In our shadows, we will live again.

di Ginnylbound
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CHAPTER 1: Family. ***
Capitolo 2: *** CHAPTER 1 (PART 2): Her. ***
Capitolo 3: *** CHAPTER 2: Doubts, doubts, doubts. ***



Capitolo 1
*** CHAPTER 1: Family. ***


Forks, 2 Settembre 2008.

 

"Quell'anatra, comunque, non era ben cotta"

 

"Oh, Jackson, devi sempre trovare il pelo nell'uovo! E' stata la cena migliore che abbia mai avuto, quando mai ci capiterà di cenare in un ristorante così lussuoso?" Strillò Yvonne, dando una gomitata al suo ragazzo che, sorridendo, continuò a guardare la strada davanti a sè, concentrato.

 

"Cosa dice il navigatore? Con questa nebbia, non mi ricordo la strada dell'andata" Sbuffò Jackson, stringendo gli occhi a fessura.

 

"Tra due chilometri, devi girare a destra"

 

Yvonne si rannicchiò nel suo spolverino, facendo dei brevi commenti sul brutto tempo che stava facendo in quel periodo. Alla risposta monocorde di Jackson "E' Forks", si voltò a guardare fuori dal finestrino, stanca. Era stata una lunga giornata, ma la cena era davvero stata squisita, si sentiva molto soddisfatta. Il suo cellulare improvvisamente iniziò a vibrare.

 

"Pff, mia madre. Pronto, mamma? Ciao, sì, abbiamo cenato in un ristorantino meraviglioso, tu e papà dovete proprio andarci. Cosa? Eh sì, ti sento poco, siamo usciti adesso da una galleria. Ci vado domani. Sì, te l'ho già detto che puoi venire!" Si voltò verso Jackson, mettendo una mano sul telefono, per non farsi sentire, e sussurrò: "Vuole venire anche lei alla prova dell'abito, sarà un inferno, te lo assicuro". Jackson rise di gusto, poi tornò serio ad osservare la strada.

"Sì, stiamo andando a casa. No, penso di andare dal pasticciere di fiducia di Anna, mi ha assicurato che è bravissimo e ha già preparato torte nuziali. Sa il fatto suo, mamma! Zia Jo può dire quello che le pare, ma è il MIO matrimonio! Sì. Va bene, ok, buonanotte anche a te. Sì, Jackson ricambia il saluto. Saluta papà ed Emily. Ok, sì, un bacio!"

 

Jackson si voltò verso Yvonne, osservandone l'espressione crucciata. "Va tutto bene, amore?"

 

"Sì, zia Jo si sta intromettendo troppo, pretende di sapere solo lei come organizzare un matrimonio. Te lo giuro, amore, mi sta facendo impazzire" Replicò Yvonne, massaggiandosi le tempie. Jackson le accarezzò dolcemente una guancia, mormorandole di stare tranquilla.

 

Yvonne tutt'un tratto si irrigidì, poi urlò disperata: "Jackson, attento!"

 

Il ragazzo, riportato lo sguardo sulla strada, cercò di sterzare ma non riuscì ad evitare di investire la ragazza che si trovava immobile di fronte a loro, in mezzo alla strada. Il colpo fu tremendo e la ragazza fu scaraventata sul tetto della macchina e oltre. Avendo sterzato così violentemente, la macchina dei due giovani finì sulla banchina, in mezzo al prato, schivando fortunatamente un albero.

 

Non si fecero un graffio.

 

Yvonne, dopo essersi slacciata la cintura goffamente, si voltò verso Jackson che aveva gli occhi spalancati, fissi sul parabrezza e le mani incollate saldamente al volante.


"Jackie.." Le lacrime uscirono spontanee, mentre si portava entrambe le mani davanti agli occhi "Stai bene?" Jackson appoggiò la testa al volante, devastato. Yvonne, titubante, osservò dallo specchietto retrovisore, il corpo della ragazza sull'asfalto.

 

Tremante, fece per uscire dalla macchina per andare a soccorrerla ma Jackson le bloccò istintivamente il braccio.

 

"Lasciami, Jackson, devo andare a soccorrerla, devo chiamare la polizia!"

 

"Yvonne, non credo sia viva! L'ho..l'ho presa in pieno e..hai visto.. il volo..cazzo, ma cosa ci faceva in mezzo alla strada, immobile, a quest'ora?!"

 

Entrambi stavano urlando, spaventati. Jackson aveva gli occhi spenti e continuava a tremare. Yvonne non riusciva a fermare le lacrime e a dilaniarsi i vestiti con le unghie.

 

"Che importanza ha?! Jackson, dobbiamo aiutarla!"

 

"Mi metteranno in galera!" Yvonne, a quelle parole, trattenne il respiro, mozzato dai singhiozzi. Qualche minnuto prima parlavano della loro futura vita insieme e invece in quel momento non sapeva nemmeno dove sarebbe stata l'anno successivo. E, soprattutto, dove sarebbe stato il suo ragazzo. Ma decise di non dar retta al suo cervello: il suo cuore, così buono e gentile, voleva almeno provare a sperare che la ragazza fosse ancora viva, che la poteva aiutare. Senza pensarci due volte, aprì la porta della macchina e, con fatica, scese ed iniziò a camminare verso il corpo apparentemente senza vita della giovane.

 

"Yvonne!" Urlò sconcertato Jackson dal posto di guida, cercando di liberarsi dalla cintura.

 

Ma Yvonne era già in mezzo alla strada, accanto a quella che sembrava una ragazza uscita da qualche rivista di moda. Era di una bellezza sconcertante, quasi spaventosa. Aveva capelli rosso fuoco, ricci e voluminosi e una pelle diafana, di porcellana. Sembrava stesse solo dormendo. Un angelo addormentato. Indossava dei jeans attillati che le aderivano perfettamente, un paio di stivali col tacco, una maglia a maniche lunghe con una scollatura provocante a lasciar intravedere un seno perfetto e, sopra la maglia, portava un giubbottino di pelle nera primaverile.

 

"Starà congelando" Pensò ingenuamente Yvonne, per poi maledirsi per aver pensato a una cosa del genere.

 

"Signorina, mi sente?" Sussurrò Yvonne, sentendosi una stupida. Jackson la raggiunse poco dopo, inginocchiandosi inerme davanti al corpo della donna.

 

"Amore, io..Io non voglio.."

 

Prima che Jackson potesse concludere la frase, l'angelo rosso mosse impercettibilmente una gamba, sorprendendo la coppia. Jackson spalancò la bocca e guardò verso il cielo, mormorando un "grazie". Corse poi verso la macchina per recuperare il cellulare, così da chiamare il 911.

 

Quando Yvonne finalmente vide la donna aprire gli occhi, sorrise e pianse di nuovo, ma, questa volta, erano lacrime di gioia. Le mise una mano sotto la nuca per aiutarla ad alzare la testa.

 

"Come si sente?"

 

La misteriosa donna bellissima saettò i suoi occhi su quelli dell'altra che sobbalzò: erano rossi. Ma non come nei film, gli occhi degli assassini palesemente finti, grazie alle lenti a contatto. Le iridi erano di un rosso purpureo e dalla palpebra inferiore sembravano spuntare a poco a poco delle piccole venuzze. Era sempre bellissima, sì. Ma adesso a Yvonne sembrava solo spaventosa.

 

"Oh, mi sento incredibilmente viva"

 

Senza neanche lasciarle il tempo di respirare o di emettere alcun suono, la donna piombò alla sua giugulare e la prosciugò in qualche secondo, adagiandola poi dolcemente a terra, come per farla addormentare.

 

La scena era surreale. La rossa si alzò in piedi in maniera felina, pulendosi velocemente gli angoli della bocca e sistemandosi i capelli dietro l'orecchio.

 

"Sì, grazie, venite il prima possibile"

 

Jackson, dopo aver terminato la chiamata, mise il cellulare in tasca e si voltò per tornare dalla futura moglie e dall'altra donna. Si incupì nel non vedere nessuna delle due ed iniziò a chiamare la sua amata.

 

"Non c'è" Un metro e 75 di feroce bellezza si piazzò davanti a lui, bloccandogli la visuale. Jackson ammirò per una frazione di secondo la donna, le sue forme, i suoi seni seducenti e le sue labbra carnose, ma poi si ricompose subito, chiedendole dove fosse Yvonne. Si sentiva agitato, senza capirne il motivo. La donna stava bene, perchè aveva quella sensazione di morte addosso?

 

"Credo sia andata a cercare un telefono pubblico. Siamo soli. Mi desideri, vero?"

 

Jackson, dapprima sorpreso, la scostò poi in malomodo, biascicando un insulto. "Deve aver preso una bella botta in testa se una così desidera uno come me" Pensò frastornato Jackson. Sentendosi anche in colpa per il fatto che quella donna aveva mancato di rispetto alla sua futura moglie, cercò con lo sguardo Yvonne ma non vide nulla. C'era solo un silenzio assordante. Preoccupato, iniziò a digitare veloce ilsuo numero sulla tastiera, ma prima che potesse avviare la chiamata, la donna gli strappò di mano il telefono e lo gettò a terra. Con il tacco dello stivale, frantumò lo schermo.

 

"Ma che cazzo, ma sei pazza! Perchè l'hai fatto?"

 

"Mi hai rifiutata" Piagnucolò la donna, facendo il labbruccio. Poi fece splendere i canini appuntiti al chiaro di luna, esponendo tutte le vene intorno agli occhi. Jackson si ritrasse inorridito, inciampando e cadendo nel prato. La donna si leccò le labbra, famelica.

