College

di Io_amo_Freezer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazioni ***
Capitolo 2: *** Tagli ***
Capitolo 3: *** Party ***
Capitolo 4: *** Echo ***
Capitolo 5: *** Test, test, e ancora test. ***
Capitolo 6: *** Siamo un gruppo di ragazze che vanno al college. ***
Capitolo 7: *** Nulla ***
Capitolo 8: *** Come sta? ***
Capitolo 9: *** Chitarra ***
Capitolo 10: *** Farsi male, farsi bene. ***
Capitolo 11: *** Un po' di affetto. ***
Capitolo 12: *** Non posso. ***
Capitolo 13: *** Paura. ***
Capitolo 14: *** Cielo. ***
Capitolo 15: *** Parte di qualcosa. ***
Capitolo 16: *** Correre. ***
Capitolo 17: *** Scatola. ***
Capitolo 18: *** Sicurezza. ***
Capitolo 19: *** L'azzurro si illumina. ***
Capitolo 20: *** Sei felice? ***
Capitolo 21: *** Ci vuole coraggio. ***
Capitolo 22: *** È il momento. ***
Capitolo 23: *** Prendere una decisione. ***
Capitolo 24: *** Fuori controllo. ***



Capitolo 1
*** Presentazioni ***


Presentazioni
Si stropicciò un occhio, mugugnando, e sbadigliando. Si stiracchiò le braccia, e quando il rumore della sveglia divenne troppo insopportabile, la scagliò contro il muro, incrinandola, ma ancora funzionante continuò imperterrita a suonare.
Sbuffò, aggiungendo mentalmente alla lista una sveglia nuova, e meno rumorosa. Aprì gli occhi, sbattendo un paio di volte le palpebre per farle abituare alla luce che filtrava dalla tapparella della finestra, socchiusa.
Si issò sui gomiti, osservandosi attorno smarrito e passandosi una mano tra i capelli ribelli, castani con alcune ciocche rosse fiammanti. Appena il suo sguardo ricade sul calendario, un gemito ed un grugnito uscirono dalla sua bocca, mentre gettò il capo all'indietro, stanco. Fece mente locale, cercando di accettare quella realtà. Così si alzò, recandosi in bagno. Si ficcò in bocca, di malavoglia, il suo spazzolino rosso, mentre si osservava allo specchio. Inspirò profondamente dal naso, sciacquandosi la bocca, per poi lavarsi il viso. Non gli andava proprio di lasciare la sua camera, la sua tana, per recarsi in una prigione, che, alcuni ragazzi chiamavano, coraggiosamente, collage.
Tornò velocemente in camera, aprendo l'armadio grigio, e prendendo da esso i primi vestiti che gli erano capitati sott'occhio. Sbuffò, vestendosi di malavoglia con un blue jeans, strappato in più punti e con una maglia rossa, con al centro un teschio nero che faceva la linguaccia. Come, un teschio potesse avere una lingua, ancora non lo capiva. Prese la sua borsa, nera con alcuni teschi fiammeggianti per una spallina, ficcandoci dentro la sveglia mal ridotta e si diresse in cucina. Osservò di mal'occhio suo padre, che leggeva il giornale, con una tazza di caffè sul tavolo. Non lo salutò nemmeno, preferendo dirigersi verso la macchina grigia; un'alfa romeo, che lo avrebbe condotto verso l'istituto scolastico, dove avrebbe dovuto convivere per i prossimi mesi.
Aprì il cofano, buttandoci dentro la valigia per poi mettersi nel posto di guida, sbattendo forte la portiera. Il fatto che fosse ancora integra, nonostante tutte le botte che avesse preso per merito suo lo lasciava incredulo. Si vedeva che aveva scelto la macchina migliore, perfetta per lui. Si mise la cintura, osservando la sua moto dallo specchietto retrovisore, che, purtroppo non avrebbe potuto portarsi dietro. La preferiva, in confronto alla macchina. Peccato che non fosse adatta ad un viaggio di circa tre ore, e sopratutto, poi, come avrebbe portato la valigia?
Con una smorfia mise in moto. Sapeva che sarebbe dovuto partire almeno un giorno prima, ma, a lui, seguire le regole non era mai piaciuto. A chi piace? Nessuno, infondo brama l'ordinario.  
E così partì, dirigendosi verso quell'amara meta, che non poteva proprio risparmiarsi. Il tragitto fu duro e stancante, soprattutto per uno impaziente come lui, ma alla fine riuscì ad arrivare, ed erano solo le sette e trenta. Aveva fatto davvero bene a partire alle cinque e quaranta. Certo, era arrivato esausto, ma era vivo.
Le prime ore si sarebbero tenute tra un'ora, aveva ancora tempo. Parcheggiò l'auto nel garage ventinove e scese, mettendo la sicura. Con la borsa in mano, si diresse nella camera dove avrebbe dovuto alloggiare. Era davvero stanco morto, la prima cosa che voleva, era distendersi e dormire. Almeno questo sperava. Prese le chiavi che gli avevano dato la prima volta che era venuto a vedere l'istituto, e aprì la stanza numero dodici.
All'interno notò due ragazzi, che si erano voltati appena avevano sentito la porta aprirsi. Uno aveva i capelli biondi, occhi celesti ed una spruzzata di lentiggini sulle guance, vestito con una maglia arancione a maniche molto lunghe, con jeans chiari. Non era molto alto o robusto, e dall'aspetto sembrava avere parecchi anni in meno di lui; mentre l'altro aveva capelli blu notte e gli occhi mare, aveva una maglia a maniche corte, azzurra con un'anagramma giapponese e dei jeans lunghi, strappati. L'altezza non poté constatarla, essendo che era seduto sulla sedia, ma sembrava avere un fisico abbastanza allenato, da come si poteva notare dai muscoli delle braccia. Gli osservò un po' scettico, pensava di dover avere solo un coinquilino, e non due. Alzò lievemente le spalle; poco importava. Studiò velocemente la stanza; osservando la porta del bagno, i due letti ai lati della camera, uno con accanto una finestra; una scrivania con due sedie risiedeva vicino al letto di sinistra, ed un frigo bar accanto al letto a destra. Poco male, pensava peggio. Così si avviò verso al letto di destra, buttando la valigia per terra, e distendendosi di schiena. Sbadigliò, stropicciandosi un occhio, deciso a tornare nel mondo dei sogni. Peccato che il biondino non fosse del suo stesso parere. Gli si chinò dinanzi, salutandolo con la mano, e con un immenso sorriso sulle labbra. Lo osservò con un occhio aperto, mentre l'altro era nascosto dal braccio che aveva appoggiato sopra la testa.
-Ciao! Io sono il tuo compagno di stanza. Sono Michelangelo, ma puoi chiamarmi Mikey!- esultò ridendo, poi indicò il ragazzo seduto sulla sedia, il quale stava per presentarsi, ma venne intercettato dal biondo che lo fece al posto suo -Lui invece è Leonardo Hamato. Mi ha fatto da guida per arrivare alla stanza, altrimenti sarei ancora disperso chissà dove.- continuò a ridersela, e lui sbuffò. Ma cosa c'era di tanto divertente? Osservò di sottecchi l'azzurro, un po' stranito dal suo cognome, il quale gli sorrise, ma lui lo ignorò, voltandosi dall'altra parte, voglioso solo di dormire.
-Tu come ti chiami?- chiese il biondo, ignorando il suo comportamento scorbutico. Ci furono attimi di silenzio, indeciso se rispondergli o no. Però, se avrebbero dovuto condividere la stanza per i prossimi mesi, non poteva lasciare che lo chiamasse tizio, o altro per tutto il tempo.
-Raphael Fast.- rispose brusco. Lo sentì illuminarsi, mentre gli faceva i complimenti per il nome. Abbassò le spalle, sospirando. Ormai era chiaro che non sarebbe riuscito a dormire. Ma proprio quanto le speranze stavano per svanire, ecco che il biondo se ne tornò dal suo amico, ricominciando a parlare di un'argomento riguardo i corsi del college. Come, Leo facesse a sopportarlo, lui proprio non lo capiva.

Una mano, sulla sua spalla continuava a scuoterlo da una parte all'altra, e, alla fine, un po' seccato, aprì gli occhi ancora impastati di sonno. Osservò il ragazzo di prima, che gli sorrideva, e per poco non gli lanciò un pugno in faccia, per quanto la sua faccia fosse da ebete. 
-Cosa vuoi?- ringhiò, cercando di tornare a dormire, mentre il biondo mise il broncio, indeciso se parlare o meno.
-Tra poco abbiamo lezione.- affermò piano, tornando a sorridere. Quella notizia lo fece destare dagli ultimi residui di sonno, ma, sempre con un occhio aperto, continuava a fissare il giovane, indeciso su cosa fare. Certo, era ovvio che doveva recarsi in quella specie di prigione a cui suo padre lo aveva sottoposto contro la sua volontà, ma desiderava riposare. Ancora ricordava come gli si era presentato dinanzi, stanco di averlo intorno gli aveva intimato di andarsene al college, e lui chissà per quale arcano motivo non lo aveva aggredito come suo solito. Ma, infondo nemmeno lui voleva restare in quella casa, sopratutto dopo aver scoperto che quello non era nemmeno il suo vero padre. Era sempre stato lui a dirglielo, in uno dei soliti momenti di rabbia aveva confessato quello che non avrebbe mai pensato vero. Se era stato adottato era solo grazie a Nora, la moglie di Lex; suo padre. Era sempre stata molto gentile, ma poi si ammalò, e da lì tutto finì in disgrazia. Suo padre iniziò a trattarlo male, ogni giorno peggio, e quando la mamma morì qualcosa si spezzò in Lex. Certo, non lo biasimava. E' sempre dura perdere una persona a te cara, anche lui aveva sofferto molto, ma non pensava che da quel giorno le cose sarebbero andate sempre peggio. Però, ora era lì. E nessuno gli avrebbe urlato contro dalla mattina alla sera, finalmente. L'unico tallo era lo studio, ma, se era riuscito a sopravvivere al liceo, poteva sopportare anche quello. 
Con un sospiro si alzò, recandosi nel bagno che avevano in stanza, e, quando ne uscì, sorvolando il viso sorridente del ragazzo prese un quaderno ed una penna, dirigendosi alla sua prima lezione, seguito da Mikey, solo che lui si diresse in un'altra classe, al contrario suo che aveva lezione di matematica. La materia più odiosa al mondo.
Si sedette di malavoglia sull'ultimo banco in alto, accanto ad un ragazzo con una felpa viola e dei jeans chiari, un po' strappati che leggeva accuratamente un libro sulla fisica quantistica. Gettò uno sguardo ad un gruppo di ragazzi che parlavano e sembravano far parte di una gang, quei soliti bulli che adorano far male agli altri, ma poi tornò al ragazzo accanto, studiandolo con calma; aveva i capelli lisci e gli occhi bordeaux, ma non sembrava per niente interessato al mondo circostante. Di sottocchio si accorse che quei ragazzi si stavano avvicinando a lui, o meglio, al ragazzo accanto a lui. Uno di loro; robusto, con una maglia nera ricoperta di adesivi e dei jeans corti fino ai ginocchi, appena gli fu abbastanza vicino sbatté le mani sul banco, attirando l'attenzione di tutti i presenti. Per fortuna che il prof non fosse già arrivato, anche se il suo compagno sperava il contrario.
-Ehi secchione!- lo chiamò, ma il viola preferì restare ad osservare le pagine del suo libro, finché non gli fu sottratto dal bullo -Guardami quanto ti parlo!- minacciò, assottigliando lo sguardo, mentre il rosso si mise a braccia incrociate, scrutando i due, curioso di vedere come sarebbe andata a finire. Anche se voleva aiutare il, cosiddetto "secchione", non aveva alcun motivo di farlo, così restò seduto, portandosi una gamba sopra l'altra.
-Ridamelo Josh!- ordinò il diretto interessato, alzandosi in piedi per poterlo osservare negli occhi, e Raph poté constatare che fosse davvero alto quel ragazzo, o, almeno un po' più di lui.
-Costringimi.- gli rispose a tono, lanciando il libro ad un suo amico, e mentre il genio cercava di riprenderselo, tra le risate di tutti, mentre veniva lanciato da una parte all'altra, rischiando anche di strapparsi o rompersi; alla fine, non seppe nemmeno lui come, ma se lo ritrovò in mano. Ci fu qualche minuto di silenzio, nel quale tutti attendevano la sua mossa; curiosi di sapere se lo avrebbe ceduto al povero nerd; che lo osservava a sguardo basso, già supponendo la sua scelta, o avrebbe iniziato a giocare come un idiota rimbambito, in attesa dell'arrivo del prof. Perché effettivamente, lui lo riteneva un gioco per rimbambiti.
-Allora idiota? Vuoi muoverti, o no?- domandò, sbuffando il ragazzo che aveva iniziato tutto quello. Ma non sapeva di aver commesso un grave errore. Il rosso sì alzò piano, avvicinandosi a lui, apparentemente tranquillo, e tendendogli il libro come per volerglielo dare, ma, mentre Josh ghignava, tendendo le mani per prenderlo; divertito all'idea di poter continuare il gioco, un pugno gli arrivò dritto sul naso, facendolo indietreggiare fino a cadere per terra, con la mano destra che teneva la parte dolente e sanguinante. Tutti osservarono l'artefice di quel gesto, basiti e increduli, perfino il viola non se lo aspettava. 
-E la prossima volta che osi chiamarmi "idiota", avrai anche di peggio.- gli ringhiò contro, per poi osservare il genio -Tieni.- disse seccato, porgendogli il libro prima di tornarsene al suo posto, nel momento esatto in cui entrò il professore. Josh stava giusto correndo a lamentarsi con il docente, che gli aveva domandato il motivo di quel sangue, ma vedendo l'occhiata minacciosa del rosso preferì mentire, tornando, sconfitto al suo posto.
-Grazie.- sussurrò piano, il ragazzo accanto, sedendosi al suo posto, in silenzio, mentre anche gli altri ragazzi facevano lo stesso
-Di nulla.- rispose indifferente, iniziando a scarabocchiare sul quaderno. Osservò di sottecchi il ragazzo che continuava a fissarlo sorridente e che si presentò:
-Il mio nome è Donatello Gift.- disse piano, per non farsi udire dal professore, mentre il rosso gli rivolse un mezzo sorriso
-Raphael Fast.- rispose lui. 

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Capitolo 2
*** Tagli ***


Tagli
Si diresse in mensa, sorridente come al solito. Prese un vassoio e osservò le prelibatezze che servivano, leccandosi i baffi. Ma non potendo spendere tutti i soldi che si era portato dietro decise di prendere un semplice panino con prosciutto, insalata e maionese, ed una coca. Gettò uno sguardo fugace a tutti i ragazzi che ridevano e scherzavano tra loro, mentre si gustavano il loro pasto e, contrariamente al suo carattere che sembrava essere sociale e amichevole, si andò a sedere lontano da tutti, da solo.
In realtà, voleva tanto sedersi insieme ad altri ragazzi, ma la giornata in classe non era stata delle migliori, o, almeno non era come se lo aspettava, e non voleva rivivere la stessa situazione, ancora. Era stato gentile e scherzoso come al solito, ma, invece di fare amicizia, lo avevano deriso, e dei bulli gli avano fatto, non poco male. Non si era lamentato con nessuno, tanto meno con il professore. Se lo avesse fatto, avrebbe solo attirato di più l'ira dei bulli che lo avrebbero preso sotto tiro, appena il docente se ne fosse andato. Sospirò, gettando uno sguardo all'enorme livido sul braccio, affianco a tanti altri tagli e segni. Infondo era abituato al dolore, ci aveva convissuto per tanti anni, e continuava a conviverci, non sarebbe stata una tragedia dover sopportare dei bulli; doveva solo non pensarci e resiste, come sempre. Se era lì lo doveva soprattutto ad una persona, e non avrebbe sprecato la sua fiducia e quell'opportunità che lei gli aveva, così gentilmente donato. Abbassò la manica della maglia gialla, coprendo i segni ben visibili e tornando al suo cibo. Lo mangiava con lo sguardo per quanto l'aspetto fosse delizioso e invitante, ma poi, i suoi occhi caddero su tre ragazzi, quelli che aveva conosciuto; Raph e Leo che si erano seduti ad un tavolo poco distante, insieme ad un'altro loro coetaneo che parlavano. Lo studiò, incuriosito, forse lo avevano conosciuto oggi, o già lo conoscevano, ma poco importava. Anche se desiderava stare con loro. In quel poco che gli aveva conosciuti, si erano comportati così gentilmente che, un po' gli si era affezionato. Con Raph non aveva avuto l'onore di parlarci molto, ma gli era stranamente simpatico. Continuò a guardarli mentre ridevano, non si erano nemmeno accorti di lui, ma, infondo non gli biasimava, era sempre stato bravo ad essere invisibile. Decise di non pensarci, preferendo sbrigarsi prima che la ricreazione finisse, così afferrò il panino con ingordigia e desiderio. Stava per addentarlo, ma, con una velocità inaudita si ritrovò col sedere a terra, insieme alla sedia di metallo, spintonato da una mano appartenente ad una persona fin troppo conosciuta. Avvertì tutti gli sguardi su di sé, attirati dal suono sordo che aveva causato la caduta della sedia e tentennò, temendo quello che sarebbe successo, mentre una stretta al cuore gli opprimette il petto. Non voleva essere ridicolizzato ancora, non davanti a tutta la scuola, non davanti ai tre ragazzi che avevano smesso di mangiare e, ora lo stavano osservando incuriositi e preoccupati. Gettò lo sguardo su Drek, il bullo che lo aveva picchiato prima, in classe, mentre si chinava su di lui per ghignargli dritto in faccia e sputargli addosso tutta la sua crudeltà.
-Grazie per lo spuntino, perdente.- gli sussurrò velenoso, marcando l'ultima parola, e ridendo cupo, per poi sedersi al posto dove prima c'era lui, seguito dai suoi coetanei.
Capendo che non avrebbe potuto più mangiare, essendo che non aveva altri soldi per pagare; avendoli lasciati nella valigia, e anche perché Drak, non gli e lo avrebbe di certo permesso si alzò di scatto, recandosi verso l'uscita con passo svelto, mentre sentiva gli occhi pizzicare, sotto le risate generali dei ragazzi che lo indicavano, prendendolo in giro. Udì distintamente, tra tutto quel chiasso dei richiami, qualcuno che chiamava il suo nome frenetico e, al tempo stesso preoccupato, ma preferì recarsi il più velocemente possibile verso la prossima classe, pregando che finisse in fretta tutto quel supplizio, volendo tornare nell'appartamento, anche se ci sarebbe stato quel Raphael non gli importava. Si sarebbe chiuso in bagno, si sarebbe tagliato come sempre e poi avrebbe mascherato la sua infelicità con quel sorriso. Quello stupido sorriso che era diventato la sua condanna ormai. Osservò, a capo chino le sue gambe che sfrecciarono veloci fino in classe. Gettò un fugace sguardo intorno, guardando i pochi ragazzi raggruppati da un parte, appoggiati ai banchi, e si sedette, il più lontano possibile da sguardi indiscreti, aspettando, con ansia che giungessero tutti, compreso il prof. Non resisteva, doveva avvertire il sangue che scivolava lentamente dalla sua pelle, doveva avvertirlo per sentirsi meglio. Faceva male, tanto; lo distruggeva, ma allo stesso modo lo appagava, era un controsenso, era vero, però era così, e basta. Era solo questo il modo per continuare, per sopravvivere.
Finite tutte le ore, finalmente corse fuori, giungendo il più velocemente possibile nell'appartamento. Non resisteva più, se non si sarebbe tagliato sarebbe esploso. Doveva sfogarsi, doveva poter controllare, interrompere quel dolore mentale, insostenibile che lo straziava, distruggendolo. Prese velocemente la chiave dalla tasca, rischiando anche di farla cadere, mentre cercava, tra le tante che aveva quella giusta da poter inserire nella porta. La mise con furia nella serratura, girandola con foga per aprirla, e, finalmente entrò. Per fortuna, constatò che Raph non ci fosse, così si tuffò in bagno, gettando il quaderno e la matita, con gli appunti presi, sopra il letto ancora disfatto. 
Si sentiva così oppresso, era diventato schiavo di quella lama, ma non poteva farci niente. Lo rendeva schiavo, ma anche libero. Ma era l'unico modo per vivere, o, il dolore lo avrebbe divorato dall'interno. Aprì il suo borsellino, con dentro dentifricio, spazzolino e tutto il necessario. Si soffermò sulla forbice, prendendola delicatamente ed iniziando il suo accurato lavoro, tracciando la lama come una penna avrebbe fatto su un foglio di carta.
Sospirò, alzando lo sguardo al cielo per la goduria, mentre alcune lacrime scivolavano sul suo viso. Almeno adesso si sentiva, riusciva a sentire di essere vivo. Poteva percepire tutte le sue emozioni che non era mai riuscito a tollerare dentro di sé: tristezza, frustrazione, vergogna, solitudine, rabbia, fuoriuscire fuori dai tagli che si procurava, dandogli sollievo. Si era sempre odiato per ciò che era, perché lui rappresentava solamente un difetto. Era inutile, e doveva, in qualche modo pagare per questo. I tagli erano una punizione, ma, al tempo stesso erano un piacere immenso che scorreva dentro di sé, rendendolo, in parte libero.
Sentendo la porta principale aprirsi, sobbalzò. Raph era di certo tornato, ma non doveva sapere del suo segreto. Era solo suo, e nessuno poteva intromettersi. Osservò il lavandino pieno di macchie cremisi, e aprì il rubinetto, pulendolo velocemente. Posò la forbice, ancora intrisa del suo sangue, dentro il borsellino certo che il rosso non sarebbe mai andato a rovistare nella sua roba. Prendendo un paio di fazzoletti si pulì il sangue gocciolante dal braccio, e quando fu sicuro che si fosse seccato, gettò la carta usata nel WC, buttando poi l'acqua. Prese un profondo respiro, osservando i nuovi tagli si sentì uno schifo, ma poi, abbassando le maniche e mettendosi addosso di nuovo la maschera; quel sorriso, con un'innato coraggio uscì dal bagno. 
-Ehi, ciao!- lo salutò Leo. Rimase un po' interdetto della sua presenza, ma gli sorrise sincero, sedendosi sul letto a gambe incrociate, come se non fosse successo niente, ed infatti era così. Se se lo ripeteva, forse poteva convincersene perfino lui.
-Ciao. Come mai qui?- domandò, osservando poi un ragazzo nuovo, quello che aveva intravisto in mensa, insieme a loro che si sedette sulla sedia, accanto alla scrivania, dove, Raph aveva poggiato i suoi appunti.
-Piacere, Donatello Gift. Beh, siamo venuti, sia per fare i compiti e sia per farti compagnia. Abbiamo visto quello che ti ha fatto Drake..- spiegò con un mezzo sorriso, mentre apriva il libro con i compiti da fare. Quelle parole fecero rabbuiare il biondo che si morse il labbro inferiore, cercando di non pensare all'accaduto, inspirando profondamente dal naso. Almeno aveva capito chi erano le persone che lo avevano chiamato, prima, in mensa. 
-Grazie.- sussurrò, mentre Leo, seduto sul letto del biondo, accanto a lui, gli accarezzò i capelli, facendogli tornare il sorriso, mentre gli porse un panino con prosciutto, insalata e maionese, ancora incartato. I suoi occhi azzurri brillarono, prendendolo con un po' di esitazione e, appena lo scartò dalla carta stagnola, iniziò a gustarlo avidamente, sotto lo sguardo divertito dei tre.
-Dovevi vedere Raph. Appena te ne sei andato, vedendo come tutti ridevano e andato a dirgliene quattro. E per "dirgliene quattro", intendo che gli ha dato una bella lezione.- affermò il viola, cercando di rasserenarlo, mentre indicava il focoso; disteso sul letto, con un ginocchio alzato. Infondo, anche lui sapeva come era essere preso sotto tiro dai bulli.
Michelangelo gettò lo sguardo verso il rosso, spaparanzato sopra le coperte che osservava il soffitto, indifferente. Sbatté le palpebre, incredulo. Davvero aveva fatto questo, per lui? Non riusciva a crederci. Rimase basito, non capendo il gesto, ma poi, grato, con un mezzo sorriso affermò:-Grazie.- 
Ci furono istanti di silenzio, ma alla fine si udì un flebile "prego". Il suo sorriso si allargò, mentre prese il suo quaderno, per vedere cosa avesse da studiare, oltre che ripassare gli appunti. Imitato dagli altri, tranne da Raph che preferì riposarsi un po', prima di iniziare a fare i compiti.
-Dì un po', ma quanti anni hai?- osò chiedere, ad un certo punto, Leo al biondo, facendo voltare tutti. In effetti, se lo stavano chiedendo da un po'. Erano tutti diciottenni o più, lì; supponevano lo fosse anche Mikey, ma sembrava più piccolo rispetto a loro.
-Perché?- chiese, non capendo il motivo di quella domanda, mentre aveva tutti gli occhi puntati su di sé, e questo, non gli era mai piaciuto. Gli riportava alla mente sgraditi ricordi, come i suoi compagni di classe che lo prendevano in giro, ridendo di lui, o quando era a casa e i suoi genitori lo osservavano delusi, gridandogli contro, maltrattandolo e ferendolo, sia mentalmente che fisicamente. Scacciò con ferocia quei pensieri, avvertendo gli occhi pizzicare e la gola secca. Non poteva piangere, non davanti a loro.
-Io ne ho venti, mentre Raph diciannove e Donnie diciotto. Tu, però non sembri uno della nostra età. O, al massimo non sembri uno sulla fascia di età dei maggiorenni.- spiegò, osservandolo curioso, esternando i suoi pensieri, non notando gli occhi, lievemente lucidi del ragazzo che abbassò lo sguardo sul suo quaderno, per non farsi scoprire.
-Sì, in effetti, ne ho quattordici.- affermò, cercando di avere la voce più ferma e normale possibile, forzando un sorriso, mentre prese una penna e il libro di matematica per iniziare a fare gli esercizi. I tre, per quella notizia rimasero increduli, non facendo peso sull'atteggiamento strano del ragazzo; perfino Raph sì alzò con il busto per quella affermazione.
-Ma come è possibile che sei già al collage?- domandò il rosso, mettendosi seduto sull'estremità del letto, mentre Leo e Donnie rimasero in silenzio, osservandolo ad occhi sbarrati, in attesa della risposta
-Beh.. Non è necessario essere maggiorenni per andare al collage. Basta il diploma, e io c'è l'ho.- spiegò, alzando il capo quando la sensazione amara del pianto svanì, mentre gli osservava incuriosito, tenendo la penna vicino all'angolo della bocca, mentre con la mano destra teneva il quaderno.
-Tu sei uno di quei bambini dotati che avendo raggiunto precocemente il traguardo del diploma, possono iscriversi già al college?- domandò velocemente, il genio, sgranando, se possibile, ancora di più gli occhi, non essendo mai incappato in un'incontro simile.
-Ehi! Non sono un bambino!- protestò lui, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio, come avrebbe, effettivamente fatto un bambino, ma almeno si sentì già meglio, abbandonando i ricordi del passato.
-Beh, per noi lo sei. Siamo tutti maggiorenni tranne te.- ironizzò il rosso, ghignando e mettendosi seduto, decidendo di iniziare anche lui a lavorare per non trovarsi impreparato e, per togliersi quei pochi compiti che aveva.
-Allora voi siete dei vecchi, per me!- controbatté per poi scoppiare a ridere, ma smise vedendo il rosso alzarsi e avanzare minaccioso verso di lui, con uno strano ghigno, mentre le sue iridi verdastre luccicarono sinistri, evidentemente offeso. 
Mikey si nascose dietro Leo, il quale osservò in tono di rimprovero il rosso, ma quello gli fece l'occhiolino, e allora, con un po' di esitazione lo lasciò fare, mentre Donnie, rimasto in disparte non capì cosa succedeva, così gli osservò interrogativo. Sorrise, vedendo Raph prendere Mikey, avvolgendo il braccio attorno al suo collo, e, sfregando energicamente le nocche sul suo capo. Per un'attimo, Mikey era rimasto paralizzato dalla paura, smettendo anche di respirare, temendo che stesse per picchiarlo, facendo riemergere in lui ancora quei dolorosi ricordi, ma appena si sentì sfregare energicamente il capo, sospirò, mettendosi a ridere quando l'azzurro iniziò a fargli il solletico, mentre si unì anche il viola.
-Okay, okay.. Basta, basta!- disse frenetico, dimenandosi per cercare di fuggire, ma era bloccato da Raph. Alla fine, però, un po' controvoglia smisero, tornando all'amaro studio
-Se vuoi ti posso aiutare, sai?- disse Donnie, ad un tratto che si era seduto accanto a Leo e a Mikey, rimasto disteso, mentre riprendeva fiato per riprendersi. Osservò il soffitto, non si era mai sentito così, e non sapeva descrivere quella sensazione, ma era davvero bella. Però non doveva abituarsi troppo, alla fine anche loro lo avrebbero tradito, lasciato, ferito ancora. Si riprese, cercando di distogliere la mente da quei pensieri, concentrandosi sulla frase di Donnie.
-Davvero?- domandò sorridendo, osservandolo di sottecchi prima di rimettersi seduto a gambe incrociate, mentre Raph tornò a sedersi nel letto con un sorriso sul volto, divertito da quei ragazzi che aveva, da poco conosciuto, ma con cui aveva già stretto un forte legame. E tutto ciò era inaspettato per un'introverso come lui.
-Certamente! Infondo, abbiamo, più o meno gli stessi corsi da ciò che ho visto. A parte per storia, italiano e matematica e qualche altro.- affermò pensieroso, osservando il diretto interessato che lo abbracciò forte, contento di quella notizia. Il college era duro, e credeva di non farcela, ma con l'aiuto di Donnie si sentiva già più sicuro, credendo che, con l'aiuto di un ragazzo più grande e con più conoscenze avrebbe avuto più speranze.
-Con questi ultimi tre, ci sono io insieme a te.- si fece avanti Leo che si portò una mano sul mento, pensieroso, sperando di non sbagliarsi, ma poi accennò ad un sì, convinto, ricordandosi bene. -E con queste ti aiuto io.- affermò poi, strizzando un'occhio, mentre lui li ringraziò di cuore, troppo felice di poter studiare meglio e in compagnia.
-In educazione fisica, invece ci siamo tutti.- constatò Raph, posando la penna sopra il quaderno dove aveva già iniziato a fare delle equazioni, seduto sul letto, e sbuffando. Con loro era difficile concentrarsi per studiare, ma non gli dispiaceva la loro compagnia, e non voleva rinunciarci.
-Ma non è una materia difficile. Non si fa niente, se non allenarsi a correre o chissà ché.- protestò il viola, mentre il rosso se la rise, poggiando i gomiti sui ginocchi piegati, lasciando penzolare le mani.
-Cos'è, non ti piace la ginnastica?- chiese, alzandosi di nuovo per avvicinarsi al trio.
-No, tutt'altro. Un po' di allenamenti giovano al corpo, ma anche alla mente. E poi io pratico il ninjustu.- commentò, sorridendo fiero, portandosi una mano al petto come orgoglioso di ciò.
-Anche tu?- domandò incredulo Leo, mentre tutti si voltarono nella sua direzione, osservandolo scettici, non aspettandoselo. Sorrise, ricordandosi i primi giorni in cui aveva visto suo padre; maestro di ninjutsu, praticarlo. Aveva voluto impararlo per renderlo fiero di lui, e si era allenato molto duramente, col suo aiuto per eccellere e mirare sempre al meglio. Ed era riuscito a renderlo fiero quando decise di usare quella tecnica per il bene, combattendo il crimine. Anche se, ora doveva dedicarsi al college.
-Come, anche tu?- chiese di rimando il genio, rimanendo un'attimo basito. Lui aveva praticato ninjutsu per imparare a difendersi dai bulli, ma non amava molto la lotta, preferendo di gran lunga la pace e la tranquillità, ed era per questo che, anche se poteva preferiva subire che combattere, finché non si travestiva da ninja a tutti gli effetti, salvando, quando c'è ne era bisogno, le persone in difficoltà.
-Io dovrei dire "anche tu?"! Possibile che pratichiate la stessa arte marziale che pratico io?- ironizzò il rosso, incrociando le braccia al petto. Lui amava lottare, sfogare la sua rabbia su un box, o su dei brutti ceffi e malviventi. Anche se preferiva il wrestling, aveva scelto la via del ninja, così per poter aiutare gli altri e praticare l'arte dell'eroe solitario. In sincronia, i tre si voltarono verso il più piccolo, aspettandosi che, anche lui dicesse di praticarla, ma, Mikey li fissò interrogativo finché non capì a cosa alludevano.
-No, io non pratico questo ninjuku..- rispose piano, cercando di ricordarsi l'esatta pronuncia, anche se mentiva. L'aveva praticata di nascosto tanto tempo fa, pensando di poter usarla come arma contro i nemici, ma poi aveva rinunciato, preferendo usare quell'arte per rubare, ma non volle parlarne, specialmente non con loro. Se avrebbero scoperto che, lui fosse un malvivente non lo avrebbero più frequentato, e non voleva questo per ora.
-Ninjutsu.- lo corresse Leo, ridendo, prima di osservare il suo quaderno, ancora bianco -Beh, forse è meglio studiare. Sono pochi i compiti, li finiremo subito. Così potremo andare alla festa senza pensieri.- affermò, venendo concordato da tutti, che annuirono, tranne il biondo che fece mente locale, ma, non ricordandosi di nessuna festa, preferì chiedere.
-Che festa?- domandò, completamente all'oscuro, mentre loro lo osservarono sorridendo. Si stavano comportando come tre fratelli maggiori, ma non dispiaceva a nessuno di loro questo fatto. Erano felici con quella piccola peste.
-Hanno organizzato una festa per festeggiare l'inizio dell'anno scolastico, ma tu non puoi venire. E' solo per maggiorenni.- spiegò Donnie con un mezzo sorriso, facendo vacillare la felicità del biondo, mentre Raph gli scompigliò scherzosamente i capelli.
-Uff.. Però, solo voi sapete che non sono maggiorenne, quindi posso venire!- esultò il piccolo, ridendo. Era curioso, voleva sapere come fosse una festa. Non c'era mai stato, infondo. 
-Mi dispiace, ma andremo in una discoteca, e lì vendono troppi alcolici. Non possiamo permettertelo.- protestò il rosso, tornando a sfregare le sue nocche sul suo capo, mentre Mikey protestava, tra le risa dei tre ragazzi.
-Okay, okay, non vengo!- cedette, infine, in modo che Raph lo lasciasse andare. Tornò a distendersi, sbuffando, mentre Donnie riprese il suo quaderno, imitato dagli altri. Mikey allora sorrise, alzandosi e facendo posto ai ragazzi, in modo che potessero sedersi tutti, per fare i compiti insieme.

