Symphony

di painless
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Una schiena dritta, uno sguardo concentrato, delle labbra socchiuse e respiri profondi: era questa l'immagine che ogni giovedì alla stessa ora, mi si presentava davanti agli occhi come un eterno dejà-vù. Ad accogliermi nella stanza, già in lontananza, furono le note del concerto di Haydn in C maggiore per violoncello, e a suonarle era sempre lui. Sostai davanti la porta e lasciai che, ad occhi chiusi, la dolce melodia potesse penetrarmi fin sotto la pelle facendomi sorridere. Senza indugiare ancora entrai nell'aula sfoggiando una sicurezza che in contesti diversi sarebbe stato impossibile dimostrare. Tolsi il violoncello dalla custodia e, preso il necessario, mi sedetti accanto al mio compagno di leggio.

"Ancora Haydn?" - chiesi, cercando di adottare un tono di voce che dimostrasse nulla se non cortesia di circostanza.

Il suo sguardo si posò su di me, e sorridendomi abbattuto rispose:

"Già, ci sono dei passaggi a dir poco impossibili. Più passo il tempo a studiarli, più sembra che io non stia facendo assolutamente nulla per migliorare"

Prima che potessi rispondere, il maestro fece il suo ingresso in sala prove.

"Ragazzi buon pomeriggio, vi prego di sistemarvi nella maniera più veloce e silenziosa possibile, oggi abbiamo molto lavoro da fare"

Guardai Mark che mi accennò un flebile sorriso, e subito dopo mi concentrai sui brani che avremmo dovuto provare di lì a poco.

Stretti i crini al punto giusto, impugnai delicatamente l'arco con la mano destra ed iniziai a sfregarlo sulle corde suonando, come d'abitudine, una scala di re maggiore per riscaldarmi. Lasciai che la musica riempisse la stanza quanto più possibile fino a quando un suono molto più caldo si sovrappose al mio: Mark stava suonando con me. Sorrisi con la speranza che non notasse la mia espressione, ma quando sentii la sua leggera risata capii che ero stata scoperta. Le prove ebbero inizio, e furono dure molto più di quanto mi aspettassi. Intorno a me, i componenti di tutta l'orchestra bisbigliavano tra loro commenti poco carini sulla difficoltà delle prove di quel pomeriggio mentre io, ancora seduta al posto, mettevo via l'arco per lanciare un'occhiata al telefono che non aveva smesso per un secondo di vibrare durante l'ultima mezz'ora. Sarah, la mia migliore amica, non aveva fatto altro che scrivermi incessantemente lasciandomi una quantità innumerevole di messaggi dove continuava a chiedermi in maniera disperata di vederci dopo le prove perchè troppo annoiata per rimanere a casa da sola a guardare la tv. Sorrisi; digitai velocemente un messaggio in cui le dicevo che l'avrei chiamata non appena avessi finito tutto e riposi il telefono nella tasca della giacca appesa dietro la mia sedia. Mi guardai attorno per cercare Martha, ma prima che potessi anche solo trovarla con lo sguardo, una voce interruppe le mie ricerche.

"Che fai ancora seduta? Non vieni fuori con noi?" Mark era in piedi dietro la mia sedia con un caffè in mano, ed un sorriso meravigliosamente innocente sul volto.

"Oh si, certo. Ora vi raggiungo. Stavo solo cercando Martha" - Risposi, forse fin troppo secca e agitata perchè il suo viso cambiò espressione, mostrando quella che sembrava essere una sorta di delusione per il tono utilizzato per la mia risposta, ma era impossibile. Mark non poteva essere deluso per la mia risposta, a Mark non interessava nulla di me.

"Va bene, se volete raggiungerci sai dove trovarci" - Ribattè contrariato, e con passo deciso si diresse verso il corridoio per raggiungere il resto del gruppo.

Sospiarai: ero un casino, un disastro, un caso umano. Rimasi lì, seduta sulla mia sedia, per tutta la durata della pausa, a fissare un punto indefinito sul pavimento bianco a me sottostante e a domandarmi cosa ci fosse di tanto sbagliato in me, perchè diamine non ero in grado di avere una conversazione normale con Mark che avesse un inizio ed una dannata fine. Tutto con lui era così strano, niente aveva la sua logica, ed io per questo mi odiavo.

Il maestro entrò di nuovo in aula, segno che le prove stavano per ricominciare. Tutti i ragazzi che fino a poco prima gironzolavano in maniera disordinata per l'aula e nei suoi dintorni, si sedettero ai propri posti, e quando Mark giunse al mio fianco per riprendere il suo posto non mi girai a guardarlo. Mi accontentai di riuscire a percepire il suo profumo al mio fianco.

Le prove finirono e veloce come un fulmine riunii le mie cose e volai fuori dalla stanza senza rivolgere a Mark il minimo sguardo. Giunta fuori dall'edificio, chiusi gli occhi e tirai un gran sospiro di sollievo. Estrassi il telefono dalla giacca e chiamai Sarah, come avevo promesso.

"Pronto?" - La voce della mia migliore amica all'altro capo del telefono fu come una ventata d'aria fresca.

"Sar, sono io. Ho appena finito, sono fuori da scuola. Ti aspetto al Fastnet?" 
"Sì dai, io sono pronta... cinque minuti e sono lì. Ma tu che hai fatto? E' successo qualcosa?" "Nono, non è successo nulla, puoi stare tranquilla. Perchè me lo chiedi?" - Cercai di rispondere con la voce più calma e controllata che avevo. "Mi è sembrato ci fosse qualcosa che non andava dalla tua voce, sarà stata l'impressione o semplicemente questo telefono schifoso che dovrò cambiare al più presto. Dai prendo la macchina e sono lì. A dopo Mic!"

Chiusi la chiamata e a passi veloci mi incamminai verso il Fastnet Pub, da sempre nostro luogo di ritrovo.

Nonostante fossimo ad ottobre il sole, con il suo calore, si faceva stranamente sentire anche se accompagnato dalla classica brezza autunnale. Nelle strade tappeti di foglie alleggerivano il passo pesante degli abitanti di Newport, cittadina del Rhode Island, e gli alberi spogli facevano da cornice agli scorci pittoreschi che il paesaggio aveva da offrire. Le voci e le risate dei ragazzi che gironzolavano per le strade riempivano l'atmosfera di allegria. Tutto attorno a me sembrava così bello, così pieno di vita. Mentre il mondo proseguiva a colori, io mi andavo man mano sbiadendo. Ultimamente ero sempre così fredda, scontrosa, odiosa. Non ero più in me: era come se ogni motivo che avessi mai avuto per essere felice fosse scomparso all'improvviso dileguandosi nel nulla, ma il problema è che ogni cosa era ancora al suo posto, dove e come era sempre stata. Non era il mondo attorno a me ad essere cambiato, bensì io. Mentre il fiume dei miei pensieri mi sovrastava, le gambe continuarono a camminare verso il Fastnet senza che io potessi rendermene conto e, in men che non si dica, mi ritrovai davanti l'entrata ad aspettare Sarah. Impaziente attendevo che un' Audi rossa girasse l'angolo e che due occhioni color nocciola mi si presentassero davanti per spegnere, anche se per poco, tutti i pensieri che mi tenevano in gabbia. L'attesa non fu lunga, poco dopo infatti eravamo già dentro il locale davanti alla nostra solita tazza di caffè a ridere e scherzare. Ero felice di avere un'amica come Sarah. Era una delle poche persone con le quali potevo parlare di tutto senza avere paura di essere giudicata o biasimata. Era il mio punto di riferimento, la mia complice. Nonostante le nostre innumerevoli litigate, non c'era stato momento bello o brutto che non avessimo passato insieme.

