The deal

di Giorgia_Farah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Spazio scrittore ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Annuncio importante ***
Capitolo 19: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 44 ***



Capitolo 1
*** Spazio scrittore ***


So che molto probabilmente deluderò i miei lettori, ma anticipo che lascio la storia Reedmoon sospesa, dato che voglio fare alcune modifiche e correggere alcuni “Orrori grammaticali”, come li chiamo io. Né in realtà ne ho lasciate tante in sospeso, ma vedrò di ricominciare piano piano. Anche questa storia è di tipo fantasy, tratta le tematiche soprannaturale come vampiri, licantropi, ecc...( Sono fissata, lo so XD), e troverete una certa similarità con Reedmoon, tutto ha un suo perché. Non vi svelo niente, ihihih, vi auguro solo una buona lettura. Spero che anche questa storia vi piaccia. Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate, vi aspetto in tanti. Un bacio dalla vostra Giorgia 💋

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Capitolo 2
*** Prologo ***


La Terra. Il pianeta più splendido del Sistema Solare, ricco del verde della natura, del blu degli oceani vi abitano le più belle creature mai generate dal Creato. Provate però a spostare lo sguardo altrove, oltre le stelle, oltre Saturno, oltre Plutone, il Sole, la Luna, Venere... Vi state allontanado abbastanza? Bene... Superate la nostra Galassia; osservate i mille colori dell'universo... Guardatene il nero intenso, la profonda tonalità del blu e l'estremo viola piano piano trasformarsi in un caldo arancio. Tutto è una sfumatura di mille e mille colori. Mai vi sarà spettacolo unico e ineguagliabile come quello dell'Universo Infinito. Ed è proprio qui che vi voglio portare: Nell' infinito, nell'ineguagliabile... Nel Parallelo. Spostate la vostra attenzione: allungate lo sguardo oltre quel velo di stelle. Lo vedete, vero? Un vortice oscuro capace di risucchiare tutto ciò che gli si trovi intorno. È un Buco Nero. Attraversatelo. Non abbiate paura. Per raggiungere un obiettivo bisogna anche sconfiggere gli ostacoli che ci si presentano di fronte. Non fate caso al rumore, al forte vento che vi colpisce la faccia. Rimanete con gli occhi chiusi finché una luce calda e accogliente non vi illuminerá il viso. La state vedendo vero... Si eccola! Ecco, un Universo parallelo al nostro. Tanto diverso quanto uguale. Qui infatti non esistono Galassie, Sistema Solari, Lune, Soli, ecc... Nessun pianeta possiede un sole che ne illumina il giorno o una luna che ne illumina la notte, bensì un piccola Stella Luminosa per il giorno e una Stella Oscura per la notte, chiamata anche “Eclissi della Stella Luminosa” poiché la circonferenza di quest'ultima viene ricoperta da un fascio di luce, permettendo così ad ogni pianeta di vedere al meglio nelle ore diurne il luogo circostante. Come già menzionato in precedenza, non ci sono Sistema Solari né Galassie, quindi ogni pianeta è posto in maniera ravvicinata o distante tra di loro. Eppure vi è una certa familiarità nelle giornate di questi abitanti: la notte e il giorno sono suddivisi il 12 ore, i giorni della settimana, i mesi e gli anni si distinguono in numeri. Ma non hanno numerose feste, n'è anniversari o eventi importanti: l'evento da loro considerato Mondiale è il giorno del pianeta. Ed è qui che entriamo nella particolarità della vita di tutti i giorni di questi terrestri. Infatti ogni pianeta è diviso tra il Bene e il Male: l'emisfero oscuro è chiamato Regno del Buio, l'altro emisfero Regno di Luce. In ognuno di questi, gli esseri viventi possiedono una rara capacità: un potere contrario agli abitanti residenti dall'altra facciata della Terra: per esempio amore e odio, tristezza e felicità, terra e aria, fuoco e acqua, addirittura luce e oscurità... Oppure vi sono chi non ha poteri, nonostante ciò è lo stesso essere vivente ad essere speciale: fate contro gnomi, giganti contro nani, e così via. Date le strane diversità vi starete immaginando una guerra infinita. Invece ogni pianeta procedeva il suo corso grazie alle proprie creature che vi vivevano in pace e armonia. Tutti..... Tranne uno. Un solo pianeta stava cadendo in rovina: “LuxetUmbra”, chiamata cosí poiché lì vi vivavono il resto delle creature particolari o meno che gli altri pianeti non erano riuscite a contenere. Una Terra divisa tra il Bene e il Male. Due Regni in balia all'odio li avevano portati a guerre sanguinose e stragi di morti innocenti. Sigillare un patto era l'unico modo per riportare nel mondo la pace e la prosperità. Ma ad un caro prezzo: ossia sacrificare la propria vita per amare una persona che meritava soltanto di essere odiata.

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 ***


L'alba è sempre stato il momento più atteso della giornata: è uno spettacolo mozzafiato cogliere le lingue di luce sul corpo della Stella Oscura spegnersi lentamente dietro ai monti, lasciando il mondo nell'abisso più oscuro che ci sia mai visto. Non che l'Eclissi facesse così tanta luce: giusto appena per illuminare la chioma degli alberi, i fili d'erba e i tetti delle case. Il nero dell'alba che lascia la Stella Oscura è talmente profondo che sicuramente supera il buio delle tenebre, ti fa rabbrividire fino alle ossa, e sei costretto a portarti una lanterna poiché diventi l'unico punto chiaro in buio senza fine. Le stelle non si vedono, l'unica cosa che bisogna fare in quelle circostanze è rimanere immobili. Ai giorni nostri l'alba è un segno di distruzione e morte: il nemico è vantaggiato dall'oscuritá dell'alba per attaccare. Ma in giorno non avrebbe attaccato, sia nei giornali che in televisione si parlava di pace, di accordo.... Di un patto. Un patto sancito tra il nostro Re e quello dell'oscurità. Accadde quattro anni dopo la mia nascita, ma non riuscì a sapere le condizioni di questo patto, sapevo soltanto che da allora le guerre erano cessate, di battaglia se ne combatteva ancora qualcuna ma non distruggeva più come prima. Nonostante la quiete c'è ancora chi combatte la fame e gli stenti, molti villaggi sono ridotti in miseria, tante persone e bambini muoiono per la malnutrizione o la scarsa cura dell'igiene. È un orrore, ma la mia famiglia sta portando avanti la casa coi denti. Dal mattino fino al pomeriggio indosso la divisa da maestra d'asilo, mentre nel weekend sono casa a dare ripetizioni a bambini analfabeti. Mio padre è operaio agricolo in un'azienda non molto lontano da noi e mia madre si occupava della casa. Nonostante la povertà, il lavoro non mancava. Guardando il nero infinito davanti a me, penso a come l'Eclissi può lasciare così tanta oscurità, a cosa è dovuto e se le lingue di luce sono fatte di fuoco o luce propria. Cosa contiene la Stella Oscura per avere un corpo così nero? Penso a tante cose, e mentre rimugino perfino sul fatto che ieri ero tornata al letto col mal di testa a causa di un somarello che si rifiutava a leggere una pagina di libro, pretendendo solo di giocare col cavalluccio di legno che conservo in camera, ecco che i tetti, i monti e l'intero paesaggio inizia a scharirsi. Il cielo passa dal nero, al blu scuro, all'azzurro chiaro. La Stella Luminosa è una palla bianca che illumina l'intera natura, l'unica cosa che ha in comune all'altra stella sono le lingue di luce che la ricoprono, ma da qui sembra più raggi che fasci danzanti. Le tegole del tetto dove sono seduta riprendono quel marrone vivo di cui mi sono totalmente innamorata, la natura si sveglia, un venticello fresco mi fa oscillare i capelli all'indietro. Sento i primi schiamazzi, le risate e i passi aritmetici dei bambini che escono da casa per avvicinarsi a scuola. Tutto è vivo, tutto è più limpido. Sorrido spensierata, immagino un futuro migliore, anche se sono capace di accontentarmi così. Spengo la lanterna e mi stiro gli arti prima di alzarmi. Sicuramente fra poco mia madre salirà in camera mia per avvisarmi che la colazione è pronta, quindi spalanco la finestrella che porta alla mia camera e scendo. La lascio aperta in modo da far entrare aria pulita del mattino. Poso la lanterna sul comodino, accanto al mio letto, dove posano una scatola di fiammiferi e una lampada. Mi vesto, facendo attenzione a non fare rumore. Eravamo in primavera, ma la temperatura non è abbastanza calda per indossare qualcosa di leggero, quindi ho optato per un maglione rosa antico con un jeans aderenti alla pelle e scarpe da montagna, copro il collo con una sciarpa e mi avvicino al camino, parallelo alla parete su cui si trova il mio letto, uso uno dei due fiammiferi nella scatola per accendere una fiamma e con l'unica mano rimasta libera afferro la scatola delle legna e ne estraggo quattro per accendere il fuoco. Riporto la scatola al fianco del camino e mi alzo. Giusto in tempo per sentire mia madre che mi chiama dal piano di sotto. La stanza sarà calda quando ritornerò a dormire: mia madre durante le pulizie della casa è solita chiudere la finestra in modo che il fuoco possa riscaldarela stanza. Prima di chiudere la porta di un'ultima occhiata alla finestra, al cielo limpido e al profumo dell'erba bagnata della rugiada del mattino. Un profumo che sa di vita. Ho un tuffo al cuore. Sentivo che qualcosa sarebbe cambiato. Ma non sapevo che di lì a poco qualcosa mi avrebbe sconvolto la vita. Chiudo la porta e repentina scendo le scale a chiocciola. Mi chiamo Pearl, Pearl Howard, e benvenuti nel mio mondo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


«È venuta la madre di Sebastian ieri sera», dice mia madre. Siamo sedute a tavola a mangiare dei toast: la mia colazione preferita. «Non l'ho sentita. Probabilmente dormivo già», aggiunsi io. «Voleva solo scusarsi del comportamento di suo figlio...» Risi sotto i baffi, ricordandomi dei capricci di Sebastian. Per quanto poteva farmi saltare i nervi, il suo viso paffuto e i capelli ricci color della pece, non di può non adorare infondo. È un bambino abbastanza attivo, ma dolce. «Ci so fare mamma, la prossima volta troverò una soluzione per farlo stare calmo» Lei strinse le labbra, indecisa, e giocherelló con le dita. La conoscevo bene: vorrebbe dire qualcosa ma teme che dicendola commetta una sciocchezza. E so di cosa si tratta, per la millesima volta. «Amore, non sei obbligata a lavorare così tanto, se non vuoi», buttò infine all'aria. Sbuffai. «Mamma, ci servono quei soldi...» «Tuo padre già si occupa del lavoro e...» «E porta a casa 500 soldi al mese...», la fermai io, ripetendo per l'ennesima volta la stessa frase. «Ti pare abbastanza per mandare avanti la casa?», conclusi. Sospira rassegnata. Il silenzio ritorna a farsi pressante dentro quelle quattro mura. Ho un carattere testardo, una cosa che ho preso da lei, nessuno puó farmi cambiare idea: quando voglio fare una cosa la faccio. «Lo sai che mi preoccupo per te. Alla tua età dovresti divertirti e uscire con gli amici, staresti in compagnia con gente adulta» «Ho un'amica, si chiama Lily, e lavora anche lei. Fortunatamente i nostri giorni di pausa coincidono quindi ho anche tempo per uscire con lei, quindi divertirmi. Ti basta sapere questo? E poi lavorare con i bambini non mi dispiace: sono così graziosi» «Non pensi che sia troppo presto lavorare?» «Mi sembra che anche tu, all'età di diciotto anni avevi iniziato...», incalzai, inizio veramente a rompermi del suo atteggiamento. «E poi le cose sono cambiate. La vedi anche tu la guerra, vero? Non è così pericolosa come ai vostri tempi, ma c'è ancora. E come pretendi di sopravvivere se non lavori?» Mi accorgo del mio tono di voce abbastanza superiore di due ottave rispetto a quello pacato che utilizzo quotidianamente; purtroppo quando si tratta di far ragionare mia madre la situazione prende un inclinazione diversa. Odio arrabbiarmi con lei, ma non sopporto le persone insistenti. So che è preoccupata con me, ma lei non capisce che mi trovo bene con i bambini. Li amo alla follia. A prescindere, anche se non sarei andata pazza per quelle minuscole creature, quei soldi ci servono. Punto. Ho diciotto anni, sono grande abbastanza per scegliere da sola quello che voglio. Infatti mia madre non si oppone. «Voglio solo che non ti succede nulla di grave, tesoro. Non voglio perdere anche te», la sua voce è spezzata, il suo sguardo spento. Da quando Luca è morto non si parla più di lui, semplicemente perché io e papà capiamo che il ricordo le avrebbe fatto male. Non so quanto doloroso sia il ricordo della morte di un figlio, per una madre, ma di sicuro un po' ne ho provato anch'io. Luca si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. ••• Aaron, il nostro villaggio, fu vittima di una violenta imboscata di lupimannari. Scoprimmo poi che furono mandati dal Sovrano nemico solo per dispetto. Sì, il caro Re sapeva essere assai dispettoso. Luca era uscito a giocare con gli amici, io e mia madre lo stavamo guardando dalla finestra. Era così felice e si divertiva un mondo Aveva tutte le ragioni del mondo nel sentirsi così perché era uno di quei giorni che capitavano solo una volta nella vita. Ad un certo punto, non so se fosse l'istinto o una voce che mi diceva di sollevare lo sguardo, misi a fuoco la figura pelosa di una bestia dalle dimensioni gigantesche. Era nascosto tra la chioma di un albero e guardava minaccioso il gruppo di bambini che si divertivano a saltare la corda, quel gruppo di bambini tra cui c'era anche mio fratello. Fu una frazione di secondo, in un attimo corsi fino all'uscita di casa. Mia madre mi seguì poco dopo, sbiancata in volto. Nell'attimo in cui accellerammo il passo verso di lui, la bestia enorme si preparava a saltare. «Luca!!! NOOOOOO!!!!», la vove mi si strozzò in gola. Accadde tutto in un attimo: il piccolo si girò verso di noi, ci sorrise felice- un sorriso che non mi scorderó mai- e ci salutò. Come se immaginava cosa sarebbe accaduto da lì a poco, come un addio. L'attimo dopo era tra le fauci del lupo, sceso dall'albero per uccidere. L'istinto mi disse di correre, così feci, ignorando gli uomini che cercavano di bloccarmi, ignorando le urla di mia madre, ignorando tutto. Bruciai di rabbia quando la bestia sventolava a destra e a sinistra il corpo inerme del mio piccolo. Cercai di respingere un conato di vomito, mentre le lacrime calde scendevano in intermittenza lungo il viso. Quando fui vicina al mostro gli lanciai una pietra appuntita per distrarlo. La sua enorme testa si voltò, piantando le iridi rosso fuoco nelle mie. Fu un attimo di sguardi, poi lasciò il corpo senza vita di Luca, lo schianto sul terreno mi fece tremare le gambe. Il cuore dentro si spezzò. La rabbia scoppiò e ripresi la corsa, questa volta verso il fiume. Sicuramente solo un pazzo avrebbe agito di conseguenza, ma io la volevo morta quella bestia. Nel momento in cui la nostra distanza si era estrema ridotta, una voce mi disse di allungare le braccia in avanti. Le stesi e da quelle mani si espase un'onda di luce che colpì in pieno petto l'uomo lupo. Vidi questi essere catapultato verso il fiume che fiancheggiava la nostra casa. Nella caduta sbatté prima di schiena contro un albero all'incirca della sue dimensioni. Il destino giocò a suo sfavore: l'albero gli cadde addosso, spiaccicando la gabbia toracica. L'ultima cosa fu il grido spaventato dell'animale, consapevole di morire in una maniera così tragica. Non auguro a nessuno una morte così violenta, soprattutto nell'assenza dei propri cari. Una morte cruda e fredda lontano da casa. La stessa morte del mio Luca che ora veniva sorretto da mia madre in lacrime, disperata lo chiamava, i suoi singhiozzi era un unico grido. La vita del mio cucciolo finì così, senza che la Morte gli diede il permesso di abbracciarci un ultima volta. Morì la sera del suo ottavo compleanno. Non so se fu, in un certo macabro senso, una fortuna la morte di mio fratello, poiché quella sera scoprí il più prezioso dei poteri, rimpiango solo di non essere arrivata in tempo e di non aver fatto il possibile per riportarlo alla vita un'altra volta. Quella sera non fu l'unica vittima nell'imboscata del villaggio, molti altri bambini, ragazzi e ragazze erano stati feriti o ammazzati. Scoprí che perfino Lily aveva rischiato di morire. Quella sera la nostra vita cambiò letteralmente. ••• Ritorno al presente, faccio scivolare quel ricordo che crea soltanto dolore, e mi alzo. Luca non c'è più, non posso riportalo indietro per quanto voglia disperatamente. Punto. «Vado al fiume, aspetto Lily poi faremo il giro del villaggio», la informo, raccogliendo i granuli di pane dal tavolo. «Non mi aspettate per cena. Molto probabilmente andremo a mangiare da qualche parte», finisco buttando i grumi di pane nel cestino, e prendo il cellulare. Un cellulare vecchiotto, era di mio padre, piccolo e nero ma per me è una comodità. Non che mi serve a granché, soltanto per invia messaggi o telefonate. Ci sono volte in cui non lo tocco per una settimana dato che i miei sanno sempre in quale luogo mi trovo. «Ti avviso quando decidiamo il posto per la cena», la tranquillizzo. Lei si alza e mi abbraccia. «Grazie, tesoro. Stai attenta» Le bacio la guancia e sorrido. «Sempre» Esco da casa, chiudendo la porta alle spalle. Nel mio cuore spero che questa lite non si ripeti più. ****** Spazio autrice: Buongiorno ragazzi/ragazze, spero che fino a qui la storia ha iniziato ad incuriosirvi. Mi scuso ancora per aver lasciato Reedmoon in sospeso, ma ho in continuo nuove idee per altre storie, ma prometto che prima o poi la riprenderò. Aspettatemi. Da sabato inizierò a aggiornare ogni weekend “The deal” Mi raccomando fatemi sapere se vi è piaciuto, e cosa ne pensate. Io vi mando come sempre un grande bacio e vi auguro una buona lettura. A presto! 💋 Giorgia PS: se volete, seguitemi anche su Wattpad, il mio nome è SweetGiorgia. Anche lì sto scrivendo storie.

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Aaron è stranamente silenziosa questa mattina, la gente che incontro per strada, parla a bassa voce. Ho un deja veu: le loro emozioni che riesco a leggere nei loro occhi, l'attesa che comprime le viscere, la paura mescolata alla curiosità... In tutto questo io rivivo la giornata successiva alla morte di Luca.  Tutto è così pericolosamente identico a come lo era allora. Inoltre il sentirmi osservata non aiuta a calmarmi. Camminai guardinga verso gli ultimi metri che mi separano dall'abitazione di Lily, controllando a tratti dietro di me. Qualcuno puó attaccare da un momento all'altro e se non sono abbastanza pronta di certo non la racconterò a casa. Una volta raggiunto il cancello dell'abitazione di Lily, suono con foga il campanello. Ho l'adrenalina alle stelle, le gambe mi tremano e il cuore impazzito rischia di uscire dal petto. L'aria è talmente silenziosa da farmi rabbrividire fino alle ossa. Perfino quando il cancello si apre rischio lo svenimento, tiro un urlo spaventata ed entro velocemente dentro il giardinetto di casa. Arrivo alla porta e busso, qualcuno mi apre. Mi aspetto di entrare con tranquillità invece, mentre sono distratta a controllare il territorio, una mano spunta da dietro la porta e mi afferra trascinandomi dentro. Urlo ancora. Questa giornata non meritava d'essere ripetuta. «Non dovresti camminare da sola», mi rimprovera una voce dal tono caldo e femminile. La madre di Lily. È identica alla figlia: pelle olivastra, corporatura graziosa, capelli neri e mossi raccolti in un mollettone sopra la nuca, viso ovale, occhi grandi e profondi, nasino all'insù e labbra carnose. Il viso raffigura la preoccupazione in persona.  Gloria è come una seconda mamma per me, non è un caso che divenne ed è tutt'ora la migliore amica di mia madre fin da bambine come lo sono io con sua figlia. Per l'esattezza Lily è la sorella che non ho mai avuto. Quando morì Luca, tre anni fa, il nostro legame si è rafforzato. Tanto che alcune volte una dorme a casa dell'altra. Molta gente del villaggio hanno creato un soprannome che abbiamo amato fin dall'inizio: “Le sorelle Howard”. «Non ti preoccupare, non sono mai sola», sfiorai con la dita la perla che faceva da ciondolo alla catenella che tenevo al collo. « Ho lei che mi fa compagnia». Il motivo di questa collana è stato dettato dal destino. ••• La raccolse mio padre nel giorno della mia nascita, mentre correva verso l'ospedale inciampó sul terreno bagnato e cadde. Lì avvenne l'incontro speciale con la perla, raggiunse l'ospedale dove mia madre stava partorendo, nacqui io e mi chiamavano Pearl, ovvero Perla. Il giorno dopo mio padre la trasformò in una collana. Non a caso fu la stessa perla l'artefice del mio potere: Si dice che è la natura che sceglie il destinato al momento della nascita. Può comparire tramite un elemento, un'emozione o un oggetto creato dalla natura. Pochi sono quelli a cui il dono era rimasto: ci sono persone che vollero liberarsene, a chi comparve nell'età adolescenziale e scomparve senza spiegazione. Semplicemente perché era destino, oppure mi chiedevo se non era la natura stessa che annullava il dono di quell'oggetto alla medesima persona poiché essa ne era l'artefice. ••• Per esempio mia madre da piccola ricevette il dono di saper amare, dare affetto, rassicurare le persone. Questo dono scomparve con la tragedia di Luca. In seguito divenne chiusa, distaccata e a volte depressa. Solo con me, papà, Gloria e Lily riesce tutt'ora a sorridere. Siamo gli unici ad essere rimasti nel suo cuore. Papà invece possiede il dono della forza. Questo dipende dal fatto che i suoi genitori lo hanno scoperto a sollevare un albero caduto quando aveva solo quattro anni. Per lui è vantaggioso possedere  ancora questo potere dato che trasporta a mani nude materiali pesanti; un uomo forte come lui era richiestissimo ad Aaron. Infatti quando può, aiuta altri amici nei campi, in modo da racimolare qualche soldo in più. Solo lui e io ora siamo gli unici ad avere ancora un potere in quel villaggio. O per lo meno è quel che ho notato. «Non mi sorprenderei se ti chiedessi l'atteggiamento strano della gente, fuori c'è un aria particolare. C'è stato un attentato?», chiedo subito dopo. Siamo sedute nel tavolo della cucina, aspettando che Lily scenda dalla camera. «Il paese si sta preparando a domani, tutti temono il peggio», risponde lei, intenta a preparare la colazione per la figlia. «Perché, cosa dovrebbe succedere domani?», aggrottai le sopracciglia. Sono confusa, non ricordo che il giorno dopo ci sarebbe stato un evento. O per lo meno in diciotto anni della mia vita non è mai successo che ad Aprile succedesse qualcosa. «Non ti ricordi? Domani i due Regni si riuniranno per ricordare il patto sancito diversi anni fa» Sbianco in volto, non so se per la contentezza o per la paura. Dopotutto stipulare un patto di pace significava niente più guerre, attentati, morti. Invece è cambiato poco o niente da allora. Non c'è stata più nessuna guerra, questo è vero, ma di disgrazie ne abbiamo avute abbastanza. Tutto per colpa di quel Re schifoso che governa nel Regno del Buio. Se sarebbero finalmente arrivati ad un accordo questo avrebbe segnato la pace e l'armonia, tutto quello che si è sempre sognato in questo mondo. «Bé, è una buona cosa, perche' avete così tanto timore?», rassicurai più a me che a Gloria. «Perché stiamo parlando del Regno del Buio», rispose una voce cristallina e vivace al posto della donna. Giro lo sguardo e colsi la testolina di Lily sbucata da dietro la parete che divide il cucinotto. Sicuramente ci ha spiate. «Tu pensi veramente che tornerà la pace? E soprattutto ti fidi veramente della parola del nostro Re, lo stesso Re che ci aveva assicurato l'eliminazione dell'odio e della guerra attaccato da parte del regno nemico e invece si è mostrato l'incontrario. Io non mi fido del nostro Re, e nemmeno di quell'altro», chiarisce. Non ha tutti i torti, non siamo mai stati al sicuro; quando ci siamo fidati del nostro sovrano, siamo stati ingannati. Ci hanno traditi, e il popolo è in fermento per questo, ha incominciato a minacciare il Re. Iniziarono delle rivolte. Vogliamo quella pace che per secoli e secoli ci fu tolta. «Sicuramente non avevano le basi per porre fine a queste disgrazie», pensò la madre. Storcio il naso in una smorfia di disgusto. «Oh, andiamo! Bisogna arrivare a delle basi per una pace?», esclamai. «Il Re Titanius può fare di tutto pur che si soddisfi» «Si certo, e noi siamo quelli sottomessi in ogni modo. Ho paura. Dal nostro Re non mi aspetto niente di positivo», conclusi. Se prima ho sperato in qualcosa, calcolando la verità dei fatti ora al solo pensare che domani i due sovrani si sarebbero incontrati per la seconda volta mi tremava la pancia. «Il nostro Re è vecchio ormai, e gli altri reali dovrebbero capire che ormai deve passare la corona al prossimo erede», mi sussurra Lily nell'orecchio. Ciliegina sulla torta: in quel momento sul TGMondo sta trasmettendo in puntata reale il castello del Re Dorian, la Sala del Trono. Subito dopo il giornalista intervista una guardia la quale afferma con sincera speranza che la situazione migliori, che il Re sa bene ciò che fa e che presto saremmo un popolo tranquillo e sereno. L'evento di domani verrà tenuto segreto. Non sa nessuno cosa sarebbe successo. E questo non faceva altro che presagire il peggio. «Se pensa che l'unico modo è postrarci ai piedi di quel maledetto, sbaglia. Vado al castello e se è necessario con la forza lo farò convincere di creare un accordo in un'altra maniera», sbraito, sbattendo il pugno nel tavolo. La pressione del pugno fece spaventare Lily, assumendo un colorito tre volte più chiaro della sua carnagione. «Sei una guerriera ma un guerriero è intelligente, ragiona col cervello. Non puoi andare al castello e pretendere ascolto dal Re. Ti prenderanno per una pazza. Ti rinchiuderanno nelle segrete...», mi frena Gloria. Aiuto a sparecchiare. «Qualcuno deve fare qualcosa, Gloria. E io preferisco fare tutto ciò che è in mio potere pur di essere ascoltata. Pur di esaudire i desideri di questo popolo darei tutta me stessa. E se c'è bisogno di morire, morirò. Almeno qualcuno ricorderà una persona che ha reagito a tutta questa... Barzelletta» «Uuuhh.... Abbiamo l'eroina di Aaron», esaltó Lily prendendomi in giro. La trafissi con lo sguardo ma lei non batté ciglio. Anzi, corse a baciarmi sulla guancia. So che scherza, la cosa bella di noi è che nonostante litigi o scherzi di siamo sempre riuscite a fare pace. «Non pensare alla morte, tua madre ha già sofferto abbastanza con la scomparsa di Luca. Voi farle portare un peso più grande con la tua scomparsa?», incalza la donna. Gloria mi vede come una figlia, è madre pure lei, e sicuramente sa come si sente la sua amica. Ma io odio starmene nel mio villaggio senza fare niente, mentre vedo decine e decine di persone morire per un capriccio del destino, per colpa di quel morto senza pietà che siede su un trono. Lo odio, e ho promesso sull'anima di mio fratello che dopo la sua morte avrei cercato di salvare altre vite. Non ho potuto salvare la sua, ma potevo farlo con il resto della gente. «Adesso uscite, e state attente», la donna ci spinge verso la porta, una volta pulito il cucinotto; Lily corre ad aprire il cancello. Prima di uscire dalla porta di casa Gloria mi ferma. Le sue braccia mi cingono la schiena e mi abbandono al suo abbraccio consolatorio, nonostante ciò sentivo il suo corpo tremare. «Pearl, promettimi che lotterai con la furbizia. Che se è necessario combattere per i tuoi diritti lo farai, ma fallo con la testa. E soprattutto, resta viva. Lotta per te, per noi, ma resta viva», mi raccomanda. Resto basita: forse mi sbaglio ma quelle parole vengono pronunciate con tanta malinconica che al mio timpano suona come un addio. Ho la strana sensazione di essere chiamata in guerra. «Ok», soffocai, la voce strozzata. Non per il dispiacere e la tristezza, se non per paura. Lei fa finta di niente, addirittura nella sua espressione c'è un velo di pentimento, ma ormai quel che detto è stato detto. Da una parte la devo ringraziare: per una frazione di secondo è stata dalla mia parte, ha creduto in me. Ritorno da Lily e usciamo dall'abitacolo. Il resto del giorno lo passiamo tra risate e divertimento. Come le altre giornate non mi stanco mai della compagnia di Lily. Eppure colgo nel suo sguardo un pizzico di paura, la fotocopia del volto di sua madre mi ritorna alla mente, nonostante io cerca nelle ore seguenti a cancellarlo. Se il Re avrebbe soddisfatto le voglie di Titanius e non del suo popolo, saremmo spacciati. **** Ciao ragazzi e ragazze!!!! I giorni si fanno più pesanti per Pearl, chissà cosa succederà più avanti.... Vi aspetto sabato, carichi carichi, con il quarto capitolo. Un bacione a tutti 💋😘 Giorgia.

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Fra pochi minuti arriverà il tramonto, si riesce facilmente a notarle la parte il velo nero che inizia ad oscurare il cielo, mentre l'azzurro chiaro stava calando dietro alla sua Stella. È bellissimo. Mi affretto a salutare Lily e imbocco la strada di casa mia. Aaron è un villaggio povero, in continua crescita. Il lavoro c'è, ma non tutti hanno la fortuna di trovare un posto poiché la gente è tanta quindi costretta a cercare altrove. Gli unici paesi o città che sono riusciti a riprendersi economicamente nonostante gli attacchi sono quelli vicini al Re. Noi confinanti col Regno del Buio siamo considerati immondizia, posti da evitare poiché collocati vicino al nemico. Odio il nostro Re, pensare a Vostra Stronzositá mi viene da rimettere. Di conseguenza: villaggio povero, case povere, e la mia non è da meno. Non possediamo un giardino, la nostra casa è costruita nel cuore di Aaron, dove si trova la piazza centrale, circondata da negozietti, ristoranti e un hotel, il pasticcere, il fornaio, e chi più ne ha più ne metta. Dall'altra parte della nostra casa, c'è la chiesetta, qua e là sono collocate alcune casette, le vie sono piccole e strette, infatti non si usano macchine: quelle sono per i ricchi. Casa mia ha un piano terra e il primo. Nel pian basso a sinistra c'è la cucina, a destra il salotto; salendo le scale si arriva al piano superiore dove la prima porta che vediamo è quella del bagno, mentre ai fianchi la camera dei miei genitori ( situata a destra) e la mia ( quella di sinistra) anche se tre anni fa apparteneva a Luca. Mi immagino la gioia di ragazzi ad avere la stanza di loro proprietà, ma io no: amavo la presenza di Luca, non mi faceva mai arrabbiare, eccetto qualche lamentela, andavamo d'accordo e parlavamo tanto. Ora la mia camera sembra vuota, spoglia, triste senza quel giocherrelone dai capelli color del fuoco. Dopo tre anni dalla sua scomparsa, il vuoto per la mancanza del mio bambino fa ancora tanto male come la prima volta. Mi avvicinai alla riva del fiume che divide l'altra piccola parte del villaggio all'altra metà, salvando la parte centrale di Aaron. Solo un ponticello di pietra sopra il letto d'acqua collegava le due estremità. Lo stesso fiume dove ha trovato la morte il licantropo che avevo ucciso anni fa. Ora al posto del suo corpo c'è un piccolo avvallamento della terra bagnata dall'acqua. È come se l'anima dell'animale volesse dirmi che è ancora lì. Non se ne va, avrebbe torturato la mia mente fino al mio ultimo giorno di vita. Sospiro tristemente, il ricordo mi divora l'anima, sicurissima che perfino una futura demenza senile non sarebbe riuscita a cancellare ciò che è stato. Distratta dai miei pensieri, quasi non mi accorgo di un pigolio strozzato abbastanza vicino dalla mia posizione. Un uccello è caduto dal nido. Tendo l'orecchino e scatto in posizione eretta. Metto a fuoco, intenta a trovare la povera creaturina, nel mentre faccio attenzione a dove pesto con i piedi. In fine lo trovo rannicchiato dietro ad un cespuglio. La sua voce strozzata e spaventata mi stringe il cuore. Ha un piumato color arancione, mentre il dorso è colorato di giallo. I suoi occhi neri mi inquadrano spaventati. Mi inginocchio e lo prendo tra le mani. Dal continuo dimenarsi scopro che aveva un ala rotta. «Non ti muovere, non ti farò male», sussurro. Gli accarezzo il dorso arancione e lui lentamente si calma. Gli sollevo con la punta delle dita l'ala sfortunata, dai polpastrelli iniziarono ad uscire scintille di luce che vanno a ricoprire l'arto dell'animale. Non passa nemmeno un minuto che l'uccello ritorna a muovere in modo naturale anche l'altra ala. Prima di spiccare il volo, i suoi occhi profondi mi guardando riconoscenti. «Cerca di non cadere più», gli raccomando e lo lascio volare verso il suo nido. Ricordo un piccolo dettaglio negli anni passati che ho trascorso con Luca: eravamo al fiume e mi disse che una volta lasciata questa terra avrebbe voluto essere un uccellino come quelli che hanno il colore dei suoi capelli. «Cosí posso viaggiare lontano e quando voglio tornare a casa e vegliare su di voi», aveva aggiunto. E in certo senso è come se fosse tornato. Negli occhi dell'uccello ho rivisto quelli profondi di Luca, e il colore delle piume sono identiche alla chioma riccia di lui. In fondo so che non si è mai allontanato da casa, è sempre rimasto qui a guardarmi sopra un albero. Ritorno a casa con un sorriso stampato sulle labbra. **** Ciao bellezze!!! Questo capitolo non è abbastanza lungo, più che altro mi sono concentrata nel descrivere il villaggio natio della protagonista, e la sua casa, i continui ricordi di Luca. Pearl ama i suoi genitori, vorrebbe fare qualcosa per sua madre, gli manca molto il fratello e ha un istinto materno innato poiché insegna a bambini analfabeti o che hanno iniziato da poco la scuola. Ma più avanti noterete altre caratteristiche di questa meravigliosa ragazza. Buona lettura a tutti!!! Bacioni 💋 Giorgia

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Il giorno dopo sono a casa di una donna: devo insegnare alla sua bambina Clara un po' di matematica e storia. Non è tanto complicato come pensavo lavorare con i bambini, considerando che tutti quelli di cui mi occupo frequentano l'asilo o le elementari, di conseguenza i compiti a casa sono semplici. Il resto sono analfabeti. Basta solo voglia di fare, usare la fantasia con esempi banali, in modo che i fanciulli possano apprendere meglio, e tanta tanta pazienza. Il mio lavoro finisce con la durata di tre ore spaccate, quindi ho la fortuna di aiutare mia madre con la pulizia della casa più del previsto. Non le racconto del mio incontro con l'uccello arancione, e con lui la bellissima sensazione di avere Luca tra le mie mani, perché, parliamoci chiaro, essendo una donna fragile so come si sarebbe comportata poi. È ingiusto non dirglielo, ma col tempo è la scelta giusta. Ci raccontiamo di altre cose, andiamo a fare la spesa, parliamo di progetti futuri: io ho sempre desiderato avere un posto fisso come maestra d'asilo, lo stesso lavoro che fece mia madre prima che venne licenziata durante la guerra. Siamo uguali infondo di carattere, l'unica cosa che la differenza da me è il sua personalità cupa e triste che le deforma il viso ogni qual volta si trova sola a casa. La scoprì perfino soffocare dal pianto quando un pomeriggio mi inventai la scusa di uscire con Lily, invece la spiai dalla finestra della cucina: stava preparando la zuppa, mano a mano che i secondi passarono il viso di contorse da una smorfia di pianto, il corpo tremante iniziò a sobbalzare da interminabili singhiozzi, un secondo dopo era riversa sul pavimento: si era accucciata su se stessa e gridava di dolore. Quel giorno decisi che non l'avrei più lasciata sola, ignorando le sue insistenze. È una donna forte, mia madre, diversamente sono accondiscendenti  gli abitanti di Aaron, considerandola debole o asociale dato che non socializza più come una volta da quando è successo.  E io odio la gente che sparla di lei. La giornata procedere con tranquillità, quando cala la sera riesco a percepire una soffocante tensione nell'aria. Vedo l'espressione tranquilla di mamma tramutarsi in preoccupazione, nel momento esatto in cui accendo la televisione. Per ironia della sorte il canale si trova sulle varie notizie della giornata. Solamente che oggi c'è solo un evento che spopola tra i vari fatti. Il 6 Aprile è il “Giorno dell'accordo”. Lo schermo, tra le varie notizie, continua a trasmettere imperterrito l'immagine ricurva e splendente di vestiti chiari del nostro vecchiotto sovrano accanto a quella smilza e tenebrosa del Re Titanium: si stanno stringendo la mano. Subito dopo compare le due figure che concentrate firmano un pezzo di carta, riesco a cogliere lo sguardo compiaciuto del Re cattivo e quello pentito e intimidito del nostro Re incapace; nel medesimo istante una cupa sensazione mi congela il sangue, lo stomaco si contorce di se stesso, mi tremano le gambe e sono costretta a reggermi sullo schienale della sedia. Mia madre cade seduta sulla poltrona ascoltando la televisione, nuovamente la sua espressione cambia: posso solo coglierne il pallore, i suoi occhi guardano lo schermo con totale assenza di emozioni. La sento vuota dentro, è immobile come una statua. Ha la stessa identica posizione di quando guardava il suo bambino dal corpicino deforme sdraiato dentro una bara. Avviene un calo uditivo, il quale mi impedisce di cogliere le parole del giornalista impegnato a riassumere i discorsi dei due sovrani. Sento che qualcosa non va, decisamente c'è qualcosa che non quadra bene. Il tempo si ferma, il tum tum dei nostri cuori accellera, la mia mente si spegne; solo un macabro pensiero oscilla in quel nero infinito dentro la testa: Sarò portata via anch'io. Lo schianto improvviso della porta ci fa scattare in piedi. Solo ora mi rendo conto che seduta. Papà entra nel salotto sudato fradicio, la barba bagnata, i capelli unti sono appiccicati alla fronte, porta con se la disperazione nel volto. Qualcosa di estremamente pericoloso stava per accadere. Lo sento nelle ossa. Non riesco a sentire niente se non la voce strozzata di papà. «Dobbiamo nasconderla», esclama lui, rivolto a mamma. Lei è ancora in trans. «Desirée! Stanno arrivando, dobbiamo nasconderla», alza la voce sempre più disperato, scuotendola. Lei si rianima, sbatte le palpebre e ci guarda scossa. « Ok», soffoca, spaventosamente calma. Chi sta arrivando? Chi mi verrà a portare viaLa mia mente si rianima, comincio a ricordare come si parla ma nelle labbra escono solo balbettii insensati. « Do-dove?.... Chi viene? Per-erché mi portano via?....» Papà mi accarezza le spalle, cercando di calmarmi invano. Come può riuscirci? Siamo tre corpi tremanti in una stanza silenziosa che promette solo un addio. «Guardie del Re Titanium. Tesoro, ti spiegheremo tutto dopo. Adesso dobbiamo pensare a te», mi spiega. Inizia a tremarmi il mento e scoppio a piangere. Portata via? Perché io? Cosa ho fatto? Cosa mi avrebbe fatto?!. «Calmati, amore, calmati. Non farti sentire», mi sussurra mia madre, mi sposta i capelli dalla faccia bagnata. Nonostante cerca di tranquillizzarmi tutto le diventa difficile, persino le sue mani tremano. «Sai dove possiamo portarla?», chiede mamma a papà, con una calma invidiabile. Iniziano a parlare, ignorando i miei singhiozzi. «In camera sua», risponde. Papà scuote la testa. «Controlleranno tutta la casa» «Nel retro della casa», ritenta. «Sono in troppi...», risponde stringendo la testa fra le mani, disperato, come se la volesse staccare dal collo. «Nella cupola», sussurro io all'improvviso. Si voltano a guardarmi straniti, non è da me iniziare a ragionare quando la disperazione circola nel sangue. Il punto è che non li voglio lasciare così improvvisamente. Voglio rimanere con loro. Mi sorridono e mi circondano in un abbraccio affettuoso, odora d'amore e di sicurezza, sembra durare un'eternità. Nulla avrebbe fermato quel contatto fisico, tanto voluto disperatamente, se non fosse per un rumore sordo alla porta. Un brivido mi percuote la spina dorsale, rimaniamo impalati fino al secondo rumore, le percosse fanno vibrare violentemente la porta. Una voce stava urlando da fuori: «Aprite questa porta! Siamo venuti su ordine di Re Titanium! Aprite!!!», ruggisce. Ritorno a tremare. Mamma e papà mi guardano, poi si lanciano uno sguardo di intesa. In un battito di ciglia mi trovo con lei al fianco delle scale che portano al piano superiore. Sotto un tappeto dagli ornamenti occidentali è nascosta una botola. Mamma solleva il portello di accesso. Mi guarda, i suoi occhi color del ghiaccio sono lucidi. «Non aprire finché non ti ordino di farlo. Non fiatare, cerca di essere il più silenziosa possibile e tutto andrà bene», ordina. Mando indietro un singhiozzo. « Okey...», rispondo, ma la parola viene fuori spenta. L'angolo destro della sua bocca si solleva, rivolgendomi il più dolce dei suoi sorrisi. «Tranquilla, tesoro», mi sussurra, la sua voce come il miele: dolce e rassicurante. Mi chiedo come riesce a controllare tutta quella calma e come può trasmettere tutto quell'amore in circostanze come queste. Forse arriva un momento della vita in cui devi imparare da sola ad essere coraggiosa, a non rischiare che la paura ti divora la mente. E lei ha sempre avuto quel coraggio sotto la sua personalità fragile. Forse il suo potere non se n'è mai andato. L'ha conservato per me. «Vi amo», singhiozzo. È l'unico saluto che riesco a rivolgerle. Di rimando, le sue labbra mi baciano la fronte, subito dopo vengo calata nella botola oscura. Alzo lo guardo verso mia madre, spaesata. «Anche noi tesoro», dice lei prima di chiudere il portello. Per la prima volta ho paura del buio. ******* Ciao lettori! Buon pomeriggio 😊 Scusate il ritardo, ieri sera sono stata impegnata e non ho potuto pubblicare. Con questo capitolo iniziamo ad entrare nella vera storia. Spero vi piaccia. Fatemi sapere. Un bacione e buona lettura! Giorgia

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


L'oscurità è padrona, l’unico punto luce in quel buco è la fiammella argentea scaturita dalla mano. Mi tremano le gambe, il cuore è in agitazione. Quando i rumori si fanno più vicini alle scale, ho l'istinto di urlare. Ma me ne sto stretta in un angolo, e zitta. Fuori sento grida e frasi incomprese. Solo la voce calda e controllata di papà e quella della guardia, simile ad una melodia tombale, riesco a riconoscere. Lui vuole trovarmi, non si abbassa nemmeno alle bugie di mio padre. «La mia pazienza ha dei limiti, pezzo di carne, consegnatemi la ragazza o faccio saltare in aria questa casa», ruggisce lo sconosciuto. Sto per piangere, voglio tapparmi l'orecchie per non sentire ma perfino se ci provo le loro voci oltrepassano i timpani, arrivando al cervello. Mi torturano la testa, minacciose. Soffoco i singhiozzi che mano a mano mi bloccano il respiro. L'aria pressante della cupola mi sta letteralmente mozzando il fiato. Ho bisogno di far entrare aria nelle vie respiratorie. «Glie lo giuriamo, nostra figlia non è qui», controbatte la voce stridula di mamma. Qualcosa di abbastanza grosso cade a terra seguito dal grido spaventato di mamma. «Sono stanco di queste scuse, donna. Dove si trova!!!!????», urla l'essere. Non si da per vinto, sa che sono qui. Mi si gela il sangue. Cosa mi avranno fatto? Passano alcuni interminabili secondi e dalle scale scende qualcuno, fermandosi all'entrata della cucina. «Signore, non l'abbiamo trovata», dice una voce. «Sia nella sua camera, in quella dei genitori, e nel bagno non abbia trovato nessuna traccia della ragazza», comunica un'altra voce. «Controllate nel retro nella casa», tuona il loro capo. « Abbiamo provato anche lì ma sembra volatilizzata dal nulla» «Visto, è come vi è stato appena detto», aggiunge papà, ora con la voce più tranquilla. Contemporaneamente anche il mio corpo smise di tremare. «Vi prego lasciateci in pace. Non abbiamo fatto niente» Segue un minuto di silenzio il tempo sembra arrestarsi, chiedendomi se avevano o no abboccato all'amo, l'unico suono che sentivo era il mio respiro e il cuore in gola. «Il Signore Oscuro non gioirá questa notizia», aggiunge una nelle guardie. «Una delle ragazze scomparse... Che cosa ci faranno?», chiede un'altra più spaventata. Altro silenzio. «Sicuramente Nostra Signorina non sarà clemente con noi...», spiega la voce del capo, ormai riconoscibile. «Bruciate questa casa, non risparmiate nessuno. Comunicheremo che la famiglia Howard è stata arsa viva dalle fiamme, ci toglieremo così un fardello. Procedete» Alla prima frase qualcuno urla disperato, solo tardi capisco che lo stridulo proviene dalla mia gola e quella di mamma. I suoni si fanno distanti, sento le gambe leggere e la mancanza d'aria mi fa girare la testa; sono in procinto di svenimento, mentre concepisco la consapevolezza che saremo morti tutti. Solo perché i miei genitori vogliono il mio bene. In un istante comprendo che questo è il momento giusto per uscire dal retro della casa e fuggire lontano. E poi cosa avrei fatto? Avrei lasciato morire i miei genitori e salvare la mia vita? Potevo essere così crudele?. L'attimo dopo il mio corpo scatta, animato da una scossa che mi rimette in piedi. Succede tutto troppo in fretta per capire il motivo di quel gesto. Mi trovo in cucina, piantando gli occhi su quelli della voce minacciosa. Emetto a fuoco l'intera immagine della creatura, e soffoco un urlo in gola. L'abitacolo è circondato da, si, figure umane, ma ogni loro centimetro di pelle è ricoperto da ustioni di terzo grado, fuori usciva qualche fiammella, lo stesso vale anche per la testa dove sul capo portano un paio di corna. Le loro espressioni minacciose sono immutabili. Quando i loro sguardi si spostano dai miei genitori a me, non mostrano sentimenti. Parlo di “sguardo” tanto per dire poiché non hanno occhi. In quelle fessure c'è solo il nero. Sono demoni. «Avete fegato ad uccidere una famiglia innocente», grido, totalmente fuori controllo. «I miei genitori hanno ragione: ero fuori e sono entrata solo ora nel retro della casa. Lasciateli andare, se è me che volete io sono qui», alzo il mento, guardando uno ad uno. So che nel mio volto è presente la più totale rabbia, nonostante questa tradiva la paura che provo. Sento il cuore scoppiare quando mia madre soffoca: «Tesoro, ti prego, non lo fare» La guardo e le sorrido, lei in risposta nasconde il suo volto contro la schiena di papà che le faceva da scudo, bagnando la camicia del marito delle sue lacrime. Sono consapevole del fatto che non avrebbe sopportato un'altra perdita. «Pearl Howard», pronuncia come se avesse visto un miraggio, sento il suo ipotetico sguardo studiarmi dalla testa ai piedi, e l'angolo ricurvo nella sua bocca si solleva, mostrando un sorriso di soddisfazione. «Sei stata pregata di raggiungere il castello del nostro Re Titanium. Suo figlio ormai adulto ha deciso che prometterà pace e fedeltà verso il Regno della Luce, ad una condizione. E cioè scegliere una delle ragazze del vostro Regno che verranno convocate al castello e portarla all'altare. I futuri sovrani diventeranno così governanti tra i due Regni e l'odio e la morte non saranno più a predominare questa terra», aggiunge soddisfatto, come un bambino quando termina con un buon voto l'interrogazione scolastica. Un discorso costantemente studiato a quanto sembra. Lo guardo disgustata. «E nel frattempo devo fare la servetta a suo figlio», sputo ancora spiazzata, ripercorrendo la comunicazione del demone dalla prima all'ultima parola. Quest'ultimo rispose. «Avrete un letto, un tetto su cui vivere, del cibo con cui potrete saziarvi» «Mi farete rimanere in vita solo per fare la cagna con il futuro erede al trono!», esclamo. Ho voglia di piangere, tutto questo non può essere vero. Il demone fa spallucce. «Bé, dopotutto avete la libertà di scelta: o collaborate o vedrete la vostra casa cadere tra le fiamme» Stringo i denti. «Non è una scelta. È un obbligo forzato!!!» Il demone ride sotto i baffi, gli altri ci guardano immobili come uomini che stanno assistendo ad una partita calcistica in TV, passando i loro occhi dal capo a me. Se non fosse per il movimento delle teste, lì scambierei per un paio di statue. «Scegliete signorina, ne va della sopravvivenza di tutti» Il bastardo non ha torto, se sarei diventata Regina avrei portato la pace sulla terra, sarei stata acclamata come un'eroina. Ma chi ha voglia di occupare quel ruolo? Voglio solo che i miei genitori e Aaron si salvino dalle fiamme dei demoni. Sarei andata al castello, avrei lavorato come dama del figlio prodigio del Re, e nel mentre avrei escogitato un piano per uscire da lì. «Che ha detto il nostro Re, riguardo a questo...», mi blocco indecisa quale parola usare un termine adatto a questa situazione. «.... schifo?», sputo tra il denti. «Le sue testuali parole furono: “Vi lascio la libertà di agire a vostra preferenza, purché il nostro mondo possa vivere in tranquillità un giorno” » Sgrano gli occhi sempre più meravigliata del nostro Re. Chissà quante altre ragazze come me sono state strappate alle proprie familiglie e trasferite al castello. Siamo agnellini in mezzo ai lupi. Che obbrobrio! «E il vostro Re?» «Il nostro Re ha avuto l'onore di fare come meglio era in suo potere per accettare il desiderio del Principe» «Quindi è stato il Principe la causa tutto questo...», dico tra me. «Sí, Re Titanium ha fatto in modo che tutto andasse secondo i piani» Guardo i miei genitori, i loro occhi lucidi e arrossati dal pianto mi spezzano il cuore. Desidero che tutto ciò sia solo un brutto sogno, però sembra che tutta la sfortuna cada su gente povera e innocente. Infondo c'era d'aspettarselo: un Re cafone, vecchio e con una probabile demenza senile non avrebbe portato altro che danni al nostro paese. E i reali se ne lavano le mani. Be', certo! Chi avrebbe mai voluto immischiarsi ad assumere le proprie responsabilità cercando di fare il bene per il popolo, sacrificando alle volte perfino la vita? Non importa loro perfino chi viene ucciso, schiavizzato e allontanato dalla famiglia con la forza; la cosa essenziale per loro è riempirsi la pancia di denaro. Mi volto verso il mio nuovo nemico. «Mi avete cercata? Quindi eccomi, se questo vuole il principe facciamo in modo che si compia la sua dannatissima volontà», termino, punzecchiandolo in un certo modo. Il sorriso del demone si spegne, come previsto. «Mia cara, tu sarai quella ragazza raccontata sulla bocca di tutti una volta giunta al castello», osserva, sicuro di se. «Se parleranno di me sarà perché non mi sarò mai abbassata neanche un secondo al volere del Principe. Ci vuole ben altro per riuscire a sporcare la mia dignità», incalzai, arrivando a pochi centimetri dal suo viso. Ora non ho più paura. Ora il mio cuore grida vendetta. Sogghigna. «A tuo rischio e pericolo, ragazza. Ora ti lasciamo preparare le valigie; hai dieci minuti per salutare i tuoi cari. Io ti aspetto fuori, e non disturbarti a fuggire dal retro: i miei demoni vi hanno circondato la casa» Detto questo se ne vanno tutti da casa mia. Finalmente posso abbracciare i miei genitori, salutandoli con calma. **** Buonasera cari lettori! Come state? Vi mando il capitolo seguente della mia storia, visto che ieri ho pubblicato solo un capitolo. Fatemi sapere se vi piace e cosa ne pensate :-) Aggiungo nuovamente di leggere la mia storia anche su WATTPAD se ce l'avete. In questa app, mi chiamo @SweetGiorgia, e come copertina della storia c'è un diamante nero accompagnato da una perla, in uno sfondo oscurato. Mi raccomando! Cercatemi e leggete! Un bacione! A presto :-* Giorgia

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


«Amore», papà mi prende le spalle e mi volta verso di lui. «Non fare niente di cui potrai pentirtene. Stai attenta, e se sarai costretta a fare qualcosa, fallo purché tu viva. Ma allo stesso tempo lotta per quello che credi. Sei una ragazza furba, coraggiosa e combattiva, ormai sai cavartela da sola. Ma quello che conta di più è che tu torni da noi. Mamma e papà saranno sempre qui ad aspettarti», la sua voce si affievolisce nelle ultime parole. Mi abbraccia e piange. «Te lo prometto, papà», tremo. «Ritorneró, ve lo prometto. Grazie di tutto, non posso desiderare genitori migliori di voi. Vi scriverò sempre». Mamma mi bacia il viso. «Sei la mia eroina e il mio tesoro più prezioso. Tieni sempre gli occhi aperti», mi raccomanda. Annuisco e l'abbraccio talmente forte da sentire i polmoni soffocare tra la gabbia toracica. La porta d'entrata è aperta, fuori si è presentato tutto il paese per testimoniare al mio sequestro. Il mio volto si arrossa dal vergogno, mi sento così debole, eppure sono una ragazza che non si sottomette a nessuno. Per la prima volta non ho agito di conseguenza; spero che in cuor mio capiscano il significato del mio gesto, e non si limitano a sparlare di me. Conosco le loro ligue lunghe. Tra i visi riesco a riconoscere quelli di Lily, arrossato dal pianto, e quello della madre, spaventata con una mano in bocca. Ci sono i bambini a cui ho fatto ripetizioni, le loro madri mi guardano con pietà, e i colleghi di papà che mi conoscevano fin da quando ero piccola. Tutti vogliono l'attenzione su di me, guardandomi come una povera ragazza che avanza verso il patibolo. Ed è così che mi sento: condannata a morte. La folla si è separata in due parti, lasciandomi il permesso di camminare verso una carrozza d'altri tempi, ferma dietro le loro spalle. Fuori è freddo, ormai notte. Nonostante l'oscurità, le lanterne degli abitanti illuminavano il luogo come piccole lucciole. Infondo è un addio bellissimo il nostro, non mi sarei mai immaginata un gesto del genere. Tutta questa gratitudine scompare quando il demone di venti minuti fa dalla carrozza spiega le ali e vola fino a me. Atterra con estrema eleganza e mi tende la mano. «Permettetemi di alleggerirvi la partenza», prega. Lo fulmino. «Grazie, ho sopportato pesi peggiori», insistito, stringendo la valigia tra le dita. Sto per scendere l'ultimo gradino di scale quando un suo rapido gesto della mano mi immobilizza, mentre con l'altra afferra nella tasca dei pantaloni il cellulare di mio padre. «Questo non ti servirá piú», lascia cadere a terra l'oggetto e con tutta la forza del piede lo calpesta fino a ridurlo in mille pezzi. Reagisco urlando, le lacrime trattenute per più di un'ora escono rigandomi il viso, mentre guardo con tristezza l'unico oggetto che mi permetteva di comunicare con i miei genitori. «Noi usiamo delle comunicazioni alla vecchia maniera. Cerca di adattarti fin da ora», la sua voce tagliente rende l'atto  una punizione per essermi rifiutata al suo aiuto. Col cuore spezzato, rimango zitta, abituandomi all'idea che avrei ricevuto punizioni più servere di queste. Non parlo, inghiottisco tutto il dolore e corro ad abbracciare per l'ultima volta i miei genitori. È difficile staccarsi, ma lo faccio. Afferro di nuovo la valigia e lascio che il demone mi accompagni fino alla carrozza. Solo altri due demoni erano seduti nelle sedie parallele alle nostre. Il posto basta per quattro persone. Lascio che il mio nemico afferra la valigia e la appoggia dentro l'abitacolo. Volto per l'ultima volta lo sguardo ad Aaron, alla gente, a Lily, a Gloria e alla fine a mamma e papà. Il mio cuore lo lascio a questa terra, è lì che sarei ritornata; a costo di sopportare tutte le torture più crudeli, li avrei rivisti tutti. Sorrido, in modo da tranquillizzare loro piuttosto che me stessa. Poi ritorno alla carrozza, con le gambe tremanti salgo e partiamo verso il mio destino. Un destino che puzza di morte. ***** Buona sssseraaa tesori miei, come promesso, vi lascio a questo settimo capitolo del libro. Vi sta piacendo la storia? Spero di sì. Vi invito a scrivermi ogni tanto, in modo che io sappia cosa ne pensate. Inoltre vorrei ringraziarvi ancora ai lettori che spendono cinque minuti del suo tempo per leggere «The deal» o a lasciare una stellina. Grazie tante! Un bacio e buona serata ❤ Giorgia.

