A man without a future

di tonksnape
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


A MAN WITHOUT A FUTURE

 

No era possibile che lo avesse fatto! A lui!

Un aiuto?! Ma dove?! Sarebbe stato caos, distruzione visto di chi si trattava.

Mentre percorreva a lunghi passi il corridoio tutta la rabbia e la frustrazione passavano attraverso le sue gambe. I passi risuonavano nel corridoio buio e solitario e sembravano pallottole lanciate a terra che esplodevano ritmicamente sul marmo lucido di Hogwarts.

Il lungo mantello si muoveva attorno al suo corpo come un'unica, immensa, ala nera. Lo sguardo inferocito fissava un punto nel nulla davanti a lui.

Ancora non gli era permesso arrivare alla cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, ancora gli veniva affidato quel figlio capriccioso di James Potter, ancora doveva limitarsi ad aiutare Silente nel buio.

E in più…!!

I ragazzini del secondo anno di Tassorosso che videro arrivare il professor Piton lungo il corridoio davanti a loro, si zittirono e si spostarono a lato, immediatamente. Appariva ancora più nero del solito.

Severus Piton li degnò di una mezza occhiata per inquadrare casa e anno e proseguì.

Di tutti gli Auror la più maldestra.

Avrebbe accettato piuttosto Remus Lupin a braccia aperte.

Era almeno sicuro delle sue capacità anche se era un maledetto membro di quel quartetto di miserabili!

Ma quella specie di elfo, o gnomo o nano troppo cresciuto! Non stava ferma un momento alle riunioni, sempre qualcosa da dire, sempre un sorriso, mai triste, mai impaurita, sempre in movimento.

“E’ necessario aumentare la sicurezza per i ragazzi.” aveva detto poco prima il Preside.

E su questo era d’accordo. Era ben consapevole da sei anni che avere Harry Potter a scuola poteva solo aumentare i rischi, ma lo aveva accettato come un passaggio obbligato verso una nuova possibile libertà.

“Quindi” aveva aggiunto Silente “ho chiesto a due membri dell’Ordine della Fenice, due Auror, di essere qui in appoggio, per ogni necessità. A Kingsley Schakebolt affiderò la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure…”

Primo pugno in faccia!

“… e ho chiesto a Tonks di essere presente come tuttofare, vista la sua abilità nel dialogare con i ragazzi e nel farsi ascoltare.”

Detta così per lui cambiava poco.

“Devi inoltre continuare a seguire Harry Potter in Occlumanzia.”

Secondo pugno in faccia!

“No, assolutamente no! Si ricorda cosa ha fatto l’anno scorso? Ha osato toccare i miei oggetti, spiare la mia mente e i miei ricordi! E’ ingovernabile, cocciuto e non rispetta alcuna regola e alcuna autorità!”

“E’ necessario che impari a difendersi da solo, Severus. Cerca un altro spazio, ma sei l’unico che ha l’autorità necessaria.”

Sapeva che Silente aveva ragione. Come sempre.

Doveva riuscire a tenere distante l’Oscuro Signore. Per il bene di tutti. Accidenti! Era da anni che lavorava per il bene di tutti, sottovoce, lontano da tutti, di nascosto.

“Altro?” sibilò al Preside

“Si. Tonks aiuterà anche te nell’organizzare i materiali e l’aula prima e dopo le lezioni.”

Piton lo aveva guardato quasi a bocca aperta,con gli occhi sbarrati dalla sorpresa.

“Ma quella ragazzina è un pericolo costante! Rompe anche quello che non tocca! Preside non può…”

Silente aveva alzato la mano per fermarlo.

“E’ molto brava se è arrivata dove è ora. Ed è cresciuta da quando era qui a scuola. C’è bisogno di tenere gli allievi vicini a noi, Severus. Non possiamo chiudere nessun canale di comunicazione con loro.”

A Piton tornarono in mente vetri rotti, piccole esplosioni accidentali in aula, materiali per terra o confusi gli uni con gli altri. Erano anni difficili per lui. Era alle prime armi, insicuro, frustrato e la presenza di adolescenti pieni di vita e di futuro lo disturbavano allora più di adesso.

Avere di fronte facce sorridenti e inconsapevoli di un passato ancora recente, illuse di un futuro migliore lo rendevano insofferente e poco disposto all’accoglienza.

Effettivamente, allora, la ragazzina aveva passato abbastanza bene l’esame.

C’era già qualche Weasley con lei… più o meno.

Ma c’era ancora in lei quel lampo di speranza e di incoscienza che la rendevano insopportabile.

“Dovrà fare esattamente quello che dico. E non accetto commenti o interventi sull’insegnamento.” Con questo commento aveva chiuso la conversazione.

E adesso con un colpo secco della porta chiuse fuori dal suo ufficio il resto del mondo.

 

Il primo incontro tra tutti i professori avvenne all’inizio dell’anno scolastico.

La battaglia al Ministero della Magia di pochi mesi prima aveva riacceso i timori di tutti. Anche all’interno di un luogo protetto e inaccessibile come Hogwarts.

La presenza di due Auror, il contatto costante con l’Ordine della Fenice, la presenza rassicurante di Silente rendeva tutti più tranquilli.

Shacklebolt appariva a suo agio nel nuovo ruolo. Accogliente, sorridente, deferente verso i suoi ex-professori (quasi tutti!), competente per le domande che poneva e per le proposte che faceva.

Tonks era in disparte, quasi alle spalle della professoressa McGrannit. Aveva sorriso e salutato tutti, con un commento gentile o una battuta che aveva fatto ridere quasi tutti.

Piton era rimasto rigido al suo posto.

Era sempre uguale, aveva pensato Tonks. Decisamente granitico. Chissà se qualcuno lo aveva mai visto sorridere.

Beh, lei era contenta. Ritornava in un luogo in cui era stata felice. La missione era relativamente pericolosa. Adorava chiacchierare con i ragazzini, la facevano sentire ancora della loro stessa età. Molte volte risentiva i suoi pensieri nei loro ragionamenti, sentiva descrivere le sue emozioni di un po’ di anni prima. Era facile ascoltarli.

Anche stare attenti in un luogo protetto come Hogwarts era facile.

E stare insieme a Kingsley era divertente. Avevano imparato a conoscersi e a ridersi addosso. Erano anche usciti per un po’ insieme, ma avevano ormai superato un livello di amicizia tale da renderli più simili a fratelli. Sapeva di essere al sicuro anche grazie a lui e lui sapeva di esserlo grazie a lei. Conoscevano pregi e limiti del proprio modo di affrontare i problemi.

Piton la osservò con gli occhi ridotti a fessure mentre il Preside annunciava che avrebbe anche fatto l’arbitro durante le partite di quidditch.

Sospirò sonoramente quando riuscì, in breve tempo, a rovesciare una sedia e a sedersi quasi sul Professor Vitious che ridacchiò insieme a lei. Uscendo rovesciò un libro in bilico sul tavolo che prima del suo passaggio aveva resistito, lì, fermo, per almeno tre ore.

Tonks raggiunse la propria stanza. Silente si era scusato del fatto che, durante l’anno di scuola, i posti a disposizione erano ridotti al minimo e per lei era stata ricavata una stanza nei sotterranei, un po’ al buio.

Tonks non si era preoccupata più di tanto. Aveva riempito lo spazio, ampio, con oggetti coloratissimi creando due finestre dalle quali proveniva una magica luce solare.

Del resto non aveva intenzione di stare in camera a lungo. Era suo compito passeggiare nei corridoi e all’esterno, osservare, lavorare con i professori. Non doveva certo rinchiudersi a studiare.

 

Il primo incontro con Piton fu … come tornare a scuola.

“Buongiorno Ninfadora.” L’aveva salutata senza guardarla, chino su un libro, dalla cattedra.

Eh, no! Scorbutico poteva esserlo, scortese no.

“Tonks, Professor Piton, mi chiami Tonks.”

“Non sei mia allieva e ti chiami Ninfadora. Perché chiamarti Tonks?” Almeno la stava guardando adesso.

“Perché mia madre mi ha dato un nome cretino, professore. E non è necessario che io lo accetti. Mi chiami Tonks.”

“Stai parlando con un uomo che si chiama Severus. Mi sembra una osservazione fuori luogo la tua.”

Non ci aveva pensato, ma certo come stupidità del nome erano molto simili.

“Non ci avevo pensato. Se vuole io la chiamo Severus.” Il tono era pericolosamente dolce.

“Non se ne parla. Sono più anziano di te, sono stato tuo professore. Per te rimango il professor Piton.”

“Ha ragione. E’ più anziano di me. OK.” Aveva sottolineato la parola “anziano” con il tono della voce tanto da far sollevare un sopracciglio al professore.

“Mi stai prendendo in giro?”

“Assolutamente no. Sottolineavo la realtà dei fatti.” Gli sorrise amabile, guardandolo negli occhi.

“Meglio, Ninfadora. Ti spiego quali sono i tuoi compiti in quest’aula.”

Sarebbe stato un luuuungo cammino quello accanto a quell’uomo. Mooooolto lungo.

Di positivo c’era che riusciva a pronunciare il suo nome come fosse “Ninfa d’oro” e sempre sottovoce, strisciandolo con un risultato che sembrava quasi sensuale.

Mentre Piton le spiegava come tenere i diversi materiali e oggetti e come sistemare l’aula -esattamente come quando lei era sua allieva e quindi non c’era nulla da imparare di nuovo - Tonks si mise a osservarlo. Le era sempre apparso come un qualsiasi professore,  più giovane degli altri, ma chiuso e solitario. Nessuno sapeva perché fosse così scostante e nervoso. Poco alla volta, dalle voci di corridoio, era riuscita a ricostruire parte della sua storia. Sapeva che se era lì e Silente approvava, la scelta di Piton doveva essere molto ferma e sicura. Il fatto di essere stato marchiato dall’Oscuro Signore lo rendeva agli occhi di Tonks, allora come ora, un mistero da scoprire, non un pericolo da evitare.

