Il fascino dell'ignoto

di Daeny394
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto iniziò da lì ***
Capitolo 2: *** Una strana visione ***
Capitolo 3: *** Il sogno ***
Capitolo 4: *** E alla fine un indizio arrivò ***
Capitolo 5: *** Il ritorno di Ginny ***



Capitolo 1
*** Tutto iniziò da lì ***


La avevo avvertita, le avevo più volte intimato di stare alla larga da quel diario, ma lei non mi aveva mai presa sul serio. Ed ora ne aveva pagato le conseguenze. A causa di quel maledetto oggetto oscuro la mia migliore amica, Ginny Weasley, si trovava ora, morente, nella camera dei segreti. Dovevo assolutamente fare qualcosa per aiutarla, ma ogni idea che mi veniva in mente mi sembrava sciocca, debole, e di facile fallimento. Fino a quando riuscii finalmente a trovare una soluzione. Era necessaria un’azione estrema. Dovevo assolutamente mettermi in contatto con Voldemort. Tutti quanti conoscerete la storia della seconda apertura della camera dei Segreti, e del salvataggio di Ginny ad opera di Ron e Harry, tuttavia sono abbastanza sicura che ignoriate buona parte della storia, o almeno quella riguardante il mio ruolo in tutto ciò. Oggi vi racconterò ogni cosa, ma per farlo dovrò partire dall’inizio. Mettetevi comodi quindi, perché ci vorrà un bel po’
 

