Il Collegio di Lovy91 (/viewuser.php?uid=71277)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando la sfiga ci vede benissimo... ***
Capitolo 2: *** Il momento del dolore ***
Capitolo 3: *** Una nuova vita ***
Capitolo 4: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 5: *** Quando la sfiga ci vede ancora più bene... allora capisci di essere segnata alla sfortuna... ***
Capitolo 6: *** Ancora problemi e un pò di tranquillità ***
Capitolo 7: *** Tante domande e nessuna risposta ***
Capitolo 8: *** Panico ***
Capitolo 9: *** Tanta paura ***
Capitolo 10: *** Non è vero ***
Capitolo 11: *** Chiarimenti ***
Capitolo 12: *** Un piccolo aiuto ***
Capitolo 13: *** Chiedo scusa! ***
Capitolo 14: *** Legami affettivi ***
Capitolo 15: *** Scontro ***
Capitolo 16: *** Momenti difficili ***
Capitolo 17: *** Ricognizione ***
Capitolo 18: *** Una cosa sola prima della fine ***
Capitolo 19: *** Avviso! ***
Capitolo 20: *** Esiste il felici e contenti? ***
Capitolo 21: *** Si avvicina... tic tac... tic tac... molto presto... ***
Capitolo 22: *** Voglio vivere - I parte ***
Capitolo 23: *** Voglio vivere - II parte ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Quando la sfiga ci vede benissimo... ***
Prefazione
Questa storia è ambientata nel 2009, siamo ad Aprile. Una primavera
come tante, in un mondo come tanti. Solo che c'è qualcosa di diverso.
Tutto ha inizio nel 1840, in una primavera come questa. La storia
racconta che un uomo che tutti conoscevano come uno stimato lavoratore,
ottimo padre di famiglia rimasto vedovo tre anni prima impazzì.
Raccontava che la figlia quattordicenne, Julia, aveva fatto cose che
solo le streghe potevano fare. Ovviamente, l'ignoranza del tempo non
pote constatare che non si trattava affatto di una strega, ma di
qualcosa altro. Ben presto, la ragazzina morì. Quando il DNA venne
scoperto, gli eventi si moltiplicarono e ben presto si scoprì qualcosa
di assolutamente incredibile: l'esistenza di un nuovo stadio
dell'evoluzione umana. Gli umani si stavano evolvendo... Ma non tutti.
Solo alcuni. Ai tempi d’oggi, sono circa tremila le persone che sono
state chiamate Different e quando si vuole esagerare, esseri mutanti o
peggio ancora, mostri. Nessuno riesce a capire come mai queste persone
sono così: il mondo intero non se ne capacita e li teme come non mai.
Alla nascita, i controlli non rilevano nulla di anomalo: poi, una volta
compiuti i tredici anni, scatta l'allarme. Da quel momento ogni
adolescente è un potenziale Different. In media su cento adolescenti di
un liceo uno lo diventa, ma superati i diciotto anni il pericolo passa.
Fino a venti anni fa, i ragazzi spesso venivano cacciati dai genitori
incapaci di accettare questa anomalia e i ragazzi rimanevano da soli
con le loro abilità, senza saperle controllare a cadendo nel terribile
giro della criminalità. Nacque così il Collegio: tre scuole situate in
diversi punti del mondo precisamente America, Europa e Oceania dove i
ragazzi vengono mandati per poter imparare, oltre le cose fondamentali
della vita, a gestire i loro poteri. Molte famiglie li spediscono
subito, spaventati da quei "mostri". Altri piangono calde lacrime dal
separarsi dai loro figli, almeno per loro non è cambiato nulla. Una
legge mondiale dieci anni prima decretò che il Collegio doveva essere
obbligatorio per chi cambiava, pena il carcere per i genitori o i
tutori in questione. Così, si riempirono presto. Gli insegnanti sono
anche loro Different salvati dalla strada, diventati grandi da soli per
diventare adulti nel vero senso della parola. Dimenticavo: non è detto
che tutti siano così fortunati. Capita che, su cento frequentanti in
uno dei tre Collegi, all'ultimo anno tre muoiano. Nessuno sa perché. Ma
succede sempre, da quando esistono. Raggiunti i diciotto anni, tre
muoiono sempre senza motivo.
Fino a due giorni fa ero una ragazza umana, con amiche fantastiche, un
ragazzo adorabile che amavo da due anni. Ma purtroppo, il destino ha
deciso che io doveva essere l'eccezione su cento adolescenti.
Mi chiamo Alisha Withney Moore, quindici anni. Sono nata a Los Angeles,
California. Lì il sole fa parte della vita di tutte le persone, come le
spiagge, il mare. Sono sempre stata felice della mia vita: mia madre
Alice è una casalinga da sempre mentre mio padre Robert un semplice
impiegato. Sono stata figlia unica per ben dieci anni, finché mia madre
non è venuta in camera mia dove giocavo con le Barbie e mi comunicò che
sarei diventata sorella maggiore. Sette mesi dopo è arrivata Serenity,
ora di cinque anni. Andavo da sempre bene a scuola. Frequentavo il
secondo anno della scuola del mio quartiere, uno di quelli abbastanza
benestanti anche se non da snob. A tredici anni mi sono fidanzata con
Dylan, con cui sto da due anni e che ho sempre amato. La mia migliore
amica Janet mi considerava una sorella e io anche. Insomma, la mia vita
era nella media. Purtroppo, una mattina è cambiata. Di colpo, così.
Come?
Sono diventata una Different o come qualcuno mi ha chiamata un
"mostro"...
1. Quando si dice la sfiga ci vede benissimo...
La mattina per alzarmi e andare a scuola era sempre stato un tormento
per me. Sono una tipa a cui piace dormire, anche fino a mezzogiorno
cosa che mia madre non ha mai sopportato. E nemmeno Janet, visto che
adora il mare mattutino che io odio. La sveglia aveva sfoggiato il suo
trillante suono, segno che erano le sette e un quarto. Pigramente,
allungai una mano per spegnerla e tirai fuori la testa da sotto lo
coperte con occhi assonnati. Con un pò di difficoltà mi alzai e andai
davanti allo specchio, osservando lo stato dei miei capelli castano
chiaro e leggermente mossi, arruffati in quel momento.
Speravo che Dylan non mi vedesse mai così, anche se lui affermava che
io ero sempre bellissima pure con un sacco in testa. Quante cavolate
dice, il mio ragazzo. Sentii la chiamata di mia madre: le sette e
venticinque. Fra trentacinque minuti, Dylan sarebbe passato a prendermi
con la moto e io non ero ancora pronta, come sempre.
Scesi al piano di sotto della nostra piccola villetta, situata al
centro davanti al lungomare che adoravo. Mia madre Alice era intenta a
passare una scatola di cereali a Serenity, sorridendole.
<< Potevi anche metterti già qualcosa >> osservò lei, con
uno sguardo di disapprovazione.
<< Si, così lo sporcavo. Magari >> obbiettai a mia volta,
sedendomi a tavola. Mia sorella mi sorrise con il suo sorriso che mi
incantava sempre. Sostenere che l'adoravo era troppo poco. Mangiai in
fretta, lasciandomi dietro di me le parole di mia madre che voleva che
mangiassi ancora. Mi feci una doccia veloce e corsi in camera non
appena vidi che erano le otto meno dieci. Frugai nell'armadio, cercando
qualcosa di carino da mettermi e che non mi avrebbe fatto sembrare un
di quelle che si vestono come se avessero una bomba nell'armadio.
Trovai un paio di jeans chiari e una maglia a collo alto rossa e me li
infilai in meno di un minuto. Passai davanti allo specchio,
sistemandomi i capelli con un fermaglio nero e mi passai velocemente
matita, ombretto e lucidalabbra. Niente fard, cipria e stupidaggini
varie: preferivo così la mia pelle, come piaceva a Dylan. Appena ebbi
finito di passare il lucidalabbra, sentì suonare il campanello.
<< Dylan! >> urlò Serenity, aprendo la porta. << Dice
che ti aspetta! >>.
Presi la mia stupenda borsa che adoravo, azzurra e accarezzai la
testolina bionda di mia sorella e scappai fuori dopo un rapido saluto
anche a mio padre. Ero così di fretta che persi l'ultimo gradino ma
Dylan mi riacchiappò ridacchiando.
“Fantastico, un'altra delle mie
mitiche figure!”, pensai.
<< Sei proprio una sbadata! >> esclamò lui, guardandomi.
<>.
Sorrisi, perdendomi nei suoi occhi azzurri e lui mi baciò. Ricambiai,
ma eravamo già in ritardo. Salimmo sulla moto velocemente. Corse verso
la scuola così veloce che ero sicura che lo avrebbero fermato per una
multa. Per fortuna, non accadde e noi fummo a scuola appena cinque
minuti prima che la campanella suonasse. Janet mi corse incontro,
sorridendo.
<< Alisha! >> chiamò, mano nella mano con Christian, il suo
ragazzo da un anno. Ancora non riuscivo a capire cosa ci trovasse Janet
in uno così: basso e tozzo ma sopratutto con un pessimo carattere, di
quelli da sessantenne scorbutico.
<< Ancora un pò eravamo in ritardo anche noi. Janny vi voleva
aspettare >> disse Christian e io sbuffai. Pessimo modo per dire
che era colpa nostra se non fossero entrati prima. Dimenticavo di dire
che lui è anche un secchione incredibile che adora passare i pomeriggi
nella sua serra piena di piante esotiche e Janet con lui, ovviamente.
Peccato che lei odiasse stare in mezzo alla natura in generale.
Dylan mi diede un altro bacio e corse via per andare in classe. Lui era
più grande di due anni e frequentava l'ultimo anno. Tra qualche mese ne
se sarebbe andato al college a studiare medicina: preferivo non
pensarci troppo o voleva dire che ero veramente masochista. Janet baciò
Christian che frequentava il terzo anno e né se andò per la mia gioia
incomparabile. Chissà perché, lui non mi trovava simpatica. Come
succedeva con tutte le amiche di Janet.
<< Su, andiamo! Quella stronza della Sunders oggi m’interroga!
>> sussurrò la mia migliore amica, a voce così bassa quasi la
Sunders fosse dietro di noi. Percorremmo i corridoi gialli fino ai
nostri armadietti blu. Con la mia combinazione di una banalità assurda
(la mia data di compleanno: primo Maggio 1993), ma proprio per questo a
parere mio era difficile da indovinare presi i libri di storia e
biologia delle prime due ore. Janet prese quello di storia e
matematica. Io e lei avevamo qualche materia non in comune o in ogni
caso ad orari differenti.
<< Andiamo. Anche se oggi non ho voglia di prendere una
bellissima F!> > si
lamentò lei.
<< Cosa hai fatto ieri, scusa? Anzi, no. Non voglio saperlo
>> mi corressi, temendo qualcosa che non voleva assolutamente
sapere.
Janet ridacchiò. << Stupida! La nuova pianta di Chris ha fatto i
semi e voleva assolutamente che la osservassi con lui >>.
La guardai sperando che stesse scherzando, ma in quel momento entrammo
in classe andandoci a sedere in fondo. Era il nostro posto preferito:
si può chiacchierare molto di più! La Sunders entrò con il suo fare
importante, credendosi una dea. Si, era un insegnante ma mica aveva il
potere del mondo! Si sedette in silenzio alla cattedra, aprendo il
registro con fare sinistro facendo rabbrividire molti studenti. In
fondo era Aprile e nessuno voleva rovinarsi la media. Io tra quelli,
anche se avevo studiato volete mettere una bella prima ora a vedere
interrogato un altro al posto tuo?
Prese la penna, cattivo segno. Voleva interrogare. Scorse i nomi sul
registro, una alla volta. Ogni volta che passava un nome, si sentiva un
sospiro di sollievo.
<< Janet Smith >> chiamò, posando la penna e prendendo
quella rossa, pronta a segnarsi su uno dei fogli che portava sempre con
sé le risposte.
La mia migliore amica quasi quasi si sentì male. La vidi torcere le
dita sotto il banco, quasi a volersele staccare. Io la guardai,
desiderando fare qualcosa anche sapendo che sarebbe stato inutile. Le
domande andavano e spesso erano senza risposta. Risultato: D-. La campanella suonò e la prof
uscì soddisfatta.
Janet quasi piangeva per quella D
che le rovinava la media della B+.
<< Dai, non te la prendere. Lo recuperi. Vedrai >>.
<< Si, certo. Però è veramente stronza! Nonostante non sapessi
nulla, ha insistito! >>.
Uscì dall'aula inviperita parecchio. La seguì, pensando ad un modo per
consolarla, quando mi sentì strana. Un improvviso giramento di testa,
come quando si ha la nausea Sparì subito, come era venuto. Janet si
girò, guardandomi preoccupata. << Ali, stai bene? >>.
<< Si, si. Solo un leggero giramento di testa. Stamattina ho
mangiato poco >> risposi, tranquilla e convinta. Continuai a
camminare per il corridoio. Janet svoltò a destra per andare a
matematica, mentre io andai a sinistra per l'aula di biologia: avevo un
esperimento. Dylan mi notò quando ero quasi all'aula ed era con dei
suoi amici, quel genere di ragazzi che se la credono troppo per i miei
gusti. Per fortuna, lui era diverso. Mi si avvicinò e mi parlò ad un
orecchio:
<< Uno del liceo ai confini della città è diventato un Different!
>>.
Dalla sorpresa lasciai cadere i libri per terra e lui me li raccolse,
tra le risatine dei suoi amici deficienti.
<< Ma lo conoscevi? >>.
<< Si, dall'asilo. Poverino. I suoi lo stanno per mandare al
Collegio >> rispose lui, triste.
Capii che doveva esserci rimasto male per il suo amico. Personalmente
nessuna mia amica era mai diventata Differenti di conseguenza non
poteva capire cosa si provava a pelle. Ricordo che una figlia di una
lontana amica di mia madre lo era diventata a quattordici anni, spedita
nemmeno in quello a New York ma in quello in Europa per non vederla
proprio, tanto era rimasta shoccata.
<< Mi dispiace, amore. Veramente >> dissi, abbracciandolo.
<< Grazie, tesoro >>.
Sciolsi l'abbraccio e andai in classe, dopo un bacio sperando che fosse
consolatore. Ormai nessuno si stupiva più. Fin da bambini si sente
parlare dei Different. I medici raccomandano tutti i genitori di
osservare i figli se per caso avevano i sintomi, comunicandolo in
seguito all'ospedale. Contattavano il Collegio e loro finivano quattro
anni minimi chiusi la dentro come fenomeni da baraccone per imparare a
"gestire" le proprie capacità. Balle, secondo me. Tutto perché li
temono e allora se ne sbarazzano, scaricando le responsabilità su altre
persone, sempre Different.
La lezione di biologia fu interessante al minimo come sempre. La
lezione successiva avremmo dovuto usare i microscopi e cercare delle
piccole vite dentro una goccia d'acqua. Entusiasmante, devo dire.
Mentre camminavo per andare a prendere il libro di geografia per la
lezione successiva, risentii il giramento di testa ma più forte. Almeno
non barcollai, perciò nessuno se ne accorse. Arrivai al mio armadietto,
promettendo a me stessa di fare colazione la mattina a costo di stare
male, fino a scoppiare. Quando chiusi lo sportello, notai che Janet mi
scrutava a occhi socchiusi:
<< Tu hai il ciclo >>.
La guardai, pensando che fosse pazza. << Come faccio ad avere il
ciclo se ieri siamo andate al mare, amica mia? Ma che hai stamattina?
>>.
<< Sei pallida >> mi fece notare lei, indicandomi.
<< Che dici? Mi sono guardata allo specchio stamattina ed ero
come sempre >>. Aprì lo sportello per guardami allo specchio,
così avrei preso un pò di giro Janet accusandola di essere paranoica
però mi fissai a bocca aperta. Ero pallida davvero, come quando si sta
davvero male. Ma io stavo benissimo.
<< Mah... sarà perché sono debole. La fame, sai >> dissi,
chiudendo lo sportello. Arrivai in classe, sentendo che c'era qualcosa
che non andava per niente. Quella non era una mattina come tante,
assolutamente. Il prof restituì i compiti in classe: A. Per fortuna.
La campanella del pranzo suonò. Andai in mensa velocemente, decisa a
mangiare per riprendere colore e far fermare quei giramenti di testa.
Durante il pranzo, anche Dylan e Chris (nel suo solito modo garbato) mi
fecero notare che ero molto pallida chiedendomi se stavo bene. Affermai
che ero in perfetta forma. Dopo il pranzo, andai in bagno prima di
altre due ore di lezioni soporifere. Uscii dal cubicolo e passai
davanti allo specchio per sistemarmi il lucidalabbra, ma quello mi
cadde di mano. Ero ancora pallida, nonostante avessi pranzato. Mi
appoggiai alla parete, cercando di capire cosa avessi. Forse mi stava
venendo un'influenza, una di quelle rare... o diverse dal solito... Fu
parola "diverso" a suonare un campanello d'allarme nel mio cervello.
Ricordai le parole di Dylan quella mattina:
<< Uno del liceo ai confini
della città è diventato un Different! >>.
Ricordai anche il corso di biologia fatto in terza media, quando si
presumeva che a tredici anni scatti l'età per diventare Different. Ti
spiegavano tutto, per bene così da riconoscere se c'era qualcosa che
non andava. Ma sopratutto... i sintomi. Di solito, il cambiamento
avveniva nel giro di tre giorni. Il primo c'erano lievi malori, seguiti
da un colorito pallido diverso dal solito. Il secondo giorno, il
colorito tornava normale ma proseguivano forti mal di testa seguiti da
nausea e infine il cambiamento. Si diceva che era la parte peggiore di
tutte, quella che faceva più male.
<< No... no... non può succedere a me... >> mormorai, con
il respiro accelerato dall'agitazione. Uscii dal bagno, certa di
essermi sbagliata al 100%.
Arrivai in classe con dieci minuti di ritardo, tanto che l'insegnante
di matematica minacciò una nota ma io non dissi nulla. Me n’andai
silenziosa al mio posto, cercando di seguire la lezione inutilmente.
Più volte l'insegnante tentò di catturare la mia attenzione, senza
successo. Mancava ancora un’ora, quella d’educazione fisica. Nemmeno lì
feci le cose per bene: la partita andò malissimo e Janet mi chiedeva
cosa avessi ma io rispondevo vaga. Ero troppo impaurita da me stessa.
Dylan mi riaccompagnò a casa.
<< Stasera usciamo? >>.
Non ero in vena così mentì. << Devo studiare >>.
<< Okay, allora. Ci sentiamo >> disse, partendo sgommando
con la moto. Quando salì a casa, mia madre era appena tornata dopo
essere andata a prendere Serenity all'asilo. Lei mi mostrò un disegno
secondo lei fantastico e io le sorrisi per farle piacere. Mia madre si
avvicinò alzandomi il viso.
<> osservò. <>.
L'orrore occupò il posto della perplessità nel volto di mia madre.
Sgranò gli occhi color nocciola, piena di paura. << Ali, non ti
starai... >>.
Non osò nemmeno finire la frase e io neanche. La guardai senza dire
nulla. Serenity ci guardava entrambe, con la confusione nel suo visino.
<< È impossibile. Deve essere qualcos’altro. Si, si... deve
essere così >> mormorava di continuò lei, cercando qualcosa che
potesse essere tutto tranne quello. L'incubo di ogni genitore: vedere
il proprio figlio diventare un Different. Prese il cellulare e fece per
chiamare il medico.
<< No! >> esclamai, togliendole il telefono di mano.
<< Aspettiamo. Magari non è niente! >>.
<< Alisha, ascoltami! Maledizione! Stai diventando uno di quei
mutanti! Quegli esseri lì! >> urlò lei, in preda ad una crisi
nervosa facendo piangere anche la bambina.
<< E anche se fosse, cosa pensi che il medico possa fare? Non
esiste una cura, mamma! >> strillai a mia volta, totalmente fuori
di me. Almeno non pensavo a ciò che mi stava succedendo.
Mia madre non rispose. Si prese la testa fra le mani. Io presi Serenity
tra le braccia e la portai in camera sua, tutta rosa perché per mia
mamma il classico era la cosa migliore. Piangeva e io odiavo vederla
così.
<< Calmati adesso >> suggerì, tenendomi la testa. Un altro
giramento di testa.
<< È vero? Diventerai una di quelle persone? >> chiese la
piccola, tra le lacrime.
<< Non lo sappiamo, Sery. Forse no >> mentì. Ormai ero
certo. Ero uno di quei casi su cento adolescenti della mia scuola. Che
sfiga incredibile!
<< Anche se fosse, io ti vorrò sempre bene >> disse lei,
abbracciandomi. Trattenni le lacrime. Ero sicura che a parlare fosse la
sua incoscienza infantile: se fosse stata più grande anche solo di
cinque anni non avrebbe certo parlato così. Almeno credo.
<< Mamma sta bene? >>.
<< Si, adesso le passa >> mentì ancora. Mia madre non
avrebbe mai accettato una cosa simile, la conoscevo troppo bene.
<< E papà? >>.
<< Vedremo >> risposi ancora, questa volta sincera. Sperai
che lui la prendesse meglio. La lasciai in camera, pregandola di fare
un sonnellino. Mia madre era ancora sul divano, con le mani congiunte
come se pregasse. Chissà, forse sperava che sua figlia non diventasse
un mostro. << Mamma >>.
Lei alzò il viso. << Cosa facciamo adesso? >>.
Non mi diede il tempo di continuare e disse: << Aspettiamo almeno
domani. Se avrai la nausea o altri sintomi... allora troveremo una
soluzione... Non diventerai una di quelle persone >>.
Scossi la testa, incredula. Mia madre era davvero convinta che ci fosse
una soluzione? No, non c'era e nessun medico del mondo l'aveva mai
trovata. Mica si può cambiare il DNA di una persona così.
<< Mamma, forse non hai capito. Non c'è modo. Se sto davvero
cambiando, allora è inutile disperarsi. Contatta quel Collegio, adesso.
Ti prego >>.
Mamma si alzò, con un’inaspettata energia. << Alisha, non
diventerai una di loro. Punto e basta >>.
La porta di casa sbatté e sentimmo dei passi per il corridoio: mio
padre.
<< Oggi è stata una giornata davvero leggera! Non capita mai!
>> commentò, entrando nel salotto con la valigetta ventiquattro
ore. Si fermò sulla soglia, notando la tensione nell'aria e aggrottò le
sopracciglia chiare, come le mie. << Che succede? State
litigando? >>.
La mamma si avvicinò a lui. << Alisha... guardala >>.
Mio padre mi fissò e sgranò gli occhi anche lui. Divenne pallido, quasi
sembrava che anche lui dovesse cambiare da un momento all'altro.
<< Alisha... no... >>.
Scossi la testa. << Io non posso farci niente >>.
Mio padre si coprì il viso con le mani, lasciando cadere la valigetta
sulla moquette blu. I suoi occhi verdi, così simili ai miei, avevano
un’aria disperata come non mai. Mi si strinse il cuore a vederlo così.
Ma cosa potevo fare?
<< Chiamiamo il medico >> disse lui.
Alzai gli occhi al cielo. << Sai benissimo che non servirebbe a
niente, papà. È tardi. Fra tre giorni sarò cambiata. Devo andare al
Collegio >>.
Mia madre cominciò a piangere, aggrappandosi a mio padre che non disse
niente rimanendo immobile. Io, sentii la disperazione. Stavo per
rinunciare a tutto quello che mi ero costruita in quasi sedici anni: la
mia adorata famiglia, la mia migliore amica, Dylan, la scuola. Non
avrei più fatto la mia mitica festa di sedici anni che avevo pensato.
Avrei passato tutta la sera e la notte a festeggiare con i miei amici.
Non avrei visto crescere Serenity in questi anni. Non avrei più visto
Janet, magari che lasciava Chris... Dylan... Dylan... era finito anche
quello. Dovevo andarmene a New York e non potevo stare più con lui. Me
ne andai in camera, decisa a piangere per le prossime due ore senza
vedere nessuno. Poi il giorno dopo avrei dato la notizia a tutti. Un
altro Different, un altro mostro.
Fu in quel momento che mi resi conto, nel complesso, di una cosa: la
mia vita era cambiata ed irreparabilmente.
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Capitolo 2 *** Il momento del dolore ***
2. Il momento del dolore
Il resto della giornata passò in un silenzio di tomba incredibile. Mia
madre si faceva venire una crisi isterica ogni due per tre mentre mio
padre ogni tanto scuoteva la testa e sussurrava cose incompressibili.
Io me ne rimasi in camera mia, guardandomi ogni dieci minuti allo
specchio per controllare la carnagione se era ancora pallida. Verso
sera notai che cominciava a tornare normale e il mal di testa a sparire
lentamente. Era il segno che la mattina dopo avrebbe cominciato ad
affrontare la seconda fase del cambiamento. L'unica che mi fece
compagnia era la mia sorellina Serenity, rimanendomi accanto. Voleva
passare più tempo possibile con me, prima che me ne andassi via.
Mia madre entrava ogni tanto per chiedermi come stavo e perlopiù
mentivo. Non mangiai e nemmeno Serenity, nonostante le mie preghiere.
Quando ormai la notte era inoltrata, infilai il pigiama alla piccola e
io mi feci una doccia e mi cambiai.
<< Alisha, te ne andrai domani? >> chiese dopo un pò, nel
silenzio e nel buio della camera interrotto solo dalla luce della luna
argentata e piena.
<< Si, temo di si >> risposi, sincera. Ero sicura che alla
fase peggiore del cambiamento era meglio affrontarla lì, piuttosto che
con i miei genitori e le lacrime di mia sorella.
Lei si addormentò subito, io no. Rimasi nel mio letto a fissare fuori
dalla finestra, sentendo qualche macchina rombante e il suono
rilassante delle onde.
La mia vita era stata cambiata irreparabilmente ed ero certa che i miei
non fossero del tutto entrati nell'ottica della cosa. Tanto per
cominciare mamma mi aveva vietato di andare a scuola, però io non avevo
nessuna intenzione di obbedirle. Rimanere a casa a sopportare le crisi
della mamma e i pianti e i sussurri di mio padre, preferivo vagare come
uno zombie in preda a nausea e mal di testa per il mio liceo. Come
prima cosa, sentivo di dover dare la notizia a Dylan. Ero sicura che
l'avrebbe presa malissimo, ma certa che mi avrebbe capita.
Così alle sei e mezza, mi alzai cercando di non svegliare Serenity. Non
avevo dormito granché, i sogni movimentati e confusi non me lo avevano
permesso. Scivolai piano in bagno per lavarmi i denti e mi cambiai con
i jeans della mattina prima e una maglia turchese. Acchiappai la mia
borsa azzurra, diedi un bacio a Serenity che si mosse appena e
sgattaiolai fuori per la porta della cucina, chiudendola a chiave. Non
pensai alla situazione ridicola: io che scappavo per andare a scuola!
Ero certa che non sarebbe mai accaduto. Com’ero certa che non sarei mai
diventata una Different. Corsi per un tratto, assicurandomi di non
essere vista dai vicini per bloccarmi di colpo.
Una forte ondata di mal di testa mi colpì, come un cannone. Mi presi la
testa fra le mani e quando arrivò anche la nausea fui costretta a
sedermi. Ecco, ero entrata nella seconda fase. Non avevo più tempo,
dovevo avvertire Dylan e Janet.
Presi il cellulare, combattendo contro uno stramaledetto mal di testa,
e chiamai Dylan controllando l'ora: le sette. Una voce intrisa di sonno
mi rispose dopo diversi squilli.
<< Ali, che succede? Sono le sette >>.
<< Devo parlarti. Vediamoci al mare di fronte a casa mia. Sarò lì
>>.
<< Ma che succede? >> chiese allarmato.
<< Te l'ho spiegherò lì. A dopo >>. Chiusi la chiamata,
volevo evitare altre domande inutili. Sentivo le lacrime che mi
arrivavano negli occhi e che volevano scendere come non mai. Le
trattenni con un sospiro enorme e cominciai a camminare in direzione
della spiaggia che avevo indicato al mio ragazzo. Mi sedetti sulla
sabbia, combattendo con i malori che mi stavano uccidendo. Fissavo il
mare piatto e blu, con il sole pallido dell'alba appena arrivata che lo
illuminava.
Il mio sguardo triste si perdeva oltre quei confini. Ero una ragazza a
cui piaceva programmare la propria vita: avevo deciso di andare
all'università e diventare maestra delle elementari, magari di scienze,
la mia materia preferita. O anche biologia marina. Però adesso chi mi
garantiva che avrei potuto fare tutto ciò? Nessuno. Tutto era andato
distrutto.
Sentii la moto rombante di Dylan dopo neanche venti minuti dopo e mi
alzai. Ero quasi arrivata quando il mal di testa arrivò al suo apice e
mi dovetti aggrappare a qualcosa che non c'era ma lui mi riacchiappò in
fretta, ridacchiando.
<< Sei sempre la solita pasticciona>> mi prese in giro
Dylan, facendomi sedere su un muretto sbrecciato, aggrottando le
sopracciglia. << Alisha, stai bene? Hai delle occhiaie...>>.
Alzai lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime. << È una
cosa difficile >> cominciai.
Lui strinse gli occhi, come per cercare di studiare la mia espressione
e le parole appena dette. << Vale a dire? >>.
<< Dylan, stasera mi farò portare dai miei al Collegio >>
confessai, tutto d'un fiato sentendomi libera da una parte del peso che
mi opprimeva. Lo guardai, ma qualcosa di doloroso entrò dentro di me. I
suoi occhi azzurri erano pieni di terrore. Come se si trovasse di
fronte... a un mostro. Scossi la testa, come per cancellare ciò che
vedevo. Mi alzai e lui si allontanò automaticamente.
<< Non posso crederci >> sussurrai incredula. <<
Dylan >> chiamai, ma lui non disse nulla.
<< Alisha, mi dispiace >> ammise alla fine, girandosi e
dandomi le spalle. Gli misi una mano sulla spalla, ma lui si scostò,
irritato. Io, invece, sentivo un accecante dolore che quasi quasi
preferivo i malori. Dov'era tutto l'amore che tanto aveva detto di
provare per me? Proprio ora che avevo bisogno di lui, in questo
momento, mi voltava le spalle. Vidi ciò che era veramente e che solo
ora avevo capito. Non pretendevo che rimanesse con me, però quello
sguardo di terrore e la paura sul suo volto come davanti ad un ignobile
mostro, quello no.
<< E questi due anni allora cosa hanno significato per te?
>> esclamai, senza neanche sapere cosa dicessi.
Dylan finalmente si voltò a guardarmi nei miei occhi verdi o azzurri a
seconda del tempo. << Io amavo un'altra. Non un mostro >>.
Quelle parole mi colpirono come un pugnale nel cuore. Con le lacrime
agli occhi scappai via da lui. L'amore per lui era come infranto in
mille pezzi. La fiducia in lui, distrutta. Tutto rovinato. Da una
maledetta cosa che io non avevo deciso. Cosa avrei fatto adesso? Non mi
restava che Janet, ormai.
Visto che ero così addolorata ero convinta che se anche lei mi avesse
voltato le spalle, non avrei sentito niente. Non si poteva soffrire più
di così. Senza nemmeno rendermene conto ero già davanti alla villetta
dove viveva con i suoi genitori ed ero sicura che il padre non ci
fosse. Attraversai il vialetto pieno di piante (sicuramente opera di
Chris) e suonai il campanello. Sentii dei passi per il corridoio e la
madre di Janet mi aprì con un caloroso sorriso: mi adorava.
<< Oh, Alisha. Che piacere. Era da due settimane che non ti si
vedeva. Entra, entra >>. Mi guidò dentro l'ingresso di legno e
poi nel salotto chiaro a tinta unita con le tendine a pallini che avevo
sempre odiato. Ormai conoscevo quella casa e memoria, visto che era la
stessa da sedici anni, da quando Janet era nata.
<< Janet, scendi! C'è Alisha! >> urlò lei e udii la
risposta della figlia. Janet era ancora in pigiama giallo e scese
velocemente le scale, abbracciandomi.
