Prologue - The one where we're together

di Hypnotic Poison
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***



Capitolo 1
*** Indice ***


A Thousand Worlds To Break Our Hearts
 
 
 
 
 
 
I.             Prologue: The one where we’re together                    
II.           World One: The one with two years of silence
III.         World Two: The one with the family reunion
IV.         World Three: The one with the 2 AM phone call
V.         World Four: The one where our song plays
VI.         World Five: The one with the wedding cakes

 

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


PROLOGUE: THE ONE WHERE WE’RE TOGETHER
 
 
 
 
 
 
«L’ultima volta che ti ho visto col naso così infilato in un libro, stavi leggendo quello scempio di Cinquanta sfumature, arrossendo come una bambinetta. Spero tu non stia ripetendo l’errore.»
Ichigo alzò sdegnosa lo sguardo verso Minto, che stava infilando le ultime cose in borsa mentre usciva dallo bagno del Caffè: «Sto aspettando Shirogane-kun,» replicò piccata, «E per tua informazione noooo, sto leggendo una bellissima storia d’amore!»
La mora alzò un sopracciglio, ancora poco convinta: «Hai detto così anche quella volta.»
«In pratica c’è questo ragazzo che si innamora di una ragazza -»
«Ma dai?»
«… solo che lui viene catturato, durante una tempesta, da una specie di fulmine quanto-qualcosa, perché lui lavora in un laboratorio ipertecnologico di, mmm, qualcosa che ha che fare con le particelle -»
«Dio mio, non coprirmi così di tecnicismi, potrei morire.»
«- e viene catapultato in un mondo che non è il suo ma è quasi come il suo, solo che lui e lei non stanno insieme quindi vuole tornare da lei perché è il suo grande amore, quindi tutte le volte deve trovarsi in quello stesso giorno in quello stesso laboratorio e cercare di tornare a casa,» Ichigo fece un gran sospiro, gli occhi sognanti, «Ah, che cosa romantica!»
«Che concetto trito e ritrito, e che stupro della fisica, vuoi dire,» Ryo salì in quel momento dal laboratorio, scuotendo la testa divertito.
«Ma vi state coalizzando contro di me, per caso?»
«Dove sarebbe la novità?»
Gli altri due risero mentre Ichigo faceva il suo solito broncio da bambina, che dopo tutto quegli anni sembrava proprio non voler abbandonare.
«Be’, a me piace! E non è la solita storia. Poi perché devi sempre ridurre tutto alla fisica e la chimica e gnegnegne
Ryo rise, le si avvicinò per darle un bacio sulla testa: «Perché è così, ginger,» le batté le nocche sulla spalla, «In fisica moderna, il multiverso è un'ipotesi che appunto postula l'esistenza di universi coesistenti fuori del nostro spaziotempo, o dimensioni parallele, ed è possibile conseguenza di alcune teorie, come la teoria delle stringhe.»
La rossa alzò gli occhi al cielo mentre si alzava e raccoglieva le sue cose: «Non ricominciare con queste stringhe.»
Lui le avvolse un braccio intorno alle spalle, rivolgendosi alla mora: «Ti serve un passaggio, Minto?»
Lei controllò l’orologio: «No, grazie. Vi accompagno fuori, Kisshu dovrebbe arrivare a breve. Da quando fai andare via le cameriere così presto?»
«Eravate voi le scansafatiche che finivano sempre tardi, le nuove ragazze sono molto brave.»
«O forse qualcuno voleva che Ichigo non se ne andasse mai.»
«E smettila!»
«Tanto tu andavi sempre via prima per un impegno o per un altro.»
«Ringrazia che le mie feste tutt’ora fanno faville per il vostro catering, visto quanto ti sta costando far contenta Ichigo che si è riscoperta principessa nel castello tutto ad un tratto.»
«Sai che principessa sei tu?!»
«Oh-oh, sono arrivato al momento giusto!» Kisshu raggiunse i tre in quel momento, un ghigno divertito stampato in volto, «Potrei avere input molto interessanti per la conversazione.»
Minto gli lanciò un’occhiata gelida: «La conversazione verteva sul fatto che Ichigo, alla veneranda alba dei trenta -»
«Ventotto!»
«- ancora crede alle favole d’amore intergalattiche.»
L’alieno alzò un sopracciglio, incuriosito: «Be’, un po’ come la nostra allora.»
La rossa lanciò le braccia in alto, trionfante: «AHA! Allora chi ha avuto ragione per tutto questo tempo?»
«Oh, ma per favore.»
Kisshu continuò a ridere e avvolse con le braccia la mora, mentre Ryo riagguantò la sua fidanzata per un polso e cercò di riprendere il cammino.
«Comunque, intergalattico e multiverso sono due cose diverse.»
«Non ti azzardare a rovinare questo momento di gloria, Shirogane, o torni a casa da solo.»
«Guarda che la macchina è mia.»
Continuarono a camminare verso i rispettivi veicoli, quando Ichigo aggrottò la fronte: «Kisshu, ma voi non eravate in grado di creare dimensioni parallele?»
«Mmmh… più o meno,» il verde si grattò la nuca, «In realtà era Pai il maestro. Ma erano dimensioni parallele ma ancora a stretto contatto con il nostro mondo, ed erano piccole e di poca durata… un po’ come delle bolle, vuote. Niente di particolarmente impegnativo, almeno per le mie capacità, non erano certo interi mondi. Nessuno ha mai provato che ne esistano di paralleli al nostro, in fondo. E il vostro pianeta ancora deve scoprire che esistono altri pianeti più o meno simili, figuriamoci cosa sareste in grado di fare se scopriste anche altre dimensioni.»
«Watch it
«Non puoi negarlo.»
«Okay, capito,» Ichigo si scrollò nelle spalle, «Dovreste davvero rivedere le nozioni base del romanticismo.»
«Io sono estremamente romantico, micetta, non è vero tortorella?»
«Dipende dalla gravità del danno che hai combinato.»
«Crudele. E bugiarda.»
«Io credo molto di più a Minto che a te.»
«Ricordati che le piacciono di più i cani.»
«Smettetela,» Ichigo rise, prendendo a braccetto anche la sua migliore amica, «Che ne dite se andiamo a mangiarci qualcosa tutti insieme? Io ho fame.»
«E dov’è la novità?»
«Lo prendo come un sì.»
Ichigo li trascinò in un nuovo ristorante che aveva voluto provare per mesi, e rinfacciando loro quanto l’avevano tutti fatta aspettare troppo per andarci, e si lasciò trascinare dall’allegria e dalla scioltezza che solo amici da quasi tredici anni potevano condividere, cullata dalle risate e da quei due bicchieri di vino che si concessero. Un pensiero, però, continuava a ronzarle fastidioso in un angolino del cervello, dove si era infilato prepotente e curioso, solleticando la parte adolescente di lei. Nemmeno lei capiva perché le fosse rimasto così tanto impresso, eppure…
Qualche ora dopo, mentre si struccava e si infilava la camicia da notte più comoda che aveva, si ritrovò a pensarci ancora, rigirandosi l’anello che le adornava l’anulare.
«Ryo?» domandò, cercando di suonare casuale ma ben sapendo che lui, nonostante si fosse già infilato tra le lenzuola e i suoi tre cuscini con un libro, non ci sarebbe cascato.
«Yes, ginger?»
«Secondo te…» Ichigo uscì dal bagno e si avvicinò lentamente al letto, mordendosi il labbro, «Secondo te, noi staremmo insieme anche in altri universi?»
Il biondo alzò gli occhi al cielo, esalando esasperato: «Dio mio, Ichigo, e questa da dove ti esce?»
«Boh, così…» lei gattonò sul letto, il viso corrucciato e un po’ mogio, «Ci stavo pensando dopo tutti i discorsi di oggi, e visto che…»
Lo sguardo di lui si diresse verso l’elegante ma vistoso diamante: «Ti sta venendo ansia?»
La rossa fece una smorfia: «Nooo, però… lo sai come sono fatta.»
Lui rise e l’agguantò con un braccio, solleticandole la pancia: «Sei una gattina curiosa, paranoica e decisamente troppo fantasiosa. Perché non hai preso tutti questi spunti leggendo Cinquanta sfumature?»
«Ehi! Devo smetterla di portarti fuori a cena con Kisshu.»
Ryo rise ancora e le baciò la punta del naso: «L’unica cosa che so, kitty cat, è che l’unica cosa che conta è essere riuscito a farti dire di sì in questo mondo. Soprattutto dopo tutto il tempo che mi ci è voluto.»
«… eri partito bene, sei scivolato sul finale.»
«Nemmeno Christian Grey era romantico.»
«Ma la volete smettere con questa fissa? Non mi è nemmeno piaciuto quel libro!» si accucciò accanto a lui, godendosi il tepore del suo corpo, «Quindi… non ti chiedi mai come sarebbero le cose se qualcosa fosse andato in maniera diversa?»
L’americano sospirò, non proprio voglioso di proseguire quella conversazione, ma l’accontentò lo stesso: «Certo che me lo chiedo. Mi basta ripensare a com’erano le cose quando ci siamo conosciuti, o prima che tornassero gli Ikisatashi.»
«E quindi?»
«E quindi non mi interessa,» Ryo le diede un buffetto sul naso, «Te l’ho detto, l’unica cosa che mi interessa è qui e ora. Con te.»
«E se sapessimo che in un altro universo non sarebbe così? Che forse non sarebbe destino?»
«Fuck that. È questo che voglio, e quello per cui mi impegnerò. Ci sono troppe variabili, in infiniti e possibili mondi paralleli, per poter determinare come sarebbero le cose. Ma, ripeto, non me ne importa niente se tu sei qui ora.»
Ichigo sembrò pensarci su: «Okay, ora sei fin troppo romantico.»
Lui rise, e le diede un bacio in fronte: «Ora dormi, prima che quel tuo cervellino scoppi per tutti questi viaggi che si fa.»
«Buonanotte,» la rossa sprofondò tra i cuscini, aggiustandosi contro di lui, ma non chiuse gli occhi. Lanciò ancora un’occhiata fuori dalla finestra, la luna che brillava tra le tende dischiuse, poi un’altra al suo anello; arricciò le labbra, e solo allora decise di dormire.
 
