Hope

di Star_of_vespers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** From the beginning ***
Capitolo 2: *** I remember ***
Capitolo 3: *** Inside ***
Capitolo 4: *** No word ***
Capitolo 5: *** Goodbye my dear friends ***
Capitolo 6: *** New roads ***
Capitolo 7: *** Unconditional ties ***



Capitolo 1
*** From the beginning ***


 

 


From the beginning:

 

 

 

 

 

 

 

La compagnia si fermò nel bel mezzo delle montagne per volere di Gandalf. Lo stregone costrinse i nove a rimanere immobili senza dargli spiegazioni, molti iniziarono a lamentarsi, tutti pensavano che fosse saggio proseguire, ma lo stregone pur udendo i commenti degli altri rimase in silenzio con il viso corrugato e la testa da un’altra parte.

Cercò di sentire nell’aria gli stessi suoni  e odori che l’avevano convinto a fermarsi, arricciò il naso e velocemente passò il suo lungo bastone tra le mani, quasi volesse scacciare tutti i suoi dubbi ed il nervosismo che aveva a causa di essi.

-Se non ci diamo una mossa gli orchi ci troveranno- disse il nano Gimli divulgando ad alta voce il pensiero dei suoi compagni -Hai visto anche tu i corvi di prima Gandalf … cosa stiamo aspettando qui? … andiamocene alla svelta- aggiunse stringendo tra le mani la propria ascia

-Mh … - lo stregone si voltò di poco ma non considerò molto le parole di Gimli -Fa silenzio mastro nano … mi distrai.- riportò il suo sguardo avanti, verso le grigie nuvole e dopo essersi concentrato, affinò i sensi e si portò verso avanti.

Sistemò il suo capello in testa ed osservò le valli sotto i suoi piedi. Il mondo sembrava tranquillo, non si udiva niente fuorché il cinguettio perpetuo e rassicurante degli uccelli, che dal cielo si posavano sulle radici degli alberi e lì cantavano limpidamente.

-C’è qualcosa che non mi convince- disse tra sé e sé esaminando quelle terre. Il verde del prato si estendeva fin dove  i suoi occhi potessero vedere, tutto sembrava stranamente … tranquillo.

Assottigliò lo sguardo ed esaminò con più attenzione le ombre degli alberi, dei sassi e di tutta la vegetazione presente. No, c’era qualcosa che non andava, lo avvertiva sottopelle , lì c’era qualcosa che non gli piaceva. C’era qualcosa …

-C’è qualcosa …- disse serio prima di accelerare il passo e di scendere lungo il sentiero roccioso. Si aiutò con piedi e mani, stringendo forte i massi e la sabbia per evitare di cadere. Appoggiò il suo bastone alla parete rocciosa e utilizzandolo quasi come se fosse un arto si aiutò a scendere per raggiungere la lunga valle sottostante.

-Gandalf!- Gimli velocemente raggiunse lo stregone, in seguito anche gli altri membri della compagnia seguirono il compagno per capire cosa stesse accadendo.

-State buoni- con uno salto Gandalf raggiunse il suolo e dopo aver sistemato la sua casacca malconcia si affretto a seguire qualcosa. Si aggirava di qua e di là in quella minuta boscaglia cercando tra le cime degli alberi un qualcosa, forse qualche particolare odore o sostanza,  nessuno della compagnia capii, tutti con molta curiosità guardarono lo stregone osservando ogni suo movimento.

-Secondo te c’entra  qualcosa l’erba pipa che gli abbiamo donato prima?- chiese uno hobbit al suo amico.

-Di sicuro Pipino … ricordami di tenergliela lontana- asserii Merry guardando lo stregone.

-Ma gli è dato di volta il cervello per caso? Sono stanco di starmene qua fermo a guardarlo girare da una parte all’atra- enunciò il nano agitandosi.

-Sta buono Gimli- Aragorn si avvicinò all’amico e gli posò una mano sulla spalla, poi guardò gli altri come se volesse chiedergli aiuto con gli occhi.

-Aragorn bisogna proseguire!- disse Legolas osservando lo stregone.

-Lo so, ma sarebbe meglio aspettarlo e non avere fretta- Aragorn voltò il capo e si rivolse agli altri.

-Boromir, Gimli, badate agli hobbit!- disse ad alta voce voltandosi di poco per vederli in volto.

-Tu vieni insieme a me!- guardò in seguito l’amico elfo per poi allontanarsi da quella roccia senza dare ulteriori spiegazioni.

-Aragorn …- lo chiamarono in lontananza mentre lui si accingeva a percorrere il sentiero pietroso, evitando di cadere.

Legolas ignorò la voce dei suoi compagni ed accettò l’invito di Aragorn. Dopo qualche minuto raggiunse anche lui la vallata superando la ripida e pietrosa strada.

-Aragorn gli altri hanno ragione- asserii avanzando insieme all’amico.

-Non possiamo perdere tempo!- guardò gli occhi vibranti di Aragorn poi portò lo sguardo avanti e seguii i movimenti dello stregone che si era appena fermato.

Si avvicinò a lui senza dir niente. Tutto intorno a loro taceva, il sole stava per tramontare illuminando con la sua luce nostalgica ogni cosa. Gli animali stavano ritornando nelle loro tane per poter riposare. Sembrava tutto tranquillo ma …

-Gandalf!- Aragorn afferrò il suo braccio e guardò il suo volto indagatore.

-Cos’hai visto?- chiese Legolas incuriosito.

Gandalf non rispose continuando a guardare tra i cespugli.

-Eccoti maledetta!- esclamò quasi furioso allontanandosi.

I due rimasero di nuovo soli, non avevano capito nulla, avevano visto solo un veloce movimento tra le foglie ma niente di più. Senza aggiungere commenti al riguardo si affrettarono a seguire Gandalf, non desideravano perderlo di vista, in più  volevano capire cosa stesse cercando e cosa avesse capito.

-Gandalf!- lo chiamò Aragorn scostando velocemente i rami dinanzi a sé. Legolas seguii l’amico imitando il passo svelto dello stregone.

-Immaginavo che ci fosse di mezzo la tua sporca mano- i due amici rimasero fermi quando videro Gandalf alzare con furia il suo bastone.

-Vattene via da qui- sentirono una voce stridula, s’incuriosirono e si avvicinarono a Gandalf per scoprire cosa stesse accadendo.

Rannicchiata vicino ad un grosso pentolone stava un’orripilante creatura, aveva dei capelli biondi, quasi grigi, i suoi occhi erano storti e grandi e la sua pelle pallida e calante inorridii la vista dei tre che gli stavano di fronte.

-Uno gnomo di montagna- commento Gandalf guardando i due, poi si allontanò.

-Non ditemi che non sentivate questo disgustoso odore!- si avvicinò al pentolone e lo rovesciò con un calcio facendo fuoriuscire il liquido verdastro al suo interno.

-Come ti sei permesso?!- la creatura si avvicinò allo stregone e lo guardò con aria minacciosa.

-Allontanati- gli presentò davanti il suo bastone e a quella vista la creatura iniziò a gridare. Lo stregone raccolse la pentola per terra poi esaminò bene il terreno e notò che vicino a quello gnomo vi era un sacco pieno di qualcosa. Incuriosito si avvicinò all’oggetto evitando di dare ascolto ai lamenti di quell’essere.

-Cosa nascondi qui?- chiese chinandosi per terra, appoggiò una mano sul sacco scrutando furtivamente la creatura.

-Lascia quello è mio, vattene via- si dimenò con  impeto nel vano tentativo di allontanare Gandalf.

-Silenzio sciocca- disse il mago spostandolo col suo bastone.

Avvicinò le mani ai lacci e slegò i vari nodi che il troll aveva stretto . Poi piano aprii il sacco e rimase qualche secondo immobile, stupito di vedere cosa aveva trovato. Aragorn e Legolas si avvicinarono di qualche passo, curiosi anche loro di scoprire cose vi fosse nascosto al suo interno.

-Razza di assassino- lo stregone velocemente scoprii il contenuto mostrando ai suoi amici il corpo stremato di una ragazza che sembrava esser morta. La prese tra le braccia e la sollevò da terra.

-Lasciala … lasciala o ti taglio la gola- lo gnomo afferrò una pietra affilata e la puntò contro Gandalf. Faceva fatica a tenersi in piedi a causa della riluttante gobba che portava dietro la schiena, dai suoi occhi fuoriuscivano fulmini, era accecato dalla rabbia.

-Meglio che tu mi dia ascolto o morirai- disse minaccioso, il suo sguardo mutò di colpo quando avvertii nel suo collo una tagliente e fredda lama.

-Meglio che ti allontani immediatamente e getti a terra quell’affare se non desideri che questo luogo diventi la tua tomba- Legolas velocemente aveva afferrato una sua freccia aiutando lo stregone.

-Non servi nemmeno a te stessa!- disse Gandalf disgustato.

-Adesso va! Prima che mi penti di non averti uccisa- asserii dandogli un calcio. Lo gnomo cadde a terra e strisciando scomparve tra la vegetazione.

Gandalf appoggiò delicatamente la ragazza al suolo e dispiaciuto la guardò: aveva gli occhi chiusi e i suoi lunghi capelli scuri le cascarono  morbidamente tra i fili d’erba. Il suo colorito era spento i suoi polsi erano magri e sciupati, come il resto del corpo. I suoi abiti erano sporchi di sangue e aveva diversi tagli sparsi su tutto il corpo.

Aragorn si avvicinò alla sventurata e le strinse i polsi piegando la sua mano.

-E’ viva- Gandalf tirò un sospiro di sollievo.

-Il suo battito è molto lento … non penso supererà la notte- Guardò Legolas che nel frattempo stava esaminando quella scena senza dir nulla.

-Non posseggo arti così accurate per donargli l’aiuto che le serve- asserii alzandosi da terra.

L’uomo guardò l’elfo e si avvicinò a quest’ultimo.

-Tu puoi aiutarla …- disse sottovoce all’amico che serioso osservava la giovane.

-Se la lasci lei morirà- lo guardò per poi rivolgere il suo sguardo a Gandalf che rattristito osservava la vita di quella giovane spegnersi attimo per attimo.

 

 

 

 

Angolo autrice:

Torno ora al mutare della marea! Ahaha. E rieccomi, più presto di quanto avessi immaginato, ecco dovete sapere che questo è il mio film mentale preferito da  otto anni a questa parte, e non trattarlo mi rendeva dispiaciuta, quasi come se avessi lasciato qualcosa in sospeso!. Ora io in questo periodo mi ritrovo con pochi impegni, sarei disposta anche a continuare e rendere questa O.S. una long, perché mi spiace parecchio e mi farebbe piacere condividere le mie idee con voi, se vi va datemi la vostra opinione. Sono curiosa di capire cosa vi ho suscitato, quindi sta a voi ora decidere se dirmelo o no.

Sicuramente ritornerò prima di stare un po’ in pausa. Volevo informare i lettori che hanno letto “Riconoscenza” che questa può essere considerata l’origine di quella storia, mi piacerebbe spiegarvi il perché Gandalf si rivolge allo gnomo al femminile, al mito che ho creato e a quel che è successo alla ragazza prima di essere trovata in quelle condizioni …  per ora vi saluto, alla prossima

 

 

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Capitolo 2
*** I remember ***


Legolas guardò negli occhi Aragorn, per poi osservare la ragazza stesa a terra. Aveva imparato qualcosa dalla maestria del suo popolo, ma non poteva considerarsi il più esperto. Conosceva solo lo stretto necessario, ed anche se in quel momento pensò che fosse tutto inutile, l’elfo in silenzio avanzò e raggiunse Gandalf a terra. Posò gli occhi sulla ragazza, strinse le sue dita intorno al polso di lei, ricercando un flebile battito.

-E’  molto debole!- disse percorrendo con gli occhi il corpo sciupato. Ascoltò bene il battito della giovane stringendole i polsi con estrema delicatezza.
-Ha rischiato di morire soffocata!- esclamò dopo aver notato in che malo modo stava respirando, quasi come se fosse per lei una sorta di tortura.
-Gli gnomi sono creature pessime- commentò Gandalf dilatando i suoi occhi chiari -Hanno un modo tutto loro  di vivere-
-In che senso?- chiese Aragorn.

Lo stregone alzò lo sguardo impugnando saldamente il suo bastone -Ecco vedi, loro cercano di trovare qualcuno in modo da potergli rubare letteralmente la vita. Si nutrono dell’esistenza altrui e vanno avanti così, finché non vengono muoiono non trovando più vittime da sacrificare-

Aragorn alzò un sopracciglio stupito. Abbassò in seguito lo sguardo e si soffermò sulla donna sdraiata a terra.

-Quindi gli obbiettivi sono le persone più indifese-

-Si anche, ma stavolta penso sia differente- disse Gandalf. Guardò la ragazza attentamente, riflettendo sulle condizioni di quest’ultima -Questi tagli sono vecchi. Dev’esserle successo qualcosa prima ancora che quell’essere la catturasse-

Legolas ascoltando passivamente Gandalf, tentò in tutti i modi di riprendere la sfortunata donna. Il problema non erano le ferite in sé e per sé. Certo molte erano profonde ma, il suo stato  preoccupò principalmente l’elfo: era denutrita, asfissiata ed avvelenata.

Provò a medicarla servendosi di qualche erba medica diversa dall’Athelas. Il corpo  della giovane ebbe una brutta reazione, di fatto Legolas dovette subito rimuovere l’impasto che aveva creato per non peggiorare la situazione.

-Ho fatto il possibile!- disse l’elfo alzandosi da terra. guardò il corpo con dispiacere, ed anche se non conosceva nulla riguardo la donna, provò pena per lei, immaginando attraverso la vista di quelle ferite, ciò che lei aveva dovuto affrontare prima di ritrovarsi tra le grinfie dello gnomo.

 
“Serindë la mattina del viaggio aveva preparato tutto velocemente. Non c’era molto tempo a sua disposizione e disporre ogni cosa necessaria era tremendamente difficile. L’ansia non migliorava di certo la situazione, ma questo non importava, lei doveva fare presto per raggiungere con la madre il bosco fuori del villaggio, andandosene lontano dalla sua terra.

Abbandonare tutto fu molto doloroso. In quel posto vi erano parecchie cose a cui teneva. Si sentì triste quando dovette lasciare gli oggetti nella sua stanza. Gli oggetti, anche se materiali contavano molto per lei, poiché legati ad attimi indimenticabili.Prese tra le mani una cornice dorata e la fissò nostalgicamente, ricordando la promessa di suo fratello quando gliel’aveva donata “Per sempre insieme” gli aveva detto prima di unirsi  all’esercito del regno in un’impresa suicida, dalla quale non avrebbe più fatto ritorno.

Con amarezza si morse il labbro inferiore, cercando di ricacciare indietro le lacrime che stavano pungendo i suoi occhi. I ricordi erano molto vividi. Mai nella sua vita aveva provato le sensazioni che avvertiva. Ne aveva solo sentito parlare. Spesso aveva definito “esagerate” le persone che si struggevano per il dolore della perdita, ma adesso che stava assaporando anche lei quell’amarezza, si sentì una sciocca ad aver giudicato prima di provare realmente il significato più profondo e tenebroso di quelle taglienti emozioni.

-Altezza presto, dovete andarvene da questo posto. Vostro padre è stato chiaro ieri sera- un menestrello senza annunciarsi era entrato nella sua stanza e con imprudenza l’aveva trascinata fuori.

-Cosa ne sarà di tutti voi?- chiese confusa. Era preoccupata ed aveva tanta paura.

-Non è necessario pensare a noi- il giovane spostò quello che pareva essere un quadro ed aprì davanti agli occhi di Serindë un percorso segreto.

-Percorrete il sentiero- si addentrò nel lungo corridoio prendendo in mano la torcia appesa alla parete.

-Vi condurrà in un ponte, proprio sotto la città. Sarete allora dietro le mura del nostro villaggio. Lì vi scorteranno i nostri cavalieri-
-E mio padre?- chiese preoccupata.

-Vostro padre sarà lì per rassicurarvi-

-E poi?- e poi cosa sarebbe successo? Cosa stava succedendo? Le sembrò di trovarsi in un incubo, ed anche se ripeteva a se stessa di riaprire gli occhi, sapeva bene che non sarebbe potuta sfuggire alla tremenda realtà che stava vivendo.

-Addio mia signora!- le disse rattristito l’uomo prima di lasciarle la torcia in mano richiudendo velocemente il percorso.

In quel momento Serindë  si sentì profondamente sola, avvolta dall’oscurità di quella galleria e dei suoi pensieri.

Alzò la fiaccola e si incamminò lungo il tragitto. Non sapeva bene  a cosa stava andando incontro ma sperò egoisticamente di riuscire a salvarsi. Non voleva morire. Aveva troppa paura, desiderava vivere ancora, anche se la guerra era sopra il suo regno e, mentre lei fuggiva via molte persone stavano morendo per proteggere il villaggio.

Una volta fuori dal tunnel Serindë incontrò i suoi genitori.  Sua madre sembrava essere composta. Il padre era severo sopra il suo cavallo.

Indossava fieramente la sua armatura e  guardava la figlia con compostezza, non lasciandosi trasportare dalle emozioni.

-Cosa sta succedendo?-

-Isengard ci attacca… lo stregone ci ha traditi!-

-Cosa? Saruman … no lui è buono padre che dite- disse la giovane perplessa.

-Ho detto che lo stregone ci ha traditi!- riprese ad alta voce. Serindë lo guardò e più confusa di prima abbassò gli occhi.

-Figliola, so che pensavi fosse un amico. Hai trascorso molte giornate a passeggiare con lui in mezzo agli alberi, ma vedi, ora anche quello che diceva di amare ha distrutto: nel suo giardino non vi è nemmeno l’ombra di un ramo più!- disse dispiaciuto. Il suo tradimento ci ha sorpresi molto. Abbiamo ricevuto un duro colpo da colui che consideravamo “fratello nostro”-

-E’ stata opera sua la morte di mio fratello?-frastornata Serindë piegò il viso, stringendo i pugni lungo i fianchi.

L’uomo non rispose, amareggiato da tutti quei lutti che aveva subito e che stava continuando a patire anche in quel momento.

Scese velocemente da cavallo e si avvicinò alla ragazza -Va con tua madre. Raggiungete terre sicure. Io dopo aver difeso il nostro popolo vi raggiungerò-

-Ma dove?- chiese la fanciulla irrequieta.

-Rohan- disse poi guardandola. Le diede un dolce bacio sulla fronte per poi affidare le donne più importanti della sua vita ai suoi guerrieri.

Serindë osservò la sua città in lontananza e ripensò alle parole del padre, al tradimento di Saruman e al comportamento del suo servitore.

Era stanca e confusa, aveva paura di dover vivere nuovamente le brutte sensazioni provate poco prima, ma in cuor suo, sapeva che qualcosa sarebbe successo, e non si trattava purtroppo di cose belle:
Mentre percorrevano il sentiero proposto dal loro cavaliere, il gruppo venne attaccato da una pattuglia di orchi. Serindë non ricordò nulla, nella confusione riuscì a vedere la madre in fuga dagli orchi. Urlava, ma lei era immobile dinanzi a quegli avvenimenti. Il loro servitore per proteggerla le aveva detto di scappare e, quando si riprese dal suo stato di shock, sentì delle frecce penetrare nella sua carne.  Cadde in un burrone e perse conoscenza fino a che, dopo giorni di agonia riaprì gli occhi.”


-Ma dove l’avete trovata?-

-Gimli … ti ho già spiegato cos’è successo, quindi non farmi perdere fiato.-

-E secondo voi  si riprenderà? Sembra morta!-

-Solo un altro fardello, come se noi non avessimo già altri pensieri Gandalf-

-Boromir le tue parole non sono di certo quelle di un gentil’uomo!-

-Avete notato che ha le orecchie a punta-

-Sta fermo Peregrino Tuck-

-Ahi … era solo un’osservazione. Sempre a prendermi dalle orecchie… eh Gandalf!-

-Si sta svegliando zitti tutti-

Vi fu l’assoluto silenzio. Serindë stordita aprì leggermente le palpebre, dopo aver udito per qualche minuto delle voci sconosciute. La ragazza dopo un po’ riuscì ad aprire completamente le palpebre, anche se con  fatica.

Si ritrovò stesa a terra, intorno a lei vi erano diversi uomini.
Li osservò ma non riuscì a rimanere con gli occhi aperti a lungo. Era molto stanca e non riusciva a respirare bene.

-Fate largo e lasciatele aria- Gandalf osservò le mani della ragazza sfregare ripetutamente i suoi occhi e, dopo che quest’ultima ricambiò il suo sguardo, lo stregone  le sorrise.

Serindë si rialzò lentamente da terra aiutata dal vecchio. Appoggiò la propria schiena contro un masso umido ed osservò i nove senza proferire parola, ancora confusa e dolorante.

Piano appoggiò un braccio al torace per constatare la profondità delle sue ferite. Ricordava bene che una freccia l’aveva trafitta.  Aveva gridato molto a causa del dolore. Guardò le sue mani, le braccia, le gambe per vedere se fosse tutto apposto.  Stancamente spostò i suoi capelli arruffati, si sdraiò dolorante a terra. Inutile, respirare era tremendamente doloroso.

-Mia signora … c’è qualcosa che non va?- lo stregone le si avvicinò maggiormente e Serindë pur dolorante aprì gli occhi per guardarlo, soffermandosi a notare le rughe ed i capelli grigi e scompigliati.

Non disse nulla. Voltò il capo da un lato all’altro alla ricerca di sua madre e del suo fedele servitore. Dovevano essere lì da qualche parte, solo che lei non riusciva a vederli. Chiuse gli palpebre, cercò di respirare, anche se in quel momento non era semplice a causa delle doloranti ferite.

 -Allora ragazzina, rispondi alla domanda che ti è stata fatta!- Gandalf alzò gli occhi al cielo quando vide Gimli avvicinarsi tutto con la sua ascia in mano.

Serindë manco lo considerò, aprì solo un occhio per vedere chi le stesse parlando.

-Ehi ti ricordo che ti abbiamo salvato la vita!- disse il nano indispettito stringendo la sua ascia tra le mani.

