Prologue - The one where we're together di Hypnotic Poison (/viewuser.php?uid=16364)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 1 *** Indice ***
A Thousand
Worlds To Break Our Hearts
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo uno ***
PROLOGUE:
THE ONE WHERE WE’RE TOGETHER
«L’ultima volta che ti ho
visto col naso
così infilato in un libro, stavi leggendo quello scempio di Cinquanta sfumature, arrossendo come una
bambinetta. Spero tu non stia ripetendo l’errore.»
Ichigo alzò sdegnosa lo
sguardo verso
Minto, che stava infilando le ultime cose in borsa mentre usciva dallo
bagno
del Caffè: «Sto aspettando Shirogane-kun,» replicò piccata, «E per tua
informazione noooo, sto leggendo
una
bellissima storia d’amore!»
La mora alzò un
sopracciglio, ancora
poco convinta: «Hai detto così anche quella volta.»
«In
pratica c’è questo ragazzo che si innamora di una ragazza -»
«Ma dai?»
«… solo che lui viene
catturato, durante
una tempesta, da una specie di fulmine quanto-qualcosa, perché lui
lavora in un
laboratorio ipertecnologico di, mmm, qualcosa che ha che fare con le
particelle
-»
«Dio mio, non coprirmi così
di
tecnicismi, potrei morire.»
«- e viene catapultato in
un mondo che
non è il suo ma è quasi come il
suo,
solo che lui e lei non stanno insieme quindi vuole tornare da lei
perché è il
suo grande amore, quindi tutte le volte deve trovarsi in quello stesso
giorno
in quello stesso laboratorio e cercare di tornare a casa,» Ichigo fece
un gran
sospiro, gli occhi sognanti, «Ah, che cosa romantica!»
«Che concetto trito e
ritrito, e che
stupro della fisica, vuoi dire,» Ryo salì in quel momento dal
laboratorio,
scuotendo la testa divertito.
«Ma vi state coalizzando
contro di me,
per caso?»
«Dove sarebbe la novità?»
Gli altri due risero mentre
Ichigo
faceva il suo solito broncio da bambina, che dopo tutto quegli anni
sembrava
proprio non voler abbandonare.
«Be’, a me piace! E non è
la solita
storia. Poi perché devi sempre ridurre tutto alla fisica
e la chimica e gnegnegne.»
Ryo rise, le si avvicinò
per darle un
bacio sulla testa: «Perché è così,
ginger,» le batté le nocche sulla spalla, «In
fisica moderna, il multiverso è
un'ipotesi che appunto postula l'esistenza di universi coesistenti
fuori del
nostro spaziotempo, o dimensioni parallele, ed è possibile conseguenza
di
alcune teorie, come la teoria delle stringhe.»
La
rossa alzò gli occhi al cielo mentre si alzava e raccoglieva le sue
cose: «Non ricominciare con queste stringhe.»
Lui
le avvolse un braccio intorno alle spalle, rivolgendosi alla mora:
«Ti serve un passaggio, Minto?»
Lei
controllò l’orologio: «No, grazie. Vi accompagno fuori, Kisshu
dovrebbe arrivare a breve. Da quando fai andare via le cameriere così
presto?»
«Eravate
voi le scansafatiche che finivano sempre tardi, le nuove
ragazze sono molto brave.»
«O
forse qualcuno voleva che Ichigo non se ne andasse
mai.»
«E
smettila!»
«Tanto
tu andavi sempre via prima per un impegno o per un altro.»
«Ringrazia
che le mie feste tutt’ora fanno faville per il vostro
catering, visto quanto ti sta costando far contenta Ichigo che si è
riscoperta
principessa nel castello tutto ad un tratto.»
«Sai
che principessa sei tu?!»
«Oh-oh,
sono arrivato al momento giusto!» Kisshu raggiunse i tre in
quel momento, un ghigno divertito stampato in volto, «Potrei avere
input molto
interessanti per la conversazione.»
Minto
gli lanciò un’occhiata gelida: «La conversazione verteva sul
fatto che Ichigo, alla veneranda alba dei trenta -»
«Ventotto!»
«-
ancora crede alle favole d’amore intergalattiche.»
L’alieno
alzò un sopracciglio, incuriosito: «Be’, un po’ come la nostra
allora.»
La
rossa lanciò le braccia in alto, trionfante: «AHA! Allora chi ha
avuto ragione per tutto questo tempo?»
«Oh,
ma per favore.»
Kisshu
continuò a ridere e avvolse con le braccia la mora, mentre Ryo
riagguantò la sua fidanzata per un polso e cercò di riprendere il
cammino.
«Comunque,
intergalattico e multiverso sono due cose diverse.»
«Non
ti azzardare a rovinare questo momento di gloria, Shirogane, o
torni a casa da solo.»
«Guarda
che la macchina è mia.»
Continuarono
a camminare verso i rispettivi veicoli, quando Ichigo
aggrottò la fronte: «Kisshu, ma voi non eravate in grado di creare
dimensioni
parallele?»
«Mmmh…
più o meno,» il verde si grattò la nuca, «In realtà era Pai il maestro.
Ma erano dimensioni parallele ma ancora a stretto contatto con il
nostro mondo,
ed erano piccole e di poca durata… un po’ come delle bolle, vuote.
Niente di
particolarmente impegnativo, almeno per le mie capacità, non erano
certo interi
mondi. Nessuno ha mai provato che ne esistano di paralleli al nostro,
in fondo.
E il vostro pianeta ancora deve scoprire che esistono altri pianeti più
o meno
simili, figuriamoci cosa sareste in grado di fare se scopriste anche
altre
dimensioni.»
«Watch it.»
«Non puoi
negarlo.»
«Okay,
capito,» Ichigo si scrollò nelle spalle, «Dovreste davvero
rivedere le nozioni base del romanticismo.»
«Io
sono estremamente romantico, micetta, non è vero
tortorella?»
«Dipende
dalla gravità del danno che hai combinato.»
«Crudele.
E bugiarda.»
«Io
credo molto di più a Minto che a te.»
«Ricordati
che le piacciono di più i cani.»
«Smettetela,»
Ichigo rise, prendendo a braccetto anche la sua migliore
amica, «Che ne dite se andiamo a mangiarci qualcosa tutti insieme? Io
ho fame.»
«E
dov’è la novità?»
«Lo
prendo come un sì.»
Ichigo
li trascinò in un nuovo ristorante che aveva voluto provare per
mesi, e rinfacciando loro quanto l’avevano tutti fatta aspettare troppo
per
andarci, e si lasciò trascinare dall’allegria e dalla scioltezza che
solo amici
da quasi tredici anni potevano condividere, cullata dalle risate e da
quei due
bicchieri di vino che si concessero. Un pensiero, però, continuava a
ronzarle
fastidioso in un angolino del cervello, dove si era infilato prepotente
e
curioso, solleticando la parte adolescente di lei. Nemmeno lei capiva
perché le
fosse rimasto così tanto impresso, eppure…
Qualche
ora dopo, mentre si struccava e si infilava la camicia da notte
più comoda che aveva, si ritrovò a pensarci ancora, rigirandosi
l’anello che le
adornava l’anulare.
«Ryo?»
domandò, cercando di suonare casuale ma ben sapendo che lui,
nonostante si fosse già infilato tra le lenzuola e i suoi tre cuscini
con un
libro, non ci sarebbe cascato.
«Yes,
ginger?»
«Secondo
te…» Ichigo uscì dal bagno e si avvicinò lentamente al letto,
mordendosi il labbro, «Secondo te, noi staremmo insieme anche in altri
universi?»
Il
biondo alzò gli occhi al cielo, esalando esasperato: «Dio mio,
Ichigo, e questa da dove ti esce?»
«Boh,
così…» lei gattonò sul letto, il viso corrucciato e un po’ mogio,
«Ci stavo pensando dopo tutti i discorsi di oggi, e visto che…»
Lo
sguardo di lui si diresse verso l’elegante ma vistoso diamante: «Ti
sta venendo ansia?»
La
rossa fece una smorfia: «Nooo, però… lo sai come sono fatta.»
Lui
rise e l’agguantò con un braccio, solleticandole la pancia: «Sei
una gattina curiosa, paranoica e decisamente troppo
fantasiosa. Perché
non hai preso tutti questi spunti leggendo Cinquanta
sfumature?»
«Ehi!
Devo smetterla di portarti fuori a cena con Kisshu.»
Ryo
rise ancora e le baciò la punta del naso: «L’unica cosa che so, kitty
cat, è che l’unica cosa che conta è essere riuscito a farti
dire di sì in questo
mondo. Soprattutto dopo tutto il tempo che mi ci è voluto.»
«…
eri partito bene, sei scivolato sul finale.»
«Nemmeno
Christian Grey era romantico.»
«Ma
la volete smettere con questa fissa? Non mi è nemmeno piaciuto quel
libro!» si accucciò accanto a lui, godendosi il tepore del suo corpo,
«Quindi…
non ti chiedi mai come sarebbero le cose se qualcosa fosse andato in
maniera
diversa?»
L’americano
sospirò, non proprio voglioso di proseguire quella
conversazione, ma l’accontentò lo stesso: «Certo che me lo chiedo. Mi
basta
ripensare a com’erano le cose quando ci siamo conosciuti, o prima che
tornassero gli Ikisatashi.»
«E
quindi?»
«E
quindi non mi interessa,» Ryo le diede un buffetto sul naso, «Te
l’ho detto, l’unica cosa che mi interessa è qui e ora. Con te.»
«E
se sapessimo che in un altro universo non sarebbe così? Che forse
non sarebbe destino?»
«Fuck
that. È questo che voglio, e quello per cui mi impegnerò.
Ci sono troppe variabili, in infiniti e possibili mondi paralleli, per
poter
determinare come sarebbero le cose. Ma, ripeto, non me ne importa
niente se tu
sei qui ora.»
Ichigo sembrò pensarci su:
«Okay, ora
sei fin troppo romantico.»
Lui rise, e le diede un
bacio in fronte:
«Ora dormi, prima che quel tuo cervellino scoppi per tutti questi
viaggi che si
fa.»
«Buonanotte,» la rossa
sprofondò tra i
cuscini, aggiustandosi contro di lui, ma non chiuse gli occhi. Lanciò
ancora
un’occhiata fuori dalla finestra, la luna che brillava tra le tende
dischiuse,
poi un’altra al suo anello; arricciò le labbra, e solo allora decise di
dormire.
**
«Ichigo,
che ne dici di questo?»
«Non so, mi sembra un
elettrodomestico
abbastanza complicato.»
«… è un’impastatrice.»
«Ci pensa già Akasaka-san a
fare
abbastanza dolci.»
«Guarda che stanno finendo
gli oggetti
papabili per questa benedetta lista nozze.»
«Lo sooooo… infatti non
capisco perché
non possiamo chiedere a Shirogane-kun!»
«Perché lui probabilmente
sceglierebbe
solo Lego di Star Wars e pezzi di ricambio per la moto.»
Ichigo rise e continuò a
far girare la
rotellina del mouse per scorrere il catalogo del negozio che Minto le
aveva
sapientemente indicato, una guancia appoggiata alla mano e ormai la
noia che
l’assaliva.
«A me questi servizi di
piatti sembrano
tutti uguali. E poi ne abbiamo già un sacco di piatti.»
«Ma questi sono di ceramica
italiana,»
Minto aveva gli occhi che brillavano, «Non vedi la differenza tra il
color
avorio di questi e il bianco di questi altri? Poi guarda che decoro
raffinato,
mica puoi usarli tutti i giorni! E poi questi hanno anche il servizio
da dolci
incluso, e…»
Ichigo si perse, la voce
dell’amica che
svaniva in sottofondo e la sua mente che ricominciava a vagabondare per
altri
lidi come aveva fatto in quegli ultimi giorni. Si divertiva a
organizzare il
suo matrimonio, ma fino ad un certo punto; lei non era una fanatica
della
progettazione come Minto, né tantomeno un’entusiasta di tutti quei
dettagli e
di quegli addobbi per lei quasi inutili. E proprio non riusciva a
scacciare
certi discorsi dalla sua mente.
«Minto-chan?» chiese tutto
ad un tratto.
La mora la guardò, un
sopracciglio
alzato e l’aria appena piccata per essere stata interrotta: «Dimmi.»
