sapere da chiunque o nel momento sbagliato. Dovevo dirtelo io e trovare l'occasione giusta... negli ultimi tempi non c'è mai stata, non puoi negarlo, e tanto meno negli ultimi giorni, anche se speravo nel contrario. Sapendo che forse saresti venuta al matrimonio, contavo di ristabilire la pace tra di noi e poi poterti parlare."

"Una bomba è sempre più d'effetto se è a ciel sereno, d'altronde."

"Ovviamente non era quello il senso."

"Ho capito." sussurro. "Anche se è davvero difficile da mandare giù, Lorenzo."

"Ovvio, anche perché nonostante la pianificazione, ho scazzato di brutto e sei comunque venuta a saperlo nel modo sbagliato, senza che tra di noi si fosse sistemato nulla. Rischiando di prenderti l'epatite pure tu, tanto per gradire." scuote la testa, sconfortato.

Il primo segno di cedimento da parte sua. Era anche ora, mi stava quasi spaventando.

"Ehi." appoggio la mia mano sopra la sua. "Non ti preoccupare per quello; Tommaso è stato così premuroso da non permettermi di toccare il suo sangue, anche se sono sicura che non gli sarebbe del tutto dispiaciuto. In più, siamo pari, dato che anche io ho scazzato, credendo che il problema fosse che eri ancora innamorato di me."

"Magari." sorride.

"Magari." ripeto, rabbonendomi del duecento per cento.

"Comunque il discorso dell'altro giorno aveva un senso, per me." dice. "In questi ultimi anni mi sono comportato in modo infantile, per una causa che alla lunga avrei anche potuto lasciar correre. E per colpa di questo ho rischiato di perderti, oppure ti ho perso... non lo so. Ma spero che un domani potrai perdonarmi... un po' per tutto, a dire il vero."

Annuisco, abbassando la testa.

"Spero che mi perdonerai anche tu." mormoro. "Sono stata un'amica non degna di essere chiamata tale. Pensavo di esserne sufficientemente consapevole, mentre scontavo le mie pene lontano dal mondo, ma in realtà lo sto realizzando pienamente solo adesso. Me ne rendo conto giorno dopo giorno, quando vedo come sono cambiate le dinamiche tra me e voi, come oggi a tavola, ma anche quando vedo che in realtà non sono cambiate affatto, e che nonostante tutto voi non mi avete abbandonato."

Lorenzo mi arruffa i capelli: "Come si fa ad abbandonarti? Sei una nostra responsabilità, come un cagnolino che scappa di casa e rischia di provocare qualche incidente in giro."

"Che bella similitudine traboccante di affetto." ringhio. "Ancora più bella della mia sugli zombie."

Lorenzo ridacchia compiaciuto e io mi isso sul materasso, mettendomi più comoda e distendendo le gambe sopra le sue.

"Sei arrabbiato con Tommaso?"

Il biondino non si aspettava questa domanda, perciò reagisce esibendo un sorriso imbarazzato e guardando in alto. Non sa come rispondere, quindi tace, ma il suo pomo d'Adamo compie un movimento che potrebbe celare imbarazzo, o disagio, o qualcosa di ancora più serio.

"Lui era piuttosto arrabbiato oggi, quando gli ho detto che amavi ancora me e non saresti mai più tornato con lui."

"Ah sì?"

"Ah-ha. Stava per picchiarmi."

Lorenzo si acciglia per mezzo secondo, ma poi torna a scuotere la testa e guardare altrove: "È una faccenda talmente incasinata che non so trovare nemmeno io una risposta... o una spiegazione."

"Ti ha dato una mano con il disegno dell'abito di Gloria, quindi non siete arrabbiati." butto lì.

Ancora una volta Lorenzo si trova in difficoltà. Apre la bocca per dire qualcosa, ma la richiude subito e sospira, sorridendo a disagio e muovendo le iridi per ogni angolo della stanza, come se stesse cercando di seguire i suoi stessi contraddittori pensieri.

"Lori?"

Finalmente le sposta su di me: "Non so come mi sento, ma so come si sente lui."

"Cioè?"

Lori scuote la testa, mentre con una mano accarezza distrattamente la mia gamba: "Ero incazzato. Tanto, ero... fuori di me. Quando ho scoperto che lui mi aveva passato la malattia, sono uscito di testa e gli ho riversato addosso una marea di accuse e di parole cattive."

"Beh, è comprensibile che ti sentissi così." commento. "Anche se non è del tutto colpa di Tommaso."

"Lo so." annuisce. "Ma sono arrivato a realizzare questa verità solo dopo svariati giorni e nel mentre ho scelto lui come punto di sfogo. Era venuto a Modena per fare tutti gli accertamenti ed era talmente mortificato che non trovava pace. Cercava di parlare con me e di avvicinarmi in ogni modo, ma io non potevo nemmeno guardarlo in faccia, e quando ci siamo trovati costretti a farlo per via di un esame in comune, gli ho detto che... ah!..." 

Lori non ce la fa proprio. Quello che vorrebbe raccontare è troppo pesante, quasi più dell'ammissione di essere malato. Ma provo comunque a incoraggiarlo con uno sguardo.

"Gli ho detto che non era giusto. Che avevo sempre rispettato in modo impeccabile le regole per non incorrere in questi rischi, che avevo protetto ogni singolo rapporto della mia vita, che non avevo mai nemmeno scambiato effusioni con gente che non conoscevo abbastanza. Avevo giurato a mio papà e mia mamma che non avrei mai fatto cazzate e difatti non c'è stata una singola volta nella mia vita in cui sia stato irresponsabile. E poi arriva la mia prima storia d'amore; l'unica storia seria che abbia mai avuto e..." allarga le braccia, combattendo con un accesso di rabbia. "Gli ho detto che lo odiavo, e che non era giusto che io mi fossi ammalato più gravemente di lui e che speravo che nonostante le premesse, fosse comunque lui il primo dei due a morire."

Spalanco la bocca, fissando Lorenzo in piena incredulità.

"Lo so, ti prego, non guardarmi così."

"Mio Dio, Lorenzo!"

Lui non fa altro che scuotere il capo e guardare in giro, ormai sembra essere diventato una di quelle statuette con la testa ballerina che si appiccicano al cruscotto della macchina.

"Io non ho ancora fatto pace con nessuno dei miei sentimenti, e nessuna delle ingiustizie subite, e nemmeno con Tommaso." ammette, piano. "Ma so di averlo ferito profondamente, e so che in fondo non è colpa sua, e che, tutto sommato, anche lui è malato esattamente come me... siamo sulla stessa barca, ma l'ho gettato in mare ancor prima che potessimo salpare."

Soffio, decisamente sovrastata dalle emozioni: "Che gran casino."

"È un casino enorme, Marinella, te l'ho detto." si trova d'accordo e mi regala un'implorazione cristallina, volgendo i suoi occhi azzurri verso di me. "È un casino tutto quanto e non so se sarò mai capace di superarne nemmeno un millesimo."

"Certo che lo supereremo." mi impongo, reggendomi con le braccia per erigere il busto in modo autorevole. "Innanzitutto troverai un donatore e sistemerai quel fegato malandato. Poi ti aiuterò a chiedere scusa a Tommaso per poterti sposare con lui a Mallorca e adottare una squadra di calcio. Ah, bada, se invece continuerai a comportarti male, ti prenderò a schiaffi finché non mi si consumano le mani."

"Grazie, Nelli, ma non ho richiesto una mammina."

"Non voglio fare la mammina, voglio solo fare l'amica, come sempre, Castelli." gli ricordo. "Qualche volta sbaglio alla grande, perché, sai com'è, sono umana e sono scema, ma nonostante tutto, ci sono sempre stata al tuo fianco. In alcune occasioni, più come spina nel fianco, ma per il resto sono pur sempre la tua migliore amica. Vero o no?"

"Vero." sospira con un sorriso. "Purtroppo."

Lo tiro per il braccio e lo faccio finire disteso sul letto, accanto a me, quindi gli arruffo i capelli senza pietà, imitando il suo gesto di prima.

"No! I capelli no! Ci ho messo mezz'ora a farli così!"

"Non avresti dovuto sederti accanto a me il primo giorno di scuola. Ti saresti risparmiato un sacco di seccature!"

"Ero sconvolto, avevo perso la lucidità dopo aver visto Diego che si palpeggiava. Cioè, che palpeggiava se stesso! Mio Dio."

Rido coprendomi gli occhi: "È passato un sacco di tempo, ma non è cambiato nulla."

"Sono passate tre gravidanze e ancora lo trovo in bagno, alla mattina, a fare affondi con il bacino per, quoto direttamente: 'mantenere le anche ben lubrificate'. E se lo guardo male, mi dice: 'So che desideri soltanto avermi'." rabbrividisce. "Per carità."

Scuoto la testa, trovando per nulla difficile immaginare la scena: "A questo punto ho perso completamente tutta la voglia di scendere per terminare il pranzetto." sollevo il viso, ispirata. "Ti va di restare qui un po'? Possiamo guardare i profili Instagram dei modelli Abercrombie, o iniziare una nuova serie, oppure modificare una foto di Sayid su Picsart per fargli i peli del naso lunghissimi."

"Mi hai comprato con i peli di Sayid."

Esulto, abbracciandolo e posando la testa sul suo petto. Poi sospiro profondamente, mentre il suo braccio cinge la mia schiena e la sua mano si posa sui miei capelli per accarezzarli. È passata veramente una vita dall'ultima volta in cui siamo stati così vicini.

"Marinella..." sussurra. "Perché stai piangendo?"

Mi chiudo nelle spalle e rispondo con un semplice: "Shh."

Affondo il viso nella sua maglietta e poi lascio che tante, caldissime lacrime scendano copiosamente dai miei occhi.

Il mio pianto si trasforma ben presto in un singhiozzare disperato ed è destinato a durare per numerosi, dolorosissimi minuti, forse ore, forse l'intero pomeriggio. Era anche ora che arrivasse questo momento, no?

Era inevitabile.

Lorenzo Castelli, il mio migliore amico, è malato di epatite c. Da oggi in poi non c'è più tempo per perdere tempo, perché ha un tumore al fegato che potrebbe ucciderlo, se non raggiunge al più presto le condizioni che gli permettano un trapianto. E che gli permettano anche di sopravvivere a quel trapianto....

È solo che è semplicemente ingiusto.

Io non volevo piangere, davvero, ma a quanto pare questa volta non riesco a essere forte per lui. No... questa volta proprio no.

Avrei di gran lunga preferito che fosse ancora innamorato di me, o che stesse vivendo l'ennesima crisi d'identità.

Almeno ora non rischierebbe di morire. Almeno, adesso, mentre sono qui a riversare tutta la mia tristezza sul suo petto, non starei pensando che questo potrebbe veramente essere uno dei nostri ultimi abbracci.

***

QUARTO (e per fortuna ultimo) BREAK

Credo molto bene che questa parte sia stata un mattone per voi e vi suggerisco caldamente di prendervi un po' di tempo per elaborare.

Magari prima di proseguire, andatevi a rileggere qualche frase, o meglio, chiudete "Io e te" e andate a leggervi qualcosa di spensierato e divertente. Ecco.

Per aiutarvi a sdrammatizzare il tutto, quando sarete pronti, qui sotto troverete un paio di immagini divertenti, di un momento social che i ragazzi della classe hanno condiviso su Facebook. So che magari può sembrare inadeguato e fuori luogo, ma forse finora vi è mancato un sorriso che spero recupererete :)

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E ora andiamo con il paragrafo finale, per cui vi servirà ancora un po' di energia. Pensate di potercela fare?

Se sì, buona lettura <3

Daje che la tortura è quasi finita!

***

Anche se questa notte ho dormito tantissimo, per fortuna mi sono addormentata di nuovo.

Penso che l'unica forza capace di porre fine al mio pianto fosse il sonno, per questo è arrivato in mio soccorso, lasciando che abbandonassi la realtà, almeno per qualche ora.

Mi sveglio che ho ancora il capo posato sulla pancia di Lorenzo, ma fuori è già calata la sera. Il respiro del mio amico è lento e profondo, segno che anche lui sta dormendo. Immagino che per non disturbarmi sia rimasto immobile, decidendo alla lunga di imitarmi. 

Quindi mi alzo pianissimo, cercando di non dare troppo peso sul materasso, e mi metto a sedere. Non so bene come gestire il flusso di emozioni che sale all'improvviso quando compio quest'azione, ma mi impongo di restare calma. Inspiro a fondo e mentre mi passo una mano sul viso, sento che i miei occhi sono gonfi e doloranti. Allora sposto i ciuffi da davanti la faccia, tirando i capelli all'indietro ed esalando un respiro ancora umido di pianto e di tristezza.

No, il sonno non ha cancellato le mie ultime ore di vita, è ancora tutto come prima.

Il sangue di Tommaso era vero e infetto, non ha semplicemente fatto finta di essersi ferito utilizzando il succo di pomodoro per farmi fessa. Sapete, no? Come fanno nei film, o meglio come pensiamo che facciano nei film, quando siamo bambini. Nel film mentale che produco in questo momento Tommaso sta proprio usando il pomodoro al posto del sangue per farmi un brutto scherzo, dato che è arrabbiato con me da cinque anni per avergli portato via Lorenzo. Mi crogiolo per un po' in questa fantasia, godendo del fasullo sollievo che proverei se fosse davvero successo così.

Ma non era pomodoro, era sangue. Ed era infetto. Come lo è quello di Lorenzo.

Mi alzo in piedi e cammino con cautela verso il comò. Per fortuna è tutto in penombra, così non sono costretta a guardarmi allo specchio e incontrare i fanali che mi sono spuntati al posto degli occhi. Tiro un cassetto a rallentatore, poi mi tolgo la maglia e la ripiego all'interno. Faccio la stessa operazione con i pantaloni, e mi accorgo di star ancora indossando i boxer di Mattia.

Mattia... il mio stomaco si strizza del tutto, come una spugna al massimo della sua elasticità. 

In questo momento avrei solo bisogno di lui. Non so se riuscirebbe a farmi sentire meglio, d'altra parte niente e nessuno potrebbe, ma sembra che il mio istinto non abbia dubbi sul fatto di dover assolutamente correre da lui. Ora. Di averne un assoluto ed irrevocabile bisogno. Di necessitare di lui e nient'altro per non impazzire.

Infilo una camicia da notte forse un po' troppo leggera, quindi mi copro con una felpa e finalmente mi convinco a voltarmi.

Guardare Lorenzo mi fa male, anche se è immerso in un sonno pacifico e indisturbato, apparentemente estraneo alla sofferenza come un bambino appena venuto al mondo. Eppure non riesco a non associare la sua immagine con le nuove freschissime ferite, con le sue parole inaspettate e con la paura che da oggi mi accompagnerà finché qualcuno non mi dirà che è guarito.

Se mai ci riuscirà, a guarire.

Mi avvicino a lui e delicatamente gli poso una mano sulla spalla.

"Lori?"

Le sue ciglia chiare si muovono impercettibilmente, sfiorando la pelle rosea delle guance, e allora lo chiamo di nuovo.

"Lori..."

Apre gli occhi come al rallentatore e quando mi vede, sorride.

"Mi spiace svegliarti, ma è tardissimo."

"Non abbiamo disegnato i peli del naso di Sayid..." si lamenta per tutta risposta, stiracchiandosi come farebbe un gatto e sbadigliando a pieni polmoni.

Ridacchio e per quanto mi piacerebbe invitarlo a trattenersi qui, gli dico che lo faremo sicuramente domani, o nei prossimi giorni. Lorenzo è d'accordo con me: entrambi abbiamo svariate notifiche sul telefono e persone che aspettano un nostro segnale di vita. Quindi si mette in piedi e, come prima cosa, corre davanti allo specchio per dare una sistemata a quello che definisce 'orribile parrucchino alla Donald Trump'. Dopodiché si avvicina alla porta e, prima di andarsene, mi saluta con un abbraccio.

"Questo non è contagioso." mi assicura mentre siamo ancora stretti.

 Sorrido: "L'unica vera cosa contagiosa al mondo è l'idiozia di Mattia Zingaretti."

"Non riesci proprio a non pensare a lui in ogni occasione, eh?"

In genere le osservazioni di questo tipo mi fanno solo ridere o ribattere con sagacia, ma stavolta arrossisco. Quanto è vero, Lori... quanto è vero.

"Nelli, tranquilla." mi dà un buffetto. "In questi anni Mattia e io siamo diventati molto amici e uno dei motivi per cui non avrei mai potuto amarti ancora è che Mattia sterminerebbe qualsiasi concorrenza. Sia perché lo farebbe sul serio, sia perché lo sappiamo che, in realtà, non ha nessuna concorrenza."

Sgrano gli occhi con risentimento: "Questa è una frase che salta a troppe conclusioni!" 

"Qualsiasi cosa succeda, Nelli, non farlo soffrire." ribatte, allora, prendendomi alla sprovvista. "Ok?"

Non posso fare a meno di accigliarmi: "Io?"

Mi indico addirittura, con un sorriso di circostanza e incredulità, ma Lorenzo non si dà pena di sciogliere questo enigma e se ne va così dalla stanza.

Qualsiasi cosa succeda? Che cosa intende? E poi, io? Sarei io a far soffrire Mattia Zingaretti, ora? Ma se è lui che in tutti questi anni non ha fatto altro che comportarsi da stronzo con me!

Ah, la solidarietà maschile. Non la capisco e non la compatisco.

E non voglio nemmeno pensare che quel qualsiasi cosa succeda si riferisca a Lori. Non può dire frasi di questo genere, non dovrebbe neppure osare fare quest'ipotesi ad alta voce.

Tutto ciò mi inquieta ancora di più e minaccia le mie palpebre con una nuova ondata.

Decido che dopo una bella doccia, una visita a Zingaretti è d'obbligo. Il mio desiderio più grande sin da quando mi sono svegliata è di correre tra le sue braccia, rintanarmi sul suo petto caldo ed ascoltare il suo battito capace di dare un ordine e un significato alle paure. Strano a dirsi, ma è diventato così... solo dieci giorni che abitiamo sotto allo stesso tetto e già è tornato ad essere la mia dipendenza più grave.

Grave... questa parola ha davvero assunto delle sfumature che non avevo mai provato, oggi.

Così mi lavo abbastanza di fretta, tornando ad indossare la camicia da notte e null'altro, sperando che sia una scelta azzeccata. Piego i boxer di Mattia, che sono praticamente puliti, e percorro gli infiniti corridoi della villa fino a giungere davanti a camera sua.

Busso alla porta, ma questa è già di poco aperta e rivela solo spazi vuoti al suo interno. Poco fa Mattia mi aveva scritto che per qualsiasi cosa, sarebbe stato a mia disposizione, e che avrei potuto trovarlo nella sua stanza. Mi aveva avvertito che si sarebbe allontanato verso sera solo per aiutare Francesco a montare un pilastro di fuori e, difatti, spiando dalla finestra, confermo che ora si trova lì. Che tempismo.

Dunque che fare, adesso? Indipendentemente da quando salirà, io ho ancora tra le mani le sue mutande e lui ha posato le mie sulla scrivania, probabilmente dopo aver guardato sotto il letto e averle trovate.

Faccio un passo verso gli indumenti e contemporaneamente realizzo che sono solo una cretina.

Tutti i miei piani di stamattina non erano altro che la manifestazione del mio pessimo carattere e dei miei contorti funzionamenti psicologici. Dopo tutto quello che è successo oggi, dopo aver sperimentato quali sono le vere preoccupazioni e quali i veri capisaldi della vita, mi rendo conto della mia stupidità e decido di lasciar perdere qualsiasi inutile idea avessi in mente.

Non ho né la forza, né la voglia, né tanto meno il coraggio per abbassarmi ai livelli di frugare tra le cose di Mattia. Solo per non trovare nulla e fare la figura della stronza, o magari trovare qualcosa che Mattia mi avrebbe comunque detto. Sono certa che se ci sono ancora questioni tra lui e suo padre, Mattia non dimenticherà che in me può anche trovare una confidente. 

E in ogni caso, ci sono problemi ben più gravi nella vita. Basta con le stronzate.

Prendo le mie mutande e le poso sulla cartellina che ho portato con me, quella con i vari fogli per il discorso dei testimoni, poi lascio i boxer di Mattia esattamente dove li ho trovati, ovvero nella valigia, comodamente abbandonata davanti alla porta per rendere più difficile il passaggio a chiunque, compreso lo stesso Zingaretti. È comunque un idiota, non dimentichiamolo.

Tuttavia, quando tiro la cerniera per aprirla, c'è qualcosa che attira la mia attenzione.

No, ma perché?

Perché deve succedere comunque? Perché non posso fare la persona matura quando mi impongo di provarci? 

Nella rete porta scarpe della valigia, Mattia ha infilato un libro che stamattina non avevo notato - La carriera di Gennaro Gattuso, goal dopo goal - e da quel libro, circa a metà, spunta l'angolo di una busta. L'angolo è quello in alto a sinistra, dove solitamente si trovano i dati del mittente, e il mittente, in questo caso, è un certo luogotenente Stella, che scrive a Mattia direttamente dall'Accademia militare di Modena.

Vedete? Le disgrazie mi vengono a cercare, non il contrario. Più io mi sforzo di starne alla larga, più loro mi stanano.

Davanti a me c'è un bivio: essere maturi abbastanza da ignorare la lettera o non fidarsi di Mattia Zingaretti e leggerla?

Mentre me lo chiedevo, in realtà avevo già preso la mia decisione ed ora non posso tornare indietro. E se mi conoscete, saprete già che strada ho percorso, senza il bisogno di leggere oltre.

Ho sfilato la busta dal libro, stando attenta alla pagina in cui era sistemata. Poi l'ho aperta - fortunatamente era già stata strappata - e ne ho letto il contenuto. L'ho ripiegata. L'ho rimessa al suo posto in modo impeccabile e ho chiuso la valigia.

Mi sono alzata in piedi e mi sono appoggiata allo stipite della porta, portandomi una mano sulla bocca e cercando di recuperare il respiro. Ho guardato fuori dalla finestra: Mattia era ancora impegnato con Francesco. Ho deciso di tornare in camera mia e di chiudermi a chiave all'interno, per impedire a chiunque di venirmi a cercare.

Tornando indietro, no. Non avrei affatto letto quella lettera.

E ora posso tornare a piangere di nuovo.


***


ANGOLO AUTRICE

Capitolo pensantissimo, lo so, non ditelo nemmeno.

Forse a quest'ora non avrete neanche voglia di leggere il mio stupido angolo autore, ma sono qui, e se vi va parliamo un po' insieme di questa... cosa.

Allora. Dato che la domanda più comune sarà forse "Perché, Daffy, perché?", io vi voglio rispondere con un "Non lo so, ma è colpa di Lorenzo e Tommaso". Io all'inizio di "Io e te 3" non avevo la più pallida intenzione di scrivere questo tipo di sviluppo, ma sapete quando vi dico che i pg prendono in mano la tastiera e scrivono la loro propria storia? Ecco. A metà ottobre 2017, tutto ha preso questa piega. Inizialmente non ne ero affatto convinta, anzi quasi non volevo, perché odio far stare male i miei pg, eppure eccoci qua.

E nel dramma dovete anche ritenervi molto, molto fortunati, e ringraziare Ellie. Avevo scritto una prima versione del cap ancora più tragica e illeggibile, ma il suo intervento ha fatto sì che limitassi un po' i danni. Dovete ringraziarla. Sul serio.

In quanto all'"Ora che succederà?" beh, questo ce lo diranno solo loro, Lorenzo e Tommaso. Nei prossimi capitoli sapremo altro sulla questione ed è chiaro che, non essendo per nulla risolta, dovremo aspettare assieme a Lorenzo che il destino, o la fortuna, ci dia delle risposte più chiare. Alcuni di voi già avevano avuto questo presagio all'inizio della storia, altri so per certo che non se lo aspettavano, ma non siate arrabbiati con me.

Delle volte anche in una storia come "Io e te" ci sono risvolti del genere, gravi e inaspettati, ma penso faccia parte del suo cercare di essere realistica. Certo, facile nascondere le proprie trovate dietro al realismo, eppure vi assicuro che sono la prima ad esserci stata e starci tuttora malissimo. La prima a piangere per Lorenzo, anche più di Nelli.

Confidiamo nel fatto che, appunto per via del realismo, tutto può succedere.

E' forse la prima volta che inserisco un tema così serio in "Io e te" e quindi è difficile anche per me. La prova è il fatto che ho scritto una prima versione del cap e non andava bene, quindi ho dovuto modificarlo per creare una versione migliore. Però voglio provarci, voglio farvi vedere che si può mescolare la leggerezza di Io e te alla pesantezza di una malattia, e spero di dare, con questo, una sfumatura di crescita alla storia. Non perché crescere vuol dire necessariamente dover affrontare drammi, ma perché i drammi esistono e in "Io e te" ci sono più di venti personaggi e, purtroppo, questa volta, due di loro sono in guai seri.

Prima di lasciarvi alle domande, sono costretta a parlare di un altro argomento infelice: la lettera. Come vi dicevo nel capitolo precedente, è troppo strano per "Io e te" che sia tutto rose e fiori, specialmente quando Marinella e Mattia sono coinvolti. Ma non scoraggiatevi per nessuno di questi avvenimenti! Prima di arrivare al finale c'è ancora un mare di cose che devono succedere, e tante di queste saranno bellissime <3

Dai, su con la vita e passiamo alle domande!

1) Nella prima parte del capitolo le effusioni non si sprecano. Come trovate questo 'nuovo' lato di Marinella e Mattia? Vi aspettavate che potessero essere effettivamente così coccoloni?

2) Oltre al casino apocalittico del capitolo, seguiamo anche le vicende di altri personaggi. Che avrà mai quell'acida di Alessandra? Pensate che lei e Fede siano veramente, in fondo, simili? Che la chiave per entrambi i loro cuori sia stata finora solamente Francesco Malpelo Natale? Perché?

3) Interpretare bene il comportamento di Tommaso durante la lite in cucina era difficile, senza sapere quello che si sarebbe poi letto nei paragrafi successivi. Ma ripensandoci ora, come lo interpretereste? Con chi o con cosa era realmente arrabbiato? Con Lori, con Nelli, con il presunto amore di Lori per Nelli, con l'epatite, con se stesso?

4) Vi aspettavate tutto quello che è successo da quando Lorenzo è entrato in camera di Nelli? Cosa pensavate che sarebbe successo diversamente?

5) Avete paura per Lorenzo?

6) Alla luce di tutto, come giudicate il rapporto tra Tommaso e Lorenzo? E' giusto che sia finito? Dovrebbe prendere una piega diversa? Potrebbe tornare ad esserci qualcosa tra loro? Tommaso perdonerà mai Lorenzo per averlo lasciato e avergli detto certe cose? Lorenzo perdonerà mai Tommaso per avergli rovinato la vita?

7) Che cosa c'è scritto nella lettera inviata a Mattia dal luogotenente Stella?


E' stata decisamente un'esperienza intensa questo capitolo. A volte vorrei essere una lettrice ignara come voi e vivermi tutto diversamente, ma anche l'emozione di scrivere è impagabile. Il lavoro che c'è stato dietro è stato difficile, perché sono temi su cui sono molto ignorante, e posso dirvi di averci proprio studiato su, anche grazie al prezioso aiuto di Ellie. Ma tutti gli sforzi alla fine ripagano e anche tanto. Sebbene questo capitolo mi faccia sentire in colpa come un assassino, mi ha emozionato tanto e mi ha legato ancora di più ai miei personaggi, specialmente a Tommaso, forse per la prima volta dall'inizio di "Io e te".

Vi saluto nella speranza che i vostri commenti e le recensioni non mi facciano sentire ancora più in colpa, ma sono anche pronta a prendermi questa batosta :) D'altronde l'ho scelto io, e non tornerei indietro.

Fra dieci giorni giusti ho un esame, quindi farò in modo di gestire al meglio studio e capitolo nuovo, per poter pubblicare quanto prima a inizio febbraio. Vi voglio bene, eh.

Daffy

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(creato da: Ellie)


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Capitolo 12
*** Odi et odi ***


MxM3 12

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Riassunto della puntata precedente:
praticamente, un piagnisteo. All'inizio ci svegliamo assieme a Nelli nel letto di Mattia. Una chiamata di dubbia provenienza mette inquietudine alla nostra protagonista, ma credendo al fatto che si tratti ancora delle liti familiari tra Mattia e suo padre, viene rimandata a più avanti un'eventuale indagine. La giornata si prevede lunga, a cominciare dal pranzo da preparare assieme a Tommaso. E' proprio durante questa mansione che le cose iniziano ad andare nel verso sbagliato: Nelli insinua che Lorenzo non ami Tommaso perché ancora innamorato di lei, quindi il moro dà la smentita più grande della storia dando vita a una nuova, paurosissima teoria. Nelli riceve la conferma durante il pranzo: Tommaso è malato e il suo sangue è infetto, contagioso. Per spiegarle che non si tratta di AIDS, Lorenzo raggiunge Marinella in camera sua e finalmente dà la versione completa al tutto: Tommaso è malato di epatite c e cinque anni fa ha contagiato lo stesso Lorenzo, che ora però sta subendo gli effetti più gravi della malattia. Se n'è accorto troppo tardi e purtroppo nel suo fegato si è formato un tumore, che potrà essere combattuto solo tramite un trapianto, di cui Lorenzo è in trepidante attesa. Nel frattempo nella villa ci sono altri problemi più o meno gravi: Nelli e suo fratello non si sono ancora chiariti dopo l'incendio provocato da quest'ultimo, il rancore di Diego rimane ben presente nell'atmosfera e le piccole tensioni fra amici e nemici della classe minacciano di farsi sempre più grandi. L'unico modo che Nelli trova per non impazzire è correre tra le braccia di Mattia... ma non lui non è in camera sua. Così molto maturamente si mette a frugare tra le sue cose, e trova una lettera che il ragazzo conserva nella sua valigia, inviata da un certo luogotenente Stella. Decide di leggerla e subito la vediamo sconvolta, spiazzata, tanto che se ne va da tutto e tutti, correndosene in camera sua a piangere. Che cos'avrà mai letto la nostra Nelli?


"Io e te" è semplicemente complicato 

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Odi et odi

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"What do you do when you cannot leave and cannot return?"

- Hisham Matar, The Return: Fathers, Sons and the Land in Between

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Non so neanche come ho fatto ad uscire dalla mia camera, questa mattina, eppure eccomi qua. Beh, qua è piuttosto generico, ma di certo non aspettatevi che mi trovi in cucina, o in salotto, o fuori con tutti a fare colazione.

Mi sono vestita con i pantaloni della tuta e una bella felpa spessa, poi mi sono messa di buona lena e sono andata a passeggiare nel boschetto ai confini con la villa, per respirare aria pulita e ossigenare il cervello .

Federica mi ha accompagnato per un tratto.

Prima di sparire tra gli alberi, ho fatto tappa alle stalle e l'ho trovata a sellare un cavallo per la consueta gita mattutina. Appena mi ha visto, ha sospirato di sollievo - era dalla sera prima che la respingevo - e mi è corsa incontro, abbracciandomi con impeto. Prima che dicesse qualsiasi cosa, ho messo le mani avanti e l'ho implorata di non parlare.

Non volevo che mi dicesse niente e io non volevo dirle niente; sapevo che di qualsiasi cosa si fosse parlato, saremmo finite su argomenti freschi, e sarei scoppiata a piangere di nuovo. Volevo semplicemente camminare, muovermi, niente di più. E rigorosamente in silenzio.

Fede è la mia migliore amica, è chiaro che io abbia bisogno di lei, ma in questo momento voglio solo la sua presenza, la sua vicinanza, non le sue consolazioni. Perché comunque mi trovo in uno stato di alterazione e sono sicura che non saprei scendere a patti con il suo carattere acido, senza urlarle contro che non la sopporto e che è una stronza. 

Sono arrabbiata con lei.

Probabilmente, se osasse anche solo pronunciare una sillaba che non voglio sentire, finirei per tirarle i capelli mentre ci rotoliamo nel fango, come quando da bambine arrivavamo a un punto di inconciliabilità nelle discussioni.

Sono indisposta nei suoi confronti a causa del suo silenzio su Lori - sì, so benissimo che è stato lui a chiederlo, ma al posto di Fede io avrei rotto il giuramento e parlato prima, per il bene della mia amica -, ma soprattutto devo mandare giù la rabbia per essere stata costretta anche da lei a far parte di questo grande piano. Ok, lo so, sembrava che avessi passato questa fase, la famosa fase due di Eva, ma ci sono ricascata in pieno dopo ieri sera.

Ripeto, Federica è la mia migliore amica, perciò sapeva benissimo a cosa mi avrebbe fatto andare incontro: infinite sofferenze, ulteriori traumi e il rischio che uscissi da questo matrimonio ancora più a pezzi di prima. Cosa che senza dubbio accadrà davvero, ma di cui non le è fregato assolutamente nulla. Era forse l'unica persona su cui avrei potuto contare per dissuadere i miei compagni dall'attuare questa scemenza, invece anche lei si è schierata contro di me. E attualmente sta capitando una disgrazia dopo l'altra, ma lei non sta ancora facendo nulla, se non dimostrarmi "comprensione" e "sostegno".

Certo, lei non sa della lettera, non le ho detto nulla a riguardo, ma a questo punto mi chiedo quanto realmente conosca già, quanto tutto sia stato studiato. Dal mio arrivo qui non c'è una mossa che non abbia previsto e se era arrivata al punto di omettere che il nostro migliore amico è malato, non oso pensare a quante altre sorprese mi stia nascondendo. Non sento nemmeno il bisogno di condividere con lei la mia scoperta... sarebbe un lamento fine a se stesso, o l'inizio dell'ennesima farsa teatrale.

Arriviamo ad una piazzola in mezzo al bosco e le chiedo di proseguire per un'altra strada, cosicché io possa rimanere un po' da sola.

"Sei sicura, Nelli?"

"Sì. Sento davvero l'esigenza di restarmene per conto mio, riflettere in solitudine."

"Mmm..." Federica non sembra molto convinta.

È da ieri sera che mi scrive incessantemente, e dopo aver visto scendere Lorenzo da solo, ha provato sia a chiamarmi sia a bussare alla mia porta. Non le ho mai aperto, spiegandole con più fermezza possibile che stavo bene e che preferivo solamente rimanere isolata da tutti. Le ho promesso che la mattina successiva sarei andata io da lei e quindi eccomi qui.

Perché nonostante tutto io di quel sostegno ho bisogno, mi fa piacere sentire un po' di calore umano e sapere che qualcuno pronto a prendermi se cado c'è. È solo che mi trovo in una situazione di odi et amo nei suoi confronti, tutto qui. Però è pur sempre la mia migliore amica, che soffre come me per Lorenzo e che può ritenersi fortunata, dato che con il resto del mondo mi trovo solamente in una situazione di odi et odi.

Non mi va di avere attorno nessuno; gli altri mi irritano e basta. Devo ancora fare i conti con me stessa, dopo le scoperte di ieri, figuriamoci se ce la faccio a trovare il modo di affrontare loro.

"Sai, Pierpaolo e io una volta ci siamo fermati proprio qui a guardare l'alba." esordisce Federica, fingendo di essere ammaliata dalla vegetazione tutt'intorno, ma tenendo sotto controllo me di sottecchi.

"Ah sì?"

"Il cavallo era stanco." si giustifica. "E capitava proprio in quel momento. C'erano le bacche che sembravano brillare di luce propria quando il sole le colpiva... pareva di stare nel salotto di casa mia a Natale."

"Mancava solo il vischio." commento con la solita malizia, ma senza la solita verve.

"Nelli." Fede mi fulmina. "Quella mattina abbiamo solo parlato. Be', come sempre. Però Pier mi ha raccontato che sta facendo degli studi scientifici per un corso e ha deciso di scrivere una tesina proprio sulle bacche, approfittando del soggiorno per fare ricerche sul campo. Sai, si è messo a descrivermi tutte quelle che ci sono qui intorno, con tanto di nomi in latino e particolarità curative; è un argomento che lo appassiona..."

Fede continua a blaterare e io non l'ascolto più. Perché mai mi dovrebbe interessare di Pierpaolo e della sua tesina sulle bacche? In realtà non dovrebbe affatto, ma Fede sta cercando degli escamotage per restare in mia compagnia, e spera di attirarmi nella trappola raccontando cose a caso su Scilla.

"Tipo questa qui viola è di una specie che cresce quasi esclusivamente in Toscana ed è anche velenosa. Oppure era questa qui bianca? Beh, comunque ha detto che quelle rosse sono commestibili. Credo. Secondo te hanno un buon gusto? Le mangeresti mai?"

"Fede." le riservo un raro sorriso e mi avvicino a lei. "Non offenderti, ma non me ne frega un cavolo delle bacche di Scilla."

Fede coglie il senso della mia frase e perde il sorriso in favore di una faccia rassegnata.

"Ti assicuro che va tutto bene." mento. "Voglio solo passare del tempo con i miei pensieri, per fare un po' d'ordine e realizzare gli ultimi eventi. Tutto qui."

"Se hai bisogno di me, mi chiamerai?"

"Certo." la rassicuro. "Posso anche fischiare, tanto nel bosco ci siamo solo noi."

"E le volpi." dice, saltando sul cavallo con agilità.

"Le volpi? Quali volpi?" 

"Una volta io e Pierpaolo stavamo camminando e una volpe ci ha assalito. Per fortuna non ero da sola, ma con lui, altrimenti sarei morta. Aveva la rabbia."

"Federica." ora sono decisamente seccata.

Lei alza le mani: "Ok, ok. Niente volpi rabbiose, che io sappia. Però sono seria; per qualsiasi cosa, Nelli, anche fuori dal bosco, non scappare da me, ok?"

Annuisco, abbassando lo sguardo: "Ok."

È difficile, Federica. Quando il normale decorso della tua vita è stato intaccato, anche solo una volta, anche tanto tempo prima, non si riescono più ad affrontare certe situazioni come farebbe chiunque. Da quel maledetto fatto di cinque anni fa, ogni volta che succede qualcosa fuori dall'ordinario vado in cortocircuito e, se in questi ultimi giorni avevo avuto l'impressione di essere riuscita a guarire, ora sta tornando tutto come prima.

La vera Nelli va e viene, ormai ve ne sarete accorti. E al momento attuale non è pervenuta.

"Va bene." mi sorride, indicandosi gli occhi con due dita e poi puntandole verso di me. "Ti tengo d'occhio."

E se ne va, gridando al cavallo uno yee-haw! che fa molto pellerossa, o cowboy yankee un po' troppo alticcio.

Finalmente posso respirare. 

Mi addentro tra gli alberi, nella foschia a mezz'aria, abbastanza noncurante del percorso e del fatto che potrei perdere l'orientamento. Sinceramente non mi interessa molto; se dovessi sparire, almeno la gente mi riserverebbe un certo rispetto, perché diventerei la leggenda dello spettro mai ritrovato che infesta i boschi di villa Magna e mangia i bambini.

Preferisco essere ricordata così, che lasciare di me la memoria di una tormentata e inconcludente Marinella. Una normale giovane, protagonista di storie senza lieto fine e circondata da amici che non sa tenersi stretti.

La depressione di oggi è qualcosa di sopraffino, direi.

Ma il mio struggente cammino solitario viene interrotto prematuramente da un rumore di passi in corsa, che si avvicinano sempre di più. Sono indecisa se urlare per paura che possa essere una volpe rabbiosa, oppure porre fine alla mia vita ingoiando le bacche viola, cosicché chiunque arrivi mi possa trovare esanime e pronta a diventare il fantasma veneto-cecinese più temuto del mondo.

Alla fine parlo tanto, ma le bacche nemmeno ho il coraggio di staccarle dal picciolo. Altro che Katniss, eh?

"Marinella!"

Colui che mi ha appena scovato si trova in un bagno di sudore e con il fiatone. Si è fermato di fronte a me e se ne sta chinato per recuperare, come se avesse fatto uno scatto atletico direttamente dalla villa a qui. Ma non sta indossando una giacca e questo mi fa imbestialire.

"Davide! Come diavolo ti sei vestito per uscire alle sette di mattina? Non siamo mica ad agosto! Vedi di coprirti, almeno mettiti un foulard o qualcosa al collo." 

Suono esattamente come mia madre, e questo mi turba.

"Ho solo quella sciarpa a forma di ermellino morto che mi ha cucito nonna l'anno scorso." risponde, deglutendo con le guance arrossate per lo sforzo. "Ma non la metterei mai al collo; la uso solo per spolverare l'Xbox."

"Buona febbre, allora." e gli do le spalle.

"Dove vai?"

"Via." snocciolo, semplicemente. "Mi stavo facendo una passeggiata da sola, non vedi?"

"Ma io ti ho cercato apposta per parlare!" mi ferma. "Anzi, per essere precisi ho corso come un forsennato perché avevo paura che saltassi sul cavallo con Fede e sparissi all'orizzonte. Non potevo rischiare di perdere la mia occasione; stamattina in camera non c'eri e ieri non ti sei mai fatta vedere. Ti ho trovato per caso, ma ero- be', sono preoccupato."

"Non devi." lo rassicuro, senza voltarmi.

"Ah, non devo?" rilancia, prendendo a seguirmi nonostante io stia facendo apposta un sentiero difficile e pieno di massi. "Sarai anche la sorella maggiore, ma non penso che i nostri genitori sarebbero contenti, se ti riportassi a casa in lacrime. No?"

"Ti sembra che stia piangendo?"

"Mi sembrava questa notte."

Sbuffo: "Perché hai il vizio di pedinare qualsiasi mia azione?"

"Perché stavi piangendo?"

"Davide." lo minaccio voltandomi appena. "Non sono affari tuoi e non mi va di parlare adesso, ok?"

"La mazzata di Lorenzo." prosegue imperturbabile. "Deve essere stata dura. Sapevo che sarebbe stata dura per te. Ci sono rimasto male io che nemmeno è mio amico. Però potevi parlarne con me. Ti avrei consolato."

"Grazie mille, Davide, ma davvero, non avevo bisogno di consolazione."

"Sei arrabbiata perché non te l'ho detto prima? Sono stato obbligato dagli altri."

"Lo so, infatti non sono arrabbiata. Davide, dico sul serio, voglio solo essere lasciata sola."

"Ma-"

"Torna alla villa."

A questo punto si ferma e sospira, troncando anche fisicamente il ritmo della conversazione: "Scusa, ok?"

Mi fermo anche io, puntandomi con un piede ad una roccia per voltarmi verso di lui e sforzarmi di mostrargli un sorriso incoraggiante: "Non sono arrabbiata."

"Per l'incendio." precisa, infilando le mani nelle tasche e tirandole fino quasi a far saltare le cuciture. "Scusa per l'incendio. Non volevo assolutamente che succedesse tutto quel casino."

Oh.

Pondero la sua confessione per mezzo secondo, poi schiocco la lingua: "Non devi dirlo a me."

Dovrei essere felice che finalmente sia riuscito ad ammetterlo, ma riesco solo a vedere il lato negativo. Per tutto questo tempo ha fatto finta di nulla, ed ha comunque infranto ogni regola che sapeva di avere. Ha danneggiato i miei amici e me, ma viene a chiedere scusa solo ora, solo perché si sente in colpa e pensa che io abbia pianto anche a causa sua.

"Invece sì." insiste. "Lo dico a te perché ho fatto una cazzata colossale e ti ho anche mentito, però non volevo farlo."

"Sì che volevi farlo." ribatto con ovvietà. "Altrimenti non saresti andato di tua spontanea volontà in camera di Veronica per prendere un maledetto accendino e accendere con le tue stesse mani una maledetta sigaretta. Che poi, toglimi una curiosità, Davide, che cosa rappresentava quella sigaretta? La tua ribellione? La libertà? L'essere grandi?"

"No."

"E allora cosa, la vendetta? Perché se è così, allora hai fatto centro, uno a zero per te." mi stampo in faccia un sorrisone e gli mostro i pollici in su.

"Rappresentava che sono stanco di voi. Di quelli che mi dicono cosa fare e come farlo, ma soprattutto di quelli che non mi danno fiducia."

"Non è una questione di fiducia."

"Oh, lo è, perché se ti fossi fidata della promessa che mi sarei comportato bene, mi avresti lasciato andare al pub con gli altri."

"Sì, e magari avresti dato fuoco al pub!"

"Io non ho dato fuoco a niente! È stato un incidente!" Davide si altera e, in preda alla rabbia, se la prende con un povero masso, dandogli un calcio. "E comunque vedi che è solo questione di fiducia? Continui a fare battutine come se qualsiasi mia frase fosse necessariamente una cazzata. Sei fastidiosa! E non ti fidi di quello che dico!"

"No! No, mi fido, contento?" sbotto. "E sai perché non mi fido? Perché sei inaffidabile! Prometti che vai a scuola e poi bruci (*), prometti che studi e poi ti fai bocciare, prometti che righi dritto e poi disegni murales sui treni! È da quando sei nato che fai un casino dopo l'altro e mi domando quando mai crescerai davvero."

Fa una faccia che è tutto un programma e poi con un cenno del mento rilancia: "Oh, perché tu sei mai cresciuta, sorellona?" 

"No." rispondo fieramente. "No, anche io sono come te, ma la differenza è che quanto meno mi sforzo per non infrangere ogni singola regola che mi abbiano mai dato. Sei qui per un miracolo, Davide. Perché mamma e papà si sono lasciati convincere da me che una vacanza ti sarebbe servita, che avresti rimesso assieme un po' di buon senso, che avresti trovato una qualche passione, o via di crescita, o che so io. E tu, dopo che io ti procuro l'ennesima occasione di dimostrare che non sei un completo deficiente, che fai? Mandi a farsi fottere persino le mie di regole e mi metti in una posizione ancora più di merda di quanto lo sia già. Prima è per uscire con quelli più grandi in un pub di dubbio gusto, poi è per fumare una sigaretta e fare il figo, la prossima volta per cosa sarà? Per andare in discoteca e spaccarti di alcol?" so che lo sto aggredendo, ma non riesco a calmarmi. "Mamma e papà parlano di riformatorio, lo sai questo, o te lo devo ricordare?"

"Perché nessuno mi capisce!" grida, puntandomi contro l'indice in un'accusa. "I casini che faccio, uno dopo l'altro, esistono perché voi mi portate a farli! Davide è davvero inaffidabile, Davide combina sempre cazzate, Davide non sa portare a termine nulla, da un semplice appuntamento al cinema a un anno scolastico! Beh, indovina un po'?" fa, allargando le braccia. "Alla fine Davide arriva a crederci a queste cose, e non si dà la pena di smentire nessuno. Anche perché quando ci provo, finisce sempre così."

"Certo, ora inizia pure ad incolpare il mondo intero. È la prassi, no?"

"Ti ho appena chiesto scusa! Uno scusa non lo conti? Non lo ritieni nemmeno importante, se arriva da me?"

"Oh, mio Dio, grazie di cuore, Davide." insceno gratitudine, portandomi ostentatamente le mani al petto. "Finalmente dopo giorni e giorni hai ammesso che la colpa dell'incendio era tua. Bene, grazie per l'onestà, ora sicuramente dalle ceneri rinascerà una fenice che ridarà a Magno i soldi persi, il gazebo e il servizio catering."

"Pensavo che volessi coprirmi! Che avessi capito il mio errore!"

"Mattia voleva coprirti! Io volevo solamente coprirti di insulti, nel migliore dei casi, e nel peggiore, di botte!"

"Quindi immagino che solo Mattia accetterebbe le mie scuse; tu no, invece."

"Esatto, Davide, non le accetto le tue scuse." dichiaro. "E Mattia non è un eroe nazionale, mettitelo in testa. Mostra tutta questa solidarietà perché non ha la minima idea di cosa significhi dover badare a te e tener testa alle tue stupide iniziative."

"Oh, io credo che un'idea se la sia fatta." mi riversa addosso, stringendo i pugni per la rabbia. "Non sono l'unico Argenti che conosce ad aver avuto stupide iniziative. E direi che tutta questa situazione lo può confermare, giusto o no?"

Mi sento oltremodo toccata dalle sue velate accuse e mi difendo così:"Per la cronaca, Davide, è lui quello delle stupide iniziative, ok? Non io. È lui che ha fatto fagotto per andarsene a fare il bravo soldatino."

Davide alza entrambe le mani: "La sua iniziativa è stata di partire per l'accademia, la tua invece di scappare a New York. Qual è quella più stupida?"

"Non sei venuto qui per parlare di questo!" urlo, al limite della mia sopportazione e ancora troppo scombussolata da ieri per riuscire a gestire un confronto del genere. "Sei venuto per accertarti del mio stato di salute, se non sbaglio, quindi ora che sai che sono viva, perché non te ne vai a dare fuoco a qualche altra cosa importante e rovinare ancora di più il matrimonio?"

"Sei una stronza."

"E tu sei un irresponsabile. Non mi posso fidare di te, come non mi potrò mai fidare di Mattia. E non sperare che ti perdonerò, Davide, o che capirò il perché delle tue cazzate. Alla meglio dirò a mamma e papà che questa di mandarti fuori città è solo l'ennesima falsa speranza che un giorno crescerai e smetterai di dare problemi a chiunque. E ora vai pure a realizzare la tua ripicca... solo, evita di fare danni a spese dei miei amici, stavolta, ok? Sono stanca di dover ripulire anche i tuoi di casini, ne ho già abbastanza per conto mio."

Lo sguardo di Davide si infiamma per un attimo e poi, nel giro di una manciata di secondi, si spegne completamente, come una stella che esaurisce il suo arco di vita e cade sotto forma di meteorite. 

Speriamo che non porti altrettanta distruzione.

Per una frazione di secondo lo temo sul serio e mi pento di aver detto ciò che ho detto. Sto per ritrattare, ma lui si è irrigidito e ha puntato quello sguardo sbiadito su di me. 

"Ok." dice solamente, poi mi dà le spalle e corre verso la villa, schivando gli alberi e i sassi, senza più voltarsi indietro.

Non era il momento giusto per discutere, io lo avevo avvisato. E adesso che so veramente come la pensa su quanto accaduto tra me e lo stronzo cinque anni fa, non sarò di certo io la prima dei due a farsi venire i sensi di colpa.

Mi comporto da sorella maggiore solo nei momenti sbagliati, forse, ma d'altronde mi sembra che nella mia vita non ci sia mai nulla di giusto.

E ora posso tornare a deprimermi.


(*) = bruciare qui usato come sinonimo di marinare la scuola.

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PRIMO BREAK

Ma buongiorno, miei amati! Questa volta non vi voglio fare premesse pesantone, state tranquilli. Volevo solo avvisarvi che questo è un capitolo finalmente un po' più corto rispetto ai due precedenti e che però è anche pieno di bei disegni e momenti social. Inizio subito con il primo, che è un po' un ritorno al passato, a quei tempi in cui eravate voi a proporre i vostri momenti social, facendo direttamente domande ai protagonisti o dandomi fantastiche idee. Con Io e te 3 non vi ho più ricordato di questa pratica e così è andata un po' nel dimenticatoio, ma Angelica, una delle nostre grafiche, mi ha ricordato che dovremmo riportarla in auge (?) e quindi ecco qui il primissimo Ask creato da voi, in particolare dalla stessa Angelica!!! Che ne pensate? Più in basso rispolvereremo le "regole" così se vi vengono idee lungo il cap, sarà bene accetta qualsiasi proposta!

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Ed ora vediamo che succede contemporanemanete in Facebook :)

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Non posso tornare in camera mia senza necessariamente passare per il salotto di Villa Magna. Tuttavia, mi tocca affrontare il problema ancora prima di entrare in casa. Esso si trova, infatti, direttamente davanti alla porta d'ingresso, seduto sugli scalini di marmo, e attualmente sta fissando la statua di Venere e Marte al centro della fontana, con una penna mangiucchiata tra le mani e l'espressione rapita. Sulla sua gamba destra è posato un foglio bianco, completamente bianco, mentre la sinistra sta saltellando nervosamente, mossa dal piede che colpisce il pavimento.

Inizio a camminare lentamente all'indietro, felpata come un puma, ma Mattia, ovviamente, mi sgama subito.

"Marinella!"

"Ciao." cambio senso di marcia e vado verso di lui come se niente fosse, mentre a sua volta posa i fogli e scatta nella mia direzione.

"Dov'eri?" 

"Ehm, nel bosco." indico dietro di me.

Mattia sposta gli occhi per accertarsi che effettivamente ci sia un bosco, ma la mia risposta gli sembra talmente assurda che non perde quell'aria dubbiosa. Mi accoglie con fare preoccupato, quasi apprensivo, aprendo leggermente le braccia per cingere le mie. Appena le sue mani sfiorano i miei gomiti, mi ritraggo come se scottassero.

"Ero a fare una passeggiata."

"Tu? Una passeggiata?" mi scruta, perplesso.

"Sì."

"Non dirmi stronzate. Guarda come stai; sei pallida e hai tutti gli occhi rossi."

"Giuro, sono appena tornata dal bosco."

"Be', ero preoccupato." sbotta, sembrando per certi aspetti mio fratello e per altri Federica, con le braccia ancora allargate e lasciate a mezz'aria per circondarmi, ma senza toccarmi. "Sei passata dal voler stare sola al non rispondere più ai messaggi e poi al non riceverli nemmeno. Potevi dirmelo che eri andata a fare una passeggiata nel bosco, almeno non ti avrei cercata per tutta la casa."

"Scusa, Mattia, ma... non c'era campo e ho direttamente spento il telefono."

"Capisco." pronuncia lentamente, non credendo ovviamente a una sola parola e continuando invece a fissarmi con inquietudine. "Nelli, io... posso solo immaginare quanto tu stia male per Lorenzo."

Lascia passare qualche secondo per sondare la mia reazione, poi deglutisce e prosegue: "Però non devi scappare da tutti, o almeno non da me. Io sono qui per te."

Ah-ah-ah!

"Nelli."

Avanza una mano per posarla sulla mia guancia in una tenera carezza, ma io faccio un passo indietro e lo guardo duramente negli occhi: "Sto bene." 

"No che non stai bene."

"Non preoccuparti, ok?" ribatto, fredda come non mai. "Piuttosto." lo supero e cammino fino ai gradini per raccogliere il foglio che ha lasciato a terra. "Hai fatto qualche progresso con il discorso?"

"No." risponde, a disagio. "È difficile trovare le parole giuste, e comunque non sono proprio nell'ordine di idee per farlo."

"Ci lavoreremo oggi. Entro stasera dev'essere finito, perché altrimenti non avremo più tempo."

"Oggi c'è il paintball."

"Lo butteremo giù durante il paintball. Gloria e Magno si sposano tra cinque giorni, Mattia, e dobbiamo anche impararlo a memoria."

"Va bene." mi concede, non sapendo come affrontare l'imbarazzo di questa conversazione. Mi osserva mentre raduno i fogli e do loro un ordine improvvisato, poi dopo un po' si schiarisce la voce: "Comunque... per quanto riguarda il nostro di discorso..."

Continuo a fingere di sistemare, senza alzare gli occhi da terra.

"Insomma, ieri sera poi non ci siamo visti, ma... contavo di parlarne. Che ne dici? Possiamo trovare il tempo anche per quello, oggi? Possiamo stare un po' da soli, così affrontiamo assieme la questione di Lorenzo?"

Mi drizzo con il busto e finalmente gli rivolgo la mia attenzione, aspra e amara come poche volte: "Non abbiamo niente da dirci noi due."

"Come?"

"Non ci sarà nessun discorso." annuncio, raggiungendolo e stampando i fogli contro il suo petto, anche con una certa impulsività. "Nessuno che non riguardi le nozze di Gloria e Alessandro."

Mattia ha abbassato la testa per guardarmi, mentre io ho alzato la mia e ora le punte dei nostri nasi sono situate sulla stessa linea perfettamente obliqua. La mia mano è ancora aperta sul suo petto, immobile, e per un secondo mi sembra di percepire un'accelerazione nel suo battito cardiaco.

"Ma cosa stai dicendo?" mi domanda, spostando freneticamente le sue iridi sul mio viso. "Ieri mattina mi hai promesso che avremmo parlato."

"Io non prometto mai nulla." ribatto, in un sussurro. "E forse dovresti imparare da me."

E detto ciò, allontano la mano e gli giro le spalle, mentre lui si porta le braccia al petto per impedire ai fogli di cadere. Mi segue andarmene allibito, all'apice della confusione, e forse della rabbia, per aver ricevuto questo genere di silurata da me.

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SECONDO BREAK

Sarete confusi come Mattia, immagino, o leggermente meno perché vi siete già fatti mezza idea. Ma prima di leggere oltre e svelare l'arcano, ditemi... perché Nelli è così arrabbiata? Che cosa diavolo ha letto che non ci vuole dire????

In tema con l'immagine del break precedente, vi lascio due momenti social che ho creato anche per dare un minuscolo spiraglio a un personaggio che ha fatto parte della vita di Nelli per un po' di tempo: Fatima, la sua coinquilina di New York. Per rendere il tutto più realistico, ho scritto i messaggi nella lingua in cui le due comunicano da quando si conoscono, ovvero l'inglese. Non arrabbiatevi se non ho tradotto: credo che il senso a grandi linee si possa capire e, in ogni caso, non viene detto nulla che già non sapete. La scelta di lasciare tutto così rispecchia anche un po' l'aura di mistero che circonda gli anni in cui non siamo stati con Nelli e non l'abbiamo seguita nei suoi rapporti con altri e nelle cose che ha fatto.

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Il viaggio verso Lucca mi ricorda tantissimo le nostre gite alle superiori.

Stiamo andando al campo boschivo dove il figlio di Paola ha recentemente aperto un'area per il paintball, softair e tutte queste grandiose attività belliche. Paola è la fioraia di fiducia dei Magno, la quale stava per lasciarci in braghe di tela dopo l'incendio causato da mio fratello, ma dal cui ammutinamento sarebbe dipesa un'ulteriore pugnalata al cadavere del matrimonio. Quindi, pur di riportarla nelle nostre grazie, una settimana fa Mattia e io abbiamo dovuto intercedere e abbiamo riguadagnato i suoi servizi in cambio di un favore.

Partecipare, per l'appunto, all'inaugurazione del Lucca Paintball.

Ma io mi chiedo: perché uno dovrebbe avere come aspirazione nella vita il paintball? Perché il figlio di Paola non poteva fare il fioraio come Paola? Non lo so, io davvero non lo so.

E non sopporto l'idea di doverci andare per forza. Cioè, nessuno mi ha formalmente obbligato, ma sarebbe contro gli accordi presi non presentarsi. D'altronde Paola è stata chiara: più persone porti, più avrò voglia di continuare a collaborare con voi.

Però oggi non è proprio giornata e il fatto che le circostanze mi stiano ricordando le superiori non fa altro che rabbuiare ancor di più i miei orizzonti. 

Siamo in ventisei e Paola ha ovviato al problema procurandoci un servizio di trasporto eccezionale: una corriera tutta per noi, che è partita da Lucca per venirci a prendere e dopo ci riporterà anche a casa. Solo Davide non è venuto, perché ovviamente è in fase di repulsione e punta a sprecare le sue ore sparandosi i Muse nel cervello a venticinquemila decibel. Gli altri non-adolescenti, Rachele, Filippo e Vittoria, ci sono tutti: Paola ha fatto preparare una coloratissima area piccoli, proprio per permettere anche a loro di divertirsi.

Magno e Gloria sono stati bendati: non sanno dove stiamo andando, ma sanno che sarà il loro ufficiale addio al celibato/nubilato, dato che il tentativo precedente si è rivelato piuttosto disastroso. Chiaramente sono entrambi molto agitati - per Gloria abbiamo addirittura dovuto adottare misure estreme, ossia che Diego la portasse di peso sulla corriera - tuttavia, per stemperare la loro inquietudine e far passare quest'oretta di strada, abbiamo deciso di ricordare i bei vecchi tempi passati ed ora eccoci qui; a parlare dei migliori anni, in un clima da corriera che mi ricorda in tutto e per tutto le gite del liceo. Spero che nessuno tiri fuori i ricordi legati al viaggio di maturità, oppure libero il lato piromane insito nel DNA degli Argenti e do fuoco a tutti.

Avrei voluto sedermi accanto a Mattia, giusto per scrivere questo stupido discorso una volta per tutte, ma Marco si è appropriato del sedile alla mia destra e Federica di quello alla mia sinistra, incatenandomi lettaralmente ai loro corpi. Federica ha intrecciato due maledetti bracciali dell'amicizia per l'occasione.

"Oh, grazie Frufru!" esulta Marco dopo che lei ha finito di fare il nodino attorno al mio polso. "Non dovevi preoccuparti di suggellare il nostro legame con un dono... la tua sola presenza nelle mie relazioni sociali è già di per sé un dono."

Federica alza gli occhi: "L'altro non è per te. È per Lorenzo."

"Ah, giusto." Marco si gratta il mento. "Ora che il trio è finalmente riunito, io posso tornare ad essere il quarto incomodo. D'altronde non ho né malattie fisiche," e accenna a Lorenzo. "Né mentali," e guarda me. "Né sociali." e ritorna su Fede. "Per poter soddisfare i requisiti di appartenenza al gruppo."

Federica sta per esplodere in un rimprovero epico, ma io la precedo protraendomi così tanto da sfiorare la punta del naso di Marco.

"Sentimi bene, Ravasi." sibilo, mentre i suoi occhi rasentano lo strabismo per potermi guardare. "Solo perché un giorno ti ho detto che ci tengo alla tua amicizia, non significa che non abbia anche altri amici e che non mi sia rotta di sentirti costantemente parlare male di loro. Non permetterti mai più di scherzare sulla malattia di Lorenzo, ok? E di parlare in generale, dato che non mi va di ascoltarti."

Marco alza le sopracciglia, ma io sono già con gli occhi fissi in quelli di Federica.

"E tu." le riverso addosso. "Non pensare che i braccialetti riporteranno la pace nel mondo, perché non è così. Potevi intrecciarne uno anche per Marco, dato che c'eri, perché, ora ti dirò un'altra sconcertante verità: anche lui è mio amico, nonostante sia un coglione. Siamo tutti personaggi disturbati, per questo invece di farci la guerra, dovremmo volerci bene."

Anche Federica tace, e io sbatto la schiena contro il mio sedile, guardando fisso davanti e incrociando le mani al petto.

Marco si sporge verso Fede: "Per caso è da un po' che non fornica con Zingaretti?"

Perfetto. Marco ha capito tutto. 

Fede rotea gli occhi: "Ha ragione. Dovremmo volerci più bene, peccato che a uno come te si possa solo voler male."

"E perché mai?" Marco si passa una mano nei capelli. "Invidia?"

"No, perché rovini sempre tutto."

"Ma se sei tu che non hai fatto un braccialetto anche per me!"

"Certo." Fede schiocca la lingua. "Come se tu non l'avresti bruciato, o buttato nel cesso, se io l'avessi veramente fatto."

Marco si chiude nelle spalle: "Non lo saprai mai." e torna pure lui a concentrarsi sulla strada, mentre Federica sospira e lancia occhiate preoccupate verso di me.

"Scusa, Nel." sussurra, lasciando che senta solo io. 

Faccio un fugace sorriso, non sprecando più di un muscolo per questa causa, ma almeno le faccio capire che non sono così arrabbiata. Cioè, lo sono, ma apprezzo il suo braccialetto, e il fatto che sia vicino a me, e pure il fatto che litighi con Marco e che nonostante questo non se ne sia mai andata. Anche per Marco sono grata. E mi dà fastidio che continui a provocare chiunque, risultando indelicato e a volte pure immorale, però non mi molla neanche per un istante e questo significa molto.

Oggi però ho solo rimproveri per loro. Oggi ho rimproveri per tutti.

"E quindi quella sera ero disperata." non si sa come, Cristiana è finita a parlare della sua prima gravidanza. Probabilmente qualcuno tipo Lionel o Sanjay gliel'ha chiesto. "Eravamo andati a vivere a Firenze da meno di un anno, guadagnando la fiducia dei miei con il sangue e il sudore, e io avevo appena scoperto di essere incinta! Come avrei fatto a dirlo a mia madre? O peggio ancora... a mio papà??"

"I preservativi. Quegli sconosciuti." commenta Pierpaolo, altresì noto come riserva nazionale di preservativi.

"Quando la passione chiama, cazzo, Scilla!" si difende Diego. "Mai sentito parlare di coinvolgimento sessuale?" indica Silvia Trepalme con entrambe le mani, come se questo potesse far rinsavire Pierpaolo e donargli l'illuminazione.

Ma lui è pur sempre l'uomo tutto d'un pezzo, che nemmeno rivolge lo sguardo verso la sua concubina: "Prima il cervello, Vallicroce, poi il pene. Ricordalo sempre: prima cervello, poi pene. Cervello-pene, cervello-pene, cervello-pene." gli spiega muovendo l'indice dalla testa al cavallo dei pantaloni. "Non pene-cervello. Pene-cervello uguale sbagliato."

Diego si sporge per tirare uno scapellotto a Pierpalo.

"Be', ma comunque che ha detto tuo padre?" domanda Silvia, la quale sente per la prima volta questa storia e ne è completamente ammaliata. Il processo della riproduzione umana è un argomento che lei non ha mai avuto modo di studiare a livello teorico. Come uno che sa benissimo parlare in inglese, ma sbaglia a scrivere 'hello', non so se mi spiego.

"Niente; io e Diego siamo andati in missione suicida per dirglielo di persona."

"Avevo già consultato un buon notaio per il testamento." precisa Diego.

"Avevamo così tanta paura che abbiamo deciso di tirare a sorte chi dei due dovesse parlare. Abbiamo usato i legnetti, alla Armageddon." Cris ricorda ancora quel momento con un brivido di puro terrore. "E aveva vinto Diego, ma temendo che per l'ansia avrei avuto un aborto naturale, ha deciso che sarebbe comunque stato lui ad affrontare il discorso di fronte ai miei."

"E come mai sei ancora tra noi?" gli domanda Eva, sempre assettata di succosi particolari per i suoi gossip.

Diego finge di spolverarsi il colletto: "Perché sono El Vallinator, niente al mondo mi ferma."

"Perché mia madre è svenuta." rettifica Cris. "E nel trambusto per portarla all'ospedale, mio padre non ha avuto il tempo di strozzarlo."

"El Vallinator, insomma." lo sminuisce Vacca.

"Ehi, te l'ho detto." la ragguaglia lui. "In un modo o nell'altro, le donne cadono sempre ai miei piedi."

"Nella confusione, io e Diego siamo scappati via da Venezia, e ci siamo rintanati nella casa di Firenze controllando che papà non si presentasse sotto la nostra finestra con un bazooka. Certo, non l'ha fatto, ma sono convinta che avesse comunque ingaggiato dei sicari. Se non per me, almeno per Diego." ragiona Cris. "Alla fine non sarà intervenuto fisicamente per pura pietà, ma ha smesso di aiutarci con i soldi e per nove mesi non ha mai voluto accettare una mia telefonata. Mi aveva tagliata fuori, praticamente disconosciuta come figlia, ed era del parere che non avrebbe mai nemmeno guardato in faccia quel suo nipote frutto di una scelleratezza."

Ilenia ha le mani congiunte e gli occhi lucidi: "Perché non siete andati a C'è Posta per Te? È una storia drammatica e bellissima."

Tutti la guardano male, invece Shymée, che è seduta accanto a lei, le sorride.

"Quando ho iniziato il travaglio e Diego mi ha portato all'ospedale di Firenze, ho voluto almeno avvisare i miei con un messaggio. Non si sa mai che fosse capitato qualcosa di brutto, almeno l'avrebbero saputo. Ma qualche ora dopo erano accanto a me in sala parto."

"Aaaw!" Ilenia è letteralmente andata, e lancia gridolini a caso che turbano Lionel, seduto a qualche sedile da lei.

Cris è altrettanto presa dal racconto: "Mi sono stati vicino nelle ore più difficili. Mamma è svenuta di nuovo, e anche Diego."

"Cristiana, cazzo!" la rimprovera lui, per aver rivelato quello che doveva essere un loro personalissimo segreto.

Eva prende nota, e Cris prosegue: "Ma almeno ho avuto la conferma che papà è solo una facciata dura e nient'altro. Quando ha visto Filippo si è commosso, e da quel giorno in poi è diventato il nonno più tenero della storia."

Ilenia ora sta piangendo, quindi Shy le cinge le spalle per consolarla, mentre Lionel cambia posto.

Amerigo alza una mano per poter intervenire, abitudine che non ha mai perso dalle superiori: "Quindi avete avuto un figlio, mentre ancora andavate all'università e senza un lavoro fisso. Come avete fatto poi a farne altri tre? Cioè, non vi sembra un po'... azzardato?"

"Eh, quello è stato il motivo per cui papà alla fine ha veramente strozzato Diego."

"Abbiamo avuto una piccola rissa." Diego minimizza con un'alzata di spalle. "Ma alla fine il signor Romanin ha deciso di aiutarci a trecentosessanta gradi, e pure i miei ci si sono messi. Cris ha finito Giurisprudenza, ma io ho mollato per poter lavorare seriamente. Certo, in una cazzo di officina come meccanico del cazzo, ma seriamente, per poter dare delle sicurezze alla mia famiglia."

"Che hai contro i meccanici?" si interessa Lionel.

"Niente." fa lui. "Solo che quella per cui lavoravo era l'officina sfigata di un ultra ottantenne dove solo ultra ottantenni portavano i loro catorci, per cui non c'era nemmeno divertimento, se non quello di fare pernacchie con la bocca quando il vecchio si girava e poi fargli credere che fossero state sue." ride, rimembrando quei momenti con affetto. "Poi il povero è schiattato e io ho cambiato officina, dove sono diventato El Meccanikator, oltre che El Vallinator. Ora so truccare le cazzo di Porche e faccio comunque le pernacchie quando il mio capo si gira." 

"Avresti potuto continuare Relazioni Internazionali, eri bravo..." osserva Gloria, la quale osserva solo metaforicamente, dato che è ancora bendata.

"Non ero bravo, fidati." le risponde. "Sapevo solo come farmi dare i migliori appunti. Le secchione fanno di tutto per un occhiolino ben piazzato."

"Maiale indecente." lo apostrofa Cris.

"Cris era molto più inquadrata di me." prosegue lui. "E sicuramente più motivata. Era giusto che fosse lei a continuare nello studio, così da avere anche più tempo per accudire il campione."

"Non si spiegano Vittoria e i due gemelli, però." fa notare Patrizia.

Cris e Diego si guardano, quasi colpevoli, ma in fondo anche inteneriti.

Alla fine è Cris a parlare: "È che l'arrivo di Filippo ci aveva preso così tanto che... insomma, noi... ne volevamo un altro."

"Oddio." Alessandra si porta una mano alla fronte e sospira, contrariata.

"Vorrei citare De Gregori." esordisce Pierpaolo. "Nel paragonarvi a dei conigli."

"Chi è De Gregori?" chiede Magno.

"Tu lascia stare." lo zittisce Mattia. "Lascia proprio stare, Magno."

"Grazie." Diego lo prende come un complimento e sorride. "Vittoria è stata fortemente voluta, ed è diventata la pupilla dei miei genitori. La prima volta, quando avevano visto Filippo, si erano spaventati per quanto somigliasse a me e temevano che potesse diventare la nuova piaga vallicrociana, frutto del loro stesso perverso seme. Ma quando hanno avuto sotto il naso Vittoria, i loro occhi si sono a dir poco illuminati. Erano estasiati; non potevano credere che uno come me avesse potuto dare alla luce una come lei; così piccola, così dolce, così bella... non ci potevano credere."

"In effetti nemmeno io ci credo." se ne esce Alessandra. "Cris ti avrà tradito con il postino. O con Natale, almeno si spiegherebbero i capelli rossi."

"Non siamo tutti come te." le sorride Diego, candidamente.

"Per fortuna." tossicchia Francesco facendoci ridere, anche se in realtà stiamo pensando tutti a quanto la battuta di Diego sia stata avvincente.

Alessandra fa una smorfia.

Ma prima che la tensione che si sta creando attorno alla rossa scateni una tempesta di fulmini, Amerigo si schiarisce la gola nel tentativo di stemperarla: "Ma non vi bastava fermarvi a due?"

"Già, quelli come li spiegate?" cinguetta Eva, indicando il pancione di Cris. "Immacolata concezione? Non ci avete raccontato molto su quest'ultima cicogna, no, Cristiana? Sei arrivata qui con un bel pacco a sorpresa."

Cris arrossisce visibilmente.

"Dai, non fare la timida." Eva mi sembra il diavolo.

Ma alla fine la ricciolina si decide a raccontare: "Fil e Vitto erano in gita con la scuola e noi... beh, io prendevo la pillola, ma ho fatto dei casini e quindi... insomma, doveva essere solo un momento per noi due..."

"E siete passati magicamente da due a quattro." riassume Tommaso.

Lorenzo si acciglia: "Scusate, ma voi non siete turbati dal fatto di sfornare eredi una volta ogni tre anni?"

"No." rispondono all'unisono.

"Bene." Lori fa gli occhi da gufo, perplesso dinnanzi a questa leggerezza di spirito. "Allora tranquilli che fra qualche annetto potete partecipare al remake di Una scatenata dozzina."

"E Vittoria avrà un fidanzato che gli altri bambini possono boicottare." aggiunge Vacca, eccitata dall'idea.

"Mai." s'impone Diego. "Vittoria non avrà mai un fidanzato! Sarò io il primo a boicottarlo!"

"Diego..." lo riprende Cris.

"Piuttosto che si fidanzi con Filippo! Io mi fido solo di un Vallicroce!"

"Ah, siamo sulla buona strada..."

"In che senso?"

Diego mi guarda e io realizzo di aver veramente espresso il mio commento ad alta voce.

"Ehm, niente." mi strozzo con la saliva, facendo leva sulle braccia per sedermi in modo più dignitoso sul mio sedile, mentre tutti mi rivolgono attenzione. "Qualche giorno fa ho sposato i tuoi figli. Filippo e Vittoria, dico. Volevano sposarsi."

Diego mi fissa allibito.

"Tranquillo, non ho nessuna autorità." metto le mani avanti. 

Penso che Diego mi voglia aggredire, lanciandosi direttamente dal suo sedile verso il mio come un vampiro affamato, ma invece fa qualcosa di diverso, che mi stupisce: sorride.

Sorride? Oh mio Dio! Diego mi ha sorriso! Questo mi riporta per un attimo alla gioia. Allora il mio piano può funzionare! Passare per Filippo e Vittoria può veramente farmi riavvicinare a Diego! Diego mi ha appena sorriso!

"Prima li mandi al rogo e poi gli insegni l'incesto." se ne esce allora, smontandomi. "Grande, Argenti, la prossima volta portali pure in una coltivazione di cannabis per introdurli al mondo della droga, già che ci siamo, perché no?"

"Diego, dai!" Cris lo malmena, ma la maggior parte della classe ride a questa battuta, mentre solo io, che so che non è affatto una battuta, ci rimango malissimo.

Istintivamente sposto il mio sguardo verso Mattia; l'ultima volta che Diego mi ha lanciato una frecciatina del genere, lui mi è corso in aiuto. Tuttavia questa volta non dice nulla; si limita a ricambiare il mio sguardo, ma a spostare subito gli occhi con fare offeso.

No, non ha mandato giù il mio trattamento di questa mattina, ma poco mi importa.

Qui l'unica ad avere il diritto di essere arrabbiata sono io. Perché Diego mi odia ancora nonostante tutti i miei sforzi e perché Mattia Zingaretti è un emerito stronzo.

E no, non lo dico come al solito per motivi futili, lo dico perché mi resta solo una settimana, prima che se ne vada in guerra.

Esatto, era questo il contenuto della lettera... sorpresa, sorpresa!

Mattia deve partire per una missione in Siria. E non solo non potrà tornare a casa per due anni, ma ci andrà fresco di promozione da soldato a caporale. E poi non chiedetevi perché sto odiando tutto e tutti, a partire dalla spavalderia di Diego e terminando con lo stupidissimo paintball.

***

TERZO BREAK

Sorpresa sorpresa? Ma davvero, Nelli? Mi sa che si sapeva qui :(

Voi che ne pensate?

Dato che la prossima parte sarà decisamente la più lunga, vi raccomando di fare un bel pit stop e, ovviamente, di armarvi per bene! Il paintball è una cosa seria U.U

Prima di iniziare, date un occhiata a questi ritratti, creati appositamente da Nicole (su Instagram @foxyladys_art e su Facebook alla pagina FoxyLady's Art). Ci sono le belle facce di Davide che si spara i Muse nelle orecchie, di Silvia, che tutti voi amate troppissimo, e di Lionel, latin lover seriale che fa ardere ogni spirito sin da Io e te 1. Meravigliosi, vero??

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Non so se sia peggio il paintball o le lezioni di ginnastica di Ai Zu.

Sto provando lo stesso odio primordiale che provavo le prime volte in palestra, quando mi costringevano ad indossare una tunica oscena e dei calzini con cui i maschi infettavano ogni superficie.

Senza nemmeno darci il tempo per ambientarci, il figlio di Paola ci ha accolto con tutta una spiegazione sull'area boschiva, sulle tute da gioco e le armi. E quanto è bello il paintball, e quanto è grande la nostra zona, e bla bla bla.

Mentre i bambini si lasciavano distrarre dai vari giochi, supervisionati da Cris che naturalmente non partecipa, noialtri siamo stati equipaggiati con tutto il necessario. Inutile dire che Alessandro si è impanicato per il rischio di sporcarsi il ciuffo e Gloria perché qualcuno poteva farsi male, ma dopo qualche minuto di ipnosi da parte del fioraio mancato, hanno ceduto pure loro al fascino del paintball.

Che bello.

Persino Ai Zu, che si sposta su una sedia a rotelle, ha voluto a tutti i costi partecipare.

Siamo stati divisi in due squadre miste, chiamate con originalità "I Rossi" e "I Blu", a causa delle fascette riconoscitive che portiamo rispettivamente al braccio. Nei Rossi c'è Diego, che ha ribattezzato la squadra con il nome di "Los Vallinators", uccidendo sia lo spagnolo che l'inglese che la propria dignità. Nei Blu, invece, dove sono finita anche io, abbiamo lasciato che Magno si arrogasse il diritto di soprannominarci "I Magno".

Così i Magno e los Vallinators dovranno sfidarsi in una gara a più colpi di colore. Ognuno di noi è stato dotato di: giubbetto nero, caschetto con visiera e fucile più ricarica. Dato che siamo in tanti, giocheremo una partita unica, ma sarà strutturata per durare né troppo né troppo poco; l'obiettivo è di far fuori quanta più gente possibile della squadra avversaria. Alla fine del tempo, che è di quarantacinque minuti, la squadra che rimarrà con più membri avrà vinto. Ma chiaramente c'è un'ulteriore difficoltà; ognuno di noi ha solamente una ricarica di proiettili e se viene colpito sul giubbetto, anche solo una volta, viene eliminato e deve automaticamente ritornare al punto di partenza, senza poter più colpire nessuno.

Così uno dovrà fare bene i conti, e potrà esporre gambe e braccia, ma difendere a tutti i costi il busto e la schiena.

L'area di gioco è veramente enorme; comprende uno spiazzo d'erba iniziale, ma è circondata da alberi di varie altezze, situati in zone più o meno fitte. Siamo liberi di vagare come meglio crediamo e dall'inizio della partita, comunicato attraverso gli altoparlanti, abbiamo ben cinque minuti per distribuirci e nasconderci, senza che sia concesso usare le armi, dopodiché la sfida sarà aperta.

Vi dirò: vorrei solo non aver mai preso il treno per Cecina, ma per il resto tutto bene.

Il campanello di inizio partita è appena suonato e io do un'ultima occhiata ai miei avversari prima di cominciare: Los Vallinators, cioè Ilenia, Eva, Lorenzo, Federica, Gloria, Amerigo, Alessandra, Patrizia, Diego, Francesco e Tommaso si scontreranno contro I Magno, cioè naturalmente Magno, Marco, Ai, Sanjay, Lionel, Silvia, Pierpaolo, Shymée, Vacca, Mattia e me.

La mia squadra ha deciso di radunarsi per elaborare una strategia, e ha scelto di operare dividendosi in sottogruppi. Carino, ma in realtà a me non interessa un tubo di questa pagliacciata. Voglio solo appiccicarmi a Mattia e buttare giù almeno lo scheletro del discorso, in modo tale da porre un termine alla tortura. Non mi interessa se lui vuole giocare, avrà tempo per fare tutta la guerra che vuole nei prossimi due anni!

Quindi comunico a Magno che io e Mattia saremo un sottogruppo a se stante e lui trova che sia una brillante idea, in quanto Mattia è bravo sul campo mentre io sono intelligente, quindi possiamo muoverci bene. Ok, una volta raggirato Magno, posso ignorare le lamentele di Mattia e spingerlo lontano da tutti per "elaborare il nostro piano d'azione". Invece estraggo il foglio dai pantaloni e glielo spiaccico contro il petto come stamattina, ma con rinnovato piacere. 

"Questo è quello di cui ti dovrai preoccupare per i prossimi quarantacinque minuti." pronuncio solennemente.

"Sei pazza, per caso?"

"No. Ma mancano cinque giorni al matrimonio, Zingaretti. Cinque. E io non intendo farmi trovare impreparata."

"Ma..."

"Ma abbiamo rimandato fin troppo. Il tempo scarseggia. Il tempo scarseggia sempre." 

Mattia sbuffa, mentre tutti hanno già lasciato piazza pulita qui intorno: "Staremmo facendo una partita di paintball, se non te ne sei accorta."

"Ma la faremo." ribatto. "Soltanto che nel frattempo scriveremo anche il discorso. Si tratta di dare la giusta priorità alle cose."

Lui scuote la testa: "Non so cosa ti prenda oggi."

"Non lo vuoi sapere." lo minaccio. "E se ci tieni a non vedermi ancora più sclerata di così, impegnati per questa mansione. O missione, che dir si voglia."

Mattia cerca di decifrare le mie parole, convinto stupidamente di poterci arrivare, ma non rendendosi conto di essere solo un emerito idiota. Alla fine si arrende e sbuffa: "Ok. Seguimi."

Ci addentriamo nel bosco e camminiamo senza una vera meta, mentre io dispiego il mio foglio con rinnovata iniziativa e inizio ad elencare a Mattia tutti punti che dobbiamo per forza toccare: la nascita della coppia Gloria e Magno, il primo anniversario festeggiato a scuola, il ballo di fine anno di quarta, la gita in cui i prof hanno rischiato di beccarli nella camera d'albergo,...

Il campanello suona di nuovo e nemmeno il tempo di rendermi conto che la partita è veramente iniziata, che cominciano già a sentirsi i primi spari, echeggianti tutt'intorno. Ma mi sforzo di non darci retta, in fondo non mi interessa davvero un fico secco del gioco, voglio solo fare quello che dobbiamo fare, e tornarmene a casa con un pensiero in meno.

Quindi ricomincio a parlare e scrivo le prime frasi, strutturando un excursus narrativo dal punto di vista di due narratori esterni che ripercorrono la storia d'amore dei neo sposi. Tuttavia, dopo un po', Mattia si accorge inevitabilmente della mia difficoltà. Non riesco a concentrarmi come si deve, perché la mente in sottofondo accosta automaticamente il rumore che ci circonda a ciò che comporta aver spiato tra le sue cose e aver trovato quella lettera. Anzi, non solo pecco di scarsa attenzione, ma sono addirittura convinta di sembrare spaventata come Bambi.

"Perché non ne parliamo questa sera?" mi invita, rimanendo rannicchiato dietro a un albero, con la postura professionale di chi sa come ci si nasconde.

"No. Stasera ho altri programmi." ribatto. "Come possiamo rendere l'aneddoto della gita non troppo scandaloso?"

"Ehm..." Mattia è sempre guardingo, e fatica a star dietro ai miei ragionamenti. "Scriviamo che è stato uno dei momenti più rischiosi per loro."

"Sì, così pensano che abbiano rischiato di diventare proliferi come i Vallicroce."

"Ok, allora di' che ci siamo divertiti un sacco alle spalle dei prof, ma loro due più di tutti."

"Sì, potrei formularla così, ci sta." mi appoggio all'albero per scrivere, ma Mattia mi prende repentinamente per il giubbetto e mi tira in giù, facendomi finire a terra accanto a lui. Un frangete dopo, nel punto in cui avevo posato il foglio, si spiaccica una chiazza gialla di vernice.

Mentre io sono ancora rimbambita nel capire che diavolo è successo, Mattia non perde tempo: si alza in piedi e spara un colpo ben assestato sulla pancia di Diego Vallicroce, ancora prima che lui possa riprovare il tiro.

"Eddai, Zinga, cazzo, vaffanculo! Neanche dieci minuti ho giocato, cazzo!" si lamenta, ma io non ho nemmeno il tempo di sentire la fine della sua frase.

Il mio compagno di avventura mi ha preso di nuovo per un lembo dei miei indumenti e mi ha trascinato lontano da quel punto, continuando per svariati metri a trattarmi come una bambola di pezza.

"Mattia, mi lasci?!"

"Sei capace di stare attenta, o no?" mi strattona, fermandosi di nuovo dietro a un masso.

"Chissenefrega!" rilancio, togliendomi le sue mani di dosso, anche piuttosto barbaramente. "Non mi interessa venire colpita o meno, questo gioco mi fa schifo!"

"Ok, ma se ti colpiscono, te ne devi andare, genio. E allora il discorso come lo scriviamo?"

Mi fissa con quegli occhi verdi resi ancora più verdi dalla natura intorno.

"Se mi colpiscono, ti fai colpire anche tu, ovviamente." stabilisco, arrogandomi il diritto di dettare le regole.

"Oh, non ci penso proprio." ribatte, acquisendo un certo tono di sfida. "Non penserai di potermi comandare come ti pare e piace. Marinella, mi sembra che oggi tu abbia solo voglia di fare il bello e cattivo tempo, ma stai giocando col fuoco, sappilo."

"Io sono come il tempo, no?" rilancio, conquistando definitivamente il podio per questa conversazione.

"Già." risponde. "Ma io non sono metereopatico, quindi non credere di avere tutta questa influenza."

Lo sta dicendo a me o a se stesso?

"Si scrive il discorso e si partecipa al gioco. Se ti colpiscono, addio, mi spiace, ma io continuo la mia partita."

"E se colpiscono te?"

"Oh, non colpiscono me." lo dice con tutta la sicurezza di questo mondo. D'altronde... è caporale, no?

"E adesso andiamo." mi prende di nuovo per il polso e ricomincia a strattonarmi per tutto il bosco, non lasciandomi più né il tempo né il fiato per ribattere.

Lungo la strada, medito per mandare giù la rabbia e mi costringo a relegare i miei istinti omicidi nel subconscio, augurandomi di non impazzire come Amleto. Utilizzando frequentemente la schiena di Mattia e a tratti la mia coscia, aggiungo una parte abbastanza sostanziosa al discorso, risultando per essere anche piuttosto soddisfatta dell'impostazione che abbiamo dato fin qui.

Tuttavia, mentre sto spiegando a Mattia l'importanza di inserire nella conclusione anche la parte sul supporto che Magno e Gloria hanno sempre ricevuto dalle loro fantastiche famiglie, ci imbattiamo in una Patrizia, che, chiaramente a disagio, se ne scappa come una gazzella tra i cespugli. Ma essendo sempre stata goffa, un po' come me, inciampa e cade rovinosamente a terra davanti ai nostri occhi, prima che possa almeno trovare un nascondiglio decente.

Mi interrompo per andare a soccorrerla, ma l'idiota mi trattiene e mi impedisce di muovermi, prendendo il controllo della situazione. A grandi passi la raggiunge e, senza nemmeno darsi la pena di aiutarla a rimettersi in piedi, le spara un impietoso colpo tra una scapola e l'altra, in mezzo alla schiena. Così, senza che uno abbia nemmeno il tempo di formulare un pensiero.

"Che fai?!" mi scandalizzo.

Ma ormai è già troppo tardi, Patrizia è stata eliminata da Mattia in persona, con una crudeltà e una freddezza che rasentano la sterile esecuzione. Dove diavolo le ha imparate queste queste cose? A Modena o ad Auschwitz?

Scanso lo stronzo per aiutare la povera Patrick e provo un senso di ingiustizia incredibile. Anche se ha una fascetta del colore diverso dal nostro, perché attaccarla? Perché prendersela con un'indifesa? Avrei potuto essere io!

E sto giusto per rinfacciarglielo con ardore, quando da un angolo chissà dove, spunta Amerigo, che vede la scena e si dispera per la sua compagna di squadra. Decide di vendicarla puntando dritto dritto a me e io, chiaramente, non ho né la prontezza né i riflessi per schivarlo.

Sto ancora pensando alla frase ad effetto su Gloria e Magno, io.

Ma un millesimo di secondo prima che Amerigo spari, Mattia mi si mette davanti, facendomi da scudo e prendendosi il colpo al posto mio.

Per un attimo mi sento quasi mancare, realizzando di aver causato l'eliminazione del mio compagno di squadra, nonché dell'unica persona che non vorrei mai veder sconfitta in una guerra, specie se per salvare me. 

Poi, per fortuna, mi accorgo che è stato così scrupoloso da mettersi di profilo, e il colore del proiettile è finito solamente sulla sua spalla, senza sporcare il giubbetto. In un batter di ciglia e con una facilità inaudita, opera la sua risposta con estrema precisione, e anche Amerigo risulta eliminato dal gioco, sporco di blu e di verde in due punti del torso.

"Grazie..." mormoro, mentre Patrizia e Amerigo se ne vanno via sconfitti.

Mattia mi dà la schiena: "Devi lasciar fare a me, le tue idee non sono molto intelligenti."

"Ma pensavo che Patrizia... insomma, non credevo che Amerigo-"

"Si tratta di dare la giusta priorità alle cose, Argenti." mi stronca concedendomi di guardarmi in viso. "E stavi dicendo del supporto della fantastica famiglia di Magno?"

Da questo momento in poi pensare al discorso risulta praticamente impossibile. Da una parte, la mia testa è sempre meno presente, dall'altra la situazione non aiuta. Cambiamo nascondiglio ogni due secondi, ci difendiamo dagli attacchi di gruppo e scappiamo a perdifiato per quasi tutto il bosco. A un certo punto, incontriamo anche alcuni dei nostri compagni di squadra e veniamo a sapere che dei Magno non siamo rimasti che noi: io, Mattia, Pierpaolo, Silvia, Lionel e Ai Zu.

Ci troviamo ad un punto dove anche gli avversari si staranno sicuramente radunando per pensare a qualche tattica. Sappiamo che almeno cinque di loro sono già stati eliminati: Patrizia, Amerigo, Diego e Tommaso. Gloria anche, e lei e Magno, il quale apparteneva alla nostra squadra, si sono fatti fuori a vicenda perché non avrebbero sopportato il pensiero che lo facesse qualcun altro... puah. È stato davvero inutile portarli qui, sul serio. Uno pensa: dai, che almeno sfogano le loro diatribe coniugali con una sana battaglia, e questi invece si uccidono come Romeo e Giulietta. Non ho parole.

Mi appunto di inserirlo nel discorso.

"Oh, Pierpy, io ho troppa paura!" starnazza Silvia, avvinghiandosi al collo di Scilla.

"Coraggio, sei sopravvissuta finora, ce la faremo." le dice, senza troppa passione. "Io, Mattia e Lionel potremmo andare in attacco, mentre tu, Marinella e Ai potreste nascondervi e sincerarvi di non venire mai colpiti per essere le nostre carte vincenti."

Un momento... io e Silvia insieme per una missione? Piuttosto un proiettile vero tra le costole, giuro.

"Sì, che bello!" esclama lei, totalmente a caso.

"Silvia e Marinella-san mi dovranno proteggere." dichiara Ai, assumendo di essere il più importante tra i tre. Ovvio, no?

"D'accordo." conferma Mattia. "Nascondetevi tra quegli alberi, noi andiamo in avanscoperta per attaccare qualcuno e poi vi veniamo a prendere."

"Ma..." allungo una mano verso di lui, guardandolo stupidamente come se mi avesse promesso qualcosa, tipo di proteggermi sempre o non abbandonarmi. Cose così. Completamente inventate.

"Vi veniamo a prendere." ripete, facendomi un sorriso d'incoraggiamento.

"Grazie, Matty!" Silvia scondizola e si getta tra le sue braccia, al culmine della gioia. 

Voi ridete, ma persino Pierpaolo e Lionel si sono guardati in modo strano per qualche secondo. Mi sembra addirittura di poter leggere nelle loro teste i rispettivi commenti sconvolti. 

Pierpaolo: E pensare che ci vado a letto... 

Lionel: E pensare che ci sono andato a letto...

E pensare che è quasi andata a letto con Mattia!!

Questo mi fa imbestialire. Credo che le farò lo sgambetto e poi la investirò con la sedia a rotelle di Ai. Più volte.

Noi e i ragazzi ci salutiamo e in tre rimasti eseguiamo gli ordini, trovando rifugio sotto un tronco caduto in mezzo al bosco, sollevato da terra grazie alla presenza di due grandi massi. Piazzo la carrozzina lì sotto, mentre un Ai impassibilissimo si mette a contemplare la natura in posizione Om. Io mi limito a restare vicino a loro e sbirciare nei dintorni da dietro l'albero, preoccupata per qualche eventuale attacco, ma ancora di più per il rischio che non torni nessuno a prenderci.

"Ehi, quanto pensi che ci metterà Matty a tornare?"

Fumo. Vedo fumo nero uscire dalle mie narici.

"Silvia, mi fai un favore?" le domando senza nemmeno guardarla in faccia. "Puoi smetterla di chiamare Mattia Matty? Mi irriti."

"Perché?" ride.

"Perché non è normale."

"Perché è gelosa." rettifica Ai Zu.

"Grazie, prof." ringhio.

E Silvia, ovviamente, ride.

"Non ti devi preoccupare, non mi piace più Mattia!" mi rassicura, addirittura sventolando l'aria come se stessimo parlando di bazzecole. "Mi piaceva una volta, ma solo perché era simpatico. Fisicamente non mi è mai piaciuto!"

"Ah, allora tutto regolare."

"Ma so che piaceva a te." ridacchia, come una vera oca giuliva. "Si sapeva fin dalle superiori."

"Fin dalle superiori?" rilancio, cambiando angolo di vedetta, nervosa. "Da quando, precisamente, l'hai baciato in piazza San Marco, quel giorno di giugno di terza superiore?"

"Uh..." Silvia si gratta la testa. "Boh, non mi ricordo nemmeno se e quando l'ho baciato. Ma comunque non mi piace, davvero. E anche se l'ho baciato, comunque non ci sarei mai andata a letto. So che lui è tuo."

Imperverso in una grassa risata: "È mio!" esclamo, con amaro divertimento.

"Cosa?"

"Mattia non è mio, anzi direi che è di tutti fuorché mio, ma comunque, allora, se sapevi questo, perché hai continuato a flirtare con lui fino alla morte?"

"Perché io flirto sempre." è la sua naturale risposta.

Scuoto la testa: "Certo. Ovvio."

Ai Zu si schiarisce la voce: gesto tattico, intende fare la suocera. Chissà quali godimenti sta sperimentando per tutta questa situazione; lui è il primo che fin dal principio ha sempre seguito con diletto le diatribe tra me e Zingaretti, manco stessimo girando una versione de Il Segreto esclusivamente per lui.

"Marinella, io ti invidio." se ne esce a un certo punto la Trepalle.

"Scusa?"

"Per me sarebbe bellissimo avere tanti amici come te, essere anche innamorata come te."

"Io non sono-"

Ai Zu scatarra un colpo di tosse che ok, non dico più cazzate. Mi ha interrotto prima che potessi sparare l'amenità del 'Non sono innamorata', ma sono innamorata eccome. Ha ragione lui. Alzo le mani.

"Purtroppo non riesco mai ad essere così presa dalle persone." si spiega la Trepalle. "Oppure quando incontro qualcuno di interessante, lui non è preso da me, e pensa che io sia solo una di passaggio."

Beh, perché lo sei, vorrei rispondere, ma sarebbe troppo indelicato, persino per me. Al massimo potrebbe rispondere così uno come Marco.

"Tipo Pierpaolo." prosegue Silvia. "Per me è davvero un ragazzo carino. E intelligente. Sa un sacco di cose che io non so!"

Hai voglia.

"Eppure a lui non interesso, si capisce. Ok, per farlo quando ci pare, è uno spasso, ma poi lui ha chiaramente altri interessi... non vuole impegnarsi." sospira. "Spesso chi non vuole impegnarsi si mette con me."

"Beh, ma Pier solitamente si mette solo con quelle più piccole. Se stavolta ha scelto una coetanea forse è perché ha intenzioni diverse."

Che diavoleria è questa?? Una consolazione? Io?? Io sto consolando Succhia Trepalle?!? Che mi venisse un colpo!

"No." dice lei, piuttosto certa delle sue parole. "No, non credo abbia alcun tipo di intenzione. Ma va bene così, è solo che... solo che a volte vorrei provare qualcosa di più profondo, e diverso. Vorrei essere come te, tutto qui." alza le spalle.

E il mio mondo ha appena cambiato senso di rotazione.

Deglutisco, imbarazzata e anche un po' lusingata: "Non lo so, Silvia, forse a volte non è tutto questo vantaggio essere come me, forse è molto meglio essere come te. Dico... essere più spensierati, non avere legami." mi sento molto il Mattia di cinque anni fa.

"E vivere una vita vuota?" fa una smorfia, lasciandomi di stucco per quanto appena ammesso. Si sistema i lunghi capelli lucidissimi dietro alle spalle e poi con l'indice va appena sotto le ciglia per ridare la piega al mascara. "Boh, non saprei, Marinella. Te lo dirò quando mi capiterà davvero... peccato che a forza di sentir parlare di matrimoni mi sto convincendo che non mi capiterà mai."

Ora mi fa pena. Silvia mi fa pena. Che diavolo mi sta succedendo?

"No, Silvia, non devi dire così..." provo a mostrarle sostegno, andando contro i miei stessi medesimi principi. "Non c'è nessuno che ti piaccia davvero, attualmente?"

"Beh, Lionel è carino."

"Ok, forse non dovresti partire dai prostituti per trovare l'uomo della tua vita. Intendo che ti piaccia in senso serio... che ti prenda, non che ti faccia solo venir voglia di finirci a letto."

"Mmm... non saprei."

"Potresti lavorare su Pierpaolo."

"Ah-ah." scuote la testa. "Credo che se mai lui dovesse volere qualcosa di diverso, non sarebbe di certo con me. Potrò anche sembrare sulle nuvole a volte-" noooooo. "Ma lo vedo come si comporta quando c'è Federica in giro, e sento come cambia quando mi racconta delle loro passeggiate nel bosco."

Silvia is the new me.

Oddio, ho perso la ragione.

"A volte fiore più bello è bocciolo non ancora sbocciato." se ne esce Ai, riportando con questa massima l'attenzione su di lui. Ma chiaramente Silvia reagisce con un 'eh?'.

E anche io, per qualche secondo. Mi viene in mente il padre di Mulan, mentre la adorna con un fiore di pesco... è per caso una citazione, Ai?

"Che forse, Silvia-" intervengo, provando a parafrasare. "L'uomo della tua vita deve ancora palesarsi, e potrebbe essere il più inaspettato. Che ne dici di questa teoria?" guardo Ai per trovare il suo appoggio, e lui mi sorride in un'unica ruga.

"Sì, potrebbe essere. Magari si tratta di Amerigo. O di Natale. O magari di Lionel, chi lo sa?"

"Ancora con questo Lionel?"

"È stato il mio partner più focoso. Non sarai gelosa anche di lui, vero?"

Sto per rispondere a Silvia un sonoro "NO!", quando un proiettile di vernice passa a un millimetro dal mio orecchio, sollevandomi i capelli e finendo dritto dritto sul petto di lei.

"No!" alla fine lo grido comunque, ma lo intendo in tutt'altra maniera.

Prontamente, corro ad afferrare la carrozzina di Ai per i manici e parto a gambe levate per il sentiero meno pericoloso possibile, mentre Silvia perisce definitivamente in battaglia, e un trio per nulla raccomandabile ci insegue ad armi spiegate. Tommaso, Francesco ed Eva sono alle nostre calcagna e non dimostrano la minima pietà, nonostante siamo una cretina e un invalido che tentano di sfuggire a un'imboscata in piena regola.

Spingo Ai con tutta la forza che riesco a trovare, e inizialmente non mi domando nemmeno il perché. Poi, quando i polmoni iniziano a fare male, mi chiedo per quale motivo io non decida semplicemente di arrendermi e farmi colpire, tanto mancano sì e no una ventina di minuti alla fine della partita.

Non so esattamente dare una risposta, ma nella mia testa c'è il volto di Mattia che dice che se mi colpiranno, mi abbandonerà, e fondamentalmente io non voglio che mi abbandoni. Né adesso né mai. Ed è forse per questo che continuo a correre, finché non arriviamo a una specie di radura, dove non posso neanche più contare sugli alberi per farmi da scudo.

Io non voglio che Mattia parta. Non voglio che mi lasci.

Ma realizzo che accadrà necessariamente e che il suo stupido discorso sarebbe servito a farmi mandare giù la pillola con l'inganno, o che almeno ci avrebbe provato. Quindi non sto che rimandando il momento in cui mi darà questo colpo definitivo e nel frattempo vivo nel terrore, o meglio sopravvivo per godermi almeno gli ultimi istanti assieme a lui. 

Ma non posso continuare così.

"Marinella-san, è tempo che tuo insegnante sensei compia sacrificio per te."

Fisso Ai senza capire, ma poi il suo cenno rende chiara la situazione. Così lo ringrazio con un sorriso affannato: Ai sa sempre come intervenire per salvare i culi, dovesse anche leggerti nel pensiero.

Appena sento i tre avvicinarsi, afferro saldamente la sua carrozzina, e poi attraverso tutta la radura facendomi scudo con essa. Eva, Francesco e Tommaso sparano senza rimorso e colpiscono il povero Ai dalla testa ai piedi. Ma lui si sta divertendo un botto, tirato alla velocità della luce come in una giostra, e quando finalmente raggiungo la parte opposta del passaggio, mi saluta con una mano gridando: "Puoi fare tua qualsiasi cosa desideri!"

Se', certo.

Detto da uno che attualmente sembra l'incrocio tra una scultura di arte moderna e una tela di Seurat, perde un po' del suo valore evocativo, sinceramente.

Anche se ho compiuto la traversata con successo, non basta questa trovata a fermare i nemici, per cui riprendo di nuovo a correre, a perdifiato, schivando rami a mezz'aria e sassi per terra. Quando vado a sbattere contro qualcosa di duro, nemmeno mi rendo conto di aver trovato ciò che cercavo.

"Mattia!"

È messo come stamattina, con lebraccia che mi cingono e le mani posate sui miei gomiti: "Ti ho detto che sarei venuto a prenderti..."

"Ci hanno attaccato!" ansimo. "Silvia ed Ai..."

Lionel e Pierpaolo ci superano con un grido di battaglia alla Ultimo dei Mohicani, sovrastando la mia voce e scagliandosi contro i tre superstiti avversari.

"Vieni." dice Mattia, e mi trascina in direzione opposta. 

Camminiamo a lungo, ritirandoci nel cuore della vegetazione, mentre lui mi racconta cos'è successo mentre era via. Lorenzo si è autoeliminato perché non se la sentiva di correre e stancarsi troppo, mentre lui, Lionel e Pierpaolo sono riusciti a fare fuori Alessandra, Ilenia e Federica, anche se, purtroppo, hanno trovato un Marco distrutto lungo la via. 

Ad un certo punto ci fermiamo, e ne approfittiamo per riposare le gambe, in un luogo dove le fronde renderebbero invisibile chiunque.

"Ora possiamo finire questo benedetto discorso." sospira, lasciandosi andare contro un albero. "Sperando che quegli altri tre non ci trovino."

"Non voglio finire il discorso di Gloria e Magno." mi affretto a specificare. "Voglio che facciamo il nostro."

"Il nostro... nostro?" si stupisce, indicandoci.

"Sì."

"Ma allora sei proprio pazza." deduce. "Nemmeno il tempo è così, hai superato la tua stessa natura."

"Mattia." mi avvicino a lui e poso le mie mani sopra le sue, che ha unito in grembo e che fortunatamente non ritrae. "Il discorso è molto semplice: è finita. Qualsiasi cosa ci fosse tra di noi, è finita. Per sempre."

Vi presento la regina del dramma, signori.

Nemmeno a dirlo, Mattia si irrigidisce all'istante. Lo sento dalle sue mani e lo percepisco dal movimento dei suoi muscoli.

"Ah, quindi lo organizzi tu il nostro discorso? Io non posso parlare?"

"Hai sentito cosa ti ho detto. È finita, quindi non c'è bisogno di parlare."

"Ma è finita cosa?" si rimette in piedi e mi fronteggia con un accesso d'ira che, sinceramente, avrei avuto pure io di fronte ad una situazione del genere.

Mi aspettavo che reagisse così, ma forse speravo che fosse principalmente confuso e triste, o che al massimo capisse il senso della mia affermazione e non discutesse oltre. Invece è solo contrariato e infuriato, offeso per come ho deciso di rigirare la questione a mio piacimento, decretando le sorti che riguardano entrambi, senza però interpellare lui. 

Ovviamente non gli posso dire che ho letto della sua lettera, altrimenti se la prenderebbe ancora di più, ma quanto meno posso fargli capire che tutto quello che abbiamo fatto e condiviso in questi giorni non ha un minimo senso. Non per me, non di fronte a quello che ormai so essere il futuro che ci attende. Mi sembra solo l'ennesima presa in giro. E allo stesso modo non avrebbe senso continuare a farci del male, per poi finire di nuovo a darci l'estremo saluto di fronte a due strade che si dividono.

Scelte drammatiche, lo so, ma il dramma ormai fa parte di questa storia, bisogna accettarlo.

"La nostra relazione, o come la vuoi chiamare." ripeto in risposta a Mattia. "È finita. Niente più notti in camera tua, niente più incontri in piscina, niente di niente. Sono solo capricci che non fanno altro che peggiorare la situazione. Io e te non siamo una coppia, e non lo saremo mai."

"E la parte dove Mattia prova a dire la sua la saltiamo a piè pari? Questa è la decisione di Marinella?"

"Sì." ribatto con fermezza. "Esatto, anche Marinella prende decisioni in autonomia senza consultare gli altri. Contento? Ti piace l'effetto? A me è piaciuto per cinque anni di fila!"

Vorrei davvero potergli mostrare tutta la mia disperazione, ma al momento quella che prevale è la pura rabbia nei suoi confronti, per avermi sempre mentito e sempre ferito, senza riserve. La parte delle lacrime e della disperazione, be'... quella verrà dopo, possibilmente tra le braccia di Federica, Lorenzo o Marco, quando lo stronzo se ne sarà già partito per la Siria e io avrò il cuore a pezzi.

Mattia mi lancia un'occhiata spaventosa: "Come fai a parlare di stabilità quando la prima instabile sei tu?"

"Perché con te non mi sento sicura! Non mi dà sicurezza nulla di quello che provi, o che dici di provare, o che fai, o che dici di fare. So solo che mi farai del male, prima o poi. E lo so per certo. "

"Non ti fidi di me, insomma."

"Ancora con questa storia della fiducia! Tu e mio fratello vi siete messi d'accordo per caso?"

"Non so a cosa ti riferisci, ma gira e rigira il problema è sempre quello. Tu non ti fidi di me, e io non mi merito un'occasione per questo, non sono all'altezza."

"Be', forse perché negli anni mi non lo sei mai stato!"

Un annuncio all'altoparlante sparge la voce di Diego per tutto il bosco: Hallo? Mi sentite? Comunicazione ufficiale: Mattia e Marinella, potete uscire dai vostri nascondigli, finalmente, siete rimasti solo voi due. Ok, avete vinto, i Magno hanno vinto, ma ora non serve che vi imboschiate per festeggiare facendo le cosacc- ahia! Cazzo, Cris!

"Abbiamo vinto..." sfiato, per un secondo rapita e ritornando alla fantasia di stamattina, dove rievocavo scene del film di Hunger Games. Sembra tutto molto simile: significa che ora Mattia e io ingoieremo davvero delle bacche velenose? Non mi dispiacerebbe, forse, porre fine alle nostre discussioni in questo modo.

"Già." sbotta, superandomi e scansandomi con una spallata. "Congratulazioni."

"Mattia, aspetta!" lo seguo. 

"Lascia perdere, hai ragione. Fai bene a non fidarti."

"Io mi vorrei fidare, d'accordo? Ma quello che c'è in ballo è troppo grande! Tu non hai idea di come io mi senta, di quello che provo per te e il fatto che possa svanire da un momento all'altro, di nuovo, è semplicemente... non riesco, Mattia. Io non ci riesco."

"Se in tutto questo tempo mi avessi ascoltato anche solo una volta!" si gira, ma continua a camminare. "Se ti fidassi di me, non saremmo arrivati a questo punto! Avremmo ancora tempo!"

"Mi spiace, ma tu mi hai ferito troppe volte!"

"Be', anche tu, se è per questo."

"Non dire stronzate, io avrò sicuramente sbagliato, ma tu non hai idea della quantità infinita di male che mi fai... da sempre!"

"Neanche tu!" si ferma, si gira completamente e ha uno sguardo di fuoco. "Neanche tu sai niente di niente sugli effetti che hai su di me, eppure continui a parlare a vanvera! Da sempre."

Accidenti ai miei occhi che si riempiono troppo facilmente di lacrime: "Avevo paura che morissi! E ne ho anche adesso, ancora di più."

"E io avevo paura che fossi già morta." risponde. "Cos'è peggio, Marinella? Aver paura di perdersi o essersi già persi?"

"Non lo so." sussurro. "Non so davvero cosa sia meglio o cosa sia peggio, Mattia, ma se fossi rimasto... se rimanessi, io... noi... Noi potremmo essere davvero una squadra. Come adesso, non vedi? Potremmo vincere sempre, in ogni aspetto della vita. E insieme."

Mattia mi guarda a lungo, poi inaspettatamente compie un gesto troppo rapido perché io riesca a realizzarlo. Mi rendo conto di cosa è successo solo dopo qualche secondo. 

Ha impugnato il suo fucile e ha sparato un colpo, un unico colpo esatto, che è finito con precisione matematica sul lato sinistro del mio costato, in corrispondenza del cuore. L'eco dello sparo non si è ancora dissipato, ma ora lì c'è una macchia di colore, che si allarga e cola sul giubbetto. Ed è rossa.

Porto una mano, tremante, su quel punto, e lo tocco sporcandomi le dita, fissando confusa quelle macchie.

"Se ti fossi fidata di me, avremmo sempre potuto essere una squadra. Ma questo è quello che succederà finché continuerai a non capirmi e a respingermi. Ci avvicineremo alla felicità, la toccheremo con mano, ma alla fine non taglieremo il traguardo insieme."

E detto questo, si volta e raggiunge tutti gli altri per festeggiare la sua vittoria.

***

QUARTO e ultimo BREAK

Il paintball è una cosa seria, ve l'ho detto. Ebbene, questa scena un po' melodrammatica e un po' epica è stata illustrata in ben due modi diversi, da due persone diverse! Quando nel gruppo con Angelica e Nicole ci siamo trovate a dividere i vari disegni che l'una e l'altra avrebbero fatto per il capitolo, ad entrambe ho detto che avrei mandato in privato una scena spoiler. Non ho detto loro che era la stessa e così ho ottenuto due interpretazioni stupende senza che loro sapessero. Lo scoprono ora, e credo che non si arrabbieranno, anzi che saranno pure loro meravigliate di fronte alla bravura e all'impegno che ci hanno messo <3

La prima è quella di Angelica, che potete seguire su Instagram digitando sulla barra di ricerca il nome @angelica_akira_conte per vedere tutte le sue opere.

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La seconda versione è quella di Nicole, che ha voluto sperimentare con questa tavola a mo' di fumetto!

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Io sono davvero ammirata e grata per le loro opere. Vi assicuro che dietro tutto ciò c'è un gran lavoro, che ha richiesto tempo ed energia, ma soprattutto dedizione al disegno e un po' sì, anche a "Io e te". Per non dire a me... penso che dopo quest'esperienza, Angelica e Nicole mi ritengano la persona più rompipalle per cui "lavorare".

Prima di farvi leggere l'ultimissima parte del capitolo, adesso, vi trattengo (o intrattengo) ancora un po'. Ho creato questa serie di momenti social, divertendomi un casino e sperando di accontentare alcuni di voi che sin dagli albori di "Io e te", hanno sempre, SEMPRE, visto qualcosa di speciale tra due dei personaggi della classe!

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Appena Ame pubblica ciò, qualcuno, qualcuno proprio a caso, lo contatta su Messenger scrivendogli: "Bella la foto, Mr. Vesponzaro". E questa è la sua risposta...

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Ma non è finita qui: qualche ora dopo, su Face compare una novità.

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A che livello di disperazione siamo giunti ora??

Dai, torniamo alla serietà, vediamo come sta Nelli, dopo ciò che è successo al suo povero cuoricino.

***

Niente.

Ho provato a dormire, ma niente.

Continuo a rigirarmi da una parte all'altra del letto e a intervalli regolari mi porto una mano sul cuore come per verificare che sia ancora effettivamente intero, o che non stia sanguinando. Non so nemmeno se sono sveglia, oppure in dormiveglia, ma sono certa che questo non sarà affatto un sonno ristoratore.

Mille pensieri mi tormentano, e mille paure. Un orologio interno che non sapevo di avere ha iniziato a far rimbombare il suo ticchettio nelle mie orecchie.

Il tempo.

Il tempo che non ho, il tempo che manca, il tempo che passa.

Mi sembro Allan Poe, in questo momento, eppure sto sperimentando un'inquietudine che non avevo mai raggiunto. O meglio, sì, ma non era mai stata legata a sentimenti così vivi, a cambi di idea e a decisioni da prendere con così poco margine di riflessione.

Sento che tutte le decisioni che ho preso finora sono sbagliate, tutte. A partire dal venire qui e proseguendo con il mio costante convincermi che stia andando bene, con conseguente batosta l'istante successivo. Ma non solo questo, non è che imputo ogni evento negativo all'aver scelto di venire. Nemmeno i miei passi successivi sono stati verso la direzione giusta; o forse sì, per qualche secondo, ma poi mi sono persa di nuovo. Sono andata troppo alla cieca, ho seguito istinti e non ragionamenti e, alla fine, ho creato un domino di distruzione attorno a me.

Se ripenso agli errori commessi solamente oggi, quasi non riesco a tenere il conto.

Alla fine apro gli occhi e mi metto seduta; non ha senso convincersi che prima o poi mi addormenterò, ormai stanotte di dormire non se ne parla proprio. Così scendo dal letto e infilo le ciabatte. 

Il panorama dalla finestra aperta mi mostra il gazebo di Francesco, ormai quasi del tutto terminato. È bellissimo; è a forma di ferro di cavallo, bianco in tema matrimonio, e, al centro, l'area verde farà pista da ballo. Sanjay ha portato le sue casse potentissime e assieme a Davide ha scelto la playlist per la giornata.

Ah, Davide.

Lui è un'altra delle mie pessime decisioni. Non avrei dovuto permettergli di venire, non avrei dovuto fare la mammina con lui e non avrei dovuto prendermela così tanto questa mattina.

Ma forse sono cose a cui posso rimediare, direte?

Non lo so.

Sospiro, passandomi una mano tra i capelli.

Non lo so, forse potrei andare da lui e chiedergli scusa. Sarei ancora in tempo?

Questa domanda mi assilla, ormai la paura di non essere in tempo si è impossessata di me, di tutte le mie cose, di tutti i miei amici. Persino di mio fratello.

Be', forse con lui potrei ancora trattare, cercare di salvare il salvabile. Ma non ne sono così sicura.

Dopotutto prima ho reagito male perché ero sclerata di mio, però mi sto rendendo conto che non posso perdere una persona dietro l'altra. In preda all'orgoglio si fanno gesti che a posteriori si disprezzano, questo lo sanno tutti, e io direi che ne sono un egregio esempio. Ora come ora sto disprezzando la cattiveria che ho riservato a Davide.

Ho davvero esagerato.

Se io fossi stata al suo posto, avrei odiato sentirmi rinfacciare gli errori, anche se me lo meritavo, come odio quando lo fa Mattia con me. Avrei voluto una sorella diversa, forse, in quel momento.

Basta... sbuffo e mi infilo la felpa.

Non ha senso rimanere a farsi seghe mentali tutta la notte, vado a parlargli. E forse servirà solo a farmi lanciare addosso qualche scarpa, però potrà assopire un minimo di senso di colpa. Magari è ancora sveglio, le due non sono un orario troppo inoltrato per lui, specie se è immerso in qualche sessione musicale o rito voodoo con una bambolina che mi rappresenta.

Percorro il corridoio lentamente, usufruendo del suolo morbido delle ciabatte per non fare troppo rumore e avvolgendo i lembi della felpa attorno alla camicia da notte per un minimo di decoro.

Arrivo di fronte alla camera di Davide e prima di bussare, tento il sussurro estremo.

"Davide! Davide! ...Pidocchio?"

Non mi sente, quindi o dorme o ha la musica sparata in testa, dunque decido direttamente di tentare la fortuna e sperare che non si sia chiuso a chiave.

Magicamente la maniglia si abbassa, e io riesco ad entrare.

Ma ci metto mezzo secondo ad accorgermi che lui non c'è, anche senza accendere la luce.

E parte il delirio.

Perché non c'è? Dov'è? Cosa sta facendo? Perché non mi ha avvisato?

Prima lo cerco in cucina per scongiurare che non stia facendo uno spuntino notturno, poi setaccio tutti i bagni e infine impazzisco.

Inizio a mandargli chiamate che nemmeno riceve, rovisto tra le sue cose e metto a soqquadro l'intera stanza, mentre sto per morire dentro, o peggio morire sul serio. Ribalto pure la mia stessa camera, cercando di capire se manca qualcosa, se si è preso qualcosa, un misero indizio per intuire dove potrebbe essere.

Le cuffie ci sono, il mio portafogli anche, ci sono le carte di credito e quelle d'identità, ha praticamente lasciato qui tutto, è sparito solo lui, assieme al suo telefono, che però è completamente inutile.

L'utente risulta irraggiungibile per tutte le ventisei chiamate che invio.

Figuriamoci se riceve qualche tipo di messaggio... l'apparecchio è chiaramente spento.

Prima di perdere completamente il senno, cerco anche all'esterno della villa. Perlustro la piscina, il gazebo, la zona dei laghetti e delle stalle, vado persino nel bosco e rischio ogni tre secondi di fare un infarto per il buio, la paura e la consapevolezza che c'è un solo posto dove Davide potrebbe essere a quest'ora.

Ed è un posto dove l'ho mandato io stessa.

Faccio una rapida ricerca su Google ed ecco la conferma che cercavo. La discoteca più vicina da qui è a dodici chilometri, si chiama Odissea e risulta attualmente aperta. Scommetterei mia madre, mia nonna e tutta la mia collezione di sorprese Kinder che Davide si trova lì dentro in questo preciso istante.

Deve averci pensato oggi, con tutto il tempo per organizzare la fuga e per non ritrattare su questa grandissima boiata. Ci è arrivato in taxi, rubando i soldi da qualsiasi portafogli, o ancora meglio... realizzo, voltandomi verso la tettoia esterna, ha preso la bicicletta. Infatti non c'è più.

E c'è una cosa che mi spaventa più di tutte.

Di avergli detto che il prossimo passo sarebbe stato andare in discoteca e spaccarsi di alcol. Spero davvero che non mi abbia preso così tanto alla lettera.

Così, morsa dal panico e preoccupata per tutto quello che potrebbe capitare, o essere capitato, a Davide, riesco a pensare a un'unica soluzione, a un'unica persona. Non sto a chiedermi se quello che sto per fare ha un senso, o almeno una dignità, ma lo faccio e basta, mossa principalmente dall'apprensione per mio fratello e dalla consapevolezza che tra tutti, è l'unico dei miei compagni da cui mi manda l'istinto, quando sa che ho bisogno di un salvatore.

Salgo i gradini a due a due e raggiungo la camera di Mattia che ormai ho il fiatone. Sicuramente ho anche la faccia da clown isterico e il naso congelato per essere stata così tanto fuori, senza essere adeguatamente coperta. Ma busso ugualmente, pur sapendo di essere inadeguata in tutto e per tutto, e molesta nei confronti di chi starebbe dormendo. Ormai si saranno fatte quasi le tre.

Dopo un po' di insistenza da parte mia, finalmente Mattia fa scattare la serratura e mi apre la porta.

Si sta grattando un occhio con il polso, mentre l'altro mi fissa a palpebra mezza calata: "È un incubo?"

"Mattia, è successo un casino."

"È un incubo?" ripete.

"Per piacere." lo supplico, posando una mano sullo stipite della porta affinché non me la chiuda in faccia. "Devi aiutarmi."

"Mmm..." si lamenta, chiaramente in lotta contro il sonno. "Che cosa c'è, adesso?"

"Davide è scappato dalla villa. È andato in una discoteca qui vicino, lo so per certo, e ho paura che stia facendo la cazzata più grande della sua vita. Ti prego, aiutami. Ho bisogno della tua macchina... e di qualcuno che mi assicuri che mio fratello non morirà a causa mia."

Finisco di parlare che ormai ho le lacrime agli occhi, mentre quelli di Mattia si sono definitivamente aperti.

"Che cosa hai combinato, Marinella?"

Stringo più forte il legno, incapace di sopportare la realtà dei fatti: "Per favore, Mattia..."

Da uno che mi ha sparato un proiettile dritto al cuore dovrei aspettarmi come minimo una porta in faccia, invece lui desiste, e mi risponde così: "Andiamo. Guido io."

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ANGOLO AUTRICE

Rieccoci qui, miei amati lettori e lettrici di tutta Italia e forse anche un po' fuori dai confini! Come state?

 Per me questi 15 giorni sono stati relativamente intensi: ho preparato un esame di cui ho frequentato una lezione su quindici (vi ringrazio per tutti i vostri in bocca al lupo... sono serviti assolutamente, dato che è andato bene <3 ) e ho ripreso tutte le varie attività di ripetizioni e animazione con cui mi tengo impegnata. Nonostante ciò, come vi avevo promesso, ho cercato di lavorare al capitolo e grazie anche alla velocità di Ellie, sempre al top, sono riuscita a pubblicare in tempi decenti :)

Che ne dite, vi è piaciuto?

Me l'ha detto anche Ellie leggendo e credo valga un po' per tutti: Nelli ha definitivamente rotto le palle. E vuole Mattia, e non vuole Mattia, e vuol stare con lui, e non ci vuole stare... insomma. E' la regina del dramma e, ok, ormai l'abbiamo capito, ma basta Nelli, finiscila con questo vittimismo!

Miei cari, se pensate anche voi di non poterne più, allora attendete con ansia il prossimo capitolo: sarà il sollievo di tutti noi e ne vedremo davvero, davvero delle belle. Sono già emozionata! <3 Lo amerete.

In ogni caso, proviamo a fissare come data tra l'11 e il 12 febbraio, come al solito con riserva e avviso in caso le cose dovessero cambiare.

Per parlare bene di questo capitolo, invece, passiamo alle carissime e ormai obbligatorie domande...

1) Parliamo subito di Davide: vi aspettavate che la litigata iniziale tra lui e Nelli avrebbe portato a ciò che avete letto a fine capitolo? Era prevedibile per Nelli?

2) Come leggete lo screzio dei braccialetti, avvenuto tra gli amici di Marinella?

3) Finalmente conosciamo i retroscena della proliferazione mondiale dei Vallicroce. Come avevate immaginato il passato di Cris e Diego? Eravate preoccupati per le storie dietro le loro 3 gravidanze?

4) In questo capitolo, un breve spazio dedicato a Silvia Trepalme. Ne siete rimasti stupiti come Marinella? Io un po' sì... chi l'avrebbe mai detto che avremmo conosciuto questo lato della Trepalle?

5) Ma soprattutto, chi mai potrebbe stare veramente assieme a lei?

6) Che ne pensate della missione a cui Mattia dovrà partecipare? Aspettavate quello dalla lettera?

7) Come pensate che si modificheranno i rapporti tra Nelli e Mattia, alla luce dei fatti scoperti e avvenuti nel capitolo?

8) Vi sono piaciuti i momenti social del capitolo? Avete riconosciuto qualche riferimento in alcuni di loro?


Spero che rispetto al capitolo precedente, questo vi abbia risollevato un po'. Certo, non ha portato novelle propriamente felici, ma almeno è tornata un po' di frivolezza della classe e c'è stato quel minimo di azione che solitamente non si legge in "Io e te", che magari ha contribuito a movimentare la lettura.

Prima di salutarvi anche stavolta, vi vorrei dire giusto 2 cose.

La prima riguarda la questione dei momenti social a cui accennavo durante i vari break. Come alcuni sapranno e altri no, esiste la possibilità da parte vostra di "creare" i vostri momenti social. Lo potete fare direttamente, perché no?, tramite l'app che uso anche io, ovvero Yazzy, oppure potete farlo nel modo che usavamo anche in "Io e te 2". Mi potete contattare attraverso gli infiniti contatti che vi lascio sempre a fine capitolo e comunicarmi qualsiasi vostra idea che io userò per fare il social. Spesso e volentieri, Ask è la via preferita, in cui potete rivolgere domande in anonimo o meno, ai nostri personaggi, a cui loro risponderanno direttamente nel capitolo, come avete visto fare nel caso di Angelica. Potrebbero anche essere spunto per altri social, ovviamente, quindi vi aspetto con somma gioia, in qualsiasi momento abbiate voglia di partecipare!

La seconda cosa resta sempre in ambito social, dato che ormai si sa che qui si trovano consensi. Dato che molti non hanno Facebook e company, o che comunque preferiscono vie più dirette per conoscersi, una ragazza del gruppo Grammaticalmente Scorretti (ciao Annamaria) ha avuto una bellissima idea. Ha pensato di creare un gruppo con l'applicazione Telegram, ovvero un'app di messaggistica gratuita, dove non è necessario scambiare i numeri di telefono. Funziona esattamente come Whatsapp, con la possibilità di condividere messaggi, foto, documenti e audio, ma rimane appunto più "sicura" perché non ci sono in ballo i nostri contatti. Se vi va di entrare nel gruppo, che per ora conta 18 membri e ha già affrontato tutti gli argomenti dello scibile umano (scherzo, è divertentissimo), non dovete far altro che seguire 2 semplici step:

1 - scaricare ed iscrivervi all'app di Telegram

2 - comunicarmi tramite qualsiasi mezzo (anche messaggio privato su qualsiasi piattaforma, compresi Wattpad ed EFP) il vostro nickname su tale app, cosicché io vi possa trovare ed aggiungere.

Semplice, no? Nel gruppo non si parla di "Io e te", state tranquilli. E' un gruppo nato proprio per conoscersi, socializzare, per condividere i nostri pensieri e aneddoti quotidiani, le opinioni, o anche solo foto stupide. Sì, insomma dai, l'ennesimo gruppo nei confronti di cui abbiamo tutti, segretamente, una relazione di odi et amo. <3

Ci sentiamo alla prossima, miei diletti, o forse ancora prima su Telegram e nei commenti e le recensioni. Ciao ciao!

Daffy



***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP

Link per "Io e te 2" su Wattpad

***


P.S. Pensavate fosse realmente finita, eh???? E invece no! Volevo terminare questo capitolo con la colonna sonora che ritengo azzeccatissima e che voi stessi mi avete suggerito più e più volte dall'inizio di "Io e te". Questo è il capitolo giusto per inserirla, e ve la propongo nella versione originale e come cover creata da una ragazza che seguo con piacere, così l'avete sia al femminile che al maschile. Buon ascolto!

COLONNA SONORA -ORIGINALE-


COLONNA SONORA -COVER-

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Capitolo 13
*** Overdose ***


MxM3 13

Licenza Creative Commons
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Riassunto della puntata precedente
Marinella e Mattia hanno litigato. Strano. Il motivo di ciò è la lettera che Nelli ha trovato frugando tra le cose di Mattia, scoprendo che il suo luogotenente lo invita a partecipare a una missione di due anni in Siria, dove salirà di grado ricoprendo il ruolo di caporale. Sconvolta da ciò, Nelli si comporta da psicopatica per tutto il giorno, riuscendo non solo a trattare male i suoi amici, ma soprattutto suo fratello, che aveva finalmente trovato il coraggio per chiederle scusa riguardo all'incendio provocato. Non contenta, anche durante la partita di paintball promessa alla fioraia Paola, Marinella fa capire a Mattia che tra loro non c'è nulla che abbia un senso. Se inizialmente lo fa costringendo il nostro soldato a passare la partita a scrivere il discorso dei testimoni, successivamente le cose peggiorano, finché Nelli non decide di parlargli chiaro e tondo per comunicargli che è finita. Qualsiasi cosa ci fosse fra loro, è finita. Mattia, ovviamente, non la prende bene. Sperando di far capire a Marinella quanto questa sua infantilità porti a un'inutile sofferenza, le spara una pallina di vernice dritta nel cuore e poi si gode da solo la vittoria del gioco. Fortunato in gioco e sfortunato in amore? Forse sì, soprattutto la stessa notte, quando l'instancabile e incoerente Marinella torna a bussare alla sua porta, perché durante tutto il casino, il caro Davide ne ha approfittato e ha deciso di svignarsela, con ogni probabilità verso la prima discoteca aperta. Chi sarà il primo a lasciarci le penne? Davide per colpa della sua sconsideratezza? Nelli per saper spingere il prossimo a volerla ammazzare? O Mattia a causa di tutto lo stress della situazione?


"Io e te" è semplicemente complicato 

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Overdose

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"Io non mi drogo, io sono la droga."

- Salvador Dalí

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Durante il tragitto Mattia non dice nulla e per quanto io apprezzi il suo silenzio, la cosa mi mette ancora più ansia.

Sto male. Sto davvero, troppissimo male.

In realtà è da anni che sto male, e da giorni che sto ancora peggio, tanto che nelle ultime ore credo di aver assolutamente raggiunto il mio limite. Io e il vittimismo: un amore indissolubile... anche se non sto affatto scherzando.

Fisso lo schermo del mio telefono aperto su Google Maps e non capisco nemmeno quale filo logico seguire: la strada indicata, Mattia, la vacanza, mio fratello, la discoteca, la missione in Siria, Lorenzo, il matrimonio, Diego, il discorso, Marco e Rachele, l'epatite, il paintball.

"Mattia."

"Che c'è?"

"Mi viene da vomitare."