Forse era troppo ottimista, ma se qualcuno aveva scelto di essere infedele a Tu-Sai-Chi e di subirne le conseguenze doveva essere in grado di sopportare paura, pericolo e dolore in dosi massicce. Era curiosa, voleva capire, conoscere.

Adesso guardandolo muoversi, senza mantello, nell’aula si rese conto che non era poi male come uomo. Il corpo era sempre in tensione, rigido, ma anche scattante, veloce. Il volto era decisamente …… “spigoloso”, l’espressione concentrata, molto intensa. Begli occhi pensò. Chissà se anche la pelle era fredda come l’espressione del viso.

“Mi ascolti o sei nel mondo dei sogni, ragazza?”

Uffa! Era come avere quindici anni!

“Dispone sempre le cose allo stesso modo, Professore. Mi era solo distratta un attimo a pensare a delle alternative.” Per fortuna il cervello funzionava ad un’ottima velocità.

“Non devi pensare, ma eseguire. E se tutto è sempre uguale significa che la scelta è stata corretta. Non modificare nulla e non intervenire durante le lezioni. Non voglio commenti o suggerimenti in aula e neppure fuori se ce la fai.”

“Sarà difficile stare sempre zitta.” ammise.

“Comincia ad esercitarti e prepara le radici che ti ho detto.”

Tonks prese i barattoli che le dava, lesse l’etichetta e a passo sicuro si diresse dove avrebbe trovato, come sempre, quello che serviva.

 

Le giornate di lavoro ad Hogwarts erano molto regolari. Tonks si stava accorgendo che lo stesso ritmo, sempre uguale, che aveva vissuto come alunna lo stava vivendo adesso.

E dava stabilità e sicurezza sapere esattamente come procedeva la propria vita, quali fossero gli impegni, quando c’era del tempo libero, quali compiti dovevano essere portati a termine e quali potevano aspettare.

La vita di un Auror era molto più movimentata e imprevista. L’avevano abituata a rispondere velocemente ad ogni cambiamento, a reagire alla novità. Era sempre pronta all’emergenza, mentre a scuola doveva conoscere bene la routine quotidiana. Non avrebbe saputo quale ritmo scegliere, ma era piacevole la sicurezza delle cose che si ripetevano invariate e costanti.

Con la Professoressa McGrannit il dialogo era sempre aperto e diretto. Era disponibile a trattare qualsiasi argomento, era attenta, sorridente. Tonks si sentiva accolta e coccolata. Come da Silente del resto.

A parte Piton tutti riconoscevano il suo ruolo e la sua competenza di soldato.

Con Piton aveva sempre la sensazione di essere in errore o sotto osservazione.

 

L’ora di lezione stava terminando e il terzo anno di Griffondoro e Serpeverde stava faticosamente arrivando alla conclusione di una pozione richiesta dal Professor Piton.

Tonks era in giro per l’aula a distribuire sostegno morale, dato che non le era permesso alcun aiuto o suggerimento. Si limitava a sorridere o a fare smorfie di incoraggiamento o di fatica che rendevano quelle ore un po’ meno deprimenti.

Quando Piton diede il termine del tempo utile per eseguire la richiesta, tutta la classe si alzò sospirando e portò il risultato alla cattedra, allineandolo davanti al professore.

Quando tutti furono usciti Tonks cominciò a sistemare banchi e materiali.

Piton, apparentemente immerso nel lavoro di analisi dei lavori fatti, la stava in realtà osservando.

In quelle prime settimane era riuscita a rompere un certo numero di provette, ad invertire alcune radici con delle erbe, a spostare del materiale da uno scaffale all’altro, proponendo addirittura una divisione per colori.

Ma si muoveva con sicurezza nella classe. Effettivamente ricordava dove si trovava ogni minimo ingrediente. Piton era arrivato a chiedersi se sbagliasse solo per infastidirlo.

L’aveva vista reagire con freddezza e velocità quando uno degli allievi del secondo anno aveva usato il fuoco sotto il calderone anche per dare fuoco ai propri vestiti e bruciarsi una mano. Aveva fermato subito le fiamme e trovato il preparato per calmare il dolore, parlandogli con semplicità fino a tranquillizzarlo. Lui non era minimamente intervenuto, ma aveva guardato dalla cattedra. Lei non aveva perso tempo, né aveva dato segnali di incertezza o di bisogno di aiuto.

Ascoltandola durante le riunioni dell’Ordine della Fenice si era accorto che le osservazioni, apparentemente divertenti che faceva, erano in realtà adeguate e utili. Se faceva una battuta serviva a smorzare l’atmosfera, non a disperdere l’attenzione.

Doveva ammetterlo, poteva quasi dire che era brava. Vestiva in modo folle, comunque.

Metteva insieme tanti di quei colori da sembrava un giullare.

Era strano avere compagnia durante le lezioni. Non immaginava fosse possibile ascoltare fino in fondo i discordi sconclusionati che faceva, ma parlava spesso degli allievi, evidenziava i loro stati d’animo, segnalava possibili situazioni di disagio o di attrito che si rivelavano fondate.

Sapeva quando l’E.S. si riuniva anche senza che qualcuno la informasse direttamente, ma solo grazie alle occhiate che vedeva scambiarsi tra gli allievi.

Sapeva fare il suo lavoro. In modo apparentemente assurdo, ma dava risultati.

Piton, senza accorgersene, aveva cominciato ad ascoltare il rumore dei suoi strani scarponi per sapere quando avrebbe varcato la soglia dell’aula, a passo spedito, sorridente. E aveva cominciato a notare che era cresciuta anche fisicamente, anche se non faceva nulla per dimostrarlo. Cominciò a rendersi conto che aveva un corpo, rigorosamente coperto da ampi maglioni e jeans, un volto e degli occhi che aspettava di vedere rivolti verso di lui.

Questo aprì un baratro di emozioni e sentimenti che credeva di aver sotterrato.

 

Chiuso nella propria stanza, alla luce soffusa di alcune candele attendeva che il desiderio, il dolore che lo aveva preso se ne andasse via. Non poteva permetterselo. Non poteva lasciare che le emozioni lo invadessero. Sarebbe stato un terremoto troppo forte da sopportare.

Le emozioni erano incontrollabili se non veniva messo loro un freno molto duro. Doveva evitarle.

Soprattutto le emozioni piacevoli… lo avevano sempre ridotto a pezzi.

Aveva amato una madre che lo aveva abbandonato ad un padre violento, aveva amato uno studio approfondito delle Arti Oscure che lo aveva portato sulla riva sbagliata del fiume e che ora gli facevano sognare un lavoro per lui inaccessibile, aveva amato anche delle donne che lo avevano respinto per la sua inettitudine o per la sua poca avvenenza, aveva abbracciato dei valori che si erano rivelati distruttivi per lui e per altri, aveva abbracciato il ruolo dell’insegnamento che era faticoso e poco compatibile con il suo carattere, aveva abbracciato donne che lo avevano accettato forse solo per pietà.

Non sapeva amare o abbracciare niente e nessuno. Conosceva solo la fedeltà ai valori che aveva scelto, una fedeltà pagata sulla sua pelle, con il suo sangue, con la paura e il dolore per aver disubbidito all’Oscuro Signore. Era stato marchiato, torturato, allontanato e abbandonato.

Aveva ottenuto solo rabbia, paura, frustrazione, vergogna.

Aveva un passato da dimenticare, un presente per sopravvivere e un futuro inesistente.

Come poteva starci il desiderio o il piacere in tutto questo?

Rimase fermo, seduto sul bordo del letto, con la testa china e le mani strette a pugno sulle lenzuola fino a quando il dolore finì.

 

Pochi giorni dopo si ritrovò ancora faccia a faccia con la paura per il futuro.

Stava facendo lezione con Griffondoro e Serpeverde, sesto anno.

Si era ritrovato Potter, Weasley e Granger. Aveva spostato Harry vicino alla cattedra, per poterlo tenere sott’occhio, mentre gli altri due finivano il compito insieme.

Aveva ripreso a fare lezioni di Occlumanzia con il ragazzo e sembrava esserci qualche miglioramento, molto piccolo.

Si stava movendo lungo la classe per osservare gli allievi, quando vide Potter toccarsi la cicatrice con una smorfia.

Decise ti toglierlo dal gruppo e, a modo suo, lo aiutò a superare il momento chiedendogli al massima dedizione per sconfiggere l’intrusione dell’Oscuro Signore.

Certo il ragazzino se voleva dimostrava di farcela.

Aveva portato a termine la lezione con un occhio sulla classe e l’altro sul piccolo Potter, evitando che potessero vederlo, poi aveva spedito Weasley e Granger ad avvisare il Professore di Difesa dalle Arti Oscure e il Preside.

Tonks era rientrata più o meno nello stesso momento, dopo aver preso del materiale su sua indicazione.

Erano rimasti tutti attorno al ragazzo, compresi i suoi amici, fino a quando il dolore era finito e Harry aveva potuto raccontare di aver sentito la felicità di Voldemort per un qualche successo che aveva ottenuto.

Allora Silente gli aveva chiesto di andare a controllare in modo “non ufficiale” cosa era accaduto, mentre la piccola Tonks avrebbe avvisato l’Ordine della Fenice.

Questo significava avere attorno altri Auror e dover sentire ancora di più la sua limitatezza per non poter avere un ruolo più attivo.

 

Uscì da Hogwarts, finalmente.

Direzione Diagon Alley, per poter raccogliere informazioni.

Grazie alle sue passate conoscenze, che non sapevano ora quale fosse il suo lavoro, gli era possibile sondare, nei bassifondi del quartiere, tutte le bettole, per avere informazioni aggiornate sulla situazione dei fedelissimi di Voldemort.

