Smallville

di thestoryreader
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Erano le 4 del pomeriggio di un 23 settembre quando un taxi giunse davanti alla fattoria Kent. Sara scese in compagnia dell’assistente sociale. Il tassista aiutò la ragazza a scaricare i suoi bagagli, una valigia con i suoi vestiti e un grosso borsone contenente tutto il resto. La donna con lei prese il borsone e dopo aver pagato il tassista si avviarono lungo la strada non asfaltata della fattoria. Sara era seria e tesa e la donna lo notò.
“ti troverai bene qui. Te lo prometto. Sono delle brave persone”
Sara annuì poco convinta. Arrivarono alla porta e la donna bussò.
Attesero alcuni momenti fino a che un ragazzo alto e di bell’aspetto aprì la porta.
“buongiorno” esclamò con un sorriso
Sara accennò un sorriso di cordialità e lasciò che l’assistente sociale parlasse.
“Buongiorno. Tu devi essere Clark. Possiamo entrare?”
“certo prego signora” la invitò Clark con un gesto della mano. La donna entrò.
Sara esitò. “posso entrare anche io?” chiese timidamente
Clark la guardò incuriosito “certo. puoi entrare anche tu” gli sorrise alla fine

La casa era piccola e molto accogliente. La luce che entrava dalle finestre rendeva tutto molto luminoso e caldo. I signori Kent aspettavano in cucina. Appena videro Sara, Martha si commosse e si portò la mano alla bocca. Jonathan la strinse tra le sue braccia. La signora Watson, l’assistente sociale appoggiò le mani sulle spalle di Sara e lei trasalì. Non le era antipatica ma preferiva non essere toccata. Tuttavia lei non si accorse di nulla e iniziò ad accerezzarle le spalle. “Lei è Sara McAdams. Ha 17 anni. Starà da voi per qualche mese in attesa della sistemazione finale. Siete stati scelti perché siete un’ottima casa famiglia” sorrise la signora Watson. Martha si avvicinò alla ragazza. Notò che era molto distaccata e rispettò la sua scelta di non essere abbracciata stringendole la mano.
“io sono Martha. Lui è mio marito Jonathan e lui è nostro figlio Clark. Spero che ti troverai bene qui da noi.” disse la donna. Sara strinse la mano e mosse la testa per comunicare di aver capito. Non disse una parola ma Martha e gli altri componenti della famiglia continuarono a sorriderle. La famiglia Kent si trattenne con l’assistente sociale mentre Clark mostrò la casa a Sara.
“... e questa è la stanza dove dormirai tu” disse infine.
Sara entrò: si sentiva un profumo di lavanda e spuntò un sorriso sulle sue labbra. Sembrava davvero una casa accogliente.
“è… carina. Si, mi piace molto” disse alla fine e non potè fare a meno di notare che anche il ragazzo sorrideva.

L’assistente sociale se ne andò. Clark propose a Sara di farsi una doccia rilassante dopo il viaggio che aveva dovuto affrontare. Lei accettò di buon grado. Si mise davanti allo specchio del bagno. Le sue lentiggini spiccavano sul volto magro. Aveva due grandi occhi castani e capelli lunghi fino al seno, castani anch’essi e molto lisci. Poi si infilò nella doccia.

Scese titubante le scale alle 7 in punto tenendosi il braccio timidamente. Quando la videro le rivolsero tutti un sorriso. “buonasera Sara. Ho preparato del pollo e delle patate. Ti vanno?” disse Martha.
Lei annuì e poi si sedette sulla prima sedia disponibile. Mangiarono e Sara ascoltò la conversazione della famiglia Kent. Parlò della scuola che sarebbe iniziata il giorno successivo e degli amici di Clark. Lei si trovò a sorridere ad alcune delle cose che dicevano. Clark aveva una risata molto contagiosa e anche i suoi genitori. Scoprì che Clark era stato adottato e questo le risollevò il morale. Se era stato adottato ed era cresciuto così gentile e per bene, probabilmente i Kent erano davvero la famiglia adatta a lei. Magari chissà, se si fosse trovata bene l’avrebbero potuta anche adottare alla fine.
Finito di cenare Jonathan e Clark andarono nel fienile mentre Sara rimase con Martha in cucina. Questa volta fu la ragazza a parlare e Martha rimase molto colpita piacevolmente.
“avete dei cavalli?” chiese
“si certo. Ne abbiamo sei. Domani dopo la scuola chiedi a Clark di mostrarteli” disse lei gentilmente mentre lavava i piatti. Sara si incupì. Non voleva andare a scuola. Sarebbe entrata in contatto con troppe persone di cui non voleva sapere nulla a proposito. E poi Clark le avrebbe presentato i suoi amici e lei era troppo timida, troppo impacciata. L’avrebbero tutti presa in giro.
Clark entrò in quel momento. “ehy Sara” le disse tranquillamente “ti va di venire a vedere le stelle con me?” le chiese tranquillo. Lei ci pensò su, guardò Martha, che la incoraggiò con un sorriso e poi annuì.
Si infilò le scarpe e uscì nella frescura della sera. Jonathan intanto era rientrato in casa. Salirono al piano superiore del fienile. Una finestra immensa si aprì davanti ai suoi occhi. Il cielo blu intenso era costellato da tantissime stelle.
“wow” disse lei
“ti piace?”
“tantissimo. Tu vieni qua tutte le sere?” chiese lei
“si tutte quante. Studio anche qui. Adesso che lo sai puoi venire tutte le volte che vuoi” rise lui. Ma Sara ormai non lo ascoltava più era troppo rapita da quel cielo “vorrei restare qui per sempre solo per vedere questo cielo” mormorò tra sé e sé.
Sentirono dei passi leggeri e si voltarono insieme. Una ragazza dai capelli neri e lisci era in piedi sull’ultimo scalino e li guardava con un sorriso.
Clark la accolse calorosamente “Ehy Lana. Lascia che ti presenti Sara. La ragazza di cui ti avevo parlato”
Sara si imbarazzò un po’ “tu...tu le hai parlato di me?” disse lei titubante.
La ragazza intervenne e le tese la mano “piacere di conoscerti. Io sono Lana un’amica di Clark.”
Lei gliela strinse “piacere Sara” disse ricambiando un sorriso.
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante tra i tre e Lana e Clark si guardarono, come se lei fosse in cerca di approvazione per farle domande “allora...ti trovi bene qui?” chiese infine
“si...i Kent sono molto gentili con me” rispose. Lana annuì come per confermare. Sara a quel punto lo sentì, come le era capitato altre volte. Fu come un guizzo che le fece tremare tutta la spina dorsale e capì. Capì che probabilmente il rapporto tra i due amici era forse più profondo di quanto volessero mostrare. .
“Vi lascio soli. Vorrei andare a dormire. Oggi è stato impegnativo” disse alla fine Sara. 'spero che tu non pensi sia una maleducata. è solo un periodo no' pensò.

“non c’è problema” disse Lana con un sorriso.
Sara alzò la mano per salutarli e poi scese le scale. Era felice di lasciarli soli. Sentiva che si desideravano molto e quel suo piccolo gesto magari poteva far nascere qualcosa finalmente. Salutò i signori Kent e salì in camera. Si mise una maglietta e un paio di pantaloni da ginnastica e si sdraiò. Nel giro di 5 minuti si era già assopita.

Clark rimase con Lana almeno per altri 40 minuti. Osservavano il cielo insieme mentre Lana le faceva delle domande.
“è molto timida. Non pensare che sia maleducata. Ne ha passate molte”
“Non ho mai pensato che fosse maleducata. Presentarla a Cloe però sarà un problema. Lei cercherà di abbracciarla e questo suo carattere troppo espansivo potrebbe metterla a disagio. Dobbiamo avertirla”
“Le telefonerò dopo, promesso” disse Clark.
“che cosa le è successo?” chiese dopo un attimo di silenzio Lana.
“Preferisco te lo racconti lei.. Sai, è giusto che lo sappiano le persone a cui lo vuole far sapere”
Lana annuì “certo, nessun problema”

Erano le tre quando Sara si svegliò all'improvviso in preda a un incubo. Era tutta sudata. Arrivò annaspando all’interruttore della luce e accese la piccola lampada. Si rannicchiò su se stessa e attese di calmarsi. Ripensò al sogno che aveva appena fatto ma non riusciva a trovarne un senso. Una scuola che andava a fuoco. Decine e decine di ragazzi morivano bruciati al suo interno e lei non poteva fare nulla per salvarli. Dopo mezz’ora spense la luce e si rannicchiò di nuovo sotto le coperte. Guardò fuori dalla finestra e quando chiuse gli occhi, si addormentò.

La campanella del primo giorno di scuola suonò. Prese un bel respiro e seguì Clark. Quel giorno Martha le aveva detto che se avesse messo un vestito che la faceva sentire a suo agio, sarebbe stato tutto più facile così si era infilata il suo paio di leggings preferiti, le sue vans e la una camicia arancione. Entrò a scuola. Quasi le prese un colpo: era uguale a quella del sogno. “Fantastico” disse lei tra i denti.
Clark la sentì e le chiese se avesse detto qualcosa, cosa che lei smentì.
Si avviarono verso la classe. Era al piano terra. La 5g. Clark prese posto e invitò Sara a sedersi vicino a lui. Magari si sarebbe sentita a suo agio vicino a qualcuno che conosceva. Era circondata da ragazzi e ragazze che parlavano tra di loro delle cose più futili ma non ci badava minimamente: come poteva salvare tutti quei ragazzi senza che qualcuno la vedesse?

La professoressa di chimica entrò con qualche minuto di ritardo.
“Buongiorno ragazzi. So che quest’anno è arrivata una nuova studentessa. Sei tu vero?” disse indicando Sara. I ragazzi presero a guardarla. Quell’attenzione non le piaceva per nulla. “buongiorno” disse lei timidamente.
“dai vieni a presentarti”
Sara si girò verso Clark che la incoraggiò con uno sguardo e un sorriso. Lei si alzò titubante e camminò fino alla cattedra con le sue gambe magre. Si girò. Era completamente paralizzata dalla paura. Le lampadine iniziarono a lampeggiare.
Tutti erano confusi “non vi preoccupate sarà uno sbalzo di corrente” disse la professoressa.
“Ciao mi chiamo Sara McAdams.” riuscì a dire. Vide il volto di Lana e le sorrise piano “sono appena arrivata qui a Smallville”
La professoressa aspettò un altro momento e poi disse “nient’altro che tu voglia dirci”
Sara scosse la testa e potè ritornare al posto. Quando si sedette le luci smisero di lampeggiare e lei potè tirare un sospiro di sollievo. Si girò e c’era Clark a guardarla. E le sorrideva.