Gandalf lo guardò e si alzò per raggiungerlo -Mastro nano, mi pare che tu non abbia alzato un dito per aiutarci, quindi silenzio!-

-Io vi ho comunque sostenuti moralmente…-

Boromir si avvicinò ai due, dopo aver gettato un’occhiata furtiva alla ragazza che piano stava riaprendo gli occhi disse:
-Da dove vieni donna?- chiese con freddezza.

Nessuna risposta. Lei semplicemente si limitò a sedersi a terra, cercando di trovare nelle tasche dei pantaloni chissà quale oggetto.
Il nano infastidito si avvicinò scostando le mani di Gandalf che lo stavano trattenendo, si schiarì la voce e la guardò bene in faccia.

-Sei forse muta o non senti bene?- la giovane alzò lo sguardo e scrutò il nano negli occhi. Di scatto si allontanò, corrugando le sopracciglia. Ma che voleva quel tipo da lei?

-Perché non lasciate in pace questa povera ragazza … ha aperto poco fa gli occhi. Vorrei ricordarvi che non si tratta di uno di voi. Siate più …- Gandalf guardò Gimli e Boromir cercando le giuste parole.
-delicati … insomma!- si avvicinò piano alla giovane, non voleva spaventarla come avevano fatto poco fa i suoi compagni. Si chinò e le sorrise dolcemente.

-Va un po’ meglio?- le chiese notando che il suo viso sembrava meno addolorato di prima.

-Si - rispose semplicemente, quasi incantata dalla dolcezza del vecchio.

Sentì dietro il nano farfugliare qualcosa, ma non disse nulla al riguardo. Dopo essersi un po’ ripresa scostò gli occhi da Gandalf e si girò più volte alla ricerca dei suoi cari, ma loro non c’erano e questo l’agitò.

-Stai calma!- La ragazza guardò lo stregone poi lentamente si alzò.
Tutti iniziarono a fissarla con sguardo apprensivo. Serindë abbassò il volto e notò una chiazza di sangue proprio sotto il petto. Non aveva percepito alcun dolore, forse perché si era alzata velocemente. Non proferì parola, si portò in avanti solo per ricercare il volto di sua madre. Lo stregone notando che i movimenti bruschi di lei stavano solo peggiorando le ferite le afferrò delicatamente un braccio riprendendola, con delicatezza.

-Mia signora non ti agitare. In questo modo ti farai solo più male-

-Mia madre… devo cercarla!- disse sconcertata.

-Mia signora …- cosa poteva dirle lo stregone? agonizzante  si era alzata da terra per ricercare la madre. Sicuramente non era a conoscenza del fatto che, circa un paio d’ore fa, si trovava in un sacco, tra le grinfie di uno gnomo.

-Eri da sola, non c’era nessun’altro-

-Come?- lo guardò -Devono essere nei paraggi!- Lei era caduta in un burrone e sua madre stava fuggendo, per forza doveva trovarsi lì da qualche parte.

Si allontanò ignorando le ferite sul suo corpo, anche se le facevano parecchio male. Le sembrò quasi che stesse per crollare per terra a causa del forte dolore. La sua coscienza le chiedeva di occuparsi della madre e così doveva fare.

-Mia signora!- Gandalf la fermò, parandosi davanti.

-Mi spiace ma non c’è nessuno. Stai calma e…-

-No- rispose secca. Come poteva stare calma e non cercare sua madre? era lei la sua unica ragione di vita. Desiderava trovarla insieme al suo cavaliere, per poter continuare il suo viaggio.

-Capisco cosa sta pensando!- Gandalf si chinò per guardarla bene negli occhi, in modo che lei potesse rimanere attenta, senza ronzare da una parte all’altra come una libellula.

-In questo momento tu ti trovi nelle nostre mani- aprì le braccia per indicare l’intera compagnia.

Serindë voltò il capo ed osservò uno per uno i componenti di quel gruppo: Tutti avevano un volto dubbioso e la fissavano con pietà, tranne il nano e l’uomo di prima. Loro due erano molto diffidenti.

-Mia signora…- Gandalf cercò di nuovo di cogliere la sua attenzione
-Faremo il possibile per donarti aiuto, ma in questo momento non possiamo soffermarci a cercare nessuno. Vieni con noi … ti porteremo in un luogo dove potrai trovare ausilio-

In quel momento un rumore tremendo ruppe il silenzio che si era creato: l’ascia del nano gli era caduta dalle mani a causa dello stupore. Boromir lanciava fulmini dagli occhi, mentre Legolas totalmente contrario guardò allarmato Aragorn.

-Gandalf! Non penso che il posto dove stiamo andando possa esserle d’aiuto!- si fece avanti l’elfo per dire la sua opinione.

-Infatti noi non la porteremo con in quel posto!- lo stregone alzò le sopracciglia stringendo il suo bastone per sostenersi.

-Le daremo solo… un passaggio, ecco!- i componenti della compagnia si guardarono negli occhi  contrariati.

Serindë osservò loro, ma non disse nulla. La situazione non le sembrò delle migliori. Sapeva bene che da sola non si sarebbe potuta difendere. Avrebbe tanto voluto ritrovare la madre.



 
Angolo autrice:
Ed eccomi, alla fine ho optato per la long, mi sembrava meglio così. Pubblico dopo un bel po’ perché ora mi sono stabilizzata. Stamattina ho cercato di scrivere qualcosa ma niente, mi sentivo troppo male, quasi non avessi più forze. Ho lasciato perdere e dopo aver riposato eccovi il capitolo completato. Spero vi sia piaciuto e ringrazio chi ha letto e soprattutto un grazie speciale va a Valerie, sei veramente un tesoro.
Prometto di ritornare, alla prossima!
 

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Capitolo 3
*** Inside ***


 

 

 Inside:

 

 


 

 

 

La neve le arrivò fino alle cosce, la ragazza spazientita sospirò e continuò a camminare trascinandosi in avanti. Il sentiero era inclinato e pericolante, ed il freddo la paralizzò ma nonostante tutto ciò, lei cercava di continuare quell’assurdo viaggio al quale si era unita per pura disperazione.

Si sfregò ripetutamente le mani e sistemò meglio in testa il suo scialle scuro, ma bastò un colpo di vento e questo le ricadde dietro le spalle. Spazientita lo riportò sulla sua testa, evitando di tremare a causa del vento gelido che proveniva da nord. Voltò di poco il capo ed incontrò gli occhi saggi di Gandalf, che sorridenti cercavano di infonderle sicurezza. Lo stregone come tutti gli altri era ostacolato dalla neve, tentava di portarsi avanti con il suo bastone, per raggiungere la ragazza ma non riusciva.

Gandalf aveva preso Serindë sotto la sua protezione, e quando quest’ultima si era rifiutata più e più volte di seguirli, lui aveva fatto di tutto per non lasciarla sola in mezzo a tutti quei pericoli, certo, con loro non era del tutto sicura, ma almeno poteva contare sulla protezione di esperti guerrieri per il momento.

A nessuno della compagnia era piaciuta quella scelta, tentarono anche di far cambiare idea allo stregone, ma si resero anche loro conto che lasciare la ragazza da sola, significasse lasciarla a morire, probabilmente uccisa da uno gnomo, o da un orco, o addirittura morta a causa della fame. Non sarebbe sopravvissuta alla ferocia della natura, le cose funzionavano così e non si potevano di certo cambiare, il mondo era diventato estremamente pericoloso. Tutti credevano che fosse meglio trovarle un posto al sicuro, magari  un piccolo villaggio, in modo che lei potesse rimanerci serenamente, anche se la calma non apparteneva di certo a quella donna, questo era chiaro a chiunque ormai.

Durante il viaggio tentarono di aiutarla in modo che Serindë si aprisse senza sentirsi a disagio, ma le volte in cui si persero a discutere con lei furono innumerevoli, tanto che alla fine la lasciarono stare. La donna apprezzava però la compagnia degli hobbit, loro la capivano e rispettavano il suo stato confusionale, che era compreso e placato a pieno da Gandalf. Lui la trattava come se fosse una figlia, era molto premuroso ed apprensivo, a differenza di Gimli e Boromir, che sembravano non volerla proprio accettare. In quei giorni la fanciulla aveva imparato a comprendere il carattere di quegli sconosciuti, cercando in ogni modo di non essere d’intralcio a loro, infondo gli era molto grata,  anche se a causa del suo carattere e dei suoi pensieri non si era totalmente aperta. Mentre camminava analizzò ogni membro di quel gruppo, meditando su quelle enigmatiche figure. I suoi occhi si posarono su Legolas ed Aragorn. Loro le erano indifferenti, non gli aveva mai parlato, poiché li reputava persone estremamente serie e dedite alla loro missione, ebbe quasi timore a volte ad osservarli, si sentiva molto in imbarazzo.

 Abbassò il capo e scrutò le sue gelide mani, si era parecchio trascurata, trascinata nell’abisso del dolore e dello sconforto. Pregava giorno e notte, desiderosa di rincontrare la madre, e di raccontarle tutti i suoi timori, proprio come soleva fare un tempo.

 Sospirò speranzosa, continuando a camminare, spinta da una forza che nemmeno lei seppe spiegare dove potesse provenire. Si sentì stanca e terribilmente in ansia. Continuava a pensare ed a ripensare alla madre, al momento della loro separazione, al duro colpo che aveva ricevuto quando aveva aperto gli occhi e non l’aveva vista accanto a sé. E se fosse morta? Si chiedeva spesso. Scosse la testa come a smentire i suoi dubbi, la madre era nelle mani del più abile guerriero del suo regno, quindi non poteva essere morta, no, lei era sicuramente viva, doveva solo ritrovarla.

-Ehi ragazzina!-

-Ehi- la voce del nano le rimbombò nelle orecchie, Serindë quasi spaventata alzò il volto e lo guardò per vedere cosa volesse.

-Cosa  c’è?- chiese stringendo la stola tra le mani, in modo da non lasciarla andare via col vento.

-Meglio che tu non stia molto lontana da noi - abbassò la testa e mosse la sua ascia per spostare la neve dinanzi ai suoi piedi.

-Questa è una via poco sicura … mh- disse serio guardandola.

Lei alzò gli occhi e notò che gli altri la stavano osservando, si trovava particolarmente distante da loro.

-Non me ne ero resa conto- abbassò la testa e si incamminò col nano, avanzando più velocemente.

Se doveva dirla tutta, Gimli era delle volte rigido nei suoi confronti a causa della sua stessa testardaggine, in effetti credeva che una donna non dovesse seguirli ma non si dimostrò contrario a volerla proteggere, anche se spesso avevano sempre da discutere per idee tra loro contrastanti e poco affine.

La fanciulla lanciò uno sguardo al nano e continuò ad avanzare. Non lo ringraziò forse per orgoglio, ma aveva gradito parecchio il suo aiuto in quel momento. Alzò lo sguardo ed incrociò il volto di Gandalf, capì subito che lo stregone aveva mandato il Gimli ad aiutarla, ma questo non le fece cambiare idea sul suo gesto. Gli hobbit erano immobili ad aspettarla, a differenza degli altri che avevano iniziato a camminare. Osservò tutti e si concentrò ad esaminare Boromir. Lui era una persona molto ambigua, spesso le parlava bruscamente, ma osservandolo bene aveva capito che il problema di lui non era la sua presenza,  c’era qualcosa di molto più profondo che turbava la sua anima, glielo si poteva leggere negli occhi, sempre allerta e pensieroso.

-Ehi - appena sentì la voce di Gimli scostò il volto per osservarlo.

Il nano si schiarì la voce -Hai mangiato?- le chiese continuando a proseguire.

-Si- rispose lei senza soffermarsi molto a guardarlo.

-Ti ringrazio per la premura-

-Te l’ho chiesto solo per non avere problemi ragazzina, sia chiaro- spiegò paonazzo assumendo una posizione fiera.

Avanzarono lungo quella via sperando che il  vento si calmasse, ma più andavano avanti e più la tempesta sembrava peggiorare, tanto da costringerli  ad avanzare lentamente.

Serindë si avvicinò agli Hobbit e con gli occhi socchiusi continuò a camminare sostenendosi alla parete della montagna. Tutti si trovavano in difficoltà, la neve era troppo alta  e il vento era molto violento. Si arrese e rimase ferma per qualche istante, sicura di non correre il rischio di rimanere indietro, anche se ciò era impossibile, si camminava a stento e con molta difficoltà. Sapeva bene che se si fosse sforzata più del dovuto le ferite al torace si sarebbero riaperte e non voleva assolutamente che ciò avvenisse, sarebbero stati dolori altrimenti.

Iniziarono a lamentarsi uno ad uno, era impossibile proseguire viste le condizioni. La ragazza non disse nulla, si limitò a guardare gli altri senza pronunciare la sua opinione.

  Legolas senza molta difficoltà superò la compagnia e fissò il sentiero dinanzi a sé dichiarando di sentire una voce sinistra nell’aria.

Serindë corrugò la fronte cercando anche lei di percepire quel suono, ma nulla, le fu praticamente impossibile.

-E’ Saruman!- Gandalf agitato si portò verso avanti, cercando di elaborare qualche formula per annullare le parole dell’altro stregone.

Cosa? aveva sentito bene?. Si dimenò cercando di raggiungere Gandalf ma venne improvvisamente schiacciata dal peso della valanga, che velocemente le piombò addosso.

Non respirò per qualche istante, schiacciata dalla massa di quella gelida neve, così pesante e ingombrante. Il senso di soffocamento le riportò in mente i momenti trascorsi insieme alla compagnia, quando durante vari istanti di riposo la sua mente nei sogni le ricordava ciò che aveva dovuto patire dentro quel sacco, ed anche se lei aveva detto a Gandalf di non ricordare niente, una parte dentro di sé era ancora alterata a causa degli eventi passati.

Cercò con le mani la parete rocciosa e radunò l’energia necessaria per sbucare fuori da quel tumulo. Tutti si trovavano sotterrati dalla neve come lei, erano allarmati, incerti e desiderosi di lasciare quelle vie in fretta.

-Dobbiamo abbandonare la montagna! Prendete la  via Ovest verso la mia città- gridò Boromir

-Non possiamo passare sopra le montagne passiamoci sotto- disse Gimli spazientito

Gandalf serio guardò quegli uomini e meditò su quei pareri - Chi porta l’anello decide!- lo sguardo di tutti cadde su Frodo che timidamente asserì:

-Attraverseremo le miniere-

Quella decisione rabbuiò lo stregone, Serindë lo notò subito, i suoi occhi erano freddi e risoluti, ma anche se Gandalf non apprezzava quella scelta, rispettò la decisione di Frodo ugualmente.

Ed il viaggio continuò, ed una volta fuori pericolo, la compagnia al calare del sole si incamminò verso Moria.

 

 

Lo stregone camminava vicino agli hobbit ed alla ragazza che pensierosa osservava Frodo per poi scrutare Gandalf e … Boromir.

Nessuno le aveva parlato della missione di quella compagnia, ma lei aveva dedotto qualcosa, ovviamente non lo fece a vedere, non le sembrava saggio parlare di quelle questioni apertamente, infondo i suoi erano solo ipotesi niente di più, ma la frase di Gandalf l’aveva colpita, e molto. “Colui che porta l’anello decide” lo stesso anello che poco fa Boromir, il soldato che adesso camminava tranquillamente davanti a lei aveva colto per terra, quasi incantato.

-Le mura di Moria- alzò lo sguardo ed osservò quella alta ed imponente montagna, isolata da loro e bagnata da un piccolo lago.

Continuava a non parlare guardando con sospetto un po’ tutti intorno a lei, persino il buon Gandalf, certo lo stregone sembrava essere onesto e comprensivo nei suoi confronti, ma purtroppo doveva ammettere che così era anche Saruman, lo stesso Saruman che lei un tempo considerava amico e che aveva distrutto la sua città facendola scappare via con la madre, che forse non avrebbe mai più ritrovato. Sospirò ed alzò gli occhi al cielo, inalando quell’aria così densa e umida. Di certo quei pensieri non le erano d’aiuto, ma non riuscì a zittirli.

Giunti dinanzi alle porte di Moria Gandalf fece di tutto per aprire il passaggio, continuando a formulare frasi nonostante la poca speranza della compagnia.

Serindë stanca di attendere si alzò dal tronco dov’era seduta ed iniziò a passeggiare nervosamente avanti ed indietro, con gli occhi fissi a terra ed il cuore in tumulto. Era talmente agitata e tormentata da tutti quei pensieri che sperò di dileguarsi per non poter più torturarsi in quel modo. Il cuore nel petto le pulsava violentemente quasi a segnalarle che doveva fare qualcosa, fuggire, gridare, parlare, doveva esprimersi in qualche modo per dar voce a quei sentimenti sconfortanti, e a tutte quelle idee insensate che le passavano per la testa.

Sospirò cercando di poter alleggerire il peso che portava dentro. Non riusciva a vivere in quel modo, il dubbio la stava logorando. Se sua madre fosse morta di lei cosa sarebbe rimasto?. E se la compagnia non la volesse aiutare?. Se tutti quei buoni propositi fossero solo scuse per farla tacere?. Come poteva ottenere delle risposte?. Come poteva alleggerire quel martirio e calmarsi una volta per tutte, lasciando che l’ansia  soccombesse insieme a tutti quei maledetti pensieri e tormenti?

Si fermò dinanzi all’ombra di un albero, aveva le lacrime agli occhi, ed a causa del forte nervosismo, desiderò solo urlare per liberarsi di tutti quegli impicci, ma rimase seriosa e dopo qualche istante alzò lo sguardo, e sobbalzò sorpresa: Legolas era appoggiato sul tronco dell’albero, la fissava con sguardo indagatore, le braccia incrociate, ed un’occhiata incerta.

Lei non si scompose, né abbassò gli occhi o si finse intimidita, anzi sostenne quegli occhi osservando l’elfo senza imbarazzo, ma con uno sguardo pieno di ansia e timore, non poteva gridare ciò che provava, ma almeno una parte di sé poteva esprimersi liberamente, come il suo cuore desiderava.

Senza scomporsi si voltò cercando di legare lo scialle intorno alla vita, raggiunse gli hobbit che sbalorditi ora osservavano le porta di Moria aprirsi.

Notarono fin da subito che qualcosa non andava, quelle sale erano come spente, trapassate da tempo, certo imponenti e regali, ma ormai andate ad un passato consumato.

-Aspettate … Merry, Pipino- disse la ragazza scorgendo quei pilastri ergersi nell’oscurità, c’era qualcosa che non le piaceva.

-Serindë tutto bene?- chiese Pipino mentre scrutava i suoi occhi scuri e angosciati.

-Beh non direi!- rispose alterata osservando l’interno della montagna

-Perché?- le chiesero gli hobbit all’unisono guardandola. Si soffermarono ad osservare il suo volto, poi Pipino abbassò lo sguardo e si agitò una volta aver visto la creatura che stava sbucando fuori dalle acque di quel lago.

-Frodo!- gridò sconcertato.  Iniziò a correre ma non riuscì a salvare l’amico dalle grinfie di quel mostro.

Serindë si voltò e rimase immobile ad osservare Frodo. Quell’essere aveva acciuffato lo hobbit da un piede. I colpi inflitti dalla compagnia fecero il solletico alla bestia che sembrava voler trascinare Frodo infondo al lago.

-Va da Gandalf- qualcuno l’aveva presa dal braccio, svelta spostò lo sguardo ed incrociò gli occhi dell’elfo, lo guardò qualche istante, poi velocemente si distanziò da lui, e raggiunse Gandalf all’interno della caverna.

Dopo una lotta frenetica con la bestia la compagnia riuscì a salvare Frodo  ma la parete della montagna cadde e si ritrovarono intrappolati dentro quel posto.

-Ed adesso dovremo rimanere all’interno di questa tomba!- asserì Boromir tra sé e sé.

Gandalf grazie ad una pietra conficcata dentro il suo bastone riuscì ad illuminare quella sala.

-Il viaggio verso Moria sarà lungo- affermò serio distanziandosi da loro.

-State uniti-

Guardò Serindë poi si incamminò verso le scalinate in pietra.

Il percorso era pieno zeppo di cadaveri putrefatti e ragnatele. Il tanfo micidiale di muffa disgustò la ragazza, a tal punto da farle trattenere il respiro per non sentire quell’odore a dir poco nauseante. Oltrepassate le lunghe scale il percorso divenne più complesso: infinite colonne dividevano il sentiero lungo il quale sboccavano varie vie d’uscita. Continuarono ad avanzare senza parlare, spesso Aragorn lanciava un’occhiata indietro per osservare gli Hobbit e Serindë, che sembrava persa in chissà quale pensiero.

La via era insidiosa, i percorsi si intrecciavano e conducevano verso scale molto ripide, composte da mattonelle di pietra a volte sconnesse, si doveva prestare molta attenzione per evitare di cascare per terra.

-Stai attenta questa e pericolante- disse Merry afferrando il braccio della ragazza, in seguito diede un calcio al grosso masso e lo spostò col piede per allontanarlo dalla via.

-Ti ringrazio- disse silenziosamente Serindë

Continuarono a camminare in silenzio, fin che Pipino, dopo aver lanciato uno sguardo a tutte le ossa sparse in giro, disse ad alta voce attirando l’attenzione di tutti:

-Non so se faremo questa fine …- indicò un cadavere a fianco a lui -Ma io vorrei prima fumare un po’ di erba pipa … dopo aver mangiato ovviamente-

-Pipino- lo riprese Merry

-Che ho fatto di male, ho fame, sai, è più di cinque ore che camminiamo-

-Peregrino Tuck- Gandalf si bloccò sui suoi passi sostenendosi dal suo bastone, voltò il capo per dare un’occhiata allo hobbit poi spiegò:

-Cerca di non brontolare … tra un po’ ci fermeremo!- asserì calmo.

-Fermarci?- Boromir avanzò per raggiungere lo stregone.

-Esattamente!-

-Ma non siamo nemmeno a metà del viaggio, bisogna proseguire- disse serio.

-E lo faremo, dopo aver riposato un momento le ossa … mancano giorni al raggiungimento della meta, non ti preoccupare Boromir, una pausa non ritarderà il nostro viaggio- appoggiò una mano sulle spalle del  giovane prima di ricominciare ad avanzare.