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Non sono cosciente del tempo passato a fissare il panorama, non ho emozioni nel viso, la scintilla negli occhi si è spenta nello stesso momento in cui ero salita sul mezzo di trasporto. Regna un silenzio assordante, diverse volte i miei compagni di viaggio mi chiedono se stessi bene e io mi limito ad annuire. Non ci tengo a parlare perché avrei rischiato la decapitazione: sono abbastanza pesante con le parole. Non mi rendo nemmeno conto che strada ha intrapreso la carrozza, sono assente mentalmente. «Secondo te è meglio addormentarla?», sussurra improvvisamente un demone al compagno accanto. Lui alza le spalle. «Opporrá resistenza» Un angolo delle labbra si solleva, sorrido divertita dalla stupidità di quelle creature. Come avrei potuto oppormi? Non sapevo dove andare e se avrei tentato di scappare sarebbe stata una passeggiata per loro raggiungermi. «Non vi scomodate a rifletterci su, preferisco il buio piuttosto che vedere le vostre schifose facce», sputo io. I due mi incendiano con lo sguardo, ma non fa alcun effetto su di me. «Che aspettate? La signorina desidera un lungo e tranquillo riposo. Accontentatela», spegne il silenzio accanto a me il capo. Uno dei demoni mi afferra per un braccio e mi trovo distesa a terra, un secondo dopo braccia e gambe vengono bloccate, un brivido mi sale lungo la schiena al solo pensare che possono violarmi fisicamente se solo decidevano di farlo, sarà facile per loro. Chi glie lo impediva? Invece vedo che l'unico demone libero porta una garza umida. Mi rilasso e aspiro il contenuto della garza quando me la porta davanti al viso. Un secondo prima di sprofondare nel sonno giurai sull'anima di Luca che avrei cambiato le cose, se non sarà per mezzo di un trono, allora accadrà per mezzo di una ribellione. L'ultima cose che ricordo prima di chiudere gli occhi è il sorriso sornione del capo dei demoni. *** Sogno il vuoto, sono circondata dal buio e l'unica cosa che sento è l'assenza del tutto che mi accappona la pelle, è come la notte solamente senza la Stella Oscura, ed è questo che rende tutto più spaventoso. Il nulla. Poi tra l'oscurità inizio a sentire un rumore distante, un fischio che pian piano si fa sempre più vicino e intenso. L'urlo acuto mi rompe i timpani e riesco finalmente ad aprire gli occhi. La luce del mattino è accecante, alzo le braccia dolenzite e mi strofino le palpebre pesanti. Cerco di mettermi diritta con la schiena e scopro un dolore luncinante al collo. Probabilmente non ho dormito in una posizione tanto comoda. Con calma mi ispeziono il corpo, scoprendo di essere intatta. Solo quando sollevo lo sguardo faccio una scioccante scoperta: mi aspettavo di trovarmi accanto tre demoni spaventosi invece ero circondata da tre uomini al quanto bellissimi. Il ragazzo accanto a me, probabilmente sulla trentina ha l'aria di voler prendere a pugni qualcuno, riesco ad intravedere i muscoli massicci oltre la camicia e i pantaloni. Porta i capelli castani legati ad un elastico dietro la nuca, la pelle leggermente abbronzata, i lineamenti perfetti del viso quadrato, la bocca sottile ma sensuale lo rendono un dio greco. Gli altri due di fronte a noi sembrano essere gemelli, poco più secchi dell'uomo accanto a me e molto giovani; sicuramente hanno due o tre anni più di me. Anche loro i capelli lunghi e biondo platino, leggermente mossi, pelle olivastra, e dei visi da fanciullo con occhi grandi che li rendono affascinanti. Solo una domanda mi frulla nella testa: dove cavolo sono capitata? Poi l'uomo trentenne si volta e mi sorride. «Ben svegliata, signorina Howard», gioisce. Dalla sorpresa negli occhi passo alla bocca spalancata. "Oh, allora sei tu", penso, frustrata. Povera illusa. "Sembrava troppo bello per essere vero", amareggiata, senza dire parola, giro lo sguardo verso la finestra. «Dormito bene, ragazza?», aggiunge uno dei due gemelli. «Avrei potuto stare meglio, ma ora come ora aggiungo che sì, stavo molto più rilassata prima di svegliarmi», rispondo malamente. Il capo ride. «Suvvia, Pearl, siate un po' più cordiale» «Sono cordiale con chi mi porta rispetto» «Le conviene fare uno strappo alla regola, per una volta. Inoltre insisto a suggerirle di non farmi perdere la pazienza perché ci state riuscendo, bambina» Lo guardo in cagnesco per intimorirlo ma sembra non fargli effetto. Anzi, sorride sempre più divertito. Certo! Cosa posso pretendere? Sto squadrando un Demone, per la miseria, non un bambino di cinque anni. Ora gli sono spuntate le fossette sulle guance. «Siamo molto peggio di quanto sembra. Non si dimentichi che posso fare dietrofront e accendere un grazioso falò nel centro di Aaron» Ha ragione, non posso sfidarlo poiché non avrebbe esitato ad uccidere. Devo agire con la testa. Sospiro rassegnata e cambio argomento. «Per quanto tempo ho dormito?» «Due notti» «E dove siamo?» Il fischio familiare che mi ha destata dal sonno riscuote le mie orecchie, scosto la tenda che copre la finestra della carrozza e guardo fuori. La carrozza si sta fermando all'entrata di una stazione, e tra un oceano di persone vedevo vari treni pronto a partire. «Come, non lo sapete? Eppure in questo Regno ci siete vissuta», risponde il demone sorpreso. «Provengo da una famiglia attualmente povera, quindi durante la mia infanzia non ho avuto tempo di viaggiare» Studio il luogo ancora incapace di capire che stazione di tratta. «La stazione di Onalim», spiega un demone biondo. «La più famosa, è la stazione che collega il tuo regno dal nostro», conclude l'altro. Ne avevo sentito parlare poche volte ma non immaginavo fosse così grande. «Perché mi hai portato qui?» Lui aggrotta la fronte. «Bé, davvero pensavate che vi avrei portata al castello con la carrozza? Il viaggio da casa vostra alla dimora del Re Titanium è abbastanza lungo e non credo che i cavalli sarebbe sopravvissuti a tanti giorni di cammino» Scendiamo dalla carrozza e entriamo in stazione. Il luogo è grande e immenso, in stile gotico, vi lavorano tutte le più bizzarre creature della luce. Andiamo al centralino e ci facciamo consegnare un biglietto per me. Io sono spaesata, tengo stretta la valigia a me e guardo in torno, senza distrarmi troppo altrimenti mi sarei persa. «Un biglietto di solo andata o ritorno?», chiedere la ragazza con voce cristallina. Mi guarda e mi sorride. È graziosa, porta un vestito blu sfarzosissimo, il volto è dipinto da un tocco di azzurro nelle palpebre e un po' di brillanti negli zigomi. I capelli mossi scuri raccolti in uno chignon. Non mi lascio sfuggire un ultimo particolare: dietro la schiena erano attaccate un paio d'ali bianche con dei ricami azzurri. La fata consegna al demone il biglietto salutandolo con lo stesso caldo sorriso che poco fa aveva rivolto a me. «Ecco a lei. Arrivederci e fate un buon viaggio» L'uomo gli sorride, ringraziandola e avanziamo verso i treni. Guarda caso il mio è il primo, un treno a vagoni, tra gli spintoni della gente e il chiasso delle loro voci, sto attenta a non perdere di vista le tre figure ormai a me familiari. Mi trovo in una di quelle circostanze in cui l'occasione di fuggire non si presenta una seconda volta, di sicuro in mezzo a tutta quella gente sarebbe stato difficile trovarmi. Eppure cammino tenendo il loro passo: voglio fuggire senza dare sospetti. Voglio usare la testa. Un uomo mi apre un vagone e scopro con sorpresa che è vuoto. Gli unici oggetti presenti sono un letto, un piccolo comodino e un tavolo. Sicuramente è un treno abbastanza insolito. Mi volto verso il capo. «Non mi dire che questa è la mia stanza?», chiedo, sbigottita. Lui non dice niente, sorride per far intendere la risposta. «Ve lo potete scordare! Io non ci salgo li sopra!», grido furiosa, sovrastando persino le urla della massa umana. Lui si avvicinò a me e mi solleva il mento con le dita. Sono costretta a guardare i suoi occhi, gli stessi occhi che dal verde chiaro ora erano un buco nero infinito. Rabbrividisco. «Ricordatevi di quel falò di cui vi ho parlato», ringhia tra i denti, improvvisamente minaccioso. Annuisco e lui si allontana. «Lasciami dire almeno un'ultima cosa...», ora sono io che mi avvicino a lui. «Se diventerò Regina, sarai il primo che manderò a farsi benedire». Giro i tacchi e salgo sul vagone. Lo guardo per l'ultima volta, furiosa ma allo stesso tempo malinconica: mi stavo abbituando alla sua presenza e agli altri due insoliti demoni, nonostante so che non era sicuro viaggiare con loro. Dopotutto l'impossibilità di sapere cosa sarebbe accaduto dopo mi fa chiedere la bocca dello stomaco. «Il mio nome è Jude, e ci rivedremo presto», promette, schioccando uno dei suoi sorrisi di chi l'aveva vinta, prima che le porte del furgone si chiusero. **** Buona sera miei cari lettori! Concludiamo questa bellissima domenica con l'ottavo capitolo. Io vi invito nuovamente a farmi sapere cosa ne pensate! Ci tengo tanto al vostro parere. E mi raccomando, allargate questa famiglia di lettori!!! ❤ Vi voglio in tanti! Vi aspetto sabato prossimo con nono capitolo. Preparatevi, la vera storia inizia da qui. Bacioni, Giorgia. ❤

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Mi sveglio di malumore, infastidita dal fastidioso sfregamento delle ruote contro i binari del treno. Sollevo la testa sul cuscino e mi siedo, studiando questa insolita camera per l'ennesima volta. Le pareti di metallo emanano una puzza di chiuso e l'aggiunta del calore del sole non rendono il luogo confortevole. È come se dormissi in una stalla per le vacche. Ritorno a pensare che mi sarei trovata meglio nella carrozza, lì avevo qualcuno con cui parlare, invece qui sono sola, il continuo rumore del treno non mi fa dormire la notte, c'è un tanfo insopportabile, ma soprattutto porto sulle spalle la mancanza di casa mia e la consapevolezza che da lì a qualche giorno mi troverò più lontano ad essa ma abbastanza vicina al mio assassino. Guardo il cuscino su cui ho dormito: duro e scomodo, così come il letto. Il giorno scorso ho passato ore intere a piangere, a ricordare l'addio dei miei e all'interno villaggio, singhiozzai frasi insensate e mi chiesi perche' proprio io dovevo patire una pena così grande. Sono davvero pronta a morire? Sono ancora una ragazza giovane che merita di vivere tutto quello che la vita gli sta domando. Ho paura di morire poiché non so cosa c'è dopo la morte, molti dicono la notte perpetua altri invece un luogo nel cielo dove non esiste la guerra e tutti si amano a vicenda. Voglio andare in quel luogo meraviglioso, almeno lì si vive molto meglio di quaggiù. In fine concludo il fatto che col pianto non avrei risolto niente, quel primo giorno mi addormento così: bagnando il cuscino. Il giorno dopo eccomi qua a rivive quei fatti che in quattro giorni e più sono accaduti. Giro i pollici camminando avanti e indietro. Questo silenzio è snervante, e questo lungo tacere che mi porta alla pazzia. Sapere di essere richiusa dentro quattro mura di metallo arrugginito, senza respirare aria pulita, correre, parlare, guardare nuovi orizzonti, mi fa diventare matta. Non so niente da quando sono partita, non posso mandare una lettera ai miei genitori, nessuno mi ha più aperto la porta del furgone; nemmeno per portare un po' d'acqua con un pezzo di pane. Di fatti il mio stomaco si sta contorcendo dal dolore: ho fame, sono tre giorni che non mangio e la debolezza si fa sentire. Tremano le gambe, è uno sforzo immane perfino camminare. Sento il fiato venir meno, il terreno ondeggia e i rumori si fanno lontani. Disperata corro verso la porta e provo ad aprire, tutto inutile: hanno chiuso a chiave il furgone. Allora sbatto i pugni sulla porta, urlando. «Aiuto! Apritemi, ho bisogno d'acqua», esclamo. Sbatto più forte. «Vi prego!», le parole muoiono in gola, troppi singhiozzi che mi impediscono di parlare. «Ho sete, vi prego!», imploro, ma non arriva nessuno. Il treno non si ferma, non sarebbe mai arrivato nessuno ad aiutarmi. «Sto per morire! Aprite questa porta, ho bisogno d'aria! Vi supplico, lasciatemi respirare!» Un capogiro mi fa cadere a terra, sono troppo debole per muovermi. La lista delle torture è appena iniziata, e questo non è niente al confronto di quello che dovrò subire in futuro. Gocce di sudore mi cadono dalla fronte e bagnano il terreno ferroso ricoperto di paia. Per il caldo vorrei strapparmi la pelle. Espando più che posso i polmoni in modo da far entrare abbastanza aria per respirare. Ma quando colgo il terreno oscillare sembra tutto inutile. Per un secondo ricordo la morte del licantropo che avevo ucciso tre anni fa. Sì spense da solo senza la presenza dei suoi cari, forse la stessa sorte sta toccando a me. Non ho nessuno accanto, ho lasciato i miei genitori con la promessa di ritornare a casa; e forse sarebbe accaduto ma non nel modo che speravo io. Mi lasciò cadere tra le braccia della morte, cadendo nel vuoto. ......... Tanto fu il tempo trascorso ad oscillare nel buio, capisco di non essere morta quando capto voci indistinte. Il mio corpo è sorretto in aria, ci sono tantissime voci acute, sento i loro respiri agitati colpirmi il viso, un secondo dopo il vento fresco mi colpisce il viso. Ricordo quello che è successo prima di svenire, so che sono stata portata fuori ma non so come, so che ci sono tante persone spaventate intorno a me. L'attimo dopo sono appoggiata a terra, sfioro tra le dita l'erba bagnata, la morbidezza del terreno, il sapore della natura. «Pearl, Pearl Howard mi senti?», mi chiama una voce profonda e controllata. Non voglio muovere la testa. «È morta?», aggiunge una voce stridula. «No, non può essere» «È troppo pallida» «Da quanto pensi sia rimasta priva di sensi?», chiede di nuovo la voce che mi ha chiamata, ora molto più vicina. «Poco, dieci minuti. Ho sentito i colpi provenire dal suo vagone e poco dopo ti ho visto volare qui vicino» «Il treno fa troppo baccano, se mi sarei mantenuto più vicino l'avrei sentita» «Cosa gli farà? La lascerà qui a morire?» «Di una cosa sono sicuro, non è mai stato clemente con le donne», sospira la voce profonda, ora riesco a riconoscerla. «Jude...», sussurro. Provo a girare la testa ma sono improvvisamente colta da un forte giramento. «Uh..!!!», pessima decisione. Il silenzio che ne segue dopo mi fa capire che lui e le altre persone mi hanno sentito. La mano gigante di Jude mi solleva appena la testa. «Ragazzina, come ti senti?» «Male, ho bisogno d'aria», rispondo, debole. «Adesso puoi respirare quanto vuoi» «Che succede!!???», tuona una voce in lontananza, abbastanza furiosa oserei dire, seguita da pesanti passi diretti verso la nostra direzione. «Signore... Diamond...Ehm, questa ragazza è svenuta e l'abbiamo salvata prima che...» «Morisse?», interruppe la voce, colgo dalla voce controllata di Jude una fitta agitazione. «Bé, che importanza ha? Una più o una in meno, adoro i numeri corti» «Sai bene che Re Titanium non accetta lasciar morire delle persone per una giusta causa. La ragazza era solo svenuta» L'uomo sospira frustrato, un secondo dopo lo sento accanto. Rabbrividisco spaventata dalla vicinanza di quell'essere che preferiva lasciarmi morire. «Come ti senti, ragazza?», disse, improvvisamente calmo anche se l'irritazione nel tono era palpabile. «Molto meglio di qualche secondo fa», rispondo io, nonostante avrei desiderato non rispondergli. Faccio un profondo respiro per trasmettere più aria al cervello, e in quel momento sento il suo profumo dolce, inebriante, un misto di vaniglia, cannella e lavanda. È qualcosa che non ho mai sentito in vita mia e ciò mi manda in estasi, mi attrae come una calamita. «Sarebbe meglio che ti rimetti presto, odio perdere tempo con le donne», risponde tutto ad un tratto sprezzante. Irrigidisco, aprendo appena gli occhi. L'unica cosa che riesco a vedere è il mio corpo disteso su un prato bagnato, circondato da una ventina di persone, la maggior parte di loro sono ragazze. Del ragazzo irrispettoso accanto a me posso dedurre che ha la stessa corporatura di Jude, ma sicuramente molto più alto e slanciato, e per ultima cosa un ciuffo di capelli neri che mi penzola davanti agli occhi. Riesco a riconoscere la corporatura massiccia di Jude, ma non oso alzare lo sguardo perché temo in un altro giramento di testa. «Se mi lasciate respirare ancora un po' e mi darete dell'acqua non vi recherò altri problemi. E detto fra noi, non credo che il vostro istinto di agire come le pare possa in futuro recarle fortuna. Se il Re verrà a sapere che avete lasciato morire una ragazza solo perché questa ha perso i sensi, sono sicura che non ne gioirá» «Conosco Nostra Maestá molto meglio di una stupida ragazzina quale siete. Non sarete di certo voi a ordinarmi cosa posso o non posso fare...», il suo mento abbassa all'altezza del mio orecchio. «Siete solo un insignificante oggetto nelle mani di un Principe, non valete niente», rincara la dose. Serro le labbra per non sputargli in faccia data l'estrema vicinanza dei nostri visi. Una voce dentro di me mi diceva di essere paziente. Il ragazzo dai capelli scuri si alza, colgo l'occasione per guardare le sue mani chiarissime stringersi in pugni; non riesco ad osservarlo in viso ma capisco dalla posizione del suo corpo che non è per niente tranquillo. «Date alle ragazze da mangiare e cercate un vagone più sicuro per questa puttana», sputa l'ultima parola con disprezzo e capisco che è rivolge a me. Questo è troppo! I muscoli si contraggono e scatto di schiena, se solo Jude non mi avesse fermata a quest'ora avevo colto l'occasione per tirargli un pugno in faccia.  Col tempo un capogiro mi fa stendere nuovamente sul terreno. «Non fare sciocchezze, ragazza», puntualizza Jude. Sento l'uomo dalla pelle chiarissima sogghignare maligno. Rimango con Jude e con le altre ragazze, sotto un manto di nuvole nere che oscura il cielo, mentre guardo allontanarsi l'oscura figura del ragazzo di nome Diamond. ***** Buon pomeriggio cari lettori! Come sempre spero che vi piaccia, fatemi sapere con un commento o una stellina. Mi raccomando, moltiplicatevi 😂 Un grande bacio, gente, e buona lettura ❤ Giorgia

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


Mezz'ora dopo mi riprendo grazie al cibo e le bevande consegnateci dai demoni. È pomeriggio inoltrato, la valle si è improvvisamente oscurata. Di risposte ne ho ricevute fin troppe dalle ragazze che soggiornano insieme a me nel treno: ci troviamo ai confini del Regno del Buio, come me anche loro sono destinate a essere schiave del futuro erede al trono, e il treno è sorvegliato in continuazione da demoni volanti. La ragazza che ha colto le mie urla si chiama Ariel. «Soggiorno nel vagone accanto al tuo, ho sentito dei pugni che sbattevano contro la parete ma pensavo fossero le ruote che avevano un malfunzionamento, poi hai iniziato ad urlare e mi sono allarmata. Quando non ti ho sentito più mi sono spaventata, per fortuna ho visto quel demone di nome Jude volare intorno al treno. Mi ha sentita e l'ho avvisato. Ha subito comandato di fermare il treno... Ed eccoci qua», conclude bevendo un sorso d'acqua. Il suo fisico rispecchiava molto quello di Lily, era abbronzata e di statura piccola, occhi grandi da cerbiatta, le iridi color verde bottiglia, le labbra carnose, i suoi capelli corvini raccolti in una treccia arrivano fino alla vita. Inutile dire che è una ragazza bellissima. Nei minuti passati tra loro mi rendo con che l'intero campo è pieno di ragazze bellissime, io stessa non mi considero miss universo, solo tre ragazze hanno più o meno 12/13; troppo piccole per diventare regine. «Ti ringrazio infinitamente Ariel, avevo visto la morte in faccia» Mi cinge le spalle con il braccio. «Dovere, mi sono fatta un'amica e questo per me è una cosa bella, non sai quanto è brutto stare da sola», quanto la capisco. «Se aspettavi un'altra ora non saresti svenuta e non avresti fatto prendere un infarto alla sottoscritta» «Soffro di claustrofobia» «Si è notato» Ritorno a mangiare il panino che mi è stato consegnato, finiamo di mangiare in silenzio guardandoci attorno. Conto a mente le ragazze, scoprendo un numero impressionante: venti, includendo me e Ariel. «Il principe si sentirà fortunato», osservo. «Beato fra venti ragazze» Ariel scoppia a ridere. «Decisamente!», l'attimo dopo il suo sorriso scompare. «Prima eravamo in venticinque», dice. Non riesco a decifrare quel cambio d'umore. «Perché?» Lei non dice niente e mi guarda, il verde dei suoi occhi si fa improvvisamente spento, l'espressione buia in volto mi congela il sangue. Sudo freddo. «Non può essere così cattivo», nego, scuotendo appena la testa, incapace di credere che cinque ragazze sono state uccise. Non voglio nemmeno sapere il motivo perché dall'espressione di Ariel deduco che ci era molto legata a loro. «Potrei aggiungere che saresti stata la sesta se solo Jude non lo avrebbe fatto ragionare», mi sussurra. La guardo confusa, come si guarda un asino che spicca il volo. «Eh?» Lei curva le ciglia folte. «Non lo hai capito? Il ragazzo che aveva ordinato a Jude di lasciarti morire è il Principe del Regno del Buio» La notizia mi congela il corpo, sto tremando e sudo freddo. Non posso credere che mi sono trovata faccia a faccia col nemico, soprattutto non in quello stato. L'ultima cosa che volevo è che mi vedesse come una debole e guarda caso è accaduto. Per di più mi ha dato della puttana, quindi ha predetto quello che in futuro sarà il mio compito. Sarò la sua schiava, il suo possesso, la sua puttana. E non c'è niente di più doloroso che lasciarsi dire queste cose. Troppo tempo resto a fissare il vuoto che Ariel è costretta a schioccare le dita davanti al viso. «Ehi! Non mi dire che mi svieni un'altra volta» Scuoto la testa. «Sono solo sorpresa...» Sogghigna. «Hai avuto un bel coraggio a rispondergli tra le rime» Sorrido, imbarazzata. «Purtroppo sono fatta così, dico quello che penso. E di può dire che mi sono controllata» «Ho visto. Hai una bella dote: non ti vergogni e non hai paura di dire i tuoi pensieri. Fai bene, ma cerca di contenerti d'ora in avanti» «Ci provo», finisco di bere l'ultimo sorso e butto la carta nel sacco davanti a noi. Ariel intanto mi aveva seguito con lo sguardo. «Sento che parleranno tutti di te», dice convinta. Alzo appena le spalle, storcendo la bocca. «Se si parleranno di me è perché farò una strage al castello» I suoi occhi si accendono dal panico, noto il suo colorito assumere un tono più chiaro del normale, due secondi dopo era in piedi davanti a me. «Ssh! Certi segreti meglio tenerseli nel privato. Ho capito fin da subito che sei una ragazza diversa dalle altre da quando hai risposto al principe. Ma non esternare i tuoi segreti qui, nonostante ti avviso che di me ti puoi fidare, ora siamo amiche però c'è chi sta zitto e allo stesso tempo porta orecchie da coniglio» In parole povere, devo stare zitta. «Okey. Mi hai fatto capire che nonostante siamo tutte donne spaventate per la stessa sorte, c'è chi farebbe di tutto pur di guadagnarsi un posto al trono» Lei annuisce. «Non mi fido di molte, a quelle cui ho offerto appoggio sono morte, meno sto con la feccia meglio sto. E sicuramente anche tu» Sicuro, non ero una che cercava il trono, dallo scontro con il principe ho capito che non lo avrei mai amato anche se ora il mio scopo sembrava quello, l'unica cosa che voglio è riuscire a scappare senza bastoni tra le ruote. «Ragazze, stiamo per partire», ci avvisa un ragazzo smilzo e biondo. Rimasi sorpresa nel vedere uno dei demoni gemelli nella carrozza. A quanto pare il mondo è piccolo. «Signorina Hale, accompagni la sua compagna nel nuovo vagone» Ariel, col capo chino annuisce e una volta che il demone se n'è andato ritorna col la schiena diritta. «Devi sempre mostrarti obbediente a queste creature. Lo stesso vale per il principe, a meno che non ti ordina di farlo. Guardarlo negli occhi è un segno di sfida. Lo so che sembra ingiusto, ma sei obbligata a rispettare questa piccola regola se vuoi restare viva», risponde lei al mio sguardo interrogatorio. Annuisco di rimando, stranita. «Ora prendi la tua valigia, ti accompagno nella tua nuova stanza, mi hanno detto che dovrebbe andarti bene» Non me lo faccio ripetere due volte e corro nel mio vagone a prendere la valigia. Non mi sono mai cambiata in quei giorni, disperata com'ero non ho nemmeno fatto caso ai vestiti. D'altronde chi aveva voglia di cambiarsi con quel freddo pungente che congelava fino alle ossa? Mi accompagna al nuovo vagone, sia esternamente che internamente identico come l'altro solo che era fornito da una grande finestra chiusa con sbarre che buca la parete ferrosi dell'entrata. Entriamo dentro e Ariel mi aiuta a posare la valigia sul piccolo tavolino. «Allora che te ne pare?», chiede lei spalancando le braccia al vuoto. «Mi piace, qui finalmente posso respirare» Lei mi sorride soddisfatta. «Dunque ti lascio tranquilla. Ci vediamo stasera quando passano la cena» «Ti aspetto. E grazie di tutto» «E di che? Io non ho fatto niente», sorride, facendo l'occhiolino. La saluto abbracciandola poi la lascio andare. Sta per saltare nel terreno quando d'improvviso si blocca e si volta verso di me. «Ah, quasi dimenticavo!», con uno gesto della mano fa uscire dal palmo una sostanza liquida che subito va a riempire la bottiglia sulla scrivania che prima avevo svuotato. Passo lo sguardo dalla bottiglia a lei, sbigottita. «Cosí sei sicura al 100% di non svenire, e io sono sicura al 100% di non avere un infarto» Ridi di cuore. «Adesso si spiega il nome Ariel: sei una sirenetta» Lei si fa piccola piccola, imbarazzata « Troppo buona. Be', in realtà no, sono una specie di ibrido. Mio padre era un tritone, mia madre una come noi, poi si sono separati e lei ha sposato un altro uomo». Anche noi umani con poteri siamo considerati ibridi: deriviamo dalle fate, solo che non abbiamo le ali. Ariel era una specie di fata umana/pesce. «Deve essere una cosa bella sguizzare tra l'acqua con un pesce-padre» Rise. «Ahahahah! Puoi dirlo forte, ma non posso nascondere che amo entrambi i miei padri. Sono stupendi. Mamma ha tutt'ora il potere di solidificare gli elementi e gli oggetti trasformandoli in ghiaccio. Io siccome sono nata da un umana e da un tritone posso trasformarmi in una sirena non appena sono dentro l'acqua, posso congelare ogni cosa che tocco e inoltre posso giocare con l'acqua. È stata una fortuna per me, amo il mare» «Non sapevo che certe persone possono ereditare il potere dei genitori», dico sempre più sorpresa. «Ci sono pochissimi casi. Tu invece che potere hai?» «Curare le persone e poterle far ritornare in vita» Lei spalanca la bocca in una grossa O, guardandomi ammaliata. «È il dono più bello che ogni persona potesse ricevere» «Giá...» «I tuoi invece che poteri hanno?» «Papá ha la forza, mamma sembra che ha recuperato il potere di amare, tranquillizzare la gente e donare loro affetto» «Gli era scomparso?» Il mio sguardo si spegne. «Sí, per un periodo. Tre anni fa mio fratello e da allora si è mostrata sempre distaccata, è stato lì che ho scoperto il mio potere. Ho tentato si salvarlo ma era già morto, era il giorno nel suo ottavo compleanno» Ariel si è già portata le mani davanti alla bocca in una smorfia scioccata e dispiaciuta, io invece cerco di respingere un singhiozzo che pizzica la gola. «Mi dispiace Pearl», soffoca, i suoi occhi lucidi. Scuoto la testa. «Non mi va di parlarne adesso» «Hai ragione, meglio non entrare nei particolari, la ferita è ancora fresca. Mi racconterai tutto quando ti sentirai pronta» «Grazie Ariel, è stata una fortuna aver trovato un'amica come te» Mi abbraccia per consolarmi. «Lo stesso vale per me. Ora vado, a stasera tesoro» «Ciao», la saluto alzando la mano. Come lei scende, il portone del furgone viene chiuso. Nei minuti successivi, sono distesa sul letto, e avrei potuto addormentarmi se solo la voce di Jude non mi fece sobbalzare dal letto. Il suo viso rabbioso dalle sue fattezze naturali, mi sta studiando oltre la finestra, le sue dita magre e affilate stringono le sbarre della finestra. Sta volando aggrappato al vagone del treno in movimento. «Da oggi puoi mandare una lettera alla tua famiglia. La consegna avviene domani, i tuo genitori riceveranno tue notizie la sera stessa» Annuisco, talmente felice vorrei abbracciarlo e baciarlo, tuttavia non ho il tempo di ringraziarlo che lui si stacca dalla finestra e vola nei vagoni più avanti. Rimango impalata a guardare la finestra, mentre una sola domanda mi ronzola nella testa: come posso scrivere una lettera? Ricordo che il cellulare lo aveva rotto Jude la sera stessa della mia partenza, aggiungendo poi che le comunicazioni vengono spedite alla vecchia maniera. «Carta e penna....Dove posso trovare carta e penna?», dico a me stessa, alzandomi dal letto e frugando tra la valigia. Inizio a spostare un po' di paia nel terreno, cerco sotto le coperte, il letto, il cuscino, il tavolo finché non vedo che sotto il ripiano ha un cassetto. Apro e scopro un paio di carta, buste per la posta e una penna. Sorrido, orgogliosa della mia scoperta. Se i miei genitori muoiono dalla voglia di sapere mie notizie, io muoio dalla voglia di raccontare loro tutto quello che è accaduto fino ad ora.

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Il castello si trova alla fine dei territorio nemico, quindi a occhio avremmo trascorso la permanenza nel treno ancora altri tre giorni. La mattina seguente sono seduta a scrivere la prima lettera. “Cari genitori, sto bene e vi chiedo di non preoccuparvi. Sento terribilmente la vostra mancanza, vorrei che tutto questo fosse solo un incubo e che domani mattina mi sveglierò serena tra le vostre braccia. Da quando sono partita ho trascorso due notti in carrozza, siamo arrivati alla stazione di Onalim, da quel giorno mi trovo dentro un furgone che mi fa da stanza, il treno si ferma solo per farci mangiare. Il giorno dopo la mia partenza sul treno, mi sono sentita male siccome mi avevano collocato in un furgone con una finestra talmente piccola che usciva solo un filo d'aria. Sono svenuta, ma sono stata recuperata in tempo. Ora sto benissimo. In seguito ho scoperto che non sono la sola rinchiusa dentro quattro mura di metallo, insieme a me viaggiano venti ragazze e con una di loro ho stretto una bellissima amicizia. Si chiama Ariel, è un ibrido tra una sirena e una fata umana, se non fosse per lei sarei morta. Infatti è stata lei a salvarmi quando dentro la mia vecchia stanza stavo per morire soffocata, avvisando a Jude, il demone che mi ha portato via da casa, e lui ha fermato il treno per portarmi fuori. Ora ho cambiato postazione, sono in un furgone dove posso respirare. Mancano ancora tre giorni al mio arrivo al castello e non posso nascondere la paura di quello che mi aspetta più avanti, rabbia per quello che io e le mie ragazze saremo costrette a partire e tristezza perché sono sempre più lontana da voi e dalla mia Aaron. Solo le vostre lettere non mi faranno cadere nella malinconica, il vostro affetto mi farà compagnia. Questa è la prima delle tante lettere che vi scriverò, aspetto vostre notizie. Salutatemi Lily e sua madre, dite loro che sto bene. Vi mando un abbraccio grande. Vostra Pearl” «Jude!», lo chiamo, affacciandomi alla finestra con la lettera stretta tra le mani. Nel Regno del Buio le giornate non sono così luminose come da noi, la maggior parte delle volte il cielo è coperto da nuvole o nebbia. Per non parlare della notte. Se non fosse per l'illuminazione delle lanterne non vedrei un filo d'erba nemmeno ad occhio nudo. Vidi una fiamnella il lontananza che mantiene il passo del treno volando nell'aria. I demoni volano come frecce, ed hanno l’udito finissimo. Difatti non appena pronuncio il suo nome, in due secondi le sue mani ustionate da fiammelle sfiorano le sbarre della finestra. «Mi dica» Allungo la mano, mettendo in bella mostra la busta. «Tieni, la lettera» Lui afferra il foglio liscio dalla mia mano e con sorpresa la carta non si brucia, rimane tra le sue dita come se ad accarezzarla fosse stata la pelle. «Entro stasera la tua famiglia potrà leggerla» Annuisco. «Lo so, grazie», dico abbastando lo sguardo, come mi ha consigliato Ariel. Lui non dice niente e ritorna a volare qualche metro lontano da me. Rimango a guardare il panorama circostante, smarrita tra i pensieri. In questi giorni abbiamo sorpassato campi, villaggi, stazioni, ho visto le più varie forme di creature che non mi aspettavo di vedere dal vivo. Ovunque c'è il sapore amaro della morte, sento la pelle accapponarsi dal terrore. Ora perfino di un capo o di un bosco ho paura. Il panorama è tetro, non vedo più quel verde della natura viva che illuminava gli occhi degli abitanti. Ora l'erba è secca, la terra arida di acqua, la vegetazione spoglia e degli animali non ho visto nemmeno l'ombra. Quel mondo oscuro mi opprime, io che sono una ragazza che ama la vita adesso cammino con un volto combattuto in faccia, i miei occhi si svegliano di vita solo alla presenza di Ariel e stranamente anche di Jude. Infondo sono le uniche persone che per ora ho conosciuto. L'aria circostante è fredda, sono costretta a mettermi un maglione di lana. Questa mattina indosso dei jeans aderenti alle gambe, due maglie pesanti accompagnate dal maglione lunghissimo fino alle ginocchia. Copro la testa con un capello e per sicurezza anche il collo con la sciarpa. Insieme ai vestiti d'inverno mia madre aveva aggiunti anche quelli estivi, nel caso mi fossero serviti. Nonostante l'abbigliamento il freddo si percepiva in ugual maniera, entra nell'epidermide e raggiunge le ossa creando forti vibrazioni alla colonna vertebrale. Mi allontano dalla finestra, completamente congelata e mi stendo nel letto, accucciandomi su me stessa, ascoltando il ritmo delle rotaie in velocità. Mi addormento dopo poco, cullata da quel fastidioso rumore, ormai diventata la mia ninna nanna. Non sogno, semplicemente mi sveglio quando lo stridio delle ruote rimbomba nell'orecchie. Mi alzo per sgranchirmi le gambe, pronta ad iniziare un'altra giornata monotona. Scendo, ascoltando i chiacchiericci delle ragazze, quasi casco nell'attimo in cui i piedi pestano il terreno, forse perché non è terriccio che i miei scarponi hanno calpestato, ma neve candida. Tutto il paesaggio, gli alberi, i cespugli sono coperti da un manto bianco assomigliante a panna montata. Seppur il gelo mi costringeva a coprirmi il viso dietro la sciarpa, lasciavo gli occhi liberi di guardare quel paesaggio surreale. Se ci fosse stato il sole, sarebbe stato ancor più mozzafiato. Avanzo nella direzione del furgone di Ariel, ma il mio sguardo cade sulla figura minuscola e contorta di una bambina di 13 anni. Porta i vestiti leggeri e si abbraccia il corpo tremante. Il suo volto è una smorfia sofferente. Non mi ci vuole due secondi per correre verso di lei. «Tesoro, tutto bene?», chiedo, portando le ginocchia in modo da trovarmi alla sua altezza. Ha il corpo minuscolo, le treccine bionde che le ricadono dietro le spalle. Lei mi guarda, i suoi occhi neri e profondi tremano dalla paura. Ora posso vedere le sue labbra viola, il suo viso pallidissimo che quasi si confonde con la neve sotto ai nostri piedi. «Come ti senti, tesoro?», insisto preoccupata. Avanzo per abbracciarla ma lei subito scatta indietro. «A-aiuto...», soffoca guardando le altre ragazze. «Non devi avere paura, bambina, non voglio farti del male. Vieni tra le mie braccia così ti riscaldo» Lei mi guarda impaurita, ma nonostante tutto ha il coraggio di avanzare lentamente verso di me. Quando è vicinissima la stringo forte tra le braccia, le sue scosse di brividi fanno tremare mi fanno tremare, lei affonda il viso tra il maglione di lana ed inizia a singhiozzare. «Voglio la mamma!», esclama, sempre più stretta a me. «Ssshhh.... Andrà tutto bene, amore. Ci sono qui io» «Pearl!», subito Ariel viene in mio soccorso. «Isadora!», la ragazza sfiora la fronte della bambina e la ritrae un attimo dopo. Mi guarda spaventata. «Scotta» Impallidisco, e gli bacio la fronte. Immediatamente le labbra sono riscaldate dal fuoco della sua pelle. Stava davvero male. «Dobbiamo chiamare qualcuno», ordinai ad Ariel. «Chi pretendi di chiamare? Non ci ascolterà nessuno», replica una ragazza alle mie spalle. È bellissima, il viso perfetto, occhi verdi, capelli biondi raccolti in uno chignon. Non ho dubbi che abbia addirittura una corporatura snella e non ho dubbi sul fatto che sarebbe diventata immediatamente la favorita del Principe Diamond. «Ci deve essere almeno qualcuno che può fare qualcosa!», esclamo, irritata. Ariel cerca di calmare la piccola creatura, accarezzandola da dietro le spalle. «Nessuno vuole fare qualcosa, tesoro», cerca di farmi ragionare. «Lo sai già cosa è successo alle altre ragazze malate» Scuoto la testa, in preda ad una crisi di pianto. «No, no...», ballbetto. Isadora si era calmata, ma sicuramente non faceva caso a noi, voleva solo il caldo. Alza il visino pallido. «Ho freddo», si lamenta. La voce gracile della bambina mi spezza il cuore. Non può morire così, sta solo male è l'unica cosa che desidera è sua madre. Le sorrido. «Stai ferma, okey? Adesso faccio qualcosa che ti farà stare meglio», aggiungo baciandola nuovamente sulla fronte calda. Mi alzo, sollevo appena le braccia per aprire poi i palmi nelle mani. Cerco di rilassarmi e concentro tutta l'adrenalina nelle mani, quest'ultime si riscaldano di un'energia vitale per poi espandersi nell'aria come fiammelle argentee e raggiungere mano a mano il corpicino di Isadora. La perla che tenevo al collo si è illuminata. «Pearl, non puoi. Fermati», mi urla la voce lontana di Ariel. Io non voglio ascoltare nessuno, quella bambina deve guarire. Lei guardava le fiamnelle ammaliata, queste stavano per sfiorarle la mano quando una voce mi sveglia dall'estasi di cui sono dominata. «Andiamo Pearl, ascolta la tua amichetta» Colta sul fatto, sobbalzo. Mi volto in risposta e mi cade la mascella. Davanti a me c'è un ragazzo alto, muscoloso, i lineamenti perfetti e la statura di una statua. Viso a triangolo, naso ritto, gli occhi sono piccoli e di un magnifico color ghiaccio, più chiari dei miei, il suo sguardo è magnetico e terrificante allo stesso tempo; le sopracciglia sono folte e nere, come i suoi capelli lunghi fino alle scapole, le labbra carnose e perfette sono attraenti. Sotto gli zigomi c'è qualche accenno di barba. Il suo colorito è estremamente pallido, quasi si avvicina a quello di Isadora, eppure a differenza sua lui sembra stare bene. Tutto in lui richiama qualcosa che non ho mai privato prima, qualcosa di eccitante che parte dal basso ventre e mi fa tremare le gambe; ciò mi spaventa. Lo guardo, smarrita, studiandolo dall'alto al basso. Il suo abbigliamento non è il più consigliato date le condizioni  meteologiche: indossa pantaloni neri aderenti alle gambe muscolose, scarponi eleganti da montagna, e la camicia leggera a maniche lunghe che ne scopre il petto marmoreo. Non posso non dire che possiede una bellezza inumana. Riesco a svegliarmi e chiudere la bocca quando ritorna a parlare. «Hai perso la lingua?» Abbasso lo sguardo, imbarazzata. Idea intelligente dato che anche le altre ragazze, compresa una piccola Isadora tremante, hanno fatto lo stesso movimento. «Mi scuso con Vostra Maestà» «Vedo che hai imparato le buone maniere». Non riesco a vedere la sua espressione, ma dal tono di voce colgo una certa sorpresa. «L'altro giorno non vi ho riconosciuto» «Ora sapete chi sono...» «Non ho dubbi su chi siete» Il mondo cade nel silenzio, aspettando che solo la voce del Principe facesse eco nell'aria. «Che cosa stavate facendo?» Lo osservo di sottecchi, notando che ora ha gli occhi puntati su Isadora. Una volta davanti a lei, mi faccio da scudo con il corpo. «Stavo cercando di guarire dal male che la divora, Vostra Maestá» «Ho dato delle regole», la sua voce improvvisamente di fa distaccata. Ho un brivido. «Ne sono al corrente, ma...» «Quindi mi aspetto che tu non le trasgredisca» Deglutisco. Ma non mi arrendo. «Vostra altezza, sta male. Ha bisogno di cure», incalzo io. Vedo i muscoli del petto irrigidirsi. «Date le circostanze, ho io il compito di prendermi cura della bambina» La strinsi a me. «Permettetevi per una volta di alleggerirvi questo favore, so come occuparmi dei bambini, mi prendevo cura di mio fratello un tempo» «Vorresti dire che io sono un buono a nulla!?», tuona, facendoci sobbalzare. Isadora si copre dietro di me, riprendendo a tremare. Ma io non mi scompongo. «Lei è il miglior esempio di Principe Oscuro di tutti tempi, Vostra altezza. Non dubitatene, ma qui si tratta di una bambina e io mi sto solo proponendo di aiutarvi» «E per quale motivo dovresti aiutarmi? Sei solo un incapace» Non mi abbasso al suo giudizio. «In primis perché compio il ruolo che un giorno la futura Regina dovrà compiere, e cioè affiancare il marito nei vari compiti regali o personali e secondo luogo...», sollevo lo sguardo ormai tentata dal suo e affondo nei suoi occhi penetranti «...sono capace di cose che neanche voi riuscirete mai ad immaginare» Lui non si scompone dal mio gesto inappropriato, ne osserva il color azzurro acqua che riempire l’iride. È un secondo di parole dette con lo sguardo, un secondo in cui lui poteva vedere tutta la mia paura, l'affetto che provo per la bambina, il coraggio con cui la difendo. E io posso vedere la freddezza implacabile, il rimpianto, la rabbia, poi il suo sguardo sembra cambiare, il ghiaccio dei suoi occhi per un secondo si scioglie, riesco a coglierne la sorpresa, l'estasi, il desiderio. Imbarazzata, sicuro la mia pelle ha preso lo stesso colorito del naso, e profondamente pentita di ciò che ho appena detto, abbasso lo sguardo. Come guardo i miei piedi, l'incantesimo svanisce. «E tu credi di diventare Regina?» «È un ruolo che non mi si addice, Vostra Maestà» «Rispondi», tuona, severo. «No, sire» «Speri di diventare Regina?» «Se accadrà, non potrò che considerarmi fortunata, ma non credo alla fortuna. Io credo che per aggiungere un obbiettivo si deve usare la pazienza, determinazione e l'astuzia» «E qual è il vostro obbiettivo?» Tornare a casa. «Compiacere e lavorare per il futuro Re del Regno del Buio finché non verrà proclamata la Regina. Il ruolo per cui sono stata chiamata a compiere» «E vi piace questo nuovo ruolo?» Questo non posso negarlo, e lo guardo di nuovo. «Mi rincresce riferire a Vostra Altezza queste mie parole, io Odio il nuovo ruolo a cui sono stata affidata, lo disprezzo, e non c'è cosa peggiore fare la cagna per un uomo che pensa solo a soddisfare i propri piaceri e non quelli degli altri. Sono schifata. Ritengo che ogni donna abbia il diritto di scegliere il proprio destino, non che le venga imposto un futuro che le spaventa» Sorride, e ciò mi fa tremare le gambe. «C'è anche da aggiungere che anche il vostro patetico Re non si fa scrupoli decidendo ciò che fa comodo alla sua pancia e non ha mai pensato al suo popolo» Questa osservazione mi toglie il respiro, infondo non ha tutti i torti. E mi vergogno sapendo che quello che ha detto è la pura verità. Lui si avvicina a passo lento e come ieri il suo profumo mi invade le narici quando le sue labbra è a un centimetro di distanza dal mio orecchio. «Le consiglio di farvi piacere questo nuovo lavoro, se ritiene che è in grado di fare cose che non mi sognerei mai di immaginare, le assicuro che io sono molto, MOLTO PEGGIO» Questo ragazzo mi fa paura. Vorrei solo allontanarlo a me, ma la sua vicinanza mi blocca. Diamond mi solleva il mento con le dita, costringendomi a guardarlo. «Pearl», pronuncia il mio nome con tanta enfasi che vorrei sentirlo ancora una volta. «Vostra Altezza...?», balletto. Sono intrappolata del suo sguardo, incapace di guardare altrove, c'è solo il suo viso che colpre il paesaggio innevato. «Non so cosa mi spinge a risparmiarvi anche questa volta, ma non crediate che sono quel ragazzo perfetto che ogni donna sogna di avere. Sono il peggiore dei tuoi incubi...» Un urlo spaventoso copre il silenzio del campo, Isadora dietro di me si irrigidisce e scoppia a piangere. Davanti a noi una ragazza si sta sollevando in aria, afferra il collo, si dimena e addirittura graffia l'aria. I suoi movimenti mi fa capire che vuole liberarsi da qualcosa che non c'è, ma sono troppo tramortita dallo spavento da poter ragionare. Ariel si è avvicinata a me, impaurita, coprendo la visuale di Isadora per non spaventarla ancor di più. Guardavo la vittima dimenarsi nell'aria e quasi non mi accorgo che dalla mano libera di Diamond è uscito un fumo nero che è aggrappato al collo della giovane, soffocandola. Sto per fare uno scatto verso di lui, ma due braccia mi bloccano da dietro. «Hai già fatto abbastanza danni oggi», sento la voce dura di Jude accarezzarmi l'orecchio. Non riesco a guardarlo, i miei occhi sono concentrati sul ragazzo pallido che sta asfissiando la sconosciuta senza alcuna pietà. Tutte le altre sono impallidite, tremanti guardano la scena, ed altre sono scosse da singhiozzi. Sicuramente anche io e Ariel non siamo da meno, nel mio viso pallido non ho una espressione tanto felice. La sconosciuta ormai debole, ispira il suo ultimo grido di aiuto soffocato tra le labbra, il suo volto è una maschera viola, poi si abbandona nell'aria. Il fumo nero la fa calare lentamente verso la neve e il secondo seguente è un corpo morto riverso sul bianco dell'inverno. «Potrei uccidere da un momento all'altro!», esclama il Principe, guardando tutte noi. «Potrei farlo per... gioco, noia, o semplicemente per fame. Siete solo diciannove ragazze dal destino ignoto poiché non sapete quello che vi aspetta e se domani sarà il vostro ultimo giorno. Io vi ho dato delle regole, ma qual'ora non rispettate ciò che vi è stato imposto, una di voi ne pagherà con la morte. Non ho risentimenti, non mi importa assolutamente cosa diranno i vostri familiari. Siete solo patetiche umane. Ma dimostratemi di essere degne del mio rispetto e vi risparmierò» Detto questo punta il dito verso la mia direzione e io mi sento ancora più piccola di come non mi sentivo giorni fa. «Questa stupida cerca di comprare la mia bontà con la furbizia, pensa che risparmiando la bambina e facendo la coraggiosa siate al sicuro. Ma non si rende conto che per colpa sua una Delle vostre amiche è morta oggi» Ora la colpa per ciò che è successo è solo mia. Le guance si tingono di rosso dalla rabbia e dalla vergogna. Vorrei sprofondare sotto la neve. Ma come potrei non fare niente se una bambina sta morendo? Sto per ribattere, ma un'altra voce vi batte sul tempo. «Tu!», guardo la ragazza bruna che ora mi guarda con disprezzo e odio, particolarmente assomigliante alla ragazza morta ai suoi piedi. Non c'è lacrime nelle sue guance, solo una smorfia di rabbia infinita. «Come hai potuto, puttana!», corre verso di me e una forza inumana mi scaraventa contro il furgone dietro di noi. Tutto troppo veloce per poter riordinare tutto l'accaduto e mi ritrovo di nuovo sollevata in aria per poi ricadere sulla neve fredda. Sono lontana abbastanza da vedere tutte le persone diventare piccole macchioline in un mondo bianco. La testa mi duole, dalla fronte parte gocce di sangue, ma sono ancora tramortita dalla vergogna e dalla paura. Eppure la rabbia d'essere sempre guardata come l'artefice di tutto il male causato in questi giorni ha la meglio su di me. Prima che una palla enorme di neve sollevata in aria si catapultasse nel posto in cui mi trovo, incrocio le braccia a X davanti al mio viso e corro verso la ragazza. L'enorme colosso di neve è spaventosamente vicino, non ho dubbi che se non avessi fatto qualcosa sarei morta, e ancor prima che la vicinanza raggiungesse i sessanta centimetri, dalle mani esplode una vasta concentrazione di energia che la potenza rischia di farmi cadere all'indietro. È uno scudo assai più potente di quello usato tre anni fa, alto sicuramente come i venti dieci piani di un palazzo, considerando la mostruosa grandezza della palla ghiacciata. La ragazza ha il potere di sollevare ogni cosa le capiti davanti. Lo scudo al momento dell'impatto riduce in polvere il ghiaccio tondeggiante, questo grandina contro la barriera che mi protegge, indebolendola, ma la durata è abbastanza da permettermi di uscirne illesa. Nonostante tutto, mi sento fiacca: troppa concentrazione in una sola mossa. Fa male la testa. «Ma che cazzo fai?!», urlo alla ragazza che ora avanza a passo minaccioso verso di me. «Era mia cugina! Brutta puttana!!!», da schiaffi all'aria e in contemporanea frecce di neve saettano verso la mia direzione. Sono abbastanza agile a schivarle tutte, e mentre le mosse proseguono imperterrite avanzo verso di lei. Deve ragionare. «Ascoltami, so come ti senti! Ma ti prego, smettila ora e parliamo con calma» «Cazzate, tu non sai cosa si prova essere sole !!!» Arresto la mia protezione e corro letteralmente furiosa, attacco la ragazza con un raggio lucente uscita dalla mano sinistra e finalmente la atterro. Lei cerca di rialzarsi, nello stesso momento le pisto il petto e la costringo a rimenere a terra, minacciandola dalle palle di fuoco bianco sopra i palmi. «So come ci si sente, come le possono capire anche le altre ragazze intorno a noi. Sono stata separata da mio fratello tre anni fa, e non c'è cosa più peggiore che vedere una persona che ami morire davanti agli occhi. E io non ho potuto fare niente, capisci nienteeeeee! È straziante, è un dolore che uccide dentro. Per di più oggi sono stata separata dai miei genitori per essere deportata in un Castello, per amare uno sconosciuto. Sono sola anch'io, ora più che mai, ma nonostante tutto chi ha bisogno d'aiuto io ci sarò, avrei voluto salvare tutte le altre ragazze morte in un questo treno se avrei potuto, scontrandomi con le regole che il Principe ha ordinato. Ma non ho potuto. E quando ho visto Isadora troppo malata non esito a darle una mano perché può essere mia sorella, potevi essere anche tu e io ti avrei guarita, nonostante l'impossibilità. Io salverei tutte da questa schiavitù se potessi, ma mi è impossibile, perché ho una famiglia che mi aspetta là fuori. Non è colpa mia se tua cugina è morta, sto solo aiutando una bambina di dodici anni a vivere; cercate di ragionare piuttosto di permette il Principe di infangarvi la mente», urlo, rivolta alle altre ragazze che mi guardano spaventate. «Io non centro con tutto questo, se al Principe da la colpa a chi gli pare e piace per sterminare poi ragazze innocenti, non è colpa mia. Io non mi oppongo ai miei diritti» «Stai rischiando grosso, tesoro», ride Daimond, palesemente divertito. Lo guardo storto. « La cosa poco mi importa», ritorno a guardare la ragazza stesa a terra.« Non sono qui per uccidere, voglio solo aiutarti a superare tutto, sperando che un giorno potremmo riconciliarci». Sposto il piede dal petto della ragazza alla neve, lascio calare la potenza dalle mani e mi allontano per recuperare la piccola Isadora. La bambina si lascia abbracciare, trema ancora, intorno a noi gli sguardi straniti dei passeggeri ci accompagnano fino al mio vagone. È in questi secondi che un urlo da il via ad un insieme di rumori. Sento il rumore della neve sollevarsi per poi scontrarsi a qualcosa di estremamente duro. Mi giro, sobbalzo e urlo anch'io. Tremano le gambe, i miei occhi vedono spalancati la vicinanza della parete ghiacciata che si innalza per tre metri sopra di me, molti metri più avanti, le braccia di Ariel allungate verso l'infinito blocco tremano di paura, il suo corpo sposto in avanti, dietro di lei Jude la sta sorreggendo. Guarda me in un espressione di paura e sconforto, il mento le tremava. E l'unica cosa che riesco a pensare è la paura che anche lei ora può venire uccisa. Dall'altra parte c'è la gratitudine per aver impedito che l'onda di neve mi investisse. Il silenzio è seguito da un altro grido, questa volta più strozzato. Ritorno in fretta il mio posto accanto ad Ariel per assistere al medesimo scioccante delitto. Vedo Diamond sollevare la ragazza con la facilità di uno che afferra un ramoscello. Vedo le sue mani stringerle la gola fino a farle diventare il viso violaceo. La porta all'altezza del suo viso e con un gesti rapidi da riuscirne a cogliere i movimenti, le gira la testa. Rabbrividisco al sentire l'osso del collo spezzarsi. Gli occhi azzurri di Diamond guardano i lineamenti della vittima come se fosse un bocconcino. Rimango stranita: lui che bacia la gola di una ragazza che aveva già ucciso, le morde la pelle con le labbra e la lecca. Ho un conato di vomito ma mi trattengo siccome ho ancora la bambina tra le braccia. Una bambina abbastanza pallida direi. Avrei preferito non vedesse tutto questo. Siamo tutte delle statue di pietra, incapaci di togliere lo sguardo da questa raccapricciante. Lo incurante degli sguardi impietriti delle donne, ancora giocare con la pelle della vittima. Una parte nascosta di me sembra tranquillizzarsi a quell'atto di affetto inlogico, quando invece gocce rosse scivolare dalla gola alla spalla della ragazza tutti i miei dubbi sfumano nell'aria. Non mi sono sbagliata, da quando ho notato il suo menefreghismo verso gli altri e verso di me, da quando ho capito che uccidere per lui è un gioco e non gli importa se si trova circondato da spettatori di pietra, da quando ha giocato con me dimostrandosi crudele e vendicatico, da quando mi ha messo contro le altre ragazze del treno a parte Ariel e Isadora, da quando ha ucciso due ragazze senza pietà e con un sorriso eccitato sulle labbra, e da quando sono rimasta contagiata dalla sua inumana bellezza, dal suo odore, e dalla sua forza incredibile ora la verità mi fa più paura dell'attesa di trovare le mie risposte. Diamond lascia cadere a terra la sua seconda vittima, dalle labbra uscivano gocce di sangue e gli sporcavano il mento. Mi rivolge un sorriso a trentadue denti, mostrandomi per la prima volta la lunghezza anormale dei canini: sembravano sfiorargli il labbro inferiore. Deglutisco, ora più spaventata che mai. «Come immaginavo, non sei la sola a trasgredire le regole qui», si gira verso i cadaveri. «Erano cugine, vivevano in un orfanotrofio», spiega, voltando nuovamente gli occhi di ghiaccio verso i miei. «Ti ho risparmiato la fatica di non subire l'odio e le minacce delle loro famiglie ammesso che ce l'avessero» Annuisco, incapace di parlare. Sono troppo spaventata. Mi rendo conto che le tante possibilità di fuggire ora si sono ridotte. In un battito di ciglia lo trovo a cinque centimetri dal mio viso, indietreggio dalla sorpresa, il suo sorriso è divertito. «Sono curioso di vedere come ve la cavate una volta arrivata al castello. Mi piace il vostro coraggio, la vostra testardaggine, e la vostra presenza è allettante. Ti voglio viva, tesoro» Ora scappare è più pericoloso che mai, non avrei resistito alla sua forza, la sua velocità è simile ad una freccia, i suoi occhi trasmettono una sfumatura di pericolo e desiderio. E sono del tutto consapevole che prima o poi sarei ceduta alla sua bellezza. L'unica alternativa è non guardarlo, eppure anche questo mi è impossibile: i suoi occhi sono una calamita. Talmente belli che rimane difficile non guardarli. Il vampiro mi guarda, il ghiaccio degli occhi mi fa rabbrividire. Mi dimentico il freddo, la neve, i due cadaveri stesi a terra, Jude e Ariel con ora la bambina in braccio. Non vedo più le altre donne spaventate, non vedo più la parete di ghiaccio con cui Ariel mi ha salvato la vita. Siamo solo io e lui. La lotta per la sopravvivenza è appena iniziata. *** E no, miei lettori, per vostra gioia o sfortuna non sono sparita. Ihihih!!! Questo è un capitolo più lungo, in modo da recuperare l'altro weekend in cui non mi sono fatta viva. E per questo mi scuso. ❤ Vi prego, ditemi se vi piace, datemi consigli. Insomma, criticatemi in tanti! Voglio sapere il vostro pensiero, sul serio per me è importante, anche perché in questi giorni ho visto che negli ultimi capitoli ci sono pochissime visualizzazioni e le stelline di apprezzamento non sono aumentate. Sarà perché non è piaciuta? O devo aspettare con pazienza che il numero di lettori aumenti mano a mano che aggiorno i miei capitoli? Non so.... Ho paura che non sia la storia bella ed intrigante che vi siete immaginati. Perciò vi prego, commentate. Lo so, sono assillante, ma ripeto che ci tengo. Non abbandonerò questa storia perché so come completarla, e inoltre vi anticipo che ci sarà un sequel. Una saga, chiamiamola così.... Io vi auguro buona lettura

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


Copro col piumone il corpicino di Isadora. Trema ancora, guarda con terrore il ragazzo di fianco a me e non le do torto; il suo sguardo pressante mi causa una chiusura alla bocca dello stomaco. Accarezzo la fronte scottante della bambina in modo da ricevere la sua attenzione. Lei gira lo sguardo spaesato a me. «Ho fre-freddo», balbetta. Non le riesce perfino a placare il tremolio dei denti. «Ariel, passami un'altro piumone», ordino alla ragazza che si trova dall'altra sponda del letto. Lei non esita e me ne passa un'altra. «Stai meglio?», chiedo alla bimba. Lei sorride appena, ma so che non è così. Ha gli occhi socchiusi e respira con difficoltà, ho l'agitazione a palla mentre vedo la sua vita scivolarle via lentamente. Le accarezzo di nuovo la fronte, questa volta non riesco a trattenere le lacrime, le lascio cadere dal viso senza farci caso. «Bene...», sussurro. «Adesso faccio una cosa, ma tu non devi avere paura okay? Devi stare ferma, ti assicuro che non sentirai dolore o fastidio» «Va-va b-ben-bene», trema lei. Mi alzo dal letto e mi porto ai piedi. Alzo appena le braccia sotto lo sguardo indagatore del vampiro e quello impaziente della mia amica. Le fiamme si sollevano dall'aria e vanno a posarsi sul corpo di Isadora. Una volta circondato, riesco a sentire, come se il mio potere fosse un collegamento tra il suo corpo e il mio, la sua debolezza, il freddo che fa tremare persino le ossa, la sua paura nei confronti del Principe; sento che la mia vita sta abbandonando anche me. Poi tutto svanisce e percepisco il corpo di una bambina sana, viva, energetica. Le fiammelle ritornano nelle mani per poi svanire. Io e Ariel ci avviciniamo al letto, cogliendo un piccolo sorriso in segno di ringraziamento. Ci guardiamo e freno l'istinto di saltare come una bambina. «Come stai, cucciola?», chiedo io. «Bene», ora la sua voce è squillante e armoniosa. Sono contenta, anche se mi piange il cuore pensando che potevo salvare anche le altre due ragazze. L'hanno seppellite lontano dal campo di battaglia, sotto ordine del principe, come animali. Nessuna lapide o foto. In questo gioco chi muore è destinato ad essere dimenticato. Il treno è partito da molto ormai, e il buio della sera sta iniziando a calare. Non che ci sia stata tanta luce di giorno. Ormai mi devo abbituare all'idea che nelle ore solari  il cielo è coperto da nuvole e la mia pelle non sarà più colorita come nelle primavere passate. «Vi lascio dormire con la bambina, sicuramente avrà più bisogno di conforto ora più che mai», aggiunge Daimond, guardando la bambina. So che si riferisce a me. «Grazie, vostra altezza». Mi guarda e in contemporanea abbasso la testa. Non oso guardarlo né leggere cosa è presente nei suoi occhi, nonostante la sua voce mi è sembrata calma e priva di freddezza. È un ragazzo strano, prima è perfido e arrogante, poi è calmo e pentito. Mi chiedo come sarei riuscita a sopravvivere con un uomo così. Inoltre io desidero vivere con un uomo in pace con se stesso, non che fosse squilibrato psicologicamente. «Bene...», si proietta alla finestra. «Vi lascio alle cure della bambina. Una volta che il treno si sarà fermato, la tua amica deve ritornare nel suo vagone» Guardo Ariel e le sorriso senza sapere perché, probabilmente volevo dare più conforto agli altri che a me stessa. Non diciamo niente, ascoltiamo a testa bassa il rumore dei passi trasformarsi un secondo dopo in un battito d'ali che va a confondersi con la furia del vento smosso dalla velocità del treno. Aspettiamo un minuto buono prima di sollevare lo sguardo e verificare che non ci sia nessuno. Corro ad abbracciare la mia amica è saltiamo di gioia. «Non so come ringraziarti Ariel», urlo io, stringendola più forte. «Ancora una volta mi hai salvato la vita». «Te l'ho detto: non ci tengo a rimanere sola un'altra volta, quindi d'ora in avanti cerca di non combinare casini. Oggi te la sei vista davvero brutta. Quindi la prossima volta che succede non venire da me a chiedere aiuto», dice minacciandomi con lo sguardo ma con un sorriso scherzoso sulle labbra. Risi. «Come desiderate, Vostra Pesciositá» Lei mi da una gomitata sul fianco ridendo insieme a me. Poi ritorno seria. «Sul serio Ariel, il tuo coraggio è da ammirare. Ti rendi conto che saresti potuta morire, difendendomi?» Alza le spalle. «Bé, anche tu saresti potuta morire se il Principe decideva di uccidere anche te oltre a quella ragazza. Infondo non è male, ti avrei rotto le scatole anche dentro la tomba. In due si muore meglio», mi prende in giro, ammiccando. Alzo gli occhi al cielo. «In questo momento ci tengo più a sopravvivere che essere rinchiusa dentro una bara» «Hai ragione» Giro la testa verso Isadora che stava cercando di dormire. Mi siedo vicino a lei per la seconda volta e le accarezzo il viso. «Non ti abbandono tesoro, puoi stare tranquilla, sei sotto la mia protezione ora. Domani scrivo a tua madre per rassicurarla» Lei annuisce. «Ti ringrazio, Pearl. È da tanti giorni che non ha più mie notizie e mi manca tanto» «Non ti hanno fornito di carta e penna?» Lei scuote la testa. «No, io sono analfabeta» Il cuore si stringe. Immagino la disperazione di scrivere alla madre e se fossi stata io al suo posto probabilmente sarei morta dal dolore. Non c'è cosa peggiore che non sentire vicino la propria famiglia quando si è lontani da casa. Le rivolgo un sorriso consolatorio, deprimendo le lacrime. «Allora questa è una buona occasione per imparare» Sorride e scosta le coperte per abbracciarmi. «Grazie, grazie, grazie!», squittisce. «Vi devo un favore». Le accarezzo le treccine bionde e la rimetto supina nel letto. «Basta che d'ora in poi ci saremo del tu e non ti allontanare mai da me. Ora dormi, quando è l'ora di cena ti sveglio» Lei annuisce e qualche minuto dopo è profondamente addormentata. Io e Ariel ci ritroviamo a parlare sottovoce, senza togliere lo sguardo da lei. «Ti rendi conto, Ariel, che poteva essere mia sorella?», dico all'improvviso. Mi rivolge uno sguardo comprensivo. «Non ti martoriare adesso con questi pensieri» «Oggi Luca avrebbe avuto indici anni. Sono quasi della stessa età», mi asciugo una lacrima. Ariel mi posa una mano sulla spalla. «Ehi! Calmati, hai salvato la vita di una bambina e di questo tuo fratello ne sarà fiero» Sollevo appena un angolo della mia bocca. «Ma avrei potuto fare la stessa cosa con lui» «E anche se avresti provato? Tesoro, sicuramente era già andato in cielo» «Non me lo perdoneró mai» «Non è stata colpa tua. Sicuramente si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato...» «Giá», sussurro io, non del tutto convinta. «Ma non è giusto che a pagare sia un bambino di sei anni» Lei annuisce, incapace di dire altro. «Ora l'unica cosa che posso fare per rimediare all'errore commesso è prendermi cura di questa bambina», concludo io. Non aggiungo altro, rimaniamo in silenzio per molto tempo, finché non decidiamo di occupare anche noi l'ultimo spazio rimasto nel letto. Ci addormentiamo con la bambina in mezzo.