Ichigo mosse appena le dita
della mano
sinistra, fissando il suo anello riflettere la luce: «Tu non vorresti
sapere se
tu e Kisshu-kun stareste insieme in altri mondi?»
L’amica rimase qualche
secondo basita
dalla domanda, poi sbuffò: «Ma dillo allora che la tua è una fissa.»
«Tanto se dici di no, non
ti credo.»
«Sono certa che qualche
versione di me,
se esiste, è stata abbastanza saggia da non infilarsi nel pasticcio che
è
Kisshu Ikisatashi.»
Ichigo alzò gli occhi al
cielo,
guardandola con un ghigno: «Puoi sempre lasciarlo.»
«E buttarlo in pasto così
facilmente a
tutte quelle scostumate che gli fanno gli occhi dolci? Non credo
proprio.»
La rossa rise, poi il suo
sguardo
ritornò perso: «Eppure vorrei saperlo. Mi farebbe sentire più… calma.»
Minto aggrottò la fronte e
posò una mano
su quella dell’amica: «Tutto bene? Non dirmi che hai dei dubbi su ciò
che
quella povera anima di Shirogane prova per te, né puoi toglierti quella
faccia
da pesce lesso che fai tutte le volte che è a venti metri da te.»
Ichigo sorrise, radiosa,
rivolgendole
una linguaccia: «Non ho il minimo dubbio, solo… curiosità. Ci siamo
trasformate
in mutanti, vuoi davvero dirmi che non c’è un modo per scoprire questa
cosa?»
«Cosa?»
Taruto, ormai venti
centimetri più alto
e largo di entrambe e una potente voce da baritono, comparve alle loro
spalle
senza che se ne accorgessero, facendole sobbalzare.
«La devi smettere di fare
così, mi farai
prendere un infarto!» sberciò Ichigo, la mano sul cuore, «Quand’è che
torna
Purin dalla Cina, così la smetterai di aggirarti per il Caffè come
un’anima in
pena?»
«L’unica ragione per cui ti
verrà un
infarto sarà perché sei una vecchiaccia,» la prese in giro il ragazzo,
«E
comunque sono venuto per accompagnare Retasu-san, Pai aveva ancora un
po’ di
lavoro da sbrigare.»
«E dov’è finita?»
Il minore degli Ikisatashi
ghignò: «In
cucina, ad aggirare la sorveglianza di Pai insieme a Kisshu.»
Minto emise un gemito
esasperato e molto
poco elegante quando vide il suo fidanzato uscire dalla cucina con un
vassoio
ricolmo di bignè e piccola pasticceria.
«Non è tutto per me!» si
giustificò
subito, vedendo lo sguardo della mora, mentre lo appoggiava al centro
del
tavolo che stavano occupando e si sedeva, «Ne ho presi per tutti!»
«Ma io sono a dieta,» si
lamentò
piagnucolosa Ichigo.
«Lo so,» replicò furbo il
verde,
ingollando subito un pasticcino allo zabaione.
Gli altri risero sommessi,
occupando i posti
rimasti e iniziando a chiacchierare e a “consultare” Ichigo sulle
scelte dei
regali – e facendo venire solamente mal di testa a Minto.
«Quindi di cosa stavate
parlando prima?»
domandò poi Taruto, incrociando le braccia dietro la nuca e
rilassandosi sulla
sedia, «Sembravate così impegnate a confabulare.»
«Taruto-chan, non essere
indiscreto,» lo
riprese materna Retasu.
«Stavamo parlando delle
balzane idee di
Ichigo, sai che novità,» commentò Minto.
«Non sono balzane! Sono
solo idee!» si
difese la rossa, «Ho solo detto che, visto tutto quello che abbiamo
dovuto
affrontare tra mutazioni genetiche, alieni, astronavi -» abbassò la
voce per
non farsi sentire dalle cameriere che scivolavano veloci per il locale
e che
ancora erano all’oscuro della realtà del piano inferiore del Caffè «-
mostri e
guerre contro esseri non umani, sarebbe molto bello se potessimo anche
vedere
cosa succede in dimensioni parallele!»
Kisshu e Minto esalarono
sconfitti nello
stesso momento, memori della cena di qualche giorno prima, mentre
Taruto sbatté
le palpebre un paio di volte: «Be’, in realtà… hai provato a chiedere a
Pai?»
Ichigo lo guardò come se le
avesse
appena rivelato che il Sole fosse in realtà blu: «Come dici, scusa?»
Il fratello maggiore tentò
di
intervenire, ma il moretto continuò: «Sì, nel nostro pianeta c’è questa
specie
di storia che dice che in una delle vecchie caverne sotterranee in cui
vivevamo
prima di trovare la Mew Aqua, c’è una specie di passaggio segreto che
ti porta
al centro di altri universi.»
«Ovviamente è solo una
favola,»
intervenne veloce Kisshu, «La raccontavano quando eravamo piccoli per
spaventarci, perché c’è la solita strega cattiva che ti mangia se ti
avvicini
troppo.»
«In effetti è un posto un
po’
inquietante, tutto buio e pieno di fumo, c’è del vapore naturale lì in
giro.»
Ichigo continuò a fissarlo
con gli occhi
sgranati: «Tu ci sei andato?»
Taruto arrossì: «… mi ci
sono avvicinato
solo una volta, per una prova di coraggio con gli altri, nell’esercito.
Ovviamente, la mamma non lo sa,» aggiunse, guardando il fratello.
Kisshu alzò le mani: «Non
saresti mica
l’unico.»
«E… perché dovrei chiedere
a Pai?»
«Perché Pai una volta è
andato a
raccogliere qualche campione di vapore là dentro, per vedere se fosse
fattibile
utilizzarlo o meno. Alcuni gradi alti dell’esercito ogni tanto vanno a
farci
qualche esperimento tutt’ora, e una volta il poco calore che riuscivamo
ad
avere nelle caverne veniva da là.»
«Oh, santo cielo,» commentò
a bassa voce
Minto nel vedere la faccia entusiasta di Ichigo.
«Quindi esiste davvero!?»
«La caverna sì, ma il resto
è una
leggenda, Ichigo-chan,» cercò di tagliare corto Kisshu, «Non puoi
pensare
davvero che -»
«E tu che ne sai! Magari è
tutto vero!
Retasu! Quando arriva Pai?»
La verde esitò: «Uhm, mi ha
detto tra
cinque minuti…»
La rossa scattò in piedi e
corse al
piano di sopra, dove sapeva avrebbe trovato il suo fidanzato.
«L’abbiamo ufficialmente
persa,»
commentò Minto, «Questo matrimonio le sta facendo male.»
«Poi non lamentarti che io
non ti faccio
certe proposte, visto come vi riducete.»
«Vai a quel paese,
Ikisatashi.»
Un deciso scalpicciare
indicò loro che
Ichigo stava strattonando un Ryo palesemente controvoglia nel salone
principale, la sua voce concitata che copriva i tentativi del biondo di
ricordarle quanto in realtà fosse impegnato.
«Mi dici sempre che leggere
fa bene!»
«I swear to God I’ll shut up from
now on.»
« - dobbiamo solo capire dove sia, e poi possiamo andare a
vedere, basta solo chiedere a … PAI! »
Il suddetto si bloccò sulla
soglia dalla
quale era appena entrato, l’aria di chi si stesse già pentendo della
scelta,
conscio anche di tutti gli occhi della clientela che si erano fermati
su di lui
dopo quello strillo.
«Sì?»
Ichigo strinse così tanto
il braccio di
Ryo che lo fece sobbalzare: «Riunione d’emergenza in cucina, subito!»
Un gemito generale si levò
dal tavolo a
cui tutti erano riuniti.
«Ichigo ma tu sei
impazzita.»
«Datele un calmante,
Shirogane diamine
impegnati!»
Lei li ignorò tutti e
marciò oltre le
porte bianche, sorridendo contenta a Keiichiro e battendo le mani.
«Siete
pronti?!»
Retasu cercò di sorriderle:
«Ichigo-chan, perché non bevi una camomilla?»
«Nonono, non c’è tempo!
Pai, ci devi assolutamente spiegare
la storia della
caverna e degli universi!»
Il viola rimase perplesso
qualche
secondo, poi si voltò gelido verso i fratelli minori: «Perché non
riuscite mai
a tenere quella boccaccia chiusa?»
Ichigo non gli lasciò il
tempo di
replicare, puntò un dito contro di lui: «Ahah! Allora è vero!»
Pai esalò, stringendosi
l’attaccatura
del naso: «Momomiya, stiamo parlando di un cunicolo tra le centinaia di
anfratti del sottosuolo del nostro pianeta, che è caratterizzato da
vari geyser
che sparano vapori a temperature medie e che causano mal di testa,
nausea, al
massimo allucinazioni.»
«Lo stesso principio di una
pizia,
quindi.»
«Cosa?»
«Nothing,
ginger.»
«Nessuno di noi è mai
andato da nessuna
parte,» continuò Pai, «Sono solo le leggende che si tramandano per
tenere
lontano le persone da posti potenzialmente pericolosi.»
«Be’, tranne -» Ichigo si
voltò verso
Taruto in contemporanea ai suoi fratelli, questi ultimi con sguardi
omicidi.
«Cosa? Cosa??» premette la
rossa.
«Eeeeeehm,» il ragazzo si
grattò la
nuca, estremamente a disagio, «Niente, un paio di commilitoni hanno
detto che
ci fu una spedizione, qualche anno fa, e…»
«E probabilmente si
infilarono nel
tunnel sbagliato,» concluse Pai, «Niente di sovrannaturale o magico o
altro.»
«E allora perché tutta
questa
segretezza?» Ichigo fece qualche passo verso l’alieno, le mani dietro
la
schiena.
«Perché è pericoloso.»
«Mmmmh… o magari perché c’è qualcosa,» si girò all’improvviso
verso Taruto, «Non è vero?»
«Io non so nulla!»
«Ichigo, lascia stare, per
favore, sei
andata avanti abbastanza con questa storia,» la supplicò Minto.
«Potrebbe essere una
bellissima
avventura! L’ultima!»
«Mica stai per morire, sai!»
«No, ma dopo non avrò più
molto tempo. E
poi è romantico!»
«Ichigoooo…»
«Ma sei impazzita?»
«Daaaai, daidaidaidai,»
Ichigo saltellò fino a Ryo, prendendogli le mani,
«Andiamo a vedere! Abbiamo un passaggio che non usiamo mai proprio qui
sotto,
entriamo, usciamo, magari non scopriamo niente e potrai rinfacciarmelo
quanto
vuoi!»
«Ichigo - »
«Pensa a che scoperta della
fisica!»
Il biondo alzò un
sopracciglio: «Oh
certo! E come gliela spiego, scusate, io so
perché dalla dispensa del mio locale posso cambiare pianeta?»
«Daaaaaaaaaaiiiiiiiiiii!»
«Ti prego, Ichigo-chan,
smettila di
saltare, mi stai facendo venire la nausea.»
«Lo sai che l’unico modo
per farla
tacere è portarcela, no?» Kisshu ridacchiò, le braccia incrociate.
«Non ti ci mettere anche
tu,» commentò Ryo,
«Mi sembra una cosa assolutamente pericolosa e priva di fondamento.»
«Ah, come quando hai deciso
di
iniettarci il DNA di qualche animaluccio in pericolo?»
«… è passato un po’ troppo
tempo per
continuare a usarla come scusa.»
«Momomiya, non staresti
andando a fare
una scampagnata nel bosco, sai. Succedesse qualsiasi cosa, sarebbe
nostra
responsabilità,» s’intromise Pai.
«Dopo Deep Blue, cosa vuoi
che succeda?»
«Ah be’, bel paragone,»
commentò
Kisshu.
«Venite anche voi!» Ichigo
fece un altro
salto, agguantando Minto per un braccio, «Minto, lo so che lo vuoi, ne
parlavamo prima!»
«Io non voglio proprio un
bel niente!»
«Io non ho ancora capito
cosa tu voglia
fare,» borbottò Taruto.
«La cretina qui presente ha
letto un
libro che le ha dato alla testa, e ora vorrebbe scorrazzare per
improbabili
dimensioni parallele per vedere se lei e Shirogane tuberebbero ancora
in ognuno
di quelli,» sentenziò Minto lapidaria.
Un vociare esasperato si
levò dal
gruppetto, Pai che si spalmò una mano in faccia.