Camminarono a lungo, e dopo quasi due ore di viaggio si fermarono presso un piazzale polveroso, per trovare un po’ di tregua.

Aragorn svelto estrasse i suoi pugnali e li appoggiò su un grosso masso, lo stesso fecero Legolas, Gimli e Boromir. Gli hobbit erano stati incaricati di accendere un piccolo fuoco con la legna che avevano raccolto lungo la via. Tutti si davano da fare, tranne Serindë e Gandalf, che intento ad accendere la sua pipa osservava la ragazza impensierita fissare il vuoto.

-I pensieri producono solo altri pensieri e dubbi … non ti crucciare- il fumo della pipa creò vari cerchi concentrici intorno a loro.

-Ho notato che non stai bene!- le disse calmo.

-Ma dovresti approfittare di questi attimi per riposare-

-Hai proprio ragione … passerà- gli sorrise ed in seguito si allontanò per raggiungere un angolo dove poter stare sola a dormire, era terribilmente stanca e doveva chiudere gli occhi e riposare. Gandalf la osservò e dopo essersi sistemato decise insieme alla compagnia i turni di guardia, mentre Serindë sdraiata per terra aveva preso in fretta sonno.

 

 

 

 

 

 

Era notte fonda e si trovava a passeggiare per il corso della città insieme con alcune guardie, però tutto era così  spento, non vi erano rumori, i bambini stavano insieme ma in silenzio. Si guardò intorno ed inizio a cercare con gli occhi qualcuno che potesse aiutarla, aveva bisogno di parlare, ma la gente sembrava volerla ignorare.

Presa dallo sconforto iniziò a correre affrettando le persone che passavano:

-Potete dirmi dov’è mia madre?- chiedeva sconfortata

-Mi scusi … signore!- cercò di affrettare uno sconosciuto ma quest’ultimo la ignorò continuando a camminare.

Disperata lasciò la via principale e si recò vicino le mura della città, là dove scorreva un torrente d’acqua. Oltrepassò il piccolo fiume, cercando di scostare i sassi in mezzo al percorso, era molto difficile avanzare a causa della forte corrente, ma dopo esser riuscita a liberarsi delle sue vesti ingombranti riuscì a raggiungere l’altra sponda.

Respirò agitata ed osservò quei miseri indumenti che ricoprivano il suo corpo, poi scostò il capo, ed inerme fissò i suoi bei vestiti andarsene con l’acqua del torrente.

Infreddolita cercò di ricoprirsi, camminando lentamente a causa del venticello freddo che si era alzato.

Osservò le persone passare di là, ma non disse niente, semplicemente rimase immobile a scrutare quei tizi strani e sconosciuti.

-Mi scusi signora- appoggiò la sua mano sulla spalla di una donna, ma quest’ultima non la considerò e si voltò oltrepassandola.

-Qualcuno mi aiuti- gridò esasperata, ma nessuno la guardò e tantomeno le parlò.

Continuava a camminare cercando l’aiuto di varie persone, ed infine stanca di essere evitata si ritrovò dinanzi ad un’osteria. Osservò il cartello malandato di legno, ed inseguito si decise ad entrare: I tavoli erano quasi vuoti e poche persone erano radunate intorno al bancone del locale.

-Mi scusi signore- disse cercando di attirare l’attenzione di uno di loro.

-Vorrei un po’ d’acqua … per carità !- chiese pietosamente, ma l’uomo al quale stava parlando non si voltò verso di lei, così fiduciosa di attirare la sua attenzione, gli poggiò la mano dietro la schiena.

-Signore!-

-Perché continui a disturbarci ?- gli chiese senza voltarsi.

-Io voglio solo un po’ d’acqua!- ribadì la ragazza

-Non ne puoi avere … non puoi- si voltò facendo  indietreggiare di colpo la giovane, che ora tremante osservava quel tizio:
La pelle del viso era squarciata, si potevano intravedere le ossa. Non aveva né occhi, né naso, i capelli erano secchi e stopposi, i vestiti malandati e putridi. Era un cadavere, proprio come quelli che aveva incontrato a Moria.

-Va via … non è questa la tua città … va via-

 

 

 

Si alzò da terra con il cuore palpitante ed angosciato. Era sconvolta e lo scialle che aveva appoggiato alle gambe, a causa del suo risveglio improvviso era caduto a terra in mezzo alla polvere.

Respirò con molta fatica e dopo aver dato un’occhiata veloce ai suoi compagni si alzò da terra e si allontanò senza manco pensare.

Oltrepassò i gradini e piano si avvicinò in un piccolo sentiero isolato. Tra un lato e l’altro della montagna vi erano appese grosse catene, ed un’infinità di contenitori appesi su di esse oscillavano perpetuamente nel vuoto, producendo un rumore sinistro.

Si appoggiò alla parete del muro ed iniziò a respirare, quasi come se volesse neutralizzare tutte quelle visioni con l’aria che avidamente inalava.

Aprì gli occhi e si ritrovò dinanzi l’altra parete della montagna. Si trovava in una piccola stradella affiancata da un tenebroso e profondo vuoto. Evitò di guardare in basso, ma si chinò a terra per poggiare le mani sulla pietra secca e polverosa. Chiuse gli occhi e sospirò.

-Era solo un sogno!- con le mani sporche di polvere si affrettò a cercare la parete della montagna per rialzarsi, si guardò indietro cercando di memorizzare quel posto che a breve avrebbe lasciato. Non era una scelta saggia la sua, ma aveva bisogno di un momento di intimità.

Camminò a lungo con le braccia conserte e lo sguardo attento a dove metteva i piedi.

Cosa poteva significare quel brutto sogno? Quell’uomo era morto  e le aveva detto di andare via. Probabilmente tutte le persone che aveva affrettato erano morte, tutte tranne lei. Strinse i pugni pensando che anche nella realtà, nessuno nel suo regno era sopravvissuto.

Ora il fiume cosa poteva rappresentare se non tutti gli ostacoli che aveva passato, e quei vestiti vecchi?

Si fermò per guardarsi, poi sorrise tristemente.

Dove l’avrebbe portata quell’avventura? E perché non riusciva proprio a vedere qualcosa di positivo? Per quale ragione non riusciva nemmeno a riposare?

Si massaggiò la testa e dopo aver aperto di nuovo gli occhi s ritrovò delle mani a coprirle la bocca, ed il peso di qualcuno dietro lei, non aveva percepito  nemmeno un rumore impensierita com’era.

Tentò di gridare ma fuoriuscivano solo mugoli  senza senso, si dimenò agitando mani e piedi, ma velocemente venne bloccata.

La sensazione di panico strinse il suo petto ed anche se impaurita si voltò di poco per vedere chi fosse quel tizio, maledicendosi in tutti i modi per essersi allontanata:

Incrociò due grandi occhi azzurri, freddi e irritati, la pelle di quell’essere era ruvida e grigiastra, un mostro tutto ossa la guardava con uno sguardo assassino e diabolico.

Era terrorizzata e disgustata, così senza dimenarsi ulteriormente, lasciò che l’essere la portasse a terra. Dopo aver analizzato bene il suolo, senza farsi notare afferrò una pietra tra le mani e gliela lanciò velocemente in testa.

-Cosa hai fatto?- gridò la creatura portandosi velocemente le mani in faccia. Serindë rapida si alzò da terra, lo osservò furtivamente e senza perdere tempo si lanciò in una corsa spericolata, non badando al sentiero che pareva frantumarsi sotto i suoi piedi.

 Percepì dei passi dietro di lei ma non si voltò, continuò a correre fino a che, vicino alla piccola piazzola dove riposavano gli altri, apparve una figura a lei nota, che in altre circostanze di certo non sarebbe stata  così felice di vedere.

-Boromir!- gridò in modo che quella creatura sentisse . Continuò a correre fino a raggiungere l’uomo che la stava osservando con sguardo interrogativo.

-Cosa…- Non ebbe il tempo di finire che si ritrovò a fissarla gettarsi ai suoi piedi stanca.

-Cosa sta succedendo?_

-Io … - respirò cercando di calmare il battito del suo cuore, era così agitata che l’aria inalatala la percepì rovente.

L’uomo alzò lo sguardo attirato da un rumore in lontananza, nell’ombra notò anche lui quell’essere, nascondersi  fino a scomparire.

-Dove diamine sei andata?- domandò a bassa voce concentrato a cercare i suoi pugnali dietro la schiena.

-Legolas!- gridò  voltando il capo. L’elfo li raggiunse velocemente, anche lui concentrato a fissare le ombre di quella montagna.

Guardò Serindë in ginocchio stremata, poi lanciò un’occhiata all’uomo.

-C’era qualcosa nell’ombra- si chinò per raggiungere la ragazza a terra.

-Dimmi cosa hai visto!-

-Non lo so!- rispose lei.

-Ah - si rialzò ed estrasse i pugnali fuori dalla custodia in pelle.

-Non ha importanza …- si voltò verso l’elfo che lo stava studiando serioso in silenzio.

-Andrò velocemente a constatare-

 Si allontanò celermente, oltrepassando i lunghi gradini di quel luogo.

Serindë si sentì in colpa per essersi allontanata e fece di tutto per evitare lo sguardo dell’elfo, che di sicuro avrebbe detto qualcosa. Dopo qualche istante si rialzò da terra e si allontanò con il capo abbassato, ma Legolas la immobilizzò trattenendola da un braccio.

-E se ti avesse ucciso?- la costrinse a girarsi. I suoi occhi erano colmi di rimproveri ma allo stesso tempo così seri e profondi.

-Sono viva!- disse semplicemente.

L’elfo la guardò e delicatamente le posò una mano dietro la spalla trascinandola davanti a sé.

-Torniamo indietro dagli altri- disse guardandosi intorno, per poi soffermarsi a scrutare gli occhi di lei.

 

 

 

Angolo autrice:

Salve a tutti e grazie di aver letto!. Dunque in primis vorrei chiedere come posso togliere nelle note “raccolta di one shot” perché io non ci riesco proprio T.T se qualcuno fosse così gentile da spiegarmi mi farebbe molto piacere. Passo a ringraziare, in particolare  Fjorleif  e stella del vespro 5 che hanno gentilmente recensito :).

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, certo ho descritto le scene del film aggiungendo i pensieri di Serindë e modificando un po’ l’ultima parte, quindi  vi avviso che anche se ho deciso di mettere in mezzo questo personaggio, la trama non verrà assolutamente toccata, ma verrà solo aggiunta la storia di questa ragazza, che si, si intreccerà con la storia degli altri personaggi, ma nulla verrà alterato.

 Serindë in questi primi capitoli apparirà un po’ nervosa ed ansiosa, perché mi pare che sia una cosa abbastanza logica. Dopo aver conosciuto una parte del suo passato voi che ne dite? Io penso che anche se si aggiunge alla compagnia comunque la freddezza e l’ansia sia del tutto normale, non riesco a sentirla vera se si fosse comportata allegramente andando d’amore e d’accordo con tutti, certo non è che rimarrà così eternamente, ma per i primi tempi le sarà un po’ difficile aprirsi …

Non saprei cosa aggiungere, se voi avete domande non esitate a scrivermi, sarò lieta di spiegarvi.

Vi ringrazio tantissimo e vi auguro buona serata!

 

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Capitolo 4
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Boromir aveva ispezionato tutta la zona nel vano tentativo di ritrovare la creatura che aveva aggredito Serindë, ma non vi erano né impronte, né suoni che riconducessero ad essa, niente di niente. L’uomo si allontanò dalla piazzola dove precedentemente si trovava e spinto dalla curiosità si avvicinò all’altra parte della montagna, ma non fu comunque soddisfatto del risultato della sua ricerca.

Trovò solo degli insetti ed un covo di luridi serpenti, ma nulla di più. Si voltò più volte da un lato all’altro della montagna, per ricercare qualche indizio, anche il più piccolo particolare, ma oltre all’ininterrotto rumore delle catene che percorrevano i muri del monte non percepì niente, e scoraggiato dopo mezz’ora ritornò dagli altri, osservando la ragazza e l’elfo che erano ancora svegli.

-Niente- si avvicinò percorrendo lentamente le scalinate di pietra, i suoi capelli erano grondanti di sudore ed il suo volto sporco e polveroso attirò subito l’attenzione di Legolas, che gli si era velocemente avvicinato per ascoltare ciò che aveva da dire.

-Sicuro di non aver visto nulla?- chiese serioso.

-No- scosse la testa da un lato all’atro osservando il suolo -Nulla- oltrepassò l’elfo poi lanciò un’occhiata furtiva alla ragazza sdraiata a terra.

-Potrei controllare più tardi!- con noncuranza si appoggiò su una roccia socchiudendo gli occhi stanchi.

-Andrò io a constatare!- asserì Legolas lanciando un’occhiata a Boromir che silenziosamente aveva assecondato la sua decisione.

Senza produrre rumori l’elfo lasciò i suoi compagni. Serindë rimase particolarmente colpita nell’osservarlo mentre si allontanava, mai aveva visto un uomo muoversi con tanta maestria in sentieri pericolosi come quelli, era a dir poco eccezionale, rimase vari istanti intenta a fissarlo, e solo quando gli fu impossibile scorgerlo a causa di tutte quelle ombre, si rialzò lentamente da terra aiutandosi con le mani. Era molto stanca e stremata, il suo non era stato un riposo ma una continua agonia. Sperò con tutta sé stessa di trovare un po’ di pace per rimanere tranquilla senza pensieri.

Sistemò il suo corsetto e lanciò un’occhiata agli altri che ringraziando il cielo continuavano a dormire indisturbati. Scostò la sua occhiata ed incrociò gli occhi di Boromir, che seduto la fissava senza muovere lo sguardo da lei.

Evitò di parlare ed abbassò il capo avvicinandosi all’angolo della piazzola, ma non riuscì a sfuggire alle parole dell’uomo, troppo curioso di conoscere le sue motivazioni.

-Perché ti sei allontanata? Le chiese rialzandosi dal suolo.

-Niente!-  abbassò il capo ed afferrò il ciondolo che portava al braccio legando i suoi lunghi capelli scuri. Non voleva parlare del suo sogno e di tutti i suoi pensieri, per lei ciò era veramente difficile, aveva quasi timore a confidarsi con qualcuno.

-Niente?- la guardò chinando il capo da un lato, si avvicinò lentamente alla giovane catturando i suoi occhi con un inteso sguardo. A lui servivano risposte valide, non semplici scuse, così si promise di scoprire cosa avesse spinto la ragazza a lasciare gli altri in quel modo.

-Esattamente, non è niente di importante- ribadì lei cercando di deviare il discorso.

-E’ poco saggio allontanarsi in questo modo, per “niente di importante”, l’hai costatato a tue spese-

-Vero- disse lei guardandolo, ma non riuscendo a sostenere la curiosità di quegli occhi svelta abbassò i suoi,  speranzosa di non ricevere più domande.

-Ti rendi conto di aver messo in pericolo la compagnia!- disse indicando con una mano i suoi compagni. Serindë si voltò ed osservò Gimli, Aragorn, gli Hobbit e lo stregone, si sentì in colpa per le parole dell’uomo che l’avevano colta di sorpresa.

-Mi dispiace- disse seria osservandolo. Lui abbassò il braccio e con lo sguardo fisso su di lei si avvicinò. Ogni espressione di quel volto arrabbiato spaventò Serindë, avrebbe voluto che la reazione di Boromir fosse simile a quella dell’elfo, ma l’uomo era differente dal compagno, doveva accettare questa dissomiglianza senza però intimorirsi.

-Non lo fare più!- disse fissandola. Era molto vicino, i suoi occhi percorsero il volto di lei, cercando di scorgere qualche reazione particolare. Boromir sembrava veramente infastidito da quel comportamento, che anche lei con il sennò di poi aveva considerato troppo avventato.

-Non dovresti preoccuparti, so badare a me stessa- rispose pacata voltandosi dall’altro lato. Non desiderava discutere, sperava che l’uomo accettasse questo suo limite, perché non voleva affatto approfondire la questione, preferiva tenersi per sé stessa gli aneddoti avvenuti poco prima

-Ehi- Boromir le afferrò il braccio e la costrinse a voltarsi dal suo lato, ora i suoi occhi erano colmi di parole e velati di curiosità. La sua stretta non era decisa o aggressiva, ma stranamente delicata, Serindë si sorprese e rimase in silenzio per qualche istante, aspettando che l’uomo iniziasse a parlare.

-In che modo sapresti badare a te stessa? … forse hai dimenticato cosa ti è successo?- le chiese avvicinandosi sempre di più, a tal punto da percepire il suo respiro addosso.

-E’ stato un malaugurato caso!- affermò alzando il tono di voce. Odiava essere rimproverata, soprattutto dopo aver riconosciuto i suoi sbagli. Capiva la preoccupazione di Boromir, ma non le sembrò affatto corretto ricordarle ciò che era accaduto in passato, soprattutto di quella disgrazia che l’aveva separata dalla madre e condotta verso vie che non si sarebbe mai immaginata di percorrere.

-Se non fosse stato per Gandalf saresti ancora in quel posto, nelle grinfie di quella creatura!- sottolineò serio senza scomporsi.

-Fortunatamente non è andata così- rispose lei voltandosi per andare, si liberò velocemente da quella presa, impaziente di chiudere il discorso senza altre polemiche. Gli girò le spalle indignata, stringendo i pugni ed i denti, volenterosa di sfogare la rabbia in un altro momento, evitando di rispondere a quelle parole.

-Dovresti essere più grata- Boromir era stizzito dal suo gesto, non aveva gradito la sua reazione, considerandola poco rispettosa.

Serindë si voltò di poco e lo scrutò assottigliando lo sguardo -Lo sono, ma purtroppo non ho niente per ripagare la tua cortesia!- disse ironica.

-Potresti semplicemente rimanere insieme a noi senza crearci problemi-

Respirò lentamente, poi si voltò verso lui cercando di non perdere il controllo.

-Avevo bisogno di un momento di intimità, ripeto, so badare a me stessa- la sua voce era palesemente irritata, tanto che Sam che era poco distante da loro si dimenò da una parte all’altra del suo giaciglio, poi non riuscendo ad ignorare quelle voci così alte, aprì completamente gli occhi.

-In che modo?! se non fosse per noi tu ...- annullò le distanze e quando le fu vicino si zittì improvvisamente, abbassando il braccio che aveva appena portato al petto.

Sam dopo qualche istante si rese conto di cosa stesse accadendo, osservò i due e subito dopo si affrettò a svegliare i suoi compagni, cercando una soluzione per farli smettere di discutere.

Il fuoco ardeva vicino loro, proiettando l’ombra delle fiamme sui loro volti incolleriti. L’aria densa e malsana non li aiutò a ragionare, presi entrambi dall’emotività del momento.

-Io cosa?- chiese la ragazza adirata osservando gli occhi dell’uomo. Non seppe più tenere a bada le sue emozioni, quasi avvelenata dalle parole di Boromir.

-Tu saresti morta, lo sai bene!- non riuscì neppure lui a contenersi, ed anche se Sam si era alzato per raggiungerli , e Pipino sembrava volerlo imitare, lui continuò a parlare.

-Ma non riesci a capire?-

-A capir che io sono un peso?- chiese respirando irregolarmente la giovane.

-Il tuo comportamento è intollerabile- Boromir agitò il capo non riuscendo a comunicare diversamente con quella donna. Sistemò i capelli passandosi velocemente la mano sopra, quasi volesse scacciare tutta la sua irritazione.

-Io … potrei dire lo stesso!- strinse i pugni e gli si avvicinò, cercando di trattenere le lacrime, che le spuntarono non per la tristezza, ma per l’improvvisa rabbia che aveva avvolto il suo petto.

-Serindë!- Pipino le afferrò una mano e la trascinò indietro. Il povero Hobbit ancora mezzo addormentato appena resosi conto della lite era corso in aiuto dell’amica.

-Ma che sta succedendo?- chiese Sam mettendosi in mezzo ai due.

-Tu sei irriconoscente! non comprendi nulla!- disse agitando una mano. Allontanò velocemente Sam e si avvicinò alla donna per guardarla negli occhi. Era accecato dall’ira.

-Io…- cercò di respirare profondamente poi alterata allontanò la mano di Pipino e gli si avvicinò con la stessa  sua grinta. Ora erano vicinissimi, percepivano entrambi le loro emozioni solo dallo sguardo, pieno di parole intrappolate in quelle pupille così curiose di scorgere la mossa dell’altro.

-Non ti ho chiesto di far niente per me!-

-Ma non capisci …- chiuse gli occhi e sospirò portandosi una mano sulla fronte.

-Che questo tuo atteggiamento mi da sui nervi?- gridò avvicinando il suo volto maggiormente. I loro nasi si sfiorarono, la ragazza rimase stupita da quelle parole così crude e taglienti.

-Boromir!- si avvicinò Sam osservandolo. Sperò con tutto se stesso che quella discussione potesse finire all’istante, stanco di dovervi assistere.

-Se è così …- Serindë aveva lasciato che le lacrime solcassero il suo viso, troppo arrabbiata per trattenerle.

L’uomo la guardò curioso di scoprire le sue prossime parole, concentrandosi su ogni suo nuovo atteggiamento.

-Io tolgo il disturbo- concluse voltandosi dall’altra parte.

-Serindë!-  Pipino fece di tutto per rincorrerla, ma la ragazza ignorando lo hobbit, si avvicinò alla sua roba e la raccolse, poi si allontanò seria raggiungendo i gradini che conducevano verso il sentiero che aveva imboccato precedentemente.

-Questa non ci voleva proprio!- asserì Sam chiudendo gli occhi, mentre il suo amico cercava in ogni modo di far ragionare la donna.

Serindë evitò gli sguardi di tutti ed irritata lasciò la piazzola. Era talmente arrabbiata che non le interessò dell’incontro che aveva avuto con quella creatura, furiosa com’era doveva essere quella bestia ad aver timore di lei.  Percorsa la strada pericolate delimitata dal gran precipizio che aveva scorto in precedenza, camminava adirata con i pugni stretti, disinteressandosi della sua  condotta e delle conseguenze di quell’ennesimo gesto dettato dall’impulsività.