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


La sera seguente scendo dal vagone, scarica d'adrenalina mi fa frecciare verso Jude. Lui e i suoi collaboratori stanno consegnando svariate lettere alle diciassette ragazze sopravvissute. Le nostre famiglie hanno risposto alle nostre lettere; ieri oltre a comunicare i miei l'accaduto e ripetere per l'ennesima volta che sono viva e non hanno motivo per cui preoccuparsi, ho spedito anche una lettera alla madre di Isadora, scrivendole che la bambina è stata colta da un grave malanno guarita da me medesima ed ora si trova sotto la mia custodia, aggiungendo che avrei dato alla bambina delle lezioni per insegnarle a leggere e a scrivere. Sicuramente la donna ne sarebbe stata molto grata. Il paesaggio è circondato dal buio, ma i demoni hanno rilasciato lingue di fuoco sospese in aria in modo da illuminare tutta la fiancata destra dell'abitacolo. Non ho il tempo di parlare che mi para davanti agli occhi tre buste. «Non pensavo avessi ammiratori», schernisce, sprezzante. Afferro le buste, guardandogli storto. «Non pensavo ti facessi gli affari altrui», ribatto. «E poi anche se li avessi, non vedo il motivo per cui tu debba apparire così pressante» Quando finisce di consegnare le lettere alle ragazze, compreso ad Ariel che si mette da una parte per leggerne una, si volta verso di me e ricambia lo sguardo. «Non svolazzare tanto con la fantasia, ragazza, non sono geloso. Non ho intenzione di avere una relazione con una ragazza impegnativa come te. Se ti parlo in questo modo è perché mi sto controllando a non bruciarti qui e adesso, davanti a tutti» Il verde delle suoi iridi sembra scurirsi. «Oh andiamo omaccione, davvero l'avresti uccisa anche se non vi è stato autorizzato dal Principe? Aveste fatto un grave errore e di conseguenza il Re avrebbe ordinato di bandirvi dal Castello», si oppone la voce squillante di Ariel. L'uomo si volta, cogliendola dietro le sue possenti spalle. I suoi occhi sbrilluccicano di sfida, il suo sorriso è chiaramente divertito. Io li guardo confusa. “Ha appena chiamato Jude, un demone, omaccione?”, penso mentre guardo i due fronteggiarsi. «Bé, lo avrei fatto solo se ordinato da Diamond» «Certo... Comunque converrete con me che il Principe non si è opposto al desidero di Pearl e quello che sta bene al Principe dovrebbe stare bene anche a voi» «Io sono d'accordo» «Solo perché lo ha scelto il Principe non perché lo sentite voi. Vi consiglio a cominciare a ragionare con il cuore, signore. Presto i due Regni si riuniranno, creature come noi e come voi dovrebbero andare d'accordo non farsi la guerra perpetua. E conviene iniziare da adesso, altrimenti delle diciassette ragazze qui presenti non né rimarrà nemmeno una» «Se il Principe crede che sia divertente uccidere ragazze solo perché una di loro riteneva giusto salvare una bambina, allora penso che questa pace tarderà ad arrivare», aggiungo io. «Se al Principe sta bene quello che avete fatto, appoggio la sua decisione, come mio dovere. Punto. Questo non mi impone di pensare è agire diversamente», minaccia la piccola Ariel, arrivandole abbastanza vicino. Lei pianta i piedi nel terreno e incrocia le braccia. «Eppure ieri pomeriggio, quando mi tenevate stretta per proteggermi, non è stato un appoggio alla decisione del tuo Principe» L'espressione di rabbia ora si tramuta in chiara sorpresa sul viso del demone, mentre io abbasso lo sguardo per non far vedere il mio sorriso divertita. «L'ho fatto perché ci sono state abbastanza vittime...», mente lui, lo noto subito dalla voce. «Quindi in fine non eseguite gli ordini di Sua Maestà?», ribatte la ragazza. «E d'altronde non siete un demone tanto cattivo, visto e considerato che siete stato così gentile a non allontanarvi da me anche quando il principe aveva deciso dovevo essere la sua terza vittima. Vi ringrazio per quello che avete fatto, non me lo dimenticherò mai», gli sorrise per poi raggiungermi. «Ragazza, come vi chiamate?», la chiama lui prima che ci allontaniamo dal posto. Lei si volta. «Ariel» Lui stranamente le sorride. «Non pensare che la nostra conversazione finisca qui», avvisa con un espressione che non tradiva emozioni. Una piccola parte di me al solo pensare che poteva far del male a quella graziosa ragazza, d'altra parte ero divertita di quella situazione: era chiaro che Ariel stava cercando di mostrarmi il lato vero di Jude: dietro quella falsa maschera da demone crudele e spietato c'era una persona impacciata, di cuore e forte. «Sono impaziente di ricominciare domani, omaccione», gli fa l'occhiolino e riprendiamo il cammino. La guardo, ancora con occhi sbarrati. «Tu... Lui e.... Tu sei proprio una...» «Sshh! Cammina e guarda dietro», mi sottosce lei, la voce le tremava per la risata che vorrebbe far uscire. Faccio come mi ha detto e giro appena la testa dietro, i lunghi capelli mi coprono il viso in modo che Jude non si accorga che lo sto guardando, ma anche se fosse stato così sarebbe risultato inutile perché i suoi occhi verdi sono completamente incollati alla figura minuta della mia amica. Quasi non mi lascio sfuggire un piccolo particolare: i suoi piedi sono incollati a una grande lastra di ghiaccio, creata da Ariel di proposito. Purtroppo Jude non tarda a muoversi, ritrovandosi un attimo dopo a dare forma alla sua immagine sopra la neve. A quel punto né io né Ariel riusciamo a trattenere il divertimento, e ci preghiamo in due dalle risate. «Che stronza che sei, Ariel!», la prendo in giro ridendo sempre più forte, per non mancare il mio istinto di titararle una palla di neve in pieno petto. Lei cade sul manto bianco completamente bianca e con le gambe all'aria. Rido talmente forte che mi fa male la pancia. Ariel come è caduta si rialza un secondo dopo, con la carica di due palle di neve nelle mani. Questa volta sono io a cadere di schiena, sprofondando nella neve. Il campo di riempie di risate e frasi divertite gridate all'aria. È un momento pieno di armonia. Io e Ariel procediamo a farci la guerra per un minuto interno, persino Isadora ha iniziato a far parte del suo fronte: le due ragazze si costruiscono una parete di ghiaccio. «Questo è barare, lo sapete?!», grido, tenendo il broncio. Dietro il spesso specchio vedo l'ombra delle ragazze ridere tra i baffi. Tengo il muso lungo per svariati secondi, incerta su come attaccare e da che parte, prendendomela con me stessa per aver iniziato questa banale battaglia sulla neve, finché la mia attenzione non viene catturata dalla parete ghiacciata che si scioglie un istante dopo. Dallo sguardo allarmato di Ariel e quello sorpreso di Isadora comprendo che non è assolutamente opera della mezza sirena. Alle mie spalle qualcuno si schiarisce la voce. Jude è a un metro di distanza da me, intento a guardare, con palle di fuoco un mano e un sorriso vittorioso, le due ragazze indifese. «Questo però non è barare». Lancia le due palle di fuoco verso le ragazze. Le due sono abbastanza spigliate da schivare il colpo e le fiamme finiscono seppellite all'interno della neve, e da lì sfocia un rivolo d'acqua fresca. Guardo Jude e per la prima volta gli sorrido. Lui rimane distaccato, ma non mi sfugge un angolo della sua bocca più alzato rispetto all'altro. «Che dici, ci creiamo il nostro posto d'attacco?», chiedo, preoccupata. Nonostante ciò, Jude è tranquillo. Le mie amiche si sono create nuove alleate, per essere precisi più della metà delle ragazze, le poche rimaste mi stanno dietro. «Conviene», afferma lui «Ma io non ho il potere di creare un muro che rimanga incollato al terreno» «Ma io sì» Dalla neve inizia a fuoriuscire un fumo denso che ci fa pizzicare la gola, dal fumo nascono le fiammelle che si innalzano fino alla mia altezza. Siamo letteralmente coperte da un muro di fuoco. «Ora come la mettiamo, sirenetta?», grida Jude ad Ariel. Tra le fiamme danzanti colgo l'espressione irritata di Ariel. Rido e le faccio la linguaccia. L'attacco non manca il bersaglio: ricevo una palla di neve in faccia. Me lo sono meritato. Il mio cuore mancò di un battito quando per un momento colgo la melodiosa risata di Jude. Mi chiedo se non ha mai riso in vita sua o se per la prima volta manifesta quello che realmente è proprio a me. Per tutto questo tempo ha riso quando uccide una persona o le muore davanti agli occhi, quando gli piace torturare un innocente. E mi chiedo se non ha mai provato pena per loro, mi chiedo se tutto quello che ha passato non è quello che realmente desiderava. Però il fatto che ha protetto la mia amica, il fatto che è rimasto imbambolato da lei una volta allontanatasi e che si è unito a questa insolita battaglia da elementari dimostra quello che realmente è: un uomo come tanti, a prescindere dalla creatura che è, dalla cultura di questo regno e per quanto spaventoso sia. Lui è come noi. Siamo tutti uguali. La battaglia ricomincia e sembra non finire più. Il campo è pieno di risate, di allegria, vedo finalmente i volti sia di ragazzi demoni che di donne illuminarsi di felicità. Mi sembra anni da quando non mi sono divertita così, soprattutto è strano sentirmi felice in circostanze come queste: lontano da casa, dai miei amici e da Aaron. Tutta questa euforia scompare quando una palla di fuoco si scontra contro una montagna di neve creata dalle ragazze nemiche e ora occupata solo da Ariel. Il muro di neve si sgretola, una gran parte si trasforma in acqua e il corpo della mia amica non è più lì. Io e Jude ci scambiamo uno sguardo di intesa e il demone divide il muro di fiamme per lasciare un passaggio. Le altre non si sono accorte di niente, Isadora sta ancora giocando. In cuor mio, ringrazio il cielo che questa volta sia distratta e ignara del fatto che forse un'altra compagna è morta. Cerco il corpo di Ariel tra la neve ma non lo trovo, Jude è al mio fianco e fa lo stesso. «Ariel... Ariel, no...», singhiozzo, in preda al panico. Dietro di me Jude si trattiene dentro tutta l'agitazione. Lo invidio. Mi tremano le mani, e non per il freddo. «È qui! Era qui lei!», urlo a Jude. «Lo so...», sputa lui, senza smettere di scavare da una parte a un'altra. «Ariel non è vero...Non è vero», piango. «È colpa mia, non ci sei più per colpa mia». Stringo i pugni e li sbatto furiosamente tra la neve. Le mie dita congelate afferano una stoffa bagnata. Divento più bianca della neve quando riconosco il mantello di Ariel. «Jude...», lo chiamo con voce strozzata. Lui mi è accanto in un secondo e ispeziona il contenuto. «È di Ariel», afferma. Annuisco. «Oddio», singhiozzo scioccata, portandomi una mano alla bocca. Guardo la mantella imbambolata, vuota nel volto, mentre Jude ha iniziato a scavare nel punto stesso in cui abbiamo trovato l'oggetto, quando sento qualcuno chiamarci. «Ehi, gente, qualcuno può venire a darmi una mano?». Non la ascolto, sono sicura che è una delle ragazze che continua a tirare palle di neve a svariati metri di distanza da noi. «Pearl, Jude, sono quaggiù! Venite, presto!» Eppure una sola persona poteva chiamarci per nome. È abbastanza vicina. «TIRATEMI FUORI DI QUI!!!», esclama, spazientita. Io e il demone ci alziamo all'unisono, come colpiti da una scossa. Ci guardiamo intorno ma vedo solo nero. «Fai luce», ordino a Jude, il quale lascia volteggiare subito dopo le sue fiammelle. Chiamo a Isadora. «Aiutaci a trovare Ariel» Lei annuisce e iniziamo a calpestare la neve. «È a tre metri di distanza da voi», dice lei, completamente immobile da dove si è fermata. La guardo confusa. «Come lo sai?» «Fidati, è davanti a te, a tre metri di distanza. Ma stai attenta quando pisti la neve» Incerta, ma vogliosa di trovare la mia amica, avanzo con la ricerca. Jude, che fin ora è stato zitto e in ascolto, procede al mio passo, poco più lontano da me. Cammino lentamente, allungo lo sguardo davanti a me studiando attentamente la zona, fino a che non vedo una figura oscura dimenarsi sulla coperta di neve. Jude illumina di nuovo la zona e questa volta la vedo con più chiarezza: è un enorme coda. Un elegante coda di pesce che si sta muovendo tra la neve. Faccio scorrere lo sguardo e dall'attaccatura riconosco il corpo minuto di Ariel. Lei infatti ci sta guardando con l'aria di chi sta per dire “Era ora!” Siamo imbambolati per una ragione: davanti a noi c'è una bellissima sirena, la pelle abbronzata e in parte ricoperta da goccioline d'acqua, i seni sorretti da un paio di conchiglie color acqua unite tra loro hanno dei motivi che richiamano il fondale marino e qua e là sono incise piccole perle. E solo ora riesco a vedere la collana che porta sempre al collo: una collana ricca di piccole pietruzze colorate di forma diversa, come ciondolo c'è una sola conchiglia che richiama il verde dei suoi occhi. I capelli neri e lisci che portava in forma umana, ora sono bagnanti e mossi. Per un attimo provo invidia della sua bellezza. «Bé? Qualcuno vi ha rubato la cecità?», incalza lei, ancora distesa sulla neve. Scrollo la testa e mi avvicino a lei, attenta a non pistarle la coda. Mi siedo accanto a lei, sollevandole la schiena. «Ci hai fatto prendere un colpo. Ti abbiamo data per morta» «Tze! Ci vuole ben altro che un innocua palla di fuoco», ironizza. La abbraccio da dietro la schiena, soffocando una risata. Jude intanto ha chiesto a Isadora di andare a prenderle una coperta. «Senti freddo?», le chiede lui. Lei scuote la testa. «No, sono abbituata a temperatura elevate come queste, quando sono sott'acqua», risponde convinta. «Affascinante», dice lui, penetrandola con lo sguardo. La poverina, presa alla sprovvista, abbassa la testa e diventa rossa come un peperone. «Invece di pensare a rimorchiare perché non mi aiuti a trovare un modo per restituirle le gambe?», insisto io. «Devo trovare qualcosa per asciugarmi: col calore la coda scompare e ritorno in forma umana», spiega lei. «Okay» «Ma... Ehm, c'è un problema», aggiunge lei. «Quale?» «È che io non...non ho più i vestiti che portavo prima di diventare un pesce» «Bé, non c'è problema li avrai lasciati da qualche parte. Ho la mantella» Scuote la testa. «Quella non è niente, ma ciò che aderiva al mio corpo ha fatto Puff!!!» «Puff?», storcio le sopracciglia Muove la testa in segno di si, e rimaniamo in silenzio parlando con gli occhi. Poi il mio sguardo si illumina, e il mio colorito prendende il rosso della sua pelle. «Oh», sospiro. «Giá», conclude lei. Ci voltiamo verso Jude e senza dire parola lui ha già capito tutto. Noto un luccichio diverso nei suoi occhi, più chiari del verde di Ariel. «Okey, okey. Vado a prendere qualcosa per il mio pesciolino», si alza divertito. «Non sono tua! E non sono un pesciolino!», grida lei, mentre l'ultima cosa che sentiamo è la risata fragorosa di Jude. «Ariel, tu sei un pesce», la correggo ridendo sotto i baffi.  Lei mi guarda storto e un attimo dopo ricevo una pinnata in faccia, non so come ha fatto: è stata troppo veloce. «Questo è per esserti alleata con Jude», spiega, facendomi la linguaccia. Scoppio di nuovo a ridere e l'abbraccio, felice che questa notte si sia conclusa nel migliore dei modi. **** Nuovo capitolo, cari lettori, per sdebitarmi dei weekend di assenza. Vi sta piacendo la storia? Che cosa ne pensate di Isadora? Siete contenti/e che nel gruppo si sia aggiunta una bambina? Fatemi sapere se vi piace!!! Mettete una stellina e commentate! Ringrazio tutti quelli che hanno deciso di leggere la mia storia! Un bacio grande! 💋

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


Cara Pearl, vi scrivo per ringraziarla del coraggio che ha avuto per salvare la mia bambina. È la cosa più preziosa al mondo per me, in queste settimane ho passato l’inferno quando ho realizzato che non potevo ricevere notizie della bambina. Poi questa sera il postino mi ha consegnato questa lettera, seppur all’inizio ho avuto il cuore in gola leggendo il malanno che stava portando via Isadora, sono scoppiata a piangere dalla gioia dato che ora è stata salvata da un’eroina quale sei. Grazie tante Pearl per tutto, lascio la mia piccola alle tue mani, mi fido di te e so che l’aiuterai a crescere. Ora porterò sempre con me questa lettera, la conserverò con amore, oramai diventerà un tesoro per me, un legame che unisce me e mia figlia. Se un giorno deciderete di farmi visita, la nostra porta sarà sempre aperta. Vi mando un grande bacio e ancora mille grazie per stare accanto a Isadora. Attendo vostre notizie” Passo le dita sulla guancia bagnata da una lacrima. Il cuore mi batte all’impazzata, sono felice di aver portato serenità nel cuore di una donna che attende da tanto notizie di sua figlia. Non oso immaginare la sua reazione se la lettera avrebbe comunicato tutt’altro che buone notizie. Dopotutto mi sento orgogliosa di me stessa, anche se oltre ad Isadora meritava qualcun’altra di vivere. Non dimenticherò mai l’assassinio delle due cugine, e infondo so che sono morte per colpa mia. È un errore difficile la dimenticare, il dolore e la vergogna non mi hanno mai lasciata; ci sono volte in cui vorrei fuggire e nascondermi, altre in cui piango in silenzio. Non è possibile che per salvare una vita se ne deve pagare un’altra, è una cosa fuori dal normale. Sia Ariel che le altre ragazze hanno provato a consolarmi, inutilmente. Mi sono chiesta mille volte cosa sarebbe successo se non fossi intervenuta: Isadora sarebbe morta. Se avrei salvato le altre ragazze? Daimond mi avrebbe uccisa o messa contro di loro e dato che possiede libertà di agire e pensare entro certi limiti, non avrebbe risparmiato nemmeno alla bambina. Contando addirittura Ariel che si è messa in pericolo per salvarmi. Riassumendo ho fatto bene quello che ho fatto, nonostante qualcuno ha pagato ingiustamente. Se esiste un Dio, c’è sempre un motivo se ci spinge a fare determinate cose. Isadora dorme tranquilla. È l’alba, e il cielo si tinge di colori che vanno dall’azzurro più scuro a quello più chiaro. Verso destra la Stella Luminosa sta sorgendo, dalla parte in cui è girata la bambina è ancora notte. Dopo tanti giorni, finalmente vedo il sole. Metto la lettera di sua madre da parte, promettendo che glie l’avrei fatta leggere una volta svegliata. Le mie dita sfiorano la prossima remissiva mandata dai miei genitori, le mani tremano, ho un gruppo il gola che mi soffoca, sento che piangerò molto prima di aver terminato la lettura. Senza pensarci apro la busta e la prima cosa che tocco è una collanina pressoché identica a quella che porto al collo. La catenina è di uno strano rosso oro, il ciondolo ovale e nel dorso sono incisi caratteri floreali, non mi ci vuole molto per scoprire che il ciondolo faceva da contenitore, difatti lo apro e al suo interno dei lati ci sono respettivamente le foto dei miei genitori. «Mi mancate, non riesco a sopportare questa lontananza», soffoco a voce sottile, rivolta alle immagini dei miei genitori. Una lacrima scende e sbatte furiosa sul tavolo. Piango lacrime silenziose, mentre apro la carta scritta dai loro. Riconosco la calligrafia precisa ed invidiabile di mamma; non ho dubbi che sarebbe stata lei a scrivermi. “Tesoro mio, siamo orgogliosi di te. Non sai quanto ci rendi fieri sapere che non ti sei inginocchiata a quel tiranno. In pochi avrebbero fatto quello che hai fatto tu. Nonostante ciò tesoro, tremiamo dalla paura che un giorno potesse succederti qualcosa: non è facile vivere col dubbio o con la paura, non è facile ricevere tue notizie una volta alla settimana e non una volta al minuto come avremmo desiderato. Papà inizia a mangiare poco, anche se il lavoro gli va tutto bene e il titolare non ha da lamentarsi di lui, so che dentro si sta torturando dal dolore. Anche l’uomo più forte e dolce del mondo ha le sue debolezze. Ci sono notti in cui non riusciamo a dormire, in cui ci avviciniamo per darci conforto. Ma non siamo gli unici ad avere l’angoscia tra le viscere, tutta Aaron si preoccupa per te, Lily non si allontana mai da me, molte volte resta giornate intere a farci compagnia, per non parlare di Gloria. Sono due angeli. Ed è proprio qui che volevamo arrivare, angelo nostro: dobbiamo comunicarti una cosa che avremmo dovuto dirti da tempo. Vedi, molto tempo fa, eri ancora piccolina, Luca non era ancora nei nostri pensieri, Gloria ha ricevuto una visione: ha visto in te una donna matura che abbandonava la nostra casa, scortata da demoni ne portata via da noi. Noi sapevamo della tua prossima partenza, da quel giorno ti abbiamo controllato senza che tu te ne accorgessi. Anche Gloria e soprattutto Lily ti sono state molto vicine per questo. Sapevamo che un giorno questo sarebbe successo, ma non capivamo il motivo e quando. Quando abbiamo capito che ti portavano via per sottometterti al Principe era troppo tardi: abbiamo provato a trasferirti da amici ma allo stesso tempo siamo venuti a sapere che c’erano demoni e mostri dappertutto per controllare che le ragazze predestinate al rastrellamento non fuggissero dalla terra natia. In quel frangente tu avevi orma sedici anni e a malincuore siamo stati costretti a tenerti con noi, non sai quante volte avremmo desiderato portarti in salvo, quante volte avremmo voluto svegliarti la notte e scappare da Aaron. Ho pianto tante notti, ho implorato a papà a convincerlo a trasferirmi temporaneamente con te in un'altra città. Le ho pensate tutte, ma come potevamo fuggire se tutti i territori erano in continuazione sorvegliati sino ad oggi? Dovevamo aspettare quel giorno e trovare un luogo dove nasconderti. La botola sembrava il posto adatto, andava tutto bene finché non sei uscita per salvarci. Mi riempie di rabbia il tuo gesto, poi capisco che lo hai fatto per tenerci ancora uniti. So che dopo la morte di Luca non avresti sopportato un altro dolore come la morte dei tuoi genitori. Ti capisco se in questo momento ti senti tradita, arrabbiata o delusa, ma comprendi anche gli anni che abbiamo lottato per portarti via da questa guerra. Abbi fatto di tutto tesoro, e ancora ci vergogniamo per non essere riusciti a fare molto di più. Anche se sei lontana, ti staremo sempre vicino, rispetteremo le tue decisioni e saremo pronti a darti consigli se ne avrai bisogno. Ti amiamo tanto, sei la nostra vita e la nostra grande Donna. Ti prego, ringrazia ad Ariel da parte nostra del coraggio che ha avuto nel salvarti. In quel treno ci sono due eroine, ma la più importante sei tu, amore. Mamma e papà sono fieri di te, e ci puoi scommettere che anche Luca lo è. Un abbraccio, a presto” Sì, non nascondo che all’inizio ho provato rabbia. Non sono stata abbastanza furba da capire quello che mi succedeva attorno. Ora riesco a capire la costante freddezza e depressione che negli ultimi tempi soffocava mia madre, la preoccupazione di mio padre, la presenza di Lily e Gloria che non mi abbandonava mai. Le due non solo mi sono state vicine come amiche ma si sono preoccupate di me ogni istante, respiravano solo quando lavoravo. Adesso comprendo quel senso d’essere osservata ogni qual volta uscivo di casa, quella pressione addosso che non si scollava mai. L’intera Aaron mi stava controllando per me. Erano tutti preoccupati. E io che non sono stata abbastanza furba da capire. Soprattutto dopo la morte di Luca, non mi sarei mai immaginata che il motivo di tutta questa preoccupazione è tristezza negli occhi dei miei sono io. La rabbia si mescola col dispiacere, e la vergogna sale. Hanno sacrificato notti e giornate intere per difendermi e portarmi via da tutta questa distruzione, e io ho avuto il coraggio di giudicare mia madre quando mi stava troppo appreso. Mi sento una delusione come figlia ed invidio la forza di mia madre che ha fatto di tutto tranne farmi star tranquilla nonostante dentro stesse morendo, nonostante tutto. Probabilmente i miei lamenti sono stati abbastanza sentiti perché Isadora si alza dal letto e ancora barcollante e con occhi semiaperti avanza verso la il tavolo e si siede sopra le mie gambe. «Perché piangi?», gracida, asciugandomi le lacrime. Io la abbraccio, ancora sobbalzante di singhiozzi, anche se cerco di controllarmi. «Sono stata una stupida, tesoro», risposi, le labbra mi tremano. La bambina solleva testa dal mio collo, mostrando lo sguardo confuso. «Perché?» Mi schiarisco la voce. « Ho saputo che i miei genitori hanno saputo da tempo che un giorno sarei andata via. Hanno fatto di tutto per portarmi via senza riuscirci. E io sono stata una stupida, non mi sono accorta di niente. Di niente!» La bimba mi prende il viso e mi da un bacio sulla guancia. Mi accarezza i capelli castani e inizia a giocarci. «Non è colpa tua, non potevi sapere. Anch’io quando ero piccola mia madre mi ha affidato ai miei nonni perché doveva lavorare da un signore che gli avrebbe dato una paga buona. Solo molto tempo dopo, scopro che è stata costretta a prostituirsi perché in quel periodo stavamo per perdere la casa. Non ho visto mia madre per tre mesi» La guardo scioccata, sento il respiro arrestarsi quando so che sua madre è stata costretta ad andare a letto con tanti uomini perché voleva dare alla figlia una vita più o meno normale. «Come sei venuta a scoprirlo?» Lei abbassa lo sguardo, improvvisamente triste. «Mia nonna è sempre stata severa con mamma, non le ha mai dato affetto. I genitori di mio padre non l’avevano mai considerata una buona ragazza per il loro primogenito. Sì sono sposati quando lei aveva solo diciotto anni perché era rimasta incinta di me, si sono amati tantissimo finché papà non ha avuto un incidente sul lavoro ed è morto. Io avevo solo otto anni. Ancora mi manca. Poco dopo i nonni paterni non ci hanno più fatto visita, ci stanno lontani perché considerano mamma una vergogna. È rimasta incinta ancora prima di sposarsi. Da quel giorno mamma ha iniziato a fare tutti i lavori più sfaticati che il nostro paese possiede. Spesso per due giorni non la vedevo ed ero costretta a stare a casa con la nonna che non la smetteva di discriminare la mamma, anche lei diceva che era una vergogna e mi ordinava sempre di non mostrarle amore perché lei non si meritava niente. Un giorno risposi male a mia nonna e lei mi ha picchiata è rinchiusa in cantina. Solo quando mamma è tornata a casa, sono stata tirata fuori. Due anni fa, quando abbiamo iniziato a vivere da sole, nonostante gli sforzi di mamma per mandare avanti l’affitto i soldi non bastavano. Nonna ha ordinato ad un uomo di portarla con se è di farne ciò che vuole. Una sera tre uomini sono entrati dentro casa con la forza ed hanno preso mia madre. Sono stata costretta a passare tre mesi d’inferno lontano da mia madre, e non oso immaginare cosa ha subito lei. Quando è tornata siamo riuscite a pagare l’affitto e siamo tornate a casa. Nonostante nonna fosse cattiva con noi, mamma si è sempre mostrata buona e cercava di darle affetto. Cosa che a quella vipera non ricambiava mai, infatti un giorno l’ho sentite litigare e mia nonna gli ha sputato in faccia queste parole: “Ti preferivo quando andavi a fare la puttana, almeno non ti avevo fra i piedi”. Da quel giorno mamma e nonna non si sono più viste, quella sera ho costretto a mamma a dirmi la verità è così ho saputo. Si può dire che adesso abbiamo vissuto in pace finché più di due settimane fa dei demoni cattivi non mi hanno presa e rinchiuso in una carrozza quando stavo giocando con i miei amici. Mamma mi ha vista, ma i demoni l’hanno fermata spiegandole quale sarebbe stato il mio compito. Ma lei si dimenava, urlando che io non avrei mai subito quello che è toccato a lei» «E ha ragione tesoro, io farei di tutto affinché non ti succeda niente di brutto. Te lo prometto» Ora sono io che calmo lei, e anch’io avrei voluto strapparmi dalla rabbia. Come può una madre trattate come un animale in gabbia la propria figlia. In quel caso l’ha tratta peggio di un animale. È cresciuta nella paura, è stata maltrattata perfino dai genitori di suo marito, ha ricevuto tanto amore in poco tempo, si è spaccare la schiena per la sua bambina ed ha affrontato l’umiliazione più grande: essere vista come una puttana. E la gente che le stava vicino non ha perso occasione per ribadirlo, perfino dalla sua stessa madre. Ed ora la sua bambina le è stata strappata dalle braccia. È una situazione talmente angosciante da far tremare le ossa. La cullo e ceeco di rasserenarla, mostrandole la lettera. « Questa l’ha scritta tua mamma. Puoi leggerla» Lo sguardo della bambina s’illumina e afferra la carta. Divora le parole come se fossero cibo, sorride di gioia quando le leggo lettera per lettera. «Grazie Pearl. Ti saremo riconoscenti a vita. Dopo papà non avremmo mai immaginato che esistesse un’altra persona così» «Non mi dovete niente. Sono felice di aver salvato una creatura tanto preziosa come te» Mi da un bacio sulla guancia. «Grazie» Le accarezzo i capelli dorati, lunghi fino alle spalle e mossi per via delle trecce. «Perché tua nonna ha sempre trattato male tua madre?», chiedo all’improvviso. «Perché mia nonna non è mia nonna. Mamma è stata adottata, abbiamo sempre cercato di sapere quali fossero i miei nonni biologici ma non siamo riusciti a rintracciarli» «Capisco…» «Vedi? I nostri genitori pur di vederci felici fanno di tutto» Annuisco, concordando con l’ultima frase che ha detto. Decidiamo di passare i prossimi minuti in silenzio: Isadora passa dal letto alla finestra con in mano la lettera della madre, io stavo finendo di rileggere per la seconda volta quella scritta da Lily. «Ciao sorellona, è inutile dire che tutti sentono la tua mancanza perché lo sai già. Le giornate non sono più le stesse senza di te. Aaron sembra vuota ora che non ci sei, e abbiamo tutti paura di un altro attacco, perche’ bene o male sapevamo che c’eri sempre te a proteggerci. Ora siamo soli e io e mamma abbiamo paura per te. Stiamo accanto ai tuoi genitori per consolarli, ma non possiamo fare molto. L’unica cosa che ci tranquillizza sono le tue lettere. Prima di ricevere una tua notizia, le giornate sembravano interminabili, al lavoro non riuscivo a concentrarmi. Insomma, un inferno. Spero con tutta l’anima che riuscirai ad uscirne viva da questa storia, o con la corona o senza tu sarai sempre la nostra eroina. Aspetto tue notizie, e mi raccomando scrivi di più, che due lettere non ci bastano. Baci, tua Lily” Ho sempre ammirato il lato scherzoso di Lily anche nei momenti di tempesta, ha una certa familiarità con Ariel e questo è come avere la presenza della mia amica sempre accanto. Rilessi per tante volte le lettere da non accorgermi che il treno si è appena fermato. Io e Isadora mettiamo le lettere nella mia valigia e ci svestiamo del pigiama per metterci poi qualcosa di caldo e comodo. Maglioni e jeans, cosa volere di più? La collanina regalatami dai miei la aggancio al polso a mo’ di braccialetto è una volta aperto il portone saltiamo giù dal vagone. ***** Ed eccomi qui con il quattordicesimo capitolo. Come sempre, spero vi piaccia. Oggi conosceremo di più la piccola Isadora e un po' del passato della nostra protagonista. Aspetto i vostri commenti. Vi mando un grande bacio! A presto! ❤ Giorgia

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


Mangiamo con calma la nostra dose di cibo, in compagnia delle altre ragazze e di Ariel. Io a tratti riesco a partecipare alle conversazioni, penso alle lettere, ai miei genitori e a Diamond. Penso quanto può essere malvagio e a che punto può arrivare. E ho paura per Isadora. L’ultima cosa che voglio è vedere questa bambina morirmi tra le braccia. Finito il pasto, mi allontano dal treno per passeggiare e sgranchirmi le gambe. L’intera fiancata destra del treno è sorvegliata da demoni volanti, chi in piedi sopra i vagoni chi sparsi nel cielo. E non c’è via d’uscita, dubito che non sarà stato difficile trovare se solo avrei tentato la fuga. Il mio vagone non è tanto distante dalla macchina motrice, il che mi fa pensare che Diamond ha molta più possibilità di spiarmi. Perché si sa: anche i vampiri hanno le ali. E proprio in quel frangente che colgo la figura del Principe e Jude una di fronte all’altra. Stanno parlando. Solo Dio sa quanto avrei voluto essere una mosca per origliare la conversazione. Sono ferma sulla neve da tanto, talmente concentrata sui movimenti delle loro labbra che mi accorgo troppo tardi dello sguardo glaciale del vampiro rivolto verso di me. Mi rianimo spaventata, faccio dietrofront per ritornare da Isadora ma una morsa nel braccio mi blocca arrestando il passo. Non ci metto molto a capire che è lui. «Vi piace origliare le conversazioni altrui?», ringhia. Il suo alito profumato mi arriva alle narici, non oso voltarmi per non incontrare il suo sguardo poiché sono bastate le sue parole rabbiose a congelarmi il corpo. «Il cielo mi sia testimone che non è mia intenzione mancarvi di rispetto. Volevo solo sapere se possiate soddisfare una mia curiosità», rispondo con voce controllata. «Voltati», ma non me lo lascia fare. Mi afferra per le spalle per ritrovarci faccia a faccia. Ritrovo il suo sguardo glaciale sul mio. Le sue iridi sono talmente chiare che da lontano le avrei confuse col bianco della neve. «Volevo sapere quanto manca ad arrivare al cartello», rispondo, questa volta sono costretta a schiarirmi la voce. Nelle labbra del vampiro, riaffiora quel sorriso maligno ed eccitato che fa girare la testa. «Siete così impaziente di soddisfare i miei desideri?» Deglutisco. «Volevo solo sapere, ma anche se il Principe in persona non ha imparato la strada di casa dopo quasi millenni che vive qui, mi arrangerò da sola», faccio per voltarmi, ma mi riporta nella posizione di prima. «Non le conviene provocarmi, anche se la cosa mi alletta molto», sogghigna. « Siete una ragazza tosta, Pearl» «Non avete risposto alla mia domanda» «E anche perspicace» Stringo i pugni. «Allora?» «Manca poco, molto poco» Un altro brivido. «Bene», soffoco. E mentre penso ad un modo per ritornare da Ariel e Isadora, il suo sguardo scende e si ferma sulla collana dorata al mio polso. La sfiora e la rigira tra le dita. Io lo lascio fare, colpita da quel gesto affettuoso e improvviso. I suoi movimenti dolci e aggraziati mi ipnotizzano, anche quando stringe l’aggeggio tra la mano, lo lascia ricadere col dolcezza. Restiamo in silenzio a guardare la sua mano sfiorare la collana, finché non è lui a parlare. «Non è vostra questa collana», afferma. «Come?», lo guardo, smarrita. Il suo sguardo glaciale di prima, ora è dolce e intenso. «Questa collana non è vostra, appartiene ad una donna» Lo stomaco si stringe, procurandomi dolore. Avrei potuto svenire. «Come lo sapete?» «L’odore  è diverso dal vostro» «Lo capite dall’odore?» «Sì», afferma, sorridendo orgoglioso. Sospiro, so che vuole sapere di più. «È di mia madre. Non la indossava da anni» «Posso?», chiede, afferrando il ciondolo. «Certo», permetto. Apre il ciondolo e ne studia i volti. Io invece mi affermo ad ammirare il suo viso, per la prima volta per tanto tempo. È un angelo dai lineamenti perfetti, le sopracciglia corrucciate e l’espressione concentrata lo rendono terribilmente affascinante. Eppure da tempo mi balena un pensiero che non mi fa dormire la notte: i suoi lineamenti sono familiari. È un viso che mi riporta indietro nel tempo ma non so dove. Oppure tutte queste giornate rinchiusa in una parete di ferro mi stanno facendo impazzire. «Siete una famiglia molto stretta?», chiede dopo due minuti infiniti. «Ehm… Sì, ci amiamo molto», rispondo, balbettando. Scuoto la testa, rimproverandomi mentalmente: ero talmente imbambolata che quando aveva parlato quasi non mi sono accorta della domanda. “Pearl, smettila di vivere nelle nuvole”, grida una vocina dentro di me. Infine solleva lo sguardo, e per l’ennesima volta mi sento in trans. Vorrei distogliere lo sguardo da lui ma non ci riesco, ha uno sguardo che attrae come una calamita. Mi cinge le spalle. «Mi fate compagnia?» E io sono costretta ad accettare. Annuisco e avanziamo verso la vegetazione circostante, allontanandoci pian piano dalla ferrovia. Io non mi accorgo di niente, persa com’ero da lui, continuo a chiedermi a cosa sono dovuti i suoi sbalzi d’umore. Tremo dalla paura di pronunciare una parola errata e riaccendere la bestia dormiente che è in lui, come se stessi attenta a non spezzare questo bellissimo incantesimo. «C’è qualcosa in voi che mi attrae, signorina Howard», afferma senza pudore. «Sará l’odio che provo per voi», sputo, stuzzicandolo, ammettendo col tempo la verità. Alza un sopracciglio e sorride divertito. «Mi odiate?» «Con tutta l’anima», carico la dose, ma sembra non fargli effetto. Anzi, ride di gusto. «Che onore, signorina. Bè, allora dovrò un modo per starvi lontano» «Mi sembra la soluzione migliore» Ci veniamo in una quercia e lui vi si diede, ritornando a guardarmi. Questa volta serio. «Eppure non ci riesco» Vorrei ribattere, ma nelle labbra non uscì altro che un alito strozzato. «Il vostro carattere scontroso è una calamita per me, i vostri occhi dolci e allo stesso tempo tempestosi li desidero guardare ogni giorno, ogni notte» Un secondo e mi trovo la punta del suo naso sfiorare la mia. Cerco di fare un passo indietro ma l’iride fredda dei suoi occhi mi blocca il passo. Sono immobile, spaventata, a pochi centimetri da lui. E in quel momento può succedere di tutto. «Il vostro viso vorrei sognarlo tutte le notti. Solo Dio sa quanto vorrei riuscire a dormire come voi mortali. Le vostre labbra sono piene e sensuali vorrei morderle e baciarle. E il vostro odore è una calamita per me. Siete la mia droga, Pearl. Non posso farne a meno. Cerco di controllare il mio istinto ma mi è impossibile; ho cercato di placare la mia sete, eppure ogni volta che vi ho vicina la fiamma ricomincia ad ardere. Perfino adesso, fa male, ho bisogno di voi. Ho bisogno di stringervi, guardarvi mentre vi abbandonate alle mie braccia, fare l’amore con voi, sentire il vostro odore sulla mia pelle e farvi mia. Ma non posso, dolce ragazza. Non posso finché non sarete voi a consentirmi di ciò» Rimango bloccata a remixare le sue parole tra la mente, lo guardo persa nei suoi occhi, sento qualcosa nascere dentro di me tanto potente da far accelerare i battiti cardiaci. E come se non bastasse, la minuscola fonte di eccitazione in basso ventre si accende, facendomi desiderare cose assolutamente vietate a ragazzi inferiori ai quattordici anni. Sono impietrita davanti a lui, senza parole, mentre la mano diafana del principe mi accarezza dolcemente la guancia. È un gesto affettuoso, sensuale, e involontariamente mi ritrovo a seguire il movimento della sua mano col viso. Mi dimentico di tutto, perfino che fra poche ore sono condannata a lavorare come sua intrattenitrice, voglio solo che questi desideri diventino realtà. Dentro me incomincio a pensare che il compito che mi aspetterà non sarà così male. «Siete mai stata innamorata?», chiese, scacciando via le immagini sporche davanti agli occhi. Mi sveglio dal coma, indietreggio di tre passi, questa corda invisibile che mi tiene imprigionata a lui si dissolve nell’aria e posso respirare. Il paesaggio innevato ritorna a prendere forma intorno a noi e il vociare delle ragazze mi suona nell’orecchie. Ripercorro, ancora confusa, quello che è successo in questi interminabili minuti fino alla sua domanda finale. «Sì, una volta», balbetto. «Ma ero molto piccola. Perché?» «Cosí», dice, alzando all’unisono le spalle come se neanche lui infondo sapesse. «Ero piccola», racconto «Avrò avuto sette anni, ancora mio fratello non era nato. Non so nemmeno se era un ragazzo del paese, so solo che era più grande di me. Avrà avuto quindici anni. Era molto alto e bellissimo, aveva la pelle leggermente rosata, come se avesse passato tutta la sua vita sotto l’ombra, capelli neri e corti, un corpo slanciato e occhi azzurri», me lo ricordo come se fosse ieri quel bel sconosciuto. ••• Mi avvicino al fiume accanto a casa mia, tutto gli abitanti stanno festeggiando la nascita del terzo figlio del Re. Io mi sono avvicinata alla riva del fiume per giocare con le lucciole, incurante delle suppliche di mamma che mi diceva di ritornare accanto a lei, nella semioscurità lo vidi specchiarsi nel letto del fiume. Mi nascondo dietro ad un abete, ma non riesco ad identificarlo come un abitante di Aaron, è molto diverso da noi bambini. Sembra impaurito e voglioso di stare da solo. «Ti ho vista, è inutile che ti nascondi», dice il ragazzino per poi voltarsi a guardarmi. Di sicuro ha un udito molto intenso. Incerta, ma curiosa di conoscerlo, mi avvicino a lui, sistemandomi il vestitino di pizzo bianco che mi ha comprato la mamma di Lily. «Ciao», lo saluto, scuotendo la mano. I suoi occhi neri studiano ogni cosa di me, per poi rivolgermi un sussurrato: «Ciao» «Come ti chiami?», chiedo. «Nessuno», risponde. «E tu?» «Nessuna!», squittisco per poi tapparmi la risata con le mani. Anche lui ride sotto i baffi, poi si gira verso gli alberi, oltre la vegetazione ascolta i rumori della festa. Io lo guardo studiare il luogo, dopo poco ritorna a me. «Dai, vai dalla tua famiglia, ti staranno cercando» Sbatto il piede sul terreno, alzando un filo di povere con le ballerine, leggermente spazientita dal suo tono da ragazzino infastidito. «No, io voglio stare qui. Stavo giocando con le lucciole e nessuno mi manderà via», grido. Il ragazzo alza il sopracciglio. «Non hai paura degli sconosciuti?» «No, perché dopo che ci conosciamo non saremo più sconosciuti» «E tu vuoi conoscermi?» «Sì» La voce di mia madre è sempre più vicina a noi, mi volto spaventata ma ancora non la vedo spuntare tra gli alberi. «Vai da lei, ci vediamo un altro giorno», dice Nessuno. Questa volta, il volto rabbioso di mia madre si affaccia da dietro un ramoscello di un abete. Mi faccio piccola e in silenzio subisco i rimproveri di lei, con l’aggiunta di qualche sculacciata. Prima di allontanarmi, mi volto verso il la riva dove si trova Nessuno ma con mia grande sorpresa di lui non c’era nemmeno l’ombra. ••• Ritorno al presente, mentre il ricordo di perde nell’aria. «Da quella notte sapevo che lo avrei rivisto, infatti fu così. Ci incontravamo tutti i pomeriggi, tutte le sere, e se è possibile anche la notte» «E poi?», chiese lui, completamente ammaliato dalla nostra storia. «Poi un giorno, quando ero più grande e mio fratello era nato, mi ha comunicato che voleva partecipare alla battaglia che stava sterminando un paese molto distante da Aaron, mi disse che si era offerto come volontario e quella sera stessa doveva partire. Mi promise che sarebbe tornato, ma invece non fu così. Probabilmente è morto in quella stessa battaglia. Avevo quasi dodici anni» «Mi dispiace» «Da quel giorno promisi a me stessa che non avrei più amato nessuno all’infuori di lui. Ero piccola e non potevo capire il significato dell’amore, ma so per certo che il nostro rapporto non era frutto di un gioco adolescenziale perché c’era rispetto, fiducia, affetto, attenzione e devozione. Non ho mai vissuto una relazione pura come quella» «Forse qualcuno tornerà a rubarvi il cuore, vi innamorerete e sarete felici» Sogghigno. «Non credo. Ho amato solo lui, è impossibile che possa amare un altro come ho amato quel ragazzo» Mi guarda triste. «Nel bene o nel male, bisogna andare sempre avanti» «Giá, anche se vivere significa combattere. Ed io a volte sono stanca di alzarmi e lottare» Il Principe sta per dire qualcosa ma un demone lo interruppe per comunicargli una notizia importante. Una volta terminata la conversazione ritorna a me. «Non dovrai più lottare se un giorno diventerai Regina» Lo guardo, sinceramente spaventata dalla frase. « Non sono sicura di meritarmi il trono. Io e voi siamo troppo diversi», affermo. «Un saggio uomo disse che gli opposti si attraggono» «Ci sono tante altre ragazze sul treno» Incurva le sopracciglia, incuriosito della mia insistenza. «Come fate a sapere che non sarete voi la prescelta?» «Il mio sesto senso non fallisce mai», rispondo, evidenziando l’ovvio. Siamo arrivati al mio vagone, l’intera ferrovia è deserta. «Salite sul treno, entro stasera dovremmo essere arrivati», così dicendo mi solleva da terra per farmi entrare all’interno del vagone, aspetto che si allontana ma la mano con cui mi tiene stretta per non farmi cadere rimane a stringere la mia; lo guardo confusa ma lui mi risponde con un sorriso, salutandomi poi col baciamano. Ancora poche ore e lo avrei rivisto, però nei panni di un ragazzo diverso da quello con cui ho parlato in mezzo alla neve. Chiudo il la parete di ferro e vado in contro ad Isadora, stava già distesa sul letto e come sempre aspettava me prima di addormentarsi. «Quanto manca?», chiese lei, la voce debole, azzeccando la stessa domanda appena pensata. «Poco, tesoro. Entro questa sera saremo al castello», rispondo, accarezzandola la testa. «Ho paura» «Ehi! Lo sai che non ti lascerò mai sola, dovranno passare prima sul mio corpo» «Sei coraggiosa come mia madre» Scuoto la testa. «Tua madre e la mia sono state molto molto più coraggiose di me, cucciola» «Mmmh…» Le sue palpebre iniziarono a farsi pesanti, il suo respiro regolare e profondo, con le mie carezze si stava addormentando. Io invece passo le ore seguenti con gli occhi spalancati, per me è impossibile dormire. Soprattutto quando ho il dubbio di cosa potrà accadermi dopo, oppure cosa succederà ad Ariel, a Isadora e a me. Sarò abbastanza furba a non commettere errori? Ora l’idea di fuggire è lontano anni luce. Se prima pensavo ad un piano per scappare una volta scesa dal treno, ora con l’arrivo di Isadora e la mia amica, ora ho accantonato il pensiero in un angolo. Devo pensare a me e a loro. Mentre il corpicino di Isadora è addormentato, io non stacco lo sguardo dal panorama. La neve inizia a scomparire mano a mano che avanziamo verso il castello, al posto della neve ora c’è un’infinità di boschi, prati, alcune case sparse qua e là. Eppure tutto è così tetro e spaventoso: non è come nel Regno della Luce perché là gli abitacoli non sono abbandonati, non trasmettono quel sentimento di terrore che fa rabbrividire. Difatti non una sola casa è circondata da una persona. Qui è tutto silenzioso. È un Regno morto. Mi scosto dalla finestra quando sta per tramontare il sole, non mi accorgo nemmeno del dolore ai piedi: per tanto sono stata immersa nei miei pensieri e le ore sono trascorse velocemente. Per tutto il tempo non ho visto Jude; anche se burbero, ho capito che in fondo è un uomo con un cuore. Un cuore in fiamme, però pur sempre un cuore capace di donare affetto, seppur coglierlo non è facile. All’inizio pensavo che lo avrei odiato a morte, ora posso dire che del suo carattere scontroso non posso farne a meno. Mi rimette in vita, mi fa dimenticare di essere condannata solo per sfogo sessuale, e non oso immaginare altro. Faccio volare pensieri nell’aria e mi stendo affianco alla mia piccola bella addormentata nel bosco. Lo stomaco si contorce procurandomi dolore, fra poche ore inizierò il mio nuovo lavoro al castello, lontano da casa mia. Mi chiedo come la madre di Isadora è riuscita a sopportare tre mesi d’inferno, visto ciò che l’è accaduto non sarà tanto differente a quello di cui sono stata obbligata. **** Buon pomeriggio cari lettori! A casa mia il tempo non è il migliore, piove come se non vi fosse un domani....XD E ho colto l'occasione di pubblicare questo nuovo capitolo. Il passato di Isadora lo sapete già. Ora è giunta l'ora di rivivere mano a mano i ricordi passati della nostra protagonista. Vi auguro una buon lettura!!! Besos 💋 Giorgia

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Capitolo 18
*** Annuncio importante ***


Buona sera vampiretti!!! E no, non è un nuovo capitolo ihihih! 😉 Sono elettrizzata di annunciarvi, per chi sia interessato, che ho aperto un nuovo canale su YouTube in cui mi occuperò, non solo di parlare del mio libro, ma anche di farvi conoscere le passioni e la mia persona. Oltre a questo, ho anche un account Instagram, Twitter e Wattpad dove potrete seguirmi e parlare con me. Vi elenco i nomi sotto: Instagram: Gió Make-up; Twitter: Gió Makeup; Wattpad: SweetGiorgia, @CandyGiorgia; Chi fosse interessato a seguirmi, io vi aspetto a braccia aperte. Inoltre non trascureró il mio amato libro, e per questo andrò avanti col racconto. Per chi pensa che il mio intento è quello di ottenere più follwers o ascolti, vi anticipo che non è così: mi piace farvi conoscere me e in quanto carattere e le mie passioni.... Per cui aspetto che questa famiglia si allarghi. Su YouTube ho iniziato i mie video, il mio canale è chiamato “Gió Make-up”..... Facile, no? 😂😂😂😂😂 Correte a guardare, aspetto le vostre visite e i vostri commenti! Vi mando un bacio e grazie a chi perderà qualche secondo per leggere questo breve annuncio, e soprattutto a chi mi seguirà!!! ❤ A presto con il prossimo capitolo! 💋 Giorgia.