«Ditemi che sto sognando.»
«È inutile che ti lamenti
tanto, anche
Retasu vorrebbe farlo!»
La verde, tirata in causa,
arrossì
colpevole: «Ecco, io… non so, ha un certo non so che come idea, non
trovate?»
Pai corrugò la fronte: «Tu
sei incinta e
non vai da nessuna parte.»
«Lo so, però se Ichigo-chan
lo vuole
scoprire davvero…»
«Ichigo-chan
non è mai stata la campionessa delle idee vincenti,» esclamò Ryo, «E mi
sembra
assurdo che siamo ancora qui a parlarne!»
«Magari hai solo paura di
scoprire che
da qualche altra parte non sei riuscito a battere il merluzzo
imbalsamato,»
ridacchiò Kisshu.
L’americano lo gelò con lo
sguardo: «Magari
da qualche altra parte ti ho riempito in una volta di tutti i cazzotti
che
dovrei darti.»
«Ecco, appunto!»
«Appunto?»
«No, no, non volevo dire
quello,» Ichigo
sventolò le mani davanti alla faccia dopo la smorfia che le rivolse il
fidanzato, «Però abbiamo questa possibilità straordinaria!»
«O magari non c’è niente.»
«E va bene così!»
«A me l’idea della micetta
intriga,»
commentò Kisshu, «Noi usiamo il portale continuamente, e quella zona è
sempre
deserta, non se ne accorgerebbe nessuno. Magari al tramonto, in
un’oretta siamo
dentro e fuori.»
«Sei diventato anche tu
imbecille?» lo
sgridò Minto.
«È un po’ che non andiamo
all’avventura,
tortorella, mi si stanno anchilosando le ossa!»
«Hai intenzione di
prenderti tu la
responsabilità di tutto ciò? Perché io non vengo, e non voglio saperne
nulla,»
sottolineò Pai.
«Secondo me la state
prendendo tutti
troppo sul serio,» il verde si strinse nelle spalle, «Finirà che
torneremo solo
a casa col raffreddore.»
Ichigo giunse le mani in
preghiera sotto
al viso di Ryo: «Tipregotipregotiprego. Sto
morendo di curiosità!»
«La curiosità uccise il
gatto,» borbottò
lui, poi sospirò e alzò gli occhi al cielo. Da un lato, la parte più
razionale
di lui gli stava ricordando come – appunto – probabilmente sarebbero
tornati
tutti a casa con il raffreddore e la puzza di sottosuolo addosso.
Dall’altro
lato, si ricordava sempre che giocava a poker con degli alieni che lui
stesso
aveva combattuto, e che alla sua fidanzata spuntavano le orecchie e la
coda
ogni tre per due. E poi quel commento su un certo ex-boyfriend…
gli costava ammetterlo, però magari togliersi qualche
soddisfazione…
«Aaaaah, Ichigo,» sospirò
quindi alla fine, «You’ll be the death of
me.»
«Sìììììììììì!» la rossa
strillò
contenta, aggrappandosi al suo collo, «Quando partiamo?»
To be continued...
§§§
Buonasera, fanciulle e
fanciulli! E' arrivato il benedetto prologo di tutta la serie "A
thousand worlds to break our hearts"! :D
Come ho detto qua, è stato tutto ispirato da
una serie di prompt AU che ho trovato su Tumblr, quindi preparatevi
perchè il titolo e le storie già uscite mi sembrano esplicative :3
So che voi direte,
"Che palle HP, sempre sti mondi alternativi, basta!", ma non ci posso
fare niente, mi piace ^_^ Poi, piccolo spoiler alert, io mi
sento un po' Stephen King - nel senso che mi piace ricreare "universi"
in cui potrete ritrovare determinati personaggi, quindiiii...... per
chi c'era fin dall'inizio, credo ritroverete qualcuno di conosciuto ;)
Per chi non c'era, eh, poi capirete :D
Ovviamente, le
storie potranno essere lette anche a sé, ma così magari avranno più
senso ^^ Le potrete trovare qui
e qui.
Si chiamano tutte "The one w/" perché ci si riferisce, appunto, ad ogni
"universo" - stay tuned per il proseguio e per le spiegazioni che
avverranno! :D
Un bacione, a presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo due ***
«If this ain’t a proof of love big
enough, I don’t know what more you want, Ichigo.»
La rossa sorrise e storse
il naso,
guardando il riflesso di Ryo nello specchio mentre si aggiustava la
sciarpa
attorno al collo: «Secondo me ci divertiremo un sacco.»
Il biondo sbuffò e
controllò un’ultima
volta l’orario sul cellulare prima di riporlo in tasca, più per
abitudine che
altro: «Andiamo, prima finiamo meglio sarà.»
Lei annuì e si caricò lo
zainetto sulle
spalle, ignorando l’occhiata esasperata del suo fidanzato e il commento
tra i
denti che non stessero andando a scampagnare.
Erano passati quattro
giorni da quando,
non si sapeva bene come, Ichigo era riuscita a convincerli a farsi
portare sul
pianeta degli alieni per andare ad esplorare quella benedetta caverna
mitologica. Lui si domandava davvero come fosse riuscita a far
acconsentire
anche Pai, seppure controvoglia. Forse il viola aveva trovato un modo
per
liberarsi definitivamente di lei? Oppure – e questa era la versione che
preferiva – erano tutte idiozie talmente colossali da non costituire un
rischio
reale.
In ogni modo, l’avrebbe
scoperto presto.
Non era certo il sabato da sogno che avrebbe voluto, ma almeno
sarebbe durato
tutto molto poco. E Ichigo si sarebbe sedata.
Uscirono insieme dalla
porta principale
e si infilarono velocemente in macchina; Ryo poteva sentire quanto la
sua fidanzata
fosse elettrica, come una bambina, incapace di contenere il suo
entusiasmo per
quell’avventura, e non poteva negare che gli stesse dando un po’ di
fastidio,
fondamentalmente perché non capiva da dove provenisse tutta quella
curiosità di
scoprire cosa ne sarebbe stato di loro in altri universi. A lui non era
mai
importato, visto che gli andava benissimo le cose com’erano nella realtà. E tutte le volte che Ichigo
tirava fuori queste sue tigne… gli costava ammetterlo, ma non poteva
fare a
meno di pensare a tanti anni prima.
La guardò mangiucchiarsi
una ciocca di
capelli rossi mentre guardava fuori dal finestrino, persa in chissà
quali
pensieri.
«Avrei dovuto dirti che
dopo questa,
saltiamo due cene domenicali dai tuoi.»
«Ah, ah, ah,» commentò lei,
senza
voltarsi, «Non ci pensare nemmeno.»
«Dovresti darmene una vinta
ogni tanto,
sai.»
«Ti sposo.»
Ryo si finse indignato
mentre allungava
una mano e le faceva il solletico per vendicarsi della sua battutina.
«Ragazzina impertinente,»
esclamò, in
fondo divertito.
Continuarono a guidare in
silenzio fino
al Caffè, il nervosismo che cresceva lentamente in Ryo. Quando
parcheggiarono
nel posto loro riservato, vide che non era l’unico di cattivo umore:
davanti
alla porta sul retro, infatti, Minto – le braccia incrociate e il viso
corrucciato – sembrava starsi lasciando convincere molto poco da
Kisshu.
Ichigo quasi si catapultò
fuori
dall’auto, correndo a salutare tutta un sorriso e facendo alzare ancora
di più
gli occhi al cielo alla mora, che si scambiò uno sguardo disperato con
Ryo.
Kisshu, invece, batté le
mani: «Allora,
musoni, siete pronti? Spero che i vostri vestiti siano abbastanza
caldi, è
ancora parecchio umido là in quelle caverne.»
Minto si strinse ancora di
più nel
cappottino blu di lana che indossava: «La situazione migliora sempre
più.»
«Suuu, vedrai che sarà
entusiasmante!»
Ichigo la prese sottobraccio e la portò sui gradini mentre Ryo apriva
la porta
sul retro.
«Addirittura entusiasmante,
si vede proprio che ti sei messa a leggere.»
Scivolarono dentro al Caffè
buio e
chiuso per l’occasione, senza dover accendere le luci si diressero in
silenzio
lungo le scale fino al piano inferiore.
«Pai non viene?»
Kisshu incrociò le braccia
dietro alla
nuca: «Ha detto che non vuole avere niente a che fare con le nostre
cretinate,
e che meno ne sa, meglio è.»
«Comforting.»
Shirogane aprì la porta
della dispensa,
che avevano ingrandito negli anni per accomodare i sempre più variabili
menù
del Caffè ora che Keiichiro aveva più tempo libero per dedicarsi
appieno alla
sua passione, ma anche perché il passaggio verso Gea – il pianeta
originario
degli Ikisatashi – era stato collegato proprio lì, nascosto dietro uno
scaffale
pieno di coloranti alimentari. Ryo fece spazio a Kisshu, che
guardandosi un
secondo intorno nella stanza buia, tastò il legno del mobile fino a
trovare il
pannello nascosto che custodiva uno scanner per il riconoscimento delle
impronte.
Ci appoggiò la mano qualche
secondo, il
sistema trillò positivo illuminandosi appena di verde mentre il clunk delle giunture che si aprivano
risuonò nella stanza.
I due ragazzi fecero
scivolare
attentamente lo scaffale sui suoi cardini, fino a rivelare un altro
pannello su
cui Kisshu appoggiò nuovamente il palmo. Un trillo soffocato rimbombò
ancora, e
il muro sembrò dissolversi, lasciando lo spazio ad un ovale sfocato
alto fino
alla parete e largo abbastanza perché passassero due persone.
Dall’altra parte,
potevano intravedere i campi rigogliosi e rinvigoriti di Gea, la luce
del
mattino presto che li faceva brillare di rugiada.
Kisshu batté le mani e
guardò, sopra la
propria spalla, quella piccola combriccola: «Siamo pronti?»
«No.»
«Sìììì!»
«Let’s just get this over with.»
Ryo afferrò la mano
trepidante della sua
fidanzata mentre Kisshu stringeva sotto braccio Minto e per primi
varcavano il
portale per l’altro pianeta. Il biondo fece un sospiro e li seguirono
veloci,
un risucchio nelle orecchie e lo stomaco che si contorceva per
quell’inusuale
viaggio.
Atterrarono con un saltello
sull’erba
fresca, come se ci fosse stato un gradino; non appena fu sicuro che
fossero
solidi sulle loro gambe, Kisshu appoggiò ancora la mano sul tronco
dell’albero
lì affianco, ripetendo lo stesso procedimento di qualche minuto prima,
finché
il portale non si restrinse su se stesso e sparì.
Ichigo era già qualche
passo avanti a
loro, che si guardava intorno con aria affascinata: «È diventato ancora
più
bello,» commentò girando su se stessa per poter osservare il più
possibile.
«Basta che non ti fai
sentire da Pai,
gli causeresti ancora più palpitazioni d’orgoglio,» scherzò il verde,
mentre
riacchiappava la mano di Minto, che persisteva nel tenere il broncio,
«Non
andare troppo in giro, gattina, è comunque meglio se non diamo
nell’occhio.
Conviene avviarci prima che tutti si sveglino.»
La rossa fece una corsetta
da bambina
fino a loro e agganciò il braccio sotto quello di Ryo, costringendolo
ad
aumentare il passo dietro a Kisshu. Si incamminarono veloci e in
silenzio per
quelle stradine sterrate di campagna, costeggiando da lontano il
perimetro
della città ancora avvolta dal silenzio di prima mattina. Man mano che
avanzavano, il paesaggio si faceva sempre più desolato e il terreno più
incolto; Ichigo non poteva non pensare a come la popolazione di Gea
avesse
davvero voluto lasciarsi alle spalle la loro vecchia vita, i loro
vecchi
insediamenti. Sembrava come se quel sentiero fosse una specie di netta
demarcazione tra il verde felice e florido, nutrito dalla Mew Aqua,
della
rinascita del pianeta, e la vegetazione più brulla e secca del mondo
precedente.
Ichigo continuò a guardarsi
intorno,
osservando qualche piccola collinetta sparsa che, sapeva, custodivano
gli
ingressi delle grotte di un tempo. Si andavano ammassando a gruppetti,
a volte
potevano ancora scorgere i tunnel scavati nella pietra da cui si
scendeva nel
sottosuolo.