Non solo stava esaurendo a causa di tutti quei pensieri, doveva anche combattere con quello zuccone di  …

-Ah- scosse le mani quasi per allontanarlo dalla sua mente.

Il percorso mentre avanzava si faceva sempre più ridotto e pericolante, si ritrovò a  tenersi dal muro per evitare di cadere. Voleva andare lontano, ignorando i guai che poteva imbattere nuovamente, era così tanto demoralizzata che non riuscì ad immaginarsi in una situazione peggiore.

Sospirò e dopo aver raggiunto l’altro pezzo di strada, ricordò le parole sagge di sua madre, come un richiamo interiore, una vocina flebile e dissentita all’interno del suo petto.

“Non lasciare mai andare le parole  con tanta facilità, esse possono essere più taglienti di una lama affilata avvolte”. Sospirò e continuò a camminare, ignorando il mondo intorno a lei. Quella cos’era la sua coscienza o il rimorso?.

La luce era divenuta flebile, non vi erano più delle fessure nella parete della montagna, ebbe un po’ paura ma continuò a camminare, lasciando che i piedi la portassero chissà dove, mentre la testa la stava conducendo in tutt’altro posto.

Era veramente triste, percepì un vuoto incolmabile al petto, le mancò quasi il respiro e tentò di massaggiarsi il torace sperando che la situazione migliorasse, anche se immaginò che non sarebbe accaduto. Era dispiaciuta, non per quello che aveva detto a Boromir, ma per Gandalf. Lui ci sarebbe rimasto male una volta sveglio … e gli Hobbit!. Ricordò l’espressione disperata di Pipino e sentì un peso al cuore. Le dispiaceva tanto per loro, ma non poteva lasciare che Boromir le parlasse in quel modo … in quel momento lo odiava così tanto che se fosse stato tra le sue mani l’avrebbe di sicuro stritolato.

 Era sempre stato così, da quando l’aveva conosciuto, sapeva bene che era impensierito da chissà che cosa, ma non poteva accettare quel suo tono, non riusciva mai a controllarsi e si maledisse per non possedere dei nervi saldi e una buona pazienza.

Si fermò sui suoi passi e lasciò che lo scialle e la spada che le aveva dotano lo stregone cadessero ai suoi piedi. Respirò cercando di rilassare il corpo, poi si appoggiò al muro trascinandosi lentamente a terra.

Tutto intorno a lei era buio e polveroso, l’aria era densa e pesante, la temperatura troppo fredda ed il terreno troppo umido. Non si poteva scorgere quasi niente, tutto era oscurato dall’ombra della notte. Serindë chiuse gli occhi sperando di scorgere un po’ di luce all’alba del nuovo giorno.

 

 

 

 

 

 

-Ed adesso?- Sam guardò gli altri che riposavano in lontananza, poi si avvicinò insieme a Pipino a Boromir, che seduto vicino alla brace del fuoco ormai andato, sembrava perso nei suoi pensieri.

-Tornerà?- chiese Pipino voltandosi ad osservare il punto dove l’amica li aveva lasciati.

-Tornerà- disse sicuro Boromir senza spostare il suo sguardo.

-Ma se le accadesse qualcosa?- chiese preoccupato Sam, voltandosi verso il buio della montagna.

Boromir impensierito si girò verso il punto che i due Hobbit stavano osservando, preoccupato anche lui per la donna.

-C’è Legolas!- disse più a se stesso che agli Hobbit, ritornò ad osservare il carbone ardente, ripensando alle parole che aveva detto alla fanciulla. Si maledisse mentalmente per essersi lasciato andare, poi passò una mano sulle tempie ed impensierito le massaggiò.

Era sicuro che quella creatura fosse Gollum. Conosceva la sua storia, anche lui era accecato dal potere dell’anello, quello stesso anello che gli stava facendo venire così tante incertezze e dubbi. Guardò Frodo in lontananza, lui dormiva, ignorando cosa fosse accaduto.

Se Gollum avesse preso l’anello, lui di sicuro non si sarebbe contenuto, non doveva accadere!. Lui stesso desiderava possedere quell’oggetto per riportare pace a Gondor e leggerezza ai pensieri del padre, ma aveva esagerato con Serindë, anche se lei era stata avventata, non avrebbe dovuto trattarla in quel modo, mosso solo dalla paura di perdere quell’ultima speranza.

Si sfregò gli occhi e ripensò al suo passato, alle sue conquiste e alle parole dei suoi uomini. Lui era un giovane impetuoso e forte, ma anche rispettoso. Come, come poteva un semplice oggetto farlo cambiare in quel modo? Allora era vero che l’anello attirava tutto a sé?

Sospirò per cacciare via quei pensieri poi si voltò ad osservare quei gradini, sperando che la donna non si fosse cacciata in altri guai. Non la poteva raggiungere, sapeva bene che lei si sarebbe solo innervosita, sperò vivamente che Legolas la incontrasse e la riportasse in quel posto, ed una volta calmati gli animi le avrebbe parlato.

 

Trascorsi diversi istanti  l’elfo fece ritorno. Boromir, Pipino e Sam lo guardarono avvicinarsi, e sperando di scorgere Serindë si voltarono verso lui,  ma ovviamente era solo e subito iniziarono a preoccuparsi.

-Legolas ….- Pipino si strinse le se mani -Sei solo?- chiese guardandosi intorno. Sam gli lanciò un’occhiataccia, poi abbassò lo sguardo imitando Boromir che non aveva alzato gli occhi da terra.

L’elfo osservò lo hobbit insospettito -Non ho trovato nulla!- disse semplicemente esaminando l’espressione ambigua dell’uomo.

-Non c’è bisogno di allarmarsi!- guardò Sam e Pipino poi si allontanò verso il bordo della roccia.

-Credo che non si avvicinerà più a noi!-

-Ma no … speriamo di si- Pipino si alzò per raggiungere Legolas che vicino ai gradini osservava quell’immenso scenario, composto da sale rovinate ed un’ infinità di scale e burroni.

Sam si portò una mano in testa -Che i Valar ci salvino da questi giorni!-

L’elfo confuso si voltò per osservare Pipino, non capiva cosa intendesse con quelle parole strane, non poteva sperare che Gollum li raggiungesse!.

-Era un po’ nervosa, così presa dalla rabbia se ne andata … ma ritornerà!- spiegò tutto d’un fiato confondendo maggiormente l’elfo.

-Tu non l’hai vista?- chiese poi.

-Non era qua quando se n’è andata zuccone!- disse ad alta voce Sam guardando i due in lontananza. Riportò lo sguardo sull’amico a suo fianco, poi sospirò.

-Cos’è successo?- l’elfo si voltò e serio osservò Sam in attesa di spiegazioni.

-Serindë come vedi se n’è andata …- disse frettolosamente Pipino. Legolas si voltò veloce ad osservare quel buio, poi volse il suo sguardo verso lo hobbit.

-Prima non lo sapevi … ma ora lo sai!- disse agitando la testa con le braccia incrociate.

-Bel modo di dire le cose!- Sam si alzò e si avvicinò ai due, poi guardò l’elfo

-Non l’hai vista proprio?- chiese preoccupato.

Legolas fece cenno di no con il capo, poi si soffermò ad osservare Boromir in lontananza.

-Da quanto tempo vi ha lasciati?- gli chiese austero.

L’uomo si portò una mano sulla fronte e confuso disse -Sono passati trenta minuti … non di più!-

-Dove si è diretta?-

-Non lo sappiamo-rispose Sam.

 Legolas rimase in silenzio poi con volto impensierito osservò le vie dinanzi a sé.

-Che facciamo svegliamo Gandalf?- chiese apprensivo.

-No- ripose l’elfo senza distogliere lo sguardo.

-Andrò io a cercarla!-

 

 

 

 

 

Si trovava in quel posto da tanto ormai. Dopo essersi calmata aveva iniziato ad avere paura, si guardava intorno intimorita. Se fosse stata attaccata un’altra volta, poteva considerare quel luogo la sua tomba, era talmente terrorizzata che non pensò nemmeno all’arma che possedeva in caso di difesa. Ogni rumore le faceva voltare il volto da una parte all’altra, scattava come una molla, sperando che presto le luci del sole potessero schiarire la situazione ed i suoi pensieri. Allarmata si alzò e si avvicinò alla parete rocciosa per cercare di vedere se ci fosse qualcuno, ma nulla.

Ma cosa aveva combinato? Perché si era allontanata così tanto? Perché aveva discusso con Boromir?

-Sono una stupida- tirò innervosita un calcio ad una pietra poi osservò d’un tratto le sue mani, così secche e ruvide, se avesse stretto nuovamente i pugni di sicuro la pelle si sarebbe lacerata, il freddo e la neve non le erano state d’aiuto.

 Voltò il capo da un lato all’altro per osservare meglio quel posto: la superficie della roccia era delimitata da un agglomerato numero di rocce che circondavano il piano raggiungendo altezze elevate, fu quasi simile ad un rifugio, poiché isolato bene dal grande precipizio che si estendeva per tutta l’aria.

Moria era un posto così vecchio e ricco di ricordi, si potevano distinguere nella parete della montagna diverse incisioni e disegni strani, dove venivano ritratti  animali e vari ornamenti floreali. Serindë per qualche secondo rimase incantata ad osservare quelle immagini, con … nostalgia. Delicatamente passò la mano sopra la parete pietrosa che si era ritrovata a fissare, senza un motivo ben preciso. Forse i Valar le avevano regalato un momento di pura serenità, poiché nel percepire la ruvidità della pietra e la molteplicità di quelle incisioni ricordò casa, e tutto quello che la circondava ogni giorno, e che adesso, aveva davanti e contemplava come se fosse anche quel luogo parte di un mondo rubato. Chissà se quella gente aveva sofferto quanto lei? Se tutti quei cadaveri in mezzo la via avevano affrontato momenti più difficili dei suoi, e se tutto quel mondo che adesso silenziosamente stava crollando, un tempo splendeva di gloria e onore.

Camminò piano, percorrendo con gli occhi e con le mani le incisioni sui muri. Ricordò tantissimi momenti legati alla sua vita e giunta alla fine di quelle decorazioni si ritrovò una specie di entrata decorata con colonne in pietra e simboli nanici. Curiosa osservò quei pilastri imponenti e ricordò che quelle immagini lei le aveva viste, non le erano nuove, e le sembrò di rivivere un momento già vissuto, ma ciò era molto strano ed allo stesso tempo inquietante.

Indietreggiò di poco, silenziosamente, senza produrre il minimo rumore. Raggiunse la sua roba per terra e dopo aver rimosso la polvere  che si era accumulata sullo scialle, lo piegò e lo appoggiò al braccio, stringendo invece la spada di Gandalf tra le mani.

Guardò una piccola fessura, e notando che ancora fuori era notte, decise di non aspettare le luci del sole, ma di ritornare immediatamente indietro, perché non le sembrò per niente maturo il suo comportamento, ed anche se si era lasciata andare ad emozioni così basse ed infantili, doveva correggersi e rimediare allo sbaglio che aveva fatto, sperando di ritrovare Boromir di buon umore.

Si incamminò e ripercorse al contrario il tragitto che aveva lasciato in precedenza, prestando maggiore attenzione alla pericolosità di quelle piccole stradine cadenti e  deformi. Appoggiò le mani sulla parete della montagna ed evitò di guardare il dirupo al limite della strada, ma si concentrò a percepire sotto il palmo delle mani, la temperatura inaspettatamente calda della roccia.

L’unico rumore che la distrasse fu il metallico, e incessante cigolio delle catene arrugginite, si concentrò a guardarle e notò che quest’ultime erano parecchio deteriorate, un semplice movimento e si sarebbero infrante come polvere. Durante il cammino notò che parecchi secchielli erano stati lasciati al centro della via, più volte si chinò per curiosare l’interno, ma non vi era niente, solo polvere e pietre. Ricordava bene che Gandalf aveva detto che le montagne erano ricche di tesori, ma sicuramente i nani li tenevano ben custoditi.

Si rialzò piano da terra e continuò a camminare, evitando di distrarsi ulteriormente, anche se la sua curiosità era costantemente stuzzicata da ogni singolo elemento di quella montagna e …

-Serindë!- una voce dietro l’aveva richiamata.

 Drizzò la schiena ed involontariamente portò la sua mano alla spada che gli aveva donato Gandalf.

-Chi è?- si voltò piano, con movimenti lenti e freddi.

Gli occhi azzurri e indagatori dell’elfo le fecero tirare un sospiro di sollievo, scostò la mano dall’elsa della spada e si voltò totalmente verso lui.

-Non avevo riconosciuto la tua voce!- ammise calma mentre Legolas le si avvicinava.

-Pensavo di non doverti più rimproverare per questo comportamento- era serio, ma nella sua voce non c’era rabbia. Serindë ormai serena abbassò il capo e si scusò.

-Hai ragione a riprendermi, non volevo disturbarti un’altra volta, solo che … io ho sbagliato-

L’elfo sospirò ma non le domandò nient’altro, già immaginava cosa fosse accaduto.

-Torniamo dagli altri!- le si avvicinò e le indicò il percorso che dovevano imboccare.

In silenzio i due si allontanarono da quel posto. Serindë spesso si ritrovò ad osservare le spalle dell’elfo ma non gli disse nulla, anche se desiderava parlargli e cercare di spiegare, doveva ammettere di trovarsi in imbarazzo. Con  gli altri componenti di quella compagnia aveva dialogato e conosceva il linea di massima il carattere di ognuno, ma con Legolas era diverso, loro due si erano sempre ignorati.

-Ho litigato con Boromir e me ne sono andata dicendogli tante brutte parole la colpa è mia, non dovevo ribattere, anche se mi sentivo in parte offesa- disse tutto velocemente, sbalordita anche lei di avergli parlato di quella lite. L’elfo piegò leggermente il volto e le lanciò un’occhiata furtiva, ma per diversi istanti rimase in silenzio.

Raggiunta una scalinata veramente ripida, Serindë si fermò, stanca per aver camminato così tanto, mentre Legolas senza fatica salì  velocemente due gradini per poi voltarsi e porgere la sua mano alla donna che lo guardava dal basso.

Intimorita lei allungò la sua mano ed una volta percepita la sua calda stretta, Legolas trascinò la ragazza a sé, sostenendola dalla schiena con l’altro braccio. La guardò negli occhi  per analizzare bene la sua espressione, poi quando lei calò lo sguardo, lui le parlò:

-Le parole di Boromir sono state dette per evitare che tu corressi altri pericoli …- ricercò il suo sguardo e solo quando lei gli concesse la sua attenzione lui continuò.

-Non cercare di basarti molto su  alcune frasi che ti ha detto, cerca invece di pensare che anche lui ha la mente occupata da tanti pensieri- la sua voce risuonò estremamente dolce alle orecchie della ragazza. Era stato così gentile che non seppe rispondere, ma lo ringraziò mentalmente per la delicatezza che le aveva riservato.

-Mi spiace- disse dopo aver riflettuto sul comportamento di Boromir, Legolas aveva proprio ragione, lui era molto tormentato.

L’elfo esaminò a lungo la sua espressione, tenendola saldamente dalla schiena per non farla precipitare dalle scale.

-Mi spiace anche averti disturbato … non hai riposato a causa mia!- era estremamente in imbarazzo e non si seppe spiegare perché quegli occhi le mettevano addosso tantissime emozioni, forse notò che l’elfo attraverso quegli sguardi riusciva a cogliere ogni suo pensiero, quasi fosse un libro aperto.

-Questo non ha importanza per me non è stato stancante  …- disse pacatamente continuando a guardarla

-Ma  tu hai rischiato di ….- si bloccò di colpo notando che le mani di lei erano sporche di sangue, preoccupato le prese tra le sue e le esaminò sotto lo sguardo scioccato di lei.

-Cosa?- disse piano guardandosi.

L’elfo esaminò velocemente il suo torace e notò che il corsetto era completamente inzuppato.

-La ferita si è riaperta- disse serio.

Lei abbassò lo sguardo e  delicatamente sfiorò il torace, completamente confusa.

-Non mi fa male!- asserì stupita.

- La tua fascia è abbastanza stretta, e la ferita si è aperta a causa di un movimento veloce, impossibile percepire dolore, il sangue è stato stagnato dal corsetto-

Serindë guardò le sue mani aperte sotto il suo sguardo, mentre Legolas senza dirle niente si chinò e le cinse il busto; rapidamente lei fu in braccio a lui.

Le sue braccia tenevano salde le gambe della fanciulla, mentre con delicatezza Legolas fece appoggiare la sua testa sul suo petto. Era così delicato che Serindë si sentì considerata speciale, e ricordò le braccia di suo padre, che quando la stringevano emanavano così tanto calore ed un senso di unicità, che non ricordò più fino a quel momento. Ammise che fu piacevole percepire quel petto muscoloso sotto la testa, così caldo e protettivo, tanto da farla sentire invulnerabile e protetta  da ogni sorta di male.

-E’  veramente necessario?- chiese imbarazzata, si sentiva molto bene, ma desiderò che lui non lo notasse, anche se immaginò che di sicuro l’elfo aveva percepito quel conforto che aveva provato.

-Dobbiamo raggiungere velocemente gli altri … lì ti medicherò, meglio che tu non ti sforza-

Non rispose nulla, ma semplicemente chiuse gli occhi e si lasciò trasportare, meravigliandosi della gentilezza dell’elfo. Era così serio, ma gentile e saggio. In quel momento non pensò più a niente e si sentì estremamente consolata e avvolta da un’affettuosa considerazione, che mai aveva pensato di bramare come in quel momento così tranquillizzante.

Legolas proseguì piano, stringendo saldamente la ragazza a sé.

 Era così piacevole che, sentì le lacrime ricoprirle gli occhi. Non riusciva più a curarsi di se stessa dall’inizio di quel viaggio, perciò non considerò mai l’idea che qualcuno potesse prenderla in considerazione, come stava facendo l’elfo in quel momento, quasi non le interessarono più quei bisogni che aveva sempre amato ricevere, tormentata dalle sue paranoie e dalla malinconia che aveva rubato il sorriso dal suo volto. Una lacrima le solcò il viso, piano lei appoggiò la sua mano sul petto caldo di lui e chiuse gli occhi, in modo da annullare il suo pianto.

Legolas portò lo sguardo sul suo viso addolorato, ed osservò preoccupato la sua espressione malinconica.

Avvicinò piano il suo volto e le chiese : -Ti senti male?-

Lei scosse il capo due volte mentre con fare apprensivo l’elfo le carezzò la schiena, sperando di alleggerire il peso del suo animo tormentato.

 

 

 

Dopo diversi minuti, Boromir vide ritornare Legolas con in braccio la ragazza. Serioso si rialzò da terra e lo raggiunse fermandosi sulle scale. Era rassicurato da quella vista, e grato all’amico per esser riuscito a riportare la ragazza indietro, anche se preoccupato per quest’ultima.

-L’hanno ferita?- chiese inquieto guardando la giovane. Non doveva essere accaduto, altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato. Più volte mentre era con gli hobbit aveva pensato di lasciarli ed andare ad aiutare Legolas nelle ricerche, ma si era trattenuto per non lasciarli soli in caso di un improvviso attacco.

-No- rispose Legolas stringendo la giovane senza particolari problemi.

-Adesso puoi mettermi giù- la ragazza imbarazzata rivolse il suo sguardo all’elfo, era molto rassicurante rimanere tra quelle braccia, ma altrettanto imbarazzante. Legolas piano l’appoggiò a terra, sostenendola con un braccio.

Serindë sorrise all’elfo ed in seguito volse la sua occhiata a Boromir, mentre stringeva la sua ferita con la mano destra.

Abbassò gli occhi ed inalò un po’ d’aria prima di schiarirsi la voce.

-Avevi ragione tu … senza di voi sarei morta- disse amareggiata senza spostare la sua occhiata da terra. Ricordò rivedendo gli occhi dell’uomo, tutte le parole che si erano gridati addosso, e provò vergogna per essersi comportata in quel modo

-Sei una sciocca- Boromir le si avvicinò e alzò con le dita il mento di lei, in modo da poterla guardare in faccia. Quelle parole erano colme di apprensione come il suo sguardo, che tormentato si posò su lei. Ringraziò il cielo e promise a se stesso di proteggerla d’ora in avanzi, senza rimproverarla in modo così aggressivo come aveva fatto prima.

-E tu un testone- Serindë gli sorrise, e lui con il cuore più leggero le carezzò delicatamente la guancia.

 

 

 

 

 

Angolo autrice:
Salve a tutti gente, giunta a conclusione di questo capitolo mi vengono in mente due proverbi, voi quale sceglierete? ^.^ “Chi si assomiglia si piglia” i riferimenti sono puramente casuali ahaha, o “ gli opposti si attraggono” anche in questo caso pura casualità;)

Comunque sarei curiosa di capire arrivati a questo punto cosa credete che accadrà, Serindë vi ha mostrato il suo bel caratterino, molto impulsiva ma abbastanza matura da riconoscere i suoi sbagli. Spero di non aver reso nessun personaggio OC, o di aver deluso le aspettative di qualcuno.

Ringrazio infinitamente Fjorleif e Princess_of_Erebor per aver recensito, e vi ringrazio  tutti per aver letto, un bacio, alla prossima : )

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Goodbye my dear friends ***


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitava spesso che durante le giornate estive, la piccola principessina rimanesse su nella alta torre del palazzo, per ammirare il panorama in compagnia della sua  bambinaia.

Un venticello caldo si era alzato agitando le cime degli alberi, che nel muoversi allegramente entravano in armonia con il canto dei bambini, che spensierati giocavano sotto la torre. Gli uccellini stavano ritornando ai propri nidi e mentre la giornata si volgeva al termine, le luci della cittadella si affievolivano, lasciando spazio alla calda sera.

-Come mai non vai a giocare con gli altri bimbi … eh Serindë?-  la donna dopo aver raccolto i capi asciutti si avvicinò alla ragazzina, che incantata scrutava la foresta sottostante.

-Ho promesso a papà di non allontanarmi quando viene sera … altrimenti si preoccupa!- spiegò pacatamente, stringendo tra le mani una trottola di legno.