 

"Nessuno mi rifiuta"

 

Furono le ultime parole che Jackson sentì. La donna prese anche la sua vita, ritornando poi fiera sulla strada, camminando contro la luna. L'orecchio teso verso la prossima preda.

 

-

 

Come sempre, pioveva a dirotto a Forks. I giorni di sole erano talmente rari che Edward poteva contarli sulla punta delle dita. Certo, per lui era grandioso, dal momento che era un vampiro. Con il freddo, la pioggia e il buio ci andava a nozze. Ma era certo che per gli essere umani, quella sarebbe stata una di quelle giornate da dimenticare, durante le quali si preferirebbe stare seduti in casa a leggere un libro, fare un bagno o ascoltare della musica. E invece, quel giorno era il primo giorno di scuola dopo le vacanze estive. Un incubo per ogni studente. Per Edward era solo l'ennesimo ritorno a scuola, dopo essersi già diplomato innumerevoli volte in innumerevoli scuole. Quindi, non gli diede poi tanta importanza. Era solo l'ennesimo 3 Settembre.

 

"Emozionato per il primo giorno?" Gli chiese amorevolmente Carlisle, affacciandosi alla porta di camera sua. Si stava sistemando il camice, prima di andare in ospedale. Un ospedale dovrebbe essere l'ultimo luogo dove un vampiro dovrebbe trovarsi, se non vuole essere scoperto. Tutto quel sangue lo manderebbe in estasi e lo porterrebbe a una strage sicura.

 

Ma questo per Carlisle non era più un problema: era l'unico della famiglia ad essere riuscito a resistere al sangue umano completamente. E lo faceva da più di 300 anni.

 

"Simpatico" Edward si infilò la prima maglietta che gli capitò a tiro, dandosi un'occhiata veloce allo specchio.

 

"Ho sentito dire che c'è una studentessa nuova.." Ammiccò Carlisle, facendogli l'occhiolino. Senza chiedere permesso, entrò nella stanza di suo figlio, sfiorando i numerosi libri posti con cura sullo scaffale.

 

"E..hai paura che io la morda?" Chiese infastidito Edward, senza però nascondere la sua preoccupazione. Ogni anno era sempre più facile e difficile allo stesso tempo.

 

"Non hai morso nessuna studentessa finora, quindi.. Credo che posso stare tranquillo"

 

"Sì, la tua reputazione è salva....papà" Grugnì Edward, sorridendo in modo del tutto falso.

 

"So che non approvi il mio stile di vita" Edward aggrottò la fronte ed era pronto a replicare ma Carlisle lo precedette. "Comunque pensavo piuttosto che la nuova arrivata potesse diventare tua amica, chi lo sa. Non hai molti amici a Forks"

 

"Sono un vampiro. Non credo gli abitanti di Forks vogliano me come amico"

 

"Sei tu che non lo vuoi. Non loro"

 

Ancora un volta, prima che Edward potesse ribattere, Carlisle sparì dalla sua vista in un battito di ciglia. Mentre si stava infilando le scarpe, sentì discutere dal salotto. Riconobbe la voce furiosa della sorella e, trovando nei pensieri di Esme una profonda angoscia, decise di scendere a controllare.
 

"Carlisle non devi dirmi quello che devo fare!"

 

"Mi trovo bene a Forks, ho un lavoro, la gente mi rispetta, mi sento finalmente..umano! Non voglio trasferirmi solo per i tuoi capricci!"


"Tu non sei un essere umano, sei un vampiro, come me, come tutti noi! Fattene una ragione!"

 

Edward si interpose tra il padre e la sorella, chiedendo cosa fosse successo. Mise un braccio attorno alla vita della sorella, comprensivo, e la fece voltare verso di lui: "Non è successo nulla, Ed, davvero"

 

"Tua sorella ha ucciso un'altra coppia stanotte" Sentenziò aspro Carlisce, incrociando le braccia in modo autoritario. 

 

Edward si voltò verso di lei, in cerca di conferma. Lei per tutta risposta rimase in silenzio, sorridendo al pensiero che quel dannato matrimonio tra Jackson e Yvonne non si sarebbe mai tenuto.

 

"Rosalie" Edward pronunciò il suo nome in modo dolce e accusatorio allo stesso tempo "So che lo fai per lui, ma non è giusto. Anche se tu non l'hai avuta, tutti hanno diritto ad avere una vita amorosa felice"

 

Rosalie fissava la parete bianca davanti a sè, persa nei ricordi lontani. Carlisle scosse mesto la testa, trovando conforto negli occhi di Esme, che aveva da poco abbracciato il suo stile di vita.

 

"Io, Alice, Jasper cerchiamo di uccidere solo quelle persone che se lo meritano. E anche se Carlisle non è d'accordo, perchè per lui tutti meritano una seconda chance, io credo sia sempre meglio che uccidere innocenti. Tu non credi?"

 

Edward le accarezzò la guancia, fraternamente. Carlisle sospirò: eccetto Rosalie, gli altri suoi figli uccidevano assassini, stupratori, pedofili, persone che non meritavano di esistere, dati i loro crimini. Ma per lui erano comunque esseri umani. Avrebbe davvero voluto che tutta la sua famiglia avesse abbracciato il suo stile di vita. Avrebbero vissuto serenamente, in armonia con gli altri cittadini, finchè sarebbe giunto il momento di andarsene, una volta che la gente si sarebbe insospettita del loro aspetto eternamente giovane.

 

Rosalie digrignò i denti e, scansando bruscamente il fratello, si avviò verso la porta e, prima di uscire, si voltò in modo teatrale, fissando intensamente Edward negli occhi: "No, fratellino, non credo"

 

Sbattè la porta. Qualche minuto dopo, anche Alice e Jasper fecero il loro ingresso in salotto, entrambi sorridenti. Avevano sentito la conversazione dal piano di sopra, ma non volevano essere troppo coinvolti nei litigi. Vivevano nella loro piccola bolla di felicità. Jasper si sedette sul divano accanto ad Edward e Alice si mise sulle ginocchia del fidanzato.

Seconda la recita messa in piedi dal dottor Carlisle, lui e la moglie Esme avevano adottato tutti i loro figli: Edward e Alice erano stati i primi ad essere adottati e avevano preso il cognome del padre, Cullen, mentre Jasper e Rosalie Hale, anche loro fratelli, erano stati adottati successivamente. Jasper e Alice, sempre secondo la recita, si erano poi innamorati.

 

Nella realtà, non vi era alcun legame di parentela tra nessuno di loro. Ma amavano considerarsi una grande famiglia di vampiri legati da profondi legami affettivi.

 

Quel 3 Settembre non era uno di quei giorni.

 

"Che aveva Rosalie?" Chiese Alice, in tono cristallino, dondolandosi sulle gambe di Jasper.

 

"Nulla, Alice, andiamo o faremo tardi"

 

"Non aspettiamo Rose, quindi?" Domandò Jasper, voltandosi verso Edward. Alice scese aggraziatamente dalle sue gambe e andò a recuperare il cappotto dall'appendiabiti, fischiettando un motivetto.

 

"Ha preso la Ferrari" Rispose Edward, facendo spallucce. Jasper rise e, prendendo Alice per mano, uscirono di casa, dopo aver salutato i genitori.

 

"Edward?" Chiamò Carlisle, vedendo il figlio uscire senza salutarlo. Edward si fermò, senza girarsi. "Tieni d'occhio Rose, oggi, d'accordo? Per quanto non approvi le sue scelte, le voglio bene e non voglio le succeda nulla"

 

"Non credo farà una strage di studenti, Carlisle" Replicò acido Edward, finalmente guardandolo negli occhi. Vedendo però con la coda nell'occhio lo sguardo preoccupato della madre, cercò di calmarsi e capire anche il punto di vista di Carlisle.

"Starò sempre con lei" Farfugliò, sospirando.

 

"Grazie, figliolo" Mormorò Esme, stringendo la mano al compagno. Carlisle la guardò con dolcezza e poi saluto Edward, che uscì dalla porta, seguendo i suoi fratelli.

 

"Un altro 3 Settembre. Forse questo.. sarà diverso" Pensò Edward, distratto. Abbassò il finestrino per respirare il vento e chiuse gli occhi, lasciando cavalcare la sua immaginazione.

 

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Capitolo 2
*** CHAPTER 1 (PART 2): Her. ***


La nuova arrivata. Il mio nome sarà sulla bocca di tutti da giorni e oggi, specialmente oggi, sarà un inferno. Tutti mi guarderanno come se venissi da un altro pianeta, partiranno i pettegolezzi, molti mi parleranno alle spalle o magari mi rideranno anche in faccia. Ma la cosa peggiore di tutti è se qualcuno mi dovesse fare delle domande, chiedermi perchè mi sono trasferita da Jacksonville in questo paese sperduto con meno di 5000 abitanti. Che bello, non vedo l'ora.

 

"Grazie per il pick-up, Charlie, è fantastico" Bella lo intendeva davvero: avrebbe già dovuto subire le peggio torture in quella giornata, essere scortata da suo padre su una volante della polizia sarebbe stato il colpo di grazia.

 

"L'ha riparato Billy con suo figlio Jacob" Rispose Charlie con un sorriso impacciato, lisciandosi i baffi. Bella aggrottò la fronte.