Era sufficiente che si facesse vedere. Lì era rimasta immutata la sua fama di conoscitore delle Arti Oscure, di mago capace di usare la magia più oscura per avere forza sugli altri.

Era ancora fonte di paura per parecchie persone.

E lì poteva dare sfogo al suo lato peggiore, portare alla luce della luna la sua rabbia e il suo dolore facendolo provare agli altri, minacciando di feroci conseguenze coloro che non volevano aiutarlo fornendo le informazioni necessarie.

Dando sfogo al peggio di sé riusciva a sentirsi meglio, a sentirsi capace e abile, non solo un professore di scuola costretto a vivere chiuso tra quattro mura, impossibilitato a mettere in pratica tutta la sua competenza nelle Arti Magiche se non per insegnare a dei ragazzini ingrati delle pozioni che non erano in grado di apprezzare.

Eppure, quando rientrava nella sua stanza a Hogwards si sentiva ancora più inadeguato, come se quello che aveva appena fatto fosse solo un restauro ad una facciata che non era la sua.

Un po’ di lifting alla sua fama di Mangiamorte. Mancato. Neppure in quello era riuscito.

 

Dopo aver scoperto quale folle successo avesse ottenuto Tu-Sai-Chi, e dopo averlo comunicato a Silente, per cercare un po’ di equilibrio si avviò nella sua aula alla ricerca di  ordine e di silenzio, mentre sentiva crescere dentro di sé la delusione e la frustrazione.

Era sempre più vicino il ricordo della paura, del dolore, dell’angoscia di sedici anni prima, sembrava che tutto ricominciasse, ancora.

Appena aperta la porta vide il suo luogo di tranquillità invaso dalla presenza di quella ragazzina. Era impegnata a fare quello che doveva fare lui.

Si trovava davanti ad uno degli armadi e stava riordinando delle boccette di vetro vuote, utilizzate dagli allievi per fare esercizio, dividendole per grandezza.

 

No, non poteva avere vicino nessuno in quel momento che avesse a che fare con la gioia, la luce, la speranza.

“Vattene Ninfadora. Faccio io.” le sibilò dalla porta.

Tonks non l’aveva sentito, trasalì e fece cadere almeno due provette.

“Ma sei un incapace!” sbottò lui.

Lei si girò a guardarlo. Era … nero. Nei vestiti, nel volto e, dal tono, anche nell’anima.

“Mi ha sorpreso. Non l’avevo sentita.”

“Siamo proprio al sicuro se reagisci così alle sorprese! Pensi di vincere contro un Mangiamorte lanciandogli una provetta? Chi ti ha detto che potevi essere un Auror?” Era livido dalla frustrazione e urlava.

Tonks si bloccò. Era sempre stato scortese, ma mai aggressivo verso di lei.

Lo guardò a lungo, in silenzio. Non sapeva decidere se doveva uscire oppure se doveva reagire.

“Allora, ragazzina. Ti muovi? Vattene dalla mia aula. Smaterializzati. Non voglio vederti.”

Beh, accidenti, pensò Tonks, non era il suo professore e quella era una lite tra adulti. Frustrato o arrabbiato che fosse, lei non aveva contribuito in nessun modo.

Gli si avvicinò a passo di marcia fino a trovarsi davanti a lui, anche se parecchi centimetri al di sotto.

Con lo sguardo infuocato disse: “Se desidera che io me ne vada, me lo chieda gentilmente e lo farò.”

Non era possibile che quell’essere fosse così…… indisponente. Con le mani sui fianchi, gli occhi fissi nei suoi osava sfidarlo.

Piton esplose: “Non osare dirmi cosa devo o non devo fare! Esci di qui, fuori!!”

La mano si era già alzata per colpirla.

Tonks l’aveva vista e sapeva che poteva farlo.

Anni di esercizio la rendevano sicura del fatto che lo avrebbe bloccato e battuto. Era giovane e scattante, addestrata a difendersi e ad attaccare.

Rimase ferma, pensando cosa fare, mentre il tempo sembrava sospeso.

O usciva, o reagiva o lo spiazzava. Scelse l’ultima, la più incerta come riuscita.

 

Allungò la mano, gli sfiorò la guancia e sottovoce, veramente preoccupata, chiese:

“Cosa ha saputo di così sconvolgente? Cosa le è accaduto?”

Piton rimase con la mano alzata, immobile, con il respiro corto.

Chiuse gli occhi. No, la gentilezza no. Per favore, ragazzina, non essere comprensiva.

“Vattene Ninfadora”. Abbassò la mano, le passò a fianco e raggiunse la cattedra.

Non sapeva cosa fare, ma almeno lì dietro si sarebbe sentito al sicuro, dietro quel tavolo di legno che lo allontanava dal resto del mondo.

“Severus, cosa hai saputo?”

Si era avvicinata di nuovo.

“Per favore Ninfadora. Lasciami stare. Fattelo dire dall’Ordine.”

Si mise la testa fra le mani, con i gomiti appoggiati al tavolo.

Tonks si stava davvero allarmando. Era disarmato, inerme. Sembrava così vulnerabile ora. Avrebbe voluto abbracciarlo e rassicurarlo. Non era certo istinto materno quello che stava provando. Se non di fosse trattato di lui, di quel professore con almeno 10 anni più di lei, avrebbe pensato di volergli bene, tanto sentiva il bisogno di proteggerlo e di allontanargli il dolore. Da dove arrivava tutto questo?

Rimase a osservarlo, un po’ lontana cercando di capire cosa le stava dicendo il cuore e cosa le stava dicendo la mente, ma sentiva tanta confusione.

Dopo parecchi minuti uscì, ancora incerta e preoccupata per lui e per se stessa.

 

I Mangiamorte aveva attaccato Azkaban e liberato tutti i compagni catturati durante lo scontro al Ministero della Magia.

Erano di nuovo fuori. Tutti. E in azione.

E i Dissennatori non avevano distrutto le loro menti.

Non avevano partecipato attivamente alla loro evasione, ma si erano semplicemente fermati. Non avevano difeso la prigione, non avevano attaccato i seguaci di Voldemort anche se non lo avevano seguito e non avevano collaborato.

Questo rendeva ancora più incerta la situazione. Non si capiva a chi davano la loro alleanza.

Erano vittime di un incantesimo di Tu-Sai-Chi?

Erano d’accordo con Lui e il loro comportamento era un diversivo?

Non avevano ancora scelto?

Nessuno era in grado di trattare con loro. Non avevano espresso alcuna opinione con nessun incaricato del Ministero della Magia.

Da Azkaban erano fuggiti solo i Mangiamorte ancora attivi. Tutti coloro che avevano ricevuto il bacio erano stati lasciati all’interno della prigione, anche se vecchi alleati dell’Oscuro Signore.

L’esercito di Voldemort stava crescendo e la sua risata, echeggiata nella mente di Harry, aveva un significato macabro e pericoloso.

La notizia della fuga dei Mangiamorte da Azkaban aveva creato molta paura non solo negli allievi, ma anche negli insegnati e nell’Ordine.

Il segnale di guerra imminente era ben chiaro a tutti. Come era chiaro che l’obiettivo primario era Harry Potter e quindi la scuola di Hogwarts che lo ospitava. Come e quando sarebbe arrivato l’attacco nessuno lo sapeva.

Le riunioni dell’Ordine si fecero più frequenti e intense. Il controllo era al massimo.

 

Dopo lo scontro con Piton non c’era stata più alcuna occasione per parlagli e lui aveva evitato qualsiasi commento riprendendo il solito atteggiamento distaccato e ironico nei suoi confronti. Forse evitava di guardarla negli occhi un po’ troppo spesso.

Tonks era ancora confusa. Sapeva riconoscere i suoi sentimenti e le sue emozioni, ma non capiva come potevano essere rivolte al Professor Piton. Lo aveva temuto e odiato come tutti a scuola e lo incuriosiva altrettanto, ma amicizia, affetto… erano sentimenti troppo grandi.

Eppure sentiva di essere preoccupata per lui. Voleva capirci di più, sapere cosa aveva fatto, cosa poteva fare, cosa rischiava, aiutarlo, sostenerlo.

Durante le riunioni era sempre silenzioso e attento.

Era stato deciso di procedere con il torneo di quidditch per mantenere un minimo di normalità nella scuola e il giorno prima dello scontro Griffondoro-Serpeverde che dava inizio alla stagione Silente fece un ultimo incontro con tutto l’Ordine della Fenice che poteva essere presente.

Le notizie erano ancora scarse e non permettevano alcuna ipotesi.

Piton per la prima volta disse:

“Vado io, Preside. Cercherò di avere notizie il più possibile dirette.”

Silente lo guardò immobile.

“Il rischio è molto elevato Severus. Ne sei sicuro?”

“Sì, non abbiamo molte alternative.”

Silente annuì. La riunione si sciolse.

Piton andò nella sua stanza a prepararsi, con vestiti vecchi e stracciati.

Sapeva quanto poteva essere rischioso per lui avvicinarsi al gruppo dei Mangiamorte. Chiunque poteva riconoscerlo e il suo tradimento non avrebbe portato a nessuna pietà se lo avessero preso. Ma almeno in questo poteva essere utile e nessuno poteva farlo al posto suo.

Mentre si preparava pensò a lungo se andare o meno a salutarla. Non le aveva praticamente parlato dall’ultimo scontro. Aveva paura di farlo. Si sentiva troppo vulnerabile, provava emozioni e sentimenti troppo forti e contrastanti.

Sentì bussare alla porta.

Quando aprì si trovò davanti Lupin.

“Cosa fai ancora qui? Credevo fossi già andato via dopo la riunione.”

“Come va con Tonks?” chiese con il solito tono cortese e amichevole.

“Cosa c’entra lei adesso?” Si era irrigidito. Tornò dentro la stanza a sistemare le ultime cose.