<< Ciao, che sorpresa. Come mai qui? >> chiese,
incuriosita.
<< Rimani con noi a fare colazione? >> chiese Cindra, sua
madre.
La colazione? Con la nausea che avevo? Ma neanche per sogno. <<
Grazie, ho già mangiato >> mentii, ma non troppo abilmente visto
che Janet se ne accorse. Mi portò nella sua camera dove regnava il caos
più assoluto, tanto che ormai sua madre ci aveva rinunciato. Mi sedetti
sul letto ancora disfatto e lei accanto a me.
<< Dimmi >> disse solo, capendo che dovevo rivelarle
qualcosa.
<< Janet io... io... >>. Non riuscivo a finire. Temevo che
mi trattasse come Dylan.
<< Sei incinta? >>.
<< Ma cosa! Non è quello >>. Magari fosse stato quello.
<< Allora dimmi >> m’invitò lei però io non aprii bocca e
fu lei a parlare con un lieve sorriso sulle labbra sottili: <<
Stai per diventare una Different, vero? >>.
La fissai nei suoi occhi neri, a bocca aperta. << Come lo hai...?
>>.
<< Quando ieri sono tornata a casa, mamma si è messa a parlami
del ragazzo di cui ha parlato anche Dylan. Mi ha detto che i genitori
lo hanno mandato al Collegio ieri mattina e mi ha elencato anche i
sintomi. Quindi ho pensato a te >> raccontò con voce triste.
Al nome di Dylan m’irrigidì e lei ne accorse. << L'hai detto a
lui? >>.
Le lacrime cominciarono ad uscirmi e tra i singhiozzi, raccontai tutta
l'orribile scena. Janet non credette alle sue orecchie e mi abbracciò.
<< Che stronzo! Meriti molto di più, Ali. Ascoltami, per me non
cambia nulla, okay? Che tu sia umana, una Different oppure un fantasma
per me non cambia nulla. Resterai sempre la mia migliore amica. Solo un
pò più... capace >>.
L'abbracciai di nuovo. Almeno una cosa non era cambiata per nulla. Era
sempre la mia adorata migliore amica.
<< Come l'hanno presa i tuoi? >> domandò, toccando un altro
tasto dolente e ricordandomi che probabilmente, mi stavano cercando
come pazzi.
<< Male. Mia madre si è fatta venire una crisi mentre mio padre
sembra uscito dall'uovo di pasqua >>.
Janet non disse nulla e io continuai. << Che cosa devo fare
adesso? Entro stasera completerò la seconda fase e passerò alla terza,
la più dolorosa. Non posso viverla in casa mia con mia madre e mio
padre. L'unica che mi capisce è una bambina di cinque anni! La
situazione è più che disperata! Devo andare al Collegio, subito!
>>.
Una forte ondata di mal di testa mi scosse il cervello e gemetti di
dolore. Janet mi guardò preoccupata e si morse un labbro,
concentrandosi. << Possiamo portarti noi. Prendiamo il primo volo
per New York >>.
<< Non puoi perdere la scuola così >> disse severamente.
<< Oh, ma chi se ne frega! Tu sei più importante! Ma dobbiamo
parlare con mamma >>.
L'idea di dirlo ad un'altra persona mi spaventava non poco, ma lei mi
tranquillizzò. Quando scendemmo nella piccola cucina, Janet disse tutto
a sua madre. Dapprima la sua reazione fu piuttosto dura: fece cadere il
mestolo dentro la pentola sporcandosi tutta. Dopo il primo impatto,
accetto di accompagnarmi con Janet al Collegio. Abbracciai la mia
migliore amica... e lo sarebbe sempre stata. Ora non restava che dirlo
ai miei genitori.
Il telefono squillò e Janet andò a rispondere.
<< Si, è qui: sta bene >> rispose e io sentii la voce di
mia madre intrisa di lacrime. Mi sentii in colpa per essermene andata
così di colpo, senza avvisare nessuno.
<< Adesso torna. Arrivederci, signora Moore >>.
Janet chiuse la chiamata. << Andiamo. I tuoi sono preoccupati
>>.
Risposi con un cenno della testa, perché mi faceva tanto male che
sembrava ci fosse un martello dentro unito ad acido. La nausea era la
peggiore che avessi mai avuto in vita mia perfino più di quella volta
che mi ero fatta convincere a mangiare a otto anni un'intera scatola di
Mars da cento.
Quando arrivai a casa, mia madre mi abbracciò bagnandomi di lacrime.
Mio padre era quasi sul punto di esplodere dalla rabbia e se non fosse
che sua figlia stava cambiando specie, mi avrebbe ammazzata di urla
assordanti. Serenity mi saltò in braccio, in lacrime anche lei.
<< Signora Moore, se per voi va bene io e mia madre
accompagneremo Alisha al Collegio stasera >> cominciò lei. La
parola "Collegio" ebbe un effetto bomba sui miei. Non dissero nulla,
però la loro faccia esprimeva quanto fossero poco d'accordo con quella
decisione.
<< Alisha, ti abbiamo detto che troveremo una soluzione! >>
esclamò mia madre Alice, alzandosi dal divano dove era seduta e
puntando nella mia direzione.
<< Alice ha ragione: non andrai lì >> concordò mio padre,
senza ammettere repliche.
A quel punto m’infuriai. << Ma non capite? Se non mi portate lì,
lo faranno le autorità! La legge è legge! Io devo andarci. Sono già
nella seconda fase del cambiamento e non voglio affrontare la terza,
così dolorosa con voi! >> urlai, in preda ad una rabbia
incontrollata. La situazione era già difficile di suo, ma loro non
contribuivano certo a migliorarla. Non volevano lasciarmi andare e lo
capivo. Le cose, però, erano cambiate e dovevano fare ciò che era
giusto. Mio padre si avvicinò a me, abbracciandomi.
<< Ali, io non voglio lasciarti andare >> disse, facendomi
commuovere. Mia madre e mia sorella ricominciarono a piangere e sentii
anche Janet singhiozzare. Tutto quel dolore mi faceva soffrire, ma io
non potevo fare nulla per lenirlo. Le cose andavano così e basta.
Dovevo accettarlo.
Dovevo accettare che tra meno di ventiquattro ore non sarei più stata
umana. Dovevo accettare che Dylan mi avesse guardato come un mostro e
lasciata solo perché ero diversa. Dovevo accettare di non vivere più
con la mia famiglia per chi sa quanti anni, senza veder crescere
Serenity. Non avrei condiviso le cose più belle che mi ero aspettata
con Janet. Era tutto finito.
<< Robert, guarda su Internet e cerca il numero del Collegio di
New York, per favore >> disse mia madre, fra le lacrime. Mio
padre mi lasciò e andò a prendere il suo portatile rosso e bianco,
posandolo sul tavolino basso.
<< Amore, vai a preparare i bagagli >> disse mia madre
ancora. Io annuii e andai in camera con Janet e Serenity. Presi la
valigia che mi avevano regalato a Natale, solo che doveva essere per un
viaggio non per lasciare la mia famiglia e andare in una scuola di
Different. Janet mi aiutò a sistemare tutti i vestiti, trucchi e
oggetti vari. Serenity ci guardava seduta sul letto, senza dire nulla.
<< Allora, te ne vai davvero? >> chiese.
Mi girai. << Si, sorellina. Prendiamo il primo aereo per New York
>>.
Serenity mi abbracciò e la strinsi. Non volevo lasciarla ma cosa potevo
fare? Speravo che il fatto che fosse una bambina non la facesse
soffrire troppo. Quando tutto fu pronto i miei genitori entrarono nella
mia stanza.
<< Abbiamo parlato con loro... Sono pronti ad accoglierti Ali
>> spiegò mia madre, con occhi rossi e gonfi di pianto. Annuii.
<< Abbiamo anche trovato un volo per New York... parte alle
undici... Tua madre ha già prenotato per te, Janet, e anche per lei. E
io per te. Insomma, sono le nove... forse dovresti andare >>
balbettò mio padre, come se gli venisse difficile dire quelle parole.
Abbracciai tutti e due, sperando che presto smettessero di piangere.
<< Tra qualche anno tornerò, davvero >>.
Non sapevo se fosse vero, però una piccola bugia poteva risollevargli
il morale. Loro annuirono e mi lasciarono andare. << Vai, tesoro.
Ci rivedremo presto. Magari veniamo noi a trovarti >> propose la
mamma, con un sorrisino stentato.
Serenity mi abbracciò stretta. << Non andare via! >>.
<< Devo, Sery. Però torno presto. Ti voglio tanto bene >>.
Cercai di trattenere le lacrime, non volevo rendere ancora più
difficile la situazione di quanto già era. Janet salutò i miei che ci
accompagnarono alla porta. Dopo un ultimo abbraccio, la porta si chiuse
alle nostre spalle. Quando scendemmo, la madre era già lì che ci
aspettava. Appena salii in macchina, mi sciolsi in lacrime che resero
il mio mal di testa ancora peggiore e sentivo la voglia di vomitare. La
madre partì con l'auto e Janet mi abbracciò.
<< Andrà tutto bene, amica mia >> sussurrò, cercando di
consolarmi. Arrivammo all'aeroporto dopo un’ora e io smisi di piangere.
Quando mi guardai nello specchietto retrovisore vidi che la mia faccia
non era delle migliori: occhiaie, occhi rossi e gonfi e una faccia
stravolta. Scesi meccanicamente dalla macchina, prendendo la mia
valigia mentre Cindra e Janet avevano solo due piccoli bagagli. Non
feci in tempo ad entrare nell'aeroporto che mi sentii chiamare.
<< Alisha! >>. Riconobbi quella voce: Dylan. Janet si girò
e lo guardò male, voltandogli poi la faccia. Lui si avvicinò a me,
prendendomi una mano. << Sono stato uno stupido! Perdonami!
>>.
Lo guardai e la mia forza di volontà per un pò vacillò ma poi quegli
occhi pieni di terrore e la parola "mostro" risuonavano nel mio
cervello. Non potevo dimenticare. Lasciai bruscamente la sua mano.
<< Sono un mostro, ricordi? >>.
Dylan non disse nulla. << Peccato, ti amavo sul serio. Ma
evidentemente il cambiamento offusca il cervello >>.
Me ne andai, girandogli la faccia. Entrai con Janet e Cindra dentro
l'aeroporto, senza neanche guardami indietro. Si, senza guardami
indietro. Perché quello che c'era indietro era solo un infinito
dolore...
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Capitolo 3 *** Una nuova vita ***
3. Nuova vita
Erano passate diverse ore, da quando ormai eravamo sull'aereo. Spesso
guardavo fuori dal finestrino, pensando a cosa mi stavo lasciando
dietro e a cosa stavo andando incontro. Janet cercava di distrarmi, ma
io non ero proprio dell'umore. Non avevo nemmeno seguito il film che
avevano proiettato e nemmeno mangiato nulla. I miei malori andavano
aumentando sempre più, tanto che più di una volta sperai di riuscire a
dar di stomaco senza successo. Verso le quattro, visto che l'aereo era
partito in ritardo, una voce monotona ci avvertì dell'atterraggio
imminente, mi allacciai le cinture sentendomi piuttosto agitata. L'idea
di andare in una scuola nuova, dove non conoscevo nessuno e senza
contare che non sapevo cosa aspettarmi dai ragazzi. Insomma, era pur
sempre piena di persone che potevano fare cose incredibili. Io le avevo
sempre considerati incredibili diversamente dalla maggior parte della
popolazione che li prende per pericolosi. Non ci avevo ancora pensato
ma prima o poi avrei cominciato a manifestare anche io qualche
capacità: ma cosa? Di solito, chi diventava Different, sviluppava
poteri che potevano essere dentro di se nebulosi. Come ad esempio, un
ragazzo molto forte avrebbe avuto la superforza. Solo che io non avevo
nessun talento particolare, a parte essere una ragazza studiosa senza
essere eccessiva (alla Chris, per intenderci). Chissà, magari sarei
stata super intelligente. Già, un altro ottimo modo per sembrare
diversa pure tra i Different: la classica secchiona.
L'aereo atterrò e noi scendemmo insieme con un sacco di altre persone
su la ripida scaletta. Fuori c'era un’aria fredda che mi fece
rabbrividire: non ero certo abituata a tali temperature. Rimpiansi
velocemente sole caldo e spiagge assolate coordinate di una mare
azzurro e cristallino. Janet mi scosse, vedendomi pensierosa.
<< Come stai? >> chiese, mentre ritiravamo i bagagli.
<< Ho ancora nausea e mal di testa >> risposi. Guardai
l'orologio con ansia. Non ero certo impaziente di soffrire. Secondo la
tabella di marcia che mi ero fissata nella mia testa, avrei cominciato
la terza fase stanotte. Bene, un'altra fantastica notte in bianco solo
che questa volta dovevo anche soffrire. Sperai che in quel posto
avessero qualcosa per non farmi sentire nulla.
Cindra ci disse di muoverci. Noleggiò una macchina e noi salimmo. Il
Collegio si trovava fuori città, in un luogo immerso nel verde e
presumibilmente nascosto agli occhi degli umani. Già la loro condizione
era difficile, se avessero visto cosa combinavano sarebbe stato ancora
peggio. Per tutto il viaggio di circa tre ore, non parlai quasi mai e
nessuna delle due tentò di istigarmi alla parola. Capivano come mi
dovevo sentire. Non sapevo cosa aspettarmi: come sarebbe stata la mia
compagna di stanza? O le mie compagne di stanza? Le lezioni? Il resto
della scuola? Le regole? Troppe, troppe domande dentro la mia testa. E
nessuna trovava risposta, neanche una: avrei scoperto tutto quando
sarei arrivata in quel posto, al Collegio. Cindra e Janet si fermarono
a mangiare, ma io non toccai nulla, il mio stomaco protestava troppo.
Quando ormai eravamo fuori città e mancavano pochi chilometri sentii lo
stomaco rivoltarsi dall'agitazione. Ho sempre avuto questo problema:
quando sono agitata, lo stomaco mi da fastidio facendomi fare a volte
terribili figuracce di me, accartocciata a tenermi lo stomaco
dolorante. Janet mi abbracciò.
<< Andrà tutto bene, vedrai >>. Sembrava quasi una
promessa, ma sapevo che certo lei non poteva mantenerla. Cindra svoltò
verso una curata strada di campagna: erano campi incolti ma in ogni
modo belli a vedere. In lontananza, lo scorsi: il Collegio. Deglutii.
Arrivammo lì mezz'ora dopo. Quando scesi dalla macchina (e dovetti
trovare tutto il coraggio di farlo), alzai il viso per osservare quanto
fosse grande. Era circondato da mura e giurai che lo avessero fatto per
non far vedere cosa succedeva all'interno. C'erano aiuole dappertutto,
piene di fiori colorati perfino fuori stagione, dentro della terra di
un color marrone mai visto in vita mia. Un vialetto introduceva
all'interno, fatto con piastrelle bianche perfettamente allineante.
L'edificio era di almeno quattro piani con un tetto piatto, il tutto di
un color panna e nocciola. Dalle finestre usciva una luce dorata,
nonostante fossero le sei del pomeriggio ed era già buio con tanto di
luna nel cielo. In lontananza, scorsi un laghetto circolare, con acque
blu notte e qualche ninfea solitaria. Un enorme portone in noce era al
centro della struttura, con qualche largo gradino bianco, con ai lati
sempre fiori e terra.
<< Bello >> commentò Janet, scendendo anche lei dalla
macchina. Io presi la mia valigia e mi mossi verso l'edificio. Era così
bello che mi dimenticai perfino dei miei malori, anche se c'erano
ancora. Un’anta del portone si aprì e uscì una donna vestita di lungo
abito nero e svolazzante. Doveva avere tra i venticinque e i trent'anni
ed era carina con occhi azzurri e lunghi capelli biondi lisci come non
li avevo mai visti ed era molto chiara di pelle. Non sembrava per nulla
americana. Si avvicinò a noi, sorridendo e poi mi guardò.
<< Sei Alisha Withney Moore? >> domandò con fare
inquisitorio ed ebbi solo la forza di annuire.
Sorrise. << Sono felice di conoscerti. Ho parlato personalmente
io con i tuoi genitori, specialmente con tua madre Alice. Sono Hanja
Wegner >>.
Aggrottai le sopracciglia. Addosso che lo notavo non avevo un accento
propriamente americano. Lei doveva aver notato la mia lieve confusione
perché disse: << Sono nata a Berlino, in Germania. Sono tedesca,
ma ho studiato qui. Sono stata una delle prime alunne >>.
Sicuramente era uno di quei casi in cui i genitori non voleva vederla
più neanche in fotografia, per averla spedita addirittura qui.
<< Sono certa che ti troverai bene. I tuoi mi hanno spiegato che
devi ancora affrontare la terza fase, giusto? >> chiese
preoccupata.
<< Sì >> riuscì finalmente a dire, parlando per la prima
volta.
Si morse un labbro. << Be', temo che dovremo tenerti sotto
controllo in infermeria allora... Sai che sarà doloroso, vero? >>.
<< Sì >> dissi ancora. Sembrava che il mio vocabolario si
fosse fermato ai "si".
<< Forse è meglio che entri. Farò portare le tue cose in camera,
dalle tue compagne di stanza. Sono simpatiche vedrai >> promise
lei, mettendosi una mano in tasca. Estrasse un piccolo cellulare
argentato e chiamò un numero, però la conversazione fu così veloce che
non capii nulla. << Stanno venendo a prendere i tuoi bagagli
>>.
Dopo pochi secondi, con uno schiocco, apparve un uomo sui
quarantacinque anni alto e scuro di carnagione. Sia io che Cindra e
Janet facemmo un salto alla sua vista e Hanja rise.
<< Lui è Safiy, un teletrasportatore. Di solito si occupa lui di
queste cose. È molto più veloce >>.
<< Scusate >> borbottò lui, prendendo i miei bagagli.
<< Che stanza? >>.
<< Trentaquattro >> rispose Hanja e lui annuì e con un
altro spaventoso schiocco sparì. Hanja tornò a sorridere ancora e mi
chiesi se sapesse fare altro ma sopratutto cosa sapeva fare lei di
“diverso”?
Trovai il coraggio e glielo chiesi. << Scusi, lei che capacità
ha? >>.
<< Sono una suturante. Sono in grado di guarire le persone. Non
ha caso mi occupo dell'infermeria ma sono anche una delle insegnanti.
Insegno le materie scientifiche >> spiegò lei e io rimasi a bocca
aperta insieme alle mie compagne di viaggio. Hanja si rivolse
finalmente a loro.
<< Grazie per aver accompagnato Alisha. Però, ora deve entrare.
Non voglio essere scortese, ma vietiamo di solito agli umani di
entrare. Credo che dovreste salutarvi qui >>.
Mi girai verso Janet con gli occhi lucidi. Non volevo che se ne andasse
e mi lasciasse lì, tutta sola perché in effetti ero sola. Sentivo che
una volta andata via, avrei perso l'ultimo appiglio che mi era rimasto
alla mia vecchia vita. Janet fece un sorriso. << Ci rivedremo
>>.
<< Certo >> concordai io, sapendo che sarebbe passato molto
tempo. Ci abbracciammo e la sentii piangere. Anche sua madre mi
abbracciò con le lacrime agli occhi e salì frettolosamente in macchina
insieme alla figlia. Dopo un ultimo saluto, la macchina partì.
La guardai fino a che non sparì dalla mia vista. Una mano toccò la mia
spalla destra, di Hanja. << Andiamo? Non essere triste: passerà
te lo assicuro. Ci sono passata anche io, come tutti qui dentro
>>.
Annuii e la seguii. Entrai nell'ingresso dove c'erano due divani scuri
con in mezzo un tavolino di legno e una lampada accesa. Un mobile era
sul fondo, un cassettone con le serrature nei cassetti, dall'aria
vecchia. Passammo per una porta in vetro ed entrai in un atrio vasto:
una moquette blu cobalto era a terra, con le pareti dipinte d’azzurro
chiaro rilassante. Il soffitto non era molto alto ed era in legno. Alla
mia destra c'era un bancone con una vecchia signora dietro che
sbirciava delle carte, e sgranai gli occhi, quando quella vera arrivò
al bancone e quella sparì. C'erano delle porte chiare sia davanti a me
sia a destra, solo che c'è ne era solo una. Sentivo delle voci
provenire da lontano e dei passi ai piani superiori. Dalle finestre
vidi un campo da basket e un altro edificio in lontananza, forse una
palestra. Hanja mi guidò per l'unica porta a destra, aprendola e
mostrandomi delle scale bianche con corrimano nero e molto lavorato,
elegante. Due rampe di scale e in cima c'era una porta bianca con la
scritta: "Infermeria".
<< Questo è un passaggio alternativo a quello solito per
arrivarci: ho pensato non ti sarebbe piaciuto passare davanti a tutti i
ragazzi della scuola >>.
Annuii. Le avrei fatto una statua. L'aprì ed entrammo in una piccola
stanza che sembrava essere in un gran globo bianco se non fosse stato
per la scrivania nera. Notai una donna seduta lì, bionda anche lei ma
riccia.
<< Kae, questa è Alisha Moore. La ragazza nuova. Lei è una mia
collega, un'altra suturante >> spiegò lei e la donna mi sorrise.
<< Piacere, ma come mai è qui? >>.
<< Deve affrontare la terza fase del cambiamento >> spiegò
lei, con una punta di tristezza nella voce. Sapevo che fosse doloroso,
ma cavoli mi mettevano una paura incredibile.
<< Oh, capisco >> disse alzandosi. << La camera tre è
libera. Vai lì >>.
Hanja mi guidò dentro una stanza con dieci porte di cui una era nel
fondo, forse portava ad altre stanzette. La ragazza aprì la terza e mi
fece entrare. C'era un letto attaccato al muro al centro, con accanto
un comodino bianco e azzurro. Un mobile era sulla destra e chissà cosa
conteneva. In quel posto potevo immaginarmi di tutto. Mi sedetti sul
letto, guardando la ragazza.
<< Come va la nausea e il mal di testa? >>.
<< Male, molto male >>.
<< Allora vuol dire che stanno per finire e cominciare la terza
fase >> assicurò, sedendosi su una sedia di metallo.
<< Mi spieghereste qualcosa di qui? Le lezioni o cose così?
>> chiesi, volevo cercare di conoscere quel posto come meglio
potevo.
<< Allora... >> cominciò. << Le lezioni normali
iniziano alle nove e si concludono all'una >>.
Sussultai alla parola "normali". << Vale a dire? >>.
<< Sono come le lezioni che seguivi alla tua vecchia scuola.
Quelle non normali riguardano la capacità di saper controllare i tuoi
poteri. Lezioni in cui imparerai a gestirli >> spiegò lei.
Ora capivo. << E quando finiscono? >>.
<< Sono le sei e mezza: dire che sono finite da poco. Iniziano
alle tre, dopo due ore di pausa pranzo. Poi dalle sei alle sette e
mezzo si studia, ma non preoccuparti: non diamo mai troppo. Capiamo che
per voi è già molto difficile. Forse non lo sai, ma noi Different
impariamo molto più velocemente degli umani >>.
Sgranai gli occhi dalla sorpresa. << Davvero? >>.
<< Si, certo. Ecco perché il 99% dei Different sono laureati
molto più degli umani >> disse lei, con una punta di orgoglio.
<< Fantastico >> commentai, cominciando a sentirmi un pò
meglio a livello emotivo. Sarei stata più intelligente, magnifico.
<< La domenica e il sabato non ci sono lezioni e anche nelle
giornate di festa come Natale, ad esempio >> aggiunse.
<< Non torniamo mai a casa? >>.
Lei scosse la testa. << Per i prossimi quattro anni no. Siete
troppo instabili per permettervi di uscire di qui. Però le famiglie
possono venire. È un segreto che non sa nessuno. Lo sanno solo le
famiglie dei Different. Infatti, l'ultimo piano che è il più immenso è
per le famiglie. Qui ci sono circa trecento studenti. Ma non tutte le
famiglie vengono >>.
Capii perché. I propri figli sono mostri e loro non volevano saperne.
Tipico. << Ma con le classi come funziona? Se devo stare qui
quattro anni, si intuisce che comincerò dalla prima. Ma io l'ho già
fatta >> tenni a precisare. Non avevo nessuna intenzione di
tornare in prima, quando stavo già finendo la seconda.
Lei rise. << Non preoccuparti di questo. Vedi, quando un ragazzo
nuovo arriva qua inizia per le lezioni normali nello stesso anno che
frequentava nella sua vecchia scuola. Per le lezioni non normali, qui
le chiamano Different lessons, inizierai dal primo anno. Quindi tu
potrai andartene quando avrai vent'anni >>.
Bene, ma cosa avrei fatto una volta finita la scuola? << Ma fra
due anni avrò finito. Cosa farò poi, qui, oltre quelle lezioni?
>>.
<< Inizierai il college: studierai qui seguita dai Different che
si occupano degli studenti diplomati. Così farai anche già due anni di
università. Vedi, raramente arrivano Different sui diciassette anni o
sedici inoltrati: tu sei nella norma. Come è ancora più rari che
arrivino Different di tredici anni, in quel caso rimangono qui cinque
anni >>.
<< In poche parole, non possiamo andarcene se non abbiamo
diciotto anni e il diploma >> conclusi brevemente e lei annuì.
Sospirai, ma un pò ero felice. Avrei rivisto la mia famiglia tra due
mesi e la scuola era normale anche se quelle lezioni "diverse" mi
preoccupavano un pò. Di colpo sentii in cerchio alla testa incredibile,
da spararsi, ma sparì così come l'incensante nausea. Hanja mi guardò.
<< Hai finito la seconda fase: ora ti aspettano direi...
>>. S'interruppe per guardare l'orologio. << Sono le sette,
quindi cinque ore. Scattata la mezzanotte, comincerai la terza. Durerà
circa sei ore. Ti dico subito che fa molto male >>.
Questo lo sapevo, ma siccome solo terribilmente curiosa e anche un pò
stupida nel sapere come soffrire in sei ore glielo chiesi. Lei aggrottò
le sopracciglia bionde, indecisa se dirmelo o no.
<< Ti senti come... se... dentro di te tutto facesse male,
sopratutto il cuore e il cervello. Questo perché il tuo DNA sta mutando
forma, Alisha >>.
Rabbrividì parecchio. Ecco cosa mi aspettava. Lei si alzò. << Ora
devo andare. Riposati e farò portare la cena anticipata per te. Qui di
solito si cena alle otto >>.
Io annuii, sentivo una gran fame. Lei se n’andò. Mi distesi sul letto
pensando in cosa diavolo mi fossi cacciata. Mi coprii gli occhi per non
piangere ancora, ero stufa di versare lacrime che tanto non servivano
proprio a nulla. Non pensai a niente in particolare: per quel giorno
avevo anche pensato troppo. Perciò mi rilassai. Dopo un pò, Kae mi
portò la cena che aveva un aspetto delizioso e mangiai con gusto.
Dopodiché mi distesi di nuovo sul letto, cercando di dormire un pò. Non
dormivo e si può dire da ventiquattro ore circa. Infatti, caddi nel
sonno più profondo della mia vita. I miei sogni erano confusi e
agitati, non riuscivo a capire cosa fossero le forme indistinte che
vedevo.
Di colpo, sentii come una martellata alla testa. Un grido mi scappò
dalle labbra, alzandomi e svegliandomi di botto. Con la coda
nell'occhio notai un orologio e guardai l'ora: mezzanotte precisa.
Voleva affermare che la terza fase era iniziata. La porta si spalancò
ed entrarono Kae e Hanja.
<< La terza fase >> mormorò Kae, guardandomi.
Non avevo mai provato un dolore simile. Era così... dire doloroso era
poco. Era come se dentro di me tutto si stesse quasi squagliando o
distruggendo. Sentivo come l'acido nelle vene al posto del sangue. Il
cervello sembrava andare a fuoco, mentre il cuore batteva troppo
lentamente. Sapevo che ero bianca come un cadavere e svenire. Sarebbe
stato meglio, preferivo svenire all'agonia. Mi sentivo così debole,
tanto da non far uscire un filo di voce. Sei ore in quelle condizioni?
Non potevo sopportarlo. Il dolore o più dolori ormai non lo sapevo più,
aumentavano sempre di più. Non sentivo più gambe e braccia e nemmeno me
stessa dopo un pò. Il cervello aveva smesso di andare a fuoco, ma ora
non lo sentivo proprio. Vedevo sfocato, come macchie bianche davanti ai
miei occhi, rendendo la scena attorno a me confusa e agitata.
Il dolore si concentrò prima negli organi principali come fegato o
polmoni, mozzandomi il respiro per poi passare agli altri. Non riuscivo
neanche a vedere che ore erano, per sapere quanto ancora dovevo
soffrire. Non sapevo se mi muovevo o ero ferma. Sembrava che non avessi
cervello. Il mio cuore batteva lentamente, ma ora era diventato ancora
più veloce facendomi sentire come se dovessi esplodere da un momento
all'altro. Volevo poter dire basta, ma non ci riuscivo. Quanto mancava?
In un momento in cui riuscii a vedere, vidi la mano di qualcuno che
stringeva la mia ma non capivo di chi fosse, non l'avvertivo nemmeno.
Certa che non si potesse soffrire di più, dovetti ricredermi, quando
sentì il freddo dentro di me, facendomi sentire un ghiacciolo.
Dolore, dolore, dolore. Quanto tempo era passato?
Poi, risentii piano piano il cervello. Le macchie bianche cominciavano
a sparire lentamente... sentivo nuovamente gambe e braccia così come la
mano che stringeva la mia. Il cuore cominciò a battere regolare, gli
organi quasi come prima. La temperatura tornò normale.
Poi più nulla, di nuovo me stessa.
<< Alisha? Mi senti? >> chiese Hanja, lasciando la mia
mano. Mi alzai, confusa. Mi guardai allo specchio ed ero sempre io. O
meglio, fisicamente non c'era nulla di diverso che potessi vedere.
<< Come sempre >> risposi, portandomi una mano alla testa.
Kae e Hanja sorrisero. << Benvenuta tra noi Different >>.
Io chiusi gli occhi: ormai era ufficiale.
Ero una Different.
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Capitolo 4 *** Nuove conoscenze ***
4. Nuove conoscenze
Mi sentii piuttosto confusa, quando Hanja m’informò che era il caso che
andassi in camera. Non volevo conoscere le mie nuove due compagne di
stanza. E se fossero state antipatiche? O quelle che se la credono
troppo?
<< Non preoccuparti, starai bene. Le lezioni cominciano fra due
ore però oggi non le frequenterai. Starai in camera a dormire. Forse
ora non ne avrai, ma presto ti verrà un gran sonno. È normale >>
spiegò lei, aprendo la porta per uscire dall'infermeria.
<< Non le sveglieremo? >>.
<< No. Sono le sette. Esattamente quando la sveglia comune suona
>> rispose lei con un sorriso. Però io non avevo sentito nulla.
Dovetti ricredermi quando un suono lungo e prolungato si diffuse per
l'edificio. Era simile al trillo di una sveglia, ma molto più dolce e
alto, sopratutto. Forse doveva essere il primo impatto, però lo trovai
assordante come non mai.
<< Ma che strumento usate? >>.
<< Nessuno. È Carl: può modificare la voce a suo piacimento.
Anche creare suoni >> rispose lei e io capii il motivo di quel
sorriso di prima. Sentii di colpo veloci passi ai piani superiori.
Deglutì dalla paura: fantastico, avrei fatto l'ingresso davanti
all'intero corpo studentesco. Entrammo nell'atrio della sera prima e
vidi la copia originale dell'anziana signora che si sedeva. Questa
volta andammo davanti ad una delle porte che avevo notato in precedenza
e aprì quella di mezzo. Invece di scale, c'era un breve corridoio che
svoltava a sinistra, tutto in pannelli di legno. Lo percorremmo e ci
trovammo di fronte ad una scala sempre in legno però più scura e con
una moquette rossa bordeaux. Salimmo velocemente e io ammirai i quadri
alle pareti: sembravano autentici. Una porta era in cima e Hanja
l'aprì. Vidi mucchi di studenti, tra ragazze e ragazzi, percorrere il
corridoio di fronte a me e notai che uscivano da due porte: una rossa
con il simbolo femminile e una blu con il simbolo maschile. Qualcuno mi
guardò e io risposi con uno sguardo intimidito. Hanja mi sorrise per
incoraggiarmi e mi spinse dentro la porta rossa, che sbucava su uno
stretto corridoio con tante porte ai lati tutte aperte e color giallo.
