La Vendetta della figlia Bastarda

di pink_pig
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 001 Nella Fredda Corte della Regina ripudiata ***
Capitolo 2: *** 002 la figlia abbandonata ***
Capitolo 3: *** 003 riso e bucato ***
Capitolo 4: *** 004 - 005 ***
Capitolo 5: *** 006 - 007 ***



Capitolo 1
*** 001 Nella Fredda Corte della Regina ripudiata ***



ciao a tutti!
breve comunicazione:
questa non è una storia romantica con Principi che salvano Dame ma è una storia basata sulla vendetta.


_________________________________________inizio capitolo___________________________________________



*001 Nella fredda corte della regina ripudiata

 
 
Grande Regno
 
 
Sotto la grondaia della Corte Fredda, Weya contò le pulci presenti tra i suoi capelli. All’epoca poteva lavarsi raramente, sul suo corpo si era formato uno spesso strato di armatura di pelle morta, e contare le pulci era diventato il suo unico passatempo.
 
Dodici anni, erano passati dodici interi anni da quando era stata rinchiusa nella corte fredda; Weya alzò il capo verso il cielo: tutte le volte che pioveva l’inteso dolore alle gambe la portava alla pazzia.
 
Weya era la figlia del Primo Ministro Li Xaron, partorita non dalla prima consorte, la Grande Madre della Casa, ma da una serva di basso rango, e considerando che era nata a febbraio, il mese maledetto, la sua crescita era stata affidata ai lontani parenti di campagna. Figlia bastarda della Casa più importante del Regno, i parenti non l’avevano cresciuta come una rispettabile signorina ma come una lurida serva.
 
Se non fosse che sua sorella maggiore Li Chance, figlia della Grande Madre della Casa*, si rifiutò di sposare quella persona, suo padre non si sarebbe mai ricordata della sua esistenza…
 
Chance, Weya… solo a sentire i nomi si capiva chi era quella preziosa e chi di poco conto.

Quando l’avevano riportata alla Casa, Weya nutriva una grande considerazione di sé, felice che il padre si fosse ricordato di lei, ma non appena entrò in casa sentì solo le parole del padre rivolte alla sorella maggiore: “Angelo mio, non devi più preoccuparti, questa ragazza verrà data in sposa al principe Tuoba Zeno al posto tuo.”
 
La figlia della prima consorte, l’angelica Li Chance, che bel nome pensò Weya, ma non avrebbe mai pensato che questo nome potesse diventare il suo peggior incubo.
 
A posteri, come suo padre desiderava, entrò nella Corte del Terzo Principe Tuoba Zeno e lo aiutò nella battaglia per il Trono, partorì per lui un figlio e, dopo otto lunghi anni, lui divenne realmente il Re del Regno e lei la sua Regina.
 
Tuoba Zeno le diceva sempre che aveva la pelle chiara e liscia come la luna, un viso talmente bello da sembra disegnato, che era una bellissima donna. Però una bellissima donna rimaneva sempre un essere umano, non paragonabile alla bellezza di un angelo, e in un batter d’occhio questa sua bellezza diventò come il fango, sgradevole alla vista.
 
E poi? Poi…
 
Ogniqualvolta che le veniva in mente quella lontana notte, a Weya veniva da ridere.: ridere di quant’era ingenua, di quant’era ridicola e surrealista.
 
Quella notte tutte le persone all’interno della sua Corte Interna (abitazione privata della Regina) vennero uccisi senza una causa precisa, come se fosse il punto fermo in una frase da concludere. Si ricordò com’era iniziato: un boato della porta della sua corte chiusa di colpo, poi tutti i servi inginocchiati in un lato della corte con la bocca serrata e, senza preavviso, Weya si vide trascinata davanti al proprio marito, Tuoba Zeno.
 
Tuoba Zeno la fissò con lo sguardo profondo e freddo, gli occhi spietati: “Tu, maledetta, sei talmente crudele da tentare la vita a tua sorella!”. Weya rispose tristemente: “Tentare la sua vita? Non l’ho mai fatto!”
 
Zeno le sferrò un calcio al petto da farle sputare sangue, e la guardò disgustata: “Bastarda, Chance ha avuto un parto difficile e io non ero in corte! Perché quando la serva ti ha chiesto aiuto, di chiamare i medici, hai fatto finta di non averla sentita? L’hai fatto apposta, volevi ucciderla! Se non fossi tornato in tempo sarebbero morti entrambi!”
 
Weya alzò il capo e guardò l’uomo in piedi davanti a sé: lui era un bell’uomo, bello come se fosse stato baciato dal sole, ma non l’aveva mai capito, e non capiva di che genere di uomo si fosse innamorata: lui riusciva a essere dolce in vari modi, e spietato in altri vari modi, e lei si era innamorata lo stesso. A ripensarci, era stata davvero una sciocca, una barzelletta: lei aveva rinunciato a tutto per lui, mentre per lui lei non era mai stata importante.
 
Weya fece una fredda risata: “Mio Signore, voi pensate solo a mia sorella, ma avete mai pensato a nostro figlio Wooli? Nello stesso giorno del parto nostro figlio era in fin di vita! Cos’ho fatto di male nel riunire tutti i medici della corte per salvarlo? Mio sorella è un essere umano, ma non lo è anche nostro figlio? Adesso che lei ha partorito voi avete subito nominato suo figlio Principe Erede, mentre il mio è morto!  Mi avevate promesso che avreste nominato nostro figlio Erede! Voi non siete il Re? Non dovreste mantenere la vostra promessa?” disse e, disgustata, cambiò il tono, oltre all’appellativo passando all’informale come se stesse parlando con suo marito e non il Re: “Perché hai scelto di salvare suo figlio e non il mio? Perché? ”
 
Lo sguardo gelido del Re riuscì a congelarle il cuore, la guardò ostentando indifferenza: “Ti ho già nominata mia Regina, non sei ancora soddisfatta? Vuoi addirittura controllare il posto dell’Erede!”
 
Weya si sentì la bocca gelata, come se fosse piena di ghiaccio appuntito che infilzava la carne: “Regina? Sì, sono la tua Regina, però l’editto di ripudio è già pronto sulla tua scrivania da tempo, in attesa del figlio che partorirà di mia sorella per coprire il ruolo di mio figlio. Zeno, cosa ho fatto di male? Cosa ho sbagliato? È da otto anni che siamo sposati, come ti ho trattata io?” mentre parlava si tolse la veste e indicò l’orrenda cicatrice sul petto e indicandola disse lentamente: “38esimo anno del Regno Tuoba, un assassino ti ha attaccato ma ho bloccato io la coltellata, che mi si è infilzata dritto nel petto! 40esimo anno del Regno, sapendo che il vino offertoti da tuo fratello, ex Principe Erede, alla cena era avvelenata, ho bevuto al posto tuo per proteggerti. Nel 41esimo anno, quando ho saputo che il Settimo Principe ha programmato di ucciderti, ho galoppato per sette giorni interni, percorsi 800km senza sosta solo per informarti! Nel 42, quando eri in missione sei stato infettato dalla peste, ho rinunciato a tutto e tutti e ti ho raggiunto per prendermi cura di te per ben 48 giorni! Ti ricordi cosa mi avevi promesso in quel momento? Te lo ricordi? Hai detto che se fossi diventato Re, io sarei rimasta per sempre la tua Regina! Però ora ti sei innamorato di Chance, non vuoi solo nominare suo figlio Erede, ma vuoi addirittura eliminare me! Zeno, non sei giusto nei miei confronti!”  

Tuoba Zeno la guardava con lo sguardo indifferente, come se ciò che le stava dicendo non fosse importante, quindi
continuò a fissarla con lo sguardo tranquillo ma distaccato e questo suo improvviso comportamento la fece rabbrividire.
 
 “Chance è sempre stata la donna che ho amato. Avevo intenzione di farti rimanere in corte a vivere il resto della tua vita spensieratamente dopo il ripudio.”
 
Spensieratamente?”qualcosa di profondo e affilato stava iniziando a scalpitare verso l’abisso del suo cuore, bloccandole il respiro, spellandole il cuore, facendola sentire come se stesse galleggiando sopra ad un frammento di giaccio galleggiante che rischia di sciogliersi da un momento all’altro.
 
Otto anni di matrimonio, avevano affrontato le pene dell’infermo insieme; quando lui era in fin di vita, solo lei era rimasta al suo fianco… ma ora che era diventato Re decise di abbandonarla, abbellendo questa sua decisione con la promessa di mantenerla per il resto della sua vita.
 
“Ho fatto tutto per te, rischiando anche la mia vita, e ricevo in cambio solo la tua promessa di mantenimento. Otto anni di matrimonio non sono nulla in confronto al viso angelico di mia sorella. Essere mantenuta. Chi ha mai voluto essere mantenuta da te?! Ora stai regalando tutto ciò che ho ottenuto con il sudore a una troia e vorresti che te ne sia grata?”
 
Un colpo secco suonò sul tavolo e il tè si verso sulla mano tremante del Re. “Zitta! Non osare offenderla! Lei è tua sorella!”
 
Sorella?” disse a bassa voce Weya. “Lei è un angelo, è la figlia prediletta del Primo Ministro Li, è la nuvola più bianca e soffice del cielo, mentre io? Non sono altro che la figlia bastarda, quella da nascondere finché non diventa utile, sono la figlia maledetta, sporca come il fango. Se lei mi considera davvero sua sorella, con che coraggio mi ruba il marito, e la vita, la posizione di mio figlio?”
 