Tutto cominciò con l’arrivo di quella lettera.  Era una calda sera d’estate quando scoprii di essere una strega. Non riuscivo a crederci! Fino a qualche mese prima ignoravo completamente l’esistenza della magia. Certo, qualche volta erano accadute cose strane intorno a me, avvenimenti di cui non comprendevo le cause, come quando, una volta, dopo essermi arrabbiata con una mia amica, le avevo fatto crescere le zanne, o quando ero riuscita a riportare alla vita una pianta completamente appassita. Per questo la lettera arrivatami fu per tutti una sorpresa. Io in verità pensavo, almeno inizialmente, ad uno scherzo di cattivo gusto, quando poi realizzai che avrei potuto frequentare veramente una delle scuole di magia più famose al mondo provai una felicità immensa e iniziai a gridare così forte, che penso di essere stata sentita da tutto il vicinato. Convincere i miei genitori a lasciarmi partire fu un’impresa abbastanza ardua. Tuttavia dopo discussioni, lacrime e suppliche varie, mi accontentarono. Nella lettera di Hogwarts veniva riportato il materiale necessario per le lezioni, così qualche giorno prima della partenza, acquistai il necessario. Ricordo, a distanza di anni, di come mi rimase impresso l’incontro con il signor Olivander, un vecchietto che sosteneva di ricordare ogni bacchetta venduta e il rispettivo proprietario. Ricordo ancora di avergli chiesto il prezzo di una che mi sembrava particolarmente carina, ma il venditore aveva risposto che acquistare una bacchetta non era neanche lontanamente come comprare un vestito perché, testuali parole “ è sempre la bacchetta a scegliere il mago”, e mai il contrario. Poi me ne fece provare quattro prima di trovare quella adatta a me. Alla fine, la prescelta si rivelò essere una bacchetta di tiglio argentato di undici pollici e sufficientemente elastica. Ciò aveva stupito non poco il vecchio venditore, che mi aveva poi chiesto se nella mia famiglia ci fosse qualcuno in grado di predire il futuro, spiegandomi che il tiglio argentato aveva fama di dare il meglio di sé con i Veggenti e con i maghi versati nella Legilimanzia, due arti misteriose, che accrescevano il prestigio di chi possedeva bacchette di tal fatta. “Che uomo strano” avevo pensato.  Il primo settembre comunque, come da programma, mi recai al binario.  Attraversare, letteralmente, un muro fu una delle esperienze più strane vissute fino a quel momento. Al binario, anzi nel binario, conobbi una ragazzina molto simpatica. Dai lunghi capelli rossicci, veniva da una numerosa famiglia di maghi. Anche lei, come me, avrebbe dovuto frequentare il primo anno ad Hogwarts.
            «Piacere, mi chiamo Ginny Weasley» si presentò
«Sarah Grey, piacere mio» le risposi
«Primo anno?» mi chiese la rossa
«Sì, pensa che fino a poco tempo fa non sapevo neanche dell’esistenza della magia!»
«Lo sai, mio padre è particolarmente affascinato dai Babbani, pensa che all’insaputa della mamma ha modificato una Ford Anglia turchese affinché potesse volare e diventare invisibile»
«Forte» esclamai io
«Già, e poi tre dei miei fratelli l’hanno utilizzata, di nascosto ovviamente, per andare a prendere, insomma, Harry Potter. Lui...»
Ginny arrossì violentemente e non riuscì a finire la frase
«Harry Potter, dici, cosa ha di speciale questo tizio, per riuscire a farti arrossire in questo modo?» scherzai
«Cos cos cosa ha di speciale?» balbettò lei
«È uno dei maghi più famosi che esistano. Pensa, che quando aveva solo un anno è riuscito a sopravvivere a un anatema che uccide, lanciato dal mago più malvagio di tutti i tempi. Questo stregone aveva ucciso Auror di rilievo, maghi e streghe dai poteri straordinari, tra cui anche i suoi genitori. Ma non è riuscito a fare lo stesso con lui. E non è tutto, si dice che dopo aver cercato di uccidere Harry, abbia perso tutti i poteri e sia poi scomparso nel nulla. Alcuni lo credono morto, altri solo molto debole. Fatto sta che qualcosa in Harry lo ha fermato. E da quella notte, il mondo magico ha conosciuto undici anni di pace e tranquillità» mi spiegò
«Wow, non ne sapevo niente» dissi io
«Ma come si chiama questo mago così malvagio, di cui mi stai parlando, e chi diavolo sono gli auror?» Chiesi poi
«Gli auror sono membri del Ministero della Magia (organizzazione che governa la comunità magica) che combattono le Arti Oscure e i suoi sostenitori. Per quanto riguarda lo stregone, noi non pronunciamo il suo nome. Usiamo dire tu sai chi, per riferirci a lui » mi spiegò
«Ho capito. Ma come mai i tuoi fratelli sono andati da Harry nel cuore della notte?»
«Perché, da quando i suoi genitori sono stati uccisi, lui vive con degli zii babbani che lo detestano, e siccome era stato recentemente messo in punizione, e rinchiuso in camera, con le sbarre alla finestra, andarlo a liberare durante la notte era l’unica soluzione»
«Caspita!» esclamai
Chiacchierammo per un poco, interrotte solo dal passare di una anziana signora con un carrello, che vendeva dei dolci davvero particolari: zuccotti di zucca, cioccorane, gelatine tutti i gusti più uno e una vasta gamma di pallini acidi (lecca-lecca dal colore verde acido che procurano un fortissimo pizzicore in bocca e hanno un elevatissimo potere dissetante.) Un’ora più tardi si unì a noi anche una biondina, dall’aria sperduta. Mormorava qualcosa su delle strane creature, e portava in mano una rivista con su scritto Il cavillo. Ci disse di chiamarsi Luna, e ci raccontò che viveva con il padre perché la mamma, una strega amante degli esperimenti, era morta a causa di uno di essi quando lei aveva solo nove anni. Ricordo che mi fece molta tenerezza.  Il viaggio durò parecchie ore. Una volta arrivate ci accolse un uomo talmente enorme da sembrare quasi un gigante, o almeno una creatura molto simile. Era alto più di tre metri e molto, molto grasso. Chiamò tutti noi ragazzi del primo anno e ci chiese di seguirlo. Ci spiegò che avremmo dovuto raggiungere Hogwarts attraversando il lago nero con delle barche. A bordo di ogni battello potevano prendere posto un massimo di quattro studenti. Io mi sedetti vicino a Ginny Luna, e ad un ragazzino biondino di nome Colin. Portava con sé una macchina fotografica, e non smise nemmeno per un attimo di scattare fotografie.  L’ulteriore viaggio durò molto poco. Quando arrivammo al castello gli studenti degli altri anni si trovavano già lì.  Loro, erano giunti alla fortezza tramite delle carrozze trascinate da creature chiamate Thestral.  A riceverci, comunque, fu la professoressa McGranitt una donna di mezza età, con i capelli neri raccolti in un alto tuppo. Portava gli occhiali e il suo era uno sguardo molto severo. Ci spiegò che ad Hogwarts vi erano quattro case: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Disse che ognuna di esse poteva vantare una nobile storia e che per tutto il tempo che saremmo rimasti lì la nostra casa sarebbe stata per noi come una seconda famiglia. Ci spiegò di come ogni azione positiva ci avrebbe fatto guadagnare dei punti e di come invece ad ogni comportamento negativo i bonus ottenuti si sarebbero abbassati Alla fine dell’anno la casata con più punti avrebbe vinto una Coppa: la Coppa delle case. Ci infermò del fatto che ad assegnarci alle varie casate sarebbe stato un giudice imparziale: il cappello parlante.
«Un cappello parlante?» chiesi a Ginny
«Puoi ben dirlo» rispose lei
La professoressa dallo sguardo severo ci condusse in una stanza enorme, dove vi erano pareti così grandi da raggiungere il soffitto, che sembrava riflettere il colore del cielo. Torce fiammeggianti illuminavano le pareti di pietra. Nella sala si trovavano cinque grandi tavolate: quattro per gli studenti e una riservata ai professori i quali stavano chiacchierando tra loro. Li osservai ad uno ad uno. All’estremità destra del tavolo sedeva un insegnante molto affascinante. La prima cosa che notai furono i suoi fluenti e biondi capelli ondulati. Stampato sul viso, aveva poi un sorriso molto seducente. Indossava un lungo mantello blu notte, che faceva risaltare ancora di più il colore dei suoi occhi, vi era poi una professoressa grassottella dai capelli grigi e gli occhi castani, un insegnante più basso di quasi tutti i ragazzini del primo anno e un fantasma dall’aria abbastanza scorbutica, il quale stava scambiando due parole con il Guardacaccia. Al centro della tavola sedeva poi il preside. Dalla lunga barba argentea e con uno sguardo molto penetrante, doveva essere molto vecchio. I suoi occhi erano azzurri, e sopra il naso, che sembrava essere stato rotto più volte erano appoggiati degli occhiali a mezzaluna. Dava l’idea di essere un uomo assai saggio. A riportarmi alla realtà comunque fu la professoressa McGranitt che annunciò l’inizio della cerimonia di smistamento. Dopo aver recitato una poesia molto carina, riguardante le varie caratteristiche di ogni casata ( il coraggio per Grifondoro, l’ambizione per Serpeverde, la lealtà per Tassorosso, e l’intelligenza per Corvonero) e aver ricevuto i suoi meritati applausi, il cappello parlante iniziò ad assegnare gli studenti ai quattro tavoli. Quando arrivò il mio turno, mi parve di non riuscire più a muovermi, il cuore mi batteva all’impazzata. Tremante mi avviai verso lo sgabello e mi poggia il cappello sulla testa. Non appena mi fui seduta mi balzò addosso un grosso rospo, facendomi cadere dalla sedia per lo spavento. Un ragazzetto paffuto e goffo gridò: « Oscar, vieni qui, Oscarrr», ma il rospo, tutt’altro che obbediente iniziò a saltare per tutta la sala, procurando risate generale da parte degli studenti. La professoressa Mc Granitt scosse la testa, esasperata. Una volta che l’animale si fu calmato, potei finalmente riprendere posto per cercare di essere smistata. Mi rimisi il cappello e, dopo pochi minuti, che a me però parvero un’eternità, fui assegnata a Grifondoro. Applausi giunsero dalla tavolata rossa e oro, presi posto vicino al ragazzino conosciuto in barca. Anche Ginny poco dopo si unì a noi. Luna invece, capitò tra i Corvonero. Terminato lo smistamento arrivò il momento della cena. I piatti, fino ad allora vuoti, si riempirono all’ istante di ogni prelibatezza possibile e immaginabile non appena il preside diede l’okay. Io assaggia un po’ di tutto: il cibo più buono mai mangiato!. Ad un certo punto, durante la cena apparve un fantasma vicino a me, o meglio mi passò attraverso. Sentii in quel momento una sensazione di gelo. Lo spettro si presentò. Ci disse di chiamarsi Ser Nicholas, e di trovarsi nel castello da centinaia di anni. Ci spiegò anche la sua storia, e i motivi della sua morte. Egli fu un cortiere nella corte del re Henry VII. Un giorno aveva provato ad aiutare una certa Lady Grieve a raddrizzare i suoi denti ma, involontariamente, le aveva fatto spuntare un disumano canino. Per questo fu condannato alla decapitazione. Ricevette quarantacinque colpi d’ascia, ciò nonostante la sua testa non riuscì mai ad essere completamente staccata dal cranio. Si guadagnò in questo modo, il soprannome di Nick Quasi Senza Testa. Dopo averci augurato un felice anno, comunque, volò via dirigendosi verso il fantasma di Tassorosso: il frate Grasso. Una volta terminato il secondo Ginny mi fece conoscere Fred e George, gemelli molto simpatici, e amanti degli scherzi. Mi presentò anche una sua amica: Hermione Granger, anche lei, come me, veniva da una famiglia di babbani. Mi risultò molto simpatica, anche se forse un po' troppo saputella.
 
