What Should Have Been

di Fielda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Death&Strawberry ***
Capitolo 2: *** Deafening Silence ***
Capitolo 3: *** Proposal ***
Capitolo 4: *** See You Soon ***
Capitolo 5: *** Kidnapping ***
Capitolo 6: *** Silent Viewer ***
Capitolo 7: *** Comparisons ***



Capitolo 1
*** Death&Strawberry ***


Premessa: I fatti qui descritti avvengono contestualmente all'ultimo capitolo; se non sapete com'è finito Bleach e non volete spoiler non leggete!
Essendo molto aperto (anche troppo) ho dato una mia interpretazione di questo finale; Ichigo ha dovuto lasciare la Soul Society rinunciando a gran parte dei suoi poteri ormai troppo ampi per essere retti in ambedue i mondi. Non vede gli amici da molto tempo e qui finalmente si ricongiungono.


L’incontro di Sado era finito, e il gruppo di amici stava trascorrendo la serata tra chiacchiere e drink. Erano anni che non si vedevano e avevano molte cose da dirsi.
 
“Capitano, eh? Chi l’avrebbe mai detto?” ridacchiò Ichigo, seduto su una sedia della terrazza con i due amici accomodati sulla panchina poco distante.
 
“Cosa stai insinuando, stupido? Che non me lo merito?” sbottò Rukia incrociando le braccia mentre il marito rideva insieme all’amico. “Potrei dire la stessa cosa di te, sai?” fulminò poi maliziosa, “Chi avrebbe mai detto che avresti sposato una come Inoue?”
 
“Io lo avrei detto” replicò Renji, “In fondo, Ichigo ha un grande potere e Inoue due grandi...” non riuscì a terminare la frase che Rukia gli piantò un gancio nel petto, punta nel vivo e offesa. “Volevo dire, una grande personalità. Che hai capito, scema?”
 
“Fottiti, Renji” sbottò. Certe cose non poteva mandarle giù. “Eddai, non prendertela... Eri offesa anche con Ichigo, ricordi?” “Ehi, non mettermi in mezzo nelle vostre questioni matrimoniali”
 
L’ironia dei due uomini placò Rukia, che sospirò. “Sono cambiate molte cose da quando ci siamo conosciuti” Era rivolta a Ichigo, che sospirò a sua volta. “Già. E sicuramente non sarei qui se non fosse per te”
 
Renji si sentì un momento messo da parte, ma sapeva che il loro legame era molto forte e non vedersi per lungo tempo doveva averli fatti soffrire. Si alzò, stiracchiandosi la schiena, e proferì: “Io vado dentro, comincia a fare freddino qui”
 
“Certo, a dopo” disse la ragazza, e il marito si chinò per posarle un bacio a fior di labbra prima di lasciarli.
 
Tra i due calò il silenzio. Nessuno dei due aveva il coraggio di guardarsi, annegati in pensieri di cui, forse, si vergognavano.
 
“State molto bene insieme” disse infine Ichigo, rosso in viso. “Si vede che siete affiatati”
 
“Grazie” riuscì a dire Rukia, che non se la sentiva di ricambiare il complimento. Ma non ce ne fu bisogno. “A volte vi invidio. Con Orihime non ho lo stesso tipo di rapporto”
 
“Beh... ci conosciamo fin da bambini” tentò di spiegare la ragazza, non solo al suo interlocutore. “Forse era quasi naturale, che saremmo finiti insieme”
 
“Già” concluse Ichigo, una nota di rammarico che non riuscì a nascondere. “In fondo, lui è sempre stato innamorato di te”
 
“E Orihime di te” aggiunse lei, come per giustificarsi. “E tu non te n’eri mai accorto”
 
“Io sono un uomo, cosa pretendi?” sorrise il giovane, grattandosi la testa goffamente, “Però anche tu non ti eri accorta di Renji! Cos’hai da dire, a tua discolpa?”
 
Rukia abbassò lo sguardo. Ichigo si sentì in colpa per aver oscurato il suo umore. “Scusa, ho detto qualcosa che non va?..” disse abbandonando la sedia e andando a sedersi di fianco a lei.
 
“No no, tranquillo” si premurò di rassicurare lei, “è solo che... io me n’ero accorta già da tempo”
 
Ichigo era confuso, e non rifletté prima di parlare. “Ah, allora perché avete aspettato tanto a dichiararvi?”
 
Ci mise qualche secondo per rispondersi da solo, anche se la risposta che si diede era forse frutto di eccessivo egocentrismo. Attese la reazione di Rukia, che si fissava i piedi quasi apatica.
 
“Non lo so” disse infine. “È che... io non sono sempre stata innamorata di lui”
 
Ichigo preferì tacere piuttosto che fare domande inopportune. Alzò gli occhi al cielo sgombro in cui brillavano le stelle e un sottile spicchio di luna nella leggera brezza estiva.
 
“Mi hai messo a disagio con le tue stupide domande” sbottò improvvisamente la ragazza, dando un pugno alla spalla dell’amico. “Farti gli affari tuoi no?”
 
Ichigo sorrise, soprattutto per la tensione che si scioglieva. “Ti ricordo che abbiamo condiviso una stanza e che ti impicciavi in ogni cosa facessi”
 
“E allora? Mica devi vendicarti adesso” Rukia si era rilassata, ma sembrava voler mantenere il silenzio su quell’argomento. Ichigo, fattosi serio, la scrutò. Si era dimenticato quanto si sentisse protetto affondando nei suoi profondi occhi violacei, quelli che aveva visto per la prima volta molti anni prima, nell’unico vero momento in vita sua in cui aveva creduto di morire.
 
“Sei felice, Rukia?” la domanda gli sorse spontanea come una lacrima. Forse era l’istinto di protezione che provava verso di lei a farlo parlare: in cuor suo sentiva di non aver ancora colmato il suo debito.
 
I lineamenti tondi del viso di Rukia mutarono, indurendosi, ma i suoi occhi non si staccarono da quelli dell’amico. “Sì” rispose con fermezza, aggiungendo dopo qualche interminabile istante: “...credo”
 
Ichigo le sorrise, un sorriso caldo e confortevole. Rukia sapeva che non sarebbe stata giudicata, ma solo compresa.
 
“Posso farti una domanda?” azzardò la ragazza. Ichigo annuì lievemente. Era una domanda scomoda, molto scomoda, ma lei, dopo tanto tempo, sentiva di avere il diritto di sapere.
 
“Secondo te sarebbero cambiate le cose se... non avessi dovuto lasciare la Soul Society?”
 
Ichigo si aspettava quella domanda. Non sapeva quando, ma sapeva che prima o poi sarebbe arrivata. O, in caso contrario, l’avrebbe posta lui stesso.
 
“Prima di rispondere ho bisogno di sapere una cosa” il suo tono si fece basso, come se orecchie indiscrete avessero potuto sentirli. “Quando ti sei resa conto di ricambiare i sentimenti di Renji?”
 
Rukia rimase qualche istante senza fiato. Non sapeva rispondere, e scostò lo sguardo da lui per riflettere qualche istante. Senza tornare a guardarlo, come se provasse imbarazzo, sussurrò: “Dopo il matrimonio”
 
Ichigo si sentì come ardere di una gioia misteriosa e incontrollata. Era esattamente la risposta che avrebbe dato se la domanda fosse stata posta a lui. Si sentì perciò sicuro di dichiarare: “Allora sì”
 
Rukia tornò a guardarlo, ma sembrava non condividere la sua stessa gioia. La fronte corrucciata e le labbra serrate trasudavano una dura amarezza. “Ichigo, non possiamo fare questo a loro”
 
La mano del giovane sembrò muoversi di vita propria quando andò a posarsi, leggera come una piuma, sulla guancia della ragazza. “Stiamo solo parlando, Rukia”
 
“No” ribatté lei scostando bruscamente quella mano. “Lo sai cosa intendo”
 
Ritrovando la sua consueta fermezza Rukia lo fissava severa. Si era distaccata, e lui non voleva.
 
“Loro non c’entrano con tutto questo. Lasciali fuori” i suoi occhi bruciavano di passione, la stessa che Rukia gli aveva visto in mille battaglie. “Ichigo, non è colpa loro, non possono rimetterci in questo modo”
 
“La colpa non è neanche nostra, Rukia!” l’ira incombeva, insieme al sentimento di impotenza a cui non si era mai abituato. “Non puoi vergognarti per qualcosa che ha trasceso lo spazio e il tempo! Qualcosa che è venuto prima di loro!”
 
“Se voglio sotterrarlo non è perché me ne vergogno” ribatté lei, mantenendo la calma. “Le nostra strade si sono divise tempo fa. È inutile rivangare quello che avrebbe potuto essere”
 
“Quello che avrebbe dovuto essere” sbottò Ichigo al culmine dell’ira, alzandosi e andando a piantare le mani nella balaustra del balcone, come a voler sfogare contro il mondo il veleno che covava dentro.
 
Rukia lo vedeva respirare affannosamente. Gli si avvicinò, guardinga. “Ichigo...”
 
“Io ho servito la Soul Society al meglio che ho potuto, Rukia. E così hai fatto tu” le sue parole suonavano amare come le ultimi radici d’autunno. “Quello che ci è successo non è giusto”
 
“Lo so” ammise lei, posando dolcemente una mano su quella serrata di Ichigo. “Ma non possiamo combattere il dolore causando altro dolore”
 
Ichigo la guardò. Quel tocco sembrava averlo calmato, come se attraverso di esso un flusso positivo avesse disteso le sue membra. “Non dobbiamo causarne per forza” disse seccamente.
 