"Allora, come sono andate le prove oggi?" - la domanda di Sarah mi fece destare dai miei pensieri.

"Mh si, sono state abbastanza faticose, ma tutto sommato sono andate bene..." - risposi, risultando forse poco credibile.

"E Mark?" "E Mark cosa, precisamente?" "Tu e Mark, non avete parlato?"

La guardai negli occhi senza elaborare una risposta. Un piccolo sorriso si tirò sulle sue labbra.

"Io proprio non capisco" - continuò - "Davvero, non riesco a capire come possiate essere talmente ciechi da non capire che vi interessate a vicenda"

"Sar per favore, non ricominciare di nuovo con questa storia. Sai che non è cosi"

"Siete due stupidi senza speranza" - disse accigliandosi giocosamente

Scossi la testa rivolgendole un'occhiataccia, subito dopo sorrisi.

"Possiamo parlare di cose serie, piuttosto che di queste sciocchezze? Pensiamo ad organizzare la serata di domani piuttosto"

"Ho già pensato a tutto io!"

I suoi occhi improvvisamente brillarono e lasciarono spazio ed uno sguardo entusiasta, come quello di un bambino a Disneyland.

"Ho chiamato le altre, ci sono tutte tranne Jenna. Voleva venire con Lucas, ma gliel'ho severamente vietato, tranquilla. Sarà una serata sole ragazze, ho anche comprato una marea di schifezze, sono in macchina. Sono o non sono l'organizzatrice perfetta delle nostre serate?"

"Sei la regina indiscussa di ogni serata che sia mai stata organizzata"

Ridemmo, finimmo di bere il caffè rimasto e ci mettemmo in macchina. Sarah accese la radio ed alzò il volume al massimo. Con i finestrini abbassati, la brezza autunnale sfiorava delicatamente i nostri capelli ed il sole riscaldava la pelle. Chiusi gli occhi e mi abbandonai sul sedile sorridendo, contenta di aver scostato Mark dai miei pensieri per qualche ora. Arrivate davanti casa presi il violoncello dalla macchina, mentre Sarah prese le buste della spesa con dentro tutte le varie schifezze di vitale necessità per la serata del giorno seguente. Entrammo e come al solito i miei non erano rientrati in casa, sicuramente ancora a lavoro.

"Allora io vado, ti lascio. Passo domani mattina come al solito?"

"Riesci a passare un po' prima? Vorrei andare in aula studio per provare uno o due pezzi prima delle lezioni"

"E va bene, vedo di fare il possibile. A domani allora"

Mi stampò un bacio veloce sulla guancia, e si precipitò fuori.

Non appena Sarah fu fuori dal vialetto, chiusi la porta di casa e andai in camera mia per buttarmi sul letto. Il silenzio di tomba che regnava in casa era quasi inquietante, decisi quindi di alzarmi per mettere un po' di musica. Cercai la mia playlist preferita e premuto play, la riproduzione casuale decise che quello di Haydn, doveva essere il concerto che doveva accompagnare quella mia infinita giornata. Ritornai a letto, lentamente le mie palpebre iniziavano ad appesantirsi e a chiudersi. Poco dopo, nonostante i miei sforzi di rimanere sveglia, la stanchezza ebbe la meglio e senza accorgermene, crollai in un sonno profondo.


Spazio autrice: Salve a tutti! Questa è la mia nuova storia: è un progetto al quale sto lavorando da un po' di tempo e mi farebbe piacere condividerlo con voi! La storia verrà pubblicata in contemporanea qui e su wattpad. Se volete supportarmi anche lì potete seguirmi e votare la storia! (@pajnless è il mio nome utente) Spero di vedervi al prossimo capitolo! Lasciate una recensione! Un bacio xx 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


"Tesoro... Tesoro, sveglia. Farai tardi a scuola!"

La voce morbida di mia madre e il suo tocco non propriamente delicato, mi svegliarono da una delle migliori dormite della mia vita lasciandomi perplessa. Scuola? Ma non era ora di cena?

"Scuola? Ma che ora é?"

"Sono le sei e mezza del mattino Mic. Ieri dovevi essere proprio stanca per essere crollata così. Quando io e tuo padre siamo tornati eri praticamente in letargo e abbiamo deciso di lasciarti dormire. Ora però scendi dal letto e vieni in cucina a fare colazione, ti ho preparato i pancakes"

La mamma mi lasciò un bacio sulla fronte ed uscì dalla camera accostando la porta. Rimasi qualche altro secondo a letto stiracchiandomi per poi alzarmi con fatica. Non ero mai stata una ragazza mattiniera, ed ogni risveglio per me la mattina era pressoché traumatico. Ancora seduta sul letto raccolsi i capelli in una coda disordinata e diedi un'occhiata al telefono.

Un messaggio non letto, lo aprii.

"Domani dopo le lezioni ti andrebbe di fermarti a scuola per rivedere i brani da provare? C'erano dei passaggi che avrei voluto migliorare e speravo che potessi darmi una mano. Mark xx"

Un'ansia apparentemente inspiegabile mi assalì. Non c'era nulla che con un po' di studio Mark non riuscisse a fare, quindi perché chiedermi una mano?

Posai il telefono senza rispondere al messaggio e mi diressi in bagno per fare una bella doccia calda, prima che la testa potesse iniziare a farmi dare di matto già dall'inizio della giornata. Uscita dalla doccia, asciugai velocemente i capelli e indossai il primo jeans e la prima maglietta che mi capitarono tra le mani. Guardai l'orologio, erano le sette e un quarto ed ero stranamente puntuale. Ripresi il telefono dal letto e mi sedetti alla scrivania. Aprii nuovamente il messaggio leggendolo un numero infinito di volte, tanto da ricordare precisamente che tipo di punteggiatura aveva utilizzato e quando.

Non era la prima volta che io e Mark ci saremmo dovuti vedere per studiare un pezzo insieme. Più volte era già capitato che ci mettessimo d'accordo per studiare da me o nell'ala studio del liceo, soprattutto quando il nostro maestro era troppo occupato con sezioni più numerose per potersi dedicare a noi due, ma questa volta sembrava diverso. Era diverso. Guardai per un'ultima volta il messaggio prima di digitare la risposta.

"Hey scusa, ieri mi sono addormentata molto presto ed ho visto solo ora il messaggio. Per me è ok. A che ora ci vediamo? Micol xx"

Accettai, autoconvincendomi del fatto che non ci fosse assolutamente nulla di diverso dalle altre volte, che ero io l'unica a fare supposizioni inutili e prive di senso.

Scesi di sotto per fare colazione e, come promesso da mia madre, mi ritrovai davanti ad una distesa di pancakes. Alla vista di quel paradiso terrestre, il mio stomaco mugolò qualcosa di incomprensibile, segno evidente del fatto che il pasto saltato la sera prima incominciava a far sentire la propria assenza. Prima che il mio corpo potesse produrre altri strani rumori mi sedetti a tavola e incominciai a mangiare.