La donna sorrise, si avvicinò alla piccola sedendosi a suo fianco.

-Ma che brava che sei … però credo che ci sia qualcosa di più oltre l’avvertimento di tuo padre a farti rimanere qua con me- disse la baia piegando sulle gambe le vesti della piccola bambina.

-Beh- la fanciulla appoggiò le mani sulle guance e si perse a fissare la foresta, in tutto il suo smisurato splendore. Quel luogo pareva essere così bello e accogliente, tanto da farle sembrare  insensate le preoccupazioni della gente che desiderava allontanare i bambini dalla fitta boscaglia.

-Papà dice che ci sono i lupi!- dichiarò preoccupata.

-E’ vero tesoro- la nutrice delicatamente accarezzò i morbidi e lunghi capelli della ragazzina, attirando l’attenzione verso sé.

-Ma adesso il capo branco è stato ucciso dai nostri soldati, non lo sapevi?-

La bimba osservò la donna alzarsi ed allontanarsi da lei, per dirigersi verso la vasca, dove scorreva limpida e cristallina l’acqua fresca proveniente dal fiume del paese.

-Si … ma è solo uno- spiegò la piccola corrugando la fronte.

-Tesoro!- la donna ignorando lo sguardo di Serindë, cominciò a lavare gli altri panni, mentre il venticello le scompigliava i capelli, facendoli danzare nell’aria.

-Non è il numero che conta …- si voltò di poco per osservare gli occhi della bambina.

-Quando muore il capo branco, gli altri lupi si dividono, perché non c’è più una guida, diventano deboli e difficilmente riescono ad unirsi-

-Loro si dividono?- la bambina quasi dispiaciuta calò lo sguardo, stringendo tra le piccole mani il suo gioco.

-Ma allora se si dividono …. la compagnia si scioglie-

-Esatto Serindë, se il capo branco muore … la compagnia si scioglie-

 

 

 

 

Goodbye my dear friends:

 

 

 

Non sapeva spiegarlo a parole e nemmeno voleva, di sicuro nessuno ci avrebbe creduto, ma aveva avvertito dentro il suo cuore qualcosa di veramente malinconico, come se il suo istinto volesse avvertirla riguardo quella  situazione, ma lei non aveva fatto nulla al riguardo, d'altronde niente poteva fare, oltre che abbandonarsi a quei sentimenti sconfortanti e drammatici.

Boromir la teneva stretta per non farla fuggire, preoccupato a badare agli hobbit ed a eseguire gli ordini di Aragorn, che impensierito ripuliva con un lembo della sua divisa la spada intrisa di sangue.

-Boromir …- la voce decisa dell’uomo scosse il pensiero della ragazza, che al momento si trovava in ginocchio per terra. Era senza voce, aveva gridato molto e la gola le bruciava intensamente, proprio come gli occhi.

-Falli alzare- a differenza degli altri, l’uomo dagli occhi verdi sembrava essere molto più controllato e austero. Serindë gli lanciò un’occhiata, ormai certa che anche Aragorn stesse soffrendo, anche se diversamente dagli altri.

-Concedi loro un momento- il ragazzo allontanò le sue braccia forzute dalla vita della donna, che nell’avvertire quell’improvvisa assenza, sentì come se un varco si schiudesse all’altezza del suo petto. Non tremò per non vacillare completamente, ma non riuscì a smettere di piangere, aveva per lungo tempo trattenuto tutte quelle lacrime, ripudiando il dolore, come se esso potesse in qualche modo deturpare la sua immagine agli occhi degli altri, perché lei era una donna forte, ed anche se non possedeva particolare maestria  nel maneggiare le armi, sapeva bene che la sua forza di volontà, non era inferiore a quella degli altri.

Osservò le sue mani così minute e tremanti; si fece coraggio e si rialzò lentamente, asciugando le lacrime sulle guance, poi si avvicinò all’elfo che la guardava con un’espressione indecifrabile. Probabilmente anche lui era afflitto per la perdita dello stregone, ma non lo fece a vedere.

Per qualche istante si perse a guardare il volto di Legolas, anche lui era stato segnato da quel viaggio, lo si poteva notare dalla spossatezza di quei lineamenti, che pur stressati rivelavano anche una grande e disumana forza.

-Queste colline brulicheranno di orchi- Aragorn si era avvicinato a loro, mostrandogli tutta la sua più profonda preoccupazione, in seguito si allontanò per riunire tutti quanti, specialmente Frodo che sembrava il più abbattuto.

-Mi gira la testa - Dichiarò scombussolata osservando il paesaggio dinanzi. Era talmente angosciata che non si curò nemmeno di apprezzare l’aria fresca, e quel caloroso sentiero di montagna, così diverso dalle tenebre di Moria.

L’elfo le poggiò una mano sulla spalla, con estrema delicatezza, attento a non turbare le sue emozioni.

-Dobbiamo proseguire!- la guardò sperando che riuscisse a continuare, nonostante tutti i pericoli affrontati.

Serindë non obbiettò, semplicemente  aspettò che tutti fossero nelle condizioni di avanzare, senza piangere o farsi abbattere dalla malinconia, ed infatti, dopo che la compagnia venne nuovamente ricomposta, il viaggio continuò, Lothlorien fu la nuova destinazione e tutti erano impazienti di raggiungerla.

 

Il percorso era ricco di vegetazione, gli arbusti innalzavano la loro ampia tettoia estendendosi in alto e intrecciandosi tra rami e foglie, incorniciavano un percorso animato da fogliame e da piccoli animali, che nel percepire il passo svelto della compagnia, si precipitavano nelle proprie tane per nascondersi.

 Il trauma  della morte di Gandalf sembrava appesantirsi ad ogni passo, mentre la vita intorno a loro continuava a procedere senza interrompersi. Gli scoiattoli schiamazzavano tra gli alberi, e gli uccelli cantavano nell’aria fresca, mentre la loro meta pareva essere sempre più vicina. Serindë provò una serie di emozioni, tutte in contrasto tra loro: il senso di libertà, e il distacco da Moria, che pareva tenerla imprigionata tra le sue pericolose tenebre, il senso dell’avventura, di eventi inattesi che si stavano verificando con frequenza ed inaspettatamente, il senso della perdita, che mai come ora stava iniziando a gravare nel suo petto, producendo ansia e mortificazione, ed infine il senso dell’esperienza, che la stava conducendo presso sentieri mai visti. In questo stato confusionale, ascoltava gli animali e la vegetazione intorno a lei, contemplava stanca i giochi di luce e di ombra, mentre si beava di sentire sotto i piedi l’elasticità del terreno.

Il viaggio durò veramente poco, circa un giorno, e quando la compagnia entrò nell’umida ed eterna foresta di Lothlorien, Serindë sentì tornare le vecchie emozioni percepite a Moria. L’oppressione e l’angoscia, accompagnarono una strana ed insopportabile spossatezza. Proseguiva, contando su una forza che non aveva mai saputo di avere. Si trovò totalmente impreparata a quella vista: le dimensioni degli alberi giganteschi, i tronchi grandi come case, le spesse e ondulate radici coperte di muschio  che percorrevano spazi vasti tappezzati da fogliame essiccato.

 Avanzare presso quel luogo le parve come camminare presso il suo castello, tutto era così maestoso e privo di dolore. Le sembrò veramente molto strano, tanto da farla sentire a disagio. Le palpebre si stavano facendo pesanti, e la ferita puntualmente le pulsava. Si fermò varie volte per riprendere energie, sperando di riuscire ad avanzare senza ulteriori problematiche.

-Stai vicina ragazza- Gimli le si era approssimato, preoccupato per la sua lontananza.

-Si dice che in questi boschi viva una grande fattucchiera. Una strega-elfo, con poteri straordinari …-   camminò lentamente stringendo l’ascia tra le mani, poi svelto lanciò un’occhiata agli hobbit dietro loro, che parevano spiazzati dalle parole dell’amico.

-Tutti quelli che la guardano cadono nel suo incantesimo e non li si vede più … beh ecco un nano che lei non intrappolerà tanto facilmente!- fiero strinse maggiormente la sua arma, ma presto si bloccò a causa di un improvviso assedio.

Serindë stupita alzò il capo per osservare tutti quegli elfi, che seriosi, senza motivazioni gli stavano puntando le loro frecce addosso. Non aveva avvertito la loro presenza ed il loro passo, ma si era ritrovata davanti un esercito degno di quel luogo.

-Il nano respira così forte che potevamo colpirlo nel buio- si fece avanti un elfo. Era alto e di pelle chiara, con un torace ben sviluppato e dei lineamenti marcati, indossava un’armatura elfica, come tutti gli altri e portava a tracolla arco e frecce. Si guardò attorno cercando di stabilire chi fosse il capo di quella spedizione, poi si soffermò a guardare sorpreso Serindë. La giovane era stremata, ormai non riusciva più ad alterarsi a causa di quel nuovo problema, desiderosa di lasciarsi andare, troppo stanca ed addolorata per affrontare tempestivamente quella situazione.

Respirò a fatica e non riuscendo a tenere gli occhi aperti, lasciò che le palpebre si chiudessero lentamente, oscurando quel luminoso paesaggio. Probabilmente qualcuno la sorresse, ma non riuscì a capire chi fosse, ormai lei era lontana, sospesa tra il buoi dei suoi pensieri e la luce di una speranza che pareva affievolirsi, come il chiarore del sole che lentamente stava lasciando posto all’oscurità.

 

 

 

 

I sogni sono un tentativo della mente di razionalizzare eventi della vita quotidiana:

 

 

Il sole illuminava con i suoi caldi raggi, l’interno di una bianca stanza, ed il vento, trascinava avanti ed indietro le foglie essiccate che giacevano a terra, fuori nel grande giardino.

Una figura si poteva scorgere tra le tende ricamate che mosse ripetutamente dal vento, confondevano la vista della giovane donna, mentre  camminava lentamente tentando di dar nome a quella inaspettata visione.

-Papà?- chiese una volta scorto il viso dell’uomo, segnato da rughe e da esperienza. Serindë trovò l’espressione del genitore molto più serena, quasi come se ora non vi fossero pensieri a turbare la sua mente, come un tempo lo ricordava, così indaffarato da non poter concedere alla figlia nemmeno un attimo per dialogare.

-Come stai?- afferrò le sue mani e le strinse con amorevolezza.

I suoi occhi erano incantati ad osservare il panorama d’autunno, così ricco di caldi profumi e colori.

-Non parlare forte figlia mia …- si voltò verso lei per poter osservare i suoi occhi scuri e profondi - Gli altri non mi possono sentire, ti prenderanno per pazza-

-Dunque solo io posso sentirti?- chiese  carezzandogli la mano.

-Esatto- le sorrise calorosamente, poi alzò gli occhi ed osservò in lontananza l’uscio della porta.

-Ma io ti rivedrò?- chiese lei angosciata cercando l’attenzione del padre.

-Quando vorrai e se lo vorrai, ma adesso bada a lui-

-A chi?- chiese lei confusa. L’immagine del padre divenne sfocata, scomparve dinanzi ai suoi occhi. Incerta si allontanò dalla sedia, e tutt’ad un tratto si ritrovò distante da quell’ambiente domestico.

Il sole pallido bruciò il freddo della boscaglia, riscaldando le spalle della donna che si trovava ai piedi di un alto tronco, che innalzandosi spiegava i suoi forzuti rami,  che nascondevano il cielo a causa di una fitta rete di foglie. L’atmosfera era diversa dal luogo in cui si trovava prima, ora era completamente sola, in balia di quella sconosciuta foresta, piena di ombre e di rumori.

Tendine di verde muschio, rampicanti e grosse liane, penzolavano dagli alberi. Il suolo era ricoperto da enormi felci e serpeggianti radici, Serindë rimase molto colpita da quella foresta, ed attenta cercò di non cadere a causa di tutti quegli ostacoli. Era troppo difficile camminare in quel modo, doveva cercare di non mettere il piede in un posto sbagliato altrimenti sarebbe caduta. Concentrata proseguiva, sperando di trovare un sentiero più sicuro e meno pericolante. Si fermò di colpo quando percepì qualcuno dietro, piano girò il collo per vedere chi vi fosse, e rimase particolarmente colpita a trovarvi un personaggio di sua conoscenza.

-Boromir, come mai così distante da me?- gli chiese guardandolo.

-Serindë, la mia lama si è spezzata, nel tentativo di tagliare queste grosse radici-

-Come hai fatto, la tua spada era imbattibile?- gli chiese sempre più scioccata nel vederlo così distante ed in difficoltà.

-Mentre stavo camminando mi sono ritrovato impigliato nel terreno, bisogna stare attenti mentre si cammina … la mia spada non ha potuto spezzare questi blocchi- indicò con in mano la lama spezzata il percorso pieno di radici e sassi.

-Perché non chiedi aiuto a Gandalf? sai che lui potrebbe salvarti!-

-Lui anche sta percorrendo questo sentiero, non posso disturbarlo proprio ora, altrimenti anche lui avrà la mia stessa condanna. Tu adesso continua a camminare- le disse apprensivo.

-Ma io non posso lasciarvi indietro allora!- la ragazza era decisa a tornare ad aiutare i suoi nuovi amici, soprattutto dopo quella rivelazione. Anche loro si trovavano in quella foresta e dovevano uscirne insieme a lei.

-No puoi, ormai questo sentiero non ti appartiene, dovresti continuare a camminare, forse più avanti ci incontreremo di nuovo-

-Ne sei sicuro?- chiese tristemente osservando gli occhi caldi del ragazzo.

-Ci incontreremo come è successo oggi- rispose stringendo tra le mani quella spada spezzata a metà.

-E potremmo noi parlare?-

-Quando vorrai e se lo vorrai, ma adesso bada a lui-

-A chi?- si voltò concentrata a raggiungere l’amico, ma di colpo una grande luce illuminò ogni cosa, risucchiando tutto all’interno di quel chiaro bagliore, anche Boromir, che prima di lasciarla gli aveva donato l’elsa spezzata della sua spada.

Ora il sole era calato, mentre la luna e le stelle illuminavano il prato verde con la loro particolare luce. Con un sospiro Serindë strinse la spada spezzata che gli aveva donato l’amico, e continuò a camminare, percorrendo quel sentiero di campagna. Camminò allungo, e quando sentì odore di fumo iniziò a seguir il suo olfatto, ritrovandosi in una radura dove scorreva un piccolo ruscello.

Un fuoco illuminava il volto dei suoi compagni, mentre le fiamme si dimenavano espandendo calore e luce. Aragorn e Legolas si trovavano in piedi intenti a fissare l’orizzonte. Serindë si stupì e gioiosa  corse per raggiungerli.

-Voi qui?- chiese guardandoli. Erano così seri e autorevoli, così diversi da lei, che quasi si sentì in soggezione, ma comunque decise di rimanere insieme a loro.

-Ma perché voi tutti vi siete separati? Ora Boromir ha deciso di fermarsi nella foresta e degli altri io non so nulla- Aragorn e l’elfo si voltarono ad osservarla, interessati ad esaminare la sua figura.

 -Loro prima di raggiungerci dovranno percorrere un sentiero lontano!- disse Aragorn

-Perché non andiamo insieme ad aiutarli?-

-Noi non possiamo, loro sono distanti ormai- spiegò Legolas.

-Ma guarda- la giovane gli mostrò la lama spezzata di Boromir.

-Loro stanno lottando perché il percorso è insidioso, se noi li aiutassimo potremmo ritrovarci tutti insieme- Abbassò gli occhi e guardò quella spada -Boromir mi ha donato questa, e se la riparassimo per lui?- chiese preoccupata.

Legolas si fece avanti e testò quella lama, sfiorando le mani della donna.

-A lui non serve più. Ma io potrei ripararla per te-

-Io non ho mai combattuto!- disse allarmata.

-Questo non vuol dire che tu non possa!- l’elfo le afferrò le mani e la guardò negli occhi.

 

 

I sogni spesso possono preavvisare eventi ancora inattesi.

 

 

 

Aprì gli occhi con difficoltà, dopo aver sbattuto varie volte le palpebre riuscì a mettere a fuoco le immagini che aveva dinanzi.

Si ritrovò a fissare un tetto, quest’ultimo era di legno e rivestiva l’intero perimetro della stanza, dalla quale entrava, tramite le finestre, la luce fredda delle  lanterne.

La ragazza appoggiò le mani su quello che pareva essere un letto, concertò tutte le sue forze e tentò di rialzarsi , anche se a fatica.

-Mia signora stia ferma- avvertì delle mani afferrarla dalla sottile vita, ed il suo sguardo si posò su quello sconosciuto.

Per diversi istanti rimase immobile a pensare  al sogno che aveva fatto in precedenza. Si sfregò gli occhi ed assecondò la richiesta silenziosa dell’uomo, che lentamente la stava sdraiando sul lettino.

-E voi chi siete?- domandò non riconoscendo la sua voce.

-Il mio nome è Amdir-  le rispose dolcemente sedendosi a suo fianco. La giovane aprì gli occhi e stordita cercò di osservarlo, curiosa di conoscere il suo volto. Era un elfo, giovane e forzuto, i suoi occhi verdi brillavano come diamanti, le sembrò che essi potessero osservare anche la sua più profonda preoccupazione, poiché attraverso quell’occhiata percepì qualcosa di inaspettato e completamente sconosciuto.

La giovane abbassò svelta lo sguardo, desiderosa di annullare quel contatto.

-C’è qualcosa che vi turba?- le domandò Amdir notando il suo imbarazzo.

-In verità sarei preoccupata- ripensò al sogno che aveva avuto e sconcertata osservò una porta in lontananza -Dove sono gli altri?. Io non ero sola!-

L’elfo sembrò impensierito da quella domanda, e dopo aver riflettuto le disse -Loro al momento stanno discutendo con il nostro capitano, c’è qualcosa che posso fare?-

La giovane spalancò gli occhi ed estremamente preoccupata si ritrovò a fissare il volto di Amdir, sperando che lui potesse alleggerire quel peso al petto.

-Si ….-

 

 

 

 

Legolas si trovava con gli altri nel largo spiazzo, fuori tra la vasta vegetazione della foresta elfica. Delle lanterne illuminavano il porticato, disposte ordinatamente su alte colonne, e decorate dalla rampicante edera che si allargava lungo tutto il perimetro della grossa querce che li stava ospitando.

L’alloggio degli elfi si trovava proprio su un massiccio albero, incoronato di lanterne e di luci argentee. Sparsi un po’ ovunque, vi erano delle statue  e dei filamenti di fogliame, che arrampicandosi su quelle figure marmoree, incorniciavano l’intera zona, emanando un fresco ed apprezzabile profumo.

Aragorn stava discutendo con Haldir, mentre gli altri, ognuno immerso nei propri pensieri osservavano quell’infinito panorama.

Amdir silenziosamente oltrepassò il suo capitano, evitando di incrociare lo sguardo degli Hobbit, che incuriositi l’avevano riconosciuto per colui che aveva preso in custodia Serindë,  ed ora desiderosi di parlargli, pregavano per lei.

Legolas aveva percepito la presenza dell’elfo, ma non si voltò fino a quando quest’ultimo gli parlò.

-Mi spiace disturbarti …- l’elfo guardò le spalle del giovane che subito si girò per osservarlo.

-Ma la ragazza si è appena svegliata!- questa informazione lo sollevò, poiché preoccupato come gli altri pensava costantemente all’amica che nel pomeriggio era svenuta.

-Chiede di vederti- rivelò guardandolo negli occhi.

-Conducimi da lei-

I due si allontanarono, e dopo aver percorso le scale che portavano alla camera della giovane, si bloccarono, attenti a non fare rumore.

Legolas piano spostò la tenda di raso ed entrò in quella calda stanza, curioso di vedere Serindë.

Il posto era piccolo ma confortevole, nel mezzo della camera vi era un letto, di fronte un tavolino in legno, ed una piccola finestra che comunicava con l’esterno.

-Serindë!-  Legolas le si avvicinò, mentre Amdir dopo aver chinato il capo in un cenno di saluto, lasciò la camera, permettendo ai due di comunicare privatamente.

-Come stai?- le chiese apprensivo avvicinandosi al letto. Le afferrò delicatamente la mano, e si meravigliò dell’improvvisa inquietudine che le aveva sbianchito il viso.

-Va meglio- la donna si voltò ed incrociò quei occhi azzurri, che sembravano contraddire la sua affermazione.

-Dovresti riposare adesso!. Hai trovato un posto sicuro- prese a sedersi sulla sedia affianco al letto, osservando l’espressione allarmata della giovane.

-Ho visto in sogno mio padre che diceva di non esser visto da nessun altro all’infuori di me …- rivelò preoccupata, torturandosi le mani.

-Poi Boromir, all’interno di una foresta. La sua spada era stata spezzata e lui era intrappolato, non riusciva a camminare, ma diceva a me di proseguire … così io ascoltando le sue parole sono giunta in un campo d’erba, e lì ho visto te ed Aragorn, separati dal resto della compagnia. Ognuno aveva scelto percorsi differenti e tu mi hai spiegato che, anche se desideravo aiutarli non potevo, e non potevo nemmeno salvare Boromir, perché affermavi che la sua spada era stata spezzata e non gli occorreva più e …- iniziò a tremare e nella confusione di quelle immagini si lasciò sfuggire delle lacrime.

-Serindë!- Legolas velocemente si alzò dalla sedia e si avvicinò a lei, stringendo le mani tremanti tra le sue, la carezzo lentamente, sperando di farla rasserenare.

-Non agitarti era solo …-

-No. Tutti continuavano a dirmi una frase … ma io non ricordo. Poi ho paura che capiti qualcosa a Boromir, o a voi, ma più di tutti a lui. Sai si trovava così in difficoltà e non riusciva a liberarsi da tutti quegli ostacoli- Avvicinò le gambe al torace, continuando a parlare senza prendere fiato, nervosa a causa di quello strano sogno.

-Serindë, sei ferita- Legolas cercò di calmarla ma notando che quelle parole non avevano effetto, le afferrò le spalle con estrema cura.

-Legolas …-  la giovane si era avvicinata, ora più preoccupata che mai.