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Capitolo 3
*** Party ***


Party
Finirono i compiti verso le 17:00, e, Mikey, esausto si appisolò sul letto, mentre i ragazzi decisero di uscire a fare una passeggiata, per lasciarlo dormire in pace. Raph si portò le braccia dietro il capo, osservando il cielo azzurro, con qualche nuvola, ed il sole che stava per tramontare; intanto che Donnie e Leo discutevano riguardo la festa.
-Voi volete andarci?- domandò ad un tratto, Raph, gettando una fugace occhiata ai due che lo fissarono interrogativi.
-Beh, l'intenzione era quella.- ironizzò l'azzurro, dopo un po', con le mani nelle tasche dei jeans, osservando il rosso in'attesa che spiegasse il motivo di quella domanda, che non tardò ad arrivare.
-Non vorrei lasciare Mikey solo, tutto qui. Andranno tutti a quella stupida festa, e qui non ci sarà anima viva. Se proprio, potremmo andare, stare qualche minuto e poi tornare qui.-confessò infine, non sopportando le occhiate curiose dei due amici che continuavano a tormentarlo, e che ghignarono a quella affermazione. Non sapeva il motivo, ma nei confronti di Mikey era particolarmente protettivo, nonostante non lo conoscesse affatto. Poteva dire di lui, solo che fosse simpatico, ma non gli dispiaceva per niente questo comportamento che, forse era dettato dalla diversa età che gli separava, ed essendo più grande e, diciamo un po' più maturo era un po' normale comportasi in quel modo.
-Allora hai un cuore!- esclamò l'azzurro, facendo il finto sconvolto, e questo fece esplodere Donnie in una fragorosa risata, che si piegò in due, tenendosi la pancia con una mano per il troppo ridere.
-Molto divertente..- commentò sarcastico il rosso con sufficienza, volgendo lo sguardo da un'altra parte, incrociando le braccia al petto, seccato
-Comunque, per me va bene. Essendo stati invitati, sembrerebbe male non presentarsi, dopo aver detto che ci saremo stati, oltretutto. E poi non mi emoziona tanto questa festa, soprattutto sapendo che domani c'è scuola.- spiegò il viola, quando si fu ripreso dalle risate, venendo concordato anche dall'azzurro. Raph sorrise, facendo il segno dell'okay con il pollice, contento che la sua idea fosse stata concordata.

Socchiuse gli occhi, sbadigliando e stiracchiando le braccia. Mugugnò, per via di una fitta di dolore dovuta alle recenti cicatrici inflittesi, poi si guardò attorno confuso, non vedendo i ragazzi, ma comprese che fossero usciti, così lanciò un fugace sguardo all'orologio un po' ammaccato di Raph, accanto al letto, che, nel mentre che lui dormiva aveva disfatto le valige. Segnava le 19:00. Sbadigliò, stropicciandosi gli occhi, e decise di alzarsi per recarsi in bagno. Cacciò fuori la forbice dal borsellino, e cercò di togliere i residui di sangue secco, per poter essere utilizzata ancora una volta al meglio. Gettò lo sguardo alla grande doccia, e decise di lavarsi per rinfrescarsi un po'. Uscì dal bagno solo per prendere il necessario per cambiarsi, in modo che, se Raph fosse tornato non avrebbe dovuto uscire a prenderli e rischiare di essere scoperto sulle sue cicatrici. Aprì il rubinetto, entrando nella cabina, e lasciandosi avvolgere dal vapore e dal calore dell'acqua, nonostante questo pizzicasse sulle ferite, ma cercò di ignorarlo, godendosi a pieno quel momento rilassante.
Con lo sguardo rivolto al manico della doccia, mentre l'acqua si infrangeva su di lui, bagnandolo e avvolgendolo, come in una coperta rassicurante pensò a quei ragazzi, e a come fossero stati, stranamente gentili con lui. Non ne capiva il motivo, ma era bello. Sospirò, volgendo lo sguardo alla spugnetta arancione che aveva in mano; era questa l'amicizia? Non lo sapeva. Certo, era passato così tanto da quando aveva avuto un'amica, ma non pensava potesse ricapitare. Lei lo aveva salvato quando voleva solo farla finita, ma adesso era diverso. Loro non erano sui amici, erano gentili, e mai confondere questo come affetto. Andavano d'accordo e basta, ma loro non conoscevano lui, e lui non conosceva loro. Se si sarebbe fidato troppo, lo avrebbero usato, come tutti quanti del resto, era meglio, sì frequentarli, ma non a tal punto da ritenerli amici. Abbassò lo sguardo verso i suoi piedi sopra al tappetino anti-scivolo, di colore azzurro. Inspirò, trattenendo l'aria nei polmoni, per quanto facesse male il suo ricordo. Quanto le mancava. Era l'unica che riusciva a capirlo, ma, come al solito la vita non amava vederlo felice e, alla fine gli aveva tolto lei. Non aveva mai avuto nulla, ma dopo la sua perdita era come se avesse perso tutto. Il mondo gli era crollato addosso senza pretese, e lui non era stato pronto a sostenerlo e così era stato spezzato in due. E i pezzi, già sparpagliati del suo cuore si erano dissolti, divenendo come sabbia, e la sabbia non si può aggiustare. Tirò fuori l'aria con uno sbuffo, cercando di resistere alla tentazione di piangere, passandosi una mano tra i capelli gocciolanti. Da quanto non piangeva, un pianto vero, quello che usava per sfogare tutto il suo dolore, a volte con delle urla che lo straziavano, lacerandolo dall'interno, ma che lo liberavano da quel fardello? Troppo per contarne i giorni, troppo per ricordarsi come si faceva. 
Si morse l'interno del labbro inferiore, decidendo di chiudere l'acqua e uscire. Osservò le ciocche, gocciolanti dei sui capelli in tutto quel caldo termale prima di prendere un asciugamano e avvolgerlo alla vita. Quando il suo sguardo cedette sul suo corpo ancora bagnato e caldo, non poté fare a meno di soffermarsi su ogni segno, ogni taglio e ogni cicatrice. Il suo corpo era distrutto e magro, quasi quanto la sua anima, ma riusciva a mascherarlo grazie ai vestiti e ai sorrisi, anche se, ogni sorriso era una crepa in più dentro di sé, dentro la sua anima. Era sicuro che, di questo passo si sarebbe spezzata anche la sua anima, per colpa di tutte quelle crepa. Annaspò sentendosi davvero male, e, mordendosi il labbro inferiore, risentì di nuovo quella sensazione, quel dolore cedergli addosso. E, come meccanicamente riprese le forbici, ignorando il vapore che alleviava intorno, e che appannava lo specchio difronte al lavandino. Si osservò ancora, e questo lo fece soffrire come mille pugnali conficcati nel suo cuore, o quello che ne rimaneva. Faccio schifo. E, con questo pensiero si provocò il primo taglio. Sono solo. Un' altro ancora. Mi odio. Ogni pensiero, era una cicatrice in più. Ignorando le chiazze di sangue che giacevano sul pavimento e sul lavandino, si asciugò, cercando, però di non sporcare altro, mentre posava le forbici intrise di sangue secco. E, quando le ferite smisero di sanguinare, si rivestì. Riprese, poi l'asciugamano che aveva usato, fradicio di sangue, e si chinò, iniziando a pulire il pavimento prima di sciacquare il lavandino. Osservò il tutto; pulito. Nessuno si sarebbe accorto di niente. Prese l'asciugamano e lo buttò in un sacco dell'immondizia. Stava per uscire, per poterlo buttare in santa pace, ma si soffermò sul suo blocco da disegno, dentro la valigia ancora da disfare. Lo prese, e si diresse al primo cassonetto che trovò, senza farsi vedere e il più velocemente possibile. Nemmeno fossero le prove di un crimine.
Tenendo il taccuino, con tanto di matita in mano, si diresse nel giardino dell'istituto, volendo disegnare il paesaggio notturno di quella sera così luminosa, grazie alla luna piena che risplendeva alta in cielo, avvolta da miriadi stelle. Si sedette sul prato in pendenza, iniziando ad abbozzare, velocemente ma con cura, il luogo che aveva sotto gli occhi, grazie ad un lampione aceso dietro di sé che gli fungeva per vedere quello che stava facendo. Era molto bella la luna quella sera. Sorrise, gli era sempre piaciuto disegnare; uno dei tanti hobby che condivideva con lei. Sospirò, finendo le ombreggiature, per poi dedicarsi ai dettagli. 
-Ehi, guarda chi c'è!- quasi sobbalzò, nel sentire la voce di Drak che lo spinse con un calcio, facendolo rotolare nel prato. Si mise a carponi, lasciandosi sfuggire una smorfia di dolore per via dei tagli ancora freschi, e, vedendo una piccola macchia di sangue sulla sua felpa grigia, temette che si stessero per riaprire. Le sue pupille si dilatarono, mentre tremava dal panico, non potevano, non lì.
Vide il suo blocco di disegni ai piedi di Drak che stava per raccoglierlo, ma qualcosa lo spintonò, o meglio, Raph lo fece cadere di proposito. Rimase interdetto, calmandosi e guardandolo incredulo per il suo intervento, non riusciva a capire il motivo del perché lo aiutasse. Era già la seconda volta quel giorno. Rimase a fissarli un'attimo, prima di tornare al suo braccio, vedendo che il sangue non si fosse propagato si tranquillizzò, tornando ai due che stavano litigando, ma Raph era sostenuto da Leo e Donnie che gli davano man forte, osservando truce Drak che, a differenza loro, era solo.
-Ma che vuoi?- ringhiò il diretto interessato, alzandosi e prendendo per il colletto il rosso, che, con nonchalance gli sferrò un gancio destro, facendolo indietreggiare e cadere, di nuovo col sedere per terra.
-Prova ancora a toccare Mikey, e, giuro, te ne pentirai amaramente.- lo minacciò, osservandolo con uno sguardo pari ad un serial killer per quanto facesse paura, facendo scappare Drak con la coda tra le gambe. 
Boccheggiò, sbattendo un paio di volte le palpebre; era davvero forte! Sì lasciò sfuggire un sorriso a quel pensiero, mentre, pian piano si alzava, avvicinandoglisi, mentre si grattava il capo imbarazzato. Gli vide sorridergli, quando, l'occhio del genio cade sul suo blocco da disegno. 
-Wow! Ragazzi, guardate qua. Il nostro Mikey è un'artista.- esclamò, raccogliendo il blocco e mostrando ai diretti interessati che sgranarono gli occhi, letteralmente. A quella reazione non poté che ridersela, mentre Donnie gli ridava il suo blocchetto. Gettò uno sguardo alla sua opera, felice che non si fosse danneggiata, anche se, purtroppo aveva perso la matita tra l'erba e, per via dell'oscurità non poteva ritrovarla e non avrebbe potuto finirlo.
-Disegni bene, pulce.- si complimentò Raph, scompigliandogli i capelli, facendolo ridere per il nomignolo che gli aveva affibbiato.
-Tutto okay?- domandò gentile Leo. Lui fece cenno di sì col capo, nascondendo il braccio con la manica macchiata nella tasca della felpa senza cerniera, mettendoci anche il blocco. Per fortuna loro non notarono quello strano particolare, ed insieme si diressero nel loro appartamento. Appena entrati, Mikey si buttò sul letto di peso, facendo ridere i due, a cui fece la linguaccia.
-Ma tu stai sempre a poltrire?- commentò Leo, sedendosi su una sedia, imitato dal genio, mentre Mikey gli sorrise a trentadue denti, non era in vena di parlare, e preferì mostrare solo la sua maschera.
-Ma voi avete deciso di trasferirvi qui?- commentò a sua volta il rosso, in piedi, accanto al letto, che gli osservò a braccia incrociate, sbuffando, e facendo scoppiare tutti in una fragorosa risata. 
-In effetti non hai torto, e poi sono quasi le venti.- affermò Donnie, alzandosi, per dirigersi alla porta -Io vado a cenare in un ristorante, sono stanco del cibo della mensa. Volete farmi compagnia?- chiese, mentre gli osservava con un sorriso
-Perché no. Ma dov'è il tuo appartamento?- domandò Leo curioso, alzandosi, e avvicinandoglisi nonostante fosse stanco per la lunga passeggiata fatta.
-Oh, no. Io ho deciso di prendere un'appartamento in piena regola, anche grazie ai miei. E' in affitto, ma è bello grande e si sta bene.- rispose sorridente, mentre Raph si avviava in bagno per darsi una rinfrescata prima di andare a mangiare. Il che provocò uno strano senso di ansia in Mikey; aveva la sensazione di essersi scordato qualcosa.
-Ma.. lo sentite anche voi quest'odore?- domandò il genio, scettico. E Mikey perse un battito, sgranando gli occhi, senza farsi vedere, mentre comprese; si era scordato di aprire la finestra per far cambiare l'aria. Adesso, non solo il bagno, ma tutta la stanza puzzava di sangue, del suo sangue. 
-Sembra aceto, no, aspetta.. Non sarà mica sangue?- domandò incredulo e leggermente preoccupato su ciò, Leo, mentre Raph usciva dal bagno passandosi una mano tra i capelli, ghignando, con strani pensieri che aleggiavano nella sua mente.
-Si sente molto nel bagno.. Non ditemi che ho affittato una stanza dove c'è stato un'omicidio?- affermò ironico, mentre i due lo osservarono con sufficienza, ma anche con un barlume di agitazione per quella frase. Non era esattamente il loro sogno trovarsi in un posto dove, si supponeva fosse morto qualcuno, quando fuori era notte fonda ed erano soli.
-Ma non dovevate andare alla festa?- fece Mikey sotto stress, cercando di cambiare discorso, mordendosi l'interno del labbro, sperando di risultare il più calmo possibile 
-Ah.. Me ne ero quasi dimenticato. Allora.. andiamo?- domandò il genio, non tanto più in vena, rivolto ai due ragazzi che si guardarono a vicenda, in attesa che l'altro rispondesse per lui. Non erano così vogliosi di andare e di lasciare solo Mikey. Tutti sarebbero andati alla festa, e lì non sarebbe rimasto nessuno se non lui. E poi, dopo quell'odore di sangue che aleggiava la stanza non volevano, davvero andare.
-Finirete per andare domani di questo passo.- ironizzò Mikey mettendosi verticalmente e distendendosi di schiena sul materasso, con le gambe poggiate contro il muro, osservandoli sotto-sopra, cercando di risultare tranquillo, e sperando, vivamente di riuscirci.
-Mhm.. Beh, ma tu non hai cenato.- constatò Leo, osservandolo scettico, non capendo tutta quella fretta da parte sua, mentre il genio osservava stranito Raph per il comportamento di Mikey che sembrava non vedere l'ora di cacciarli via.
-La mensa è aperta fino alle dieci. Vado lì.- rispose pacato, sorridendogli. Aveva abbastanza soldi nella sua valigia, per fortuna. 
-Oh, beh.. Allora andiamo con la mia. Ci vediamo dopo.- disse Raph, salutandolo con la mano, e prendendo le chiavi della macchina poggiate sul comodino, avviandosi all'uscita, seguito dagli altri che lo guardarono tentennando. Era vero che amava le moto, ma amava anche guidare. Si misero in macchina, senza dire niente a Mikey che sarebbero tornati prima, perché, prima avevano deciso che gli avrebbero fatto una sorpresa. Così, tanto per vedere la sua faccia. Ed ora, Raph poteva fargli davvero una sorpresa. Parlando di sangue gli era venuta l'insana idea di spaventarlo, doveva solo parlarne con gli altri, e sperare che avrebbero accettato.
Appena sentì la macchina di Raph mettere in moto e oltrepassare il cancello che separava l'istituto verso la libertà sì alzò di scatto, recandosi prima in bagno e poi nella stanza per aprire le finestre e poter far entrare un po' d'aria, abbassando, però le tapparelle quasi fino a terra. Ma decise di aspettare che tutti andassero alla festa prima di uscire per dirigersi alla mensa. Per fortuna non ci volle molto; appena i ragazzi finirono di cenare, la prima cosa che fecero fu dirigersi nelle proprie auto e partire, diretti, ovviamente al party. Osservò le macchine dirigersi chissà dove, lui non sapeva nemmeno dove si trovasse il posto. Si era dimenticato di chiedere, così, almeno avrebbe potuto farci una scappatela se si sarebbe annoiato, e la serata si prospettava davvero noiosa. Nonostante non fosse più un ninja l'abilità e l'agilità gli era rimasta, e la usava molto spesso in occasioni che lui riteneva speciali, e quella poteva essere una di quelle. Sospirò, cercando di non pensarci, e appena le ultime macchine scomparvero, si diresse verso la mensa, lentamente. Non c'era fretta, infondo.
Prese velocemente un piatto di pasta e un'insalata, e, appena terminata la cena tornò in camera. Si sedette, di nuovo sul letto, osservando l'orologio che mostrava le 22:30. Il tempo passava così lentamente, e pensare che era solo la prima giornata. Sospirò, passandosi una mano tra i capelli, ma, infondo non era stata così male, no? Cercò di non pensarci, osservando le sue valigie. Non aveva voglia di disfarle, ma doveva metterle da qualche parte, così; dopo aver chiuso la cerniera la adagiò nell'armadio sopra il letto. Gettò uno sguardo alla seconda valigia che aveva messo sotto al letto per non occupare troppo spazio, dove teneva la sua amata chitarra elettrica, che lei gli aveva regalato. Prese un profondo respiro, voleva suonare, ma non poteva usarla, gli faceva tornare in mente troppi ricordi. D'un tratto sì illuminò. C'era la classe di musica, poteva prendere una chitarra da lì. Ma poteva davvero suonare? La fortuna giocava a suo vantaggio, però. Erano tutti alla festa, ed erano le dieci passate, quindi non c'era nessuno a scuola.  