Mentre divoravo letteralmente un povero pancake ricoperto di cioccolata, mia madre arrivò dalla stanza affianco raggiante come al solito.

"Buongiorno tesoro"

"Buongiorno mamma"

"Allora come è andata ieri? Devi esserti stancata tanto per esserti addormentata così. Di solito non dormi mai dopo le prove"

Mandai giù un boccone di pancake fin troppo grande accompagnandolo con del caffè, poi risposi:

"Si, sono state davvero distruttive. Abbiamo lavorato quasi tutto il tempo senza fermarci un attimo. Quando sono tornata a casa non sentivo più le spalle"

La mamma sorrise per poi stringermi affettuosamente una spalla.

"Vedrai che con il tempo le cose miglioreranno e ti stancherai di meno. Sono sicura che giovedì prossimo andranno molto meglio. Ora però ti conviene sbrigarti a mangiare quei pancakes prima che Sarah passi a prenderti per andare a scuola, altrimenti sarai costretta a saltare anche la colazione"

Sorrisi e mi fiondai nuovamente su quella colazione deliziosa. Non appena mandai giù l'ultimo boccone, il clacson della macchina di Sarah risuonò nel vialetto di casa.

"Mamma è arrivata Sarah io vado!" - urlai, in modo che potesse sentirmi in qualsiasi parte della casa si fosse smaterializzata

"Va bene tesoro" - rispose sbucando dalla sala da pranzo - "Ricordati che oggi pomeriggio io e tuo padre andiamo a prendere i nonni. Torniamo domani, ti ho messo i soldi per il pranzo e per la cena nella borsa. Mi raccomando non fare casini e per qualsiasi cosa chiamaci"

Accennai un ultimo saluto con la mano prima di uscire dalla porta con dietro il mio zaino ed il mio violoncello. Aprii lo sportello posteriore della macchina e ci buttai lo zaino, poi mi sedetti affianco a Sarah posizionando accuratamente lo strumento tra le gambe per evitare che potesse rompersi.

"Pronta per la gran serata solo donne di sta sera?"

Era incredibile come Sarah potesse essere così entusiasta per una semplice serata tra amiche, uguale a tante altre che avevamo già fatto innumerevoli volte. Nonostante tutto però, non potei fare a meno di sorridere e di mostrarmi entusiasta tanto quanto lei. In fondo era tanto tempo che non passavamo una serata tutte insieme, davanti ad un film horror che non avremmo mai guardato perché troppo pauroso e davanti ad una distesa di cibo spazzatura che avremmo divorato durante la prima metà della serata perché affamate.

"Carica come una molla"

"Ieri sera ho parlato con Jenna, ci sarà anche lei. A quanto pare ha litigato con Zack e la serata romantica è saltata"

Alzai le spalle e portai lo sguardo fuori dal finestrino: oramai eravamo vicine al liceo, e sapevo che una volta entrata avrei dovuto vedere Mark per metterci d'accordo su quello che avremmo dovuto fare quel pomeriggio, una volta terminate le lezioni.

Entrate, io e Sarah raggiungemmo le altre ragazze del gruppo che ci stavano aspettando davanti i nostri armadietti.

"Salve ragazze, anche voi emozionate per sta sera come Sarah?" - chiesi ridendo - "Non riesce a smetterne di parlare"

"Buongiorno a voi bellezze"

La prima a salutare fu Emily, la rossa riccioluta del gruppo.

"Salve a voi!"

A seguire Emily, in coro, furono Jenna e Louise, le telepatiche.

Passammo una buona decina di minuti a parlare della serata, a decidere che tipo di film vedere e che pizza avremmo ordinato per cena, poi guardai l'orario.

"Cazzo ragazze è tardissimo, io devo andare in sala prove. Ci vediamo a storia!"

Salutai velocemente tutte con un bacio volante e un gesto della mano e mi gettai nel traffico dei corridoi.

Quando finalmente riuscii ad arrivare davanti la sala prove, notai che la porta era ancora chiusa.

"Ma che diamine! Pure sta mattina no, io dovevo studiare cavolo"

Continuai a borbottare tra me e me come una stupida davanti la porta chiusa a chiave fin quando, voltandomi, vidi Mark che si avvicinava dal fondo del corridoio.

Tirai un sospiro di sollievo, per lo meno mi avrebbe dato una mano per portare in classe tutta quella roba che avevo dietro. Feci per avvicinarmi quando vidi che non era solo, al suo fianco c'era una ragazza bionda e bassina, ma poco più alta di me, che gli stava cingendo un braccio. Immediatamente mi voltai dall'altro lato, sperando di aver scampato quella che ai miei occhi appariva come la figura peggiore mai fatta in vita mai, ma fu tutto inutile.

"Hey Mic"

La voce di Mark catturò la mia attenzione costringendomi a voltarmi.

"Hey Mark" - risposi, sorridendo nel modo meno forzato e imbarazzato possibile.

"Che ci fai davanti la sala prove? La tua classe di inglese non è dall'altro lato della scuola?"

"Oh, ehm si ecco...Avevo pensato di studiare un po' sta mattina prima delle lezioni. Ieri dopo le prove mi sono addormentata e non ho avuto il tempo di studiare nulla, ma a quanto pare la porta è chiusa a chiave, quindi niente studio"

Alzai le spalle al termine della frase, come se questo mio gesto potesse conferire naturalezza alla marea di informazioni che gli stavo fornendo in maniera sconnessa ed impacciata.

"Sei sicura che sia chiusa a chiave? Voglio dire, ormai le lezioni stanno per iniziare, dovrebbero averla aperta per forza"

Mi scostai dalla porta e gli feci cenno di provare ad aprirla, invito che accolse immediatamente.

Si accostò alla porta e con un semplice gesto aprì la porta verso l'esterno.

Quasi subito il mio volto si colorò di un rosso intenso e le guance iniziarono a bruciare dall'imbarazzo.

"Dicevi?" - disse ridendo

Sorrisi imbarazzata.

"Devo essere ancora nel mondo dei sogni"

Mi sorrise e si riavvicinò alla biondina mettendole un braccio attorno al collo.

"Comunque lei è Charlie. Charlie, lei è Micol. E' la ragazza di cui ti parlavo prima"

Vidi il volto della ragazza vestirsi di una smorfia di cortesia e la sua mano tendersi verso di me. La strinsi, sfoggiando il sorriso meno finto che potessi mostrare.

"E' la tua ragazza? Siete proprio carini insieme"

"Stiamo uscendo da poco a dire la verità, non c'è ancora niente di ufficiale"

Lo guardai stringersi nelle spalle e sistemarsi nervosamente il ciuffo con la mano.

Feci un cenno di approvazione col capo.

"Ora io andrei a provare. Ci si vede!"

Alzai la mano in segno di saluto e mi fiondai nell'aula chiudendomi la porta alle spalle, senza dare il tempo a Mark o alla biondina di poter dire altro. Poggiai il violoncello, ancora nella sua custodia, contro il muro e poi gettai via lo zaino.

Mi sedetti a terra e guardai l'ora: non c'era più tempo per studiare. Mi presi la testa tra le mani e rimasi lì seduta fino al suono della campanella.