-Io voglio ritornare a casa!-

-Serindë, ormai questo non è più possibile, lo sai perfettamente!- le afferrò le mani e la guardò intensamente.

-Io non c’è la faccio più. Non ho nessuno con cui parlare, non posso più confidarmi con mia madre. Devo solo camminare e sperare di ritrovarla, anche se penso che lei sia morta … perché devo continuare a dirmi bugie … questo mi fa solo male. Io sto solo tanto male- i suoi occhi erano pieni di lacrime, e lei era stanca di combattere contro qualcosa che non poteva allontanare.

-E’ tutto finito-  le spiegò carezzando il dorso della sua mano.

-Io non penso- i suoi occhi rossi e gonfi attirarono lo sguardo dell’elfo.

Respirava irregolarmente e sentiva che le lacrime presto avrebbero bagnato il suo volto. Era così stanca di contenersi, desiderava solo parlare per far fuoriuscire tutto il dolore che aveva dentro.

L’elfo le prese un braccio e l’attirò a sé senza perdersi in chiacchiere, sapeva bene che non le avrebbero fatto effetto, inoltre doveva calmarla altrimenti, agitandosi in quel modo la ferita si sarebbe riaperta. Le sue angosce l’avrebbero solo trascinata in un baratro ancora più profondo ed oscuro, la sua mente era bisognosa di distrarsi e di concentrarsi su altro, anche se questo era impossibile.

Serindë piano chiuse gli occhi, appoggiò le sue mani sul torace muscoloso di lui, e qui attese in silenzio, cercando di trovare sollievo tra quella braccia che nello stringerla, parevano essere capaci di allontanarle ogni pericolo.

-Non te ne andare come Gandalf!- gli disse stringendolo a sé, triste per la perdita dell’amico e desiderosa di non lasciar andare più nessuno.

L’elfo sorrise appena e piano le carezzò le spalle, attento a non procurargli dolore.

-Non accadrà- quella fu una frase rassicurante. Il modo naturale in cui era stata espressa, riuscì a calmare la ragazza che pareva trascinata da tutti quegli eventi.

-Tu cosa pensi del sogno che ti ho raccontato?- gli chiese chiudendo gli occhi. Il battito del cuore di Legolas era molto rassicurante, come la sua voce.

-Tante volte la mente si perde durante i sogni. Non pensare molto a questo. Sii saggia e temeraria, infondo anche nelle tue vene, scorre il sangue del mio popolo- le sorrise cercando di cambiare discorso e di farla confidare.

La giovane allontanò la sua testa dal petto di lui, e lo osservò, massaggiando le sue orecchie.

-Hai notato- gli disse curiosa.

-Dal primo momento- confessò lui.

-Però sono diversa da te … io sono metà elfa- spiegò allontanandosi dal quell’abbraccio.

-Lo so-  Legolas non fu sorpreso, ma semplicemente contento di sentire quella rivelazione.

 

 

 

Piccola sorpresina:

 

 

 

 

 

 

 

 

 Che ne dite, questa è la nostra protagonista per come la immagino io, a voi piace?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Salve, come va?

Ecco a voi un nuovo capitolo. Ci tenevo a spiegare che, ho saltato la parte dello scontro a Moria perché non mi serviva, spiego meglio, a me interessa solo raccontare la storia di Serindë, quindi, quel pezzo l’ho soltanto, anche perché lei non aveva voce in capitolo, incapace di combattere, semplicemente si era affidata nelle mani dei suoi compagni, ma voi desideravate leggere questo?

Ho voluto un po’ svelare il mistero che l’avvolge, vi dico già da ora, che i suoi sogni ora e più in là saranno veramente significativi, col tempo anche lei riuscirà ad interpretarli. In questo capitolo lei è crollata, perché la sua situazione è abbastanza carica di ansia, così ho scritto qualcosa di dolce, in modo che la vicenda non risulti pesante. Come altro io non ho nulla da dire, se voi invece a mia differenza, desiderate altre spiegazioni, prego, parlate senza problemi.

Ringrazio come sempre, Fjorleif che recensisce con costanza, vi lascio il link del suo profilo, indicandovi la sua storia che è veramente molto bella.

Ps: questo capitolo è un po’ più corto dell’altro, da lettrice penso che magari una lunghezza standard sia più apprezzabile di un capitolo lunghissimo, almeno riesco a concentrarmi su determinati eventi, voi che dite? pubblico dite la vostra insomma, mi farebbe piacere conoscere le vostre domande e le curiosità, siete veramente in tanti che seguite in silenzio la storia, vi ringrazio tutti.

Un grosso bacio e alla prossima.

 

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Capitolo 6
*** New roads ***


 

New roads:

 

 


Amdir, dopo che Legolas uscì dalla stanza avvisò la ragazza dell’opportunità di raggiungere il reame della dama dei boschi molto prima dei suoi compagni, di fatti Haldir, il capitano della pattuglia elfica non aveva  scorto in Serindë alcuna minaccia, anzi aveva compreso le sue difficoltà e gentilmente, con il consenso delle guardie del reame degli elfi, aveva procurato alla fanciulla il permesso di potervi entrare, in modo da trascorrere serenamente le giornate, e di poter riprendersi, recuperando le forze perdute.

Serindë non riuscì a salutare i suoi compagni, era molto triste per questo, ma Amdir le spiegò che a breve si sarebbero rincontrati di nuovo, così consolata da questo pensiero partì quella stessa notte, con il nuovo compagno, sperando che gli altri non stessero in pensiero a causa sua.

Fortunatamente il percorso non era pericolante, anzi, mentre camminava in mezzo al prato fresco si sentì decisamente rassicurata. Alzò gli occhi al cielo per ammirare la costellazione che brillava sopra lei e che, con i suoi raggi d’argento illuminava il percorso, decorando ogni foglia ed ogni ramo con  una luce brillante e confortante.

Amdir con premura scostò un ramo e afferrò Serindë dalla vita, poi la superò e l’aiutò ad oltrepassare un ostacolo a terra, lei gli sorrise grata e sperò di raggiungere velocemente la loro destinazione, in quanto troppo in imbarazzo.

 Il sentiero era silenzioso, illuminato dal chiarore della luna. Qua e là, nella pallida luce notturna si potevano scorgere fragili ciuffi di nebbia, che come ovatta aderivano alla cima degli alberi. Serindë a bocca aperta osservò ogni elemento intorno a lei, fino a puntare lo sguardo sulla distesa ininterrotta di fitta foresta, che si prolungava in lontananza  fino dove occhio poteva arrivare.

-Quanto è distante?- chiese la ragazza osservando le spalle larghe dell’elfo dinanzi, che nel sentirla ruotò leggermente il capo.

-Non molto … domani all’alba saremo sicuramente arrivati-

-Sul serio?- fu felice di sapere che il viaggio fosse breve, desiderava solo riposare e rimanere lontana da altri guai.

-Certamente- l’elfo le sorrise, aiutandola ad avanzare con premura, in modo da non farla sforzare.

-Mi chiedo se potrò incontrare la vostra signora!- confessò incuriosita da questo personaggio.

-Sicuramente, la dama di Lorien vorrà conoscerti … - si voltò e l’aiutò ad oltrepassare una grossa roccia conficcata nel terreno, sostenendola con delicatezza con le mani.

-Ma questo avverrà in un secondo momento. La vedrai insieme ai tuoi compagni-

-E sai per caso quando loro riusciranno a raggiun…-

-Domani sera sicuramente arriveranno anche loro al reame boscoso- spiegò Amdir guardandola negli occhi. La fanciulla stupita osservò quelle iridi verdi, brillare nella notte come due fari protettori; i lineamenti dell’elfo erano estremamente delicati, in lui splendeva una luce serafica, ciò si poteva percepire attraverso un semplice sguardo.

-Allora proseguiamo, sono impaziente di conoscere la signora del bosco!- asserì Serindë desiderosa più che mai, di scorgere il volto della donna che Gimli temeva.

 

La compagnia, dopo due ore dall’allontanamento di Serindë ricevette la notizia che l’indomani, precisamente all’alba del nuovo giorno, Haldir, capitano delle guardie elfiche, li avrebbe condotti presso il reame della dama dei boschi, che distava circa un giorno da lì. Aragorn fu felice di apprendere quella notizia, come tutti del resto. L’uomo aveva discusso allungo con l’elfo, sperando che quest’ultimo comprendesse il suo turbamento e gli donasse aiuto.

Gimli si alzò dal suo posto ed un po’ meno gioioso degli altri raggiunse Legolas, lanciando un’occhiata all’amico, che aveva subito intuito la sua apprensione.

-Quindi incontreremo la strega-elfo di cui ci parlava Gim…- Pipino venne immediatamente zittito dal nano, che aveva avvicinato la sua mano allo hobbit per tappargli la bocca e metterlo a tacere. Merry scacciò una risata e sorridendo come un ebete guardò Frodo e Sam fermi e seriosi, intenti ad ascoltare le parole dell’elfo vicino loro.

-La nostra signora ha deciso di lasciarvi continuare, dovreste esserle grati- Haldir indignato guardò lo hobbit, in seguito volse il suo sguardo su Boromir, che serio e pensieroso ascoltava le sue parole.

-Serindë sarà ancora debole, non può continuare- Sam abbassò lo sguardo confessando la sua preoccupazione.

Haldir spostò la sua attenzione su lui, poi osservò Aragorn -La ragazza si sta dirigendo verso Lorien-

Boromir stupito alzò lo sguardo e scrutò l’elfo meticolosamente. Legolas rimase in silenzio curioso di ascoltare le parole di Haldir, era sorpreso e impaziente di scoprire il motivo per cui loro non erano stati subito avvisati, mentre gli Hobbit e Gimli tacevano stupiti della notizia. La ragazza aveva perso conoscenza ed era debole, quindi incapace di continuare a viaggiare.

-Rimanete tranquilli- Haldir osservò Aragorn che a differenza degli altri era sicuro della scelta compiuta dall’elfo.

-Insieme a lei c’è un nostro bravo soldato. A Lorien potrà trovare riposo- Detto questo li lasciò, impazienti di partire e di scorgere l’incantevole reame della dama dei boschi.

 

La mattina seguente la compagnia si sveglio all’alba per proseguire il viaggio. Quello fu un silenzioso risveglio, in fretta si prepararono per raggiungere Lorien, impazienti di ascoltare le parole di Lady Galadriel, di comprendere il suo pensiero, e di scorgere quel reame. Avevano lottato molto e camminato presso sentieri poco sicuri, sperando di raggiungere velocemente la loro meta, e superare tutte le insidie che li separavano da Mordor, in modo da togliersi quel grande peso dalle spalle.

Boromir afferrò il suo scudo e lo sistemò dietro la schiena, mentre Aragorn e Legolas attendevano con Haldir, che Gimli e gli hobbit fossero pronti.

Il nano indossò i suoi guanti di pelle e strinse saldamente la sua ascia. Gli hobbit radunarono la loro roba e raggiunsero gli altri, per iniziare finalmente quel piccolo viaggio.

Uno spettacolo incredibile meravigliò gli occhi del nano, che diffidente continuava a camminare senza proferire parola. Era attento a scrutare il paesaggio intorno, senza commentare. Dovette confessare che, quando si fermarono su un’altura a contemplare l’ormai vicino regno di Lorien, rimase spiazzato da quella vista: era impossibile non ammettere che quella, sterminata ed eterea foresta era una creazione fenomenale della natura. Le maestose altezze e le  proporzioni di quei vigorosi alberi facevano apparire del tutto insignificanti le creazioni che aveva scorto durante quel viaggio. Ogni dorata foglia d’albero  catturava i raggi del sole ed illuminava il sentiero e l’animo dei viaggiatori, che nel guardare quel paesaggio si sentirono finalmente sicuri. Tutti si riunirono ad osservare in lontananza quel reame, colmo di alberi e di fiori, erano molto stupiti e felici di esser lì, tutti quanti ad eccezion fatta di Boromir, che angosciato si chiedeva se mai il suo cuore potesse trovare un po’ di pace.

-Il reame della dama dei boschi- disse Haldir guardando i suoi compagni. Ora erano vicini, sarebbero giunti presto presso quelle terre.

 

 

Tutto era così paradisiaco, immerso in un mondo che mai pensarono di scorgere con i propri occhi. Gli hobbit fissavano incantati gli elfi che andando avanti ed indietro, catturavano involontariamente la loro attenzione. Frodo si concentrò ad esaminare le innumerevoli luci che freddamente illuminavano quel percorso. Boromir alzò il suo sguardo, allontanando per un momento tutti i cattivi pensieri, e guardando a destra ed a sinistra quello spettacolo vivente, si meravigliò di osservare il modo con cui quegli elfi mandavano avanti quel reame, senza sforzarsi più di tanto. Desiderò per un momento possedere quelle stesse capacità, in modo da aiutare la sua città e risolvere i problemi del popolo.

Il percorso pietroso li condusse presso il più alto ed imponente albero che si allungava nel centro della fitta boscaglia. Il tronco era smisuratamente grande, ed intorno ad esso si trovavano delle scali circolari, illuminate dalle luci dei lumi argentati, appesi armoniosamente su degli archi.

La compagnia iniziò a percorrere quello strano sentiero, meravigliata di scorgere in basso, un modo fatto di suoni e di bagliori. Sembrava che la guerra lì fosse lontana, o meglio non esistesse del tutto.

Haldir li condusse presso l’altura dell’albero, dove si estendeva una larga aria, controllata da quattro guardiani. La compagnia si bloccò dinanzi a quella vista, stupiti della maestosità di quel regno, ma soprattutto di scorgere, in lontananza, accanto ad un soldato di loro conoscenza, una giovane  che di bellezza era pari a quella di quel luogo e dei suoi abitanti.

Quando gli hobbit incrociarono lo sguardo di Serindë, furono molto felici, un sorriso si allargò sui loro volti e gioiosi le corsero incontro per chiederle delle cure di Amdir. Ovviamente avevano ricevuto diverse accoglienze, ma sia Serindë che gli hobbit avevano molto per cui ringraziare.

-E’ la ragazza!- asserì Gimli indicandola agli hobbit. Pipino e Merry le si avvicinarono velocemente, cercando di evitare lo sguardo di rimprovero di Haldir.

-Ci hai fatti preoccupare tantissimo, adesso come stai?- chiese Pipino alzando lo sguardo per scrutare i suoi occhi.

-Va tutto bene tranquilli- rivolse il suo sorriso a tutti, soffermandosi su Frodo che nostalgicamente sorrideva insieme a lei. Era stata parecchio silenziosa, parlava piano e chiedeva agli hobbit di fare lo stesso, in modo da non far innervosire le guardie.

Haldir si avvicinò ai due per riunirli agli altri, poi lanciò uno sguardo indagatore alla ragazza, che frettolosamente aveva abbassato il viso per evitare quell’occhiata.

-La dama desidera parlare con voi- l’elfo indicò alla compagnia il punto al centro del piazzale, in modo che potessero raggiungerlo ed attendere l’arrivo di Lady Galadriel.

 Serindë evitò lo sguardo di tutti i suoi amici, rimanendo dietro loro, in compagnia di Amdir, che l’aveva condotta in quel luogo.

Rimasero tutti in silenzio per diversi istanti, ognuno in balia di mille pensieri e preoccupazioni. La ragazza con apprensione alzò il suo sguardo ed osservò le spalle di Boromir dinanzi a sé, e silenziosamente pregò per lui, ricordando le immagini del sogno che aveva avuto.

Ad interrompere le voci che lei aveva in testa, fu appunto la dama del bosco. Apparse insieme al consorte, irradiata da una luce che pareva provenire dal profondo del suo animo, era così fredda e intoccabile, non sembrò nemmeno un essere della terra, lontana dall’imperfezione del mondo. Serindë rimase sorpresa e si perse a guardare quel manto di capelli biondi che dolcemente le ricadevano dietro le spalle, il suo viso era raggiante, così fresco ma nascosto da una saggia e intima esperienza. Gli occhi blu di dama Galadriel si posarono svelti su ogni componente della compagnia, desiderosi di riferire il proprio messaggio a tutti, indistintamente.

-Otto sono qui, eppure nove si sono allontanati da Gran Burrone. Dimmi, dov'è Gandalf? Perché molto desidero parlare con lui. - la voce di quell’elfo incuriosì  i presenti, che grazie a quella domanda ricordarono la triste fine dello stregone


-Egli è caduto nell'ombra. La vostra missione è sulla lama di un coltello. Una piccola deviazione ed essa fallirà, per la rovina di tutti. Ma la speranza permane, fin quando la Compagnia sarà fedele. Che i vostri cuori non si turbino. Ora andate a riposare, perché siete logori dal dolore e dalla molta fatica. Stanotte dormirete in pace- Lady Galadriel osservò uno a uno i membri della compagnia con il suo sguardo indagatore.

La giovane elfa dietro loro rimase zitta, scrutando quella scena ferma e sbalordita da tanta maestosità. Era un po’ distante, per questo sperò di essere evitata, ma la dama senza proferire parola la guardò, e le diede il suo messaggio.

Sentì la sua voce nella testa, e si considerò per un momento pazza, non riusciva a capire come questo potesse accadere. Quella voce le parlava del suo regno e le stava raccontando ogni avventura vissuta. Con timore lei guardò Amdir, ma fu la dama a rassicurarla.

-Ecco principessa, hai trovato un posto per trascorrere i tuoi giorni al sicuro, lontano dalla guerra, qui attenderai  fino a che non sarà il tuo destino a chiamarti nuovamente - dopo queste parole la bianca signora lasciò la compagnia.

Gimli incantato osservò i lunghi e folti capelli di Galadriel, la sua chioma era simile alle stelle del cielo, così luminosa e ricca, mentre i suoi abiti splendevano di un bagliore argentato ed emanavano una perfetta luce che si addiceva decisamente alla sua persona.

Merry e Pipino guardarono Frodo che era perso nei suoi pensieri. Aragorn appoggiò una mano sulla spalla dell’amico, in seguito si allontanò  da lui insieme a Legolas.

Serindë alzò i suoi occhi per esaminare un precisa persona. Rimase parecchio stupita quando notò gli occhi di colui che desiderava vedere, su di se. Legolas era serio, ma pareva più rasserenato ora che la sapeva salva, mentre Serindë desiderò con tutta se stessa allontanarsi da Amdir per raggiungere l’altro elfo, ma nel momento in cui aveva radunato un po’ di coraggio, venne bloccata proprio da quest’ultimo.

-Dovresti ritornare nella stanza che ti è stata donata- disse gentilmente.

-Si, solo un momento- la giovane lo osservò e notò che l’elfo era particolarmente impaziente di condurla lontana dal gruppo.

-Serindë - Merry le si era avvicinato e le sorrideva dolcemente, la giovane spostò il suo sguardo e ricambiò il suo delizioso sorriso.

-Tranquillo- lo rassicurò poi alzò il suo sguardo e seriosa esaminò Boromir, che pensieroso le si era avvicinato.

-Sono felice di vederti in sesto- l’uomo sembrava abbattuto, ma felice di vedere la ragazza.

-Ti ringrazio, anch’io sono felice di rivederti-  ammise avvicinandosi a lui.

-Boromir- catturò la sua attenzione, l’uomo posò i suoi occhi su quelli della donna che preoccupata gli parlava.

-Come stai?- gli chiese scrutando la sua armatura.

-Bene, solo un po’ stanco a causa del viaggio-

- Io …- Serindë venne bloccata da Amdir che con delicatezza le aveva afferrato il braccio.

-E’ più che comprensibile …- disse l’elfo guardando il volto di Boromir -Ritengo che sia saggio per entrambi riposare- lanciò poi uno sguardo a Serindë.

-Ogni cosa a suo tempo- Boromir pareva essere irritato da quell’interruzione, ma ignorando l’intervento di Amdir, si avvicinò alla ragazza ed esaminò il suo volto colmo d’apprensione, le strinse le mani e la rassicurò.

-Noi siamo forti guerrieri, non ti impensierire … tu cerca di riprenderti e di non preoccuparti- le sue parole erano molto gentili. Notò un leggero imbarazzo farsi largo nel suo viso, questo forse era dovuto ai nuovi abiti che lei indossava, nulla a che vedere con i logori vestiti di prima, a causa di ciò si sentì molto a disagio, non desiderava apparire insolita solo per un vestiario differente. La giovane gli sorrise cercando di nascondere la sua inquietudine, ma Boromir guardando i suoi occhi comprese i suoi pensieri.

-Rimani tranquilla- dolcemente le carezzò i capelli, poi abbassò lo sguardo e le si allontanò, raggiungendo i suoi amici.

Gli hobbit la guardavano sorridenti, Serindë alzò una mano per salutarli, lanciando uno sguardo a Boromir che le si stava allontanando, ed infine a Legolas che stava discutendo con Aragorn. Non riuscì a spiegarsi il motivo, ma desiderò con tutta se stessa di incrociare nuovamente gli occhi blu del compagno, e non distolse il suo sguardo fino a che l’elfo, si soffermò a guardarla. La sua occhiata era differente da quella di Serindë, molto più profonda e autoritaria. La giovane non riusciva a sostenere quel contatto così, dopo aver memorizzato bene quei lineamenti abbassò gli occhi.

-Dobbiamo andare- Amdir sorridente le indicò una via diversa da quella dei suoi amici, che si accingevano a ripercorrere la lunga scalinata da cui erano venuti. Serindë annuì e lasciò che l’elfo la guidasse, un po’ triste  per non poter più condividere lo stesso destino dei compagni; ormai le loro strade si erano ufficialmente divise.

Si incamminò e insicura seguì Amdir, che dinanzi a lei le spiegava la posizione della sua camera, lei ovviamente l’aveva già dimenticata, era troppo spaesata per poterla memorizzare correttamente . Incrociò le braccia e corrugò la fronte, alzò la testa e sospirò, evitando di voltare il capo per guardare gli altri. Non riuscendo a sfuggire a questo pensiero strinse i pugni e si morse un labbro, poi, lentamente voltò il capo in direzione dei compagni dietro lei, cedendo al suo istinto.