Finita la lezione di chimica Sara fu attorniata dagli amici di Clark. Salutò timidamente Lana ma subito, prepotentemente una ragazza bionda le tese la mano. “ciao piacere Cloe” disse con un sorriso a 32 denti. Lei rimase un po’ turbata da tutto quell’entusiasmo ma dopo 20 secondi riuscì a salutarla.
“ciao Cloe” disse con un sorriso. Poi si presentò Pete e infine Jordan, un ragazzo alto, di bell’aspetto. Erano tutti abbastanza tranquilli e rispettarono tutti la sua timidezza. Alla fine non era stato così terribile come aveva creduto.

Erano le 12:30 quando entrarono in mensa. Martha le aveva dato il pranzo quindi evitarono tutta la fila davanti al bancone del cibo. Mentre mangiava ignorò gli altri. Quando sarebbe scoppiato l’incendio, e dove?
Fu in quel momento che Pete si mise a farle delle domande.
“allora...tu da dove vieni?”
Poi lo sentì. Era come se il fuoco che stava bruciando dal bagno del piano di sotto le bruciasse dentro e seppe immediatamente che cosa fare.
“abitavo a NY ma per … per motivi familiari mi sono dovuta trasferire qui a Smallville…scusa ora dovrei….” tentò di dire
“E ti piace stare dai Kent?”
“si certo sono molto gentili con me..ora vado..”
“si è vero sono delle brave persone e …”
“senti dovrei andare in bagno ora...ti dispiace farmi queste domande dopo?” chiese di fretta. Prima ancora che lui rispondesse alla domanda Sara correva fuori dalla mensa. L’atrio era deserto dato che tutti gli studenti erano in mensa. Corse al bagno e vide il piccolo fuocherello ardere nel cestino.
Namia Exum Solvos”. Il fuoco si spense.
“qualche idiota deve aver acceso una sigaretta qua dentro” disse.

Era abbastanza soddisfatta di se stessa e si ritrovò a sospirare per il mancato pericolo. Uscì dal bagno e trovò Clark che la fissava. Si irrigidì.
“sono venuto a cercarti per assicurarmi che fosse tutto a posto. Perché eri nel bagno dei ragazzi?”
Lei guardò l’insegna a cui prima non aveva prestato attenzione “ho sbagliato bagno” disse lei. Lui le sorrise “mi dispiace se Pete ti ha fatto tutte quelle domande personali” . Le chiese se volesse tornare alla mensa. Lei annuì.
Appena si sedette di nuovo al tavolo si scusò con Pete, non voleva essere così fredda ma aveva bisogno urgente. Tuttavia lui non si arrabbiò e non continuò con le domande. Probabilmente Clark gli aveva detto che aveva esagerato.

Arrivati a casa finalmente Sara chiese a Clark di mostrarle i cavalli. La portò nella stalla.
Si trovò subito attratta da uno di loro, aveva il manto nero e delle striature marroncine.
“questo è stupendo” disse accarezzandogli il muso.
“se vuoi puoi iniziare a prendertene cura. Di sicuro sarà una stalla in meno da pulire per me”
Fu la prima volta nei due giorni che Sara rise di gusto. La sua risata eccheggiò nella stalla, solare, e alla fine Clark iniziò a ridere, contagiato.
Quando smisero Sara disse “va bene accetto. Mi prenderò cura di lui.” disse accarezzandolo.
“Ciao Ansel”, disse passando la mano sul manto morbido del cavallo.
Clark che aveva ancora il sorriso sulla labbra, diventò serio di botto “come sai che si chiama così?” chiese.
Sara lo guardò un po’ rigida “non lo so.. Me lo hai detto tu”
Clark si convinse che doveva essere così. Ma mentre la ragazza accarezzava il muso del cavallo sorridendo, cercava di capire di più, sentiva che c’era qualcosa che stonava.

Dopo aver spiegato alla ragazza ogni cosa riguardante il cavallo di cui avrebbe dovuto prendersi cura, Clark la invitò a seguirlo per sedersi, con una fetta di torta appena sfornata, nel prato dietro la fattoria. Era tutto pieno di fiori e l’erba era morbida. Lì non pascolavano gli animali.
“c’è un altro amico che voglio farti conoscere” disse Clark “si chiama Lex Luthor. Arriverà tra poco, a volte compra delle torte da mia madre, se ti va possiamo andare a salutarlo.” disse
Lei ci pensò su poi disse “Fino adesso i tuoi amici si sono rivelati molto carini con me. Mi sta bene”
“grandioso” disse lui ridendo e dandole una pacca di incoraggiamento sulla spalla. Lei sussultò.
“Ti prego non toccarmi così bruscamente” disse lei, tappandosi successivamente la bocca per l’imbarazzo. “mi dispiace ho ancora i postumi di quello che è successo”
Lui si scusò subito “mi dispiace. D’ora in poi te lo chiederò” disse lui facendole l’occhiolino.

Lex Luthor arrivò a bordo della sua porsche argentata sollevando un mare di polvere sulla strada sterrata della fattoria. Sara sventolò la mano davanti alla bocca per evitare di respirare quella roba.
Scese dalla macchina un ragazzo, poco più adulto di Clark e completamente pelato.
<< questa non me l’aspettavo di certo>> pensò Sara
Appena vide la ragazza le tese la mano “piacere Lex Luthor” disse. Lei gliela strinse e si presentò. Poi lui le tese un piccolo pacchetto regalo “questo è per te. Un regalo di benvenuto dalla famiglia Luthor. Sono sicuro che ti troverai bene nella famiglia Kent” disse lui con un sorriso.
Lei squadrò il regalo: era il primo pacchetto che vedeva da mesi.
“grazie mille...io non so cosa dire, davvero” disse Sara con gratitudine.
“mi basta un grazie. Mentre tu lo apri ti dispiace se vado a ritirare le mie torte? Ho una certa fame”
Lei annuì con un sorriso e il ragazzo si avviò insieme a Clark verso la casa. Lei si inginocchiò sul primo manto d’erba che trovò e con cautela, senza strappare la carta aprì il pacchetto. Dentro trovò un libro. “Madame Bovary-Gustave Flaubert ” lesse il titolo Sara.
“è il mio preferito nonostante sia molto semplice. Mi riporta alla mia infanzia” disse Lex uscendo dalla porta con due torte confezionate in mano.
Lei lo guardò, poi posò gli occhi di nuovo sul libro “grazie mille. è un regalo veramente apprezzato, dico sul serio. Amo i libri. Ti farò sapere se mi è piaciuto quando lo avrò letto” disse lei con gentilezza.

Quella sera si mise in mansarda nel fienile a leggere il libro che Lex le aveva regalato. Lo lesse tutto d’un fiato, immaginando come, anche lei come la protagonista, avrebbe voluto fuggire via, lontano da tutto, immaginarsi un mondo nuovo dove vivere in pace come voleva lei. Chiuse il libro verso le 10 di sera quando Clark salì le scale.
“tutto bene? caspita lo hai già finito?”
Lei annuì “è stato bellissimo. è incredibile che qualcuno che neanche conosco mi abbia fatto un regalo così bello” disse lei stringendoselo al petto.
“Tra qualche giorno tornerà probabilmente. Potrai parlargliene” disse lui.
“sicuramente”

La mattina dopo il pullman partì senza aver caricato i due ragazzi a bordo
“dannazione” disse Clark
“andiamo a piedi, saranno 10 minuti” disse lei tranquilla. Quella notte aveva sognato di perdere il bus ma sapeva che non sarebbero arrivati in ritardo comunque. Si incamminarono lungo la strada, Clark sperando che qualche suo compagno di classe passasse con l’auto. Arrivati all’incrocio in fondo alla via un ragazzo biondo li salutò. Era Jordan.
“anche tu in ritardo amico?” chiese Clark
“già… la sveglia stamattina non l’ho sentita. Ciao Sara” disse lui gentile
Lei contraccambiò con un sorriso.
“ehy hai una fossetta” disse Jordan mettendo un dito sulla guancia della ragazza. Sara rimase interdetta, non se lo aspettava
“lo faccio sempre alla mia cuginetta” disse lui.
Passò un momento in cui Clark pensò che Sara si fosse paralizzata, poi lei si mise a ridere.







Ciao sono Sara e sono l'autrice oltre che la proagonista di questa storia. :) spero che vi piaccia e se volete lasciate una recensione :)

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


“e voi perché siete in ritardo?” chiese Jordan

“Clark la sveglia non l’ha proprio puntata. E alla fine non siamo riusciti ad arrivare alla fermata” disse Sara. Clark sorrise, Sara aveva parlato spontaneamente, magari si sentiva già più sicura.

Le ore scolastiche volarono fino all’ora di ginnastica. Le ragazze andarono nello spogliatoio a cambiarsi per atletica. Cloe e Lana si rivolsero a Sara “pomeriggio vorremmo andare a fare shopping al centro commerciale. Ti andrebbe di venire con noi?”
“non ho neanche uno spicciolo e non voglio chiedere soldi alla signora Kent” disse Sara posando le sue scarpe per terra.
“non importa te li prestiamo noi” disse Lana con dolcezza.
Sara ci pensò su: era la sua opportunità per ricominciare a vivere davvero dopo tutto quello che era capitato. Poteva ricominciare lì se solo lo voleva “va bene” aggiunse alla fine “vengo con voi”

Si misero tutte sulla linea di partenza. Sara si portò il piede al sedere per tirare il muscolo della gamba, fece lo stesso con l’altra gamba. Poi spostò la testa a destra e sinistra per sbloccare il collo. I ragazzi giocavano a football al centro del campo e guardavano le ragazze fare stretching. Il coach le guardò mentre tutte quante si sistemavano. Sara captò i suoi pensieri per un minuto <>.
Sara sorrise.
“ok ragazze mettevi sulla linea e facciamo la 500m, correte più forte che potete mi raccomando. Prenderò i nomi di quelle che voglio in squadra”
Poi quando furono tutte pronte, il coach fischiò. Partì. Le gambe si muovevano da sole, correvano sull’asfalto della pista senza che lei se ne accorgesse. Il suo corpo era più forte di quello di un umano, era più scattante, veloce e forte. La lunga coda ondeggiava al suo passo. Finì il primo giro 20 secondi prima del gruppo. I ragazzi la guardavano increduli e Allison, la ragazza nota per essere la più veloce della classe, o addirittura della scuola, la fissava come se fosse un alieno. E poi Sara vide lo sguardo di Clark posarsi su di lei, e li comprese che le avrebbe chiesto spiegazioni. Si guardò i piedi. Non riusciva ancora bene a controllarsi. Il coach si avvicinò con il cappello in mano e la bocca spalancata.
“ragazza, ti voglio nella squadra. Se ti lasciassi fuggire sarei un cretino. Devi entrare”
Lei con le mani sui fianchi, respirando normalmente mentre le altre non avevano più fiato, gli rispose
“non saprei devo parlarne con la mia famiglia ospitante” disse
“Va bene ma pensaci sul serio. Sei fortissima.” disse battendogli la mano sulla spalla.
Lei si spostò di scatto <> pensò.
“mi dispiace. Non amo essere toccata” disse alla fine al coach sorpreso.