Con un nodo alla gola mi alzai. Decisi di lasciare il violoncello in aula vista la mole di cose che dovevo portarmi dietro; mi ripresi lo zaino e uscii, assicurandomi di aver chiuso bene la porta dietro di me. Camminai fino alla classe senza fermarmi neanche un secondo. Fermarmi significava pensare a quello che era accaduto, ed io non volevo.

Inglese era la materia della prima ora. Entrai e presi posto, mentre attorno a me quasi la metà della classe continuava a stare in piedi ridendo e scherzando, incuranti della presenza dell'insegnante. La campanella dell'iniziò delle lezioni suonò, tutti presero posto. L'ora passò velocemente e senza troppa fatica, e speravo che sarebbe stato così per tutto il resto della giornata.

Finalmente l'ultima lezione prima della pausa pranzo fu storia, una delle poche materie che avevo in comune con tutte le altre. Prendemmo i nostri soliti posti, sul fondo della classe, e l'ora passò tra bigliettini e risate sotto banco fatte con la speranza di non essere scoperti dall'insegnante e di non essere mandate in detenzione.

"Pranzo, finalmente si mangia!"

"Ma come fai a pensare sempre e solo a mangiare e a non mettere su un chilo, ti odio"

"Si chiama talento sweetheart"

"Sì, talento o metabolismo veloce regalato dal diavolo in persona"

"A proposito di diavolo in persona, guardate chi sta passando davanti a noi"

"Ma dove, io non vedo nulla"

"Neanche io vedo nulla"

"Certo che una visita oculistica non vi farebbe male. Guardate lì, vicino ai bagni dei ragazzi"

Contemporaneamente ci voltammo tutte verso il punto indicato da Louise.

"Dio mio, ma Elenoire la smetterà mai di venire vestita come se fosse una spogliarellista da quattro soldi a tempo pieno?"

"Impossibile, è una spogliarellista da quattro soldi a tempo pieno"

"E l'altra bionda?" - chiese Emily

"Quale bionda? Elenoire non ha cagnoline bionde al suo seguito" - ribattè Louise

"O sta parlando con una ragazza bionda, o sono diventata strabica"

"Secondo me sei semplicemente scema"

"Vuoi dormire tranquilla sta notte, o vuoi provare l'ebrezza di dormire con un occhio aperto ed uno chiuso per la paura della vendetta imminente?"

Mentre Emily e Louise discutevano scherzando, Jenna si intromise nel discorso.

"Ragazze, Emily ha ragione. A quanto pare la vipera ha una nuova amichetta. Chissà chi sarà"

Per la prima volta dall'inizio del discorso mi concentrai sulla scena che avevo davanti, e dopo pochi istanti riconobbi immediatamente chi era la biondina misteriosa che stava parlando con Elenoire.

"Non ci credo..." - sussurrai

"Oh fantastico. Ora abbiamo una strabica ed una psicopatica che parla da sola" - disse Louise ridendo

"Io quella la conosco" - dissi, questa volta ad alta voce in modo che tutte potessero sentirmi.

"Come la conosci?"

"Chi diamine è?"

"Sì, l'ho conosciuta oggi. Me l'ha presentata Mark, si chiama Charlie" - aspettai qualche secondo, poi mi decisi ad aggiungere - "E' la ragazza con cui sta uscendo ora"

Il mio sguardo continuò a rimare fisso su di lei, mentre le altre si guardarono tra loro senza proferire parola. Quando si voltò verso di me, mi rivolse un sorriso ed un cenno con il capo. Ricambiai, poi dissi alle altre nella speranza di liberarmi dalla visuale della bionda:

"Ragazze, andiamo a mensa? Sto morendo di fame"

Dopo il consenso generale, andammo dritte in mensa attente a non incorrere in nessun incontro sgradevole. Durante il pranzo le altre non fecero mai domande su Mark, su Charlie, o su noi due. Passarono il tempo a ridere e scherzare, felici dell'arrivo del tanto atteso weekend.

Terminata la pausa pranzo, ognuna di noi si diresse verso la propria classe per terminare quelle poche ore di lezione che ci separavano dalla libertà. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La penultima ora era appena finita. Tutti gli studenti uscivano dalle classi per prendere gli ultimi libri per l'ultima ora di tortura.

Arrivata all'armadietto, mi cimentai nella disperata ricerca del quaderno di matematica disperso nel caos del mio disordine.

"A che ora ci vediamo?"

Una testa ed una voce maschile sbucarono improvvisamente fuori dal nulla facendomi prendere un infarto.

"Mark sei matto? Mi hai fatto prendere uno spavento!"

Iniziò a ridere e sui lati delle guance spuntarono due fossette che addolcivano enormemente i tratti scolpiti del suo viso. Gli diedi un piccolo buffetto sul braccio e lui lo ritrasse facendo finta di essersi fatto male.

"Di questo passo non ti darò mai una mano"

"Chiedo venia Maestro. Quindi...dove, e a che ora ci vediamo?"

Riflettei: provare a scuola dopo le lezioni era impossibile perché venerdì, ma non potevo neanche saltare l'ultima ora perché la settimana successiva avrei avuto il test di matematica. L'unica alternativa rimasta era quella di proporre di studiare da me, ma ora che frequentava Charlie, forse, sarebbe potuto essere un problema.

"Non saprei, io ho casa libera. Se per te non è un problema dopo scuola potremmo andare direttamente da me e studiare per un paio d'ore"

"E' perfetto, grazie mille. Non sai che favore enorme mi hai fatto. Ci incontriamo davanti l'ingresso all'uscita? Ti accompagno io in macchina"

"Tranquillo non preoccuparti, può darmi un passaggio Sarah non c'è bisogno che ti disturbi"

"Ti ho detto che ti accompagno io, e così sarà. E' il minimo che possa fare" - sorrise di nuovo - "Ora però devo andare a lezione, ci vediamo dopo"

"Sì,certo. A dopo"

Osservai la sua figura sparire lentamente nella folla di studenti, poi mi voltai per chiudere l'armadietto e filare dritta in classe, dove i miei pensieri erano fissi su qualunque cosa che non fosse la matematica.

Di colpo, mentre scarabocchiavo disegni privi di senso su una delle ultime pagine del mio quaderno, la campanella suonò. Deglutii nervosamente.

Il momento più critico della giornata stava per arrivare.

Estrassi il telefono dalla tasca della giacca e scrissi velocemente un messaggio a Sarah.

"Non aspettarmi per tornare a casa, a stasera xx"

Dopo essermi ripresa il violoncello dall'aula studio, andai verso l'ingresso dove trovai Mark mentre, contro un muro, stava baciando la sua "nuova ragazza" come se nessuno attorno a loro fosse presente. Decisa a non fare un'ulteriore figuraccia, presi di nuovo il cellulare e chiamai Mark, fingendo di non essere riuscita a scovarlo tra la folla. Chiusa la chiamata, lo vidi salutare Charlie con un bacio veloce e raggiungermi.

"Pronta per un pomeriggio da maestra?"

Il sorriso, sempre stampato sul suo volto, era molto più contagioso di quanto chiunque potesse mai credere. Con lui, non potevo fare a meno di sorridere, era innaturale mantenere un'espressione seria ed accigliata.