«Hermione ma Ron?» chiese Ginny alla ragazza
«Non lo so, e anzi sono anche abbastanza preoccupata, neanche Harry si è fatto vedere, spero solo non si siano cacciati in qualche guaio» rispose lei, cupa
Al solo nominare Harry, Ginny arrossì nuovamente. Quando il banchetto era quasi terminato arrivò anche un professore dal grande naso adunco e dagli unti capelli corvini. Aveva un sorrisetto di trionfo sul viso. La McGranitt invece, aveva abbandonato la sala qualche minuto prima. Comunque, quando tutti finimmo di mangiare il preside prese la parola esibendosi in un discorso molto toccante riguardante lo stare uniti o cose del genere che però io in realtà non seguii molto perché dopo tutto ciò che era successo quel giorno mi sentivo esausta e desideravo solo poter raggiungere il mio letto il prima possibile. Ricordo, comunque che ci nominò un sacco di oggetti che il custode Gazza, aveva dichiarato vietati e che disse qualcosa riguardante una foresta proibita. Ci parlò anche dei provini di Quidditch che erano aperti agli studenti dal secondo anno in su. Poi ci mandò a dormire. L’indomani avremmo iniziato le lezioni di magia e per farlo dovevamo essere riposati. Per raggiungere la sala comune dei Grifondoro, dovemmo passare attraverso il ritratto di una signora grassottella. La parola d’ordine stabilita era Colibrì. Ero talmente esausta che neanche il baccano in sala comune, e la storia di due ragazzini che erano riusciti, chi sa come a raggiungere la scuola volando riuscii a tenermi sveglia. Diedi così la buona notte a Ginny e mi avviai al dormitorio. Dopo aver scelto un letto vicino a quello della mia nuova amica, chiusi gli occhi. Dopo cinque minuti mi trovavo già tra le braccia di Morfeo. Solo l’indomani avrei poi scoperto che quei due ragazzini erano niente di meno che il fratello di Ginny, Ron, ed Harry Potter i quali avevano raggiunto la scuola con la macchina volante del signor Weasley. Ne venni a conoscenza a causa di una strillettera arrivata in sala grande durante la colazione.
 

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Capitolo 2
*** Una strana visione ***


In alcuni villaggi antichi vi era la diceria che un figlio che nascesse come settimo di un altro che era stato a sua volta settimo figlio fosse condannato ad essere servo del maligno, del diavolo. Alcuni credevano che fosse solo una diceria ignorante, altri vi credevano ciecamente. Alcuni ritenevano che il bimbo fosse condannato solo se fosse maschio, mentre sarebbe stato libero se fosse nato femmina
 