**
 
 «Ichigo, che ne dici di questo?»
«Non so, mi sembra un elettrodomestico abbastanza complicato.»
«… è un’impastatrice.»
«Ci pensa già Akasaka-san a fare abbastanza dolci.»
«Guarda che stanno finendo gli oggetti papabili per questa benedetta lista nozze.»
«Lo sooooo… infatti non capisco perché non possiamo chiedere a Shirogane-kun!»
«Perché lui probabilmente sceglierebbe solo Lego di Star Wars e pezzi di ricambio per la moto.»
Ichigo rise e continuò a far girare la rotellina del mouse per scorrere il catalogo del negozio che Minto le aveva sapientemente indicato, una guancia appoggiata alla mano e ormai la noia che l’assaliva.
«A me questi servizi di piatti sembrano tutti uguali. E poi ne abbiamo già un sacco di piatti.»
«Ma questi sono di ceramica italiana,» Minto aveva gli occhi che brillavano, «Non vedi la differenza tra il color avorio di questi e il bianco di questi altri? Poi guarda che decoro raffinato, mica puoi usarli tutti i giorni! E poi questi hanno anche il servizio da dolci incluso, e…»
Ichigo si perse, la voce dell’amica che svaniva in sottofondo e la sua mente che ricominciava a vagabondare per altri lidi come aveva fatto in quegli ultimi giorni. Si divertiva a organizzare il suo matrimonio, ma fino ad un certo punto; lei non era una fanatica della progettazione come Minto, né tantomeno un’entusiasta di tutti quei dettagli e di quegli addobbi per lei quasi inutili. E proprio non riusciva a scacciare certi discorsi dalla sua mente.
«Minto-chan?» chiese tutto ad un tratto.
La mora la guardò, un sopracciglio alzato e l’aria appena piccata per essere stata interrotta: «Dimmi.»
Ichigo mosse appena le dita della mano sinistra, fissando il suo anello riflettere la luce: «Tu non vorresti sapere se tu e Kisshu-kun stareste insieme in altri mondi?»
L’amica rimase qualche secondo basita dalla domanda, poi sbuffò: «Ma dillo allora che la tua è una fissa.»
«Tanto se dici di no, non ti credo.»
«Sono certa che qualche versione di me, se esiste, è stata abbastanza saggia da non infilarsi nel pasticcio che è Kisshu Ikisatashi.»
Ichigo alzò gli occhi al cielo, guardandola con un ghigno: «Puoi sempre lasciarlo.»
«E buttarlo in pasto così facilmente a tutte quelle scostumate che gli fanno gli occhi dolci? Non credo proprio.»
La rossa rise, poi il suo sguardo ritornò perso: «Eppure vorrei saperlo. Mi farebbe sentire più… calma.»
Minto aggrottò la fronte e posò una mano su quella dell’amica: «Tutto bene? Non dirmi che hai dei dubbi su ciò che quella povera anima di Shirogane prova per te, né puoi toglierti quella faccia da pesce lesso che fai tutte le volte che è a venti metri da te.»
Ichigo sorrise, radiosa, rivolgendole una linguaccia: «Non ho il minimo dubbio, solo… curiosità. Ci siamo trasformate in mutanti, vuoi davvero dirmi che non c’è un modo per scoprire questa cosa?»
«Cosa?»
Taruto, ormai venti centimetri più alto e largo di entrambe e una potente voce da baritono, comparve alle loro spalle senza che se ne accorgessero, facendole sobbalzare.
«La devi smettere di fare così, mi farai prendere un infarto!» sberciò Ichigo, la mano sul cuore, «Quand’è che torna Purin dalla Cina, così la smetterai di aggirarti per il Caffè come un’anima in pena?»
«L’unica ragione per cui ti verrà un infarto sarà perché sei una vecchiaccia,» la prese in giro il ragazzo, «E comunque sono venuto per accompagnare Retasu-san, Pai aveva ancora un po’ di lavoro da sbrigare.»
«E dov’è finita?»
Il minore degli Ikisatashi ghignò: «In cucina, ad aggirare la sorveglianza di Pai insieme a Kisshu.»
Minto emise un gemito esasperato e molto poco elegante quando vide il suo fidanzato uscire dalla cucina con un vassoio ricolmo di bignè e piccola pasticceria.
«Non è tutto per me!» si giustificò subito, vedendo lo sguardo della mora, mentre lo appoggiava al centro del tavolo che stavano occupando e si sedeva, «Ne ho presi per tutti!»
«Ma io sono a dieta,» si lamentò piagnucolosa Ichigo.
«Lo so,» replicò furbo il verde, ingollando subito un pasticcino allo zabaione.
Gli altri risero sommessi, occupando i posti rimasti e iniziando a chiacchierare e a “consultare” Ichigo sulle scelte dei regali – e facendo venire solamente mal di testa a Minto.
«Quindi di cosa stavate parlando prima?» domandò poi Taruto, incrociando le braccia dietro la nuca e rilassandosi sulla sedia, «Sembravate così impegnate a confabulare.»
«Taruto-chan, non essere indiscreto,» lo riprese materna Retasu.
«Stavamo parlando delle balzane idee di Ichigo, sai che novità,» commentò Minto.
«Non sono balzane! Sono solo idee!» si difese la rossa, «Ho solo detto che, visto tutto quello che abbiamo dovuto affrontare tra mutazioni genetiche, alieni, astronavi -» abbassò la voce per non farsi sentire dalle cameriere che scivolavano veloci per il locale e che ancora erano all’oscuro della realtà del piano inferiore del Caffè «- mostri e guerre contro esseri non umani, sarebbe molto bello se potessimo anche vedere cosa succede in dimensioni parallele!»
Kisshu e Minto esalarono sconfitti nello stesso momento, memori della cena di qualche giorno prima, mentre Taruto sbatté le palpebre un paio di volte: «Be’, in realtà… hai provato a chiedere a Pai?»
Ichigo lo guardò come se le avesse appena rivelato che il Sole fosse in realtà blu: «Come dici, scusa?»
Il fratello maggiore tentò di intervenire, ma il moretto continuò: «Sì, nel nostro pianeta c’è questa specie di storia che dice che in una delle vecchie caverne sotterranee in cui vivevamo prima di trovare la Mew Aqua, c’è una specie di passaggio segreto che ti porta al centro di altri universi.»
«Ovviamente è solo una favola,» intervenne veloce Kisshu, «La raccontavano quando eravamo piccoli per spaventarci, perché c’è la solita strega cattiva che ti mangia se ti avvicini troppo.»
«In effetti è un posto un po’ inquietante, tutto buio e pieno di fumo, c’è del vapore naturale lì in giro.»
Ichigo continuò a fissarlo con gli occhi sgranati: «Tu ci sei andato?»
Taruto arrossì: «… mi ci sono avvicinato solo una volta, per una prova di coraggio con gli altri, nell’esercito. Ovviamente, la mamma non lo sa,» aggiunse, guardando il fratello.
Kisshu alzò le mani: «Non saresti mica l’unico.»
«E… perché dovrei chiedere a Pai?»
«Perché Pai una volta è andato a raccogliere qualche campione di vapore là dentro, per vedere se fosse fattibile utilizzarlo o meno. Alcuni gradi alti dell’esercito ogni tanto vanno a farci qualche esperimento tutt’ora, e una volta il poco calore che riuscivamo ad avere nelle caverne veniva da là.»
«Oh, santo cielo,» commentò a bassa voce Minto nel vedere la faccia entusiasta di Ichigo.
«Quindi esiste davvero!?»
«La caverna sì, ma il resto è una leggenda, Ichigo-chan,» cercò di tagliare corto Kisshu, «Non puoi pensare davvero che -»
«E tu che ne sai! Magari è tutto vero! Retasu! Quando arriva Pai?»
La verde esitò: «Uhm, mi ha detto tra cinque minuti…»
La rossa scattò in piedi e corse al piano di sopra, dove sapeva avrebbe trovato il suo fidanzato.
«L’abbiamo ufficialmente persa,» commentò Minto, «Questo matrimonio le sta facendo male.»
«Poi non lamentarti che io non ti faccio certe proposte, visto come vi riducete.»
«Vai a quel paese, Ikisatashi.»
Un deciso scalpicciare indicò loro che Ichigo stava strattonando un Ryo palesemente controvoglia nel salone principale, la sua voce concitata che copriva i tentativi del biondo di ricordarle quanto in realtà fosse impegnato.
«Mi dici sempre che leggere fa bene!»
«I swear to God I’ll shut up from now on.»
« - dobbiamo solo capire dove sia, e poi possiamo andare a vedere, basta solo chiedere a … PAI! »
Il suddetto si bloccò sulla soglia dalla quale era appena entrato, l’aria di chi si stesse già pentendo della scelta, conscio anche di tutti gli occhi della clientela che si erano fermati su di lui dopo quello strillo.
«Sì?»
Ichigo strinse così tanto il braccio di Ryo che lo fece sobbalzare: «Riunione d’emergenza in cucina, subito!»
Un gemito generale si levò dal tavolo a cui tutti erano riuniti.
«Ichigo ma tu sei impazzita.»
«Datele un calmante, Shirogane diamine impegnati!»
Lei li ignorò tutti e marciò oltre le porte bianche, sorridendo contenta a Keiichiro e battendo le mani. «Siete pronti?!»
Retasu cercò di sorriderle: «Ichigo-chan, perché non bevi una camomilla?»
«Nonono, non c’è tempo! Pai, ci devi assolutamente spiegare la storia della caverna e degli universi!»
Il viola rimase perplesso qualche secondo, poi si voltò gelido verso i fratelli minori: «Perché non riuscite mai a tenere quella boccaccia chiusa?»
Ichigo non gli lasciò il tempo di replicare, puntò un dito contro di lui: «Ahah! Allora è vero!»
Pai esalò, stringendosi l’attaccatura del naso: «Momomiya, stiamo parlando di un cunicolo tra le centinaia di anfratti del sottosuolo del nostro pianeta, che è caratterizzato da vari geyser che sparano vapori a temperature medie e che causano mal di testa, nausea, al massimo allucinazioni.»
«Lo stesso principio di una pizia, quindi.»
«Cosa?»
«Nothing, ginger.»
«Nessuno di noi è mai andato da nessuna parte,» continuò Pai, «Sono solo le leggende che si tramandano per tenere lontano le persone da posti potenzialmente pericolosi.»
«Be’, tranne -» Ichigo si voltò verso Taruto in contemporanea ai suoi fratelli, questi ultimi con sguardi omicidi.
«Cosa? Cosa??» premette la rossa.
«Eeeeeehm,» il ragazzo si grattò la nuca, estremamente a disagio, «Niente, un paio di commilitoni hanno detto che ci fu una spedizione, qualche anno fa, e…»
«E probabilmente si infilarono nel tunnel sbagliato,» concluse Pai, «Niente di sovrannaturale o magico o altro.»
«E allora perché tutta questa segretezza?» Ichigo fece qualche passo verso l’alieno, le mani dietro la schiena.
«Perché è pericoloso.»
«Mmmmh… o magari perché c’è qualcosa,» si girò all’improvviso verso Taruto, «Non è vero?»
«Io non so nulla!»
«Ichigo, lascia stare, per favore, sei andata avanti abbastanza con questa storia,» la supplicò Minto.
«Potrebbe essere una bellissima avventura! L’ultima!»
«Mica stai per morire, sai!»
«No, ma dopo non avrò più molto tempo. E poi è romantico!»
«Ichigoooo…»
«Ma sei impazzita?»
«Daaaai, daidaidaidai,» Ichigo saltellò fino a Ryo, prendendogli le mani, «Andiamo a vedere! Abbiamo un passaggio che non usiamo mai proprio qui sotto, entriamo, usciamo, magari non scopriamo niente e potrai rinfacciarmelo quanto vuoi!»
«Ichigo - »
«Pensa a che scoperta della fisica
Il biondo alzò un sopracciglio: «Oh certo! E come gliela spiego, scusate, io so perché dalla dispensa del mio locale posso cambiare pianeta?»
«Daaaaaaaaaaiiiiiiiiiii!»
«Ti prego, Ichigo-chan, smettila di saltare, mi stai facendo venire la nausea.»
«Lo sai che l’unico modo per farla tacere è portarcela, no?» Kisshu ridacchiò, le braccia incrociate.
«Non ti ci mettere anche tu,» commentò Ryo, «Mi sembra una cosa assolutamente pericolosa e priva di fondamento.»
«Ah, come quando hai deciso di iniettarci il DNA di qualche animaluccio in pericolo?»
«… è passato un po’ troppo tempo per continuare a usarla come scusa.»
«Momomiya, non staresti andando a fare una scampagnata nel bosco, sai. Succedesse qualsiasi cosa, sarebbe nostra responsabilità,» s’intromise Pai.
«Dopo Deep Blue, cosa vuoi che succeda?»
«Ah be’, bel paragone,» commentò Kisshu. 
«Venite anche voi!» Ichigo fece un altro salto, agguantando Minto per un braccio, «Minto, lo so che lo vuoi, ne parlavamo prima!»
«Io non voglio proprio un bel niente!»
«Io non ho ancora capito cosa tu voglia fare,» borbottò Taruto.
«La cretina qui presente ha letto un libro che le ha dato alla testa, e ora vorrebbe scorrazzare per improbabili dimensioni parallele per vedere se lei e Shirogane tuberebbero ancora in ognuno di quelli,» sentenziò Minto lapidaria.
Un vociare esasperato si levò dal gruppetto, Pai che si spalmò una mano in faccia.
«Ditemi che sto sognando.»
«È inutile che ti lamenti tanto, anche Retasu vorrebbe farlo!»
La verde, tirata in causa, arrossì colpevole: «Ecco, io… non so, ha un certo non so che come idea, non trovate?»
Pai corrugò la fronte: «Tu sei incinta e non vai da nessuna parte.»
«Lo so, però se Ichigo-chan lo vuole scoprire davvero…»
«Ichigo-chan non è mai stata la campionessa delle idee vincenti,» esclamò Ryo, «E mi sembra assurdo che siamo ancora qui a parlarne!»
«Magari hai solo paura di scoprire che da qualche altra parte non sei riuscito a battere il merluzzo imbalsamato,» ridacchiò Kisshu.
L’americano lo gelò con lo sguardo: «Magari da qualche altra parte ti ho riempito in una volta di tutti i cazzotti che dovrei darti.»
«Ecco, appunto!»
«Appunto?»
«No, no, non volevo dire quello,» Ichigo sventolò le mani davanti alla faccia dopo la smorfia che le rivolse il fidanzato, «Però abbiamo questa possibilità straordinaria
«O magari non c’è niente.»
«E va bene così!»
«A me l’idea della micetta intriga,» commentò Kisshu, «Noi usiamo il portale continuamente, e quella zona è sempre deserta, non se ne accorgerebbe nessuno. Magari al tramonto, in un’oretta siamo dentro e fuori.»
«Sei diventato anche tu imbecille?» lo sgridò Minto.
«È un po’ che non andiamo all’avventura, tortorella, mi si stanno anchilosando le ossa!»
«Hai intenzione di prenderti tu la responsabilità di tutto ciò? Perché io non vengo, e non voglio saperne nulla,» sottolineò Pai.
«Secondo me la state prendendo tutti troppo sul serio,» il verde si strinse nelle spalle, «Finirà che torneremo solo a casa col raffreddore.»
Ichigo giunse le mani in preghiera sotto al viso di Ryo: «Tipregotipregotiprego. Sto morendo di curiosità!»
«La curiosità uccise il gatto,» borbottò lui, poi sospirò e alzò gli occhi al cielo. Da un lato, la parte più razionale di lui gli stava ricordando come – appunto – probabilmente sarebbero tornati tutti a casa con il raffreddore e la puzza di sottosuolo addosso. Dall’altro lato, si ricordava sempre che giocava a poker con degli alieni che lui stesso aveva combattuto, e che alla sua fidanzata spuntavano le orecchie e la coda ogni tre per due. E poi quel commento su un certo ex-boyfriend… gli costava ammetterlo, però magari togliersi qualche soddisfazione…
«Aaaaah, Ichigo,» sospirò quindi alla fine, «You’ll be the death of me.»
«Sìììììììììì!» la rossa strillò contenta, aggrappandosi al suo collo, «Quando partiamo?»
 