Zeno sospirò e abbassò il capo, con gli occhi profondi studiò il viso pallido di questa donna inginocchiata. “Chance ha un’anima così gentile, nobile e innocente, buona da non riuscire a pestare nemmeno una formica e tu non sei paragonabile nemmeno ad un suo dito! E il figlio che hai cresciuto è maleducato e irrispettoso verso i suoi confronti, come può un bambino del genere diventare il Principe Erede?”
 

Gentile, innocente, buona… da piccole era sempre Weya a fare le cose che portavano al successo, ma a prenderne il merito era sempre la figlia prediletta. Questo solo perché Chance era nata con un viso perfetto, quasi angelico, capace di ammaliare tutti. 

Weya si sentì talmente scema da ridere. La voce tagliente di Zeno non fece altro che pugnalarla, colpo dopo colpo, facendola sanguinare.

“Hai ragione, non posso competere con lei.” Decise di dire alla fine. “Ma Wooli è solo un bambino di 4 anni, cosa può capire? Mi ha vista soffrire e piangere a causa vostra, perciò è stato irrispettoso nei confronti di sua zia, ma non c’era bisogno di chiuderlo per tre giorni interi!”
 
Zeno non rispose, continuò solo a fissarla e questo la fece addolorare ancora di più.

“Se non fosse stato per questa punizione, come si è potuto ammalare? Com’è potuto morire? È tuo figlio! È morto solo per una parola in dispettoso! Come hai potuto essere così crudele nei suoi confronti? E io? Che cosa ho fatto di male? Ho riunito tutti i medici per curarlo, per salvare mio figlio, mentre tu non hai pensato ad altro che a quella donna! Sai come mi sono sentita quando Wooli, piangendo, mi stringeva la mano e mi supplicava di salvarlo? Madre, mi fa male. Madre, aiutami. Madre, aiuto.” Disse Weya, sentendo nella testa il pianto di dolore del suo bambino. “Se potessi, darei la mia vita in cambio della sua. E tu? Quando nostro figlio scottava per la febbre, tu pensavi a Chance, ti sta a cuore solo lei. Perché avrei dovuto cedere i medici che stavano guarendo nostro figlio, che era in procinto alla morte, a lei? Solo perché stava avendo un parto difficile? Non mi importa più nulla. Non voglio più nulla. Le regalo tutto! Te! La corona della Regina! La Corte Interna! Non voglio più nulla di tutto questo, voglio solo che Wooli torni in vita. Riportalo indietro dall’aldilà! Odio Chance, la odio da morire! È tutta colpa sua! Le strapperei la pelle fino a farla morire dissanguata!”
 
“Zitta brutta megera!” urlò il Re, infastidito e disgustato dalla donna seduta per terra, e con tono basso disse: “Se devi odiare qualcuno, odia me! Sono stato io a chiederle di trasferirsi alla corte mentre lei non lo voleva. E sono io che ho deciso di ripudiarti per nominarla Regina. Come fa una donna gentile e pura come lei avere una sorella crudele e orrenda come te?”
 
Il Re si avvicinò e le strinse il braccio in una fredda morsa. “Non ti perdonerò mai! L’hai quasi uccisa! Ti farò soffrire per il resto della tua vita, ti farò desiderare di morire pur non di non sentir più dolore. Guardie! Spezzate le gambe a questa fece e portatela nella Corte Fredda.”
 
Poi, quando si svegliò, sdraiata sul pavimento, sudata dal dolore, sentì un dolore allucinante dal bacino in giù che ripercosse in tutto il corpo. Quando la vista non fu più annebbiata,  trovò davanti agli occhi un papiro aperto, giallo ocra, con il timbro del Re sopra. Quello era il documento del suo ripudio.
 
L’eunuco rotolò il papiro e lo richiuse, riservando all’ex Regina uno sguardo velenoso da ucciderla.
 
Nella mente di Weya c’era solo odio e vendetta.
 
Zeno, sei stato davvero crudele nei miei confronti! Davvero crudele! Ti avevo dato il mio cuore, la mia anima, ma tu non li hai nemmeno degnati di uno sguardo prima di frantumarli! E ora, oltre a frantumare il mio corpo, stai distruggendo il mio orgoglio e il mio sogno!
 
Weya scoppiò a ridere. Un tempo lei gli aveva raccontato che amava il paesaggio al sud del fiume, che desiderava andarci quando il Regno sarebbe stato tranquillo. Le sarebbe piaciuto passeggiare tra le vie della città, assaggiare quel profumato tè, guardare le recite, ascoltare i canti. Zeno le aveva promesso che l’avrebbe ricordato per sempre questo suo desiderio, e così fece. È perché si ricordava del suo desiderio che le spezzò le gambe. Non voleva passeggiare tra le colline e il fiume? Non voleva visitare posti mai visti? Allora lui le spezzò le gambe, distruggendo per sempre il suo sogno. Non le importava tantissimo la propria posizione di Regina? Allora lui la ripudiò, sbattendola nella Corte Fredda. Ecco la punizione del Re, ecco dov’era la sua crudeltà. La distrusse da dentro a fuori. La distrusse del tutto
.   
Sotto la grondaia della Corte Fredda, Weya socchiuse gli occhi. Dopo quella notte il Re Zeno nominò Chance come la nuova regina, nominò suo figlio come Principe Erede al Trono. Il Re amava e coccolava solo lei mentre lei venne subito dimenticata dal Regno.     
 
Weya continuò a vivere come un cane, l’unica cosa che l’aiutava a continuare a respirare era la convinzione di dover vivere più a lungo di Chance. Doveva vincere almeno questa battaglia.
 
Proprio mentre pensava a questo, la porta della corte fredda venne aperta ed un eunuco si avvicinò con il papiro d’oro del Re. “Padrona Li, si inginocchi* per ricevere l’ordine scritto del Re.”  
 
Inginocchiare? Aveva le gambe spezzate, come poteva inginocchiarsi?
 
Weya non capì subito ciò che disse l’eunuco, non fece neanche in tempo a riflettere sulle sue parole che venne trascinata giù dal letto, gettata per terra come se fosse un sacco del pattume dai servi.  
 
"Per ordine del Re,
la Regina ripudiata è senza virtù e senza cuore,
 invece di riflettere sui propri errori maledice la salute della Regina Chance.
La punizione è pena di morte.
Si offre il vino avvelenato.”
 
“Padrona Li, non incolpi nessuno, è solo che nell’ultimo periodo la Regina è pervasa dalla paura e dall’ansia, non riesce a dornire, quindi il Re ha chiesto aiuto al Sarcedote ed è uscito fuori che la vostra vita maledice quella delle persone vicine, rendendo la Regina malata. Quindi vada in pace, beva il vino sperando di resuscitare in futuro in una vita migliore.”
 
Vino avvelenato? Alla fine solo un bicchiere di vino avvelenato!
 
Weya aveva passato la vita facendo la brava moglie, aveva sgobbato come un toro per suo marito, si era comportata come una saggia Regina; aiutando i soldati ammalati durante l’epidemia dopo guerra; offrendo al popolo il grano acquistato con propri beni per superare la crisi; aveva rimediato ai errori commessi dal Re; era gentile e generosa con tutti i servi e dame del Palazzo Reale; e adesso che cos’aveva ricevuto in cambio? Nel momento più difficile della sua vita, chi si era fatto avanti per aiutarla? Nessuno.
 
Weya scoppiò a ridere come una pazza: “Tuoba Zeno, Li Chance, siete davvero fantastici! Incredibili! Io, Weya, giuro che nella prossima vita non sarò mai più una persona buona, non penserò più agli altri, non entrerò mai più nella Corte, non diventerò mai più Regina! Lo giuro!”
 
Il vecchio eunuco la guardò e tristemente disse: “Trascinatela giù.”
 
L’eco delle urla di dolore dell’ex Regina si diffusero nell’intero palazzo, trapassando le varie mura, entrando nel cuore delle persone.
 
 
 
________________________________________fine capitolo______________________________________

spazio traduttrice:

 
  • Storia tradotta (da me) dalla lingua cinese alle tre di notte. Mi sono fissata con questa storia e mi sembra… diversa! Per chi si aspetta una storia romantica, purtroppo non vi posso illudere: la base è la vendetta, il controllo della mente umana, ed è una vendetta che ti farà entusiasmare.
Allego il link del testo originale http://www.shunvyoudu.net/.

Se qualche esperto di questa lingua trova sbagliata la mia traduzione, please, correggetemi! Non è la mia madrelingua quindi potrei sbagliare forse qualcosa.

Ho inserito la storia in questa sezione (e non in quella storica) perché i luoghi, i tempi, i personaggi sono tutti inventati.
 