C'era qualche mobile, ma senza ante o cassetti. Al soffitto c'erano
diversi lampadari di cristallo e ai muri piccole lampade anch'esse in
cristallo. Camminammo per un pò, fino alla porta numero trentaquattro
sempre sotto lo sguardo di diverse ragazze ancora in pigiama che mi
fissavano. Dimenticai di dire che a volte vedevo cose incredibili:
giurai di aver visto una ragazza sdoppiarsi per fare due cose
contemporaneamente. Hanja bussò alla porta e udii una voce con uno
strano accento risponderle: << Prego! >>.
La ragazza aprì la porta, facendomi entrare. Mi sentii pesante come il
piombo e mi ci volle tutto il mio coraggio per varcarla. Dentro era una
stanza quadrata ed enorme con pareti intonacate d’azzurro pallido e due
finestre lucide con tendine blu. Una ragazza era seduta sul letto, già
vestita con una maglia rossa e una gonna nera fino al ginocchio. Era
sicuramente più bassa del mio metro e sessantacinque, con corti capelli
neri e occhi blu mare. I lineamenti erano molto delicati e aveva labbra
rosse naturali e sottili. Il tipo di ragazza che fa girare di testa ai
ragazzi anche solo guardandola. Si alzò e ci venne incontro.
<< Buongiorno, professoressa. Lei è Alisha, vero? >> chiese
lei sorridendomi e sentendomi rincuorata come mai prima d'ora.
<< Si. Alisha, lei è Liliane Bernard. Viene da Lione, Francia
>> mi presentò lei alla ragazza sorridente.
<< Piacere di conoscerti, Alisha >> disse lei con un tono
che mi confortò. La porta alla mia destra si aprì e un'altra ragazza
entrò nella stanza, frizionandosi i capelli con un asciugamano bianco
ma si fermò non appena ci vide.
<< Oh, lei è quella nuova. Piacere, sono Cassandra Owen, ma tu
chiamarmi Cassie. Io provengo da New York, quindi non ho fatto molta
strada >> si presentò lei, sorridendomi e facendomi sentire molto
meglio.
<< Be', io devo andare. Ho il laboratorio da preparare. Oggi
Alisha non seguirà le lezioni. Penso che vi ricordiate tutte come ci si
sente dopo la terza fase, vero? >> chiese lei e loro annuirono
rabbrividendo. Dalle loro facce si capiva che non era una cosa che
volevano rivivere e anche io senza dubbio.
Hanja uscì. Ci guardammo per un pò poi Liliane mi guidò accanto a uno
dei letti, il suo. << Dormirai nel letto sopra di me. Mentre
Cassie dorme in quel letto accanto a noi >> disse lei,
indicandomi un altro letto dove notai accanto la mia valigia.
<< È venuto Safiy ieri a portarla >> spiegò Cassie,
sedendosi sul suo letto. << Come stai? >>.
Mi sedetti sul letto di Liliane. << Bene, adesso >>.
<< La terza fase è la più terribile. Ti capiamo >> disse
comprensiva Liliane.
Osservai la stanza. Oltre i nostri letti, c'erano due scrivanie con un
paio di portatili e compresi che mi ero dimenticata il mio,
ripromettendomi di farmelo portare quest'estate dai miei. Due enormi
armadi erano accanto alla porta, sicura che ci potessero stare
tonnellate di vestiti. Per il resto, era una camera normale.
<< So che all'inizio può sembrare strano tutto ciò, ma poi passa.
Vedrai. Ti aiuteremo noi >> promise Liliane.
<< Grazie... Ma voi da quanto siete qui? >> chiesi curiosa.
Notai che Liliane si fece scura in volto. << Da due anni. Sono
diventata Different a quattordici anni. I miei genitori sono usciti di
testa e mi hanno mandata qui. Non li sento e vedo da quel giorno. Non
credo di essere ben accetta >>.
<< Scusa... io non volevo... >> cominciai, dispiaciuta per
non essermi stata zitta.
<< Non fa nulla, ormai ci passo sopra >> mi assicurò lei,
ma giurai che non fosse proprio così.
Cassie ridacchiò. <>.
La guardai, confusa. Che intendeva?
<< Sono diventata Different il giorno del mio tredicesimo
compleanno. Si, sono un caso su un milione di Different tredicenne.
Però sotto un punto di vista sono stata fortunata, i miei genitori non
si sono disperati >>.
<< Perché? >>. Pensai che almeno lei avesse genitori sani
di mente.
<< Sono morti quando avevo otto anni in un incidente stradale. Io
per fortuna non c'ero. Sono figlia unica così sono finita in
orfanotrofio. Solo che nessuno vuole bambini così grandi, perciò sono
rimasta lì fino a, quando non sono diventata Different. Mi hanno
mandato quelli dell'istituto qui >>.
Sbiancai. Cavoli, quella si che era una storia difficile. Dalla sua
faccia si direbbe che non soffriva ma sicuramente faceva molto più
male. A confronto con loro due, io ero tra le più fortunate.
Cassie si alzò per sdrammatizzare insieme a una risata. << Perché
non fai una cosa? Prima che arrivi il sonno, perché non vieni a fare
colazione con noi? Fatti una doccia e cambiati, dai >> propose
lei. Sentii lo stomaco brontolare e non avevo questo sonno di cui tutti
parlavano, così accettai.
Stavo prendendo il cambio quando mi ricordai una cosa. << Che
cosa sapete fare? >>.
Loro due si girarono dallo specchio dove si stavano truccando e si
guardarono. << Sono un'intangibile. Passo attraverso persone e
oggetti >> spiegò Liliane, dandomi una pratica dimostrazione che
mi lasciò a bocca aperta. Cassie rise. <>.
<< Tipo illusioni? >> chiesi, totalmente stupita. Si,
dovevo aspettarmi qualcosa del genere ma sentirselo dire o vederlo con
i propri occhi e un'altra cosa.
<< Oh, no. Io materializzo cose vere. Così vere che posso creare
anche le tue peggiori paure. Ma posso farle sparire con uno schiocco di
dita >> disse lei con un sorrisino minaccioso che mi mise paura.
Non era certamente una Different da lasciare incontrollata.
Liliane le diede una botta. << Smettila. L'ha fatto anche con me
quando sono arrivata qua, lasciala dire. In verità è un pezzo di pane
>>.
Cassie sbuffò e tornò ai suoi trucchi. Io mi alzai e andai a fare la
doccia. Non potevo credere ai miei occhi e alle mie orecchie. Dove
diamine mi trovano, maledizione? Chissà se anche io avevo sviluppato
qualcosa del genere. Magari era un potere da niente, tipo l'empatia.
Roba inutile. Uscì dalla doccia dieci minuti dopo, sentendomi rinata.
Dopo essermi asciugata i capelli ed essermi messa qualcosa che mi
avrebbe fatto sentire a mio agio e allo stesso tempo non mi avrebbe
fatto sembrare una svampita in pratica indossai un vestito azzurro con
maniche lunghe e uscii dal bagno. Mi diedi una leggera truccata e vidi
che le due ragazze prendevano delle borse senza libri.
<< Dove sono i testi scolastici? >> chiesi, ricordandomi
che io non li avevo.
<< Nei nostri armadietti personali. Si aprono con una scheda. La
tua è nel cassetto del comò. Ci siamo dimenticate di dirtelo! >>
spiegò Liliane, prendendomela e porgendomela. << Lì va la foto
>> aggiunse, indicando il quadratino vuoto. C'era proprio tutto:
la mia data di nascita, il mio nome completo, il mio luogo di nascita e
degli spazi bianchi.
<< Cosa ci va scritto lì? >> chiesi, indicandoli.
<< I tuoi poteri, quando li troverai. Non dovrebbe mancare molto
>> rispose sempre Liliane. << Andiamo? >>.
Prima che potessimo risponderle sparì attraverso la porta e io sgranai
gli occhi e Cassie alzò gli occhi al cielo. << Ormai le porte non
le usa più. Andiamo >>.
Uscimmo dalla stanza e io mi sentii come un pesce fuor d'acqua nel
corridoio. Le ragazze erano già di meno, ma il resto mi guardava come
la nuova arrivata. Un'altra si avvicinò: bassa, bionda con lunghe
ciocche scalate e occhi nocciola. Doveva essere inglese, dai tratti.
<< Ciao. Allora, andiamo a fare colazione? >> chiese lei ma
poi mi guardò. <>.
Aggrottai le sopracciglia. << Come lo sai? >>.
<< Sono una veggente. Sono Kristen Wilson, Canada. Però ho anche
origini inglesi, mia madre lo è >>.
Alla parola "veggente" sussultai. Cavoli, vedeva davvero il futuro. A
pensarci bene, mica era molto bello farsi gli affari degli altri e non
avere mai una sorpresa. Sperai che anche io non lo diventassi.
<< Piacere, Alisha Moore. Sono felice di conoscerti >>.
<< Non avevo dubbi >> disse lei, mettendosi al nostro
fianco. << Andiamo? Sono già le otto >>.
Liliane attraversò di nuovo la porta che qualcuno aveva chiuso e quando
varcai la soglia del dormitorio delle ragazze mi sentii come in mare
aperto. Doveva proprio vedersi che ero nuova per come mi comportavo e
camminavo, guardandomi dappertutto. Mi feci guidare dalle tre ragazze
per la mensa, ed era una delle tre porte che mi aveva mostrato Hanja.
Questa volta la prima ed era aperta: tanti ragazzi entravano e nessuna
usciva segno che la colazione era già iniziata. La mensa era
rettangolare e con pesanti tende rosse che coprivano lunghe finestre
bombate e un pavimento di marmo bianco. I tavoli erano diversi,
anch'essi rettangolari e in legno. Alla fine della stanza c'era un
tavolo tondo dove sedevano gli insegnanti o almeno così sembrava. A
lato destro, c'era il bancone per il cibo. Prendemmo dei vassoi rossi e
ci avviammo per il bancone. C'era proprio di tutto dalle scatole di
cereali o alle ciambelle. Io presi i miei cereali preferiti con
cioccolato e fiocchi di frutta zuccherati morbidissimi uniti a molto
latte al cioccolato (non mangiavo da dodici ore e la fame era
stranissima! Nemmeno quando ho il ciclo sono così affamata). Coordinai
il tutto con due pasticcini alla panna e altro latte freddo. Vidi le
ragazze guidarmi verso un tavolo al centro della sala dove c'erano già
un'altra ragazza e due ragazzi, dove ci sedemmo.
<< Ciao, ragazzi. Lei è Alisha Moore, quella nuova >> mi
presentò Kristen e tutti annuirono.
<< Piacere >> mi disse la ragazzina. Doveva avere almeno un
paio d’anni in meno di me, quindi quattordici e perciò non era qui da
molto. Era alta quanto me, con capelli color miele e occhi verdi e
profondi. Non so perché, ma mi dava l'aria di essere una secchiona però
sembrava simpatica.
<< Mi chiamo Selene Bennett, sono di Los Angeles >>.
<< Anche io! >> esclamai sorpresa. Ero certa di non averla
mai vista.
<< Sono qui da due mesi e capisco quanto ti manchi casa >>
aggiunse lei, triste.
Uno dei ragazzi si presentò. << Sono Justin White, anche io di
New York. Felice di conoscerti >>.
<< Piacere mio >> replicai, sentendomi abbastanza a mio
agio. Era un bel ragazzo di quelli che possono far perdere la testa con
quegli occhioni grandi e scuri, dall'aria dolce.
L'altro ragazzo si allungò verso di me. << Alan Parker. Ci
avevano assicurato che saresti arrivata. Sei una Different da solo un
paio d'ore, giusto? >>.
<< Si, ho affrontato la terza fase stanotte. Non voglio viverla
mai più >> dissi, rabbrividendo. Mai provato un dolore come
quello in vita mia. E sperai di non doverlo provare più.
A differenza di Justin, anche Alan era bello, ma si capiva che era uno
che adorava spezzare cuori solo con lo sguardo. Il tipico duro diciamo.
Era alto almeno 1.90, con capelli ribelli e chiari, occhi azzurri.
<< Hai già scoperto cosa sai fare? >> chiese Selene, dopo
un sorso d’aranciata.
<< Uhm... no. È grave? >> chiesi, preoccupata.
<< Noooo! Io li ho scoperti dopo dodici ore essere diventato
Different. Sono empatico. Sento le emozioni degli altri e le posso
anche manovrare >>.
Alla notizia datami da Alan non mi sentii proprio a mio agio. Era un
tipo che poteva manipolarti come voleva quasi come Cassie. A pensarci
bene, mica era una cattiva idea tenerci sotto controllo qua dentro.
Chissà quanti c'è n’erano così.
<< Io so manipolare l'atmosfera: posso far cambiare il tempo o
comandare il vento >> spiegò Justin.
<< Io posso diventare invisibile, ma sto sviluppando il mio
potere >> aggiunse Selene.
Mi guardai attorno e vidi che nessuno usava i propri poteri. Strano.
Eppure nei corridoi l'avevo notato così lo domandai.
<< Non si possano usare i poteri fuori dal dormitorio o dalle
aule attrezzate >> mi rispose Liliane. << È per la nostra
sicurezza. Non hai idea di che casini ne uscirebbero. Come avrai
sentito, alcuni di noi hanno poteri pericolosi >>.
Cassie annuì. << Chi non rispetta le regole è punito pesantemente
>>.
<< Si. Non sono belle esperienze >> aggiunse Selene.
Io non chiesi altro. Era meglio per me rimanere ignorante. Pensai al
fatto che io non avessi ancora scoperto i miei poteri... ma perché? Va
bene, Alan ci ha messo dodici ore, però... ormai ero una Different
tanto valeva esserlo fino in fondo. Mentre mangiavo ero assorta nei
miei pensieri, perciò non ascoltai granché della conversazione.
<< Davvero? È morto? >> chiese Alan.
<< Si, povero. Uno degli sfortunati >> confermò Liliane.
Alzai la testa dalla tazza. << Chi è morto? >>.
<< Uno dell'ultimo anno. Tra Aprile e Giugno tre dell'ultimo anno
se ne vanno e lui era il primo. Ne mancano ancora due >> rispose
Cassie, a sguardo basso.
<< Perché? >>.
<< Non lo sa nessuno. Da quando la scuola è stata aperta, negli
ultimi dieci anni è successo. Credono che sia perché non sono in grado
di mantenere i propri poteri e muoiono. Però rimane un mistero comunque
>> mi spiegò Justin, smettendo di mangiare.
Abbassai di nuovo lo sguardo sulla tazza. Bene, quindi quando avrei
completato i miei quattro anni, non era detto che sarei sopravvissuta.
Bene, molto bene. Ero così imbronciata che fissai irritata il latte
rimasto nella tazza. Sentii qualcosa simile al crack nella mia tazza e
lasciai cadere il cucchiaio quando vidi che il latte si congelava.
<< Alisha cos'hai? >> chiese Liliane, seduta al mio fianco.
Sbirciò dentro la tazza e trattene un urlo. << Sei
criocinetica!>>.
Tutti i ragazzi seduti al mio tavolo, osservarono la tazza come se
fosse la cosa più interessante al mondo. Io non potevo crederci. Era
bastato un pò d’umore alterato per fare quello che avevo appena fatto.
Vidi alzarsi due persone dal tavolo tondo e riconobbi Hanja e un uomo
che però non avevo mai visto. Corsero verso di me.
<< Ragazzi, la riportiamo in camera. La vedrete dopo >>
disse sbrigativo l'uomo, sui trent'anni. Era proprio bello.
Mi scortarono fuori della mensa e mi bloccarono nel corridoio del
dormitorio femminile, dopo una camminata in silenzio. Non c'era nessuno
a parte noi.
<< Criocinetica. Hai un bel potere sai? È uno dei miei preferiti
>> disse Hanja. << Lui è Milen, russo. Anche lui è
criocinetico. Sarà il tuo insegnante alle Different lessons di
controllo di poteri elementari pratica e teoria >> spiegò lei
indicandolo.
<< Piacere >> borbottai timidamente.
<< Una nuova alunna fa sempre piacere >> disse Milen.
<< Alisha, perché non vai nella tua stanza? Mi daresti la tua
scheda degli armadietti? Ci metto la foto e il tuo potere. So che ce
l'hai: me l'ha detto la signorina Kate, l'insegnante di preveggenza
>>.
Annuii, ignorando l'ultima frase per non stupirmi troppo, e diedi la
mia scheda. << Ora vai a riposarti >>.
Seguii il suo consiglio e aprii la porta della mia stanza,
chiudendomela alle mie spalle. Sospirai. Criocinesi non era male. Anche
se mi aspettavo di più. Barcollai fino al letto, salendo e buttandomi
sopra tutta vestita senza neanche cambiarmi. Sentivo arrivare quel
sonno che mi avevano preannunciato: prima però, riuscii a pensare.
Prima di tutto dovevo capire meglio del mio potere: secondo dovevo
chiamare la mia famiglia preoccupata a morte e Janet. Insomma, avevo
pianificato tutto. Non sapevo ancora che al mio risveglio, qualcosa
sarebbe cambiato.
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Capitolo 5 *** Quando la sfiga ci vede ancora più bene... allora capisci di essere segnata alla sfortuna... ***
5. Quando la sfiga ci vede ancora più bene... allora capisci di
essere segnata alla sfortuna...
Quel sonno che tanto mi avevano preannunciato fu il più pesante della
mia vita. Dormii così profondamente da non accorgermi dei minimi
rumori. Quando finalmente aprii gli occhi, vidi fuori dalla finestra il
buio totale e le mie due compagne di stanza, Cassie e Liliane, stese a
letto a studiare con una matita in mano. Mi sorrisero entrambe quando
mi videro sveglia. Sbadigliai e mi misi seduta sul bordo del letto. Non
avevo neanche il coraggio di guardarmi allo specchio e vedere com'ero
conciata.
<< Buongiorno >> disse Cassie, posando libro e matita.
<< Che ore sono? >> chiesi confusa.
<< Le sei e mezzo. Noi abbiamo terminato le lezioni anormali. Ora
dobbiamo studiare per un'altra ora >> spiegò Liliane, posando
anche lei il libro.
Mi sentivo stordita da tutte quelle ore di sonno così profonde. Non
avevo ancora fame e non ero più stanca. Mi alzai e mi diressi in bagno,
per farmi una doccia e darmi una svegliata come si deve. Quando uscii
tutte e due stavano ancora studiando e decisi che non era il caso di
disturbarle.
<< Vado a fare un giro >>.
<< Non è un problema >> mi tranquillizzò Liliane.
<< Si, però è meglio. Per ambientarmi >>.
Le salutai e uscii dalla stanza e dal dormitorio femminile. Secondo
Cassie, la sala di ritrovo era una delle porte dell'atrio. Mi diressi
lì e c'era la solita vecchietta anche se non sapevo se era quella vera
o no. Trovai la porta e l'aprì. Mi ritrovai dentro una stanza quadrata
e grande. Aveva le pareti dipinte di verde chiaro con tendine alle
finestre dello stesso colore. C'era una televisione a schermo piatto e
diversi divani rosa intenso e tanti tavolini sparsi qua e là. Un mobile
di legno era nella parete a sinistra.
La sala era vuota, così mi buttai su un divano a caso e accesi la
televisione mettendo un canale a caso.
Ma non guardai nulla. Rimasi con i miei pensieri. Da poche ore avevo
anche i miei poteri, il segno perfetto della mia appartenenza alla
razza dei Different. Chissà cosa avrebbero detto i miei. Adesso che ci
pensavo non li sentivo da quando ero lì e forse era il caso che li
chiamassi però chissà perché non ne avevo il coraggio. Di cosa avevo
paura?
La mia giornata era cominciata proprio bene. Tanto per cominciare avevo
sofferto sei ore infinite, poi avevo dormito pesantemente dopo aver
scoperto di saper congelare gli oggetti e adesso me ne stavo da sola
dentro una sala. Il tutto senza sapere se chiamare i miei o no. Stava
decisamente finendo peggio di com'era cominciata.
Di colpo, la porta si aprì ed entro qualcuno. Io mi girai e osservai il
nuovo arrivato dentro la sala. Era un ragazzo alto almeno 1.90 con
capelli corti e tenuti con il gel in punte ordinate, castani, e con dei
bellissimi occhi verdi chiaro che mi lasciarono incantata. Era proprio
bello. Lui mi notò e mi fissò.
<< Oh, non sapevo che la sala non fosse vuota >> disse,
facendo per uscire.
<< No, non preoccuparti. Tanto tra mezz'ora devo andare via: le
mie compagne di stanza avranno finito di studiare >> lo
rassicurai.
Lui annuì. << Okay. Ma tu non sei quella nuova? >>.
<< Si, mi chiamo Alisha Moore. E tu? >>.
<< Cameron Jenks, piacere di conoscerti >> si presentò lui
sorridendomi.
<< Da quanto sei qui? >> chiesi, quando si fu seduto.
<< Da tre anni. Avevo sedici anni quando sono diventato
Different. O anche finito la scuola. Sono al primo anno di scienze
della comunicazione >>.
<< Cosa sai fare? >> chiesi curiosa.
<< Sono un telecineta >> rispose lui, sorridendomi.
Tentai di ignorare quel sorriso. << Tu non studi? >>.
<< Per noi ragazzi del college, gli orari sono molto più
flessibili. La mattina seguiamo le lezioni e studiamo nelle ore che
vogliamo solo che noi abbiamo lezione anche il sabato >>.
<< Addirittura? Be', non voglio arrivare al college tanto presto!
>>.
<< Tu lo frequenterai qui? >>.
<< I primi due anni sono obbligata. Devo stare qui quattro anni,
no? >> chiesi. Il ragazzo annuì e prese una penna da dentro un
portapenne che però gli cadde di mano e io la raccolsi. Quando gliela
porsi, le nostre mani si sfiorarono e lui rabbrividì.
<< Che c'è? >>.
<< Hai le mani un pò fredde >>.
<< Oh, scusa. Forse perché sono criocinetica >> spiegai,
arrossendo.
<< Allora si spiega. Un consiglio: non toccare mai le mani di un
pirocinetico. Potresti pentirtene >> disse lui e scoppiai a
ridere. << Ora devo andare a studiare. Ho un esame la prossima
settimana >>.
<< Okay. Piacere di averti conosciuto >> dissi sincera.
<< Piacere mio >> replicò lui, alzandosi e andandosene.
Io mi rannicchiai sulla sedia, scuotendo la testa come per cancellare
gli ultimi minuti. Quel ragazzo era veramente gentile, però io ero
ancora troppo scottata da ciò che Dylan mi aveva detto solo e meno di
due giorni prima. Accidenti, erano passate solo quarantotto ore da
quando ero andata via di casa. Forse dovevo chiamarli per sapere come
stavano però nemmeno loro mi avevano chiamata.
Decisi di smettere di ossessionarmi con questo pensiero assurdo e
accesi la televisione per distrarmi. Fortunatamente davano il mio
telefilm preferito e lo seguii senza pensare ad altro. Quando finì, mi
accorsi che erano le sette e mezzo e quindi le mie compagne di stanza
dovevano aver finito di studiare in quel momento. Perciò mi alzai per
tornarmene in camera per andare poi a cena. Involontariamente congelai
la maniglia che per fortuna riuscii a far tornare normale. Sperai di
non congelare qualche persona al mio passaggio, peggio un insegnante.
Non mi andava certo di essere puntata proprio lì, dove dovevo passare
quattro anni. Quindi tenni le mani nelle tasche dei jeans, per evitare
incidenti. Raggiunsi il dormitorio femminile e poi la stanza. Sentii
della musica provenire dall'interno e aprì la porta. Le due compagne di
stanza non stavano certamente studiando ma mi guardarono quando entrai.
<< Ti è piaciuta la sala? >> chiese Liliane, abbassando la
musica.
<< Si, molto carino. Ho anche parlato con uno di quelli che
frequenta il college >>.
Le due mie nuove compagne di stanza si guardarono. << E chi era?
>> chiese Cassie, curiosa.
<< Ha detto di chiamarsi Cameron... Cameron... >>.
<< Jenks >> completò subito Liliane.
<< Si, esatto! >> esclamai, sedendomi accanto a Cassie.
<< È proprio un bel ragazzo, sai? Ha degli occhi stupendi
>> commentò Cassie, sognante. << Tipo così >>
continuò e due occhi verdi chiaro si materializzarono.
Io rimasi stupita ma mi ripresi subito. << Io direi più chiari
>>.
Cassie strizzò gli occhi e si schiarirono subito. << Proprio così
>> confermai ridendo con le altre e gli occhi sparirono subito.
<< Ragazze, sono le otto meno venti. Su, andiamo. Dobbiamo cenare
>> ci avvertì Liliane e ci alzammo.
Io però volevo cambiarmi la maglia e mettermene una a maniche lunghe,
visto che sentivo un pò di freddo. Mentre le mie due compagne di stanza
erano in bagno, frugai nella valigia ma non trovai nulla. Dal
nervosismo, gettai tutti i vestiti dietro di me quando sentii degli
strilli provenire dalle ragazze.
<< Che c'è? Non mi dite che per il nervosismo li ho congelati
>> dissi, girandomi per accorgermi il motivo di quelle urla. Solo
pochi vestiti erano a terra mentre gli altri erano sospesi in aria.
Rimasi a bocca aperta senza sapere cosa dire. Le mie due compagne non
credevano ai loro occhi ed erano pietrificate. Solo quando qualcuno
bussò insistentemente e noi eravamo troppo scioccate per aprire, la
persona entrò. Kristen rimase a bocca aperta anche lei e fece per
urlare ma le tappai la bocca.
<< Zitta! >>.
Liliane e Cassie presero i vestiti e li ammucchiarono sul letto e poi
mi guardarono.
<< Alisha, qualcosa non va >> mormorò Cassie. << Non
puoi avere una doppia capacità. È impossibile >>.
<< Cassie ha ragione >> concordò Kristen, quando finalmente
la lasciai andare.
<< Com'è possibile? Tu dovresti essere solo criocinetica >>
continuò Liliane, incredula.
Io non dissi nulla. Cosa era successo? Che fosse andato male qualcosa
nel mio cambiamento da umana a Different? Ed ora? Ero sia telecinetica
che criocinetica? Però le mie compagne sembravano veramente stupite,
troppo stupite.
<< Devi dirlo agli insegnanti >> disse Kristen.
<< Cosa? No! >> protestai terrorizzata.
<< Ma non puoi neanche tenerlo nascosto. Prima o poi lo
scopriranno. I cercatori lo sapranno. Sono quelli che sanno individuare
i poteri negli altri Different >> spiegò Cassie.
<< Però io non posso nemmeno passare per quella diversa! >>.
Non ci potevo credere. Non solo ero stata costretta a cambiare vita,
specie e tutto ma adesso ero diversa perfino tra i Different. Cosa
avevo fatto di male per meritarmelo? Qualcuno c'è l'aveva decisamente
con me. Assolutamente. Qualcuno di molto bravo mi stava portando sfiga.
<< Ma insomma, quando venite a cena? >> chiese Selene
dapprima bussando e poi entrando non ricevendo risposta. Ci vide tutte
in silenzio e si accigliò. << Be'? Cosa c'è? La Santa Messa?
>>.
<< Selene, quello che sto per dirti non deve uscire da questa
stanza >> cominciai e lei annuì, leggermente spaventata e
guardandoci tutte.
<< Alisha è anche telecinetica >> disse Liliane e Selene mi
guardò.
<< Impossibile. Non può essere >>.
<< A quanto sembra >> replicai io, indicandomi. Tentai di
nuovo e questa volta riuscii a sollevare il cuscino sul letto di Cassie
e lo presi tra le mani.
<< Accidenti >> commentò Cassie, toccandolo.
Non sapevo proprio cosa fare. Potevo anche dirlo ad Hanja però come
facevo a sapere se mi avrebbe capito? Si, era un insegnante però... era
sempre un adulto. Cassie mi scosse, rompendo i miei pensieri.
<< Senti, facciamo così. Io e Cassie veniamo con te da Hanja.
Okay? >> chiese Liliane e io annuii. Sperai che almeno in
compagnia sarei riuscita a dire ciò che dovevo. Kristen e Selene
andarono a cena anche per i ragazzi che se no avrebbero fatto troppe
domande. Io venni scortata fuori dal corridoio dalle mie compagne di
stanza, fino al solito atrio. Questa volta mi portarono davanti alla
signora che emetteva la sua immagine tridimensionale.
<< Ditemi? >>.
<< Dobbiamo vedere Hanja. È urgente >> disse sbrigativa
Cassie.
<< Certo. Andate >> disse l'anziana signora, indicando la
porta dietro di lei che non avevo notato perché dello stesso colore del
muro. Liliane l'aprì ed entrammo. Un corridoio bianco in tutto e per
tutto era davanti a noi con diverse porte verdi ai lati. Camminammo
fino all'ultima con scritto: "Sala
professori".
Liliane bussò e sentimmo diverse voci e poi dei passi. Una donna ci
aprì e con un accento spagnolo ci disse:
<< Salve, ragazze >>.
<< Buonasera, professoressa Cortès. La prof Wegner è qui?
>> chiese Cassie.
<< Si, sono qui >> rispose Hanja, venendoci incontro. Io la
fissai con ansia e lei ci guardò insospettita. L'altra donna, invece,
se ne andò. << Che succede? Alisha ha qualche problema? >>.
Io non dissi nulla. Non ci riuscivo. Fu Liliane a parlare per me:
<< Si, prof. Qualcosa di... Deve venire con noi in una stanza
vuota >>.
Hanja inclinò la testa da un lato, poi fece qualche passo avanti e uscì
dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle e cominciando a
camminare. Ci scortò per qualche altra porta, risalendo il corridoio.
Alla terza si fermò e l'aprì.
<< Ditemi >> disse, una volta che fummo dentro e incrociò
le braccia sorridendoci.
Mi feci avanti, prendendo coraggio. << Credo di avere qualcosa
che non va >>.
Hanja mi guardò stranamente. << Cioè? >>.
<< Sono anche telecinetica >> confessai alla fine,
sentendomi libera da ogni peso. Finalmente lo avevo detto. Hanja lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi, rimanendo a bocca aperta e guardando
le mie compagne di stanza che annuirono come per confermare.
<< Impossibile >> mormorò lei, prendendo il telefono
cellulare. Parlò così velocemente che non si capì nulla, solo un nome:
Dustin.
Hanja chiuse con uno scatto il cellulare e si girò verso di noi:
<< Attendiamo qui l'arrivo di Dustin. È un cercatore. Saprà darci
lui le risposte >>.
Attendemmo qualche minuto e io mi sentii sotto esame. Perciò non era
normale che io avessi due capacità, per nulla. Fantastico, veramente
fantastico. Un ragazzo aprì la porta, sui vent'anni e mi guardo, da
capo a piedi.
<< Dustin, qual è il verdetto? >>.
<< Incredibile >> sussurrò, chiudendo la porta dietro di
sé. Le mie due compagne non dissero nulla, ma continuarono a fissare il
ragazzo.
<< Cioè? >>.
<< La ragazza è criocinetica, giusto? >> chiese Dustin.
<< Si >> confermai, rincuorata che almeno lui ci capisse
qualcosa.
<< È anche telecinetica >> precisò Liliane.
<< Veramente non è telecinetica >> disse lui, lasciandoci a
bocca aperta. Come sarebbe dire? Ma cosa cavolo stava succedendo?
<< Dustin, spiegati meglio. Per favore >> disse Hanja.
<< La ragazza ha due capacità, si. Ma l'altra... è
un'assorbitrice... >>>>.
Tutti restarono a bocca aperta e io non sapevo nemmeno cosa volesse
dire. Mi guardavo attorno confusa, guardando prima gli altri e poi il
ragazzo chiamato Dustin. Alla fine mi decisi a chiedere cosa volesse
dire, spezzando quell'opprimente silenzio.