Mattia si volta verso di me: "Vuoi che mi fermi?"

"Non lo so, se posso vomitare nell'Audi, allora continua."

Non so nemmeno perché gli ho risposto così. Difatti non faccio altro che innervosirlo e lui non mi parla più, e nemmeno si ferma.

Fantastico.

Mattia sta guidando accanto a una bipolare acida depressa che poche ore prima l'ha scaricato, troncando così una relazione che da dieci anni non è mai nemmeno iniziata, e che ora gli vuole vomitare nell'Audi. Dev'essere l'uomo più felice della Terra.

Ma io sono nel pallone, più che in qualsiasi altro momento della mia vita. Più di quella volta in cui credevo che si trovasse all'ospedale perché gli era successo qualcosa di brutto, più di quel giorno in cui se n'era andato per fare l'eremita dopo aver preso a pugni il muro, più ancora di quando, davanti a un treno in partenza per Bologna, mi ha confessato che sarebbe partito per l'accademia militare.

E non capisco perché mai al mondo, quando l'emergenza riguarda qualcun altro, io mi ritrovo a pensare a lui.

Lo detesto. Ve l'ho mai detto?

Mentre ogni cinquanta metri la tipa di Google Maps ripete di svoltare a destra (continuerà finché non avremo svoltato e poi ci ossessionerà nuovamente con un'altra istruzione), decido di mettere in sottofondo l'app e di aprirne un'altra. Ho continuato con questo rituale per diversi minuti, dall'inizio del viaggio, passando febbrilmente da Maps a Facebook.

Attualmente infatti mi trovo a fissare la home, dove in alto compare l'ultimo post di mio fratello, risalente a tre ore fa. Ha scritto "Vado a cercare la mia Itaca... sempre che esista davvero" e, tralasciando i commenti morbosi di mia madre, non posso far altro che leggere e rileggere questa frase con crescente inquietudine, come se sentissi la voce grossa di un vecchio malvagio ripeterla nella mia testa a mo' di presagio di morte.

"Mattia."

Non mi risponde.

"Mattia, secondo te che cosa significa che Davide sta cercando la sua Itaca?"

"Boh."

"Mattia, per favore." 

Percepisco l'irritazione che esce da ogni poro della sua pelle e sono certa che sia a tanto così dall'inchiodare e buttarmi lungo la strada, come una cartaccia o un mozzicone di sigaretta. Mi sta odiando in questo momento, è palese, e non lo biasimo affatto. Mi sento così stupida che vorrei solo piangere... pensate che dal panico sono partita dalla villa con solo una camicia da notte e le babbucce addosso. Non indosso nient'altro, e sto congelando sia dentro che fuori, mentre Mattia sta per evaporare a causa della rotellina del riscaldamento che ho girato fino al massimo. Mi vuole ammazzare, questo è certo. 

"Non ci vuole un genio, Argenti." sbotta, allora, accennando al mio telefono perché ritorni sulla schermata di Google Maps, altra cosa che lo spinge a dover scegliere tra una fedina penale pulita e me giù dal fosso. "Hai detto che la discoteca si chiama Odissea. È chiaramente una metafora sul fatto che Davide, come Ulisse, stia pendendo parte a un viaggio per raggiungere Itaca, quindi una meta. Solo che la meta attualmente non sa quale sia, e forse dubita addirittura che ci sia."

O è un critico letterario, oppure i maschi ragionano tutti fottutamente nello stesso modo.

A dire il vero, ci ero arrivata pure io, ma il mio "Che significa?" era più un "Dimmi che è un delirio adolescenziale e non significa assolutamente nulla."

"Lui ce l'ha un'Itaca." osservo, dunque.

"Evidentemente no."

"Evidentemente sì, ed è via Dante Alighieri numero 62, 30121 Venezia, Italia."  

"Evidentemente no." s'intestardisce mostrando il labbro tremulo da assassino. "Non si sente a casa, a casa. E non si sente a casa nemmeno qui. E se sentirsi a casa, significa anche solo avere una persona con cui farlo, beh, lui non ce l'ha."

Deglutisco, sentendomi ancora più in colpa ora che il mio preesistente rimorso è stato legittimato dalle parole di Mattia.

"È un modo velato per far presente al popolo di Facebook che è accerchiato da stronzi, che non si sente apprezzato da nessuno, indipendentemente dal luogo in cui si trova." precisa ulteriormente, stremato da questa discussione senza senso. "Quindi sta cercando un luogo metaforico, rappresentato da qualsiasi cosa o persona, che lo faccia sentire a casa. Sempre che esista, per l'appunto."

"Certo che è davvero un genio, in discoteca troverà sicuramente un sacco di affetto."

"Non è solo affetto." mi corregge, senza nascondere la durezza di toni di chi ha davvero perso la pazienza. "Ha bisogno di una ragione per non odiare il mondo. O per odiarlo un po' meno. Comunque mi sembra strano che debba essere io a spiegare a te le metafore, professoressa Argenti."

Eh, pure a me, e sinceramente odio dover ammettere che in realtà il qui presente alunno è sempre stato piuttosto ferrato sull'argomento, anche più della sua stessa prof. Ma non sono nella posizione di ribattere, e me ne resto zitta con i miei pensieri nella testa, finché non raggiungiamo l'entrata della discoteca. 

Si tratta di un posto abbastanza sperduto, a ridosso della costa, ma per nulla in linea con le costruzioni marittime finora incrociate. È una specie di centro commerciale abbandonato, tutto di cemento e grigio in ogni angolo, spezzato solo dal colore delle scritte neon appese a caso, un po' dappertutto. Si capisce che è una discoteca, e non un circo abbandonato, solo per via del rumore dei bassi che giunge fino all'esterno, oltre che per il nome appeso alla cancellata d'ingresso.

Nel momento in cui incrocio quell'insegna a led viola, stile "Per me si va nella città dolente" 2.0, affondo le dita nella frangia al limite della disperazione: "Che cosa potrebbe trovare in una discoteca che gli faccia odiare un po' meno il mondo?"

"Risponditi da sola." sentenzia Mattia. "Sei abbastanza intelligente per farlo."

"Oh mio Dio, Mattia." mi sale un capogiro e mi si riempiono gli occhi di lacrime. "Che cosa ho combinato? Dove l'ho mandato? Se si è ubriacato o se ha preso delle pillole da qualcuno, io..."

"Adesso basta, Argenti!"

Mattia sbrocca - sapevo che sarebbe arrivato questo momento - e si pianta sull'entrata del parcheggio con la macchina, per poter prestare tutta l'attenzione necessaria alla sfuriata in corso: "Hai rotto le palle!"

Non dice proprio le palle, ma comunque un sinonimo.

Ah, non vi ho detto che ha frenato così energicamente che per poco la mia testa non sfondava il parabrezza? Va beh, solo un piccolo dettaglio che vi fa capire quanto questa non sarà una ramanzina tranquilla.

"Sei insopportabile, sei pesante, hai proprio rotto le palle! Il tuo vittimismo non ha mai una fine, è una lagna continua e inarrestabile che ti trapana le orecchie e ti fonde il cervello. Non ce la faccio più! Sei una grandissima idiota! Oh, mio Dio, sì, ho detto che sei un'idiota; io, a te! Perché non ti offendi e mi prendi a schiaffi, eh? Perché non insceni un enorme dramma anche per questa stronzata?" si indica una guancia, con fare leggermente schizzato, ma lecito. Assolutamente lecito. Non ho nemmeno la forza di ribattere perché sono sicura che altrimenti sarebbe lui a prendere a schiaffi me. Penso si stia davvero appellando alla disciplina imparata in accademia per non farmi del male.

"Ne combini di ogni sorte, e poi corri a chiedere soccorso agli altri, ma comunque tratti tutti di merda e se trattano di merda te, allora fai la vittima e il ciclo ricomincia, come un circolo vizioso, in cui fai entrare chiunque, peggio di un uragano che passa e miete senza pietà. Hai distrutto un sacco di equilibri, per non dire che, in generale, tu non sai nemmeno che cosa sia un equilibrio. Sai perché gli altri ti trattano male, perché non ti raccontano le cose, o perché ti tengono il muso lungo? Perché hanno ragione! Perché sei un'egoista assurda, perché non si può stare con te, è impossibile, rendi la vita difficile e contamini il benessere altrui con le tue puttanate, sia allo stato embrionale, quando sono solo idee di merda, sia quando poi le metti sul serio in pratica, andando contro qualsiasi consiglio sensato tu abbia mai ricevuto, e creando casini che, cazzo, Marinella, solo tu in tutto il mondo riesci a mettere in piedi, perché giuro che nessuno, nemmeno impegnandosi, potrebbe imitare la tua fottuta forza distruttrice." si ferma per poter respirare, un po' come un toro leggermente stanco di dare cornate, ma poi si riprende subito. "Con questo sto dicendo che se Davide si è impasticcato, è colpa tua, e se Lorenzo non ti ha detto prima che è malato, è colpa tua, e se Diego non riesce più a trattarti da vera amica, è colpa tua, perché non sei una vera amica, o comunque non lo sei stata, e te ne devi fare una ragione. Per tutto, Marinella, fattene una ragione: tu rovini le cose ed è colpa tua. Solo tua. In più, se mi permetti di finire prima di fare l'ennesima sceneggiata, questa storia della reazione alla mia partenza ha davvero stancato. Sono passati cinque cazzo di anni e tutti abbiamo provato a farti sentire meglio, ma tu stai bene solo nel tuo regno fantastico dove il vento tira sempre e nella tua direzione, e continui imperterrita ad usare questa scusa per poter scappare dal momento in cui dovrai crescere davvero, prendere delle decisioni di tua spontanea volontà, prenderti quelle che noi comuni normali chiamiamo responsabilità. Ecco perché sin dal primo giorno in cui ti ho rivista ti ho detto che per me sei una bambina; perché, di fatto, non sei mai cresciuta. A volte sembra di sì, in rari momenti in cui quella tua testa ritorna in mezzo agli umani, ma poi faccio un rapido confronto con gli altri, e con me stesso, e per vedere a che punto sei tu, devo sempre voltarmi indietro."

Tutto questo mare di accuse mi lascia senza fiato, infatti non riesco a far altro che fissare Mattia, il mio petto che si alza e abbassa freneticamente, per recuperare la corretta gestione dell'aria. Lui è messo allo stesso modo, speculare a me e con il medesimo fremito del petto, che però nel suo caso è da imputare allo stato di alterazione. Insomma come due vasi comunicanti che comunicano per la prima volta: lui era pieno e io vuota e ora l'equilibrio, il famoso equilibrio, è stato ristabilito. Ho ricevuto la giusta dose.

In tutto ciò non riesco comunque a staccare gli occhi dai suoi: lo odio, lo odio tanto, profondamente, ma so che ha ragione e che quel ruolo gliel'ho dato io. Essere colui che mi mette a nudo, in tutto e per tutto, ed essere la persona a cui permetto di toccarmi così a fondo, pur non toccandomi affatto.

Nessuno dei due sembra voler abbassare lo sguardo per primo, perché è in corso una sorta di sfida. Lui sa benissimo di essersi aggiudicato la vittoria con quel discorso, per questo non cederà mai, eppure, davanti al suo rimprovero, nemmeno io riesco ad abbassare la testa. Perché ha maledettamente centrato ogni parola, ogni frase, e ha fatto così male che ora è diventato il mio nemico numero uno. Ha vinto, su tutti i fronti, e io mi posso concedere l'unico lusso di accettare la sconfitta a testa alta. Poi magari sbroccherò a mia volta, ma non qui, non davanti a lui, non per dargli l'ennesima conferma sul fatto di essere la persona orribile che lui ha appena descritto. Perché lo sono, ma vorrei che non me l'avesse fatto presente lui; soprattutto non così.

Era l'unico modo, lo so, e sono stata io stessa a spingerlo fino a questo punto. Però fa male, vi garantisco che fa male. Quando qualcosa è vero e meritato, e pure una merda, sentirselo dire da chi ami ti spezza il cuore in due.

Qualcuno bussa al finestrino della nostra auto, e allora non c'è un vincitore in questo testa a testa di sguardi, perché ci rivolgiamo contemporaneamente verso il ragazzo che richiede di parlarci.

"Il parcheggio è per di là!" sbraita seccato, facendoci capire che siamo gli ennesimi irrispettosi che parcheggiano a caso e non nel luogo adibito.

Così, Mattia rimette la prima e incolla gli occhi davanti a sé, senza più aggiungere nulla, almeno finché non ha parcheggiato entro la zona delimitata e spento la macchina.

"Tu non scendi così." dichiara allora, con la fermezza di chi non ha appena fatto lo sclero del secolo.

"Che cosa vuol dire?"

Tira la cerniera della sua felpa, se la leva, e poi me la getta letteralmente in grembo: "Hai una camicia da notte, le gambe per tre quarti scoperte e se ti conosco abbastanza bene, nessun tipo di reggiseno addosso. Oltre al freddo, ci sono anche molte cattive intenzioni fuori da qui. A parte che comunque con quelle babbucce potresti smuovere solo istinti suicidi, in ogni caso preferisco dover salvare il culo solo ad un Argenti, per ora."

"Oh mio Dio, grazie mille, mio cavaliere." lo prendo in giro, scendendo con fare scorbutico dalla macchina. "La premura che osservi nei miei confronti mi rende così orgogliosa di essere la tua dama."

"Non sei la mia dama." mi ricorda con un sorrisetto. "Ma ti piacerebbe."

"No."

"Non saprei."

"Vaffanculo, Mattia."

"Ah, giusto, mi hai lasciato." finge dolore, mentre ci avviciniamo alla discoteca e già diventa impossibile sentire qualsiasi altra cosa al di fuori del chiasso trapanante delle casse. "È stata una delle scenate da Oscar con cui hai ulteriormente rovinato qualcosa di buono, l'avevo dimenticata in mezzo alle altre circa duecento. Ma non ti obbligo a cambiare idea, oh regina del dramma, solo che temporaneamente dovrai rivedere la tua posizione, mi sa."

Mi offre la sua mano, affinché la stringa come garanzia che una volta entrati non rischieremo di perderci, o ritrovarci da soli in mezzo alla marmaglia. 

Che faccio, dunque?

Al momento vorrei solo potermi fermare, abbracciarlo, baciarlo, chiedergli scusa e dirgli che ha ragione. Ascoltare finalmente quello che da giorni cerca di dirmi e poi chiedergli di aiutarmi a venirne fuori. Se non di aiutarmi a ritrovare me stessa, compito che spetta solo a me, almeno di elencarmi tutti i comportamenti sbagliati che ho e capirne le ragioni. E allo stesso tempo vorrei solo potermi fermare, dargli un sonoro schiaffo, colpirlo dritto al cuore come lui ha fatto con me, e dirgli che è un coglione. Trasmettergli il concetto che se sono andata in tilt è perché i miei tratti negativi li ha accentuati la sua assenza, dato che allo stesso modo la sua presenza portava alla luce i miei tratti positivi e che, davvero, tutte quelle parole crudeli poteva risparmiarsele.

Ma c'è qualcosa di più importante che dobbiamo fare adesso. Insieme, come squadra. Beh, in realtà più perché io sennò da sola farei un casino, ma più o meno siamo lì. Quindi prendo la sua mano.

Mattia e io entriamo finalmente in discoteca, dove veniamo assaliti in primo luogo da un tanfo di sudore estremo e poi da un rumore che definire musica sarebbe quasi come bestemmiare. Lui aveva ragione: tutti qui hanno la faccia da malintenzionati, persino la tipa sbronza che mi palpa il culo neanche dopo dieci passi in mezzo alla folla. 

E contieniti, però! Ho capito che anche con il pigiamozzo e la felpa xxl sono super sexy, però a bada le manine, o il Caporal Mattia qui fa una strage.

Ok, no, so che non farebbe una strage per me, ma sono talmente scoppiata che mi piace pensarlo anche solo per un secondo. Mi piacerebbe essere davvero la sua dama, dopotutto, perché quando vuol fare il cavaliere, ci riesce alla grande che ti si scioglie il cuore anche se ce l'hai marcio come quello del Grinch. E quando invece te lo vuole calpestare e distruggere, lo sa fare in un modo talmente giusto che vorresti allo stesso tempo odiarlo e fargli un applauso. Poi se ne va in Siria due anni e va beh, è stupido, però è comunque un ragazzo unico nel suo genere. Come ti fa provare l'odi et amo lui, nessuno proprio.

Che poi, non ve l'ho mai detto, ma da quanto letto sulla famosa lettera, la partenza per la missione è prevista per il 27 aprile di quest'anno, quindi fatti due conti... tra una fottutissima settimana! Cacchio. È come se vi dessero la data per la fine del mondo e capitasse tra esattamente sette giorni; non si capisce se sia l'inizio di uno schifoso film horror o un suggerimento per godervi in pace l'ultima settimana della vostra vita.

Ma comunque. Riesco a smetterla una buona volta di pensare a Mattia?

Dove diavolo è Davide?

Mentre guardo avidamente in ogni angolo e scansiono ogni volto con diffidenza, Mattia dalla sua postazione privilegiata in mezzo ai Watussi, individua subito un punto d'interesse e mi fa un cenno con il capo per indicarmi la direzione da seguire.

Sempre agganciati come una carrozza alla sua locomotiva, ci facciamo largo tra la folla e finalmente raggiungiamo uno dei lati della costruzione dove la gente si fa più rada. Da qui riesco a vedere il punto che mi segnalava Mattia: ci sono delle vetrate con una porta a scorrimento, che conduce a un piccolo spiazzo all'esterno. Proprio lì, accanto a una siepe lasciata a se stessa da chissà quanto tempo, si riconosce un gruppo di ragazzi intenti a svolgere attività poco pulite, tra cui chiaramente compare anche mio fratello.

Inizialmente credo e spero che quelle che hanno tra le mani siano sigarette, ma poi dal modo in cui se le passano quasi osannandole, capisco che si tratta di altro.

E da quel momento in poi, non ci vedo più.

Non preoccupandomi di nient'altro che quegli imbecilli, mi dirigo a palla di cannone verso di loro, aprendo talmente forte la porta a vetri da farla sbattere e tornare indietro fin quasi a richiudersi, accompagnando dunque il mio arrivo con l'effetto sonoro.

Il primo ad alzare gli occhi è proprio Davide, che mi sta di fronte e che ha addosso solo la maledetta maglia a maniche corte, manco fossimo in agosto.

"Davide!" 

Il mio grido di battaglia è solo il corollario della mia postura da madre imbufalita, indice spiegato all'aria per indicare il soggetto della mia ira, e pure abbigliamento da esempio di genitorialità discutibile.

"Ooooh, è arrivata la fidanzatina!" commenta qualcuno tra gli imbecilli.

"Più che altro la nonna." ride qualche altro imbecille.

Sono tutti degli stupidi imbecilli.

Ma io non li temo, e neanche li considero. Me ne vado invece come una furia verso Davide, facendo come prima mossa quella di togliergli la canna dalle mani e gettarla a terra.

"Ho fatto solo due tiri." è la giustificazione di mio fratello, come sempre molto accurato nello scegliere le parole per evitarsi la reclusione in camera a vita.

"Sì, ho fatto solo due tiri, mammina." 

Mi giro e individuo colui che mi ha appena preso in giro, probabilmente il Re degli Imbecilli, dato che ha un kit di utensili per lo spaccio che pusher di tutto il mondo, spostatevi.

Nello stesso momento in cui aggiunge anche un "Tranquilla, amore mio, non mi sono ancora fottuto quella tettona con cui ho limonato prima!", anche Mattia fa la sua comparsa nello spiazzo, trattando con molto più rispetto la porta a vetri.

Ma vi ricordo che io ormai non ragiono più e, nonostante la presenza di un altro adulto qui con me, mi comporto da vera psicopatica quale sono, prendendo non solo le sembianze, ma anche l'attitudine da eroina mancata di mia madre. 

"Sentimi bene, Re degli Imbecilli, lui non è né mio nipote, né il mio ragazzo, è mio fratello." rispondo a tono al giovane sconsiderato che ha osato trattarmi male. "E se solo capiste lontanamente il significato di legame affettivo tra fratelli, o legame affettivo in generale, non sareste qui a ridere di tutta la situazione."

Mattia mi guarda malissimo. Ma proprio malissimo.

Ovviamente ha già capito che l'unico effetto sortito dalla mia provocazione può essere solamente una reazione tre volte peggiore da parte loro. Infatti si sono già posizionati a mo' di compagine di scimmie assassine pronte ad attaccare.

Mentre iniziano a fomentare la battaglia, io cerco di mediare: "E comunque il mio ragazzo qui fa parte dell'esercito." improvviso, indicando Mattia. "E ora vi spezza le gambe."

Ma tutti si accorgono di quanto lui sia irritato nei miei confronti, quindi ridono e basta, per nulla intimoriti dalla mia minaccia. Probabilmente avranno capito al volo che uno così non si farebbe mai vedere in giro con una pazza invasata come me.

In un attimo, però, Mattia si ripiglia e prova stare al gioco, non tanto per salvarmi la faccia, ma, come lui stesso ha detto prima, per 'salvarmi il culo'. Quindi si dà un tono, mentre si avvicina a loro con autorevolezza, probabilmente per fare la voce grossa e mostrare i muscoli che a causa degli effetti della bamba che si saranno sparati nel naso, potrebbero essere passati inosservati. Tuttavia, non voglio che Mattia si prenda ancora una volta la responsabilità al posto mio, quindi intervengo di nuovo. Mi faccio avanti prima che possa farlo lui e mostro al gruppetto il mio cellulare aperto sulla rubrica: "Se non sparite subito, chiamo la polizia e faccio fare una retata qui dentro che non saprete se essere più dispiaciuti per i soldi persi della droga o per il dolore provocato dai calci nel culo dei vostri genitori."

Qualcuno del gruppetto sta per ribattere di nuovo, ma il leader gli posa una mano sulla spalla e mima il gesto di resa, non senza mostrare tutto il disappunto possibile. In realtà è solo seccato, non di certo spaventato, dato che la mia presenza sta ostacolando il giro di affari della serata. 

Quindi uno a uno fanno fagotto dei loro attrezzi del male e se ne ritornano all'interno, lasciandoci soli qui fuori, assieme alle maledizioni che aleggiano nell'aria e ai loro medi che ci salutano dalle vetrate.

"Sei pazza." commenta Mattia, incrociando le braccia.

Sì, lo so, ho appena rischiato un pestaggio, o anche di peggio, mettendomi contro gente numericamente, fisicamente e intenzionalmente più pericolosa di me.

Ma io sono interessata ad altro, adesso. 

Gli volto le spalle e mi trovo a fronteggiare il nuovo iniziato al club degli imbecilli, colui che di qui a poco si prenderà tanti di quegli insulti che desidererà intraprendere studi di ingegneria matematica solo per poter costruire una macchina del tempo e tornare indietro a prima di compiere la scellerata decisione di andarsene in discoteca.

"Si può sapere che cosa ti passa per la testa?!" 

Dato che gli ho urlato in faccia, Davide volta il viso e si esibisce in un'espressione disturbata: "Marinella..." 

La sua è un'implorazione, perché oltre ad essere nel torto, sta pure male. Si vede. Ha gli occhi arrossati e le labbra serrate, come se gli stesse scoppiando la testa e contemporaneamente dovesse correre al bagno. 

"Quanto hai fumato, Davide?" mi avvicino leggermente, annusando i suoi vestiti. "E quanto hai bevuto?"

"Ma niente... dai, lascia stare..."

"Perché, Davide? Mi puoi dire perché??" 

"Marinella." stavolta il richiamo arriva dalle mie spalle.

"Tu non ti intromettere!" abbaio verso Mattia, per poi tornare ad aggredire mio fratello. 

So di sbagliare, ma riverso su di lui il rancore che in realtà ho nei miei confronti, sentendomi terribilmente imputabile per ciò che ho davanti agli occhi ed essendo contemporaneamente incapace di accettare che abbia potuto arrivare a questo punto: "Davide, ti rendi conto di quello che hai fatto?! Ero preoccupata da morire e facevo bene! Scappare, andare da solo a chilometri di distanza, in mezzo a questa gente del cavolo-"

"Ci sto sempre in mezzo a gente del cavolo." trova la forza di ribattere, mentre nemmeno riesce a tenere gli occhi aperti.

"Non dire fesserie!" mi arrabbio. "Chi sarebbe la gente del cavolo? Mamma e papà? Io?"

"Sì."

"Non è vero! Tu non sai quanto ti voglio bene!"

"No, infatti. Non lo so!"

"Non è vero! Sì che lo sai!"

Davide mi guarda con tutta la fermezza che riesce a mettere insieme: "No."

"Marinella." le mani di Mattia si sono posate sulle mie spalle, da dietro, e ora mi tirano verso di lui, finché non mi allontanano sufficientemente da Davide.

"Non andate da nessuna parte con questo sì o no." decreta.

Mi volto verso di lui con talmente tanta rabbia dentro che sono sicura di star sembrando un idrante sul punto di irrigare di lacrime gli ettari attorno a sé.

"In genere non ascolti i buoni consigli e i miei ancora di meno, però adesso te ne sto per dare uno che sarai costretta ad accettare." prosegue Mattia, a bassa voce. "Dalle mie parti lo chiamano ordine, ma il concetto è di lasciar perdere quello che stai facendo." accenna a Davide, che si è seduto a terra, la mano sullo stomaco. "Andiamo a casa, ok? Ne riparlerete domani."

"Ma lui..." biascico con la gola sigillata. "Guarda come si è ridotto... guarda che enorme cazzata..."

Mattia si limita a battermi una mano sulla spalla: "Ti aspettiamo in macchina."

E detto questo mi supera per raggiungere mio fratello, accanto alla siepe. Gli circonda la schiena con un braccio e lo aiuta a rialzarsi, poi sostenendolo affinché non barcolli troppo, lo accompagna per il vialetto, verso la direzione in cui abbiamo parcheggiato, camminando a fianco a lui senza dirgli nient'altro che: "L'hai fatta grossa, stavolta."

Rimango per un attimo in mezzo alla piazza, interdetta e arrabbiata.

Vorrei sbattere i piedi a terra, piangere e urlare, ma sono solo io, qui in mezzo al nulla. Gli unici spettatori che godrebbero dello spettacolo patetico sarebbero quei tre imbecilli che, da dietro alle vetrate, non hanno mai smesso di farmi il medio ed imitarmi, facendomi sembrare davvero una vecchia pazza. Insomma, o bambina o mammina... non sono niente che stia nel mezzo.

Rientro in macchina dopo qualche minuto, essendomi concessa un secondo in cui, di spalle a tutto e tutti, ho strizzato gli occhi e mandato giù le emozioni di stasera, aggiungendole al carico che già ho dentro da giorni. Quando apro la porta, Mattia gira la chiave del cruscotto, osservandomi in silenzio, e Davide è steso sul sedile posteriore, di spalle.

Mi siedo senza dire nulla, ogni commento sarebbe superfluo, ed è ciò che pensa anche Mattia, il quale non proferisce verbo da qui fino all'arrivo in villa.

***

PRIMO BREAK

Salve a tutti :) Per questo capitolo non vi porto momenti social, perché non ci stavano molto bene XD Preferisco che vediate dei bei disegni, nel prossimo break, creati da Angelica e Nicole, e che vi godiate il capitolo in sé e per sé, dato che riserva delle sorprese non da poco XD Allo stesso modo non è troppo impegnativo, per cui rilassatevi, rifocillatevi e poi tornate a leggere con il sorriso... direi che ve lo meritate.

Dopo questa prima parte ce ne saranno altre 2, quindi ci resta solo un altro break e alla fine ci ritroviamo nell'angolo autrice, dove ho qualche informazione da condividere con voi. Spero che il resto del capitolo vi piacerà...

Buon proseguimento <3

***

Davide è davvero k.o.

Né Mattia né io siamo riusciti a svegliarlo, quindi Mattia se l'è preso in spalla e con un'ammirevole forza ha proposto di portarlo di sopra, in camera.

"C'è tutto il suo letto da rifare, ci ho buttato sopra mille vestiti, mentre controllavo la stanza." spiego, atona. "E anche camera mia è un casino, ci sono cose dappertutto."

"Lo porto da me." dice Mattia e io lo ringrazio senza dibattere oltre.

Si dirigono verso l'enorme porta d'entrata, invece io rimango fuori, troppo stremata e svuotata per desiderare qualcosa che non sia sedermi e sospirare. Lo faccio sul bordo della fontana di Venere e Marte, mentre osservo l'evocativa immagine di Mattia, ora fisicamente adulto e in forma, che regge mio fratello, anch'esso cresciuto, anche se sempre e comunque troppo pelle ed ossa per essere un Argenti che si rispetti. Almeno non si fa troppa fatica a portarlo a spasso a peso morto sulle spalle. 

In ogni caso, se trasliamo questo momento nel tempo, sembra ieri che guardavo Mattia portare Davide in braccio fino al cancello di casa mia, quel giorno in cui il pidocchio era andato in eccesso di zuccheri e poi era caracollato in mezzo al parco facendomi credere che fosse morto. Eravamo tutti e tre più piccoli; Davide ancora un bambino, e, oserei dire, pure io e Mattia. Non avevamo la più pallida idea di quello che ci sarebbe successo, di quanto ci saremmo amati e odiati, avvicinati e allontanati. Avevo paura che la nostra "amicizia" sarebbe finita quell'anno, con la sua possibile bocciatura, invece era destinata a durare per tanti altri anni, ed essere molto, molto di più che una semplice amicizia.

Faccio un mezzo sorriso malinconico, poi loro spariscono, e io torno con la mente al presente.

È come se nelle ultime ore tutto si fosse ribaltato e io fossi cambiata. Ora continuo a pensare, ovvio, come sempre, ma penso a cose nuove, in modo diverso. Non credo sia stato il discorso di Mattia ad aprirmi gli occhi, in fondo sapevo già di star facendo uno sbaglio dietro l'altro, però mi ha dato una scossa che non mi aspettavo. Le scosse fanno male, ma se date nella giusta dose, a volte possono anche riportare alla vita.

Certo, ora come ora non mi sento per nulla vivace, tuttavia sto osservando il mondo da una nuova prospettiva. E c'è un pensiero che da qualche tempo mi sfiora, inconsciamente, nei sogni, nei silenzi, e che da poco si è finalmente palesato. Mattia mi ha parlato di fare delle scelte e prendersi delle responsabilità... forse c'è una scelta che ho sempre avuto la possibilità di fare, ma di cui non mi sono mai voluta prendere la responsabilità?

Dopo quelli che sembrano anni luce di elucubrazioni, la porta della villa si riapre e lascia uscire Mattia. 

Non sapevo se sarebbe tornato fuori o meno, ma speravo di sì.

Mi guarda in viso e tanto gli basta per capire che mi sta passando di tutto per la testa, quindi non dice nulla. Cammina lentamente verso di me con le mani in tasca, poi raggiunge la fontana e si siede anche lui sul bordo.

Rimaniamo in silenzio per diversi minuti. Io fisso il ghiaino sotto i nostri piedi e a volte alzo gli occhi per contemplare la maestosità della villa, illuminata senza paura delle bollette, nonostante sia notte fonda e non abbia bisogno di essere ammirata dai passanti. Mattia se ne sta composto accanto a me, le mani sempre nella tasca, e il respiro lento e regolare che si sente appena sopra lo scrosciare dell'acqua alle nostre spalle.

"Secondo te Davide morirà?" esordisco così, dopo un profondo sospiro, suscitando la prevedibile risata di Mattia.

"Secondo me sì. Due bicchieri di Vodka e una mezza canna possono essere letali."

"Beh, per alcune persone sì."

"Lo so, ma Davide è fuori pericolo. Stai tranquilla."

Mi mordo il labbro e ritorno a fissare le mille sfumature dei sassi.

"Certo che siete davvero uguali, voi due. Problematici, casinisti e tendenti alla morte in ogni habitat. Non so se sia scritto nei vostri geni, ma..." fischia per sottolineare l'infinitezza del nostro disagio familiare.

"Grazie." pronuncio con sarcasmo. "Te l'ha detto lui di aver preso solo quelle cose in discoteca?"

"Sì, dopo avermi baciato."

Mi volto di scatto fissando Mattia ad occhi spalancati.

Lui si chiude nelle spalle: "Te l'ho detto che siete uguali."

Turbata e preoccupata da tutto ciò, mi copro il volto con una mano e mugolo un verso di disperazione.

"Non mi è piaciuto, se è per questo. Preferisco il cromosoma x della famiglia." mi rassicura, ovviamente senza la minima intenzione di rassicurarmi, ma solo per provocarmi. "Ma comunque ci sta che abbia fatto così; non rispondeva di sé e delle sue azioni, e quando gliel'ho fatto notare, mi ha detto che non pensava che una mezza canna avrebbe avuto tutto quell'effetto. Quindi gli ho chiesto che cosa avesse bevuto e lui ha mugolato 'due bicchieri di vodka', per poi addormentarsi di botto, tipo robot che si spegne."

"Oddio." gemo.

"Cosa?"

"Sta davvero tanto male, allora."

"Ma no, stai tranquilla, ha solo fatto un mix infelice di sostanze. Niente che una lunga dormita non guarisca."

"Speriamo."

"Non ti fidi?" domanda Mattia.

Mi mordo ancora più forte il labbro, guardando in basso e vedendomela brutta con questo instancabile senso di colpa: "Ho solo paura. Tutto qua."

Forse Mattia mi vede particolarmente vulnerabile, o forse gli dispiace che stia così, quindi distende un braccio e lo fa passare sopra le mie spalle, anche se prima di appoggiarsi mi chiede: "Posso o mi sbrani?"

"Che stupido." commento, non solo lasciando che mi abbracci, ma avvicinandomi da sola al suo petto, in modo che l'operazione risulti del tutto naturale.

Poso la testa sulla sua spalla e mi volto verso il suo collo per poterci stendere sopra un sospiro stanco: "È stato tutto una merda, stanotte." 

Quindi allungo il braccio per circondare la pancia di Mattia, quasi senza pensarci, automaticamente, finendo per accoccolarmi a lui con una mano ben ancorata al suo fianco, mentre concordo con me stessa che il bilancio appena proposto è addirittura riduttivo. Non solo è stato tutto una merda, ma è stato tutto possibile grazie ad una persona e una soltanto: moi.

"È meglio che sia andata così." osserva Mattia. "Se l'avessi attaccato ancora di più, avrebbe potuto sfociare in qualcosa di veramente brutto. In più che senso ha sgridare una persona che in quel momento neanche si ricorda il suo nome?"

"Hai ragione, ma tu sapevi fin dall'inizio che saremmo arrivati a questo punto; te lo aspettavi."

"E tu invece no? Non avevi previsto che sarebbe potuta scoppiare una guerra nucleare tra due persone esattamente uguali che ragionano allo stesso modo?"

"Perché credevo che non sarei mai stata capace di dire certe cattiverie a lui, come credevo che lui non avrebbe fatto una cosa del genere a me. Abbiamo esagerato; io più di lui."

"Per questo in primo luogo ti avevo consigliato di parlare con Davide e non di gridare a Davide." si motiva. "Ma come al solito non è servito a un tubo. Tanto per ribadire quanto detto poco fa nel parcheggio della discoteca."

"Non ti ho ascoltato perché non volevo che ti intromettessi anche in questo aspetto della mia vita. In quel preciso istante, poi, ce l'avevo a morte con te, e ho provato soddisfazione nel fare il contrario di ciò che mi avevi detto."

"Brava." fa, sardonico. "Fammi pure i dispetti, ferendo chi ti sta intorno; è quello che per cinque anni hai trasformato in un'arte. E poi; non vuoi che mi intrometta, però mi chiami sempre in causa e poi piangi sulla mia spalla. Sei la coerenza, Marinella."

Altro che giusta dose... più le ore passano, più Mattia rincara la dose. Se Davide sopravvivrà alla sua, io non credo di poter dire lo stesso della mia.

"Perché sono un'idiota, Mattia." sospiro, affranta. "Un'idiota che non ascolta i tuoi consigli e si sforza di escluderti dalla sua vita, quando in realtà non ha una vita se non assieme a te."

"Il vittimismo, Argenti." mi ricorda, lapidario, con gran fastidio nel dover ascoltare moine di cui probabilmente ne ha davvero abbastanza. "Smettila con questo vittimismo."

Ok, per me non era una frase detta tanto così, aveva un senso, ma capisco Mattia, capisco di averlo stancato con tante parole e pochi fatti, così la pianto e accolgo il silenzio con consapevolezza. 

Restare qui abbracciata a lui non è affatto male e forse l'ho fatto troppe poche volte per poterlo ficcare nella mia testolina bacata come regola d'oro. Perché esiste la guerra quando la pace è tremila volte meglio? Perché non cercare tutte le scuse del mondo per poter finire così vicini, anziché cercarne per litigare? Sono sempre io quella che fa le scelte meno logiche.

"E comunque, non devi prendere tutti i miei consigli per buoni." riprende lui, facendo vibrare la sua cassa toracica in un modo che fa vibrare anche le mie orecchie ad essa appoggiate. "Non è che io non sbaglio mai, anzi. Però tu non ascolti letteralmente nulla che provenga da me e a volte ti perdi delle ottime osservazioni, modestamente parlando."

"Modestamente."

"Ti sembrerà assurdo, ma ho convissuto tutta la vita con due sorelle minori pure io."

Beh, questo è vero. 

È talmente vero che io stessa un tempo ho desiderato essere una sorella di Mattia, perché pensavo di lui che fosse un fratello maggiore modello. 

"Ho fatto i tuoi stessi errori, Marinella." afferma. "Pensando di far loro del bene, sono stato iperprotettivo al punto di sottovalutarle, di prendere delle decisioni al posto loro, di non permettere loro di essere effettivamente le ragazze che erano. Le ho trattate per anni come delle bambine, più piccole di me, e quindi bisognose di regole, cure e protezioni, non rendendomi conto che avevano smesso di esserlo. A volte è facile prendere il ruolo dei genitori, specie in assenza di essi e ti capisco per questo, sul serio. Ma proprio perché ci sono passato infinite volte, cerco di evitare a te di percorrere la stessa strada."

Sorrido, staccandomi leggermente per guardarlo negli occhi.

"Ah, ma non pensare che lo faccia per te." mi precede. "Lo faccio per risparmiare a quel povero Davide una tortura indescrivibile."

"Ah-ha." roteo gli occhi. "Senti, ma poi ci sei riuscito a comprare l'appartamento per te e le tue sorelle?"

"Questo fa parte del discorso sul passato che vossignoria non gradisce ascoltare."

"Mattia, giuro che ti butto nella fontana."

"A dire il vero quella che solitamente si bagna in mia presenza sei tu."

E questo, a mio avviso, è un gran doppio senso che può riferirsi al primo giorno in cui ci siamo rivisti qui a villa Magna, oppure ad altri contesti. Che no, non esplorerò assieme a voi, per il bene di tutti.

In ogni caso, mi sta facendo impazzire: con questo saltare da un'accusa a una battuta come se niente fosse, prima accoltellandomi e poi accarezzandomi. È una tortura, e forse come ogni tortura, terminerà quando avrò ammesso ciò che lui vuole sentirsi dire.

"Mi dispiace di non averti mai lasciato spiegare, ok?" me ne esco allora. "Sono stata una stronza per non averti dato la possibilità di parlare con me, ma non solo adesso, intendo per tutti gli scorsi anni. Sapevo di essere nel torto, di sbagliare ad allontanarti così tanto, però ho continuato a farlo per tutte le ragioni che hai elencato ammirevolmente prima."

Mattia sorride angelicamente: "Grazie. Quest'ammissione risolve ogni cosa."

"Lo so che non posso rimediare a quel che è stato, ok? Però non so come altro fare! Scusarmi è l'unica opzione disponibile al momento."

"Chiaro." annuisce. "Ma sappi che ci vuole ben altro per chiudere questa ferita." e si indica il cuore, logicamente vestendo i panni della vittima, ora che ha saggiamente ribaltato i ruoli che io avevo stabilito.

"Mi stai imitando, per caso?"

"Per imitarti dovrei fare un po' più di casino e possibilmente schiaffeggiarti."

"Tu provaci."

"La tua violenza, Argenti." scuote la testa. "Dovrei veramente iniziare ad educare questa tua tendenza a bullizzare moralmente e fisicamente le persone. Sei fortunata ad avere le manine mosce, altrimenti lasceresti delle prove visibili sui volti della gente. Però agisci per vie subdole, a livello psicologico, dove il dolore non si può vedere."

"Basta, ti prego."

"Che c'è? Ti sto facendo sentire in colpa?"

"Direi di sì." mi stacco completamente da lui, posando le mani sul suo petto per darmi la spinta.

Ma lui ne approfitta e le prende entrambe, stringendole mentre mi fa un sorriso: "Mi dispiace, ma un po' te lo meriti. Per giorni siamo andati avanti facendo a gara a chi avesse sofferto di più in questi anni, ma credo che non ci sia un vincitore. Mi devi concedere un cinquanta e cinquanta."

La sua stretta mi fa arrossire: "Te lo concedo, ma solo se la pianti con tutti questi giochetti."

E sa bene a cosa mi riferisco, ovvero alla sua innata capacità di diventare il mio punto debole, di piegarmi alla sua presenza con una frase ben piazzata o un gesto che compiuto solo da lui, è capace di sconvolgermi. Se volesse, Mattia potrebbe diventare il mio marionettista e io la sua marionetta, potrebbe farmi del male, anche uccidermi... solo che nutre dei sentimenti che gli impediscono di farlo. Tuttavia, quando gli torna comodo, sa perfettamente come tirare certi fili.

"Va bene." acconsente, lasciando le mie mani.

Mi rimetto seduta, staccandomi di almeno venti centimetri da lui. Sono già diventata paonazza e sta avendo luogo la risposta chimica del mio corpo quando è vicino al suo, per cui è meglio prendere le distanze il prima possibile. Dai suoi giochetti, o scappi o rimani travolto, almeno per quanto mi riguarda... un po' da sempre, vorrei dire.

"Allora mi racconti o no delle tue sorelle?" sbotto, portandomi i capelli dietro alle orecchie per dissimulare il disagio. "E anche dell'accademia. Di cosa hai fatto e quali momenti hanno segnato i cinque anni in cui sono stata da Dio senza la tua maledetta presenza."

Mattia ridacchia, compiaciuto di avermi in pugno: "Mi sono divertito troppo."

"Idiota, mio Dio, quanto sei idiota." commento, sentendomi prudere le mani.

"E sì, ho comprato l'appartamento per me, la Giulia e la Laura."

"Sei serio?"

"Vuoi vedere il contratto?"

"Intendo; sei serio, metti ancora l'articolo davanti ai nomi propri?"

Mattia mi riserva un sorrisetto sghembo: "Cinque anni senza un uccello del malaugurio che mi ripetesse le buone norme e ho dimenticato tutto. Sto recuperando in questi giorni, ma c'è un intero programma scolastico da rimettere in sesto."

"Se io fossi un allieva come te, in questi giorni saresti stato ben poco soddisfatto sotto le coperte."

"Wow." accusa con ammirazione. "Questa battuta è fenomenale. Anche se allo stesso tempo stai riconoscendo che io sono stato un ottimo insegnante di sesso, dato che ti ho portato a un apprendimento stabile, duraturo e con margini di miglioramento fino all'eccellenza."

"Stai andando fuori tema."

"Accidenti. Sono davvero un pessimo alunno."

"Mattia." sospiro. "Fra cinque secondi farò una scenata che ti impedirà di parlare, sei avvisato. Per me è molto difficile, in questo momento."

Alza le mani: "Anche per me in questo momento è molto difficile non flirtare con te, dopo che non abbiamo fatto altro per giorni, mesi ed anni, ma proverò a concentrarmi." si schiarisce la voce. "Dicevo che ho preso l'appartamento, ma per permettermelo ho dovuto faticare parecchio. Pensavo di riuscirci entro tempi decenti, ma la verità è che non sono nemmeno passati due anni da quando ho firmato il contratto."

"Dove ce l'hai?"

"A Bologna. Ora Giulia e Laura studiano lì. Non è lontanissimo da Modena quindi io e loro viaggiamo con facilità per poterci vedere e passare feste e vacanze insieme."

"E i tuoi?"

"Ancora divorziati."

"Beh, questo già si sapeva."

"Per fortuna hanno smesso di litigare, ma non perché abbiano raggiunto chissà quale accordo di pace, semplicemente perché non si calcolano più. Hanno ognuno una barca di problemi, quindi pensano a risolverli e ogni tanto ricapitano in tribunale per risolvere cavilli burocratici che andranno avanti ancora per anni e anni. Con mamma ho ristabilito i rapporti. La vedo spesso e ci porto le mie sorelle. Con papà, invece, a nessuno dei tre per ora interessa ricostruire qualcosa."

"Davvero? Da così tanto tempo?"

"Èdifficile." sintetizza, lasciando intendere che è una questione davvero complessa e impossibile da spiegare a chi non la vive in prima persona. "Ci ha lasciato a noi stessi... se vogliamo anche escludere l'aiuto economico, che è mancato sia da una parte che dall'altra, perlomeno mamma a livello morale c'era. Lui si è disinteressato del tutto, ci ha girato le spalle e tuttora non è spinto a sentirci."

"Quindi l'altra mattina non era lui al telefono?" chiedo sapendo già perfettamente la risposta.

"No." dice, guardandomi dritto negli occhi. "Ma sapevi che era una bugia, giusto?"

"Ah-ha."

"E poi in qualche modo a me sconosciuto hai scoperto la verità."

"Ah-ha." 

"Vuoi picchiarmi adesso o mi lasci sviluppare tutto il discorso che ti avrei comunque fatto, se tu non ti fossi intromessa?"

"La seconda." concedo con un gesto della mano.

"Gentile."

"Non c'è di che."

Quindi si sistema per bene sul marmo e inizia la filippica, partendo giustamente da Adamo ed Eva: "Dopo che tu te ne sei andata in un gesto di pura cattiveria cinque anni fa, io sono rimasto solo nell'affrontare la mia vita post-liceo. Come ben sai ho provato a chiamarti, scriverti, contattare i tuoi amici e la tua famiglia, ma tu sei una stronza e mi hai abbandonato."

Così, diretto diretto, come piace a noi. Bravo, Mattia.

"Bel riassunto." mi complimento, lasciando capire attraverso il sarcasmo quanto questa sua limpidezza mi stia in realtà brutalmente accoltellando.

"Grazie." risponde. "L'unica persona che mi è stata vicino in quel periodo è Lorenzo. Non me lo sarei mai aspettato, ma è stato fin da subito dalla mia parte, forse perché è l'unico ad aver vissuto assieme a me la faccenda, ad avermi visto, ad essere stato testimone dell'altro lato della medaglia. Tutti gli altri, invece, in un primo momento si sono schierati per te. La prima volta che ho rivisto Pierpaolo dopo quel giorno, mi sono preso un pugno in un occhio, e siccome in accademia non puoi presentarti con dei lividi procurati fuori dall'accademia, sono anche stato in punizione rieducativa per un mese."

La cosa mi sconvolge: "Perché Pierpaolo ti ha picchiato? Questo non lo sapevo!"

"Perché aveva promesso sia a me che a te che se ti avessi fatto soffrire, me l'avrebbe fatta pagare. E di fatto ti ho fatto soffrire, solo che si è preoccupato prima della tua sofferenza e poi della mia."

"Però è ancora il tuo migliore amico."

"Certo, perché i migliori amici ti prendono a randellate quando te lo meriti, e io me lo meritavo per non averti coinvolto prima nella decisione, per non aver coinvolto lui, per non aver chiesto il parere di nessuno, rendendo così molto più difficile per chiunque accettarla."

"Ah, allora te ne sei reso conto."

"Certo, Marinella, non sono un idiota." se ne esce, ricordandomi come ogni volta che non è il caso di precisare che invece lo è. È che mi viene spontaneo, non so voi. 

"Il punto è che poi tu sei passata dalla parte del torto e uno a uno, se ne sono accorti tutti. Più io cercavo di avvicinarti, per chiederti scusa e trovare una soluzione, più tu ti allontanavi. Prima da me, poi dagli altri, poi da te stessa, finché quella a dover chiedere scusa sei diventata tu e la soluzione l'ho dovuta cercare in altri modi."

"Non ho capito se mi devi parlare di te, o se devi presentare il resoconto della mia vita negli ultimi tempi." evidenzio, con la gola chiusa e un certo tremolio di voce.

"Parlare di me equivale per forza a parlare di te. Che ti piaccia o meno, le nostre vite sono legate e tutto quello che è accaduto ci implica a vicenda. Magari se fossi stata meno stronza ti starei raccontando dell'altro."

"Quante volte mi darai della stronza?"

"Tante quante tu mi dai dell'idiota, quindi mettiti comoda."

Incrocio le braccia: "Vedo che comunque la battuta pronta hai sempre continuato ad averla."

"Ho perso i difetti e mantenuto i pregi. Non averti tra le palle ha comunque sortito i suoi buoni effetti. Comunque, dicevo-" prosegue irritandomi ancora di più. "Dato che a parte stalkerarti non mi restava altro che frequentare l'accademia, l'ho fatto, e l'ho fatto bene. All'inizio volevo solamente mollare, ma non potevo. Ci avevo investito dei soldi, dopotutto: tu e l'accademia eravate le uniche cose che avevo, e già una l'avevo persa... non potevo permettermi di rimanere così senza risorse."

"Magari lasciando l'accademia avresti ripreso me."

"Magari se mi avessi risposto."

"Avresti semplicemente potuto farlo, e con un gesto eroico del genere non avrei avuto più nessun dubbio."

"E ci saremmo trovati agli appuntamenti sotto a un ponte, e non avrei avuto un soldo per pagare nulla della mia vita, e non avrei trovato lavoro, né potuto offrire un futuro alle mie sorelle. Sempre molto altruista, tu. Comprensiva, aggiungerei anche."

Allargo le mani, trovando le sue obiezioni giuste, ma essendo troppo orgogliosa per ammetterlo. Quindi nel dubbio faccio l'altezzosa e sposto lo sguardo.

"Tralasciando la tua magnanimità, comunque, ho tirato avanti. Direi che arrancato è il termine più giusto, ma lo posso usare solo metaforicamente, perché in un posto come l'accademia di Modena nessuno arranca. Chi non corre resta fuori, e per i motivi appena espressi, io non potevo farmi cacciare. Ho lavorato sodo, ho trovato nel mio studio non solo una distrazione, ma anche un'utilità e uno scopo che in tutto il resto delle cose non trovavo. Né nei miei genitori che continuavano a litigare, né nei miei amici che non mi capivano a fondo, né in te che te n'eri andata. Quindi trasformare la teoria in pratica ha costituito gran parte dei miei primi anni dopo la scuola e finalmente sono diventato un soldato in piena regola grazie al giuramento ufficiale.È stato carino quel giorno vedere tutti i miei compagni a civettare con le loro ragazze, mentre il sottoscritto se ne stava a rispondere alle stupide interviste di Eva o a fare foto a Magno mentre si provava il mio capello da militare."

È una guerra senza esclusione di colpi, direi. Sono quasi in overdose.

"Ho fatto la mia prima missione tre anni fa, in Libano. Niente di troppo difficile e impegnativo, ma mi ha sicuramente cambiato. Sono entrato in dinamiche che fino a quel momento avevo solo visto nei film o sentito per il telegiornale. Ho visto realtà sconcertanti e alla fine sono tornato a casa con una cicatrice, la prima e ultima della mia carriera finora, quella che hai visto pure tu e che ha avuto molto più peso a livello rappresentativo che a livello fisico. Ho avuto il mio primo incarico, il primo lavoro e il primo stipendio. Con quello mi ci sono pagato l'Audi, e con i seguenti ho racimolato la somma per l'appartamento di Bologna. Ho sempre e solo svolto missioni brevi e poco impegnative, ma la chiamata di ieri era-"

Alzo una mano per fermarlo: "Lo so già."

Non voglio nemmeno sentirlo pronunciare dalla sua bocca. È troppo.

"Non ho ancora accettato, se ti può consolare." mette le mani avanti. "Ed è per questo che il mio luogotenente mi sta facendo tutta questa pressione. Ma sarebbe il mio primo incarico serio, e da una posizione che mi sono guadagnato con la fatica di un pazzo. Forse tu non capirai mai quello che ho passato, ma ti assicuro che tra lacrime e sudore, ho perso davvero gran parte di me in questi cinque anni."

Abbasso gli occhi; sentire queste parole è insopportabile. È il misto tra un'accusa, una minaccia e un rimprovero. È il dolore puro e mi sta facendo immaginare quando duro dev'essere stato il passato di Mattia, tra lacrime e sudore. Lacrime che io ho fatto scendere dai suoi occhi e sudore che la vita ha fatto scendere dalla sua fronte. Perché si è dovuto meritare tutto questo? Fino a che punto l'ha scelto lui e fino a che punto l'ho permesso io? Fino a che punto la sua vita dipende dalla mia?

"Due anni in Siria, Mattia..." riesco solo a commentare, incapace di scindere il passato dal futuro.

Alla domanda di prima rispondo: non lo so, ma so fino a che punto la mia vita dipende dalla sua. So che se lui accettasse di partecipare alla missione, io morirei.

Mattia si passa una mano tra i capelli corti e mi costringe a ricordare di quand'erano lunghi e morbidi e spettinati e adoravo guardarli muoversi a causa del vento.

"Non lo so, sono molto confuso. Posso solo citare te, nel dire che è tutto una merda."

Mi stringo le braccia in un brivido: "Già."

Il silenzio ora pesa molto più di prima e il freddo si fa sentire per la prima volta in una nottata che è comunque stata gelida. Per fortuna ho la felpa di Mattia a coprirmi, ma non oso immaginare quali possano essere le mie condizioni; la faccia di una a cui è passato sopra un camion, i capelli arruffati per le ore insonni che hanno preceduto gli ultimi eventi, la camicia da notte antisesso e le babbucce ancora più antisesso, che come se non bastasse hanno una V e una M ricamate come nel più megalomane dei deliri alla Magno. 

Sono orribile, sia fuori che dentro, e molto più orribile è il pensiero di aver fatto soffrire così una persona a cui tengo tantissimo. Davvero, Mattia l'aveva già messo in dubbio; come posso dire di amarlo, se effettivamente non ho mai fatto un gesto d'amore per lui? 

"Comunque scusa, Nelli." esordisce, stupendomi.

"Per cosa?"

"Per non averti parlato prima della mia intenzione di accettare il ripescaggio all'accademia. Per aver agito incoscientemente, per aver voluto tenere un piede in due scarpe e aver pensato, stupidamente, che avresti capito questo mio colpo di testa. So perché non sei riuscita a fidarti di me: perché ti avevo deluso già troppe volte." parla di cinque anni fa come se in realtà fosse successo ieri, e poi aggiunge qualcosa che mi fa riflettere. "Però adesso sono qui, no? Sono ancora qui."

Mi volto verso di lui, mentre il vento sposta i miei capelli e li spettina ancora di più.

Ora la sua espressione è quasi addolorata, e non è più diretta verso di me, sta guardando da un'altra parte: "Per cinque anni ho cercato di raggiungerti, non ho mai cambiato idea su di noi, non ho dimenticato niente. Forse non riuscirci era la vera punizione che meritavo, ma non mi sono mai arreso."

Mi rattristo anche io, pensando che forse mai nella vita mi sono sentita così cattiva e responsabile per il dolore di un altro: "Hai ragione, Mattia. Sono troppo presa dalla mia fantasia per vedere quanto sei reale. Ma se non ci sei tu, non mi accorgo di ciò che ho davanti agli occhi. Se non ci sei tu, io... non sono io."

Lui allora mi sorride: "Ti sei accorta di me prima che io mi accorgessi di te, questo non vale?"

Vale quando sei un sedicenne spensierato, ma non otto anni dopo, quando c'è in gioco la vita e il futuro delle persone con cui sei cresciuto.

Mi scappa una risata malinconica: "È solo l'ennesima prova che combino solo casini. Ti avessi lasciato in pace, avrei risparmiato un sacco di seccature a tutti. Non ho buon occhio su certe cose."

"Mmm... ti perdono, dai. In fondo, mi piaci anche per questo." 

"E non ti piace nessun altra?" mi ritrovo a chiedere, nell'imbarazzo più totale. "Nessuna che... insomma, ti sia mai piaciuta? Nel frattempo?"

"Sono un ragazzo, ho delle esigenze fisiche." risponde, ovvio. "E ti assicuro che non ne ho avute per un tempo assai preoccupante dopo di te, però alla fine l'istinto ha ceduto e si è fatto sentire. Grazie a Dio." aggiunge con un colpetto di tosse. "Lorenzo mi proponeva degli appuntamenti gay pur di farmi sfogare e allo stesso tempo mantenere... 'preservare'... ehm... per te? Credo? Non lo so, Lorenzo è pazzo e ho sempre rifiutato le sue gentili offerte. Ma comunque sì, sono uscito con qualche ragazza, per la maggior parte gente con cui mi metteva in contatto Pier, ovvero l'esperto in queste circostanze. Anche se lui si assicurava sempre che fossero il contrario del mio tipo, possibilmente insopportabili, noiose e antipatiche, giusto per evitare il rischio che mi affezionassi. Ma a volte incontravo qualcuna durante qualche uscita con i miei colleghi e allora ci parlavo per un breve periodo giusto per fare ciò che dovevo fare. Perché per quanto io ci abbia pure provato ad affezionarmi e cercare apposta il mio tipo..." allarga le braccia e scuote la testa.

Il pensiero di lui a letto con qualcun altra mi dà il voltastomaco. Lo capisco dal punto di vista biologico, ma non riesco nemmeno a sopportarne la fantasia. Mi fa solamente salire un accesso di rabbia e gelosia che il mio fisico non riesce nemmeno a nascondere.

"Marinella, non potevo andare avanti a seghe, perdonami." dice, sempre molto signorile ed elegante. "E in ogni caso ti meriti un vaffanculo, perché mi hai fatto diventare uno stronzo. Finivo sempre per farmi odiare dalle donne, perché capivano che avrebbero ottenuto solamente l'attenzione di qualche notte."

In questo instante ripenso per un secondo a Silvia Trepalme.

"Ma erano brutte, me lo assicuri?" gli domando, sentendo il panico derivante dall'immaginare lui durante un'avventura con una bella come la Trepalle. "E mi assicuri che non ti sia mai piaciuto? Mai mai mai? Con nessuna?"

Mattia scoppia a ridere.

"Perché ridi? Non ci credo che nessuna ti sia piaciuta, sei un bugiardo!"

"Ti racconto una cosa."

"Oh mio Dio." sospiro, tenendomi la testa tra le mani.

Il microcefalo mi vuole davvero uccidere stanotte, e pare che il pensiero lo diverta assai. Si avvicina addirittura di più, per godere in prima linea della mia esasperazione: "Dal terzo anno di accademia, ho dovuto partecipare, in qualità di studente distinto, al ballo delle debuttanti. Non so se sai di cosa si tratta..."

"Per carità. Non so nemmeno se ho la forza per ascoltare il seguito."

Ma lui prosegue con un certo diletto: "Mi facevano imparare un ballo, e con un rigore che neanche durante le simulazioni in campo aperto, eh! Dovevo essere perfetto, e provavo anche di notte, con la mia partner, per ore e ore prima del gran giorno."

"Chi era questa? Come si chiama?"

"Ma che ne so, era una diversa ogni volta!"

"Che zoccola."

"Marinella, per favore." ridacchia. "Fatto sta che in quelle settimane ci facevano letteralmente impazzire. Io e i miei colleghi arrivavamo al punto di odiare tutto: la musica, i passi, persino le ragazze con cui ci accoppiavano, anche se era una delle poche occasioni in cui avevamo la possibilità di fare i galletti con delle tipe. Però ci facevano così tanta pressione psicologica che alla fine diventava più un esame di maturità che altro."

"Meglio così."

"Sono stato scelto per parteciparvi ben due volte di fila. Il primo anno è stato una tortura, mentre il secondo lo è stato di meno. E sai perché? Perché la mia partner di quell'anno ti assomigliava un po' e mentre provavo con lei pensavo stupidamente di ballare con te. Patetico, no?"

In realtà, è tipo la cosa più meravigliosa che mi abbiano mai detto.

"In realtà, era molto più carina di te, ovviamente. Bisogna essere di un certo livello per fare le debuttanti."

"Sei una merda, Mattia."

"Eppure la sera del ballo, quando me la sono vista davanti, tutta in bianco e perfetta, ho immaginato che fossi tu. E mentre facevamo lo spettacolo davanti a tutti, ho scoperto che, tutto sommato, mi sarebbe davvero piaciuto se tu fossi stata lì. Se avessimo potuto condividere quel momento insieme, come una squadra, e tu fossi stata orgogliosa di me, dei miei sforzi, della fatica per essere arrivato tra i soldati distinti di quell'anno. Avrei voluto poterti dire che eri bellissima così, come lo eri comunque stata prima, tutta sudata, durante le prove." Mattia deglutisce a fatica, in imbarazzo, ma non troppo, nel condividere questo pensiero così apertamente. "Poi le ho pestato un piede e mi ha guardato male per tutto il resto della serata, ma anche in quello mi ha ricordato te, quindi nulla, è stata una serata di merda, ma avrei davvero voluto passarla assieme."

E questo è davvero il culmine di questa discussione. 

Mi alzo in piedi e mi dirigo di fronte a Mattia, per poi fermarmi a un passo la lui. Senza pensare troppo, ma agendo in preda alle emozioni che mi ha appena messo in subbuglio, gli tendo una mano.

"Possiamo farlo adesso." dico, sentendomi un po' la me di qualche anno fa che gli proponeva di copulare a caso in una barca. "Possiamo avere il nostro ballo delle debuttanti. Qui. Ora."

Mattia sbotta in un'espressione stranita, quasi restia: "Con quale musica?"

Allora afferro il suo cellulare, che sbuca leggermente dalla tasca dei pantaloni.

"Spotify?" propongo, con ovvietà.

"Ma dai. Sono le quattro di mattina, la gente sta dormendo e tu non sai nemmeno-"

"Vediamo che canzoni hai salvato nella playlist... ancora con questo diavolo di K'naan? Ma sei malato? Oh, questa è perfetta!"

"Marinella."

"Shh!" afferro Mattia per un polso e lo tiro con tutte le mie forze per farlo alzare dal bordo della fontana. Ovviamente si alza, ma solo per evitarmi un collasso da sforzo estremo.

"Non si fa così. E poi la musica dev'essere un waltzer di Verdi scelto appositamente-"

"Cos'ha questa che non va? È perfetta!" mentre lui si muove a disagio, io prendo la sua mano e mi sistemo in quella che ritengo essere la posizione più simile a un ballo ufficiale.

Mattia mi guarda e trattiene una risata, a metà tra l'imbarazzo e la compassione, ma tutto sommato non mi sposta e non mi butta in fontana. Asseconda i miei movimenti goffi e si mette addirittura a ridere, quando provo a canticchiare la canzone che esce dalle casse del suo cellulare, non ricordando nemmeno le parole esatte e sembrando davvero la più sprovveduta delle sprovvedute.

Ma c'è del sentimento in quegli occhi, ora lo leggo senza ombra di dubbio e forse non l'ho mai letto con così tanta chiarezza. Spero che veda lo stesso nei miei, anche se qualcosa nel modo in cui mi stringe mi dice che è davvero così. Che per quanto bambina, stronza ed egoista io sia, Mattia sa che non ho mai smesso di amarlo, come lui non si è mai arreso nel cercare di recuperare il caso perso che sono.

La canzone entra nel vivo, con le sue parole più belle, e allora il nostro ballo si sforza davvero di imitare un waltzer di quelli seri, sebbene io non sia neanche lontanamente esperta quanto lui e non possa far altro che seguire la sua guida in modo impacciato. Una volta ballavamo sul patio della casa di Vacca, e Mattia doveva convincermi a rimanere nelle sue grazie per poter vincere una scommessa tra amici. Adesso balliamo fuori da villa Magna, al matrimonio di questi amici, io conciata come una scappata di casa, e lui reduce da anni di cambiamento e disciplina, che hanno fatto di un ragazzino idiota un vero uomo di cui non ci si può non innamorare perdutamente.

E per un secondo chiudo gli occhi, immaginando intorno a noi una sala sfarzosa, decorata con candelabri d'oro e tappeti rossi. Mattia indossa una divisa e gli sta benissimo, è abbastanza scura da abbinarsi ai suoi capelli e contemporaneamente evidenzia i suoi occhi verdi per cui potrei davvero morire. Io invece ho un abito bianco, tutto pieno di lustrini, e del genere che su Quattro Matrimoni snellisce anche la più cicciotta delle spose. Siamo semplicemente... perfetti. Complicati, certo, ma perfetti.

"Mattia." sussurro, mentre una serie di emozioni fortissime mi riempie il petto e mi ovatta le orecchie.

"Mh?"

Sto per dirgli una cosa importante, forse troppo importante e ho una paura enorme nel farlo, ma alla fine rispondo a quella domanda di prima, delle scelte da compiere e delle responsabilità da prendersi, e per la prima volta in cinque anni, guardo dal punto di vista opposto al mio.

Per la prima volta, non è lui che dovrebbe restare, ma io che dovrei partire.

"Se te ne andrai in missione, voglio venire con te."

Lui sorride amaramente: "Non si può partecipare a una missione da civile. Nessuno potrebbe venire con me, nemmeno i miei parenti. Solo i membri dell'esercito ne hanno il diritto."

"Allora non andare in Siria. Resta. E ti prometto che mi trasferirò a Modena con te. O a Bologna, da qualche parte vicino a Laura e Giulia, mentre continuerai a frequentare l'accademia e fare missioni brevi e non impegnative." ci tengo a precisare.

"Davvero lo faresti?" mi scruta sorpreso, quasi incredulo.

Annuisco, timida, ma ormai consapevole che, succeda quel che succeda, non potrei mai lasciarlo andare di nuovo.

"Wow..." commenta, confuso. "E i tuoi studi a New York, l'offerta di Benigni...?"

"Mattia, quello che ti ho detto tutte le volte in cui abbiamo litigato, anche se ti sono sembrata una pazza in preda a crisi di isterismo, è vero. Io non voglio perderti, non di nuovo."

"E saresti disposta a rinunciare a tutto?"

"Sì."

Mattia deglutisce a fatica, sembra perplesso e meravigliato: "Marinella, così mi metti ancora più in confusione. Mi fai pensare che davvero tu mi..." oh, ti prego, non dirlo, o mi metto a piangere. "Che tieni a me più di quanto tu tenga a qualsiasi altra cosa, o persona."

Mi chiudo nelle spalle: "È così grave?"

Mio Dio, sembra quasi... commosso?

"Molto grave." sussurra, e si china per darmi un bacio.

Così, mentre noi ci baciamo alla luce dei lampioni di villa Magna, e sotto il benevolo occhio di Venere e Marte, la canzone sfuma e si conclude, dando una fine anche alle nostre danze, che hanno portato in società molto più di una manciata di debuttanti.

Appena ci stacchiamo, Mattia si allontana per togliere il telefono da bordo fontana e spegnere la musica: "Quello che hai detto è davvero molto molto importante per me, Marinella."

"Promettimi che ci penserai."

"Prometto."

"Prometti seriamente, Zingaretti, oppure stavolta ti sparo io agli organi vitali, ma direttamente con un kalashnikov."

"Prometto. Davvero." mi assicura, sorridendo, e poi getta un'occhiata verso il piano più alto della villa. "Che ne dici se andiamo a dormire e domattina facciamo un po' di programmi per la fine di questo matrimonio? Cioè... per il futuro."

"Ci sto. Ma dobbiamo prima sgomberare i letti, dato che il tuo è occupato e quello mio e di Davide sono impresentabili."

Sulla faccia di Mattia compare un ghigno poco innocente: "Hai mai saputo che c'è una mansarda?"

"Mattia. Ho sonno."

"Anch'io, giuro!" dice alzando le mani, ma dirigendosi già verso la villa con fare trotterellante.

"Non mi avrai così facilmente. Non ti perdonerò mai per essere stato a letto con un centinaio di zoccole."

"Un centinaio! Saranno state sì e no una trentina."

"Trenta?? Ma cosa sei, una macchina del sesso?"

"Devi distribuirle nel tempo."

"E se invece ti distribuisco alcune sberle nel tempo, come la mettiamo?"

"La tua violenza, Argenti... come te lo devo dire?"

"Se non ricordo male, a te piacciono violente."

"E anche bassette e logorroiche. Oh, e possibilmente aggressive in tenuta da notte contro degli spacciatori di droga."

"Non ti conviene davvero andare per questa strada. Non ti conviene."

"Mi sto già eccitando."

"Oh, aspetta di arrivare in mansarda e ti faccio vedere io."

"Ti prego, non dire così. Con quelle babbucce potresti davvero farmi perdere il controllo."

"Vaffanculo, Zingaretti!"

***

SECONDO BREAK

Ed ecco che ci ritroviamo <3 Tanto ammore nell'aria, non è vero?

Non voglio rovinare il momento, quindi condivido subito i bellissimi disegni che ho fatto fare alle nostre grafiche in tempi non umani. Come al solito possiamo solo ringraziare la loro velocità e il loro talento, cosa che vale anche per Ellie, che ha betato tutto questo mapazzone nel giro di 24 ore dalla consegna. Ho o non ho uno staff da invidiare? :)

In ordine, i disegni 1 e 2 sono stati fatti da Nicole (FoxyLady's Art) e il numero 3 da Angelica (@angelica_akira_conte), per un percorso artistico che ci ricordi sempre i momenti più salienti di questa scena di "Io e te 3" XD

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***

"Marinella!"

"Nelli!"

Le voci che mi svegliano sono quasi più antipatiche del sole che filtra dalla finestra, ma provengono anch'esse dall'esterno. Qualcuno è in giardino, e mi sta chiamando, ma io sono ancora in mansarda, e sto dormendo da troppo poco per poter agire con prontezza.

Mattia si trova accanto a me e il suo braccio cinge la mia vita. È nudo, indossa solo le mutande, mentre io ho la camicia da notte... ma solo perché invece di toglierla, per comodità l'ho alzata.

E va bene, alla fine abbiamo fatto l'amore, ma come non resistere?

Potete veramente giudicarmi per aver ceduto all'istinto di completare la litigata più bella della mia vita? È stato tutto magico, stanotte, e l'aspetto migliore è che per quanto presa su due piedi, non mi sento pentita della mia decisione. Credo di aver fatto la prima cosa giusta dopo ben cinque anni di cazzate.

La pace assoluta che sto provando in questo momento, dopo giorni di bufera emozionale, me lo conferma. Dovevo solamente prendere consapevolezza, prendermi una responsabilità, vedere da una prospettiva diversa.

Voglio seguire Mattia, e ora che l'ho realizzato, so che questo è il futuro per me... forse l'unico che, tra tutte le possibilità valutate finora, mi convince davvero. E so anche che lui accetterà il compromesso. Ha promesso che penserà a fondo riguardo la missione in Siria, quindi sono fiduciosa che rinuncerà, perché mi sono accorta che quanto accaduto stanotte ha toccato allo stesso modo sia me che lui.

Certo, non mi aspetto che già oggi chiamerà il luogotenente Stella per ritirarsi, come pure io ho bisogno di qualche giorno per metabolizzare il cambiamento a cui andrò in contro, per accettare che dovrò convivere con ciò da cui sono scappata per anni. Però Mattia ha ragione: è meglio avere paura che l'altro possa morire e vivere assieme, piuttosto che vivere da soli come se l'altro fosse già morto.

"Neee-" infinite 'e' dopo: "-LLI!"

Chi mi sta chiamando è una ragazza della classe: vediamo... voce squillante, non troppo acuta, insistente, ma perentoria. Non di certo Gloria, non si metterebbe mai a sbraitare senza pudore per il giardino, ma nemmeno Alessandra, dato che tutt'al più userebbe il mio cognome per chiamarmi. Quindi sono quasi del tutto convinta che si tratti di Cris.

"Perché ti stanno chiamando?" biascica Mattia, mentre in modo contrariato cerca di vincere le tenebre e abituare gli occhi alla luce.

"Forse hanno trovato Davide morto."

Mattia sorride: "O forse non hanno trovato né me né te e pensano che ci siamo uccisi a vicenda."

"...che più o meno è la verità."

"Mh?" 

"Niente." faccio, sgusciando fuori dalle coperte con un sorrisetto.

Mattia sbadiglia e si stiracchia, poi riceve l'illuminazione: "Ah, è un riferimento alla mia strabiliante performance sessuale che ti ha lasciato tramortita e priva di ogni energia vitale." si compiace, svegliandosi del tutto e mettendosi seduto sul materasso.

"Alla performance in generale." rettifico. "Èstato molto bello, Mattia, ma stancante. Dobbiamo andarci più piano."

Lui fa spallucce: "Ti avevo detto che quelle babbucce mi avrebbero fatto perdere il controllo."

Le indica, mentre io me le infilo ai piedi, e con la scusa di voltarmi a controllare un filo sporgente dalla camicia, nascondo il mio rossore sulle guance. 

Sì, il nostro di qualche ora fa è stato un approccio decisamente passionale, forse anche troppo, ma, ehi, eravamo entrambi talmente carichi che non ci si poteva aspettare altro che una vera e propria esplosione. Farmi travolgere così tanto dalle emozioni mi è capitato spesso, ma raramente nel senso carnale del termine e ho l'impressione che ormai si sia creata una complicità sessuale davvero forte tra noi due. Abbiamo raggiunto un livello di confidenza tale che durante la notte abbiamo fatto cose che voi umani...

Scherzo.

Oppure no.

Comunque ci sono certi lati delle persone che non immagineresti mai, almeno finché non ci vai a letto. 

"Perché stai ridacchiando da sola?" mi domanda Mattia.

"Ripensavo a prima."

"A quello che ci siamo detti?"

No, in realtà a quello che abbiamo fatto nell'angolo della mansarda, ma va bene comunque.

"Sì." rispondo allora.

"E sei felice?"

Cristiana urla di nuovo il mio nome come un aborigeno, poi probabilmente ingaggia pure i suoi figli per aiutarla, e si sente l'eco di due voci bianche sovrapposte che lo ripetono.

"Sì." confermo, guardando Mattia in quegli occhi verdi colpiti da un raggio di sole. "Sono felice."

"Bene." sorride. "Anch'io."

A gran sorpresa di entrambi, in questo preciso istante, qualcuno bussa alla porta.

Possibile che Cristiana abbia salito le scale così velocemente? E poi credevamo di essere sicuri qui sopra! Chi mai dovrebbe venire in mansarda alle nove di mattina, se non due come noi, dopo una selvaggia nottata di sesso?

"Nelli?" la voce da dietro la porta è quella di Gloria.

Io e Mattia ci guardiamo: ti prego, fa che non apra.

"Ehm... sì?"

"Ah, sei qui." risponde. "Potresti scendere un secondo in giardino?"

Mattia mi fa cenno di andare.

"Ehm... certo! Arrivo subito!"

"Ok, ti aspetto qui fuori."

Disperata, mi indico per segnalare a Mattia che sto indossando la camicia da notte, implicando che se esco in queste condizioni, Gloria capirà subito che cosa stavo facendo alle nove di mattina in mansarda.

Lui mima di mettermi sopra la sua felpa, tanto non per rimanere mezza scoperta così, e fingere di essere salita a prendere alcune stoffe per Lorenzo. Dopotutto, è qui che c'è la macchina per cucire che lui usa di solito.

Non del tutto convinta della cosa, almeno ho un indumento con cui sembrare meno sprovveduta e quindi me lo metto ed esco, stando bene attenta ad aprire e richiudere la porta alla velocità della luce e portare con me due rotoli di stoffa.

Tuttavia, sebbene Gloria mi veda affannata, sospetta e simile a un venditore porta a porta di tappeti, non dice nulla e mi sorride. È come se in realtà non mi stesse nemmeno vedendo e il fatto che mi chieda: "Come stai?" mi fa davvero capire che non le interessa un fico secco di come sto, sennò se ne sarebbe accorta subito. Evidentemente è venuta per dirmi qualcosa che la preoccupa.

"Ehm, bene."

"GLORIA!! Hai chiamato Nelli?!" ulula da fuori Cris, la sua voce che trafigge le pareti di cemento e penetra nei nostri cervelli.

La biondina di fronte a me sorride gentilmente: "Come vedi, sei attesa."

"Certo, andiamo."

"Ti ho interrotto? Stavi facendo qualcosa di importante?"

"Ehm... no, tranquilla." dico, sventolando i rotoli, mentre scendiamo le scale. "Giusto gli ultimi preparativi per il tuo vestito."

"Ah, che bello. Non vedo l'ora di sbirciare come sta venendo." commenta, ma sempre facendo saettare quegli occhi in giro, gesto che tradisce la sua agitazione.

"Glo', che c'è?"

"Niente, sono davvero eccitata. Lorenzo avrà fatto un capolavoro."

"Intendo; che c'è? Perché mi state chiamando? È successo qualcosa?"

Gloria si ferma giusto di fronte alla porta di Villa Magna, l'indice che in tutta la sua pallidezza corre a sistemare gli occhiali da vista sul naso. Così facendo, il riflesso della luce le nasconde per un attimo lo sguardo, ma io ho già visto che cosa vi nasconde, e non promette assolutamente nulla di buono.

Aspettate un secondo.

Ragazzi...

Non ditemi che...

Oh mio Dio.

Mi porto una mano sulla bocca, mentre tutta la mia euforia post sesso sparisce e ripiombo a velocità di una meteora sul pianeta Terra.

"Nelli..." annuncia Gloria, lasciando nell'aria la suspance perfetta per immaginare le peggio cose. 

E difatti io lo immagino già: riverso, in mezzo al giardino, il corpo di mio fratello privo di vita.

Per colpa della mia incapacità come sorella maggiore, Davide è andato in overdose e nel tentativo di farsi soccorrere da qualcuno, stanotte è finito fuori, al freddo, morto congelato come l'ultimo dei dimenticati, senza nemmeno aver trovato la sua Itaca.

Oppure uno scenario ancora più tragico, e forse il più plausibile. Davide si è svegliato, ancora una volta nel mondo che tanto odia, assieme alle persone che tanto odia, e non ce l'ha più fatta. Ha aperto la finestra e si è suicidato, così, nella stessa follia del momento che stanotte l'ha portato a cercare una pace che non avrà mai.

Davide è morto.

È morto davvero. 

"Hai capito, Nelli?" mi richiama Gloria.

"Oh mio Dio, Gloria, è morto!"

"Cosa?! Ho detto che c'è qualcuno per te."

"...come?"

Gloria fa un sorriso tirato, posa la mano sulla maniglia di ottone e apre la porta, con l'unico effetto di accecarmi a causa del fascio di luce che arriva dal giardino. Mi copro il viso con l'avambraccio e faccio due passi verso il patio, ma sinceramente non vedo nessuno tranne Cristiana e i bambini.

Beh, meglio, almeno non c'è Davide morto tra l'erba.

Ma poi eccolo, lo vedo.

Non Davide, grazie al cielo, ma qualcun altro, inginocchiato accanto a Vittoria, intento a prenderle il nasino tra le dita, mentre ride affettuosamente.

"Oh, ecco Marinella!" commenta Cristiana, accorgendosi di me.

Dunque lui si alza in piedi e allarga le braccia regalandomi un enorme, luminoso, accecante sorriso: "Ciao, Nelly."

Oh, merda.

"...Sayid?"

Chiudo gli occhi. Riapro gli occhi. No, non è un sogno.

Sayid Matar, il mio ex ragazzo libanese con residenza a New York, è appena arrivato a Villa Magna.

***


ANGOLO AUTRICE

SBAM!
Ve l'ho fatta, eh?

Chi si sarebbe mai aspettato che proprio adesso avrebbe fatto la sua comparsa il caro Sayid? *Tutti*

Scherzi a parte, parecchi di voi mi avevano chiesto se e quando avremmo mai conosciuto questo personaggio, altri invece non l'hanno mai nemmeno ritenuto importante ai fini dello svolgimento della trama, relegandolo giustamente al passato di Nelli. Beh, ecco qui la risposta: Sayid è importante ai fini dello svolgimento della trama e sicuramente avremo modo di conoscerlo meglio XD Contenti??

Un casino, immagino.

Ma ma ma, seppure questo finale di capitolo è come al solito scomodo e frustrante, dovete ammettere che il resto si lascia amare, almeno un pochino. Come vi avevo già preannunciato, finalmente abbiamo potuto riversare su Nelli tutti i nostri rimproveri, tramite Mattia. Vi dirò, forse qui, più che in ogni altro punto della storia, mi sono sentita rappresentata da lui, che ha fatto un po' da voce del popolo nel rimettere in riga la nostra protagonista. Quanto a Nelli, volevo commentare brevemente le vostre reazioni ai suoi comportamenti prima di oggi: c'è chi l'ha condannata duramente, chi non ne poteva più e chi invece l'ha capita. Mattia Zingaretti è tutte e tre queste reazioni insieme e spero abbia dato pace a tutti le vostre preoccupazioni nei confronti di Nelli.

Tutto è ancora in evoluzione, certo, ma non posso fare a meno di osservare che la decisione da lei presa segna un punto di svolta notevole; forse un accenno di vera e propria "guarigione" dal casino che sono stati i suoi anni e i suoi giorni finora. Speriamo che Sayid non rovini tutto, va' XD

Per il prossimo capitolo vorrei prendermi un po' più di dieci giorni, ma niente paura! Il motivo è molto bello e ora ve lo spiego: come già qualcuno sa, da questo momento in poi della storia, vorrei aggiungere dei contenuti in più. Dato che, PURTROPPO, siamo già nella seconda metà e quindi la fine si fa più vicina, volevo rallentare il ritmo alternando qualche capitolo a delle one shot. (One shot: pubblicazioni brevi di un unico capitolo, indipendenti dalla storia principale, ma che trattano di momenti o personaggi ad essa relativi)

E' un'idea che ho sin dall'inizio e che, oltre a servire per questo scopo, può permetterci di spaziare tra i personaggi e gli avvenimenti di "Io e te" che i drammi di Nelli e Mattia non ci hanno liberamente lasciato sviluppare nel corso della storia principale. Vorrei portarvi narratori inediti, curiosità del passato e dinamiche che avete sempre desiderato esplorare più a fondo, magari tra coppie già formate, o tra ship irrealizzabili. A questo proposito, vi invito a fare tutte le proposte che volete, perché di idee bellissime me ne avete date molte e sono certa che nessuno meglio di voi sa che cosa è d'obbligo leggere dei retroscena di "Io e te". Tenete a mente che almeno tre sono già in programma e che quindi, per questioni di tempo, non potrò realizzare tutte le vostre proposte, ma sicuramente mi lascerò ispirare dalla maggior parte <3

E adesso vi lascio alle domande per commentare insieme questo capitolo <3

1) Quando avete letto il titolo del capitolo, vi siete spaventati?

2) In macchina insieme a Nelli e Mattia è stata dura: cosa avete pensato nel momento in cui Mattia ha sbroccato contro Nelli? Ritenete che il suo sclero sia stato troppo aggressivo, o del tutto comprensibile?

3) Come giustificate la cazzata di Davide? Era legittimato dalla sua stessa spiegazione sul bisogno di scappare dalla realtà, oppure è solo un ragazzino idiota senza la testa sulle spalle?

4) Guardiamo oltre questo capitolo: posto che fortunatamente non è morto, come sarà il risveglio di Davide? Cosa dirà a Nelli o cosa si sentirà dire da lei? Ci saranno conseguenze gravi?

5) Vi è piaciuto il momento di condivisione che hanno avuto Nelli e Mattia sul bordo della fontana? Siete stati soddisfatti di aver finalmente ascoltato il discorso di Mattia?

6) Quali sono stati i vostri momenti preferiti del capitolo? Perché?

7) Da 1 a 10: quanto vi aspettavate che il motivo per cui Nelli era attesa in giardino sarebbe stato l'arrivo di Sayid?

8) Nelli non ha mai parlato troppo di lui, ma voi come lo immaginate fisicamente e caratterialmente? Nel prossimo capitolo, un disegno di Angelica ne svelerà le sembianze.

8) Speculazione estrema: cosa succederà adesso????


Non smetterà mai di esserci carne al fuoco, questo dovete accettarlo per forza XD Però sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate... a me questo capitolo è piaciuto tanto ed è inutile nasconderlo, mi ha fatto sciogliere in certi punti, tanto che da una marea di tempo non vedevo l'ora di scrivere determinate scene.

Ora comunque è tempo di saluti.
Vi ricordo che se vi va di interagire con il mondo di "Io e te" 24 ore su 24, ci sono varie opzioni più o meno social:
- un gruppo su Telegram a cui vi potete aggiungere comunicandomi il vostro nickname (per maggiori info, vedere angolo autrice del cap precedente)
- la possibilità di creare i vostri momenti social raccontandomi le vostre idee su Ask, o altre piattaforme, così come la possibilità di proporre una OS che vi piacerebbe leggere tra l'uno e l'altro dei prossimi capitoli.
- il gruppo Facebook chiamato "Grammaticalmente Scorretti", che è indubbiamente l'origine del male più profondo.
- e infine una nuovissima e sgargiante ideona che vi sarà comunicata come ultima cosa a fine angolo autrice (a volte mi prendono i deliri mistici e voglio diventare una droga come Dalì)

Tutti i miei contatti sono elencati più sotto per maggiore chiarezza e, nel caso ve lo foste dimenticati, vi ricordo che Davide ha baciato Mattia. AHAHA rotolo.

Noi ci salutiamo alla prossima e vediamo se leggeremo per primo il nuovo capitolo o una simpatica OS. Ricordatevi che fra meno di 1 mese, "Io e te è grammaticalmente scorretto" in versione libro ed ebook compierà il suo primo bellissimo anno di vita :') e niente, se avete qualche idea per come festeggiare, fatemi sapere. Il nostro bimbo sta crescendo... neanche il tempo di godercelo, che sarà già un adolescente in fuga verso una discoteca XD
Alla prossima!

Daffy



***


Contatti:

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Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

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Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP


***


 TA-DAA!!!

Non ho ancora finito di ammorbarvi! Vi lascio con un'ultima e doverosa domandina che ho volutamente omesso tra le domande di prima, e anche in tutto il capitolo...

* Qual è la canzone su cui ballano Nelli e Mattia? *

Non ho voluto scrivere il titolo, proprio perché credo sia bello che ognuno immagini quella più adatta al momento. Ma vi dirò di più, seguendo un'idea data da Annamaria sul gruppo di Facebook, ho creato sul mio canale YouTube una playlist dove potremo aggiungere tutti i video musicali che abbiniamo a capitoli, personaggi o situazioni di "Io e te". La playlist infatti si chiama molto originalmente "Io e te" (vi metto il link qui sotto), e verrà regolarmente aggiornata con i video (= canzoni) che mi proporrete tramite commenti, recensioni e social. Vi chiedo solo di dirmi TITOLO, AUTORE e spiegarmi brevemente PERCHE' quella canzone è stata scelta, tipo: per me questa descrive benissimo il capitolo 12. Tutto qua.

Io ne ho già messe un paio, una per lo scorso capitolo, e una che penso sia un po' il simbolo di "Io e te 1".

Va da sé che potrete scatenare l'inferno comunicandomi quale canzone volete che aggiunga per la vostra interpretazione del ballo delle debuttanti di Nelli e Mattia. Ovvio, non è un obbligo ed è anche bello che rimanga quest'aura di mistero attorno all'argomento, ma sarei proprio curiosa di sapere quale ci avete abbinato.


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Capitolo 14
*** So chi sei ***


MxM3 14

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Riassunto della puntata precedente
I nostri protagonisti sono ai ferri corti, ma nonostante tutto decidono di fare squadra per salvare Davide da un potenziale disastro. Il ragazzo è sparito dalla villa, perché è alla ricerca di qualcosa che gli migliori la vita. Il problema è che forse ha cercato nel posto sbagliato e Nelli e Mattia sono arrivati giusto in tempo prima che esagerasse con le dosi. Con Davide k.o. nella stanza di Mattia, ai due non resta che sedersi a bordo fontana e... rimanere in silenzio. Nelli è ancora turbata dal discorsetto che Mattia le ha riservato giusto pochi minuti prima, dove le è stato detto chiaro e tondo che i suoi continui capricci non servono a nulla. Nonostante tutto, però, lui continua a restarle vicino e le chiede per l'ennesima volta di parlare. Così Nelli abbassa la guardia e lascia che Mattia, finalmente, le racconti come sono stati i suoi ultimi cinque anni. Se già durante la notte la ragazza aveva realizzato alcune cose importanti, dopo il discorso di Mattia tutto appare chiaro alla sua mente. Amare qualcuno significa ben altro rispetto a quello che ha sempre pensato e così, durante un romantico ballo delle debuttanti di fronte a villa Magna, Nelli fa a Mattia la sua prima promessa: se non partirai per la missione in Siria, verrò con te a Modena. Per Nelli accettare quel che ha sempre rifiutato è un enorme passo, ma in qualche modo sente di aver preso la decisione giusta ed è convinta che anche Mattia preferirà proseguire la sua carriera militare con lei nei paraggi, piuttosto che sparire per due anni in Siria. Sembra tutto finalmente perfetto, anche fare l'amore nella mansarda della villa, ma al loro risveglio, Nelli e Mattia trovano una sorpresa... ad aspettarli in giardino c'è Sayid Matar, l'ex ragazzo newyorkese di Marinella.


"Io e te" è semplicemente complicato 

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So chi sei

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"Ma non ti ricordi? Ci siamo già conosciuti."

"Davvero?"

"Ma sicuro! L'hai detto tu stessa, nei tuoi sogni."

- "La bella addormentata nel bosco", Disney

.

.

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"Sayid?"

I miei occhi si sono allargati e il mio corpo si sta ritraendo come quello di una tartaruga che ritorna nel suo guscio, con tanto di rughe aberranti sul sottomento.

Prima che accada qualsiasi cosa, Gloria mi si avvicina per sussurrarmi: "Io non ne so nulla. Si è presentato qui chiedendoci di poterti parlare."

Scruto Sayid per approfondire quest'informazione e l'unica cosa che evinco è che sembra parecchio entusiasta. Sì, come se fosse appena arrivato nel suo villaggio vacanze preferito. Dà un buffetto sul capo di Vittoria e poi si fa avanti a braccia allargate, venendo verso di me con un sorrisone: "Nelly, come stai?"

"Potevi almeno avvisarmi, prima sulle scale." ringhio a Gloria, poi mi volto verso di lui, ostentando un sorriso: "Bene."

In realtà il mio 'bene' non ha nemmeno il tempo di essere pronunciato per intero, perché Sayid mi abbraccia in modo travolgente, stringendo le sue braccia attorno alla mia vita e appiccicando la sua guancia alla mia. A quel punto sono già completamente stordita; il profumo di Sayid è così intenso che, come ogni volta, è come se ricevessi una mazzata direttamente al cervello.

Non so che roba sia, ma sicuramente l'incenso che usa papa Bergoglio alla Messa di Natale del Vaticano è acqua sporca in confronto.

Cioè, tipo, Sayid si fa la doccia nell'incenso. Ve lo giuro. 

"Oh, mi fa piacere! Da quanto tempo!" ribatte, staccandosi lievemente e guardandomi con commozione. "Mi sei mancata tanto, baby."

Ok, frena frena.

Vi devo spiegare delle cose, prima che ammazziate qualcuno.

Sayid mi ha sempre chiamato baby, ma non nell'accezione più superficiale e donnaiola del termine. Fin dal primo momento in cui ci siamo conosciuti, mi ha detto che gli ricordavo una bambina (opinione condivisa, a quanto pare), per questo usare tale appellativo è diventata una sua abitudine.

Beh... nostra.

E sinceramente sì, mi turba che lo stia ancora facendo come se non fosse sparito per un mese, anche se quello che mi lascia in assoluto più sconvolta è che Sayid parla un italiano che non gli avevo mai sentito sfoderare. Certo, non è mai stato male nella lingua, perché, per motivi di cui vi accennerò, aveva già un'infarinatura, ma non mi sarei assolutamente aspettata di sentirlo così fluente, non nel giro di un mese dall'ultima volta in cui abbiamo parlato. Ok, ha detto solo tre frasi, ma già mi sono accorta che qualcosa è cambiato, anzi migliorato... che diavolo è successo?

"Hai studiato italiano?" gli domando allora, ancora spiazzata dal suo profumo e dalla sua presenza, ma anche curiosa e leggermente irritata all'ipotesi.

"Sì." sorride. "Ho preso lezioni con qualche amico."

Sayid ha degli amici italiani. Durante il suo quarto anno di università, prima di incontrare me, ha fatto un Erasmus di sei mesi a Roma e ha imparato a masticare qualcosa della lingua. Si è fatto anche degli amici, me ne aveva parlato, ma non avrei mai pensato che avrebbe voluto approfondire il suo italiano e il legame con loro. Sembrava avere altre idee per la testa, circa i suoi studi.

"Wow, bravo." commento, sinceramente colpita.

 Va bene, non avrà la fluidità di un nativo, e di certo non sa articolare frasi complesse, per non parlare del pesante accento medio-orientale, però, ehi, non è affatto male.

"Grazie." si compiace, continuando imperterrito ad accarezzarmi le braccia e a restarmi appiccicato.

"Comunque." esordisco allora, prendendo le distanze. "Che cosa ci fai qui?"

Sembrava che Sayid non aspettasse nient'altro che questa domanda. Si agita tutto, si fomenta e vomita felicità e arcobaleni: "Una sorpresa."

"Sorpresa? Quale sorpresa? Una sorpresa per me?"

"Certo!"

"Tu saresti la sorpresa per me?"

"Sì." risponde regalandosi a me come un dono natalizio atteso da millenni.

"Ma vaffanculo." gli faccio.

Sayid si aspettava anche questa risposta, difatti la prende con filosofia e sorride: "Sempre la solita." mi fa l'occhiolino.

Io, sconvolta, mi giro verso Gloria e scambio uno sguardo perplesso, poi allungo il collo per intercettare Cris e pure lei mi lancia un'occhiata confusa, anche se comunque piuttosto divertita.

"Bambini, coraggio, andiamo dentro." se ne esce la ricciolina. "Direi che è il caso di fare un po' di colazione prima di salire a giocare in camera di Rachele. Gloria, vieni con noi?"

La mia amica abbocca subito e capisce che è meglio levare le tende prima di essere coinvolta in spiacevoli situazioni: "Certo. Nelli, se hai bisogno, siamo dentro."

Nelli, se hai bisogno, siamo dentro, ripeto dentro di me storpiando scioccamente la voce di Gloria.

"Grazie mille." sibilo alle mie amiche, entrambe troppo bionde per non sembrare due innocui angoletti in fuga dall'inferno.

Capisco che non vogliano avere nulla a che fare con la questione, ma so perfettamente che al danno aggiungeranno la beffa, mettendosi a spiare dalla finestra come due comari. E a tal proposito, speriamo che Eva non sia nei paraggi.

"Possiamo parlare un secondo?" mi domanda Sayid, facendo il carino con quelle sue ciglia folte, che sbattacchia a comando come Minnie Mouse.

"Non lo so." ribatto, incrociando le braccia e battendo un piede a terra. "È un mese che non te ne frega nulla di parlare."

"Lo so, baby."

"Secondo quale logica, poi, mi chiami ancora baby?"

Sayid assottiglia gli occhi e tarda a rispondere.

Non ha capito.

"Potevi impararlo un po' meglio l'italiano, dato che hai avuto parecchio tempo a disposizione." lo aggredisco. "Sempre che tu non ti sia trovato altri impegni con altre ragazze nelle pause tra una lezione e l'altra." 

Sono troppo irritata dalla situazione; dal suo faccino dolce, dalla sua materializzazione non gradita in villa e dalla nonchalance con qui sta gestendo il tutto. Non mi va di discutere con lui, perché a parte il fatto che non sono abituata a discutere con lui, dall'altro canto mi ero abituata alla sua totale assenza nella mia vita, e anche bene. Perciò mi volto di spalle e faccio per andarmene a passo sostenuto verso la villa, convinta che tutto ciò per cui valga la pena lottare sia lì dentro e non qui fuori. 

Ma Sayid mi segue e mi trattiene prima che possa salire la gradinata.

"Scusa, ma non capisco se parli troppo veloce." si giustifica. "E quando sei arrabbiata parli troppo veloce."

"Allora te lo dico in inglese, se vuoi, tanto il concetto si riassume brevemente in due parole: fuck you."

"No, aspetta." continua a tenermi per il braccio, ignaro che l'altra mia mano libera è a un secondo dallo spappolarsi contro il suo muso. "Io voglio parlare in italiano. L'ho imparato per te."

"Gran perdita di tempo, Sayid."

Nonostante io sia furente, lui non perde la sua tipica flemma: "I know. Ero consapevole."

Dal nervoso, il mio piede ora batte sul pavimento veloce come le ali di un colibrì. Non so nemmeno perché mi sto trattenendo qui, perché lo ascolto.

"Però possiamo solo parlare un po'?" ritenta, sorridente, lasciandomi e alzando entrambe le mani come uno che dichiara la propria innocenza. "Niente drama. Solo parlare."

"Ho degli altri impegni." sbotto. "E poi... tu, qui... adesso..."

"Nelly, cinque minuti." insiste, giocondo, mentre quei suoi maledetti angoli della bocca sfidano qualsiasi legge della fisica e stanno sempre all'insù. Io non so come faccia ad essere così calmo e contento in ogni contesto, però lo invidio. Davvero. E allo stesso tempo vorrei deturpargli la faccia.

Sayid ha sempre avuto dei lineamenti morbidi, allegri, che infondono fiducia. La sua voce calda e un po' graffiata ha il potere di rasserenare gli animi e non è un caso se, tra amici, qualcuno se ne esce sempre per chiedergli di cantare qualche recente successo radiofonico. Non c'è dubbio che Sayid sia stata la persona giusta per me negli scorsi mesi; funziona un po' come un tranquillante, come la valeriana, e io gli ho fin da subito lasciato avere molto effetto, da quel punto di vista.

Tiro un sonoro sospiro e roteo gli occhi. Dire di no a Sayid mi ha sempre messo in gran difficoltà, perché fondamentalmente ho un debole per i suoi toni; mi fanno cedere all'istante e cancellano quella parte caparbia e orgogliosa di me, che invece con il resto del mondo non ho problemi a sfoderare.

"Va bene." acconsento, quindi.

"Wow, è stato facile." la voce che pronuncia tale commento non è quella di Sayid, ma proviene dalle mie spalle e non mi serve nemmeno voltarmi per sapere chi ne è il proprietario. Anzi, proprio perché lo so, chiudo gli occhi avvertendo l'imminente presagio di catastrofe.

Mattia è appena sbucato dalla porta di Villa Magna e si è diretto verso di noi, o meglio... verso Sayid: "Mi complimento con te, io ho dovuto insistere per cinque anni, prima che Marinella mi concedesse di parlare."

Il chiamato in causa accoglie molto allegramente questa intromissione e afferra con vigore la mano che Mattia gli ha appena porto. 

"Perché non sei il suo ragazzo." rilancia, come un esperto del campo.

"Eri." lo correggo io immediatamente, tappandogli quelle alette libanesi e uccidendo la sua folle speranza di poterci ancora ritenere una coppia.

Sayid mi guarda divertito, come a dire 'io ci ho provato', mentre Mattia assume un'espressione maliziosa: "In un certo senso, potrei anche esserlo."

"Esserlo stato." correggo anche Mattia, a questo punto.

"Non lo sono mai stato in passato. Ma mi riferivo al presente con accenni per il futuro."

Sayid questa frase complessa sembra capirla piuttosto bene e, rinvigorendo la stretta di mano, sorride mellifluo... e anche un po' geloso: "Con chi ho il piacere di parlare?"

Mattia sta al gioco con un sorriso di sfida: "Mattia."

Tutti si aspetterebbero una pisciatina per marcare il territorio ora, ma Sayid si ritrae subito, sorpreso e quasi ammirato, dopo aver sentito il suo nome e aver, forse, collegato i puntini. 

"Ah, il famoso Mattia!" 

Sì, ha decisamente collegato i puntini.

"La persona che comanda il cuore di Nelly."

Oh, grazie per la specifica, Sayid. C'era assolutamente bisogno che Mattia lo sapesse.

"L'hai proprio distrutta, questa ragazza."

Mi sbatto una mano sulla fronte.

Sayid non ha davvero filtri, e non conosce la definizione di informazione confidenziale. Ovvio che quando lo incontrai per la prima volta, più di sei mesi fa, non fossi nella mia forma migliore. Sayid si accorse sin dal primo momento che ero una persona 'distrutta' e quindi decisi di essere onesta e di metterlo a conoscenza del mio disagio sentimentale: raccontando di Mattia, del dolore che provavo a causa sua e del fatto che probabilmente non sarei mai riuscita ad amare nessuno. Fu anche un modo per lasciar intendere che non pensavo che tra me e Sayid avrebbe potuto svilupparsi una relazione, ma, devo dire, in questo Sayid fu bravo e, per un po', riuscì anche a farmi venire qualche dubbio.

In ogni caso, davo per scontato che Sayid non sarebbe andato in giro a sbandierare i miei segreti, specialmente non con il diretto interessato.

...e invece.

Mattia, nel frattempo, si fa venire le orecchie rosse e uno sguardo da senso di colpa colossale. Ma dura tutto davvero poco, perché si sforza di tornare a dare un'impressione autorevole, e anche leggermente irritata.

"E tu saresti?" rilancia, soppesando Sayid.

"Sayid."

"Oh, il famoso Sayid..." riprende Mattia, voltandosi poi verso di me con fare provocatorio. "Dove ho già sentito questo nome?"

Datemi una bella pala e mi scaverò la fossa più profonda del pianeta.

"Sono Sayid Matar." precisa allora l'altro, non comprendendo a pieno il riferimento. "Sono l'ex ragazzo di Nelly."

Mattia se lo aspettava da quando l'ha visto, ma nonostante questo, sorride comunque e scioglie la stretta: "Sì, penso che ci siamo incontrati nei sogni."

A questo punto Sayid sicuramente pensa che Mattia sia un deficiente, e forse ha capito perché gliene parlavo sempre con così tanto rammarico. Perché, fondamentalmente, sotto sotto, Mattia è tanto deficiente quanto me e non si tira indietro quando c'è da fare una battuta sarcastica per cui tutti ti guarderanno male. Siamo proprio fatti l'uno per l'altra.

Sayid ridacchia, leggermente imbarazzato: "È un piacere conoscerti. Come saprai, Marinella mi ha parlato tanto di te. Sia da sveglia che nel sonno."

"In realtà, non lo so." rilancia Mattia, abbastanza compiaciuto. "Ma se è per questo, ha parlato anche a me di te... principalmente nel sonno. Per cui immagino che avrete molte cose da dirvi, ora che siete entrambi svegli... è meglio che vi lasci soli. No, Nelli?"

I due si girano dunque verso di me, come per cercare conferme che non ho nemmeno io. Non so che dire. Sul serio.

"Tutto questo." sospiro, alla fine, indicandoci. "Non doveva succedere."

Mattia si fa indietro con eleganza, mentre Sayid tenta di sdrammatizzare con una risata: "Nelly è davvero una heartbreaker."

Lo fisso allargando gli occhi: "Io, Sayid? Sul serio?"

Vista la situazione, Mattia decide che è davvero il caso di uscire di scena e quindi ci saluta, prima che ci possiamo prendere per i capelli: "Io torno dentro, per il momento; vi lascio soli. Spero di ribeccarti, Sayid. Nelli..." accenna poi, quando mi passa accanto per andarsene.

Indugio un secondo sui suoi occhi e non riesco ad interpretarli. C'è di tutto al loro interno.

Ad un certo punto, però, mi fa l'occhiolino, e mi indica il petto: "Poi comunque riportamela la felpa, ok?" sorride, piazzando così la sua pedina sulla casella vincente.

"Ok." ribatto quasi orgogliosa della sua trovata e torno a rivolgermi a Sayid. "Sì, Sayid, meglio che parliamo."

***

PRIMO (e unico) BREAK

Uuuuuh alta tensione!

Finalmente abbiamo conosciuto Sayid, che ve ne pare? Di seguito vi lascio un disegno creato da Angelica così potete visualizzarlo un po' meglio e magari dirmi come vi sembra anche a livello fisico. Che dite... starebbe bene a fianco a Nelli? XD

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Non vorrei scatenare la vostra ira contro di me, per questo vi lascio al resto del capitolo, avvertendovi però che si tratterà di un capitolo piuttosto breve rispetto a quanto siete abituati a leggere. Ma niente paura. A fine capitolo vi spiegherò tutto meglio e non mancheranno di certo le sorprese <3

Buona lettura!


***

Prima che Sayid potesse anche solo fiatare, ha dovuto essere sottoposto a una serie infinita di domande. Avrei voluto che fosse un confronto faccia a faccia tra me e lui, dove avremmo affrontato i nostri punti di divergenza come ex coppia e avuto una discussione bilaterale in toni maturi, ma invece non lo è stato. Complice, credo, l'intervento di Cristiana e Gloria, in meno di cinque minuti tutta la villa ha saputo del nuovo visitatore e tre inviati celestiali sono giunti al mio cospetto per "aiutarmi" con la situazione.

Sarò più chiara: Federica, Marco e Lorenzo hanno saputo che Sayid era in villa e che era venuto per parlarmi, quindi si sono spaventati. Il loro piano di farmi sposare con Mattia Zingaretti poteva essere minacciato da ciò, quindi si sono voluti intromettere e hanno messo in piedi un interrogatorio per il povero Sayid. Da notare quanto invece fino ad ora se ne siano fregati di mettere paura al vero problema della mia vita, ovvero Mattia, dato che tutti erano dalla sua parte. Ora che ci potrebbe essere un sabotatore, invece, hanno drizzato le loro antenne da migliori amici e si sono esposti in prima linea.

Hanno obbligato me e Sayid a salire in camera di Marco, con la scusa di conoscerci tutti meglio (nessuno di loro, tranne Fede una volta sola, avevano mai visto il mio ex) e hanno fatto accomodare lui al tavolino dei giochi di Rachele. L'hanno fatto sedere sullo sgabellino di plastica rosa, gli hanno piantato in faccia una lampada da scrivania e poi si sono disposti come in una centrale: Federica e Marco da una parte, per rappresentare il poliziotto cattivo della situazione, io e Lorenzo, tendenzialmente più diplomatici, dall'altra.

"Quindi, Sayid, tu e Marinella siete stati assieme per sei mesi?" domanda Marco, con le braccia incrociate e una mano che si accarezza la barba.

"Sì." sorride Sayid.

"No." lo corregge Marco. "Dai racconti di Nelli risulta che fossero cinque mesi e ventuno giorni. Dico bene?" chiede conferma rivolgendosi a Federica.

Lei, che tiene conto anche dei giorni del mio ciclo mestruale, annuisce.

"Era una domanda trabocchetto." spiega Lorenzo a Sayid, il quale sembra molto confuso.

"Ah." annuisce, infatti, magari non sapendo nemmeno il significato della parola 'trabocchetto', dato che approva quanto appena appreso come se si trovasse di fronte a un'opera d'arte moderna di cui ci si sforza di trovare il senso.

"Sayid" prosegue Marco, senza perdere la sua posa da capitano della centrale di Miami. "Forse saprai che qui in Italia la poligamia non è legale."

"Marco!" esclamo.

"Quindi se stai avendo più di una donna potresti essere penalmente perseguibile."

"No!" mette le mani avanti lui. "Non ho nessuna donna."

"Marco, Sayid è una persona molto rispettosa della propria cultura e di quella altrui." lo difendo, trovando ingiusto questo razzismo di base. "Non sono nemmeno osservazioni che dovresti fare! Se io fossi al suo posto ti avrei come minimo già dato un pugno."

"Non c'è bisogno di scaldarsi." mi svalorizza lui, come se nemmeno fossi nella stanza. Stanza che, tra l'altro, hanno preparato appositamente con le persiane abbassate per ricreare l'atmosfera intimidatoria di una sala interrogatori. Non ho parole.

"Nelli, non sono osservazioni, sono solo provocazioni." illustra Federica. "Sappiamo benissimo che Sayid è un ragazzo con la testa sulle spalle... vogliamo solo testare fino a che punto. Dunque, Sayid." ora è il suo turno di fare l'eroina. "Com'è che hai deciso di lasciare Nelli viscidamente, ventinove giorni fa?"

"Non l'ho lasciata." risponde lui, pacato e sicuro di sé. "Ho chiesto una pausa."

"Secondo te una pausa dovrebbe durare ventinove giorni? Un intero ciclo mestruale, praticamente? Da dolore a dolore?"

A quel punto Lorenzo tenta di mediare: "Sayid, che cosa non andava nel rapporto tra te e Marinella?"

Lorenzo ha sempre criticato la mia storia con Sayid, però in qualche modo ora è il più pacifista tra i presenti. Forse perché la sua malattia l'ha veramente cambiato, e l'ha indotto a vedere in modo diverso tutti i tipi di conflitto; sia quelli personali, sia quelli altrui.

"Forse dovrebbe rispondere Marinella." suggerisce l'interpellato, indicandomi con il palmo della mano e spostando l'attenzione sulla sottoscritta, che, sì, in un certo senso potrebbe anche essere responsabile dell'allontanamento di Sayid, ma, ehi, è lui l'interrogato qui.

"Forse dovresti rispondere tu." ritratta infatti, Marco, non solo sfoderando un tono perentorio, ma piazzando inoltre il palmo della mano sul tavolino dei giochi, con violenza, facendo così cadere a terra una Barbie.

Sayid si china per raccoglierla e, impassibile, la ripone al suo posto pettinandole i capelli: "Va bene." acconsente, con un sorriso. "Era un periodo difficile. Marinella era molto stanca e aveva ansia per gli esami e per il lavoro."

"Mi avevano licenziato." mi sento in dovere di integrare le frasi povere di Sayid. "Ero entrata nel pallone, avevo un prof di merda ed ero da un'altra parte con la testa."

"Non ci state dicendo il vero problema." fa notare Lorenzo.

"Che chiaramente io e Sayid non passavamo più molto tempo insieme." spiego. "E quando accadeva erano per lo più momenti vuoti."

Federica se la prende con Sayid per questo: "Perché non hai saputo far sentire meglio Marinella?" 

Lui si sente attaccato e quindi rimane sulla difensiva, sforzandosi di trovare le parole adatte, per quanto ridotto sia il suo vocabolario: "Era lei che non mi voleva."

Ecco, per dire... io non sarei andata per macro-concetti come questo.

"Diciamo che non ero molto dell'umore. Non mi lasciavo avvicinare più di tanto, se non per poter avere qualche momento di sfogo." parafraso, sperando che si capisca che tipo di sfogo ricercavo con Sayid. "Ero un po' volubile, lo ammetto, e scorbutica, ma di certo non mi sarei aspettata che Sayid reagisse così, né l'avrei voluto." sottolineo, guardando il mio ex con leggero risentimento. "In più la mia coinquilina mi aveva lasciato in braghe di tela con un affitto più grande di me, come pretendevi che mi sentissi?" aggiungo, ora rivolgendomi direttamente a lui. 

"Io volevo prendere il posto di Fatima." mi ricorda Sayid. "Ma tu non hai voluto."

"Era troppo presto per convivere, Sayid!" mi giustifico, alterandomi. "Cinque mesi! Cinque mesi di storia e già volevi convivere!"

Da parte dei miei amici, silenzio.

Ops, forse non la pensano come me.

Beh, di sicuro Marco non la pensa come me, dato che lui in due ore di storia aveva già concepito una figlia... ma Federica? Sicuramente Federica dovrebbe capirmi. Cioè, tipo, lei è la regina della frigidità, ha le tempistiche schematizzate persino per una carezza, come fa a non capire che non volevo convivere con Sayid dopo solo cinque mesi?

Voglio dire. Lei pensa che sia troppo presto fare l'amore a ventiquattro anni. Sul serio; come fa a non capirmi?

"Ok, sarebbe potuto essere un valido aiuto economico per te, Nelli." mette in luce Lorenzo. "Perché non hai accettato?"

"Beh... io..."

Federica nota l'imbarazzo. È chiaro che il mio errore è stato non accettare l'aiuto di Sayid, ma dal punto di vista sentimentale non ne sarei stata capace. Non ero pronta. E questo almeno lei lo deve capire.

Infatti interviene, un po' per assistermi nel momentaccio e un po' perché in fondo ha afferrato il concetto: "In ogni caso, Sayid, il fatto che lei non abbia acconsentito a farti prendere il posto di Fatima nell'appartamento non era un buon motivo per piantarla in asso. Avresti dovuto capirla e restarle vicino indipendentemente dalle sue decisioni."

"Non l'ho piantata." ricorda nuovamente lui, con tutta la gentilezza della Terra. "Ho detto che lei si doveva riprendere e pensare bene a noi due come coppia, io dovevo fare lo stesso e quindi potevamo prendere una pausa per riflettere."

"Porca puttana, e quanto tempo ti serve per riflettere?" sbotta Marco. "Non ti sei stancato di pensare dopo un mese? Io dopo un'ora sono già k.o., come il resto degli uomini del pianeta, vorrei aggiungere."

"Sì. Infatti sono venuto qui, perché ho pensato abbastanza."

Logico, no?

"E perché sei sparito? Perché non ti sei più fatto sentire con lei e non hai risposto ai suoi messaggi?" 

Marco è piuttosto aggressivo, e io cerco di calmarlo, richiamandolo.

"Scusa, ma la gente cogliona mi indispone." si giustifica, nervoso.

"Marco..." lo richiamiamo ora tutti.

"Marco ha ragione." afferma Sayid. "Sono stato stronzo e cogliona."

"Coglione." lo corregge Marco, provando gusto nel frattempo ad apostrofarlo così.

"Sì, è vero." ripete annuendo. "Ho avuto un periodo difficile anche io. Per questo sono sparito." 

Ecco qui. Spiegato con la semplicità di Sayid: sono sparito perché ho avuto anche io un periodo difficile. È lineare, è credibile... è in pieno stile sayidiano. 

Non mi dà nemmeno fastidio come risposta, anzi, mi spinge a sospirare e ribattere con un "Ti capisco". Non so se sia normale, ma Sayid non è ancora riuscito a farmi arrabbiare davvero, nemmeno avendo il peggiore dei comportamenti. È incredibile.

Marco, al contrario, sembra parecchio contrariato.

"Non è possibile trattare così una persona che aspettava tue notizie. È da vigliacchi! Indipendentemente da com'erano le cose tra voi, non è un comportamento giustificabile!"

"Marco, dovresti restare su un registro più semplice." gli fa notare Lorenzo. "Sayid non capisce, altrimenti."

"No no, ho capito." interviene quest'ultimo. "È vero, infatti sono qui per chiedere scusa. So che ho fatto un errore e che Marinella non lo merita."

Marco si ferma per un attimo. Lorenzo sembra interessato a questa ammissione, Federica invece è tanto vittima dello charme di Sayid quanto me.

È stata una delle prime cose che mi ha attirato di lui e quando ne parlai a Fatima per la prima volta, lei mi assecondò: era stata a sua volta innamorata di Sayid, tempo indietro, perché la sua pacatezza e la sua positività sono capaci di catturare molte donne. Forse sta avendo effetto un po' su tutti, a dire il vero, perché nonostante sia un nemico principale in questa vicenda, gli stiamo pendendo dalle labbra, mentre lottiamo contro l'istinto di dargli una chance.

Al mondo ci sono delle persone che sanno veramente piacere... senza sforzi, in modo innato e genuino. Sono rare, certo, ma Sayid è una di queste. Ne sono convinta da quando l'ho conosciuto.

"È stata Fatima a dirti dov'ero?" gli domando, sciogliendo un po' la mia postura tesa e cercando di capire dallo sguardo dei miei amici se dovrei o meno concedergli la possibilità che è venuto a richiedere.

Sayid annuisce: "L'ho chiamata e le ho parlato. Ho spiegato un po' di cose, che voglio spiegare anche a te, Marinella. Poi le ho chiesto dove trovarti e lei mi ha detto dov'eri e che cosa stavi facendo. Così sono venuto. Ho comprato un biglietto di andata per venire qui, ma non ho un biglietto di ritorno." 

Accidenti... Sayid è davvero sicuro di ciò che sta facendo, nonostante abbia davanti quattro persone che, anche senza conoscerlo, gli hanno dato contro sin da subito.

Ma poi non è solo questo.

Se Fatima gli ha detto come raggiungermi, si vede che l'ha ritenuto giusto e opportuno. E se, pur sapendo quanto mi avrebbe dato fastidio, ha comunque deciso in questo modo, allora potrebbe davvero valerne la pena.

Accidenti parte seconda.

I miei amici mi vedono un po' in difficoltà e, a modo loro, cercano di aiutarmi. Marco continua ad aggredire Sayid con accuse di ogni tipo, Federica insiste sul fatto che abbiamo sbagliato i tempi e che ormai non c'è più nulla da fare e Lorenzo assiste diplomaticamente il dibattito, cercando di farlo rimanere sempre in equilibrio.

Ma io mi sono eclissata nella mia bolla, e più vedo Sayid partecipare alla discussione senza perdere la calma e senza nemmeno perdere la determinazione, più mi convinco che forse non è così sbagliato concedergli di rimediare all'errore. Certo, non ho la minima intenzione di far tornare le cose com'erano, ma voglio ascoltare Sayid e in fondo ammetto che non mi è mai andato giù che mi piantasse in quel modo e che quindi sapere che c'erano sotto delle motivazioni mi farebbe sentire meglio.

C'è un altro forte punto a favore del mio cedimento: Sayid non ha la minima idea di ciò che è successo in questi ultimi trenta giorni. E io glielo devo assolutamente dire.

"Ragazzi, scusate." interrompo lo sfacelo che sta avendo luogo nella stanza. "Vorrei avere un momento da sola con Sayid."

I miei amici bloccano la manifestazione in corso e mi guardano impauriti, incuriositi e contrariati. Sicuramente temono che io compia scelte poco sagge e allo stesso tempo sono tristi di non poter ascoltare cosa ci diremo, ma io ho davvero bisogno di affrontare questa questione da sola con lui.

Dopotutto è così che ho passato gli ultimi mesi della mia vita, prima che succedesse questo matrimonio: da sola con lui. Ed è giusto che sia così anche per questo confronto.

Sayid ne è palesemente grato; sicuramente è l'ultimo che gradisce le aggressioni di gruppo, nonostante sappia di meritarsele. Anche i miei amici sono abbastanza maturi da non discutere ulteriormente: hanno capito di aver fatto il possibile, ora sta a me avere l'ultima parola sull'argomento.

Perciò se ne vanno, e lasciano che anche io e Sayid ci allontaniamo da quella stanza buia e piena di Barbie inquietanti. Ci appartiamo all'esterno, in giardino, dove Magno ha piazzato il suggestivo angolino con l'amaca e il laghetto. Credo che sia uno spazio adatto per un faccia a faccia con il tuo ex; il rumore dell'acqua è rilassate e i pavoni blu tutt'intorno infondono ancora più serenità, come la promessa che in quel posto nulla potrebbe andare storto, come in un'oasi di pace fuori dal tempo.

Bucefalo a parte.

Mi siedo per prima e invito Sayid a seguirmi sull'amaca, quindi si accomoda anche lui e finiamo coscia contro coscia. Non mi faccio per nulla prendere in contro piede da questa vicinanza; siamo stati a contatto tantissime volte, in tantissimi modi e con tantissimi punti del corpo. Ve l'ho detto che la nostra relazione era principalmente sesso, quindi il fisico è il modo più immediato attraverso cui ho sempre vissuto Sayid. 

Tra l'altro, è difficile non fare una comparazione in questo momento: Sayid ottiene attenzione solo quando interagisce con il mio corpo, mentre a qualcun altro (tosse interiore) basta semplicemente aprir bocca, ed è un dono bellissimo e dannatissimo allo stesso tempo.

Quando tocco Mattia, o lui tocca me, è ogni volta un evento unico e irripetibile, quasi pauroso per quanto straordinario. Invece con Sayid questo è normalità, il contatto è quasi ovvio e fondamentale perché ci sia un 'noi'. Confrontarci, litigare o anche solo parlare per me e Sayid è un momento imbarazzante ed estraneo alle abitudini. Per questo con lui sono spinta a cedere ogni volta... o per essere più precisa, non sono mai spinta ad impegnarmi.

Ed ecco anche il perché di quel che è successo: lui è andato via e io non ci sono rimasta troppo male. Ora è tornato e comunque la cosa non mi turba più di tanto. Sayid in fin dei conti è qualcuno con cui posso vivere, ma anche non vivere.

Prendo un bel respiro, quindi, e dico subito quel devo dire, perché con Sayid è inutile far giri di parole. È un uomo semplice e vuole semplicità. 

"Sayid, sono contenta che tu non sia veramente sparito e che desideri un confronto. E per me va bene, sono disposta a sistemare la situazione e affrontare i nostri errori. Però c'è una cosa che devi sapere."

Lui mi guarda curioso, ma anche molto disposto all'ascolto. Ha occhi grandi e caldi, accentuati dall'oscurità delle sue ciglia e dei suoi capelli folti, ricci e domati con stile. Sayid mi piace molto fisicamente e credo si adatti bene a me. Non è troppo alto ed è robusto al punto giusto. Ha una pelle da far invidia, che con il sole sembra oro colato e profuma sempre, pure troppo, tanto da entrarti velocemente nel naso e ancor di più nella testa.

Ma non sarà mai, mai la persona che voglio davvero. Fosse anche il più bello, buono e profumato del mondo.

"In questo mese ho baciato un altro e fatto l'amore con un altro." snocciolo, sentendo la giusta ansia, ma non in modo esagerato. "E non con un altro qualsiasi, ma con Mattia Zingaretti."

Sayid sorride: "Il Mattia Zingaretti."

"Già." sorrido anch'io, un po' sollevata e un po' sognante. Il Mattia Zingaretti.

"E, Sayid, non sento che questa sia una confessione, ma solo un dato di fatto." proseguo. "Io ho fatto tutto questo con lui, perché sono innamorata di lui."

"Lo so." annuisce Sayid. "Lo sei sempre stata."

"E in questi giorni ho..." guardo in basso, ma poi mi faccio coraggio, perché lo voglio ammettere a testa e a voce alta. "In questi giorni ho capito che non ne sono semplicemente innamorata, ma qualcosa di più. Indipendentemente da tutto, Sayid... io... io lo amo. Io amo Mattia."

Woah.

Non pensavo pesasse così tanto e invece sì: questa confessione è una bomba.

Non certo per Sayid, no, lui non è affatto turbato da ciò che ho appena ammesso. Ma io lo sono. 

L'ho detto e... wow. Non ci credo.

L'ho detto.

Credo di averlo pensato molte volte, ammesso a me stessa altrettante, ma detto ad alta voce? Mai. Questa è la prima volta, gente. La prima volta in cui dalla gola di Marinella Argenti escono le seguenti parole: 'Io amo Mattia.'

Questo è un momento epico.

Ed è strasupermegameraviglioso. È bellissimo. Io amo Mattia. Ah-ah. Lo amo! Ci ho messo circa dieci anni a dirlo, ma va bene. Sono dettagli. L'importante è che lo amo.

Sentirlo con la mia voce è bellissimo: riempire l'aria con un suono concreto che corrisponde a un sentimento così forte è come la realizzazione di un sogno. E ora le mie corde vocali hanno perso la loro verginità perché non avevo mai detto di amare nessuno.

Cioè, beh, a parte Leonardo Di Caprio, ma quello sta completamente su un altro piano.

E comunque, beh... wow. Sono sorpresa di me stessa; non me lo aspettavo. Non credevo che l'avrei detto, non così spontaneamente almeno, non senza prima pianificarlo e non di certo in fronte al mio ex fidanzato! 

Sayid si prende un po' di tempo prima di rispondere e io mi godo l'eco di quelle parole che ancora può far da padrone al silenzio.

Allo stesso tempo, cerco di darmi una spiegazione. Quella di amare Mattia è una verità con cui convivo da molto tempo, ma dirlo a lui non mi è mai venuto spontaneo. Perché? Perché non ne ho mai sentito la necessità, perché in fondo sono convinta che lo sappia benissimo.

Dirlo, in generale, non è mai stato urgente, né utile, dato che chiunque mi conoscesse abbastanza sapeva che era quasi un mio tratto caratterizzante, scontato. Tuttavia, avere davanti a me qualcuno che ha tentato di amarmi e che vuole continuare a provarci, ha innescato qualcosa.

Sayid ha il diritto di sapere che non potrà mai riuscire nell'intento, ed ecco perché gliel'ho detto. Quando fu Lorenzo ad innamorarsi di me, avevo trovato superfluo farglielo notare, perché lui stesso lo sapeva benissimo. Era cresciuto assieme a me e aveva visto quanto ogni mio passo in avanti c'entrasse in qualche modo con Zingaretti. Sayid, invece, mi ha conosciuto a cose fatte, e senza poterne essere testimone, non potrà mai capire com'è la realtà.

Allo stesso modo, ho sentito il dovere di difendere Mattia. Non è lui che impedirà a Sayid di andare alla conquista, ma io. Finché io amo Mattia, Sayid non potrà mai avere il mio cuore.

For the sweet love of Jesus.

Mi sento così ispirata. 

"I was expecting that." commenta finalmente Sayid. "Me lo aspettavo, si dice?"

"Sì."

"Me lo aspettavo." annuisce allora, lontanamente pensieroso. "Quando Fatima mi ha detto che eri qui con i tuoi compagni, immaginavo che ci fosse anche il famoso Mattia. Mi hai parlato molto di lui e quindi mi aspettavo che sarebbe successo qualcosa di importante. Sapevo che sarebbe finita così, more or less."

"Sayid, io..."

"Non sono arrabbiato." mi ferma subito. "Io capisco. Ti capisco."

"Davvero?" mi sorprendo, anche se di poco. Dopotutto, io nei suoi panni avrei sclerato, ma lui è pur sempre lui e una reazione così è pienamente contemplata dal suo carattere. 

"Guarda che lo puoi dire, se ti scoccia, o se sei incazzato." insisto. "Non che ti abbia tradito, dato che potevi anche essere morto per come sei stato presente negli ultimi tempi, però capisco che possa dare fastidio."

"Un po'." Sayid si chiude nelle spalle con un sorriso onesto. "Ma ehi, Nel, non posso pretendere nulla dopo quello che è successo tra noi. E poi non ti ho mai visto così bella e felice."

"Sul serio?" 

Lui probabilmente si starà sentendo uno schifo, ma io lascio che quei complimenti mi lusinghino, perché... beh, perché effettivamente mi ci sento bella e felice, specialmente dopo questa notte. Sono un'insensibile, lo so.

"Sì." sorride, spostandomi una ciocca di capelli dal viso. "So much."

Arrossisco leggermente ora, un po' per tutto, e me lo trovo fin troppo vicino perché non si crei un'atmosfera imbarazzatissima.

"Sayid." tossicchio, ritraendomi.

Lui mi lascia il debito spazio per respirare, ma comunque non si arrende e lascia scivolare una mano lungo il mio braccio fino a far intrecciare le nostre dita.

Alzo gli occhi; ora mi sento un po' in colpa, se fa quell'espressione da cane bastonato.

"Non so quanto c'entra veramente il mio comportamento dell'ultimo mese con la decisione che hai preso." suppone, senza perdere l'amara allegria. "Ma comunque vorrei lo stesso fare pace con te e trovare il modo di farmi perdonare. If I can't be your baby, can I at least be your friend?"

Praticamente Sayid sa che non potrà mai tornare assieme a me, ma vuole comunque rimediare al suo errore, e tentare di essere mio amico. 

Beh, perché no? Dopotutto con Sayid io ci sono sempre andata d'accordo e lasciarmi in cattivi rapporti mi farebbe stare molto, molto peggio. Mi piace Sayid, ve l'ho detto... penso che sia stato un valore aggiunto alla mia vita e che l'abbia resa, anche solo per un po', leggermente più sensata.

"Yes." gli rispondo, tornando per un attimo alla lingua che siamo soliti usare. "Vuoi restare per il matrimonio di Gloria e Magno?"

La mia proposta viene direttamente dal cuore: il modo migliore per diventare amica di Sayid sarebbe fargli conoscere i miei amici ed effettivamente è qualcosa che mi riscopro molto eccitata di fare. I miei amici sono la cosa più bella del mondo, e soprattutto di me, e sarei orgogliosa di presentarglieli.

Per via di com'ero ridotta prima di venire qui, non ha avuto troppe occasioni di sentir parlare di loro.

"Davvero potrei venire?"

"Certo. Sono sicura che a loro andrà benissimo. Dopotutto l'invito al matrimonio inizialmente era anche per te."

Sayid si rallegra di molto rispetto a prima: "Mi piacerebbe tantissimo. Però non so che posto cercare per rimanere qui, forse un hotel?"

"Mmm..." mi porto una mano sul mento. "Se chiedessi a Magno, sono convinta che avrebbe un letto anche per te. Sempre che tu sia disposto a rimanere qui in villa per qualche giorno."

"Sì, è un'ottima idea. Voglio chiedere io a Magno." si propone, coraggioso. "Se mi accompagni."

Ok, beh, non del tutto coraggioso. Però lo capisco, non l'avrei di certo lasciato andare da solo, soprattutto perché penso che in quel caso Alessandro e Gloria gli potrebbero dire di no. Ma sarò io a spiegare per bene la situazione ai miei amici: tranquillizzerò tutti e farò in modo di impiegare Sayid negli ultimi preparativi del matrimonio, così da renderlo fin da subito persona gradita.

"Sali in camera mia." dico a Sayid. "Mi sistemo velocemente e poi andiamo a parlare con i padroni di casa."

Il ragazzo è al massimo della gioia, anche se penso che sentirò per qualche tempo il retrogusto amaro di sconfitta nella sua voce. Poco male, però... meglio essere stati chiari sin da subito. Non vorrei far del male a una brava persona come Sayid, ma in ogni caso un po' di cattiveria come vendetta per essersi comportato da stronzo se la merita pure lui!

In questi giorni avrà modo di spiegarmi perché mai il suo periodo difficile gli ha impedito di rispondere ai miei messaggi.

*

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Traduzione: 

F: Per favore, non odiarmi

M: Non ti odio. Anche se pensavo che Sayid fosse un pezzo di ...

F: Lo è, per quello che ti ha fatto. Ma è cambiato

M: Cambiato?

F: Ha buone intenzioni e dei piani. Vedrai

M: Temo che sia troppo tardi, Fatty

F: L'hai mandato via??

M: No Ma sono cambiata anch'io


*

Puzzavo un sacco.