Si ritrovò a fissare gli occhi di Legolas,  che come lei si era voltato per guardarla. Per un secondo rimase incantata, non poteva immaginare che anche l’elfo avesse avuto la sua stessa voglia.

-Serindë?-  Amdir guardò la giovane confuso, rimase in un punto fermo ad aspettarla.

-Si, ti ascolto- la ragazza scosse la testa e si allontanò insieme all’elfo, verso la sua stanza.

 

 

Appena chiusa la porta della camera la giovane rimase ferma in un punto, pensierosa ed afflitta da mille domande.

Come era riuscita quell’elfa a conoscere tutta la sua storia e a parlare in quel modo? Come sapeva di Gandalf? E perché Boromir era così strano?.

Si appoggiò sul legno della porta e si trascinò a terra. Chiuse gli occhi ed iniziò a pregare in silenzio, per Boromir e gli hobbit. 

Sospirando si rialzò da terra e si avvicinò alla finestra vicino al letto, per poter scorgere tutte le piccole abitazioni presenti sui massici rami di quell’albero, che gentilmente ospitava tutti gli elfi di quel posto. Appoggiò le sue gambe sul morbido letto e posò i gomiti  sul bordo della finestra, in modo da sostenere con le mani il viso.

Quello che aveva dinanzi agli occhi era uno spettacolo vero e proprio: vicino alla sua stanza c’erano diverse altre, tutte illuminante con luci bianche. Sui rami dell’albero si estendevano diversi percorsi, tutti intrecciati tra loro. Gli elfi discutevano e passeggiavano sotto il suo sguardo, mentre l’aria era piena di canti armoniosi. Si perse per diversi istanti ad osservare quello splendore, allontanando tutti i pensieri dalla sua mente. Era molto serena grazie alla bellezza di quel posto, non desiderava rovinare quel momento, così piano appoggiò il suo viso tra le braccia e chiuse gli occhi, udendo i dolci canti elfici e beandosi della delicata brezza serale.

Trascorsero quattro giorni. Serindë continuava a passare lunghi pomeriggi all’interno di quella stanza, intenta a leggere i libri che Amdir gentilmente le donava. Altri momenti li impiegava tra visite e medicazioni, fortunatamente la ferita era in fase di guarigione, e tutto il dolore che aveva subito a causa di essa, ormai era divenuto un lontano e fastidioso ricordo. L’elfo dai lunghi capelli castani era stato incaricato di sorvegliare la giovane, Serindë scoprì che questo ordine lo ricevette da Galadriel in persona, e per tale motivo fu veramente felice, non credeva che la dama si preoccupasse così tanto per lei, ma infondo gli elfi avevano cura dei loro ospiti e questo era parecchio evidente. La ragazza poteva vantarsi di alloggiare nella stanza più bella di quel reame, non si trattava di un alloggio sfarzoso, ma di un confortante e comodo luogo, decorato da cornici elfiche ed illuminato da bianche lanterne. Ogni tanto prima di dormire, amava affacciarsi dalla balconata, per ascoltare il canto delle elfe, e guardare la gente passeggiare sotto i suoi occhi, respirando l’aria fresca della foresta.

Anche quella sera, la giovane aveva lasciato che i libri la trascinassero presso un altro mondo, dimenticando totalmente l’incontro con Amdir, che le aveva detto di vedersi nella casa vicino alla querce. L’elfo, esperto nelle arti mediche, stava svolgendo un ottimo lavoro con la ferita della ragazza, aveva rimosso tutto il veleno, giorno per giorno, con estrema cura, in modo che lei non potesse percepire il più che minimo dolore. A ricordarle dell’impegno scordato, fu una deliziosa elfa, che ogni sera, puntualmente entrava nella sua camera per portarle del cibo e per sistemare i panni puliti sul letto.

Tre tocchi alla porta riportarono Serindë alla realtà, che sdraiata sul letto aveva perso la concezione del tempo. Si alzò chiudendo il libro, attenta a non perdere il segno lo appoggiò poi sul suo giaciglio, ed in seguito si avvicinò alla porta e la aprì, permettendo alla donna di entrare.

-Buonasera!-

L’elfa sorridente stringeva tra le mani tre coperte bianche, esse emanavano un delizioso profumo che Serindë adorò, tanto da afferrare le  candide trapunte tra le mani per poterle annusare meglio.

-Vedo che ti piace molto questo odore-

-Si, non lo nego- la ragazza sorrise all’elfa, poi si voltò per raggiungere il letto e sedersi. Indicò alla conoscente un  punto vicino a lei, in modo che potesse raggiungerla.

-Ti sei ripresa!- l’elfa esaminò la ragazza, e si perse a guardare la luminosità del suo volto, e la pienezza delle sue curve, che un tempo erano state sciupate dall’ansia e dal dolore. Serindë si era rimessa in sesto, ed era più splendente che mai. Le guance si erano finalmente colorate, come le labbra, così rosse e  piene. Il suo corpo si era riempito, anche se ancora si potevano contare le costole, ma ciò non era preoccupante come giorni addietro. Il suo non era stato un cambiamento totale, ma si notava che qualcosa stava iniziando a migliorare.

Serindë sorrise all’elfa e quest’ultima si meravigliò di trovarla così raggiante, giorni fa il suo sguardo era buio, come se fosse stato spento da chissà quale dispiacere, non avrebbe immaginato che da pochi giorni a quella parte la fanciulla avrebbe ritrovato una tale forza.

-Dovresti recarti da Amdir per la tua cura-

-Hai ragione, purtroppo ho dimenticato assorta com’ero nella lettura- scostò una ciocca castana dal volto e portò lo sguardo al bianco pavimento.

-Non ti preoccupare, è buono che tu riesca a distrarti dopo tutto quello che hai passato- le disse con apprensione.

-Non è stato piacevole, ma ho molto per cui ringraziare!- disse abbozzando un sorriso. In quei giorni non aveva dimenticato nulla della sua avventura, di tutti quei momenti tragici in cui aveva pensato di rimetterci di sicuro la pelle, tutto ogni volta si sfogava con un pianto liberatorio, e ne aveva proprio bisogno, perché dentro il suo petto si erano accumulate tante emozioni negative, che doveva assolutamente smaltire in solitudine, ricordando sempre, e tormentandosi di continuo per la separazione avvenuta con la madre. Adesso che aveva il tempo per riflettere, stava letteralmente stressando la sua mente, nel tentativo di ricostruire ogni ricordo, per capire come tutto quello fosse potuto accadere. Aveva un po’ messo l’anima in pace donando la colpa al destino, anche se, nel suo cuore viveva l’ardente speranza di rincontrare l’unica sua parente ancora in vita, anzi avrebbe lottato per far avvenire ciò.

-Non dev’esser stato facile convivere con quegli uomini- asserì l’elfa tutto ad un tratto.

-Beh! In realtà loro non mi hanno fatto pesare nulla, sono stati sempre cordiali- confessò ripensando a Gandalf, che poverino ogni qual volta che lei si allontanava dalla compagnia, c’era sempre stato a riportarla indietro ed a consolarla, fino a farla abituare all’idea di fare parte di quel gruppo. I primi giorni erano stati terribilmente difficili, non si dava mai pace, sempre allerta, sempre fredda e distaccata, non parlava con gli altri, li evitava preferendo la solitudine, ma doveva ammettere che, con il senno di poi, se non fosse stato per loro sarebbe di certo caduta nel baratro della più totale depressione. Ricordò degli hobbit, e di tutte le battutine scherzose, che tante volte le avevano strappato un sorriso. Piano piano aveva iniziato a provare affetto per ognuno di loro ed una grande e profonda gratitudine, che purtroppo non aveva mai espresso.

-Non li hai più rivisti in questi giorni?- chiese l’elfa incuriosita.

-No Miriel- effettivamente aveva evitato di incontrarli, troppo imbarazzata di mostrarsi a loro. Non sapeva bene perché tanto timore, ma non desiderava che i compagni la esaminassero sotto quella luce, con quei vestiti femminili, così dissimili dall’abbigliamento prettamente maschile che soleva portare.

 -Ma adesso è meglio che raggiunga Amdir e mi tolga il pensiero!- guardò l’amica e la lasciò all’interno della sua camera. Non era il modo migliore per evitare un discorso, ma almeno aveva la scusa per farlo. Oltrepassò il lungo corridoio immerso nella penombra, fino a raggiungere le lunghe scalinate.

Immersa nei suoi pensieri camminò, evitando di tanto in tanto le persone che percorrevano la sua stessa strada.

Raggiunse svelta l’esterno e piano si avviò presso il piccolo ed umile soggiorno dell’elfo, che con calma si occupava di medicare ogni sorta di ferita. Lei non sarebbe mai riuscita a possedere quelle abilità e soprattutto quella pazienza.

Camminava con le braccia incrociate sotto il petto, non badando molto al tratto che stava percorrendo. Si bloccò quando, udì un rumore a lei attiguo. Alzò  lo sguardo e attenta mosse il capo per capire da dove esso provenisse. Intorno a lei non c’era nessuno, oltre gli alberi ed il verde prato. Incuriosita iniziò a camminare attirata da quel suono, raggiungesse poi un arbusto non molto lontano dal suo percorso. Si appoggiò al tronco e lentamente spostò la sua testa in modo da osservare la situazione dietro di sé:

In lontananza, tra gli alberi ed i rami sparsi in quell’ampio campo, scorse la figura di Legolas. Rimase spiazzata per diversi secondi, ma incuriosita continuò ad osservare l’elfo che pazientemente insegnava all’amico Gimli il modo corretto di maneggiare un arco. Col cadere della sera, comparvero in lontananza tra i cespugli vaghi filamenti di caligine, Serindë approfittò di ciò e continuò ad osservare i due allenarsi, senza farsi notare. Gimli non era molto bravo a tirare le frecce con l’arco. Avevano posizionato un obbiettivo su un albero, e purtroppo il nano non si era avvicinato per niente al bersaglio. Dopo vari tentativi falliti aveva donato  l’arnese all’amico, lasciandolo solo ad allenarsi in quel campo.

L’elfo senza molta fatica aveva colpito varie volte quel bersaglio in lontananza, scagliando le sue frecce con maestria. I suoi muscoli erano ben contratti, la sua espressione era concentrata, ed il suo pensiero era totalmente rivolto all’allenamento. Indossava abiti diversi: una casacca argentata, molto più leggera della sua armatura abituale, ed una nuova faretra dietro la schiena.

 Scagliò una freccia e colpì un altro albero in lontananza, poi si voltò e colpì quello affianco. Serindë notando che la sua mira si stava sempre più avvicinando verso l’albero che le stava facendo da scudo, svelta si allontanò, spostando senza volerlo i cespugli sotto i suoi piedi.

L’elfo notò subito quello strano movimento, abbassò veloce l’arco e si avvicinò all’arbusto. Serindë era in preda al panico, non desiderava farsi trovare dall’elfo in quel modo, cosa avrebbe pensato lui? Sicuramente che lo stava spiando e non era vero, o meglio, lei era stata solo incuriosita e si era soffermata a guardarlo, ma non poteva farsi scoprire, era da giorni che non lo vedeva, e non era pronta in quel momento, decisamente quella non era la circostanza.

Mentre lei pensava sul da farsi Legolas le si avvicinava sempre di più. In preda al panico strinse i pugni, voltò varie volte il capo, e decisa si allontanò velocemente. Aveva affrettato il passo in direzione della stradina che aveva abbandonato in precedenza, mentre sentiva chiaramente che lo sguardo dell’elfo si era posato dietro le sue spalle. Provò una serie di sensazioni contrastanti, ma soprattutto avvertì molto imbarazzo.

Legolas velocemente le fu davanti e le bloccò serioso il passaggio. La ragazza stupita si ritrovò immobile, ad osservare il petto del giovane davanti a sé, non capendo come lui fosse riuscito a raggiungerla ed a bloccarla in così poco tempo e così velocemente.

Morse con forza l’interno del suo labbro, evitando di alzare lo sguardo per incrociare gli occhi di lui, che indagatori la stavano considerando. Cosa avrebbe dovuto dire? Si sentì profondamente imbarazzata, voleva solo che tutto quello non fosse mai accaduto, perché in quel momento poteva percepire chiaramente del calore sulle sue guance, che sicuramente erano diventate vermiglie

-Serindë -  fu lui a rompere il silenzio pronunciando il suo nome con estrema calma. La ragazza lentamente alzò il capo meravigliandosi di incrociare quei suoi occhi così saggi e seri. Il suo sguardo  era tranquillo, non turbato dalla presenza della fanciulla, che a sua differenza aveva dipinta in volto un’espressione accigliata.

-Ma … salve!- disse guardandolo. Desiderò con tutta se stessa di apparire seria e razionale quanto lui, che non si era minimamente scomposto.

-Non pensavo di incontrarti qui!- ammise l’elfo.

-Nemmeno io credevo di rivederti- abbassò lo sguardo e sistemò il suo lungo vestito bianco, sperando che lui non notasse la morbidezza e l’aderenza di quest’ultimo. Non si sentì mai a disagio in quei giorni, indossava abiti femminili con piacere, ma in quel momento bramò di portare nuovamente le sue vecchie vesti.

-Io…-  appoggiò una mano sulla fronte voltandosi simultaneamente verso la strada che conduceva ad Amdir -Devo andare… ti auguro buonanotte-

Aveva iniziato a camminare, pensando a quanto fosse imbarazzata. Era stata scoperta mentre spiava l’elfo ad allenarsi, ed in più indossava un vestito decisamente diverso da quello che Legolas era abituato a vedergli portare, e questo le causò tanto disagio. Non seppe spiegare bene cosa precisamente l’avesse portata a comportarsi in quel modo, ma non riusciva a rimanere con lui. Era inutile, non accettava l’idea di mostrare quel suo lato femminile, quella sua parte che in quel momento la stava facendo esasperare.

-C’è qualcosa che non va?- le chiese lui avvicinando la sua mano sul suo braccio. Non si era spostato, semplicemente con quel movimento aveva fatto voltare di colpo lei.

-No- Serindë abbassò lo sguardo, pensando al suo comportamento da stupida. Odiava mostrare le sue emozioni in quel modo, ma purtroppo non era brava a mascherare nulla, troppo emotiva e suscettibile a quegli occhi che continuavano a guardarla. Desiderò coprirsi, quasi fosse nuda dinanzi a lui. Ora non le importava più di essere stata scoperta, ma sentì un profondo disagio a causa del suo abbigliamento. Lui non era abituato a vederla in quel modo, di questo lei ne era certa, e si sentiva quasi stupida a mostrarsi così, anche se gli indumenti in sé e per sé non erano un gran problema. Il fatto era che lei, non voleva in alcun modo mostrare a lui quella sua intima parte, mostrarsi per com’era veramente, non la ragazza vestita di stracci che aveva conosciuto, ma la principessa Serindë, quella donna che non gli aveva mai presentato, e che stava cercando di giustificare ed anelare al suo sguardo.

 Teneva le mani chiuse a pugni, mentre guardava l’elfo dinanzi a sé.

-Avevo sentito uno strano rumore e mi sono avvicinata per vedere-

-Immaginavo- rispose lui calmo.

-Non volevo disturbarti, e mi spiace averlo fatto- asserì cercando di mostrarsi seria.

-Non ha importanza- la sua voce era così profonda, tanto da far rimanere lei spiazzata da così tanta saggezza, che si esprimeva ancora con più profondità attraverso i suoi occhi sapienti.

Rimase qualche secondo in silenzio, mentre stringeva i pugni delle sue mani sempre con più forza. L’elfo non disse nulla, la guardò cercando di capire cosa lei stesse provando.

-Meglio che me ne vada- La fanciulla alzò lo sguardo e  gli sorrise, tentando di camuffare le sue emozioni.

-Aspetta- Legolas le si era avvicinato, ora più serio che mai. La mezz’elfa sgranò gli occhi e si portò le mani al petto, quasi volesse nasconderlo alla sua vista. Continuava a ripetersi che questo suo comportamento era da stupidi, ma purtroppo temeva di non essere accettata per quello che chiaramente era, non una ragazza avvolta in logori abiti maschili, così minuta e nascosta agli occhi dei suoi compagni, ma una donna, nel fiore degli anni, avvolta in un abito degno della sua grazia. Come poteva un semplice elemento farla vacillare in quel modo? E soprattutto perché dinanzi a Legolas?.

-Vorrei capire questo tuo atteggiamento Serindë - aveva allontanato una sua mano dal petto, stringendo il suo minuto polso tra le sue dita. Non riconosceva in quei comportamenti la ragazza che si era aperta giorni fa a lui, rivelandogli i suoi timori e la sua bontà d’animo, senza preoccupazioni. Perché adesso quella stessa persona stava cercando in tutti i modi di evitarlo? messa in soggezione da una sciocchezza.

-Va tutto bene-

-Non è così-

Le si avvicinò ancora di più, attirandola leggermente a sé.

Quanto voleva lei, sentirsi più sicura e dimostrarglielo, dimostrargli che era diversa da come stava apparendo, e che era forte nonostante la sua figura delicata ed inoffensiva.

-Cosa vuoi che ti dica?- gli chiese guardandolo, stupita di ritrovarsi a sostenere quello sguardo.

-Quello che ti turba!- confessò lui percorrendo con gli occhi i lineamenti del suo volto. Non capiva perché lei avesse tutta quella voglia di andarsene e di nascondersi, cercando di evitarlo.

La giovane trattene il respiro, indecisa su cosa dire. Non voleva raccontare fandonie, anche perché l’elfo aveva compreso chiaramente il suo disagio, e forse si sarebbe arrabbiato se lei non gli avesse detto quello che voleva sentire.

-Dimmi solo … cosa vedono i tuoi occhi- il suo sguardo si era come intenerito. Lasciò che la mano le ricadesse lungo i fianchi, e lasciò che gli occhi dell’elfo osservassero le sue forme femminili, di cui lei tanto si vergognava mostrare.

Legolas, percorse con lo sguardo le curve di quel corpo, dalla vita stretta ai fianchi leggermente più larghi ed il petto limitato in quell’abito bianco, poi si soffermò per diversi ed interminabili istanti a fissare i suoi occhi scuri, e si perse nella profondità di quello sguardo.

-Continuo a vedere degli occhi profondi e assenti, che cercano in tutti i modi di nascondersi ai miei- La guardò per un attimo che a Serindë parve interminabile. Stupita lo fissò, non si sarebbe aspettata quella risposta.

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Angolo autrice:

Salve gente, spero non ci siano errori, ho corretto ma sono stremata!. Nel rileggere il capitolo ho vissuto ancora meglio la descrizione di Lorien, poiché oggi, come Serindë sono andata in un bosco, vi giuro bellissimo, l’aria era tutt’altra cosa, pura e limpida … e gli alberi erano enormi, non quei alberelli che si vedono ogni tanto nei parchi! Proprio wow …

Comunque ritornando alla storia, cosa che a voi più vi importa, ci tengo a sottolineare che, anche se nello scorso capitolo ho parlato di un corpetto, vorrei spiegare che quest’ultimo prendeva da sotto il seno e arrivava manco ai fianchi, il resto era tutto largo, io la immaginavo con vestiti proprio miseri addosso, ma soprattutto comodi, altrimenti non ce l’avrebbe fatta!. Come avete letto Serindë è sommersa dai suoi pensieri e dalle sue paranoie. Sta emergendo sempre più il suo carattere, ed anche se per adesso vengono fuori tutte le sue debolezze vi assicuro che andando avanti potrete leggere altre cose su di lei, infatti cercherà di prendere forza dai suoi difetti, ed riuscirà a mostrare questa “forza” che non è ancora emersa per un’innumerevole serie di motivi, che se volete ve li elenco pure: Ha subito vari lutti, ed una persona ne esce devastata, più il viaggio e l’accettazione della perdita della madre e tutte le ansie ed i dubbi. L’imbarazzo iniziale e quel senso di soffocamento che non la lascia mai ( che più avanti spiegherò ancora meglio), si aggiungono infine gli incubi e la volontà di comprenderli.

Ho notato che nessuno si è incuriosito, o anche se si è incuriosito a me non l’ha detto, dell’amicizia che lei e il suo popolo aveva con Saruman. E’ una cosa importante questa, vorrei ricordarvela senza fare spoiler, ci tenevo a scriverlo in queste note.

Comunque ho ricorretto i capitoli precedenti, messo le copertine e cambiato l’introduzione, spero vi piaccia : ). Mi auguro che, se qualcuno di voi nel leggere abbia qualcosa da dire che lo faccia, a me sarebbe di grande aiuto. Approfitto di ringraziare Sputafuoco e Fjorleif e lone_wolf_08! Siete carinissime: ) Un grosso bacio da parte mia, a voi che recensite o semplicemente leggete e mi supportate … adesso però fuggo e vi auguro buonanotte, sperando di avervi messo addosso tanta curiosità;)

PS: cosa che stavo dimenticando e che non deve accadere. Come trovate Legolas? Pensate sia IC, perché sto cercando di non trasfigurarlo … spero io ci riesca! Ahahaha, adesso vi lascio sul serio, alla prossima!

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Capitolo 7
*** Unconditional ties ***


 

 

 

 

Unconditional ties:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serindë abbassò lo sguardo divenendo di colpo triste. I suoi occhi avrebbero potuto rivelare ogni cosa, solo se lei l’avesse concesso, ma in realtà preferiva nascondere i propri sentimenti agli altri in modo da rimanere sola con essi, per poterli ben comprendere e dimostrarsi forte e determinata. Quanto peso portava dentro al cuore? Nemmeno lei sapeva perfettamente la profondità del proprio dolore; spesso in momenti apparentemente sereni ritornava avido, insidiandosi nel suo petto, con una stretta tale da velare i suoi occhi di lacrime e tormento, con una così profonda afflizione, da abbagliare le sue certezze e le sue ben custodite speranze.

-Ricerchi qualcosa che è andato ormai perduto- osservò le sue mani, che lentamente torturavano l’orlo della sua manica -I miei occhi hanno perso la loro voglia di comunicare- asserì amareggiata lanciando un’occhiata a Legolas che le stava di fronte.

L’elfo la guardò con dispiacere, e notando il suo improvviso cambiamento d’umore si soffermò a ricercare la sua attenzione.