«Quanto manca ancora?»
domandò Minto con
tono pignolo.
«Non manca tanto, stiamo
ancora passando
attorno alla vecchia “città”,» spiegò Kisshu, facendo un cenno alla sua
destra,
«Quelli sono gli ingressi principali, le grotte che stiamo cercando
sono ai
limiti del perimetro. Ho pensato che sarebbe stato meglio passare da
sopra,
anche se la strada è un po’ più lunga.»
La mora non rispose a
quell’affermazione,
limitandosi a stringere la presa attorno alla mano del ragazzo mentre
posava
accuratamente i piedi per terra per non rovinare con i sassolini i suoi
stivaletti dall’aria costosa.
Ichigo si allentò la
sciarpa, l’aria si
stava riscaldando lassù ma sapeva che non sarebbe stato lo stesso una
volta
scesi. I tre Ikisatashi non avevano mai fatto segreto, nei loro
racconti, delle
condizioni tragiche in cui avevano vissuto per anni, e lei non poteva
biasimare
Kisshu per voler evitare a tutti i costi di ritrovarsi di nuovo nel
freddo e
buio sottoterra. Percepiva ancora l’eccitazione di quella avventura, ma
non
poteva negare di provare anche una punta di disagio e confusione – non
sapeva
se fosse perché sapevano che non stavano esattamente compiendo
un’azione senza
conseguenze, se fosse la strana atmosfera che aveva sempre captato le
rare
volte che aveva visitato Gea, o se fosse semplicemente il timore di
scoprire davvero cosa ci fosse là
sotto… o da
qualche altra parte.
Se doveva essere sincera,
cominciava a
temere un po’ di scoprire se le leggende di Gea erano vere o meno – non
avevano
forse imparato a loro spese che le avventure tra pianeti diversi non
erano
proprio delle passeggiate? Una parte di lei, in quel momento, avrebbe
quasi
quasi preferito sentire Minto e Shirogane lamentarsi e rinfacciarle che
fosse
la solita credulona per settimane, se non mesi.
Dall’altra, ah,
cosa non avrebbe fatto per aver ragione almeno una volta.
«Ci siamo quasi!»
La voce di Kisshu la
riscosse dai suoi
pensieri, e prese un respiro veloce che fece voltare Ryo verso di lei,
incuriosito.
«Tutto okay?» le chiese,
scuotendo
appena la mano che stringeva la sua.
Ichigo annuì, scorgendo una
caverna che
sembrava più isolata delle altre, sentendosi come quando da piccola i
suoi genitori
l’avevano portata a Disneyland.
«È quella lì, vero?»
«Proprio lei.»
Le punte delle dita le
vibrarono di
adrenalina e strinse forte la mano di Ryo, quasi costringendolo ad
aumentare il
passo. Il terreno si fece appena più scosceso mentre iniziava una
leggera
pendenza, alcuni sassolini che scivolavano da sotto le loro suole.
Quando arrivarono di fronte
all’ingresso
della caverna, si fermarono, dubbiosi: un leggero alito di vento freddo
sembrava raccogliersi intorno alle loro caviglie, e non riuscivano che
a
scorgere i primi metri, il resto era completamente avvolto dal buio.
Minto arricciò il naso, le
braccia
ancora incrociate, e si raddrizzò: «Su, forza, Ichigo, a te l’onore.»
«Perché io per prima?»
piagnucolò la
rossa, rabbrividendo al solo pensiero di infilarsi per prima
nell’oscurità.
«Perché sei stata tu a
rompere le
scatole per venire qua,» concluse la mora, «Quindi è solo giusto che
sia tu a
dare l’avvio alle danze.»
«Andiamo tutti insieme,
d’accordo?» Ryo
prese il cellulare di tasca e accese la torcia, cercando di illuminare
più in
là del suo naso, «È inutile stare qui a perdere tempo a discutere.»
«Mi raccomando, non andate
a vagare da
soli,» Kisshu afferrò Minto per un gomito, ignorando il suo mugolio
impettito,
e si accostò a Shirogane, la torcia in funzione anche nel suo telefono,
«Ci
sono centinaia di tunnel in cui poter finire.»
Entrarono lentamente, ben
attenti a dove
mettevano i piedi, e furono subito avvolti dall’odore di stantio,
seppur secco,
che proveniva dalle pareti attorno a loro.
«Come facciamo a sapere
qual è quella
giusta?» domandò dopo un po’ Ichigo, avvinghiata al braccio del suo
fidanzato e
che lanciava occhiatine a tutte le svolte che poteva vedere nella
roccia.
Kisshu passò un paio di
volte la luce su
dei piccoli segni rossi fatti sulla pietra, che sembravano visibili
soltanto a
chi sapesse della loro esistenza: «Gli scienziati che sono venuti qui a
fare
degli esperimenti hanno segnato il percorso. Altrimenti…»
Minto rabbrividì ancora e
sbuffò: «Se mi
casca un ragno in testa, giuro che me ne torno indietro e vi lascio
tutti qui.»
«… ci sono i ragni?»
«Non so, Ichigo, siamo in
una grotta
enorme sotto terra, pensi che ci siano agnellini?»
Ryo gemette sottovoce
quando le unghie
della sua ragazza gli perforarono la mano: «Ragazze, per favore!»
La mora borbottò ancora
qualcosa, ma
continuò comunque a camminare, la testa incastrata tra le spalle e lo
sguardo
ben fisso a terra.
Pian piano, cominciarono ad
accorgersi
che sempre più vapore iniziava ad uscire da solchi nel terreno, alcuni
a getto
continuo, alcuni così di scatto da farli sobbalzare. La temperatura
sembrava
crescere, ma i loro cappotti erano appena sufficienti per tenerli al
caldo.
«Stiamo arrivando,»
sussurrò dopo poco
Kisshu, la sua voce che rimbalzò tra le rocce che perdevano gocce
d’acqua.
Il loro sentiero si aprì
all’improvviso
in una specie di spiazzo, la montagna che si incurvava e si chiudeva
sopra di
loro come una volta; l’unica via d’uscita era quella dalla quale erano
venuti,
il che, mischiato alle considerevoli nuvole di vapore che scaturivano
dal
terreno, conferiva un’aria ancora più claustrofobica a quella grotta.
Li
costringevano a tenere gli occhi socchiusi, il vapore che si attaccava
ai loro
vestiti e capelli inumidendoli e riscaldandoli in maniera fastidiosa.
«Ora capisco perché fa
venire mal di
testa,» esclamò Ryo, tossendo. Cercò di guardarsi intorno, ma i fumi
rendevano
difficile poter distinguere ciò che li circondava.
«Be?» sberciò Minto,
tirandosi la
sciarpa fin sopra al naso nonostante le guance arrossate, «Tutto qui?»
Ichigo si voltò da una
parte e
dall’altra, l’aria afflitta: «C’è qualcosa
di strano però, no?»
«Nella tua testa c’è
qualcosa di strano,
Momomiya! Guarda in che razza di posto ci hai costretto a venire!»
Kisshu arricciò il naso,
già infastidito
dall’aria rarefatta e umida: «Me lo ricordavo più interessante, in
effetti.»
«Guarda, non mi stupisco
che pure tu
avessi un interesse per sto posto!»
«Dai, tortorella, erano gli
anni
dell’esercito, ci annoiavamo…»
«Ichigo, non allontanarti,»
Ryo osservò
preoccupato con la coda dell’occhio la ragazza, che aveva preso ad
avvicinarsi
alle pareti per poter guardare meglio quel posto. Lui già sentiva
insorgere una
delle sue vecchie amiche emicranie, e non vedeva l’ora di andarsene da
lì, «Che
dite, torniamo indietro?»
«Ci vorrebbe di più perché
i fumi
facciano effetto, no?» chiese lei, inginocchiandosi e sfiorando con un
dito una
delle crepe nella roccia.
«Ichigo, non sappiamo
nemmeno se questa
roba sia tossica,» esclamò esasperato lui, «Sicuramente meno tempo ci
stiamo,
meglio sarà!»
«Tossico no, ma sicuramente
fastidioso,»
rincarò Kisshu, tossendo anche lui, gli occhi inumiditi, «Mi sento un
po’ come
quando bevo troppo.»
«Sicuramente una sensazione
familiare,»
brontolò sottovoce Minto, ancora imbacuccata a braccia incrociate e
ferma
dov’era, «Questo posto mi inquieta.»
«Vedi che lo senti!» Ichigo
esclamò ad
alta voce, alzando lo sguardo verso l’amica, «Scommetto che sono i
nostri geni
animali che ci dicono qualcosa!»
«A me di solito dicono
quando è tempo di
allontanarsi.»
«Non può essere così
semplice, no?»
Ichigo si alzò, si pulì le mani sui pantaloni, «Ci sarà qualche maniera
di
richiamare, chessò, un passaggio, o un qualcosa di speciale…»
«O magari altri cinque
minuti e
l’avvelenamento da monossido di carbonio ci farà vedere le pecorelle di
prima.»
«Simpatico,» Ichigo lanciò
un’occhiataccia al suo fidanzato, «Su, perché dovete essere sempre così
negativi!»
«Senti, Ichigo,» Minto
batté le mani con
fare innervosito, facendo qualche passo verso la rossa, «Già ti abbiamo
dato
retta con questa tua ennesima follia, giusto per farti contenta per
qualche
ragione a me ancora sconosciuta, ora siamo arrivati qua e non c’è un bel niente, come volevasi dimostrare,
quindi per favore, lascia perdere e – aaaaah!»
Con un urlo, la mora cadde
giù per un
buco che si era aperto sotto ai suoi piedi, a pochi metri da dove stava
Ichigo.
Kisshu si lanciò sul bordo,
gridando il
nome della ragazza, seguito a ruota dagli altri due; si sporsero per
guardare
giù, ma quel tunnel appena creatosi era buio pesto, e dopo pochi
secondi una
colonna di vapore si alzò da esso, costringendoli a spostarsi
all’indietro.
«Minto!» chiamò ancora
Kisshu, una nota
seriamente preoccupata nella voce, «Minto, mi senti?!»
Il rumore, sempre più
forte, del gas che
usciva attorno a loro rendeva difficile sentire qualcos’altro. Dopo
pochi
secondi di respiri trattenuti, però, udirono lontanissima la voce della
ragazza
che chiamava l’alieno.
Lui si voltò alle sue
spalle, guardando
confuso la parete: «Perché viene da lì?»
Ichigo lo fissò confusa:
«No, io l’ho
sentito venire dalla mia destra!»
La voce di Minto rimbombò
ancora, questa
volta più decisa, ma sempre distante.
«Cosa diavolo…» Ryo fissò
il soffitto,
era certo che sembrasse provenire
da
là, «Questi fumi ci stanno mandando a quel paese il cervello!»
La rossa si contorse le
mani, sentendosi
tremendamente in colpa e terrorizzata: «Dobbiamo andarla a prendere!»
«Cosa credi che stia
cercando di fare,
eh?» ringhiò Kisshu, piegato nuovamente sul pertugio che aveva
momentaneamente
smesso di sparare vapore, «Gattina, ti giuro che stavolta…»
«Hey
now. L’idea fantastica l’hai appoggiata pure tu, eh.»
«Non è il momento, che
dite?!»
«KISSHU!»
«Sto arrivando,
tortorella!» l’alieno si
passò disperato una mano tra i capelli, ormai completamente confuso, la
voce
sembrava provenire dalla direzione opposta alla prima volta, «Stai
ferma però!»
«Non credo lei si stia
muovendo,»
esclamò Ryo, «Sentiamo tutti cose diverse, c’è qualcosa che non va.»
Si fissarono tutti un
istante, la stessa
idea che si profilò nelle loro menti.
«Dobbiamo… scendere?»
domandò sottovoce
Ichigo, mordendosi un labbro.
«E poi come torniamo su?»
replicò
Shirogane, «Almeno hai la certezza di poterci teletrasportare fuori da
qui?»
«Se la zona è ancora fuori
dai
dispositivi di controllo… sì. Se.»
«That’s
just great.»
«KISSHU!»
Sobbalzarono tutti e tre
nello stesso
momento quando la voce di Minto, improvvisamente forte e minacciosa,
risuonò
alla loro destra, come se spuntasse dalla parete, in contemporanea ad
una
colonna di fumo.
«… era Minto-chan?» pigolò
Ichigo,
impaurita.
