Idiota

di vesta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una mattinata come le altre ***
Capitolo 2: *** Prima ora: buca ***
Capitolo 3: *** Seconda ora: posso andare in bagno? ***
Capitolo 4: *** Terza ora: storia ***
Capitolo 5: *** Daria ***
Capitolo 6: *** Sara ***
Capitolo 7: *** Elena ***
Capitolo 8: *** Cristina ***
Capitolo 9: *** Intervallo ***
Capitolo 10: *** Quarta ora: punizione ***
Capitolo 11: *** Quinta ora: filosofia ***
Capitolo 12: *** Il DopoScuola ***
Capitolo 13: *** Il mio racconto ***
Capitolo 14: *** REGISTRAZIONE N.19 CASO:135 B h2:30 am 01/01/2000 ***
Capitolo 15: *** Occhi cerulei ***
Capitolo 16: *** Il S.Antonio ***
Capitolo 17: *** Infermeria ***
Capitolo 18: *** A casa di Valeria ***
Capitolo 19: *** Caleb ***
Capitolo 20: *** Quando sorge il sole ***
Capitolo 21: *** Malati ***



Capitolo 1
*** Una mattinata come le altre ***


UNA MATTINATA COME LE ALTRE

"Che idiota..." ormai lo so da dieci anni, eppure lui non fa altro che ricordarmelo.

Una giornata come le altre, sono le sette e mezza di mattina e come al solito sono arrivata a scuola per prima. Mi piace l'aria gelida del mattino che ferisce e incolorisce le mie guance, la tranquillità e la pace che si respira prima di un'imminente tempesta di scolari. Leggo un libro con scarso interesse, spiando di sott'occhio i vari professori, studenti e bidelli che man mano entrano nella struttura scolastica. Sono arrivate anche alcune mie compagne, le saluto e ci mettiamo a parlare del più e del meno. "Ragazze, ragazze! Alzatevi, dai venite muovetevi!" ed è così che Camilla, una mia compagna, ci saluta discretamente :" Dai dai veloci! Questa la dovete proprio vedere!" altre mie compagne chiedono cosa ci sia di così imperdibile da andare a vedere, ma Camilla, penso perché presa dall'agitazione, non riesce a spiegarsi a parole e cerca di spiegarsi tramite dei gesti che a lei sembrano molto chiari nel loro significato, purtroppo lo sono solo a lei, di conseguenza una per una le mie compagne prese dalla curiosità si alzano e seguono Camilla....

Io rimango seduta dove sono, non mi piace il caos e più ne sto lontana meglio è per me, quindi riprendo la lettura del mio libro sperando che la campanella suoni velocemente, perché comincio a sentire freddo.

 La campanella suona, con mia grande gioia, mi alzo, mi infilo la cartella ed eccolo: un ragazzo, vestito particolarmente leggero per una giornata così fredda, capelli neri come la notte, occhi cristallini, lunghe gambe, addominali ben definiti.... aspetta, addominali? Ovvio che si vedano gli addominali, finché le persone camminano facendo la la verticale ed indossando unicamente una camicia che non è neanche infilata nei jeans! Mi volto incamminandomi verso l'entrata quando delle urla, mio malgrado fin troppo famigliari, mi fanno voltare verso chi le sta pronunciando.

"Hei Cri! Ci sto riuscendo! Entrerò a scuola camminando sulle mani, dai vieni a farmi il tifo!"

E proprio in quel momento in cui i nostri occhi si specchiano gli uni negli altri penso : Idiota...

Mi rivolto quasi immediatamente riprendendo il mio percorso, mentre ancora questo pensiero invade la mia mente, sorprendendomi ogni volta che non ci sia niente di più vero.

Appena seduta  sento urla e fischi, probabilmente l'Idiota è riuscito nel suo inutile intento. Pochi minuti dopo vedo le mie compagne di classe entrare in aula euforiche ed agitate, ancora impegnate a rivivere la recente impresa, a detta loro "stupefacente". Sara e Daria, due delle tre mie compagne a cui sono più affezionata, mi si avvicinano sghignazzando ed emettendo ridicoli risolini, di cui sospetto conoscerne l'origine: "Cri daaai vieni a fare il tifo per me!" "Si dai Cri senza il tuo sostegno non ce la farò mai!" e così il mio sospetto si tramuta in assoluta certezza, "Se dovete imitarlo almeno fatelo decentemente. Non avete ancora finito con questa ridicola idea?"
"Ridicola idea? Quale ridicola idea? Perché tutti sono così euforici?" Colei alla quale appartengono tutte queste domande è Elena, la terza delle compagne a cui sono affezionata nonché la mia migliore amica. Neanche riesco ad aprire la bocca che già Sara la sta mettendo al corrente dell'accaduto, mentre Daria non fa altro che sottolineare quanto questo episodio confermi la loro stravagante idea, secondo la quale l'Idiota è, per qualche oscura e misteriosa ragione, attratto non altri che da me, una persona che da dieci anni non fa altro che prenderlo in giro, ignorarlo e chiamarlo idiota.

"Che grande! La prossima volta lo sfido!" Signori e signore ecco a voi la mia migliore amica: una ragazza che non pensa ad altro che a prevalere su tutto e su tutti, nello sport, nello studio..... è una ragazza altruista, sempre disponibile, si dedica con eccessivo entusiasmo in tutto quello che fa, infatti è anche per questo che è la "secchiona" della classe, è simpatica, ha un fantastico senso dell'umorismo, ma a volte diventa permalosa ed io divento l'unica persona al mondo che riesce a calmarla, mentre lei è l'unica che mi capisce completamente, profondamente, senza mai giudicarmi...

"Solo l'aspetto della sua bizzarra sfida ti è rimasto impresso?" chiede Sara.

"Perché che altro c'è?" dice perplessa Elena.

"Per essere intelligente sei proprio tonta... a lui piace Cristina!" esordisce Daria.

"E che c'è di strano? è da una vita che si amano quei due" dice Elena lasciando tutte a bocca aperta, e lasciando me a pensare che forse non mi capisce poi così bene come pensavo.

"Come scusa?" chiedono in coro  altre due mie compagne attirate dall'affermazione della mia amica. Per chiarire il prima possibile questo enorme equivoco mi affretto ad aprire la bocca:

"Elena farnetica, è impossibile che io possa amare un idiota del genere e a chi mai potrei piacere visto e considerato il disastro che sono?"


"A me! Io amo Cri!"

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Capitolo 2
*** Prima ora: buca ***



  PRIMA ORA: BUCA

“Adesso che abbiamo chiarito, qualcuno può spiegarmi perché la prof non è ancora arrivata in classe?” 
chiedo, ignorando l'affermazione precedente sapendo già, solo dalla voce, a chi appartiene e quindi anche il modo di interpretarla. Invece tutte le altre guardarono il proprietario di quella frase, alquanto fraintendibile, e me.
“Cri, sei crudele! Mi stai ignorando! Questo mi ferisce... per farti perdonare dovrai comprarmi da mangiare!”
Idiota....E già questo dovrebbe far capire chi sia questa persona.
“Senti Idiota: uno, non dire cose che la gente potrebbe fraintendere. Due: non ho intenzione di comprarti da mangiare, visto che, come hai fatto notare, ti sto deliberatamente ignorando”
“Scusa Cristi, ma se lo stai ignorando allora non dovresti neanche parlargli” fa notare puntigliosamente, come al suo solito Elena.
'Grazie Ele sei molto d' aiuto...' 
'Non c'è bisogno di ringraziarmi' ci sillabiamo a vicenda Elena ed io.
“La Ele ha ragione, come al solito del resto- fa l'occhiolino ad Elena – e comunque non capisco cosa intendi con: fraintendibile...” dopo averlo detto si mordicchia il pollice e guarda il soffitto con aria pensierosa. 
Sto per rispondergli, quando Camilla si avvicina a noi e risponde al posto mio, anche se con un tono ed un atteggiamento che non mi appartengono assolutamente, identificabili in un unico aggettivo: civettoso.
“Che sei innamorato di Cristina sciocchino!” Ridacchia... una risata palesemente forzata e si aggrappa al braccio dell'idiota, il quale non dà un minimo cenno di disagio verso il comportamento della ragazza, anche se, io lo so, gli da particolarmente sui nervi e per questo motivo mi esce una risata, scappata al mio controllo, ottenendo così lo sguardo di tutti su di me e, in reazione a questo, un ovvio color rosso vergogna ad imporporarmi le guance.
“Ecco è questo che intendo” comincia a blaterare l'idiota:” Voi vi chiedete in che senso la ami, beh ecco il senso: amo le sue risate incontrollate, amo disperatamente quel rosso acceso che le dipinge le guance... insomma amo tutte le sue reazioni più sincere, che mostrano la vera lei, la amo nel senso che mi piace da matti osservarla, perché ciò che vedo è più bello di qualsiasi altra cosa che io possa mai immaginare”... finisce il suo discorso e mi guarda intensamente con i suoi occhi così profondi che sembrano ferire chi li guarda, sento questo discorso dalla terza elementare ormai, ma non so spiegarmene la ragione per cui ne rimango sempre senza fiato e mi perdo nel vasto oceano che sono i suoi occhi alla fine. Questa cosa mi fa impazzire, in tutti i sensi...
“Quindi ami GUARDARE Cristina, perché ti DIVERTONO i suoi comportamenti! Adesso si che è tutto chiaro” interviene per l'ennesima Camilla, evidentemente infastidita dal discorso e dall'atmosfera che si era creata, questa volta però, anche il perfetto attore non riesce a mascherare il fastidio che gli ha suscitato quest'ultima battuta da parte della ragazza, la fulmina istantaneamente con un'occhiata gelida e io mi ritrovo con stampata, in faccia un sorriso ebete, e nella mente il solito appellativo: Idiota.
Tutti in classe ricominciarono a parlottare tra di loro, mentre l'Idiota si avvia all'uscita della classe salutando tutte.
“Beh nessuno risponde alla mia domanda? Allora perché la prof non si fa vedere?” richiedo alle mie amiche con un un fare finto-scocciato. 
Mentre le mie amiche mi stanno ricordando 'molto gentilmente' che oggi avevamo l'ora buca perché la prof era malata e pendendo in giro la mia memoria, mi volto verso la porta:”A dopo Cristina...” lo vedo dirmi,
“A dopo Rayan” questo è il nome dell'Idiota.

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Capitolo 3
*** Seconda ora: posso andare in bagno? ***



SECONDA ORA: POSSO ANDARE IN BAGNO?

“Su ragazze, mettetevi sedute!” 
Strillò la prof di scienze, arrivata puntualmente al suonare della seconda campanella.
“Per la miseria ragazze, per essere una classe tutta femminile fate più confusione di un'intera classe di soli ragazzi!”
A questa affermazione ci voltiamo tutte in direzione della prof con sguardi sbigottiti ed increduli.
“Bene, ora che ho ottenuto la vostra attenzione sedetevi e prendete i libri!”
L'intera classe tira un sospiro di sollievo, visto che, tutte per un attimo, avevamo pensato che la prof fosse del tutto impazzita.
“Prof scusi, potrei andare ai servizi?” Chiedo alzando la mano.
“Signorina, noto, leggendo dal registro, che nell'ora precedente non avevate nessuno, erro per caso?” Mi chiede, in risposta, la prof.
“Nessuno sbaglio prof “ Le rispondo io, immaginando dove voglia andare a parare.
“Allora, Signorina, potrebbe essere così gentile da espormi la ragione per cui non si è recata alla toilette, nel mentre non avevate nessuna lezione a cui prestare attenzione?”
Eccola! Lo sapevo, ma mi da un immenso piacere recare fastidio a quella donna, il modo in cui formula le sue domande è così datato che fa ridere a crepa pelle tutte quante.
“Professoressa, non mi recai alla toilette nell'ora procedente, poiché non avevo necessità fisiologiche all'ora da soddisfare, mentre ora le mie necessità richiedono di essere soddisfatte al quanto velocemente...”
 Rispondo nella forma che ritengo più adatta a soddisfare la domanda della prof.

“D'accordo, d'accordo, ho capito! Sbrigati ad andare ed a tornare!Su, che ci fai ancora seduta? Su, su, muoviti!” 
Mi ordina, visibilmente seccata dalla mia risposta sfacciata.
“Vado, vado!” Dico incamminandomi verso i bagni della scuola.
Sono al quanto svogliata oggi, perciò credo che me la prenderò comoda.
La nostra aula è situata al pian terreno, di fianco al bar della scuola; il bagno, invece, è dalla parte opposta e perciò posso osservare le varie classi, sul mio tragitto, ed il cortile.
Non ci sono molte classi con la porta aperta e quelle che ce l'hanno, al suo interno, ci vedo solo studenti annoiati mortalmente dalla lezione in corso, studenti che saluto con la mano, così da dare loro qualcosa con cui distrarsi per un secondo.
Nel cortile c'è Moreno, il bidello, che raggruppa le foglie per poi buttarle. Moreno mi vede e mi saluta, contraccambio il saluto, mi avvicino ad una delle finestre del corridoio, che si affaccia sul cortile, la apro e scambio quattro chiacchiere con lui. 
Prima di salutarmi mi chiede cosa ci sto facendo in corridoio, saputa la mia motivazione mi incita ad affrettarmi, ma poi mi guarda con aria complice, sapendo che non seguirò il suo consiglio, sorrido e riprendo la mia strada.
“Stai cercando di farmi ingelosire?” Qualcuno mi soffia nell'orecchio.
“Da semplice idiota ti sei evoluto in uno stalker?” Domando, dopo aver capito, in seguito ad un momento di confusione, dovuto al brivido di quel sussurro, a chi appartiene quella voce melliflua e suadente.... che detesto.
“Criiiii!!! Ma come sei crudele! Sai che lo faccio per te!” Dice mettendo su il broncio.
“Che espressione da idiota... Piantala di fare l'offeso e torna in classe, visto e considerato che non ti puoi permettere di saltare le lezioni data la tua stupidità!” Gli... suggerisco in tono autorevole.
“Ah! Chi è stupido adesso? Ti ho appena detto che è per te” Sottolinea con fare arrogante.
“Cosa significa che è per me? Non azzardarti a darmi la colpa del perché stai saltando l'ora, visto che non sei un veggente e quindi non potevi sapere che sarei passata di qua.” Gli rinfaccio al quanto seccata.
“No, no! Non hai capito! Mi hanno buttato fuori dalla classe...” Dice con aria un po malinconica.
“.....E come mai?” Mi sforzo a chiedergli alzando gli occhi al cielo.
“Allora non ci senti proprio, comincio a preoccuparmi, non è che stai male? Di solito sei più ricettiva.. Ti ho detto che è P-E-R  T-E!!” 
Strilla, quindi mi affretto a mettergli una mano sulla bocca spingendolo contro il muro, ottenendo, così, da parte sua un'occhiata stupita, che mi fa rendere conto improvvisamente in che posizione ci troviamo: io che lo comprimo contro il muro, la mia mano sulla sua bocca, la sua gamba in mezzo alle mie e il mio viso pericolosamente vicino al suo, cosa che mi fa arrossire immediatamente.
 Vedendolo ammutolito, allontano la mia mano e gli metto un dito sulle labbra facendogli intendere di essere più discreto.
 Lui mi guarda con un espressione che non riesco a decifrare e questo più il silenzio imbarazzante creatosi mi inducono a riprendere la parola:
“Spiegami il motivo per cui io sono responsabile di ciò...” 
Lo dico girandogli le spalle e mettendo tra noi dello spazio, permettendo così al mio imbarazzo di scemare...spero.
Dopo secondi che mi sembrano interminabili lui parla :
” Visto che non eri venuta a fare il tifo per me volevo delle spiegazioni, quindi sono venuto da te, ma poi tu hai fatto quella domanda e ho risposto senza pensarci.... Poi ci si è messa anche quella Gallina! Giuro non la sopporto, quando mi ha preso il braccio mi sono venuti i brividi, per non parlare dell'effetto della sua voce, dire stridula è poco, direttamente nelle mie orecchie! Non c'è una volta che si faccia gli affari suoi, ma è capace di far vivere la gente??........” 
Continua così per cinque minuti buoni, nei quali mi sono rivoltata verso di lui e rido senza controllo, per via della sua faccia tutta rossa di rabbia trattenuta. 
“Cristi, ma sei scema? Cosa stai facendo?? Ti rendi conto che sei via ormai già da un quarto d'ora?!” Sento urlare Sara, probabilmente mandata dalla prof per vedere dove fossi finita.
“Ahhhhh!!! Adesso mi spiego perché ci stai mettendo tanto...” Aggiunge Sara quando vede che con me c'è anche Rayan. Sembra che stia per aggiungere qualcosa, quindi mi affretto a prenderla sotto braccio ed a trascinarla via.
Mentre cerco di frenare le sue risatine allusive, sento una presenza dietro di me, mi giro e vedo Rayan appoggiato al muro fissarmi con uno sguardo che mi fa avvampare all'istante..
“...Idiota...”

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Capitolo 4
*** Terza ora: storia ***


TERZA ORA: STORIA

Sara ed io tornammo in classe, dopo una ramanzina della prof ed alcune battute da parte delle mie compagne riguardo al tempo che impiegai per andare al bagno, al quale adesso che ci penso non ci sono neanche più andata, riprendemmo la lezione.

'Alleluia la tortura è finita' penso appena suona la campanella.
“Che materia abbiamo adesso?” Mi chiede timidamente la mia compagna di banco Valeria, una ragazza che si è appena trasferita, è molto timida e discreta, non so se sia il suo vero carattere o se sia solo dovuto al fatto che sia nuova, ma ho intenzione di scoprirlo presto.
“Storia.... che barba infinita! È soporifera quella donna quando spiega!” Risponde al posto mio Sara, che si è avvicinata ai nostri banchi insieme a Daria.
“Tanto non spiega quindi c'è una remota possibilità che tu ti possa addormentare oggi” Le fa notare Daria.
“Cosa?!?! Come non spiega? E allora cosa facciamo?!?” Chiede allarmata Sara, presa alla sprovvista.
“La solita... Quand'è che ti deciderai a crescere ed imparare a stare attenta durante le lezioni?” La canzono io.
“Oggi dovevamo portare la ricerca di un argomento a piacere che abbiamo affrontato durante l'anno” Rispondo alla sua tacita domanda.
“V-voi s-su cosa l'ha avete fatta?” Si sforza a domandare Valeria.
“Io l'ho fatta sui tipi di sport praticati durante le varie epoche storie affrontate” Interviene Elena con il suo atteggiamento da: io ho avuto un'idea geniale che sarà sicuramente sarà migliore di tutte le altre. Atteggiamento che non finirà mai di divertirmi.
“Cristi tu su cosa l'hai fatta?” Mi domanda Elena modo sfida. 
Lei ed io siamo solite a questi scenari sin dalla prima superiore, quando, per mia enorme sfortuna, presi in un tema un voto più alto del suo, da all'ora lei pensa di essere in continua competizione con me in tutto. 
All'inizio, questo suo atteggiamento competitivo, mi infastidiva oltre ogni dire, per via della mia natura pacifica, o meglio, scostante da ogni cosa, ma grazie lei riuscii ad aprirmi ed a farmi conoscere dalle mie attuali amiche, cosa per cui le sono molto grata.
Questo aspetto del suo carattere, adesso, non mi infastidisce più, anzi, mi diverte moltissimo.
“Sui diversi stili di scrittura adottati in ogni epoca storica di cui abbiamo parlato” Rispondo sostenendo il suo sguardo.
“Bella Cristi! Solo a noi vengono idee così geniali!” Mi dice con un sorriso sincero e dandomi il cinque, si, perché ormai, la sua competizione con me si è tramutata in una competizione di noi due contro tutti gli altri, anche se lei non lo ammetterebbe mai.
“Tu Vale su cosa l'hai fatta?” Chiedo a Valeria con interesse, ma prima che lei possa rispondermi, fa la sua apparizione in classe la professoressa di storia, sento Sara fare un sussulto, ma Daria la tranquillizza dicendole che se chiederà le ricerche gliene darà metà della sua, poi tutte corrono ai propri posti.
Dopo aver fatto velocemente l'appello, la prof ci comunica:” Allora, mi ricordo che per oggi vi avevo dato una ricerca da fare...” 
Mi giro verso Sara, la vedo tremare di terrore, Daria le fa un occhiolino, poi guardo Elena e la vedo sillabarmi che non vede l'ora di dire la sua ricerca , io butto gli occhi al cielo esasperata dalle mie amiche troppo emotive, ma non riesco a trattenere un sorriso.
“ … Questa notte mi è venuta un'idea fantastica: a posto della solita tiritera dell'esposizione delle ricerche ho deciso di mettervi in gruppi di cinque, farvi mettere insieme le vostre ricerche che poi reciterete! Allora che ve ne pare?”
L'idea della prof suscita il mormorio generale. La classe si divide: alcune avanzano proteste, preoccupate dall'aspetto della recitazione che potrebbe influire sul voto, altre così eccitate da battere le mani!
Daria, Sara, Elena ed io, neanche a dirlo, eravamo quelle che battevano le mani. Appena la prof finì di parlare infatti, ci cercammo tutte con lo sguardo e quando tutte ricevemmo le une dalle altre sguardi complici scoppiammo a ridere ed entusiaste battemmo le mani.
Dopo aver sedato le varie sommosse da parte degli anarchici la prof ci suddivise in gruppi di cinque e grazie alla fortuna sfacciata di Sara, che oltre ad essere riuscita a passarla liscia sul fatto di non aver fatto la ricerca , ci ritrovammo in gruppo lei, Daria, Elena, Valeria ed io.
Fortuna che non manco di certo a far notare:” Dovremmo tagliarti una zampa come si fa hai conigli, non vorrai mica essere così egoista da volere tutta per te questa fortuna vero?”
“Cristi! Io non sono fortunata, sono astuta è diverso” Controbatte altezzosamente Sara.
“Ah è così? Beh allora non avrai di certo problemi a cavartela senza le nostre ricerche vero?” le domanda, lei si che è astuta, Elena, ritirando tutte le ricerche dal banco.
“Cosa? No, no, no, ti prego non intendevo quello, per favore, per favore! Cosa vuoi? Un dito? Una mano? Va bene, va bene tutto quello che vuoi, se vuoi ti do anche il piede, anzi tutti e due!”Si affretta a dire Sara mettendo un piede e le mani sul banco con i lacrimoni agli occhi.
“Sara, Sara, tranquilla, lo sai che la Ele scherza, guarda Cristi, sta ridendo come una pazza, sai che non ti faremmo mai del male e che ti aiuteremo di certo” La tranquillizza Daria ponendole un fazzoletto, Sara le si butta al collo farfugliando dei grazie.
“Direi che abbiamo trovato la nostra attrice principale” Dico tra un singhiozzo e l'altro provocato dalle risate a cui tutte si uniscono, che ci procura un avvertimento da parte della professoressa infastidita dalla confusione generale.
“Sembrate tutte molto molto unite, siete amiche da tanto?” Ci chiede Valeria, penso incoraggiata dall'atmosfera allegra creatosi. 
Ci guardiamo e capisco che stiamo tutte pensando alla prima volta che ci siamo viste, sorrido e prendo a raccontare:
“Allora....”