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Capitolo 4
*** Echo ***


Echo
C'era davvero molto casino, ed insieme alle luci riuscivano solo a confondere. I tre ragazzi erano già stati in una discoteca, e, per loro non era esattamente il massimo quella confusione, tra chi ballava, chi vomitava l'anima e chi rimorchiava senza sosta. 
Anche se, in tutto quel caos, tra i tre c'era qualcuno che si divertiva. Leonardo, seduto al bancone insieme a Donnie decise di ordinare un cocktail, mentre osservava Raph che, con il ghigno più sexy del suo repertorio era intento a rimorchiare una ragazza dai capelli lunghi, castani con alcune ciocche verde acqua, e gli occhi del medesimo colore. Era abbastanza alta e non sembrava molto interessata al focoso; infatti, alla prima occasione se ne andò insieme ad alcune sue amiche. Guardarono Raph che, demoralizzato e furioso si avviò nella loro direzione. Innervosito dai loro ghigni sbuffò, appoggiandosi, con i gomiti incrociati al bancone, mentre le mani penzolavano fuori verso l'interno.
-Ci hai provato.- ironizzò il viola, con un sorriso sghembo sul volto, prendendola a ridere, mentre Leo gli passò una birra facendola scivolare lungo il banco di legno liscio, in modo che non strozzasse il genio per quella battuta
-Allora? Che si fa?- domandò poi, a voce alta per sovrastare il suono della musica, il rosso, osservando la ragazza di prima, all'angolo del bar che continuava a guardarlo con uno sguardo truce, mentre discuteva con le sue amiche. L'azzurro seguì la direzione del suo sguardo, soffermandosi, però a guardare una ragazza in particolare, in quel gruppetto.
-Non saprei. Vuoi andare da Mikey per fargli quello scherzo?- chiese, ad un tratto, Leo, scettico, senza, però distogliere lo sguardo da quella ragazza. Aveva i capelli lunghi, neri e gli occhi, con quelle luci non riusciva a identificarne il colore, ma poté intravedere un luccichio verde, mentre si voltava nella sua direzione. Si osservarono per alcuni minuti, studiandosi, finché Raph non lo fece tornare alla realtà, richiamandolo. 
-Hai ragione Leo. Anche se, con tutto questo baccano mi sta passando la voglia..- commentò seccato, ordinando un'altra birra, essendo che la prima se l'era già scolata tutta. Tutto quel caos aveva fatto venire, a Raph un gran mal di testa, ma non per questo era disposto a rinunciare a quella marachella.
Sbatté un paio di volte le palpebre, guardando l'amico, prima di tornare alla ragazza ma, si accorse, con rammarico che se ne fosse andata, insieme alle altre. Sospirò, reggendosi il mento con una mano, mentre ascoltava, quel poco che poteva per via di tutto quel baccano, Raph parlare. Non era del tutto d'accordo di spaventare il più piccolo in quel modo, ma si prometteva una cosa divertente, e quindi, anche se con riluttanza aveva accettato. Lo vide bere con ingordigia un'altra bottiglia e commentò:
-Preferirei che non fossi ubriaco quando torniamo. Visto che sei tu che guidi, tra l'altro.- affermò, osservando con quanta facilità bevesse quell'alcool come fosse semplice acqua
-Ti sembro ubriaco? Io lo reggo bene, stai tranquillo.- disse calmo, sedendosi sullo sgabello in mezzo ai due. Gettò uno sguardo al bicchiere mezzo vuoto di cocktail di Leo e ghignò - E sarei io, poi quello ubriaco.- commentò sarcastico, essendo che, l'azzurro aveva scelto uno tra quelli più alcolici, mentre lui finiva la seconda bottiglia
-Io non sto esagerando come te, e non devo guidare comunque..- si giustificò alzando le mani, e lasciandosi sfuggire un ghigno. Gettò uno sguardo a Donnie, che armeggiava col suo telefono, mentre, la bibita analcolica che aveva ordinato era ancora nel bicchiere. Non era molto attento alle loro discussioni, e, con quel baccano non lo biasimava. Era difficile seguire il discorso che stavano facendo, tutto lì ti confondeva, riuscendo, perfino ad annebbiandogli la mente. -Forse è meglio andare. Dubito che Mikey si senta a suo agio tutto solo.- pronunciò Leo, finendo di bere, per poi alzarsi dallo sgabello, imitato dagli altri. Non capiva perché fosse così protettivo, ma, sospettava fosse la differenza di età. E poi, lui era sempre stato molto responsabile; e lasciare da solo Mikey non gli era sembrata una buona idea a prescindere.
-Già, anche se, secondo me starà già dormendo.- commentò il viola che fino ad allora era stato zitto, alzando lo sguardo dallo schermo. Sì soffermò un'attimo sul volto splendente di una ragazza castana che ballava al centro della pista, rimanendone abbagliato, ma la mano di Raph sulla sua spalla lo fece destare di scatto. Sbatté un'attimo le palpebre, osservandolo curioso.
-Allora ci sei! Pensavo fossi troppo assopito nella tua informatica per accorgerti che qui, intorno a te c'è un mondo. Sai, nel caso te ne fossi dimenticato, genio.- lo canzonò, ridendo, e conducendolo fuori con un braccio avvolto intorno al suo collo, seguiti da Leo per raggiungere la macchina nel parcheggio. 
-Comunque, se dorme, è un vantaggio in più per lo scherzo.- affermò, ghignando il rosso, mettendo in moto, e osservando dietro per la retromarcia, rimettendosi in strada. Leo sospirò, scocciato di fare questo scherzo, e, la sua reazione fece ridere il genio, seduto davanti, mentre tese il braccio verso la radio, decidendo di accenderla -Oh, no. Ho sentito fin troppa musica, oggi.- commentò il focoso, riferendosi al caos che c'era in discoteca e facendo scoppiare i due in una fragorosa risata. Iniziarono a parlare, per far passare velocemente il tempo, su com'era stata la festa, sulle ragazze che avevano adocchiato; anche se Donnie non volle parlarne molto, troppo imbarazzato, facendoli ridere, mentre decise di deviare l'argomento per parlare su come avrebbero fatto gli altri ragazzi a seguire le lezioni il mattino seguente, dopo una serata passata tra alcool e schifezze.

Si avviò dentro l'istituto. Per fortuna non avevano chiuso a chiave la porta d'entrata, forse per qualche bidello, ma poco importava. Si diresse nella classe di musica, e, dopo aver preso una chitarra adatta alla canzone che avrebbe cantato, si diresse nella sala accanto, dove, aveva visto risiedeva un palco. Ci salì sopra, sedendosi su uno sgabello nero, con davanti il microfono, ma sospirò, indeciso se farlo davvero, mentre iniziava a strimpellare per accordare le corde. Osservò dinanzi a sé, dove c'erano solo sedie vuote, in mezzo al buio, e rimase un'attimo a studiarle, come se fossero il suo nuovo e unico pubblico. Abbassò le spalle, sentendosi terribilmente stupido per quello che stava per fare, mentre appoggiò la chitarra rossa, delicatamente contro lo sgabello. Continuò ad osservare le sedie, prima di gettare uno sguardo alla porta d'emergenza, infondo alla sala, con due finestrelle che mostravano il giardino sul retro. Osservò le poche stelle che riusciva a intravedere da lì, e, dandosi coraggio riprese la chitarra. Infondo non c'era nessuno, o almeno ci sperava. Sentiva degli strani rumori dietro la tenda che chiudeva il palcoscenico, ma preferì non darci peso, ripetendosi che fosse il vento, anche se non era plausibile; o, forse, semplicemente il bidello che metteva in ordine. Di certo non avrebbe detto niente ad un ragazzo che desiderava solo cantare. Prese un profondo respiro, cominciando a suonare, mentre osservava le sue dita sfrecciare veloci, ma, al tempo stesso con grazia e delicatezza, sulle corde, producendo una dolce melodia.

Hello, hello 
anybody out there? 
'cause I don't hear a sound 
alone, alone 
I don't really know where the world is but I miss it now 


La sua voce pacata, dolce e flebile era in lieve contrasto con il suo animo tormentato, mentre sentì una fitta di dolore per quelle frasi, così veritiere che riportavano in lui, quei frammenti dolorosi della sua infanzia, della sua vita, ma continuò a suonare, ignorando i rumori lievi che lo circondavano, ma che, pian piano scomparvero. Tutto scomparve nel buio, ed ora c'era solo lui e il microfono. Suonare era qualcosa che lo calmava dentro, riuscendo, anche se in parte a farlo sfogare, a farlo sentire bene. Quasi quanto i tagli che si procurava sapeva essere doloroso e piacevole, la giusta dose. Ricordare il suo passato lo uccideva, ma, al tempo stesso, come i tagli, riuscivano a liberarlo. Cantare lo aiutava a lasciarsi alle spalle un peso che si portava dietro da troppo. E, cantare lo faceva da sempre, o almeno, da quanto aveva incontrato lei.

I'm out on the edge and I'm screaming my name 
like a fool at the top of my lungs 
sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright 
but it's never enough 
cause my echo, echo 
is the only voice coming back 
my shadow, shadow 
is the only friend that I have 


La sua guerra risiedeva dentro di lui. Tutto il mondo c'è l'aveva avuta con lui, ed era sempre stato solo; finché non giunse lei. Gli aveva fatto riscoprire il senso della vita, e gli aveva ricordato com'era vivere davvero. Tutti i momenti che avevano trascorso insieme, riscoprendo la gioia di ridere e scherzare, ma poi successe quel che successe, e, alla fine, anche lei se ne andò. La sua morte fu un durissimo colpo da sopportare, ed era tornato nell'oblio. Non sapeva nemmeno lui come, ma il dolore lo aveva avvolto nelle sue spire, rendendolo un'ombra dei ricordi e di tutto ciò che era una volta, con lei. Lo aveva lasciato, ma non le dava nessuna colpa, non era stata per sua volontà se lo aveva lasciato solo. Era malata, aveva lottato fino alla fine, però, il cancro era stato più forte, e non poteva farci niente. Ricordava ancora le sue ultime parole, e non le avrebbe mai scordate. Sentì gli occhi pizzicare, mentre alcune lacrime scivolavano sul suo viso, ma continuò a sfogarsi, cantando con voce ferma.

Listen, listen 
I would take a whisper if 
that's all you have to give 
but it isn't, isn't 
you could come and save me 
try to chase it crazy right out of my head 


Avrebbe tanto voluto riascoltare la sua voce, anche solo per un'istante. Ma era impossibile. Lei era stata l'unica capace di comprenderlo, di capirlo, di amarlo. Lo aveva salvato, ma lui non era riuscito a salvare lei. Il suo ricordo aleggiava forte nella sua mente, ed era così che voleva. Faceva soffrire, ma avrebbe fatto più male se si sarebbe dimenticato di lei, del suo volto, della sua risata. Non se lo sarebbe mai perdonato, e, per questo continuava a ricordarla. In questo modo, lei non era morta del tutto, perché un pezzo risiedeva dentro di lui.

I'm out on the edge and I'm screaming my name 
like a fool at the top of my lungs 
sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright 
but it's never enough 
cause my echo, echo 
is the only voice coming back 
my shadow, shadow 
is the only friend that I have
 

Quella canzone era intrisa del suo dolore. Tutto quello che provava si richiudeva in quelle breve frasi interminabili. Un mezzo sorriso si stampò sul suo volto. Urlare era la cosa in cui riusciva meno. Voleva tanto farlo, urlare il suo dolore al mondo intero, nella speranza che questo si alleviasse del tutto, ma era impossibile. Non poteva urlare. Le persone, aveva imparato, che erano crudeli. Ridevano della sofferenza altrui, sputandoci sopra e approfittandosene. Urlare sarebbe servito solo a morire ancora. Avrebbe solo perso un'altro pezzo del suo cuore. E aveva provato così tanto a ripararlo, ma era talmente in frantumi che si tagliava nel tentativo di rimettere i cocci insieme.. Ciò che è distrutto non si può riparare. Un'altra lezione che la vita gli aveva servito su un piatto d'argento. E, delle sue lezioni avrebbe volentieri fatto a meno. 

I don't wanna be down and 
I just wanna feel alive and 
get to see your face again once again 
Just my echo, my shadow 
youre my only friend 


Soffrire, soffrire, e soffrire ancora. Solo questo aveva in serbo l'universo per lui. E non ne capiva il motivo. Cosa aveva fatto per meritarsi tanta ostilità? Strizzò gli occhi, continuando a muovere le dita sulle corde tese della chitarra. Il suono dolce che ne usciva era così melodioso che lo calmava, anche se risvegliava il suo dolore e, tutta la malinconia che aveva preso il sopravvento nella sua testa. Riaprì gli occhi, tenendoli socchiusi solo per cantare l'ultima strofa.

I'm out on the edge and I'm screaming my name 
like a fool at the top of my lungs 
sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright 
but it's never enough 
cause my echo, echo 
oh my shadow, shadow 
Hello, hello 
anybody out there?


No, non c'era nessuno, e mai ci sarebbe stato per lui. Era destinato a rimanere solo. Per sempre. Abbassò la chitarra verso il terreno, asciugandosi le poche lacrime sul volto passandoci sopra, piano il braccio sugli occhi. Appena alzò lo sguardo si ritrovò dinanzi un'essere bianco pallido, con gli occhi iniettati di sangue ed un ghigno famelico che svolazzava nella sua direzione. D'istinto sobbalzò, facendo cadere, erroneamente la chitarra a terra, e indietreggiando, ma, per colpa dello sgabello finì con il sedere a terra, mentre quella sagoma si avvicinava pericolosamente. Indietreggiò con l'aiuto delle mani, finché non andò a sbattere contro qualcosa di consistente. Alzò lo sguardo, osservando i tre ragazzi che aveva conosciuto e che scoppiarono a ridere per il suo sguardo terrorizzato e blu dalla paura. Si accigliò, gettando lo sguardo al pavimento, offeso per quel gesto. Si erano presi gioco di lui. Osservò il piccolo pupazzo bianco che avevano provveduto a modificare con del trucco, per renderlo più mostruoso. Digrignò i denti, alzandosi per dirigersi verso la porta, ma una presa sul suo polso lo bloccò. Si voltò a guardare la mano che lo aveva catturato, risalendo fino a raggiungere gli occhi blu mare di Leo che lo osservava dispiaciuto.
-Dai, è solo uno scherzo. Non pensavamo che te la saresti presa.- disse piano. Volse lo sguardo al pavimento, calmandosi, e accennando ad un sì, per farli comprendere che era okay.
-Certo che canti bene, pulce.- si congratulò il rosso, scompigliandogli i capelli. Sforzò un sorriso, ma non era in vena di rimettersi quella maschera. Era troppo stanco adesso. Sbarrò gli occhi di scatto, girandosi verso la chitarra che, per la caduta si era spezzata in due
-Oh, no..- sussurrò mordendosi il labbro, mentre la prese in mano, nel vano tentativo di rimetterla insieme
-Ci spiace per la chitarra, ma te ne compreremo un'altra.- promise Donnie, grattandosi il capo, dispiaciuto di quell'imprevisto
-Ma non era mia. Apparteneva all'istituto.- rispose, osservandoli preoccupato. Loro sgranarono gli occhi, non aspettandoselo, e si voltarono a guardarsi alla ricerca di una soluzione
-Dannazione!- imprecò il rosso, stringendo i pugni. Una nota disciplinare, a questo punto non gli e la toglieva nessuno. Non sarebbe stata la prima e nemmeno l'ultima, ma non voleva che punissero anche gli altri per un'idea che aveva avuto, lui l'iniziativa di architettare.
-Beh, fino a prova contraria qui non ci sono telecamere, a parte all'entrata. Con un po' di fortuna potrei riuscire a cancellare i video di noi che entriamo, e il gioco è fatto.- propose Donnie, mantenendo il sangue freddo
-Davvero puoi fare una cosa del genere?- domandarono increduli i tre. Lui rise, ma accennò ad un sì, prima che Leo e Raph, dopo essersi guardati complici, lo presero per le spalle, conducendolo nella sala dove vi erano i video delle telecamere tra le risate del genio che non se lo aspettava. Mikey sbatté le palpebre, incredulo, e, anche se rotta posò la chitarra dove l'aveva presa, nella classe di musica. Portandosi una mano alla bocca per sbadigliare li seguì, con la stanchezza negli occhi.
Entrò, mentre Leo e Raph lo osservarono sorridendo allegri, ma lui non era davvero in vena di ricambiare. Sì, si era sfogato con la musica, ma si sentiva comunque a pezzi. Osservò l'orologio; erano solo le 23:56. Quella giornata sembrava proprio non finire. Gettò uno sguardo a Donatello, osservandolo destreggiarsi su quei computer, mentre cliccava velocemente sui tasti per eliminare i video compromessi.
-Stanco?- chiese, apprensivo, Leo, accarezzandogli i capelli. Lo osservò, accennando ad un sì, mentre sentiva le palpebre appesantirsi -Adesso andiamo a dormire, non preoccuparti.- gli disse con tono dolce e pacato, lui mugugnò in modo affermativo, abbassando le palpebre, prima di sbadigliare ancora, portandosi la mano davanti alla bocca.
-Fatto.- sentì esclamare, mentre delle forti braccia lo sollevarono di peso. Per un'attimo sobbalzò, ma poi si mise comodo, accoccolandosi meglio in quella specie di abbraccio. Vide, con gli occhi socchiusi il mondo muoversi, mentre il soffitto bianco si muoveva insieme a lui. Era tutto buio, ma la luce della luna che attraversava le finestra dava un'aspetto bello, quanto inquietante alla scuola. Gettò un fugace sguardo a Raph che era stato così gentile da prenderlo imbraccio per condurlo a letto. Lo sentiva parlare con i ragazzi, ma non capiva esattamente di cosa. Forse delle lezioni di domani, o della reazione dei prof sulla chitarra e del pupazzo che avevano lasciato, per la fretta sul palco. Alla fine, un piccolo sorriso si stagliò sul suo volto, prima di appisolarsi definitivamente.

Strizzò gli occhi, avvertendo la luce del sole passare dalla tappatela semichiusa. Mugugnò, rigirandosi dall'altro lato, ma una voce conosciuta lo fece ridestare
-Forza Mikey. Dobbiamo andare a lezione.- affermò divertito, Raph, già pronto. Aveva voluto lasciarlo dormire qualche altro minuto in più, ma adesso era arrivata l'ora di svegliarsi. 
-Sì.. Okay.- mugugnò, accoccolandosi meglio, con un sorriso furbo sulle labbra, finché non si sentì sfregare la testa con le nocche, del pugno chiuso di Raph -D'accordo, d'accordo. Sono sveglio, sono sveglio.- affermò, alzandosi e correndo in bagno, tra le risate del rosso che scuoté il capo divertito.
Uscì in fretta, correndo incontro al focoso, ed insieme si diressero in mensa per fare colazione, all'interno dell'istituto, ritrovando anche Leo e Donnie. Iniziarono a discutere, ridendo appena sentirono la notizia di un'atto di vandalismo verso la classe di musica e al palco, capendo già a cosa si riferissero. Mikey tirò un sospiro di sollievo, imitato dal rosso, troppo felici di non essere stati scoperti, e di non ricavarne una amara nota, facendo ridere i due.  
Alla fine, usciti dalla mensa, si divisero, e Mikey insieme a Donnie si diresse alla lezione di fisica, mentre Raph e Leo si avviarono verso la loro classe per sostenere la lezione di scienze. Si sedette affianco al genio che iniziò a discutere con lui della materia in questione, prima di parlargli del suo scienziato preferito; Einstein. Lo ascoltò, anche se con poco interesse, finché non arrivò il prof che iniziò a spiegare la lezione, avvisandoli, poi, del giorno in cui si sarebbe tenuto il test. Era stato tutta la lezione con il mento appoggiato sulle braccia incrociate sopra il banco, ma dopo aver sentito l'ultima notizia sbuffò, mentre Donnie si lasciò sfuggire una risatina prima che si alzarono per raggiungere la classe della prossima lezione.
-Dalla tua reazione, intuisco che non ti piaccia la fisica.- commentò sarcastico il genio, entrando nella classe di chimica
-Mhm.. Preferisco le cose pratiche, e odio i test.- confessò, con la testa china che osservava la maglia, a maniche lunghe, verde, e le mani in tasca, mentre teneva sotto braccio il quaderno per gli appunti, con la matita nella tasca posteriore del jeans nero prima di sedersi e appoggiare questi ultimi sul banco.
-Capisco.- disse Donnie, sedendosi, mentre osservò serio un punto indefinito della stanza. Aveva adocchiato il bullo che gli aveva rubato il libro il primo giorno; Josh, che gli osservava minaccioso. Chissà cosa aveva in mente, si chiese il viola.
-Mi aiuteresti per il test?- domandò mogio, Mikey, nascondendo la bocca nell'incavo delle braccia, incrociate sul banco, mentre guardava il prof spiegare. Donnie lo osservò; non capiva quell'atteggiamento così depresso da parte sua, forse era per il compito o per la stanchezza, così gli sorrise, annuendo con pacata gentilezza
-Certo, ma ora vedi di stare su col morale.- lo incoraggiò il viola, scompigliandogli, giocosamente i capelli. 
Sentendo quella frase, avvertì una stretta al cuore, ma decise, lo stesso di accontentarlo, ridendo, anche se non ne aveva proprio voglia. In quel momento si sentiva così depresso che, l'unica cosa che voleva era rinchiudersi in bagno e tagliarsi, tagliarsi, e tagliarsi ancora fino a perdere i sensi.
-Ecco. E così che ti riconosco!- affermò con un sorriso che, lui ricambiò, nonostante quella frase avesse ferito più di una decina di coltelli infilzati nel suo cuore. Cercò di concentrarsi sulla lezione, mantenendo la maschera. No, lui non lo conosceva affatto.
Sentendosi osservato, si voltò verso un ragazzo dai capelli biondo scuro e gli occhi grigi chiari, che lo osservava ghignando. Lo fissò interrogativo, non capendone il motivo, ma lui si indicò le labbra iniziando a parlare, senza dire niente. Scandì bene le lettere, e lui lesse il labiale ad occhi sgranati. Cercò, però di non farsi notare da Donnie in quello stato, mentre tornò alla lezione del prof, appena il ragazzo finì di dirgli ciò che aveva da dire. Ingoiò un groppo di saliva, osservando di sottecchi Josh, e temendo per quello che sarebbe accaduto.


N.d.A.
La canzone che Mikey ha cantato è di Jason Walker- Echo. Questo è il link, se vi va di sentirla: --> https://www.youtube.com/watch?v=moxIEBItz_U

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Capitolo 5
*** Test, test, e ancora test. ***