“Nulla, volevo sapere come andava la convivenza con una persona così diversa da te.”

Silenzio.

“A dirla tutta non mi pareva cortese entrare e chiederti brutalmente perché hai deciso di rischiare di morire adesso, andando nella tana del lupo. Anzi, scusa, frase sbagliata…” Sorrise.

“Non rischio ora più di altre volte.” Era sempre di spalle chino su un tavolo.

“Non farti riconoscere, per nessun motivo. Non esagerare. C’è bisogno di te, non del tuo ricordo. Ti preparo qualche pozione ricostituente per il tuo rientro.” Lupin gli mise quasi per caso una mano sulla spalla, lievemente.

“Comunque…” continuò uscendo dalla porta “ho notato come riuscite a non guardarvi neppure per sbaglio. Strano per due persone che lavorano insieme. Fino a poco tempo fa almeno dimostravi disappunto. Ora sembri un po’imbarazzato. Buona fortuna.”

Piton chiuse gli occhi. Accidenti a quel mezzo uomo. Esattamente quello che non voleva sentire.

Controllò di aver sistemato tutto, per ogni eventualità, anche quella di non tornare e uscì.

Vicino all’uscita da Hogwarts trovò Tonks ad aspettarlo.

Nessuno dei due avrebbe saputo cosa dire e non parlarono. Piton si limitò a fissarla per pochi secondi poi se ne andò senza dire nulla.


 

La partita di quidditch fu un ottimo distensivo per tutti. I ragazzi erano entusiasti, allegri.

La vittoria dei Griffondoro rese felici tre case su quattro.

Tonks arbitrò con precisione e dimostrando una serietà inedita.

Le piaceva quello che stava facendo e sapeva di doverlo fare con il massimo della imparzialità. Ma continuava a pensare che Piton non era rientrato da due giorni e non c’erano notizie.

Nessuno ne parlava, tutti aspettavano.

Silente aveva già provveduto a chiedere a Lupin di sostituirlo se non fosse arrivato l’indomani per l’inizio delle lezioni settimanali.

Era possibile che tornasse in condizioni tali da non poter fare lezione.

 

Sentiva il dolore irradiarsi ovunque nel suo corpo. Respirava a fatica e sperava che il cespuglio lo proteggesse il tempo sufficiente a smaterializzarsi.

Doveva tornare e passare l’informazione.

Almeno era riuscito a entrare durante l’incontro dei Mangiamorte, grazie al suo aspetto non umano, senza che lo riconoscessero. Erano tutti lì, nella grotta, i migliori maghi di Voldemort e anche Lui. Aveva potuto udire quali fossero i piani di attacco prima di essere cacciato fuori con i suoi simili da un Malfoy indignato dal loro movimento continuo.

Quando era atterrato, quasi schiantato a terra, non si era accorto subito di essere senza bacchetta.

Ma quando la guardia messa dai Mangiamorte all’apertura della grotta, lo aveva notato, sporco e lacero, scambiandolo per un povero pazzo o ubriaco e aveva cominciato a prenderlo a calci si era reso conto che non aveva nulla per contrastarlo, neppure la forza.

Era rimasto stretto a se stesso aspettando che la finisse.

Bellatrix era uscita (aveva ancora la sua mania per le stelle) e si era avvicinata a guardarlo. Quando lo aveva riconosciuto aveva spedito la guardia ad avvisare all’interno che una spia si stava avvicinando e che un traditore era tornato all’ovile.

Mentre lei urlava verso il poveretto, era riuscito a richiamare a se la bacchetta, ma la mossa successiva lo aveva trovato impreparato.

Bellatrix aveva lanciato contro di lui uno dei più feroci incantesimi di Magia Nera che lo aveva marchiato sulla pelle del petto e delle braccia come fosse fuoco acceso.

Aveva urlato dal dolore, con tutto il fiato che le costole doloranti gli permettevano di trovare. Si era irrigidito e aperto come un burattino per poi ricadere su se stesso, come un cucciolo d’uomo indifeso.

Bellatrix era rientrata per chiamare a sé tutti gli altri, vedendolo immobile, come svenuto.

Non poteva fermarsi, non adesso. Aveva delle informazioni fondamentali, doveva portarle all’Ordine. Doveva tornare a casa.

Strisciando sulla schiena e tenendosi le braccia aggrappate alle gambe per non aumentare il dolore, si trascinò verso il cespuglio più vicino, cercando di controllare il respiro a sufficienza per potersi smaterializzare da lì.

Pronunciò con un filo di voce l’incantesimo e si ritrovò a terra, dentro la Stamberga Strillante, attraversato da un dolore incessante, con la sensazione di svenire.

Non era rimasta traccia di lui vicino al cespuglio.

Doveva avvisare qualcuno… ad Hogwarts… Mentre gli occhi si chiudevano vide l’ombra di Lupin sopra la sua testa.

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Capitolo 2
*** 2 ***


A MAN WITHOUT A FUTURE

 

Silente stava facendo pattugliare da due giorni tutti i possibili ingressi di Hogwarts e Lupin era di guardia nelle varie uscite non autorizzate della scuola.

Non si aspettava di trovarlo e di certo non in quelle condizioni.

Era sporco, lacero. Il corpo sembrava disarticolato. Gli si avvicinò fino a sfiorargli un braccio. Piton lanciò un urlo. Lupin si allontanò e facendo luce con la bacchetta lo osservò per capire come poteva aiutarlo.

Le braccia e il petto erano incandescenti, sembravano bruciare. Non sembravano esserci ossa rotte.

“Severus, mi senti?”

Gli rispose un sospiro che poteva essere un sì.

“Riesci a muoverti se ti sostengo?”

Scosse leggermente la testa.

“Vado a chiamare Madama Chips.”

Piton perse totalmente la percezione del tempo. Sentì le voci di Silente, di Madama Chips e di Schakebolt, vide lo sguardo inorridito di quest’ultimo e di Lupin mentre lo spogliavano, lo lavavano e lo medicavano. Sentiva urla e lamenti, ma si rese conto di essere lui.

Quando si svegliò capì di essere nella sua stanza, nel suo letto. Era sdraiato con solo i pantaloni. Aveva un lenzuolo fino alla vita.

Sentì la voce di Schakebolt: “Non possiamo ancora appoggiare nulla sulla ferita, non lo sopporti. Riposa”

Quando aprì nuovamente gli occhi vide Silente e lo chiamò.

“Riposa Severus.”

“No, attaccano.”

“Dimmi…”
”Vogliono trovare Potter…” ogni parola era una fitta di dolore “Vogliono colpire lei… Hogsmaede… durante le uscite…”

“Va bene, basta, riposati. Ci occupiamo noi del resto.”

La terza volta che aprì gli occhi vide una folta chioma di capelli vicino a lui.

Tonks stava sistemando un piccolo bacile con del liquido bluastro dentro.

“Tu… qui…”

Tonks si girò. Aveva gli occhi lucidi. Era entrata da poco nella stanza per dare il cambio a Lupin. Sapeva delle ferite, sapeva cosa aveva ricevuto, ma non credeva che le avrebbe fatto così male.

“Sono qui per assisterla. Ci diamo il cambio con Remus e Kingsley. Madama Chips l’ha appena visitata. Mi ha lasciato questo preparato per le ferite. So che le fa male essere toccato, ma dovremo provare.”

Aveva nuovamente chiuso gli occhi.

“Mi hanno lasciato anche qualcosa da mangiare. Vuole?”

“Sete.”

Prese un bicchiere di argento vicino al letto e lo riempì di acqua fresca a metà. Lentamente lo avvicinò alla bocca di Piton facendo attenzione a non sfiorare la ferita e lo fece bere. Bagnò un pezzo di stoffa e glielo passò sul volto per rinfrescarlo.

Era bianco quanto il lenzuolo, disidratato. I capelli neri risaltavano sul cuscino. Il naso sembrava ancora più grande nella faccia scarna.

“Provo a darle del brodo. Ordini dell’infermiera.”

Usando la stessa tecnica riuscì a fargli bere gran parte di quello che aveva lasciato Madama Chips, compresi i medicinali. Piton era talmente stremato da disinteressarsi completamente del fatto che lei fosse lì ad assisterlo, nella sua stanza.

Durante la notte, nel sonno, arrivò un incubo che lo agitò e di conseguenza aumentò il dolore. Facendo attenzione Tonks gli bloccò le spalle per evitare che si muovesse troppo.

Alla fine di questa tortura, con pazienza e con l’aiuto di Madama Chips, cambiò le lenzuola, movendolo il meno possibile. Provarono a passare un telo bagnato con il preparato bluastro, ma il dolore era ancora troppo forte e si limitarono a lasciarlo cadere, a gocce, sulle ferite. Si estendevano su gran parte degli avambracci e da una spalla, sullo sterno fino a sotto le costole.

 

La sera dopo la situazione era migliorata. Aveva riposato per gran parte del giorno ed era riuscito a mangiare nuovamente qualcosa. Grazie alle dosi massicce di medicamento che erano arrivate da San Mungo e che Madama Chips aveva fermamente somministrato era possibile anche appoggiare per qualche momento le bende direttamente sulla ferita aumentando l’efficacia dell’intervento.

 

I ragazzi erano in subbuglio per la folle novità di Piton assente dalle lezioni per malattia. Erano anche notevolmente incuriositi dal fatto che nessuno dava spiegazioni di cosa gli fosse accaduto. Certamente la presenza di Lupin a sostituirlo creava una situazione quasi idilliaca. La minaccia costante che le valutazioni sarebbero state comunque di Piton non sembrava minare la gioia della novità.

 

Tonks si stava preparando per la seconda nottata. Per la maggior parte del giorno aveva lavorato nelle aule come il solito, ma aveva insistito per poter rimanere di nuovo con lui dalla sera. Sapeva cosa aspettarsi e tra tutti era quella con meno impegni durante il giorno. Era anche riuscita a dormire un’oretta nel pomeriggio.