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Capitolo 19
*** Capitolo 16 ***


Lo stridio delle ruote contro la ferrovia preannuncia l'immediato rallentamento del treno. Difatti qualche secondo dopo il gigante di ferro si ferma. Tutto succede tempestivamente: il portone si apre, fuori ad esso un demone ci avvisa che dovevamo prendere i nostri bagagli e scendere, e io mi affretto a svegliare Isadora. “Tesoro, dobbiamo scendere”, le sussurro, scuotendola leggermente. “Mmm...?”, sbiascica con la voce assonnata e gli occhi impastati dal sonno volti verso di me. “Ci dobbiamo preparare. Non temere, non ti lascerò sola neanche un secondo. Avrò cura di te” La prendo in braccio e l'aiuto a vestirsi, riesco a vedere la preoccupazione che si cela dentro la calma di questo viso angelico. Devo essere più forte. Per lei. ******* Sento stranamente la mancanza del mio vagone una volta che ci fu ordinato di avanzare verso un monte innevato, volta da un freddo pungente. La nostra guida è un demone, il quale ci ha “prematuramente ordinato” di non fare nessun passo azzardato, la quale punizione sarebbe stata la morte. E non oso immaginare quali torture sarebbero occorse. Aggiungerei che in tutto questo ci sia anche un pro: camminare in gruppo in mezzo ad un bosco equivale ad una facile scappatoia. Ma poi come sarei sopravvissuta al gelo, al cibo, e alle creature non poco cordiali che spopolano questa natura morta? No. Meglio passare ad un altro piano. Sicuramente ci avrei pensato su una volta giunte al castello. Inoltre mi accorgo troppo tardi che sopra le nostre teste sorvolano una decina di demoni, pronti ad intervenire qualora una di noi avesse tentato la fuga. Quindi il piano A è stato scartato. Dopo molto tempo di duro cammino, ricoperte dal buio, la cui luce proveniva dalle lanterne che questi diavoli volanti ci hanno gentilmente prestato, davanti a noi si proietta una decina di case. Ora, qualcun'altra ragazza al posto mio avrebbe esaltato di gioia sapere che c'è una certa forma di vita immersa nel bosco, ma quando notai i minimi particolari di questo cupo raggruppamento di abitazioni, sicuramente si sarebbero ricredute. Dentro gli abitacoli sento le risa e i versi insani di creature di cui preferisco non conoscerne la natura. Da alcune finestre addirittura si affacciano quelle che sembrano essere teste, ma non vorrei sbagliarmi. In certi tratti la strada si ramifica formando varie vie, fiancheggiate da altrettante case, facendo intendere che stiamo serpeggiando all’interno di un paese. Dopo varie curve e svincoli, il cerchio femminile si espande un poco, rigettando tutto il terrore alle spalle. Sopra le punte degli alberi, i demoni sorvolano il territorio come corvi. Tra gli alberi del bosco, piccole figure sfiorano cespugli o alberi. Ho il cuore a mille, e dal terrore non ho nemmeno il coraggio di guardare il terreno. L’aria porta con sé il rumore ritmico di risate di bambina, una ragazza che canticchia una ninna nanna accompagnata dalla melodia di un carion, bisbigli incomprensibili. Tutto questo può risultare grazioso e naturale alla luce del sole, ma quando si cammina in un bosco, nel buio completo della notte, è tutt’altra cosa.  Dentro di me sono tentata ad urlare tutta la mia paura e scappare via. La salita sembra infinita, la strada ora inizia ad incurvarsi in un tornante. Proseguo in silenzio, accompagnata dai passi sonori delle ragazze e dal sussurra indistinto delle voci oscure che sembrano provenire dall’oltretomba. Perfino l’aria puzza di morto. Superata la seconda curva, riesco a vedere con più chiarezza quello che nasconde il bosco nella notte. Una serie di punte oscure si confondono con quelle nere degli alberi, mano a mano le punte prendono la forma di tetti, in seguito torri, poi spuntano i primi rilievi di mura antiche, infine quelle che mi sembravano altre case, risulta essere la forma possente di un castello. Molto più alto del Re Umberto. Arrivate alla cima del monte, ammiriamo l’entrata che fronteggia il palazzo, affiancato ai lati da due torri, e costruito con mattoni di pietra nera che si confondono col cielo buio della notte. Capisco che in questo modo, di notte, il castello appare invisibile se lo si cerca ad occhio nudo, aggiungendo che il palazzo è inoltre nascosto in mezzo ad un fitto bosco, la possibilità di trovarlo si riducono. La struttura esterna è costruita in modo intelligente. Il cancello si apre, entriamo accompagnate dal continuo cigolare del ferro. È un rumore fastidio da farmi male le orecchie. Una volta protette dalle mura, l’interno è stranamente silenzioso, solo i bisbigli delle ragazze interrompono il nulla. Incantata, quasi non mi accorgo che il capofila ha incominciato a parlare dopo un paio d’ore di silenzio. «Presto verrete smistate nelle vostre camere. Vado a chiamare chi di dovere. Il nostro dovere finisce qui, non ci resta che augurarvi buona fortuna. Attendiamo speranzosi che un giorno una di voi possiate diventare un invidiabile Regina in modo da portare pace tra i due Regni» Il demone si alza in volo, seguito poi dai suoi compagni, e ci lasciano sole. L’attimo dopo i bisbigli si fanno più udibili, alcune ragazze piangono, altre si lasciano cadere a terra stremate. Così fa anche Ariel, accogliendo tra le sue braccia Isadora. «Bé… Pensavo peggio», sibilla. «Grazie al cielo il peggio lo abbiamo superato, non oso immaginare cosa popola quel paese. Avrei voluto superare il passo di quel demone a gambe levate. Ma mi sono trattenuta perché probabilmente avrei rischiato la fucilazione» Lei annuisce. «L’importante è essere arrivate fino a qui» «Giá», concordo per poi ritornare ad osservare il luogo circostante. Capire la struttura del castello è impossibile, soprattutto nelle ore notturne, ma mettendo più a fuoco la vista riesco a cogliere una serie di strutture individuali che compongono il palazzo, erette per una superficie di 150 metri di lunghezza su un picco roccioso. La struttura allungata contiene numerose torri, pinnacoli ornamentali, balconate e sculture. Molte delle finestre sono bifore o trifore, tutto ciò si avvicina a un motivo grottesco. Nonostante l’eleganza e la stranezza del castello riesca ad incantarmi, l’orecchio rimane sull’attenti. Difatti dopo molti minuti, il chiacchiericcio che circonda l’aria viene accompagnato da passi sonori e ritmici provenienti dietro le nostre spalle. Mi giro, seguita dal resto della compagnia. Quelle che erano sedute a terra, ora si sono alzate. Davanti a noi, sopra una parete che limitava il cortile dove eravamo riunite noi ragazzi, stava immobile la figura di una donna anziana, magra e alta. «Benvenute nella vostra nuova casa. Sono felice di notare che siete numerose, nonostante alcune di voi mancano e non posso nascondere che ciò mi dispiace. Io sono la balia del principe, ho accudito il futuro erede al trono quando era ancora in fasce in assenza della madre e desidero che trovi una ragazza ubbidiente, sottomessa, fedele e coraggiosa, capace di sopportare il peso di questo incarico poiché essere Regina non è un ruolo così accomodante. Vostra Altezza non è il Principe azzurro che pensiate esso sia, fategli un torto e sarete punite. È un uomo spietato e severo, di sicuro non ama essere preso in giro. D’ora in avanti avrete solo un compito: accontentare i desideri del principe, qualunque essi siano» «Cosa avevi detto prima? Ah già: Il peggio lo abbiamo superato», ironizza Ariel al mio orecchio, cercando di imitare al meglio la mia voce. Non mi viene da ridere, anche se le labbra accennano un mezzo sorriso. «Da qui a oggi sarete nominate come Lady. Sarete controllate, il mondo parlerà di voi poiché tutti vorranno vedere come vi rapporterete con il Principe. E i vostri servizi daranno un ottimo vantaggio economico alle vostre famiglie» Questo è troppo! Avrei passato il resto dei miei giorni a fare la polla, a sottomettermi ad un uomo che odio, che mi ha umiliata, e in cambio il mio lavoro sarà soldi a volontà alla mia famiglia. Non che mi dispiacesse per loro, ma il ruolo che avrei avuto in tutto questo mi fa pizzicare le mani dalla rabbia. «Detto questo, vi scorterò in un ufficio per lasciare i vostri nomi e la vostra particolarità, dopodiché verrete smistate nelle vostre camere. Seguitemi». ****** Buonasera miei vampiretti! Come sempre sto risultando molto più ritardataria del solito con la pubblicazione dei capitoli. Ma col un canale YouTube, prove Makeup, video da pubblicare, nuovi capitoli da scrivere, non è mai facile. Sappiate che io ci sono sempre e non abbandono questa storia che a me sta piacendo tanto, ma tanto!!! Questo capitolo lo considero "il principio della storia di Pearl"! Poiché le varie vicende si svolgeranno in questo Castello, e sapere che finalmente ho pubblicato questo capitolo per me è bellissimo.... Finalmente!!! Ma ora tocca a voi! Fatemi sapere se vi piace, cosa ne pensate! E se per caso non mi seguite e siete interessati/te alla mia storia, SEGUITEMI!!! ❤ Io vi mando un bacione! E ci vediamo al prossimo capitolo! Enjoy the reading, vampiretti/e!!!! Besos! 💋 Giorgia

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Capitolo 20
*** Capitolo 17 ***


Più avanti noto che il palazzo è fornito di cortile disposto su due livelli, il più basso definito ad est dall'ingresso ed a nord dalla grande muraglia dove è affacciata la figura smilza della balia. La parte superiore del cortile è aperta per permettere di godere della vista della natura circostante. La muraglia che unisce i due livelli del cortile è chiamata Torre, alta 40 metri, la quale dispone di solida piattaforma superiore, dai quali fianchi sono collocate un paio di scale che permettono la salita è la discesa tra i due cortili. Dietro di essa e per tutto il lato nord si trova la cosiddetta Casa della Servitù, collegata con la Torre e con l'ingresso corridoio che permette parallelo alle camere e da numerose arcate cieche sul cortile d'onore. La Casa della Servitù è il luogo di residenza deputato per i fedelissimi servitori del sovrano. La Dimora delle Dame, destinata a noi ragazze, proprio di fronte alla Casa della Servitù, costituisce anch’essa una serie di locali di servizio sul lato sud del cortile. I lati del cortile inferiore sono costituiti dalle stalle e dalle cucine. Il lato ovest del cortile d'onore è delimitato dal castello vero e proprio. Il complesso si presenta come due strutture di forma cuboidale incassate tra loro ad angoli sfalsati. Agli angoli di giunzione, distogliere il senso di distacco tra le due strutture, si trovano due alte torri, terminate da tetti poliformici, di cui una è la più alta, collocata a nord. L'intera struttura è sormontata da miriade di pinnacoli e camini ornamentali. Noi ci troviamo ancora nel cortile superiore, aspettando silenziose la discesa della balia. Infine la seguiamo fino all’entrata di un abitacolo, posto a nord, affiancato dalle cucine. Entriamo una ad una, tremanti di terrore ma scosse al contempo da tanta curiosità; felici di essere arrivate ma anche spaventate da cosa ci può accadere ora. La stanza è molto lunga, fredda e spoglia, alle pareti giacciono panche di legno impolverate. Alla parete parallela all’entrata, un uomo grosso, barbuto, con un espressione contratta dalla rabbia, seduto davanti ad un tavolo curvato a U, ci sta studiando una ad una. Isadora sussulta dallo spavento, e si nasconde dietro di me. «A cosa devo questo disturbo?», ringhia. La balia non perde il controllo. Anzi, appare abbastanza tranquilla e determinata. «Le ragazze sono qui per presentarsi. Dovranno fornire ogni loro caratteristiche» «E questa cazzata non poteva svolgersi domani mattina?», l’uomo sbatte il grande pugno contro il tavolo, creando una grossa crepa sulla superficie di legno. La pressione è abbastanza potente da far tremare il terreno e sobbalzare a noi. Sento Isadora lamentarsi. Ariel si avvicina a me e mi stringe il braccio. Io sono stranamente tranquilla, come la vecchia davanti a me. «Trova parole più consone alla tua professione, cane, altrimenti sai la punizione che ti aspetta», esclama la madre. Alle sue parole, l’uomo sembra calmarsi. «Voi ragazze sedetevi sulle panchine e mano a mano che vi chiamerò verrete qua da me per presentarvi. Sono stato chiaro?», dice, alzando il tono della voce all’ultima frase. Annuiamo e ci sediamo silenziosamente sulle varie panche che delineano le due pareti spoglie della stanza. Isadora si siede sulle mie gambe e mi abbraccia, nascondendo il viso contro il mio collo. Ariel, come sempre mi sta affianco. Casualmente, l’occhio vispo della madre ci studia una ad una, e potrete immaginare dove si ferma. «Quanti anni ha?», chiede a me, ma guardando lei. «Dodici», rispondo distaccata. Solleva lo sguardo, puntandolo a me, per vari secondi rimane in silenzio. «Ci sono altre sue coetanee?» «Sono morte tutte» Isadora stringe l’abbraccio. È stato abbastanza doloroso per lei ritrovarsi sola. La donna mi studia con attenzione finché non vedo i suoi occhi illuminarsi. «La ragazza che salvò la bambina», dice il gigante con sorpresa, i suoi occhi rotondi hanno la stessa luce della balia. «Abbiamo sentito parlare di te. Ti conviene stare alle regole, non vi trovate più sul treno», sintetizza lei. «Non sono molto brava ad obbedire, mi piace trasgredire, essere una donna libera». La ripicca fa irrigidire i muscoli quasi inesistenti dell’anziana. «D’ora in avanti non sarai più la ragazza libera di un tempo. Questa è la tua nuova casa, adeguati ad essa» Strinsi le labbra per non risponderle malamente, continuo a guardarla con astio finché rivolgendosi all’uomo dietro la scrivania da il permesso di procedere il lavoro. Non permetterò a nessuno di privarmi della libertà. A nessuno. L’appello comincia in silenzio e in tranquillità, ad ognuna viene chiesta nome, cognome, città o paese natio, le particolarità che possiedono, i nomi dei genitori. Al termine dell’esame, vengono portate in uno stanzino presente dietro le spalle dell’uomo. Difatti c’è una libreria che fa da porta, e dando una rapida occhiata noto che anche questa è spoglia e fredda. Il gelo non risparmia nemmeno all’interno di quattro mura. Ariel è la decima a trovarsi davanti all’uomo minaccioso. «Nome?», chiede. Ariel ha la voce tremante. «Ariel» «Cognome?» «Light» «Età?» «17 anni» «Data di nascita» «18 marzo del 1996» «Cittá natale?» «Mermaid» «Nomi dei genitori e particolarità?» «Mia madre si chiama Adele Popper, ha il potere di congelare qualsiasi oggetto,  mentre mio padre Elrond Light è un tritone» «Il vostro potere?» «Ho la capacità di giocare con l’acqua, ghiacciarla, vaporizzarla, creare uno scudo, e quando sono in contatto con essa posso trasformarmi in sirena» L’enorme uomo finisce di scrivere poco dopo e le rivolge il suo primo sorriso. «Puoi accomodati nella stanza dietro le mie spalle» Ariel ringrazia e avanza nell’unica stanza chiusa, la madre esce affiancata dalla ragazza entrata dopo di lei e inviata con una mano ad entrare. Sì chiudono la porta alle spalle ed è di nuovo silenzio. «La prossima!», grida l’uomo. Accanto a me il posto è vuoto, quindi ipotizzo che sono la prossima. Mi alzo dubbiosa, e mi avvicino alla scrivania. L’uomo mi osserva, mi studia, mi trafigge con gli occhi neri trasmettendo un senso di disagio. Vorrei uscire da lì. «Nome e cognome?», tuona, spezzando il silenzio. «Pearl Howard» «Etá e data di nascita?» « 6 novembre del 1997, ho 18 anni» «Città natale?», chiede. Questa volta mi guarda di sottecchi, come se attendesse la risposta desiderata, in espressione corrucciata di rabbia. Il cuore perde un battito, quella incomprensibile insistenza inizia a turbarmi. «Aaron» Lo sguardo minaccioso esita allungo per poi ritornare al foglio bianco dove annota tutte le informazioni. «Dimmi i nomi dei genitori e la loro particolarità» «Mio padre Daniel Howard ha il potere della forza, mia madre Desirée Reaser ha il dono dell’amore e di trasmettere affetto» «Il tuo potere?» «Ho la capacità di curare le persone e posso donare loro la vita» «Mmm», mima lui. «Jn potere prezioso ed in contrasto con quello del principe» «Mi scusi?» Solleva lo sguardo, l’espressione infastidita dalla mia insistenza. «Credo che tu abbia trovato modo di capirlo mentre viaggiavate. E scommetto che anche tu hai avuto l’occasione di quanto uccida con facilità le persone. Hai visto anche tu quando ha torturato quelle ragazze, sollevate in aria per poi ucciderle. Ha il potere della morte, è il tuo opposto» «Co-come sapete di…?» «Non essere così sorpresa», mi interrompe lui. « Pensavi di arrivare inosservata. L’intero Regno parla di te e della tua amichetta, presto le voci si spargerà. Ti consiglio di non creare altre chiacchiere col tuo caratterino. Non conosci la malvagità del principe» Finito di scrivere, procede con lo stesso omologo che ha fatto alle altre prima di me. Ringrazio inchinando il capo pur non ricevendo niente in cambio. Aspetto che la porta si apre ed entro. Sei paia di occhi tremanti mi stanno fissando, ci sono tre figure velate di nero, quattro considerando la balia, e dall’enorme spazio che contiene la stoffa dei loro abiti deduco che sono abbastanza magre, molto più dell’anziana accanto a me. «Ti abbiamo portato qui per completare il tuo esame, cara,  più importante» «Co-come?», sono confusa. In cosa consiste questo esame importante? «È bene che il principe sappia se tu non ti sei mai fatta avvicinare intimamente» Continuo a non capire. «Dobbiamo controllare la tua purità», chiarisce. «Cosa?», scoppio. «Non potete toccarmi, inoltre non sono una puttana. Non mi sono mai data a nessuno uomo», esclamo, stringendo i pugni. Ho voglia di fermare il pizzicore alle mani, lanciandole uno schiaffo. Lei rimane impassibile alla mia collera, guardandomi con menefreghismo. «Verificheremo per sicurezza», si volta verso le tre donne in nero e con un gesto del capo da l’ordine di procedere. La possibilità di uscire dalla stanza è vana perché nell’attimo dopo mi trovo le braccia bloccate dietro la schiena, le gambe immobilizzate da due mani, mentre l’ultima si appresta a sbottonarmi i pantaloni. Saranno secche, ma hanno una forza inaudita. Un secondo dopo mi ritrovo con le gambe spoglie, le guance si tingono di rosso, vorrei nascondere il viso dall’imbarazzo ma mi limito solo ad abbassarlo. Non mi sono mai fatta toccare così intimamente, nemmeno da papà e mamma, figuriamoci da tre streghe. Nemmeno quel ragazzo dei ricordi si è mai azzardato a sfiorarmi l’intimità, e adesso mi sento a disagio, lotto contro la furia e la vergogna dell’essere palpata senza il mio consenso. Le dita secche e allungate della vecchia esplora la mia intimità, di accuccia tra le mie gambe per verificare la mia castità. Allarga le grandi labbra e per errore sfiora quello che per noi è il centro di tutto il piacere. Sussulto, mordendomi il labbro, ora rossa come un peperone. Il disagio viene accompagnato dal dolore pochi istanti dopo e lotto con tutta me stessa per trattenere le urla. Le dita della donna smisero di violarmi qualche secondo dopo, ed io vengo liberata. Sono un fulmine nel rivestirmi. «Siete delle svergognate!», urlo alle donne in nero. Loro abbassano lo sguardo, un po’ scosse dal mio insulto, un po’ dispiaciute, mentre io sono concentrata a guardare la balia. «Ebbene?», chiede lei ad una delle tre. «La ragazza è intatta, Grande Signora», risponde la voce acuta della donna al centro. «Bene». Ritorna a me. «Capirai se ti dicessi che dovevamo fare questo controllo per il volere del Principe» «Io non capisco il vostro principe, di conseguenza non capisco voi. Vi ho detto che non sono mai stata deflorata. Non ho mai mentito» «Molte delle tue compagne sono impure quando ci avevano detto il contrario, per questo siamo state costrette» «Pensavo che questo compito aspettasse al principe, una volta portate tutte al letto» La mascella della signora di contrae. «Quello che succederà nella camera del principe tenetevelo per voi. Noi siamo state autorizzate a questo compito. Ora basta» Mi zittisco. «Inoltre Sua Maestà ha ordinato di differenziare le ragazze pure i impure con degli abiti. Tu metterai un vestito bianco ogni qual volta ti presenterai al castello, le altre deflorate useranno o un abito rosso o un abito nero» «Comprendo» «Sono obbligata a chiedervi cosa sapete fare» Ci pensai su, ricordando la mia vita ad Aaron. «Suono l’arpa, so ballare la danza del ventre e nel mio paese lavoravo come maestra» «Sai cantare?» «No, non sono molto brava» «Per questo ci penseremo noi. Voi ragazze dovrete divenire ottimi corteggiatrici per il principe. Dovrete cucinare, pulire, ballare, cantare, suonare, ma la cosa più importante sarà sedurre il Re. Dovrete darle piacere, affetto, tutte voi stesse, non odio o astio. Come accennato prima, Sua Maestà non si fa scrupoli a punire severamente una persona» Annuisco. «La sveglia suona ogni mattina alle otto, dopo il pranzo sarete libere di vagare nel castello e nell’ora di cena riprendere il vostro lavoro. Durante la pausa il principe sarà libero di socializzare con ognuna di voi, e non dovrete opporvi. Domani le mie dame vi porteranno abiti e gioielli per la presentazione, vi aiuteranno a lavarvi e ad essere presentabile. Spero che gli occhi del principe cadano su di voi» «Perché sperate in me?» «Perché avete carisma, e al principe piace le ragazze come voi» «Spero per voi che vi sbagliate», sputo, smorzandole il sorriso. Avanzo verso la porta, ma prima di uscire mi volto un ultima volta verso di lei. «Vorrei chiedervi un favore» La signora alza il capo, attenta. «Vorrei che Isadora, la bambina che sedeva sulle mie gambe, sia portata nella mia stanza. Ho promesso alla madre di prendermene cura» «Come desiderate» «Grazie. Vorrei sapere inoltre che cosa le succederà. È ancora una bambina e non può subire tanta ingiustizia» «Questo è un compito che aspetta al Principe stesso, noi non siamo autorizzate a decidere per la bambina» Ringrazio un ultima volta e chiudo la porta. Al mio fianco appare Ariel che mi accompagna ai nostri posti, mi siedo e prego che questa serata giunga al termine al più presto. ***** Ciao vampiretti! La struttura del castello ha un suo perché: la sua forma è presa spunto dal castello di neuschwastein, chiamato anche "Il castello delle fiabe", infatti è stato inoltre copiato per realizzare il Castello Disney!! ❤ Vi auguro un buon weekend con questo nuovo capitolo. Se ci saranno eventuali errori, più avanti sono decisa a correggerli. Se vi è piaciuto commentate o mettete una stellina. Vi aspetto con il prossimo capitolo! Buona serata, vampiretti! E buona lettura 💋

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Capitolo 21
*** Capitolo 18 ***


Quando finiamo la selezione, è notte fonda, e non so nemmeno l’ora esatta. Temo di non dormire abbastanza per domani, nonostante la presentazione non mi stia molto a cuore. Dopo di me è la volta di Isadora, la quale confessa tra un tremolio e l’altro che è figlia di Daisy Bowen e Joseph Lutz, quest’ultimo morto quand’era molto piccola. Proviene da Niemand, una terra povera e distrutta dai bombardamenti della guerra, i suoi abitanti sono ridotti in situazioni più critiche rispetto alle nostre. Chi abita ai confini del Regno della Luce vive in povertà poiché lì vengono concentrati più attacchi rispetto a nazioni molto più distanti ad essi. Aggiunse che i suoi genitori hanno perso le loro particolarità quando erano ancora ragazzi, mentre lei ha assunto la capacità di udire a vari chilometri di distanza i passi e i rumori di qualsiasi essere vivente. Ha dodici anni ed è nata il 23 dicembre del 2004. Quando entra nella stanzina, Ariel mi trattiene sul posto: ha colto il mio frenetico impulso di andare da lei. Le mani mi pizzicano dalla voglia di abbracciarla, e le gambe si muovono dall’adrenalina che vorrei scaricare. Il tempo del suo esame dura poco del previsto: sono cinque minuti. Esce e corre da noi due per abbracciarci forte. «Non mi hanno toccate», sussurra al mio orecchio. E io sospiro di sollievo, liberandomi dalla preoccupazione che attanagliava le viscere. Siamo nuovamente dietro alla Grande Signora, ora che l’ho vicina riesco a notarne l’aspetto secco e alto, il suo viso stretto è ricoperto da lineamenti severi e da infinite rughe che la rendono ancora più vecchia. Anche lei, come le tre donne velate porta un vestito nero, adornato qua e là con fantasie e ricami in verde scuro. I capelli grigi e lucenti sono raccolti in una lunga treccia che, attaccata alla nuca, le fa da chignon. Saliamo in una delle due scalinate che affiancano la Torre e arriviamo nel cortile superiore. Rimaniamo incantate: il cortile è arricchito con piante e fiori di ogni tipo e colore che da un motivo di allegria allo spiazzale circostante. Piccole viuzze circolari separano pezzi di terreno ed erba per permettere il nostro passaggio, qua e là giacciono panche di pietra bianca. Al centro una fontana con lineamenti armoniosi e gotici, costituita da due vasche principali poste una sopra l’altra, mentre dalla terza, la più alta e stretta, è la fonte in cui sfocia l’acqua per poi ricadere sulle vasche sottostanti. È uno spettacolo da mozzare il fiato. Tra sguardi meravigliati e fiati sospesi in aria, arriviamo alla Casa delle Dame. Esternamente contiene sei camere, ma alzando lo sguardo e catturando la figura di un balcone ipotizzo che c’è ne siano più di una. La Signora ci apre la porta e quello che si presenta davanti non è niente male. Il salotto è rivestito di colori caldi e accoglienti, il principale di questi è il marrone. Le pareti di giallo scuro sono coperte per lo più da librerie, scaffali, mobili e quadri. L’aria profuma di legno, pagine antiche e di pulito. Al centro un tavolo dai gambi in legno e la piattaforma in cristallo occupa la lunghezza di due persone, ai suoi lati è delimitato da cinque sedie. Queste hanno lo schienale in stoffa rossa e morbida, con i ricami della tinta più chiara. Nella parete che fa ad angolo a quella dove siamo entrate, è collocato un elegante camino, costruito con mattoni. Il fuoco all’interno di esso riscalda la stanza e le mie ossa. Al centro del soffitto penzola un lampadario, i quali pendenti di cristallo, scontrandosi e riflettendo la luce del fuoco, non solo echeggia un tintinnio armonioso, ma il bagliore arancione intenso della fiamma che emanano creano dei punti luce sparsi per tutta la stanza. Ai piedi del tavolo, un altro più piccolo dalla stessa struttura è circondato da comodi divanetti, tinti di un arancio spento con ricami in nero e marrone. Le tende morbide e lunghe accarezzano il pavimento, coprono le uniche due finestre del salotto, affiancate alla porta d’entrata. La stoffa ha un colore bianco scuro, simile alla panna. Il salotto lussuoso richiama lo stile antico di un tempo, probabilmente dell'800. In assoluto il mio genere preferito. Io, Isadora ed Ariel entriamo con naso all’insù, ipnotizzate dalla bellezza di questa stanza. Solo quando ci viene chiusa la porta d’entrata, ci sediamo sui divani e tiriamo insieme un lungo respiro. Non so se fosse dovuto al sollievo d’essere arrivate sane e salve fino a qui, oppure dell’essere sedute su qualcosa di veramente comodo per riposarci. Accarezzo la stoffa del divano, e fremo l’istinto di piangere dalla gioia quando ne sento la morbidezza. «Questo posto è qualcosa di magico», esulta Ariel. «Che ti aspettavi, siamo in un castello. Qui tutto è magico» «Vorrei viverci per sempre», sussurra Isadora, girando la testa qua e là, in intermittenza, francamente ammaliata. «Anch’io», mento. In realtà l’unico desidero che voglio è tornare a casa, anche se l’idea di soggiornare in questo angolo di paradiso non mi dispiaccia. «Non ditemi che adesso dormiremo qui?», chiede Ariel, indicando con entrambi gli indici i bracciali dei divani. Alzo le spalle. «Ma che sei matta? Dormiremo di sopra!», esclama la bambina. «E come?» «C’è una scala lì!», indica davanti a sé. Seguiamo la direzione del dito e scopriamo che la furbetta non torto. Sicuramente ha origliato le conversazioni delle ragazze negli appartamenti accanto ai nostri. Al fianco di una libreria, nel punto in cui due pareti creano un angolo c’è una scala a chiocciola che porta al piano superiore. Mosse dall’adrenalina, ci alziamo all’unisono e saliamo le scale. Se il salotto c’ha regalato uno spettacolo ineguagliabile ed accogliente, la camera da letto non è da meno. Questa volta i colori vanno dal castano scuro, chiaro al giallo fino a raggiungere l’oro. L’intera parete è tinta in castano chiaro, adornata con pigmenti dorati, davanti a noi si presentano tre letti a baldacchino, più o meno grandi una piazza e mezzo, le coperte in piumini sono di rosso vivo, i cuscini grandi e morbidi richiamano il colore delle tende, così come i ricami delle coperte. Insomma, qui il colore predominante è l’oro. Vogliono farci sentire come delle regine. «Non è un caso se alloggiamo in queste stanze lussuose. Ora siamo Ladies», mi anticipa Ariel, rispondendo alla mia domanda, al perché di tutto questo sfarzo. Anche qui le pareti sono accompagnate da armadi, mobili in legno, quadri, lampade appese al muro, comprese tre scrivanie, fronteggiate da uno specchio per ognuna. Ed anche qui un lampadario ci dà il benvenuto con la sua tintinnante melodia. Alla nostre spalle, la parete è occupata dalla maggior parte da porte finestre che danno al balcone. Verso ovest, la terza ed ultima porta occupa un angolo della stanza. E presumo che oltre di essa possa esserci un bagno, infatti non sbaglio. Il rumore dell’acqua cattura la mia attenzione. L’intera area è luminosa di un azzurro ghiacciato, sfioro la parete e la distacco l’attimo dopo, meravigliata. La stanza è di ghiaccio, dai mobili incastonati sul pavimento luccicante alla pareti che riflettono la mia immagine. La vasca copre tutto il lato destro della stanza, incastonato al pavimento ghiacciato, sembra una piscina, da grande voragine sulla parete sfocia acqua calda a mo’ di cascata, per poi ricadere su un letto liquido ricoperto di schiuma e petali di rosa. Nel fianco destro il lavandino è completamente congelato, così come il water e la zona doccia circondata da quattro lastre di ghiaccio. Tutta la parete fa da specchio, riflettendo in vari punti la mia immagine, all’improvviso in quel piccolo bagno mi ritrovo accompagnata da tante ragazze identiche a me. Isolato da un angolino della stanza, un mobile contiene varie saponette, oli essenziali e provette di profumi. Sollevo lo sguardo, incuriosita da una dolce melodia e un lampadario ghiacciato, riprende a grandi linee la forma di un fiocco di neve, alle sue punte penzolano cristalli. Questo non emana una luce accecante, seppur bianca, ma calda che si contrasta con il ghiaccio ruvido circostante. Dovrei sentire freddo, eppure l’aria è abbastanza calda da rilassarmi il corpo. Sfioro per l’ennesima volta la parete, e noto con sorpresa che difatti il ghiaccio non è freddo, bensì caldo, e nonostante ciò non si scioglie. Come se fosse una parete normale. «Wow!», esclama Ariel, alle mie spalle. Il suo eco, si scontra tra le mura del bagno, provocando la stessa frase per svariati secondi. «Alla faccia del mio potere. Nemmeno io, nonostante posseggo una fantasia artistica, riesco a creare una cosa del genere» «E il ghiaccio non è nemmeno freddo», aggiungo, accarezzando il muro scivoloso. Lei segue il movimento della mia mano e come me rimane a bocca aperta quando sente la consistenza del ghiaccio tiepida. «Non trovo parole per descrivere tutto ciò» «È magico, su questo non c’è dubbio. Ma le stanze, il salotto, e questo strano bagno possiede qualcosa di…. Fiabesco. Sembra di essere in una stanza completamente differente a tutto il resto che ci circonda, da l’idea che non appartiene a questo luogo» «Già», concorda lei, guardando il lampadario. «Questo luogo mi fa sentire a casa» «Sono felice per te. Io desidero soltanto che tutto questo finisca, che sia un bruttissimo sogno» Sì avvicina, posando una mano sulla spalla. «Tesoro, ritornerai a casa, te lo prometto», rassicura. «Eppure questa promessa sembra lontana anni luce» «Ti chiedo solo una cosa: non perdere la speranza» Annuisco, conscia che quel briciolo di speranza rimasta dentro di me non smetterà mai di splendere. Poco dopo ci sistemiamo nella camera da letto, svuotiamo le valigie e apriamo gli armadi, i quali già si presentano pieni di vestiti. Ci sono abiti da sera, da giorno, vestaglia me per la notte, tutto quello che rispecchia la moda castellana delle femmine tranne pantaloni o maglioni. Rimaniamo a guardarci in silenzio, entrambe con lo sguardo sorpreso e interrogatorio finché non arriviamo alla conclusione che fosse inutile chiedersi il perché di tutto questo: l’importante è avere un tetto e degli abiti che saporano di casa, all’usanza del castello e alle sue stranezze sapremo abituarci. Svuotate le valigie, ci svestiamo ed indossiamo ognuna la propria vestaglia. Isadora è la prima ad addormentarsi, io invece vago per la stanza come un anima in pena, finché non apro una delle porte finestre e esco. Il vento notturno è freddo, mi congela le ossa, ma respirandolo fino a congelarmi le vie respiratorie riesco a darmi un po’ di pace. Butto anidride carbonica e mi sento sollevata. Tutta la pesantezza di quei giorni passati sul treno mano a mano scivola via, è passata più di una settimana da quando ho lasciato casa mia eppure sono sembrati mesi. Il tempo non è stato di certo favorevole nei miei confronti, rallentando ogni giorno rendendolo interminabile. La figura oscura, dai lineamenti severi e solcato da mille punte dei tetti, lo rende minaccioso. Visto da vicino fa uno strano effetto. Predomina la sensazione che da un minuto all’altro l’ammasso di roccia nera possa crollare addosso e spiaccicarmi viva. Resto a guardarne a possenza, solo poche finestre rilasciano la luce fioca Delle stanze, segnale che al suo interno c’è qualche anima viva. Lascio uscire i pensieri, finché i primi sintomi del sonno non hanno la meglio su di me. Affondo la testa sul materasso morbido e caldo, i piedi freddi lentamente riprendono circolazione e il mio corpo è tutto un fuoco. Mi rilasso, godendomi queste poche ma vere ore di sonno. **** Buon pomeriggio vampiretti!!!! Nuovo capitolo, ora la casa di Pearl sarà questa. Chissà cosa succederà in questo castello d'ora in poi...? Fatemi sapere se vi piace. Buona lettura, vampiretti miei! Bacioni ❤ Giorgia.

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Capitolo 22
*** Capitolo 19 ***


L’abbraccio dei miei genitori si fa via via più leggero, i sussurri confortevoli si fanno più lontani e quando apro gli occhi vengo accecata dalla luce pesante dei raggi solari. Più avanti anche il mio udito si risveglia, permettendomi d’ascoltare il pigolio degli uccelli, dei passi della gente, del castello che piano piano si sta animando. Scosto il piumone da sopra la testa e rimango a guardare il soffitto, rimpiangendo che quel sogno appena scomparso non fosse vero. Penso ai pro e ai contro di questa giornata, alla mia educazione verso ai sovrani che ora come ora si trova sotto zero, a ricordarmi di non sputare in faccia parole sgarbate e non adatte ad una Lady come me. Ma mi conosco bene: faccio tutto quello che mi sconsiglio sempre di fare. Quindi l’unica scappatoia dai futuri sconvenienti sarà quella di starmene da sola in un angolino, dopo io ricevimento, a maledire mentalmente il Re e del suo figlio assassino. Tra i rumori confusi dell’esterno, il suono ritmico e acuto di una sveglia ci fa sobbalzare dal letto insieme, chiedendomi a quale altro rumore sarebbe dovuto appartenere se non a questa macchina abbastanza conosciuta e maledetta da tutti. Ariel è Isadora, una più stanca dell’altra, sbadigliano, farfugliando parole insensate, ancora impastate dal sonno; io, sveglia da un pezzo, scosto la coperta e vado a spegnere la sveglia. Mi stiro gli arti indolenziti dal sonno e do l’apparente buongiorno alle mie compagne di stanza. «Che ore sono?», domanda faticosamente Isadora, dopo avermi dato un bacio sulla guancia. «La Grande Signora ha detto che la sveglia avrebbe suonato alle otto in punto», rispondo. «Si da inizio ad un’altra schifosa giornata», cantinella Ariel, sempre con quell’allegria che non la abbandona mai. «Puoi dirlo forte», concludo io, seguendola con la bambina verso il bagno. Ci sciacquiamo il viso ed entriamo nella vasca. L’acqua è calda, lasciandoci muovere sicure all’interno di essa, facendoci dimenticare per attimi quello che fra poche ore sarebbe successo. Ariel si tramuta in una sirena non appena il suo corpo è completamente coperto dall’acqua, e della sua vestaglia non c’è più traccia. Parliamo un po’, tralasciando la presentazione di oggi. Mi insapono più volte, riempio la pelle di profumati oli essenziali, i capelli di balsami profumati, finché non sento che la puzza di fienile delle giornate scorse non scompare del tutto. Quando siamo abbastanza profumate da intossicare perfino l’aria, ci asciughiamo e ritorniamo in stanza. Aprendo la porta, tiro un urlo acuto quando davanti a me compaiono le tre donne in nero della scorsa notte. «Dio mio, come sono entrate qui?», dice Ariel, stringendo più forte l’asciugamano, imbarazzata. «Siamo state mandate per prepararvi al ricevimento di questo pomeriggio, Ladies. Se ci lascerete fare, sappiate che non ne uscirete scontente da qui», risponde una, timorosa. Ci guardiamo, insicure sul permetter loro di decorare la nostra persona o meno, poi alla mia risposta si mettono all’opera. L’unico pensiero che mi pongo, mentre le lascio spruzzare profumi occidentali lungo il mio corpo scoperto, è come mi vestiranno dato le loro spettrali caratteristiche. «Stendetevi nel letto», mi ordina una. «Eh?», dico, sgomenta. «Fate come vi ordino, e fidatevi» Stizzita, mi distendo nel letto, ed inizia la mia tortura. Non so come fa, ma come le sue mani scheletriche passano sopra la mia pelle, salendo dai piedi fino al collo, ogni pelo viene strappato dalla carne con forza. È come la ceretta che fanno i ricchi, solo che non c’è la ceretta. Gli strappi durano qualche minuto, mentre io sono distesa sul letto sofferente, mordendomi il labbro per tratte gli urli e stringevo il piumone nei pugni. Quando sopra il bruciore viene passata una crema fresca e profumata di lavanda, apro gli occhi e sollevo lo sguardo, scoprendomi completamente depilata, perfino sotto le ascelle. Mi rilasso alla frescura del cosmetico e passo alla decorazione. Dietro di me, anche Ariel stava subendo la stessa sorte, Isadora invece è ancora piccola e non è sviluppata quindi anche questa volta in vantaggio. Per un secondo, un piccolo secondo, provo invidia per quella bambina che ora viene vestita. La donna in nero mi lascia sedere sulla sedia della mia scrivania. «Voi siete vergine, per questo evento indosserete un abito bianco; i prossimi abiti saranno dello stesso colore finché non verrete deflorata», spiega. Annuisco. Scompare in bagno e un attimo dopo ricompare con tre piccoli contenitori. In uno di essi sono contenuti vari smalti. La donna si inchina davanti a me e mi prende la mano sinistra, iniziando a pitturare le unghie. Allo stesso modo fece con i piedi, e quando completa l’opera, sono completamente soddisfatta del risultato: le unghie lunghe e tonde sono pitturate di un bianco con riflessi dorati. È bellissimo. «Che tipo di trucco desiderate, Lady Pearl? Le vostre iridi sono in mare calmo, potrei allungarvi la linea degli occhi con un colore scuro o….» Alzo istintivamente una mano, interrompendola. «Per favore, vorrei un trucco fresco e naturale» La donna inchina leggermente il capo. «Come desiderate, mia Lady» La ringrazio, lasciandola poi modellare il mio viso. Sento dopo la freschezza del fondotinta, la spugnetta morbida e umida che picchiata leggermente la pelle, i pennelli dalle setole morbide che mi pitturano le palpebre, la consistenza morbida e profumata del rossetto che va a coprire le labbra. «Mia Lady, abbiamo terminato», comunica la donna sottomessa. Io apro gli occhi e mi giro verso lo specchio. Il mio sguardo si rianima. Non so descrivere la bellezza della ragazza davanti a me, non riesco a credere che la stessa ragazza che muove col tempo il mio viso e i miei occhi sono io. Il viso è fresco e lucido, il trucco è naturale ma al col tempo marcato. I riflessi di luce e ombra sono nei punti giusti, gli zigomi sono rialzati, le guance hanno preso un tono di colore rosato, più vivo; gli occhi grandi vengono allungati dalla sfumatura che passa dal bianco panna all’interno al marrone più scuro che viene spostato verso l’esterno. Ad accentuare la lunghezza una linea sottile di eyeliner e il mascara nero che rendono le folte ciglia ancora più voluminose. È un gioco di colori naturale ma che da un tocco di vita al viso. Nessuno mi ha mai truccato così perfettamente, a casa usavo solo un po’ di mascara con un tocco di fard e rossetto che richiama il colore delle labbra. Qui invece le labbra sono tinte di un rosso acceso che danno un risultato elegante al tutto. Fisicamente non sono mai stata uguale a mia madre, sebbene in me è vivo io lato materno e dolce di lei, compreso i suoi occhi azzurri, ma la tenacia e i lineamenti del volto sono quelli di papà. Da lui ho preso il suo viso triangolare e pieno, il naso perfetto e lungo, gli occhi grandi e i capelli castano chiari. La sua stessa carnagione abbronzata, e le sue labbra grandi e carnose. Ho la sua corporatura slanciata e leggermente muscolosa: a casa amavo esercitarmi all’aria aperta. Negli ultimi tempi però ho preferito riposarmi quando ne avevo l’occasione. Ma nonostante tutto non mi considero bellissima come le altre compagne, loro hanno un corpo da urlo, io ho solo una seconda di petto e la pancia piatta come il dorso di una pentola. Il fondoschiena seppur tonico non è perfetto come quello di loro. Insomma non mi sarei mai sentita a mio agio finché non sarebbero scomparse. Lancio un sorriso di approvazione alla donna, ignara se oltre quel velo che le copre la bocca mi sta rivolgendo il medesimo gesto. La lascio persino frugare tra il mio guardaroba. Un attimo dopo mi para davanti ai miei occhi un vestito bianco e stretto. Le guance prendono un colorito abbastanza roseo. «Io non so se…» «Fidatevi Lady, il Principe apprezzerà moltissimo» Lascio scivolare la mia protesta all’aria, e a disagio mi lascio infilare il vestito che farà perdere la testa al mio carnefice. Mi alzo e entriamo nel bagno, in modo che possa ammirarmi meglio da vicino. Il vestito bianco è completamente aderente al corpo, assumendo la forma di una seconda pelle, ai lati della lunga gonna due spacchi mettono in risalto le gambe lisce e lucenti di olio profumato. Da sopra l’ombelico in su il vestito si riapre, lasciando solo i seni perfettamente coperti da due fasci di stoffa, i quali si ricongiungono con un nodo dietro il collo, lasciando cadere le due estremità lungo la schiena nuda. Fortunatamente le grazie sono coperte dalla stoffa, con tanto di slip che non fuoriesce dallo spacco provocante che parte da metà coscia fino a terra. Per lo meno mi permette di camminare bene, come se indossassi i pantaloni. La vergogna sarebbe stata quella di camminare con questa stoffa che mette in bella mostra le gambe, l’intera schiena e un fascio di pelle al centro dei seni. Lo strascico lungo si estende sul pavimento a forma ovale. Solo ora mi accorgo che da lì partono dei ricambi in pizzo, diventando più fini e invisibili quando raggiungono la vita, qua e là sono incastonati alcuni brillantini. Di conseguenza, oltre l’estrema sensualità, il vestito dona anche grazia. Dopo l’abito, è la volta dei capelli. Ritorno quindi nella postazione di prima e permetto alla donna di giocare con i miei capelli, contorcendoli e unendoli in varie ciocche finché non prende la forma di una corposa ed elegante treccia. Insieme alle ciocche, mi vengono legati dei fili dorati, uniti con la presenza di diamanti o fiori e minuscole perle. Anche le mie braccia vengono adorante con bracciali e ciondoli di ogni tipo, nel braccio sinistro è attaccato un bracciale a spirale che si ferma nel dorso della mano con la testa di un serpente. Quando la donna si presta a togliermi la collana regalatami dai miei genitori che avevo attorcigliato nel polso, quasi la rimprovero malamente. E la povera abbassa lo sguardo, offesa. Più tardi mi pento amaramente del gesto. Anche la collana con la perla rimane al mio collo. L’ultimo tocco sono le scarpe col tacco, simili a quelle da sposa, non troppo alte e si sposano perfettamente con la fantasia dell’abito. Tutto questo sfarzo dura più di tre ore volate. Isadora veste graziosa col suo abitino di pizzo bianco, con motivi in rosa pallido. L’abito è interamente ricoperto di balze, la vita è stretta con una cordicella marroncina, la gonna è lunga fino alle caviglie. I capelli sciolti della bambina sono lucidi e mossi. Le ballerine sono rosa, anch’esse lavorate col pizzo. Tutto in lei trasmettere gioia e serenità. E Ariel è la fine del mondo. Anche lei con abito bianco perché intatta, ma i motivi dell’abito sono un azzurro impercettibile; il vestito stretto al corpo snello della ragazza è senza spalline, ma unito sotto i bracci, ha una scollatura a cuore, semplice ma armonioso come il mio, la gonna rimane aderente fino alle ginocchia per poi cadere a coda di sirena lungo il pavimento. I lunghi capelli sono stati raccolti in uno chignon, i bracciali in colore dell’acqua marina, accompagnato con l’argento. Anche il trucco leggero ma fresco, riporta in vita la sirena che è in lei. Sulle palpebre un tocco di verde chiaro e di eyeliner, aggiungendo un rosa leggermente sulle labbra, rendono i caratteri fanciulleschi della ragazza più freschi e sensuali, facendola apparire una donna. I tacchi si sposano perfettamente con l’abito, rendendola più alta. Rimango imbambolata sul posto, ammaliata dalla bellezza delle ragazze che, devo ammettere, mi lascia a disagio. ***** Buona sera miei vampiretti!!!! Anzi, buon mattino, visto l'orario ( 1.48)😁.... Non poteva mancare come promesso il 19° capitolo. Spero vi piaccia, non vedo l'ora di pubblicare il seguito... Vi mando un bacione e vi auguro una buona lettura! A presto, vampiretti! ❤ Giorgia

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Capitolo 23
*** Capitolo 20 ***


Scendiamo le scale a chiocciola in silenzio, accompagnate dalle donne, e raggiungiamo il gruppo di ragazze che ora fiancheggiano l’enorme fontana. Di giorno, il castello assume un’identità molto maestosa, i suoi lineamenti molto più chiari, le punte dei tetti Delle torri non appaiono come lance oscure pronte a trafiggere il cielo della notte. Di giorno, la paura cala. La Grande Signora inizia a parlare. «Sarete accolte nella Sala da Ballo, dovrete conservare un pio silenzio, lo sguardo rivolto solo ai vostri piedi, a meno che non vi venga ordinato di guardare altrove. Dovrete essere gentili, sorridenti, ed obbedienti. Ogni sbaglio vi verrà corretto in maniera esemplare. Quindi vi avverto: non tollero che una di voi perda il contegno», quest’ultima , seppur senza logico motivo, è specialmente rivolta a me. «Questo evento vi è inoltre stato programmato come Ricevimento del Principe in persona, dato che è il solito a vagabondare in giro per il mondo. Ma voi avete solo un compito: quando sarete chiamate a presentarvi dovrete inchinarvi dinnanzi ai due reali, non parlare se non siete interpellate, e se vi chiedono di ballare e di parlare con voi, fatelo senza esitare. Ripeto: ubbidienza e piacere. Questa sono i doveri fondamentali finché il Principe non sceglierà la sua prediletta» “Alla faccia che il nostro era solo un compito”, penso, sospirando spazientita. Se il suo intento è quello di farmi colare il trucco ben costruito, allora può tranquillamente andare al diavolo. Sto per entrare dentro il portone da sola, quando finita la ramanzina l’anziana donna non ci invita ad entrare. Presi nuovamente per mano Isadora ed entrai insieme alle altre. Quando l’enorme portone si chiude alle nostre spalle, un senso di smarrimento e paura mi costringe a voltare le spalle e guardare una per una la mia confraternita. Solo qui mi accorgo che siamo poche. Solo sedici ragazze sono ferme all’entrata, comprendendo me e Ariel. Le altre sembrano sparite nel nulla. «Do…dove sono le altre ragazze di ieri?», chiedo alla mia amica, cercando di controllare il tremolio delle labbra. Ora anche lei si guarda intorno, verificando se ci siano tutte, e io spero di essermi sbagliata. Ma quando il suo sguardo sconsolato raggiunge il mio capisco che ho visto giusto. Tre ragazze sono scomparse. «Qualche problema?», eccheggia la voce vicina della donna. Mi volto. «Tre delle nostre compagne sono assenti», comunico. «Mi chiedevo se non fossero ancora nelle loro stanze» «Dove si trovano quelle tre ingrate, non è affar tuo. Se hai smesso di inficiarti in affari che non ti riguardano, potrei portarvi al Salone», rispose sprezzante lei, per la prima volta con tale astio da farmi sentire piccola. E gli sguardi indagatori, curiosi e sfacciati di molte mie coetanee mi fa arrossire ancora più. Ricambio la donna con lo stesso sentimento, mentre le guance si tingono di rosso. Quando conclude che me ne sarei stata zitta, si allontana da me e riprende il cammino. L’unica mano di conforto è quella di Ariel, la quale si posa sulla mia spalla per accarezzarla. La guardo, grata di questo gesto. Il palazzo presenta molte stanze interne, incluse aree per gli ospiti e per la servitù, mentre le stanze ufficiali dei reali occupano due piani di cui terzo è quasi completamente assorbito dalla Sala da Ballo. La stanza più grande del palazzo è certamente questa, seguita per estensione dalla Sala del Trono. La Sala è collocata ad est, proprio sopra gli appartamenti reali. L’enorme stanza, di forma rettangolare, è decorata con scene tratte dalle storie di guerra, gesta dei nostri e i loro antichi reali. Il lato più lungo è terminato da una galleria, la cui parete si trova padroneggiata da una serie di finestre alte quanto il perimetro della parete stessa, in modo da permettere una visita panoramica al territorio circostante. Mentre Il lato ovest da un palco con una serie di arcate. La Sala da Ballo non venne costruita non solo per accogliere le feste di corte ma anche per ricordare momenti d'amore ed cultura cavalleresca tipici del medioevo. Difatti l’atmosfera non può essere che accogliente: il gran salone migra di gente, la maggior parte vampiri nobili, demoni, uomini e donne dalla corporatura abbastanza muscolosa e massiccia, deduco che si trattino di lupi mannari. Alle nostre spalle la Sala del Trono. Il luogo è pieno di colori, il soffitto è a forma circolare e rende l’altezza della stanza ancora più pronunciata, tra le mura rimbomba le risate e chiacchiere melodiose della gente, tutto il complesso è allestito in modo elegante, curato nei minimi dettagli. Parallela alla tribuna c’è un lungo tavolo dove posano cibi sfiziosi e profumati, mentre sopra di essa una banda di uomini pallidi, stuzzicano delicati, con tale precisione, gli strumenti di proprietà, elevando nell’aria una musica allegra d’altri tempi, dal ritmo felice e incessante, coinvolge perfino me che ad un tratto ho voglia di ballare. È una musica medievale. Anche la Sala del Trono è affollata. Essa è situata nell'ala ovest del castello; con i suoi 15 metri di altezza, occupa sia il secondo piano che il terzo. Su tre lati è circondata da arcate colorate che culminano in un’abside dove si trova il trono regale, quasi a riprendere le forme di una chiesa. Anche qui il soffitto prende la forma circolare, e come nel salone da ballo, questo angolo del palazzo è altrettanto decorato con sfarzosi colori, tutto è allestito nel colore caldo dell’autunno, come a darne il benvenuto. Tutto questo nasconde un nonsoché di fiabesco. La nostra guida ci lascia libere di spaziare tra queste mura, e io mi avvicino subito al tavolo imbandito di pietanze squisite. Seguita ovviamente da Isadora, mentre Ariel rimane ancora a studiare gli allestimenti della Sala del Trono. Riempio il piatto della bambina e il mio, scoprendo proprio adesso il brontolio incessante della mia pancia. Sicuramente è questo giorno di tranquillità che fa ritornare la voglia di cibo. Nonostante ciò la mia mente vaga oltre tutto questo: mi torturo chiedendomi cosa è successo alle tre ragazze assenti, e dove si trovano, perché intuisco che non sono in buone mani. Lo sento nella pelle. Guardo la bambina accanto a me, intenta ad addentare un panino, spaventata di quello che le avrebbero fatto se solo avesse connesso un capriccio. Trovo strano che dei mostri abbelliscono un castello con cibi e colori. Mi viene spontaneo pensare che tutto questo è un modo per farci sentire a casa, per un solo giorno, e che i mesi seguenti non saranno così gioiosi e spensierati come ce lo saremo ricordati. Tutta questa accoglienza è una maschera dell’inferno in cui siamo state mandate. Mangio in silenzio, parlo un po’ con Isadora e con Sasha, una ragazza del gruppo avente la mia stessa età. È di corporatura magrolina, ma non per questo bellissima; col suo nasino all’insù, la pelle diafana, e i capelli lunghi e rossi, le avrei dato qualche anno in meno. Il trucco le copre le lentiggini, rivela che è molto brava a costruire armi da guerra e nel loro uso, veste di un abito bianco che le arriva fino alle ginocchia, aderente al corpo, formato con vari strati di tessuto che vanno a formare pieguzze in tutti i lati, le spalline le ricadono a campana fino ai palmi delle mani. Stringendo l’occhio l’abito porta qualche ricamo naturale in verde chiaro. Sono l’unica ad avere un abito interamente ricoperto di bianco, seppur incastonato qualche pizzo o diamante. I capelli lisci della ragazza le arrivano fino al fondoschiena, e per la loro abbondanza le sono stati raccolti ai lati della fronte per portarli dietro alla nuca sotto forma di treccine. È una splendida ragazza, dagli occhi neri e profondi, con lei riesco più avanti ad interloquire bene. E io che pensavo fossi un intralcio per loro, un tabù che desideravo rovinare. Mi sono svegliata, lì dentro c’è sempre una persona con un cuore. I minuti passano in fretta, e arriva mezzogiorno. E ancora del principe nemmeno l’ombra. Meglio così, non sono pronta a vederlo. Ora sono sola, guardo Isadora e Sasha che ballano a ritmo di musica, seguite da altre coppie. Una strana pressione mi cattura la mano sinistra, proprio il punto in cui il Daimond mi ha dato il baciamano. Sento di desiderare nuovamente le sue labbra, sento che mi mancano e lo voglio rivedere. E infondo, sento che è vicino, molto vicino. «La nostra Perla» Mi volto verso la voce e incontro gli occhi verdi di Jude. I suoi capelli sono sempre raccolti in un ciuffo, il suo viso rilassato e curato lo rende molto più affascinante, per non parlare dello smoking in marrone scuro che rende contrasto col colore dei suoi occhi. È come un albero appena fiorito, dal tronco duro e possente. «Jude! Credevo fossi scomparso», esclamo io, sorpresa, spingendo via l’istinto di abbracciarlo. Lui afferra la mano sinistra e me la bacia. «Nessuno si libera di me tanto facilmente», risponde, la voce profonda e dolce. Rimane per un attimo a studiarmi, mentre io arrossisco, poi ritorna a parlare. «Siete preziosa quest’oggi, Lady Perla». Il mio nome all’italiana, sulle sue labbra, è qualcosa di ipnotico. «Grazie, Jude», farfuglio. Lui sorride, poi mi conduce verso lo spazio centrale della stanza, dove ora molta gente sta dondolando al ritmo di una musica lenta. Non rifiuto l’invito, ricordando le parole della Signora, e incomincio a ballare col mio migliore amico. «Non dovresti prima ballare con un’altra persona?», intervengo io. «Le ho già concesso tre balli, non c’hai visti perché eri talmente assorta nei tuoi pensieri o a guardare la bambina» E in quel momento, girando lo sguardo oltre la gente, vedo Ariel che mi sorride. Ovvio, è stata soddisfatta del suo compito, imbambolare un demone non è cosa di tutti i giorni. «Vedo che ti piace osservare» Ride sotto i baffi divertito, poi si avvicina al mio orecchio. «Per quanto eri imbambolata, non ti sei accorta che sei sugli occhi e sulla bocca di tutti» Ora mi guardo attorno, e rimango meravigliata quando colgo in tempo tre donne intende a fissarmi, una coppia che parla mentre indaga sul mio vestito, un gruppetto di gente, la maggior parte uomini, che studia la mia corporatura dalla testa ai piedi. E potete immaginare i sorrisetti languidi dei signori. Ritorno a Jude. «Ci sono tante altre ragazze più belle di me. Perché sono diventata la pedina di tutti» «Ancora non hai capito? Il tuo coraggio nel salvare la bambina, a risponde con tono al principe nonostante sia stato vietato durante il viaggio, e lottare per la sopravvivenza usando il tuo potere, ti hanno resa la persona più discussa del Regno ed oltre» «Quello che ho fatto io allo stesso modo avrebbe reagito un’altra ragazza per salvare Isadora» «Ma tu sei stata l’unica», conclude. Rimango imbronciata. Non voglio essere una eroina agli occhi di tutti, non voglio essere l’argomento discusso, non voglio diventare Regina. Voglio solo tornare a casa. «Tu credi in loro?», chiedo improvvisamente. Mi guarda confuso. «Tu credi che diventerò Regina?», chiarisco. «Non ti nascondo che il fatto d’aver sfidato la morte, aver disubbidito al principe, e nonostante ciò lui non ha mosso un dito contro di te, questo fa presumere alla gente che sarai tu la nostra Regina» «Io non voglio esserlo» I suoi occhi verdi ora indagano i miei. «Perché?» «Perché io non lo amo, non amerò mai un assassino, non amerò mai un uomo che mi ha strappato alla mia famiglia con la forza, non amerò mai un uomo che non prova pietà, non amerò mai un uomo del genere. Mai» Sento di averlo deluso, di aver deluso tutti, ma non posso farci niente. Questa è la mia scelta. Ci sarà un’altra ragazza che saprà sopportare bene il ruolo da Regina. Il demone sospira. «Attenta, Perla, anche qui ci sono persone abbastanza acute di udito» Abbasso lo sguardo, mortificata. «Per te è difficile tutto questo, ti capisco. Ma non cercare di sbandierare si quattro venti quello che appena hai detto a me, o saranno guai seri», avvisa. La sua serietà fa accapponare la pelle. «Che è successo alle tre ragazze?», chiedo senza volere. «Meglio che non te lo dica», aggiunge. La sua voce si è fatta distante e glaciale, identica alla prima volta quando aveva minacciato alla mi famiglia di bruciare la casa. «Perché…?», soffoco. «Le tre oche giulive non la smettevano di lamentarsi dal freddo, e il capo fila non riusciva a sopportare la loro voce acuta. Sono state punite» «In che senso punite? Diamine, Jude, stavano solo morendo dal freddo!» Ritorna a guardarmi. «Erano solo un fastidio», sputa lui. Sono impietrita. “Erano”, penso. “Ha parlato al passato. Le hanno uccise» «Almeno sentiranno meno freddo, sotto terra», aggiunge. A quelle parole la mia pelle sbianca, il cuore manca d’un battito e vorrei piangere. «Le hai uccise tu…», chiedo, ma il sussurro fa diventare la frase un’affermazione. Scuote la testa. «No, io non ho mai ucciso fin ora. Sono stati altri demoni, sotto ordine del demone che vi ha condotti qui» Sono spiazzata. Non riesco a reagire, il mio corpo non fa altro che dondolare senza che io me ne accorga. «Per questo devi considerarti fortunata, dolce Perla. In quel treno poteva esserci lui e allora non avrebbe avuto pietà per te e per quella bambina» Deglutisco, spaventata da questa crude verità. Se non ci fosse stato lui, sarei morta, Isadora sarebbe morta, e insieme a quelle altre due uccise ragazze si sarebbe unita anche Ariel. Lui è il nostro protettore, e ancora non capisco perché si comporta così freddamente, se il suo cuore è pieno d’amore e bontà. «Grazie, Jude», riesco solo a dire. «Per cosa?», chiede. «Per tutto», sussurro. La musica viene sopraffatta da una melodia più acuta e energica, il suono delle trombe mi costringe a tapparmi le orecchie, e nello stesso attimo una voce urla la presenza del Re e di suo figlio. Oltre la folla vedo due figure scure camminare veloci verso la Sala del Trono, mentre la prima fila di persone si appresta ad inchinarsi al loro passaggio. Solo quando i due scompaiono dietro la parete, tutti raggiungiamo la stanza affianco. Ora la musica è cessata, intorno a noi predomina un silenzio assordante, tanto da creare imbarazzo, interrotto da impercettibili bisbigli, o dal cinguettio degli uccelli fuori dalle mura castellane. Con questo rumore tombale, da al castello l’aspetto di una dimora abbandonata. Sui due troni siedono rispettivamente padre e figlio. Il Re Titanium sicuramente è il vampiro più tra quelli presenti, si dice che sia stato trasformato dopo i 40 anni. È un vampiro di bell’aspetto, rassomigliante al figlio, ma col volto e l'atteggiamento in stato perennemente annoiato. Rughe quasi inesistenti sulla pelle di ceramica, gli solcano il viso perfetto, gli occhi piccoli portano il colore del nero intenso, le labbra sottili e assenti di sorriso rendono la bocca una linea retta e i capelli neri sono allungati fino alle spalle; alcune ciocche gli ricadono oltre il mantello nero, confondendole con la stoffa. Sebbene porti un atteggiamento tranquillo, il suo sguardo fa abbassare la testa dalla suggestione. È impossibile riuscire a guardarlo. Quest’ultimo si alza, rivolgendosi a tutti gli invitati. «Amici, amiche, benvenuti!», la sua voce è profonda e possente. «Io e mio figlio, siamo felici della vostra partecipazione. Questo luogo retro e silenzioso, a bisogno di qualche spruzzata di colori e allegria, ogni tanto», nell’aria si alza un risolino divertito. E perfino al Re sembra essersi alzato un lato della bocca. Al contrario del principe che nasconde uno sbuffo di impazienza, tipico segno di uno che avrebbe volentieri fatto a meno di partecipare alla sua noiosa cerimonia. «Ringrazio inoltre le fanciulle che si sono sacrificate per conteggiare mio figlio» “Sacrificate”, questo sì che è un aggettivo adatto per descrivere la nostra posizione, contando inoltre il fatto che ci ha preso per degli oggetti. Arriccio il labbro, piena di rabbia e di vergogna. «Spero che un giorno una di voi possa diventare una grintosa Regina, capace di guidare a testa alta due Regni depressi dalla sfortuna di queste guerre» «Forse dovrebbe farsi due domande se il nostro Regno è così svantaggiato», mi sussurra Ariel. La guardo sorridendole, come appoggio al suo pensiero. «Sarei curioso di fare la vostra conoscenza una ad una, ma ogni cosa al suo tempo. Sono sicuro che troverete nella Grande Signora una buona istitutrice, vi trovate in buone mani» Sento il sorriso pieno di soddisfazione della Grande Signora. Mentre io strinsi i pugni, considerando un abominio tutta questa situazione. Ma da quando non avevo smesso di considerarla tale, sembrano settimane ormai, eppure nessuno avrebbe cambiato le cose. La Grande Signora ci avrebbe imparato ad essere sgualdrine, nessuna obiezione. Ed io devo accettare per forza questo lavoro, nonostante in certi momenti desideravo di uscire dal castello. Incominciai a pensare alle cose belle regalatami in quel viaggio: Ariel, Isadora, Sasha, e Jude forse. E i muscoli ritornarono a rilassarsi. «Vi auguro una buona permanenza, sperando che la struttura, nonché la compagnia sia di vostro gradimento» Nella sala si levò un leggero risolio malvagio. «E a voi, miei cari ospiti, auguro un buona giornata», concluse sedendosi al trono, accompagnato poi dal rimbombo di applausi. Tutti gli invitati lodarono il Re e suo figlio, mentre io e Ariel vi scostammo dalla folla, scioccate dal discorso del sovrano. «Cosa farei per chiudergli la bocca…» «Zitta, non esagerare», mi zittisce la mia amica. Isadora è con Sasha, finalmente posso respirare un po’ di tranquillità. «Anch’io vorrei che questa burlata finisse, tanto quanto te, ma devi capire anche la nostra condizione. Solo con la pazienza riusciremo a risolvere tutto» «Capisco la nostra condizione, ma è tutto ingiusto» Lei mi poggia una mano sulla spalla, capendo il mio odio, la mia rabbia. «A volte, è proprio dai giorni più bui che il sole ritorna a splendere» Le sorrido appena. «Non disperare, a tutto c’è una soluzione», conclude. Sto per dire qualcosa, ma la presente inspiegabile della Grande Signora, mi lascia senza respiro. Lei appare dietro di me, comunicandoci che il Resto e suo figlio attendono la nostra presenza. Nuovamente la Sala del Trono è riempita da quel silenzio che mi crea una certa agitazione, ho lo stomaco in subbuglio e il cuore riprende a martellare incessante. Ci siamo radunate tutte in fila, difronte a noi ci sono i due troni. Dietro di noi la Grande Signora e mille occhi curiosi, accompagnati da bisbigli indistinti. «Inchinatevi davanti al vostro Sovrano», ci ordina severa la balia, la sua voce dura e vecchia eccheggia tra i muri per poi fiondarsi tra le nostre orecchie. Stringendo i denti, seguo i movimenti delle mie compagne, ritrovandomi poi inginocchiata a terra col capo chino in segno di sottomissione. Ricordai di non guardarli negli occhi, se solo lo avessi fatto, di me non ci sarebbe stato altro che un ricordo. ****** Buonasera vampiretti! Sì sono viva, e sì qualche volta sparisco dalla circolazione, ma per motivi personali. Questo capitolo è molto lungo e spero che vi piaccia come è piaciuto a me! Buona lettura ❤ Giorgia.