Nello spogliatoio tutte le ragazze le fecero i complimenti, alcune in modo sincero altre con invidia. Di solito quando qualcuno non era sincero con lei lo percepiva ma non le importava.
“che cavolo danno i Kent alla mattina? anche Clark è molto forte negli sport”
“non saprei...latte e avena?” disse Sara con sarcasmo
“no seriamente come facevi a correre così veloce. Allison non è mai stata battuta prima”
“facevo atletica nella scuola precedente” mentì “ero abbastanza forte”
“eh si vede… complimenti” concluse Lana

Jordan, Clark e Pete la aspettarono fuori dallo spogliatoio.
“ecco la campionessa” urlò Pete alzando la mano. Lei battè un sonoro 5.
“complimenti, non avevo mai visto qualcuno correre così dalle olimpiadi di due anni fa quando Bolt ha distrutto quel suo avversario di cui non ricordo mai il nome” disse Jordan. Aveva anche lui le fossette mentre le sorrideva. Lei senza pensarci gliela toccò con il dito, e lui si tirò indietro ridendo.
“ehy non puoi giocare al mio stesso gioco”
Sara diventò rossa. Che le prendeva? Non voleva lasciarsi andare così tanto con qualcuno.
“mi dispiace” disse Sara
Clark la guardava sorridendo ma nei suoi occhi c’era preoccupazione. “ehy Sara ti posso parlare?” disse lui
“emh non credo che questo sia il momento adatto e Lana e Cloe mi hanno invitata al centro commerciale con loro… ti va stasera nel fienile?”
Lui annuì. “ci vediamo a casa” gli sorrise lei.

Il pomeriggio fu lungo. Sara non si concentrò su niente che potesse comprare ma pensò tutto il tempo a che scusa potesse inventare con Clark. E alla fine quando la accompagnarono a casa e vide il ragazzo giocare a basket nel cortile capì che non ne poteva inventare. Avrebbe fatto la figura della dopata.
Si girò e la guardò con il pallone sotto il braccio. “Ciao”
“Ciao”
“ti va di parlare con me?”
“certo”
Salirono le scale fino alla mansarda. Poi si sedettero.
“quello che è successo oggi io…”
“lascia stare ti spiego io” disse lei con il cuore in gola. Aveva paura di spiegare tutto, paura che non avrebbe capito.
“allora io..” iniziò. Clark la fissava tranquillo. “io non sono quella che vedi tu. Io non sono…”
“umana?” chiese Clark
Lei fece un passo indietro “come facevi a sapere la parola che volevo dire”
“Vedo come ti muovi. Quando in aula ti sei presentata le lampadine hanno iniziato a lampeggiare. E oggi hai corso come una lepre sulla pista. E so che non sei umana perchè … non lo sono nemmeno io”
Sara spalancò gli occhi.
“tu che cosa sei?” chiese a un certo punto la ragazza, quando si fu ripresa
“non ne ho idea, ma so fare delle cose. So guardare attraverso gli oggetti e so fare questo…” Clark scomparve dal divano momentaneamente accompagnato da una grande folata di vento che scompigliò i capelli alla ragazza. Lei si guardò intorno ma non lo vide da nessuna parte.
“Clark?” disse titubante
Il ragazzo arrivò di nuovo seguito dalla stessa folata di vento.
“che diavolo? super velocità?” chiese Sara
Lui annuì. “che altro?” chiese lei. Mano mano che il ragazzo le spiegava quello che sapeva fare lei si sentiva più tranquilla e fiduciosa nel dirgli la verità.
Il ragazzo si concentrò su un foglio di carta. Dai suoi occhi  uscirono delle piccole palle di fuoco che incendiarono il foglio di carta.
“e poi c’è la super forza” disse alla fine
Lei annuì per dire a Clark che aveva capito. “È eccitante e allo stesso tempo spaventoso sapere che anche tu non sei umano. I tuoi genitori lo sanno?”

Lui annuì poi le fece la domanda.
“tu allora cosa sei?”
“sono una Shee” disse alla fine “o per meglio dire una strega. Faccio delle cose. Ho un grimorio, di incantesimiq. Lo vuoi vedere?”
Lui annuì affascinato. Schioccò le dita e apparve un libro a mezz’aria che poi precipitò sulle mani della ragazza. Poi lo porse a Clark. “scusami se sono così poco esplicativa...non l’ho mai dovuto spiegare a nessuno” concluse Sara.
Lui scosse la testa rapito dal libro. Poi la guardò. “ti va di farmi vedere qualcosa?”
Lei deglutì. Poi si ricompose: lui gli aveva fatto vedere quello che sapeva fare, era giusto che glielo mostrasse anche lei.
Guardò fuori dalla finestra. “vieni con me” gli disse. Andarono in giardino. Gli alberi stavano già ingiallendo, era quasi autunno. Sara si posizionò di fronte a un albero e tese le mani in modo delicato “ Phasmatos Tribum, Melan Veras. Phasmatos Tribum, Melan Veras” disse. Le foglie diventarono verdi e dei piccoli frutti iniziarono a crescere.
“fantastico” disse Clark affascinato.
“non è tutto ciò che posso fare. Se vuoi possiamo fare un gioco” disse lei con un sorrisetto.

Si mise seduta sulle tegole del tetto di casa. Vedeva tutta la fattoria da la sopra. Clark era sotto.
“pronta?” le urlò
“si vai” disse
Clark prese il pezzo di legno e lo lanciò in aria. Superò nettamente la posizione di Sara fino a diventare molto piccolo. Poi iniziò la discesa. Quando fu a un’altezza adatta, prese la mira chiudendo un occhio e … “INCENDIA”
Una palla di fuoco uscì dalla sua mano. Il pezzo di legno andò in mille pezzi e una sottile “neve” di segatura cadde leggera sulla fattoria. Clark urlò dall'eccitazione “è stato fantastico” urlò e per la prima volta Sara si sentì così libera da alzare le mani e urlare imitando l'amico.


Scese dal tetto un attimo prima che i signori Kent entrassero nel vialetto della fattoria con la spesa. Sara guardò Clark per sapere se fosse il caso di dirlo anche a loro. Lui le sorrise per incoraggiarla a dirlo quando fosse stata pronta.
“Ehy ragazzi. Cos’è quella faccia colpevole che avete combinato?” chiese Martha.
“nulla” dissero all’unisono. Poi risero.
 

Lex arrivò il giorno dopo. Sara si avvicinò subito a lui “ti volevo ringraziare ancora per il libro e dirti che mi è piaciuto tantissimo.” disse cordialmente
“sono contento che ti sia piaciuto. In realtà mi hai detto che ti piacciono i libri, vero? Se vieni a casa con me avrei una sorpresa” disse lui con un occhiolino.
Sara si sentì paralizzare fino a che Clark non la raggiunse e disse “dai andiamo insieme”.

La casa di Lex Luthor in realtà era un castello. Quando entrarono si rese conto che non sarebbe mai riuscita a uscire di lì. Era tutto troppo uguale. Entrarono nel suo ufficio. Una parte alta come la facciata della fattoria si stagliò di fronte alla ragazza: era piena di volumi, di ogni genere.
“Oh mio dio” riuscì a dire.
Si avvicinò e guardò tutte le copertine. C’erano molti autori vecchi e nuovi, alcuni li conosceva bene, di altri non aveva mai sentito parlare. “ti piace?” dise Lex.
“è fantastico. Passerei giorni interi chiusa qua dentro a leggere” disse Sara.
Clark la fissava a braccia incrociate e con un sorriso intenerito sul volto. Si vedeva che Sara si fidava sempre di più e diventava sempre più aperta. Lei si mise ad accarezzare le copertine.
“Bene. Allora sei ufficialmente invitata a prendere in prestito tutti i libri che vuoi e quando vuoi. Nessun problema”
Lei si girò sbalordita. Poi sorrise e ringraziò Lex.

Decise di portare a casa un libro di Stephen King, Blaze. Adorava quello scrittore.
“Di che parla la trama” chiese Clark sedendosi sul divano vicino a Sara
“Non penso ti piacerebbe. Va contro la legge” rise lei
“allora non raccontarmelo” disse ridendo
“ti vedo più sicura di te. Mi fa piacere.” disse ad un certo punto.
Lei sospirò “Mi piace stare qui. è un bel posto, i tuoi amici sono gentili con me e… mi sento in connessione con te. Voglio dire, anche tu sei diverso e con non devo fingere. Questa notte ci ho pensato. Voglio dirlo ai tuoi genitori”
“posso?” chiese Clark avvicinandosi con le braccia aperte.
Lei titubante entrò nelle sue braccia e lui la strinse piano. Poi avvicinò la sua bocca all’orecchio della ragazza “devi imparare a fidarti di noi al 100%. Non ti faremo mai del male. Ci prenderemo cura di te.”
Quella fu la prima volta in cui Sara pianse dal giorno in cui arrivò. Delle grosse lacrime scesero per le sue guance e inzupparono la maglietta del ragazzo. “ehy che fai dopo mi dovrò cambiare” disse ironicamente. Poi si staccò e la guardò in volto “Da quando sono qui non c’è stato neanche un momento in cui mi sia sentita umiliata, o derisa o in pericolo. Grazie per quello che mi hai detto” disse alla fine
Clark con i pollici asciugò le lacrime residue che la ragazza non si era asciugata con le maniche della felpa.