Kingsley l’aveva appena lasciata e lei stava sistemando una pila di garze in fondo al letto.

Mise una mano sulla fronte di Piton, come volesse sentire se c’era febbre.

“Come sta?” Silente era entrato silenziosamente nella stanza.

“Sempre in lento miglioramento. Adesso non soffre più quando le lenzuola vengono appoggiate alle cicatrici. Sono riuscita a fargli prendere anche del cibo solido questa sera.”

Silente lanciò uno sguardo fugace verso il muro alla sua destra.

Fissò quel punto per alcuni secondi, con una espressione prima incerta, poi leggermente infastidita.

“Perché Professor Silente? Perché arrivare a tanto?” chiese Tonks, con lo sguardo addolorato, rivolto prima a Piton poi a Silente.

“Per loro è un traditore. E come tale va punito. Non esistono messe misure Tonks. O con Lui o con noi. Da quando Piton ha scelto noi, sapeva quali potevano essere i rischi. Quando è arrivato, anni fa, poco prima della morte dei Potter, era ridotto molto peggio. Ci sono volute settimane di duro impegno da parte di Madama Chips per riuscire a farlo guarire nel fisico e anni per riuscire a farlo guarire dal senso di colpa.

“Era necessario che ci andasse? Che si facesse riconoscere?” chiese Tonks sottovoce.

“Era necessario dal suo punto di vista. La stessa inflessibilità che ha verso gli altri la dimostra verso se stesso: la scelta che ha fatto richiede la sua totale partecipazione. Ma non si fa riconoscere. Quando cerca informazioni non ha lo stesso aspetto che ha ora. Credo abbiamo cercato nel mucchio e questa volta lo hanno preso.”

“Angimagus?” chiese, curiosa, Tonks.

“Credo possa bastare Ninfadora.” Piton aveva sussurrato la frase senza aprire gli occhi, ma con tono chiaro e deciso. “Conosci anche troppo.”

Tonks, sollevata dal sentirlo parlare, ma stizzita dalla risposta, lo osservò mentre, appoggiate le mani sul letto, si metteva seduto, appoggiandosi allo schienale, con evidenti smorfie di dolore mentre piegava braccia e sterno. Il lenzuolo scese e la cicatrice divenne ancora più visibile e spaventosa. Si fermava sotto le costole, ma sembrava pulsare e diventare più scura con il movimento. Non sembravano graffi o tagli, ma un marchio impresso a fuoco.

“Bello spettacolo, ragazza?” le chiese, sostenuto, con gli occhi ridotti a fessure. I capelli neri e lunghi ricadevano a lato del viso.

“Niente di eccezionale se si riferisce a se stesso, professore. Molto brutto se parla della cicatrice” Il sollievo di vederlo attivo, unito ai commenti spiacevoli, la resero acida.

Prese delle garze, le bagnò dentro una bacinella alla sua destra contenente il liquido bluastro, e gliele porse. “Provi ad appoggiare queste, se non le da fastidio.”

Piton si appoggiò una garza sul petto, con un leggero sussulto per la fitta di dolore. Ne avvolse altre due lungo gli avambracci, sulle cicatrici.

“Dopo quello che vi ho riferito ci sono cambiamenti o novità?” chiese rivolto a Silente

“Ne parleremo con calma domani. Non è il momento. Posso solo dirti che ci stiamo lavorando”

“Mi pareva fossimo in troppi.” Anche Piton aveva percepito la presenza di qualcun altro nella stanza, pur non riuscendo a definirlo. “I ragazzi fanno di testa loro come il solito?”

“Esatto.”

Tonks pensava fosse un cambio di argomento assurdo. Cosa c’entravano gli alunni e le lezioni? Ma rimase in silenzio. Se doveva assistere il professore quella notte, non voleva trovarsi a discutere fin dall’inizio.

Silente salutò Piton e uscì dalla stanza lasciando la porta aperta.

 

Tonks si stava risvegliando da un profondo sonno. Aveva passato al notte nella stanza, in una comoda poltrona arancione con girasoli rossi e foglie gialle che aveva fatto comparire per l’occasione dopo una breve litigata con Piton sulla necessità di rimanere a portata di voce nel caso fosse stato male durante la notte.

La risposta di Piton fosse stata molto secca: “Soffro da prima di conoscerti Ninfadora, anche se per punizioni diverse da questa, e ne sono sopravvissuto da solo. Non mi serve una balia, tu non sei infermiera e non voglio immaginarti mentre mi guardi mezzo nudo in un letto!”

Tonks, per ripicca, in silenzio aveva fatto apparire la poltrona sotto lo sguardo allucinato e schifato di Piton e vi si era accoccolata sopra dandogli le spalle.

“Eviterò di prendermi un choc guardandola allora. Se ha bisogno urli!”

Durante la notte aveva avuto un solo incubo, sufficiente a far passare ad entrambi una brutta mezz’ora tra il dolore fisico dato dal movimento continuo per proteggersi dal nemico sognato, e il dolore di vederlo agitarsi, urlando in silenzio, fino a strappare le lenzuola. Nessuno dei due aveva parlato del contenuto dell’incubo, neppure mentre Tonks lo medicava e lo aiutava a sistemare le lenzuola. Avevano fatto tutto senza guardarsi, veloci, efficienti (tranne due vasi rotti da Tonks movendo bruscamente un braccio).

Piton non aveva ringraziato.

Al risveglio Tonks sentì scorrere l’acqua del lavandino in bagno.

Mentre si alzava si rese conto che qualcuno, nella notte, aveva sistemato i cuscini dietro la sua testa e le aveva messo una coperta addosso. In tinta con i girasoli. Sorrise.

 

Stava decisamente meglio. Abbastanza da sopportare una maglia sopra le cicatrici e potersi muovere dentro la stanza senza rischiare di crollare a terra per il dolore.

Per fortuna la ragazza se ne era andata.

Una poltrona rossa con dei girasoli!

Era pazza. Aveva il collo talmente piegato, all’alba quando l’aveva vista mentre tentava di alzarsi la prima volta, che senza pensarci troppo le aveva infilato dei cuscini sotto la testa. Con uno sforzo enorme che gli era costato almeno 10 minuti di dolore tanto forte da immobilizzarlo con la bacchetta stretta nella mano.

Metterle la coperta era stato molto più semplice. Non aveva usato la magia.

 

In realtà la ripresa fu molto più lenta di quanto desiderasse. Dopo una settimana non poteva ancora allontanarsi di molto dalla sua stanza. Il dolore continuava a perseguitarlo, ogni movimento del corpo risuonava nelle braccia e nello sterno come un’eco.

Riusciva a parlare, lentamente e controllando il fiato, mangiava quasi tutto, con attenzione e poteva stare in piedi o seduto sempre più a lungo.

Ma aveva bisogno di lunghi periodi anche a letto o seduto, movendosi il meno possibile e riposando.

Era insopportabile l’inattività.

 

Continuavano però gli incontri dell’Ordine della Fenice.

Utilizzavano sempre lo studio di Silente, seduti sulle sedie e sui tavoli.

Quel giorno oltre al Preside erano presenti Minerva McGrannit, Malocchio Moody, Remus Lupin, Ninfadora Tonks, Kingsley Shacklebolt, Emmeline Vance, Hestia Jones, Elphias Doge, Sturgis Podmore, Dedalus Lux, la professoressa Caporal e il professor Piton. Tutti gli altri insegnati erano impegnati nelle attività della scuola, ma erano in attesa delle decisioni che il gruppo avrebbe preso con la loro piena approvazione.

Silente stava spiegando:

“Credo che le informazioni ottenute così duramente da Severus ci permettano di circoscrivere il luogo del prossimo attacco dell’esercito di Voldemort. L’obiettivo è colpire vicino a noi. Dato che Hogwarts è inaccessibile, credo che Hogsmeade rappresenti il luogo più significativo. Londra è un obiettivo inutile in questo momento. Non sono alla ricerca di un obiettivo che li mostri a tutto il mondo, ma di un obiettivo che gli permetta di colpirci al cuore. E’ corretto Severus?”

“Le indicazioni dell’Oscuro Signore erano chiare fino a quando le ho potute sentire: colpire lei Preside, e quello che lei rappresenta per il Ministero della Magia e per la scuola. Destabilizzarla. Malfoy ha chiarito che non doveva essere colpito suo figlio o altri Serpeverde. Hanno parlato di Hogsmeade e dei fine settimana degli allievi.”

“Impedire agli studenti di andarci?” chiese Lux

“Sarà il minimo.” affermò la Mc Grannit, “ma ci saranno studenti che vorranno disubbidire e altri che andranno in panico. Dobbiamo pensare a come motivare la scelta.”

”Credo che sia importante..” aggiunse Lupin “ricordarsi che non ci sarà nessun attacco se non ci saranno studenti a Hogsamde e quindi che, togliendo l’obiettivo, li costringiamo a cambiare i piani e così non abbiamo alcuna indicazione di cosa potranno fare.”

“Non penserai di usare gli studenti come bersagli?!?” esclamò sorpresa Emmeline Vance.

“Certo che no, Emmeline! Stavo pensando alle conseguenze delle nostre decisioni.” replicò Lupin.

“Potremmo perdere il vantaggio e l’occasione per vincere una battaglia. Non erano sicuri che fossi lì, non mi hanno visto, non possono immaginare che siamo in loro attesa. Questo non possiamo dimenticarlo.” sussurrò, ansimando per il dolore, Piton.

“Ma ti hanno ferito, Severus. Come puoi sapere che non si sono resi conto della tua presenza e che puoi averli ascoltati?” chiese Moody, con entrambi gli occhi fissi sul professore, tanta era l’interesse per la risposta.