<< Ma che significa? >>.
<< Significa che puoi assorbire i poteri dei mutanti... È un
potere raro, si... Però tu ne hai due... È incredibile >> spiegò
Hanja, ancora troppo stupita. Le altre due non parlavano proprio.
<< Cosa vuol dire... cioè... Ora sono anche telecinetica?
>> chiesi, spaventata.
<< Si... Dipende. Alcuni assorbitori riescono a prendere i poteri
ma non ha mantenerli a lungo, altri invece riescono a tenerli con sé
tutta la vita... Credo che tu faccia parte della seconda categoria. Ma
adesso dobbiamo vedere cosa fare >>.
Come? Che voleva dire? Mica mi doveva mandare in un'altra scuola? Che
so, tipo per extra-Different?
<< Ora vado a parlare con il preside e vedremo. Andate a cena e
cercate di non spargere troppo la notizia e... Alisha... Non toccare
nessuno >> pregò Hanja correndo fuori con Dustin.
Non ci potevo ancora credere. Cioè, adesso non potevo nemmeno toccare
gli altri mutanti... Un momento... Ma io un altro mutante lo avevo
toccato... Avevo toccato Kristen!
<< Ma io ho toccato Kristen! >> esclamai di colpo e Liliane
e Cassie strabuzzarono gli occhi.
<< Cavoli, è vero! >> ricordò Cassie.
<< Vuol che adesso sei anche una veggente >> disse Liliane,
come se fosse una terribile verità.
<< Devo sedermi >> mormorai, accasciandomi sulla prima
sedia di legno che trovai. Mi presi la testa fra le mani. Non poteva
essere vero. Non poteva accadere a me, proprio a me. Perché? Cosa c'è
di sbagliato in me?
Liliane mi si avvicinò, badandomi a non toccarmi. << Tutti si
risolverà, vedrai. Dopotutto, devi considerarti fortunata. Hai una
capacità attiva per proteggerti già di tuo, la criocinesi e in più
l'assorbimento. Non è poi così male >> tentò di consolarmi lei.
Ma io non volevo proprio essere consolata, per nulla.
Cassie decise di intervenire. << Andiamo a cena, Alisha. Ti
sentirai meglio >>.
Io mi alzai automaticamente e le seguii, stando ben attenta a non
toccarle. Non mi andava proprio di diventare intangibile o avere la
telepatia tridimensionale. Senza neanche accorgermene eravamo già
nell'atrio e lo attraversammo velocemente per arrivare alla mensa. Era
piena di persone e le due ragazze cercarono di farmi svegliare ma io
ero tutto fuorché in me. Presi le prime cose che trovai e ci sedemmo al
tavolo. Kristen e Selene mi guardarono a occhi sbarrati, vedendo la mia
faccia mentre Justin e Alan si guardarono senza capire il perché delle
nostre facce.
<< Be'? Che vi prende? Sembra che sia morto qualcuno! >>
disse Alan ma nessuno disse nulla, in dubbio se dirglielo o no. Però se
volevo evitare di diventare pure come loro, forse era il caso di
rivelarglielo.
Cassie si sporse e sussurrò all'orecchio di Alan qualcosa che poi, con
uno sguardo confuso, lo disse a Justin. I due annuirono e mi guardarono.
<< Non diremo nulla di quello che stai per dirci. Parola di
Different >> disse Justin e Alan annuì ancora.
<< Va bene. Ho una doppia capacità >>.
I due rimasero a bocca aperta, senza dire nulla guardandoci tutte. Fu
solo dopo qualche secondo di silenzio di tomba che Justin sembrò
ritrovare la parola.
<< Vale a dire? >>.
<< Sono anche un'assorbitrice. Ho toccato un ragazzo telecinetico
e adesso ho anche il suo potere. E poi... ho toccato anche Kristen,
prima. Quindi vuol dire che presto avrò anche il suo potere >>.
Kristen mi guardò perplessa, ma poi si ricordò di quando le avevo
tappato la bocca quindi toccata. Lei mi guardò << È vero...
Cavoli, mi dispiace. Se lo avessi saputo, non mi sarei fatta toccare
>>.
<< Quindi nessuno di voi mi deve sfiorare anche solo con un dito!
>> pregai e minacciai allo stesso tempo. Non mi andava di avere i
poteri di tutti quando ero una Different da così poco tempo.
Mangiucchiai qualcosa, ma poi allontanai il vassoio... Non potevo
credere davvero a quello che mi stava succedendo.
Decisamente tutte a me. Per fortuna avevo toccato solo due mutanti e
non tutta la scuola, sarebbe stato il massimo...
<< Ho toccato anche Hanja! >> esclamai di colpo. Mi
ricordai che durante la terza fase, Hanja mi teneva stretta la mano e
io dovevo già aver sviluppato i miei poteri.
<< Allora vuol dire che sei anche una suturante >> precisò
Selene.
<< Sai che potresti diventare la Different più pericolosa che
esista? >> mi chiese Liliane.
<< Non credo di essere l'unica assorbitrice in tutto il mondo...
>>.
<< È vero. Sei la terza >> disse Alan e io lo guardò
incredula.
<< Solo la terza? >>.
<< Si. Gli altri due, una era una ragazza, sono entrambi
criminali. Sono rinchiusi nel carcere di massima sicurezza negli Stati
Uniti. Un luogo segretissimo e controllato solo da altri Different.
Solo la ragazza ha studiato qui. Lui era già grande quando la scuola è
stata aperta. Forse tu non lo ricordi perché eri troppo piccola, ma
otto anni fa hanno fatto di tutto e di più con tutte le capacità che
hanno assorbito >> spiegò Justin e io non dissi nulla.
Voleva dire che io ero più pericolosa perfino di Cassie, che poteva
fare il lavaggio del cervello a chi voleva lei. Però gli altri due
erano cattivi, mentre io no. E se il potere mi avesse dato alla testa
come a loro? Se fossi diventata la peggiore criminale che esista?
Sentii Cassie scuotermi e indicarmi alla mia destra. Hanja correva
verso di me e si avvicinò in un baleno.
<< Alisha vieni con me >> disse, facendomi alzare. Salutai
i miei nuovi amici che mi guardavano preoccupati e ansiosi e seguii la
giovane donna. Hanja non disse nulla e io non mi sentii di chiedere
proprio niente. Preferivo rimanere ignorante al destino che mi
aspettava.
<< Non preoccuparti. Troveremo il mondo di farti vivere qui il
meglio possibile >> mi assicurò Hanja, quando fummo davanti a una
porta laccata di rosso.
<< Davvero? >>.
<< Si. Te lo prometto >>.
Con orrore mi accorsi di una cosa: mi ero appena attaccata alla più
piccola e vana speranza fatta di tre parole. Te lo prometto.
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Capitolo 6 *** Ancora problemi e un pò di tranquillità ***
6. Ancora problemi e un po' di tranquillità
Hanja mi spinse avanti, visto che io non avevo il coraggio di fare
altro. Mi guidò per uno stretto corridoio con pannelli di legno e
niente finestre, illuminato solo da luce dorata. Alla fine del
corridoio c'era una porta marroncina, con un pomello d'oro. Con un gran
sospiro, Hanja bussò tre volte.
<< Avanti >> disse una voce profonda e la ragazza aprì e la
seguii meccanicamente. Entrammo dentro un ufficio lungo e largo, con
vetri al posto delle mura nella parete in fondo. Alla mia destra
c'erano librerie scure, in mogano, con libri di tutti i tipi mentre
alla mia sinistra una serie di divani azzurri che si coordinavano
perfettamente con la moquette blu e le pareti bianche come il latte.
Dietro la scrivania bianca stava un uomo sulla cinquantina, con folti
capelli neri e ribelli e occhi color nocciola leggermente allungati.
Sorrise ad Hanja che rispose nello stesso mondo.
<< Alisha, lui è il preside Jonathan Sullivan. È stato lui ha
fondare la scuola dieci anni fa con sua moglie Charline, una delle
insegnanti di lettere >> mi spiegò Hanja e io sorrisi timidamente.
<< Piacere di conoscerti, Alisha. Mi hanno parlato della tua
situazione. Sedetevi tutte e due >> ci invitò il preside. Io mi
sedetti come aveva ordinato e anche la ragazza. Non sapevo cosa dire
così rimasi in silenzio come una perfetta idiota.
<< Alisha, il fatto che tu abbia due capacità per noi è un
problema. Vuol dire che sei... un pò più speciale di tutti noi >>
cominciò lui e io aggrottai le sopracciglia con fare perplesso.
<< So che per una ragazzina di neanche sedici anni può essere
difficile, però... con il tempo accetterai tutto >>.
Si, certo... E intanto tutti mi guarderanno come il tipico fenomeno da
baraccone...
<< Io non sarei così sicuro. Qui tutti siamo diversi, Alisha
>>.
Sgranai gli occhi e guardai Hanja che ridacchiò. << Però così non
vale. Potevate anche avvertirmi che il preside leggeva nel pensiero
>>.
I due risero e io sbuffai.
<< Senti, Alisha. Per il potere come il tuo non abbiamo
insegnanti. Il tuo non rientra in nessuna categoria. A quanto abbiamo
capito come potere tuo hai la criocinesi e hai assorbito quello di un
telecinetico... giusto? >> chiese Hanja.
Io mi morsi il labbro. << Be', non proprio... Ho toccato anche
una mia compagna... Kristen Wilson >>.
<< È una veggente. Questo vuol dire... che tra un pò avrai anche
quel potere... >> disse il preside, visibilmente preoccupato.
<< Si, ma io ho anche toccato la professoressa Wegner... Durante
la terza fase... >>.
Lei ridacchiò. << Non preoccuparti. Impossibile che anche lì tu
abbia assorbito i miei poteri. Almeno quello non ce l'hai ancora
>>.
Sospirai. Un problema in meno. << Ma non posso vivere tutta la
vita evitando i tremila Different che ci sono al mondo! >>.
<< Per quello avremo una soluzione però non so se ti piacerà
>> cominciò il preside, guardandomi e io guardai Hanja.
<< Che vuol dire? >>.
<< Potresti portare dei guanti. Devi toccare la persona con la
pelle per prendere il suo potere >> rispose Hanja e io rimasi a
bocca aperta.
<< Ma... come faccio ad andare in giro tutta la vita con dei
guanti? >>.
<< Userai quello che ti diamo noi. Non preoccuparti. Alisha,
andrà tutto bene. Davvero >> mi assicurò Hanja. Io volevo solo
piangere ma mi trattenni, almeno non davanti a loro.
<< Per le Different lessons, credo che tu per ora, frequenterai
quelle di Milen. Poi si vedrà. Ma stai attenta: a quelli lezioni non ci
sono solo criocinetici ma anche pirocinetici e modificatori di materia.
Quindi devi stare attenta a non toccarli >>.
Annuii, rassegnata. Per ora le cose stavano così e io non potevo fare
nulla per cambiarle. Non potevo credere davvero a quello che stava
succedendo. Finché non avessero trovato una soluzione, io avrei dovuto
convivere con due poteri che nemmeno sapevo usare quindi potevo anche
essere un pericolo. Cominciavo a pensare che ciò che Dylan mi aveva
detto, che ero un mostro, non era del tutto insensato.
<< A proposito... I tuoi genitori ci hanno chiamato mentre eri
addormentata stamattina... Dovresti richiamarli >> disse Hanja.
Mi irritai. Perché cavolo non me lo avevano detto prima, maledizione?
<< Posso andare a chiamarli? >>.
<< Si, usa pure il telefono della scuola >> rispose il
preside. << Dai, puoi andare >>.
Io e Hanja ci alzammo e uscimmo dalla stanza. La prof mi guidò fino
alla fine del corridoio e poi per l'atrio, accanto al bancone della
segreteria. << Chiama pure da qui >>.
Accettai e Hanja si allontanò per lasciarmi un pò di privacy. Dovevo
chiamare mamma e papà e anche Janet. Composi il numero di casa e sentii
la voce di mia madre dopo il terzo squillo.
<< Pronto? >>.
<< Mamma? Sono io, Alisha >>.
<< Alisha! Tesoro! Come va? Tutto bene? Robert, vieni! E Alisha!
>>.
Mia madre doveva aver messo in vivavoce perché sentii chiaramente i
passi di mio padre e la voce di mia sorella Serenity. << Alisha,
dicci come stai. Dì qualcosa >>.
<< Sto bene, mamma. Domani comincio le lezioni, sia quelle
normali che quelle anormali. Sto molto meglio, davvero >>.
<< Dimmi, Alisha. Sai già cosa sai fare? >> chiese mio
padre e mi morsi la lingua. Cosa dovevo dire? La verità? Erano i miei
genitori. Non volevo e non dovevo mentire.
<< Si. Sono criocinetica >>.
<< Oh! >> esclamò Serenity. << Io lo so cos'è! Sa
congelare le cose mamma! >>.
<< È fantastico tesoro! >>.
<< Ma... >> la interruppi e piombò il silenzio.
<< Ma? >>.
<< Posso anche assorbire i poteri degli altri Different >>.
Nessuno dall'altra parte disse nulla. E io mi pentii di aver parlato.
Poi sentii la voce di mia sorella:
<< Sei speciale, Ali! >>.
Volevo quasi piangere di commozione. La mia sorellina era unica. Mamma
pianse qualche lacrima. << A noi non importa, Alisha. Ti vogliamo
sempre bene. Appena possiamo ti veniamo a trovare >>.
<< Si, bambina mia. Promesso >> concordò mio padre.
<< Vengo anche io! >> urlò Serenity, perforandomi un
timpano.
<< Si, mi fido. Ora però devo andare. Sto chiamando dal telefono
della scuola. Vi voglio bene, tanto >>.
<< Anche noi, Alisha. Ti prego, chiama appena puoi >>.
<< Promesso. Ciao >>.
Chiusi la chiamata dopo un ultimo saluto da parte della mia famiglia.
Cavoli, quanto mi mancava. Però doveva passare del tempo, prima che io
potessi rivederli. La mia famiglia aveva accettata anche la mia
diversità tra i Different... Chissà se anche Janet lo avrebbe fatto.
Alzai la cornetta e feci il numero di casa sua. Sapevo che avrebbe
risposto in camera e quindi potevamo parlare tranquillamente.
Al prima squillo rispose. << Chi è? >>.
<< Janet, sono io >>.
<< Alisha! Sono così contenta di sentirti! >>.
<< Anche io, amica mia. Come stai? È andato bene il viaggio?
>>.
<< Si, certo. Ma tu come stai? >>.
<< Meravigliosamente >>. In effetti non era proprio una
bugia. Fisicamente stavo bene.
<< Sono felice. Dimmi, cosa sai fare? Su, sono curiosissima!
>>.
<< Sono criocinetica >>.
<< Ma è fantastico! Chissà quante cose magnifiche succedono lì
dentro! >> disse entusiasta. Dovevo ammettere che come posto non
era male. Dopo il primo impatto, tutte quelle cose era fantastiche.
Tutti quei poteri lo erano, quando li vedevi per la prima volta.
<< Però... sono anche assorbire i poteri degli altri mutanti
>>.
La conoscevo troppo bene. Ero sicura che in quel momento, stava
aggrottando le sopracciglia dritte. << Scusa, ma non potete avere
solo un potere? >>.
<< A quanto sembra no >>.
<< Cavoli, amica mia. Fantastico. Che ti frega? Sei speciale!
>>.
Speciale, già. Bisognava aspettare che la notizia diventasse di dominio
pubblico poi avrei visto quanto sarei stata "speciale".
<< Immagino. Senti... ma si sa che io sono andata al Collegio?
>>.
<< Si. Lo sanno tutti, ormai. Dylan ha sparso la voce appena sei
partita a quando sono tornata a casa ho trovato tre o quattro compagne
di casa alla mia porta che volevano una conferma. Ovviamente non ho
mentito. Purtroppo le reazioni sono quelle che tu immagini >>.
<< Si, lo so. Dylan starà parlando male di me >>.
<< Be', più che parlare male di te... non ti nomina propria. Come
se tu fossi sparita dalla sua vita. Fregatene. È solo uno stronzo che
non ti merita! >>.
Magari era anche vero, ma faceva lo stesso male. Quello sguardo di
paura, sarebbe rimasto per sempre dentro di me. Essere guardata come un
mostro.
<< Comunque, Alisha, spero di rivederti. Ora però devo andare
via. Mi chiamerai presto? >>.
<< Si >> promisi. Dopo qualche secondo chiusi la chiamata,
sentendomi un pò peggio di prima. Neanche io sapevo il motivo. Le
parole di Janet mi avevano fatto male, dovevo ammetterlo. Sapere che
una persona che hai amato per due anni e di colpo smette lui stesso di
amarti e come se mi lacerasse dentro. Tutto per colpa di qualcosa che
io non avevo chiesto.
Decisi che rimanere lì a soffrire non era il caso, così decisi di
tornare in camera mia dalle altre sperando di non toccarle e acquisire
i loro poteri. Quando tornai in camera e per fortuna nel corridoio non
c'era nessuno, trovai anche Hanja con Liliane e Cassie.
<< Alisha, ti ho portato i guanti >> mi informò mostrandomi
due o tre paia di guanti di seta morbidi e leggeri tutti color panna e
io sospirai. << Devi portarli per un pò. Mi dispiace >>
aggiunse vedendo la mia faccia. << Almeno così facendo potrai
toccare qualcuno senza problemi. Però gli altri non devono toccare
nessuna superficie della tua pelle o assorbirai anche i loro poteri.
Ecco anche la tua scheda >>.
Presi la mia scheda di identità e la vidi completata con una mia foto e
i miei poteri: criocinesi e mimica empatica.
<< Mimica empatica? >> chiesi perplessa.
<< Il nome esatto sarebbe quello, non c'è ne sono altri >>
rispose Hanja sulla porta. << Ora vado. A domani ragazze >>.
<< A domani >> ripetemmo tutti e tre. Liliane e Cassie mi
guardarono preoccupate.
<< Stai bene? >> chiese Cassie.
<< Si >> risposi, quasi una bugia. Mi infilai uno dei
guanti e poi l'altro e sospirai. Condannata a portare i guanti per
tutta la mia vita. Fantastico.
<< Dai, ti stanno bene >> tentò di consolarmi Liliane.
<< Il panna va praticamente con tutto! >>.
Ridacchiai. << Grazie, Liliane >>.
Cassie mi sorrise. << Dai, in fondo così potrai anche sceglierti
i poteri. No? >>.
<< Fantastico >> borbottai. Si, potevo sceglierli. Però non
potevo nemmeno toccare chi volevo. E se in futuro mi fossi innamorata
di un Different? Come avrei potuto toccarlo senza prendere il suo
potere? Sopratutto se era un potere incontrollabile.
Liliane mi abbracciò. << Vai a farti una doccia. Ti sentirai
meglio >>.
Annuii e presi il necessario, chiudendomi dentro. Appena entrai nella
doccia, cominciai a piangere. Non potevo trattenermi. Quello che era
successo nell'intera giornata stava uscendo con tutte le lacrime che si
perdevano nell'acqua della doccia. Rimasi lì finché l'acqua non divenne
fredda e ghiacciai per errore metà dell'acqua rimasta sul fondo ma la
ignorai. Proprio quando stavo per prendere l'asciugacapelli, mi
bloccai. Mi sentii la testa pesante come un macigno. Il cervello
risucchiato. Caddi sul pavimento, facendo cadere tutto quello che c'era
nel lavabo.
Mi sentii chiamare, ma non risposi. Non ci riuscivo. Liliane attraversò
la porta, aprendola e poi correndomi incontro. Mi scosse, chiamandomi.
<< Alisha! Alisha! >>.
Di colpo, non mi trovai più nel bagno. Liliane e Cassie erano sparite.
Però sentivo che erano lì. Era come se il mio corpo fosse ancora nel
piccolo bagno e la mia mente da un'altra parte.
Vedevo buio, ma piano piano si schiariva sempre di più. Una donna
bionda era seduta su un letto, malconcio e disfatto. Mi accorsi che era
una piccola stanza. La donna canticchiava un motivetto sconosciuto e
ridacchiava come se avesse avuto una bella notizia. Poi alzò lo sguardo
e quasi come se mi vedesse, il suo volto divenne aggressivo e ciò che
vedevo venne risucchiato da un vortice. Io presi fiato come se fossi
stata immersa sott'acqua ore e ore. Cassie mi scuoteva ancora e Liliane
mi guardava sconvolta.
<< Alisha! >> chiamò ancora Cassie.
<< Si >> rispose sussurrando e alzandomi traballante.
<< Ma cosa ti è successo? >>.
<< Credo... di aver avuto una visione >> risposi,
rendendomene conto solo in quel momento.
Le mie due compagne di stanza si guardarono allibite. Però non capivo.
Se davvero avevo avuto una visione, perché stupirsi così tanto? Anche
Kristen era una veggente e non era certo l'unica dentro la scuola.
<< Ma perché reagite così? >>.
<< Non è normale la reazione che hai avuto, ecco perché >>
rispose Cassie. << Al massimo alle veggenti viene un terribile
mal di testa o cadono in profonda concentrazione >>.
Quindi come mi ero comportata io non era normale, assolutamente. Non ci
potevo credere. Ma cosa c'era di sbagliato in me? Che cosa? Avevo forse
un problema fisico?
<< Alisha io comincio a pensare che tu abbia seriamente qualcosa
di diverso da noi >> disse Liliane. << Non voglio
spaventarti o altro però... Il doppio potere e ora questo... Com'è
possibile? >>.
Quello che diceva Liliane non lo pensava solo lei. Io non dissi nulla.
Ormai ero convinta anche io di questo. Ma perché? Quale poteva essere
il motivo?
<< Cosa hai visto? >> chiese Cassie all'improvviso,
spezzando la tensione.
<< Io... c'era buio, un letto e una donna. Bionda. Canticchiava e
sorrideva e quando ha alzato il viso sembrava quasi che mi vedesse ed è
diventata aggressiva. Mi sono sentiva risucchiare e a quel punto è
finita >> spiegai, rendendomi conto che nemmeno io sapevo cosa
volesse dire. Ero certa di non aver mai visto quella donna in vita mia.
Le due si guardarono. << Non l'hai mai vista? >>.
<< No >>.
<< Strano. Di solito le veggenti vedono solo chi conoscono o al
massimo cose che potrebbero accadergli da vicino >> spiegò
Liliane.
<< Appunto. Di solito. Ma a quanto sembra io non sono il solito
Different >> feci notare con una punta di tristezza nella voce.
<< Devi dirlo ad Hanja o al preside >> suggerì Cassie.
Strabuzzai gli occhi. << Dico, ma siete matte? Così finisce che
davvero non mi fanno più uscire dalla mia stanza! >>.
<< E allora cosa pensi di fare? >>.
<< Per ora non diciamo nulla a nessuno, okay? >>.
<< Va bene >> acconsentirono le due ragazze, per nulla
convinte. Alla fine riuscii a convincerle ad andare a letto. In un
certo senso, era la prima notte che passavo fuori casa e in una
giornata erano successe un sacco di cose. Tutte strane ovviamente.
Ripensai ancora alle parole di Liliane: cosa potevo avere di strano?
Che avessi un DNA diverso perfino dai Different? Che fossi un nuovo
stadio dell'evoluzione? Ma com'era possibile se nemmeno tutti gli umani
sono Different? E perché accadesse questo ci sarebbero voluti migliaia
e migliaia di secoli.
Pensai che non avrei dormito ma dopo un'ora ci riuscì. Dormì
pesantemente, senza sogni, fino al suono trillante di una sveglia. Le
7.30.
Sentii Cassie imprecare e Liliane farle cenno di stare zitta. Poi una
botta.
<< Scusa, ma Cassie riesce sempre a cadere dal letto >>
disse Liliane, scostando le coperte dal suo letto e Cassie si alzò
dolorante. Io risi e scesi dal mio di letto, senza farmi male. Ci
mettemmo circa tre quarti d'ora per essere pronta e io più di tutti.
Cosa mai potevo mettermi? E i capelli e il trucco? Decisi per un paio
di jeans e una maglia a maniche lunghe azzurra con disegni argentati.
Aggiunsi al tutto capelli lisci e un trucco leggero. E ovviamente i
guanti che guardai con tristezza.
Ci inoltrammo nel corridoio finché non vedemmo Kristen e Selene venirci
incontro.
<< Buongiorno >> salutarono le due ragazze, guardando i
miei guanti ma non chiesero nulla. Gli avrei fatto una statua per la
loro delicatezza. Percorremmo insieme il corridoio e io mi feci
spiegare come funzionavano esattamente le lezioni.
<< Allora, prima di tutto si svolgono tutte nello stesso
corridoio. Le quattro aule sono una accanto all'altra. Durano tutte
un'ora per un totale di quattro lezioni al giorno, quindi fino all'una
>> spiegò Cassie.
<< Il tuo orario è dentro il libro di testo. Infatti noterai che
dentro ogni tuo libro c'è l'orario all'interno. Se ne occupano i
professori per fare prima >> aggiunse Liliane.
<< Poi alle tre ti rechi nell'aula per la lezione di Different
>> disse Selene.
Le lezioni mattiniere non sembravano affatto pesanti. A confronto con
quelle della mia che duravano anche tre ore di seguito. La noia
mortale. Salutammo Selene e Kristen e andammo nella nostra aula,
contrassegnata con un due nero su sfondo bianco affissò alla porta. I
banchi erano ordinati e sembravano completamente nuovi. Liliane mi
indicò il mio dove c'era il mio nome completo: "Alisha W. Moore".
Cassie mi accompagnò in fondo all'aula dove c'erano diversi armadietti
neri e blu.
<< Sono qui perché così solo quelli della seconda possono
entrare, visto che abbiamo la chiave di quest'aula. Presto la daranno
anche a te >> mi spiegò davanti alla mia faccia perplessa visto
che fin'ora io li avevo sempre visti in corridoio. Presi dei quaderni e
dei fogli per gli appunti, insieme al libro di spagnolo della prima
ora. Mi sedetti appena in tempo per veder entrare l'insegnante che
riconobbi come quella che ci aveva aperto la porta la sera prima. Era
bassa e rotonda con capelli castani lisci e corti uniti a un paio di
occhi azzurri e labbra rosse, anche senza rossetto. Si sedette alla
cattedra ed io ero curiosa di sapere quale fosse il suo potere.
Però lei non fece nulla. Io aggrottai le sopracciglia e Liliane, che
era al mio fianco, ridacchiò.
<< Ricordi? Non possiamo usare i nostri poteri al di fuori del
dormitori. Vale anche per i professori. Comunque lei è elettrocinetica
>>.
Annuii, sorpresa. Doveva essere pericolosa quando si arrabbiava.
La donna alzò la testa. << Bene, per la nuova arrivata io sono
Carmen Cortès, insegnante di spagnolo qui da dieci anni. Piacere di
conoscerti >>.
Feci una cenno con la testa con un sorriso e sperai non troppo da
lecchina. Lei mi sorrise e fece l'appello dopo di che prese il libro di
spagnolo e chiese a tutti di aprirlo. Spiegava completamente in lingua
ma io non ebbi problemi. Ero sempre stava brava nelle lingue.
L'ora passò subito e io feci per alzarmi ma Liliane mi tenne giù.
<< Ma non dobbiamo andare alla lezione successiva? >>
chiesi, sorpresa.
<< No. Qui sono i professori che vengono da noi. Noi dobbiamo
solo prendere il libro per la lezione successiva >>.
Io rimasi piuttosto sorpresa per una novità del genere, però non
protestai minimamente. Mi alzai e vidi che avevo matematica alla
seconda ora. Lì mi venne il panico, non era mai stata la mia materia
preferita senza contare che non avevo basi ottime. Presi il grosso
volume e lo portai al banco. Un uomo entrò dopo meno di un secondo alla
velocità della luce.
<< Professore, non vale! >> si lamentò una delle compagne,
scherzosamente.
Lui rise. << Si, Eileen, però ero in ritardo! >>.
Tutti risero e io compresi che doveva essere uno di quello a cui piace
scherzare. E intuii anche che doveva essere iperveloce. Quel posto mi
stava piacendo sempre di più e sarebbe stato perfetto se non fosse
stato per quella mia piccola diversità, ovvero la doppia capacità.
Avevo decisamente voglia di capire cosa avessi di così diverso dagli
altri. Ma come scoprirlo?
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Capitolo 7 *** Tante domande e nessuna risposta ***
7. Tante domande e nessuna risposta
La lezione di matematica non fu terribile come temevo. Gli argomenti
erano gli stessi della mia scuola e il professore era molto bravo.
Senza contare il fatto che quando scriveva un'equazione alla lavagna
per poi farcela copiare ci impiegava meno di un secondo usando la sua
supervelocità. Alla fine della lezione di matematica, seguì quella di
biologia fatta dalla Hanja ed era veramente brava. Spiegò tutto con
massima accuratezza ed era impossibile che nessuno di noi non avesse
capito nulla.
Alla quarta ed ultima lezione, ci fu storia. L'insegnante, il professor
Edwards, entrò in classe e posò la sua borsa di pelle nera sulla
cattedra fissandoci tutti. Io mi chiedevo che potere potesse avere ed
ero quasi tentata di chiederlo a Liliane o a Cassie. Con mia enorme
sorpresa, l'uomo estrasse un computer e un proiettore da sotto la
cattedra e lo sistemò sopra il mobile. Senza che lo toccasse, quello si
accese e si collegò al computer senza che la tastiera fosse sfiorata.
Liliane ridacchiò e mi si avvicinò. << È tecnopatico! >>.
<< Oh, capisco! >>.
Cavoli, doveva essere un potere incredibile. Scossi la testa. Ma che
stavo pensando? Incredibile? No, no. Io dovevo tenermi i miei poteri e
mi bastavano anche. Il proiettore mostrò delle immagini sul muro alle
spalle dell'insegnante che raffigurava delle fotocopie.
<< Bene. Chi sa dirmi chi è la persona in questa foto? >>.
<< Cristoforo Colombo! >> rispose una ragazza in fondo
all'aula.
<< Bravissima, Clare. Come tutti sapere lui scoprì l'America
nel... >>.
La lezione fu piuttosto interessante. Avevo già studiato
quest’argomento, però spiegato da lui era tutta un'altra cosa. Senza
quasi che me ne accorsi la campanella suonò e le apparecchiature si
spensero di colpo e tutti si alzarono subito. Io li imitai e andai a
riporre tutte le mie cose dentro l'armadietto.
<< Allora, com'è stato il tuo primo giorno di scuola? >>
chiese ridendo Cassie.
<< Bene. Mi aspettavo di peggio. Inoltre i compiti non sono
nemmeno troppi >>. I compiti che ci avevano dato erano la metà di
quelli che davano alla mia vecchia scuola. Ma secondo Hanja noi
imparavano molto più velocemente quindi non me ne preoccupavo. Segui
Cassie e Liliane per andare a pranzo nella solita aula e si unirono
anche Selene e Kristen. C'erano molti studenti il che mi fece capire
quanti c'è ne fossero lì dentro. Alla coda per il pranzo ci mettemmo
molto per poi sederci. Justin e Alan erano già seduti e commentavano la
loro lezione di lettere.
<< Ciao >> salutarono entrambi quando ci sedemmo.
<< Come va, Alisha? >> chiese Alan.
<< Bene. Insomma, la scuola mica è un problema >> risposi,
stringendo i pugni avvolti nei guanti.
<< Ti hanno dato i guanti? L'avevo sentito dire >> disse
Justin e io annuii triste.
Mangiai piuttosto nervosamente e intristita da quegli stupidi guanti. I
miei amici chiacchieravano ma di colpo smisero. Io alzai lo sguardo,
stupita di quel silenzio di tomba ma quando capii il motivo a stento
tenni la bocca chiusa. Cameron era davanti al nostro tavolo con aria
imbarazzata e mi guardava. Io arrossii terribilmente, congelando la
forchetta e alzando i piatti di tutti. Per fortuna caddero tutti
rumorosamente quando ripresi il controllo di me stessa.
<< Ciao... Senti dovrei parlarti... >> disse, passandosi
una mano tra i capelli castani e fissandomi con gli occhi verde chiaro.