L’alieno continuò a fissare
il punto da
cui sbucava il fumo: «… così incazzata non l’avevo mai sentita nemmeno
io.»
«RYO!»
Una voce che assomigliava
molto a quella
della rossa sbucò nella stessa maniera, ma dalla parte opposta della
caverna,
facendoli voltare tutti insieme.
«Dobbiamo andarcene in
fretta da questo
posto, sta succedendo qualcosa» Ryo prese la mano della ragazza,
tenendola ben
stretta, i capelli sulla nuca che si rizzavano.
«ICHIGOOOO!»
Lei si tappò le orecchie al
risuonare di
quel richiamo, simile alla voce di Kisshu, che rimbombò dal basso:
«Basta,
basta, basta!»
Molte più colonne di vapore
fuoriuscirono dal terreno e dalle pareti, fischiando e sibilando
inquietanti;
l’aria si fece ancora più pesante e densa, mentre loro venivano avvolti
da un
fumo così spesso che facevano fatica a vedersi in faccia nonostante si
fossero
avvicinati. All’improvviso, il terreno iniziò a tremare, un boato
sinistro che
riempì tutto lo spazio della grotta. Fecero appena in tempo a lanciarsi
un’occhiata impaurita, che il suolo sotto di loro si spaccò come aveva
fatto
prima, e loro iniziarono a cadere.
**
«Kisshu, forza,
svegliati!»
Il dolore acuto dello
schiaffo sulla
guancia fu abbastanza per fargli aprire gli occhi con un lamento, la
testa che
pulsava fastidiosa.
«Ma che caz… passerotto!»
Mise ben a fuoco Minto, in
ginocchio
accanto a lui, prima di stringerla tra le braccia di scatto, sentendo
il
sollievo spandersi per le vene.
«Sì, Kisshu – ahia, fai piano, solito bufalo!»
Lui ridacchiò e le rubò un
bacio,
mettendosi a sedere meglio: «Mi hai fatto venire un colpo!»
«Beh, pensa a me!» si
lamentò lei,
«Finisco sempre nei casini per colpa vostra!»
«Ti ho già chiesto scusa!»
Ichigo, seduta
accanto a loro, si lamentò a voce alta, «Non stavo progettando tutto
questo!»
«Forse dovresti
incominciare a
progettare meglio,» borbottò Ryo, che continuava a massaggiarsi una
spalla.
«Guarda che devi
ringraziare me se il
vostro matrimonio non sarà un disastro, Ichigo e progettare
non possono stare nella stessa frase.»
«Vediamo di uscire da qua,
o il
matrimonio ve lo scordate,» il biondo si guardò intorno, intanto che
Kisshu si
tirava in piedi e controllava di non avere niente di rotto.
«Dove siamo finiti?»
Era tutto buio intorno a
loro, l’aspetto
del luogo incredibilmente liscio.
Una
vaga luce, quanto bastava perché riuscissero a scorgersi, pervadeva lo
spazio
senza un’apparente fonte, mentre il soffitto altissimo era intatto,
come se
loro non fossero piovuti da lì.
Minto si mordicchiò il
labbro: «Qui non
c’è assolutamente niente. Non
riuscivo
neanche a sentirvi, prima.»
«Ma… noi abbiamo sentito
te,» Ichigo
copiò il gesto dell’amica, «O… almeno credo.»
«Io vi chiamavo, ma faceva
eco e basta. E
poi, pum, all’improvviso siete
caduti
come sono caduta io.»
«Tutto questo non ha
senso,» Ryo cercò
di scorgere un perimetro della zona, ma poteva vedere solo il buio e il
pavimento liscio estendersi senza orizzonte.
«Dite che dovremmo
muoverci?» domandò
Kisshu, un braccio ora saldamente ancorato attorno alla vita della
propria
ragazza.
«Stare qui fermi non
porterebbe nulla,»
l’americano ragionò ad alta voce, «Magari il teletrasporto?»
«Un po’ dovrei sapere dove
siamo.»
«Nel luogo in cui io
compirò la mia
vendetta finale su Ichigo.»
«Ah-ah, Minto, molto
simpatica. Potresti
smetterla di darmi i pizzicotti ora?»
La mora la guardò confusa:
«Non ti ho
pizzicato, non sono così infantile, io.»
La rossa sbiancò: «Sì ma qualcosa mi ha pizzicato il braccio!»
«Magari è stato solo un
graffio della
caduta, ginger.»
«Ti ho detto che – ahi!»
«Ahi!»
Lei e Kisshu gemettero
nello stesso
istante, lei tenendosi un braccio e lui il collo.
«C’è davvero
qualcosa che pizzica!» esclamò lui, mentre Ichigo si rivolgeva al suo
ragazzo
con un’espressione che voleva dire te l’ho
detto!
Il ragazzo in questione
avvertì qualcosa
strusciare contro la sua schiena, si voltò in contemporanea a Minto che
si era
lasciata scappare un urletto.
«Cos’è stato?» disse con
voce stridula.
Lui continuò a fissare il
buio, gli era
parso di vedere qualcosa che fluttuava sinuoso, ma era impossibile, non
c’era
assolutamente nulla…
«Iiiih
che schifo qualcosa mi ha toccato le gambe!»
«Ichigo,
be quiet,» le mormorò, stringendo gli occhi per cercare di
scrutare quell’orizzonte
infinito, forse erano ancora quei maledetti vapori a giocare loro dei
brutti
scherzi?
Sobbalzò quando avvertì un
bruciore alla
mano, sibilò una parolaccia sottovoce, ma non fece in tempo a proferire
parola
che un fischio iniziò a trillargli fastidiosamente nelle orecchie,
mentre una
luce abbagliante sostituiva il pavimento e li inghiottiva, facendoli
cadere
tutti e quattro di nuovo.
To be continued...
§§§
Eeeee Ichigo fa le
cappelle..... xD Dove li avrò mandati, dove saranno finiti? xD Riuscirà
mai Ryo Shirogane a sposare la sua bella? MAH, CHISSA'! ahahahah
Sono un'autrice sadica, lo so
<3 Ma spero sempre che abbiate fiducia in me, e che pazienterete
- e poi ve l'ho detto, se vi siete letti qualcosa delle mie storie,
magari lo capite pure dove potrei, forse, chissà, staer andando a
parare :3 Non vi posso dire di più perché sennò rovinerei tutto!
Vi ricordo che due
"rami" di questa storia sono già fuori e colgo l'occasione per
ringraziarvi tutti - chi legge, commenta, segue, ecc ecc :) Spero di
farvi divertire tanto quanto io mi diverto a scrivere!
Un bacione, e spero
di poter postare il prossimo e probabilmente ultimo capitolo presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo tre ***
Minto non capiva se stessero
cadendo o
galleggiando in un’aurea di luce dorata che non permetteva loro di
vedere.
Sentiva il vento fischiarle nelle orecchie e la sensazione di vuoto
allo
stomaco, ma per il poco che riusciva a scorgere, i suoi vestiti si
muovevano
appena, la pelle non era lambita dalla corrente che si sarebbe
aspettata.
Eppure continuavano a cadere, e cadere, senza sosta, il mondo
sottosopra.
Faceva fatica a vedere gli altri, sentiva le dita di qualcuno sfiorare
le sue
ma per quanto provasse ad afferrare quella mano, era come se il suo
corpo non
rispondesse agli stimoli. Provò a gridare, ma non era sicura che dalla
sua
bocca uscisse alcun suono. Erano forse bolle quelle che vedeva attorno
a loro?
All’improvviso, vide un
altro lampo di
luce ancora più bianca inghiottirla, chiudersi attorno a lei come in un
tunnel:
si sentì catapultare verso il basso, come se qualcosa la stesse tirando
e
spingendo contemporaneamente, mozzandole il fiato e congelandola. La
luce si
spense tutto a un tratto, le orecchie le fischiarono ancora, poi
atterrò molto
poco elegantemente di sedere e con uno strillo su un cumulo d’erba.
Erba?
Con un gemito, Minto si
tirò carponi,
cercando di capire cosa diavolo fosse successo. L’indomani le sarebbe
spuntato
un bel livido, quello era sicuro… sempre che ci fossero arrivati, a
domani.
Fu presa da un attimo di
panico: era da
sola, proprio come prima, e non le piaceva per nulla. Cercò di tirarsi
in
piedi, ma il terreno le vibrò sotto i palmi: vide il cielo aprirsi
proprio come
si era aperto un buco sotto i suoi piedi, e Shirogane cadde a pochi
metri da
lei con una parolaccia in inglese.
«Ryo!» lo chiamò subito,
sentendosi un
po’ più sollevata
Il biondo rimase steso a
terra, le
braccia aperte e il viso rivolto verso l’alto, e lei poteva vedere il
petto
alzarsi ed abbassarsi mentre prendeva respiri profondi.
«I’m
gonna kill her.»
Minto convinse le gambe
tremolanti a
sostenerla e camminò con cautela fino all’americano, guardandolo
preoccupata:
«Ce la fai ad alzarti?»
«Sì, sì,» lui sospirò
esasperato e si
portò seduto, «Stavo solo escogitando qualche maniera per farla pagare
a quella
deficiente di Ichigo.»
«Non sei solo, tranquillo,»
la mora gli
tese la mano e lo tirò un poco, il palmo graffiato che le bruciò appena.
Ryo fece per aprire la
bocca, quando la
terra vibrò di nuovo, ma questa volta si aprì un buco nel terreno dal
quale
sbucò Kisshu, come se avesse preso la spinta da un trampolino.
L’alieno lanciò un grido e
mulinò le
braccia per aria cercando di attutire la caduta, ma non ebbe abbastanza
spazio
di manovra e si ritrovò lungo disteso, faccia a terra.
«Oh, be’, almeno lui è già
stato
punito,» borbottò a bassa voce Ryo.
Stavano per avvicinarsi
intanto che
Kisshu, gemendo piano, cercava di rimettersi in sesto, quando
l’ennesima scossa
preannunciò l’apertura di un vuoto nuovamente dal basso, che deglutì
Ichigo con
una spinta non indifferente, mandandola a schiantarsi urlante proprio
sull’alieno.
«Oh, santo cielo!»
Ryo e Minto si
precipitarono, un po’
zoppicanti, verso gli altri due, tirando su la rossa praticamente di
peso.
«Ti sei fatta male?»
«Non tanto,» lei scosse la
testa,
osservandosi i jeans sporchi di terra con aria triste.
«Grazie, sei atterrata sul
morbido!»
Kisshu si lamentò ad alta voce mentre si appoggiava come poteva a Minto
per
rimettersi in piedi, «Non stavi a dieta?!»
Fu redarguito in simultanea
dai tre –
Minto che si astenette dal dargli uno schiaffo soltanto perché lo
vedeva ancora
poco solido sulle gambe – e lui si limitò a scrollarsi le foglie e la
terra dai
capelli e dal viso.
«Dove siamo finiti?»
domandò poi Ichigo.
Si guardarono tutti e
quattro intorno. Sembravano
essere caduti in una specie di radura un po’ brulla, con macchie d’erba
sparpagliate e ingiallite e qualche alberello solitario, che
assomigliava ai
dintorni della città principale di Gea. La rossa, di nuovo, diede voce
a quel
dubbio.
«Siamo tornati fuori sul
tuo pianeta,
Kisshu?»
Lui si grattò la testa
mentre girava su
se stesso per poter osservare il territorio: «Uhm… non lo so. Ci
assomiglia,
però… è strano.»
«Hai mai visto un posto del
genere?» gli
domandò Minto.
«No, ma non è che Gea sia
grande quanto
un fagiolo.»
«Perfetto,» mugolò la mora,
«Potremmo
benissimo essere finiti dall’altra parte del mondo. Letteralmente.»
«O magari non siamo per
nulla lì,»
constatò Shirogane, «Non so se vi siete accorti che siamo spuntati da
parti
diverse, pur cadendo dalla stessa direzione.»
«Vuoi dirmi che voi non
siete stati
sputati fuori come un fungo non voluto?»
«No, per quanto mi
riguarda, io sono
caduto da… sopra.»
«Anche io,» confermò Minto,
stringendosi
le braccia.
Ichigo pigolò qualcosa di
incomprensibile, qualcosa che somigliava a forse
ho fatto un pasticcio, uno sguardo colpevole in volto che,
come al solito,
colpì dritto al cuore il suo fidanzato: sospirando e alzando gli occhi
al
cielo, Ryo l’avvolse con un braccio e le schioccò un bacio sulla
sommità della
testa, accarezzandole una spalla.