Anche Tonks e gli altri attendevano. Piton non aveva raccontato a nessuno quanto era successo. Anche Silente lo immaginava, ma non ne conosceva i particolari.

“Credo sia importante essere sicuri che non stiamo lavorando su informazioni deviate da Voldemort e dai suoi, Severus.” Lo incoraggiò il preside.

Raccontò lentamente il minimo indispensabile, senza parlare di sè o del suo dolore, limitandosi ai fatti.

Era sicuro che si fossero accorti di lui solo all’ingresso della grotta e Bellatrix era convinta che lui stesse arrivando. Nessuno conosceva la sua seconda natura e non potevano sapere che era appena stato cacciato fuori.

Tonks aveva i brividi lungo la schiena. Piton non aveva parlato dei calci e erano state curate sono le feriti visibili. Quante ce c’erano di invisibili, fisiche ed emotive, ancora da sanare?

Shacklebolt disse, nel silenzio generale: “Hai un livello di sopportazione troppo elevato Severus. Dovresti arrabbiarti ogni tanto… e mostrare le tue emozioni.”

“Se lo facessi semineri morte Kingsley. Non intendo ritrovarmi ancora in quella situazione.” Il tono non era aggressivo, ma rassegnato.

Il silenzio che seguì era come ghiaccio.

“Cosa facciamo?” chiese Lupin “Oltre ad una corretta pozione ricostituente adatta a Severus, naturalmente. E’ nella mia stanza, poi te la porto.” aggiunse rivolto al collega che annuì.

“Ok.” disse Podmore “Sappiamo dove attaccheranno, non sappiamo quando esattamente, ma il giorno della gita degli allievi è quello più probabile. Ma senza gli allievi questo non sarà possibile. Idee per aggirare il problema?”

“Gli allievi del settimo anno? Sono maggiorenni, possono scegliere.” propose Moody.

“Non se ne parla. Siamo noi responsabili per loro. No. Per nessun motivo.” sentenziò la professoressa McGrannit rigidamente.

“Quando sarà la prossima uscita?”chiese Doge.

“Tra due settimane.” informò Piton

“Potremmo informare gli studenti che vista la grave situazione non è possibile garantire la sicurezza per tutti a Hogsmeade per cui, in previsione del Natale, ogni Casa vi si recherà separatamente dalle altre, in quattro fine settimana consecutivi, accompagnati da un servizio di sicurezza garantito dagli Auror e dagli insegnanti. Cominceremo con la Casa dei Serpeverde che non sarà certamente aggredita vista la forte presenza di figli di seguaci di Voldemort.” propose Silente.

Aggiunse: “Faremo questo il primo fine settimana e ci prepareremo al successivo per un’altra Casa. Griffondoro direi, per aumentare la possibilità di un attacco verso Harry Potter. Ci organizzeremo fino alla partenza. Poi, solo all’ultimo momento, raduneremo tutti nella Sala Comune, per motivi di sicurezza e invieremo, al loro posto, un gruppo ristretto di Auror con le divise della Casa prescelta. Ci sarà comunque la preparazione all’attacco. Dovremo sorvegliare molto bene Hogsmeade nei giorni precedenti con l’aiuto dei residenti e individuare i punti possibili dell’attacco. Poi dovremo aspettare la loro mossa.”

Ne discussero a lungo tutti insieme, ridefinendo i particolari, ma era una strategia che tutti approvavano. Individuarono altre persone da coinvolgere (i fratelli Weasley più grandi ad esempio e altri ex-allievi che avevano manifestato la loro simpatia e collaborazione a Silente) e si divisero i compiti per definire i tempi, le modalità, il materiale necessario e i mezzi di comunicazione.

Gli Auror dimostrarono tutta l’efficienza del loro addestramento elaborando un piano di controllo e di azione molto minuzioso nei compiti e nell’organizzazione.

 

Tutto era stato organizzato e fu sperimentato durante la prima uscita dei Serpeverde. Naturalmente non attaccò nessuno. Ma il gruppo degli Auror riuscì ad individuare i punti di sorveglianza, di accesso, di fuga.

Il lavoro fu fatto in gruppo, velocemente, efficacemente.

Senza alcuna conseguenza.

La settimana successiva Piton riprese le lezioni, nonostante il parere negativo del guaritore di San Mungo che l’aveva visitato e che riteneva troppo affrettato il rientro.
Piton aveva ascoltato, ma poi aveva preso la decisione opposta.

 

Tonks se lo vide arrivare. Appariva dimagrito e provato, ma camminava rigido e severo come sempre.

Gli sorrise. Da quando se n’era andato non avevano più parlato dello sconto nell’aula e si ritrovavano lì.

“Credevo sarebbe rimasto ancora fermo con l’insegnamento…”

“Hai consultato il guaritore a mia insaputa? Ho deciso che sarebbe stato meglio per tutti che io rientrassi a dare una parvenza di competenza a questi ragazzini.”

Arrivò alla cattedra e si sedette aprendo un libro.

Tonks aveva un solo pensiero in testa: fagli chiedere scusa per lo schiaffo che aveva rischiato di darle.

“Come le sembra l’aula? In ordine?”

Piton si guardò attorno, poi annuì.

“Non ho rotto quasi nulla in questo periodo, dopo le provette dell’ultima volta.”

Silenzio

“Le ho anche sostituite. Sa con gli oggetti è possibile farlo.”

Silenzio. Tonks continuava indifferente a spostare contenitori, sacchetti, bottigliette facendo, a suo modo, ordine negli scaffali.

“Certo, i sentimenti sono un’altra cosa. Li conosce?”

Silenzio

“Beh, per capirci: sono quelle sensazioni che uno prova quando sta insieme ad altre persone. Possono essere anche positive, a volte. Certo non è facile controllale, perché scappano da ogni parte. A volte non sappiamo neppure dargli un nome, tanto sono complicate. Per esempio mi è capitato di desiderare di picchiare un uomo, una volta… sa l’avrei steso, in effetti …, ma poi mi sono chiesta come ci sarebbe rimasto, così a terra, battuto da una donna… così ho deciso di fare proprio la donna. Mi è piaciuto. Non ho più saputo cosa ne pensasse lui della mia scelta. Chissà se anche gli uomini provano le stesse sensazioni.”

“Forse quando parli e agisci senza che ti venga chiesto, Ninfadora, provochi rabbia più che gentilezza.  E quando uno si arrabbia reagisce.”

“Beh certo, è naturale. E cosa mi dice della sua reazione?”

Silenzio.

Un sibilo sottovoce: “Non lo avrei fatto, Ninfadora. Non lo ho mai fatto a persone come te. So cosa si prova. Non lo rifarei ad altri. Anche se mi fanno esasperare.”

“Certo che se spiegasse come si sente forse chi le sta accanto potrebbe non esasperarla.”

“Come mi sento?” chiese lui di rimando

“Frustrato, arrabbiato, deluso, preoccupato?”

Piton capì che comunicava bene anche senza parlare: “E allora a cosa serve che te lo dica, se lo sai?” Chiuse il libro mentre entravano gli allievi.

Quell’uomo era impossibile. Perché continuava a cercare lo scontro?! E cosa voleva dire “come te”?

 

L’attesa per l’uscita dei Griffondoro era altissima tra gli insegnanti e l’Ordine della Fenice.

La richiesta dell’E.S. di poter avere un qualche ruolo nella battaglia che si prospettava (avevano orecchie ovunque i ragazzi…) era stata cortesemente rifiutata dal Preside.

 

Mentre Lupin e Piton si assicurarono di chiudere il passaggio dal Platano Picchiatore alla Stamberga Strillante, era stato ancora Remus a fare da mediatore con Severus, per convincerlo a non mettersi in mezzo. Ancora non riusciva a stare tutta una giornata in piedi e attivo, sicuramente non poteva prendere parte in alcun modo allo scontro, neppure insieme a Madama Chips, che nel negozio di Mielandia aveva organizzato una base medica insieme ad un guaritore di San Mungo, membro dell’Ordine.

Piton di era arrabbiato parecchio e entrambi avevano alzato la voce, ma quando questo aveva costretto Piton per il dolore a crollare su una sedia, cercando di controllare il proprio respiro, Lupin si era limitato a stare in silenzio, aspettando che Severus riconoscesse i limiti del proprio corpo.

 

Tonks era preoccupata e pronta all’azione. Sentiva crescere la tensione dell’attesa, che aveva imparato a conoscere negli anni. Desiderava dare il meglio, sentiva di essere al meglio. L’esperienza, pesantissima, dello scontro al Ministero della Magia non aveva aumentato la paura, ma il desiderio di rivincita.

Si sentiva sempre più un soldato in queste occasioni.

Il fatto che Piton sarebbe rimasto a Hogwarts la rassicurava. Sapeva che niente poteva essere peggio che affrontare in nemico da solo, nel suo territorio, ma preferiva sapere che si tormentava dalla frustrazione e dalla rabbia, piuttosto che rischiare la vita scontrandosi direttamente con i Mangiamorte, insieme a loro.

 

Tutti erano al massimo della tensione la mattina dell’uscita.

Mentre Minerva McGrannit teneva sotto controllo gli allievi della sua casa, nell’ingresso come se dovessero uscire a minuti, il resto dei professori si era occupato di radunare tutte le altre case, controllando che tutti fossero presenti.

Quando mancavano pochi minuti alla partenza i Griffondoro videro il resto della scuola, tutte le Case al completo, raggiungerli vicino all’uscita, controllati da tutti gli insegnanti.

In mezzo al brusio di sorpresa generale Silente prese la parola:

“Mi spiace di dovevi informare che non sarà possibile la gita a Hogsmeade in quanto è arrivata notizia di un possibile attacco. Dobbiamo rinviare. Rimarrete qui sotto la protezione degli insegnanti.”