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Capitolo 5
*** Daria ***


DARIA

'Una ragazza dolce, gentile, altruista, mite, timida per alcuni versi ed anche...... spaventosa!
Daria: capelli color argento, bocca a cuoricino, occhi verde acqua che sembrano aver effetto tranquillante su chiunque, minuta ed con un bel fisico proporzionato; quando la vidi per la prima volta non me lo sarei mai immaginato...
Era uno dei tanti giorni delle vacanze estive della terza media quando vidi Daria la prima volta, durante una delle mie frequenti visite in biblioteca, non era una cliente, ma una dipendente, stava ritirando diversi volumi su uno scaffale della sezione Storia. 
Quella ragazza così esile con gli occhiali mi parve sin da subito una ragazza timida e diligente, mi piacque all'istante.
La rividi il Mercoledì della settimana successiva, giorno in cui mi reco solitamente in biblioteca. Mi misi al mio solito posto e la osservai.
Come avevo immaginato era molto cordiale e rispettosa verso i clienti ed anche timida verso i complimenti che le rivolgevano. Più la osservavo più mi veniva voglia di rivolgerle la parola, non mi succedeva da molto tempo, ma dato che non è da me fare il primo passo non le parlai.
Fino al fatidico giorno.
 Avevo cominciato ad andare in biblioteca più spesso, ormai la osservavo da più di due mesi e cominciavo vagamente a sentirmi una stalker, ma in quei mesi scoprii molti altri aspetti del suo carattere : 
oltre a quelli che si potevano infatti intuire dal solo guardarla ce ne erano altri che mai ci si potrebbe aspettare, avevo notato che ogni volta che non riusciva a raggiungere uno scaffale imprecava sotto voce, quando qualcuno faceva qualche commento volgare lo insultava, ma sempre a bassa voce, e poi c'erano dei giorni in cui era particolarmente suscettibile, non si limitava più alle imprecazioni sotto voce, passava ad aggredire, nel vero senso della parola, le cose, una volta la beccai mentre buttava violentemente a terra un libro, lo calciava e ci saltava sopra.
Il giorno in cui le rivolsi per la prima volta la parola era proprio uno di quei giorni, etichettati da me, ad “alto rischio”.
Ero seduta al mio posto a leggere e, come di consueto ormai, uno dei miei occhi era intento a seguire la ragazza dai capelli argento.
Capii subito che era una giornata ad “alto rischio” dal fatto che la sua treccia, di solito perfettamente ordinata, fosse un po spettinata, ma soprattutto da come entrò in biblioteca: sbatté con così tanta forza la porta che tutti per un attimo si girarono verso di lei, per poi riprendere le loro letture. 
La seguii per un po con lo sguardo, ma la persi di vista quando salì al piano superiore.
“Criii!!! Ero sicuro di trovarti qui visto che è Mercoledì!” Mi vennero i brividi a sentire quella voce urlare in un tale modo dentro alla biblioteca, luogo in cui mi sento molto sicura, visto che solitamente non è frequentata dagli idioti.
“Datti una calmata Idiota! Non vedi dove siamo?” Dissi risoluta bisbigliando.
“Cosa??? Non riesco a sentirti! Alza la voce Cri, hai una voce così bella!” Si mise ad urlare ancora, scodinzolando e guardandomi come un cucciolo smarrito.
“Ti vuoi dare un contegno? Mi stai disturbando razza di Idio-” “Scusi, non so chi sia lei, ma è palese che sta disturbando questa ragazza, quindi le chiedo GENTILMENTE di andarsene, prima che chiami la polizia per molestie!” 
La minaccia risuonò all'interno di tutta la struttura, l'artefice di tale scompiglio era proprio la ragazza mite dai capelli argento.
“..S-scusami, mi dispiace, ma..” Tentò di scusarsi Rayan...
“FUORI!” Ma lei non gliene diede il tempo.
Rayan, allora, se ne andò con la coda tra le gambe salutandomi titubante con la mano.
“Mi dispiace che ti abbiano importunato, se posso fare qualcosa chiedi pure. I tipi come lui proprio non li reggo!” 
Scoppiai a ridere! Tutta quella situazione era tremendamente esilarante, davanti a me c'era una ragazzina con i capelli tutti scompigliati e le guance rosse dalla rabbia.
Per calmarci, entrambe andammo a prendere un the e passammo il pomeriggio a parlare dei suoi cinque fratelli minori, causa di quelle sue giornate ad “alto rischio”, dai suoi racconti infatti parvero anche a me dei terribili diavoli sotto forma d'innocenti bambini, ma ai quali, imparai più tardi, voleva un bene dell'anima, e io le confessai dei miei studi su dei lei, dei quali, fortunatamente, rise.
Le settimane seguenti furono un vero idillio: tutti i pomeriggi Daria ed io sorseggiammo the durante la lettura dei libri che ci consigliavamo a vicenda, lei mi raccontò delle sue aspirazioni di scrittrice e delle marachelle dei suoi fratellini, mentre io delle marachelle dell'idiota e di quanto mi stesse sui nervi, lo conobbe anche, certo, all'inizio erano tutti e due molto a disagio per via del loro primo incontro, episodio di cui io ero entusiasta e che desideravo ardentemente si ripetesse, sperando di aver trovato uno spirito affine al mio con cui stipulare una sorta di “Alleanza anti-Idiota”, ma ciò, ahimè, non avvenne, anzi, se è possibile Rayan divenne anche più simpatico di me alla mia nuova amica.
I nostri pomeriggi passarono nella tranquillità della biblioteca, con Rayan e me che battibeccavamo al nostro solito e Daria che cercava disperatamente di mettere quiete tra di noi, spesso con le sole parole, ma nei giorni ad “alto rischio”..... beh di quei giorni porto ancora delle cicatrici.
Questi giorni felici ovviamente furono interrotti con l'arrivo di Sara...

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Capitolo 6
*** Sara ***


 

SARA

 

'Tutto cambiò quando conobbi Sara.

L'avevo già vista in diverse occasioni sul pullman, ma la mia opinione di lei era pessima.

Sara era la tipica ragazza che tutti descrivevano come: l'anima di tutte le feste, il mio completo opposto.

Essendo molto ricca e figlia unica è stata educata secondo le norme sociali più aristocratiche e sin da piccola era stata abituata a stare in mezzo alla gente.

Di bell'aspetto: alta, fisico da top model, capelli biondi lunghissimi, occhi di un blu notte e di famiglia ricca, cos'altro si può desiderare?

A parere delle persone che la conoscevano all'ora a Sara nulla, ma a me era ovvio che fosse falsa.

Era facile capirlo, dispensava sorrisi a destra e a manca, si impegnava fin troppo nel suo abbigliamento, come se volesse essere accettata ad ogni costo e, cosa più importante, quando lei ed il suo gruppo di amici puntavano qualcuno da schernire ad ogni maligna battuta sul povero malcapitato si mordeva le labbra con forza, come ad infliggersi una punizione.

“Sono pazza!!” Affermò un giorno sul pullman quando uno del suo giro le chiese come si fosse descritta in una parola, io ero pienamente d'accordo con lei: era pazza, per il semplice motivo che una persona normale non si sarebbe mai comportata come faceva lei.

Era un Mercoledì e come di consueto mi recai in biblioteca dove ebbi una spiacevole sorpresa: una biondina alquanto famigliare stava alzando un po troppo la voce con la mia amica novella.

Quando mi avvicinai con l'intenzione di mettere fine a quella discussione la biondina si diresse verso l'uscita, ma prima di aprire la porta ed andarsene, si girò nella direzione di Daria e sfoggiò un sorriso che non era come quelli che le vidi fare in precedenza, era sincero.

Mi diressi verso Daria e le chiesi cosa volesse Sara da lei, mi spiegò che miss Capelli Raperonzolo era stata sfidata da alcune, a detta sua “amiche”, a rimorchiare, termine che disprezzo alquanto, il ragazzo più bello della scuola e che voleva quindi il suo aiuto.

Ci misi un po a capire il collegamento tra le due cose, ma l'illuminazione mi venne quando il più idiota della scuola, nonché del mondo, fece la sua entrata, ricordandomi così che spesso bellezza ed idiozia vanno a braccetto.

Mi infastidì molto ciò che accadde nelle settimane seguenti.

Al nostro abituale terzetto si era aggiunta una quarta persona, sgradevole aggiungerei, su richieste insistenti da parte di quest'ultima, decisissima a vincere la sua dannata scommessa, cosa che non potevo far a meno di ammirare, dato che mi piacciono le persone determinate, la cosa che disprezzavo, però, era la modalità con cui stava cercando di vincere, ovvero in modo totalmente sleale.

Aveva corrotto Daria con l'unica cosa che l'avrebbe mai potuta corrompere: capelli biondi si era offerta come baby sitter dei cinque demoni per un mese intero, neanche a dirlo Daria si sciolse come cioccolata al Sole.

A me non cercò neanche di corrompermi, anzi, evitava persino di rivolgermi la parola, si limitava a salutarmi con la mano.

Nella sua missione di conquista non muoveva neanche un dito, lasciva che Daria tessesse le sue lodi all'infinito durante i nostri incontri e l'Idiota, essendo tale, non si accorse minimamente di cosa stava accadendo.

Non sono una persona che da molta importanza a ciò che fanno gli altri, essendo il mio motto: vivi e lascia vivere, ma c'era in quella ragazza qualcosa che mi dava talmente sui nervi che un giorno decisi per un approccio estremo.

“La dobbiamo seguire!”

Comunicai a Daria frettolosamente prima di trascinarla davanti alla sontuosa villa della Principessa vestite come le più tradizionali spie: impermeabili, occhiali da sole e due giornali del giorno.

Dopo quindici minuti di appostamento cominciammo a sentire strilli, urla, grida all'interno della villa e subito dopo una figura incappucciata, vestita tutta di nero uscì sbattendo la porta, quando vidi delle ciocche bionde fuoriuscire dal cappuccio presi per mano Daria e corremmo dietro a quella persona che tanto in quella giornata ci parve un uragano.

Prima tappa: una casa di riposo, nella quale, grazie alle informazioni estorte ai dipendenti, venimmo a sapere che Sara svolgeva delle lezioni di pianoforte gratuite agli ospiti della struttura.

Seconda tappa: un asilo, dove vedemmo Sara impartire altre lezioni di pianoforte.

Terza tappa: raccolta di beni usati, Sara cercava di attirare l'attenzione dei passanti sull'evento, spesso ricevendo anche insulti, ai quali però sapeva rispondere a tono.

Quarta tappa: mensa dei poveri, serviva da mangiare.

Quinta tappa: andò in un vicolo, che è risaputo accogliere barboni, ad assicurarsi che avessero tutto il necessario per la notte, ci accorgemmo anche che molti dei senza tetto la salutarono e le parlarono con molta confidenza, ovviamente la conoscevano già da tempo.

Sesta ed ultima tappa: una banca, in cui vedemmo Sara dare ad un dipendente un'ingente somma di denaro, gesto che comprendemmo solo più tardi a casa sua:

una feroce lite tra lei ed i suoi genitori dovuta al fatto che la figlia rubasse nella propria casa soldi che poi devolveva in beneficenza, lei non controbatteva, si limitava a mordersi il labbro.

In quel momento capii il perché mi desse così tanto sui nervi.

Dopo aver passato la serata ad asciugare le lacrime di Daria, scossa per via dell'atteggiamento dei genitori di Sara verso la figlia, andai a casa e, guadando fuori dalla finestra le stelle illuminare una notte altrimenti scura, compresi di aver visto sino ad allora solo le spine di una rosa forte, gentile e bellissima.

Il giorno seguente mi recai in biblioteca il più velocemente possibile pronta a scambiare qualche parola con Sara.

Daria mi disse che era uscita con Rayan per un appuntamento e che le aveva confidato che quello era il giorno in cui l'avrebbe fatto suo.

Mi precipitai fuori dalla porta decisa a trovare il più velocemente possibile la coppia, dopo aver corso parecchi metri li trovai mentre stavano passeggiando davanti al parco della casa di riposo, notai anche che il sorriso di Sara era veramente sincero quando guardava il suo bell'idiota, poi però successe una cosa, dal sorridere passò al mordersi le labbra, conseguenza del commento di Rayan quando vide la locandina di lezioni di piano gratuite offerte agli ospiti della casa di riposo:

“Cosa servono delle lezioni di piano a dei poveri anziani che non riescono nemmeno a reggere una tazzina?”

Cielo che Idiota...

La reazione di Sara, però, fu la cosa che mi infastidì più di tutto e senza neanche accorgermene li raggiunsi e le dissi:
“Sono bella, sono ricca, quindi posso fare ciò che voglio! Sia mai però che qualcuno possa mai vedere la vera me, cielo, che catastrofe sarebbe!”

Non feci neanche tempo a vedere gli occhi lucidi di Sara che subito mi tirò uno schiaffo.

Rayan si avvicinò a me, ma subito lo allontanai:
“Ecco è questa la rosa forte ed aggraziata che mi piace, e non quella reginetta di bellezza da cui si maschera.”

Le dissi sorridendole dolcemente e lei scoppiò in lacrime, confessandoci di pensare che a nessuno sarebbe mai piaciuta una persona irruenta, suscettibile ed indisciplinata come lei e che quindi si nascondeva dietro la ricchezza della sua famiglia.

Mi si gettò addosso con le braccia al collo, ma io la affidai a Daria, che ci aveva raggiunti, poiché la consolazione non è il mio forte e poi presi la via di casa, ma sentii qualcuno afferrami per un braccio e poi darmi un lieve bacio sulla guancia, quando riconobbi chi fosse dissi:
“Hai mangiato un panino con cipolle vero?”

“Beh si... Ti è passato il male? Di solito con un bacino passa tutto.”

“Sei proprio un'idiota se pensi che a qualcuno possa mai piacere ricevere un bacio da qualcuno che sa di cipolla e che con un semplice bacio un male cane passi per maglia!”

“Cri! Certo che sei davvero senza cuore!”

Sentii urlarmi dietro mentre camminai in direzione di casa.

E da quel giorno nacque l'ossessione di Sara nei confronti miei e di Rayan pensando che ciò che feci quel giorno fosse una dimostrazione di gelosia, e quel bacio innocente fosse una scusa da parte del ragazzo che non si era accorto di avermi fatto soffrire.... Dico io, si può essere più malati?

Il giorno dopo quando mi presentai in biblioteca trovai Daria parlare amorevolmente con Sara che aveva apportato al suo look un cambiamento drastico: si era tagliata i capelli.'

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Capitolo 7
*** Elena ***


“......Ed ecco come conobbi queste squinternate.”

Dico come se fosse un: e vissero tutti felici e contenti.

“Cristi sembro un mostro da come mi hai descritta!!”

“Cosa ti lamenti te? Io sembro una di quelle snob colla puzza sotto il naso! E chiariamoci che la mia non è un'ossessione da malati, ma è puro e semplice spirito di osservazione!”

Eccole che cominciano con le critiche...

“Io ho detto solo la verità, se non vi sta bene fatti vostri.”

Dico fermamente.

“Ovvio che non ci sta bene!”

Urlano in coro attirando l'attenzione di tutta la classe.

“Ovvio che non ci sta bene!”

Ripetono con lo stesso impeto, ma con un un filo di voce e cominciano ad elencare tutti i punti non graditi del mio racconto.

“Ragazze la piantate? Dobbiamo svolgere un lavoro qui se non ve lo ricordate!”

Dice autorevole Elena che durante il mio racconto si era messa a correggere le nostre ricerche munita di sbianchetto e penna rossa, dei quali, si trovano tracce sulle sue dita bianche e da due simpatici baffi rossi sotto il suo naso.

“E poi, se vogliamo essere precise, siete ancora peggio di come vi ha descritte Cristi e comportandovi in questo modo lo dimostrate pure!”

Aggiunge con un'aria solenne, rovinata però dal suo aspetto che rende l'insieme molto buffo, del quale, non possiamo fare a meno di ride.

Notiamo la perplessità che le suscitano le nostre risate, quindi, ringraziando il mio buon cuore, cerco di farle capire la situazione:

“Prima di fare la predica alle persone dovresti far in modo di non sembrare una bambina di cinque anni!”

Detto questo le indico le mani e le porgo uno specchietto in cui vede le linee rosse sotto il naso.

“Beh Cristi, visto che a questo non posso porre rimedio allora direi che l'unica soluzione è che tu ti unisca a me. Se non ricordo male il tuo colore preferito è il verde....”

Dice prendendo con fare minaccioso il pennarello verde dall'astuccio di Valeria.

Io la guardo con terrore, pari a quello che una gazzella prova da vanti al leone che sta per sferrare il suo attacco, poi un urlo, mio ovviamente, e ci incappiamo in una lotta all'ultimo pennarello che, neanche a dirlo, vince Elena per via della sua forza sovrumana.

Io mi ritrovo perciò, non un semplice paio di baffi sotto il naso, ma bensì con un'intera barba color verde.

Devo dire però che la mia non è stata una resa, visto che combattendo con onore, anch'io le ho inferto alcuni ghirigori verdi sulla fronte.

Ci guardiamo in cagnesco per alcuni intensi minuti, ma poi, come al nostro solito, non possiamo far a meno di ridere, vedendo com'è conciata l'una la faccia dell'altra.

Poi Daria ci aiuta a pulirci dalle nostre ferite di battaglia con il suo fazzoletto di stoffa imbevuto dell'acqua proveniente dalla bottiglietta di Sara.

“E poi siamo noi le squinternate” Ci rinfaccia Sara.

“Siete più monelle dei miei fratellini” Si aggiunge anche Daria.

Mentre Elena ed io ci guardiamo con aria complice e divertita.

“Che buffe che siete! E voi da quanto siete amiche?” Chiede Valeria divertita dall'accaduto.

“Amiche? Chi? Io amica di questa bimba? Ti pare ch-” Neanche riesco a finire la frase che subito mi arriva una quadernata in testa.

“Dico ma sei fuori?” Domando dolorante.

“Beh, visto che fino adesso ti sei divertita a raccontare tu di noi, direi che adesso è il momento di prendersi una rivincita.” Dice Elena incrociando le braccia.

Io la guardo con aria sinceramente preoccupata, temendo che possa rivelare alle altre aspetti della mia vita che voglio tenere ben nascosti, ma poi Elena mi guarda e capisco che non tradirà la mia fiducia svelando un segreto che ormai porto dentro da troppo tempo.

“Bene, allora questa è la storia di come conobbi Senza Cuore o Quasi Cristi....”

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Capitolo 8
*** Cristina ***


'Cristina, Cristina, Cristina.... Non saprei da dove cominciare, insomma, ormai la conosco così bene che mi verrebbe solo da dire: guardala e ciò che vedi è ciò che lei è.

I suoi capelli castani chiari tendenti al biondo potrebbero trarti in inganno suggerendoti una persona estroversa e solare, ma i suoi occhi talmente scuri da farti ritenere una notte senza luna una giornata di Sole ti correggono all'istante, dopo averti gelato sul posto ovviamente.

Si, perché il detto: gli occhi sono lo specchio dell'anima, penso sia stato inventato proprio per descrivere gli occhi di Cristina.

Dal suo sguardo puoi capire senza minimo sforzo cosa lei stia pensando e provando e, di solito, ciò che prova è freddezza ed indifferenza assoluta verso tutto e tutti ahimè, ma non è sempre così!

Ed io sono orgogliosa di poterlo testimoniare.

Primo giorno delle superiori, stavano chiamando le classi.

Mi sembrava che il mio turno non arrivasse mai.

Vagavo allora con lo sguardo scrutando tutti quelli, che per i prossimi cinque anni, sarebbero stati i miei compagni di scuola, e mi divertivo ad indovinare chi si sarebbe ritirato e chi sarebbe stato bocciato, quando la mia attenzione venne catturata con forza da un paio d'occhi neri.

Io, dal mio punto di vista, posso assicuravi che fu un vero e proprio colpo di fulmine, capii subito che la persona a cui appartenevano degli occhi tanto sinceri fosse la mia anima gemella.

Fui felicissima quando scoprii che eravamo nella stessa classe.

Per settimane cercai di avvicinarmi a lei, in ogni modo, ma a quanto pare la mia simpatia nei suoi confronti era a senso unico, poiché tutte le volte che cercavo di rivolgerle la parola lei mi lanciava uno sguardo che già all'ora riconobbi col significato di: mi stai alquanto infastidendo.

Certo non era colpa mia se ogni volta che avevo occasione di parlarle lei era presa dalla lettura del libro di turno!

Fatto sta che mi annoiai di correrle dietro e rinunciai alla possibilità di un'amicizia con lei.

Nei mesi seguenti, quando già avevo instaurato un certo rapporto con il resto delle mie compagne, sentii dire che Daria e Sara, due della mie compagne che mi stavano più simpatiche, erano amiche di quella ragazza così taciturna dagli occhi neri con cui nessuno aveva ancora parlato.

La notizia che Cristina avesse delle amiche mi incuriosì molto e nei giorni seguenti osservai le, così dette, sue amiche per comprendere come fossero riuscite ad ottenere un titolo che io non riuscivo a conquistare, oltre alla mia infinita curiosità ammetto che forse anche una puntina del mio spirito di competizione mi spinse a questo.

Vidi che non c'era molta differenza di come Cristina trattava le sue 'amiche' rispetto a come trattava tutti gli altri, se non fosse per un particolare: nel suo sguardo si leggeva un grande affetto per quelle due ragazze.

Spinta sempre dalla mia immensa curiosità andai ad indagare da dove questo affetto avesse origine, e per ottenere informazioni più precise possibili andai ad indagare direttamente alla fonte, chiesi a Daria e Sara di raccontarmi del loro primo incontro con Cristina.

Quando conclusero i loro racconti capii cosa avrei dovuto fare.

Quello che sto per dire adesso sarà una rivelazione anche per Cristina, a cui non ho mai raccontato niente di questo episodio.

Dai racconti delle ragazze capii che il fattore comune e scatenante di quelle amicizie era un ragazzo sempre appiccicato alla mia futura migliore amica, meglio identificato con il nome di Rayan.

Fortunatamente per me questo ragazzo aveva scelto la nostra stessa scuola ed era l'unico al suo interno ad avere il nome Rayan.

Quando lo trovai fui abbastanza sorpresa che ad un ragazzo così estroso, solare, vivace, allegro piacesse stare insieme a Cristina che era, ed è tutt'ora, il suo totale opposto.

Fu una vera sfida farmi rivelare da lui qualcosa su Cristina, e credetemi se vi dico che per essere una persona così allegra quel ragazzo nasconde dentro di se un vero e proprio demonio!

Ogni volta che mi presentavo da lui con qualche domanda su Cristina mi liquidava così velocemente e senza pietà, al ché pensai che quei due fossero nati per stare insieme.

Un giorno però , non ho mai saputo il perché, non mi respinse e mi chiese se io ci tenessi a Cristina, domanda a cui risposi il più sinceramente possibile dicendogli:

” Io non tengo a lei! Io voglio ottenere a qualsiasi costo la sua amicizia perché so che con lei sarei felice!”

Può sembrare una risposta egoista, ma per fortuna a Rayan la mia risposta piacque e mi consigliò di mostrarmi esattamente così a Cristina, sicuro che in questo modo avrei conquistato la sua attenzione.

Il giorno seguente ero carica e prontissima ad ottenere l'attenzione della mia, imminente, amica.

Ma tutti i miei buoni propositi andarono in fumo quando, arrivata a scuola, fui letteralmente assalita dalle mie compagne di classe, le quali, volevano che dessi loro ripetizioni dopo scuola facendo leva sulla nostra amicizia appena nata.

È  da quando frequento le elementari che tutti i miei compagni cercano di instaurare un'amicizia con me al solo scopo di farmi richieste su richieste, per questo motivo avevo creduto che con Cristina sarebbe potuto essere diverso, dal suo sguardo avevo capito che a lei non sarebbe importato se io fossi stata brava negli studi o nello sport, lei mi avrebbe accettata per quello che ero, senza pretese.