Rukia inizialmente sembrò non capire, ma poi il suo sguardo si fece severo e duro. “Ichigo, come ti viene in mente...”
 
“Dammi un bacio.” supplicò, afferrandola per i fianchi e stringendola a sé. “Uno soltanto, dopo seppelliremo questa storia una volta per tutte”
 
Rukia era quasi spaventata da quell’insolenza, ma non poteva fare a meno di subire le conseguenze che il contatto con il corpo di Ichigo le provocava. Affogava nei suoi occhi, vicini come mai li aveva visti, e impulsivamente percorse con le mani il suo petto, senza però fare pressione per allontanarlo.
 
“Qualcuno potrebbe vederci” sussurrò Rukia, come se desiderasse essere ancora pregata. “Muoviamoci allora”
 
Ichigo si chinò su di lei e affondò la lingua tra le sue labbra, incontrando alcuna resistenza. Rukia sembrò aggrapparsi a lui con tutte le sue forze, scivolando con le dita lungo il suo petto e andando a ghermirlo per la nuca. Stavano ambedue trattenendo il respiro, forse nella speranza che insieme ad esso si sarebbe fermato anche il tempo.
 
Servì qualche secondo perché in entrambi si affermasse la consapevolezza che ciò che bramavano da anni si stava compiendo, per quella che sarebbe stata la prima e ultima volta nella loro esistenza.
 
Ichigo la stava divorando con lunghe boccate che mai lo saziavano, lanciando la sua lingua in un’esplorazione frenetica della sua bocca; lei si stringeva sempre più al suo corpo come se da un momento all’altro potessero fondersi e porre fine a ogni tormento.
 
Fu Rukia la prima a divincolarsi, anche se trascinò con sé il viso di Ichigo come calamitato dal suo. “Basta, prima che le cose degenerino” il suo tono non era affatto convinto, ma rifletteva la sicurezza e l’umanità che l’avevano sempre caratterizzata.
 
“Credevo che l’avessero già fatto” disse Ichigo, con il tono assuefatto da quella che sembrava una droga di cui non poteva più fare a meno.
 
“Ichigo, ti prego” supplicò Rukia, e solo allora lui la lasciò andare.
 
La giovane non riuscì nemmeno a guardarlo; si appoggiò alla balaustra, tenendo gli occhi chiusi e tirando lunghi respiri. Ichigo si appoggiò, guardando verso il cielo come se lo avesse appena toccato con un dito.
 
Una sensazione orribile li aggredì quasi istantaneamente; la sensazione di aver toccato il picco della felicità e di aver intrapreso l’inevitabile e interminabile discesa verso l’oblio; come l’ultimo bacio del condannato a morte.
 
Ichigo stava scattando verso di lei ma Rukia era fuggita verso la porta. Prima di aprirla si fermò a guardarlo; quel dolore doveva rimanere privato, chiuso per sempre in un cassetto nell’angolo più remoto della mente.
 
Rientrò, seguita dall’amico, e raggiunse gli altri in salotto.
 
“Oh eccoli!” li accolse Orihime solare, poi si bloccò non appena vide gli sguardi dipinti sui loro volti. “Cosa vi prende? State bene?”
 
“S-sì” assicurò Rukia, strofinando un palmo sugli occhi umidi, “Solo affogati nei ricordi”
 
“Andiamo, non siete ancora così vecchi” Renji le si avvicinò, prendendola sottobraccio. “Almeno, Ichigo non lo è”
 
Orihime si rivolse a suo marito, dispiaciuta nel vedergli quell’espressione così triste. Poi le venne un’idea. “Tesoro, che ne dici di farli dormire qui? Così potremmo vederli ancora per un po’!”
 
“È un’ottima idea, grazie Orihime!” esultò Renji, “Così smaltisco anche la sbornia!”. Ichigo e Rukia rimasero pressoché impassibili per evitare di esporre qualsivoglia emozione compromettente.

 

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Capitolo 2
*** Deafening Silence ***


Rukia e Renji si erano sistemati nella camera degli ospiti, mentre Ichika avrebbe dormito nella cameretta di Kazui.
 
Lei era già a letto mentre il marito perdeva tempo in bagno; Renji era ancora piuttosto brillo e ci stava mettendo più del dovuto a prepararsi per andare a dormire.
 
Anzi, quando fece il suo ingresso Rukia capì immediatamente che dormire non era ciò che l’uomo aveva in mente.
 
Renji infatti era uscito dal bagno completamente nudo, con i lunghi capelli sciolti che gli ricadevano lungo le spalle come ad avvolgerle in un morbido abbraccio; aveva fatto un giro sfilando intorno al letto per farsi ammirare, guardandola con un sorrisetto divertito. Anche se la sua intenzione era fare lo scemo, il suo corpo coperto di tatuaggi e scolpito dai duri allenamenti non poteva che trasudare sensualità e desiderio.
 
Rukia non riuscì comunque a trattenere una risata. Era in situazioni come questa che si ricordava cosa l’aveva fatta innamorare di lui.
 
“Ridi pure, biondina, ora te lo tolgo il sorrisetto da quel bel faccino” la provocò infilandosi sotto le coperte. “Ehi, io non sono bionda” protestò lei senza riuscire a staccare gli occhi dallo statuario corpo di suo marito.
 
“Se vuoi ti ci faccio diventare” Renji doveva sentirsi molto sexy, ma l’immagine che suscitò in entrambi aveva ben poco di sessuale. “Se provi a farne una qua sotto giuro che scappo” ridacchiò Rukia scostandosi teatralmente.
 
Era incredibilmente attratta da lui, ma non era capace di sbarazzarsi di un vago senso di imbarazzo; come se fare l’amore fosse una cosa nuova per lei, o come se non avesse visto Renji per un periodo molto lungo. Cercò di scostare quella sensazione dalla mente, temendo che l’avrebbe portata su sentieri troppo pericolosi.
 
“Non intendevo quello, torna qui!” Renji la afferrò trascinandola contro di sé con la stessa facilità con cui avrebbe spostato una bambola. La sua mano scivolò lungo la guancia di Rukia, allargando le dita man mano che si avvicinava alla nuca e facendo una leggera pressione, come se potesse penetrarla attraverso la pelle.
 
Il suo ghigno era carnalmente lascivo, ma i suoi occhi sembravano ammirare la cosa più bella del mondo. Ecco, ora avrebbe saputo rispondere a Ichigo: si era innamorata di lui la prima volta che l’aveva guardata così.
 
Deglutì, vergognandosi di sé stessa. Era lì con Renji e la sua mente continuava a correre da Ichigo.
Ichigo. Devi togliertelo dalla testa, accidenti.
 
Eppure, chissà se anche lui era in atteggiamenti intimi con Orihime, qualche stanza più in là.
“Che ti prende?”
 
Ebbe un sussulto. Renji doveva essersi accorto che la sua attenzione si era spostata altrove. E infatti la stava guardando, perplesso e contraddetto.
 
“Nulla” si affrettò a spiegare. “Troppe emozioni oggi” aggiunse con un debole sorriso.
 
L’uomo abbassò lo sguardo, non per imbarazzo ma perché ciò che avrebbe detto gli causava un inaudito sforzo. “Vuoi che ti lasci dormire?”
 
“No” Rukia gli afferrò il viso con entrambe le mani, riportandolo verso di sé. Lo guardò, l’ironia era scomparsa dal suo viso; sembrava quasi preoccupato per quegli sbalzi d’umore.
 
Non voleva che quell’espressione che tanto le piaceva se ne andasse. Si avvicinò e posò le labbra sulle sue, tenendo gli occhi socchiusi per godersi il calore della sua pelle e del suo respiro, ma anche per esser sicura che tornasse quello di prima.
 
Quel contatto le donò un brivido e istintivamente schiuse le labbra. Renji infilò la lingua attraverso di esse, prepotentemente, e scivolò sopra di lei, imprigionandola tra le sue braccia. Il contatto con l’esile corpo di Rukia, pressoché privo di rilievi ingombranti, era totale e Renji le allargò le cosce, insinuandosi al loro interno con foga e impazienza. Continuava a baciarla avidamente mentre i suoi capelli rossi si attorcigliavano sul viso di entrambi e cercavano di intromettersi in quell’umido e intimo contatto.

* * * * *
 
Ichigo entrò nel letto silenzioso come una piuma. Aveva passato molto tempo in meditazione sul gabinetto in attesa che sua moglie si addormentasse; quella sera non aveva proprio voglia di parlarle né di fare qualsiasi altra cosa.
 
Purtroppo per lui, Orihime era sveglia e si rotolò verso di lui non appena si sdraiò. “Ciao” disse divertita, “Pensavo ci fossi caduto dentro”
 
“Credo di non aver digerito qualcosa” mentì, abbandonandosi supino e chiudendo gli occhi. La donna si arrampicò lungo il suo braccio fino ad arrivare al suo petto, dove appoggiò la testa. Rimasero in silenzio, ma Orihime poté giurare di sentire il cuore di suo marito battere più forte del normale.
 
“C’è qualcosa che ti turba?” domandò d’improvviso, fattasi seria. Ichigo non aprì nemmeno gli occhi per risponderle. “No, nulla”
 
“Sei strano” Orihime tirò su la testa, appoggiandosi con i palmi al suo petto, per guardarlo meglio in viso. “Sei più mogio del solito”
 
“Non sono mogio, ma ora lasciami dormire, dai” la incitò affettuosamente lui, posandole una mano sulla chioma. Lei lo scrutò per qualche secondo; il viso solitamente disteso e sereno come quello di un bambino era in quel momento impercettibilmente contrito.
 