Non me ne ero resa conto, ma sembravo davvero un rifiuto tossico. Avevo sudato molto, probabilmente in preda all'ansia per Davide, e avevo fatto svariate attività con questa mise, risultando per stropicciarla tutta e tirare malamente i fili della vestaglia.

Per non parlare dei miei capelli... avevano proprio bisogno di vedere un po' di shampoo.

Così ho lasciato Sayid davanti alla tv in camera mia e sono andata a farmi una bella doccia.

Prima di entrare, ho buttato a lavare tutti i miei abiti e ho indugiato con la felpa di Mattia in mano. Mi ha detto che avrei dovuto riportargliela, ma sinceramente non posso ridargli una bomba radioattiva del genere. Devo almeno prima lavarla e darle una stirata.

Sorrido, mentre getto l'indumento nel cesto della lavanderia.

Mattia non ha affatto bisogno di quella felpa per avere delle conferme. Non importa quali battaglie dovrà combattere e quali avversari gli si metteranno contro... lui ha già vinto.

Lui ha vinto da sempre.

***


ANGOLO AUTRICE

Sayid, Sayid... che sei tornato a fare? Volevi fare la sorpresa a Nelli, ma te l'ha fatta lei XD

Come avrete potuto notare, siamo tornati ai gloriosi inizi, quando i capitoli erano brevi e leggeri. Ah, che meraviglia! ^^
...magari.

Questa cortezza non è simbolo di cambiamenti, non vi preoccupate, è solo l'inizio di una serie di novità e sorprese studiate apposta per voi :) Alcuni lo sapranno già, dato che ne ho parlato sui social, ma faccio qui la comunicazione ufficiale: alla fine di "Io e te 3" mancano 10 capitoli. Per me sono pochi, per voi forse un'eternità, ma aspettate perché dovete ancora sentire la parte più bella (o brutta, dipende dai punti di vista XD). Come programmato sin dall'inizio, da qui in poi si aggiungerà alla pubblicazione principale di "Io e te" una pubblicazione parallela, fatta sottoforma di raccolta. Essa, infatti, raccoglierà una serie di One Shot (per sapere cos'è una one shot, vedere fine capitolo precedente) che saranno aggiunte mano a mano da adesso alla fine di "Io e te". Saranno in tutto 10, più o meno corte, a volte anche molto corte, e non sempre si alterneranno ai capitoli, ma arriveranno in un ordine che a voi non è dato sapere, ma che io ho già accuratamente pianificato.

Capito quindi? Prima del gran finale, ci saranno in tutto 19 pubblicazioni e l'ultimo glorioso capitolo sarà la ventesima di queste (che corrisponderà al capitolo 24 della storia principale, salvo cambiamenti) :')

Il motivo di tutto ciò deriva da due fondamentali pensieri che ho fatto sin dalla pianificazione della trama di "Io e te 3". Il primo riguarda la struttura della storia in sé, che abbraccia tante sottotrame e che quindi narra le vicende di molti personaggi. Voi vi siete affezionati a loro, ma la storia principale è quella di Nelli e Mattia, che, come avrete visto, occupa davvero molto, molto spazio narrativo. Quindi l'idea delle OS c'era fin dal principio per permettermi di raccontarvi un po' meglio del "contorno" di "Io e te" ed entrare in altri punti di vista. Il secondo pensiero che ho avuto si può chiamare tranquillamente ansia da separazione: mi rendo conto sempre di più che "Io e te" sta per finire e, come una mamma che fatica ad accettare che il suo figlioletto se ne vada di casa, pure io sto cercando mille e uno modi per rimandare il fatidico momento. Non vi preoccupate, però, per il lato artistico della questione: queste OS non vogliono allungare il brodo, tant'è che erano pure previste. Saranno sicuramente un valore aggiunto, in alcuni casi, e in altri vere e proprie chicche che renderanno "Io e te" più bello, dinamico e completo :) So quel che faccio, tanquilli ;)  - non è assolutamente vero -

Per aiutarvi a raccapezzarvi in tutto ciò, vi lascio un calendario con le prossime pubblicazioni :)

20/03: One Shot n. 1

26/03: OS n. 2

29/03: OS n. 3

05/04: OS n. 4

13/04: capitolo 15

Sono determinata a rispettarlo, ho già gran parte delle cose pronte, e non temete per il fatto che il prossimo capitolo arriva praticamente fra un mese; nelle os che lo precedono, si riprende proprio dalla fine di questo cap, quindi troverete subito il proseguimento. Curiosi o no? U.U

Per gli aggiornamenti successivi a questi, vi farò sapere in corso d'opera. Ma prima di tutto ciò c'è un'altra cosa importarterrima da ricordare:

IL 16 MARZO "IO E TE" COMPIRA' 1 ANNO DI VITA COME LIBRO!!! FOR THE SWEET LOVE OF JESUS!!!

Ma quanto veloce passa il tempo? :') Sembrava ieri che vi registravo il video notizia, che sceglievamo insieme la copertina, che facevamo doppi sensi durante la diretta spacchettamento. Wow :')

Per festeggiare questa meravigliosa ricorrenza, vi farò 2 regalini, uno che comparirà su Wattpad ed EFP (*Un'altra OS?? Daffy, hai rotto i cocchi!* *Tranquilli, è una OS che volete leggere, fidatevi*) e un altro che invece renderà questa giornata davvero... giocosa, ecco XD Com'è giusto che sia, in pieno spirito "Io e te".

Quindi non perdetevi l'appuntamento del 16 marzo; seguitemi su tutti i social possibili e immaginabili, o comunque rimanete all'erta perché, a un certo punto della giornata, vedrete comparire un aggiornamento a dir poco epico. D'altronde 1 anno è 1 anno, ragazzi.

Ora vi saluto e vi lascio solo un paio di domande significative per poter commentare insieme il capitolo appena letto:

1) Ora che ne sapete di più su Sayid e gli eventi che lo riguardano, cosa ne pensate di lui?

2) Vi aspettavate questa reazione da parte di Nelli?

Sento di avervi detto fin troppe cose, quindi la chiudo qui. Come al solito ringrazio tantissimo la beta e le disegnatrici e aspetto le vostre recensioni e i vostri commenti :)

Alla prossima!

Daffy



***


Contatti:

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Instagram (cercate daffyefp)

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Link per "Io e te 2" su EFP


***


Maaaa... la canzone del giorno? Mi sento finalmente di condividere con voi questa qui, che ascolto praticamente da quando è uscita, collegandola in qualche modo a Nelli e Sayid. Non chiedetemi esattamente il perché, non lo so nemmeno io, eppure mi ispirava troppo e ogni volta che la sento immagino loro due. Finalmente posso rendere partecipi di ciò anche voi XD

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Capitolo 15
*** Uno strappo alla regola ***


MxM3 15

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




Riassunto della puntata precedente:
Era una mattina soleggiata e spensierata quando un libanese si presentò a villa Magna. Iniziava così lo scorso capitolo: con Sayid che faceva la sua comparsa ad effetto e Nelli che non ne voleva affatto sapere di lui. Ma l'insistenza e lo charme del libanese alla fine hanno avuto il solito effetto su Nelli: si è fatta intenerire ed ha ascoltato le sue suppliche. Peccato, perché ciò ha condotto a un momento di euforia generale dove Marinella ha potuto credere che diventare tutti amici del cuore sarebbe stato fantastico! Nonostante la dichiarata opposizione di Lorenzo, Federica e Marco, la nostra protagonista non solo ha concesso a Sayid la sua comprensione, ma gli ha pure proposto di passare gli ultimi giorni a villa Magna con i suoi compagni, e dunque partecipare al matrimonio. La spensieratezza e la positività di questa scelta derivano da una nuova consapevolezza che forse per la prima volta nella sua vita, Marinella ha raggiunto pienamente: lei ama Mattia! Ma a lui non l'ha detto ancora e, anche se si è capito, forse non è sufficiente a tenere tutto sotto controllo. Perché... forse... e dico forse... Sayid ha un piano malvagio, che potrebbe entrare in conflitto con altri piani malvagi, e al matrimonio mancano solo tre giorni! Buona lettura <3

P.S. A causa di un problema con l'applicazione che solitamente uso, in questo capitolo non ci saranno i momenti social che avevo in programma. Mi spiace, ma vi ho comunque trovato qualche sfiziosa alternativa :)



"Io e te" è semplicemente complicato 

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Uno strappo alla regola

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I gatti leccano i raggi di luna nella ciotola dell’acqua, convinti che si tratti di latte.

- Proverbio indù

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Sono state ventiquattr'ore assurde.

Ieri mattina mi sono svegliata con un pacco bomba sotto casa e solo un giorno dopo, lo stesso pacco bomba mi sta reggendo per i fianchi su una scala da cui potrei facilmente cadere. Credevo di averlo disinnescato, sempre parlando per metafore, ma invece pare che le mie capacità di artigliere siano davvero ridotte.

Sayid sarebbe il pacco bomba, se ve lo state chiedendo, e non me lo ricordavo, ma è una creatura mitologica. Seriamente; prima di ieri ero convinta che il mio ex fosse un essere umano, ora invece scopro che è un incrocio tra un Octopus Vulgaris e la dea Kali. Le sue mani sono ovunque, a tal punto che sono certa che ne abbia più di due, cosa che lo rende sia viscido che inquietante... per l'appunto.

"Tranquillo, ce la faccio." gli sorrido, levandomelo malamente di dosso. 

Il rischio di caracollare al suolo è alto, ma preferisco quello che le mani di Sayid sui miei fianchi. E no, non perché d'improvviso sia diventata schizzinosa alla persona con cui sono stata a letto per sei mesi, ma perché, semplicemente, non è un gesto appropriato. Voglio dire, amici ok, sono stata io a voler cercare di preservare un buon rapporto, ma ci siamo lasciati ieri; mi sembra un po' fuori luogo prendersi ancora certe confidenze come se niente fosse, caro Kraken libanese arrapato.

Forse l'idea di farlo restare qui è stata una cazzata. 

Voi che cosa dite? È stata una cazzata? Probabilmente è stata un'enorme cazzata.

Il fatto è che Sayid mi ha sempre trattato bene. È uno di quei ragazzi comprensivi e tranquilli che ti rendono la vita più facile, che ti raccolgono quando sei a pezzi e fanno di tutto per ripararti. Perciò dargli tutte queste pugnalate in sole ventiquattr'ore mi è dispiaciuto troppo, e ho pensato che avrei potuto in parte rimediare, coinvolgendolo in qualcosa di carino. Certo, anche lui non è del tutto un santo; altrimenti non avrebbe inscenato la mini fuga per ottenere la convivenza con me, però da un certo punto di vista lo capisco e mi sento in debito.

Lui voleva andare fino in fondo con la nostra relazione, voleva cominciare a fare sul serio.

Ma ovviamente non era affatto quello che volevo anch'io; né prima di venire a questo matrimonio né tanto meno adesso. Mattia un tempo mi accusava di non sapere quello che voglio... beh, forse è vero, ma di certo so quello che non voglio. E ciò, ovviamente, fa soffrire le persone. È un mondo crudele, non trovate?

In passato sono stata brava; non ho mai illuso Sayid di amarlo alla follia, ma ho fatto comunque un grave errore. Nonostante sapessi che la nostra storia non poteva andare molto lontano, ho iniziato a sperarci, tanto per avere qualcosa di bello da fare in una vita di ansie, e perché, in fondo, mi piace stare con lui. È stata una leggerezza, che però ha avuto ripercussioni pesanti su Sayid: anche lui ha visto quel barlume di speranza e ci si è appigliato con le unghie, con i denti, con le braccia, con le gambe e se avesse una coda, pure con quella. Come i lemuri.

Ok, oggi esploriamo la zoologia per descrivere Sayid Matar.

Non fraintendetemi, comunque: non sono poliandrica, quando dico che mi piace stare con Sayid e contemporaneamente dico di amare Mattia. Loro due non sono affatto sullo stesso piano, dato che con Sayid è tutto molto piacevole, ma non nel senso di sei così piacevole che voglio sposarti. Mi piace stare assieme a lui, nel momento in cui non c'è nessuno con cui si stia meglio. Punto.

Insomma, in poche parole, sono una stronza e lui è il ripiego che adesso non serve più. Ecco, l'ho ammesso.

Fortunatamente, di recente sono successi giusto due o tre fatti chiave che mi hanno dato una scossa al cervello e che mi hanno permesso di raggiungere questa consapevolezza; prima non avrei mai potuto farlo. In questi ultimi cinque anni, infatti, avevo inventato una Nelli diversa; negativa, piatta e accondiscendente, e mi stavo abituando ad essere lei... figuriamoci se quella Nelli avrebbe mai ammesso a se stessa di star utilizzando Sayid come un chiodo scaccia chiodo.

Ma la realtà è questa. La realtà è che io non sono quel fantoccio di Marinella creato dai miei stessi turbamenti mentali; io sono positiva, sognatrice e indecisa, e la mia vera essenza è totalmente diversa, rimasta per anni custodita da questo gruppo di strani amici che mi trascino dalle superiori. Loro sono... sono come la compagnia dell'anello. Un gruppo di stravaganti creature fantasy che custodiscono qualcosa di prezioso e distruttivo come l'anello di Mordor, alias la mia anima.

Probabilmente se non mi avessero costretto a venire qui, piano piano mi sarei accomodata sul personaggio della Nelli seria e newyorchese che vuole fare successo, e mi sarei autoconvinta a voler convivere con Sayid; magari anche a fidanzarci ufficialmente. Essendo triste e incompleta, certo, ma sarei sopravvissuta in quel modo, tirando avanti.

Invece in questi pochi giorni ho riscoperto com'è vivere, al posto di sopravvivere, e sono tornata la Nelli degenere e italiana a cui nulla andrà mai dritto, ma che è innamorata di Mattia e a causa di ciò, distrugge vite. La propria, quella di Mattia, e qualsiasi altra incontri nel mio cammino.

E ora, infatti... cado dalla scala.

"Ahia! Che male!" mi lamento mentre mi massaggio le chiappe.

Sì, stavo vaneggiando troppo e sono veramente caduta. Probabilmente ho anche subito un trauma cranico.

Perché nel tempo tra la perdita di equilibrio e il deretano per terra, mi è tornata in mente una scena di tanto tempo fa, dove io ero su una scala a costruire un letto a castello e Mattia mi diceva che non so usare una scala.

"Oh, no!" accorre Sayid. "Sei caduta! Ti sei fatta male?"

Il crocerossino mi aiuta ad alzarmi, ma io lo scanso e cerco di fare da sola, mentre giustamente riprendo la sega mentale laddove l'avevo lasciata. 

Sayid e Mattia: due ragazzi che in qualche modo si somigliano, ma che nei miei confronti fanno un effetto diametralmente opposto. Sayid è la quiete dopo la tempesta, Mattia è la tempesta. E, ad essere onesti, io non sono mai stata abituata alla calma.

Se fossi caduta in presenza di Mattia, lui si sarebbe messo a ridere e a prendermi in giro, poi, eventualmente, forse, si sarebbe preoccupato. In modi strani e senza farne mostra, si sarebbe assicurato che non mi fossi fatta troppo male e una volta sicuro di quello, mi avrebbe fatto arrabbiare a suon di 'te l'avevo detto'. Così io l'avrei picchiato, e lui probabilmente avrebbe fatto qualche gesto significativo, che mi avrebbe da un certo punto di vista colpito e dato una lezione di vita di cui non avevo affatto bisogno, ma che impartita da lui mi avrebbe irritato e contemporaneamente fatto battere il cuore.

Visto? Anche essendo il re degli idioti, Mattia vince sempre. D'altronde... solo un vero re può.

"Non ti preoccupare, Sayid." scherza mio fratello, giungendo allegramente tra noi. "È caduta talmente tante volte che ha fatto il callo. Da piccolo, la spingevo per le scale nonostante pesassi solo un quarto di lei."

Sbuffo, massaggiandomi le chiappe e guardandolo in tralice: "Da piccolo? Quando puoi trovi ancora tutti i modi possibili per farmi del male."

"E peso ancora un quarto di te."

"Come il tuo cervello pesa un quarto del mio."

"Wow, quanto amore." commenta Eva, ridacchiando.

Siamo fuori in giardino, più precisamente sparsi lungo il perimetro del gazebo per gli ultimissimi ritocchi. Francesco ha richiesto della forza lavoro per questa mattina, dato che il tempo stringe e vuole avere tutto pronto in anticipo, così alcuni di noi hanno deciso di rimboccarsi le maniche e correre in suo soccorso. Più la Gruccia che non ha affatto deciso, ma è stata obbligata come sempre.

Tra la leva volontaria ci siamo io, Sayid, Davide, Eva e i due rossi. Tutti gli altri stanno pensando al menù, al catering, al vestito, eccetera eccetera. Magno ha chiesto a Mattia e Pierpaolo di accompagnarlo a prendere le ultime bottiglie di vino da Benigni.

A dire il vero, questo mi è dispiaciuto. Con la scusa dell'arrivo di Sayid, Mattia e io non abbiamo avuto modo di parlare, e speravo di farcela in queste ore, soprattutto per riprendere alcuni discorsi che avevamo lasciato in sospeso (strano). 

Ieri mattina ho presentato il mio ex ai padroni di casa, poi nel pomeriggio ho recuperato un po' di sonno perso durante la scorsa nottata in mansarda (la nottata) e poi ho avuto un profondo faccia a faccia con Davide, che non avrei potuto rimandare in nessun altro momento. È presto giunta sera e prima di cena, ho subito un'aggressione verbale collettiva dai miei amici (Fede, Marco e Lorenzo) che si sono avventati contro la mia decisione su Sayid. Dopo cena, invece, Cris ha coinvolto tutti nel toto nome per i gemelli, così io, che me ne stavo a testa bassa per i rimproveri ricevuti e il senso di colpa, e Mattia non abbiamo avuto tempo per noi.

Ci siamo parlati, certo, ma fugacemente, dato che per tutto il giorno lui è rimasto piuttosto sulle sue, molto probabilmente per non intromettersi nella questione Sayid (altro elemento che non ha fatto altro che fomentare il mio senso di colpa nelle ultime ventiquattr'ore). Prima di dormire, allora, gli ho mandato un lungo messaggio vocale, in cui gli ho fatto il riassunto della giornata e soprattutto gli ho spiegato la mia posizione. Mi era sembrato felice di sentire il mio parere su Sayid e ci eravamo dati appuntamento oggi, in tarda mattinata, per ultimare il nostro discorso dei testimoni e altri importanti discorsi.

Ma ha deciso di andare via con Magno e non mi ha nemmeno dato il buongiorno.

"Io amo Nelli." afferma mio fratello. "Se non fossimo parenti, probabilmente almeno una volta nella mia vita mi sarei messo con lei."

"Ah sì? Perché mai?" ribatte Eva, curiosa.

Davide si chiude nelle spalle: "Fa ridere. Sembra un gatto che fai impazzire con un laser solo per divertirti."

Eva lo fissa costernata e stupita (Eva si indigna per me? Che dolce!), mentre io mi rimetto completamente in piedi e mando mio fratello in un posto che non necessita descrizioni.

Come potete vedere, almeno tra noi fratelli Argenti, è tornata la pace.

Beh, pace è una parola grossa... possiamo dire che è tornato tutto alla normalità, ecco.

Non è stato facile parlare con lui. Forse perché ormai non ricordo più com'è essere adolescenti, oppure perché io vivo un'adolescenza perenne e quindi non riesco a reagire come dovrei. Fatto sta che ieri, finalmente, ispirata anche dai consigli di Mattia, ho deciso di porgere a Davide le mie scuse.

È stato uno scusarsi a vicenda, a dire il vero. Davide era distrutto dalla sera prima; aveva il fisico a pezzi e credo che almeno per un po' non gli andrà più di ridursi così. Ma era anche molto giù di morale... si è pentito di aver causato tutta quella preoccupazione e gli è davvero dispiaciuto aver in qualche modo coinvolto anche Mattia.

Beh... se vogliamo essere completamente onesti, quella a voler coinvolgere a tutti i costi Mattia sono stata io, ma dettagli. Alla fine ce lo siamo baciati entrambi.

Risata interiore.

Afferro Davide per il braccio e lo trascino lontano dagli altri: "Senti, invece di fare battutine contro di me, dammi una mano a liberarmi del polipo."

"Il polipo?" sorride guardandomi dai suoi ingiusti centimetri in più.

"Sayid."

"Ah, il venditore di cammelli."

"Davide, ti avverto, questo nomignolo è bandito da adesso in poi, per tutta l'eternità." gli punto l'indice contro il petto in un significativo atto di minaccia. Ora più che mai, mio fratello e io sappiamo che andare d'accordo è molto meglio di litigare, in casa Argenti.

"Perché no?" rilancia, divertito. "Venditore di cammelli è il soprannome che si è inventato papà quando vi siete messi assieme e che poi abbiamo continuato a usare in casa, così per ridere."

"Lo so. Ma è immaturo, irritante e razzista."

Ma Davide non mi calcola e continua a indugiare nei denigranti ricordi sui nomignoli del mio ex fidanzato: "E poi, da quella volta della battuta di mamma, ci siamo sempre riferiti a lui come il Signor Ipesce."

"Ipesce?" mi sconvolgo. "Ma Sayid di cognome fa Matar."

Davide mi fissa con un ghigno. E un istante dopo, ci arrivo pure io.

Ha-ha-ha. Sayid Ipesce. Davvero divertente.

Mollo uno schiaffo in testa a Davide, mentre lui ride deliberatamente rischiando di attirare l'attenzione degli altri. Ovviamente non è quello che voglio: sto cercando la collaborazione segreta di mio fratello, perché sento che se non mi affretto a prendere in mano la situazione, potrebbe accadere qualcosa come un cataclisma o l'apocalisse nel giro di breve tempo.

Devo trovare un attimo per riflettere, senza distrazioni del tipo mani sui fianchi e voli mortali da una scala.

E poi, comunque, non mi va che Sayid mi stia appresso tutto il giorno: ho bisogno di stare lontano da lui. O di continuare a stare lontano da lui, come ho fatto nell'ultimo mese. A questo punto, sono estremamente sicura di aver sbagliato tutto: Sayid doveva tornarsene in America e saremmo stati tutti più felici.

Ma io sono stupida.

"Davide, smettila di sparare una cazzata dietro l'altra e fammi un benedetto favore!" lo minaccio. "In nome del momento di unione che abbiamo avuto in seguito a questi difficili giorni, dammi una mano a liberarmi di Sayid."

"Come lo uccidiamo?"

"Quello al massimo fa parte del piano B."

"Serio, se vuoi posso accidentalmente appicargli fuoco."

"Oh, nessun dubbio a riguardo. Ma per ora portalo da qualche parte, distrailo per un po', magari. Per favore." lo imploro, scoprendomi poco incline a scherzare e piuttosto preoccupata per la situazione.

Anche mio fratello si calma e si fa più serio: "Ma perché ti dà fastidio, adesso?"

Sbuffo: "Perché forse, come mi hanno detto Marco, Lori e Fede, ho agito troppo inconsciamente. Non ho pensato bene a tutta la questione ex fidanzato, amici contrari, possibile altra relazione in corso, possibile riconquista, possibile disastro epocale al matrimonio di amici contrari."

"Brava, Nelli. Sempre sul pezzo."

Lo colpisco di nuovo: "Mi aiuti, invece di perculare?"

Davide sospira, roteando gli occhi come se stesse trattando un caso che gli si ripresenta regolarmente e rigorosamente senza mai imparare dagli errori (Eccomi! Sono io!).

"Va bene, te lo porto distante, ma non so per quanto riesco a trattenerlo. Cosa devi fare di preciso lontana da lui?"

"Pensare."

"Ti prego no!" grida portandosi le mani alla testa.

"Scemo." lo apostrofo. "Devo pensare molto bene al da farsi. Potrei revocare tutto e rispedirlo a casa. Definitivamente."

"Bel modo di non dare illusioni alla gente."

Assottiglio gli occhi: "Lo preferisci qui, o a New York?"

Davide me la dà vinta allargando le braccia: "Basta che prima o poi trovi un rimedio ai tuoi casini, Nel. Perché non fai altro che lasciare morti per strada."

"Lo so." mormoro, nervosa, afferrandomi le braccia e stringendomi a me stessa.

Federica, Marco e Lorenzo avevano già predetto tutto questo. Avevano immaginato che avrei fatto la cagata, avevano ipotizzato che ciò avrebbe allontanato Mattia e dato false speranze a Sayid e, ciliegina sulla torta, avevano già messo in conto che me ne sarei pentita e avrei fatto una cagata ancora più grande per cercare di rimediare. 

Ieri sono stati davvero duri. Non li avevo mai visti così in disaccordo con me, ma soprattutto... non li avevo mai visti così in accordo fra loro. Quella che è sempre stata l'amica comune ora è la nemica comune e ciò ha fatto sì che si coalizzassero in modo impressionante: un'alleanza davvero temibile, capace di incistare i peggiori dubbi e i peggiori sensi di colpa. Dopo aver ascoltato le loro opinioni, infatti, la mia voglia di autoflagellarmi era al 70%. Dopo aver comprovato che, effettivamente, nemmeno Mattia l'aveva presa bene, era al 90%. Ora siamo al 99,9% e c'è ancora tutta la giornata davanti.

Davide sospira, ma prima di allontanarsi, mi dà una pacca sulla spalla. Di sicuro rimprovera la mia inadeguatezza alla vita, ma fondamentalmente è proprio come me, e quindi mi capisce.

La sfiorata tragedia dell'altra notte ha se non altro rafforzato il nostro legame di fratellanza e ha permesso a lui di aprire uno spioncino sul suo mondo, a cui prima nemmeno la più fidata delle persone aveva accesso. Non voleva arrivare fino a quel punto, ma in fondo lo voleva. È in una fase in cui se non rischia di morire non si sente vivo e, ad essere sinceri, temo che per lui questa sarà una fase molto lunga. Uno direbbe che mio fratello è una persona incline al suicidio e, in realtà... sì, lo è. Però lui la vive in tutt'altra maniera: per lui stare entro i limiti del lecito è impossibile; da sempre, Davide deve infrangere regole e correre rischi. E anche se da fuori può sembrare un qualsiasi adolescente normale, dentro di lui vive una fame continua che probabilmente non sarà mai saziata. Spesso la fame si trasforma in disagio e lo fa sentire inadeguato, non appartenente a questo mondo.

Chiaramente, lui ieri ha riassunto tutto questo in un "Odio tutto", ma io lo conosco e ormai so come interpretarlo. Non ha senso forzarlo dentro alla vita che noi altri vorremmo che avesse; non ha senso rimproverarlo se a scuola non va bene, perché tanto la scuola non gli piace, e non ha senso predicare che si faccia degli amici, quando la maggior parte dei suoi coetanei gli dà solo noia. 

Passerà o non passerà? 

Io credo di no. Credo che rimarrà adolescente a vita, o credo che ormai adolescente non lo sia più da un po'.

Ho deciso di fare un passo verso questa consapevolezza, di capirlo, di accettarlo così. Ma, come mi ha suggerito Mattia, ho cercato anche di creare un compromesso mettendomi al suo stesso livello. Sono stata sorella, per una volta, e non mammina noiosa o zia perfida, come sempre: gli ho semplicemente suggerito di stringere i denti e finire la scuola, per mamma e papà, e poi fare quel cavolo che gli pare. Andare a scoprire il mondo, andare a fare casini, distruggere e ricreare... un po' come un dio.

In tal caso, suggerirei, Efesto, dio del fuoco.

Lui ha sorriso a questa metafora, quando l'ho proposta alla fine della nostra discussione, però poi mi ha abbracciato di slancio e mi ha ringraziato.

Ma torniamo al presente, perché mi sembra di star sovrapponendo troppi filoni narrativi... forse proprio come scusa per poter evitare di preoccuparmi dei problemi attuali, che io stessa ho causato. 

Io che causo dei problemi. Che-strano.

Dopo la pacca sulla spalla, Davide si dirige verso Sayid e lo prende sottobraccio: "Ehi, Eva, abbiamo mai fatto vedere a Sayid la nostra postazione video?"

Eva guarda i due con smarrimento e Davide le mima un 'poi ti spiego' colpevole ma anche divertito. Così lei allarga le braccia, sorride e lo segue, restando al gioco. 

Non so che succeda a quei due e perché mai sembrino così affiatati, ma qualsiasi cosa sia, ha funzionato e Sayid sparisce all'orizzonte in men che non si dica.

"Grazie a Dio..." soffio con sollievo, togliendomi i guanti da lavoro e lasciandomi cadere su una panca già decorata dal tulle.

"Che fai, ammutini la nave pure tu?" mi domanda Francesco, che con occhio preoccupato osserva i tre andarsene e me tirare le cuoia per l'ansia.

"No. Cinque minuti." lo imploro facendo il gesto della pausa e calmando i suoi bollori da capo cantiere.

Mi fa segno di data concessione, e torna ad occuparsi dei lavori. 

Attualmente, starebbe mettendo in piedi un leggio, dato che gli è venuta la brillante idea di creare un angolo discorsi, accanto al tavolo degli sposi. Ha costruito una piccola pedana in legno e poi la struttura per appoggiare i fogli, il libro, o chi per essi. 

Ma decide di continuare la mansione che io ho lasciato in sospeso e incaricare la Gruccia di prendere il suo posto. È davvero insolito vederla con i guanti gialli da manovale e una cintura porta attrezzi; sembra di osservare l'immorale ritratto di un angelo con le corna... o meglio, di un diavolo con l'aureola.

Comunque, obiettivamente parlando, l'angolo discorsi sembra davvero carino, nonché una brillante idea, anche se non fa altro che contribuire alla mia agitazione: su quell'altarino ci dovremo salire Mattia e io, per pronunciare davanti a tutti un ringraziamento da testimoni di nozze che dobbiamo ancora finire. 

Buon Dio, fa che almeno quel giorno l'umanità sia preservata dalla forza devastatrice della mia presenza.

Immaginare la scena mi agita ancora di più: siamo in ritardo su tutta la linea e perché mai stamane Mattia non mi ha dato il buongiorno? Perché non è qui? Perché non stiamo decidendo cose sul futuro? 

Ha per caso cambiato idea? L'arrivo di Sayid l'ha traumatizzato? Se n'è andato lontano per fare la fatidica chiamata al luogotenente Stella e comunicargli che parteciperà alla missione in Siria?

Oh mio Dio, ho rovinato tutto.

Raggiunto ufficialmente il 100% di sensi di colpa, estraggo il cellulare e seleziono il nome di Mattia in rubrica, poi lo chiamo. Rimango con il telefono appiccicato all'orecchio per tutta la durata degli squilli, ma nessuno risponde e io mi impanico ancora di più. 

È fatta: avevo la felicità in pugno e non ho nemmeno fatto in tempo a stringerla. Lo sapevo. Come sempre

"Nelli, dimmelo se stai per avere un infarto." mugola Francesco con un nastro di carta stretto tra i denti, mentre mi osserva con inquietudine. Si trova all'apice della scala dove prima c'ero io e ha interrotto la sua opera dopo aver intuito il mio evidente disagio.

"Sto bene." mento, sorridendo come un'isterica. 

Natale fa una faccia strana e termina velocemente la sua mansione, per poi potersi dedicare a me, magari approfittando per prendere a sua volta cinque minuti di pausa. Penso che mi abbia vista strana e si sia preoccupato... dopotutto, lui ci tiene a me, e viceversa. Se devo dirla tutta, è pure stato uno dei pochi a non esprimersi troppo duramente circa la mia sparizione degli ultimi cinque anni; si è sempre dimostrato molto comprensivo nei miei confronti e anche se non lo dimostro, gliene sono grata.

Finalmente, arriva a terra con un balzo atletico e si pulisce le mani sui pantaloni. Poi, prima di accomodarsi, richiama Alessandra, che si trova più distante rispetto a noi, e le grida di portargli qualcosa di cui non comprendo appieno l'identità. Ciò che capisco molto bene invece è il seguito, ovvero: possibilmente senza trovare scuse come 'adesso sono occupata', dato che l'unica tua occupazione nei precedenti dieci minuti è stata aspettare che il rossetto liquido effetto matte si seccasse.

Lancio un'occhiata ad Alessandra: non è vero che si sta mettendo il rossetto. Se è per questo non è nemmeno truccata; anzi, prima che lui la sollecitasse, se ne stava accovacciata ai piedi del leggio, con la fronte stranamente sudata e l'aria stranamente assorta, a lavorare.

"Voglio mostrarti una cosa." mi annuncia Fracesco, tutto fomentato, mentre si siede accanto a me sulla panchina.

"Cioè?"

"Mentre montavamo il leggio, ieri, è arrivato Ai e mi ha detto che era un po' in pensiero per la celebrazione. Mi ha confessato che non è molto gasato all'idea di sposare Magno e Gloria sotto al chiosco di marmo sull'altro lato della villa, perché ci sono i gradini e lui odia i gradini. In effetti, ha bisogno di qualcuno che lo faccia salire e scendere, dato che in sedia a rotelle non potrebbe, e questo limita decisamente la sua autonomia, altra cosa che odia. In più, mi ha spiegato che vuole fare un rito indù dove c'è una sorta di danza e tutti, lui compreso, dovrebbero muoversi e ballare, prendendo più spazio possibile."

"Un rito indù."

"Esatto."

"Su una sedia a rotelle."

"Con il dovuto spazio, non avrebbe problemi a muoversi liberamente gestendo da solo la carrozzina."

"Ma... un rito? Indù?"

"Ma sì, comunque non è il punto."

"Per me invece è molto sconcertante."

"Vuole fare una cosa super spirituale, sai com'è fatto."

Mi sbatto una mano sulla fronte: "Sicuramente attirerà lo spirito malvagio di qualche divinità indù su di me. Me lo sento. Tipo quelle con un sacco di braccia. Perché stamattina ho pensato alla dea Kali. Loro sanno. Gli dei sanno."

Francesco mi ignora: "Il punto è che Ai ha in mente davvero delle idee stupende, ma questa villa è piena di barriere architettoniche. Non è giusto, sarebbe davvero un peccato."

"Suppongo di sì."

"Esatto, e infatti, a questo proposito, ho pensato di stravolgere un po' le nozze."

"Fra." lo ammonisco. "Già serviamo pizza al ricevimento nuziale e abbiamo cucito l'Emporio Armani sopra l'abito di Miss Magno; che altro vuoi combinare adesso?"

"Niente." sorride, malizioso. "Solo un leggero cambio di scenario."

Alessandra arriva in questo preciso istante con un foglio arrotolato tra le mani, come se stessero seguendo il copione di un film d'avventura dove il saggio e il suo aiutante finalmente porgono una mappa sacra all'esploratore della giungla, ma poi lei impreca contro di lui, e addio film d'avventura.

Lui non la bada e srotola la pergamena per farmi ammirare la sua creazione, ovvero un progetto di qualcosa, tutto scarabocchiato con linee di carboncino e appunti confusi. Dal disegno non ci capisco una mazza, quindi lui prende a spiegare, mentre Alessandra continua a fare da sottofondo con le lamentele sul ritorno alla schiavitù nei campi di cotone e prosegue poi un cammino storico, illustrando quant'era bello quando i pel di carota lentigginosi e visionari venivano bruciati sul rogo dall'Inquisizione.

Ma tornando al disegno di Francesco, il rosso si sta sforzando di tradurre i suoi segni in realtà e ora proverò a tradurre ulteriormente per voi, sperando che il desiderio di chiudere il becco a quell'antipatica della Gruccia non prenda il sopravvento. 

Praticamente: in questa grande porzione di giardino, Francesco e i suoi aiutanti hanno messo in piedi una zona dedicata al ricevimento nuziale. E fin qui tutto chiaro.

Ad aprire la scena c'è un lungo tendone bianco che ospita sotto la sua ombra tanti tavolini rotondi. Si trova appositamente verso l'uscita laterale delle cucine di villa Magna, così da rendere pratico e veloce (si spera) il servizio ai tavoli.

Su quest'area governa l'unico tavolo rettangolare, che è quello riservato agli sposi e alle loro famiglie. Naturalmente è ancora tutto da apparecchiare con tovaglie e coperti, ma questa mansione sarà svolta la mattina stessa del matrimonio. Per ora, grazie a chilometri di tulle bianco, giallo e blu, la struttura è sufficientemente simile al gazebo che quelli del catering avevano costruito prima che mio fratello lo radesse al suolo. Il dio Efesto non risparmia niente e nessuno, ci tengo a ricordare, e nel peggiore dei casi, mi proteggerà dalla dea Kali.

I lati del tendone sono aperti per dare un'ottima visuale sulla pista da ballo, che Francesco ha improvvisato posando a terra delle assi di legno ben saldate tra loro. Tutt'attorno alla pista, e sui tavoli, ci saranno le composizioni floreali che Paola consegnerà domani, abbinate alle due grandi casse che Sanjay utilizzerà per diffondere un po' di buona musica (sempre si spera).

Ora arriviamo al dunque. L'aggiunta che Francesco vorrebbe posizionare, mi spiega, è un grande arco matrimoniale non distante dal gazebo, davanti cui sistemare svariate file di sedie (dice che si possono tranquillamente prendere quelle dei tavoli e poi riportarle in sede, come in un matrimonio DIY che i Magno sicuramente non gradirebbero). Lo scopo di tutto ciò è proprio spostare la celebrazione dall'imponente chiosco di marmo a un luogo più terra terra, dove però ci sia abbastanza spazio per ballare e cantare come ha pianificato Ai Zu.

Di primo acchito non mi sento molto entusiasta all'idea, perché vorrebbe dire sconvolgere del tutto quello che i proprietari della villa avevano immaginato, ma poi, effettivamente, penso che sarebbe molto bello vedere Gloria e Magno sotto un semplice arco fiorito, alla nostra stessa altezza come sono sempre stati, nonostante la loro perfezione, ricchezza e via discorrendo. Credo che anche loro apprezzerebbero una cosa del genere e che, tutto sommato, questo è il nostro progetto, con tanto di pizze, musica da dj e sartoria improvvisata, quindi... perché no?

Anche Ai Zu fa parte del nostro gruppo ed è il primo a votare a favore di questo cambiamento, sia per comodità personale, sia per le sue scellerate idee, che, sebbene istighino al suicidio, hanno sempre misteriosamente un effetto positivo. Sarà bello fare riti indù vergognandosi come non mai tutti assieme qui, e vedere Magno e Gloria scambiarsi le promesse da vicino e, magari, scoppiare a piangere come una pazza mentre reggo il mio bouquet di narcisi gialli che si intonano all'arco fiorito suscitando il bello e sublime nell'osservatore.

Sì. L'idea dell'arco è fenomenale.

"E pensi di farcela in tre giorni?"

Francesco trattiene il fiato per un secondo: "Mancano solo tre giorni?"

Annuisco, grave.

"Ok, beh, dobbiamo farcela, no? Non ci vuole nulla in realtà." spiega, guardando con fare assorto il punto dove vorrebbe costruire. "Se poi qualcuno mi dà una mano, magari..."

Veniamo interrotti dallo squillare di un telefono e io sono la prima a fare un balzo, tastandomi immediatamente le tasche.

Ma, purtroppo, non è il mio telefono che suona, quindi non si può trattare di Mattia che ha visto la chiamata persa e che si è amorevolmente precipitato sulla rubrica per contattarmi e tranquillizzarmi sul fatto che mi ama ancora follemente (anche se non me l'ha mai detto) e vuole avere dei figli con me. 

Maledizione.

La chiamata è per Alessandra, che fissa il display e sbuffa, indecisa se rispondere o meno.

"Prendila, tanto non è che sei molto utile, comunque." la invita Francesco.

Lei gli mostra il dito medio e quindi risponde, allontanandosi significativamente da noi.

"Perché sei così cattivo con la Gruccia?" gli chiedo, restituendogli il foglio del progetto e sforzandomi di trovare qualche distrazione pur di non dover pensare a quanto Mattia mi odia e alla probabilità che sia già addirittura partito per la Siria (forse esagero, ma è sempre meglio ipotizzare il peggio).

"Cattivo? Non credo." risponde Francesco, mentre ri-arrotola il tutto. "Sono solo giusto. La ripago con la sua stessa moneta."

"Non è più come una volta."

"Cosa intendi dire?"

Mi stringo nelle spalle: "Che sì, siamo sempre uguali a noi stessi, ma tutto sommato siamo cresciuti, e l'ha fatto anche Alessandra. Non è più la ragazzetta stronza che si merita lezioni di vita, no? È grande abbastanza per sapere quando sbaglia."

Lui si esibisce in un sorrisetto: "Tu non ci stai insieme tutto il giorno, altrimenti non la penseresti così."

"Io non scelgo di starci insieme tutto il giorno."

Francesco agita il rotolo davanti a me, come se fosse una bacchetta magica: "Sai sempre cosa dire per colpire il bersaglio, eh, Nelli?" sembra un po' imbarazzato, ma anche sicuro di ciò che sta per dire. "Sono io che costringo la Gruccia a darmi una mano, è vero, ma solo perché mi infastidisce che sia sempre così presa da se stessa per non aiutare nessuno. Insomma, persino Vacca si dà da fare in qualche modo; perché lei no? Perché dev'essere sempre così superiore alla massa?"

"Vorresti che fosse meno distante?"

"Beh, sì."

"Ma dal gruppo o da te?"

"Dal gruppo." risponde lapidario. "Non provarci ancora con quella storia del bacio, ok? Per me rappresenta solo uno scivolone di cui vergognarsi. È anche a causa di quello che ho perso Federica."

Incrocio le braccia: "Come se fossi ancora disperato per Fede."

"All'inizio lo ero. Io ci tenevo tantissimo a lei."

"Lo so." ribatto. "Ma come vedi forse erano solo sentimenti illusori, da entrambe le parti. Io tifavo per voi due, sul serio, ma poi ognuno di noi ha aperto gli occhi sulla verità."

"Certo, voi avete aperto gli occhi e io me ne sono fatto fare uno nero."

Taccio, perché il suo risentimento, in questo caso, ha il diritto di regnare sulla conversazione.

Infatti, è lui a fare una domanda: "Che poi quale sarebbe stata la verità?"

"Che con Federica, effettivamente, non ci stavi bene."

"O che Pierpaolo ama Federica, Federica ama Pierpaolo, ma sono entrambi un po' troppo sociopatici per farsene una ragione?"

"Quella è un'altra verità, su cui concordo appieno. Ma stiamo parlando di te, adesso."

"E?"

"E penso che con Fede non ci torneresti più insieme, perché non è davvero la ragazza per te, e viceversa, ma comunque siete ottimi amici e funzionate mille volte meglio in quelle vesti."

"Concordo appieno."

"Però menti sul fatto che il bacio con la Gruccia non abbia rappresentato davvero nulla per te."

Francesco sta per sbattermi il rotolo in testa, ma vengo miracolosamente salvata dall'arrivo di Alessandra, che distrae entrambi. La rossa ha appena riattaccato e anziché ricongiungersi con noi, ci sfreccia in mezzo, lasciando dietro sé una scia di collera e morte nera.

"Ehi, dove pensi di andare?" si allarma Francesco.

"Via da qui." risponde lei, senza nemmeno girarsi.

"Non credo proprio!" Francesco la raggiunge in un battibaleno e la afferra per un braccio, mentre lei con la mano libera ripone il cellulare in tasca. Lo fa per potersi muovere senza impedimenti: in mezzo secondo e con una sequenza di mosse che mi confonde, si libera dalla stretta di Francesco come se niente fosse. Tipo Ai Zu quando ancora ci faceva da supplente e sgattaiolava come uno scarafaggio per schivare i nostri attacchi da mezze seghe.

"Toglimi le tue manacce di dosso, Natale!" strilla, facendo un passo indietro e controllandosi il braccio con fare schifato. "Guarda, mi hai pure sporcato!"

Ad occhio dev'essere stata la telefonata ad innescare il suo lato Wonder Woman, assieme a un consistente malumore, che l'ha resa alquanto inviperita. Cioè, più del solito, ecco.  

"Oh, scusa... sai, quando uno, effettivamente, lavora, può capitare che si sporchi, ma è un concetto estraneo per te, lo capisco, l'unico sporco che conosci è il fallout dell'ombretto." 

Perfetto, anche Francesco ha voglia di fare il diplomatico, vedo.

"Peccato che tu non te ne possa andare così come se niente fosse." prosegue il boss, abbastanza indispettito. "Perché se per caso non l'hai notato, mancano solo tre giorni; dobbiamo finire il leggio, le decorazioni in tulle, e c'è un intero arco da costruire da cima a fondo. Anzi, meglio il contrario; lo specifico onde evitare che inizi a montare le cose senza le basi. E non che tu abbia mai fatto questo genere di errore, ovviamente, oh esperta di manovalanza."

"Chissenefrega del tuo stupido arco." ribatte lei, a tono, senza macchia e senza paura (la paura ce l'ho io nell'assistere a questo scontro fra titani). "Verrà uno schifo come tutto il resto, con o senza il mio aiuto. Ora se permetti..." mentre Francesco si offende all'ennesima potenza, Alessandra riesce a fare altri tre passi verso la libertà.

Ma lui, ovviamente, la trattiene di nuovo, e io inizio a domandarmi se mi possono accusare di omissione di soccorso, nel caso in cui non intervenga per fermare una rissa.

"Ma dove stai andando?" si agita Francesco, spaventato per il destino precario dei suoi lavori. "Avevi detto che mi avresti aiutato stamattina e anche durante il pomeriggio!"

"Io l'avevo detto o tu l'avevi imposto?"

"Questi erano i patti, punto."

"Mi spiace, papino, ma non posso più. Ho delle cose da fare."

"Sì che ce le hai. Qui, con me."

"Pensavo di non essere molto utile, comunque. No?"

"Beh, poco è meglio di niente. Hai lasciato il leggio a metà e devi ancora sistemare le erbacce attorno alla pista da ballo, cosa che prima non hai potuto fare a causa dell'ennesima scusa idiota sugli insetti che ci sono in giardino e che, apparentemente, danno la caccia solo a te e al tuo profumo di Prada alla pappa reale." Francesco è al contempo infastidito e disperato; sembra che non voglia Alessandra ma che la voglia, che sia completamente inutile, ma allo stesso tempo indispensabile. "Gruccia, gli altri hanno già i loro impieghi e tu sei l'unica che non ne ha, dato che non sai fare niente, quindi sei anche l'unica che può e deve aiutare me con gli ultimi ritocchi."

Lei strabuzza gli occhi: "Ultimi ritocchi? Sono giorni che ti aiuto e giorni che devi fare ultimi ritocchi. Tu sei solo un esaltato che vuole strafare per guadagnare il Nobel per l'Abnegazione e l'Altruismo, ma sì dal caso che io mi trovi su tutta un'altra linea di pensiero. Ho cose più importanti da fare che erigere monumenti autocelebrativi per dimostrare la mia infinità bontà e bravura."

"Come darti lo smalto?"

Alessandra non abbassa lo sguardo e, con aria di sfida, si toglie i guanti da lavoro e li getta a terra, poi fa lo stesso con la cintura degli attrezzi: "Sai cosa, Malpelo? Mi dimetto." con un calcio, fa arrivare gli oggetti ai piedi del ragazzo. "Meglio così? Ritieniti libero di cercarti un nuovo aiutante di Babbo Natale, io ho chiuso. Vado a darmi lo smalto."

Il viso di Francesco è un tutt'uno con i suoi capelli e la sua barba, è un'unica cosa... rossa. Non può accettare questa situazione, non ci riesce.

"Che è successo, eh?" la provoca, allo stesso tempo furioso e impotente di fronte alla sua ritirata. "Hai ricevuto una telefonata dal principe Harry che ti invita al suo di matrimonio? Ti hanno detto che lì, invece di lavorare, basta indossare uno dei tuoi cappelli grotteschi con una firma famosa e non pensare a nient'altro?"

Credo che siamo fin troppo vicini a una linea di confine.

"Oh mio Dio, ti prego, non ferirmi così profondamente." sibila lei, con fare altezzoso, roteando gli occhi.

"Hai sempre qualcosa di meglio da fare! Gente migliore con cui stare rispetto a noi!" si altera lui. 

"Rispetto a te, casomai."

"Sai cosa? Probabilmente al telefono era il tuo fidanzatino surfista che chiamava per farti mollare tutto e correre da lui alle Bahamas, dato che venire qui tra la plebe gli faceva troppo schifo."

Ok, l'ha passato. Il confine. Ha passato il confine.

Infatti quest'uscita fa imbestialire Alessandra, che a sua volta si colora come una coscia di pollo che inizia a rosolarsi in padella. Wow, che similitudini avvincenti.

"Non permetterti mai più di parlare di Johannes."

"Perché? C'è una tassa sul suo nome? Ogni volta che lo pronuncio voi nobili guadagnate cinquanta centesimi? Ecco perché poi passate tutta la vita a surfare tra gli agi e a fingere di stare assieme solo perché in Facebook si sappiano le vostre alleanze di convenienza."

Dire che stanno andando fuori tema è riduttivo. Manca solo che passino ad offendersi reciprocamente la madre.

"Te lo dico per l'ultima volta." minaccia Alessandra agitando l'indice. "Non devi nemmeno osare credere di sapere com'è la mia vita, Malpelo, è chiaro?"  

"Mi spiace, ma mi costringi a credere di sapere che la tua vita è molto superiore alle nostre e che non vale pena sprecare secondi preziosi del tuo tempo a costruire uno stupido arco, quando hai cose molto più importanti da fare, come non stare con il tuo cosiddetto fidanzato o farti lo smalto lontano dagli insetti del giardino che vengono attirati dal profumo alla pappa reale!"

E niente. 

Francesco ha appena invocato il demone che abita il corpo di Alessandra e ora che quest'ultimo si è impossessato di tutte le facoltà del suo ospite, decide di prendere la giusta vendetta. Con le unghie rosse che sembrano veri e propri artigli, Alessandra ruba dalle mani di Francesco il rotolo con il progetto dell'arco, dicendo: "Ecco qui quanto me ne frega del tuo stupido arco!"

E, naturalmente, come si confà a un demone, lo srotola e lo strappa esattamente a metà, davanti ai suoi occhi.

Ah, queste scene tenere.

"Che cos'hai fatto?!" grida Francesco, lanciandosi a terra per soccorrere il progetto.

Ma la Gruccia ha già voltato i tacchi per correre via. 

Mentre io, cautamente, mi avvicino al rosso, lui si accovaccia sui pezzi di carta entrando in modalità lutto. Li prende fra le mani, come fossero i suoi figli senza vita, e li compiange con un'espressione che spezza il cuore, distrutto, fragile, devastato. È davvero uno spettacolo toccante; mi sento male per quel progetto e anche per il suo autore ormai privato di una parte di sé; diviso, come la sua creazione, come le acque del Mar Rosso.

Tutto questo dura due nanosecondi.

Poi Francesco alza la testa di scatto, con un'immaginaria musica di tensione in sottofondo, e tutti capiscono che ammazzerà qualcuno.

Devo fermarlo.

"Aspetta, Fra, dove vai?!"

"A uccidere la Gruccia."

"No! Non credo sia il caso, eh, che dici? Fra, pensaci un secondo..."

Ma è come se nemmeno esistessi: Francesco si dirige a passo di marcia verso l'interno della villa, e tutto ciò che posso fare è seguirlo. 

A sua volta sulle orme di Alessandra, arriva fino alla sua camera, dove lei ha gettato una valigia sul letto e la sta riempiendo in fretta e furia. Ora entrambi si fermano e si fissano con odio intenso, mentre io, invece, mi pianto sulla porta, allibita.

"Ma dove stai andando?" domando ad Alessandra.

Non pensavo che andasse via. Cioè via via, nel senso di 'a casa', definitivamente, 'via da questo matrimonio'.

"Non sono affari vostri." ribatte concentrata sui vestiti che, come non è affatto da lei, sta imbucando alla rinfusa dentro il trolley Versace.

Mi giro verso Francesco: è ancora intenzionato ad ucciderla, evinco, ma altrettanto turbato dalle sue azioni.

"Stai facendo sul serio le valigie?" insisto, preoccupata. "Per andartene?"

Lei non si ferma nemmeno per un secondo, ma trova il tempo di lanciarmi una sua tipica occhiata viperesca: "Come se a qualcuno di voi dispiacesse davvero, Argenti."

"Senti, Gruccia." interviene Francesco, con tono fermo. Lo guardiamo in attesa, curiose di quello che intende proclamare con questa faccia seria.

"Sei una stronza."

Oh, wow, andremo molto lontano così.

Gli do un calcio sullo stinco e capisco che avrebbe voluto dire qualcosa di più diplomatico, ma non ci è riuscito. È nero di rabbia e sta stringendo i pugni per costringersi a rimanere fermo accanto a me, appena fuori dalla porta. Se non ci fossi io, probabilmente l'avrebbe già presa a testate, o l'avrebbe sbattuta al muro, sicuramente con il tipo di passione sbagliata. Quantomeno, la sua valigia non sarebbe sul letto, ma avrebbe già fatto un bel volo dalla finestra.

Quindi faccio un altro disperato tentativo, prima che si verifichino scene di violenza domestica o fughe drammatiche: "Ok, Gruccia, in giardino non è stato proprio un bel momento, ma non giustifica il fatto che tu te ne debba andare, no?"

Entrambi mi ignorano alla grande.

"Pensaci bene."

Alessandra afferra le boccette di profumo e gli stiletto neri, poi procede a chiudere la cerniera.

"Francesco, di' qualcosa!" lo esorto.

"Sei una stronza."

"Francesco!" mugolo.

"Grazie." dice Alessandra mettendo in piedi il trolley e tirando la maniglia. "Ma mai quanto te." si riferisce al rosso, ovviamente, e fa per uscire dalla stanza.

"Dai, aspetta." al contrario di ogni previsione, anziché sporcarsi la fedina penale, Francesco si impietosisce e tenta di fermare Alessandra trattenendola di nuovo per un braccio. "Perché stai andando via?"

"Torno dal surfista. Faccio un favore a tutti."

"Puoi per una volta non essere così altezzosa?"

"E tu puoi per una volta essere davvero te stesso e ammettere ad alta voce che staresti meglio senza di me come tutti gli altri? È inutile che fingi di volermi fermare solo perché te lo dice lei." Alessandra mi indica. "E tu è inutile che ti scandalizzi. Lo so che non vi importa se me ne vado, e soprattutto non vi deve importare dove vado. Continuate pure a pensare che la mia vita sia bellissima e che me ne sparirò a Londra a lanciare il riso ad Harry e Meghan. Tanto sono mille volte meglio loro e i loro orrendi cappelli che voi. "

Alessandra ci sorpassa, liberandosi dalla stretta di Francesco con facilità. Allora lui prova a fermarla in altri modi, cercando di non farle male, ma lei non gli riserva le stesse accortezze e lo scansa malamente, arrivando addirittura a colpirlo con una gomitata sul petto.

"Ho fatto aikido e taekwondo per due anni, e sto seguendo un corso di difesa personale." lo minaccia. "Ti conviene levarti di mezzo, Pel di carota, se non vuoi di nuovo un occhio nero a causa mia."

A questo punto pure lui demorde, e alza entrambe le mani, facendo un passo indietro. La sua espressione è molto dura, sicuramente adirata, ma sotto sotto anche offesa e dispiaciuta per le conclusioni a cui sta volgendo il litigio. Sono certa che non volesse che Alessandra facesse fagotto, però in un certo senso ha fatto tutto da sola, ha agito in modo permaloso e gli ha fatto un dispetto troppo grande perché lui abbia voglia di pregarla di rimanere. 

Non so nemmeno se, come dice lei, lui sia più contento ad averla qui o fuori dai piedi. Non si capisce.

"Oh, non ostacolerò il tuo cammino, Strega del Male... tanto non sei mai stata veramente dei nostri, no? Non l'hai mai voluto."

È chiaramente una provocazione che comprendono loro due meglio di ogni altro e, difatti, Alessandra gli rivolge un sorrisetto, prima di scendere le scale: "Una volta nemmeno tu ti sentivi dei nostri, ma a quanto pare sono l'unica dei due ad essere rimasta fuori. E, sinceramente, Malpelo... meglio così. Buon matrimonio."

Lei sparisce e io e Francesco ci guardiamo negli occhi. Qualche secondo dopo, sentiamo la porta principale sbattere e il rumore del trolley che passa sui sassi del vialetto. 

Alessandra Gruccia se n'è andata da villa Magna e nessuno, tranne noi, ha cercato di fermarla.

***

PRIMO BREAK

Ve l'avevo detto che qualcuno se ne sarebbe andato XD Quanti sono realmente dispiaciuti?

Prima di andare avanti con la seconda metà del capitolo, che richiederà molta forza di spirito da parte vostra, vorrei mostrarvi un disegno che Angelica ha creato proprio in onore di questi due pel di carota.

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Purtroppo avevo in mente tanti bei momenti social, ma attualmente non è possibile crearli, quindi ringraziamo che ci sia sempre tutto questo talento a nostra disposizione. Per il prossimo break ho pensato a una piccola chicca che spero vi faccia quanto meno sorridere e riprendere da questo capitolo dai toni non proprio felici. 

Ora fate uno spuntino, bevetevi una bevanda energetica e su con la vita!

Buona lettura! <3


***

Alla fine Mattia mi ha richiamato.

Sembrava tranquillo, al telefono, e ha minimizzato il tutto dicendo che Magno li ha coinvolti nella sua crisi pre-matrimoniale e che è stato preso dal doverlo calmare, quindi non ha nemmeno controllato chiamate e messaggi.

Vabbè.

Io non ci credo, ma vabbè.

Il fatto è che poi, quando è tornato dall'azienda di vini, interagiva normalmente con me, e quando dico normalmente, intendo in una spaventosa assenza di comportamenti infantili, fastidiosi o bizzarri. Questo mi ha messo in allarme: io e lui non possiamo dialogare normalmente. E soprattutto, Mattia non si può comportare come se nulla fosse, dopo che abbiamo passato una notte epica assieme e, ancora più importante, ci siamo scambiati promesse di enorme portata. È stato lui stesso, prima di finire sotto le coperte, a dire che l'indomani avremo parlato dei piani per il futuro. Che è successo nelle successive ventiquattr'ore, l'hanno rapito gli alieni?

Ok, capisco che c'è stata l'inaspettata incursione di Sayid, ma... voglio dire, non può averlo sconvolto così tanto, specialmente dopo le mie personali rassicurazioni. Invece si è eclissato ed è poi ricomparso nelle vesti di un Mattia Zingaretti che non ha fatto un ballo delle debuttanti con me in giardino, non si è commosso alla mia decisione di seguirlo ovunque andrà e non ha speso le sue ultime giornate di vita a litigare con la sottoscritta, PERCHÉ LA AMA ALLA FOLLIA.

Sono turbata.

Se davvero il motivo di questo suo isterismo è Sayid, allora non ho proprio più dubbi. Parlo con lui e gli dico di andarsene. 

Effettivamente tutta la mia compassione iniziale è svanita nelle ultime ore: pensavo che potessimo essere amici, ma ho fatto male i calcoli e Sayid è sufficientemente irritante per meritarsi una sfuriata da parte mia e un calcio nel sedere. Gli pagherò il biglietto di ritorno, se è necessario.

Ma prima devo assolutamente vedere Mattia: voglio rassicurarlo nuovamente, parlargli faccia a faccia, e soprattutto comunicargli la decisione affinché non abbia più il minimo dubbio. Così, senza avvisarlo, ho deciso di andare a trovarlo in camera sua.

So che oggi pomeriggio deve provare il completo da testimone (che a me non è ancora arrivato, tra l'altro) e quindi volevo unire l'utile al dilettevole, dando una sbirciata e approfittandone per completare i discorsi. Tutti i discorsi, si sottintende. A tal proposito, ho pure portato con me la sua felpa lavata e stirata: entrerò fingendo di essermi dimenticata di restituirgliela, per poi passare casualmente all'argomento 'rispedisco a casa Sayid' e finire con un 'ci ameremo per sempre, ora possiedimi su questo letto'. Mi sembra un buon piano.

Tuttavia, appena arrivata di fronte alla porta bianca della camera incriminata, mi rendo conto che ci sono già degli ospiti. La porta è ben chiusa, purtroppo, ma avvicinandomi sento più di una voce e... ovviamente, naturalmente, prevedibilmente, mi incollo al legno per origliare meglio.

Chissà quanto rimpiangerò questa cosa da qui a dieci minuti.

Prevedo drammi.

I due interlocutori sono di sicuro Mattia e Pierpaolo e stanno parlando a toni medio-alti, quasi discutendo, direi. Si spera stiano dibattendo su una cucitura fuori posto del vestito da testimone, ma, purtroppo, non ci giurerei. Infatti, chi sento parlare per primo è proprio Pierpaolo, il quale, con insolito garbo afferma: "Mattia, sei proprio un coglione."

Non si preannuncia un bello spettacolo.

"Ok, ipotizziamo che io sia davvero un coglione." gli risponde l'altro, seccato. "Avrei comunque i miei motivi per prendere certe decisioni, no?"

"Ma sono dei motivi coglioni!"

Pierpaolo si trova chiaramente vicino alla porta, perché lo sento più nitidamente. La voce di Mattia, invece, suona lontana, ma comunque tesa e agitata.

"Senti, sei sei venuto solo a insultare, quella è la porta."

"Ehi, ehi ehi, bello, sei tu che hai chiamato me, ok?" un tonfo sulla porta mi fa indietreggiare ed avere contemporaneamente un mini-infarto. "Se vuoi me ne esco volentieri, perché stare ad ascoltare queste idiozie mi deprime."

La maniglia si abbassa e tanti mini-infarti.

"No!" 

San Mattia, mi hai salvato da un'enorme figuraccia.

"Stai qui, hai ragione. È solo che mi sento leggermente attaccato." si lamenta Mattia.

"Scusa, Zingarettino indifeso, ma una volta che chiedi la mia opinione, sei costretto ad accettarla. Non sempre posso essere favorevole alle tue scelte."

"Non lo sei al 90% delle volte."

"Sarà perché sono scelte di merda. E comunque lei fai lo stesso, quindi..."

Mattia sbuffa: "Vedi, ti sembra un atteggiamento normale? Non stai nemmeno provando a capirmi."

"Perché quello che sta succedendo è incomprensibile per me!" sbotta Pierpaolo. "Se tu ti stai facendo intimidire da quel beduino del deserto, significa che tu hai dei problemi, Mattia, non lui!"

Beduino del deserto?

Sarà mica Sayid, vero?

"Non è solo Sayid il problema."

Oh, cielo.

"No, infatti, il problema è la segatura che hai in testa." dice Pierpaolo. "Mattia, non so se capisci la gravità della situazione, ma hai appena detto che vuoi rinunciare all'opportunità più grande della tua vita. Io... mi dispiace, Mattia, ma io penso che tu sia stupido."

A quale opportunità sta rinunciando? Spero che si tratti della missione in Siria. È giusto che ci rinunci. E se a Scilla non va a genio, peggio per lui. Posso entrare in qualsiasi momento e picchiarlo, se la sua opinione dovesse interferire con la futura vita coniugale di me e Mattia.

"Ho detto che sto pensando di rinunciare, Pierpaolo, quindi non avventarti su di me, come se avessi già fatto qualcosa di definitivo."

"Ok, ok, hai ragione." dei passi e poi anche la voce di Pier si fa più lontana. "Allora spiegami, perché stai avendo questo pensiero? È per colpa di quel bed- ah, fammi essere civile, ti prego, è per colpa di Sayid?"

"Anche. Ma-"

Rumori e agitazioni.

"Mi fai parlare o mi devi interrompere ad ogni pisciata di cane perché ti parte l'embolo? Porca puttana, Pier." Mattia sospira. "Stavo dicendo che è anche colpa di Sayid, perché nonostante io provi a non farmi suggestionare, non ci riesco. Diciamo che è solo un ennesimo punto a sfavore della situazione che c'è già."

"E la situazione che c'è già è..."

"Eh." sospira.

"Coraggio, Zingaretti, a completamento, vai. La situazione che c'è già è..."

"Una merda."

"Bravo, e per colpa di chi? Tua. Vedi che ci ricongiungiamo sempre alla stessa teoria?"

"No, non sono io, Pier, è..." rumore di molle schiacciate dal peso di Mattia sul letto. "È lei."

"Oh Dio, è un incubo." il commento di Pierpaolo è accompagnato da un sospiro sfibrato, come se stessero avendo una conversazione che ha già avuto luogo molte volte.

"Sta aspettando di parlare con me sul nostro futuro, ma non so che diavolo dirle!" prosegue Mattia, nervoso. "Ho cercato di prendere tempo, ma più penso, più sono confuso e gli ultimi avvenimenti non hanno fatto altro che mandarmi in paranoia ancora di più. E no, se stai per dire di nuovo che è solo colpa del beduino, risparmiatelo, non è solo quello. È che sono combattuto se ascoltare ciò che lei vuole, o proseguire per la mia strada, se faccio bene a seguire il mio progetto di vita, o sei dovrei cambiare idea per non forzare le cose. È difficile quando molli tutto; sei davanti al rischio di rimanere completamente a mani vuote e... fa paura, cazzo."

"Ma tu non devi mollare tutto, Zingaretti, quella è una tua malsana idea!" molle che scricchiolano di nuovo; probabilmente Pier gli si è seduto vicino. "Non capisco come nelle ultime ventiquattr'ore stai pensando di voler mandare tutto a puttane, dopo gli sforzi, dopo i sacrifici, dopo letteralmente cinque anni di merda che hai sopportato per poter arrivare a questo punto."

Cosa stanno sentendo le mie orecchie, gente.

Ho come...

Ho come il desiderio di morire, tipo.

"Senti, odio dire questo, fidati." Scilla non si arrende proprio. "Ma sono il tuo migliore amico e devo farlo, soprattutto perché tu me l'hai chiesto, coglione, perché sai che stai facendo qualcosa di sbagliato. Ed è un discorso che va persino contro i miei principi, ma quello che hai tra le mani è sacro. Hai investito te stesso per avere una proposta del genere, in una posizione del genere e in un momento del genere della tua vita. Come può essere rovinato?"

Silenzio.

Pierpaolo riprende: "Per come la vedo io, non può essere rovinato. Né da Nelli, né dal beduino, né dai tuoi stupidi dubbi." 

"Lo so."

"Era o non era il tuo obiettivo principale? Non è stato il motore delle tue azioni per anni e l'unico motivo per cui hai faticato come un folle in Accademia?" 

"Sì, lo è."

"E allora perché ci rinunci? Perché hai parlato con il cuore a Marinella, perché lei ha finalmente deciso di cedere?"

"Ha solo introdotto un'alternativa."

"E ti sta piacendo fin troppo, vedo."

"Pierpaolo..."

"No, dimmi, Mattia. È chiaro che dipende da questo. L'hai detto tu stesso prima, che 'è lei'."

"Sì, ok, lo ammetto, ora c'è in gioco anche quello che mi ha detto l'altra sera, ma principalmente io... insomma, sta tutto a livello sentimentale."

"Odio dover fare l'avvocato del diavolo, ma penso che tu debba piantarla di farti influenzare dai sentimenti. Specialmente quando riguardano lei. E te lo giuro, mi sta uccidendo dirlo, dato che per una volta stai ottenendo quello che hai sempre sperato e anche io avrei desiderato con tutto il cuore per voi due, ma è arrivata un po' tardi con la proposta di seguirti, non credi? L'hai aspettata per anni, Mattia, e ora che hai qualcosa di concreto in mano..."

"Credi che io non ci abbia pensato? Sono arrabbiato con lei. Sono felice che abbia ceduto, certo, ma porca puttana, avrebbe dovuto e potuto farlo molto prima! Adesso non fa altro che sconvolgere i miei piani, non fa altro che incasinarmi ancora di più."

"Ti incasini da solo. Prima sei di un'idea, poi mi dai ragione; ti fai influenzare da chiunque: da me, da lei, da Sayid... si può sapere tu che cosa pensi?"

"Penso che ho tra le mani una scelta di vitale importanza e che con ogni probabilità prenderò la decisione sbagliata. La farò soffrire di nuovo. Soffrirò anch'io. Soffriremo tutti. Che meraviglia."

"Quindi è per questo che hai pensato di rinunciare. Vuoi tentare di risolvere in questo modo?"

"Sì."

"Ma lo vuoi davvero? Voglio dire, dentro di te, sotto quella miriade di pare mentali, e al di là della confusione sentimentale di questi giorni, tu... sei seriamente disposto a lasciar perdere quest'occasione e continuare a lavoricchiare e studiare in Accademia, con Nelli che vive da qualche parte lì a Modena e solo i weekend per vedervi?"

"No."

"Sii, sincero, Mattia, non dirlo per accontentare me o per paura che mi arrabbi. Vuoi davvero rinunciare?"

"No che non voglio, cazzo, Pierpaolo!" esclama. "Non voglio e non vorrei per nessun motivo al mondo, lo sai! Ma dopo ieri e stamattina, io... come diavolo ne esco?"

"Sai benissimo come puoi uscirne."

"Sì, lo so, restando per una volta sulle mie orme, non lasciando che delle cazzate mi influenzino. Ma vorrei che provassi a starci tu un secondo con lei; ti ubriaca di cazzate. E il suo ex pure! Magari ho sbagliato tutto fin dall'inizio, non dovevo nemmeno venire qui."

"Senti, drama queen, stai rompendo il cazzo." sbuffa Pierpaolo. "Stai piagnucolando senza concludere niente. Hai chiesto la mia opinione, te l'ho detta, ma comunque non la stai considerando e non la considererai. Sappiamo che alla fine farai quello che vuoi tu, giusto?"

"Beh... è importante il tuo parere, ma comunque sì."

"E allora vedi di fare realmente quello che vuoi tu. Quello che vuoi, Mattia, non quello che vogliono gli altri, o che vogliono farti credere di volere. Quanto tempo hai per avvisare il capitano Stella?"

"Per sua sfortuna, è ancora luogotenente, finché qualcuno, che sarei io, non prende il suo posto, anche se appena diventerà capitano mi farà il culo per tutto questo. Comunque tre giorni. Al massimo."

"E allora usali per far pace con te stesso."

"Sì, ma anche se fosse, non saprei come dirlo a Nelli, quando parlargliene, che cosa dirle, io... vorrei solo che fosse meno presa da me, e io da lei. Almeno verrebbe tutto più facile... ogni scelta sarebbe più facile."

"Sei troppo terrorizzato dall'idea di fare del male a quella ragazza con le tue scelte."

"Sarà perché faccio sempre scelte di merda."

Qualche secondo di silenzio in cui probabilmente Pierpaolo annuisce, poi i suoi passi si dirigono verso la porta: "Usa questi tre giorni per riflettere, e vedi di fare scelte intelligenti, poi tutto verrà da sé con lei. Vedrai."

Prima che la porta si apra e qualcuno mi veda qui fuori impalata ad origliare e asciugarmi le lacrime, precedo Pierpaolo e busso.

"Sì?" chiede Mattia, la voce alterata dalla sorpresa.

Mi schiarisco la voce, mentre impiego tutta me stessa a dissimulare il malessere e a sistemare il mascara: "Sono Nelli. Ti ho riportato la felpa."

Qualche secondo di trambusto e silenzio imbarazzato mi danno anche il tempo per allargare il mio sorriso, poi la porta si apre e: "Oh, Pier, ci sei pure tu!" 

"Ciao, Nel, che ci fai di bello in camera di Mattia? Capitata per caso?" mi fa l'occhiolino, mentre provvede a spostarsi più distante, verso l'armadio.

Tutti ottimi attori, qui.

"Sai com'è." continuo la recita ridacchiando. "Anche se non pensavo che qualcuno avrebbe avuto la mia stessa idea... se volete, vi lascio a qualsiasi esperimento gay steste facendo."

"Stavamo solo per provare il mio vestito da testimone." fa Mattia, alzandosi dal letto per aprire l'anta dell'armadio. "In modo per nulla gay, ovviamente. Vuoi vedere?" mi chiede, risultando quello dei tre che sa recitare peggio.

Se io e Pier, infatti, siamo stati eccellenti nel cancellare gli effetti degli ultimi cinque minuti, come se non fossero mai esistiti, Mattia ha le orecchie rosse e lo sguardo fugace. Per fortuna, non sanno che ero qui fuori ad ascoltarli e mi sto impegnando come una pazza per sembrare normale, proprio perché voglio che non sospettino assolutamente nulla.

"No, non vorrei che portasse sfortuna." rispondo, mentre poso la sua felpa sul letto.

"Ah, grazie." dice lui, notando che l'ho fatta lavare e stirare.

"Prego." gli sorrido. "Me la sarei tenuta, ma mi avevi chiesto il contrario. Comunque..." tossicchio. "Lascio voi uomini fare le vostre porcate. Magari ci vediamo stasera, Mattia?" gli chiedo fissandolo e bloccando un magistrale nodo alla gola che sta per salire.

"Certo."

"Dobbiamo finire un sacco di discorsi." questa battuta mi esce meno bene di quanto avrei voluto, ma mantengo comunque il sospetto lontano e recupero con un sorriso addirittura convinto.

Anche lui sfoggia la sua solita sicurezza, che però ora so essere assolutamente finta: "Dobbiamo ancora cominciarli."

"Già." sto al gioco, frivola e flirtante. "A stasera. Non sprecare tutte le energie con Pierpetua, magari, mi raccomando."

"Ciao, Nel." saluta Pierpaolo, mentre mi dirigo verso la porta. "Non sai cosa ti perdi, ti manderò una foto."

"So cosa mi perdo!" ribatto, maliziosamente, indicando Mattia e suscitando la risata di Pier, e andandomene così dalla stanza, con la porta chiusa alle mie spalle.

Sì... so cosa mi perdo.

L'ho perso per cinque anni, l'ho vinto per venti giorni, e ora lo perderò di nuovo.

***

SECONDO BREAK

Non voglio commentare, quello spetta a voi.

L'unica cosa che voglio fare in questo break è proporvi una piccola distrazione con la speranza che vi possa ridare un po' di allegria.

Dato che non ho potuto creare momenti social per questo capitolo, ho pensato a che altro avrei potuto fare e mi è venuta l'ispirazione grazie a un hashtag che ho visto qualche giorno fa in Instagram. Molti personaggi famosi postavano una loro foto in primo piano, da bambini, per il cosiddetto First Headshot Day, ossia un giorno dove si condivideva, per l'appunto, uno dei primi scatti fatti da piccoli.

Ho pensato che sarebbe stato bello raccogliere le foto dei nostri amati personaggi da bambini e quindi eccoli qui, tutti tenerelli e privi dei disagi da cui ora sono afflitti:

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C'è una versione di entrambe le immagini con i nomi dei personaggi scritti in corrispondenza della rispettiva foto, ma ho deciso che la pubblicherò in Instagram verso sera. Quindi, se leggete il capitolo prima, vi invito a indovinare chi è chi, tenendo conto che i presenti sono 18 e che vi scrivo di seguito quali sono, in ordine sparso, così non potete confondervi con altri non presenti: Alessandra, Francesco, Nelli, Mattia, Eva, Pierpaolo, Lorenzo, Tommaso, Federica, Diego, Cris, Marco, Ilenia, Shymée, Patrizia, Amerigo, Gloria e Magno (manca Vacca perché non riuscivo a fare l'immagine con un numero dispari e ho tirato a sorte chi non avrebbe partecipato #ripVacca).

Se volete tentare la fortuna, scrivetemi un commento qui, o una recensione con la lista di nomi a partire dalla prima foto in alto a sinistra. Se fate tutto giusto, rispondo a una vostra curiosità su "Io e te" <3

E ora ritorniamo seri, facciamo un profondo respiro e cerchiamo di affrontare la fine di questo capitolo. Non sarà lunga, ma sicuramente intensa.

Vediamo che cosa ha deciso Nelli...


***

"Grazie per la comprensione, Sayid, davvero." 

Stringo entrambe le mani di Sayid tra le mie e indugio in questa posa finché non vedo arrivare Mattia con la coda dell'occhio. 

"Ora devo andare. Ciao." mi congedo, sciogliendo il nostro contatto e voltandogli le spalle.

Mattia stringe fra le mani la cartellina che gli avevo consegnato, dove abbiamo raccolto tutto ciò che finora abbiamo annotato per il discorso. Ci stava guardando da lontano, anche con certa curiosità, ma ora si è avvicinato alle sedie del tendone e ha preso posto, allungandone una anche per me.

"Ciao, che puntuale." commento, mentre anche io mi siedo e poso la mia cartellina sul tavolo.

"Mi hai scritto 'sette e mezzo sotto al gazebo, o ti rigo la macchina'. Ho pensato che avrei fatto meglio a rispettare i tuoi dettami."

"In effetti..." concordo, un po' in imbarazzo. "Allora, bello il vestito? Come ti sta?"

Mattia fa spallucce: "È bello il soggetto, mi starebbe bene anche un sacco di patate. Ho interrotto qualcosa fra te e Sayid?" chiede, evidentemente incapace di trattenere la domanda.

Ma io sono amaramente compiaciuta che l'abbia notato.

Ho fatto apposta ad avere Sayid nei paraggi per potermi far vedere da Mattia. Avevo scritto anche a lui dicendo di vederci sotto al gazebo poco prima delle sette e mezza, per parlare. 

Non gli ho detto di tornare a New York.

No, nemmeno in Libano, no.

Gli ho semplicemente chiesto scusa se i miei comportamenti degli scorsi mesi l'hanno spinto a dover prendere certi provvedimenti. Mi sono scusata per come l'ho trattato, per essere stata distante e così poco chiara. Mi sono scusata per averlo, tra virgolette, tradito. E gli ho detto che anch'io voglio rimediare con lui... che voglio farmi perdonare.

Ovviamente, non è vero niente.

Ma mi serviva un'altra scusa per spingerlo ancor più verso di me. 

Lo so, vi avevo detto che non lo voglio, e infatti non lo voglio. Ma, in questo caso, con molta riluttanza, ho bisogno della sua vicinanza.

Ha a che vedere con quanto accaduto poco fa? Certo. Probabilmente sto rovinando tutto? Sì, certo. Ero consapevole che non avrei mai e poi mai dovuto origliare onde evitare tutto questo? Certo, ve l'avevo pure detto.

Ma stavolta ho veramente pensato a cosa devo fare.

Mi sta costando una fatica enorme, un sacrificio disumano, ma sto categoricamente scartando tutti gli istinti che mi vengono, tutti i piani più stupidi a cui penso, tutti i raggiri idioti che mi balzano alla mente. Prima, mi sono semplicemente guardata allo specchio e ho immaginato di non esistere. Non ho pensato a cosa dovrei fare per il mio bene, ma a quello che devo fare per il bene di Mattia.

E, per il bene di Mattia, ho concluso, devo sacrificare il mio.

"Sì, mi ha appena dato una notizia assurda." gli sorrido, lasciandogli credere che la cosa mi ecciti.

"Ti prego, dimmi che non stai per avere un baby Sayid." Mattia scherza, ma non del tutto.

"Scemo." rido. "Ha detto che ha comprato un appartamento a New York."

Mattia sbianca.

"Non uno qualsiasi, altrimenti la cosa non mi sfiorerebbe nemmeno, ma uno che stavo tenendo d'occhio da un po' e che mi faceva letteralmente commuovere. Sai, un bilocale di quelli in stile industrial, ma reso moderno dall'arredamento e con una vista pazzesca. È al ventunesimo piano di un edificio, ha un terrazzo grande come il mio ex appartamento."

"Wow, quindi Sayid è uno sceicco e non te l'ha mai detto."

"Non è ricco. È solo che stava risparmiando da un po' per fare questa follia."

"Una follia non ha motivazioni consistenti alla base." nota Mattia. "Evidentemente è una scelta ben pianificata, dato che non è nemmeno un monolocale. Casualmente."

Mi schiarisco la voce, mentre inizio già a sentire la pressione di questa conversazione: "No, infatti. L'aveva presa per noi, o meglio per farmi una sorpresa, convinto che ci saremmo rimessi assieme. Che stupidaggine."

"È un azzardo molto grande."

Scuoto la testa: "Una mossa stupidissima."

"Non l'apprezzi, quindi?"

"No!" esclamo. "L'idea di base secondo cui uno dà così per scontata una persona, e soprattutto i suoi sentimenti, è davvero orribile." e a questo credo davvero, però mi costringo a continuare il discorso verso altre sfumature. "Comunque ormai la spesa l'ha fatta. E...ed è una spesa enorme, accidenti. Sarà difficilissimo per lui, da solo, gestire tutto. Il posto, per carità, è una favola, insomma... diciamo che mi ha dato una notizia che mi ha fatto un po' pensare, tutto qua."

Io ho gli occhi fissi sulla cartellina, Mattia invece su di me, e non li sposta per svariati secondi, rimanendo completamente immobile.

"Insolito che tu abbia di cui pensare." commenta solamente, dopo un po'. 

"Ho solo detto che è una casa bellissima, tutto qui. Mi ci sono fatta gli occhi per mesi e sapere che ora è di Sayid è solo... è un po' paradossale, ecco."

Sayid l'ha fatto davvero, me l'ha comunicato prima, e sì, adoro troppo quel bilocale, ma tutto il resto è una bugia. Non mi ha per nulla fatto una bella sorpresa, non mi ha invogliato ad andarci a vivere con lui, e se è per questo non mi ha nemmeno minimamente fatto sentire in colpa, come lui sperava. È stato tutto solamente opportuno ai miei secondi fini con Mattia, ma la casa Sayid se la può tenere, non mi importa.

E ve lo giuro, sto morendo dentro nel mentire così spudoratamente e nel vedere quanto le mie parole stiano ferendo Mattia. Ma devo... devo farlo.

"Comunque, meglio che iniziamo a scrivere; non vorrei che ci prendessimo in ritardo. Che ne dici?" accenno ai fogli e le penne posate sul tavolo.

"Certo." Mattia annuisce e, così, ci mettiamo al lavoro.  

È chiaro che tra tutti i discorsi che dobbiamo fare, l'unico che farà progressi, stasera, è quello per Gloria e Magno.

Ma sto facendo un favore a tutti, lo sappiamo.

Ciò che Mattia vuole realmente, per se stesso, è prendere parte a quella missione in Siria, diventare luogotenente, dare un senso ai suoi difficili anni passati. E io glielo sto impedendo. Anche se non gliel'avessi espressamente chiesto, Mattia sa che ne soffrirei e l'idea di farmi soffrire lo manda in pallone, perché lui per me prova davvero qualcosa di forte, su questo non ho dubbi. Ma sarebbe troppo difficile per lui... sia accettare che rifiutare.

Certo, potrei sempre uscirmene con un rinnovatissimo entusiasmo e dirgli che ho cambiato idea, che sarei super contenta se lui andasse in Siria, che sarei orgogliosa della sua posizione.

E vi giuro, ho pensato attentamente anche a questa alternativa.

Ma alla fine dei conti, ho concluso che non sarebbe affatto credibile. Non da parte mia, per lo meno. Una persona che per cinque anni ha vissuto in uno stato di alienazione e depressione perché il quasi ragazzo si è iscritto all'Accademia militare, e che fino al giorno prima ha dichiarato estrema opposizione alla missione in Siria, non può magicamente esserne addirittura entusiasta. Mattia non ci cascherebbe mai... nemmeno alla mia performance migliore, semplicemente perché lui in questi cinque anni ha visto, ha sperimentato, ha capito in che razza di buco nero finisce Marinella, al solo pensiero che lui stia correndo dei rischi.

Quindi l'unica via è quella che lui ha personalmente proposto: vorrei solo che fosse meno presa da me, e io da lei. Almeno verrebbe tutto più facile... ogni scelta sarebbe più facile.

Sarebbe la sola ipotesi che potrebbe spingere Mattia a fare quello che davvero vuole, senza rimorsi. E si dal caso che il mezzo per garantire questo risultato sia a portata di mano, giunto qui proprio ieri, e già operativo verso lo scopo da raggiungere. Non solo mi sforzerò per sembrare meno presa da Mattia, ma gli farò pure credere di essere presa da Sayid.

E, addirittura, penso che mi verrà più facile la seconda.

Mi sta piangendo il cuore, in questo momento...

No, ma che dico, non mi piange il cuore, tutto il mio spirito piange, ha pianto prima nel silenzio della mia stanza, e piangerà pure dopo, e domani, e dopodomani, e so per certo che in quel buco nero ci finirò per sempre, dopo che tutto questo sarà finito.

Ma se è servito a qualcosa stare qui a villa Magna con Mattia, in questi giorni, e condividere con lui tutti questi bei momenti, queste emozioni uniche e questi sentimenti sconvolgenti, allora posso dire di aver finalmente imparato come si ama. 

E io... amo Mattia.

Costi quel che costi, per la prima volta farò un vero gesto d'amore per lui. Facciamolo uno strappo alla regola, no?

***

ANGOLO AUTRICE



Che cosa potrei mai dirvi in questo momento?

Sinceramente non trovo davvero nulla che faccia al caso. Nulla di nulla di nulla.

Penso che lascerò a voi tutte le considerazioni, tutti i commenti e tutte le domande... sempre se vi andrà di farne. Io non ho alcuna dichiarazione da fare, per adesso.

Passo direttamente alle informazioni, dunque! Questo che avete letto è il capitolo numero 15 e io ne ho previsti 22/23, quindi se tutto va bene, fra soli 7 capitoli "Io e te" finirà e io non ci posso credere. Comunque, questo è un discorso a parte. Fortunatamente, i capitoli saranno intervallati da qualche OS, anche se la prossima pubblicazione in programma è un altro capitolo, quindi il numero 16, che spero di riuscire a scrivere nel giro di 10/15 giorni.

Anche nel caso di questo capitolo, mi sono presa talmente tardi che ho voluto evitare di passarlo ad Ellie per la revisione. Non è colpa sua, ma mia e sono sicura che troverete svariati errori, come la virgola prima della e, che in questo capitolo boh, evidentemente andava di moda.

Mi dispiace anche non aver potuto far fare più disegni; quello che vedete è merito di Angelica che mi ha pazientemente ricordato la sua disponibilità, ma la prossima volta sarò più adempiente sia con lei che non Nicole <3 Per quanto riguarda, invece, il giochino del #firstheadshot, sappiate che ieri mi sono divertita davvero un sacco e che sono seria: a chi di voi indovina lascerò fare qualche domanda, anche succulenta, ma ovviamente non spoiler XD Badate, non è facile indovinare tutti!

Prima di lasciarvi all'Indovina Chi, però, qualche domanda ve la faccio, magari anche per guidare il vostro commento, nel caso aveste avuto in mente di scrivere un unico corpus di minacce alla sottoscritta XD

1) Siete contenti della riappacificazione tra Davide e Nelli? Vi sembra che il loro legame sia più stretto?

2) Che cosa pensavate durante la mega litigata tra Francesco e Alessandra?

3) Cosa pensate che accadrà ora che lei se n'è andata? A qualcuno dispiacerà? C'è la possibilità che ritorni almeno per il matrimonio?

4) Ok, ora passiamo al tasto dolente, lascerò questa domanda molto aperta: commenti sulla parte centrale del capitolo?

5) Per quanto riguarda invece l'ultima parte, quella dopo il secondo break, cosa ne pensate? Siete d'accordo o in disaccordo con la decisione di Marinella?


E' stata molto dura. Molto molto dura, davvero, per tutti. Sicuramente per voi che avete letto, ma anche per me che ho scritto, davvero.

Anche io ho le mie idee, ovviamente, ma scelgo di non pronunciarmi. L'unica cosa che vi posso dire è di continuare a leggere e vedere come si evolve la vicenda in questi ultimi sette capitoli, nonché verso la sua definitiva conclusione.

Con questo invito, vi porgo i miei saluti e vi auguro un buon sabato. Vi ringrazio per aver seguito con tanto entusiasmo la pubblicazione delle 3 OS che hanno intervallato questo e il capitolo precedente e vi lascio qui il link della raccolta, nel caso non abbiate avuto modo di leggere e vi faccia piacere nell'attesta del prossimo capitolo: Raccolta OS - Io e te 3
Verrà successivamente aggiornata, man mano che compariranno OS nuove.

Mi raccomando, non odiatemi nei commenti, ok?

Alla prossima,

Daffy



***


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Capitolo 16
*** La verità in tasca ***


MxM3 16

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Fin da piccola, ho questa concezione di capitolo come porzione di una storia che al suo interno ha molte, ma molte pagine. Forse avendo letto poco, in generale, non mi sono mai abituata alla diversità e, forse, leggendo solo libri e pochissime fanfiction, non ho pienamente interiorizzato il capitolo-pagina, che invece va molto di moda sul web. Per me un capitolo dev'essere lungo, ma davvero lungo, proprio come quelli dei libri, proprio come in Harry Potter o nel Grande Gatsby, dove dici: 'ma sì, dai, un ultimo capitolo e poi spengo la luce'... e ti ritrovi a dormire un'ora dopo. Anche sforzandomi di dividere o sfoltire, non ce la faccio. Vuoi o non vuoi, i miei capitoli raramente escono corti... anzi, a dirla tutta, più pubblico, più batto i miei stessi record, arrivando anche alle 15/16 mila parole per capitolo. A me piace così (mi viene così, più che altro) e so che a qualcuno di voi invece risulta pesante, perché più il capitolo è lungo più anche l'attesa è lunga, o perché semplicemente ogni volta arriva una botta di contenuto difficile da smaltire. Ma spero che vogliate portare pazienza, perché il mio stile è fatto così e a cambiarlo non riesco proprio. Per esempio, il capitolo che state per leggere è un record di lunghezza, che tuttavia non vorrei suddividere in due o più parti pubblicate separatamente. Per me ha un senso così, bello pesante, intriso di seghe mentali e, soprattutto, eterno XD Male che vada potete seguire i break come divisori di capitolo, oppure sfidare la vostra stabilità mentale e leggere tutto in una volta. L'importante è che non ve la prendiate se il capitolo è troppo lungo, Daffy!, dato che non li faccio così per cattiveria, ma perché, mentre scrivo, nemmeno mi rendo conto di quanto scrivo e arrivo sempre alla fine guardando il numerino in alto e dicendo: 'Cacchio, stavolta mi uccidono veramente'. Anche se, come dico sempre, ogni singola parola ha il suo valore e un motivo per esistere. Grazie per la comprensione :)

Riassunto della puntata precedente
non si origliano mai i discorsi altrui, tenetelo bene a mente. Dovrebbe saperlo ormai anche Marinella, dopo anni di incidenti derivati da questa cattiva abitudine. Eppure, sembra sempre scordarlo, come nell'ultimo capitolo in cui si è avvicinata alla stanza di Mattia e ha ascoltato per bene tutta la discussione tra lui e Pierpaolo, ricavandone le seguenti conclusioni: Mattia non è stato del tutto sincero con lei, Mattia vorrebbe partecipare alla missione in Siria più di ogni altra cosa, Mattia è frustrato perché il legame con Marinella potrebbe ostacolare i suoi progetti futuri. A questo punto della storia, la nostra protagonista decide di fare la prima scelta matura della sua vita, ovvero lasciare a Mattia lo spazio necessario per poter scegliere, assicurandosi di non essere l'ostacolo davanti ai suoi sogni. Il metodo che Nelli ritiene più efficace a questi fini è diventare più distaccata, come da lui richiesto, cercando di rendere il tutto più credibile grazie a Sayid. Se infatti all'inizio, Nelli si era pentita di averlo fatto rimanere e progettava di rispedirlo a casa, ora sa che invece la sua presenza può essere un vantaggio per lei. O meglio, un vantaggio per Mattia. Che casino. In ogni caso, quasi nessuno di voi ha ritenuto saggia la sua decisione.
Nel frattempo, a villa Magna, il giorno del matrimonio si avvicina. Alessandra Gruccia se n'è andata da Cecina, Diego Vallicroce è ancora arrabbiato con Nelli per i cinque anni passati, Lorenzo Castelli sta aspettando un fegato compatibile per un trapianto, Giorgia Ponti ha lasciato Marco ed è convinta che lui ne abbia parlato alla bambina, Cristiana Romanin è incinta di due gemelli e nel bosco, ogni mattina, Pierpaolo e Federica si aggirano a cercare bacche. Diamo inizio alle danze.




"Io e te" è semplicemente complicato 

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La verità in tasca

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Hai deciso al posto suo.

Sei una cretina.

Devi imparare a comunicare.

Sei immatura.

È la storia infinita.

Si poteva trovare una soluzione insieme.

Sei stata egoista.

Imperdonabile. 


Grazie mille. No, davvero, grazie mille.

Queste sono solo alcune delle risposte che ho ricevuto da chi avrebbe dovuto capirmi e supportarmi. Invece a quanto pare non mi capisce nessuno, proprio nessuno, e di supporto non parliamone neanche.

E ci credo... tutti bravi a giudicare, quando non vivono la situazione in prima persona. Pretendono di saperne più di me, di avere la verità in tasca, ma la realtà è che non sono loro quelli che si ritrovano davanti agli occhi insicuri di Mattia, non sono loro quelli che hanno ascoltato la sua voce incerta con le proprie orecchie e, soprattutto, non sono loro quelli che l'hanno già fatto soffrire una volta, realizzando quanto a fondo possono infliggere delle ferite.

Dieci anni... e vengono a dire a me che non so ancora come comportarmi in questa pseudo-relazione, chiamiamola così. Beh, sarà anche vero, ma loro al mio posto avrebbero davvero fatto quel che predicano? O avrebbero scazzato anche peggio di me? Dovrebbero sapere che, finché non vivi le situazioni, le critiche hanno un valore molto relativo e sarebbe più apprezzabile cercare di comprendere, anziché osteggiare per partito preso.

E poi, tutti bravi a sottolineare con saccenza che cosa Nelli ha sbagliato, ma nessuno che si sia reso conto che il primo a scegliere questa soluzione è stato Mattia. Il primo a desiderare di essere meno presi gli uni dagli altri è lui... non di certo io, gente. Aprite gli occhi.

Non ci posso credere, davvero. Tutti a darmi contro, anziché analizzare il problema alla fonte e dire: 'ehi aspetta un attimo, il principe azzurro di questa storia ha appena rivelato che la principessa sta ostacolando il suo cammino, nonostante nei venti giorni precedenti le avesse raccontato un sacco di belle cose su di loro e sul loro possibile futuro assieme!'

Ma sono sul serio l'unica a vedere l'elefante nella stanza?

Dai, non venite a menarmela, è palese che stia accadendo sempre lo stesso dramma, che Mattia si stia inceppando sempre sullo stesso punto, che io sia sempre destinata allo stesso finale. È la storia che si ripete, anzi; per la precisione, questa storia che si ripete.

Sospiro, frustrata, tirandomi nervosamente indietro i capelli.

Non sono arrabbiata con Mattia. Infatti, sto solo cercando di imparare dal passato, di agire con cognizione di causa, almeno questa volta. E non ce l'ho neanche con quei commenti, in realtà... non posso prendermela così per dei pareri che, tra l'altro, ho pure richiesto.

È che mi sento fraintesa, impotente. Non solo mi trovo in un vicolo cieco, ma sono anche l'unica ad esserne consapevole e dalla parte opposta ci sono un branco di lupi pronti ad attaccarmi. Qualsiasi strada io prenda, è automaticamente quella sbagliata.

Ok, ok... il vittimismo, Marinella. Lo so.

Ma come non sentirsi in questo modo? Come non avere questi pensieri contrastanti?

Un giorno sono il futuro di Mattia, il giorno dopo sono ciò che lo preclude. E nessuno capisce quanto male abbia fatto esserne venuta al corrente. Pensano che sia facile per me? Pensano che sia piacevole?

La decisione che ho preso e che mi sto sforzando all'inverosimile di rispettare non è né un atto di eroismo, né uno sclero di immaturità, né tanto meno un colpo di testa eseguito con leggerezza. Non è l'unica decisione che potevo prendere, certo, ma è quella che, a posteriori di un'attenta e dolorosa riflessione, si avvicina di più al lasciare che Mattia sia veramente libero.

Difatti, l'assurdità della gente che mi ha accusato di scegliere al suo posto non ha confini. Io ho scelto al posto suo? Io sto prendendo la decisione per entrambi? Io gli sto solo permettendo di scegliere davvero! Ho scelto di farlo scegliere; è così difficile da capire?

Coraggio, pensateci... ragionateci con me.

Il mio prendere le distanze è la condizione che Mattia ha posto come necessaria affinché tutte le scelte possano essere più facili. Io sto semplicemente esaudendo un suo desiderio, che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di esternare in mia presenza. Anzi, se io non mi levassi di mezzo, la scelta sarebbe già ovvia: io. Mattia sceglierebbe me, perché si sente costretto. E non da me, ma da se stesso.

Quello che farò sarà dargli il modo di valutare senza costrizioni. Mi allontanerò dalla sua area, ma non significa che mi getterò a capofitto in quella di Sayid, come molti hanno frainteso. Rimarrò semplicemente in un territorio neutro. Ovviamente, il fatto che abbia messo in mezzo anche il mio ex ha un senso. E il senso non è affatto far ingelosire Mattia, come ha pensato chi non ha nemmeno letto le mie spiegazioni; si tratta solamente di sembrare più credibile.

Potrei mai allontanarmi di colpo da Mattia, dopo tutto quello che c'è stato tra noi? Potrei farlo così a caso, senza destare sospetti? No, se voglio che il mio allontanamento non faccia capire tutto a Mattia, ho bisogno di un pretesto. E un pretesto solido, credibile, addirittura opportuno, è Sayid.

Se Sayid non ci fosse stato, credetemi... ne avrei trovato un altro.

Ma ritengo che Sayid sia davvero il più efficace, anche se per la gente ciò mi rende una stronza sfruttatrice senza cuore. Tsè... come se gli fossi saltata addosso, come se ci fossi andata a letto, come se gli avessi chiesto di sposarmi! A Sayid non prometterò nulla, perché sono ancora dell'idea che nemmeno lui si meriti di soffrire. Ma se ci pensiamo bene, senza condannare sempre e solo Marinella e le sue stupide idee, Sayid è il primo che non ha rispettato il nostro accordo di essere solo amici, perciò non vedo come lui possa tranquillamente continuare a flirtare con me, non tenendo nemmeno conto delle mie intenzioni, e io non possa farlo con lui. Ho solamente deciso di non rigettare del tutto le sue provocazioni e restare un po' al gioco, per uno scopo superiore.

Ma non ho mai dichiarato nulla di diverso da: io amo Mattia; quindi non arriverò al punto di illudere Sayid che non sia vero.

Ti sarebbe bastato parlare con Mattia e raccontargli tutto, anziché ricorrere a queste misure.

Sì, certo! Andiamo a parlare con Mattia, raccontiamogli che abbiamo origliato accidentalmente la delicatissima conversazione tra lui e Pierpaolo, ma che siamo assolutamente felici di averlo fatto, perché ora che sappiamo la verità sul suo voler partecipare alla missione in Siria, abbiamo magicamente convenuto con noi stessi che sarebbe la più bella opportunità del mondo!

Ma non si rendono conto di quanto risulti contraddittorio? Mattia non è un cerebroleso, per l'appunto; anche con le mgliori intenzioni da parte mia, ci metterebbe mezzo secondo a capire che il suo desiderio di vita va brutalmente contro il mio desiderio di vita. E mettiamo anche che io mi sforzi sul serio per accettare questi due anni... lui si fiderebbe davvero del mio cambio di prospettive? Partirebbe a cuor leggero, o si ritirerebbe all'ultimo secondo perché schiacciato dai dubbi e dalla paura?

Potrei promettergli qualsiasi cosa... qualsiasi, sul serio, anche di amarlo per sempre, dovunque e comunque, e aspettare con devozione il suo ritorno, e pensare a lui ogni secondo in cui sarà lontano, ma l'inquietudine gli rimarrebbe lo stesso, sempre. Lo conosco. E lui conosce me. E voi coniscete entrambi per sapere che su questo ho ragione.

Andiamo, onestamente... pensate che Mattia partirebbe davvero, con me in qualche modo legata a lui?

Che ne sai, magari è cambiato, magari non pensa come credi tu, vorrebbe sicuramente obiettare qualcuno.

Ma se non la pensasse esttamente così, non avrebbe fatto quel discorso a Pierpaolo a priori; non sarebbe stato così indeciso, così combattuto, e soprattutto non avrei sentito tutta quella disperazione nella sua voce. Sembrava un animale ingabbiato... ingabbiato nella sua stessa impossibilità di compiere una scelta. A Pier ha fatto una chiara richiesta d'aiuto, ma lo stesso Scilla ha dichiarato di non essere quello giusto per dargli una mano. L'unico che deve decidere è Mattia e io gli sto solo dando la possibilità di farlo nel modo più libero e istintivo possibile.

Ma perché compiere per forza una scelta? Si può sempre decidere assieme, trovare un compromesso...

Mi dispiace, ma un compromesso non esiste.

Fidatevi, se fosse esistito, sarei stata la prima ad accoglierlo a braccia spalancate pur di non dover accoltellare il mio cuore con le mie stesse mani. Però no. Non c'è.

Ho cercato di trovarne da me e ho pensato di discuterne anche con Mattia, ma, innanzitutto, ho bocciato la seconda ipotesi, proprio per tutta quella serie di motivi che ho già specificato. Parlarne a Mattia equivarrebbe automaticamente metterlo in una posizione di non scelta.

Che pensino quello che vogliono... io a lui non lo dirò mai e poi mai. Non trapelerà mai nulla di tutto questo e farò pure in modo che non arrivi a capirlo da solo, per nessun motivo al mondo. 

È anche per questo che non ne farò parola con i miei compagni.

Ho capito quanto utile e prezioso sia il loro aiuto, ma in questa situazione non posso coinvolgerli, perché sono troppo di parte, sono troppo legati al loro grande piano, senza sapere quanto forti e contrastanti siano, in realtà, i miei sentimenti e quelli di Mattia. Sia la mia scelta che la sua, sul futuro di entrambi, devono essere autentiche, condizionate al massimo dall'uno e dall'altra e da nessun altro all'infuori.

Questo è il mio modo di amare, e se è sbagliato, allora forse vuol dire che Mattia si merita di meglio. Sono stata in mezzo ai piedi per troppo tempo, ho già fatto abbastanza danni... per come mi sento adesso, so che è arrivata l'ora ora di essere maturi e restituire lo spazio e il tempo che ho preso; anzi, rubato. Come lui, anche io cerco solo di non fargli del male ancora una volta. Come lui, nemmeno io posso sopportare il pensiero di vivere assieme, ma con la consapevolezza che lui non sia felice.

E sì, in questo caso potete anche chiamarmi egoista, ma, almeno, sarò egoista in un gesto di altruismo.

Ho comunque tentato il tutto per tutto per trovare da sola dei compromessi; non pensate che sia così melodrammatica solo per il gusto d'esserlo (come se ce ne fosse, in questo caso). Giusto ieri notte, infatti, ho provato a mandare una mail all'Accademia, dove fingevo di essere la moglie di uno dei soldati che parteciperà alla missione. Ho chiesto se fosse possibile trovare un alloggio nei dintorni, o un impiego come segretaria o signora delle pulizie. Mi hanno risposto che le truppe partono per ventiquattro mesi verso una destinazione siriana non comunicabile, in quanto informazione riservata, e per questo anche ampiamente limitata, nel raggio di centinaia di chilometri, a qualsiasi civile. 

Quindi ho chiesto loro se scegliessero a caso quale dei soldati quel giorno avrebbe fatto il domestico o il cuoco, e loro mi hanno risposto che bisogna far parte del personale addestrato per svolgere servizi per l'esercito e, soprattutto, che il sarcasmo è uno dei più ricorrenti motivi di richiamo, nonché congedo forzato, dei soldati. Allora ho garantito che per me non sarebbe stato un problema, che avrei svolto il corso per far parte dello staff dell esercito e avrei imparato quali comportamenti si devono o non devono tenere. Mi hanno invitato ad iscrivermi al test psicoattitudinale che si tiene ogni gennaio, con tanti auguri di riuscire a rientrare nel 10% di promossi annui, che hanno poi accesso al secondo turno di selezioni per intraprendere l'addestramento quinquennale. E poi il sarcasmo non è ben visto, eh?

Mi hanno anche ricordato che, per ragioni di sicurezza, qualsiasi contatto con le truppe sarà bloccato almeno per il primo anno, onde evitare rischi di intercettazioni o infiltrazioni. È una missione molto importante, addirittura cruciale, hanno scritto, e ci auguriamo che suo marito gliel'abbia preventivamente comunicato.

In realtà no, a quanto pare il "marito" in questione si è risparmiato questo gioioso dettaglio, ma ora capisco ancora meglio perché non sapesse nemmeno come dirmelo. Sarebbe solo la ciliegina sulla torta di situazione di merda, per citare il diretto interessato: lui se ne va, non ci sentiamo per un anno, aspetto con ansia il suo ritorno, e nel frattempo lui magari è morto. O io sono morta e lui non lo sa. Mattia è proprio un idiota.

Ma comunque è solo colpa di Marinella, eh, è lei che ha sbagliato tutto. Mattia è un santo. Mattia è solo confuso.

Vorrei vedere loro.

Vorrei vedere cosa farebbero se il loro grande amore volesse andare in missione in Siria per due anni senza possibilità di vedersi, parlarsi, o quanto meno comunicare in qualche modo. E soprattutto che idee avrebbero, se il sopracitato manifestasse il desiderio di non avere relazioni amorose che ostacolino la sua partenza per tale grandiosa avventura.

Sentirsi di troppo, sentirsi traditi e sentirsi inutili è solo l'inizio dell'incubo che vivreste per sempre.

Ma non ancora pronta alla resa, comunque, ho deciso di cambiare tattica e puntare sul sentimentale. Ho detto al tizio delle mail (ormai siamo entrati in confidenza) che ero una neosposa incinta di un primogenito con problemi di salute e che avrei anche alloggiato nell'accampamento militare in Siria, pur di essere sicura che mio marito vedesse la faccia di suo figlio, prima che uno dei tre all'interno del nucleo familiare potesse morire. Mi hanno nuovamente invitato a intraprendere una carriera militare o, in alternativa, suggerire a mio marito di cambiare lavoro.

A quel punto ho scritto: I soldati almeno tornano per le vacanze di Natale?

E mi hanno risposto: No, la guerra non prende ferie a Natale.

Questo è quanto, dunque; ed è anche è ciò che vorrei rispondere a tutte quelle persone che, più o meno amichevolmente, hanno criticato la mia scelta. Ma è decisamente troppo lungo, quindi lascerò semplicemente perdere.

Nell'arco di una notte ho avuto modo di pensare molto, di arrovellarmi ancora di più, incessantemente, ma la mia decisione non è cambiata. Anzi, a fronte di tante osservazioni, forse, ne sono ancora più convinta.

Ed è questa la risposta che lascio nei vari blog, siti e gruppi che ho ammorbato con i miei problemi. Già; perché dovete sapere che tutto questo mio lunghissimo monologo è partito da quando ho sbloccato il telefono, controllato le notifiche e letto questa miriade di opinioni sul mio caso. Non sembra, ma la gente di Internet si appassiona un sacco ai post che parlano di dissidi amorosi.

Non criticatemi pure voi adesso, però... mi sono rivolta alla comunità del web per un motivo valido. Avendo deciso di non coinvolgere nessuno dei miei compagni, sentivo comunque l'esigenza di condividere le mie ansie con qualcuno, anche per capire se viste dall'esterno le mie azioni avessero un senso, o fossero solo sciocchezze. Quindi ieri notte anziché dormire ho cercato una marea di gruppi di supporto, soprattutto su Facebook, e ho postato il riassunto della mia storia con Mattia, chiedendo un consiglio sul da farsi.

Beh, il responso lo sapete già e... francamente, mi ha ferito molto che dall'esterno le mie azioni siano viste come sciocchezze, cagate colossali e addirittura follia pura da curare in un sanatorio di quelli potenti alla Shutter Island. Eppure, mi ha fatto bene sentirmelo dire. Paradossalmente, è stato positivo, quasi rivelatorio. Perché... davanti alle critiche ho notato di avere delle risposte, davanti agli 'hai sbagliato' mi sono trovata a gridare fermamente 'no, ho ragione!' e davanti a chi non condivide la mia scelta ho provato solamente rabbia, non senso di colpa.

Insomma, ho scoperto di credere davvero tanto nella mia decisione, così tanto che nessuno di quei consigli mi ha fatto titubare, come invece spesso accade, quando si tratta di qualcuno che smonta le mie idee. Stavolta sono certa che l'unica persona ad avere la soluzione di quest'enorme Cluedo sono io; tutto il resto non prova le mie emozioni... non può semplicemente capire. Punto.

Certo, non ho ricevuto solo rimproveri, anzi. C'è stato qualcuno che veramente si è sforzato di immedesimarsi, che anche se ha visto altre soluzioni, ha comunque capito la mia scelta, che ha capito me. E di questi mi sono salvata il nick perché poi voglio fare un gruppo di Telegram per diventare loro amica.

Ma comunque - il punto è che all'ora attuale mi trovo con un gran mal di stomaco; per la disperazione, per la tristezza e per la rabbia. Tutte le mie certezze sono crollate, la gioia che avevo accumulato in questi giorni è svanita, l'alba di una vita infelice mi saluta dall'orizzonte, ma c'è una cosa a cui mi posso ancora aggrappare ed è la certezza che questa volta sto davvero facendo la scelta giusta.

Questa volta, scriverò il finale migliore. E non per la protagonista, ma per il personaggio che se lo merita davvero.

Con questa massima strappalacrime, pongo finalmente termine dall'opera di autoconvincimento. Sono seduta da ormai un po' troppo tempo sull'amaca in giardino, distante dai miei compagni, mentre loro aiutano Paola a scaricare le composizioni floreali dal furgone. Gli occhi mi stanno bruciando per vari motivi, tra cui quello di essere appiccicata allo schermo del telefono da mezz'ora, mentre le orecchie sono concentrate sulle voci dei miei compagni, nel caso qualcuno, tipo Francesco Natale, si accorgesse della mia assenza e iniziasse a sclerarmi contro.

"Cazzo?"

A quanto pare una voce non è fra le altre, ma molto vicino a me, anzi... proprio di fronte a me.

Il contenuto della domanda mi fa alzare gli occhi dal cellulare con somma costernazione. So chi è ancora prima di vederlo, ma verificare che Diego Vallicroce ti stia porgendo dei biscotti qui, lontano dalla civiltà, mentre vorresti solamente morire, è comunque sorprendente.

Prima di chiedergli perché abbia detto la parola cazzo con flessione interrogativa, controllo i biscotti e... sì, sono a forma di pene. Quindi la parafrasi della domanda di Diego è: "Vuoi un cazzo?"

"Perché...?" chiedo con smarrimento, intendendo contemporaneamente Perché sei qui? , Perché mi stai offrendo dei biscotti? e Perché mi stai offrendo dei biscotti a forma di pene?

La risposta di Diego non aiuta per nulla a darmi certezze sulla vita, infatti dice: "Li ha fatti Filippo."

Filippo, vorrei ricordare, è suo figlio. E ha quattro anni.

"Cos...?"

"Non dovevano essere cazzi; sono solo venuti male." Diego sorride, mentre osserva intenerito i biscotti. "Francamente, avrei apprezzato se mio figlio avesse creato dei membri maschili, ma... no. Deve ancora sviluppare certi istinti vallicrociani."

"Oh."

Diego insiste mettendomi il vassoio direttamente sotto il naso, in un esplicito invito a mangiarne uno. 

Ah, e va bene. Prendiamolo questo benedetto ca...

Questo biscotto. Prendiamo il biscotto.

È tutto sempre un doppio senso con Diego.

"Cristiana si è fissata con un canale YouTube di un gruppo di mamme che fanno tutorial come se non ci fosse un domani." esordisce Diego, mentre a sua volta seleziona il biscotto più... ehm... (non ce la posso fare) lungo. "Ho sempre detto che YouPorn è cento volte meglio di YouTube, ma quelle tizie le hanno fatto il lavaggio del cervello. Hanno iniziato una rubrica che si chiama Creativity Day." gratta l'aria e mastica il biscotto con la voracità di un leone. "In pratica si tratta di un giorno al mese in cui le madri costringono i poveri bambini liberi ad essere schiavizzati dai loro deliri. Danno a disposizione fogli, penne, colori, utensili, ingredienti, strumenti musicali, insomma, Art Attack featuring Masterchef, e spronano i loro figli a dare sfogo alla creatività, senza limiti di tempo o valutazioni su quello che producono. Dicono che è un modo per scoprire e far scoprire loro il potenziale di ognuno, ma in realtà serve più che altro a conoscere la propria prole fin dai primi anni, senza un giorno ritrovarsi un adolescente gay suicida che di punto in bianco ti vaga per la casa."

Lo fisso.

"Flippo non è gay, per la cronaca." precisa. "Ma Vittoria potrebbe esserlo, secondo un pancake di pongo che ha modellato nello scorso Creativity Day."

"Io penso che siano un mucchio di stronzate."

"Anch'io."

"E comunque, credo che anche Filippo potrebbe essere molto gay, se fa dei biscotti a forma di pene."

"Sì..." sospira Diego. "In effetti, lo credo anche io."

Sorrido, percependo la totale lontananza di Diego da questo tipo di speculazioni. Lui è un ragazzo di pancia, l'orientamento sessuale dei suoi figli lo saprà e basta, quando glielo dirà il suo istinto e non un pancake di pongo o un biscotto fallico. 

Comunque mi incuriosisce come discussione e dunque gli faccio una domanda: "Se Filippo fosse gay, sarebbe un problema per te?"

"No. Ma vorrei che almeno uno su quattro dei miei figli avesse una passione in comune con me. E l'uccello non è una mia passione."

"Diego, per favore."

Ride di nuovo, piuttosto di buon umore, e avvicina alla mia faccia il suo biscotto, ora decisamente circonciso dal suo morso: "Dovevano essere delle faccine, vedi?"

"Delle faccine?"

"Sì, faccine sorridenti, l'ha spiegato Filippo a Cristiana." precisa. "Ma poi è andato tutto a puttane nel forno e sono usciti tanti piccoli peni. Se non altro, sono molto buoni. Pippo farà strada nel campo culinario."

Senza farmi vedere da Diego, sbriciolo gran parte del mio biscotto e lo faccio cadere a terra. Senza offesa, ma più mi parla di questa ricetta, meno mi va di averla nello stomaco. Che, tra l'altro, contiene già troppe schifezze. Schifezze di sentimenti, per essere precisi.

"Buoni, davvero."

"Comunque, non ti ho portato solo questi." annuncia inaspettatamente, mettendosi una mano nella tasca dei jeans ed estraendo due fogli piegati. Una volta afferrati entrambi, me li lancia in grembo con una spiegazione, mentre io ho ancora la testa sui biscotti a forma di pene: "Sono un paio di disegni di Vittoria, sempre del Creativity Day di oggi." dice.

A questo punto, mi sforzo di dimenticare dei biscotti, del mio stomaco e dei commenti stronzi della gente e mi concentro su ciò che Diego mi ha portato.

Dispiego i disegni con un po' d'ansia, perché il fatto che me li abbia dati in esame può essere il preludio di un ennesimo rimprovero alla sottoscritta, o un modo definitivo per dirmi di stare lontano dalla sua famiglia. Chissà che avrà scarabocchiato Vittoria... ci sarò io con le zanne da mostro, o io con in mano dei coltelli insanguinati, o comunque io nella versione che qualsiasi bambino traumatizzato delle serie tv disegnerebbe.

...e invece mi sbaglio.

Nel primo disegno ci sono Filippo e Vittoria che si stanno sposando; si riconoscono perché lei si è disegnata con i capelli rossi e lunghi e l'anello di Gloria al dito. Nel secondo disegno, invece, sono rappresentate quattro persone che si tengono per mano: una è chiaramente lei, mentre le altre tre mi sfuggono, ma per lo meno non c'è nessuno che assassina qualcun altro.

Beh... una dei quattro è stata rappresentata con due enormi cosce fatte da cerchi sovrapposti. Su attento esame, potrei essere io.

"In questo, Vittoria ha disegnato il giorno più divertente della sua vita." illustra Diego, riferendosi al primo foglio. "Nell'altro, invece, gli amici che non vede l'ora di conoscere." fa in modo di guardarmi negli occhi, mentre con il dito indica nell'ordine: "Uno dei due gemelli che sta per nascere, l'altro, e poi una culona."

"Sono io?"

"Già, sei tu. Ha detto che non vede l'ora di diventare la migliore amica di zia Nelli."

Oh mio Dio.

Mi sono commossa.

Oddio, quanto sono commossa.

Questa cosa è... oh mio Dio. La dolcezza di Vittoria mi sconvolge. Mi sono sciolta.

Ma vi rendete conto? Vuole essere mia amica! Vittoria vuole essere la mia migliore amica! Quindi mi vuole bene! 

E addirittura, pensa che il giorno più divertente della sua vita sia quando io ho celebrato il falso matrimonio tra lei e suo fratello.

Sono così meravigliosi. Sono. Così. Meravigliosi. 

Sono davvero onorata di essere una loro zia acquisita. Adoro questi bambini.

"Devi insegnarle a fare bene la firma." mi schiarisco la voce per nascondere la commozione e indico il secondo foglio, dove, nell'angolo in basso, Vittoria ha autenticato con il suo nome.

"In che senso?"

"Si è firmata, ma ha scritto Vittroia." 

"Oh, cazzo!" esclama Diego riprendendosi i fogli e ficcandoseli in tasca. "Grazie per avermelo fatto notare."

"Dovere."

"In ogni caso, non era quello l'importante del disegno. Ma grazie per avermelo detto... mio Dio, quella bambina è da tenere d'occhio."

"Già, speriamo non abbia mai problemi di dislessia."

"Avrei dovuto chiamarla Gina, lo sapevo."

"Diego."

"Comunque." tossicchia. "Ci tenevo che li avessi. Farò correggere la firma, e poi te li lascio, sono un regalo."

Deglutisco con leggero timore: "Grazie, Diego. Per me è molto importante. È un regalo davvero apprezzato. E... inaspettato."

"Per me no." se ne esce, ora di nuovo serio. "A dire il vero, me lo aspettavo."

"In che senso?" domando, incuriosendomi e sentendomi combattuta sul continuare o meno la conversazione. Ho paura di dove potrebbe andare a parare, ma allo stesso tempo ho troppa, troppa voglia di parlare con Diego. 

È da letteralmente una vita che prego che un giorno o l'altro ricominci a rivolgermi quantomeno un sorriso. Dopo il nostro incontro ravvicinato al suo arrivo in villa, da parte sua non ci sono state altro che spiacevoli frecciatine o fredde considerazioni. Da parte mia nemmeno a parlarne: con il torto marcio che ho e il senso di colpa nei confronti di tutta la famiglia Vallicroce, aggirarmi a coda bassa era la decisione più sensata che potessi prendere.

Per questo mi stupisco che Diego sia venuto spontaneamente da me e che ora sia sul punto di intraprendere una conversazione a lungo sperata, ma non ritenuta possibile.

...il che mi fa ripensare anche alle parole di mio fratello: cerca di sistemare i tuoi casini, perché non fai altro che lasciare morti per strada. In effetti è vero; intorno a me ho solo i cadaveri delle mie relazioni di un tempo. Sono brava a fare stragi; sono come Attila.

Non diventate mai miei amici, ve lo sconsiglio.

"Quando ho saputo che ci saresti stata, ero sicuro che i miei figli si sarebbero appiccicati a te e che avrebbero voluto conoscerti." mi spiega Diego. "Ero certo che si sarebbero affezionati, tutti e due, senza esitazione. E infatti te l'avevo detto."

"Però speravi che non succedesse?"

"Al contrario, speravo fortemente che succedesse, perché sapevo che sarebbe stato bello e lo auguravo anche ai miei figli. Capitò anche a me, anni or sono, quindi so cosa vuol dire affezionarsi a una persona come te."

Rimango in silenzio per qualche secondo e poi: "Diego, mi stai facendo sentire malissimo."

"Non voglio farti stare male." alza le mani. "Sono venuto proprio perché sono stanco di vederti stare male, e di stare male a mia volta."

"Perché stai male anche tu? Che è successo?"

"Niente." risponde, posando il vassoio e sedendosi accanto a me sull'amaca. "È solo che stamattina, quando Vittoria mi ha dato i suoi disegni spiegandomene il significato, ho avuto una sensazione assurda, che mi era capitata solo una volta nella vita."

"Ovvero?"

"Ho visto quanto i miei figli fossero felici di averti come amica e... mi sono scoperto invidioso. Sono invidioso dei miei figli."

"Ma ti era già capitato."

"Sì, quando si potevano attaccare al capezzolo di Cris per l'allattamento e io no, ma sono dettagli e sono sicuro che, a posteriori, avresti preferito non saperlo."

"Quoto."

"Comunque mi è servito." afferma, ispirato. "Per l'ennesima volta ho ricevuto una lezione dai miei figli. Certo... a dire il vero, c'erano già dei conflitti dentro di me, ma il disegno di Vitto ha fatto scattare l'interruttore; mi ha fatto dire basta. È ora di chiarirsi... o meglio, è ora che io mi chiarisca con te, dato che sono stato lo stronzo di turno."

"Avevi i tuoi buoni motivi. Non ho mai pensato che tu sia uno stronzo."

"Sul serio?" mi domanda, sinceramente sorpreso. "Perché ero certo che mi odiassi."

"Non ti ho mai odiato, Diego. Eccetto alle superiori quando facevi il guardone e non sapevo ancora che in realtà fossi un gran rammollito, pieno di sentimenti e grandi ambizioni, non ho mai provato odio verso la tua persona."

"Vaffanculo."

Ridacchio; mi sento molto più distesa, ora.

"Comunque ti chiedo scusa, veramente." prosegue, determinato. "So che il mio atteggiamento è stato molto duro nei tuoi confronti e... tutto sommato, era comunque autentico, perché ogni cosa che ho detto, è stata di pancia."

"Lo so, non servono giustificazioni."

"Però ti ho osservato in questi giorni, Nel, e più ti osservavo più mi sembravi una cazzo di formichina spaesata, in un mondo troppo grande e troppo complicato rispetto a te. Hai presente Dot di A Bug's Life? Lei. Mi sembri proprio lei."

"In realtà, direi più Flick." osservo. "È lui che scazza sempre, alla fine. È un disastro vivente, e pure fuori di testa, direi che mi rappresenta di più."

"Va bene, allora sei Flick, e sei decisamente nel pieno della caduta del raccolto nell'acqua." Diego si adegua al mio spunto e continua a fare riferimento al cartone animato. "Non sei al passo con gli altri, non segui il ritmo, non... c'è qualcosa che non va, vero?"

"Beh, ho avuto degli enormi picchi di felicità in questi giorni."

"Sì, ma non sei ancora del tutto parte di qualcosa. Ho come l'impressione che tu stia a metà tra due mondi: il tuo, e quello vero. Oppure il nostro, e quello che ti ha accolto negli ultimi cinque anni. Mi sembri ingabbiata in un limbo e... cazzo, tutta questa metafora è davvero fica per essere stata prodotta dal mio cervello, quindi apprezza le mie parole, aiutami a non averle partorite invano."

"No, Diego, ho capito." gli sorrido, con la giusta dose di gratitudine e amarezza. "E sinceramente, hai ragione, ma è successo tutto così in fretta che non so raccapezzarmi nemmeno io. Non so che dirti; probabilmente continuerò a sbagliare per tutta la vita..."

"Ehi, non ti sto dicendo che stai sbagliando." interviene, allungando una mano e posandola rispettosamente sul mio ginocchio. "Sto dicendo che ti capisco."

"Davvero?" chiedo, completamente immersa nei suoi occhi, saltando dal destro al sinistro con incredulità.

Oh, quanto avrei bisogno di qualcuno che mi capisse in questo momento!

"Sì." conferma. "Guardandoti e ascoltando i racconti dei bimbi su di te, ho capito che la vita non è facile per nessuno. Non lo è stata per noi senza di te, ma nemmeno per te senza di noi. Ma soprattutto nel tuo caso, perché, se ti sei comportata come ti sei comportata, è a causa di qualcosa che in te non funzionava più bene, probabilmente un cuore che ha sofferto e da quel che vedo, sta ancora soffrendo. E sì, hai ragione a dire che sono uno stracazzo di rammollito, ma mi sono reso conto che non hai mai smesso di essere nostra amica e ne sono estremamente, estremamente felice."

Imbarazzata e colpita molto sul vivo, mi mordo un labbro e annuisco, distogliendo lo sguardo. Quanto avrei voluto sentirmi dire queste parole giorni, mesi e anni fa, ma sono comunque grata di sentirle ora. Ormai non ci speravo più... non pensavo esistesse ancora qualcuno in grado di perdonare, ma soprattutto, capire i miei errori.

E in effetti, ora che ci penso - e lo sto realizzando per la prima volta - Diego potrebbe davvero essere la persona che sto cercando. Lui, più di ogni altro al mondo, può capire a fondo tutto quello che sto passando, tutto quello che ho fatto e che ho intenzione di fare per cercare di dare un senso al casino in cui ho vissuto per un'infinità di tempo.

"Credo che non sia possibile, per una come te, abbandonare noi... pur sforzandoti, non è semplicemente possibile. È come un'erezione, in fondo; puoi nasconderla quanto vuoi, ma non puoi evitare di sentire l'eccitazione."

"Ok, ho afferrato il concetto."

"E secondo me questo discorso vale anche per te. Tu non sei affatto meno Nelli di un tempo, sei sempre te stessa, solo che ti sei persa tra i vari problemi. Si tratta solo di ritrovarti e... forse il cammino sarà lungo, ma se Vitto e Fil non avessero visto la tua scintilla, non ti avrebbero di certo incluso nelle loro fantasie, nei giochi e nel Creativity Day. Forse loro, perché sono bambini, ti hanno già ritrovato. A volte bisognerebbe solo essere meno grandi."

"Io non sono per niente grande, Diego, fidati. Non sono cresciuta nemmeno un po'."

"Crescerai." mi sorride. "Non avere fretta."

"Sì, ma..." scuoto la testa. 

Parlare sta diventando molto difficile e spero che la smetta, prima che mi riversi in un fiume di lacrime. Ho i condotti lacrimali aperti da giorni, ormai, potrei erompere anche vedendo volare un moscerino.

"Nel, ho sbagliato a trattarti così male." ammette, concitato, come se questo concetto non fosse mai troppo chiaro e avesse bisogno di ripeterlo fino alla nausea. "Ha fatto male anche a me, finché non mi sono accorto che sforzarmi di fartela pagare era stupido, immaturo e di certo non poteva aiutare nessuno. Né me a superare la rabbia per aver perso degli anni di amicizia, né te a recuperare i rapporti, né i miei figli a conoscere una delle poche persone che sa vedere il bello negli altri fin dal primo momento."

"Diego, basta... ti prego." lo imploro, sull'orlo della crisi, notando anche in lui un lieve incrinamento della voce, che mi fa stare ancora peggio.

"Vorrei solo che facessimo pace. Vorrei che mi perdonassi per non essere stato un vero amico come lo sei stata tu, anni fa, quando eri l'unica che credeva che Diego Vallicroce potesse valere più dei suoi errori."

"Ok, ok..." respiro a fondo. "Qualsiasi cosa, pur di passare oltre a questa conversazione."

Nonostante io sia la fotocopia della disperazione e del disagio, Diego si esprime in un caloroso sorriso e dà un finale ad hoc a tutto questo confronto pacificatore. Si china in avanti, mi abbraccia con slancio e poi mi chiude in una stretta che toglie il fiato.

Non posso credere che sia successo.

Non posso reggere tutti questi avvenimenti.

Crollo emotivo tra tre, due, uno...

Sulla maglietta gialla di Diego, che profuma di biscotti e latte in polvere, mi accascio ormai senza energie e piango tutte le lacrime che speravo invece di aver terminato. Ci speravo, ma era inevitabile: in questo momento così profondo confluiscono tutte le mazzate sentimentali che ho dato e subito. Si rovescia la medaglia e la Nelli forte delle proprie idee non condivise lascia il posto alla Nelli spaventata e delusa da ciò che è successo.

In questo momento, per fortuna, mi riapproprio almeno di una piccola parte di me. Di quello che è stato per me un palo della mia adolescenza, di un amico bizzarro e decisamente illegale, il cui odio immotivato era come una lancia conficcata nel fianco. Ora la lancia è stata finalmente tolta, ma il sangue esce copioso dalle numerose ferite, specialmente quella al centro del petto, che non dipende dalle mie decisioni, né dalla missione in Siria, ma da una consapevolezza che si è fatta largo dentro di me nelle ultime ore.

Vorrei solo che fosse meno presa da me, e io da lei.

Arrabbiarmi con la gente, scrivere mail a destra e a manca, mettere a punto un piano a prova di bomba sono tutte attività che mi sono cercata per tenere occupato il mio cervello, per fargli fare rumore, tanto rumore.

Perché c'è quella frase da sovrastare. C'è il cuore da tenere in silenzio.

Il mio cuore sta cercando di dirmi che devo accettare la verità che sta dietro a tutto questo, ovvero le semplici parole pronunciate da Mattia. Parole che uno non direbbe mai, se fosse davvero felice di come stanno le cose.

Ma il fatto è che lui non ha bisogno del mio amore per proseguire la sua vita. Anzi, avrebbe bisogno che io non lo amassi, per poter proseguire la sua vita.

Lui non è come me e, forse, sommando un po' i conti, non lo è mai stato.

"Ehi, mio Dio, stai singhiozzando..." osserva Diego, preoccupandosi.

Accidenti...

Non voglio di certo che a Diego vengano più dubbi del dovuto, così mi stringo ancora di più a lui, stritolandogli le braccia e facendo della sua spalla il punto di esaurimento scorte, finché non riesco a ricompormi un minimo per dare senso a questa scenata.

"Va tutto bene." mento spudoratamente. "È solo un periodo difficile, ma passerà."

Il mio amico mi fissa a sua volta con gli occhi lucidi, senza nemmeno sbatterli, quasi.

"Cosa?" mi incuriosisco della sua estrema apprensione.

"Mi dispiace."

"Ma no, puoi stare tranquillo. Davvero. È tutto normale; faccio così perché sai che mi lascio prendere dalle emozioni."

"Avrei dovuto starti più vicino, invece sono tra le cause che hanno contribuito al tuo malessere." sospira, seriamente in difficoltà. "Cris aveva ragione. Aveva detto che mi sarei pentito di certi atteggiamenti. Sono un amico di merda."

"Io lo sono." lo correggo. "E Cris, in ogni caso, ha sempre ragione su tutto. Indiscutibilmente. Personalmente, poi, avrei preferito che l'ascoltassi, ma solo perché mi sei mancato da pazzi. Cazzo."

"Cazzo." ripete, concedendomi quel benedetto sorriso.