"Sono nata pronta"

Il breve viaggio in auto fu silenzioso, ma piacevole. Mentre l'auto percorreva quelle strade ormai conosciute in ogni loro minimo particolare, una Suite di Bach, la terza per la precisione, risuonava attorno a noi con leggerezza, quasi a voler fare da colonna sonora a quel breve momento insieme.

Dopo soli dieci minuti arrivammo a casa. Parcheggiò nel vialetto e, scaricati entrambi gli strumenti, entrammo in casa.

Gettai lo zaino e la giacca sul divano invitando Mark a fare lo stesso, per poi chiedergli se volesse qualcosa da bere o da mangiare prima di iniziare a suonare, ma nessuno dei due aveva fame.

Preparai i leggii e le sedie, e ci disponemmo a specchio, l'uno difronte all'altro.

"Da cosa iniziamo?" - domandai, non avendo la minima idea di quali fossero i brani in cui aveva "difficoltà"

"Abbiamo così tanti pezzi da mettere su che probabilmente faremmo prima a suicidarci"

"Già, anche se alcuni sono davvero belli"

Durante la mezz'ora seguente non facemmo altro che non fosse parlare di musica nelle sfumature più svariate possibili, poi decidemmo di metterci finalmente a lavoro.

Iniziammo da uno dei pezzi più articolati, un concerto per pianoforte e orchestra di Bach.

Suonammo il pezzo per intero cinque o sei volte, fermandoci solo per definire qualche dinamica o sistemare qualche diteggiatura. Iniziavo a non sentire più la spalla per lo sforzo.

"Ma se facessimo cinque minuti di pausa? Inizio a non sentire più la spalla destra"

"Vuol dire che sei troppo rigida, ora ti faccio vedere"

Mark si alzò e si accostò alla mia sedia. Le sue mani afferrarono delicatamente le mie spalle, ed io istintivamente chiusi gli occhi. Con una leggera pressione mi abbassò le spalle il minimo indispensabile affinché tornassero nella corretta posizione.

"Lo senti? Sei troppo contratta, troppo tesa. Devi lasciarti andare"

Sentii il suo respiro farsi sempre più vicino, ed io involontariamente trattenni il mio.

Mentre con una mano continuava a mantenere la mia spalla sinistra abbassata, con l'altra iniziò a sfiorarmi il lato destro del collo, fino a raggiungere l'avambraccio. Il suo tocco era delicato e attento, a malapena riuscivo a percepire la pressione delle dita, fatto sta che i miei muscoli iniziarono a rilassarsi. Un brivido mi attraversò la schiena e una sensazione di calore implose in me. Per un attimo strinsi gli occhi già chiusi e morsi il mio stesso labbro, sperando che non mi stesse osservando. Lentamente allontanò la sua mano dal mio corpo, e il calore si spense, lasciando spazio al profondo gelo di sempre. Per qualche secondo, mentre si allontanava da me, il silenzio fu sovrano nella stanza, poi ricominciò a parlare.

"Vedi? Ora sei molto più rilassata. Prova a suonare ora"

La sua voce sembrava più bassa e le parole pronunciate più dolcemente.

Chiusi gli occhi. Inspirai profondamente. Espirai. Incominciai a suonare.

La musica iniziò a riempire la stanza con un suono talmente ampio che sembrava scontrarsi con le pareti della casa. Riuscivo a sentire ogni nota scorrere sotto le mie dita ed entrarmi dentro. Ero pervasa come da una scarica elettrica che mi impediva di fermare l'arco. Non separai l'arco dalle corde fino a che non terminai l'intero brano, alzai lo sguardo. Mark era lì, davanti a me, che mi rivolgeva un sorriso soddisfatto.

"Cosa ti avevo detto?" - la soddisfazione di avere ragione era percepibile in ogni parola pronunciata - "Hai riempito ogni singolo cm^2 di questa casa con il tuo suono. Se solo continuassi così, costantemente, arriveresti ad avere un suono fantastico"

"Ma non eravamo qui per aiutare te, o sbaglio?"

Accennai un sorriso. Mi piaceva quando era lui ad incoraggiarmi.

"Io, tu... Che vuoi che importi? L'importante è riuscire a raggiungere l'obiettivo, e il nostro è riuscire a suonare bene. Giusto?"

Non replicai.

"Giusto. Ora la facciamo questa pausa panino? Io sto morendo di fame"

Mi guardò e scoppiò in una fragorosa risata.

"Vada per la pausa panino. Hey ti dispiace se mentre mangi esco fuori a chiamare Charlie? Le avevo promesso che ci saremmo visti oggi pomeriggio e volevo farle sapere che abbiamo quasi finito"<\p>

In un lampo dentro di me tutto divenne buio, come se qualcuno avesse premuto un qualche strano interruttore della luce. Sorrisi falsamente, non potei fare altrimenti.

"Certo, fai pure con calma"

Con lo sguardo fisso sul telefono, uscii fuori in giardino lasciandomi sola. Mentre aspettavo che il pane fuoriuscisse dal tostapane, tornai in salotto a prendere il telefono. Controllai i messaggi e le chiamate: lo schermo era lindo, non c'era traccia di neanche mezza notifica. Sbuffai, lo buttai sul divano e andai nuovamente in cucina, dove mi preparai il mio meritato panino. Nel mezzo del mio spuntino, ricordai che Mark non mi aveva detto se avesse o meno fame, quindi velocemente preparai anche a lui un panino al volo. Appena posai il piatto sul bancone della stanza, Mark rientró nuovamente in casa.

"Non mi ricordavo se avevi fame oppure no, cosí ti ho fatto comunque un panino. Giuro, non é avvelenato o tossico"

"Addirittura tossico? Sei davvero cosí pessima in cucina?" -  chiese sembrando quasi incuriosito per davvero

"Abbastanza, di solito rischio di farla saltare in aria anche senza utilizzare forno o altri utensili in generale da cucina"

Rise, di nuovo, per la millesima volta nella stessa giornata. Diamine, come poteva questo ragazzo ridere e sorridere così tanto senza mai perdere un briciolo di bellezza?

"Mi piacerebbe molto assaggiare questo panino non avvelenato e non tossico"

Feci per porgergli il piatto, ma il temuto "ma" arrivò ancora prima che potessi allungare la mano verso il piatto.

"Ma ho appena finito di parlare con Charlie e sai, si sta facendo tardi. Preferirebbe che passassi a prenderla ora"

"Oh, capisco..."

"Comunque grazie mille, davvero. Avevo un bisogno enorme di provare quei brani senza il "casino" delle altre sezioni sopra. Ora molte cose sono estremamente più chiare"

"Grazie a te, sai... per i consigli sul suono"

"Pff, é il minimo che possa fare. Se vuoi qualche altra volta ci vediamo e ti insegno qualche trucchetto. Che ne dici?" - chiese, mentre nel frattempo raccoglieva la sua roba.

"Certo, perché no"

"Bene, credo di aver preso tutto. Vado prima che sia davvero troppo tardi. Ci si vede a scuola"

Salutandomi con un cenno del capo, uscii fuori dalla porta, entrò in macchina e percorse il vialetto senza mai esitare o guardarsi indietro, lasciandomi di nuovo sola, come una stupida, davanti la porta.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La macchina scomparve dalla visuale, e con lei un pezzo di me. Rientrai in casa e moso in ordine anche le mie cose. Mentre raccoglievo i vari spartiti sparsi sul divano, potevo ancora sentire il profumo di Mark farsi più forte nei punti in cui era stato fino a qualche minuto prima. Cercai di non pensarci. Portai ogni cosa al suo posto e subito dopo decisi di chiamare le altre per sapere a che ora sarebbero arrivate. Per prima chiamai Sarah, ma dopo due squilli partì la segreteria.