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Capitolo 24
*** Capitolo 21 ***


I passi sonori della balia seguono la fila ordinata di noi ragazze, svolta finché non si trova di fianco all’ultima, e cammina lentamente finché non si trova al centro, davanti ai due reali. Qui si inchina silenziosamente, restando in silenzio per vari secondi, si rialza ed incomincia a parlare. «Vostre Maestà, ho il permesso di presentare Loro con immensa gioia le future candidate al corteggiamento del futuro erede al trono, il Principe Daimond?», chiese, in un atto adorante. «Prego», le permise Titanium. Non riesco a vedere le mosse poiché sono rivolta al pavimento freddo della stanza, ma posso immaginare la mossa leggera della mano diafana di quest’ultimo. La vecchia si allontana dal posto e avanza verso la prima a sinistra, nonché Sasha. «Sasha Brave, nata a Saldo, piccola città, il suo potere è quello di costruire e saper maneggiare armi da guerra» Sento Sasha alzarsi. «Vostra maestà», sussurra lei, la sua voce è agitata. Riesco a sentirne il suo tremolio, nonostante mi trovo abbastanza lontana da lei. «Benvenuta Lady Sasha», la voce annoiata di Daimond mi crea dentro paura. Che cosa dirà a me? Cosa devo fare? All’improvviso dimentico perfino come ci si alza. La Grande Signora procede la sua selezione fino ad arrivare alla ragazza al mio fianco. Lei è timida, e il sovrano dovette chiederle cortesemente di alzare la voce più di tre volte, nonostante mascherasse l’impazienza, quando le chiese l’età. Rimango spiazzata quando scopro la stessa età di Isadora, difatti la sua altezza arriva fino alla mia spalla, e gli davo si e no sedici anni. E comprendo così la timidezza della bambina. Dopo tre secondi, la donna anziana mi copre per metà il corpo col suo vestiario scuro. «Pearl Howard, nata ad Aaron, paesino situato tra i confini del Regno della Luce, il suo potere è il più prestigioso di tutto. Essa, infatti, possiede il potere della vita, capace di curare perfino gli ammalati» Quando la signora fece il mio nome, la Sala si riempie subito del vociare fastidio dei presenti, tanto che Titanium è costretto ad ordinare silenzio. Ora tocca a me. Le gambe sembrano incollate al terreno. Con incertezza e un po’ imbronciata, riesco a sollevarmi da terra. Il tum tum del cuore è l’unico rumore udibile in questa silenzia sala. Stando attenta a non alzare lo sguardo verso i reali, nuovamente mi inchino, ciò mi costa quasi una slogatura alla caviglia poiché ho spostato goffamente il peso su una gamba. Fortunatamente per me, riesco a mantenermi in equilibrio, evitando un possibile evento imbarazzante. Non avrei sopportato gli sguardi divertiti di tutti, nonché dello stesso Principe. «Vostre Altezze», dico, lasciando per un secondo da parte l’agitazione. «Quindi sei tu la famosa ragazza che ha cercato di far colpo su mio figlio», scherza il Re, ed immediatamente la sua fragorosa risata viene accompagnata dal resto della folla dietro di noi. Mi sento piccola, rossa dalla vergogna e piena di rabbia per aver permesso senza pietà di lasciarmi deridere in questo modo. «È il mio compito Vostra Maestà, di sicuro troverò tanti altri modi per portare a termine quello che ho iniziato», aggiungo io, lasciandolo stizzito. «Oh, noto con piacere che non ti lasci scoraggiare da qualche battuta. Perdonami, mia cara, a volte non sono molto prudente con le parole» Annuisco, incapace di consolarlo poiché non trovo perdonabile quello che mi ha fatto. «Devi stare attento, figliolo, questa ragazza è temeraria, è capace di metterti al a tappeto con uno schiocco di dita», aggiunge il Re al figlio prediletto. Lui sogghigna divertito. «Non ho mai perso una guerra, non mi farò sottomettere nemmeno da una ragazza» Io sono rimasta in silenzio, confusa sul perché ancora non mi hanno lasciato ritornare al mio posto. Poi qualcuno si alza dal trono, avanza e le scarpe lucidate di Diamond si avvicinano ai miei piedi. «Alzati», mi ordina. Io raddrizzo la schiena e finalmente ritorno in posizione eretta. Lui mi solleva il mento con le dita, costringendomi a guardarlo, e i miei occhi ritrovano i suoi. Quei occhi tanto odiati, ma dai quali sentivo una sincera mancanza nei due giorni passati. Il ghiaccio freddo delle sue iridi si scontra con l’acqua agitata delle mie, creando così una tempesta di emozioni contrastanti. Sembravano da quando non l’avevo visto eppure sono passate solo 48 ore. Così poco ma anche così tanto. Il suo viso perfetto, familiare, e bellissimo ritorna a dominare la mia mente, e il suo sorriso dolce e preciso mi scioglie la tensione. È un momento in cui mi sento sollevata e tranquilla, mi sento al sicuro. «Sono contento che sei sopravvissuta a questi giorni di viaggio. Benvenuta alla tua nuova casa» Silenziosamente, inchino appena il capo. «Grazie, Vostra Maestà», aggiungo. «E fai la brava, non costringermi a diventare cattivo con te» Annuisco. I suoi occhi mi hanno letteralmente rubato la lingua, a stento riesco a capire quello che ho appena detto. Lui mi guarda dalla testa a piedi, finché il suo guardo non si possa sulla zona più esposta del vestito. Divento rossa, desidero sotterrarmi in questo momento. D’istinto chiudo le gambe appena aperte e guardo oltre il vampiro, studiando il braccio destro del trono vuoto. Lui sembra capire il mio disagio e finalmente giro i tacchi e ritorna a sedersi. Io ritorno inginocchiata a terra per far uscire tutta l’agitazione in un unico sospiro. Dopo di me è il turno di Isadora. Fa i miei stessi movimenti appena si alza e ringrazia il Re di essere stata accolta così meravigliosamente in questo splendido castello. Il Re rimane compiaciuto dagli elogi della bambina e le permette di ritornare al suo posto dopo quattro secondi. Ariel viene dopo di lei, la sua presentazione appare precisa e cristallina, la sua gioia fa illuminare gli occhi del Re, e in un minuto scoppia a ridere ad una battuta della ragazza che però io non sono riuscita a cogliere. L’ultima della classifica è Penélope, la ragazza dai boccoli biondi, dal viso e corpo perfetto, con la quale mi ero scontrata una volta durante una sosta al treno. E anche quel giorno l’intera situazione non tradiva la sua spietata bellezza. Il suo corpo è snello, i seni prosperosi fuoriescono dal vestito, a malapena sembra contenerli, un fondoschiena tonico e muscoloso, e i capelli biondi fino alla schiena, risaltano ancora di più il suo fisico da dea. In questo giorno indossa un vestito attillato, lungo fino al pavimento. La stoffa è rosso sangue, ricoperta di brillanti dello stesso colore. Ovvio, come può una ragazza come lei essere ancora vergine? Non ho dubbi che con il suo fisico abbia fatto una strage di cuori. Al solo guardarla provo una forte invidi e gelosia. Chi non vorrebbe essere come lei? «Penélope Cruz, proviene da Besitz, ha un potere disarmante, e cioè far innamorare o lasciarsi innamorare a suo piacimento» Ecco spiegato il motivo della strage di cuori. Non è un potere il suo, ma una maledizione. A questo punto, sarà tanto facile per lei lasciare che il principe cada ai suoi piedi. Mi gioco le mie venti dita che il giorno dopo saremmo tutte spedite a casa. E un parte di me lo spera. «Devo dire che si tratta di un potere interessante, appartenente da un altrettanto interessante ragazza», aggiunge Titanium, lasciandomi interdetta quando la sua voce è piena di fastidio. Per una volta, io e il Re, su questa cosa, potremmo andare d’accordo. Tutto questo viene visto in modo totalmente diverso dal figlio che, suppongo, stia mangiando la ragazza con gli occhi, escogitando vari metodi come invitarla in camera da letto. Reprimo l’impulso di lanciargli un pugno in faccia. Penélope si inchina e poi ritorna al suo posto, senza aver fiatato, senza complimentarsi col Re o col Principe. Che comportamento sfacciato, altro che io. La presentazione termina con applausi di ringraziamento, la gente si sparpaglia e anche noi ci alziamo dal posto. I primi occhi che incontro sono quelli di Jude. «Presentazione impeccabile, complimenti», dice lui. «Grazie, Jude», ringrazia la mia amica, mentre io mi limito ad annuire. «Ho come il timore che la nostra Pearl avrà una nemica» Guardo il demone confusa, mi giro verso Ariel per trovare una risposta che non sembra arrivare e poi ritorno a guardare il mio amico. «Che cosa stai dicendo?», chiedo. «La ragazza in rosso, sembra la prima e prelibata preda del principe» Storcio il naso schifata, guardandolo storto. «Facessero quello che gli pare, tutti e due a me non mi interessa», ribatto. «Mi deludi, Jude, pensavo fossi dalla nostra parte», aggiunge aspra Ariel, incrociando le braccia al petto, chiaramente offesa. «Io non nego che siete le più adatte come ruolo di Regine, poiché rispecchiate entrambe l’essenza pura e combattiva della futura sposa del Re. Però non nego che Penélope rispecchia la tentazione di ogni uomo…» Io e Ariel rimaniamo a bocca aperta, davanti a lui sembriamo due pesci che boccheggiano aria. «Non ci posso credere!», esplode Ariel, muovendo le braccia. «Voi uomini siete tutti uguali, preferitw le ragazze pure ma quando vi si presentano una gatta morta difronte non vedete l’ora di portarvela al letto» Jude la guarda confuso. «E con ciò? È la natura di tutti gli uomini, calmare le loro voglie carnali» Un altro schiaffo. «Jude, mi sei cascato proprio. Davvero trovi interessante Penélope? È troppo orgogliosa, e non gioca ad armi pari, se questo lo vogliamo considerare un gioco» «Qui ognuno gioca con quello di cui più bello possiede, e voi avete il dono di essere vere donne. Dovete conquistare il Principe con la vostra personalità, e vedrete che vi apprezzerà» «E Penélope cos’ha di tanto speciale con cui potrebbe conquistare il Principe e lo stesso Jude?...», fa la mia amica, trattando una posizione pensante. «Ah, già! La vagina!», sputa subito dopo lei. Io e Jude rimaniamo pietrificati dal duo comportamento, non l’avevo mai vista così arrabbiata. Oserei dire anche….. gelosa. «Ariel…calmati», cerco di dire io, appoggiando una mano sulla sua spalla. Ma i suoi muscoli rimangono rigidi e il suo sguardo è glaciale come quello di un iceberg. «Dai retta alla tua amica. Non c’è bisogno di arrabbiarsi se una persona ha opinioni diverse dalle tue», aggiunge Jude, questa volta distaccato tanto quanto lei. Vedo gli occhi di lei farsi due fessure, poi con uno scatto allontana la spalla dalla mia mano e mi guarda. «Scusa, tesoro, vado un attimo ha prendere una boccata d’aria. Non voglio stare in compagnia con persone dove il pudore o l’amore non sta di casa», aggiunge, per poi avviarsi verso l’uscita. La guardiamo svoltare l’angolo, rimango in silenzio, sorpresa. Ancora di più quando Jude sospira rassegnato e mi guarda per l’ultima volta. «Scusami, vado a recuperare la tua amica. Non sia mai che un mostro decide di attaccarla e il Principe non me lo perdonerà mai se non arrivo in tempo», mi afferra agitato una mano e, inchinandosi, ne bacia il dorso. «Col suo permesso, Lady Pearl?», chiese. Io annuisco permettendogli di andare, guardo anche lui scomparire tra la folla, consapevole che è la necessità di salvarla che lo ha portato a seguirla, ma il fatto che vuole parlarle in privato per chiedere scusa. Mi ritrovo sola, in mezzo a tanta gente sconosciuta. Intimorita, cerco di trovare al più presto Isadora, ma non appena vero Sasha che le impara a maneggiare un piccolo arco, decido di non disturbare. Ritorno alla Sala da Ballo, dove una musica gioiosa padroneggia l’intero perimetro della stanza. Mi avvicino a una delle finestre che coronano la parte ovest della Sala, e mi limito a guardare il paesaggio circostante. Fuori il cielo è azzurro, sembra che qualcuno lo abbia pitturato con il pastello, talmente è chiaro, anche se ci troviamo in una zona in ombra. Guardando in alto, i miei pensieri vanno a casa mia, per l’ennesima volta mi chiedo come stanno i miei genitori, se lo spirito di Luca veglia costantemente su di loro. Ritorno ad immaginarmi tra le vie di Aaron, aggrappata ad un ramo di un albero per poi lasciarmi dondolare, le passeggiate insieme a Lily e le rare visite che facevo a mio padre quando lavorava. Lo immagino così intensamente che mi parve reale perfino il sorriso dei miei genitori che mi stanno guardando felici, mentre nella realtà qualcuno si stava schiarendo la gola, alle mie spalle. «Lady Pearl?» Trattengo un grido, quando la pressione di una mano diafana mi congela la spalla. Mi giro a mia volta, rimango sopraffatta dalla presenza del Sovrano. Re Titanium, in pietra e ossa, davanti a me, col più bello dei sorrisi. Deglutisco. «Vostra Maestà….», balbetto, facendo il secondo goffo inchino di quella giornata. «La vostra presenza mi lascia senza parole. Non mi aspettavo che il Grande Re si prestasse in chiacchiere con una ragazza goffa quale sono», aggiungo. Il suo sorriso si allarga. «Lady Pearl, se sono venuto qui è per sapere come state. Vi vedo molto distante a quello che si sta svolgendo in questa Sala», allarga le braccia verso la stanza, sottolineandone la grandezza e lo sfarzo. «Tutto ciò che accade oggi mi riempie il cuore di gioia, il benvenuto che ci avete donato non potrà mai essere paragonato ad altri, e per questo ve ne sarò riconoscente a vita. Ma, sì, Vostra Altezza, volevo concedermi un po’ di tempo per pensare alla mia famiglia.» «Avete ricevuto notizie da casa?» «Certo, ho spedito varie lettere alla mia famiglia e me ne sono arrivate altrettante con le loro risposte» «Ma vi gioirà di più se la loro presenza non sia solo scritta in un foglio, ma divenisse anche fisica» «Vostra Maestà è molto comprensivo», aggiungo, compiaciuta di aver compreso il mio pensiero. «Non le do torto, Lady Pearl, riesco a capire come vi sentite. Accadde lo stesso con me alla morte di mia moglie, solo Dio sa quanto desidero la sua presenza anche in questo momento» «La Regina Martha?» Il suo viso seppur perennemente annoiato, tradiva un velo di sofferenza. «Morta molto tempo fa, ma mi ricordo quella notte come se fosse accaduto ieri» «Anch’io perdetti una persona cara, qualche anno fa» «E potrei sapere chi?» «Certo. Mio fratello, si chiamava Luca. È morto assassinato al suo ottavo compleanno» Notai un movimento impercettibile dei suoi occhi, i quali si allargarono per una fra di secondo, mentre il suo viso mostrava il rimorso e la tristezza di quello che entrambi ci stavamo confidando. Poi il Re fa qualcosa che mi lasci spiazzata, qualcosa che di sicuro non credevo fosse nella sua natura. Sì avvicina a me, e col fare paterno posa le mani sulle mie spalle. Un attimo dopo mi trovo contro il suo dorso, completamente abbracciata. Mi lasciò trasportare, seppur abbastanza spaventata, da quell’abbraccio per me insensato, ma che da parte sua racchiude tutto l’amore di un padre di cui Diamond si rifiuta di ricevere. Ci troviamo dietro una parete, quindi nessuno può vederci, siamo solo io, lui è la nostra importante prima conversazione privata. «Penso che quindi sia vero quello che dicono: sono le persone più buone, quelle che se ne vanno» Mi scosto dal suo abbraccio e nascondo da un lato il viso per impedire che il Re mi veda piangere. «La prego, Maestà», lo supplico, soffocando un singhiozzo. Lui comprende nuovamente. «Hai ragione, mia cara. Perdonami, sono stato nuovamente imprudente» Avvicina la mano al mio viso e io istintivamente mi scosto. «Non sono così cattivo come tutti dicono» Rimango stizzita, incapace se ribattere o meno. Abbasso imbarazzata lo sguardo e lascio che le dita lunghe del Re prendano la lacrima sulla mia guancia. La guarda, sembra studiarla, poi lascia che si assorba tra il polpastrello bianco. «Assomigliate molto a lei…», sussurra tra se. Ma io riesco a sentirlo. Lui si rianima e dal vampiro pensieroso ritorna il Re sorridente di prima. Mi tende la mano. «Lady Pearl, lasciamo che la tristezza scivoli via dai nostri passi con un ballo» Non posso rifiutare, poiché lui è il Re, quindi gli permetto di condurmi in silenzio al centro del salone, dove ora le coppie di sono inchinare al cospetto del Sovrano. Quest’ultimo chiede all’orchestra di suonare una musica più romantica; quando la musica inizia la sua melodia, anche noi incominciamo a danzare al suo ritmo lento e dolce, mentre l’intera folla si era radunata a cerchio intorno alla stanza. ******* Buonasera miei vampiretti!!!! Il Re Titanium sembra essere un sovrano molto comprensivo, eppure a Pearl qualcosa la turba..... Spero il capitolo vi piaccia! Buona lettura vampiretti ❤ Giorgia.

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Capitolo 25
*** Capitolo 22 ***


«Padre, ballate con una mia corteggiatrice? Oserei dire che sono geloso», la voce di Daimon mi accarezza la spalla nuda. Ho un brivido lungo la schiena, quando mi giro il ragazzo è accompagnato da Penélope, la quale sembra atteggiarsi da vera vincitrice. Mi trafigge dalla testa ai piedi, e io non faccio altro che rispondere al suo sguardo. A prescindere se un giorno diventerò Regina o meno, non permetto a nessuno di guardarmi in questo modo solo perché lei ha il fisico più bello o l’ha data a tutti i maschi della sua città. «Geloso di tuo padre, figliuolo?», ride divertito il Re. «Lady Pearl è una ragazza dall’animo puro, non si abbassa a nessuno, tanto meno a Delle oche giulive….», e nell’ultime parole lancia uno sguardo freddo a Penélope la quale si irrigidisce e abbassa lo sguardo offesa. Io? Mi mordo la lingua per trattenere una risata. «Non ho mai permesso di offendere le mie dame di compagnia, tantomeno lo dovrebbe fare il Re in persona», ribatte secco il figlio. «Abbi affetto per il tuo povero padre. Stavo parlando generalmente», si difende. «Ho notato» Sembrano così simili fisicamente, eppure i loro caratteristiche non fanno altro che scontrarsi tra di loro. «Ballate con me, Lady Pearl», mi ordina poi il giovane. Non è una domanda, e se non assume un comportamento più educato non intendo accettare nessun invito. «Vostra Altezza, non me ne duolete, ma in questo momento ho i piedi un po’ stanchi», rispondo assumendo un espressione di finto dispiacere. Le spalle di Daimond si alzano e si abbassano, lasciando intendere che stava controllando la rabbia. «Vi lascio riposare, ma pretendo un ballo con me alla fine del vostro riposo» «Certo, Mio Principe» Soddisfatto, si gira nuovamente verso Penélope. «Tu vai con le tue amiche» Penélope alza lo sguardo sorpresa. «Ma…ma Vostra Altezza, mi avevate promesso un altro ballo poco fa», balbetta, messa praticamente incontro piede. Daimond si avvicina al suo viso e le accarezza una guancia. «Vi prometto un’altra cosa, Lady Penélope, se fate come vi dico», incalza, improvvisamente dolce, ha lo sguardo di un predatore. La ragazza ritorna a sorridere, dopo avermi lanciato uno sguardo vittorioso, si congeda silenziosamente. Ho già detto che la odio? Anch’io faccio la mia parte e lascio che il Re mi dia un baciamano. «Ballate magnificamente. Spero in futuro possiate donarmi un altro ballo identico a questo» «Saranno così tanti che non riusciremo più a contarli» Lui sorrise e mi lascia andare. Cammino felice tra la gente, poiché ho conquistato la fiducia del Re, cosa che non mi sarei mai aspettata. Tuttavia qualcosa mi sfugge? Come può essere così gentile, se è stato lui a creare una guerra infinita. La mente vaga tra mille domande che quasi non mi accorgo di Ariel. Infatti vado a scontrarmi con lei. «Oddio, scusa», la abbraccio dispiaciuta. Lei si appresta a nascondere il viso. Ma io sono stata più veloce di lei nel notare le guance bagnate da lacrime. Sta piangendo. «Ariel, cos’hai?» Lei si volta, mostrandomi lo sguardo imbronciato. «È quello stronzo di Jude! Gli uomini…li odio!», esclama, ma la sua voce viene spezzata da repentini singhiozzi. Non l’ho mai vista piangere, e ciò mi scatena forte dispiacere, ma anche tanta rabbia verso Jude. Cosa ha combinato quel demone? «Mi vuoi raccontare?», indugio. Lei scuote la testa. «Non qui, ho bisogno di distrarmi. Ne parleremo con calma finita la cerimonia, sei d’accordo?», propone, adesso un po’ più rilassata. «Certo, quando vuoi. Lo sai che io ci sono sempre» La abbraccio nuovamente, chiudendo il discorso di Jude. La accompagno al banchetto, mangiamo le ultime pietanze mentre i camerieri ne portavano altre. Gli racconto del Re, della nostra conversazione, e quanto sia in contrasto col carattere del figlio. Ariel conferma la palese diversità tra i due vampiri, tuttavia mi ordina di prestare attenzione anche al Sovrano, dopotutto si tra della stessa persona che ci ha portato alla miseria. Presto anche Isadora si aggrega a noi comunicandoci che aveva nel frattempo imparato a maneggiare una spada e un arco. La invitiamo a mangiare, scoprendo che è veramente affamata. Ridiamo divertite quando la bimba si riempie l bocca di dolciumi, c’è talmente poco spazio nella sua bocca che le guance assumono la forma di due mele. «Cerca di controllarti, scoiattolina, altrimenti ti fa male la pancia», ride Ariel. Isadora prova a controbatte ma quello che ne esce fuori sono solo parole insensate. Passiamo il tempo così, a parlare e a ridere. Infatti il tempo vola quando Daimond ritorna al mio fianco per chiedermi del ballo che ci siamo promessi. «Volete concedermi l’onore?», tende la sua mano verso di me. A questo punto, non ho alcune scusanti, e sono costretta a trovarmi per la seconda volta nel salone, questa volta col vampiro più affascinante e tenebroso che avessi mai visto. Il valzer si accende armonioso e ritmico, e i no passi si apprestano a seguire il ritmo. «Come trovate questo posto?», chiede lui. Rimasta distratta, non mi sono accorta che stava studiando la mia espressione. Lo guardo confusa. «Mmm?» «Il castello è di vostro gradimento?» «Certo, Vostra Altezza, mi piace molto qui» «E io, le piaccio Lady Pearl?» Cerco di trovare un velo di malizia nel suo sguardo, ma non trovo nulla. È serio e attento, come se desiderasse da tanto porgermi questa domanda. E io, in tutta la mia sincerità e imprudenza, mi sento di non mentire. «No. Vi ho già anticipato il profondo odio che ho verso di voi» Lui inizialmente parve sorpreso, il movimento impercettibile dei suoi occhi lo dimostrano, poi scoppia a ridere. «Pensavo che aveste cambiato idea, dopo la nostra prima chiacchierata» «Fu solo una semplice chiacchierata, e questa non può capovolgere ogni sentimento che provo per voi» «E cosa provate seriamente?» «Odio. Semplice e puro odio» Storce le labbra. «Dite che non ho speranze?» Annuisco. «Ditemi, quindi, cosa dovrei fare con voi? Se mi odierete per sempre e sostenete imperterrita che non diventerete mai Regina, che ruolo avreste in tutto questo?» «Nessuno» Mi guarda confuso. «Non vi comprendo, Lady Pearl. Se la mia presenza è indesiderata perché non siete fuggita?» “È quello che mi chiedo anch’io”, penso, sfoggiando un sorrisetto ironico. «Non vi mentirò, fuggire era il mio piano, ma sarei comparsa come una codarda e in più non saprei come sarei riuscita a sopravvivere. Il vostro Regno mi fa….paura» «Ebbene cosa potrei fare per lasciarvi vivere in questo Castello nella più assoluta tranquillità fino al giorno in cui sceglierò la mia Regina?» La guardo intensamente negli occhi, come se quelli fossero l’unica cosa per riuscire ad aggrapparmi. «Dimenticatemi» Guardo il ghiaccio dei suoi occhi frantumarsi, questa volta non rideva più e la verità per lui diventa cruda da accettare. Se con quella sola parola io ho espresso la mia supplica con un solo sguardo, nel suo leggevo lo smarrimento totale, e per la prima volta la paura. La musica finisce, finalmente posso staccarmi dal suo corpo freddo. Faccio un inchino per ringraziarlo, e quando alzo lo sguardo noto un Diamond cambiato. I suoi lineamenti duri della fronte e ai lati del naso svelano la sua rabbia. L’unica cosa di cui avrei dovuto ringraziarlo in futuro è che il suo sguardo non si degna minimamente di volgersi a me, anche se guarda il terreno capto facilmente il fuoco nei suoi occhi. Poi se ne va, senza darmi il baciamano. Lo guardo allontanarsi a passi grandi e veloci verso la Sala del Trono, poi scompare. Ritorno dalle mie amiche che non si sono accorti di nulla. Menomale. Per tutta l’intera giornata non mi preoccupo più di lui, e non ne faccio una colpa, semplicemente perché ho ragione io. Se voglio vivere la mia permanenza tranquilla, meno stavo vicino al principe meglio è. Non lo rivedo più, nemmeno al nostro congedo in tardo pomeriggio: solo il Re ci ringrazia della nostra presenza, augurandoci una buona serata e desiderando di vederci al più presto. Lo saltiamo con un inchino e ce ne andiamo. La Grande Signora ci lascia libere di sfrecciare verso l’uscita, una più elettrizzata dell’altra, e goderci gli ultimi raggi della Stella Luminosa che si appresta col suo lento tramontare a lasciarci alla notte più profonda. Solo quando salutiamo le ragazze per coricarci alle nostre stanze mi accorgo che una né manca all’appello. Penélope. ****** Buonasera vampiretti. Io vi auguro una buona lettura Un bacio, alla prossima!

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Capitolo 26
*** Capitolo 23 ***


Sono sdraiata sul letto, finalmente posso massaggiarmi i piedi, martoriati in quella lunga giornata del ricevimento. Alle mie spalle, Ariel è sdraiata sul mio letto. «Ti rendi conto!!! È un figlio di buona donna!!!» L’insulto scandito verso un soggetto di sesso maschile mi fa intendere che siamo ritornati a parlare nuovamente di Jude, mentre io non riesco a non pensare a come Diamond possa avermi preso in parola, e soprattutto con estrema semplicità, quando lo implorai di dimenticarmi. Senza notare che qualche ora prima mi dimostrava il contrario. Tutto ciò non può che lasciarmi sollevata, fiera di me stessa per averlo lontanato da me. Allora come mai, in un angolino nascosto del mio cuore, questo rifiuto comincia a pesarmi? Decido di accantonare tutto, prestando maggiormente attenzione allo sfogo della mia amica. Mi sdraio accanto a lei. «Che ti ha detto?» «Che la trovava attraente» «Perché, tu non lo sei?» Alza le spalle. «Non lo so. Né mi interessa, non devo piacergli. Anzi, un ragazzo così scontroso è narcisista non lo voglio avere nemmeno come amico. Puah! Mi fa schifo!» «Eppure mi sembrava molto legato a te» «Solo come amica, sia chiaro» Mi sfioro con le dita il mento. «Eppure se siete solo amici, non ti dovrebbe importare quello che pensa delle altre ragazze» In risposta, alza le mani davanti a sé. «Infatti non mi importa. Facesse quello che gli pare con loro. Se le portasse anche a letto. Io non disturberò più i suoi ideali. Se non sa rispettare le donne, vuol dire che non sa rispettare nemmeno me, una sua amica» Spazientita, alza il corpicino esile dal letto e danza fino al bagno, maledicendo Jude al tempo stesso. «Andasse al diavolo lui e chi l’ha creato!», sbatte furiosamente la porta alle sue spalle e qualche secondo dopo sento il rumore dell’acqua riempire la vasca. Nel frattempo, Isadora ha assistito all’intera scena, rimanendo con lo sguardo incantato alla porta, l’espressione di chi non ha capito niente di quello che è appena accaduto. Mi guarda per avere risposte. «Fai finta di non aver sentito niente, d’accordo, tesoro?» Lei annuisce, e ritorna a scrivere la lettera per sua madre. Aspettiamo con pazienza che la no compagna esca dal bagno, per accompagnare la bimba nella stanza. Qui la aiuto a lavarsi, le pettino i capelli morbidi e la lascio coricarsi sotto le coperte. Mentre io sciolgo ogni tensione all’interno della vasca, fuori sento il canto melodioso di Ariel: la ragazza sta addormentato Isadora. Non ho dubbi che la sua voce fosse la più bella mai sentito, non a caso è una sirena. Rido di me stessa, osservando quella ironica osservazione. Finito di pulirmi, profumarmi, e liberarmi i capelli dai nodi creatosi a causa dell’acconciatura, esco dal bagno e finalmente trovo il calore tanto atteso dalle mie coperte. «Pearl?», mi chiama Ariel. «Mmm?» «Grazie» «Di cosa?» «Per avermi ascoltato. Scusa se ho perso le staffe» «Sei una ragazza rispettosa, e non ti biasimo se anche tu pretendi rispetto. Ariel, lo sai che io ci sarò se per voi. Non devi ringraziarmi» «Ci sarò per te anch’io quando ne avrai bisogno. Buonanotte» «Buonanotte, pesciolino», sussurro. Poi scoppio a ridere. Mi piego in due, meravigliata di quella spontanea ilarità. Non passa molto che un cuscino mi colpisce la schiena, e il tessuto mi schiaffeggia il viso. «Pesciolino a chi?!». Ariel è scesa dal letto. Non ho il tempo di difendermi che lei salta sul mio letto e riprende la carica con un altro cuscinetto. Il trambusto fa svegliare la povera bambina, la quale non rimane imbronciata, ma si unisce anche lei nella lotta di cuscini. Il giorno seguente ci sorprende danzanti fiocchi bianchi che cadono silenziosi sul cortile superiore del castello, coprendo i tetti e di conseguenza l’intera vallata. A svegliarmi è l’urlo eccitato di Isadora, la quale si è alzata prima, scoprendo il meraviglioso spettacolo. «La neve! La neve!», mi urla all’orecchio la bambina. Mugugno qualcosa, infastidita dalla mia piccola sveglia squillante. Infine, quando capisco che i gridolini non sarebbero finiti finché non ci avrebbe visto tutte e due alzate dal letto, scosto finalmente le coperte. Maledizione! Per una volta che possiamo dormire fino a tardi. Sgrano gli occhi quando scopro che quello che sta cadendo sopra le nostre teste è soffice neve. È stupendo. «È come se le stagioni qui si fossero capovolte», dice meravigliata Ariel, guardando verso l’alto. «Ad Aaron è primavera. Qui invece è inverno», aggiungo. Anche il balcone è velato di bianco. Rimango Impalata a guardare ogni angolo della fortezza diventare mano a mano sempre più chiaro, finché un vento gelido mi fa tremare le ossa. «Dobbiamo metterci qualcosa di caldo, se vogliamo uscire», avverto, entrando in camera I miei passi avanzano verso l’armadio, ma i miei occhi hanno già captato qualcosa di chiaro prima di poggiarsi verso l’enorme mobile in legno. Ritorno a guardare dalla parte opposta, e scopro che un vestito in pelle bianca è adagiato sul mio llett, i suoi peli bianchi e soffici si spostano ad ogni soffio d’aria. Senza spiegarmi come cavolo ci fosse finito lì, lo afferro e studio l’indumento. È un vestito lungo, interna ricoperto di pelo bianco di animale (o così sembra), a maniche lunghe. La gonna cade fino ai piedi, dal giro vita partono piccoli brillanti che a occhio sembrano gocce di pioggia, fino all’estremità della stoffa. Sono sollevata nel constatare che quest’oggi ci hanno permesso di mantenerci in salute. Ai piedi del letto, accompagnati assieme al vestito, giacciono un paio di saldati eleganti, del medesimo colore, alti fino alle ginocchia e con pelo caldo al suo interno. Per non mancare un mantello. In questo modo ci saremmo mantenute abbastanza calde. «Devo dire che hanno pensato proprio a tutto», sorrido, tra la meraviglia e il compiacimento, rivolgendomi alle ragazze. Anche loro hanno il mio stesso identico vestito, con la differenza che oltre alla tinta bianca i loro vestiti hanno una sfumatura azzurra per Ariel e rosa per Isadora. I saldali sono della stessa tinta delle sfumature, mentre i loro mantelli bianchi come il mio. Indosso il vestito, perfettamente aderente al corpo, e lascio i capelli sciolti, rimasti ancora ondulati per l’acconciatura della scorsa giornata. «Copriti bene, non voglio che ti prendi un malanno», dico alla bambina, mentre le pettino i capelli. Lei annuisce, in silenzio si lascia spazzolare. Dopo qualche minuto Ariel esce dal bagno con lo stesso chignon di ieri, e possiamo dirci finalmente pronte. Usciamo, elettrizzate come tre bambine e raggiungiamo il cortile dove molte altre stanno già facendo confidenza tra di loro. Sasha è una delle prime a venirci incontro. «Buongiorno ragazze!» «Ciao», rispondiamo io e Ariel in coro. «Mi insegni a scagliare le frecce con l’arco?», la incita Isadora, senza pensarci un secondo. «Tesoro, hai fatto già abbastanza ieri, non credi che Sasha sia stanca?», dico io. Sasha, prima che la bimba cominci a ribattere, interviene. «Pearl, non ti preoccupare, sarò ben felice di insegnargli qualcosa», poi si inginocchia davanti a Isadora. «Ora però meglio stare molto attenti in questo Castello. Ma ti prometto che un giorno, lontano da queste mura, ti insegnerò tutto quello che vuoi» La bimba la abbraccia, speranzosa che quel giorno arrivasse. Ci raduniamo insieme alle altre ragazze, parliamo del più e del meno. Facciamo amicizia con un’altra ragazza della nostra età, indossa sempre una treccia attaccata alla testa che ricade fino alla vita, i cappelli sono di un biondo cenere, io viso tondo, il nasino piccolo, gli occhi minuscoli ma con riflessi che vanno dal castano chiaro fino al verde, la fanno sembrare una bambina dell’età di Isadora. Solo la sua corporatura abbastanza formosa e alta, ci inganna. Stringo la mano della ragazza. «Pearl Howard», mi presento. Il viso della ragazza si illumina, mostrandomi un sorriso a trentadue denti. «Il piacere è mio, Lady Pearl. Mi chiamo Sarah», ricambia, lasciandoci stringere la mano cicciottella. Quando anche le mie compagne di stanza si presentano, mi avvicino alla ragazza per farle un po’ di compagnia. Per me è un bene parlare con altre ragazze, ciò mi permette di conoscere molto più il mondo in cui vivo, dato non sono mai uscita da Aaron. E inoltre fare nuove amicizie non è mai un male. «Da dove vieni, Sarah?», chiedo, sedendomi accanto a lei sopra la fontana. Seppur il mio sedere appoggi sulla neve fredda, il mantello sembra dare lo stesso calore del sole quando è estate, questo mi permette di stare ben riscaldata. «Vivo a Blume, proprio di fianco alla mia nazione c’è Mermaid» «Quindi…Blume, se non erro, sta per….» «Fiore», anticipa lei, nello stesso momento in cui concludo la frase. «Esatto» «E scommetto che la tua particolarità è quella di controllare la natura» «Sí, ho questo amore innato per la natura fin da quando ero bambina. Mia madre mi ha partorita in un campo di fiori, sai? Sono l’unica della famiglia che ha questo potere: le altre particolarità dei miei genitori se ne sono andate quando ancora non ero nata. Sicuramente per la guerra.» «Certo, la guerra porta dolore e distruzione. Tutta la felicità viene spezzata via e ciò ci fa sentire inutili, quindi il poter se non va», aggiungo io, guardando la comitiva di ragazze, Ariel che parlava con Sasha e Isadora. «E questo luogo non è da meno», aggiunge Sarah. «Qui la natura è spenta, sembra morta, e con la maggior parte di essa non riesco ad avere nessun contatto. Mi sento vulnerabile.» Infatti, guardandola bene, mi sembra molto dimagrita: riesco a notarlo dagli zigomi e sale mani. «Noi due siamo ugualissime, sentiamo la sofferenza del nulla, della vita che non c’è, e questo non fa altro che indebolirci ogni giorno di più» Si avvicina, cingendomi le spalle. «Pearl, almeno il tuo potere si collega anche alla salute delle persone che ti circondano, oltre alla natura. Io ho solo quest’ultima come ancora di salvezza, e di natura viva ne vedo poca. Sto soffre insieme a lei» Il mio corpo si pietrifica, quando capisco cosa mi sta dicendo: la ragazza si spegne poco a poco, meno vita naturale dominava questo inferno e più possibilità di morte c’è per lei. Se non sarà il Principe ad ucciderla, lo farà la natura stessa. Entrambe sono collegate tra di loro, se una muore, lo farà anche l’altra. E questo periodo invernale non aiuta di certo la sua salute. Per confortarla, nonostante in questo momento sia difficile confortare anche me, la abbraccio. «Sarah, devi stare tranquilla. Sei in buone mani. Ti aiuterò io» Sì scosta dall'abbraccio, chiaramente impaurita. «Sei impazzita? Sai cosa potrebbe fare il Principe se ti scopre aiutare una di noi? In questo posto dobbiamo imparare a cavarsela da sole» «Poco mi importa del Principe. Come ho salvato Isadora, posso salvare anche te. E non sarà di certo un mostro con le zanne a impedirmelo» Abbassa lo sguardo, sconsolata. «Lui può. Lui può fare tutto» «Non riesco a vedere una ragazza soffrire» «Sai cosa ti farà, vero?» Un brivido di terrore mi percuote la schiena, immaginando le varie torture a cui mi sarei sottoposta. «Lo so, ma non me ne importa» «Non dire questo, quando leggo il terrore nei tuoi occhi» Annuisco. Lasciamo che i nostri sguardi perlustrano il territorio innevato, nel silenzio totale, interrotto dalle risate e qualche palla di neve, alla fine è Sarah a parlare per prima. «Chissà come sta pensando Vincenzo?» «Vincenzo?» Lei mi guarda, arrossendo. Non si è accorta di aver parla il suo pensiero. «Oh… il mio ragazzo» «Hai in ragazzo?» Annuisce. «Mi ha visto mentre mi portarono via. Mi promise che al mio ritorno, semmai ci sarebbe stato…», i suoi occhi castani iniziarono a luccicare. «Lui, ecco….mi avrebbe sposato. Io gli promisi di conservare la mia verginità, o per lo meno di tentare. Gli promisi soprattutto che non sarei morta, che avrei lottato», la frase cadde in un pianto disperato. Ora riesco a notare la fragilità e la paura di questa ragazza, nonostante voglia apparire forte e combattiva. La abbraccio, accarezzandole la schiena. «Calmati, Sarah, vedrai che riusciremo a trovare una soluzione» «Temo per la mia vita. Ho paura di tornare a casa mia. Ogni sera sono più convinta che non rivedrò più Vincenzo», singhiozza. «No!», le sussurro dolcemente. «Ascolta, io farò tutto ciò che è in mio potere per salvarti. C’è la metterò tutta, tu resisti. Okey?» Annuisce, asciugandosi le lacrime. Aspetto che si calmi, poi ritorno a parlare. «Il Principe non mi fa paura», aggiungo. «Vorrei tanto che tu non rischiassi la tua vita per me» «Che vuoi che sia un braccio rotto o un piede ingessato? Sapessi come ero ridotta tutte le volte che mi lanciavo dagli alberi» Ride di cuore. «Sei una ragazza ribelle» «Abbastanza» «Non smettere, non farti calpestare da nessuno. Non permettere mai a nessuno di comandarti» Annuisco, convinta che avrei fatto di tutto pur di non lasciar morire questa dolce ragazza. Questo è il nostro primo giorno libero. Il pomeriggio ci passano a consegnare il pranzo a casa. La tavola è imbandita di ogni pietanza calda, adatta per questo clima freddo. Sul tardi, scrivo le lettere che avrei consegnato il giorno dopo alla mia famiglia e alla madre di Isadora. Consolo loro dicendo che va tutto bene, che soggiorniamo in un appartamento elegante e confortevole, aggiungo inoltre che da domani inizierà il mio vero lavoro e che ho iniziato a conoscere molto di più le altre ragazze sopravvissute. Non sono sola. Prima di cena, affacciata al balcone nella camera, vedo il portone spalancarsi. Un secondo dopo una figura slanciata e tinta di rosso esce fuori, calpestando a passi veloci la neve. È Penélope. Giusto, non si è vista dalla scorsa sera, sicuramente i due piccioncini si sono dedicati molto tempo a pomiciare nel letto reale. Lei non si accorge di me, fila dritta al suo appartamento con aria sognante, e fiera di aver compiuto il suo lavoro. Certo, si starà immaginando l’abito nuziale, la corona impreziosita da gemme preziose, il trono di cui siederà per il resto dei suoi patetici giorni. Bè, buon per lei! Divenendo Regina, avrà anche il vantaggio di andare a letto con gli stallieri. Rido sommessamente a questa osservazione. La cosa non mi fa preoccupare, de infine sarà condannata alla barriera, è affar suo. Ritorno in camera per farmi un bagno caldo. Uscita dalla vasca corro in vestaglia nel salotto dove Ariel e Isadora stanno già assaggiando la minestra. «Sei in ritardo», mi avvisa Ariel, non appena scendo dalle scale a chiocciola. Come mai questa frase ha quel tono materno? Per un secondo sembra di non essermi mai allontanata da casa. «Ero assorta nei miei pensieri», rispondo. «Cosa c’è di buono?», chiedo, guardando ogni buona pietanza fumante arricchire la tavola. «Tutto», risponde la bambina. Rido appena. Ovvio: cos’è quel cibo che non fosse buono? Prendo anch’io la minestra. «Poco fa ho sentito Penélope entrare», aggiungo un quarto d’ora dopo. «L’ho sentita anch’io», aggiunge Isadora. «Finalmente è uscita dal pollaio», boccheggia. Scoppio a ridere, rischiando di soffocarmi con l’acqua. Anche Isadora partecipa, ma con un espressione confusa. È ancora una bambina e certe cose non le sa. Menomale. «Per me può ritornare tutte le notti che vuole. Il pollo è libero, non sarò di certo io la prossima gallina» Ariel ride. ****** Hola miei vampiretti! Iniziamo questo ritorno alla scrittura con una bella influenzaaaaaa! Yeeeeee! Voi come state? Come avete passato le vacanze? Sono curiosissima ❤ Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, se vi piace! E seguitemi! ❤ Ora vado a riposarmi un pochino, altrimenti la febbre non passa ❤ Vi mando un bacione grande, a presto vampiretti! Giorgia

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Capitolo 27
*** Capitolo 24 ***


Anche questa sera sogno i miei genitori: ritorno al nostro addio, alla sensazione di soffocamento durante il vagone, ed è in questo preciso istante che di fianco spunta una figura familiare. E' un bambino. E' "Nessuno". Che fosse venuto in sogno per salutarmi? Allora è vero: è morto durante la guerra. Dio, quanto mi manca il suo profumo, quanto mi manca le sue carezze e i suoi baci. Il bambino dai capelli scuri si inginocchia accanto al mio corpo sofferente, mentre io lo guardo smarrita, ignorando quel senso di soffocamento che mi sta mano a mano uccidendo. Lui mi sorride, un sorriso familiare. "Non ti farò del male", dice. Lo guardo stranita. "Nessuno....Aiutami....Soffoco...", ansimo. Il suo sorriso si allarga per poi scomparire. Non lo vedo più. Studio tutto il perimetro del vagone ma della sua figura non ne è rimasta nemmeno l'ombra. Presa dal panico, mi avvicino alla porta. Sbatto in continuo, ma Ariel non mi sente. "Aiuto! Ariel, Jude, Isadora, aiutatemi!", urlo, ma dalla mia gola esce un filo di voce, contrastato con il rumore fastidioso del treno in corsa. Graffio il portone ma niente, sbatto, mi dimeno, urlo, aspetto....ma niente. Sembra essere trascorsa un eternità, poi le forze si fanno sentire meno, mi sento stanca e le palpebre mi calano. Sono consapevole di star sognando, ma la mancanza d'aria è talmente realistica da farmi tremare di paura. Ho paura di morire nel sonno. Tutto il mio corpo trema, sento freddo, le spalle si gelano. Il mio corpo si solleva, è una sensazione piacevole. L'aria mi culla come se fossi una piuma. "Non ti farò del male", sussurra una voce al mio orecchio. Riapro appena gli occhi impastati e scruto il viso scolpito di Deamond. I suoi capelli corvini mi accarezzano la fronte sudata. Mi irriggidisco, ma non voglio urlargli di lasciarmi in pace, non ne ho la forza. Semplicemente mi abbandono tra le sue braccia, mentre lui continua a ripetere come una ninna nanna il mio nome. "Pearl....Pearl...." ####### "Pearl, svegliati!!!!" Apro gli occhi e scatto dal letto. "Si, cos'è....Cosa è successo?", ansimo, ho il respiro pesante. Sembra che abbia appena corso in una maratona. Isadora e Ariel mi stanno guardando con la fronte corrugata. "Stavi chiamando il mio nome, quello di Isadora e di Jude", risponde la mia migliore amica. "Si può sapere cosa stavi sognando? Hai sfasciato tutto il letto...", continua. Mi asciugo la fonte bagnata, ancora palesemente confusa. Non riesco a scostarmi di dosso quella terribile sensazione di soffocamento. "Ho...Ho avuto....", butto fuori aria per calmarmi. "Penso di aver avuto un incubo" "Fin qua ci sono arrivata anch'io", risponde, sarcastica. "Ho sognato di soffocare nel vagone, come quella sera che mi trovasti svenuta nel treno, ricordi?" "Sì, e quindi?" "Be'...non è una bella sensazione sentirsi soffocare. È come un pesce fuori dall'acqua" D'istinto la ragazza si porta una mano alla gola. "Capisco..." Isadora non dice niente e si coccola accanto a me. Dopo qualche minuto di silenzio, scopro che ancora è notte fonda. "Chissà quante ore ho dormito", dico tra me e me. "Sono solo le sei e un quarto. Ma penso che la neve penserà a scurirci l'intera giornata" Guardo oltre le portefinestre e scopro il cielo ancora avvolto nel buio. "Mancano due ore alle otto. Pensi che riuscirai a dormire un altro po'?", mi chiede Ariel preoccupata. Scuoto la testa. "Dopo questo incubo? Non credo proprio. Ma tu dormi pure, io rimango nei dintorni. Non riesco a stare al letto", rispondo. Sposto le coperte bagnate di sudore e mi porto il mantello alle spalle. Ho bisogno di aria fresca. "Fai come vuoi, ma stai attenta ti prego", aggiunge Ariel, prima di addormentarsi. La salutai con un sorriso e scesi al piano di sotto. "Per quanto io prova a stare attenta, sono i guai a venirmi incontro", brontolo. Però devo ammettere che anch'io do del mio meglio per far si che questi guai si scontrano con me. Ho un bel caratterino. Ora, credo che una persona normale, in ciabatte, con una vestaglia e sono un mantello peloso al petto addosso, non si azzarderebbe ad uscire quando fuori la temperatura è meno di zero gradi, ma io la normalità non so dove sta di casa, quindi apro la porta e la chiudo alle spalle. La neve fortunatamente non mi arriva a bagnare i piedi, quindi posso camminare con facilità. "Avevo proprio bisogno di uscire. Dentro non riuscivo a respirare" , dico a me stessa. Scosto la neve in una delle panche del cortile e mi ci siedo sopra. Davanti a me la fontana è ricoperta di bianco, e l'acqua si è trasformata in ghiaccio. È bellissima. Inoltre avendo gli occhi chiari ho la fortuna di vederci chiaro la notte, per questo ogni mattina è mia abitudine svegliarmi presto ed ammirare la natura addormentata. Sto bene quando mi ritrovo sola: posso dare sfogo ai miei pensieri, e nessuno mi può disturbare. "Che ci fate voi qui?" Come non detto... "Sto guardando la fontana, mio principe", rispondo, su di giri. Si avvicina e osserva anche lui l'ammasso di pietra ghiacciato. "E cosa avrebbe di così affascinante questa fontana da lasciarvi incantata?" "Non capita anche a voi che quando si pensa, inconsciamente si guardi un punto fisso, Maestà?" Il vampiro si siede al mio fianco. "Naturale..." Non rispondo, ho solo voglia di far finta che non esista. "E a cosa stavate pensando?", esita dopo qualche secondo. Silenzio. "Non rispondete?" "Semplicemente perché non sono affari vostri quello che mi passa o meno nella testa", sputo, guardandolo male. "Però mi lasciate basita. Non vi avevo chiesto di dimenticarmi?" "E' difficile dimenticarmi di un caratterino come il vostro, Lady Pearl" "Non è una risposta sensata", mi alzo infastidita. "Se è il mio caratterino che volete dimenticare, statemi alla larga". Sto correndo verso l'entrata di casa, ma la sua figura mi barra la strada. "Basta...", urlo tra i denti. "Lo sapete già l'effetto che mi fate. Non riesco a starvi lontana" "Se è il mio sangue che volete, tappatevi in naso" Scoppia a ridere. "Siete incredibile! Non è il vostro sangue, seppur non nego che siete davvero allettante. Ma siete voi, quello che siete" "Be' allora vi consiglio di aprire gli occhi, perché ci sono molte altre ragazze migliori di me" Fa un passo avanti. "Non come voi, Lady Pearl" Deglutisco: è troppo vicino, e solo ora mi accorgo di un suo particolare: le sue iridi sono tinte di un rosso cremisi. Non l'ho mai visto sotto questo aspetto e devo dire che non è dei più piacevoli. "Lasciatemi in pace". Lo scanso e mi avvicino alla porta, ma prima di aprirla lui mi ha già afferrato da sotto il braccio. "Pearl non ordinarmi qualcosa che non voglio fare", insiste, spazientito. Faccio un lungo sospiro e poi mi volto. "Che cosa volete allora? La mia verginità, il mio sangue, o per caso il mio amore? Allora vi dico di lasciar perdere, perché solo un mostro senza cuore come voi potrà amarvi. E di certo non sono io" Stringe la presa fino alle ossa. Mi irrigidisco per il dolore. "Non è con il potere che riuscirete a sottomettermi. E di certo non è questo il modo di corteggiare una ragazza!" Molla la presa, accorgendosi che ha usato troppa pressione. "Io sono questo e dovrai accettarmi così come sono" "E io sono questa, e Pearl Howard non cambierà mai", incalzo a brutto muso. "Abbiamo due caratteri diversi, Maestà, non saremo mai Re e Regina" Tutto questo non lo colpisce, anzi: le sue labbra si curvano in un sorriso, un sorriso malvagio che non promette nulla di buono. "Lo vedremo Pearl", così dicendo si allontana e qualche metro più in là sparisce. Rimango interdetta guardando il vuoto, cercando di trovare un senso alle sue ultime parole. ****** BUONA SERA VAMPIRETTI!!!! La nostra protagonista ha fatto in incubo davvero strano, cosa significherà? In più ha avuto un altro scontro con il principe, che sembra essere incerto sul lasciarla in pace o continuare a perseguitarla. Se ci saranno eventuali errori, più avanti correrò a rimediare! Voi fatemi sapere se vi piace, e lasciatemi qualche commento! A presto miei vampiretti, e buona lettura!

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Capitolo 28
*** Capitolo 25 ***


Sono le otto del mattino e non ho dormito. Riflettevo sul sogno e sul battibecco avvenuto qualche ora fa, ma ho la mente troppo occupata per elaborare il tutto. So cosa succederà in questa giornata e devo solo concentrarmi su essa. Io e le ragazze ci vestiamo degli stessi abiti indossati al ricevimento, sotto ordine della Grande Signora, le tre donne velate di nero entrano come loro solito improvvisamente nella nostra stanza e ci aiutano nel trucco e parrucco. Una volta finito mi guardo allo specchio e noto che il fondotinta non è riuscito a coprire perfettamente le occhiaie violacee di questa mattina. Ma poco mi importa, non voglio piacergli, quindi va bene così. Facciamo colazione alla svelta e una volta uscite ci uniamo al gruppo. È freddo, ma abbiamo preso i mantelli per ripararci dal gelo. Come dico sempre: "Dal collo in su è tutta testa" "Questo è il vostro primo giorno come corteggiatrici", incomincia la Grande Signora. "...perciò esigo rispetto e ubbidienza verso il vostro principe. Se vengo a sapere che una di voi ha trasgredito qualche regola, sarà punita severamente". Ci da le spalle e si avvicina al portone, mentre noi la seguiamo in silenzio. Tra le teste delle fanciulle noto quelle di Sarah e Sasha, stanno vicine, a qualche metro di distanza da noi. Come sempre sono affiancata da Ariel, mentre nell'altro lato Isadora mi stringe con forza la mano. Trema come una foglia, e anch'io fremo al solo pensare cosa può fare alla bambina. Saliamo al secondo piano tramite delle scale a chiocciola nascoste da una tenda e situate in un buco di roccia scavato nella parete, che terminano dopo il lungo corridoio del piano terra; quest'ultimo dedicato completamente agli ospiti e alla servitù. Al secondo piano ci troviamo catapultate in ampie stanze, la maggior parte di queste senza le porte, dalle foto di Daimond capisco che questo è il suo piano. Perfino la sala pranzo è ampia, situata ad ovest, rettangolare; al suo centro un tavolo di quercia lungo chissà quanti metri, e il fulcro di questa stanza è il gigante camino che ne riscalda tutto il perimetro. Tutto è semplicemente spettacolare, inoltre i caratteri sgrotteschi, medievali, i colori caldi, e il profumo antico che si percepisce in ogni parete lascia tutti senza fiato. Per un attimo mi sento come se partecipassi ad una gita guidata e mi dimentico di tutto. L'incantesimo finisce quando vado a sbattere contro una ragazza. Non mi sono accorta che ci siamo fermate. Quest'ultima si gira infastidita. "Ehi, guarda dove cammini, pivella!" Spalanco gli occhi, ma non emetto un suono. Ci rimango male. Tutto quello che riesco a dire è un "scusa" soffocato dall'imbarazzo. Ho capito che non tutte sono gentili come Ariel, Sasha e Sarah, ma che fossero così perfide proprio non me lo aspettavo. Solo quando la ragazza si volta verso Penelope ed entrambe ridono divertite, sicuramente non ho una bella espressione, capisco che è una delle oche giulive della bionda. "Silenzio laggiù!", tuona la voce della Signora. "Il principe non è presente in questo momento, ma presto ci raggiungerà. Pertanto ci ha dato il consenso di entrare nel suo alloggio. Quindi seguitemi e ascoltatemi una volta entrate" Apre il portone che da allo studio del principe, poi si fa da parte per lasciarci entrare. Come per tutte le altre stanze, anche questa non tradisce la bellezza. Prima di tutto è molto ampia, rettangolare anch'essa. Al centro un enorme letto a baldacchino in legno, a due piazze, affianca la parete sinistra; a destra invece notando le portefinestre coperte da tende in tessuto nero, mi lascia intendere che all'esterno ci sia un balcone. Anche qui, come nella sala da pranzo, il camino è grande e riscalda la stanza, incastrato dalla parete di pietra, parallela all'entrata. Ci sono mobili, armadi, una scrivania con specchio e una sedia, tutto in legno ed estremamente confortevole. I colori sono gli stessi toni caldi, contrastati con dei decori freddi, che riempiono le pareti del palazzo. Ho tutte le ragioni del mondo per provare invidia a questo ragazzo: al confronto a questa roba, la nostra stanza sembra uno sgabuzzino. Seppur bellissimo. La cosa goffa e che mi lascia smarrita è la presenza di una poltrona in pelle posta ai piedi del letto, mentre ai due lati parte una fila verticale di cuscini rossi. E delle candele profumate sono sparse in tutto il luogo, regalando un atmosfera "romantica". Anche se in questo contesto di romantico non c'era niente. Ci riuniamo in cerchio insieme alla Signora e la ascoltiamo parlare. "Presto il principe arriverà, ho riferito a lui medesimo le passioni e le particolarità ad ognuna di voi, quindi se vi chiede di fare qualcosa, fatelo, che sia suonare, cantare, danzare e recitare. Non dovrete mai opporvi. In questa stanza c'è tutto quello che vi serve, quindi non temete se pensate che sia sprovvista di ciò che avrete bisogno. Non disubbidite, siate accondiscendenti, anche se ci sarà un eventuale richiesta di rimanere nel suo letto per la notte" Aggrotto il naso per il disgusto. Che schifo... "Dovrete posarvi sui cuscini in questo modo", la vecchia si avvicina ad uno dei cuscini e si inginocchia sopra di esso. La schiena diritta, sguardo basso, mani adagiate sulle gambe un po' distanziate l'una dall'altra. Passato un minuto si rialza per guardarci. "E non dovrete mai guardarlo, se non sarà lui ad ordinarlo" Tutte annuiamo allo stesso momento. La Grande Signora sorride soddisfatta. Per la prima volta un sorriso, uno vero. Quei sorrisi che ti fanno illuminare gli occhi. Sicuro starà pensando di quanto il principe potrà essere orgoglioso di questa povera megera. "Ora prendete ognuna i vostri posti. Vostra Maestà sarà qui a momenti", ordinò la donna. Silenziosamente ci inginocchiamo sui cuscini, nella posa che ci ha mostrato la strega poco fa, e abbassiamo lo sguardo. Isadora è tra me e Ariel. La guardo di sottecchi e le sorriso rassicurandola, e sembra che quest'effetto le abbia calmato il tremolio al corpo. Rimaniamo in silenzio per svariati minuti, tanto che non riesco più a stare diritta, ma basta un "Sta arrivando" della bambina che ritorno in posizione corretta. Nello stesso momento qualcuno apre il portone d'entrata. Passi svelti di Diamond echeggiano per tutta la stanza, ogni suo passo è il doppio battito del mio cuore. E il suo profumo mi fa girare la testa. È delizioso, non vorrei più farne a meno. Sento un sospiro nell'aria, poi i passi della Grande Signora che avanza verso l'uscita, ma questa non si trova nemmeno a metà strada che i miei occhi la vedono scomparire in un battito di ciglia. Mi chiedo se non fa la stessa cosa mentre dormiamo di notte. Il principe intanto sta facendo una perlustrazione di ognuna di noi, non è un caso infatti che quando si trova dietro di me, indugia per molti secondi. Secondi che passano troppo lentamente. "Se disubbidite, sapete la punizione che vi aspetta", la sua voce melodiosa rimbomba tra le pareti, facendomi sussultare. "Non fatemi diventare cattivo. Ho già ucciso abbastanza in questi giorni. Sono stato chiaro?" "Sì, Vostra Altezza", rispondiamo in coro. Perché ho come l'intuizione che sta sorridendo? "Bene, ora ho voglia di musica. Qualcuno di voi sa suonare?" Prontamente, io e un'altra ragazza alziamo le mani. "Alzatevi e avvicinatevi", ordina. Ubbidiamo, e mi ritrovo affiancata alla compagna di Penelope, inginocchiata davanti al principe. "Ripetetemi i vostri nomi, e fatemi il piacere di ricordarmi quale strumento sapete suonare" "Vostra Altezza, il mio nome è Emilie Leroy. Suono ogni tipo di flauto" "Sai fare qualcos'altro?" La bruna, presa alla sprovvista, deglutisce. "Ehm...No, Vostra Grazia" "Pff...insignificante umana", commenta. Sono convinta che in questo momento la sta guardando con astio. Eppure da tutto ciò riesco a sorridere vittoriosa. Avrei voluto avere lo stesso tono per rispondere male a questa ochetta, se solo ne avessi avuto la possibilità prima. Diciamo che il principe mi ha fatto un favore. "E tu cosa suoni?", chiede lui, indicandomi. "Mi chiamo Pearl Howard, Vostra Altezza, e riesco a suonare l'arpa" "E..?" "So ballare la danza del ventre" "Mmm...allettante", esclama tra lo stupore e l'eccitazione. Me lo trovo improvvisamente davanti, mentre il suo pollice mi costringe ad alzare il mento. Ci scontriamo con lo sguardo, mare in tempesta contro ghiaccio, e mi sento mancare il respiro. So di averlo visto due ore fa, ma inconsapevolmente ho sentito la sua mancanza; in un angolo del mio cuore. Mi sono mancati quegli occhi familiari, quel viso familiare, queste carezze familiari. Di certo è stato un mio angelo del sogno, qualche tempo fa, eppure mi sembra strano che un sogno possa diventare realtà; di solito io e la sfortuna andiamo a braccetto. "Suona per me", e più che un ordine mi parve un invito. Annuisco e mi alzo. Intanto la bruna era ritornata accanto al suo leader, imbronciata e piena di tristezza. Dopo pochi minuti, fortunatamente la trovo. La afferro con tutte le forze, immaginando, che il suo peso non è tra il leggeri, invece mi accorgo che mai nessuna intuizione fu sbagliata di questa. È leggerissima, come se tenessi in mano un ramoscello. Una fatica in meno. Quando ritorno indietro, il vampiro ha già posto una sedia accanto alla poltrona. Mi siedo in silenzio, lo sguardo di lui mi studia attentamente, e incomincio a pizzicare le corde. "Perfetta, Lady Pearl, davvero perfetta", si congratula lui, rilassandosi sullo schienale. Sorrido di rimando. La musica prosegue lenta e melodiosa, e tramite la melodia si apre una porta che va a collegarsi con i ricordi del passato: le carezze di Nessuno, i suoi baci, e per non parlare dei nostri incontri durante la notte. Ci incontravamo sempre al fiume: il nostro luogo segreto, e lì potevamo parlare e fare di tutto. Non avevo paura del buio se c'era lui. "Che cosa stai suonando?", chiede lui, alterato. La rabbia del vampiro mi costringe a fermarmi e guardarlo in faccia. Sì, è chiaramente infastidito, lo noto nel suo sguardo. "Ehm...una melodia. Non le piace, mio Signore?", rispondo io, incerta. "Non rispondere ad una domanda con un'altra domanda", esclama. Abbasso lo sguardo, spaventata. Il suo sguardo è troppo cattivo per riuscire a reggerlo. "Mi scusi" "Rispondimi, ragazza!", grida vicino al mio orecchio. Stringo gli occhi per la paura. "Una melodia....", balbetto. "...che mi insegnò una persona anni orsono" I muscoli del principe si irrigidiscono. "E chi è questa persona?" "Un amico di molti anni fa" Si raddrizza di scatto. "Ti ha deflorata?" Lo guardo imbarazzata. Come può farmi una domanda simile con una decina di ragazze davanti a noi? "Le giuro su tutto quello che ho di più caro, Vostra Grazia, che nessun uomo mi ha mai permesso di deflorarmi, nemmeno con la violenza", rispondo diretta. Le guance sono rosse dalla rabbia. "Non posso mai saperlo se non faccio degli accertamenti", ribadisce. Ancora! Ma è serio?. "Mio Principe, la Grande Signora mi ha già controllato intimamente, molto prima di essere smistate nelle nostre camere. Quindi non vedo il motivo per cui dovrei fare un altro controllo", ribatto in mia difesa. "Chi può dirlo che non l'hai fatto con qualcuno durante le tue passeggiate mutatine", interviene la bruna. Al solo sentire la sua voce, provo fastidio. Quanto vorrei chiudergli la bocca. "Stai zitta, puttana! E pensa alla tua reputazione. Avrai visto più membri maschili tu che questa fanciulla", la rimprovera il vampiro, mostrando i denti. Ma non è questo a lasciarci di pietra, se non il ribollimento che uscì dalla sua bocca sotto forma di ruggito, e i suoi occhi improvvisamente rossi una volta che ritorna a guardare me. "Ad ogni modo, preferisco controllare" Serro i pugni per la rabbia. "Può chiederlo alla vostra balia, Signore, io le giuro..." "Non credo ai tuoi giuramenti, sfacciata, se mi avete appena detto che questa canzone vi è stata dedicata da un amico", ruggisce. "E con ciò? Questo non vi riguarda" "Oh, sì, tesoro. Mi riguarda eccome" La sua minaccia mi lascia nuovamente confusa. Che cosa gli importa del mio passato? Perché deve trovare una scusa banale per torturarmi. "Mi avete ordinato di suonare, io per vostro piacere l'ho fatto, ma se non desiderate più la mia bravura allora vi invito a chiamare qualcun'altra" "Era il vostro ragazzo?", chiede senza pensare. "Come?", lo guardo stranita. "Sei sorda? È stato un vostro vecchio compagno che vi ha dedicato una cosa?", nelle ultime parole sento tutto il suo disgusto stordirmi la mente. Non ha nessun diritto di descrivere la "nostra melodia" come "una cosa". In un attimo sono in piedi davanti a lui, guardandolo con astio. "E se anche fosse?", chiedo, sfidandolo. Per una frazione di secondo i suoi occhi si spalancano, e tace sorpreso mentre io aspetto una risposta. Dietro di noi si sente uno sbuffo. "Avete visto? È una bugiarda!", urla la bruna, orgogliosa, indicandomi con il dito. "Attenta a come parli, nullità", la fulmina Ariel, intervenendo in mia difesa. La bruna ricambia lo sguardo, infastidita dall'intervento della mia amica. "Che c'è, difendi una puttana? Ah, giusto, sei la sua amichetta. Ne avrai visti tanti anche tu di uomini, eh!", ride. Ariel stringe i denti, ascoltando le risa delle due cornacchie: Penelope e compagnia bella. "E non ditemi che anche la bambina ha incominciato presto! Gli avete insegnato come si cavalca un uomo?", ribatte la vipera. Isadora impallidisce, un secondo dopo inizia a piangere. Questo è troppo! Avanzo verso di lei per dirgliene quattro, ma il braccio ferreo di Diamond mi blocca. Mi guarda come per dire "lascia fare a me". "Cos'hai contro la bambina?", chiede il principe, avanzando minaccioso verso di lei. Ma la ragazza, ignara di quello che sta per accadere, ride sempre di più. "Ma mio Principe, non vi rendete conto? Sta insieme a due sgualdrine", evidenza come per lei se fosse ovvio. Diamond scuote lentamente la testa. "Povera ignorante. Tu non sai cosa hai combinato", posso sentire che il tono della sua voce non è gentile, è più minaccioso di un licantropo pronto ad attaccare. E ciò mi procura brividi per tutto il corpo. La ragazza rimane così, con una risata fragorosa che l'avrebbe accompagnata per sempre: se un secondo dopo si trovava inginocchiata a burlarsi di me, l'attimo dopo era a terra, in una posizione disumana, con la gola squarciata e il collo rotto, circondata dalle grida terrorizzate di noi altre, rimaste a guardare pietrificate quel corpo senza vita. "Nessuno deve permettere di sparlare della ragazza in mia presenza! Capito? Nessuno!!!", urla arrabbiato a noi altre, mentre il sangue della vittima le cola nel mento. Siamo terrorizzate davanti ad un mostro pronto ad attaccare se solo avesse voluto, e allora saremmo morte tutte. Isadora piange ancora più forte, tanto che sono costretta a prenderla in braccio e a cullarla; perfino Ariel mi accompagna per canticchiarle una canzoncina. "Vostra Altezza, si calmi per pietà. C'è una bambina", lo supplico io, inconscia se sono stata autorizzata a parlare o meno. Gli occhi rossi del vampiro mi guardano furiosi, ma quando guardano la bambina sembrano addolcirsi. "Uscite da questa stanza adesso", ordina, apparentemente calmo. Le ragazze e io non ce lo facciamo ripetere due volte, e ci avviciniamo sbrigative al portone. "Non tu!", mi afferra per un braccio. "Tu rimani con me. Si prenderà cura Lady Ariel della bambina" "Ma..." "Ragazza, prendete la bambina", ordina rivolto alla mia amica, senza sentire obbiezioni. Mi rivolgo ad Ariel con un sorriso. "Tienila tu, io ritorno subito", le do il permesso. Le passo la bambina che non ne vuole sapere di lasciarmi andare. Dopo un po' di esitazioni, si decide a malincuore di scollarsi da me. Le guardo andare via, un po' impaurita per quello che sarebbe successo adesso, un po' speranzosa che Ariel sarebbe stata brava ad occuparsi della piccina, mentre una vocina mi dice di correre a supplicare il vampiro di lasciarmi andare. Il portone si chiude e cala un silenzio inquietante. Il corpo di Emilie giace ancora nel suolo, creando una pozza di sangue. Le mani del ragazzo afferrano le spalle, girandomi verso il suo petto, mentre il suo sguardo rosso di rabbia incontra quello implorante e spaventato del mio. "Tu e io dobbiamo verificare una cosuccia" Il suo sorrisetto non tradisce emozioni. **** Buona sera vampiretti! Le cose non si mettono bene alla nostra Pearl. Cosa le succederà? Fatemi sapere se vi piace e cosa ne pensate! Vi auguro una buona lettura e una felice serata! Un bacio e al prossimo sabato! Giorgia