"Diego..." inspiro, titubante, ma cosciente di ciò che sto per chiedere. Tra l'altro sono ancora mezza sconvolta dai piagnistei, ma sto trepidando nell'attesa di sapere l'opinione di Diego, non riesco più a trattenermi. "Voglio chiederti un consiglio, che solo tu mi puoi dare sul serio."

"Tutto quello che vuoi. Potrei anche rivelarti tutte le tecniche che conosco sull'orgasmo multiplo femminile... è il minimo che ti devo."

"Scemo." lo colpisco sulla spalla, mentre mi asciugo il moccio e cerco di riprendere serietà. "Ti ricordi cinque anni fa, quando Cris ha avuto la prima manifestazione dei suoi attacchi di panico?"

"Uh, se mi ricordo..."

"Il problema era che avevate deciso di scappare assieme e vivere a Firenze, ma sotto sotto lei preferiva non farlo. Anche se ti amava alla follia ed era il progetto a cui più teneva, ciò in realtà l'avrebbe resa davvero felice era rimanere con i suoi genitori."

"Esatto, grazie per aver ficcato con delicatezza l'intero pugno nella ferita. Lo chiamano fisting, ma non è sempre piacevole, a quanto pare."

"Vallicroce, ti puoi risparmiare certe similitudini?"

"Ho già smesso di mancarti?"

Roteo gli occhi, incapace di sorridere alla battuta, ma comunque concentrata sulla mia domanda: "Quella volta, per il bene di Cris, hai rinunciato al vostro progetto, giusto? E hai addirittura spiegato tutto ai suoi, senza dirle nulla, correndo il rischio di perderla senza che lei potesse mai sapere com'erano andate le cose."

Ripensare a quel momento fa tornare Diego in modalità alta sensibilità, con tanto di gola chiusa e sguardo basso: "Sì."

"La mia domanda è... pensi di aver fatto la scelta giusta?"

Alza gli occhi e non esita nemmeno un secondo: "Sì."

"No, ma non devi tenere conto di come sono andate poi le cose; devi dirmi se l'avresti comunque fatto, anche se non fosse andata bene alla fine."

"Alla fine non è andata bene, infatti." mi stronca. "Io avevo un sogno per me e Cris e quel sogno era di scappare da soli, di farci una vita lontano da tutti, di andarcene e diventare ricchi in un altro paese. Ma ci ho rinunciato. Non dico di non essere felice ora, anzi, non fraintendermi, non scambierei la mia vita per niente al mondo, però ho rinunciato a una parte di me per lei, una parte che poi non ho più ritrovato e che non ritroverò mai."

"Oh."

"Ho messo al primo posto la sua felicità, facendo cose che... insomma, lo hai visto anche tu quanto ho dovuto smussare il mio carattere, i miei sogni e i miei piani. A dire il vero, di alcune questioni lei non sa ancora nulla e nemmeno glielo dirò mai. Ma è giusto così. Scommetto che anche lei ha fatto dei sacrifici per me, e nessuno al di fuori di lei lo saprà mai, perché altrimenti perderebbero di valore."

Esatto... è esattamente questo che ho capito, vivendo la mia vita recentemente, e che non ho saputo spiegare altrettanto semplicemente. Ma è questo. È questo che sto provando anch'io, è questa consapevolezza che sto sentendo giusto inseguire.

"Ma... Diego, non ti dispiace nemmeno un po'?"

"Beh, un po' sì." ammette, colpevole ma disteso. "Ma lo rifarei altre mille volte. Anche sapendo che andrebbe a finire peggio, anche con la garanzia di perdere Cris per sempre."

"Davvero?" mi stupisco.

"Sì."

"Ma, Diego, come fai a sopportarne anche solo il pensiero? Come faresti a sopravvivere, se perdessi Cris?"

"Oh, soffrirei come un cane, e probabilmente non sopravvivrei, ma sarei pronto a compiere il sacrificio. Credimi, Nel, per me che l'ho provato, non c'è niente di peggio di essere il motivo per cui la persona che ami non è felice."

Oh mio Dio.

Deglutisco, tremendamente toccata dalle sue parole e ulteriormente affranta dalla realtà: "Ti credo."

"A volte, l'unica soluzione è mettersi da parte. D'altronde è quello il senso del vero amore... no?"

Esatto.

E sapete cosa, a questo punto?

Io odio l'amore.

"Comunque, Nelli, perché ci stai ripensando?" mi domanda Diego. "Ha a che vedere con ciò che è successo recentemente tra te e Mattia? E risparmia la recita; da quando l'avete fatto in piscina, seguo la vostra vicenda nei dettagli."

"Eva?"

"Eva."

"Bene." annuisco, senza ormai nemmeno più stupirmi di fronte alle malefatte della nostra compagna. "In realtà sì; ho pensato molto all'amore in generale, in questi giorni, e volevo chiedere un tuo consiglio, perché penso che tu sia una delle persone che se ne intende di più."

"Sul serio? Grazie, che bel complimento." si pavoneggia, fiero. "Anche un po' insolito... di norma le donne mi vengono a chiedere consigli sul sesso, non sull'amore."

Gli batto una mano sulla spalla, cercando di recuperare un po' di allegria: "Di quelli non ne ho bisogno, Vallinator."

"Ah no?" ridacchia. "Nella piscina c'era acqua santa? Ha fatto miracoli?"

"Simpatico."

"O li ha fatti Zingaretti battendo il suo stesso record di durata 0,5 millesimi di secondo?"

Rido, sentendo in realtà una forte nostalgia e un'ennesima morsa allo stomaco: "Ti lascerò con questo dubbio a vita. Ma conosci la mia mail; aspetto le tecniche per l'orgasmo multiplo che mi hai promesso."

"Sissignora."

"Ci becchiamo dopo, a pranzo? Così mi riporti il disegno?"

"Propongo una pizza in famiglia giù in paese; io, te, Cris e i bambini, così facciamo contenti i piccoli, che vorranno suicidarsi dopo una mattinata di Creativity Day."

"Ci sto."

"Ah, e... chiaramente porta pure il tuo consorte; chiunque esso sia. L'invito è aperto."

"Ottimo. A dopo."

Mmm... ci porterò Davide, ho capito.

***

PRIMO BREAK

Spero che nessuno si sia offeso per la parte iniziale, in cui ho volutamente riportato certi commenti ricevuti al capitolo precedente (ponendoli tutti ovviamente in anonimo!). Il mio intento era quello di fornire una risposta alle vostre osservazioni che derivasse direttamente da Nelli. La mia opinione in merito non è detto che rispecchi quella della protagonista, per cui una mia risposta non sarebbe stata tanto utile quanto quella della diretta interessata. Ovviamente, fa tutto parte del gioco, quindi non prendiamola sul personale, anzi, mi piacerebbe che questa discussione sulle varie scelte continuasse, per poi poter dire anche la mia, a tempo debito :)

Ora lasciamo spazio a qualche contenuto spensierato, che sono riuscita a fare grazie al suggerimento di Ellie, in quanto la mia solita app continua a non funzionare come sempre. Quindi come prima cosa vi metto un paio di momenti social che avrei voluto pubblicare nel capitolo precedente. La conversazione, infatti, si riferisce all'inizio del capitolo precedente, quando Nelli racconta la sua giornata dopo l'arrivo di Sayid e dice di aver poi parlato con Mattia su Whatsapp per spiegargli tutto riguardo la sua decisione di far restare Sayid a villa Magna.

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Se siete ponti e non volete rimandare il proseguimento della lettura a un altro giorno, allora buona continuazione :)


***

Alla fine, ho portato con me Marco.

Uscire da sola con una famiglia di quattro più due persone mi faceva troppo zitella frustrata, ma mio fratello non poteva accompagnarmi, dato che si è sorprendentemente trovato un nuovo hobby che gli impedisce di staccare gli occhi dal pc (meglio, almeno non c'è il rischio che si droghi o dia fuoco alle cose).

Quindi non sapevo a chi chiedere di venire - Mattia e Sayid sono fuori discussione almeno finché non riesco ad evitare una crisi di pianto in loro presenza - così Vittoria e Filippo hanno scelto per me. Per loro era necessario che a pranzo venisse anche Rachele e dunque ho reclutato l'intera stirpe Ravasi. Adesso anche io sembro una donna di famiglia, con il mio maritino figo e la mia figlioletta carina. 

Peccato che non sia esattamente così, ma dettagli. L'importante è che la gente in pizzeria non pensi che sono una zitella frustrata.

In ogni caso, la novità per Davide è che vuole fare lo youtuber. L'avreste mai detto? Io sono scioccata.

Partendo dal fatto che non pensavo Davide potesse mai sviluppare un'ambizione per se stesso, si è pure trovato un mestiere che lo costringe a rapportarsi con l'Altro. Il pubblico sarà pure virtuale, ma è comunque un pubblico, e la piattaforma che utilizza lo costringe a sottostare a delle regole. Per questo è sconvolgente che Davide abbia compiuto spontaneamente questa scelta, ma l'aspetto che mi turba ancora di più è che, come se non bastasse, si è addirittura trovato una collega: Eva.

Vi dicevo che c'era qualcosa di strano nell'aria a metà tra i loro sguardi assatanati, eppure non avrei mai immaginato che si trattasse di una collaborazione. O, dovrei dire, di una collab.

Davide inizia già a parlare social, devo tenere il passo.

Non so di che diavolo parlerà il loro canale, né come si chiamerà (anche se, conoscendo i miei polli, ipotizzo che ci sarà in mezzo un imperativo esortativo come Svegliati! o Datti fuoco!), ma comunque sia, ci stanno davvero mettendo un sacco di energie. Non avevo mai visto Davide così entusiasta per un'idea e così impegnato per un progetto. Sembra un'idiozia, ma è veramente un grande passo per lui... semmai si rivelerà essere più di un misero fuoco di paglia (perdonate il continuo riferimento al fuoco, ma non posso farne a meno), potrò davvero essere felice per mio fratello.

Sento che in qualche modo questa potrebbe essere la sua occasione di realizzarsi. E non come youtuber (quello sarebbe una vera tragedia), ma come persona. Finora non ha trovato nessun ambito in cui potersi davvero esprimere, anzi, è sempre scappato da tutto. Adesso, invece, ho la sensazione che abbia finalmente iniziato a trovare le coordinate per una sua dimensione.

In queste ore hanno addirittura rapito Ilenia per farsi aiutare con la regia della presentazione del canale, poi so che, per partire, pubblicheranno un video sul matrimonio di Gloria e Magno.

Non capisco che diavolo possa fregare alla gente del matrimonio di due sconosciuti, ma temo che condiranno il tutto con del gossip e del sarcasmo, sperando in qualche fallimento epocale o ubriacatura da parte degli invitati. Immagino già: Video COLLAB. - Sesso, droga e rock'n'roll a un matrimonio di amici.

Ho molta paura.

In ogni caso, il mio tarlo mentale non si focalizza su Eva e Davide, né sul matrimonio, né tanto meno su questo pranzo di famiglie Mulino Variopinto. Certo, sono felice di esserci e di venire distratta dalle grida aborigene dei bambini, dalle palpatine sotto al tavolo di Diego a Cris e dai commenti sul cibo di Marco, ma purtroppo la mia testa è altrove. 

Ho un chiodo fisso, anche se cerco di non farlo capire.

Se non mi stessi impegnando così tanto per fingere che vada tutto alla grande, i miei amici mi avrebbero sgamato subito, si sarebbero accorti della mia assenza mentale e mi avrebbero già ricoperto di mille domande. Ma sebbene stia continuando a macinare pensieri, parole, opere e omissioni, sto recitando divinamente, come se non esistesse nient'altro che questo pranzo. Sono certa che porterò a termine il piano in modo magistrale; sono più che mai determinata stavolta, davvero. Non mi scoprirà mai nessuno.

"Senti, ma che hai?" Marco si volta e mi sussurra questa domanda all'orecchio. "È tutto il pranzo che sei assente, a cosa stai pensando?"

Benissimo, perfetto.

Dov'è il mio Oscar?

"A niente, Marco, stai tranquillo."

"Ah, ok, non stai pensando a niente, allora a posto, nessun problema, sto tranquillissimo." sorride con immenso sarcasmo.

Assottiglio gli occhi, offesa: "Senti da che pulpito arriva la predica. È  tutto il pranzo che commenti le pizze come se fossi un cuoco affermato."

"E quindi? Ne so comunque molto più di te. E sono il pizzaiolo ufficiale delle nozze, nel caso ti sfuggisse come particolare."

"Un pizzaiolo; non un critico." lo correggo. "Fai così quando sei agitato e devi dare aria alla bocca per non dover ascoltare i pensieri."

Nonostante tutto, so osservare molto bene, specialmente i miei amici. Avevo già notato questa sorta di glitch in Marco; sono già un paio di giorni che fa così, ma non ho avuto modo di preoccuparmene abbastanza. Soprattutto perché attualmente non so quanto sono in grado di fare il bravo tecnico.

"Due opposti, noi due." si riferisce allora al mio commento. "Te i pensieri non solo li ascolti, ma li trascrivi pure per poi potertici immedesimare come il copione di un film, o peggio, un romanzo rosa."

"Esattamente. Ma almeno non coinvolgo i miei commensali in un dibattito su quanto nere siano le olive nere."

"Senti." continua a bisbigliare. "Scusa la franchezza, ma a me quel Sayid sta davvero tanto sul cazzo."

"E cosa c'entra? Stavamo parlando di olive." scuoto la testa. "È questo il motivo per cui sei schizzato? Stai pensando a Sayid?"

"No, ma forse è il motivo per cui tu sei schizzata, dato che dopo la ramanzina che ti abbiamo fatto ieri sei diventata una specie di vegetale. Ti manca solo la salivina ai lati della bocca."

"Grazie. Che poeta."

"Ehi." ci interrompe Diego puntandoci contro una forchetta. "Se non foste ex fidanzati da circa dodici anni, direi che vi state sussurrando frasi erotiche." passano circa quattro secondi. "Nelli, sei arrossita, quindi è vero. Che maialina."

"Diego!"

Cristiana dà un calcio sotto al tavolo a Diego, per nulla discreto e anche piuttosto violento.

"Macché frasi erotiche." sbotto, preoccupata che questo discorso possa condurre ad altri più seri, e dunque alla verità sul mio piano segreto. "Stavamo solo con..."

...versando? ...dividendo? 

"...fabulando. Confabulando una... cosa. Segreta." a volte dimentico quanto faccio pena a inventare scuse. "Marco? Verresti un secondo fuori, per favore? Arriviamo subito." sorrido ai miei amici e mi defilo, lanciando a Marco uno sguardo-minaccia traducibile in 'se non mi segui senza fiatare, ti rapisco la figlia'.

Quindi Marco, da bravo bambino, viene con me all'esterno della pizzeria, che, tra le altre cose, si chiama 'Pizzeria Te la diamo calda'. L'ha trovata Diego su Trivago... non l'avreste mai detto, eh?

Mi fermo poco distante dalla porta d'entrata, vicino a un gruppo di uomini in pausa sigaretta.

"Si può sapere che malattie mentali hai?" mi domanda Marco, chiudendo la porta alle sue spalle e uscendo innervosito.

"Tu, piuttosto." lo aggredisco. "Perché uno non può essere pensieroso, senza subire ogni volta il terzo grado? Posso essere semplicemente un po' distratta o presa dai miei problemi, come una persona normale?"

"No, perché tu non sei una persona normale, capisci?" ribatte, accorato. "Tu sei Marinella Argenti. Chiunque può essere pensieroso, ma tu no, perché il tuo essere pensierosa assume tutto un altro significato. È come se io ti dicessi: 'ehi, Nel, vorrei far esplodere un missile nucleare'. Tu rideresti, giusto? Giusto, perché non sono per nulla credibile. Ma se te lo dicesse Pyongyang, come reagiresti? Eh?"

"Lo vedi che stai straparlando?!" lo indico, irritata dalle sue critiche demenziali. "Tutto questo non ha un senso; lo sai che sto attraversando un momento difficile, sono solamente un po' presa dai pensieri."

"Novità assoluta."

"Piuttosto che t'è preso a te, stamattina? Sei sgorbutico e decisamente fuori di testa. Non che di solito la situazione sia tanto più rosea, ma già mi hai sclerato contro ieri e adesso siamo di nuovo qui a litigare."

"Ho dei problemi personali."

"Ma dai?" incrocio le braccia.

"Avrei voluto parlartene, ma che vuoi che ti dica? A quanto pare, sei stata troppo occupata a pensare."

"Oh, non osare rigirare la frittata per darmi la colpa." lo redarguisco, puntandogli l'indice addosso. "Se me ne stai parlando solo adesso, è perché prima quello impegnato eri tu, a preoccuparti del mio ex fidanzato, anziché del tuo problema. Che poi, lasciami indovinare, riguarda Rachele e il fatto che non le hai ancora detto della sepa-"

"Zitta!" Marco, giusto per precauzione, mi chiude tra le sue braccia, usandole per tapparmi la bocca in una mossa che fa molto WWE SmackDown. Ci manca solo che mi sbatta a terra, si metta a cavalcioni sopra di me e agitandosi le dita davanti alla faccia mi minacci con un bel 'You can't see me'. 

Mi guardavo decisamente troppa TV da piccola.

"Ma sei scemo?" grido, suscitando la curiosità dei tizi con la sigaretta, che ora staranno pensando che la famiglia felice è in realtà un nucleo privato di violenze e abusi. Cacchio.

Marco ha uno sguardo ansiosissimo: "Se sai che è quello il problema, allora perché lo urli ai quattro venti? Anzi, meglio ancora, perchè non mi hai aiutato prima a risolverlo?!"

"Perché non sono io la mamma di Rachele. Né il papà."

Questa frase offende parecchio il genitore dell'anno, che si rabbuia, fra il broncio e poi si gira pure di spalle.

"Aspetta." rimedio in un sospiro. "Intendevo dire che per quanto io possa aiutarti, comunque l'intera mansione del parlare a tua figlia spetta a te. E l'unico motivo per cui non sono stata molto d'aiuto, in questi giorni, è perché ho avuto davvero, davvero un sacco di cose a cui pensare."

"Sì, tipo il tuo ex?" mi provoca, con sguardo ferito. "Tipo a come restaurare un rapporto d'amicizia con un stronzo che ti ha piantato in asso dopo sei mesi di relazione?"

Fisso Marco a lungo, molto a lungo.

"Oh, vaffanculo." sbuffa allora, realizzando che, paradossalmente, anche lui tempo fa si è ritrovato nei panni di Sayid e che se io non fossi una persona così meravigliosamente compassionevole e misericordiosa, ora non saremmo amici.

"Ho un talento nel mantenere relazioni con degli stronzi." rimarco con un sorrisetto.

"Nah, hai solo un talento nel farti sfuggire quelli giusti." allude a Mattia, naturalmente. "Comunque hai ragione. Il fatto è che speravo che un giorno tu venissi da me e mi obbligassi con la forza a parlare con Rachele, perché ti giuro, da solo non ce la faccio... ho provato, mi sono imposto di farlo, mi sono tirato degli schiaffi e dato dei pizzicotti, ma io proprio non ce la faccio. È impossibile."

"Beh, Marco..." rifletto, allontanandomi un po' dalla nube di fumo e andando verso il parcheggio, distante da possibili orecchie indiscrete (tra cui anche quelle dei bambini, che stanno correndo attorno alla pizzeria per giocare ad acchiapparella mortale, un gioco dove chi viene preso sostanzialmente deve fingere di morire come un opossum). "Puoi sempre prenderla con calma, fare prima un percorso di preparazione personale..."

"No, non posso."

"Perché no?"

"Perché il matrimonio è fra due giorni ed esattamente domani alle dieci di mattina arriverà anche Giorgia. Sai, Giorgia Ponti, la madre di Rachele."

"Sì, e quindi?" sbotto. "Gio capisce la situazione, sono sicura che ti darà il tempo necessario."

Marco mi interrompe, lapidario: "Si porta dietro anche quell'infame del suo nuovo fidanzato." a questo punto si contorce tutto, rabbrividendo. "Scusa, solo pensare a quel faccione deformato e ai suoi cosciotti da dinosauro mi fa salire il crimine."

"Marco..."

"È addirittura stempiato!" esclama mentre reprime un conato di vomito. "Come si fa a passare da questo..." si indica. "A uno spauracchio del genere?"

"Ok, capisco lo sconforto."

"È come quando voi donne state una vita con uno, che poi in realtà è gay e vi cornifica pure con vostro fratello, o vostro padre, o comunque con un altro uomo panzone e ciabattaio. Orrore puro."

"Ok, basta." mi faccio seria, prendendogli le spalle. "Stai straparlando."

"Cazzo."

"Sei proprio costretto a parlare con Rachele prima dell'arrivo di Giorgia?" gli chiedo.

"Sì."

"E allora parlale oggi. Adesso."

Marco allarga gli occhi: "No, adesso mi viene un infarto. Non ce la faccio. Non posso dire a una povera bambina 'ehi, tua madre ha lasciato tuo padre per andare con uno scherzo della natura'. È minorenne, potrebbe non reggere certe batoste."

"MARCO!" 

Mi verrebbe davvero da mollargli uno schiaffo in pieno viso! Ma come diavolo ha fatto Giorgia a sopportarlo per tutti questi anni? Immaginatelo il giorno della nascita di Rachele. Sarà andato a importunare persino il reparto malattie infettive, noncurante del rischio, pur di dare aria a quella bocca durante l'attesa in ospedale.

"Basta fare il mentecatto!" gli grido in faccia, scuotendolo pure io alla John Cena. "Mi stai dando fastidio, ok? Taci e fai l'uomo! Appena torniamo a casa, ti chiudi in camera con tua figlia e le dici la benedetta verità!"

"Signorsì signora." risponde, concentrato. "Lo farò e lo farò da vero uomo."

"Bene."

"Poi mi aiuterai a raccogliere i brandelli del mio cuore."

"Come sempre."

"E mi tratterrai dallo strozzare a mani nude quello scarabocchio umano che ha preso il mio posto."

"Certo, oppure ti aiuterò a strozzarlo."

"Oh, Nelli..." sospira, affranto, scrutandomi con pentimento. "Non avrei mai dovuto interrompere la nostra relazione di quando eravamo ragazzini."

Quest'uscita mi intenerisce troppo: "Oh, davvero?"

"Sì... almeno non avrei mai avuto desideri sessuali nei tuoi confronti e mi sarei risparmiato un sacco di responsabilità."

"Ora mi ricordo perché ci siamo lasciati." ringhio. "Sei una merda, sei proprio una grandissima merda."

Marco sogghigna, mentre decide che è ora di chiudere qui la discussione e dirigersi di nuovo verso la pizzeria: "Marco batte Sayid dieci a zero! Nessuno è meglio di me nel ruolo di ex fidanzato stronzo."

Mi prende sottobraccio, mi arruffa i capelli e poi fa strada all'interno, mentre nasconde sul fondo degli occhi un'inquietudine spaventosa.

***

SECONDO BREAK

Con un paio di immagini divertenti :) Vi suggerisco anche di approfittare di questa pausa per riposare gli occhi e rifocillare lo stomaco. Il capitolo è ancora molto lungo e riserva attimi di tensione...

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Sono brava a disegnare, eh? XD


***

Rachele è chiusa nella stanza di fianco. Sta giocando con le Barbie, mentre tutti gli altri stanno fuori in giardino a sistemare i fiori e i fratelli Vallicroce, grazie a Dio, sono stati costretti a fare il riposino pomeridiano.

C'è silenzio, un inquietante silenzio, nel corridoio di Villa Magna.

La stanza di Marco e Rachele, giusto di fronte a quella di Pierpaolo, Amerigo e Francesco, sembra una sorta di inferno dantesco in cui nessuno ha il coraggio di entrare, nonostante all'interno ci sia solo un'innocua bambina di otto anni.

Io e Marco stiamo passeggiando a vuoto qui davanti da svariati minuti, ormai, e mi chiedo per quanto potremmo continuare a temporeggiare, prima che Rachele si stanchi di giocare con le bambole o qualche nostro compagno ci chiami per contribuire nei lavori.

Nessuno dei due ha realmente trovato le parole adatte e temo che lo sforzo dell'improvvisazione spetterà unicamente a Marco. Il mio aiuto è davvero marginale, posso solamente dargli sostegno e pregare che a breve raccolga il coraggio a due mani e apra finalmente quella porta.

"Oh, ecco dove eravate!"

Per un momento, sto per gridare un 'no' prolungato e accasciarmi teatralmente nella paura che qualcuno sia venuto a stanarci, ma poi mi accorgo con sollievo che quel qualcuno è Fede. È appena spuntata nel corridoio, salendo l'ultimo gradino delle scale.

E non è sola.

"Vi stavamo cercando." annuncia Pierpaolo, che accompagna Federica reggendo tra le mani un cesto di... qualcosa. "Nelli, la fioraia deve farti provare la lunghezza del manico del bouquet."

"Ah." prendo atto, cercando di evitare il contatto visivo con lui. Dopo la scena in camera di Mattia, semplicemente non riesco ad affrontare Scilla; non ce la faccio, troppi ricordi.

"E tu Marco dovresti fare la spesa con Magno, per gli ingredienti del pranzo." aggiunge Fede.

"Non può andarci qualcun altro con Magno?"

La mia amica rileva subito l'alterazione nel tono di Marco e si ferma per scrutarlo: "Sei tu il cuoco."

Lui nemmeno le risponde, e si perde a guardare dalla finestra. Conseguentemente, io e Federica abbiamo un breve dialogo a gesti. In meno di dieci secondi ci mimiamo questo:

Lei: "Che diavolo ha Marco?"

Io: "Che stavi facendo con Pierpaolo?"

Lei: "C'è per caso Rachele chiusa dentro quella stanza?"

Io: "Siete tornati a fare i fringuelli tutto d'un tratto, ora?"

Lei: "Non ci credo, non le ha ancora detto della separazione! Ma è pazzo?! Domani Giorgia arriva qui, quando pensa di avvertire Rachele?"

Io: "Ti interessa qualcosa che Pier stia con la Trepalle o anche stavolta vuoi rimanere traumatizzata dalla vita?"

"Che avete da gesticolare?" se ne esce Pier, mentre a mani occupate, apre elegantemente la porta della sua stanza con il ginocchio. "Sembrate delle assistenti di volo velocizzate."

"Si chiama Silent Chatting 2.0, l'abbiamo potenziato negli anni, ma c'è una versione aggiornata che sta per essere rilasciata a breve." gli spiego, osservando i suoi gesti scavezzacollo per poter appoggiare il cesto da qualche parte, evitando i vestiti sparsi di Amerigo.

"Ovvero?"

"Quella in cui chiedo direttamente cosa stavate facendo assieme, così sorridenti e spensierati." faccio mettendomi le mani sui fianchi e guadagnandomi un'occhiataccia da Fede. 

Mi spiace, ma non mi va di essere troppo gentile con Pierpaolo. Ora che so cosa pensa davvero di me, ho rivalutato anche le mie opinioni nei suoi confronti.

Lui sorride, per nulla scalfito dalle mie insinuazioni: "Siamo andati a raccogliere delle bacche nel bosco."

"Raccogliere bacche nel bosco is the new flirtare alle spalle della propria fidanzata?"

"Marinella!" Fedrica è color prugna. Sono sicura che poi me la farà pagare amaramente.

Pier aggrotta le sopracciglia: "Che fai, improvvisamente difendi la Silvia? Comunque, stai tranquilla, tra me e lei le cose non stanno andando a meraviglia e penso che non dureremo per molto. Non so neanche se dovrei ritenerci ancora una coppia. Con Fede stavamo solo sistemando la mia ricerca. Sto scrivendo una tesina per il corso di botanica, dove faccio uno studio sulle bacche che crescono in Toscana, e se sono abbastanza bravo, per il giorno del matrimonio, vi porto pure la guarnizione della torta. Sono buonissime." me ne lancia una dal suo prezioso cestino e poi fa addirittura l'occhiolino a Federica.

Porco mondo.

Ogni volta che questo ragazzo apre bocca, mi sconvolge e non poco.

Lui e Silvia si stanno lasciando? Esce a fare ricerche nel bosco, di proposito, con Federica? Si fanno l'occhiolino?

Io, davvero, un giorno di questi farò a mia volta uno studio su quanto assurdi siano i miei ex compagni di classe.

"Spero che non sia avvelenata..." borbotto mentre, con un pelo di diffidenza, assaggio la bacca.

"Ma va.È persino detossificante." Pierpaolo mi sorride, esce dalla stanza e chiude la porta. "Nelli, dai, per piacere... cinque anni che spero nel tuo ritorno e ora ti dovrei far fuori con una bacca?"

Pier mi guarda negli occhi, io lo guardo negli occhi.

Per sicurezza, aspetto a deglutire.

"Sei sempre la solita!" ride e poi se ne va di nuovo verso le scale, indicando Federica. "Noi due ci becchiamo dopo per la partita, vero?"

"Certo, a dopo!" lo saluta lei, come una vera e propria verginella ottocentesca, facendo ondeggiare le dita e colorandosi gradevolmente di rosa.

Peccato che il mio sputo rovini decisamente il quadretto.

"Nelli!" mi rimprovera, vedendo come, del tutto irrispettosa di qualsiasi galateo, tossisco pezzi di bacca e saliva dentro a un fazzolettino che mi sono trovata in tasca.

La barbarie pura.

"Ma che fai? Perché l'hai sputata?"

"Perché secondo me quello è uno psicopatico." cerco di non strozzarmi e contemporaneamente mi assicuro di aver rimosso qualsiasi traccia di frutto dalla mia lingua. "Sicuramente mi vuole uccidere."

Fede rotea gli occhi: "Direi che la psicopatica sei tu. Che paranoie ti fai di punto in bianco?"

"Credimi, ho i miei motivi per pensarlo." decreto. "E comunque, di quale partita stava parlando l'assassino?"

"Di quella che ci sarà stasera in giardino." risponde Marco, tornando finalmente tra noi. "La stavamo organizzando noi ragazzi ieri, giusto per fare i cazzoni e tirare un po' di pallonate ai pavoni di Magno, ma poi si è intromessa Eva e l'ha reso un evento di massa, coinvolgendo anche le femmine. Che palle."

"Queste discriminazioni sessiste sono davvero retrograde."

"Ti dico io cos'è retrogrado." 

Federica sbuffa: "Lasciamo perdere. In ogni caso, come procede qui?"

"Male." rispondiamo io e Marco contemporaneamente.

"Ancora peggio ora che sei arrivata." specifica lui.

Federica comincia già a indispettirsi, ma non se ne va. Penso che avendo capito quanto la sua presenza dia fastidio a Marco, goda nel rimanere a punzecchiarlo: "Beh, l'avevo capito, grazie mille. Guarda caso non sono mai invitata alle tue festicciole di famiglia. Non sapevo nemmeno che foste qui ad affrontare un momento così serio... se non ricordo male, dovevamo farlo tutti e tre assieme."

"Forse non hai mai sentito parlare di terzo incomodo." la stronca lui. "O forse non ho voluto disturbare la tua raccolta di frutti proibiti nei boschi, chi lo sa."

"Chiami me e Lorenzo solo quando ti fa comodo. Solo quando la tua voce da sola non è abbastanza potente per primeggiare con arroganza come al solito."

"Dovresti ritenerti fortunata di essere una mia groupie."

"Gente, gente..." cerco di calmare gli spiriti, mentre Marco prende a camminare nervoso davanti alla porta della sua stanza e Federica si appoggia al muro con l'orgoglio ferito. 

Che amici umani mi sono trovata... si sbranano a vicenda rischiando di coinvolgermi nel processo, si contendono il mio favore escludendosi l'un l'altro, così da costringermi a scegliere, e  vanno d'accordo solo quando hanno un nemico in comune, che guarda caso, sarei sempre io. Alla fine quella che ci rimette in ogni circostanza è la sottoscritta. Ottima cosa, no?

Immagino che il karma, in questi giorni, si stia trastullando di soddisfazione con me.

"Ah..." Marco emette un sonoro soffio di tensione, controllando l'orologio. "Sono già passati venti minuti."

"Entra." lo esorto. "Non lasciarti scappare quest'occasione."

Marco è d'accordo con me, ma per nulla fiducioso: "Non ce la faccio..."

"Fammi entrare con te, allora."

"Davvero?"

"Se ti fa stare più tranquillo, sì." annuisco. "Ma sappi che non aprirò bocca. Parlare con Racky è un compito riservato esclusivamente a te."

"Ok... ok..." respira, sembrando leggermente più convinto. "Andiamo, allora."

"Andiamo."

Prima di entrare, però, mi volto istintivamente verso Federica e la guardo, e lei guarda noi e ci guardiamo tutti in un attimo di estremo imbarazzo. Poi Marco le si rivolge con onestà e senza troppa premura: "Vorrei solo Marinella."

Federica mantiene la sua facciata impervia alzando le mani, come se la decisione non la toccasse minimamente (quando in realtà le sta sicuramente bruciando da matti): "Certo."

Così, io e Marco entriamo nella stanza, chiudendoci la porta alle spalle e lasciando fuori Federica, sia fisicamente che metaforicamente. 

Non posso biasimare Marco per aver scelto di non includerla nella sua sfera confidenziale, però mi dispiace che nonostante il tempo e gli sforzi, questi due non siano mai riusciti ad avvicinarsi davvero. La loro rivalità è nata quand'eravamo ancora bambini e non si è mai smentita negli anni... forse sono semplicemente due persone dai caratteri troppo discordi, o forse devo accettare che, nella vita, non tutto può andare come vorrei io.

E visti i recenti sviluppi, è meglio che inizi ad abituarmi all'idea.

Rachele si è costruita una casa delle bambole utilizzando la valigia di Marco e qualche altro oggetto disparato. Al momento se ne sta beatamente a giocare davanti alla finestra, mentre un fascio di luce colpisce i suoi occhi. Non ha idea della notizia che sta per ricevere, anzi... sembra proprio la persona più spensierata del mondo, con quelle iridi di un blu pacifico come la superficie del mare piatto. Èconcentrata unicamente sulla treccia che sta cercando di fare alla sua Barbie bionda; una versione di plastica e in miniatura della sua mamma.

"Ciao papi, ciao zia Nelli!" ci saluta con entusiasmo, non appena ci vede entrare.

"Ciao principessina dell'universo." ricambia Marco, con la sua solita megalomania, ma con la gola già annodata. "Stai giocando?"

"Sì, sto facendo andare Rachele a un appuntamento." spiega, indicando la Barbie a cui ha dato il suo stesso nome - d'altronde la megalomania è genetica.

"Devo farla andare a prendere il gelato con Davide." prende in mano Ken e me lo fa vedere. Gli ha tagliato i capelli con la stessa pettinatura che ha mio fratello e siccome gli hanno fatto gli occhi azzurri di serie, lei glieli ha coperti con il pennarello marrone.

Così, oltre che essere inquietante perché si ispira a Davide Argenti, ora quel Ken ha pure un aspetto da bambola indemoniata.

"Che bello." commento, tirando un sorriso.

Piccoli Brividi, spostati. Bambino psicolabile di Toy Story 1, spostati.

"Senti, pulcino adorato, papà ti deve dire una cosa importante." esordisce Marco, chinandosi sulle ginocchia per arrivare alla stessa altezza di sua figlia. "Ti spiace interrompere il gioco per un secondo?"

"Ok, papi." Rachele ripone le bambole, obbediente. "È qualcosa che riguarda la mamma? Domani mattina arriva, vero? Non è che ha avuto un imprevisto e non può più venire?"

"No, no, la mamma arriva domani."

"Evvai, che bello!" Rachele esulta, radiosa. "Non vedo davvero l'ora, papi, sarà bellissimo!"

"Sì, tesoro..."

Marco cerca di continuare il discorso, ma la piccola gli si getta al collo e lo stringe senza paura di fargli male: "Sono così contenta di rivedere la mamma, mi manca troppo! E mi manca stare noi tre assieme! Appena arriva, ci possiamo guardare Frozen sul tablet come al solito? Così cantiamo tutte le canzoni con il karaoke e poi tu fai gli scherzi alla mamma e le fai sbagliare le parole!"

Oh, cavolo.

"Oppure andiamo a mangiare la pizza come hanno fatto oggi lo zio Diego e la zia Cris? Però ci andiamo solo noi tre. Non li voglio Filippo e Vittoria domani; non voglio nessuno quando arriva la mamma."

È mai possibile che i bambini abbiano quest'innata abilità di mirare esattamente al punto debole, proprio quando uno è già in fin di vita?

Sembra davvero un perculo del destino. Come diavolo può riuscire questo povero ragazzo a risolvere una situazione del genere, adesso? Come può mai avere la forza di smorzare una tale ingenuità con una mazzata in pieno stomaco?

Vedo Marco sbiancare completamente e la sua faccia contrarsi in un'espressione di puro dispiacere. Rimane stretto a sua figlia per un po', poi sciolgono l'abbraccio e si guardano negli occhi.

"Cosa mi dovevi dire, papi?"

Eh.

Guardo Marco, poi lei, poi Marco, poi lei. Non ne usciremo mai, lo so.

"Niente di che, piccolina." si lascia sconfiggere dalla debolezza e le accarezza il capo, senza nemmeno aver abbozzato il discorso. "Sono molto contento anch'io di rivedere la mamma."

Rachele sorride compiaciuta e poi ritorna sulle sue bambole, mentre Marco chiude gli occhi ed espira tutta la sua delusione. Non ha neanche cominciato: è andato tutto a rotoli fin da subito, una chance bruciata in meno di cinque secondi. È come quelle partite di calcio in cui una squadra forte sfida una squadra debole e al ventesimo minuto sono già cinque a zero. È quasi una farsa continuare, ci si arrende in partenza, letteralmente.

"Vado a vedere se Vittoria e Filippo si sono svegliati." annuncia la bambina, afferrando Ken e Barbie. "Così giocano con me e mi aiutano a far andare bene l'appuntamento di Rachele e Davide. Dopo la gelateria, li facciamo andare in giardino e li sposiamo." entusiasta, corre verso la porta e la spalanca, salutando Federica che si trova nel corridoio. Prima di correre dai suoi amici, però, si rivolge di nuovo verso Marco: "A proposito, papi... quand'è che anche tu e la mamma vi sposate?"

La faccia di Marco sembra quella di un passeggero con il mal di mare durante una tempesta su una barca in mezzo all'oceano.

"Non lo so." risponde con un filo di voce.

Rachele si chiude nelle spalle: "Va beh, quando vi sposate, organizzo io il matrimonio. Ciao zia Nelli, ciao zia Fede!" la bambina agita le bambole in un saluto e poi sparisce, saltellando, dietro l'angolo delle scale.

Il silenzio imbarazzato che segue è decisamente emblematico.

"Ok, o è stato estremamente rapido e indolore, oppure qualcosa è andato storto." riassume Federica, affacciandosi alla porta con le braccia incrociate al petto. "Opterei per la seconda, ma non si sa mai che si tratti della prima. Magari Marco ha delle doti nascoste da oratore quintiliano."

"Ma chiudi quella bocca." le risponde lui per le rime.

Avanzo un paio di passi verso di lui e gli poso una mano sulla spalla, mentre se ne sta ancora inginocchiato in mezzo alla stanza, con un'espressione affranta e un cimitero di Barbie attorno: "Mi dispiace, Marco..."

Lui scuote la testa e si copre il volto con una mano.

"È davvero difficile, ti capisco." cerco di consolarlo, sentendo tutta la desolazione del momento ed entrando in empatia con lui. "La prossima volta andrà meglio, vedrai."

"Sì, la prossima volta..." commenta, alzandosi in piedi e scrollandosi da qualsiasi contatto. "Quale prossima volta? Non ce ne sarà una, se continuo a non combinare un cazzo di niente come adesso." si appoggia con il gomito alla finestra, nervoso e scattoso, guardando fuori a labbra serrate.

"Non ci sarebbe riuscito nessuno." gli faccio notare. "Non è colpa tua."

"Sì, è colpa mia se mi sono ridotto a dover spezzare il cuore di mia figlia."

"È colpa di Giorgia." precisa Federica, lanciando quest'accusa fuori dai denti.

Marco la degna di uno sguardo, ma non di una risposta.

"Secondo me dovresti semplicemente essere chiaro con Rachele." insiste lei. "Le dovresti raccontare com'è andata, e basta. Non tanto per discolparti, ma per dare alle cose il loro vero nome, se capisci cosa intendo."

"Quindi secondo te dovrei dire a Rachele che sua madre mi ha voluto lasciare per un altro? Così, di brutto?"

"Le diresti solo la verità. Non è di certo piacevole, ma quanto meno merita di saperla."

Marco si altera e non poco, rivolgendosi a Federica con tono troppo alto e troppo sgarbato: "Sto per distruggere i sogni di mia figlia, della mia stessa bambina, e tu mi vieni a dire che se lo merita? Che la soluzione è demonizzare sua madre?"

"Ma quali demoni, si tratta solo di essere trasparenti!" specifica Federica. "Si ottiene più comprensione mettendo sul tavolo le dinamiche esattamente come si sono verificate."

"Ma che comprensione delle dinamiche pensi che abbia una bambina di otto anni?!" Marco è scandalizzato. "È mia figlia, dovrei proteggerla dalle sofferenze e assecondare ogni suo desiderio, e tu mi vieni a dire che dovrei raccontarle chiaro e tondo che invece di sposarsi, i suoi genitori si separano e che la sua mamma mi ha voluto mollare per accoppiarsi con un cesso?! Sentiamo, come dovrei impostare il discorso? Dicendo che è colpa di Giorgia, se ha dei gusti di merda e se ora si dovrà guardare Frozen con vecchio stempiato che ha le cosce da dinosauro?"

Federica non si lascia intimidire dai toni e ribatte con testardaggine: "Il casino l'avete combinato voi due, per la cronaca, e adesso ci sono delle conseguenze da pagare. Avresti dovuto preoccupartene molto prima e cercare di risolvere in un altro modo direttamente con Giorgia, ma non l'hai fatto e ora sei in difficoltà. Io te l'avevo detto."

"Ma che cazzo ne sai tu?" rilancia Marco, arrabbiato. "L'unica cosa al mondo che sai fare è raccogliere more nel bosco, quindi perché non raggiungi il tuo principe azzurro e riveli anche a lui, dall'alto della tua esperienza nella vita, la marea di perle di saggezza bigotte che conservi nella tua anima ottocentesca?"

Federica si esprime in una risatina sprezzante che è tutto dire, avvicinandosi temerariamente a Marco e ignorando le mie occhiate ammonitrici.

"Se non ricordo male, quello che ha accettato il cambiamento e che vuole affrontare la nuova situazione in modo del tutto sciallo sei tu." gli ricorda, facendo riferimento a quel giorno in cui Marco ci ha rivelato della sua situazione familiare. "Io te l'avevo detto che stavate combinando un abominio, ma tu stesso hai gentilmente fatto notare che molti bambini sopravvivono al divorzio dei loro genitori. Come la pensi adesso, eh?"

Marco la fissa intensamente, i muscoli tesi e il respiro pesante.

È il momento in cui si sbranano per davvero, me lo sento.

"Penso che c'è un motivo se non ti voglio tra i piedi. Tu non sai niente di cosa significhi essere genitori e non hai nemmeno il buonsenso di provare ad immedesimarti, come fa Marinella. Sei solo acida, arida e vuota. E adesso vai via dalla stanza di mia figlia. Non metterci neanche più piede."

Federica continua a mantenere il contatto visivo con lui: "Va bene. Ai tuoi ordini. Semmai ti renderai conto della gravità della questione e vorrai una spalla su cui piangere, non sarà di sicuro la mia."

"Non verrei mai a piangere da te."

"D'altronde sei un uomo tutto d'un pezzo, no? 'Ci parlo io a Rachele, ci pensa il suo super papà a non farla soffrire, salvo la faccia sia a me che a Gio che al suo nuovo fidanzato, lasciarsi non è niente di che, i bambini con genitori separati se la spassano'. Buona fortuna, fatemi sapere se la bambina regge il trauma o se a lei una spalla su cui piangere serve davvero." Federica scuote la testa e guarda male pure me, poi, finalmente, decide di levare le tende.

E si volta per uscire, ma... non si muove.

Naturalmente non si lascia mai la porta aperta, quando stai parlando di cose segrete. La gente origlia a porte chiuse, figuriamoci quando rimangono spalancate.

E vi dirò di più... per esperienza so che spesso, ad origliare le vostre conversazioni, è proprio l'ultima persona che vorreste.

E per questa storia, ormai, è un classico.

"Racky..."

La bambina ci fissa tutti e tre con gli occhi che da blu sono diventati grigi. Altro che mare piatto... ora il mare è decisamente in pre-tempesta. È impalata sulla porta e non sa nemmeno a chi dei tre riservare più rancore, mentre già le si arricciano le labbra.

Marco scansa malamente Federica e fa un passo verso la piccola, mettendo le mani avanti: "Racky, amore, hai sentito i nostri discorsi?"

La bambina annuisce.

"Guarda che stavamo parlando di cose complicate tra grandi. Adesso ti spiego tutto per bene, ok?"

Ma lei non si lascia affatto avvicinare, né convincere da Marco.

Anzi, getta le due bambole ai nostri piedi e si volta per scappare da noi a gambe levate.

Un dramma nel dramma... benissimo.

Marco non esita un solo secondo ed esce dalla stanza di corsa per inseguire sua figlia. Io e Federica ci guardiamo negli occhi per qualche istante, ma non c'è tempo di scambiare nemmeno una parola, perché pure noi siamo pienamente prese dalla situazione. Automaticamente, usciamo per raggiungere Marco e scendiamo fino a metà scale, dopodiché ci blocchiamo per assistere alla scena che si sta svolgendo in salotto.

Marco è riuscito a fermare Rachele, ma lei ha già i lacrimoni fino al mento e non è affatto disposta ad ascoltare alcun tipo di scuse. È inutile che lui cerchi di stringerla a sé o di parlarle smentendo quanto detto poco fa; ormai la bambina ha tratto le sue conclusioni e ha rilevato in lui il nuovo nemico.

La tecnica del se sarà suo padre a parlarle, andrà tutto bene si è definitivamente provata inefficace.

Come se la provvidenza l'avesse inviata, in questo momento Cristiana compare in salotto con i bambini a mano. Non appena la vede, Rachele si libera dalle grinfie di Marco e si fionda da lei avvinghiandosi al suo pancione.

Ovviamente la ricciolina si preoccupa e ci guarda tutti e tre con espressione confusa, mentre in uno spontaneo gesto materno stringe a sé la bambina.

"Voglio stare con la zia Cris!" grida Rachele, stringendosi alla sua pancia e affondando il viso nel tessuto del suo prendisole premaman.

Marco scuote la testa per indicare a Cris che è una situazione troppo complicata e poi, con un cenno di resa, le acconsente di prendere Rachele con sé ed occuparsi della situazione, confidando nella sua dimestichezza a trattare con i più piccoli. Cris gli mostra un sorriso per quanto possibile comprensivo e incoraggiante e gli fa segno di vedersi più tardi. Così si rivolge a Rachele, le dice che andrà tutto bene e con tre bambini a mano e due in pancia, si apparta per cercare di rimettere tutto in ordine.

Anche se, purtroppo, non sono sicura su quanto le cose per Rachele potranno mai tornare nell'ordine giusto.

Rimaniamo solo noi tre; io, Federica e Marco, in silenzio ed immobili nelle nostre posizioni, ognuno alle prese con i propri pensieri e i propri rimorsi.

Marco si volta verso le scale e guarda Federica: "Hai rovinato tutto."

Lancia un'ultima occhiata verso il punto dov'è sparita Cris e poi ci sorpassa, salendo al piano superiore e sbattendosi la porta alle spalle.

***

TERZO BREAK

Eccoci all'ultimo break del capitolo, cui seguirà la parte finale (hallelujah!). Ci sono stati dei momenti sicuramente movimentati, quindi adesso, prima di proseguire, vi invito a prendere una piccola pausa ristoro. 

Nel frattempo, io cerco di condividere qualcos'altro di... carino? Non lo so, ditemelo voi XD

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Ho anche un bellissimo disegno che ha fatto per voi Nicole. E' un'anteprima di ciò che leggerete nel prossimo capitolo e ve l'ho messo anche questa mattina su Instagram. Vi siete fatti qualche idea? Avete delle sensazioni a riguardo? Ovviamente bisogna prima capire chi è quest'affascinante e bagnato giovane XD

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Come sempre un grazie di cuore al talento delle nostre disegnatrici. Anche Angelica presto farà un disegno da aggiungere a questo capitolo o da inserire nel prossimo! 

E ora niente più scuse. Manca poco, quindi forza e coraggio e buona lettura <3


***

"Pazzesco..." Lorenzo si porta una mano alla bocca, con lo sguardo assorto sul tramonto in lontananza. "Ma ora Marco come sta?"

"Non lo so." affermo, sconsolata. "Ho provato a chiamarlo, scrivergli e addirittura bussare alla sua stanza, ma mi ha chiesto di essere lasciato solo. Non è arrabbiato con me, ha solo bisogno di sbollire, sperando che Rachele si decida ad ascoltarlo.È preoccupatissimo per lei; mi ha chiesto di tenerla d'occhio finché vuole stargli alla larga."

Lori si rattrista, dispiaciuto per la bambina, ma anche per Marco: "Invece ce l'avrà a morte con Fede, immagino."

Schiocco la lingua: "Sembrava così, ma poi lui non è più uscito dalla sua camera e lei si è messa a cincischiare con Scilla. Da una parte meglio, perché penso che si sarebbero uccisi a vicenda; dall'altra non so che le prenda... prima è tutta un fremito per questa questione su Rachele, in cui non è stata nemmeno inclusa, e poi fa come se non fosse successo nulla, e si immerge nei discorsi sulle bacche di quello lì."

Indico sia Federica che Pierpaolo, non molto distanti da noi, che si stanno scambiando divertenti battute in mezzo all'area di gioco. Il torneo di calcio a squadre miste è iniziato già da un po' e quanto meno sta servendo alla maggior parte di noi per scaricare la tensione pre-cerimonia. In più, Eva ha proposto di incaricare la squadra perdente a ripulire tutto il macello che ci sarà dopo il ricevimento nuziale. Chi non partecipa è automaticamente nel comitato pulizie; esclusi infanti, soggetti malati e soggetti incinti.

Io e Lori, dunque, non giochiamo. Lui per ovvie ragioni, io perché, ovviamente, ho accettato la condizione più che volentieri: pulirei anche due volte l'intera villa pur di evitarmi la partita di calcio. Così, mi sono seduta qui sull'erba a fare la ragazza pon pon, godendomi un po' di pausa dopo questa giornataccia e cercando mille e uno modi per silenziare il casino nella mia testa. Vi dirò che, tutto sommato, non mi dispiace starmene qui a chiacchierare con Lori, controllare che Sayid non venga preso a pallonate sulle palle e contemporaneamente guardare Mattia che si rinfresca gettandosi la bottiglia d'acqua sulla testa.

Federica, al contrario di noi antisportivi, ha deciso di partecipare in prima persona e casualmente è finita in squadra con Pierpaolo. Di tre che ce ne sono, la loro sta perdendo miseramente per la seconda volta, ma nessuno dei due sembra esserne più di tanto turbato.

Hanno passato più tempo a chiacchierare che a dare calci al pallone, cosa che risparmia sicuramente i genitali di Sayid, nella squadra avversaria, ma che mi dà di cui pensare anche per altri motivi. Infatti, non capisco se stiano solamente recuperando un'amicizia da tempo perduta, o se effettivamente abbiano raggiunto un livello di maturità tale per potersi finalmente dichiarare amore eterno. Trovare un modo per riavvicinarsi dopo tanti anni è stato un grande passo, da parte loro, ma non sono del tutto certa che possa portare a qualcosa di buono.

Pierpaolo come al solito non è molto rispettoso delle relazioni, mentre Federica non sembra aver imparato dal passato. Per come la sto percependo in questi giorni, mi sembra piuttosto presa, invaghita e attratta da tutta questa storia del bosco... ma all'interesse di entrambi per le bacche toscane chi crede davvero?

Purtroppo quei due sono avvezzi a questo tipo di stronzate: prima sembrano appassionati di cavalli, poi di scommesse, ora di bacche... tutto per non ammettere che la vera passione di entrambi sono l'un l'altra, vicendevolmente. Ma se ancora oggi dopo otto anni non riescono a fare quel salto di qualità, allora che cosa c'è che non funziona?

Che poi parlo io, va beh, ma il succo l'avete capito... sostanzialmente sono preoccupata che possano rimanere sempre allo stesso punto, che Pier veda Fede come solo un'amica e che lei invece si faccia delle illusioni, per poi rimanerci male.

Però, d'altro canto, la speranza viene pure a me, è inevitabile. Tralasciando il fatto che ora ai miei occhi è un mostro, Pierpaolo parla di rottura con Silvia, quindi potrebbe avere cambiato le proprie intenzioni. Non è che magari anche a lui le passeggiate nel bosco sono servite ad aprire gli occhi? Non è che stavolta stia preparando il terreno per affrontare qual faccia a faccia con Federica che otto anni fa è andato malissimo?

All'epoca c'era Camilla Addobbi di mezzo (la prima volta di Mattia... schifo!), ora invece, pare che non ci sarà nessuno.

"Dici che finiscono assieme?" mi domanda Lori, seguendo il mio sguardo rapito.

"Complessi sentimentali permettendo, potrebbe anche essere." wow, senti da che pulpito. "Oggi Pier mi ha detto che lui e la Trepalle stanno pensando di lasciarsi."

Lori si esibisce nei suoi classici occhi a gufo: "Stanno pensando di lasciarsi?"

"O lui lascerà lei, boh."

"Ah, ecco, molto più nel suo stile. Pier con le donne è come Opel con le formiche: vengono, mangiano, se ne vanno, vengono, mangiano, se ne vanno..."

A quanto pare, oggi è la giornata dei riferimenti ai cartoni animati.

Rido a questa metafora troppo azzeccata e contemporaneamente sento un fortissimo impulso di raccontare a Lorenzo tutto quello che è successo l'altro giorno, quello che ho sentito da Pierpaolo e Mattia, la decisione che ho preso, il dolore che sto provando. È un istinto davvero improvviso e prepotente, ma per fortuna, riesco a fermarmi in tempo.

Devo sforzarmi di restare fedele a quello che mi sono imposta, non posso crollare.

Una sola parola con qualcuno metterebbe tutto a rischio, a maggior ragione se si tratta di Lori, che ha sempre e comunque avuto un'inclinazione per farsi impietosire da Zingaretti. Non esiterebbe un solo istante a renderlo partecipe delle mie folli idee.

E sì, sono pienamente consapevole che durante la mia esistenza la scelta di tenere i miei migliori amici all'oscuro dei miei problemi non è mai stata saggia, ma stavolta so che loro capirebbero. Sto facendo qualcosa per Mattia, non per me, esattamente come Diego fece per Cristiana, durante quel nostro epico viaggio di maturità. E sto facendo qualcosa che si fonda sull'amore, non sull'orgoglio o sulla vendetta come ci si potrebbe aspettare da me. Sono certa che un domani, una volta che Mattia avrà scelto liberamente per il suo futuro e io potrò raccontare tutto ai miei amici, loro saranno orgogliosi.

Sempre che prima non si ammazzino a vicenda, ovviamente. E sempre che, anche per loro, tutti i problemi si risolvano...

"Comunque, Lori, come sono messi nei vari ospedali? Hai ricevuto qualche chiamata?"

"Credimi, se ricevessi la chiamata, lo sapresti. Mi sentiresti urlare di gioia da qualsiasi parte del mondo."

"Mmm..." la mia espressione non è affatto allegra.

Lorenzo sospira: "Sono in lista da mesi, ormai, e credo di aver stalkerato tutti gli ospedali dall'Emilia Romagna in su, ma..." scuote la testa. "Aspetto e aspetto e aspetto. Mi faccio visitare da Glo, guardiamo assieme i siti con le ultime notizie sulla mia malattia, ma finché non trovano un benedetto fegato compatibile, sono in stallo."

Mi mordo un labbro preoccupata: "Essere in stallo quanto è grave da uno a dieci?"

"Tanto più grave quanto più velocemente peggiori."

"E tu stai peggiorando?"

"Mmm... facciamo che sono a sette su dieci."

"Lori!" mi inorridisco, anche se non vorrei suonare così agitata.

"Stai tranquilla." sorride, mentre toglie i fili di troppo sullo strappo modaiolo dei suoi jeans. "Gloria mi tiene sotto controllo peggio di un pacemaker attaccato al cuore. Non lascerebbe che mi succedesse niente di male; pensa che è quasi più concentrata sulla mia salute che sul suo stesso matrimonio. Anche se... appena vedrà il vestito... wow..." gorgoglia con aria sognante, portando le nostre menti a figurare una bellezza come quella di Gloria avvolta da un abito altrettanto mozzafiato. Sarà davvero splendida, ne sono sicura.

"Non vedo l'ora di vederglielo addosso." cinguetto, infatti.

"Io piangerò come una donna in preciclo."

"Anch'io."

"Nelli." inaspettatamente, la mano di Lorenzo scatta verso la mia e la stringe con impeto. "Promettimi che non mi abbandonerai."

Ora tocca a me fare gli occhi a gufo, totalmente presa in contropiede da questa sua uscita: "Ma che stai dicendo? In che senso?"

"Promettimi." ripete, improvvisamente molto meno calmo di cinque secondi fa. "Comunque vada, fegato o non fegato, promettimi che non ci allontaneremo più, che non mi lascerai da solo, che mi starai vicino."

"Sì, Lorenzo." lo rassicuro con apprensione, facendomi influenzare in negativo dal suo drastico cambiamento di umore. "Ti ho giurato che non farò mai più l'errore di staccarmi dalle persone a cui tengo." 

Eccetto una...

"Voi... tu... siete importanti tanto quanto la mia famiglia. Anzi, siete la mia famiglia. Indipendentemente dalle mie e dalle vostre psicosi, giuro che non abbandonerò mai più nessuno di voi."

"Non solo da quel punto di vista, Nelli. Io intendo proprio in questo momento della mia vita, adesso... ho troppa paura di restare solo, sento davvero il bisogno che i miei amici mi stiano vicino e in particolare che tu mi stia vicino."

"Non devi neanche dirmelo, Lorenzo. Puoi contare su di me. E comunque non mettere nemmeno in conto le cose brutte; tu quel fegato ce l'avrai, a costo di far asportare il mio da Gloria."

Lorenzo fa una risatina contaminata dalla preoccupazione: "Non lo voglio il tuo fegato. Dio solo sa quanto l'hai massacrato a suo di arrabbiature con Zingaretti. Però allora se sei sicura che prima o poi un fegato arriverà, voglio te. Al mio fianco, durante l'operazione... voglio te. Promettimi che ci sarai."

Stringo più forte la mano di Lorenzo e mi appoggio alla sua fronte con la mia: "Te lo prometto."

"Ehi, piccioncini." la presenza che oscura il sole davanti a noi è quella di Mattia Zingaretti, che ci scruta da in piedi e con un sorrisetto.

"Ancora dubbi sulla tua sessualità, Castelli?" lo provoca avvertendo il momento delicato e facendo (giustamente) dell'indelicato sarcasmo. "Lo so, il culone di Nelli porta sempre con sé una vastità di dubbi."

"Uh, è appena arrivata una vastità di simpatia." rilancio. "Perché non ci spostiamo, Lori? Potrebbe travolgerci con tutto quel carisma."

Mentre Lorenzo rotea gli occhi, Mattia mi sorride e io ricambio.

Dio... quanto sarà difficile sopravvivere a questi ultimi giorni.

"A parte gli scherzi, Lori." dice Mattia, passandosi la bottiglietta di acqua da una mano all'altra e accennando a me con la testa. "Te la posso rubare un secondo?"

Lorenzo si alza in piedi con rinnovato buonumore e cede il suo posto sull'erba a Mattia: "È sempre stata più tua che mia, non ti preoccupare." ci fa un occhiolino da vera suocera, prima di lasciarci soli. "Buona chiacchierata!"

Oh, cielo.

Mattia si siede vicino a me e mentre Lorenzo se ne va, respira sonoramente asciugandosi la fronte. Dopo la partita non è che sia proprio un mazzolino di rose, ma vederlo comunque così da vicino, così bagnato e accarezzato dalla luce del tramonto, mi manda in loop cerebrale e mi rivedo otto anni fa a contemplarlo, sognante, fuori dallo stadio della Giudecca, mentre desidero di poterlo possedere carnalmente qui e ora, esattamente come mi accadeva al tempo. Con la differenza che in questi otto anni è successo il finimondo e adesso ho preso la decisione di fare la persona matura ed evitare colpi di testa come questi.

Io mi odio.

"Che caldo." commenta lui, passandosi una mano sul collo.

Eh. Che caldo.

"Mh." lo assecondo in leggera difficoltà.

Sempre in difficoltà, io.

"Come va?" mi chiede, a sua volta in imbarazzo.

Dopo ieri sera non è che ci siamo visti e sentiti molto. Anzi, se devo essere sincera, la serata di ieri è andata esattamente come da copione, cioè male. Dopo le mie ambigue battutine iniziali su Sayid e l'appartamento di New York, l'umore aveva già subito un notevole calo e non ha fatto altro che peggiorare fino alla fine. Ci siamo messi a scrivere, discutevamo di tanto in tanto su una struttura grammaticale piuttosto di un'altra, ma era completamente un'altra storia in comparazione al nostro primo tentativo di discorso, in cui neanche cinque minuti dopo aver iniziato, siamo finiti a letto.

Ieri è stato tutto molto più freddo, tanto che a una certa mi ero pure convinta che non avrei dovuto sforzarmi troppo per inseguire il mio piano. Tuttavia, Mattia non è riuscito a fare finta di niente, nonostante avesse le palle palesemente girate, e mentre stavamo mettendo via le nostre cose, mi ha chiesto senza mezzi termini se volessi riprendere i discorsi della sera prima, oppure no.

Discorsi che, voglio ricordare, erano rimasti sospesi su me che avevo promesso a Mattia che l'avrei seguito a Modena e che avrei abitato nei pressi dell'Accademia rinunciando ai miei progetti americani e lui che aveva promesso a me che, a quel punto, avrebbe attentamente valutato di rinunciare alla missione in Siria.

Poi è arrivato a Sayid, io ho origliato i veri dissidi interiori di Mattia e tutto è andato a puttane.

Così, ho risposto a Mattia che non c'era realmente fretta di parlarne in quel momento, che avremmo fatto meglio a lasciar passare questi ultimi giorni di vacanza e che, dopo il matrimonio, ne avremmo discusso per bene.

Chiaramente questo mio prendere tempo è a favore del piano e a favore di un finale senza troppi spargimenti di sangue. Sappiamo già come vanno a finire le promesse, qui... non sono utili né a me né a lui, specialmente sapendo preventivamente come stanno le cose, almeno questa volta. È giusto che Mattia scelga di andare in missione, è giusto che scelga la vita che si è guadagnato e quella che sogna davvero.

Io lo aspetterò comunque, sul serio, semmai un domani sarà pronto per tornare. Ma nel frattempo, purtroppo, penso che morirò di tristezza. Tipo... lui parte il 26 e io muoio il 27.

In ogni caso, Mattia ha semplicemente preso atto delle mie parole, poi abbiamo chiuso baracca e burattini e ognuno è andato per la sua strada. Eravamo entrambi silenziosi, pensierosi e stroncati dai risvolti. Mattia sicuramente non si aspettava che io avessi certi atteggiamenti e gli ha dato tutto molto fastidio, ma in ogni caso non si è accorto di nulla.

Ha imputato questo mio modo di fare alla presenza di Sayid e, in fondo, non si è opposto al rimandare a più avanti le grandi decisioni. So che gli fa comodo, e almeno di questo, sono felice.

"Potrebbe andare meglio." concludo infine, in risposta all'interessamento di Mattia.

"Idem. Sono stato battuto dalla squadra di Sayid."

Gli lancio un'occhiata in tralice.

"Italia-Libano. È una questione di principio." si giustifica.

"Ah-ha." non do corda alle sue provocazioni. "L'importante è che non siate finiti terzi, sennò vi toccava pulire."

Accenna a me con la testa: "Perché tu non hai giocato, allora? Così dovrai pulire per forza..."

"Quando mai mi piace giocare a calcio?"

"Giusto." mi concede, riservando uno sguardo significativo alle mie cosce. "Comunque, ti volevo dare una cosa." annuncia, prima che possa picchiarlo per aver osato indirettamente giudicare la mia paffutaggine.

Si mette una mano nella tasca dei pantaloncini e tira fuori un foglio di carta piegato su se stesso, un po' come Diego stamattina. Vi dicevo che la storia si ripete...

Mi passa questo pezzo di carta e nei secondi in cui le nostre dita si toccano, io ho i più impensabili pensieri di sempre. Vorrei potergli stringere la mano, anziché sfiorare solamente le sue dita, vorrei poterlo baciare perché odio dover fingere di non starne sentendo una voglia pazza, vorrei che mi avesse scritto una lettera d'amore, vorrei che fosse una lettera di congedo dalla carriera militare, vorrei che non fosse mai venuto a chiedermi ripetizioni in terza superiore, vorrei averlo seguito subito, cinque anni fa, quando è partito per Modena, vorrei averlo ascoltato prima che fosse così tardi, vorrei smettere di sbagliare e vorrei che quelli a sposarsi, fra due giorni, fossimo noi due, e non Gloria e Magno.

"Che cos'è?" gli chiedo, curiosa e anche un po' impanicata dal ricordo dell'ultima volta in cui aveva un foglio per me.

Lui mi fa segno di aprire, così eseguo e me lo metto ben vicino al viso, anche per nascondere il rossore che Dio solo sa perché mi è spuntato sulle guance.

Il foglio è bello grande, un A4, ma ci sono scritte solo tre righe al centro, in matita, e con una calligrafia che dire gallinacea è un complimento. Si tratta di quella di Mattia, ovviamente.

L'amore non è giusto, non è equilibrato e non è semplice. Ma, paradossalmente, è quello che più si avvicina alla giustizia, all'equilibrio e alla semplicità. L'amore è semplicemente complicato.

Wow.

Prima fisso queste poche parole, poi mi volto verso il suo viso, ammirata da ciò che ho appena letto e curiosa di sapere tutto sul perché l'abbia dato a me.

È per caso, davvero, una dichiarazione d'amore? 

"Ieri sera hai detto che il finale che avevo pensato per il nostro discorso da testimoni faceva schifo, così ne ho inventato un altro." mi spiega, troncando così subito le mie vane aspettative.

"Oh..." abbasso lo sguardo sul foglio, rileggendolo con fare forse fin troppo deluso. "Oh."

"Non ti piace?"

"Sì, è bellissimo." mi riprendo. "L'hai davvero inventato tu?"

"Qualcosa l'ho preso un po' da internet."

Lo guardo malissimo.

"Solo la struttura della frase, stai tranquilla. Le parole le ho cambiate tutte; anche perché era una massima sul calcio."

Lo guardo ancora peggio.

"Era tipo... il calcio non è giusto, non è equilibrato e non è semplice. Ma, paradossalmente, è quello che più si avvicina alla giustizia all'equilibrio e alla semplicità."

"Ma non avevi detto di aver cambiato tutte le parole?!" mi infervoro. "Hai solamente scambiato calcio con amore, capirai che profondità, Mattia!"

"E ho aggiunto l'ultima frase." precisa. "Quella l'ho presa da te."

Mi fissa.

"Se ti ricordi."

Lo fisso anch'io, stavolta molto, mooolto in difficoltà, facendo addirittura fatica a deglutire.

Certo che mi ricordo.

"Beh... è bella."

"Certo che è bella, altrimenti non l'avrei scritta." dice. "La teniamo?"

La rileggo ancora una volta, concentrandomi su ogni parola, legandola ai vari riferimenti nella mia testa e facendomela piacere ancora di più di quanto non mi sia piaciuta la prima volta.

"No." rispondo, infine.

"Come no?" si offende Mattia, riprendendosi malamente il foglio e controllandolo da vicino. "Cos'ha che non va? Ci sono degli errori? Ho scritto male qualcosa? Avevi detto che era bella!"

"Troppo bella." specifico. "Per stare in quel discorso. Me la posso tenere io?"

Lui mi guarda, smarrito, confuso... lo sto chiaramente disorientando con queste uscite contraddittorie, ma non posso farne a meno. Vorrei con tutta me stessa riuscire ad essere più distaccata, ma questa volta lo trovo semplicemente impossibile. 

Anzi, semplicemente complicato.

La frase è così bella, così... sua, che voglio tenerla per sempre come ricordo. Vada come vada, qualsiasi finale ci sia, voglio essere sicura che almeno queste parole e questo momento rimangano per sempre miei. Non voglio nient'altro, poi, mi farò bastare questo e la sua felicità.

"Ok." si chiude nelle spalle. "Come vuoi. Anzi, se preferisci ho una fototessera in più nel portafogli. Te la posso dare anche firmata."

Mi lascio scappare una risatina divertita, che quando sto con Mattia mi viene spesso spontanea: "Anche no, grazie. Mi basta doverti guardare adesso con tutto quel sudore sparso per la faccia."

"Non è sudore, è acqua." 

"Tutto?" gli chiedo scendendo con lo sguardo sulla maglietta umida.

Mattia sogghigna maliziosamente, spostando lo sguardo oltre la mia figura e sussurrando: "C'è chi perde liquidi come impone la natura, e chi invece trasuda incenso. Mi spiace deluderti, ma io sono solo umano."

"Nelli!" Sayid ci raggiunge arrivando alle mie spalle e Mattia ne approfitta per aggiungere: "Ed ecco Baldassarre."

L'umorismo di Mattia è un'altra delle cose che mi fa perdere la testa. Ma non posso proprio perderla adesso, anzi... devo tenermela ben appiccicata al resto del corpo, e usare tutto saggiamente. 

Perciò mi alzo in piedi, accolgo Sayid con un sorriso fin troppo sdolcinato ed esulto come una vera cheerleader oca: "Complimenti per la vittoria!"

Lui si compiace visibilmente e, senza preoccuparsi di perdere la dignità, o la vita, mi abbraccia calorosamente. Non lo fa in maniera irrispettosa, certo, ma comunque avanza la sua pedina senza farsi troppi problemi, contento e sicuro di sé.

Ricambio l'abbraccio in maniera forzata, colpendogli ritmicamente la schiena, mentre anche Mattia si alza in piedi e si ferma di fianco a noi: "Già, Sayid. Complimenti per la vittoria."

Ripiega il foglio che aveva in mano e me lo infila nella tasca posteriore dei jeans, poi se ne va, mentre io me ne sto ancora tra le braccia di Sayid e vorrei solamente piangere.

In questo momento, più di qualsiasi altro nella mia vita, sto soffrendo da impazzire, ma sono davvero convinta di essere l'unica ad avere la verità in tasca.

***

ANGOLO AUTRICE



Chi non si è mai chiesto che cos'è l'amore? Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate e quale definizione avete dato a questo sentimento, semmai siete riusciti a trovarne una. Oppure se, secondo voi, esiste qualcuno che ha la verità in tasca e saprebbe dirlo con certezza. Magari quel qualcuno, inaspettatamente, è proprio il nostro idiota di sempre... chi lo sa?

Per quanto riguarda il capitolo, ritengo di aver già fatto un'insopportabile introduzione all'inizio e durante i break, perciò vi voglio solo dire che, nonostante i soliti drammi, a me è piaciuto scriverlo. Mi rendo conto di averla buttata molto sul riflessivo e talvolta introspettivo, ma secondo me c'era bisogno che Nelli desse delle spiegazioni, soprattutto vedendo che qualcuno nel capitolo precedente non aveva capito alcuni passaggi importanti ed era saltato a conclusioni sbagliate.

Invece, per quanto riguarda gli altri personaggi, spero di aver riportato un po' d'equilibrio per alcuni, mentre temo di aver alimentato l'odio per altri. Alla fine, le mie previsioni non sono mai del tutto corrette, quindi aspetto con ansia il vostro resoconto. Gli haters di Federica, in ogni caso, me li aspetto eccome e li accoglierò nelle recensioni con tè e pasticcini XD

Sono contenta di essere riuscita per questa volta ad avere l'aiuto della beta Ellie. Non certo per merito mio, ma grazie alla sua rapidità e dedizione, che ha permesso anche a voi di leggere un capitolo sì pesante, ma quanto meno grammaticalmente corretto. E sì, se non faccio questa battuta ogni volta, non sto bene. Ridete... almeno per compassione di me.

Spero che tutto sommato il capitolo sia piaciuto anche a voi e che abbia aperto qualche prospettiva in più in vista del finale, ovvero del tanto discusso e temuto prologo. Per rispondere ufficialmente a tante domande simili, vi dico che il giorno del matrimonio sarà descritto tra i capitoli 18 e 19 (questo qui che avete appena letto è il 16), mentre i capitoli totali della storia saranno 22/23. Ovviamente sono dati che si basano sui miei programmi, ma sono sempre e comunque soggetti a cambiamenti e imprevisti dell'ultimo minuto, quindi niente è sicuro finché non è scritto.

Prima del prossimo capitolo, comunque, avevo intenzione di pubblicare una OS da aggiungere alla raccolta e, dato che si tratterebbe di una OS richiesta e speciale, volevo anche abbinarla al test: Che personaggio di 'Io e te' sei?
Se anche a voi piace l'idea, ci lavorerò in questi giorni e poi, a seguire, pubblicherò il capitolo 17.

E adesso, spazio alle domande!

1) Avete riconosciuto qualche vostro commento nella carrellata a inizio capitolo? Ai fini della lettura, vi è sembrata una mossa stronza, una polemica inutile oppure una trovata interessante?

2) 
Siete soddisfatti della riappacificazione tra Diego e Nelli? So che la aspettavate da molto e magari è servita anche a voi per riflettere su alcuni concetti, come amore, sacrificio e perdono.

3) Riuscite a capire le difficoltà di Marco? Ritenete che si stia comportando bene, come uomo e come papà?

4) Secondo voi, la reazione di Rachele è passeggera o avrà ulteriori sviluppi negativi? Vi siete mai trovati nei suoi panni?

5) Trovate un senso nell'opposizione tra Marco e Federica in questa situazione? Siete schierati da una delle due parti, oppure guardate da una prospettiva al di fuori? Che cosa ne pensate?

6) La richiesta di Lorenzo a fine capitolo è sembrata abbastanza disperata. Pensate che Nelli sarà in grado di dargli il sostegno morale di cui ha bisogno, così da riconfermarsi l'amica che è sempre stata per lui?

7) Le interazioni tra Nelli e Mattia, in questo capitolo, sono confinate alle poche righe finali. Che interpretazione avete dato voi a questo brevissimo momento di condivisione?


Sono davvero impaziente di andare avanti con la trama e uscire da svariate brutte situazioni. Attraverso gli ultimi capitoli e alcune OS ad alta tensione, arriveremo a capo di tutti i nodi della storia, per poi trarre le conclusioni che saranno auspicabilmente positive per tutti.

Seee, ma chi ci crede. Buon inizio estate! <3


Alla prossima,

Daffy



***


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***

E vi lascio con questa canzone :)

Always - Gavin James

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Capitolo 17
*** Io credo nel matrimonio, lo giuro, lo giuro! ***


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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



Riassunto della puntata precedente: avevamo lasciato la nostra Marinella tra le braccia di Sayid, triste per l'imminente distacco da Mattia e tutto ciò che lui rappresenta, ma allo stesso tempo sicura di sé e del piano che ha ideato. Quale piano? Quello secondo cui allontanarsi da Mattia è l'unico modo per lasciarlo libero: deve compiere la scelta che ritiene più giusta, anche se fosse partire per la Siria e rischiare di non rivedersi più. A questi drammi personali, si aggiungono quelli del resto della classe, che ora come non mai sembra affetta da una sfiga cosmica: Lorenzo non è ancora riuscito a trovare un donatore di fegato, Marco ha lasciato che un litigio tra lui e Federica mettesse Rachele al corrente della separazione dei suoi genitori, Francesco non ha saputo trattare con Alessandra, la quale è scappata da Cecina senza l'intenzione di ritornarci. Qualcosa di positivo, tuttavia, fa in modo che non crolli tutto a picco: Nelli e Diego hanno finalmente fatto pace e le nozze sono alle porte! Il gran giorno sta per arrivare, dunque è meglio affrettarsi con i preparativi. Per vivere al meglio la giornata si consiglia di appianare tutte le discrepanze con il prossimo, ma... ce la faranno i ragazzi dell'ex 5^A oppure questo è il preludio di un matrimonio disastroso? Mattia e Marinella riusciranno a pronunciare il loro discorso da testimoni, o rovineranno tutto ancor prima di prendere mano al microfono? Quando inizia il conto alla rovescia per l'apocalisse?




"Io e te" è semplicemente complicato 

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Io credo nel matrimonio, lo giuro, lo giuro!

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"La felicità, sì, la felicità. A proposito di felicità, cercatela! Tutti i giorni, continuamente,

anzi, chiunque mi ascolti ora, si metta in cerca della felicità, ora, perché è lì,

ce l'avete, ce l'abbiamo, perché l'hanno data a tutti noi."

- Roberto Benigni, Monologo sulla felicità

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"E questa invece è mia cugina Neferi." Sayid scorre sullo schermo con l'indice. "Ha sempre questa faccia, vedi?"

Il problema è che tutta la famiglia di Sayid ha sempre la stessa faccia. Guardano nell'obiettivo con occhi caldi e languidi e il sorriso da Stregatto, come a volerti ipnotizzare, come sirene che ti ingannano verso la loro voce e poi ti trascinano giù negli abissi per sempre.

Non so perché, ma sto vivendo molto male il corteggiamento di Sayid.

Cioè, non che mi stia deliberatamente rimorchiando, però da dopo la notizia della casa a New York avverto una sensazione di oppressione che mi invade ogni volta che lo vedo. Certo, ha comprato quell'appartamento per lui, eppure quello era il mio appartamento, cioè quello che piaceva da morire a me, cosa che sembra in tutto e per tutto poco casuale... no?

Non voglio tornare assieme a lui, ma indipendentemente dalle mie convinzioni, è come se mi sentissi minacciata dai suoi sorrisi, dalle sue uscite e, soprattutto, dalle foto della sua famiglia che mi sta facendo vedere da mezz'ora.

A quanto pare il viaggio a Beirut gli ha riempito la galleria e ora se ne sta vantando con me, senza che io, o nessun'altro, gliel'abbia chiesto. Molto probabilmente è l'ennesimo tentativo di convincermi a cambiare idea ed entrare a far parte della sua stirpe. Ecco perché mi sento oppressa: mi pare di essere in uno di quei film horror, dove aggregandoti superficialmente a persone apparentemente innocue, ti ritrovi poi a fine film senza memoria e senza dignità, convinta di essere tutt'altra persona rispetto all'inizio. Lavaggio del cervello, in poche parole.

Prima di venire qui a Cecina non l'avevo realizzato, ma Sayid ha sempre avuto il ben celato desiderio di accorparmi al suo mondo e di farmi gradualmente diventare parte di lui. Sayid non ha mai creato un noi... era solo un io più te. Certo, non metto in dubbio che tenesse davvero a me e che tutt'ora ci tenga, però a posteriori mi è chiaro quanto in realtà sia un ragazzo manipolatore.

Mentre pensavo tutto ciò, Sayid ha aperto Facebook e si è messo a cercare sua cugina per spiegarmi quanto lei sia brava a cucinare il Tabbooleh, a differenza dell'altra cugina e della zia di cui non ho capito il nome. Mi ha ricordato molto quando Dimitri insegna ad Anastasia l'albero genealogico di Romanov, solo che a differenza di Anastasia, io non ci guadagno nulla a sapere quello dei Matar, e ad essere del tutto sincera, nemmeno mi interessa.

In un clima diverso, potrei anche incuriosirmi, ma per il momento mi risulta assolutamente impossibile. Perché? Perché il matrimonio è domani mattina - domani mattina, gente - e qui sembra essere piombato il caos; non è di certo la circostanza adatta per mettersi a parlare di piatti tipici libanesi.

Infatti, il salotto di villa Magna è lo scenario preapocalittico che mai vorreste vedere nella vita. Sono solo le sei di sera e già sono arrivati tutti i parenti degli sposi, compresi i signori Magno, poi i nostri compagni che mancavano all'appello e con loro un fiume di valigie che sicuramente non rendono la visione d'insieme più ordinata.

Io pensavo che i matrimoni fossero un universo di lacrime di commozione e unicorni che vomitano arcobaleni, ma a quanto pare mi sbagliavo. In realtà, sono un inferno; una cupola di negatività dove le persone si impanicano ogni secondo sempre di più e dicono stronzate... tante stronzate. Ho appena sentito una zia di Magno urlare: "Oh mio Dio, tua moglie è così brava a cucinare!" mentre si ficcava in bocca una tartina preparata da Marco Ravasi.

Per dire, ora sono tutti riversati qui, stanno criticando, disquisendo e discutendo, mentre Sayid imperterrito mi mostra foto dei suoi parenti, stravaccato sul divano. Mi sono seduta nell'angolino accanto a lui, il suo profumo d'incenso che come al solito mi stordisce, assieme al chiacchiericcio intenso della stanza. Se mi chiedessero ora dove sono e come mi chiamo, ci metterei un po' a rispondere: le mie facoltà di ricezione, che già normalmente sono scarse, risultano messe alla dura prova da tutti questi fattori.

Non sarebbe stato meglio un buon vecchio matrimonio tra pochi intimi? Magari in un'isola deserta alle Hawaii e senza ricevimento con i parenti millenari?

Il mio ex fidanzato continua a spiegarmi come si dovrebbe cuocere l'agnello, ma anziché solo far finta di ascoltarlo, mi isolo nei pensieri e scruto chi mi sta attorno. Cerco di non soffermarmi troppo sulle zie, le nonne e le trisavole: hanno dei cappelli grotteschi, mi fanno paura. Mi incanto invece ad osservare i signori Magno, che stanno parlottando sull'entrata assieme ad un altra coppia della loro età. Guardo la donna: magrissima, occhi azzurri e occhialoni da vista. Poi guardo l'uomo: bassino, sorriso timido e occhialoni da vista. Non c'è dubbio; sono i genitori di Gloria. Anche se non li avessi riconosciuti dall'aspetto, mi sarebbe bastato fidarmi delle impressioni a confronto con i Magno. Gregorio, il papà di Alessandro, indossa un completo grigio chiaro che regge fermamente con i pugni chiusi sull'orlo della giacca. Si guarda attorno con un sopracciglio alzato, palesemente diffidente su tutto ciò che succederà da qui a ventiquattr'ore. La mamma di Alessandro, invece, se ne sta impettita nel suo tailleur in pendant con i colori del marito, capello lucente appena piastrato e labbra rigorosamente rosse. La madre di Glo, in confronto, sembra quasi un topolino; con il suo chignon grigio e disordinato, le lenti che scivolano sul nasino dritto e le mani ossute strette nervosamente attorno alla borsa. Il papà di Gloria, se possibile, sembra ancora più stonato rispetto al gruppo e all'ambiente. Sembra quasi... sì, sembra uno di noi. Uno della classe, intendo.

Si intuisce a vista il suo enorme disagio, che gli evidenzia le rughe e gli fa sudare la fronte. Assieme alla stempiatura avanzata, il signor Ferrucci ha pure una bella pancia pronunciata, che fa di lui qualcosa di simile a un ovetto ripieno di inadeguatezza. Ha comunque un sorriso gentile, lo stesso che c'è sempre anche sul volto di Gloria, ma è un disagiato come noi, si vede lontano un miglio. Per questo mi sta simpatico a pelle.

I vari parenti non la smettono di arrivare; stanno giungendo a frotte e sarà forse il profumo alla Jigly Puff di Sayid, ma a me pare proprio che stiano entrando da ogni apertura della casa, come formiche che si riversano impazzite nel formicaio. Addirittura, credo di aver appena visto due cuginetti di Magno saltare dentro il salotto dalla finestra come caprioli in una strada di montagna.

Mi devo allontanare al più presto da Sayid.

Parlando di cugini, chi non mi aspettavo di vedere è proprio Carlo Magno, che invece si è presentato qui con nonchalance e soprattutto con un look di gran lunga più casual dell'ultima volta in cui l'abbiamo visto. Ora indossa t-shirt profane e jeans strappati, che per quando mondani, su di lui stanno davvero, davvero bene.

Oddio, com'è bello.

Mi fa davvero rabbia non aver mai potuto godere di lui come ragazzo single. Prima prete, poi amante di Vacca; tra l'una e l'altra fase, nemmeno un giorno di pausa. Ai miei occhi è sempre stato un tipo impegnato, il che, ad essere onesti, pare davvero uno spreco. Però sembra molto sereno con Vacca che gli orbita attorno... sembra abbia trovato il suo satellite. O meglio, sembra aver trovato la sua via, quella giusta, questa volta, come una stella che ritorna finalmente nella Via Lattea o come Paolo che va verso Damasco.

Ma cosa sto dicendo?

Mi sistemo meglio sul divano e mi volto per respirare ossigeno puro, perché mi sto rendendo conto che persino i miei pensieri non hanno un senso. Quindi tossisco fuori un po' di quell'aria pesante per farne entrare in circolo di nuova.

"You alright?" mi fa Sayid, stoppando finalmente la sua litania.

Lo guardo male non sapendo nemmeno il perché, forse per il profumo, forse perché ha parlato in inglese facendomi sentire ancora più oppressa. Il mio periodo newyorchese è stato lungo, è vero, ma sta anche, fortunatamente, diventando solo un ricordo. Se rimane nel dimenticatoio, mi sento meglio, mentre ritornarci sopra, per un motivo o per un altro, mi fa sentire a disagio. Comunicare con Sayid nella lingua in cui siamo sempre stati abituati a farlo viene recepito dal mio cervello come un non desiderato salto nel passato.

"Tutto ok." rispondo con un finto sorriso.

Accenno al suo telefono con la testa, in modo che si senta autorizzato a ricominciare con il monologo. Lui riparte in quarta e io posso finalmente tornare a curiosare attorno a me.

In mezzo a tutta questa genealogia, ci sono i veri protagonisti dell'evento, che sono sicura preferirebbero trovarsi a cinque metri sotto terra piuttosto che a questo banchetto reale. Sono stati letteralmente presi d'assalto, strappati l'uno dall'altra, per finire tra le grinfie di parenti nemmeno mai conosciuti. Cugini di sesto grado che sputacchiano a causa dell'apparecchio, vecchi amici di famiglia che portano in regalo salami di casa e l'incubo vero e proprio: le prozie con il semipermanente decorato da strass e miniature degli sposi. Se fossi Gloria, mi sarei già lanciata dalla veranda.

Ma Gloria è una spugna: raccoglie tutta l'ansia che arriva dalle varie fonti e non esplode. La ammiro, la ammiro davvero.

Mi conoscete; io al posto suo avrei già fatto esplodere Cecina, o qualcosa di altrettanto disastroso. Non sono io quella che si sposa e già ne ho combinate di ogni tipo, figuriamoci se mi trovassi nei suoi panni! Seriamente, non so come faccia a reggere, a sorridere a ogni singolo nonnetto schizzato, a rigirare ogni critica maliziosa in cortesia. E d'altra parte, sono stupita anche di Alessandro. Ha i genitori alle calcagna - anzi, diciamo pure un'interna dinastia - e oltre a sposarsi, deve provare loro di essere degno della loro fiducia. Deve rimediare ai casini e ottenere il nulla osta per il futuro e le uniche persone su cui può contare siamo noi dell'ex 5^A.

Al suo posto, io mi sarei già fatta riservare uno spazio sotto al ponte più vicino.

Infatti, tra la pittoresca riunione delle stirpi Magno e Ferrucci, c'è un punto dissonante come una macchia d'olio su una superficie d'acqua: noi. Noi della classe ce ne stiamo al centro del salotto, davanti al camino, chi seduto e chi in piedi a sgranocchiare il rinfresco, insolitamente imbarazzati e non partecipi all'evento.

Data la nostra usuale natura vivace, il problema chiaramente non risiede in noi. Il motivo per cui ce ne stiamo raggruppati e confinati come l'olio a contatto con l'acqua è l'attitudine dei nuovi ospiti, in questo caso l'acqua, che ci evitano palesemente. Siamo considerati alla stregua di appestati, esseri aberranti, immondi e repellenti. Sicuramente qualcuno ha sparso la voce su quanto accaduto ai preparativi del matrimonio per colpa nostra (citazione necessaria) e ora stiamo venendo demonizzati con tanto di occhiatacce e "ah, i giovani d'oggi!".

In più, non è che la vita sia bellissima qui. Volendo tralasciare i sensi di colpa per l'inimicizia tra noi e gli ospiti e chiudendo forzatamente un occhio riguardo tutta la tensione che si sta accumulando per domani, ovvero il giorno cruciale in cui dovremo essere perfettamente coordinati nello svolgere le varie mansioni affinché Magno e Gloria mantengano un po' di dignità, ci sono altri elementi che intristiscono ulteriormente la nostra cerchia.

Innanzitutto, stamattina sono arrivate tre vecchie conoscenze che finora non avevano ancora apportato il loro contributo al caos: Dovrinka, Marianna e Giorgia. Quanto a Dov, lei è decisamente la meno problematica delle tre; non si sa da dove sia venuta né cos'abbia fatto in questi suoi ventiquattro anni di vita, ma nessuno è arrabbiato con lei. Al contrario della sottoscritta, Dov col tempo si è guadagnata la possibilità di fare il diavolo che le pare senza dover rispondere delle sue mancanze.

Per ciò che riguarda Marianna, invece, è stato bello rivederla. Era da un secolo che non parlavo con lei e sono stata felice di ascoltare le sue ultime avventure. Pare che sia molto impegnata con il suo lavoro e con gli allenamenti; prepara gare di atletica quasi ogni settimana ed è sempre alla ricerca di una nuova disciplina olimpica in cui cimentarsi. Non è una sorpresa, infatti, che sia tanto muscolosa quanto Pierpaolo... se non di più.

La vera guastafeste della combriccola, tuttavia, è stata prevedibilmente Giorgia Ponti, la quale, nel secondo in cui è smontata dall'aereo con il nuovo fidanzato alle spalle, ha mandato Marco e Rachele ancor più in cortocircuito. La bambina non ha nemmeno voluto salutarla e la madre ha capito subito cosa fosse successo, dunque lei e Marco si sono urlati addosso per due ore, dunque ora sono ai ferri corti, dunque non hanno ancora smesso di addossarsi tutte le colpe e rompere le scatole a tutto il resto del gruppo. Evviva l'ammmore.

Giorgia si sbatte una mano sulla coscia: "Persino la sua prima volta come damigella d'onore sei riuscito a rovinare!"

Vedete? Lo stanno facendo pure ora.

"Se solo avessi avuto le palle di parlargliene prima, ora avrebbe già superato il trauma." la bionda ha un bicchiere di prosecco tra le dita e la faccia di chi scarica abitualmente la responsabilità dei propri sbagli sugli altri. "Invece passerà un matrimonio da schifo e probabilmente nemmeno ci crederà più nei matrimoni."

Marco è ridotto praticamente come lei, nella stessa posa e con la stessa faccia, solo che il suo bicchiere è già vuoto: "Chi ci crede più nei matrimoni?"

Eva naturalmente orbita attorno ai due posandosi ora sulla spalla di lui, ora sulla spalla di lei, come un gufo volta gabbana. Infatti, in questo momento fa l'avvocato difensore di Giorgia e si intromette rivolgendosi a Marco con un sorrisino malvagio: "Beh, Gloria e Magno ci credono. E apparentemente tutta questa marmaglia che è venuta a commuoversi al cospetto del loro amore."

"Sono solo un branco di idioti." Marco fa spallucce e non guarda nient'altro che il fondo del suo calice.

È chiaramente depresso, è evidente.

Purtroppo, non è riuscito a migliorare nulla dal giorno in cui Rachele ha scoperto della separazione; nemmeno il dialogo si è ristabilito e ora lo si vede vagare con fare perso per la villa a tutte le ore. A quanto mi hanno detto, ha scritto due o tre lettere di scuse a sua figlia e ha già domandato a Gloria se finito il matrimonio lo ascolterà in una seduta da psicologa improvvisata. Anche se in realtà è un medico, Gloria è brava in queste cose, e anche piuttosto accondiscendente con tutti, quindi gli ha detto di sì.

Non posso capire Marco fino in fondo in questa storia, ma so anche che è il solito esagerato e credo che una soluzione esista; si tratta solo di capire qual è.

"Forse ti sei abituato un po' troppo a stare circondato da branchi di idioti, perché ultimamente stai definitivamente assumendo le loro usanze." sbotta Giorgia, guardando in faccia prima me, poi Lorenzo e infine Federica, senza alcuna paura. Ogni riferimento è puramente casuale, ovviamente.

Ah, quanto ci manacava la tua discrezione, cara Gio!

"Non mi sembra il caso di offendere." intervengo allora, guadagnando un'occhiataccia da Sayid, che si è appena reso conto di quanto lo stessi snobbando.

"In realtà, Argenti, mi sembra il caso di dire le cose come stanno." mi corregge Giorgia, così tesa da sembrare quasi più cattiva del solito. "Quando sta con voi, Marco combina sempre disastri. Lo pensavo da prima di mettermi con lui, figuriamoci ora che ci siamo lasciati."

"Che lo hai lasciato." Federica non teme di essere sbranata viva da una mamma chioccia incazzata, e risponde a tono alla cattiveria di Gio, senza nemmeno scomodarsi dalla sua posizione rilassata sul divano.

Non so se si senta così invincibile perché è seduta accanto a Pier e stanno amorevolmente conversando da mezz'ora, fatto sta che in queste ultime ore si è gasata sempre più e pare pronta a combattere le battaglie di tutti. Sì, anche quella di Marco, nonostante lui la odi a morte e da quando è capitato il fattaccio non le ha mai più rivolto la parola.

"Tu stai zitta." le intima, infatti.

Uh, hanno ricominciato a parlarsi, yay!

"Appunto." sibila Giorgia, puntando Fede come un pitone davanti al suo prossimo pasto. "La colpa è tutta tua e della tua bocca larga. Se solo ti scopassi qualcuno qualche volta, ti libereresti la mente dai cazzi altrui."

Io e Lorenzo, che è seduto sul marmo del caminetto di fronte a me, ci scambiamo un sguardo a dir poco sconvolto. La frase di Giorgia contiene un livello tossico di cattiveria (e volgarità) e sono certa sia stato accusato come un colpo basso dalla nostra amica. Eva, nel frattempo, ha lanciato un gridolino e aperto un'app sul telefono. Probabilmente si vuole annotare questa massima, perché sì, è davvero sfiziosissima e si può abbinare a qualsiasi tipo di gossip!

Sto pensando a qualcosa da dire per difendere Federica, ma Marco mi precede e afferma: "Sono d'accordo."

Perfetto, ancora peggio.

Federica è chiaramente punta sul vivo e diventa tutta rossa, mentre il suo corpo si irrigidisce e si allontana quanto può da Pierpaolo.

"Non credo che tutto questo rancore possa aiutare la situazione." è proprio quest'ultimo a lanciare il commento, mentre con tranquillità si stiracchia e si mette le mani dietro alla testa. "Mi sembra che stiate usando Fede come il capro espiatorio delle vostre cazzate."

"Qualcuno la chiamerebbe crisi del ruolo genitoriale." interviene Lorenzo, cogliendo la palla al balzo per stemperare la crudeltà della battuta di Giorgia.

Francesco si aggrega alla discussione, porgendo a tutti una ciotolina di arachidi che ha rubato dal rinfresco: "E non vi conviene usare come capro espiatorio proprio la signorina Di Mario, se non volete aizzare Scilla e ritrovarvi con lo zigomo rotto. Lo dico per esperienza."

Io e Lorenzo ridiamo, mentre Pierpaolo diventa cinquanta sfumature di rosso e Federica di viola. Sono persino carini visti così.

"Che c'entra, adesso?" ringhia Scilla. "Era tutta un'altra cosa. E soprattutto c'era in mezzo quella vipera della Gruccia."

Federica sbuffa, sperando di riuscire a virare l'attenzione su un altro soggetto: "Non nominarla nemmeno. Non si sa mai che ricompaia come un demone tra le fiamme del caminetto."

"Tanto è spento." Ilenia si chiude nelle spalle, dando prova della sua scarsa elasticità mentale.

"In effetti..." arriva Diego da chissà dove, ruba una manciata di arachidi dalla ciotolina di Francesco e poi si butta nel divano dove sono seduta anch'io, facendomi rimbalzare. "Ora che la nominate, mi rendo conto di quanto cazzo si sta bene senza di lei. Che cazzo di sollievo." inspira con soddisfazione, ma poi si gira verso Sayid aggrottando le sopracciglia. "Cazzo, amico, quanto incenso ti sei fumato?"

"Non penso che la presenza o meno della Gruccia vi faccia davvero qualche differenza." nota Francesco, ritraendo la mano con il cibo. "Non vi siete nemmeno accorti che se n'è andata."

"Certo che me ne sono accorta!" si difende Eva, come se ciò le avesse ferito l'orgoglio.

"Io no." spiega Diego. "È come quanto hai una malattia e poi una bella mattina ti passa. Quasi non te ne rendi conto, no? Voglio dire... ti abitui subito di nuovo al benessere, quasi non fossi mai stato male. Tipo una volta mi è successo con un herpes-"

"Per favore, Vallicorce!" mi lamento, tappandomi le orecchie.

Eva riconquista il podio della discussione con la sua voce squillante, girando lo schermo del telefono verso di noi e scuotendolo con talmente tanto vigore che non ha praticamente senso mostrarcelo, dato che è impossibile leggere: "Appena ho visto la Gruccia andarsene, ci ho scritto subito un post! È possibile che nessuno di voi legga mai il mio blog? Ve lo leggo."

Prima che qualcuno di noi abbia il tempo di protestare, Eva si lancia nell'enunciazione del suo ennesimo post condito di malizia peggio che in Gossip Girl: "Perdita scottante tra le colonne vittoriane di Villa Magna. Con Alessandra Gruccia oggi per noi se ne va un pezzo di cuore... o meglio, un pezzo di fegato; quello che lei non ha fatto altro che rovinare per anni a suon di stronzaggine. Castelli, in realtà ti capiamo, anche noi non vedevamo l'ora di liberarci di una tale maledizione all'interno del nostro corpo: per un organo malandato, rischia di crollare tutto quanto. Chissà, ora forse la classe sarà abbastanza in forma per completare i lavori in vista del matrimonio? Cara, Alessandra, facci un favore... resta pure dove sei e se per caso vuoi mandarci un sostituto, almeno che sia uno compatibile questa volta. Grazie!"

Un po' tutti ci lasciamo divertire da questa piccola rivalsa creata dalla mente malata di Eva. Qualcuno addirittura applaude e fischia, anche se sulla faccia di Francesco ciò sembra tutto tranne che divertente. Anzi, la reazione della classe lo disturba ancor più di quanto appena letto.

Infatti, si alza in piedi sbattendo la ciotolina sul tavolo e attirando l'attenzione di qualche ospite vicino a noi: "Vi sembra il caso di ridere a queste stronzate?"

Marianna alza le spalle: "Sì. Sono state il mio pane quotidiano durante tutto il tempo in cui non ero con voi. Eva, sei una grande."

"No, sei un'immatura!" l'accusa invece Francesco, arrabbiato. "Siete tutti immaturi! Vi sembra normale comportarsi in questo modo a venticinque anni?"

"Sei tu che ne hai venticinque, noi siamo ancora piccoli." Pierpaolo lo prende in giro, scimmiottando la sua serietà anche per vendicarsi di poco fa.

"Ma poi non c'è bisogno di scaldarsi, Fra, sul serio." gli sorride Federica, allungando una mano amichevole verso il suo braccio. "Si sta solo scherzando... l'abbiamo sempre fatto. Lo sai che è così fra noi. Lo sa anche la Gruccia."

"Bella usanza, sul serio." sbotta il rosso, l'espressione quasi disgustata. "Sarà per questo che mi sono sempre sentito un po' fuori dal gruppo e... sapete cosa? In realtà, certe volte credo proprio di capirla la Gruccia, per quanto mi costi ammetterlo."

Diego si sporge in avanti e fissa Natale con aria confusa: "Scusa, amico, ma non sei stato tu a mandarla fuori dalle palle?"

"Io non l'ho mandata da nessuna parte!" Francesco è di nuovo alterato come il giorno in cui Alessandra ha deciso di lasciare la villa. "È stata lei ad andarsene e forse perché sapeva di non essere voluta da nessuno."

"Beh, perspicace." commenta Ilenia, mentre giochicchia con i suoi codini per non sembrare troppo dannatamente interessata alla conversazione.

Sayid si schiarisce la voce e finalmente, grazie a Dio e Allah, chiude le app aperte nel telefono, decidendo di prendere parte a questo scambio di opinioni sulla Gruccia: "Non la conosco molto, ma in effetti ho visto che ha molti haters qui dentro. Non sembra una ragazza amichevole."

Diego si volta verso di lui: "Tu, amico mio, puzzi di moschea ma sei troppo saggio. Ti stimo."

"Beh, a volte è difficile averne, se le premesse sono queste." sibila Francesco, con una disapprovazione che solo i più estranei al gruppo riescono ad avere. Ha ragione, infatti, ma di buon senso ormai nell'ex 5^A ne è rimasto ben poco. Quindi a tutti gli effetti l'outsider è lui... lo è sempre stato, un po'.

E sì, a volte vorrei essere anch'io così matura e obiettiva, ma anche provandoci non ce la faccio. Semplicemente, non ci riesco. Perché una volta 5^a è sempre 5^a. È come un modo d'essere che diventa tuo, per l'eternità. Non credo esista un principe azzurro esterno che ti risvegli dal disagio con un bacio di normalità. Sei praticamente fottuto.

Comunque, per quanto mi riguarda, starei qui ad ascoltare gli sviluppi di questo confronto, ma qualcosa mi mette sull'attenti, facendomi scattare in piedi sotto lo sguardo confuso di tutti. Ha appena suonato l'orologio a muro del salotto; sono le sei.

"Devo andare. Ci becchiamo dopo." saluto tutti sommariamente con un gesto della mano, poi indico Sayid. "Comunque dev'essere buono quel Tabbooleh. Meglio delle tartine di Marco, sicuramente."

Il mio amico non si volta nemmeno a guardarmi. Alza semplicemente il dito medio, mentre Fede mi augura buona fortuna con il labiale e Lori mi fa quattro occhiolini consecutivi. Dopodiché, loro continuano il dibattito e io me ne vado verso l'uscita del giardino, facendo slalom fra tutti gli invitati e lasciandomi alle spalle un Sayid davvero contrariato.

***

PRIMO BREAK

Considerati il caldo e la lunghezza del capitolo, vi consiglio di prepararvi una bella bevanda ghiacciata e un ventaglio. La strada verso la fine è ancora molto, molto lunga.

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***

"Scusa per il ritardo!" saluto Mattia con questa frase, mentre i rintocchi della campana giù in paese si sentono ancora.

Difatti, lui controlla il suo orologio da polso e alza un sopracciglio: "Sono stati sette secondi di lunghissima attesa."

"Hehe." ridacchio da disagiata, non ancora abituata, dopo anni e anni di esperienza, a evitare di dire stronzate in presenza di Mattia.

Ma da un certo punto di vista, sono scusata. Mi capirete pure voi. Il motivo per cui ho dovuto aspettare fino alle sei per vedere Mattia e provare ufficialmente il nostro discorso, è che fino ad ora è stato impegnato. Lui, Tommaso, Amerigo e Davide sono stati dal barbiere, per prepararsi adeguatamente alla cerimonia di domani. Ame è l'unico che è tornato tale e quale a prima (penso che il barbiere sia rimasto traumatizzato dalla sua zazzera e abbia deciso di non rischiare di smarrirci dentro le forbici), mentre gli altri si sono fatti tagliare i capelli. Va da sé che anche il taglio di Mattia sia tornato nuovamente come quello che aveva durante i primissimi giorni qui alla villa. Quasi non ci avevo fatto caso, ma i suoi capelli erano cresciuti e vederli ora, di nuovo, così corti alla militare, mi ha causato un mancamento interno con conseguente esternazione di stupidaggini.

"Pronta per provare?"

"Un po' d'ansia, ma sono pronta." gli sorrido, estraendo dalla tasca la brutta copia della mia parte di discorso. La bella l'abbiamo fatta battere a computer da Davide per poter lasciare agli sposi un ricordo. Quantomeno, siamo coperti in caso di brutte figure.

Nonostante tutta la marmaglia di gente si trovi all'interno, mi avvicino al leggio con un po' di ansia da palcoscenico. La struttura che Natale è riuscito a mettere in piedi è davvero grande, quasi maestosa, con un'aria di ufficialità che mai mi sarei aspettata di ottenere da un rattoppo alla 5^A. È tutto davvero perfetto: il tendone aerato, con i fiori e le edere che dondolano sopra le nostre teste, le sedie fasciate da elegante tulle bianco, i pavoni che scorrazzano sulla pista da ballo portando malattie e... e l'arco.

L'arco che Francesco ha voluto a tutti costi terminare, lavorando anche di notte, da solo, con una determinazione che mai pensavo che potesse tirare fuori. È quasi spaventoso averlo davanti, come la rappresentazione fisica di un concetto che io e Mattia abbiamo presentato in varie forme nel nostro discorso, come il simbolo dell'unione che si mette al nostro cospetto, come il futuro che potremmo afferrare pure noi, con un semplice gesto, se solo allungassimo la mano, se solo facessimo qualche passo in avanti. Tutto molto facile, ma allo stesso tempo, estremamente complicato.

Il leggio che Francesco ha progettato è un piccolo podio rialzato che ha il giusto spazio per due persone. Mattia e io, dunque, saliamo contemporaneamente ed è subito evidente quanto l'altezza del microfono risulterà un problema non da poco.

"Cazzo." gorgheggia principescamente lui, pensando la mia stessa cosa.

"Tranquillo, è regolabile." osservo, muovendo l'apparecchio in su e in giù. "L'ha procurato il cugino di Magno, ripescandolo dai suoi oggetti di quando ancora era prete. Ci faceva le omelie."

"Carino, ma dovremo spostarlo ogni volta che ci alterniamo nel discorso. Speriamo non si rompa. Se continui a trattarlo così, di sicuro si romperà."

"Mi credi così sbadata?"

"Non è che ti credo, lo sei e basta."

Ok, direi che è giusto prendersela per questa incorretta insinuazione.

"Te lo concedo." commento. "Ma per quanti casini abbia fatto, non ho mai rotto nulla. Certe cose le so maneggiare."

Mattia lascia passare qualche secondo e poi si caccia a ridere allegramente. Non di certo per ciò che ho detto, ma per il gesto che sto facendo, che potrebbe risultare ambiguo se a guardare è un pezzente deviato come lui. Così smetto di muovere su e giù l'astina del microfono e incrocio le braccia in uno sbuffo. Sarà molto dura portare a termine quest'impresa.

"Non ce la faremo mai." esterno infatti.

"Perché sei così tesa?" mi chiede lui, sfoggiando, al contrario di me, un'aria da chi sta in pace con il mondo. "Ridi un po'."

Sembrava che la mia scelta di prendere le distanze e passare del tempo con Sayid potesse dargli alquanto fastidio, invece nel giro di due giorni è tornato tutto come se niente fosse, come se non avessi lasciato in sospeso progetti e dichiarazioni, nonché praticamente una relazione d'amore. Mattia è davvero idiota, non c'è nulla da fare.

"Boh." rispondo un po' bruscamente. "Non mi va di ridere. Non sono rilassata come te."

"Perché?"

"Forse perché non stiamo parlando di aria fritta, ma di Gloria e Magno che si sposano?"

"Ci sta."

Sospiro esasperata, in procinto di criticare per l'ennesima volta quella sua spensieratezza fuori luogo, ma poi mi riguardo attorno pensando a ciò che ho appena detto e mi lascio rapire dall'eccitazione: "Ti rendi conto della portata di questo evento?"

Mattia ci pensa sul serio: "No, in realtà stento ancora a crederci. Non è facile realizzare che il tuo amico supermodello cazzone domani si sposa."

"Ah, ecco perché sei così tranquillo." scuoto la testa. "Il tuo neurone non ha ancora elaborato certi pensieri, ma io invece ci ho pensato un sacco."

"Non avevo dubbi."

"È una cosa assurda! Cioè... Gloria e Magno, loro due! I nostri compagni di classe! Sono cresciuti con noi, si sono messi assieme a scuola, hanno praticamente fatto le nostre stesse cose e ora... wow."

"Beh, c'è chi alla nostra età ha già quattro figli."

"Se ti riferisci a Diego e Cris, sappi che non vale come esempio."

Mattia ridacchia: "Troppo fuori dal comune, eh?"

"Decisamente troppo." alzo le sopracciglia e fisso per qualche secondo il mio foglio, disteso sul leggio. "Mattia, ma tu credi nel matrimonio?"

Non so nemmeno perché l'ho chiesto, dato che so già la risposta. In realtà mi ha colpito poco fa, quando ne parlavano (litigando) Marco e Giorgia. Nessuno dei due sembrava avere troppa fiducia in quest'argomento, così avevo iniziato uno dei miei viaggi mentali per chiedermi se io ne avessi o meno, ma poi sono stata interrotta dagli altri e non sono nemmeno riuscita a far spiccare il volo alle mie elucubrazioni. Quindi sì, molto probabilmente questa domanda era più rivolta a me stessa che a lui, ma quando mi volto per rettificare, ha ormai già detto la sua opinione.

"Solo a livello teorico."

"In che senso?" faccio, sentendomi non troppo recettiva, ancora per colpa del profumo di Sayid e in parte anche di quello di Mattia. Dopo il barbiere, l'odore di dopobarba è ancora più pungente, solo che al contrario di quello di Sayid, stimola tutt'altro.

"Nel senso che concettualmente credo nei valori del matrimonio, ma nella pratica non li ho visti funzionare così bene. Un po' come le diete, no?"

"Ah." annoto questa nuova perla di Mattia nella mia mente. Non fa una piega.

"Tu ci credi?" rilancia, ignorando, come me, il fatto che stiamo facendo discorsi profondi su tematiche diverse, anziché provare l'unico discorso su cui ci giocheremo la faccia domani.

Comunque... io ci credo? Bella domanda.

"Credo in quello di Magno e Gloria." mi viene istintivo rispondere.

"Quindi credi nella pratica e non nella teoria." osserva lui.

"In un certo senso..." pondero, con la mano al mento. "Diciamo che credo in alcuni matrimoni, ecco. Cioè se le premesse pratiche ci sono, io ci credo."

Mattia schiocca la lingua e alza un sopracciglio: "Sei un po' ingenua."

"Che vuol dire?" ribatto, leggermente stizzita.

"Che raramente due si sposano se non vedono solide premesse, no? Se bastasse quello, non ci sarebbero la metà dei divorzi."

Ok, ora secondo me la sta prendendo sul personale.

"La mia non era un'affermazione così superficiale, Mattia." tento di spiegarmi. "È ovvio che la maggior parte della gente che si sposa vede delle premesse per poterlo fare. Io mi riferivo a quelle coppie in cui l'amore c'è e lo potrebbe vedere anche un cieco. Quelle che travolgono pure gli altri con il loro amore, quelle che non riesci nemmeno ad invidiare da quanto pure e d'ispirazione siano. Quelle come Magno e Gloria, insomma."

"Hanno funzionato così bene per anni." dice, allora. "Perché sposarsi necessariamente?"

Queste domande provocatrici mi ricordano molto i dibattiti che si vedono in tv. In questo momento Mattia rappresenta lo sfiduciato nei valori e io la persona qualunque, mediamente credente, non segnata da traumi familiari, che ha esaurito le risposte moraliste da dare.

"Beh, ci sono un sacco di questioni legali che..."

"Lo so." mi interrompe. "So che ci sono una marea di vantaggi eccetera eccetera, ma a livello sentimentale... perché? Perché ufficializzare un'unione con una firma, se funziona perfettamente anche senza? Ci sono tanti vantaggi quante inculate se poi le cose vanno male."

Davanti alle sue parole, non riesco davvero ad opporre obiezioni. Se fossi fortemente credente, o se mi ricordassi qualcosa in più dell'Atto di Dolore del catechismo, probabilmente potrei stenderlo con qualche massima ecclesiastica, ma in fondo, mi trovo d'accordo anche con lui.

"Sai, forse delle volte..." mi schiarisco la gola, scorrendo ma non leggendo le righe del mio discorso. "Delle volte penso che sia solo questione di sentirsi dire 'sì, ti amo così tanto che voglio sposarti'." alzo gli occhi e incrocio i suoi che mi fissano speranzosi, come se potessi essere io quella che finalmente dà le risposte cercate da tempo. Non so se posso risolvere qualche suo dubbio, ma so che sicuramente sto per avere un infarto per quanto è bello e vicino.

"...una prova per vedere se l'altra persona ti ama a tal punto da rischiare di prendersi delle enormi inculate assieme a te." concludo, la voce che un po' mi abbandona.

"Cioè una sfida?"

"Anche." alzo le spalle. "Oppure una specie di conferma idiota per persone insicure."

"Che potrebbe anche coinvolgere possibili innocenti tipo i figli."

"E tu ne sai qualcosa." mi costa dire.

"I miei hanno vissuto una vita di ricatti, a partire dal matrimonio." conferma, tristemente. "Il matrimonio è un ricatto. Un enorme ricatto: per te, per l'altra persona, per tutti quelli che ti stanno intorno."

"Puoi vederla così, o puoi vederla come una sorta di assicurazione. Un modo per essere più sicuri possibili che la persona che ami non se ne andrà."

"Dovresti già esserne sicuro, anche senza firme."

"Ma una firma copre ogni evenienza."

Mattia allontana lo sguardo sugli alberi del bosco che circondano la villa e io posso finalmente, per qualche breve istante, tornare a respirare.

"Che cosa assurda..." sussurra quasi tra sé.

"Non avevi detto che a livello teorico ci credi?"

"Sì, ci credo. Credo nei valori che porta, nei propositi, nell'impegno e tutto il resto. Ma tutto ciò che invece riguarda il vincolo matrimoniale per me è solo un'enorme cazzata."

Sbotto in una risata spontanea: "Sei un po' fuori binario, Mattia. Il matrimonio è tale in quanto dipendenza tra buoni propositi e vincoli nel rispettarli. Altrimenti non sarebbe matrimonio, ma altro."

"Hai ragione." si arrende, grattandosi la nuca, provato dalla conversazione. "Allora mi sa proprio che non ci credo. O meglio... non lo capisco. Perché in realtà, mi fa paura."

"Anche a me." condivido in completa onestà.

"Anzi, a dire il vero..." ragiona, ispirato. "Mi piace la tua spiegazione del matrimonio come sfida. È una cosa paurosa, stupida, rischiosa, assurda ed egoista. Quini la gente la fa. Sì, è sicuramente questo."

Mi compiaccio per essere stata capita così bene: "Esatto. Non è necessario, ma è una sfida che puoi vincere o che puoi perdere. Se la perdi, per citare uno dei miei poeti preferiti, è una vera inculata, ma se la vinci..."

"Grazie per la citazione." mi fa l'occhiolino, perché evidentemente vuole vedermi morta. "I miei, comunque, l'hanno decisamente persa."

"Capita spesso."

"Lo so." annuisce con vigore, come se tutto questo studio sul matrimonio l'avesse consapevolizzato e, perché no? Anche un po' consolato.

"Ma sono sicura che a Magno e Gloria non capiterà." aggiungo, convinta delle mie parole. "Questo è ciò in cui credo."

Mattia alza gli occhi, mi guarda e sorride: "Anch'io."

Proprio mentre sto per decedere ufficialmente, il suono di un applauso giunge a noi e ci fa voltare indietro. A pochi passi dal leggio, alle nostre spalle, vediamo Ai Zu, che solo soletto dalla sua sedia a rotelle, ha ascoltato la nostra conversazione e ora si è sentito talmente figo da doverci battere le mani.

Chi pensa che per la cinquantamilionesima volta questo vecchio invasato abbia rovinato un momento utopico tra me e Mattia Zingaretti?

Mentre noi due finiamo di stupirci, infatti, lui gira le ruote con le braccia e fa avanzare la carrozzina verso di noi: "Davvero bellissimo, ragazzi."

"Cosa?" chiede Mattia in un breve calo di reattività.

"Il vostro discorso." risponde Ai. "È stato perfetto."

"Sensei." sorrido ostentatamente, prevedendo già qualche smazzata psicosentimentale dal mio supplente esoterico preferito. "Non era questo il nostro discorso. Stavamo solo parlando."

"Oh, davvero?" finge di esserne sorpreso. "Perché sembrava un perfetto discorso da testimoni di nozze."

Incrocia le mani sotto al mento, ci si appoggia sopra e ci fissa maniacalmente con un sorrisetto da ergastolo.

Fortunatamente, la scenetta dura pochi secondo, poi sia io che Mattia riteniamo sia il caso di sviare l'imbarazzo.

"Che ci fa qui, prof?" gli domanda Mattia.

"Sapevo che dovevate provare il discorso. Ero curioso di sentire che cosa avevate scritto."

"Non è un granché." minimizza Mattia, forse sperando che Ai Zu la pianti di stalkerarci.

"Penso che due menti come le vostre possano aver creato qualcosa di molto interessante, anche se... sul serio, dovreste lasciare più spazio all'improvvisazione." Ai Zu si china all'indietro, rilassandosi sullo schienale della sua sedia, come fa mia nonna davanti a Il Segreto. "Se non me lo aveste detto, avrei pensato che le parole appena sentite fossero quelle ufficiali. E sarebbero state un successo garantito."

Mattia e io ci guardiamo per qualche secondo. Non so capire se sentirmi imbarazzata o lusingata e a quanto pare anche lui sembra un po' confuso, ma alla fine ci sorridiamo entrambi.

"Servirebbe a tutti uno stimolo di riflessione su questo argomento." prosegue il vecchio. "Avete fatto riflettere pure me."

"Lei che cosa ne pensa?" gli chiede allora Mattia, cadendo direttamente nella trappola. Era chiaro che Ai volesse farsi fare questa domanda e Zingaretti non capirebbe di essere vittima di un raggiro nemmeno se lo legassero a un palo con una pistola puntata alla tempia. Io sostengo la stupidità di Zingaretti. Un giorno aprirò una causa sul web per raccogliere fondi per fargli fare un corso di buonsenso.

"Penso di aver perso pure io la sfida, però in partenza, senza nemmeno mai iniziarla." rivela Ai.

"In che senso?"

Mattia è un pollo. Non capisce che non si deve dare corda ad uno così?! Tutto questo condurrà a un momento epifanico che ci farà passare tutti dalla parte del torto, me lo sento.

"Tanto tempo fa avevo una fidanzata." e quando comincia così, già mi viene la pelle d'oca. "Bellissima. Viveva nel mio stesso quartiere e andavamo in palestra assieme. Avevamo iniziato ad allenarci in coppia, costruendo le nostre basi di karate. Però io ero molto più bravo, così ben presto mi assegnarono un compagno alla mia altezza e io e lei dovemmo trovare altre occasioni per condividere il tempo. Iniziammo ad uscire per il quartiere, finché una sera ci baciammo e ben presto finimmo assieme." Ai fa un gesto elegante ma eloquente, per farci capire in che senso lui e la tizia finirono assieme. Cinque frasi e già è arrivato al punto in cui si copula; non oso pensare al resto. "Non passò molto che diventammo una coppia fissa. Stetti con lei per sette anni, finimmo la scuola, comprammo una casa, lei mollò il karate. Iniziò a fare molti progetti, la maggior parte dei quali richiedeva che anche io smettessi di combattere. Ero entusiasta, ma dall'altra parte non potevo abbandonare quella strada; era la mia strada, dopotutto. Così per anni cercai di conciliare i progetti e il karate e ci riuscii... fino al giorno in cui lei mi chiese di sposarci. Voleva andare a vivere in un'altra città, voleva avere una famiglia, voleva che anche io trovassi un lavoro e mi dedicassi al nostro futuro. Ci pensai per giorni, settimane e mesi, finché non mi resi conto che davanti a una scelta, amore e carriera, ero talmente indeciso che la risposta era già chiara. Sul piatto della bilancia l'amore non pesava abbastanza. Così glielo dissi chiaramente e lei ne fu devastata. Mi lasciò, se ne andò e non la vidi più."

Siamo entrambi un po' sconvolti ; avevo pensato tante volte alla vita sentimentale di Ai, ma non l'avevo mai immaginata così; né che in una manciata di passaggi e con cotanta tranquillità sciorinasse una confessione del genere. Ogni aspetto di quest'uomo è un insegnamento.

"Mai più? Sul serio?" gli chiedo, dispiaciuta. "Ma lei come si chiama?"

"Si chiamava Chiyo."

Chiamava... certo... non è abbastanza segnante se non è irreversibile.

"La ferii troppo." prosegue Ai. "Se ne andò e cercò di avere quella vita con qualcun altro. Però lei amava me più di ogni altra cosa e io lei allo stesso modo. Solo che feci una scelta stupida, non lungimirante, per paura di accettare quella sfida... e di perderla. O comunque, di perdere dell'altro a cui ero appassionato."

Ai Zu annuisce con aria gravosa, guardando a lungo sia me che Mattia. Non so esattamente dove voglia andare a parare, se sia vero al cento per cento o se si sia solo inventato questa storia per colpirci; tuttavia, ho la sensazione che potrebbe volersi schierare dalla mia parte. Il giovane Ai sembra l'attuale Mattia, non trovate?

"Mi scusi, non l'ha cercata? Se desiderava così tanto rimediare, perché non l'ha fatto?" domanda Mattia, abbastanza coerente con se stesso, ma allo stesso tempo preparato a una determinata risposta. Anche lui ha cercato tante volte di trovare me, ma io non mi sono fatta trovare. Alla lunga ci si arrende, penso.

"Hai ragione." sorride amaramente Ai Zu. "Ci misi qualche anno a convincermi di accettare la sfida di Chiyo, ma quando finalmente lo feci, lei non c'era già più."

"Aveva trovato un altro?" chiedo, impersonificandomi tremendamente in Chiyo.

"No, è morta." mi stronca Ai, con una serenità tale da rendere il tutto ancora più traumatico.

Penso di essere impallidita.

"Per questo ho perso la sfida in partenza." conclude il vecchio, accarezzando il pizzetto con l'indice e il pollice. "Non ho mai avuto il coraggio di accettarla e mi sono ritrovato solo con il karate. Almeno... ho potuto dare davvero il mio massimo in quello; e ho accumulato un po' di esperienza per poter aiutare gli altri a non fare i miei stessi errori."

Sconvolta io.

A dire il vero, ci sto rimanendo da schifo. Mi sono presa malissimo con questa storia, con l'atteggiamento consapevole e rassegnato di Ai e ancora di più con quel "No, è morta", come se mi stesse leggendo "Tre scatolette di Tonno Rio Mare" sulla lista della spesa. Io... io mi sento davvero triste; incredibilmente triste.

Sapete, in fondo, Ai sta ammettendo uno sbaglio ed è uno da cui non ci si aspettano certi errori. Non pensavo che un giorno lui si sarebbe confidato con noi, eppure sta accadendo ed è destabilizzante. Anche i più grandi fanno cavolate... e a volte le fanno davvero, davvero enormi.

Non so che stia pensando Mattia in questo momento, ma dalla faccia credo che più o meno ci troviamo sulla stessa linea, con l'aggravante, forse, che ciò che è successo ad Ai potrebbe star per succedere proprio a lui. Per carità; non mi sbilancio. Io non dovrei saperlo e lui non dovrebbe sentirsi in colpa, dato che pare molto convinto di cosa sia meglio per lui e il suo futuro, ma tant'è. Un po' ci spero che questo l'abbia fatto riflettere, un po' invece no, perché, egoisticamente parlando, non vorrei vivere una storia come quella di Ai e Chiyo.

A parte il fatto che di matrimonio tra me e il microcefalo non se ne parla nemmeno per scherzo, ma poi preferisco che Mattia trovi davvero la felicità e che non si illuda di averla trovata in me. Sarebbe una vita da schifo; sarebbe anch'essa una sfida persa in partenza.

"Chiyo è l'unica donna che abbia mai amato; prima e dopo di lei non c'è stata nessun'altra." afferma Ai Zu. "E anche se avessi l'occasione di provare di nuovo ad avere una vita sentimentale con qualcuno, non accetterei che lei in persona. Per questo, credo che la vostra discussione sia stata toccante. Ve ne sono grato e spero possa servire anche a voi." sorride in un'espressione pacifica, che si perde tra le rughe.

Dopo qualche secondo di sacro silenzio, Mattia esterna un titubante: "...grazie, prof."

Ai non si spreca in tanti altre considerazioni e, dopo aver scrutato per bene il tendone, con addobbi e fiori vari, mette mano sulla sua sedia per spingerla ed andarsene.

"Non vuole più sentire il discorso?" domanda Mattia.

"No, grazie." fa il vecchio. "Sono davvero soddisfatto così. Complimenti, ragazzi. Ammetto che mi lascia commosso il fatto che siate cresciuti così tanto."

Credo mi abbia fatto l'occhiolino. E credo anche che mi stia per scendere una lacrimuccia.

"Vuole che la spingiamo fino alla villa, sensei?" propongo, sensibilizzata dall'atmosfera.

"Certo che no." esclama allora, tornando il solito integerrimo Ai. "Non riesco più a deambulare, ma so far girare un paio di ruote, Marinella-san. E poi, devo tenermi allenato per la cerimonia di domani."

"Ha preparato qualcosa di particolare?" si incuriosisce Mattia.

"Solo qualche ballo sciamanico." Ai stavolta fa palesemente l'occhiolino, dopodiché sgomma via lasciandosi dietro un tripudio di emozioni. Rimango basita di fronte a quest'uomo: sin dal primo momento, è stato più unico che raro rispetto a chiunque altro io abbia mai conosciuto. Ripenso ancora alla nostra prima lezione di principi del karate, in terza superiore, mentre lui sparisce all'orizzonte di Villa Magna e... lo confesso, tutto ciò mi fa salire un consistente e minaccioso nodo alla gola.

Anche Mattia rimane per un po' sulle sue, finché non decide di sistemare il foglio sul leggio e mi invita a riprendere, o meglio iniziare, la nostra prova.

"Ok." sospiro non del tutto fermamente.

Lui mi osserva di sottecchi: "Sicura che ce la fai?"

"Beh..." pondero ripercorrendo la storia di Ai nella mente. "Forse no."

"Facciamo buona la prima? Domani?"

"Ci sto." sorrido sollevata, ripiegando il foglio alla velocità della luce. Lo ficco di nuovo in tasca, guardando l'arco di fronte a me e sentendomi già mille volte meglio.

Anche Mattia ripone il suo discorso, poi scende dal leggio e si allontana di qualche passo.

"Te ne vai?" domando, forse fin troppo dispiaciuta.

"Pensavo di salutare qualche nuovo ospite." si giustifica. "Volevi che restassi? Avevi altri piani?"

"Beh... in realtà no." maledetta onestà! "Però..." mi affretto a dire, senza sapere bene come proseguire. "Però non vorrei nemmeno rientrare."

Mattia getta lo sguardo verso la villa, come a cercare il motivo di questa mia uscita, poi guarda me e d'improvviso sembra cambiare completamente umore. Non è contento; si starà chiedendo perché continuo ad essere così volubile.

L'impatto con il presente è davvero amaro, dopo questa bolla di grandi tematiche. Mattia è qui davanti a me; mancano ventiquattro ore alla fine della nostra convivenza e nessuno di noi due ha ancora detto una sola parola in merito a quello che verrà.

So ciò che devo fare, ma non è assolutamente ciò che voglio fare e nelle condizioni in cui mi ritrovo ora, vorrei essere completamente diversa da chi sono in realtà. Se non fossi Marinella Argenti, avrei saputo gestire tutto meglio; non avrei commesso errori, non ne starei commettendo e, sopratutto, la mia bocca si aprirebbe per dire cose ben più intelligenti di un "Non so che fare." ricco di significati che sicuramente Mattia non capirà.

Difatti, si secca ancora di più, sbuffando e passandosi una mano tra i capelli cortissimi, che magari avrà fatto tagliare così anche in vista della sua partenza. Si starà forse convincendo che andare in Siria è davvero mille volte meglio di passare il resto della vita con me? Oppure se n'è già convinto?

Il mio piano starà finalmente funzionando? Ha già funzionato? Non ha bisogno di esserci, perché Mattia ha deciso a priori, come Ai Zu quando ha visto che la carriera pesava più dell'amore sulla bilancia?

"Ti consiglio di farti un bel bagno in piscina." se ne esce allora, avvicinandosi a me e posando una mano sulla mia spalla. "Puzzi di Sayid."

Mi sorride sardonicamente, mi molla e se ne va senza altri complimenti.

Sì... mi sa proprio che il mio piano è andato a buon fine.

E se per puro caso Mattia non ha ancora chiamato il luogotenente Stella per accettare il lavoro, sarà la prima cosa che farà dopo essersi allontanato da qui.

***

SECONDO BREAK

Chi avrebbe mai immaginato una storia così per Ai Zu? Povero Ai e povera Chiyo :'(

Vi lascio riprendere da questo paragrafo con un break e, dato che siamo praticamente a metà del capitolo, vi suggerisco di riposare gli occhi e la mente. Ne devono succedere ancora di cose, alcune che danno speranza, altre che potrebbero lasciarvi l'amaro in bocca.

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*

...a volte questi ragazzi mi spezzano davvero il cuore :'(

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***

Rientro in casa che ormai si è fatto buio. Non me la sentivo subito: ho preferito riflettere sulla caducità della vita umana attorno al laghetto della villa, con Bucefalo. Come vi dicevo, ho trovato un pavone identico a Bucefalo, che era l'animale domestico di Magno, e ho pensato che potesse non essere realmente morto e che fosse lui in persona. Cioè lui in animale, se preferite.

Tipo una sorta di redivivo o di immortale, che è stato poi il punto di partenza delle mie profonde elucubrazioni. Ero un po' sconvolta dalla storia di Ai e un po' anche dall'aver condiviso pensieri importanti con Zingaretti; era prevedibile che mi mettessi a intraprendere escursioni cosmiche nella mia mente.

In realtà, ho avuto un profondo momento di crisi, dove la mia convinzione sul da farsi tra me e Mattia ha davvero, davvero vacillato. Stare accanto a lui, con quel profumo che intorpidiva la mia sicurezza e i suoi occhi che accusavano le mie intenzioni mi ha colpito molto e mi ha lasciato con un vuoto dentro quando lui se n'è andato. Ho pensato: cosa farò fra un paio di giorni? Come reggerò quando mi volterà le spalle per andarsene?