Arrivò la cena. Sara aveva il cuore in gola. “Martha, Jonathan?” disse a un certo punto. Loro alzarono la testa.
“dicci cara, qualcosa non va?”
“no va tutto benissimo. Ma vi devo fare vedere una cosa”
Clark annuì.
Sara tese la mano verso la caraffa d’acqua
Confuso fatina, ignos et ignos mortifina.”
L’acqua prese a muoversi da sola al di fuori della caraffa. Martha si aggrappò al braccio del marito che guardava altrettanto spaventato. Sara controllò l’acqua con le mani e la diresse verso il lavandino.
Quando l’incantesimo finì Martha la guardò incredula. “ok quindi abbiamo due adolescenti con superpoteri in casa?”
Sara annuì in attesa di domande “che cosa sei?” chiese Jonathan
“sono una strega” Scioccò le mani e questa volta il libro si materializzò direttamente sulle mani di Jonathan. Dopo il primo spavento iniziò a sfogliarlo.
“santo cielo” disse “in ogni caso il nostro giudizio su di te non cambia. Siete due ragazzi speciali, non diversi” disse bevendo l’ultimo sorso dal bicchiere. Sara annuì e quasi pianse: l’avevano accettata senza battere ciglio. Si accorse in quel momento di voler restare con loro per sempre.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


“i tuoi amici lo sanno?” chiese Sara mentre entrambi si avviavano al fienile.
“No, non lo sanno. è pericoloso per me e per loro.”
“capisco. Se qualcuno volesse farti del male loro potrebbero essere presi di mira” disse annuendo.
Sara passò tutta la sera a studiare chimica insieme a Clark. Lei era brava con le materie scientifiche mentre lui la avrebbe aiutata in storia, che non le piaceva per nulla. Non si ricordava mai neanche una data.
“che risultato ti viene?” chiese Clark
“4,67 che è quello del libro. E a te?”
“598. Come diavolo è possibile?”
Controllò il suo esercizio.
“hai sbagliato a copiare il testo. Sei bravo. Devi stare solo un po’ più attento.”
Clark ricevette una telefonata. Lei rimase a controllare il suo esercizio per memorizzare bene nella sua testa i passaggi. Era Jordan. Era insieme agli altri e tutti stavano cercando di studiare chimica.
“Venite qui a studiare con noi” disse Clark. Sara si agitò. Stare con troppe persone che non conosceva bene la imbarazzava sempre.
“ok vi aspettiamo tra 5 minuti” disse Clark attaccando. “Sara stanno per arrivare gli altri a studiare chimica. Ti spiacerebbe andare a prendere del succo d’arancia in frigorifero? io vado a prendere la lavagna di sotto.” Lei annuì alzandosi.
Prese sei bicchieri e una caraffa di succo. Martha la fermò e le mise sul vassoio anche un piatto di biscotti.
Arrivarono tutti quanti quando lei stava scendendo le scale di casa. Cloe si avvicinò a lei e le prese il vassoio dalle mani per aiutarla mentre gli altri la salutavano. Salirono le scale e salutarono anche Clark.
“Ok io non ho capito nulla della spiegazione di oggi di quella strega. E settimana prossima ci ha già fissato il compito” disse Pete.
“Sara mi ha spiegato un po’ di trucchi per risolvere e non è poi così difficile” disse Clark. Tutti gli occhi si posarono su di lei che si immobilizzò. “ti prego sei la nostra ultima speranza. Se non vado bene in chimica mio padre mi ridurrà la paghetta” disse Cloe.
Sara sospirò e si alzò. Prese il libro e un gesso e iniziò a scrivere sulla lavagna
“allora scrivete questa equazione. è una ossidoriduzione. Non è difficile. Pete qual è il numero di ossidazione dell’idrogeno”
“+1”
“esatto e quello dell’ossigeno”
“è -2 mi pare” disse Jordan
“esattamente. Il manganese in questo caso è +7 e scende a +5 quindi…” guardò la reazione
“adesso avete tutti i numeri di ossidazione degli elementi. Quali sono quelli che cambiano?”
Continuarono così fino alla fine dell’esercizio e Sara scrisse bene i passaggi sulla lavagna. “non è difficile ve lo assicuro. Dovete solo stare più attenti.” disse posando il gesso e prendendo un bicchiere. Bevve. Fecero qualche altro esercizio fino alle 11.
“ ok..credo di aver capito” disse Jordan chiudendo il libro. Tutti gli altri lo imitarono.

Il giorno dopo le lezioni iniziarono alle 9 come al solito, con la lezione di storia. Il professore parlò per tutto il tempo della prima guerra mondiale e Sara prese appunti nonostante ogni tanto fosse distratta dal cielo azzurro che si intravedeva dalle finestre. Finalmente la campanella suonò e tutti andarono verso l’armadietto.
Mentre camminava nel corridoio, la spina dorsale le vibrò: vide una chiave, vecchia probabilmente. Era poco più grande di una chiave normale ma sembrava comunque la chiave di una porta. Chiuse gli occhi per visualizzarla meglio. Era appesa a un nastro argentato.
“Sara, ehy” disse ad un certo punto la voce di Clark. Lei aprì gli occhi, facendo scomparire la visione, mentre tutti i suoi amici erano lì che la guardavano incuriositi.
“scusate mal di testa” mentì.

All’uscita da scuola Clark e Sara aspettarono il pullman. Lana era nel parcheggio e stava parlando con un ragazzo, probabilmente il capitano della squadra di football. Sentì il cuore di Clark accelerare il battito. “non credo che le piaccia” disse
“come scusa?” disse Clark, distogliendo lo sguardo
“non credo che a Lana piaccia davvero quel ragazzo. è sempre appiccicata a te” disse.
“non lo so. è un bel ragazzo. Non la biasimerei se le piacesse”
“tu la desideri davvero tanto vero? lo sento dal tuo cuore. E hai sempre la gola secchissima quando la vedi”
“e come sai che ho la gola secca quando la vedo?” disse alzando un sopracciglio.
“bevi sempre un sacco in sua presenza”
Lui guardò Lana nel parcheggio e poi esordì
“si io credo di amarla”
“bhe che aspetti a dichiararti?”
“non lo so. Ho paura di rovinare tutto, la nostra amicizia. E se mi rifiutasse? Preferisco averla vicina come amico piuttosto che non vederla affatto”
Sara sospirò “ti va se ti aiuto a conquistarla?”
“e come la mettiamo con il mio… insomma...segreto. Non mi sembra una cosa da nulla”
“Se non ti accetta, fattelo dire, è proprio fuori”
Clark la guardò di nuovo in fondo al parcheggio “magari lei è adatta a me ma io non sono adatto a lei”
Sara gli appoggiò titubante una mano sulla spalla “sei il ragazzo più dolce e rispettoso che io conosca. Sei riuscito a farmi parlare in quanto? 5 giorni? Voglio restituirti il favore. E ascoltami se ti dico che se non ti vuole, non ti merita”
Lui rise “grazie, accetto il tuo aiuto.”
Lei sorrise e tolse la mano dalla spalla di Clark.

Entrò in casa e Martha era in cucina. “ehy ragazzi volete una fetta di torta?” disse quando entrarono.
“certo si accetta sempre una fetta di torta” disse Clark. Anche Sara si sedette.
“ehy Martha… il coach mi ha chiesto se voglio entrare nella squadra di atletica. Cosa pensi che dovrei fare...insomma… Sono più veloce di un umano normale, potrebbero pensare che prendo dei dopanti…”
“è fantastico” disse lei entusiasta “penso che dovresti entrare. Abbiamo avuto questo problema anche con Clark qualche anno fa. Impara a limitarti e non esagerare e nessuno si renderà conto di nulla.”
“Io mi so limitare. Ti devi solo concentrare sul tuo lato umano. Mi passi il succo di frutta per favore?” disse Clark. Erano dai lati opposti del tavolo e lei lo spinse tendendo la mano. La caraffa si mosse da sola.
“quindi dovrei entrare?”
“assolutamente si.” disse Martha “lascia il foglio qua sul tavolo e lo firmerò” concluse.
“ok” si alzò Sara di fretta “vado a prenderlo di sopra”
Salì le scale di corsa ed entrò in camera. Cercò nei cassetti della scrivania e frugò fino a trovarlo. Si bloccò però sulle scale: Martha e Clark stavano parlando di lei. Le saltò un battito: stavano parlando male? Tese l’orecchio
“più che farle bene come sport deve farle bene socialmente. Deve riuscire a fidarsi di nuovo della gente.”
“esatto. Penso anche io che le farebbe bene. Dopo quello che le è successo...”
“è una ragazza così dolce, simpatica, disponibile e intelligente... Ieri ci ha spiegato le ossidoriduzioni. Io non le avevo mai capite e neanche gli altri. A me piace mamma”
Calde lacrime iniziarono a scendere dalle guance di Sara, mentre un sorriso spuntava sul suo viso lentigginoso. Le asciugò velocemente con la felpa e scese facendo più rumore possibile.
Posò il foglio sul tavolo. “eccolo” disse. Nessuno si accorse dei suoi occhi rossi.

Il pomeriggio curò Ansel nella stanza. Spazzolò il cavallo in silenzio. Per la prima volta in quei giorni si sentì felice e non oppressa dal suo passato. Certo, era ancora lì e di certo non se ne poteva andare via in pochi giorni ma sentiva di potersi fidare di quella famiglia. Poi si incupì di nuovo e il senso di colpa ritornò a galla.
“Quanto vorrei che fossi qui Ryan. Se fossimo ancora insieme sarebbe tutto diverso. Mi manchi da morire” disse spazzolando la criniera di Ansel con gli occhi fissi nel vuoto.
“chi è Ryan?” chiese una voce annaspante alle sue spalle.
Lei si voltò per vedere il volto del ragazzo che aveva pronunciato quelle parole. Jordan. Aveva una maglietta sportiva e un paio di pantaloncini. Era tutto completamente sudato e aveva gli auricolari appesi al collo: probabilmente era andato a correre. I suoi capelli neri castani riflettevano la luce del sole.
Gli sorrise. “ciao” disse Sara, che diventò rossa all’improvviso.
"che stai facendo?" pensò "perché stai diventando rossa"
“ciao” disse lui. Iniziò a camminare verso di lei e si mise ad accarezzare il cavallo “allora chi è questo Ryan?” chiese per la seconda volta.
“è mio fratello. Era mio fratello” disse lei, titubante. Non le piaceva parlare della sua famiglia.
“mi dispiace” disse lui
“anche a me” disse lei. Poi cambiò discorso “sei andato a correre?” chiese
“si, sono passato a salutarvi. Ero di passaggio sai”
Lei gli sorrise continuando a spazzolare.
Clark entrò all’improvviso nella stalla.
“ehy ciao Jordan” disse salutandolo
Sara si sentì come colta in flagrante e arrossì di nuovo.
“sono passato a salutare e a dire che ho parlato con gli altri e domani vogliono tutti andare al lago. Vi va di venire?”
Clark si fece serio e guardò la ragazza: dipendeva tutto da lei. Se non se la fosse sentita non sarebbero andati. Ma lei annuì e disse “a me va bene. Ho voglia di fare un bagno. è tanto che non vado a farlo”
“bene allora veniamo Jordan” disse Clark.
“perfetto passo a prendere entrambi alle 10:00 domani mattina, vi va?”
Entrambi annuirono. Poi il ragazzo salutò e corse via.

Quella notte sognò di nuovo la chiave. Questa volta la vide molto più nitidamente. Aveva un drago intagliato sopra e sembrava un importante reperto. Aveva un nastro argentato, che le avrebbe addirittura permesso anche di appenderla al collo. I suoi pensieri consci entrarono nel sogno. “che cosa apre?” chiese. Il suo desiderio era così forte che parlò nel sonno.
“una porta” disse una voce.
“quale porta?” chiese ancora Sara.
Si svegliò di soprassalto tutta sudata. “dannazione. Quale porta apri?” disse sbattendo la mano sul materasso.
 