“Forse so come rilassarti” sussurrò; si chinò su di lui e lo baciò, insinuando la lingua tra le sue labbra chiuse.
 
Ichigo avvertì l’abbondante seno della moglie, coperto solo di un sottile strato di tessuto, premere insistentemente contro il suo petto e i capezzoli bollenti strusciare sulla sua pelle; poi sentì le sue dita percorrere delicatamente i contorni dei suoi muscoli e la sua coscia muoversi appena contro la propria.
 
Il suo corpo non poté far altro che reagire e accendersi; mentre lei accarezzava il suo corpo Ichigo le sfiorò la coscia che lo stava ghermendo e afferrò il lembo della camicia da notte; la sfilò lentamente, assaporando con le mani ogni forma del suo corpo finché non raggiunse la testa; Orihime, scostata dal suo corpo per consentirgli di spogliarla, rimase in slip.
 
La afferrò per le spalle e la sbatté sul letto, mettendosi a cavalcioni sopra di lei; senza smettere di guardare i suoi occhi estasiati, si tolse la maglietta con una calma esasperante.
 
Lei era una donna irresistibilmente formosa e qualunque uomo l’avrebbe bramata, ma sapere che il desiderio che provava verso di lui era pari se non superiore al suo lo eccitava e gli infondeva il coraggio di osare ciò che prima nemmeno sognava.
 
Era appena riuscito a concentrarsi appieno su di lei quando il silenzio assordante della notte venne rotto da deboli gemiti di sottofondo.
 
Ichigo si arrestò; i suoi occhi sbarrati andarono alla parete da cui sembravano provenire quei suoni. Anche prima di abituare il suo orecchio a quello sbalzo uditivo sapeva che si trattava di Rukia.
 
L’uomo stava dando la schiena alla finestra attraverso cui filtravano sottili raggi di luce provenienti dai lampioni, e il suo viso si trovava perciò in controluce, ma Orihime si era accorta che aveva interrotto bruscamente l’amplesso.
 
Doveva aver pensato che si fosse spaventato per un rumore non identificato, perché lo accarezzò lievemente sussurrando: “Sono solo Rukia e Renji, tesoro”
 
Si godette per qualche intenso istante i dolci gemiti di Rukia, ancora più inebrianti di come li aveva sempre immaginati; ma rapidamente quella piacevole sensazione di abbandono venne offuscata da quel muro che li divideva e rendeva la sua voce, così come la sua presenza, ovattata e lontana.
 
E improvvisamente una feroce rabbia lo colse, facendogli bruciare il petto come trafitto da un tizzone ardente. Le mani iniziarono a tremare e tutto ciò che sentiva di volere era prendere a pugni il muro e sfogare così la sua ira, non importava se sarebbe rimasto insoddisfatto e sanguinante, sarebbe solo stato finalmente in sintonia con il suo animo ferito.
 
Perché non riesco a darmi pace...
 
Neanche non vederla per lungo tempo aveva scalfito quel legame, rimasto inalterato da spazio e tempo, persino da vita e morte. Neanche sposare Orihime, una donna che nessuno avrebbe osato definire altrimenti che perfetta, era riuscito a distoglierlo da quei grandi occhi cobalto che ancora sognava intenti a rimproverarlo in quelle occasioni in cui la sicurezza in sé stesso l’aveva abbandonato. In ogni cosa che faceva, in ogni emozione che provava risentiva la sua voce calda e incoraggiante, come se mai si fossero separati, come se la loro anima fosse sempre stata una cosa sola.
 
Guardò Inoue, che stava aspettando con gli occhi fissi verso la sua sagoma buia; si accanì su di lei, sul suo collo, leccandolo e succhiandolo come se avesse potuto aspirarle la vita; irruppe con la mano nei suoi slip fino alla sua intimità, torturandola tanto che lei strinse le gambe in preda a elettriche convulsioni.
 
“Ichigo, piano” supplicò lei, per un momento intimorita da quella furia improvvisa, agguantando la sua mano nel vano tentativo di rallentarlo.
 
Ichigo la zittì con un brutale bacio, bagnato e vigoroso, mentre liberava il suo membro dalla sua prigione di stoffa; Orihime, impotente e innegabilmente eccitata da quella dominanza, si lasciò trasportare.

 

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Capitolo 3
*** Proposal ***


NdA: Innanzitutto scusate il ritardo di aggiornamento, ma la revisione del mio romanzo mi ha distolta da questa piacevole distrazione! Riprendo ringraziando le anime gentili che mi hanno lasciato una recensione e annunciandovi un cambiamento nella trama, ispirato dalla novella “We will knot always love you”: Ichigo e Orihime NON sono sposati! Nei precedenti capitoli ho accennato a questa cosa ma adesso orgogliosamente me la rimangio! Il perché è piuttosto ovvio, ma vi lascio al proseguo...
 
 
 
 
 
Renji era crollato addormentato pochi istanti dopo aver adempiuto ai suoi piacevoli doveri coniugali e Rukia era rimasta in sua contemplazione, cullata dal suo debole russare anche se divertita dall’espressione poco sveglia che suo marito assumeva in posizione supina, con bocca aperta e capelli attorcigliati intorno al volto, alcuni dei quali persi all’interno delle sue fauci.
 
Si domandò come potesse aver sventato il soffocamento per secoli, mentre delicatamente scostava le ciocche liberandogli il viso da quei sottili attentatori.
 
Il caldo sentimento che nutriva per lui si palesava in momenti come questo simile a una protezione fraterna; crescere con lui, allontanarsi e poi riunirsi, affrontarsi come nemici e condividere le battaglie come alleati, proprio come due fratelli che, cresciuti abbastanza per prendere strade diverse, scelgono di schierarsi in fazioni opposte, salvo poi tornare sui propri passi grazie a un amico comune che apre loro gli occhi.
 
Era Renji il primo ad ammetterlo: se non fosse stato per Ichigo, loro non si sarebbero mai ritrovati. Era solo merito suo se lui ora giaceva al suo fianco come compagno della sua vita e padre di sua figlia. Ed era per questo che Renji si sentiva sobbarcato come da un debito nei confronti dell’amico.
 
Eppure lei, pur trovandosi nella medesima condizione, non avvertiva lo stesso peso.
 
Rukia scostò le coperte con delicatezza e uscì dal letto, attenta a non destare il suo sposo; anche se l’ora era tarda il sonno sembrava volerla schivare, e la gola arsa da una sete opprimente la costringeva ad andare alla ricerca di acqua. Si recò in cucina e, vedendo sul fornello una teiera abbandonata, decise di mettere su il thè e godersi la quiete del giorno che silenziosamente nasceva.
 
Mentre versava in una tazza l’acqua bollente udì dei passi leggeri scendere le scale. Si precipitò a sedere, dimenticando persino la bustina di thè, e fissò lo sguardo fuori dalla finestra a dissimulare ciò che i suoi sensi le avevano segnalato. Fu una chioma arancione a fare capolino dall’uscio, ma non quella che lei sperava.
 
“Non riesci a dormire, Rukia-chan?”
 
Rukia si finse sorpresa nel vederla, anche se il sentimento che provava non era la sorpresa.
 
“Stavo morendo di sete. A quanto pare Renji ha bevuto per tutti e due, ieri sera”
 
Orihime sorrise, e le occhiaie che solcavano il suo volto suggerivano che anche lei avesse faticato a trovare sonno, ma non per merito suo.
 
“Basta l’acqua calda a placare la tua sete?” domandò senza malizia, riempiendosi una tazza d’acqua e recuperando due bustine di thè. Rukia sussultò, “Hai ragione, che stupida”
 
La padrona di casa consegnò la bustina all’amica e prese posto di fianco a lei.
 
Rukia preferì non indagare sul motivo della sua insonnia. In fondo, Orihime era una donna e aveva la naturale capacità di giungere a conclusioni molto più vicine alla realtà di quanto avrebbe fatto Renji.
 
Eppure, se non quello, non trovava davvero nessun argomento di conversazione con lei, tanto più quando notò che Orihime imperversava nello stesso imbarazzo in cui affogava anche lei.
 
Rimasero qualche interminabile istante in silenzio, prima che una delle due prendesse parola.
 
“Devo ringraziarti per quello che fai per Ichigo”
 
Orihime alzò la testa, stupita.
 
“Dopo tutte le sofferenze che ha dovuto subire è bello vederlo finalmente sereno”
 
Forse non pensava davvero quelle cose, ma sentiva che proferirle poteva aiutare l’amica a sentirsi meglio con sé stessa. E con lei.
 