La voce del professor Cuthbert Binns era più efficace di un sonnifero. Dopo poco più di quindici minuti la maggior parte degli studenti aveva finito per addormentarsi, e devo dire che anche io facevo molta fatica a cercare di rimanere sveglia per poterci capire qualcosa. Vicino a me Ginny, fissava il soffitto, immersa nei suoi pensieri.  Colin, invece sembrava in qualche modo incuriosito da quella stramba storia, che il fantasma, nonché il nostro noiosissimo professore, narrava con voce bassa e fioca. Era una calda mattinata di metà ottobre. Era quindi passato già un mese e mezzo dal nostro arrivo. I compiti assegnatici aumentavano a dismisura; per il giorno successivo per esempio, dovevamo consegnare un saggio di quaranta centimetri sugli effetti dell’incantesimo di Levitazione, ripassare le regole fondamentali del Quidditch, fare una ricerca di almeno tre pagine sui metodi per curare i morsi di un lupo mannaro, ed esercitarci anche negli incantesimi di trasfigurazione. Passavamo le giornate sui libri, e il tempo libero si limitava esclusivamente al sabato e alla domenica. Ciò nonostante ero felice di aver trovato degli ottimi amici. Eravamo diventati un gruppo molto unito io, Ginny, Luna e Colin. Talvolta si univa a noi anche Hermione, anche se la maggior parte del tempo lo passava con Ron e Harry. Quest’ultimo, almeno inizialmente, non mi era particolarmente simpatico. Devo confessare, adesso, che all’inizio ero un po’ gelosa di lui. Non ne vado fiera, ma mi dava particolarmente fastidio il fatto che ogni volta che lo incontravamo, sia Ginny, che Colin cambiassero completamente carattere. Mentre la mia amica iniziava a comportarsi da perfetta idiota, Colin era solito inziare a ronzargli attorno, cercando di rimediare qualche autografo.  La mia unica salvezza in quei casi era Luna, ma visto che facevamo parte di casate differenti, alla fine molte volte finivo per ritrovarmi sola con due persone completamente inebetite.  La campanella suonò la fine della lezione svegliando così gli studenti che si erano assopiti. Insieme a Colin e Ginny mi avviai verso la sala grande per il pranzo. Dopo essere sfuggiti a Pix, che si divertiva a lanciare contro gli studenti ogni oggetto ritenesse abbastanza grande per poter provocare dei danni, raggiungemmo il tavolo dei Grifondoro, che era ancora quasi vuoto e ci sedemmo.
«Lezione davvero interessante non trovate?!» esclamò Colin, entusiasta
«Se tu per interessante intendi assolutamente noiosa allora sì» replicò Ginny
«Concordo» dissi io
«Comunque, che ne dite se domani facessimo una passeggiata al lago? È sabato, e un po' di riposo lo meritiamo» proposi
«Buona idea» risposero i miei due amici in coro.
Così il giorno successivo, dopo aver terminato le lezioni e aspettato Luna, ci recammo tutti e quattro fuori dalla scuola e ci sedemmo all’ombra di un grosso faggio, in riva al lago. Fu lì che ebbi la mia prima visione, l’inizio di una lunga serie. Le immagini che vidi, non erano ben nitide, ma scorsi degli oggetti: un vecchio diario e una zanna poi una scritta rossa sopra un muro. Sentii una risata, una risata riagghiacciante e mi apparve dinanzi il viso di un ragazzo. Il tutto durò sì e no una frazione di secondo.
Mi ritrovai tra le braccia di Ginny, che mi guardava preoccupatissima. Vicino a me, Luna e Colin tirarono un sospiro di sollievo
«Stai bene?», mi chiese Ginny singhiozzando «Ci hai fatto prendere un colpo! I tuoi occhi…»
«I miei occhi cosa Ginny, che cosa è successo ai miei occhi?»
«Loro, beh, le pupille sembravano sparite, hai cominciato a tremare e io io»
«Sto bene ora, è tutto apposto» la rassicurai
Poi raccontai ai miei amici ciò che avevo visto. Seguì un lungo silenzio. Fu Canon a romperlo
«Quindi, ci stai dicendo che hai avuto una visione?» chiese titubante
«Io, beh non lo so» risposi
«È impossibile. Insomma, i veggenti sono estremamente rari. E di solito provengono da famiglie magiche. Non è mai capitato che una nata Babbana manifestasse qualcosa del genere» disse Ginny
« Già, è tutto molto strano» commentò Luna, cupa. «L’importante è che però tu adesso stia bene. Non pensiamoci più ora. Magari il troppo stress, ha avuto uno strano effetto su di te» scherzò poi
« A chi va una partita a scacchi magici? » propose Colin, cercando di allentare la tensione
«A me» rispose Ginny.
Così passammo la serata a giocare a scacchi, a Sparachiodo, a ridere e scherzare. E quando, dopo cena in sala comune assistemmo ai nuovi scherzi architettati dai fratelli Weasley e mangiammo dei dolci che i due erano riusciti a prendere (Dio sa come) dalle cucine, la strana “ visione” scomparse completamente dai nostri pensieri. Anche io smisi di pensarci, fino a quando la settimana successiva, non successe qualcosa che iniziò a farmi diventare davvero paranoica riguardo ciò che avevo visto.
Era il 22 ottobre 1992, e nella sala comune di Grifondoro Ginny, come sempre, stava scrivendo la sua solita pagina di diario. Aveva infatti l’abitudine, la mia amica, di passare le serate ad annotare pensieri e stati d’animo.
«Che cosa scrivi? Fa vedere» le chiesi incuriosita, avvicinandomi
«Niente» sbottò lei, chiudendo velocemente il diario.
«Dai, sono curiosa» dissi cercando di prenderle il quaderno da mano
Fu una frazione di secondo. Ma fu sufficiente
« Ginny, dovresti sbarazzarti di quel diario» le dissi
«Che cosa? Sei forse diventata matta? E perché poi, perché non voglio che tu legga quanto ho scritto? Molto maturo da parte tua»
«Non è per quello» sbottai, irritata
«È che Io, beh, ho una strana sensazione. Credo sia lo stesso diario della visione.» le spiegai
«E cosa te lo farebbe pensare? Ci sono miliardi di diari così al mondo!» esclamò lei isterica
«Io, non lo so. È che per un attimo, te l’ho detto toccando quel diario, ho percepito qualcosa» dissi
«Ho percepito! Ho percepito! Ma ti senti almeno quando parli! Ti ha dato fastidio il fatto che volessi tenere delle informazioni private, e adesso cerchi di inventare storie assurde perché speri, che buttando il diario tu possa in qualche modo metterci le mani sopra. Sei solo un’impicciona!» mi gridò contro
A quel punto persi anche io la pazienza
«Un’ impicciona! Io sarei un’impicciona e bugiarda tra l’altro! Scusa tanto se mi preoccupo per te! Ma fai pure quello che vuoi! Tieniti stretto quel diario, brutta ingrata che non sei altro. Come se non sapessi poi che cosa ci scrivi lì dentro! Oh oggi ho visto Harry, Harry mi ha salutata. Harry qua, Harry là. Sei RIDICOLA. Non ti accorgi che stai perdendo tempo dietro qualcuno che non ti noterà mai. E non posso biasimarlo, perché io, nella sua situazione farei la stessa cosa». Poi andai via furiosa.
Non ci parlammo per una settimana. Colin cercava, inutilmente di farci fare pace, ma eravamo entrambe così cocciute che nessuna di noi aveva alcuna intenzione di scusarsi con l’altra. La mia amica però mi mancava parecchio, più di quanto volessi ammettere. Certo, c’erano sempre Luna e Colin a farmi compagnia ma non era per niente la stessa cosa. La sera, quando andavamo a letto passavamo ore a parlare, raccontarci segreti, e scherzare. Adesso invece in dormitorio c’era solo un silenzio imbarazzante. Tre giorni dopo il litigio, Colin mi chiese di parlare in separata sede
«Io, sono preoccupato, per Ginny» mi disse
«Ultimamente non è più lei. Sembra distante, si innervosisce per niente. E poi, non so se hai notato scompare per un sacco di tempo, e quando le chiedi dove sia stata, risponde che non si ricorda. Io credo stia passando un brutto momento» mi spiegò
«E a me cosa importa? Non ti accorgi che lo fa solo per attirare l’attenzione! Non la sopporto più!»
«Ma si può sapere che vi prende, a voi due! Volete davvero rovinare la vostra amicizia per una piccola litigata, è assurdo. E poi, per che cosa esattamente vi siete arrabbiate così tanto? Ancora non l’ho capito»
Gli spiegai l’accaduto
«In effetti, non è che tu sia stata molto discreta» commentò
«Adesso anche tu stai dalla sua parte?» chiesi irritata
«Non prendertela anche con me adesso Sarah, ho solo detto che effettivamente, ti sei comportata abbastanza da impicciona»
«Allora, non mi credi neanche tu? Ti dico che quel diario per me è pericoloso»
«Non ho detto che non ti credo! È che questa faccenda è talmente strana. Io, penso che tu abbia avuto davvero una visione, anche se non mi riesco a capacitare di come questo sia possibile, essendo nata babbana. Non lo so. Ma se anche si trattasse dello stesso oggetto, come può un diario rivelarsi pericoloso? È tutto molto strano, terribilmente strano. Che centri qualcosa con il bizzarro comportamento di Ginny? Credo che dovremmo indagare. Ma, per il suo bene sarebbe meglio non dirle nulla»
«E chi ci vuole parlare con lei! Comunque hai ragione. Dovremmo consultare qualche libro in biblioteca. Anche se non credo troveremo qualcosa, a meno che»
«non cercassimo nel reparto proibito» concluse Colin
«Ma cercare cosa? Interpretazione di visioni, magie oscure, maledizioni. Non saprei neanche cosa cercare»
«e poi anche se lo sapessimo, come diavolo facciamo ad entrare nell’area proibita senza un permesso di un professore?» chiesi più a me stessa che a lui
«ci penseremo su. Pensi sia il caso di informare Luna?» domandò
« Io credo sia meglio che per ora tutto questo rimanga tra noi, almeno per ora» risposi.