To be continued...

 
 
 








§§§
Buonasera, fanciulle e fanciulli! E' arrivato il benedetto prologo di tutta la serie "A thousand worlds to break our hearts"! :D
Come ho detto qua, è stato tutto ispirato da una serie di prompt AU che ho trovato su Tumblr, quindi preparatevi perchè il titolo e le storie già uscite mi sembrano esplicative :3
So che voi direte, "Che palle HP, sempre sti mondi alternativi, basta!", ma non ci posso fare niente, mi piace ^_^ Poi, piccolo spoiler alert, io mi sento un po' Stephen King - nel senso che mi piace ricreare "universi" in cui potrete ritrovare determinati personaggi, quindiiii...... per chi c'era fin dall'inizio, credo ritroverete qualcuno di conosciuto ;) Per chi non c'era, eh, poi capirete :D

Ovviamente, le storie potranno essere lette anche a sé, ma così magari avranno più senso ^^ Le potrete trovare qui e qui.
Si chiamano tutte "The one w/" perché ci si riferisce, appunto, ad ogni "universo" - stay tuned per il proseguio e per le spiegazioni che avverranno! :D

Un bacione, a presto!

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***






«If this ain’t a proof of love big enough, I don’t know what more you want, Ichigo

La rossa sorrise e storse il naso, guardando il riflesso di Ryo nello specchio mentre si aggiustava la sciarpa attorno al collo: «Secondo me ci divertiremo un sacco.»
Il biondo sbuffò e controllò un’ultima volta l’orario sul cellulare prima di riporlo in tasca, più per abitudine che altro: «Andiamo, prima finiamo meglio sarà.»
Lei annuì e si caricò lo zainetto sulle spalle, ignorando l’occhiata esasperata del suo fidanzato e il commento tra i denti che non stessero andando a scampagnare.
Erano passati quattro giorni da quando, non si sapeva bene come, Ichigo era riuscita a convincerli a farsi portare sul pianeta degli alieni per andare ad esplorare quella benedetta caverna mitologica. Lui si domandava davvero come fosse riuscita a far acconsentire anche Pai, seppure controvoglia. Forse il viola aveva trovato un modo per liberarsi definitivamente di lei? Oppure – e questa era la versione che preferiva – erano tutte idiozie talmente colossali da non costituire un rischio reale.
In ogni modo, l’avrebbe scoperto presto. Non era certo il sabato da sogno che avrebbe voluto, ma almeno sarebbe durato tutto molto poco. E Ichigo si sarebbe sedata.
Uscirono insieme dalla porta principale e si infilarono velocemente in macchina; Ryo poteva sentire quanto la sua fidanzata fosse elettrica, come una bambina, incapace di contenere il suo entusiasmo per quell’avventura, e non poteva negare che gli stesse dando un po’ di fastidio, fondamentalmente perché non capiva da dove provenisse tutta quella curiosità di scoprire cosa ne sarebbe stato di loro in altri universi. A lui non era mai importato, visto che gli andava benissimo le cose com’erano nella realtà. E tutte le volte che Ichigo tirava fuori queste sue tigne… gli costava ammetterlo, ma non poteva fare a meno di pensare a tanti anni prima.
La guardò mangiucchiarsi una ciocca di capelli rossi mentre guardava fuori dal finestrino, persa in chissà quali pensieri.           
«Avrei dovuto dirti che dopo questa, saltiamo due cene domenicali dai tuoi.»
«Ah, ah, ah,» commentò lei, senza voltarsi, «Non ci pensare nemmeno.»
«Dovresti darmene una vinta ogni tanto, sai.»
«Ti sposo.»
Ryo si finse indignato mentre allungava una mano e le faceva il solletico per vendicarsi della sua battutina.
«Ragazzina impertinente,» esclamò, in fondo divertito.
Continuarono a guidare in silenzio fino al Caffè, il nervosismo che cresceva lentamente in Ryo. Quando parcheggiarono nel posto loro riservato, vide che non era l’unico di cattivo umore: davanti alla porta sul retro, infatti, Minto – le braccia incrociate e il viso corrucciato – sembrava starsi lasciando convincere molto poco da Kisshu.
Ichigo quasi si catapultò fuori dall’auto, correndo a salutare tutta un sorriso e facendo alzare ancora di più gli occhi al cielo alla mora, che si scambiò uno sguardo disperato con Ryo.
Kisshu, invece, batté le mani: «Allora, musoni, siete pronti? Spero che i vostri vestiti siano abbastanza caldi, è ancora parecchio umido là in quelle caverne.»
Minto si strinse ancora di più nel cappottino blu di lana che indossava: «La situazione migliora sempre più.»
«Suuu, vedrai che sarà entusiasmante!» Ichigo la prese sottobraccio e la portò sui gradini mentre Ryo apriva la porta sul retro.
«Addirittura entusiasmante, si vede proprio che ti sei messa a leggere.»
Scivolarono dentro al Caffè buio e chiuso per l’occasione, senza dover accendere le luci si diressero in silenzio lungo le scale fino al piano inferiore.
«Pai non viene?»
Kisshu incrociò le braccia dietro alla nuca: «Ha detto che non vuole avere niente a che fare con le nostre cretinate, e che meno ne sa, meglio è.»
«Comforting
Shirogane aprì la porta della dispensa, che avevano ingrandito negli anni per accomodare i sempre più variabili menù del Caffè ora che Keiichiro aveva più tempo libero per dedicarsi appieno alla sua passione, ma anche perché il passaggio verso Gea – il pianeta originario degli Ikisatashi – era stato collegato proprio lì, nascosto dietro uno scaffale pieno di coloranti alimentari. Ryo fece spazio a Kisshu, che guardandosi un secondo intorno nella stanza buia, tastò il legno del mobile fino a trovare il pannello nascosto che custodiva uno scanner per il riconoscimento delle impronte.
Ci appoggiò la mano qualche secondo, il sistema trillò positivo illuminandosi appena di verde mentre il clunk delle giunture che si aprivano risuonò nella stanza.
I due ragazzi fecero scivolare attentamente lo scaffale sui suoi cardini, fino a rivelare un altro pannello su cui Kisshu appoggiò nuovamente il palmo. Un trillo soffocato rimbombò ancora, e il muro sembrò dissolversi, lasciando lo spazio ad un ovale sfocato alto fino alla parete e largo abbastanza perché passassero due persone. Dall’altra parte, potevano intravedere i campi rigogliosi e rinvigoriti di Gea, la luce del mattino presto che li faceva brillare di rugiada.
Kisshu batté le mani e guardò, sopra la propria spalla, quella piccola combriccola: «Siamo pronti?»
«No.»
«Sìììì!»
«Let’s just get this over with
Ryo afferrò la mano trepidante della sua fidanzata mentre Kisshu stringeva sotto braccio Minto e per primi varcavano il portale per l’altro pianeta. Il biondo fece un sospiro e li seguirono veloci, un risucchio nelle orecchie e lo stomaco che si contorceva per quell’inusuale viaggio.
Atterrarono con un saltello sull’erba fresca, come se ci fosse stato un gradino; non appena fu sicuro che fossero solidi sulle loro gambe, Kisshu appoggiò ancora la mano sul tronco dell’albero lì affianco, ripetendo lo stesso procedimento di qualche minuto prima, finché il portale non si restrinse su se stesso e sparì.
Ichigo era già qualche passo avanti a loro, che si guardava intorno con aria affascinata: «È diventato ancora più bello,» commentò girando su se stessa per poter osservare il più possibile.
«Basta che non ti fai sentire da Pai, gli causeresti ancora più palpitazioni d’orgoglio,» scherzò il verde, mentre riacchiappava la mano di Minto, che persisteva nel tenere il broncio, «Non andare troppo in giro, gattina, è comunque meglio se non diamo nell’occhio. Conviene avviarci prima che tutti si sveglino.»
La rossa fece una corsetta da bambina fino a loro e agganciò il braccio sotto quello di Ryo, costringendolo ad aumentare il passo dietro a Kisshu. Si incamminarono veloci e in silenzio per quelle stradine sterrate di campagna, costeggiando da lontano il perimetro della città ancora avvolta dal silenzio di prima mattina. Man mano che avanzavano, il paesaggio si faceva sempre più desolato e il terreno più incolto; Ichigo non poteva non pensare a come la popolazione di Gea avesse davvero voluto lasciarsi alle spalle la loro vecchia vita, i loro vecchi insediamenti. Sembrava come se quel sentiero fosse una specie di netta demarcazione tra il verde felice e florido, nutrito dalla Mew Aqua, della rinascita del pianeta, e la vegetazione più brulla e secca del mondo precedente.
Ichigo continuò a guardarsi intorno, osservando qualche piccola collinetta sparsa che, sapeva, custodivano gli ingressi delle grotte di un tempo. Si andavano ammassando a gruppetti, a volte potevano ancora scorgere i tunnel scavati nella pietra da cui si scendeva nel sottosuolo.
«Quanto manca ancora?» domandò Minto con tono pignolo.
«Non manca tanto, stiamo ancora passando attorno alla vecchia “città”,» spiegò Kisshu, facendo un cenno alla sua destra, «Quelli sono gli ingressi principali, le grotte che stiamo cercando sono ai limiti del perimetro. Ho pensato che sarebbe stato meglio passare da sopra, anche se la strada è un po’ più lunga.»
La mora non rispose a quell’affermazione, limitandosi a stringere la presa attorno alla mano del ragazzo mentre posava accuratamente i piedi per terra per non rovinare con i sassolini i suoi stivaletti dall’aria costosa.
Ichigo si allentò la sciarpa, l’aria si stava riscaldando lassù ma sapeva che non sarebbe stato lo stesso una volta scesi. I tre Ikisatashi non avevano mai fatto segreto, nei loro racconti, delle condizioni tragiche in cui avevano vissuto per anni, e lei non poteva biasimare Kisshu per voler evitare a tutti i costi di ritrovarsi di nuovo nel freddo e buio sottoterra. Percepiva ancora l’eccitazione di quella avventura, ma non poteva negare di provare anche una punta di disagio e confusione – non sapeva se fosse perché sapevano che non stavano esattamente compiendo un’azione senza conseguenze, se fosse la strana atmosfera che aveva sempre captato le rare volte che aveva visitato Gea, o se fosse semplicemente il timore di scoprire davvero cosa ci fosse là sotto… o da qualche altra parte.
Se doveva essere sincera, cominciava a temere un po’ di scoprire se le leggende di Gea erano vere o meno – non avevano forse imparato a loro spese che le avventure tra pianeti diversi non erano proprio delle passeggiate? Una parte di lei, in quel momento, avrebbe quasi quasi preferito sentire Minto e Shirogane lamentarsi e rinfacciarle che fosse la solita credulona per settimane, se non mesi.
Dall’altra, ah, cosa non avrebbe fatto per aver ragione almeno una volta.
«Ci siamo quasi!»
La voce di Kisshu la riscosse dai suoi pensieri, e prese un respiro veloce che fece voltare Ryo verso di lei, incuriosito.
«Tutto okay?» le chiese, scuotendo appena la mano che stringeva la sua.
Ichigo annuì, scorgendo una caverna che sembrava più isolata delle altre, sentendosi come quando da piccola i suoi genitori l’avevano portata a Disneyland.
«È quella lì, vero?»
«Proprio lei.»
Le punte delle dita le vibrarono di adrenalina e strinse forte la mano di Ryo, quasi costringendolo ad aumentare il passo. Il terreno si fece appena più scosceso mentre iniziava una leggera pendenza, alcuni sassolini che scivolavano da sotto le loro suole.
Quando arrivarono di fronte all’ingresso della caverna, si fermarono, dubbiosi: un leggero alito di vento freddo sembrava raccogliersi intorno alle loro caviglie, e non riuscivano che a scorgere i primi metri, il resto era completamente avvolto dal buio.
Minto arricciò il naso, le braccia ancora incrociate, e si raddrizzò: «Su, forza, Ichigo, a te l’onore.»
«Perché io per prima?» piagnucolò la rossa, rabbrividendo al solo pensiero di infilarsi per prima nell’oscurità.
«Perché sei stata tu a rompere le scatole per venire qua,» concluse la mora, «Quindi è solo giusto che sia tu a dare l’avvio alle danze.»
«Andiamo tutti insieme, d’accordo?» Ryo prese il cellulare di tasca e accese la torcia, cercando di illuminare più in là del suo naso, «È inutile stare qui a perdere tempo a discutere.»
«Mi raccomando, non andate a vagare da soli,» Kisshu afferrò Minto per un gomito, ignorando il suo mugolio impettito, e si accostò a Shirogane, la torcia in funzione anche nel suo telefono, «Ci sono centinaia di tunnel in cui poter finire.»
Entrarono lentamente, ben attenti a dove mettevano i piedi, e furono subito avvolti dall’odore di stantio, seppur secco, che proveniva dalle pareti attorno a loro.
«Come facciamo a sapere qual è quella giusta?» domandò dopo un po’ Ichigo, avvinghiata al braccio del suo fidanzato e che lanciava occhiatine a tutte le svolte che poteva vedere nella roccia.
Kisshu passò un paio di volte la luce su dei piccoli segni rossi fatti sulla pietra, che sembravano visibili soltanto a chi sapesse della loro esistenza: «Gli scienziati che sono venuti qui a fare degli esperimenti hanno segnato il percorso. Altrimenti…»
Minto rabbrividì ancora e sbuffò: «Se mi casca un ragno in testa, giuro che me ne torno indietro e vi lascio tutti qui.»
«… ci sono i ragni?»
«Non so, Ichigo, siamo in una grotta enorme sotto terra, pensi che ci siano agnellini?»
Ryo gemette sottovoce quando le unghie della sua ragazza gli perforarono la mano: «Ragazze, per favore!»
La mora borbottò ancora qualcosa, ma continuò comunque a camminare, la testa incastrata tra le spalle e lo sguardo ben fisso a terra.
Pian piano, cominciarono ad accorgersi che sempre più vapore iniziava ad uscire da solchi nel terreno, alcuni a getto continuo, alcuni così di scatto da farli sobbalzare. La temperatura sembrava crescere, ma i loro cappotti erano appena sufficienti per tenerli al caldo.
«Stiamo arrivando,» sussurrò dopo poco Kisshu, la sua voce che rimbalzò tra le rocce che perdevano gocce d’acqua.
Il loro sentiero si aprì all’improvviso in una specie di spiazzo, la montagna che si incurvava e si chiudeva sopra di loro come una volta; l’unica via d’uscita era quella dalla quale erano venuti, il che, mischiato alle considerevoli nuvole di vapore che scaturivano dal terreno, conferiva un’aria ancora più claustrofobica a quella grotta. Li costringevano a tenere gli occhi socchiusi, il vapore che si attaccava ai loro vestiti e capelli inumidendoli e riscaldandoli in maniera fastidiosa.
«Ora capisco perché fa venire mal di testa,» esclamò Ryo, tossendo. Cercò di guardarsi intorno, ma i fumi rendevano difficile poter distinguere ciò che li circondava.
«Be?» sberciò Minto, tirandosi la sciarpa fin sopra al naso nonostante le guance arrossate, «Tutto qui?»
Ichigo si voltò da una parte e dall’altra, l’aria afflitta: «C’è qualcosa di strano però, no?»
«Nella tua testa c’è qualcosa di strano, Momomiya! Guarda in che razza di posto ci hai costretto a venire!»
Kisshu arricciò il naso, già infastidito dall’aria rarefatta e umida: «Me lo ricordavo più interessante, in effetti.»
«Guarda, non mi stupisco che pure tu avessi un interesse per sto posto!»
«Dai, tortorella, erano gli anni dell’esercito, ci annoiavamo…»
«Ichigo, non allontanarti,» Ryo osservò preoccupato con la coda dell’occhio la ragazza, che aveva preso ad avvicinarsi alle pareti per poter guardare meglio quel posto. Lui già sentiva insorgere una delle sue vecchie amiche emicranie, e non vedeva l’ora di andarsene da lì, «Che dite, torniamo indietro?»
«Ci vorrebbe di più perché i fumi facciano effetto, no?» chiese lei, inginocchiandosi e sfiorando con un dito una delle crepe nella roccia. 
«Ichigo, non sappiamo nemmeno se questa roba sia tossica,» esclamò esasperato lui, «Sicuramente meno tempo ci stiamo, meglio sarà!»
«Tossico no, ma sicuramente fastidioso,» rincarò Kisshu, tossendo anche lui, gli occhi inumiditi, «Mi sento un po’ come quando bevo troppo.»
«Sicuramente una sensazione familiare,» brontolò sottovoce Minto, ancora imbacuccata a braccia incrociate e ferma dov’era, «Questo posto mi inquieta.»
«Vedi che lo senti!» Ichigo esclamò ad alta voce, alzando lo sguardo verso l’amica, «Scommetto che sono i nostri geni animali che ci dicono qualcosa!»
«A me di solito dicono quando è tempo di allontanarsi.»
«Non può essere così semplice, no?» Ichigo si alzò, si pulì le mani sui pantaloni, «Ci sarà qualche maniera di richiamare, chessò, un passaggio, o un qualcosa di speciale…»
«O magari altri cinque minuti e l’avvelenamento da monossido di carbonio ci farà vedere le pecorelle di prima.»
«Simpatico,» Ichigo lanciò un’occhiataccia al suo fidanzato, «Su, perché dovete essere sempre così negativi!»
«Senti, Ichigo,» Minto batté le mani con fare innervosito, facendo qualche passo verso la rossa, «Già ti abbiamo dato retta con questa tua ennesima follia, giusto per farti contenta per qualche ragione a me ancora sconosciuta, ora siamo arrivati qua e non c’è un bel niente, come volevasi dimostrare, quindi per favore, lascia perdere e – aaaaah!»
Con un urlo, la mora cadde giù per un buco che si era aperto sotto ai suoi piedi, a pochi metri da dove stava Ichigo.
Kisshu si lanciò sul bordo, gridando il nome della ragazza, seguito a ruota dagli altri due; si sporsero per guardare giù, ma quel tunnel appena creatosi era buio pesto, e dopo pochi secondi una colonna di vapore si alzò da esso, costringendoli a spostarsi all’indietro.
«Minto!» chiamò ancora Kisshu, una nota seriamente preoccupata nella voce, «Minto, mi senti?!»
Il rumore, sempre più forte, del gas che usciva attorno a loro rendeva difficile sentire qualcos’altro. Dopo pochi secondi di respiri trattenuti, però, udirono lontanissima la voce della ragazza che chiamava l’alieno.
Lui si voltò alle sue spalle, guardando confuso la parete: «Perché viene da lì?»
Ichigo lo fissò confusa: «No, io l’ho sentito venire dalla mia destra!»
La voce di Minto rimbombò ancora, questa volta più decisa, ma sempre distante.
«Cosa diavolo…» Ryo fissò il soffitto, era certo che sembrasse provenire da là, «Questi fumi ci stanno mandando a quel paese il cervello!»
La rossa si contorse le mani, sentendosi tremendamente in colpa e terrorizzata: «Dobbiamo andarla a prendere!»
«Cosa credi che stia cercando di fare, eh?» ringhiò Kisshu, piegato nuovamente sul pertugio che aveva momentaneamente smesso di sparare vapore, «Gattina, ti giuro che stavolta…»
«Hey now. L’idea fantastica l’hai appoggiata pure tu, eh.»
«Non è il momento, che dite?!»
«KISSHU!»
«Sto arrivando, tortorella!» l’alieno si passò disperato una mano tra i capelli, ormai completamente confuso, la voce sembrava provenire dalla direzione opposta alla prima volta, «Stai ferma però!»
«Non credo lei si stia muovendo,» esclamò Ryo, «Sentiamo tutti cose diverse, c’è qualcosa che non va.»
Si fissarono tutti un istante, la stessa idea che si profilò nelle loro menti.
«Dobbiamo… scendere?» domandò sottovoce Ichigo, mordendosi un labbro.
«E poi come torniamo su?» replicò Shirogane, «Almeno hai la certezza di poterci teletrasportare fuori da qui?»
«Se la zona è ancora fuori dai dispositivi di controllo… sì. Se.»
«That’s just great
«KISSHU
Sobbalzarono tutti e tre nello stesso momento quando la voce di Minto, improvvisamente forte e minacciosa, risuonò alla loro destra, come se spuntasse dalla parete, in contemporanea ad una colonna di fumo.
«… era Minto-chan?» pigolò Ichigo, impaurita.
L’alieno continuò a fissare il punto da cui sbucava il fumo: «… così incazzata non l’avevo mai sentita nemmeno io.»
«RYO!»
Una voce che assomigliava molto a quella della rossa sbucò nella stessa maniera, ma dalla parte opposta della caverna, facendoli voltare tutti insieme.
«Dobbiamo andarcene in fretta da questo posto, sta succedendo qualcosa» Ryo prese la mano della ragazza, tenendola ben stretta, i capelli sulla nuca che si rizzavano.
«ICHIGOOOO!»
Lei si tappò le orecchie al risuonare di quel richiamo, simile alla voce di Kisshu, che rimbombò dal basso: «Basta, basta, basta!»
Molte più colonne di vapore fuoriuscirono dal terreno e dalle pareti, fischiando e sibilando inquietanti; l’aria si fece ancora più pesante e densa, mentre loro venivano avvolti da un fumo così spesso che facevano fatica a vedersi in faccia nonostante si fossero avvicinati. All’improvviso, il terreno iniziò a tremare, un boato sinistro che riempì tutto lo spazio della grotta. Fecero appena in tempo a lanciarsi un’occhiata impaurita, che il suolo sotto di loro si spaccò come aveva fatto prima, e loro iniziarono a cadere.
 