Orihime sorrise, imbarazzata. “Non devi ringraziarmi. È una serenità reciproca”
 
“Sì, lo so” ammiccò Rukia. “Però volevo lo sapessi. Mi fa molto piacere vedervi uniti e felici”
 
Orihime la scrutò, un’ombra di amarezza sul volto illuminata da un bagliore di fiducia. “Lo apprezzo davvero tanto. Non tutti al tuo posto sarebbero così maturi. Non dopo... ciò che c’era tra te e Ichigo”
 
Rukia si affrettò a smentire, aiutata da un gesticolare piuttosto vivace. “Che dici? Non c’è mai stato niente tra me e Ichigo, a parte una sincera amicizia”
 
“Lo so” disse lei, e Rukia si placò, sperando che tanta animazione non avesse indotto il sospetto che fino a poco prima non esisteva; “Però ho sempre pensato che, alla fin fine, sareste finiti insieme... e ho l’impressione che anche Ichigo lo pensasse”
 
Era già successo, Rukia lo ricordava bene; Orihime si era accorta molto tempo prima che il suo legame con Ichigo era più profondo di quanto sembrasse a occhi estranei. E, pur non essendone mai convinta appieno, sarebbe stata subito pronta ad accettarlo e accantonare ogni dolce sentimento in onore dell’amicizia che condivideva con entrambi, senza alcun rancore e con la gioia più spontanea.
 
Rukia venne aggredita da un feroce senso di colpa. Orihime era la persona più buona e sincera che avesse mai conosciuto, un’anima pura e leale che mai avrebbe fatto volontariamente del male a qualcuno, nemmeno a un nemico. Ogni sentimento per Ichigo si oscurò per un istante, ottenebrato dalla volontà di proteggere l’amica da una cocente delusione; “Orihime, ascoltami attentamente” pronunciò, posando una mano sulla sua; “Se Ichigo e io avessimo dovuto finire insieme, sarebbe successo in altro momento che ‘alla fin fine’. E non è successo, perché non doveva succedere” mentì; “Il destino mi ha promessa a Renji fin da quando eravamo piccoli, ben prima che voi nasceste; e ha promesso te a Ichigo, ben prima che noi ci conoscessimo”
 
Orihime sembrò abbandonare lentamente l’alone di tristezza che annebbiava i suoi occhi dolci; sorrise, finalmente per la gioia. “Grazie, Rukia-chan. Per me è vitale sentirtelo dire”
 
Rukia ricambiò con calore il sorriso, anche se il destino aveva qualcosa in serbo per lei; Orihime infatti era meditabonda, covando pensieri che necessitavano una spinta di coraggio per venire fuori, spinta che lei stessa le aveva involontariamente dato.
 
“Sai, Rukia-chan, Ichigo non ne è il tipo, e ormai non è più l’uomo a doversi fare avanti...” annunciò, con solennità e insieme timidezza, “e quindi pensavo... che forse è arrivato il momento anche per noi... di compiere il grande passo”
 
Rukia spalancò la bocca in un’espressione di pura gioia, mentre qualcosa dentro di lei moriva. “Vuoi proporglielo tu? Ma è fantastico! Non vedo l’ora di assistere al vostro matrimonio!”
 
“Sai, ci stavo pensando da tanto tempo, e volevo assicurarmi che a te non pesasse...” continuò la donna, fattasi seria. Rukia la interruppe con una risata nervosa: “E perché dovrebbe? In fondo sono sposata anch’io, come può pesarmi che anche lui si sposi?”
 
Orihime la fissò, impassibile, mentre cercava di decifrare ciò che aveva sentito.
 
Rukia si morse la lingua, maledicendo quell’abnorme scheletro nell’armadio che ogni tanto faceva capolino dall’anta e invadeva il suo spazio vitale.
 
Per sua fortuna Orihime sorvolò, fedele ai suoi principi di non pensare mai male degli amici. “Rukia-chan, ti offenderesti se nominassi Tatsuki mia testimone?”
 
Rukia finse di non aver mai detto quella castroneria. “Certo che no, Orihime. So quanto sei legata a Tatsuki e comprendo i motivi della tua scelta”
 
“Anche perché probabilmente sarai quella di Ichigo” aggiunse la donna, sfoggiando un sorriso con la vena di imbarazzo che sembrava ormai dissipato dal discorso di poco prima dell’amica.
 
Orihime lo conosceva molto bene, e così anche lei; e proprio per questo non poteva che concordare la previsione sulla futura scelta di Ichigo.
 
 
Rukia venne distratta dai doveri di amica e riportata alla brutale realtà. La logica e il buonsenso avrebbero imposto a Ichigo di scegliere Renji, o magari Uryu, come suo testimone; ma Ichigo, come spesso era accaduto, se ne infischiava della logica e del buonsenso, preferendo lasciarsi guidare dal cuore e dall’istinto. Ed entrambi avrebbero propeso per lei, come testimone delle sue nozze.
 
Si morse il labbro, preoccupata. Sperava solo che ciò non avrebbe portato a situazioni potenzialmente pericolose.

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Capitolo 4
*** See You Soon ***


“Dai, raccontami com’è stato il vostro matrimonio! Non me ne hai mai parlato, e così nel frattempo prendo spunto!” incitò Orihime, oscurandosi poi col pensiero che sorse: “Non abbiamo potuto partecipare e non abbiamo avuto molte altre occasioni per vederci... Sia io che Ichigo ne siamo molto rammaricati”
 
Rukia non permise a quell’amara consapevolezza di gettare un’ombra sul suo già precario umore. Ichigo non poteva più mettere piede nella Soul Society, e, nonostante le sue strenue richieste, Renji non aveva acconsentito a spostare il matrimonio nel mondo terreno. Non poteva biasimarlo: a parte le difficoltà burocratiche che ne sarebbero derivate, tutti i loro amici e colleghi erano lì... a parte qualcuno.
 
“Credo che i matrimoni nella Soul Society siano un po’ diversi da quelli qui” spiegò, senza molta voglia di entrare nei particolari. “Abbiamo tante scartoffie e poco divertimento”
 
“Oh, che peccato” espresse Orihime solidale. “Un matrimonio dovrebbe essere un lieto evento, una bella festa”
 
“E così sarà il tuo” concluse Rukia, sperando con tutta l’anima che l’amica cambiasse argomento.
 
Orihime le rivolse un sorriso luminoso e pieno di speranza. “Rukia-chan, voi ci sarete, vero?”
 
“Esserci a cosa?”
 
Una chioma arancione sbucò dall’angolo delle scale.
 
Le due donne avvamparono, seppur per motivi diversi.
 
“I-Ichigo! Noi stavamo... ecco...” balbettò Orihime, e Rukia non trovò alcuna parola per aiutarla a uscire da quella imbarazzante situazione.
 
Ichigo si avvicinò a loro, confuso e interrogativo. “Che vi prende? Segreti tra donne?”
 
La sua compagna aveva lo sguardo inchiodato al pavimento vicino a lui, quasi alla ricerca di qualcosa di trascendente che sembrava sfuggire alla sua presa. Tutt’un tratto la donna si gettò al suolo, tanto goffamente che lui si precipitò a sorreggerla, temendo che avesse di colpo perduto l’equilibrio e tentato il suicidio.
 
Invece Orihime si era messa in ginocchio, e lo guardava con occhi grandi e lucidi di commozione.
 
“Che cosa..?” si domandò lui, ma Orihime gli aveva preso le mani, unendole di fronte a sé.
 
“Ichigo Kurosaki...” iniziò a recitare la donna, e Ichigo istintivamente guardò Rukia, i cui occhi sbarrati e lucidi sembravano tradire una commozione di altra natura.
 
“...vuoi sposarmi?”
 
Mentre queste parole uscivano dalle labbra della sua compagna, i suoi occhi erano posati sulla sua più cara amica, di fianco a loro.
 
Rukia se ne accorse, e si accorse dello sconforto in cui stava lentamente cadendo Orihime ad ogni istante che trascorreva senza ricevere risposta. Per distoglierlo da sé, o forse per camuffare i suoi sentimenti, e per non alimentare i suoi, chiuse il viso tra le mani per asciugare le lacrime, prendendo tanto tempo quanto ne bastava a Ichigo per rinsavire.
 
Lui a quel gesto sussultò, e tornò a guardare la sua compagna inginocchiata e in fremente attesa. Sorrise, intenerito da quel coraggio improvviso, e annuì con la testa. “Sì, Orihime”
 
La donna gli saltò al collo, irrompendo in esclamazioni e lacrime di gioia.
 
Ichigo non poté fare a meno di avvertire una stretta al cuore. Distogliendo il contatto visivo Rukia lo aveva gettato tra le braccia di Orihime, acconsentendo a un legame che sarebbe diventato indissolubile ed eterno, siglando il patto in cui avrebbe rinunciato definitivamente a lui.
 
Si morse la lingua per trattenere il tremore irrefrenabile alle labbra. Era stato uno stupido, stupido a credere che lei si sarebbe messa in mezzo, stupido a sperare che Rukia avrebbe tradito la sua natura razionale e pragmatica per cedere a qualcosa che avrebbe distrutto il suo intero mondo. Rukia era sposata con il suo più caro amico d’infanzia, un uomo che la conosceva da ben più tempo di lui, e insieme avevano una bambina.
 
Doveva togliersi dalla testa lei e quel futuro che non sarebbe mai avvenuto, quelle fantasie che non si sarebbero mai avverate. Forse rimandare in continuazione la sua unione con Orihime lo aveva fatto sentire meglio per lungo tempo, ma quel tempo era destinato a esaurirsi. Le cose cambiavano, anche se i sentimenti rimanevano gli stessi.
 
***
 
Rukia, Renji e Ichika erano pronti per salutare gli amici e tornare alla Soul Society.
 
“Giurami che ci sarete” ripeté Orihime, preoccupata; “Giuramelo”
 
“Te lo giuro” la rassicurò Rukia, “Essere capitano non implica solo dei doveri. Non posso mancare al matrimonio dei miei più cari amici”
 
“Parla bene, lei. Io non sono mica un capitano. Al massimo resto a casa a compilare moduli mentre voi due andate a divertirvi” obiettò scherzosamente Renji in direzione della figlia, facendola scoppiare a ridere.
 