Amo com'è.

Amo quello che dice e quello che pensa, e anche se su alcune opinioni non sono d'accordo, amo comunque il modo in cui sa esprimersi. Amo le sue insicurezze, i traumi del suo passato e amo anche che, nonostante tutto, sappia sempre, perfettamente, quel che è meglio per lui. Sebbene non coincida affatto con quel che è meglio per me.

La tentazione di mollare la presa si è finalmente fatta sentire (sono sembrata fin troppo invincibile nelle ultime ore) e non ho potuto far altro che starmene lontana finché non mi fossi ripresa. Non è stato facile: non so quanto lo sarà, ma so che per quanto soffrirò, devo resistere.

Chiyo non ha costretto Ai Zu a restare. Ha lasciato che lui prendesse la strada che riteneva più giusta. Sono certa che se avesse potuto seguirlo, l'avrebbe fatto, ma probabilmente lui non le ha dato l'impressione di avere così tanto bisogno di lei; o almeno, non in quel momento.

Hanno sbagliato i tempi... hanno lasciato che qualcos'altro si mettesse in mezzo. Un po' come abbiamo sempre fatto Mattia ed io: prima Lionel, poi Silvia, poi i suoi genitori, i nostri compagni, l'Accademia... insomma, non ci siamo mai avvicinati abbastanza da chiudere quello spazio che permette ad altre realtà di intrufolarsi. È forse un segno che per noi non c'è destino oppure è solo un segno del destino? C'è una fine a questo gioco?

Temo di sì, e temo sia quella che sta per arrivare.

"Wow, hai una faccia da fine del mondo." il commento è di una voce agitata tanto quanto me in questo momento.

Alzo gli occhi e vedo prima il fumo attorno al suo viso, poi lui.

"Francesco?"

"Sì, sono sempre lo stesso di qualche ora fa."

"Non avevi smesso di fumare?"

Natale getta a terra il mozzicone consumato, poi lo pesta con il piede destro e lo struscia sul cemento.

"Sì." afferma rauco. "Ma sono un debole."

"Oh."

"Quando fumi da tempo e poi riesci a smettere." inizia a spiegare, estraendo il pacchetto dal retro dei jeans per prenderne un'altra. "L'aspetto decisamente peggiore è la gestione dell'ansia. Prima lo facevi con le sigarette; ora diventa alquanto problematico senza le cazzo di sigarette."

Ne estrae una, la accende, poi fa per portarsela alla bocca, ma è titubante.

"La vuoi tu?" mi domanda.

"Io non fumo." dico. "Gestisco l'ansia facendomi seghe mentali."

"Ah, ok. Allora la fumo io." se la porta alla bocca e fa un tiro che sembra una boccata di ossigeno puro. Soffia fuori il fumo con sollievo, prendendosela comoda, guardando il giardino della villa, mentre con i gomiti si appoggia al muretto della gradinata.

Lancio un'occhiata al pavimento; ci sono già tre mozziconi.

"Ti raccontano stronzate tipo: masticati una gomma o comprati un antistress." riprende, oltraggiato. "Ma è come obbligare qualcuno a mangiare crema di nocciola al posto della Nutella. Non sarà mai la stessa cosa. Avrai sempre la tentazione di assaggiare la Nutella."

"A meno che tu non odi la Nutella. C'è gente a cui non piace."

"Sì, lo so, era una metafora a caso." taglia corto. "Il punto è che quando hai dei picchi preoccupanti di ansia, l'unica e dico l'unica cosa che pensi possa evitarti una crisi è una sigaretta."

"Una?" lo provoco guardando a terra.

Francesco schiocca la lingua: "Devo recuperare un sacco di mesi."

"Aaaah." vorrei continuare la discussione e chiedergli perché è così stressato, quando vedo qualcos'altro, oltre al pacchetto di sigarette, spuntare dal retro dei suoi jeans.

"Perché hai le chiavi dell'Audi di Zingaretti?" gli domando, confusa e immotivatamente impanicata.

"Ecco appunto." fa lui, esalando un altro lungo sospiro di fumo. Schiarisce un po' l'aria con la mano, poi mi guarda significativamente negli occhi. "Vado a Venezia."

"Vai via con lui? Mattia se ne va?"

Morte interiore.

"No."

Vita interiore.

"Io vado; con la sua macchina, me l'ha prestata."

"Aaaah!" la mia esclamazione in realtà non indica comprensione, ma sollievo. Infatti, dopo un po' ripercorro il nostro dialogo e mi acciglio: "Che diavolo ci vai a fare a Venezia?"

Francesco schiaccia il mozzicone direttamente sul muretto, stavolta, e non la smette di guardarmi con quell'aria mezza schizzata: "Vado a riprenderla."

Inizialmente non connetto e sto per chiedergli chi o cosa va a riprendere, ma prima di aprire la bocca, collego i puntini. Ora so perfettamente la risposta: vuole andare a Venezia per riprendere Alessandra Gruccia.

"Tu sei pazzo."

"Sì, lo so."

"No, non hai realizzato quanto stupido sia farlo ora!" sbotto, costernata dalla sua dichiarazione. "Prima di tutto, chi ti dice che sia a Venezia?"

"I suoi post sui social."

Roteo gli occhi: "Vai a fidarti di quelli. E comunque, ti rendi conto che il matrimonio è domani?"

"Sì. Lo so." sospira. "Appunto per questo ci devo andare. Ha dimenticato qui una cosa."

"Che cosa?"

Natale fruga nella tasca anteriore (è l'uomo delle tasche) e ne ricava un oggetto tintinnante e scintillante: il Pandora di Alessandra. Se quello è il motivo per cui si fa Cecina-Venezia in ventiquattr'ore, sono portata a pensare che ci sia della ganja dentro le sue sigarette.

"È una stronzata, vero?" chiedo, infatti, piuttosto allarmata.

"Quale?" rilancia.

"Tutto: non è vero che vai a Venezia, no? Non è vero che ci andresti solo per uno stupido braccialetto."

Francesco si fa di colpo serio, perso in chissà quale filone di pensieri in cui non riesco a immedesimarmi: "Alessandra non può perdersi il matrimonio dei suoi amici."

Oh, bene, almeno ci sono delle motivazioni più solide. Che a mio avviso, però, non giustificano tutta questa l'impulsività, né un viaggio di circa quattro ore. Facciamo otto, se poi c'è anche un ritorno.

"È stata una sua scelta." sottolineo, dunque.

"No, è anche una loro scelta." osserva indicando la villa con convinzione. "Nessuno l'ha fermata, nessuno si è fatto vivo con lei, nessuno si è mai nemmeno chiesto il perché."

Abbasso gli occhi, sentendomi in parte accusata. Va bene, ce ne siamo un po' fregati, però lui? Anche lui ha apportato un certo contributo alla situazione. E poi, dai... è la Gruccia! Alla Gruccia nemmeno starà passando per la mente di ciò che riguarda noi e il matrimonio. Se n'è andata lei, in fondo. No?

"Sono degli stronzi nei suoi confronti." continua. "E lo sono anch'io in primis, e, sì, tutti noi abbiamo delle ragioni per esserlo, però... Però non è giusto. Lei è pur sempre una di voi - o di noi - e sentirsi esclusi o non apprezzati è uno schifo. Se lei non partecipa a questo matrimonio, le discrepanze tra lei e il gruppo non faranno altro che aumentare. È un circolo vizioso ormai: odiamo la Gruccia perché è stronza, lei ci odia perché la odiamo, quindi fa ancor più la stronza, quindi la odiamo ancora di più. Ma nessuno l'ha mai guardata dal lato umano."

"Perché non c'è." mi viene istintivo ribattere, non senza immediati sensi di colpa. Difatti, mi copro la bocca vergognandomi. Sono rimasta un po' troppo ancorata al passato e agli stereotipi, lo ammetto...

"Sembra che non ci sia." mi corregge lui, sorprendentemente comprensivo. "Ma non sarebbe venuta in primo luogo, se fosse la vera strega che credete che sia. Non avrebbe sudato per quel tendone, nonostante fortemente motivata dal sottoscritto. Non sarebbe semplicemente rimasta parte del vostro gruppo per cinque anni."

In effetti, non ha tutti i torti.

"Penso di non sbagliarmi, se immagino che sotto sotto sta soffrendo per essersene andata; credo che non volesse veramente farlo." aggiunge, piano. "Ovviamente non ce la vedo a struggersi e deprimersi, però penso che essere presente al matrimonio fosse tra le sue sincere intenzioni... e per come la vedo io, è giusto che ci sia."

"Già... forse sì, Natale. Forse no. Non lo so."

Francesco afferra le chiavi, estraendole dalla tasca: "Non lo ammetterebbe mai, ovviamente. Anzi, ciò che ha detto su di me e su di noi fa credere l'esatto contrario."

"Ma?"

"Ma non fa abbastanza da deterrente, purtroppo. O almeno non per me. Sono giorni che mi arrovello."

"È per questo che restavi sveglio anche a orari indecenti finché non hai completato l'arco?"

"Ero un po' agitato, sì. È tutta colpa mia se ha sbroccato, ne sono consapevole. E Dio solo sa quanto non la sopporto, ma in questi giorni mi sono sentito più in colpa per lei che non per aver ricominciato a fumare."

"Non ho capito: ti dispiace averle in qualche modo fatto del male o ti dispiace che non sia qui a godersi il matrimonio?"

"Non lo so. Non so nemmeno se tutto quello che mi sta accadendo abbia un senso. Io non la sopporto sul serio."

"Mh, benvenuto nel club."

"O forse addirittura la odio."

"Abbiamo passato tutti quella fase. Sei solo arrivato in ritardo."

Francesco mi sorride: "Ma immagino che sia comunque responsabilità mia riprenderla, no?"

Mi chiudo nelle spalle: "Ufficialmente, sei l'unico che vuole."

"Davvero, Marinella?" mi fissa intensamente, come a voler sondare la verità all'interno della mia anima. Davvero lui è l'unico a cui farebbe bene il ritorno di Alessandra? O, sotto sotto, molto sotto, siamo tutti talmente masochisti da rivolerla indietro?

In fondo, lei non se n'è mai andata dal nostro gruppo e noi non l'abbiamo mai cacciata. E avremmo avuto un sacco di opportunità per farlo.

"Nessuno di noi, anche volendo, riuscirebbe a farle cambiare idea." rispondo, diplomaticamente. "Forse sei tu il solo che potrebbe portare a termine la missione."

"Perché?" si stupisce.

"Perché sei l'unico ad aver visto la principessa nascosta nella bestia."

"Non dire stronzate. La principessa se l'è divorata anni or sono. È solo una bestia e basta."

"In effetti... non so se tornerai vivo." commento, seguendolo con gli occhi mentre scende energicamente le scale.

Francesco annuisce in accordo con me: "Nel caso non tornassi, sappiate che sono morto da eroe."

"Nel caso tornaste entrambi, sarai davvero un eroe."

Francesco si chiude nelle spalle, come a dire che non ha idea di quali saranno davvero le sorti della sua missione. Tuttavia, si dirige comunque verso l'Audi e la mette in moto mentre qualcuno dall'interno gli apre l'enorme cancellata della villa.

"Cerca di tornare in tempo!" gli urlo, incerta che riesca a sentirmi.

Ma lui abbassa il finestrino e fa il gesto dell'ok.

Sono un po' presa in contro piede da tutto ciò, ma anche parzialmente felice: finché Natale non è qui, Mattia non se ne può andare.

***

TERZO BREAK

Questo è l'ultimo break e, lo so, non è passato molto da quello precedente, ma la parte che andrete a leggere è un po' tosta, per cui assicuratevi di non doverla spezzare e buona lettura. Ci vediamo a fine capitolo e nel frattempo vediamo che succede nel telefono di Nelli...

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...e in quello di Marco!

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***

In casa sembra iniziato il carnevale di Rio de Janeiro: musica latina, bicchieri di vino che tintinnano, gente che balla ovunque. Gli ospiti delle stirpi Magno e Ferrucci si sono ritirati nelle loro stanze, ma non penso che sia questo il motivo dei festeggiamenti. O almeno, me lo auguro, dato che sarebbe leggermente sgarbato.

Devo sicuramente essermi persa qualcosa.

Forse abbiamo ricevuto qualche bella notizia? Magno e Gloria aspettano un pargolo? Cris ha partorito? Zingaretti ha recuperato il neurone perduto?

"Ehi, Nelli! Eccoti finalmente!" Gloria mi accoglie radiosa, il rossetto ancora in posizione da ore e la faccia per niente stanca. "Non hai sentito la notizia?"

"No, quale?"

L'ultima volta era arrivato Sayid, quindi spero non sia un altra sorpresa del genere.

Di fianco a lei Ilenia ridacchia: "Guarda il telefono."

Estraggo il mio Scar, che effettivamente avevo ignorato nelle ultime ore, e sblocco lo schermo. Cinque chiamate perse, trentotto messaggi di Whatsapp, addirittura due mail... tutte da parte dello stesso mittente. Appena leggo il suo nome, Lorenzo Castelli, il mio cuore perde un battito.

"Ma dai... sul serio... ?" parlo con un filo di voce. "Ha trovato...?"

"Ehi, Lori, è arrivata Nelli!" prima che mi parta il pianto estremo, qualcuno lo chiama perché possa confermare di persona.

Neanche a dirlo, Lori raggiunge l'entrata di corsa, si ferma un secondo a guardarmi e poi esplode l'esultanza. Ci lanciamo spontaneamente in un abbraccio travolgente; dalla foga addirittura rischiamo di farci male, ma non ci importa. Quello che conta ora è stritolarci e sentire un enorme sollievo alleggerire i nostri cuori.

"L'hai trovato??" chiedo, come se davvero servisse una spiegazione a tutta questa gioia.

Lorenzo mi guarda con gli occhi lucidi e con un sorriso che va da un orecchio all'altro: "Sì."

"Oh, for the sweet love of Jesus!" esulto, sapendo benissimo di sembrare una grandissima idiota.

Ma chi se ne frega! Lorenzo ha finalmente trovato un donatore per il trapianto di fegato! È la notizia più bella che abbia sentito in giorni e giorni. Lo abbraccio di nuovo e me lo spupazzo come se fosse uno dei miei vecchi peluche ritrovati sotto montagne di giocattoli dimenticati. Oddio, sono così felice.

"Quand'è il trapianto? Dove?" domando, mentre gli altri, che già avranno saputo fino all'ultimo particolare, se ne tornano a bere e mangiare in salotto.

"È un po' complicato." risponde Lori, circondandomi le spalle con un braccio e conducendomi verso un tavolo strapieno di bicchieri vuoti (presumo i residui del banchetto di oggi più i recenti festeggiamenti).

"Non dirmi che è tanto distante." sbuffo, mentre lui mi versa dello champagne in un calice. "O peggio, non dirmi che è a Modena."

"No, è a Venezia." mi sorride. "Però non si sa ancora quando."

"Come no?"

"Nelle mail che ti ho inoltrato è spiegato molto bene." sintetizza, un po' in difficoltà.

"Ma io non ho letto le mail. Né i trentotto messaggi."

"Quelli erano più che altro emoticon e gif, con qualche lettera accentata inserita per sbaglio." arriccia le labbra, scenografico come sempre. "Il succo comunque è questo: ieri notte è arrivato in ospedale un ragazzo in gravi condizioni a seguito di un incidente. Ora è in coma e non si riprenderà; anzi, non gli resta che qualche giorno, forse. I genitori hanno già firmato per la donazione degli organi e... il suo fegato è sano, in perfette condizioni e compatibile al mio."

È una notizia stupenda, ma allo stesso tempo un po' allarmante.

"Devi aspettare che un ragazzo muoia?"

"Lo so, lo so, è terribile." Lorenzo è davvero triste per questa premessa, ma troppo sollevato da non riuscire a trattenere il sorriso. "Ma Nelli, stando a ciò che hanno visto i medici, il ragazzo è davvero irrecuperabile."

Avanza il suo bicchiere verso il mio e li fa tintinnare, sebbene io non abbia mostrato la minima intenzione di ricambiare il brindisi.

Non ho ancora bevuto nemmeno un goccio, perciò sono abbastanza lucida per poter ragionare: "Lorenzo, questo trapianto è sicuro al cento per cento o dipende dalle sorti di un'altra persona?"

"I medici non mi avrebbero scritto, se non fossero stati molto sicuri. Mi fanno andare a Venezia fra due giorni, mi fanno fare le analisi e tutto, praticamente mi ricoverano in attesa del fegato."

"È sicuro al cento per cento oppure no?" mi ripeto, grave.

A Lorenzo sembra proprio che abbiano guastato la festa. Abbassa il suo calice e anche gli angoli del suo sorriso, mentre io continuo a fissarlo con severità.

"No." cede, infine. "Non è sicuro al cento per cento."

Inspiro profondamente, senza dire nulla. Non ce n'è bisogno; si capisce molto bene a cosa sto pensando.

"Ma è sicuro all'ottanta, forse addirittura novanta." insiste. "Io sono pronto, Nelli. Non desidero nient'altro da sei mesi a questa parte. Non voglio credere che sia solo uno scherzo del destino."

"No... certo che no."

"Lo so a cosa stai pensando." afferma, tradendo una certa agitazione. "Non sai se sperare che io abbia il fegato, o che il ragazzo non muoia. È una situazione orribile. E... Nel, stai per sentirmi dire la cosa più brutta che io abbia mai detto, ma... in questo caso, io spero che lui muoia. Non lo conosco, lo so, e forse proprio per questo non mi rendo conto del peso della mia affermazione, ma ho anche pensato che, in ogni caso, perché io non muoia deve morire qualcun altro. Quindi spero sia questa l'occasione, o sarà davvero troppo tardi."

Mi porto le mani al viso: "Oh mio Dio..."

"Già, Dio. Non so quale delle due vite sia più importante per Dio e, considerato che io sono un peccatore di prima classe, temo di non avere alcun vantaggio, però una cosa la so ed è che non voglio morire. Sono stato sempre buono, Nel, nonostante tutto. Ho amato tanto e veramente; forse le persone sbagliate, ok, ma ho sempre seguito dei buoni valori. Non mi merito questa punizione. Se Dio esiste davvero ed è come lo descrivono, non mi lascerà morire."

Deglutisco un po' a fatica, indecisa su come sentirmi e cosa pensare.

I medici sono sicuri e io mi fido dei medici. Mi fido anche della loro gestione della morte di qualcuno per la vita di un altro: mors tua vita mea, è così che funziona in natura e con tale concetto, certi dottori, lavorano ogni giorno. È che fa un po' paura, a dire il vero.

A pari merito del matrimonio, direi.

Ma parlando in termini più spirituali; ha ragione Lorenzo? Perché Dio è buono, salverà chi è sempre stato buono? Farà morire uno sconosciuto per risparmiare lui?

E se questo è il ragionamento giusto, allora chi mi dice che il ragazzo in coma non sia stato più buono di Lorenzo? O che Lorenzo sopravviverà anche al passo successivo?

Chi sa se il vero miracolo è questa notizia, oppure qualcosa che ancora deve accadere, come un inaspettato miglioramento dell'altra persona coinvolta, o dello stesso Lorenzo.

E se Dio non esistesse?

Nel dubbio di come comportarmi davanti a tali profondi concetti, alzo il mio calice e lo bevo tutto in un sorso.

"Se solo osi morire, Castelli." lo minaccio con gli occhi lucidi per le bollicine e forse anche per qualcos'altro. "Prenderò a calci quel tuo culo non più vergine finché non rimpiangerai di esserti seduto in banco con me il primo giorno di superiori."

Lorenzo sorride e beve a sua volta: "Signorsì."

"E conservalo quel mezzo fegato che hai." lo ammonisco, riferendomi all'alcol che sta ingerendo. 

"È l'unico sorso che mi sono concesso. Per l'occasione. Assieme a te."

Ci guardiamo negli occhi per qualche secondo: è il tacito rinnovamento della promessa di esserci l'uno per l'altra finché questa situazione non si risolverà, e anche dopo. Nel bene o nel male, un po' come funziona in un matrimonio.

Per tutto questo sentimentalismo quasi ci mettiamo a bere l'uno dal bicchiere dell'altra con le braccia amorevolmente intrecciate, ma grazie al cielo, qualcosa pone brutalmente fine al disagio.

Lorenzo viene urtato da qualcuno di passaggio e per poco non versa lo champagne ovunque, ma si rimette in equilibrio giusto in tempo. Ci giriamo entrambi verso il responsabile, rivivendo per un attimo una scena già accaduta.

"Scusa." sussurra Tommaso, faticando ad alzare lo sguardo su di me o su Lorenzo.

"Fiorellino, dai, vieni a ballare!"

Lancio una rapida occhiata al salotto e capisco tutta la dinamica: Lionel, il solito mitomane, si è messo a ballare balli caraibici cavalcando l'onda dell'euforia generale. Con la sua innata sensibilità da mammuth ha pensato che coinvolgere Tommaso Fiore nelle danze sarebbe stato bellissimo, ma lui, chiaramente, non ha la minima voglia di buttarsi nella mischia. Così, cercando di divincolarsi, ci è venuto addosso e ora ciò che regna è l'imbarazzo per quello che tutta la scena ha rievocato. Ma soprattutto, mette paura la sua faccia pallida e sconvolta.

Nonostante Lorenzo sembri piuttosto rilassato e molto meno teso di lui, a Fiore non va proprio di indugiare e si congeda con un rapido sorriso forzato: "Congratulazioni." gli dice solamente e poi sfreccia via, verso il piano superiore.

Lorenzo resta fermo e lo segue con lo sguardo finché non è scomparso. Se lo conosco bene come credo, dentro di lui per un attimo c'è stato l'istinto di seguirlo. Ma l'ha represso. E anche a fatica.

"Beh?" sbotto dopo qualche secondo di stallo. "Fai finta di niente?"

"In che senso?"

"Non hai visto come stava?"

"No." Lorenzo abbassa gli occhi.

"Vaffanculo." lo offendo, abbastanza non curante di tutta la pucciosità che scorreva tra di noi meno di un minuto fa.

Lorenzo sa benissimo il perché del mio comportamento e preferisce restarsene zitto a contemplare il vetro del bicchiere.

A quel punto, torno ad essere l'amica rompipalle che nessuno vorrebbe avere in questi momenti: "Se c'è davvero il rischio che tu possa morire, Castelli, vedi di non farlo con qualche rimpianto. È un suggerimento da amica, ma anche un ordine da migliore amica."

Poso il bicchiere con irruenza e senza aggiungere altro, mi dileguo anch'io dal party in corso. Faccio quello che vorrebbe istintivamente fare Lorenzo, se non fosse troppo arrabbiato per l'epatite e troppo insicuro dei suoi sentimenti: seguo Tommaso per vedere come sta.

Come immaginavo, se n'è andato al secondo piano, nascondendosi nel buio della notte e al freddo del terrazzo. Non è una sera molto mite; non avrei potuto farmi un bagno in piscina nemmeno se avessi voluto. E comunque Mattia è uno stronzo.

"Tommaso, posso?" mi introduco, passando dall'apertura della grande porta doppia che dà sul balcone.

Lui è seduto sul parapetto e non si gira nemmeno a guardarmi: "Vai via."

Oh, benvenuta cara Marinella.

"Guarda che sono venuta per te, per sapere se..." ma non ha molto senso continuare a parlare. "Oddio."

Mi accorgo che Tommaso è rannicchiato sul parapetto, sconvolto e... in lacrime.

Ne ho viste di persone piangere, ma in lui credevo non ci fossero nemmeno i condotti lacrimali. Evidentemente mi sbagliavo.

Si è reso impenetrabile per come si è posizionato, ma è evidente come la sua schiena tremi e quanto dolore si stia sprigionando dalla sua gola. Molto probabilmente poco fa stava per scoppiare e ci ha preso addosso durante un tentativo di fuga. Si è allontanato giusto in tempo.

"Vai via, Marinella, per favore." riesce a dire tra un singhiozzo e l'altro.

"Non se ne parla." sussurro, colpita dalla scena. Non mi aspettavo di vederlo in queste condizioni, seriamente.

Lui non si dà pace, ma continua comunque a parlare con me: "Lasciami un minimo di dignità. Ti prego."

"Personalmente, non ho nemmeno idea di che cosa sia la dignità." esordisco. 

Mi spiace non lasciargli la solitudine che vorrebbe, ma saperlo qui da solo e in questo stato non mi fa stare tranquilla. Non potete vederlo, ma sono sicura che se ci foste, pure voi vi sentireste in qualche modo responsabili.

"Cazzo." impreca, coprendosi gli occhi con le mani, tesissimo. "Cosa ci sei venuta a fare qua? Non resti a festeggiare per la grande notizia? Non devi bere champagne o ballare allegramente come fanno tutti gli altri?"

"No." rispondo seccamente.

"Ma come?" mi provoca. "Ti pare di perderti l'evento dell'anno? Avevi giusto giusto appena brindato; non rovinarti il resto della festa. Vai con gli altri, divertiti un po', sfonda la pista."

"Tommaso."

"No, ehi, sono serio. C'è davvero da sballarsi di sotto."

Incasso in silenzio: ho capito. Il sarcasmo sarebbe già di per sé sufficiente anche senza il suo profondo turbamento. Ma in realtà è più che comprensibile: penso che, paradossalmente, siamo gli unici due a pensarla in questo modo.

"Che branco di stupidi." commenta dunque, incapace di trattenere questa considerazione.

A questo punto mi faccio un po' più vicino. Non mi siedo sul parapetto, né tento di invadere troppo il suo spazio (so che Fiore è una di quelle persone che mi getterebbe di sotto senza esitazione), però mi appoggio con la schiena al cemento, fronteggiando l'entrata da cui, ahimè, credo che non arriverà nessuno, men che meno Lorenzo.

"Sono d'accordo con te." gli faccio sapere. "Sono molto preoccupata."

"Oh, sei preoccupata?" sbotta, alzando per un attimo gli occhi. "Brava, non avrai dignità, ma un minimo di cervello sì. Anche se pure tu hai appena brindato al nuovo fegato assieme al diretto interessato."

"Perché lui ne è felice, Fiore. E, comunque, è sempre un punto di partenza, no?"

"Certo!" esclama, sardonico. "Posto che il tizio muoia sul serio, cosa che potrebbe accadere anche tra un paio di settimane, a dirla tutta, sarà davvero uno spasso sottoporsi a un'operazione invasiva e potenzialmente mortale nelle condizioni in cui è quell'incosciente! Partiamo alla grande."

"Prima o poi sarebbe successo."

"Sì, ma Marinella." ora mi fissa con un'oscurità spaventosa negli occhi. "Stanno festeggiando per qualcosa che potrebbe ucciderlo."

Fatico a deglutire; non mi piace la negatività di Tommaso.

"Lorenzo stesso è felice come un bimbo a Natale, mentre la realtà dei fatti è che il rischio di aggravarsi da un momento all'altro non è affatto passato. Lo sai che cosa significa dover aspettare che possano effettivamente donargli un fegato?"

"Che cosa?" mi lascio coinvolgere.

"Che potrebbe aspettare troppo."

"Ma i medici hanno scritto..."

"Andiamo, l'hai letta almeno quell'email?" mi interrompe. "C'è scritto che il donatore è potenziale. E mentre piazzano Lorenzo in un ospedale di merda ad aspettare un potenziale fegato, i medici assegnano altri donatori ad altri malati. E se questo tizio effettivamente sopravvive, o sopravvive a lungo, lui è fottuto. Completamente fottuto." un altro accesso di pianto chiude la gola di Tommaso. "Lo sai quanto tempo ha ancora il tuo caro migliore amico? Si parla di settimane alla meglio e di giorni alla peggio. Ma di questo nemmeno lui se ne rende conto; è sempre super allegro, super positivo, evviva le false belle notizie, evviva le speranze vane!"

Quella di Tommaso non è nemmeno una critica, ma paura. Enorme, grandissima paura. Persino pensare positivo lo spaventa, perché potrebbe rivelarsi inutile.

"Gloria continua a imbottirlo di farmaci e gli altri di stronzate." sibila. "Sono l'unico a vedere la realtà dei fatti."

Rifletto a braccia incrociate, percorrendo con lo sguardo le linee del pavimento: "Forse sei l'unico che non l'accetta."

"Ovvio che non l'accetto." dice. "Ma forse per voi è più facile, perché in effetti non c'entrate nulla. Io invece sono quello per cui Lorenzo sta rischiando la vita, sai com'è, è dura come realtà."

"Tommaso..."

"No, ti prego, non venirmi a dire che non è colpa mia." Tommaso ha le labbra infuocate per quanto le sta mordendo. "È la puttanata che dicono tutti a questo punto del discorso e l'ho già sentita troppe volte."

"È molto più complicato di così."

"No, è semplice: gli ho rovinato la vita fin dal primo istante. Fine. Dovreste ammetterlo anche voi invece di continuare a fare gli ipocriti buonisti."

"Ma che significa fin dal primo istante?" mi stranisco, irritata dal suo accusare continuo nonostante il malessere che sta chiaramente provando.

"Che non avrei mai dovuto innamorarmi." snocciola, come se le sue parole non fossero affatto improvvisate, ma il frutto di lunghe riflessioni. "Era ovvio che non potevamo stare bene assieme. Io ero molto convinto di quello che volevo, ma lui era più inesperto, più confuso: non pronto. Anziché convincerlo a stare con me, avrei dovuto capirlo, lasciarlo in pace, farmene una ragione... avrei dovuto lasciare che costruisse le sue esperienze. Invece lui veniva da una crisi identitaria e io ho preteso che potesse buttarsi in una relazione impegnativa. Avrei anche dovuto aspettare ad avere relazioni sessuali con lui, anziché, forte della mia esperienza, rassicurarlo che con me sarebbe stato facile... Ho praticamente forzato tutta la nostra storia, dall'inizio alla fine, quando avrei semplicemente dovuto lasciar perdere in principio. Ero io a volerlo più di lui e così facendo, gli ho rovinato la vita con le mie stesse mani."

"Ma cosa stai dicendo? Tu non hai mai costretto Lorenzo a fare nulla! Avete sempre fatto passi che volevate entrambi!"

"Sì, ma avrei potuto gestirla diversamente! Lo amavo così tanto da non ragionare, ma sarebbe bastato un esame, Marinella. Un solo stupido esame per salvargli la vita. "

"Stai cercando ogni tipo di pretesto per darti la colpa. Sono istanze di sette anni fa e né tu né lui ci avete pensato."

"Lorenzo non avrebbe potuto. Era davvero molto meno esperto di me e..." scuote la testa, nervoso. "E non poteva di certo immaginare che tipo di passato avessi."

"Vedila come vuoi, ma sia tu che lui, in quegli anni, vi amavate veramente. Lo so per certo, Tommaso. Potrai anche avere l'impressione di parlare con un'ipocrita buonista, ma io ti sto dicendo la verità. Lo conosco. Ed è stato accecato dall'amore tanto quanto te; un esame medico era l'ultima cosa a cui avrebbe pensato."

"Appunto, avrei dovuto farlo io!" esclama. "Quando lui mi ha lasciato, ho cercato in tutti modi di convincerlo a cambiare idea. E anche quando ho visto che non ce l'avrei fatta, non sono riuscito ad accettare la fine di quella storia. Per anni ho sperato che tornasse, ma non solo. L'ho desiderato con tutto me stesso, agognando che un giorno sarebbe successo qualcosa, qualsiasi cosa che l'avrebbe nuovamente legato a me. Ho inseguito così tanto questa volontà che quasi non pensavo ad altro, che quasi non avevo più amici, non uscivo più. Nelli, io avrei dato la mia anima per riavere Lorenzo, ma questo..." Tommaso scuote la testa inorridito. "Questo è un abominio. Questo è un orribile scherzo del destino, o del karma, o di Dio, o di quello che ti pare. Il mio desiderio è stato così morboso e ingiusto da essere ripagato in tale modo. In sette anni, Marinella, da quanto l'ho amato, non mi sono mai nemmeno una volta preoccupato di accertarmi che non l'avessi in qualche modo danneggiato."

"Ma come potevi immaginarlo, se le tue intenzioni sono sempre state buone?"

"Uno che fa la mia vita certe cose le immagina." risponde, arido e accusatorio. "Non sono mai stato un bravo ragazzo. Al contrario di lui, io non lo sono stato mai. Ho scoperto di essere omosessuale quand'ero davvero piccolo. I miei ovviamente non l'hanno saputo per un pezzo perché avevo una tonnellata di ragazze copertura, ma nel frattempo ho fatto un sacco di sciocchezze. Poi l'ho detto e loro mi hanno schifato e allora ho fatto ancora più sciocchezze, sempre più gravi. E no, non parlo di quelle che sapete voi, come non essermi presentato alla maturità o aver imbrattato mezza piazza, no... quelle che ho fatto io sono cose incoscienti e stupide e porca puttana!" grida, sferzando un pugno contro il parapetto, spaventandomi e facendomi urlare a mia volta. "Lo sapevo! Cazzo, lo sapevo!"

"Tomma-" d'istinto mi avvicino a lui, ma come al solito mi scansa e si fa ancora più distante.

"Non mi toccare, sono pieno di merda." piange, al limite dello sconforto e con la mano gocciolante di sangue.

Nemmeno Lorenzo, che è in condizioni decisamente più gravi, si è mai mostrato così a terra. Qui è chiaro che il problema non è la sua salute, ma gli enormi sensi di colpa che lo attanagliano per aver contagiato Lorenzo a causa della sua salute. Ricordo la frase che mi disse quel giorno in cui stavamo preparando la pizza in cucina: Per me stesso non mi preoccupo mai, fidati. E lo vedo... pur essendo allo stesso modo malato, la sua disperazione è tutta per Lorenzo.

"Quando ho conosciuto Lori, la mia vita si è sistemata." singhiozza, reggendo la mano dolorante con quella buona. "Ero felice. Credevo che persino Dio mi avesse perdonato per non essere normale. Credevo di aver intrapreso un cammino talmente giusto che anche tutti gli errori del passato si sarebbero automaticamente cancellati. Semplicemente... non ci ho pesnato più. Ho pensato solo a lui e a quanto amore stessi provando, veramente, per la prima volta. Sono stato così preso che... per tutti questi anni, Marinella. Lo amo ma non sono mai riuscito a dargli amore; solo casini e ora, forse, l'epilogo peggiore che ci possa essere. Non riesco neanche a pensarci..."

"Ora basta, Tommaso, per favore." lo imploro cercando di imporre un tono fermo, sebbene non sia per niente facile. "Non ce la faccio ad ascoltarti così, sul serio. Torna dentro, medicati quella mano e vai da Lorenzo. Fate pace."

"Sì, ok, buon piano." annuisce, mentre con la mano pulita si asciuga il viso. "Come ho fatto a non pensarci prima?"

"Come hai fatto a sopravvivere finora con tutti questi sensi di colpa?"

"Infatti preferirei essere io quello con il tumore, ma la vita è stronza." mi guarda. "E mi sono sforzato per rimanerci, in vita."

Mi stringo più forte le braccia, turbata: "Ci posso parlare io con Lorenzo."

"Non osare." Tommaso mi punta l'indice contro, ed è un'aperta minaccia. "Ho smesso di inquinare la vita di Lorenzo, è meglio per lui se ne rimango fuori e sappiamo che questa è anche la sua volontà. Mi sono offerto in mille modi di aiutarlo, gli avrei anche dato il fegato se non fossi malato, ma lui sta meglio alla larga da me. Ha reso molto chiaro che spera che sia io il primo dei due a morire."

"Non lo intendeva sul serio." lo rassicuro.

"Tu non l'hai sentito." smentisce. "Era quanto di più sinceramente inteso potesse dire. E non l'hai nemmeno visto, perché se ci fossi stata avresti avuto paura del suo sguardo. Ma comunque, è stata la reazione più onesta che abbia visto. Almeno non è tra quelli che mi hanno detto che non è colpa mia."

Non me lo figuro proprio Lorenzo. Cioè, so che può essere terribile a volte, ma non me lo vedo a causare traumi negli altri o esternare cattiverie così pesanti. Posso immaginare la sua rabbia al momento, ma probabilmente c'era anche dell'altro. Secondo me, ciò che estremizza così le reazioni di Lori è il diretto coinvolgimento di Tommaso Fiore.

"Lavorare al vestito insieme a lui, negli ultimi giorni, mi ha solamente dato conferme in questo senso." continua. "Lorenzo si sforza di essere normale con me, ma mi odia con ogni parola, ogni sguardo e ogni respiro."

Abbasso gli occhi, delusa. Io tifavo per loro, nonostante tutto. Avevo sperato in un ritorno di fiamma, anche dopo aver saputo dell'epatite. Anzi, per qualche perversa ragione, mi ero messa in testa che proprio questa li avrebbe riavvicinati. Forse sono troppo stupida pure io; incapace di guardare in faccia la realtà e rassegnarmi al fatto che ormai non ci possa essere nulla di recuperabile. Eppure, avevo fantasticato su quel vestito e su di loro che collaboravano amorevolmente, riscoprendo quanto c'era stato e quanto potrebbe ancora esserci. È davvero tutto allo sfascio? Io avevo visto quell'intenzione in Lorenzo, poco fa... l'avevo vista...

"Comunque." fa, saltando finalmente giù dal muretto. "Hai ragione sull'urgenza di medicare la mano e soprattutto, ripulire questo macello. Non vorrei infettare qualcun altro con la mia malattia."

Tommaso è davvero una delle persone con cui mi risulta più difficile parlare. Non so mai come rispondere, che cosa dire, mi sembra sempre arrabbiato.

"Perché sei così duro con me?" gli chiedo, allora, mentre lui cerca di rimettersi in sesto.

Dopo essersi ripulito del tutto il viso, si volta affrontandomi apertamente: "Perché sono geloso."

Le mie sopracciglia volano al cielo: "Sei geloso di me?"

"Lorenzo ti ha baciato e forse anche amato. Forse più di quanto abbia mai amato me."

"Era una fase." gli ricordo. "Siamo tutti concordi su questo. E, comunque, sei così da quando ti ho conosciuto."

Tommaso fa una smorfia: "Mi hai conosciuto la sera in cui mi sono presentato a Lorenzo. Ed eri con lui. E stavate brindando."

Oh cielo.

"E prima di conoscermi non era diverso." aggiunge, saputo. "L'ho osservato a scuola, eravate sempre appiccicati. Sono stato geloso di te dal primo momento in cui ti ho vista e tu nemmeno mi conoscevi."

Apprendo questa notizia con un certo stupore, ma ne sono anche felice: alla fine Tommaso non mi odia perché non gli piaccio, ma perché sono troppo legata a Lorenzo. Troppo secondo lui, ovviamente.

"Comunque non è colpa tua." non so come, ma riesce a sorridermi. "Sarò per sempre tanto geloso quanto grato per quello che fai per lui, per come lo fai sentire e come l'hai sempre fatto sentire apprezzato. Quando ancora mi parlava, mi ha confessato che senza di te, gli anni delle superiori sarebbero stati un inferno. In più, il tuo supporto durante tutte le sue prese di consapevolezza è stato prezioso. L'ha reso il ragazzo che è e che io, personalmente, amo. Quindi grazie. Ma sarà una delle poche volte che me lo sentirai dire, perché comunque rimani la stronza per cui cinque anni fa sono stato scaricato."

Fisso Tommaso con espressione indecifrabile.

"Grazie?" rantolo, indecisa su come prendere il tutto.

Lui fa un cenno in risposta e poi va verso la porta: "Se Lorenzo o la sua famiglia non mi vorranno in giro il giorno dell'operazione, scrivimi tu. Me lo devi."

"Certo." annuisco. "Te lo prometto."

Fiore non dice più nulla, apre la porta e poi sparisce nel corridoio. Per quanto mi riguarda, rimango per un po' scioccata, immobile qui nel mio angolino, ma poi penso che tronerà per ripulire il punto in cui ha preso a pugni il cemento, così anche io levo le tende. Passo per il bagno per sciacquarmi la faccia, poi scendo al piano terra e concludo la serata.

Facciamo qualche altro brindisi tra ex compagni di classe, ridiamo con Magno e Gloria sulla loro decisione di dormire separati per questa notte e poi giochiamo di nuovo a Dire Fare Baciare con la poca gente rimasta. Non duriamo più di tanto: è tardi e domattina dobbiamo essere tutti operativi per il grande giorno. I bambini sono già collassati sul divano, Lorenzo è messo uguale e in salotto di persone sveglie ne sono rimaste ben poche.

C'è Marco seduto su una sedia a fissare con malinconia Rachele che dorme. Poi c'è Shymée che sta intrecciando le rosse ciocche di Ile, dopo averle assicurato di conoscere una tecnica per fare mossi anche i capelli corti. E poi ci sono io, che ho trascinato Federica in cucina con la scusa di aiutare a lavare i piatti e i bicchieri, ma in realtà per aggiornarla su quanto accaduto nelle ultime ore. Ci rimane male almeno quanto me, poi passiamo ad altri discorsi, tipo a quanto siamo emozionate per domani, a come ci vestiremo, a quanto lei e Pier debbano avere dei figli, eccetera eccetera.

A un certo punto Fede nota qualcosa di insolito. Dice che mi sente emozionata, ma forse fin troppo, quasi agitata. Mi chiede se sta andando tutto bene tra me e Mattia. Le rispondo come prestabilito, ma non la convinco. Quindi ci va pesante e mi rivela che secondo lei me ne sto troppo con Sayid. Temporeggio elencando qualche qualità di Sayid per cui potrei essere giustificata, ma poi lei piazza la fatidica domanda: "Senti, ma che cavolo intendi fare con Mattia, dopo il matrimonio? Perché ho come l'impressione che tu stia combinando un casino dei tuoi."

Un punto a mio vantaggio è che come Fede conosce bene me, io conosco bene lei e so esattamente come rassicurarla, pur non dandole alcuna rassicurazione. Metto in piedi tutto un lungo monologo, in cui in realtà blatero un sacco, ma non do la risposta alla sua domanda. Per fortuna è stanca e come me, risente delle ultime novità e si lascia abbindolare dalla mia ars oratoria. Si congeda minacciandomi di non fare cazzate e di combattere per quello che vuole il cuore, fregandomene delle paure e degli spettri del passato.

Tutto molto bello, peccato che io non abbia ancora rivelato a nessuno di ciò che ho sentito quel giorno, fuori dalla stanza di Mattia, e che quindi i consigli di Fede non siano altro che parole vuote. Se sapesse la verità, mi avrebbe sicuramente fatto una lavata di capo, o alla peggio sarebbe andata da Mattia per sistemare le cose. Ma come ho già detto, non posso correre questo rischio. Domani sarà l'ultimo giorno in cui Mattia e io saremo costretti a stare insieme, poi ognuno dei due scriverà di suo pugno il proprio destino.

Anche se, in un recondito angolo di me, spero ancora con tutto il cuore che Mattia cambi idea all'ultimo secondo e decida di restare con me per sempre, chiedendomi di sposarlo, fecondandomi con il suo seme e promettendomi di morire di vecchiaia al mio fianco, circondati dai nostri nipoti.

Tsè... la mia fantasia non ha proprio limite, a volte sono costretta a riconoscerlo.

"Ti hanno abbandonato?" la domanda è proprio da parte sua, il che un po' mi scombussola e un po' rischia di farmi mollare il piatto che ho fra le mani in un attacco cardiaco. È da oggi che mi sento di morire in sua presenza.

"Nah." gli sorrido, sistemandomi i ciuffi in disordine con la spalla, nella speranza di non sembrare uno scopino del water. "Sono rimasta volutamente da sola per riflettere un po' e anche per finire di lavare questa roba."

"Su cosa dovevi riflettere?"

"Beh, potrei elencarti diversi argomenti, ma diciamo sulla vita in generale, ecco."

"Come sempre." Mattia sfila dalle mie mani il piatto che ho finito di risciaquare, poi afferra il canovaccio più vicino e lo asciuga.

Vedete? Saremmo perfetti come coppietta di fidanzatini casalinghi.

"Grazie." faccio, dilettata dal suo gesto e dalla fantasia di noi due che convoliamo a nozze in un ipotetico mai. "Tu non vai a dormire? Domani è il gran giorno."

"Lo so, sono stato a festeggiare per Lori e poi ho giocato a Fifa contro tuo fratello. Mi sono fatto prendere la mano e mi è sfuggita l'ora."

Roteo gli occhi: uomini.

Mattia ripone il piatto nella mensola sopra di noi, evitando l'imitazione dell'Uomo Ragno che invece sono costretta a fare io per arrivarci. Mentre lo osservo nel suo taglio a cui non mi sono ancora abituata, mi lascio risucchiare dall'angoscia. In questi giorni mi sono sforzata di fregarmene, ma il pensiero quasi febbrile della missione è sempre dietro l'angolo, specialmente quando lui non è con me. Penso sempre: avrà fatto o no quella telefonata? Quando si deciderà a darmi la notizia?

Lui non me lo dice e io nemmeno glielo chiedo, perché sono terrorizzata da ciò che succederà da quel momento in poi.

"Che cosa farai dopo il matrimonio?" inaspettatamente, questa domanda viene invece proprio da lui e mi prende del tutto alla sprovvista.

"Beh, io..." faccio arrossendo e passandogli un altro piatto. "Non saprei... non ho ancora... non lo so."

"Hai parlato con Benigni?"

"No."

"Hai fatto piani per New York?"

"No."

"Te ne andrai con Sayid?"

Poso il piatto che ho appena afferrato e mi giro verso di lui, sia con il viso che con il busto: "Perché me lo chiedi, Mattia?"

"Perché abbiamo rimandato questo discorso fino al matrimonio e il matrimonio è domani."

"Allora dimmi anche quali sono i tuoi di programmi."

Mattia non abbassa lo sguardo, anzi mi fissa intensamente, con aria di sfida: "Non lo so."

Certo che lo sa, è che è uno stronzo.

"Beh, pensaci." rilancio, consegnandogli solennemente il piatto. "Il futuro è alle porte."

Mattia fa una mezza risata e allunga il piatto verso l'alto per sistemarlo sulla mensola. Non so quale sia lo scopo delle sue indagini, ma non mi pare per nulla triste o sconsolato rispetto a questo argomento. Sembra che il mio allontanamento non abbia fatto altro che divertirlo: probabilmente è qui ora per assicurarsi definitivamente di potersene andare senza sensi di colpa, come se già la conferma di poco fa non fosse bastata.

"C'è qualcosa che vorresti dirmi, Argenti?" se ne esce chiamandomi arrogantemente per cognome.

"No, Zingaretti." rispondo, irritata, sciacquando l'ultimo piatto sotto al rubinetto. "E tu?"

"Beh, in realtà sì." si china, afferra il piatto e poi sussurra. "Puzzi ancora di Sayid."

Questa frase mi offende all'inverosimile. Quando vuole, sa essere davvero infantile, per cui decido di prendermela e di andarmene a letto senza nemmeno augurargli la buonanotte. Ma mentre sono ancora di spalle, intenzionata a uscire dalla cucina, sento una frase che mi attanaglia lo stomaco e mi immobilizza le gambe.

"Mi mancherai."

Indugio sullo stipite, serrando gli occhi e respirando a fatica. Le mie dita si sono strette attorno al legno della porta e la mia gola è così annodata che non riesce a far uscire nemmeno un fiato. Dunque, con uno sforzo disumano, mi costringo ad andare via e lascio alle mie spalle questa sorta di congedo ufficiale.

E quindi è così; è un addio anche per lui. 

Gli mancherò e basta.

Sapevo che avrebbe fatto male, è solo che non pensavo così tanto.

***


ANGOLO AUTRICE

Aloha :)

Finalmente siete riusciti a leggere questo capitolo! Lo so, vi ho fatto attendere abbastanza, ma ho avuto qualche intoppo lungo la strada. La cosa positiva è che vi ho regalato un capitolone lunghissimo, la cosa negativa, invece, è che siamo davvero molto, troppo, preoccupantemente vicini alla fine e io sto iniziando a deprimermi. Non credo di potercela fare, sul serio T_T

Alla fine di "Io e te 3" dovrebbero mancare SOLO cinque capitoli, il che è davvero un dramma, se ci pensate. Prima del numero 18, però, vi farò leggere una OS che pubblicherò nell'apposita raccolta e che credo piacerà a moltissimi di voi. Avete già indovinato? Diciamo che è una delle più attese di sempre.

Dopo aver pubblicato quella, finalmente sarà il turno del capitolo 18, ovvero IL GRANDE GIORNO. Magno e Gloria si sposano e io sono più agitata di loro. Non ci posso ancora credere :')

Nonostante tutti gli arcobaleni che sto vomitando, mi rendo conto che il vostro umore potrebbe non essere ugualmente alle stelle. Ciò che avete appena letto, specialmente nella seconda metà del capitolo, non è stato del tutto positivo, anche se, per come la vedo io, può ancora succedere di tutto. Nel prossimo capitolo sicuramente ci sarà un punto di svolta che attendiamo da molto. In questo cap e nel precedente, tra Nelli e Mattia ci sono stati più punti in sospeso che punti di incontro/scontro, ma si tratta di portare pazienza. So che ad alcuni di voi questa situazione sta seccando e... beh, come biasimarvi XD Tuttavia, bisogna cercare di capire la situazione e allo stesso tempo far tesoro anche dei non detti. Nessuna scena è solo riempitiva, ricordatelo, e possiamo trarre qualcosa anche da momenti che non fanno progredire la trama, ma che, comunque, la arricchiscono.

Alla fine di questa storia, quanto meno, potrete dire di aver conosciuto talmente bene Nelli e Mattia da poterli ritenere vecchi amici.

Ma adesso bando alle ciance e via con le domande! Ormai questo momento è d'obbligo.

1) Pensate che si stia manifestando un riavvicinamento tra Federica e Pierpaolo? Se sì, è già terminato, o potrebbero arrivare ad essere ancora più vicini? Succederà qualcosa tra di loro entro la fine del matrimonio?

2) Vi è piaciuto il confronto tra Nelli e Mattia sul tema del matrimonio? Qual è la vostra opinione a riguardo?

3) Avevate mai immaginato il passato sentimentale di Ai Zu? Vi piacerebbe leggere, in futuro, una OS sulla storia di Ai e Chiyo?

4) Vi aspettavate che Francesco sarebbe andato a riprendere Alessandra di sua spontanea volontà? Ma più che altro, ce la farà?

5) Visti gli ultimi sviluppi, quale potrebbe essere il destino di Lorenzo? Come potrebbe reagire Tommaso, se qualcosa andasse storto?

6) Ha fatto soffrire anche voi quel "Mi mancherai" di Mattia? Davvero anche per lui si tratta di un addio ufficiale?

7) Mancano solo 5 capitoli: pensate siano sufficienti a stravolgere le sorti di "Io e te", oppure sono troppo pochi perché qualcosa possa cambiare?

Direi che per questa volta vi ho sufficientemente, per citare il mio poeta preferito, "ubriacato di cazzate". Mi metto subitissimo ascrivere la nuova OS e il cap 18 e nel frattempo, aspetto con un po' d'ansia i vostri commenti. Più ci avviciniamo alla congiunzione con il prologo, più temo che la retata sotto il mio portone si verifichi davvero. Non vogliatemi troppo male, ok?

Alla prossima!

Daffy


***


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Capitolo 18
*** Per sempre e mai più ***


MxM3 18

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



Lo sentite?

Sentite in lontananza il suono delle campane? Sentite le note della marcia nuziale?

Sentite le lacrime riempire i vostri occhi?

Sentite l'emozione farvi battere il cuore?

Il giorno è arrivato.

Vi auguro un buon matrimonio e una buona lettura.


E prima, ovviamente, vi lascio il Riassunto della puntata precedente: gli ospiti sono arrivati a Villa Magna. Cugini, nipoti, zie e prozie si aggirano grotteschi e tumultuosi prima del fatidico giorno delle nozze. Gloria e Magno sembrano pronti a dimostrare che si meritano la piena fiducia dei padroni di casa. Beh, lo sembrano, appunto, ma non è detto che lo siano. Speriamo di sì. Nel frattempo, gli altri ragazzi sanno che a breve giocheranno un ruolo fondamentale nella vita dei loro amici: dovrà essere tutto perfetto. Ma lo sarà veramente? Con Francesco in missione per riprendere Alessandra? Con Rachele in silenzio stampa nei confronti suoi genitori? Con Pierpaolo intenzionato a lasciare Silvia e Federica sempre più implicata in questo triangolo? Con Sayid in procinto di avanzare proposte strane a Marinella? Con Nelli e Mattia a corto di tempo, e opportunità, per essere onesti l'uno con l'altra? Se ben ricordate, l'ultima volta che si sono parlati, si sono lasciati con un "Mi mancherai" e questo, in "Io e te", ha l'aria di portare solamente un sacco di guai. Come qualsiasi altra cosa, del resto.

Volete voi, dunque, instancabili lettori, prendere questo capitolo come vostra legittima maledizione, per amarlo e odiarlo, nella gioia e nel dolore, nella buona e nella cattiva sorte, finché il finale di "Io e te" non ci separi?





"Io e te" è semplicemente complicato 

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Per sempre e mai più

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"The birth of the reader must be at the cost of the death of the author."

- Roland Barthes, The Death of the Author

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"Un'emergenza?" Diego suona talmente scettico al telefono che per poco stento a crederci pure io.

"Sì, Vallicroce, un'emergenza." ripeto cercando di dare il tono gravoso che richiede la situazione. "Vieni immediatamente."

"Ok, ok, di solito non è una richiesta che mi sento fare, ma se va bene a te-"

Riattacco la telefonata prima che finisca il doppio senso e mi tocchi offenderlo pesantemente. Non è il momento per le sue allusioni sessuali; qui c'è davvero un'emergenza e io ho fretta di tornare a concentrarmi su di essa.

Cosa potrebbe mai essere capitato a sole due ore dall'inizio della cerimonia? Quando siamo tutti già pronti e pettinati? Quando gli ospiti sono radunati di sotto e le note della marcia nuziale già risuonano nell'aere?

Beh, direi un buon vecchio crollo emotivo della sposa.

Un classico, per gli intenditori.

Gloria se ne sta infatti seduta sul materasso di fronte a noi: vestita, pettinata, truccata, stupenda e... in una crisi di pianto isterico che nemmeno Maria quando ha scoperto di essere incinta da vergine. Ha iniziato circa quindici minuti fa e non ha più smesso: il pubblico che si è radunato attorno a lei è piuttosto notevole, ma nessuna delle ragazze è riuscita a calmarla.

"Glo, adesso basta, ok? Stai dicendo cose senza senso." Federica tenta di stemperare il clima, per l'ennesima volta senza successo.

Non si capisce bene cos'abbia generato lo sclero - a sentire Cris è stato a causa di una sbavatura dell'eye-liner - ma sta di fatto che è disperata e non è ancora riuscita a dirci il vero perché. O meglio, ha elencato varie ragioni tra un singhiozzo e l'altro, ma credo sia semplicemente giunta al punto di non ritorno. Avevo detto che somigliava ad una spugna, ricordate? Che ammiravo il suo riuscire ad assorbire e trattenere l'ansia con eleganza. Bene, ecco, ora è ancora una spugna, ma immersa in un oceano di ansia.

"Io no- io non ce la po-posso fare." piagnucola, mentre le sue esili spalle vengono scosse da un singulto. 

"Ah, vaffanculo." sbuffa Cris, lasciando cadere la palette di ombretti sul tavolo. "Un'ora di lavoro rovinata così." indica la faccia di Gloria e tutti ci soffermiamo a contemplare il mascara sparso dal sopracciglio alla mandibola. E Clio Makeup, fatti da parte.

In ogni caso, nessuno dà retta a Cris, perché è chiaramente nervosa e il fatto che sia la truccatrice non pagata della situazione non le dà comunque il diritto di essere pignola. Non è carino lamentarsi mentre la tua amica sta avendo un crollo emotivo prima del matrimonio, anche se, tutto sommato, la capisco. Siamo tutti presi dai nostri problemi, come se queste nozze fossero una sorta di apoteosi di un personale travaglio. Cris, poi, per restare in tema, ha una pancia più grande della sua testa e l'ormone che passa da farla sembrare una docile mammina a un orso grizzly incazzato.

Fede mi guarda con apprensione: "Hai chiamato Diego?"

"Sta arrivando."

Quando abbiamo capito che Gloria era completamente andata, abbiamo pensato che le nostre rassicurazioni sarebbero state puro ossigeno sprecato. E ci abbiamo provato, sia chiaro, ma ad ogni pacca sulla spalla, Glo rispondeva con l'intensificarsi delle lacrime e qualche 'non ce la faccio' a caso. Se avessi avuto davanti Federica o Lorenzo, li avrei presi a sberle in faccia, ma con Gloria semplicemente non puoi. Non puoi essere troppo brusco o troppo violento, non puoi nemmeno dirlo al suo ragazzo perché, sai com'è, andrebbe in corto pure lui e con ogni probabilità si suiciderebbe.

Quindi stavamo per finire le risorse e l'unica soluzione che ci è venuta in mente, a quel punto, è proprio Diego. Quel piccolo pervertito ha il potere di riscuotere le persone senza per forza picchiarle (come farei io). Non so davvero come, dato che dice una porcata dopo l'altra, ma lui è bravo con le parole, ci sa fare, e abbiamo pensato che sarebbe stato il nostro eroe del giorno.

Quando entra e si sofferma sulle tette di ognuna di noi, tuttavia, mi ricredo.

"Quanto ben di Dio..." commenta infatti, scannerizzando i nostri vestiti di pizzo e pensando, ne sono sicura, di essere entrato nel suo personale paradiso. In realtà, è solo la stanza di Gloria che per il momento si è trasformata in un camerino femminile.

"Guarda da un'altra parte, stronzo." commenta infatti Cristiana, facendogli il dito medio.

"Buongiorno, amore. Sei incantevole stamani." le sorride lui, poi lancia un'occhiata verso di me. "Allora, qual è l'emergenza?"

"Non mi sposerò maiiii." ci pensa Gloria a riassumere il tutto per Diego, mentre porta entrambe le mani al viso e ne approfitta per distendere ancor meglio la matita nera sulle tempie. 

"E che cazzo." sospira Vallicroce, sistemandosi il gilet nero con professionalità.

Un po' come se si stesse approcciando a un riccio ferito lungo la tangenziale, Diego muove qualche passo verso di lei e si inginocchia per poterla fronteggiare. Nella sua tenuta elegante, che lo fa sembrare molto più serio di quanto sia in realtà, rimuove delicatamente le mani di Gloria da davanti al viso e la richiama dolcemente: "Ehi, Glo." 

La biondina decide di guardarlo negli occhi, forse cedendo al suo tono o forse perché è troppo a modo per snobbarlo.

Diego le sorride: "Non sapevo che anche tu avessi le tette."

Ok, ritiro tutto quello che ho detto su di lui. Tutto. Dall'inizio delle superiori a ora.

Gloria si guarda il petto, messo in rilievo dal corsetto dell'abito, e poi, logicamente, piange ancora di più. Un applauso per il dottor Tatto, signori, un applauso!

"Sto con un demente." osserva tristemente Cristiana.

"Eddai, eddai, cos'è tutto questo casino!" si anima lui, sbracciandosi sotto lo sguardo inquieto di noi ragazze. "Ferrucci! Ti stai per sposare con il biondo ossigenato più figo del Nord Italia! Erediterai mezza Toscana quando i suoi schiatteranno e farai pure un figurone vicino a quelle rachitiche delle sue prozie! Eccheccazzo!"

"Sì, è questo il problema..." pigola lei, il naso completamente tappato.

"Quale problema? Magno è il problema? Io ti avevo sempre avvertita sul fatto che ha il cazzo piccolo. È un po' tardi per pentirsene adesso."

Cris indica Diego e poi guarda noi in modo allusivo: "Chi è che ha avuto quest'idea di merda?"

Federica e Ilenia mi indicano: "Lei."

"Grazie." ringhio.

"Grazie mille per la fiducia, amiche mie." echeggia Diego, mentre non si muove da davanti a Gloria.

"Ehi, senti, Ferrucci." le dice, noncurante di noi e posando le mani sulle sue ginocchia stranamente senza scopi sessuali. "Ti ricordi quando spiavo nella tua scollatura in terza superiore?"

Gloria annuisce, i boccoli che riflettono la luce in mille sfumature dorate.

"Non ho mai trovato nulla." prosegue Diego. "Ma adesso finalmente lo vedo."

"Sta ancora parlando delle sue zinne?" mi domanda Cris, irritata.

"Ed è una metafora che rispecchia anche il tuo matrimonio. Prima eri una ragazza chiusa, silenziosa, quasi inesistente. Poi al tuo fianco è arrivato quell'imbecille di Magno e ha tirato fuori tutto il meglio di te. Eccolo qui, ce l'ho davanti. Ora finalmente lo vedo."

"Sì, sta ancora parlando delle sue zinne." si altera Cris.

"Non posso dire lo stesso di Magno, perché, ehi, il suo meglio è saper fare scorregge profumate di deodorante con le ascelle, ma adesso è il vostro momento. Non è il momento di mollare, ma di urlare al mondo che voi due volete stare insieme e del resto non ve ne frega proprio un cazzo."

"Ma-ma è questo il problema." balbetta Gloria. "A me im-importa degli altri. E se- e se qualcosa va storto io... loro..."

La biondina torna nel baratro della disperazione e noi tutti ci immedesimiamo nelle sue preoccupazioni. Quegli avvoltoi dei Magno stanno rovinando il matrimonio con la loro stupida oppressione sul figlio, che di riflesso si è annidata per tutti questi mesi dentro Gloria. Sembra di stare davanti alla commissione di maturità, anziché davanti ai propri cari il giorno del matrimonio.

"Non ti farai mica mettere i piedi in testa da quegli assessuati!" si scandalizza Diego, utilizzando aggettivi a caso. "L'ultima volta che avranno scopato sarà stato nove mesi prima che Magno nascesse, fanno così perché sono sessualmente frustrati. E comunque, fossero anche i più potenti della terra, avessero anche la tua vita in pugno, nessuno e dico nessuno può impedirti di amare. Perciò vai sotto quell'arco e ama quel coglione di Magno, prima che Eva gli comunichi che cosa sta succedendo e lui decida di buttarsi sotto un'auto."

A Gloria scappa un sorriso tra le lacrime e mi sembra di vedere finalmente la luce in fondo al tunnel.

"Mi sento così sotto pressione." decreta infine, tentando di asciugarsi le guance.

"Gloria, ti promettiamo che andrà tutto bene." Diego pronuncia questa frase passandoci tutte in rassegna a mo' di minaccia. "E se proprio ci fosse qualcosa fuori posto, ci penserò io a distrarre i tuoi suoceri bacchettoni. Mi basta una palpatina involontaria e tutti gli occhi saranno su di me."

"Oh, Diego." non so se il sospiro di Gloria sia grato o preoccupato.

"Te lo prometto."

Qualcuno le passa un fazzolettino e lei si tampona gli occhi: "Troppo gentile."

"Tu devi preoccuparti solo di te e Magno, capito?" insiste lui. "Perché un domani anche io vorrò sposarmi." afferma alzando lo sguardo su Cris e colpendola come se avesse scoccato una freccia dall'arco di Cupido. "Tu mi devi dimostrare che si può fare, nonostante tutti i bastoni tra le ruote che ci mette la vita. Mi devi dimostrare che quando ami qualcuno te ne sbatti il cazzo dei giudizi, dei ricatti e del resto del mondo, ok? Ok, Glo?"

Lei annuisce, perdendo la voglia di ribattere agli incoraggiamenti e decidendo semplicemente di arrendersi alla visione positiva di Diego: "Ok."

"Brava bambina."

"Voglio abbracciarti, Diego." fifa ancora un po', allargando le braccia come non si confà a lei. "Voglio abbracciare tutti voi."

E noi, allora, ci stringiamo tutti nelle sue braccia... per quanto possibile, naturalmente. 

È tipo un assurdo grande abbraccio di gruppo, dettato chiaramente dalla carica emotiva della situazione, che rischia di rovinarci le acconciature e stropicciarci i vestiti, ma che apparentemente per Gloria è fondamentale in questo momento. Ed è bello, in realtà, non si disdegna mai un abbraccione di gruppo, specie quando ha il potere di far tornare il buon umore.

"Come farei senza di voi?" sussurra Gloria, mentre Diego cerca di allungare una mano verso il primo deretano che trova nei paraggi.

"Non ti staresti nemmeno sposando, se non fosse per noi." Federica le fa un misterioso occhiolino.

"Ehi, Glo." se ne esce Diego sciogliendo l'abbraccio. "A parte gli scherzi, sbattitene davvero di quella gente, ok? Sposati perché ami Magno e non perché devi provare qualcosa ai suoi genitori. E ricordati sempre che quando dirai 'lo voglio', io sarò lì in mezzo alla folla ad immaginare che tu l'abbia detto con voce profonda, alludendo al pene di Magno."

La maggior parte di noi scoppia a ridere, mentre Cristiana afferra Diego per il colletto e se lo porta via, probabilmente in un luogo dove nessuno potrà vederla esercitare violenza (o abusare di lui dopo la semi-proposta di matrimonio che le ha appena fatto). 

Ah, Diego... è sempre lo stesso. E forse per questo è il nostro eroe. Nostro, ma principalmente Cris, per essere precisi. E per evitare che lei mi linci per questa frase.

"Dai, secchiona." mi avvicino a Gloria e la incoraggio porgendole la mano. "Facci vedere quanto sei gnocca."

Gloria si mette in piedi un po' a fatica, ma poi si stabilizza e fa una piroetta per lasciarsi guardare in tutto il suo splendore. Il lavoro che Lorenzo e Tommaso hanno fatto è da rimanere senza fiato. 

Hanno preso quell'offesa di vestito da matrona e ne hanno ricavato un'opera d'arte, fatta su misura per questa sposa. Il corpetto le fascia perfettamente la vita senza farla sembrare troppo magra ed evidenziandole il décolleté. Poi la gonna cade liscia sulle gambe, non troppo pomposa, ma comunque di scena, con il tessuto satinato che arriva al pavimento e le pietruzze simili a diamanti che scendono lungo un fianco. È stupenda. E se Lorenzo e Tommaso non diventano i prossimi Dolce e Gabbana, giuro che me la prendo. Al massimo Enzo e Carla. Enzo e Carla vanno benissimo lo stesso. L'importante è che si veda il loro stile.

Vedendola così, a un passo dallo sposare Alessandro, non posso non prendermi un attimo per abbracciarla ed averla solo per me. Ricordo uno dei nostri pochi ma importanti abbracci, anni fa, e quanto allora mi avesse fatto strano stringerla. Gloria non è una da dimostrazioni di affetto, ma è un'amica importante per me e io spero di esserlo per lei, spero che stare al suo fianco come testimone le dia un po' di forza in più.

"Questa favola è scritta per te." le sussurro nell'orecchio. "Goditela fino al per sempre felici e contenti."

"Mmm... allora si tratta di una fiaba."

"Maledetta secchiona."

Rido, e con un po' di nodo alla gola, sciolgo il nostro abbraccio e le auguro buona fortuna.

***

PRIMO BREAK

Vi avverto subito: questo capitolo sarà pieno di break XD Contrariamente a come siete abituati, non è un capitolo lungherrimo, ma i (relativamente) brevi paragrafi di cui è composto si alterneranno con ben 5 pause, all'interno delle quali condividerò con voi i soliti momenti social, ma soprattutto delle grandi opere d'arte che sono state fatte appositamente per questo capitolo e conservate per la speciale occasione.

Giusto per aprire le danze in tranquillità, comunque, vi porto un paio di scleri alla Marinella Argenti, uno dei quali in formato GIF come esperimento per potervi far vedere meglio la schermata. Spero che funzioni, dato che come trovate tecnologiche non mi sento molto al top, e sappiate che più avanti nel capitolo ne troverete anche un'altra. Buon proseguimento, miei cari.

***

Quando esco dalla porta, ancora commossa per la scena di prima, mi ritrovo davanti alla faccia un'inquietante presenza. 

A dire il vero, l'avevo avvertita ancor prima di uscire, a causa del sentore olfattivo d'incenso che ho iniziato a considerare, negli ultimi giorni, una specie di presagio di morte che riesce ad infilarsi anche sotto le porte.

"Ciao, Sayid." gli sorrido, uscendo definitivamente in corridoio e maledicendo il tempismo di averlo beccato qui fuori.

Anche se qualcosa mi dice che mi stesse aspettando a mo' di avvoltoio da un bel po'.

"Che schianto." gli occhi languidi con cui mi squadra mi fanno arrossire e anche sentire un po' in colpa.

"Che schianto non si dice più molto spesso." gli faccio notare, sviando l'imbarazzo. 

Lui rimedia con un occhiolino: "Hai capito il concetto."

"Che ci fai qui?" domando, schiarendomi la voce. "Non sei giù al rinfresco?"

"Prima devo parlare con te."

Quindi mi stava sicuramente aspettando a mo' di avvoltoio.

"Uhm... ok."

"Vieni." Sayid mi prende per mano e mi accompagna verso un angolino del corridoio che rimane nascosto al passaggio di tutti. Infatti, ci troviamo davanti a un inquietante mezzo busto di marmo ritraente un antenato dei Magno che fa praticamente da separé. Mentre dal piano inferiore e dall'esterno sale il brusio sempre più eccitato degli ospiti, sia Sayid che il mezzo busto continuano a fissarmi come maniaci.

"Sayid, mi stai spaventando."

Lui ridacchia con fare teso: "Sono più spaventato io."

Questa frase mi lascia perplessa, ma presto la mia confusione si trasforma in puro terrore, quando vedo la sua mano sinistra infilarsi nella tasca della giacca e frugare alla ricerca di qualcosa.

Un attimo.

Ho un mancamento, credo.

"Nelli." Sayid estrae la mano e io entro in fase di morte cerebrale. "Questa è per te."

Penso che ora si inginocchi e che apra davanti ai miei occhi una scatolina contenente 50 carati di fede con zirconi reali del Gujarat, invece la vita torna a sorridermi quando anziché porgermi un minaccioso anello di fidanzamento, Sayid posa sul mio palmo una semplicissima chiave. 

Una chiave. Grazie a Dio.

Niente anelli, proposte o promesse. Solo una chiave. Una semplicissima chiave.

Che, tuttavia, dopo qualche secondo, genera in me un'altra crisi mistica.

"Non sarà mica...?" gli faccio, scrutandolo incredula.

"1561, Lexington Avenue, New York." conferma, con una pronuncia invidiabile. "Non è solo mio, Nelly. Se lo vuoi, è nostro."

E questo pronome possessivo massacra definitivamente tutte le mie funzioni vitali rimaste funzionanti.

"Sayid, io..."

Mentre guardo quel pezzo di metallo sulla mia mano, il cuore mi batte fortissimo. È un regalo gigante, meraviglioso e inestimabile da fare a una persona. Per me, comprare una casa da voler dividere è qualcosa di ancora più profondo di una proposta di matrimonio: è una proposta di vita. È amore puro.

Pensare che Sayid abbia voluto rivolgerla a me mi destabilizza, perché non avevo realizzato che il suo affetto andasse così oltre. Da lui mi sarei aspettata che mi chiedesse in sposa, invece ha fatto qualcosa di più spirituale, di ancor più significativo. O almeno, per come la vedo io è così. E sono sicura che se anche io provassi le stesse cose, a questo punto starei piangendo dalla gioia e non potrei sentirmi più felice.

...ma io non provo le stesse cose.

Mi si spezza il cuore, davvero, però non potrei mai accettare quest'offerta da lui.

È vero, è una dimostrazione d'amore indescrivibile, e per di più è un appartamento che ho sempre agognato, ma è anche un impegno che non potrei prendere.

...non con lui, no.

Sarebbe come assicurargli che voglio una storia sera, che voglio provare ad avere una vita assieme. Due mesi fa forse gli avrei detto di sì, ma adesso ho ritrovato me stessa e non potrei affatto illudere così una persona, sapendo che il mio cuore non gli apparterrà mai. Non sarebbe giusto nei suoi confronti, sarebbe ancora più doloroso di un no.

"Grazie, Sayid." sussurro, alzando a fatica gli occhi su di lui. "È una proposta pazzesca. Credo... la più bella che un uomo possa mai fare a una donna." 

Lui ci mette un nanosecondo a interpretare la mia espressione: "Ma?"

Rendo la chiave, posandola sul suo palmo e chiudendo le sue dita con le mie: "Non posso accettare."

"Non puoi o non vuoi?"

Con mezzo sorriso cerco di stemperare: "Mi sgami sempre, eh?"

"Non so nemmeno che cosa significa sgami."

"Che sai sempre quali sono le mie vere intenzioni." spiego, senza lasciare le sue mani, ma lasciando andare un sospiro esausto e dispiaciuto. "Sayid, non voglio più continuare questa farsa, ok? Ammetto di essere stata una stronza e di averti usato, ma adesso basta, non voglio che tu ti illuda."

"Immaginavo che mi stavi solo usando." osserva, piano, senza sembrare sorpreso o arrabbiato, ma più che altro rassegnato.

"Mi dispiace, Sayid. Mi dispiace davvero tanto." esterno, sinceramente, pensando, dentro di me, che mai nella vita avrei pensato di dire una cosa del genere. Di solito lo dice la stronza delle serie tv che odierai per sempre perché si mette in mezzo alla tua ship, ma io? Io mi ritenevo una ragazza qualunque, prima di innamorarmi di Mattia. Dopodiché, la mia vita è cambiata del tutto. Sono stata la persona che volevo essere e anche quella che pensavo non sarei mai stata. Sono stata la persona che odio, ma anche quella che amo. Sono stata io a trecentosessanta gradi, nel bene, nel male.

"Anche a me." dice. "Penso che allora non tornerai a New York con me?"

"No." scuoto la testa. "Non credo nemmeno che tornerò a New York. Ho bisogno di casa, Sayid. Qualsiasi cosa succeda, ne ho davvero bisogno."

"Ok."

"Quello che ho detto è vero, però." mi affretto ad aggiungere. "Sayid, per me sei stato un ottimo amico. Io..." mi guardo attorno spaesata, sentendo una tristezza tale che mi si bagnano gli occhi e temo per un attimo di finire come Gloria. "Oh mio Dio, io non avevo mai lasciato nessuno prima."

La faccia di Sayid è tutto un programma; temo stia desiderando di colpirmi ripetutamente con il mezzo busto di marmo.

"Ti garantisco che è difficile anche per me." cerco di mettere in fila qualcosa di sensato, sebbene tutto questo mi stia causando un sacco di emozioni spiacevoli e al contempo mi faccia apparire come una vera e propria ipocrita. "Io ti voglio bene, Sayid, mi piacerebbe che restassimo amici. Vorrei poter venire a trovarti spesso, perché... non voglio che ci perdiamo di vista, ok? Sei stato così importante per me, mi hai aiutato a restare in piedi quando tutto faceva schifo. Non odiarmi, ti prego. Rimarremo amici."

Abbassa gli occhi.

"...Sayid?"

Finalmente prende fiato e si decide a dire qualcosa, anche se non è esattamente quello che mi aspettavo: "We'll see."

Decreta, rimettendo la chiave dentro alla tasca e poi voltandomi le spalle con delusione.

"Mi dispiace!" grido, presa in contro piede dalla sua reazione. "Mi dispiace, Sayid..."

Il secondo mi dispiace è più sommesso del primo e mi rendo conto, mentre mi torturo le mani, che nonostante tutta la tristezza, c'è un filo di sollievo nel tono della mia voce.

Davvero voglio bene a Sayid e davvero ci terrei tanto a mantenere i rapporti con lui. E, se devo essere sincera, davvero sono rimasta sconcertata dalla sua proposta. Sapete già come la penso sul matrimonio; ma ora anche io mi sono resa conto che forse esiste qualcosa di ancor più profondo, di più vero.

Tuttavia, mi aspettavo che lui fosse preparato a un mio no. Pensavo che avrebbe già ragionato sulla complessità della situazione e che quanto meno avrebbe accettato di rimanermi amico... invece ci è rimasto peggio del previsto. 

Ma adesso, nonostante tutto, mi sento più in pace con la mia coscienza e meno crudele nei suoi confronti. So che è brutto, so che faccio pena in tutti i fottutissimi campi dell'esistenza umana, però credo di aver fatto la cosa giusta. O meglio, dato che di cose giuste nella vita non ne ho ancora vista l'ombra, penso che avrei potuto fare peggio, ma ho saggiamente evitato almeno questa catastrofe.

In fondo, credo che Sayid sia un bravissimo ragazzo. Con qualche difetto, certo, ma come tutti. Sayid ha un cuore grande e sotto sotto, anche se a volte può non sembrare, è davvero spinto da sentimenti genuini. Sono certa che troverà molto presto una ragazza migliore di me.

...non che sia troppo difficile, comunque.

***

SECONDO BREAK


Uh, questa brucia.

Non vorrei sbilanciarmi troppo su questa scena, quindi vi lascio direttamente all'opinione di Sayid. Traduzione sotto gli screen!

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Traduzione
 
S: Non ce l'ho fatta
F: Cosa? - Sei serio? - Dai, Sayid - Che è successo? - Sono preoccupata.
S: Ha semplicemente detto di no
F: Mi dispiace - Non me lo aspettavo
S: Io sì
F: Allora perché gliel'hai chiesto?
S: Non lo so, magari era veramente innamorata di me - Ancora - Non lo so - Lo sapevo che amava lui - L'ha sempre amato.
F: Intendi l'idiota?
S: Già sì l'idiota
F: Mi dispiace tanto, Say - Voglio bene a entrambi, volevo veramente vedervi assieme - Forse semplicemente lei non è quella giusta per te.
S: Lei era giusta per me - Ma io non lo ero per lei - Mattia lo è - Spero che gli venga la diarrea


***

Sebbene sia da riporre in lui la responsabilità di tutte le mie e le altrui sofferenze, l'unica persona di cui sento il bisogno ora è Mattia.

No, ma dai. Ma che sorpresa.

Ormai lo sapete; ogni volta che mi sento persa, lui è il punto fermo a cui ho l'istinto di aggrapparmi, nonostante non sia affatto un punto fermo. Ed è una nozione che ho appreso molto dolorosamente, e lentamente, negli anni, ma che comunque non mi trattiene dal continuare a cercarlo. Perché sono reiteratamente stupida.

Ora, infatti, mi trovo già fuori dalla sua stanza. 

Ho evitato questa zona per giorni perché è stata fonte di non poche problematiche, ma in questo momento mi sento attratta da essa come se fosse un nido sicuro, a maggior ragione perché è aperta e perché intravedo Mattia da qui.

Si trova in piedi davanti allo specchio e si è appena fatto passare la cravatta attorno al collo. Quello che penso, quando lo vedo vestito così elegante e pettinato bene, non rimane per molto dentro la mia testa.

"Wow." esterno quasi involontariamente, ammirando il modo in cui il gilet scuro gli modella i fianchi e come la combinazione di pantaloni e scarpe eleganti lo renda così... adulto. Mattia è diventato sempre più bello con il passare del tempo e questa non è altro che un'aggravante della mia già abbastanza dura pena da scontare.

Non mi bastava essere catturata solo dal suo modo di essere, no; pure l'occhio doveva prendersi la sua parte, specie durante gli anni, grazie al tempo che un po' ha trasformato questo ragazzo. E proprio l'occhio, in questo momento, sta godendo di uno spettacolo bellissimo.

Mattia si volta evidentemente inconsapevole di essere osservato. Si rallegra di vedere me e poi sorride con malizia, facendomi arrossire brutalmente: "Wow a me, Argenti?"

"Wow al vestito. È veramente bello."

 "Anche il tuo." Mattia si sofferma per qualche secondo sulla mia figura. "Bellissimo."

"Grazie."

Mi avvicino a lui, sentendomi davvero, davvero bella. Già Gloria ha scelto una mise stupenda per noi ragazze, in più sotto quegli occhi verdi che la ammirano, la mia autostima sale al settimo cielo.

Ho un semplice vestito bianco, alle ginocchia, decorato di pizzo sui vari bordi, che mi calza a pennello perché Gloria ha voluto prendere tutte le misure. E il mio, poiché deve distinguersi dagli altri, ha un'intrecciatura di nastri gialli e blu in vita. In tal modo sono in pendant con il tema di tutta la cerimonia ed Enzo e Carla sarebbero così fieri di me.

Mi fermo un nanosecondo a fare una considerazione: per quanto superficiale e perfida io possa essere, un attimo passato qui nei pressi di Mattia mi ha già fatto dimenticare la tristezza di poco fa. Adesso sono davvero convinta, al cento per cento, di aver fatto la scelta giusta sia per me che per Sayid.

Un giorno anche lui lo capirà e, forse, mi ringrazierà.

...eh Nelli, come ce la tiriamo per una scelta intelligente nella tua vita, eh. Su che ne hai ancora milioni di stronzate con cui andare a pari. Vola basso, per piacere.

"Sei pronto per la cerimonia?" gli domando dando per scontato che la mia emozione sia tanta quanta la sua.

"Insomma." risponde, onestamente. "È un grande passo."

La sua osservazione non aiuta per niente a calmarmi: è il giorno di Gloria e Magno, è il loro grande passo, eppure, come ho detto prima, è come se rappresentasse un punto di svolta anche per noi, per tutti. Volenti o nolenti, dopo questo matrimonio, si prenderanno decisioni che scrivono il futuro.

Per quanto riguarda me e Sayid, ad esempio, sono state prese giusto pochi minuti fa. E, sicuramente, hanno cambiato delle vite.

"Tu sei pronta?" mi chiede, controllando che la cravatta sia effettivamente intonata alla camicia. "Ho sentito di Gloria."

"Oh, non ci credo. Chi te l'ha detto?"

"Voci di corridoio." accenna enigmaticamente alla porta aperta che dà, appunto, sul corridoio. "Ma immagino che abbiate risolto."

"Per fortuna sì. Ci mancherebbe solo la crisi di nervi della sposa. Non so cosa potrebbe succedere di peggio."

Mi pento istantaneamente di aver pronunciato queste parole: solitamente preludono a qualcosa di veramente peggio, tipo mio fratello alle prese con i fornelli che dà fuoco al centro Italia, oppure l'abbattersi di un improvviso temporale che termina in uno tzunami che ingloba villa Magna nelle acque tirreniche fino a farla diventare la nuova Atlantide (mi drogo). Ma dopo qualche secondo nulla succede, solo gli occhi di Mattia su di me e i raggi del mattino che filtrano attraverso le finestre. Mi rilasso, esalando un sospiro.

"Mi aiuti ad allacciare la cravatta?" chiede Mattia.

Ed ecco, forse questo potrebbe essere peggio.

Alzo lo sguardo sul suo viso ancora una volta per convenire con me stessa quanto diavolo sia bello. Lo guardo mentre il sole squadra le linee del suo zigomo e lambisce il contorno delle sue iridi. Mi piace così tanto che so per certo, e anche per esperienza, che non troverò mai nessuno di simile e che il suo aspetto non smetterà mai di scatenare certi immorali istinti dentro di me e che con nessuno, nemmeno il mio più caro amico, sono stata capace di creare un legame così profondo, partendo da uno stupido banco di scuola.

Nonostante il tacco aiuti già un po', mi alzo sulle punte e mi avvicino al suo viso.

"Mi dispiace, Mattia." sussurro. "Non so come si fa."

Lui rotea gli occhi, divertito dalla scenetta: "Devo insegnarti proprio tutto."

Mi prende le mani, non senza causare la mia dipartita da questo mondo infame, e le stringe attorno ai lembi della cravatta assieme alle sue. Dopodiché, le accompagna nei classici movimenti che servono ad annodarla.

Avete presente le commedie rosa dove prima del matrimonio, lui si sta preparando e lei gli allaccia la cravatta e poi si pentono, si baciano e si mettono assieme sfanculando le nozze? Ecco, non sta accadendo esattamente questo, ma sento che qualcosa si sta veramente per sfanculare, tipo il mio cuore. E spero non le nozze.

"Nelli." sussurra Mattia, la testa bassa e concentrata sui movimenti. 

"Sì?"

"Ieri ho detto che mi saresti mancata, ricordi?"

"Mh-mh."

"Dobbiamo parlare a questo proposito."

Oh no.

Perché ha scelto proprio questo momento per darmi la notizia? Perché prima del matrimonio?

Non potrei sopportare che me lo dicesse adesso. Rovinerebbe tutta la giornata, per non dire che sarei letteralmente incapace di trattenere il pianto da ora in poi per tutto il resto della mia inutile vita. So perfettamente che intende ufficializzare la sua partenza per la Siria, ma non sono pronta a sentirlo. Non adesso.

"Non adesso." sussurro, in un soffio, dopodiché approfitto della mia presa sulla cravatta per tirarlo verso di me e chiudere quelle sue maledette labbra in un bacio.

Esatto, indovinato, ho fatto la cacata.

Ma era lì, davanti a me, così vicino, così a un passo dal non essere mai più mio che non ce l'ho fatta. Mi trattenevo da giorni e, sul serio, ora che siamo qui non ho idea di come abbia fatto a sopravvivere.

Le labbra di Mattia sono così morbide e familiari che nell'esatto momento in cui si congiungono alle mie, mi si stringe lo stomaco e mi gira la testa. È sempre così maledettamente bello baciarsi.

Lui è chiaramente turbato dal mio gesto, che in questo momento topico e a porte aperte, forse non è la mossa più saggia da fare. Tuttavia, decide di posare le mani sui miei fianchi e schiudere le labbra per accogliere le mie.

Anche se sembra stupido, ogni volta che risponde ai miei baci sento un senso di sollievo. Sarebbe come urlare in una stanza vuota e non sentire l'eco. Destabilizzante, no? È una conferma che il mondo sta girando nel verso giusto.

Non riesco a starmene ferma, però, sento il tempo che scorre e voglio afferrarlo, voglio fare qualcosa, voglio godere di questi preziosi secondi. Così, guido Mattia verso il letto, dove già eravamo stati e dove ho il ricordo della nostra prima, seria, volta. La prima volta che abbiamo fatto l'amore in una camera da letto degna di questo nome, è stato proprio qui. 

Mi lascio cadere all'indietro, trascinando con me anche lui, perdendo le scarpe e anche un botto di autocontegno. Il profumo di Mattia è sempre lo stesso da anni, non credo sia contenuto in una boccetta, è semplicemente... il suo.

E mi fa impazzire, mi incanta come il suo modo di muoversi, il ritmo dei suoi respiri e quel vestito che oggi, in particolare, lo rende più uomo di sempre.

"Che cosa stai facendo?" mi domanda con una voce che mi fa rabbrividire, mentre le mie mani si infilano sotto la sua giacca.

Mi verrebbero in mente un sacco di spiegazioni consone, nonché grandissimi cliché: ho bisogno di te, non ce la faccio più, mi fai perdere la testa, non andartene. Ma invece snocciolo un semplice "Non lo so" e arresto la mia corsa all'ormone. 

Con fatica immane, gli tolgo le mani di dosso e mi limito a guardarlo mentre il mio petto si alza e si abbassa preso dalla recente frenesia: ho un ripensamento perché di colpo mi sono venute in mente tutte le conseguenze disastrose che fare l'amore con lui, adesso, potrebbe avere.

E intendo... su di me. Perché l'unica a dover trattare la situazione con freddezza - sottolineiamo, con freddezza - qui dovrei essere io. Il coinvolgimento emotivo che ci metto ora è direttamente proporzionale al dolore atroce che sentirò a fine giornata. E credetemi, non sono ancora abbastanza preparata a ciò che succederà dopo.

Lo guardo, ancora tremante: nel complesso, non ho fatto troppi danni, solo un un bottone slacciato sulla sua camicia. Mentre esalo un lungo, frustato sospiro, lascio cadere la testa all'indietro, affondandola nel materasso.

"Mi mancherai anche tu, Mattia Zingaretti." dichiaro a mezza voce e costretta a guardare in alto per non farmi salire le lacrime.

"Perché-"

Ma la risposta di Mattia viene interrotta da qualcuno che si è appena piantonato sullo stipite della porta con un viso trafelato e il fiatone.

Un altro grande classico, direi.

"Ehi, voi due, rimandate la riproduzione a più tardi." è Diego. È sempre - il solito - Diego. "C'è un'emergenza."

"Un'emergenza." ripeto sarcasticamente, proprio come lui poco fa, mentre mi rialzo a fatica dal letto e vedo Mattia ritirarsi in imbarazzo.

"Sì, Argenti." conferma. "Una stracazzo di emergenza del cazzo."

***

TERZO BREAK

Ho AMATO questa scena. Mi dispiace per la poca modestia, ma è una delle mie preferite di sempre.

E guardate che capolavoro ha creato Angelica per rappresentarla. Non servono parole, guardatelo.

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Mi piace tantissimo, così tanto che ho ritagliato la parte del bacio e me la sono messa come screensaver, perché no, no, non sono affatto una nerd megalomane inguaribilmente romantica.

Amo Nelli e Mattia.


...ma ora, bando alle ciance, c'è un'emergenza in corso!!!


***

"Come sarebbe a dire l'hai perso?"

Mentre gli ospiti sollevano un discreto chiacchiericcio in giardino, noi siamo nascosti dalla parte delle stalle di fronte a una Silvia Trepalme sconvolta dalla vita. E una discreta puzza di cacca di cavallo tutt'intorno.

"Io... io..." si guarda i piedi, disperata, mentre noi della classe ormai l'abbiamo accerchiata.

"Silvia, spiegati." la incoraggia Mattia.

"Ero assorta nei pensieri, no mi sono accorta del tempo che passava."

"Scusa, puoi ripetere la dinamica dall'inizio?" chiede Fede, ancor più agitata di lei.

Silvia sbuffa, a disagio: "Oh, di nuovo?"

"Cazzo." l'imprecazione, stranamente, non deriva da Diego, ma da Alessandro, che in tutta la sua meravigliosità, sta passeggiando avanti e indietro sull'erba, mentre getta occhiate verso il raduno di parenti. "Non mi sposerò mai."

"E va bene." si arrende Silvia, sospinta dal nervosismo dello sposo. "Pierpaolo mi ha voluto portare nel bosco per una passeggiata, a un certo punto mi ha fatto sedere su un tronco e ha iniziato discorsi strani su noi due."

Patrizia, che è un ossimoro vivente così vestita di bianco, si sofferma su dettagli psicologici: "Solitamente affrontate i vostri problemi di coppia in luoghi isolati?"

Mentre Gloria passa subito ai dettagli tecnici: "Dove vi trovavate di preciso?"

"Non lo so." risponde Silvia.

"Bene."

"Sssh, lasciamola continuare o ci metterà una vita." esorta Federica.

Silvia fa l'offesa con una smorfia da ragazza immagine, mentre qualcuno borbotta una battutina sul fatto che il PH nel sangue di Fede sia appena sceso sotto lo zero. Anche se è la mia migliore amica, chiunque sia stato: adoro.

"Abbiamo discusso perché sembrava che volesse scaricarmi." prosegue Silvia, in realtà piuttosto turbata per l'intera situazione. "Poi ci siamo accorti di essere in ritardo, così lui ha tagliato corto dicendo che avremmo fatto meglio a tornare per preparaci e che ci saremmo chiariti dopo il matrimonio. Sulla strada verso la villa ha visto un cespuglio di bacche e ha deciso di fermarsi, ma a me non andava per niente di ascoltare l'ennesimo trattato di botanica, specialmente dopo la mezza litigata, perciò ho proseguito da sola. Quando sono tornata qui l'ho aspettato almeno mezz'ora, ma non si è ancora fatto vivo."

"L'hai chiamato?"

"Ho provato, ma il telefono non prendeva."

"Non sei tornata nel bosco a cercarlo?" la domanda di Federica è tra lo scioccato e l'alterato, con abbondante dose di ovvietà, della serie: è quello che avrebbe fatto qualsiasi fidanzata, perché tu no?

Silvia alza le spalle: "Beh, sinceramente non ero molto dell'umore."

"Oh, quindi uno potrebbe star morendo, ma lasciamolo pure, perché non siamo molto dell'umore."

"Ora non esageriamo." mitiga Gloria, che si è coperta con un lenzuolo matrimoniale per non spoilerarsi a Magno. Ho fatto diventare il verbo spoilerare un riflessivo proprio. Sono l'avanguardia dello slang.

"Senti, quello stava per scaricarmi di prima mattina, in un bosco, e senza nemmeno un motivo, quindi era ovvio che non mi andasse di stare a sentire le sue frasi fatte."

Magno sospira: "Dove cazzo è quel coglione?"

"Ehi, vacci piano." lo ragguaglia Cristiana. "O dovrai confessarti di nuovo, prima della cerimonia."

"La cerimonia, per l'appunto, è fra meno di on'ora." ringhia Magno. "E abbiamo perso un invitato!"

"Nonché un carissimo amico." lo reindirizza Mattia, appianando con tono di rimprovero la sua alterazione.

"Ok, ok. Stiamo calmi." dico mettendo le mani avanti, ma in realtà non avendo nulla da aggiungere dopo. Quindi tutti mi fissano, ma io sono il disagio fatto persona e me ne sto muta.

"È possibile che si sia fatto male? Eravate in una zona pericolosa?" s'informa Mattia.

"No, il solito sentiero, ma non so dove di preciso. C'erano solo... alberi." semplifica Silvia, alzando le spalle. "Pier dice che lo fa ogni mattina con Federica." quindi rivolge alla mia amica uno sguardo lugubre e lei, naturalmente, arrossisce.

"Cavolo..." commenta Lori, mordendosi un labbro e guardando verso le punte dei castagni. "Non è da lui fare scherzi. È brutto dirlo, ma dev'essergli sicuramente capitato qualcosa."

Mattia sbuffa, in apprensione, e si passa una mano nei capelli. 

P.S. Quant'è bello. 

"Forse è solo impegnato nella ricerca e gli è sfuggita l'ora." propone, senza in realtà crederci così tanto. Pier non è uno da scherzi stupidi quanto non lo è da farsi sfuggire il matrimonio dei suoi amici. Sono d'accordo con Lorenzo, purtroppo: dev'essere successo qualcosa di brutto.

Il suono di un cellulare mette tutti sull'attenti e fa sì che una decina di mani vadano a toccarsi le tasche.

"È il mio." annuncia Fede, estraendo il telefono dalla pochette e sbloccandolo con dita tremanti. "È lui!"

"Oh, grazie a Dio." sussurra con sollievo Mattia, sembrandomi l'amico più tenero del mondo e facendomi pentire di non averlo posseduto selvaggiamente tra le lenzuola qualche minuto fa.

"Pier?" esordisce Federica, mentre si sposta verso il centro del gruppo e attiva il viva voce cosicché tutti possiamo sentire. "Pier?"

Dal ricevitore escono strani rumori, come fruscii. Niente che non alimenti ancor di più la tacita ipotesi che sia caracollato giù da un dirupo.

"Pier, dove sei?" domanda Fede. "Stai bene?"

Dopo qualche secondo la voce ovattata di Pierpaolo finalmente si sente: "...sì."

"Ok, grazie a Dio, Pierpaolo! Dove sei?"

Mentre la folla gioisce, Scilla aggiunge qualcosa: "Sto... sto alla grande, in effetti."

"Ho capito, ma vogliamo sapere dove ti trovi. Sei nel bosco? Ti sei perso? Hai bisogno di aiuto?"

"Quante domande." Pierpaolo ride, mentre tutti ci scambiamo occhiate perplesse. "Sempre un sacco di domande, Frufru."

"Pier..." la mia amica ci guarda e deglutisce. "Ci stai spaventando."

"Non lo so." Pierpaolo si caccia a ridere ancor più di gusto. "Non lo so dove sono. So solo che è pieno di alberi e sassi e rami e che... Fede, io... ehi, Fede, sei ancora in linea? Mi senti?"

"Sì, Scilla, ti sentiamo forte e chiaro. Piantala di ridere e dicci dove sei."

Ancora dei suoni strani e poi di nuovo la voce instabile del nostro amico: "Sono in paradiso."

Oh, beh, questo sì che è rincuorante, no? Sicuramente meglio che giù da un dirupo, suvvia.

"...che cosa, Pierpaolo?"

"Sono in paradiso, Frufru, e ho pensato che tu sei la ragazza più sexy che abbia mai conosciuto e quando ti vedo, vorrei solo farlo con te e sai una cosa? Io penso di amarti un sacco, anzi, no, ne sono sicuro. Io ti am-" 

Federica ha premuto la cornetta rossa e ora sta fissando lo schermo con la faccia rossa e gli occhi allargati a dismisura. 

A dire il vero, un po' tutti.

E pure voi, scommetto.

"Sta malissimo." riassume Diego.

"Deve aver mangiato quelle stupide bacche." deduce Gloria, chiudendo gli occhi con amara consapevolezza medica.

Nel frattempo la mia migliore amica soffre una lenta ed imbarazzante agonia, sotto lo sguardo allucinato di Silvia Trepalme e tutto il resto della classe che ha passato in secondo piano il rischio della morte di Pierpaolo Scilla, preferendo dar peso alla sua recente (e forse ultima) dichiarazione.

"Fede, pensi sia plausibile?" chiede conferma la sposa.

Lei esce dal suo status di alienazione solo perché c'è in gioco una vita umana: "Sì. Mi aveva mostrato un cespuglio di bacche allucinogene, un giorno. Parlava della differenza tra quelle velenose e quelle commestibili, su cui verte la tesina che sta scrivendo. Temo che abbia confuso qualche dato."

Magno si sbatte una mano sulla fronte.

Mattia, invece, guarda l'orologio: "Dobbiamo andare a prenderlo. Natale non è ancora tornato con la mia macchina, ma possiamo usare quella di Magno."

"E come ci guidi nel bosco?" osserva Gloria. "Gli alberi sono troppo fitti per una macchina."

"Ci andiamo a piedi." propone Eva. "O meglio, i maschi ci vanno a piedi. Io vi posso prestare la mia GoPro per documentare."

In un moto di spirito di amazzone, Federica prende una decisione: "Ci vado io."

Tutti la fissiamo, ispirati.

"A cavallo." asserisce allora, mentre già si dirige verso la stalla con un immaginario abbigliamento fatto di pelle di giaguaro e zanne di lupo bianco.

Ilenia si porta le mani alle guance e con molta meno immaginazione di me, si preoccupa del suo attuale look pre-cerimonia: "Vuoi cavalcare vestita così?" 

"Ho il tempo di cambiarmi?" la mia amica, per nulla ostacolata da queste piccolezze, sceglie un bellissimo cavallo nero e nel tempo in cui ve lo racconto, ci è già saltata sopra. "Fidati, questo è il modo più veloce. Chiamate soccorso; non so fino a che punto si sia intossicato."

Federica colpisce professionalmente il lato del cavallo e accompagna questo gesto ad un ordine verbale. Un secondo dopo, è già sparita, a galoppo, dietro alle fronde.

Io seguo il tutto con un unico pensiero fisso nel cervello, ancor più forte della preoccupazione per Pierpaolo, ancor più martellante dello scandalo amoroso appena accaduto, ancor più inquietante del ricordo di Pier che mi dà in pasto una bacca: 

La prossima volta che mi chiederò cosa possa succedere di peggio, fucilatemi.

***

QUARTO BREAK


Ho riso da matti a scrivere questa cosa. Vi giuro, ho ancora le lacrime. Andiamo, chi di voi, leggendo delle bacche nei capitoli precedenti, non si era mezzo immaginato che prima o poi Scilla ci si sarebbe intossicato?

Questi ragazzi mi sorprendono sempre di più. Non ce la posso fare.

Mentre il veleno inquina i vasi sanguigni di Pierpaolo Scilla, vi faccio ingannare l'attesa con un paio di modelli Abercrombie di cui Angelica si è voluta servire per pensare al vestiario del matrimonio.

Ahaha, scherzo, ovviamente. Questi qui giù non sono modelli, ma due bellissimi esemplari di Alexandris Magnis e Mattiae Zingaerettis nella loro tenuta elegante, accuratamente messa a punto in una sera di esattamente un anno fa. Seriamente, i disegni qui presenti sono stati fatti da Angelica in ottobre 2017 dato che già allora ci eravamo messe a pensare a come si sarebbero vestiti i nostri protagonisti. Ovviamente prima di oggi non abbiamo potuto mostrarveli, ma ora godetevi questo ben di Dio ad alta stagionatura perché è finalmente arrivato il momento di brindare! <3 (e tranquilli, il prossimo paragrafo non è sbagliato, solo che non comincia subito con quello che volete sapere)

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***

Non c'è l'orchestra.

Non ha voluto essere presente dopo il finimondo scatenato dall'incendio a sua volta scatenato da mio fratello a sua volta scatenato dall'adolescenza. 

Ma in barba a quei fighetti con gli archi e gli ottoni, Sanjay e Davide hanno creato un impiantino da brivido e quando comincia la marcia nuziale, tutti e dico tutti i peli del mio corpo si drizzano sull'attenti.

Ho il cuore in gola e non oso guardare la sposa per non mettermi a piangere.

Così, sposto gli occhi sull'altare, che altro non sarebbe che l'arco creato da Francesco, e mi prendo un attimo per osservare il panorama. Guardo tutti noi così belli, così luminosi, così insieme nonostante il tempo e nonostante nessuno di noi si sia mai scelto.

Al centro dell'arco, c'è Ai Zu. Pilastro di questa cerimonia, come anche del nostro stare insieme, del nostro imparare a crescere e a lottare per quello che vogliamo. Personaggio strano, Ai Zu, quasi cinematografico, direi. Ma in fondo... chi di noi non lo è, almeno un po'?

Sotto una delle colonne, Alessandro Magno aspetta con impazienza che arrivi la sua Gloria. Ed è meraviglioso: è sempre stato un piacevole figliolo, ma la felicità lo rende semplicemente divino. Addolcisce i suoi angoli da supermodello e rende raffinate le sue spontanee, e a volte anche un po' ebeti, espressioni.

A fianco di lui, c'è Mattia, su cui non spenderò altre superflue parole, dato che praticamente ci ho già scritto dei libri. 

Nelle file di ospiti che fronteggiano l'arco, in prima linea, la parentela più stretta dei Magno e dei Ferrucci si gode lo spettacolo e poi, subito dopo di loro, la seconda famiglia di Gloria e Magno li sostiene puntuale come sempre negli eventi più assurdi e inspiegabili della vita.

Noi. 

Noi dalla prima alla decima A del liceo linguistico Maffei. Noi che abbiamo distrutto e poi salvato questo matrimonio, ma ancora meglio... noi che l'abbiamo visto nascere. E un po', dai, ci abbiamo contribuito.

Dalla mia posizione vedo Pierpaolo, che sta fuori come un balcone, ma che ha voluto partecipare a tutti i costi. Inizialmente è tornato sul cavallo di Fede privo di sensi. Credevamo tutti di doverlo portare all'ospedale per una bella lavanda gastrica, ma poi Gloria gli ha dato una delle sue medicine da scienziata pazza e Pierpaolo ha avuto, ecco... una lavanda gastrica spontanea, diciamo.

Che tocco di stile per il contesto, eh?

Come aveva ipotizzato Federica, il nostro cervellone si è fermato a raccogliere altre bacche per la sua tesina. A fronte di un'erronea classificazione del frutto, magari data dalla poca lucidità che il suo "chiarimento" (moltiplicate all'infinito le virgolette) con Silvia gli ha causato, il cretino ha ben pensato di mangiarselo sulla via del ritorno e questo ha creato in lui i disagi che avete condiviso pure voi, poco fa.

Fortunatamente, dopo essersi liberato delle sostanze, si è sentito meglio. Ma l'effetto della bacca, un po' come un pessimo hangover, è ancora pienamente in corso. Glo insisteva per farlo controllare, ma lui si è impuntato sul voler assistere alla cerimonia. Non vi dico cosa ha fatto per convincerci, fatto sta che l'ha avuta vinta, soprattutto dopo essersi informato assieme a noi su cosa avesse veramente ingerito. 

Si tratta di Belladonna, una bacca con forti effetti allucinogeni e afrodisiaci, che uniti al nome, mi sembrano un po' uno scherzo del karma, nel caso di Pierpaolo. Fortunatamente non ne ha mangiate tante al punto di raggiungere una dose letale, ma comunque, finita la cerimonia, lo stenderemo a letto e sotto strettissimo controllo di Gloria. Magari anche legato, ché non si sa mai.

Da qui riesco a vedere anche Francesco che - incredibilmente e contro ogni previsione - è riuscito a tornare in tempo e, soprattutto, assieme ad Alessandra. Non solo; è arrivato con un terzo ospite (non un bebè, non pensate male), di cui dovremo tutti ascoltare la storia davanti alla pizza di matrimonio che ci aspetta più tardi.

Amerigo e Patrizia, Ilenia e Shy, Lorenzo e Tommaso sono tutti super eleganti ed emozionati. Federica è seduta accanto a Lorenzo, mentre Pierpaolo se ne sta sorretto da Silvia, che si è arrabbiata a morte per ciò che lui ha detto, ma non ha avuto il coraggio di abbandonarlo a se stesso in questo momento di difficoltà. Forse spera che lui sia stato solo pesantemente sotto allucinazione e che tra loro torni tutto alla normalità? Credo abbia delle speranze vane.

Tommaso se ne sta in disparte, pensieroso, mentre mio fratello ed Eva passano la maggior parte del tempo a vloggare ciò che succede, con gran divertimento nella parte in cui Pierpaolo ha ripreso i sensi e ha istantaneamente vomitato sulle scarpe di Vacca.

Vacca, vestita senza macchia né paura con motivi leopardati e vipere di Gucci, segue il matrimonio abbracciata al suo Carlo Magno, che fa molto fidanzato trofeo, ma che in fondo, credo sia una piacevole visione.

Quanto a Giorgia e Marco, invece, hanno preso posto agli estremi opposti della fila, dato che Rachele non ha voluto stare né con l'una né con l'altro, ma si è accorpata alla famiglia Vallicroce, soprattutto per sedersi davanti e guardare continuamente mio fratello. Proprio in questo momento, difatti, noto che gli lancia una lunga occhiata sognante (se mi posso permettere, BLEAH), mentre finisce di distendere petali di rosa lungo il cammino di Gloria, in qualità di damigella d'onore.

E appena anche Rachele esce di scena, stupenda nel suo vestitino di tulle, alzo finalmente gli occhi per vedere la sposa.

E wow.

È così perfetta, è tutto così perfetto, nonostante sia imperfetto, che vorrei gridare dalla gioia. Gloria percorre gli ultimi eleganti passi e poi si arresta di fronte a Magno, tremante, emozionata, forte dopo quel suo provvidenziale sfogo che le ha permesso di solcare questa navata a testa alta. 

In questo momento, i miei occhi scivolano oltre Gloria e incrociano quelli di Mattia. Lui mi sorride e io vorrei che il tempo si fermasse per sempre adesso.

Ma senza che nemmeno me ne accorga, voliamo da un Namasté allegro di Ai Zu a un commosso lo voglio di Magno ed è come svegliarsi da un sogno dentro un altro sogno.

Siamo già alla parte delle promesse e ascoltare quella del mio compagno mi fa tornare alla mente il consiglio che gli avevamo dato; di non pensare troppo, di non preparare nulla, di lasciare che le parole giuste fluiscano direttamente dal cuore. Ed è quello che ha fatto, ha scelto il suo istinto, ha scelto quello che solo Alessandro Magno sceglierebbe. Difatti, Mentre Vittoria e Filippo Vallicroce trottano verso di noi con gli anelli sul cuscino, lui dedica a Gloria gli ultimi versi di Gloria di Umberto Tozzi: "Dal lavoro del tuo letto, dai gradini di un altare, ti aspetto, Gloria."

E lei, naturalmente, risponde "Lo voglio!" poco prima di gettarsi tra le sue braccia.

Tutti applaudono, Diego si alza in piedi e fa l'ultras agitando il pugno e poi parte il vero delirio alla Ai Zu, con i canti e i balli promessi. La sua è una cerimonia che porta in alto il valori di multicultura; fonde riti orientali, con altri mai visti e sentiti. E in realtà fa scatenare tutti, ma proprio tutti. Soprattutto le prozie con il semipermanente decorato da strass che hanno sempre sognato di fare Zumba gratis.

Vedo dei sorrisi (e delle lacrimucce!) persino sui volti dei Magno e dei Ferrucci, che si dichiarano turbati, ma nel complesso soddisfatti della cerimonia. E la pacchia continua pure durante il pranzo, durante il quale, con gran sorpresa, vedo il signor Magno ordinare ad Amerigo, in veste di cameriere, una seconda capricciosa, però piccolina stavolta, eh.

Seh, Magno, crediamoci.

"Emma, ti piace la pizza?" 

Nel tavolo dei disagiati - scusate, della classe - abbiamo da poco fatto la conoscenza di Emma, ovvero la sorella segreta di Alessandra. Tutti sapevamo che ne avesse una, ma nessuno immaginava che soffrisse di una grave forma di autismo e che Natale sarebbe riuscito a convincere Alessandra a portarla fin qui.

Non so bene perché, ma dopo aver conosciuto Emma, che in realtà si abbina molto bene allo stile di noi della 10^A, anche Alessandra mi sta, di riflesso, più simpatica.

Non so come sia in generale il carattere di Emma, ma aldilà di qualche grido disumano senza motivo, sembra davvero molto allegra e solare all'interno del gruppo. Da quando si è seduta al tavolo con noi ride un sacco e a quanto pare è diventata la star dei vlog di Eva e Davide. Adora essere filmata e poi rivedersi in video, così sta monopolizzando i loro telefoni, il che è cosa buona e giusta perché impedisce a catastrofi varie di finire in pubblica piazza.

"Sì." Emma batte le mani e Alessandra le posa una fetta della sua pizza sul piatto.

"È assurdo." commenta la rossa. "A casa non mangia mai così tanto."

Francesco le dà ragione annuendo vigorosamente e con le guance piene: "Marco una cosa nella vita la fa davvero bene."

"Sì, una sola." sottolinea Giorgia, mentre divora la sua marinara e discute con il nuovo fidanzato su come cavolo fare per riconquistare la fiducia di Rachele. Sono passati diversi giorni, ma la bambina rimane ferrea nella sua decisione di chiudersi a tutto e tutti. 

Il pranzo termina con le espressioni soddisfatte dei commensali, ma prima che arrivi la torta a completare quest'insolito menù, Mattia e io stabiliamo che è arrivato il momento del nostro discorso. Ci alziamo dal tavolo e raggiungiamo il podio sotto gli occhi curiosi degli ospiti, poi Magno, notando la nostra presenza, si mette in piedi e fa tintinnare il coltello sul bordo del suo calice, così da richiamare l'attenzione generale.

E in un attimo, eccoci qui.

So che fra un secondo Mattia metterà il microfono in on e tutta la sala sentirà il respiro che precede il mio discorso. E proprio in questo frangente, un istante prima di respirare, con un centinaio di volti che mi fissano e il sole che mi illumina, ripenso a quel che è stato dalla telefonata di mio fratello ad oggi.

Tutti questi giorni, tutta questa frenesia, per arrivare a questo momento. Per salire sopra un podio di fianco a Mattia e parlare alla gente di due dei nostri più cari amici. Per riflettere su quanto il tempo sia volato da quando lei era la timida quattrocchi del primo banco e lui il bonaccione dal cuore d'oro che si dichiara pubblicamente su un palco ad una festa della sua ex.

Per esserci per loro ho dovuto passare attraverso tanto; attraverso me stessa, il mio passato e, soprattutto, Mattia. Sembrava un'impresa impossibile solo un paio di settimane fa e invece eccoci. Dopo aver pianto, gridato, litigato, baciato, fatto l'amore, promesso, ferito, finto, subito, siamo arrivati.

Abbiamo raggiunto un traguardo che è quello di essere riusciti a ristabilire che cosa importa nella vita di ognuno di noi. Quali amici, quali nemici, quali persone... quali amori.

E anche se tutto poi finirà come non volevamo che finisse, almeno adesso sappiamo chi siamo e che in questo astratto qui c'è sempre posto per ognuno di noi. Un po' sgomitando, certo, e un po' prendendoci delle gomitate, ovvio, però casa è questa. Casa è la nostra classe.

E non ho mai capito se a volerci tutti insieme sia stato solo il caso, o qualche esperimento pazzoide dei nostri professori, però, comunque, ha funzionato.

"Salve a tutti." sorrido al mio pubblico, sentendomi stranamente sicura di me, il mio respiro ormai passato da una manciata di secondi. E così, raccogliendo lo sguardo curioso e incoraggiante degli invitati, do il via alle riflessioni che per giorni sono frullate sulle sfere delle nostre penne e per i corridoi della villa. 

Lascio fluire il discorso che Mattia e io abbiamo preparato, senza nessun ripensamento e senza nessun intoppo.

Anche lui è sciolto nella sua parte; forse il non averla mai provata ha dato i suoi frutti. Ed esattamente come gli altri ospiti, mi incanto talmente tanto a sentirlo parlare che quasi non mi rendo conto che ormai lo abbiamo terminato e che è arrivato il momento del nostro gran finale.

Eh sì, una piccola sorpresa ci stava.

"Perciò." dice dunque Mattia, come da copione. "Per questo meraviglioso matrimonio, per ciò che è stato e per la vita che verrà, vogliamo ringraziare di cuore Gloria..."

"Magno." sorrido, accennando al bellissimo sposo.

"Lorenzo." prosegue Mattia, alternando le nostre voci.

"Tommaso."

"Francesco."

"Marco."

"Shymée."

"Diego."

"Cristiana."

"Ilenia."

"Eva."

"Amerigo."

"Pierpaolo."

"Patrizia."

"Alessandra."

"Federica."

"Vacca."

"Davide."

"Rachele."

"Vittoria."

"Filippo."

"Sanjay."

"Ai Zu."

"Giorgia."

"Marianna."

"Dovrinka."

"E..." conclude il mio collega, girando il volto verso di me e indicandomi con entrambe le mani. "La testimone di nozze che ha fantasticato su queste nozze dal primo momento in cui ha visto Gloria e Magno insieme, più di otto anni fa: Marinella!"

Arrossisco e mi lascio lusingare dagli applausi; questa battuta, ovviamente, non era nel copione.

"Grazie." dico al microfono, mentre unisco le nostre mani e le alzo per presentare anche lui: "Mattia!"

Il pubblico applaude, Gloria e Magno si asciugano gli occhi commossi e dal tavolo della classe si leva un coro di inni da stadio con tanto di fischi e urla. Ma è perfettamente normale. Siamo la 10^A, dopotutto.

Il nostro discorso riscuote un incredibile successo, tant'è che le lacrime salgono pure a me, specialmente quando Gloria e Magno si danno un bacio di fronte ai miei occhi e sono vestiti da sposi e oh mio Dio, il mio debole cuore!

"Bravissima." il complimento è da parte di Mattia e arriva giusto un secondo prima del suo abbraccio, che ricambio molto, molto accoratamente.

Stringo la sua schiena più forte che mai. Mi aggrappo letteralmente al suo corpo e mentre la mia testa è adagiata sul suo petto, inspiro il profumo di questo momento sperando di non dimenticarlo mai. Questo abbraccio è tutto per me.

"Marinella, ti devo parlare."

"Come?"

Non ho sentito a causa di tutto questo brusio. O almeno spero di non aver sentito.

"Ti devo parlare." ripete, invece, staccandosi da me e guardandomi dritto negli occhi.

Ma perché.

Perché adesso?

Perché non mi dai il tempo di avere una gioia, Mattia?

"D'accordo." 

Conscia che ormai non ha più senso rimandare, mi lascio guidare fuori dal tendone e prego che quando ci rimetterò piede, avrò conservato almeno un briciolo della me che sono ora.

***

QUINTO BREAK

BRAVI! BRAVIIIIIIIIII!!!

Scusate, sono emozionata anche io dopo questo discorso.

Ah, è stato un paragrafo troppo bello. Mattia ovviamente l'ha appena rovinato, ma escludendo la sua idiozia, non posso non ammettere di averlo A-DO-RA-TO. Ed è per questo che vi voglio riempire di bei disegni e unicorni colorati, prima che vi si fermi il cuore con il paragrafo successivo.

Cerchiamo anche noi di ricordare per sempre questi magici momenti grazie, innanzitutto, alla bravura di Nicole che ha sfoderato le armi pesanti per dedicare a questa scena tutto il talento che ha. Questo disegno è stato fatto a un anno di distanza da quello che ho utilizzato per il banner e rappresenta un'evoluzione personale della nostra disegnatrice, ma anche un amore sconfinato, quello tra Magno e Gloria, che vorrò ricordare per sempre.

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Ma al disagio, in "Io e te", lo sapete, non c'è mai fine. Credo sia spiegato benissimo in questa GIF.


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Non è ancora finita, belli. So che volete sapere di che morte morirete, ma voglio preservare ancora per un po' la vostra felicità - un giorno mi ringrazierete. Queste che vi propongo sono invece due mie creazioni. Eh sì, mentre nell'ottobre 2017 Angelica e Nicole si impegnavano a creare opere maestre, io producevo stronzate come quella che vedete appena qui sotto. Mattia e Marinella che fanno il cuoricino unendo le mani. Ma che bello.

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Ammettetelo che sognavate di vedere questa come copertina del capitolo.

Comunque, l'altro disegno che avevo fatto e che invece mi piace di più è questo dei piccoli Filippo e Vittoria Vallicroce, che sono davvero adorabili in veste di paggetti e su cui sogno di poter scrivere, in un lontanissimo futuro, un "Io e te" Next Gen, provvisto ovviamente anche di Davide Argenti e Rachele Ravasi. Se volete bene alla vostra sanità mentale, impeditemi di farlo.


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Buona lettura, miei lettori.

E sì, lo so, sono più irritante di Flavio Insinna che interrompe l'apertura dell'ultimo pacco ad Affari Tuoi, ma lo faccio perché vi voglio bene. Tutto quello che faccio è per quel motivo. Non dimenticatelo mai.

***

"Scusami, ma dobbiamo assolutamente parlare." si ripete per l'ennesima volta, quando finalmente si ferma sotto la fontana di Venere e Marte, quindi praticamente a mezzo chilometro dalla festa.

"Detto da te è ancora più spaventoso di quanto già lo sia mediamente." ansimo a causa della fatica che camminare con questi tacchi comporta. "E il fatto che tu lo voglia fare proprio qui non aiuta per niente."

Mattia guarda la fontana, poi me; non è sicuro di potercela fare. Quindi chiaramente sta per sganciare la bomba che non ha avuto il coraggio di sganciare da una settimana a questa parte. Dio, sarà una strage così grande.

"Mattia, aspetta." lo blocco, mettendo le mani avanti, in un disperato tentativo di arginamento del dolore. "Penso di sapere già tutto. Non serve che ne parliamo, sul serio. Sarebbe solo... peggio."

In fondo, se io fossi stata in lui, avrei preferito lasciare tutto sottinteso. In tal modo avremmo sofferto meno entrambi e il destino, comunque, non sarebbe cambiato.

"Cosa? Tu non sai niente." scuote la testa.

"E invece dico proprio di sì. Risparmiamoci la sofferenza. Ti prego."

Mattia alza gli occhi al cielo: "Tu e le tue stronzate non finirete mai di stupirmi. Quello che sto per dirti è qualcosa che non ti aspetti, ok? Non puoi averlo neanche lontanamente immaginato e se l'hai fatto, qualcuno deve averti convinta del contrario."

"Non sto capendo."

"Questo matrimonio l'ho organizzato io."

Lo fisso.

Scusa, come?

Torniamo indietro un secondo.

Marinella dobbiamo parlare, sì, ok, so già tutto, no, non puoi sapere niente, sì ti dico che lo so, no tu non lo sai perché in realtà il matrimonio l'ho organizzato io. 

Non ho capito.

Mi manca giusto il nesso tra 'l'ho organizzato io' e il senso della vita.

"Eh?" sbotto infatti verso Mattia, corrugando le sopracciglia in un modo che, pittori cubisti, levatevi di scena, miei cari.

"Gloria e Magno avrebbero dovuto sposarsi fra sei mesi, a settembre, non ad aprile."

Un attimo, sta veramente spiegando questa cosa? Ma come ci siamo arrivati?

Mettetevi comodi, per favore, aiutatemi a capire.

"Io ho chiesto loro di anticipare."

"Ok." annuisco vigorosamente, come di fronte alla Bracci che spiegava, mentre era chiaro che non stessi capendo nulla.   

"Beh, li ho convinti." precisa. "O meglio, li ho supplicati."

"Per quale dannatissima ragione, Mattia?" sorrido.

"Perché mi serviva un evento di grande portata. E mi serviva entro la fine di aprile."

Incrocio le braccia con fare sbalordito, invitandolo implicitamente a spiegarsi prima di subito e rimpiangendo i tempi in cui la mia unica preoccupazione era calcolare il cambio di valuta tra euro e lilleri.

"Ci ho messo due mesi per convincerli, praticamente da gennaio in poi, giorni e giorni di suppliche, finché non mi hanno concesso di fare questa follia. Nel frattempo mi facevo aggiornare sulla situazione fra te e Sayid. Quando ero certo che non foste più insieme, ho scelto la data ufficiale del matrimonio assieme a Gloria e Magno."

Aspè, ho perso la mandibola. Mi è caduta da qualche parte.

"L'invito non era per te e Sayid, chiaramente, ma per te e Davide, dato che già sapevamo che il tuo ragazzo ti aveva scaricato e che quindi non gliel'avresti nemmeno chiesto." prosegue. "Non c'è mai stata alcuna telefonata in cui tuo fratello si autoinvitava. Era partito con questa missione ben prima; sapeva che sarebbe venuto e ai tuoi genitori, il permesso, l'ho domandato io."

"Cosa?" soffio a mezza voce.

Il mondo. Tutto il mondo è contro di me.

"Davide è stato davvero d'aiuto." ha il coraggio di rivelare Mattia, mentre io fisso con occhi fuori dalle orbite. "Beh, per me."

"Siete due bastardi." oh, un momento, mi ricredo. "Quattro. Anzi, venti. Mio Dio. C'entrano tutti quanti?"

"Diciamo che mi sono assicurato che tutti fossero dalla mia parte. Quindi la recita c'era, ma era una recita della recita."

"Ti stai vantando, per caso? Stai descrivendo la tua opera come se fossi un critico di teatro?"

"No."

"C'è soddisfazione nella tua voce."

"Beh, c'è stato un lavoro non indifferente dietro."

Lo voglio uccidere.

"Se ti può consolare almeno un po', comunque, i tuoi genitori non sapevano il piano al cento per cento." prosegue, ridimensionando l'autostima onde evitare che la sua testa venga casualmente trattenuta sott'acqua nella fontana qui accanto. "Li ho solo convinti che volevo portare Davide a svagarsi e approfittare di lui per parlare con te. Che tu ci creda o no, mentre eri in un altro continente, io e la tua famiglia abbiamo legato parecchio."

"Sei uno stalker."

"Sono solo un disperato." mi corregge. "Mandavo le lettere a te, ma le ricevevano loro. A una certa, sai com'è, ho cominciato a fargli pena."

Alzo gli occhi: "Per forza hanno sempre odiato Sayid."

"Non insinuare che io li abbia manipolati."

"Non pensavo che tu fossi abbastanza sveglio da manipolare la gente fino a qualche minuto fa, ma sto iniziando a ricredermi." contesto. "Per giorni ho pensato che fossimo stati ingannati entrambi dalla classe, invece se ho capito bene, le cose stanno in modo completamente diverso. Giusto?"

"Giusto: io sapevo benissimo che saresti venuta e che saresti stata la testimone di Gloria. Gli altri sapevano che e quando sarei arrivato, solo che per convincerti a restare hanno finto che fosse una loro idea. In realtà, la sola che è stata ingannata sei tu, ma il motivo è molto comprensibile. Se avessi saputo che era farina del mio sacco, te ne saresti andata immediatamente."

Bene, quindi questa è una trappola e io sono lo zimbello d'Italia. Carino. Ohibò che simpatica trovata.

"Ma Marco e Federica..." biascico, troppo confusa per capacitarmi che persino i miei migliori amici mi abbiano fregato un triliardo di volte nel corso di sole due settimane.

Doppia faccia? Bazzecole per questa gente. Qui le facce sono triple, quadruple, millantuple. E chissenefrega se ho appena inventato un multiplo a caso sulla scia d'onda delle precedenti battute sulla Melevisione. Sono sconvolta, ok? Quando sono sconvolta mi piace pensare a cose spensierate come la Melevisione.

"Il mio braccio destro e sinistro. Sanno che un giorno li perdonerai." spiega, infatti, Mattia. "Lorenzo era piuttosto contro quest'idea, ma alla fine ho convinto anche lui, dicendogli che sarebbe servita come occasione per appianare le tensioni tra di voi e parlare della sua malattia. Anche Pier avrebbe voluto avvertirti, ma l'abbiamo minacciato in massa."

Beh, almeno lui ha recuperato mezzo punto.

E comunque, oste, cinque bicchieri di Scivolizia, prego.

"La malattia di Lorenzo è finta?" domando sperando almeno in un risvolto positivo.

"No, non dire stronzate."

Ah, sono io quella che dice stronzate. Bene.

"Perché avremmo dovuto inventare una cosa del genere? Purtroppo è vero; non avremmo mai potuto scherzarci sopra. Tutto ciò che faceva parte del piano riguardava solo istanze che avrebbero coinvolto noi due in prima persona. Per esempio, abbiamo fatto in modo che fossi io ad accompagnarti sempre in giro. Perché pensi che sia l'unico con la macchina, oltre a Magno?"

"Ah. Eravate d'accordo."

"Sì. E le fedi non avevano nulla di sbagliato, la commessa era una cugina di Magno che aveva preparato una messa in scena. Beh, ci ha chiaramente preso la mano; tutta la storia delle foto era fuori dagli accordi, ma in linea di massima, ci siamo accertati che ci fossero abbastanza commissioni per noi due."

Schiocco la lingua: "Quanti altri siparietti stai per aprire? Sono veramente la testimone di Gloria?"

"Sì." conferma. "Ma io non sono quello di Magno. Non l'originale, per lo meno."

"Non ci posso credere..."

"Avrebbe dovuto essere un parente che i suoi genitori avevano già contattato per il ruolo, ma sapendo che dall'altra parte ci saresti stata tu, ho pensato che quel posto doveva essere mio."

Sarebbe stato un bel manzo fiorentino. Lo sapevo. E io mi sarei sposata con lui. E sarei diventata una ricchissima Marinella Argenti in Magno. Invece sono qui a farmi spezzare il cuore da un idiota. 

"Hai obbligato Magno a sceglierti come testimone?" pigolo, sconcertata.

"Gli ho solamente esposto la mia idea." mi corregge. "Magno mi ha sempre detto che avrebbe voluto un ragazzo della classe come testimone di nozze, ma i suoi si erano fissati con questo suo secondo cugino mai visto sulla faccia della Terra, che però era importante per la riconoscenza alla famiglia e bla bla bla."

"E come ci sei finito tu qui, allora?"

"Ho ucciso il cugino, ovviamente."

Un giorno gli farò passare la voglia di essere sarcastico.

"Ti sto per picchiare. Sento l'istinto, Zingaretti."

"Ho convinto Magno a litigare con i suoi per avere il posto. Ho fatto un sacco di carognate per avere la possibilità di partecipare a questo cavolo di matrimonio assieme a te."

Un flash attraversa la mia mente e mi porto entrambe le mani alla bocca: "Hai pilotato anche l'incendio?"

"No!" si scandalizza. "Quello è interamente frutto della maledizione di voi Argenti! E prima che tu me lo chieda, nemmeno Sayid era premeditato. Per niente."

"Quindi... fammi capire, Mattia." sono confusa, molto confusa. "Hai spostato le nozze di Gloria di sei mesi, hai cambiato la loro scelta sui testimoni, hai spiato la mia vita privata, hai preso accordi con il resto della classe e con la mia famiglia, hai vietato a tutti di avere una macchina propria, mi hai fatto prendere in giro da più di una ventina di persone e adesso... adesso sei qui a raccontarmelo?"

"Mi ero ripromesso che sarei stato onesto."

"Perché mai, Mattia?" sbotto, arrabbiata. "Perché mai avresti dovuto architettare una cosa del genere?"

"Per costringerti a rivolgermi la parola."

"E ti sembra di farlo prendendomi in giro? Facendomi passare per un'idiota?"

"C'erano altri modi?"

"Oh mio Dio." mi metto la mano sulla fronte. "Oh mio Dio, mi sto sentendo male."

"Il tuo Oscar sarà qui a minuti, tranquilla."

"Non c'è niente da ridere, stronzo!" faccio, sventolandomi e appoggiandomi al bordo della fontana. "Sto ripensando a come è andata da quella stupida telefonata di Davide a oggi. Cristo santo, adesso tutto torna. Chissà che risate si saranno fatti tutti quanti da quando ho messo piede qui dentro."

"In realtà, lo fanno da sempre. Sei un soggetto che si presta alla derisione."

"Io ti odio." farfuglio sentendo il mio orgoglio preso duramente a pugni. "Perché l'hai fatto, Mattia? Perché tutto questo?"

"Perché la situazione tra di noi non poteva rimanere così. " decreta, freddo. "Dovevo sistemare le cose, prima di..."

"Prima di cosa?" completo per lui. "Prima di partire?"

"Prima di prendere decisioni che avrebbero cambiato la mia vita. Dovevo capire se quello che stavo facendo fosse giusto o completamente sbagliato."

Mi sento oltremodo maltrattata. Non solo mi ha preso in giro, ma l'ha fatto per scopi egoisti, giungendo da solo a qualsiasi conclusione senza mai rendermi partecipe, senza farmi sapere che sono stata sotto esame fino a questo momento. Avevo già mangiato la foglia origliando alla porta quel giorno, ma adesso il quadro è ancora più completo e drammatico. E poi dite di me, vero?

"D'accordo." prendo atto sentendo la gola stringersi. "E che cosa avresti capito dopo questa tua astuta analisi."

"Niente." sussurra guardandomi, come perso in se stesso. "Pensavo che avrei avuto delle conferme da te e invece..."

"Aspetta, fammi indovinare." a questo punto proprio non ci riesco a mordermi la lingua, sono troppo infastidita e riluttante nell'immaginare la conclusione di questo confronto. "Non faccio altro che ubriacarti di cazzate, vero?"

Ok probabilmente ho appena rovinato tutti i miei sforzi degli ultimi giorni, ma in fondo, chi se ne frega? Non è che lui si sia fatto troppi problemi a spiattellare i suoi secondi fini. Si stanno scoprendo delle carte che non credevo nemmeno fossero in tavola.