Risposi dopo qualche secondo. << Sì >> acconsentì. <<
Scusatemi >>.
<< Di nulla. Vai vai >> mi invitò Cassie, spingendomi via
dalla sedia per rendere più chiaro il concetto. Cameron andò avanti,
diretto in un angolo della mensa. Mi girai verso di loro e vidi che mi
guardavano e Cassie aveva proiettato un cuore rosso di stoffa che
congelai al mio sguardo e lei mi fece la linguaccia per poi scoppiare a
ridere.
Cameron si fermò all'angolo tra gli ultimi posti vuoti e mi misi
davanti a lui, piuttosto agitata. << Dimmi >>.
<< Ecco... Ho saputo... che tu sei un'assorbitrice e che sei
anche telecinetica per causa mia >>.
<< Oh, no. Non devi pensare questo. Io non lo sapevo e nemmeno tu
>> dissi, cercando di confortarlo, ma evidentemente non funzionò.
<< Vedo che porti i guanti >>.
<< Purtroppo. Accessorio per tutta la vita. Ora dovrò anche
controllare se si abbinano ai vestiti >> dissi, cercando di
spezzare il ghiaccio e il pensiero era ridicolo come non mai.
<< Bene. Volevo solo che lo sapessi. Sai com'è... non volevo che
pensassi che non me ne importasse niente. In altre parole... volevo
dire... intendevo... >>.
Scoppiai a ridere. << Okay, ti sei fatto capire. Grazie >>.
Lui sorrise. << Bene... Ehm... forse dovresti tornare dai tuoi
amici e io dai miei >>.
<< Okay. Ci si vede >> dissi ma lui mi fermò.
<< Se per caso avresti bisogno di aiuto per padroneggiare la
telecinesi... Io sono disponibile >>.
Sbaglio, o ci stava provando?
<< Certo. Io devo frequentare solo quella per i modificatori di
materia visto che non c'è un corso per quelli come me... quindi...
Accetto. Appena riuscirò ad ambientarmi e a padroneggiare il mio potere
si. Non vorrei congelarti assolutamente >>.
<< Certo! Ovvio! Quindi quando vuoi >> disse, con gli occhi
illuminati e ne rimasi incantata.
<< Okay. Ciao >> salutai, allontanandomi. A dire la verità,
non avevo ancora capito cosa fosse successo. Ci aveva provato? Voleva
davvero conoscermi meglio? Ed io, che ero appena uscita da una storia
di due anni come una cretina avevo accettato praticamente di vederlo
ancora? Ma ero deficiente? Come potevo pensare di creare qualcosa dopo
la batosta di Dylan?
Quando mi sedetti al tavolo mi presi la testa fra le mani. << Sei
nervosa? Lo sento >> chiese Alan, scrutandomi.
Accidenti, mi ero dimenticata che lui poteva sentirmi. << Sono
un'idiota. Mi sono appena lasciata e praticamente ho accettato di
vederlo ancora. La mia stupidità non ha limite >>.
<< Non dire così. Magari quello con cui stavi prima era un
emerito deficiente. Quindi non quello giusto per te. Ecco perché hai
già accettato l'invito di un altro: devi voltare pagina >> disse
Kristen, cercando di confortarmi.
<< E se non sono ancora pronta? >>.
<< Se non fossi pronta non avresti accettato il suo invito senza
pensarci due volte >> rispose Selene, annuendo sicura.
In effetti, da quando Dylan mi aveva detto che ero un mostro, l'amore
per lui sembrava svanito nel nulla. Il dolore che provavo era dovuto a
quelle parole dette da una persona che credevo mi amasse e poi non era
stato così. Possibile che se davvero Dylan non mi amasse io non amavo
lui? Ma quanto ero brava a incasinarmi la vita?
La campanella suonò senza che io riuscissi a venirne a capo. Mi feci
indicare l'aula da Cassie per le lezioni anormali e m’incamminai. Quel
genere di lezioni erano tenute in diversi luoghi della scuola e io
presi il coraggio a due mani per entrare. Girai il pomello ed entrai.
Dentro c'erano già una decina di ragazzi: tutti maschi! Ero nel più
totale panico. Non volevo credere che sarei stata l'unica e sottolineo
unica ragazza del corso. I ragazzi presenti si girarono e mi guardarono
e lo sguardo si posò sui miei guanti color panna.
Uno biondo mi si avvicinò ed aveva l'aria di quello che può avere tutte
le ragazze che vuole. << Sei quella nuova? >>.
<< Si, Alisha Moore >> risposi, cercando di essere il più
gentile possibile.
<< Ah. Io sono Josh Durling. Inglese. Tu...? >>.
<< California >>.
In quel momento tre o quattro ragazze entrarono nell'aula ridacchiando
e io sospirai sollevata. Approfittai del momento di distrazione del
tipo per andarmene a sedere in un banco vuoto ed era fatto di uno
strano materiale e non era decisamente legno. Alla fine eravamo almeno
venti a seguire quel corso, ma erano molti più ragazzi. La maggior
parte erano criocinetici e pirocinetici e qualche modificatore di
materia. Milen entrò nell'aula portando una cassa di legno che mise sul
tavolo.
<< Buon pomeriggio ragazzi. Oggi eserciteremo i vari poteri.
Alisha Moore, visto che oggi è il tuo primo giorno farai esercizi più
semplici. Okay? >>.
<< Va bene >> acconsentii e desiderai sparire quando tutti
mi fissarono e, sopratutto, i miei guanti. Il professore posò sul banco
di alcuni degli oggettini di metallo e su altri bicchieri di plastica e
infine su alcuni dei contenitori con dell'acqua che sembrava bollente.
Sul mio mise dell'acqua totalmente fredda, tanto che sentii il gelo
attraverso i guanti.
<< Prova a congelare quest'acqua. È già fredda per cui dovrebbe
essere più facile. Per i modificatori di materia voglio che
trasformiate la plastica in vetro puro mentre i pirocinetici sciolgano
i cubi di metallo. Avete un'ora. Poi passeremo ad una mezz'ora di
esercizi e infine alla teoria. Cominciate >>.
Vidi subito facce concentrate e li imitai. Incredibilmente non ci
riuscii. E non capivo perché. Insomma, anche se accidentalmente, c’ero
riuscita. Adesso invece no. Ci misi tutta la concentrazione possibile
ma nulla. Guardai l'orologio alla parete ed era già passata mezz'ora
mentre il professore girava tra i banchi. Notai diversi bicchieri quasi
divenire vetro e metalli sciolti senza contare acqua bollente già metà
ghiacciata.
Di colpo, il bicchiere contenente l'acqua si ghiacciò e io sorrisi
trionfante. Presi in mano il bicchiere e mi alzai. Il professore si era
seduto così avevo deciso di portarglielo. Ma appena lo misi sulla
cattedra tornò acqua.
<< Ma cosa...? >>.
Lui sorrise. << A volte capita. Quando il ghiaccio è troppo
debole. Riprovaci. Mantieni di più la concentrazione e... >>.
Milen fu interrotto dall'ingresso di una ragazza alta e scura di
carnagione. Entrò di corsa nell'aula, così di corsa che inciampò in una
fenditura delle mattonelle e cadde addosso a me. La ragazza si mise
seduta e si massaggiò la testa.
<< Tutto bene? >> chiese. Successe l'inevitabile. Nel
tentativo di alzarsi, mise una mano sulla mia caviglia che si erano
scoperta per via della caduta e io sussultai.
<< Maledizione >> mormorai, alzandomi.
Il professore si passò una mano sugli occhi e scosse la testa. <<
Dimmi il tuo nome >>.
La ragazza si accigliò. << Alice Potter >>.
<< Che potere hai? >>.
<< Stasi molecolare. Perché? >>.
<< Oh no >> sussurrai ancora, chiudendo gli occhi e
frenando la voglia di piangere la mia sfortuna. Mi aveva toccato con la
sua mano scoperta la pelle della caviglia quindi c'era stato un
contatto. Adesso avevo anche il suo potere. Non potevi crederci.
<< Alice, torna in classe. Ti spiegheremo dopo >>.
Io ero rimasta in piedi in mezzo alla classe e tutti mi fissavano.
Avevano capito. << Alisha. Non ti preoccupare. Non è un potere
pericoloso. Stasi molecolare significare che puoi semplicemente
bloccare le persone, animali. Gli essere viventi. Non è niente di
terribile >>.
Immagino che avrebbe dovuto farmi sentire meglio, ma non lo fece. In
poche parole adesso avevo tre poteri senza contare i due che avevo già.
Era bastata una semplice caduta ed ecco il risultato. Voleva dire che
non dovevo avere contatti con altri Different in tutti sensi? Certo, a
parte quelli che avevo già toccato come Kristen e Cameron e adesso
anche quella Alice. Bene, proprio di bene in meglio.
<< Alisha, torna al tuo posto e cerca di ghiacciare l'acqua qui
dentro. Alla fine della lezione e dello studio andremo dal preside e
parleremo della tua situazione >> disse Milen e annuii, prendendo
il mio bicchiere e cercando di ignorare gli sguardi che avevo addosso.
Alla fine, prima degli ultimi cinque minuti, ci riuscii. Una piccola
soddisfazione in quel pomeriggio cominciato molto male. La successiva
mezz'ora Milen spiegò ai pirocinetici che non erano riusciti del tutto
nell'esercizio dove avevano sbagliato e poi chiese e due ragazze
criocinetiche come me, indicate come le più brave, di mostrare come ci
si difendesse con i proprio poteri. Guardai tutto a bocca aperta,
troppo meravigliata per dire altro. Era un spettacolo assurdo e troppo
incredibile. I colpi erano precisi tanto che presto la classe venne
coperta di ghiaccio sul soffitto e alle finestre. Alla fine fu
dichiarata la parità e le due ragazze si strinsero la mano,
sorridendosi e, ridacchiando, tornarono al loro posto.
La lezione teorica non fu noiosa, anzi. Era molto interessante. Era
quasi un misto tra biologia e chimica. In poche parole spiegava come i
poteri agivano sugli oggetti e perché tutto succedeva anche come noi
criocinetici riuscivamo a ghiacciare le cose. Scoprii che tutto
dipendeva dall'aria attorno a noi, segno che il fuoco attorno era un
gran problema visto che annullava l'aria contenente l'acqua che ci
circondava. La campanella suonò e io sobbalzai troppo presa dalla
lezione. Tutti gli altri non vedevano l'ora di andarsene così mi alzai
cercando di dare meno nell'occhio. Si può dire che quasi corsi per
arrivare nella mia stanza a parlare con Cassie e Liliane. Non appena
entrai in stanza, sospirai sollevata e mi accasciai contro la porta per
accorgermi troppo tardi che Cassie e Liliane mi fissavano.
<< Alisha, tutto bene? >> chiese Liliane, posando libri e
altro sul letto e venendomi incontro.
<< No >> risposi secca, alzandomi e sedendomi sul letto.
<< Ho assorbito per sbaglio un altro potere >>.
Loro sgranarono gli occhi e mi guardarono preoccupate. << Di chi?
>>.
<< Una certa Alice Potter >>.
<< La stasi molecolare. Lei è qui da due anni. Anche lei è
diventata Different a tredici anni ma per lei è diverso >>.
Alzai lo sguardo tenuto abbassato fino adesso. << In che senso?
>>.
<< Sua madre è una Different >> rispose Liliane. <<
Diversi adolescenti che vedi qui sono figli di uno o entrambi i
genitori Different. Però il processo è lo stesso. Lo diventano appena
scattata l'età. Ma non tutti. Ci sono casi di ragazzi che hanno
entrambi i genitori Different eppure sono umani. Casi della vita
>>.
<< Hai presente Cameron? Entrambi i suoi genitori sono Different
>> aggiunse Cassie. << Eppure si sa che sua sorella minore
è perfettamente umana visto che ha superato l'età >>.
<< È bastato che mi toccasse un secondo per prendere anche il
suo. Odio questo potere. Odio la mimica empatica >> sbottai
furiosa con me stessa.
<< Alisha, è stato un incidente >>.
<< Appunto. È bastata una semplice caduta per prendermi anche il
suo. Basta. Sono già stanca e ci devo convivere una vita >>.
Ormai era fuori di me. Ero veramente stanca di non poter toccare
nessuno e loro toccare me.
Le mie due compagne di stanza si guardarono senza sapere cosa dirmi. Mi
alzai e presi il libro di spagnolo per la lezione di due giorni dopo,
visto che oltre questo avevo solo matematica e lo aprii, decisa a
chiudere la discussione e concentrarmi su altro. Ben presto mi accorsi
che quello che Hanja aveva detto aveva ragione: imparavo molto più
velocemente di prima. Le dieci pagine da studiare di letteratura
spagnola le studiai in meno di un'ora mentre normalmente ci avrei messo
il doppio. Incredibile. Una punta di buon umore entrò dentro di me,
facendomi sentire meglio. Svolsi gli esercizi di matematica con l'aiuto
di Cassie, stando ben attenta a non toccarla.
Alle sette e un quarto avevo già finito mentre le altre due finirono
alle sette e mezza spaccate. Subito si sentirono mormorii provenire da
tutte le parti, dai corridoi e da fuori.
Io sospirai, fissando i guanti. Di colpo, la porta si aprì ed entrò
Kristen.
<< È morto un altro ragazzo dell'ultimo anno! >>.
Rimanemmo sbigottite e io di più.
<< Quando? >>.
<< Stava studiando in biblioteca, era vuota. Quando gli amici
sono andata ha trovarlo era senza vita >>.
Tutti ci rabbuiammo. Voleva dire che ne mancava ancora uno. Il secondo
dei tre destinati a morire all'ultimo anno.
<< Ma di cosa è morto? >> chiesi.
<< Gli adulti dicono che muore perché i suoi poteri prendono il
sopravvento su di lui >> rispose Liliane. << Succede da
quando la scuola è stata aperta. Gli umani dicono che è colpa nostra.
Che non sappiamo fare il nostro dovere e altre palle del genere
>>.
<< La verità è che alcuni non sono in grado tutto qui >>
disse sbrigativa Cassie.
<< Ci hanno detto di andare a cena alle otto e quarto piuttosto
che alle otto. Devono rimuovere il corpo e così via >> ci avvertì
Kristen, sedendosi accanto a me. Non avevo certo paura di toccarla,
dopotutto avevo già il suo potere. Mi ricordai della visione avuta
tempo prima e decisi di chiederle una curiosità.
<< Kristen, ma tu hai avuto qualche visione oggi? >>.
<< Uhm... Non cose importanti. Ordinarie. Perché? Tu si? >>.
Abbassai lo sguardo ma poi lo rialzai e guardai Cassie e Liliane:
avevano capito dove volessi andare a parare. << Come funzionano
le tue visioni? >>.
<< Vedo il futuro e le scelte delle persone che conosco >>.
<< Quindi è impossibile che io veda qualcosa di qualcuno che non
conosco? >>.
<< Direi che è impossibile. Puoi vedere persone che hai
conosciuto ma che non ricordi. Magari che hai conosciuto quando eri
neonata per esempio >> mi spiegò Kristen e io mi accigliai e lei
notò. << Hai avuto una visione che non ti spieghi? >>.
<< Si, lo ammetto >> risposi sincera. Chi meglio di una
veggente come lei poteva aiutarmi?
<< Ma la cosa strana è stata la reazione che ha avuto. È crollata
a terra come in preda a un forte giramento di testa >> spiegò
Liliane e Kristen aggrottò le sopracciglia.
<< Però... che strano... E cosa hai visto? >>.
<< C'era una donna, bionda. Canticchiava e sembrava dentro una
piccola stanza >> spiegai e Kristen si alzò e guardò Cassie.
<< Cassie credi di essere un grado di ricreare quello che ha
visto Alisha? >>.
<< Certo. Non ci avevo pensato. Che sciocca >> rispose la
ragazza, strizzando gli occhi e immediatamente una donna bionda senza
volto apparve davanti a noi seduta sul bordo di un letto.
<< Il letto era disfatto e sporco >> specificai e lei
obbedì.
<< E poi? >>.
Cercai di ricordare. << Canticchiava e il volto era dolce
all'inizio, sembrava felice. Come se avesse avuto un bella notizia
>>.
Cassie ricreò perfettamente ciò che avevo visto tanto che mi sembrava
di rivivere nuovamente la mia visione. Aggiunsi che era dentro una
stanza piccola così Cassie rimpicciolì tutto e li mise fra quattro
mura. Sembrava quasi la casa di Barbie, dalle dimensioni.
<< Aveva... Mi sembra avesse occhi azzurri.. >>.
Alla fine Cassie modellò il viso come me lo ricordavo e tutte e tre
trattennero il fiato alla sua vista come davanti a un mostro terribile.
Io non capivo perché di quella reazione fu Kristen a parlare.
<< Alisha come la conosci? >>.
<< Ma io non l'ho mai vista in vita mia >> risposi,
sicurissima.
<< Hai almeno la minima idea di chi sia? >> chiese Liliane,
sconcertata che io non lo sapessi e scossi la testa.
<< È Melinda Button >> mi informò Cassie. << È la
seconda assorbitrice al mondo, quella che era entrata in combutta con
Charlie Dawers. Sono entrambi rinchiusi nel carcere di massima di
sicurezza >>.
Guardai ancora la riproduzione perfetta di Cassie. Ero sicura di non
averla mai vista in vita mia. Al cento per cento. Ma allora com'era
possibile che avessi avuto una visione su di lei?
<< Io non la conosco. Non l'ho mai vista in vita mia e nemmeno
l'altro >>.
<< Invece si, Alisha. Per aver avuto una visione su di lei, devi
conoscerla per forza >> ribatte Kristen. << Devi dirlo al
preside >>.
<< No! Assolutamente no! >> protestai. << Non voglio
cacciarmi in altri guai! >>.
<< Non capisci? Se lei era felice voleva dire che insieme a quel
tizio stanno organizzando qualcosa. Magari cercano di fuggire >>
esclamò Kristen, alzandosi di botto, scossa.
Scuotevo la testa come per cancellare tutto. Ma cosa avevo di
sbagliato? Perché io? Cosa c'ero di diverso in me? Ero stanca di tutto
ciò e adesso vedevo pure i criminali senza conoscerli.
<< Forse l'hai conosciuta da bambina e neanche ti ricordi
>>.
<< Come posso averla conosciuta averla conosciuta da bambina?
Avete detto che era una delle prima studentesse ed deve essere rimasta
qui almeno due anni e infatti fino a otto anni fa ha fatto quel che ha
fatto. Impossibile direi >>.
Le tre si guardarono per nulla convinte. Io ero certa di non averla mai
vista, nemmeno su un giornale o in televisione. Cosa mi stava
succedendo? Volevo solo essere una "normale" Different come le altre.
Come sempre nella mia vita c'è qualcosa che non andava. Tutto
cominciato da quel giorno in cui avevo cominciato la prima fase. Almeno
mi disperavo del fatto che non fossi normale, umana. Ma adesso mi
disperavo perché non ero nemmeno normale tra i Different. Perché,
maledizione?
<< Sono le otto. Forse è meglio se andiamo a cena >>
propose Liliane, alzandosi. Anche Cassie e Kristen la imitarono e io le
seguii in silenzio certa che non sarei riuscita a mangiare niente.
Selene ci venne incontro nel corridoio e ci raccontò per filo e per
segno tutta la vicenda del ragazzo. A quanto sembra, la causa erano
stati proprio i suoi poteri.
<<... E quindi ne manca un altro. I ragazzi dell'ultimo anno sono
molti spaventati >> concluse Selene.
<< Ci credo >> mormorò Cassie, spaventata.
<< Quando saremo all'ultimo anno dovremo temere anche noi
>> aggiunse Liliane, per niente ottimista.
Giungemmo alla mensa e ogni parola era rivolta a quel povero ragazzo
ora in infermeria. Il corpo sarebbe stato riportato a casa il giorno
dopo dalla famiglia disperata. Ci sedemmo al tavolo e io sempre in
silenzio. Justin e Alan mi videro abbattuta ma non dissero nulla,
decisero di starsi zitti e mentalmente li ringraziai. Quando la cena
era quasi al termine vidi Hanja correre verso di me e sospirai, posando
la forchetta.
<< Alisha, vieni con me >>.
Salutai i miei amici e la seguì fino ad uscire dalla mensa ed andare
nell'atrio. << Ho saputo che hai assorbito il potere di Alice
Potter >>.
<< Si, purtroppo si >>.
<< Non devi preoccuparti. Ma non ti ho chiamata per questo. Bensì
per una cosa: hai avuto una visione ultimamente? >>.
Sbiancai. Come faceva a saperlo?
<< Rispondi, Alisha. E sinceramente. Altrimenti ti porto da un
telepate >>.
<< Si >> confessai alla fine. E tanti saluti al segreto.
<< Cosa hai visto? >>.
Raccontai tutto nel migliore dei modi e chissà perché, Hanja sbiancò e
io non sapevo perché.
<< Bene, allora puoi andare. Parlerò con il preside e poi vedremo
sul da farsi >> disse lei, con un sorriso stentato e forzato. Lei
sapeva cosa mi stava succedendo e io dovevo scoprirlo.
<< Va bene >> acconsentii, allontanandomi.
Adesso sapevo che Hanja conosceva qualcosa e forse anche il preside. Ma
come fare a scoprirlo? Quella visione era inspiegabile ed io ero senza
risposte. Quando tornai in mensa vidi tutti i miei amici correre verso
di me e notai grande agitazione nella mensa, come se qualcosa fosse
accaduto di colpo.
<< Alisha! È successa una cosa orribile! >>.
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Capitolo 8 *** Panico ***
Chiedo scusa se non ho più
postato ma il portatile si era rotto e ho dovuto aspettare che
comprassero il PC nuovo. Quindi spero mi perdonerete ^^. Ecco un
capitolo nuovo nuovo per voi. Buona lettura!
8. Panico
<< Cosa è successo? >> chiesi nel panico, vedendo tutti
agitati.
<< Sono scappati! >> rispose Liliane, anch'essa in panico.
Li guardai con aria interrogativa. << Guardate che io non so
ancora leggere nel pensiero >>.
<< Gli assorbitori! Sono scappati dal carcere di massima
sicurezza uccidendo tutte le guardie. Non ne hanno risparmiata neanche
una! >> mi raccontò alla fine Cassie gesticolando e io sbiancai
tremendamente. Anche se ero una Different da poco, dai racconti sentiti
da chi era già abbastanza grande per ricordare e capire erano state due
persone terribili.
<< Come hanno fatto? >>.
<< Nessuno lo sa! Almeno noi studenti no. Scommetto quello che
vuoi che gli adulti sanno tutto, sopratutto le veggenti >>
rispose Selene.
Mi sedetti sulla prima sedia vuota che trovai. Ripensai alla mia
visione. E se fosse stato un segno? Un presagio? Quel sorriso felice,
troppo felice. Ecco cos'era la buona notizia che tanto l'aveva
rallegrata: avevano scoperto come fare a scappare e io stupida non ci
ero arrivata. Di colpo mi sentì in colpa con me stessa.
<< Andiamo a vedere le ultime notizie in TV! >> disse Alan
correndo fuori dalla mensa a gran velocità insieme a Justin e Cassie.
Io, Selene e Liliane ci muovemmo e incontrammo Kristen a metà strada.
La sala di ritrovo era piena fino a scoppiare e molte persone erano
agitate.
Mi bastò uno sguardo per notare che non c'è nessun adulto, segno che
avevano dato nessuna notizia o raccomandazione vista l'agitazione.
L'unica TV venne accesa e il primo telegiornale che venne trovato, il
volume fu alzato senza neanche prendere il telecomando da un
telecinetico.
La giornalista bionda con un microfono in mano se ne stava davanti al
portone di un carcere. Un sacco di persone vestite da guardie
carcerarie e poliziotti in divisa scura cercavano di tenere lontani i
curiosi e gli altri giornalisti.
<< Siamo qui dove è successa un cosa che metterà tutto il mondo
in allarme rosso. Poche ore fa sono riusciti a fuggire in poco tempo i
due più feroci Different della storia.
Melinda Button una delle prime studentesse alla scuola di Different
esattamente in quelle di New York. Secondo le testimonianze del preside
e fondatore Jonathan Sullivan e sua moglie Charline è stata la
Different più brillante sotto tutti gli aspetti che sia passata nella
scuola anche negli anni successivi. Ottima studentessa, potente
Different e una ragazza di buon carattere talmente brillante da aver
lasciato la scuola dopo solo due anni. Dopo essere uscita. Dopo meno di
un mese, entro in combutta con Charlie Dawers. Lui fu uno dei peggiori
Different che la storia abbia mai avuto, il primo assorbitore che sia
mai esistito. Fu proprio il suo potere ha renderlo “differente” anche
tra la sua specie per la sua pericolosità sia innata che dovuta la suo
potere. Dieci anni più di Melinda e in sei mesi devastarono il mondo,
uccidendo moltissime persone. La fortuna volle che i Different si
coalizzare e con altre vittime riuscirono a catturarli e rinchiuderlo
nel carcere di massima sicurezza dove sono rimasti negli ultimi otto
anni. Oggi ventiseienne mentre Charlie Dawers trentaseienne sono
riusciti a scappare miracolosamente uccidendo tutte e 48 le guardie che
erano a vigilare su di loro. Le autorità ancora non rilasciano alcuna
intervista, lasciando nel buio più totale il resto del mondo che teme
il ritorno nella coppia più terribile che si abbia mai avuto...
>>.
<< Non ha detto nulla di nuovo! >> si lamentò un ragazzo,
pestando il piede sul pavimento che rimbombò come se lui fosse fatto di
metallo. A differenza degli altri, io pensavo che avesse detto cose
utili. Io non sapevo nulla di loro. È vero, avevo otto anni quando
successe tutto ciò. Era una cosa veramente strana. Io non li avevo mai
sentiti nominare ne visti in faccia attraverso la televisione. Non
avevo mai creduto alle coincidenze ed ora ancora di più. Io divento una
Different assorbitrice a doppia capacità, ho una visione e loro
scappano.
Qualcosa non andava decisamente.
<< E se venissero qui? >> domandò una ragazza a voce alta
catturando l'attenzione di tutti e riconobbi una mia compagna di classe.
<< Per quale motivo? >> chiese Cameron e io quasi saltai
alla sua vista. Non l'avevo proprio notato e distolsi lo sguardo da lui
immediatamente.
Molte teste si voltarono nella mia direzione e io guardai fuori dalla
finestra, facendo finta di non aver visto niente ma nessun distoglieva
lo sguardo.
<< Ma smettetela! Figurati se due come loro hanno bisogno di una
ragazza assorbitrice come loro oltretutto Different da pochi giorni!
>> mi difese Selene e più della metà di loro smise di fissarmi e
io mi alzai, decisa a lasciare la stanza per quella dei computer.
Dovevo saperne di più su di loro. Non sapevo ancora perché, ma mio
sentivo in obbligo. La sala dei PC era poco distante ed ero felice di
sapere che nessuno l'avrebbe occupata poiché troppo interessati alla
notizia del giorno. Come avevo pensato, era deserta. Nemmeno il
responsabile della sala. Benissimo. Mi sedetti al PC ultimo modello
numero 12 ed entrai in Internet, digitando il nome di Melinda Button.
All'inizio non trovai nulla di utile se non articoli su articoli di
giornale. Dopo una mezz'ora mi dissi che tanto non c'era niente ma ebbi
fortuna. Era un sito criptato che in grazie a una conoscenza
informatica di livello scolastico, giusto per dire come fosse protetto
male, entrai.
<< Accipicchia >> commentai quando lessi:
“Melinda Karen Button è nata il 12 Gennaio1983 a Mesa (California)
dalla coppia formata dal famoso ingegnere Carl Button e da sua moglie
medico Josephine Adams. Figlia unica almeno secondo le nostre fonti
dimostrò fin da bambina uno spiccato genio in tanti ambiti: sportivi,
artistici, scolastici. A quattro anni aveva già letto tutti i libri per
bambini e cominciato quelli per adulti e sapeva scrivere meglio di un
adulto. Così i genitori decisero di farle il test del quoziente
intellettivo e risultò una delle bambine più intelligenti degli ultimi
cento anni. Purtroppo tutto ciò rovinò la piccola Melinda: i genitori,
presi dall'entusiasmo e con grandi finanze economiche, iscrissero la
piccola alla prima elementare già a cinque anni in una delle scuole più
difficile che ci siano mai state nella grande città di Los Angeles,
dove si trasferirono. Costretta allo studio tutti i giorni e a tutte le
ore, la piccola divenne già all'età di otto anni intelligente quanto
ribelle alle regole scolastiche e a quelle imposte dai genitori. I
disastri combinato all'interno dell'istituto erano così tanto che
smisero di contarli e la bambina non venne mai espulsa poiché troppo
intelligente e con ottimi risultati. A dieci anni uscì dalla scuola
elementare con tutti i premi messi in palio in quei cinque anni e con
una cartella di punizione che riempiva un intero schedario. Ben presto
anche alle scuole medie eccellette per la felicità dei genitori che si
spense poco dopo. Nessuno sapeva il motivo, ma i genitori era
diventanti sempre più spaventanti da quella bambina così intelligente
da poter escogitare qualsiasi cosa. Chiunque li vedesse, notava la
paura nei loro occhi spenti e quelli illuminati di Melinda quando li
vedeva in quello stato. Gli amici non permisero più ai loro figli
di giocare con Melinda che ben presto divenne una ragazzina solitaria e
taciturna immersa negli enormi volumi di fisica e chimica molecolare.
Una tragedia colpì la piccola. Una sera, una voce disperata e con le
lacrime in sottofondo chiamò il 911. Quando i soccorsi arrivarono, la
scena che si presentò era raccapricciante. I coniugi Button erano
riversi sul pavimento, in una pozza di sangue con due identici coltelli
appartenenti a un set posizionato originariamente nella cucina, era
conficcati dentro i loro cuori con dieci coltellate a testa. Melinda
Button era accanto ai genitori in lacrime e raccontò che qualcuno era
entrato nella villa per derubarli, convinto che loro non ci fossero,
invece li aveva trovati e uccisi mentre lei aveva cominciato a gridare
attirando le attenzioni di un giardiniere che lavorava poco lontano,
facendolo scappare. La bambina finì in mano ai servizi sociali che la
mandarono lontano da Los Angeles, a New York, per aiutarla a
dimenticare. In carcere finì un mese dopo, un uomo che aveva debiti su
debiti e conosceva molto bene la famiglia Button. Gli fu data la sedia
elettrica e morì un anno dopo il processo accelerato per concludere in
fretta.
Melinda visse con i nonni paterni fino a sedici quando, con lo stupore
di chiunque, divenne una Different. Fu mandata New York al Collegio che
aveva aperto da pochi mesi. Lì divenne ancora più straordinaria. Il suo
rarissimo potere l'aiutò ad assorbirne diversi riuscendo a controllarli
tutti con maestria. Tanto che, dopo nemmeno due anni, il preside
Sullivan la dichiarò idonea a lasciare l'istituto. Non poteva
immaginare l'enorme errore in cui era incappato.
Melinda aveva ereditato tutto dai suoi genitori e dato che non aveva
ormai più nessuno, torno a 18 anni a Los Angeles ad abitare nella villa
di famiglia nonostante i cattivi ricordi. Secondo fonti anonime per la
loro sicurezza, la faccia che Melinda presentava tutti i giorno in aula
e agli insegnanti era falsa. Alcuni ricordano i terribili esperimenti
fatti anche su altri Different quando acquisiva nuovi poteri e
casualmente nessuno parlava. Troppa paura?
Possibile che il genio sconfinato di Melinda Button fosse tutt'altro
che buono?