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Capitolo 3
*** Il sogno ***


«Tu mi dirai quel che voglio sapere ragazza e lo farai anche abbastanza in fretta se non vuoi pagarne le conseguenze. Scruta bene in quella stupida sfera di Cristallo e dimmi cosa il destino ha in serbo per me!» disse il giovane dai capelli biondi
«Dovrai passare sul mio cadavere, perché non aiuterò mai uno come te! E poi, non posso mica vedere il futuro a comando, non è così semplice.»
«Forse hai bisogno di una piccola motivazione allora, non è così? Non è così Cassandra Vablatsky?!»
«Va all’inferno Grindelwald»
«Proprio come immaginavo. La maledizione Cruciatus ti scioglierà un po’ la lingua, non trovi? Crucio»
La strega di nome Cassandrà urlò, urlò con quanto più fiato avesse in gola.
 

Mi svegliai di soprassalto, sudata. Era stato tutto solo un sogno, fortunatamente. Nel letto accanto al mio, Ginny dormiva tranquilla. Consapevole che non avrei più ripreso sonno, decisi di fare due passi, così mi avviai verso la sala comune dei Grifondoro che alle quattro di notte ero convinta di trovare vuota. Ma mi sbagliavo. Sdraiato sul pavimento vi era la creatura più strana che io avessi mai visto. Aveva due enormi orecchie da pipistrello e occhi verdi e sporgenti. Indossava qualcosa di simile a una vecchia federa e appariva particolarmente turbato. Appena mi vide emise un gridolino spaventato
«Non devi avere paura di me» dissi.
«Come ti chiami?» chiesi poi
«Dobby signora, solo Dobby, l’elfo domestico»
«Beh, piacere Dobby. Io sono Sarah Grey»
L’elfo fece un inchino talmente profondo da sfiorare il pavimento con il suo lungo e sottile naso.
Trovai quella strana creatura molto simpatica.
«Vieni qui, siediti vicino a me se ti va. Su questa poltrona c’è così tanto spazio e il pavimento deve essere parecchio scomodo.»
A quelle parole l’elfo domestico iniziò a singhiozzare
«Ho forse detto qualcosa di male?» chiesi, preoccupata
«Qualcosa di male? È stata gentile signora e Dobby non è abituato alla gentilezza. Solo un mago prima di lei ha trattato Dobby da pari a pari» mi spiegò
«Oh beh, mi spiace tanto piccolo. Ma ti prego non chiamarmi signora, mi fai sentire in imbarazzo. Chiamami Sarah, e dammi del tu»
Quello fu davvero troppo per l’elfo dai grandi occhi verdi che iniziò a piangere così forte per la gioia che avevo paura svegliasse mezzo castello. Quando si fu calmato gli chiesi
«Allora, che cosa ci fai qui nel bel mezzo della notte, come hai fatto a entrare?»
«Dobby si è Smateralizzato. Gli elfi domestici possono farlo anche dentro il castello. Lui doveva avvertire Harry Potter. Cose terribili stanno per accadere a Hogwarts» mi disse
Poi iniziò, inspiegabilmente, a picchiare la testa contro il pavimento. Una, due tre volte
«Oh se il mio padrone scoprisse che Dobby è venuto ad avvertirlo. Gli chiuderebbe le orecchie dentro il forno un’altra volta» piagnucolò la strana creatura, rivolgendosi più a sé stesso che a me
«Di che cosa stai parlando, chi è il tuo padrone e cosa centra tutto questo con Harry Potter? Che genere di cose brutte dovrebbero accadere? Dimmelo Dobby, puoi fidarti di me»  
Ma proprio in quel momento si sentirono dei passi, avvicinarsi sempre di più
«Ora Dobby deve andare. Stai molto attenta anche tu Sarah Grey. Nessuno è più al sicuro di questi tempi. Dobby spera di rincontrarti un giorno». Detto questo l’elfo, dopo aver schioccato le dita, semplicemente scomparve
In sala comune entrò…
«Ginny che cosa ci fai qui a quest’ora di notte?»
«Potrei farti la stessa domanda. Con chi parlavi?»
«Con nessuno» mentii
«Certo, e il professor Vitious è un gigante. Senti, lo so che abbiamo litigato, e mi dispiace averti dato della bugiarda. È che…
«Non c’è bisogno che continui, vieni qui»
La strinsi in un forte abbraccio e tra di noi finalmente tutto ritornò come prima
Passò qualche giorno e al castello tutto appariva tranquillo. Non avevo avuto più visioni, Ginny sembrava stesse alla grande, e io e Colin alla fine, avevamo rinunciato a cercare delle informazioni: un poco perché non ne vedevamo più il motivo, e un po’ perché proprio non avevamo idea di come riuscire ad attraversare il reparto proibito senza finire in punizione per un mese. Anche gli avvertimenti dell’elfo ormai sembravano aver perso di importanza, tanto che del nostro incontro non parlai con nessuno, nemmeno con Colin. Era Halloween, quel giorno. Per gli studenti dal terzo anno in poi era prevista una gita a Hogsmeade, così il castello risultava molto meno affollato del solito. Io e Ginny osservavamo i preparativi della festa che si sarebbe tenuta quella sera in sala grande. Hagrid era intento ad intagliare grosse zucche e a costruire lanterne dalle forme particolari e Nick Quasi senza testa non la finiva più di volare avanti e indietro per tutta la sala. Quel giorno era particolarmente felice, perché, ci spiegò avrebbe festeggiato il suo complemorte; era infatti usanza tra i fantasmi di Hogwarts, e non solo, dare delle feste in memoria del giorno della loro dipartita.
«Aspetto questo momento da tempo» ci spiegò Nick
«Questa sera, arriveranno fantasmi da tutta la Gran Bretagna per festeggiare la mia morte! Se volete, siete i benvenuti, ci saranno anche il giovane Potter e i suoi due amici» continuò poi
«Oh verremo sicurame…»
«Quello che Ginny voleva dire…  è che ci piacerebbe davvero tanto, ma purtroppo non possiamo proprio. Sarà per un’altra volta. Grazie per l’invito comunque»
«Come desiderate.» disse Nick, poi si diresse verso la Dama Grigia
«Perché no, Sarah? Dai, non sono mai stata a una festa del genere. Sembra interessante e poi Nick sarebbe molto contento di vederci lì»
«Da quanto ti interessi così tanto della sua felicità?» scherzai
«Stasera c’è festa in sala grande. E credo proprio che sarà UNA GRAN BELLA FESTA. Di gran lunga migliore di quella di Nick!» aggiunsi poi
«Andiamo, quanti potranno vantarsi di essere stati ad un Complemorte. Sarà un’esperienza fantastica. Ti preegoo» mi implorò lei
«Facciamo così. Se c’è tempo, e non si farà tanto tardi, dopo il banchetto magari andiamo a vedere di che cosa si tratta»
«Oh grazie grazi grazie, e mille volte ancora grazie»
«di niente» risposi ridendo
«Ah, io ti consiglierei quel vestito verde che mi hai fatto vedere l’altro giorno. Sai, per andare alla festa di Nick» dissi facendole l’occhiolino
«Ma smettila» face lei, sorridendo
Così alle otto circa, ci avviammo in sala grande per il banchetto. Avevamo parlato della festa di Complemorte a Luna e Colin, ma loro avevano deciso di non venire.
«Sarà una noia mortale»
Era stata questa la risposta di Colin, e siccome a Luna dispiaceva lasciarlo da solo, decidemmo di dividerci. Una volta terminato il banchetto io e Ginny saremmo andati da Nick mentre Luna e Colin sarebbero rimasti tutta la serata in sala grande.
 Erano circa le undici, quando io e Ginny ci avviammo dal fantasma di Grifondoro. Arrivati circa a metà strada però la mia amica mi disse di non sentirsi bene.
«Ho un tremendo giramento di testa, non credo di riuscire a venire alla festa. Non voglio che Harry mi veda in queste condizioni»
«Vuoi che ti riaccompagni in stanza, a riposare?» le chiesi
«Oh no, no, tu torna pure da Colin e Luna. Vado da sola in dormitorio, tranquilla»
«Ginny, sei bianca come un cadavere. Ti accompagno»
«Va bene, grazie.»
Così tornammo in dormitorio, e aiutai la mia amica a stendersi sul letto. Le presi un bicchiere d’acqua e zucchero e mi sedetti per un poco accanto a lei
«Non devi preoccuparti per me. Con un poco di riposo starò meglio. Tu torna pure dagli altri»
«Sei sicura?»
«Sicurissima» mi rispose
Così andai da Luna e Colin
Decidemmo però di ritirarci un po’ prima della fine della festa, per poter così controllare le condizioni di Ginny.  Arrivati al secondo piano ci trovammo davanti ad una scena orribile. Harry, Ron e Hermione, che dovevano essere appena tornati dal Complemorte, fissavano inorriditi qualcosa sulla parete: a lettere cubitali, con quello che sembrava essere sangue una scritta recitava:
LA CAMERA DEI SEGRETI È STATA APERTA
TEMETE, NEMICI DELL’EREDE
Il pavimento era pieno zeppo di acqua, e su una torcia era appesa… Mrss Purr la gatta di gazza.
«Che cosa diavolo è successo qui?» chiesi a Hermione
«Io, non lo so» mi rispose la ragazza con voce tremante
Un rombo in lontananza annunciò la fine della festa. Un attimo dopo un centinaio di studenti giunsero nel corridoio. Poi qualcuno gridò
«Temete nemici dell’erede! La prossima volta tocca a voi, mezzosangue!»
Si trattava di un ragazzino del secondo anno di nome Draco Malfoy