 

"Non ricordavo che Billy avesse un figlio"

 

Bella tornò con la mente alle giornate che passava in riserva con le figlie di Billy, che invece adesso erano una dalla parte opposta del mondo, ad intraprendere carriere favolose. Ricordava vagamente che Billy era considerato lo sciamano nella riserva, e girava voce che avesse dei poteri magici per proteggere la sua famiglia di licantropi. Da bambina, Bella si faceva influenzare troppo dalle leggende locali di Forks, disturbandole molte volte il sonno. Charlie era molto premuroso e paziente: ogni notte le spiegava che erano solo leggende e che non c'era nulla di vero, intonandole la sua ninna nanna preferita.

 

"L'ha adottato l'anno scorso. Era solo, aveva bisogno di una famiglia e di un posto sicuro. Ha 15 anni ma sembra molto più grande della sua età. Quando l'ha adottato aveva lunghi capelli neri, adesso invece li ha tagliati molto corti, si è fatto un tatuaggio sul petto e sta mettendo su molti muscoli. E' un bravo ragazzo, penso potreste andare molto d'accordo"

 

Fu sorpresa nel sapere del gesto generoso di Billy, ma fu contenta per lui: era solo da troppi anni. Bella, per tutta risposta, annuì, accennando un mezzo sorriso. Lei e il padre non avevano mai avuto bisogno di molte parole o di grandi discorsi: stavano bene nel loro silenzio, ognuno impegnato nelle proprie faccende e abituato ai propri schemi.

 

I genitori di Bella si chiamavano Reneè e Charlie. La madre era una giornalista mentre il padre lo sceriffo della città. Avevano divorziato quando lei aveva solo due anni e Reneè l'aveva portata a Jacksonville con sè, dal momento che il giudice non ritenne opportuno separare la bambina dalla madre. Fu un duro colpo per Charlie che, rimasto solo, entrò in depressione. Lo salvò dal suicidio un'ottima psichiatra ed il fatto che, quando Bella era bambina, si recava spesso a Forks, accompagnata dalla madre. Non appena fu in grado di prendere l'aereo da sola, poi, faceva visita al padre per due settimane ogni estate.

 

Nel 2005, però, Reneè si ammalò di cancro al seno. Bella voleva passare ogni secondo con lei e, pertanto, decise di non andare a trovare il padre.

Reneè morì il 3 Agosto di quell'anno. Charlie era l'unico membro della famiglia che le rimase, quindi decise di trasferirsi a Forks e vivere con lui. Sua madre le mancava ogni giorno, ma cercava di farsi forza ed affrontare la vita anche per lei. Quello era il compito più difficile dal momento che lei e la madre non potevano essere persone più diverse: Reneè era sempre sorridente, entusiasta, piena di amici e hobby, mentre Bella era introversa, riflessiva, e i pochi amici che aveva erano i suoi compagni del club di letteratura. Amici che non le erano rimasti vicino, durante il periodo di malattia della madre, e che non l'avevano nemmeno salutata prima che partisse.

 

"Buon primo giorno di scuola, allora, ci vediamo stasera"

 

Bella si sistemò nel posto di guida, gettò lo zaino nel sedile accanto e salutò il padre con la mano. Trovare la scuola fu estremamente facile, dal momento che Charlie gli aveva spiegato la strada almeno 10 volte la sera prima.

 

Nel parcheggio, guardò per aria molte volte prima di decidersi a scendere dalla macchina. Il motore del suo vecchio pick-up aveva già attirato l'attenzione di molti curiosi e, quando aprì la portiera, trovò subito tanti volti estranei puntati contro di sè. Come già immaginava, la frase che più spesso sentì uscire dalle loro bocche fu: "E' lei". Cercava di camminare più velocemente che poteva, pregando di non inciampare davanti a tutti, e quando riuscì ad arrivare all'ingresso della scuola senza essere stata sommersa da una valanga di domande, si sentì sollevata.

 

-

 

"Rose, andiamo, parlami" Edward era accanto all'armadietto della sorella, con un paio di libri stretti a sè. I suoi occhi erano color ambra, in quel momento dolci e supplichevoli.

 

"Non c'è niente di cui parlare, Ed. Sarà sempre così, non è vero?" Sussurrò Rose, malinconica.

 

"Carlisle cerca solo di fare ciò che è giusto per noi. Sto provando a mettermi nei suoi panni"

 

"Vuoi diventare come lui?!" Strillò Rose e molti studenti si voltarono nella loro direzione, incuriositi. Edward la implorò con lo sguardo di calmarsi e lei si allontanò subito, disgustata. Prima che potesse inseguirla, Alice gli si affiancò.

 

"Le passerà"

 

"Un'altra visione?"

 

"Non è ancora definita. Ma sono fiduciosa" L'ultima frase la pronunciò con un largo e caldo sorriso che Edward subito accolse, tranquillizzandosi. Insieme si avviarono verso il laboratorio di biologia, stringendosi a braccetto.

 

"Come farei senza di te"

 

Alice fece una giravolta su sè stessa ed Edward rise della semplicità e della leggerezza d'animo della sorella: invidiava il suo carattere, il suo essere sempre senza pensieri, grata per le piccole cose della vita. Lui era sempre così arrabbiato, così pensieroso, così chiuso in sè stesso. Alice era una ventata di freschezza, un inno alla vita. Senza di lei, si sarebbe davvero perso nelle tenebre.

 

Alice entrò allegra in classe ma, d'un tratto, si fermò sulla soglia, senza aver alcuna intenzione di procedere. Edward dietro di lei, si spostò al suo fianco per capire cosa l'aveva fatta bloccare.

 

E fu allora che la vide.

 

Seduta da sola, in una delle ultime file, c'era una ragazza. La ragazza nuova di cui Carlisle parlava. La ragazza di cui tutti parlavano da un mese. Edward rimase di sasso, incapace di muovere alcun muscolo. Alice, ancora visibilmente scioccata, tentò di ricomporsi, sedendosi al suo solito banco. Vedendo il fratello ancora immobile, lo intimò a sedersi accanto a lei.

 

Nella prima mezz'ora dal suo ingresso a scuola, Bella non aveva avuto tregua: frasi bisbigliate, dita puntate, risolini, sguardi incollati sul suo viso e sul suo corpo. Non c'era studente che non la squadrasse da capo a piedi, si sentiva come in una sala operatoria, con tutti i dottori intorno ad esaminarti e a decidere come procedere.

 

Ma in quel momento era diverso. Bella aveva gli occhi fissi sul suo banco, nonostante sentisse che qualcuno la stava osservando da molto tempo, senza aver alcuna intenzione a distogliere lo sguardo. Si sentì avvampare e le mani iniziarono a sudarle. Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, ma quando li riaprì, sentiva lo stessa un'atmosfera pesante intorno a lei.

 

Lentamente alzò allora lo sguardo, sperando che, così facendo, il fastidioso osservatore avrebbe smesso.

 

Non lo fece.

 

Ma accadde qualcos'altro.

 

Nell'istante in cui gli occhi di Bella si posarono su quelli di Edward, nemmeno lei non fu più in grado di distogliere lo sguardo. Rimase sbalordita: il ragazzo che tanto insistentemente la stava osservando era alto, dai capelli dorati e gli occhi ambrati, con il viso diafano e il corpo di un Dio.

 

Era irreale ai suoi occhi. Dentro di sè sperava che lui rimanesse in quella posizione per sempre.

 

All'improvviso, gli occhi del misterioso ragazzo si incupirono e, aggrottando la fronte, strinse i pugni, con fare minaccioso.

 

La ragazza seduta di fronte a lui lo richiamò all'attenzione e lui staccò violentemente gli occhi dai suoi, lasciando Bella spaesata e con il cuore che minacciava di uscirle dal suo petto.

 

Si chiama Edward. E' un nome che si intreccia al suo corpo alla perfezione. Oddio, non riesco a smettere di fissarlo, anche se so che dovrei. Per fortuna ora è impegnato a parlare con quella ragazza.

Il suo sguardo era così magnetico, teneva davvero gli occhi incollati ai miei, senza però mostrare alcuna emozione. Una statua, maestralmente scolpita.

Eppure prima di sedersi sembrava sul punto di uccidermi. Sembrava così..arrabbiato. Perchè?

 

"Alice" Edward teneva gli occhi fissi davanti a sè, svuotato. La voce gli uscì a fatica.

 

"Lo so, Ed, lo so" Mormorò preoccupata la sorella, avvicinandosi a lui.

 

"Non può essere. Hai visto anche tu quando.."

 

"Sssh" Lo interruppe lei "Sì, lo so, è impossibile. Però.."

 

"Però sono identiche"

 

Edward pronunciò quella frase con una punta di orrore. Alice si prese il viso tra le mani, trattenendo le lacrime.

 

"Dev'esserci un altro motivo, non può essere, non può" Era come se stesse convincendo sè stessa. Edward le scostò le mani dal viso e la fissò intensamente, con fare protettivo.

 

"Non appena finisce questa lezione, torniamo a casa. E ne parliamo immediatamente con Carlisle"

 

"Ma.."

 

"Niente ma, Alice. Se rimanessi qui, rischierei di ucciderla" A quella parole, Alice ebbe un fremito. Edward dilatò le narici e si trattenne dallo sbirciare nella direzione della ragazza. Il suo odore era così intenso, così delicato, così..umano.