Test, test e, ancora test
Si passò una mano tra i capelli ribelli, sconsolato, mentre osservava il foglio sul banco. Picchiettò la matita sulla bocca, alla ricerca di qualcosa da scrivere, ma niente. Osservò i compagni accanto che, a differenza sua, scrivevano in fretta e con agitazione, anche se, dallo sguardo stanco e sobrio, dubitava capissero cosa dovessero fare e quindi era inutile provare a copiare da loro. La festa dell'altra sera sarà durata a lungo, e di certo si erano divertiti, ma non era un'ottima scusa per non fare il test. Gettando uno sguardo alla cattedra, i suoi occhi verdi avvamparono di rabbia, e non poté che sfuggirgli un ringhio. Quel dannato prof di matematica aveva avuto la brillante idea di fare un compito a sorpresa, e lui non sapeva niente, come la maggior parte del resto della classe. Picchiettò le dita sul banco, nervoso finché una strana pallina di carta, accartocciata su se stessa non gli finì davanti agli occhi. Rimase interdetto, a fissarla curioso per alcuni secondi, ma poi, con uno scatto la nascose sotto al banco. La aprì, illuminandosi nel vedere tutte le risposte, supponendo fossero quelle esatte riguardanti il test. Si voltò alla ricerca del colpevole di quel gesto, al quale ne sarebbe stato, immensamente grato. Incontrando due occhi bordeaux che lo guardavano vivaci e complici, non poté che sorridere sollevato, strizzando un'occhio verso il diretto interessato che ritornò al suo compito. Sospirò, felice di non ottenere un'impreparato, così iniziò a copiare; studiando, nel mentre le mosse del prof che, con un tempismo impeccabile si era alzato e camminava tra i banchi per osservare il lavoro che stavano svolgendo i suoi alunni. Quando gli passò accanto gli mancò il fiato, ma riuscì a nascondere in tempo le prove nella tasca dei jeans. Rimase fermo, a capo chino e la punta della penna nera ad un centimetro dal foglio, con il prof che lo saettava con lo sguardo come un'avvoltoio sulla sua preda. Maledicendolo, continuò a fissare il foglio, sperando di ricordarsi di quello che stava leggendo tramite il foglietto un'attimo prima dell'arrivo del docente, per scriverlo e non farsi beccare. Si sentiva così oppresso da quello sguardo, e, come mai prima d'ora avrebbe voluto alzarsi, girarsi per guardarlo dritto negli occhi e rivolgergli la parola solo per dirgli "Cos'hai da guardare, testa di legno? Sto copiando, e con ciò? Tornatene alla cattedra che è meglio!". 
Si morse il labbro inferiore, cercando di resistere alla tentazione di strangolarlo. Non era mai stato un tipo loquace, figurati con gli adulti, e, quando la rabbia era al culmine, l'unica cosa da fare era sfogarsi. Sentire gli occhi di quel docente su di sé era snervante, lo innervosiva, lo sentiva dal formicolio delle dita al mal di testa impetuoso che gli urlava che sarebbe stato scoperto, ma, come per incanto il prof cedette, e con uno sbuffo annoiato tornò alla sua postazione originale, alleviando le sue sofferenze e, con più velocità di prima tornò a copiare, finendo nel momento esatto in cui la campanella, dell'intervallo suonò.
Sì alzò velocemente, consegnando il compito e uscendo di lì il più in fretta possibile, prima di incrociare il suo amico che gli aveva passato le risposte e che sorrideva sghembo. Sbuffò sfiancato, prima di sorridergli, grato del suo pronto intervento.
-Dovresti vederti, sembra che hai dovuto trasportare un centinaio di casse da una parte all'altra.- rise lui, notando come fosse sudato per via di tutto lo stress che aveva messo in quel test
-Dannato prof..- ruggì, invece il focoso, stringendo i pugni, mandando un'occhiataccia alla stanza da dove era appena uscito. Quanto avrebbe voluto vederlo morto. Ricordava ancora la sensazione snervante di quando continuava a fissarlo e, più ci pensava più gli metteva rabbia. 
-Avresti dovuto vedere che faccia avevi quando il prof si è messo a fissarti!- esclamò divertito, come se gli avesse letto il pensiero prima di scoppiare a ridere più forte, ignorando le occhiate curiose degli altri coetanei che li fissarono interrogativi, mentre si dirigevano in mensa. Il rosso lo osservò di sottecchi, per poi sbuffare e incrociare le braccia al petto.
-Smettila. Adesso raggiungiamo gli altri in mensa.- ringhiò avviandosi a grandi passi e lasciandolo indietro. Donnie allora lo rincorse, scusandosi con lui prima di varcare la soglia della mensa scolastica e prendere posto ad un tavolo, dove gli aveva già preceduti Leo.
-Dov'è Mikey?- chiese Raph, sedendosi e appoggiando il vassoio ricolmo di cibarie non poco salutari sul tavolo, imitato dal viola che, però aveva preso solo un pacchetto di patatine e che rivolse uno sguardo scettico all'azzurro, credendo che fosse con lui.
-Non lo so, pensavo fosse con voi..- disse sorpreso, osservandoli scettici -Non aveva scienze?- domandò, poi Leo, mentre poggiò sul suo piatto il panino che non aveva ancora finito di mangiare. Donnie, ancora alzato, davanti al tavolo, piegò un sopracciglio, confuso. Pensava di avere la maggior parte delle materie in comune con il più piccolo ma, a quanto pare si sbagliava. In scienze Mikey rimaneva solo, e adesso sperava che nessun bullo lo avesse preso, di nuovo sotto tiro.
-Beh, dovrebbe comunque arrivare.- commentò il focoso, poggiando un gomito sul banco e sorreggendosi il mento. Era preoccupato, anche se non lo dava a vedere, e le mani avevano ricominciato a formicolare, all'idea che qualcuno lo avesse maltratto, o peggio. Inspirò profondamente dal naso, alla ricerca di un modo per calmarsi, o avrebbe fatto scempio di tutti i bulli che aveva avuto la, per così dire, fortuna di conoscere.
-Speriamo..- sussurrò il viola, sedendosi anch'egli per gustarsi il suo pasto, anche se, più che altro osservava le due ante della porta grigia dell'entrata, sperando che si aprissero da un momento all'altro, o guardava la fila per il self service alla disperata ricerca di un volto famigliare, di due occhi azzurri e di capelli biondi, ribelli. Sospirò, rinunciando e voltandosi verso il suo pasto che consisteva in un pacco di patatine ed una coca cola in lattina. Si passò una mano sugli occhi, strofinandosi i capelli energico, sbuffando. Non poteva mangiare se non sapeva cosa fosse successo a Mikey.
-Dai, Donnie, vedrai che arriva. Ora mangia, però. E poi, adesso abbiamo tutti educazione fisica. Lo troveremo di sicuro in palestra.- lo incoraggiò Leo, anche se lui stesso aveva smesso di mangiare, per il timore di quello che poteva essere accaduto al più piccolo della combriccola, invece, Raph mangiava dal nervosismo, cercando di resistere alla tentazione di alzarsi e spaccare qualcosa. La sua rabbia poteva essere davvero distruttiva a volte.
Per la prima volta in vita sua, Raph attendeva il suono di quella campanella con impetto, la quale avrebbe segnato l'inizio delle lezioni, ma che - bastarda come al solito - quando serviva non suonava mai quanto lui lo richiedeva, con una certa impellenza tra l'altro. Osservò omicida la diretta interessata che, come per terrore cominciò a suonare. Si alzò di scatto, ignorando il rumore fastidioso della sedia che veniva trascinata all'indietro con foga, rischiando anche di cadere, e i ragazzi che lo osservavano confusi, mentre, con una velocità inaudita che avrebbe invidiato un qualsiasi corridore di maratona giunse in palestra, seguito dai due che erano rimasti indietro. Arrivato si guardò intorno, alla ricerca della "pulce", così come amava chiamarlo, ma avvertì un tuffo al cuore nel vedere che non ci fosse, e lo stesso valeva per gli altri due che corsero dal docente di turno a chiedere spiegazioni.
-Ah, sì, Michelangelo Night. L'hanno portato in infermiera. Si suppone abbia avuto un mancamento, ma non lo sappiamo con certezza.- spiegò indifferente, quasi meccanicamente, il docente, seduto sulla sedia, mentre controllava, annoiato il registro. I tre sbarrarono gli occhi, osservandosi con agitazione. Stavano per domandare se potevano raggiungerlo, ma il prof gli intercettò, negando col capo, prima di continuare :- Dovete seguire la lezione, e non andare a spassarvela tra i corridori. Ora mettetevi in riga con gli altri. E poi, hanno deciso di far tornare  Michelangelo nel suo appartamento per farlo riposare.- spiegò in tono severo, indicando gli altri ragazzi già in fila e che, i tre furono costretti a raggiungere con rammarico. Le restanti due ore si promettevano molto lunghe. 
Finita educazione fisica si precipitarono, in fretta nelle prossime classi, come sperando che, più veloci sarebbero andati, più il tempo sarebbe passato. Donnie e Leo avevano lezione di scienze, mentre Raph fisica quantistica. Fremette di ansia e agitazione, osservando il prof parlare, ma non lo ascoltava veramente. Guardò le lancette dell'orologio appeso sul muro, sopra la cattedra, e, ad ogni ticchettio si innervosiva, infastidito da quella lentezza snervante. Non poteva passare più in fretta? Desiderava più di tutto, come anche Leonardo e Donnie, che la campanella suonasse, in modo che potessero dirigersi dal più piccolo. I tre temevano troppo per lui, e desideravano solo proteggerlo in ogni modo. Avevano una terribile sensazione che gli attanagliava, dandogli un senso d'allarme, ma non capivano esattamente qual'era il problema, visto che, Mikey era sempre così solare e allegro. 

Strinse il cucino, abbracciandolo convulsamente alla ricerca di rassicurazioni, mentre ci affondava sopra con il capo. Osservò le nuove ferite e si sentì davvero male, con una straziante morsa al petto che gli toglieva il respiro. Strizzò gli occhi per non pensarci e quando gli riaprì preferì allungarsi di nuovo la manica verde per nascondere le ferite prima di prendere il quaderno e i libri. Nei prossimi giorni aveva così tanti test che avrebbe dovuto studiare fino a quando la testa non gli sarebbe esplosa per il troppo sapere, e doveva cominciare subito. Sospirò, lo studio non era esattamente la cosa che amava di più in assoluto, ma doveva. Iniziò a leggere, cominciando dalla fisica che era il test più imminente e di cui non sapeva esattamente nulla. Studiò talmente tanto e intensamente che le ore passarono così in fretta, e quasi non si accorse del rumore della serratura sbloccarsi e la porta aprirsi piano con un lieve cigolio, lasciando entrare tre persone di cui conosceva l'identità, ma, troppo assorto dai libri non si voltò, e quasi sobbalzò avvertendo una mano sulla spalla. Guardò i tre ragazzi che gli sorrisero e si alzò dalla sua posizione attuale per mettersi seduto, con le gambe incrociate.
-Tutto okay?- chiese Leo, apprensivo, mentre lo avvolse in un abbraccio affettuoso, del tutto inaspettato. Erano tutti sollevati di vedere che stesse bene, almeno appariva sempre come al solito.
-Sì, perché?- chiese scettico, rimanendo un'attimo rigido a quel gesto prima di ricambiare, e rivolgerli un piccolo sorriso
-Sei stato in infermeria, eravamo preoccupati. Ci hanno detto che sei svenuto, cosa ti è successo?- domandò Donnie, inginocchiandosi per guardarlo dritto negli occhi, mentre Leo, seduto al suo fianco e Raph, alzato con le braccia incrociate lo osservavano in attesa di una risposta tanto agognata. Gli osservò scettico, non capendo come, la notizia fosse arrivata alle loro orecchie. Chinò lo sguardo sulle sue mani che giocherellavano con le dita.
-Niente..- sussurrò, ricordando il breve istante in cui Josh si era avventato su di lui prima dell'arrivo del prof, sussurrandogli che non gli importasse che avesse una guardia del corpo, mentre lo colpiva con calci e pugni all'addome. Gettò loro un'occhiata, ma non voleva dirgli la verità. Più Raph infastidiva i bulli per proteggerlo, più loro si sarebbero vendicati. La prendevano come una sfida, e lui non era davvero in vena di farne parte. Poteva benissimo mentirgli, sperando che gli avrebbero creduto. -Mi sono solo sentito male.- disse piano, sperando che se la bevessero, mentre avvertiva gli occhi pizzicare e i loro sguardi su di sé che lo mettevano a disagio, rendendolo nervoso. 
-Mikey.- affermò in tono di rimprovero, Leo, intuendo la menzogna -Perché non vuoi dircelo? E' stato Drak? Se è stato lui non devi preoccuparti, gli parleremo e non ti farà più del male.- disse per incoraggiarlo, piegando le sopracciglia, dispiaciuto che non volesse confidarsi con loro
-Davvero? Dubito che servi solo parlargli..- commentò il focoso, ghignando, mentre una rabbia gli ribolliva nelle vene, desideroso di andare a cercarlo seduta stante, mentre Donnie sospirò per quell'affermazione, osservando Leo e poi Mikey che sembrava starsene con la testa tra le nuvole.
-Raph, no.- affermò seccato, l'azzurro, guardandolo serio e deciso prima di tornare al più piccolo -Mikey, allora? Non vuoi proprio parlare? Almeno dicci se stai bene. Drak non ti ha ferito, vero?- chiese apprensivo, cercando di consolarlo, ma lui si scanso, ringhiando innervosito, dettato dalla forza dell'ira. 
-E anche se fosse? Se non voglio dirvelo non ve lo dico, punto. Perché no! Insomma, cosa volete? Non mi conoscete nemmeno, e non siamo nemmeno amici. Non avete il diritto di intromettervi nella mia vita!- urlò, scattando in piedi, ma si pentì subito di ciò, abbassando il capo verso il pavimento e stringendo i pugni. Gli era salita una rabbia insolita, e si era sfogato, anche se ora si sentiva meglio, gli dispiaceva da sentirsi peggio. Non era sua intenzione trattarli in quel modo, o tirare fuori tutta quella furia dentro sé. Era come mostrare un suo punto debole e non poteva permetterselo. Non era questa la maschera in cui si rifugiava; il sorriso, era l'unica cosa in cui poteva sentirsi al sicuro. Doveva mostrare sempre la parte migliore di sé, o almeno, ciò che ne rimaneva. Strinse i pugni, mentre quell'attacco d'ira aveva lasciato così interdetti i tre, che rimasero a bocca aperta, ma Donnie volle provare a rimediare. Mikey, però non era dello stesso parere, schiaffeggiando la mano che stava per poggiarsi sulla sua spalla di lui, scansando il gesto. Fallendo in questo, provò, allora a parlare, a dire qualcosa.
-Sì che siamo tuoi amici. Ora stai calmo, però, noi volevamo solo..- lo interruppe bruscamente con un'occhiataccia e si maledì; stava mostrando ancora la parte peggiore di sé. Ma non avevano il diritto di dirgli quello che doveva fare, nessuno poteva. E loro non erano suoi amici. Non potevano permettersi di definirsi tali senza il suo consenso che non avrebbero mai ottenuto, perché nessuno era suo amico. Lui non poteva fidarsi di quei ragazzi, non poteva perché sapeva che, anche loro lo avrebbero abbandonato alla fine, ed era stanco di soffrire. Avvertì una strana morsa al cuore, come se gli e lo stessero strappando via con uno scatto e cercò di accumulare aria nei polmoni per calmarsi, desiderosi di ottenere l'ossigeno necessario. Maledicendosi per come gli stesse trattando, per come fosse, corse fuori, con le lacrime agli occhi, sbattendosi la porta alle spalle, e lasciandoli ancora più basiti da quella reazione.
Rallentò, tra i singhiozzi ed il retrogusto amaro in bocca, asciugandosi le poche lacrime con la manica. Gli veniva da piangere, sentiva un groppo in gola che non voleva andarsene, ed il cuore doleva come se si stesse spappolando, ma le lacrime erano finite. Se solo si ricordasse come si cadeva in un pianto a dirotto lo avrebbe già fatto, ma si era mascherato troppo con quel sorriso che non sapeva più come fare. Era una cosa troppo liberatoria, ma, a volte credeva di aver pianto così tanto, negli anni addietro di aver finito le lacrime. Scuoté il capo, no, in verità, l'unica cosa che lo avrebbe fatto sentire meglio era il dolore, e voleva solo chiudersi in bagno, in quel momento. Adocchiò Drak dietro di sé, lo stava seguendo, ma cercò di non farci caso, aumentando il passo il più possibile. Non poteva essere lasciato in pace? Non poteva, solo farla finita? Un brivido gli percorse lungo la schiena. Avvertiva il retrogusto amaro della paura di morire, e si odiò di più. Possibile che non avesse il coraggio? Lo avrebbe tanto voluto avere quel coraggio, come tempo fa. Quando non aveva niente da perdere era più facile, ma ora, non poteva morire, non senza aver finito il college. Lei aveva fatto tanto per raggiungere questo traguardo, e non sarebbe stato tanto egoista da infrangerlo. La morte avrebbe aspettato, per il momento. Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto, alla consapevolezza che, anche dopo anni dalla sua morte, lei continuava a salvarlo. Perché, infondo, se era andato al college era grazie a lei che gli aveva permesso di studiare abbastanza da superare tutti gli esami al posto suo, ed era sempre grazie e lei che aveva incontrato quei ragazzi così gentili. Se non lo avesse spronato a venire lì, a quest'ora non ci sarebbe più. Gettò uno sguardo al cielo azzurro, con qualche sfumatura di arancione; i suoi colori preferiti insieme. Lei aveva sempre amato l'arancione, perché le ricordava il tramonto, ed era anche il suo, di colore preferito; invece, l'azzurro le piaceva perché le ricordava i suoi occhi, diceva che, anche se rispecchiavano il suo animo distrutto, mischiati a quel sorriso le infondevano coraggio. Sospirò, osservando i fili d'erba che si muovevano piano, come in una danza, spinti dal vento. Avvertiva ancora Drak. Era dietro di lui, pronto a sferrargli un pugno, poteva pararlo, ma preferì attutire il colpo, come sempre. Con una velocità assurda si ritrovò disteso a terra, con lo sguardo rivolto, di nuovo al cielo. Sì sentì sollevarsi di peso per il colletto, mentre osservava il ghigno famelico sul volto del ragazzo. Iniziò a pestarlo con pugni e ganci, ma lui rimase immobile guardando quell'azzurro scurirsi per l'arrivo della luna e delle stelle, mentre la vista gli si sfocò. Inspirò a fondo, volendo incassare e basta. Non mostrò niente, nessuna smorfia di sofferenza; era troppo morto dentro e vuoto fuori, e, al dolore ci era così abituato ormai. Ma non era invincibile, era solo che, anche se avvertiva i pugni sulla sua pelle, era troppo avvolto nei suoi pensieri da non distinguere più il dolore fisico da quello mentale. 
La vista gli si fece meno, mentre sentiva dei passi farsi vicini velocemente e i volti sfocati dei tre ragazzi. Non avrebbe mai avuto la forza, né il coraggio per chiamarli "amici". Singhiozzò, mentre il dolore si fece più pulsante, intanto che avvertiva la presenza di Leo e Donnie accanto a lui, cullandolo. Di certo, Raph era troppo occupato a picchiare Drak per soccorrerlo. Adesso avrebbe avuto tutti i bulli alle calcagna, se lo sentiva. Si morse il labbro inferiore, mentre Donnie gli parlava per rassicurarlo, ma le sue parole risultavano ovattate alle sue orecchie, poi fu solo buio.

Parole confuse, e la luce infastidiva i suoi occhi, costringendolo a strizzare e sbattere le palpebre per abituarsi. Si voltò a destra, era nel suo letto, e i tre ragazzi, di spalle stavano discutendo su chissà cosa. Mentre provò ad alzarsi delle fitte alla testa lo costrinsero a retrocedere e d'istinto si toccò il labbro rotto, gemendo sentendo un rigonfiamento, di certo era un livido. I tre si voltarono in sincronia verso di lui, sorridendo sollevati, avvicinandoglisi. Lui si scostò dai loro gesti, non volendo avere più a che fare con loro, ma i tre non erano dello stesso parere.
-Non preoccuparti, Drak non ti farà più del male. Promesso, okay?- gli disse sincero, Leo, sicuro delle sue parole, accarezzandogli i capelli, stavolta, però non si ritrasse, accettando con grado il gesto, ma preferì non parlare. Voleva solo rinchiudersi in bagno e tagliarsi, tagliarsi e tagliarsi. Sì sentì gli occhi pizzicare, voleva tanto piangere, un abbraccio, un po' di conforto, perché, infondo il suo cuore non meritava questa sofferenza. Osservò l'orologio, guardando che fossero le 22:45 comprese che aveva dormito molto. Mugugnò, portandosi le gambe al petto, avvolgendole con le braccia, per poi appoggiarci sopra il mento ignorando i reclami di dolore che questo provocò. -Hai fame?- chiese allora, ma lui fece cenno di no col capo, richiudendosi sempre più in sé, volendo essere lasciato da solo.
-Noi andiamo, adesso. E' tardi.- gli sussurrò Donnie apprensivo, con un piccolo sorriso sul volto. Sì comportavano, con lui come se fosse un bambino, ma tutto questo non gli dispiaceva affatto, mentre Leo lo avvolse in un tenero abbraccio e, per questo gli e ne fu davvero grato. Gli osservò andarsene, dopo averlo salutato, sia lui che a Raph, poi, calò un alone di silenzio. Raph lo osservava dall'alto, a braccia incrociate e con sguardo serio, mentre lui rimase fermo, nella stessa posizione, osservando un punto indefinito davanti a sé. Aspettava con trepidazione solo il momento in cui, il focoso sarebbe andato a dormire, così che avrebbe potuto tagliarsi in santa pace.
-Sei un'idiota.- affermò, con apparente calma, il rosso ad un certo punto, senza guardarlo, lasciandolo basito, tanto che sgranò gli occhi -Credi davvero che se resti fermo a prenderle loro la smetteranno, o tu starai bene?- ringhiò mostrando i denti, mentre assottigliò lo sguardo corrucciato. Si voltò a guardarlo, comprendeva ciò che voleva dire, ma lui non poteva sapere come si sentisse in realtà e non aveva il diritto di giudicare le sue azioni, per questo si arrabbiò al quanto. -Michelangelo, da ciò che ho capito non siamo amici. Per me va bene, è okay. Ma, da ora in poi, vedi di salvarti da solo.- spiegò, guardandolo di sottecchi prima di recarsi in bagno per mettersi il pigiama.
Preferì non commentare, girandosi sul lato destro. Quanto desiderava piangere, sfogare quel peso nel petto che era quanto un macigno e lo opprimeva a tal punto da ucciderlo. Quelle parole rimbombavano nella sua mente, nonostante le avesse accettate, per quanto fossero veritiere lo avevano ferito dentro, più di quanto già non fosse. Adesso, era davvero solo? Non volle pensarci, osservando il pavimento, ma sollevò lo sguardo appena il rosso uscì dal bagno con una canottiera grigia che mostrava i muscoli delle braccia, e dei pantaloncini corti, neri fino a sopra le cosce. Gli cadde sotto all'occhio un particolare; aveva una strana cicatrice sul petto sinistro, a forma di saetta di fulmine. Mugugnò, indeciso se parlare o meno, e lo vide osservarlo di sottecchi, così si voltò dall'altro lato, chiudendo gli occhi, mentre Raph spense la luce. Sentì il frusciare convulso della coperta, capendo che il focoso si stesse rigirando per trovare una posizione più comoda, ed iniziò a innervosirsi. Si morse forte il labbro, cercando di resistere alla tentazione di correre in bagno. Era come se la forbice lo chiamasse, gli urlasse di venire, facendo pulsare i suoi polsi, vogliosi di essere tagliati. In queste circostanze, aspettare diveniva un supplizio, era come essere nelle sabbia mobili. Più ti agiti, più sprofondi. E lui si stava agitando troppo, avrebbe finito col cedere.
Il silenzio interrotto dal ticchettio dell'orologio, i rumori delle macchine fuori che sfrecciavano, con le luci che si riversavano per alcuni attimi nella finestra, lasciando il riflesso di inquietanti ombre nella stanza. Ne era certo, sarebbe impazzito. Ma, temeva che se si sarebbe alzato, Raph se ne sarebbe accorto. Era un ninja, sapeva che erano sempre in guardia. E se sarebbe rimasto troppo dentro al bagno, lui avrebbe potuto insospettirsi e chiamarlo. Non voleva questo; essere scoperto. Lui non capiva, nessuno capiva, e gli avrebbero tolto il suo privilegio di punirsi, di provare piacere, di sopportare quel dolore che pulsava nella testa a tal punto da renderlo pazzo.
Non poteva più aspettare. Sì alzò il più piano possibile, e, con una lentezza estrema, si avvicinò alla porta bianca del bagno. Sussultò vedendo il luccichio di due occhi verdi che lo osservavano nell'oscurità della stanza, studiando ogni sua mossa. Doveva ammettere che sapeva mettere davvero in soggezione. Chinò il capo verso il basso e aprì la porta, entrando velocemente, ma sempre in silenzio, accendendo la luce che lo accecò per un'attimo. Gli aveva messo un po' paura quello sguardo, un po' troppo inquietante nel buio della notte. Cercò di non pensarci più, osservando i lividi allo specchio. Non era messo troppo male. Aveva solo il labbro un po' gonfio, ma, per fortuna stava già passando, mentre un taglio attraversava tutto il lato dell'occhio sinistro, coperto da un cerotto. Sospirò, avrebbe dovuto stare più attento da ora in poi. Se qualcuno, Donnie o chi che sia per medicarlo gli avrebbe tolto la maglia, avrebbe scoperto uno spettacolo davvero orripilante, tra tagli e cicatrici che ricoprivano tutto il suo corpo. Si passò le mani tra i capelli, con una morsa al petto che lo straziava. Inspirò profondamente, cercando di accumulare l'aria necessaria che richiedevano i polmoni, sperando che Raph non si sarebbe intromesso. Prese velocemente la forbice con ingordigia, iniziando il suo lavoro, alzandosi la manica della felpa verde, cercando di sporcare il meno possibile. Cominciò a tagliarsi, osservando come la lama scivolasse sulla pelle in modo così perfetto, e, guardando con quanta sincronia il sangue gocciolasse fuori, ad ogni apertura, ad ogni taglio. Un sorriso tremule si stampò sul suo volto, lasciandosi sfuggire un sospiro di felicità. Guardandosi allo specchio, le lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi, ma non volle fermarsi. Era così appagante, così bello. Quell'oblio lo faceva stare così bene. I suoi occhi azzurri, se osservati bene potevano mostrare un vuoto eterno e incolmabile, ci potevi cadere dentro per quanto fossero bui. Lasciò cadere la forbice all'interno del lavandino, nonostante questo provocasse un rumore secco non gli importò. Era certo che Raph, anche se l'avesse sentito non sarebbe venuto, non ancora, e anche se fosse, aveva chiuso a chiave la porta. Continuò a guardare il suo riflesso, mentre il sangue sulle braccia scivolava fino alle dita, per poi gocciolare a terra. Continuò a fissare un punto indefinito davanti a sé, come ipnotizzato e schifato da ciò che era, finché non si riprese, decidendo di rimettere a posto e di pulire ciò che aveva sporcato, non lasciando nessuna prova e gettando la forbice, con sconforto nel borsellino, mentre si accasciò al suolo, abbassandosi le maniche quando le ferite si seccarono. Si strinse in un'abbraccio, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa alle mattonelle verde-acqua, cercando di non urlare. Ora che aveva trovato la forza per gridare, non poteva, non doveva farsi sentire da lui. Singhiozzò, tremando, appoggiando le mani al muro, facendole scivolare lentamente, non accorgendosi che fossero intrise di sangue fresco, che ricoprirono il muro di segni inquietanti, lasciando il segno anche sulla felpa. Iniziò a gemere ma, di scatto si premette la bocca con entrambe le mani, spalancando gli occhi e voltandosi verso la porta. Udendo un bussare pacato, sbarrò gli occhi con terrore, e voltandosi verso le mattonelle venne preso dal panico. Aveva sporcato tutto; pavimento, felpa, e anche la bocca era impregnata dal suo sangue. Come fare? Sì alzò di scatto, prendendo frenetico la carta igienica, srotolandola tutta per poi pulire, con foga la parete e il pavimento. Buttò tutto nel wc, aprendo il rubinetto per lavarsi le mani, premendo energico il beccuccio della bottiglietta del sapone liquido, iniziando a strofinarsi, energico le mani e la bocca con foga, ignorando il lieve rossore alla pelle che questo provocò, cercando di pulirsi il più in fretta possibile.
-Ehi, pulce, che hai? Inizio a preoccuparmi.- la voce seria di Raph lo fece sobbalzare, mentre con un po' di sapone cercò di lavarsi la felpa macchiata. Ci riuscì anche se ora era tutta bagnata. -Mikey, aprì la porta.- ordinò Raph, preoccupato nel non ottenere una risposta, facendo presa sulla maniglia, ma lui aveva provveduto a chiuderla a chiave e quindi, i suoi tentativi di aprirla andarono a vuoto.
-Lasciami in pace..- singhiozzò piano, mentre strinse l'estremità del lavandino, chinando il capo sconfitto. Si era mostrato debole, ancora. Prima la rabbia, ora la disperazione. Temeva che, di questo passo avrebbero scoperto il suo segreto. Perché era ovvio che, se Raph lo scopriva avrebbe informato anche gli altri.
-Stai piangendo?- chiese pacato, con voce colpevole, smettendo di armeggiare con la maniglia, appena sentì la sua voce spezzata e tremolante.  
Avrebbe tanto voluto sfogarsi con un pianto liberatorio, ma qualcosa gli e lo impediva, anche se non capiva cosa. Voleva restare lì fin quando la maglia non si sarebbe asciugata, ma ora che aveva fatto quello che doveva, il sonno lo aveva raggiunto, annebbiandogli un po' la lucentezza di un'attimo prima, e temeva che si sarebbe addormentato lì.
 -No.- rispose infine, con voce ferma, ma ancora con un lieve tremolio. La gola secca e il pizzichio che lasciava lo stavano uccidendo. Era una sensazione così insopportabile.
-Vuoi parlarne?- chiese con un po' di difficoltà, non era mai stato bravo con i sentimenti, ma riconosceva di essere stato troppo duro prima, e voleva scusarsi. Non era sua intenzione ferirlo, ma si era lasciato prendere la mano dalla rabbia; era furioso di come si era avventato contro di loro, di come si era sfogato su i tre, e aveva finito anche lui con l'esagerare. Quelle parole non le pensava davvero; e voleva chiarirsi.
Buttò l'acqua del water, e ispirò profondamente, trovando il coraggio di aprire la porta e guardarlo negli occhi. Poco importava se la maglia aveva ancora un'alone bagnato, avrebbe potuto inventarsi una qualsiasi scusa. Si osservarono per qualche istante, e, vedendo il suo silenzio, il suo sguardo colpito da quanto lui fosse, effettivamente distrutto, decise di parlare lui.
-Lasciami in pace. Voglio solo dormire..- sussurrò, passandogli accanto, con sguardo perso nel vuoto. Si infilò nelle coperte sotto il suo sguardo dispiaciuto e colpevole, ma non gli interessava. Desiderava solo riposare, e, se possibile saltare la scuola domani. Ma non poteva, domani avrebbe tenuto il test di fisica con le poche cose che aveva imparato, ed avrebbe accettato il suo voto con consapevolezza. Lo sentì spegnere la luce del bagno, incamminandosi piano verso il suo letto e coprirsi, di nuovo con le coperte. Tirò un sospiro, per un'attimo temeva che sarebbe venuto da lui per parlargli. Si mise comodo, come il suo corpo gli permetteva di stare senza patire le fitte di dolore dei tagli, assopendosi lentamente.