RINGRAZIAMENTI:
Mi sembra il minimo ringraziare Gin per il grande aiuto datomi: é stata un po' la mia mentore e le sono veramente grata per i suoi ottimi consigli. Ha creduto in me, e nella mia storia e ciò per me non ha prezzo. Un bacio grande a te Gin
Daeny

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Capitolo 4
*** E alla fine un indizio arrivò ***


Da quando la camera dei segreti era stata aperta al castello regnava il caos. Studenti terrorizzati non lasciavano i propri dormitori se non accompagnati da un gruppetto consistente di amici; i professori avevano imposto nuove rigide regole da rispettare per la sicurezza comune e Gazza non faceva altro che minacciare di morte chiunque gli si trovasse a tiro per ciò che era stato fatto alla sua gatta. Ma la più provata di tutti era stata proprio la mia amica Ginny. Da quando le avevo raccontato l’accaduto non la finiva più di piangere, se ne stava ore ed ore chiusa in bagno e si rifiutava categoricamente di lasciare il dormitorio. Era come se, una parte di lei, avesse perso interesse riguardo tutto ciò che la circondava. Aveva avuto anche un calo fisico, oltre che emotivo.  Non mangiava neanche più, la notte non chiudeva occhio. Ginny era sempre stata una ragazza piena di vita, allegra e sorridente con tutti, ma ora si era ridotta ad essere quasi un vegetale; semplicemente, esisteva. Io, d’altro canto ero sempre più preoccupata per lei. Ora più che mai avevo bisogno di indagare sulle mie visioni; anche perché adesso anche la scritta sul muro aveva confermato la loro veridicità. Così io, Colin e Luna (alla fine avevamo deciso di coinvolgere anche lei) passavamo intere giornate in biblioteca, cercando disperatamente sui libri un qualunque indizio potesse ritornarci utile. Ma la fortuna non era decisamente dalla nostra parte. Un freddo giorno di novembre, però, qualcosa catturò la mia attenzione. Due studenti, dietro di me, durante una lezione di storia della magia particolarmente noiosa, erano intenti a scambiarsi le figurine delle Cioccorane. Colsi sprazzi della loro conversazione
«Se vuoi posso darti Morgana, io ne ho già tre»
«Di Morgana ne avrò circa sette, mi servirebbe Merlino»
«Di Merlino ho un doppione, posso dartelo in cambio di Cassandra Vablatsky»
Quasi caddi dalla sedia. Tutto a un tratto mi ritornò alla mente il sogno fatto circa un mese prima. Si trattava solo di una coincidenza, oppure tutto ciò voleva dire qualcosa? E se sì, che cosa? Aveva qualcosa a che fare con le mie visioni, o con l’apertura della camera? Oppure stavo diventando paranoica? Valeva la pena di cercare informazioni riguardanti questa Cassandra o avrei solo perso tempo ricorrendo una falsa pista? Tutte queste domande mi si affollarono nella mente. E per tutto il tragitto, fino alla sala Grande, non dissi una parola
«Si può sapere che cosa ti prende?» mi chiese Colin, non appena ci sedemmo per pranzare.
«Perché sei così silenziosa? Non è da te»
Ma proprio mentre stavo decidendo se raccontargli o meno la vicenda un grosso gufo bruno planò sul tavolo dei Grifondoro fermandosi proprio davanti a me. Portava una lettera dei miei genitori (il che mi stupì abbastanza) e un piccolo pacco giallo.  Decisi di aprire prima la lettera. Così lessi:
 