 

Com'è possibile? Chi sei tu per arrivare in questa maledetta città e rompere il mio equilibrio mentale che stavo faticosamente recuperando? Oh, ragazzina, non sai quanto ti sto odiando. Ti vorrei uccidere perchè il tuo aspetto fisico mi ricorda ciò che più ho detestato al mondo. Ti vorrei anche assaggiare perchè il tuo sangue ha un profumo così delizioso e tu sembri così innocente. E io non assaggio sangue di quel tipo da troppi anni. Ma sai qual'è la cosa ancora più snervante, ragazzina? E' proprio il fatto che sei uguale a lei che mi fa anche venire voglia di baciarti, di possederti, di farti mia in questo istante. Solo per rivivere quella pace. Solo per un momento.

 

"Non lo faresti" Sentenziò Alice, costringendo Edward a interrompere quel flusso di pensieri. Si voltò verso la sorella, sorridendo maliziosamente.

 

"Credimi, lo farei"

 

"Il tuo futuro è ancora dubbio ma vedo la ragazza viva. Puoi.."

 

"Alice!" Il tono di Edward salì di un'ottava. Gli occhi ora erano neri, intensi, ma non avevano perso la scintilla."Non voglio stare accanto a quella..a quella..Cazzo, il solo vedere la sua faccia mi fa stare male"
 

"Lo so, Ed"

 

"Voglio solo parlare con Carlisle. Forse lui sa qualcosa"

 

"Forse. Rose starà bene?"

 

Prima che Edward potesse rispondere, il professore entrò in classe. Furono per Edward le due ore più lunghe della sua intera esistenza. La finestra era socchiusa e, non appena soffiava un alito di vento, i capelli della ragazza venivano mossi leggermente e il suo profumo lo colpiva intenso, lasciandolo tramortito ed emotivamente esausto. Lottava. Lottava contro i suoi due istinti primordiali: la sua voglia di sangue e la sua voglia d'amore. Entrambi incredibilmente difficili da controllare e bloccare.

 

Non è lei. Non è lei. Non è lei. Non è lei.

 

Questo era il mantra che continuava a ripetersi, per combattere il secondo istinto. Ma nel suo cervello si rincorrevano prepotenti molti, troppi pensieri.

 

Voglio parlarci. Voglio sapere il suo nome. Voglio sapere perchè si è trasferita. Chi sono i suoi genitori. Se ha fratelli. Voglio indagare. Devo capire il perchè. Perchè mi sta facendo impazzire. Voglio solo provare a sentire che gusto ha, non ne ho mai avuta l'occasione. Vorrei poter baciare quelle labbra carnose ancora un'ultima volta..no! Non devo volerlo, non dopo quello che è successo. Dovrei solo desiderarla morta. Come potrei baciarla se il suo volto è uguale al suo? A quello di un mostro?

 

Quando la campanella suonò, Edward schizzò fuori dalla classe, senza aspettare la sorella e, soprattutto, senza commetere l'errore di voltarsi in direzione di Bella.

 

Bella lo osservò uscire dalla classe, terribilmente confusa. Alice le rivolse uno sguardo di incertezza e di sfida e poi scomparve anche lei dalla sua vista.

 

"Oh, lasciali perdere, quelli sono strani" Una voce femminile la fece sobbalzare. Accanto a lei era spuntata una ragazza molto bella e formosa, vestita alla moda, con i capelli biondo cenere, leggermente mossi. Aveva un sorriso smagliante e due occhi molto grandi, azzurri.

 

"Chi?" Chiese timidamente Bella, completamente colta alla sprovvista, mentre sistemava i libri nel suo zaino.

 

"I due in prima fila. Sono due membri del club dei Cullen. Davvero, non perdere neanche un secondo del tuo tempo a provare a capirli. Non ne vale la pena"

 

"Io non stavo.."

 

"Comunque io sono Jessica, piacere!" Bella fu interrotta dall'altra ragazza che si gettò su di lei come un fiume in piena "Ti chiami Isabella, giusto? Ti stavamo aspettando. Spero che avremo tante lezioni insieme così diventeremo amiche per la pelle. Ma, senti, come mai sei venuta qui a Forks? Jacksonville dev'essere una città molto più soleggiata! E ho sentito dire che lì i ragazzi sono così..fighi! Tuo papà ti faceva mai il terzo grado, quando uscivi con loro?"

 

Bella rimase impalata davanti a lei, terrorizzata. Non aveva mai conosciuto qualcuno in grado di parlare tanto velocemente. E di fare così tante domande in una sola volta.

 

"Lasciala respirare, Jess" Un'altra ragazza si unì alla conversazione, mettendo una mano intorno alla spalla di Jessica. Era abbastanza alta e minuta, con dei capelli corvino raccolti in una treccia. Indossava degli occhiali tondi neri che le nascondevano i piccoli timidi occhi scuri. A Bella piacque subito.

 

"Ciao, io sono Angela" Disse comprensiva, allungando la mano verso Bella, che gliela strinse subito.

 

"Bella, piacere" Angela si ritrasse istintivamente, dopo aver stretto la mano a Bella, spalancando la bocca. Bella si voltò confusa verso Jessica, la quale guardò per aria, ridacchiando.

 

"Scusami, Bella, è che hai un'energia davvero forte e positiva. Non mi era mai capitato prima d'ora!" Esclamò entusiasta Angela, mordendosi il labbro inferiore. Bella si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e le sorrise goffamente di rimando.

 

"..Energia?"

 

"Lascia perdere anche lei, Bella. Pensa di essere una sensitiva" Tagliò corto Jessica, roteando gli occhi divertita. Angela la incenerì con lo sguardo, dandole una gomitata amichevole.

 

"Ehi, se l'ha detto mia nonna allora ci credo. Devi sapere Bella che.."

 

"Sì, sì, glielo racconterai un'altra volta, adesso abbiamo inglese. Tu che lezione hai, Bella?"

 

"Uhm..Ginnastica, non proprio la mia materia preferita" Confessò Bella, già temendo il peggio. Era sempre stata un disastro nello sport, non avendo molta coordinazione o equilibrio. Era un traguardo se riusciva a non inciampare più di due volte in un giorno.

 

"Dai, allora, ci vediamo domani! Ciao!" Salutarono in coro Jessica ed Angela, correndo felici verso l'uscita. Bella rimase sola in classe, a sorridere come una bambina: era davvero contenta di aver conosciuto due persone così simpatiche e gentili. Jessica le era subito sembrata la classica ragazza popolare della scuola, ma, alla fine, a Bella non aveva fatto una brutta impressione, come invece era successo nell'altro liceo. Non sembrava essere altezzosa o in grado di rendere la vita un inferno. Era solo molto esuberante e sicuramente con un gran cuore. Angela, d'altra parte, le sembrava molto più affine al suo carattere: aveva l'aria timida e impacciata, ma a renderla particolare era sicuramente il suo sentirsi una sensitiva. Non vedeva l'ora di scoprirne di più. Bella era sempre stata una persona curiosa, fin da bambina, e questa strana teoria di Angela e il suo segreto con la nonna la stava già affascinando.

 

Il primo giorno di scuola non si era rivelato così terribile come aveva temuto. Certo, ci sarebbe ancora stata l'ora di ginnastica, dove tutti l'avrebbero presa in giro, ma tutto sommato la mattinata era stata positiva. La prima ora l'aveva passata in segreteria, a cercare di compilare l'orario delle lezioni e le varie schede burocratiche. La segretaria era una cara amica di Charlie, quindi, com'era prevedibile, fu premurosa e disponibile. Fin troppo, dato che rischiò di perdere del tutto la lezione di informatica. La lezione di biologia fu interessante, anche se il professore stava spiegando un argomento che Bella aveva già affrontato nella vecchia scuola.

 

E aveva conosciuto Edward Cullen.

 

Ancora non aveva trovato una spiegazione al suo così strano comportamento: non la conosceva, eppure era rimasto immobile a fissarla per un minuto che parve infinito. Una porzione di tempo in cui il mondo esterno pareva essere scomparso, per lasciare spazio solo a loro due. Non la conosceva, eppure le aveva scaricato uno sguardo carico d'odio e malinconia, che aveva lasciato Bella spaesata e tramortita. Per tutta la lezione aveva cercato di pensare al motivo di quel comportamento ma le uniche opzioni plausibili alle quali riuscì ad aggrapparsi furono soltanto due: o Edward soffriva di una qualche forma di disturbo della personalità oppure gli aveva fatto un gravissimo torto, del quale non era a conoscenza. Quando Jessica le aveva rivelato che i Cullen erano strani, Bella aveva tirato un sospiro di sollievo, convincendosi che non si era sognata tutto.

 

"Non sono pazza. E' lui ad esserlo" Aveva pensato, in quel momento.

 

Tornata a casa, decise di approfittare della bella giornata per leggere un libro in veranda. Tirò fuori dalla valigia una vecchia edizione di "Jane Eyre" e, sorseggiando un'acqua tonica, si tuffò nella lettura, dondolandosi sull'amaca di Charlie. Non appena si ricordò che uno dei protagonisti si chiamava Edward, la sua mente volò subito a lui, ai suoi occhi ambrati, alla pelle marmorea, alle sue labbra sottili..Chiuse il libro, respirando a fatica.

 

Che mi sta succedendo? Non mi sono mai sentita così. Mai. Per nessuno. Non lo conosco nemmeno! Ma non riesco a smettere di pensare a lui. Quando mi ha guardata, ho avvertito una strana sensazione al petto, come una morsa. Era come se ci stessimo leggendo dentro, come se ci fossimo conosciuti in un'altra vita.