**
 
«Kisshu, forza, svegliati
Il dolore acuto dello schiaffo sulla guancia fu abbastanza per fargli aprire gli occhi con un lamento, la testa che pulsava fastidiosa.
«Ma che caz… passerotto
Mise ben a fuoco Minto, in ginocchio accanto a lui, prima di stringerla tra le braccia di scatto, sentendo il sollievo spandersi per le vene.
«Sì, Kisshu – ahia, fai piano, solito bufalo!»
Lui ridacchiò e le rubò un bacio, mettendosi a sedere meglio: «Mi hai fatto venire un colpo!»
«Beh, pensa a me!» si lamentò lei, «Finisco sempre nei casini per colpa vostra!»
«Ti ho già chiesto scusa!» Ichigo, seduta accanto a loro, si lamentò a voce alta, «Non stavo progettando tutto questo!»
«Forse dovresti incominciare a progettare meglio,» borbottò Ryo, che continuava a massaggiarsi una spalla.
«Guarda che devi ringraziare me se il vostro matrimonio non sarà un disastro, Ichigo e progettare non possono stare nella stessa frase.»
«Vediamo di uscire da qua, o il matrimonio ve lo scordate,» il biondo si guardò intorno, intanto che Kisshu si tirava in piedi e controllava di non avere niente di rotto.
«Dove siamo finiti?»
Era tutto buio intorno a loro, l’aspetto del luogo incredibilmente liscio. Una vaga luce, quanto bastava perché riuscissero a scorgersi, pervadeva lo spazio senza un’apparente fonte, mentre il soffitto altissimo era intatto, come se loro non fossero piovuti da lì.
Minto si mordicchiò il labbro: «Qui non c’è assolutamente niente. Non riuscivo neanche a sentirvi, prima.»
«Ma… noi abbiamo sentito te,» Ichigo copiò il gesto dell’amica, «O… almeno credo.»
«Io vi chiamavo, ma faceva eco e basta. E poi, pum, all’improvviso siete caduti come sono caduta io.»
«Tutto questo non ha senso,» Ryo cercò di scorgere un perimetro della zona, ma poteva vedere solo il buio e il pavimento liscio estendersi senza orizzonte.
«Dite che dovremmo muoverci?» domandò Kisshu, un braccio ora saldamente ancorato attorno alla vita della propria ragazza.  
«Stare qui fermi non porterebbe nulla,» l’americano ragionò ad alta voce, «Magari il teletrasporto?»
«Un po’ dovrei sapere dove siamo.»
«Nel luogo in cui io compirò la mia vendetta finale su Ichigo.»
«Ah-ah, Minto, molto simpatica. Potresti smetterla di darmi i pizzicotti ora?»
La mora la guardò confusa: «Non ti ho pizzicato, non sono così infantile, io
La rossa sbiancò: «Sì ma qualcosa mi ha pizzicato il braccio!»
«Magari è stato solo un graffio della caduta, ginger
«Ti ho detto che – ahi
«Ahi!»
Lei e Kisshu gemettero nello stesso istante, lei tenendosi un braccio e lui il collo.
«C’è davvero qualcosa che pizzica!» esclamò lui, mentre Ichigo si rivolgeva al suo ragazzo con un’espressione che voleva dire te l’ho detto!
Il ragazzo in questione avvertì qualcosa strusciare contro la sua schiena, si voltò in contemporanea a Minto che si era lasciata scappare un urletto.
«Cos’è stato?» disse con voce stridula.
Lui continuò a fissare il buio, gli era parso di vedere qualcosa che fluttuava sinuoso, ma era impossibile, non c’era assolutamente nulla…
«Iiiih che schifo qualcosa mi ha toccato le gambe!»
«Ichigo, be quiet,» le mormorò, stringendo gli occhi per cercare di scrutare quell’orizzonte infinito, forse erano ancora quei maledetti vapori a giocare loro dei brutti scherzi?
Sobbalzò quando avvertì un bruciore alla mano, sibilò una parolaccia sottovoce, ma non fece in tempo a proferire parola che un fischio iniziò a trillargli fastidiosamente nelle orecchie, mentre una luce abbagliante sostituiva il pavimento e li inghiottiva, facendoli cadere tutti e quattro di nuovo.


To be continued...

§§§
Eeeee Ichigo fa le cappelle..... xD Dove li avrò mandati, dove saranno finiti? xD Riuscirà mai Ryo Shirogane a sposare la sua bella? MAH, CHISSA'! ahahahah
Sono un'autrice sadica, lo so <3 Ma spero sempre che abbiate fiducia in me, e che pazienterete - e poi ve l'ho detto, se vi siete letti qualcosa delle mie storie, magari lo capite pure dove potrei, forse, chissà, staer andando a parare :3 Non vi posso dire di più perché sennò rovinerei tutto!
Vi ricordo che due "rami" di questa storia sono già fuori e colgo l'occasione per ringraziarvi tutti - chi legge, commenta, segue, ecc ecc :) Spero di farvi divertire tanto quanto io mi diverto a scrivere!
Un bacione, e spero di poter postare il prossimo e probabilmente ultimo capitolo presto!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***