Cara Sarah,
come va? È da un po’ che non riceviamo tue notizie, perciò abbiamo deciso di scriverti.  È la prima volta che sperimentiamo la posta dei maghi, quindi non abbiamo idea di quanto ci vorrà affinché la lettera possa giungere a te. Utilizzare un gufo per comunicare è stata per noi un’esperienza del tutto nuova. Ci ha fatto ritornare alla mente i film medievali che vedevamo insieme a casa; dove i messaggi venivano consegnati da grandi corvi neri.  Lì tutto bene? Le lezioni come procedono? Hai fatto amicizia? Da noi c’è una grande novità! Ieri sera è venuta a trovarci tua zia Lysa dall’Australia! È stato molo bello rivederla dopo tanti anni, ci ha fatto veramente una bella sorpresa. Comunque si fermerà con noi qualche giorno. Le è dispiaciuto tanto non essere riuscita a incontrarti. Ti aveva anche portato un pensierino, che abbiamo deciso di spedirti, insieme alla lettera. L’abbiamo infilato in un piccolo pacchetto giallo. Ci manchi tanto, non vediamo l’ora che arrivi Natale per poterti riabbracciare. Facci sapere al più presto tue notizie. Ti vogliamo bene
Mamma e Papà

Sorridendo aprii il pacchetto giallo. Conteneva una collana d’argento molto carina con un cuore ed una piccola chiave.
Scrissi una risposta ai miei genitori

Cari mamma e papà,
qui tutto procede benissimo. Le lezioni diventano sempre più interessanti, e ho fatto un sacco di nuove amicizie. Sono contenta che la zia sia venuta a trovarvi. Datele un grosso bacio da parte mia e ringraziatela per il dolce pensiero. A Natale, vi racconterò tutto nei dettagli. Vi voglio tanto bene
Sarah

Sì, mi dissi, così andava bene. Non avevo motivo di raccontargli delle mie visioni o dei nefasti avvenimenti recenti (si sarebbero solo preoccupati inutilmente e avrebbero cercato di riportarmi a casa prima del tempo).
 
«Sarah, allora ti decidi a dirmi cosa hai?» fece Colin
«Sono solo un po’ stanca» gli risposi.
«Meglio così. Perché ho una notizia da darti. Penso di aver finalmente trovato qualcosa di interessante»
«E cosa aspettavi a dirmelo! Sputa il rospo!» esclamai
«Beh, ieri notte non riuscivo proprio a chiudere occhio. Perciò ho pensato di tornare in biblioteca per continuare la nostra ricerca»
«Sei forse ammattito, se Gazza ti avesse sorpreso a girare per la scuola di notte…
«Ma mi vuoi far finire di parlare, o no?»
«Sì, scusami. Continua pure»
«Come stavo dicendo prima che mi interrompessi avevo deciso di tornare in biblioteca per cercare informazioni. Inizialmente, in verità, ero stato un po’ titubante ma poi avevo pensato alle condizioni di Ginny e il coraggio mi era tornato. Se ciò avesse aiutato la nostra amica ero pronto anche a passare un mese in punizione. Comunque sono riuscito a scendere al terzo piano senza essere visto da nessuno, e per circa un’ora ho cercato trai i libri qualcosa che potesse tornarci utile, ma, ancora una volta, senza risultati.
Furioso sono risalito al settimo piano per ritornare al dormitorio, quando davanti all’arazzo di Barnaba il babbeo ho visto aprirsi una grossa porta. Incuriosito, ho deciso di entrare per dare un’occhiata. Mi sono ritrovato in una piccola stanza vuota, fatta eccezione per un tavolino su cui era appoggiato un foglio di carta. Dove vi era scritto:

“Se la risposta vuoi trovare
Vicino a te devi cercare
Tieni conto dei tuoi nemici
Ma non sottovalutare neanche gli amici
In un luogo non molto lontano
Un grosso ragno regna sovrano
Di tanti animali si nutre a dismisura
Ma di una creatura ha molta paura
Se morire non vorrai
Chiudi gli occhi e ti salverai
In un luogo non utilizzato
Un passaggio può esser trovato
Gemiti e pianti tu sentirai
Se quel luogo visiterai”


«Non capisco, in che modo tutto ciò può essere collegato con l’apertura della camera?» chiesi, titubante
«Inizialmente neanche io pensavo che questo bigliettino potesse in qualche modo tornarmi utile, ma lasciami finire. Ero appena uscito dalla stanza quando questa all’improvviso è scomparsa. Non riuscivo a capire il perché fino a quando non mi sono ricordato una cosa che ci ha detto il professore di storia della magia in una delle sue prime lezioni»
«Ovvero?»
«Ci ha parlato di come millenni di anni fa un potentissimo mago avesse deciso di dar vita ad una stanza delle necessità; una stanza che sarebbe apparsa solo ed esclusivamente ad un mago che avesse avuto un bisogno estremo di qualcosa; di qualunque cosa si trattasse, la stanza gli avrebbe fornito una risposta. Il professore aveva detto, che quella stanza però non era stata mai trovata nonostante fosse stata cercata da maghi e streghe per generazioni e così quella storia era passata come una leggenda. Allora ho pensato, se quella stanza, fosse proprio quella che mi è apparsa davanti?»
«Allora non dovremmo far altro che risolvere l’indovinello» dissi io
«Esatto»
«Non perdiamo tempo allora, vediamo cosa riusciamo a capire. Rileggimi quel foglietto e chiamiamo Luna, una Corvonero ci tornerà molto utile in questo momento»

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Capitolo 5
*** Il ritorno di Ginny ***