 * 
I nomi sono stati modificati per rendere più scorrevole il testo e per ricordarsi meglio dei personaggi. Più sotto troverete la traduzione reale corrispondente a quello sostituito. Di seguito scrivo delle note inerenti alla storia, spiegando ciò che è diverso rispetto la nostra cultura. Se in futuro ci sono scene troppo difficili da capire, o termini nuovi a cui non sapete il significato (ma che non ho spiegato) fatemelo presente.
  • Corte fredda: tipo palazzo chiuso, senza servi, dove venivano lasciate le consorti che commettevano crimini ma che non potevano essere uccise direttamente. Tipo una prigione per le donne del Re.
  • Corte interna: è la corte riservata alla regina, mentre le altre Consorti e Preferite avevano altre corti, ognuno con il proprio nome di nomina.
  • Consorti: altre mogli ufficiali del Re, oltre la Regina che è quella più importante.
  • Preferita: amanti del Re, rango inferiore alle Consorti.
  • Il Re formulava gli ordini/atti/decreti per iscritto sui papiri d’oro con il timbro e quando si vede questo papiro (letto poi dall’eunuco) la gente si deve mettere in ginocchio piegarsi con il capo e le mani per terra. Se ciò non veniva fatto significava che si rifiuta l’ordine del Re e la conseguenza è la pena di morte.
  • Le persone importanti o ricche del Regno possono avere diverse mogli: la moglie considerata ufficiale era la Madre di Casa (solitamente nata da una famiglia benestante) e i figli partoriti da lei erano i figli ufficiali; poi c’erano le mogli secondari, chiamate Compagne (nate da famiglie povere/normali) e i loro figli erano considerati bastardi, solitamente senza valore ereditario.  

Li Weiyang = Li Weya
Li Xiaoran = Li Xaron
Li Zhangle = Li Chance
tuoba zheng = Zeno             -  suo figlio Tuoba Wuli = Wooli

 
P.s la storia è composta da un 300 capitoli, suddivisi in due racconti con la stessa protagonista.... verrà tradotto solo la prima parte. Almeno, ci provo!!! 

Notte dolcezze! Vado a nanna anch'io!

 
 

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Capitolo 2
*** 002 la figlia abbandonata ***



*002 La figlia abbandonata

 
________________________________________inizio capitolo___________________________________


Sotto la fioca luce della candela, Weya era sdraiata sul letto, ma non stava più dormendo, si era già svegliata e stava ascoltando le voci fuori dalla sua stanza.

Fuori dalla porta, la signora Cavallo disse a bassa voce: “Madre, forse dovremmo chiarmare qualcuno per visitare la Terza Signorina*, è pur sempre figlia della Casa Li, se ora muore…”

Quando la vecchia signora sentì queste parole, riservò uno sguardo freddo alla propria nuora e disse semplicemente: “Questa ragazza si crede davvero di essere una signorina, ma io ho sentito dire che è nata da una serva che lavava i piedi ai padroini, e poi lei è nata a febbraio, nel mese maledetto. La famiglia Li è un’importante famiglia, quindi non l’hanno uccisa ma solo mandata in campagna dai altri parenti, però la sua presenza fece ammalare gravemente la Madre di Casa e sua suocera, la Nonna di Casa. Questo non è la prova della maledizione? È per questo che l’hanno portata in un posto sperduto come il nostro!” disse la vecchia signora e sbuffò: “Secondo me non è solo maledetta, ma anche pigra! Tutte le volte che le tocca lavorare si finge malata. Peste!”

Quando Weya sentì queste parole, spalancò gli occhi e si guardò intorno. In questa stanza non c’erano molte cose, solo un tavolo quadrato, quattro sgabelli, una scatola porta oggetti e poi questa panca di legno che funge da letto.

Questo posto era… la sua mente si annebbiò, mentre fuori continuavano ma parlare.

“Quando era dai suoi parenti veniva servita dai servi, non ha mai sgobbato, oggi è solo scivolata nel foro del fiume ghiacciato, non si è ammalata apposta…” disse la nuora e le fece pena la ragazza: fuori si gelava e sua suocera l’aveva mandata al fiume per lavare gli indumenti.  

“Questa peste è una nullità! Quando una persona normale fa due passi, lei ne deve fare tre per raggiungerlo! Vederla far finta di essere malata mi fa arrabbiare, mi viene da sbatterla fuori di casa!” disse e guardò la giovane nuora: “So che ti fa pena, ma se provi ad aiutarla, sarai tu che dovrai andare a lavare i panni al fiume!”

“Sì madre, ho capito.” Disse la giovane signora Li abbassando il capo, senza aggiungere altro.

Cosa succede? Non sono morta?Perché sono sdraiata qui? Weya provò a muoversi ma era talmente debole che non riuscì a muoversi.

Voleva guardarsi in giro, capire meglio in che situazione era finita. Proprio ora la tenda appesa all’entrata venne spostata e in pochi secondi Weya si sentì tra le braccia sottili di una giovane donna.

“Bevi il brodo che ti sentirai meglio.”

Quando Weya riuscì a guardarla in faccia, rimase pietrificata, come se avesse visto un fantasma. La donna che aveva di fronte era… se non si ricordava male, questa contadina di vent’anni era la moglie del figlio maggiore della famiglia che l’ospitava quando era piccola. Ma questo com’era possibile? Weya dovrebbe esser morta avvelenata, perché aprendo gli occhi si ritrova davanti una persona conosciuta 23anni fa?

Weya ha sposato Zena quando aveva 16anni, otto anni dopo lui divenne Re, poi era stata rinchiusa nella Corte Fredda per ben dodici anni, quindi quando era morta aveva trentasei anni, ma la signora Cavallo è identica a 23anni fa. Impossibile!

Weya abbassò lo sguardo e si guardò le mani: erano piccole, magroline, bianche e lisce.

Non erano le mani di una 36enne, ma di una ragazzina! A questo pensiero, negli occhi di Weya comparve incredulità e paura.

“Cos’hai? Hai freddo?” chiese la donna e dalla sua voce si capiva che era sinceramente preoccupata. “Dovresti esser visitata da un dottore, ma mia madre…”

Weya guardò la ciottola fumante che aveva in mano la donna: emanava un odore strano, non si capiva cosa c’era dentro, ma gli occhi le si inumidirono lo stesso.

Se questo era un sogno, non vorrebbe mai più svegliarsi! Perché questo le faceva sentire come se fosse ancora in vita.

Prima che Weya potesse aprire bocca per rispondere, una persona entrò in camera a passo veloce e urlò contro la donna che tremò quando incrociò il suo sguardo.

“Cosa stai facendo qui? Passami la ciottola!”

La giovane signora si alzò subito in piedi e cercò di appoggiare sul tavolo la ciottola fumante, ma dalla fretta uscì un po’ di brodo dal bordo, scottandole le dita e bagnando il pavimento.

Vedendo la scena, l’ira della vecchia salì ancora di più, quindi prese la ciottola calda e la gettò contro la nuora: “Puttana! Ti ho detto che non le puoi portare da mangiare! Adesso non mi dai più ascolto? Non vuoi più rimanere in questa casa? Allora vattene e non farti più vedere!”

Con il viso scottato dal brodo, gli occhi rossi per il dolore la giovane donna senza dire una parola si piegò a raccogliere i frammenti della ciottola.

La vecchia signora Cavallo era uguale a come si ricordava: nei confronti degli estranei si comportava in modo scortese, nei confronti della nuova prepotente, sfruttandola come se fosse una bestia da lavoro.

Weya aprì bocca per aiutarla, ma la giovane donna scosse il capo prima che pronunciasse una parola. Se avesse parlato avrebbe solo peggiorato la situazione.

La giovane nuora era una donna gentile e docile, ma non agli occhi della vecchia, quindi la maltrattava tutto il giorno.

Weya strinse i denti, senza spostare lo sguardo dalla vecchia signora.

La contadina incrociò il suo sguardo freddo e un senso di  gelo le percosse lungo la schiena. Il suo cuore sobbalzò e le urlò contro: “Sei impazzita? Come ti permetti di guardarmi così?”

Weya non ebbe il tempo di riflettere sulla propria rinascita, di come possa esser tornata a quando aveva 13anni. Portò una mano al petto e, come si aspettava, trovò una collana con una pietra di giada e le si scaldò il cuore: le era stato dato da sua madre biologico alla nascita prima di lasciarla ai lontani parenti. Fino all’età di sette anni era stata accudita da una mama*, ma con il passare del tempo capirono che la famiglia Li non aveva intenzione di riportarla a casa, nella capitale, quindi la lasciarono a questa famiglia di contadini, dando a loro mensilmente dieci monete in argento* fino a sei mesi fa. La vecchia contadina era andata tre volte nella casa dei suoi parenti a chiedere i soldi, ma nessuno gliele voleva dare e da quel momento cominciò a trattarla come una lurida serva.

“Perché ti sei imbambolata, lurido verme?!” urlò la vecchia signora.

La collana di giada era l’unico bene che le aveva lasciato sua madre, la teneva sempre nascosta con sé per non farsi scoprire dalla vecchia, ma ora… Weya alzò il capo, con lo sguardo freddo, e un sorriso sornione comparve sul suo viso: “Zia, in questo periodo ti sei sempre presa cura di me ma non ti ho mai ringraziata. Ti regalo questa collana di giada.”

Se non si ricordava male, all’epoca la vecchia le rubò la collana un mese dopo, aveva cercato di riprenderselo ma non ci riuscì e venne addirittura picchiata. Poi, quando divenne la moglie del Terzo Principe, mandò le proprie guardie per riprenderselo ma la famiglia era già morta da tempo a causa di un’epidemia, quindi la collana venne persa per sempre.