La risposta fu ovvia dopo poco tempo. Si innamorò perdutamente di
Charlie Dawers dieci anni più di lei, uno dei peggiori Different mai
esistiti. Primo assorbitore al mondo, cacciato di casa quando il padre
alcolista (la madre era morta quando aveva dieci anni in un incidente
d'auto a causa del padre) scoprì cos'era diventato a 15 anni. È stata
la prima vittima di Charlie, dopo terribili torture durate ore. Melinda
ne fu affascinata. Così tanto da mettere in meno di sei mesi in
ginocchio il mondo intero con le loro atrocità. Morti e distruzioni
anche di intere città. Il presidente degli Stati Uniti di allora decise
di mettere un freno a tutto. Convocò un Summit mondiale segretissimo
dove tutti i capi del mondo decisero sul da farsi insieme ad altri
Different. Una trappola riuscì a incastrarli dopo una seguente lotta
terribile con la morte di moltissimi civili e Different. Vennero
imprigionati con una prigione costruita nell'unico modo per bloccare un
Different: in piombo e con elettricità statica tra le sbarre. La
sentenza: ergastolo. Nessuna pena di morte. La sentenza scaricò sulla
giustizia americana tantissime proteste di persone che volevano la pena
di morte per entrambi.
Le guardie dicono che passano le giornate come se niente fosse
successo. Leggono, guardando la TV e quando si vedono (finora successo
solo tre volte in otto anni) sembrano coppie come altre. Melinda
continua i suoi studi, rimanendo sempre una delle menti più brillanti
esistenti al mondo.
Peccato che quel genio è stato usato per cose terribili. Possibile che
quella bambina che aveva fatto il test del quoziente intellettivo più
di vent'anni fa fosse già allora un genio invece che incompreso già
maligno?”.
Lessi tutto con occhi sgranati, incredula. Tutte quelle cose non le
sapevo e avrei giurato che non molti ne fossero a conoscenza. Quella
ragazza era una vera e propria arma. Una bomba a orologeria con una
miccia chiamata Charlie Dawers. Le tragedie che aveva vissuto dovevano
averla segnata così tanto da farla entrare in mondo decisamente malato
insieme a quell'altro squilibrato. Se due così erano in giro, allora
nessuno era la sicuro. I primi due assorbitori al mondo...
E se anche io, presa dalla sete di potere come loro, diventassi così?
Avevano forse ragione quegli sguardi che gli altri Different mi avevano
lanciato nell'aula di ritrovo?
<< Non è vero, Alisha. Tu non sei così >> mi dissi,
prendendo la testa tra le man e abbassando lo sguardo.
<< È vero >> confermò una voce e io mi girai.
<< Cameron >> sussurrai, chiudendo subito la pagina
Internet quasi senza pensarci, ma doveva aver già visto. << Hai
visto? >>.
<< Già >> rispose. Sedendosi al computer accanto al mio,
guardandomi e con un sorriso sulle labbra che mi incantò ma mi ripresi
subito.
“Ricorda: sei appena uscita da una storia finita da schifo ed è
impossibile che ti piaccia un altro subito. Ricorda: al massimo solo
amici”.
Mi ripetevi quella cantilena come un incantesimi che potesse risolvere
le cose. Cameron mi vide concentrata e ridacchiò. << Tutto bene?
>>.
<< Certo. Come mai sei qui? >>.
<< Ti ho visto un po'... come dire scossa. La notizia non ti ha
fatto bene, vedendo cosa cerchi >>.
Mi morsi la lingua. Sapeva inquadrare bene le persone. <<
Curiosità >>.
<< So cosa stai pensando. Solo perché sei un assorbitrice come
loro, non significa che devi diventare così. E poi tu non sei nemmeno
simile a quei due malfattori: hai una doppia capacità >>.
Sorrisi, sorpresa di esserci riuscita. << Grazie Cameron. Non
sorridevo da un po'. Mi fa bene. Grazie veramente >>.
Lui si alzò, on un altro sorriso bello da mozzare il fiato che cercai
di ignorare. << Felice di esserti stato utile >> disse,
sorpassandomi e andandosene per tornare indietro come se si fosse
dimenticato qualcosa. Mi guardò e io arrossì.
<< Ultima cosa: tu sei anche più bella di Melinda Button >>
aggiunse e io come una stupida non replicai. Lui sorrise ancora e se ne
andò.
Quando sentì la porta sbattere mi detti uno schiaffo. << Perché
non parlo quando serve? Perché?! >>.
Spensi il PC eliminando prima la cronologia (certo nessuna poteva
sapere che potevo essere stata io ha cercare ma in quel posto mi
aspettavo veramente di tutto). Corsi fuori, decisa a tornare in camera
per riferire tutto a Liliane e Cassie. Quando entrai trovai anche
Selene e Kristen sedute accanto a Cassie. Sentivo molte voci provenire
dalle altre stanze ed ero sicura che anche nell'ala dei maschi non
erano da meno. Mi sedetti accanto a Liliane, cercando di non sfiorarla
nemmeno con un la caviglia del piede e raccontai di filato tutto quello
che avevo letto. A ogni parola loro restavano ancora più a bocca aperta
che ancora un po' la mascella cascava a terra.
<< Perché allora nessuna sapeva nulla? >> chiese Liliane.
<< I due furbi hanno cancellato tutto quello che potevano su di
loro, ci scommetto quello che volete. Forse erano anche tecnopatici
>> rispose Cassie, convinta.
<< D'accordo però bisogna dire che Melinda non ha avuto una bella
infanzia e adolescenza. Essere un Different non aiuta e lo sappiamo
tutti, qui dentro >> disse Kristen.
<< La giustifichi? >> chiesi indignata.
<< No. Certo che no. Ma se avesse avuto due genitori molto
migliori e non fosse diventata una Different forse sarebbe una persona
normale, con una vita da genio >> spiegò Kristen e mi rilassai.
<< Anche Charlie Dawers ha fatto la sua parte, però >>
disse Selene.
<< Senza dubbio >> confermai.
<< Gli insegnati ci hanno detto qualcosa mentre tu eri in sala PC
>> disse Cassie, catturando la mia attenzione.
<< Cioè? >>.
<< Di stare calmi sia per noi che per le nostre famiglie. Siamo
tutti al sicuro, qui a scuola non verranno e bla bla... Tutto per non
creare scompiglio e inoltre domani niente lezioni perché gli adulti
devono andare in gran parte via >> mi spiegò Liliane.
<< Via? >> chiesi sorpresa.
<< Proprio così. Almeno questa è una bella notizia, non trovi? Un
giorni di libertà assoluta! Forse devono consultarsi con il presidente
degli stati uniti o cose così >> rispose Selene, felice per una
giornata senza scuola. Ma io no. Tutto mi spaventava assolutamente.
Allora era davvero un pericolo serio. Però sembrava che tra tutti gli
studenti me ne preoccupassi solo io. Perché?
Forse mi sentivo in dovere per via della visione che avevo avuto e
quindi dovevi farmi perdonare. Anche se non era colpa mia. Dentro di me
lo sapevo ma la mia parte cattiva mi diceva che era colpa mia. Io non
potevo fare nulla di utile alla fine. Anzi, forse dovevo starmene
proprio fuori. Era quasi come loro a livello di poteri e nella testa di
quella gente non si sa mai cosa gira, sopratutto se una di loro ha un
quoziente intellettivo di chissà quanto. Magari avrebbero potuto usarmi
per i loro scopi, approfittando nella mia ingenuità di Different
giovane. Possibile che c'è le avessi tutte io le sfighe qui dentro?
<< Se hai fame, possiamo ancora andare a vedere se c'è qualcosa
per cena >> propose Kristen ma io scossi la testa.
<< Sto bene >>.
<< A me non sembra, Alisha. Sei molto pallida e tanto spaventata.
Non devi preoccuparti, andrà tutto bene >> mi rassicurò Liliane e
io le sorrisi.
<< Grazie >>.
<< Comunque quelle notizie che hai letto non sono proprio esatte
>> disse di colpo Cassie e io la guardai mentre le altre tre
annuivano.
<< Scusa? In che senso? >>.
<< Quando Melinda Button è entrata in questa scuola che succede
una cosa strana >> aggiunse Kristen.
<< È piantatela di fare le misteriose! >> esclamai,
spazientita come non mai.
<< Sono cominciate le morti degli studenti dell'ultimo anno
>>.
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Capitolo 9 *** Tanta paura ***
Per OscuroSignore: Grazie
per avermi fatto notare tutto! Ho qualche problema con dei verbi, anche
alcuni sono davvero errori di battitura! Grazie mille!
Un grazie anche a tutto quelli che la seguono e l'hanno messa tra i
preferiti e le seguite!
9. Tanta paura
La note passò piuttosto insonne. La notizia datami dalle mie compagne
di stanza non aveva certamente aiutato il mio umore già tetro. Niente
mi toglieva dalla testa che fosse colpa mia. La mattina un pallido
raggio di sole entrò nelle finestre coordinate con delle tendine
bianche e ricamate. Aprì gli occhi, strizzandoli per la luce
improvvisa. Cassie dormiva beata e così anche Liliane. Senza fare
rumore mi alzai, presi un cambio e andai in bagno. Mi feci una doccia
abbastanza lunga, forse per cancellare tutte le informazioni lette la
sera prima. Uscì dalla doccia, attenta a non far rumore, mi lavai i
denti e mi vestì.
<< Dove sarà la spazzola? >> mi chiesi, guardandomi
attorno. Alzai lo sguardo e vidi la stretta mensola in legno a cui io
però non arrivavo e sopra c'era la mia spazzola. Sbuffai e cercai di
afferrarla saltellando ma quando una pila di boccette di plastica
caddero a terra ci rinunciai. Mi morsi un labbro, indecisa se farlo
davvero. Alla fine, lo feci per davvero. Fissai la spazzola, fissandola
sempre più e concentrandomi. Quelle tremò debolmente ma io continuai lo
stesso. Alla fine si alzò in volo di colpo e la presi stupida di
esserci riuscita davvero. Mi pettinai e rimisi la spazzola nello stesso
posto e nello stesso modo. Sospirando, mi infilai i guanti.
Quasi come una ladra, scappai fuori dalla stanza prima che ne se
potessero accorgere le altre. Quando uscì dal dormitorio mi resi conto
che non avevo la minima idea di dove volevo andare. La sala di ritrovo
apriva dopo colazione ed era troppo presto per la colazione. Guardai
fuori e notai la bella giornata e decisi di passeggiare in giardino.
Quando attraversai l'atrio non sentì e non vidi nulla e nessuno. Chissà
se gli adulti erano già partiti. Aprì il pesante portone e uscì
all'aria aperta della mattina di primavera. Il giardino era bellissimo,
molto curato.
Alberi alti e secolari erano ai lati di ogni angolo del parco che
circondava la scuola. Nella aiuole c'erano tantissimi fiori colorati e
particolari che io non avevo mai visto: certamente non erano specie
molto comuni o comunque di quelle parti. Intorno c'era una nebbiolina
bianca che rendeva tutto un po' pauroso unito al silenzio che aleggiava
sul posto. Percorsi il perimetro intorno all'ala destra della scuola,
senza pensare o forse cercavo proprio di non farlo. Mi sedetti su uno
spuntone di pietra bianca a guardare un pezzo di terra con tanti fiori
rossi e scarlatti. Dopo un po', nemmeno quelli mi distrassero più e non
potei rimandare quei pensieri che sapevo mi avrebbero torturato.
Melinda Button sembrava una nera ombra sulla mia nuova vita. Prima non
c'era, quando ero umana. Ora si. E non capivo perché. Se davvero le
veggenti vedevano solo per persone che conoscevano, come potevo io
vedere lei? Ero sicura di non averla mai vista in vita mia, ero certa.
O forse non ero abbastanza grande per ricordarlo. Però lei era in
prigione da quando io avevo otto anni e prima era nella scuola dove ero
io ora. Era impossibile. Qualcosa non quadrava.
E la visione? Se avessi parlato prima, forse lei e Charlie non
sarebbero scappati e sarebbero ancora lì a giocare ai carcerati. Invece
ero stata egoista e avevo solo pensato a non passare come il mostro di
turno. Anche se già lo ero. Come dimenticare lo sguardo dei miei
compagni nella sala di ritrovo?
Potevo solo fidarmi delle mie compagne di stanza e dei miei nuovi
amici. Intanto quei due erano fuori e chissà se avevano già ucciso.
Sentì diverso voci provenire da dentro l'edificio e ruppero i miei
pensieri come frammenti di cristallo. Doveva già essere ora di
colazione ed era meglio che tornassi dentro o le mie compagne di stanza
si sarebbero spaventate nel vedere la mia assenza di prima mattina. Mi
alzai titubante, tornando indietro per la stessa strada. Nell'atrio
trovai diverse valige e avrei giurato che prima non ci fossero. Vidi
Hanja correre verso di me con indosso il suo vestito bianco e i capelli
chiari raccolti.
<< Alisha, vieni con noi >> disse soltanto, prima che io
potessi dire qualsiasi cosa. La seguì in silenzio, fino alla porta del
preside che riconobbi subito. Hanja bussò.
<< Avanti >> disse una voce femminile ed ero sicura che non
fosse il preside. Entrammo nel grande ufficio e una donna che non avevo
mai visto era in piedi accanto alla scrivania del preside. Era alta
poco più di me e con corti capelli neri, lisci e fini. Era pallida di
viso con occhi azzurri e dall'aria di una persona calma e ragionevole.
Strinse le labbra alla mia vista.
<< Alisha, piacere di conoscerti. Io sono Charline, la moglie del
preside Sullivan >>.
<< Piacere mio >> replicai senza sapere cosa altro dire.
Lei mi sorrise e mi invitò a sedermi su una delle due sedie insieme ad
Hanja. Appena mi sedetti, Charline prese il posto del preside.
<< Dov'è il preside Sullivan? >> chiesi, vedendo che non
c'era da nessuna parte.
<< È partito ieri sera con il primo volo. Il presidenti degli
Stati Uniti lo ha voluto subito lì. Lui conosce molto bene Melinda,
come me. Ma io sono dovuta rimanere in quanto vicepreside. Infatti io
non partirò. Rimarrò qui con Hanja e qualche altro insegnante. Ti ho
chiamata per un motivo, Alisha >>.
<< Cioè? >> chiesi, impaurita da tanta serietà in quel
volto pallido e anche in quello di Hanja.
Per una frazione di secondo, Charline guardò Hanja ma tornò su di me
quasi subito. Forse era convinta che io non avessi visto nulla.
Invece si. Uno sguardo prudente.
<< Mi è stato riferito che ieri nell'aula di ritrovo, durante il
telegiornale, qualcuno ha insinuato che Melinda e Charlie potrebbero
venire qui per te però sei stata difesa. Ho detto bene? >>.
<< Si. Però non capisco. Cosa vuol dire? >>.
<< Alisha, loro potrebbero venire qui... per te >> rispose
Hanja, guardando Charline e io impallidì di colpo, come se avessi un
calo di pressione terribile. Allora avevano ragione.
<< Perché? >> sussurrai. << Il motivo è derivato dai
miei poteri? >>.
<< Più o meno >> rispose Charline, senza guardarmi.
<< Cosa significa “più o meno”? >> chiesi, mischiando una
briciola di rabbia e frustrazione alla paura.
<< Non possiamo dirtelo. Jonathan ci ha vietato di dirtelo. Lo ha
promesso >> disse Hanja, tentando di calmarmi.
<< Promessi? A chi? >>.
<< Non lo so. Non me l'ha voluto dire. Alisha, adesso cerca di
calmarti. Volevamo che lo sapessi per evitare guai futuri. Credimi, è
per il tuo bene >> mi assicurò Charline, ma io ero fuori di me.
Ero stata costretto a cambiare vita e specie, trasferirmi lontana da
casa, lasciare la mia famiglia per qualcosa che non avevo chiesto. Ero
diversa perfino dagli Different e adesso due pazzi mi davano la caccia.
Adesso basta.
<< Io non c'è la faccio più! Voglio tornare alla mia vita! Voglio
tornare a casa mia! >> urlai, in preda a un attacco di rabbia
alzandomi dalla sedia.
<< Se torni a casa adesso rischi di mettere in pericolo anche i
tuoi familiari. Abbiamo mandato occultatori ed emulatori per evitare
tragedie e proteggerli. Calmati, ora >> ordinò Charline con una
voce strana, quasi affascinante e io mi sentì di colpo in pace con il
mondo.
<< Cosa mi sta facendo? >>.
<< Sono una manipolatrice. Manipolo la mente delle persone a mio
piacimento. Quindi vedi di non costringermi a fare di peggio >>
mi raccomandò la donna, tranquilla e per nulla minacciosa.
Mi sedetti e le chiesi di uscire dalla mia testa. Obbedì e mi sentì
libera, come se un peso opprimente fosse sparito dal mio cervello.
<< Ora vai dalle tue amiche e fai finta che non sia successo
nulla. Credimi, non ti succederà nulla. Ora va >>.
Mi alzai e senza guardarle uscì sbattendo la porta. Non era da me
comportarmi così, ma non riuscivo a farne veramente a meno. Dovevo
sfogare la mia rabbia in qualche modo. Ero quasi alla sala mensa quando
incastrai il guanto nel cardine della porta che si strappò, ma non ci
badai tanto ero furiosa. Vidi Cassie e Liliane all'entrata della mensa
e mi corsero incontro con la preoccupazione stampata sul viso.
<< Ma dove eri finita? Ci hai fatto morire di paura! >>
esclamò Cassie.
<< Volevo fare una passeggiata mattutina >> dissi, dicendo
una mezza verità. Non volevo dire a nessuno ciò che mi era stato
detto poco prima. Non volevo allarmare nessuno, anche se c'era il
motivo.
<< Potevi lasciare un biglietto! >> mi rimproverò Liliane.
Per fortuna Kristen e Selene si avvicinarono a noi e le avrei
ringraziate con tutto il cuore. Ci sedemmo con Justin e Alan al solito
tavolo per la colazione che io feci in silenzio, senza nemmeno sentire
una parola di quello che veniva detto. Sapevo di avere tutti i loro
sguardi addosso ma li ignorai completamente. Le parole di Charline e
Hanja mi risuonavano nella testa in continuazione.
Che cosa voleva dire quel “più o meno”? Cosa sapeva il preside Sullivan
che io non sapevo?
<< Alisha, stai bene? Non hai quasi toccato cibo >> chiese
e notò Alan.
<< Si, sto bene >> mentì, facendo cadere sonoramente il
cucchiaio dentro la tazza con i cereali e congelandoli all'istante e
per la rabbia la spinsi via.
<< Sono cose che capitano >> mi rincuorò Justin senza
successo.
Mi alzai dalla tavola. << Vado a riposare. Ho dormito poco
>>.
Senza dare il tempo a nessuno di loro di dire qualcosa, corsi fuori
dalla mensa per andarmene in camera sperando che le altre recepissero
il messaggio e mi lasciassero sola per molto tempo. Non avevo davvero
sonno o perlomeno non tanto da farmi addormentare e ritrovare la pace
per qualche ora. Chiusi la porta alle mie spalle con un gesto pigro e
mi gettai sul letto, a faccia in giù sul cuscino bianco.
Cosa dovevo fare? E se il giorno dopo me li ritrovavo in camera mia,
pronti ad aspettarmi? E magari avrei messo pure in pericolo Cassie e
Liliane e le altre. Dopo una mezz'ora caddi in un sonno agitato di
strane immagini. Non erano molto chiare ma perfino nel sonno mi rendevo
conto che non erano sogni ma bensì visioni distorte, come se qualcuno
le disturbasse. Vedevo i contorni indefiniti di due persone, di cui una
era di una giovane donna bionda. L'altro era un uomo alto e massiccio,
con l'aria di uno che fa palestra. Di colpo aprì gli occhi e mi misi
seduta, il respiro affannoso. Mi ero resa conto di chi erano: Melinda e
Charlie. Quindi li avevo visti ancora. Solo che questa volta non erano
né in prigione e né separati. E nemmeno molti chiari. Erano sfumati
come disegni fatti male. Un'altra visione inspiegabile. Questa volta
non potevo tenermela per me. Dovevo dirlo ad Hanja. Solo che, alla
fine, cosa avevo da dirle? Di concreto, nulla.
Mi ributtai contro il cuscino, nascondendo il viso nelle mani. Sentì la
porta aprirsi ma non ci badai.
<< Alisha? >> chiamò Selene.
<< Si? >>.
<< Tutto bene? Sei sudata >>.
Mi toccai. Era vero. << Ho dormito troppo coperta >> mentì,
rendendomi conto di quante bugie dicevo da quando ero lì dentro.
Selene mi sorrise, incoraggiante. << Alzati. Non ti fa bene stare
qui da sola. Le altre ti stanno aspettando. Andiamo a fare una
passeggiata >>.
Prima che me potessi accorgere, Selene prese la mia mano per tirarmi
su. Peccato che fosse la mano con il guanto rotto ed io, nella rabbia e
nel nervoso in cui affogavo, non lo avevo cambiato.
<< No Selene!>>.
Troppo tardi. Selene ritrasse la mano come se scottassi ma mi aveva già
toccata. Si allontanò, quasi come se potesse riparare al danno.
Inutile. Mi alzai e mi guardai le mani, diventate trasparenti.
<< Alisha, mi dispiace tantissimo! >> si scusò lei, quasi
sull'orlo delle lacrime.
<< Colpa mia. Non mi sono cambiata il guanto. Mi dispiace
>>.
Nonostante fossi confusa e irritata, cambiai immediatamente il guanto
per evitare altri spiacevoli episodi. Selene non disse più nulla e uscì
dalla stanza e la sentì correre. Io rimasi a fissarmi le mano finché
non tornarono normali. Fantastico. Adesso avevo anche il potere
dell'invisibilità. Perfetto. Aprì la porta della stanza con un gesto
secco della mano e la richiusi nello stesso modo, sbattendola. Quel
giorno stava prendendo una piega decisamente sbagliata. Camminai come
un autonoma furioso fino a fuori la scuola. Le altre parlavano con
Selene e alzarono lo sguardo su di me quando uscì dal portone in legno.
Selene invece abbassò lo sguardo.
<< Selene ci ha detto tutto >> disse Kristen, quando mi unì
a loro.
<< Non è colpa tua, Selene. Dovevo cambiarmi il guanto >>.
Niente di quello che dicevo sembrava riuscire a farle cambiare idea.
Passeggiammo per un po', quasi sempre in silenzio. L'episodio successo
poco prima aveva creato un velo spesso. Possibile che avessero paura di
me, adesso? Che si rendessero conto che potevo essere un pericolo per
tutti se avessi deciso di assorbire tutti i poteri che mi passavano per
la testa?
Le nubi si addensarono nel cielo, pronte a scaricare un bel po' di
pioggia. Tornammo dentro, nella sala di ritrovo. Era piena quasi quanto
il giorno prima. Mi sedetti su una poltrona colorata, senza ascoltare
nulla di quello che si diceva. Sentivo solo i borbottii delle parole,
quasi fossero lontani da me. Solo quando una voce strillò delle parole
che mi erano familiari, ricominciai ad ascoltare:
<< Nuove notizie su Melinda e Charlie! >>. Un ragazzo
chiuse gli occhi e il volume della televisione si alzò di colpo.
Una giornalista era in piedi davanti a un negozio che mi sembrava di
aver già visto e sapevo perché: era lo stesso dove ci eravamo fermate
io e Janet una volta scese dell'aereo, arrivate a New York.
<< Poche ore fa, Melinda e Charlie, sono stati avvistati qui dove
hanno ucciso il commesso e il proprietario per ragioni sconosciute. La
scena che si è presentata alle autorità era a dir poco raccapricciante.
Le due persone era totalmente carbonizzate forse per effetto di
elettrocinesi o pirocinesi. I due hanno rubati vestiti e scarpe e
nessuno sa dove si stanno dirigendo. Molte persone di larga autorità
pensano che puntino al Collegio, vecchia scuola di Melinda che l'ha
consacrata a genio. Attualmente, il preside e molti insegnanti sono
alla Casa Bianca per discutere con il presidente degli Stati Uniti.
Raccomandiamo la massima calma e di non uscire dalle proprio case. I
negozi sono pregati tutti di chiudere per la loro sicurezza. Ci
collegheremo nuovamente appena avremo nuove notizie >>.
Impallidì. Poche ore fa erano lontani solo un centinaio di chilometri
dalla scuola. Voleva dire che potevano essere già qui. Non potevo
restare lì e mettere in pericolo tutta quella gente. Mi alzai e scappai
fuori dalla sala. Mi sentì chiamare a gran voce ma non ci badai. Ero
quasi al dormitorio femminile quando mi sentì acchiappare per la manica
della maglia. Mi girai.
<< Cameron >>.
<< Dove scappi? >>.
<< Ecco... Volevo riposare... >>.
Non ci credette. << Ero anche io in sala di ritrovo, cosa credi?
Ho sentito la notizia e visto la tua faccia. Non andrai da nessuna
parte. È meglio se rimani qui. Ti potranno proteggere >>.
<< Contro quei due? Stai scherzando, vero? Non ci riusciranno
mai. Sono troppi forti. Dobbiamo arrenderci all'evidenza >>.
Non cedette. Era molto testardo. << Ascolta! Scappando non
risolvi proprio nulla! È peggio! Vai da Hanja e Charline. Loro ti
aiuteranno >>.
Annuì. Ma solo perché volevo che mi lasciasse andare. Mi dispiace
mentirgli, però non volevo metterlo in pericolo in alcun modo. E,
nonostante non dovevo, mi dispiace coinvolgere soprattutto lui.
Mi lasciò andare. << Attenta. Ti accompagno io da Hanja >>.
<< Okay. Vado un attimo in camera. Se non ti dispiace... >>.
<< Certo. Ci vediamo nell'atrio >>.
Fu in quell'attimo che fece una cosa che non mi aspettai. Allungò una
mano e la passò sul mio viso, come una carezza. Io rimasi pietrificata
e sentì il cuore scoppiarmi. Lui sorrise e uscì nel corridoio che
portava all'atrio.
Io entrai dentro il dormitorio, con la mano sulla guancia, ancora
troppo stupita di quel gesto. Mi ripetevo che non dovevo, ero appena
uscita da una storia importante finita male. Ma lui mi piaceva. Inutile
mentirsi. Non dovevo superare quel confine che stava diventando più di
amicizia, troppo sottile. Entrai nella camera e non chiusi nemmeno la
porta e rimasi al centro della stanza a ripensare a quei pochi secondi.
Solo quando la porta si chiuse di botto, mi ridestai e girai. Ero certa
di non aver usato la telecinesi per chiuderla. Quando vidi chi era
stato impallidì.
<< Buongiorno, Alisha Moore >>.
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Capitolo 10 *** Non è vero ***
10. Non è vero
Ero rimasta pietrificata. Non osavo dire niente e fissavo quel volto.
Rispetto alle foto viste su Internet o i telegiornali, era molto
dimagrita e sciupata. Pallida. Però si vedeva sempre un bel viso,
solcato in quel momento da un sorriso spaventoso quanto bello. Al suo
fianco, c'era lui. Alto, con le spalle larghe: un vero e proprio
armadio. I capelli corti e ricci, scuri, erano ben curati. Strano per
uno che ha passato tutti gli ultimi otto anni in un carcere. Melinda
avanzò di un passo e io arretrai.
<< Non ti farò del male. Promesso >> disse, come se
cercasse di calmarmi.
Pensai di urlare. Qualcuno mi avrebbe sentito. Cameron non era poi così
lontano. Stavo per aprire bocca quando lei disse: << Io non lo
farei >>.
Deglutì. Sapeva leggere nel pensiero. In fondo, era una cosa molto
ovvia. Charlie sorrise anche lui, chiudendo gli occhi castano chiaro.
Poi li riaprì dopo un secondo.
<< Adesso nessuno potrà disturbarci >> disse, ancora
sorridendo e Melinda annuì con gli occhi chiari pieni di dolcezza.
<< Sento che sei spaventata, ma in fondo non dovresti >>.
<< Che cosa volete da me? Io non ho niente che voi già non avete
>> riuscii a dire, con il respiro a metà.
<< Sei sicura? Eppure mi risulta che oltre a essere anche tu un
assorbitrice, hai un potere tuo. Criocinesi, giusto? >> domandò
Melinda. Era calmissima, come se si trovasse davanti a una persona che
conosceva.
<< Si >> confermai. Inutile mentire. Lo avrebbero capito
subito. << Ma cosa vuol dire? Avete già sicuramente questo
potere! >>.
<< È vero. Mi stupisce che proprio tu hai una doppia capacità
>> continuò Melinda, scambiando uno sguardo di intesa con Charlie.
Aggrottai le sopracciglia, improvvisamente confusa. Che significava?
Lei rise insieme a Charlie. Due risate senza gioia che facevano venire
i brividi lungo la schiena. << Poverina. Lei non lo sa >>
disse l'uomo.
Melinda mosse un dito e la sedia della scrivania si fece avanti,
sedendosi. << Tu sai la mia storia, vero? Non mentire >>.
<< Si. So che sei una delle persone più intelligenti del 21°
secolo e che i tuoi sono stati uccisi da un uomo quando avevi dieci e
mezzo >>.
Melinda strinse le labbra come per trattenere una risata. << Hai
azzeccato solo la prima. E in parte la seconda. Non è stato quell'uomo
a uccidere i miei genitori >>.
Sbiancai. No, non poteva essere vero. Era solo una bambina.
<< Oh si. Ho ucciso io i miei genitori >>.
Charlie scosse la testa, ridendo della mia espressione sconvolta. Una
bambina di dieci anni e mezzo aveva ucciso in quel modo così brutale i
suoi genitori. Perché?
<< Non ti avevano comprato la Barbie? >> chiesi in un atto
di coraggio.
La sua faccia divertita divenne furiosa, come se nel ricordare i suoi
genitori la rabbia che teneva dentro di sé venisse liberata appieno.
<< Cosa volevano capire i miei genitori? Volevano solo che la
loro figlia li rendesse i genitori migliori del mondo. Quelli che
credono che sia merito loro se la bambina era così intelligente e
dotata. Quegli stupidi dei miei genitori non avevano capito niente! Non
avevano compreso davvero il mio genio. No. Volevano che io diventassi
una famosa ricercatrice o un medico stimato. Io volevo ben altro. E
quella sera, avevano superato ogni confine. Così me li sono tolti di
torno. Libera. Chi avrebbe mai creduto che una bambina come me, potesse
fare una cosa simile? È stato facile recitare la parte della povera
orfanella disperata! Fare pena >> concluse la ragazza,
congiungendo le mani e facendo la finta disperata.
<< Sei solo un mostro. Loro volevano solo il tuo bene! >>
esclamai, avanzando di un passo.
Charlie mi guardò pieno di rabbia. << Le persone che non
comprendono i geni, sono solo persone limitate. È mi stupisco che
proprio tu dica una cosa simile >>.
<< Io? >>.
Melinda si calmò di colpo, guardandomi così intensamente che avevo la
sensazione di bruciare. Finalmente si decise a parlare: << Ti sei
mai chiesta perché mi vedi nelle tue visioni? >>.
Dissi la verità. << Si >>.
<< E cosa ti sei risposta? >> chiese Charlie, in un
sogghigno.
<< Niente. Le veggenti vedono solo le persone che conoscono. Ma
io non ti ho mai visto in vita mia. Ne sono sicura >>.
<< O forse eri così piccola che era impossibile che ti ricordassi
di me >>.
<< Dove volete arrivare? >> chiesi, tagliando corto.
Era il momento della verità. Quel momento in cui tutto quello che si
vuole sapere diventa chiaro davanti a noi. Solo che quando siamo lì,
proprio in quel preciso secondo che ci separa dalla verità, quasi ci
pentiamo di essere arrivati fino lì. E desideriamo tornare indietro.
Io però non potevo tornare indietro. Era troppo tardi. Anche se avessi
voluto, la verità era davanti ai miei occhi, pronta per aprirsi davanti
a me e farmi capire ciò che ignoravo.
Melinda guadò Charlie che annuì. Si girò di nuovo verso di me. <<
Tu mi hai incontrato, Alisha. Però, voglio fartelo vedere >>.
Prima che potessi dire qualcosa, la stanza davanti a me sparì. Intorno
a me vedevo solo buio vorticante che lentamente prendeva forma. Sentii
dei rumori, passi, voci. Di colpo, i miei piedi toccarono le piastrelle
bianche di un ospedale. Mi guardi attorno, confusa. Era un illusione?