Alle 9:00 Sara scese in cucina. Le piaceva essere puntuale. Martha era seduta a sorseggiare il caffè. Vide la ragazza e la salutò.
“buongiorno” disse Sara. Si diresse verso il frigorifero e prese del latte, poi prese i cereali dal tavolo. Li versò in una tazzina entrambi e iniziò a mangiare.
“vorrei sapere qualcosa di più di quello che sei” disse ad un certo punto Martha. “come lo hai scoperto?”
Lei mandò giù e iniziò a mescolare i cereali con il cucchiaio “Ho scoperto di averli circa 2 anni fa. L’ho sognato”
“hai sognato di avere dei poteri?” chiese Martha
“si” rise “Non ha senso e all’inizio ho pensato fosse solo un sogno, uno di quelli che tutti hanno. Poi però ho iniziato ad avere delle visioni. Cercavo di evitare di pensarci e mi dicevo che non fossero nulla di importante. E alla fine una notte mi sono svegliata e tutto fluttuava nella stanza. Mi sono spaventata lo ammetto”
“anche io lo avrei fatto tesoro” disse Martha ridendo.
“Non ho detto nulla a nessuno e alla fine sono andata alla biblioteca della città. Ho trovato un libro sulle creature mitologiche del 1600. E così ho scoperto di essere una Shee.”
Martha finì il suo caffè ascoltando la ragazza in silenzio mentre Sara prendeva un’altra cucchiaiata di cereali “ho letto che potevo fare degli incantesimi ma non avevo un libro. Ho cercato su internet su un sito del paranormale e c’era questo libro in pdf sugli incantesimi delle streghe del 1600. Sembrava un sito di invasati e la cosa strana è…. che hanno funzionato. Non hai idea di che cosa voglia dire scoprire di avere un potere del genere nelle tue mani.” disse tendendo la mano e facendo fluttuare un cornetto a mezz’aria”
Si rese conto di aver parlato per un bel po’. Era molto tempo che non lo faceva.
“grazie di averlo condiviso con me tesoro” disse Martha alzandosi dal tavolo.
Lei la guardò mentre andava verso il lavandino.
“grazie a te per avermi fatta parlare così tanto. Non mi aprivo così da mesi. E sono qui da solo 6 giorni”
“sono contenta che hai voglia di parlare di te con noi” disse lei sedendosi di nuovo al tavolo e stringendole la mano. Sara la guardò negli occhi poi si sporse in avanti e abbracciò Martha Kent.

Jordan arrivò alle 10:00 in punto davanti alla fattoria Kent. Salirono entrambi sul pick up. Clark davanti e Sara dietro nel cassone. Le piaceva rimanere all’aria aperta. Sentirono canzoni dei Rolling Stones per tutto il viaggio.
Arrivarono a destinazione mezz’ora dopo. Il lago non era molto grande ma oltre a loro c’erano anche altre persone. Cloe e Lana erano già lì e aspettarono Pete che arrivò a bordo della sua bicicletta. Tutti si spogliarono e si buttarono. Sara ci mise un po’ di più. Si slacciò i pantaloni e li abbassò. Poi alzò la maglietta. La pelle bianca fece da contrasto con il suo costume nero. Poi mentre gli altri giocavano in acqua mise il primo piede in acqua. Alla fine si buttò anche lei. L’acqua fredda la fece rabbrividire. I capelli bagnati si posarono sul suo seno.
Lana le sorrise, camminò verso di lei e le tese la mano “dai vieni”
Lei sorrise e le diede la mano. Si fece guidare dagli altri. Per la prima volta dopo 6 mesi si accorse che si fidava di nuovo di qualcuno che non fosse se stessa. Si fidava di cinque ragazzi della sua età e desiderò di poter vivere quel momento per sempre.

Al lago Sara si divertì. Sfogò tutta la frustrazione che aveva accumulato giocando con gli altri, tuffandosi e cantando le canzoni alla radio a squarciagola.
Jordan si avvicinò a Clark e Pete e senza farsi sentire disse “ehy vedo che tua sorella è più aperta”
“si è più tranquilla ora” disse Clark sorridendogli
Poi la guardò e si fece serio “se avessi passato quello che ha passato lei penso che morirei di crepacuore”
“non ci hai mai spiegato che è successo. Tu la conoscevi prima che arrivasse a casa tua?”
“no ma ho letto il suo fascicolo e abbiamo parlato con l’assistente sociale. Non è stata una bella esperienza quel giorno. Ho dovuto ascoltare cose che non volevo sapere”
Jordan e Pete guardarono la ragazza “che le è capitato?” chiese di nuovo Pete.
“preferirei non dirvelo, preferisco che sia lei a parlarvene”
I due ragazzi annuirono.
“io voglio solo che si trovi bene che i miei genitori si decidano a prenderla con noi. Le piace qui e a noi piace lei.”
Jordan battè una pacca sulla spalla dell’amico “vedrai che con il tempo tutto si risolverà e un giorno ci parlerà di quello che è successo. Ora andiamo che ho voglia di un ultimo bagno prima di tornare a casa”


Al ritorno Sara salì sul furgone mentre Clark si mise nel cassone. Aveva tutti i capelli bagnati e anche Jordan. Si vedeva il tramonto davanti a loro e la luce rifletteva sulle spalle nude della ragazza.
“ti sei divertita oggi?” chiese gentilmente il ragazzo.
“si è stato fantastico” disse Sara. La sua attenzione fu catturata da un quaderno appoggiato sul cruscotto. Lo prese istintivamente e lo aprì. Era un fumetto. Si rivolse a Jordan “ Lo hai fatto tu?”
Lui la guardò e quasi arrossì “si mi diverto a disegnare. Mi piace. Un giorno vorrei diventare un fumettista”
Lei continuò a sfogliare il quaderno. Più andava avanti più i disegni diventavano precisi e belli “sono bellissimi… wow” disse lei.
“lo pensi davvero?”
“certo caspita. Sono fantastici” poi sgranò gli occhi “aspetta questo è Clark vero?” chiese
“si” rise lui “lui è sempre l’eroe nei miei fumetti. Lana è sempre la principessa da salvare, Cloe è la saggia del villaggio e Pete è sempre un folletto. Sono delle personalità che possono essere associate solo a loro”

“E tu chi sei nel tuo fumetto?” chiese la ragazza guardandolo.
"penso tu sia il ragazzo interessante della storia" pensò Sara.
Jordan mise il piede sul pedale della frizione e inserì la quinta sul rettilineo “io sono il cavaliere. Cerco il mio destino nel fumetto”
“e qual è il tuo destino?”
“non lo so” disse lui. Poi azzardò “dovrei iniziare a disegnare anche te.”
Lei deglutì “e che parte farei?”
“non ho ancora deciso. Magari la sirena che salva il marinaio in pericolo o la ninfa del bosco”
“oppure la strega” disse lei con un sorriso.
Il sorriso si smorzò. Riconobbe il cortile della fattoria anche se il paesaggio era caratterizzato da una capanna e una stalla: dopotutto la storia era ambientata nel medioevo. Clark era in piedi in mezzo al cortile e teneva in mano la chiave. La guardava incuriosito. Girò in fretta la pagina per sapere che cosa aprisse. La pagina era bianca, era l’ultima. La indicò con il dito e si rivolse al ragazzo “questa chiave… che cosa apre?”

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“oh quella chiave? penso che apra una porta magica. Non ho ancora deciso” disse il ragazzo.
Lei lo fissò per un momento. Perché aveva sognato un fumetto?

Clark e Sara scesero dal furgone e presero lo zaino. Poi la ragazza sollevò la mano aperta per salutare Jordan che si allontanava.
“ho sognato una cosa e vorrei che mi aiutassi a interpretarla” disse poi a Clark
“che cosa hai sognato?”

“una chiave. è nel fumetto di Jordan. Non so perché l’ho sognata. Non esiste davvero quindi perché..”
“e se esistesse in realtà? se lui l’avesse copiata da una chiave reale?
“se fosse così allora che collegamento ha con me?”
Clark si bloccò di colpo. Poi fece qualche passo e raccolse qualcosa da terra. Una chiave comparve nelle sue mani. E la guardava stranito come nel fumetto.
“è questa?” chiese
“si” disse lei completamente rapita. Tremava un po’ “scusami se tremo, mi succede ogni volta che accade nella realtà qualcosa che sogno”
La prese tra le sue mani e la rigirò tra le dita.
“Jordan ha disegnato esattamente questa scena”
“dici che ha qualche potere anche lui? tipo prevedere il futuro o qualcosa del genere?”
“non saprei, dovremmo indagare” disse lei pensierosa.

Nascosero la chiave nel cassetto della scrivania nel fienile. Doveva rimanere nascosta, almeno agli occhi di Jordan. Il resto del weekend passò velocemente. Niente sogni e niente previsioni. Sara studiò un po’ e Clark la convinse ad andare a fare un giro a cavallo. Si sentiva bene con lui, le trasmetteva serenità. Parlarono della vita a Smallville.
“Sai pensavo.. ho letto le locandine in città e sabato prossimo ci sarà una festa. Ti va di andarci?” chiese Clark.
“preferirei rimanere a casa. Troppa gente”
“hai voglia di parlarne?”
Lei guardò la strada davanti a lei e parlò “sai già che mi è capitato. Un giorno lo racconterò anche agli altri, se rimarrò qui abbastanza a lungo.”
Seguì un silenzio “perché invece non inviti Lana a quella festa? Potrebbe essere una bella idea.” disse lei sorridendo.
“non saprei, se gli altri lo scoprissero?”
“che importa.. siete amici no? Capiranno.”
“non saprei…”
“che ne dici se invito tutti a casa e li intrattengo io mentre tu esci con Lana”
“sarebbe una bella idea in effetti. Lo faresti per me?”
“questo e altro” sorrise lei.

Il lunedì Sara si alzò con la consapevolezza di voler scoprire qualcosa di più su Jordan e sul mistero di quella chiave. Fece colazione con Clark e poi presero l’autobus. Durante il tragitto ascoltò distante i discorsi dei ragazzi seduti dietro di lei. Parlavano di ragazze e forse di un giornaletto porno che uno di loro aveva acquistato e le venne da ridere. Clark invece parlava con Cloe del muro delle stramberie. Pete salì e si aggiunse al coro. Scesero tutti quanti 20 minuti dopo. Jordan era davanti a scuola e li stava aspettando.
Sara sentiva il suo cuore battere calmo nel suo petto e si calmò anche lei. Teneva lo zaino su una spalla sola. Lo guardò da lontano e si disse che era il ragazzo più bello che avesse mai visto.

“ciao Jordan” lo salutò passando una ciocca di capelli dietro l’orecchio, quando lo raggiunse.
“ciao Sara” disse lui sorridendole.
Si guardarono intensamente per 10 secondi, entrambi aspettando che l’altro dicesse qualcosa.
“io ..” disse Jordan.
“ehy Jordan” dissero gli altri. Lui salutò alzando una mano e smettendo di parlare. Suonò la campanella.