“Così si fa! Brava!” sul viso della vecchia comparve un sorriso soddisfatto e prese la collana mentre la nuora fissò senza parlare la ragazzina, trovandola diversa, come se fosse una sconosciuta. Lei sapeva a quanto ci tenesse alla collana, l’aveva sempre nascosta, non l’aveva mai fatto ne vedere ne toccare a nessuno, e ora l’aveva regalato a sua suocera…

Non appena la vecchia prese in mano la pietra preziosa, il suo umore migliorò nettamente: “Per oggi lascia stare, rimani a letto a riposarti, ma domani dovrai continuare a lavorare.”

“Certo zia, domani mi alzerò a lavorare.”

La vecchia signora rimase sorpresa dall’obbedienza della ragazzina, aprì la bocca per dire qualcos’altro ma un uomo entrò nella stanza, si guardò intorno, e vedendo la solita scena ormai familiare, gli assalì la rabbia verso sua moglie ma cercò di reprimerlo, e guardò la madre cercando di sorridere: “Madre, cosa ti ha fatto arrabbiare? Vieni, oggi al mercato ho comprato un pezzo di stoffa da cucito per te, sembra quello delle signore della capitale, vieni a vedere!” disse e la portò via. Prima di uscire la vecchia rivolse uno sguardo alla propria nuora e disse: “Se ti vedo portarle ancora da mangiare, stai attenta alla tua pelle!”

Quando uscirono, le lacrime trattenute scesero sul viso della giovane donna. Le dispiace per la collana di Weya, ma la ragazzina scosse indifferentemente il capo. Sì, la collana era importante, ma in questa situazione doveva calmare la vecchia contadina. Ora gliel’aveva data, ma ha un mucchio di metodi per riprenderselo. Dato che era una vecchia furfante, Weya le strapperà la pelle strato dopo strato.


-----------fine capitolo---------

Spazio autrice:

la parte della maledizione portata è successo realmente: nel medioevo (impero cinese) c’era una principessa nata a febbraio, ed era considerata maledetta quindi la regina l’aveva lasciata allevare al proprio fratello, lontano dal palazzo reale, in campagna, ma arrivò la crisi e l’epidemia nel villaggio, quindi si diede la causa alla principessa.

 
Spazio traduttrice:
 
*Terza Signorina = terza figlia della Casa
*mama = tata, badante
*dieci monete di argento = una moneta in argento equivale a cento monete in rame, quindi sono tanti soldi.
 


 

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Capitolo 3
*** 003 riso e bucato ***



*003 riso e bucato
 


 

Weya era tornata indietro di 23anni, ritrovandosi nel proprio corpo da 13enne.
 
Per tutta la notte era stata assalita dai ricordi della “vita passata”, si sentiva sull’urlo di una crisi di pianto ma non poté farlo: la sua camera era troppo piccola, dall’esterno si riesce a sentire ogni piccolo rumore che faceva quindi non poteva mettersi a piangere. Aveva paura di tornare all’improvviso indietro, nella vecchia vita, nella corte fredda, esser rinchiusa dentro le mura come un disabile, e a solo sentir nominare la Grande Casa Li le venivano i brividi, ma al pensiero che quelle due orribili persone se la stessero spassando nella Capitale, le assalì l’istinto omicida, li voleva tagliare in mille pezzi con le proprie mani… e pianse, non riuscì più a trattenere le lacrime.
 
Quando il dolore passò, cominciò pian piano a calmarsi. Weya alzò il capo e, quando guardò il cielo scuro fuori dalla finestra, i suoi occhi divennero cupi.
 
Nella vita passata credeva che bastava impegnarsi a fare bene la propria parte  per essere ricambiati, che il duro lavoro avrebbe dato i suoi frutti, ma il mondo non funzionava così: il suo animo gentile aveva dato come frutto l’esser traditi. Tradita dallo spietato padre, dall’insensibile marito, dall’infida sorella che recitava la parte dell’angelo… Weya non poteva competere con lei in bellezza, ma sicuramente l’amore che provava per il Principe Zeno era superiore a quello di sua sorella: lei l’aveva amato con tutta sé stessa e, incurante della propria vita, l’aveva salvato più volte dalla morte. Se non fosse stata per lei, non sarebbe mai toccato a lui di salire al Trono, ma nonostante ciò era stata gettata nella corte fredda come se fosse una spazzatura.
 
Dato che il Cielo mi ha concesso un’altra possibilità, facendomi rinascere, pensò Weya guardando il cielo con lo sguardo deciso, perché vi dovrei lasciare in pace? Un giorno salderò il conto con ognuno di voi, uno alla volta fino all’ultimo!

In un batter d’occhio ebbe inizio una nuova giornata.
 
La giovane signora Cavallo era ferma fuori dalla porta, riluttante se svegliare o meno la ragazza: tra poco le galline avrebbero cantato e, se Weya non si faceva vedere a lavorare, la suocera l’avrebbe sgridata di nuovo.
 
Ci pensò su e entrò nella camera, ma si spaventò trovandola stranamente vuota.
 
Dov’è finita Weya? Il letto era disfatto, la stanza pulita e questo la sorprese.
 
In cucina, Weya stava preparando la colazione: aveva scaldato il latte di soia, preparato il porridge e stava tirando fuori i sottaceti dal barattolo. Quando vide la giovane signora, le sorrise: “Sorella Loto*, ho appena finito di preparare la colazione.”
 
Il nome della signora Cavallo è Loto, ma Weya non l’aveva mai chiamata in modo così famigliare anzi, nella vita precedente Weya era talmente timida da essere sempre in procinto al pianto.
 
Weya sapeva come la vedeva la giovane contadina: fino all’età di sette anni era stata accudita dalle mame, ma all’improvviso si trovò senza niente in una cosa di contadin. Nessuno sarebbe riuscita ad accettare una situazione del genere, soprattutto il comportamento scortese e prepotente negli ultimi sei mesi da parte della vecchia perché non riceveva più i soldi per il mantenimento.
 
La Weya di un tempo viveva nel terrore, era spaventata da tutto e tutti, ma ora… dopo aver passato l’inferno riservatogli da Tuoba Zeno, dopo aver vissuto per ben dodici anni nella Corte Fredda con le doloranti gambe spezzate, la vecchia contadina? Non era altro che un piccolo ostacolo, anzi, no,  non era paragonabile neanche ad un ostacolo, ma bensì ad un insignificante sassolino, quindi di cosa dovrebbe preoccuparsi? Al solo pensiero, Weya sorrise: “La zia sta per alzarsi, sorella Loto, muoviamoci.”

Questa famiglia era composta da 5 membri: il capofamiglia era il signor Chiaro e lavorava lontano dal villaggio, quindi spesso non era in casa; poi c’era sua moglie, suo figlio grande con la moglie e infine la figlia più piccola.
 
La giovane donna rimase a fissarla senza parole, ma Weya le sorrise di nuovo e uscì dalla stanza, fermandosi nel vecchio e piccolo cortile quando la porta di una stanza adiacente si aprì lentamente, dove una ragazzina della sua età le allungò un cestino di legno pieno di indumenti sporchi. La ragazzina indossava un vestito verde, sbiadito e consumato dopo i vari lavaggi, con i fianchi ricuciti. I capelli neri erano raccolti in due codine, legate da due corde di canapa.

Nonostante indossasse dei brutti vestiti, aveva lo stesso un aspetto grazioso: aveva il viso piccolo e il mento sottile, la pelle bianca, le sopracciglia lunghe a forma di una mezzaluna sopra ad un paio di occhi neri e vivaci. Anche vestita così era molto più carina delle altre ragazze del villaggio, quindi attirava sempre l’attenzione della gente.
 
Weya invece indossava dei panni ruvidi, dall’aspetto squallido rispetto al vestito verde dell’altra ragazza, ma dal suo viso non trapelava niente, come se non l’avesse notato, e si incamminò verso il fiume.    
 
La bellezza, quanto può valere? Un tempo anche lei si credeva molto bella, ma si ricredette quando arrivò nella Capitale, quando vide Li Chance capì cosa intendessero i poeti con “bella come un angelo”.
 
Quando arrivò in riva al fiume, si inginocchiò e cominciò a battere i panni infilati nell’acqua con una mazza di legno. Ad ogni battito l’acqua sporca veniva schizzato sul suo petto e sul suo viso, ma lei continuava a lavare senza lamentarsi.
  
Alcune ragazze che stavano lavando la riconobbero e si misero a ridere e parlottare tra di loro, indicandola con il capo.
 
“Guardate, è quella signorina aristocratica! È venuta di nuovo a lavare i panni.”
 
“Poverina, guardate cosa indossa! Sono addirittura vestita meglio io.”
 
“Ma è davvero una figlia della Casa Li? Non ho mai visto nessuno venirla a trovare.”
 
“Ma non lo sapevi? Lei è nata a febbraio, il chiromante ha detto che porterà sfortuna a suo padre, è per questo che l’hanno spedita in un posto come questo! Più lontana è, meglio è.”
 
“Ahahah! Per fortuna non sono lei ma una semplice popolana!”
 
Weya riusciva a sentire tutte le parole, si ricordò che quando era piccola si metteva sempre ad immaginare come sarebbe stata la sua vita ritornando nella Capitale e tutte le volte si rattristava constatando che nessuno veniva a prenderla.
 
Gli angoli della sua bocca si alzarono lievemente. Nella vita precedente le parole di queste persone l’avevano ferita, e aveva pianto tanto, ma ora…  
 
Quando finì di lavare, ripose i panni nella cestino di legno e si alzò.
 