 

Bella scosse la testa, sconsolata. Non poteva pensare a lui, in quel modo. Non dopo che l'aveva trattata in modo così sgarbato. Bella pensò che forse voleva solo farla sentire importante, degna di essere guardata da lui, per poi infrangere il suo sogno ad occhi aperti e riportarla alla realtà: perchè lei non era nessuno. Non era attraente, o per lo meno, era nella media. Era goffa e impacciata. Non era quella simpatica del gruppo, era sempre quella saggia e con la testa sulle spalle, sempre chiusa nella sua bolla. Mentre i ragazzi della sua età uscivano in discoteca il venerdì sera, lei preferiva portarsi avanti con lo studio. Non aveva davvero niente di speciale.

 

E' bello come un Dio, perchè mai dovrebbe guardare una come me? Sarà andata sicuramente così. L'ha fatto apposta perchè solo la nuova arrivata, voleva farmi uno scherzo di benvenuto. Poteva optare per la colla sulla sedia, sarebbe stato meglio. Jessica avrà solo voluto consolarmi, perchè l'avrà visto succedere anche ad altre ragazze.

 

Non si accorse di una lacrima solitaria che le stava rigando la guancia. Se l'asciugò via subito, reclinando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi, per cercare di non pensare a nulla e prendere sonno.

 

-

 

Jacob voleva conoscere la famosa figlia di Charlie. Viveva da poco a Forks, ma ne aveva già sentito tanto parlare. Stando ai racconti di suo padre, sembrava una ragazza eccezionale e molto affettuosa. Quando aveva scoperto della morte della madre, Jacob si sentì molto empatico nei confronti della ragazza: a quell'età non si dovrebbe soffrire così tanto, e lui ne sapeva qualcosa.

 

Perciò, volle conoscerla. Le aveva lasciato il tempo giusto per ambientarsi, per stare un pò da sola con il padre e sistemarsi. Un mese dopo il suo arrivo, però, Jacob moriva dalla voglia di incontrarla e scambiare due parole con lei.

Alla riserva, vedeva sempre le stesse facce ed iniziava ad annoiarsi. Lì erano tutti simili a lui, tutti appartenenti ad un gruppo, a cui lui era appena entrato a far parte. Amava Billy e gli era eternamente grato per averlo accolto come un figlio.

Bella avrebbe rappresentato per lui la luna nuova, il cambiamento, una nuova possibilità di aprire il suo cuore a qualcuno. Sapeva che avevano molte cose in comune, e che si sarebbero trovati bene. Jacob voleva tanto avere un'amica.

 

"Di più non potrò mai sperare. Perchè sono condannato" Pensò tristemente Jacob, mentre camminava nella via della casa di Charlie Swan.

 

Arrivato davanti alla fatidica casa, sentì come una fitta al cuore. Non si sentiva nervoso o emozionato, eppure il suo cuore si strinse. Prima di suonare il campanello, notò distratto qualcosa in movimento in giardino. Fece qualche passo indietro e il suo cuore perse un battito.

 

"Non ci posso credere" Sibilò, sentendosi le ginocchia sul punto di cedere. Rimase immobile, osservando la ragazza addormentata, dondolarsi sull'amaca. Osservò ogni dettaglio: i capelli castano chiaro, morbidi, mossi; le labbra a cuore, di un rosso vivo; la pelle chiara, impeccabile. Jacob si spostò al collo e scese fino ad osservare i seni piccoli, rotondi, perfetti, il corpo così piccolo e fragile, ma sinuoso. Tutto coincideva alla perfezione.

 

Si stropicciò gli occhi, pensando fosse una visione. Uno dei suoi soliti incubi, che si mescolava alla realtà. Invece era lì, in carne ed ossa, proprio davanti a lui. Jacob digrignò i denti e si accovacciò, mettendosi a quattro zampe. Il suo udito lo stava mandando in paranoia. Si avvicinò lentamente, desiderando intensamente di non sentirla respirare più.

 

Improvvisamente, sentì la porta di casa aprirsi.

 

Prima che l'ispettore Swan potesse vederlo, sparì nella direzione opposta, nascondendosi dietro un albero di fronte a casa. Osservò la scena, disgustato: Charlie era in piedi davanti a lei, con un sorriso stampato sulle labbra. Le accarezzò la fronte e poi si sedette su una sedia, accanto all'amaca, prendendo il libro rimasto tra le sue braccia addormentate.

 

Jacob sbuffò inorridito, poi scappò via.

 

-

 

Edward, Alice e Jasper rientrarono a casa subito dopo le lezioni. Avevano cercato Rosalie ovunque, ma non avendola trovata, si convinsero che aveva saltato scuola, dopo la prima ora. Vedendo la Ferrari nel vialetto, Edward si tranquillizzò.

 

In salotto, trovarono subito Rosalie davanti alla televisione, rannicchiata sotto una coperta. Anche se li aveva sentiti arrivare dal motore della Volvo, non distolse lo sguardo dallo schermo, nemmeno quando si sedettero sul divano di fronte a lei. Tutti i fratelli rimasero in silenzio. Jasper e Alice erano estremamente imbarazzati: non avevano il rapporto che Edward aveva con Rosalie e, pertanto, non sapevano cosa dire o come comportarsi. Nonostante si conoscessero da tantissimi anni, ormai. Edward ruppe il silenzio dopo qualche minuto, infastidito: "Rose, dove sei stata?"

 

"Non iniziare nemmeno"

 

"Non ti ho più vista a scuola da quando abbiamo parlato agli armadietti, ero preoccupato per te"

 

"Ho fatto un giro in macchina, poi sono tornata a casa, contento? Non ho ucciso nessuno, anche oggi Carlisle potrà dormire sonni tranquilli" Sputò Rosalie, con la voce tremante di rabbia.

 

Edward annuì ad Alice.

 

"Ti vuole bene. Tanto. Non vuole che tu faccia questa vita" Implorò Edward. La sua voce era una cucchiaiata di miele.

 

Rosalie non rispose. Si strinse di più nella coperta ed alzò il volume della televisione. Edward sospirò sconsolato, poi si alzò in piedi, andando in cucina. Alice e Jasper lo seguirono.

 

"Non è il momento giusto per parlarle della nostra decisione, vero?" Chiese Alice, picchiettando le dita sulla superficie di vetro. Jasper accanto a lei si irrigidì e guardò Edward, aspettando una risposta.

 

"Devo parlare con Carlisle di quell'altra cosa, prima. E' più importante" Alice mormorò un "certo", poi abbracciò Jasper, in cerca di conforto. Jasper la accolse, accarezzandole i capelli e disegnandole dei piccoli cerchi sulla schiena. Edward li fissò malinconico brevemente, poi si rivolse a Rosalie:

 

"Dov'è Carlisle?"

 

"Non l'ho visto" Rispose lei, monocorde.

 

"Oggi aveva solo il turno mattutino, è strano che non sia ancora tornato.."

 

Jasper ed Alice sciolsero il loro abbraccio.

 

"Rosalie non lo dovrà sapere" Sussurrò Edward "Tra tutti noi, è quella che ha sofferto di più. Non ho idea di cosa accadrebbe se lo venisse a sapere. Ho quasi rischiato di cedere io. Immaginate cosa farebbe lei"

 

Alice abbassò lo sguardo, pensierosa. Jasper si girò verso Rosalie, mettendo le braccia dietro la nuca, ed inspirò profondamente.

 

Il violento bussare alla porta fece scattare tutti in allerta.

 

Edward andò ad aprire stizzito, sapendo già di chi si trattava: il suo odore era inconfondibile.

 

Jacob Black si trovava davanti a lui, con il fiato corto e gli occhi rossi.

 

"E' tornata" Furono le uniche parole che riuscì a dire, prima di perdere i sensi.

 

 

 

NOTA DELL'AUTORE: Carissimi, spero che questa fanfiction vi stia piacendo:) Ringrazio tutti quelli che la stanno seguendo! Mi piacerebbe se lasciaste un commento, magari scrivendo quali sono le cose che finora vi hanno colpito di più, le vostre impressioni, MA SOPRATTUTTO, quali sono le vostre teorie finora, sulla trama! Io non posso spoilerare nulla, ma sarei curiosa di sapere qualcosa da voi :) Non appena riceverò un pò di vostre teorie, pubblicherò il prossimo capitolo, perchè mi piacerebbe prima sapere cosa ne pensate :) A presto, Laura

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Capitolo 3
*** CHAPTER 2: Doubts, doubts, doubts. ***


Casa Cullen, 3 Settembre, ore 16.30

 

Jacob Black era disteso sul tavolo da cucina, privo di sensi. Quattro visi pallidi, disposti a cerchio intorno a lui, lo stavano osservando. Edward era perso nei suoi pensieri: teneva le braccia conserte e, con un dito, si stava torturando le labbra.

 

"Ed?" Rosalie alzò lo sguardo dal corpo di Jacob e fissò intensamente il fratello "Cosa intendeva dire?"

 

Alice trasalii, mentre Edward cercò di rimanere impassibile e, senza sollevare lo sguardo, rispose: "Non saprei, Rosalie. Sarà qualcosa..sulla sua vecchia famiglia, immagino"

 

Rosalie strinse gli occhi e arricciò le labbra: non se la bevve. I suoi occhi saettarono su Alice che deglutì nervosamente, allontanandosi per versarsi un bicchiere di gin.

 

"Gin, Alice? A quest'ora?" La punzecchiò Rosalie, guardando di sottecchi Jasper.