-Non puoi dirlo- calmo analizzò i lineamenti di quel volto, cercando di non far allontanare lo sguardo di lei da sé.

-E’ così!- la giovane alzò completamente il capo, lanciando un’occhiata all’elfo che pareva non essersi affatto turbato da quella rivelazione.

-Solo chi ti guarda da fuori può comprendere l’espressione del tuo sguardo-

Le sue parole erano state dette con estrema tranquillità e senza alterazioni, questo fece sospirare la ragazza, che ancora una volta desiderò di possedere quella stessa virtù.

-Mi piacerebbe allora … guardarmi da fuori- affermò lasciando che le braccia le ricadessero morbidamente tra i fianchi.

-Confesso che avevo timore …- velocemente guardò le sue vesti poi spostò l’attenzione sull’elfo che la stava fissando interessato.

-Ma non credo che a te interessi nulla di certe cose!- disse guardandolo negli occhi per qualche istante, il tempo di capire quali fossero i suoi pensieri.

-Non dovresti impensierirti …- la scrutò curvando un flebile sorriso.

-Gli hobbit sentivano la tua mancanza- rivelò non allontanando la sua occhiata dagli occhi di lei.

-Anch’io la loro- sorrise confortata da quella notizia. Le fece parecchio piacere sapere che i suoi compagni si preoccupavano per lei, questo significava che loro ricambiavano i suoi sentimenti d’amicizia.

-Chiedevo spesso della tua ferita in questi giorni- il viso di lui divenne ancor più serio, tanto da stupire Serindë che lo stava esaminando sempre con meno imbarazzo. Piano stava riuscendo a riaprirsi senza impensierirsi per delle semplici fissazioni, grazie anche al carattere di Legolas, che con calma era riuscito a comunicare con lei.

-Va meglio, non c’è motivo di preoccuparsi! Poi qua è tutto così tranquillo, sto molto bene …- sorrise osservando le luci argentate delle lanterne appese armoniosamente sugli alti alberi. Il percorso era illuminato totalmente da quel bianco bagliore, come le case e tutto quello che componeva quel mondo.

-Trascorrere i giorni qua è meglio che a Moria- guardò lui, notando che gli occhi dell’elfo erano attenti ad esaminare gli alberi vicino loro.

-Quelle tenebre sono ormai lontane da te- asserì calmo.

-Anche da te e da tutti gli altri!- Serindë lo guardò incuriosita.

-Immagino che anche voi siate più tranquilli, è un bene per tutti rimanere qui, non credi?- sapeva che la strada dei suoi compagni si sarebbe separata dalla sua, loro erano diretti in tutt’altra direzione, questo l’aveva avvertito e sapeva che i suoi pensieri non la stavano ingannando, ma pensò che fosse stato meglio riuscire in qualche modo a strappare  qualche informazione all’elfo.

Legolas sorrise ambiguamente lasciando Serindë nel dubbio. Lei abbassò lo sguardo ed iniziò a torturare le sue mani, cercando di distrarsi dalla presenza dell’elfo e di tutti i suoi pensieri.

-Adesso che la dama ti ha concesso di vivere qui dovresti essere più tranquilla- affermò guardandola incuriosito.

-In realtà lo sono, e tu?-

-Certamente- rispose lui pacato, senza rivelare nulla all’incuriosita ragazza.

-Non c’è bisogno nemmeno di allenarsi, dovresti rilassarti!- asserì avvicinandosi, ricercando  in lui qualche reazione particolare.

Legolas alzò un sopracciglio sorridendo leggermente. Aveva già capito le intenzioni della ragazza, ma non poteva assolutamente soffermarsi a spiegare le sue faccende ed i segreti della compagnia.

-E’ un bene tenersi allentato- esordì guardandola.

-Si, ma visto che rimarremo qua, perché non riposarsi?- domandò astuta accarezzando una sua ciocca di capelli. Sperò con tutta sé stessa di riuscire a strappare al giovane qualche informazione, volenterosa di capire quali fossero i piani di coloro che aveva imparato a chiamare compagni, infondo aveva condiviso un lungo percorso insieme ed era importante dunque capire cosa avrebbero scelto, se come lei sarebbero rimasti a Lorien, oppure avrebbero imboccato una strada diversa.

-Da come avrai intuito noi partiremo presto- disse lui guardandola attentamente. I suoi occhi azzurri erano molto profondi e seri, come se nascondessero dentro insegnamenti e grande  esperienza.

-Per quale motivo?- chiese lei incuriosita.

-Le nostre faccende ci portano lontano- rispose lui vago.

Serindë assottigliò le palpebre, poi prese a camminare lentamente, tenendolo sottocchio.

-Credo che i vostri affari siano … pericolosi, non so!- si fermò di fianco alla sua destra, osservando il movimento delle sue vesti, agitate lievemente dal venticello che si era appena alzato scostando lentamente dal terreno le foglie che erano cadute dagli alti alberi.

-Cosa te lo fa pensare?- domandò l’elfo voltandosi interessato verso lei. Teneva le braccia incrociate e  dai suoi occhi non trapelava nulla, nemmeno la minima perplessità.

-Istinto …- spiegò Serindë voltando di poco il capo, desiderosa di spostare lo sguardo lontano da quei occhi indagatori.

-Poi mi pare logico che il vostro gruppo si sia unito per qualche scopo, e di certo non parliamo di pellegrinaggio o di una visita ai luoghi della terra di mezzo, o mi sbaglio?- osservò per tutto il tempo in cui parlava il tronco del forzuto albero dinanzi ai suoi occhi. Aveva scostato il volto per poter osservare il paesaggio dinanzi, in modo da non sconcertarsi e spiegare bene le sue idee, senza vacillare a causa degli occhi dell’elfo che costantemente a loro volta la scrutavano provocando in lei un turbine di sensazioni.

-Potrebbe anche essere- Legolas sorrideva furbamente, osservando i lineamenti della donna che tentava in tutti i modi di spronarlo a raccontarle qualcosa.

-Confesso che mi sono posta delle domande- prese coraggio e si voltò finalmente a guardare in volto Legolas, che non aveva mai distolto l’attenzione da lei.

-Mi chiedo dunque quali fossero!- asserì l’elfo senza impensierirsi troppo.

Lei abbassò svelta lo sguardo, incredula di ascoltare le risposte del giovane che stava discutendo con lei senza far trapelare nessuna informazione e senza alcuna esitazione, era semplicemente sicuro, non preso alla sprovvista, ma certo delle sue parole.

La fanciulla respirò lentamente, permettendo al suo corpo di rilassarsi e di metabolizzare la situazione, volenterosa di scoprire le intenzioni dei suoi amici. Aveva viaggiato con loro, condividendo molti momenti e molti dei suoi sentimenti, non aveva  mai avuto delle pretese, era semplicemente grata a tutti per i gesti e la protezione che le servivano, ma in cuor suo si era sempre chiesta il perché di quel viaggio.

-Ho notato  che …-  si fermò una volta giunta vicino alla figura di Legolas, ostacolata dalla differenza d’altezza che vi era, e dalla sua profonda incertezza. Si chiese se continuare o lasciar perdere, infondo lei adesso non centrava più niente con loro, non che prima facesse parte di quella combriccola, ma in un certo senso, anche se solo per volere del destino, lei in quel tempo che era rimasta insieme a loro aveva provato diversi sentimenti, riuscendo piano a scansare il gelo all’interno del suo cuore.

-Continua-

Alzò i suoi occhi e si ritrovò prigioniera dello sguardo dell’elfo, che serio la scrutava tenendo le braccia incrociate al petto, osservando ogni suo singolo movimento o espressione, attento a percepire ogni suo pensiero.

-Frodo … beh, ho notato che lui è trattato diversamente dagli altri, in un certo senso è maggiormente  protetto …. Perché?- non demorse, e tentò di capire cosa loro le stessero tenendo nascosto, anche se consapevole della sua indiscrezione.

-Lui è stato ferito, è forse per questo, non c’è nient’altro …- l’elfo era molto conciso e sicuro, non vi era titubanza nei suoi sguardi e nelle sue parole. Rimase qualche istante a guadare la ragazza, curioso di capire se si fosse arresa o se fosse ancora curiosa di scoprire delle notizie.

-Anche tu sei stata protetta allo stesso modo e per lo stesso motivo- disse calmo rompendo il silenzio.

La giovane si soffermò a scrutare le sue labbra sottili, poi chinò il capo e si perse a pensare a tutte le avventure passate insieme a quelli che poteva considerare i suoi salvatori.

-Tu mi hai protetta perché ero ferita?- chiese con un filo di voce, divenendo ancor più pensierosa.

-L’ho fatto perché ho voluto farlo- spiegò lui sperando di infonderle serenità, aveva notato da subito il suo perenne turbamento, ma non le aveva mai parlato evitando l’argomento, consapevole della fragilità della ragazza, fino a che non si decise a darle la sua opinione.

-Penso che tua madre avrebbe voluto vederti salva!- la guardò e notò subito che i suoi occhi erano divenuti assenti, spenti, ormai lontani da quel posto e da quel discorso, persi in chissà quale pensiero.

-Serindë -  ricercò pacato la sua attenzione.

-Purtroppo il destino mi ha separato da lei. Penso spesso al passato, a quello che mi è successo, e mi sento male …- confesso senza vacillare.

-Ripensando a tutto, trovo che io sia stata stupida a farmi prendere dalla rabbia, ancora ricordo la mia lite con Boromir, e mi reputo … stupida- disse ad un certo punto, sovrastata dalla massa dei suoi pensieri, troppo increspati per essere analizzati senza timore.

-C’è troppo odio, troppo dolore … purtroppo non riesco a ricordare il sapore di altre emozioni, se non una profonda amarezza ed il rimpianto-

Legolas si stupì a trovarla così rassegnata e triste, d’un tratto gli aveva permesso di guardarla profondamente, mostrando tutte le sue debolezze, senza alcun timore.

-Perché non lasci il passato alle spalle?- con preoccupazione le si avvicinò maggiormente, sperando che lei gli permettesse di esprimersi e di comprendere ciò che era accaduto.

-Ho tentato spesso di distrarmi, disperatamente!, ma tante volte la mia mente mi ricorda che adesso ciò che avevo è completamente perduto, e mi sento quasi mancare il terreno da sotto i piedi, così l’angoscia che vive nel mio cuore diventa incontrollabile-

-Non condividere certe cose può causarti ancora più tormento- Asserì Legolas guardandola con apprensione.

-Beh …- lei sorrise amareggiata poi scostò  suoi lunghi capelli.

-Si nota la mia totale confusione, da Frodo ci siamo trovati a parlare delle mie incomprensibili paure. Mi spiace se ti ho annoiato-

-Serindë - Legolas con dolcezza le afferrò il polso. I suoi movimenti erano protettivi e pacati, lei rimase però indifferente a quelle attenzioni ormai rapita da tutt’altro.

-Dovresti rimanere più calma … realmente  non hai nulla da temere- con la stessa naturalezza di sempre Legolas le sfiorò il palmo della mano mentre Serindë osservava distratta quei movimenti cercando di comprendere quel gesto che inspiegabilmente le stava piacendo. Si sentiva protetta, ora salva dai suoi pensieri e dal mondo fuori, la saggezza e il portamento dell’elfo erano per lei sinonimo di fiducia e tranquillità, ed il suo tocco gentile e garbato fu quasi come un unguento capace di lenire qualsiasi ferita aperta. Sapeva fin troppo bene che nonostante i pensieri e le ambizioni lei in realtà necessitava di parole e di certezze, in modo da incoraggiarsi per poter imboccare con coraggio la strada che il destino le aveva prestabilito.

-Mi sento in dovere di ringraziarti- scosse leggermente la testa come ad allontanare tutti i pensieri e le sensazioni che l’avevano pervasa, lentamente si distanziò dalla presa dell’elfo  allontanandosi di qualche passo.

-Qualunque sia la vostra scelta … pregherò per un futuro migliore- alzò gli occhi e lo guardò con ammirazione, ora molto meno turbata grazie alle parole che aveva ascoltato precedentemente.

Legolas senza scomporsi chinò leggermente il capo e la osservò, mentre lei quasi come se volesse nascondere il suo imbarazzo scostò lo sguardo, sperando di evitare ulteriori contatti, troppo presa dalle sue sensazioni. Rimase in silenzio per diversi istanti, cercando di trovare qualche scusa per andarsene lontano da lui, ora molto impacciata e a disagio non riusciva a gestire le sue emozioni. Una volta più calma si rese subito conto della situazione: a causa della sua curiosità era stata trovata dall’elfo mentre lo osservava e adesso era sola lì, costretta a percepire lo sguardo saggio del giovane su di sé, senza il coraggio di proferire parola, spiazzata dalla differenza tra lui e sé. Si bloccò di colpo ricordando per un attimo fugace la gelosia del fratello ormai deceduto. Se lui avesse saputo di quell’incontro sicuro sarebbe andato su tutte le furie, come faceva sempre quando i giovani a palazzo ricercavano la sua attenzione. Ricordava bene il suo volere; tenerla lontana dai cavalieri e da tutti coloro che desideravano parlarle o semplicemente guardarla era divenuto per il fratello un problema continuo, mentre per Serindë ormai abitudine. Sospirò pensando a quanto dovesse essersi sentita disperata e in pericolo, fortunatamente era riuscita a comunicare con tutti senza particolari problemi, ma adesso si sentiva come di colpo interrotta. Forse stava ritornando tutto come un tempo?

Alzò gli occhi e si ritrovò a guardare quelli di Legolas, mentre ormai ostacolata, muovendo le sue iridi, gridava internamente all’elfo di dire qualcosa, qualsiasi cosa, perché lei non sarebbe riuscita a portare avanti quella conversazione.

Lui era pacato ma allo stesso tempo indagatore, ricercava in lei qualche reazione particolare, senza distogliere la sua attenzione.

-Perfavore fammi andare!-  paralizzata dall’imbarazzo cercò di allontanarsi e lo oltrepassò ma non di molto, anche se in realtà non poté  spostarsi come desiderava, il braccio di Legolas le cingeva ora la vita. Senza tanto sforzo lui la fermò e Serindë si ritrovò a pochi centimetri dal suo volto, non poteva abbassare lo sguardo, in quel momento i loro occhi stavano quasi parlando.

-Vorrei capire il motivo per cui tu cerchi di evitarmi …- non si scompose rimanendo austero dinanzi alla donna che con velocità allontanò i capelli che le ricadevano sul torso e li spostò dietro la schiena.

 -Io non cerco di evitarti … ora voglio andare- diventò rossa in volto, quasi come se lui gli avesse letto nell’animo che in realtà, in quel momento lei desiderava andare lontano, infatti abbassò  il volto sperando di essere congedata ed incamminarsi.

-Ed ora ne vuoi andare per tua volontà o temi dei rimproveri?- domandò l’elfo. Serindë lo guardò senza capire a cosa si stesse riferendo, forse intendeva che la sua decisione fosse influenzata da qualcuno?.

-No … anche se Amdir non vorrebbe … lui non mi ha imposto mai nulla, ma mi consiglia di non allontanarmi  mai dalla mia stanza-

-Questo anche ha condizionato il tuo distacco in questi giorni?- gli occhi di lui erano seri e profondi, Serindë nel guardarli si sentì prigioniera di quel suo sguardo, ma allo stesso tempo non poté negare che quel contatto gli piaceva, e sicuramente le sarebbe mancato.

-Mi volevi vedere?- gli domandò sostenendo il suo sguardo.

-Mi chiedevo se qualcuno te lo impedisse- Legolas aveva notato che Amdir quando si erano incontrati cercava di trattenere Serindë, aveva ascoltato le parole che le aveva detto, ed aveva notato che in quei giorni l’elfo era distante, non capiva il motivo per cui aveva suggerito alla donna di rimanere nella propria camera. Gli occhi di lui erano maturi e riflessivi, lei si perse a fissare le sfumature di quelli iridi azzurre ed arrossì leggermente, trovandosi catturata da uno sguardo sapiente e … affascinante.

Serindë per rimanere in equilibrio appoggiò delicatamente la sua mano sulla spalla di Legolas poi disse:

-No … ma forse è meglio allontanarci un po’- i loro corpi erano uniti da una sorta di abbraccio. Legolas la stava trattenendo dalla vita e lei si sosteneva a sua volta dalla sua spalla, mentre i loro volti erano uno di fronte l’altro.

-Sicura di non aver bisogno del mio aiuto?- chiese senza scomporsi, i suoi occhi infondevano serenità, e la sua stretta era delicata e gentile.

-Non devi preoccuparti …- si ritrovò a fissare senza un motivo le labbra del giovane elfo, che distavano poco da lei, non poté far a meno di non osservarlo, così vicina com’era.

-Ma è pericoloso rimanere così !- aggiunse alzando lo sguardo per incrociare i suoi occhi.

-Qual è il problema?- domandò sereno lui.

Serindë si ritrovò spiazzata da mille sensazioni: avvertiva dei brividi correrle lungo la schiena ed una strana sensazione iniziò ad infiammarle il petto, mentre il suo cuore batteva sempre più velocemente. Era impaurita da tutto ciò, e non riuscì a spiegarsi il motivo per cui lui continuava a rimanere tranquillo in quel modo nonostante la vicinanza.

-E’ molto strano … ma mi fai effetto- dichiarò spontaneamente senza malizia.

Legolas sorrise impercettibile, guardando gli occhi di lei persi a studiare le sue labbra, e piano trasportato dal momento le si avvicinò. Incrociò il suo respirò e lei presa dalla situazione sfiorò le labbra dell’elfo che piano l’aveva stretta più vigorosamente. Non capiva cosa stessa accadendo ma si ritrovò a provare in quell’istante determinate sensazioni che le stavano facendo battere forte il cuore.

-Lo vuoi veramente?- si ritrovò labbra contro labbra, mancava pochissimo e lui l’avrebbe baciata. La fanciulla permise a Legolas di stringerla meglio ed appoggiò le sue mani al suo petto.

Lo sguardo dell’elfo si posò sui suoi occhi, e piano con delicatezza la baciò lentamente, abbracciandola a sé. Quel bacio era garbato e dolce, non aveva per niente turbato la donna, ma l’aveva catturata, e rapita dall’attimo si ritrovò a rispondere a quel gesto, imitando Legolas.

Piano lui si distanziò e rovente fu il sentimento nel petto di lei.

-Si volevo farlo veramente- rispose poi rimanendo composto come sempre. Non si alterò in nessun momento, e Serindë rimase affascinata dal suo portamento, chiedendosi come facesse a conservare la sua compostezza ed in un certo senso quel suo aspetto misterioso, che non lasciava trapelare alcuna emozione.

-E come mai?- chiese lei guardandolo, rimase abbracciata a lui senza allontanarsi d’un passo.

-Quando me ne andrò da qui non avrò rimorsi- spiegò lui osservando il suo volto, così sorpreso e dolce.

-Solo per questo?- chiese lei sbattendo più volte le palpebre, conscia dell’infinità di emozioni che quel bacio gli aveva procurato. Non pensò a nient’altro all’infuri delle morbide labbra dell’elfo che con gentilezza avevano accarezzato le sue. Si chiese se anche lui avesse provato in petto la stessa fiamma che bruciava nel suo.

Legolas sorrise e la baciò piano in fronte -Ricordati di me quando me ne sarò andato-

-Non voglio che te ne vada …- confessò presa dall’emotività del momento -Questo che è successo mi ha segnata-

-Ti ho dato motivo di non dimenticarti di me- disse lui separandosi piano.

Serindë rimase spiazzata e scrutò le braccia di lui allontanarsi dalla sua vita. Desiderò che l’elfo rimanesse lì e si ritrovò vittima stessa delle proprie sensazioni totalmente sconosciute ma desiderate. Il suo cuore non lo percepì mai così volubile, e nel petto si gonfiò un sentimento di desiderio e amore.

-Posso anch’io dar motivo a te di non dimenticarmi?- si avvicinò a lui riportando repentinamente le sue mani sulla propria vita. Il giovane rimase in silenzio e composto nell’osservare la donna che gli si era avvicinata riportandolo a sé.

La compostezza di lui era affascinante e Serindë cercò di far vacillare anche questo suo aspetto. Afferrò con dolcezza il colletto della sua casacca e lo portò a sé facendo incrociare nuovamente le proprie labbra, in un bacio molto più intenso, e allo stesso tempo gentile. Gli strinse le mani dietro al collo e gli permise alle sue di accarezzarle dolcemente la schiena, mentre le loro labbra si incrociavano più volte, senza volersi separare, ma con la voglia di continuare a conoscersi sempre di più. Quel momento era perfetto e le sensazioni scaturite furono uniche e irripetibili. La fanciulla si allontanò piano dalle labbra di lui e lo guardò, notando che anche negli occhi dell’elfo si era accesa una nuova luce.

-Adesso non voglio proprio che tu mi lasci- confessò malinconica.

-Rimani qui al sicuro … sarà pensiero mio ritornare a prenderti-

 

 

 

Angolo autrice:

E’ da molto che non aggiorno. Spiego subito, nessun blocco dello scrittore e niente di tutto ciò. Ad un certo punto della mia vita si sono presentati delle faccende (piacevoli) e ho vissuto lontano dalla mia storia perché ero presa da tantissime cose veramente importanti, infatti credevo di continuare perché ero talmente impegnata che non riuscivo a trovare temo nemmeno per incontrare semplicemente qualche amica. Fatto sta, che purtroppo  ci sono state alcuni blocchi che mi hanno diciamo traumatizzata …  ho deciso di lasciarmi un po’ tutto dietro le spalle e a continuare con  quello che facevo solitamente … e il destino decise che io oggi mi ritrovassi qui ad aggiornare, invece di far tutt’altro, ma vabbè sono contenta lo stesso ( non mi vogliate male, ma i miei piani quest’anno erano totalmente diversi). Sono veramente tanto contenta di essere tornata, non immaginavo proprio … scusatemi tantissimo e fatemi conoscere le vostre opinioni. Ringrazio tutti voi e particolarmente Blacky98 che mi ha dato tanta carica in un suo messaggio privato …

Ci rivediamo nelle recensioni e al prossimo capitolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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