Tutti la stavano fissando con aria incuriosita, trovandola diversa: per quanto parlavano male o ridevano di lei, lei portava sempre quell’espressione di indifferenza sul viso, come se…  come se fosse un adulto che non riusciva a capire le battute dei bambini.
 
Quando tornò a casa era ancora mattina presto, la vecchia contadina aveva appena finito di fare colazione e si stava pulendo i denti con l’unghia sporca.

Quando la vide entrare, aprì bocca per dirle qualcosa ma una strana sensazione la bloccò, quindi la rinchiuse subito ed entrò in camera.
 
La giovane sorella Loto le venne incontro e le disse a bassa voce: “E’ tornato mio suocero.”
 
Il signor Chiaro? Waye alzò le sopracciglia e guardò la giovane donna, che si pietrificò sotto il suo sguardo. Si sentì strana… Weya era ancora una ragazzina, ma i suoi occhi…  avevano qualcosa di diverso, non erano gli occhi di una bambina ma di una persona matura e fredda.
 
Quindi è per questo che la suocera non si è messa a urlare come tutte le altre mattine? Pensò ma quando guardò di nuovo Weya non trovò più quello sguardo, ma solo un sorriso bello e luminoso.
 
La ragazzina la ringraziò per l’informazione e prese una piada dura da mangiare, talmente dura che quando la ingoiava le bruciava la gola, ma la mangiò lo stesso, lentamente, come se fosse buona, anzi, come se fosse buonissima.
 
Le si era appena creato davanti agli occhi un’ottima occasione per togliere di mezzo la vecchia contadina.


__________________________________________________fine capitolo__________________________________________________


*Sorella = quando si hanno dieci anni (circa) di differenza le persone si chiamano tra di loro con questo termine. In realtà se sono più grandi si dice “grande sorella x” mentre se sono più piccole “piccola sorella x”, così anche per i maschi con il termine “fratello”, oppure gli adulti con il termine “zio, zia”. Questi termini vengono usati sia con persone che si conoscono che con gli estranei per porre rispetto.
Ho tolto gli aggettivi per accorciare i termini. 

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Capitolo 4
*** 004 - 005 ***


*004 come sistemare la vecchia contadina
 
 

Il signor Chiaro non era un uomo ottuso come la moglie, lui guardava in avanti, gli era ben chiaro che ad ogni azione c’era la sua ripercussione, quindi non era prepotente nei confronti di Weya, e i giorni in cui era a casa la ragazza veniva lasciata in pace dalla vecchia.
 
Il fuoco nella stufa si era pian piano spento, nella buia stanza Weya stava era immersa nei propri pensieri, decise di alzarsi dal letto ma si bloccò quando sentì il formicolio sul braccio su cui era sdraiata. All’improvviso dalla porta una voce acuta urlò: “Stupida ragazzina! Stai di nuovo sdraiata a non far niente! Vai subito a pulire in cucina, dopo verrò a controllarti.”
 
Weya posò pigramente lo sguardo sulla persona ferma allo stipite con le mani sui fianchi e lo sguardo torvo: nonostante questa ragazza avesse solo un anno più di lei, era più alta di Weya di una testa, e poteva esser considerata anche carina se non avesse sempre quella smorfia da arrogante sul viso e quei modi scorbutici.
 
Xylan fisso con gelosia il viso grazioso di Weya e, mentre si girava per andarsene, a tono alto, continuò a dire: “Pulisci bene tutte le pentole, la stufa, il pavimento e ricordati di non lasciarla bagnata!”
 
Dopo mezz’ora Weya aveva finito di lavare le pentole e si era piegata a 90° per pulire il pavimento con il panno.
 
Proprio ora da fuori la finestra si affacciò Xylan, che cominciò a criticarla: “Ma sai lavare? Devi metterti in ginocchio! Non capisci proprio niente. Ah, l’acqua nella botte è finita, dopo vai a raccoglierne dal fiume. Mi hai sentita?”
 
Weya asciugò il sudore che stava colando dal mento e continuò a lavorare. Era sempre stato così: Xylan lasciava tutti i lavori più faticosi a lei e ne prendeva poi i meriti, dicendo in giro di quant’era faticoso dover badare a una signorina aristocratica nullafacente. E non solo. Tutte le volte, a tavola, le lasciava solo due piccoli pezzi di pane e il filino di brodo che rimaneva nel fondo della pentola. Un tempo Weya piangeva sempre per questo, mentre ora non le importava più: aveva ormai imparato a sopportare tutti i mali del mondo.
 
Quella sera il signor Chiaro non cenò con loro, era stato invitato a cena dal capo villaggio, e Weya sapeva anche che sarebbe tornato tardi, ubriaco. Questo era una situazione perfetta. Weya gli avrebbe fatto una sorpresa.
 
La ragazzina calcolò tutto: verso mezza notte, quando tutti si erano coricati a letto, si alzò dal proprio letto e prese la seta rossa rubato nella mattina durante il lavaggio dei panni al fiume, poi aprì piano la porta, andò verso la recinzione intorno al cortile della casa e appese la stoffa sulla porta.
 
Fissò a lungo la seta rossa mossa dal vento, e gli angoli della bocca le si alzarono lentamente, quindi tornò nella propria camera.
 
Un’oretta dopo sentì la porta di una delle stanze vicine chiudersi di colpo, quindi Weya aprì bene le orecchie e attese. Dopo un paio di minuti sentì dei versi molesti e dei colpi ritmici contro il muro, quindi fece finta di niente e si giròsull’altro verso.
 
Proprio ora il signor Chiaro tornò barcollante dalla cena e vide dalla finestra della propria camera l’ombra di un uomo alto che stava uscendo dalla porta sul retro.

Capì subito cosa stesse succedendo e, di colpo, non si sentiva più ubriaco. Andò in cucina, prese il coltello da carne, e butto giù la porta della propria stanza con un calcio.
 
A questo rumore, tutti si svegliarono, ma Weya non si mosse e tenne le orecchie ben aperte. Sentì il suono simile ad un fortissimo schiaffo, poi le parole del vecchio: “Puttana! Tu, donna, che ti approfitti della mia assenza per portare nella mia casa uomini! Sei una svergognata! Cosa? Non sai niente? Ho appena visto un uomo sgattaiolare fuori dalla camera e mi dici che non ne sai niente? Non ti vergogni?” disse e sentì il suono di altri colpi secchi, forse sempre schiaffi rivolti alla zia contadina.
 
Senza aspettare la replica della donna, il signor Chiaro continuò: “Inginocchiati! Dimmi chi era quell’uomo! Se non me lo dici, morirai questa stessa sera.”
 
La contadina continuò a piangere e urlò: “Sono innocente! Non farei mai una cosa da svergognata come questa! Mi hanno incastrata!”
 
A queste parole l’uomo le sputò in faccia: “Innocente? Incastrata? Chi ti odia  tanto da volerti incastrare?” Disse e, con la frusta presa poco prima, cominciò a imprecare e frustrarla con tutte le forze. “Svergognata! Umiliarmi così? Come ti permetti! Troia!”
 
La signora Cavallo aveva in effetti un amante, e veniva invitato in camera con il segnale della seta rossa solo quando suo marito e suo figlio non erano in casa, però oggi, senza il suo invito, se lo trovò in casa. Proprio quando l’aveva fatto uscire dalla porta sul retro, suo marito rientrò. Ora, inginocchiata, con il pigiama strappato dalle frustate, cercò di scappare verso la porta.
 
“Sgualdrina! Dove credi di scappare! Torna subito dentro!” urlò subitol’uomo, e la tirò per i capelli, facendole strappare un altro grido di dolore. Quando alzò la mano per darle un altro colpo, suo figlio entrò nella camera e lo fermò.
“Padre! Non fare scenate! Mia madre non farebbe mai una cosa del genere! Parliamone con calma.”
 
La donna si mise a piangere più forte e urlò: “Sei ubriaco! Hai visto male e ti sei immaginato tutto! Mi stai incolpando di qualcosa che non ho fatto!”
 
Il vecchio scoppiò a ridere: “Ti sto incolpando? Ahahaha, mezzo litro di vino non è sufficiente per ubriacarmi, da immaginare poi di vederti avvinghiata ad un altro uomo! Però non mi sarei mai immaginato di vederti fare una cosa del genere alla tua età! Io, che ho lavorato per tutti questi anni fuori casa! Non oso immaginare quante volte mi avrai già tradito! Ora, non fare la santarellina!”
 
“Bene, se non mi credi, allora dimostrerò la mia innocenza con la morte!” disse la donna, si alzò di scatto e corse contro il muro con il capo chino con l'intento di fracassare il cranio, ma suo marito la bloccò prima.
 
“Pensi di impietosirmi facendo questa scenata?” chiese l’uomo spingendola per terra e le posò un piede sul petto per bloccarla. Si guardò in giro, prese un’asta di legno e le diede una decina di colpi feroci.  
La vecchia contadina urlò come una bestia in procinto di esser macellato e Weya, nella sua camera, si girò sull’altro fianco, con l’angolo della bocca che si alzò lievemente. Chi la fa l’aspetti.
 
Tutti i vicini, sentendo le urla, uscirono per vedere cosa stesse succedendo. Anche la nuora e la figlia della vecchia contadina uscirono dalla propria camera ma, vedendo l’ira del padre, nessuna delle due si intromise per aiutare la madre.
 