Minto non capiva se stessero cadendo o galleggiando in un’aurea di luce dorata che non permetteva loro di vedere. Sentiva il vento fischiarle nelle orecchie e la sensazione di vuoto allo stomaco, ma per il poco che riusciva a scorgere, i suoi vestiti si muovevano appena, la pelle non era lambita dalla corrente che si sarebbe aspettata. Eppure continuavano a cadere, e cadere, senza sosta, il mondo sottosopra. Faceva fatica a vedere gli altri, sentiva le dita di qualcuno sfiorare le sue ma per quanto provasse ad afferrare quella mano, era come se il suo corpo non rispondesse agli stimoli. Provò a gridare, ma non era sicura che dalla sua bocca uscisse alcun suono. Erano forse bolle quelle che vedeva attorno a loro?
All’improvviso, vide un altro lampo di luce ancora più bianca inghiottirla, chiudersi attorno a lei come in un tunnel: si sentì catapultare verso il basso, come se qualcosa la stesse tirando e spingendo contemporaneamente, mozzandole il fiato e congelandola. La luce si spense tutto a un tratto, le orecchie le fischiarono ancora, poi atterrò molto poco elegantemente di sedere e con uno strillo su un cumulo d’erba.
Erba?
Con un gemito, Minto si tirò carponi, cercando di capire cosa diavolo fosse successo. L’indomani le sarebbe spuntato un bel livido, quello era sicuro… sempre che ci fossero arrivati, a domani.
Fu presa da un attimo di panico: era da sola, proprio come prima, e non le piaceva per nulla. Cercò di tirarsi in piedi, ma il terreno le vibrò sotto i palmi: vide il cielo aprirsi proprio come si era aperto un buco sotto i suoi piedi, e Shirogane cadde a pochi metri da lei con una parolaccia in inglese. 
«Ryo!» lo chiamò subito, sentendosi un po’ più sollevata
Il biondo rimase steso a terra, le braccia aperte e il viso rivolto verso l’alto, e lei poteva vedere il petto alzarsi ed abbassarsi mentre prendeva respiri profondi.
«I’m gonna kill her.»
Minto convinse le gambe tremolanti a sostenerla e camminò con cautela fino all’americano, guardandolo preoccupata: «Ce la fai ad alzarti?»
«Sì, sì,» lui sospirò esasperato e si portò seduto, «Stavo solo escogitando qualche maniera per farla pagare a quella deficiente di Ichigo.»
«Non sei solo, tranquillo,» la mora gli tese la mano e lo tirò un poco, il palmo graffiato che le bruciò appena.
Ryo fece per aprire la bocca, quando la terra vibrò di nuovo, ma questa volta si aprì un buco nel terreno dal quale sbucò Kisshu, come se avesse preso la spinta da un trampolino. 
L’alieno lanciò un grido e mulinò le braccia per aria cercando di attutire la caduta, ma non ebbe abbastanza spazio di manovra e si ritrovò lungo disteso, faccia a terra.
«Oh, be’, almeno lui è già stato punito,» borbottò a bassa voce Ryo.
Stavano per avvicinarsi intanto che Kisshu, gemendo piano, cercava di rimettersi in sesto, quando l’ennesima scossa preannunciò l’apertura di un vuoto nuovamente dal basso, che deglutì Ichigo con una spinta non indifferente, mandandola a schiantarsi urlante proprio sull’alieno.
«Oh, santo cielo!»
Ryo e Minto si precipitarono, un po’ zoppicanti, verso gli altri due, tirando su la rossa praticamente di peso.
«Ti sei fatta male?»
«Non tanto,» lei scosse la testa, osservandosi i jeans sporchi di terra con aria triste.
«Grazie, sei atterrata sul morbido!» Kisshu si lamentò ad alta voce mentre si appoggiava come poteva a Minto per rimettersi in piedi, «Non stavi a dieta?!»
Fu redarguito in simultanea dai tre – Minto che si astenette dal dargli uno schiaffo soltanto perché lo vedeva ancora poco solido sulle gambe – e lui si limitò a scrollarsi le foglie e la terra dai capelli e dal viso.
«Dove siamo finiti?» domandò poi Ichigo.
Si guardarono tutti e quattro intorno. Sembravano essere caduti in una specie di radura un po’ brulla, con macchie d’erba sparpagliate e ingiallite e qualche alberello solitario, che assomigliava ai dintorni della città principale di Gea. La rossa, di nuovo, diede voce a quel dubbio.
«Siamo tornati fuori sul tuo pianeta, Kisshu?»
Lui si grattò la testa mentre girava su se stesso per poter osservare il territorio: «Uhm… non lo so. Ci assomiglia, però… è strano.»
«Hai mai visto un posto del genere?» gli domandò Minto.
«No, ma non è che Gea sia grande quanto un fagiolo.»
«Perfetto,» mugolò la mora, «Potremmo benissimo essere finiti dall’altra parte del mondo. Letteralmente.»
«O magari non siamo per nulla lì,» constatò Shirogane, «Non so se vi siete accorti che siamo spuntati da parti diverse, pur cadendo dalla stessa direzione.»
«Vuoi dirmi che voi non siete stati sputati fuori come un fungo non voluto?»
«No, per quanto mi riguarda, io sono caduto da… sopra
«Anche io,» confermò Minto, stringendosi le braccia.
Ichigo pigolò qualcosa di incomprensibile, qualcosa che somigliava a forse ho fatto un pasticcio, uno sguardo colpevole in volto che, come al solito, colpì dritto al cuore il suo fidanzato: sospirando e alzando gli occhi al cielo, Ryo l’avvolse con un braccio e le schioccò un bacio sulla sommità della testa, accarezzandole una spalla.
«Che ne dite se andiamo a vedere cosa c’è in giro? Qui non c’è assolutamente nulla,» propose Kisshu.
«E se per caso il passaggio per tornare indietro è solo qui?» domandò Minto, che continuava a lanciare occhiatacce alla sua amica.
«Possiamo marchiare quell’albero con qualcosa e possiamo camminare per un po’ in linea retta,» l’alieno si scosse nelle spalle, «Qua il paesaggio è tutto uguale, se vediamo foreste o cose simili in cui è facile perdersi, torniamo indietro. Almeno così possiamo vedere se troviamo qualcuno.»
«E se qualcuno non è amichevole?»
Questa volta fu lui ad alzare gli occhi al cielo: «Hai qualche alternativa, passerotto?»
La mora sembrò pensarci su, poi esalò sconsolata: «Suppongo di no.»
Il ragazzo le diede un buffetto amorevole sulla guancia: «Su, dammi la sciarpa, così possiamo marcare l’albero e cominciare la scampagnata.»
Minto lo guardò come se fosse uscito di senno, facendo un balzo all’indietro e afferrandosi possessivamente la sciarpa: «Ma sei pazza, lo sai quanto cosa questa?»
Shirogane sbuffò, prese il proprio fazzoletto dalla tasca e si avvicinò all’albero per legarlo nel ramo più basso: «Ecco fatto. Su, forza, muoviamoci.»
Ichigo lo raggiunse e lo prese per mano, i passi pesanti e poco convinti, e sbuffò: «Uffff, è tutto il giorno che camminiamo!»
«Momomiya, non sei nella posizione per recriminare certe cose!» sberciò Minto dietro di loro.
«Scuuu-sa
«A proposito, secondo voi quanto tempo è passato?»
Ryo guardò l’orologio che portava al polso alla domanda di Kisshu, aggrottando le sopracciglia: «Forse il mio orologio si è rotto cadendo, dice che sono passati solo quindici minuti da quando siamo entrati nella caverna.»
Lo scosse, ma le lancette sembravano funzionare perfettamente. Controllarono tutti e quattro i loro cellulari, non osando dire ad alta voce che concordavano tutti con l’orario dichiarato.
«Non avete nessuno di quei congegni di comunicazione creati da Pai, vero?» domandò dopo un po’ Shirogane, notando che il cellulare – come predetto – non mostrava nessun tipo di segnale.
Gli altri scossero la testa: «Se qualcuno di solito ci pensa, quello che sei tu,» commentò Kisshu, «Io il mio l’ho pure perso.»
«Convenientemente, così da farti gli affari tuoi quando torni…» borbottò scontrosa Minto, strappandogli un sorrisetto.
Camminarono per un bel po’ in silenzio, seguendo un percorso immaginario il più dritto possibile. Attorno a loro, il panorama era sempre lo stesso: una larga prateria di terra chiara e secca, con pochi alberi qua e là e dei tratti più verdi di bassa erbetta, a volte qualche fiorellino viola solitario. Non si sentivano suoni o rumori, non c’era un distinto odore. Sembrava tutto fermo, nonostante una piacevole brezza si alzasse ogni tanto.
Fu quando si rese conto che effettivamente cominciava a sentire caldo, che Shirogane alzò la testa verso il cielo: era basso, come coperto da una foschia giallina, e soprattutto, mancava una stella che potesse riscaldarlo così.
«Kisshu?» si schiarì la gola, «Il vostro pianeta ha un sole, giusto?»
«È il Sole,» rispose lui, «Siamo ancora nel vostro sistema.»
«Bene, allora non siamo su Gea.»
Si fermarono tutti di colpo, il naso rivolto all’insù, cercando quella palla gialla così familiare da non farci veramente caso, ma che in quel momento sembrava un monito di speranza. Invece, zero, nada: il cielo rimaneva del suo giallino pallido, con qualche nuvoletta piatta della stessa tonalità, ma rimaneva vuoto.
Kisshu sussultò quando le unghie di Minto si conficcarono nel suo palmo, anche a lei scappò una mezza parolaccia sottovoce.
«… dove diamine siamo finiti.»
«… non mi sposerò più.»
«No, perché ti ucciderò io prima!»
Ryo sospirò e tirò la sua fidanzata per la mano: «Continuiamo a camminare.»
«Com’è possibile che ci sia luce ma non ci sia sole?» sberciò Kisshu.
«Com’è possibile che siamo stati vomitati su questo posto?» replicò Shirogane spiccio, «Oh, e com’è possibile che ci siamo finiti passando per una caverna fumosa dove ci era stato espressamente detto di non andare?»
«Il tuo sarcasmo è sempre un’ottima cura,» borbottò irritato l’alieno, «Perché non usi quel tuo bel cervellino che ti ritrovi per trovare qualche risposta?»
«Potrei sempre usarlo per prenderti a testate.»
«Ah, ti faresti male solo tu.»
«Ragazzi!»
«Forse perché sei così duro di comprendonio che ci vorrebbe un bulldozer per smuoverti.»
«Ma tu non smetti mai di rompere i coglio –»
«Ragazzi!»
All’urlo di Minto, smisero di battibeccare e guardarono la mora, che stava puntando un dito davanti a sé con aria sconsolata.
«Non è l’albero di prima, quello?»
Seguirono la direzione della sua mano, un vago senso di disperazione che li avvolse. Effettivamente, davanti a loro si stagliava l’alberello sfiorito e magro vicino cui erano spuntati, il fazzoletto di Shirogane che ondeggiava pigramente dal ramo più basso.
«For fuck’s sake.»
Ichigo si lasciò cadere a terra con un lamento sconsolato: «Non torneremo mai più a casaaaaaaaaaa!»
Anche Minto si fece scappare un gemito mentre si prendeva la testa tra le mani: «Ma perché vi do sempre retta, perché?»
«Non… non facciamoci prendere dal panico,» tentò Kisshu, «Ci sarà qualcosa per poter tornare indietro, un passaggio nascosto, un pulsante…»
«Magari una cabina telefonica per chiamare un taxi,» commentò laconico Ryo.
«Una che?»
«Lascia perdere,» l’americano si avvicinò alla pianta e vi picchiettò le nocche sopra, sperando di poter avvertire qualcosa di diverso, un vuoto, qualsiasi segnale che potesse fargli capire come andarsene da quel posto. Tastò la corteccia in cerca di qualche sporgenza anomala, si azzardò a tastare i buchi nel tronco alla ricerca di un meccanismo o di una traccia. In preda allo sconforto più totale, ma non potendo ovviamente farlo trasparire perché già vedeva le due ragazze sull’orlo delle lacrime, si lanciò anche ad arrampicarsi con un salto sull’albero per poter osservare l’ambiente da più in alto.
Sembrava tutto normale, visto da lassù: quella radura sembrava decisamente più vasta di quanto ci avessero messo a girarla nella sua interezza – ancora doveva capire come avessero fatto – pacifica e tranquilla, anche se silenziosamente vuota. Sospirò mentre si sedeva a gambe penzoloni su un ramo, tirò fuori il cellulare per dare conferma anche a quell’ultima paura: come volevasi dimostrare, l’orario non era cambiato da prima. Scese con un balzo e si risistemò la frangia, scuotendo la testa: «Non c’è nulla.»
Mentre Kisshu si lasciava scappare una sequela di parolacce irripetibili, Ichigo lanciava l’ennesimo gemito a tutto volume, nascondendosi la faccia tra le mani.

«Moriremo quiiiiiiiiiii!»
«Ichigo, smettila di frignare!» strillò Minto, battendo un piede a terra, «La prossima volta imparerai ad ascoltare un po’ di più invece che fare sempre di testa tua!»
«Non ci sarà una prossima voltaaaaaaaa!»
«Indovina di chi è la colpa?!»
«Smettetela di urlare,» Ryo si inginocchiò vicino alla sua fidanzata, cercando di convincerla a rimettersi in piedi.
«Perché?» sberciò ancora la mora, «Tanto non c’è assolutamente nulla qui!»