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Capitolo 6
*** Siamo un gruppo di ragazze che vanno al college. ***


Siamo un gruppo di ragazze che vanno al college.
Gemette, prima di aprire un'occhio e tapparsi un'orecchio con una mano per il baccano, osservando Raph, già cambiato che imprecava cercando di far smettere di suonare la sua sveglia che era come impazzita. Si osservò, vedendo di essere vestito con gli indumenti di ieri e non con il pigiama, si era sentito troppo stanco per cambiarsi. Si morse un labbro, un'altra giornata era cominciata, e già sentiva che sarebbe stata interminabile. Da poco aveva anche finito i soldi; Josh gli e li aveva presi tutti ieri. Come avrebbe pagato la colazione, il pranzo o la cena? Era costretto a preoccuparseli a modo suo da ora in poi, purtroppo. Alzò gli occhi, sobbalzando nel constatare che Raph lo stesse osservando con il suo solito cipiglio nervoso, e che era riuscito, finalmente a spegnere quell'aggeggio.
-Buongiorno.- salutò pacato, studiandolo, mentre gli si avvicinò per poter avere un contatto. Desiderava chiarire la sfuriata dell'altra sera. -Ascolta.. Riguardo ieri..- iniziò, ma Mikey lo interruppe, alzandosi di botto e, osservandolo con un sorriso.
-Non importa.. Avevi ragione tu, mi dispiace.- cercò di dire, con voce ferma, mentre avvertì una stretta, come se un pugnale gli avesse oltrepassato il petto. Perché doveva sempre rincorrere a quella farsa; la maschera, per sopravvivere? Desiderava tanto sfogarsi, doveva, doveva. Prima che Raph potesse riprendere il suo discorso, dopo quell'attimo di scetticismo per quanto lui avesse fatto e detto in quei pochi istanti, si precipitò in bagno, chiudendosi dentro. Aveva detto quello che doveva, adesso, però non voleva più parlare con lui. Era come se si fossero messi d'accordo. Non erano amici, non lo erano mai stati, e quindi da oggi, lui dalla sua, e lo stesso avrebbe fatto Mikey. Ognuno per sé, poche storie. Si lasciò scivolare, accasciandosi al suolo, e portandosi le gambe al petto; voleva stare solo. Trattenne i singhiozzi, tremolando, mentre guardava con orrore le sue braccia prima di coprirle di nuovo.
-Mikey..- iniziò, affiancato alla porta, con un'orecchio teso a percepire qualsiasi suono. Sospirò. -Dai, esci di lì. Dobbiamo andare.- fece il focoso, dannandosi per non sapere, esattamente come prenderlo, mordendosi il labbro inferiore per come non sapesse interagire con i sentimenti.
-Tu vai. Io esco tra poco.- sussurrò, appoggiando la testa alla porta, avvolgendo le braccia attorno alle gambe, cercando di rilassarsi, di restare calmo, chiudendo gli occhi avvolti dalla stanchezza.
-Non fare il bambino, adesso..- cercò di essere scherzoso, con un mezzo sorriso in volto, per incoraggiarsi. Già immaginava Leo e Donnie che lo guardavano male, per poi iniziare a rimproverarlo per il guaio che aveva combinato erroneamente.
-Pensavo che, per te e gli altri fossi solo questo.- protestò velenoso e con tono seccato, cercando di fare ironia, prima di pentirsene, osservando la porta ad occhi sbarrati, come temendo che, da un momento all'altro si sarebbe aperta con un Raph leggermente infastidito da quel comportamento che lo avrebbe preso a forza. Ma, tutto ciò che successe fu che lo sentì sospirare. Aveva già perso la pazienza, immaginava. Avvertì un "d'accordo" sussurrato piano, e poi i suoi passi farsi sempre più lontani. Appena la porta si chiuse, decise di sbrigarsi, iniziando a lavarsi, in tutta fretta. Era davvero in ritardo, stamani, e c'era il compito di fisica. Per fortuna che Donnie doveva aiutarlo, si lamentò, roteando gli occhi al cielo, mentre era davanti allo specchio intento a sciacquarsi velocemente, prima di prendere in fretta lo spazzolino, spazzolando frettoloso i denti, prendendo, poi l'acqua, gorgogliando prima di buttarla nel lavello e posare il tutto. Avvertendo il sapore forte e, un po' amaro del dentifricio che pizzicava sulla lingua dando una sensazione di freschezza, uscì, con gli stessi vestiti di ieri, prendendo gli appunti lasciati a terra. 
Corse fuori, recandosi nella sua classe, ma, mentre era tra i corridoi, un piede lo fece inciampare di proposito, facendolo cadere faccia a terra, con gli appunti sparsi ovunque. Si voltò, osservando ad occhi sbarrati le figure di Josh e Drak, che ridevano sprezzanti. Erano gli unici in corridoio, e tra poco la campanella sarebbe suonata.
-Dove vai così di fretta, perdente?- chiese velenoso il biondo, mentre uno strano luccichio dei suoi occhi lo fece sussultare. Cerò di raccogliere il quaderno e svignarsela in fretta, ma Drak ci aveva poggiato un piede sopra, già prevedendo la sua mossa.
-I..io- balbettò, mentre la paura lo pervase. Josh lo sollevò per il colletto, iniziando a smuoverlo avanti e indietro come un pupazzo. Cercò di liberarsi, mentre iniziò a singhiozzare; aveva troppa paura, non riusciva a reagire. Non voleva perdere il test, non poteva avere un'impreparato.
-Ohhh.. Il piccolo Mik piange, poverino.- lo canzonò, ridendo, mollandolo brusco, facendolo cadere malamente a terra, prima di iniziare a prenderlo a calci. Si accucciò, tenendosi la testa con le mani, e cercando di scappare, ma era difficile. Lo avevano bloccato, tenendolo fermo con un piede poggiato sulla schiena che iniziava a premere sempre di più, per schiacciarlo come se fosse un'insetto.
-Non ci sono i suoi amici a salvarlo sta volta.- concluse serio e minaccioso, Drak, mentre gli sferrò un pugno nei fianchi, costringendolo ad alzarsi, prendendolo per la spallina della maglia e, spingendolo, poi contro il muro.
-Perché non te ne torni a casa dalla mamma?- domandò Josh. Cercò di ignorarli, gettando lo sguardo al soffitto; adesso come avrebbe fatto? Potevano fargli tutto quello che volevano, ma, doveva andare in classe. L'unica fortuna era che la campanella non era ancora suonata. Significava che loro lo avrebbero picchiato fino all'inizio delle lezioni, e questo era un lato positivo in parte. Josh stava per colpirlo a sua volta ma, l'ora suonò, e la campanella non era mai stata così melodiosa e sprizzante per Mikey. Lo gettarono, di nuovo a terra, in mezzo ai secchi d'immondizia e accanto agli armadietti blu, correndo in classe, e lui fece lo stesso, ignorando il pulsare bruciante del fianco e dell'addome che protestavano ad ogni suo movimento.
Si sedette, sta volta il più lontano possibile da Donnie che non ne rimase tanto sorpreso, forse già al corrente di tutto. Osservò il docente passare tra i banchi, consegnando i fogli, mentre gettò una fugace occhiata alla ragazza al suo fianco che non sembrava essere dispiaciuta, o infastidita della sua presenza. Decise di concentrarsi sul compito, e, per fortuna riuscì a fare quasi tutto da solo, con un piccolo aiuto della sua coetanea che gli aveva passato un bigliettino, il quale, ora giaceva, nascosto in un'angolo sotto al banco. Era un po' deluso da Donnie, credeva lo avrebbe aiutato. Ma, infondo non avevano avuto molto modo di concentrarsi; c'era stata la festa, e poi quella specie di litigio che, lui stesso aveva cominciato. Sospirò, strofinandosi una tempia con la mano per il nervosismo, continuando a scrivere velocemente per rispettare i tempi di procedura del test. Mancava poco e avrebbe dovuto consegnare. Quando passò il prof, per prelevare i fogli ne trasse un sospiro di sollievo, mentre lo stress, così come era arrivato se ne volò via. Chinò lo sguardo verso il foglietto accartocciato, prima di posare gli occhi sulla ragazza dai capelli ricci, castano chiaro, lunghi dietro fin'oltre le spalle, con alcune ciocche azzurre, mentre una le ricadeva, dolcemente davanti, coprendole l'occhio destro. Aveva un fisico abbastanza atletico, all'apparenza, vestita con un jeans strappato lievemente, in più punti, ed una maglia lunga, con tanto di teschio bianco, impresso al centro. Notò il suo sguardo freddo, distaccato, quasi di ghiaccio, nonostante i suoi occhi fossero di un giallo oro, brillante che furono la prima cosa che lo colpirono.
-Grazie.- le sorrise, mentre lo osservava indifferente, con uno strano luccichio nello sguardo. -Io sono Michelangelo, tu?- cercò di iniziare un discorso, vivace come al solito, in attesa che la campanella suonasse, ma lei non gli rispose, mettendo in ordine, in un borsellino rosso chiaro con alcuni adesivi attaccatici sopra, le penne. -Piacere di conoscerti, ma ora devo proprio andare.- disse seria, alzandosi dopo lo squillante suono della campanella, con i libri abbracciati sotto al petto, uscendo dalla classe con pacata lentezza.
La osservò svanire dietro l'angolo con un'impressione stranita sul volto, non aspettandosi fosse così introversa. Inspirò piano, prima di volgere lo sguardo nel banco di Donnie, notando che fosse già uscito se ne rallegrò. Spostò delicatamente la sedia senza far rumore, dirigendosi fuori, diretto alla prossima lezione che lo attendeva e che, fortuna volle fosse educazione fisica. Gemette nel ricordarsene, ma non poteva assentarsi. Sperava almeno che lo avrebbero lasciato in pace. Abbassò le spalle, con un sospiro stanco quando si accorse che erano dietro di lui; tutti e tre, mentre alla sua destra risiedeva Drak che lo aveva sorpassato, ed infine aveva rallentato per affiancarlo.
-Ehi, ma guarda chi c'è.. L'idiota!- affermò sprizzante di falsa gioia, attirando tutti gli sguardi su di sé. Al momento non si preoccupava di Raph perché il corridoio era pieno di prof che, però erano troppo occupati per badare al ragazzo e alla sua vittima, essendoci il cambio dell'ora e, se, Raph non voleva ottenere una punizione, era meglio che stava fermo al suo posto. 
Strinse i pugni, cercando con lo sguardo una via di fuga, come un prof benevolo che gli avrebbe fatto dono della misericordia, punendo il bullo per quell'atteggiamento, ma tutto fu vano. Già lo aveva capito dal primo istante che si era svegliato che quella non era una giornata che avrebbe dimenticato facilmente, ed era così gentile, il tempo che aveva deciso di passare così lentamente per fargli vivere ogni istante di quegli attimi. Sospirò, mentre entrava in palestra, con un avvoltoio che alleviava alle sue spalle; Drak, che continuò a stuzzicarlo, approfittando dell'assenza della docente principale. 
-Cos'hai Mikey? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Mi avevano riferito fossi un chiacchierone!- protestò offeso, ridendo, senza farsi sentire dall'altro docente che si occupava di un'altra classe, mentre osservava con un ghigno i due ragazzi che cercavano di frenare la furia omicida di Raph che lo osservava con uno sguardo accigliato, degno di un serial killer, cercando di avanzare per suonargliene quattro, poco importava della punizione che avrebbe ottenuto con quel gesto. Un terrificante sorriso si stampò sulle labbra del bullo, e, approfittando che il prof fosse distratto e che i suoi compagni lo accerchiavano, tirò un pugno a Mikey che non lo deviò nemmeno, rimanendo immobile, incassando e barcollando fino a cadere a terra, sotto le risate strafottenti di tutti i ragazzi intorno, ed anche se quel vociare attirò il docente, preferì non intromettersi, tornando alla sua classe, pensando si stessero solo divertendo tra di loro. 
-Smettila!- ordinò una ragazza dai capelli lunghi, castani con alcune ciocche arancioni, facendosi largo tra i suoi coetanei, non sopportando oltre quel comportamento, mettendosi in mezzo ai due che la guardarono basiti da quella reazione. Drak stava per controbattere, ma, l'arrivo della loro docente lo fermò da ciò che stava per fare, e, sbuffando si allontanò. La ragazza, abbassando il cipiglio nervoso, sospirò, prima di porgere una mano a Mikey che continuava a fissarla incredulo, non capendo il suo intervento. -Tutto okay?- chiese, aiutandolo a rimettersi in piedi, mentre i tre ragazzi decisero di avvicinarsi.
-Io.. Sì, grazie.- sussurrò piano, con la mente altrove, osservando i suoi occhi verdi zaffiro, prima di rivolgere l'attenzione alla prof che, gentilmente aveva comunicato a tutta la classe di fare esercizi liberi, o di tenersi attivi, intanto che controllava alcuni fogli che, supponeva fossero importanti
-Meno male..- sospirò la ragazza, prima di presentarsi -Che sbadata! Piacere, il mio nome è Venus.- affermò con un dolce sorriso, porgendogli la mano che lui afferrò con pacata gentilezza, osservando che non fosse molto alta; vestita con una maglia bianca con la scritta "but first let me have a drunk" e dei jeans, neri strappati solo sulla parte del ginocchio.
-Bel nome. Io sono Michelangelo.- si complimentò, ma vedendo i tre farsi sempre più vicini decise di svignarsela, salutando la ragazza con un movimento veloce della mano, e recandosi, in tutta fretta dalla docente con un'idea in testa -Mi scusi, potrei andare in bagno?- chiese. Ottenendo un segno d'assenso si diresse a grandi passi fuori dalla palestra, ringraziando mentalmente la professoressa. Per fortuna, oggi non tutto era contro di lui.
Si avviò tra i corridoi, certo che la docente non si sarebbe nemmeno accorta della sua, prolungata assenza. Osservò l'istituto, silenzioso e senza un'anima viva, con il sole che, entrando dalle immense vetrate, irradiava il suo cammino di un piacevole calore. Decise di fermarsi, appoggiandosi con la schiena al muro, accanto ad una fontanella, con la mano che sorreggeva la tempia pulsante. Sì sentiva davvero uno schifo, allo stremo di uno straccio.
-Ti senti bene?- una voce lo fece sobbalzare. Alzò lo sguardo, incrociando gli occhi di quattro ragazze che lo osservavano incuriosite, alcune anche, con un impressione indifferente, sul volto. Si accorse che, nel gruppo ci fosse anche la ragazza con cui aveva parlato a lezione, durante il compito, e ne rimase al quanto sorpreso.
-S.. sì..- disse, anche se non ne era così sicuro, mai stato, infondo, mentre decise di staccarsi dalla parete, reggendosi con le sole gambe, studiando colei che gli aveva rivolto la parola. Aveva dei capelli a caschetto, castani, con piccole ciocche che le ricadevano sulla fronte, e gli occhi del medesimo colore, mentre gli sorrideva, sollevata da quella risposta. Era vestita con una semplice maglia, a maniche lunghe, dei corti jeans fino ai polpacci e delle nike gialle.
-Ottimo. Aspetta, ora mi presento. Il mio nome è Viola, mentre loro sono Gwen, Light e Cat.- presentò, indicando ognuna col dito, e lui tornò a fissare le tre che lo osservavano, ognuno in modo diverso. Light; con uno sguardo accigliato, non del tutto amichevole era la ragazza dai capelli neri, lunghi che teneva in una coda di cavallo, alta. Aveva gli occhi verdi splendenti, ed era vestita con una maglia azzurra che le scopriva l'ombelico, e dei jeans attillati, neri, non molto stretti alle caviglie, mentre si teneva una mano su un fianco, in una posa da dura. Gwen, invece lo osservava indifferente, a braccia incrociate; aveva i capelli lunghi, marroni con alcune ciocche verde-acqua e gli occhi del medesimo colore, vestita con una felpa bianca, con cerniera, e dei jeans, corti fin sopra le cosce, strappati all'estremità, con delle scarpe nere, alte; nel mentre gonfiava un pallone di big babol fino a farlo scoppiare, per poi tornare a masticare a bocca chiusa, studiandolo seria. Alla fine si soffermò su Cat, che, a sguardo basso, con le ciocche di capelli che le ricadevano dolcemente, nascondendole il viso, lo osservava, studiandolo in ogni suo atteggiamento.
-Io sono Michelangelo.- disse dopo un po', perdendosi in quell'oro così luminoso. Per un'attimo credette di aver trovato una strana felicità, ma poi si riprese, osservandole scettico -Come mai qui? Non avete lezione?- domandò, confuso, mettendosi le mani dentro le tasche della felpa, cercando di apparire solare come al solito.
-Cosa sei, un docente? Non mi sembra proprio.- si lamentò la ragazza di nome Gwen, assottigliando lo sguardo, innervosita da quella domanda, sbuffando scocciata. Chi era lui per pretendere di sapere cosa facevano?
-Cerca di restare al tuo posto. Rispetta la privacy altrui.- commentò l'altra accanto, mettendo le mani nelle tasche dei jeans, pronta a sloggiare da lì, ma Viola, osservandole con sufficienza per quell'atteggiamento, rispose con pacata calma, mentre Cat restò ad ascoltare, appoggiandosi, di schiena agli armadietti con una gamba sopra l'altra.
-In classe ci annoiavamo. Abbiamo indeciso di "imbucarci" in palestra per vedere se lì potevamo divertirci di più, anche perché c'è una nostra amica che ci aspetta.- spiegò, mentre le due la osservarono truci, ringhiando per protestare la sua confidenza -Cosa?- domandò ella, non capendo quel comportamento, rivolgendosi a Cat che continuava a farsi i fatti suoi, ma, notando quello sguardo di interpello, sbuffò annoiata, alzando gli occhi al cielo. 
-Era un segreto, ricordi?- le disse piano, con i pollici dentro le tasche e le restanti dita che battevano sul jeans, come a seguire una musica immaginaria. A quel punto Viola rise, e Gwen le tappò la bocca con una mano, sorvolando le sue proteste. Non potevano di certo farsi sentire da tutti, o sarebbero stati cavoli amari.
-Beh.. Io vengo da lì, e non fanno molto. Almeno, non oggi.- osò parlare a quel punto, Mikey, stranito dal loro comportamento, volendo tornare indietro. Di certo non poteva scappare per sempre, non se, colui da cui stava scappando era il suo coinquilino.
-Meglio, no?- affermò, seccata Light, volendo muoversi prima che l'ora terminasse. Dopo avrebbero avuto matematica, ed era una materia che non sopportavano in molte. Si mise a braccia incrociate, picchiettando la punta delle sue nike bianche contro il pavimento, in attesa. 
-Vabbeh.. Io vado, raggiungetemi quando avrete finito.- affermò annoiata, Cat, decidendo di avviarsi, seguita da Light che iniziò a parlare del tema che avrebbero dovuto fare per italiano, e di cui non aveva alcuna idea di come fare, desiderando solo di porre fine alle sue sofferenze, uccidendo il caro docente in questione.
-Ehi!- protestò Viola partendo all'inseguimento, seguita da Gwen che ringhiò, scocciata di essere stata lasciata indietro in quel modo. Mikey sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo, non capendo. Ma poi si avviò con loro, rimanendo un po' indietro, per pensare a cosa avrebbe dovuto dire ai ragazzi quanto lo avrebbero raggiunto per parlargli.
-Allora, Mikey.. Che ci racconti? Cat ci ha parlato di te, stamani. Il ché è già un miracolo..- commentò divertita Light per prenderla in giro, colpendola con una lieve gomitata affettuosa che lei non degnò nemmeno, abbassando lo sguardo sulle sue nike viola che sfrecciavano piano, dirette alla meta.
-Mhm.. Oggi è stata una giornata abbastanza particolare. Oserei dire.. assurda?- domandò, non sapendo neanche lui come definirla, anche perché desiderava solo tornare nel suo rifugio, in quel bagno, nel suo appartamento.
-Dovresti vedere le nostre!- commentò divertita, Viola, varcando la soglia dell'entrata dell'immensa palestra, osservando i ragazzi che praticavano esercizi, o alcuni che, raggruppati se ne stavano a discutere, o col telefono. Adocchiò la persona dei suoi pensieri che, Mikey riconobbe come la ragazza che lo aveva difeso da Drak; Venus, mentre la raggiunsero, e Viola la abbracciò forte per salutarla. 
-Ciao a tutte, e ciao di nuovo Mikey.- ironizzò, adocchiandolo, mentre lui le sorrise, prima di guardarsi intorno alla ricerca di tre persone che non ci misero molto a spuntare dal nulla, facendolo sobbalzare.
-Finalmente, Mikey! Eravamo preoccupati.- rimproverò, in tono pacato, Leo, prima di soffermarsi sulla ragazza dai capelli neri che aveva visto in discoteca, rimanendo a bocca aperta, notando che fosse più bella di quanto si aspettasse. Donnie lo osservò stranito, con un sopracciglio piegato, per quell'inaspettato comportamento, seguendo il suo sguardo si fermò, però sulla ragazza castana, quella che aveva avuto l'onore di intravedere in quel locale mentre ballava, e ne rimase imbambolato, con il cuore palpitante a mille. Raph si limitò a sbuffare alla vista di Gwen, riconoscendo anche lei come la tipa che aveva cercato di rimorchiare alla festa, e che ancora non gli andava giù il modo in cui lo aveva scaricato.
-Ma tu guarda.. Non saranno mica gli stalker? Quei ragazzi della festa?- commentò Light, chiamandoli con quel sopranome, essendo che, durante il party non avevano fatto altro che guardarle; sbuffò, innervosita dallo sguardo del blu che si riprese, arrossendo e grattandosi il capo imbarazzato, mentre Mikey inclinò il capo da un lato, non capendoci più nulla. Barcollò un'istante, avvertendo un lieve capogiro, forse per colpa delle botte che aveva ricevuto, ma preferì non cedere, ma gli mancò un battito quando la campanella suonò. Ora aveva scienze.
-Ottimo! Per colpa loro non sono riuscita a godermi nemmeno un'attimo di pace.- ringhiò Gwen, stringendo i pugni furiosa, recandosi nel corridoio assieme a Light, seguite dal resto della combriccola che si grattava il capo, imbarazzati per l'imprevisto, tranne Raph che camminava a braccia incrociate, osservando di sottecchi il più piccolo che gli seguiva passo passo, affiancato da Cat e Viola che discuteva con questi ultimi, rallegrandoli il morale.
-Che ne dite se ci vediamo in mensa?-  domandò ad un tratto, Leo cercando di smorzare l'aria pesante delle due che capitanavano il gruppo a passi così pesanti che avrebbero potuto scatenare un terremoto, e che si voltarono con uno sguardo omicida sul volto, prima di tornare a guardare davanti a sé, ormai in prossimità della loro classe.
-Dai, Gwen, Light! Andiamo!- le implorò Viola raggiungendole per poi camminare all'indietro per osservarle serie, non volendo smuoversi, sostenuta da Venus, che desiderava, come l'amica affianco, conoscere meglio quei ragazzi
-D'accordo.- cedettero infine, abbassando le spalle, alzando gli occhi al cielo, snervate, mentre entrarono in fretta in classe, seguite dalle due che esultarono e Cat che fece spallucce, indifferente. I ragazzi sorrisero vittoriosi prima di voltare lo sguardo su Mikey che, però era scomparso, diretto in classe sua.
-Dannazione! Ma cos'è? Un fantasma?- rimproverò seccato, il focoso lamentandosi di come, di lui non ci fosse più traccia.
-Beh.. Mettila così, potrebbe essere un'ottimo ninja.- affermò il viola, facendo sorridere Leo, anche se tutti e tre desideravano solo parlargli in quel momento.
-Che si fa?- domandò il focoso, picchiettando nervoso le dita contro i bicipiti incrociati al petto, osservandoli in attesa.
-Lo aspettiamo in mensa.- suggerì tra un sospiro, Leo, recandosi in classe prima del prof di fisica, e lo stesso fecero i due, andando nei corsi di matematica.
Al suono della campanella la prima cosa che, i tre fecero fu correre in direzione del corso di scienze, riuscendo a incrociare Mikey che, a sguardo basso si stava dirigendo chissà dove per sfuggirli ancora. Sapeva che doveva affrontarli, ma non se la sentiva. Era così stanco e desiderava, solo sfogare la frustrazione con la sua, adorata lama.
-Mikey!- lo chiamarono, facendolo sussultare. Si voltò, osservandoli ad occhi sbarrati, non aspettandosi il loro incontro. Boccheggiò, non sapendo cosa dire, ma Leo lo prese per le spalle e lo stesso fece Raph, conducendolo, con la forza in mensa, sotto lo sguardo stranito di Donnie che credeva dovessero solamente parlargli.
-Ma.. Cosa?- osò chiedere il più piccolo, non comprendendo le loro intenzioni, mentre gettò uno sguardo ai suoi piedi che non toccavano terra, era come se stesse volando. Si voltò verso Raph che lo guardava dispiaciuto prima di iniziare a parlare.
-Ascolta, io non volevo dire quello che ti ho detto, ieri.. Ero furioso, e mi sono lasciato andare. Scusa. Non avercela con Leo e Donnie per qualcosa che ho fatto io, okay?- chiese, gettando uno sguardo al pavimento, ignorando gli sguardi curiosi dei ragazzi che non capivano cosa stessero facendo -Noi siamo amici, Mikey. Almeno, per me, per noi sei un'amico. E se non ti conosciamo che differenza fa? Abbiamo tempo per questo, vero ragazzi?- cercò un supporto esterno, gettando uno sguardo a Donnie, dietro di sé, non sopportando oltre lo sguardo di Mikey che lo osservava scettico, come se non volesse credere alle sue parole
-Certo Mikey. E poi, noi ti consideriamo nostro amico, e neppure tu ci conosci.- affermò il viola, accarezzandogli i capelli, mentre Leo gli sorrise per incoraggiarlo. Sospirò, puntando gli occhi al terreno, ma poi gli rivolse un nuovo sorriso, il migliore che avesse mai fatto.
-Okay.- disse semplicemente, perché non c'era molto da dire, perché, infondo avevano ragione. Considerarli amici? Per quello c'era una remota possibilità, in un lontano futuro. Amava la loro compagnia, anche se, a volte eccessiva, ma l'importante, adesso era non rimanere solo. Aveva capito che, in qualche modo aveva bisogno anche di loro per sopravvivere, per darsi una spinta in più. E poi, sentiva di non volerli perdere.
-Ottimo. Ed ora andiamo a mangiare!- esclamò l'azzurro, felice che tutto si fosse risolto per il meglio, mentre decisero di adagiarlo a terra, sicuri che stavolta non sarebbe scomparso all'improvviso come un fantasma.
-Però.. Io non ho soldi..- sussurrò piano, quasi impercettibile, non volendo fare pessime figure, ma non voleva nemmeno che gli prestassero dei soldi. I tre lo fissarono sorpresi, e questo lo mise un po' in soggezione, anche se cercò di non farlo notare, mentre Donnie gli sorrise, poggiandogli una mano sulla spalla.
-Non c'è da preoccuparsi.. Dovete sapere che i miei sono straricchi. E' per me non c'è problema, ti presterò io qualcosa.- gli disse, lasciandolo sorpreso, come anche Leo e Raph che non se l'aspettavano
-Davvero?- chiese l'azzurro, non potendo credere che fosse davvero talmente ricco, mentre giunsero in mensa, prendendo, ognuno di loro il vassoio, mentre Mikey rimase indietro, interdetto sul da farsi. 
-Sì, i miei sono scienziati. Cioè, tecnicamente sarei stato adottato. Comunque, il loro lavoro non gli permette di essere a casa, anche se vengono ricompensati con i soldi. Ma sono abbastanza gentili con me, quando li vedo.- affermò con un sorriso, nonostante la loro ripetitiva assenza lo avesse lasciato con un vuoto dentro. Lo avevano sempre trattato benissimo, come dei veri genitori, ma era come se non lo fossero mai stati. Non c'erano mai quanto lui ne aveva più bisogno, e quel vuoto lo ricompensava con le sue invenzioni, nonostante desiderasse ancora possedere una vera famiglia. Una che fosse, un po' più presente, almeno. Osservò le tante leccornie, e decise di prendere un semplice panino, mentre il rosso prese un hamburger con kechap.
-Siamo in due ad essere stati adottati.- commentò brusco, mentre decise di prendere anche una coca cola in lattina. Donnie lo osservò incredulo, ma poi posò lo sguardo sul più piccolo che tentennava dal poter prendere qualcosa senza permesso, così, sorridendo per la sua innocenza, gli porse un vassoio, adagiandoci sopra una coca cola ed una fetta di pizza, insieme a delle patatine fritte con kechap, ricordandosi che non avesse cenato la sera scorsa e che, probabilmente non aveva nemmeno fatto colazione. 
-Posso davvero?- chiese a bocca aperta, credendo lo stesse prendendo in giro, ma vedendolo pagare; ridacchiando per la sua reazione, non solo il suo cibo ma anche quello dei ragazzi con una carta di credito si ricredette -Grazie Donnie.- disse piano, mentre anche Leo e Raph lo ringraziarono per aver offerto lui.
-Allora.. Secondo voi dove sono le ragazze?- domandò l'azzurro con in mano un hot dog ed una lattina di aranciata, osservandosi attorno alla loro ricerca.
-Eccole.- indicò; il viola un tavolo infondo, dove la castana si sbracciava per farsi vedere. Sorridendo si avviarono, accomodandosi e facendo una migliore conoscenza. 
-Scusate il ritardo.- sbuffò Venus a braccia incrociate, giungendo proprio in quel momento, sedendosi accanto a Gwen, mentre iniziò a mangiare un pacchetto di patatine, reggendosi il mento con una mano
-Quanti anni avete?- chiese ad un tratto, Leonardo, incuriosito, mentre continuava ad osservava Light che guardava i suoi mikado annoiata, sgranocchiandoli di malavoglia, e cercando di non innervosirsi per lo sguardo dell'azzurro che continuava a tormentarla.
-Light venti, io e Viola diciannove, Venus diciotto e Cat sedici.- rispose neutra, Gwen, mentre Cat sospirò annoiata, gettando una sguardo al soffitto, finendo le patatine fritte.
-Dopo c'è storia.- si lamentò lei, strizzando gli occhi innervosita da quella situazione. Non aveva mai amato la scuola, e non vedeva l'ora che arrivassero le vacanze.
-Anche io e Mikey.- commentò Leo, sorridendo gentile, ma Cat lo osservò truce, non volendo saperne, prima di mettersi le cuffie alle orecchie per ascoltare la musica
-Ottimo, Cat è andata!- disse brusca, Viola, osservando malamente l'amica che le fece una piccola linguaccia, mettendo una canzone metal.
-Allora, cosa ci raccontate?- chiese Donnie, porgendo un sorriso sexy a Viola che arrossì, mentre Gwen alzò gli occhi al cielo per quella reazione prima di ridacchiare complice
-Niente di ché. Siamo un gruppo di ragazze che vanno al college.- spiegò Venus neutrale, mentre finì di mangiare il suo cibo
-E noi siamo un gruppo di ragazzi che vanno al college. Ma guarda un po' tu! Non me lo sarei mai aspettato.- commentò, ironico Raph, a braccia incrociate, mentre osservava di sottecchi Gwen che ricambiava con un tono di sfida 
-Oltre a questo?- domandò Leo, sorvolando il comportamento scorbutico del rosso, volendo sapere qualcosa in più su Light che, esaudendo il suo desiderio parlò
-Non molto. Siamo brave in molte materie, ma non siamo l'eccellenza, a parte Viola che è un vero genio, ed ama la tecnologia. Gwen invece ama sfogarsi in lotte, diciamo "costruttive". Le piace essere aggressiva e menare le mani. Io, per il momento preferisco dedicarmi alla scuola. Venus è la solita ragazza cattiva, ma è gentile.- disse, venendo interrotta da quest'ultima che protestò indignata, voltando il capo dalla parte opposta, incrociando le braccia al petto
-Okay..- sussurrò stranita, prima di continuare -Cat ama cantare, o si dedica all'ozio o allo svago su carta; ovvero, disegna. Ci conosciamo da una vita. Comunque, ora tocca a voi.- disse, indicando col'indice Leo, osservandolo con sufficienza
-Mhm.. Beh, io amo la cultura giapponese, e "Space Heros".- affermò fiero di sé, mentre Raph lo fissò incredulo, come tutto il resto, tranne Cat che era troppo assorta dalla musica e non stava seguendo il discorso
-Davvero ti piace quello schifo di programma?- domandò osservandolo scettico, mentre Leo si accigliò
-Guarda che è bellissimo! Il Capitano Ryan è fantastico!- proclamò soddisfatto, e Raph preferì lasciar perdere, osservando le ragazze per rispondere alla domanda fatta precedentemente, mentre Mikey si appoggiò con le braccia, incrociate al tavolo, osservando Cat, in attesa della campanella
-Io amo combattere e starmene per i fatti miei.- affermò indifferente, protendendosi con la sedia all'indietro, iniziando ad oscillare, sotto lo sguardo di sufficienza di Gwen che osò commentare:
-Così finirai per cadere.- mentre Donnie si fece avanti per rispondere, poggiando un gomito sul tavolo, mentre Viola lo osservava con trepidazione, volendo sapere cosa amasse
-Diciamo che amo tutto ciò che è tecnologico. Costruire qualsiasi tipo di cosa. Ne invento di tutti i colori, ad esempio, qualche giorno fa ho messo appunto una nuova invenzione che serve per localizzare ogni tipo di persona tramite il satellite.- esclamò fiero, con un immenso sorriso che mostrava il dente mancante, ma che lo rendeva sempre, abbastanza trandy. 
-Wow.- si complimentò Viola in un sussurro, con un volto trasognante. Tutti, poi si voltarono nella direzione di Mikey che, mosse pian piano gli occhi per rivolgere la sua attenzione.
-A me piace..- iniziò a pensarci su, elaborando cosa amasse oltre al ferirsi con la sua lama -Fare festa e guardare film!- proclamò, alzando una mano, senza spostarsi dalla sua posizione attuale, e facendo il segno della vitoria con l'indice ed il medio alzati, facendoli scoppiare, tutti a ridere, ma, proprio in quell'istante suonò la campanella.
-Ohh!- sbuffò Light, non volendo recarsi al corso di storia, preferendo, anche se gradualmente la compagnia di quei ragazzi e di Leonardo. Alzandosi con foga, fece un terribile rumore con la sedia, ma non se ne badò, togliendo una cuffia a Cat, che protestò, osservandola malamente, ma lei gli fece segno di andare, e così, tutti si alzarono. 
-Beh.. almeno rimane solo un'altra ora dopo questa.- cercò di essere positiva, Cat, posando il telefono nella tasca sul retro del jeans, mentre si incamminò col gruppo con i pollici infilati nelle tasche e le restanti dita che picchiettavano sulla coscia del jeans.