Il figlio, vedendo dalla finestre tutte le persone incuriosite fuori dal recinto, disse al vecchio: “Padre, avrai bevuto sicuramente troppo! Ora è notte fonda e stai disturbando tutti i vicini!” gli prese
il bastone dalla mano. A bassa voce, aggiusnse: “Padre, risolvi il problema a parole, non alzare le mani che ci rendi ridicoli davanti ai vicini.”
 
Ancora infuriato, il vecchio guardò prima la vecchia e poi il figlio, e diede un forte calcio a quest’ultimo: “Ti ho detto di badare alla famiglia quando non sono a casa, e guarda come sei stato bravo! Buonanulla! Chiudi tua madre in camera!”
 
Il figlio si trattenne nel replicare e aiutò la madre a sedersi sul bordo del letto, dove lei continuò a farfugliare di esser innocente, senza mai smetter di piangere.
 
“Smettila di piangere! Non sei mica ad un funerale!”  urlò il vecchio e uscì dalla stanza.

Poi non si sentì più nulla, solo silenzio.
 
A queste parole, Weya non riuscì più a trattenersi e scoppiò quindi a ridere.
 

---------------------------------- fine capitolo --------------------------
 
 
 
*005 la fuga dei maiali
 


La vecchia contadina rimase a letto per sette interi giorni, e in questo periodo Xylan non fece altro che sgridare Weya, ma almeno nessuno la picchiava più quindi, tutto sommato, se la stava passando bene e grazie all’aiuto della giovane contadina per ben due volte Weya poté mangiare fino a sazietà.
 
Quando Xylan vide che Weya aveva finito di lavare i panni, la mandò a dar da mangiare ai maiali.
 
In campagna, dar da mangiare ai maiali era un compito molto importante e solitamente la vecchia contadina affidava questo compito solo a sua figlia.   
 
Però, ora che la vecchia non poteva alzarsi dal letto, Xylan affidò volentieri questo sgradevole compito a lei, e Weya obbedì sorridendo. “Sì, sorella Xylan.”
 
Sempre sorridendo, Weya si diresse nel porcile sul retro della casa con la botte di legno pieno di cibo per maiali.  
 
Nel porcile c’erano in tutto otto maiali, e Li Weya li fissò uno ad uno, poi gettò una manciata di mangime vicino alla rete e tutti i maiali si buttarono per mangiare. Guardandoli, a Weya venne in mente subito una fantastica idea: si guardò intorno, poi appoggiò la botte per terra, aprì il cancello del porcile e i maiali scapparono subito fuori, felici di essere finalmente liberi.
 
Weya aspettò che tutti i maiali fossero scappati lontani, quindi riprese la botte e, sorridente, uscì dal cancello sul retro della casa e si diresse nel bordo fiume più affollato del villaggio, dove ci gettò la botte con il mangime.
 
Alcune persone le passarono accanto e la guardarono incuriositi, ma lei non rivolse la parola a nessuno. Si sedette a terra e incrociò le gambe, fissando l’entrata della strada principale del villaggio.
 
Dopo una mezz’oretta circa, lo sguardo della ragazza si illuminò e sorrise: vide il professor Wang uscire da un'abitazione insieme al capo villaggio e si stavano incamminando verso la sua direzione.  
 
Dov'era seduta lei era il punto di incrocio delle strade principale del villaggio, quindi sapeva che al ritorno il capo villaggio sarebbe passato per forza di lì, ma non si aspettava di vedere anche il professor Wang. Quest’uomo era l’unico studioso del villaggio, l’unico che sapesse leggere e scrivere, di conseguenza amava farsi gli affari altri, amava aver ragione nelle discussioni e si sentiva in dovere di dar giustizia ai più deboli.   
 
Weya si alzò subito in piedi, si strofinò gli occhi fino a farli diventar rossi, e fisso il fiume con aria pensierosa.
 
Quando gli uomini gli uomini la notarono, si fermarono e il capo villaggio le chiese con tono curioso e rispettoso: “Signorina Weya, cosa stia facendo qui?”
 
In realtà l’aveva chiesto solo per chiedere, sapendo che era timida e che quindi non gli avrebbe risposto, ma la ragazza spostò lo sguardo dal fiume e li guardò con il gli occhi colmi d’ansia e terrore, quindi rispose: “La sorella Xylan mi ha affidato il compito di dar da mangiare ai maiali, ma ho fatto cadere la botte in acqua! Come faccio ora? Mi uccideranno!”
 
Il capo villaggio ne fu sorpreso e chiese: “Cosa? Ma come hai fatto?”
 
Weya fece finta di esser confusa e spaventata, con gli occhi luccicanti, come se fosse in procinto ad una crisi di pianto, e impietosì subito questi adulti. “Cosa faccio ora? Mi picchieranno a morte! Mi uccideranno sicuramente! Non posso tornare a casa! È meglio se muoio annegata qui!”
 
Disse e fece per scendere in acqua, ma il capo villaggio intervenne subito: non poteva permettersi che l’acqua potabile del fiume venisse sporcato da un cadavere. “Non fare sciocchezze!”
 
Il professor Wang, con aria confusa, si grattò la barba ruvida di qualche giorno e chiese: “Che situazione è mai questa? Non stai alloggiando da loro a pagamento? Ho sentito dire che ogni mese ricevono diverse monete d’argento, quindi perché lasciano a te il compito di dar da mangiare ai maiali?”

Weya si asciugò le lacrime con il polsino della maglia e, come se si sentisse in colpa, disse: “La mia famiglia ha dato per 5 anni dieci monete d’argento tutti i mesi, ma ora non se lo possono più permettere…”
 
“Cosa? Dieci monete tutti i mesi?” ripeté l’uomo con aria sgomenta. Lui,che era il professore del villaggio, una persona importante e rispettata, non riceveva manco due monete all’anno dai propri poveri studenti, mentre loro ne prendevano dieci al mese! Per ben 5 anni! In questi anni hanno preso ben 600 monete d’argento per prendersi cura di una bambina! Con tutti quei soldi potevano mantenerla a vita! Ora invece la stavano trattando come una serva! Era una cosa oltraggiosa! Infuriato fino ai capelli, le disse: “Andiamo! Portami subito da loro!”
 
Anche il capo villaggio pensò che quella famiglia avesse esagerato a comportarsi così, quindi seguì il professor e disse alla ragazzina. “Non piangere più, andiamo.”
 
Weya si asciugò delle lacrime che non c’erano, e li seguì.
 
Proprio in quel momento sentì improvvisamente una strana risata, si fermò e si guardò in giro, ma non vide nessuno. Aveva avuto un’allucinazione? Aggrottò le sopracciglia e raggiunse il capo villaggio, ma si guardò intorno un'altra volta però non vide comunque nessuno.
 
Si era davvero immaginata la risata?
 
Quando arrivarono nel cortile davanti casa, il professor Wang urlò: “Vecchio signor Chiaro, esci immediatamente! Come puoi dar il compito ad una signorina della Capitale di dar da mangiare ai maiali! Non è la vostra serva!”
 
Il signor Chiaro corse subito fuori e rimase confuso nel vederli qui.

Il capo villaggio concordò: “Giusto! Sei stato davvero troppo scorretto! Hanno affidato questa bambina alla vostra famiglia per prenderne cura e vi hanno dato anche parecchi soldi. Non potete intascarvi i soldi per poi trattarla come una serva.”
 
Proprio ora la vecchia contadina e la figlia uscirono di casa, e guardarono con aria sorpresa la piccola Weya.
 
La ragazzina, a bassa voce, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, disse timidamente: “Professore, signor capo villaggio, è tutta colpa mia. Volevo aiutare la sorella Xylan, non è stata colpa sua, non è stata lei a ordinarmi di farlo. È tutta colpa mia! Ho visto che la botte era sporca quindi volevo lavarlo, per evitare che la sporcizia entrasse nel mangime, ma non avrei mai pensato che il cibo finisse nel fiume. È tutta colpa mia! Sono troppo stupida, non so far niente.”
 
A queste parole, il capo villaggio rimproverò il vecchio contadino. “Siete stati davvero troppo oltraggiosi! Come può una ragazza aristocratica esser capace di dar da mangiare ai maiali?! Anche se ora la sua famiglia non vi paga più, vi ha pagato a sufficienza negli anni scorsi! Con tutti quei soldi dovreste esser capaci di mantenerla a vita, come potete trattarla come una serva?”
 
Il signor Chiaro sapeva che sua moglie picchiava e sgridava la ragazzina tutti i giorni, ma lo faceva chiudendo bene la porta per non farsi vedere e sentire dai propri vicini, quindi lui faceva finta di niente. Ora, però, era appena stato umiliato dal capo villaggio e dal professore, i due uomini più importanti del posto, e tutti i vicini si erano fermati intorno al recinto per capire cosa stesse succedendo. Il vecchio si sentì sprofondare dall’imbarazzo, si girò verso la figlia e le diede un forte calcio da farla cadere. “Buonanulla! Come ti sei permessa di dirle di fare un lavoro del genere?!”
 