"Strano" - pensai - "Non é da lei mandare la segreteria"

Aspettai qualche minuto e riprovai, questa volta con risultati ancora più scarsi visto che risultò immediatamente irraggiungibile. Provai a chiamare Jenna. 

"Pronto?"

La voce di Jenna dall'altro capo del telefono sembrava essere strana, affannata.

"Jenna, tutto okay? Sono Mic"

"Hey Mic, va tutto benissimo. Alla grande, una favola"

A tratti la sua voce si fece più acuta e strozzata. Pensai per qualche secondo, poi capii.

"Jenna, non starai mica..."

"Io? No, ma come ti viene in men-cazzo"

"Jenna!"

"Okay scusa ti richiamo dopo va bene?"

Scoppiai in una risata mista tra incredulità ed imbarazzo. Era chiaro che Lucas e Jenna avevano appena fatto pace dichiarando aperte le danze, ed io ero stata talmente sfortunata da assistere per qualche secondo alla loro musica di sottofondo, come se non avessi mai ascoltato sinfonie oscene come quelle. 
Terrorizzata all'idea di potermi trovare di nuovo in una situazione simile, decisi semplicemente di aspettare che le altre si presentassero alla mia porta impazienti di fiondarsi in casa per divorare ogni schifezza possibile ed immaginabile. Accesi la TV in cerca di qualche film da vedere durante l'attesa, ma come al solito non trovai nulla di interessante. A quel punto salii in camera e accesi il computer, pronta a guardare qualche puntata di una tra le mie serie preferite: American Horror Story.
Divorai il primo episodio e proprio mentre stavo per premere play per guardare il secondo, il campanello della porta suonò facendomi sobbalzare dalla paura. Forse guardare una serie horror mentre ero a casa da sola nel silenzio più totale non era stata una buona idea. Scesi di nuovo le scale e andai alla porta ritrovandomi davanti Emily, Jenna, Sarah e Louise con in mano i rispettivi borsoni, pronte per distruggere la mia camera con infinite battaglie di popcorn.

"Cibo!" - Emily si fiondò in casa alla ricerca della sua fonte vitale: il cibo.

"L'avevo detto io che la prima cosa che avresti fatto una volta arrivata sarebbe stato mangiare"

"Oh andiamo, smettetela e lasciateci entrare" - Sarah intervenne impaziente di entrare - "Tesoro scusa se non ti ho risposto al telefono, ma ero in banca con i miei. Sono ancora fissati con quei prestiti per il college"

"Tranquilla ero solo curiosa di sapere a che ora sareste arrivate, tutto qui. Poi ho chiamato Jenna e ho capito che forse era meglio aspettarvi e basta"

Le lanciai uno sguardo arrabbiato, ma divertito. Poi scoppiai a ridere.

"Scusa Mic, forse avrei dovuto mettere la segreteria"

"Già, decisamente"

Ridemmo e le altre ci guardarono con fare interrogativo. Spiegammo loro cos'era successo e Jenna ci spiegò come aveva deciso di far pace con Lucas per l'ennesima volta, tutto ciò mentre preparavamo la nostra cena a base di schifezze. Ciotole con patatine, dolci e snack di ogni genere regnavano sovrane sul bancone della cucina. Quantità industriali di pizza scorrevano come fiumi e, inutile negarlo, sapevamo che nonostante tutto quella pizza non sarebbe mai avanzata. 

"Bene, le schifezze ci sono, manca solo un bel film da vedere mentre divoriamo questa roba" - Esordii Louise

"Guardiamo un horror"

"No. Sarah puoi scordartelo. Io propongo Titanic. Bello, commovente e con un Leonardo Di Caprio che farebbe risvegliare gli ormoni anche a mia nonna"

"Ma tua nonna non è morta tre anni fa?" - chiese Emily a Jenna

"Appunto!"

"Toglietevelo dalla testa, non guarderemo nè un horror, nè Titanic. Perché non guardiamo un film comico?" 

La proposta avanzata da Emily sembrò mettere tutte d'accordo per qualche minuto, ma il paradiso terminó presto.

"Ma se guardassimo di nuovo Shakespeare in love?"

Ci guardammo in silenzio: sapevamo sarebbe finita di nuovo così.

"E va bene salgo a prendere il dvd" - dissi alzando gli occhi al cielo.

Salii al piano di sopra ed entrai in biblioteca, dove in un angolo avevo posto una scatola in cui raccoglievo tutti i miei cd e dvd. Trovato ciò che stavo cercando, recuperai anche il telefono e tornai al piano di sotto. 

"Possiamo ufficialmente dare inizio alla serata"

"Guardammo il film in tranquillità, recitando talvolta le battute dei personaggi insieme a loro. Lo conoscevamo praticamente a memoria, ma era impossibile stancarsene. Dopo esserci ridotte ad una valle di lacrime, cenammo e i fiumi di pizza, come per magia, scomparvero dalla cucina.

"Siamo dei maiali"

"Non esagerare, abbiamo mangiato solo un po' di pizza"

"Un po' di pizza? Avremo mangiato si e no il quantitativo di pizza di un anno intero in una sola sera"

"Vorrà dire che da lunedì inizieremo la dieta"

"Direi proprio di sì"

"C'é ancora una pizza, che facciamo? La mettiamo in frigo?"

In men che non si dica, anche quell'ultima pizza era stata divorata. Passammo la serata cosí, a mangiare schifezze e a ridere come delle matte. Per la prima volta dopo due giorni, ero finalmente spensierata e felice, senza alcun peso o pensiero addosso, fino a quando la vibrazione del telefono non pose fine a quei pochi momenti di felicità assoluta. 

Sbloccai lo schermo, c'era un messaggio di Mark.

"Hey scusa il disturbo, potresti controllare se ho lasciato la mia pece da te? Non riesco più a trovarla" 

Alzai gli occhi al cielo. Come avevo potuto pensare, anche solo per un attimo, che mi avesse scritto perché voleva sentirmi? 

"Ti ricordi dove l'avevi lasciata?" - digitai velocemente il messaggio e spensi di nuovo lo schermo. Avrei controllato la risposta l'indomani mattina. Pochi secondi dopo, peró, il telefono vibrò di nuovo, questa volta in maniera più insistente. Intuii si trattasse di una chiamata. Cosí, convinta che fossero i miei a cercarmi, tirai nuovamente fuori il telefono, ma con mia sorpresa il nome che comparve sullo schermo, fu quello di Mark. 

Emily, che era affianco a me, notó lo schermo del telefono illuminarsi. 

"Micol?!"

La guardai senza dire niente, risposi al telefono e subito scappai nella stanza accanto.

"Pronto?"

Cercai di sembrare il più calma e naturale possibile anche se avevo una mandria di ragazze che mi stavano letteralmente rincorrendo per casa, curiose di sapere cosa stesse succedendo.

"Mic, sono Mark. Ti disturbo?"