N.d.A.
Le ragazze nella storia sono le mie amiche che desideravano molto partecipare al racconto (a parte Cat che sono io.) ^^

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Capitolo 7
*** Nulla ***


Nulla
Fece entrare la chiave nella serratura, sbloccandola con un colpo secco, ed entrando insieme ai tre ragazzi che avevano deciso di studiare tutti insieme. Si adagiò piano sul letto, sempre sorridente, mentre Raph si diresse in bagno e Leo e Donnie gli si sedettero affianco. Continuò a tenere addosso quella maschera mentre apriva il quaderno, intento a finire i compiti al più presto. Ingoiò un po' di saliva, mentre il cuore martellava impellente dentro al suo petto. Doveva tagliarsi, lo sentiva dallo straziante bisogno nella testa che continuava a dolergli, fino all'ansia che impregnava il suo petto impedendo ai polmoni di respirare correttamente. Osservò con desiderio il bagno, voglioso di correre e rinchiudersi lì dentro ma, purtroppo non poteva. Avrebbe dovuto attendere, e sarebbe stata dura osservare il tempo scorrere lentamente come in una clessidra, dove la sabbia penetrava al tempo dei secondi, martellando la sua mente fino a farlo impazzire.
-Allora.. Con cosa vogliamo iniziare?- domandò il focoso, uscendo da lì e chiudendo la porta, mentre prese una sedia, e posizionandosi davanti a loro, con lo schienale rivolto verso di essi, dove si appoggiò con le braccia, in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
-Iniziamo da matematica, poi scienze, fisica ed infine italiano.- proclamò soddisfatto il genio, già pronto, con in mano una penna, mentre nell'altra risiedeva il quaderno.
-Già me lo sento che sarà dura.- borbottò il focoso sconsolato, facendoli ridere -C'è poco da ridere, qui dobbiamo sgobbare, ed è meglio muoversi.- affermò infastidito, e loro annuirono convinti
Donnie finì in fretta le equazioni, e provvedette ad aiutare Mikey a capirci qualcosa di più, mentre Raph si dannava, cercando di ricordarsi tutti i passi da seguire. L'unico messo bene tra i quattro, oltre al genio era Leo che finì per secondo. Volle dare una mano a Raph ma lui rifiutò scontroso, cercando di finirli più in fretta. Non poteva completare gli esercizi dopo Mikey! E lui stava facendo tutto da solo, a differenza di Michelangelo che si stava anche facendo aiutare. E non poteva permettersi di perdere quella competizione immaginaria.
-Finish!- esclamò soddisfatto, posando il quaderno con la materia in questione, e prendendo scienze; anche se lì dovevano solo ripassare. Così iniziò a leggere qualcosina, in attesa che Mikey finisse l'ultima equazione. Era davvero come un bambino, o almeno, era questa la sensazione che dava nel vederlo scrivere con la mano mancina con foga, con uno sguardo deciso e la lingua fuori, sopra il labbro superiore, cercando di metterci tutto l'impegno possibile.
-Fatto.- affermò sfiancato, ma, al contempo, soddisfatto della sua prestazione -Grazie Donnie.- sussurrò piano, mentre il diretto interessato gli scompigliò i capelli affettuosamente prima di prendere, anche lui i compiti di scienze, decidendo di ripassare insieme a Mikey, mentre Leo e Raph ripeterono tra loro. Non fu molto difficile quella materia, ma sfiancò lo stesso i quattro a cui, ora toccava fare fisica ma che riuscirono a finire abbastanza in fretta, contrariamente a ciò che pensavano.
-No.- sbuffò Mikey, gettando il quaderno di italiano; l'ultima materia, affianco a sé, attirando l'attenzione dei tre ragazzi che lo osservarono confusi -Non c'è la faccio.- proclamò in un sussurro, gettandosi di schiena nel letto, troppo esaurito per continuare, mentre li sentì ridere
-Forza, manca poco.- lo incoraggiò Leo, spronandolo a continuare -Solo un'esercizio e hai finito.- disse, infatti loro avevano terminato e mancava solo lui. Mugugnò indeciso, ma poi si rimise seduto, cercando di concentrare al massimo i neuroni rimasti sobri per finire in fretta. Dopo minuti che parvero secoli riuscì a terminare, sprofondando, poi, la testa nel cuscino, completamente esausto
-Visto?- disse l'azzurro, strofinando la mano sulla sua schiena, in modo affettuoso per fargli capire che fosse fiero di lui, mentre Donnie e Raph mettevano a posto.
-Ma davvero sei stato adottato?- chiese il viola ad un tratto, riprendendo il discorso di prima, ancora non del tutto sicuro delle sue parole, mentre appoggiò i suoi libri sul tavolo della scrivania. Non era che non si fidava, era solo che gli sembrava strano. 
-Sì, e con ciò?- chiese seccato il rosso. Non amava parlarne. Lo aveva scoperto da un'anno, e, per lui era ancora da troppo poco. Ricordava esattamente il vortice di emozioni che aveva provato quel giorno; era così incredulo, furioso, desideroso di distruggere tutto per calmarsi, per ottenere risposte a domande che non aveva nemmeno. Per questo non capiva il perché lo avesse ammesso così apertamente, in mensa.
-Mi spiace, è solo che.. mi sembra una coincidenza del tutto inopportuna, tutto qui.- si scusò Donnie, condividendo i suoi pensieri, abbassando il capo con un sorriso tirato, mentre Leonardo si alzò per ascoltare meglio, ma Mikey preferì restare disteso, li sentiva bene anche da lì.
-Inopportuna? Sei stato adottato anche tu, o sbaglio?- ringhiò il focoso, facendosi avanti, ma, l'azzurro si mise in mezzo, frenandoli
-Non intrometterti!- protestò Raph, osservandolo minaccioso, ma lui cercò di non badarci, mandando giù la provocazione per dire ciò che pensava
-Certo che è abbastanza strano..- commentò piano, riflessivo, osservando il viola che non comprese dove volesse andare a parare adesso.
-Cosa? La tua intelligenza che scarseggia?- sbuffò Raph, ma Leo cercò di mandare giù anche quella, volendo andare fino in fondo per esternare i suoi pensieri che iniziavano a tormentarlo
-Anch'io sono stato adottato. La cosa che mi è strana è che, qui, tutti e tre pratichiamo ninjutstu e non viviamo con i nostri genitori biologici.- spiegò calmo. La faccenda iniziava a puzzargli, ma qualcosa gli diceva che non era qualcosa di brutto.
-E' vero!- esclamò incredulo Donnie, spalancando gli occhi, illuminandosi da quella affermazione, mentre Raph non capì il senso di quella frase detta dall'azzurro
-Strano? Non ha senso! Vi dico che sarà solo una coincidenza..- affermò brusco. L'idea che fossero collegati in qualche modo, anche di sangue non gli dispiaceva molto, ma gli sembrava una cosa troppo assurda e insensata. Aveva già dovuto sopportare il fatto che i suoi veri genitori lo avessero abbandonato, anzi, questo fatto ancora non gli andava giù completamente. Perché non lo avevano voluto? Si era sentito così strano, così uno schifo quando aveva conosciuto la verità, e non voleva fare il bis. E, sinceramente non voleva e non poteva credere che avesse dei fratelli, o cugini che, per una coincidenza del fatto si trovassero nello stesso college suo. Era una presa in giro bella e buona, tutto qui. Non voleva illudersi inutilmente, e poi, aveva rinunciato a volere una famiglia tanto tempo fa. I due si osservarono confusi, prima di gettare lo sguardo al focoso che si mise a braccia incrociate, non volendo saperne altro.
-Sì, però provare non costa nulla. Infondo non ci perdiamo niente, no?- si fece coraggio Donnie. Aveva sempre sentito la mancanza di una famiglia, non perché quella che avesse non era stata buona con lui, tutt'altro. Ma erano sempre stati così assenti, e lui si era sentito così solo. Ed ora si trovava dinanzi la possibilità di aver trovato quella vera. Con cui andava abbastanza d'accordo oltretutto. Era un'occasione che non poteva perdere.
-Provare cosa?- chiese scettico il rosso, mentre Leonardo osservò il più piccolo che sembrava dormire, girato dal lato opposto, dandoli la schiena. Non sapeva se dovesse svegliarlo per chiedergli se, anche lui fosse un'orfano, ma preferì non disturbarlo, al momento, tornando al discorso di Raph e Donnie.
-Ho un laboratorio nel mio appartamento. Potrei prelevare una fiala di sangue da ognuno e controllare se..- non terminò la frase che Raph sbatté la mano sulla scrivania facendo sobbalzare non solo Donnie, mentre Leo lo osservò scettico, non capendo quell'improvviso distacco. Pensava che andassero d'accordo. 
-Beh, io non ne voglio sapere niente!- ruggì, decidendo di uscire, con le chiavi in mano e sbattendo forte la porta. I due si guardarono dispiaciuti, prima di volgere gli occhi su Mikey che non si era mosso di un millimetro. Nemmeno una bomba atomica lo avrebbe svegliato, pensò scherzoso, l'azzurro, mentre Donnie si avviò fuori, seguito subito dopo da Leo.
-Smettetela! Ho detto no, è no rimane.- sbottò, avanzando a grandi passi con i pugni serrati, lungo i fianchi che formicolavano vogliosi di sfogarsi su qualcosa
-Raph, va bene, okay? Non vuoi né farlo e né parlarne. Per me va benissimo, ma ora vedi di calmarti. Restiamo comunque amici, no?- domandò ragionevole, Leo, mentre il diretto interessato diminuì l'andatura fino a fermarsi, traendo un profondo respiro da riempire entrambi polmoni prima di sbuffare per cacciare fuori tutta quell'aria e calmarsi. Donnie si morse il labbro inferiore, gettando lo sguardo al cielo stellato, deluso di non poter ottenere le risposte desiderate, ma, al tempo stesso, sollevato. Se non avessero avuto nessun legame, la notizia lo avrebbe un po' sconvolto. Era meglio convivere con il dubbio che rimanere con la certezza che, effettivamente non avrebbe mai ritrovato la sua vera famiglia.
-Certo.- rispose piano il focoso, girandosi per guardarli negli occhi con un mezzo sorriso, ringraziandoli mentalmente per non aver voluto approfondire l'argomento che lo faceva soffrire più di ogni altra cosa al mondo.

Calò un silenzio inquietante, interrotto solo dal ticchettio dell'orologio di Raphael sopra al comodino. Gettò uno sguardo alla porta d'ingresso, osservandola indeciso su cosa fare, ma poi si alzò, recandosi in bagno, continuando a riflettere su ciò che aveva detto Leo. Avevano davvero un legame quei tre? Sarebbe stato bello. Come in una favola a lieto fine, ma quella era la vita, no? La felicità non esisteva lì e nemmeno il "per sempre". Tutti abbandonavano tutti, se ne andavano.. per la loro strada.
Però, certo che pensare di avere una famiglia! Quell'idea non lo aveva mai sfiorato prima d'ora. Pensava sempre di essere solo, ma mai aveva creduto di avere quel diritto, quello di possedere una famiglia tutta sua. Peccato, però che non l'avrebbe mai avuta. La sua storia era una di quelle dove il lieto fine non era concesso. Anzi, era senza la parola "fine" è basta. Questo perché, lui esisteva, ma si sentiva davvero vivo, si sentiva libero, si sentiva di possedere tutto? No, affatto. Non era niente, non era vivo, e non possedeva nulla di così importante per colmare quel vuoto dentro, profondo quanto un burrone.
Cercò di non pensarci, però. E, vedendo che fossero già le 19:56, decidette di sbrigarsi. Se voleva rapinare qualcosa come una banca, per ottenere più soldi possibili in modo che, pagando anche quei bulli, loro non lo avrebbero picchiato più e avrebbe avuto i soldi necessari anche per mangiare qualcosina senza chiedere prestiti a Donnie, avrebbe dovuto muoversi. Purtroppo non poteva punirsi, stasera, e questo fu un colpo durissimo da sopportare. Bramava così tanto quella lama che continuava a chiamarlo, vogliosa di essere usata ancora una volta, ma doveva resistere. Con un po' di fortuna poteva pensarci dopo. Si sciacquò il viso, avviandosi alla porta per uscire. Appoggiando una mano aperta sul legno, azzurro così liscio cercò solamente di respirare. Doveva proprio farlo? Non poteva punirsi e basta? Strizzò gli occhi, stringendo la mano a pugno e abbattendolo contro il legno duro di quella porta, senza, però lasciare segni prima di uscire tirando la maniglia con la mano libera. E, prendendo la sua arma ninjia si diresse sopra i tetti, cercando di non farsi vedere da nessuno, saltando da un palazzo all'altro.
Sbatterono le palpebre increduli, mentre piegarono, in contemporanea un sopracciglio, non capendoci più niente. Erano riusciti a calmare Raph, e stavano per tornare all'appartamento, quando, Mikey uscendo silenziosamente dalla porta, e, senza farsi vedere da nessuno, o quasi, si arrampicò su un palazzo, fino a scomparire nella notte. Sembrava un ninja, ma era impossibile, insomma, perché mentirgli? E poi, dove stava andando?
-Che facciamo, lo seguiamo?- domandò Raph serio, volendo capirci di più, incrociando le braccia al petto. Sperando che non si fosse cacciato in qualche altro guaio, anche se una rissa non gli dispiaceva affatto in quel momento, mentre osservò di sottecchi i ragazzi.
-Seguire chi?- quasi sobbalzarono a sentire quella voce e, girandosi poterono riconoscere Cat, Viola e Gwen. Le ragazze che avevano conosciuto quest'oggi.
-Niente.- disse subito, Leo, mentre gesticolò, facendo dei segni ai ragazzi, coll'intento di comunicare loro di seguire Michelangelo, senza farsi capire dalle ragazze che lo osservarono con sufficienza, credendolo un po' fuori.
-Beh?- sbuffò Gwen, incrociando le braccia, in'attesa di una risposta, mentre Raph la osservò minaccioso, non sopportando quell'atteggiamento nei suoi confronti.
-"Beh?" cosa?- domandò di rimando, tenendole testa, mentre Donnie si spiaccicò una mano in faccia, temendo che non avrebbero finito presto di "parlare".
-La cosa sembra interessante..- commentò Viola, affiancando il genio che le sorrise imbarazzato, mentre giungeva Light insieme a Venus, entrambe con un cono gelato in mano. 
-Vuoi rispondere tu alla mia domanda, o sei troppo idiota per farlo e preferisci farmi il verso?- commentò accigliata, Gwen, avvicinandosi il giusto per poterlo osservare dritto negli occhi, in tono di sfida
-Come va ragazzi?- chiese Venus, cercando di ignorarli, mentre Cat la osservò con un sopracciglio alzato, come a dire "la vedi la situazione, no?", per poi fare spallucce e negare col capo, non avendo molto da dire, incrociando le braccia al petto, e gettando uno sguardo alla notte oscura.
-Cat è la solita tetra, Leo.. mi sa che sta per avere un'emicrania. Gwen sta a litigare con il focoso, e Viola discute con il suo nuovo bf, Donnie.. Penso, tutto bene.- concluse Light, ignorando le occhiatacce che ricevette, gustando indifferente il suo gelato a due gusti, mentre Leo si teneva le tempie con la mano, innervosito da tutte quelle lamentele da parte dei due litiganti.
-Bf?- chiese, allora Donnie, con un sopracciglio alzato, non capendo quel termine, mentre Viola arrossì, blaterando in cerca di una scusa, mentre gesticolava convulsamente con le mani, pensando ad una scusa plausibile.
-Significa boy-friend.- rispose pacata Venus, scoppiando a ridere per la faccia che fece Donnie che, con occhi e bocca spalancate, rosso come un peperone cercò di negare, ma ne uscirono solo frasi sconnesse.
-Sì, effettivamente sembra tutto a posto. E' difficile essere le uniche normali tra tanti.. strani?- gli prese in giro, Light, con un ghigno, attirando, su di sé la furia omicida di Raph che gli si avvicinò furente.
-Cosa avreste, voi di normale? Fatemi capire.- provò a discutere pacifico, incrociando le braccia al petto, e osservandole serio, mentre Venus e Light si osservarono con uno sguardo complice
-Siamo più sani di mente di te, forse?- domandò Venus con un ghigno, mentre infilò le mani in tasca, osservandolo sicura di sé
-Preferisco non rispondere, o farai una brutta fine. Non importa se sei una ragazza.- proclamò, stringendo i pugni, pronto a perdere la calma definitivamente da un momento all'altro
-Sicuro che sia questo il motivo?- lo sbeffeggiò, Gwen, sogghignando, mentre Cat alzò gli occhi al cielo, stufa, ed allora notò una figura su un tetto che li stava osservando. Riconobbe subito gli occhi azzurri e brillanti di Mikey che riflettevano in quella notte scura, e non poté che inclinare il capo da un lato, non capendo cosa stesse facendo, ignorando i tre litiganti, mentre si aggiunse; non si seppe come, anche Light, tra gli sguardi increduli di tutti, mentre a Leo stava per esplodere la testa per via di tutta quella confusione.
-Riguarda Mikey, per caso?- osò chiedere allora, la ragazza, infilandosi i pollici nelle tasche, a sguardo basso, con le ciocche che le coprivano il volto; rivolta a Leo che cercava di frenare le parole dure di Raph. L'azzurro osservò Cat, indeciso se rispondere o meno alla domanda posta, ma preferì guardare i suoi amici, e, approfittando del fatto che Raph si fosse calmato, essendo che, quella domanda aveva avvolto tutti in un'alone di silenzio parlò.
-Sentite ragazze, non abbiamo tempo da perdere. Ve lo spiegheremo un'altra volta, adesso andiamo.- spiegò brevemente, Leo, dispiaciuto, mentre i due ragazzi annuirono, avviandosi nella direzione dove avevano visto sparire il più piccolo
-Okay.- sussurrò Cat, indifferente, chinando, lievemente lo sguardo serio verso il terreno, mentre Gwen e Light sbuffarono indignate; offese, nonostante fossero, anche loro un po' preoccupate. Speravano tutte che non fosse accaduto nulla di grave.