La lezione di letteratura fu piuttosto noiosa e tutto fu reso più noioso da una lezione da due ore di matematica. Sara non riusciva a staccare gli occhi da Jordan, era affascinata dal mistero della chiave e dal suo utilizzo. Voleva sapere di più, scoprire come avesse fatto a prevedere tutto ma allo stesso tempo era affascinata dal suo aspetto e dal suo carattere solare e intrigante. La campanella suonò distraendola dal suo sogno a occhi aperti.
Clark la guardò stranito “ehy tutto bene?” chiese
Annuì e posò gli occhi sul quaderno. Si accigliò. Anche Clark notò quello che Sara aveva disegnato.
“che hai disegnato?” disse
“che diavolo?” disse “è scrittura automatica. Probabilmente mi sono concentrata su qualcosa e mi sono rilassata. Per questo ho disegnato” disse senza farsi sentire.
“Ogni giorno scopro cose su di te che mi stupiscono sempre di più. che cosa rappresenta?” chiese Clark.
“sembra una porta” disse Sara. Si illuminò “magari completa il disegno di Jordan. Magari sto disegnando il continuo della sua storia”
“dobbiamo assolutamente mettere le mani sul suo quaderno. Non hai una sorta di incantesimo…”
“Perché non glielo chiediamo direttamente ” disse alzando lo sguardo e guardando il ragazzo.

“ciao Jordan” disse Sara, raggiungendolo al suo armadietto alla fine delle lezioni della giornata. Lui si girò verso di lei e le sorrise.
“ciao” disse “tutto bene?”
“si. Durante la lezione di matematica non ho pensato ad altro se non al tuo fumetto. Vorrei sapere come continua.” disse Sara sorridendo
Lui rise “questo weekend non l’ho continuato. Ho fatto altro. Anzi..” disse ravanando nel suo zaino e chiudendo l’armadietto.
Prese un foglio infilato nel suo quaderno dei disegni. Glielo porse “questa sei tu”
Lei lo prese titubante. La ragazza era identica a lei: capelli ricci fino a metà schiena e lentiggini che costellavano il suo viso.
“è.. stupendo. Non so che cosa dire. Grazie” disse guardandolo, tutta rossa in viso.
“Meno male che ti piace. Ero tesissimo.”
“perché non dovrebbe piacermi? è fatto benissimo. Lei è una…”
“...ninfa del lago” disse lui completando la sua frase. “alla fine ho optato per quella. è una creatura mitologica che vive nel lago e balla nella foresta. Ma se un umano le si avvicina lei si nasconde, perché ha paura di far vedere la sua bellezza”
Sara si sentì arrossire dalla testa ai piedi. Si sbagliava oppure le aveva fatto un complimento? Deglutì a fatica e disse “grazie. Il disegno è bellissimo.”
La campanella suonò e si sentì sollevata.
“Scusami ora devo andare. Martha mi aspetta a casa.” si fermò davanti a lui però, come se si aspettasse un seguito a quella conversazione.
Lui annuì e la salutò. Sara si voltò e camminò a passo svelto verso l’uscita.

Per tutto il viaggio in autobus fissò quel disegno sorridendo. La ninfa era immersa nel lago, con un vestito lungo scollato. Tendeva la mano verso qualcuno, verso chi guardava il disegno. Era davvero come la vedeva lui? Una ragazza bellissima che ballava nei boschi e viveva in un lago? Girò il foglio e con sorpresa trovò un altro disegno. Questa volta c’era il cavaliere, il cavaliere che cercava il suo destino, Jordan. Tendeva anche lui la mano, questa volta verso il lago. La ninfa e il cavaliere si tendevano la mano a vicenda quindi?
Sobbalzò quando Clark le si sedette accanto. “ehy. Te lo ha fatto Jordan?”
Sara annuì.
“è stupendo. è uguale a te”

Annuì di nuovo, sempre con un sorriso sulla bocca.
“ti piace?”
Titubante rispose “si. Credo proprio che mi piaccia” disse spegnendo il suo sorriso.
“ok.. intendevo il disegno ma era palese che ti piacesse pure Jordan”
Sara arrossì e Clark si mise a ridere. Poi vedendo che Sara non rideva si fermò.
“che succede?” chiese calmo.
Lei si guardò intorno per vedere se qualcuno stesse ascoltando ma in fondo al pullman c’erano solo lei e Clark.
“per via di quello che ho fatto”
“Tu non hai fatto nulla Sara. Non è stata colpa tua. E chiunque te lo direbbe”
“non capisci” disse Sara scuotendo la testa e guardando fuori dal finestrino.
“Ehy guardami” disse. Lei si girò e due grosse lacrime le scesero per le guance. Lui gliele asciugò con i pollici.
“te lo ripeto, non è stata colpa tua. E non devi punirti per nulla”
“è stata colpa mia. Se non avesse trovato il mio diario non avrebbe scoperto nulla e la mia famiglia sarebbe ancora viva. Tutta quanta.” disse tra le lacrime. Singhiozzava. Alcuni ragazzi davanti si girarono e la guardarono incuriositi.
“senti ora calmati per un momento e pensa. Tu non hai fatto nulla di male. La tua unica colpa è aver pensato per tutto questo tempo di essere stata la responsabile di quello che è successo. Prima o poi dovrai continuare a vivere. Non puoi tormentarti tutta la vita. Non sto dicendo di dimenticare tutto perché questo ricordo resterà purtroppo sempre con te, non riuscirai mai a mandarlo via. Ma i tuoi genitori e soprattutto Ryan avrebbero voluto per te una vita felice, con qualcuno che ti voglia bene, degli amici.”
Lei lo guardava piangendo ma aveva smesso di singhiozzare.
“devi iniziare una nuova vita. Ne hai avuto la possibilità perché ora sei qui con me, con tutti i tuoi nuovi amici e con Martha e Jonathan. E io ti prometto che con noi ti troverai bene, ti prometto che ti proteggerò da tutto quello che ti possa fare del male.”
Sospirò “Jordan è un bravo ragazzo, quando sarai pronta gli racconterai che cosa è successo e lui capirà.”
“ma che importa: se anche mi buttassi tra qualche mese potrei essere trasferita. E allora non lo vedrò mai più, non vedrò mai più te e gli altri.”
Lui sospirò “se succederà basta che mi chiami e farò anche 20 stati di corsa per raggiungerti e per portarti indietro. Fanculo la legge. Puoi sempre contare su di me” disse.
Lei gli sorrise e si sporse per abbracciarlo “ti voglio bene Clark”
“anche io te ne voglio”
 

Arrivarono a casa e mangiarono una fetta di torta con la marmellata di frutti di bosco e noci. Le torte di Martha risolvevano sempre tutto. Quella settimana sarebbero iniziati gli allenamenti di corsa per Sara e gli allenamenti di football per Clark rispettivamente il mercoledì e il venerdì per Sara e il martedì e il giovedì per Clark. Sara era eccitata ma allo stesso tempo tesissima. Non riusciva a credere di essere nella squadra.
Più tardi decise che era ora di esercitarsi con gli incantesimi. Era stata prudente fino ad allora ma dopo alcuni giorni che non usava la magia, tutta quell’energia si accumulava nel suo corpo e sentiva di non potersi più controllare.
Decise di correre nel campo dietro casa, isolato da tutti. Si guardò intorno per accertarsi che davvero non ci fosse nessuno e fece apparire il grimorio. La pelle che avvolgeva il libro era vecchia ma questo rendeva quel libro ancora più affascinante. Lo sfogliò. Non sapeva che fare. Guardò l’erba intorno a sè e notò che era secca. In effetti era un po’ di giorni che non pioveva. Capì. Si sdraiò a terra con il volto rivolto verso l’alto. Tese le mani verso il cielo. “Confuso fatina, ignos et ignos mortifina”
Si sentì il frusciare il vento dovuto all’avvicinamento della bassa pressione e alta pressione. Grandi cumulonembi neri si formarono nel cielo e il sole fu coperto. Lei era ancora sdraiata, mosse leggermente la mano e un fulmine illuminò la per un secondo la nuvola. La pioggia cominciò a cadere e lei si alzò.

Confuso fatina, ignos et ignos mortifina” recitò ancora. Un tuono eccheggiò in tutta Smallville.
“Sara” urlò qualcuno.
Si girò e vide Clark. Lo invitò ad avvicinarsi.
“che diavolo succede?” urlò per sovrastare il rumore della pioggia
Erano fradici da capo a piedi.
“piove” urlò lei ridendo
“questo lo vedo anche io Sara” rise Clark.
Sara sentiva di essere attraversata da una scossa di potere, proprio come quando la navetta delle montagne russe sale lungo il percorso e si sta per avvicinare una ripida discesa.
Rideva alla pioggia e urlava divertita. Tutte le volte che lo faceva si comportava in quel modo. Era più aperta e felice, la magia scorreva nelle sue vene e si sentiva libera di poter fare qualsiasi cosa al mondo.
“Urla anche tu. Ti sentirai meglio” gli urlò.
Clark la vide urlare e dopo un attimo di titubanza la imitò.


Entrarono in casa che ancora ridevano. Di certo i telegiornali si sarebbero chiesti il motivo di quella pioggia improvvisa ma di certo non avrebbero pensato mai a qualcosa di paranormale.
Sara poi andò a fare la doccia.

Quella notte Sara sognò. Una grande porta in legno massiccio era apparsa in un vicolo. Doveva essere molto pesante da aprire ma aveva solo una piccola fessura dove inserire la chiave. Era molto particolareggiata e su di essa era intagliata lo stesso disegno della chiave. Una mano finalmente inseriva la chiave nella toppa e i cardini stridevano, facendo ruotare la porta. Un attimo prima che la porta si aprisse definitivamente si svegliò di soprassalto, il cuore le batteva nel petto “Non prevedo niente di buono” ai disse.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Fece lo stesso sogno, ogni notte per 2 settimane. E quando non dormiva, pensava costantemente a quella porta. Non sapeva che cosa significasse, non sapeva il significato che aveva per lei e non sapeva che cosa c’entrasse con il fumetto di Jordan.
“non capisco e io odio non capire” disse un giorno a colazione, mentre faceva girare i cereali nella tazza del latte. Il cucchiaio girava da solo mentre con le mani si reggeva la testa in contemplazione.
Clark alzò lo sguardo dalla tazza. Guardò verso la porta e vide Lex bussare. Si schiarì la voce per avvisare Sara che prontamente prese in mano il cucchiaio.
“ciao Lex. come stai?” chiese Clark
“non c’è male. Sono venuto a ritirare delle torte che avevo ordinato. Mi ha detto tua madre di passare stamattina” guardò Sara “tutto ok Sara?”
Lei annuì. Era distante. Lex sollevò un sopracciglio. Guardò Clark come per chiedere conferma che stesse bene e lui annuì. “gli allenamenti di atletica la prosciugano” mentì.
Lex annuì poco convinto mentre Sara continuava a mescolare i cereali.