Quella mattina però questa possibilità mi apparì solo come un sogno destinato a rimanere tale.

E come se non bastasse, quella giornata iniziata male, non fece altro che peggiorare.

Alla terza ora, ricordo ancora, ci restituirono il tema della settimana passata, che come traccia aveva l'amicizia.

La goccia che fece traboccare il vaso cadde quando ci furono comunicati i voti: Cristina aveva preso il voto più alto della classe e di conseguenza superiore anche al mio, non potevo sopportarlo.

Mi alzai come una furia e le urlai contro:” Ti sfido!!!”

Era stato un gesto impulsivo, il quale portò però al formasi dell'amicizia più bella e vera che si sia mai vista.

Dopo quella prima sfida, che consisté in una gara a chi mangia più pasta in un tempo di trenta minuti che ovviamente vinsi, ce ne furono molte molte altre, alle quali, si intende, Cristina rifiutò sempre e categoricamente di partecipare, ma alle quali in un modo o nell'altro riuscii a farla sempre partecipare.

Vi rispondo già: le vinsi tutte io, ma il vero premio non fu la vittoria in se, ma il rapporto che acquisimmo durante di esse.

Infatti durante il loro svolgimento e preparazione imparammo cose che mai avremmo potuto conoscere l'una dell'altra, come il fatto che Cristina ha l'alluce del piede destro che le si blocca quando fa dei grandi sforzi, o che piange solo quando è arrabbiata....

Vidi di lei, e lei di me, aspetti che non avevamo mai mostrato a nessuno, li mostrammo, molto probabilmente, per via dell'enorme esasperazione che ci causammo, e causiamo tutt'ora, l'una all'altra.

Fatto sta che ora non sono più sola e che tutte le mie rosee aspettative sulla nostra possibile amicizia di all'ora furono ampiamente superate.'

 

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Capitolo 9
*** Intervallo ***


“Wow... Sembri proprio senza cuore in questo racconto” Dice Sara.

“Infatti, Ele non è che hai esagerato un pochino?” Aggiunge Daria.

“Beh è anche vero, che da quando è arrivata la Ele, Cristi si è sciolta non trovi?” Continua Sara.

“Effettivamente prima di conoscere Elena era apatica e taciturna...” Nota Daria.

“Esatto è quello che intendo! Decisamente preferisco la Cristi di adesso rispetto a quella di allora... Prima, ad essere sinceri, mi intimoriva un poco..”  Confessa Sara.

“Anch'io la penso così, era fredda, seria, morire se ti faceva un sorriso!” Aggiunge nuovamente Daria.

“Dovete ringraziare me per il fatto che adesso non sia più la persona terrificante di un tempo.” Conclude Elena arrogantemente.

“Ehi... Perché diamine state parlando di queste cose al passato? Io sono ancora così, o, per lo meno, una volta forse non vi avrei uccise, ma adesso, lo farei con sommo piacere, quindi probabilmente avete ragione sul mio cambiamento...”

 Intervengo per dare un taglio a questa discussione priva di un minimo di senso!

C'è uno scambio di sguardi e decidono di smettere di parlare dell'argomento.

“Comunque Elena ha ragione: il fattore comune delle tue amicizie è sempre Rayan...” Ci fa notare Valeria.

“Ovvio che lo è! Io ho sempre ragione!” Dice Elena dopo intensi secondi di silenzio.

 

''Driiiiiiiiiiiiiin''

“Bene, adesso c'è l'intervallo, l'ora è finita e noi non abbiamo combinato niente di niente!!”

 Sbraita contro di noi Elena.

“Ma si dai, che vuoi che sia! Finiremo un altro giorno!”

Cerca di tranquillizzarla Sara dandole una pacca sulla spalla e dopo questo la vedo già finire male....

“Beh potremmo trovarci nel pomeriggio a casa di una di noi per lavorare no?”

Propongo velocemente, per evitare a Sara un enorme bernoccolo sulla testa che Elena le avrebbe sicuramente inferto, essendo già in posizione d'attacco armata di dizionario.

Forse hanno ragione loro: mi sono rammollita.

“Si, potrebbe andare bene...” Dice Elena riponendo il dizionario.

“Adesso però dobbiamo decidere a casa di chi.”

 Aggiunge poi visibilmente eccitata dalla mia proposta, a volte mi stupisco di quanto bene la conosca...

“Visto che lo ha proposto Cristi potremmo andare da lei” Suggerisce Daria.

Il mio sguardo terrificato rivolto ad Elena è istintivo, ma lei mi guarda palesemente presa alla sprovvista.

“Io invece direi di andare a casa di Valeria per due semplici motivi: è stata lei a farci perdere tutta l'ora con le sue inutili domande e, in secondo luogo, sempre per via delle sue domande, adesso lei sa molto su di noi, mentre noi un bel niente su di lei.”

Parlo veloce, sorpresa piacevolmente di non aver perso la mia schiettezza.

“Ma Cristi, non puoi auto-invitarti in questo modo a casa degli altri!” Mi rimprovera Daria.

“Io invece la trovo un'ottima idea!” Corre in mio soccorso Elena, alla quale sarò eternamente grata.

“ Dai Daria io non ci trovo niente di male! Oh! Ho appena avuto un'idea geniale: potremmo anche fermarci a dormire!”

Fa sentire anche la sua opinione Sara, che penso sia più eccitata di tutte, per poi stringere le spalle a Daria che dice:

“Ragazze non vi rendete conto che è tutto estremamente maleducato?! Insomma non abbiamo neanche chiesto niente alla povera Valeria...”

Tutte ci voltiamo verso la persona chiamata in causa.

“Per me non c'è nessun problema, d'avvero, potete venire e stare quanto volete!” Ci dà il via libera Valeria un po imbarazzata.

“Siiiiiiiiiiii!!!! Visto Darietta? A lei non da nessun fastidio, impara a fidarti di noi!”

Strilla entusiasta Sara che poi prende a confabulare sulle cose che mangeremo, dove dormiremo, i giochi che faremo...

“Pensi per caso di andare ad un pigiama party?!” Le domanda alterata Elena.

“Si” Le risponde sinceramene, ed ingenuamente aggiungerei, prima che io le sussurri all'orecchio la questione delle ricerche.

“Ma si dai, tanto dobbiamo solo finire di mettere insieme le nostre ricerche ed il lavoro è fatto!”

Vedo Daria colpirsi con una mano in fronte e io mi preparo all'imminente strigliata..

“Finire?! Finire?! Dobbiamo ancora iniziare razza di oca!! Finire guarda te...... E poi cos'hai detto? Le NOSTRE ricerche?! Vorrei ricordarti che tu non l'hai nemmeno fatta!!”

Sapendo che la questione andrà per le lunghe mi allontano in direzione della porta quando sbatto contro qualcuno.

'Chi è questo razza di idiota che-' Non c'è neanche bisogno che me lo chieda....

“Ehi ciao Cri, cos'è vuoi un abbraccio?”

Neanche finisce di chiedermelo che mi ritrovo tra le braccia di un completo Idiota. Mi stringe così forte che non riesco nemmeno a respirare e sospetto che stia tentando di uccidermi.

“Cosa stanno facendo Sari e la Ele? Stanno litigando? Perché?”

Non solo mi sta uccidendo, ma il suo solito fare domande a cui si risponde con delle altre domande mi da così sui nervi che ormai ne sono sicura: vuole soffocarmi, ma prima vuole torturarmi con la sua idiozia!

“Cri mi vuoi rispondere? Mi stai ancora ignorando? Perché fai sempre così? Aspetta perché hai quel colorito bluastro? Stai male per caso?”

Cielo! Qualcuno faccia finire questa tortura!

“Forse ti sto stringendo troppo? - allenta la forza con cui mi stinge e riesco finalmente a respirare – Ma anche tu sciocchina dovresti dirmelo se il mio affetto è troppo soffocante per te!”

Dopo aver fatto questa battuta che rispecchia a pieno la sua scarsa attività cerebrale, gli lancio una delle mie migliori occhiatacce e lui mi lascia andare del tutto.



“Figo andate a fare un pigiama party!!!”

Questo è il suo commento dopo aver saputo il motivo della litigata delle due ragazze.

“NON è UN PIGIAMA PAR- TU!!” Urla Elena dopo essersi girata verso la fonte di tutte le cavolate di questo mondo.

“...Io ?” Chiede titubante Rayan.

“Si tu! Ti sfido!” Dichiara agguerrita Elena, la quale ormai sembra che abbia dimenticato la sua precedente rabbia, grazie alla solita fortuna sfacciata di Sara.

“Bene piccoletta fatti sotto! In che cosa sta volta?” Chiede il pezzo d'Idiota con uno sguardo che non promette nulla di buono....

“ Ho saputo della tua prodezza di stamane... Voglio farti vedere che io riuscirei a superati. Tutto il corridoio: dal bar fino ai bagni, ci stai?” Espone la sfida Elena.

“Ovvio che ci sto! La posta in gioco? La solita?” Accetta l'idiota.

“Il primo posto nel cuore di Cristina!!”

Urlano in coro ed io non posso fare a meno di desiderare di morire all'istante.

Ma perché le persone a cui tengo di più sono così idiote?

 

 

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Capitolo 10
*** Quarta ora: punizione ***


QUARTA ORA: PUNIZIONE

 

“Aspetta!” Cosa? Perché si è fermata adesso?

Da quando hanno concordato questa folle sfida ogni mia protesta è stata facilmente, palesemente ignorata e da ormai cinque minuti i due idioti sono in posizione all'entrata della scuola.

Spero sinceramente che si sbrighino con questa assurdità così da non essere costretta a stare ad aspettare e desiderare che uno dei due cada e si rompa l'osso del collo, e adesso Elena vuole aspettare?! Mi sta prendendo in giro vero?

“Cos'è vuoi forse ritirarti?” Le intima quel razza di idiota.

Per un momento, brevissimo, spero che sia effettivamente così, ma poi mi torna in mente che tipo sia Elena e così mi rassegno.

“Ti piacerebbe vero? Mi stavo solo chiedendo chi potrebbe farci da arbitro, non che non mi fidi di te ma.... “

Al 'ma' di Elena mi sporgo in avanti per sentire meglio..

“Cristi! Sono sorpresa di vedere che vuoi farci da arbitro! Beh le regole le sai già. Quindi dacci il via”

Mi dice Elena, non dandomi neanche il tempo di rendermi conto di ciò che sta succedendo Sara mi si avvicina, mi sussurra all'orecchio cose che rifiuto categoricamente di ripetere, divento rossa fino alla punta dei capelli e le urlo:

“Vai Via!!”

E la coppia di idioti comincia a muoversi, resto imbambolata, ancora traumatizzata dalle parole di Sara, ma poi Daria mi afferra e mi trascina via dal mezzo della, ormai, 'pista' e ci dirigiamo verso il punto di arrivo.

Mentre corriamo ci accorgiamo dell'imminente catastrofe: il preside sta scendendo dalle scale ed a minuti verrà a conoscenza di una gara clandestina, potenzialmente mortale, all'interno del suo istituto.

Prese totalmente dal panico ci voltiamo in direzione dei due sfidanti per avvisarli, ma le urla dei... 'tifosi', superano le nostre, senza pensarci mi dirigo verso le scale e faccio cenno a Daria di andare ad avvisare tutti.

“Buongiorno!” Strillo, visibilmente agitata.

“Signorina Este che piacere...” è la risposta del preside, accompagnata da uno sguardo indagatore.

“Non trova che oggi sia una splendida giornata?” Domando facendo finta che il cuore non mi stia per uscire dal petto.

“Signorina è consapevole del fatto che sta piovendo vero?” Il suo sguardo si fa più acuto... questo fatto mi fa agitare ulteriormente.

“Ovvio che ne sono consapevole, a me la pioggia piace moltissimo.” Dico frettolosamente, notando che il preside Wilson sta riprendendo la sua discesa.

“Direi che è una cosa bizzarra, ma chi sono io per giudicarla? Le auguro una buona giornata.” Scende un altro scalino e mi muovo automaticamente: lo prendo per una manica.

“Signorina sta bene?” Mi chiede, ma non è un tono gentile il suo, al contrario è freddo ed accusatorio, o forse sono solo paranoica.

“Benissimo! Lei?” Ora mai parlo a ruota libera non pensando neanche a ciò che dico o faccio.

“....Bene, grazie per l'interesse.” Dice per poi voltarsi, ma io continuo, sentendo un gridolino acuto che so essere di Sara.

“La sua famiglia?” Chi me lo ha fatto fare?

“Ora meglio, mia moglie si è ripresa, come mai questo insolito interesse?”

Ho catalizzato la sua completa attenzione, lo so perché dal scendere le scale è passato al risalirle per scrutarmi da più vicino, il mio piano sta evidentemente funzionando, anche troppo direi.

“Ripresa? Ripresa da cosa? Una malattia?”

Domando a raffica ignorando palesemente la sua domanda.

“Come da cosa? Signorina ricordo che anche lei, insieme alla sua classe, come tutti gli altri, del resto, in questo istituto, ha avuto la gentilezza di scrivere a mia moglie un biglietto di condoglianze per la recente dipartita di suo fratello... Cosa sta architettando Signorina?”

D'accordo adesso posso andare anche all'inferno, come diamine ho fatto a scordarmelo?!

“Ah e cosa l'ha spinto ad osservare che vi era anche la mia firma sul biglietto?” Domando, ignorando ancora, se è possibile, più palesemente, la sua domanda...

“Signorina Este, controllo tutte le sue mosse dall'incidente con i petardi di capodanno.”

Sale un altro scalino ed io sto letteralmente per esplodere, ma ora mai non ho alcuna via di fuga.

“Ma non è stata colpa mia! Quante volte dovrò dire che è stata tutta colpa di quel brutto Idio- Aspetti!”

 Improvvisamente mi rendo conto di un piccolo particolare.

“Quell'incidende avvenne, si a capodanno, ma di cinque anni fa, ero alle medie!” Adesso sono io a guardarlo sospettosa.

“Cosa vuole insinuare?” Domanda poco convinto della sua fermezza, consapevole di essere stato colto in fallo.

“Quale motivo, mi chiedo, può spingere un preside di una scuola superiore ad osservare le mosse di una ragazzina delle medie...”

Ormai dimentica del rischio di far scoprire la gara clandestina, sono io a scendere un gradino in direzione dell'uomo, che indietreggia.

“Beh vede Signorina questo è dovuto alla sua-”

“Cri! Adesso puoi mollare il vecchio! Abbiamo tutti sgomberato!”
Se qualcuno avesse mai avuto dubbi sull'idiozia di questa persona, adesso i suoi dubbi si sarebbero di sicuro dissipati...

“Ah bene bene cosa abbiamo qui? Cosa e chi ha sgomberato? Adesso mi spiego le domande delle Signorina Este...” Comincia a collegare il preside.

...

“Sono di già le 11:30, ciò vuol dire che state perdendo un'ora di lezione! Stavate organizzando un qualche cosa che ovviamente non averi approvato e per di più lei Signorina, mi stava come si dice... Trattenendo! Ecco, mi stava trattenendo per nascondermi questa cosa, che non voglio neanche sapere, invece di venire ad informarmi!”

Il preside, adesso visibilmente più rilassato, dato che non dove più rispondere alle mie domande, ma decisamente più infervorato, sta giungendo al termine di una predica che pare infinita, infatti, il fatto del nostro ritardo a lezione è causato dal suo incessante parlare da venti minuti.

“Siete in punizione!”

Ci voleva tanto? Se l'avesse detto sin dall'inizio non avremmo perso un'ora di lezione!

“E ora tornate dritti in classe senza perder altro tempo!” Noi perdiamo tempo?!

E così si congeda furibondo.

“L'aspetto positivo è che possiamo passare un'intera ora insieme questo pomeriggio, no Cri?”

Cerca di tirarmi su Rayan facendomi gli occhioni da cucciolo, ma vedendo lo sguardo che gli lancio in risposta aggiunge:

“Beh almeno abbiamo saltato un'ora di lezione...”

'Idiota...'

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Capitolo 11
*** Quinta ora: filosofia ***


QUINTA ORA: FILOSOFIA
 
“Ah Cristina ho saputo che il preside ti ha messa in punizione” Mi si avvicina Camilla nel cambio dell'ora.

“Wow... Certo che sei proprio la regina delle pettegole” Le dico tranquillamente, non è la prima volta che le faccio notare questo suo aspetto...

“Cosa? Come osi?! Io sono solo una persona molto informata!” Ma si vede che non ci è ancora abituata, dovrò porre rimedio a questo.

“Dico solo che è stupefacente di come tu ne sia venuta a conoscenza dato che non sei nemmeno uscita dalla classe” Le spiego.

“Sappi, e tienilo sempre ben a mente, che io so sempre tutto ciò che riguarda le persone a cui tengo” Camilla lo dice guardandomi in un modo alquanto strano.

“Sono lusingata, davvero, di interessarti, ma sai.... questo genere di... 'esperienze' non mi interessano”
Dico per farle comprendere il mio orientamento sessuale per eventuali fraintendimenti, lei, tutta rossa di rabbia, apre la bocca per, molto probabilmente, sputarmi addosso il suo veleno, ma viene prontamente interrotta:
“Male Cristina, bisogna sempre essere aperti a tutte le esperienze che il mondo ci offre, se non le cogliamo corriamo il rischio di non vivere. Scusatemi ragazze per il ritardo, ma sapete ormai come sono fatta.”

E così entra la mia professoressa di filosofia, una delle poche che mi piaccia sul serio, dice sempre ciò che pensa e rimane sempre stupita del fatto che le persone ne siano sconvolte.

“Allora Camilla cosa hai proposto a Cristina che lei, solitamente così aperta, ha rifiutato?” Domanda provocando uno splendido aspetto di terrore sulla faccia di Camilla.

“M-Ma i-io v-v-veramente...” Biascica Camilla.

“Mi ha offerto un'esperienza omosessuale da vivere insieme a lei”
Rispondo, così da mettere fine alle sofferenze della 'povera' Camilla, che da un pallore spettrale è passata ad un vivissimo rosso pomodoro.

“E che c'è di male in questo? Non eri tu Cristina a voler seguire i passi Platone?”
Giuro l'adoro.

“Non sbaglia, ma ritengo che non ci sia niente che Camilla possa trasmettermi e poi questo genere d'esperienza mi distrarrebbe dalla sua materia”
Giustifico il mio rifiuto.

“Non hai tutti i torti, beh Camilla qui ci sono molte altre pretendenti, ti chiederei per cui di concentrarti principalmente sulle altre, poiché Cristina mi serve pura e casta per avere le sue opinioni del tutto obbiettive.”

A questa richiesta ci fu un delirio totale della classe: chi rideva senza controllo, chi era disgustato, chi senza parole, Camilla sembrava sul punto di esplodere, Sara le continuava a lanciare sguardi ammiccati per prenderla in giro, Daria che con un lieve rossore sulle guance cercava di trattenere inutilmente l'amica, Elena che mi guardava con un'aria rassegnata ed io che la guardavo con un sorriso compiaciuto.

Dopo pochi minuti la prof mise fine al nostro caos e cominciò ad introdurci, guarda caso, proprio Platone.

L'ora di filosofia ha sempre stimolato in me riflessioni su argomenti di un certo calibro, oggi non è diverso, solo che invece di argomenti come: il bene, il male, la verità, la virtù..... non faccio altro che pensare al mio breve colloquio con il preside.
Ancora non mi spiego come lui faccia a sapere del mio 'incidente' con i petardi e il perché avrebbe dovuto saperlo, anche se, è vero che ne sarebbe venuto a conoscenza in ogni modo volente o nolente...

Inizio Flashback: 31/12/2010    10:30 pm

' “ Cosa avrà mai questo Darcy da mandare così in tilt una persona intelligente come Elizabeth?”

Diceva tra se e se una ragazza dagli occhi scuri, seduta su di una poltrona ormai logora nell'angolo più remoto di quella stanza scura e cupa tranne che per una fioca luce soffusa proveniente da una candela situata poco lontana dalla ragazza, permettendole così di leggere il libro che teneva saldamente tra le mani con la chiara intenzione di divorarlo interamente quella sera fredda di dicembre.

Improvvisamente un rumore la distolse dalla sua lettura, sul suo viso dipinta la classica espressione di chi è molto infastidito, ma non sentendo alcun altro suono sospetto ritornò alla sua lettura.

Era irrita, terribilmente irritata, era già la quarta volta che doveva interrompere la sua lettura a causa di quei rumori che si facevano sempre più frequenti, non era preoccupata del fatto che potessero essere dei ladri o simili, no, lei era furente di rabbia con chiunque le stesse dando così fastidio, quando, inaspettatamente, sentii sul collo uno spiffero gelido, si girò immediatamente per capirne la provenienza e si tranquillizzò all'istante quando vide che era solo la finestra aperta.

Adesso, c'è da dire che la ragazza in questione non era affatto una persona stupida o imprudente, anzi era molto intelligente e per via delle sue vicissitudini famigliari era anche una persona alquanto assennata, ma voi capite che in preda di emozioni come la rabbia, paura o simili queste qualità non si rendono molto utili.

Infatti la ragazza, molto intelligente e assennata, si domandò il motivo per cui la finestra fosse aperta solamente quando vi era davanti per chiuderla, e si chiese se tra il fatto che la finestra fosse aperta e i rumori che l'avevano tanto infastidita ci fosse un legame solo nel momento in cui sentii il cigolio che la finestra produceva mentre l'abbassava.

Tutti questi suoi quesiti però passarono automaticamente in secondo piano quando vide una figura che sedeva proprio sulla poltrona che poco prima l'aveva vista preda di rabbia ed ansia, nella sua mente si fece spazio un'unica domanda: 'chi diavolo è?!'
Domanda a cui ebbe risposta poco dopo:
aveva afferrato velocemente il primo oggetto che le era capitato fra le mani con l'intenzione di stordire la sagoma che aveva davanti, poi una voce disse: “Ancora Orgoglio e Pregiudizio eh, quanto ti ci vuole a capire che lui si innamora di lei, si dichiara, lei lo rifiuta, poi pensa a quello che lui ha fatto per lei e ricambia infine il suo amore? Dico sei idiota?”

Una smorfia, un passo in avanti e la ragazza colpì il ragazzo seduto a gambe incrociate sulla poltrona con una una copia consumata di 'Cime Tempestose'.
“Ahiaaaaa!!! Ma che sei matta??!!”

“è impensabile che una ragazza così intelligente e in gamba possa sottomettersi all'amore di un omuncolo che oltre ad avere un cospicuo conto in banca ed averle fatto qualche favoruccio è così idiota da farle una dichiarazione, a detta sua 'd'amore', col chiaro intento di ferirla ed umiliarla. Qui l'unico idiota sei tu, Idiota!”

Così detto strappò di mano il libro che teneva in mano il ragazzo e si avviò verso una sedia abbandonata davanti ad uno scaffale.

“Bah sarà ma io resto della mia idea...” Disse il ragazzo alzandosi dalla sua postazione massaggiandosi la testa vittima di 'cime tempestose'

“Cosa ci fai qui?” Chiese lei con un tono che fece sembrare la sua domanda un 'pacato' invito a lasciarla in pace.

“Sono qui perché sapevo che c'eri tu” Rispose lui molto normalmente mentre si accomodava su una piccola sedia posta davanti a quella della ragazza, la quale dopo questa risposta cominciò a guardarlo, o meglio, a scrutarlo per capirne le reali intenzioni.