“Essere sposato con un capitano avrà pur dei lati positivi. Se no cosa ti sei sposato a fare?” ridacchiò Ichigo, non riflettendo sul lato negativo della battuta che fortunatamente nessuno dei presenti colse, a parte Rukia.
 
“Figurati. Mi bacchetta ancora di più ora che è di grado superiore. Vedessi come si arrabbia quando porto Ichika ad allenarsi!”
 
Renji non parlava mai seriamente, e le risa degli amici irritarono Rukia, che si sentì di intervenire in difesa dei suoi valori. “Ichika è una bambina e deve vivere la sua infanzia. Avrà tutto il tempo per combattere. Tu più di tutti dovresti saperlo”
 
L’atmosfera improvvisamente gelò. Ichigo conosceva il passato dei due amici e pensava che Rukia avesse i suoi ottimi motivi per pensarla così; tuttavia era dispiaciuto per l’imbarazzo in cui imperversava Renji e si prodigò per sciogliere il ghiaccio, convinto che l’amico non agisse per cattiveria ma per semplice amore del combattimento. “Ichika, a te piace allenarti col papà?”
 
La piccola, lievemente intimorita dal tono della madre, annuì con convinzione. “Sì! Io voglio diventare forte come lui!”
 
“Se questo è ciò che ti piace fare allora non c’è nulla di male” concluse dandole una carezza sulla testolina rossa. “Non è forse questo vivere l’infanzia, Rukia?
 
La Shinigami cercò di fulminarlo ma al suo sguardo gentile non poté far altro che sciogliersi.
 
Nessuno si sarebbe mai intromesso in faccende così personali tra moglie e marito, eppure Ichigo riusciva a esprimere il suo parere senza oscurare l’individualità di alcuno, a riportare la pace e far ragionare chi per qualche motivo non voleva accettare la verità, con quel potere curativo e confortante che da sempre placava gli animi tormentati. Era anche questo uno dei suoi doni, e un’altra delle ragioni per cui lei lo aveva così a cuore.
 
“Quando ti sarai liberata di quel muso lungo dovrò farti una domanda” le disse Ichigo, che non aveva smesso un attimo di sorriderle.
 
Rukia si rilassò come se la discussione di poco prima avesse trattato bazzecole irrilevanti. “Fammi indovinare. Vuoi che ti faccia da testimone?”
 
Ichigo sgranò gli occhi, interdetto per la sorpresa rovinata. “Ma come hai fatto a..?” protestò, poi si rivolse con aria sospettosa alla futura moglie, “Sei stata tu?!”
 
“Giuro, no!!” obiettò lei, agitando le mani in segno di difesa. “Non prendertela con me se Rukia è previdente!”
 
“È colpa tua, babbeo. Se avessi scelto me ora avresti di che ribatterle” intervenne Renji, teatralmente offeso. “Ti immagini che soddisfazione dirle ‘ehi, capitano, scendi dal piedistallo, non sei la mia unica migliore amica’?”
 
Ichigo arrossì appena. “Hai ragione. Sono davvero banale” proferì mentre il suo sguardo cadeva su Rukia, e la sua mente lo affondava nella consapevolezza che sì, forse era davvero banale, eppure non sarebbe stato capace di scegliere nessun altro per un ruolo così importante.


NdA: La storia così come la scrisse Kubo (e come la storpiai io) finisce qui. Dal prossimo capitolo libertà più assoluta con i preparativi del matrimonio... cosa capiterà ai nostri eroi? Muahmuah. :3

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Capitolo 5
*** Kidnapping ***


Uryu varcò trafelato la porta dell’ambulatorio.
 
“Kurosaki, allarme hollow! Kurosaki!”
 
Nessuna risposta. L’uomo si ricompose, quasi vergognandosi di quella recita riuscita male.
 
Orihime sbucò dalla porta che separava la casa con l’ambulatorio. “Ciao Uryu!”
 
“Oh, ciao, Orihime” salutò con pacatezza, ancora rosso per il fallimento del piano. “Kurosaki dov’è?”
 
“Mi dispiace, non sono davvero riuscita a trattenerlo in casa!” spiegò, mortificata. “Non volevo insistere, mi avrebbe scoperta! Non sono davvero capace a mentire, perdonami!”
 
Uryu si sistemò gli occhiali, dissimulando una sensazione di colpevolezza nel condividere la medesima debolezza. “Non importa, avviso i ragazzi. Sai quando tornerà?”
 
“Non credo starà via molto” disse la donna, aprendo la porta in un invito a entrare. “Puoi aspettarlo con me, se ti va”
 
“Certo che mi va” brontolò l’uomo, accogliendo l’invito.
 
Si accomodò sul divano, mentre Orihime accorreva a mettere su un tè.
 
“Allora, avevi detto niente donnine, vero?” si premurò di specificare Orihime, vagamente preoccupata.
 
“Ti ho assicurato niente donnine. Non ti fidi di me?” obiettò l’altro.
 
“Certo che mi fido, scusa” bofonchiò lei, preparando il vassoio con alcuni biscotti ben sistemati. “Non si è mai abbastanza sicuri, su queste cose”
 
Uryu accennò un sorriso che Orihime non vide. “Non hai nulla di che preoccuparti” disse, intendendo più di quanto lei comprese. “Ti rispettiamo tutti e non faremmo mai qualcosa che possa arrecarti fastidio”
 
Orihime sopraggiunse con lo spuntino e un ampio sorriso. “Ti ringrazio. Siete molto carini con me”
 
“Certo. Te lo meriti” disse frettolosamente recuperando la tazza che la donna gli porgeva. “Il tuo addio al nubilato com’è andato?”
 
“Molto bene!” raccontò lei, allegra. “Tatsuki e le altre mi hanno portata alle terme, poi ci siamo fatte un massaggio e infine abbiamo festeggiato in un locale con karaoke! Mi dispiace solo che Rukia e le altre dalla Soul Society non hanno potuto esserci” aggiunse, con una nota di malinconia.
 
“Era comprensibile. La data delle nozze si avvicina e devono conservare più tempo libero possibile per allora” mentì, conoscendo dettagli che lei era meglio ignorasse.
 
“Sì, lo immaginavo! Però fino all’ultimo non ho potuto fare a meno di sperarci” confessò con un sorriso tinto di tristezza.
 
Uryu schiarì la gola dalle briciole che si erano inerpicate per la faringe istigandolo a tossire. Non era affatto d’accordo con ciò che Rukia aveva deciso, e anche se era la soluzione più indolore era convinto che al suo posto avrebbe a tutti i costi trovato un compromesso per accontentare tutti.
 
“E tu come stai? Come va con quella violinista?” domandò la donna, distogliendolo dai suoi pensieri.
 
“Oh... non la frequento più.” disse, senza addentrarsi nei particolari.
 
Orihime si incupì. “Mi dispiace. Mi sembrava una brava ragazza”
 
“Lo era. Solo, non andava bene per me” spiegò, senza alcun rammarico.
 
Orihime si fece severa. “Sei troppo pretenzioso con le donne, Uryu. Di questo passo resterai zitello a vita”
 
“Non sono pretenzioso. Voglio solo trovare la donna che ho in mente come mio ideale. Non mi sembra di chiedere troppo”
 
“No infatti, non chiedi niente!” ridacchiò la donna. “E com’è, questa donna ideale?” domandò, incuriosita.
 
Uryu guardò quegli occhioni innocenti e vispi come quelli di una bambina. Ci annegò dentro per qualche istante, quasi scordandosi che stavano aspettando una risposta.
 
Arrossì appena, nascondendolo come meglio poteva. “Beh...”
 
In quel momento la porta d’ingresso lo salvò.
 
“Uryu? È successo qualcosa?” domandò Ichigo sorpreso di vedere l’amico a quell’ora della sera.
 
“Certo che è successo qualcosa. E se tardavi ancora un po’ finiva il mondo” sbottò l’uomo, balzando in piedi. “Grazie della compagnia, Orihime. Vorrai scusarmi, ma devo rapire il tuo futuro marito”
 
“Come? E cos’è successo? Se è tanto grave perché stavi tranquillamente bevendo il tè?” protestò Ichigo, preoccupato e allo stesso tempo divertito.
 
“Smettila di fare domande, abbiamo già perso abbastanza tempo. Andiamo. Arrivederci, Orihime”
 
“Ciao, tesoro. Non so quando torno, ti telefono” salutò Ichigo.
 
“Arrivederci, ragazzi. Divertitevi!” ricambiò la donna, mordendosi subito dopo la lingua.
 
“Era ironica?” domandò Ichigo all’amico mentre i due si precipitavano verso un luogo ignoto.
 
“Ho detto basta con le domande!!” sbottò Uryu, già esaurita la capacità recitativa.
 
Corsero per qualche minuto, Uryu cercava di precedere l’amico di qualche passo per evitare che potesse ancora cercare il dialogo. Si fermò davanti a un edificio nel centro affollato della città.
 
“C’è un hollow qui?!” domandò scioccato Ichigo, al quale non quadravano parecchie cose.
 
“Tra poco” tagliò corto Uryu, facendo strada all’interno ma rimanendo indietro per studiare il circondario. “Sbrigati, ci sono troppe persone qui”
 
Ichigo entrò, guardingo. Era il tramonto, e il locale notturno in cui si addentravano era ancora buio e deserto.
 