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Capitolo 29
*** Capitolo 26 ***


Attenzione, questo capitolo seppur corto contiene particolari un po' spinti. Se lo desiderate, saltate questo pezzo. Ho cercato di non andare un po' troppo in là nei limiti della volgarità, ho abbreviato alcuni pezzi in modo da rendere la scrittura piacevole e scorrevole. Spero, nonostante questo, che il capitolo vi piaccia. ************** Non so come, ma mi ritrovo le mani legate alle sponde del letto, mentre cerco di dimenarmi sopra di lui. Devo trovare un modo per slegarmi e fuggire, eppure il suo peso è pari a quello di un materasso sopra la pancia. È impossibile per me fare un movimento. "Vediamo adesso se il tuo giuramento vale qualcosa" Oh, no. "La prego, non lo faccia!", lo supplico. "Non mi ha mai toccata nessuno!" "Chi me lo dice?" "Io!", le lacrime calde iniziano a calare sul viso, bagnando il cuscino. "La tua parola non vale neanche la metà di quello che pensi", prosegue calmo, come se i miei singhiozzi non facessero alcun effetto. "Lo dica...alla vostra balia...", singhiozzo. "Glie lo giuro, sono vergine!" "Non mi fido della balia, nonostante sia stata corretta con me e mio padre in tutti questi anni" "La prego, non mi faccia del male!" "Se ti calmi, male non farà" Cosa significa questo? Voleva picchiarmi o stuprarmi? E in più dovrei stare calma? "No, mi farà male!" Ma è come urlare ad un sordo. Lui scende, bloccandomi con le mani le gambe. Mi studia, mi accarezza, ma non mi fa male. Eppure ho paura. Quando mi scosta la stoffa dall'unico posto che doveva essere coperto, arrossisco di vergogna. Non può trattarmi così. Una ragazza non merita di essere violata in questo modo. "Sei bellissima", sussurra. Divento ancor più rossa, mi vergogno della sua voce, di piangere, di essere in questa stanza, di averlo guardato dalla prima volta in cui ne ho avuto l'occasione. Mi vergogno e per un attimo desidero ardentemente l'affetto dei miei genitori. Sento le mutande strapparsi e un attimo dopo una fitta mi colpisce il basso ventre. Urlo dal dolore. Piango tanto e mi dimeno anche. Nonostante ciò, il dolore non passa. "Se ti muovi come un anguilla, sentirai sempre dolore" "Mi fate male!", urlo. "Mi lasci" Invece qualcosa al suo interno va sempre più su, come una lama affilata, e i miei muscoli si contraggono, peggiorando ancor di più la situazione. Non so quanto tempo mi trovo sotto tortura, ma dopo varie grida e suppliche il suo dito esce dal mio interno, e io stringo le gambe il più possibile, rannicchiandomi sul letto. "Sei intatta" Se solo avessi le mani slegate, non oso immaginare quanti punti gli avrei dato. "Brutto figlio di...", non termino l'insulto che uno schiaffo violento mi colpisce il viso. "Non provare ad insultare più mia madre, ragazza", mi minaccia. Si sposta da sopra da me e mi slega le mani, una volta libera scendo dal letto e corro all'uscita. "Ferma!" "Non mi toccare, mostro!", urlo, tirandogli pugni in pieno petto, sapendo nonostante che per lui sono solo carezze. "Pearl...", mi chiama gentilmente. Mi blocco al suono dolce della sua voce. È la prima volta che mi chiama per nome. Mi accarezza la guancia, mi guarda come un uomo rivede dopo anni la sua donna. Tutto questo mi lascia smarrita. Sento di aver già provato un emozione così forte tempo prima, quell'emozione che ti scioglie il cuore e ti manda il cervello in tilt. "Non ti farò del male", aggiunge. Indietreggio, la confusione si trasforma in paura: ricordo le medesime parole che nel sogno aveva pronunciato. "Lo avete già fatto", soffoco. Non attendo una sua risposta, non voglio ascoltarlo. Voglio stargli lontana, o mi farà diventare pazza. Corro lontana dalle emozioni appena provate, lontana da lui.  Le lacrime mi offuscano la vista, ma ho abbastanza memoria per ricordarmi dove si trova l'uscita. Una volta fuori, il freddo congela le lacrime. Senza fermarmi o guardarmi alle spalle, raggiungo il mio alloggio. Ariel e Isadora mi aspettano alzate nel salotto, appena sentono sbattere furiosamente la porta, si alzano e mi vengono in contro. "Pearl!", mi abbraccia come se fossi un'ancora di salvezza. Nei loro occhi riesco a leggere quello che il mio viso trasmette nei successivi secondi: smarrimento, paura, shock.  Le gambe cedono a tutto questo. "Per l'amore de Cielo, alzati!", mi supplica la ragazza, in panico. Isadora abbraccia il mio corpo steso a terra. "Non posso, non ce la faccio...", piango. "Che ti ha fatto?", chiede la voce di tremante della mia amica. Mi prende la testa e le appoggia amorevolmente sulle sue gambe, mentre le sue mani tremanti mi accarezzano la testa e mi asciugano le guance. Dovrei calmarmi, ma non ci riesco. "Ariel...Mi ha...ha...", singhiozzo. Il viso della ragazza si contorce. "Ti ha violentata?" Scuoto la testa, provando a respirare regolarmente per calmarmi. "No, mi ha...controllata", spiego. "Povero tesoro" "Mi ha fatto male....Ariel, non ce la faccio più. Mi manca la mia Aaron, papà, mamma, la mia amica Lily. Voglio andare via! Aiutami ad andare via!", supplicai. Lei quello che può farmi è continuare ad accarezzarmi il viso. " Tesoro ce ne andremo un giorno, te lo prometto. E da quel momento non soffrirai più", mi promette, questa volta anche lei tra le lacrime. Dopo tanto tempo, mi portano in stanza. Mi aiutano a levarmi il vestito strappato, scoprendo che in alcuni punti, soprattutto nelle gambe, le mani del Principe hanno creato dei lividi. Sono piccole, ma da ugualmente la sensazione di essere stata violata. Questa sera non riesco a dormire bene: mi dimeno e grido, mentre rivivo il momento in cui Emilie viene uccisa, sogno di venir sbranata dal vampiro, di soffocare nuovamente nel vagone mentre lo stesso ragazzo mi ricorda che non mi farà mai del male. Eppure non si rende conto che la sua presenza è già una sofferenza per me. Isadora ad una certa ora, sentendo i miei lamenti si rannicchia sotto le mie coperte e si addormenta abbracciata a me. Dopotutto anche lei è stata testimone di una crudele vicenda: vedere una ragazza uccisa così brutalmente è uno spettacolo raccapricciante. Riesco ad addormentarmi solo alle primi luci dell'alba, un'ora prima che la sveglia prenda a suonare. Vorrei solo rimanere incatenata in questo letto solo per non ritornare da lui, ma la consapevolezza di subire il peggio di quello successo la scorsa sera, costringe le gambe a sgusciare fuori dalle coperte controvoglia. Spero solo che questa giornata passi in fretta. ***** Buona sera miei vampiretti! E sì, il capitolo di oggi è un po' spinto, ma come ho accennato all'inizio ho cercato di darmi un contegno, rendendolo un pò soft per chi non è abituato a leggere piccole scene di "violenza fisica" ( se possiamo chiamarla così).... Mi dispiace se questo capitolo è un po' corto, prometto di recuperare nei prossimi. Scommetto che una parte di voi mai si sarebbe sognata che il principe avesse fatto una cosa del genere alla nostra protagonista. Lo so, adesso mi odierete un sacco, sono stata un po' cattiva, ma infondo anche lui lo è. Pearl non si trova a casa sua, non è il suo Regno, e le diversità tra i due regni si notano ad occhio nudo. Fatemi sapere se vi è piaciuto e cosa ne pensate! Se ci saranno eventuali errori, più avanti ritornerò a correggerli. Vi auguro una buona lettura e un buon week-and! A presto vampiretti miei!

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Capitolo 30
*** Capitolo 27 ***


Diamond è già seduto sulla sua poltrona quando entriamo, sto con lo sguardo basso per tutto il giorno, ma ho sempre la sensazione del suo sguardo sul mio corpo ed io per la prima volta non mi sento tanto scoperta come l'altra sera poiché oggi vesto di un abito bianco panna che mi copre dalle spalle alle caviglie. La mattinata trascorre tranquilla, il principe non cerca in alcun modo di preoccuparsi di me, occupato com'è a lasciarsi stuzzicare da Penelope o giocare a volte con Isadora, la quale all'inizio sembrava un po' titubante a sedersi sopra le gambe del principe ed incominciare una lunga chiacchierata amichevole. E così il tempo vola, il pomeriggio siamo libere di andare nelle nostre case. Ma io no, non mi sento di mangiare, e ho voglia di restare sola, così bevo in fretta un succo ed esco. Perfino la Stella Luminosa sembra giocare con i miei sentimenti: sono stata sempre una ragazza meteoropatica, invece oggi non sono nelle migliori condizioni per scambiare una parola con qualcuno. Ma da una parte sono contenta che la stella abbia schiarito questa giornata, poiché in tal modo possa godere dell'assenza di quel carnefice intrappolato dentro il castello. "Pearl" Mi giro per scontrarmi poi con lo sguardo preoccupato di Sarah. "Sarah, che sorpresa! Siediti", la invito senza esitare. "Sicura che non disturbo?" "Ma figurati. Certo, non è la mia giornata ma è sempre bello avere qualcuno con cui parlare" Sorride appena. "Grazie", si siede accanto a me. Sono nella solita panchina, a guardare lo stesso punto della fontana che oggi ha iniziato a sgorgare acqua limpida. "Ti senti bene?", mi chiede dopo un tempo indefinito. "No", rispondo senza negare. "Non ho avuto una bella esperienza ieri sera" Abbassa lo sguardo, dispiaciuta. "Avrei voluto fare qualcosa..." "Sarah, meno fai per me, meglio sto" "Ma tu fai tanto per noi...", ribatte. "Perché non lasci che le persone ricambino?" "Perché so come andrà a finire. Hai visto Emilie, vero? Solo per aver riso in continuo è stata ammazzata" La ragazza deglutisce. "Sì, ho visto", poi si fa silenziosa. Ascolto i suoi pensieri, forse sono gli stessi che sto pensando io adesso, ripercorriamo i ricordi della sera scorsa e dentro di noi speriamo di ritornare a casa come superstiti. "Oggi ho scritto al mio ragazzo...", riprende il discorso. La guardo sorpresa chiedendomi perché. "Non riesco a nascondergli la verità, lui deve sapere" "E cosa gli hai detto?" "Ho scritto che il nostro lavoro è quello che annullarci e sottometterci completamente a lui", risponde, indicando il castello. "Ho aggiunto che farò di tutto per ritornare a casa e sposarlo..." "E ce la farai, te lo prometto" Lei sorride appena, ma non è quel sorriso felice che ogni tanto vedo negli occhi di Isadora quando le do una speranza. Sarah è grande e non è stupida, sa che le possibilità di uscire qui sono pochissime. "E se non ci riuscissi?" "Ci riuscirai...", insisto, anche se ad ogni parola la speranza scivola via. "Devi farmi un favore", sussurra, schiarendosi la gola. Annuisco, guardando i suoi occhietti farsi più lucidi. "Se non riuscirei a tornare più a casa, promettimi che dirai a lui che l'ho sempre amato e sempre lo amerò. Digli che deve essere felice, digli che deve innamorarsi nuovamente perché l'amore è infinito. E ai miei genitori devi ringraziarli da parte mia per avermi dato una vita bellissima, so che stanno soffrendo per la mia assenza, ma io non ho mai smesso di pensare a loro. Ora devono pensare ai miei due fratellini, devono essere forti. Sai, sono stati sempre dispettosi, ma so che un giorno diventeranno due uomini bellissimi e forti", trattiene un singhiozzo. "Quanto a te, io ti ringrazio per essere sempre vicino a me. Ti devo un favore" Arrossisco dall'imbarazzo. "Non ho fatto niente, e poi non sei sola. Ci sono anche le tue compagne a sostenerti" Lei sbuffa. "Loro? Sono solo altre due seguaci della Penelope, immagina quanto possono consolarmi" "Oh, mi dispiace" Mi accarezza la spalla. "Tranquilla, ho avuto situazioni peggiori. Ma devi stare attenta, Perla, e questo vale anche per la bambina e Ariel: non molte ragazze stanno dalla tua parte. Chi può cerca di accalappiarsi il principe nei modi più possibili" "Lo so, me ne sono accorta, ma possono fare con tranquillità. Lo sai che a me del principe non interessa niente" "Può interessarti o meno quanto vuoi ma sappi che se non fai niente la tua presenza qui è inutile, quindi ti porteranno alla morte", sussurra per timore di essere sentita. Sbianco come la neve, questa notizia mi lascia di sasso eppure ha senso: chi ha sempre rifiutato il principe non l'ha mai scampata. E questo un giorno succederà anche a me? Sono davvero pronta a dire addio alla mia famiglia, a Lily e a sua madre? Alla mia Aaron? No, e dovrò lottare con le unghie con i denti per restare viva e per salvare le persone che amo. Al piano di evasione ci avrei pensato in un secondo momento. "Okey, mi hai convinto..." Ride sotto i baffi, notando la mia espressione. "Lo dico solo per il tuo bene, Dio non voglia che tu pensassi che io ti vorrei mandare nelle fauci del lupo" "Mi fido di te, grazie" "Grazie a te per esserci sempre" Ci abbracciamo ed iniziamo a passeggiare, chiacchieriamo così tanto che il tempo vola e siamo costrette a ritornare alle nostre mansioni dentro il castello. Le parole di Sarah mi hanno talmente toccata che avrei fatto di tutto per aiutarla a ritornare dal suo amato. ***** Buongiorno vampiretti miei! Questo sabato non sono riuscita a pubblicare il 27° capitolo, quindi ho recuperato oggi. Se riesco, il prossimo lo pubblicherò questa sera o domani pomeriggio. Vi lascio alla lettura! Fatemi sapere se vi piace e cosa ne pensate! Io intanto mi sto affezionando tantissimo a Sarah, è un personaggio dolcissimo. Un abbraccio vampiretti miei, e a presto!

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Capitolo 31
*** Capitolo 28 ***


E il primo mese trascorse così...tranquillo. Fin troppo tranquillo. Diamond non si avvicinò più a me, se non limitarsi a chiedere di suonare per lui durante le riunioni, ma non mi sfiorò mai, né mi parlò. Nonostante tutto, gli incubi disturbavano continuamente il mio sonno e uscivo di casa per pensare, per guardare l'aurora e trovare una giustificazione dei miei sogni. Di solito notare che c'è calma piatta intorno a me, mi rende tranquilla, ma in questo regno non si può dare nulla per scontato: nel castello la tranquillità sta a significare che prima o poi qualcosa sta per succedere. Ma più avanti accantonai tutto questo, ed osservai l'apparente vita del castello. Jude nei giorni seguenti ha iniziato a trovare molti momenti per fare visita o parlare con me e Ariel. Bé...più ad Ariel che a me. Per questo, molte volte li lascio soli, andando con una scusa da Sasha o da Sarah, e col tempo sembra che il loro rapporto d'amicizia stia tornando tale, sebbene capisco che per Ariel le ci voglia tempo per perdonarlo. È passato più di un mese da quella volta in cui mi portarono via da casa, sento ancora la mancanza di Aaron, benché sia circondata da ragazze straordinarie, e per accorciare questa mancanza mi concedo mezz'ora per scrivere lettere per i miei genitori e per Lily, comunicando che per ora le acque si sono calmate. Con Isadora mi sto mostrando una brava insegnante, ha imparato a scrivere, le piace la matematica, mentre nella lettura deve essere ancora aiutata. La famiglia di Emylie è stata avvisata della sua morte dovuta ad un comportamento scorretto nei confronti del principe, e il suo corpo venne poi trasportato alla sua città natale. Ora siamo in quattordici, e mano a mano che le ragazze vengono o uccise o cacciate dal palazzo, solo Dio sa cosa sarebbe accaduto una volta fuggiti da queste mura. Siamo a dicembre e la neve porta i suoi tristi e felici momenti. Ho sempre amato la neve: si posa tranquilla nel terreno e copre ogni posto naturale presente al mondo, creando uno spettacolo fuori dal comune, danza trasportata dal vento glaciale fino a che non cade silenziosa e lì giace finché non sono i raggi caldi del sole a scioglierla. Ci troviamo tutte inginocchiate nei rispettivi cuscini ed attendiamo con pazienza il principe che per questa sera tarda ad arrivare. Dopo un'ora finalmente fa la sua comparsa, sistemandosi nel solito posto. "Musica", ordina, staccato. Guardo oltre le ciglia la sua espressione imbronciata, senza dubbio è accaduto qualcosa che lo ha importunato. Ma non ci bado per molto, non mi importa, e mi alzo per andare a recuperare l'arpa. "No, Lady Parl, ritornate al vostro posto", mi blocca lui, senza guardarmi. Perplessa, ritorno zitta zitta sul mio cuscino. Cala il silenzio. Il principe sbuffa. "E' possibile che io abbia preso delle ragazze incapaci!", urla a noi. C'è chi sussulta spaventata e chi come Isadora si avvicina a me sfiorando la sia gamba con la mia. Di nuovo silenzio. "Non sapete fare un cazzo, siete solo delle buone a nulla!", ruggisce nuovamente. È umiliante essere impossibilitata nel difenderti da insulti, quando chi li urla sembra godere del tuo imbarazzo. "Mio Signore", aggiunge una ragazza dalla voce sensuale. "Potrei aiutarvi io a calmare i vostri bollenti spiriti?", chiede lei con un risolino sfacciato sulle labbra. Penelope. E chi altro poteva essere?. "No, non voglio te", ribatte il ragazzo, sospirando infastidito. "Voglio te" Un allarme mi dice di sollevare lo sguardo, rivelando che Diamond ha appena puntato il dito contro Sarah, la quale ha iniziato a tremare. Lui sorride, come se ciò non gli importasse. "Vieni qui, ragazza" "Io...io non...", balbetta lei. Diamond sgrana gli occhi. "Osi rifiutare i miei elogi?", domanda, alzando di due ottave la voce. Sarah risponde in modo confuso e tremolante, guardando il vampiro terrorizzata. Ed io, prima che la situazione degenerasse, inconsciamente, un secondo dopo sono seduta sulle gambe del ragazzo, una mano si appresta ad accarezzargli il petto. E c'è chi guarda basito e chi al posto degli occhi ha due fiamme incandescenti. "Vostra Altezza, mi lasciate senza parole. Davvero volete amoreggiare con quella biondina laggiù?", la indico con la testa, con un sorriso languido nelle labbra. Il cuore mi batte all'impazzata, ad un certo punto mi chiedo cosa cavolo mi sia saltato in testa, eppure sento di fare la cosa giusta. È un bene che il corpo abbia risposto prima del cervello. Diamond storce le labbra. "Hai ragione, sono proprio uno stupido", afferma, con una voce calda e sensuale da far venire i brividi. Deglutisco. "Se posso chiedere, vorrei sapere cosa turba al mio principe", continuo, accarezzandogli ripetutamente il petto. La mano trema. Alza le spalle. "Cose che si risolveranno in futuro", risponde. Il suo braccio mi stringe a se, facendo diventare le mie guance di color rosso acceso, mentre con l'altra mano inizia ad accarezzarmi la spalla, poi sale nel collo e si ferma alla guancia. "Avete degli occhi bellissimi. Ve lo hanno mai detto?" Il suo complimento mi lascia doppiamente spiazzata per quella sera. "Sì" "Chi?" "I miei genitori", aggiungo. Lui rimane in silenzio, studiandomi attentamente, annegando nei miei occhi. Sembra deluso dalla risposta, ma cos'altro si aspettava? Ho detto la semplice verità. "Nessun'altro?", insiste lui. A questo punto capisco che vuole trovare la risposta in tutti i modi. "Sì...", rispondo titubante. "Nessuno?" Abbasso lo sguardo, imbarazzata. "Cosa vi piaceva di lui?" "Ehm...tutto. Dal carattere al fisico" Diamond cerca la verità nella risposta e dopo vari secondi la trova. Non si fida di me, Per alleggerire la tensione domanda alcune ragazze di ballare e cantare. A questo punto entra in scenda Ariel con la sua voce melodiosa, mentre un'altra ragazza orientale dagli occhi a mandorla inizia la sua danza con i ventagli. Restiamo a guardarle per un po' finché il mio sguardo non cade su quello di Sarah. Lei mi sorride e lascia cadere un tenero "grazie" nell'aria, le rispondo con il medesimo sorriso ascoltando il cuore che fuoriesce dalla gioia. Per tutto il tempo Diamond mi chiede come fosse la mia città, cosa mi piace fare, se ho tanti amici ( e quando chiede amici, intendeva proprio amici maschi) e io mi sento di stuzzicarlo, dicendogli di averne molti. Lui rimane impassibile, ma gli occhi parlano più della bocca e delle parole, ed è appunto nei suoi occhi che scorgo un velo di gelosia, aggiungendo poi che non crede nell'amicizia tra uomo e donna. Solo quando l'orologio scocca la mezzanotte siamo libere di ritornare ai nostri alloggi, ed io vengo bloccata dalle sue braccia un'ultima volta. "Grazie per questa sera", mi sussurra all'orecchio. Incapace di spicciare qualche parola, mi limito a sorridergli. "Adoro le ragazze come te: tempestive, sorprendenti e combattive", sorride anche lui, eppure ha una nuova luce negli occhi. "Ma le ragazze intelligenti non cozzano con me, specialmente quando osano sfidarmi", aggiunge, marchiando di più la parola "sfidarmi". E il mio sorriso si spegne, lasciando che il cuore ritorni al suo battito impazzito di qualche ora fa. "Buona notte, stellina mia", conclude, baciandomi la fronte, lasciando nelle sue parole un avvertimento di vendetta. Senza preferir parola, mi alzo e fuggo via. Fuggo dalla paura, dalla rabbia di non riuscire a capirlo, dai suoi sguardi attenti che mi osservano come se fossi un angelo caduto dal cielo. E poi mi ha chiamato "stellina mia". Perché? Chi è questo ragazzo?. Questa notte le mie compagne dormono tranquille, ignari a quello che può provocare in me il principe. È un contrasto di emozioni, è dolce ma allo stesso tempo vendicativo, sembra voglia avvicinarsi e poi stranamente si allontana. Ha ragione, siamo entrambi intelligenti e non potremo mai andare a pari passo. Ma d'altronde cosa mi importa? Lui è il mio nemico e sempre lo sarà, eppure non c'è mai un occasione in cui non riesco a non pensare a lui, al suo essere così complicato. Questa sera mi giro e mi rigiro nel letto, disturbata dalla testa che mi diceva di stargli lontano e dal cuore che mi consigliava nel conoscerlo. Confusa, mi alzo dal letto e mi affaccio dal balcone, è impossibile dimenticarlo, anche nei sogni.

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Capitolo 32
*** Capitolo 29 ***


Da quella sera la considerazione che io esistessi per lui è pari a poco più della metà, ritorna ad essere distaccato e quasi assente, lasciandomi per la medesima volta confusa e delusa. "Lui è fatto così. Complicato è il suo secondo nome", mi riferisce Jude una giornata di cui le nuvole erano protagoniste. Prima o poi avrebbe ripreso a nevicare dopo giorni di sole. "Non lo capisco", dico tra me e me. Camminiamo lungo la piattaforma della Torre, mentre alcune ragazze sono uscite a passeggiare lungo il cortile d'onore. Il viso umano di Jude assume un espressione confusa. "Mi sembrava che non te ne importasse" "Infatti non mi importa, ma me lo chiedo comunque. Solo perché uno non mi interessa non vuol dire che deve avere un comportamento bipolare con me" "Ho sentito che gli sei saltato addosso, quella sera" Le guance si arrossano. "Perché?", domanda. "Bé...non lo so" "Non lo sai?" Ritorno a guardarlo. "Ha qualche importanza?" "Sì. Prima mostri tutto l'odio di questo mondo verso i suoi confronti, poi gli salti addosso?" "E chi ti dice che io non lo odia ancora? Un mese fa mi ha toccata per controllare se io sia intatta, nonostante la Grande Signora glie lo abbia riferito, mi sono vergognata non sai quanto, Jude", butto tutto fuori con enfasi e quando finisco mi manca l'aria. Jude abbassa lo sguardo. "Mi dispiace" "Perché mi fa questo? Che cosa vuole da me?" "Quello che ha fatto a te di sicuro lo farà con le altre. Hai visto poi che fine ha fatto le prime due ragazze e Emylie?" "Ma io ho fatto di peggio, Jude. Allora perché non mi ha uccisa?" A questa domanda, si pietrifica. "Non pensare a questo e pensa a mantenerti viva. In questo contesta cerca di aiutarti da sola, non ti fidare di chi ti circonda" "Vuoi forse intrometterti nell'amicizia tra me e Ariel?" "Assolutamente no, siete due ragazze stupende", esclama, alzando le mani come se gli avessi puntato un arco contro. "Intendo altre ragazze" "Questo lo avevo capito fin dal principio, non sono una bambina" Sogghigna. "Già. È vero, non lo sei più" Mi fermo a guardare il panorama davanti a noi: il castello è completamente circondato dalla fauna innevata, verso ovest c'è un grande lago, ad est quel villaggio spettrale che ho attraversato più di un mese fa per venire qui. Per venire da lui. "Nessuno" "Come?", chiede Jude. Non mi sono accorta di aver parlato a bocca aperta. "Ehm...mi stavo chiedendo se nessuno si è mai avvicinato a quel lago", invento, indicando l'infinita pozzanghera a chilometri e chilometri lontana da noi. "Sì, tutti gli abitanti di questo posto a dir la verità". "Ah" "Perché ti interessa?" "Niente. Era una mia curiosità" Niente di tutto ciò mi sembra interessante a cominciare dal lago, figuriamoci se poteva esserlo il bosco intero. Ma quel sogno mi ritornò alla mente qualche attimo fa e inconcepibilmente ho detto il suo nome. Devo dire che alle volte mi manca, ma almeno la mente umana è fatta anche di ricordi, solo quelli riescono a scaldare il mio cuore e in questo posto ritornano a farsi più vivi che mai. ***** I fiocchi di neve cadono silenziosamente sull'erba. Sento freddo, ma sapere che lo rivedrei fra pochi instanti mi fa tremare il cuore di gioia. I miei genitori stanno dormendo, è pomeriggio e solo poche persone stanno passeggiando tra le vie di Aaron. Mi guardo dietro, sperando di non essere seguita, nascondo il mio viso nel cappuccio, cammino svelta, e al primo svincolo giro a destra. Dopo qualche viuzza stretta mi ritrovo al fiume, anche lui silenzioso, il letto è completamente gelato. Sono arrivata nel posto d'incontro e lo aspetto. "Pearl!", la sua voce mi chiama. Mi giro, scoprendolo dietro di me. I suoi occhi sono più scuri del solito, dice che gli cambiano in base alle stagioni. I capelli spettinati qua e là e bagnati a causa della neve. Ha cercato di coprirsi il più possibile ma tra i due quello che sembra essere il più imbacuccato sono io. Lo abbraccio, regalandogli un po' di calore. "Sono contenta che sei venuto, dove andiamo?" Mi afferra la mano insensibile. "In un posto che ti piacerà, vieni" Non me lo faccio ripetere due volte, lo seguo oltre il fiume e ci allontaniamo piano piano da Aaron fino a che questo non diventa solo qualche piccole case indistinte. Davanti a noi si presenta una piccola caverna, non molto profonda, ma utile per ripararsi dal gelo. In silenzio accendiamo un fuoco con le legna che il ragazzo ha gentilmente portato al braccio destro per tutto il tempo e dei fiammiferi dentro le saccocce dei pantaloni. Restiamo a guardare il fuoco prendere vita, poi lui ritorna a parlare. "Che hai fatto in tutto questo tempo?" Lo guardo corrucciando la fronte. "Che domande sono? Ti aspettavo" Sogghigna. "Ma non sono l'unico tuo amico in questo paesino. C'è anche Lyli" "Sì, ma con te riesco ad essere me stessa" "Cioè?" "A me piace esplorare, curiosare, arrampicarmi tra gli alberi..." "Scimmietta!", ride. Gli faccio la linguaccia. "Spiritoso" Aspetto che finisce di ridere poi torno a guardare Aaron immersa dal bianco. "Tu mi sei mancata", confessa di getto. Lo guardo accigliata. Lui non aspetta una mia risposta e mi porta sulle sue gambe, cingendomi la vita con un braccio e con l'altro incomincia ad accarezzarmi la guancia. Rimango impalata dal suo gesto, e abbasso lo sguardo imbarazzata. Dentro di me fanno la guerra migliaia di emozioni contrastanti, non mi sembra vero tutto quello che sta succedendo, ma è così. È un sogno per me sapere che la sua mano sta sfiorando la mia guancia, eppure è la realtà. È tutto quello che ho sempre sognato e sperato fin dal primo momento che l'ho visto. "An...Anche tu mi sei mancato", balbetto. Lui sorride gioioso, avvicinando il suo viso al mio. "Sei la mia Perla", sussurra, sfiorandomi le labbra. Non so cosa dire. "Mmmm..." Il suo sorriso divertito si allarga. "Mi dai il permesso ti baciarti?" Annuisco, spaventata e felice di ciò che stiamo per fare. Non sono mai stata innamorata di nessun' altro ragazzo prima d'ora. È questo che si prova?. Poi lui avvicina le sue labbra alle mie, le muove contro le mie, le riscalda ed iniziamo a plasmare quel nostro primo bacio, perfetto, pulito, dolce. E le farfalle iniziarono a svolazzare dentro lo stomaco. "Ti amo, mia Perla", sussurra dopo tanti secondi di pieno amore. "Anch'io, angelo mio" **** Sfioro le mie labbra, ricordando quel bacio tanto perfetto quanto unico, e accompagno Jude al postino che altri non è che l'uomo gigante e burbero che ci fece la selezione la prima notte qui. Il mio amico demone consegna le lettere scritte da noi ragazze alle nostre famiglie, e solo quando siamo usciti rivela che l'uomo è un licantropo. Facile intuirlo, no?. Poco dopo, ritornando su Diamond, aggiunge che il principe ha un carattere tutto suo, a volte è perfino difficile a lui comprenderlo. La sera trascorre senza preoccupazione alcuna, e questo tempo mette depressione un po' a tutte. Le mie amiche infatti, dopo una cena abbondante e qualche chiacchierata scarsa di argomenti decidono di coricarsi sotto le coperte. Io dopo un bagno caldo decido fare la mia solita routine fuori dalle mura calde di casa finché non prendo sonno. Giro lentamente intorno alla fontana fino a che un puntino colorato arresta il mio passo. È un uccellino rosso, familiare. Non devo scavare molto nella memoria per capire che mi trovo davanti lo stesso uccellino che più di un mese fa, quando ancora abitavo ad Aaron, guarì dalla sua caduta da un albero. Sono abbastanza sconcertata che devo sfregarmi due volte gli occhi per rendermi conto che quello che vedo è reale. Gli occhietti dell'uccellino puntano i miei e stranamente mi viene incontro, si posa sulla mia mano e si lascia accarezzare. "Quanto è piccolo il mondo, eh?", dico io. L'uccellino cigola per rispondere. "Quanto vorrei capirti" Piega la testa da un lato. "Sei stato abbastanza coraggioso a venir fin qui, ma devi ripararti altrimenti rischi di morire congelato", lo avviso, accarezzandogli il dorso della mano. Tutto ciò è strano ma straordinariamente bello. È tornato lui per darmi un po' di vita in questo mondo grigio e freddo. È tornato Luca.

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Capitolo 33
*** Capitolo 30 ***


L'uccello rosso vola non appena entrambi sentiamo dei passi avvicinarsi a noi. "Pearl..." Vi volto, ma fortunatamente la mente ha ragionato prima della volontà. Sarah sta guardando le mie mani ricoperte di fiamme bianche. Stavo per attaccarla. Dissolvo all'istante il mio potere. "Sarah, scusami", incrocio le mani dietro la schiena. "Ero un po' spaventata, non si può mai sapere quale creatura si aggiri in questo castello" "Hai ragione. Ma ti volevo rubare un attimo di tempo per dirti una cosa importante" "Certo, dimmi" "Ti volevo ringraziare per quella sera. Mi hai salvata" Le accarezzo le braccia. "Lo sai che non ti avrei mai lasciata sola" Gli occhi verdi di lei luccicano come gemme. "Non so come sdebitarmi" "Fammi un po' di compagnia" Mi abbraccia. "Non so cosa sarebbe successo se non ci fossi stata tu, e sembra aver funzionato", il sorriso si allarga, mostrando le fossette nelle guance arrossate dal gelo. "Il principe non ha più guardata e nemmeno osato toccarmi" "Fin ora.." I nostri occhi si allargano all'unisono, nella natura dei suoi occhi leggo le mie stesse emozioni: smarrimento e terrore. Sì, perché il principe è dietro di noi, a pochi metri di distanza, un sorriso che non tradisce emozioni e gli occhi tinti di sangue. Nello stesso momento sento quel freddo che il mantello non permette di entrare nelle ossa, le gambe iniziano a tremare. "Vostra Altezza...", il richiamo di Sarah soffoca nella gola. "Non vi hanno insegnato che origliare le conversazione è maleducazione?", sputo io. Ma quando lo sguardo tagliente del vampiro riesce ad abbassarmi il capo, me ne pento subito. "Resta al tuo posto, donna", sputa. Si gira verso Sarah. "Venite con me, ho desiderato molto la vostra presenza", tende una mano verso la ragazza. Lei trema. "Io...io...", deglutisce. "Io non voglio", confessa con tutto il coraggio rimasto. Di conseguenza, i lineamenti del ragazzo si fanno duri. "Osi nuovamente rifiutarmi?!", ruggisce. Mi guardo attorno per cercare una via di fuga per lei, ma è come praticamente impossibile. Siamo davanti ad un vampiro: un assassino, per lui rompere l'osso di una gamba è come spezzare un ramoscello in due dita. Per non parlare della velocità, e del suo potere. Quindi no, non sta ne in cielo ne in terra riuscire a scappare. Specialmente per Sarah: questo posto la rende debole. "E anche se fosse?", chiedo io, mettendomi davanti alla ragazza per proteggerla. Ora mi trovo faccia a faccia con la morte. Sono consapevole che se non lo avrei affrontato a brutto muso, sarei morta, o saremmo morte entrambe. "Lasciaci in pace", aggiungo. Il ragazzo mostra i canini, arricciando il labbro, avanzando verso di me. "Vi ho per caso interpellata?" "Mi interpello da sola. Lasciate in pace la ragazza" Sarah mi tira per il mantello. "Forza Pearl, andiamo", si lamenta. "Dai retta alla tua amichetta, corri a casa". Ho la tentazione di farlo, ma non voglio lasciare Sarah da sola, nemmeno se entrasse in casa con quelle due vipere. Ha appena rifiutato il principe, so bene cosa le sarebbe accaduto. "Dovrai passare sul mio cadavere per averla", minaccio, il mio viso sempre più vicino al suo, mostrando tutto il mio coraggio. Lui ride. "Oh no, Pearl, odio le cose complicate" Sarah mi chiama disperata, io sto immobile ad attendere una sua mossa. Non la ascolto, ma avrei dovuto farlo. L'ho obbligata a stare qui fuori, invece avrei dovuto accompagnarla a casa mia. Invece... Un urlo squarcia il silenzio, e solo allora mi rendo conto che Diamond non è più davanti a me. Il cuore si ferma quando voltandomi vedo quello che infondo sarebbe accaduto ma che non avevo il coraggio di realizzare. Diamond ha sollevato la ragazza con una mano sul cullo, mordendogli la giugulare, disinteressato dalle urla di Sarah. I miei piedi scattano, non so dove trovo la forza ma sto correndo verso il vampiro. "Lasciala in pace!" Diamond allora lascia Sarah, e sollevando una mano contemporaneamente una scarica di dolore mi blocca il corpo. Lo guardo spaesata, terrorizzata, immobile sulla neve, mentre mi sfioro il collo da dove inizia a mancarmi il fiato. "Tzh, tzh, tzh...Non ti permettere Pearl", parla calmo, muovendo l'indice medio a destra e a sinistra. "Non si disubbidisce al principe", aggiunge. Cado a terra stremata, provo a scavare la neve cercando quel freddo che mi calmi questo dolore che brucia nelle ossa. È insopportabile, sono incapace di parlare o agire. Lui si inginocchia e mi solleva il viso. "Se solo riuscissi a farti imparare le buone maniere..." "Prendi...me...", sputo tra la mascella bloccata. "Prendi....me....Uccidi-mi" Una lacrima mi scende dal viso e cade a terra, come anch'io dopo poco, chiudendo gli occhi. Sento Diamond allontanarsi, anche il dolore se ne va, per poi ritornare da una Sarah stremata che cerca di scappare. La povera urla un'altra volta di essere lasciata andare, mentre il vampiro le blocca le mani e con l'altra mano inizia a slacciarsi la cintura. "Pearl! Pearl!", urla disperata, tra le lacrime. "La tua amichetta non ti salverà, è morta. Non vedi?" "No, non è morta. Brutto mostro, non riuscirai a farla franca" Lui ride. "Non sono così cattivo come pensi. A letto so essere molto dolce, sai?" "Neanche se diventassi Regina condividerei il letto con un mostro come te!" "Tu dici?", si abbassa i pantaloni. "Proviamo prima" "No, lasciami! Pearl, Pearl, ti prego, svegliati! Aiuto!" "Sssh! Sta zitta, non ci vorrà tanto!", sbraita impaziente, e chiude la bocca di Sarah con l'unica mano libera. Ora. Se prima il vampiro indugiava sulle vesti di Sara ora è sbalzato dalla scarica di potere verso il muro della Torre, corro verso la ragazza per curarla, ma non ho fatto i conti con il suo essere esibizionista, infatti da terra cade perfettamente sui piedi. Lascio allo stesso tempo una luminescenza dalla mano che cade nella gola rovinata di Sarah, guarendola, e mi presto di nuovo davanti a lei. "Non mi arrendo così facilmente, Altezza", dico. "Siamo pari" Voglio lanciarlo fuori dal castello. La perla al mio collo si illumina. Stendo le mani in avanti e faccio partire una scarica di potere che va a schiantarsi contro di lui. O almeno è quello che ho sperato. Guardando bene però, il furbetto, nello stesso momento dell'impatto ha creato uno scudo di fumata nera che lo ha salvato dalla medesima caduta. Sarah è di nuovo vicina a me. "Vai dentro casa!", ordino. "Non ti lascio, Pearl" La guardo, sbiancata. "Non capisci che se ti prende, morirai?", urlo. Sorride. "Hai fatto così tanto per me, dimmi cosa devo fare e lo farò" Cerco di pensare più in fretta possibile, guardo ogni angolo del castello poi mi viene un idea. "Io cerco di spostarlo verso la fontana, tu cerca di legarlo per bene lì" Lei annuisce, e sorride. Si allontana da me, mentre camminando verso sinistra cerco di spostare il getto bianco, e di conseguenza anche il vampiro, verso la fontana. Il piano funziona, e il vampiro si trova dopo vari secondi bloccato da erbe e ramoscelli alla fontana. Lascio andare il mio potere, nel mentre Sarah mi ha raggiunto, e insieme guardiamo la bella statuina perfettamente in sintonia con la fontana. "Sapete Maestà, sareste molto adatto in quel posto se solo foste una statua!", rido io con la mia amica. "Liberatemi subito!", ordina, più arrabbiato che mai. "Suvvia, principe, un po' di aria fresca non ha mai fatto male a nessuno. Dovreste assistere anche all'alba, sono certa che non avete mai visto uno spettacolo così mozzafiato", incalzo io, evidenziando l'ultima parola. Ridiamo ancora poi ci avviciniamo a casa mia, sembra tutto così perfetto, sono sicura di aver fatto tanto per Sarah, ma quando le sue grida rompono il silenzio e il corpo si accascia a terra, il terrore mi assale nuovamente. "Sarah...", la chiamo, cercando di calmarla. Il suo corpo si dimena, si tocca la testa con le mani, e nel suo viso una smorfia di dolore che farmi rabbrividire. "Le piante...mi fa male, falle smettere" Sembra di vivere un film: lentamente, come se il tempo si fosse rallentato, guardo d'istinto verso Diamond. L'allarme nella testa aveva ragione, infatti il vampiro sta facendo morire la natura che lo aveva legato, e di conseguenza Sarah soffre per quelle piante morenti. Non so cosa fare, so che col mio potere avrei riportato le piante in vita, ma a cosa sarebbe servito dopo? Sarah è a terra, si dimena dal dolore, e solo lei aveva il comando su quei vegetali. Io no, se perdo tempo con quelle piante, Diamond avrà l'occasione di ucciderci entrambe. E mentre penso a tutto questo, non mi accorgo della velocità del vampiro, mi trovo appesa in aria nella stessa maniera in cui lui aveva afferrato Sarah poco fa. Guardo il suo sorriso vittorioso, malvagio e divertito. "Non mi sottovalutare mai, Perla, mai" Assumo aria nei polmoni, o almeno ci provo, mentre ascolto le sue risate e il dolore incostante della mia amica. "Lasciami..." "Oh no, non ora che mi sto divertendo", scioglie la presa e cado a terra. A mio modo, mi rialzo il più in fretta possibile, invece sono legata dalle sue braccia, lui è dietro di me e mi tiene stretta. Con una mano libera mi afferra per la mandibola e mi costringe a guardarlo. "Chi infrange le regole, subisce un caro prezzo, ricordi?", mi sussurra, terribilmente vicino alle labbra. Non ho il coraggio di guardarlo, ho troppa paura. Invece con l'occhio seguo l'immagine della mia amica, ora viene alzata da due demoni per le braccia, il suo viso e stanco e provato, vedo il suo completo abbandono. È troppo stremata per lottare. Mi guarda un ultima volta, sorridendomi. "Non ti preoccupare, Pearl, starò bene", sussurra tra un respiro e l'altro, le sue fossette solcano le guance, i suoi occhi sono due gemme brillanti che trasmettono vita. "Ricordati quello che ti ho detto", ora la sua voce è molto più delicata, segno che sta per piangere. "Ricorda alla mia famiglia che le ho voluto bene" Anche nei miei occhi ora sgorgano lacrime, piango per disperazione, paura, e la voglia di andare a prenderla. Non posso credere che mi sta dicendo addio, che si arrende proprio ora. Ma entrambe lo sappiamo che sarebbe arrivato questo momento, solo che abbiamo cercato in tutti modi per accantonare il pensiero. "Te lo prometto", prometto, tra un singhiozzo e l'altro, per quanto mi sia possibile. Lei mi sorride e pronuncia un lieve "Grazie, per tutto", una guardia le tiene ferme le braccia dietro la schiena, le seconda si appresta a sferrare una lama dal fianco destro, nascosto in un cinturino. Ora non la vedo più, c'è solo quella creatura a nasconderla, mi ricorderò sempre del suoi sorriso e dei suoi occhi verdi. Il demone alza l'arnese e inevitabilmente dal rumore che ne segue, cado nel buio.

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Capitolo 34
*** Capitolo 31 ***


"Pearl, tesoro" Scosto la testa verso il suono di questa voce lontana, calda e dolce come il miele. "Mmm..." "Pearl, svegliati", una mano mi riscalda la guancia. "Mamma...", soffoco, la mia voce viene stozzata dal dolore, la gola arde dal dolore. "No, Pearl, sono Ariel", ora riconosco il suono melodioso della mia amica, fattasi più vicina. Apro gli occhi pesanti e il primo viso che incontro è il suo. Un secondo dopo ispeziono l'ambiente, e riconosco la mia camera. "Cosa è...?", chiedo confusa, ma lei mi interrompe. "Oh tesoro, ci dispiace tanto", dice lei, cominciando a singhiozzare. Mi alzo lentamente con la schiena, appoggiando i gomiti sul materasso, sforzandomi di capire questo pianto improvviso. Ma non ricordo, sono totalmente confusa. "Ci dispiace non averti aiutato", continua. Alzo un sopracciglio."Aiutato?" Nei suoi occhi verdi c'è confusione. "Non ti ricordi?" Scosto la testa, eppure il mio cuore ha già capito perché a preso a battermi come le ali d'un uccello. "Abbiamo sentito le urla nel cortile, abbiamo visto che stavi difendendo Sarah..." Nell'attimo stesso vedo nei miei ricordi Sarah che viene sollevata in aria da Diamond e poi morsa. "Abbiamo tentato di aprire la porta, ma sembrava essere chiusa a chiave. Abbiamo pensato che fosse opera di un sortilegio...", continua lei, pensando che io la stessi ad ascoltare. Invece l'immagine di me che ho sbalzato in aria il vampiro si proietta in un secondo davanti ai miei occhi. Mi rivedo bloccata dalle braccia di lui e guardo verso Sarah che tra le lacrime e un sorriso mi dice addio. "Chi infrange le regole, subisce un caro prezzo, ricordi?" La voce di Diamond è vicinissima, tant'è che mi scosto dal letto impaurita, ma ci siamo solo io e Ariel. "Non ti ricordi niente?", chiede per la medesima volta, guardandomi smarrita. In un battito di ciglia sono giù dal letto, ignorando il dolore alla gola, ignorando quella alle costole causata dalla stretta ferrea del principe, ignorando quello che avrebbero potuto farmi se sto per fare quello che penso, ignorando le suppliche di Ariel per non uscire, ignorando il freddo e gli sguardi confuse delle mie compagne di viaggio una volta aperta la porta. Non ignoro solo una cosa: la neve è sporcata da un estesa macchia rossa. Lo stesso punto in cui Sarah si è trovata l'ultima volta, e questo non fa altro che accentuare l'adrenalina ad ogni passo. Apro il portone del castello, lasciandomi alle spalle sguardi spaventati e curiosi, le avvertenze di Ariel, le minacce della Grande Signora che ha tentato in ogni modo di bloccarmi, la consapevolezza che forse avrei fatto la stessa fine di altre mie compagne morte in passato. Ma questo non mi importa. Non avevo mai provato così tanto astio per qualcuno prima d'ora Inconsciamente sto prendendo una strada che viene guidata solo dall'istinto, non penso a niente, rivivo solo quegli attimi in cui io e Sarah ci siamo guardate per l'ultima volta, ed è abbastanza per impedire la mia volontà di fermarsi. Non mi sono accorta nemmeno del sole che filtra tra le finestre del castello. Dopo poco tempo mi trovo a chiudermi alle spalle la porta dello studio di chissà quale piano della fortezza, in contemporanea sei occhi staccano lo sguardo dal tavolo e si scontrano contro di me, sorpresi. Jude, Titanium e Diamond si alzano, completamente esterrefatti della mia presenza. Certo, quando mai si sono visti una ragazza in vestaglia comparire dal nulla e con la voglia di ammazzare qualcuno?. Ma dei primi due non do tanta importanza, poiché il mio sguardo è puntato su quel ragazzo a capotavola. "Dov'è?", chiedo con la voce che non è la mia. Questa di sicuro non sono io, è un'altra Pearl, una che credevo essere scomparsa tanti anni fa, da quando Luca era morto. Invece si è risvegliata, e perfino io ora ne ho paura. "Non so di cosa tu stia parlando", afferma Diamond, palesemente tranquillo. Stringo i pugni. "Non farmi passare da stupida, mostro!", urlo. "Pearl, non è il luogo adatto", cerca di farmi ragionare Jude, che ora mi ha preso per un braccio e mi porta all'uscita. Scrollo la sua mano di dosso. "Non mi toccare!", rigiro lo sguardo verso Diamond. "Dov'è lei? Dov'è Sarah?", chiedo nuovamente, ma questa volta non ottengo risposta. Mi guarda come se fossi un estranea, mentre il Re guarda il figlio come se fosse colpevole di qualcosa. Non mi trattengo oltre e corro verso di lui, sferrandogli pugni a non finire. "Dimmi dov'è! Dimmi dove l'hai portata!", grido più forte, in preda ad un pianto isterico. "In un posto dove non potrà più sentire dolore, per sua fortuna", disse come se stesse parlando di un insetto spiaccicato al suolo. Lo guardo stizzita, pietrificata tanto quanto lui, solo le lacrime si muovono sulle mie guance per poi cadere al suolo. C'è un silenzio surreale, in cui tutti rimangono immobili attendendo un'altra mia mossa che non arriva, mentre nella testa ritornano a galla i nostri ricordi: l'incontro di lei, le nostre risate, le chiacchiere, la sua preoccupazione per la sua famiglia, e l'amore incondizionato per il suo ragazzo, la speranza di veder crescere i suoi fratelli, il suo sorriso con le fossette, i suoi occhi piccoli e brillanti come smeraldi, il suo essere goffa e timida ma allo stesso tempo possedere un cuore d'oro. Non si meritava una morte così, era un giglio puro e perfetto, era una ragazza buona che sognava un futuro insieme al suo ragazzo, un matrimonio e tanti figli. Eppure è morta con il sorriso, mi ha ringraziato per tutto, per esserle stata accanto, per averla protetta fino all'ultimo. Eppure non sono riuscita a salvarla dalla morte, nonostante le mie promesse non le ho mantenute. Ho lottato fino all'ultimo, ma non ci sono riuscita. Ora la sua famiglia e il suo ragazzo piangeranno la sua morte per colpa mia, solo per colpa mia. "Perché lo hai fatto?", chiedo a lui, guardandogli smarrita la spalla, quella piccola voglia sotto la clavicola, appena visibile oltre la camicia sbottonata. Perfino i più perfetti hanno dei difetti. "Se lo meritava", aggiunge, irrigidendo i muscoli. "Lei non lo voleva!", urlo, guardandolo finalmente negli occhi. "Doveva accettarlo. Io sono il futuro Re!" "Tu non sarai mai un Re!", esplodo, reprimendo un singhiozzo. Non volevo mostrarmi debole davanti a lui. "Non sarai mai un Re se continuerai a farci questo. Pensi che torturandoci e ammazzandoci possa svanire l'odio che noi proviamo per voi? No. Tu non fai altro che accrescerlo, Diamond!" "Non mi importa quello che pensa la gente di me, io sono così" "Dovrebbe importanti invece, perché se continueranno altre guerre sarà solo per causa tua!", Stringe la mascella e contrae i muscoli del corpo. Il silenzio viene rotto dal rumore di uno schiaffo. Mi premo la mano sulla guancia dolente, guardandolo smarrita. "Che cosa penserà la tua gente, eh?", continuo. "Sei un buono a nulla" Un altro schiaffo. "Non ti vergogni? Sarah non si meritava di morire. Aveva una famiglia che l'aspettava, i suoi fratelli, il suo ragazzo!" Diamond si blocca. "Ah, la santarellina aveva già il suo pretendente", aggiunge schifato. "Sì, e di sicuro avrei preferito che fosse lui al tuo posto, sarebbe stato un vero Re. Non tu, tu non sei niente per lei, ne per le altre. Ne per me, sei solo un vampiro viziato, prepotente, assassino, menefreghista, e meriti l'inferno, non il trono!" Lui scaraventa un altro schiaffo verso di me che questa volta mi butta a terra. Avanza minaccioso verso di me, mentre io cerco di indietreggiare. Un rivolo di sangue cade dal mio labbro spaccato, ma non ci faccio caso. Lui invece sì, le sue iridi si dilatano, diventando rosso sangue, mostra i canini e sembra volermi attaccare quando Jude gli si para davanti. "Altezza, avete fatto abbastanza, orla lasciamola in pace. Non fatevi ribollire il sangue per una ragazza che non è nulla", interviene Jude. So che ha detto ciò per fermarlo, ma le sue parole fanno comunque male per un secondo. Il principe guarda Jude, poi me. "Figliuolo, lasciala in pace, falla tornare nei suoi alloggi. Penserò io ad una punizione adatta a lei", aggiunge il padre che ora si trova dietro il figlio. "Vostro padre ha ragione, ci sbarazzeremo noi di questa ragazza", aggiunge il demone. "State zitti, sono io il futuro Re, decido io per lei!", ruggisce, facendo tremare il suolo. Il due ubbidiscono, rimanendo in silenzio con sguardo basso. Jude si volta verso di me, guardandomi con dispiacere, i suoi occhi parlano: "mi rincresce, ho fatto tutto quel che ho potuto", ed io gli sorrido per ringraziarlo. So che lui non ha colpa e che mi vuole comunque bene a differenza di quello che dice. Sono orgogliosa di lui. Diamond si avvicina a me, puntando le sue iridi rosse contro il mio labbro spaccato, mentre io rimango ferma, completamente congelata dai suoi occhi. "Portatela nella stanza delle torture", conclude. Per un momento, un brevissimo momento, avrei preferito la punizione dettata dal Re Titanium.