E comunque, ora sì che la chiacchierata tra lui e Pierpaolo mi torna al cento per cento. Avrei voluto capirlo allora, anzi, molto molto prima. In tal modo avrei potuto prepararmi, invece è tutta un'enorme verifica a sorpresa che io, chiaramente, ho scazzato di brutto.

Tra l'altro, da come mi guarda, sembra che abbia già colto il riferimento. Notevole per i suoi tempi standard di elaborazione.

"In che senso?" si accerta, guardingo.

"Nel senso che forse avresti preferito non venire qui e basta? Che sarebbe stato meglio continuare diritto sul tuo binario senza questa deviazione, perché questa deviazione non ha fatto altro che crearti problemi? Perché io ti creo problemi da quando hai sbattuto quel tuo stupido piede sinistro addosso al mio banco?"

"Hai ascoltato quello che ci siamo detti io e Pier." riassume, ora con certezza scientifica. "Quel giorno eri dietro la porta già da un po'."

"Colpo di scena." agito le mani imitando sarcasticamente un presentatore della domenica. "Quindi non disturbarti troppo a spiegare con faccia pentita che il tuo viaggetto qui non è servito a nulla. Ti ho detto che sapevo già tutto."

Mattia si è racchiuso nella sua tipica espressione imprecisa da ragazzo imperscrutabile che fa solamente venire voglia di spaccare qualcosa: "Quindi sei rimasta lì, poi sei entrata e hai finto che non fosse successo nulla."

"Che cosa dovevo dire? Toc toc, è permesso? Ah, Mattia, già che passo di qui volevo dirti che sono d'accordo sul fatto che in questo momento della tua vita non rappresento ciò che fa per te, quindi ognuno per la sua strada, ciao ciao!"

"È esattamente quello che hai fatto!" sbotta, animandosi ancora di più. "Solo saltando deliberatamente il passaggio dalla tua testa a me! Hai elaborato tutto quanto senza mai avere la decenza di parlarmene di persona, ma convincendomi a rimandare all'infinito il momento in cui avremmo avuto un confronto!"

"Non che tu sia molto più limpido di me, Zingaretti."

"Che cazzo c'entra? Hai origliato la nostra conversazione, anzi, parte della conversazione, e poi come al solito ci hai fatto uno dei tuoi improponibili film. Hai deciso per entrambi, quando avremmo tranquillamente potuto parlarne."

"E tu cos'hai fatto cinque anni fa prima di partire per l'accademia, eh?"

A questa contro accusa, lui reagisce con il silenzio e un'espressione dura.

"Dimmi, Mattia! In che modo sei stato più decente?"

Scuote la testa: "Non cambierai mai."

"Oh, come se avesse qualche tipo di importanza." sbotto. "In fondo, ti ho solo aiutato a scegliere liberamente ciò che fosse giusto per te."

"Scegliere libera-... tu mi credi così idiota, Marinella? Credi che io faccia quello che faccio perché sono stupido? Credi che tutto questo-" indica noi due e la fontana. "Non abbia senso, per me?"

Alzo le sopracciglia: "Perché l'hai fatto, allora? Dimmelo tu qual è il senso."

Lui mi guarda, duro nell'espressione, quasi triste: "Il senso sarebbe stato costringerti a parlare con me dopo anni in cui mi hai voltato le spalle, dirti quanto male mi ha fatto tutto quello che ci è successo e capire se anche tu la pensassi come me. Inizialmente pensavo di sì. Pensavo che avremmo... imparato qualcosa, finalmente."

Si sofferma e mi sembra così amareggiato che mai come ora mi sento una delusione vera e propria. Con me pensava di imparare qualcosa, ma non ha imparato nulla. Non sono stata all'altezza... non sono sufficientemente brava in queste cose. Che novità, eh?

"Poi è arrivato Sayid e tu ti comportavi in modo così strano." continua, mettendo assieme i pezzi. "Vi siete riavvicinati e nel frattempo mi evitavi palesemente, anche se in realtà non ci riuscivi del tutto, perché c'era questo cazzo di casino nella tua testa. Come un idiota ho creduto davvero che ti fossi innamorata di nuovo di lui e che stessi rivalutando tutta la tua prospettiva del futuro. Ti ho detto che mi saresti mancata per testare fino a che punto fossi decisa ad andartene a New York. Ero... ero convinto che l'avresti fatto. Tu mi hai convinto che l'avresti fatto. Con quei comportamenti ambigui, con i discorsi con cui mi hai riempito la testa, con... il tuo stupido modo di ubriacarmi di cazzate." scandisce molto bene, e in modo molto pungente, le ultime parole.

Abbasso gli occhi, ferita: "Sayid era un pretesto per lasciarti spazio."

"Per lasciarmi spazio." ripete, sprezzante. "Tu sembravi presa da lui. Lo sembravi così tanto che anche ai tuoi amici sono venuti dei dubbi molto consistenti."

"Ho già chiarito ogni dubbio. Sayid non mi interessa più. Non mi è mai interessato davvero e lo sai benissimo, altrimenti non avresti atteso la rottura tra me e lui in primo luogo. Non avresti nemmeno pensato a tutto questo."

"Forse sarebbe stato meglio se ti avesse trascinata in Libano tra i parenti imbevuti d'incenso e, soprattutto, lontano da me." decreta, dandomi un'ennesima pugnalata. "Perché per giorni mi sono arrovellato sulle tue e sulle sue parole. Per giorni mi sono convinto che per essere felice tu non possa stare con me, che con lui avresti avuto un futuro migliore e ora, solo ora, scopro che è tutta una tua sega mentale che prende le mosse da quello che hai sentito e che quindi non c'è più niente di vero. Non so che cosa sia vero e cosa no. Che cosa sia mai stato vero. Per quanto ne so, ci potrebbe essere una tua sega mentale dietro ogni singolo momento che abbiamo passato assieme."

"Beh, tu sei sempre stato una mia sega mentale, Mattia, quindi sì. Sì, è proprio così. Ma non capisco perché tu te la stia prendendo così tanto, quando sei il primo che non è convinto di voler stare con me, il primo ad abbandonarmi ogni singola volta in cui finalmente possiamo stare insieme e il primo a giocare con i miei sentimenti, da sempre!"

"Non sono io, Nelli, ma la tua fervida, sbagliatissima fantasia!" esclama, arrabbiato. "È per colpa sua se non ci capiamo, è lei che si mette in mezzo a noi due, non nessun altro stupido motivo che pensi tu. Non vedi? Finisce sempre così! Condividiamo momenti intimi, ci baciamo, ci leghiamo in mille modi e poi combiniamo qualche stronzata e quindi c'è quest'enorme litigio finale, in seguito al quale ci allontaniamo per anni, magari soffrendo come cani, perché nella tua testa qualcosa non ha funzionato come avrebbe dovuto."

Oh.

Mattia sta infliggendo solo ferite mortali.

D'altronde da un luogotenente così bravo ci si aspetta che sappia vincere ogni battaglia.

"Beh, è l'ennesima conferma che faresti meglio a proseguire il tuo cammino senza di me, allora." asserisco, cercando di reprimere ogni tentennamento, ma trovandola un'impresa veramente ardua. "Non sono cambiata, Mattia, anzi, a quanto pare, ti ho deluso per la trecentomilionesima volta a causa della mia fantasia. Non so cosa ti aspettassi di trovare di diverso o di migliore, ma... mi dispiace. Sono sempre e solo io." allargo le braccia.

"Mi aspettavo che questa volta avrei capito se mi hai mai veramente amato oppure no." afferma. "E il fatto che non l'abbia ancora capito suggerisce di no."

Un dolore atroce attraversa il mio cuore: "Ti sbagli."

"Probabilmente hai ragione tu; non avrei dovuto fare tutto questo casino. Quello viene bene solo a te."

Mattia fa per voltarsi e a me salgono caldissime e prepotenti lacrime che trattengo a fatica: "Ti sbagli, Mattia, io ho sempre fatto tutti i casini che ho fatto perché ti amo!"

Oh, no.

Non volevo dirlo così, no...

È tutto maledettamente sbagliato!

Infatti lui nemmeno mi ascolta, come se non gli avessi dichiarato quello che per anni ho sognato di dirgli, come se non avessi appena esternato una delle frasi più importanti che una persona possa rivolgere ad un'altra.

Mi sembra di aver gettato il mio cuore nel nulla.

Tre parole conservate per anni ed anni e ora vanificate nell'aria come se niente fosse, completamente spoglie di tutto il loro valore e dei sacrifici che ho fatto per comprenderlo.

"Di quali prove hai bisogno?" esclamo, allora, distrutta per come la mia previsione si stia perfettamente avverando. "Non ti basta tutto questo tempo, tutto quello che ci è successo? Evidentemente sei tu quello a non capire, ma tanto è normale sia così, no? L'unico che non crede in noi sei tu, Zingaretti! Non te ne è mai veramente importato nulla che non fosse un tornaconto personale! Come le ripetizioni, come una spalla su cui piangere, come un canale di sfogo fisico, come uno stupidissimo lavaggio di coscienza per liberarti di tutti i sensi di colpa che il tuo comportamento di merda ti ha causato! Se te ne fossi andato direttamente in missione, sarebbe stato meglio per tutti."

Si ferma, contraendo visibilmente i muscoli sotto quel gilet elegante: "Vedila così, almeno la mia deviazione per Cecina ti ha permesso di riavvicinarti al tuo caro Sayid. Per davvero o per finta questo non ci è dato saperlo."

"Sai che cosa? Probabilmente è meglio se me ne vado davvero a vivere con lui! Almeno non è uno stronzo colossale come te!"

"Certo, fai bene. Lui è cento volte meglio di me. Non parte mai, non se ne va mai."

"Non criticarlo." lo difendo spassionatamente, giusto per infliggere un'altra ferita. "Almeno lui mi ama davvero. Lui per me ha addirittura comprato una casa!"

Mattia serra i pugni nelle tasche e si volta verso di me, gli occhi che mi guardano neri di rabbia e lucidi di pianto: "Ti dico una cosa che non potrai mai interpretare in modo sbagliato, Marinella: non voglio mai più rivederti. Mai."

"Allora vedi di non rifare certi errori." ribatto, alludendo chiaramente a tutto questo matrimonio programmato.

"È la lezione più difficile che tu mi abbia dato, ma finalmente l'ho imparata. E comunque, sei una pessima insegnante."

Stavolta se ne va sul serio, a passo svelto, e io serro fortissimo gli occhi, sentendo chiaramente volare via ogni parte felice di me.

No, non tornerò mai più la Nelli di prima.

***


ANGOLO AUTRICE

Eeeee... siamo qui.

Questo è probabilmente un punto di arrivo importantissimo per tutta la storia, nonché ciò che ci avvia ufficialmente verso il finale. Ormai i capitoli mancanti si contano su una mano sola, ma non voglio dirvi esattamente quanti saranno, perché, come avrete capito da soli, la situazione è molto, molto delicata e non vorrei mettervi né troppe paure né troppe speranze.

Lo so che mi odiate più di quanto mi abbiate mai odiato.

Ma ne sono consapevole e mi prenderò le mie responsabilità. In fondo... credo molto nella citazione di Barthes che ho messo a inizio capitolo.

In ogni caso, pian col fajan, che è un modo venetissimo di dire: meglio sempre non saltare a conclusioni affrettate. A tutti gli effetti, non è questa la conclusione di "Io e te", no? Prima del prossimo capitolo, vi farò leggere una o due brevi OS. Penso che con un po' di buona speculazione potrete già aver indovinato chi saranno i protagonisti, anche perché andando per esclusione non ne restano molti, quindi spero che almeno quelle potranno alleviare il vostro dolore e ingannare l'attesa.

Questo capitolo è stato bellissimo per me. Il che contribuirà solamente a farmi detestare ancora di più, lo so, ma volevo esternare questo pensiero perché mi ha accompagnato dalla prima all'ultima parola. Ho provato così tante emozioni, così tanto affetto per ognuno di questi personaggi, ho riso tanto che... oddio. Non ce la posso fare. E' uno dei capitoli più belli che mi sia mai uscito, a livello di carica emotiva per la sottoscritta e sempre MODESTAMENTE parlando. Magari per voi non è affatto la stessa cosa, me ne rendo conto, ma ci tenevo, per una volta, a vantarmi perché sono tanto soddisfatta di come sia venuto e, soprattutto, del fatto che nonostante siano passati sette anni, questa storia è ancora capace di darmi emozioni incredibili. I sentimenti che hanno provato i ragazzi li ho provati tutti anche io ed è stato bellissimo.

Manca così poco alla fine definitiva che mi sento estremamente male ed estremamente bene insieme.

Credo che quando arriverà il momento, mi troverete in stato confusionale, quindi non spaventatevi se di qui in avanti sarò strana. Cioè tipo, quando ho visto i disegni di Nicole e Angelica per questo capitolo, mi sono commossa. Non so se possiate capire cosa mi sta succedendo, ma vi assicuro che è stranissimo e assurdo e oh mio Dio DOPO SETTE ANNI.

Ok, basta.

Per questo capitolo non voglio farvi le solite domande. Mi piacerebbe solamente sentire le vostre libere opinioni, tenendo conto del fatto che prima dell'ultima nefasta scena, ci sono stati dei momenti importantissimi e profondi. Quindi... certo, copritemi di minacce e insulti, ma poi ditemi anche se non siete ASSOLUTAMENTE FIERI DEI NOSTRI PICCOLI GLORIA E MAGNO OH MIO DIO SONO COSI' MERAVIGLIOSI E SI AMANO E SOPRATTUTTO NON HANNO SCAZZATO NULLA DEL MATRIMONIO ED E' STATO FOTTUTAMENTE PERFETTO. E poi, chiaramente, se vi è piaciuto il supporto morale di Diego, se siete rimasti bene o male dopo il rifiuto di Nelli verso Sayid, se anche voi avreste voluto che Nelli possedesse selvaggiamente Mattia, se avete creduto che Pierpaolo se ne fosse andato da questo mondo, se i due "ti amo" del capitolo sono stati sconvolgenti, se mi volete segnalare per abuso di caps lock, se vi siete sentiti in diritto di essere anche voi orgogliosi per il matrimonio, perché dai, ci abbiamo contribuito proprio tutti, se il discorso di Nelli e Mattia è stato figo o no, se vi ha sorpreso che Mattia sia in realtà il marionettista di tutto questo casino.

Ah, a tal proposito. Sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate. Io lo sapevo fin dall'inizio, ovviamente, ma mi sembra dalle varie recensioni e dai commenti che mi avete lasciato che nessuno di voi, come Nelli, avesse avuto questo sospetto. Come ha detto Mattia, vi abbiamo convinti del contrario muahahaha. Magari rileggendo i capitoli addietro, vi renderete conto che una "recita nella recita" c'è sempre stata e dunque potrete riconsiderare l'intera storia forti di questa nuova consapevolezza.

Nel prossimo capitolo, sicuramente, avrà modo di farlo anche Nelli. Sempre che non ci lasci prima :(


GRAZIE INFINITE a ognuno di voi per tutto quello che fate per me. Se Mattia non vuole mai più rivedere Nelli, è merito vostro.

Scherzo.

Sono una stronza.

Alla prossima.


Daffy


***


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Capitolo 19
*** Non gli ho mai detto che lo amo ***


MxM3 19

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Stavolta ho esagerato. Il capitolo è abbastanza lungo, in media come al solito, ma anche in questo caso è suddiviso in tanti brevi paragrafi, cosicché avrete la bellezza di ben SEI break - un record. Abbiate pazienza con me: siamo talmente vicini alle fine che, esattamente come Nelli, sto impazzendo. Tuttavia, non tutti i break conterranno media e non vedrete le bellissime illustrazioni di Nicole e Angelica, perché non le ho avvisate e non mi sono preparata con sufficiente anticipo... scusate XD

Prima di lasciarvi alla lettura, comunque, volevo semplicemente ragguagliarvi sul fatto che siamo davvero agli sgoccioli, quindi ogni capitolo ora è importantissimo, quindi leggete con cura :)

Riassunto della puntata precedente (sarà lungo, ma non dovete perdervi nemmeno una virgola!): Magno e Gloria sono finalmente diventati marito e moglie, che gioia immensa! Il matrimonio si è svolto (quasi) senza intoppi, gli ospiti si sono divertiti e gli sforzi della classe sono stati pienamente ripagati. Certo però, che tutto il resto delle situazioni non è andato a finire ugualmente bene. Marco non ha ancora ritrovato il perdono di sua figlia, Sayid si è sentito rifiutare la proposta di convivere con Nelli nel bellissimo appartamento di New York e, se avete letto le due OS pubblicate dopo lo scorso capitolo, saprete che nemmeno per Silvia e Federica questa giornata ha portato molte gioie. I due che più hanno sofferto, tuttavia, non possono che essere i cari Nelli e Mattia, che, dopo aver sfiorato un incontro ravvicinato tra le lenzuola, sono sorprendentemente riusciti a portare a termine il loro discorso da testimoni con successo. Il dramma è avvenuto dopo: Mattia ha trascinato Nelli lontano dal matrimonio, di fronte alla fontana di Venere e Marte, dove le ha rivelato un segreto di cui lei, finora, non aveva sospettato nulla. Tutto il matrimonio è stato pensato e programmato per far sì che Nelli e Mattia potessero finalmente riavvicinarsi; una trappola vera e propria, dietro cui non si trovava solamente la classe, bensì la mente di Mattia e le braccia di tutti gli altri compagni, se non addirittura della famiglia Argenti. Nelli è scioccata dal tutto, ma ancora più arrabbiata per essere stata ingannata, oltre che rifiutata: non le è piaciuto essere stata messa segretamente alla prova e aver fallito in modo così palese. A sua volta, quindi, Nelli rivela a Mattia di aver origliato parte del confronto tra lui e Pierpaolo, qualche giorno prima, e di aver conseguentemente capito che ciò che lui vuole davvero non è stare con lei, ma partire per la benedetta missione in Siria. Mattia è sconvolto: per tutto questo tempo, quindi, Nelli si è comportata in modo strano affinché lui fosse libero di inseguire questa strada? Quanta percentuale di fantasia e quanta di realtà c'è nella loro storia d'amore? Quanto c'entra, nelle sue intenzioni, l'arrivo di Sayid? Trasportata dal litigio e dalle accuse di Mattia, Nelli gli dice, finalmente, dopo anni e anni, che ha fatto tutto quel casino perché lo ama, e Mattia... nemmeno risponde. Così il litigio volge al peggiore dei finali: Nelli provoca Mattia dicendo che probabilmente se ne andrà sul serio a New York, dove Sayid è l'unico che è stato in grado di darle qualcosa di concreto come una casa, e Mattia, per tutta risposta, le dice che non vuole mai più rivederla e che, comunque, è una pessima insegnante. Voi che ne pensate? Ma, soprattutto, CHE DIAVOLO SIGNIFICA QUEST'IMMAGINE NEL TITOLO???






"Io e te" è semplicemente complicato 

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Non gli ho mai detto che lo amo

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"Et se sempre Marte fussi sottoposto a Venere, cioè la contrarietà de principii 

componenti a loro debiti temperamenti, nessuna cosa mai si corromperebbe."

- Pico della Mirandola, Commento sopra una canzone de amore

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C'è qualcosa di ironico nel vederci tutti qui, attorno ad un tavolo, a fine matrimonio, con la stessa identica faccia sconfitta.

Federica, Marco e io non scambiamo più di una parola ogni dieci minuti; abbiamo il corpo abbandonato allo schienale della sedia e gli occhi fissi su un non-luogo sicuro, mentre la testa è assorta nei pensieri.

E sono così tanti, così caotici e così forti che ormai ci hanno assordato; non sentiamo più nemmeno loro, non sentiamo più niente.

La situazione è critica. 

Siamo tutti e tre completamente svuotati, stanchi e senza parole, mentre qualsiasi esibizione ci fosse sul palco è terminata e ora Davide e Sanjay si sono messi a riprodurre playlist malinconiche a tutto volume da Spotify. È così romantico che ci sia ancora qualche stoica coppietta che balla davanti alle casse... ma, come ho detto, è come se noi ci fossimo completamente alienati da tutta la festa, come se nemmeno li vedessimo.

Siamo solo noi tre, con i nostri infiniti disagi, e nient'altro.

"Hanno detto che ci potrebbero essere delle complicazioni."

I nostri occhi abbandonano il loro non-luogo sicuro per salire verso chi ha appena pronunciato, monocorde, questa notizia. E subito i tre disagiati diventano quattro.

Vedo Lorenzo, che condivide con noi l'arrendevolezza alla vita e che prende meccanicamente posto sulla quarta sedia libera del cerchio.

Marco lo squadra, incerto: "Complicazioni riguardo il ragazzo che dovrebbe donarti il fegato?"

"No, riguardo me."

Oh, ottimo.

Lorenzo posa i gomiti sul tavolino ancora adorno di pizzo e fiori, poi sospira.

"Gloria ha inviato le mie ultime analisi all'ospedale di Venezia e ora vogliono ricoverarmi il prima possibile." le sue nocche sono bianchissime. "Parto domani mattina."

"Che cosa c'è che non va?"

"Non è chiaro, ma ha a che vedere con i giorni che scorrono veloci e nessun miracolo che succede nel frattempo." sembrerebbe agitato, a un primo sguardo, ma è solo tremendamente rassegnato. "Il donatore è ancora in coma e io ancora malato."

"Coraggio..." sussurro, non credendoci più nemmeno io. "Domani andrai là, ti avranno sotto controllo ventiquattr'ore su ventiquattro e quando arriverà il momento del trapianto, sarai già pronto."

Lorenzo mormora qualcosa che non mi è chiaro, ma che giunge alle mie orecchie come un ovattato 'Se non sarò già morto'. 

Prendo atto dell'ulteriore dolore che tutto ciò adduce alla mia anima, poi decido di non rispondere, perché, purtroppo, stavolta, non ho nessuna risposta.

La nostre vite fanno così schifo.

Ritorno a rintanarmi nel mio limbo di malessere, dove posso essere liberamente frastornata e posso addirittura esserlo in compagnia dei miei amici. Io sto male per la mia intera esistenza in relazione a Mattia Zingaretti, Lorenzo per le ragioni appena esplicitate, Marco perché ha perso ogni speranza di recuperare il dialogo con Rachele e Federica perché è appena tornata dal faccia a faccia con Pierpaolo e, anche se non ha raccontato nulla, è proprio da come ne è uscita la sua, di faccia, che ho capito che è stato un vero disastro.

Nessuno dei quattro riesce a trovare consolazione per se stesso, figuriamoci per il resto del cerchio magico. Il massimo che possiamo fare l'uno per l'altro è... stare.

"Papà?"

Ancora una volta una voce fuori campo riscuote la nostra contemplazione.

Si tratta di Rachele che, a passo incerto e torturandosi le mani in grembo, si è avvicinata a noi e ha rivolto la parola a suo padre per la prima volta dopo giorni.

Infatti, Marco è talmente sorpreso che quando si volta per comprovare l'accaduto, per poco non ha un mancamento.

"Rachele?"

Solitamente chiama sua figlia Reginetta del mondo o Imperatrice della luce o altri nomignoli che inneggiano alla tirannide, ma ora lo sconvolgimento glielo impedisce.

La bambina tiene quegli zaffiri luminosi fissi sul padre, ma si morde il labbro per la tensione. È così carina, nel suo vestitino di tulle, coperto dall'elegante maglioncino giallo che Gloria ha fatto cucire appositamente per le damigelle.

"Io... volevo chiederti... " dà un colpetto di tosse e poi inspira. "Ti va di fare un ballo con me?"

"Porca mignotta." esclama allora Marco, educativo come non mai, il filtro tra bocca e cervello ormai andato da anni. "Cioè, volevo dire..."

Cerca di ripigliarsi, o almeno fare finta di ripigliarsi, mentre si rimette composto sulla sedia e spolvera il grembiule da cucina che non si è ancora degnato di togliere.

"Beh, certamente, tesoro." conclude infine, posando le mani sui manici della sedia.

Ma a quel punto c'è un tentennamento. Guarda noi, poi di nuovo la bimba, come temendo di aver capito male, o che sia solo un sogno.

Ma Rachele gli tende la mano e lui, allora, si illumina di riflesso.

Si alza dalla sedia con uno scatto energico, rivolgendoci un'ultima occhiata incredula, poi si lascia trascinare da Rachele al centro della pista.

Puntuali come un orologio svizzero, i dj fanno partire una canzone allegra, che non avevo mai sentito, ma in cui Marco si butta subito a capofitto, improvvisando una bachata con la piccolina. 

S'intitola Dance the Night Away di The Mavericks, scopro, shazammandola, e la aggiungo alla playlist "matrimonio Gloria e Magno" solo perché ho bisogno di farmi del male da sola. Tutta questa lista di canzoni, lo so già, mi perseguiterà fino a quando un giorno, a ottant'anni, starò facendo la spesa e ne faranno partire una agli altoparlanti e il mio cuore non riuscirà a reggere la malinconia. E morirò.

"Mattia mi ha detto tutto." snocciolo senza il minimo sentimento, posando il telefono sul tavolo ed evitando di guardare in faccia sia Lorenzo che Federica.

Ovviamente, lei è quella che per prima si preoccupa, per quanto il suo stato di salute mentale glielo permetta: "Tutto cosa?"

"Del matrimonio. Del grande piano." ripeto, come fosse una nenia. "Del fatto che era tutta una sua idea e che voi l'avete aiutato."

Fede si porta una mano alla bocca, al limite della catastrofe naturale, ma io decido di fermarla per evitare ulteriori sconvolgimenti. 

"Non sono arrabbiata con voi." dico.

"Ah no?"

Scuoto la testa: "No, non serve che vai in paranoia."

"Quindi ti ha raccontato il vero motivo per cui siamo tutti qui." riassume Lorenzo, racchiudendo scetticamente l'area circostante con gli indici.

"Già." schiocco la lingua. "Ma purtroppo i suoi sforzi non sono serviti a nulla. Lo scopo era quello di innamorarsi di nuovo di me per capire se andare in Siria o meno; a quanto pare, non ci è riuscito e ora se ne andrà per sempre. Tanto per cambiare."

Lorenzo e Federica si scambiano uno sguardo teso. È chiaramente un segnale per dirsi di stare attenti a ciò che potrei dire o fare di qui a poco e quanto possa portare allo sfacelo più completo e come diavolo arginare la furia che scatenerò per essere stata ferita così nel profondo da uno stronzo idiota, ma io, per una volta, voglio anticipare la loro preoccupazione.

Alzo i miei palmi aperti: "Volevo solo dirvi che è andata male, tutto qui. Non voglio farvi pesare nulla, è già abbastanza quel che dovete sopportare per conto vostro. Anzi..." mi soffermo, guardando i loro volti. "Grazie comunque per tutto."

Di nuovo i due si guardano esterrefatti.

Io non aggiungo una parola a quanto già detto e dopo pochi secondi in cui nessuno interviene, pare basti davvero così. 

Lorenzo e Federica sono interdetti, ma il mio grazie è servito quanto meno ad alleggerire di un grammo le loro pene.

"Guardate." ci richiama Lorenzo, dopo poco. "Marco è così felice."

Federica e io ci sforziamo di prestare attenzione ai dintorni e ci soffermiamo sul punto che indica Lori. Rachele e suo padre stanno ballando senza disciplina, ma con due enormi sorrisi stampati in volto. Lui le tiene entrambe le mani e, ogni tanto, le fa fare piroette che lanciano, dal suo maglioncino giallo, un luccichio di paillettes tutt'intorno.

Mi volto verso Federica, le faccio un cenno soddisfatto, come a dire che per fortuna, almeno lui, qualcosa sembra averlo risolto.

Lei mi risponde con un'espressione concorde e una strana sfumatura dello sguardo.

Non saprò com'è andata con Pierpaolo finché lei non si deciderà a raccontarlo. E so che farà una fatica incredibile ad ammettere quanto l'abbia fatta soffrire. A me basta guardarla per capire che è stato così, ma per un'ammissione da parte sua dovrò aspettare giorni, forse mesi, finché questa storia inizierà a bruciare un po' meno nel suo stomaco.

Nel frattempo, posso solo intuire, con un certo sollievo, che per quanto pesante ci sia andato Scilla, c'è ancora un salvagente mezzo gonfio da qualche parte nel suo cuore, che è riuscito a non farla affondare. Ed è quello che interpreto dalla sfumatura insolita nel suo sguardo, già ormai svanita, nel tempo di un respiro.

"Ho bisogno di un po' d'aria, credo." comunica, staccando gli occhi dai Ravasi e alzandosi in piedi.

"Vuoi che veniamo con te?" si propone Lorenzo.

"No, grazie." lei sorride, riponendo la sedia e guardando verso il tramonto di fuori. "Volevo stare un po' sola con i pavoni di Magno. Prometto che non prenderò nessun cavallo e che non sparirò nel bosco. Solo pavoni."

Tutti e tre ridiamo appena alla battuta, ma capiamo il desiderio di Fede e la salutiamo dicendole di chiamarci se dovesse avere bisogno.

Non appena rimaniamo solo noi due, Lorenzo prende un sospiro: "Mi sa che è meglio se vado anch'io, adesso. Devo fare le valigie." 

"Aspetta." lo fermo, raggiungendolo in piedi. "Prima faresti una cosa per me?"

Gli occhi chiari di Lorenzo mi squadrano, curiosi: "Certo."

Allora gli tendo una mano, imitando la mossa di Rachele e tornando a sentirmi un pelino meno morta di prima: "Mi concederesti un ballo?"

La tristezza di Lorenzo si scioglie in un sorriso arrendevole e tutta la sua immagine appare di colpo più bella. In effetti, è davvero piacente quest'oggi, con le maniche della camicia arrotolate al gomito e l'immancabile cravatta in pendant. Lorenzo è sempre stato un ragazzo carino; adoro il suo viso dalle linee semplici e pulite, il fisico agile, l'aspetto sempre curato nel minimo particolare.

Anche se adesso, accidenti... si inizia a notare che è troppo magro. Davvero troppo.

Ci portiamo nel mezzo della pista, salutando un po' malinconicamente Marco e Rachele e poi posizionandoci vicini, quasi abbracciati, finché non parte una canzone ballabile.

Come sempre, stargli vicino non è propriamente comodo, perché è tutt'altro che un tipo morbidoso. Una volta conosciuti i suoi spigoli, tuttavia, non c'è pericolo di farsi male.

"In tutte le disavventure che mi sono capitate, sei sempre stato al mio fianco." gli sussurro, mentre muoviamo qualche passo a tempo. "A volte come spina, a volte come appoggio."

"Lo so. Anche io conosco una persona così. Non te ne sbarazzi facilmente." 

"Immagino che la sfortuna, quel primo giorno di scuola, si sia divertita con noi." dico, ironica.

"Credo che si sia divertita un po' con tutti." specifica, alludendo alla nostra classe.

"È così sicuramente." confermo, appoggiando la testa contro il suo petto e iniziando ad entrare in sintonia con il lento e con il suo respiro. "Ma per quanto abbia incasinato la mia vita, io rifarei tutto."

Lori ridacchia: "Perché sei masochista?"

"No." sussurro, sentendo scendere una lacrima. "Perché senza di voi, non sarei semplicemente io."

E mentre il lento prosegue con la successione di note un po' dolci e un po' amare, io penso che aver realizzato tutto questo, dopo la mia crisi post-maturità e cinque anni di vagabondaggio tra Italia e America, sia veramente un enorme, e forse il mio più grande, successo.

***

PRIMO BREAK

Nelli, nonostante tutto, ha veramente fatto un notevole progresso, da questo punto di vista. Siete d'accordo? Se pensiamo all'inizio della storia, dove non era altro che una ragazza impaurita dalla sua stessa ombra, direi che possiamo essere fieri. Quindi pensiamo ai successi e le soddisfazioni... di tempo per preoccuparci del resto ce ne sarà un sacco. 

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Conoscevate la canzone dei The Mavericks? Vi piace? E, per curiosità, quale lento abbinereste a quest'ultimo ballo di Nelli e Lorenzo?


***

L'alba è da brividi, qui a villa Magna.

In primo luogo perché c'è freddo e poi perché è bellissima. Si riflette sull'acqua del laghetto, bacia le punte degli alberi, definisce gli angoli del giardino, illuminando senza scaldare.

Oggi, ahimè, mi sembra tutto crudamente congelato. A partire dal mio cuore ed estendendosi poi per l'intero ambiente, la sensazione di freddo non mi ha mai abbandonato, da ieri sera, per tutta la notte e ancora in questo momento.

Mio Dio, non mi passerà mai più.

"Ok, direi che ci sta un bel selfie prima di partire!" Cristiana, leader positiva, che spera sempre di trovare il modo per stemperare la tensione, estrae il cellulare e si posiziona a regola d'arte per prendere tutto il gruppo nello schermo.

Quindi, i presenti si sentono obbligati a partecipare, per non lasciare una povera ragazza incinta in mezzo al prato in una posa ridicola.

"Dite cheese!" 

Nessuno sorride veramente, forse solo lei, e ne esce una foto di gruppo dalle facce tirate e gli occhi lucidi.

Eddai, è inutile ostentare positività. Nessuno è felice in questo momento.

In particolare non dev'esserlo Lorenzo, che è il primo di noi a tornarsene a Venezia, nonché colui che sta per subire un trapianto di fegato. La partenza vera e propria è prevista per domattina, cioè tra ventiquattr'ore, ma Lori ha dovuto chiaramente anticipare, per cause di forza maggiore.

Ho parlato con Davide e deciso assieme a lui che resteremo qui fino a domani per aiutare a sistemare il disastro post-matrimonio (anche perché non avevo partecipato al torneo di calcio a tre squadre, ricordate? Questo mi obbliga a far parte del team pulizie, per punizione). Poi, saliremo sul taxi che ci condurrà a casa, sistemerò le mie cose e la mia prima mossa sarà trasferirmi temporaneamente all'ospedale dove ricoverano il mio amico, in modo da potergli stare accanto finché non avrà un fegato da far invidia.

Perché lo avrà, lo so.

Cristiana mi sbatte il telefono sotto il naso, assordandomi con un gridolino esageratamente eccitato: "Ma hai visto che belli che siamo?"

Osservo l'immagine nel complesso, dubbiosa: "Cris, non c'è nemmeno un quarto degli invitati."

"Ma sì, perché sono tutti dei dormiglioni, ma chi dorme non piglia pesci e noi, stamattina, abbiamo pigliato l'opportunità di comparire in questa bellissima selfie."

Fisso la mia amica senza dire nulla; un po' perplessa, un po' rassegnata.

"Giusto." l'accontento, infine, sforzandomi di non commentare anche il fatto che abbiamo tutti delle occhiaie spaventose e le espressioni irrigidite per il freddo.

"Se gli avessi fatto dire cazzo, oppure El Vallinator colpisce ancora, sarebbero stati più belli." osserva Diego, molto convinto delle proprie parole.

"D'accordo, ragazzi. Ci vediamo presto." Lorenzo raccoglie la sua valigia firmata, fingendo di lottare con il manico del trolley, solo per non far vedere che gli sono salite le lacrime.

Federica, che si è presentata qui con una faccia da notte insonne, si lascia intenerire dalla scena, così coglie l'occasione per aiutare Lori e e poi avvolgerlo in un super abbraccio. È strano vederla così affettuosa; dopotutto, è più una da pacche sulla spalla, ma penso negli ultimi giorni la barra della sua sensibilità abbia vacillato al punto di renderla più umana del solito.

In questo momento, partono a ruota i saluti personalizzati e gli 'in bocca al lupo' e i 'sì, assolutamente, ci vediamo prestissimo' e mentre tutto ciò si verifica, io non riesco a smettere di guardarmi in giro, perché gli amici più stretti di Lorenzo, seppur pochi, sono già presenti... ad eccezione di uno.

Lo so.

Lo so che non dovrei nemmeno preoccuparmi e non mi devo aspettare che lui sia dove sono io e da oggi in poi devo mettermi in testa che tutto è cambiato, però è davvero presto e a meno che Mattia non si sia svegliato alle cinque per salutare Lorenzo prima di tutti, non può essersi perso la sua partenza.

Dalla litigata di ieri sera, non l'ho più visto.

Così, negativa e agitata come non mai, mi avvicino a Pierpaolo, con il quale ho evitato il dialogo per giorni e giorni. Sì, mi rendo conto anche di questo; non è che abbia mantenuto un gran comportamento, ma dopo aver capito che si era schierato contro di me e aver sofferto un sacco per questa sua presa di posizione, non sono più riuscita nemmeno a guardarlo in faccia.

Se ora lo sto facendo, è perché è l'unica persona che potrebbe saperne di più sul microcefalo. Anche se ciò non mi ferma dal ripudiarlo per aver voltato le spalle a me e, ancor più recentemente, alla mia migliore amica.

"Ehi, Pier."

Lui alza lo sguardo, alla parvenza triste e pensieroso come quello di tutti, stamattina. Si accentua ancora di più, appena vede che a parlargli sono stata io.

"Ehi, Nel."

È difficile farlo, ma vado dritta al punto, perché altrimenti farei solo figuracce: "Senti, ma... Mattia? Non viene?" chiedo, indicando con la testa Lorenzo e le sue valigie pronte sul vialetto.

La risposta di Pierpaolo arriva prima della realizzazione di quanto mi faccia male: "No."

"Ah... no?"

"Mi dispiace, Nelli." Pierpaolo stacca gli occhi dai miei e deglutisce, prima di aggiungere un dettaglio peggiore. "È andato via."

"Come??"

Pier non sa in che modo affrontare il discorso e nel frattempo a me sembra di svenire. 

La mia testa fa un giravolta e le braccia strette al petto per il freddo si stringono ancora più forte per reggere il colpo.

"Dov'è andato? Quando? Perché? Pierpaolo!"

Le domande che vorrei fare spuntano a tonnellate nella mia testa e penso già di sapere le risposte di ognuna di loro, ma comunque, le pongo a Pierpaolo nella speranza che lui smentisca ogni mio sospetto e tutto si riduca all'ennesima recita da parte dell'idiota per farmi prendere un colpo e possibilmente amarlo ancora di più.

Ma Pierpaolo vanifica ogni speranza aprendo le mani e sospirando un rassegnato: "Non lo so."

Aggiunge che quando si è svegliato, poco fa, la stanza di Mattia era già vuota e lui non c'è e non risponde al telefono e che, ovviamente, gli dispiace. Un sacco.

A me viene solo da vomitare, però.

"Ti aspetto, Nelli, ok?" prima che lo faccia per davvero, la mano di Lorenzo si posa sulla mia spalla e mi riporta alla realtà.

"Oh, sì... certo." gli sorrido, alzando la testa verso di lui e sforzandomi di riprendermi dalla batosta. "Ci vediamo domani sera."

"Non pensavo così presto." ridacchia, allora, nervoso.

"Titanic non attende." ribatto, alludendo alla promessa che gli ho fatto di portare con me il portatile e una tonnellata di film d'amore che io, lui e Fede guarderemo fino a voler annegare nelle lacrime. Sempre per restare in tema.

"Ok." sorride, e poi tira il suo trolley fino al taxi che lo aspetta sul cancello della villa.

Vi risparmio il saluto collettivo perché credo che siamo già a un livello preoccupante di fragilità. Io nel mio piccolo, rivolgo un enorme e incoraggiante sorriso da fattona a Lorenzo, mentre dentro di me scendono a fiotti milioni e milioni di lacrime per Mattia.

Fai sul serio, Zingaretti?

Avevo capito che quello di ieri era un addio, ma non credevo che fosse quello definitivo.

Sei davvero uno stronzo.

E io ti odio.

***

SECONDO BREAK


Ogni altro insulto nei confronti di Mattia è bene accetto XD

In questo caso, come vi dicevo all'inizio, non ho nessun momento social da inserire, ma ne approfitto per consigliarvi una piccola pausa e, magari, se avete un pacchettino di Kleenex, di assicurarvi che siano a portata di mano per i prossimi paragrafi.

Lo so cosa state pensando: Daffy brutta, Daffy cattiva.

Ma aspettate di arrivare alla fine... lì sì che darò il meglio di me! XD

***

Me ne sono andata da villa Magna.

Ma no, non definitivamente, tranquilli.

È solo che non ce la facevo più a rimanere lì, avevo bisogno di uscire, di trovarmi qualcosa da fare. Aiutare i miei compagni a sistemare non era sufficiente, perché ogni tanto qualcuno di loro se ne usciva con la fatidica domanda "Ma Mattia dov'è?" e allora mi sentivo direttamente chiamata in causa, senza la più pallida idea di come motivare il tutto senza scoppiare in lacrime.

A quanto pare, il microcefalo è sparito veramente senza avvisare nessuno, o almeno ha dato ai miei compagni specifiche direttive per farla sembrare così, dato che abbiamo recentemente scoperto quanto sia bravo ad essere regista di trappole alla The Truman Show. In ogni caso, il concetto è ben chiaro: ha detto che non mi avrebbe mai più voluto vedere e si è accertato che così fosse veramente.

Mattia se n'è andato, e non tornerà.

Mattia non c'è più.

Mentre ancora non volevo crederci, ho addirittura rubato il telefono di Davide, scorrendo maniacalmente tra le chat di Whatsapp, sperando che avrei trovato qualche indizio di lui. E a un certo punto, infatti, mi ci sono imbattuta.

Avevo poco tempo, prima che Davide mi beccasse, ma sono riuscita a leggere gli ultimi messaggi del gruppo chiamato Intelligence, dove a giudicare dai membri (tutti tranne io) Mattia deve aver coordinato il matrimonio per tutto questo tempo. Difatti, sono riuscita a leggere di questi ultimi giorni in cui Fede e Davide scrivevano di non preoccuparsi per Sayid e gli altri rispondevano scetticamente, finché non sono arrivata all'ultimo messaggio, di ieri sera, scritto da Lorenzo: "Beh allora, com'è andata??"

E poi: Mattia Zingaretti ha abbandonato il gruppo.

Da quel momento, penso che Mattia abbia bloccato il telefono, perché ho furbamente tentato di contattarlo con il numero di Davide, ma non suonava nemmeno, né riceveva i messaggi.

Capite perché ho bisogno di distrarmi?

Ho addosso una rabbia e un'ansia talmente potenti che non riesco nemmeno a camminare diritta. Non so se vi è mai capitato, eppure è come se nelle ultime ore, a partire dalla litigata di ieri sera, la vita mi fosse scorsa davanti mostrandomi le peggiori pieghe mai immaginate, senza che io potessi fare nulla per recuperarla, ma solo aggravarla.

Non volevo che finisse così, no, assolutamente, ma è successo così in fretta, così inesorabilmente che adesso non trovo altra soluzione del salto temporale. Solo tornando indietro, potrei cambiare le cose; è l'unico, fantascientifico, improbabile modo. Ma dovrei come minimo tornare alla terza superiore ed è così impossibile e così cretina come cosa, che mi ritrovo tristemente e semplicemente senza equilibrio nella gambe, senza speranze in vita e sopratutto... senza il mio Mattia.

Per sforzarmi di avere altro di cui preoccuparmi, almeno per qualche ora, sono andata alla riserva vinicola di Benigni. Comunque avrei dovuto parlare con lui prima di andarmene, domattina, così ho pensato che avrei fatto meglio a rendergli visita. Dopotutto, è stato così gentile con me e voglio che sappia la verità.

Almeno a lui, un comportamento civile lo devo.

"Madame Marinella Argenti, ma che piacere vederla!" mi accoglie a braccia aperte l'ometto, uscendo per darmi il benvenuto, come se stesse aspettando con ansia il mio arrivo.

"Signor Benigni." lo saluto andando per stringergli la mano, ma ritrovandomi chiusa in un suo abbraccio.

"Allora, mi dica com'è andato il matrimonio di ieri." si entusiasma, guardandomi con le guanciotte rosse. "Ho sentito che è stato un successone. Era buono il mio Brunello di Montalcino?"

"Eccezionale." annuisco, pur non avendo bevuto nemmeno un goccio. "È anche merito suo se il banchetto è stato così apprezzato."

"È merito vostro. Sapevo che avreste fatto un gran lavoro." mi indica la porta con entrambe le mani. "Prego, si accomodi nel mio studio, Argenti. Dobbiamo discutere di affari, non è vero?" mi fa un occhiolino divertito.

Ma io devo dolorosamente smorzare il suo entusiasmo: "A dire il vero, signor Benigni... io... dovrei parlarle di una cosa."

L'uomo si allarma all'istante, puntandomi l'indice addosso: "Non vorrà mica rifiutare il lavoro, Argenti. Non mi dia questo dispiacere."

Sospiro, imbarazzata e in difficoltà, ancor più del mio solito.

Benigni non ci mette molto a captare lo sconforto che abita in me, così reinventa la situazione, offrendomi gentilmente il suo braccio e spronandomi: "Coraggio, lasci che la ospiti nel mio ufficio per una chiacchierata e un buon bicchiere. Magari... facciamo un bicchiere di analcolico, eh."

Quest'uscita allusiva dovrebbe stendermi ancora di più, invece lo seguo volentieri all'interno e mi lascio coccolare dal succo d'uva, rigorosamente privo di alcol, che mi versa nel bicchiere.

"Allora, signorina Argenti, mi dica." esordisce, appena l'atmosfera si è sufficientemente riscaldata. "Che cosa c'è che non va?"

"Non è facile." metto subito le mani avanti con un sorriso teso. "Ma avevo bisogno di dirle la verità, perché lei è stato così gentile con me e ora le cose si sono fatte... complicate, diciamo."

"L'ascolto." mi incoraggia.

E io inizio a raccontargli per filo e per segno quali sono state le quinte dietro al sipario che gli ho mostrato dal fatidico colloquio fino ad oggi. Ovvero; avergli mentito il primo giorno in cui l'ho conosciuto, decantando qualità che non avevo nemmeno nella mia più fervida immaginazione, farmi passare per intenditrice di vini, solo per sperare di ottenere un lavoro, continuare a mantenere in piedi la recita per poi contrattare la mia posizione e riuscire a diventare segretaria. Tutto perché a New York non ero riuscita a costruire un bel niente e ai miei erano anni che non davo una soddisfazione.

Ad essere sincera, mi sento davvero meschina nel ripetere le mie malefatte ad alta voce, ammettendo di aver preso in giro una persona così buona e di aver coinvolto anche qualcuno che non c'entrava e che non avrebbe mai voluto prendere parte a tutte le mie cagate quotidiane; ai secoli, Mattia Zingaretti.

Gli svelo anche che nel momento in cui mi è stato dato il lavoro, io nemmeno l'avevo capito, tant'ero ubriaca ed effettivamente inadeguata al posto che mi era stato offerto. Qui capisco davvero di essere una persona orribile, ma almeno specifico che in tutto questo tempo, sono stata indecisa se accettare e continuare la stupida farsa, oppure rifiutare, ammettendo le mie colpe. 

L'epilogo è ovvio, ma in realtà ciò che più pesa è il rimpianto per aver gestito tutto così male e dunque non aver mai meritato da Benigni non solo il lavoro, ma in generale, il rispetto.

La sua reazione a tutto questo popo' di confessioni tarda anche troppo ad arrivare.

Per diverso tempo mi soppesa, le mani congiunte davanti alla bocca e la sedia di pelle che oscilla leggermente, producendo un'inquietante scricchiolio.

Poi, un sorriso: "Dispiace anche a me, Marinella."

"Lo so, ne sono pienamente consapevole, lei ha tutto il diritto di odiarmi."

"No, non pensi che sia per quel motivo." precisa. "Mi dispiace per tutto ciò che sta vanificando nel rifiutare quest'offerta."

Che cosa?

Se sto interpretando correttamente la sua frase, lui sta ancora considerando che esista un'offerta. E che io non abbia nemmeno perso la libertà di accettarla o rifiutarla.

Anzi, dopo un'ulteriore analisi, sembra che sia sfavorevole a un mio rifiuto.

Non ci posso credere... vuole che accetti comunque il lavoro? Dopo tutto quello che gli ho raccontato?

"Che cosa vanificherei, rifiutando?" ribatto, infatti, perplessa e incredula. "Non ho fatto nulla di buono per ottenere il posto."

"Non esattamente, ma vede..." si piega in avanti, facendo scricchiolare nuovamente la sedia. "Nemmeno a lei è stata raccontata tutta la verità, a quanto pare."

Guardo i suoi occhi con curiosità.

Non ditemi che questa già pessima giornata riserva altre pessime sorprese.

"Io non le ho mai dato il lavoro." snocciola, provocandomi una convulsione interna. "Parlando con lei la prima volta, avevo capito che non se intendeva per niente di vini e facendole fare il colloquio, non ho ottenuto altro che una palese conferma."

Alla mia espressione mortificata, lui incrocia le braccia, soddisfatto: "Che cosa crede, che qui siamo un branco di scemi a cui piace accerchiarsi di dipendenti incapaci? Riserva Benigni è un marchio, non un rifugio per alcolisti anonimi."

Allargo gli occhi, sconvolta. Al di là del fatto che queste velate accuse da parte del buon Benigni mi abbiano ferita, non avevo la minima idea che avesse sospettato di me fin da subito.

"Lei ha confermato le mie teorie ubriacandosi come una pivella al colloquio di lavoro e io mi sono sentito oltraggiato. Quando l'ho detto ad Alessandro Magno, al colmo dell'indignazione, lui non sapeva se scusarsi per l'inconveniente o ridere di gusto. 'Mi spiace, Benigni, ma è la solita Nelli e noi le vogliamo bene così', cito le sue parole."

"Ah."

"È fortunata, sa, perché io farei di tutto per i Magno e loro per me. Se non ci fossero stati loro alle sue spalle, l'avrei liquidata il giorno stesso in cui ci siamo conosciuti."

Non mi sto raccapezzando in tutto ciò.

"Ma... mi scusi." lo interrompo, confusa e mortificata. "Mattia mi aveva detto che... beh, lei stesso mi aveva detto che sperava che io accettassi il lavoro! Quando sono venuta per prendere i vini del matrimonio, ben dopo quel disastroso colloquio, lei era contento di avermi in azienda! E anche Mattia mi aveva detto che ero assunta, sono state le sue esplicite parole quello stesso giorno!"

"E certo che lo sono state!" Benigni si erge in piedi, posando entrambe le mani sulla scrivania e guardandomi animatamente. "Perché quel giorno, quando io le ho detto in faccia che non l'avrei assunta e lei, vergognosamente in preda ai fumi dell'alcol, mi ha accusato di molestia sessuale tramite uso di bottiglie in vetro, il suo amico mi ha comunque implorato di darle una possibilità!"

"Che cosa?"

La vita non vuole smetterla di regalarmi infarti.

"È stato il signor Zingaretti a farla assumere; se non fosse per lui, lei non sarebbe qui."

Mentre io mi affosso nella sediolina in pelle, Benigni prende a girarmi intorno, con le braccia incrociate.

Sta notando il mio shock, quindi prosegue nella spiegazione, prima che sia io a riempirlo di domande: "Ha sbagliato a compilare tutte e tre le schede che le avevo dato. E lo sa perché? Perché non erano nemmeno vere; la metà di quegli indici che vi avevo scritto non esistono. Era chiaramente un test, basato sui miei sospetti riguardo la sua inettitudine, totalmente fondati e sufficientemente confermati." è ancora risentito per tutto ciò, ma la parte bella è quella che sta per arrivare. "Tuttavia, mi sono sorpreso di come fosse riuscita a fornire un'analisi semi-decente nonostante si trovasse in uno stato di alterazione preoccupante. Era umanamente impossibile che ci fosse riuscita da sola. Quindi, quando poi il signor Zingaretti mi ha raccontato della vostra collaborazione, ho capito molte cose."

"Quindi lei sapeva già tutto?" pigolo, accusando malamente la perdita di grandiosità della mia confessione di prima.

"Ma certo. Quello che mi ha raccontato oggi non è nulla di nuovo e sapevo anche che prima o poi mi avrebbe raccontato la verità, perché lei è fatta così. Zingaretti mi ha detto anche questo."

"Le ha detto parecchie cose mentre ero ubriaca, eh?" sussurro con il nodo alla gola.

"È stato conciso, ma efficace." riassume Benigni, finendo dalla parte opposta della stanza, ma senza staccare mai gli occhi dai miei. "Io, signorina Argenti, sono un uomo molto molto intelligente, ma per sua fortuna, ho un punto debole, ed è questo." si indica la parte sinistra del petto, dove risiede il cuore.

"Magno mi aveva avvisato che lei non sarebbe venuta sola al colloquio. Mi aveva detto che l'avrebbe mandata assieme a un giovane che teneva davvero molto a lei, come d'altronde lo stesso signor Magno teneva al fatto che prima o poi, forse, sareste diventati una coppia. Non mi spiegavo perché tutto il disturbo da parte di un ragazzo già abbastanza impegnato come Alessandro, ma quando vi ho visti insieme, ho capito perché." annuisce, ripercorrendo il passato con nuova intuizione. "Il signor Zingaretti era molto determinato a convincermi, signorina. Senza suppliche, ma con poche e ben scelte parole, mi ha fatto capire quanto avrei perso, se non l'avessi assunta. E io gli ho creduto, nonostante avessi davanti la riproduzione vivente del Bacco Ebbro che mi accusava di abusi sessuali."

Alzo una mano per coprirmi gli occhi, dalla vergogna, il rammarico e il senso di smarrimento che questa rivelazione mi sta dando.

Perché non l'ho mai capito?

"Lei non ne aveva la minima idea, deduco."

"No..." mi esce, tremulo.

"E che fine ha fatto, ora, il signor Zingaretti, se posso permettermi?"

Levo la mano da davanti agli occhi e guardo in quelli di Benigni con uno strato di lacrime che li appannano: "Se n'è andato in Siria."

Benigni apprende con un sospiro grave e profondo.

Rimaniamo in silenzio a contemplare la drammaticità della situazione. Poi, il mio capo mancato muove qualche passo verso l'altro lato della scrivania.

"Mi dispiace, signorina Argenti." conclude, prendendo di nuovo posto. "Sappia che la mia offerta per lei qui è ancora valida. Mi sono lasciato convincere riguardo le sue qualità e... ho fatto bene." annuisce, approvando la mia faccia rossa e rammaricata. "Mattia mi ha riferito che nonostante lei combini un sacco di guai, è mossa da una devozione e una bontà d'animo incommensurabili. E oggi... l'ho visto."

Prende uno dei vari fogli tra le scartoffie e lo gira verso di me. "La riserva Benigni vorrebbe una segretaria così e, nell'eventualità, cerchiamo anche un magazziniere. Poi, semmai conoscerà qualcuno che veramente se ne intende di vini, mi faccia sapere."

Ormai incapace di nascondere gli occhi lucidi, do un'occhiata al foglio e vedo che c'è davvero stampato un bellissimo contratto. Un contratto di lavoro... serio... tutto per me.

Tuttavia, mi costringo a tornare con i piedi per terra e faccio scivolare quel bellissimo foglio di nuovo verso di lui: "La ringrazio infinitamente, ma per ora credo che avrò solamente la forza di tornamene a casa." 

"Capisco." annuisce, mentre trattiene malinconicamente il contratto tra le mani, prima di decidersi a riporlo nel cassetto.

Sicuramente avrà dedotto che tra me e Mattia non è andata per niente; difatti, anche se gli dispiace per il lavoro, non infierisce. È deluso dal mio no, ma è altrettanto convinto dalle motivazione che ci sono alle sue spalle. Sul fatto che sia un uomo intelligente e di buon cuore, non ho assolutamente il minimo dubbio.

Mi asciugo gli occhi velocemente, poi mi alzo in piedi, raccogliendo le mie cose: "Anche se non ho mai effettivamente lavorato per lei, è stato un enorme piacere conoscerla. Mio padre sarebbe fiero di tutto questo; sa... tra tutte le stronzate che lo raccontato, quella che anche lui si occupa di vini è una storia vera. Lui sì che è sul serio un intenditore. Il migliore che conosca."

Benigni si alza in piedi e mi tende la mano: "Spero che un giorno ci conosceremo."

Ricambio la stretta ed evito di dirgli ciò che penso davvero e cioè che non accadrà mai: "Lo spero tanto anch'io. Arrivederci, Benigni. E grazie."

***

TERZO BREAK

Eh sì, la vita, e Mattia Zingaretti, non finiranno mai di stupirci. Soprattutto in questa storia.

Ora per permettervi di riprendere un po' il fiato, vi riporto questa bella conversazione Whatsapp, la stessa che ha spiato Nelli dal telefono di suo fratello. Vi raccomando di approfittarne per un bel pit stop; manca ancora un bel po' alla fine del capitolo!

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***

Quando arrivo alla villa sono più sconvolta che mai.

Tutto mi aspettavo fuorché che Mattia mi avesse garantito pure un lavoro. 

Sono così confusa...

La mia testa sta per esplodere.

Difatti, butto tutta la mia roba sul letto, e poi la seguo a ruota.

Mi prendo la fronte tra le mani e lascio che un lungo grido si sprigioni dal mio petto.

Perché diavolo se n'è andato via, se ha fatto tutto questo per me?

"Mattia mi ha riferito che nonostante lei combini un sacco di guai, è mossa da una devozione e una bontà d'animo incommensurabili."

Allora lo sai, Mattia. 

Se gliel'hai detto, vuol dire che lo sai.

E quindi perché diavolo mi hai ignorato, quando ti ho detto che ti amo, nonostante tutti i miei errori?

Mi alzo, irrequieta e mi appoggio alla finestra, come se guardando di sotto, potessi vederlo arrivare, come se non fosse già a Modena a fare armi e bagagli per poi sparire per ventiquattro mesi. 

Come se parlare direttamente a lui nei pensieri fosse lo stesso che parlargli nella realtà...

Sorrido, appannando il vetro con il mio sospiro.

Ricordo ancora quando la mia paura più grande era che potesse morire. Ora capisco che cosa volesse dire il suo ragionamento, quel giorno in cui ci siamo ritrovati a litigare in mezzo a un'arena per il paintball.

È peggio aver paura di perdersi o essersi già persi?

La seconda. Decisamente la seconda, Mattia.

Mio Dio... perché ha dovuto essere tutto così complicato? Perché abbiamo sbagliato ogni singolo passo? 

Lui non vuole più vedermi, eppure si è inventato un intero matrimonio per potermi riavvicinare. Che cosa è andato veramente storto? Io, lui, la missione, oppure... noi? Che cosa? Che cosa c'è che non va? Mi sembra di impazzire.

Se ripenso a com'è andata e a tutto quello che avremmo potuto fare in modo diverso, voglio ridere e piangere contemporaneamente. Davvero... in questo momento sto facendo entrambe e nessuno riuscirebbe a fermarmi.

Non di certo come quando volevo andarmene da qui perché avevo saputo che ci sarebbe stato anche il microcefalo e sebbene fossi davvero, davvero incavolata, mi sono lasciata facilmente convincere a restare. Mio Dio, che scenata... ero praticamente caduta nella fontana e lui aveva recitato benissimo, come se fossi sul serio la sorpresa delle sorprese. 

Beh... un po' dev'essere stato sconvolgente anche per lui, rivedere il mio viso dopo cinque anni.

Ma solo ora mi rendo conto di quanto allusivo e divertito sia stato, sin dall'inizio. Lui sapeva benissimo che il suo piano non avrebbe fallito, che io non me ne sarei andata davvero, ma sarei rimasta, perché in fondo non ho mai avuto il coraggio di andarmene davvero.

E lui lo sapeva, sì, perché nessun'anima su questa Terra mi ha mai capito meglio di lui... doveva solo trovare il metodo giusto per mettermi alle strette e farlo realizzare anche a me stessa.

"Cinque anni che provo disperatamente a parlare con te. Se sapevo che sarebbe bastato un matrimonio, avrei chiesto a Gloria e Magno che si sposassero prima."  

Mio Dio, Zingaretti, sei davvero un equinocefalo divertente, devo proprio ammetterlo.

"Ok. Allora parleremo in prima persona plurale. Ma secondo te dovremmo iniziare ringraziando per essere stati scelti come testimoni o sarebbe meglio mettere i ringraziamenti alla fine?"

"Forse è meglio non ringraziare proprio."

"Perché?"

"Sarebbe un po' ipocrita, Argenti."

Ci ha pensato così bene che non ho realizzato nulla finché lui stesso non me l'ha sbattuto in faccia. Eppure, avrei dovuto capirlo molto prima, a monte, il giorno stesso di quella lettera d'invito e ogni volta in cui Federica, Marco e Lorenzo mi indirizzavano verso la verità.

"Avrei voluto parlare con Mattia, oggi. Ma quando è con te, non c'è per nessun altro. Sta scrivendo per mezz'ora e poi non mi arriva alcun messaggio. Quindi stai tranquilla, non c'è ragione per cui dovremmo esserci accordati contro di te, non è questo che ti stiamo nascondendo."

"Quindi nascondete comunque qualcosa?"

Ma in ogni caso... che differenza avrebbe fatto?

Tutta questa invenzione di Mattia ha se non altro provato un punto molto importante: non c'è storia per noi due. Arriverà mai un momento della mia vita in cui riuscirò ad accettarlo?

La finestra è troppo fredda, perché ormai è sera e perché, comunque, davvero, la sensazione di gelo non mi è mai passata. Così mi stacco da lì e prendo a camminare a caso nella stanza, come il primo giorno qui, in cui l'agitazione era a mille, prima che arrivassero tutti. E mi sforzo di non pensare, davvero, ma non ce la faccio... sta tornando tutto; inesorabile, come lo tzunami dopo il terremoto.

"Infatti, non fermatela. Si sta esibendo in ciò che le viene meglio fare."

"Che cosa, Zingaretti, sentiamo?" 

"La bambina."

"Sarò pure una bambina, ma tu sei ancora il solito idiota."

Ricordi su ricordi, come se questi ultimi quindici giorni fossero stati intensi quanto i cinque anni perduti.

"Sayid... ehm... ecco, be'. Chi è? Chi è Sayid?"

"Non lo so. Se lo sapessi, non te lo starei chiedendo."

"Be', nemmeno io lo so. Sarà... sarà qualche marocchino che ti ha venduto dei tappeti contraffatti. Che ne so."

Scoppio a ridere di nuovo, da sola. Certi sono davvero esilaranti, se non altro. 

"No, Filippo, sto guidando. Ma zia Marinella potrebbe davvero usare il fiato per scopi più nobili, quindi vi può sposare lei. È il genere di casino che potrebbe sottoscrivere senza problemi."

Certi altri, tristi...

"In pratica sono cinque anni che ti corro dietro! Cinque anni che provo a farmi ascoltare da te, ma tu sei come i miei genitori! Non mi stai a sentire, mai! E lasci che tutto vada a rotoli facendomi annaspare nella mia stessa impotenza!"

"Non mettermi sullo stesso piano dei tuoi genitori. Perché loro non ti hanno amato sempre. Io invece sì."

"È una dichiarazione bellissima. Grazie, Marinella. Ne avevo proprio bisogno."

"Beh, invece lo è! Ma ovviamente a te non fa né caldo né freddo! Tu sei un soldato, per la miseria!"

Mattia non mi ha mai creduto... non si è fidato delle mie parole, nemmeno una volta.

"Se ti fossi fidata di me, avremmo sempre potuto essere una squadra. Ma questo è quello che succederà finché continuerai a non capirmi e a respingermi. Ci avvicineremo alla felicità, la toccheremo con mano, ma alla fine non taglieremo il traguardo insieme." 

Che storia, la nostra... con tutto quello che abbiamo condiviso, nel bene e nel male, è davvero questa la fine che merita?

"Ecco perché sin dal primo giorno in cui ti ho rivista ti ho detto che per me sei una bambina; perché, di fatto, non sei mai cresciuta. A volte sembra di sì, in rari momenti in cui quella tua testa ritorna in mezzo agli umani, ma poi faccio un rapido confronto con gli altri, e con me stesso, e per vedere a che punto sei tu, devo sempre voltarmi indietro."

C'è qualcosa che non mi torna, dei tasselli che secondo me sono caduti nel posto sbagliato e hanno fatto crollare tutto.

"Per cinque anni ho cercato di raggiungerti, non ho mai cambiato idea su di noi, non ho dimenticato niente. Forse non riuscirci era la vera punizione che meritavo, ma non mi sono mai arreso."

Perché non può veramente essere finita così. Non avrebbe... non ha senso.

"Mattia, quello che ti ho detto tutte le volte in cui abbiamo litigato, anche se ti sono sembrata una pazza in preda a crisi di isterismo, è vero. Io non voglio perderti, non di nuovo."

"E saresti disposta a rinunciare a tutto?"

"Sì."

"Marinella, così mi metti ancora più in confusione. Mi fai pensare che davvero tu mi... Che tieni a me più di quanto tu tenga a qualsiasi altra cosa, o persona."

"È così grave?"

"Molto grave." 

...con un 'ti amo' gridato all'aria e un 'non voglio rivederti mai più' come risposta.

"Sii, sincero, Mattia, non dirlo per accontentare me o per paura che mi arrabbi. Vuoi davvero rinunciare?"

"No che non voglio, cazzo, Pierpaolo! Non voglio e non vorrei per nessun motivo al mondo, lo sai! Ma dopo ieri e stamattina, io... come diavolo ne esco?"

"Sai benissimo come puoi uscirne."

"Sì, lo so, restando per una volta sulle mie orme, non lasciando che delle cazzate mi influenzino. Ma vorrei che provassi a starci tu un secondo con lei; ti ubriaca di cazzate. E il suo ex pure! Magari ho sbagliato tutto fin dall'inizio, non dovevo nemmeno venire qui."

...con le gelosie e le incomprensioni che si generano ogni volta da degli stupidi errori, con cui questa volta, però, non siamo riusciti a scendere a patti...

"Ha detto che ha comprato un appartamento a New York. Non uno qualsiasi, altrimenti la cosa non mi sfiorerebbe nemmeno, ma uno che stavo tenendo d'occhio da un po' e che mi faceva letteralmente commuovere. Sai, un bilocale di quelli in stile industrial, ma reso moderno dall'arredamento e con una vista pazzesca. È al ventunesimo piano di un edificio, ha un terrazzo grande come il mio ex appartamento."

"Wow, quindi Sayid è uno sceicco e non te l'ha mai detto."

"Non è ricco. È solo che stava risparmiando da un po' per fare questa follia."

"Una follia non ha motivazioni consistenti alla base. Evidentemente è una scelta ben pianificata, dato che non è nemmeno un monolocale. Casualmente."

"No, infatti. L'aveva presa per noi, o meglio per farmi una sorpresa, convinto che ci saremmo rimessi assieme. Che stupidaggine."

"È un azzardo molto grande."

"Una mossa stupidissima."

...con mille parole dette e mille ancora da dire, perché tra noi non capiamo mai, eppure ci capiamo perfettamente.

"Mi mancherai."

"Mi mancherai anche tu, Mattia Zingaretti."  

E se invece fosse tutto, per sempre, veramente, finito?

***

QUARTO BREAK


E' sempre la parte più dolorosa, quella delle prese di coscienza e di realizzazione della realtà, specialmente quando sei Nelli e di realtà non ne vuoi nemmeno sentir parlare.

Secondo voi, quale può essere la risposta alle domande di Nelli? O comunque... esiste una risposta, o rimarrà con questo dubbio per sempre?

C'è qualcuno a cui si potrebbe rivolgere per alleviare le sue pene?

Io credo di sì.

***

Non riesco davvero a darmi pace; non riesco a capire.

Pensieri di mille nature diverse si stanno sovrapponendo nella mia testa e l'angoscia che segue la realizzazione degli eventi mi sta letteralmente schiacciando sotto il suo peso.

Ho bisogno di parlare con qualcuno che porti chiarezza.

Ho bisogno del mio insegnante con la i maiuscola, l'unico e irripetibile, maestro di vita.

Non riesco a capacitarmi di ciò che è accaduto, figuriamoci riuscire ad accettarlo! E se non ne parlo con lui, so che potrei impazzire del tutto.

Ormai si è fatto tardi e ho saltato la cena. Tutti sono nelle loro stanza a finire di preparare le valigie e completare ciò che hanno lasciato in sospeso qui a Cecina.

Quindi anche io cerco di provvedere.

Esco nel giardino e ritrovo Ai Zu esattamente nel luogo in cui prevedevo che fosse. Ora che il gazebo è smantellato e la distesa d'erba finalmente libera da ogni tavolino, il buon vecchio sensei ci si è seduto esattamente nel mezzo.

La sua carrozzina giace abbandonata a pochi centimetri da lui, mentre disteso accanto alla sua figura vi è un bastone con cui si è sicuramente aiutato a sistemarsi per terra. Quindi se ne sta seduto in posa meditativa, baciato dai primi raggi lunari e apparentemente caduto in un sonno profondo. Il suo corpo si posa su una minuscola stuoia di paglia, che protegge il suo sedere dall'erba umida, mentre le mani riposano sulle ginocchia mimando quello strano cerchio tra indice e pollice che si assume spesso in preghiera.

È di spalle e io cammino pianissimo sull'erba per non disturbarlo.

Ma sarà perché è tutto molto mistico e io sono sfasata che mi aspetto di vederlo librarsi in volo da un momento all'altro.

Tuttavia, la mia aspettativa non viene soddisfatta, così dopo cinque minuti di rispettoso silenzio, decido di dare un leggero ed educato colpetto di tosse.

"Marinella-san."

E sono questi i momenti in cui mi fa paurissima.

"Sensei." mi introduco avvicinandomi a lui e ammirando la sua abilità di riconoscere le persone anche senza averle davanti agli occhi, o sentirle parlare. "Come sapeva che ero io?"

"Ho avvertito il tuo respiro quando sei arrivata, sei minuti e cinque secondi fa."

Wow, lui è un supereroe e io un master dell'anti-sgamo.

"Ah."

"Vuoi sederti a meditare per un po'?"

"Ehm..." ci penso un attimo, poi scrollo le spalle. "Sì, certo."

Ai si fa leggermente da parte, come se non ci fossero chilometri e chilometri di prato libero attorno a noi. Non si spreca ancora ad aprire gli occhi, ma sorride non appena sente che prendo posto sull'erba.

"Ti si bagnerà il fondoschiena."

"Sinceramente, sensei, a questa intuizione ero arrivata anch'io, pur non essendo così mistica come lei." noto, sarcastica. "Comunque non mi importa. Non è che debba farmi vedere da qualcuno, stasera."

Ai apprende con un minimo gesto e poi torna a non calcolarmi.

Io posso tranquillamente già sentire le mutande bagnate, ma come ho detto, non è che me ne freghi. L'unico che sapeva farmi sentire la più bella del mondo, indipendentemente da come fossi conciata, o meglio, ridotta, è Mattia.

Quindi tanto vale che da oggi in poi sia sempre brutta. 

"C'è un'aura negativa attorno a te, Marinella-san. Mi sbaglio?"

"No, lei non si sbaglia mai." sospiro.

Ai Zu sorride: "Non è vero. Tutti sbagliano e io adoro quando mi succede. In questo caso, però, credo tu sia venuta da me proprio a causa dei pensieri che ti turbano."

"Corretto di nuovo, prof." incrocio le braccia al petto, attorno alla mia felpa profumata di ammorbidente, ma non di quell'odore di cui vorrei impregnare qualsiasi mio capo. "E mi dispiace averla interrotta, è solo che..." altro enorme sospiro. "Avrei tante di quelle cose da dirle."

Ai Zu finalmente apre gli occhi e li sposta su di me, prendendosi tutto il tempo che ritiene necessario: "Io sono qui per ascoltare, Marinella-san."

"Beh, allora si metta comodo, perché le sto per raccontare la più lunga e travagliata non-storia d'amore di tutti i tempi e di come sia finita egregiamente di merda, facendomi soffrire come non mai in tutta la mia esistenza." 

"Possiamo evitare le parolacce?"

"No, quelle sono parte integrante delle storia. Danno più pathos."

Ai Zu sorride - beato lui che è contento - e io comincio a parlare a ruota di libera di tutto quello che è accaduto, dall'inizio alla fine delle superiori e fino al presente, includendo particolari di cui lui, in qualità di professore, non è mai stato al corrente e stupendo addirittura me stessa per quanto apertamente stia divulgando le mie esperienze.

Espongo al mio insegnante ogni sfaccettatura dei miei pensieri, delle mie emozioni, dei rimpianti e i rimorsi che ho sempre provato. Ma lo rendo partecipe anche della rabbia e della frustrazione e, infine, non meno importante, dell'amore verso Mattia, che tutto questo, facile e difficile, ha scaturito.

L'amore non è giusto, non è equilibrato e non è semplice. Ma, paradossalmente, è quello che più si avvicina alla giustizia, all'equilibrio e alla semplicità. L'amore è semplicemente complicato.   

"Siete due ragazzi davvero incredibili." è il responso di Ai Zu, quando finalmente ho finito di annoiarlo con la mia autobiografia.

"Devo prenderla bene oppure male?"

Le sue rughe si moltiplicano, perché ora inizia il discorso da vero saggio: "Le vostre anime sono ricche e profonde. Sono due anime grandi, potenti... perché si uniscano è necessaria un'enorme energia. Ma l'energia si crea solo dall'interazione di queste due anime. E allora è un paradosso, Marinella-san. Dai paradossi non è facile uscire."

"Sta dicendo che Mattia e io siamo un paradosso?"

"Esattamente."

Questo è il viaggio mistico che accompagna il protagonista verso il suo finale: la mia storia prenderà un risvolto fantasy, alla faccia dei colpi di scena.

"Ma credo che tu non capisca cosa intendo." mi smonta Ai Zu.

"Certo che capisco!" mi difendo. "E sono d'accordo con lei! Difatti io non sono mai riuscita a trovare una spiegazione a tutto questo, mai! Dalla prima volta in cui ho visto quel ragazzo e il mio cuore ha iniziato a battere a una velocità folle all'ultima volta in cui l'ho visto, ieri sera, e il mio cuore ancora batteva così."

"Una spiegazione, in questo caso, non è facile da trovare."

"Ma è comunque possibile trovarla?" domando al sensei, guardandolo come se fosse davvero l'unica fonte attendibile a questo mondo, la conoscenza suprema, il non plus ultra della verità.

"Non lo so." mi sorride lui. "Sono solo un uomo."

"Che palle!" mi lamento, dando un calcio all'erba.

"Marinella-san." mi richiama pacatamente il vecchio. "Per te questa situazione è tutt'altro che risolta, mentre per lui, mi sembra di capire che lo sia."

"Beh, se non è già salito su un aereo per la Siria, è la prima cosa che farà domani, quindi sì, per lui è tutto molto risolto. Scommetto che non se ne sta qui ad arrovellarsi come me, o a soffrire come me, o a-"

"Ora basta con queste sciocchezze." la mano di Ai Zu si posa sul mio braccio. "Non eri riuscita a capire che questa storia ha ferito sia te che Mattia-san? Per quanto tu possa avere le tue personali pene, questo non significa che lui non abbia le proprie. O che la soluzione scelta sia stata altrettanto dolorosa."

"Ma io gli ho detto-" l'obiezione mi esce con rabbia, forse anche troppa. Cerco di contenermi e stringo i pugni sotto le ascelle per la frustrazione che affiora. "Io gli ho detto che lo amo. Gliel'ho detto in faccia. E lui non mi ha nemmeno risposto."

Ai Zu alza un sopracciglio: "Ah sì?"

"Beh, non proprio direttamente in faccia, dato che era di spalle, ma comunque non mi ha minimamente calcolato, ha fatto finta di nulla!" esclamo, infuriata. "In quelle due parole c'era tutta me stessa, tutti i miei ultimi anni di vita, e lui l'ha semplicemente ignorato."

Ai Zu mi fissa per un attimo, poi drizza di nuovo il volto verso il paesaggio e chiude gli occhi.

Io me ne rimango così, fisicamente e mentalmente tesa, aspettando che qualcun altro si indigni esattamente allo stesso modo, o che... sì, insomma, che qualcuno faccia del casino, che gli dia dello stronzo, perché è quello che è, dopo non aver neanche preso in considerazione una dichiarazione così potente, così diretta.

Ci avevo provato mille volte a farglielo sapere, indirettamente o addirittura inconsciamente, ma quella... oh quella era la volta e dico, la volta, in cui avrebbe dovuto voltarsi e baciarmi fino a che non ci fossero sanguinate le labbra, perché mio Dio, non so se abbiate mai conosciuto la forza di questo sentimento, ma vi assicuro che non lo batte nient'altro in tutto il mondo. E non è facile ammetterlo per la prima volta senza giri di parole. Non è mai facile.

"Marinella-san." sussurra Ai Zu, muovendo appena le labbra. 

"Sì?" rispondo, piena di aspettativa e in struggente attesa di un'illuminazione.

"Hai pensato che forse non ha semplicemente sentito?"

Mi ritraggo, presa in contropiede da questa domanda.

"Beh... no." farfuglio. "Cioè, no non ci ho pensato, perché... beh, perché è semplicemente improbabile che non abbia sentito."

"Improbabile sì." afferma. "Ma è comunque possibile?"

Quest'uomo mi lascia interdetta.

"Beh... anche se fosse, comunque..."

"Anche se fosse, sarebbe potuta comunque finire così, o diversamente. Nessuno può dirlo con certezza." conclude, allora, facendomi il favore di interrompere i miei deragliamenti. "Ma se questo è il pensiero che ti impedisce di andare oltre il vostro confronto, beh... considera che potrebbe semplicemente non aver sentito il tuo 'ti amo'. E di conseguenza, lui potrebbe pensare che tu non gli abbia mai nemmeno detto che lo ami."

Fisso la faccia di Ai Zu per un lungo, lunghissimo tempo, facendo lavorare così tanto i neuroni che credo che la mia testa possa fondersi.

Poi, dopo chissà quanti minuti di ipotesi e controipotesi (tra cui anche quella che Ai sia migliorato un sacco nella padronanza dell'italiano), richiamo la sua attenzione picchiettandogli sul braccio e costringendolo così a ricambiare il contatto visivo.

"Lei crede che aver sentito o meno quel 'ti amo' possa aver influenzato la scelta di Mattia?"

Io spero di sì, perché allora si spiegherebbe tutto. Allora forse avrei ancora un barlume di speranza di tornare indietro nel tempo, in un certo senso, e cambiare le nostre sorti. Basterebbe ridirglielo, no? E lui stavolta sentirebbe e si comporterebbe da persona dotata di buonsenso.

"Onestamente, credo di no." mi delude, invece, Ai. "Ma potrei sbagliarmi."

Un sospiro frustrato si leva dalla mia gabbia toracica: "Ma insomma, riesce a dirmi qualcosa di utile oppure no?"

Mi pento all'istante di questo sfogo e mi catapulto in ginocchio, quasi come a pregare il mio vecchio preferito di scusarmi: "Oddio, mi dispiace, non intendevo rivolgermi così a lei, io..."

Ai Zu mostra un'espressione del tutto serena, quando rompe finalmente la sua posa meditativa e ruota il busto verso di me: "Non preoccuparti, Marinella-san."

Mi sbatto in faccia una mano, esausta: "Sto davvero uscendo di testa, sensei, mi deve perdonare, la prego, io non sono nemmeno in me a causa di tutta questa storia..."

Le mie scuse si trasformano in un lamento che poi ben presto si trasforma in un pianto e rieccoci qui, per la milionesima volta dopo ieri sera, ma in generale in questi giorni spesi a villa Magna, in cui ho versato così tante lacrime che quasi mi stupisco dei miei serbatoi naturali.

Per anni, dalle superiori, sono riuscita a trattenere bene le emozioni, dando loro sfogo saltuariamente e accontentandomi di quali occasioni mi venivano date per farlo nella realtà. Nella mia testa, invece, era tutto il contrario, ma adesso, qui, ci sono cose che non riesco più a tenere dentro. Sembra che la mia landa di viaggi mentali, per quanto vasta, abbia esaurito lo spazio per certi tipi di situazioni. E guarda caso, si tratta di quelle direttamente collegate a Mattia; belle o brutte che siano.

Mi sono sentita così estremamente felice che i picchi di tristezza inversamente proporzionali rasentano livelli preoccupanti, facendomi ogni volta perdere il controllo e dire parole e fare gesti che mi rendono umana nei più primitivi aspetti del termine.

"Oddio, Ai, scusami..." mormoro, mentre l'annunciata ondata di pianto mi travolge pienamente.

Ai Zu non dice nulla di saggio, o nulla di quello che tutti a questo punto vorrebbero sentire, ma fa qualcosa che mai aveva fatto, né nei miei confronti né in quelli di nessun altro, almeno finché ho avuto il piacere di condividere il mio tempo con lui.

Allunga una mano e la posa delicatamente dietro la mia testa, poi fa una leggera pressione per tirarmi a sé e lascia che io mi abbandoni sulle sue gambe incrociate.

Non me lo faccio ripetere due volte; faccio tesoro di questo posto rannicchiandomi sul suo grembo in posizione fetale, nemmeno fossi andata a piangere da mamma e papà, o dai nonni. Ma in fondo Ai lo è un po', il mio nonnino. Non quello che ho perso, certo, ma ha uno spirito talmente saggio e buono che non può rappresentare altro che una figura portante, affettuosa e, soprattutto, vissuta, nel senso che della vita lui se ne intende davvero.

Passo tutto il resto della sera a piangere in braccio ad Ai Zu, perdendo anni ogni minuto che passa, tornando la Nelli giovane adulta della vacanza in Grecia, poi la Nelli adolescente delle superiori, la Nelli ragazzina delle ripetizioni, la Nelli bambina dei giochi con gli amichetti, la Nelli neonata che, anche se potesse cambiare il suo futuro, non lo farebbe, perché non vorrebbe perdersi nemmeno una delle persone che ha incontrato lungo il suo cammino.

Infine, quando sono troppo spossata anche solo per rialzarmi in piedi, Ai Zu chiama gentilmente suo nipote Sanjay e lui provvede a riportarci entrambi all'interno, solo che appena mi distende sul divano, io sono già crollata nel mondo degli incubi e non mi alzo fino al mattino.

***

QUINTO BREAK

Spero che abbiate ascoltato il mio consiglio e che abbiate i fazzoletti a portata di mano, perché da ora... serviranno.

Comunque, ora vi propongo qui questo disegno, frutto di alcune mie ispirazioni notturne. Vi voglio ricordare, per chi non lo sapesse, che ho avuto la mano bloccata per un po' di tempo, in quest'ultimo mese e che scrivere, cosicché disegnare, non mi esce ancora del tutto comodo. Quindi sì, è una patetica scusa per dire che se il disegno fa schifo è perché i miei movimenti erano limitati. Per il capitolo, invece, non ho scusanti. Se fa schifo, fa schifo e basta, non è la mano che sceglie cosa digitare sulla tastiera XD

Comunque, ecco, queste sono le possibilità creative che io e PicsArt vi offriamo. Non sarà mai come il talento di Angelica e Nicole, ma ci accontentiamo XD 

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Com'è carino, comunque, il nostro amorevole Ai <3

***

"NO!"

Mi sveglio all'improvviso, rizzandomi sul divano e gridando quella piccola parolina con una grande intensità, usando tutta la voce che ho.

Mi guardo intorno, destra e sinistra, poi mi porto una mano sul cuore.

Sta battendo all'impazzata, spaventato, terrorizzato, mentre nel mio cervello sono ancora impressi l'ultima immagine e l'ultimo suono del mio incubo; uno sparo di arma da fuoco e Mattia che se lo prende in pieno petto, cadendo all'indietro. Quello sconsiderato imbecille.

Prendo un respiro tremante, sollevata di essermi svegliata in una realtà in cui ciò non è accaduto, ma appena giro di nuovo il viso verso le finestre di villa Magna, lo vedo.

Non è svanito un bel niente; Mattia è lì, steso supino sul prato, nello stesso punto dove io e Ai Zu eravamo seduti ieri sera.

Così il cuore riprende il suo martellio, mentre io calcio via le coperte e mi libero da ogni impedimento, affannata come se stessi per annegare.

Mi alzo in piedi, traballando, correndo senza grazia, prendendo contro ogni ostacolo lungo il mio cammino, ma non curandomi dei danni che potrei fare a me o agli oggetti della villa. La mia priorità è raggiungere Mattia.

Così sbatto addosso al tavolino in vetro dove si era seduto quella notte in cui avevamo parlato del mio colloquio con Benigni, poi arrivo alla porta e la spalanco.

"Mattia!" grido, notando con orrore che il suo petto è rosso di sangue. "Oh mio Dio!"

Nonostante le ginocchia molli, mi lancio in una corsa a perdifiato, considerando che questo diavolo di giardino è molto più grande e dispersivo di quanto sembri. Corro, corro, corro, perdendo il respiro, sentendo dolori lancinanti al costato, ma alla fine arrivo e mi getto a terra, sul corpo immobile del mio compagno.

"Oh, no..." sussurro, osservando il sangue che si sparge su di lui e poi sul verde dell'erba, creando uno sconcertante contrasto di colori.

"Mattia..." lo richiamo, ansimante, terrorizzata dai suoi occhi chiusi e dalla possibilità di non poter vedere altro verde che quello della stupida erba umida. "Mattia!"

Il suo petto si alza appena; respira male e poco, come quella volta in cui stava per soffocare a causa dell'allergia al gatto. Mi inginocchio e sollevo delicatamente la sua testa, posandola sulle mie gambe e accarezzandolo con le dita che tremano: "Mattia, mi dispiace. Che cosa posso fare per salvarti? Mattia!"

Quella volta era uguale: lui morente e io nel panico. Ma poi, non si sa come, l'adrenalina mi ha spinto a reagire. L'ho salvato da morte certa, quel giorno? No, non credo, ma ricordo comunque l'incredibile sensazione di sollievo, quando ha ripreso a respirare correttamente e mi ha rivolto uno dei suoi sorrisetti da idiota microcefalo.

"Nelli..." Mattia schiude appena gli occhi e mi guarda, abbozzando quel maledetto e meraviglioso sorriso.

"Oh, mio Dio." gemo, sentendo le lacrime salire e la gola chiudersi. "Perché sei andato via? Non vedi che cosa è successo?"

"È colpa tua."

"No, ti prego non dirmi così!" grido, impaurita, stringendolo più forte. "Io non volevo che accadesse niente di tutto ciò. Te lo giuro, Mattia, so che ho sbagliato ogni cosa, perché sono fatta così, sono Nelli, combino guai dalla mattina alla sera, ma ti prego... resta con me, ti prego."

Mattia tossisce e il suo viso si contrae in un'espressione di dolore.

Il proiettile l'ha colpito al cuore, esattamente nello stesso punto in cui lui aveva colpito me, il giorno in cui stavamo per vincere al paintball.

"Non può finire così..." piango, disperata e impotente. Mi volto indietro e guardo la villa: "Federica! Lorenzo! Marco!"

Nessuno mi sente.

"Ai! Diego! Pier! Ragazzi, dove siete? Correte, vi prego, aiutatemi!"

"Nessuno verrà." mi informa Mattia, la voce sempre più flebile. "Sono tutti dalla mia parte. E hanno capito che non mi ami."

"Che cosa?!" lo guardo, sconvolta. "Non è vero, Mattia! Io ti amo! Non ascoltare gli altri, non ascoltare Sayid, io ti amo! Hai capito, Mattia? Ti amo! Ti amo! Mattia? Mattia?!"

Ma niente. Non c'è niente da fare.

Mattia si è lasciato andare tra le mie braccia, non più una goccia di vita nel corpo, non più un secondo per ascoltare le mie parole, né l'ultimo sorriso idiota per me e il tanto sperato "Anch'io".

I suoi occhi si sono chiusi: non rivedrò mai più quel bellissimo verde.

Mi abbandono a un pianto straziante, mentre stringo il suo corpo esanime e realizzo che l'ho perso davvero, per sempre.

"Io ti amo, Mattia..." singhiozzo tra le lacrime. "Ti amo... ti amo..."

E continuo a ripeterlo all'infinito, anche se lui non c'è più, anche se non lo sentirà e mai lo saprà, anche quando una mano mi scuote e, finalmente, apro gli occhi.

*

L'impatto con la realtà è traumatico e doloroso, ma l'essermi svegliata mi permette quanto meno di riprendere il respiro. Difatti, inspiro una grossa boccata di ossigeno, come se fossi emersa da un mare di acqua ghiacciata, e mi guardo intorno spaesata, mentre il distacco tra sogno e realtà si afferma come sempre in maniera disorientante.

Ho le palpebre così gonfie che la mia visuale risulta ridotta, ma, per lo meno, quel poco che vedo mi consola.

Appena passa la cecità dovuta all'abbondanza di luce, riesco a delineare le tende bianche, il caminetto, le poltrone e il tappeto. Un viso, molto vicino, molto familiare, contornato da una leggera barba e dai raggi del sole.

"...Sayid?"

"Scusami, bab- ehm, Nelly." parla piano ed ha una mano posata sul mio braccio.

Sono ancora distesa sul divano di villa Magna, avvolta dalle coperte e, a occhio, svegliata dal qui presente principe azzurro libanese, non con un bacio, ma con un'energica scossa. Grazie al cielo.

Appena metto in fila queste poche informazioni, mi metto di colpo seduta e mi stropiccio gli occhi per disappannarli del tutto: il primo luogo in cui dirigo il mio sguardo è fuori dalle finestre, verso il giardino.

Verde, luminoso e vuoto.

Grazie a Dio, era solo un incubo. O meglio, un incubo nell'incubo.

E spero che questo non sia un incubo nell'incubo nell'incubo, vista anche la presenza del mio ex. 

Nah... penso, tirando un sospiro di sollievo; a meno che non mi trovi nel film Inception, stavolta è tutto sufficientemente reale, per farmi rilassare sul fatto che sono finalmente tornata nel mondo degli svegli e Mattia non è veramente morto. Non ancora, per lo meno.

Già, molto rilassante.

"Non ti avrei svegliata." dice Sayid, ritirando la mano e posando una tazza di caffè sul tavolino in vetro. "Ma ti stavi agitando e gridavi nel sonno."

"Oh..." prendo atto, non stupendomi.

Mi sento talmente scossa che riprendo a fatica il filo della realtà: che giorno è, il 27 aprile, giusto? Il matrimonio è stato l'altro ieri, ieri abbiamo sbaraccato tutto e oggi si torna a casa... oggi si deve già tornare? Oh mio Dio. E oggi è anche il giorno della partenza per la missione in Siria.

Un conato di vomito mi prende lo stomaco.

"Nel... tutto bene?" mi domanda Sayid, preoccupato. "Ti ho fatto il caffè, ma se vuoi posso preparare un tè caldo."

"No, grazie." tento di sorridergli come posso. "Ti ringrazio per avermi svegliato. Ho avuto un incubo orribile."

"Lo so." annuisce, evitando di guardarmi.

E di colpo ricordo anche l'ultima chiacchierata tra me e lui: santo cielo, perché deve fare tutto così schifo?

"Continuavi a gridare 'no, no' e poi 'ti amo, ti amo'." spiega, fissando il suo caffè, mentre io mi sento un senso di colpa umano per tutte le mie malefatte in vita. 

L'incubo mi ha uccisa e ora non vedo altro che frutti dei miei errori tutt'intorno.

"Ah, e..." aggiunge Sayid, prendendo apposta una pausa così da rendere il tutto ancora più grave. "Il nome di Mattia. Lo stavi gridando come una pazza."

Sayid si alza senza mai guardarmi negli occhi, mentre io mi stringo le braccia, atterrita ed enormemente triste.

"Mi dispiace..." pigolo a mezza voce.

Sayid si mette ad armeggiare in cucina, non troppo distante da me, e cerca di usare toni amichevoli, seppur ancora inevitabilmente risentiti: "Se è così importante, perché non vai a dirglielo?"

"Perché oggi se ne va." rispondo, mesta. "Parte per una missione in Siria, quella che darà un'ulteriore spinta alla sua meravigliosa carriera di soldato."

Sayid si affaccia al salotto, posandosi sullo stipite della porta e guardandomi finalmente in faccia: "Fermalo." dice, semplicemente.

La cosa mi turba e avendo il cervello ancora sofferente per il sonno disturbato, non riesco a dare una pronta risposta. Infine pronuncio un semplice: "Non posso."

"Non puoi o non vuoi?"

Sayid, diamine. 

So che sta cercando avidamente un minimo segno di titubanza in me, ma tutto ciò risulta, a suo svantaggio, una mera provocazione per la sottoscritta e un ennesimo motivo per ricevere pesci in faccia.

"Non posso perché non è possibile." spiego meglio. "Non saprei come fare, dove andare... il tempo per fermarlo l'ho avuto fino a l'altro ieri, ma non ci sono riuscita. E poi, non l'ho mandato via io; è stato lui a farlo, dicendomi chiaramente che non mi avrebbe mai più voluto rivedere. Anche se mi presentassi di fronte al suo aereo a braccia aperte per impedirgli il passaggio, mi scanserebbe con una grassa risata e salirebbe senza nemmeno voltarsi."

Sayid sorseggia il suo caffè senza dire nulla.

"So che stai pensando che non mi sono impegnata abbastanza per tenermelo stretto." dico, liberandomi dalle coperte e cercando di ridarmi una parvenza umana. "E so anche che la cosa ti piace e un po' ti fa sperare. Ma se non ci sono riuscita, è perché sono un'enorme combina guai, non perché non lo ami veramente. E anche se magari lui non mi ha sentito quando gliel'ho detto espressamente, perché è sordo, o anche solo idiota, beh... comunque doveva capirlo. Doveva capirlo dagli anni che ho passato a volere sempre e solo il suo bene, da tutto quello che ho fatto, anche goffamente, per lui, dal fatto che la mia fantasia è così sfrenata perché deve sopperire a una realtà dove io e lui non siamo mai riusciti a stare insieme. Ed è una realtà orribile, fidati."

Questo discorso mi ha fatto emozionare di nuovo, come se dalla scorsa mattina fossi salita su una giostra che non si ferma mai ed è in continua salita e discesa, talvolta con degli spaventosi giri della morte.

Sayid ha ormai svuotato la sua tazza e l'ha posata nel lavandino, senza commentare le mie parole o fare espressioni a riguardo. Così, mentre io ripiego la coperta e mi preparo per salire in camera a completare le valigie, lui pulisce le stoviglie e aspetta che entrambi siamo pronti a lasciare il salotto.

Dunque si porta nei miei pressi e, senza esagerare con la vicinanza, mi si ferma di fronte con un sorriso sincero: "Volevo solamente dire che quando ami davvero qualcuno, Nelli, devi tentare il tutto per tutto. Anche se quella persona ha desideri diversi, progetti diversi e probabilmente non ti dirà che ti ama allo stesso modo. Ma ne vale la pena... fidati."

Con questo, lui se ne va e il mio rispetto per me stessa crolla a picco nell'ennesima ripida discesa di quest'estenuante montagna russa, mentre quello nei confronti di Sayid, parallelamente, sale.

***

SESTO BREAK

Coraggio, non ditemi che anche stavolta odiate Sayid! Credo sia stato molto altruista e, chi lo sa, magari ha dato a Nelli una spinta che le serviva.

Lo vedremo nel prossimo paragrafo.

Ma non odiate Sayid; è un patatone libanese simpatico :) 

Coooomunque, ecco svelato il senso del disegno che accompagna il titolo di questo capitolo. Come avrete capito, quel disegno è opera mia (si vede) ed è stato usato come banner solo per spaventarvi perché sono brutta e cattiva. Ma era tutto un sogno, come qualcuno aveva già capito. Certo, ho letto altre interessanti teorie, come quella secondo cui Nelli voleva uccidere Sayid, ma aveva inavvertitamente sbagliato mira e copito Mattia XD Giuro, a volte siete in grado di far vacillare le mie decisioni, per seguire questi grandiosi spunti di ispirazione.

Ma ora bando alle ciance.

Questo era l'ultimo break, quindi noi ci rivediamo a fine capitolo, quindi forza e coraggio e... buona lettura. Questa parte è davvero fondamentale.

***

Il rumore del taxi che sfreccia in autostrada non è nemmeno paragonabile al tumulto che sta avvenendo nel mio cervello. Ronzii di ragionamenti accavallati e sovrapposti, rombi di idee ed intuizioni, stridii di ricordi che si convertono in rimpianti. Le gomme sull'asfalto sono solo un accompagnamento e l'aria che gratta le lamiere, nonostante i novanta orari sul contachilometri, è comunque meno veloce dei miei pensieri.

Abbiamo salutato tutti circa tre ore fa, poi io e Davide siamo saliti in macchina e fra non molto arriveremo a Venezia.

Io non so come lui possa dormire in questo momento, ma tant'è. Si è appoggiato alla mia spalla e ha sbavato senza ritengo dal minuto stesso in cui siamo partiti. Ovviamente, con le cuffiette in testa e i Muse sparati a tutto volume.

Per questo resoconto, ho volontariamente glissato sui saluti collettivi, di nuovo, perché sono troppo strappalacrime e perché, comunque, li ho vissuti in modo distaccato, troppo coinvolta dal mio monologo interiore, che ha preso le mosse dall'insinuazione di Sayid ed è cresciuto sempre di più, facendomi prendere consapevolezza gradualmente, a piccoli passi.

Questa mattina ho provato nuovamente a chiamare Mattia, non solo con il mio cellulare, ma anche con altri, senza ottenere risposte. Allora, da brava stalker, ho bombardato ogni profilo social del microcefalo con audio e messaggi.

Gli ho detto quello che il suo cervello atrofizzato non ha ben capito, cioè che lo amo e che se se ne va pensando il contrario, allora è un idiota: gliel'ho scritto a caratteri cubitali, gliel'ho urlato in audio lunghi minuti. Ho anche trovato dei bellissimi sticker di messenger con le scritte fatte ad animaletto e appena ho scoperto che ha Telegram, l'ho importunato pure lì.

Se avesse ricevuto anche solo uno di quei messaggi, o le mille email, o uno squillo, avrebbe saputo che non me ne importa niente del suo 'non voglio mai più rivederti'. Ma Mattia è irraggiungibile, se non addirittura sparito.

Comunque, se lui e villa Magna non li rivedrò mai più per davvero, almeno ho la magra consolazione di rivedere per certo i miei compagni. Quasi tutti si riservano un po' di tempo prima di ritornare ai propri impegni, perché c'è Lorenzo all'ospedale e un giorno in più può fare la differenza. Almeno, quello di poco fa non è stato un addio al cento per cento: potrò sempre radunare i miei amici alla fine di questa schifosissima giornata e piangere disperatamente con loro nella speranza che mi risparmino un millesimo di sofferenza.

Ho imparato dai miei errori; questa volta non abbandonerò la classe.

Quel che mi è immensamente dispiaciuto abbandonare, invece, è la maestosa cancellata di villa Magna, con le iniziali dorate che tanto avevano stupito Davide al nostro arrivo. Mi sono sentita nostalgica dei profumi di natura, del laghetto, del bosco e sì, anche dei pavoni. Non l'ho realizzato fino a quando non sono salita in auto, ma stando a villa Magna hai sempre la sensazione di non essere del tutto solo. Anche quando ti ritiri nell'anfratto più isolato dell'area, i pavoni sono comunque nei dintorni, silenziosi e misteriosi, ma presenti. Soprattutto Bucefalo. O il suo spirito. O, comunque, i suoi eredi.

E poi, beh... come dimenticare la fontana?

Quella fontana che è servita a me e Magno per rompere il ghiaccio all'inizio, quella fontana in cui per poco non facevo il bagno quando ho rivisto Mattia dopo cinque anni, quella fontana su cui io e lui ci siamo seduti per ammettere finalmente che ci eravamo mancati da morire, quella fontana davanti a cui ci siamo rivelati i più profondi sentimenti, per poi dirci addio. Quella fontana che rappresenta il mito dell'amore... sì, ma quell'amore un po' stronzo che sembra non dover esistere per nessuno, ma che invece è così potente da rendere immortali, come lo sono Venere e Marte. Bellissimi, passionali, fatti l'uno per l'altra. Che lo farebbero alle spalle di chiunque, ovunque, tipo... anche in una barca o in un mulino, perché si piacciono, perché si ritengono semplicemente perfetti a vicenda, complementari, come l'amore e l'odio, come la pace e la guerra.

"No, sono serio. Fisicamente, ci sono delle cose che non mi piacciono di me e che non mi sono mai piaciute. Ma il fatto che tu mi abbia sempre apprezzato, sempre, nonostante tutto, è uno dei motivi per cui sto così bene quando siamo assieme. Prova a vederla allo stesso modo, ok? Mi piaci tutta."

Venere... Venere che ha voltato le spalle al suo matrimonio per stare con Marte, che rappresenta l'amore in tutto e per tutto, ma che trova il suo equilibrio solo accanto al dio della guerra. E poi Marte... Marte che è geloso e combattivo, apparentemente incurante, ma in realtà protettivo nei confronti della sua Venere. Marte, invincibile, il cui unico punto debole è lei.

Quella fontana è davvero grandiosa e io devo smetterla di farmi viaggioni guardando due statue. Sul serio, sono molesta persino per me stessa.

Anche perché, ora come ora, la mia preoccupazione è rivolta a ben'altro, ovvero all'ipotesi di non aver tentato il tutto per tutto, di non aver sfruttato anche l'ultima, misera, speranza di cambiare il mio destino.

Accidenti a Sayid al suo instillarmi ulteriori dubbi alle nove di mattina, dopo un incubo indecente. 

E se avesse ragione? Se ci volesse davvero una pazzia?

I miei messaggi hanno ancora solo una spunta, le chiamate non partono, il tempo è così poco e Mattia così irremovibile nella sua drastica decisione. 

Così, alla lunga, dando ascolto un po' a Sayid e un po' al più folle dei miei istinti, compongo il numero dell'Accademia, chiedendo direttamente di poter parlare con Zingaretti Mattia.

Naturalmente, i miei interlocutori hanno dei bastoni infilati nel retto. Da bravi soldatini, mi fanno muro prima di subito: mi chiedono chi sono, cosa voglio, perché telefono e mi buttano giù la cornetta. Una categoria di simili che Mattia può certamente apprezzare, non c'è che dire. Ma io non mi do per vinta; esploro il loro sito, provo a raggiungere qualsiasi contatto vi trovi, racimolo informazioni persino dalla ditta che offre il servizio mensa ai militari.

Quando mi ci metto, sono un drago in queste cose, lo sapete.

Dunque, mentre l'autista del taxi isola il retro, stanco di sentirmi blaterare, e Davide non si accorge di nulla, perso nei suoi sogni, io chiedo del luogotenente Stella, della missione, di quando si parte e da dove e se mi fanno parlare con Mattia Zingaretti, oppure vogliono una denuncia dato che mio padre è il ministro della difesa italiana.

Ovviamente esagero un filino nell'ultima parte, ma mi conoscete.

Alla fine trovo qualcuno che potrebbe fare al caso mio, che risponde a non so nemmeno che numero, trovato consultando un sito sui corrieri che spediscono pacchi di Amazon ai missionari di guerra. Ma anche se potrebbe non saperne nulla, il tizio ha una voce giovane e un po' spaesata, come se fosse un impiegato alle prime armi piazzato al centralino per mancanza di personale, dunque inesperto e facile da raggirare grazie alla mia padronanza dell'ars stronzatoria.

Gli parlo, lo imploro, mi fingo la solita moglie incinta il cui marito sta per partire e finalmente, riesco a farlo cantare. Il ragazzo è veramente un impiegato dell'accademia, che si occupa dello smistamento bagagli e che, guarda caso, sta gestendo le partenze odierne. Quella per la Siria, mi spiega - in totale confidenza, dato che sono informazioni top secret - è ancora in preparazione.

Gridolino interiore di felicità. 

Ma ci sono due partenze, però, devo fare attenzione: una è già avvenuta alle cinque di ieri pomeriggio, l'altra, con il secondo gruppo, è prevista fra tre ore. Esatto: l'ultimo bus parte da Modena verso l'aeroporto fra esattamente tre ore, dopodiché addio.

Il che significa che l'equinocefalo potrebbe già essere in Siria a fare l'eroe, oppure che potrei prendere follemente un biglietto alta velocità per Modena, andare in accademia e gettarmi a braccia aperte di fronte al bus per impedirgli il passaggio.

Sempre che Mattia faccia parte del secondo gruppo, cosa che il mio interlocutore, ovviamente, non è in grado di comunicarmi. 

Alla fine, lo ringrazio comunque infinitamente e termino la telefonata, dando una scossa a mio fratello per svegliarlo.

Il taxi, in tutto questo tempo, ha imboccato l'uscita dal ponte della Libertà verso piazzale Roma, che vuol dire che siamo praticamente arrivati a Venezia. 

Sono passate quattro ore dalla partenza, e il mio cuore e il mio cervello ancora non si sono messi d'accordo su che diavolo fare. Il tempo è praticamente scaduto.

Sto pensando...

Se Mattia non ha veramente sentito quel "ti amo"... se dirglielo di nuovo, stavolta assicurandomi che lo senta, facesse la differenza, se...

Oh, ma quali se? - mi chiedo, mentre la mia città si mostra al mio sguardo, dandomi una botta di buonsenso.

Deve essere così, realizzo. Deve per forza essere andata così.

Ai Zu ha sempre ragione, per la miseria, e quello stronzo non può avermi volontariamente ignorato, non dopo quello che ci è successo, non con tutto quello che ha fatto per me!

Mattia non lo sa e io glielo devo urlare in faccia, glielo devo gridare chiaro e tondo a due centimetri da quella stupida faccia da idiota che lo amo e che non se ne deve andare.

Appena il taxi frena in piazzale Roma, davanti all'entrata dell'hotel Santa Chiara e il ponte di Calatrava, salto giù, fremente e bersagliata da pensieri e impulsi.

E a questo punto non posso che fare qualcosa di estremamente idiota, perché d'altronde, Mattia... siamo davvero due idioti, io e te.

Sotto lo sguardo attonito di Davide che scarica le valigie e l'autista che vorrebbe al più presto congedarsi da noi, lascio che le mie gambe mi guidino verso il ponte di Calatrava, l'unico che collega il piazzale alla stazione. 

"Nelli, che fai?" sento mio fratello chiedermi, mentre scanso malamente le persone e ci prendo contro come con gli ostacoli nel mio sogno di stamattina.

"Ehi, Nelli! Sei impazzita?!"

Ma il mio passo si fa sempre più veloce, la voce di Davide si sente appena. Quando mi trovo davanti alla gradinata, affiancata dalle guardie militari che stanno sempre a monitorare la situazione e che mi ricordano dannatamente, ulteriormente, che cosa potrei perdere, mi butto finalmente a capofitto in questa pazzia. 

Mi do la spinta per correre e inizio a salire i gradini del ponte a due a due, facendo slalom fra turisti e veneziani, universitari e lavoratori. Mentre il cielo terso appare alla sommità del Calatrava, sovrastando il canale e le barche, inspiro una boccata di casa e ricordo quando tutto è successo, qui a Venezia.

Sui ponti, tra le calli, su una gondola... mi sono innamorata di quel ragazzo così follemente che ora non solo corro come una scema, ma sorrido pure nel farlo, perché so che sto facendo una cosa giusta, rincorrendo la persona giusta.

...e anche la più idiota che conosca, ma dettagli.

Percorro tutto il Calatrava, mentre mio fratello si lancia all'inseguimento, incredulo delle mie gesta. Ma io ho il vantaggio e corro, corro... mi infilo in un tunnel che porta direttamente ai binari, sorpasso la gente senza curarmi di loro o del freddo che passa sotto la mia giaccia che non ho fatto in tempo a chiudere, e poi, spettinata e senza fiato, raggiungo la stazione.

Mi blocco per un attimo di fronte a quel binario maledetto, il numero 14, quello da cui Mattia è partito cinque anni fa, davanti a cui abbiamo avuto un dolorosissimo litigio, quasi quanto quello di fronte i nostri dei adulteri preferiti, a villa Magna.

L'ansia e il rimpianto e la paura e la preoccupazione sono quasi insopportabili, ma non mi fermo. Mi volto verso la biglietteria, augurandomi che Trenitalia, almeno questa volta, mi aiuti nell'arrivare in tempo.

E a quel punto mi lancio verso il primo sportello libero, ordinando alla signora un biglietto di andata alta velocità per Modena. Mio fratello arriva in questo momento alla mie spalle, quindi mi volto, ci penso un attimo e... beh. 

"No, faccia pure due." mi correggo.

Davide è altrettanto a corto di fiato e sconvolto: si rivolge a me, senza essere più di tanto ascoltato, mi insulta e mi domanda che diavolo mi prende, mentre io osservo febbrile le dita della bigliettaia battere velocemente sulla tastiera per stampare i biglietti.

Mi giro verso il quadro delle partenze: la nostra è fra meno di venti minuti. Se tutto va bene, fra due ore siamo a Modena. Ce la posso fare.

Prima che possa esalare un lungo sospiro intriso di speranza e adrenalina, il mio telefono squilla.

Non controllo nemmeno il numero, tanto sono impegnata a fissare quei biglietti in fase di stampa, ma rispondo comunque distrattamente, nel dubbio che possa essere l'equinocefalo che finalmente ha ricevuto i miei infiniti 'ti amo' e mi comunica che pure lui sta per prendere un folle cambio di rotta verso Venezia.

"Pronto?"

Beh... purtroppo, mi sbagliavo.

*

Premo la cornetta rossa e lascio cadere la mano lungo il fianco, il cellulare trattenuto dalle dita per miracolo, dato che hanno appena iniziato a tremare.

"Nelli?"

Gli occhi che incontro sono quelli grandi e caldi di mio fratello. Per quanto familiari, nemmeno loro riescono a fornirmi un appoggio: mi sento cadere, mi sembra di non avere più i piedi ancorati al suolo.

"Nelli, chi era al telefono?"

Ma la sua voce giunge ovattata, come anche i rumori in sottofondo. Il fischio di un treno in partenza, le voci dei passanti, le monetine di resto che vengono sparate fuori dalle macchinette. Esattamente come in quelle scene di guerra in cui tutto rallenta, si sfoca, e si sente un terribile eco di spari.

Davide mi prende per le spalle e mi scuote: "Nelli! Chi diavolo era al telefono? Che cosa ti hanno detto?" indugia un secondo sul mio viso sicuramente molto pallido. "Chi è morto?"

A quel punto decido di agire, ma mi muovo come una macchina.

Mi giro verso la bigliettaia, le mani di mio fratello ancora sulle spalle, e le dico: "Mi scusi, signora. Annulli pure l'acquisto."

La donna mi fissa per un po', perplessa, poi lascia uscire un sospiro: "No, mi scusi lei, signora. Mi ha appena fatto stampare due andate per Modena e ora mi comunica che non le vuole?"

"Non servono più." rispondo, semplicemente, e sento Davide trascinarmi lontano, mentre si scusa con la bigliettaia e le spiega che c'è stato un imprevisto.

Poco dopo mi trovo in mezzo alla stazione, Davide che mi fa domande a raffica e parla a due centimetri dal mio viso, preoccupato. Ma io non lo vedo e non lo sento.

Sto solo pensando, in questo momento.

Pensare.

Una delle uniche cose che mi riesce davvero bene.

E penso, in mezzo a tutta questa confusione, a Mattia. Come non farlo? Ho mai pensato ad altro, da quando l'ho conosciuto?

Una fitta di dolore attraversa il mio cuore e si irradia in tutto il corpo. È così ingiusto.È tutto così... sbagliato.

Anche il fatto che io stia pensando a questo, anziché rispondere a mio fratello, anziché fare qualcosa, è sbagliato. Non doveva andare così... nulla doveva andare così, a partire da quando ancora eravamo in questo stesso posto, tempo fa, prima che Mattia partisse per l'accademia.

Avrei dovuto far andare le cose diversamente allora, e così avrei evitato tutto questo.

"Marinella!"

Non è la voce di Davide a riscuotermi, ma il suo gesto. Mi ha appena dato uno schiaffo e ora mi guarda con occhi imploranti: "Scusa. Non volevo farti male, però rispondi. Ho sentito che al telefono dicevano che qualcuno è morto. Chi, Nelli? Chi è stato a chiamarti? Chi è morto?"

Finalmente decido di rispondergli e non ho il coraggio di osservare la sua reazione.

Mi giro, gli do le spalle, poi mi copro la bocca con una mano.

Penso di nuovo a Mattia. E me. A quanto siamo stati idioti, da sempre.

Il semplice ragionamento è questo: tutti, ma proprio tutti, hanno fatto in modo che tra di noi dovesse andare così. Prima Lionel, poi Silvia, poi i suoi genitori, i nostri compagni,... io e lui, in cima alla lista, ogni volta che forse avremmo potuto essere felici. Ora, ci si è messo anche il destino.

Proprio quando si era aperto uno spiraglio, proprio quando, finalmente, avevo forse trovato un accordo tra il mio cuore e il mio cervello, è accaduto ciò che speravo non accadesse mai, ma che in fondo mi aspettavo.

E mentre una lacrima scende, sul mio volto spunta un sorriso amaro.

Non gli ho mai detto che lo amo.

E ora è troppo tardi.


***


ANGOLO AUTRICE

MACCIAO, persone che mi vogliono uccidere! :)

Suvvia, è finalmente giunto l'epico momento di ricongiunzione astrale tra la storia e il prologo, non siete contenti??

Se ripensiamo a quanto è passato da quel 21 agosto 2017, sembra quasi incredibile.

Ce l'abbiamo fatta, ce l'ho fatta, e sembra davvero una cosa assurda. Personalmente parlando, quando ho pubblicato quel prologo, vedevo il suo raggiungimento come una landa lontana e adesso... eccoci qui. E' molto commovente, ve l'assicuro, sebbene nei vostri cuori non ci sia altro che istinto omicida, ora come ora, me ne rendo conto.

Daffy, avresti almeno potuto piazzarlo in mezzo al capitolo e non alla fine, per farci sapere che cosa succede dopo!

Eh no. Sono un'autrice maledetta. Sarebbe stato troppo magnanimo da parte mia.

Cioè, l'ipotesi l'ho pure valutata, e ho testato quanto avreste potuto odiarmi per questo facendo un rapido sondaggio nel gruppo Telegram. Vi ho visti mediamente piuttosto rassegnati ormai, alla mia crudeltà, quindi ho deciso di seguire la strada più dura. Un giorno, mi ringrazierete.

In fondo, lettori amati, manca veramente un niente alla fine. Ve lo assicuro. Non voglio dirvi il numero esatto di capitoli, perché non voglio far nascere ulteriori e dolorose speculazioni, ma potrebbero essere anche solo due. O solo uno. Boh... tutto è possibile, allo stato attuale delle cose.

In ogni caso, vedetela così: nel prossimo capitolo, saprete con assoluta certezza che diavolo è successo. Chi è morto, se qualcuno è veramente morto, se è Mattia, se è Lorenzo, se è Ai Zu, se... hanno solamente sbagliato numero? Tutto è possibile, anche che Nelli non si sia mai veramente svegliata da quell'incubo e che apra gli occhi in una realtà in cui all'ultimo Mattia ha cambiato idea, è tornato a villa Magna ed è pronto a tornare a Venezia con lei.

Naaaah. Sarebbe troppo dantesca come cosa. E non ve lo direi di certo così direttamente, no?

Aaaah, sono proprio una brutta persona.

Passando alle informazioni serie, comunque, vi volevo avvisare che siamo in dirittura d'arrivo anche con la raccolta di os. GIOVEDI' 6 DICEMBRE pubblicherò l'ultima OS della raccolta, che verrà così chiusa e dichiarata completa. Avevo previsto che ci sarebbero state circa 10 os in tutto; chiuderò con un totale di 8 e sono pienamente soddisfatta. Innanzitutto, mi sono divertita immensamente a scriverle, e poi sento di aver approfondito tutte le trame che richiedevano uno sguardo più nello specifico. Rimarranno comunque delle occasioni per qualche altro pg, che potrò sempre aggiungere a quella raccolta in futuro.

Per il momento, nell'attesa della pubblicazione dell'ottava nonché ultima OS, vi chiedo... su quali personaggi pensate che sarà concentrata? Illustratrici, per voi è vietato rispondere U.U

In quanto all'amata "Io e te 3" e quindi al seguito di questo estenuante capitolo, non ho già date fissate, ma vi avviso che intendo concludere tutto entro della fine dell'anno. Quindi sì, non manca molto; gennaio mi servirà libero per studiare e per riprendermi dal trauma; dicembre vedrà "Io e te" ricevere il suo gran finale e... niente. Piango.

A presto, ragazzi. Non credo servano le mie domande; leggerò con piacere i vostri commenti e le vostre teorie, solo per rispondere in tutta onestà quando non correrò il rischio di darvi spoiler indesiderati. Se non ho potuto interagire molto con voi in questa storia, è perché io so cose che voi umani...

E' molto difficile, credetemi. Sembro sempre molto spavalda, ma in realtà soffro con voi e non vedo l'ora di poter sclerare assieme per tutto.

Vi voglio bene,


Daffy

P.S: se qualcuno se lo fosse perso, avevo pubblicato nel gruppo Facebook, un breve video che ripercorre la disperata corsa di nelli dal ponte di calatrava alla stazione, di cui avete letto proprio in questo paragrafo. Se vi va di vederlo, vi lascio il link a cui lo potete trovare, chiaramente essendovi prima iscritti al gruppo (dovete attendere la mia approvazione, ma arriva sicuramente!): https://www.facebook.com/YellowDaffodil/videos/2284196578318679/


***


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Capitolo 20
*** Amore Immortale ***


MxM3 20

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



Buongiollo, miei amati :)

Ritorno dopo brevissimo tempo con questo capitolo, perché, ahimè, mi sono imposta delle scadenze e le voglio rispettare. Ma non solo, mi sono accorta che, come era capitato l'anno scorso, quando arrivo agli sgoccioli di una storia, sono spinta da un'ossessione che non mi fa chiudere occhio e mi porta a impiegare tutte le energie fino a scrivere l'ultima parola.

Quindi, eccomi.

Prima che ve lo chiediate, no, questo non è l'ultimo capitolo e, sì, siamo finalmente giunti alla rivelazione del maledetto prologo.

Per ogni delucidazione e informazione, ci vediamo nell'angolo autore finale, per il momento sappiate solo che:
- questo capitolo non contiene troppi contenuti multimediali, quali disegni e/o momenti social, a causa del breve periodo di tempo in cui è stato scritto e quindi in cui non c'è stato tempo di crearne, ma anche a causa della sua natura intensa e già di per sé ricca.
- è comunque un capitolo leggermente più corto del solito, intervallato da quattro break. Non sembrano troppi, ma basteranno, fidatevi.


Riassunto della puntata precedente: Dopo il litigio che ha lasciato nell'aria un non so che di definitivo, tutta villa Magna sembra essersi congelata. Fede immersa nei suoi rimpianti, Lorenzo costretto a lasciare anticipatamente Cecina per problemi di salute e Mattia scomparso nel nulla. E' proprio la mattina della partenza di Lori che Nelli se ne rende conto: Mattia se n'è andato e, apparentemente, non ha lasciato tracce. Così l'ultimo giorno a villa Magna inizia nel peggiore dei modi: non solo Lorenzo saluta i compagni dicendo loro che se ne starà in ospedale, a Venezia, ad attendere che un miracolo gli faccia avere il fegato del donatore ancora in coma, ma altre spiacevoli notizie attendono la nostra Marinella. Quando si reca presso la riserva vinicola di Benigni, scopre che tutto il sipario del colloquio lavorativo era cosa nota e che è stato merito di Mattia se comunque il benevolo direttore ha deciso di darle una chance. Nelli non sa più che pensare: Mattia ha scelto di allontanarsi per sempre, nonostante abbia fatto tutto questo per lei? Dopo un 'ti amo' di pancia, lui nemmeno si è voltato a guardarla? Ai Zu sembra essere l'unica risposta: dopo una curiosa meditazione sull'essere solamente umani, l'ipotesi a cui Nelli decide di aggrapparsi è che Mattia, semplicemente, non abbia sentito il suo 'ti amo'. Ma l'ultima notte in villa è terribile; dopo incubi spaventosi e un risveglio fatto di consigli sayidiani, i ragazzi della classe partono verso Venezia, dove si fermeranno ancora qualche giorno prima di tornare ai loro impegni. Ed è proprio in quella circostanza, durante il viaggio verso casa, che Nelli non ce la fa più a stare con il dubbio: presa dalla follia, contatta mezza Modena e scopre che, forse, c'è ancora un barlume di speranza di fermare Mattia e urlargli in faccia quei benedetti sentimenti. Allora il taxi accosta in piazzale Roma, Nelli parte di corsa sul ponte di Calatrava, raggiunge la stazione, compra due andate per Modena e...
Una chiamata blocca improvvisamente la sua idea.
Il mittente le ha detto qualcosa che non avrebbe mai voluto sentire, ma che in fondo si aspettava.
E non ha mai detto a Mattia che lo ama.
E ora è troppo tardi... perché qualcuno è morto.






"Io e te" è semplicemente complicato 

.

.

Image and video
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Amore Immortale

.

"Vuoti di memoria, non c'è posto per tenere insieme tutte le puntate di una storia

Piccolissimo particolare, ti ho perduto senza cattiveria

Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo e quando dormo taglia bene l'aquilone

Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace

Libero com'ero stato ieri ho dei centimetri di cielo sotto ai piedi

Adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori

Come Mastroianni anni fa, sono una nuvola, fra poco pioverà

E non c'è niente che mi sposta o vento che mi sposterà

Potrei ma non voglio fidarmi di te

Io non ti conosco e in fondo non c'è

In quello che dici qualcosa che pensi

Sei solo la copia di mille riassunti

Leggera, leggera si bagna la fiamma

Rimane la cera e non ci sei più

E non ci sei più

E non ci sei" 


- Samuele Bersani, Giudizi universali

.

.

.

Chi è morto, giusto.

Molto probabilmente lo vorrete sapere anche voi.

Beh, io l'ho saputo da Tommaso; era lui al telefono.

E mi ha detto che è morto il ragazzo che deve donare il fegato a Lorenzo.

Fin qui tutto bene, forse anche un sollievo per alcuni. 

Solo che c'è un problema, ovviamente. Non posso mai ricevere notizie senza che ci sia un problema.

E il problema è che il donatore è morto poco più di ventiquattr'ore fa, mentre noi dormivamo beatamente in seguito al matrimonio di Gloria e Magno, alle tre della mattina successiva, mattina in cui Lorenzo è partito e in cui, per l'occasione, non ha avvisato nessuno.

È partito sapendo che appena sarebbe arrivato, avrebbe affrontato immediatamente il trapianto e che né io, né nessun altro della classe, sarebbe stato al suo fianco. L'ha saputo prima di partire, maledizione! Avrebbe avuto il tempo per dircelo, e invece ha semplicemente finto che fosse tutto ancora in stallo!

L'ha fatto perché non voleva ostacolare qualsiasi cosa avessi deciso di fare per finire insieme a Mattia. L'ha fatto perché, in realtà, non voleva veramente coinvolgerci in questa sofferenza; voleva essere l'unico ad aver paura.

Che deficiente!

Pensava di farci un piacere, e invece ha ottenuto l'effetto contrario, dato che il trapianto non è andato esattamente alla grande e ora è messo malissimo. Già... il suo fisichino da mezza cartuccia sta rigettando il fegato nuovo e adesso, cioè proprio adesso, dopo un primo tentativo risalente a quindici ore fa, quello stupido incosciente sta per affrontare un'altra invasiva operazione, da cui potrebbe uscire al cinquanta per cento vivo e al cinquanta per cento morto!

Quanto può essere crudele il destino?!

Insomma, uno aspetta per mesi un fegato buono. Arriva nel corpo di un ragazzo che si trova in coma a seguito di un incidente, ma che secondo i suoi genitori non donerà finché non sarà dichiarato deceduto. Tu non puoi sperare che uno sconosciuto, magari brava persona, muoia, ma segretamente lo fai, perché vedi il tuo amico peggiorare a vista d'occhio.

E lui peggiora e il ragazzo non muore.

Poi, alla fine, succede. Ma nel momento in cui il fegato è pronto, nessuno te lo dice e intanto il fisico del tuo amico non è più abbastanza in forma per riceverlo. Quindi subisce segretamente un trapianto lungo ore, non avvisa i suoi amici per non farli penare, e quando apre gli occhi non ha nemmeno il tempo di godersi la sensazione di essere ancora vivo che un nuovo problema si palesa.

I medici l'avevano detto: le condizioni di Lori erano troppo precarie perché si potesse affrontare l'operazione in sicurezza. E infatti, rieccoci di nuovo punto e a capo. Il fegato è stato rigettato e ora faranno un secondo tentativo. Ma è davvero un'ultima spiaggia, a cui Lori può approdare mettendoci tutte le sue energie, oppure che non toccherà mai, annegando durante la traversata.

Ovviamente tutto questo avrebbe ancora dovuto essere un segreto.

Difatti, non lo so grazie a lui...oh no, Lorenzo è davvero una cacca vivente, se fosse per lui, l'avrei saputo solo a giochi fatti. Cioè anche potenzialmente al suo funerale.

Invece lo so perché questa mattina Tommaso, primo fra tutti a raggiungere il suo amato, ha fatto incursione all'ospedale e si è fatto raccontare la verità e, Dio lo benedica, ha deciso di avvisarci. Al telefono mi ha detto che sta venendo a prendermi in stazione e che se siamo veloci, saremo in ospedale entro mezz'ora, in tempo per beccare Lorenzo prima che entri in sala operatoria.

Per dirgli esattamente cosa non lo so, ma va bene anche un ultimo disperato saluto, oppure un calcio nei denti per averci tenuto all'oscuro, lasciando che pensassimo che il nostro migliore amico se ne stava su un lettino di ospedale ad attendere un aggiornamento sul da farsi e nel frattempo si sparava, beato, una serie di Netflix dopo l'altra.

Invece sta morendo, quell'ingrato.

E siamo venuti a saperlo per caso.

E ci restano trenta minuti per rimediare.

Giuro che lo riempirò di pugni.

"Perché l'ha tenuto segreto?" domanda mio fratello, che è ancora più sconvolto di me. "Non è umanamente possibile che uno abbia una tale abnegazione!"

Lo so, l'ansia lo fa diventare più colto.

"Non l'ha detto perché sapeva che mi avrebbe vincolato al suo capezzale. Deficiente!" lo apostrofo, come se fosse qui con noi, mentre ripercorro il Calatrava a ritroso. "Se l'avessi saputo, sarei partita con lui ieri mattina, invece voleva che rimanessi, voleva che pensassi alla mia situazione con Mattia senza preoccuparmi per lui. Che imbecille!"

"Se fosse morto ieri durante il trapianto, sarebbe stato orribile."

"Esatto e se per caso dovesse morire oggi, ti giuro che lo ri-uccido personalmente. Mentre se non muore, lo uccido lo stesso!" dichiaro, fermandomi nel piazzale e sfoderando il mio minaccioso indice.

Davide mi guarda, triste: "Mi dispiace."

"Anche a me." sbotto, sentendo già la mia voce perdere fermezza. "Di avere degli amici stupidi e di tenere più a loro che a me stessa."

Mi riferisco all'occasione che ho appena perso.

Perso, o per essere più precisi, lasciato andare.

Sapete... quella di correre a Modena, fermare Mattia e possibilmente gettarmi al suo cospetto per convincerlo ad essere eternamente mio. 

Ecco, stavo per farlo, ma ho rinunciato.

Perché? Perché non posso pensare a me, adesso, né a quell'altro idiota di Mattia.

C'è un nostro amico in pericolo di morte; se gli importa qualcosa, si farà vivo, altrimenti a mai più rivederci. Io non posso davvero lasciare Lorenzo qui da solo a Venezia, non in questo momento, non con il rischio che sia l'ultima volta. Anche se è ciò che lui vorrebbe e ciò che potrebbe salvare la mia relazione, non posso.

Sto preferendo l'amicizia all'amore, è questo che intendo?

No. Il tempo per prendere le scelte giuste io e il microcefalo l'abbiamo abbondantemente avuto; avremmo dovuto pensarci prima, molto prima. Ci sono state miriadi di occasioni che ci siamo fatti scappare dalle mani; ed è colpa nostra.

Ora il tempo per rimediare agli errori è scaduto; è invece ripartito il conto alla rovescia per correre da Lorenzo e obbligarlo a sopravvivere a questo maledetto trapianto, pena il rogo di tutte le sue cravatte di Pull&Bear, anche quelle in edizione limitata acquistate tramite ordini cumulativi illegali dalla Siberia.

Lui di tempo ne ha avuto molto meno di noi e... non ha nemmeno avuto voce in capitolo nello schifo che gli è capitato. Ma nonostante tutto, ha sfruttato tutte le occasioni che gli sono capitate fino all'ultimo, per vedere felici le persone che ama.

Questo è ciò che merita tutte le mie energie, ora: andare da lui ed assicurarmi che sappia quanto gli sono grata.

Dopotutto, gliel'avevo promesso.

"Marinella! Davide!" Tommaso ci fa segno dalla parte opposta del piazzale. Ci sta aspettando vicino alla fermata del vaporetto, quello che si prende per raggiungere l'ospedale.

"Pidocchio..." mi riservo giusto un secondo per rivolgermi privatamente a Davide, prima che ci ritroviamo assieme ad altre persone. "Non sei obbligato a venire con me. Penso tu abbia sopportato già abbastanza della mia incasinatissima vita e, seriamente, penso sarebbe meglio se ora tornassi a casa e pensassi alla tua."

Davide mi fissa con quegli occhioni grandi, uguali ai miei: "Lo dici da Nelli scema o da Nelli sorella maggiore?"

"Da sorella maggiore."

"Quindi Nelli scema mi vorrebbe comunque al suo fianco?"

Apro la bocca per ribattere, indecisa.

Lui mi precede, aggiungendo: "Anche se non sono affari miei, ed è moralmente sbagliatissimo e in nessun modo educativo, nonché inadatto per la mia età, nonché poco rispettoso della promessa fatta a mamma e papà, secondo cui saremmo tornati a casa per pranzo?"

Ed è qui che mi convince: "Sì. Sì, ti vorrei comunque."

Davide sorride, animato da quella scintilla avventurosa, qualsiasi cosa stia per fare, sempre: "Andiamo."

Mi prende per il braccio e insieme raggiungiamo il povero Tommaso, che attualmente si annovera tra i record mondiali di persona più pallida e più preoccupata per il suo ex fidanzato a cui ha passato l'epatite c, che potrebbe stare per ucciderlo. Difficile come record da battere, poco ma sicuro.

"Tommaso! Grazie per avermi avvisato!" gli dico, mentre non perdiamo un secondo nemmeno per i saluti. "Gli altri lo sanno?"

Ma il telefono mi suona di nuovo e leggendo il nome di Federica in chiamata, intuisco già la risposta.