Non si domandò perché la porta era aperta, non fece in tempo: non appena dentro venne investito da una folla umana urlante da cui istintivamente si parò, ma tra cui riconobbe solamente volti conosciuti e festosi.
 
“Era ora che vi organizzaste, ragazzi!!” commentò, salutando uno a uno i presenti. C’erano tutti i suoi amici umani e, sorprendentemente, anche molti, seppur non tutti, dalla Soul Society.
 
Ma fu una presenza in particolare ad attrarre la sua attenzione.
 
“Che cosa ci fai tu ad un addio al celibato?” protestò, divertito.
 
“Sono la tua testimone, babbeo. Te l’ho organizzato io” ribatté Rukia, venendo subito contraddetta da molti presenti che la costrinsero ad aggiungere: “Con l’aiuto degli altri, ovviamente”
 
“Renji non c’è?” osservò l’altro, mentre Rukia tirava fuori da una borsa alcuni accessori dall’aria imbarazzante.
 
“Alcuni di noi non sono riusciti a venire, Renji è uno di quelli” spiegò, “Ma stai tranquillo, alle nozze ci saranno tutti. Ma ora indossa questi”
 
Gli porse un costume da Kon a stazza umana. Ichigo lo fissò per qualche istante, stranito. “Non voglio sapere come hai fatto a procurartelo”
 
“Oggi non sei autorizzato a chiedere” obiettò Rukia mentre gli amici lo aiutavano a indossarlo. Salì su una sedia per darsi autorità, stringendo tra le mani un grosso foglio. “Ichigo, la Soul Society ti affida un compito di vitale importanza. Dovrai eseguire tutti questi compiti, al termine dei quali riceverai una giusta ricompensa”
 
Tra gli amici giravano già alcuni shottini e Ichigo non fu esonerato. Brindarono più volte alle nozze imminenti e all’ultima notte di follie prima che il gruppo si trasferisse in strada per assistere all’adempimento dei doveri di Ichigo.
 
L’uomo con il bizzarro costume da leone fu costretto a fermare persone per porre le più svariate richieste, dal convincerli a comprare caramelle fino a farsi offrire da bere da sconosciuti.
 
Ichigo reggeva mediamente l’alcol, ma dopo svariati cocktail faticava a mantenere la piena lucidità e ogni tanto gli sfuggiva una risata isterica o qualche battuta un po’ troppo spinta.
 
Gli amici lo portarono poi a cena fuori per smaltire la prima sbornia, in seguito si recarono a ballare per procurargli la seconda.
 
Uryu aveva prenotato un tavolo nel privè e non appena arrivarono venne portato loro il primo carico di alcol.
 
Al futuro sposo fu finalmente concesso di togliersi il costume da leone a causa del caldo che imperava nel locale; al termine delle prime bottiglie Toshiro ballava già senza maglietta sul tavolo a fianco, aizzato più da sconosciuti che lo vedevano come un ragazzino che dagli stessi amici divertiti dalla situazione ambigua. Alcuni di loro si sparpagliavano per il locale, raggiungendo la pista affollata o uscendo sulla balconata per godersi la città in notturna.
 
Ichigo si era frenato dal raggiungere lo stato di prima, limitandosi a un'allegra ebbrezza. Fu mentre gli amici si diradavano che notò che Rukia, dall’altra parte del tavolo, non stava bevendo nulla.
 
La raggiunse, non prima di aver riempito un bicchiere. “Come mai la mia testimone non partecipa alla festa?”
 
“Io non bevo, Ichigo” commentò Rukia, divertita dall’allegria dell’amico. “Non mi piace l’alcol”
 
“Su, non fare l’astemia” replicò l’altro, allungando il cocktail con analcolico per renderlo più leggero. “Così va meglio?” chiese, porgendole il bicchiere.
 
Rukia lo prese e ne annusò il contenuto. “In realtà no, però... Farò questo sforzo” disse, leggendo negli occhi di Ichigo la volontà di vederla partecipe a quell’atmosfera festosa.
 
Ne bevve qualche sorso strizzando gli occhi, poi tossì. “Fa davvero schifo”
 
Ichigo si finse offeso. “Scusa. Io sono un guerriero, non un barman” obiettò mentre accompagnava il bicchiere di Rukia nuovamente alle sue labbra, costringendola con le sue stesse mani.
 
“Smettila!” protestò lei, facendo resistenza. In quella lotta alcune gocce del liquido caddero sul decolleté della shinigami, nudo per merito dell’abito scollato, andando a scivolare all’interno di esso.
 
Ichigo, tra le risa per quella lotta impari, si chinò con un’istintività innata verso la pelle di Rukia, recuperando un po’ di quelle gocce con le labbra.
 
Non sapeva se avesse avvertito per prima la feroce rigidità che colse il corpo di Rukia a quel tocco o il proprio tuffo al cuore quando concepì cosa stava facendo e con quale confidenza.
 
Si precipitò all’indietro, rosso in volto, cogliendo il medesimo colore sul viso dell’amica.
 
Con goffa fretta si allontanò da lei e dal tavolo, procedendo verso nessun luogo in particolare ma solo desideroso di allontanarsi prima che qualcuno potesse fare domande su quanto aveva visto.
 
 
 
 
NdA: sì lo so, sono un po’ cattivella :P e molto ritardataria, ma questo si sapeva xD prometto che per il prossimo capitolo non vi farò aspettare un’eternità! Aggiungo una nota: l’intera situazione del matrimonio la sto sviluppando come avverrebbe da noi, non per altro se non per semplificarmi la vita. Chiedo venia per la mia pigrizia! :3 Ringrazio chi mi segue e perde qualche istante della sua vita per lasciarmi una recensioncina. <3 Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Silent Viewer ***


Nei mesi che avevano preceduto l’addio al celibato di Ichigo, Rukia aveva elargito largamente favori a colleghi e sottoposti in vista di momenti più opportuni in cui quei favori le sarebbero tornati indietro. Aveva dovuto rinunciare all’addio al nubilato di Orihime, ma questo le aveva concesso più sicurezza riguardo le altre due visite a Karakura, per lei più importanti perché in vista del suo obiettivo principale, far felice il suo migliore amico.
 
Alcuni di questi favori le avevano richiesto sforzi considerevoli, ma mai si era tirata indietro né aveva anche solo pensato di rinunciarvi. Rivedere Ichigo, organizzare la festa per lui e presenziare al suo matrimonio erano per lei fini più che meritevoli di ogni sforzo di cui lei fosse capace.
 
Renji una volta aveva osservato scherzosamente che non si era attivata con così tanto vigore nemmeno quando si erano sposati; Rukia aveva sorvolato sul commento, tuttavia, nella quiete della sua solitudine, non aveva potuto che dargli ragione. Ichigo era una persona estremamente importante per lei, e su questo non c’erano dubbi; ma forse era persino la più importante in assoluto, e ciò creava non pochi problemi, soprattutto alla sua coscienza.
 
Era una consapevolezza che aveva tardato e faticato a imporsi nella sua mente; eppure c’erano troppi fattori combacianti che non potevano essere ignorati.
 
L’unico freno che le era rimasto era il dubbio se Ichigo ricambiasse questo struggimento; ed era un dubbio che avrebbe preferito non chiarire, ma che invece era diventato nitido come un’immagine riflessa quella notte della loro riunione, la sera prima che venisse a sapere del loro matrimonio.
 
Si era distaccata, aveva cercato di farsi da parte e non irrompere con prepotenza nel cuore e nella mente di Ichigo, pur compiendo violenza contro sé stessa e i suoi sentimenti; aveva tentato con ogni mezzo di scansare l’inevitabile, di occultare l’evidente, aveva davvero provato a lasciarlo alla sua vita, a farlo concentrare su ciò che aveva e non su ciò che desiderava, ma era bastato un rapido gesto, un cenno di un istante, a decretare il suo clamoroso fallimento.
 
Un movimento di pochi centimetri, in cui erano racchiuse tutte le più dolci e pericolose delle emozioni: la confidenza più profonda, accompagnata dalla più sincera spontaneità; e la malizia, quella che fa fremere le membra, libera e spensierata.
 
Ichigo aveva approfittato delle gocce alcoliche scivolate sul suo decolleté per posarvi sopra dei baci, tanto leggeri quanto spontanei, come se le sue labbra fossero abituate a trovare il contatto con quella pelle, come se i loro corpi fossero avvezzi a incrociarsi in intime vicinanze.
 
Fu colta da un brivido quando la sua mente lasciò che quel gesto ripercorresse la sua pelle.
 
Si alzò e corse a chiudersi in un bagno.
 
Non voleva vedere nessuno, la sua faccia doveva essere terribile; un misto di turbamento, eccitazione, stupore e di nuovo turbamento.
 
E tutte erano legate dallo stesso spaventoso filo conduttore: gli era piaciuto, pur essendo un gesto appena percettibile, pur avendo oltrepassato il confine del lecito di un solo soffio, pur risultando lo sbandamento di un istante subito rimpianto, gli era piaciuto da morire.
 
Chiuse la porta dietro di sé e si abbandonò contro il muro del gabbiotto. Chiuse gli occhi, ispirando ed espirando lentamente, nella speranza che il tempo placasse quel tremore, quella voglia pazza di andarlo a cercare e gettare all’aria ogni cosa per compiere finalmente ciò che, a detta sua, avrebbe dovuto essere.
 