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Capitolo 35
*** Capitolo 32 ***


La stanza delle torture si trova nei sotterranei del castello, affiancata dalle prigioni che occupano la maggior parte del perimetro. Infatti si accede alla stanza solo attraversando il corridoio delle prigioni. Qui l'aria è nauseante e fredda, i lamenti di povere anime sono l'unica sinfonia che spezza il silenzio. C'è chi si affaccia tra le sbarre per guardarmi, chi lancia frecciatine o commenti imbarazzanti e poco carine, sennonché  volgari, sia e me che ai demoni. Diamond è la guida del gruppo, a pochi distante da me, ignora i lamenti e minacce dei prigionieri; il suo passo è deciso e svelto, a malapena riusciamo a stargli dietro. Non mi è bastato vedere la morte di una mia amica, o gli schiaffi dello stesso carnefice, adesso sono costretta a subire le peggiori torture. Questo perché l'ho voluto io, potevo ascoltare Ariel o la Grande Signora, dovevo ascoltare la mia testa, invece mi sono fatta guidare ulteriormente dalla volontà e dalla vendetta. Il mio sguardo si solleva, quando ci fermiamo dopo minuti infiniti di camminata, puntandolo contro una porta di legno marcio e consumato dal tempo, graffi e ammaccamenti. Le gambe iniziano a tremare allo stesso ritmo del mio cuore, e devo trattenere tutta la volontà per non iniziare a frignare come una bambina. Dentro l'oscurità è illuminata solo da una finestrella, c'è l'ululato del vento che entra nella stanza, le mura fredde mi procurano brividi in tutto il corpo, ma la cosa più raccapricciante sono gli infiniti arnesi sparsi qua e là per la sala. La puzza è devastante anche qui, un odore dolciastro mi procura un conato di vomito che fortunatamente riesco a reprimere. Nelle mura riesco a notare gli schizzi di macchie scure, graffi incisi con forza e dolore, nell'aria riesco a sentire la sofferenza e la morte di migliaia di persone che hanno attraversato questo piccolo angolo del castello, e ciò non fa altro che procurarmi nuovamente paura. Chissà quanti uomini, bambini, e donne, cattivi e non, hanno subito il dolore a causa del Re o del principe stesso. Chissà quanti pianti versati nel silenzio, quante speranze soffocate, quanti sentimenti condivisi, quanta paura provata. "Chiudete la porta", ordina il principe ai due demoni. Li guardo andare via, desiderando incondizionatamente che tra uno di loro ci fosse Jude, invece non mi avrebbe salvato, non avrebbe mai saputo che fine avessi fatto, Ariel e Isadora per loro fortuna non sarebbero state mai capaci di affrontare un dolore così grande se un giorno avrebbero saputo di come sarei morta. Sì, perché sicuramente è questo che il principe voleva: la mia morte; glie lo si leggeva in faccia, nei suoi occhi rossi, nella sua espressione sfigurata dall'odio. Mi avrebbe torturata, lasciata soffrire, e poi uccisa. Una morte lenta e dolorosa, come desidera da tanto tempo. Ed io rimango immobile a tremare come un agnello difronte al lupo pronto ad attaccare, desiderando che al suo posto ci fossero gli occhi dei miei genitori a trasmettermi tutto l'amore del mondo, i sorrisi di Ariel e di Isadora, gli abbraccia di Lily e sua madre, il suono delle campane della chiesetta di Aaron, il rumore del fiume che scorre, il chiacchiericcio, seppur spettegolante, dei miei paesani. Voglio sentire il rumore di casa, le coperte calde del mio letto, ritornare a guardare l'alba, la cioccolata calda che prepara mia madre e le sue carezze, le risate con papà, il profumo della primavera e dei fiori, la neve ghiaccia e pulita dell'inverno. Tutto quello che ora non potrò più avere o sperare, non ritornerò più a casa, non rivivrò più l'amore infinito della mia famiglia, l'odore della pelle di mia madre, quello del ragazzino che mi ha amato per tanto tempo. Forse lo rivedrò una volta aspirata, e ritorneremo ad amarci come una volta, non sentirei più dolore, né sofferenza, inoltre riabbraccerei il mio Luca che da molto tempo sicuramente mi starà aspettando. Forse infondo la morte non è così brutta, devo solo imparare a sopportare il dolore, poi sarei stata felice tra due angeli. In tutto questo tempo, non mi accorgo che Diamond mi sta chiamando. "Sei sorda?!", grida più forte. Mi rianimo dal trans e lo guardo smarrita. "Inginocchiati", ordina, indicando la gamba di un tavolo. Gli do le spalle, mi inginocchio e mi aggrappo al gambo come se fosse un'ancora di salvataggio. L'attimo seguente sento il principe che maneggia con qualcosa dal rumore metallico, si avvicina a me e mi lega le mani al gambo di legno con delle catene, facendo molta pressione per impedirmi la fuga. Potrei guardarlo, ma lo sguardo è vuoto e la mente incantata da mille ricordi. Sento uno strappo al vestito e la schiena rimane nuda contro la sua mano fredda, me ne accarezza la pelle, riesce a sentire il mio tremore e per un attimo sembra titubante sul da farsi, mentre io mi immagino i suoi pensieri che si soffermano su di me nuda, picchiata, stuprata per mano sua, mentre il vampiro ride della mia debolezza, umiliandomi ancor di più. Quasi riesco ad abituarmi alle sue carezze, al tempo stesso però ho come la sensazione di ritrovarmi nella situazione in cui un dottore disinfetta il punto del paziente in cui si appresta ad infilzare l'ago per un vaccino. E di conseguenza il dolore. Così accade, il vampiro si alza, afferra qualcosa che i miei occhi stanchi non hanno la forza di vedere; solo un rumore acuto, simile a d un graffio nell'aria, riesce a rianimarmi con un sobbalzo. E ciò si ripete per altre due volte, capisco solo più tardi che si tratta di una frusta. "Implora il tuo perdono", ordina la voce fredda del vampiro. Io sorrido divertita. Povero illuso, non è così potente come crede. "Non è il carattere che fa il Re", dico in modo che lui potesse sentirmi, ma perfino la mia voce appare debole. "ma il suo cuore" "E' un argomento su cui potremmo riparlare più avanti, se solo tu mi implorassi perdono" Scuoto lentamente la testa. "Fai quello che devi fare e fallo in fretta. Sono stanca di tutta questa sofferenza", aggiungo, la mia voce sempre più morta che viva. Voglio morire, voglio stare al fianco del mio fratello e del ragazzo che ho amato più al mondo. "Vi facevo combattiva, Lady Pearl", incalza, e io riesco immaginare che ha appena alzato un sopracciglio. È vero, sono sempre stata combattiva, perché l'ho promesso ai miei genitori, ho sempre ripetuto a me stessa che non avrei perso la speranza per riabbracciarli, ma dopo tutto quello che è accaduto, con quale coraggio potrei continuare a sperare?. E' qui esce fuori tutta la mia debolezza, il dispiacere e la paura, le lacrime escono abbondanti, calde, e la gola fa troppo male per i tanti singhiozzi. "Uccidetemi!", ordino. La mano di lui mi afferra con violenza i cappelli, la testa si piega all'indietro. "Chiedimi perdono e avrai salva la vita", insiste, quasi come se lui ora a supplicarmi, per un nano secondo ho la sensazione che desidera più di ogni altra cosa lasciarmi viva. Ma la paura può fare brutti scherzi. "Vi prego, muovetevi!", singhiozzo. Scuote la testa, frustato. "Sei proprio cocciuta, bambina" La frusta emette il medesimo suono acuto, mentre io mi stringo ancor più forte al gambo, ficcando quasi le unghie nel legno. "Per l'ultima volta, Lady Pearl, supplicate il mio perdono" Scende un silenzio fatto di tensione, mentre io rivivo i volti di tutte le persone che mi sono state accanto durante la mia vita: mamma, papà, Luca, Lily e sua madre, Ariel, Isadora, Sasha, la dolce Sarah e Nessuno. Il mio ragazzo strano, ma nella sua stranezza ho trovato un cuore d'oro, l'amore vero, quello che si vive solo una volta nella vita. "Nessuno", sussurro. "Come?", chiede la voce confusa del vampiro. Mi ha sentita? D'altronde non mi importa. Sono le mie ultime parole. "Nessuno, ti ho amato e ti amerò per sempre", penso. "Pearl, chiedimi perdono", insiste, impazientito. "Fate quello che volete, Vostra Mostruosità", rispondo. Sento il sospiro irritato del principe. "L'hai voluto tu, Perla mia, adesso conta" Chiudo gli occhi e mi preparo a tutto. Il rumore della frusta echeggia nell'aria, nello stesso tempo divarico la schiena squarciata per metà. Un dolore lancinante incoraggia un grido che spezza il silenzio. "Conta!", ruggisce il lui, alzando il volume della voce di due ottave. "Uno", singhiozzo. Un'altra frustrata, il medesimo dolore. "Due..." Un'altra. "Tre..." La forza bruta del principe è mostruosa: ad ogni frustata, intensifica la potenza. "Quattro..." "Più forte!" Un'altra frustrata. "Cinque!", esclamo tra il pianto. E il continuo non c'è bisogno che ve lo descriva: le frustrate sembrano infinite, in un momento penso che la corda mi sia arrivata alle ossa e che abbia iniziato a graffiarle. Le mie urla non servono a niente, anzi: non fanno altro che aumentare la potenza di Diamond, sicuramente eccitato alla vista del sangue. Il tutto procede così, tra dolore e conti soffocati, lacrime versate al vuoto finché non cado stremata al suolo. Sembra che il freddo del pavimento mi faccia bene, guardo il soffitto di legno marcio. Qui sembra di essere in un posto dimenticato da Dio. Forse mi ha già dimenticata, forse lo stesso Dio non gli importa niente delle mie lacrime, della mia sofferenza, delle mie urla d'aiuto. In questo posto sono considerata nessuno, solo una ragazza come tante. Ed è in questo posto che non vedo l'ora di morire, qui che ho assaporato il dolore in tutto e per tutto ( forse molto meno rispetto ad altre persone), qui che ho rivisto i miei momenti più belli della vita assaporandone l'importanza. Sorrido, mentre la vista si fa più offuscata, ascolto il suono del vento, il gelo dell'inverno, improvvisamente il freddo si trasforma in caldo, e immagino le braccia di mia madre, i suoi baci nella fronte, e le use parole che di consolazione, ascolto la sua voce dolce come il miele. Non ho più paura di niente adesso, sto per andare in un posto più bello, senza dolore, senza terrore e sangue. Sto entrando nella pace, quella vera che tutti avrebbero voluto vivere. La figura sfuocata del principe si inchina davanti a me. Gli sorrido. "Non sarai mai un Re se non sei in grado di ascoltare il tuo cuore", sussurro. Lui mi prende la nuca, asciugandomi con il dito la lacrima appena scesa. "Pearl...", la sua voce sembra lontana, triste. Voglio che almeno lui, nonostante sia un assassino, incominci a vivere, mentre io mi preparo a morire. "Basta odio, ascolta il tuo cuore", lo consolo. Se solo avessi le mani libere, a quest'ora gli avrei accarezzato la guancia. Ma non si può avere tutto dalla vita. A me va bene così, ho fatto tutto quello che potevo. I miei genitori saranno ugualmente orgogliosi di me, e senza dubbio un giorno li riabbraccerò. Guardo un ultima volta al viso confuso del mio carnefice: se fosse stato diverso, certamente lo avrei amato; le forze mi abbandonano e lentamente cado nel buio. Questa volta col sorriso. ***** Buongiorno vampiretti! Scrivo questo capitolo guardando il manto bianco della neve intorno casa mia, e improvvisamente sono nel castello del principe e del Re, questo bianco gelato mi ricorda il vampiro e l'atmosfera fredda che si respira tra quelle mura. E da voi? C'è la neve? Non avete la sensazione di essere anche voi nel castello? Oggi mi sono svegliata allegra, vedendo infiniti fiocchi di neve danzare in aria, ma per Pearl il destino è ancora tanto crudele con lei, e non fa eccezione nemmeno il principe in persona. Voi cosa ne pensate? Fatemi sapere se vi piace, o commentate! Buona lettura vampiretti!

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Capitolo 36
*** Capitolo 33 ***


Non avrei mai pensato che la morte fosse così bella, quella morte che non ti lascia dolore, mentre vieni cullata dalla consapevolezza che i tuoi cari prima o poi staranno bene, e un giorno lontano potrai riabbracciarli. Si dice che dopo un tunnel ci sia una luce, invece da molto tempo intorno a me non vedo altro che il nero totale. Pochi secondi dopo vengo adagiata su una piattaforma dura e fredda, la schiena si rilassa al contatto gelido della superfice. Conseguente a ciò, tra l'oscurità ascolto le voci indistinte, lontane metri e metri di distanza. Sono i miei angeli? Mi avrebbero condotto loro al Paradiso? Li aspetto inerme nel suolo, cerco di gridare la mia presenza ma le labbra non si muovono, al che mi lascio convincere che io sia paralizzata. Le voci si fanno molto più lontane rispetto a prima, le mie grida non servono a niente poiché queste muoiono non appena arrivano alle labbra, poi un rumore aspro che tagliò l'aria diede il via ad un silenzio eterno. Rimango supina nel buio, dimenticata da quei angeli che potevano essere la mia salvezza. Sento freddo, ascoltando quei rumori che ogni tanto interrompono il nulla, e così sembrano passare ore, giornate, ed anni. Dopo un tempo infinito, talmente lontano che credo sarei morta qui, un suono acuto graffia i timpani, il mio corpo sussulta. I passi che si susseguono, prima distanti, ora si fermano accanto il mio corpo inerme. Una mano mi accarezza, scosto la testa, spaventata. "Perla..." Muovo le palpebre pesanti, vorrei aprire gli occhi ma sembra impossibile. Voglio sapere a chi appartiene questa voce calda, la sua mano non smette di accarezzarmi il viso. "Mi dispiace, tesoro", continua, ora soffocata dal dispiacere. "Apri gli occhi, ti prego", mi ordina, dolcemente. Le palpebre si aprono lentamente, scopro una figura nera, alta e slanciata inginocchiata davanti a me. Il buco oscuro dove mi hanno portata non mi permettere di illuminare i lineamenti della persona, eppure la sua mano fredda è un toccasana per la mia schiena martoriata. Guardo lei, e lei guarda me, i suoi occhi neri, terribilmente familiari, mi studiano dalla testa ai piedi. Abbasso lo sguardo, imbarazzata, e un attimo dopo lo sposto verso gli angoli di questo buco oscuro. Quando i miei occhi si adattano man mano al buio, scopro che sono distesa su un lettino, e l'angolo oscuro è una cella. Mi trovo nelle prigioni del castello, lasciata a marcire per molto tempo qui dentro come se fossi io la causa di tutto quello che è successo e non lui. "Riesci a camminare?", mi chiede, sempre dolce. Ciò mi spaventa. Cosa mi devo aspettare da questa dolcezza? Non riesco a parlare, ancora indebolita dal dolore delle frustate, talmente assonnata che confondo la realtà da un sogno. La figura sospira, alzandosi dal punto dove si trovava prima, l'attimo seguente mi trovo tra le sue braccia, e solo allora il dolore alla schiena si fa sentire. Mi lamento dal dolore, ma più mi muovo accanto al suo petto, più questo non tende a placarsi. "Stai ferma", mi ammonisce la figura. "Peggiori la situazione se ti muovi" La figura avanza verso l'uscita, e chiude con un calcio la porta di sbarre dietro di se, adesso le lampade sul soffitto illuminano i suoi lineamenti. Dovrei essere sorpresa, ma ormai non mi meraviglio più di niente; Diamond chiede alle due guardie di aprigli la porta, queste obbediscono e noi usciamo all'aria aperta. Il vento gelido si infila sotto il mio vestito, congelandomi le ossa e i nervi. Le braccia del vampiro di sicuro non aiutano a riscaldarmi, essendo gelide anche esse. Guardo appena dietro le sue spalle, scoprendo che siamo usciti da sotto la Torre, la quale possedeva una porta tra le due scalinate: un particolare di cui prima non mi sono accorta. Non oppongo resistenza, sapendo che se solo provassi non andrei da nessuna parte, mi trovo malconcia tra le braccia di una creatura molto più forte di me. Non ho dubbi che mi avrebbe bloccato con un solo braccio, così mi lascio trasportare all'interno del castello, oltrepassando il cortile reale completamente vuoto, il primo piano del castello, e arriviamo al secondo. Qui gli unici esseri viventi solo le guardie, la fortezza incute paura al calare della sera, la Stella Luminosa si affretta a lasciare il posto a quella Oscura, i suoi ultimi deboli raggi oltrepassano le nuvole e si infiltrano tra le lunghe tende delle finestre, ma non colpisce il viso del vampiro completamente protetto da queste stoffe. Contro ogni mia aspettativa, il principe apre il portone della sua camera da letto e la richiude, il calore della stanza scioglie completamene il mio corpo ghiacciato, lasciando scivolare via gli ultimi brividi di freddo. Ai piedi del letto, i petali rosa e i cuscini sono sfatti, segno che il principe ha continuato con le riunioni non curandosi della mia assenza. Ma allora perché mi ha portato nel calore della sua stanza, mi sta adagiando cautamente nel letto e mi copre il corpo malato con le coperte, assumendo un comportamento da galantuomo?. Lo guardo accigliata, mentre la mia testa sprofonda sul cuscino morbido. Lui coglie i miei pensieri, sfoggiando un sorriso rassicurante. "Non avere paura, sei al sicuro adesso" Corruccio la fronte, senza preferir parola, eppure i miei occhi riescono a comunicare con lui. Parliamo senza parlare, comunichiamo senza nessun gesto, perché gli occhi sono lo specchio dell'anima, e basta solo guardarlo per capire che per questa notte non mi avrebbe fatta del male. Ignoro il dolore alla schiena, il quale si fa meno pressante, e le palpebre ritornano a pesare. Diamond mi accarezza nuovamente il viso, e inizia a cantare una ninna nanna dolce e lenta; non impiego tanto tempo per riconoscerla: è la stessa canzone che Nessuno mi sussurrava all'orecchio per addormentarmi. Mi lascio andare, lui sposta le tende del letto, donando intorno un senso di protezione, e tra le sue carezze abbandono il mio corpo al sonno. Molte ore dopo mi sveglio, riscaldata dalle coperte pesanti, e dalla luce fioca del fuoco acceso nel camino. Nel tempismo perfetto, il portone iene spalancato e il sorriso di Diamond si apre mostrando i denti bianchissimi. Se prima il mio respiro suonasse regolare, ora si ferma completamente quando il petto scoperto del vampiro fa capolino nella stanza, perfettamente scolpito e diafano. È il corpo di una statua. È impossibile descrivere quanto questo ragazzo sia bello. Mentre il mio sguardo è incollato al suo petto senza veli, lui posa la tavola della colazione sulla scrivania e mi parla per la prima volta. "Sono soddisfatto di sapere che quello che vedete è di vostro gradimento" Sorpresa sul fatto, abbasso lo sguardo. Diamond si fionda accanto a me, ritrovando il suo viso troppo vicino al mio. "State bene?" Annuisco, mordendo la lingua per non parlare: se lo avrei fatto, avrei ammesso che il mio buon umore è dovuto a questa bellissima apparizione. La sua grande mano accarezza il mio viso piccolo, mentre il suo ritorna ad assumere l'espressione dispiaciuta della scorsa sera. "Avete ragione, sono un mostro", afferma. Resto zitta, guardandolo negli occhi. "Avete dormito tanto", aggiunge. "Quanto tempo sono rimasta nella cella?", dico finalmente, la voce suona debole e impastata dal sonno. Le sue labbra si stringono. "Tre giorni", ammette, pentito. "Sentivo dei rumori" "Siete stata in uno piccolo stato di coma" Alzo un sopracciglio. "Sarei stata in coma solo se avrei avuto un impatto violento alla testa. Mi avete squarciato la schiena, invece", insisto, evidenziando la parola "squarciato". "Per favore, non girare il coltello nella piaga" "Pensavo che non vi facesse effetto le mie parole, se siete voi stesso che uccidere persone senza pietà" "E comunque, sono stato io", conclude, ignorandomi. "Prego?" "Vi ho lasciato io in coma" Giusto, lui aveva il potere della morte o qualsiasi effetto negativo che avrebbe portato al decesso. Mi sono trovata più in la che di qua senza rendermene conto. "Ora comprendo" Sorride appena. "Ma questo non giustifica il fatto che potevo dormire in un letto comodo invece in una cella fredda" Sospira. "Ero irritato" "Non è una buona giustificazione" Si solleva dal letto, improvvisamente irritato della mia insistenza. "Senti, sei un letto caldo, ti ho portato via da quella cella schifosa, ti ho lasciato dormire senza disturbarti, ma se anche la mia presenza è un fastidio, tolgo immediatamente il disturbo" Ho il fuoco negli occhi. "E' una buona idea, non sopporto di stare accanto ad un mostro come te!", sputo, infastidita dal suo comportamento bipolare. Lui corruga ancora di più il viso, mostrandosi abbastanza adirato, e quindi senza preferir parola corre verso l'uscita, sbattendo con forza il portone alle spalle. Rimasta nuovamente sola, tiro fuori un respiro di sollievo, solo averlo affianco mi fa andare fuori di me. È in guerra con i suoi sentimenti, e io non sopporto questo genere di persona, specialmente se questa mi ha deturpato la schiena tre giorni fa. Scosto le coperte pesanti e mi alzo, realizzando che la schiena non brucia più come molte ore fa, ma in ogni caso non oso sfiorare le ferite con le dita. Non ho il coraggio di vedere in che condizioni si trova la pelle, e mi dirigo verso la scrivania dove poco fa Diamond aveva posato la colazione, che intuendo dall'alimentazione vampiresca non sono contenuti croissant, cioccolata calda, frutta e dolci. Afferro la tazza, senza badare alla porcellana bollente, e assaggio la cioccolata calda per insaporire la bocca, poi è la volta dei dolci, del croissant e concludo rinfrescandomi la bocca con la frutta. Mangio come se avessi passato un mese senza cibo ne acqua, lentamente assaporo ogni sostanza, tutto nel giro di pochissimi minuti, poi la porta si apre. È di nuovo lui. "Avete gradito la colazione?" Mi pulisco la bocca col tovagliolo. "Molto squisita, la ringrazio" "Dovere" Di nuovo silenzio, finché non decido io a parlare. "Immagino che ora mi darete il permesso per ritornare al mio appartamento", aggiungo, alzandomi dalla sedia e stringendo istintivamente le gambe, non mi sento a mio agio accanto a lui. Alza un sopracciglio. "Assolutamente no", ammette con calma. Spalanco gli occhi. "Co-come?" "Avete sentito bene, quindi non fatemelo ripetere", afferra il vassoio della colazione e si allontana da me. "Aspettate" "Cosa volete ancora?" "Cosa penseranno Ariel e Isadora? Si staranno preoccupando per me" Fa spallucce. "Ho già accennato alle due Ladies che vi avrei spostato nella mia camera, quindi dovrebbero stare tranquille" "Ma non sanno cosa potrete farmi", insisto. Mi osserva a lungo, spostando il suo sguardo dall'alto verso il basso. "Perché, cosa potrei farvi in questo preciso momento?" Deglutisco. "Non ne ho idea, ne voglio saperlo" "Nemmeno io, quindi finitela di essere tanto insistente, non giova alle mie orecchie", mi da nuovamente le spalle ed esce a passi svelti. Sì, è completamente confuso questo ragazzo. Povera sarà la moglie che un giorno lo affiancherà per tutto il resto della sua inutile vita. Guardo intorno a me, non che ci fosse qualcosa di talmente curioso che non sappia già, ma il colore caldo del marrone mi rilassa in modo impressionante. Mi avvicino al camino per dar libero sfogo ai pensieri, interrotti prontamente dalla porta che si apre. È una giornata degna di essere dimenticata. "Pensavo che la mia insistenza non gioiva alle vostre orecchie", riprendo, senza voltarmi nel guardarlo. Lo sento sogghignare. "Tuché! Mi preoccupo di sapere come state" "Sono confusa, Altezza", rispondo. Il suo viso si para davanti al mio, siamo seduti davanti al camino. "Confusa?" Ritorno diritta, convincendo a me stessa che la sua vicinanza mi avrebbe fatto male. "Siete stato un mostro quel pomeriggio, mi avete rovinata, umiliata, lasciata a marcire per tre giorni in una cella fredda e buia; ma poi siete ritornato da me per portarmi qui, avete cantato una canzone importante per me, mi avete lasciata dormire in questa stanza, e sapendomi al sicuro dalle prigioni, mi fa stare bene. Ma non sono al sicuro da voi, siete una confusione totale che contagia anche me. Non riesco a capirvi! Un attimo prima siete dolce, l'attimo dopo irritato. Chi vi capisce, è bravo" Le labbra di lui si curvano all'ingiù. "Vi comprendo, nemmeno io riesco a capirmi" Il viso diafano mi copre la visuale della stanza, la sua mano mi rinfresca la guancia calda dal rossore. "Mi fate girare la testa", sussurro, i suoi occhi incollati ai miei, mare furioso che si scontra contro un iceberg, eppure l'acqua ha un compito importante per questo colosso di ghiaccio: lo mantiene a falla, non lo lascerà mai sprofondare nell'abisso, sarà la forza e il sostegno per il banco ghiacciato. "Eppure...qualcosa mi lega a voi, vorrei starvi lontano ma non ci riesco", rivelo più a me stessa che a lui, inconsapevole di aver parlato a voce alta. Lui non ne rimane turbato, a dir la verità la tristezza del suo sorriso lascia spazio alla gioia, persino il ghiaccio del suoi occhi brilla intensamente. "Allora vi piaccio", aggiunge, la dolce e sensuale provo l'ennesimo brivido lungo la schiena. Ho voglia di accarezzargli il petto, colta da una bramosa voglia di sentire la consistenza della sua pelle, ma mi trattengo. "Per la miseria, Pearl, concentrati!", mi rimprovero mentalmente. "Non lo so...", balbetto. Tutta questa vicinanza mi offusca la mente, sono incapace di fare un discorso sensato. "Una volta dicevate di odiarmi" "E vi odio: vi odio per avermi fatto per rendermi la vita un inferno, per la separazione di Isadora dalla madre, per la lontananza dalla mia famiglia, per l'uccisione di Sarah, per quelle frustrate che ancora le sento bruciare nella mia pelle. Per tutto questo vi odio, e non smetterò mai di odiarvi" Osserva le mie labbra muoversi, le sue iridi bramano la loro morbidezza. "Ma...?", domanda a fior di labbra. "Ma mi sto legando a voi in un modo inverosimile che supera ogni mia aspettativa" "E cioè?" Sposto lo sguardo da lui al fuoco, se rimango a guardarlo non avrei più la forza e la logica di pronunciare parole sensate. "Non lo so nemmeno io, ma ogni volta che vi guardo è come se ci conoscessimo da tanto, troppo tempo" Corruga la fronte. "Mi trovate familiare?" "Forse...", farfuglio, ma nemmeno capisco quello che sto dicendo. "Probabilmente siete un angelo nei miei sogni", tento con un sorriso di convinzione. Non so se quello catturato da lui può essere la realtà, ma l'espressione noto un velo di delusione. "E quindi...sono un vostro angelo dei sogni" "Sì" "Ne sono lusingato" Abbassando lo sguardo, noto che le sue braccia mi hanno stretta a lui, il freddo della pelle mi rinfresca la schiena, per questo mi sento tanto rilassata. "Perla mia...", il suo alito freddo mi congela l'orecchio, col tempo il profumo della sua pelle riesce ad entrami nel cuore, e io lotto contro la volontà di non distruggere questo momento. Mi lascio cullare dal suo abbraccio e, poggiando la testa contro il petto marmoreo, respiro l'odore buonissimo della sua pelle, studiando i lineamenti dei muscoli visibili nei bracci, il collo perfetto e robusto, i capelli neri come la pece gli ricadono sulle spalle, pizzicandomi la punta del naso. Tutto in lui rispecchia la bellezza perfetta, disarmante, sensuale, unica in tutto l'universo. "Vi fidate di me?", sussurra nuovamente. Aspetto un po' per rispondere, pesando bene le parole, rivivendo ogni momento, ogni sofferenza e ogni gioia che ho vissuto arrivando qui; infine sorrido tra il petto di lui, speranzosa di non potermi pentire un giorno della mia risposta. "No, ma ci posso provare" "Perché?", domanda lui. "Perché perfino le bestie hanno un cuore"

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Capitolo 37
*** Capitolo 34 ***


So di trovarmi in un sogno, eppure l'immagini sono talmente nitide da far sembrare il luogo reale. Mi trovo sdraiata sul letto del principe, lui dorme accanto a me, eppure quella sensazione di essere osservata non mi abbandona da minuti ormai. Ritorno a girarmi di spalle, la testa appoggiata sul cuscino troppo morbido da risucchiarla fino alla consistenza dura del materasso. Con occhi guardinghi studio gli angoli e oggetti nella stanza catturata dall'oscurità della notte. Non riesco a dormire se mi sento spiata da un'entità nascosta nel buio. Guardo le portefinestre che si affacciano al balcone, ed è lì che una figura scura mi sta osservando. Mi alzo a sedere, allarmata, mentre con la mano sinistra scuoto la spalla del principe. <>, lo chiamai, ma lui sembra non rispondere. Lo chiamo un ultima volta, scuotendolo con più potenza, ma anche in quel modo rimane impassibile. Non si muove, sembra in coma. Ritorno a guardare alla porta, ma la figura oscura non c'è più. <> Mi giro attorno per cercare la voce che ha pronunciato il mio nome. Il cuore manca di un battito quando trovo a pochi centimetri dal mio viso quello di una ragazza bianchissima come la luna, gli occhi sbarrati, le occhiaie nerissime, e le labbra violacee e modellate in una riga che non trasmette né felicità né tristezza.. Mi allontano impaurita, sbattendo contro la schiena di Diamond. Trattengo un urlo. Eppure la riconobbi subito, seppur il suo stato metta i brividi. Non mi sarei immaginata lei così: prima vi sentimenti, i suoi occhi non brillano di vita. Guardando in basso, mi accorgo che il suoi piedi scalzi erano sollevati a qualche centimetro da terra, quindi avevo ragione: sono stata svegliata dal suo spirito. <>, farfugliai, ancora impietrita. Lei finalmente sorrise, ma non disse nulla. <>, cerco di dare un contegno al tremolio delle labbra. <>, dissi infine. Scosse la testa. <> Lacrime inaspettate iniziano a bagnarmi il volto. <>, singhiozzo, portandomi una mano alla bocca quando individuo il taglio profondo che gli percorre tutta la gola in modo verticale. Era rosso, e sembrava ancora fresco; macchie di sangue gli rigavano il collo fino al vestito. L'avevano decapitata. <>, sussurro un ultima volta prima che i singhiozzi iniziarono a scuotere la schiena. L'attimo seguente, le braccia spiritate della mia amica mi stringono a lei. <> <>, mi sussurrò, accarezzando la testa fino a scendere la schiena. Mi scosto appena per guardarla. <>, urlo, le mani mi tremavano. Dietro di noi, il Principe è diventato un secondo ricordo. <> <> <>, non tiene il broncio, ma sorride dolcemente, sfiorandomi la guancia con le dita. << Sono qui per salutarti, coraggiosa Pearl, ma sono anche qui per chiederti un favore. L'ultimo, poi potrò riposare in pace>> <>, la guardo paziente, in modo da darle tutta la mia attenzione. Fa un lungo sospiro, poi mi accarezza le spalle, guarda in basso per concentrarsi e non scoppiare a piangere, ma quando solleva lo sguardo è inevitabile. I suoi occhi verdi luccicano già. <> Annuii, il mento tremava. Lei sorrise, per poi soffocare un singhiozzo. <>, si fermò, lasciando che le lacrime bagnarono le guance prive di vita. Poi sollevò una mano e con l'altra ne estrasse l'anello di fidanzamento che portava alla fede. Ebbi un tuffo al cuore. Lei deglutii a vuoto poi torna a guardare me, cercando di sorridere ma questo aveva già iniziato a tremare. <> Annuisco, stringendo la sua fedina tra la mano e portandomela al petto, sancendo ancora di più questa promessa. Sorride di nuovo, questa volta di felicità. <> Deglutisco. <> Lei rise a quella battuta, anche se era un modo per chiederle di non lasciarmi mai. <> Annuisco, sforzandomi di sorridere. Non ero pronta a lasciarla andare, mi stavo abituando alle sue carezze. <> <> <> <> Sbarrai gli occhi. <>, mi alzo dal letto, in preda al panico e all'emozione. <>, intanto facevo il giro del letto, mentre Diamond sembrava un morto a tutti gli effetti, sotto le coperte. <> Vorrei ribattere, perché il mio desiderio di vederlo è talmente grande che nemmeno il cuore riesce a contenderlo, eppure il luccichio vitale nei suoi occhi mi convinsero che forse stava dicendo la verità. Mi fermai sul posto ed annuii, lei si avvicina per posare un bacio sulla mia fronte sudata. <>, dice, poi si allontana. <>, soffoco in un sussurro, incapace di ragionare. Sono successe troppe cose belle in un solo sogno, inizio a dubitare che io stia dormendo. <>, la fermo, prima che lei sorpassa senza problemi la vetrata della portafinestra. Lei si volta. <>. <>, mi asciuga l'ennesima lacrima di quella realtà parallela. <> Annuisco. <> <>, fa scivolare la mano diafana dalla guancia bagnata e poi si allontana. La guardo allontanarsi nel punto in cui era comparsa. Prima di attraversare la vetrata si volta per rivolgermi uno dei suoi più belli sorrisi, e mi infonde coraggio; so che devo andare avanti, devo farlo per lei e per tutti quelli che credono in me. Lo spirito di lei si volta e scompare. Nello stesso istante apro gli occhi.

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Capitolo 38
*** Capitolo 35 ***


La stanza reale è illuminata dalla luce del giorno. Le tende sono spalancate, il fuoco è ancora acceso. Resto ferma sul materasso, approfittando negli ultimi secondi di pace, poi apro gli occhi. Sento il respiro pesante, come se avessi scalato una montagna, e le guance sono bagnate. Mi asciugo le lacrime con l'unica mano libera. Sì, l'unica libera, perché l'altra si trova stranamente chiusa a pugno. Quando la apro, il palmo racchiude la fedina di Sarah. Sorpresa, porto a sedermi sul letto, studio attentamente la fedina che il suo spirito mi aveva consegnato un attimo fa. E se tutto quello che è stato fosse reale? Forse mi sono trovata nel dormiveglia. Lei è venuta a trovarmi per mostrare che non ce l'aveva con me, anzi, mi ha incoraggiato ad andare avanti. Non mi avrebbe mai abbandonato. Scosto le coperte e avanzo davanti allo specchio. Ora i lividi sono meno presenti, la balia veniva sempre a curarmi con delle pozioni strane e creme disgustose. Ma l'apparenza inganna, ed il risultato è evidente. Non potevamo usare il nostro potere siccome ci è stato imposto fin dal nostro ingresso qui, altrimenti avrei fatto da me. La schiena non faceva più male come tempo fa. I giorni qui sembrano settimane, forse perché ne trascorro la maggior parte distesa sul letto, è da tanto che non vedo Alice e Isadora, le riunioni col Principe sono state spostate in una stanza degli ospiti al piano terra, alle volte nel suo studio, sotto mio volere. Non voglio che le mie amiche mi vedessero in queste condizioni, preferivo uscire dal castello con la pelle compatta e priva di segni. Il Principe inizia ad interessarsi a me, ma non osa sfiorarmi se io non glie lo permetto. È distante quando conviene, parliamo molto ma rispetta i miei tempi. Non sono pronta a legarmi ad una persona che ha commesso tantissime atrocità, ma non per questo col tempo lo avrei perdonato. Inoltre è difficile vederlo alterato, questo perché inizia a controllarsi. Corro dietro il pareo, velocemente mi svesto della vestaglia e afferro un vestito dalla stoffa leggera, con le tasche nascoste ai fianchi, copre dalla caviglia fino al collo, a maniche lunghe. È bianco e semplice, alla vita porto una cintura di cuoio sottilissima. Non è un vestito da regale, ma infondo non devo mostrarmi al mondo. Indosso i stivali in tinta col vestito, mentre l'interno era ricoperto di pelo sintetico. Un tocca sana per i piedi e il mio corpo, anche se intuivo che oggi l'aria non sarebbe stata particolarmente fredda. Metto l'anello nella tasca e scivolo fuori dalla stanza. Da quando ho abbandonato il letto, nonostante Diamond sia sempre contrario, abbiamo deciso l'abolizione del pranzo in camera. E per un'incapace di stare sdraiata sul letto per giorni quale sono, era un ottimo modo per sgranchirmi le gambe e non passare l'intera giornata in quelle quattro mura. Cammino indisturbata tra i corridoi dell'abitacolo, sicura di star andando nella strada giusta. Dopo quasi un mese segregata qui dentro, riesco facilmente ad imparare le strade di questo colossale labirinto. Pochi minuti dopo mi trovo davanti ad una porta, ai lati due demoni. Mi studiano, ovvero, sembrano volermi incendiarmi l'intero corpo con una sola occhiata. <> I due si scambiano uno sguardo di intesa poi aprono la porta. Fanno il mio nome, mentre io attraverso la soia, nello stesso istante quattro occhi rossi si sollevano verso di me. Il Re e suo figlio si alzano dalle sedie per accogliermi. <>, dico, inchinandomi. La sala pranzo è oscurata dalle tende, solo il lampadario e qualche lumino acceso ravviva i colori della stanza. Il Re si sposta dalla sedia e spalanca le braccia. <>, mi abbraccia. <>, i suoi occhi indagatori mi fanno sorridere appena. Odiavo quel colore, significa che stavano discutendo animatamente oppure erano ritornati da poco dalla caccia. Sapevo che Diamond era ribelle tanto quanto me, quindi non perdeva occasione di superare le mura castellane ed addentrarsi nel bosco. Ogni tanto lo seguiva anche il padre. Per quanto i loro caratteri si dimostrano contrastanti, infondo erano uguali. <>, mi invita il figlio, spostando la sedia accanto alla sua. <>, mi rilasso sullo schienale, aspettando che entrambi ritornano alle rispettive sedie. Nella tavola c'è di tutto: dolci, frutta, bevanda calde o fredde. Presi un po' di frutta, un croissant alla crema di nocciole, e una tazza con cioccolata calda. Non volevo esagerare con gli zuccheri, anche se non mi dispiaceva fare piazza pulita di tutto quello che c'è nel ripiano. Inizio a mangiare in silenzio, poco dopo l'attenzione viene catturata da una fila di carte sparse qua e là nello spazio dove i due reali erano seduti. Infatti stavano parlando di varie terre, di conquiste e attacchi. <>, parlai prima che il mio cervello mi impedì di farlo. Diamond prese la parola. <> <> Il vampiro sospira, chiaramente irritato. <> Stringo i pugni. <> <>, si alza dalla sedia e afferra le mappe. <> <> <> <>, incalzò, guardandomi sprezzante, i suoi occhi ancora macchiati di cremisi. Ora anch'io ero alzata. <> Chiuse gli occhi, ispirando aria, qualche istante dopo li ha puntati nuovamente su di me. <>, se ne va dalla sala, senza salutarmi. Ritornai a sedere, allibita dal suo nervosismo, confortata dalla speranza di aver fatto cambiare idea al vampiro. C'erano stati troppi morti, non capisco il motivo per continuare così. Il popolo era stanco, e voleva la pace. Non capivo la sua brama di vendetta. Infondo ormai i motivi sono futili, gente che fanno capricci per vedere la reazione dei reali. <>, aggiunse il Re, come se mi avesse letto nel pensiero. <> Sorrise, studiandomi per lunghi secondi, quasi fosse orgoglioso di me. <> Inchinai il capo per ringraziare, per quanto le parole non uscivano dalla bocca per descrivere quanto apprezzato fosse questo complimento. <>, alzò appena le mani per indicarmi. Capii tutto. <> Ha lo sguardo puntato su una figura sopra il camino, una figura di una donna pallida, bellissima, viso angelico e occhi grigi, capelli corvini e mossi le ricadono dolcemente sulle spalle. Sorrideva, e i suoi occhi nonostante mettessero i brividi per quanto chiari, trasmettono una dolcezza infinita. <>, dissi. <>, ammise. <>, mi invitò, guardando il mio piatto ancora pieno di spicchi d'uva. Sorrise un ultima volta, poi in silenzio torniamo a consumare la nostra colazione. Per quanto strano, anche i vampiri ogni tanto mangiano cibo umano. Decido in seguito di fare un giro per il palazzo, stanze che avevo già visto, e come al solito entro nell'immensa biblioteca che di rado ho visto Diamond o alcuni demoni passarci le ore per leggere. Afferro un libro e mi perdo nella lettura per svariati minuti, guardavo accanto dalla finestra la natura scura che circonda il castello. I pensieri nuotano furiosi nella mente come in tempesta, finché non mi ricordai di Sarah, del suo anello, e corsi in camera. Trovo Diamond disteso sul letto a guardare il soffitto. È sveglio. <>, chiede, mentre io avanzo alla scrivania. <>, rispondo, apro il cassetto di legno e afferro un pezzo di carta ruvida. <> Sento il vampiro alzarsi dal letto. <> Alza un sopracciglio. <> Scuoto la testa. <> <> <>, incalzo. Rimane a fissarmi per un po', infine alza le spalle. <>, si mise la giacca. <>. "È mai possibile che l'umore di questo ragazzo vacilli in continuazione?", penso, stizzita. <> <> <> <> <> Lo fulmino con lo sguardo. <> Le mie parole lo hanno colpito, è evidente nei suoi occhi. <> Rivolgo lo sguardo ai pezzi di carta, aspettai che disse qualcosa ma non accade. L'ultimo rumore è della porta chiusa malamente. Soffio via tutta la tensione accumulata fin ora, e bagno d'inchiostro la punta della piuma. Rimango a guardare il colorito scuro di quest'ultima, immaginandomi un Principe giovane e dolce, abbracciato dalla madre, quando i suoi occhi non avevano conosciuto ancora la guerra e sicuramente se non ne sarebbe mai venuto a conoscenza; se sono la madre fosse ancora viva, a quest'ora non avrei trovato al suo posto un uomo con seri problemi comportamentali.

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Capitolo 39
*** Capitolo 36 ***


Si dice che il dolore della morte di un figlio è indescrivibile, è come se ti strappassero il cuore dal petto, e ti senti morire. Vedi il mondo spento, con l'assenza di quei colori vivaci che prima fingevano il mondo. So che una madre vorrebbe morire, raggiungere il proprio figlio o figlia; ed è così che si sentì mia madre una volta perso Luca. Anch'io sentì quel dolore profondo, ma non faceva male come a lei. E ora, oggi il mondo piangerà di un'altra vittima scomparsa: Sarah. Non so nemmeno il suo funerale deve essere ancora celebrato o meno. Non so come sta la sua famiglia né ci tengo a saperlo. Non per cattiveria, è perché voglio reprimere questo dolore familiare. Il castello è stranamente silenzioso, si sente la mancanza di Sarah. Mi manca la sua dolcezza, è quello che di sicuro ha lasciato in queste mura. Guardo da svariati minuti il foglio di carta, intatto. Non trovo le parole, perché non ce ne sono. Vorrei scrivere una lettera di cindoianze ma in tal modo non farei altro che peggiorare la situazione. Mi arrangio con quel poco che mi viene in mente, e dopo aver tentennato poso la punta di piuma sopra la carta. «Cari coniugi Vi scrivo dal castello un po' ciaccata, ma avrei preferito trovarmi io al posto di Sarah. Sicuramente avrete sentito parlare molto di me, le mie gesta non saranno di certo passate inosservate. E oltre a quello che sapete sul mio conto, vorrei raccontarvi come ho vissuto la mia amicizia con Sarah: eravamo sempre unite, parlavamo sempre della nostra casa e della nostra famiglia. Lei desiderava incontrarvi, non se lo sarebbe mai aspettato in questo modo, anche se, devo essere sincera, nel suo piccolo se lo immaginava e avrebbe accettato tutto. Lei aveva una dolcezza straordinaria, era un agnello nelle mani del lupo. Io ho cercato di proteggere questo agnello glie lo avevo promesso sempre, ho tentato di allontanarla dal principe. Perfino quella sera ho usato tutto il mio potere, pur sapendo che era vietato, e lo farei altre mille volte, pur di rivederla di nuovo accanto a me. Non rimpiango di aver visto la morte, di essere stata frustrata e lasciata sola per tre giorni in una cella, per lei avrei sopportato questo ed altro. Rimpiango solo di non averla protetta abbastanza, sicuramente avrei potuto fare di più. Mi sento un incapace. E se voi non riuscirete a perdonarmi, capirò. Posso capire il dolore di una madre, pur non essendolo mai stata, ma avendolo osservato per mia sfortuna molto da vicino. Avete tutta la mia comprensione, accetto qualunque vostra critica poiché me la merito. Con queste ultime righe, lasciatemi dire cosa lei mi disse prima di andarsene: desidera che vivete, pur essendo difficile, e andate avanti; lei rimarrà con voi, non vi abbandonerà mai. Vi ama e vi amerà per sempre. I miei più sinceri saluti. Pearl Howard » Sento il cuore scoppiare, tutte le lacrime che ho dimenticato di versare ora stanno uscendo. Mi tremano le gambe al solo pensare che lei non c'è più, quell'angelo non è più con me. La mia dolce Sarah. Prendo tra le dita l'anello che il suo spirito teneva in mano e mi incanto a guardarlo per un attimo. Inizio a chiedermi per quale motivo alloggio ancora nel suo stesso tetto. Cosa mi è saltato in mente? È sempre lo stesso assassino di Sarah e di molte altre ragazze, lo stesso che mi ha torturata e che ci tratta tutte come oggetti. Cosa ho visto di positivo in lui da farmi cambiare idea? Giorni fa avevo detto che anche le bestie hanno un cuore. Ma lui ce l'ha veramente un cuore? Cosa si nasconde dietro il suo carattere bipolare?. «Cos'è?», la sua voce mi fa mancare il respiro. Il cuore si ferma. «Da dove sei entrato?» «Dalla finestra» Indica la portafinestra spalancata. «Non potresti comportarti un po' più...da umano? Non ho il super udito come il tuo» Sogghigna. «Mi piace quando fai così» «Quando sto per morire d'infarto o quando la mia pelle raggiunge il colore del marmo?» Si avvicina più al mio viso. «Quando mi guardi sorpresa, è bellissimo» Ritorno a guardare il foglio di carta nuovo. «Sappi che non era per la sorpresa, ma per lo spavento» «Mmm....», le sue dita giocherellano con le ciocche spostandole dietro le spalle. «Mi sei mancata Pearl, e scommetto anche io a te», le parole sono come aria fredda sul mio collo, sono ricoperta da brividi. Il colmo è quando mi sfiora la giugulare con le sue labbra, stampando un leggero biacio. L'adrenalina mi fa scattare in piedi. «Neanche un po'!», lo guardo smarrita, anche se dentro sto ribollendo di rabbia. I suoi occhi rosso sangue parlano di desidero. «E ora se non ti dispiace, preferirei scrivere in santa pace quest'ultima lettera» Il cremisi dell'iride punta sulla scrivania. «Cosa state scrivendo?» «Non sono affari vostri» Stringe i pugni. «Questa è la mia camera, ogni cosa che accade qui mi riguarda» Chiudo gli occhi e respiro. «Non. Sono. Affari. Vostri» Riapro gli occhi, ritrovandomi davanti un vampiro visibilmente incavolato. Vedo le vene violacee che gli solcano gli occhi, occhiaie scure e canini che fuoriescono dalle labbra. Sono consapevole che a breve sarò sottoposta all'ennesima tortura, sono pronta a reagire, e invece non accade niente. Dopo secondi eterni, i suoi muscoli si rilassano e zitto zitto si stende sul letto. Interdetta se sedermi o meno, afferro la piuma e scrivo frettolosamente. «Caro Vincenzo, Lei non ha mai smesso di crederci al vostro amore, ha lottato e io sono stata la testimone del suo grande coraggio. Mi dispiace non averla protetta abbastanza, ne sentiremo tutti la mancanza. Ma lei vuole che tu vada avanti, lei sa che presto sarai felice. Non perdere quel sorriso e quell'allegria che l'hanno fatta innamorare di te. Continua ad amare, per quanto sembri ingiusta la vita è perfetta. Ora tocca a te vivere per lei. Ti abbraccio forte. Pearl Howard» Metto la lettera e l'anello dentro la busta e la deposito insieme alla prima dentro il cassettino. In un secondo esco da dietro il pareo con la veste da notte. Per tutto il tempo non ho fatto altro che sentirmi a disagio, sotto lo sguardo indagatore del principe. «Avete fatto una buona caccia?», chiedo dopo un po' di silenzio. «Sí...non mi lamento. Ci sono ancora prede squisite in giro», sorride eccitato. Meccanicamente, faccio salire la coperta fin sopra le spalle. «Capisco...» «Avete paura di me?» «Non lo nego» «Eppure siete sempre voi quella che ogni giorno mi fa ribollire l'anima. Sempre se ne ho una» «Siete un vampiro, uccidete solo per divertimento e necessità. È ovvio che sono spaventata. Ma sono anche curiosa di sapere qual'è il vero Diamond. Non il principe, non il vampiro, ma quello vero» Sposta il suo sguardo da me al soffitto, segno che forse sto abbattendo piano piano il suo muro. «Quel Diamond è morto tanto tempo fa», dice. «Posso sapere perché?» Scuote appena la testa. «Non capiresti» Sospiro. Sarà più difficile di quanto pensassi. «Domani chiamerò Judas per prendersi le lettere» «Grazie...» «Dovere» Si gira di spalle, ignorando il mio tentativo di continuare a parlargli. «Diamond?» «Mmm?» «Sei mai stato innamorato?» Si volta, colto di sorpresa. E lo sono anch'io. Glie l'ho chiesto senza pensare, senza sapere se ho fatto bene o male. «Sí, tanto tempo fa. Perché me lo chiedi?» «Cosí...ero... curiosa, ecco» Alza un sopracciglio. «E come è finita?» Ci pensa al lungo, poi ritorna a parlare. «Lei era perfetta e io troppo complicato. Non si meritava di stare con uno come me...» «Ti manca...ogni tanto?» «Ogni tanto sì, lei era l'unica» «Oh...» «Non era come tutte le altre, mi ha accettato e mi ha amato. Penso che non avrò mai una ragazza come lei» I suoi occhi rossi navigano tra i ricordi, il suo viso è rilassato e le labbra si incurvano in un sorriso. Non l'ho mai visto così... innamorato. «Giá, si dice che i primi amori sono i più belli» Il vampiro innamorato ritorna a guardarmi. «Giá...» La sua mano va in cerca della mia, quando la trova, attorciglia le dita alle mie. Non capisco il significato del gesto, ma se è per farlo stare bene, non lascerei mai la presa. «Meriti una moglie che ti faccia ritornare i stessi sentimenti che hai provato per lei» «Ho paura che non esiste» «E allora perché non sei andato a cercarla in questi anni?» «Ho provato, ma sapevo che non mi avrebbe più accettato, la mia presenza l'avrebbe fatta soffrire, quindi sono sempre tornato indietro» «Forse lei ti sta ancora aspettando» Sogghigna. «Tu credi?» Annuisco. «E il tuo primo amore?» Resto zitta alcuni secondi prima di parlare. «Non sono stata fortunata come te. È morto durante una battaia» «Mi dispiace» «L'unica consolazione è che posso rivederlo nei miei ricordi. È lì che lui vive e non smetterà mai di farlo» «Devi averlo amato molto» «Sì, sicuramente tanto quanto tu hai amato la tua prima donna» Sorride appena. «E...la sua scomparsa ha svegliato la paura di essere di nuovo felice con qualcuno» «Cioè?» Mi metto seduta. «Ho paura di amare come un tempo, ho paura di rimanere scottata da una delusione, ferita oppure che il mio compagno mi lasci come è successo a lui» «È per questo che mi stai lontano?» Di nuovo quel sorriso furbo. Divento rossa. «Non...non ti conosco, principe» Mi stringe tra le fredde braccia. «Possiamo avere molte occasioni per conoscerci» Lo guardo spaventata. «No...non...» «Se tu non lo vorrai, non sarò io a obbligarti» «Con le altre fai diversamente» «Tu hai qualcosa che le altre non hanno e che mi alletta molto» «Non sono solo io qui dentro. Non conosci bene le altre ragazze da differenziarmi» «Anche se ci provassi a modo mio, so che tu sei lì a difenderle sempre» «Lo sai che lo farò, senza alcuna obiezione» Mi sfiora con dolcezza la guancia. «Ecco quello che adoro di te: sei un agnello, ma dentro questo agnello si nasconde una leonessa» Sorrido. Devo dire che il paragone mi ci addice molto, adoro la sua fantasia di paragonare le cose a certe persone. «Non devi avere paura di me, bambina mia» Sembra che sia riuscito a scavarmi l'anima. «Io non riesco a non pensare all'altro Diamond, e a quello che hai fatto a Sarah. Lei ed io stavamo iniziando a diventare come due sorelle. Non posso dimenticare quello che hai fatto e che probabilmente continuerai a fare» Abbassa lo sguardo, rammaricato. «Lo so» «Io... penso sia giusto rimanere... amici» «Amici?» «Sì, anche se so che sarà complicato, potremmo provarci... Insomma, stiamo parlando e confidando come due ragazzi che si conoscono da tanto. Anche se ho paura, vorrei provare a capirti. Per lo meno, lasciami tentare» «E se non ci riuscissimo?» «Ameno ne sarà valsa la pena, e non rimpiangeró per non averlo fatto» Sorride, compiaciuto, eppure nei suoi occhi vedo preoccupazione. Vorrei parlare ancora, ma sbadiglio. «Giusto, abbiamo parlato abbastanza oggi» «Come se lo avessimo fatto anche gli altri giorni...» Ride sotto i baffi, le labbra baciano poi la mia fronte. «Buonanotte, mia dolce Pearl» «Buonanotte Diamond»

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Capitolo 40
*** Capitolo 37 ***


Il mio viso è poggiato sul suo petto diafano. Le guance sono fresche come la sua pelle. Mi sveglio piano piano, adorando il suo profumo. So che non è da me, la sua vicinanza sta svegliando una Pearl che non conoscevo. È già due mattine che mi sveglio abbracciata a lui, e ciò mi preoccupa. Non sono una che si attacca ad un uomo senza conoscerlo, ma lui è tentazione pura. Ho bisogno di lui, pur sapendo che un giorno ne rimarrei scottata. Mi allontano da lui, e mi avesto, rimanendo in biancheria intima. Con mia sorpresa le ferite sono scomparse, allo specchio vedo una Pearl in salute, le cicatrici purtroppo ancora sono evidenti. Forse, se ne andranno col tempo. Queste sono la dimostrazione che Diamond non cambierà mai, se non con l'aiuto di qualcuno. Ed io ho perfino paura d'aiutare il mio peggior nemico, mai mi sarei immaginata di avvinarmi così tanto a lui. La situazione è sconvolgente. Il cuore dice di non arrendermi e continuare a conoscerlo, la testa mi avverte di tenere gli occhi aperti. Sto dando un po' entrambi le parti, ma se un giorno avrei ragionato o dato troppo? Ho paura perfino del futuro, ho paura di dare troppo o poco. «Merda! Dove cavolo sono finita!», urlo senza pensare. Ovviamente lui sobbalza in piedi, e punta lo sguardo su una ragazza in intimo. Il suo sorrisetto non fa altro che peggiorare la situazione. «Che delizioso risveglio» «Girati!» Lui si gira e intanto ride divertito. «Non ti preoccupare principessina mia, ho visto ben altro che un reggi petto e... cos'è quello?....Uno slip?» «Ho detto girati!» Ride ancora e scende dal letto. Rimane in boxer, e anche il mio risveglio diviene delizioso. Il suo fisico è slanciato e muscoloso, le spalle larghe e la schiena ampia. È bellissimo, un angelo sceso in terra. «Sono compiaciuto che ho dato un bell'effetto» Distolgo lo sguardo, colta alla sprovvista. Una volta vestita esco dal pareo, mentre lui era ancora rimasto fuori. Indossa anche il mantello con cui è solito farsi vedere. «Potresti regalarmeli?», chiede afferrando i l'intimo sopra la sedia dove l'avevo appoggiati. «Ho detto che avremmo provato ad essere “amici”, non “amici da letto”. Posa immediatamente quella roba» «Tuché!», esclama, recitando un colpo al cuore. «Lo sai che adoro il tuo profumo» «Non so se mi hai capito le poche e semplici regole che ho dato, ma se hai bisogno d'aiuto te le ripeto: non toccarmi, non stuzzicarmi, non convincermi ad andare a letto con te. Siamo solo amici, e tutto andrà bene» Storce le labbra. «Diciamo che una delle regole è stata violata dato che questi giorni abbiamo dormito insieme», si avvicina per accarezzarmi le guance. «E mi permetti di toccarti come adesso, perché so che ti piace» Solo un sordo non riuscirà a sentire il cuore che martella dentro il petto. «Toccarmi nel senso....come la....prima volta», balbetto, riuscendo dopo tanto a parlare. Sorride dolcemente, appoggia la mia testa al suo petto ed inizia a cullarmi. «Lo sai che non lo farò se tu non lo vorrai, Pearl» «Lo sai che non lo voglio...» «Come vuoi» «E dovresti fare la stessa cosa anche con le altre» Ride appena. «E tu credi che le altre non vogliono?» Lo fisso, confusa. «Le uniche ragazze mature che ho incontrato sei tu, Ariel, la bambina e quella dai capelli rossi: Sasha. Le altre sono santarelle fuori ma delle puledre impazzite dentro» «Diamond», esclamo, spintonandolo via. «Sei proprio uno schifoso!» E mentre lo guardo schifata, lui si piega in due divertito. «Dico solo la verità, tesoro. Non tutte sono quelle che vedi da fuori» «Non mi importa delle altre, mi importa sapere solo se Ariel e Isadora stanno bene» «Non hai niente di cui preoccuparti, stanno benissimo» «Bene» Faccio per andarmene, ma un pensiero mi blocca. Ormai sono guarita, e ora che stiamo parlando di loro due, sento ancor più la loro mancanza. «È da molto che ci pensavo...», farfuglio, girandomi a guardarlo. «Penso che sia giusto che io ritorni da loro» All'inizio sembrava sorpreso, poi rimane a guardarmi confuso. «E perché mai?» «Perché? Ci siamo detti che sarei rimasta finché sarei guarita, Diamond, e sono più che guarita ormai. Non è giusto che rimango qui. Chissà cosa penserà la gente» «Ti preoccupi di quello che dicono la gente?» «No» «Lascia che parlino» «Non voglio dare al popolo un illusione. E poi Isadora ha bisogno di me. Ho promesso a sua madre che le sarei stata vicina» Resta a guardarmi impassibile, vedo nei suoi occhi la delusione, ma non posso continuare oltre. Devo ascoltare anche me stessa, sento che se indugerei altri giorni in questa stanza non vorrei più andarmene. «Non ti avrò più accanto», dice. «Mi avrai sempre accanto, principe. Siamo....», gli accarezzo il braccio a mo'  di conforto. «...amici», concludo, con la voce soffocata. «Amici.... già», farfuglia. Guarda il camino, le lingue di fuoco vengono proiettate nei suoi occhi, solo ora il viso rilassato si contorce di rabbia. «Io ho...ritirato l'attacco», sputa. Sono parole talmente difficili da buttare fuori, questo perché nessuno lo ha mai convinto di ragionare diversamente. Ha fatto sempre di testa sua. «Hai fatto bene... Grazie» «Dovere» La risposta secca e distaccata mi fa capire che è giusto non parlare oltre. Devo lasciarlo da solo per sbollire. «Grazie anche per avermi curata», tento. Finalmente si volta e per un breve momento lo sguardo si addolcisce. «Farei questo ed altro per te, Pearl» Sorrido e dopo un silenzioso inchino me ne vado.