Era passata circa una settimana da quando Colin aveva trovato quel foglietto ma ancora non eravamo riusciti a risolvere l’indovinello. E ci passavamo le nottate! Ma, niente, la soluzione sembrava sempre distante anni luce. Persino Luna, che di solito in un batter d’occhio risolveva i difficili grattacapo che gli somministrava il batacchio della sua sala comune non aveva idea di come interpretare quelle frasi in rima. Le condizioni di Ginny intanto peggioravano sempre di più. Una fredda sera di novembre venne da me, in lacrime.
«Sarah, non so che cosa mi prende. Non mi riconosco più! Certe volte io…»
«tu cosa… Ginny, a me puoi dirlo»
«io, non lo so. Mi viene voglia di ferire le persone. Una voce dentro di me mi spinge a compiere azioni atroci, contro la mia volontà. È come se la mia anima si fosse spaccata esattamente in due, come se avessi una doppia personalità; da una parte l’istinto mi grida di attaccare, di ferire, di uccidere dall’altra la ragione mi trattiene, in un certo senso, dal commettere questi crimini. Dentro di me è una continua lotta tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e quel che è sbagliato. È una sensazione orribile, non mi sono mai sentita così impotente prima d’ora e vorrei tanto riuscire a controllare i miei demoni anziché sentirmi controllata da loro, ma non ci riesco. È per questo che spesso non mi presento alle lezioni, perché ho paura di commettere qualcosa di orribile, perciò passo la maggior parte del tempo in dormitorio ormai: perché temo di poter ferire te, o Luna o Colin. Anche il fatto che ora sia venuta qui può rappresentare un rischio per te, ma dovevo assolutamente parlarne con qualcuno o sarei scoppiata. Spesso ho vuoti di memoria, mi ritrovo in luoghi sconosciuti senza capirne il motivo e addirittura una volta o due mi sono svegliata con le mani piene di…sangue. Non so di chi sia, non me lo ricordo, ti prego non chiedermelo… non saprei cosa dirti. Non so più cosa fare, come fermare tutto ciò» mi spiegò.
Rimasi per un attimo a fissarla, in silenzio
«ti prego, dì qualcosa, qualsiasi cosa» singhiozzò lei
«hai fatto bene a confidarti con me, Ginny. Tu sei una delle persone più buone che io conosca, non faresti mai del male a nessuno. A meno che…»
«A meno che cosa?»
«Tu non fossi controllata da qualcuno, o qualcosa. So che non la pensi come me, ma dopo tutto questo tempo io continuo a credere che il tuo diario abbia un ruolo in tutto ciò… e di certo non positivo. Perché non te ne allontani per un po’… se non noti nessuna differenza allora sarà stato solo un mio errore e il diario si rivelerà essere semplicemente un oggetto innocuo. Che ne dici?»
«Posso provare a seguire il tuo consiglio. Cercherò di disfarmi del diario. Ora vado»
«Ginny, aspetta. Non allontanarti da noi. Hai bisogno dei tuoi amici e noi abbiamo tutti bisogno della nostra rossa. Non punirti per qualcosa che non dipende da te, non te lo meriti. Risolveremo questa situazione, tutti insieme»
«Ma…»
«Ginny, dico sul serio»
«Io… non mi merito tutto questo dopo quello che ho fatto»
«Tu sei la mia migliore amica Ginny, e meriti tutto l’aiuto e il bene di questo mondo. Troveremo una soluzione, vedrai. Tutto andrà per il meglio. Te lo prometto» le dissi
«e un giorno, quando tu sarai sposata con Harry e io verrò a trovare i tuoi bambini gli racconterò di come la loro mamma è stata così forte e coraggiosa da superare anche momenti come questo» scherzai poi
Al che Ginny scosse la testa e sorrise. Poi sussurrò un “grazie di tutto” e andò via.
Quella sera in sala Grande il banchetto era più buono del solito. Ginny finalmente era tornata a mangiare con noi, e anche se si vedeva che ancora continuava a star male sembrava in un certo senso migliorata da quando le avevo suggerito di allontanarsi dal diario. Avevamo deciso, di comune accordo, di raccontare anche a lei del bigliettino trovato da Colin e avevamo fatto bene perché fu proprio grazie a Ginny che riuscimmo a risolvere una parte dell’indovinello.

“In un luogo non utilizzato
Un passaggio può esser trovato
Gemiti e pianti tu sentirai
Se quel luogo visiterai”

La mia amica lesse una decina di volte queste ultime frasi prima di esclamare
«Ho capito, caspita non posso credere di averci messo tutto questo tempo… eppure la soluzione di questi ultimi versi è così ovvia!»
«Ginny, abbassa la voce, possono sentirci» la sgridò Colin
«Allora, qual è la soluzione?» le chiesi, piena di curiosità
«Due parole, Mirtilla Malcontenta»
«Cavolo, hai ragione. Perché non ci ho pensato subito!» esclamai
«Mirtilla chi?» fece Colin, con espressione confusa
«Spiega tu» dissi a Ginny
«è un fantasma che abita nel bagno delle ragazze, al secondo piano. Piange continuamente e ha la pessima abitudine di allagarlo costantemente, per questo motivo è sempre fuori uso.»
«Allora non dobbiamo fare altro…»
«Che fare un salto al secondo piano e chiedere qualche informazione a Mirtilla» continuai io, piena di entusiasmo
«Potremmo essere a un passo dalla soluzione» esclamò Colin
«Questa sera stessa, alle dieci. Ci state?» domandò la mia amica
«Puoi giurarci» rispondemmo noi, in coro.
Così alle dieci ci avviammo, insieme anche a Luna, al bagno delle ragazze al secondo piano per parlare con Mirtilla. La trovammo seduta su un Water, addormentata
«Ehmm, buonsasera Mirtilla» la svegliò Ginny
«E voi chi siete? Siete venuti qui per prendermi in giro, non è così?» piagnucolò lei
«Affatto» disse Luna, con gentilezza
«Volevamo solo farti qualche domanda, se non è un problema per te»
«Questo cambia le cose, non è così?» fece il fantasma con una risatina stridula
«Ditemi pure. Come posso aiutarvi?»
«Vorremmo sapere se in questo bagno c’è un passaggio segreto» disse Ginny, senza tante cerimonie
«Oh, questa non me l’aspettavo proprio» disse Mirtilla, confusa
«Comunque, no, almeno non che io sappia. Ma, visto che siete qui, che ne dite se vi racconto una bella storia? Per esempio la storia di come sono morta? Non parlo con qualcuno da tanto di quel tempo!»
«Davvero, non è necessa…»  feci io
Ma il fantasma era già partito in quarta
«Allora, è successo in questo bagno, circa una cinquantina di anni fa. Un ragazzino mi aveva presa in giro per via degli occhiali per questo ero corsa qui, per piangere senza che nessuno mi notasse. Quando all’improvviso sentii un rumore. Credevo fosse lui, e così mi voltai per dirgli di andar via, ma appena mi girai vidi due grandi occhi gialli fissarmi intensamente. Un attimo dopo, ero morta.»
«Se morire non vorrai, chiudi gli occhi e ti salverai» recitò Luna.
«Ma che dici?» le chiesi
«è una parte dell’indovinello» replicò lei
«Questo lo so. Ma adesso cosa centra?» le chiesi
Mirtilla ci guardava senza capire
«Non ti sembra una coincidenza troppo evidente per poter essere ignorata?! Mirtilla che muore guardando due occhi gialli e poi questa strofa… Se morire non vorrai chiudi gli occhi e ti salverai… e se la creatura di cui parla l’indovinello fosse la stessa che ha ucciso Mirtilla?!»
«Ma è impossibile!» Replicai io. Insomma lei è morta cinquant’anni fa, la camera dei segreti è stata aperta da quando? Un mese?
«La camera dei segreti dite?» si intromise il fantasma
«Oh ricordo benissimo la sua apertura. Trecento giorni prima della mia morte, quel freddo giorno di ottobre di cinquant’anni fa»
 

RINGRAZIAMENTI:
Anche questa volta vorrei ringraziare Gin, per aver continuato a leggere e recensire la mia storia, e per la sua pubblicità. Sei fantastica!

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