***
 
Ichigo raggiunse la balconata, popolata da piccoli gruppi di persone dai toni vivaci.
 
Sperando di non essere riconosciuto da nessuno, si mise in un angolo e chiuse il viso tra le mani, appoggiando i gomiti alla balaustra.
 
Anche se gli avrebbe fatto comodo attribuire quel gesto avventato all’alcol, la sua coscienza non faceva che lapidarlo di sensi di colpa da un lato, mentre dall’altro l’orgoglio cercava di raccogliere i suoi frantumi, distrutti e sparpagliati da quello che vedeva come l’ennesimo rifiuto.
 
Ciò che regnava sovrana era l’irrazionalità; com’era possibile essersi rammaricato per il rifiuto di Rukia se era in procinto di sposarsi? Com’era possibile che gli fosse venuto così spontaneo cercare un contatto intimo con una donna che non era la sua futura moglie, e risentirsi perché questa non aveva reagito?
 
Quale persona orribile farebbe questo alla propria fidanzata?
 
Lui non era un egoista, non lo era mai stato. Non aveva mai esitato un solo istante a mettere a repentaglio la sua vita per un amico; più volte aveva affrontato la morte pur di proteggere qualcuno che gli stava a cuore. Spesso il destino di migliaia di persone si era trovato nelle sue mani, ma lui aveva sempre superato sé stesso pur di essere all’altezza del nemico.
 
Forse, era proprio a causa di questo innato altruismo che si era ritrovato, una volta spentasi ogni minaccia, insieme a una donna che aveva sempre visto come una semplice amica; una donna che sì, rispecchiava ogni canone di bellezza femminile, era fedele, dolce e devota, ma per cui, al contrario di ogni aspettativa, erano stati necessari anni perché potesse dire di ricambiare i suoi sentimenti.
 
Sentimenti che sono sembrati quasi fasulli quando aveva scoperto, qualche tempo addietro, che Rukia versava nella sua medesima condizione.
 
Non si era mai fatto certe domande finché la guerra dei mille anni non era finita; ma, quando aveva cominciato a farsele, era ormai troppo tardi.
 
Forse era colpa sua, forse aveva dato troppo per scontato. Ciò che lo legava a Rukia era concreto e palpabile, tanto che tutti, intorno a loro, ne erano sempre stati consapevoli. Era colpa sua, poiché invece di trovare una soluzione – come era sempre riuscito a fare, dannazione – l’aveva lasciata andare e si era unito a un’altra donna semplicemente per farla contenta.
 
Ma ora era troppo tardi per cambiare le cose. Lei era sposata, lui lo sarebbe stato a breve, entrambi avevano figli e una vita stabile nei rispettivi luoghi di appartenenza.
 
Non c’era nulla che potesse fare.
 
Nulla...
 
...
 
 
Nulla.
 
Se avesse ragionato così, poco prima di affrontare Ulquiorra, o Aizen, o Yhwach, a quest’ora non esisterebbero né lui, né i suoi amici, né il suo né l’altro mondo.
 
Solo perché non c’erano in ballo delle vite significava che Rukia non valeva la pena?
 
Una morsa di rabbia gli strinse il cuore.
 
Rukia valeva la pena.
 
Rukia valeva il cuore spezzato di Renji, quello in frantumi di Orihime, i giudizi e le critiche dei loro figli e di ognuno dei loro amici.
 
Loro non avrebbero capito, ma lui avrebbe smesso di sacrificarsi per la felicità dei molti.
 
La felicità che gli interessava era di altri.
 
“Ichigo, stai bene?”
 
Era Chad, l’alcol non sembrava avere effetto su di lui.
 
“Dov’è Rukia?” domandò, senza rendersi conto di essere rosso di rabbia.
 
“L’ho vista andare in bagno” rispose lui, preoccupato e, prima che potesse aggiungere altro, Ichigo sgusciò dal suo raggio d’azione.
 
Raggiunse il bagno delle donne e senza esitare sbatté giù la porta.
 
Un paio di ragazze davanti agli specchi se ne andarono in tutta fretta.
 
La porta di un gabbiotto si aprì.
 
“Ichigo?”
 
Forse si aspettava di trovarla in lacrime, divorata dagli stessi tormenti che inghiottivano anche lui; invece era seria, contrita, quasi spaventata. Come se non le interessasse granché di lui, della situazione, come se fosse solo dispiaciuta per aver creato tanto caos. Possibile che la loro angoscia fosse così asimmetrica?
 
“Rukia, ho bisogno che tu sappia una cosa”
 
Si avvicinò a lei, e lei arretrò di qualche passo, tornando con le spalle al muro. Quasi come se temesse di essere toccata.
 
“Non sentirti in dovere di rispondermi adesso. Voglio sapere cosa pensi... ma voglio saperlo quando avrai la mente fredda”
 
“Tu non hai la mente fredda” obiettò Rukia con la consueta sicurezza.
 
Ichigo sbatté una mano contro il muro, a una spanna dalla testa di Rukia, ma lei non fece una piega.
 
“Smettila di essere così fottutamente razionale e ascolta per un solo istante quello che vuoi, non quello che devi
 
Rukia alzò in mento, fiera e dura come un macigno.
 
“Non posso, Ichigo”
 
L’uomo si chinò su di lei, furioso come poche altre volte era stato.
 
“Se l’avessi pensata così anni fa, io sarei morto per mano di un hollow”
 
Rukia distolse lo sguardo e Ichigo capì di aver colpito nel segno.
 
“Era diverso. Tu stavi rischiando la vita ed era mio dovere fare di tutto per aiutarti. Anche trasgredire le regole”
 
“Un conflitto di interessi in cui io sono uscito vincitore. Hai messo me davanti a tutto ancora prima di conoscermi. Cos’è cambiato da allora, Rukia?”
 
Rukia tornò a guardarlo. Era accigliata, nervosa, tesa come se volesse ardentemente defilarsi da quella situazione scomoda, ma senza avere davvero le forze per staccarsi da lui.
 
“Noi siamo cambiati. Le persone che amiamo sono cambiate. Anche le circostanze sono cambiate”
 
Sussultò quando la mano di Ichigo si posò con delicata prepotenza sul suo fianco.
 
Non sembrava scoraggiato né convinto di ciò che aveva sentito, così come non era convinta lei che lo aveva pronunciato. I suoi occhi appassionati la scrutavano alla ricerca della verità che gli veniva celata, e la sua mano scorse sotto il top sfiorando la pelle nuda della sua schiena e provocandole un brivido che non poté controllare né nascondere.
 
Rukia era paralizzata. Ichigo era così vicino che le sue capacità di giudizio sembravano scivolarle via dalle dita come sabbia, ma strenuamente si aggrappava a quel barlume di razionalità che le era rimasta e che le impediva di cedere alla sua potente aura carica di magnetismo.
 
Ichigo guardò le sue labbra, le sopracciglia aggrottate ma la bocca schiusa.
 
“Io manderei tutto all’aria per te. Tutto. Avevo bisogno che lo sapessi.”
 
Non attese una risposta, così come aveva preannunciato; si limitò a lasciarsi calamitare dalle labbra di Rukia, tanto vicino da farle sentire il proprio respiro sulla pelle, e quando lei, attratta come se le labbra di Ichigo rasentassero la vita stessa, si sporse per toccarle, Ichigo si allontanò, fuggendo da lei e da quel bagno, silente spettatore di dichiarazioni sospese.
 

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Capitolo 7
*** Comparisons ***


Ichigo si era fermato a dormire da Uryu dopo la notte di folleggiamento; Orihime era già stata avvisata che non avrebbe rivisto il futuro marito fino al pomeriggio del giorno dopo.
 
Era infatti già l’alba quando i due entrarono nella casa del medico.
 
“Grazie dell’ospitalità, Ishida. È stata una buona idea farmi dormire qui, così non disturbo nessuno con la mia ubriachezza molesta”
 
“Nessuno a parte me, ovviamente” punzecchiò Uryu, anche se non lo infastidiva davvero.
 
“Senti chi parla. Mi pareva che anche tu avessi perso il controllo a un certo punto” ridacchiò Ichigo alludendo alla crisi di risa che l’amico aveva avuto a metà serata per una battuta tutt’altro che spiritosa.
 
“È stata colpa tua, Kurosaki. Ti avevo detto che non avrei retto un Quattro Bianchi” brontolò mentre tirava fuori da un armadio la biancheria per il divano letto. “E poi fortunatamente è durato poco”
 
“Fortuna tua. Noi ci stavamo divertendo” puntualizzò Ichigo mentre l’amico gli lanciava la biancheria con poco garbo.
 
Il rosso si apprestò a farsi il letto mentre Uryu si chiudeva in bagno.
 
Stese le lenzuola e coprì un cuscino con la fodera azzurra. Faceva abbastanza caldo, così sfilò scarpe, maglietta e jeans e si lasciò cadere di peso sul divano letto, fissando lo sguardo al soffitto.
 
Non aveva più visto Rukia dopo il loro incontro nei bagni. Gli era stato riferito che era dovuta scappare per un’emergenza alla Soul Society, ma né Toshiro né gli altri ne avevano ricevuto alcuna notizia.
 
Sarebbe stato uno stupido ad aspettarsi un’altra reazione da parte sua se non la fuga; in fondo, lui avrebbe sconvolto il suo mondo per lei, ma a lei aveva chiesto di sconvolgere il suo. E non era una decisione che potesse prendere in cinque minuti in un bagno di una discoteca.
 