Weya abbassò il capo, come se si sentisse profondamente in colpa, e l’intero villaggio provò subito pena per lei. I campagnoli erano fatti così: di solito le sparlavano dietro perché erano invidiosi del suo bel visino e della sua nascita, ma sotto sotto erano persone oneste e la pensavano in modo molto semplice: dato che questa famiglia aveva ricevuto così tanti soldi, aveva il dovere di essere cortesi nei confronti di questa signorina, e non di trattarla come una serva.   
 
Tutti i vicini cominciarono a indicare prima uno e poi l'altro, a dire la propria, e il signor Chiaro, sentendosi giudicato male, diede un altro calcio alla figlia: “Guarda cos’hai combinato, svergognata!”
 
Oh, non abbiate fretta! Questo è solo l’inizio! Pensò Weya tra sé e al contempo vide il figlio grande correre agitato verso il vecchio e urlava: “Padre! I maiali! Non ci sono più! Sono scappati!”


 
--------------------------------- fine capitolo --------------------------------



 
*Xylan = Xiulan

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Capitolo 5
*** 006 - 007 ***



*006 un vecchio conoscente
 

Dopo quel giorno, Weya divenne la ragazza più discussa del villaggio, e i membri della famiglia contadina non la maltrattarono più, e la fecero andare a dar una mano nella locanda del tè appena fuori dal villaggio.
 
La piccola locanda era gestita dal figlio maggiore della contadina insieme alla moglie, e vendevano il tè e la piadina ai passanti del posto.
 
La giovane signora Cavallo era dispiaciuta per tutte le pene che aveva patito Weya in precedenza, quindi la faceva stare nella piccola capanna di legno dietro la locanda a bollire l’acqua, tenendosi il compito di correre avanti e indietro a servire i clienti.
 
Quando Weya si mise ad aggiungere altra legna nella stufa, la giovane donna entrò con aria agitata e disse: “Aggiungi in fretta altra legna, dobbiamo preparare una decina di tazze di tè e piadine per dei importanti clienti che si sono appena fermati a riposare nella locanda.”
 
Importanti clienti? Weya preparò subito il tutto e si diresse verso la locanda.
 
Il villaggio in cui alloggiava collegava le città del nord a quelle del sud della regione, quindi passavano spesso dei commercianti ricchi, ma non da definirsi importanti, quindi Weya si incuriosì e guardò di nascosto tra i tavoli. In mezzo alla sala c’erano delle guardie vestiti di verde in piedi intorno ad un tavolo, ma non riuscì a vedere chi ci fosse seduto. Guardò poi fuori dalla porta, dove c’erano una ventina di cavalli con la sella in nappa bianca e decorata nei bordi con l’argento, e questo faceva davvero tanta scena.
 
La giovane contadina, non vedendola, la chiamò ad alta voce: “Weya, muoviti per favore! I signori sono di fretta.”
 
Per un’indefinita ragione Weya si sentì strana, come se stesse per succedere qualcosa. Non riuscì a muoversi dalla propria posizione, rimase impalata.
 
“Weya? Dove sei?” urlò invece il marito e subito dopo sorrise ai signori. “Quella ragazzina è un po’ ritardata, spero possiate scusarci. Più tardi le darò una bella lezione.”   
 
“Non ce ne bisogno. Portateci solo il rinfresco, il mio padrone vuole solo proseguire subito il viaggio.” disse uno della scorta.
 
A queste parole, Weya sapeva che non poteva più starsene impalata, quindi entrò nella sala dalla porta sul retro con il vassoio colmo di acqua calda e piadine e, a passo veloce, si recò verso il tavolo centrale, ma se ne pentì non appena vide chi era il cliente che ci era seduto.
 
Quando Weya entrò, attirò lo sguardo di tutta la sala su di sé, anche quello del giovane padrone. I suoi occhi, che brillavano come luna nel buio e al contempo gelidi come il ghiaccio, si posarono lentamente su di lei.  
 
Weya impallidì e abbassò il capo il più possibile, fissando il pavimento, poi sollevò il vassoio fino al viso per coprirsi. Dopo qualche passo raggiunse il contadino e gli allungò il cibo, cercando di sembrare timida e non terrorizzata, e corse subito via, tornando nel proprio capanno.  
 
Un uomo di mezz’età seduto di fianco a Tuoba Jade* gli disse a bassa voce: “Settimo Principe, sta per diventare buio, dobbiamo cercare alloggio qui vicino per stanotte?”
 
Il Principe non gli rispose, ma fissò solo il punto in cui era sparita la ragazza, e gli occhi gli si illuminarono di divertimento. Questa ragazzina… era la stessa che aveva visto quel giorno al fiume.
 
Guardandola, sembrava avere più o meno dodici o tredici anni, era vestita con del panno bianco consumato e macchiato qua e la dal fumo della legna, e lo stesso valeva per il viso. Tuoba Jade notò le sue mani: erano bianche e lisce, ma troppo magre, e notò i suoi capelli, lunghi e neri, raccolti disordinatamente da una corda. Notò anche i suoi occhi prima che abbassasse il capo: erano grandi e neri come l’inchiostro, e brillavano di una luce strana; ed era anche talmente magra da sembrare indifesa, da fargli venire la voglia di proteggerla.
 
Il Principe Jade scosse il capo, incredulo di avere dei pensieri di questo genere. Era qualcosa che non poteva mai avverarsi.   
Poi gli venne in mente la scena di lei che manipolava gli adulti in riva al fiume, nel villaggio, e sorrise a questo ricordo.
 
Questa era davvero una ragazzina interessante.
 
Quindi rispose all’uomo: “No, sarebbe meglio metterci subito in cammino e di riposarci nella città qui vicina. Domani partiremo presto per tornare della data programmata nella Capitale.”
 
Nonostante non fosse d’accordo, Chin-seok annuì semplicemente perché sapeva com’era fatto il Principe: era una persona apparentemente cordiale, ma quando aveva deciso qualcosa non c’era modo per fargli cambiare idea.
 
Poco dopo si rimisero subito in cammino andando verso il nord.
 
Weya guardò i cavalli che sparivano pian piano alla vista, e sorrise tra sé: non avrebbe mai pensato che il primo conoscente che avrebbe incontrato fosse Tuoba Jade, il Settimo figlio del Re.
 
Il Principe Jade! Ah, era il nemico giurato di Zeno: in passato i due si erano scontrati tante volte ma nessuno aveva mai avuto la meglio. Quando Weya ripensava al passato, il suoi grandi occhi neri diventavano talmente profondi e gelidi da inghiottire qualsiasi persona che la guardasse, ma un pensiero le fece tornare al presente e l’angolo della bocca si sollevò lentamente. In teoria, in questo periodo, il Principe Jade dovrebbe essere in giro per il mondo a studiare, e non nel Regno, e lei sapeva che il suo ritorno era l’inizio di un’enorme crisi nella Capitale.     
 
Weya abbassò il capo e guardò le propria dita sottili e sporche: i suoi nemici erano allo scoperto mentre lei era ben nascosta… e questo era davvero esilarante.
 
Il sole era tramontato da poco e nel cielo si vedeva già la luna circondata da tante stelle luminose, e il caldo della giornata era stata portata via dal vento fresco.
 
Arrivati a casa, la vecchia contadina li corse incontro e abbraccio Weya sorridendo come non mai. “Signorina, c’è una buona notizia per te!”
 
I due sposini si scambiarono uno sguardo, e tornarono a fissare contemporaneamente la madre, chiedendosi se abbia sbattuto la testa da qualche parte per essere così calorosa con Weya.
 
La ragazzina aggrottò le sopracciglia sentendosi infastidita della sua improvvisa felicità, ma cercò di trattenersi e fece finta di essere curiosa. “Zia, cosa succede?”
 
La vecchia non notò niente di strano nello sguardo della ragazzina, e rispose subito: “Si tratta della Casa Li! Sono venute delle persone dalla Casa Li!”
 
“La mia Casa? Quello nella Capitale?”
 
“Sì, proprio loro! Tuo padre ha mandato la mama Lin per farti visita!” disse la vecchia contadina, sorridendo come una bambina felice. La mama Lin non era venuta a mani vuote, ma aveva portato 200 monete d’argento come regalo.
 
Weya si sentì ancora più confusa: se non si ricordava male, doveva passare ancora un anno prima che suo padre, il Primo Ministro, si ricordasse della sua esistenza, quindi di riportarla nella Capitale comunicando al mondo che la figlia piccola era ufficialmente guarita.  
 
Come mai avevano anticipato di un anno?
 
Dalla vecchia casa uscì una donna dalla pelle chiara e dall’aspetto pulito, sui trent’anni: indossava un vestito di seta blu scuro, con una forcella d’oro tra i capelli scuri e un paio di orecchini d’oro sulle orecchie. “Le porgo i miei saluti, mia Terza Signorina.*”
 
Weya la riconobbe subito, quindi sorrise: era la mama più fidata della Casa Li.
 
Quindi era giunto davvero l’ora di tornare a casa. Sicuramente a suo padre era giunto voce di quello che succederà a breve nella Capitale, per questo la voleva riportare così presto a Casa.
                                                                              
Il Principe Erede, il Pricipe Zeno… e ora il Principe Jade.
Bene. Perfetto. Meglio tardi che mai.
 
------------------------- fine capitolo -------------------------
 
 
*007 Il ritorno nella Casa Li
 
 
Durante il viaggio di ritorno, Weya si era fermata per un paio di settimane nella villa dello zio Li nella città al nord, dove era stata cresciuta fino all’età di 7 anni.
 