Dopo cinque, dieci minuti il ragazzo accortosi dello sguardo indagatrice della ragazza cominciò a fissarla anche lui.

Onestamente non so quanto tempo passarono a fissarsi l'un l'altra, ma so di certo che era molto.

'Questo idiota sta sottraendo tempo alla mia lettura... perché lui mi irrita sempre così tanto?!' Si chiedeva la ragazza, ostinata e decisa che non sarebbe stata lei a cedere a quello che divenne una sfida a chi distoglie prima lo sguardo, ma poi...

“Bene è ora di andare” Comunicò ad un tratto il ragazzo, alzandosi afferrò un polso della ragazza e la trascinò con se fuori dalla finestra di quella che era la biblioteca della scuola.

Successe tutto così repentinamente che non riuscì a dire neanche una parola contraria a quello che il ragazzo stava facendo, che tanto le pareva un sequestro di persona, l'unico momento in cui aprì la bocca fu quando si ritrovarono, dopo un percorso al quanto travagliato, sul tetto della scuola, davanti ad un cielo stellato che più bello non fu mai visto.

“Chiudi quella bocca o ti si congelerà la lingua!” Rise lui alla vista della ragazza visibilmente stupita e meravigliata, evento assai raro.

Chiuse la bocca, che neanche si accorse di aver spalancato per aprirla successivamente dicendo: “Idiota, se una qualsiasi parte di me dovesse congelare sarà colpa tua che mia hai portato qui su senza neanche farmi prende la giacca! Cielo si muore mi freddo...”

Il ragazzo la guardò sbigottito, rendendosi conto solo in quell'istante che era stato un vero stupido a portarla fuori al freddo senza neanche qualcosa con cui coprirla.
“Cosa vuoi fare?” Chiese lei indietreggiando insospettita dai movimenti di lui.

“Per la miseria e poi sono io l'idiota.... Ti voglio dare la mia felpa così non avrò colpe del tuo congelamento, e poi non indietreggiare è pericoloso, potresti cadere.” Detto questo la riavvicinò a se avvolgendola con la sua felpa e mentre lui le allacciava la felpa continuando a guardarla dritto negli occhi, a lei si colorirono le guance causa dell'improvvisa vicinanza.

“Ovvio che sei tu! Mi dici che cosa ci guadagni adesso? Io non congelerò, ma tu si razza di Idiota!”

Fece argutamente notare lei mettendo tra i loro corpi una distanza che potesse ritenere accettabile.

“Lo sai che non soffro il freddo e comunque, se tu stai bene lo sto anch'io” Replicò lui accarezzandole i capelli come si fa con una bambina che mette il broncio, cosa che, effettivamente, lei aveva fatto.

Rimasero seduti in silenzio alcuni minuti su quel tetto ad ammirare lo spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi, quando fu il ragazzo a rompere il silenzio:
“Sei venuta ancora qui, in biblioteca...” La ragazza sorpresa che lui parlasse di questo si voltò verso di lui.

“Già come ogni giorno alla fine dell'anno” Disse poi lei rivoltandosi verso il cielo mettendo il viso tra le ginocchia che avevo portato al petto.

“Vanno ancora così male le cose?” Era incredibilmente strano che proprio lui: ragazzo vivace e solare, che cerca in tutti i modi di far sorridere le persone intorno a se parli di un argomento, che sa, essere così delicato con un'espressione tanto afflitta e preoccupata.

“Vanno come sono sempre andate...” Rispose lei cercando di dargli una risposta sincera, ma che possibilmente non lo preoccupasse più del necessario.

“Quindi ti picchiano ancora e 'loro' non fanno niente per fermarli? È questo il tuo 'sempre'? Non dovrebbe essere così!” Questo invece non è molto strano, non era insolito che il ragazzo si arrabbiasse per ciò che la ragazza doveva subire.

“Quante volte dobbiamo parlarne ancora?! È una cosa normale in un posto dove ci sono così tanti ragazzi raccolti per le strade, è un orfanotrofio Rayan cazzo mica un parco giochi!” Questo invece era stano, che lei si arrabbiasse tanto per questo argomento, o almeno questo valeva per tutti i giorni dell'anno ad eccezione di questo particolare giorno, nel quale le era concesso arrabbiarsi.

“Lo so, lo so, solo che vorrei fare qualcosa... Diana mi sento così impotente!” Lui è fatto così sempre prodigo verso il prossimo e in special modo nei confronti di quella ragazza, così forte in apparenza, ma così fragile e delicata dentro.

“Non devi sentirti così, i tuoi hanno, e stanno facendo così tanto per noi con le loro donazioni e poi ci sei tu, tu ti prendi sempre cura di me... guarda dove mi hai portata, io amo le stelle.” Quel giorno, oltre ad essere l'unico in cui si potevano arrabbiare, era anche l'unico giorno in cui sono totalmente sinceri sul loro rapporto, sui loro sentimenti.

“è per questo che ti ho portata qui, tu ami le stelle quanto io amo te” Ogni volta che lo diceva lo faceva in un modo così naturale, cosa che a lei sorprendeva sempre di più della dichiarazione stessa.

“E tu?”

'E tu?' Nei suoi ricordi non c'era mai un: e tu? Preceduto dalla dichiarazione....

“E tu... cosa?” Chiese lei visibilmente confusa dall'inaspettata domanda.

Allora lui, consapevole dell'ingenuità di lei su certi argomenti, decise che era la volta buona in cui sarebbe stato il più diretto e chiaro possibile:” E tu mi ami? Cristina, tu mi ami?” Aveva pronunciato il suo nome scandendolo ad ogni singola lettera, occhi cerulei contro occhi color notte, a lei mancò il respiro.

Ok, adesso era in preda al panico, non sapeva cosa fare: doveva rispondere? Starsene zitta ed aspettare? Andarsene? Pensò così tanto a cosa avesse dovuto fare che non ragionò neanche sulla domanda stessa, ma ciò non le fu necessario, per sua fortuna.

La sua mente si annullò quando sentì un improvviso scoppiettio.

“Hai sentito?” Chiese di getto voltandosi verso il luogo dove sembrava provenire il rumore.

“Sentito cosa?” Domandò lui seguendo con gli occhi lo sguardo di lei..... un altro scoppiettio, questa volta più forte.

Lei si girò verso di lui per chiedergli se almeno questo lo avesse sentito, ma si trattene dal chiederlo vedendolo sbiancare, allora decise di cambiare domanda: “Cos'hai combinato?”

A questa domanda riuscì a rispondere soltanto con una parola:” Petardi”

Detto questo saltò in piedi, prese la ragazza tra le braccia, cosa che lei non gradì, si fiondarono giù per l'edificio e non so grazie a quale razza di legge della fisica riuscirono ad arrivare per strada in condizioni tali da poter essere definiti vivi, appena in tempo per ammirare la splendida esplosione che avvenne nell'aula scolastica adibita a biblioteca.

Uno sguardo, un semplice sguardo bastò a far capire al ragazzo che avrebbe dovuto dare una spiegazione molto dettagliata del fatto se voleva anche solo sperare di rimanere vivo fino al giorno successivo.

Senza perdere altro tempo cominciò a spiegare che prima di recarsi da, in quella che ormai 'era' la biblioteca della scuola, i suoi amici gli avevano infilato in tasca più petardi possibili, rammaricati del fatto che il loro amicone non potesse festeggiare con loro il capodanno, a detta sua per motivi che andavano oltre alla loro comprensione, per questo quando si era intrufolato nell'aula, visto che gli erano scomodi da tenere in tasca tutti quei petardi li aveva lasciati sul tavolo..... vicino alla candela.

“...Penso che la candela li abbia accesi” Concluse così, titubante per l'eventuale reazione di lei.

“Ahhh tu credi?!?!” Ovviamente non era una domanda a cui voleva una risposta quindi, saggiamente, il ragazzo tacque.

Nel frattempo arrivarono pompieri, curiosi, polizia, ambulanza e chi più ne ha più ne metta, ovviamente tutti chiesero spiegazioni ai due ragazzi, le quali le dette e ripetette fino alla nausea la ragazza, pensando che il ragazzo avesse già fatto abbastanza danni.

“Idiota” Disse lei al ragazzo per via del suo sguardo da cucciolo ferito che le stava rivolgendo sperando di essere perdonato, e proprio nel momento che lo disse scoppiarono alti nel cielo i fuochi d'artificio che segnavano l'inizio di un nuovo anno.

Tutti per un momento si voltarono, in silenzio, per ammirare la spettacolarità di quei colori che brillavano alti nel cielo.

Rayan si avvicinò a Cristina e le posò un lieve bacio sulla fronte, per poi dirle:”Buon Compleanno Cri” '

Fine flashback


'Ovviamente l'incidente fu su tutti i giornali il giorno seguente e per cui tutti ne vennero a conoscenza.... 

“E tu mi ami?”

Cosa?! Perché adesso mi torna in mente?! Beh effettivamente se non fosse stato per i petardi avrei dovuto pur dirgli qualcosa, ma cosa?
Penso sia ora che dia una risposta a questa domanda, più per la mia sanità mentale che per il resto...

“Cristina, tu mi ami?”... '

“Allora Cristina, pensi che Platone sia stato un visionario?”

“Forse, ma voglio scoprirlo”

Questa è la risposta che ho dato a me stessa, e dalla reazione delle mie compagne capisco di averla comunicata non solo a me stessa...

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Capitolo 12
*** Il DopoScuola ***


IL DOPO-SCUOLA

“Buongiorno, sono qui per l'ora..... Si può sapere che diamine stai facendo?”
Entro così nell'aula nella quale passerò la mia ora di punizione, insieme, ovviamente, alla causa di questa punizione, la quale, non so per quale motivo, stia mettendo in atto un tentato suicidio... o almeno credo.
“Ehi Cri! Guarda! Proprio come l'uomo ragno!”
Spiega l'Idiota standosene seduto sui talloni sul bordo della finestra.
“Non mi spiego il motivo per cui tu non tenga alla tua vita, ti ricordi vero che siamo al quarto piano?”
Gli chiedo, posizionando tranquillamente le mie cose sul banco che ho deciso mi ospiterà.
“Certo che lo so! Se lo facessi al primo o al secondo non sarebbe divertente allo stesso modo!”
Risponde così il ragazzo con evidenti segni di stupidità derivati da non so quale trauma infantile.
“Ovvio, anche la contusione che provocherà la tua caduta sarà molto più divertente da quella che potresti procurarti al primo o al secondo, almeno per me.”
Ribatto con cattività, lo riconosco.
“Cri! Sei davvero sadica!!”
Mi urla imbronciato l'Idiota-ragno, ma prima che io possa spiegargli che qui è solo lui che ovviamente vuole recare dolore a qualcuno, entra nell'aula il professore d'arte che intuisco ci farà da sorvegliante in quest'ora.
Maurizio Trevisani, ventitré anni, scapolo, bellissimo, secondo i generali gusti femminili, diplomato alla sorprendente età di quindici anni, laureato alla scuola belle arti di Parigi, gli piace: cucinare, leggere, sciare ed ovviamente disegnare, è insegnante d'arte e.... mi odia a morte!
“Oh guarda un po, guarda un po....”
 Dice il Prof Trevisani guardandomi con stampato in faccia un ghigno che farebbe venire a chiunque la voglia di pestarlo a morte...
“Prof se ci guarda con quel sorrisetto seducente sverrò e cadrò dalla finestra! Vuole forse la mia morte?”
… il 'chiunque' era riferito alle persone normali.
“Oh no no mio caro! Mi sentirei talmente in colpa, ad aver causato al mondo una simile perdita di talento, che dovrei buttare giù da una finestra la mia medesima persona!”
E con questo cominciarono ad avere una ''simpatica'' conversazione sull'eventuale 'enorme perdita' recherebbe all'arte la dipartita dei due...
Si, perché quell'Idiota, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, ha una naturale predisposizione all'arte, TUTTA l'arte: pittura, scultura, letteratura, musica..... fa quasi paura.
Per questo il professore Trevisani l'ha preso sotto la sua ala e penso che sia proprio per questa ragione che quei due 'geni dell'arte' si trovino così bene insieme.
Questo attaccamento morboso a Rayan, penso sia questo il motivo per cui il professore mi odi tanto, anzi, ne sono certa, a causa di un episodio verificatosi un annetto fa, nel quale il professore mi disse, testuali parole: '' Tu mini il talento, e di conseguenza, il futuro di Rayan, se solo ci tenessi anche un minimo ti allontaneresti da lui, così da dargli finalmente la possibilità di essere felice esprimendo a pieno la sua persona attraverso l'arte... Sono sinceramente preoccupato che tu, con il tuo egoismo, lo porti a picco con te...''
Queste parole mi colpirono in tal modo che ancora oggi mi bruciano dentro...
 “crack”
“Ehi Cri che hai?” mi sento chiedere da Rayan in risposta al rumore della matita che ho spezzato.
“Assolutamente niente...” Rispondo cercando di assumere il tono di voce abituale, ma credo di non esserci riuscita visto la domanda che seguì la mia risposta.
“Cosa succede Cristina? I nostri discorsi di livello superiore ti innervosiscono visto che non sei capace d'intenderli?” Chiede con arroganza quel razza di professore dispotico.
Rispondo con uno sguardo che sono certa essere alquanto eloquente.
Ma evidentemente non in grado d'intimorire la serpe...
“Beh ne sono lieto, considerando che questa è un'ora di punizione...” mentre lo dice mi si avvicina puntandomi come un falco fa con la sua preda.
“... e sono più che certo che sia unicamente colpa TUA” mi dice sfiorandomi con le labbra l'orecchio sibilando l'ultima parola con un tono di voce che inspiegabilmente mi fa arrossire.
“Prof per caso sta cercando di rendere quest'ora spiacevole anche per me di proposito? Lo sa che sono molto geloso di chi si avvicina troppo a Cristina...”
Dice d'un tratto Rayan mettendomi un braccio sulle spalle allontanandomi dal professore, con uno sguardo intimidatorio, che più che vederlo, lo sento.
“Beh, come ho detto, questa è un'ora di punizione, anche per TE”
Risponde il professore con un'ara quasi di scherno...
“Considerando che lei, più di tutti gli altri, sa che effetto mi fa vedere certe scene con protagonista la MIA MUSA...... direi che è riuscito a rendere perfettamente quest'ora una punizione!”
Aveva detto la prima parte della frase con una serietà che mi ha fatto accapponare la pelle, ma la seconda l'ha detta con un'ironia tale da spezzare l'aria tesa formatosi negli istanti precedenti.
“Allora ho centrato il mio obbiettivo!”
Dice il professore con la stessa ironia di Rayan,  fissando poi intensamente la sua mano che mi cinge ancora la spalla, cosa che mi fa avvampare, e senza che passi mezzo secondo in più mi scanso dalla presa di quell'Idiota dicendogli:
“Tieni le mani a posto!” per poi allontanarmi da entrambi sedendomi in un banco in fondo all'aula.
“Oh dai Cri... quando ci siamo conosciuti ti facevo di peggio che una mano sulla spalla!!”
Risponde l'Idiota facendomi irrigidire sul posto al ricordo di quegli spiacevoli momenti, cosa che non passa decisamente inosservata al professor serpe che coglie la palla al balzo:
“Adesso che siamo già in argomento... sai che non mi hai mai raccontato come vi siete conosciuti tu e la signorina?...”
“Beh, se fosse dipeso da me lo avrei fatto anche, ma sai... Cri me lo ha vietato categoricamente”
Risponde mentendo, mentre si gratta la testa ridendo.
Il fatto che abbia mentito non mi disturba più di tanto, non sono ansiosa che quella serpe venga a sapere i miei fatti privati...
“Ma a questo c'è rimedio! Cristina, visto che non vuoi che Rayan lo racconti allora perché non lo fai tu stessa? E prima che tu possa rifiutare ti ricordo che questa è la tua ora di punizione, che io sono un tuo insegnante, che i tuoi voti in arte non sono tra i più brillanti...”
“E che questa non è una richiesta.” finisco la frase del serpente.
E come risposta ricevo uno dei suoi sorrisi arroganti che mi fanno ribollire di rabbia...
Evidentemente il mio sguardo faceva intendere che stavo per sputargli addosso tutto il mio risentimento, perché Rayan, senza che me ne accorgessi era arrivato al mio fianco, e prima che io possa aprire bocca mi mette un dito sulle labbra guardandomi dolcemente, occhi chiari contro occhi scuri e per un secondo mi ritorna in mette la domanda:'' Cristina, tu mi ami?...”
“Tranquilla ci penso io” Mi rassicura con uno splendido sorriso.
“Ok, le racconterò tutto, così finalmente avrà una risposta a QUELLA domanda...”
La serpe si ritrovò un odiosissimo ghigno sulla faccia, e questo, sommato a quello che sta per fare Rayan, mi fa pensare che questa più che un'ora di punizione è  una vera e propria tortura...




 

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Capitolo 13
*** Il mio racconto ***


IL MIO RACCONTO
“Rayan!” L'interpellato si gira dalla mia parte e  continuo: “ Non ha il diritto di-” ma lui mi interrompe immediatamente cominciando il suo racconto.
“Era una giornata molto calda, passeggiavo da solo per il parco, quello che c'è vicino alla stazione sa? Ero da solo perché avevo litigato con i miei amichetti e non avevo voglia di tornarmene a casa, tirai un sasso e, non sentendo il rumore sordo della caduta, alzai lo sguardo da terra per vedere che fine avesse fatto, il mio sguardo fu catturato da due occhi pece che scrutavano il ragazzino mal concio che si ritrovavano davanti. Vedendomi lo sguardo di quella strana bambina divenne lo sguardo più truce che avessi mai visto e senza che me ne accorgessi mi ritrovai con un mega bernoccolo sulla testa e di fianco a me il sasso che poco prima avevo calciato..... fu amore a prima vista insomma!”
Conclude così il suo strampalato racconto, sto per dissentire di questa menzogna, ma non faccio tempo neanche ad aprire bocca che la campanella suona, il mio braccio viene afferrato e una voce dice:” Bene Prof alla prossima volta”, lasciando dietro di noi un professore con quel ghigno da serpente che non lo abbandonava mai mente ci osservava dalla finestra lasciare la scuola.
 
“Si può sapere chi ti ha messo un razzo nel sedere e quando?” Chiedo all'idiota che mi stra trascinando ora mai da venticinque metri.
“Scusa”
Libera il mio braccio dalla sua morsa e rallenta di colpo.
“Pensavo che fosse oggi che dovevi andarla a prendere.... Pazienza, mi sarò sbagliato, come al solito del resto no?” Domanda facendomi l'occhiolino.
I miei occhi si sgranano per una frazione di secondo e i miei piedi prendono il volo mettendosi a camminare il più velocemente possibile, tutto ciò naturalmente ignorando il ghigno di soddisfazione dell'Idiota al mio fianco.
 
“Si può sapere cosa ti è saltato in mente?” chiedo nel mio solito tono amichevole.
“Di cosa parli?” Controbatte lui, affermando così sempre di più la sua idiozia.
Sbuffo e gli spiego:” Perché hai raccontato una bugia sul nostro primo incontro?”
“Ahh quello!” dice come se avesse auto una improvvisa illuminazione divina, dopo di che comincia a guardarmi con quel suo sguardo da Idiota-ebete patentato.
“Si può sapere adesso cos'hai da sorridere in quel modo ebete?” sbuffo.
“Ahahah, beh non puoi dire che era pienamente e totalmente una bugia no? D'altra parte quell'episodio è successo veramente...” Si difende lui.
“Questo non lo nego, ma di certo non è stato il nostro primo incontro!” Dico alzando nervosamente gli occhi al cielo.
“Come hai detto tu non aveva il diritto di saperlo” Il tono serio con cui risponde mi sorprende, ma ciò non mi ferma a domandargli:” E perché allora hai farneticato su tutte quelle cose, del tipo: così finalmente capirà il perché..... e  tutte le altre tue scemenze?”
“Beh perché le pensavo ovviamente!” ok dopo questa risposta deficiente i miei nervi sono al limite della sopportazione e l'istinto di prenderlo a pugni sta prendendo il sopravvento, quando poi lui continua dicendo:” Ma dopo, quando ho rivisto nella mia memoria quell'angelo dalle ali nere, ho sentito come se nessun altro avesse dovuto vederlo a parte me... sentivo come se avessi dovuto proteggerti dall'immaginazione degli altri insomma...”
Dice queste parole grattandosi la testa e fingendo una risata che non sente, ma nei suoi occhi vedo la serietà e la profondità di ciò che ha detto, sguardo che non fa altro che riportarmi indietro a quel nostro primo incontro nel quale proprio quello sguardo mi salvò la vita...

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Capitolo 14
*** REGISTRAZIONE N.19 CASO:135 B h2:30 am 01/01/2000 ***


 
 
REGISTRAZIONE N.19 CASO:135 B   h2:30 am   01/01/2000 
“inizio registrazione” comunicò ai presenti nella stanza il sergente W.Gardner.
“Oh! Devo iniziare?” chiese con voce titubante la signorina Terenzi, dopo aver sorseggiato un po' d'acqua in una tazza da caffè offertale da un poliziotto dopo l'accaduto.
“Dica cortesemente nome, cognome ed età con chiarezza signora” la invitò gentilmente il sergente, dopo essersi seduto di fronte alla donna.
“ Laura Terenzi 60 anni, signorina...” disse la donna con orgoglio negli occhi.
“Bene, signorina, può raccontare per favore cos'è accaduto questa notte nella casa dei suoi vicini?” disse il sergente.
“B-b-ene, e-ecco, è sta-stato...o-o-orr...”
“Si calmi, beva ancora un po' d'acqua.... gradisce altro?” cercò di calmare con tono gentile il sergente passando alla signorina un pacchetto di fazzolettini di carta.
“N-no grazie.... - si soffiò il naso – va benissimo l'acqua... grazie... ah! L'avevo già ringraziata non è vero?....Scusi...” balbettò Laura evidentemente sotto shock.
“Vediamo.. Forse è meglio se cominciamo da qualcos'altro...” pensò ad alta voce Gardner.
“Perché non comincia parlandomi di 'loro'?” chiese alla signorina sperando che a questa domanda fosse meno difficile rispondere.
“... Beh loro sono...erano...una famiglia splendida...”
Anche se ancora visibilmente molto scossa dagli avvenimenti, e con una nota di tristezza nella voce, Laura cominciò a rispondere alla domanda con più sicurezza...
 
“Si sono trasferiti nel nostro quartiere due anni fa, appena dopo la nascita della piccola, non dovevano avere molta disponibilità economica, ciò si intuiva dal fatto che non potessero permettersi nè un’auto per andare al lavoro né una baby-sitter per la figlia, a cui a volte badavo io stessa, dovevano aver speso tutti i loro averi per quella piccola casetta, da anni in vendita, anche se a basso costo, per via di una stupida leggenda...” la donna titubò al ricordo di questo particolare, ma dopo un'ulteriore sorso d'acqua proseguì:
 
“Ovviamente si notava subito che si erano appena sposati, sa, per via dell'idillio, tutti baci e abbracci,...erano visibilmente ancora nel periodo della luna di miele, ma per quanto potei poi osservare la 'luna di miele' non cessò mai per questi due anni, si amavano ancora come il primo giorno che l'incontrai.”
Un breve singhiozzo proveniente dalla signorina interruppe il racconto, il sergente le prese la mano per porvi un fazzoletto, Laura lo ringraziò a bassa voce, e ancora mentre stringeva la sua mano Gardner la incoraggiò a proseguire il racconto.
 