Dal canto suo, allo stesso tempo, un’altra questione meritava la sua attenzione.
 
Il matrimonio.
 
Si era sentito un vigliacco, intimamente, quando aveva pronunciato quelle parole.
 
“Io manderei tutto all’aria per te. Tutto”
 
La sua decisione era presa, ma lui, né Orihime, potevano aspettare la risposta di Rukia.
 
Arrivare a pensare, a sostenere, una cosa del genere significava che quel matrimonio non aveva alcun significato, se non quello che aveva avuto l’intera relazione con Orihime.
 
Lei non se lo meritava, tutto questo. Ma lui si era ripromesso che avrebbe smesso di occuparsi degli altri prima che di sé stesso.
 
“Fatica a smaltire la sbornia, Kurosaki?”
 
Uryu era uscito dal bagno senza che Ichigo se ne accorgesse e si era seduto sul bracciolo dal lato opposto rispetto a dove l’amico teneva la testa.
 
Ichigo saltò. “Accidenti, come sei silenzioso”
 
“Questo è chiaro. Però tu sei un po’ troppo meditabondo, per i miei gusti”
 
Uryu incrociò le braccia al petto in posizione di attesa e guardò Ichigo, severo e riflessivo.
 
Ichigo ebbe la conferma che sospettasse qualcosa; ma non sapeva se poteva fidarsi di lui, conoscendo la profondità del suo affetto per Orihime.
 
“Forse non mi sento pronto per un matrimonio. Tutto qui” tagliò corto.
 
“Stai con Orihime da anni e avete un bambino. Direi che la tua relazione è solida abbastanza da compiere un passo del genere”
 
“Tu non puoi capire, Ishida” tuonò Ichigo, cercando di far leva sul suo orgoglio. “Apprezzo il pensiero, ma non sei nella posizione di dare consigli sul matrimonio”
 
Uryu si accigliò, punto sul vivo. Eppure, dall’espressione dell’amico poteva leggere che quel turbamento venisse da fonti esterne a quell’argomento.
 
“Hai ragione, non so molto sul matrimonio. Forse non so molto nemmeno sulle persone. Però capisco quando un amico ha bisogno di supporto” balzò in piedi, “E tu evidentemente non meriti il mio tempo”
 
“Aspetta” Ichigo scattò a sedere mentre l’amico si accingeva verso le scale. “...Scusa”
 
Ishida si fermò.
 
“Hai ragione, sei un buon amico. Ma ci sono cose che non posso dirti... per causa di forza maggiore” cercò di spiegare Ichigo sfruttando la migliore delle improvvisazioni, la verità.
 
Uryu tornò indietro e lo guardò da dietro la spalliera del divano letto. Dal suo sguardo corrucciato sembrava che tutti i suoi timori stessero trasformandosi in realtà.
 
“C’entra Kuchiki, vero?”
 
Gli istanti di silenzio furono una conferma più pesante di qualsiasi parola.
 
Ichigo stava ancora raccogliendo i pensieri quando si ritrovò scaraventato contro il cuscino, la faccia stretta nel palmo di Uryu che troneggiava su di lui minaccioso.
 
Ichigo era talmente sorpreso che non reagì.
 
Il viso di Uryu emanava odio come poche altre volte l’aveva visto.
 
“Se farai del male a Orihime, giuro su me stesso e su tutto ciò in cui ho mai creduto che ti ridurrò in polveri così sottili che nemmeno la tua anima riuscirà a ricomporli”
 
Ichigo attese che l’amico si placasse, che il fiatone trasudante rabbia si calmasse e il tremore alle mani cessasse, prima di scostare la sua mano dalla faccia per poter rispondere.
 
“Mi prendo tutte le colpe di quanto è successo. Non ho intenzione di giustificarmi”
 
Uryu era passato dalla furia incontrollata all’incredulità; forse sperava davvero di sbagliarsi, anche se la ragione gli aveva più volte suggerito la verità delle cose.
 
“Ma è giunto il momento di porre rimedio ai miei sbagli”
 
“Sbagli? Per te Orihime è uno sbaglio?” sbraitò Uryu, perdendo il controllo della sua consueta calma.
 
“Non Orihime. Ma la mia scelta di legarmi a lei” Ichigo si manteneva pacato mentre l’amico ribolliva di una rabbia eccessiva per essere dettata dall’amicizia.
 
“Non usare giochi di parole, Kurosaki! È quello che hai detto!”
 
Ichigo gli andò incontro per tentare di placare quell’esplosione. Gli afferrò i polsi, delicatamente, interrompendo un gesticolare collerico e incontrollato, ma l’altro sgusciò dalla sua presa e gli diede un violento pugno.
 
“Come puoi farle questo! Dopo tutto questo tempo! Dopo tutto quello che ha fatto per te! Se solo avessi mai trovato qualcuno che mi guarda come lei guarda te...” l’ira sembrò sedarsi un istante, solo per ritornare, più vivida di prima, accompagnata da amare lacrime.
 
“Tu non la meriti! Tu non ti meriti una donna così meravigliosa!”
 
“Hai ragione, io non la merito” proferì Ichigo, zittendolo d’un tratto.
 
“Dimostra di meritarla tu, allora”
 
 
 
***
 
 
 
Rukia rincasò nel più totale silenzio della notte.
 
Renji russava sommessamente, occupando metà della sua parte di letto. Sicuramente non si aspettava di vederla rincasare così presto, altrimenti la avrebbe per certo aspettata sveglio.
 
Si spogliò e si infilò sotto il leggero lenzuolo di fianco a suo marito, muovendosi con lentezza e cercando di fare meno rumore possibile.
 
Appoggiò il viso sul cuscino rivolta verso Renji, a pancia in su e bocca schiusa.
 
Quando dormiva, con i capelli sciolti riversati su ogni lembo del cuscino, era davvero bellissimo.
 
Ma nemmeno di fronte a quella celestiale visione riuscì a smettere di pensare per un singolo istante a ciò che le aveva detto Ichigo.
 
Durante quella serata si era spesso soffermata a fissarlo mentre beveva, scherzava e rideva con gli altri, senza la capacità di distogliere lo sguardo, come se la sua sola vista le trasmettesse un calore al cuore senza cui sarebbe stata inghiottita dal gelo più infernale.
 
Renji non le era mancato, affatto. Tutto ciò di cui sentiva di aver bisogno era di vedere Ichigo felice; nient’altro.
 
Eppure, dopo il misfatto nei bagni, dopo che lui aveva palesato la peggiore delle intenzioni, Rukia era dilaniata da sensazioni tutt’altro che chiare.
 
Era felice, innegabilmente e perdutamente felice.
 
Era come se si fosse svegliata da un torpore metastatico ed eterno accorgendosi di non aver mai tenuto davvero le redini della sua vita.
 
Dall’altro lato, Renji.
 
Lui non faceva parte di quel sogno, o almeno, solo in parte.
 
Renji era la persona più importante della sua vita – dopo Ichigo. Era colui che l’aveva accompagnata, cullata e supportata lungo il faticoso tragitto che l’aveva condotta dalla più misera alla più elevata delle condizioni.
 
Era il suo più caro amico, era colui a cui avrebbe volentieri donato la sua vita.
 
E, in un certo senso, l’aveva fatto.
 
Ma era davvero ciò che voleva? Era ciò che in cuor suo desiderava?


La felicità che l’attanagliava le suggeriva già la risposta.
 
Le scappò un sospiro, più rumorosamente di quanto intendesse, tanto che riuscì a destare il marito dal sonno più profondo.
 
“Non sei un po’ troppo sobria?” osservò Renji stropicciando gli occhi pesti.
 
“Lo sai che sono astemia”
 
“Sì, però era l’addio al celibato di Ichigo...” Renji si girò verso di lei, trattenendo uno sbadiglio, poi le sorrise. Dio, quant’era bello quando sorrideva.
 
“Renji, tu hai mai pensato che Ichigo ed io saremmo finiti insieme?”
 
Il sonno abbandonò del tutto le membra dell’uomo. Rukia non le aveva mai fatto una domanda del genere, anche se il pensiero lo aveva governato più di quanto potesse ricordare.
 
“Certo che l’ho pensato” rispose, con la medesima franchezza. “Credo che ce l’aspettassimo tutti”
 
“E secondo te, perché non è successo?”
 
Il tono serio della donna lo fece visibilmente preoccupare, tuttavia l’assecondò. Sentiva che aveva il bisogno di parlarne.
 
“Non lo so” ammise. “In effetti, me lo sono chiesto spesso”
 
Rukia abbassò lo sguardo.
 
A Renji non piaceva per niente quella situazione, ma sentiva che era attanagliata da un peso che non riusciva più a tollerare.
 
Le sfiorò il mento col dorso di un dito.
 
“Rukia, vuoi dirmi qualcosa?”
 
Rukia tornò a guardarlo. Aveva gli occhi lucidi e le labbra tremavano dai pensieri che non riusciva a buttare fuori.
 
“Non lo so”
 
Renji s’incupì.
 
Rukia cominciò a piangere.
 
L’uomo si alzò dal letto e si vestì in fretta. I suoi movimenti facevano trasparire un’agitazione soffocata e il suo respiro si fece irregolare e irrequieto.
 
Arrivò alla porta e, prima di oltrepassarla, si fermò.
 
Il suo tono era rotto da un insieme di sensazioni negative che andavano dallo sbigottimento fino alla delusione più cocente.
 
“Quando vorrai parlare, io ci sarò”

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