Sara si avvicinò al suo armadietto. Prese il libro di fisica e lo mise nello zaino. Poi lo richiuse e si ritrovò faccia a faccia con il viso di Jordan.
“ehy” esclamò.
Sara sobbalzò e fece quasi cadere il cellulare.
“ciao Jordan” disse lei, deglutendo. Diventò rossa.
“non volevo spaventarti, mi dispiace” disse lui.
“tranquillo” gli sorrise “non è successo nulla”
Si fermò davanti al suo armadietto in attesa che lui dicesse qualcos’altro.
“mi hai detto che volevi vedere il continuo della storia vero?”
Lei si illuminò. “si certo mi piacerebbe”
“ecco guarda” disse porgendole il quaderno.
Lei lo prese, lo strinse tra le mani per un attimo e poi lo aprì.
Dopo che Clark aveva raccolto la chiave si era rivolto alla ninfa del lago. Avevano deciso di comune accordo di nasconderla in casa del cavaliere. Tutto combaciava con quello che era effettivamente successo nella realtà.
Girò la pagina. Vide la ninfa del lago e il cavaliere. Erano davanti a un castello e avevano la chiave.
“è pazzesco” disse Sara “è il castello dei Luthor”

“come hai detto?”
“a cosa ti ispiri quando disegni. A fatti reali o inventi tutto”
“bhe ti potrà sembrare pazzesco ma… quando disegno è come se una voce nella mia testa mi dicesse tutti i particolari della storia. Potrei scriverci un romanzo ma amo disegnare quindi…”
“quindi ciò che apre quella chiave si trova in questo castello vero?”
“si credo… ci devo ancora lavorare”
Sara sorrise. La destinazione era il castello dei Luthor e finalmente avrebbe scoperto quello che c’era dietro quella porta.
“grazie mille. é una bella storia. E soprattutto disegni benissimo” disse la ragazza, chiudendo il quaderno.
“grazie” disse lui rimettendolo nello zaino. Ed ecco che si fermarono, a un metro l’uno dall’altro a guardarsi, aspettando che l’altro dicesse qualcosa.
“senti.. di solito il sabato sono sempre da solo a colazione. Ti va di.. venire a farla con me?” disse lui portando la mano alla spalla dello zaino.
Sara avvampò. Che cosa doveva fare? “emh.. io… non saprei.”
“facciamo così… pensaci. Poi a fine lezione dimmi se ti va” le disse con un sorriso.
Lei annuì e gli sorrise.

Pensò tutto il giorno a cosa dire a Jordan. Accettare o non accettare? A lei piaceva ma era completamente bloccata. Clark la vide pensierosa.
“stai ancora pensando a quel sogno? Sta diventando un’ossessione”
“Jordan mi ha invitata a casa sua” disse “ho bisogno del tuo aiuto per capire se è una saggia decisione”
“si” disse lui senza pensarci “vacci. vi piacete.”
Lei sorrise. Che cosa aveva da perdere?
“ok mi hai convinta. Ci vado” disse lei ridendo
“ci ho messo poco a convincerti vedo” rise lui di rimando.

“Jordan?” lo chiamò dal fondo del corridoio
Lui si girò “ehy” esclamò.
“domani verrò. Verrò a fare colazione con te”
Lui le sorrise “mi fa piacere che tu abbia accettato l’invito: pancakes? ti vanno?” chiese
“vanno benissimo” sorrise Sara
“allora domani alle 9:30 facciamo?”
Lei annuì.

In pullman Clark e Sara si sedettero vicini.
“Ti devo dire una cosa?” dissero all’unisono.
Risero poi Clark cedette la parola alla ragazza.
“so dove si trova la porta. Almeno, dal fumetto di Jordan ho capito determinate informazioni.”
“e dove sarebbe la porta”
“a casa dei Luthor. Ci andiamo un giorno di questi? Chiederò a Lex di prestarmi un libro e tu con la tua supervelocità farai un sopralluogo.”
“quella casa è immensa. Ci sono una sacco di passaggi di cui nessuno conosce l’esistenza. é se fosse dietro a  un muro? Come passiamo senza sfondarlo?”
“su quello non ti devi preoccupare. Conosco un incantesimo. Devi solo trovare la porta”
“ci sto. Accordato” poi si strinsero la mano, come se avessero appena concluso un contratto.
“e tu invece che cosa mi volevi dire”
“questa domenica arriveranno i servizi sociali a controllare che vada tutto bene con noi e con te. Ci sarà uno psicologo e dovrai fare una seduta.”
“va bene” disse lei sospirando. Poi aggiunse “se questo incontro va bene probabilmente resterò qui più a lungo.”
Alle 9 l’indomani uscì di casa e raggiunse a piedi la casa di Jordan. Non aveva idea di cosa gli avrebbe detto e si ritrovò a pensare di essere estremamente nervosa. Aveva indossato un jumpsuit che aveva preso un pomeriggio mentre era fuori con Martha. Suonò al campanello e lui le aprì. “ehy” disse con gli occhi ancora assonnati e la voce impastata.
“scusami mi sa che sono un po’ in anticipo” disse lei
“no problem” disse facendole segno di entrare.
“i tuoi non ci sono?” chiese Sara
“Il sabato vanno sempre a giocare a tennis la mattina fino alle 11:30. Tornano a casa per pranzo” disse lui mentre si dirigeva ai fornelli.
Lei si sedette guardandosi attorno.
“ecco i tuoi pancake” disse Jordan porgendoglielo su un piatto, distraendola dai suoi pensieri.
“wow li hai fatti tu?” chiese
“si, te l’ho detto il sabato sono sempre solo e mi sono dovuto adattare” disse facendole l’occhiolino e sedendosi accanto a lei.
Li provò. “ehy sono buonissimi” disse strabuzzando gli occhi.
“lo so ” disse Jordan ridendo. “detengo il record di miglior pancake di Smallville” rise sarcastico.
Si guardarono negli occhi per un momento. Lui si avvicinò di poco. Stava quasi per sfiorarle le labbra con le sue ma lei si tirò indietro.
“Io… non mi merito il tuo amore. Devo prima riuscire a perdonarmi per una cosa che è successa tempo fa.” disse lei.
Lui si tirò indietro e la guardò.
“io non sto bene e come avrai notato ho problemi a essere toccata o avere contatti. Io…” disse incupendosi.
“che cosa ti è successo?” chiese lui.
Lei scosse la testa “è difficile da spiegare.” disse.
“provaci. Capirò” disse il ragazzo
“ho paura a dirlo. Ho paura che cambierà tutto”
Lui le sorrise “non cambierà nulla te lo assicuro”
Lei lo guardò sull’orlo del pianto “voglio dirlo una volta sola a tutti quanti, perché se lo dico non sono sicura di poterlo raccontare di nuovo” disse Sara.
Mangiarono il resto dei pancake parlando della squadra di football in cui lui giocava e nella squadra di atletica in cui lei avrebbe corso. Alle 10:30 Sara disse a Jordan che doveva necessariamente andare via. Lui la accompagnò alla porta e si fermarono lì davanti. Si guardarono per un momento poi lei si sporse e gli diede un bacio sulla guancia. Poi se ne andò in silenzio.

Arrivò a casa a passo svelto e con le lacrime che le rigavano il volto. Salì le scale di corsa e entrò in camera, chiudendo la porta alle sue spalle. Si sedette sul letto con la mano sulla bocca. Lui era un ragazzo così gentile e a lei piaceva ma come poteva, anche solo pensare di stare con lui dopo quello che aveva fatto?
Clark entrò in camera sua “sento le tue rotelle che girano. C’è qualche problema?” chiese gentilmente
“il passato” disse lei guardandolo negli occhi.
Lui entrò e si sedette di fianco a lei. Lei appoggiò la testa sulla sua spalla.
“Ho paura a raccontare tutto. Ho paura che cambi tutto tra di noi. Tu non sai la storia intera. Tu non sai che cosa è successo.” chiese bisbigliando
“da parte mia non cambierà nulla e nemmeno da parte degli altri. Devi smetterla di pensare che ti giudicheremo. Se gli altri sono davvero tuoi amici capiranno e ti assicuro che lo faranno. E non racconteranno nulla a nessuno”
“e se lo raccontassi oggi pomeriggio?” disse Sara
“lo puoi raccontare quando te la sentirai.”
“voglio solo essere sicura di doverlo dire una volta sola. Non voglio raccontarlo due volte o mille. Solo una volta sola”
“allora lo racconterai una volta sola. Vuoi che chiami gli altri e dica che devi raccontare qualcosa di importante?”
Sospirò. Lo voleva dire a qualcuno.Voleva raccontare che cosa le era successo. Voleva giustificare il suo comportamento schivo, che a volte sembrava un po’ arrogante. E voleva soprattutto giustificarsi con Jordan, il ragazzo dai capelli castani e gli occhi brillanti che le piaceva più di ogni altro ragazzo al mondo.
“si chiamali” disse alla fine.

“ok potete sedervi tutti?” chiese quando si trovarono tutti in mansarda.
Tutti presero posto sulla poltrona nel fienile. Le sue mani continuavano a tremare e camminava nervosa a destra e sinistra.
“che succede?” chiese Pete “va tutto bene?”
“ho deciso di raccontarvi… quello che è successo 6 mesi fa alla mia famiglia”
Tutti si guardarono e poi annuirono. Jordan era concentrato ma la sua agitazione era palpabile.
Prese un respiro.
“ok… ehm.. Vivevamo a Metropolis…  in uno dei quartieri più tranquilli e immersi nella natura della città. Eravamo io, mio fratello e i miei genitori. La mia era una famiglia felice. O almeno così sembrava. Io e mio fratello abbiamo sempre avuto un rapporto speciale, eravamo complici, amici, fratelli e confidenti. Aveva 4 anni più di me. Una forza della natura.
I miei genitori erano innamoratissimi l’uno dell’altro, almeno per i primi anni della mia vita.. Si concedevano delle serate per loro e avevano ancora quel pizzico di romanticismo che tutti invidiano.

Poi tutto diventò nero. Passammo un brutto periodo, mia mamma fu licenziata e mio padre non riusciva da solo a pagare le bollette, il cibo, le cure mediche. Si susseguivano continui litigi e fummo costretti a rivolgerci alla mensa dei poveri per riuscire a mangiare. Mio padre era arrabbiato perché mia madre non riusciva a tenere a bada i suoi vizi mentre mia madre era innervosita dal fatto che lui glielo facesse pesare. Mi accorgo solo ora che questo periodo mi fece capire quale fosse il vero carattere di entrambi: mio padre si rivelò essere un uomo possessivo verso mia madre, che lo aveva minacciato più volte di andarsene, se avesse continuato a trattarla così, e lei, dal suo canto, si era dimostrata attaccata ai soldi. Tutto si risolse, almeno in parte, quando mia madre trovò un lavoro. Riuscimmo a risollevarci ma il loro rapporto era rovinato. Anche se non litigavano, non si concedevano più le loro serate da soli e non sapevano più volersi bene. Tuttavia mio fratello mi continuava a dire che sarebbe andato tutto bene e che tutto si sarebbe risolto.