“Cristof, il marito, aveva appena iniziato a lavorare in un ufficio legale in città, che, anche se era molto piccolo, era abbastanza conosciuto da avere una clientela sufficiente da dare lavoro a tutti i legali che vi lavoravano, era un uomo apparentemente freddo e rigido, forse per via delle origini russe, ma in realtà questo atteggiamento nascondeva uno spirito allegro e giocoso, spesso lo paragonavo ad un bambino per il suo carattere quasi infantile, sa era molto popolare nel nostro quartiere, si fece come amici quasi tutti gli uomini e invece come spasimanti tutte le donne del quartiere per via del suo aspetto, devo ammetterlo, molto gradevole, sarà il fascino degli occhi color del ghiaccio... del sempre apprezzato color del grano dei suoi bei capelli? Non so, ma so che a me mancherà molto l'immagine di lui con i capelli arruffati, gli occhi stropicciati, che cerca di far addormentare la bambina tra le sue braccia sotto un cielo stellato.”
 
“...Lei.. lei era uno spettacolo, sotto tutti i punti di vista, quando la vidi per la prima volta, ovvero quando scese dal camion dei traslochi, pensai fosse una modella per quanto fosse bella, capelli ed occhi più scuri della notte non potevano fare altro che farla risaltare immediatamente agli occhi, neanche a dirlo tutti si presero una sbandata per lei, le mogli erano seriamente preoccupate che il proprio marito un giorno o l'alto sarebbe stato all'altezza di Edith.
 Lei era un'artista. Nei primi sei mesi di abitazione non aveva ancora un impiego stabile, faceva però su commissione quadri, statue o qualsiasi altra forma d'arte fosse capace, poi un signore le comunicò, con grande sorpresa di lei, che voleva finanziare un'attività ed investire sul suo talento, così aprirono una galleria insieme. Era sempre sorridente, trasmetteva positività solo passandoti accanto, ma chi la conosceva può dirvi che nei sui sorrisi gentili c'era sempre una nota d'amarezza... era così gentile con tutti tranne che con suo marito, lo rimproverava speso ed apparentemente, in pubblico, era fredda e distaccata con lui, li si vedeva spesso battibeccare, ma non erano vere e proprie litigate, sembravano di più sketch comici, ed infatti imparai col tempo che questi erano solo scuse per farsi poi dimostrazioni d'affetto per farsi successivamente perdonare, lei infatti non era solita a mostrare volentieri il suo carattere vulnerabile, ma suo marito riusciva sempre a far cadere la sua corazza di perfezione mostrandola per quella che era: una donna piena d'amore; ciò lo si vedeva, anzi, lo si sentiva molto più chiaramente nelle canzoni che cantava alla bambina quando piangeva per far sì che mostrasse il sorriso che Edith riconosceva sempre come:'il mio capolavoro'.”
Laura sembra essersi persa nei ricordi.
“Quindi non vi siete mai accorta di nulla fuori dall'ordinario?”
Proseguì nella sua indagine il sergente, riportando al presente la signorina accarezzandole il dorso della mano, ancora sulla sua,  con il pollice.
“ Anormale? Le assicuro signor Gardner che l'unica cosa di anormale che ho notato in quella famiglia fosse l'amore nella sua forma più pura!” Detto questo la donna levò la mano da quella del sergente.
“Non so cosa lei voglia insinuare con questa sua domanda, ma le assicuro, signor sergente, che non getterò fango sulla memoria di persone del genere solo per facilitarle il lavoro!”
Dichiarò poi indignata ritraendosi dal tavolo a cui era seduta.
“Signora, signorina Terenzi, io non intendevo insinuare nulla, le posso assicurare, ma se lei avesse notato anche solo la più minima stranezza, ciò potrebbe esserci di enorme aiuto per capire cosa è accaduto e dar riposo alle persone che lei stimava tanto.”
 Ciò venne detto dal sergente aumentando il tono verso la fine. Gardner guardando la signorina capì immediatamente che qualcosa di strano le era apparso, e capì anche, che con la promessa di dar riposo a quelle persone a lei così care, avrebbe finalmente parlato, quindi le ripeté la domanda  iniziale:
“Signorina, può raccontare per favore cos'è accaduto questa notte nella casa dei suoi vicini?”
Neanche un solo movimento della donna preannunciò la sua risposta.
“ Come da consuetudine mi alzai alle sette meno un quarto, dopo aver fatto colazione ed un paio di mestieri in casa andai in giardino, a raccogliere un mazzolino di violette e bucaneve per il terzo compleanno della figlia dei vicini.
Mentre stavo per rientrare in casa vidi Edith e la figlia tornare da una passeggiata mattutina, le salutai e diedi alla piccola il mazzetto di fiori i quali poi vennero usati dalla madre per confezionare una coroncina alla sua 'principessa', una volta finita però, la piccola non la mise sul suo capo, ma la mise sul mio, dicendomi che era il ringraziamento per averle mostrato fori così belli.
Edith mi disse che il marito era andato al lavoro per una questione urgente la mattina presto, si finse scocciata di questo fatto, quando poi boffonchiò qualcosa su cosa avrebbe mangiato Cristof per pranzo, ci separammo, dopo aver chiacchierato dei suoi quadri, verso le undici.
Alle tre qualcuno suonò alla mia porta, andai ad aprire e mi ritrovai Edith, bianca in viso, che mi chiedeva di tenere la figlia fino all'ora di cena, poiché stava aspettando che un cliente la venisse a trovare a casa, lo trovai strano,  dato che non era mai accaduto prima di quella volta, neanche quando lavorava su commissione incontrava i suoi clienti a casa, ma sempre fuori, in un bar o in un parco in città, lontano quindi dal quartiere, ma non ci feci troppo caso e dissi che per me sarebbe stato un piacere.
Io e la piccolina giocammo tutto il pomeriggio al cuoco e al pasticcere, cucinando così qualcosa per festeggiare poi, più tardi, con i suoi genitori, il suo compleanno, ad un certo punto finimmo la farina quindi andai a prenderne un altro sacchetto, passando vicino alla finestra notai Edith accogliere un uomo con un pacco dentro casa, pensai fosse il cliente.
Quando finimmo di cucinare ci restava ancora un po' di tempo prima che la piccola potesse tornare a casa, così mi ricordai di un mio vestitino bianco per la domenica che mettevo da bambina, dissi alla piccola di aspettarmi, lei insistette per andare in giardino, così le diedi il permesso di aspettarmi lì, corsi in soffitta, cercando vidi di sfuggita, da una finestrella, Cristof rientrare a casa... avevo appena trovato il vestitino quando lo sentii: un urlo tremendo, che solo adesso riesco far appartenere alla voce angelica di Edith, scesi velocemente le scale stringendo più che potessi il pezzo di stoffa che avevo per le mani, uscii in giardino, mi bloccai dal panico quando non vidi la piccola in giardino, pensai che forse, vedendo il padre rientrare in casa lo avesse seguito, neanche il tempo di formulare questo pensiero e vidi la loro casa esplodere e prendere fuoco.
 Le fiamme che si innalzavano al cielo stellato si confondevano con i fuochi sparati in aria per annunciare l'inizio dell'anno nuovo, corsi, senza far caso al gruppo di persone che stavano uscendo di casa e riversandosi in strada, verso la casa, un pompiere me lo impedì, erano arrivati già i pompieri, quanto tempo era passato dall'esplosione? Non lo sapevo... sapevo solo che dovevo entrare, diedi una gomitata, facendomi male, al vigile del fuoco, entrai nella casa seguita quasi subito da un altro pompiere, ciò che vedemmo... penso che non riuscirò mai a dimenticarlo... era tutto carbonizzato, i corpi di Edith e Cristof sfigurati giacevano su ciò che restava della pavimentazione, cioè niente, e davanti a loro, in piedi, nelle manine una coroncina di fiori, una bambina dai capelli castani, quasi biondi, con due occhi più scuri della notte guardava le stelle, dalla fessura creatosi nel tetto, sopra i suoi genitori: la piccola Cristina è sopravvissuta.”





 

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Capitolo 15
*** Occhi cerulei ***


OCCHI CERULEI
01/01/2000
04:15 am
Quando il sergente Gardner uscì dalla sala degli interrogatori, lasciando una donna piangente alle sue spalle, chiese immediatamente ad un poliziotto dove fosse la bambina della famiglia Este, il poliziotto volse lo sguardo su di una bambina imbrattata di cenere, con due grandi occhi che fissavano il vuoto e la quale indossava un vestitino che la cenere sul suo corpo faceva sembrare ancora più candido.
Il sergente si avvicinò alla figura minuta e cercò di afferrarle la mano per consolarla, ma la mano gli restò appesa a mezz'aria quando la bambina si ritrasse al tentato contatto.
“Ehi ciao piccolina, come ti chiami?” il sergente sapeva come si chiamasse la bambina, ma cercava così di trovare un contatto con la piccola, che malauguratamente non avvenne.
Ovviamente il sergente non si arrese solo a quella prima domanda, ma gli occhi color ossidiana fissavano continuamente i suoi senza lasciar trasparire la minima reazione.
Dopo una ventina di minuti arrivò correndo una signora che, successivamente, si presentò come una dei servizi sociali, chiamati dopo l'avvenuto, per occuparsi della bambina coinvolta.
“Capo li ho chiamati io! È la procedura...” un poliziotto rassicurò il sergente, che dopo aver visto la donna aveva assunto un'espressione scura in volto.
 
 
“Per adesso la terremo noi” concluse la donna dei servizi sociali dopo aver passato venti minuti buoni a cercare di fare lo stesso che aveva fatto il sergente: parlare con la bambina, ma aveva ottenuto lo stesso risultato.
“Ok, devo chiederle però di riportarmela il prima possibile per aver modo di parlarci... ed ottenere qualche risposta magari...” la informò con tono sconsolato il sergente.
Lei acconsentì.
 

 
 
04:35 pm
“Perché diavolo è ancora conciata... così?!” si ritrovò ad urlare nella stazione di polizia il sergente, dopo che apparvero davanti ai suoi occhi la donna dei servizi sociali accompagnata dalla piccola Cristina ancora tutta sporca di cenere.
“Quelli della casa famiglia mi hanno informata, e poi ho sperimentato direttamente, che se appena si cerca di toccarla in qualsiasi modo questa furia si allontana e se si insiste morde ed urla anche piuttosto forte!”
Rispose mostrando i lividi a forma di morso sul braccio.
'Cavolo! Come diavolo farò a gestire questa bambina?! Mi serve assolutamente che lei racconti ciò che ha visto!!' pensò il sergente mentre diceva alla bambina di seguirlo, e che con suo grande stupore accadde, 'Forse una speranza c'è...' si disse alla fine.
05:15 pm
…. “ Beh veramente siamo un po' preoccupati...”
Sentì dire, il sergente, una voce femminile, quando uscì dal suo ufficio con la bambina al seguito, neanche a dirlo, le sue domande erano fine tutte nel grande vuoto di quei suoi occhioni neri.
“Ah eccolo sergente!” lo accolse la donna dei servizi sociali.
“Com'è andata?” proseguì chiedendo con la speranza brillarle negli occhi.
Il sergente rispose solo con uno stanco cenno negativo della testa, e il barlume di speranza negli occhi della donna scomparve, ma si riaccese quando si ricordò delle persone che le stavano a fianco.
“Ah, si dimenticavo! Mentre lei era al lavoro ho chiamato i signori proprietari di un orfanotrofio, così da mostrar loro la bambina e decidere cosa farne visto i precedenti...
Questi sono la signora ed il signor Gonzaga. Signori Gonzaga questo è il sergente Gardner.” fece le presentazioni la donna.
“Piacere di conoscervi signori Gonzaga.”
Disse, con reverenza nella voce, il sergente, ovviamente aveva subito riconosciuto i signori, erano quasi sempre sulla prima pagina del giornale della città, erano i signori più ricchi e più potenti della nazione e spesso li si vedeva anche in televisione in programmi di gossip.
“Piacere nostro signor Gardner” rispose, con un sorriso triste la signora Gonzaga. Il marito impassibile fissava invece la bambina dietro il sergente.
Notando lo sguardo del signore, la donna dei servizi sociali presentò anche Cristina alla famiglia Gonzaga, la quale signora rimase un po' interdetta dal suo visino sporco che commentò:
“ Povero angelo! Ha bisogno senza dubbio di un bel bagno caldo dopo ciò che...” ma si fermò, non volendo far ricordare alla piccola cosa avesse appena vissuto.
Appena però la moglie si bloccò il marito prese la parola :”Vieni.” Disse semplicemente e saldamente guardandola fissa negli occhi, dopo di ché si girò e si incamminò verso l'uscita, Cristina, forse convinta dagli occhi dell'uomo così simili a quelli di suo padre, gli obbedì con grande sorpresa di tutti. La signora Gonzaga si scusò e salutò tutti per allontanarsi poi coi i due.
06:00 pm
Arrivati a casa Gonzaga, la signora fece strada alla bambina fino all'entrata mentre il marito parcheggiava.
Una volta in casa ci fu un attimo di silenzio carico di tensione.
“Cristina che ne dici se andassimo a pulirci un po'?”
Esordì alla fine la signora Gonzaga.
Da parte della bambina, com'era prevedibile, non ebbe alcuna risposta.
Seguì un altro silenzio pesante.
“Beh, non so te, ma io ho una gran fame! Lo vorresti anche tu un bel panino ripieno?”
Fu sempre la signora a rompere il silenzio.
Da Cristina ebbe la stessa reazione di poco prima.
Occhi chiari ed occhi scuri si scontrarono nuovamente, il signor Gonzaga pose fine ai vani tentativi di approccio della moglie decretando che la bambina aveva, innanzitutto, bisogno di lavarsi:
“Devi lavarti” disse quindi fissando gli occhi neri di Cristina.
La signora Gonzaga guardò il marito un po' perplessa attirandone lo sguardo, al quale la donna rispose semplicemente dirigendosi verso il bagno al piano superiore, seguita, lo sapeva anche senza essersi girata a controllare, dalla bambina, mentre il marito andò in salotto.
Urla agghiaccianti si diffusero in tutta la casa, susseguite dal rumore di passi veloci proveniente dalle scale.
Una Cristina, evidentemente non pulita, piombò nel salotto della casa, seguita poco dopo da un' altrettanto evidente esausta donna.
“Che diamine succede?!” chiese con tono alterato il signor Gonzaga, rivolgendo il suo sguardo prima alla bambina, poi alla moglie, la quale, dopo aver ripreso abbastanza fiato dopo la corsa giù per le scale, rispose:
“...Ecco... Stavo... Ho cercato di... di toglierle... toglierle il vestitino, ma... beh ecco... ecco... ha cacciato un urlo ed è corsa come una furia giù per le scale!”
“Bene”, disse l'uomo rivolgendosi a Cristina,“ora fila immediatamente di sopra e fai ciò che ti abbiamo chiesto”, ma questa richiesta autoritaria non venne soddisfatta dalla bambina come le altre avanzatele dal signor Gonzaga, la quale rimase infatti imperturbabile al tono imperioso ed allo sguardo torvo rivoltole  dall'uomo.
“Se le parli così non lo farà mai...” disse in un sospiro, con un tono un po' saccente, la signora Gonzaga.
“Cosa scusa?” le domandò di rimando il marito con uno sguardo sorpreso, facendo finta di non aver sentito.
“Dico,” riprese con fermezza la donna, “che se ti ostini a darle ordini è ovvio che non ti darà ascolto.”
“Hai ragione, pensaci tu, visto che tra i due da più retta a te”, replicò il signor Gonzaga alla moglie, accendendo così una miccia per una vera e propria bomba: i due si misero a litigare animatamente rinfacciandosi e dicendosi cose, tutto sempre sotto lo sguardo imperscrutabile di Cristina.
“Hei! Dico, si può sapere che succede??!!”
Chiese urlando un bambino entrando nella stanza, catalizzando su di se l'attenzione dei due adulti azzittendoli. Non era insolito che i suoi genitori portassero a casa dei bambini prima di mandarli in una delle strutture dell'orfanotrofio, ma non era invece mai successo che in una di queste occasioni avessero litigato o urlato o, specialmente, tutte e due le cose insieme, pensò il bambino.
Indirizzò dunque il suo sguardo verso la causa di tutto quel baccano, e guardando la bambina chiese sprezzante:
“Chi cavolo è questa mocciosetta??”
Cristina incontrò lo sguardo del bambino, occhi più neri della notte contro occhi cerulei, sentì in quell'esatto istante smuoversi qualcosa nel suo profondo, con le guance che s'imporporarono leggermente rispose accigliandosi:
“Oggi ho compiuto già tre anni... Idiota!!”

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Capitolo 16
*** Il S.Antonio ***


IL S.ANTONIO
 
….tac....
“Ahi! Ehi brutto idiota cosa fai??!” domando a quel razza di idiota che mi ha colpito in fronte con un dito strofinandomela sperando che non mi resti il segno.
“Stavo solo cercando di riportarti qui, visto che evidentemente con la testa non c'eri proprio.”
Mi spiega, e noto che effettivamente siamo già quasi arrivati senza che io me ne fossi accorta.
“Vuoi dirmi dov'eri?” mi chiede con un sorriso che non riesco a decifrare, e pensando a cosa stavo ricordando qualche minuto fa mi sento il viso accaldato...
“N-niente! E comunque non ti riguarderebbe di sicuro!” Dico cercando di essere più credibile possibile.
“Ah davvero....? Come vuoi allora” dice di rimando ridendo sotto i baffi, atteggiamento, il suo, che mi fa avvampare ancora più, chiaro sintomo, per me, della rabbia che la sua idiozia mi fa ribollire!
“Comunque si può sapere dove stai andando? Casa tua non l'abbiamo superata già da un po'?” gli chiedo evidentemente seccata dal suo comportamento da stalker.
“Come? Non ti fa piacere che ti accompagni? Pensavo, dato che non ci vediamo tanto in questo periodo, ti avrebbe fatto piacere passare un po' di tempo assieme....” Dice con un tono stranamente serio a cui non so a come replicare, e così mi limito a fermarmi e guardarlo sconvolta.
“Che c'è? Ahahah oddio che espressione buffissima che hai!! Beh di sicuro se questo stare insieme non ha fatto piacere a te di sicuro lo ha fatto a me! Ahahha”
Confessa con le lacrime agli occhi dalle risate.
Ritenendomi enormemente offesa lo supero e lo squadro con un'occhiataccia.
“Cosa? No dai Cri stavo scherzando! Aspettami!!!”
 
“Ti ho detto di stare lontano da lei maniaco!!!”
“Ethan! Cosa ti ho detto riguardo a dire quella parola in pubblico?!”
“E io ti ho risposto che non ne ho la minima intenzione mostriciattolo!”
“Tanto lei preferisce me”
“Si si spera mostriciattolo, forse quando finirai di gattonare”
“ADESSO BASTA!!!!!” mi ritrovo ad urlare per la centesima volta nell'asilo di Ethan.
Quando Ethan e Rayan si vedono è sempre un battibeccare continuo ed io mi ritrovo sempre, non so come, ad urlare in luoghi pubblici, come in questo momento nell'asilo di Ethan, sembrando e sentendomi una pazza.
Avendo attirato l'attenzione loro, ed anche di tutti i presenti, mi affretto a vestire il piccolo Ethan così da potercene andare il prima possibile ed evitare gli sguardi indagatori delle mamme e delle maestre.
“Dovete farmi fare sempre queste figure voi due?!” Li rimprovero aspramente.
“Scusa” mi rispondono in coro con due facce da cane bastonato, a cui non riesco proprio a resistere e quindi do un bacino ad Ethan, mentre all'Idiota devo dire dona molto quell'espressione arrabbiata che ha adesso perciò prendo per mano il piccolo Ethan e lo supero con una falcata, Ethan dal canto suo contribuisce girandosi e facendogli una linguaccia, alla quale so, anche senza guardare, ha risposto mostrando il pugno con fare minaccioso, del resto finisce sempre così e io mi sento stranamente allegra e leggera ogni volta....
 
“Ehi vuoi due siamo arrivati basta ora!” li avviso visto che si sono messi a giocare ad acchiapparella per strada, perché anche se battibeccano sempre, in verità quei due si vogliono molto bene, Ethan adora quello stupido idiota in fondo.
“Casa! Ho vinto vecchio maniaco!” urla Ethan abbracciandomi una gamba.
“Ehi piccoletto per avere solo quattro anni hai una bocca più larga di un vecchio sboccato!” dice Rayan mentre lo solleva mettendolo a testa in giù.
“Idiota mettilo giù siamo già in ritardo per via della punizione!” gli ricordo, dopo di ché mi ubbidisce e mette giù Ethan che appena tocca terra corre verso il S.Antonio.
“Ethan non correre!!” gli urlo dietro.
“Cavolo non mi ascolta mai quella peste!” dico tra me e me mentre lo seguo, ma ad un tratto mi sento afferrare un braccio da dietro e vengo girata, un bacio mi viene depositato sulla guancia e una voce mi sussurra nell'orecchio:
“Dove pensi di andare senza prima avermi dato il mio premio di consolazione?”
Istintivamente lo allontano,fisso i suoi occhi cerulei e sento le guance le guance arrossarsi, mi volto e mi dirigo verso l'entrata.
“Idiota!” dico prima di varcare la soglia sentendo sulla schiena bruciare il sorriso che so mi sta rivolgendo.
 
 
“Sei in ritardo” Mi accoglie la solita voce sprezzante entrando.
“Sbrigati a sistemare il bambino ed andare poi direttamente in cucina” non do nessun cenno di consenso, ma faccio subito cosa mi è stato ordinato, si, perché è questo che fanno all'orfanotrofio S.Antonio, non fanno richieste, ma impartiscono ordini che si esige siano eseguiti.
“Ehi piccoletto perché non ci sistemiamo un attimo?”
“Uff CriCri non voglio mettermi quella cosa! La odio! Mi fa grattare da tutte le parti!” mi risponde come sempre Ethan, ma come al solito lo convinco ad indossare la divisa dell'orfanotrofio promettendogli una bella favola prima di andare a letto.
Subito dopo mi dirigo in cucina come mi è stato detto per aiutare con la cena, lì trovo altre tre ragazze del collegio, sinceramente non ne ricordo i nomi, qui ognuno pensa a se stesso, non ci è possibile socializzare tra noi per via della paura costante che regna qui dentro, è la prima cosa che imparai entrando qui dentro, non aprirti con nessuno perché probabilmente venderà le informazioni a Caleb per qualche beneficio.
 