-Dov'è? Eppure era andato da questa parte..- commentò, stranito Leo, mentre Raph controllava il perimetro sul cornicione del tetto. Rivolse l'attenzione al genio che stava smanettando sul telefono, calcolando, forse, la posizione esatta di Michelangelo.
-Secondo i dati del satellite, è diretto nei pressi della banca Green.- spiegò con calma, alzando lo sguardo su di loro che lo fissarono increduli, non potendo credere alle loro orecchie
-Sei riuscito a violare la rete militare dello stato americano?- domandò, con occhi e bocca sgrananti; Leo, avvicinandosi per controllare quel rivelatore, come per volerne una certezza sicura.
-Già.- ammise colpevole, grattandosi il capo imbarazzato, mentre posava il suo macchinario, insieme al telefono, nella tasca -Non preoccupatevi. Non ci scoprirà nessuno dall'FBI, se è ciò che temete, però, ora andiamo.- disse con un sorriso sicuro
-Secondo te dovrei credere che, Mikey si è diretto in banca a prelevare dei soldi a quest'ora? Oltretutto è chiusa, e lui è minorenne.- protestò il focoso, incrociando le braccia al petto. Temeva stesse per fare qualcosa di grave, qualcosa da cui, poi non sarebbe potuto più tornare indietro, ma preferì non crederci, scacciando ferocemente quel pensiero amaro dalla testa, continuando ad attendere una risposta da i due che lo avrebbe, almeno in parte rasserenato, ma che non arrivò.
-Non ci costa nulla controllare.- affermò l'azzurro, pacato, con un mezzo sorriso sulle labbra, temendo, in parte la stessa paura del focoso, prima di balzare, atterrando in mezzo alla strada, e correndo verso la meta, seguito dai due.

Si infilò nella conduttura, situata sul tetto, intrufolandosi dentro, e cercando di essere il più silenzioso possibile. Aprì la graia che produsse un lieve ma forte rumore metallico, posizionandola, poi, verticalmente al suo fianco. Sospirò, osservando il pavimento rosso scuro della banca, setacciato di laser d'allarme. Studiò le posizioni delle telecamere, e così decise di avanzare tra i condotti, per raggiungere la stanza del quadro centrale, per evitare di rischiare di essere scoperto con così tanta facilità. Si mise a carponi, aprendo la seconda graia per poi appoggiare le mani sull'estremità della conduttura, pronto a calarsi fuori. E, con un balzo felino atterrò dietro una colonna bianca. Studiando la posizione delle telecamere del secondo piano cercò di non farsi individuare da loro, mentre, con una capriola raggiunse la porta socchiusa della sicurezza. Osservò l'interno della stanza, chino su un ginocchio, mentre sfoderò i suoi nunjiaku dalla cinta marrone, allacciata intorno alla vita. Con un'altra capriola si addentrò all'interno, e, con uno scatto colpì una guardia e avvolse l'altra, che si stava gustando un caffè fumante dentro un bicchiere di carta, alla sedia con la catena della sua kusarigama nascosta, il quale iniziò a dimenarsi, ma, con una velocità scattante lo raggiunse, colpendolo alla testa e facendogli perdere i sensi. Ne trasse un sospiro, e, abbastanza soddisfatto disattivò gli allarmi e le telecamere. Adesso che il più era fatto poteva rubare tutto il necessario.   
Si voltò, rifoderando l'arma, ma sobbalzò nel vedere i tre ragazzi che lo guardavano ad occhi sgranati, increduli che stesse accadendo per davvero. Indietreggiò spaventato, urtando la sedia vuota dell'altra guardia che era riversa al suolo, non capendo come lo avessero raggiunto. Era stato bravo ad essere furtivo e silenzioso come un ninja, e poi, loro si erano fermati a parlare con le ragazze, gli aveva visti. Strinse i pugni, mentre Leonardo gli rivolse uno sguardo deciso e deluso al tempo stesso.
-Cosa stai facendo?- gli domandò pacato, come per dargli una possibilità di spiegarsi, ma lui non poteva rispondergli, non avrebbero capito. Così, con malgrado sguainò, di nuovo le sue armi, posizionandosi a gambe divaricate, pronto a lottare. Era certo che, ora come ora non gli avrebbero creduto, e di certo non sarebbero più stati amici. Avvertì un tuffo al cuore, sorpreso da se stesso per come gli avesse chiamati; amici. Proprio ora che gli accettava aveva rovinato tutto, ma non gli avrebbe permesso di condurlo in prigione.
-E così ci hai mentito.- sussurrò Raph, assottigliando lo sguardo, mentre si mise in posa di combattimento. Sgranò gli occhi, dispiaciuto da quell'affermazione e temendo per quello che il focoso gli avrebbe potuto fare. Adesso ne era certo; lo odiavano. Avvertì un dolore accecante al petto, un crack immaginario; il suo cuore si era spezzato, ancora, ma, stavolta era tutta colpa sua.
Inspirò profondamente dal naso, tenendo saldamente la presa sui suoi nunjaku, sperando che l'aria gli infondesse più coraggio possibile, mentre Donnie e Leo, anche se tentennando si misero in posa, pronti a sconfiggerlo, nonostante non possedessero alcuna arma, a differenza sua.
-Perché Mikey? Sei un ragazzo prodigio, sei riuscito a raggiungere precedentemente il traguardo del diploma! Ed è così che sprechi la tua dote? Rubando?- affermò Donnie, terribilmente deluso da quella scoperta. Non si aspettava che quel bambino così ingenuo e sereno potesse risultare un pericolo così grande. Era riuscito ad entrare senza alcun problema, ed aveva sconfitto due guardie in un modo impeccabile, ma se usava le sue abilità per derubare non potevano lasciarlo a piede libero.
-Sei un bravo ninja, potresti aiutare gli altri, e invece..- commentò Leo, assottigliando lo sguardo, mentre una rabbia accresceva dentro Mikey, accecandolo. Loro non sapevano niente, non conoscevano il suo dolore, tutta la sofferenza e i problemi che si portava dietro, e quindi perché lo giudicavano? Non sapevano quanto fosse difficile per lui tutto quello? Non voleva rubare, non lo aveva mai voluto, ma era sempre costretto da altri. Strinse convulsamente la presa sull'arma, ringhiandogli contro e strizzando gli occhi. No, questa volta era, esclusivamente tutta colpa sua. Ma se si sarebbe fatto prestare sempre soldi da Donnie, alla fine avrebbero avuto dei sospetti su i suoi genitori. Potevano capire che, i suoi non sapessero niente di dove si trovasse e di cosa stesse facendo, e lo avrebbero costretto a tornare a casa, e lui non voleva, non poteva. Ma adesso avrebbe dovuto per forza.
-Sono un ladro, e quindi? Mi piace rubare agli altri, qual è il problema se uso le mie, cosiddette "capacità" per fare del male agli altri? Non mi sembra sia un problema.- gli sbeffeggiò, cercando di ottenere coraggio e controllo su se stesso. Vedendogli fremere si rimise in guardia, assottigliando lo sguardo maligno, non poteva perdere -Che volete fare adesso, eh, ninja?- gli prese in giro, deridendo sull'appellativo, mentre loro avanzarono. Volevano combatterlo, ma non potevano, non ci riuscivano. 
-Dammi quei nunjaku è nessuno si farà male.- commentò Raph, serio, mentre protendeva la mano verso di lui, non volendo davvero combatterlo. Si conoscevano da poco, ma cosa importava? Ognuno di loro si era legato così tanto all'uno e all'altro che non riuscivano a vederlo come un nemico.
-Scordatelo.- disse secco, stringendo la presa -Beh? Siete diventati delle statue o avete paura?- provò ancora a deriderli, sperando che abboccassero, in modo che, se si precipitavano su di lui, lasciando libera la porta di uscita, lui sarebbe potuto scappare. 
Il piano sembrò funzionare. Infatti, Raph, colmo di rabbia per essere stato imbrogliato in quel modo si avventò contro di lui. Riuscì a schivarlo appena in tempo, ma, con Leo e Donnie che difendevano la porta non poteva scappare. Sfuggire e indietreggiare agli attacchi del focoso fu abbastanza facile, ma lo sfiancò, finché un pugno non lo colpì in pieno petto, facendolo andare a sbattere, di schiena contro il muro. Rimase scombussolato, scuotendo il capo per riprendersi, affannato, reggendosi il petto con entrambe le mani, per il forte colpo subito. Sussultò, osservando il rosso sottrargli l'arma con uno scatto veloce. 
-Ridamela!- ordinò con voce rauca. Stava per piangere, ma non poteva, doveva essere forte, combattere, riuscire a domare la paura e il dolore. Così si mise, con un balzo in posizione di attacco, ma il dolore al petto era così forte che cedette, crollando in ginocchio, mentre Donnie e Leo ne approfittarono per affiancare Raph, circondandolo con uno sguardo severo e deluso che lo angosciò, smorzandogli il poco fiato che aveva in corpo. Adesso poteva correre verso la porta, sarebbe stato facile, ma, senza i nunjaku? Non poteva lasciarli a loro, come avrebbe potuto comprarne un'altra? Ne aveva bisogno.
-No, Mikey. Basta.- ruggì Raph, piano, mentre lo osservava dall'alto con uno sguardo tremendamente deluso. Si fidava, loro si fidavano di lui, e lui gli aveva traditi. Si sentì così in colpa, abbassando il capo e mordendosi il labbro inferiore fino a farlo spaccare, assaporando i pochi rivoli di sangue che ne uscirono, concretizzò di essere solo lui la causa di tutte le sue sofferenze e dei suoi problemi. Doveva andarsene. -Come hai potuto mentirci in questo modo? Non voglio più saperne niente di te!- affermò schifato, Raphael, stringendo i pugni, voglioso di sfogarsi. Non poteva ancora crederci, gli risultava troppo impossibile, ma la realtà era proprio lì, dinanzi ai suoi occhi.
-Io..- sussurrò impercettibile, tra i singhiozzi, mentre loro rimasero in attesa. Mettevano così in soggezione, ma non poteva spiegare, e nemmeno restare. -Mi dispiace.- disse piano, alzandosi e correndo fuori, mentre le lacrime scivolarono lungo il suo viso. Se ne sarebbe andato, non poteva più rimanere, non adesso che avevano scoperto che cos'era.
Si precipitò dentro, tra gli affanni, chiudendo a chiave la porta ma rimanendola attaccata alla serratura, in modo che Raph non avrebbe potuto aprirla inserendo la sua di chiave. Aprì in fretta l'armadio, ignorando il dolore pulsante alle gambe e ai polmoni per tutta la corsa sfrenata a cui si era sottoposto, iniziando a posare la sua roba nella valigia. Per fortuna non l'aveva disfatta completamente e gli fu facile completare il lavoro in fretta. Si passò una mano tra i capelli disperato. Dove sarebbe andato, adesso? Non voleva tornare in quella casa. Singhiozzò, coprendosi la bocca con la mano, mentre il suo sguardo ricadde sulla porta del bagno, ricordandosi di aver lasciato il borsello all'interno entrò, lasciando la valigia sopra al letto, mentre quella contenente la chitarra, aveva deciso, sarebbe rimasta lì. Era più al sicuro là sotto che con lui, e poi, era come un regalo d'addio.
Lasciò la porta socchiusa e accese la luce, ammirando le tante stelle oltre la finestra chiusa ma con le tapparelle spalancate, perdendosi in quell'immenso cielo notturno. Osservò ogni centimetro di quella stanza, dalla doccia alle mattonelle, consapevole che gli sarebbero mancati quei pochi comfort ottenuti in quella breve esperienza. Gli sarebbe mancato tutto; il letto comodo, la mensa, quei ragazzi. L'unica cosa di cui non avrebbe sentito la mancanza sarebbero stati Drak e Josh. Di quelli avrebbe fatto volentieri a meno. Si soffermò sul suo borsellino, e, quasi meccanicamente lo aprì, desideroso di finire per davvero il lavoro. Aprì la forbice, posizionando la lama sul polso dopo essersi alzato la manica verde, bloccandosi un'attimo solo per rivolgere un'altro sguardo al cielo.
-Mi dispiace. Ma, comprendimi.. Non c'è la faccio.- sussurrò rauco, diretto e lei. Era deluso da se stesso, aveva infranto la promessa, ma ora era stato scoperto da loro. Stavolta aveva intenzione di non fermarsi, sarebbe annegato in quel piacevole dolore. Mentre osservava i suoi occhi vuoti attraverso lo specchio sentiva il sangue scivolare via come un fiume in piena da i tagli che aveva iniziato ad incidersi sulla pelle già densa di cicatrice, ma, mordendosi il labbro con forza, resistette al piacevole dolore che lo accecava, intanto che, a terra si formava una vera e propria pozza vermiglia. Strizzò gli occhi, continuando a infliggersi quella tortura che lo rassicurava, sollevandolo da quel peso, quel macigno. La vista gli si fece offuscata e le gambe tremolarono fino a crollare al suolo, inginocchio, non riuscendo più a reggerlo e inzuppando i jeans chiari del suo stesso sangue cremisi, ma questo non lo fermò dall'uccidersi. Doveva continuare, doveva, doveva.
Avvertì una porta spalancarsi di botto, quasi come se l'avessero sfondata e, probabilmente era così; sentì poi dei passi veloci finché delle mani non lo presero per i polsi e altre sostennero per le spalle, mentre boccheggiò sfinito, con il capo dondolante. Si sentiva così debole, così stanco. Fece forza sulla forbice, cercando di tenere salda la presa sul suo polso ormai distrutto ed irriconoscibile, ma qualcosa gli è lo impedì, qualcosa voleva togliergli quel privilegio.
-Mikey, fermo! Mikey!- qualcuno lo chiamava, ma la voce risuonava così ovattata. Strizzò gli occhi, socchiudendoli per cercare di osservare meglio, di mettere a fuoco la persona dinanzi. Riconoscendo due occhi verdi luccicanti sobbalzò. Perché era lì? Perché lo stava fermando?
-F.. ammi... continuare.. Io n.. on merito.. di vivere..- balbettò con difficoltà, con voce lacrimevole e flebile, mentre cercava di tirare, con la mano tremolante verso di sé la forbice, ma Raph fu più forte e gli e la sfilò di mano, con uno scatto.
-Andrà tutto bene.- lo rassicurò un'altra voce che non riuscì a decifrare, ma era ovvio che fossero tutti lì. Però non capiva. Non dovevano aiutarlo a fermarsi. Dopo quello che aveva fatto, dopo tutte le menzogne, avrebbero dovuto lasciarlo fare.
-N.. on mi.. odiate?- chiese in un sussurro, con un velo di scetticismo nella poca voce che gli rimaneva. Sì sentì prendere di peso, da delle braccia possenti e, suppose fosse Raph. Era lui infatti, e lo vide guardarlo serio e accigliato, mentre un flebile grugnito uscì dalle sue labbra per quella domanda inutile.
-Sei un'autolesionista?- chiese schifato, storcendo il naso per l'odore nauseabondo che aveva impossessato il bagno, e con una smorfia sul volto mentre lo conducevano, in fretta dentro la macchina di Donnie che si era proposto di condurlo nel suo appartamento, per portarlo nel laboratorio e curarlo.
Ingoiò un groppo di saliva, mentre le lacrime scivolavano sul suo volto, avvertendo un dolore acuto al petto nel constatare che, sì, lo odiavano. E, ora che avevano scoperto il suo segreto cosa avrebbe fatto? Non poteva più provare piacere nel punirsi. Non era giusto.
-Non provare a ringraziarmi. Se fosse stato per me ti avrei lasciato lì a terra.- affermò nervoso, ma era la rabbia a parlare, mentre Leonardo, con sconforto aiutò il rosso ad adagiare il più piccolo sul sedile posteriore, disteso, per poi andarsi a sedere, di tutta fretta davanti, mentre Raph si sedette accanto a Mikey, facendogli appoggiare la testa sulle sue gambe, mentre gettò uno sguardo al finestrino, tenendosi il mento con la mano, e osservando il paesaggio sfrecciare dalla parte opposta alla loro.
-Rimani cosciente, okay?- esclamò Donnie, osservandolo dallo specchietto retrovisore, mentre svoltò a destra, diretto verso il centro della città per giungere, il più velocemente possibile al suo appartamento, mettendo in prima.
-No.- rispose piano, osservando il tetto bianco panna della macchina, mentre Raph e Leo si voltarono in sincronia su di lui, increduli da ciò che avesse detto. Voleva lasciare questo mondo, in questo modo? Il cipiglio nervoso di Raph non era ancora scomparso e, quelle parole lo aiutarono solo ad irritarsi di più, mentre osservava il più piccolo respirare talmente piano con un volto pallido che era, come fosse già defunto. 
-Cosa? Ma, Mikey non puoi morire.- Donnie svoltò ancora, cercando di arrivare immediatamente, ma mai come ora la strada davanti a lui si era fatta così interminabile, mentre Raphael sbuffò, troppo deluso da Mikey. Si aspettava di meglio, non un ladro autolesionista che imbrogliava la gente mostrando il suo falso lato dolce.
-Desideri così tanto morire, solamente perché hai cercato di derubare una banca? Beh, avresti dovuto rifletterci meglio, prima di commettere questo errore.- sbottò serrando la mandibola, gettando uno sguardo all'autista, voglioso che si muovesse. Anche se gli aveva imbrogliati non poteva permettere che morisse in quel modo.
-Non.. è per.. quello.. I.. nsomma.. P.. erché.. dovrei.. vivere? No.. n mi.. resta niente..- sussurrò cupo, mentre avvertiva il mondo muoversi sconnesso, e la vista offuscarsi sempre più. Il respiro gli si fece ancora più lento se possibile, e sentì il suo corpo gelarsi, mentre le palpebre cedergli. Desiderava così tanto riposare, in quel momento.
-Hai noi.- tentò di rassicurarlo, Leo con un mezzo sorriso, nonostante avesse il cuore in gola nel vedere la figura di Mikey ricoperta di sangue che gocciolava fino ad adagiarsi sul tappetino e che quasi più non muoveva il petto, mentre il suo sorriso era del tutto scomparso, perso, e, dove aveva preso posto un volto terrorizzato e sofferente.
-N.. on è.. vero..- disse con voce rauca e spezzata. Raph sospirò, abbassando le spalle. Perché voleva farla finita? Proprio non capiva. Nessuno dei tre era intenzionato a denunciarlo o a fare la spia alla polizia, visto che, infondo non era riuscito a rubare niente, e poi era così giovane. Credevano che se gli avessero parlato, cercando di fargli capire che non dovesse rubare per forza, sarebbe bastato, ma invece no, lui, desiderava punirsi per quell'errore in ogni modo.
-Sei un'idiota. Dico davvero, Mikey. Adesso smettila di parlare e respira profondamente.- affermò Raph seccato, volendo finire quel discorso insensato, ma Mikey non gli diede retta, decidendo di abbandonarsi completamente a ciò che lo avrebbe atteso dopo, chiudendo le palpebre per potersi assopire, sicuro di poter finalmente abbandonare tutto quel mondo, tutto quel dolore.

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Capitolo 8
*** Come sta? ***