"L'ho detto solo agli amici più stretti; già essendo in pochi intimi, non credo che saremo per nulla bene accolti."

"Perché?" domando, mentre acquistiamo i biglietti dal baldacchino più vicino.

"Perché non hai visto sua sorella." mi informa, prendendo il resto e facendoci cenno di salire sul vaporetto, per non perdere la partenza più prossima. "È appostata all'imboccatura del corridoio; non vuole far entrare nessuno. Men che meno me."

"E quindi come hai fatto a...?"

"Meglio che tu non lo sappia." taglia corto, mostrando negli occhi neri come la pece un non so che di criminale, che l'ha sempre un po' contraddistinto.

Temo che possa aver preso la sorella di Lorenzo di peso e averla levata di mezzo con la forza, pur di farsi dare qualche informazione circa che diavolo stava succedendo.

"Avresti potuto chiamarmi dall'ospedale, anziché tornare indietro a prendermi." mi agito, vedendo la strada anche troppo lunga, con troppe fermate e troppi turisti che rallenteranno il nostro arrivo. "Sarei corsa comunque più velocemente possibile e qualcuno sarebbe rimasto con Lori."

Tommaso scuote la testa: "Mi hanno cacciato."

"Cosa?" si indigna mio fratello.

"La sorella di Lorenzo e i suoi non vogliono nemmeno vedermi; hanno detto che avrebbero avvertito i medici se non fossi scomparso dalla loro visuale. Quindi tanto valeva che andassi a prendere qualcuno che avrebbero lasciato entrare."

La cosa mi commuove e mi rattrista, e anima particolarmente Davide: "Perché non ti lasciano entrare? È una crudeltà! Non sanno che lo ami?"

Guardo male Davide; troppo diretto!

"Sì, lo amo, ma sono anche la causa per cui si trova su quel letto di ospedale." risponde freddamente, ma cortesemente Tommaso. "È naturale che mi vedano come il diavolo in terra. Senza contare che il primo a non volermi vedere è proprio Lorenzo."

Davide era al corrente di tutto ciò; eppure è come sempre ingaggiato nella lotta contro le ingiustizie. È così combattivo e preso dalla rivendicazione degli esclusi che potrebbe essere un ottimo consulente politico, un domani. O anche solo un consulente.

Potrebbe impegnarsi sul serio e vincere le cause di chi non ha più mezzi per credere in se stesso. Davide ha se non altro un gran cuore. Come la sottoscritta, dopotutto. 

Buon sangue non mente.

Finché non raggiungiamo l'ospedale, mi accordo con Federica, Gloria e Cris. Il primo di noi che arriva deve assolutamente iniziare a pregare i Castelli affinché ci facciano parlare con il nostro amico, prima che finisca sotto ai ferri.

Quando ho avvisato tutte le persone che servono per quest'impresa, provo per l'ultima volta a chiamare Mattia, usando il telefono di Tommaso, ma anche in quest'occasione, come in tutte quelle passate, suona completamente staccato.

Chissà se è sparito prima o dopo la notizia del fegato, chissà se lo sa e ha comunque lasciato perdere, oppure l'ha saputo ed è in qualche modo riuscito a rimanere...

No.

Basta, Nelli.

Indipendentemente dal suo telefono staccato, sono sicura che Lorenzo non abbia voluto dire nulla nemmeno a lui e che quindi sia semplicemente andato per la sua strada, ignaro di tutto.

Figuriamoci se Lori avrebbe mai potuto farlo; in tal modo l'avrebbe costretto a rimanere. Se io non sono stata in grado di rappresentare una ragione sufficientemente valida per rinunciare alla Siria, la vita di Lorenzo in pericolo lo sarebbe stata sicuramente, e Mattia sarebbe rimasto, e non avrebbe fatto una scelta spontanea.

Invece Lorenzo ha pensato proprio a tutto: ha lasciato che sia io che il microcefalo agissimo senza influenze esterne, cosicché il nostro futuro risultasse scritto dalla nostra volontà, e non dagli eventi.

Peccato sia andata così di merda lo stesso... quando Lori lo saprà, ne rimarrà sicuramente deluso.

E credo che anche Mattia se la prenderà esattamente come me, quando, viceversa, scoprirà che Lorenzo gli aveva tenuto nascosto dell'intervento. Non so se a quel punto ne sarà uscito vittorioso o sconfitto, se potremmo ancora parlare di lui al presente, ma di sicuro, anche Mattia avrebbe volentieri rinunciato all'occasione della sua vita, per dire anche solo un ultimo ciao al nostro grande amico dalle mille crisi d'identità, ma da un unico, inimitabile, cuore.

"Oh mio Dio, Tommaso, ho una paura tremenda!" faccio, voltandomi di scatto verso di lui.

Il mio compagno mi guarda, gli occhi che luccicano e sospira: "Anch'io."

***

PRIMO BREAK

Ecco qui, dopo più di un anno di infinite sofferenze, finalmente abbiamo capito chi diavolo è a morire nel prologo.

Applausi!

Non sono felice di aver dovuto far morire un ragazzo a caso per poter donare il fegato a Lorenzo e ci tengo anche a specificare che ogni volta in cui nella storia leggete commenti sollevati a riguardo, beh... non sono affatto rivolti alla morte di questo John Doe, ma piuttosto a ciò che ha reso possibile. Spero capiate che non si tratta di insensibilità, ma di una situazione complessa dove è difficile essere del tutto morali.

Detto questo, devo fare i miei enormi complimenti alla persona (sinceramente ne ho letta solo una, fra tutte) che ha indovinato la corretta interpretazione del prologo.

Dal primo giorno in cui l'ho pubblicato fino allo scorso capitolo ho letto tantissime teorie, tutte più o meno verosimili e tragiche, ma quasi nessuno era riuscito a cavare il ragno dal buco, complici anche le mie mille apposite deviazioni.

Onestamente, quando ho scritto quel prologo, non avevo la minima idea che sarebbe stato così criptico, lo giuro. Anzi, mi aspettavo che avreste tutti più o meno capito, a un certo punto. Invece si sono venuti a sovrapporre talmente tanti filoni narrativi che è diventato quasi impossibile capire quale avesse sfociato nel dramma più totale.

Bravo chi ha indovinato e bravi tutti quelli che, comunque, ci hanno provato, dandomi spunti malvagi e bellissimi per future, frustranti, pubblicazioni. 

Buon proseguimento, la storia potrebbe ancora riservare risvolti tragici :)


***

Non siamo i primi ad arrivare, ma è come se lo fossimo.

Né Federica né Eva sono riuscite a convincere Chiara Castelli a farci parlare con suo fratello: quella ragazza è irremovibile. Si vede che le facciamo pena, certo, ma i medici le hanno detto che non bisogna alterare le condizioni di Lorenzo per nessun motivo al mondo e lei, comprensibilmente, non vuole rischiare.

Che poi...

Eva? 

Che ci fa qui Eva?

Tommaso si è fermato giù nella hall ad aspettarci, perché teme di essere mandato via. Si è affidato completamente a noi, raccomandandosi di dire a Lori che...

Ah, lasciamo stare.

Il vostro cuore non reggerebbe queste cose.

Quanto a me, ho provato per un po' ad unirmi alle altre in protesta, ma è stato inutile. Così ci siamo appostate fuori dal corridoio, vedendolo mano a mano riempirsi di persone che neanche lontanamente mi sarei aspettata di vedere.

Vacca, Giorgia, Amerigo, Francesco, Marianna,...

"Alessandra, ma tu che ci fai qui?" mi stupisco palesemente, alla comparsa della rossa.

Se finora avevo tenuto per me la curiosità, adesso, con la Gruccia davanti, non posso davvero più trattenermi.

Lei, icona malvagia che solo qualche tempo fa trovava qualsiasi scusa buona per rinfacciare a Lorenzo quanto fosse frocio, ora è qui che arrossisce e abbassa lo sguardo, biascicando un: "Ero in pensiero, ok?"

Risuonino in terra i canti degli apostoli.

Questa è veramente Alessandra Gruccia?

La notizia dell'operazione avrebbe dovuto riguardare, come precisato da Tommaso, pochi intimi. Ma poi è successo che Cris l'ha detto a Diego e Diego l'ha detto a Pierpaolo e Pierpaolo, pensando di fare cosa gradita, l'ha scritto nel gruppo.

Neanche mezz'ora dopo, l'ospedale è pieno di membri della 10^A, quasi al completo.

E dico quasi, perché manca sempre quel diavolo di microcefalo.

Però... sono così fiera di noi.

Lorenzo sarebbe così fiero.

"Nelli?" una voce maschile mi chiama alle spalle e io mi blocco sul posto.

Rimango per un attimo congelata, temendo di averla solo immaginata appartenere proprio al componente mancante della classe.

Sento le voci, ora sento pure le voci.

O magari è vero?

Mi giro a rilento, cauta.

Spero con tutto il cuore di non essermelo solamente inventato.

Spero che sia davvero Mattia e che sia venuto qui per unirsi a noi e che abbia pensato le mie stesse cose riguardo all'amarsi follemente e...

Eeeee invece no, non è Mattia.

Era ovvissimo, perché sono pazza e sento le voci. La sua, in particolare.

Ed era anche ovvissimo che non potesse essere Mattia, perché se lo fosse stato, sarebbe stata una scena troppo romantica e io sarei morta dalla forza evocatrice di tutto quel pathos. A volte sono davvero troppo romantica. Vi avevo mai detto che mi ritengo una persona romantica?

"Sayid!" sorrido, andando verso di lui. "Credevo fossi partito."

"Anch'io credevo che tu fossi partita." ribatte, alludendo alle sue parole di ieri, chiaramente esortative.

Quindi abbasso lo sguardo, imbarazzata: "Stavo per, ma poi..." indico dietro e lui capisce senza bisogno di ulteriori spiegazioni.

"Anch'io." si aggrega, dunque. "Alla fine non ho niente di troppo importante che mi attende a New York. Quando Silvia mi ha avvertito di Lorenzo, ho pensato che sarei venuto per un po' di sostegno."

"Silvia?" alzo un sopracciglio, lasciandomi sfuggire un sorrisetto malizioso di fronte alle sue guance rosse.

"Ah, ci eravamo sentiti per una cosa sul concerto di..." si rende conto di star parlando un po' a vanvera, quindi tossicchia ricomponendosi. "Ci stiamo sentendo. Come amici, ovviamente."

"Certo, Sayid..." sorrido, stavolta davvero divertita. 

Ma vedendo il suo ulteriore disagio, decido di smorzare l'allusività con un sorriso incoraggiante: "Beh, comunque è una bella notizia. Se non altro, è una brava amica." 

Un momento: io che dico di Succhia Trepalle che è una brava amica? Il mondo deve essersi messo a girare al contrario, ultimamente!

In fin dei conti, devo ammettere che, ahimè, questo complimento mi è partito dal cuore. Silvia è, sotto sotto, una brava ragazza, e il libanese qui non ci starebbe nemmeno male assieme! Certo è che non dev'essere il suo vero desiderio ora come ora; anzi, sarebbe addirittura presuntuoso pensarlo. Il modo in cui mi guarda è ancora molto ferito e non posso sperare che dall'oggi al domani lo scompenso che io ho causato nella sua vita si vada a rimarginare.

Tuttavia, nel mio miserabile cuore so che non sarei stata la persona giusta per lui.

Ora lui non lo capisce e vede tutto nero, ma anche questa sarà una fase temporanea. Ben presto si renderà conto che sono stata solo un capitolo della sua vita. La speranza è che io non sia stata uno di quelli riempitivi, ma uno fondamentale per lo svolgimento della storia e, possibilmente, per il raggiungimento di un finale coi fiocchi.

Ecco, sì... mi piace pensare che, magari, io e Sayid ci siamo conosciuti perché Sayid doveva in qualche modo incontrare Silvia Trepalme.

Che, tra le altre cose, ha un ossessione per i ragazzi che hanno a che fare con me. Cosa che ancora un po' mi fa venire voglia di strozzarla.

Accidenti a te, Succhia Trepalle!

"Comunque anche lei e Lionel stanno per arrivare."

"Sul serio?" mi stupisco.

"Sì, l'hanno saputo da Eva."

"Beh, ovvio, chi se non Eva?"

Sayid si guarda intorno, ammirato: "C'è davvero un sacco di gente. Lorenzo dovrebbe proprio poter vedere questo fenomeno..."

"Lo so." gli do adito, mordendomi il labbro, e spostando lo sguardo sull'incorrompibile Chiara, che se ne sta all'entrata del corridoio a fare costantemente da vedetta, come se da un momento all'altro qualcuno potesse sgusciare loscamente ai suoi lati.

Quindi ritorno con l'attenzione sui miei compagni. 

Poi di nuovo su Chiara. 

E su i miei compagni.

E Dio, ho una mente davvero malata.

"Cris!" esclamo lasciando Sayid impalato e tirando in parte la mia amica. "Cris, mi è venuta un'idea geniale! Mi devi assolutamente fare un favore! E tu, Eva, vieni anche tu, stai a sentire..."

In quattro e quattr'otto, senza dar a vedere il nostro fare complottista, istruisco tutta la marmaglia presente, compreso Tommaso al piano inferiore, riguardo al piano che mi è balzato alla testa. Non è complicato, per niente, ma è caotico in pieno stile marinelliano, e dunque proprio quello che potrebbe farci sorpassare questo muro.

Incredibilmente raccolgo il consenso di tutti e allora, rapidi e scattanti, ci mettiamo in posizione. Non ci credo che lo stiamo per fare, ma è così. In pochi secondi, ci scambiamo un collettivo sguardo complice e poi, al mio segnale, scateniamo l'inferno.

Ho sempre sognato di dirlo.

Come concordato, Cristiana inizia ad aggirarsi in modo affannoso, poi prende a respirare a fatica, si avvicina a Chiara e finge di avere un mancamento, lasciandosi cadere goffamente addosso a lei. Fase uno.

A questo punto, Diego si catapulta a soccorrerla gridando ripetutamente che è incinta. La sorregge assieme alla povera Chiara e le spiega che non devono fare alcun movimento brusco, onde evitare di danneggiare il pancione e, soprattutto, ciò che è contenuto al suo interno e che potrebbe essere in serio pericolo. Fase due - un po' esagerata, ma comunque, è Diego. Ci sta pienamente con il personaggio.

Con Cris tra le braccia di Chiara e Diego impanicato all'ennesima potenza, scatta la fase tre, in cui tutti circondano la scena urlando come scimmie. 

"Oh mio Dio!" 

"È svenuta!" 

"È morta!"

"Sta partorendo!"

Io avevo solamente detto ai miei compagni di creare un po' di scompiglio, ma vedo che si sono presi la licenza artistica di ampliare il concetto. Bene; i miei allievi stanno finalmente imparando.

Nel frattempo, io e Tommaso, corso di sopra durante la fase due, ci accertiamo che nessuno stia più controllando il corridoio. Una volta confermato il via libera, sgattaioliamo al suo interno, come nemmeno le più degne spie russe.

Vedova Nera, mi hai insegnato così tanto. Sei definitivamente la mia Avenger preferita.

Per assicurarsi che il trambusto duri ancora un po', Gloria invoca l'intervento di un medico, innescando la quarta e ultima fase del piano, alla fine del quale nessuno si sarà accorto dell'intrusione. 

Visto? Un gioco da ragazzi.

Ho una mente piuttosto brillante, lo so, ma devo anche ammettere che da sola non avrei combinato un tubo. Se Cristiana non fosse stata disposta a scherzare con la sua gravidanza, non avremmo avuto un'esca credibile. E se non ci fossero state tutte quelle persone, non avremmo avuto abbastanza casino per distrarre Chiara e non farle notare l'assenza di un paio di noi.

Ora Cris verrà visitata inutilmente, a Diego verranno fatte mille domande, tutti gli altri potrebbero essere rimproverati, se non addirittura cacciati.

Ma nessuno si è tirato indietro.

Lorenzo dev'essere davvero grato di avere degli amici degeneri del genere.

Il problema ora, comunque, è come bypassare la guardia di mamma e papà Castelli.

Tommaso e io ci nascondiamo all'interno di un ripostiglio pieno di utensili  e grembiuli, osservando la coppia che parla sommessamente di fronte alla porta della sala operatoria. Se ne stanno lì, in pena, a gravitare tristemente intorno al nulla e sembrerebbe dunque impossibile entrare passando inosservati; il corridoio è piuttosto corto e pare che non abbiano la minima intenzione di schiodarsi.

Tuttavia, a un certo punto, accade quello che potrebbe fare al caso nostro.

Un medico esce della stanza e si approccia ai signori. Chiede loro di allontanarsi verso un angolo del corridoio e dal punto in cui sono, ostacolati nella visuale da alcune aste porta flebo e dal medico stesso, sarebbe perfetto farla franca.

Un lampo, un volo di rondine.

Un'iniziativa che farebbe fiero Orazio con il suo carpe diem

"Dai, andiamo!" sussurro con eccitazione a Tommaso, passandogli uno dei grembiuli blu che ci sono nei vari scaffali alle nostre spalle.

"Che fai?" mi chiede, allucinato.

"Ci travestiamo da dottori." rispondo, con ovvietà. 

"Perché?"

"Perché amiamo il Carnevale." lo prendo in giro, sarcastica. "Per correre meno rischi di essere notati, intelligente! Per quale motivo pensi che i più validi personaggi dei film lo facciano ogni volta?"

Tommaso mi fissa con le sopracciglia calate in disapprovazione. Brusco, mi leva uno dei due grembiuli dalle mani e lo ripone.

"Smettila con le cazzate."

I miei occhi diventano fessure: "E va bene, Fiore. Ma sappi che se ti sgamano, io sono l'infermiera Argenti e tu l'intruso. Non ti coprirò le spalle."

Lui nemmeno mi risponde; sospira e basta.

"Ok." faccio, sporgendomi e iniziando a sentire quel misto di ansia e adrenalina che solitamente precede le mie minchiate. "Al mio tre, scattiamo. Sei pronto? Uno... due... tr-"

"Aspetta!"

Tommaso mi stringe per il braccio e rovina del tutto la mia partenza con Mission Impossible in sottofondo. 

"Che c'è?" mi lamento, fremente per il tempo che stiamo perdendo.

"Vacci tu. Io non posso venire."

"Che cosa? Tu devi venire!"

"No..." scuote la testa, e mi sembra oltremodo impaurito.

"Coraggio, quelli stanno parlando, non ci noteranno nemmeno!"

"No, non è per i Castelli." sospira, sempre a mezza voce, ma con timbro alterato. "Nelli, questa è pura follia. Lorenzo mi odia, sono l'ultima persona che vorrebbe vedere prima di morire."

Ripenso al 'non ti voglio mai più rivedere' di Mattia e mi sale una rabbia incredibile.

"Non è vero."

"Sì che lo è." rilancia, addolorato. "Me l'ha detto lui stesso, sono state le sue esatte parole. L'unica cosa che vuole da me è vedermi morire prima di lui. E se non sopravviverà a tutto questo, beh... non avrò esaudito nemmeno quel desiderio."

Fisso gli occhi colmi di lacrime di Tommaso con altrettanta tristezza.

Ed è solo perché c'è così poco tempo che decido semplicemente di mandarlo a quel paese e poi correre, da sola, dal mio migliore amico.

***

SECONDO BREAK


Anche qui, devo ammetterlo, mi sono divertita a burlarmi di voi. Recentemente avevo messo uno spoiler su Facebook dove c'era la parte di Diego che si dispera per Cris e non avendo ancora risolto il mistero del prologo, qualcuno di voi aveva creduto che fosse capitato qualcosa ai poveri gemellini Vallicroce.

Ma tranquilli, era solo una crudeltà come un'altra, per farvi star male.

Come vedete, non c'è niente di veramente drammatico, se non i piani folli di Marinella Argenti.

E scusate l'idiozia, ma ho voluto disegnarla perché conciata così, merita quanto meno un posto d'onore al Louvre (o a Lourdes, magari è meglio)

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***

Mi chiudo la porta alle spalle con talmente tanta ansia che persino i muscoli delle mie chiappe sono contratti, non so se rendo l'idea. Poi mi giro e deduco che è la stanza giusta, perché c'è solo Lorenzo disteso sul lettino al centro.

Finalmente i miei glutei tornano a riprendere la loro forma rilassata da portaerei.

Il malato alza gli occhi su di me e poi li allarga a mo' di gufo, senza risparmiarsi la crisi isterica: "Nelli?? Che diavolo ci fai qui? E perché sei vestita da medico?"

Fortunatamente è troppo debole per usare un tono di voce alto. Anzi, solo l'essersi sforzato di esternare queste tre semplici domande gli ha causato una dolorosa fitta all'addome che si sarebbe volentieri risparmiato.

"Non farmi iniziare sull'argomento, stronzo." lo indico con i miei bellissimi guanti in lattice ad uso professionale, facendomi strada verso il letto. "Ora abbiamo pochissimo tempo, quindi fai quello che ti dico. A ogni mia frase, rispondi 'è vero' e, soprattutto, non farti sentire fuori. Ok?"

Annuisce.

"Sei una merda."

"È vero."

"Fai schifo come amico e meriteresti come minimo un calcio nel culo."

"È vero."

"Tutte queste parolacce ti stanno dando fastidio, ma in fondo le accetti, perché ho tutto il diritto di dirle."

"È vero."

"Ti devi vergognare per aver nascosto la verità ai tuoi amici."

"È vero."

"Oggi non morirai."

Lorenzo mi guarda e non risponde.

Così mi avvicino, incurante del pericolo di toccare cavi o strumenti che non dovrei: "Forse non hai sentito. Ho detto che oggi tu non morirai."

Lui mi compatisce con quelle iridi chiare, messe in rilievo dagli occhi arrossati e dalle mezzelune viola sul viso quasi trasparente, e decide di darmela vinta, giusto perché io faccio più pena a lui di quanto lui ne faccia a me: "È vero."

E qui, gente, la mia attitudine da ragazza che ha tutto sotto controllo va definitivamente a farsi benedire.

"Cos'è, pensavi che ce l'avresti fatta sotto al naso?" lo aggredisco, faticando a contenere il mio tono e odiando di vederlo così sfiduciato. "Che avresti affrontato tutto senza disturbare gli altri, da bravo eroe che si sacrifica per la patria?"

"No, io..."

"Avresti dovuto dirmelo, Lorenzo!" lo sgrido, rossa in viso. "Non avresti dovuto pensare che sarei stata meglio senza poterti stare vicino!"

Lori abbassa lo sguardo e si lascia scappare una lacrima salata.

"Scusa, Nelli."

Dio, guardate com'è ridotto, guardate come sta male... è così magro e pallido e fiacco che io...

Mi asciugo le lacrime, anche troppo composta per i miei standard. Vorrei dirgli un sacco di frasi dolci, ma non posso. Distruggerebbero sia me che lui, in questo momento, e poi ci sono altre informazioni che tengo a divulgare.

"Senti. Prima che ti operino, volevo solo dirti che spero che tu viva per poter essere io ad ucciderti dopo. E che ti voglio un bene dell'anima." 

"Anch'io, Nel..."

"E che qui fuori c'è Tommaso che si sta disperando per vederti, ma ha troppa paura che tu non voglia."

"Sul serio? Tommaso è qui?"

La maniglia della porta si abbassa e Lorenzo mi indica frettolosamente la porta alle sue spalle, dove si trova nient'altro che un bagno, nonché il mio nuovo, imbarazzantissimo nascondiglio.

Quando pensavate di avermi visto toccare il fondo nei capitoli precedenti, beh... no. Dovevate ancora leggere questo.

Il medico rientra assieme a un'infermiera e annuncia a Lorenzo che è ora di cominciare. Gli dice un sacco di brutte parole tecniche, che a malapena riesco a distinguere attraverso questa porta, ma che mi suonano altamente minacciose. Infine, torna a parlare italiano e lo sento chiaramente sospirare: "Sei un ragazzo coraggioso; devi lottare con tutte le tue forze, ok? Non sarà facile, ma è la nostra unica alternativa."

A quel punto, ordina all'infermiera di iniziare con l'anestesia, e poi si allontanano di nuovo per prendere qualche non so che bisturi nell'altra stanza.

Quindi esco dal bagno, sperando che Lorenzo non abbia già chiuso gli occhi.

"Nelli..." beh, non del tutto, ma lo vedo già drasticamente meno lucido, con la mascherina impegnata a fargli inalare il resto del suo dolce abbandono. "Portalo qui, per favore..."

Capisco subito che si riferisce a Tommaso.

Ok, ma... è pazzo??

Vuole che io porti lui qui? Adesso? In quanti secondi prima che piombi in un profondissimo sonno indotto?

No, ok, ok, Nelli. Sii fredda. Sii reattiva.

Questo è il tuo momento, Nelli.

Se c'è un'occasione giusta per essere la scema che sei, beh, è decisamente questa.

È il tipo di casino che potresti sottoscrivere senza problemi.

Quindi fallo, per l'amor del cielo.

Così, non curante di uscire da una sala operatoria vestita da medico, di fronte al vero medico e ai genitori distrutti del paziente in pericolo di vita, mi fiondo nel corridoio come una freccia. Mentre i presenti si stupiscono (la mamma di Lori rasente lo svenimento), io, atletica come una cozza, vado a stanare Tommaso, tirandolo per il braccio.

"Nelli, sei pazza?"

"No, vieni con me! Veloce!"

Lui si lamenta, ma io dimostro una forza bruta degna del più forte dei combattenti (sono sicura che l'effetto collaterale di tutta quest'adrenalina sarà splendidamente doloroso, dopo) e lo porto con me, finché non raggiungiamo, finalmente, la sala dove ci aspetta Lorenzo.

Testardo contro il suo stesso fisico, lui non ha ancora ceduto all'anestesia e si volta appena verso di noi, troppo debole per dire anche solo una parola.

Tommaso si blocca sulla porta rimasta aperta, sconcertato dalla visione e impedito dalle minacce dei Castelli ad avanzare anche solo di un altro passo.

"Se devi dirgli che lo ami, diglielo adesso." suggerisco accoratamente a Tommaso, prima che il dottore accorra sul posto, o Lorenzo sparisca tra le nuvole dell'anestesia.

Così, Tommaso decide per la prima volta nella storia di ascoltarmi e in un moto di coraggio, guardando solo Lorenzo, senza che nessun altro lo senta, nella più commovente delle dichiarazioni, gli comunica un "ti amo" muovendo solo le labbra.

Lorenzo sorride, poi chiude gli occhi e abbandona la testa di lato.

"Che cosa pensate di fare, voi due?" 

La porta della sala operatoria ci viene sbattuta in faccia e dal grado di incazzatura del medico, intuiamo che è ora di darsela a gambe, e anche velocemente.

Provvediamo subito, con gran paura delle conseguenze che ci spettano fuori dal corridoio, ma comunque, soddisfatti.

Se anche Lorenzo morirà, almeno saprà di essere amato, e Tommaso non rimpiangerà di non averglielo detto.

Ora, ci serve solamente un miracolo.

***

TERZO BREAK

Questa era una parte romantica su cui sospiravo da un po'.

Lascerò a voi il compito di giudicare se vi ha fatto emozionare, oppure per niente, fatto sta che come storia d'amore, questa, mi ha sempre un po' fatto venire i brividi. Positivi, naturalmente.

Per contestualizzare meglio il lungo paragrafo che andrete a leggere successivamente a questo break, ho deciso di postare una semplicissima e banalissima foto di Google Maps. Lo so, oggi l'arte si spreca, ma ho pensato che non essendo mai stati a Venezia, molti di voi avrebbero potuto faticare ad immaginarsi lo scenario.

Ci troviamo in Campo Santi Giovanni e Paolo (San Zanipolo, per chi è del posto XD), una piazzetta di discrete dimensioni che non vedete per intero, ma che è abbellita da un monumento equestre e dagli edifici rinascimentali che la delimitano. Nella foto, centrale, vedete la Scuola Grande di San Marco che costituisce l'entrata stessa dell'ospedale SS Giovanni e Paolo, quello del nostro capitolo. A sinistra, invece, c'è un canale che la foto ha rinsecchito, ma che nella realtà risulta piuttosto largo e vivace. Il cerchio arancione che la mia perfezione giottiana ha disegnato sta ad indicare il punto preciso dove ora si svolgerà la scena del paragrafo.

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Avrei potuto usare un po' di abilità descrittiva e farvelo capire da brava scrittrice, è vero, ma non sono una scrittrice così brava da riuscire a descrivere Venezia. Venezia non si descrive; si vive.

E ora, speriamo in quel miracolo!


***

Beh, gli impiegati ospedalieri di Venezia non sono affatto comprensivi.

Hanno fatto partire un ordine di restrizione per me e Tommaso, che ci impedisce anche solo di entrare dalla porta principale del Santi Giovanni e Paolo. Vi sembra giusto? Io ho salvato la relazione d'amore tra il mio migliore amico e il suo ex fidanzato, prima che potessero non avere mai più l'occasione di rivelarsi i loro sentimenti, e quei geni con il camice che fanno?! Mi cacciano!

O io mi sono illusa sui dottori guardando Scrubs, o sono i dottori che non si guardano abbastanza commedie romantiche sui dottori.

Provate anche solo Grey's Anatomy... provatelo. E poi ditemi se sono l'unica a correre per i corridoi di un ospedale per dire al mio migliore amico che gli voglio bene!

Mannaggia a 'sti medici; li dipingono molto più simpatici di quanto siano in realtà.

Fortunatamente, gli altri nostri compagni hanno ancora il diritto di andare e venire a piacimento dai vari reparti, quindi sono loro che a turno salgono da Chiara ad informarsi e poi ci portano aggiornamenti.

L'ultimo che abbiamo ricevuto, dieci minuti fa, era di Diego: "Niente di nuovo, a parte che il cazzo di dottorino del cazzo che ha visitato Cris ha osato chiederle se ero davvero io il padre. È ovvio che io sia il padre! Ho la faccia da uno che non dovrebbe essere padre?"

Diego ci guarda e forse dal nostro silenzio capisce molte cose.

Ma in realtà, siamo tutti troppo tesi per comportarci come faremmo in genere. L'uscita di Diego è più inopportuna del normale, il nostro silenzio di fronte all'occasione di prenderlo in giro è altrettanto insolito e tutto accade, ovviamente, perché è impossibile non farsi prendere dall'ansia.

Anche se gli unici due a essere stati cacciati siamo Tommaso e io, il resto della ciurma ha comunque voluto farci compagnia e ora siamo fuori dall'entrata dell'ospedale, accanto al ponte gigantesco di cui il piazzale è provvisto, in un misto tra protesta e barbonaggio.

Così ci vedono da fuori; in realtà, siamo solo disagiati riuniti nella preghiera che vada tutto liscio.

Tommaso rimane nei paraggi, ma mai assieme al gruppo.

È troppo nervoso; da quando ci hanno mandato fuori, non ha fatto altro che camminare a caso e e respirare pesantemente come un toro. Non ha proferito una singola parola dal suo 'ti amo' a Lorenzo, nemmeno un 'grazie' o una misera considerazione.

Ma va bene così.

In fondo, lo capisco, e credo che al suo posto mi comporterei ancora più nervosamente. 

Che poi, diciamocelo, mi sto comportando nervosamente. Perché anche nella mia disastrosa relazione c'è uno dei due che potrebbe potenzialmente morire. E io manco 'ti amo' gli ho detto.

O almeno... è questa la versione a cui ho deciso di credere, giusto?

In questi ultimi minuti, mi sono occupata di distrarre il gruppo e me stessa con il racconto di quanto accaduto. Come anticipato, tutta quella corsa travestita da medico ha generato in me un eccesso di adrenalina che si è inizialmente tradotto in una logorrea preoccupante. Se i veri professionisti non ne sembravano entusiasti, i miei compagni si sono assolutamente mostrati dalla mia parte in merito alle eroiche gesta compiute per Lorenzo. Ai loro occhi, siamo stati i protagonisti di un atto grandioso, che per qualche istante li ha fatti sognare e che ha spinto Davide ed Eva a filmarmi con gli smartphone per poi caricare in rete un vlog/intervista su di me.

Quindi ho dato spettacolo per un po', poi tutti ci siamo seduti per terra, tra le cacche di piccione, e lì siamo rimasti ad osservare il nulla.

I minuti passano, poi le ore. L'agitazione diventa preoccupazione, poi ansia, poi terrore. Il sole da che si poteva vedere allo zenit, pronto a riscaldarci, ora sta scendendo verso ovest e le ombre dei palazzi della serenissima si allungano fino a coprire le nostre teste. 

Ad un certo punto, passa pure una scolaresca per di qui.

Sono del Sud Italia, capitati in gita assieme a un'insegnante che piuttosto di dover fare la guida turistica si butterebbe in canale. Però, ehi, sembrano felici, spensierati.

Già... ricordo come lo fossi anche io, quando avevo sedici anni come loro.

Cioè, beh, non diciamo cavolate.

Non sono mia stata spensierata, perché la mia vita è tutto un unico, inarrestabile pensiero, però, ecco... erano bei tempi. Eravamo brufolosi e rincoglioniti; temevamo solo i cinque in pagella e non venire mai baciati da qualcuno.

Poi boh, si cresce e ci si trova di punto in bianco a sperare che uno di noi non muoia, ma ok, ci sta, è la vita. Solo... quanto vorrei poter tornare indietro!

Tra il gruppo di ragazzi, scorgo qualche volto che potrei benissimo associare ai miei, di compagni. C'è una fighettina che si sta facendo selfie insieme alle più carine della classe, il giubbetto di finta pelliccia rosa che grida a squarciagola Vacca e le amichette nettamente più smorfiose che invece mi ricordano tremendamente Giorgia e Alessandra.

Chissà se anche loro si scambieranno il Marco di turno, per poi averci un figlio.

In prima fila, alla mercè della prof, si trova una ragazza occhialuta, macchina per appunti, da cui il più carino dei ragazzi, sento dire ad alta voce, si farà passare ogni foglio in vista della relazione finale. Voi sapete come, garantisce ai suoi amici passandosi una mano tra i capelli di seta e guardando la secchiona con quel misto di spavalderia e innamoramento che poi... chissà, li porterà fino all'altare, forse?

Prevedibilmente è sempre lì, in quell'associazione di testosterone e scemenza, che riconosco pure un Diego in miniatura, intento a fissare le chiappe delle compagne di classe per poi mimarci una strizzatina, ancora troppo disinibito per farlo sul serio.

Oh, ma lo farà... eeeh, se lo farà!

E, wow, osservando bene ci sono anche la Patrizia e l'Amerigo del nuovo millennio, senza rivoltino nei jeans e con le facce da emarginati. Forse anche loro si rincorreranno per sempre senza mai riuscire ad apprezzare la loro non conformità alla massa?

Che dire, poi, dell'intellettuale ma non troppo, alias Pierpaolo Scilla, che si preoccupa di stringere rapporti di alleanza con il prossimo, e la perbenista del gruppo, Federica Di Mario, che si lascia ammaliare dai suoi modi, e la leader, Cristina Romanin, che approva tutto ciò mentre ancora il Diego del caso finge di avere rapporti sessuali con lei alle sue spalle?

Nel frattempo uno di loro sta vloggando incessantemente ogni piccione che si depenna il culo per i suoi follower su YouTube ed è qui che tutti noi pensiamo: oh, c'è anche Eva Cantarella, che gioia!

Però, proprio mentre sto per richiamare la vera Eva e convincerla a scappare via con quel suo simile, mi blocco.

Mi blocco perché... la vedo.

È lei.

Cioè... sono io.

Una ragazza all'interno del gruppo, piccoletta, tremendamente normale, con i capelli arruffati e le guance rosse a forza di ponti che non è affatto allenata a superare.

Sta ridendo assieme ai compagni, dicendo stronzate, inciampando sui suoi stessi piedi, ma mai e dico mai... senza distogliere lo sguardo da un ragazzo qualche fila più indietro.

Si tratta del più alto della classe e, ad occhio, anche il più rimbambito. Non è né troppo carino né troppo simpatico, ma è normale, niente di che, proprio come lei. Attualmente sta mimando l'ultimo goal di Messi, cosa che lo fa sembrare l'essere più orgoglioso della terra, dato che a una certa si mette pure a ballare la Papu Dance. 

Capite perché quella ragazza sono io?

In questo momento vorrei correre da lei e dirle: Ferma, ripensaci, non sai in che guaio enorme ti stai cacciando! Non vedi che è un idiota???

E davvero, lo farei, se ciò non mi rendesse una pazza molestatrice di minorenni. Già ho sulla testa una condanna come agitatrice pubblica dei servizi ospedalieri; sarebbe meglio che non aggiungessi danni alla mia fedina penale.

E comunque, non credo che funzionerebbe. Se una pazza molestatrice fosse venuta da me, in terza superiore e mi avesse detto: Ehi, che fai, non vedi che è un idiota?

Beh... sì, le avrei risposto. Lo vedo benissimo che è un idiota, però che cosa ci posso fare, se mi sono innamorata?

Oh mio Dio, essere noi Marinelle Argenti è così difficile!

A un certo punto, però, l'idiota di quella classe si gira e richiama la sua compagna... sì, così a caso, alla fine della sua Papu Dance, come se in realtà anche lui non avesse fatto altro che pensare a lei tutto il tempo, inconsciamente.

"Ehi, Ginny, lo stai segnando quello che dice la prof? No, perché poi mi serve una mano con la relazione!"

Lo ha chiesto proprio a lei... perché non alla secchiona del gruppo, come tutti gli altri?

Lei sbuffa: "Prima bisogna che ti insegno a scrivere, De Marinis, il che richiederà molto più tempo di quanto ci possa mettere il tuo indice a premere il tasto registra sul telefono."

Il ragazzo fa gli occhi da cucciolo: "Ma mi serve per guardare la partita in streaming, il telefono."

"Ah, e va bene!" cede immediatamente lei, mostrando da distante il quadernino con più disegni che appunti, con fare nervoso, e frustrato, e incazzoso, e irritato, ma anche no, tutto sommato.

Lui si guarda intorno e poi le riserva un sorriso studiato unicamente per lei: "Grazie. Sei speciale."

A questo punto, lui torna a scherzare con gli altri ragazzi come se niente fosse, lei arrossisce e il suo amico gay parte alla carica facendole notare quanto sia irrimediabilmente cotta di quel De Marinis.

Suona familiare la cosa?

Voglio annegarmi nel gelato.

Giuro che quando sarà tutto finito, mi comprerò una piscina di gelato e ci annegherò dentro il mio enorme didietro.

Assieme a tutta questa fottutissima nostalgia del passato, naturalmente.

Ma intanto si sono fatte le tre e a questo punto, alcuni di noi hanno dovuto per forza andare via: hanno chiesto di essere aggiornati tempestivamente, ma non hanno potuto rimanere di più. Gente come Sayid, Silvia e Lionel, dopotutto, non se l'è sentita di annullare impegni, spostare voli e cancellare appuntamenti. Ed è totalmente comprensibile.

Ma noi della 10^A siamo ancora qui, disposti a tutto pur di sapere per primi quale destino è in serbo per Lori... anche se l'attesa sembra infinita. Quanto dovremo aspettare ancora, per avere una buona notizia?

Non so che diavolo stiano combinando i medici lì dentro, fatto sta che ogni quarto d'ora qualcuno dei nostri sale per scendere poi con l'ennesimo: "Niente di nuovo."

Niente di nuovo... e io non posso che starmene qui con le mani in mano a pensare.

Pensare, sì, esatto.

Ditelo che siete stanchi di leggere i miei pensieri, su, coraggio. Ditelo che ho ubriacato di cazzate pure voi. Non me la prendo, ormai è un dogma universale.

E vi dirò che con tutto lo sconforto delle ultime ore, ero quasi arrivata a silenziare la mia testa, ma adesso è tutto ciò che mi è rimasto e, come sempre, mi ci sento a mio agio dentro.

In particolare, sto pensando a quei ragazzi di poco fa, alla loro storia ancora tutta da scrivere e poi alla mia, di storia.

Ripenso a quello che stavo per fare, prima della telefonata di Tommi, in stazione... al perché lo stavo per fare...

Sono stata davvero una scema a convincermi di quella sciocchezza. 

Coraggio, dai, è ora di ammetterlo: non è vero che non ho mai detto a Mattia che lo amo.

Gliel'ho urlato.

E se anche per caso non dovesse aver sentito, non è comunque un concetto a lui sconosciuto. Quella sarebbe solo una scusa verso me stessa per giustificare la sua partenza.

Ma la realtà è che gliel'ho detto mille volte e in mille modi diversi.

Gliel'ho detto quando ho accettato la sua richiesta di dargli ripetizioni, gliel'ho detto quando l'ho baciato per la prima volta fuori dalla palestra di Ai, gliel'ho detto tra ogni sospiro mentre facevamo l'amore. Gliel'ho detto quando ho rinunciato a uscire con Lionel Sanchez, quando sono corsa in ospedale per l'incidente di sua sorella, quando abbiamo guardato gli alianti sfrecciare nel cielo della Grecia. Gliel'ho detto quando mi sono arrabbiata perché non capiva i sillogismi e quando ha ballato con me alla festa di Vacca. Gliel'ho detto quando l'ho baciato alla festa dell'anima gemella, quando l'ho trovato ai mulini dopo la sua fuga, quando ho asciugato le sue lacrime per il divorzio dei genitori. Gliel'ho detto quando ha trasformato un orecchino in anello sulla spiaggia, quando abbiamo inscenato la morte di Ai e quando non volevo assolutamente che partisse per l'accademia.

Gliel'ho detto ogni volta che invece di andarmene, io sono rimasta. Gliel'ho detto piangendo di fronte alle sue cicatrici di guerra, ma lasciando che se ne andasse a procurare di nuove. Gliel'ho detto quando mi sono innamorata di lui per la milionesima volta, in una piscina, tra le lenzuola, davanti a una folla di invitati ad un matrimonio.

Gliel'ho detto in ogni singola cazzata che ho combinato, in ogni singolo sbaglio fatto solo per lui, in ogni singolo 'idiota' pronunciato con un sorriso.

Se anche quel giorno non mi avesse sentito, Mattia sa benissimo che lo amo.

E quindi doveva semplicemente rimanere.

Per una volta... doveva rimanere.

"Ehi, Nel..." Federica mi ha chiamato a bassa voce.

È seduta a fianco a me e mi sta guardando.

Io le sorrido.

Lei non sa che dire.

Fissa la mia mano per qualche secondo, poi inspira e decide di stringerla.

Mi fa piacere questo gesto. È inaspettato da parte sua, ma mi serve tanto. La stringo più forte che posso, mentre i miei occhi se ne vanno alla ricerca di qualcuno tra la folla che non vedrò mai.

Vi chiedete se in me esista ancora un piccolo, pazzo, moribondo, barlume di speranza di vedermi capitare qui Mattia, in nome del nostro amore, o anche solo dell'amicizia con Lorenzo?

Sì.

Sì, un po' ci spero.

Ma è tipo il mio sogno disperato, un non plus ultra della mia stessa fantasia, che fa partire questo viaggione, dove ora Ilenia scende, dice che Lorenzo sta bene, noi ci alziamo per festeggiare e in quel momento, al di là dello stormo di piccioni alzatisi in volo per lo scompiglio, compare lui.

Lui, bello, ancora vestito da soldato, ma ormai in ritardo per il suo volo per la Siria.

Lui che ci vede esultare e sorride, poi con lo sguardo cerca e me e quando mi trova, si lascia scendere una lacrima sul viso.

Io, allora, corro verso di lui e appena lo raggiungo, la folla ormai radunata attorno alla scena, mi getto tra le sue braccia e lo stringo fortissimo, a più non posso, piangendo: "Mattia, sei tornato!"

E a quel punto...

"Nelli, mi stai facendo male."

Che?

"Nelli!" Federica ritrae la sua povera mano, massaggiandosi le dita. "Mi volevi rompere le falangi, per caso?"

Cacchio.

Che palle questa stupida fantasia!

Gemo, chiudendomi le gambe tra le braccia.

"Mi spiace, ragazzi." annuncia Ilenia, tornando a sedersi vicino a Shy, nel suo posticino qui sul cemento. "I dottori non sono ancora usciti dalla sala e l'unica cosa che Chiara è riuscita a farsi dire è che sembra essere un'operazione più difficile del previsto."

Bene, tutto questo apporta nuova disperazione alla nostra anima. Gioiamo insieme.

"Sentite, gente." se ne esce Eva, bloccando lo schermo del tablet che stava consultando fino a un secondo fa. "Tutto questo mi sta facendo riflettere su una cosa importantissima."

Ha catturato la nostra attenzione; la stiamo fissando tutti.

"Che la vita è troppo breve e fragile per darla così per scontata."

"Cosa intendi?" domanda Francesco.

Eva si mette un po' più comoda, facendo in modo di vedere tutti per bene: "Che non dovremmo lasciare cose in sospeso, che dovremmo cercare di vivere dando un senso ad ogni nostro respiro, prima che ci ritroviamo improvvisamente in queste brutte situazioni. Voi due, per esempio." prende spunto direttamente dal rosso, e lo indica includendo anche Alessandra. "E ditelo che vi piacete da anni e che state praticamente insieme!"

Alessandra si scandalizza: "Io sono fidanzata con Johannes!"

Eva si dipinge in faccia un sorrisetto provocatorio: "E dov'è, adesso?"

La rossa tace, Francesco la guarda come se le parole di Eva fossero le stesse che anche lui stava pensando.

Eva si alza in piedi: "Fanculo Johannes. Stai con Francesco, se ti piace Francesco."

Lui ride e lei arrossisce, ma tutto sommato, si guardano e sembrano concordi con l'ultima affermazione.

"Ilenia." Eva si volta di scatto per intercettare la nostra amica con i codini. Lei si sente chiamata in causa e fa una smorfia.

Questa cosa inizia a farmi paura... sembra una sorta di gioco malato, come quelli che ogni tanto si fanno tra di noi. Tuttavia, il fatto che la gestione sia nelle mani di Eva e che si sia deciso di giocare proprio ora mi mette ancora più ansia del solito.

"Sei una ragazza con le palle. Ti sei arrangiata da sola e hai sempre portato avanti la tua passione. Diventerai un'attrice pazzesca e non grazie ai miei articoli di giornale, ma perché hai talento e coraggio da vendere."

Ilenia si lascia intenerire con un 'aww' gongolante.

"Sei anche lesbica; ammettilo una buona volta, così almeno Shy potrà finire ciò che ha iniziato quella sera, a casa di Magno."

Tutti ragazzi presenti saltano sull'attenti, e parte un coro di 'Che hanno fatto Ilenia e Shy quella sera a casa di Magno?'.

Ma queste sono informazioni confidenziali tra donne.

Difatti Shymée reagisce con la sua tipica diplomazia, riportando ai maschi i singoli fatti, che raccontati in questo modo, fanno sembrare la vicenda decisamente meno epica. Alla fine del suo spoglio resoconto, comunque, mentre i gli uomini si dichiarano delusi, lei ed Ile si fanno un fugace occhiolino che riporta tutto a quell'atmosfera infuocata da trauma ovarico certo. Giuro che farò un bambino solo per darlo in adozione a loro due.

"E invece tu, Pierpaolo." prosegue Eva, senza placare il suo giudizio universale. "Tu sei ossessionato dall'essere un uomo rinascimentale che tutto conosce e tutto ha tra le mani. Ma stai seriamente inseguendo la strada giusta?"

Pierpaolo guarda in basso, senza rispondere, e allora mi preoccupo di tenere d'occhio Fede, approfittandone per restituirle la stretta di poco prima.

"Cristiana, Diego." i due si scambiano uno sguardo, incerti su quale potrebbe essere la loro dose di rimprovero. "Sposatevi."

"Oh no, un altro matrimonio?" si lamenta Alessandra.

"So che avete invidiato Gloria e Magno per tutto il tempo. E allora, fatelo anche voi. Che vi costa?"

"Potenzialmente migliaia di euro." fa notare Magno.

"Non per forza." lo corregge Eva. "Potete farlo anche nel retro di una bottega, se è per questo. L'importante è che lo facciate ora, finché vi amate." e quindi si volta verso Giorgia: "Non perdete d'occhio la famiglia. Quella è sacra."

"E tu che pensi di fare per dare senso alla tua vita?" ribatte quindi lei, un po' infastidita.

"Beh, quanto a me, basta restare sempre e solo in superficie. Voglio andare più a fondo... di me, della mia vita. Iniziare un progetto mio e basta." lancia uno sguardo a mio fratello, stupendomi con il grado di confidenza che gli riserva, come fossero grandi amici: "Ognuno dovrebbe puntare su quello in cui è forte... è l'unico modo che abbiamo di convivere con il mondo, senza doverlo odiare per forza."

"Eva, devo ammettere che oggi sei proprio ispirata." cinguetta Vacca. "Grazie a te, penso che da ora in poi, spenderò meno soldi in quello schifo di nuova linea di profumi di Cartier. È stata una vera delusione."

Tutti ci prendiamo un attimo di riflessione sulla pochezza di quest'intervento, poi Eva torna alla carica: "Patrizia..."

Ecco, lei era una di quelle che temeva palesemente questo momento.

"Patrizia, so che mi odierai per quello che sto per dire, ma..." e ora si rivolge gravemente ad Amerigo. "È lei la tua Cleopatra, furbone. È vero, ti abbiamo sempre voluto confondere a riguardo, ma la verità è che le piaci e, secondo me, sareste la perfetta coppia di sfigati, quindi... offrile una cena, Marcantonio, e la prossima volta, mio Dio, dai una scossa al tuo cervello di roditore quando ti ritrovi miracolosamente davanti all'unica donna al mondo che ti vuole, va bene?"

I due sono esterrefatti. Credo progetteranno un modo per cambiare veramente le loro identità.

"Quanto a te, Marinella, forse tutti sanno già che cosa ti vorrei dire e forse tu non l'hai ancora realizzato, ma..."

"Ragazzi!"

Ecco, per fortuna.

Proprio quando c'è la grande rivelazione sulla mia inadempienza alla vita, qualcosa mi salva. Un richiamo, che viene dall'entrata dell'ospedale e che fa deviare l'attenzione di tutti dalla sottoscritta.

Meglio così. Non avrei sopportato l'ennesima coltellata nella piaga, non adesso.

Eva mi avrebbe detto che in quanto alla questione Mattia Zingaretti, sono io ad aver sbagliato sin dal principio e che mi sono creata da sola la mia stessa sfortuna: grande verità! A quel punto mi sarei messa a piangere a dirotto e tutta questa scena motivazionale sarebbe degenerata.

Però, sinceramente, forse sarebbe stato meglio una mia crisi che questo.

Chiara, la sorella di Lorenzo, è appena uscita nel piazzale e corsa verso di noi con una faccia sconvolta: "Ragazzi..." ci guarda con i lacrimoni e respirando a fatica.

Se è scesa fin qui in questo stato, ci possono essere solo due motivi: o Lorenzo è uscito da quella sala vivo, oppure il contrario.

E ti prego... ti prego, oh entità suprema che tutto governi e tutto equilibri, fa che sia la prima. Ti prego, fa che sia la prima.

"Stanno cercando di rianimarlo, ma..." la sorella scuote la testa e, povera anima, si regge la fronte come se stesse per svenire.

Non che noi reagiamo in modo molto più stabile.

Ma comunque, è inutile anche solo pensare di fare casino, in questo contesto: Gloria fa automaticamente un passo avanti.

"Vado io."

Lasciamo che sia così, senza lamentele e indugi. Facciamo salire un'unica persona, onde evitare rimproveri, e ci fidiamo di quella più adatta al ruolo. D'altra parte, lei si è offerta perché sapeva che, in ogni caso, sarebbe stata la nostra prima scelta.

Le due ragazze si dirigono nuovamente all'interno, a passo svelto, Gloria che controlla sia l'orologio che le precarie condizioni di Chiara e che, sono sicura, sta ripassando mentalmente tutte le nozioni mediche che sa, perché sarebbe anche capace di intervenire personalmente, se servisse a salvare Lorenzo in extremis.

Per questo è salita lei. E sarà anche lei ad avere il ruolo di ambasciatore della notizia definitiva, che ora come ora si prospetta proprio la peggiore che potremmo ricevere.

Lo stanno rianimando...

Quando le ragazze scompaiono, cala sulle nostre teste un silenzio tombale.

Lo stanno rianimando, oh mio Dio.

Rimaniamo immobili, come statue, temendo che anche solo un gesto possa influenzare la situazione. In questi istanti, in questi precisi istanti, si stanno decidendo le sorti non di una sola sola vita, ma di almeno altre venti ad essa correlate.

Tommaso è così affranto che potrebbe a sua volta lasciare questa terra, se a farlo prima fosse Lorenzo.

Ma ti prego, ti prego, fa che sopravviva. 

Non voglio che il mio migliore amico muoia, ti prego!

Darei in cambio qualsiasi cosa, perché continui a vivere.

Qualsiasi.

Dopo un interminabile quarto d'ora, il suono di una notifica si ripete su tutti i nostri cellulari, creando grande agitazione. Quindi controlliamo senza indugi, temendo si possa trattare di Gloria e del responso che stiamo attendendo febbrilmente.

Certo, beh... io lo faccio anche con una speranza in più.

Quella suicida per cui Mattia possa aver riacceso il maledetto telefono ed essere venuto a conoscenza di ciò che succede qui, nel mondo dei suoi affetti. Esatto, sapete com'è... io, ridicola fino alla fine, ho sempre una recondita, flebile fiammella accesa che mi spinge a credere che se ne accorgerà, e allora si precipiterà qui da noi... da Lori... da me.

Invece non è Mattia. 

E nemmeno Gloria.

Accidenti... è ancora peggio dei due messi insieme.

Si tratta di un altro tipo di messaggio e non ho ancora finito di leggerlo che già si levano cori di commenti dai miei compagni. 

Sono per lo più increduli, ma poi si fanno arrabbiati e infine disperati.

Io non dico nulla.

Fisso le parole di quel messaggio e non dico nulla.

Alla fine, dopo mezz'ora da quando è salita, Gloria ritorna finalmente in mezzo a noi e la vediamo uscire dalle porte dell'ospedale con tutta l'aria di chi sta per dare la notizia più importante, più sconvolgente, più scioccante di tutta la nostra esistenza.

Ecco, fra un secondo finalmente sapremo.

"Ce l'ha fatta!" afferma, sciogliendo la tensione in un enorme, luminoso sorriso. "Lorenzo è vivo!"

"Grazie a Dio!" esclama Tommaso, abbandonandosi in ginocchio e coprendosi il volto con entrambe le mani.

"No, Tommi." lo corregge Gloria. "Grazie alla scienza."

No, penso invece io... grazie a qualcun altro.

Gloria passa in rassegna tutti i nostri volti e si esibisce in un'espressione perplessa: "Beh? Cosa sono queste facce? Non siete contenti? Ragazzi, Lorenzo è vivo, sta bene! Ha superato l'intervento, i suoi valori sono ritornati stabili e il fegato, per ora, sembra voler restare finalmente dove l'hanno messo! È incredibile, sembra quasi..." 

Un miracolo, Glo?

"Ragazzi... che vi prende?"

Per quanto ciò ci abbia reso felici, non stiamo festeggiando come invece ci si sarebbe aspettato.

E siamo davvero, davvero felici, lo giuro. 

Ma quello che Gloria ancora non sa è il testo del messaggio che è da poco arrivato e che sicuramente non ha avuto il tempo di leggere.

Era da parte di Sanjay, il nipote di Ai Zu, e recitava così:

Cari ragazzi,

non avete idea di quanto mi dispiaccia dovervi scrivere questo messaggio, ma sapevo che prima o poi sarebbe stato mio compito, quindi... eccomi qua. Vi scrivo per comunicarvi ufficialmente che proprio in questi ultimi istanti, mio zio Ai Zu, nonché il vostro amato insegnante, ci ha lasciato per sempre. Se n'è andato senza soffrire, nel letto di casa nostra, in Giappone, durante quello che aveva chiamato 'un pisolino ristoratore dopo l'abbuffata di sushi'. Non voglio fare della macabra ironia; è solo il modo in cui voglio che lo ricordiate... così, saggio e positivo, come lo è sempre stato, fino alla fine. Sul suo comodino c'era un biglietto con scritto che mi voleva bene e che se non avessi avvisato anche voi della sua morte, mi avrebbe perseguitato dall'oltretomba. Ha scritto anche che si aspetta di ricevere una grande festa in onore della sua dipartita e che spera sia Marinella ad addobbare la palestra per l'occasione. È per questo che tornerò a Venezia fra una decina di giorni, e mi auguro di potervi vedere tutti all'evento, per dare l'ultimo saluto a mio zio, come lui stesso avrebbe voluto.

Nel frattempo, ragazzi, grazie di tutto. 

E da parte di Ai: addio.

Sanjay

E per quanto vorrei che fosse davvero solo della macabra ironia, nel mio cuore so che stavolta non lo è affatto. 

Alzo gli occhi su Tommaso, che piange di gioia fra le mani per la riuscita dell'intervento, e sono al cento per cento sicura che Ai non sia semplicemente morto. Ai ha scelto di morire, adesso.

Chiamatemi folle, chiamatemi visionaria...

Io sono sicura che oggi sia stata data una vita per una vita. 

So che il mio migliore amico vivrà, e so che, in parte, con un pizzico di romanticismo alla Marinella Argenti e una buona dose di viaggioni mentali, è merito di Ai Zu.

Se ci pensate, è proprio da lui.

È il tipo di addio che mi sarei aspettata. È il suo modo di essere immortale, pur essendo solo un uomo.

E ora, miei cari, si aprano i rubinetti.

***

QUARTO BREAK


Sono pronta a ricevere il vostro odio. Prontissima.

Mi dispiace tanto tanto tanto e davvero, da vostra amica, vi chiedo scusa.

Sono la prima che non avrebbe MAI voluto scrivere una cosa del genere, ma, ehi... questa non è la mia storia e non posso costringerla nei limiti di quello che io vorrei. Un po' come la realtà, purtroppo.

E la realtà è che, comunque, Ai Zu è un personaggio che ha reso unico "Io e te", ma che data anche la sua età e i suoi problemi di salute, prima o poi avremmo dovuto salutare per sempre. Quando ad alcuni di voi avevo mandato lo spoiler del secolo dicendo che ci sarebbe veramente stata una morte tra i personaggi di "Io e te", mi riferivo a questa.

Ora capisco che qualcuno forse si arrabbierà o non vorrà più proseguire o non lo so.

Io confido comunque nella vostra infinita comprensione e, per coloro che resteranno sintonizzati ancora per l'ultimo paragrafo, voglio inserire un piccolo disegnino scemo che spero faccia tornare un minimo di sorriso. 

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Ecco, questi due sono anche i protagonisti del banner con il titolo e potrebbero essere intesi come Ginny e De Marinis, di cui avete letto poco fa, ma anche come un flashback di Nelli e Mattia, o chi sa di voi stessi e il/la vostro/a compagno/a di classe che vi ha rovinato la vita XD

Quanto al perché io abbia scelto di rappresentare proprio loro come simbolo del capitolo, beh, mi sembra chiaro che siano davvero troppo evocativi e ricchi di richiami. Quanto al perché io abbia scelto questi nomi, lo vedrete dopo nelle note d'autore, e quanto al se e quando ci sarà la possibilità di leggere qualcosa a riguardo, non escludo nessuna ipotesi :)

***

Ormai è sera, tarda sera, e tutti sono tornati a casa.

Le condizioni di Lorenzo si sono definitivamente stabilizzate e quindi gli spettano ore e ore di pacifico sonno. Non lo sveglieranno almeno fino a domani; ha bisogno di tanto tempo per riprendersi, ma comunque... ce l'ha fatta.

Nessuno di noi è potuto entrare nella stanza dove lo stanno monitorando, nemmeno la famiglia, ma confido che presto ne avremo modo e sarà allora che finirò la mia lista di insulti. Ne mancano ancora un bel po' prima che mi possa ritenere soddisfatta della mia spedizione punitiva: anche se tutto, alla fine, si è risolto, non mi è comunque ancora andata giù la sua decisione di affrontare quest'ostacolo completamente da solo.

Lorenzo è proprio una primadonna, non c'è che dire, e con oggi ha messo fin troppo a dura prova la nostra benevolenza. Se si aspetta che non lo picchierò solo perché è allettato, si sbaglia di grosso. Anzi, a dire il vero, sono ancora mezza convinta di volerlo uccidere con le mie mani. Gli auguro che la notte mi porti consiglio, anche se non ci spererei troppo.

Accartoccio il pacchetto di cracker che ho appena finito di mangiare e ficco la carta nella tasca dei jeans. Poi, accusando il freddo di queste folate di vento serale, mi racchiudo nelle braccia, continuando a fissare il canale.

A quest'ora ci passano le barche a motore; pescatori che tornano a casa dopo la giornata di lavoro, o gruppi di turisti delle isolette, il cui tempo per la bella vita è terminato. 

Così le acque risultano molto più mosse che di giorno e, con il sole che ormai sta per sparire dietro all'orizzonte, regalano questi ultimi luccichii rosati che sembrano agitarsi come in una palla da discoteca.

"Tieni." 

Sulle mie spalle si posa qualcosa di estremamente caldo, dandomi un'inaspettata quanto piacevole sensazione di sollievo.

Non volevo che si notasse troppo, ma essendo stata fuori tutto il giorno e con le chiappe appiccicate al lastricato veneziano, stavo ormai letteralmente andando in ipotermia.

Alzo gli occhi sul mio salvatore e gli sorrido per avermi coperto con la sua giacca: "Grazie."

Anche se non ha il minimo senso, Tommaso e io siamo gli unici che hanno insistito per rimanere.

Già un'ora fa gli altri hanno deciso di tornare finalmente dalle loro famiglie, poiché i medici ci hanno detto che potevamo andarcene a cuor leggero. Ma noi due avevamo delle ragioni per accamparci qui... o comunque, per non tornare.

Quanto a Tommi, sono certa che non si sia lasciato convincere al cento per cento da quel 'a cuor leggero'. Dopotutto, sono passate solo poche ore e nonostante le rassicurazioni, vuole rimanere a fare la sentinella del Santi Giovanni e Paolo, nel caso insorgesse qualche problema dell'ultimo minuto. I genitori di Lori passeranno la notte qui, ma Tommi non si fida davvero di nessuno.

Quanto a me, invece, sono stata implorata da tutti di tornare a casa e riposarmi. In primis da Davide, ma poi anche da Fede e Marco, che mi ci avrebbero portato addirittura di peso. Alla fine, però, si sono accorti che non ne avevo la minima intenzione, quindi hanno lasciato perdere e, mestamente, hanno capito che avevo bisogno di fare quel cavolo che mi pareva, da sola, sebbene stupido e potenzialmente pericoloso.

Certo, restare seduta a guardare il mare fuori da un ospedale non è pericoloso, ma restare sola con i miei pensieri e la mia angoscia, beh... quello sì. Capisco possa preoccupare chi mi conosce molto bene.

Tranquilli, comunque.

Dopo oggi, non farei certamente alcun tipo di gesto estremo.

Posso anche essere un po' melodrammatica, a volte, ma fino a un certo punto. Sono d'accordo con ciò che Eva ha ricordato poco fa e, soprattutto, so che è arrivato il momento di arrendersi una volta per tutte.

Basta tentativi.

Sono troppo distrutta anche solo per alzarmi da qui, figuriamoci per un ennesimo, folle, colpo di testa. E poi, in ogni caso, sono le sette. Qualsiasi autobus, treno o aereo volessi fermare, ormai è partito per sempre.

Mi volto verso Tommaso, che si è seduto al mio fianco sull'argine del canale.

Non ha ancora detto nulla.

I suoi occhi, come i miei, sono contornati di rosso e iniettati di sangue, e vagabondano da un po' senza trovare un posto in cui fermarsi.

Abbiamo pianto molto, oggi, e gli astri di Paolo Fox prevedono che continuerà ad essere così anche nelle prossime settimane. Prima ho scaricato la sua app; dato che Ai è morto, ho disperatamente bisogno di trovare un nuovo spirito guida, tipo... subito.

Paolo Fox mi è sempre stato simpatico.

"Come stai?" domando stupidamente al mio collega. Mi sento un po' a disagio nell'averlo così vicino; dopotutto è Tommaso Fiore, potrebbe accidentalmente spingermi in mare da un momento all'altro.

E beh, non sarebbe così male, in effetti. Potrebbe terminare le mie sofferenze lasciandomi comunque la possibilità di morire da brava persona.

Già vedo il titolo sulle testate di giornale: Fedele amica riunisce due ex fidanzati per poi essere crudamente assassinata da uno di essi. I funerali domani, con proclamazione di santità presso il cimitero monumentale del Verano, a Roma. Verrà tumulata accanto alla tomba di Giuseppe Ungaretti e quella della famiglia Garibaldi.

Troppo presuntuoso? Troppo presuntuoso, decisamente.

"Oggi è stata una delle giornate più assurde della mia vita." prorompe allora Tommaso, con un tono della voce sommesso, quasi impercettibile a causa dello sciabordio delle onde, i motori delle barche e l'ininterrotto vociare dei turisti.

"Pensa, io ne ho a migliaia così." ribatto, vetusta nell'anima.

Lui pondera per un po' l'affermazione, poi lancia un'ipotesi: "Dev'essere qualcosa che attiri." 

Inutile dire che la cosa mi offende profondamente.

Lo so benissimo che attiro i disastri, ok, Fiore? Non serve che me lo ricordi tu, alla fine del giorno in cui è vissuto il mio migliore amico, ma è morto il mio migliore insegnante e ho perso l'amore della mia vita.

"In ogni caso, penso che abbiamo storie molto simili, tu e io." aggiunge, tirando su con il naso. "Quando Lorenzo mi ha lasciato per seguire la sua strada e trasferirsi a Modena, non potevo accettarlo. Ho passato cinque anni chiuso nel passato da cui non riuscivo a staccarmi. Poi, quando ho avuto l'occasione di riavvicinarmi a lui, ho scoperto che stava accadendo solo per aver modo di soffrire ancora di più. Per accorgermi di quanto male gli avevo fatto, pur avendolo sempre e solo amato da pazzi."

Si gira verso di me e mi guarda: "Ti ritrovi?"

"Mi ritrovo." ammetto, stringendomi nella sua giacca di pelle come se potesse diventare il mio nuovo guscio e io mi trasformassi in una tartaruga che mai più uscirà all'aperto di questo mondo crudele.

"Oggi ero matematicamente certo che Lorenzo sarebbe morto." prosegue. "Per quello che avevamo vissuto insieme, per tutte le occasioni che ci eravamo fatti scappare e per quell'assurda incapacità di gestire i sentimenti. Ecco, per questo, ero convinto che sarebbe morto. L'amore è qualcosa di talmente potente che non si può spiegare; quando arrivi a convincerti che non l'hai capito e che, quindi, non fa parte di te, si trasforma in tutto ciò che di peggio possa esistere."

"Dici che il problema, quindi, è che non capisco l'amore?"

Tommaso annuisce: "Nessuno lo capisce. E allora prendiamo paura, ci impanichiamo, facciamo grandissime cazzate. Come ogni volta che alla verifica, pur avendo studiato, non sappiamo come rispondere alla domanda e scazziamo di brutto."

"Dove vuole arrivare il tuo ragionamento?"

"A dire che non è colpa nostra se non capiamo l'amore." risponde. "Ma colpa dell'amore in sé, se è così complicato."

Annuisco lentamente, sorridendo alle luci che vengono dall'acqua e ricordando le parole mezze inventate e mezze copiate di Mattia.

L'amore è semplicemente complicato.

"Sono d'accordo. Ma non mi fa sentire affatto meglio."

"Lo so." sospira lui. "Spero solo che le nostre due storie continuino ad essere simili fino alla fine."

"È uno 'speriamo che Mattia non muoia, come non è morto Lorenzo?'"

Tommaso si mette antipaticamente a ridere: "No, è uno 'speriamo che l'amore non muoia'. Perché è quello che, al di là di tutto, ci fa sentire davvero vivi."

Detto questo, si mette una mano nella tasca ed estrae il suo pacchetto di cracker. Ce li ha portati Chiara poco fa, sono quelli schifosi senza sale delle macchinette dell'ospedale.

"Grazie per prima." butta lì, addentando la sua scarna cena.

"Grazie per la giacca." ribatto, un po' allucinata.

"Me l'hai già detto." annuisce, senza sprecare altra preziosissima e limitatissima bontà.

E quindi torno ad osservare il paesaggio, stanca e leggermente perplessa da questa conversazione, che anziché portare luce su qualche aspetto della mia inetta esistenza, ha reso ancora più buio il criptico personaggio di Tommaso e l'assurdo tema dell'amore.

È ovvio che il mio amore non morirà mai. 

Potrà anche morire il microcefalo, se vuole, ma il mio amore per lui vivrà oltre ogni avvenimento.

La sua morte, la mia morte, la morte di chiunque.

Perché l'amore, beh, questo amore, è immortale. 

Che cosa crede, Tommaso, di avermi raccontato qualcosa di nuovo?

Scuoto la testa, studiando le increspature che disturbano le alghe ancorate al cemento.

L'ho pensato anche di Ai, che in realtà è un po' immortale. Perché, dai, è la verità, è un tipo così trascendentale che il suo spirito non scomparirà mai.

E le sue parole... i suoi principi... chi li dimentica?

Se mi concentro, lo sento ancora enunciarli in palestra, con un eco fastidioso, una puzza immonda di calzini, ma, soprattutto, con un amore indescrivibile. Amore verso il karate, verso la vita, verso i suoi studenti.

Se fosse qui, Ai direbbe che i nostri corpi sono destinati a durare per poco, ma quello che viviamo attraverso di essi può rimanere per sempre. 

Quello che impariamo, quello che insegniamo, quello che riceviamo e che diamo. Il nostro amore verso gli altri, o anche solo verso noi stessi va oltre qualsiasi limite fisico, o temporale. L'amore verso i fratelli, i genitori, gli amici, il proprio corpo, la propria anima, uno studente, un nemico, una persona speciale.

Se l'amore è vero, le persone lo ricordano, lo celebrano, lo tramandano.

Lo scrivono.

Sorrido.

Ok, quindi non è vivere che conta, ma farlo con amore?

Beh, in questo caso allora sono tranquilla. In questo caso, sono immortale pure io.

Mi volto di nuovo verso Tommaso e i suoi secchissimi cracker. 

Forse era proprio questo che intendeva dire.

Che, indipendentemente da dove saremo, da quanto avremo sbagliato, dal rischio di non vedersi mai più, comunque il nostro amore c'è e ci sarà per sempre.

Ovvio che non mi auguro che uno di noi muoia, ma il punto è che... se anche dovesse succedere, di fatto non moriremo mai.

Perché abbiamo amato e finché non smetteremo di farlo, noi saremo immortali.

Poso una mano sulla spalla di Tommaso e mi aiuto con una spinta per rialzarmi in piedi. Mentre mi osserva, mi tolgo la sua giacca e gliela rendo con un sorriso: "Torno a casa."

"Va bene."

"Sicuro che resti qui da solo? Vuoi passare da me per qualcosa di più buono di questi cracker ipocalorici?"

Lui scuote educatamente la testa: "No, preferirei restare qui, ma grazie lo stesso."

"D'accordo." faccio, sgranchendomi le braccia e le gambe. "Ci vediamo alla festa di Ai."

"Alla festa per Ai."

Io mi chiudo nella spalle, come a dire: è indifferente. 

Gli faccio un cenno in saluto e poi mi incammino verso casa con un sorriso abbozzato sulle labbra.

Magari è solo quella fase del lutto in cui ti sembra di aver raggiunto delle grandi consapevolezze, eppure... eppure quando ho pensato di essere immortale, ho immaginato il viso rugoso di Ai che mi faceva l'occhiolino.

Sì, credo proprio di sì.

Credo che, anche se oggi ho perso due grandi affetti su tre e da domani sarà tutto diverso, più brutto, più difficile e più doloroso, in fondo devo essere felice di non aver perso quello in cui credo e in cui ho sempre creduto.

L'amore.

E... beh, me.

Una magra consolazione, ma almeno adesso torno a casa, dove c'è ad aspettarmi il cuscino che accoglierà tutto il mio dispiacere, come lo ha accolto fin da quando ero solo una bambina che si attaccava al letto i principi del supplente di ginnastica e, rileggendoli dopo la lezione, non ci capiva ancora assolutamente nulla.

***


ANGOLO AUTRICE

Triste, non c'è che dire.

E' stato un capitolo triste. Ma quale non lo è stato finora?, osserverete voi. E non posso darvi torto.

Non penso ci siano cose che io potrei dire che potrebbero farvi accettare quanto accaduto fino a questo punto, però spero che sia stata comunque una bella avventura.

Ora devo dirvi una cosa e vi prego di mantenere assoluta e imperturbabile calma.

Il prossimo sarà l'ultimo capitolo.

Non c'era un modo per comunicarvelo girandoci attorno. E' meglio così: si strappa il cerotto velocemente, ché fa meno male. Avevo detto che per evitare speculazioni non vi avrei rivelato quanto mancasse alla fine, ma, in realtà, le speculazioni che volevo evitare erano riguardo questo capitolo. Ora che l'avete letto, posso tranquillamente dirvi che seguiranno due pubblicazioni: il capitolo finale e l'epilogo di "Io e te è grammaticalmente scorretto".

Panico.

Quindi sì, i capitoli totali di questa storia saranno 22, inclusi il numero 1 (prologo) e il numero 22 (epilogo) e considerato che siamo al numero 20, mi aspetto che facciate tonnellate di speculazioni. Ma non importa.

Il finale che andrete a leggere è stato deciso ormai secoli e secoli fa; potrebbe essere di qualsiasi tipo e intensità, con qualsiasi colpo di scena o bastosta finale. Non aspettatevi nulla, consiglio, oppure aspettatevi di tutto. In fondo... che cosa potrebbe mai succedere, adesso?

#daffyalimentalodioneisuoistessiconfronti #daffyalimentalespeculazioni #daffyèunacacca

Per capitoli e capitoli mi sono sentita dire: sei una stronza, non puoi lasciarci così! E mi rendo perfettamente conto che avete ragione. Ma ormai siamo arrivati davvero alla fine e quindi non c'è ragione di non sopportarmi ancora per un po'. Poi, prometto, leverò il disturbo e potrete liberamente denunciarmi per i traumi psicologici che vi ho causato.

In quanto al quando di tutta la faccenda, purtroppo ancora una volta non ho date precise per le mani. E' un periodo indaffarato, ma comunque sapete che non voglio protrarre la cosa oltre il 2018, quindi aspettatevi la pubblicazione nei prossimi giorni. Ovviamente farò in modo di avvisare il più possibile, così da non provocare infarti dell'ultimo minuto. Vi terrò aggiornati su Telegram, Facebook, Instagram, Wattpad e tramite notiziari speciali su canale 5. Rimanete sintonizzati, mi raccomando.

E ora, prima di salutarci in modo lacrimoso, vorrei solamente ritagliare uno spazietto per un pugno di personcine speciali.

Vedete, da quando lo sclero ha invaso Telegram con il gruppo Grammaticalmente Scorrette (che a storia conclusa, io rinominerei Psicologicamente Danneggiate) si sono venute a creare delle bellissime storie di minacce e amicizia. Qualche giorno fa, mentre mi stavo dedicando alla scrittura di quest'ultimo rovinoso paragrafo, su tale gruppo è arrivato un regalo per me, che io avevo indirettamente richiesto e che le ragazze del gruppo mi hanno prontamente preparato.

Si tratta di una OS, non una qualsiasi, ma una che contiene 10 utilissime, indispensabili regole affinché se anche voi siete Marinelle Argenti come me, dovete seguire per evitare tutto questo. E intendo proprio tutto, dal capitolo uno di "Io e te 1" all'ultimo capitolo di "Io e te 3". I protagonisti della storia sono infatti una Nelli e un Mattia qualsiasi, di cui, guarda caso, avevo scritto proprio in questo capitolo, dando loro nomi a caso ché tanto, non importa come si chiama, una rosa avrà sempre il profumo di una rosa, come Nelli e Mattia hanno l'idiozia di Nelli e Mattia. Dunque se questa Ginevra e questo De Marinis (Nicola) vi hanno incuriositi, andate a controllare la raccolta di OS nei prossimi giorni e potrete scoprire anche voi come innamorarsi di un idiota in 10 semplici mosse.

Vi voglio bene, gruppo pazzo. E voglio bene anche a tutti i miei lettori che non si palesano, ma che comunque, mi hanno sopportato con pazienza fino a qui.

Non vi deluderò,

Daffy


***


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Capitolo 21
*** La mia fantastica realtà ***


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E' tutto così assurdo.

Sono passati sette anni. Sette. Ho pubblicato il primo capitolo di "Io e te" nel 2011. Sto pubblicando l'ultimo nel 2018. Non ce la posso fare.

Preparate tonnellate e tonnellate di fazzolettini.

Di avvertimenti speciali per questo capitolo non ce ne sono molti: è lunghissimo, ha solo due break e, niente, vi consiglio di prendervi un momento tutto per voi per poterlo leggere con grande attenzione. Essendo l'ultimo di una serie infinita, conterrà qualche riferimento a scene passate, che riguardano sia "Io e te 1" che "Io e te 2". Quindi, magari, se li avete a portata di mano è meglio così potete andare a controllare, ma sono tutte cose piuttosto significative che ormai sappiamo a memoria.

Ho fatto fare a Nicole e Angelica solo un disegno a testa per non spoilerare loro nulla. Non ho creato momenti social. Non ho fatto betare il capitolo da Ellie, come al solito perché avevo fretta di pubblicarlo e così sono davvero l'unica a sapere - e aver sempre saputo - il finale. Miei amatissimi lettori, indipendentemente da come finirà, io vi ringrazio infinitamente. Come mi ha suggerito recentemente qualcuno, non è il finale che ci ha fatto amare questa storia - grazie per essere stati con me per tutto questo tempo e fino ad ora.

Ah, e non dimenticate che a questo capitolo seguirà un epilogo che pubblicherò dopo Natale. Ma comunque il gran finale è questo qui. Perciò, niente... buona lettura e buona fortuna a tutti! Vi voglio un bene infinito.


Riassunto della puntata precedente: Lorenzo è proprio uno stronzo: non ha avvisato nessuno dei presenti, ma quando ha lasciato la villa era per correre a fare il trapianto. Ovviamente, non è andata così bene. Ecco che cosa ha bloccato Nelli e la sua corsa verso Modena: Tommaso, avendo scoperto la verità, ha richiamato i ragazzi all'ordine. Tutti si sono precipitati all'ospedale per assistere Lorenzo nel secondo tentativo di trapianto, ma non sono stati accolti propriamente bene, così, grazie a un incredibile piano marinelliano, solo Nelli e Tommi hanno avuto la possibilità di entrare. Le ultime parole di Tommaso a Lorenzo sono state un 'ti amo' e poi sono seguite ore di pura agonia. I ragazzi, seduti di fronte all'ospedale hanno atteso finché non è arrivata la miracolosa notizia: Lori ce l'ha fatta! In compenso, però, il loro amato insegnante di ginnastica, Ai Zu, se n'è andato nel sonno. Un messaggio del nipote, Sanjay, avvisa la classe di questo e non fa altro che mandare ancora più giù la nostra protagonista. Nelli ha il cuore in mille pezzi e lo racconta a Tommaso prima di tornarsene a casa: anche se è certa che la vita di Lorenzo sia stata scambiata per quella di Ai, non riesce ad accettare questa morte, né l'idea di aver perso persone a lei care, come, un esempio a caso, Mattia Zingaretti. In tutto il caos di quella giornata, Nelli non è riuscita a salvare la sua situazione e Mattia, come se non bastasse, non ha mai accesso il telefono e ricevuto tutti i messaggi che lei ha tentato di fargli arrivare. Al contrario del 'ti amo' di Tommi, quello della nostra protagonista non è che una frase dispersa nell'aria e ora che le sorti di ognuno sono state decise, non le resta che addobbare una palestra per un funerale e impiegare il resto delle energie a piangere. L'amore è immortale, questo l'ha capito, ma per il momento non è che una minuscola consolazione di fronte a tutto quello che ha perso per sempre.






"Io e te" è semplicemente complicato 

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La mia fantastica realtà

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"Adoro il porto, mi ha sempre dato l'impressione di un punto di partenza. L'origine di una semiretta, la cui fine non si vede all'orizzonte." 


- Micol Agio, in arte Yellow Daffodil, Io e te è grammaticalmente scorretto

(scusate, dovevo farlo)

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Non sono molto a mio agio vestita di nero, ma ero così indecisa su cosa indossare prima di uscire di casa, che alla fine ho optato per l'abbigliamento più prevedibile.

Ok, siamo tutti d'accordo sul fatto che non sia una festa vera e propria, quindi il vestito con i boa gialli cuciti sugli orli sarebbe stato fuori luogo, ma d'altra parte non è nemmeno un funerale vero e proprio, quindi in un certo senso mi sono pentita di aver prediletto un colore così funebre.

A mia discolpa posso dire che trovare una mise scura, ma non troppo, allegra, ma non troppo e, in generale, che non mi facesse sembrare grassa, era impossibile. Per questo motivo, alla fine, ho gridato al mio riflesso 'Non sarai mai una modella!' e ho scelto il vestito nero.

L'ho abbinato con le calze dello stesso colore e le Mary Jane dello stesso colore e, Enzo e Carla mi perdonino, pure lo scialle dello stesso colore. Insomma, se uno mi vedesse senza sapere nulla, direbbe che sto sicuramente andando a un funerale.

Ma io non sto andando a un funerale; sto andando alla festa di Ai Zu. 

Perciò, se qualche impertinente mi dovesse fermare per strada chiedendomi che ci fa una ragazza variopinta come me vestita di nero, io risponderei che sto andando a una fantastica festa.

Solo che si celebra un morto.

Scuoto la testa, sforzandomi di finirla con questo monologo da teatro dell'assurdo.

È meglio che mi ripigli e anche in fretta, dato che, prima di andare alla palestra, ho intenzione di fare tappa all'ospedale Santi Giovanni e Paolo per un saluto a Lorenzo.

Sono passati dieci giorni da quando è stato operato per la seconda volta e da allora le sue condizioni sono andate in continuo miglioramento. Contrariamente a quanto previsto, però, hanno dovuto mantenerlo dormiente più a lungo; è rimasto in coma farmacologico per svariati giorni, poi l'hanno svegliato e ora sta lentamente recuperando. Ancora non si alza e passa la maggior parte del tempo a dormire, però è decisamente più in forma; legge riviste gay, gioca a Candy Crush e me lo racconta su Whatsapp, perché nel resto del tempo si annoia.

Alla fine, l'ordine di restrizione nei confronti miei e di Tommaso è stato annullato dai medici stessi. Ci siamo riguadagnati il diritto di visitare il nostro amico quando ci pare, anche se per il mio compagno non è comunque così facile come per me, dato che, a differenza dei dottori, la famiglia Castelli è ancora del parere che Fiore debba stare ben lontano dal loro prezioso figliolo.

Infatti, che io sappia, il Romeo della situazione è riuscito a irrompere segretamente in ospedale solo una volta. Ma è andato completamente alla cieca e Lori, comunque, era ancora troppo k.o. per ricordarselo.

Quando entro nella stanza di Lorenzo, dopo quarantamila piani che le Mary Jane hanno pregato di fare in ascensore, scopro con sollievo di essere sola; di certo, i suoi genitori sono carini con me, ma non mi stanno poi troppo simpatici. Come per Davide, allo stesso modo anche per me è spiacevole sapere che hanno posto dei divieti nei confronti di Tommaso, sebbene siano genitorialmente comprensibili e prevedibili in una situazione del genere.

È sempre molto dura perdonare chi ha messo in pericolo qualcosa che ci sta tanto a cuore. Se questo è un figlio, poi, può diventare addirittura impossibile.

Lori è ancora ubicato in una camera singola e attualmente sta dormendo, nonostante un raggio di sole gli colpisca direttamente l'occhio sinistro. Dunque, mi faccio avanti a passo lento, cercando di non sbattere troppo i tacchi e lanciando un'occhiata al mio riflesso sul vetro della finestra.

Caspita, sto veramente bene vestita di nero. Mi snellisce così tanto che non so perché mi ostino a vestirmi quotidianamente da Moira Orfei, mischiando colori a caso e fantasie avvilenti anni '90.

Oppure sarà che...

Mi posiziono di lato, posandomi una mano sulla pancia.

Caspita; in realtà, sono dimagrita.

È vero che io tendo sempre a far dell'ironia sulle mie rotondità, ma tutto sommato, non mi sono mai dispiaciute troppo. Ora, infatti, specchiandomi così, sono costretta ad ammettere che ho perso peso e non mi ritrovo nel riflesso che vedo di fronte a me. 

Le rotondità saranno anche un po' scomode, a volte, ma sono parte di Marinella Argenti e non voglio perderle del tutto. Che poi, ehi, non è che da un giorno all'altro sono diventata Cara Delevingne, però un po' di spessore, di sostanza, se n'è andato.

Forse ha voluto accompagnare quel pezzo di cuore che ho perso? Chi lo sa.

C'è da dire che sto facendo una fatica enorme a riprendere appetito, o anche solo la gioia di vivere, ma ci sto lavorando. Penso che il mio fisico abbia bisogno di riassestarsi dopo la recente batosta morale, anche se, questo è poco ma sicuro, non sono il tipo di persona che si lascia completamente andare come se non valesse più un soldo. Le lasagne della nonna sono pur sempre le lasagne della nonna - non c'è tragedia che tenga.

Anche perché, se solo provassi a rifiutarle, lei prenderebbe un imbuto da vendemmia e mi ficcherebbe in gola l'intera teglia. Nonna mi vuole bene e, soprattutto, mi vuole grassa.

Stando attenta a questi malefici tacchi in legno di quercia, mi dirigo verso la poltroncina beige a lato del lettino e mi ci lascio cadere con uno sbuffo. Lori non dà segni di vita (metaforicamente parlando), così prendo dalla piramide di riviste sul comodino, un Diva e Donna a caso.

Ridacchio tra me e me ripensando a quando Lori collezionava giornaletti porno gay e ricordo che da qualche parte, in camera mia, devo ancora avere il poster di un divo mezzo nudo, in posa da cowboy, che si accarezza il pube. Lorenzo e i suoi regali.

Sfogliando passivamente tutte queste Care Delevingne con i copricapezzoli di Swarovski, ad un tratto, incappo in un appunto a matita, scritto sicuramente da Lorenzo con la sua bella calligrafia a fronzoli. Ha cerchiato un articoletto intitolato He doesn't have to be the one to be the first one, che parla di come una donna possa tranquillamente fare sesso per la prima volta con uomini a caso, perché non deve sentirsi in obbligo di perdere la verginità con quello giusto. Lorenzo ci ha fatto una freccia a lato e ha scritto: Da mostrare a Federica.

Rido stavolta per davvero, e così lo sveglio.

Ma brava! Brava, Nelli!

"Oh, scusa, Lorenzo, non volevo svegliarti..." mi addoloro, mentre lui mugola cose e si fa perforare la retina dal raggio di sole nell'occhio.

"Ahia!"

"Cacchio!" impreco, allungandomi come Mr Fantastic mentre cerco di chiudere la tendina. Sono sempre maledettamente pensate per persone alte, queste infrastrutture ospedaliere!

Lorenzo si accomoda in modo da risultare fuori dal pericolo di rimanere accecato: "No, lascia così, non chiudere, mi piace la luce." e in quel momento lancia un'occhiata a me in posizione scimmiesca, tirando un fischio. "Wow, sto ancora sognando o mi ha appena svegliato una Marinella Argenti fresca di liposuzione? Che gnocca."

Mi ricompongo, leggermente lusingata: "Che è, ti sei risvegliato di nuovo etero, adesso?"

"Ti piacerebbe." sogghigna, stiracchiando le varie articolazioni per quanto la posizione e il bendaggio glielo permettano. "Che ci fai qui? E perché sei vestita da funerale?"

"Sto andando a una festa." lo correggo, pensando che questo ragazzo si preoccupi davvero troppo degli outfit con cui mi presento.

"Ah, davvero? Una festa per chi?" 

Mi ri-siedo, cercando di sembrare del tutto normale e distaccata. Da quando hanno sospeso il coma farmacologico, ho fatto visita a Lorenzo un paio di volte, nelle quali era ancora molto più in coma che sveglio. In pochissimo tempo ha recuperato tutta la lucidità, tant'è che non mi aspettavo di trovarlo così reattivo, oggi.

"Sai, abbiamo deciso di organizzare una festa nella palestra di Ai." mi concentro su un filetto che spunta dalla sua coperta, giochicchiandoci per impegnare in altro la mia attenzione. "Fra qualche giorno Pierpaolo parte per l'Erasmus e gli altri tornano alle loro vite noiose, quindi... si è pensato di fare un po' di casino, come al solito."

Nella mia frase ci sono due verità, una bugia e un'omissione. Le verità sono la partenza di Pier e il ritorno alla noia delle nostre vite. La bugia è che quello sia il vero motivo della festa. L'omissione è che Ai Zu è morto.

Di comune accordo, si è deciso che non avremmo detto nulla a Lorenzo, almeno finché non fosse tornato nel pieno delle sue facoltà. L'hanno svegliato solo qualche giorno fa, ha affrontato due operazioni delicatissime e non dimentichiamo che ha pure sfiorato la morte. Persino i medici ci hanno detto di andarci cauti con il recupero, perciò ci è sembrato opportuno slittare sull'argomento.

Chiara, sua sorella, ha cancellato il messaggio che Sanjay aveva inviato anche a lui. Appena si sarà sufficientemente ripreso, qualcuno glielo farà leggere e allora avremo solamente posticipato una notizia spiacevole. Non c'è mai fretta per i traumi, ve lo garantisco io, che ne vivo almeno cinque al giorno, iniziando con il mio riflesso allo specchio da appena sveglia.

"Sì, Pier mi ha detto dell'Erasmus." asserisce. "Barcellona, eh? Chissà che avventure spera di trovare laggiù."

Faccio spallucce: "Si dividerà tra movida e studio, prenderà cinque lauree ad honorem continuando comunque a concupire con mezza Spagna."

"Non si smentisce mai."

"Mi fa piacere che sia venuto a trovarti, comunque."

"Sì, anche a me. Negli ultimi due giorni, ho rivisto un po' tutti." mi spiega, e sento i suoi occhi fissi su di me quando rimarca volutamente quell'un po' tutti.

Ok, affrontiamo pure il nocciolo della questione.

Gli ho detto di Mattia? No.

Sempre per la scusa di dovergli evitare traumi? No.

E allora perché non ho le palle di farlo? Sì.

E perché lui, inspiegabilmente, non me l'ha ancora chiesto. Ma credo che insieme al suo cervello si sia risvegliato anche quel radar infallibile da migliore amico e, complice anche il fatto che abbia visto un po' tutti, tranne Mattia, deve aver intuito l'intera situazione.

Probabilmente non ha ancora accennato all'argomento perché non si sente abbastanza in forma per reggere il dramma, o perché non vede me abbastanza in forma per reggere il dramma. Credo più la seconda, e lo ringrazio infinitamente.

"Fate bene a festeggiare." se ne esce quindi, in realtà un po' invidioso di non poterci essere. "Soprattutto se Ai vi lascia la palestra; non c'è nulla di più iconico di quel posto. Comunque, a proposito di Ai, volevo raccontarti che l'ho sognato."

"Sul serio?"

"Sì, era una cosa molto confusa, non so nemmeno in quale dei miei momenti di presenza fisica e assenza mentale degli ultimi giorni. Ma ho sognato che lui era qui nella mia stanza e che mi insegnava uno di quegli incomprensibili principi, vestito rigorosamente da cintura nera decimo dan. Era proprio come il film The Karate Kid, eppure... boh." sbruffa, adombrato. "Mi ricordo solo spezzoni, ma era come se fosse davvero presente e volesse a tutti i costi che ascoltassi le sue cazzate."

"Che cosa ti ha detto?"

"Boh!" ripete. "Chi se lo ricorda? Sarà stato qualcosa tipo dai la cera, togli la cera, Lorenzo-san."

Lorenzo sta ridacchiando, ma evidentemente si accorge della mia scarsa partecipazione: "Ehi, tutto ok?"

"Sì, tutto ok." mi riprendo, lasciando in pace lo spelucchio di coperta. "Solo che in fin dei conti non sono mai cazzate quelle di Ai. Lo sembrano, ma non lo sono."

Lorenzo mi dà ragione con un cenno solenne, poi alza il braccio bucherellato dagli aghi e si accompagna con il gesto tipico: "Dai la cera, togli la cera."

"Dai, cretino!" lo apostrofo, dandogli una spinta sulla spalla e fingendo di cercare un oggetto nella borsa per strizzare via gli occhi lucidi.

Lui non ha ben chiara la questione per ovvie ragioni, ma a questo punto mi chiedo... era veramente solo un sogno? So che il sensei, per quanto mistico, non avrebbe potuto materializzarsi qui a caso, e, in fondo, credo anch'io nella scienza e nella bravura dei dottori. Però...

Però c'è qualcosa nella descrizione di quel sogno che sa in tutto e per tutto di evento paranormale firmato Ai Zu.

E io non posso farcela, se continuiamo così.

"Senti, Nel, volevo chiederti una cosa seria." si ridimensiona Lorenzo, abbassando il tono e rendendosi conto che, probabilmente, non ha in serbo così tante energie come credeva. 

E per forza; già si stanca dopo dieci minuti di Candy Crush... pensava veramente di poter gestire una conversazione con la sottoscritta?

Ci vuole fegato per affrontare me.

E questa era una battuta molto, molto infelice.

"Oh, tra un red carpet e l'altro hai avuto anche il tempo di pensare a cose serie?" lo provoco, accennando alla piramide di riviste di moda sul comodino.

Lui deglutisce, un po' imbarazzato: "Ehm, ecco... volevo chiederti se... se hai avuto modo di... ecco... per caso hai parlato con Tommaso, di recente?"

La sua domanda era abbondantemente attesa dal cupido che è in me. Speravo me lo chiedesse, perché significa che ricorda.

Lui ricorda.

"Oh, ho parlato con lui l'ultima volta il giorno del tuo intervento." riferisco, sondando eventuali rossori od occhi a gufo. "Poi non l'ho più sentito, ma lo vedrò sicuramente dopo, alla festa."

"Ah sì?" s'interessa anche troppo.

"Serve che gli passi qualche messaggio?" mi propongo, maliziosa.

Lorenzo prende un profondo respiro, massaggiandosi distrattamente la pancia. Se mi dice di dirgli 'Anch'io' in riferimento al 'Ti amo' ricevuto drammaticamente prima dell'intervento, giuro che mi metto a piangere come davanti a quelle scene d'amore perfette che non dimenticherò mai di aver visto. Tipo... allerta spoiler, Chuck di Gossip Girl che torna dai suoi viaggi per dire a Blair che la ama anche lui, o Sam di Ghost che torna dai morti per dire a Molly che, idem, la ama anche lui.

Sono tutti esempi a caso.

Ed è esattamente il festoso risvolto che augurerei alla coppia Lorenzo-Tommaso, nonché a me stessa, sebbene abbia già ricevuto un finale che fa cagare, ma questi sono solo dettagli.

"Vorrei che gli dicessi che non è vero."

Ok, il soggetto non risponde di se stesso.

Dov'è finito l''Anch'io'? Dov'è finito?

"Non è vero che cosa, Lorenzo?" mi allarmo, mettendomi le mani sui fianchi.

Sta... rifiutando l'amore di Tommaso? È così? 

No, perché io lo uccido, adesso!

Dov'è la spina che stacca l'alimentazione? Dov'è? Eh? Eh?

"Non è vero che io desiderassi veder morire prima lui di me." sfiata Lori, afflitto. "L'ho detto, ma se potessi rimangiarmelo, lo farei."

Ohmacheccarinoooo.

"Ma certo, Lorenzo!" mi addolcisco tremendamente, dando prova dell'inguaribile romantica che è in me. "Certo che glielo dico!"

Lo squadro con fare compassionevole e intenerito. È così pentito di essere stato cattivo con Tommi che sembra un bambolotto Dolcecuore di quelli che ti regalavano nel duemila... e ora mi spiego perché nelle ultime mie visite presso di lui, lo sentissi mormorare incessantemente "Non è vero, non è vero, non è vero" nel dormiveglia.

Una sera, mentre gli accarezzavo la mano, si è pure svegliato, mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: "Nelli, non è vero", prima di ripiombare nuovamente nel sonno.

Pensavo solo che avesse il cervello in pappa per le dosi da elefante di antidolorifico, e invece non faceva altro che pensare a lui, al suo amore, alla struggente storia che li ha accomunati e che ora potrebbe rifiorire come un pesco a primavera.

Vedete, a volte si rimpiange da pazzi ciò che non si è detto, ma anche ciò che è stato detto può costituire degli enormi rimorsi della vita.

"Non vedo l'ora che tu stia meglio." gli sorrido, battendo le mani. "Abbiamo così tante cose da fare."

"Sì..." mi sorride di rimando, ma stavolta fiaccamente, come se per davvero la sua riserva di energie si fosse esaurita. "Prima fra tutte, trovare a Federica una persona con cui fare sesso."

"Lori." sussurro maternamente, mentre gli poso una mano sulla fronte e la stendo in una delicata carezza, accompagnando le sue palpebre vinte dal nuovo eccesso di stanchezza. "È meglio se per un po' al sesso non ci pensiamo proprio. Nessuno di noi, eh."

E a quel punto il suo respiro si è già appesantito, garantendomi che a breve tornerà a varcare le porte del mondo dei sogni, dove magari potrà ritrovare Ai Zu, o anche solo il ricordo di Tommaso che gli sussurra quel sudatissimo 'ti amo'.

Ci sta il 'non è vero', ma un 'ti amo anch'io' sarebbe stata la risposta perfetta.

Magari Lorenzo si sta solo riservando l'esclusiva per quando lui e Tommaso avranno modo di rivedersi di persona.

E io, che sono Marinella Argenti, romantica per definizione, sognatrice per passione e casinista di professione, farò in modo che ciò accada molto presto.


***

PRIMO BREAK

Come vi avevo detto, non ci sono momenti social per questo break. Credo che il cap sarà abbastanza intenso per conto suo XD

Come vi sentite finora?

Avete già versato qualche lacrimuccia? Spero di no, perché il vero delirio è tutto ancora da leggere.

Comunque, data l'eccezionale lunghezza del capitolo, vi consiglio di prendere qualche minuto di pausa. Il resto è veramente intenso e ricco di scene, perciò assicuratevi di reidratare profondamente il vostro corpo e, perché no, di riempirvi lo stomaco con degli zuccheri. Ce l'avrete un pandoro o un panettone da qualche parte, no?

Ahah, coraggio. E' l'ultimo capitolo.

Buon proseguimento <3


***

La palestra di Ai si trova in una zona caratteristica, unica, quasi magica. Non ho capito perché non sia ancora stata dichiarata patrimonio dell'UNESCO, ma appena diventerò ministro della cultura mi informerò e vi porrò rimedio.

D'altra parte stiamo parlando della coloratissima isola di Pellestrina, un lembo di terra non troppo distante da Venezia, completamente immerso nella laguna e circondato dalla vastità del cavolo che ve ne frega.

Lo so, lo so. 

So che le descrizioni dei luoghi non rendono mai giustizia ai luoghi stessi e che quindi sembrano solo noiosi riempitivi, ma fidatevi se vi dico che Pellestrina è un lido incredibile, su cui vale la pena spendere una manciata di paragrafi.

Si dispiega longitudinalmente come la forma di un occhio a mandorla in mezzo al mar Adriatico (coincidenze?) ed è fitta fitta di casette colorate. Rosse, gialle, verdi, blu... se uno l'ammirasse dall'alto, gli sembrerebbe una bolla di vetro policromo di Murano.

Questa parentesi di landa se ne sta attaccata per un estremo al centro pulsante di Venezia e per l'estremo opposto al lunghissimo porto di Malamocco. È proprio a tale paesaggio che si affaccia la palestra di Ai, con una variopinta veduta sulle barche verniciate a mano dai pescatori e le partite di vongole che arrivano incessantemente dagli allevamenti in mare aperto. La palestra si colloca infatti a metà tra Pellestrina e Malamocco, in questa striscia di sabbia e salsedine, da cui si può ammirare sia l'incertezza del mare, che sfuma dal verde bottiglia al blu zaffiro, sia la stabilità della terraferma, con il suo arcobaleno di costruzioni.

Ricordo ancora quando ci portavano qui alle elementari, per le classiche gite fuori porta. Ci facevano parlare con i pescatori, poi salutare le grandi navi che stavano per salpare e, infine, avevamo la mezz'oretta libera in cui ci davamo alla persecuzione degli stormi di gabbiani. Ci avvicinavamo furtivamente, poi uno sibilava il conto alla rovescia e in tre, due, uno partiva un esercito di pesti maledette che faceva smammare i volatili spaventati. È un miracolo che non mi sia mai beccata una cacca in testa. Ma, comunque, sto divagando. 

L'isola di Pellestrina, con il suo bel porto e tutta l'aria da angolo di cultura dimenticato dal mondo, mi ha sempre affascinato. Tant'è che ricordo, quella volta in cui Ai Zu mi ci ha portato assieme al pesantissimo pannello di legno, sotto il sole di giugno, quando ancora stava costruendo in un container inutilizzato, di essermi persa a guardarmi intorno come fossi ancora quella Nelli delle elementari, che cercava di scovare i gabbiani, perché erano la cosa più simile alle sue dimensioni in quel vastissimo posto.

Non credo sia stato scelto a caso per ospitare una perla come la palestra Kaishi - Inizio e confesso che alla luce di quanto accadutomi negli ultimi giorni, potrei seriamente valutare l'ipotesi di trasferirmici da sola a fare l'eremita. Altro che New York, altro che Riserva Benigni... qui, nel nulla, a fare la pescatrice vissuta, né troppo lontana né troppo vicina da tutto, mi ci troverei davvero bene. 

Ma in realtà no, perché probabilmente morirei annegata il primo giorno di lavoro. Perché io non so né pescare, né governare una barca. Né tanto meno vivere da sola. Né tanto meno vivere, se è per questo.

La mia totale assenza di progetti futuri viene ulteriormente messa in evidenza quando imbocco la salita per raggiungere la palestra e avvisto tutto il popo' di roba che Sanjay ci sta facendo costruire intorno. Come ogni volta in cui la vedo, mi fa sentire sconclusionata e ancora più piccola di un gabbiano, o di una cacchetta di gabbiano.

Sanjay, in questi anni, si è prodigato per allargare la struttura e quindi ora è molto più ampia e vivace, per non dire costellata di scheletri di idee che sembrano nascere come funghi. Sta creando una palestrina più piccola e accogliente per lo yoga, un muro da arrampicata e, non so se me lo sono solo inventato, ma ho questo ricordo di lui che ci informa, durante una delle cene a villa Magna, che ci sarà addirittura un padiglione per il tiro al piattello.

Da qui a Wembley il passo è molto breve, ve lo dico.

Comunque, ne rimango come al solito affascinata. Terribilmente invidiosa, ma affascinata. Davanti all'entrata, c'è una bacheca gigante dove sono pubblicizzati tutti i nuovi corsi che partiranno a settembre, tra cui quello pre-parto modellato sulla filosofia ascetica del Siddarta Gautama e quello di tennis da tavolo per bambini dai tre ai sei anni, bendati e girati al contrario. Perché sì, perché sviluppiamole queste abilità da Super Sayian anche quando in realtà ci si dovrebbe solamente scaccolare e pulire le dita nei capelli per tutto il giorno.

Insomma, penso che questo della piccola palestra indipendente sia diventato un po' un capitalismo dello sport, ma ehi... Ai Zu non può che essere fiero di come nelle mani del nipote il suo fiore di loto sia fiorito alla grande.

Magari Sanjay cerca un'asciugasudore. Potrei mandargli il curriculum.

Entro in palestra, inspirando a fondo quella folata di fragranze che da una settimana a questa parte ho inalato quasi ogni giorno.

Sì, ho esaudito il desiderio del sensei: l'ho addobbata io la palestra, per la sua festa.

E, signore e signori, se nel resto degli aspetti quotidiani sono un disastro epico, nell'organizzazione di eventi non mi batte nessuno. Ho creato turni di manovalanza per pulire, profumare e decorare ogni angolo. Ho corrotto Marco per avere un buffet mezzo europeo e mezzo giapponese, mentre ad Eva e Davide ho dato l'onore di fare fotine a destra e a manca, più per impegnarli in qualcosa che per altro. Si sa, meglio che le mine vaganti non vaghino, non so se mi spiego.

No... sicuramente no.

Poi ho anche fatto mettere delle luci carine e delle musiche carine e... ricordate quella gigantografia di Ai che avevamo proiettato quella volta in cui era morto per finta? Ecco, l'ho riciclata. Ora compare su tutta la parete, con canne di bambù che spuntano a lato, a mo' di gloriosa asta di bandiera, e rivoli di fumo d'incenso a rendere il tutto ancora più mistico.

Ovviamente l'incenso me l'ha procurato Sayid. Abbiamo scelto la fragranza alle foglie di marijuana per dare quel tocco di originalità al tutto; molto di classe, devo dire.

Insomma, sì, è anche per questo che inspiro così a fondo quando metto piede alla festa, ma come prevedevo, non mi sento né più allegra né più stordita. Anzi, per l'occasione sono anche fin troppo lucida; sono passati ben dieci giorni e nonostante mi sia tenuta occupata con questa storia della party planner, ho avuto modo di macinare pensieri, parole, opere e omissioni a sufficienza.

Ci sono scene di me alle sette di mattina, a dare ordini in mezzo alla palestra, poi altre di me, alle due di notte, da sola in palestra, in cima a una scala, con un festone tra le mani e rivoli copiosi di lacrime agli occhi. Ho riso, ho pianto, mi sono arrabbiata e poi consolata. Ho percorso le fasi del lutto e quelle del senso di colpa e quelle del tradimento e quelle dell'abbandono, insomma... un po' tutte le fasi del mondo, ma adesso sono qui, giunta alla conclusione che questa è una conclusione.

Mi dispiace immensamente per la perdita di Ai e anche per tutto il resto delle cose che mi sono successe, però non sono qui per disperarmi un'ennesima volta. Ai voleva che festeggiassimo e io ho deciso che lo farò a regola d'arte, regalando sorrisi come Maria Teresa di Calcutta e lasciando che la gioia abbia la meglio sulla tristezza. Ai si aspetta questo: ci ha molestato per anni affinché arrivassimo a tal risultato. È il minimo che gli devo.

Quindi lascio uscire il fiato espirando coraggio, sentendo il tessuto del vestito nero che mi scivola sulla pelle, e incamminandomi verso gli invitati già arrivati.

Assieme a Sanjay, si è deciso che la festa sarebbe stata aperta. Possono venire tutte le persone che hanno il piacere di ricordare questo nanetto dispotico che fa da zio, insegnante, cintura nera e profeta. Ai è arrivato a Venezia solo otto anni fa e ci è rimasto per quattro, ma in fondo uno come lui non può non lasciare un segno. È stato professore di educazione fisica di molti, ma pure maestro di karate e anche quando è tornato a vivere in Giappone, di tanto in tanto faceva tappa qui per dei periodi più o meno lunghi, per delle supplenze o dei corsi, apparendo e scomparendo misteriosamente, così, com'era inaspettatamente capitato nella nostra palestra, uno strano giorno di terza superiore.

Non abbiamo mai saputo chi l'avesse chiamato e come, quella volta, - molto probabilmente si è palesato avvolto di giubilo e luce sacra, come l'Arcangelo Gabriele - fatto sta che l'abbiamo semplicemente accettato come dato di fatto e da lì in poi nessuno si è mai più posto il problema. Per anni ha influenzato le nostre e altrui esistenze senza che nemmeno ce ne rendessimo conto.

Pertanto qui è pieno di studenti di scuola, ragazzini del karate, mamme pettegole e anche qualche vecchietta che il sensei avrà steso a suon di occhiolini rugosi. Tutta gente che l'avrà visto sì e no un paio di volte, ma a cui certamente, anche solo con un colpo di tosse, lui ha cambiato la vita.

Chi si darebbe altrimenti la pena di arrivare fino allo sperduto porto di Malamocco per festeggiare la morte di uno dei tanti anziani che è passato per di qui?

Per un attimo, guardando tra la folla in lontananza, mi immagino di veder camminare aggraziatamente una giovane giapponese, bellissima, con i capelli corvini raccolti da bacchette dipinte a mano e un kimono satinato che riflette le luci soffuse. Lei è Chiyo e anche se è uno spirito (o meglio, una proiezione della mia mente malata), è venuta per omaggiare l'uomo che le ha fatto conoscere il vero amore.

Sì, anche se si è comportato da vero stronzo e ha lasciato che morisse con il cuore spezzato. Che ci volete fare, persone come Chiyo, e me, sono davvero meravigliosamente compassionevoli.

Ma Chiyo è qui perché in fondo, anche se ha urlato il contrario ai quattro venti, non ha mai veramente odiato Ai Zu. Certo, lei voleva un futuro con lui e lui l'ha lasciata. Certo, lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui e lui ha preferito la carriera. Certo, lei è morta con un altro uomo al suo fianco e lui si è pentito troppo tardi. Però...

Però il loro amore no. Quello non è mai morto, nemmeno ora che sono entrambi cenere. 

È questo che mi piace del discorso di Tommaso e, in generale, di tutta la mia angosciante storia d'amore mai nata. Che nonostante il dramma degno di Nobel e la fregatura del finale, l'amore è qui (fa un po' canzone dei Sonohra, ma sono seria). L'amore c'è, ci sarà per sempre, e renderà chi l'ha vissuto immortale.

Il fantasma di Chyio si volta verso di me e mi fa l'occhiolino, proprio come la fantasia di Ai Zu qualche giorno fa, poi si dissolve brutalmente, quando qualcuno bussa alla mia spalla.

Mi giro, scontrando la mia traiettoria visiva da nano con...

Beh, speravo con l'allenato petto di un principe azzurro (o di un soldato tornato dalla Siria), ma in realtà sono solo due paia di grandi tette. Alzo gli occhi e noto che appartengono a due giovani studentesse, una bionda e una mora. 

"Sei Marinella Argenti?" mi chiede la bionda.

"Quella che fa sempre un sacco di casini?" mi chiede la mora.

"Ehm... sì." guardo le due, confusa, e nonostante mi abbiano appena offesa, allungo una mano per assodare le presentazioni.

"Luisa."

"Eleonora."

"Siamo tue grandi fan."

Ci scambiamo una stretta e poi loro iniziano a spiegarmi questo delirio: "Una volta, quando Ai era il nostro professore, ci parlava sempre di una ragazza che fu sua allieva e che ne combinò di tutti i colori."

"Ci ha raccontato delle tue storie d'amore."

"Beh... della... tua storia d'amore." si correggono a vicenda annuendo con fare saputo.

"Comunque, sai, quei racconti ci hanno ispirato."

"Esatto, Marinella. Tu... hai letteralmente sfanculato tutta la tua vita, eppure..."

"Eppure sei un idolo."

"Insomma, rincorrere per anni la stessa persona, fare stronzate di ogni tipo..."

"Figuracce."

"Passare per una totale cretina."

"Totale, davvero."

"Ecco, è una vita un po' misera, ma allo stesso tempo figa."

"Potresti essere tipo la protagonista di un film di Netflix."

"O di un romance dozzinale con due a caso che si baciano al tramonto in copertina." si guardano e annuiscono. "Sì, decisamente."

"Ah, ok." sfiato, arrogandomi l'onore di intervenire per la prima volta.

"Penso ti conoscano in tutto il nostro istituto."

Deglutisco, sconvolta: "Siete del Maffei?"

"No, lei è del Marie Curie." indica la mora. "Mentre io del nuovo plesso scolastico di Mestre."

"Nuovo ples... mi conoscono anche a Mestre?!" tramortita, io.

"Sì, studio nel nuovo campus che riunisce i vari istituti superiori. Ai era venuto un anno da me alla ragioneria, ma poi ha fatto corsi anche all'artistico e il tecnico professionale. Insomma, siamo tutti appiccicati e il verbo si è diffuso velocemente. Poi, sai, le tue avventure sono talmente simili alle nostre che da bravi liceali non possiamo non rivederci in pieno e, tipo, fangirlare su di te e le varie ship che abbiamo creato nella tua classe."

Gesù.

"Sentite, ma che vi ha detto Ai Zu di me?" domando, impanicata e stordita da tutto ciò.

"Che eri la sua allieva preferita." sbotta la mora con ovvietà. "Anche se in teoria non avrebbe dovuto avere allievi preferiti."

"Ma si vedeva lontano un miglio che ti adorava. Quando ci capitava qualcosa di brutto o eravamo sconfortati, lui ci raccontava di te."

"Ci faceva sentire meglio attraverso le tue storie."

"Non solo a livello sentimentale." si arrestano un attimo a pensare, poi ritrattano. "Beh, principalmente a livello sentimentale. Però c'era anche un sacco da dire sull'amicizia e la famiglia, sulla vita di tutti i giorni, anche i più banali avvenimenti..."

"Insomma, abbiamo sempre desiderato conoscerti."

"Perché sei proprio come noi."

"E quindi sei speciale."

Le mie tonsille si danno un forte abbraccio e riescono a farmi rantolare un misero e commosso: "Oh."

"Non è che ti chiediamo l'autografo, perché insomma..." la bionda ridacchia e allora anche l'altra si sente in dovere di imitarla, concorde sul fatto che non sono così speciale da meritare una richiesta d'autografo. Perché, insomma... eh.

"Però un grazie te lo dobbiamo. E, comunque, ti seguiamo su YouTube."

"Dove??" mi perplimo, suonando gracchiante come un pennuto.

"Su YouTube." ripetono, ovvie. "Il canale di Eva."

"E di tuo fratello."

"E anche su Svegliati. Sin da quando era un blog di solo due kappa di iscritti."

"Mio Dio, solo due kappa..." la mora si porta una mano sulla testa. "Pensa a com'è cresciuto in così poco tempo!"

"A tal proposito, comunque..." si fanno più vicine e diaboliche, mentre ancora io mi chiedo perché Eva e Davide debbano divulgare informazioni su di me. "Il numero di tuo fratello si può avere, per caso?"

Anche se la mia corteccia cerebrale sta contenendo nient'altro che il fumo del mio cervello andato in autocombustione, riesce comunque a far partire degli input di flash: io che do il numero di Davide a queste due comari, queste due comari che diventano mie cognate, io che finisco sugli schermi del Grande Fratello, la mia dignità che si lamenta di me nel confessionale, Eva che gode di tutto questo e, alla fine, Mattia che torna dalla Siria per ritrovarmi in un manicomio.

"No, mi spiace." sorrido candidamente alle due. "Mio fratello è già promesso in matrimonio a un'altra donna."

Le ragazze mi fanno una faccia da trota.

"Rachele, la figlia del mio amico Marco. Ma questo, se seguite le mie vicende sui vari canali anti-privacy del web, lo saprete già di certo." la mia balla condita con abbondante disagio riesce finalmente a zittirle, così ne approfitto per defilarmi. "Grazie mille, comunque. Se avessi saputo prima che Ai parla di me a lezione, l'avrei denunciato. Ma sono arrivata tardi e lui è il solito nanetto malefico segretamente appassionato di telenovelas tra i suoi studenti. Buona fortuna con la vita e ricordate: niente ripetizioni agli idioti!"

Le saluto amorevolmente, ma mi levo in prestezza dalla loro visuale, inquietata. Scivolo rapidamente tra la folla e poi, per seminarle del tutto, mi fiondo dall'altro capo della palestra.

Sono davvero lusingata.

Sul serio, non mi sarei mai aspettata di essere protagonista di una scena del genere. 

Però c'è da ammettere che è allo stesso tempo un po' spaventoso, specie se i co-protagonisti sono due veline un po' esuberanti e con zero tatto nella formulazione dei concetti. Romance dozzinale con due a caso che si baciano in copertina?

Grazie tante, eh.

Così, divisa tra l'essere fiera e l'essere offesa, passo quasi un'oretta a fare pubbliche relazioni con i presenti. Saluto i miei compagni di classe, che non si sarebbero persi quest'evento per nulla al mondo, e conosco anche qualche nuova persona; principalmente amici di Ai e gente coinvolta nei corsi che partiranno a settembre. Praticamente, mezza Venezia sarà alle dipendenze del magnate dello sport, Sanjay Zu, il cui reale scopo è convertire il pianeta alla filosofia aizuiana del: non importa ciò che già conosci, Ai saprà sempre qualcosa in più.

In tutto ciò, riesco abilmente ad evitare l'assalto a Pierpaolo, che pare essere la star della serata, subito dopo il morto.

Tutti lo abbracciano e gli portano regali, oppure gli lasciano liste di oggetti da comprare per loro in Spagna. Tuttavia, personalmente non mi sento di ostentare troppe moine, dato che, da quando Mattia se n'è andato, lui non mi ha detto nulla di nulla, nemmeno una parola di conforto o di scuse. 

Forse sa di essere in parte causa del mio dolore e per questo mi affronta a testa bassa, che altro dovrei pensare? L'opinione di Pierpaolo ha parzialmente influenzato la decisione di Mattia e questo è un dato oggettivo. Se gente come Lorenzo, o la meravigliosa qui presente me, ha preferito lasciare che l'unico fautore delle proprie scelte fosse Mattia, il sopracitato, al contrario, l'ha preso quando stava per sbandare e l'ha riportato sulla direzione che lui - Scilla Pierpaolo -, in quel momento riteneva più giusta.

Quella dell'andare in Siria; e grazie tante anche a te, Pierpetua di sto cavolo.

Come se non bastasse, il caro Chiappe d'oro sta tentando di far passare me per la stronza del caso. In questi giorni in cui ci siamo visti per preparare la festa, non faceva altro che lanciarmi lunghi e significativi sguardi, feriti e addolorati, che non solo mi facevano salire il crimine, ma che sapevano tanto di 'Ma perché ce l'hai con me, Nelli? Io non ho fatto nulla di male, mi sono solo comportato da amico!'.

Sì, da amico dell'idiota, non di certo mio.

Quindi, onde evitare l'ennesima di queste silenziose accuse, amplificate anche dal fatto che stiamo per separarci per almeno sei mesi, decido di distrarmi con altro dolore e mi apparto in un angolino, tirando con me Eva.

"Ehi, Nel, una foto ricordo?"

Scatta prima che possa rispondere e mi regala l'istantanea di me con la bocca aperta a uovo, l'occhio da cernia e l'indice che, preso in movimento, pare più che altro un bozzetto di pittura futurista.

"Eva, questa cosa dei vlog su YouTube deve finire."

"È appena cominciata." mi ricorda, melensa, con un compiaciuto sorriso color ciliegia.

Ma io sono ancora preoccupata per le notizie di poco fa, così la prendo per quelle spalle graciline e la riscuoto: "Eva, la gente in giro mi conosce! Sto venendo stalkerata!"

"Sono sicura che esageri."

"E va bene, un po'. Ma..." boccheggio, disorientata. "Insomma, sanno cose su di me. La mia storia. Non è carino."

"Sicura che non sia carino?" rimbecca lei, sempre un pelo più acuta del resto del mondo. 

La fisso negli occhi, svanita alla ricerca di quell'appiglio nella vita che ho perso per sempre, così lei modifica il suo sorrisetto diabolico in qualcosa di molto più caldo e amichevole - più unico che raro, direi - e mi rincuora: "Hai un sacco di cose da raccontare, Nelli. E non sono nemmeno così noiose, per quanto possa sembrare strano."

Ancora più confusa, sospiro, grattandomi la testa: "Grazie, se era un complimento."

Con la coda dell'occhio avvisto il buon Tommaso passare nei dintorni, così ne approfitto per lasciare le spalle di Eva e dedicarmi a rompere le palle a lui. Lo fermo, chiedendogli di comparire in una foto assieme a me, che successivamente invierò a Lorenzo per stuzzicare le sue emozioni. Eva ci accontenta, facendo uno scatto una con la sua Instax per un futuro reportage dell'evento, e poi uno con il mio telefono, a scopi molto più nobili e privati.

"Mi raccomando, non mettete cose su Facebook, sennò rischiamo che Lori venga a sapere di Ai." redarguisco i miei amici.

"È per questo che ho la Instax: tentazioni evitate alla radice. Comunque... qualcuno prima o poi dovrà pur dirglielo." fa notare Eva.

Mi volto verso Tommaso, comunicandogli non verbalmente il concetto di 'è meglio se tu e Lori parlate, così poi possiamo risolvere tutto il resto dei drammi di cui non è ancora a conoscenza.' 

Tommaso stasera è molto galante, con i capelli tirati indietro un po' anni '20 e una cravatta che ricorda molto lo stile di Lori: "Scusa, perché mi guardi in quel modo inquietante?"

Niente, solo Federica riesce a sintonizzarsi con il canale ultrasensoriale del Silent Chatting 2.0. Il resto degli esseri umani, solitamente, mi guardano, si accigliano, e mi fanno una domanda più o meno diretta sulla mia presunta instabilità mentale.

"Niente, stavo solo pensando che forse potresti essere tu a parlargliene."

"Di Ai? Lo farei anche, ma il problema è che non so nemmeno quando e se Lorenzo mi vorrà mai rivedere." sospira, affranto. "Non ha ancora cercato di contattarmi, non mi ha nemmeno scritto un messaggio, niente..."

Perché ti ama da impazzire, ma è troppo pirla per dirtelo!

E come lo capisco, io lo sono stata per anni! Cioè, non nei confronti di Tommaso, che schifo...

Cioè, non che schifo Tommaso, però...

Beh, ci siamo capiti.

Aspetto che Eva si defili, distratta da qualcun altro da immortalare, poi mi avvicino a lui di un paio di passi e gli sussurro: "Non è vero."

"Non è vero cosa?" mi chiede, confuso.

Io sorrido, enigmatica: "Vai a trovarlo questa notte e lo scoprirai."

Si guarda in giro, come se i genitori di Lorenzo fossero ovunque, pure qui: "Trovarlo di notte in ospedale? Rischiando che mi scoprano e mi facciano sbattere in galera?"

"L'hai già fatto, mi pare."

"Sì, quando Lori era ancora in coma e non avrebbe potuto far suonare l'allarme o gridare aiuto!"

Ancora una volta mi diletto a fare il cupido della situazione: "Tommi... non credo proprio che lo farebbe. Ma forse è più eccitante se te ne accerti di persona. Stanotte. Nella sua stanza. Alle tre."

Tommaso scuote la testa, decidendo che è meglio lasciarmi perdere, così lui se ne va e io apro immediatamente la chat di Lorenzo per inviargli la foto. Si intuisce lo sfondo festaiolo, ma non di che tipo di festa si tratti, anche se sono sicura, comunque, che sarà rapito da un altro genere di dettagli.

La sua risposta arriva nel giro di mezzo secondo: Che è una festa per coppie, che vi siete fatti fotografare insieme?

Rispondo anch'io, divertita: Che è, sei geloso?

Mi gasano troppo queste cose.

Blocco lo schermo al momento giusto per vedere Sanjay che prende la parola in mezzo alla palestra, aiutandosi con il microfono che già avevamo usato in passato. Ricordate? L'avevamo procurato in occasione di altre gloriose ricorrenze, tipo la fine della scuola, o... la fine della scuola. 

Natale sta puntando il proiettore addosso a Sanjay a mo' di faro, così risulta ben illuminato e, soprattutto, segnato da capo a piedi dalla ruga del sottomento di Ai.

Non so se voglio ascoltare questa cosa. Ho detto che avrei fatto la brava bambina sorridente, ma ehi... un discorso d'addio è pur sempre un discorso d'addio, soprattutto se sei me e hai recentemente dovuto dirne fin troppi, di addii.

Dunque mi aggiro sforzandomi di non ascoltare troppo e cercando qualche sushino consolatorio con cui ingozzarmi indecentemente. Devo ingrassare, giusto? Beh, sfida accettata. In più, decido di spegnere la connessione con la realtà e accendere quella con la fantasia, iniziando a pensare e quindi, subito, a sentirmi meglio. Cibo più pare mentali, niente di più appagante.

Penso che essere noi Marinelle Argenti è davvero difficile, ecco cosa penso. In realtà sembra piuttosto facile, perché noi appariamo così disagiate, così inadeguate, delle totali cretine (totali, davvero), ma il fatto è che abbiamo dentro un mondo enorme, assurdo, in cui faremmo spazio anche alla nonna dell'amico dello zio del nostro amico, se solo ce lo chiedessero. 

Forse... Gli hai riferito quelle cose che ti ho detto stamattina? accidenti, Lorenzo mi distrae. 

Rispondo: Forse! Lo scoprirai questa notte, alle tre...

Il messaggio del mio amico arriva fulmineo: Gli hai detto di venire qui?? 

Nelli?

MARINELLA????

Zitto, e fammi prendere 'sto Nobel per la letteratura!

Appunto, dicevo... talvolta serviamo da esempio agli altri perché le nostre malefatte sono prove viventi di cosa è meglio non fare, talvolta quando vorremmo che nessuno ci calcolasse ci viene buttata addosso tutta l'attenzione (innumerevoli figure di merda collezionate nella vita) e talvolta, invece, vorremmo solo un po' di attenzione, ma la gente nemmeno sembra sentire la nostra voce. Eppure, in qualche modo aiutiamo chi ha bisogno; abbiamo esperienza zero e credibilità meno di zero, ma, alla fine, sappiamo sempre spronare gli altri a essere meglio di noi.

O al massimo come noi.

Almeno non peggio, ecco. Peggio di noi proprio non si può.

Il telefono mi si sta riempiendo di notifiche: NELLI RISPONDIMI PORCA VACCA RINALDI!!!

Oh-oh, qualcuno è in panico pre-dichiarazione programmata.

Se vedi un tipo losco con i capelli anni '20 e la cravatta rubata dal tuo armadio entrare dalla finestra alle tre di notte in modo furtivo, probabilmente sì, mi è scappato questo velato suggerimento XD, scrivo allora all'inquieto Lorenzo. E vedi di non sprecare l'opportunità! Se non è vero che lo odi, diglielo in faccia e se vuoi aggiungere che lo ami anche tu, beh... stesso consiglio.

Sei una stronza, non so di cosa parli. replica immediatamente. 

Poi, dopo qualche minuto aggiunge: Ma amo anche te. Sempre.

Con un meraviglioso cuoricino rosso accanto.

E sì, noi Marinelle abbiamo anche una vita amorosa bella quanto l'ananas sulla pizza, ma siamo sempre pronte a scoccare una freccia dal nostro arco magico per far innamorare amici e nemici, perché noi, accidenti, ci crediamo nell'amore. Ci crediamo proprio! 

Essere Marinelle Argenti, in realtà, è un po' come essere Pollon, un po' come essere Spiderman, un po' come essere Ai Zu. Abbiamo grandi poteri, ma da grandi poteri derivano grandi responsabilità e da queste una serie di altre innumerevoli rotture che non sto nemmeno qui ad elencare.

Ma alla fine delle fiera, siamo felici di noi.

O almeno... io sono felice di me!, penso, addentando un nigiri che si sgretola e mi finisce nella scollatura, con conseguente caduta nella riga tra le due tette. Ci metto dentro le dita per estrarre i chicchi e a quel punto, il fascio di luce del proiettore illumina me.

"...ringraziare infinitamente anche Marinella Argenti per il prezioso contributo dato a questa festa e, in generale, alla vita di mio zio Ai Zu!"

Merda.

Lascio il riso dentro al seno e applaudo me stessa, godendomi la proiezione dell'occhio di Ai direttamente addosso e accodandomi goffamente all'acclamazione generale. Nel frattempo, continuo a masticare nella speranza che non si noti il rigonfiamento della guancia. 

Qualcuno è anche così carino da gridare "Brava!" "Sei grande!" "Vai, Nelli!". Ci riconosco la voce di Diego e qualche incoraggiamento da parte delle mie amiche, le urla spastiche delle veline di prima e altri fischi di apprezzamento dai maschi della classe.

Così, vedo di deglutire il maledetto sushi e libero la bocca per farci stare parole di riconoscenza, che la gente calcola fintanto che il soggetto dell'elogio funebre non cambia di nuovo. Sfiorato quindi l'ingozzamento, decido finalmente di arrendermi e ascoltare Sanjay.

Ho preso l'attacco del sushi come un messaggio abbastanza chiaro.

Mi metto a seguire con interesse e a braccia incrociate tutto il resto di quello che il nipote ha da dire nei confronti dello zio, pensando che molto probabilmente avrei potuto scegliere le stesse medesime parole e comunicare lo stesso medesimo affetto, per non dire immenso dispiacere per la sua morte.

Infatti, quando ha finito, i miei occhi si sono riempiti di lacrime e le labbra hanno preso a tremare.

Lo sapevo.

Devo assolutamente uscire di qui, prima che succeda un disastro.

***

SECONDO BREAK


In "Io e te" non finiscono mai di comparire personaggi, vero? XD

Anche nell'ultimo capitolo, abbiamo qualche new entry, sebbene stavolta si tratti più che altro di una citazione. Mi piaceva l'idea di mettere dentro una specie di lettore/fan di Nelli e della sua storia, che in questo caso sareste proprio voi, ahaha. Ovviamente non è che vi ritenga pazzi come le due signorine di sopra, è tutto come al solito molto esasperato. Ma ecco, io mi gaso con queste cose, quindi sopportatemi XD

Per l'occasione, ho chiesto ad Angelica di fare la Eva della situazione ed immortalare i nostri carissimi Nelli e Tommaso. Non è che siano così legati come personaggi, ma le loro recenti avventure li hanno indubbiamente avvicinati e poi non è mai troppo tardi per l'amicizia, giusto? In più, se la cosa potrebbe provocare Lorenzo, ancora meglio.

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Mi riserverò l'elogio alle disegnatrici per l'epilogo di questa storia. Per ora, comunque, ringrazio anche Nicole che è l'artefice del bellissimo sfondo del banner, e vi metto qui la versione originale che ha colorato addirittura con gli acquerelli! Ma quanto sono pro le nostre illustratrici?

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E comunque, a tal proposito, invito pubblicamente ciascuna delle due a sentirsi libera di disegnare qualsiasi cosa leggerà da qui in poi.

Non potevo chiederlo prima, perché il prossimo paragrafo è IL paragrafo, la fine, the end, il pianto isterico per eccellenza, quindi niente, il momento della verità è arrivato.

Dopo sette anni.

Non ho mai, mai avuto così tanta ansia di farvi leggere qualcosa.

Buona lettura.

***

Questo terrazzo ha visto tempi migliori.