Crash!!!
Una ragazza ha fatto cadere un piatto, la vedo rabbrividire e subito dopo pietrificarsi dalla paura, anche se è un gesto estremamente sconsiderato cerco di raccogliere tutti i cocci prima che arrivi qualcuno richiamato dal rumore, fortunatamente ci riesco e dopo aver buttato via i cocci dalla finestra per non lasciarne traccia intimo alla ragazza di comportarsi normalmente ed andare ad occuparsi della preparazione della tavola, mentre io mi sarei occupata d'impiattare.
Appena la ragazza fu entrata in sala da pranzo appare Berta, la governate.
“Che diavolo è successo qui?” chiede con il suo vocione da uomo.
“Ho appena sentito un rumore provenire da qui ne sono sicura! I bambini ce li avevo tutti sott'occhio io a fare i compiti! Ditemi cos'è successo!!”
Nessuna rispose, sapevo che qualcuna di quelle ragazze avrebbe alla fine rivelato l'accaduto, ma non certamente a Berta, mai nessuno si confidava con Berta perché otre a punire il colpevole, puniva anche la spia, dicendole che era un comportamento da traditori, voleva che direttamente il colpevole si costituisse.
Così nessuna fiatò.
“Ah Cristina, il signor Caleb ha telefonato, ha detto che vuole che lo aspetti nella sua stanza, tornerà tardi quindi riuscirai a svolgere tutte le tue faccende prima.” mi avvisa prima di andarsene borbottando.
La cena si svolse come sempre in un rigoroso silenzio, interrotto solo dalle bacchettate che le istitutrici davano ai bambini quando facevano cadere una posata o se non avevano un comportamento consono.
Quando a Ehtan scivolò di mano il suo bicchiere di plastica persi un battito, prima che me ne rendessi conto buttai il mio bicchiere di cristallo per terra facendolo frantumare.
Gli occhi di Berta si catalizzarono direttamente su di me, si alzò dal suo posto, mi venne in contro con il suo righello di legno di cinquanta centimetri che avevo imparato a conoscere, e prima che me ne potessi accorgere me lo diede violentemente sul collo:
“Vergognati! Alla tua età avere ancora simili atteggiamenti a tavola”
Mentre sentivo il dolore pulsare sul collo non feci altro che ringraziare che non avesse dovuto subirlo il piccolo Ethan.
Dopo cena mi occupai delle mie mansioni: lavare i piatti, pulire il pavimento della cucina, stirare tutti i vestiti dei bambini e preparare le camere delle istitutrici per la notte.
Quando, due ore dopo, ebbi finito con i compiti, mi diressi verso la stanza di Caleb, il direttore dell'orfanotrofio.
Caleb aveva solo vent'anni quando diventò direttore dell'orfanotrofio, io all'ora avevo undici anni, diventai fin da subito il suo bersaglio preferito e lui il mio, a volte andavo a scuola con enormi lividi che facevano preoccupare ed insospettire le insegnanti, così Caleb passò anche al tormento psicologico, dal canto mio comunque rispondevo e mi ribellavo a tali punizioni con forza, fin quando, un giorno, più precisamente l'uno Gennaio del duemiladieci, Caleb mi disse che aveva un bel regalo di compleanno per me quell'anno, io ovviamente ero pronta a tutto, finché non mi mise davanti un bambino di due anni e mi disse:
“Lui si chiama Ethan, ha perso i suoi genitori ieri sera in un incendio.”
Pensavo davvero di essere pronta a tutto....
Da quel giorno il mio comportamento cambiò repentinamente, non disobbedivo più agli ordini, non mi ribellavo più alle punizioni e non attaccavo più direttamente Caleb, non adesso che aveva Ethan su cui vendicarsi.
Mi riscossi da questi pensieri quando una voce mi sussurrò all'orecchio:
“Mi lusinga averti nella mia stanza da letto Cri” odio che quella voce serpentesca pronunci quel nome.
Mi alzo di scatto dalla sedia sulla quale mi ero abbandonata ai ricordi e gli chiedo sprezzante di cosa voleva parlarmi.
“Come sei astiosa oggi bambina mia.... Beh se proprio lo vuoi sapere mi hanno chiamato dalla tua scuola per informarmi che ti hanno messo in punizione oggi.”
Conferma il mio sospetto.
“Cosa dovrei fare con una bambina così indisciplinata?” chiede avvicinandomisi sempre di più fino a ché possa sentire il suo respiro sul mio viso, le sue labbra cercano di avvicinarsi pericolosamente alle mie, ma io mi sposto e alzo in aria una mano pronta a stampargliela su quel bel faccino da finto angelo che si ritrova, quando alla sua immagine si sovrappone quella di Ethan ed allora la mia mano si blocca a pochi centimetri dal suo viso.
Lui la prende e mi da un morso.
“Bambina cattiva, meriti proprio una punizione” mi soffia sulla mano.
Mi trascina con lui, ci dirigiamo verso il letto, lui si siede sul bordo, mentre a me fa sedere sulle sue ginocchia ed inizia la sua tortura: mentre mi soffia nelle orecchie parole disgustose comincia a mordermi a sangue su tutta la pelle libera che riesce a trovare, le braccia, le spalle, il collo, le orecchie.
“Mi mancano le tue lacrime salate Cri, perché non piangi per me?” mi chiede dopo l'ultimo morso, ovviamente io non darò mai la soddisfazione a questo bastardo di vedermi piangere ancora, poi mi alza lentamente per depormi sul letto, mentre lui va a prendere dei cerotti, ma non a fine curativo, ma solo per nascondere i segni della sua perversione.
Finito di applicarmi i cerotti, mi tende una mano per aiutarmi ad alzarmi dal letto ma io la scosto disgustata, mi alzo da sola e mi dirigo alla porta sentendo il suo sguardo lacerarmi la schiena.
Uscita da quella stanza infernale mi abbandono per un secondo al piacere catartico di versare qualche lacrima e dopo averne cancellata la presenza, salgo le scale avviandomi alla stanza di Ethan per mantenere la mia promessa.
Appena apro la porta della stanza il suo sorriso innocente mi accoglie e come una magia mi libera dallo sporco che mi sento addosso.


 

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Capitolo 17
*** Infermeria ***


IN INFERMERIA
 
“Ehi sei proprio un maniaco! Non ti vergoni a seguire CriCri da tutte le parti?? Lasciala in pace! Lei è mia!” Così  Ethan saluta l'idiota che ci fa ciao con la mano davanti all'entra dell'asilo, e neanche a dirlo cominciano a battibeccare. Posso giustificare un comportamento simile da parte di Ethan, è un bambino, ma Rayan comportandosi in questo modo non fa altro che riconfermare per l'ennesima volta il suo ritardo mentale...
 
“Cos'hai da sorridere in quel modo?” chiedo all'idiota dopo aver lasciato Ethan all'asilo ed esserci incamminati verso la scuola.
“Niente... è che sono felice di vederti!” Esclama esaltato mettendomi un braccio intorno al collo che io non aspetto a levarmi di dosso.
“Sei sempre così scontrosa... se continuerai a far così prima o poi mi stancherò e ti lascerò!” mi dice con una finta serietà dipinta sul volto.
“Non chiederei di meglio” Gli rispondo prima d'affrettare il passo superandolo.
 
“Nooo, noi non stiamo insieme, passiamo la maggior parte del tempo insieme, andiamo e torniamo da scuola assieme, ci facciamo persino punire assieme, lui mi dichiara il suo amore spassionato praticamente ogni giorno, ma no, noi non siamo una coppia... vero Cristi?”
Mi canzona Sara vedendomi arrivare a scuola con affianco l'idiota.
“Beh effettivamente Cristi lo dovrai pur ammettere che sembrate piuttosto... intimi.”
Le dà corda Daria.
“Esatto! Baciatevi e fatela finita!”
...Bam!...
“Ahi ahi ahi... Che male Cristi! Potevi evitare!!” si lamenta Elena dopo che l'ho colpita in testa.
“Anche tu puoi evitare di dire certe cose!” le rammento infastidita.
“Io sono totalmente d'accordo con la Ele! Baciami e falla finita.”
...Bam!...
Che cuore di ghiaccio che hai Cri! Così mi ferisci!!” piagnucola l'idiota, avendo dato anche a lui un bel pugno sul braccio, visto che alla sua testa non arrivo.
“è quello che voglio” gli rispondo freddamente.
Mi siedo così al mio solito posto sui gradini della scuola, mi metto le cuffie e riprendo a leggere il mio libro da dove lo avevo interrotto.
 
 
...”Ehi”........ “Cri è suonata la campana”........ “ Dobbiamo entrare”......... “Ehi”........ “ Cri stanno entrando già tutti”....... “Se ne sono andati tutti”........ “Cri”........
“STANNO PER BRUCIARE TUTTI I LIBRI!!!!!”
Mi sveglio di soprassalto, ritrovandomi con la testa poggiata alla spalla di Rayan, mi allontano da lui prima di subito, e prima che mi renda conto di ciò che è successo, lui colma la distanza tra i nostri corpi, e, mettendomi una mano sotto il mento, con il pollice leva un filo di saliva che mi scende da un angolo delle labbra, che mi accorgo ho lasciato traccia anche sulla sua giacca.
“Sei proprio una sbrodolina” mi dice guardandomi negli occhi.
Avvampo all'istante.
Mi alzo e corro il più velocemente possibile verso l'entrata della scuola, ripetendomi all'infinito nella testa:
“Idiota, idiota, idiota, idiota!”
 
“Si vada a sedere immediatamente! Spero lei sappia che è in ritardo! Domani porti la giustifica!”
'Merda' penso, quando la voce stridula della professoressa d'italiano mi accoglie in classe, al pensiero di dovermi fare una giustifica da Caleb. Mi vengono i brividi al solo pensiero.
Mentre cammino per andare al mio posto, incrocio gli sguardi furbi delle mie amiche, a cui rispondo sillabando a tutte che gliela farò pagare.
Il resto dell'ora la passai con un irritante rossore sulle guance accompagnato dai risolini delle mie amiche e dal ricordo imbarazzante di ciò che era avvenuto.
 
“Ehi Cristina il tuo collo sanguina” a quest'osservazione, della mia vicina di banco Valeria, lo sguardo di Elena si catalizza immediatamente su di me.
Portai la mano vicino ad uno dei cerotti posizionato vicino alla clavicola e ritraendola la vedo sporca di sangue.
“Forse è meglio che tu vada in infermeria per medicarla meglio. S-se vuoi ti posso accompagnare” mi propone imbarazzata Valeria.
Proposta che accetto immediatamente vedendo Elena attraversare a falcate la classe rivolgendomi uno sguardo inquisitorio, so, per esperienza, che quello sguardo esige risposte, risposte che le fornirò, come del resto faccio sempre alla fine, ma al momento decido di rimandare le spiegazioni. Così, trascinando con me Valeria e tenendomi una mano sul collo, chiedo alle mie compagne d'informare la prof di dove siamo andate.
“Vengo con te!” mi dice Elena, ma prima che io possa replicare, risponde al posto mio la professoressa dell'ora dopo appena arrivata:
“Sono sicura che Valeria sia in grado di occuparsi di Cristina da sola Elena” e prima che finisse la frase, Valeria ed io siamo già dirette in infermeria.
 
“Cavolo Cristina, non riesco proprio a trovare dei cerotti più grandi di quello che avevi prima” mi informa Valeria frugando da tutte le parti dell'infermeria, mentre io mi disinfetto la ferita con alcol e garze che mi ha dato lei.
“Accidenti! Non ci sono proprio, tu aspetta qui mentre io vado a chiederne ai bidelli!” mi avvisa, e prima che io possa rispondere è già uscita dalla stanza, ' e dove potrei andare con il segno di un morso su collo secondo te?'.
 

 
Sento la porta aprirsi.
“Valeria non ce n'era biso-” mi interrompo notando che la persona appena entrata non è Valeria, ma Rayan.
I suoi occhi fissano i miei, poi li vedo spostarsi più in giù, fino alla mano posizionata sul collo che tiene la garza tinta di rosso.
Il mio battito accelera incontrollato, era l'ultima persona che volevo venisse a saperlo, probabilmente ha già fatto uno più uno.
Vedo la sua bocca aprirsi.
Ho il cuore in gola.
Sta per parlare.
Stringo gli occhi con forza preparandomi alla sua reazione...
“Eccoli Cristina, li ho trovati” entra infine Valeria, le cui guance arrossiscono alla vista di Rayan.
“A-ah... E-ecco, mi dispiace, spero di non aver interrotto niente...” si scusa evidentemente in imbarazzo.
“Ma no! No, no, tranquilla!” la rassicuro ricordandomi di esserle grata per il resto della vita.
Dopo di ché Valeria comincia a medicarmi la ferita, mentre Rayan, ancora in piedi davanti a me, fissa il mio collo.
“ Accipicchia è proprio un bel morso Cristina, come è successo?” mi chiede Valeria.
“Beh... Ecco... un cane! Si un cane, mi ero inginocchiata per accarezzarlo e lui mi è saltato addosso e mi ha morso eh-eh...” le dico piuttosto impacciata.
“Davvero? Il morso è abbastanza piccolo, di che razza era? Mi chiede ancora, devo pensare un attimo ad una risposta da darle...
“Un bastardo!” risponde al posto mio Rayan,  lo guardo sconvolta.
“Ah, c'eri anche tu quando è successo Rayan?” chiede ancora Valeria, gli occhi di Rayan si spostano sulle sue scarpe, vedo i suoi pugni stringersi e poi tra i denti dire:
“No,non c'ero...”
“Allora come fai a sapere la razza?” continua ad indagare Valeria insospettita, dopo aver finito d'applicarmi la medicazione.
“è un randagio che spesso le vedo girare attorno” risponde prontamente Rayan, adesso lo guardo intimorita.
“Ahh! Adesso si spiega tutto! Cristina non devi dare troppa confidenza ai randagi, la prossima volta devi stare più attenta! Anche tu Rayan, quando la vedi con quel cane non limitarti ad osservare, fai qualcosa!” ci rimprovera Valeria.
“Tranquilla, la prossima volta che lo vedo me ne occuperò io” risponde Rayan colpendo il mio sguardo con i suoi occhi di ghiaccio.

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Capitolo 18
*** A casa di Valeria ***


“Cristi cosa stai guardando?”
Mi chiede risvegliandomi dai miei pensieri Daria.
“Eh? Niente, niente, ero solo sovrappensiero...”
E, dopo aver ridato un fugace sguardo al cancello d'entrata della scuola, mi riimmergo nella lettura distratta del mio libro.
“Ehi allora ragazze! Pronte per oggi?” chiede eccitata Elena.
“Certooooooo!!! Non vedo l'ora di vedere casa tua!” esclama ancora più eccitata Sara rivolta a Valeria.
“S-sono molto emozionata anch'io” risponde arrossendo Valeria.
“Si si, tutto molto eccitante, ma sei pronta?... Voglio dire, hai fatto o no la ricerca?” domanda sospettosa Elena ad una Sara che dall'eccitazione è passata ad un visibile nervosismo.
“C-certo! L'ho finita giusto ieri..... Ed è più bella della tua!” replica frettolosamente Sara, mentre tutte la guardano rassegnate all'idea che la farà appena tornata a casa in fretta e furia, sicuramente aiutata al telefono da Daria.
Io, intanto, guardavo distrattamente la scena confusa su quello di cui stavano parlando e indirizzando tutta la mia attenzione al cancello della scuola...
“Ohhhh! Ci sei Cristi? Dove sei?” ovviamente Elena come al solito si deve sempre accorgere quando ho qualcosa che non va... è fastidioso a volte...
“Niente, sono qui, dove dovrei essere?” rispondo distratta riportando lo sguardo, ma senza attenzione, alla pagina del libro che avevo aperta sulle mie ginocchia da un quarto d'ora.
“Certo, certo... Comunque oggi ti accompagno io in istituto.” mi comunica a bassa voce attirando su di se tutta la mia attenzione.
“Rayan è stato messo in punizione.” risponde al mio sguardo, e so già che se le chiedessi il motivo non me lo saprebbe dire, altrimenti lo avrebbe già detto... sapevo che avrebbe fatto qualcosa di stupido quando ho visto il suo sguardo mentre usciva dall'infermeria.
“Beh, tutti i mali non vengono per nuocere, almeno potrai raccontarmi tutto sul 'bastardo randagio' che ti ha morso...” cavoli... mi ero totalmente dimenticata che sicuramente Elena avrebbe voluto spiegazioni... Benone, sarà una lunga camminata.
“Comunque, dimmi, perché sono tutte così esageratamente eccitate oggi?” chiedo, cambiando argomento, ad Elena, indicando Daria, Valeria e Sara.
“Cielo santo Cristi, sei proprio un caso perso...” la  guardo stranita per un attimo, ma lei subito mi ricorda: “ Oggi andiamo a fare il progetto di storia a casa di  Valeria, di cosa pensi stessimo parlando prima tonta?”
...Ok sarà una lunghissima giornata.
 
 
Siamo arrivate già da un po'. Come previsto il rientro fu molto lungo, ho raccontato ad Elena filo e per segno ciò che è successo, sia ieri con Caleb, sia oggi con Rayan, non certo per mia volontà, ma non riesco a nascondere nulla a questa mostriciattola che mi ritrovo per amica... Fortunatamente oggi Ethan finiva prima l'asilo e non ho dovuto passare a prenderlo, altrimenti sono sicura che mi avrebbe costretta a dirle tutto anche davanti a lui.
“Tu li dentro da sola non ci torni!” si mette a protestare Elena.
“Si si, certo certo...” le dico mentre mi avvio verso l'entrata, tanto è sempre la solita storia: io le racconto cosa succede, lei cerca d'impedirmi di ritornare in istituto, alla fine ci torno comunque, con le buone o con le cattive, ed abbiamo sperimentato che le prime sono del tutto preferibili alle seconde.
“...Ok ok, però ti aspetto qui! Tu chiedi quel che devi chiedere a quell'essere e poi corri fuori!! Se non torni entro un'ora chiamo la polizia!!!” la sento strillarmi dietro mentre entro nell'edificio sperando che nessuno la senta o che non la prenda troppo sul serio.
 
Appena varcata la soglia l'abituale angoscia mi attanaglia lo stomaco. Prima d'andare nell'ufficio di Caleb voglio andare da Ethan. Sono una vigliacca, per quanto mi piacerebbe pensare che sto andando prima da lui perché mi è mancato o perché voglio vedere come sta, so che preferisco vederlo prima di Caleb solo perché quel piccolo esserino è l'unico su questo pianeta, oltre ad un'altra sola persona, che riesce ad infondermi il coraggio che non ho con un unico sguardo.
Dopo aver abbracciato, coccolato, baciato e promesso che sarei passata a salutare prima di andare quel piccolo esserino così vivace nonostante tutto, mi reco in ultimo in quella stanza che non vorrei mai aver varcato...
Decido di aprire la porta con determinazione, senza bussare, meglio farsi vedere subito agguerriti e non lasciar trapelare la paura che in realtà sta crescendo prepotentemente nella mia testa.
“Oh guarda te che ha portato il vento! Quanto mi rallegra vederti mia dolce Cri..” mi accoglie viscidamente Caleb, che noto, alquanto sorpresa, in una stana posizione: è appoggiato alla scrivania, ma dando le spalle alla stanza rivoto contro il muro...
“Ok cara... ora va tutto bene puoi andare..” lo sento dire mentre muove una mano verso il basso... e come al rallentatore vedo una delle ragazze dell'orfanotrofio alzarsi dal pavimento davanti a Caleb, mentre si sistema i capelli arruffati, la osservo sgomenta, andare verso alla porta.
“Oh! Tesoro, sciacquati la bocca poi quando esci, e chiudi la porta” a queste parole mi volto, se è possibile, ancora più shockata verso Caleb, ma me ne pento subito, notandolo mentre si sta allacciando i pantaloni e la cintura.
“Cri, per quanto mi piaccia che la tua attenzione vada lì, i miei occhi sono un po' più in su” e dicendo questo sghignazzando nel suo solito modo meschino, mi riprendo e come un fulmine a ciel sereno tutti i pezzi si mettono insieme nella mia testa e sento che sto per vomitare, ma il mio disgusto viene ampiamente superato dalla rabbia che acceca il mio cervello rendendomi un'idiota.
“Mi fai vomitare...” ecco ora sono spacciata... tutte le mie buone intenzioni di mostrarmi forte ed indifferente andate in fumo per la mia stupida boccaccia!
“Oh beh, non era certo mia intenzione invitarti a godere dello spettacolo, ma sei tu che sei entrata senza bussare o sbaglio? Non avrei mai messo la mia pura Cri davanti a uno scenario del genere, mi devi credere...” comincia ad argomentare mellifluo avvicinandosi lentamente, come un predatore.
Bene, l'inizio è stato un disastro, ma posso ancora recuperare, quindi ignoro la bile che mi sale proporzionalmente a quanto lui si avvicina e m'impongo di rimanere ferma e di non abbassare gli occhi.
“Oggi sono entrata cinque minuti in ritardo devi farmi la giustifica e adesso devo andare a casa di una compagna a fare un compito” sputo fuori tutto d'un fiato, non ho chiesto permessi o altro, non mi abbasserò mai a tanto.
“Oh... e come mai quel ritardo?” mi domanda avvicinandosi d'un altro passo, ho un istintivo impulso di allontanarmi il più possibile, ma usando violenza conto i miei istinti, mi impongo ancora una volta di restare immobile.
“Mi si era staccato un cerotto e non volevo presentarmi a lezione in tale stato” mento giustificando anche il fatto della benda che ho al posto del cerotto che avevo, notando che la sta fissando, 'due piccioni con una fava' mi dico soddisfatta, acquistando un po' di coraggio, cosa che, ovviamente, non sfugge a Caleb che adotta uno sguardo che mi fa perdere immediatamente tutta la fiducia appena acquisita...
“Cero certo, capisco... Beh sai quello che devi fare quando mi chiedi dei favori” proferisce queste parole che mi lacerano peggio di come potrebbero farmi dei coltelli.
“No! Mi rifiuto! Piuttosto mi faccio sospendere e bocciare!” gli sputo in faccia mischiando la paura con la rabbia, ed involontariamente i miei istinti mi sopraffanno, ed indietreggio, errore da principiante, so meglio di chiunque altro quanto piaccia a Caleb la caccia.
Neanche finisco di formulare un pensiero coerente che me lo ritrovo ad un soffio dal viso, i suoi occhi mi paralizzano e non riesco a distogliere lo sguardo dal mio riflesso che scorgo nei suoi occhi ghiaccio.
“Cri, perché mi ferisci sempre in questo modo?” domanda fingendosi addolorato, cosa che mi fa indurire all'istante lo sguardo.
“Oh ti prego non guardarmi così, lo sai che io sono infinitamente buono e non farei mai niente per ferirti...” dice appoggiandomi delicatamente una mano sulla guancia che si gela all'istante e posandomi il pollice sul labbro inferiore accarezzandolo.
“Sarò magnanimo questa volta...” sussurra nel mio orecchio.
Non riesco neanche a vedere il suo viso muoversi che mi ritrovo le sue labbra sulle mie, mi sento male, percepisco la bile arrivarmi alla gola e decido allora di concentrarmi il più possibile su quella sensazione, che è mille volte meno disgustosa del fatto di pensare che quelle sudice labbra sono posate sulle mie, e quasi, inconsapevolmente, mi sale una lacrima di felicità al pensiero involontario che questo non è il mio primo bacio, ma quel ricordo si dissolve, come un sogno, appena una lingua cerca di farsi strada prepotentemente per andare a trovare la mia, non ragiono neanche sul da farsi che il mio istinto serra di colpo le mie labbra al posto mio. Ovviamente questa reazione ne provoca istantaneamente un'altra, e prima che possa accorgermi del dolore, sento in bocca il gusto acre del mio sangue.
 
 
“Stavo giusto giusto componendo il numero della poliz- Che cavolo è quel taglio che hai sul labbro?!?!??” mi accoglie Elena quando mi vede uscire.
Sono ancora troppo stravolta dalla rabbia accecante che mi ha assalito poco fa, mentre urlavo appellativi non propriamente molto gentili e sbattendo la porta in faccia a Caleb...
“Allora? Mi vuoi rispondere??”  comincia a torchiarmi Elena inseguendomi.
In risposta alzo solo le spalle a dire: il solito no?
Ed ovviamente lei mi capisce al volo e silenziosamente mi prende per mano, arriviamo a casa di Valeria in un totale silenzio, colmo di sicurezza e conforto, questi momenti mi ricordano sempre perché questa personcina così forte e determinata è la migliore amica che potessi mai desiderare.
 