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Capitolo 41
*** Capitolo 38 ***


Il sorriso di Ariel è il primo gesto che per la gioia toglie un battito al cuore, non ho il tempo di salutarla che immediatamente ho le sue braccia strette al collo. «Dio sia lodato!», esclama. «È da settimane che non ti vedo, ho temuto il peggio, anche i tentativi di Jude a farmi tranquillizzare sono stati vani» «Ah, quindi vi state frequentato, eh?», scherzo, con un sorriso malizioso. Arrossisce sottostante. «Non fare la spiritosa, lo sai quanto sono stata preoccupata. Anche Isadora non ha fatto altro che chiedere di te. Ha sempre dormito nel tuo letto» Il mio sorriso si spegne sentendo quando la bambina avesse dimostrato di sentire terribilmente la mia mancanza. Mai mi sarei immaginata che avrebbe perfino dormito nel mio letto, respirando il mio profumo, pur di sentirmi accanto. «Non ho potuto andarmene troppo presto, ero conciata male e poi non volevo che mi vedeste in quello stato», spiego. «Mi dispiace avervi portato agitazione» Lei, cogliendo il mio dispiacere, mi accarezza affettuosamente la mano. «Se dici che non ti sei fatta viva per giorni per questi motivi, hai tutte le ragioni. Avevamo solo temuto di poterti perdere, sai poi che Isadora ti considera come una sorella, se non come una seconda mamma» Ho un colpo al cuore. Davvero questa bambina ama così tanto? «Andiamo allora, non vedo l'ora di riabbracciarla» Prontamente, i pensieri rivolti al principe svanirono nell'aria, quel che conta di più ora è trascorrere il tempo perso con Ariel e la piccola Isadora. La bambina, profondamente addormentata nel mio letto, non si accorge della mia presenza finché non la stringo al mio corpo sotto le coperte. Quando i suoi occhi incontrano la mia figura, scoppia a piangere e mi abbraccia come Ariel poco fa. «Ho avuto paura, Perla, ho avuto paura che ti portassero via da me», singhiozza. Neanch'io io riesco a nascondere le lacrime, tantomeno la mia amica che ora è seduta ai piedi del letto, commossa. «Nessuno mi porterà via da te, piccolina? Starò sempre con te e Ariel. Non vi lascerò mai» «Il principe vi ha fatto del male» “È solo una bambina, non sarà giusto dire la verità, quello che mi è stato fatto”, penso. «No tesoro, sono stata un po' male e mi hanno tenuta al castello perché guarissi», mento, asciugandole una lacrimuccia. Lei non riuscendo a capire se stessi mentendo o meno, si limita ad annuire, tirando su col naso. «Va tutto bene. Nessuno al mondo potrà mai separarmi da te» «Nessuno, nessuno?» «Nessuno, nessuno» La bimba ora più rilasciata, si lascia andare alla stanchezza ed inizia a sbadigliare. «Adesso dormiamo, domani ci sarà una giornata di riposo e avremmo molte cose di cui parlare. In primis vorrei sapere dalle nostre compagne se ti sei comportata bene», dico, calandomi per un momento nella parte di una ragazza severa. «È stata bravissima con tutte», risponde Ariel per lei. «È sempre un angelo e il principe è uno dei tanti testimoni oculari» «Bene, per questa volta ti sei salvata», dico alla bambina la quale mi ricambia con una linguaccia. Ridiamo tutte e tre poi ci mettiamo a dormire: Ariel nel suo letto ed io abbracciata ad Isadora. C'è qualcosa che giorno dopo giorno mi lega tantissimo a questa bimba. Comincio a pensare che il potere di mia madre l'abbia trasmesso anche a me. Ed è bellissimo, ma quando lei tornerà da sua madre come farò senza la mia Isadora?.

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Capitolo 42
*** Capitolo 39 ***


È arrivato giugno e con se tanto caldo, finalmente il gelo ci ha lasciati per un periodo di tregua, e i mantelli, vestaglie ed abiti pesanti non sono più all'ordine del giorno. C'è chi di noi, nelle giornate libere indossava i pantaloni, comuni nella nostra epoca, in modo da tenersi qualche legame del paese natio. La Grande Signora, seppur contraria inizialmente, poi ci concesse questa libertà. Ed è in una delle mie giornate libere, seduta accanto a Jude, mostro con orgoglio i miei jeans a vita alta con la zampa di elefante, e una maglietta bianca che può facilmente essere scambiata per una canottiera. Finalmente i capelli sciolti senza quei gingilli appesi per le ciocche, li ho lasciati liberi di respirare. Tutte queste rigide regole a corte fanno mancare l'aria anche me «Ho visto che tu e Ariel vi state avvicinando», ammetto. Jude mi guarda sorpreso, chiaramente preso in contropiede. «Che cosa te lo fa insinuare?» Ci fermiamo a guardare il cortile principale, le finestre del salotto sono spalancate, ad osservare i visi allegri delle mie compagne e delle creature che fanno parte di questa terra, tra questi vi è il viso fresco di Ariel che si diverte a fare degli schizzi d'acqua con la bambina. «Dal modo in cui la guardi», torno a dire. «E poi ho notato che trascorrete molto tempo a passeggiare», aggiungo. «Lo stesso faccio con te» Scoppio a ridere. «Jude, Jude... Le mie passeggiate con te di contano sulle dita di una mano, con Ariel è quasi tutti giorni di ogni settimana» Sogghigna.« Non ti sfugge niente, vero?», dice, colto sul fatto. «Saró pure cocciuta, ma ho buon occhio» Sorrise senza togliere gli occhi dall' sguardo luminoso della ragazza in questione. «Lei è.... davvero una bellissima ragazza», ammette con un filo di voce, girando tra le mani la tazza di the che stiamo bevendo. Forse imbarazzato? Mi è strano scoprire questo lato di lui, seppur con me e Ariel di stesse rivelando un vero amico e confidente, so che c'è qualcosa che lo rende un ragazzo chiuso e a volte scontroso. «Non ti piacerebbe conoscerla ancora di più?», tento. L'incanto che noto nei suoi occhi, alla mia domanda, inevitabilmente si spense, prendendo posto al timore e alla freddezza. «Non potrei mai», si massaggia il collo, a disagio, per poi bere un ultimo sorso di the. «Perché no? Scommetto che anche lei ti considera più di un amico» «Anche se fosse, preferisco che stia con un uomo della sua specie piuttosto che un demone come me» «E cosa avresti di diverso da noi, sentiamo?» «Sono malvagio, Perla» «E questo chi me lo dice?», lo sfido. «Solo perché mi vedi così bonario con voi, perché vi considero amiche, non vuol dire che sono lo stesso che vedi adesso» «E cosa dovrei vedere in realtà?» Il suo viso ritorna sui lineamenti duri, gli stessi che usa quando comanda ai suoi uomini. «Un uomo che uccide, un uomo dalla rabbia incontrollabile. E credimi quando ti dico che preferisco che la tua amica si trovasse un uomo migliore di me piuttosto che un carnefice come il sottoscritto» C'è un passato che Jude non vuole parlare, qualcosa di cui si vergogna e che vorrebbe dimenticare per sempre se solo potesse. Guardo gli occhi del mio amico demone, e ne vedo il rimorso, la tristezza mascherata dalla postura rigida e comandante. «Oh, Jude, che cosa ti è successo di così grave da impedirti di rapportarti con noi? Potresti essere felice con lei, e lo sai» Lui sembra pensieroso, corruga la fronte, i suoi occhi verdi si sono fatti più scuri del normale. Ritorna a guardare la sua adorata sirenetta, che ora insieme a Sasha aiutano ad Isadora ad usare la scherma. La guarda con amore, ma anche con sofferenza. Sa che ha iniziato ad amarla, ma che non potrà mai essere sua. Poi ritorna a guardarmi. «Sai...a volte per amore di una persona, bisogna imparare anche a lasciarla andare» Quelle parole diventano un muro che ha appena costruito tra di noi. Con queste ultime parole ho capito che è preferibile dimenticare l'argomento e passarne ad un altro. Mi duole questo comportamento di Jude, infondo siamo amici e potrebbe anche sfogarsi con me. Ma a volte, se i segreti sono così gravi, è giusto tenerli nascosti. Spero solo che col tempo imparerà ad aprirsi con me. Mi è sempre stato di conforto sapere che per ogni mio sfogo e aiuto lui c'è sempre stato, e in qualche modo vorrei ricambare. «Sappi che per qualsiasi cosa, io sono qui. Sono tua amica e ti voglio bene», azzardo, sperando di non glaciale quel suo portamento che inizia ad intimorirmi. Al contrario delle mie aspettative, però, si volta a guardarmi grato e mi accarezza una spalla. «Geazie Perla» Ci guardiamo, mentre nella stanza cala un silenzio imbarazzante, finché non sono io a interromperlo, setacciando tra i mille pensieri. «Sai come sta il principe?» Tra tutte le domande che avevo da porgli, solo questa è uscita dalla mia bocca. L'ultima che avrei voluto pronunciare. In realtà so benissimo come si sente il principe, da quella volta solo di rado ci siamo scambiati qualche parola, e le sue sono state taglienti come una lama e fredde come il ghiaccio; per non dimenticare quelle svariati notti che ha iniziato spassarsela a letto con le altre mie compagne, tanto che solo io, Ariel, e Sasha siamo rimaste intatte. Ma da due giorni corre voce che il principe voglia sfogarsi sotto le coperte anche con quest'ultima. Non so come mi comporterei quando arriverà ad Ariel, perché lo farà, e ci scommetto la testa che non risponderò di me. In egual maniera si comporterà Jude, dato l'enorme affetto che prova per la ragazza. Insomma il principe è mutato dal giorno in cui ci siamo lasciati, rare sono le volte in cui mi guarda con sincero affetto, e io di quegli sguardi ne ho fatto tesoro, anche se avrei desiderato che me ne rivolgesse altrettanti tutti i giorni. Inconsistente, mi rendo conto che sento troppo la sua mancanza, nonostante si trovi a pochi metri di distanza da me. È il suo affetto che mi manca, i suoi occhi chiari suoi miei e le sue braccia intorno al corpo. Voglio sentirmi sicura tra di esse. «Bé...il principe, si sta dando da fare», rispose il mio amico, girando il coltello nella piaga. «Oh per favore, Jude!», scoppio. «Se per darsi da fare significa portarsi a letto ogni donna del palazzo, lo trovo disgustoso e alquanto deprorevole», agito le braccia all'aria. «Non posso farci niente, io», si difende, guardandomi dispiaciuto. «Lo sai che non posso dettare legge ad un principe» «Ma sei il suo amico più fidato, ti vuole bene come te ne voglio io, e puoi perlomeno chiedergli un po' di contegno» Scoppia a ridere. «Per tutti gli inferni, ragazza, sono un uomo!» Mi alzo, adirata della sua relazione. «E con ciò?» «Non gli ho mai chiesto una cosa del genere, figuriamoci se lo faccio adesso... Si spaventerebbe» «E allora chiedigli che la sua amica glie lo chiede. Non voglio avere per amico un donnaiolo. Esigo che porti rispetto per le donne» «Non vuoi avere per amico? Esigi?» «Bé? Cosa ho detto di male?» Sorride malizioso. «In primis questo tuo atteggiamento mi fa dedurre che provi gelosia. In secondo luogo una semplice ragazza non esige per il principe, se non la sua consorte o Regina» «Ho detto per il rispetto delle donne», ribatto, difendomi. Si avvicina a me. «No, Lady Pearl, è qui che ti sbagli. Non è per il rispetto delle donne che lo fai, se non per te stessa. In realtà non ti importa niente delle altre perché lo sappiamo entrambi che non vedevano l'ora di passare una notte con il principe» Cerco di reprimire un groppo in gola. «Il tuo discorso non fa una piega, amico mio» Mi accarezza nuovamente una spalla, a mo' di conforto. «Forse non ti sei accorta, ma i tuoi occhi non tradiscono emozioni, e il tuo viso parla prima della tua bocca. Sei un libro aperto, Perla» «Che orrore!», dico, facendolo ridere. «A me piace, almeno saprò sempre se mi dici una bugia o meno. E per ora ti stai dimostrando una pessima bugiarda» Sorrido appena, anche se il pensiero è ancora rivolto a lui. Mi fermo a chiedermi se tutte le volte che dorme accanto ad una o più ragazze, si immaginasse me al loro posto. “Cosa ti sta succedendo, Pearl! Non sei mai stata così vulnerabile», mi riprovera una vocina. In verità, quei pensieri erano fuori luogo. Lui si immaginerebbe me al posto di una donna? Mai. E ne è stata la dimostrazione in questi lunghi giorni. Per lui sono solo una valvola di sfogo mentale, niente di più. «Mi manca, Jude. Non so perché, ma mi manca tanto» Avvicina la mano al viso, con premura asciuga una lacrima sulla mia guancia. «Faró in modo che questa tristezza prima o poi scompaia, allora» Sorrido tristemente. «Grazie, Jude. Anche se so che non cambierà allunché» «Tu lasciami provare, per la mia amica questo ed altro» Lo abbraccio forte a me. Un barlume di speranza fa palpitare il cuore di gioia. ****** Buongiorno vampiretti miei! C'è da dire che le persone che vi abitano in questo castello sono piene di misteri. Mah...! Vi auguro una buona lettura! Giorgia!

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Capitolo 43
*** Capitolo 40 ***


Passano tre giorni, nei quali ho l'onore di essere partecipe agli insegnamenti di Sasha. La mia curiosità e attenzione mi portano ad imparare in fretta: difatti a Sasha risulta che sono molto maneggiabile con l'arco. E i risultati non tardano ad arrivare: come il secondo pomeriggio quando cercavo una mira perfetta dove scoccare la freccia e quest'ultima ha sfiorato il collo di Jude, occupato a chiacchierare con un soldato, per poi conficcarsi con un barile pieno di vino. Vi lascio immaginare la faccia bianca del mio amico e del casino combinato. La Grande Signora non tardò a prendere provvedimenti: mi recluse in casa mia fino al giorno dopo. Potevo solamente guardare la vita che si svolgeva fuori da quelle quattro mura. La cosa peggiore è che il principe lo venne a sapere, e mi convocó nel suo ufficio. Da una parte ero felice di avere una lunga conversazione con lui, o per lo meno di guardarlo in faccia per qualche secondo. «Mi è giunta voce che hai quasi ammazzato un mio fedele amico. È così?» Era poggiato sulla scrivania, le braccia intrecciate al petto e lo sguardo severo puntato verso di me, una povera vittima con lo sguardo rivolto verso terra. «La Grande Signora ha buon occhio, Altezza», aggiungo. «E quindi cosa dovrei fare? Ogni volta che usate le mani, devo tremare! Non c'è alcun modo per farvi stare ferma!», urla, sbattendo il pugno sulla scrivania. La violenza del suono, fa tremare le ossa. «Ho solo mirato male...» «Mirato male?! Santi numi, Lady Pearl, stavate per uccidere un uomo!» «Ne sono consapevole e me ne dispiaccio enormemente. Spero che il vostro amico Jude stia bene e che...non farete del male a Sasha. Prima di addestrare me, è maestra di Isadora da tanto tempo e la bambina è affascinata nel....» «Va bene, va bene....Ti concedo il perdono. Ma vi ordino di fare più attenzione nel prossimo addestramento», mi interruppe agitando la mano. «Infondo credo che la punizione datavi dalla mia balia sia stata di grande aiuto per voi» Annuisco. «Non immaginate quanto» Sentire la sua voce è una delle tante cose che mi appaga, ora come mai, perché la melodia di questa sta lasciando spazio alla dolcezza. «Bene, ora tornate nei vostri alloggi» Annuisco nuovamente prima di inchinarmi e correre alla porta. Ma prima di uscire sento la sua voce che mi ferma. «Lady Pearl!» «Ditemi», permetto guardandolo finalmente in viso. È rilassato, come immaginavo, nei suoi lineamenti non c'è alcuna traccia di durezza. «Come state?» Non so cosa dire in realtà, non so nemmeno io come sto. So solo che il mio cuore batte veloce come le ali di un uccellino, e i suoi occhi sono l'unica cosa che vorrei guardare per il resto della giornata. Mi è mancato tantissimo, ed ora come ora desidero le sue braccia per sentirmi al sicuro. Sento uno strano legame che si sta fortificando ogni qualvolta che poggio gli occhi su di lui, eppure siamo poco più che amici. «Adesso bene, Vostra Altezza», dico semplicemente, rivolgendogli un timido sorriso, al contrario del suo che sembra grande dalla soddisfazione. «Ne sono contento», si avvicina per accarezzarmi la guancia. «A questa sera» Sento il respiro farsi più corto, mentre gli occhi di lui sembrano bramare qualcosa di più di una semplice carezza. E il silenzio non fa che peggiorare la situazione. «A questa sera», soffio. Questo vampiro mi sta stregando, me ne vado prima che la vicinanza non mi lasci più essere partecipe delle mie azioni, ed esco con il suo sguardo incollato a me. ***** La sera seguente, mi appresto a sistemarmi l'abito interamente ricoperto di pizzo, il suo interno è unito da una stoffa fresca e bianca che va a coprire il petto fino a metà coscia; per mia fortuna non è stato creato con scolli alla schiena o al petto, se non che il fianco destro della gonna è divisa in due. Non mi scoraggio, so benissimo che il principe adora vederci vestite in modo sensuale quando il tempo ce lo permette. Indosso le scarpe con tacco corto ed esco. Non c'è nessuno nei dintorni, se non qualche demoni o lupi mannari - rucoscibili dall'eccessiva presenza di pelo che copre la maggior parte del corpo- intenti a parlare tra loro, controllando intanto le mura del castello. «Se solo non avessi fatto quel maledetto pisolino dopo cena!», sibillo, e non so quale altra creatura o persona inizio a maledire. Sono troppo presa dalla corsa per sapere cosa sto dicendo. Arrivata al portone c'è la balia ad aspettare, non mi ci vuole troppo tempo ad indovinare che stesse aspettando me poiché appena le passo di fianco le sue dita scheletriche mi acciuffano un orecchia. Mi piego in due dal dolore. «Ah!» «Non lamentarti, ragazzina! Questo è niente in confronto a quello che desidero realmente farti, ma, ahimè, non è il luogo adatto!» Non so dove uno scheletro di donna trovasse così tanta energia in una sola mano, finito di lamentarsi mi stringe ancor più l'orecchia per poi spingermi a terra. «Pensa ad inventarti una scusa che sia credibile! Non sarò io a difenderti», sputa. Fa per andarsene, quando però si volta nuovamente verso di me. «Dimenticavo: domani starai con me per l'intera giornata, per cui mettiti degli abiti che saranno consoni ad una lady quale dovresti essere» Spalanco e chiudo la bocca: non so cosa  dire, in realtá non ho tempo di ribattere perché è già uscita dal corridoio. Resto immobile per vari secondi, facendo il resoconto di quello che mi ha appena detto. “Una giornata intera con questa...strega?! Non se ne parla!”, penso, guardando smarrita la porta. Ma infondo se questa fosse la punizione più leggera, non oso immaginare quale sarebbe la peggiore. Rivolgo l'attenzione sul portone ancora chiuso e mi sale l'ansia: cosa starà pensando di me? Quale altra punizione mi attende? Deglutisco a vuoto e con mano tremante, apro il portone. Dentro c'è l'eco di risate e di musica. Una ragazza sta danzando e altre due ragazze l'accompagnano con una musica soave e leggera, propri come i movimenti della ballerina. Quando la mia figura fa capolino, tutto si spegne. Ed ecco che il suo sguardo ritorna sul mio, freddo e glaciale come questa mattina. «Mi impressionate, Lady Pearl: ieri mattina avete quasi sgozzato un mio amico con una freccia e adesso mi ritenete così di poco conto che arrivate in ritardo ai miei incontri?!», ringhia. «No, ma io...» «SILENZIO!» Sposta Penelope dalle sue gambe e viene verso la mia direzione. Vengo afferrata per un braccio e strattonata con violenza contro il suo petto, con l'altra mano mi afferra la mandibola e mi alza il viso, costringendomi a guardarlo. «Che cosa devo fare con te! Sei un disastro totale» «Mi...mi fate male», mi lamento. «Non ti è bastata la lezione di oggi? Ne vuoi avere un'altra?» Questa volta mi lascia il viso per permettermi di parlare. «La vostra balia si è già permessa di trovarne una adatta al mio comportamento inappropriato, Vostra Altezza», sussurro, impaurita dal suo comportamento. Ha gli occhi rossi dalla rabbia. «Ma perché solo una se a voi non vi bastano?» «Vi prego, di Grazia, non capiterà più» «L'ultima volta che lo avete detto è stato ieri mattina, e guardate il risultato!», ribatte. «Non ho ucciso nessuno nemmeno per sbaglio», incalzo. «Sono arrivata solamente in ritardo» «Sicuro è andata a divertirsi con l'amico del principe», ridacchia una bruna sottovoce, ma sia io che il vampiro, cogliendo la frase, ci giriamo nella sua direzione. «Che state dicendo, Lady Teodora?», dice il principe, facendo qualche passo verso di lei. La bruna, colta in fragrante, inizia a balbettare, ma riesco a capirne benissimo la risposta: «Oh, bè...io...stavo solo affermando che sicuramente ha avuto una scappatella con il vostro amico» «Cosa?!», urlo, scandalizzata. Davvero una ragazza può arrivare a tanto, pur di guadagnarsi il trono? «Non è assolutamente vero! Io e Jude siamo solo amici» «Suvvia, Lady Pearl, ammettetelo!», ride divertita. «Vi si è vista molte volte passeggiare con lui» «È vero, ma lo abbiamo fatto sempre in pubblico e non ci siamo mai atteggiati come due amorosi. Lo state facendo solo per ricevere attenzioni dal principe», ribatto. «L'invidia è una brutta bestia, vero?» «Thz! E chi mi dice che quello che sta sostenendo non sia vero? Inoltre, quando una donna è stata deflorata è difficile vederlo ad occhio nudo»,  la difende Penelope. La bile mi fa contorcere lo stomaco, per l'ennesima volta vengo addossata una colpa che non ho, per l'ennesima volta c'è sempre una ragazza che mi da della poco di buono. «Parlate voi, che non vedete l'ora di divertirvi, insieme alle altre vostre compagne, con i servitori di Vostre Maestà?!» La maggior parte dei volti femminili sbiancano, l'altra piccola parte sgranano gli occhi dalla sorpresa. Difatti, molte ragazze indossano attillati abiti neri o rosso cremisi, segno che hanno perso la loro verginità. E tra queste, c'era chi non perdeva occasione di amoreggiare nei letti di molti servitori oltre che col principe stesso. «Adesso basta!», ringhia il reale, mostrando i canini. Tra il silenzio, il corpicino di Isadora si alza. «Mio principe, permettete di difendere la mia Pearl», interviene tremante la voce della bimba. Quest'ultimo annuisce. «Vorrei aggiungere che quello che dice la mia compagna di stanza è vero: nella notte, prima di andare a dormire, o negli attimi in cui non riesco a prender sonno, e mi avvicino alla finestra, sento e vedo alcune nostre compagne uscire dai dormitori dei vostri feudatari, come gli amici del vostro amico» «Altezza, anch'io trascorro molto tempo in compagnia del signor Jude», aggiunge Ariel, gli occhi di entrambe spruzzano di sincerità. «E anch'io vedo molte volte Lady Pearl in compagnia di quest'ultimo, ma senza secondi fini. Mi fido della loro genuinità» Le sorrido, grata di avere al fianco due guerriere come loro. La bruna di prima ride, non più divertita, nella sua risata si cela lo spavento. Ora è una povera vittima che tenta nel peggior modo di smascherare la verità. «Vostra Grazia... è solo una bambina» Il vampiro, meditando per un secondo di silenzio, anziché sbraitare le sorride; un sorriso che non si può dimenticare per quanto faccia tremare. «Lady Teodora, non vi hanno mai detto che i bambini sono la bocca della verità?» A quelle parole Teodora si pietrifica, sbiancando come le altre, alcune invece abbassano lo sguardo dalla vergogna. «Guardie!», all'ordine del principe le due guardie che stavano di sorveglianza fuori la porta entrano e lo affiancano. «Desiderate, Maestà?», chiese uno. «Voglio che prendiate le fanciulle che vi verranno indicate da Lady Isadora, poi dovrete scortarle nella stanza delle torture» Un brivido mi scuote la schiena, ricordando i momenti in quella stanza che puzza di sangue e morte. Non oso immaginare quale destino crudele ha in serbo per loro, seppur siano stati crudeli non permetterò che qualcun'altra muoia come è successo a Sarah. Me lo aveva promesso. «Maestá, vi prego, non uccidetele», supplico. Ma la sua risposta fu uno sguardo che non ammetteva repliche. «Me lo avete promesso...», aggiungo. «Vedremo» Anche se per altri quell'agognato “vedremo” fosse un modo per farmi stare zitta, io lo vedo come un “sì”. Lo so, lo vedo nei suoi occhi, seppur il comportamento dica ben altro. Gli sorrido, grata. «Grazie»

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Capitolo 44
*** Capitolo 41 ***


Trascorro la notte guardando il soffitto, mentre il buco allo stomaco si contorce dall'ansia per quello che mi attenderà in giorno dopo, la mente torna indietro di molte ore fa, cercando di trovare un senso alla strana reazione di Diamond. Difatti dopo che le cinque ragazze furono accusate di tradimento al principe e trasgressione verso le regole ( una di questa era l'impossibilità di avere altri rapporti all'interno del castello se non con l'erede al trono), Penelope che era tra queste si ribellò e fuggí alla presa di un demone. Mi è ignoto quel che fece, poiché ero corsa verso Ariel e Isadora, quando peró tornai a prestare attenzione a loro due, il vampiro aveva già ordinato di risparmiare lei. Guardai sgomenta la reazione preoccupata del principe che ora stringeva la ragazza, mentre quest'ultima, da dietro la spalla di lui, mi rivolse uno sguardo vittorioso, accompagnato da un sorriso carico di malvagità. Può realmente scampare a qualsiasi condanna, finché plagiava il principe con la sua voce sensuale ed un fisico attraente, era solo un burattino per lei. «Non penserai che avrai il principe solo per te, vero, sporca contadina?», mi sputò in faccia la bionda, una volta uscite, stringendomi per un polso. «Finché ci sarò io non riuscirai mai ad avere la corona» Scrollai la sua presa dal braccio, guardandola a brutto muso. «Non è la corona che cerco. Ma il tuo comportamento è inaccettabile, è vietato usare la magia, Penelope!», precisai. Le sopracciglia chiare della ragazza si alzarono, ma subito dopo piego la testa all'indietro con una sonora risata. «Che cosa ti fa pensare che io abbia usato la magia?» «Non ci vuole un secchione per capirlo. Il principe non si farebbe convincere con due semplici parole» «Invece è così, e ritorno ad ordinarti di starti alla larga, altrimenti la prossima a ritornare a casa a piedi pari sarai tu!» Feci un passo indietro, scioccata dalla minaccia. «Non dirai sul serio? Non puoi desiderare la morte altrui come se fossimo giocattoli da buttare» Si passò una mano ai capelli, guardandomi alla stessa maniera di come si guarda un insetto spiaccicato al suolo. «Perché lo siete. Ti sembra che provi pietà per quelle quattro pollastre?» «Sei proprio una strega!», sbottai, ormai incapace di mantenere la calma. Le labbra carnose della dama si curvarono un sorrisino malizioso. «Grazie tesoro, posso essere molto peggio» «Non ti permetterò di soggiogare il principe un altro minuto di più!» Mi incammino verso il portone d'ingresso, ma vengo bloccata per l'ennesima volta. «E come farai, eh? Come pretendi che ti ascolterà, pivella» Stringo in pugni, cercando di conttrollare l'istinto di saltarle addosso. «Lui mi capirà, sono una sua amica» Ride, come se per lei ogni cosa che dico fosse una barzelletta. «Come puoi essere un'amica se per giornate intere non ti ha rivolto la parola? Credi davvero di poter far breccia nel suo cuore, mmm? Sicura che ti vorrà come il tuo adorato compagno?» Le parole della ragazza, affilate come coltelli, lacera qualcosa dentro di me che inizia a farmi molto male. «Smettila di dire scemenze, tu non lo conosci!» «Sei davvero sicura che non se ne sia andato perché ne aveva abbastanza di te?» Persi il controllo delle mie azioni, tutta la feustazione di quei giorni si accumuló nelle braccia e mi trovai l'attimo dopo sopra il suo corpo disteso al suolo e il suo collo tra le mani. «Ti ho detto di stare zitta, schifosa!» «Aiuto, aiutatemi!», urla lei, cercando di distanziare le mie mani. «Mi vuole, uccidere! Aiutatemi!» «Non fare la vittima, dillo a tutti quanto sei bugiarda! Devi marcire all'inferno!», sbraito, lasciando finalmente la presa e alzandomi da terra. «Che succede?», tre guardie con Jude si avvicinarono a noi. Quest'ultimo guarda prima la bionda distesa a terra, poi con sguardo amareggiato si rivolge a me. «Che cosa hai combinato?» Confusa, ferita quando Jude mi guarda come se fossi un'assassina, tento di difendermi. «Mi ha attaccata, mi ha ferita Jude!», dico, mentre il mio corpo trema. «Non è affatto vero», tossisce Penelope, che tra uno sforzo e l'altro cerca di alzarsi. «È gelosa che il principe apprezzi la mia compagnia e per questo mi ha attaccata» «Non è affatto vero, strega! Stai cercando in tutti i modi di allontanarmi da Diamond!» «Diamond può farcela anche senza di te! Sei solo d'intralcio per lui!» «Adesso basta!», tuona Jude, impazientito. «Tu ritorna ai tuoi alloggi», indica malamente la bionda. «Voi, ritornate al vostro posto di sorveglianza» , e le guardie se ne andarono con un battito di ciglia. «E tu», mi guarda male, il viso deformato dalla rabbia. « Seguimi. Ti porto dal Re» È così quella notte feci la mia seconda entrata al castello. Il Re fu abbastanza benevolo con me, anche se.... «Lady Pearl, i vostri atti dettati dalla rabbia ceca non aiuteranno la vostra condotta al castello. Sicuramente non si addice ad una Lady ammirabile quale siete» Mentre parla, i miei occhi brillano di tristezza, illuminati dal colore dorato del fuoco accesso nel camino, e la mente rimodella le minacce e le sprezzanti parole che Penelope mi aveva sputato in faccia. "Che sia vero, infondo, che Nessuno non mi amava più come un tempo? Che se ne sia andato per liberarsi di me?», penso. Eppure il nostro ultimo bacio fu così intenso, sincero, sentito. Non c'è mai stata in lui un'ombra di falsità. "E se veramente il principe non ha più bisogno della mia compagnia? Se per lui sono solo un passatempo?", se mi ha davvero presa in giro, non capendo quanto lui sia inconsapevolmente importante per me, il cuore non avrà retto a questa verità. «Mi state ascoltando, Lady Pearl?», mi richiama il sovrano, il viso magro inclinato da una parte, mente i capelli neri glie lo coprono per metà, gli occhi rossi interessati alla mia esile figura. Alzo lo sguardo verso il vampiro, ma nel mentre, le lacrime scivolano lungo le guance. «Sí....», rispondo, con voce strozzata. Lui si accorge del mio mutamento, e lo sguardo si intenerisce. «Capite che è per il vostro bene» Annuisco. «Cosa avete, Lady Pearl?» «Niente, Altezza. Solo penserei misti a ricordi» «Ma non sono ricordi felici, poiché vi vedo piangere», si alza dal trono, avvicinandosi a me, stringendomi le braccia a mo' di conforto. «Sono sempre stata una ragazza che ha lottato contro tutti e tutto, Maestà, ma adesso sono stanca» «C'è qualcosa di cui posso essere utile?» Faccio "no" con la testa, ma ci ripenso immediatamente: «Solo, vi chiedo di tenere sotto d'occhio a Lady Penelope» Lui sospira, è troppo grande come richiesta, come giusto che sia un Re longevo come lui non si permetterebbe mai di stare dietro ai capricci di due ragazzine. «So che questo non rientra nelle vostre volontà, ma...io mi preoccupo solamente per vostro figlio. Non è giusto come una ragazza imponga su di lui un diritto tramite la magia» A quella rivelazione, gli occhi del Re si allargano. «Credete abbia usato la magia?» «Non ho visto sinceramente, ma me sono convinta. Vostro figlio non si lascerebbe abbindolare così facilmente» Il Re allora mi afferra le mani con affetto. «Sai che se non c'è un testimone oculare, io non posso far niente per punire la vostra rivale» Speravo mi avrebbe creduto, ma infondo ha ragione lui. Nessuno a visto nessuno, quindi nessun colpabile. «Ma io vi credo, Lady Pearl, sono a conoscenza che Lady Penelope è una ragazza dai facili costumi, per questo io credo in voi. Ma finché non ho delle prove concrete, non posso incolparla», conclude. Annuisco, asciugando poi i residui di lacrime. «E non piangete più», aggiunge, consultando con un semplice sorriso, seppur il suo volto fosse perennemente tirato da una smorfia di tristezza. «Speriamo di no», aggiungo, ricambiando il sorriso. Facendomi spiegare da Jude, che mi aspettó all'uscita, quello che non avevo ascoltato all'inizio, il Re mi ha punita con la costrizione di passare tre giornate intere ai servigi della Grande Signora.

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Capitolo 45
*** Capitolo 42 ***


La sveglia suona ininterrottamente, e da questo momento il calvario della prima giornata come “Assistente della Grande Signora" può avere inizio. Se dopo colazione le mie compagne possono godersi la giornata, io con un semplice abito estivo e un'espressione imbronciata cammino dritta verso il portone della fortezza. Un volta entrata chiedo indicazioni alla servitù, non essendo informata in quale luogo mi dovrei incontrare con l'anziana donna. Il salone da ballo era il luogo, così non perdo tempo e mi affretto. “Coraggio, Pearl, non sarà così male questa giornata. Non può andare peggio di così”, dico tra me e me per accrescere quel poco coraggio che mi spinge ad avanzare a destinazione. Arrivata all'entrata, il vestito nero e l'espressione perennemente astiosa della signora comprare davanti ai miei occhi, facendomi sobbalzare, come se avesse già udito i miei passi un quarto d'ora fa. Rimango interdetta, portandomi in un inchino. «Buon mattino, Grande Signora», farfuglio. «Non per me, ogni qual volta si parla di te», ribatte scontrosa, senza ricambiare il saluto. I lineamenti del viso sono duri, contorti in un'espressione di astio e superiorità allo stesso tempo. «Il tuo comportamento è stato assolutamente inappropriato, per non parlare del tuo attacco verso una delle tue compagne! Non rispecchia il decoro e la compostezza di una signora del tuo oramai rango! Siete una vergogna!», sputa, picchiandomi con il lungo bastone che regge nelle mani, lungo la schiena. «Grande Signora, Lady Penelope si è presa la libertà di offendere me e il mio passato, quando in verità sarebbe lei a rivivere i suoi passati da ragazza svergognata», ribatto io, saldo lo sguardo contro i suoi occhi grigi, stringendo i pugni per il dolore insopportabile alla schiena. «Non guardarmi in tono di sfida, ragazzina!» «Vi sto solo dicendo la verità, Signora» «La verità lasciala da parte, ora, non sono venuta qui per ascoltare le tue lamentele», si avvicina al mio viso. «Non siete qui per sparlare della vostra compagna, solo il suo Paese natale e le persone che le circondano sanno la verità. L'unica mossa  è ignorare ed agire quando si conviene», si allontana, con un cenno del capo mi invita a seguirla. Ci incamminiamo per il castello, ascoltando solo la voce secca Signora. «Lady Pearl, l'indifferenza è la migliore arma contro le persone che vogliono creare discordia. Quelle sono le stesse persone che provano invidia verso le loro vittime, non abbassatevi ai loro livelli» Sento la sua voce inclinarsi, diventando una melodia dolce, per un breve attimo, nonostante i suoi occhi fossero ancora come due cerchi di ghiaccio. «Grande Signora...mi state forse dando...un consiglio?», tento, stranita da quello che ha appena confessato, seppur siano parole sagge. Lei, alla mia richiesta si ferma e torna a guardarmi con gli occhi, seppur la sua severità sia vinta dalla sorpresa. «Tutti hanno sofferto nella vita, questo è quello che posso consigliarvi, ma non pensate che lo stia facendo perché mi piacete» “Schietta”, penso, delusa dal fatto che non ha dimostrato un minimo d'affetto. «Certo», dico semplicemente. Ritorniamo a camminare in silenzio, fino a ritrovarci nel secondo piano. «Pensavo dovessi aiutarvi in qualche mansione», osservo, davanti alla porta della Sala da pranzo. Aldilà della parete potevo sentire risate, parole incomprensibili, e tutto ciò non fece che accrescere una brutta sensazione. «E lo farete, abbiamo altri due giorni da passare insieme», precisa la vecchia, scquadrandomi. “Perché tutto ciò mi suona come una minaccia?”, penso io, pesando le parole di lei. Annuisco, e aspetto che apre la porta. Come supposi prima, quello che apparve davanti ai miei occhi non fu altro che la conferma alle domande. Penelope, ancora in vestaglia da notte, con uno scollo abbastanza vertiginoso al petto, intenta a far mangiare una ciliegia al principe con movimenti provocatori del corpo, è l'ultima cosa che avrei voluto vedere, invece me la ritrovo addirittura seduta sopra le gambe del principe. Vengo inondata da un'emozione mai provata, ma talmente potente da farmi distogliere lo sguardo dal disgusto. A capotavola, sedeva il Sovrano, masticando gli ultimi grumi di cibo con altrettanto fastidio verso la figura sfacciata della giovane, che non smetteva di scambiare effusioni con il figlio anche in sua presenza. Solo quando la Grande Signora di schiarì la gola i due giovani, compreso il Re, si girarono verso di noi, mentre i rumori imbarazzanti di poco fa vengono invogliati dal silenzio. «Miei sovrani, sono qui per ringraziarvi della compagnia che oggi mi è stata offerta» «Lieti di questo, mia cara balia», rispose il principe, senza sciogliere la stretta dalla schiena della bionda. «Buongiorno, Lady Pearl», disse poi, rivolgendosi a me. Non risposi, semplicemente ero stizzita dal comportamento instabile di lui. Com'è possibile che quel principe fosse lo stesso Diamond che settimane prima mi rivolgeva la parola come se si trovasse davanti alla propria sorella? Cosa lo spinge a comportarsi così? Ma soprattutto: perché mi sta facendo così male vederlo con quell'arpia? La Grande Signora ci disse tempo fa che era vietato provare gelosia verso le altre compagnie, eppure è successo. E non solo quella, sto provando anche rabbia e delusione; mi sento presa in giro ogni secondo che lo sento e lo guardo. Ad essere buoni ci si rimette sempre il cuore. E io non avrei mai dovuto donarlo fin dal principio: da quando ci siamo parlati l'ultimo giorno del mio viaggio sul treno. E ora che lo guardo tra le braccia di quella bionda odiosa, stento a credere che si tratti dello stesso vampiro che mi ha raccontato un pizzico del suo passato, lo stesso con cui mi sono sfogata, lo stesso a cui gli ho posto la mia “quasi” totale fiducia. Ho cercato di capirlo, di appoggiarlo e di rispettare i suoi spazi, ma lui si è approfittato della mia bontà, prendendomi per una sciocca; e forse ha un unico scopo: portarmi al letto. E questo mi fa ancora più male. In questo momento, mentre i presenti aspettano che ricambi il saluto del principe, mi rendo conto che non lo capirò mai, e l'unica maniera per non soffrire più è stargli lontano, distanziarmi e pensare più a me stessa. Così, per tutta risposta, abbasso il capo e mi inchino. Non riesco a salutarlo, non trovo le parole perché si bloccano in gola, dove un groppo fatica a farmi respirare regolarmente. «La contadina ha lasciato la lingua nel suo letto di paia», ridacchia Penelope. Stringo i pugni lungo i fianchi, vorrei ribattere ma le parole della Grande Signora tornano nella mente. “Sii indifferente”, penso, stringendo gli occhi per non vedere più, per bloccare le lacrime che rischiano di uscire. «Meglio essere una contadina con dei valori, piuttosto che una svergognata, viziata come te», sussurro, sicura che nessuno mi abbia ascoltato. Tentativo vano, poiché le labbra del Re si curvano in un sorriso compiaciuto, il figlio sbarra gli occhi, mentre la balia mi lancia uno sguardo glaciale. Ma finché hanno sentito loro, per me va più che bene. Poco importa se dopo dovrò sorbirmi i rimproveri della mia tutrice. «Con il vostro permesso», mi inchino nuovamente ed esco di fretta nella stanza,   senza aspettare il permesso dalla balia: tanto l'avrei aspettata fuori dalla porta. Qui finalmente posso dare sfogo alle mie lacrime, mi accuccio alla parete, e abbraccio le gambe al petto. Senza accorgermene, mi ritrovo nella stessa posizione in cui innumerevoli volte a casa mia, seduta contro al muro, mi ritrovavo per sfogare tutta la disperazione che mi portavo dentro. Solo che in questo momento non ho nessuno, i miei genitori sono troppo lontani per rassicurarmi che andrà tutto bene. Non c'è l'odore di legno e grano di mio padre ad avvolgermi il corpo o le carezze premurose di mia madre. Sono da sola a sopportare questo calvario, un calvario che mi sta portando mano a mano alla disperazione. E tutto questo per cosa? Per essermi affezionata ad un insulso vampiro. Tutta d'un tratto l'idea di scappare non mi sembra poi così insensata.

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Capitolo 46
*** Capitolo 43 ***


Consegno la lettera alla mano dell'uomo difronte a me: il primo licantropo che ho incontrato quando siamo venute qui. L'uomo afferra la lettera e mi guarda con aria truce, ho capito dal primo momento che io e lui non saremo mai andati d'accordo. Non che la cosa mi importa veramente allunché, ma sono stanca di essere guardata malamente. «Avete quanche problema con me, signore?», chiedo cortesemente, ma la voce lascia trapelare il fastidio. Lui distoglie lo sguardo da me, ed esamina la lettera. «Non ti curare dell'odio che provo per voi, preoccupati che questa lettera arrivi ai tuoi genitori», minaccia. Alzo un sopracciglio sorpresa dal suo atteggiamento scontroso; che io ricordi non gli ho fatto niente di male per far in modo che mi odiasse così tanto. Sono pronta a rispondere, ma la porta si spalanca. Entrambi ci voltiamo. «Jude!», esclamo, salutandolo con un sorriso. Lui, in risposta solleva la mano. «Ho da consegnare queste», aggiunge, sbattendo le lettere sulla scrivania dell'uomo. Questi punta gli occhi neri verso quelli cristallini del demone, semi nascoste dalle folte sopracciglia. «Tutte le lettere arriveranno fra due giorni» «Bene» Lo saluta abbassando leggermente la testa, poi mi afferra il braccio e usciamo di qui. «Potevo anche consegnare io la lettera, non c'era bisogno che tu andassi da lui», puntualizza. «Avevo bisogno di stare da sola» Si ferma, la sua mano è ancora incollata prepotente al braccio, e il suo sguardo indaga il mio viso. È evidente che non sto bene, ieri non ho fatto che ostacolare tutti, specialmente lui (anche se l'ho fatto a fin di bene visto che lui e Ariel si stanno avvicinando parecchio: volevo solo lasciarli soli). «Cosa ti sta succedendo, Pearl? Sei strana, ieri non ti sei nemmeno presentata nelle stanze del principe» «Sono solo stanca. Ho avuto una giornata intensa con la Grande Signora, ho lavorato parecchio ed ero stanca. Okey? Perche' è un obbligo andare a letto con un donnaiolo? Io non mi chiamo Penelope, ne tantomeno Teodora o qualcun'altra ragazza che ha perso la verginità con lui o chissà con chi altro! Io mi chiamo Pearl e non sono una prostituta, visto che il lavoro svolto qui viene ricompensato con moneta», dico tutto d'un fiato. Lui rimane a studiarmi per qualche attimo, sorpreso dallo sfogo. «Quindi è questo che vuoi: evitare il principe?» Annuisco. «Doveva scegliersi un'altra polla», ribatto decisa. So che Diamond ha un udito finissimo, quindi in questo momento starà ascoltando, per cui voglio che le mie parole arrivino tutte. «Prima dicevi che ti mancava», incalza. «É vero, ma ho visto ieri che non vale lo stesso per lui, quindi che senso ha tutto quello che provo per lui...» «E cosa provi?» Penso a tutti i momenti tranquilli e dolci passati con lui: troppo pochi, e quelli ricchi di odio e dolore: sono abbastanza. Il suo atteggiamento cambia drasticamente, non si sa quale delle due facciate della moneta sia il vero Diamond, né pare lasciarsi scoprire. Quindi perché tentare di cambiarlo per il bene del suo popolo e del mio, quando è lui stesso a non volerlo? Anzi, promette invano, e ripensandoci molte volte sono stata presa in giro da lui. Troppe volte ho subito, e adesso non ho più le forze per continuare. Questa situazione sta iniziando a pesarmi, non sarei mai dovuta venire qui. Se solo Jude non avesse aperto la mia porta di casa. Ma non posso addossare tutta la colpa a lui poiché l'ordine di prelevarmi non veniva direttamente dalla sua bocca. Che poi si è dimostrato un vero amico, comprensivo e paziente. «Prima sincero affetto, quasi simpatia. Ora solo disgusto, e mi sento presa in giro» «In giro?» «Troppe promesse campate per aria» «Perla, se ti ricordi non ha ucciso le ultime ragazze che ha fatto imprigionare. Anzi, a breve arriverà un treno per loro diretto verso casa» Spalanco gli occhi. «Come dici?» «Non le ha uccise, stanno bene; le uniche peccche per loro sono lo spazio stretto e angusto della cella, una compagnia alquanto suscettibile, e il cibo scarso. Me puoi stare tranquilla, facciamo di tutto per tenerle in vita» «Vorrei esserci anch'io in quel treno», farfuglio tra me. «Come?» Scuoto la testa. «Niente, dicevo non mi aspettavo tanta carineria. Pensavo le avessero torturate» «Non gli hanno storto neanche un capello» «Sono contenta, ritorneranno a casa sane e salve» «Giá» Rimaniamo in silenzio a guardarlo, lasciandomi accarezzare dal venticello fresco del pomeriggio. L'unica fortuna di stare accanto alla Grande Signora è quella di avere a disposizione tre ore di pausa durante il lavoro, altrimenti crollerei dalla stanchezza davanti alla porta d'ingresso di casa, non raggiungerei il mio letto. «Che ti ha detto il principe quando ti ha interrogato?», chiedo un minuto dopo. Il ricordo di Teodora che sosteneva di averci visti in effusioni amorose mentre facevamo le nostre passeggiate quotidiane, mi infastidisce la mente da quella sera. «Niente di ché. Si fida ciecamente di me, sono l'unico tra i suoi amici rimasti in vita ormai e ci consideriamo due fratelli: lui conosce ogni cosa di me, ogni mio pensiero, ed io lo stesso con lui. Per cui si è solo limitato a chiedermi se le voce siano false o vere, e poi mi ha lasciato andare» Sospiro di sollievo. «Sono contenta, non voglio che ci vai di mezzo tu nei miei casini» Ride. «Tranquilla, Perla, non abbiamo fatto niente di male» Sorrido. «È vero. Grazie, Jude» «Di cosa?» «Di tirarmi su il morale, ogni tanto» «È un piacere. Ma non posso farci niente se il principe perderà la pazienza quando non ti vedrà più comparire in camera sua ogni sera. Perché suppongo che è questo che hai intenzione di fare» Annuisco. «Tu lascialo fare, a me non importa» «Spero solo che tu sai cosa stai facendo», vedo nei suoi occhi la scintilla della preccupazione. Sorrido, allungando una mano per accarezzargli la spalla. «So esattamente quello sto facendo e ne pagherò le conseguenze se è necessario» Sorride appena poi ci salutiamo. Mi ritiro nella mia camera per riposare un po', Ariel è lì che mi aspetta. «Spero che tu sai cosa stai combinando!», esclama, la sua voce squillante riecheggia tra le mura. Sbuffo. «Non ti ci mettere anche tu» Incrocia le braccia. «Lo dico per il tuo bene!» Spazientita agito le braccia all'aria. «So cosa sto combinando, okey? So addirittura cosa andrò incontro, ma a questo punto preferisco vedere la faccia rugosa della Grande Signora piuttosto quella strafottente e odiosa del principe!» «Ieri ci ha chiesto perché non eri venuta, ha insistito, si era quasi spazientito con me perché non sapevo il motivo» «E tu digli la verità: che non lo sai e che non voglio mai più vederlo» Lei, presa contro piede, fa un passo indietro. «Che ti succede, Pearl? Sei abbastanza distante» Mi lascio cadere dal letto, affaticata dal lavoro della giornata è e da tutti questi eventi. «Niente. Sento solo...» “Che devo andare via da qui” «Sento solo la mancanza di casa. Chissà cosa staranno pensando i miei genitori di me» Di avvicina e si siede sul materasso. «Sicuramente non smetteranno mai di essere orgogliosi di te. Hai fatto più scalpore tu in questo due mesi che Penelope con le sue scappatelle» Scoppiamo a ridere entrambe. «Che cosa ti succede, amica mia?», domanda, una volta tornata seria. «È Diamond! Quel maledetto vampiro!», rispondo. Le labbra di lei si incurvano in un sorrisetto malizioso. Spalanco gli occhi. «No! No, no, no! Non è affatto vero» «Oh, sì, sì, mia cara», ridacchia, puntandomi il dito contro. «Non sai quello che dici!» «E invece sí» «Insomma, Ariel, smettila! Non sono innamorata del principe e mai lo sarò. Mi sento ferita da lui: ha preferito il fondoschiena di Penelope sopra le sue gambe che credere a me. Non ha pensato che le accuse che la vipera mi ha fatto è per allontanarmi da lui, e quando l'ho visto la mattina seguente con lei accanto, piuttosto che chiedermi spiegazioni, ho capito che è solo un donnaiolo, schifoso, ipocrita e bugiardo. Gli sono stata accanto quando voleva, ho cercato di farlo ragionare quando lui stesso cercava di organizzare un nuovo attacco alla nostra gente, ho salvato quelle tre oche giulive quando per quanto mi riguarda potevano andarsene seduta stante quella sera, senza un treno che le accompagnassero a casa. Non ha mai pensato come mi sono sentita? Non ha mai pensato quanto sto male? Evidentemente no, e si vede. Non voglio sprecare altro tempo con lui, dato che lui sta facendo altrettanto. Resterò qui finché ci sarà bisogno, spero solo per il suo bene che si sbrighi a trovare la futura sposa» Lei rimane a guardarmi, con un sopracciglio alzato. «E in tutto quello che hai appena detto, mi stai dicendo che non sei innamorata? Tesoro, si vede lontano un miglio», ribatte. «Si vede lontano un miglio una ragazza presa in giro, okey? Non farti castelli in aria, Ariel. Qui non c'è posto per la fantasia», ribatto, ormai all'imite della sopportazione. Lei sbuffa e si alza dal letto. «Come vuoi», dice, dirigendosi verso le scale a chiocciola. «Vado a casa di Sasha, probabilmente Isadora è con loro» «Okey» «Fai buon riposo» «Grazie» Si ferma e per l'ultima volta si gira verso di me. «Ti voglio bene, lo sai. Spero che non ti accada niente di brutto e che tu stia attenta» Le sorrido. «Staró attenta a tutto, vai tranquilla. Ti voglio bene anch'io, Ariel» Mi lascia con il suo ultimo sorriso che accompagna i miei pensieri. Non posso prometterle che andrà tutto bene, in verità penso che qualcosa andrà storto, ma non voglio che loro due, compreso Jude, ne paghino le conseguenze. Preferisco tenere la cosa per me, è per il loro bene. Il cuore e lo stomaco si stringe al solo pensare che d'ora in avanti appariró più distaccata, ma infondo so che saranno in buone mani una volta che me ne sarò andata, è per il loro bene. Una lacrimuccia cade sul cuscino pensando che dovrò lasciare tutto senza neanche un addio, o un arrivederci, perché una volta che supererò quel cancello non so cosa ne sarà di me. Ma ormai la decisione è stata presa e non si torna indietro. Me ne andrò, senza dare nell'occhio, dopo la festa del compleanno di Diamond.

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Capitolo 47
*** Capitolo 44 ***


Sette giorni di torture, da quando ho smesso di presentarmi alle riunioni del principe ne sono successe di ogni. Non pensavo che prima o poi avrebbe reagito nella maniera più orrenda. A cominciare da una mattina, svegliandomi con i due letti perfettamente rifatti come li avevo trovati la sera prima. Dopo quei tre giorni in compagnia della Grande Signora, ne sono susseguiti altri: è chiaramente una punizione per essermi infischiata delle regole. Ma incomincio ad apprezzare la presenza fredda e severa della strega, piuttosto dallo sguardo ipnotico e il carattere bipolare del suo figlio di latte; aiutarla a preparare le pozioni poi è una cosa che pian piano incomincia ad affascinarmi. Cerco di non parlare molto con lei, ho capito fin da subito che si tratta di una donna rinchiusa nel suo mondo di silenzio e sofferenza, i suoi occhi parlano più delle parole graffianti; tutto va bene se riesco ad ubbidirle standomene zitta. La sera ritorno a casa stremata, ma felice di aver passato una giornata diversa da quelle precedenti il mio arrivo. A casa mi accoglie la melodica voce di Ariel, intenta ad addormentare la bambina. Ma questa mattina non c'era, di solito è lei a svegliarmi, se non era Isadora, ma adesso mi sveglia il rumore della sveglia, subito dopo il silenzio diventa ingombrante, e la bocca dello stomaco si chiude quando non percepisco nemmeno il suono di un lamento. Apro gli occhi e mi giro. Sono sola in casa, con un balzo scendo dal letto e scendo al piano terra, sperando che stiano consumando la colazione. Invece anche il salotto è deserto, a tavola non vi è alcun piatto e cibo. Una strana intuizione fa tremare le ossa, ma la scaccio subito dopo ed esco di casa, scalza e in camicia da notte. Indosso solo un lungo scialle che copre e riscalda abbastanza il corpo dal freddo. Seppur cammino tranquilla, il cuore non ha calmato ancora il suo battito. “Fa che siano qui, Dio mio! Fa che siano qui”, pensavo ininterrottamente. Quando raggiungo la porta di un alloggio a dieci passi dal mio, inizio a bussare. «Aprite la porta! Sasha, sei lì? Ariel, Isadora?!», chiamo, e busso, senza sosta, finché non fu proprio una Sasha assonnata e con i capelli arruffati ad aprirmi. «Santi numi, Pearl, che è successo?», chiede, strofinandosi gli occhi. Do un'occhiata alle sue spalle per cercarle ma non trovo nessuno. «Ci sono Ariel è Isadora con te? A casa non ci sono, non hanno nemmeno dormito nei loro letti», rispondo, le mani tremanti incollate ai fianchi. Mi guarda smarrita. «No...non le ho viste, ci siamo fermate a parlare giusto ieri sera, dopo cena quando tu sei andata a dormire. Pensavo fossero rientrate» Faccio un passo avanti, incerta, affacciandomi verso il corridoio. «Sei sicura che è andata così? Non hai tralasciato nulla?», ribatto. «Assultamente Pearl, te lo direi immediatamente se fosse il contrario», risponde seria, poi con calma studia il mio sguardo, la mia espressione è riflessa nei suoi occhi, posso notare la paura che la predomina. «È successo qualcosa, Pearl?» Mi sfrego le mani agitata. «Spero di no», sento più che mai la consapevolezza che si trovino in pericolo. Devo assolutamente  andare a cercarle. «Grazie per l'informazione Sasha. Appena saprò qualcosa, sarai la prima a saperlo» «Figurati, Pearl. Spero solo che non gli si successo qualcosa di grave. Soprattutto alla dolce Isadora» La paura è palpabile, ora anche nei suoi occhi. Corro all'entrata del castello, lì vi è il portone socchiuso. Strano, di solito lo lasciano inchiavato a meno che non c'è stato l'ordine di far entrare qualcuno. Ma a questo punto mi vien da pensare che lo hanno lasciato aperto per qualcosa o per me. Il freddo del mattino rende tutto più grottesco ed inquietante, nonostante sia quasi l'alba il sole non chiarirà la valle oggi, coperto da un manto di nuvole nere che governano il cielo. Le gocce di nebbiolina mi pizzicano il naso, un brivido mi percuote le membra facendomi tremare più di quanto non stia facendo già. Oltre il buio del corridoio mi aspetta qualcosa che non mi sarebbe piaciuto. Chiudo il portone alle mie spalle e attraverso il corridoio, perlustro tutte le stanze. È tutto vuoto, non c'è anima viva, nessun componente della servitù, nel suo silenzio tombale il castello appare abbandonato. Eppure le mie gambe mi portano alle stanze reali, più precisamente negli appartamenti del principe, ed è qui che i sussurri diventano voci, le voci diventano grida e le grida vengono sovrastante da pugni violenti contro il portone. Ed io mi scontro contro la schiena di Jude, dopo aver superato quattro guardie che lo facevano da scudo. Il suo viso è deformato dalla rabbia più ceca, dei suoi bubli oculari non vi è neanche l'ombra. «Jude...», soffoco, incapace di pronunciare una frase. La paura è tanta, e lo stesso è nella sua agitazione. Vuole sfondare la porta. La porta della camera del principe, chiusa a chiave, dove solo ora colgo più chiaramente il lamento di una voce: troppo familiare per non riconoscerla. È un pianto, sono suppliche, è la voce di Ariel. «Dio mio!», grido. «Lasciala andare bastardo!», mi incollo alla porta, facendo concorrenza con Jude. I nostri pugni diventano un tutt'uno, rischiando di sfondare la porta. «Diamond, per favore lasciala andare!», lo implora l'amico. «Jude! Pearl!», singhiozza lei. Scoppio a piangere, è un incubo. La mia amica, il mio tesoro, è lì dentro, piange, urla ed è impossibile per lei scappare. Perché lei? Cosa c'entra lei? È perché non mi sono più presentata a palazzo? Sì, sicuramente è per questo, e lui si sta vendicando. Sta usando Ariel per farmi soffrire, una ragazza innocente che non ha nessuna colpa. È colpa mia, speravo di proteggerla una volta che sarei scappata, ma per me è impossibile sfuggire, non finché lo desidererà lui. «Vostra Altezza, vi prego! Fatemi entrare!», urlo. Sento una risata.«Oh, adesso volete entrare?» Si prende gioco di me, io sto piangendo per la mia amica e lui si prende gioco di me. «Coraggio Ariel, diamole una lezione che non si dimenticherà», aggiunge, facendo urlare lei l'attimo dopo. «No!», urla Jude. «Questo non te lo permettono, ragazzo! Non toccherai anche la mia Ariel!», ruggisce, trasformandosi in un demone. «Non disperarti, amico, è come tutte le altre» «Tu non la conosci, schifoso! Liberarla, altrimenti...» «Altrimenti cosa? Cosa farai una volta cacciato da questo castello, eh?» Riesce a zittirlo, nelle sue labbra non esce un filo di voce, vedo le sua braccia caderle dai fianchi, sconvolto. Può farlo? Scacciare un suo migliore amico dopo anni anni che gli è stato fedele al suo servizio? Alla crudeltà non c'è mai fine. Guardo il viso di mostro del mio amico trasformarsi in una smorfia di smarrimento e rabbia, mentre il pianto della mia amica che continua a rieccheggiarmi in testa e non posso fare a meno di scoppiare a piangere contro la porta. «Non dovete scomodarvi, Altezza. Lasciate andata Ariel, verrò io al suo posto» «Cosa?», esclama Jude, ora guarda me, i suoi occhi sono due buchi neri, le sue labbra ricoperte dalle fiamme sono incurvate verso il basso. «Entrambi vogliamo Ariel fuori da qui, giusto?» Annuisce appena, tornando a guardare la porta. «Ci deve essere un altro modo», cerca di farmi riflettere. «Per me l'importante è che tu e Ariel usciate da qui», ribatto. «Non farlo, Pearl!», urla la mia amica dall'altra parte della porta. «Zitta!», urla il principe. Quando nel silenzio si aggiunge il rumore di uno schiaffo, rimango di pietra. Cos'altro le ha fatto? L'ha stuprat, picchiata?. Non voglio pensarci, non voglio neanche immaginarlo, voglio solo abbracciarla e sussurrarle che va tutto bene. «Allora, vuoi farmi entrare o devo sfondare la porta?», urlo, ancora più alterata. «Jude portarla via! Andate via, vi prego!», piange lei. «Non senza di te, pesciolina», insiste il demone. «Ha ragione Jude, non ci muoviamo da qui. A meno che il principe non abbia la coda di paglia» «Non sono in vena di prese in giro ragazzina!», tuona lui. «Lasciatemi divertire con questa puledra» «Osa un'altra volta a chiamarla puledra e giuro che ti brucio con le mie stesse mani!», ringhia in risposta Jude, totalmente fuori di sé. «Diamond, lasciala libera! Lei non ti ha fatto niente, non prendertela con un innocente!», cerco di farlo ragionare. «Se vuoi punire me, io sono qui!» «Lasciala andare, maledizione!», sputa il mio amico, rischiando di sfondare la porta con pugni e calci. Perfino le guardie, che prima lo fiancheggiavano, gli sono saltate addosso per bloccarlo. È una situazione surreale e carica di tensione allo stesso tempo, sono trascorsi troppi minuti da quando abbiamo iniziato a supplicare la liberazione di Ariel, sia io che Jude non riusciamo a staccarci dalla porta, vani sono i tentativi delle guardie di allontanarci, perfino se ci viene imposto dal principe stesso. Se la situazione non cambia, avrei sfondato la porta, con o senza l'aiuto di Jude. Infine cala il silenzio, sia nel corridoio che nella stanza non si sente volare una mosca, l'agitazione è alle stelle; le mani calde del demone rimangono incollate alle porta, io invece la guardo, studiando i graffi e le ammaccature che hanno creato le nostre mani per l'eccessiva violenza usata poco fa. E prego con tutto il cuore che almeno Ariel non sia ridotta come la porta stessa. Poi il silenzio viene interrotto dal suono di una serratura, il legno cigola e la porta si apre lentamente. Vorrei distogliere lo sguardo, ma mi trattengo, Ariel sta per uscire e ciò mi crea una gioia immensa. L'attimo dopo vorrei non averlo fatto, mi aggrappo al braccio di Jude, cercando di non svenire.

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