Probabile. O forse ero tornata indietro nel passato? Da Melinda Button
c'era da aspettarsi di tutto. Camminai, chiedendomi in che ospedale
fossi. Poi lo riconobbi come quello di Los Angeles, dov'ero nata. Vidi un medico venire verso di me e io aprì la bocca per chiedergli
almeno un informazione, ma mi passò attraverso, Un orribile sensazione.
Io rimasi a bocca spalancata. Ora era chiaro: nessuno mi vedeva. Ero
come un fantasma. Quindi non era un illusione. Ma allora dov'ero?
Guardai fuori dalla finestra e notai un cielo terso e perfetto, così
come il mare in lontananza. Sbuffai e ed entrai in una stanza che aveva
l'aria di un luogo di ritrovo per i pazienti. Ero alla ricerca di
qualcosa che potesse aiutarmi, quando la mia attenzione fu catturata
dalla TV. Un anziano signore con una benda su un occhio la guardava.
Era un telegiornale. Non fu quello ad attirarmi, ma la notizia.
<< Oggi è una giornata importante per la famiglia Crew. Il
sindaco di Los Angeles è diventato padre di una bellissima bambina di
nome Jennifer. La famiglia è felicissima di questa nascita e...
>>.
Non ascoltai il resto. Ero davvero andata indietro nel tempo? Mia madre
mi raccontava spesso che io ero nata lo stesso giorno della figlia del
sindaco che dirigeva la città nel 1993. Quindi eravamo al primo Maggio
1993. Il giorno che ero nata: perché?
Uscii da lì, volevo cercare mia madre. Io ero nata intorno all'una ed
era mezzogiorno e mezza. Mamma doveva già essere qui con papà e nonna
Sarah. Salii al terzo piano, quello della maternità. Non riconobbi
nessun familiare. Impossibile.
<< Melinda! Melinda! Mi ascolti? >> esclamò una voce
maschile che mi fece girare al suono di quel nome. Un uomo sulla
quarantina era seduto sulle sedie di plastica verdine. Chiamava a gran
voce una bambina seduta a fianco a lui. Doveva avere dieci anni e
dondolava le gambe mentre leggeva un libro di astrologia fisica.
Abbassò irritata l'enorme volume. Era Melinda Button. Cosa ci faceva lì?
Doveva essere per forza lei. Riconobbi gli occhi azzurri e i capelli
biondi, stretti in due codette con nastrini rosa. Sembrava arrabbiata.
<< Melinda, non sei contenta? >>.
<< Di cosa? >>.
<< Come di cosa? Della bimba! >>.
<< Io non ho chiesto proprio nulla! >> urlò lei, facendo
cadere il libro con un enorme tonfo sul pavimento che fece girare le
altre persone in attesa. La bambina calciò il libro e uscì dalla sala.
Il padre le corse dietro e io anche. Ero così vicina all'uomo da
riuscire a guardarlo negli occhi. E mi turbai parecchio. I suoi occhi
erano uguali ai miei. Verdi o azzurri a seconda del tempo. È pensare
che per tutta la vita avevo pensato che mio padre avesse gli occhi come
i miei.
<< Melinda, non devi più rispondermi così! >> la rimproverò
il padre e la bambina non disse nulla. Lo guardo negli occhi,
minacciosamente. Non avevo mai visto in una bambina un tale sguardo.
Spaventò anche me.
Il padre arretrò e torno nella sala di attesa. Io rimasi a guardare la
bambina. Guardava fuori da un ampia vetrata. Non avevo nemmeno mai
visto un bambino fermo in quel modo, senza fare nulla.
La bambina voltò le spalle alla vetrata e tornò indietro anche lei. La
seguì, senza neanche sapere perché. Un infermiera si avvicinò al signor
Button, sorridente.
<< Sua moglie sta bene. È una bambina bellissima.
Congratulazioni. Ha i suoi occhi >> si congratulò lei. L'uomo
divenne di mille colori dall'emozione mentre io divenni bianca. Melinda
fissava il padre e l'infermiera con uno sguardo quasi omicida. Come se
camminassi dentro un sogno, seguii entrambi dentro una camera da letto
dove c'era la madre di Melinda, stanchissima ma felice. Il marito la
baciò e Melinda l'abbracciò freddamente. L'infermiera di prima entrò
nella stanza con una coperta rosa tra le braccia, che si muoveva.
<< Ecco sua figlia >> disse, porgendo il fagotto al signor
Button. Lui lo prese, con gli occhi luminosi di felicità. Io mi sporsi
per vedere la neonata e caddi sulla prima sedia che trovai.
<< È stupenda. Guarda Melinda, la tua sorellina >>.
Melinda guardò la piccola per qualche secondo e poi si sedette su una
sedia, composta. La madre prese la piccola in braccio, stringendola.
<< Come la chiamiamo? >>.
<< A me piace Alisha. Te l'avevo detto, ricordi? >> chiese
la moglie, continuando a dondolare la bambina che emetteva versi buffi.
<< Vada per Alisha. Alisha Withney Button >> concordò il
marito. << Ti piacciono questi nomi? >> chiese, rivolto
alla figlia maggiore.
<< Per niente. A me, lei, non mi piace. Non la voglio in casa
>>.
Io scuotevo la testa, incapace anche solo di respirare. Era solo un
sogno, un incubo. Un illusione creata da lei.
La stanza, le due persone, la neonata e la piccola Melinda sparirono.
Di nuovo il buio e il turbinio. E poi le pareti della stanza che
dividevo con Cassie e Liliane. Ero di nuovo in piedi.
<< Cronocinesi. Utile, vero? Per viaggiare nel tempo, intendo
>> disse Melinda.
Io non dissi nulla. << Non è vero. Stai cercando di confondermi
>>.
<< No, no. Quello che hai visto è tutto vero. Sei mia sorella
minore, Alisha >>.
<< Impossibile >> dissi con tutta la forza che avevo.
<< Non mi possono aver adottata. I miei genitori me lo avrebbero
detto >>.
<< Quelli non sono i tuoi veri genitori. Sono i tuoi genitori
adottivi. Ti chiederai perché >>.
<< Stai mentendo >>.
<< Oh no. Vedi, quando tu sei nata, i miei avevano capito che io
ero una bambina un po' ambigua. Sapevano che se avessi potuto, ti avrei
fatto del male. Avevano fiutato il pericolo che c'era in me. Così ti
dettero in adozione solo un mese dopo. Per salvarti. Infatti loro sono
morti un altro mese dopo ancora. Se tu fossi stata in quella casa,
saresti morta. Credimi >>.
Charlie emise un verso di soddisfazione.
<< Non è vero! >>.
<< Invece si. E se proprio vuoi saperlo, il preside l'ha sempre
saputo che io avevo una sorella minore. Mettiamola così: sospettava che
io non ero la brava e piccola orfanella che presentavo tutti i giorni
per due anni consecutivi in questo posto. Ha distrutto tutti i
documenti che testimoniavano la tua esistenza come mia sorella. I
nostri genitori avevano fatto in modo che nessuno sapesse della tua
esistenza. Così sei cresciuta serenamente con la famiglia Moore.
Ovviamente quei due stolti non potevano immaginare che io potessi
diventare una Different. Invece è successo. Vedi, spesso sono anche i
fratelli minori degli altri Different a diventarlo e guarda caso tu sei
una di noi >>.
<< E non sai che piacere è stato scoprire che anche tu eri un
assorbitrice. Anzi, con due capacità. Una piacevole sorpresa. Ecco
perché siamo scappati. Volevamo conoscerti e Melinda ci teneva
tantissimo a rivederti >> concluse Charlie, con un falso tono
smielato.
Ormai le lacrime avevano cominciato a solcare il mio volto, ancor prima
che finissero di parlare. I miei genitori mi avevano sempre mentito.
Non ero figlia loro e Serenity non era mia sorella. Non lo era mai
stata. Il preside sapeva cosa io sarei diventata eppure non aveva mai
detto nulla. Mi sentivo tradita da tutti. Cresciuta in una massa di
bugie e nient'altro. Melinda rise.
<< Mi dispiace. Credimi. In fondo siamo sorelle, no? >>.
<< Tu non se mia sorella! Non lo sei mai stata. Mi hai sempre
odiata. Che c'è, ti dava fastidio che l'attenzione dei tuoi genitori
non fosse più su di te? >>.
Il suo volto si contrasse, diventando orribile. << Attenzione?!
Io non ho mai voluto la loro attenzione! Odiavo che tu potessi essere
come me. Qualcuno intelligente come me. Per fortuna, questo non è
successo. Ma poi sei diventata una Different. Mi hai superata. Hai una
doppia capacità. È questo non mi sta affatto bene >>.
<< Che cosa vuoi da me? Io non capisco. Cosa ho io che tu
non hai? >>.
<< Vedi Alisha, forse tu non lo sai, ma se un altro assorbitore
mi tocca potrebbe prendersi i miei poteri. Di norma ci limitiamo a
“copiare” i poteri degli altri Different ma se è un altro assorbitore
ha toccarci li annulla tutti. Quindi tu puoi essere un arma pericolosa
per noi. Troppo. Dopo che ti avremo ucciso, non solo elimineremo
l'ultimo ostacolo, riusciremo anche a consolidare i nostri poteri
dentro di noi. Così, se in futuro esistesse un altro assorbitore, non
potrebbe rubarceli >>.
<< Ci dispiace che debba finire così >> disse Charlie.
Io ero pietrificata. Cosa potevo fare? Passai in rassegna tutti i
poteri che avevo. La stasi molecolare poteva aiutarmi, ma non l'avevo
mai usata. La preveggenza non mi ero utile per nulla. La telecinesi e
la criocinesi si. Ma ero sicura che loro possedessero poteri
inimmaginabili. Senza contare che leggevano nel pensiero.
Melinda alzò una mano e apparve un pugnale dal nulla. Io non mi mossi
di un millimetro. Sentivo il cuore scoppiarmi dalla paura.
Erano secondi terribili. Chissà se ci si sente così poco prima di
morire. Chiusi gli occhi, rassegnata all'evidenza. Sentì il pugnale
sferzare l'aria però io non sentii dolore. Aprì li occhi e vidi il
pugnale a terra. Alzai lo sguardo alla porta e vidi Cameron con il
preside Sullivan e altri adulti.
<< Melinda >> sussurrò il preside.
<< Jonathan. Sei invecchiato >>.
<< Alisha >> chiamò Cameron ma io non mi mossi.
<< Lasciala andare. Te lo ordino >> disse Charline senza
nessun effetto.
<< Melinda, andiamocene >> disse Charlie, prendendole una
mano. Si girò verso di me.
<< Ci rivedremo, sorellina >>.
Sparirono. Io caddi a terra e cominciai a piangere. Sentì le braccia di
Cameron tirarmi su e abbracciarmi.
<< Jonathan, voglio una spiegazione >> disse Hanja con
fermezza.
Il preside contrasse la mascella. << Andiamo nel mio studio.
Alisha vieni con noi >>.
<< Voglio venire con lei >> disse Cameron, con un tono che
non ammetteva obbiezioni.
Il preside lo guardò. << Va bene >>.
<< Veniamo anche noi! >> strillò Liliane, nel suo accento
francese ottenendo l'appoggio di tutti gli altri nostri amici.
<< Adesso basta! >> esclamò il preside.
<< Non fare il difficile >> disse la moglie, annuendo agli
altri che esultarono.
Io stetti zitta e camminai per il corridoio e quasi senza accorgermene
mi ritrovai davanti alla porta dell'ufficio del preside.
Mi fecero sedere su un divanetto, portandomi dell'acqua nel tentativo
di calmarmi. Il bicchiere tremava tra le mie mani, senza che io potessi
fermarlo. A un certo punto l'acqua si congelò addirittura. Posai il
bicchiere e ricominciai a piangere. Sentii le mani di Liliane stringere
le mie, cercando di consolarmi.
<< Alisha, forse dobbiamo parlare >> cominciò il preside
Sullivan.
<< Parlare? Jonathan, cosa sta succedendo? Cosa vogliono quei due
da Alisha? >> chiese ad alta voce Hanja.
Il preside guardò tutti i presenti uno per uno prima di rispondere.
<< Alisha è la sorella minore di Melinda Button >>.
La notizia mozzò il respiro a tutti.
<< Sorella? È figlia unica >> disse scettica Charline.
<< No. È nata quando lei aveva dieci anni. I coniugi Button
furono costretti ad allontanarla meno di un mese dopo per via della
figlia maggiore. Melinda vedeva in Alisha un pericolo. Il perché, lo sa
solo lei >>.
<< Come hai potuto non dircelo in tutto questi anni? >>
domandò Hanja, turbata.
<< Ho sbagliato e me ne rendo conto solo adesso. Ho sempre
pensato che Melinda non fosse la brava ragazza che tanto diceva di
essere. Mi sento in colpa >>.
Cassie lo interruppe. << D'accordo. È sua sorella. Cosa vuole da
lei? Dubito che il motivo per cui è scappata era per fare una bella
visitina di riconciliazione >>.
<< Pensi bene >> dissi finalmente, con gli sguardi puntati
su di me di colpo. << Voleva uccidermi >>.
<< Ucciderti? Per quale motivo? >> chiese Cameron,
sconvolto.
<< A quanto ho capito essendo l'unica assorbitrice buona io posso
annullare tutti i loro poteri e una volta che mi avranno uccisa, grazie
alla mia doppia capacità, in qualche modo riusciranno a bloccare per
sempre i poteri dentro di loro. Così facendo se mai in futuro si
presentasse un altro assorbitore non potrebbe fare nulla >>.
<< È davvero possibile una cosa simile? >> chiese Alan.
<< Temo di si. Melinda sarà anche una criminale ma è anche una
delle persone più intelligenti di questo mondo. Dubito che possa
sbagliare >> confermò il preside, affranto.
Kristen si sedette al mio fianco. << Alisha, sei l'unica che può
fermare quei due. Devi eliminare i loro poteri. Ma ora come ora non ci
riusciresti >>.
<< Che vuoi dire? >>.
<< Devi assorbire altri poteri. È necessario >> concluse
Hanja.
Non capivo dove volessero arrivare. << Aspettate, cosa volete
dire? >>.
<< Melinda non si arrenderà. E nemmeno Charlie. Devi essere
pronta per quando loro torneranno a cercarti >>.
<< Ma anche se io eliminassi tutti i poteri, potrebbero
assorbirli di nuovo! >>.
Il preside guardò la moglie e poi Hanja. Io capii.
<< A meno che non muoiano >>.
<< Esatto. Ovviamente non lo farai tu. Potremo organizzare un
attacco a sorpresa ma solo quando tu sarai pronta >> mi assicurò
Hanja.
<< Devo tornare alla Casa Bianca >> disse il preside.
<< Non adesso. Solo quando Alisha sarà pronta >> protestò
la moglie e il marito non osò obbiettare a quel tono di voce.
Nessuna mi chiedeva se mi andasse bene o no. Nessuno chiedeva a me, se
volevo o no. Tutto deciso senza di me. Logico.
<< Hai ragione Alisha. Non hai scelta >> disse il preside,
leggendo i miei pensieri e io sbuffai. Violava la mia privacy.
<< Credo che abbia bisogno di un buon sonno >> disse
Selene, vedendo che non vedevo l'ora di andarmene da lì.
<< Si. Puoi andare. Ne riparleremo più tardi >>.
Tutti i giovani si diressero alla porta uscendo dall'ufficio. Io era al
fianco di Cassie e Liliane mentre Cameron era davanti a me. Nell'atrio
ci fermammo e ci guardammo.
<< Ti aiuteremo. Davvero. Andrà tutto bene >> mi assicurò
Justin.
<< Grazie >>.
Cassie guardò Cameron, che mi fissava. << Ti aspettiamo in
camera. Andiamo >>.
In pochi secondi, rimanemmo da soli a guardarci. Cameron rimase un po'
spiazzato.
<< Mi dispiace molto. Quando ho visto che non venivi ho capito
che c'era qualcosa che non andava. Sono salito fino alla porta del
dormitorio femminile e ho visto che era chiusa. Impossibile. Qui non le
chiudono mai. Ho allertato tutti e per fortuna il preside era appena
tornato >>.
<< Se non fosse stato per te, sarei morta. Grazie >>.
<< Di nulla. Ho fatto il mio dovere di cavaliere >>.
Sorrisi. Meravigliandomi. << Comunque è stato un bel gesto
>>.
<< Un gesto che rifarei mille volte >> disse lui,
lasciandomi di stucco. << Ehm... credo che tu sia stanca e le tue
amiche muoiono dalla voglia di consolarti. Quindi vai. Ci vediamo
>>.
<< Va bene. Ciao >>. Lo salutai ed entrai dentro il
corridoio che portava al dormitorio. Quando fui davanti alla porta
della stanza, non avevo il coraggio di entrare. Il pensiero di Melinda
mi spaventava.
<< Stupida >> mi dissi e abbassai la maniglia dorata,
entrando nella camera.
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Capitolo 11 *** Chiarimenti ***
11. Chiarimenti
Il resto della giornata fu una di quei giorni che quando li ricordi
sembra di vederli dietro un vetro appannato. Gesti meccanici e parole
identiche. Solo questo. Non so come, ma riuscì a dormire con la
speranza di rimanerci per sempre. Ovviamente non fui accontentata.
Quando aprì gli occhi il sole era alto e mi alzai di botto,
ricordandomi delle lezioni ma stranamente vidi le mie due compagne di
stanza addormentate. Corrugai la fronte e guardai la sveglia: le
undici del mattino. Mi alzai e scossi lievemente Liliane.
<< Perché non siamo a lezione?>> chiesi, quando lei uscì un
po' dal sonno.
<< Non ci sono. Sono quasi tutti fuori >> rispose lei,
stropicciandosi gli occhi. << Sai per... >>.
Non finì la frase con quel nome, sicuramente per non urtare i miei
sentimenti. Ne fui felice: non volevo saperne mai più anche se sapevo
che mi era impossibile.
Sentì bussare alla porta e Cassie si svegliò di soprassalto, cadendo
dal letto con un gran botto. La porta si aprì ed entrò una donna che
ero sicura di non aver mai visto. Aveva lunghi e lisci capelli rossicci
e un viso bianco come il latte. Gli occhi erano verdi e luminosi, molto
bella. Doveva avere tra i venticinque e i trent'anni. Mi sorrise e
inclinò leggermente la testa.
<< Non abbiamo ancora avuto occasione di conoscerci. Io sono
Caroline Cox, insegnante dell'ultimo anno di storia e letteratura
>>.
<< Piacere mio >> balbettai come una stupida incapace di
dire altro.
<< Sono rimasta qui con altri pochi insegnanti tra cui la
vicepreside. Ci prenderemo cura della scuola e staremo attenti che non
ti succeda nulla. Sei al sicuro >>.
Si, per quanto?
Ovviamente non dissi la domanda a voce e sperai che lei non leggesse
nel pensiero come il preside. La donna entrò nella stanza e chiuse la
porta. Liliane e Cassie erano ormai ben sveglie.
<< Ragazze la colazione è servita anche se l'orario non è proprio
consono. Alisha, per te c'è una sorpresa >>.
<< Una sorpresa? >> chiese, confusa.
<< Si. Vestiti e vieni in sala professori. Se vuoi, porta anche
le tue amiche >>.
Annuii e lei uscì dalla stanza, con grazia. Chissà qual era il suo
potere. Essere bellissima?
<< È bravissima. Dicono che sia la migliore di tutti. Tra due
anni sarà la nostra insegnante >> mi informò Cassie mentre
prendevamo le nostre cose per il cambio.
<< Che cosa sa fare? >>.
<< È pirocinetica. Anche lei ha studiato qui. Sua madre è una
famosa Different che si è battuta per i nostri diritti quando ancora
eravamo molti temuti >> mi spiegò Liliane.
Ci cambiammo in fretta e incontrammo Selene e Kristen all'ingresso del
dormitorio femminile e poco dopo Justin e Alan si unirono a noi.
Decidemmo di andare in sala professori senza passare prima in mensa: io
ero troppo curiosa e gli altri non erano da meno. Non aveva avuto
nessuna visione e la cosa mi sembrava alquanto strana. Incontrai
Cameron nell'atrio che mi salutò e io ricambiai con un sorriso. Mi era
troppo facile sorridere quando c'era lui. Troppo.
Giunti davanti alla porta, non so perché ma volevo retrocedere.
Alan aggrottò le sopracciglia.
<< Cosa senti? >> gli chiesi.
<< Sento animi inquieti e felici allo stesso tempo. Non è una
bella sensazione >> rispose, un po' contrariato a quelle
sensazioni che non gli piacevano.
Abbassai la maniglia dorata della porta e lentamente l'aprì. Vidi il
viso di Hanja e Caroline. Quello della vicepreside Charline e qualche
altro insegnante. Ma in un angolo dei volti che credevo di non rivedere
per chissà quanto tempo. Mia madre, mio padre, Serenity e Janet.
Rimasi senza fiato e tutti guardavano prima me e poi la mia
famiglia. Janet mi corse incontro e mi abbracciò stretta, versando
qualche lacrima. Io la strinsi forte, piangendo. Sentii dietro di me
anche le mie amiche tirare sul con il naso, commosse. Perfino Cassie.
Mia madre mi abbracciò così come mio padre. Serenity mi saltò in
braccio con un urlo di felicità. Dopo diverso tempo di abbracci e baci,
chiesi una spiegazione.
<< Ma cosa ci fate qui? >>.
<< Ci hanno chiamato dicendoci che avevi bisogno di aiuto. Così
abbiamo preparato i bagagli e un certo Safiy o come si pronuncia ci ha
portato qui. Janet ha insistito moltissimo e non hanno potuto dirle di
no >> spiegò mia madre e l'abbracciai ancora. Poi mi ricordai.
Non erano i miei veri genitori e Serenity non era mia sorella. Non
biologicamente. Non importava nulla del DNA. Robert e Alice erano i
miei genitori e Serenity la mia sorellina.
Ci sedemmo tutti, chi sui molti divani o sedie. Io non avevo occhi che
per loro e notavo come i miei amici sorridevano nel vedermi felice e
serena, almeno per adesso. Si, perché per adesso non volevo
assolutamente pensare a lei e a lui.
<< Sono così felice. Quante rimarrete? >>.
<< Janet ha la scuola anche se non gliene importa niente. Tre
giorni >> rispose mia madre.
<< Questo posto è così strano! Però mi piace! >> esclamò
Serenity, in braccio a me e guardando i miei amici che le sorridevano.
Io strinsi le labbra. Era arrivato il momento di parlare con loro. Con
delicatezza feci scendere Serenity dalle mie ginocchia. <<
Potreste uscire tutti? Vorrei parlare da sola con i miei genitori
>>.
<< Certo >> acconsentì Charline. Guardai Serenity.
<< Adesso devo parlare un po' con mamma e papà. Vai con i miei
amici. Ti faranno vedere un sacco di cose belle >>.
Cassie allungò una mano a Serenity. << Hai mai visto un vero
cucciolo di orso bianco? >>.
<< No >> rispose Serenity, dandole la mano.
<< Vedrai: sono dolcissimi >> le assicurò Cassie, chiudendo
la porta e facendomi l'occhiolino. Guardai i miei genitori, un po'
spaventati dalla prospettiva di un cucciolo di orso bianco.
<< Non le succederà nulla. Cassie sa quello che fa >>.
<< Senza dubbio è un posto insolito >> disse mamma,
guardandosi attorno.
Mi torturavo le dita, e mi facevamo un male cane. Così decisi di
smettere. Li guardai dritti negli occhi e cominciai a parlare:
<< Mamma, papà... Ho incontrato una persona... >>.
<< Chi, tesoro? >> chiese papà con un sorriso.
<< Melinda Button >> risposi e il nome fu come una bomba.
Il sorriso svanì da entrambi e i loro occhi si spensero. Quanto a me,
non avevo mai provato tanto dolore nei confronti dei miei. Vederli così
mi faceva male, molto male.
Mia madre strinse la mano di mio padre e qualche lacrima uscì dai suoi
occhi. << Te l'avremo detto a diciotto anni. Alisha, credici non
abbiamo mai voluto mentirti >> disse mia madre, sembrava dovesse
scusarsi.
<< Allora avete sempre saputo che Melinda era mia sorella
>>.
<< Si. Vedi Alisha... Quando ci siamo sposati abbiamo cercato in
tutti i modi di avere un bambino. Dopo molti tentativi il medico di
assicurò che non saremo mai riusciti ad avere figli. Fu un colpo
durissimo per tutti e due. Non ci volevamo però rassegnare. Perciò
facemmo domanda per l'adozione. Dopo due mesi ci dissero che c'era una
bambina che aveva bisogno di una famiglia perché i genitori non
potevano tenerla. Ci dissero anche che la piccola non doveva sapere di
avere una sorella molto più grande di lei, per nessuna ragione al mondo
>>.
Mia madre si interruppe, non c'è la faceva più. Mio padre prese la
parola: << Non vollero dirci i motivi e non ci importava. Ci
sembrava una cosa così piccola in confronto a una gioia grande quanto
quello di avere una figlia. Sei entrata nella nostra vita e ti abbiamo
accolto. Gli anni passavano e venimmo a sapere dell'orribile fine dei
tuoi genitori naturali e di tua sorella, finita in mano ai servizi
sociali e poi ai vostri nonni biologici. Non potevamo immaginare cosa
sarebbe diventata... >>.
<< Fermi un attimo >> disse, interrompendo il racconto con
una mano alzata. << Quindi avete sempre pensato che io potessi
diventare una Different. Sapevate che c'era una possibilità >>.
Si guardarono. << Quando Melinda è diventata una Different
parlammo con tuo zio Jesse per sapere se c'erano eventualità future di
un tuo possibile cambiamento. Tuo zio è un medico e sapeva la tua
storia. Lui fu sincero: ci spiegò come spesso i fratelli minori di
altri Different poteva divenire a loro volta Different >>.
Di colpo, molte cose ebbero senso. Capii perché ogni anno, da quando
avevo tredici anni, mia madre mi faceva fare analisi del sangue ogni
sei mesi. Volevamo controllare se il cambiamento era in atto. Il perché
a ogni mia influenza, zio Jesse mi controllava fin troppo
accuratamente. E la disperazione di mia madre quando aveva scoperto
cosa stavo per diventare.
Lo sapevano. Avevano sempre saputo che io avevo una possibilità molto
alta di essere una Different. E non mi avevamo mai detto nulla.
<< Ci siamo rassegnati. Anche se le reazioni che abbiamo avuto
non sembravano affatto di rassegnazione >> aggiunse mio padre,
scuotendo la testa.
Mia madre proseguì: << Poi Melinda è diventata quel è. Ci siamo
spaventati moltissimo. Avevamo paura che potesse venire a cercarti
anche se eri solo una bambina umana. Per fortuna, non lo ha mai fatto.
Abbiamo evitato che tu sentissi qualsiasi notizia su di lei:
telegiornali, giornali, computer o da persone estranee >>.
Ecco perché non ricordavo di aver mai sentito il suo nome! In effetti
non l'avevo davvero mai sentito fino a quando non sono venuta in questa
scuola. I miei genitori avevano cercato di proteggermi, ma i loro
sforzi erano stati resi vani dal momento che ero diventata una
Different.
<< Sei diventata una Different con una doppia capacità. Abbiamo
parlato telefonicamente con il preside e ci ha spiegato che non correvi
pericoli. Eri solo speciale. Fino a quando Melinda non è scappata con
quell'altro >>.
<< Abbiamo cercato solo di proteggerti >> sussurrò mia
madre, prendendomi una mano. << Non volevamo mentirti in tutto
questo tempo. Ti abbiamo cresciuta in questi sedici anni come se fossi
davvero nostra figlia anche se non abbiamo nulla in comune
geneticamente. Spero che tu ci consideri ancora i tuoi genitori
>>.
Scossi la testa, incredula da una tale ipotesi. << Tu sei mia
madre. Non mi avrai mai messa al mondo, ma mi hai cresciuta.
Siete voi quelli che mi hanno vista camminare per la prima volta,
quando ho detto la mia prima parola, il mio primo giorno eravate voi lì
ad asciugare le mie lacrime... Siete voi i miei veri genitori. Melinda
Button non è mia sorella. Non lo è mai stata. Serenity Moore è mia
sorella >>.
Ci abbracciammo tutti e tre. Almeno una cosa della mia vita si era
aggiustata. Ora dovevo dire la verità a Janet, sempre che non sapesse
già qualcosa. Sciogliemmo l'abbraccio dopo diversi minuti.
<< Ora è meglio che vada un po' da Janet o rischia di accusarmi
che la trascuro >> dissi , alzandomi e asciugandomi gli occhi
lucidi. I miei genitori mi imitarono e si diressero verso la porta.
Quando l'aprirono, era tutti in attesa di noi tre.
<< Potreste occuparvi dei miei mentre passo un po' di tempo con
Janet? Vorrei farle vedere la scuola >>.
<< Come vuoi. Venite, signori Moore >> disse Hanja,
facendogli un cenno. Loro si girarono e mi sorrisero. Guardai i miei
amici e Liliane si alzò ad abbracciarmi. << Stai bene? >>.
<< Si >> confermai. Era vero. Rispetto alla sera prima mi
sentivo molto meglio, con il morale più alto. Ma non potevo negare
quella ombra che era su di me dal nome Melinda Button.
<< Dov'è Serenity? >>.
<< Con Cassie. È impazzita per gli orsacchiotti polari >>
rispose Justin.
<< E Cassie è impazzita per tua sorella! >> esclamò Selene,
trattenendosi dal ridere.
<< Per chi sarei impazzita io? >> chiese con tono da finta
minaccia Cassie, mano nella mano con Serenity. Lei la lasciò e mi venne
incontro, saltandomi in braccio.
<< Ti sei divertita? >>.
<< Si! Sono davvero bellissimi! >> rispose, riferendosi ai
cuccioli.
Janet mi si avvicinò. << Mi porti a vedere questo posto? Sembra
interessante. I tuoi nuovi amici mi piacciono tanto >> disse,
indicandoli.
<< Certo. Vieni >> dissi, cominciando a camminare seguita
dagli altri. Percorremmo il lungo corridoio fino a sbucare all'atrio
dove c'era la solita segretaria che si sdoppiava. Feci scendere
Serenity per camminare e farla camminare da sola e anche perché per
avere cinque anni non era certo una piuma. Eravamo quasi arrivati alla
sala di ritrovo quando mi scontrai con Cameron.
<< Scusa. Ero distratta >>.
<< Non fa nulla. Chi è questa bellissima bambina? >>
chiese, abbassandosi davanti a mia sorella e sorrisi per quel
complimento.
<< Ciao >> lo salutò Serenity, un po' timida.
<< È mia sorella. Si chiama Serenity >>.
<< Piacere di conoscerti. Io sono Cameron >>.
<< Sei il ragazzo di Alisha? >>.
Cameron sorrise imbarazzato e gli altri ridacchiarono dietro di me. Io
mi girai e li fulminai con lo sguardo. Janet mi guardava con le braccia
incrociate e con il tipico sguardo “Devi dirmi qualcosa?”.
<< Un amico >> riparò Cameron, vedendomi molto imbarazzata.
<< Che peccato! Mi piacerebbe che diventassi il suo ragazzo! Sei
tanto carino! >>.
<< Serenity >> sussurrai, scuotendola per un braccio.
<< Scusala. Sai, i bambini >>.
<< I bambini sono la voce della verità >> disse lui,
rimettendosi in piedi. << Devo andare a studiare. Ci vediamo
Alisha. Ricordi? Devo ancora darti quelle lezioni >>.
Si allontanò e io strattonai mia sorella. << Ma di chi hai preso?
>>. Gli altri erano morti di risate dietro di me e Janet non si
era mossa di un millimetro.
<< Aspetto ancora >>.
<< Ti spiegherò tutto nella sala di ritrovo. Andiamo >>.
Finalmente riuscimmo a entrare nella sala e a trovare un angolo vuoto
con dei divani. Era piena solo a metà e diversi studenti usavano i loro
poteri, ma con cautela. Tutti guardarono nella nostra direzione e
alcuni mi indicavano. Ciò voleva dire che lo sapevano tutti che Melinda
e il suo fidanzato era entrati in camera mia per uccidermi. Cercai di
ignorarli.