“Siete arrivate!!!!” ci accoglie super eccitata Sara abbracciandoci.
“Cavolo Sara mica è casa tua! Datti una calmata!” la rimprovera Elena.
“Oh quanto sei barbosa!!! Non posso essere felice di vedere le mie amiche?” chiede sorridendo.
“Ci siamo viste meno di tre ore fa...” le fa notare saccente Elena, come al solito.
Sara, dal silenzio che si è creato (cosa che con lei non capita spesso ), è rimasta evidentemente senza argomentazioni, quindi, visto che il sadismo di Elena le impedisce di porre fine all'imbarazzo creatosi, come al solito tocca a me...
“Daria è già arrivata?”
“Si si sono qui.” mi risponde una voce dietro Sara. “Oh Cristi cosa ti sei fatta al labbro?” mi chiede poi preoccupata Daria.
“Niente, ho sbattuto contro un'anta del mio armadio” rispondo apatica.
“C-cosa è successo?” chiede poi Valeria dietro Sara fissando la scena.
“Oh niente, è la solita stupidità di Sara... Ti ci abituerai” le risponde altezzosa Elena, ed a questa sua uscita, decido di entrare in casa senza aspettare il permesso di Valeria, poiché so quello che sta per succedere...
“Cosa?! Chi sarebbe stupida??”
“Visto? Non capisci neanche quando le persone si riferiscono a te... Te lo spiego in un linguaggio che puoi capire: tu” indica con un dito Sara “stupida” ed eccole che cominciano...
 
Dopo venti minuti buoni di strilli da parte di Sara, saccenti frecciatine di Elena, tentativi di sedare gli animi di Daria ed un evidente disagio della padrona di casa, ci ritroviamo nella spaziosa taverna della casa, sedute attorno ad un enorme tavolo di quercia rotondo, con sparsi su di esso tutti i fogli delle varie ricerche.
“Se avete finito possiamo cominciare con questo maledetto compito?” chiedo scocciata guardando le due casiniste.
“Come?? Sono già le cinque! Non possiamo metterci a lavorare senza fare prima uno spuntino!” protesta al solito Sara.
“Oltre che stupida sei anche estremamente pigra, maleducata ed ingorda...” ribatte Elena.
Prima che possa scoppiare un altro battibecco, Valeria, avendo finalmente capito che razza di persone si ritrova per casa, si alza di scatto, e avviandosi al piano superiore dice agitata: “ Si si, è un ottima idea! Vado a prendere subito qualcosa da mangiare!”
“Aspetta! Ti aiuto!” la raggiunge Daria.
 
“Beh? Fate pace e fatela finita, sappiamo tutti che vi volete bene quindi piantatela e fate una tregua almeno per oggi.” dico alle due stordite che mi ritrovo davanti.
“...Solo se lei-” comincia Elena, ma la fulmino con lo sguardo.
“Ok ok... scusa... pace?” riprende Elena dispiaciuta, subito dopo Sara si alza e le salta addosso abbracciandola...
Va sempre a finire così, e non posso trattenere un sorriso alla vista di quelle due.
 
Dopo due ore di lavoro intenso, interrotte solo dalle abituali lamentele di Sara e dall'insolito interesse di Elena verso il suo cellulare, finimmo il compito.
 Alla fine ci ritrovammo con in mano lo sceneggiato di una rappresentazione teatrale della storia di Romeo e Giulietta ambientata all'interno della guerra di Troia, e con il finale totalmente stravolto: Elena ( Giulietta ) non muore alla fine, ma protestando contro le pressioni della sua famiglia e quella di Romeo ( che hanno dato inizio alla guerra ), decide di non sposare nessuno, nemmeno Romeo, portandoci avanti nel tempo fino agli settanta durante le lotte per l'uguaglianza che hanno combattuto le femministe, diventando alla fine una diplomatica.
 
“Oh cavolo! Sono già le sette!!” sospira stremata Sara.
“Oh cielo! È vero... Scusaci Valeria se ti abbiamo disturbato fino adesso... Spero che hai tuoi genitori non abbia dato fastidio.” Si scusa Daria, gentile come sempre.
“Oh no no, tranquille, i miei sono via per il fine settimana...  E-ecco... Stavo pensando... Che se volte potreste rimanere qui a dormire...” ci propone molto imbarazzata Valeria, un secondo dopo si ritrova addosso Sara che l'abbraccia.
“Si si si si!!!!” risponde Sara.
“È un pensiero molto gentile, grazie” sorride accettando Daria.
“Ele tu?” chiede Sara ancora avvinghiata a Valeria.
Elena per risposta mi guarda interrogativa.
“Io ci sto” rispondo sbadigliando, catalizzando così su di me lo sguardo nervoso di Elena e quelli felicemente sorpresi delle altre, so a cosa sta pensando Elena, ma sinceramente per stasera non mi interessano le ripercussioni che subirò per questo...
Dopo che anche Elena accetta, tutte si mettono a telefonare ai genitori, io, oltre al fatto che ho lasciato il telefono in istituto, non avrei comunque nessuno da chiamare.
Ci ritroviamo tutte nella camera, arancione accecante, di Valeria, dopo aver mangiato le pizze che avevamo ordinato.
“Oh Oh! A me piace questo!”
“Sara!! Cosa fai? Uno chiedi sei puoi prenderlo e due cambiati in bagno se proprio devi!” la rimprovera Daria, dopo che Sara si stava per togliere i jeans.
“Ah già! Scusa, Vale posso prendere questo?” chiede come se niente fosse.
“Certo certo, prendete quelli che volete” ci dà il via libera Valeria.
Alla fine, Daria indossa un pigiama con le maniche e i pantaloni lunghi verdi stile orientale, Sara ovviamente una camicia da notte rossa, Elena ed io con una semplice canottiera e pantaloncini.
Per tutto il tempo Elena è stata, decisamente insolitamente, attaccata al telefono...
Mentre stiamo per andare in salotto per guardare un film vedo Elena ancora presa a scrivere al telefono restando indietro, decisa a capire cosa diamine sta combinando rallento il passo per raggiungerla...
“Allora chi è il fortunato?” le chiedo prendendola in giro facendola sussultare.
“C-cosa?! Che diavolo ti sei messa in testa??... Sto scrivendo... A mio padre ecco!” risponde al mio sguardo inquisitorio, sto per chiederle di mostrarmi il telefono che lei subito mi blocca domandandomi se io ho dietro il mio di cellulare.
“...No...Perché?” chiedo sospettosa, ma veniamo interrotte.
“Ehi voi due! Venite qui su! Cosa preferite, Mission impossible, ovvero il sexy Tom Cruise, o Dear Jhon ovvero: ciao bicipiti, ciao tartaruga ah si, e ciao anche a te Channing Tatum?” chiede un po' troppo effervescente Sara...
“Va bene qualsiasi cosa, basta che andiamo a letto presto che domani è sabato e dobbiamo andare a scuola...” scappa sul divano Elena.
“Ok ok mamma” cantilena Sara mettendo Mission Impossible.
Così non riuscii a parlare con Elena per tutta la sera.
 
“...Cristi...Cristi svegliati... Cristina Este svegliati per Diana!”
...Bam...
“Ahi!!” mi sveglio così con un dolore infinito al braccio e una mano premuta contro la bocca. Superando lo stato di sonnambulismo iniziale passo velocemente a quello di angoscia, rabbia e alla fine curiosità, dopo aver sbattuto un paio di volte gli occhi ed aver riconosciuto Elena.
“Allora, tranquillizzati un attimo, adesso ti tolgo la mano dalla bocca, ma tu non fiatare” dopo che Elena fa ciò che ha detto, mi alzo dal divano dove mi sono, ci siamo, addormentate e guardo l'ora, notando le altre ancora addormentate.
“Elena dico sei pazza?! Sono le tre e venti di mattina!” esclamo a bassa voce per non svegliare le altre ancora beatamente addormentate.
“Sta zitta e vai sul retro” mi impone alzandomi e trascinandomi di forza verso il cortile, non riesco neanche a ribattere per via della stanchezza e quindi mi lascio trascinare.
“Ehi bella addormentata” mi saluta un voce che ovviamente riconosco all'istante, ma che ovviamente non può essere essere lì per davvero... Mi avvicino alla figura immersa nell'ombra, che ha fatto una nuvola ostacolando i raggi lunari, e gli do un pizzicotto.
“Ahi Cri! Di solito si da il pizzicotto a chi crede di sognare e non al sogno!”
...Ovvio che è lui, quale altro idiota farebbe irruzione in una casa in piena notte...
“Elena torniamocene a letto..” dico voltando le spalle all'idiota indirizzandomi verso la porta, ma la trovo chiusa con dall'altra parte Elena che mi saluta.
'Giuro che la uccido'
“Cri dopo tutta la strada che ho fatto mi tratti così?” mi chiede quel razza d'imbecille.
“Come se te lo avessi chiesto io...” mi rassegno al fatto che dovrò prestargli attenzione.
La nuvola che prima oscurava la luna scivola via e lascia trapelare i suoi raggi illuminandoci.
“Che diavolo hai fatto alla faccia?!” esclamiamo contemporaneamente, lui sicuramente si riferisce al taglio che ho io al labbro, e io mi riferisco a quello molto più grande che ha lui sul suo.
“Ho sbattuto” rispondiamo contemporaneamente, e tutti e due assumiamo la stessa espressione diffidente, ma visto che nessuno dei due è intenzionato a dire la verità decidiamo di tacito accorto di prendere per buona la balla che ci siamo detti.
“Allora è a te che continuava a scrivere Elena...”
“Già...” replica lui. Innervosita dalla sua risposta secca e dal suo inusuale silenzio sbotto acida: “ Allora si può sapere cos'hai da venirmi a rompere alle tre di mattina?”
Lui mi fissa serio.
“Cristina lui è venuto a casa mia a cercarti... è incazzato” sentir pronunciare da lui il mio nome per intero mi procura un brivido lungo la schiena.
“Immaginavo lo sarebbe stato... Non me ne frega niente, per una volta volevo sentirmi libera come le altre, mi spiace se ti ha importunato, giuro che la prossima volta specificherò che non sono da te.”
Rispondo con tono assente avviandomi alla porta sperando che Elena l'abbia aperta.
“Sono preoccupato per te” continua lui con quel suo fastidiosissimo tono serio.
“Come sempre” replico mentre constato che la porta è ancora chiusa.
“Cristina guardami cazzo!” mi giro involontariamente al suono di quell'imprecazione.
“È veramente arrabbiato sta volta! Non è solo perché volevi un po di libertà che hai voluto dormire fuori consapevole che lo avresti fatto incazzare, devi aver fatto qualcosa che sai l'ha fatto imbestialire!”
Sono sempre abbastanza sorpresa quando riesce a leggere le mie azioni così facilmente. Effettivamente le parole che ho rivolto a Caleb prima di andarmene le avevo dette in quel momento con la precisa intenzione di farlo arrabbiare, ma me ne pentii subito dopo aver varcato la porta del suo ufficio.
Si è creato uno strano silenzio tra di noi, lui continua a fissarmi con quei suoi maledetti occhi così belli ed intensi, ed io invece guardo per terra rimuginando sulle parole dette a Caleb, non riuscendo a sostenere il suo sguardo.
Soffia una brezza fredda, e per via dei miei striminziti indumenti rabbrividisco.
All'improvviso sento un rassicurante calore avvolgermi ed alzando lo sguardo incontro quegli occhi che ho tanto criticato, ma che ora non posso far altro che ammirare.
Ancora immersi nel silenzio, continuando a tenermi stretta tra le braccia lo vedo scrive un messaggio a Elena.
Passano secondi, minuti ed ancora nessuna risposta.
Sbuffo, “ Cielo santo la stordita deve essersi addormentata” penso a voce alta, provocando il tremolio di una risata sul petto che scalda la mia schiena.
“Vieni ghiacciolino, andiamo almeno a metterci comodi” e così dicendo mi porta su di un'amaca.
Non volendo affrontare quella situazione imbarazzante sbarro gli occhi e decido di far finta di dormire.
“Cri?” sento dire alla mia stufa, è estremamente caldo, mi chiedo se veramente in realtà non sia un incrocio umano-stufetta elettrica.
Non rispondo continuando la mia recita e azzardandomi in una piccola russata.
“Cristina io tengo a te più di qualsiasi altra cosa, ti prego non fare niente che possa metterti in pericolo... ne morirei.” lo sento sussurrare, ma non so se più a se stesso o a me.
Sento improvvisamente un calore avvolgermi anche le labbra, è un calore piacevole, dolce, confortante, sento poi le sue labbra aprirsi e la lingua accarezzarmi dove i denti del mio aguzzino mi hanno morsa, non riesco neanche ad abituarmi a questa così maledettamente piacevole sensazione, che ne vengo privata, e involontariamente mi sfugge un mugugno di protesta, ma sembra non averlo sentito mentre sistema la testa nell'incavo del mio collo provocandomi un leggero solletico col suo respiro ardente ed io spero solo non si accorga del rossore, che sono sicura, mi colora tutto il viso.
….Diamine, ho bisogno di un ventilatore...
 
 
 
Ed eccomi qui con il nuovo capitolo ^^ Scusatemi tantissimo se aggiorno così lentamente, ma in questo periodo mi ritrovo sempre un mucchio di cose da fare che a volte dimentico anche la testa >.< PEDONATEMI!!! :'(
Ma ora veniamo al capitolo... Sono successe un bel po di cosette alla nostra Cri... Chissà cosa succederà, come reagirà Caleb? Rayan cosa farà? E Cristina farà o no i conti con i suoi sentimenti?
Fatemi sapere cosa ne pensate!!! ^^

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Capitolo 19
*** Caleb ***


"Cazzo" quella maledetta ragazza mi fa sempre preoccupare, oltre a farmi immensamente incazzare ovviamente, logicamente quando tornerà, perchè è certo che tornerà, la punirò in maniera tale che non lo farà una seconda volta, come osa insultarmi in quella maniera e poi neanche farsi viva la notte?!
 
Dove diamine sarà?... Con chi sarà?! Non sono neanche sicuro che sia con Rayan dato le centinaia di chiamate sul suo cellulare, che ovviamente doveva lasciare qui, giusto giusto per aumentare la mia irritazione.
 
Dopo che è uscita dall'istituto, urlandomi addosso ogni insulto possibile, non immaginavo minimamente che non sarebbe tornata, di solito torna... Torna sempre da me, qualsiasi cosa sia successa...
O comunque torna per Ethan.
 
Lo so che sono profondamente sadico e che forse questo è un atteggiamente sbagliato, soprattutto nei suoi confronti... Ma insomma, lei è un invito costante per la mia mente perversa, il suo atteggiamento freddo ed indifferente in così totale contrapposizione con il suo sguardo ardente mi fa impazzire ogni volta, davanti a lei non ragiono più, i miei istinti prendono il sopravvento sulla ragione e non so più cosa stia facendo, se non la consapevole voglia che mi arde dentro di vedere quei suoi occhi profondi bruciare dentro i miei.
È stato così sin dal primo sguardo che le ho rivolto, è stato odio a prima vista tra noi, l'ho letto nei suoi occhi, e da all'ora è stata guerra.
Non mento sul fatto che il nostro sia un legame profondamente ed irremediabilmente malato e perverso, ma non lo cambierei mai; certo da parte mia è esattamente così, ma dalla sua non penso sia molto diverso, comunque, data la mia natura radicamente diffidente, ho preso una piccola assicurazione anche per questa piccola possibilità che lei potrebbe abbandonare il campo di battaglia, ho fatto in modo da creare un legame tale da essere sicuro, certo del fatto che non mi lascerà mai, ecco a cosa è servito il piccolo Ethan, non nego che sia stato un colpo basso, ma farei di tutto per non perderla.
 
 
"Grazie signora, ora può andare" Dico ad una delle governanti dell'istituto, di cui, neanche a dirlo, non mi sono minimamente sforzato d'impararne il nome.
Dopo che la governante richude la porta, non senza però prima avermi rivolto uno sguardo che voleva essere suadente , ma che risulta disgustoso ed inquietante, mi concentro sul mio piccolo ospite.
"Buona sera piccolo" Lo accolgo con un sorriso palesamente finto, ma intanto non mi sforzo neanche di apparire sincero, almeno non con lui, se devo essere onesto a volte mi sembra persino più determinato della mia Cristina, e la cosa, oltre al fatto d'irritarmi, mi preoccupa non poco.
"Buonasera" Risponde fermo. Per essere così piccolo è straordinariamente sveglio e non mi stupirei se avesse già intuito le mie intenzioni.
"Allora, cosa mi racconti piccolo?" Chiedo sempre con simulata gentilezza.
"Niente che a lei dovrebbe interessare" Eccola! Quella sua fastidiosa irriverenza...
"Ah si? Lascia giudicare a me... Piccolo" Rispondo alla provocazione trattenendomi.
"Ok, se lo vuole sapere, il responsabile del mio orfanotrofio è un cazzone." Dice come se niente fosse.
Sono abbastanza destabilizzato, ed adesso mi sta facendo decisamente saltare i nervi... mi ricorda un po' me e la cosa mi fa sorridere mentalmente.
Lo afferro per il colletto della divisa, lo avvicino rudemente alla mia faccia, così da fargli capire che non sto scherzando.
"Ora tu mi hai stancato, non fare il finto tonto, perchè so che non lo sei, quindi... Adesso tu mi dici ciò che voglio sapere ed io non farò niente"
"Non so cosa vuole che le dica." Replica sostenendo il mio sguardo.
"Ethan.Dimmi.Dove.è.Lei!"
"...Ahahah! È proprio uno stupido!"Scoppia a ridermi in faccia.
Basta! Ora ho perso la pazienza, senza neanche pensarci lo sbatto contro la porta, faccio appena in tempo a vedere un rivolo di sangue solcargli la fronte e gli intimo di andarsene all'istante.
"Guiro davanti a tutto il mondo che quando crescerò avrò un'orfanotrofio e lo gestirò al contrario suo!" E detto questo Ethan uscì sbattendosi la porta alle spalle,  quelle parole mi colpisocono come uno schiaffo in piena faccia e senza accorgermene mi ritrovo ad avere dieci anni...
 
Flashback
 
16 anni prima.
 
"Avanti mostriciattolo presentati" Sentii intimarmi da una voce alle mie spalle.
"S-s-sono Caleb..." Dissi prendendo tutto il coraggio che sapevo non avere.
"D'ora in avanti questa sarà la tua casa, quindi facci l'abitudine fin da subito." Disse sempre la stessa voce e dopo sentii la porta dietro di me sbattere.
"Quindi? Cosa fai li impalato?... Cavolo un altro stupido mi hanno rifilato... Allora?? Cosa diamine guardi? Vai di sopra e sistema i tuoi stracci!" Mi urlò contro il signore con la barba che mi ritrovavo davanti, e senza farmelo ripetere due volte corsi su per le scale più velocemente possibile, in modo da mettere distanza tra me e quel signore spaventoso.
 
Salite le scale mi trovai in una camerata ordinata in cinque file di brande mal conce e con amrmadi ammassati sul muro in fondo.
 
BAM!
 
"Ehi! Che diavo fai in mezzo i piedi??" Urlò un ragazzo alto, rachitico dopo essermi venuto addosso ed avermi fatto cadere.
"S-scusa" Biascicai per tirarmi fuori da una situazione che sapevo avrebbe portato guai...
"Scusa! Ma sentitelo! Chi ti credi di essere piccoletto?" Disse a voce alta il Rachitico ricamando l'attenzione degli altri ragazzi che vidi avvicinarsi curiosi.
"Sono un nuovo arrivato..." Risposi io facendomi sempre più piccolo.
"Ah! Bene bene... carne fresca..." Comunicò ai ragazzi li radunati.
"E cosa pensi di fare qui... Piccoletto?"Continuò lui.
"Beh... Mi hanno detto che questa è la mia nuova casa... e il signore mi ha detto di sistemarmi..." Cercai di giustificarmi io.
"La tua nuova casa!!" Urlò il Rachitico e tutti gli altri ragazzi si misero a ridere rumorosamente... Mi facevano male le orecchie.
Prima che me ne resi conto un paio di ragazzi avevano preso la mia sacca e si stavano dirigendo alla finestra, cercai d'inseguirli, ma il Rachitico mi prese per il colletto della maglia e mi sabattè per terra, in un angolo all'ombra di un armadio rotto, prima di cadere nel buio l'ultima immagine che vidi fu quella dei miei ultimi averi volare giù dalla finestra accompagnata da queste parole: "Ecotti 'sistemato' "
 
...Splash...
 
Mi svegliai di colpo con una sensazione di bagnato e freddo addosso.
"Avanti sfaticato! Non è il momento di dormire questo! Vedi di scendere subito a mangiare se non vuoi restare senza cibo per una settimana!" Mi disse una voce, che vidi in un secondo momento appartenere ad una donna robusta davanti a me con in mano un secchio gocciolante, che dopo essermi guardato capii mi aveva svuotato addosso infradiciandomi. Non riuscii neanche a proferire sillaba alcuna che la donnona mi afferò rudemente il poso e mi trascinò giù dalle scale, per poi buttarmi in uno stanzone che, dall'enormi tavolate provviste di poco cibo, capii essere la mensa di quel posto che doveva essere 'La mia nuova casa', i ragazzi che erano tutti a tavola si misero a ridere appena feci la mia apparizione, poi un vocione urlò sovrastando tutto il caos: "Ora basta!"
Ed in un minuto mi ritrovai ancora trascinato via per il braccio in una stanza tutta buia, o ero io ad avere gli occhi chiusi senza rendermene conto, sentii mani ruvide che mi strappavano i vestiti, altre mani che tenevano le mie su di un piano di legno, che imparai poco dopo essere una scrivania, un rumore metallico, un dolore lancinante alla schiena, urla che faticavo riconoscere mie e poi senza neanche rendermene conto mi ritrovai seduto nella mensa a consumare un misero pasto.
 
Stavo facendo lentamente delle cucchiaiate del brodo dagli ingredienti non ben definiti posto davanti a me quando una mano mi sbattè contro la schiena rinfrescando il dolore delle ferite che mi erano appena state inferte, il cucchiaio che tenevo in mano andò a toccare il pavimento accompagnato da un mio urlo.
Avendo capito già in quelle poche ore in che razza di posto ero finito non mi stupii nel trovarmi di fianco un'altra donnona, cercai di aprire la bocca per dire qualcosa... Qualsiasi cosa, pur di farmi rispiarmare da un nuovo dolore che ero cosciente sarebbe arrivato presto, infatti prima ancora che potessi emettere qualsivoglia suono, un bastone di legno mi colpì il collo riempiendomi gli occhi di lacrime... La donna stava per rivolgermi parole, sono sicuro, di orribile rimprovero, ma prima che ciò accadesse qualcosa in me si accese e la mia bocca cominciò a muoversi da sola:
"Quando crescerò avrò un orfanotrofio e lo gestirò totalmente al contrario di come lo fate voi! Lo giuro davanti a tutto il mondo!"
 
 
 
 
Dopo quelle parole, di quel giorno non ricordo molto altro...
Dei giorni seguenti invece ricordo benissimo la voglia costante di sopravvivere e di privarmi in tutti i modi possibili dal dolore, le mie buone intenzioni di quel primo giorno si persero nella paura costante che mi cresceva dentro ogni giorno, ringrazio questa paura, grazie a lei sono stato capace di fare cose che credevo non sarei mai stato capace di fare e che mi hanno salvato più di una volta, non mi pento di ciò che ho fatto, perchè così sono arrivato qui, quella paura tanto odiata mi ha reso determinato ed adesso ogni cosa io volglia la ottengo.
 