«Che ne dite se andiamo a
vedere cosa
c’è in giro? Qui non c’è assolutamente nulla,» propose Kisshu.
«E se per caso il passaggio
per tornare
indietro è solo qui?» domandò Minto, che continuava a lanciare
occhiatacce alla
sua amica.
«Possiamo marchiare
quell’albero con
qualcosa e possiamo camminare per un po’ in linea retta,» l’alieno si
scosse
nelle spalle, «Qua il paesaggio è tutto uguale, se vediamo foreste o
cose
simili in cui è facile perdersi, torniamo indietro. Almeno così
possiamo vedere
se troviamo qualcuno.»
«E se qualcuno non è
amichevole?»
Questa volta fu lui ad
alzare gli occhi
al cielo: «Hai qualche alternativa, passerotto?»
La mora sembrò pensarci su,
poi esalò
sconsolata: «Suppongo di no.»
Il ragazzo le diede un
buffetto amorevole
sulla guancia: «Su, dammi la sciarpa, così possiamo marcare l’albero e
cominciare la scampagnata.»
Minto lo guardò come se
fosse uscito di
senno, facendo un balzo all’indietro e afferrandosi possessivamente la
sciarpa:
«Ma sei pazza, lo sai quanto cosa questa?»
Shirogane sbuffò, prese il
proprio
fazzoletto dalla tasca e si avvicinò all’albero per legarlo nel ramo
più basso:
«Ecco fatto. Su, forza, muoviamoci.»
Ichigo lo raggiunse e lo
prese per mano,
i passi pesanti e poco convinti, e sbuffò: «Uffff, è tutto il giorno
che
camminiamo!»
«Momomiya, non sei nella
posizione per
recriminare certe cose!» sberciò Minto dietro di loro.
«Scuuu-sa.»
«A proposito, secondo voi
quanto tempo è
passato?»
Ryo guardò l’orologio che
portava al
polso alla domanda di Kisshu, aggrottando le sopracciglia: «Forse il
mio
orologio si è rotto cadendo, dice che sono passati solo quindici minuti
da
quando siamo entrati nella caverna.»
Lo scosse, ma le lancette
sembravano
funzionare perfettamente. Controllarono tutti e quattro i loro
cellulari, non
osando dire ad alta voce che concordavano tutti con l’orario dichiarato.
«Non avete nessuno di quei
congegni di
comunicazione creati da Pai, vero?» domandò dopo un po’ Shirogane,
notando che
il cellulare – come predetto – non mostrava nessun tipo di segnale.
Gli altri scossero la
testa: «Se
qualcuno di solito ci pensa, quello che sei tu,» commentò Kisshu, «Io
il mio
l’ho pure perso.»
«Convenientemente, così da
farti gli
affari tuoi quando torni…» borbottò scontrosa Minto, strappandogli un
sorrisetto.
Camminarono per un bel po’
in silenzio,
seguendo un percorso immaginario il più dritto possibile. Attorno a
loro, il
panorama era sempre lo stesso: una larga prateria di terra chiara e
secca, con
pochi alberi qua e là e dei tratti più verdi di bassa erbetta, a volte
qualche
fiorellino viola solitario. Non si sentivano suoni o rumori, non c’era
un
distinto odore. Sembrava tutto fermo, nonostante una piacevole brezza
si
alzasse ogni tanto.
Fu quando si rese conto che
effettivamente cominciava a sentire caldo, che Shirogane alzò la testa
verso il
cielo: era basso, come coperto da una foschia giallina, e soprattutto,
mancava
una stella che potesse riscaldarlo così.
«Kisshu?» si schiarì la
gola, «Il vostro
pianeta ha un sole, giusto?»
«È il
Sole,» rispose lui, «Siamo ancora nel vostro sistema.»
«Bene, allora non siamo su
Gea.»
Si fermarono tutti di
colpo, il naso
rivolto all’insù, cercando quella palla gialla così familiare da non
farci
veramente caso, ma che in quel momento sembrava un monito di speranza.
Invece,
zero, nada: il cielo rimaneva del
suo
giallino pallido, con qualche nuvoletta piatta della stessa tonalità,
ma
rimaneva vuoto.
Kisshu sussultò quando le
unghie di
Minto si conficcarono nel suo palmo, anche a lei scappò una mezza
parolaccia sottovoce.
«… dove diamine siamo
finiti.»
«… non mi sposerò più.»
«No, perché ti ucciderò io
prima!»
Ryo sospirò e tirò la sua
fidanzata per
la mano: «Continuiamo a camminare.»
«Com’è possibile che ci sia
luce ma non
ci sia sole?» sberciò Kisshu.
«Com’è possibile che siamo
stati
vomitati su questo posto?» replicò Shirogane spiccio, «Oh, e com’è
possibile
che ci siamo finiti passando per una caverna fumosa dove ci era stato espressamente detto di non andare?»
«Il tuo sarcasmo è sempre
un’ottima
cura,» borbottò irritato l’alieno, «Perché non usi quel tuo bel
cervellino che
ti ritrovi per trovare qualche risposta?»
«Potrei sempre usarlo per
prenderti a
testate.»
«Ah, ti faresti male solo
tu.»
«Ragazzi!»
«Forse perché sei così duro di comprendonio che ci vorrebbe un
bulldozer per smuoverti.»
«Ma tu non smetti mai di
rompere i
coglio –»
«Ragazzi!»
All’urlo di Minto, smisero
di
battibeccare e guardarono la mora, che stava puntando un dito davanti a
sé con
aria sconsolata.
«Non è l’albero di prima,
quello?»
Seguirono la direzione
della sua mano,
un vago senso di disperazione che li avvolse. Effettivamente, davanti a
loro si
stagliava l’alberello sfiorito e magro vicino cui erano spuntati, il
fazzoletto
di Shirogane che ondeggiava pigramente dal ramo più basso.
«For
fuck’s sake.»
Ichigo si lasciò cadere a
terra con un
lamento sconsolato: «Non torneremo mai più a casaaaaaaaaaa!»
Anche Minto si fece
scappare un gemito
mentre si prendeva la testa tra le mani: «Ma perché vi do sempre retta,
perché?»
«Non… non facciamoci
prendere dal
panico,» tentò Kisshu, «Ci sarà qualcosa per poter tornare indietro, un
passaggio nascosto, un pulsante…»
«Magari una cabina
telefonica per
chiamare un taxi,» commentò laconico Ryo.
«Una che?»
«Lascia perdere,»
l’americano si
avvicinò alla pianta e vi picchiettò le nocche sopra, sperando di poter
avvertire qualcosa di diverso, un vuoto, qualsiasi segnale che potesse
fargli
capire come andarsene da quel posto. Tastò la corteccia in cerca di
qualche
sporgenza anomala, si azzardò a tastare i buchi nel tronco alla ricerca
di un
meccanismo o di una traccia. In preda allo sconforto più totale, ma non
potendo
ovviamente farlo trasparire perché già vedeva le due ragazze sull’orlo
delle
lacrime, si lanciò anche ad arrampicarsi con un salto sull’albero per
poter
osservare l’ambiente da più in alto.
Sembrava tutto normale,
visto da lassù:
quella radura sembrava decisamente più vasta di quanto ci avessero
messo a
girarla nella sua interezza – ancora doveva capire come avessero fatto
–
pacifica e tranquilla, anche se silenziosamente vuota. Sospirò mentre
si sedeva
a gambe penzoloni su un ramo, tirò fuori il cellulare per dare conferma
anche a
quell’ultima paura: come volevasi dimostrare, l’orario non era cambiato
da
prima. Scese con un balzo e si risistemò la frangia, scuotendo la
testa: «Non
c’è nulla.»
Mentre Kisshu si
lasciava scappare una sequela di parolacce irripetibili, Ichigo
lanciava
l’ennesimo gemito a tutto volume, nascondendosi la faccia tra le mani.
«Moriremo
quiiiiiiiiiii!»
«Ichigo,
smettila di frignare!» strillò Minto, battendo un piede a terra, «La
prossima
volta imparerai ad ascoltare un po’ di più invece che fare sempre di
testa
tua!»
«Non
ci sarà una prossima voltaaaaaaaa!»
«Indovina
di chi è la colpa?!»
«Smettetela
di urlare,» Ryo si inginocchiò vicino alla sua fidanzata, cercando di
convincerla a rimettersi in piedi.
«Perché?»
sberciò ancora la mora, «Tanto non c’è assolutamente
nulla qui!»
«Tortorella, come siamo
venuti, dovremmo
anche riuscire a tornare,» Kisshu provò ad avvicinarsi alla sua
ragazza, le
mani alzate e pronte a parare qualsiasi colpo lei potesse decidere di
dargli.
«Tu stai zitto che come al
solito dai
corda a qualsiasi idiozia che venga pronunciata! Mai una volta che
ascolti me!»
«Ma se ti ascolto sempre,
colombella…»
«Io ve l’avevo detto!»
«Avevo un vestito così
beeeeeeellooooooooo!»
«Would you all just stop
screaming!?»
Stavano continuando a
sfogarsi l’uno
addosso all’altra la frustrazione di quella situazione e l’ansia di non
riuscire a vedere davvero una via di fuga, quando il terreno ricominciò
a
tremare; non per pochi istanti, questa volta, ma costante e pericoloso,
i sassolini
che rimbalzavano attorno a loro.
«Che sta succedendo!?»
gridò Kisshu al
di sopra del fracasso di quel terremoto, saltando in avanti per
stringere Minto
tra le braccia e al tempo stesso cercare di mantenere l’equilibrio.
Shirogane, piegato sopra
una
singhiozzante Ichigo che si stava nascondendo con la testa tra le
gambe, scosse
la testa, aprì la bocca per dire qualcosa ma si raggelò quando vide il
suolo, a
una dozzina di metri da loro, spaccarsi a metà.
Sembrò che scossa e rumore
aumentassero
contemporaneamente di intensità mentre la faglia continuava ad
espandersi in
tre direzioni. Anche Kisshu e Minto si accucciarono vicino ai loro
amici, era
impossibile rimanere in piedi quando tutto continuava a tremare e
dividersi
attorno a loro. Le foglie dell’albero scuotevano così tanto che alcune
cadevano
sulle loro teste, e Ryo sperò che il tronco fosse abbastanza robusto e
flessibile per non rompersi anch’esso a metà e rovinare su di loro.
All’improvviso, il solco
nel terreno,
che sembrava aver raggiunto due chilometri di lunghezza e svariati di
larghezza, sputò una notevole quantità di gas che si avvolse davanti a
loro in
alte nuvole; furono colpiti dalle goccioline di vapore acqueo caldo,
proprio
come quello che li aveva circondati nella caverna. Quando la cortina di
fumo
cominciò a diradarsi, essi videro cosa stava seguendo: mentre la
superficie
continuava a tremare, un’altra costruzione stava sorgendo dalla faglia
stessa,
scura ed imponente, come se la terra stessa la stesse partorendo.
Rimasero a fissarla
attoniti, le bocche
spalancate e il terrore negli occhi; durò ancora qualche minuto, finché
quella
struttura non emerse del tutto sollevando con sé altra polvere e
vapore. Quando
anche il suolo smise di tremare, il silenzio fu assordante.
Loro stettero seduti ancora
qualche
istante, indecisi e spaventati da un possibile ritorno del terremoto.
Ichigo
stava stringendo una mano di Minto così forte che se la ballerina
avesse potuto
farci attenzione, si sarebbe accorta che il sangue non circolava.
«Cosa cazzo…» Kisshu fu il
primo a
spezzare quel silenzio che fischiava nelle orecchie, sentendo la bocca
secca e
impastata.
«È… fatta di foglie?»
mormorò Minto con
voce sottile.
Ryo si alzò cauto,
rimanendo acquattato,
per poter osservare meglio cosa fosse scaturito dal sottosuolo. Davanti
a loro
si stagliava un’altissima siepe di foglie scure ma apparentemente
ordinate, che
si estendeva come un quadrilatero più di quanto lui potesse vedere, con
al
centro un arco ancora più imponente che aveva tutta l’aria di essere
un’entrata
su un corridoio così buio da essere assolutamente impenetrabile ai suoi
occhi.