Un giorno, avevo 14 anni, stavo tornando da scuola 2 ore prima del solito, mancava un professore.  Avevo deciso di passare dalla gelateria e prendermi un ghiacciolo. Ho visto mia madre baciare un altro uomo seduta a un tavolino al bar di fronte alla gelateria. Mi si è gelato il sangue nelle vene.
Mia madre quel giorno mi vide. Si alzò dal tavolo e cercò di seguirmi per spiegarmi, ma scappai a casa. Per le successive tre settimane cercò in tutti i modi di parlarmi. Ho sempre rifiutato. La verità è che da quel giorno non ho più visto mia madre nello stesso modo, mi faceva schifo il modo in cui tradiva papà. Avrei preferito se lo avesse lasciato, evitandomi quel dolore, evitando che io vedessi quella scena.
I miei genitori non si amavano più e lo capivo, ma a quell’età speri sempre che tutto si sistemi. Che tutto possa tornare alla normalità.  
Mio padre si chiedeva come mai non parlassimo più e continuava a chiedermi se ci fosse qualcosa che non andava. Io rifiutavo sempre di parlare, dicendo che ero preoccupata per la scuola. Lo svelai a mio fratello 2 mesi dopo, non volevo che lui soffrisse come soffrivo io. Ma alla fine ho dovuto rispondere alle sue continue domande
“mamma tradisce papà” sono riuscita a dire. Di comune accordo non abbiamo mai detto nulla a mio padre.
Man mano che il tempo passava sembrava che tutto tornasse alla normalità, mamma era sempre presente in casa. Io dal mio canto scrivevo sempre tutto quello che sentivo su un diario che nascondevo sotto il materasso. Parlammo, una volta, e lei mi disse che non vedeva più quell’uomo e che potevo fidarmi di nuovo di lei.
Passarono due anni da quell’episodio e avevo perdonato mia madre. Ci parlavo poco comunque ma non le portavo rancore, non più.
Qualche mese più tardi la vidi di nuovo, sempre con lo stesso uomo.
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Quella stessa sera litigammo. Le dissi delle cose bruttissime mentre mio fratello cercava di calmarmi. Era sempre stato molto calmo e aveva un carattere molto pacifico: quando ero arrabbiata mi faceva sempre ragionare. Con il passare dei giorni papà si accorse di quel nuovo gelo tra di noi. Continuava a chiedere che cosa succedesse. Non gli abbiamo mai risposto sinceramente.
Una sera arrivai in camera. Il diario era aperto sul letto. Lo richiusi subito cercando di pensare a chi avesse potuto leggere il mio diario. Andai in camera dei miei genitori e vidi che le cose di papà non c’erano più”
In quel momento l’enorme groppo alla gola che Sara aveva accumulato dall’inizio della storia esplose: la ragazza cominciò a piangere. Tutti la ascoltavano straniti e un po’ preoccupati.
Intanto Sara si asciugava con le maniche della felpa le guance ormai rosse.
“aspettammo due settimane, chiamavamo ma non rispondeva mai, non sapevamo dove fosse.
6 mesi fa la mia famiglia si è distrutta ed è tutta colpa di quel diario, tutta colpa del MIO diario.

Il 3 marzo ero nella mia stanza, stavo leggendo un libro, mio fratello era al lavoro, faceva il poliziotto. Sentii dei colpi alla porta molto forti, una voce insistente urlare il nome di mia madre: era papà. Mia madre salì le scale e mi disse di rimanere in quella stanza, di non muovermi. Chiuse la porta dietro di sè mentre usciva. Ero incollata con l’orecchio alla porta e ascoltavo. Sentivo urla da parte di entrambi e mi si contorceva lo stomaco dall’ansia. Ascoltai fino a che esplose quel colpo di pistola che speri di non sentire mai nella tua vita. E poi sentii mia madre collassare a terra.
Senza pensare aprii la porta e mi precipitai giù dalle scale: sentivo l’odore di alcol prima ancora di arrivare al piano terra, era completamente ubriaco. E sentivo anche l’odore del sangue.
Me lo trovai davanti mentre mi puntava la canna addosso e in quel momento mi bloccai, non sapevo che cosa fare. Ero completamente paralizzata dalla paura.
Mi disse delle cose”
Le lacrime scendevano sempre più numerose per le guance della ragazza. Iniziava anche a singhiozzare.
“mi disse che ero una vigliacca, che avrei dovuto dirgli che stava succedendo. Che ero la complice di mia madre. Tutto quello che riuscivo a pensare era di chiedere a mio padre di abbassare la pistola. Tremavo tantissimo”
Deglutì
“Ryan entrò in quel momento. Mio padre si spaventò e si girò. Puntò la canna verso Ryan che sfilò anche lui la pistola. Disse a mio padre di abbassare la pistola ma tutti e due continuavano a tenerla alzata. In quel momento mi dissi che Ryan non poteva morire, che lo dovevo proteggere: lui era il mio migliore amico. Presi il vaso dal soprammobile di fianco a me e lo alzai sulla mia testa. Mi avvicinai da dietro senza fare rumore. Per un secondo Ryan distolse gli occhi da mio padre per guardare me e lì tutto andò a farsi fottere. Mio padre sparò, perché per un secondo ne aveva avuto la possibilità. Anche Ryan sparò. Mio padre fu colpito alla testa. Io ero esattamente dietro di lui. Cadde per terra mentre io mi guardavo la maglietta completamente ricoperta di sangue. Lasciai cadere il vaso. Non riuscivo a parlare, non riuscivo a fare nulla. Piangevo e mi mancava il respiro.
Vidi mio fratello muoversi così mi precipitai verso di lui e mi levai la maglietta. Iniziai a pigiare sulla ferita. Lui faceva fatica ma parlava. Mi chiese se sarebbe sopravvissuto. Io gli dissi che certamente sarebbe sopravvissuto ma che doveva essere forte per un attimo mentre io prendevo il telefono. Digitai il 911 e chiamai in lacrime l’ambulanza. Tremavo tantissimo ma sono riuscita a mettere il vivavoce così potevo pigiare sulla ferita. Ryan tentava di parlare ma io gli dicevo di smetterla di cercare di dire quello che voleva perché me lo avrebbe detto più tardi in ospedale. Ho sentito il suo cuore smettere di battere sotto il palmo delle mie mani. Ho iniziato a fargli il massaggio cardiaco, quello che avevo imparato al corso come volontario, fino a che non è arrivata la polizia e l’ambulanza. Ero coperta di sangue dalla testa ai piedi e tremavo come una foglia. Hanno dovuto sollevarmi e sedarmi per staccarmi da Ryan. Ero isterica. La mia famiglia si era sgretolata nel giro di 5 minuti. Poi sono svenuta. Mi sono svegliata in ospedale e per 20 secondi ho pensato che fosse tutto un brutto sogno. Poi mi sono trovata circondata da assistenti sociali e psicologi. Quel giorno la mia vita è finita e mi sento responsabile per ciò che è successo: sono stata io a scrivere tutte quelle stronzate su un quaderno ed è stata colpa mia se tutto è venuto a galla” finì.
“questo è tutto” disse sollevando le mani come per dire “non saprei che altro dire” con un sorriso triste in volto.
Pete aveva la bocca completamente spalancata e non riusciva a dire nulla. Lana e Cloe erano sull’orlo della lacrime.
Jordan e Clark erano seduti mentre ascoltavano attentamente. Clark improvvisamente si alzò e si sedette vicino a lei. Le passò un braccio sulle spalle e la strinse forte a sè.
Jordan intervenne “tu sai vero che questo non è vero? che non è colpa tua?”
Gli altri sostennero la sua idea annuendo.
Sara sentì tutti gli sguardi posarsi su di lei. “non cambieremo la nostra idea su di te.” disse alla fine Jordan.

Quella stessa sera, Sara si sdraiò sul letto. Le stelle brillavano nel cielo nero della notte. Chiuse gli occhi e sorrise: era riuscita a raccontare tutto e l’avevano capita. Si destò di colpo quando sentì un colpo alla finestra. Si sedette sul letto in attesa, come se quel colpo fosse stato solo nella sua testa. Poi un altro. Corse alla finestra, la aprì e guardò giù.
“Jordan che ci fai qui?” disse cercando di non farsi sentire
“sono venuto a parlarti”
“non potevi chiamarmi?”
“no, preferivo farlo faccia a faccia. Dai vieni giù”
Chiuse la finestra e prese la felpa. La infilò e aprì la porta silenziosamente. Tutti erano nelle loro stanze. Martha e Jonathan guardavano un programma in tv mentre sentiva Clark parlare al telefono con qualcuno. Non era ancora riuscito a uscire con Lana ma entrambi ci stavano lavorando.
Infilò le scarpe e uscì dalla porta di casa.
Vide Jordan seduto sulla panchina in veranda e lo raggiunse. Si sedette di fianco a lui.
“allora di cosa volevi parlarmi”
“di niente. Volevo sapere come stavi dopo quello che è successo oggi”
Sara arrossì e ringraziò che fosse buio “io… credo di stare bene. Ho molto apprezzato che non mi abbiate giudicata. Io sento che con il tempo riuscirò a conviverci solo se le persone accanto a me lo accettino”
Lui spontaneamente posò la sua mano sulla guancia di Sara “per me sei stata coraggiosa. Non deve essere stato facile nascondere tutta quella situazione a tuo padre e comunque vivere la tua adolescenza, con tutti i problemi che comporta. E soprattutto poche persone avrebbero fatto quello che hai fatto tu quel 3 marzo.”
Sara appoggiò la testa sulla spalla morbida di Jordan e lui le passò il braccio dietro le spalle.
Restarono in silenzio per un po’. Stavano bene entrambi così.
Poi Jordan si alzò “ok ora dovrei andare. Sono uscito senza dire nulla ai miei e se mi scoprono mi beccherò una ramanzina. Ciao Sara.”.
Quelle ultime due parole le pronunciò stando fermo per un attimo sulla panchina, come in attesa di qualcosa. Poi si alzò e andò verso la macchina. Sara lo imitò ma si fermò in cima alle scale. “Ciao Jordan” disse. Così lo guardò allontanarsi lungo verso la sua macchina. Voleva davvero lasciarlo andare via così? Senza ringraziarlo per quello che le aveva detto?
In un impeto di coraggio, scese le scale di corsa e lo raggiunse.
“ehy aspetta” disse quando fu alle sue spalle. Lui si girò incuriosito.
Sara si fermò a qualche metro da lui. “non è giusto che te ne vai via così. Devo prima darti una cosa che ti appartiene”.
Si avvicinò velocemente prima che cambiasse idea. Passò la sua mano dietro al collo morbido del ragazzo e lo baciò. Poi esattamente come era corsa da lui, corse verso casa senza voltarsi indietro, salì le scale della veranda e aprì la porta. Si precipitò dentro e chiuse la porta alle sue spalle appoggiandosi poi con la schiena alla porta. Lo aveva baciato per davvero. Rise e salì le scale.

Quella notte non sognò.

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