«Tortorella, come siamo venuti, dovremmo anche riuscire a tornare,» Kisshu provò ad avvicinarsi alla sua ragazza, le mani alzate e pronte a parare qualsiasi colpo lei potesse decidere di dargli.
«Tu stai zitto che come al solito dai corda a qualsiasi idiozia che venga pronunciata! Mai una volta che ascolti me!»
«Ma se ti ascolto sempre, colombella…»
«Io ve l’avevo detto!»
«Avevo un vestito così beeeeeeellooooooooo!»
«Would you all just stop screaming!?»
Stavano continuando a sfogarsi l’uno addosso all’altra la frustrazione di quella situazione e l’ansia di non riuscire a vedere davvero una via di fuga, quando il terreno ricominciò a tremare; non per pochi istanti, questa volta, ma costante e pericoloso, i sassolini che rimbalzavano attorno a loro.
«Che sta succedendo!?» gridò Kisshu al di sopra del fracasso di quel terremoto, saltando in avanti per stringere Minto tra le braccia e al tempo stesso cercare di mantenere l’equilibrio.
Shirogane, piegato sopra una singhiozzante Ichigo che si stava nascondendo con la testa tra le gambe, scosse la testa, aprì la bocca per dire qualcosa ma si raggelò quando vide il suolo, a una dozzina di metri da loro, spaccarsi a metà.
Sembrò che scossa e rumore aumentassero contemporaneamente di intensità mentre la faglia continuava ad espandersi in tre direzioni. Anche Kisshu e Minto si accucciarono vicino ai loro amici, era impossibile rimanere in piedi quando tutto continuava a tremare e dividersi attorno a loro. Le foglie dell’albero scuotevano così tanto che alcune cadevano sulle loro teste, e Ryo sperò che il tronco fosse abbastanza robusto e flessibile per non rompersi anch’esso a metà e rovinare su di loro.
All’improvviso, il solco nel terreno, che sembrava aver raggiunto due chilometri di lunghezza e svariati di larghezza, sputò una notevole quantità di gas che si avvolse davanti a loro in alte nuvole; furono colpiti dalle goccioline di vapore acqueo caldo, proprio come quello che li aveva circondati nella caverna. Quando la cortina di fumo cominciò a diradarsi, essi videro cosa stava seguendo: mentre la superficie continuava a tremare, un’altra costruzione stava sorgendo dalla faglia stessa, scura ed imponente, come se la terra stessa la stesse partorendo.
Rimasero a fissarla attoniti, le bocche spalancate e il terrore negli occhi; durò ancora qualche minuto, finché quella struttura non emerse del tutto sollevando con sé altra polvere e vapore. Quando anche il suolo smise di tremare, il silenzio fu assordante.
Loro stettero seduti ancora qualche istante, indecisi e spaventati da un possibile ritorno del terremoto. Ichigo stava stringendo una mano di Minto così forte che se la ballerina avesse potuto farci attenzione, si sarebbe accorta che il sangue non circolava.
«Cosa cazzo…» Kisshu fu il primo a spezzare quel silenzio che fischiava nelle orecchie, sentendo la bocca secca e impastata.
«È… fatta di foglie?» mormorò Minto con voce sottile.
Ryo si alzò cauto, rimanendo acquattato, per poter osservare meglio cosa fosse scaturito dal sottosuolo. Davanti a loro si stagliava un’altissima siepe di foglie scure ma apparentemente ordinate, che si estendeva come un quadrilatero più di quanto lui potesse vedere, con al centro un arco ancora più imponente che aveva tutta l’aria di essere un’entrata su un corridoio così buio da essere assolutamente impenetrabile ai suoi occhi.
Guardò con la coda dell’occhio Kisshu, non osando distogliere lo sguardo da quella costruzione: «Kisshu, tu…?»
L’alieno scosse la testa: «Nemmeno io vedo a più di un palmo di naso.»
Shirogane deglutì, la gola arida e infastidita dalla polvere, scrutando con la fronte aggrottata quella cosa finché non ebbe una specie di lampo in testa: «È un labirinto,» mormorò piano. 
«Cosa?»
«È un labirinto,» ripeté a voce più alta, questa volta girandosi verso i suoi compagni di sventura.
«E che ci fa un labirinto in questo posto?» domandò Kisshu, dovendo schiarirsi la gola quando la voce gli uscì più acuta del solito.
«Potremmo fare la stessa domanda su di noi,» mugugnò Minto, alzandosi e scrollandosi la polvere dal cappottino.
«Forse è la cosa meno strana che sia successa oggi,» borbottò Ryo, tirando su di peso Ichigo.
Lei spiò il labirinto da dietro la schiena del suo fidanzato, come una bambina timida: «Dite che… dovremmo entrare?»
«Ceeeerto, come no,» sibilò Minto con cattiveria, «Come in ogni film horror che si rispetti dove tutti vengono massacrati, il nostro si chiamerà Quattro deficienti capitanati da una cretina si addentrano in un misterioso labirinto spuntato dal nulla in una dimensione vuota
«Sarà spuntato per un motivo, no?» rincarò la rossa, «Siamo tornati al punto di partenza ed eccolo lì! Forse è una risposta!»
«Santi numi, Momomiya, tu e i tuo i motivi…!»
«Abbiamo forse altra soluzione?» Ryo si sfregò sovrappensiero la cicatrice che aveva sul collo, lì dove si era iniettato il siero con i geni del gatto di Iriomote, «Abbiamo esplorato questo posto e abbiamo girato in tondo, non vedo molte altre vie d’uscita. Questa volta devo dare tristemente ragione a Ichigo.»
«E quando mai…» borbottò ancora la mora, incrociando le braccia al petto e arricciando il viso in un broncio.
Kisshu le mise le mani sulle spalle, spingendola appena in avanti: «Seriamente, siamo in ballo…»
Si scambiarono tutti e quattro un’ultima occhiata, poi con un respiro profondo avanzarono lentamente verso l’entrata del labirinto, facendo attenzione a dove mettevano i piedi vista la ragnatela di crepe che avevano decorato il suolo. Un vento freddo e umido sembrava filtrare dall’entrata, che non accennava a diventare meno buia man mano che si avvicinavano.
Ichigo rabbrividì e si strinse le braccia: «È quasi peggio della caverna.»
«Magari ci sono pure i fantasmi.»
Lanciò un’occhiataccia a Minto: «Vipera.»
Si arrestarono sulla soglia, cercando di vedere oltre, inarcando il collo il più possibile per vedere dove finisse l’arcata, ma questa sembrava sparire ora oltre la coltre di nuvole gialline del cielo.
«Quindi? Cosa facciamo?» esclamò Kisshu.
Ryo fece un respiro profondo e strinse la mano della fidanzata: «Let’s dance.»
Si inoltrarono per il lungo corridoio, largo abbastanza perché potessero passare tutti e quattro insieme. Una foschia fredda si raccoglieva intorno alle loro caviglie, e sembrava che le pareti boscose si chiudessero sopra di loro tanto erano alte, il cielo era lontano.
Ichigo rabbrividì ancora e incastrò il braccio libero sotto quello di Minto, tirandola ancora più vicina sia in cerca di calore che di conforto. La mora tentò di rivolgerle un sorrisetto incoraggiante, ma doveva ammettere che l’ultima volta che aveva provato un senso di inquietudine simile, aveva quindici anni di meno e un tubino azzurro.
Dopo un centinaio di metri percorsi in silenzio lungo quel passaggio, la strada si divise in tre direzioni diverse. Si fermarono all’incrocio, indecisi sul da farsi, visto che ogni nuovo sentiero sembrava assolutamente uguale agli altri.
«Il primo che dice di separarci, giuro riceverà un cazzotto,» sibilò Minto, stringendo la presa sulle braccia di Ichigo e Kisshu.
«Non c’è dubbio, se ci perdiamo qua dentro rischiamo di non trovarci più.»
«Sempre un amore, biondino.»
«Continuiamo dritto?» propose Ichigo «Magari arriviamo verso il centro?»
Ryo sembrò pensarci su, mentre sfiorava il terreno con il tallone. La polvere che lo ricopriva sembrava muoversi, fece un po’ di pressione e segnò una specie di X.
«Non si sa mai,» commentò nel vedere che lo stavano osservando curiosi.
Kisshu fece un cenno: «Dritto sia, allora?»
Gli altri annuirono, senza rompere quella strana formazione ripresero a camminare. Se prima (qualunque cosa volesse dire, in quel momento, visto che tutti gli orologi avevano desistito dal funzionare) la temperatura sembrava aumentare a un piacevole clima, più si addentravano nel labirinto più faceva freddo. Ichigo poteva giurare di vedere il respiro condensarsi in piccole nuvolette, e sapeva che ancora un po’ e avrebbe iniziato a battere i denti.
«Quanto sarà grande?» sussurrò Minto dopo un po’, «Abbiamo camminato di meno prima, fuori.»
Kisshu la guardò e scosse la testa, capace solo di lasciarle un bacio in fronte.
Era tutto così silenzio, così inquietante e destabilizzante, che nessuno di loro osava emettere fiato più del dovuto. Quando si trovavano ad un bivio, decidevano con sguardi e cenni della testa, non potendo ammettere nemmeno a loro stessi che ad ogni nuova curva perdevano sempre un po’ di speranza.
Ichigo si stava già maledicendo internamente per quell’ennesimo pasticcio, quando avvertì qualcosa strisciarle sulla schiena, la stessa sensazione che aveva provato dopo essere caduti nel buio dalla grotta, e lo strillo che le scappò riecheggiò tra le pareti.
«Ma sei impazzita?» le soffiò Minto fulminandola con lo sguardo, scuotendosi il braccio che faceva male dopo il salto che Ichigo aveva fatto, scappando via.
«Giuro che qualcosa mi ha toccato!» replicò lei «Come prima!»
«Magari era solo un ragnetto,» commentò Shirogane.
La rossa scosse la testa, mentre faceva un buffo balletto sul posto come per scrollarsi qualcosa di dosso: «No, no, no, era qualcosa. Che scivolava
Minto, nonostante cercasse di mantenere un minimo di razionalità, si spostò davanti a Kisshu così da prevenire che qualsiasi cosa potesse prendere anche lei alla schiena: «Sta per venirmi una crisi di nervi.»
In quello stesso istante, un guizzo dorato sgusciò tra di loro, passando a pochi millimetri dalle gambe di Ryo che fece un nervoso salto all’indietro.
«Ecco!» esclamò concitata Ichigo, «Avete visto, vero?!»
Gli altri mormorarono in assenso, più confusi di prima, poi Kisshu vide quel lampo tornare a tutta birra verso di loro e si spostò appena in tempo, portando Minto con sé.
«Ma porc…!»
«Magari è un patronus
Tre paia di occhi si posarono su Ichigo, che arrossì fino alle radici dei capelli: «… dicevo per dire.»
«Un po’ insistente, questo coso,» Ryo continuava a guardarsi intorno per vedere se sarebbe riapparso una terza volta.
«Non mi piace,» bofonchiò Minto, che se avesse potuto salire in braccio di Kisshu l’avrebbe fatto, «Non mi piace per nulla.»
«Iiiiiichiiiiigooooo,» la voce della mora rimbombò acuta per il labirinto, la sua padrona e la suddetta che sbiancarono contemporaneamente.
«N-non sei simpatica,» bisbigliò la rossa, che era saltata al collo di Ryo.
«Non sono stata io!»
«Miiiiintooooooo!»
Lei si rannicchiò ancora di più contro Kisshu, che la strinse forte nel sentire la propria voce come alzata di tre toni e tinta da qualcosa di ostile.
«No, no, no, è come prima,» Ichigo si lamentò e nascose il viso contro il petto di Shirogane, coprendosi le orecchie con le mani per non dover sentire.
«Rrrrrrryooooo,» gracchiò la sua voce, pungente e rumorosa.
Il lampo di luce dorata riapparve, seguito da altri tre che iniziarono a correre attorno a loro, aggrovigliandosi e aumentando la velocità.
«Kiiiiiisshuuuu!»
«Vaffanculo,» mormorò lui.
I quattro lampi si raccolsero davanti a loro e cominciarono a vorticare velocissimi, come richiamando a sé altri bagliori più piccoli. Un vento deciso di levò dal fondo del labirinto, scuotendo le foglie e i loro vestiti e costringendoli a socchiudere gli occhi mentre non riuscivano a distogliere lo sguardo da quella colonna luminosa che continuava a roteare senza sosta. Poi, questa esplose all’improvviso senza emettere un suono ma abbagliandoli proprio come era successo quando erano caduti in quella strana dimensione.