Si scatenò il finimondo. Mentre tutti gli insegnanti si occupavano di tenere sotto controllo la situazione, Piton cercò di individuare, nel gruppo Potter e gli amici, per vedere cosa facessero.

 

Anche a Hogsmeade tutto era pronto. Tonks era vicina al negozio di Mielalandia e osservava attivare un gruppo di ex-allievi vestiti con i colori del Griffondoro.

Il gruppo del finto Griffondoro cercava di dimostrarsi il più possibile affiatato e allegro. Molti di loro non si vedevano dalla scuola e riuscivano con molta naturalezza a dimostrare interesse e curiosità reciproca e a muoversi con sicurezza lungo il paese. Ma tutti avevano una parte del cervello concentrata sul dialogo e l’altra attenta ad ogni possibile movimento sospetto. In particolare, uno di loro, tenuto per sicurezza all’interno del gruppo, aveva capelli neri e la stessa altezza di Potter. Vicino si muoveva Bill Weasley il più somigliante a Ron e una ragazza della casa di Tassorosso con dei voluminosi capelli castani.

Mentre decidevano se entrare o meno nel negozio una violenta esplosione arrivò dalla loro destra, illuminando tutta la zona.

Mentre gli sguardi si giravano in quella direzione, dalla parte opposta, dall’interno di una casa apparentemente chiusa, uscì un numero sempre maggiore di Mangiamorte.

Il finto gruppo di Griffondoro sguainò le bacchette e si schierò pronto alla battaglia, mentre gli Auror, richiamati da un grido di Emmeline Vance, convergeva verso lo stesso punto.

In pochi secondi uscirono lampi di luce da ogni bacchetta, mentre i due schieramenti si ricomponevano e cercavano di fronteggiarsi, valutando le forze dell’avversario.

Dalla casa continuavano però ad uscire Mangiamorte, senza alcuna interruzione.

“Blocchiamoli!” urlò Lupin. “Sturgis, vieni con me! Charlie, Willy, Rose… fate scudo!!”

Mentre gli ex-allievi chiamati da Lupin si toglievano dal gruppo e proteggevano gli Auror con una serie di incantesimi distraenti, Remus e Podmore si lanciarono verso la casa.

Elphias e altri due Auror concentrarono le forze verso l’ingresso della casa, bloccando l’uscita dei Mangiamorte, costretti a proteggersi e quindi a rallentare notevolmente la loro irruenza.

Lupin e Podmore crearono una barriera di massi vicino alla porta, bloccandola e, agendo dalle finestre, bloccarono parzialmente o totalmente tutti i Mangiamorte all’interno della casa, togliendo loro le bacchette e creando corde che li tenessero fermi.

In realtà ne erano rimasti molto pochi e riuscirono ad arrestare definitivamente il loro ingresso nel paese.

Lupin aveva intravisto Lucius, Bellatrix e Goyle nella mischia e molti altri dei quali non ricordava il nome.

Sulla strada intanto c’erano i primi caduti delle due parti.

Mentre però l’Ordine della Fenice continuava a portare i propri feriti da Madama Rosmerta dalla parte dei Mangiamorte nessuno di occupava dei feriti, lasciandoli per strada.

 

Tonks aveva notato Bellatrix e altri spostarsi lontano dal negozio e li aveva seguiti insieme ad altri.

La battaglia si stava infuocando. Era difficile mantenere l’attenzione su tutti, ma la sorpresa giocava a loro favore.

Circondata da Kingsley, Emmeline, Charlie Weasley e un’altra ex-allieva (sempre vicina a Charlie, notò Tonks) si diresse verso il gruppo dei fedelissimi di Voldemort, al centro della battaglia.

Per ognuno di loro c’era ancora un Mangiamorte pronto ad abbatterli. Non venivano risparmiati incantesimi da nessuna delle due parti. Le urla erano molto forti e i colori si incendiavano da ogni parte. Tonks era alle prese con un uomo sfregiato (aveva sentito qualcuno chiamarlo Adam), ma non sapeva di chi si trattasse.

Era riuscita a metterlo ad un angolo della casa, movendosi con rabbia e agilità tra i suoi incantesimi. Quando, con un colpo ben centrato, lo costrinse a terra, dolorante e con un braccio rotto, si girò verso il resto del suo piccolo gruppetto. La ragazza e Charlie stavano avendo la meglio contro un omone enorme, mentre Kingsley e Emmeline cercavano di schivare la rabbia di Bellatrix, che sembrava fuori di sé.

Per caso si incrociarono i loro sguardi e sua zia la fissò, spalancando gli occhi.

Tonks rimase immobile, colpita dalla somiglianza con la madre: non se la aspettava, non in quel momento.

Bellatrix lanciò un violento attacco a Tonks, pronunciando un Crucio interrotto a metà da Kingsley che deviò il colpo verso il basso, ma Tonks fu raggiunta da un lampo della bacchetta di Bellatrix.

Sentì bruciare al fianco sinistro come se una spada infuocata l’avesse colpita. Si sentì crollare a terra, senza fiato, senza voce.

 

Emmeline le arrivò accanto immediatamente, mentre Kingsley continuava la battaglia contro Bellatrix, raggiunto da Lupin e da molti altri.

Vance la chiamò ripetutamente, a voce alta, fino a quando Tonks riaprì improvvisamente gli occhi, terrorizzata. Cercò di alzarsi, ma crollò a terra stringendosi il fianco.

Lupin le guardò da poco distante. Emmeline gli fece cenno che avrebbe portato Tonks al negozio da Madama Chips.

La fece alzare, tenendola quasi di peso contro si sé e aiutandosi con un incantesimo “Mobili Corpus” iniziò a dirigersi dalla parte opposta rispetto al gruppo.

 

Lupin vide arrivare da lontano Dean Thomas e Luna Lovegood. Accidenti a loro! Non potevano starsene tranquilli! Dovevano arrivare anche loro. E se c’erano loro doveva esserci anche Harry. Piton non aveva segnalato nulla. Come potevano essergli sfuggiti?

Decise di tornare indietro, da Madama Rosmerta per avvisare Silente.

Si materializzò nel negozio vide Piton entrare dal retro.

“Cosa fai qui?”

“Ho trovato i ragazzi dell’E.S. che controllavano una entrata che non conoscevamo per Hogsmade. Harry e altri cinque sono qui.”

“Ho visto Dean e Luna. Volevo avvisare Silente.”

“Ho già mandato due ragazzi ad avvisarlo con la professoressa McGrannit che era con me.”

“Sta arrivando Tonks, E’ ferita. Pensaci tu.”

E Lupin si smaterializzò, ritornando nel pieno della battaglia a fianco dei compagni.

 

Non poteva essere vero, non di nuovo, non lei. Fu il primo pensiero che fece, immediato, incontrollato.

Vide entrare Emmeline, la vide chiamare la guaritrice e affidarle Tonks per uscire di nuovo, verso la battaglia.

Non aveva mai avuto tanta paura per qualcun altro. Aveva paura anche solo di vedere come stava.

Piton si avvicinò alla guaritrice e vide Tonks, distesa a terra con gli occhi chiusi e il respiro accelerato. La divisa era strappata lungo il fianco sinistro e si vedeva una lunga e profonda linea rossa sulla pelle.

“Un attacco riuscito a metà grazie all’intervento di Kingsley” lo informò.

Piton si inginocchio a terra, a fianco della sua collaboratrice, guardando la ferita con gli occhi socchiusi.

“Come sta?”

“Sicuramente non in pericolo di vita, ma non può tornare a combattere.” La guaritrice affidò l’Auror a Piton e andò ad occuparsi di Susan che stava entrando in braccio a Neville.

“Hanno bisogno di me, mettetemi in piedi!” chiese Tonks con la voce rotta

“Non se ne parla, ragazza!” esclamò Piton “Rimani qui. Distesa. E non ci sono obiezioni.”

Tonks lo guardò irritata. Cosa accidenti voleva? Decidere per lei?

“Non sono una vostra allieva! Penso io per me.”

“Non sei nelle condizioni di pensare per te. Sei stata schiantata a terra. Sei probabilmente svenuta. Hai bisogno di riprenderti, non di costringere gli altri ad aiutarti a sopravvivere lì fuori!”

Accidenti a quella specie di uomo! Sapeva essere irritante, indisponente e dittatoriale. Tonks tentò di alzarsi, appoggiandosi sulle mani, ma non riuscì a sorreggersi e crollò all’indietro.

Si senti prendere da Piton che le circondò le spalle con un braccio portandola verso di sé. La tenne stretta mentre tentava nuovamente ad alzarsi.

“Smettila Ninfadora. Stai male, fermati.” Il tono era diventato più sommesso, quasi gentile.

Tonks si lasciò andare contro il Professore. Si rese conto che si era irrigidito. Anche lui doveva sentire ancora molto dolore per le sue ferite, eppure non la lasciava. Lei si sentiva in realtà esausta e la ferita bruciava dannatamente. Le girava la testa, respirava male e il cuore batteva accelerato. Stava per svenire. Sapeva che le conseguenze di quello che aveva ricevuto l’avrebbero costretta a letto per giorni, ma le sembrava di abbandonare gli amici.

“Ti capisco, è difficile doverne stare fuori. Ma è necessario in alcuni momenti, per non compromettere tutto.”

Le accarezzo leggermente la fronte con la mano destra, poi la appoggiò nuovamente a terra. Prese delle garze imbevute di una pozione medica e la appoggiò sulla ferita, dandole sollievo. Tonks chiuse gli occhi, piangendo per la frustrazione. Piton la osservò, inerme, sentendosi inutile, anche per lei.

 

I pochi feriti che arrivavano portavano informazioni di vittoria imminente.

Susan e Neville erano già stati curati e rinviati a Hogwarts.

Piton rimase a fianco di Tonks per tutto il tempo, mettendole costantemente la pozione, senza parlare.