In seguito alla morte, definita un 'incidente', di un ragazzo rachitico dell'istituto, mi cacciarono dall'orfanotrofio, finii in mezzo ad una strada, ma non mi preoccupai più di tanto, ero libero, e grazie a quella che era stata la mia prigione avevo imparato a cavarmela da solo, quindi non fui molto sorpreso del fatto che quando fui fuori divenni un delinquente di prim'ordine per sopravvivere...
Non mi dispiaceva la mia vita sinceramente, ero temuto, e quindi rispettato, da molte persone che ritenevo influenti e strategiche, tutti sapevano chi fossi e che per questo mi dovevano lasciar perdere se non avessero voluto fare un esperienza alquanto dolorosa... Ma la mia vita idilliaca finì quando incontraii una giovane coppia innamorata, fin troppo innamorata.
 
Era un giorno nuvoloso, mi stavo annoiando a morte, l'ultimo colpo divertente era stato molti mesi prima e passavo il mio tempo a tormentare dei ragazzini sulla strada per la scuola.
Ero seduto in cima ad un albero, erano più o meno le sei di pomeriggio, la mia attenzione fu richiamata dal suono di risate sotto di me, volsi lo sguardo in quella direzione e notai una famigliola vestita molto elegantemente, probabilmente stavano andando a quelche evento di gala, capii subito che finalmente avrei potuto divertirmi un po'.
Scesi dall'albero, mi nascosi nella sua ombra e quando la famigliola fu abbastanza vicina...
"State fermi non fiatate e datemi tutto quello che avete!" ordinai brusco e minaccioso, con il mio coltellaccio in mano, alla coppietta, vidi i loro sguardi pietrificarsi nei miei, sorrisi tra me e me per quello che ero sicuro sarebbe stato un buon bottino, quando la donna parlò, e disse cose che non mi sarei immaginato...
"Oh cielo caro! Guarda questo povero ragazzo! Cosa stai li impalato tesoro?? Insomma fa qualcosa!"
"Subito cara, presto passami la borsa che gli diamo qualcosa..."
"Certo caro, cerchiamo di dargli tutto il necessario! Povero piccolo... Guardalo così sporco... Sarà sicuramente affamato povero cuore!"
"Hai perfettamente ragione tesoro mio! Sarà meglio dargli tutto il possibile, mi dispiace di non aver portato più contante con me!"
"Te lo avevo detto io caro di portarne di più!"
"Dolcezza mia non ricominciare perfavore..."
Mi trovai sbigottito ad osservare una lite di questo genere tra due persone che stavo rapinando, probabilmente l'unico a sapere che quella fosse una rapina ero io...
Intenzionato ad allontanarmi il più possibile da quelle strambe persone, approfittai della loro lite per sfilare la borsa alla signora e darmela a gambe, o almeno così stavo per fare quando sentii che qulcosa mi tratteneva la manica, mi voltai infastidito e mi imbattei in due occhi di un ceruleo indescrivibile...
"Scusi signore potrebbe lasciarmi almeno la foto che c'è nella borsetta di mia madre?" Mi chiese il bambino dallo sguardo di ghiaccio davanti a me. Non era spaventato, non aveva nessuna espressione, trovavo quella famiglia sempre più strampalata, ma non so per quale motivo non riuscivo a distogliere il mio sguardo dal suo ed al posto di mandarlo al diavolo acconsentii alla sua richiesta e gli porsi la foto che ritraeva una bambina imbronciata, appena il piccoletto ebbe tra le mani la foto logora se la mise sul petto, sorrise e successivamente mi buttò le braccia al collo ringraziandomi.
"Oh caro guarda! Sembra che al nostro piccolo Rayan il nostro nuovo amico piaccia molto!"
"Hai perfettamente ragione cara! Bene figliolo, da oggi verrai a stare con noi!"
 
Ed ecco come divenni Caleb Gonzaga.
I signori che mi adottarono furono sempre premurosi e gentili con me, mi mandarono nelle migliori scuole, dove scoprii di essere molto intelligente, finii tutte le scuole e mi laureai nel giro di pochi anni. Pultroppo la signora Gonzaga si ammalò gravemente, fu un grosso colpo per il signor Gonzaga, perse ogni interesse in tutto ciò che prima lo rendeva 'occupatamente felice', come diceva lui, tutte le sue attenzioni furono catalizzate sulla moglie e sulla ricerca di una cura, a causa di questo passava, e passa tutt'ora, molto tempo fori casa, per tale motivo lasciò a me la delega di tutte le aziende di famiglia, compresa la gestione di un orfanotrofio: il S.Antonio, dove per la prima volta credetti all'esistenza degli angeli, perchè me ne ritrovai proprio uno dalle ali nere davanti agli occhi...
 
"Dove diamine sei?...Voglio vederti cazzo..."
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Quando sorge il sole ***


 

....E lei continua a dire che non stanno assieme...

...Forse è un caso...

...Certo Daria! Le persone si abbracciano per caso....

...B-beh forse avevano freddo...

...Ecco visto Sara? Sei l'unica ad avere una mente perversa...

...Perversa io?? Chi è che li ha chiusi fuori casa scusa?...

...Ragazze abbassate la voce altrimenti si svegliano...

....E sarebbe anche ora! Siamo in ritardo per la scuola!!..

Cavolo sto sognando o cosa? Di chi sono queste voci? E di chi stanno parlando?..Mi sembrano familiari...

Che caldo che fa... Prima di risolvere la questione 'voci inquetanti' è meglio che prima mi tolga sta coperta di dosso se non voglio morire di caldo.

....

Aspetta... Ma è il mio corpo che sto toccando?... No perchè sento due tronchi d'albero avvolgermi la vita ed uno ancora più grosso sudarmi sulla schiena.

"Cosa cavolo..." Cerco di dire mentre provo senza risultato ad alzarmi.

All'improvviso spalanco gli occhi e vedo la faccia di un idiota a pochi centimetri dalla mia.

Il mio primo impulso, ovviamente, è quello di tirarmi in piedi, oltre certo a quello di arrossire come un pomodoro, ma questo cavolo d'idiota non vuole saperne di muoversi neanche di un millimetro!

Maledetto lui e i suoi muscoli!

Non è però questo l'unico problema... Mi rendo conto solo ora che ho appiccicati addosso quattro paia d'occhi ben aperti.

"Guarda guarda chi si è svegliata... Buongiorno Bella addormentata" Mi punzecchia con il suo solito fare Sara.

"Avanti Cristi, alzati ed andiamo, siamo già in tremendo ritardo!" Ammonisce come al solito Elena... Come se non fosse colpa sua se ci troviamo in questa situazione!

Sto per ribattere facendole notare che di certo non sono così messa per mia volontà, quando i due tronchi d'albero si stringono ancora di più rubandomi un respiro, e sono sicura, donandomi anche una tenue sfumatura di blu.

La mia mano si muove da sola e gli tiro un pugno con tutta la forza che ho su quello che teoricamente dovrebbe essere un bicipite, ma, dato come l'unico risultato un dolore lancinante alla mia mano e solo una piccola smorfia sulla sua faccia odiosamente rilassata, me ne pento subito.

"Al posto di bisticciare come una vecchia coppia di sposini dovreste darvi una mossa!" Continua la sua predica una Elena decisamente isterica, lei odia arrivare in ritardo.

"Se la tua grande intelligenza non te lo ha fatto presente, questo Idiota non ne vuole sapere di lasciarmi, e se forse, al posto di star li a sputare sentenze, mi aiutaste, faremmo molto prima!" Rispondo spazientita dall'intera situazione.

Dopo il mio impeto nessuna fiatò e si misero tutte a cercare di liberarmi, ma senza risultato.

"Adesso ne ho abbastanza!" Proclama Elena dopo essere caduta nel tentativo di slacciare i tronchi dal mio bacino.

La vedo allora avvicinarsi, prendere il polso dell'Idiota premere nel mezzo con forza e tirare, tirare con tutta la forza, che non è poca, posso giurarlo, è tipo una super-forzuta.

Non fu però una mossa molto intelligente per la povera Elena.

Come al rallentatore vidi gli occhi di Rayan aprirsi all'improvviso, sembrano letteralmente fatti di ghiaccio, ma ci lessi dentro una fiamma.

Con un solo braccio prese entrambi i polsi della sventurata Elena e glieli girò dietro la schiena, dopo di chè a denti stretti ringhiò rabbioso: "Non toccarla!"

Dopo alcuni, perennamente lunghi, secondi, interrotti da un mugolio di dolore da parte di Elena, gli afferro la mano libera, lui si vota e gli sorrido, e come se fosse la cosa più naturale del mondo, lasciati i polsi di Elena, mi abbraccia, il suo abbraccio è come sempre caldo e stranamente protettivo, ogni volta che sento il suo corpo a contatto con il mio tutto nel mondo mi sembra andare come dovrebbe, o quanto meno, non mi interessa proprio di ciò che mi accade intorno.

Al momento ricambio l'abbraccio con un sorrisino ebete sulla faccia, ma vedendomi davanti una Elena imbronciata e sentendomi degli occhi scavarmi la schiena, lo allontano malamente e gli tiro un pugno su un braccio.

"Sei proprio un idiota"

Lui mi guarda sbigottito, con una faccia da cucciolo smarrito, come se non capisse cos'abbia fatto di male, e per qualche assurda, stupidissimi reazione ormonale adolescenziale l'ormai abituale calore mi si espande in tutta la faccia... E adesso mi fa anche nuovamente male la mano, cielo come lo detesto!

"Non per interrompervi eh... Ma vorrei far notare che qui c'è qualcuno che si è fatto male e che peggio ancora farà tardi a scuola!" Lacera il silenzio, carico di parole creatosi, Elena.

Daria l'aiuta a rimettesi in piedi, l'Idiota si volta verso di lei e in un modo al quanto impacciato cerca di scusarsi ed assicurarsi che stia bene.

Data la confusione generale ne approfitto per tornarmene a casa e vestirmi, dato che, come ha accennato lievemente l'isterica, siamo un po' in ritardo.

"Ehi, dove pensi di andare?" Mi sento percorrere per la mano un calore che sta diventando fin troppo familiare...

Con un gesto brusco tolgo la mia mano dalla sua, come se potesse scottarmi.

"A vestirmi Idiota! Se non lo hai capito siamo in ritardo e io ho ancora il pigiama." Gli comunico con la mia solita gentilezza, sto per rivolgergli il mio solito sorriso sarcastico da 'ho sempre ragione io' quando vedo che lui mi sta rivolgendo uno sguardo grave e preoccupato, tutta la mia sicurezza e l'equilibrio mi abbandonano per un momento, e come se mi avesse colpita un fulmine capisco all'istante ciò che intende comunicarmi, rimango impietrita dove mi trovo e non riesco a far altro che ricambiare il suo sguardo con uno spaventato ed imbarazzato...

"Esatto, esatto! Siamo in stra, mega, ultra ritardo! Quindi Cristi prendi i tuoi stracci e andiamo!"

"Noi oggi non andiamo a scuola" Dice Rayan brusco al gruppo di amiche che stavano ridendo per le iperboli di Elena.

La mia migliore amica si volta con già pronte in bocca parole di scherno per quell'idiota che è abituata a vedere, ma non appena incontra il suo sguardo risoluto, cerca nel mio una qualche spiegazione.

"Si si, non veniamo oggi a scuola, sai dopo aver passato un'intera nottata fuori al freddo e al gelo mi sa proprio che ci siamo presi un bel raffreddore!" Invento frettolosamente senza sicurezza nello sguardo che per un attimo penso mi tradirà data l'innata chiaroveggenza di Elena nei miei confronti.

"Si... In effetti Rayan è un po' strano e tu sei tutta rossa, credo che vi siate proprio presi qualcosa..." Ci casca così Elena sentendosi anche un po in colpa dato che ci ha chiusi lei fuori, e questo mi rende solo un'amica ancora peggiore di quella che sono...

"Si si esatto quindi è meglio che voi vi affrettiate! Su su andate, Vale se per te non è un disturbo ci pensiamo noi a sistemare casa tua e poi chiuderla dopo che ce ne saremo andati." Comunico alle altre tutto d'un fiato.

"S-si... Cioè no, non è un disturbo per me... Anzi... Ma dovreste fare con calma se siete malati..." Mi dà il permesso Valeria un po' in imbarazzo, anche se non ne capisco il motivo.

Subito dopo Elena sempre più agita per il ritardo le trascinata tutte fuori di casa, con varie proteste, ovviamente da parte di Sara, lasciano me e Rayan in una casa vuota.

"Per essere fredda più del ghiaccio, in certe situazioni ti scadi fin troppo" Sento sussurrarmi una voce calda vicino all'orecchio, la temperatura del mio corpo raggiunge facilmente quella di un vero malato e cerco di mettere subito distanza tra i nostri corpi, ma la sua mano estremamente grande afferra la mia portandosela successivamente alle labbra dove la bacia con delicatezza... Penso davvero di avere la febbre...

"Dico io ma stai davvero male??" Gli chiedo infastidita ricomponendomi il più possibile, che non è molto, mi giro per nascondere il mio rossore dai suoi occhi penetranti.

"Beh volevo vedere se avessi la febbre" Si giustifica lui come se niente fosse, tornando ad avere la sua solita espressione da pesce lesso...

"Sei veramente un idiota la febbre la si sente sulla fronte non sulla mano!" Gli dico girandomi verso di lui infastidita dalla sua imbarazzate stupidità.

In un batter di ciglia vedo il suo volto avvicinarsi al mio e la mia pelle va letteralmente al fuoco quando le nostre fronti si toccano e le nostre labbra si sfiorano.

"Finalmente mi hai guardato... Comunque effettivamente sei un po' caldina, forse è meglio che ti copra un po" Mi dice specchiando i suoi occhi nei miei, con un sorrisino malizioso che mi da sui nervi...

Mi stacco alla velocità della luce da lui e alterata vado al piano superiore dove ho lasciato i miei vestiti.

"Per essere una che dice che non gli importa di niente e di nessuno, hai molto riguardo per i sentimenti altrui... Sai menti con troppa facilità, non mi piace." Sento la sua voce seria raggiungermi sulle scale e so che si sta riferendo a ciò che ho detto ad Elena.

"Sto per uscire" Comunico al mio momentaneo coinquilino scendendo dalle scale, ho ancora timore di guardarlo in faccia, perché non so che cosa potrei trovarci.

"Ma come hai già finito di prepararti?" Mi chiede confuso.

"Certo... Perché non avrei dovuto?" Replico con lo stesso tono.

"Beh pensavo ci mettessi un po' di più visto che ti dovevi fare carina..." Mi comunica come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ora comincio a riconoscere il mio Idiota.

"E cosa ti ha fatto pensare una cosa del genere?" Chiedo rivolgendogli uno sguardo truce.

"Insomma, visto che stiamo per andare ad un appuntamento pensavo avresti voluto farti carina per me." Dice rivolgendomi uno di quei suoi sorrisi da bambino mai cresciuto.

Rimango senza parole per alcuni secondi e poi...

"Dove diavolo stiamo per andare scusa?! Tu oltre che completamente, ed irrimediabilmente idiota sei anche oltremodo pazzo da legare se mai ti è passata per la sola anticamera del cervello, che non hai, un'idea del genere!!" Sbotto.

Esco dalla porta sbattendomela alle spalle, con un gesto meccanico lancio le chiavi, che Valeria mi ha lasciato prima di andare a scuola, dietro di me dove so già che c'è Rayan e dicendo, senza voltarmi o fermarmi, di chiudere la porta e lasciare la chiave sotto al vaso li vicino.

Sento i suoi passi raggiungermi e di sott'occhi lo sbircio, noto sul suo viso un sorriso compiaciuto, e per un secondo mi chiedo se non mi abbia irritata appositamente per spezzare la tensione che si era creata tra noi...

Sento prendermi la mano da una il doppio della mia e insopportabilmente calda, ma decido momentaneamente di poter resistere a quella tortura, almeno per un po'...

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Capitolo 21
*** Malati ***




CALEB
Il mio livello d’irritazione non è mai salito tanto come in questo momento. Mi sento molto affine agli esplosivi: carichi e pronti ad esplodere. Cosa che potrebbe incentivare l’accendersi della mia miccia è che ho un bersaglio contro il quale esplodere in tutta la mia potenza proprio davanti agli occhi, proprio, ad occhio e croce, un metro e mezza di distanza. Cosa, l’esploderle davanti, al quanto stuzzicante e che sicuramente contribuirebbe a diminuire la mia irritazione…
 
<>
 
Diminuirebbe decisamente la mia irritazione.
 
<>
 
L’animaletto irritante che mi sta cinguettando addosso d’almeno quaranta minuti finalmente ha regalato al mondo il suo silenzio ed ora fissa con insistenza il suo orologio da polso dozzinale, di plastica e azzurro. È arrivata dentro l’orfanotrofio come una furia ed ha iniziato a sbraitare, o almeno quello avrebbe voluto fare se non avesse una vocina tale che un topo avrebbe potuto scambiarla per sua parente, e blaterare qualcosa su Cristina. Ovviamente appena ho sentito pronunciare quel nome l’ho trascinata subito chiudendola nel mio studio e da lì è stato il caos totale, in alcuni momenti, tra gli istinti omicidi e suicidi, ammiravo anche la sua capacità a trattenere il fiato, davvero straordinaria. Il mio cervello, del quale ringrazio la genialità, ha parafrasato le parole della bestiolina carpendone semplicemente le più importanti: Cristina non è andata a scuola. La bestiolina sa il perché. La bestiolina non riesce a trovare Cristina. La bestiolina non sa il perché.
Dopo queste nozioni l’unica cosa che aveva permesso alla bestiolina di continuare a rubarmi l’aria era solo una: lei sa una cosa che io non so e che voglio sapere.
 
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Oh! L’animaletto ha anche degli artiglietti.
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Devo dire che quel mezzo secondo di sguardo sorpreso su quell’animaletto mi ha provocato una soddisfazione che non provavo da mesi!
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Dopo tutti i mille paroloni adesso ritira le unghie e regredisce all’infanzia? Mi deludi animaletto.
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Devo ammettere che la questione si sta rivelando più irritante di quanto lo potesse essere nei quaranta minuti precedenti.
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Stupido animaletto, irritante e cocciuto! Se non mi dice dov’era Cristina stamattina sarò costretto a far vedere alla bestiolina cos’è una vera bestia.
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Rimango basito davanti alla bestiolina che in meno di cinque minuti ha messo a nudo le mie intenzioni.
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Rimango in uno stato confusionale vedendo la bestiolina girare i tacchi e uscire dal mio studio.
<> Mi trovo ad urlare mentre sto uscendo dall’istituto per seguire non so esattamente cosa.
 
 
 
CRISTINA
D’accordo, la situazione sta diventando preoccupante.
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Questo stupido idiota che continua a pressarmi! Non mi lascia neanche il tempo di respirare, figuriamoci di pensare se voglio fare una cosa del genere, di punto in bianco poi e senza aggiungere che sono malata.
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E senza neanche prendere fiato mi ritrovo a saltare da una scogliera. I pochi secondi del mio volo libero sono saturi di terrore e adrenalina, ma niente può descrivere la sensazione di quando tocco l’acqua e in un batter d’occhio mi ritrovo completamente sommersa. Il mondo scompare, l’emozioni sono così basite da non farsi sentire, nessun suono, anche i pensieri tacciono e per la prima volta da tanto tempo riesco ad immaginare di riuscire a descrivere la pace.
Come al rompere una bolla di sapone emergo e faccio appena in tempo a vedere Rayan buttarsi che sento subito l’impatto del suo corpo con l’acqua.
<> Comincio ad aggredirlo appena emerge, ma lui mi blocca subito parlandomi sopra.
<>
Ed ecco che comincio a stare male di nuovo, lo sapevo che era una pessima idea fare un bagno, non c’è il clima adatto, sicuramente peggiorerò e morirò! Che ne sarà del piccolo Ethan?
Ovviamente faccio per replicare e dirgli di quanto sia materialista e poco profondo se l’unica cosa importante per lui sia la bellezza, anche perché se è solo per questo che professa di “amarmi” allora gli passerà presto.
<> mi anticipa però il solito idiota con un sorrisetto creandomi anche uno strano presentimento inquietante: da quando sa leggere nel pensiero?
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<>
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Resto immobile, con un’espressione da pesce lesso probabilmente, ma appena vedo che sta per nuotare allontanandosi qualcosa mi spinge a far in modo che non accada.
<>
Si, beh, non serve ripetere di quanto le mie facoltà mentali stiano risentendo del fatto che sono malata… Cavoli, spero passi presto, mi sento irrimediabilmente stupida e molto probabilmente lo sembro anche!
<>
“Questo è perché sei un idiota” sarebbe la risposta che darei normalmente, ed è anche la risposta che sento di star per dare, qualcosa però lo impedisce e tutto quello che riesco a dire è semplicemente:
<>
Per un attimo tutto tace, solo il rumore dell’acqua a fare da sottofondo all’assordante sbigottimento che ci immerge per quello che ho detto.
<> Butta fuori lui ad un tratto prendendo prima un respiro profondo.
Decido che ormai il mio cervello non è più affidabile e quindi non penso neanche a quello che devo dire e rispondo di getto, con sincerità, mostrando semplicemente me stessa, come penso di non aver fatto mai.
<< Ogni volta che sento che ci sei mi sale un’irritazione che non provo con nessun altro>>
<>
< Mi irrita terribilmente averti vicino, si, perché mi fai sentire insicura: ho paura che farai o dirai qualcosa e che io non sappia reagire nella maniera corretta; mi fai sentire stupida: come se quando ci sei il mio cervello non sappia più formulare un pensiero di senso compiuto; mi fai sentire vulnerabile: io sono sempre stata forte, in tutta la mia vita non ho mai avuto paura, o almeno, sapevo che per sopravvivere se non potevo essere il pesce più grosso almeno dovevo averne il carattere e l’aspetto, ogni volta che ci sei invece sento come se tu potessi proteggermi da tutte le mie paure, come se avessi paura del buio e tu fossi l’unico ad accendere la luce. La cosa peggiore è che quando ci sei mi sento in un qualche modo sollevata, come se mi rendessi conto solo in quel momento che mi eri in un certo senso mancato… Io odio immensamente tutto questo, mi fa sentire arrabbiata, irritata con tutti, con te, contro il quale non posso far niente per non sentire tutte queste cose e mi porta ad odiarti sempre di più.
Bene… detto questo sappi che probabilmente sono malata quindi non darci tanto peso>> Dico in fine dopo aver ripreso a respirare.
<>
Ed è facile rispondere a questa domanda, anche troppo, perché, mi rendo conto, questi sintomi ce li ho sin da piccola.
<>
 
<>
 
L’ultimo respiro che riesco a prendere, infine, mi è utile solo per dire un’ultima cosa, della quale sono consapevole da tanto tempo.
 
<>
 
E fu in un momento che le nostre labbra si unirono.
In un istante le bocche si accoglievano l’una nell’altra.
Le lingue iniziarono a cercarsi, ma si trovarono come se non fossero mai state separate.
E non so descrivere il bacio in sé, non so nemmeno se bacio sia la parola giusta. Tutto ciò che posso avvertire con chiarezza sono solo i suoni del vento che increspa le onde e le accompagna ad infrangersi sugli scogli, tutto il resto rimane come in un sogno: percepibile, ma indescrivibile.

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