Quando poterono riaprire gli occhi, sbattendo le palpebre per riabituare la vista e scacciare ogni granello di polvere, si raggelarono.
Al posto del grumo di luci, c’era una donna, seduta su un trono nero sospeso in aria sopra quelle che sembravano nuvole scure. Aveva il viso affilato, la pelle chiarissima e ciglia nere lunghe quasi quanto i capelli corvini liscissimi che fluttuavano appena attorno a lei, una frangetta a sfiorarle gli occhi. Era vestita di un abito nero che sembrava di pizzo e seta e che le arrivava fino ai piedi, cingendole morbidamente la vita e coprendole le mani dalle dita sottili. Dietro di lei, un paio di enormi ali nere riposavano minacciose.
Li guardava, una guancia appoggiata ad un pugno e un accenno di sorriso sulle labbra porpora, che però non prometteva nulla di buono.
Ryo avvertì un brivido lungo la schiena, un senso di déjà-vu che l’aveva colto anche quando aveva visto il labirinto, ma avrebbe voluto stropicciarsi gli occhi e pizzicarsi un braccio per essere sicuro che quello non fosse tutto un incubo. La presa soffocante di Ichigo sul suo braccio, però, era un’ancora sufficiente a quella situazione.
La donna sbuffò, ridacchiando si sporse appena in avanti e parlò con voce calda e sensuale: «Il gatto vi ha mangiato la lingua?»
Ichigo pigolò spaventata e si nascose ancora di più dietro a Ryo, mentre Minto, raccogliendo tutto il suo coraggio e gli anni e anni di galateo, fece un respiro profondo e un passo avanti: «Ci scusi,» mormorò, «Noi non… sappiamo esattamente cosa stia succedendo, né dove siamo.»
«Siete nel mio mondo, Minto Aizawa,» la donna si riappoggiò allo schienale del suo trono ed incrociò le gambe, facendo dondolare appena un piede che era coperto da una scarpa nera lucida col tacco a spillo, intanto che la mora trasaliva nel sentire il suo nome, «Direi che non siete certo qui per una passeggiata.»
«Siamo… finiti qua attraverso una caverna a Gea, e -»
«Sì, sì, sì, lo so come ci si arriva,» la donna sventolò una mano davanti al viso con aria annoiata, guardandosi poi le unghie laccate di nero, «Non che abbiate ricevuto un invito.»
«Ci dispiace,» intervenne anche Ryo, «Non era nostra intenzione disturbare.»
Lei lo scrutò con interesse da capo a piedi, inarcò appena un sopracciglio e piegò un angolo della bocca: «E quali erano le vostre intenzioni, Ryo Shirogane, sentiamo.»
«Qualcosa mi dice che le sa già,» bofonchiò sottovoce Kisshu prima di ricevere una gomitata nello stomaco da Minto.
«Sappiamo della leggenda!» Ichigo, tutto l’impeto improvvisamente recuperato, si lanciò in avanti, «Quella che dice che la caverna può portare al centro di tanti universi!»
La donna la osservò per qualche istante, poi lanciò la testa all’indietro e rise rumorosamente, le ali che si aprirono al contempo: «Ah, ragazzina, non credevo avresti avuto tanto fegato.»
La rossa aggrottò la fronte, confusa e risentita: «I vostri nomi li sa e io sarei ragazzina
«In confronto a me siete tutti ragazzini,» l’aveva sentita nonostante stesse ancora ridendo, si piegò in avanti come per darsi la spinta e con un battito d’ali scese da quel trono fluttuante, volteggiando verso di loro senza toccare per terra in una maniera che ricordava molto gli alieni.
Quando si fece più vicina, poterono notare quanto fosse alta, quasi imponente su di loro, che indietreggiarono appena, spaventati. Anche con i piedi poggiati per terra, e probabilmente senza quei tacchi, era di parecchi centimetri più alta di Shirogane, e la figura longilinea non faceva che aumentarne l’altezza.
«Quindi, Ichigo Momomiya,» domandò con voce bassa, girando intorno a lei e Ryo e sfiorandole una ciocca di capelli rossi, facendola squittire piano, «Cos’è la cosa che più vorresti chiedermi?»
La rossa deglutì, il pollice sinistro che andò a sfiorare l’anello sulla sua mano: «Noi… noi ci dobbiamo sposare e… vorremo sapere se… se anche in altri universi noi…»
Gli occhi viola scuro della donna furono attraversati da un lampo di rabbia, si coprì la bocca con la mano e ridacchiò: «Oh, che sciocca, sciocca ragazzina.»
Ryo prese la manica del cappotto della sua ragazza e la tirò piano indietro, incerto di quella donna misteriosa.
«Lei sa tutti i nostri nomi, ma noi non sappiamo il suo,» esclamò con tono antagonista.
Lei lo guardò, piegò la testa da un lato: «Non si va a casa degli sconosciuti, solitamente, difatti.»
«È stato un incidente,» borbottò Kisshu, e la sconosciuta si voltò di scatto verso di lui, un’espressione illeggibile in volto.
«Oh, no, no, no, Kisshu Ikisatashi,» lo ammonì, «Voi sapevate esattamente cosa volevate.»
Fluttuò ancora tra di loro come se stesse passeggiando, i lunghi capelli neri che ondeggiavano dietro di lei fino quasi a sfiorare il pavimento, in movimenti sinuosi come quelli di una tigre.
«Non vi è dato sapere il mio nome,» esclamò poi con verve teatrale piroettando verso di loro e aprendo le braccia, «Non ne siete sicuramente degni.»
Minto aggrottò le sopracciglia, già scocciata dall’atteggiamento di quella tipa, ma ben consapevole che doveva starsene zitta e buona, temendo che potesse anche leggere nella loro mente o qualcosa del genere, visto quanto la situazione fosse paradossale. E dire che loro ne sapevano qualcosa di situazioni improbabili.
La donna si riaccomodò sul suo trono e ricominciò a controllarsi le unghie: «Allora, vi siete annoiati in questi quindici anni senza Deep Blue e avete deciso di rimettere un po’ di azione nelle vostre vite?»
Rimasero tutti basiti, ancora ingenui riguardo le reali capacità di quel personaggio.
«Come fa a…»
«Oh, per favore, Shirogane,» lei alzò gli occhi al cielo, quasi offesa, «Io so tutto. E intendo, tutto. Certo, a volte è un po’ difficile per la mia povera memoria, ma non perdo certo i colpi. Non sono una comune mortale
«È tipo te all’ennesima potenza,» sussurrò Kisshu all’orecchio della sua ragazza, ricevendo l’ennesima gomitata nello sterno.
«E dire che pensavo aveste imparato a non scherzare col fuoco,» continuò, con aria disinteressata.
Ichigo si fece ancora avanti: «Allora quello che… che noi vorremmo fare è… possibile?»
La sconosciuta la fissò: «Possibile… forse. Semplice… mai.»
«La prego!» esclamò la rossa «Siamo venuti fino a qua!»
«Tu mi preghi?» quando alzò la voce, sembrò che la coltre scura attorno alla donna si intensificasse, «Ah, sciocca! Viaggiare attraverso i mondi non è affatto una cosa facile, né da permettere a chiunque! Cosa credi, che sia come andare in aereo con il tuo prezioso fidanzatino?» schioccò la lingua con boria e fastidio, «Ecco i motivi per cui la vostra razza dovrebbe estinguersi, voi così presuntuosi e poco scaltri.»
«Continuiamo a farla arrabbiare, mi raccomando Ichigo,» disse sarcastica Minto sottovoce, allontanandosi di pochi passi.
Ryo guardò il trono su cui era seduta la donna, osservandone gli intricati decori che rassomigliavano a fiori, il piedistallo dello stesso colore che appariva e spariva tra la nebbia scura.
«Yuuko,» affermò all’improvviso, e lei piegò il viso verso di lei con un sorriso tra il soddisfatto e l’inquisitivo. Lui accennò alla base dello scranno: «È il suo nome, vero, quello inciso lì?»
Lei rise divertita: «Uno. Ah, Shirogane, la ami così tanto da fare anche questo per lei, vero?»
Con un balzo volò fino al ragazzo, portandosi ad un palmo di naso da lui, arrotolandosi una ciocca nero inchiostro sul dito.
«Vuoi realizzare tutti i suoi sogni perché tu sei quello giusto, non è vero?» continuò a ridere nel vedere l’espressione risentita dell’americano, parlava scandendo una parola alla volta «Vuoi che anche lei sia sicura perché tu hai sempre avuto i tuoi dubbi, nonostante tutto questo tempo.»
Ichigo lanciò un’occhiata di soppiatto al suo fidanzato, ma lui continuava a sorreggere lo sguardo della donna, i pugni chiusi stretti lungo i fianchi.
«Questa cosa si può fare o no?» chiese a denti stretti.
Yuuko si incamminò lenta, muovendo i fianchi: «Voi umani sottovalutate molte cose, sapete – sì, anche tu, Ikisatashi, non pensare di essere meglio di loro. Posso leggerti meglio di chiunque altro.»
Una lunga bacchetta nera, di quelle che servivano a reggere una sigaretta, apparve tra le dita della donna con un movimento di polso, poi un fumo sottile ne uscì senza che ce ne fosse effettivamente una.
«Il viaggio tra i mondi comporta tante, tante cose. Non sempre se ne esce, non sempre è bello,» si fermò, la mano libera sul fianco, «E se vedeste solo cose che non vi piacciono?»
Ichigo trasalì, punta sul vivo, ma alzò il mento con fare tenace: «Siamo venuti qui per questo.»
«Mmmm, chissà se sei coraggiosa quanto le tue parole, Momomiya,» la nuvoletta di fumo grigio si infranse contro il viso tondo della rossa, «O hai esaurito il tuo coraggio tanti anni fa?»
«Senta, bellezza, smettiamola con tutte queste domande filosofiche e andiamo al punto: prima possiamo andare a farci un giro tra cugini, prima possiamo cavarci dalle palle, non credi?» sbottò Kisshu, che continuava ad avere i nervi a fior di pelle ogni volta che Yuuko apriva bocca.
Lei lo guardò arricciando il naso, soffermandosi nell’osservare come si poneva davanti a Minto.
«Sei un altro votato al sacrificio, Ikisatashi,» sentenziò, «E sei bravo a rimbalzare dalle situazioni spiacevoli.»
Lui la guardò confuso da quelle parole, aggrottando la fronte esattamente come la sua ragazza, che sentiva lo stomaco stringersi sempre di più.
La donna lanciò i lunghi capelli dietro di sé, e riprese a camminare in un largo circolo intorno a loro: «Come dicevo, il viaggio tra diverse dimensioni comporta tante cose. Potreste vedere di tutto, potreste non vedere niente. Potreste avere più risposte che domande, o viceversa. Alcuni decidono anche di non tornare più,» ridacchiò con felicità, quasi fosse una bambina che contrastava con l’aspetto da adulta sensuale, «Alcuni trovano ciò che cercavano, altri lo perdono per sempre. E voi, che siete sempre così devoti e succubi alle emozioni… i vostri viaggi sono sempre interessanti.»
Si avvicinò ad una parete e la toccò; da essa emerse una rosa rossa dai larghi petali, che raccolse e annusò felice.
«Ah, le vostre prove d’amore! Secoli e secoli di storia, per quanto possano essere piccoli, e cascate sempre tutti lì,» ridacchiò, fece cadere la rosa a terra e questa annerì di un colpo, essiccandosi, «Amore, affetto, passione… potreste trovare tutto questo, e tutt’altro,» fluttuò dietro Kisshu e gli appoggiò una mano sul petto con fare lascivo, ridacchiando dell’espressione scocciata di Minto: «Gelosia, il vostro grande nemico, rabbia, dolore, confusione. Dipende tutto dalla vostra fortuna.»
Si allontanò di scatto, li guardò da sopra la spalla: «Quindi dite che dovrei permettervelo?»
Ryo scosse la testa, aprì i palmi quasi sconsolato: «Abbiamo forse altre vie di uscita?»
«C’è sempre una via d’uscita,» rispose lei misteriosa, «Ma non sempre potete trovarla.»
«Per favore, altrimenti il nostro viaggio sarà stato inutile!» disse Ichigo.
Yuuko piegò di nuovo la testa: «Vuoi sempre tutto, Momomiya, sei sempre stata così. Che fortuna trovare persone che ti sostengano sempre… o forse no.»
«Io non…»
Ma Yuuko sorrise, un sorriso inquietante che le illuminò gli occhi scuri e le distese le labbra, un battito d’ali che sollevò la polvere attorno a loro: «Sarà divertente!»
Poi stese il palmo davanti a sé, e soffiò.
E loro ricominciarono a cadere.
 