 

"S-sì, sai bene che tiene a bada la..sete"

 

"Certo. E come mai sei affamata proprio ora? Sei nervosa, per caso?"

 

Alice rivolse un veloce sguardo al fratello Edward, che teneva però la fronte corrucciata e gli occhi fissi su Jacob.

 

"Beh..Sì, Jacob Black è qui sul nostro tavolo, incosciente, chissà cosa gli è successo. Sono preoccupata per lui"

 

"Sei preoccupata per questo cane?!" Urlò Rosalie a pieni polmoni, scaraventando a terra il bicchiere di gin che si ruppe in mille pezzi.

 

Jasper cercò di tenere a bada l'atmosfera, placando gli istinti violenti della sorella.

 

"Non ci provare, Jaz.." Mormorò lei, a denti stretti. Il frastuono del bicchiere e l'urlo di Rosalie fecero svegliare Jacob, che sbattè più volte le palpebre prima di mettersi a sedere. Non appena vide quattro occhi neri fissarlo, saltò giù dal tavolo e si accovacciò in difensiva, istintivamente. Edward fu subito accanto a lui, sussurrandogli all'orecchio ad una velocità tale che nessuno avrebbe potuto percepire un suono.

 

"Non una parola, Jacob"

 

Jacob squadrò Edward confuso, poi annuì, rimettendosi in piedi. Rosalie gli si piazzò davanti, maestosa, con un ghigno impertinente. "Jacob Black. A cosa dobbiamo il piacere?"

 

Incrociò le braccia, attendendo una risposta. Jacob sosteneva tranquillo il suo sguardo, facendo scrocchiare le ossa, che gli facevano male per la posizione assunta da troppo tempo.

 

"Non ricordo nulla, accidenti, devo aver preso una bella botta!" Rispose Jacob divertito "Ma non credo verrei mai qui di mia volontà. Quindi puoi spiegarmi tu perchè mai mi trovo qui?"

 

Rosalie espose i canini, saettando i suoi occhi su Edward che, calmo, finse di aiutare Jacob: "Non ricordi davvero nulla? Hai detto una frase strana prima di svenire.."

 

"Cosa posso dire? Devo inventarmi qualcosa?" La frase, espressa mentalmente, era rivolta al più piccolo dei Cullen, che sapeva leggere nella mente. Edward annuì impercettibilmente.

 

"Sì, ricordo di..aver corso come un pazzo.." Jacob fingeva di ricordarsi a poco a poco i dettagli, grattandosi la testa "C'entra mia madre, credo. Mi vergogno a dirvi queste cose. Sono tornati gli incubi su di lei e mi sentivo solo. Solo voi sapete chi sono davvero.."

 

"Per favore" Lo interruppe Rosalie, ridendo isterica "Pensi che ce la beviamo? Siamo accerrimi nemici. Da generazioni"

 

"Vi ho salvato la vita. O l'hai forse dimenticato?"

 

Jasper cinse più forte Alice, dietro di lei, intrecciando le mani alle sue. Edward smise di respirare e Rosalie si incupì, senza staccare gli occhi da quelli di Jacob. Si morse poi rabbiosamente il labbro, alzando le sopracciglia. Indietreggiò di qualche passo, scrollando le spalle. Si sedette al tavolo della cucina, chiudendo gli occhi e prendendosi il viso tra le mani. Edward osservava tutti i suoi movimenti, devastato.

 

Rosalie poi si alzò, asciugandosi le lacrime di nascosto. Si voltò verso Jacob, che era rimasto nella stessa posizione, con lo stesso sguardo fiero e impassibile.

 

"No, Jacob. Non dimenticherò mai quel giorno. Credimi. Lo rivivo ogni notte. Ma per quanto ti saremo riconoscenti, rimani comunque nostro nemico. Quindi scusami se fatico a credere che tu verresti qui, a casa nostra, rischiando di venire ucciso, solo perchè hai gli incubi su mammina"

 

Jacob la fulminò con lo sguardo. Iniziò a tremare, ma Edward gli fu subito accanto, cercando di calmarlo. Jasper aiutava, in un angolo. Gli occhi di Jacob erano pieni di rabbia.

 

"Ti uccido, bionda"

 

"No, non lo farai" Edward rispose al pensiero di Jacob, intimorito dal suo forte tremare "Cerca di calmarti, Jacob. E' meglio per tutti"

 

Rosalie osservò Jacob calmarsi, annuire ad Edward e respirare insieme a lui. Non riusciva a capire, suo fratello non era mai stato così gentile nei confronti di Jacob. Certamente, era sempre stato quello buono, nella famiglia. Il ragazzo con i principi, con i valori. Il ragazzo che pensa sempre a fare la cosa giusta. Ma Jacob, Jacob l'aveva sempre profondamente detestato. Solo lei sapeva il motivo. D'altra parte, l'odio che provava Jacob nei confronti di Edward era ancora più profondo.

La situazione era quindi surreale. Lo sguardo ansioso di Alice le bastò per confermare i suoi dubbi: c'era dell'altro, c'era qualcosa che le tenevano nascosto.

 

"Molto bene" Sentenziò Rosalie, ridendo tra sè e sè, come una folle "Se mi ritenete una stupida, mi comporterò da stupida"

 

Uscì dalla casa infuriata, alla velocità della luce, lasciando i suoi fratelli e Jacob in un insostenibile silenzio. Edward terminò la recita, allontanandosi da Jacob e andandosi a sedere sul divano, insieme ai suoi fratelli. Jacob rimase in piedi, dando loro le spalle.

 

"Aspettiamo Carlisle, Ed?" Gli sussurrò Alice, dall'altro lato del divano. La sua allegria sembrava essersi assopita. Edward annuì, senza sapere nemmeno lui quale fosse la cosa giusta da fare.

 

Fortunatamente, Carlisle non tardò ad arrivare. Lui ed Esme rientrarono insieme, abbracciati e sorridenti, con delle enormi buste tra le mani.

 

"Ti dico di sì, invece, è stato pazzesco!" Carlisle rise di gusto e diede un bacio sulla fronte ad Esme. Si voltarono poi verso la sala, percependo il forte odore di Jacob. Esme lasciò cadere le borsa a terra, osservando Jacob, mentre Carlisle chiuse la porta alle sue spalle e guardò i suoi figli seduti sul divano: i loro sguardi sembravano trasmettere molte emozioni come nessuna.

 

"Cosa succede qui?" Disse poi, autorevolmente. Esme gli fu subito accanto.

 

"Dovresti sederti con noi, Carlisle. Dobbiamo parlare" La voce di Edward era un debole sussurro. Carlisle ed Esme si sedettero subito di fronte al figlio, dopo aver osservato ancora una volta Jacob Black.

 

Edward iniziò poi a raccontare quel primo giorno di scuola, senza tralasciare alcun dettaglio. Il viso di Carlisle da calmo e razionale diventò teso e nervoso. Aprì la bocca più volte, nel tentativo di intervenire, ma Edward lo bloccò sempre, chiedendogli di farlo finire. Esme era sconvolta, tenne la mano sulla bocca per tutto il tempo del racconto e non riuscì ad impedire alle lacrime di bagnarle rovinosamente il volto. Jacob ascoltava coinvolto il racconto di Edward, dal momento che non ne sapeva nulla a riguardo. Anche il suo volto fu palcoscenico di più emozioni.

 

"..Volevamo quindi parlarti. Non ti abbiamo trovato in casa. Rosalie era sola, non le abbiamo detto ovviamente nulla. Jacob Black è arrivato poco dopo" Sentendo nominare il suo nome, Jacob si avvicinò al gruppo, inconsciamente "Penso l'abbia vista anche lui" Jacob fece per intervenire, ma anche lui fu interrotto da Edward "Dopo, Jacob. Rosalie ha dei sospetti, Carlisle. Sa che è successo qualcosa. Ho davvero paura di quello che potrebbe fare"

 

Edward si lasciò sprofondare sul divano, chiudendo gli occhi. Non riuscì nemmeno lui a trattenere le lacrime, era troppo faticoso. Il nodo che aveva alla gola sembrava voler esplodere da un momento all'altro. Si raggomitolò su sè stesso, emotivamente perso.

 

Carlisle strinse Esme a sè, accarezzandole la schiena. Cercando di non perdere del tutto la ragione e lasciarsi andare alla disperazione come i suoi figli, si rimise dritto sullo schienale, sospirò, poi prese parola.

 

"Quello che mi hai raccontato, Edward, ha dell'incredibile. Questo è innegabile. Non riesco neanche ad immaginarmi cos'hai provato nel vederla, nel respirare la sua stessa aria. Non so cos'avrei fatto al tuo posto. Una cosa però è certa, figlio mio: tutti noi qui presenti abbiamo visto.. Abbiamo assistito. Non era frutto della nostra immaginazione, è successo"

 

"Stai quindi dicendo che è impossibile? Come spieghi allora.."

 

"Lasciami finire, Edward. Sì, è razionalmente impossibile che sia lei. Tuttavia, Alice e il signor Black sono stati anche loro testimoni di questo fatto. Pertanto, ritengo che sia qualcosa che vada al di là della comprensione umana. Qualcosa che necessiti di altri..strumenti"

 

Edward ascoltò il padre, confuso. "Non capisco, cosa intendi dire?"