Lei tenne gli occhi chiusi per la maggior parte del tempo.

Perché non aveva reagito di fronte a Bellatrix?

Perché si era fatta prendere in contropiede?

Doveva capirlo, doveva parlarne con il suo istruttore e capirlo.

 

Improvvisamente apparve Silente, con lo sguardo preoccupato. Attraversò la stanza e uscì silenziosamente. Andava sicuramente a proteggere il piccolo Potter, pensò Piton.

 

Si rese conto, all’improvviso, che le mani di Severus la accarezzavano lievemente mentre le metteva le garze. Lo guardò. Lui stava osservando la porta del negozio, sembrava perso in altri pensieri. Lo stava facendo inconsapevolmente.

Mise la propria mano sulla sua. Piton trasalì, guardandola.

“Vai fuori e dimmi cosa accade.”

Lui tolse la mano dalla sua, le accarezzò la fronte e uscì.

Rientrò poco dopo, chiaramente sollevato, accompagnando Dean perché fosse medicato.

“Stanno rientrando.” le disse “È finita. Sono sconfitti. Saranno riportati in prigione tutti quelli che non sono fuggiti.”

Quasi le sorrise. Tonks sospirò.

Si chinò nuovamente su di lei e l’aiutò ad alzarsi, tenendole un braccio attorno alla vita. Tonks allungò il suo sulla spalla del Professore, lasciandosi quasi andare di peso, non trovando la forza per sorreggersi.

Mentre tutti rientravano per ritornare a Hagwarts, Piton  lentamente la accompagnò fino alla sua stanza, lasciandola nelle mani della Professoressa McGrannit, in attesa di Madama Chips, per andare ad aiutare il resto dei professori a tranquillizzare la scuola.

 

Alla sera tornò a trovarla.

La scuola stava lentamente ritornando alla solita quotidianità. C’erano solo i signori Weasley e i gemelli a creare un po’ di subbuglio tra i Griffondoro. Erano arrivati a vedere come stava il resto della famiglia, lasciando Percy di sorveglianza al Ministero.

Kinglsey era di fianco al suo letto, seduto in quella improbabile poltrona con i girasoli.

Aveva davanti a sé un vassoio con la cena. Era vuoto ormai.

Dalla porta li vide chiacchierare, ridendo. Stavano parlando di ricordi comuni, del loro lavoro di Auror.

Erano felici e rilassati.

Rimase a lungo dietro la porta ascoltando le loro voci e domandandosi perché lui si era sempre trovato al di fuori di situazioni come quelle.

Nessuno ricordo comune da condividere, nessuna risata, nessuna ragazza che avesse trascorso con lui un periodo di tempo sufficiente per poter parlare di amicizia o di una relazione.

Alla fine, la ragazza con la quale aveva trascorso più tempo e condiviso più ricordi ed emozioni era quel piccolo Auror lì dentro.

Rimase con le spalle contro il muro, immobile, concentrato sul proprio respiro, per non perdersi nei suoi pensieri.

Si mosse solo quando sentì Kinsley dire:

“Dovrebbe arrivare Piton, ma forse è impegnato a controllare gli studenti. Stasera c’era parecchio caos. Adesso vado a mangiare qualcosa e poi esco. Domani ti racconto?”

Tonks rise.

“Per favore, lasciami fuori dalle tu sconclusionate conquiste!”

“Come va la tua?” chiese gentilmente lui

“Non so neppure cosa sia… a volte vorrei scuoterlo e chiedergli se mi vede, altre volte sembra quasi gentile o addirittura dolce…, ma mi piace, nonostante tutto.”

Severus strinse la mano su braccio. Sentirla parlare dei suoi sentimenti per altri uomini lo irritava.

Irritarsi per una donna, lui?

Ma cosa stava accadendo?

Entrò a passo marziale nella stanza.

 

Kingsley lo accolse con un sorriso.

“Grazie per essere arrivato. Sta meglio, decisamente. Adesso vado.”

Salutò con la mano Tonks e uscì.

Piton si guardò attorno.

“C’è solo la poltrona con i girasoli, ma la autorizzo a cambiare la stoffa se lo desidera.”

Era quasi seduta sul letto, appoggiata ai cuscini. Gli indicava la poltrona con un largo sorriso.

Piton con uno sguardo rassegnato si mise seduto.

“Come stai, Ninfadora?”

“Molto meglio, grazie. Credevo di metterci molto più tempo a riprendermi… o forse sono ancora piena di adrenalina…”

Rimasero in silenzio per parecchi secondi.

 

Tonks aveva spesso ripensato al fatto che non avrebbe picchiato una persona come lei, ma non era arrivata a nessuna conclusione. Era solo diventato più forte il desiderio di parlaci insieme, di capirlo, di sentirsi accarezzare, di … coccolarlo?! Involontariamente cominciò a ridere. Non era possibile, eppure si sentiva così attratta da lui!

Piton la guardò.

“Cosa c’è da ridere?”

Oh, accidente, pensò Tonks, cosa aveva da perderci?

“Prima Kingsley parlava delle sue conquiste e mi ha chiesto come andava con l’uomo che mi piace… adesso pensavo che coccolarlo sarebbe assurdo… A voi uomini come piace essere trattati?”

Piton passò dall’irritazione alla confusione.

“Non credo di essere il più adatto per questi consigli. Dovresti chiedere a uno della tua età.” Era su un terreno minato, adesso.

“Già fatto. Anche a Lupin, ma mi hanno detto di essere me stessa. Non è servito a molto finora.”

“A Remus?” Un lupo mannaro esperto di donne gli pareva strano, molto strano.

Tonks annuì. E adesso cosa poteva fare lei? Dichiararsi?

“Beh, avevo bisogno di sapere cosa pensava uno della stessa età.”

“Della stessa età di chi?” chiese stupito Piton.

No, troppo rischioso.

“Cosa intendeva dire con la frase che non lo avrebbe mai fatto ad una come me?”

Piton rimase interdetto dal cambio di argomento. Poi si ricordò della frase che gli era sfuggita prima della lezione.

Prese un gran respiro e disse: “Solo che non avrei mai fatto del male a persone… significative.” Lo disse senza guardarla.

“Oh…” disse Tonks. Era significativa. Grandioso. “Non riesco a capire.” aggiunse.

Piton cercò le parole migliori per rendere l’idea il più impersonale possibile.

“Sei una persona importante per l’Ordine, per quello che stiamo facendo.”

Tonks si stava irritando. Si sentiva presa in giro. Si irrigidì e sbottò:

“Questo lo potrebbe dire il Ministro della Magia dandomi un buffetto sulla guancia! Sono mesi che lavoriamo insieme, che collaboriamo, l’ho affiancata e assistita nonostante i commenti acidi, ho cercato di … capirti quando eri arrabbiato, ho cercato di non soffrire troppo quando stavi soffrendo, ho desiderato sentirti vicino a me e sono significativa? Secondo te chi altro ha l’età di Remus in questa scuola?”

Piton pensò all’impossibile. No, non era lui. Non poteva essere lui.

La guardò. Aveva gli occhi spalancati, le mani strette sulle lenzuola. Era arrabbiata.

“Perché io?” Era la frase più stupida, ma quella riuscì a dire.

“Non lo so. Ti trovo insopportabile da quando ero a scuola, ma è successo. Anche se parlare con te è come parlare con un pezzo di ghiaccio!”

“Sono fatto di ghiaccio, Ninfadora.”

“Beh, accidenti a te, sciogliti un po’!”

“Non ce la faccio.”

“Severus, io… ho visto qualcosa che non esiste?” la voce di Tonks si stava incrinando.

“No. Hai visto giusto. E il consiglio che ti hanno dato era giusto. E hai colpito il cuore e la mente in pieno. Ma non ce la faccio. Non c’è un futuro per me e quindi non c’è per noi.”

Dal sole alla notte. Dalla luce al buio più profondo. Per entrambi.

 

Piton si alzò e andò verso la porta. Si sentiva sfinito. Sentiva il bisogno di lei tanto forte da stare male e non sapeva cosa fare. Aveva toccato la felicità e non l’aveva afferrata. Oppure stava salvando lei e se stesso da… se stesso?

Quando arrivò di fronte alla porta si fermò e chinò il capo, immobile. Cosa poteva fare? Non poteva lasciarla andare così, non poteva perdere questo raggio di sole.

“Se ho colpito perché ti allontani? Lasciami provare a… convincerti che puoi farlo. Stare in due e non da solo.” gli disse Tonks.

Era stato rifiutato e allontanato così tante volte. Cosa poteva accadere di diverso da solito? Sapeva cosa lo aspettava, al peggio.

Chissà se … sarebbe riuscito a farsi illuminare da un po’ di luce.

Si girò a guardarla. Lei aveva lo sguardo interrogativo, non capiva perché se ne stava andando.

Ritornò verso il letto, tenendo lo sguardo su di lei.

Lentamente, per poter vedere la sua reazione, si avvicinò, appoggiò le mani al lato delle sue e si chinò.

Sul volto di Tonks si allargò lentamente un sorriso.

“Ero stanca di aspettare.” gli disse.

Piton rispose con uno sguardo ironico, ma lo prese come un incoraggiamento.

Si chinò fino a sfiorarle il volto con i suoi capelli, mentre lei allungava le mani ad accarezzargli la barba che stava crescendo sulle guance. Sentì il calore delle sue mani. Si guardarono, senza parlare per parecchi secondi, immobili. Poi lui appoggiò dolcemente le sue labbra su quelle di lei. Lei aprì leggermente la bocca. Stava ancora sorridendo la ragazzina.

 

Questo presente sarebbe stato un dolce passato da ricordare.

E forse, col tempo, avrebbe potuto pensare anche di avere un domani.

Ma per ora il presente, un lungo intenso presente, era tutto quello che desiderava.

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