 
Videro automobili sfrecciare nel mezzo della notte.
Videro feste, lacrime, sorrisi.
Videro cellulari che squillavano di sorpresa, di nascosto.
Videro vecchie foto, vecchi ricordi, vecchi luoghi.
Videro riflessi diversi, eppure così spaventosamente simili.
Poi, non videro più nulla.
 






§§§

Buonaseraaaa mie dolci fanciullezze! Finalmente anche il Prologo è finito e posso sbizzarrirmiiiii yeeee :D
Spero vi sia piaciuto e vi abbia chiarito un po' le idee. :3 Avete visto chi è tornataaaaaaaa? :D
Per chi non è Matusalemme come me, la cara Yuuko non solo è #copyright delle magnifiche, incredibili Clamp, ma era già spuntata in Maze, una storia di credo dieci anni fa. :3 Sono ripetitiva, lo so, ma io l'adoro! Anche se qua è sicuramente più maligna :3 E, se volete posso anche dirvi che tornerà nell'epilogo!
Ma per quello dovrete aspettare. Ora, ve lo ridico in caso non sia stato chiaro quindi ATTENCION PLIS: tutti i mondi in cui loro vanno sono e saranno pubblicati come singole AU che verranno aggiunte alla serie, così da poterle sia leggere per conto loro, che come un unicum! Quindi stateci dietro!
Nei prossimi giorni magari farò un indice che metterò qua, e posterò qualcosa in pagina FB. In ogni caso, chiedete pure :)

Grazie a chi legge, commenta, preferisce, ecc ecc - ci tengo sempre molto e mi fate sempre felice, lo sapete!
A presto e buon weekend <3

Hypnotic Poison
 

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