Janet era così impaziente che batteva il piedi per terra. <<
Guarda che se non parli tu, lo chiedo a loro >> minacciò,
indicando tutti i miei amici che ancora ridacchiavano per la
figuraccia, regalo della mia “adorabile” sorella minore.
<< Si, lo voglio sapere pure io! >> esclamò Serenity,
saltando sul divano fino a quando non la bloccai.
<< Guarda che ti congelo quella lingua! >> la minaccia ma
lei rise.
<< Uffa! >> sbuffò Janet.
<< Okay, okay! >> dissi, cercando di calmarla. Sapevo che
anche gli morivano dalla voglia di sapere altri dettagli, anche se non
erano un gran che. << Si chiama Cameron, studia al college
>>.
<< E poi? >> chiese Janet, incitandomi a continuare.
<< Si, e poi? >> le diede man forte Kristen.
<< È un bel ragazzo e credo che sia interessato a me. Ma non ne
sono sicura >>.
<< Di che lezioni parlava? >> chiese maliziosamente Janet e
io le tirai il cuscino in faccia da un divano dall'altra parte della
stanza e la sentì ridere.
<< Ho assorbito il suo potere. La telecinesi. Parlava di quel
genere di lezioni. Non come pensi tu >> spiegai e gli altri
risero. Serenity sembrava piuttosto confusa.
<< Perché? Che genere di lezioni intendeva Janet? >> chiese
la bambina, con la testa leggermente inclinata a destra.
Cassie le indicò un angolo della stanza. << Guarda: un fiore che
parla >>. Gli occhi di Serenity si illuminarono e corse
nell'angolo dove c'era davvero un fiore rosso e blu che parlava. Ne
rimase incantata e non si staccò più.
<< Ti ha baciata? >> chiese morta di curiosità Janet.
<< Già. Ti ha baciata? >> chiese anche Alan.
<< Mio Dio! Siete peggio di un branco di vecchiette pettegole!
Comunque no. Ci conosciamo da quanto... tre giorni? >>.
<< Perché non provi a frequentarlo? >> chiese Liliane.
Scossi la testa. Sentivo come un blocco dentro di me quando si trattava
di quest'argomento. La storia finita male con Dylan mi dava la
sensazione di dover lasciar trascorrere un po' di tempo come un lutto.
Quasi in colpa.
<< È per Dylan? >> chiese Janet. << Perché se è per
lui, sappi che non te ne deve fregare proprio nulla. Lui, per te, non
esiste più >>.
<< Se è per quello stronzo del tuo ex, volta pagina! >>
concordò con Janet, Cassie.
Risi. << Grazie. Siete devi veri amici. Una delle poche cose
buone della mia vita. Ultimamente >>.
Il tono con cui lo dissi era triste. Janet ne se accorse mi sorrise.
<< Ehi. Andrà tutto bene. Sei speciale, Alisha. E le persone
speciali finiscono sempre bene >>.
<< Anche Melinda era speciale eppure... guarda cosa è diventata
adesso. Un mostro >>.
<< Tu non sarai così >> disse Justin. << Tu non hai
niente a che fare con lei. Non è il DNA che determina rapporti come fra
sorelle >>.
Janet guardò prima Justin e poi me. << Scusa? >>.
Tutti abbassarono lo sguardo e Justin arrossì. << Pensavo che lei
lo sapesse. Scusami >>.
Scossi la testa. << Fa nulla. Tanto volevo lo stesso dirglielo
>>. Mi girai verso la mia migliore amica. << Melinda è mia
sorella >>.
Janet rimase a bocca semi aperta. << Tua sorella? Ma questo vuol
dire che Robert e Alice non sono i tuoi veri genitori e Serenity non è
tua sorella. Biologicamente >>.
<< Già. Hanno sempre saputo tutto. Dal principio. Sapevano già
quando avevano intenzione di adottarmi che Melinda Button era mia
sorella >>.
<< I vostri genitori sono morti, vero? >> chiese Janet.
<< Li ha uccisi Melinda >> risposi e il respiro si mozzò a
tutti.
<< Aveva solo dieci anni >> mormorò Selene, sconvolta.
<< Era una bambina decisamente malata >> commentò Cassie,
con l'orrore dipinto sul suo volto.
Janet era rimasta a occhi sgranati. << Mi avevano detto che
Melinda era venuta a cercati ma non pensavo fosse per questo...
>>.
<< Ora lo sai. Sei la mia migliore amica e non voglio mentirti
>>.
Janet mi sorrise, un po' più calma. << Grazie per essere sincera
con me e per non considerarmi una “fragile” umana da tenere all'oscuro
>>.
Ridacchiammo tutti a quella parola. Un tempo lo eravamo anche noi. Con
delle vite normali. Poi qualcosa ci aveva cambiati. Senza poter tornare
indietro. Ed era questa la cosa più brutta: sapere che non potevi
tornare indietro. La rassegnazione a qualcosa che non hai deciso.
Serenity continuava a parlare con il fiore creato da Cassie, così
potemmo parlare in pace. Raccontai tutto a Janet: della storia di
Melinda e dei miei poteri. Poi, quella dei miei genitori a tutti i mie
amici. Volevo essere sincera e fino in fondo. Non avrei detto nulla a
Serenity. Almeno lei poteva continuare come se nulla fosse.
Janet accettò di starmi vicina, non le importava proprio nulla. Voleva
sempre essere la mia migliore amica. Si trovò molto bene con i miei
nuovi amici e avrei giurati che Alan e Justin ci stessero provando.
Hanja entrò dentro la sala di ritrovo e ci venne incontro sorridente.
<< Alisha, la tua famiglia ha il permesso di mangiare con noi
insegnanti al nostro tavolo. Vuoi venire e portare anche tua sorella? E
la tua migliore amica, ovviamente >>.
Mi girai verso i ragazzi. << Non vi da fastidio se mangio con
loro? >>.
<< Ma che dici? È la tua famiglia! >> esclamò Liliane,
ridendo e tutti annuirono. Cassie mosse leggermente la mano e il fiore
sparì. Serenity ne rimase piuttosto contrariata. La presi per mano ma
mi bloccai davanti al televisore. Un nome mi aveva attirato: Melinda.
<< La polizia ha trovato altri cadaveri, questa volta in un liceo
a Los Angeles. Nessuno sa cosa volessero Melinda e Charlie. Alcuni
studenti dell'ultimo anno sono morti in circostanza orribili. Alcuni
carbonizzati, altri sciolti in gran parte. Il preside Jonathan Sullivan
si sta recando proprio qui con altri Different per analizzare le
tracce. Forse sono ancora qui o potrebbero essere già lontani...
>>.
Riconobbi immediatamente il liceo: era la mia scuola. Anche Janet la
riconobbe e trattenne il respiro. Credetti di essere diventata io di
ghiaccio quando le foto delle vittime passarono sullo schermo.
Una di queste era Dylan. Scuotevo la testa, forse per cancellare tutto.
Sentì le lacrime imperlare i miei occhi e Janet singhiozzare. Per
quanto Dylan fosse stato orribile con me, ci conoscevamo da una vita e
Janet ci era cresciuta insieme. Non era giusto.
Melinda probabilmente aveva scoperto che io ero stata la sua ragazza o
forse credeva che io lo ero ancora, così lo aveva ucciso. Cominciai a
piangere accasciandomi sulla poltrona. Sentì le braccia delle mie
amiche sorreggermi e Janet era bianca come un lenzuolo.
Piansi fino a quando non vidi anche le altre foto. Una era di una mia
cara amica e l'altra di un ragazzo che conoscevo molto bene.
Non so cosa mi successe, però sentì anche altro oltre il dolore. La
rabbia, la furia. Senza neanche accorgermene, tutti i soprammobili si
alzarono dai tavolini e la stanza cominciò a ghiacciarsi.
<< Alisha! >> urlò Hanja, scuotendomi e io ritornai in me.
Gli oggetti caddero a terra e si ruppero. Rimasi quasi esterrefatta di
me stessa.
Sentii una grande carica. Era ora di mettere la parola “fine”. Dovevo
riprendermi e cominciare a combattere. Non potevo permettere che
arrivassero a persone a cui tenevo ancora di più. Era ora di prendere
la faccenda sul serio. Melinda Button non avrebbe più fatto del male a
nessuno.
È una promessa.
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Capitolo 12 *** Un piccolo aiuto ***
12. Un piccolo aiuto
Era passato un mese da quei secondi terribili. Quei secondi in cui
avevo appreso che Melinda e Charlie erano pronti a colpire anche le
persone che amavo. Oramai il pericolo nei miei confronti era molto
alto, tanto che gli insegnanti avevano deciso di lasciare la mia
famiglia alla scuola almeno fino a quando la situazione non si sarebbe
risolta. Per Janet non era stato possibile per via della scuola così la
sua famiglia fu fatta trasferire in un luogo a conoscenza solo dagli
insegnanti. Nemmeno le autorità più potenti ne erano a conoscenza visto
che sia Melinda e Charlie leggevano nel pensiero.
Io mi sentivo diversa. Dopo i primi tre giorni passati a piangere la
morte di Dylan che nonostante tutto avevo amato e anche di quei ragazzi
che conoscevo mi ero data da fare. Avevo accettato ormai cosa mi
aspettava. Le lezioni erano ricominciate e quando finivano io mi recavo
con alcuni insegnanti per allenare i miei poteri. Ne avevo assorbito
altri: Liliane mi aveva convinta a assorbire il suo così anche Alan e
Justin. Avevo tre poteri più, oltre a quelli che già avevo. Il preside
mi aveva convinto ad assorbire anche il potere di Dustin, così avrei
capito subito che poteri avevano Melinda e Charlie e anche altri
Different. Dovevo ammettere che non era poi così male possedere altri
poteri. Rendevano tutto molto più facile. Ero diventata molto più
determinata e combattiva, senza contare che non avevo intenzione di
farmi uccidere da Melinda. Non riuscivo a capacitarmi di questo
cambiamento. Però le persone che mi volevano bene mi stavano sempre
accanto. Per il mio sedicesimo compleanno, le mia amiche avevano
organizzato una grande festa in palestra durata tutta la notte. Non mi
ero mai divertita così tanto. Perfino Serenity partecipò fino a quando
la piccola non crollò.
Guardavo constatemene telegiornali e Internet alla ricerca degli
spostamenti dei due. Erano spariti nel nulla. Nessuna riusciva a
trovarli. Se erano anche mutaforma, allora che la cosa era complicata
abbastanza. Mi rendeva nervosa non sapere dove fossero le persone che
per me erano ormai i miei nemici. Cercavo di apparire una ragazza come
tante, però non riuscivo a togliermi dalla testa Melinda. Era diventata
un ossessione, un chiodo fisso. Spesso mi dicevano di non pensarci, di
aspettare la fine della scuola però non ci riuscivo. Il dolore che
aveva provocato a me e agli altri era troppo grande. Non c'è la facevo.
Una mattina, Serenity entrò ancora in pigiama in camera mia e saltò sul
letto, svegliandoci tutte. Saltellò finché non mi svegliai.
<< Sveglia! Sveglia! Oggi è sabato! Mi avevo promesso che
andavano a fare una passeggiata nel parco della scuola! >>.
Guardai l'orologio. << Serenity, sono solo le otto del mattino!
>>.
<< Dormigliona! Dormigliona! >> cantilenò, scendendo dal
mio letto e andando in quello di Cassie.
<< Cassie, Cassie! Mi fai vedere di nuovo quell'animaletto?
>> chiese, entusiasta e un piccolo esserino peloso, morbido e
bianco si materializzò dentro la stanza. Non sapevamo di preciso cosa
fosse, però Cassie aveva detto di averlo letto su un libro di storia
antica e mitologica. Serenity saltò giù dal letto e abbracciò
l'animaletto che stridette disperato. Io mi alzai, passandomi le dita
fra i capelli disordinati. Sorrisi alla mia sorellina. Con lo
sguardo fissai la spazzola sulla mobile e la presi al volo, cominciando
a pettinarmi i capelli. Qualcuno bussò alla porta.
<< Posso entrare? >> chiese mia madre. Con un gesto pigro
della mano, aprì la porta e la mamma entrò.
<< Buongiorno, ragazze. Sono venuta a recuperare la piccola.
Serenity, vieni a cambiarti >> disse mamma, tendendo la mano a
Serenity che torturava l'animaletto peloso. Fece una faccia imbronciata
ma la seguì ugualmente, portandosi dietro la palla di pelo.
<< Alisha, vieni a prendere Serenity all'ingresso per la
passeggiata >>.
<< Certo. Lo so. L'ho visto ieri >>.
Mamma scosse la testa e uscì dalla stanza. Io andai in bagno per farmi
una doccia e dare il tempo alle altre di fare lo stesso. Ci misi più
del solito e sentivo che Liliane e Cassie erano impazienti. Non so
perché, ridacchiai. Non era poi così male, l'empatia. Uscii dal bagno e
loro fecero una faccia di felicità.
<< Era ora. Volevi restarci ancora un po'? >> mi chiese
Cassie, dirigendosi verso il bagno ma Liliane la fermò.
<< Prima io! >>.
Si guardarono per un secondo. Poi adocchiarono la porta con lo sguardo
e tornarono a guardarsi. Io mi sedetti sul letto per assistere alla
scena. Liliane corse verso la porta con Cassie e l'attraversò prima che
Cassie abbassasse la maniglia della porta. Cassie pestò un piede,
irritata. La faccia di Liliane apparve al centro della porta e le fece
una linguaccia. Cassie le tirò il cuscino dal letto ma beccò solo la
porta. Io risi a crepapelle. Era la stessa scena ogni mattina e vinceva
sempre Liliane. Mi vestii e mi truccai leggermente. Sentii che qualcuno
camminava per il corridoio. Un animo sereno.
<< Sta arrivando Kristen >> informai a Cassie e lei guardò
la porta. Dopo dieci secondi, Kristen bussò.
<< Avanti >> disse in risposta Cassie e la ragazza entrò,
già vestita e truccata.
<< Buongiorno. Il sole splende e sarà una... >>.
<<... fantastica giornata nuvolosa >> completai io e lei
rise. Ormai ero una veggente brava quanto lei.
Liliane uscì dal bagno e Cassie ci entrò a passo pesante guardando
storto l'amica che la ignorò.
<< Ha vinto ancora Liliane? >> chiese Kristen, additandola.
<< Come se tu non lo sapessi >> risposi, scuotendo la testa
e finendomi di passare il lucidalabbra. Dopo circa un quarto d'ora,
finalmente riuscimmo a uscire dalla stanza tutte sistemate e a ha
incontrare Selene insieme Alan e Justin all'ingresso dei dormitori.
Avevano accettato di accompagnarmi a passeggiare con Serenity e perfino
per me rimaneva un mistero del perché. Nell'atrio vidi i miei con la
mia sorellina seduti su un divano in stoffa azzurra.
Serenity mi corse incontro e mi saltò in braccio. << Andiamo?
>>.
<< Si. Adesso andiamo. La riporto per mezzogiorno, okay? >>.
I miei genitori annuirono e si alzarono. Mamma diede un bacio a
entrambe e se ne andarono. Serenity mi trascinò fino al portone e gli
altri mi seguirono. Camminammo per le aiuole e i pergolati pieni di
fiori colorati e ben curati. Non sembravano soffrire il caldo
come le altre piante che avevo visto in passato a Los Angeles. Chissà
cosa usavano. Ormai avevo capito che in quella scuola c'era da
aspettarsi di tutto. Mi ero ambientata bene, dopo il primo difficile
impatto. Anche se Melinda e Charlie avevano complicato le cose. Mi
sentivo più forte e sapevo perché: Melinda aveva oltrepassato il
confine della mia pazienza uccidendo Dylan e altre persone che
conoscevo. Aveva liberato l'ira che c'era dentro di me. Non mi
importava che fosse mia sorella: non la consideravo tale. Anche se a
volte dovevo ammettere che mi chiedevo come sarebbe stata la mia vita
se Melinda si fosse limitata a essere un genio e basta. Se non fosse
mai stata la bambina malata e maligna che era stata. A quest'ora sarei
una Different lo stesso, probabilmente, però diversamente. Magari lei
sarebbe diventata un insegnante come tante altre sue compagne prima di
lei e avrei avuto un appoggio. I mie veri genitori sarebbero ancora
vivi e io sarei cresciuta con loro. E avrei voluto bene a Melinda.
Invece la odiavo. Spesso mi chiedevo come si poteva odiare qualcuno che
aveva il mio stesso sangue, anche se io mi sforzavo di non riconoscevo
quel legame. Lo trovavo assurdo che gli eventi della vita portassero
anche a questo.
Una gomitata spezzò i miei pensieri. Vidi Alan che con un cenno della
testa mi indicava da una parte e lo obbedì. Sapevo chi era: Cameron.
Lui si girò e mi sorrise. Gli occhi verde chiaro, che adoravo guardare,
si erano illuminati di una luce che vedevo solo quando mi guardava.
Stava seduto su una panchina di pietra bianca con un libro tra le mani,
un tomo molto grosso. Io risposi al suo sorriso.
Di colpo, mi sentii tirare la mano. Quella di Serenity lasciò la mia e
la vidi correre verso Cameron. Ritrassi l'istinto di riprenderla con la
telecinesi e corsi dietro a mia sorella, lasciandomi dietro le risate
dei miei amici. La bambina corse fino ad arrivare davanti a Cameron, Si
portò le mani dietro le schiena e lo guardò.
<< Cosa leggi? >>.
<< Una cosa noiosa >> rispose lui, sorridendole. Io corsi
fino ad acchiappare mia sorella per un braccio e riprendere fiato.
<< Serenity! Non devi più scappare così! Mi fai spaventare!
>> la rimproverai e Cameron si alzò.
<< Non preoccuparti. Hai solo una sorellina curiosa >>.
<< Non volevo che ti disturbasse. Immagino tu stia studiando
>>.
<< Si. Ma non fa niente. È sempre bello scambiare quattro
chiacchiere con una bella bambina. E non solo >> concluse,
guardandomi dritta negli occhi e sapevo di essere arrossita.
<< Alisha! Mi stai congelando il braccio! >> si lamentò
Serenity e la lascia come se scottasse. Stupida, stupida, stupida.
Perché mi succedevano cose del genere quando era imbarazzata?
Per fortuna, Cameron rimase serio. Prese un fazzoletto e asciugò il
braccio di mia sorella nello stesso momento in cui io feci lo stesso.
Sfiorai la sua mano e lo guardò istintivamente e lui fece lo stesse.
Dopo pochi secondi, mi ripresi. Scossi la testa, come se fossi entrata
dentro un sogno e mi stessi svegliando.
<< Ora vado. È stato un piacere, Serenity. Anche con te, Alisha
>>. Ci salutò entrambe e si allontanò.
Guardai mia sorella e lei fece un sorriso, quasi per intenerirmi.
<< Serenity... Si può sapere perché tenti sempre di parlare con
Cameron quando ci sono anche io? >>.
<< Ti piace >> rispose semplicemente lei. << E io
voglio che stai con lui, anche perché a me piace! >>.
<< Devo smettere di lasciarti con le mia amiche >> mi
ripromisi a me stessa. La trascinai di nuovo verso gli altri che
avevano assistito senza fiato alla scena. Cassie mi diede una pacca
sulla spalla e io mi girai con una tarantola chiusa in un vaso da tra
giorni.
<< Perché lo hai fatto? >>.
<< Come “perché”? Dovevi baciarlo! >>
<< Davanti a mia sorella? >>.
<< Non mi scandalizzo mica. Ho cinque anni, mica sono scema
>> mi disse Serenity, pestando entrambi i piedi con le scarpette
nuove.
Scossi la testa. << Ma è una congiura? Un piano? >>.
Si guardarono tutti, compresa mia sorella. << Si >>.
Ringraziando il cielo, sono una ragazza razionale quindi non dissi
niente di cui poi mi sarei pentita. Perciò mi limitai a una
occhiataccia. Visto che era quasi mezzogiorno, riconsegnai mia sorella
ai miei. Dovevo studiare e volevo farlo prima di pranzo. Mi recai in
camera e presi i volumi di storia e chimica. Non so quanto rimasi lì,
da quanto ero concentrata. A pranzo, chiacchierai con i miei amici come
sempre e ridevamo. Però notai che avevano qualcosa di diverso. Ogni
tanto si scambiavano a turno uno sguardo di intesa che io notai
benissimo. Cercai di vedere qualcosa nel mio futuro, ma stranamente non
ci riuscivo. Ero un po' in ansia quindi decisi di non pensarci.
Il resto del pomeriggio lo passai divisa tra le lezioni per i miei
poteri, la mia famiglia e i miei amici. Mi sentivo come sempre e anche
quando la televisione informò gli spettatori che le tracce su i due
erano state trovate a Pechino. Annotai su un blocco come facevo ogni
volta che sentivo qualche notizia su di loro. Non potevo farne a meno.
Erano la mia ossessione.
La sera (una bellissima serata di luna piena) tornai in camera e quando
oltrepassai la porta, vidi che la camera era vuota. Sul mio letto c'era
un vestito: blu cobalto, che si allacciava da dietro e lasciava le
spalle nude. A terra c'erano dei tacchetti dello stesso colore, poco
più chiari e riconobbi la mia collana che con il diamante a forma di
cuore al centro di un ciondolo. Lo guardai confusa. Non era mio,
però era sul mio letto. Un bigliettino era sopra e lo aprì, leggendoci
il mio nome.
・Mettilo, truccati e fatti trovare all'ingresso della scuola. Non ti
azzardare a far finta di niente. Lo sapremo. Riceverai altre istruzioni
lì”.
Ancora più confusa, feci come diceva il biglietto rendendomi poi conto
che stavo facendo quello che un pezzo di carta mi ordinava. Lo feci lo
stesso. Dovevo ammettere che il vestito mi stava bene. Risaltava la mia
figura e gli occhi. Mi lascia i capelli sciolti e mi truccai. Poi uscì
dalla stanza, sempre chiedendomi cosa diamine stessi facendo. Scavai
nel futuro senza successo. Eppure non mi avevano mai ingannata fino ad
ora. Ma c'è sempre una prima volta, evidentemente. Ignorando gli
sguardi delle ragazze, alcuni gelosi devo dire, e quelli dei ragazzi
presenti dentro all'ingresso che dava al dormitorio (non volevo neanche
sapere cosa stessero pensando). Quando uscì all'atrio e aprii la porta
dell'ingresso, pensai di trovare Cassie o Liliane oppure qualcuno di
loro ma trovai... Cameron. Rimasi a bocca aperta dallo stupore. Lui
indossava una camicia bianca e un paio di jeans chiari e aveva i
capelli in perfetto ordine. Mi sorrise.
E io capii.
Collegai gli sguardo d'intesa, il biglietto, le scarpe, il vestito. I
miei amici avevano organizzato tutto. Gli sorrisi.
Non ero mia stata così felice di una cosa simile fatta dai miei amici.
Avevano capito che avevo bisogno di un... aiuto e si erano attivati.
Raggiunsi Cameron e scoppiammo a ridere.
<< Fammi indovinare: hai trovato un biglietto con scritto che
dovevi indossare quello che c'era sul tuo letto e di venire qua
>> dissi, più un affermazione che una domanda.
Lui annuì. << Già. Opera dei tuoi amici, immagino >>.
<< Anche mia sorella avrà partecipato >> aggiunsi e
scoppiammo a ridere di nuovo.
<< Ma ora? >> si chiese Cameron.
<< Ora venite con noi >> gli rispose una voce che conoscevo
benissimo. Justin era entrato dal portone.
Ci guardammo e lo seguimmo. Fuori c'erano anche Selene e Alan.
Camminammo per un po' fino al centro del giardino della scuola. Quando
arrivammo lì, sia i che Cameron rimanemmo a bocca aperta. Al cento
c'era un patio di legno con un tavolo coperto da una tovaglia candida.
Due sedie e due coperti. Intorno c'era un'aria quasi speciale e una
leggera nebbiolina che rendeva tutto suggestivo. Senza contare le rose
e gli altri fiori così vicini al nostro tavolo che le potevo toccare se
avessi voluto. Justin ci fece cenno di sederci.
Gli obbedimmo, anche perché entrambi non sapevamo certamente cosa fare.
Era quasi una trappola. Ma mai trappola è stata così piacevole.
<< Adesso aspettate che arrivino i piatti >> disse Justin,
allontanandosi con gli altri. Cameron mi guardò con intensità. Sentivo
che era agitato e emozionato allo stesso tempo. Io non ero da meno.
<< Cavoli. Ci tengono proprio alla tua felicità >> disse
lui, passandosi una mano tra i capelli.
<< Alla nostra >> specificai, guardandolo negli occhi.
Chissà come, i piatti apparvero di colpo lasciandoci basiti per pochi
secondi. Un po' diffidenti, assaggiammo.
<<< Cavoli! È buonissimo! >> esclamai, dopo aver
assaggiato un antipasto composto da varie portate.
<< Veramente buono. Chissà chi ha cucinato... O se hanno cucinato
>> specificò Cameron e io ridacchiai.
Quel primo antipasto ci mise di buon umore cominciammo a chiacchierare
e scherzare. Quando finimmo, i piatti sparirono e apparve una bottiglia
di acqua naturale. Cameron me ne versò un bicchiere.
<< Grazie >> dissi, dopo aver bevuto un sorso. Posai
il bicchiere e mi morsi un labbro. << Posso farti una domanda?
>>.
<< Personale? >>.
<< Si >>.
<< Okay >>.
<< È vero che entrambi i tuoi sono Different? >>.
Lui sembrava quasi sorpreso che io lo sapessi. <>.
<< Tu sei il più piccolo?>>.
<< Già >>.
<< E l'unico Different della tua famiglia, a parte i tuoi
>>.
Sul suo viso apparve dolore che io non capii. << Mia sorella
Laura era una Different. Non ti ho detto quanti anni avevano i miei
genitori quando si sono incontrati. Mia madre aveva diciassette anni
quando è nata Laura. Quindi io e Katherine siamo arrivati molto più
tardi >>.
<< Un momento... hai detto... “era”... >>.
Abbassò lo sguardo. << È morta l'ultimo anno. Uno dei tre
studenti. Era anche lei telecinetica >>.
Rimasi quasi sottoshock. Ero una vera idiota. Perché non mi era stata
zitta?
Cameron doveva essersene accorto. << Non devi pensare di avermi
fatto del male. È successo. Non lo sapevi >>.
<< Mi dispiace. Credimi >> mormorai, prendendogli una mano
che lui strinse.
<< Non preoccuparti. Il tempo guarisce tutte le ferite >>.
Lo guardai negli occhi e lui fece lo stesso. Sembrava che non ci fosse
altro che lui e io. L'edificio, i fiori e anche il cielo sembravano
essere spariti per lasciare il posto a noi due. Era un momento
assolutamente perfetto.
Rotto dallo schiocco di altri piatti apparsi davanti a noi.
Ricominciammo a mangiare e piano piano l'atmosfera tornò a essere
quella di prima. Ero così felice. Ero certa di non riuscire più a
ritrovarla dopo che Melinda era entrata in camera mia. Invece ci ero
riuscita ancora. Tutto grazie a Cameron e ai miei amici.
La luna illuminava il nostro tavolo di una luce argentata che io
guardai più volte. Non volevo che finisse, però finì. Ci alzammo e
questa volta non venne nessuno ad portaci al portone. Camminammo in
silenzio e ci fermammo proprio dove la luna illuminava con la sua luce
le scale e il portone. Cameron mi guardò.
<< Devo dire che è stata proprio una serata fantastica. Ma
sopratutto perché c'eri tu >>.
Io gli sorrisi. << Non avevo dubbi >>.
Lui ridacchiò. Sentii che l'agitazione dentro di lui non c'era più. Era
sparita. Era sereno e sembrava stesse aspettando qualcosa. Io, invece,
avevo il cuore che voleva uscirmi dal petto. Ero sicura che lui lo
sentisse. Si avvicinò lentamente e mi mise una mano sotto il mento e mi
alzò il viso. Furono secondi interminabili. Vedevo il suo viso e quegli
occhi avvicinarsi sempre di più ed era un agonia perché non attendevo
altro. Finalmente le sue labbra arrivarono alle mie. Mi lasciai andare
e gli passai una mano tra i capelli e dovetti alzarmi in punta di
piedi. Sentii la sua mano scivolare dai mie capelli a cingermi la vita
mentre con l'altra teneva il mio viso come se temesse potessi scappare.
Ma non l'avrei mai fatto. Non avrei mai rinunciato a un momento come
quello... Dimenticai chi ero, mi scordai di Melinda, Charlie e tutto il
resto. Nella mia mente c'eravamo solo io, Cameron e la luce della luna
che ci illuminava quasi una perfetta metafora dei nostri sentimenti
usciti allo scoperto. Sentii il bacio farsi sempre meno lieve fino a
quando non si staccò. Aprii gli occhi tenuti chiusi sino a ora. I suoi
erano illuminati. Io ero annebbiata dalla felicità.
<< Alisha... Io credo di provare qualcosa per te >> mi
confessò alla fine.
<< Anche io >> sussurrai, abbracciandolo e lui mi circondò
con le braccia. Chiusi gli occhi: volevo godermi quel momento. Alzai il
viso e lo baciai. Passò qualche altro minuto e ci staccammo ancora.
<< Io voglio stare con te >> disse Cameron, passandomi le
braccia sulla vita.
Stare con lui... ma Melinda? Se avesse saputo che stavo con lui, lo
avrebbe ucciso. Volevo quasi piangere. Nessuna doveva impedirmi di
essere felice. Nessuno. Nemmeno Melinda Button e il suo fidanzato fuori
di testa.
<< La penso allo stesso modo >> concordai. Mi strinse in un
abbraccio e io sorrisi.
Rimanemmo lì per chissà quanto tempo. Il tempo ormai non esisteva più
per noi due. Sentii delle voci provenire da dentro e il portone aprirsi.
<< Vieni qui! >> sibilò la voce di Cassie ma mia sorella
uscì lo stesso dal portone. Saltellava e sembrava essersi bevuta un
intera tazza di zucchero iperdolce.
<< Ti sei messa con lui? Si, vero? Vero? >> esclamò, in
preda a un qualche attacco da zuccheri.
Ci guardammo e ridemmo. Anche i miei amici uscirono fuori e Cassie
afferrò Serenity, prendendola in braccio.
<< Scusala. Ma qualcuno le ha fatto assaggiare le zollette di
zucchero puro >> disse, dando un occhiataccia a Alan che si
strinse nelle spalle e aveva un espressione di scuse sul volto.
<< Ma visto che ci siamo... >> provò Liliane.
<< Liliane! >> esclamarono tutti.
<< Siete curiosi anche voi! >>.
Cameron rideva a crepapelle e la mia espressione era di assoluto
divertimento e scoppiai a ridere con lui come due bambini.
<< Si. Stiamo insieme >> li informai, dopo aver smesso di
ridere.
<< Evvai! >> urlarono tutti.
<< Grazie a voi. Devo dire >> disse Cameron, abbracciandomi.
<< Avevate bisogno di un aiuto... E abbiamo pensato di aiutarvi
noi! >> disse Selene.
<< Ora c'è ne andiamo >> disse Cassie, ignorando le
proteste di mia sorella.
<< Uffa! >> sbuffò lei, entrando dentro.
Quando fummo da soli, lo guardo un po' dispiaciuta.
<< Scusali. In fondo, un po' merito se lo dovevano prendere. No?
>>.
<< Certo >> rispose Cameron, avvicinandosi e baciandomi
ancora.
Credo proprio che diventerà la serata più bella della mia vita. Nemmeno
quelle con Dylan era la stessa cosa. Questa era speciale. Cameron era
speciale.
Fu così, che quella sera mi guadagnai un po' di felicità.
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Capitolo 13 *** Chiedo scusa! ***
Chiedo scusa se non sto postando, ma siccome mi hanno rimandata in
matematica e ho l'esame tra poco più di dieci giorni devo studiare e
andare a ripetezione se voglio diplomarmi l'anno prossimo XD! Quindi
spero che pazientate un pò! Grazie per la comprensione!
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