"Ciao Mark! No tranquillo non disturbi, dimmi pure"

"Volevo sapere se avevi trovato la mia pece, sai domani dovrei suonare e non ne ho una di riserva con me"

"Veramente non ho anfora controllato, ma se mi dici dove puoi averla lasciata do un'occhiata ora"

"Prova a controllare sotto al divano, o sul leggio..."

"Non credo che tu l'abbia lasciata sul leggio. Prima quando ho sistemato non c'era nulla...provo a controllare sotto il divano" 

Cercai di uscire dalla porta della cucina, ma le altre formarono un muro impossibile da oltrepassare. Misi una mano sul microfono del telefono e lo allontanai da me per non farmi sentire da Mark, poi dissi: 

"Dai fatemi passare, c'è Mark che aspetta in linea"

"Mai"

"Chiudi quel telefono, ora"

"Digli che lo richiami, muoviti"

Rimasi accigliata qualche secondo, nella speranza che notando la mia espressione avrebbero ceduto e mi avrebbero lasciata passare, ma ovviamente fu tutto inutile. 

"Che palle che siete"

Avvicinai di nuovo il telefono a me e dissi:

"Ti dispiace se ti richiamo dopo? Non riesco a cercare bene con il telefono in mano"

Immediatamente mi resi conto che non esisteva scusa più stupida al mondo.

"Tranquilla, chiamami appena sai qualcosa"

"A dopo"

Riattaccai, senza neanche aspettare una risposta. 
Un varco si aprii istantaneamente per lasciarmi lo spazio necessario per ritornare in salotto e le altre iniziarono a seguirmi una ad una, in una quasi perfetta fila indiana. Scena alquanto inquietante, ripensandoci.

"Si può sapere cos'é questa storia?" - la voce di Emily risuonó alle mie spalle.

"Non c'é nessuna storia" - ribattei seccata

"Ah no?"

"Assolutamente no"

Lo sguardo carico di biasimo delle altre era puntato su di me, ed io incapace di sostenere ulteriormente i loro sguardi, sbottai. 

"Okay va bene, vi racconto tutto, ma solo se ne frattempo mi aiutate a cercare la pece di Mark. Dovrebbe essere qui in sala, o almeno credo"

La ricerca iniziò senza sosta mentre raccontavo loro dell'aiuto che Mark mi aveva chiesto e del pomeriggio trascorso insieme, cercando di omettere per quanto fosse possibile ogni sensazione vissuta in quegli attimi. 

"Quindi ricapitoliamo" - come al suo solito, Louise sentì la necessitá di fare il punto della situazione - "Mark ti ha chiesto di vedervi"

"Esattamente"

"E avete passato il pomeriggio insieme"

"A studiare" - precisai

"In casa, qui...da soli"

"Andiamo Louise, non è la prima volta che ci vediamo qui per studiare"

"E anche questa volta avete avuto il coraggio di non combinare assolutamente nulla?!"

Un'ondata di cuscini mi atterró in maniera improvvisa. Louise aveva cominciato a lanciarmi addosso qualsiasi oggetto si trovasse tra le mani e fortunatamente non c'era nulla di troppo pericoloso.

"Ma sei impazzita?! Aia mi fai male! Louisee!!"

"Siete due stupidi, ecco cosa siete" - Louise continuava a prendermi a cuscinate alternando un colpo ad ogni parola. 

Quando finalmente riuscii a scappare dai colpi della feroce belva, Jenna fece concentrare la mia attenzione su di lei.

"Io non vi capisco" - esordii - "È palese che tra voi ci sia dell'interesse, perché nasconderlo così?"

"Ancora? Quante volte dovrò dirvi che tra me e Mark non c'è nulla?"

"Scommetto tutto quello che vuoi, che se solo ti aprissi di più, Mark lascerebbe Charlie in un batter d'occhio e si concentrerebbe solo su di te" 

"Ho detto che non c'é nulla tra me e Mark. Basta. É così difficile da accettare o dobbiamo andare avanti tutta la sera a discutere di amori inesistenti? Piuttosto aiutatemi a cercare questa maledetta pece"

"Tieni" - Sarah mi porse la piccola scatoletta nera di Mark - "L'ho trovata mentre Louise stava cercando di ucciderti con quel cuscino"

Le sorrisi riconoscente.

"Ho trovato la tua pece"

"Posso passare a prenderla domani prima di andare a suonare? xx"

"Certo :)"

"Sei una grande, ti adoro"

La conversazione tra me e Mark si concluse cosí, e la serata si fece all'apparenza tranquilla, cosa che non avrei mai detto de fossi stata consapevole di quello che sarebbe successo dì a poco. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Ormai era quasi mezzanotte e ci ritrovammo buttate sul letto tutte insieme a parlare delle sciocchezze più assurde, pronte per crollare in un sonno profondo da un momento all'altro. 

"Voglio ballare" - Improvvisamente Emily si mise seduta sul letto guardandoci una per una, poi ripeté: "Voglio ballare"

"Prendi il telefono, un paio di cuffie e balla, basta che non ci caschi addosso mentre dormiamo"

"Ah, ah, ah Louise. Sei sempre divertente. Intendo dire che voglio ballare, ad una festa, ora"

"Emily é mezzanotte meno un quarto, non c'è nessuna festa nei dintorni, e anche se volessimo andare in qualche locale non abbiamo i vestiti adatti"

"C'è pur sempre l'armadio di Mic"

"Sì, ma abbiamo mangiato talmente tanto da sembrare delle salamelle"

"Andiamo, vi prego! Non ce la faccio più a stare qui senza fare niente. Non andiamo a ballare da quanto, un mese? Due?"

"Non se ne parla" - dissi - "Domani devo anche alzarmi abbastanza presto"

"A dire il vero, una festa nei dintorni ci sarebbe. James ha organizzato una festa a casa sua, potremmo andare lì. Stiamo per un paio d'ore, poi se ci annoiamo torniamo a casa prima, che ne dite?"

La proposta di Sarah fu accolta dalle altre con immediatezza. Non ci fu modo in cui potei provare a ribattere. Così, nel giro di venti, forse trenta minuti, mi ritrovai insieme alle altre in macchina di Sarah dritte verso una festa colma di persone sconosciute.

"Come facevi a sapere che James organizzava una festa? - urlò Emily dai posti di dietro per sovrastare la musica che proveniva dalla radio. 

Abbassai il volume.

"Ne stavano parlando delle ragazze al corso di biologia questa mattina. James ha chiesto a un po' di persone di fare passaparola pur di organizzare una di quelle feste enormi"

"L'importante è che ci sia la musica" 

"E l'alcool!" - sottolineò Jenna, facendoci ridere.

Nel giro di poco tempo, ci ritrovammo davanti una casa a dir poco enorme posta nel cuore della strada. James abitava a Coggeshall Avenue, non troppo lontano da casa mia. Appena scese dalla macchina, l'elevato volume della musica ci confermò la presenza di una festa non proprio piccolissima. Bussamo, ma ovviamente fu inutile, perchè la porta era socchiusa. Entrate tutto ciò che riuscimmo a vedere furono ammassi di persone che si accalcavano nella pista da ballo improvvisata e bicchieri pieni di alcool che giravano per la casa come contenessero acqua. Feci un respiro profondo, ormai rassegnata, e l'odore acre del sudore e dell'alcool mi penetrò in profondità nelle narici facendomi tossire.