 

"Carlisle sta dicendo che non è qualcosa di spiegabile razionalmente, Ed" Spiegò Alice, sciogliendosi dall'abbraccio di Jasper "Per capire davvero cos'è successo, dobbiamo ricorrere a qualcosa che va oltre l'intelletto. Credo che Carlisle stia parlando di magia"

 

Alice spostò il suo sguardo su quello del padre, cercando una conferma. Carlisle fece segno di sì con la testa, tenendo gli occhi sbarrati, increduli. Esme aveva smesso di piangere.

 

"Quindi pensi che quella..che non sia lei?"

 

"Ne sono assolutamente convinto"

 

Edward e Jacob si guardarono per qualche secondo. Edward lesse nei suoi pensieri e non si sorprese nel trovarli identici ai suoi.

 

"Signor Cullen, perdoni la mia intrusione" Jacob Black prese parola, sistemandosi di fronte al suo interlocutore. Carlisle si stupì del riguardo del ragazzo, ben consapevole dell'odio che provava nei loro confronti e dell'odio che le loro specie nutrivavano l'una nei confronti dell'altra. Quindi gli sorrise, invitandolo a continuare "L'ho vista anche io. A casa sua, con il padre. Era davvero identica a lei, ogni dettaglio coincideva alla perfezione"

 

Edward strinse i pugni: sapere che Jacob era stato a casa di lei, sapere che l'aveva vista, lo turbava. Carlisle scosse la testa.
 

"Posso immaginare quanto entrambi siate emotivamente scossi. Vi comprendo. Ma posso assicurarvi che non è lei. Non può essere"

 

Alice annuì. La pensava esattamente come il padre: doveva trattarsi di qualcos altro, di un misterioso intervento magico. O di una semplice coincidenza, per quanto fosse strano. Ma si rifiutava di ammettere (in primis, a sè stessa) che la ragazza che aveva visto qualche ora prima fosse ..

 

"Non puoi esserne certo"

 

"Edward. E' morta" A quelle parole, Edward ebbe un fremito.

 

Esme tossì. "Non potrebbe essere la sua gemella?"

 

"No, mamma, è umana" Replicò Edward, guardando il soffitto e fregandosi ancora il viso con le mani.

 

"Mi sembra quindi di capire che siamo divisi in due" Jasper intervenne "Tutti noi pensiamo che non sia lei, eccetto Jacob ed Edward"

 

"Siamo proprio dei pazzi, eh?!" Il tono di Edward era cattivo e aveva alzato la voce. Jasper gli rivolse uno sguardo comprensivo, sospirando.

 

"No, non lo siete. Siete umani" Alle parole di Carlisle, sia Jacob che Edward risero "Ho due ipotesi per questa situazione. Potrebbe essere una gemella, come dice Esme, che ha assunto una sorta di.. intruglio magico ed è diventata umana, per qualche motivo a tutti noi sconosciuto. Oppure, c'è qualcos altro sotto. Qualcosa che non riesco nemmeno ad immaginare. Magia nera"

 

Carlisle pronunciò le ultime parole con una punta di orrore ed Esme accantò a lui tremò, sistemandosi i capelli color nocciola davanti all'orecchie, quasi a coprirle il viso.

 

"La nostra ipotesi è un'altra. E dico nostra perchè sento che Jacob condivide ciò che sto per dire. Lei è sopravvissuta e, in qualche modo, è diventata umana. E' sempre stata brava con i giochetti. E questo.. le sta riuscendo proprio bene" Per Edward non fu facile pronunciare quelle parole, dal momento che quell'angolo della mente che tanto faticosamente era stato chiuso a chiave, ora si stava riaprendo. Sentì Jacob accanto a lui respirare più velocemente.

 

"Dobbiamo ucciderla" Dichiarò poi, sentendosi le mani prudere e leggermente tremare. Tutta la famiglia si voltò verso di lui, sgomenta da quell'affermazione.

 

"Non farai nulla, Jacob. Dobbiamo prima capire con chi abbiamo a che fare. Potrebbe essere una ragazza di diciassette anni innocente, che non ha nulla a che vedere con vampiri e streghe. Una ragazza inconsapevole di avere il viso uguale a quello di un mostro"

 

Jacob ascoltò mesto Carlisle e, nel profondo del suo cuore, sapeva che il capo dei Cullen aveva ragione. Ma lui non sapeva cos'aveva provato nell'averla vista: il suo cuore si era stretto in una morsa, come se l'avesse riconosciuta, come se avesse ritrovato la ragione per battere ancora.

 

Jacob Black sbuffò furioso, poi uscì dalla casa. I Cullen lo videro poi trasformarsi e correre a perdifiato nel bosco.

 

----------

 

Casa Swan, 3 Settembre, ore 17.30

 

Bella Swan era sulla sua scrivania, intenta a fare i compiti per il giorno seguente. I raggi del sole filtravano leggeri dalla finestra, creando dei giochi di luce. Aveva sonnecchiato per quasi tutto il pomeriggio, sull'amaca del padre, quindi si sentiva in colpa e pensava di dover impiegare il tempo nell'unico modo utile che conosceva. Charlie, dopo essere passato a vedere come stava la figlia, era tornato in centrale, dal momento che aveva ricevuto una telefonata importante.

 

Eppure tutto questo è assurdo, come faccio a concentrarmi sui compiti? Non riesco a pensare ad altro che lui. Ho la mente annebbiata. Riesco solo a vedere i suoi occhi, il suo sguardo così confuso, intenso, indefinito, sprezzante, assassino. Edward. Edward. Cosa mi stai facendo?

 

All'improvviso, squillò il telefono e Bella sobbalzò. Si trascinò giù per le scale, svogliatamente, consapevole che l'unica persona che potesse chiamarla fosse suo padre. Alzò la cornetta, sbadigliando.

 

"Pronto?"

 

"Bella, ciao!" Non riconobbe subito quella voce, quindi restò in silenzio, dubbiosa "Sono Angela, ci siamo conosciute oggi!"

 

"Oh, cavolo, scusami, ciao Angela" Bella arrossì e ringraziò il cielo che non ci fosse nessuno ad osservarla. Si sistemò nervosamente l'elastico dei pantaloni della tuta e, prendendo una sedia, si sedette.

 

"Scusami tu se ti ho chiamata, mi ha dato il tuo numero di casa mio padre, spero non sia un problema"

 

"No, assolutamente"

 

"Bene! Senti, forse è presto, ma mi farebbe molto piacerebbe se venissi a cena da me stasera! Ci sarà anche Jessica! I miei genitori non ci sono, quindi possiamo fare una serata sole donne, che te ne pare?"

 

Angela sembrava entusiasta della proposta, la si poteva immaginare mentre si mordicchiava il labbro e arrotolava con un dito la cornetta del telefono, aspettando una risposta positiva. Bella, titubante, non potè evitare di ritornare con la mente al vecchio liceo, alle cattiverie delle compagne di classe, alle loro prese in giro,..

 

"..Bella, ci sei ancora?"

 

"Sì, scusami" La nuvoletta raffigurante la sua vita liceale si dissolse all'istante ma la voce le uscì comunque rotta, tremante "Posso..posso richiamarti tra poco? Devo..chiedere a mio padre se va bene"

 

"Ah, sì, certo.. Ok, Bella, non ti preoccupare, fammi sapere!" Angela aveva intuito che c'era qualcosa che non andava, ma rimase di buonumore, cercando di far capire a Bella che sarebbe stata la benvenuta.

 

"Sì, a tra poco" Mormorò Bella fredda, chiudendo la conversazione. Dopo aver agganciato, chiuse gli occhi e si appoggiò al bancone della cucina. Le lacrime sgorgarono impudenti, senza chiederle il permesso. Il vuoto che si stava trascinando dietro da anni si spalancò, lasciandola inerme: perchè non era come le altre ragazze? Perchè non riusciva ad avere degli amici? Perchè Edward Cullen la odiava senza conoscerla? Perchè, perchè, perchè? Cosa c'era di sbagliato in lei?

Si mise una mano sul petto, al centro, cercando di recuperare il fiato, spezzato dai singhiozzi.

 

Odio tutto questo, lo odio. Odio essere vulnerabile, fragile. Una stupida ragazzina impacciata e sfigata che non ha amici nè un ragazzo. Vestita con una tuta sgualcita, con i capelli pieni di nodi, a singhiozzare in cucina dopo che una ragazza l'ha semplicemente invitata a casa sua a mangiare. Non sono normale. Non sono normale.

 

Bella si pulì via le lacrime con la manica, buttò fuori l'aria dai polmoni pesantemente e subito, onde evitare ripensamenti, selezionò il numero di casa di Angela tra le ultime chiamate ricevute.

 

Il telefono squillò solo una volta.

 

"Pronto?“

 

"Ciao Angela, sono Bella" Il turbamento traspariva palese dalla voce di Bella. Angela lo notò e se ne stupì, ma non le chiese nulla a riguardo per non metterla ulteriormente a disagio.

 

"Ciao Bella, sapevo eri tu! Sono una sensitiva, sai?"

 

"Giusto, giusto" Bella sorrise tra sè, recuperando colore sulle guance "Ho chiamato mio padre, per lui va bene"

 

"Splendido! Allora, abito in Kennedy Street, 36, non è lontano da casa tua!"

 

"La troverò sicuramente. Grazie Angela, a dopo"

 

Dopo aver chiuso la chiamata, si sentì soddisfatta, come se avesse compiuto una grande impresa eroica. Ma per lei era quasi così.

 

Aveva deciso di riaprire il suo cuore a qualcuno.

 

Aveva deciso di dare fiducia.