Guardò con la coda
dell’occhio Kisshu,
non osando distogliere lo sguardo da quella costruzione: «Kisshu, tu…?»
L’alieno scosse la testa:
«Nemmeno io
vedo a più di un palmo di naso.»
Shirogane deglutì, la gola
arida e
infastidita dalla polvere, scrutando con la fronte aggrottata quella cosa finché non ebbe una specie di lampo
in testa: «È un labirinto,» mormorò piano.
«Cosa?»
«È un labirinto,» ripeté a
voce più
alta, questa volta girandosi verso i suoi compagni di sventura.
«E che ci fa un labirinto
in questo
posto?» domandò Kisshu, dovendo schiarirsi la gola quando la voce gli
uscì più
acuta del solito.
«Potremmo fare la stessa
domanda su di
noi,» mugugnò Minto, alzandosi e scrollandosi la polvere dal
cappottino.
«Forse è la cosa meno
strana che sia
successa oggi,» borbottò Ryo, tirando su di peso Ichigo.
Lei spiò il labirinto da
dietro la
schiena del suo fidanzato, come una bambina timida: «Dite che… dovremmo
entrare?»
«Ceeeerto,
come no,» sibilò Minto con cattiveria, «Come in ogni film horror che si
rispetti dove tutti vengono massacrati, il nostro si chiamerà Quattro deficienti capitanati da una cretina
si addentrano in un misterioso labirinto spuntato dal nulla in una
dimensione
vuota!»
«Sarà spuntato per un
motivo, no?»
rincarò la rossa, «Siamo tornati al punto di partenza ed eccolo lì!
Forse è una
risposta!»
«Santi numi, Momomiya, tu e
i tuo i
motivi…!»
«Abbiamo forse altra
soluzione?» Ryo si
sfregò sovrappensiero la cicatrice che aveva sul collo, lì dove si era
iniettato il siero con i geni del gatto di Iriomote, «Abbiamo esplorato
questo
posto e abbiamo girato in tondo, non vedo molte altre vie d’uscita.
Questa
volta devo dare tristemente ragione a Ichigo.»
«E quando mai…» borbottò
ancora la mora,
incrociando le braccia al petto e arricciando il viso in un broncio.
Kisshu le mise le mani
sulle spalle,
spingendola appena in avanti: «Seriamente, siamo in ballo…»
Si scambiarono tutti e
quattro un’ultima
occhiata, poi con un respiro profondo avanzarono lentamente verso
l’entrata del
labirinto, facendo attenzione a dove mettevano i piedi vista la
ragnatela di
crepe che avevano decorato il suolo. Un vento freddo e umido sembrava
filtrare
dall’entrata, che non accennava a diventare meno buia man mano che si
avvicinavano.
Ichigo rabbrividì e si
strinse le
braccia: «È quasi peggio della caverna.»
«Magari ci sono pure i
fantasmi.»
Lanciò un’occhiataccia a
Minto:
«Vipera.»
Si arrestarono sulla
soglia, cercando di
vedere oltre, inarcando il collo il più possibile per vedere dove
finisse
l’arcata, ma questa sembrava sparire ora oltre la coltre di nuvole
gialline del
cielo.
«Quindi? Cosa facciamo?»
esclamò Kisshu.
Ryo fece un respiro
profondo e strinse
la mano della fidanzata: «Let’s dance.»
Si inoltrarono per il lungo
corridoio,
largo abbastanza perché potessero passare tutti e quattro insieme. Una
foschia
fredda si raccoglieva intorno alle loro caviglie, e sembrava che le
pareti
boscose si chiudessero sopra di loro tanto erano alte, il cielo era
lontano.
Ichigo rabbrividì ancora e
incastrò il
braccio libero sotto quello di Minto, tirandola ancora più vicina sia
in cerca
di calore che di conforto. La mora tentò di rivolgerle un sorrisetto
incoraggiante, ma doveva ammettere che l’ultima volta che aveva provato
un
senso di inquietudine simile, aveva quindici anni di meno e un tubino
azzurro.
Dopo un centinaio di metri
percorsi in
silenzio lungo quel passaggio, la strada si divise in tre direzioni
diverse. Si
fermarono all’incrocio, indecisi sul da farsi, visto che ogni nuovo
sentiero
sembrava assolutamente uguale agli altri.
«Il primo che dice di
separarci, giuro
riceverà un cazzotto,» sibilò Minto, stringendo la presa sulle braccia
di
Ichigo e Kisshu.
«Non c’è dubbio, se ci
perdiamo qua
dentro rischiamo di non trovarci più.»
«Sempre un amore, biondino.»
«Continuiamo dritto?»
propose Ichigo
«Magari arriviamo verso il centro?»
Ryo sembrò pensarci su,
mentre sfiorava
il terreno con il tallone. La polvere che lo ricopriva sembrava
muoversi, fece
un po’ di pressione e segnò una specie di X.
«Non si sa mai,» commentò
nel vedere che
lo stavano osservando curiosi.
Kisshu fece un cenno:
«Dritto sia,
allora?»
Gli altri annuirono, senza
rompere
quella strana formazione ripresero a camminare. Se prima (qualunque
cosa
volesse dire, in quel momento, visto che tutti gli orologi avevano
desistito
dal funzionare) la temperatura sembrava aumentare a un piacevole clima,
più si
addentravano nel labirinto più faceva freddo. Ichigo poteva giurare di
vedere
il respiro condensarsi in piccole nuvolette, e sapeva che ancora un po’
e
avrebbe iniziato a battere i denti.
«Quanto sarà grande?»
sussurrò Minto
dopo un po’, «Abbiamo camminato di meno prima, fuori.»
Kisshu la guardò e scosse
la testa,
capace solo di lasciarle un bacio in fronte.
Era tutto così silenzio,
così
inquietante e destabilizzante, che nessuno di loro osava emettere fiato
più del
dovuto. Quando si trovavano ad un bivio, decidevano con sguardi e cenni
della
testa, non potendo ammettere nemmeno a loro stessi che ad ogni nuova
curva
perdevano sempre un po’ di speranza.
Ichigo si stava già
maledicendo
internamente per quell’ennesimo pasticcio, quando avvertì qualcosa strisciarle sulla schiena, la
stessa sensazione che aveva
provato dopo essere caduti nel buio dalla grotta, e lo strillo che le
scappò riecheggiò
tra le pareti.
«Ma sei impazzita?» le
soffiò Minto
fulminandola con lo sguardo, scuotendosi il braccio che faceva male
dopo il
salto che Ichigo aveva fatto, scappando via.
«Giuro che qualcosa mi ha
toccato!»
replicò lei «Come prima!»
«Magari era solo un
ragnetto,» commentò
Shirogane.
La rossa scosse la testa,
mentre faceva
un buffo balletto sul posto come per scrollarsi qualcosa di dosso: «No,
no, no,
era qualcosa. Che scivolava.»
Minto, nonostante cercasse
di mantenere
un minimo di razionalità, si spostò davanti a Kisshu così da prevenire
che
qualsiasi cosa potesse prendere anche lei alla schiena: «Sta per
venirmi una
crisi di nervi.»
In quello stesso istante,
un guizzo
dorato sgusciò tra di loro, passando a pochi millimetri dalle gambe di
Ryo che
fece un nervoso salto all’indietro.
«Ecco!» esclamò concitata
Ichigo, «Avete
visto, vero?!»
Gli altri mormorarono in
assenso, più
confusi di prima, poi Kisshu vide quel lampo tornare a tutta birra
verso di
loro e si spostò appena in tempo, portando Minto con sé.
«Ma porc…!»
«Magari è un patronus!»
Tre paia di occhi si
posarono su Ichigo,
che arrossì fino alle radici dei capelli: «… dicevo per dire.»
«Un po’ insistente, questo
coso,» Ryo
continuava a guardarsi intorno per vedere se sarebbe riapparso una
terza volta.
«Non mi piace,» bofonchiò
Minto, che se
avesse potuto salire in braccio di Kisshu l’avrebbe fatto, «Non mi
piace per
nulla.»
«Iiiiiichiiiiigooooo,»
la voce della mora rimbombò acuta per il labirinto, la sua
padrona e la
suddetta che sbiancarono contemporaneamente.
«N-non sei simpatica,»
bisbigliò la
rossa, che era saltata al collo di Ryo.
«Non sono stata io!»
«Miiiiintooooooo!»
Lei si rannicchiò ancora di
più contro
Kisshu, che la strinse forte nel sentire la propria voce come alzata di
tre
toni e tinta da qualcosa di ostile.
«No, no, no, è come prima,»
Ichigo si
lamentò e nascose il viso contro il petto di Shirogane, coprendosi le
orecchie
con le mani per non dover sentire.
«Rrrrrrryooooo,»
gracchiò la sua voce, pungente e rumorosa.
Il lampo di luce dorata
riapparve,
seguito da altri tre che iniziarono a correre attorno a loro,
aggrovigliandosi
e aumentando la velocità.
«Kiiiiiisshuuuu!»
«Vaffanculo,» mormorò lui.
I quattro lampi si
raccolsero davanti a
loro e cominciarono a vorticare velocissimi, come richiamando a sé
altri
bagliori più piccoli. Un vento deciso di levò dal fondo del labirinto,
scuotendo le foglie e i loro vestiti e costringendoli a socchiudere gli
occhi
mentre non riuscivano a distogliere lo sguardo da quella colonna
luminosa che
continuava a roteare senza sosta. Poi, questa esplose all’improvviso
senza
emettere un suono ma abbagliandoli proprio come era successo quando
erano
caduti in quella strana dimensione.
Quando poterono riaprire
gli occhi,
sbattendo le palpebre per riabituare la vista e scacciare ogni granello
di
polvere, si raggelarono.
Al posto del grumo di luci,
c’era una
donna, seduta su un trono nero sospeso in aria sopra quelle che
sembravano
nuvole scure. Aveva il viso affilato, la pelle chiarissima e ciglia
nere lunghe
quasi quanto i capelli corvini liscissimi che fluttuavano appena
attorno a lei,
una frangetta a sfiorarle gli occhi. Era vestita di un abito nero che
sembrava
di pizzo e seta e che le arrivava fino ai piedi, cingendole
morbidamente la
vita e coprendole le mani dalle dita sottili. Dietro di lei, un paio di
enormi
ali nere riposavano minacciose.
Li guardava, una guancia
appoggiata ad
un pugno e un accenno di sorriso sulle labbra porpora, che però non
prometteva
nulla di buono.
Ryo avvertì un brivido
lungo la schiena,
un senso di déjà-vu che l’aveva colto anche quando aveva visto il
labirinto, ma
avrebbe voluto stropicciarsi gli occhi e pizzicarsi un braccio per
essere
sicuro che quello non fosse tutto un incubo. La presa soffocante di
Ichigo sul
suo braccio, però, era un’ancora sufficiente a quella situazione.
La donna sbuffò,
ridacchiando si sporse
appena in avanti e parlò con voce calda e sensuale: «Il gatto vi ha
mangiato la
lingua?»
Ichigo pigolò spaventata e
si nascose
ancora di più dietro a Ryo, mentre Minto, raccogliendo tutto il suo
coraggio e
gli anni e anni di galateo, fece un respiro profondo e un passo avanti:
«Ci
scusi,» mormorò, «Noi non… sappiamo esattamente cosa stia succedendo,
né dove
siamo.»
«Siete nel mio
mondo, Minto Aizawa,» la donna si riappoggiò allo schienale del
suo trono ed incrociò le gambe, facendo dondolare appena un piede che
era
coperto da una scarpa nera lucida col tacco a spillo, intanto che la
mora trasaliva
nel sentire il suo nome, «Direi che non siete certo qui per una
passeggiata.»
«Siamo… finiti qua
attraverso una
caverna a Gea, e -»
«Sì, sì, sì, lo so come ci
si arriva,»
la donna sventolò una mano davanti al viso con aria annoiata,
guardandosi poi
le unghie laccate di nero, «Non che abbiate ricevuto un invito.»
«Ci dispiace,» intervenne
anche Ryo, «Non
era nostra intenzione disturbare.»
Lei lo scrutò con interesse
da capo a
piedi, inarcò appena un sopracciglio e piegò un angolo della bocca: «E
quali
erano le vostre intenzioni, Ryo Shirogane, sentiamo.»