"Iniziamo bene" - pensai

"Bhe, che stiamo aspettando? Non siamo venute qui per ballare?" - Emily ci guardò impaziente di buttarsi in pista.

"Non guardare me, sono troppo sobria per ballare. Il mio corpo reclama alcool, chi viene con me?" - La voce di Louise era percepibile a malapena sopra tutto quel casino

"Vengo io" 

Mi feci avanti, non perchè volessi bere, ma semplicemente per evitare di andare a ballare in quella baraonda. Non ero mai stata quel tipo di ragazza che si tira indietro davanti alle feste, ma quel giorno il mio umore non era affatto dei migliori, e non c'era nulla per cui volessi davvero festeggiare. 

"Vi aspettiamo in pista" - Urlò a quel punto Jenna, mentre le altre erano ormai già sparite nella folla. 

Io e Louise andammo a quel punto alla ricerca di alcool. Non difficilmente, arrivate in cucina, trovammo ciò che stavamo cercando. 

"Cazzo, James non si fa mancare niente a quanto pare"

Nella stanza, il tavolo centrale, era stato adibito a bancone, ed un ragazzo dietro di lui era impegnato a versare da bere a chiunque si presentasse a quel "bancone" arrangiato. Ci avvicinammo e ci mettemmo in fila. Dopo non molto arrivò il nostro turno. Mentre il ragazzo prendeva l'ordinazione da Louise ebbi l'opportunitá di guardarlo meglio in volto. Aveva un paio d'occhi chiari a dir poco stupendi, incorniciati da dei capelli castano chiaro, quasi color grano. A distrarmi da quella visione fu il ragazzo stesso, nel momento in cui poggiò il drink davanti a me. 

"Direi che ora non manca niente, possiamo andare" 

Okay, pensa Micol. Pensa. Un modo per andare in pista più tardi possibile, pensa. In fretta. 

"Non possiamo bere con calma e poi andare a ballare? Con tutta la confusione che c'è sicuramente non riusciremmo a bere"

"Un modo lo troverai, muovi quel culo e andiamo a ballare"

Determinata a non volermi muovere, avanzai una proposta.

"Ho la soluzione: tu vai a ballare, io rimango qui a bere e appena finito vi raggiungo. Compromesso?"

Mi guardò qualche secondo per poi accennare un "Eh va bene". Nel giro di pochi secondi anche Louise era sparita nella folla. Ora il mio unico obiettivo era restare in quella stanza da sola senza sembrare una scema. Adocchiai una sedia messa al lato del  tavolo e la occupai. Presi il telefono mentre lentamente bevevo uno dei soliti intrugli che solo Louise poteva ordinare. Il pensiero di scrivere un messaggio a Mark per chiedere a che ora sarebbe venuto l'indomani mattina mi balenò nella mente, ma in un attimo cancellai l'idea. Era tardi, e probabilmente stava dormendo, o era con Charlie... o peggio magari stava dormendo con lei. 
Continuai a bere fissando lo schermo del telefono, isolandomi completamente dal contesto intorno. 

"Se continui a bere così piano quello durerà fino alla prossima festa"

Alzai lo sguardo: il ragazzo del "bar" che poco prima ci aveva versato da bere mi guardava in modo confuso e divertito.

"Si vede così tanto che non ho voglia di bere?" 

"Se non ne hai voglia non dovresti farlo"

"Non ho voglia di rovinare la festa alle mie amiche" 

"Tutto chiaro. Ragazzina astemia che beve per non sentirsi esclusa dal gruppetto, wow che storia emozionante"

Mi voltai irritata.

"Come scusa?!"

"Non é forse così?"

"Affatto"

"Se lo dici tu"

"Coglione" - sputai fuori quell'insulto senza quasi rendermene conto.

"Cosa hai detto?!"

"Ho detto che sei un coglione, un grandissimo coglione" 

Mi alzai e, posato il bicchiere nel primo posto che mi capitò sotto tiro,nonostante non ne avessi voglia, raggiunsi le altre per andare a ballare.
Riuscii a trovarle con più facilitá del previsto e subito mi costrinsero a scatenarmi con loro. 
Ballai, senza pensare più a niente. L'unica cosa che riuscivo a sentire erano i bassi delle casse che continuavano a perforarci i timpani con la loro intensità.
La musica mi trascinava in un mondo a parte, quando dal nulla sentii una mano afferrarmi il braccio e tirarmi via. 

"Ma che cazzo..." 

Tentai di divincolarmi dalla stretta presa e non appena ci riuscii alzai lo sguardo per capire chi fosse stato a trascinarmi via così. Mi ritrovai faccia a faccia con un paio d'occhi azzurri, apparentemente familiari: quelli dell'irritante ragazzo al bancone.

"Si può sapere che fai? Sei impazzito?"

"Avremmo una discussione da finire"

"Non ho proprio nulla da dirti"

"Tu forse no, ma io sì"

Terminata la frase, mi prese per i fianchi e mi spinse con sè fuori dalla porta di ingresso. Ogni mio tentativo di liberarmi era inutile, la sua forza era troppa paragonata alla mia stazza minuta. 

"Ma sei matto? Ma chi ti credi di essere!" 

Arrivati sul pianerottolo dell'abitazione iniziai ad urlare in maniera esagerata, mentre lui indifferente si accendeva una sigaretta. 

"Dimmi un po', insulti sempre gli sconosciuti che incontri?" - la sua voce era calma e divertita, completamente opposta alla mia, che era invece alta e contrariata. 

"E tu trascini sempre via le ragazze che incontri?"

"Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda"

"Tu hai dei seri problemi"

"Io, o tu che continui ad urlare come se ti avessero appena ucciso il gatto? Anzi fossi in te abbasserei la voce prima che qualcuno qui attorno possa chiamare la polizia"

"Mi é lecito sapere per quale motivo mi hai trascinata fuori come uno psicopatico, o dobbiamo invecchiare qui?"

Mi guardò senza rispondere, continuando a fumare tranquillo la sua sigaretta.

"Allora?" - incalzai di nuovo, nella speranza di ottenere una risposta.

"Non é carino insultare una persona che non conosci, é anche pericoloso a dire la verità"

"Se sei un coglione non é di certo colpa mia"

"Se davvero vuoi continuare ad insultarmi, almeno dovresti conoscermi"

Mi guardò e mi fece l'occhiolino: cosa cavolo stava succedendo?

"Non ho bisogno di conoscerti ancora per capire che sei un'idiota, ti si legge in faccia"

"Ah sì?"

"Decisamente"

Lo vidi avvicinarsi a me, pericolosamente. Con la mano libera in una mossa agile e veloce estrasse il telefono dalla mia tasca per segnarci sopra il suo numero, subito dopo si mandò un messaggio per avere il mio numero. Mi restituì il telefono, e proprio mentre stava per dirmi altro la porta si spalancò e mi ritrovai davanti le altre.

"Ecco dove diamine eri finita! Dobbiamo andare, Emily sta uscendo fuori di testa. Prima che finisca come l'ultima volta sarà meglio andare"

Annuì senza dire nulla. Lasciai che mi passassero avanti per potermi voltare verso il barista irrequieto. Nessuno dei due disse mezza parola. Mi salutò con un cenno ed un sorriso, che non ricambiai. Poco dopo eravamo in macchina sulla via del ritorno. 

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