In passato è stato teatro del mio primo bacio con Mattia Zingaretti. Dopo due anni da quell'infausto quanto dolcissimo evento, ha ospitato una (quasi) proposta di fidanzamento da parte dello stesso idiota. Oggi, invece, dopo altri cinque anni, quindi sette in totale, ci sono solo io, senza il microcefalo, e senza alcuna speranza di scroccargli qualche gesto romantico.

Alzo gli occhi verso il cielo: chissà se lui, dalla Siria, lo sta contemplando esattamente come me, e rimpiange i bei vecchi tempi.

Sospiro tristemente.

Il terrazzo di Ai è in realtà un prolungamento esterno della palestra. Non è al decimo piano, anzi, sta proprio ben ancorato al terreno, solo che si trova su un piccolo rilievo sabbioso (che esagerando potremmo chiamare promontorio), che rende possibile godere di una vista spettacolare.

La balaustra in ferro battuto coincide proprio con lo strapiombo della montagnola, che in sé sarà alta sì e no una cinquantina di metri, così se mi affaccio, vedo tutto il porto di Malamocco e l'isola di Pellestrina, come se fossero parte di me, pezzi di me, e non solo un puntino tra tanti, visto dall'austero quattordicesimo piano di un grattacielo. Coff coff, ogni riferimento è puramente casuale.

Scendo con gli occhi le sponde scoscese che protendono nella distesa di mare, poi percorro la spiaggia incolta, supero le barche ammassate, mi fermo all'orizzonte, li alzo di nuovo verso il cielo, e incontro, infine, il tramonto.

Bellissimo anche stasera. Ma come sempre, qui a Venezia.

Facendo due calcoli, mi rendo conto che è quasi un'ora che me ne sto in terrazzo da sola. Quando me ne sono andata non era per sparire dalla circolazione, ma poi non ho potuto farne a meno. Stare in questo posto è bestiale; ricordi su ricordi, malinconia, ma anche contatto con il mio habitat naturale e del sano, curativo, isolamento.

La soglia del pianto isterico si stava abbassando vertiginosamente, là dentro: avrei sicuramente rischiato di esplodere, quindi mi sono ritirata qui. E ci sono rimasta.

Non sono stata l'unica ad avere quest'idea.

Marco e Federica sono stati in mia compagnia per un po', assieme a qualcun altro della classe che fingeva di voler vedere dov'ero solo per fermarsi a parlare o fumare una sigaretta - cinque minuti di pausa dalla mischia. Poi ho visto passare per il terrazzo bambini che volevano giocare, coppiette alla ricerca di privacy per gli sbaciucchiamenti vari e anziani che avevano bisogno di una boccata d'ossigeno.

Quanto ai bambini e agli anziani, tutto sotto controllo, ho pure fatto amicizia! Quanto invece alle coppiette, sebbene loro mi guardassero strano, io suggerivo di continuare pure, ché tanto era normale che rimanessi lì in un angolino a piangere e a fissarli mentre coronavano il loro amore. 

Ok, potrò avere un cedimento ogni tanto, no? Ecco.

Poi ho iniziato a notare la gente che lasciava la palestra, percorrendo la discesa sabbiosa del promontorio. Li osservavo dall'alto come un falco: erano tutti commossi e contenti della vista, ma stanchi, ormai desiderosi di tornare a casa. Piano piano, non hanno lasciato che noi della classe a sbrigarsela con lo sbaracco e la depressione post-festeggiamenti.

L'ultima coppietta che è passata per di qui è stata richiamata all'ordine dagli amici, ma nessuno dei due fidanzatini aveva ancora finito per bene la limonatura, quindi se ne sono andati continuando a sbattacchiarsi di qua e di là, compreso sulla porta scorrevole di vetro, che non si è rotta per miracolo, ma è purtroppo rimasta aperta.

La mia pigrizia non mi ha più permesso di chiuderla (sono stravaccata su questa balaustra da così tanto tempo che sembro un elemento decorativo della stessa... sapete? Tipo i gargoyle grotteschi e raggrinziti sulle guglie delle chiese gotiche), però almeno ora posso origliare meglio che cosa succede all'interno. 

Adesso che siamo rimasti solo noi, tutta l'atmosfera si è innegabilmente smorzata. Se prima era un continuo vociare sulla melodia di un flauto vivace, ora né la musica né la folla sembrano altrettanto spensierati. Inizio a sentire i 'Bella festa, certo che però...', modello retrogusto amaro del tè con estratto di zenzero. Buono sì, certo che però...

E poi piagnucolii per il ritorno alla normalità, sullo sfondo di una triste macarena, che qualcuno ha messo per ricordare a Pierpaolo che la Spagna non sarà mai meglio dell'Italia.

Non ho ancora salutato Pierpaolo.

So che prima o poi dovrò farlo e, beh, ho deciso che lo farò per risparmiarmi altri inutili rimpianti, solo... non adesso. Cioè, non in questo momento, perché in questo momento là dentro c'è troppa amarezza e io sto bene qui a fare il gargoyle. Mi serve giusto un attimo in più (cosa che ho continuato a ripetermi da quando sono uscita per la prima volta, cioè un'ora fa), perché qui c'è un pezzo di me e ritrovare almeno uno dei miei mille pezzi dispersi, ora, non sarebbe affatto male.

Difatti, in tutto il mio ritiro spirituale in terrazzo, non ho solamente contemplato il bello e il sublime della natura o fatto la demente con gli ospiti della festa. Ho anche prodotto dei pensieri utili, per non dire, forse, un finale che mi piace. 

Tanto per cominciare, grazie ai colori e gli ambienti di questa tarda serata di maggio, mi è tornato il buon umore e ho avuto, per la prima volta in dieci giorni, un pensiero felice:

Mattia non è morto.

Ok, partiamo da un presupposto banale, ma ehi, sono lenta a realizzare, che volete farci?

Dicevo, comunque, che Mattia non è morto. Quello ad essere morto, purtroppo, è Ai, ma Mattia, se non fa troppo l'idiota, potrebbe realmente sopravvivere a questi due anni e realmente tornare a casa.

Non da me, ma comunque è già qualcosa.

Ok, so benissimo che fino a ieri il mio parere a riguardo era: sono praticamente vedova, ma dopo aver rielaborato in parte la questione Ai Zu, sono arrivata ad ammettere a me stessa che, in realtà, un po' di speranza potrebbe ancora esserci, che il mondo non è finito. Sono sicura che me lo direbbe anche il nano rugoso.

Pertanto, ho pensato che potrei sfruttare questi due anni per crescere.

Ma crescere sul serio, questa volta.

Ho pensato che potrei sistemare la mia situazione all'università, seriamente. Ho pensato che potrei trovare un lavoro, di quelli che si combinano bene con lo studio. Ho pensato che potrei finalmente essere un'adulta, e non solo dichiararlo, ma esercitare questa condizione, senza più scemate alla Marinella Argenti.

Potrei davvero fare tutto questo, anzi, farò tutto questo.

E allo scadere dei ventiquattro mesi, tirerò le mie somme.

Se sarò sopravvissuta alla giungla del dolore e alle intemperie della rinascita, al quel punto mi chiederò: vuoi ancora rimediare al più grande di tutti i tuoi errori?

Sarà in quel momento che andrò dall'idiota e sistemerò la nostra situazione una volta per tutte. Mi farò trovare diversa, migliore, e non avrà motivo alcuno di non fidarsi di me, perché avrò raggiunto un livello talmente alto di maturità che non gli sembrerò nemmeno più io.

Altro che "Nelli, tu e la tua fantasia!", a quel punto della mia vita sarò così perfetta che nessuna fantasia potrà battere la realtà. E lui non avrà più dubbi.

Che poi, magari, pure lui sarà diverso. 

In base a come saranno progredite le nostre esperienze, potremo finalmente dichiaraci pronti per iniziare un cammino assieme, oppure pronti a lasciarlo per sempre, definitivamente.

Ma almeno sarà un cavolo di chiarimento.

Sento che finora abbiamo sbagliato ogni volta in cui si poteva sbagliare, che non siamo stati sinceri a turno e che abbiamo creduto a tutto, tranne che all'amore che abbiamo l'uno per l'altra. E allora in questi due anni imparerò dagli errori e poi andrò da Mattia - se non muore, ovviamente - a chiedere scusa e a dirgli che cosa penso di noi due. Qualsiasi cosa arriverò a pensare fra due anni, di noi due.

E, sinceramente, non ho la più pallida idea di che cosa mi riserverà il futuro, ma so che la mia vita sentimentale non è finita con la decisione di Mattia; è solo stata rimandata. O forse, ha solo preso una drastica direzione contraria che pian piano, e non di certo in modo indolore, mi farà conoscere un'altra persona. Un'altra me, in primis, e forse, chissà... 

Quando Ai ha lasciato Chiyo, lei ha dovuto cavarsela da sola. E ci è riuscita, cavolo! E ha comunque avuto una bella vita.

Il fatto che sia morta prima che Ai tornasse da lei è solo la giusta punizione che quel cretino del sensei meritava. Se Mattia dovesse tornare e non trovarmi più, metaforicamente o non, gli servirà solo da lezione. E allora sarà quella la più grande, clamorosa lezione che io possa dargli.

Essere andata avanti, nonostante tutto. Non aver rinnegato né lui, né me, né l'amore stesso, ma aver imparato dagli errori ed essere comunque andata avanti.

Sorrido, ammirando il tramonto di fronte a me.

Questo è un finale che potrebbe piacermi.

Il suono di una notifica mi distrae dalla gloriosa auto celebrazione, così prendo in mano Scar II, il telefono sopravvissuto, e leggo che cosa ha in serbo per me questo rinnovato, intrepido, destino.

Un nuovo messaggio da Mattia Zingaretti.

Infarto.

Mollo il cellulare, ma mi ricordo che siamo su un precipizio, quindi lo riafferro in tempo prima che cada negli abissi e in tutto ciò, muoio un po' dentro.

Anche voi, scommetto, eh?

Affannata, mi appiccico lo schermo al viso e leggo il messaggio che è arrivato su Whatsapp, da parte dell'idiota.

C'è scritto: Non è vero.

Allora.

Qui oggi mi pare che la gente abbia voglia di sfottere.

Ma non è vero cosa???

Scorro in alto nella chat, che per giorni era rimasta ignorata, e mi accorgo, in una commistione mortale di sorpresa e sgomento, che Mattia ha ricevuto tutti i miei messaggi e ascoltato tutti i miei audio. Ma quando? Quando?

Mattia mi aveva detto che i soldati non possono comunicare con il mondo esterno, durante la missione, quindi erano ormai giorni che non andavo a controllare. Quell'occasione l'avevo data per spacciata, anzi, avevo addirittura preso in considerazione di cancellare ogni parola per non tornare compulsivamente a controllare ogni volta che mi saliva lo sconforto.

Poi non l'ho fatto, perché, va beh, non ne ho avuto il coraggio, ma nel frattempo come ho fatto a perdermi l'evento degli eventi?

Quando se n'è accorto, quando ha risposto, come ha fatto a rispondere, ma soprattutto... cosa significa che non è vero???

"Non è vero che me ne sono andato."

AAAAAH!

Ho appena urlato interiormente. Voi non avete urlato interiormente?

Ditemi.

Che non è.

Vero.

Passo qualche istante con i muscoli in stato di rigor mortis, mentre nella testa cerco di capire in che percentuale ho immaginato la voce di Mattia arrivare dalla mia destra, a ore otto e tre quarti, per dirmi che non è vero che se n'è andato. La mente dice 99,9% immaginazione e il resto gli effetti dell'incenso alla marijuana.

Ditemi che è tutto uno scherzo, vi prego.

Nel dubbio, mi volto per controllare che la voce udita appartenga davvero al corpo del demonio.

"Porca puttana." mi lascio principescamente scappare, mentre alzo la mano sinistra e la piazzo a lato del mio viso per coprire quanto appena visto. "Sono pazza sul serio."

"Sì, in questo momento lo sembri." mi risponde il losco figuro che ha preso le sembianze di Mattia Zingaretti, ma che in realtà non è altro che una proiezione delle mie pare mentali. "Ma sbaglio, o sei dimagrita?"

"Voglio morire."

"Hai capito almeno quello che ho detto?"

"Non è vero." dico, ignorando bellamente lui e utilizzando un tono brillante per convincere me stessa. "Non è vero che lui è qui. Nelli, stai semplicemente avendo un incubo. O un ictus. Comunque lui non c'è davvero."

"Nelli."

"Ora, Nelli, guardi il mare, fai un profondo respiro e ti volti per scoprire che se n'è andato." mi rassicuro. Quindi guardo il mare, faccio un profondo respiro, ruoto il busto di novanta gradi e mannaggia la vacca ladra, è ancora lì.

"Porca puttana."

"E tu rimproveravi me di essere stato volgare in prima superiore."

"Era il primo giorno! E tu mi sei venuto addosso al banco facendomi sbagliare sul registro! E vaffanculo, perché sto parlando con te?!" grido, probabilmente al nulla, coprendomi poi le orecchie. 

"Nelli, basta, guardami. Non sono la tua fantasia."

"Oh sì, invece!" lo addito con una mano e mi copro gli occhi con l'altra (sembro le tre scimmiette di Whatsapp che si alternano in un malfunzionamento di sistema). "Perché questo è esattamente ciò che direbbe la mia fantasia. Ti avverto di andartene, oh visione satanica, perché io non sono più quella persona. Io. Sono passata. Oltre." a ogni punto corrisponde una sferzata d'indice verso l'aria, ma continuo a impedirmi di guardare perché: a) non voglio ammettere di vedere gli spiriti e b) mi fa malissimo osservare lui, al tramonto, qui, con i capelli che sono un po' cresciuti e iniziano ad arricciarsi sulle punte che è una meraviglia. Proprio come piace a me lo dovevo immaginare... che condanna!

Tuttavia, nel non udire risposte, mi tranquillizzo; visto, Nel? Te lo dicevo che era solo un miraggio!

Mi scopro orgogliosamente gli occhi, ma lui è ancora lì e mi fissa con un sopracciglio inarcato: "Ah, sì? Davvero?"

"Mattia, lasciami stare!" piagnucolo, abbandonandomi sulla ringhiera e prendendomi il viso fra le mani.

È come quella scena di Tu la conosci Claudia? in cui Aldo vede Giovanni ovunque e poi finisce per impazzire. "Ti prego, smettila, vattene via."

Ma, nonostante la risatina, la battuta che segue suona ferita e anche irritata: "Non ci credo che mi stai mandando via. Non per fare l'egocentrico, ma mi aspettavo quanto meno che saresti stata felice di vedermi."

Così mi infurio, perché per quanto sia solo una fantasia, è strafottente al punto giusto per sembrarmi reale. Se lui fosse qui davvero, non sarei solamente felice. Mi getterei addosso a lui piangendo come una fontana e poi lo riempirei contemporaneamente di pugni e di baci.

Questo pensiero mi fa male, mi fa davvero troppo male.

"Vaffanculo, Zingaretti." sibilo, ferita.

La fantasia di Mattia sbuffa e poi richiama la mia attenzione sfoderando un tono insolitamente autoritario e prepotente: "Ma insomma, puoi piantarla di fare la stupida e guardarmi?!" 

La sua voce non è solo aggressiva. È definitivamente spezzata, e quando mi giro di nuovo per fare ciò che mi ha detto, mi rendo conto che lui è in lacrime.

Lui, in lacrime.

"Mattia..."

Vederlo così mi fa cedere... ma perché il mio cervello mi sta facendo tutto questo? Non ho sofferto già abbastanza?

"Nelli, per favore..." sfiata, con una preghiera che mi entra dalle orecchie e corre a strizzare forte il mio cuore.

Ancora non ci posso credere...

No, non può essere vero.

Devo per forza star solo sognando.

Mi ancoro alla balaustra del terrazzo per non perdere la stabilità già precaria e, sentendo che anche i miei occhi si inumidiscono, sussurro uno spaventato: "Come faccio a sapere che sei reale? Che non è solo la mia stupida fantasia?"

Mattia fa un passo in avanti, mi guarda da così vicino che non so dire se sono più belli i suoi occhi o i miei riflessi nei suoi. Poi, da quella sua maledetta altezza e da quelle labbra che conosco a memoria, dice semplicemente: "Perché ti amo anch'io."

E poi si china per darmi un bacio.

For - the sweet - love - of Jesus.

Fermi.

Fermi tutti.

Fermi un secondo.

È reale.

Mattia non è solo una fantasia; è reale.

Oh mio Dio. Mattia è qui!

"Oddio..." soffio, tra le sue labbra, mentre realizzo tutto ciò.

Lui sorride e mi bacia, immergendo le mani nei miei capelli, spettinandomi, poi spostandole ovunque, per assicurarsi che stringano ogni parte del mio corpo a ogni parte del suo, lasciandomi letteralmente senza respiro.

E senza nemmeno capire da dove è partito questo comando, impegno anche tutte le mie energie nella stessa missione; avvolgo le braccia intorno al suo collo, mi alzo sulle punte e inarco la schiena, abbracciandolo come fosse il mio tesoro più prezioso che pensavo di aver perso. Lo bacio intensamente, come la prima volta e poi tutte le altre, gemendo per quanto è bello e strizzando gli occhi perché la commozione rischia di far diventare tutto questo gran limonamento una tragedia del Vajont.

Mi sono accorta che sia le mie che le sue guance sono già bagnate; lacrime di entrambi, unite da un pianto solo. Però, un pianto di gioia.

"Sei qui." sorrido come una scema, staccandomi da questo incredibile bacio solo per guardarlo. "Ti prego dimmi che non è solo un sogno."

E quest'ipotesi mi spaventa così tanto che faccio un passo indietro, lasciando che le sue mani scivolino via da me.

Fa una smorfia di disappunto per aver troncato questo magico abbraccio-barra-bacio-barra-rapporto sessuale in piedi: "Che altro devo fare per convincerti?"

Mi guardo intorno ancora stordita e scopro che la classe ci sta osservando divertita dall'interno. 

"Ehm..." boccheggio, indecisa se preoccuparmi di loro, di Mattia, o di me. "Che hai detto poco fa? Hai detto che mi ami?"

Mattia si lascia sfuggire una risatina: "Sì, ho detto che ti amo."

Dalla classe partono fischi e applausi.

"Loro lo sapevano?" indico la marmaglia di cretini, sconvolta.

"Cosa? Che ti amo?"

"No, che... beh, sì." addio cervello, addio. "Che mi ami, ma anche che eri qui. Cioè che sei qui. Sapevano o no che venivi? Dio santo, che casino."

"Sì, sapevano tutto. Ho avvisato che sarei venuto."

"Ma sei già tornato? Quando sei tornato? Perché?"

Se mi risponde 'per te' giuro che lo possiedo carnalmente qui e ora e non me ne frega un tubo se la gente ci guarda.

"Non me ne sono mai andato."

Invece, in quanto a sorprese, Mattia non delude mai. Di solito sono brutte, ma va beh. Ho come l'impressione che per stavolta ci sarà davvero da divertirsi.

Mi porto le mani ai fianchi, iniziando a riprendere il contatto con la realtà e quindi a pormi interrogativi ansiogeni: "Non sei andato in Siria?"

"No."

"Neanche solo fino all'aeroporto?"

"No."

"Quindi questa è la tua ennesima presa in giro?"

"Nelli, lascia che ti spieghi." lanciando uno sguardo minaccioso agli spettatori che continuano a esultare come i fedeli di Cristo la domenica delle palme, tira la porta a vetri alle sue spalle, convinto che questo ci regali un po' di privacy in più. Ma la porta è trasparente, quindi la gente si schiaccia al vetro per continuare a guardare e Mattia è un idiota. 

"Il mio 'no' per la missione in Siria è arrivato a Modena ancora prima del 'sì' di Magno, a Cecina." esordisce, aprendo il sipario su quello che sento sarà davvero un gran finale.

Ma la vera domanda è: come faccio adesso a prestare attenzione alle sue parole, quando ancora ho il cervello impegnato a realizzare che:

1) Mattia è qui a due metri da me e non in una missione di due anni in Siria;

2) ci siamo appena baciati come nella copertina di Via col vento e quel bacio è stato grandioso e voglio il bis, tris, eccetera eccetera fino al multiplo dell'infinito;

3) mi ha detto ti amo???

"Nelli, mi stai ascoltando?"

"No."

"Ascoltami!" mi ordina, convinto di avere un qualsiasi potere sulle mie seghe mentali. Psst, illuso. 

"Nelli!" si lamenta, allora.

"Ok, ok!" faccio mente locale, cercando di scrollarmi di dosso almeno la libidine del bacio. Dunque, dove siamo? Ah sì, non se n'è mai andato perché, in realtà, aveva detto di no alla missione ancora prima che Gloria e Magno si sposassero. Mi acciglio: "Avevi deciso di rifiutare? E perché non me l'hai detto?"

"Perché tu non avevi capito niente."

Mi indico, facendo roteare gli indici: "Pensi che la situazione sia migliorata?"

"No, in effetti." Mattia sospira, agitato, e mi prende per le spalle per allontanarci ancora di più. Ora che siamo all'angolo, gli spettatori si dovranno accontentare di vedere la gamba destra di Mattia. "Ti devo raccontare una storia, Argenti."

"Oddio, mi sento male."

"Te la racconto a ritroso, così ti senti ancora peggio, perché un po' te lo meriti." mi sorride, benevolo, e io, anziché volerlo uccidere, sento più che altro il perverso istinto di dargli un bacio animale come prima. Tuttavia, la storia mi ha insegnato che è meglio ascoltarlo, così gli concedo questa grazia con un gesto della mano. 

"Sono partito da villa Magna la mattina dopo il giorno del matrimonio, precisamente alle due di notte. Sono andato a Modena, dove avevo delle cose da fare."

"Wow, molto esaustivo."

Mattia aggrotta le sopracciglia, minaccioso: "Non ti azzardare nemmeno a fare un fiato finché non finisco di parlare."  

"Signorsì."  

"Simpatica come sempre, Argenti." mi provoca, continuando poi l'avvincente storia. "Ho detto a Pierpaolo, Marco e Fede che sarei sparito per un po', senza specificare dove sarei andato. Ma ho assicurato che sarei rimasto nei dintorni e che nel giro di pochi giorni mi sarei fatto nuovamente sentire, sia da loro che da te. Avevo solo bisogno di un po' di tempo per riflettere in totale solitudine, e avevo bisogno che nel frattempo nessuno interferisse con questa storia, specialmente che non raccontassero nulla a te, perché di quello mi sarei occupato io. Beh, me ne sto attualmente occupando io."

"Quindi loro tre hanno sempre saputo che tu non eri in Siria, ma mi hanno lasciato credere il contrario e soffrire pene infinite?"

"Loro tre e anche gli altri della classe. Era parte del piano sin dall'inizio."

"Era parte del piano anche che io picchiassi qualcuno?"

"Sapevano di correre dei rischi e che avresti sofferto. Ma l'hanno fatto per il tuo bene e anche perché, effettivamente, un po' te lo meriti."

"Ancora con questa storia, Zingaretti?"

"Tranquilla, ci arriverai piano piano." assicura a mo' di minaccia, decidendo di proseguire per velocizzare il processo. "Ho spento il telefono appositamente, perché non volevo influenze di alcun genere. Marco e Federica hanno capito e hanno accettato quasi subito. Pierpaolo invece non era per niente d'accordo, ma alla fine l'ho convinto. Solamente a Lorenzo ho detto dove avrebbe potuto trovarmi, in caso di bisogno, e gli ho dato il numero delle mie sorelle."

"Lori è sempre in qualche modo il beneficiario di turno."

"Castelli era in attesa di un trapianto di fegato... forse aveva diritto a un trattamento speciale?"

"E allora è uno stronzo perché non mi ha detto che avrei potuto trovarti e dove. Non so se lo sai, ma stavo per prendere un treno per venire a Modena a fermarti!"

"Lo so. Me l'ha detto Lorenzo."

Come?

Mattia è un puzzle, e io non sto capendo come si uniscono gli stupidi pezzi.

"Vedi, quella mattina in cui sono andato a Modena, io... avevo appena terminato di sbrigare le mie faccende e stavo per andare all'appartamento di Lorenzo. Sarei rimasto lì per qualche giorno e avrei fatto le riflessioni del caso. Ma ho ricevuto la notizia del trapianto e allora sono corso da lui, a Venezia."

"Ti ha avvisato lui? Di sua spontanea volontà?"

"Mi ha detto che aveva scelto di non dirlo a nessuno di voi per permettervi di passare serenamente l'ultimo giorno in villa e non rovinare l'atmosfera del matrimonio. Aveva già subito il primo intervento, ma aveva appena saputo che forse non era andato bene e quindi aveva un disperato bisogno di qualcuno che stesse al suo fianco. Quella notte è stata orribile: Lorenzo stava male, io non sapevo come aiutarlo, sentivo l'istinto di dovervi avvisare, ma lui mi aveva implorato di non farlo e così abbiamo passato tutto il tempo a piangere e guardare stronzate sul tablet."

"Siete degli stronzi maledetti tutti e due."

"È che pensiamo sempre che sia meglio risparmiare agli altri di stare male, ma poi non funziona."

"Quando mai riuscirai a impararlo?"

"Sono sempre stato un allievo difficile." abbassa gli occhi e dà un colpetto di tosse, apparendomi maledettamente tenero e bellissimo. Fantastico amico, fantastico fratello, fantastico idiota. Ha definitivamente tutto quello che vorrei. Compresa della voglia di prendersele.

Mattia riprende il suo racconto, che si prospetta lungo quanto questo favoloso tramonto. Così lo ascolto, concentrata, lasciando riposare il mio corpo contro la ringhiera del terrazzo e ammirando il suo, che con questi capelli e questo abbigliamento del tutto casuale, felpa rossa e jeans scuri su una scarpa da tennis rovinata, fa molto Mattia Zingaretti di terza superiore versione migliorata. Adoro.

"Al mattino successivo, quando Lorenzo era pallido e continuava ad urlare per il dolore allo stomaco, hanno deciso di operarlo ed è allora che è arrivato anche Tommaso. I medici volevano mantenere la massima riservatezza, ma io gli ho raccontato tutto e mi sono raccomandato di avvisare anche voi altri. A quel punto, ho salutato Lori e me ne sono andato. Non volevo farmi vedere da voi e al contempo sapevo che sarebbe stato comunque in buone mani."

"Cosa? L'hai lasciato da solo per non vedere noi?"

"Nello specifico, per non vedere te. Ma se qualcosa fosse andato storto, avevo comunque fatto tesoro di quella nottata per dirgli tutto quello che c'era da dire."

Scuoto la testa, offesa al posto di Lori.

"Dopo ore di ansia, durante le quali mi tenevo in contatto con Pier tramite le mie sorelle, ho finalmente saputo che era andato tutto bene e ho gioito come un bambino. Peccato solo per la notizia di Ai che nel frattempo mi aveva letteralmente ucciso. Ero a Bologna, in quel momento. Ho dormito per qualche giorno da Laura e Giulia, ma per quanto stia bene assieme a loro, ti assicuro che non sono mai stato peggio nella mia vita."

"Beh, ma allora non si spiega perché hai rinunciato alla missione. Non può essere per Lorenzo, se il tuo 'no' è arrivato a Modena prima del 'sì' di Magno a Cecina - e ti cito."

"Non ci ho rinunciato per Lori. Vedi che continui a non capire?" sbuffa e insiste nell'aggiungere dettagli che mi dovrebbero facilitare l'intuizione: "Ho rinunciato alla missione in Siria ancora durante il soggiorno in villa e poi, quella mattina dopo il matrimonio, sono andato a Modena per firmare le mie ufficiali dimissioni dall'esercito, quindi ho ritirato i miei effetti personali all'accademia e l'ho salutata per sempre."

La mia bocca si spalanca: "Rinunciare alla missione ti ha fatto licenziare?"

Mattia si porta le mani alla testa, esasperato, sembrando molto me quando ho davanti lui che non capisce i sillogismi: "Non mi hanno licenziato, Nelli, mi sono licenziato! Anzi, per usare un gergo più adatto, mi sono ritirato!"

Corpo di mille soldati!

"Che cosa?!" mi scandalizzo. "Ma sei pazzo? Perché l'hai fatto?"

A questo punto non può far altro che guardarmi fisso per qualche secondo, con espressione di ovvietà e qualcosa, in quegli occhi, che sa di un'ossimorica dolce sconfitta. 

Oh, l'ha fatto per me.

Finalmente ci sono arrivata.

Deglutisco, scossa dalla notizia e cerco qualche contro-argomentazione a cui appigliarmi perché sono fatta così, non riesco a credere alle cose belle: "Mi stai dicendo che ci si può ritirare dall'accademia militare con così tanta facilità? Quando ti pare e piace?"

"No, certo che no. Mi potrebbero anche denunciare se lo facessi." risponde, infatti. "Avevo fatto richiesta già due mesi fa, ma perché fosse accettata ho dovuto farmi seguire da un legale che ne provasse le motivazioni."

"Quali erano le motivazioni?"

"Un, ehm... problema alla schiena?" butta lì, sapendo che mi arrabbierò tra tre, due, uno...

"Quale problema alla schiena, tu non hai nulla di nulla! Hai mentito spudoratamente! Che medico indegno hai corrotto? Da che legale infame ti sei fatto seguire?"

"Dottoressa Ferrucci e avvocato Romanin. Vuoi il numero?"

Apro la bocca, scandalizzata, e riesco solo a sbuffare un oltraggiato: "Diavoli!"

"Mi hanno aiutato, come tanti altri medici e legali aiutano chi vuole abbandonare questo tipo di carriera passando inosservato. Non è per niente facile, e a ragion veduta, sottolineerei, ma io non avrei potuto rimanere lì, semplicemente perché sarei stato talmente inutile e demotivato che l'esercito italiano sarebbe stato sicuramente più forte senza di me."

"Ma due mesi prima significa che ancora non mi avevi... che il matrimonio... insomma, ero convinta che il tuo lavoro ti piacesse e che non l'avresti barattato con nulla che non ti desse almeno pari sicurezza."

"Vero, finché non ho fatto un bilancio della mia vita. Dopo due anni di accademia e tre di servizio, mi sono trovato a dover rivalutare le priorità. Tirando le somme, mi sono accorto che l'esercito aveva perso quota e quindi non ero nemmeno il buon soldato di un tempo; non ero più abbastanza motivato. Credo di aver fatto un'esperienza fondamentale per me, di aver aiutato il mondo in un modo che non avrei mai creduto di saper gestire, ma ora sono convinto di potere e di dover fare qualcos'altro di altrettanto utile. Non è stato facile capirlo, né tanto meno preparare tutte le carte, ma grazie a Gloria e Cris ero arrivato a dover mettere solo una firma e sarei stato finalmente libero."

"Sei stato indeciso se metterla o no?"

"Esatto. In quei giorni a villa Magna ho avuto i più atroci dubbi. Poi, capirai, con il mio generale che mi chiamava ogni giorno per convincermi a rimanere e andare in missione... Stella non molla mai l'osso. Ancora oggi tenta di telefonarmi."

Sì, Stella con le telefonate minatorie, e Pierpaolo con i 'consigli da amico', e io con le mie mille delusioni... 

"Sei sicuro di aver fatto la scelta giusta?"

"Sì. Indipendentemente da tutto e persino da te, ne sono convinto. Quando ho detto di aver rivalutato le priorità, fare il soldato non è sceso solo di un posto, ma di diversi. Non è solo un colpo di testa, si tratta di aver capito di essere fatto per altro. Sono grato e non rimpiango di aver percorso un pezzo di strada nella carriera militare, anzi... quel mondo mi mancherà sempre un po', come mi mancherà il bello stipendio, ma ora sento che ci sono direzioni diverse da prendere. Devo far tesoro di quello che ho imparato in accademia e poi sul campo, per rendere il mondo un posto migliore in altri modi."

"Quali?" è la mia secca e commossa domanda.

Sarò anche cretina, ma ho capito che dal momento in cui lui è qui, devo per forza c'entrarci anch'io.

"Avevo alcune alternative." si schiarisce la voce, teso. "Tra cui un progetto talmente folle che buttarmici a capofitto sarebbe stato un suicidio. Così, prima di rovinarmi definitivamente la vita, avevo inventato il piano del matrimonio." 

"Completamente fallito."

"Già." alza gli occhi, uccidendomi d'amore con quel verde: "Nelli, preparati al colpo di scena di questa storia."

"Ah, il colpo di scena deve ancora arrivare? Mi sembra di non aver sentito altro che colpi di scena."

"Beh, ti sbagli. Perché oltre alla firma sul proscioglimento militare, c'era un'altra firma che non avevo ancora lasciato. Quella sul contratto per l'acquisto di una casa."

"Una casa? Dove?"

"Qui a Venezia." snocciola, come se stesse rivelando di essere incinto. "Anzi, per la precisione qui a Pellestrina, in una posizione bellissima, vicina alla palestra, vista mozzafiato. Dopo vane ricerche qui nei dintorni, ho avuto una fortuna pazzesca a trovare in vendita proprio lei e ho pure dovuto contrattare fino allo sfinimento perché il venditore mi facesse una proposta decente. È grazie ai soldi che avevo accumulato in anni di sacrifici nell'esercito che ho potuto mettere le mani su un'opportunità del genere. Ho letteralmente investito tutte le mie forze per lei."

"Perché proprio lei? Cioè, perché quella casa, in quella pozione, e non qualsiasi altra?"

"Perché non avrei voluto abitarci da solo. Avevo pensato di comprarla per me e te."

Ok, tempo di recuperare il battito cardiaco e ci sono.

Un momento.

Ecco, è tornato un minimo indispensabile per non farmi trapassare all'aldilà.

E nel mentre, ho finalmente capito perché è questo il colpo di scena. 

"Oh mio Dio..." sfiato, ricollegando tutti i punti, incastrando tutti pezzi, completando tutto il cerchio. "È per questo che ti sei arrabbiato così tanto per l'appartamento di New York!"

"Per quello che tu hai detto riguardo l'appartamento di New York e riguardo quello sceicco di Sayid." rivanga il passato con risentimento ancora fresco. "Lui aveva pensato a tutti quei bei regali per te e io no? Io non avevo fatto nulla per te? Nelli, io ho dedicato i miei ultimi cinque anni per avere abbastanza stabilità per stare con te. E intendo per sempre. In una fottutissima casa."

"Ho rovinato tutto." me lo dico da sola. Con plauso. E riverenza.

"Sì." conferma, annuendo platealmente. "Avevo pensato con amore a ogni singolo dettaglio. Avevo lavorato giorni per convincere i ragazzi ad essere dalla mia parte e giurare di non dirti assolutamente nulla, dall'inizio di questa faccenda fino a quando io non avessi detto loro che potevano farlo. Per questo sapevano che ci avresti sofferto e più tu mandavi il piano a puttane, più loro erano combattuti. Ho tirato avanti fino ad oggi solo perché tutti loro, là dentro, credono che tu - proprio tu, genio - abbia rovinato tutto. Se non fosse successo tutto quel che è successo, sarebbe stato un piano perfetto. Invece in quelle due settimane a Cecina, tutte le mie paure si sono fatte reali. Tu che mi facevi innamorare perdutamente poi a caso non mi calcolavi più, tu che sembravi esserti praticamente rimessa con Sayid e poi tu che mi rivelavi che era tutto un tuo viaggio mentale sul nulla. E io avevo comprato una casa!"

"Beh, non era sul nulla, Mattia, il viaggio mentale era partito da-"

"Quello che hai sentito tra Pierpaolo e me. Che non era una discussione sull'andare o meno in Siria, ma sul comprare o meno quella casa."

Shock.

Pierpaolo non è un cattivo. Pierpaolo è buono. È mio amico.

Dov'è una frusta? Mi voglio auto-flagellare.

Ma Mattia sembra volermi far cucinare a fuoco lento nel brodo dei miei errori, quindi rimpolpa di dettagli la questione: "Io ero ormai talmente ubriaco delle tue cazzate che stavo valutando di lasciar perdere, di rinunciare alla firma sul contratto della casa e mantenere il mio lavoro in accademia. Era quella sera in cui avevamo parlato davanti alla fontana, seguita dalla mattina in cui è arrivato il tuo sceicco libanese e ha ben pensato di marcare il territorio con una pisciatina. Che, ovviamente, perché sono idiota, mi ha confuso ancora di più."

"Oddio, Mattia..." mi lamento, sentendomi male sul serio.

Ho fatto tutto questo casino per un viaggio mentale? Sono davvero stata capace di tale distruzione?

"Mi dispiace." sbotta lui. "Ma tu avevi detto che mi avresti seguito a Modena e allora avevo pensato che forse non sarebbe stata una brutta idea. Che sarebbe stato più sicuro se io fossi rimasto nell'esercito e non avessimo avuto un vincolo così stretto come una convivenza. Avresti avuto ancora margine di libertà di fare le tue scelte, di seguire chi amavi davvero, perché Sayid mi aveva detto che tu non mi avevi mai amato davvero e io, che l'ho sospettato fino a qualche giorno fa, gli avevo creduto. Ho avuto paura che ti avrei rovinato la vita, che non avresti accettato la mia proposta, o che avremmo iniziato qualcosa che poi sarebbe finito malissimo, nel giro di poco tempo. Insomma, avevo paura che mi avresti spezzato il cuore, anche se non era mai più guarito da quando cinque anni prima mi avevi piantato da solo davanti a un treno e tutto lo spaventoso futuro che mi aspettava. Sono stato un codardo. Più volte nella mia vita. E tu anche, quindi ho avuto un momento di crollo totale. Abbastanza prevedibile, se sei innamorato di una fuori di testa."

 Da questo balcone io mi voglio buttare. Tipo, subito.

"Ma per quanto tu avessi capito tutt'altro, Pierpaolo quella volta mi stava dando degli enormi schiaffi morali su quanto fosse sbagliato sfanculare tutto quello che avevo costruito in cinque anni con lo scopo ultimo di permetterci di stare insieme. Ripensa a quella conversazione e sii tu a darti uno schiaffo morale, stavolta: lui voleva che io firmassi l'acquisto della casa, idiota, non la partenza per la Siria!"

Mi sbatto una mano sulla faccia.

Ci ripenso davvero. Ripercorro quello scorcio di conversazione nella testa e sì, è vero. Ha dannatamente ragione. 

Letta ora, con la giusta chiave interpretativa, quel litigio tra i due si mostra veramente come tutt'altro rispetto a quel che avevo inteso io. Si è trattato di un fraintendimento epico, che solo una come me avrebbe potuto travisare e trasformare nell'annientamento della sorpresa più bella che avrebbe ricevuto in tutta la sua vita.

"Vedi perché dico che ti meriti di soffrire?" fa lui, scosso, senza neanche lasciarmi il tempo di guaire all'aria per la mia inadeguatezza a vivere. "Ero venuto a Cecina con un piano ben preciso: riavvicinarmi a te, dirti quanto mi fossi mancata, e poi, se avessi capito che provavi ancora qualcosa, parlarti del mio cambio di rotta e chiederti di farne parte. Ma tra il secondo e terzo punto mi sono perso; Pier era lì per riportarmi sulla giusta direzione, poi tu ti sei intromessa, assieme a Sayid, ed è diventato il caos. Molto strano, eh?"

"Come avrei potuto immaginarlo?" tento pateticamente di difendermi. "In quella conversazione dicevi che sarebbe stato meglio non venire qui dal principio, tenerci meno a me, che io tenessi meno a te..."

"Sì, perché a volte..." si anima, avvicinandosi un po' di più. "A volte amarti fa così male che vorrei non essere mai arrivato a questo punto."

"Ma...?" propongo, tremante.

"Ma poi resto un secondo senza di te e già ho voglia di averti di nuovo tra le palle."

Mi lascio scappare una risata goffa.

"Nelli... quella sera davanti alla fontana, stavo per dirti tutto quanto. Ero arrabbiato e tremendamente combattuto, ma non potevo esitare un istante di più. Invece hai iniziato a parlare della missione, hai detto che sarebbe stato meglio se fossi partito, che non te ne sarebbe fregato nulla. Io già l'avevo rifiutata, figurati. E oltre alla cattiveria di quelle affermazioni, ho anche capito che arrivavano da una tua personalissima rielaborazione di seghe mentali a caso, di cui non mi hai parlato, che avrei potuto benissimo smentire fin dal principio. Per l'ennesima volta ho avuto paura di contare meno di Sayid e meno ancora della tua stessa fantasia. Infine, quel 'ti amo'..."

"Oh, l'hai sentito?"

"Certo che l'ho sentito, ma non ci ho creduto." abbassa gli occhi, per poi risollevarli che sono due smeraldi sul letto di un gelido torrente di montagna. "Come facevo a crederti? Ci eravamo appena scambiati delle accuse orribili. E anche i miei genitori si dicevano 'ti amo' davanti a me e le mie sorelle, prima che si lasciassero dividendo tra loro anche l'aria che respirano."

Lo sapevo.

Lo sapevo che non si era fidato di quelle parole.

E date queste premesse, posso solamente capirlo.

Nemmeno io ci avrei creduto.

"Mi dispiace." ripete per l'ennesima volta.

"È a me che dispiace, Mattia." affermo, con un filo di voce. "Ho sbagliato tutto. Ho rovinato tutto."

"Abbiamo sbagliato entrambi. E quel 'ti amo' è stata la cosa più terrificante che potessi dirmi, subito dopo l' 'Almeno Sayid mi ama davvero. Lui per me ha comprato una casa' - e ti cito."

Mi copro il volto con entrambe le mani, così piena di senso di colpa che nemmeno attraverso l'espiazione buddhista riuscirei mai a darmi pace.

"Ascolta..." si intenerisce Mattia, levandomi la schermatura con gentilezza. "In quel momento c'era molta rabbia in me, e gelosia, e confusione. Non ti ho risposto e me ne sono andato perché mi sono sentito sconfitto e ferito più che mai, forse come te quando sono tornato dalla Grecia in terza e quando sono partito per Modena dopo la quinta. Ci ho messo un po' a realizzare che forse meritavo di capire come ci si sente. E nel frattempo, Davide ha raccontato a Pierpaolo della tua semi-fuga d'amore verso Modena." ride, sinceramente divertito dall'immagine.

Sicuramente gli faccio pena e pensa che le mie gesta siano ridicole, ma si ricompone in prestezza. 

"Poi Pier l'ha detto a Lorenzo e Lorenzo, che mi telefonava alle due di notte sul cellulare di mia sorella Laura, l'ha raccontato a me. Ovviamente la versione è giunta più come un romanzo cavalleresco che altro, ma sono certo che mi racconterai i fatti in prima persona. In più ho letto i tuoi messaggi, e le email, e i tweet. Se anche non li avessi mai ricevuti, ho visto comunque quelli che hai mandato alle mie sorelle. E ai loro vicini. E se anche non avessi mai saputo delle plateali cazzate che fai per me, in questi giorni di riflessione mi sono reso conto che in sette anni non c'è stato un singolo momento in cui tu non mi abbia dimostrato di amarmi. Nelli..." prende fiato, rivolgendosi a me con un sorriso genuino che non gli avevo mai visto. "Sono davvero un idiota per non esserci arrivato prima, ma tu mi ami e io ti amo, quindi stiamo insieme e basta, per favore."

E finalmente!

"Certo che ce ne hai messo di tempo a capirlo, brutto idiota!" pigolo, con la voce rotta e gli occhi pieni di lacrime.

Mattia si chiude nelle spalle: "O io sono un pessimo studente, o tu una pessima insegnante. Oppure tutti e due."

Sorrido a trentaduemila denti e penso che non potrei mai essere più felice di così, ma proprio quando vado per abbracciarlo e possederlo come poco fa, le mie braccia stringono il nulla.

Mattia?

...Mattia?

Dov'è finito?

Per un attimo penso si sia ritirato dall'abbraccione e che mi voglia dire 'Stavo solo scherzando, povera illusa', invece è ancora qui. Si è solo abbassato.

Oddio, perché si è abbassato?

Guardo giù.

Infarto.

Mattia si è inginocchiato, e nel frattempo i pazzi della mia classe hanno aperto la porta in barba alla privacy e si sono ammassati nel terrazzo per fare i guardoni.

Mattia si è inginocchiato. Ripeto: Mattia si è inginocchiato.

"Marinella."

"Oh mio Dio!" è il mio orgasmo verbale precoce.

"Visto, ti avevo detto che sarebbe uscita di testa." commenta qualcuno dall'audience, ma senza riuscire a distrarmi da quella scatolina che Mattia ha estratto dalla tasca della felpa.

Ommioddiommioddiommioddio.

"Marinella, io... volevo chiederti..." tossicchia e le sue orecchie arrossiscono e Diego parte con un 'oooh' propiziatorio e incalzante che tutti gli altri decidono di seguire, così, perché al disagio non c'è mai fine.

Io potrei veramente morire, questa volta.

"Nelli, non voglio chiederti di sposarmi." 

Ok, sono morta.

Mentre rielaboro quell'intruso nella frase, odiando un semplice 'non' più di quanto mi sia mai capitato con qualsiasi altro avverbio di negazione, anche la classe si indigna.

La loro ola si spezza brutalmente e seguono fischi e insulti, ma Mattia prosegue indisturbato, calcolando solo me: "Perché né tu né io sappiamo ancora chi siamo, figuriamoci se potremmo mai aver chiaro che cosa significa sposarci. Però di una cosa sono certo ed è che la mia vita è mille volte più bella assieme a te, anche se sei una maestrina rompipalle e mi farai letteralmente impazzire, però, ecco... io volevo chiederti..."

Oh, cielo.

"Vuoi convivere con me?"

Non ha neanche finito la frase che gli ho già risposto di sì.

Mi ha convito ancora al 'maestrina rompipalle'. Anzi, facciamo pure al 'Mi puoi dare ripetizioni?' di sette anni fa.

"Sì? Davvero?" domanda, sollevato.

"Davvero ti aspettavi che potessi dirti di no?"

"Beh no, in effetti no. Però avevo paura che fossi ancora convinta che non sono reale e che questo è tutto frutto della tua fantasia."

Alzo un angolino della bocca in un sorrisetto malizioso, poi mi abbasso in avanti, prendo il suo viso tra le mani e lo bacio.

O meglio, condivido quello che è in assoluto il più tenero e sincero scambio di dolcezza che abbia mai sperimentato in tutta la mia vita. Le mie labbra avvolgono le sue in una carezza lenta e voluttuosa, gli applausi dietro di noi non sono niente in confronto ai fuochi d'artificio che scoppiano nel mio cuore. Mi sta girando la testa, ma più Mattia risponde ai miei movimenti, più mi rendo conto che è la sensazione più bella del mondo e che ci rimarrei minuti, ore, giorni e anni, anni ed anni a baciare questo idiota.

Un romance dozzinale con due a caso che si baciano al tramonto in copertina, eh?

Ma anche sì, ti prego!

"Ehi, Zinga!" lo richiama Pierpaolo dal pubblico. "Ti sei dimenticato l'anello! Falle vedere l'anello!"

"Ah, giusto." Mattia si stacca ridendo e poi mi piazza la scatolina sotto al naso.

Come se fosse davvero così semplice ripigliarsi da un bacio del genere.

"Scusa se non ti ho procurato niente di troppo perfetto." sussurra, per farsi sentire solo da me. "Ma so che a te non piace chi non puoi correggere e credo che questo sia comunque un buon punto di partenza."

Apre la scatolina e mi fa la più grande sorpresa di questa serata.

Non è vero.

Non ci posso credere.

Non avete idea di quel che c'è davanti ai miei occhi.

Mi porto una mano alla bocca, senza parole. Poi lentamente, tremando, sfilo il gioiello dalla confezione e lo osservo contro la luce arancione del tramonto.

Non è un anello.

È un orecchino.

È quell'orecchino.

Un brivido riscuote il mio corpo e mi sale la pelle d'oca.

Fisso Mattia per un tempo più lungo del dovuto, tant'è che dai telespettatori iniziano a sollevarsi mormorii e speculazioni, addirittura una battuta di Vacca su quanto regalare un orecchino al posto di un anello di fidanzamento sia come regalare un uovo di Pasqua a Natale. Nessuno ride, e il mio mento ha iniziato a tremare.

"Dove l'hai trovato?"

"Quando te lo sei tolto e me l'hai lanciato addosso, cinque anni fa, non potevo lasciarlo nel bel mezzo di una stazione. Già ne avevi perso uno in Grecia e sembrava fosse stata annunciata la fine del mondo."

Mi faccio scappare una risata e anche una lacrima: "L'hai conservato per tutto questo tempo..."

Mattia annuisce e gli altri si perplimono, non capendo nessuno dei nostri riferimenti, come quando Flick regala un sasso agli insetti circensi.

"Grazie, Mattia." il nodo alla gola esplode ufficialmente in lacrime di commozione. "Grazie con tutto il mio cuore."

Infilo l'anello al dito e poi lascio scivolare lo sguardo oltre lui, verso i miei compagni, mostrando loro la mano, tutta orgogliosa: "Sembra che ce l'abbiate proprio fatta."

Il coro di esultanza che si leva in seguito non è nemmeno descrivibile. Sembra del tutto inappropriato nel contesto di una festa di funerale, ma in realtà è perfettamente in linea con questa giornata, con questa storia e con tutti noi. 

Così, nell'euforia generale, io mi lancio in un abbraccio a Mattia e lui mi solleva facendosi venire un'ernia, mentre gli altri cantano e ballano e Diego mima un rapporto sessuale.

Ai Zu sarebbe talmente felice di vederci così... anzi, no, Ai Zu lo è sicuramente, così tanto che non avrebbe potuto esserci luogo e momento migliore di questo per completare la sua missione su questa Terra, come uomo, come insegnante, e come grandissimo, indiscusso fan di telenovelas tra i propri studenti.

Tuttavia, appena la curva nord si placa e Mattia mi rimette giù, decido che ho bisogno di un po' di vera privacy. Quindi caccio la marmaglia, spingendo tutti attraverso le porte scorrevoli: "Ora smammare voi! Smammare! Pier, aspettami dentro, devo salutarti per bene e implorarti così tanto perdono che acquisirai il potere ecclesiastico della redenzione. E tu, Fiore, non pensare di essertela cavata su quel discorsetto sull'immortalità, quando sapevi che Zingaretti era tutt'altro che morto. Poi faremo i conti con tutti quanti, ma ora andale, andale!"

Quando sono sicura di essermi liberata di loro, tiro un lungo, plateale sospiro.

Che. Cosa. Assurda. È successa.

Mattia è ovviamente rimasto qui con me, così lo spingo verso l'angolo del terrazzo e lo guardo negli occhi: "Allora, fidanzato e coinquilino, è bella la nostra casa?"

È un'ulteriore conferma di quel sì, se non si era capito prima.

Perché, Dio, è stata in assoluto la proposta più bella, più romantica, più perfetta che potessi immaginare. Lo amo, e amo quest'anello, e amo la nostra casa, anche se non so nemmeno come sia.

"Ti piacerà. È in una posizione bellissima e comodissima. Non è grande, ma c'è un letto e un tavolo da studio... tutto quello che serve a noi due."

Ridacchio, talmente euforica di questa notizia che mi gira la testa e vorrei correre subito a vederla. Ma ci sono dei dubbi che mi hanno assalita nel momento esatto in cui è passata la nebulosa di gioia.

"Però come pensi di fare per il lavoro? Voglio dire... adesso dovrai ricominciare tutto da capo."

"Oh, innanzitutto, voglio riprendere gli studi, fare qualche corso. E poi Sanjay mi ha offerto un posto come insegnante di tiro al piattello. Sai che sta aprendo una specie di poligono proprio qui a fianco?"

"Tra le altre discipline olimpiche, sì."

"Ecco, sta puntando molto su quello. E se l'iniziativa andrà bene, in futuro vorrà addirittura allargare la scelta e pensare a qualche altra attività che abbia a che vedere con quel mondo. Tipo paintball."

"Curioso il destino."

"Curiosissimo." ghigna Mattia. "D'altronde era alla ricerca di gente brava a sparare. Eccomi qua." si vanta, posando l'indice e il medio sul mio cuore e mimando uno sparo.

È peggio di Tarzan, l'ho sempre detto.

"Molto maturo, Clayton." sbuffo, semi-offesa, colpendo la sua mano. "Però sono contenta. È già un inizio. È veramente quello che volevi fare?"

"L'insegnante? Beh, non proprio." ribatte. "Cioè, più che altro non avrei mai pensato che io, proprio io, avrei fatto l'insegnante, ma rivalutando le mie priorità, appunto, ho capito che in realtà, devo farlo. Ho visto, in piccolissime, microscopiche percentuali, cosa c'è di brutto nel mondo, e mi è bastato per capire che ho il dovere morale di conoscere dei ragazzini, insegnargli a sparare e assicurarmi che non lo facciano mai, mai con l'intento sbagliato."

"Sei il degno discepolo di Ai."

"Non scherziamo su Ai; io non ho ancora minimamente superato il lutto. Per questo voglio insegnare questi concetti non solo in senso letterale, ma anche metaforico. Vorrei dare alla gente l'unica vera arma valida della vita. Che non è un cazzo di fucile, ma sono l'intelligenza e l'amore. Ed è qualcosa che ho imparato grazie alle mie esperienze, grazie ad Ai, grazie ai miei disastrosi genitori e grazie incredibilmente anche a te."

"Quasi quasi mi verrebbe voglia di chiederti di insegnarmi."

"E tu, invece?" rilancia, preoccupato, ignorando la provocazione. "Che ne è della magistrale? Del lavoro da Benigni?"

"Oh già. Grazie mille per Benigni!" mi ricordo, entusiasta, dandogli un bacio a stampo che lo coglie impreparato e lo fa arrossire.

Cioè, parliamone.

Mi ha appena detto che mi ama, sbaciucchiato impudentemente davanti a venti persone e proposto di convivere, ma arrossisce per un bacetto a stampo come alle superiori.

È proprio Mattia!  

"Mh, prego." grugnisce imbarazzato.

"Anche tu hai dimostrato di amarmi in mille modi diversi. Avrei dovuto accorgermene prima, ma sei stato ancora più bravo di me a mascherarlo. E comunque, considerato che sarebbe andato contro il tuo piano di vivere qui a Venezia, è stato un gesto molto nobile. Non avresti dovuto."

"Diciamo che sentivo dei doveri morali anche verso la mia ohana."

"Oh mio Dio... mi hai dato della tua ohana che significa famiglia?" faccio gli occhi a cuoricino.

"Sì, ma ora piantala di fare la pazza. Dimmi che cosa ne sarà dei tuoi progetti."

Mi gratto la testa, perdendomi a guardare il tramonto: "In realtà, non ne ho. Insomma... ne avevo fino a un secondo prima che comparissi a caso per rovinarmi di nuovo la vita."

"Ah, e sarebbero?"

"Volevo essere una donna forte e indipendente."

"Con l'apparecchio notturno e il pigiama dei Digimon?"

"Certo, quello sempre."

"E allora che volevi fare?"

"Finire la magistrale, trovare un lavoro." 

"Lo puoi ancora fare, no?" mi domanda, facendo scorrere quel verde mozzafiato sul mio viso. "Puoi fare quello che vuoi, non c'è fretta per venire a vivere con me."

Sorrido, persa nei suoi occhi, innamorata di lui: "Mh, penso che non potrei rimandare questo passo nemmeno un secondo di più."

Mattia sorride, segretamente felice.

"Resta da dirlo ai miei." faccio però notare.

"Oh, ai tuoi l'ho già chiesto io."

"E ti pareva."

"Sono un ragazzo che gioca d'anticipo." si vanta. "E comunque per loro va bene. Tua madre si è messa a danzare quando ha saputo che non ti saresti trasferita a New York, o in Libano, con Sayidipesce."

"Ora basta, Zingaretti. Lui è un bravo ragazzo."

"Ops." finge di pentirsi di averlo offeso, poi però torna a preoccuparsi del problema principale. "Ma quindi per la tua situazione adesso come...?"

"Troverò una soluzione." gli assicuro strizzando l'occhiolino. "La magistrale si può finire anche da casa, con qualche corso di recupero online e tanta forza di volontà. In fin dei conti, non mancano molti esami. Quanto al lavoro, c'è sempre l'azienda di papà qui vicino... non avrò imparato un tubo sui vini, ma forse ho imparato qualcosa su come si salvano in extremis le situazioni. Papà ha bisogno di qualcuno che risollevi la sua azienda. Chissà... magari potrei riuscirci."

Mattia annuisce, fiducioso nelle mie parole e nel fatto che insieme, comunque, potremo trovare la soluzione a ogni cosa. Con molto lavoro, tempo, litigi, incomprensioni, pianti, risate, insulti e un bacio qua e là. Però sì... potremmo.

Siamo due idioti, io e lui. Ma siamo qualcosa di unico, insieme.

Mattia si china inspirando contro la pelle del mio collo e facendomi venire i brividi: "Vuoi tornare dentro? Marco e Fede vorranno sicuramente parlarti e poi dobbiamo salutare Pier."

"Ok." faccio, un po' contro voglia, ma ugualmente desiderosa di riunirmi con i miei amici e ringraziarli di ogni singola cattiveria che hanno compiuto, facendosi odiare con tutto il cuore, con lo scopo di raggiungere il bene superiore che mi fa essere la persona più felice di questo mondo. "Anche se starei qui ancora un attimo. Solo un attimo..."

Mormoro senza nemmeno rendermi conto di essermi spalmata addosso al microcefalo e averlo preso per un pupazzo a grandezza naturale.

"Ehi, Nelli..." sussurra, facendomi amare ancora di più quella vicinanza e quella sua irritantissima voce.

"Mh?"

"Hai pensato che forse potrei veramente essere solo una fantasia? Che magari questo è tutto un tuo sogno a occhi aperti e adesso ti svegli?"

Alzo la testa, il cuore che è piombato in un baratro, gli occhi sbarrati.

"Sto scherzando, Argenti!" rettifica immediatamente, spaventandosi alla mia espressione. "Mio Dio, ti sto solo prendendo in giro! Quando la smetterai di ascoltare quella tua stupidissima fantasia?!" si lamenta, guardandomi male e dandomi un colpetto sulla spalla.

"Vaffanculo." lo offendo gratuitamente, sentendomi però enormemente sollevata. "Se volevi trovarmi completamente libera dalle catene dell'immaginazione, dovevi tornare fra due anni. Sarei stata una donna più pragmatica, migliore."

"Invece sono tornato adesso. Anzi, non me ne sono mai andato, proprio perché mi piaci così. Figure di merda e fantasia galoppante comprese. Non c'è niente di meglio."

Mi dà un bacio sulla fronte e con questo, mi lascia a gongolare da sola, dirigendosi alla porta a vetri e facendosi strada verso la palestra: "Ma adesso è meglio se torno tra la gente normale, almeno per un po', o rischio di diventare come te. Tanto poi ci vediamo a casa, no?"

"Non lo so." lo provoco, forte di tutta questa connessione speciale e alchimia palpabile. "Dipende se questa realtà mi piace di più della mia fantasia."

Mattia sorride: "Credo che nessuna tua fantasia potrebbe essere più bella di questa realtà. A dopo, Argenti."

"A dopo, Zingaretti."

Mattia sparisce dietro alla porta e io mi volto subito a guardare il tramonto, stringendo le mani attorno alla ringhiera di ferro.

Ok, prima faccio un gridolino da spastica e poi qualche saltello eccitato, ma comunque, alla fine, mi ricompongo. Mi rilasso in un soffio che di rilassato non ha proprio un bel niente: è un sospiro tremante, eccitato, febbrile.

Questo è un finale che mi piace.

Oh, come mi piace!

Anche se non è affatto un finale, ma piuttosto... mi volto, leggendo, ispirata, l'insegna della palestra sopra la mia testa. Già, esattamente... questo è proprio un inizio.

E Ai Zu è sempre sul pezzo anche da morto - quanto mi fa paura quell'uomo.

Mi ritrovo dunque appoggiata a questa iconica terrazza, con il sorriso rivolto al cielo, al mare e poi all'orecchino che ho al dito.

La prova che sia tutto, indiscutibilmente vero.

Da oggi, sono la fidanzata di Mattia Zingaretti. E questa è una reale fantasia, dato che ve ne ho parlato dal primo giorno in cui mi avete conosciuto, che si è appena trasformata in una fantastica realtà.

Finalmente, smetterò di tediarvi con i miei viaggi mentali.

O forse no, ora che ci penso.

Perché è davvero divertente.

Però, da oggi in poi sarà tutto diverso.

Poiché stranamente, incredibilmente, inspiegabilmente, io, Marinella Argenti, romantica per definizione, sognatrice per passione e casinista di professione, in questo preciso momento, con addosso un orecchino al posto di un anello e l'indirizzo di residenza in un'isola sperduta nell'Adriatico, non riesco a immaginare assolutamente niente di meglio della realtà.

Andrò a vivere con quell'idiota del mio compagno di classe a cui ho davvero fatto bene a dare ripetizioni. Ed è così che manderò definitivamente affanculo la mia stabilità mentale e sentimentale, per sempre.

Grazie a tutti per essere stati con me.



***


ANGOLO AUTRICE

Nooooo è finitaaaa nooooo *pianto incessante e grida disumane*

Ecco, lo sapevo, siamo arrivati alla fine e io sono completamente distrutta, ma anche felice e sconvolta.

E' stato bellissimo!

Scrivere questo capitolo, scrivere "Io e te", è stato bellissimo. Grazie per aver tenuto duro fino a qui; per me ne è valsa proprio la pena e se dovessi tornare indietro, rifarei tutto, tutto, tutto esattamente così. Grazie, sono felicissima, ma anche profondamente tristissima. E continuiamo pure a usare superlativi come se non ci fosse un domani.

Oh mio Dio.

Allora, che cosa mi dite? Vi è piaciuto???

Credo non ci siano altre domande da poter fare: avete sofferto così tanto per un'infinità di tempo che ora posso solo sperare che questo finale sia stato degno delle energie investite e del tempo impiegato per seguire questa follia.

Non farò alcun discorso finale o simili: per quello esiste il prossimo "capitolo", o meglio l'epilogo di "Io e te". So che siete personcine ansiose e vi ho fatto star male così tanto, che mi sento subito di dovervi tranquillizzare a riguardo: innanzitutto, vi dico che verrà pubblicato in un giorno non precisato tra il 25 e il 31 dicembre, che si tratterà di un capitolo però più corto del normale ed essendo, appunto, una chiusura ufficiale riguardo tutti e 3 gli "Io e te", potrebbe essere ambientato a distanza di giorni oppure addirittura di anni da questo capitolo. Questo non ve lo spoilero. Però vi rassicuro sul fatto che non c'è assolutamente da preoccuparsi: sarà un bell'epilogo, un modo per riepilogare tutto ciò che i riguarda i nostri amati personaggi e per scrivere l'ultimo punto di questa storia.

Userò quell'occasione per fare la vera tragedia greca con tutti i ringraziamenti ufficiali eccetera.

Ora come ora, qui, mi sento solo di festeggiare perché è il finale che ho sempre voluto per loro due, quello che credo che meritino di più e che mi ha fatto ridere, piangere, sclerare e sospirare più di qualsiasi altro capitolo che io abbia mai scritto.

Non vedo davvero l'ora di leggere tutti i vostri commenti, di sapere cosa ne pensate, se preferivate una fine in cui Nelli sarebbe davvero diventata una donna forte e indipendente e avrebbe incontrato un Mattia più maturo solo dopo due anni, oppure se va bene così, sempre e comunque all'insegna del disagio.

Vi voglio un'infinità di bene, perché siete arrivati fino a qui, perché non mi avete mai deluso e avete sofferto tanto come Nelli. Ma come Nelli non avete nemmeno mai e dico mai perso la fiducia e la speranza in ciò per cui vale la pena vivere. Ovvero i baci di Mattia Zingaretti... ahah, scherzo. Ma anche no.

Voglio il preannunciato corteo di lettori sotto casa, ora, ma per poter finalmente commentare la storia come si deve! Non mi devo più trattenere; sarò disponibile con voi per tutti gli scleri possibili e se i cenoni natalizi non mi faranno rotolare troppo, farò anche volentieri una bella diretta da qualche parte. Nel frattempo, fatemi sapere tutti i vostri pensieri, parole, opere e omissioni.

E tanti saluti dalla mia fantastica realtà! <3

Vi voglio bene,

Daffy



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Capitolo 22
*** Epilogo - Io e te ***


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"Io e te" è semplicemente complicato 

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Epilogo - "Io e te"

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Questo bebè è così tenero e fragile che mi sembra di avere tra le braccia una patata.

Sì, esatto, una patata di quelle troppo bollite, che se solo le afferri con forza, si spappolano e bam! è subito purè.

Io adoro i bambini, ma avere la responsabilità di non ucciderli mi mette ansia perché: 1) sono così indifesi che potresti danneggiarli anche solo con lo sguardo e 2) io sono Marinella Argenti, non c'è cosa che possa essere rovinata che io non rovini.

Ovviamente non voglio uccidere il bebè.

Ma ho così tanta paura di trasformarlo in purè che la mia faccia, in foto, uscirà sicuramente terrorizzata.

"Nelli, mi sembri tesa." sussurra qualcuno al mio orecchio, da dietro, muovendo qualche mia ciocca e facendomi trattenere il fiato.

No, non solo perché temo che i capelli sul naso mi facciano starnutire e bam! purè di bambino, ma anche perché questo qualcuno è Mattia e Mattia mi fa sempre questo inspiegabile, evocativo effetto. Ruoto appena il busto per poterlo guardare: anche lui, come me, sta reggendo una tenerissima bebè, ma non è per nulla impaurito.

Le sue braccia grandi sono salde attorno a un corpo minuscolo, acciaio contro zucchero filato, mascolina forza contro assoluta e disarmante debolezza. Ma, oh mio Dio, sono stupendi. Il rosa della tutina da neonato struscia contro la sua pelle e lui sorride, intenerito, facendo fare al mio stomaco un triplo salto carpiato da medaglia d'oro olimpionica.

Immaginate se Mattia fosse papà... immaginatelo solo per un secondo.

Potrei quasi svenire per cotanta bellezza.

Ma poi penso sia meglio di no, altrimenti... bam! e il resto lo sapete.

"Ho paura che mi cada..." mormoro a denti stretti verso Mattia. "Sono così agitata."

"Dai, tieni duro." mi incoraggia lui, in risposta. "Ancora qualche minuto e potrai dire di essere riuscita a non rovinare l'ennesima vita." guarda il mio bebè e fa l'occhiolino.

Io gli mostro una smorfia tutta compunta, perché, diciamocelo, la sua stronzaggine è davvero al limite dell'offensivo, ma nel processo mi muovo troppo e il piccolino si lamenta.

Ecco, ho rovinato tutto.

Infastidito, dà un calcetto al mio braccio, poi agita i pugnetti e si lascia scappare mezzo vagito. È nervoso, perché siamo in questa posizione da venti minuti buoni, ma nonostante mi aspettassi qualche sclero da un momento all'altro, i suoi movimenti mi colgono comunque impreparata. È così caldo e... vivo che per la seconda volta in poco tempo sento una potente stretta a livello dello stomaco.

Non è proprio come la mia solita reazione all'idiozia di Zingretti; stavolta è una sensazione più viscerale, sconvolgente e indescrivibile. Anche se non è figlio mio, sentirlo muoversi, realizzare che sia qui a respirare tra le mie braccia, scatena in me un istinto materno che non sapevo di avere, un'emozione nuova e commovente, che mi scalda il cuore e mette in subbuglio le mie budella.

Beh, non che ultimamente la mia pancia sia molto più stabile di così. Da quando il povero microcefalo, una settimana fa, ha voluto copiare una ricetta di Ernst Knam producendo la torta più schifosa di tutti gli scarti dei pasticceri incapaci di Bake Off Italia, ho lo stomaco sottosopra.

Sostiene di non averci messo nemmeno un briciolo di cocco, ma non può esserci nessun'altra spiegazione all'infuori del cocco. Io odio il cocco, e Mattia è uno stronzo, lo sappiamo molto bene.

Pure stamattina mi sono svegliata con una nausea assurda, probabilmente perché in sogno c'era lui che competeva sotto il tendone e vinceva il titolo con quell'aberrante creazione, nonostante io, come giudice, l'avessi bocciata. Dopo un anno di convivenza, posso ufficialmente dichiarare che Mattia Zingaretti non sa cucinare. E mi toccherà dargli ripetizioni. Tipico.

Perché non mi salga una nuova nefasta sbuffata di torta e mi costringa a mollare il pargolo sull'altare, provo a cullarlo come posso. Ondeggio con le zattere che mi ritrovo al posto delle cosce (ricordate che mi ero imposta di ingrassare? Ecco, sono ingrassata) e gli mando mini bacini con tanto di versetti da mentecatta, sperando che almeno lui su tutta la superficie terrestre mi trovi simpatica e non esploda a piangere proprio adesso.

Siamo al suo battesimo, davanti a una platea di quaranta persone, compreso il prete antipatico che sicuramente detesta il pianto dei neonati. Mancano solo pochi minuti alla conclusione del rito, ma se gli argini si rompessero adesso, potrebbe scatenarsi l'inferno.

Dio mi perdoni per questi pensieri blasfemi all'interno della sua sacra casa.

Il bambino si lamenta ancora un po', ma alla fine si placa e mi sembra, forse perché c'è tutta quest'aura materna attorno a me e lui, che accenni un buffo sorrisetto sdentato. 

Oh, ma guardatelo! È un piccolo pasticcino di patate! E con la sua immensa dolcezza ha finalmente fatto rilassare pure me, alimentando ulteriormente i miei versi da povera scema.

Mattia si piega in avanti e mi dedica ancora una volta, a tradimento, questo sussurro: "Sei bellissima quando fai così."

Oh, dei.

Grazie a Zingaretti, tutti i miei organi si arrestano in blocco e arrossisco così furiosamente che potrei benissimo sembrare un segnale di stop, dentro a una chiesa, con un bambino in braccio. Nel frattempo, il prete antipatico conclude la sua predica, stringe la mano a Cristiana e Diego e congeda i fedeli.

"Una fotina per l'album di battesimo!"

Naturalmente, quale attimo migliore poteva essere immortalato da Eva Cantarella in persona? Con il suo telefono a cinque fotocamere a risoluzione più alta dei microscopi da laboratorio, scatta una foto al padrino e la madrina che reggono i neo-battezzati. Così esce l'immagine che avevo predetto: Mattia Zingaretti ha in braccio la deliziosa Diana Vallicroce e sorride con naturalezza alle telecamere, mentre io trattengo il piangente Christian Vallicroce e ho la bocca aperta a uovo su una faccia mortificata color prugna. Che ricordo sensazionale.

Il piccolo Christian, ovviamente, è scoppiato in lacrime non appena io ho sussultato come un'adolescente in piena crisi ormonale al complimento di Mattia. Sapevo che sarebbe successo e sapevo anche che, come al solito, sarebbe stata tutta colpa dell'idiota.

In questo momento, Cristiana, Diego e il prete ci raggiungono sull'altare, in modo che Eva, senza darci nemmeno un secondo tra un flash e l'altro, scatti cinquanta fotogrammi identici con l'unica variabile del mio rossore sulla faccia che aumenta sempre di più.

Quando si ritiene soddisfatta, i genitori si riprendono i figli e veniamo coinvolti in un foticidio di massa. Nonni, zii, parenti, amici, compagni, trisavoli, chierichetti foto-bomber e pure i rottweiler dei Romanin. Ma io sono ancora destabilizzata dal "Sei bellissima quando fai così" di prima, quindi non ce n'è una in cui non venga con il volto deformato e la posa da invertebrato.

Ad un certo punto i flash diventano così numerosi e ripetitivi che mi rimbecilliscono del tutto, il pianto disperato di Christian contagia anche Diana perforandomi i timpani e le vecchiette dell'Ave Maria attaccano con il salmo centotrentuno gracchiando che dov'è carità e amore, lì c'è Dio. In meno di un minuto, gli incessanti input audiovisivi e il mal di stomaco mai passato risultano in una gran fitta alla testa che dice: "Il tuo corpo si autodistruggerà fra dieci, nove, otto,..."

Direi che è ora di uscire.

Chiedendo scusa ai presenti, mi faccio strada verso la porta della chiesa e me ne vado piuttosto indisturbata. Sono tutti troppo presi dal book fotografico per notare la mia fuga, così sono ben felice di prendermi una sana boccata d'ossigeno e andarmi a sedere elegantemente sui gradini di un ponte.

Dato che fra non molto Cris e Diego si ristabiliranno nella loro terra natale con tutta la grande famiglia, hanno deciso di battezzare i gemelli proprio qui. Hanno scelto una piccola chiesetta in un campiello a caso - tanto è pieno di posti così a Venezia - e ci hanno invitato più persone di quante realmente ce ne stiano.

Ma tutto sommato è uscita una cosa carina; ora mancano solo le minacce travestite da auguri del prete (mi raccomando, portateli al catechismo finché non sentiranno la chiamata!), e poi si va tutti al ristorante. Finalmente, perché sono davvero stanca di assaggiare i fallimentari piatti gourmet del microcefalo; voglio pietanze vere, io, o sento che potrei vomitare per tutta la vita.

Povero Mattia... mi pento nella mia testa, dispiacendomi di averlo trattato acidamente con il pensiero. Lui si sta sforzando un sacco per la nostra convivenza e io ne sono immensamente grata. È tutto bellissimo, sul serio, comprese le sue genialate culinarie o d'arredamento (non vi dico che ha combinato con la tavoletta del bagno). È solo che da qualche giorno sono più volubile e acidella del solito; magari è perché non mi è ancora venuto ciclo, oppure è a causa dello stress pre-battesimo. Ci tenevo tantissimo ad assumere il ruolo di madrina dei gemelli Vallicroce; è stata una richiesta di Cris e Diego risalente a quasi un anno fa e dovevo a tutti i costi onorarla. Non ero mai stata madrina di nessuno, nemmeno di mio fratello alla cresima (che comunque lui ha marinato), così, per giorni sono stata emozionatissima, al punto che di notte, invece di dormire, immaginavo quali discorsi avrei fatto davanti agli invitati, dopo aver richiamato l'attenzione generale, colpendo elegantemente la flûte con il coltello e sorridendo nella mia ricercatissima camicetta color pastello comprata apposta per l'occasione.

Ho in mente una sviolinata strappalacrime, non sto nella pelle per farla sentire a tutti.

Comunque, posso sempre sfogare il malessere fisico e questi sbalzi d'umore più tardi, a casa, tra le lenzuola... sono sicura che a Mattia non dispiacerà. Anzi, non vedo l'ora.

Avere un letto tutto nostro e così a portata di mano ci ha fatto diventare ancora più svergognati di quanto già fossimo; non dico che ci rotoliamo ogni giorno tra i cuscini, ma è difficile restare integerrimi quando siete tu e l'idiota che ami sotto lo stesso tetto.

Mattia mi fa andare completamente fuori di testa.

Ecco, l'ho detto.

In realtà, non è nulla di nuovo, ma vivere con lui mi ha fatto diventare una sdolcinata impunita di prima categoria. Sono ancora più insopportabile di quando la menavo su lui che era idiota, e io lo volevo e non lo volevo, e non sapevo se saremmo mai stati insieme, e non avrei mai dovuto dargli ripetizioni e bla bla bla.

Adesso è ancora peggio.

Adesso lo vedo ogni giorno e ci litigo ogni giorno e ogni tanto spaventiamo i vicini, ma se viveste anche solo ventiquattr'ore con me, non sopportereste la quantità di sospiri innamorati e grida di guerra che ci scambiamo. Siamo sempre noi due, niente di diverso, ma lo siamo a tempo pieno, così per me la vita non potrebbe essere più bella e per tutto il resto del mondo abbiamo davvero rotto le palle.

Lo amo così tanto che non riesco più a farmi seghe mentali.

Ahahaha, scherzo!

Non è vero che non ne faccio, anzi ne produco a tonnellate, incessantemente, perché questa sono io e lo sono al cento per cento, ora come non mai. Sogno sempre la mia vita di adesso e spero sarà uguale tra altri dieci, cento, mille anni. Ma sogno anche di fare altri passi importanti con Mattia, tipo avere dei bambini, imparare a cucinare, rubarci le dentiere da vecchi e morire assieme.

Le cose che contano, eh?

Ho anche delle altre visioni mistiche per me, che comprendono l'aspetto lavorativo e quello economico. Da quando Mattia mi ha chiesto di convivere, è passato un anno e in quest'anno sono riuscita a sistemare il più dei casini da cui ero accerchiata, ma adesso è tempo di progresso.

Grazie al cielo, ho terminato l'università. Ho dato a distanza gli ultimi esami che mancavano e poi mi sono trasferita per un mese a New York per presentare la tesi. In quell'occasione ho pure rivisto Sayid; puzza ancora di incenso come una messa di papa Francesco in Vaticano, ma sembra finalmente felice. Non siamo andati sul tema fidanzati - troppo pericoloso - quindi non so se ci sia qualcuno al suo fianco, ma voci girano su una tresca tra lui e Fatima, la mia ex coinquilina. Non sarebbe nemmeno troppo strano, dato che, secondo me, lei ha sempre avuto una cotta segreta. Ma dopotutto, chi secondo me non ha mai avuto una cotta segreta per qualcun altro che conosco?

Silvia Trepalme è rimasta amica di Sayid, ma il loro rapporto non ha avuto modo di svilupparsi oltre. Su di lei non so nient'altro, salvo che sta lavorando tanto e spera di trasferirsi a... New York. Il mondo è strano e, a volte, è solo meglio non sapere, anche se sospetto che nulla avvenga per caso.

Ottenuta la mia laurea, finalmente mi sono stabilita a casa. E intendo... nella mia nuova casa, quella che Mattia ha comprato per noi a Pellestrina. Non avrebbe potuto fare una scelta migliore: una tana graziosa a due piani, con i muri esterni di uno sbiaditissimo rosso e un'enorme finestra sul mare piazzata giusta giusta nello studio. Non è grande, affatto, ma come disse lui al tempo, ha tutto ciò che serve a noi due.

Quanto al come mantenerla e mantenerci, abbiamo dovuto faticare un po', ma sembra che ora ci siano degli spiragli di stabilità all'orizzonte.

All'inizio dell'anno mi ero messa ad aiutare papà con la sua azienda vinicola rasente il tracollo. Ora, che siamo a fine primavera, essa si può ritenere sana e salva. Come? Semplicemente, ho pensato di unire due metà dello stesso cuore: ho telefonato a Benigni, gli ho parlato di papà e si sono conosciuti. Questo mi ha dato molto sollievo, qualche mancetta, ma nessuno stipendio.

Tuttavia, Benigni ha finalmente trovato l'intenditore che cercava e adesso lui e papà hanno iniziato una collaborazione. Sono anche diventati amici! Una volta il buon Benigni ci ha invitato a Cecina per un'abbuffata Toscana; ora mamma sta organizzando un banchetto medievale con tanto di tacchino farcito al caviale per ricambiare la cortesia e non fare brutta figura con il benefattore che ci ha salvato il culo. In tutto questo, nonna continua a fare la lasagna killer e mamma i dolcetti a forma di tetta.

I miei sono davvero orgogliosi di me (lo sono sempre stati, ma io speravo di dargli finalmente un motivo valido) e hanno accolto Mattia come se in realtà non avesse mai avuto bisogno di accoglienza. Vogliono più bene a lui che a me, infatti la piramide affettiva della famiglia Argenti si è modificata: subito dopo Davidino, il figliol prodigo, ora c'è Mattia, il figlio maggiore che avrebbero sempre voluto e, infine io, giusto perché sono nata nei pressi.

Ma va bene così, finché papà è tranquillo nella sua Riserva Benigni-Argenti con doppia sede e mamma non ha da ridire su fidanzati che mi vogliono rapire e portare tra i cammelli in Libano, io sono felice. Non sarei stata male assieme a Sayid, e i miei l'avrebbero piano piano accettato, ma Mattia è parte del loro cuore fin da quando veniva ad aspettare sotto casa la loro bambinetta complessata e il fratellino spastico per portarli al parco. È logico che abbiano un debole per lui.

Maledetto idiota.

Adesso che è tutto sistemato, comunque, rimango ancora io. Che cosa sto facendo al momento? L'idea che Mattia tiri avanti il carro da solo non mi piace, così, mentre lui ha cominciato le sue lezioni di tiro al piattello e qualche corso serale per acculturarsi un po', io ho preso in mano la mia vita è mi sono chiesta: Nelli, che cosa sei brava a fare?

Niente, mi sono risposta di primo acchito.

Ma poi, dopo giorni di elucubrazioni e confronto con amici e parenti, ho partorito due idee.

La prima è che so organizzare eventi e che dovrei mettermi nel business. Inizialmente, pensavo che avrei solo preso un granchio, invece con l'aiuto di Sanjay e qualche contatto di Eva, ho già trovato diversa gente bisognosa di qualcuno che si occupi di gestione. Finora ho portato a termine ben due feste di compleanno e una laurea senza che succedesse nulla di brutto. Beh, la laurea era la mia e i due compleanni rispettivamente di Vittoria e Filippo Vallicroce, ma ehi, sto facendo pratica e non va affatto male.

Attualmente ho fra le mani una festa di inaugurazione di un corso nella palestra di Sanjay (canottaggio, sta facendo pure canottaggio!) e, fra due mesi, un ex collega di Eva andrà in pensione, così sono stata contattata. Sto mettendo in piedi un sorpresa da parte di tutto lo staff dell'ufficio stampa, mi sto divertendo un botto e pregusto già un epico successo. Non è un lavoro a tempo pieno, ok, ma lo so fare bene e chi dice che non potrebbe diventarlo, in futuro? 

E poi, c'è anche la mia seconda idea.

Ecco, quella è in assoluto la più folle, esagerata, pazza che abbia mai avuto, ma da quando ho partecipato al funerale di Ai, un anno fa, si è insidiata nel mio cervello fino fruttificare convinzioni concrete. È tutta colpa delle parole di Eva...

Hai un sacco di cose da raccontare, diceva. E non sono nemmeno così noiose, diceva.

E forse un po' me ne sono convinta.

Ma non solo, pure quelle due veline che ho conosciuto e che mi hanno paragonata alla protagonista di chissà quale storia, o le continue battutine di Marco e Fede sulla mia spropositata fantasia, o Mattia stesso che dice che non vivrà mai abbastanza lungo a per esplorare tutto il mondo che ho in testa... ecco, tutte queste persone, assieme a una gran dose di personalissimi viaggi mentali, mi hanno fatto prendere una decisione.

Voglio scrivere un libro.

Ok, ok, lo so che cosa state pensando: Nelli, non farlo! Creeresti solo un'arma di distruzione di massa!, ma ormai la frittata è fatta. Un bel giorno mi sono messa davanti alla finestra del nostro studio a osservare il panorama e, magicamente, ho iniziato a convertire i pensieri in parole, nero su bianco. Le mie avventure hanno cominciato a fluire come un fiume, dalla punta della penna a un plico di fogli bianchi, poi dalla carta alla tastiera, fino a riempire un a pagina di Word di ben mille parole.

Sì, va bene, mille parole non sono che un trecentesimo di libro, ma mi sono sentita estremamente viva mentre le scrivevo, quasi come se fosse quello il mio vero, ultimo scopo su questa terra. Ai Zu si spancerebbe dal ridere, se mi sentisse.

A dirla tutta, quando mi ci sono messa, non avevo in mente esattamente che cosa scrivere, ma sentivo di poterlo fare per quello che mi è sempre stato detto e di doverlo fare perché dentro di me, in fin dei conti, non ci sta tutto quello che penso, che provo e che sono; ho bisogno di molto più spazio. Per ora ho scritto solo un abbozzo di prologo, ma devo ancora definire praticamente ogni aspetto, tra cui il titolo, i personaggi, la trama e il finale. Cosette da niente, insomma.

In realtà, non so affatto dove andrò a parare, ma so che ci penso continuamente e che potrebbe diventare una vera passione, una di quelle che ti definiscono la vita, se sapete di che parlo. E comunque... al massimo ne esce un romance dozzinale con due a caso che si baciano al tramonto in copertina, no?

Scommetto che qualche pazzo se lo leggerebbe.

Le mie caviglie dolenti spezzano il sogno di me che firmo autografi con una biro da cinquecento euro e la camicetta color pastello comprata appositamente per l'occasione, e mi riportano con i piedi per terra. Mi scuso per il gioco di parole e, nel frattempo, decido di levarmi i tacchi e lasciarli cadere sui gradini di cemento, in barba alla coppia di cinesini che passa per di qui in questo momento e si fa una foto con il bastone per selfie e le dita a 'v'. 

Ho i piedi gonfissimi; non avrei dovuto ascoltare Fede e i suoi rimproveri su quanto fosse barbaro andare al battesimo dei tuoi figliocci con i sandali bassi. Già non mi andava di costringermi dentro un paio di plateau, in più le mie caviglie ultimamente non reggono neanche le babbucce da notte, figuriamoci!

Per fortuna ho messo i sandali bassi nella borsa; sono previdente. E non mi importa un fico secco se comparirò nello sfondo dei cinesini, loro non sanno che significa andare a spasso per Venezia con i tacchi dopo i vent'anni.

Purtroppo per me, la mia migliore amica è la solita bacchettona rigorosa, quindi ho dovuto cedere ai suoi consigli di stile solo per non sorbirmi la predica. Anche se, tuttavia, devo ammettere che negli ultimi mesi Suor Federica sta diventando un po' meno insopportabile. Non che abbia ancora deciso di donare la sua inestimabile verginità a qualcuno, non sia mai, però ci sono stati dei miglioramenti nella sua vita che l'hanno un po' stabilizzata. Dei salti di qualità, direi io.

Intanto, volente o nolente, ha dovuto disintossicarsi da Scilla in seguito alla sua partenza per l'Erasmus. Il Pierpaolone d'Italia ha prolungato il periodo da sei a dodici mesi, così è passato un anno senza troppi drammi, durante il quale Fede ha trovato lavoro in un piccolo ufficio contabile qui a Venezia. Niente di che, un impiego modesto, ma almeno le ha permesso di ammucchiare un gruzzoletto, comprarsi un cavallo e ricominciare a risparmiare per permettersi anche una macchina. Prima gli animali, ovviamente... sempre e comunque prima gli animali.

Il cavallo le ha fatto bene, l'ha rimessa in contatto con il suo io indipendente e cazzate varie, ma in realtà il suo progetto di vita non si ferma qui. Appena avrà mezzi di trasporto che non vanno a fieno, ma a benzina, cercherà una casa vicino all'ufficio per poter finalmente staccarsi dai suoi. Le dispiacerà, naturalmente, ma ora sente il bisogno di focalizzarsi su se stessa e questo è successo grazie al due di picche di Scilla, ma anche in seguito a pulsioni positive che le arrivano da un nuova fonte ispiratrice.

Marco, che in tutto questo tempo ha avuto gravi ricadute sentimentali, è quanto meno diventato amico di Federica e la sta rieducando alla simpatia. Oddio, per essere precisi, i due continuano comunque ad azzannarsi verbalmente per qualsiasi argomento, nonché a provocarsi a vicenda per le clamorose sconfitte in amore, però adesso si frequentano senza uccidersi e sono certa che possano solamente migliorare.

Paradossalmente, è Marco, dei due, che mi preoccupa di più.

Quando Giorgia ha lasciato il fidanzato brutto (sto solo citando), Ponti e Ravasi si sono riavvicinati per un periodo. La versione era che uscissero insieme per la bambina, ma dopo poco, a sorpresa, si sono ri-fidanzati. E dopo un altro po', meno a sorpresa, lei l'ha lasciato di nuovo. Attualmente la bionda regina dell'infedeltà è sparita dal fronte, scesa in Sud Italia per un'ennesima avventura amorosa con un palestrato dai denti d'oro. Ha lasciato a Marco sia la casa che la figlia, ma ora l'unico unico punto fisso di quella bambina è il papà, il cui unico punto fisso, a sua volta, è Giorgia, il cui unico punto fisso è spezzare cuori.

Che situazione.

Il mio povero amico è caduto in una trappola da cui non riesce ancora ad uscire, nemmeno dopo anni di inganni e con una figlia che inizia a fare fin troppe domande scomode. Non so se ne verrà mai a capo, ma spero di sì, prima che Gio gli tolga anche quello a cui tiene di più.

E non è di certo solo il saluto.

La piccola Rachele Ravasi è proprio la prima ad uscire dalla chiesa, sicuramente esausta dopo questa messa ai suoi occhi interminabile. Sta trascinando Marco per una mano e quando mi vedono qui sul ponte, non troppo distante dal piazzale, mi sorridono e mi salutano, stupendomi un po' come sempre con la loro figaggine congenita.

Marco si è finalmente guadagnato un braccialetto dell'amicizia intero, anzi due! realizzo quando osservo un po' meglio le sue braccia scoperte. Infatti, è Fede ad uscire a seguito dei Ravasi e subito si lancia, assieme a Rachele, in uno sfottò sulla palese stonatura di Marco durante il salmo numero centotrenta. Accade quasi banalmente, come se fossero abituati a questo genere di situazioni e la vera famiglia fossero loro tre; non i brandelli di una coppia che si rigenera e distrugge in continuazione, tenendo Marco ancorato a vane speranze del passato e Rachele in un limbo di affetti. Marco risponde che sono solo invidiose e che, in realtà, una delle suore era un talent scout di The Voice in borghese e che, alla facciaccia loro, gli ha fatto guadagnare un provino. Dunque si mettono a ridere, belli loro, e io sospiro deliziata. 

Non so voi, ma credo che se Marco e Federica continuassero a curare questo rinnovato rapporto di fiducia, entrambi potrebbero mantenere alto il grado distrazione dai loro trascorsi sentimentali, che sembrano tanto diversi, ma di base sono quasi gli stessi. 

Mentre le campane decretano che è l'una, un sacco di persone si riversano nel campiello, lasciandomi dedurre che la cerimonia è ormai del tutto conclusa. Con la marmaglia festeggiante ad occupare ogni centimetro cubo, nessuno nota più me in quest'angolino e quindi posso continuare a fare la guardona criticona ottantenne dentro quanto mi pare.

E se vi annoio, fuffa.

Non so che vuol dire.

Ma mi piace come suona.

Pier ha comunque fatto una pausa dall'Erasmus per essere presente al battesimo. Ieri sera ha preso un volo Barcellona-Venezia e Mattia e io siamo andati a prenderlo all'aeroporto. È qui fra noi in tutto il suo splendore; con le chiappe d'oro avvolte da un abito elegante e la consueta faccia seria ma non troppo. Sorprendentemente, non è venuto assieme a nessuna ochetta spagnola, anche se chi lo segue su Instagram sa che ne cambia una ogni cinque stories... e Pier pubblica spesso, sui social.

La vita che vuole fare adesso è proprio questa, a metà tra l'ambizione lavorativa e il godimento spensierato. Credo che non sia mai veramente stato pronto per una relazione seria e che, ad occhio e croce, non lo sarà ancora per molto. Pierpaolo è così, un po' anaffettivo e un po' stronzo, condizione che potrebbe durare per sempre, oppure fino a quando incontrerà la vera persona del suo cuore.

Ma non è sempre stata Federica?

Ormai non ci credo quasi più. 

Lo so, lo dico proprio io che nella mia vecchia camera, terzo ripiano dell'armadio, ho il progetto grafico in A1 di come avrei voluto uscissero i Pierpaolini e le Federichine, ma in questo caso sono davvero alla deriva. Che cosa dovrei pensare?

Dai racconti ancora scottati di Fede, Pierpaolo sembra aver millantato concetti che hanno molto più peso delle corrispondenti azioni. Penso che sia paurosamente immaturo da quel punto di vista e Federica, invece, è un trauma vivente, è il trauma di se stessa, che di tutto ha bisogno, fuorché di uno che le attribuisca lo stesso valore del pupazzo preferito, sempre all'angolo del letto, che però non porti mai in viaggio con te perché preferisci che rimanga a casa ad aspettarti.

Una metafora amara, lo so, ma è quello che vedo nel futuro di questi due. 

Pierpaolo, comunque, non ha ancora confermato il divario tra le sue parole e le sue gesta. Se da una parte ride e scherza a suo agio con tutti, entusiasta di narrare del suo viaggio barceloneta, dall'altra si fa di colpo muto e adombrato quando vede Marco, Rachele e Federica che ancora non hanno smesso di ridere.

Nel momento in cui sto per chiedermi se non ho solamente immaginato tutto ciò perché un briciolo recondito di me spera ancora che Pierpetua sia geloso di Frufru, si fa tutto buio e non vedo più un cavolo.

Cacchio, sempre nei momenti più succulenti!

Qualcuno mi ha teso un infantile agguato alle spalle coprendomi gli occhi. Nel tastare la mano responsabile di tale affronto, ricollego subito la sua forma ossuta al giusto possessore.

"Lori! Ma che cavolo fai? Stavo facendo avere a Federica la sua prima volta nella mia testa! Glielo stavo facendo fare con Pierpaolo!"

Lorenzo ridacchia, per nulla convinto che questa fantasia possa mai farsi realtà, poi prende posto accanto a me sui gradini, non senza lamentarsi del fatto che il suo completo si sporcherà di cacca di piccione.

"Scusa, ma ti ho vista talmente assorta che non potevo sprecare l'occasione. Ero sicuro che non mi avresti sentito arrivare."

"No, infatti, ma riconosco la tua pelle da bebè idratata a dovere con la crema corpo Nivea, nonché i cinquanta ml di neutro Roberts che ti sei spruzzato addosso ingigantendo il buco nell'ozono."

"Perché sei senza scarpe?"

"Perché vieni dalle mie spalle e non dalla chiesa?"

Lorenzo si lascia sconfiggere dalla mia curiosità e alza i palmi: "Ammetto che non è carino, ma a metà cerimonia non ce la facevo più e sono uscito a fare un giro. Deduco di aver avuto più o meno la tua stessa idea."

"Più o meno."

Non biasimo Lori: se io posso dire di non sentirmi del tutto in forma per sopravvivere a un battesimo, figuriamoci lui. È passato un bel po' dal suo intervento e indubbiamente si è ripreso, ma i suoi ritmi non sono per nulla uguali a quelli della maggior parte della popolazione. Ha una terapia ferrea da seguire, una dieta senza il minimo sgarro, una quantità quotidiana di medicinali da assumere. Capisco che certe situazioni possano stargli strette e soprattutto sono ben informata circa la sua ultima crisi mistica: siamo ai ferri corti con la religione, ora. C'era da aspettarselo.

Lorenzo non ha avuto una riabilitazione facilissima e questo gli ha dato tutto il tempo per entrare in uno dei suoi periodi di dubbi profondi. Dopo aver rielaborato la sua esperienza e il lutto di Ai ad essa legata, se l'è un po' presa con i vari boss del paradiso. Ecco perché non era a suo agio dentro a una chiesa e ha preferito farsi una passeggiata di nascosto.  

Lori non smette mai di farsi domande, ma almeno ora è qui e mi sta sorridendo.

Per me è tutto quello che conta.

"Stai male?" mi chiede, lo sguardo inquisitore. "Hai litigato con il microcefalo?"

"No, anzi. Stranamente sono quasi due ore che non litighiamo. In realtà, sono qui solo perché altrimenti avrei strozzato Diana e Christian."

"Non male detto dalla loro madrina."

"Scusa, ma sembravano le mandragole di Harry Potter."

"Hai ragione, io detesto i bambini. Fanno troppa cacca e casino."

"Io li amo, ma a volte, come per le mandragole, non puoi che sotterrarli per farli tacere."

"Speriamo tu non abbia mai figli."

"Anche tu."

Lorenzo e io ci guardiamo negli occhi per qualche secondo e poi scoppiamo in una grassa, enorme risata.

"Naturalmente scherzo." precisa Lorenzo. "Sai che non vedo l'ora che tu e Zingaretti procreiate e se riuscirete a far uscire una prole con l'aspetto zingarettiano e l'intelletto argentiano, sappi che potrei anche accettare di far loro da padrino."

"Di' la verità; lo faresti solo per creare tutine da battesimo olografiche che si intonerebbero alla tua cravatta."

Lorenzo alza le mani: "Sgamato di nuovo."

Lo guardo e sorrido di cuore. Sono così sollevata di vederlo nuovamente libero di essere se stesso, senza quella profonda malinconia negli occhi e le paurose guance scavate. Per quanto sia sempre il solito dinoccolato Lori, inossidabile primadonna e malizioso confidente, ho imparato a non dare così per scontata la sua presenza. Né quelle altrui. Mai.

La vicenda che l'ha coinvolto in prima persona mi ha scosso molto più di quanto pensassi; l'ho realizzato in quest'ultimo anno e allo stesso tempo ho imparato una lezione importantissima. Ora attribuisco alla vita di chiunque molto più valore, perché so che cosa significa rischiare di perdere qualcuno per sempre.

"Ehi! Lorenzo!"

Ed ecco il cavaliere oscuro venuto in difesa della sua Gotham.

Tommaso Fiore, in tutto il suo fascino che mette soggezione e l'indistruttibile armatura da fidanzato protettivo, si è parato di fronte a noi con cipiglio preoccupato: "Ma dove cavolo eri finito?"

"Che palle, Tommi, ti ho detto che andavo a farmi una passeggiata!" risponde bellamente Lorenzo, con un sorrisetto malandrino, eccitato all'idea di irritare Tommaso.

Difatti, Fiore se la prende mettendo le mani sui fianchi: "Sì, una passeggiata, non il cammino di Santiago, mentre io restavo da solo vicino alle vecchiette addolorate che si battono il petto come Tarzan durante il Confiteor."

È decisamente risentito.

A Lorenzo scappa una risata nell'immaginarsi la scena: "Scusa, amore. Avrei voluto esserci solo per vedere la tua faccia, ma mi sono perso ad ammirare il paesaggio e mi è sfuggita l'ora. Sai che a Venezia c'è questo rischio costante."

"Sì, certo..."

Tommaso mette il broncio, così Lorenzo ottiene l'effetto desiderato e si impietosisce per poi correre tra le braccia del suo fidanzato. Puah... non so se li preferivo prima, quando almeno non si parlavano; io sarò anche sdolcinata, ma Lorenzo è da diabete puro. Per fortuna che nel gruppo c'è la frigidità di Fede che mitiga.

Mentre si spupazza Tommaso, Lorenzo provvede anche a spettinare il suo gel da impalcatura dell'Empire State Building, così il cavaliere oscuro si altera ancora di più.

"Dai, piantala!" si lamenta con finta voce grossa, mentre cerca di allontanarsi dal ponte e dell'attacco di Lorenzo. Ma è tutto studiato: non sono realmente arrabbiati, non dopo aver rischiato di non potersi rivedere mai più.

Il mio migliore amico decide allora di placarsi, stringergli la mano e dirigersi di nuovo verso la folla assieme a lui.

"A dopo, Nelli!" mi saluta, ancora altamente divertito dalle sue stesse malefatte. 

Io alzo una mano per ricambiare, ma lui è troppo preso dall'euforia, così, a quel punto, è Tommaso a voltarsi indietro per lanciare uno spontaneo sorriso verso di me.

Spontaneo, ripeto.

Woah.

Non saremo diventati amici, indipendentemente da quel che abbiamo passato, però credo proprio di aver iniziato a piacergli almeno un po'.  Oppure era un sorriso da 'tranquilla, appena nessuno potrà vederci, ti scanno per esserti permessa di parlare con il mio fidanzato'.

Non lo so. Tommaso è così: indecifrabile e possessivo, ma d'altronde quando mai non lo è stato? Lori riesce a conviverci molto meglio ora; dalla loro prima relazione sono maturati entrambi e quindi nessuno dei loro difetti pregiudica il benessere di coppia. Lori prende Tommi meno sul serio e Tommi prende Lori con più cautela.

Quando sono tornati ad essere così pucciosi?

Beh, quello ha a che vedere con il mio famoso piano di ricongiunzione astrale attuato il giorno della festa-funerale. Quella stessa notte il nostro valoroso Romeo ha fatto irruzione nelle stanze di Giulietta (Lori mi perdonerà per il parallelismo letterario) e ha dichiarato il suo straziante amore senza più ostacoli che glielo impedissero.

Al che Lorenzo è scoppiato a piangere.

Appena mi è stato raccontato mi sono cadute le braccia. Avrei sognato che si sbaciucchiassero romanticamente al chiaro di luna, districandosi tra tubicini e cavettini ospedalieri come nei più degni fotoromanzi che si legge la mia prozia Adele, ma invece il miserabile Castelli è crollato in un piagnisteo epocale.

Ha passato tutto il tempo a pentirsi delle sue azioni; dalla rottura di ben cinque anni prima, all'essersi creduto innamorato di altre persone (ops, me) e all'aver reagito così duramente alla notizia del contagio con l'epatite. Il 'ti amo' di Tommaso ha smosso quel che Lorenzo covava in sé da tempo, cancellando il dualismo 'ma io lo odio, ma io lo amo' e facendo preponderare il 'ma vaffanculo, chissenefrega di tutto, io questo qui lo amo e basta!'.

Solo che daje Lorenzo, ce la facciamo entro Natale?

Per giorni Tommaso ha pazientemente atteso che Lori tornasse a stabilire le proprie convinzioni riguardo al mondo. Poi, quando gli è sembrato abbastanza sicuro di rivolere tutto a prima della sua partenza per l'università, finalmente se l'è sbaciucchiato come nei fotoromanzi della mia prozia Adele.

E anche se non c'ero, è stato bellissimo. È la storia che chiedo a Lorenzo di raccontare ogni volta che ci troviamo a fare le comari su gondole abbandonate o davanti a Ballando con le Stelle. La immagino a mo' di successione di istantanee e i dialoghi a fumetto, proprio come in un fotoromanzo. Eddai, sono troppo carini insieme - e sono entrambi abbastanza malati da non aver problemi di scambi di fluidi corporei, se capite cosa intendo. E comunque staranno meglio, bisogna solo avere pazienza ed adeguarsi alle nuove cure.

Aaah, adoro quando sembra tutto tornare al posto giusto!

E un altro enorme sollievo di quest'ultimo anno è che Gloria e Magno non hanno avuto bambini. Non fraintendete, non lo dico per cinismo, ma perché non appena vedo Vittoria e Filippo uscire riottosamente dalla chiesa contendendosi i fratelli minori, penso che di bestiole urlanti, in questo nostro gruppo, ce ne siano già a sufficienza.

D'altra parte, però, mi aspetto che qualcuno di noi, fra non molto, si presenterà con la lieta novella: dopotutto stiamo diventando un po' tanto adulti e sono tappe che fanno parte del processo.Temo di sapere chi sarà il prossimo e, allo stesso tempo, ne sono colpevolmente curiosa.

Dai due sposini tutti occhi azzurri e capelli biondi non me l'aspetto. Sebbene il loro matrimonio vada più alla grande di quello di William e Kate, c'è un non so che, in loro, che non mi dà la necessaria ispirazione. Sono presissimi dai loro prestigiosi lavori, dall'hotel Villa Magna e dall'essere sempre invidiabilmente felici così come sono, quindi no... per ora non li vedo anche come genitori.

Di Cris e Diego non ne voglio nemmeno parlare, spero per loro che Diego si faccia una bella vasectomia, altrimenti potremo veramente assistere, in un futuro non molto remoto, a un'invasione della razza vallicrociana. 

Quanto a Vacca e Carlo Magno, mi auguro che rimangano entrambi buoni buoni per ancora molto tempo, sennò so per certo che Alessandro sbarellerà del tutto e l'intera stirpe Magna attraverserà un periodo di declino dato dalle inadempienze dell'ex parrocco e dalla mondanità di una donna poco raffinata e molto volgare come Vacca. Però insieme sono un bijou: è proprio vero che Dio li fa e poi li accoppia. Specialmente in questo caso.

Ma parlando di coppie, quella della classe su cui rimarrebbe da puntare per il prossimo pargoletto, fatti due conti, è proprio la quotatissima Gruccia/Natale.

Sono certa che al pensiero qualcuno di voi abbia rischiato di soffocarsi.

Ma dobbiamo farci forza e scendere a patti con la realtà: ormai Alessandra e Francesco fanno coppia fissa che manco Fedez e Ferragni. Il fantomatico surfista olandese è stato prontamente mandato al diavolo in seguito all'operazione di Lorenzo; qualche sera dopo l'evento, Alessandra ha chiesto a Francesco un appuntamento serio, gli ha offerto la cena e poi l'ha preso ufficialmente tra le sue grinfie.

Non so quale malvagio incantesimo possa aver preparato per lui nel suo antro stregato, ma sta di fatto che ha sortito un effetto ineccepibile. Francesco Natale, la pagnotta lentigginosa dall'animo buono, è diventato il nuovo fidanzato della temibile megera. Se sia stata una scelta volontaria o il frutto di un sortilegio questo non lo sapremo mai, ma sta durando e c'è da dire che almeno, da quel giorno in poi, la lingua biforcuta della Gruccia è sempre impegnata in attività molto più interessanti delle solite battutine da bulletta. 

E chissà a letto quali anatemi si saranno scambiati.

Li guardo da qui, inclinando la testa di lato e sospirando. Cris sta cercando di convincere Alessandra a prendere in braccio i gemelli per una fotografia, ma lei è orripilata all'idea. In realtà, sappiamo tutti che è solo scena; da quando abbiamo conosciuto sua sorella Emma, abbiamo conosciuto anche una parte di lei che se ne stava sepolta sotto le tonnellate di cattiveria, ma che, per quanto sia strano ammetterlo, le rende onore. È stato Francesco a scovarla per primo, rompendo strato dopo strato, scavando sempre più in giù, convincendo anche tutti gli altri che si stavano sbagliando, com'era successo a lui.

In un certo senso, la storia si è capovolta e anche lui per un attimo, ha assunto il ruolo di cattivo, lanciando a sua volta un efferato sortilegio che ha trasformato l'impenetrabile Gruccia in qualcosa di... diverso. Non posso dire migliore, perché ai miei occhi Alessandra apparirà sempre come una serpe in seno, ma, insomma, almeno ora si sopporta.

Cavolo... tutta questa storia, se ci pensate, mette i brividi. E la morale è che capelli rossi sono pericolosi, gente. Guardatevi dai capelli rossi. Sempre.

Comunque, quando è ormai chiaro che Alessandra non reggerà quei due cosi mollicci ancora ricoperti di liquido amniotico e tu, Pel di carota, non osare costringermi o li farò vomitare su quel maglione d'antiquariato che ti sei messo addosso che quasi quasi ti si confonde col nonno, ci pensa direttamente Ilenia, che per l'intera durata della cerimonia non ha fatto altro che piangere come un idrante. Anche la sua arte scenica è sempre stata al top, ma non appena Cris le dona i pargoletti, s'intravede del vero in tutta questa commozione.

Mezza piazza si riunisce attorno a lei per l'ennesima fotografia.

Al suo fianco si posiziona Shymée, che prende automaticamente l'altro bambino. Poi, dietro di loro, si mettono pure Marianna e Dovrinka, che ci hanno gentilmente omaggiato della loro presenza, nonostante gli abbondanti impegni. Marianna che fra poco la si vede a correre attorno alla muraglia cinese portando fieramente la torcia olimpica, Dov che mai e poi mai rivelerà la sua vera identità di osservatore della CIA, travestito da ballerina brasiliana, travestita da clown, travestito da Maria De Filippi, travestita da Dovrinka.

Diego dice 'cazzo', tutti sorridono ed Eva scatta la foto.

Eva ha ufficialmente spostato la sua attività di spia nazionale su YouTube. Il canale va alla grande e lei sta acquisendo sempre più fama come volgger-gossippara-influencer e simili. Non so se abbia un lavoro vero, ma si diletta spesso a fare la fotografa agli eventi... recentemente avevamo pure discusso di unire la sua e la mia attività per lanciare un'impresa del party planning

Sarebbe una collaborazione mortale, lo so, non ditelo nemmeno, ma... non ho ancora trovato il coraggio di dirle di no. Forse perché, ragionevolmente parlando, non sarebbe del tutto una cattiva idea?

Dal lato dei pro, sono costantemente bersagliata da quell'ultras di mio fratello. Lui ed Eva sono diventati ottimi amici, nonché buoni confidenti, così lui cerca di convincermi a creare questa fantomatica società, così da avere la Cantarella sempre tra i piedi e fingere che sia normale avere un'amica di otto anni più grande che ti consiglia come rimorchiare nonostante i brufoli e l'iperattività congenita che ti rendono insopportabile.

Ora Davide deve studiare per rimediare ai secoli di scuola che si è perso, ma grazie ad Eva ha iniziato a riscoprire se stesso e i suoi talenti. D'altra parte, due spastici del genere non potevano che trovarsi sulla stessa linea d'onda, anche se spero con tutta me stessa che non ci sia di mezzo null'altro.

Sapete, Eva è sempre e comunque devota al dio gossip, ma Davide sta diventando un uomo e quindi i suoi pochi neuroni superstiti all'adolescenza, purtroppo, sono quasi del tutto migrati nel pene.

Secondo me tra i due inizierà presto una storia di sesso, ma sarebbe solo l'ennesima delle spunte sulla lunghissima lista di cose da fare di Davide. Quando dico che si è dato alla scoperta di se stesso, intendo davvero che ha preso un foglio, ci ha scritto che cosa dovrebbe assolutamente provare e ci si è buttato a capofitto. Avere tre canali YouTube contemporaneamente, provare bunjee jumping in alta montagna, avviare una società segreta nel dark web, organizzare pesche di beneficienza, farsi cinque piercing in posti nascosti, iscriversi a liscio, vincere Amici, prendere il B2 in portoghese, partecipare a una gara di rafting, istituire una nuova religione, darsi alla progettazione di app, baciare un uomo, recensire trattamenti anti-brufoli, dirottare un deltaplano, prendere il foglio rosa, imparare le terminologie dei porno giapponesi, e almeno altre mille imbarazzanti voci. Vi cito solo quelle che ricordo, ma un giorno sono andata a spiare sulla sua scrivania e ho fotografato la prova che dimostra quanto mio fratello sia un vero malato di mente. Quella lista esiste e io la conserverò per sempre come arma di ricatto fraterno.

Ma mi chiedo: ci sarà, nel mondo, qualcosa in cui si ritroverà in tutto e per tutto, per poi piantarla con le cavolate? Spero di sì, prima che gli venga in mente di sperimentare anche il rapporto sessuale incestuoso.

Ilenia, invece, si è messa il cuore in pace riguardo la sua carriera da attrice. Una volta avrebbe puntato ogni suo organo su quella, ora, invece, ha capito che forse c'è qualcos'altro che potrebbe darle da vivere, tipo ambizioni più terra terra e riprendere il contatto con se stessa. Intanto, ha capito di essere bisessuale, poi, ha iniziato a lavorare da McDonald's. E quando trova il tempo per recitare con la sua compagnia, invita sempre Shymée, la quale non fa un'assenza nemmeno per sbaglio e, non si sa come, ottiene sempre dei pass per il backstage.

Ovviamente sto scherzando: non c'è nessun pass, perché Ile non è famosa, ma il punto è che, in modo o nell'altro, quelle due si ritrovano sempre sole in camerino a festeggiare la buona riuscita dell'opera. 

Non accade che in occasione di queste riunioni, ma secondo me non passerà tanto tempo, prima che si rendano conto di volere una relazione. Per adesso, sono ancora troppo assorbite dai loro impegni, ma io so come funzionano queste cose...

Ho mai sbagliato a dare consigli d'amore?

E comunque Shymée, invece, è diventata davvero famosa. È entrata a far parte dei membri del consiglio della regione e la sua carriera non è che appena cominciata. È brava, tenace, un simbolo che incarna tantissimi ideali moderni in cui io stessa credo molto. Ho sempre votato per il suo partito, da quando ci è entrata, e le auguro di salire così tanto da diventare, un giorno, la presidentessa marocchina lesbica della repubblica italiana.

Non fate quelle facce, ho sempre ammesso di sognare in grande.

Ma in tutto questo, immagino, avrete ancora un enorme e pesantissimo interrogativo.

Patrizia e Amerigo che fine hanno fatto?

Li fisso mentre anche loro si accorpano al gruppo foto, stonando con l'insieme come ai vecchi tempi e come, d'altronde, è sempre stato. Non c'è verso: Amerigo non domerà mai quella zazzerra anni '80, Patrizia non abbandonerà mai quel look da funerale ed entrambi non ammetteranno mai di piacersi come si piacevano Cleopatra e Marcantonio.

Ma...

Ma c'è un ma.

Beh, non dovrei dirvelo, perché fa parte di un progetto super segreto, ma io e gli altri ragazzi della classe stiamo architettando un piano per farli mettere insieme a loro insaputa. Abbiamo in mente grandi cose per loro due, davvero grandi cose. Niente che non sia nelle nostre corde, eh?

"Scommetto che stai pensando a qualcosa di pericoloso."

La voce di Mattia mi distrae dal rivelarvi il nostro piano malvagio e appena sposto gli occhi sulla sua conturbante figura, ho ufficialmente perso il filo di ogni discorso.

Mamma mia, quant'è bello con quei capelli cresciuti.

"Io non sto pensando a niente di pericoloso." mento, sistemandomi quanto posso per non sembragli un cupcake spappolato, con 'sta benedetta camicia color pastello e le mie cosce spiaggiate. "E tu non dovresti mai e poi mai scommettere."

"Ah-ha, davvero simpatica." mi raggiunge sui gradini del ponticello e mi offre una mano per aiutarmi a rimettermi in piedi, evitando saggiamente di chiedermi perché non indosso le scarpe.

La afferro con uno sbuffo e torno a poter essere definita homo erectus, ovviamente non senza che si noti il magistrale divario tra la mia statura e la sua.

"Che cosa c'è?" mi domanda lui, scrutandomi con quei suoi occhi curiosi.

"Niente, è solo che non sono del tutto in forma."

"C'è ancora qualche residuo della mia torta che devi espellere?"

"No, la tua torta era buonissima!"

"Bugiarda."

Sorrido a Mattia e lui finge di prendersela, mentre con una mano accarezza il mio fianco e mi avvicina un po' a sé. Venti secondi di contatto e una lingua di fuoco ha già percorso tutto il mio corpo da dove si è posata la sua mano fino alla punta dei capelli.

Cos'è, sto avendo pure le vampate da menopausa, adesso?

"Mattia..." lascio uscire questo mugolio senza nemmeno averlo prima vagliato nel mio cervello.

"Che cosa c'è?" ripete, facendosi ancora più vicino, quasi a volermi baciare.

"Ho voglia di un'altra torta." rivelo, rovinando la sua intenzione romantica. "Però con la menta e le patate. Puoi farmi una torta di menta e patate?"

Mattia sgrana gli occhi, prendendomi sicuramente per pazza: "Menta e patate? Ma che sostanze allucinogene ti sei fatta?"

"Io non mi drogo, voglio solo assaggiare una torta di menta e patate!"

"E perché?"

"Perché la menta è il nostro gusto preferito e perché le patate sono tenere come Diana e Christian! Devo farmela fare da Marco una torta di menta e patate, o puoi farmela tu senza per forza copiare quelle castronerie crucche di Ernst Knam?"

"A bada, Fuffi."

"Non mi trattare come una pazza."

"Tu sei una pazza."

"Non-mi-contraddire." lo minaccio, isterica, puntandogli un dito al petto.

Mattia si arrende di fronte alla mia svalvolatezza.

"Ok, ci provo, ma se finisce come l'ultima torta, sappi che non voglio lamentele." ribatte, allucinato. "Mi stai già dando ripetizioni di arredamento e di buon vicinato, non credo di poter reggere anche delle ripetizioni di cucina."

"Perché sei un somaro e non ti applichi abbastanza. Io sono un'ottima insegnante polivalente."

"E sei anche carina quando parli ai neonati."

Di nuovo questo gran complimento, lanciato con la leggerezza di una monetina, mi fa arrossire visibilmente: "Gr-grazie."

"Ero sincero, poco fa." conferma, riprendendo serietà. "Non solo carina, ma bellissima. Credo che saresti una mamma meravigliosa."

"Cos'è, Mattia?" ridacchio per sdrammatizzare, mentre in realtà sto ardendo come un ceppo dentro al camino. "Una delle tue richieste travestite da complimento? Come il 'sei una secchiona, dammi ripetizioni' di otto anni fa? Mi stai chiedendo di avere dei bambini?"

"Non lo so." si chiude nelle spalle. "Mi diresti di sì anche questa volta?"

Sono un po' sorpresa, in realtà, ma anche lusingata.

Mattia non è uno che galoppa di fantasia quanto me, perciò credevo che nemmeno ci stesse pensando ad avere figli, specie se non siamo manco sposati. Però a quanto pare l'idea ha attraversato pure il suo cervello e così, enigmatica, decido di non rispondere alla sua domanda per dare un po' di suspance al tutto.

Insomma, è ovvio che anche io voglio dei bambini microcefali assieme a lui, ma non posso sempre accontentare l'idiota! Si deve guadagnare le sue vittorie.

"Dipende da come verrà la tua torta. Ti darò un voto da uno a trenta. Se ti meriti anche la lode, ti premierò con una mini Marinella."

"Io voglio un mini Mattia."

"Ok, sarà un ibrido. Ma avrà la mia stessa sconfinata fantasia e un'intelligenza da far paura. Sennò Lorenzo non ci fa da padrino."

"Sarà un maschio, e sarà bellissimo e puro di cuore come me. Poi avremo due femmine, gemelle, e saranno bellissime e pure di cuore come me."

"Vedremo, Zingaretti."

"Che palle." Mattia si apre in un bellissimo sorriso e poi si piega in avanti per baciarmi.

Ecco, vi dicevo che stare con noi due è dannoso per la salute.

La nostra intera esistenza è fatta di momenti del genere, e poi di solito si finisce a rotolarsi tra i cuscini. Davvero tipico.

"Mattia..." 

"Che c'è?" mi domanda esasperato, quando rovino per la seconda volta il nostro scambio di effusioni.

"Ho voglia di tornare a casa."

"Ma siamo al battesimo dei nostri figliocci!"

"Lo so e li adoro un sacco, ma giornate così sono fantastiche anche perché poi, alla fine, ritorniamo a casa, facciamo le porcate e ci diamo dei voti, come se fosse sempre tutta una ripetizione. È da veri psicopatici, ma adoro il nostro modo di stare insieme, specialmente quando sto male."

"Ma siamo già insieme."

"Mhm, ma io intendo insieme insieme... solo io e te."

Lo guardo fisso negli occhi, il mio infinito castano che si riflette nel suo amorevole verde.

"Nelli, quante volte te lo devo ripetere?" sorride di rimando, con quella sua espressione idiota che ho sempre amato e sempre amerò da impazzire. "Io e te è grammaticalmente scorretto."

E va beh, mi metto a ridere e ritorno a baciarlo come una sedicenne innamorata.

Però, sì, mi piace. 

Mi piace davvero.

Io e te è grammaticalmente scorretto.

Sarà proprio questo il titolo del mio libro.


***

Fine

***




È arrivato il momento?

Sì, è arrivato.

Oddio, lo avevo immaginato da così tanto tempo. Non posso crederci.

"Io e te" è ufficialmente finito.

E no, non è il titolo di un sequel a sorpresa XD

Da un giorno che nemmeno ricordo, nel 2011, quando una Daffy appena sedicenne decise di trasformare i suoi pensieri e le sue emozioni in parole sgrammaticate, siamo arrivati ad oggi, 30 dicembre 2018, quando una Daffy ventitreenne pubblica l'ultimo di 66 capitoli e annuncia, solenne, con infinito stupore, che è finita.

Chiudiamo quest'anno non solo perché quello nuovo è alle porte, ma anche perché cade a fagiolo con il completamento di un'opera maestra, che è stata per me, e spero anche per voi, crescita, casa e famiglia. "Io e te" non è una storia, è molto di più. Per me, che sono spesso abituata a dover spiegare concetti strani, è addirittura inspiegabile. Ma questo, se avete letto fin qui, lo sapete di sicuro.

In realtà, sono un po' come Nelli, avevo immaginato il discorso finale infinite volte, sul palco di qualche teatro, con in mano un Oscar, o ancora meglio un Nobel, ma poi arriva il momento di convertire in realtà e ciao.

L'avevo immaginato, gente, non preparato... eh!


Quindi, nulla, improvviserò sperando di non fare troppe figuracce e iniziando con il chiedervi se è l'epilogo che speravate di leggere e se a parer vostro ha reso giustizia alla storia e ai personaggi, oppure no.

Voglio subito mettere in chiaro che non farò ulteriori salti temporali in avanti per dirvi cosa succederà fra dieci, venti o cinquant'anni, semplicemente perché non potrei. Ho sempre lasciato che questa storia si scrivesse da sola, quindi dovrei seguire i miei personaggi passo passo per poter dar loro un autentico sviluppo. Non potrei dire come proseguiranno le loro storie, o almeno, non adesso, e credo sia comunque meglio che ognuno di voi lo immagini come preferisce. Certo, ci sono delle possibilità che PURTROPPO mi sono messa in testa, che potrebbero riguardare alcuni dei nostri beniamini a distanza di qualche anno, oppure addirittura una folle next gen di "Io e te", ma...

Ma sono ancora scossa: devo calmarmi, devo costringermi ad accettare questa fine, esattamente come voi e forse anche un po' di più.

Non sarà facile, quindi non provocatemi, oppure fatelo, ma ricordatemi sempre i rischi, perché io tendo a fare cacate XD

Comunque - mi sembrava doveroso stilare una lista di grazie strappalacrime, perché non esiste finale senza ringraziamenti e poi, di debiti in giro me ne sono fatti tanti.

Innanzitutto, ringrazio le persone che hanno contribuito alla buona riuscita dei vari capitoli, passo dopo passo, durante la creazione vera e propria della loro struttura: Ellie, che per buona parte della genesi di "Io e te 3" mi ha dato validissimi consigli, che ha impedito falle di trama e risvolti fantascientifici e che ha betato pazientemente ogni errore, finché ho trovato il tempo di far passare i capitoli attraverso il suo sguardo laser (se avete letto aberranti refusi, è perché a volte non facevo correggere nulla perché sono somara come Zingaretti). Poi ringrazio i due talenti artistici che hanno illustrato sapientemente quasi ogni capitolo: Angelica e Nicole si sono rese disponibili sin dall'inizio di Io e te 3 (ma in realtà anche prima), inserendosi in un gruppo che mi sorprendo non sia ancora stato da loro segnalato, attraverso cui ho commissionato le più belle opere che potete scorgere sfogliando questa storia. Due tra le quali, ovviamente, andranno a chiudere l'epilogo qui sotto. Queste tre persone hanno avuto una pazienza e una comprensione per cui dovrebbero essere fatte sante, ve lo garantisco, quindi applausissimi per loro.

Poi ringrazio Alessandro, che come sempre, inconsapevolmente, mi ha aiutato dandomi tutto lo spazio e il tempo necessario per esprimermi, supportandomi e sopportandomi anche nei momenti peggiori. E come posso non ringraziare lei, la confidente per eccellenza, l'assorbi-spoiler più tenace, il distributore gratuito di idee, nonché il deus ex machina di svariate situazioni difficili di cui avete letto sin dal primo "Io e te"? Grazie, Ale, in questa storia c'è molto anche di te e lo sai e tutti dovrebbero saperlo, perché a volte, l'ispirazione prende il tuo nome (per questa sviolinata, dovresti abbonarmi la mia parte dello sparecchiare almeno per una settimana).

Vorrei estendere un grazie da parte di tutti noi anche a Centauria Libri, la casa editrice più folle e visionaria che, nonostante il degrado della prima versione di "Io e te" ha voluto puntare su di lei, mi ha contattato facendomi trapassare all'aldilà dallo stupore, mi ha fatto diventare un'autrice edita e, in tutto ciò, è stata capace di fare ciò che io non avrei mai avuto l'intraprendenza di fare. Ha preso il diamante grezzo che era "Io e te" e l'ha fatto diventare il raffinato gioiellino che è ora, attraverso un lavorone concentrato in pochissimi mesi e con un rispetto inaudito della sottoscritta e della storia stessa. Ode a Centauria e un augurio di anni e anni di successi! Poi se mi pubblicate i seguiti, vi lovvo.

Il grazie più grande, tuttavia, va a te che stai leggendo ora. Te ( = grammaticalmente scorretto) che sei parte di un voi fatto di tante persone, che si sono approcciate a "Io e te" in modalità sola lettura, oppure aprendosi del tutto, cercando di conoscere la storia a 360 gradi, stringendo legami. Avete creato, volenti o nolenti, consapevoli o inconsapevoli, un piccolissimo, minuscolo fandom che ha permesso a questa serie di racconti di concludersi col botto. Voglio essere onesta; non so che cosa avrei fatto, se non avessi avuto voi. Intendo dire: "Io e te" è nata davvero un po' per gioco e un po' per necessità, ma ha avuto fin da subito un certo seguito e io sono passata dall'essere un'autrice all'essere un'autrice viziata in pochissimo tempo. Non posso lamentarmi di scrivere sapendo che quasi nessuno leggerà, non posso dire di sapere che cosa significa non avere mai un feedback, per questo mi ritengo viziata e, a volte, mi sento quasi in colpa.

Non è niente di così scontato, ma forse occasionalmente ho dato l'impressione che per me lo fosse, non rispondendo a qualche commento, o aggiornando tardi, o dicendo qualcosa che è suonato ingrato. Beh, vi chiedo scusa per quelle volte e vi garantisco che indipendentemente da ciò che posso aver sbagliato, ritengo che voi siate davvero una parte fondamentale di "Io e te", indispensabile. Non so che avrei fatto se non avessi letto tutti i vostri pareri, se non avessi avuto il gruppo Facebook, Telegram, se non avessi visto il numerino di visite crescere sempre di più, fino a far salire la storia tra le 40 più popolari di EFP, per poi spingermi a portarla anche su Wattpad e arrivare ad averne ben 3 volumi (eh che palle, Daf, ma fai anche altro nella vita?). Non so se l'avrei mai abbandonata, a un certo punto - probabilmente no, perché la amo troppo - però sarebbe stata diversa, sotto tono, non avrei avuto nemmeno il 90% di motivazione che ho avuto finora.

Siete il motivo per cui non ho mai smesso di pubblicare, per cui mi sono sforzata di uscire dai punti critici anche nei momenti di zero ispirazione e per cui mi sono spremuta le meningi per risolvere problemi o darvi spiegazioni espressamente richieste. Siete anche il motivo per cui certi passaggi sono così belli: mi avete guidato e indirizzato attraverso le vostre opinioni. Non ci credete? Beh, è così. Quando vi dico che "Io e te" è una storia collettiva, lo intendo sul serio; ognuno di voi dovrebbe sentirsi un po' autore di questo racconto. Perché ogni "Daffy, è bellissimo" e "Daffy, che palle" hanno ricalibrato le mie mosse per darvi, e darmi, il giusto equilibrio in un compito che mi sono scelta da sola, ma che comunque non è stato proprio facilissimo. Se rischiavo di uscire di strada, voi mi riportavate nella giusta direzione, se avevo una bella idea, voi me ne davate una migliore, se avevo una brutta idea, voi la smorzavate ancora prima che la esternassi. Ogni piccolo, minuscolo commento, o anche solo un mi piace, o una visita al nuovo capitolo hanno reso "Io e te è grammaticalmente scorretto" il mio personale orgoglio e la vostra unanime creatura.

Quindi, grazie. Grazie davvero con tutto il mio cuore.

Mi addentro nella parte davvero più difficile per me da scrivere, perché è quella che mi sbatte in faccia la realtà dicendomi che questa stupenda, totalizzante avventura è finita. Che non avrò più bozze su Wattpad e schemi organizzativi in continuo aggiornamento su Word, che non riceverò più "Daffy, ma quando aggiorni?" persino nelle stories di Instagram, che non dovrò più combattere con l'applicazione per i momenti social perché mi inverte i messaggi di Diego Vallicroce con quelli di Francesco Natale. Che non ascolterò più ogni canzone fingendo che Nelli la dedichi a Mattia e viceversa nella scena del momento, che non disegnerò più scene dei nuovi capitoli al posto di prendere appunti a lezione, che nelle registrazioni del mio telefono non ci saranno più file di tre minuti e mezzo dove io, alle due di notte, spiego a me stessa come impostare quella particolare scena, onde evitare di perdere l'ispirazione. Che non avrò più elenchi della sezione A del Maffei per tutte le cartelle del pc e i cassetti del comodino, che non dovrò più saltare avanti e indietro tra i capitoli e nel libro per controllare di non aver detto castronerie, che non posterò più spoiler depistanti che vi faranno credere che Cris sia morta o che qualcuno faccia sesso con qualcuno con cui non dovrebbe. Che non leggerò più i vostri scleri frustrati o di gioia per un sospiro ambiguo di Zingaretti e non potrò più cercare di consolarvi in modo ancora più ambiguo.

"Io e te" mi mancherà in un modo che non potete neanche lontanamente immaginare. Sin da quando ero un'adolescente di terza superiore, lui è stato per me un rifugio sicuro, senza fallire mai nel riportarmi il sollievo anche nei momenti più brutti. 
Èstato palestra di vita e di un talento che ancora devo migliorare tantissimo, ma che mi sono convinta di avere proprio grazie a quest'esperienza. Mi ha insegnato un casino di cose su di me e sul mondo, mi ha fatto sognare e sospirare come se non fossi solo scrittrice, ma anche lettrice e protagonista di infinite storie. Bellissimo.

Non dimenticherò mai quest'avventura, gli attimi che vi sono legati, le persone che ho conosciuto e a volte anche incontrato. Non smetterò mai di pensare a "Io e te" o di immaginare Nelli e Mattia che camminano su un ponte, mentre giro per Venezia. Non realizzerò mai al cento per cento di aver pubblicato un libro e averlo fatto insieme a voi, scegliendo ogni aspetto con cura; ogni volta che avrò in mano quel tomo, ricorderò la grande fatica per renderlo perfetto e la soddisfazione di averlo toccato per la prima volta.

Grazie a Mattia Zingaretti, perché è l'idiota migliore che potesse capitarmi nella testa. Grazie a Marinella Argenti, perché è me, è noi, e si è innamorata di quell'idiota dal capitolo numero 1 al capitolo numero 66.

Grazie a tutti i ragazzi della 3^-5^-10^A, perché sono stati i miei migliori amici per tanto tempo, perché ognuno di loro è una parte di me e se mettete tutto insieme, avrete la perfetta immagine di chi sono io.

Una persona troppo contenta di aver scritto "Io e te" e attualmente troppo triste per doverlo lasciar andare.

Vi prometto che tornerò prestissimo e che non smetterò mai di scrivere finché avrò le capacità di farlo.

Datemi solo il tempo di elaborare questi sette anni e ci sono.

Grazie di tutto,


Daffy



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