«Qualcosa mi dice che le sa
già,»
bofonchiò sottovoce Kisshu prima di ricevere una gomitata nello stomaco
da
Minto.
«Sappiamo della leggenda!»
Ichigo, tutto
l’impeto improvvisamente recuperato, si lanciò in avanti, «Quella che
dice che
la caverna può portare al centro di tanti universi!»
La donna la osservò per
qualche istante,
poi lanciò la testa all’indietro e rise rumorosamente, le ali che si
aprirono
al contempo: «Ah, ragazzina, non credevo avresti avuto tanto fegato.»
La rossa aggrottò la
fronte, confusa e
risentita: «I vostri nomi li sa e io sarei ragazzina?»
«In confronto a me siete
tutti
ragazzini,» l’aveva sentita nonostante stesse ancora ridendo, si piegò
in
avanti come per darsi la spinta e con un battito d’ali scese da quel
trono
fluttuante, volteggiando verso di loro senza toccare per terra in una
maniera
che ricordava molto gli alieni.
Quando si fece più vicina,
poterono
notare quanto fosse alta, quasi imponente su di loro, che
indietreggiarono
appena, spaventati. Anche con i piedi poggiati per terra, e
probabilmente senza
quei tacchi, era di parecchi centimetri più alta di Shirogane, e la
figura
longilinea non faceva che aumentarne l’altezza.
«Quindi, Ichigo
Momomiya,» domandò con voce bassa, girando intorno a lei e
Ryo e sfiorandole una ciocca di capelli rossi, facendola squittire
piano, «Cos’è
la cosa che più vorresti chiedermi?»
La rossa deglutì, il
pollice sinistro
che andò a sfiorare l’anello sulla sua mano: «Noi… noi ci dobbiamo
sposare e…
vorremo sapere se… se anche in altri universi noi…»
Gli occhi viola scuro della
donna furono
attraversati da un lampo di rabbia, si coprì la bocca con la mano e
ridacchiò: «Oh,
che sciocca, sciocca ragazzina.»
Ryo prese la manica del
cappotto della
sua ragazza e la tirò piano indietro, incerto di quella donna
misteriosa.
«Lei sa tutti i nostri
nomi, ma noi non
sappiamo il suo,» esclamò con tono antagonista.
Lei lo guardò, piegò la
testa da un
lato: «Non si va a casa degli sconosciuti, solitamente, difatti.»
«È stato un incidente,»
borbottò Kisshu,
e la sconosciuta si voltò di scatto verso di lui, un’espressione
illeggibile in
volto.
«Oh, no, no, no, Kisshu
Ikisatashi,» lo
ammonì, «Voi sapevate esattamente cosa
volevate.»
Fluttuò ancora tra di loro
come se
stesse passeggiando, i lunghi capelli neri che ondeggiavano dietro di
lei fino
quasi a sfiorare il pavimento, in movimenti sinuosi come quelli di una
tigre.
«Non vi è dato sapere il
mio nome,»
esclamò poi con verve teatrale piroettando verso di loro e aprendo le
braccia, «Non
ne siete sicuramente degni.»
Minto aggrottò le
sopracciglia, già
scocciata dall’atteggiamento di quella tipa, ma ben consapevole che
doveva starsene
zitta e buona, temendo che potesse anche leggere nella loro mente o
qualcosa
del genere, visto quanto la situazione fosse paradossale. E dire che
loro ne
sapevano qualcosa di situazioni improbabili.
La donna si riaccomodò sul
suo trono e
ricominciò a controllarsi le unghie: «Allora, vi siete annoiati in
questi
quindici anni senza Deep Blue e avete deciso di rimettere un po’ di
azione
nelle vostre vite?»
Rimasero tutti basiti,
ancora ingenui
riguardo le reali capacità di quel personaggio.
«Come fa a…»
«Oh, per favore,
Shirogane,» lei alzò
gli occhi al cielo, quasi offesa, «Io so tutto.
E intendo, tutto. Certo, a volte è
un
po’ difficile per la mia povera memoria, ma non perdo certo i colpi.
Non sono
una comune mortale.»
«È tipo te all’ennesima
potenza,»
sussurrò Kisshu all’orecchio della sua ragazza, ricevendo l’ennesima
gomitata
nello sterno.
«E dire che pensavo aveste
imparato a
non scherzare col fuoco,» continuò, con aria disinteressata.
Ichigo si fece ancora
avanti: «Allora
quello che… che noi vorremmo fare è… possibile?»
La sconosciuta la fissò:
«Possibile…
forse. Semplice… mai.»
«La prego!» esclamò la
rossa «Siamo
venuti fino a qua!»
«Tu mi preghi?» quando alzò
la voce,
sembrò che la coltre scura attorno alla donna si intensificasse, «Ah,
sciocca! Viaggiare
attraverso i mondi non è affatto una cosa facile, né da permettere a
chiunque! Cosa
credi, che sia come andare in aereo con il tuo prezioso fidanzatino?»
schioccò
la lingua con boria e fastidio, «Ecco i motivi per cui la vostra razza dovrebbe estinguersi, voi così
presuntuosi e poco scaltri.»
«Continuiamo a farla
arrabbiare, mi
raccomando Ichigo,» disse sarcastica Minto sottovoce, allontanandosi di
pochi
passi.
Ryo guardò il trono su cui
era seduta la
donna, osservandone gli intricati decori che rassomigliavano a fiori,
il
piedistallo dello stesso colore che appariva e spariva tra la nebbia
scura.
«Yuuko,» affermò
all’improvviso, e lei
piegò il viso verso di lei con un sorriso tra il soddisfatto e
l’inquisitivo. Lui
accennò alla base dello scranno: «È il suo nome, vero, quello inciso
lì?»
Lei rise divertita: «Uno.
Ah, Shirogane,
la ami così tanto da fare anche questo per lei, vero?»
Con un balzo volò fino al
ragazzo,
portandosi ad un palmo di naso da lui, arrotolandosi una ciocca nero
inchiostro
sul dito.
«Vuoi realizzare tutti i
suoi sogni perché
tu sei quello giusto, non è vero?»
continuò a ridere nel vedere l’espressione risentita dell’americano,
parlava
scandendo una parola alla volta «Vuoi che anche lei sia sicura
perché tu hai sempre avuto i tuoi dubbi, nonostante tutto
questo tempo.»
Ichigo lanciò un’occhiata
di soppiatto
al suo fidanzato, ma lui continuava a sorreggere lo sguardo della
donna, i
pugni chiusi stretti lungo i fianchi.
«Questa cosa si può fare o
no?» chiese a
denti stretti.
Yuuko si incamminò lenta,
muovendo i
fianchi: «Voi umani sottovalutate
molte cose, sapete – sì, anche tu, Ikisatashi, non pensare di essere
meglio di
loro. Posso leggerti meglio di chiunque altro.»
Una lunga bacchetta nera,
di quelle che
servivano a reggere una sigaretta, apparve tra le dita della donna con
un
movimento di polso, poi un fumo sottile ne uscì senza che ce ne fosse
effettivamente una.
«Il viaggio tra i mondi
comporta tante, tante cose. Non
sempre se ne esce, non
sempre è bello,» si fermò, la mano libera sul fianco, «E se vedeste
solo cose
che non vi piacciono?»
Ichigo trasalì, punta sul
vivo, ma alzò
il mento con fare tenace: «Siamo venuti qui per questo.»
«Mmmm, chissà se sei
coraggiosa quanto
le tue parole, Momomiya,» la nuvoletta di fumo grigio si infranse
contro il
viso tondo della rossa, «O hai esaurito il tuo coraggio tanti anni fa?»
«Senta, bellezza,
smettiamola con tutte
queste domande filosofiche e andiamo al punto: prima possiamo andare a
farci un
giro tra cugini, prima possiamo cavarci dalle palle, non credi?» sbottò
Kisshu,
che continuava ad avere i nervi a fior di pelle ogni volta che Yuuko
apriva
bocca.
Lei lo guardò arricciando
il naso,
soffermandosi nell’osservare come si poneva davanti a Minto.
«Sei un altro votato al
sacrificio,
Ikisatashi,» sentenziò, «E sei bravo a rimbalzare dalle situazioni
spiacevoli.»
Lui la guardò confuso da
quelle parole,
aggrottando la fronte esattamente come la sua ragazza, che sentiva lo
stomaco
stringersi sempre di più.
La donna lanciò i lunghi
capelli dietro
di sé, e riprese a camminare in un largo circolo intorno a loro: «Come
dicevo,
il viaggio tra diverse dimensioni comporta tante cose. Potreste vedere
di
tutto, potreste non vedere niente. Potreste avere più risposte che
domande, o
viceversa. Alcuni decidono anche di non tornare più,» ridacchiò con
felicità,
quasi fosse una bambina che contrastava con l’aspetto da adulta
sensuale, «Alcuni
trovano ciò che cercavano, altri lo perdono per sempre. E voi, che
siete sempre
così devoti e succubi alle emozioni… i vostri viaggi sono sempre
interessanti.»
Si avvicinò ad una parete e
la toccò; da
essa emerse una rosa rossa dai larghi petali, che raccolse e annusò
felice.
«Ah, le vostre prove d’amore! Secoli e secoli di storia,
per quanto possano essere
piccoli, e cascate sempre tutti lì,» ridacchiò, fece cadere la rosa a
terra e
questa annerì di un colpo, essiccandosi, «Amore, affetto, passione…
potreste
trovare tutto questo, e tutt’altro,» fluttuò dietro Kisshu e gli
appoggiò una
mano sul petto con fare lascivo, ridacchiando dell’espressione
scocciata di Minto:
«Gelosia, il vostro grande nemico, rabbia, dolore, confusione. Dipende
tutto
dalla vostra fortuna.»
Si allontanò di scatto, li
guardò da
sopra la spalla: «Quindi dite che dovrei permettervelo?»
Ryo scosse la testa, aprì i
palmi quasi
sconsolato: «Abbiamo forse altre vie di uscita?»
«C’è sempre
una via d’uscita,» rispose lei misteriosa, «Ma non sempre
potete trovarla.»
«Per favore, altrimenti il
nostro
viaggio sarà stato inutile!» disse Ichigo.
Yuuko piegò di nuovo la
testa: «Vuoi
sempre tutto, Momomiya, sei sempre stata così. Che fortuna trovare
persone che
ti sostengano sempre… o forse no.»
«Io non…»
Ma Yuuko sorrise, un
sorriso inquietante
che le illuminò gli occhi scuri e le distese le labbra, un battito
d’ali che
sollevò la polvere attorno a loro: «Sarà divertente!»
Poi stese il palmo davanti
a sé, e
soffiò.
E loro ricominciarono a
cadere.
Videro
automobili sfrecciare nel mezzo della notte.
Videro
feste, lacrime, sorrisi.
Videro
cellulari che squillavano di sorpresa, di nascosto.
Videro
vecchie foto, vecchi ricordi, vecchi luoghi.
Videro
riflessi diversi, eppure così spaventosamente simili.
Poi,
non videro più nulla.
§§§
Buonaseraaaa mie dolci
fanciullezze! Finalmente anche il Prologo è finito e posso
sbizzarrirmiiiii yeeee :D
Spero vi sia piaciuto
e vi abbia chiarito un po' le idee. :3 Avete visto chi è
tornataaaaaaaa? :D
Per chi non è
Matusalemme come me, la cara Yuuko non solo è #copyright delle
magnifiche, incredibili Clamp, ma era già spuntata in Maze, una storia
di credo dieci anni fa. :3 Sono ripetitiva, lo so, ma io l'adoro! Anche
se qua è sicuramente più maligna :3 E, se volete posso anche dirvi che
tornerà nell'epilogo!
Ma per quello dovrete
aspettare. Ora, ve lo ridico in caso non sia stato chiaro quindi
ATTENCION PLIS: tutti i mondi in cui loro vanno sono e saranno
pubblicati come singole AU che verranno aggiunte alla serie, così da
poterle sia leggere per conto loro, che come un unicum! Quindi stateci
dietro!
Nei prossimi giorni
magari farò un indice che metterò qua, e posterò qualcosa in pagina FB.
In ogni caso, chiedete pure :)
Grazie a chi legge,
commenta, preferisce, ecc ecc - ci tengo sempre molto e mi fate sempre
felice, lo sapete!
A presto e buon
weekend <3
Hypnotic
Poison
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3701147
|