Lo zio le diede due serve e due mame che si sarebbero prese cura di lei durante il lungo tragitto verso la Capitale. L’enorme carrozza era stata preparata dalla Casa Li: all’interno le tende erano decorate da perle preziose, sui cuscini rossi erano ricamati i fiori di peonia, che auspicava buona fortuna; tutto l’interno era decorato in modo magnifico, dalla poltrona al tavolo, dalle tazze di tè al vaso con i fuori. Tutto traslucida di ricchezza, ma dall’esterno questa non sembra altro che una carrozza come un'altra, passando quasi inosservata.  
 
Weya non fece caso a tutta questa ricchezza, perché sapeva che tutto questo era stato preparato appositamente dalla prima consorte di sua padre per colpirla e spaventarla psicologicamente. E questo era solo l’inizio.  
 
Bianca*, una delle due serve, posò con delicatezza una tazza di tè fumante sul tavolino in mezzo alla carrozza. Guardò per un secondo la sua nuova padrona che aveva chiuso gli occhi, come se stesse riposando, e non capiva come doveva comportarsi, se doveva starsene in silenzio o se doveva aiutarla a far passare il tempo. Però, a giudicare dal viso inespressivo della terza signorina, concluse che forse non si stava affatto annoiando. Guardò poi Viola*, l’altra serva,  e notò che anche lei sembrava confusa come lei, quindi si agitò ancora di più. Entrambe erano le serve regalate dal signore della città del nord alla terza signorina, ma nessuna delle due capiva questa ragazza, quindi non avevano il coraggio di aprir bocca per poi dire una cosa sbagliata.  
 
Con gli occhi chiusi, Weya ripercorse la scena di quando era stata riportata nella grande Casa Li: la Grande Madre della Casa l’aveva squadrata dal capo fino ai piedi e aveva annuito sorridendola in modo affabile. “Oh, questa bambina è davvero molto carina e ci porterà molta fortuna, portatela in camera sua per cambiar vestito.”
 
A quei tempi Weya era una ragazzina senza autostima, sempre terrorizzata, ed era davvero grata per queste dolci parole. Era una figlia bastarda nata nel febbraio maledetto ma, nonostante questo, la grande madre era stata misericordiosa e aveva chiesto a suo padre di riportarla a casa. Però, la Weya di un tempo non aveva idea di qual era il vero motivo del sorriso affabile della grande madre.
 
Quando era tornata nella grande Casa, Weya era un’analfabeta e si comportava da povera contadina.  
 
La figlia del Primo Ministro… analfabeta… nella Capitale nessuno riusciva a crederci. Ora che Weya ci ripensava, il Principe Zeno un tempo passava inosservato, come se fosse indifferente al Trono, per questo suo padre e la grande madre non avevano permesso che l’adorata figlia sposasse uno del genere, ma non potevano rifiutare la sua richiesta di matrimonio, tutto sommato lui era un Principe, ed era stato cresciuto da una delle Preferite del Re, anche se non sarebbe mai diventato qualcuno di importante. Ma questo era quello che credevano loro.
Poi, un giorno, il Principe Zeno diventò Re e lei, la figlia bastarda e analfabeta, la sua Regina.  
 
Nella vita passata, dopo aver salutato la grande madre nel primo giorno di ritorno a casa, Weya sentì la voce di una ragazza che stava recitando una poesia e si fermò a pochi passi dalla sala studio.
 
“Come il fiore di pesco, brillò lussureggiante. La moglie tornò, e la casa fiorì.”
 
Weya non capiva il significato di questi versi, la trovava solo molto piacevole da ascoltare, poi qualcuno la chiamò. “Ehi tu, che ci fai qui?”
 
Weya sussultò e vide una bella signorina fissarla.
 
Tutte le signorine che stavano studiando si girarono dalla sua parte, e Weya vide la ragazza rivolgersi a loro: “È una serva della Casa?”
 
A queste parole il pallido viso di Weya diventò rosso fino le orecchie, ma non aprì bocca.
 
La giovane signorina la guardò di nuovo e gli angoli della bocca si sollevarono lievemente, come se avesse capito chi era, ma disse con tono maligno: “Serva?! Nella nostra Casa non teniamo serve dall’aspetto così volgare!”  
 
Weya aveva abbassato il capo e guardò i vistiti che indossava, poi guardò quelli delle ragazze dentro l’aula. C’era una differenza abissale, quindi strinse la mani in due pugni e cercò di trattenersi. Non era giusto.
 
La bella signorina continuò, guardandola con disprezzo: “Perché sei ancora qui? Non vedi che stiamo seguendo la lezione del professore? Vattene, ci stai dando fastidio!”
 
“Terza Signorina, andiamocene.” Disse una serva che era alle sue spalle.
 
Weya si sentiva talmente umiliata da volersi sotterrare, ma proprio ora una voce dolce e melodiosa disse: “Claris*, lei è la tua terza sorella maggiore! Come puoi essere così maleducata?”
 
Per Weya considerò la proprietaria di questa dolce voce la sua salvatrice. A posteri scoprì che era lei Li Chance, la primogenita. Per un lungo periodo Weya fu ammaliata dalla sua voce, dal suo aspetto, e la considerò davvero un’angelo.
“Signorina, signorina!” la chiamò ripetitivamente Viola.
 
Weya aprì gli occhi e tornò al presente. Tornò a sedersi con la schiena dritta e sorrise, mostrandosi come una ragazzina docile e carina. “Cosa c’è?”
 
Viola rispose: “Signorina, siamo arrivati.”
 
Weya spostò la tenda e guardò fuori dalla carrozza: avevano già superato il cancello della Capitale, e ora erano quasi arrivati alla grande Casa Li. La casa non era situata nella zona centrale e affollata della città, ma era situata nella zona ricca della Capitale, dove alloggiavano tutte le persone importanti del Regno. All’epoca la villa era stata architettata per il fratello del Re, ma lui non ci si trasferì mai perché lo considerava troppo in periferia. Poi questo Duca venne accusato di essere un ribelle e si suicidò.  
 
La villa venne confiscata dal Re e concessa poi al Primo Ministro Li.
 
La villa era grandissima: dietro le mura esterne c’erano diverse case con giardini, poi c’era un enorme giardino con piante, fiori, montagnole, un piccolo piume che ci passava in mezzo, tanti canali tra un palazzo e l’altro, un laghetto decorato da finte montagne di pietra alte diversi metri. Forse questa Casa non era una delle più grandi, ma sicuramente una delle più belle.
 
Dopo qualche minuto la carrozza si fermò. Una vecchia serva dall’esterno spostò la tende e le comunicò che erano arrivati a Casa. Viola e Bianca scesero per primi, poi aiutarono la loro signorina a scendere.
 
Entrò dalla porta principale della villa, poi percorse diversi corridoi all’aperto, sui lati c’erano diverse canne di bambù su cui erano appesi gabbie di uccelli: c’erano delle allodole, degli uccelli rossi, altri gialli, altri dal collo blu… erano davvero tanti e molti non li aveva mai visti.
 
Strada facendo incontrò tante serve che camminavano con la schiena dritta ed erano vestite di blu scuro con la giacca verde. Quando la videro, la salutarono inchinando il busto, proprio come all’epoca.
 
 Nella vecchia vita, quando vide questa scena, non sapeva come comportarsi. La Grande Madre non le aveva mandato nessuno per insegnarle le buone maniere, quindi era cresciuta come un’anima libera, senza alcuna educazione, veniva quindi sopranominata ragazza selvaggia. A quel ricordo Weya sorrise, e non si fermò a guardare le serve che erano ancora inchinate, ma seguì semplicemente la mama.
 
“L’avete vista? È la terza signorina.”
 
“È molto carina e ha anche un bel portamento. Non dicevano che era cresciuta in campagna?”
 
“Infatti! Una signorina nobile è sempre pur nobile. Anche cresciuta in campagna non ha perso la propria eleganza.”
 
Weya non era interessata alla loro conversazione, continuò a camminare finché non arrivò nella casetta oltre il cortile di Loto. Ad aspettarla fuori c’era una serva, che la salutò con sorriso felice: “Mia terza signorina.”
 
Weya ricambiò il sorriso ed entrò dentro.
 
Bianca e Viola la seguirono e quando entrarono nella stanza rimasero a bocca aperta: il pavimento di marmo era talmente pulito e liscio che ci potevano specchiare, sul soffitto era appeso una lampada imperiale ottagonale, l’arredo era fatto di legno di palissandro, di color scuro, con ricamato sul legno dei fiori bianchi.
 
Le due serve trattennero il respiro. Tutto ciò era troppo lussuoso ma, a differenza di loro, Weya non fece una piega e si guardò nemmeno intorno. Con il sorriso stampato sul viso, si diresse verso l’anziana donna seduta in fondo nella stanza, e si inginocchiò abbassando il capo. “Vi porgo i miei saluti, nonna.” Poi si girò verso le signore sedute vicino a lei. “Madre e zie.”
 
---------------------- fine capitolo -----------------------
 
 
 
 
 
 
*Principe Tuoba Jade = Tuoba Yu (Yu=Giada)
* Terza figlia del padrone. Le serve chiamano le figlie dei propri padrone in ordine di nascita.
*Baizhi = Bianca
*Ziyan = Viola
*Changxi = Claris

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