 

Ma poteva un cuore morto battere ancora?

 

Corse su per le scale per farsi una doccia e lavare via i brutti pensieri.

 

-

La casa di Angela non era molto grande. Assomigliava alla sua per certi versi, una villetta color panna, con un piccolo portico e una veranda e un delizioso giardino sul retro, pieno di piante e fiori, dei quali si prendeva senza dubbio cura la perfetta donna di casa, la signora Cornelia Balfour.

 

Lo zerbino diceva “benvenuto” e Bella stava temporeggiandovi, dondolandosi avanti e indietro coi talloni. Dopo aver indugiato a lungo, spinse delicatamente il dito contro il campanello e aspettò, indietreggiando di un paio di passi.

 

“Bella, sei arrivata!” Angela la accolse con un grande e caldo sorriso, uno di quelli capaci di scaldare anche le giornate più fredde. Bella non potè far altro che sorridere di rimando e, timidamente, la seguì all’interno della casa, dove trovò già Jessica seduta a gambe incrociate sul divano.

 

“Hey Bella, ciao! Siediti pure con noi, stavamo per ordinare. Ti va bene una pizza?”

 

“Sì, va benissimo, grazie”

 

Angela le prese il cappotto e lo appese all’attaccapanni.


“Vado in cucina a prendere degli stuzzichini.. per ingannare l’attesa!”

 

Mentre Jessica stava telefonando, Bella osservò i numerosi quadri appesi nel salotto e sopra il caminetto. Uno in particolare catturò la sua attenzione: raffigurava una donna incredibilmente affascinante, dalla pelle bianchissima e lunghi capelli neri che le superavano i seni. Aveva occhi intensi, color ghiaccio e labbra sottili, piegate all’ingiù. Sembrava così triste, così piena di mistero. I suoi abiti erano raffinati ma molto antichi. Sembrava un dipinto del 1700.

 

“Oh, stai guardando i nostri quadri di famiglia?” Angela rispuntò all’improvviso, sedendosi accanto a Jessica, con una ciotola di patatine tra le gambe. Jessica ci si fiondò subito, leccandosi le dita ogni volta che ne mangiava una. Bella arrossì. “Non ti preoccupare, so che possono sembrare inquietanti. Vedi, sono tutte donne, le mie antenate. Pare che io discenda da una delle streghe di Salem, sai?”

 

Bella aprì la bocca, sbigottita. Le streghe di Salem? Aveva sentito parlare di quegli avvenimenti, in qualche libro di scuola.. o in qualche storia per bambini. Ma non ricordava molto. 

 

“Dai, Angy, non iniziare!” Sbuffò Jessica, ridacchiando “Doveva essere una serata tranquilla tra donne, voglio solo mangiare, farmi la manicure o una maschera e guardarmi un film strappalacrime. Possiamo?” Angela fece il gesto di cucirsi la bocca “Allora, Bella, dicci un po’ di te, dai!”

 

Bella impallidì “No, no, aspetta, a me in realtà interessa tantissimo” Jessica la squadrò, alzando le sopracciglia “Voglio dire, non sono molte le persone che affermano di discendere da una strega. Se lo dici, deve esserci un fondo di verità”

 

Ad Angela si illuminarono gli occhi, mentre Jessica, sbuffando nuovamente, le rubò da sotto il naso la ciotola di patatine e si sedette lontana da loro ad un altro estremo del divano, accese la televisione e si rannicchiò sotto una coperta.

 

“Devi capirla, mi sente parlare di queste cose in continuazione” Jessica le fece la linguaccia “Non so molto purtroppo, Bella. Mia nonna mi ha semplicemente raccontato che Susannah Martin, la ragazza che stavi guardando prima nel quadro, è stata uccisa durante il processo alle streghe di Salem. Lei sostiene che tutte le sue discendenti sono streghe, io, mamma e nonna incluse. Eppure non ho mai visto nessuna di loro praticare la magia. Nonna dice che è «troppo vecchia per questo genere di cose» e mia mamma dice che sono tutte fandonie”

 

“Mi avevi però detto che tu sentivi.. qualcosa, giusto?”

 

“Si beh, nulla di che, davvero. Per ora sento l’energia delle persone, riesco a capire se hanno un aura positiva o negativa. E ho avuto un paio di sogni premonitori”

 

“Cavolo, sogni premonitori?”

 

“Sì non ti aspettare che ho previsto la caduta delle torri gemelle o un Presidente degli Stati Uniti! Davvero, sono piccole cose, però sento che in fondo credo davvero a quello che mi dice la nonna” Bella annuì, sorridendole comprensiva. Anche lei aveva sempre avuto un rapporto speciale con sua nonna, la sentiva sempre vicina, in tutto quello che faceva “Come ti è sembrato il primo giorno di scuola, comunque?”

 

Jessica si voltò, abbassando il volume della televisione. Bella arrossì nuovamente, portandosi le ginocchia al petto “Beh, oddio, mi aspettavo peggio” Tutte e tre risero di gusto “Mi sono trovata bene e poi siete tutti carini e simpatici. Tralasciando Edward, ovviamente, che..” Bella si accorse di aver pensato a voce alta e si zittì all’istante. Il solo aver pronunciato quel nome le fece battere il cuore all’impazzata. “No comunque i professori poi sono davvero bravi..”

 

“Aspetta, frena” Jessica si avvicinò alle amiche strisciando sul divano “Hai conosciuto Edward? Cioè voglio dire, ci hai parlato?”

 

Gli sguardi delle ragazze erano ora fissi su quello di Bella che in quel momento voleva scomparire.

 

“N-no, no, assolutamente no. Ho detto il suo nome.. perché è l’unico che non mi ha.. parlato o chiesto qualcosa su di me e il mio arrivo” Si era salvata in corner.

 

“Ah beh, certo, i Cullen sono fatti così. Stanno sempre per conto loro, come se fossero un branco, più che una famiglia”

 

“Famiglia?”

 

“Sì, in classe hai visto Edward e Alice, sua sorella. Sono stati adottati da Carlisle Cullen e sua moglie qualche anno fa. Ma ce ne sono altri due, Rosalie e Jasper Hale, anche loro fratelli, anche loro adottati grazie alla grande misericordia del dottor Cullen. Sono davvero strani, stanno sempre insieme, come se fossero.. oddio guarda, non so, è strano”

 

Bella si ricordò vagamente che suo padre gli aveva parlato molto bene del dottore della città, un medico molto esperto e conosciuto che si era messo al servizio di una piccola comunità,  senza voler alcuna forma di pagamento. A lei sembrava qualcosa di molto nobile, aggiungendo anche il fatto che aveva adottato due coppie di fratelli che magari altrimenti, senza di lui, non avrebbero avuto un tetto sopra la testa. Il tono di Jessica invece lasciava trasparire tutto il pregiudizio di una piccola città come Forks. Ciò che è diverso da noi fa paura o fa disgusto. E i Cullen non erano un’eccezione.

 

“Edward..” Jessica si interruppe, voltandosi verso Bella. Aveva in mente quella domanda da ore e per ora Angela e Jessica erano le prime che potevano darle qualche risposta. Il prossimo sarebbe stato Charlie. “Lo conoscete bene?”

 

“No, Bella, non ha mai proferito parola con nessuno di noi” Intervenne Angela, allontanando una ciocca di capelli dal viso “Sta solo con i suoi fratelli”

 

“Perché ti interessa?” Chiese Jessica, ammiccando maliziosa. Bella fece una risata nervosa.

 

“Non mi interessa, solo mi è sembrato ..strano.” E strano era davvero riduttivo per descrivere il comportamento di Edward nei suoi confronti.

 

“Sono svalvolati, lasciali perdere” Qualcuno suonò al campanello “Uh, sono arrivate le pizze!”

 

Bella sospirò, alzando gli occhi al cielo.

 

Stanno sempre da soli, non parlano con nessuno. Allora perché ha avuto quella reazione con me, che sono come tutti gli altri, una banale studentessa con cui non avere niente a che fare? Perché?

 

Con le gambe strette al petto, si voltò verso la porta, dove Angela stava pagando il fattorino. Quando il suo sguardo si spostò verso la finestra, notò tra i cespugli una figura scura e due occhi gialli fissi su di lei. Si alzò di scatto e scansò il fattorino in malomodo.

 

“Ehi, che cavolo..!”

 

“Bella, che c’è? Che hai visto?”

 

La figura era sparita. Bella si guardò attorno ancora svariate volte, senza sapere cosa stesse cercando, prima che la pelle d’oca che avvertiva sulle braccia la costrinse a rientrare.

 

Sto sicuramente impazzendo, adesso vedo anche l’uomo nero. Dio, Bella, riprenditi.

 

Nascosto nel fitto del bosco, Jacob Black ululò.

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL'AUTORE: Ciao a tutti!:) devo fare una premessa: come avete notato, non sono attiva come vorrei e non lo sarò per ancora qualche mese. Ho la laurea magistrale a giugno e devo davvero impegnarmi tanto. Aggiornerò quando avrò tempo e in questi mesi sarà solo durante le poche vacanze che abbiamo haha quindi vi chiedo scusa ma sappiate che tengo tantissimo a questa storia quindi ci risentiremo mooolto presto :) Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto :) come sempre, se vi va, fatemelo sapere magari in un commento, anche le critiche sono ben accette :) E MI PIACEREBBE SENTIRE LE VOSTRE TEORIE, SONO TROPPO CURIOSA! Vi abbraccio, a presto <3

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