Come sta?
-Come sta?- chiese Raphael entrando nella stanza buia per via del balcone chiuso dalla saracinesca, e sedendosi di botto su una sedia, sfinito, accanto al letto matrimoniale dove avevano adagiato Michelangelo che continuava a dormire in un sonno profondo. Osservando Leonardo che, seduto all'estremità del letto coccolava Mikey, accarezzandogli i capelli biondi, si lasciò sfuggire un sospiro stanco e profondo, mentre si tenne la mano nei capelli dalle ciocche infuocate, intanto che gettò un fugace sguardo a Donnie che toglieva la flebo con la sacca del suo stesso sangue dal braccio di Michelangelo.
-Si è ristabilito. Il fatto che è riuscito a passare la notte è già un fattore positivo, ma ora dipende tutto da lui.- spiegò cupo, abbassando lo sguardo prima di dirigersi nel bagno della camera per andare a posare il kit medico, sotto lo sguardo vigile dei presenti che avevano passato la notte nel suo appartamento, nonostante nessuno dei tre fosse riuscito a chiudere occhio con tutta quella situazione inaspettata a cui erano incappati.
-Di cosa ti preoccupi, tu? Se non erro volevi lasciarlo lì a morire!- protestò l'azzurro, colto da una rabbia improvvisa, avvicinandoglisi di scatto e prendendolo per il colletto della maglia. Sollevandolo il giusto da guardarlo dritto negli occhi, mentre il diretto interessato rimase fermo, osservandolo serio, senza reagire. In attesa di riceve un gancio che, probabilmente sapeva di meritare.
-Ragazzi, smettetela.- disse Donnie, tornato dal bagno collegato con la camera, cercando di calmare le acque. Un piccolo sospiro uscì dalle sue labbra, mentre chinò il capo per quella scena così fuori luogo in un momento del genere dove l'aria era da prendere con le pinze. -Cosa ne dite se per un po' restate a vivere qui da me?- domandò poi, essendo che sarebbe stata la cosa migliore, senza che loro fossero costretti a fare avanti e indietro da i loro appartamenti per venire a trovare il ragazzo. Passandosi le dita sugli occhi stanchi, sbadigliò, mentre i due lo osservarono scettici, non aspettandosi una proposta del genere, ma infondo la casa era abbastanza grande per tutti e quattro.
-Okay. Allora, vado a prendere le nostre valige.- si fece avanti il rosso, parlando piano, con una nota di indifferenza nella voce che non suonò gradita dall'azzurro che assottigliò lo sguardo nella sua direzione, stringendo i pugni, ma restando calmo, nel vano tentativo di ottenere il pieno controllo su se stesso e sulla poca lucidità che gli era rimasta attiva in tutta quella confusione dell'altra sera. Cercando solo di ignorare la sua presenza. Alzandosi, Raph, scansò Leonardo che continuava a mandargli saette di sfida, mentre lui si diresse fuori dalla stanza, prendendo con uno scatto secco le chiavi della sua macchina che era andato a prendere qualche ora fa e che aveva lanciato malamente sul tavolino di vetro che rifletteva limpido alla luce dei raggi del sole che passavano dal balcone con le tende bianche neve spalancate.
-No, aspetta.. Non dovremo informare l'istituto o almeno i suoi genitori?- chiese il viola d'un tratto, come risvegliatosi da i suoi pensieri, raggiungendolo in fretta, seguito dall'azzurro che non poté evitare di mandare uno sguardo malinconico a Michelangelo prima di dirigersi in soggiorno, all'ingresso.
-A quello ci penso io, così ne approfitto per prendere anche le mie, di valige.- affermò seccamente, prendendo le chiavi della sua macchina che aveva appoggiato sul tavolino di vetro davanti al divano di sei posti. 
-Guarda che siamo venuti solo con una di macchina.- gli fece presente Raph, mentre Leo spalancò gli occhi, portandosi una mano alla nuca, imbarazzato di essersene dimenticato. Ma, con tutta quella situazione, e la stanchezza mattutina era difficile essere lucidi.
-Quindi che facciamo?- domandò piano, osservando le sue chiavi con riflessione, pensando a tutto quello che fosse accaduto la notte scorsa, e di cui, era certo, ne avrebbe avuto gli incubi. Come dimenticarsi quella scena orribile di Michelangelo che non aveva più battito, ricoperto di sangue e loro che tentavano di farlo rivivere? Una scena indimenticabile. Era sicuro, non sarebbe più riuscito a chiudere occhio la notte. Mentre Donnie, abbassando le spalle e sbadigliando si diresse fiocamente accanto ad un comodino, vicino al cunicolo che separava il soggiorno dal corridoio, prendendo le proprie chiavi e lanciandogliele. Le prese di scatto, con i riflessi sempre pronti nonostante la stanchezza, osservando il genio con uno sguardo interrogativo.
-Puoi usare la mia. Io, invece resto qui a controllare la situazione, nel caso ci possa essere una ricaduta.- spiegò brevemente, sedendosi sfinito sul divano azzurro di pelle, e sorreggendosi il viso, con le mani sugli occhi, cercando di far passare quel senso di sonno e stanchezza che lo sfiniva, con le immagini di quella sera ancora vivide nella mente.
-Vedi di riposarti. Qui, tra noi, sei stato quello che ha fatto di più per guarirlo, prenditi il tempo di dormire un po'.- gli disse piano, Leonardo, appoggiandogli una mano apprensiva sulla spalla, prima di rivolgere uno sguardo accigliato al rosso che ringhiò in protesta, recandosi fuori, lasciando la porta d'ingresso aperta.
-Potete parcheggiare la macchina qui sotto. Ci sono dei posti liberi.- affermò, alzando lo sguardo su di lui che accennò ad un sì, dirigendosi fuori e chiudendo la porta. Scendendo velocemente le scale, osservò Raph che, a differenza sua camminava piano, come non avendo fretta, mentre pensava a come si fosse comportato con Mikey prima che crollasse in quel sonno profondo.
-Vedi di muoverti.- gli disse seccato, superandolo e raggiungendo il portone di legno -Dopo, puoi parcheggiarla sotto i portici qui accanto, comunque.- spiegò, riferendosi alla macchina e al discorso di prima di Donnie che lui non aveva seguito, recandosi alla macchina grigia del genio che, per la fretta l'aveva parcheggiata davanti al portone, quasi sul marciapiede, rendendosi conto solo in quel momento che fosse una macchina sportiva, una Lamborghini con precisione.
Entrò, chiudendo lo sportello che si alzava verso l'alto, ignorando l'odore, ancora fresco del sangue di Michelangelo. Raph era sceso a pulirla, ma, dall'aria viziata e secca che c'era sembrava il contrario. Si allacciò la cintura con un rumore secco, mentre mise in moto, con il rombo ruspante del motore, gettando un fugace sguardo allo specchietto retrovisore che indicava Raph, il quale, con nonchalance camminava a passo di lumaca, con le mani in tasca ed uno sguardo diretto al cielo del tutto indifferente, mentre si chinò per entrare nella sua macchina nera. Sbuffò innervosito, come poteva comportarsi in quel modo? Accelerò, mettendosi in strada velocemente ma con cura, recandosi all'istituto dove, stamani non avrebbe tenuto lezione.
Con tutto quello che era successo, Raph si permetteva il lusso di restarsene indifferente, quasi come se non gli importasse, come se non avesse vissuto la stessa scena di terrore, quasi degna di un film horror, e, probabilmente era così. Solo perché aveva tentato di rubare una banca non significava che Mikey fosse una cattiva persona. Anche lui era molto deluso da ciò che aveva osato fare ma non toglieva il fatto che fossero amici, e dovevano aiutarlo. Infondo, poteva anche averlo fatto per una buona causa, o perché ne aveva davvero bisogno. Al suo risveglio avrebbe avuto le debite risposte, ma ora; mettendo in prima per cercare di arrivare il più in fretta possibile, l'unica cosa importante era informare i suoi genitori dell'accaduto. Di certo, loro avrebbero saputo cosa fare per aiutarlo meglio di loro. Arrivò prima di Raph, così scese di corsa dall'auto, chiudendola velocemente e recandosi all'interno dell'istituto, dirigendosi in segreteria, non accorgendosi di cinque ragazze che lo seguirono con calma, desiderose di sapere.
-Mi scusi, vorrei i numeri dei genitori di Michelangelo Night.- disse frenetico, picchiettando le mani, nervoso sul bancone, mentre la donna che risiedeva dall'altra parte dello sportello lo osservò interrogativo, non comprendendo quel suo atteggiamento così irritato e impaziente e quello sguardo sfinito e sofferente di chi avesse corso una maratona di mille chilometri, ma provvedette a cercare i fascicoli richiesti. 
-Come mai Leo? Cosa gli è successo?- domandò Cat, facendolo sobbalzare, mentre si voltò verso di loro. Gwen lo osservava indifferente, ma, al con tempo alla ricerca di risposte, e lo stesso valeva per Light e Venus che picchiettavano la punta delle scarpe contro il pavimento in contemporanea, cercando di resistere alla tentazione di esplodere dall'impazienza, mentre Viola lo guardava dispiaciuto, temendo il peggio.
-Allora Leonardo Hamato? Vuoi dircelo, o no?- quasi urlò, Light alla fine, furiosa, cercando, poi di calmarsi e prendere un profondo respiro, non volendo fare pessime figure, ignorando gli sguardi scettici di alcuni ragazzi che passavano di là, diretti in classe.
-Michelangelo Night ha rilasciato a noi solo questo numero. Potrei sapere il motivo del perché lo desidera?- chiese la donna, tenendo in mano dei fascicoli richiusi in delle cartelle gialle numerate con le iniziali dei nomi, forse di ogni studente e di ogni classe che presentasse, per poi posarli al suo fianco, sul tavolo, iniziando a smanettare sul computer, gettando, di qual volta, lo sguardo a Leo che era rimasto come imbambolato, troppo confuso e assonato. Non poteva rivelare che avesse cercato di uccidersi, era meglio solo dire che fosse malato, per non far preoccupare o insospettire nessuno. Si riprese quando la donna, di nome Sandra; almeno così indicava il cartellino attaccato al suo petto, gli rivolse la parola, ancora una volta. 
-Secondo i nostri dati voi dovreste essere in classe. Mi spiace informarla, ma riceverà una nota di provvedimento, sia tu, Leonardo Hamato, che le tue amiche.- commentò stanca, finendo di controllare i registri, mentre Light si mordicchiò l'unghia dell'indice laccata di smalto nero, colpevole, essendo che era stata lei ad annunciare il nome del ragazzo ai quattro venti.
-No, ascolti signorina Sandra. Michelangelo si è sentito male, e ho bisogno di quel numero. Sono sicuro che i suoi genitori sappiano come comportarsi in questi casi, ma mi serve subito.- affermò serio, appoggiando le mani sul bancone, facendo sussultare la segretaria che non si aspettava una notizia del genere. Studiò il ragazzo, volgendo lo sguardo prima su di lui e poi sulle ragazze, fino a tornare a Leo, cercando di capire se si trattare di uno scherzo o meno, prima di decidersi e porgergli un fogliettino dove scrivette, con furia, il numero in questione. -La ringrazio.- sospirò sollevato, Leo, rivolgendo un sorriso soddisfatto alla donna che ricambiò, felice di essere stata utile in qualcosa di veramente importante per una volta. 
Si diresse fuori di corsa, ma, prima che potesse raggiungere la porta d'ingresso principale dell'istituto, una mano lo bloccò per il polso. Si voltò impaziente, non aveva molto tempo. I genitori di Mikey pretendevano di sapere al più presto le condizioni di loro figlio.
-Come sta?- chiese Cat velocemente, intanto che Light lasciò la presa al braccio di Leonardo, incrociando le bracia al petto, nel mentre che le restanti ragazze li raggiunsero.
-Non lo sappiamo ancora, ma vi terrò informate. Promesso.- affermò tra l'affanno e l'ansia, mentre Gwen, si incamminò nella sua direzione, lentamente e, con nonchalanse gli prese il telefono dalla tasca davanti del jeans, iniziando a smanettare velocemente, come un fulmine su di esso, sotto lo sguardo confuso e impaziente del leggitimo proprietario.
-Ora hai i nostri numeri, mantieni la promessa.- lo minacciò, assottigliando lo sguardo, e porgendogli di scatto il telefono che gli aveva prelevato senza permesso. Lui sorrise, accennando ad un lieve sì col capo prima di riprenderselo e dirigersi in fretta e furia verso il suo appartamento. Entrò di corsa, precipitandosi ad aprire l'armadio bianco, spalancando entrambe le ante e iniziando a tirar fuori tutta la sua roba, sotto lo sguardo attonito del suo coinquilino, disteso nel letto a leggere un fumetto.
-Come mai tutta questa fretta di andarsene, amico?- domandò tranquillo, tornando al suo giornalino, rimettendo in bocca un chumpa-chumpa. 
-Mi trasferisco. Non è troppo per te, se gli avvisi tu? Ho fretta.- disse seccato, buttando dentro la borsa tutti i suoi indumenti e le cose che gli appartenevano. Il ragazzo si passo una mano tra i capelli neri ribelli, grattandosi il capo indeciso, ma poi mugugnò affermativo con quel dolcetto in bocca, facendo l'okay con la mano chiusa a pugno ed il pollice sollevato verso l'alto. -Grazie mille, Casey. Sei davvero un grande!- si complimentò, sollevato di non dover trattenersi oltre, mentre mise in ordine la sua parte della stanza, prendendo il suo borsone rosso a tracolla.
-Lo so!- affermò con un sorriso che mostrava alcuni denti mancanti, mentre si tolse con un sonoro "smack" delle labbra il chumpa-chumpa, tenendolo nella mano libera
-Come mai non sei a scuola, quest'oggi?- domandò interrogativo, prima di posare le chiavi dell'appartamento sulla scrivania arancione che condividevano fino a poco fa
-Oggi non mi andava molto, così mi sono dato per malato. A presto, amico.- lo salutò con un cenno della mano, prima di rimettersi in bocca quel lecca-lecca al gusto di vaniglia, tornando a leggere il suo fumetto di super-eroi.
-La mia macchina la verrò a togliere dopo dal garage. A presto.- salutò anch'egli prima di volare come un fulmine, correndo fuori e infilandosi in macchina, inserendo le chiavi, pronto a ripartire.

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Capitolo 9
*** Chitarra ***


Chitarra
Sbatté la porta con forza, rischiando anche di incrinarla, ma non era un suo problema, non più almeno. Digrignò i denti, prendendo la valigia e mettendoci dentro tutti suoi indumenti, compreso la sveglia incrinata e mezza distrutta ma che, imperterrita continuava a funzionare fracassandogli i timpani ogni mattina. La ficcò dentro, chiudendo le ante dell'armadio gialle, osservandosi intorno alla ricerca di qualcosa che potesse essersi scordato, ma, per fortuna la sua roba era dove doveva essere. Così si diresse in bagno, aprendo la porta rimase pietrificato nel constatare che fosse tutta ricoperta di sangue. Rabbrividì a quella vista, strizzando gli occhi e serrando i pugni. Se era successo tutto quello, la colpa era, in parte sua. Se non si fosse lasciato controllare dalla rabbia, quella sera.. Lo aveva ferito, lo aveva insultato. Si portò una mano tra i capelli, stringendo alcune ciocche, e continuando a tenere lo sguardo basso verso quella scena così raccapricciante, ma, prendendo un profondo respiro, iniziò a pulire. Non poteva lasciare il bagno in quello stato, ed era una fortuna che nessuno fosse venuto a controllarli, o sarebbero stati nei guai. Strizzò il panno impregnato di sangue, iniziando a lavorare. A pulire non era stato molto bravo, figurarsi a tirar via le tracce di sangue, ma c'era una prima volta per tutto. Passò lo straccio per terra, pulendo energicamente in modo che non rimanesse tracia di quell'esperienza così cruenta. E dire che non avrebbe mai pensato che un ragazzino solare come lui potesse compiere un gesto tanto scellerato. Si passò un braccio sulla fronte, asciugandosi le piccole gocce di sudore prima di cominciare a pulire le mattonelle sulla parete. Incredibile come il sangue fosse schizzato fino a quel punto, così in alto. Gettò uno sguardo alle piastrelle azzurre a terra che aveva appena finito di pulire; limpide e luminose che risplendevano di luce, in contrasto con quello di cui erano state protagoniste la sera scorsa. Sbuffò, alzandosi in piedi appena ebbe terminato anche quello, ma ora doveva pulire lo specchio ed il lavello. Il suo sguardo si soffermò, però sul borsellino, bianco e nero, a strisce, di Mikey, lasciato impudentemente a terra, in un'angolo dove si era dimenticato di passare, ma dove, contrariamente a ciò che si aspettava, non risiedeva nessuna macchia. E dove aveva scagliato i nunjaku sottratti precedentemente a Mikey quella sera stessa, troppo scosso dalla visuale a cui era stato sottoposto. I ricordi tornarono in un botto; lui che sorrideva, felice del gesto che stava compiendo, mentre le lacrime scorrevano sul suo volto, in contrasto con la sensazione di prima. Sembrava così sereno, ma, tutto quel sangue impediva veramente di crederci. Era rimasto così shockato. Non poteva credere che stesse per farla finita, mentre Leo e Donnie si erano precipitati su di lui con l'intenzione di fermarlo, urlandogli contro per farlo riprendere, ma lui non li sentiva, così si era ripreso ed era intervenuto, prendendogli l'arma dalle mani e che ora risiedeva a pochi passi da lui, dentro al lavandino. Era riuscito a fermarlo, ma lui non voleva essere fermato, bensì desiderava davvero uccidersi. In parte capiva le sue sensazioni. Si sentiva perso, e, da ciò che aveva affermato non aveva nessuno. Proprio come lui. Chinò il capo malinconicamente, iniziando a pulire frenetico quelle chiazze di sangue secco, cercando di sbrigarsi, nonostante il tempo stesse passando con una lentezza estrema. Appena terminò di lavare lo specchio, la sua attenzione venne dedicata totalmente alla forbice, l'arma da cui tutto aveva avuto inizio. E, non poté non chiedersi quante volte quell'arma avesse collaborato nel lavoro di Mikey per distruggerlo, sempre di più, pezzo per pezzo. Gettò uno sguardo indietro, raccogliendo il borsello da terra e ficcandoci dentro la forbice, ma poi, con una smorfia decise di rimuoverla per sempre dalla vita di Mikey. Aveva convissuto troppo con quel fardello, adesso lui, loro lo avrebbero aiutato ad alleggerirlo, e a farlo scomparire nel nulla per sempre. Gettò la forbice dentro al suo, di borsello, verde, certo che sarebbe stato più al sicuro lì, prima di metterli, entrambi nelle rispettive borse. Un fatto positivo era che Mikey non aveva disfatto le valige. Sì mise le due borse in spalle e studiò la stanza un'ultima volta, come se una sensazione impellente gli dicesse che avesse tralasciato qualcosa, ma non capiva cosa. Osservò ogni millimetro di quel perimetro, fermandosi sul letto di Mikey, ma lì aveva già preso tutto. Così, sollevato anche se in parte, si diresse alla porta, con entrambe le chiavi dell'appartamento in mano. Doveva consegnarle a chi di diritto, e poi sarebbe dovuto tornare a casa di Donnie che per un breve periodo sarebbe stata anche sua. Doveva chiedere scusa a Mikey, era deciso. Dannandosi ancora una volta di aver lasciato alla rabbia il controllo, sbuffò. In quello stato, in quegli attimi in cui, Michelangelo avrebbe solo voluto delle rassicurazioni, lui gli aveva sputato in faccia che voleva vederlo morto, e per quello non si sarebbe mai perdonato. Mikey aveva sofferto, forse, anzi, sicuramente più di lui, non avrebbe dovuto giudicarlo così in fretta, infondo, non conosceva la sua storia. Ad un tratto il suo sguardo cadde sul fondo del letto di Michelangelo, dove intravedeva una sagoma nera. Alzò un sopracciglio, inclinando il capo da una lato, cercando di capire meglio cosa fosse. Non riuscendo ad identificare quella forma, abbandonando sulla soglia le borse si avvicinò al letto per capire meglio. Si piegò sulle ginocchia, mettendosi a carponi e inclinando di nuovo il capo, osservando quella che, all'apparenza era una borsa a forma di chitarra. Alzò un sopracciglio confuso, allungando la mano verso di essa per poi tirarla verso di lui. La pulì da i residui di polvere che si erano incanalati sopra, mentre la scritta grande, in corsivo di Mikey, colorata di un bel arancione brillante capeggiava su di essa. La curiosità vinse su di lui, e così, anche se non doveva aprì la cerniera, ripercorrendo la forma di quella borsa scura e, all'apparenza resistente. Aprendola ne riscoprì quella che, in effetti era una chitarra elettrica, rossa fiammante con alcune striature bianche. Sorrise, prendendola in mano, felice che Mikey avesse una passione della musica fino a tal punto di avere una chitarra tutta sua, con incise, dietro il suo nome per intero. La rimise dentro, richiudendola e mettendosi la borsa a taccola, riprendendo anche le altre due e uscendo con la convinzione che, sì, ora aveva preso tutto.

Tornò all'attuale palazzina che lo avrebbe ospitato, arrivando in sincronia con Raph che lo fissò di sottecchi prima di dirigersi dentro, mentre lui si apprestava a scrivere il numero sul suo Iphone 6, grigio con la cover azzurra dove era impressa un'anagramma giapponese che rappresentava la famiglia. Salì veloce le scale, giungendo al secondo piano, dove la porta era stata lasciata aperta da Raphael. La chiuse, raggiungendolo in soggiorno dove aveva adagiato, sul divano le tre valige.
-Ben tornati, com'è andata?- domandò Donnie, arrivando dalla camera di Mikey, stropicciandosi un'occhio impastato dal sonno, mentre sbadigliò, portandosi una mano alla bocca
-Diciamo bene. Ho il numero.- esclamò con un mezzo sorriso, sedendosi sulla poltrona bianca, mentre Raph andò nell'immensa cucina, che era collegata con il soggiorno, separata solo da un piccolo muretto. -Noto che hai dormito.- sorrise soddisfatto della scelta del genio di riposare, mentre venne ricambiato dal suddetto che si sedette sul divano, facendosi posto tra le valige
-Certo che questa è una palazzina a tutti gli effetti. Chi ci abita sotto e sopra?- commentò Raphael, prendendo una lattina di birra prima di tornare da loro e adagiarsi sul divano
-Nessuno. Sono solo io.- rispose tranquillo, mentre loro lo osservarono perplessi -Beh, mio padre ha preferito che comprassi una casa abbastanza grande e senza vicini che potessero interrompere i miei studi.. Comunque Mikey si è ristabilito quasi del tutto. Potrebbe svegliarsi presto, spero.- sussurrò l'ultima parola, mentre gettò uno sguardo alle sue converse nere con le strisce verticali bianche. Sentì Leo sospirare ed alzò lo sguardo verso di lui, guardandolo con sconforto, prima di gettare lo sguardo al suo fianco dove risiedeva una borsa a sagoma di chitarra. Alzò un sopracciglio, osservando confuso il rosso che gli rivolse il medesimo sguardo.
-Suoni la chitarra? Non l'avevo mai notata nel tuo appartamento.- domandò non credendolo capace, ma, infondo non credeva capace nemmeno che Mikey fosse un'autolesionista, quindi.
-No. Appartiene a Mikey, era nascosta sotto al letto. E' una fortuna che me ne sia accorto.- rispose, appoggiando la testa allo schienale dopo aver adagiato la lattina sopra il tavolino
-Mhm.. Ora che ci penso, vi ricordate la canzone che aveva cantato prima che gli facessimo lo scherzo? Quando siamo tornati dal party?- chiese malinconico, Leo, osservando il telefono che aveva in mano. Una sensazione gli diceva che non dovesse farlo, ma non poteva non avvisare i genitori di Mikey.
-Ti riferisci alle parole che aveva usato? Non ci avevo dato molta importanza, ma ora, vorrei averlo fatto, averci dato il giusto peso. Così, forse questo non sarebbe successo..- commentò piano, mentre il ritornello di quella canzone gli rimbombava in testa
-Adesso muoviti, però. Chiamali!- ruggì Raph, seccato di attendere oltre, prima di dire, con calma -E metti il viva voce.- lo osservò annuire piano, mandandogli un'occhiataccia per farli capire che c'è l'avesse ancora con lui per il suo comportamento con Michelangelo prima di finire di comporre il numero. Fece segno ai due di stare in silenzio, mentre il suono di qualcuno che alzava la cornetta si fece sentire. 
-Pronto? E' il signor Night?- domandò serio, giocherellando con le dita della mano libera sulla coscia del jeans scuro, nervoso di dover parlare con un adulto di una situazione del genere, ma la risposta che ne ricevette sorprese molto tutti, in quella stanza.
-No, mi spiace. Credo abbia sbagliato numero.- proclamò seccato, stava per riagganciare ma Leonardo lo fermò in tempo, porgendogli un'altra domanda
-Lei non è il padre di Michelangelo? Un ragazzo biondo, con le lentiggini e gli occhi azzurri come il cielo?- attese qualche minuto, ascoltando l'uomo sbuffare scocciato, mentre serrava la mascella, quasi innervosito di essere stato interrotto durante la sua giornata, forse, di relax.
-Sì, e con ciò?- rispose brusco, in'attesa di arrivare al punto
-Beh, ecco.. Noi ora ci troviamo al college, e lui, essendo diplomato è venuto a studiare qui, ma ha.. Come posso dire? Sì, insomma ha provato ad uccidersi.- disse, cercando di essere il più delicato possibile, mentre Raph e Donnie sussultarono increduli. Aveva mentito anche riguardo al suo cognome, come potevano credere più alle sue parole? Se mai si fosse destato da quel sonno interminabile.
-Diplomato? Quella nullità?- lo sentirono ridere di gusto e a crepapelle e rimasero shockati di come avesse avuto il coraggio di definirlo. Appena si riprese, tossì un'attimo, continuando a parlargli, come se fosse da routine -Mi spiace che vi abbia dato problemi. Ora, se mi dite dove e quando, cercherò di venire a prenderlo al più presto.- disse annoiato, e questo atteggiamento infuriò molto Raph che ruggì scontroso. Non gli interessava sapere come stava? Solo, gli dispiaceva che gli avesse dato problemi. Certo, come se fosse il fattore più fondamentale al momento. Quasi gli ricordava il suo, di padre, ma il suo era perfino molto migliore, almeno.
-Beh, c'è solo un College qui a New York.. La via della casa comunque è..- disse piano, Leo, troppo sconvolto dal comportamento di quel, cosiddetto padre, mentre osservò Donnie, rimasto a bocca aperta. Quel padre era così calmo e tranquillo dopo aver scoperto che suo figlio avesse tentato il suicidio. Si riprese di colpo, guardando confuso l'azzurro che, con lo sguardo lo invogliava a dargli l'indirizzo. 
-Giusto.- affermò veloce, porgendogli un foglietto dove vi era scritto la via principale. L'azzurro lo ringraziò con lo sguardo, prima di tornare a parlare con l'uomo, scusandosi per l'attesa, dettandogli l'esatto indirizzo. Storse il naso nel sentirlo sospirare, uno pesante e stanco, mentre commentò:
-Così lontano? Va beh.. Se proprio devo. Ci vediamo tra quanto mi sarà possibile.- disse  secco, mettendo giù velocemente, di scatto, come troppo voglioso di terminare quella telefonata indiscreta e, a parer suo, interminabile. 
-Siete sicuri che sia stata la scelta più giusta?- domandò alla fine l'azzurro, posando il telefono sul tavolino, ma non ebbe il tempo di appoggiarlo che squillò immediatamente, indicando un numero con la scritta comparente del nome "Mayumi Cat". Non capì, fin quanto non si ricordò che Gwen gli avesse dato tutti i numeri delle ragazze, così si affrettò a rispondere.
-Ehi!- salutò cordiale, mentre i due ragazzi lo osservarono con un sopracciglio alzato, incuriositi dalla chiamata -Sì, sta bene. Non si è ancora svegliato, ma, secondo Donnie è stabile. Non devi preoccuparti, ve lo avevo già detto che vi avrei tenuto informate, no?- disse, con un mezzo sorriso sul volto, mentre osservava il pavimento di parquet di legno
-Sbaglio, o se non avessi chiamato io tu non mi avresti mai telefonato?- si lamentò ella, ruggendo nervosa, prima di riattaccare dopo un "ciao!" secco ed uno sbuffo indignato.
-Chi era?- domandò allora, Raph, osservandolo adagiare il cellulare, piano, sul tavolino, mentre incrociò le braccia al petto.
-Era Cat e le altre, volevano sapere come stava Mikey.- sussurrò cupo, gettando uno sguardo alla stanza buia del diretto interessato, dove la porta era stata lasciata aperta per ogni evenienza prima di osservare schietto il rosso, assottigliando lo sguardo con gli occhi blu mare che brillavano furiosi.
-Hai i loro numeri?- domandò incredulo, il viola, scattando in piedi velocemente, e facendolo sobbalzare, mentre si diresse chissà dove tornando immediatamente con il proprio telefono in mano, dalla cover viola scuro con impressi degli adesivi di oggetti scientifici, come ampolle e filale.
-Sì, e con ciò?- chiese incredulo, alzando un sopracciglio, non capendo dove volesse andare a parare, troppo stanco, mentre Donnie gli rivolse uno sguardo di sufficienza
-Secondo te? Me li salvo, no?- esclamò come se fosse la cosa più ovvia, e, infetti, era vero. Prendendo il telefono dell'azzurro che si appoggiò di botto contro lo schienale, sprofondando nella poltrona e lasciandolo fare, iniziò a smanettare sulla rubrica, rovistando tra i vari numeri fino ad arrivare all'obbiettivo principale, mentre anche Raph lo imitò.
-A te piace Gwen, non è così?- gli domandò con un ghigno stampato in volto, dandogli una lieve gomitata, visto che, le valige le avevano adagiate per terra. Lui grugnì in risposta, osservandolo minaccioso, arrossendo lievemente prima di alzarsi seccato, dopo aver salvato tutti i numeri e recarsi a controllare Michelangelo, con le sue valige in mano, sperando si risvegliasse al più presto.
-Dove vai?- ruggì Leonardo, alzandosi subito e mettendosi dinanzi alla sua strada, guardandolo minaccioso -Non ti permetterò di avvicinarti a lui, non dopo ciò che gli hai fatto e detto.- affermò deciso e seccato, poggiando una mano sul petto muscolo di Raph per frenare la sua camminata, che non tentennò, lasciando, però, tremolare un sopracciglio, furioso da quella pretesa inappropriata.
-Tu non puoi dirmi cosa fare.- sbuffò, lasciando cadere, con un tonfo, le valigie a terra. Stringendo i pugni, mentre rivolse all'azzurro uno sguardo minaccioso non poté fare a meno di ringhiare, lasciando alla rabbia, di nuovo il controllo.
-Sì, se è per proteggere il mio amico.- asserì accigliato, imperterrito sulla sua decisione -Non posso dimenticare le tue parole o l'atteggiamento che hai esposto nei suoi confronti. Chi ti credi di essere per giudicare i suoi comportamenti? Non sai niente di lui!- affermò, picchiettando l'indice contro i suoi pettorali, come per addossarli tutta la colpa. 
-Guarda che mi pento di ciò che ho fatto.- ruggì veritiero, strizzando gli occhi nel vano tentativo di far fluire via la rabbia e quelle parole come l'acqua su una roccia ripida -E Michelangelo non è l'unico ad aver sofferto, okay? Neanche tu sai niente di me, quindi ti conviene tacere.- osò confessare, lasciandolo, per un attimo scettico, vedendolo sbattere un paio di volte le palpebre confuso, ed in parte dispiaciuto. 
-Ragazzi calmatevi.- volle intervenire, il viola, osservando come l'aria si era fatta pesante in quei pochi lassi di tempo. Leonardo si era come incantato, bloccato dalle ultime parole del focoso che, sbuffando decise di riprendere in mano le valige e dirigersi in quella camera, ignorando le frasi dettate dall'azzurro poco prima.
Le adagiò infondo alla camera, in tutta quell'oscurità, innaturale essendo fossero solo le 13:27. Sbuffò, crollando sulla sedia accanto al letto, mentre gettò uno sguardo dispiaciuto a Mikey, attaccato ad un macchinario che controllava i suoi parametri vitali. Voleva così tanto scusarsi, ma voleva farlo appena avrebbe aperto gli occhi, se gli avrebbe mai riaperti. Gettò uno sguardo al pavimento, massaggiandosi le tempie con una mano, e scuotendo il capo sconsolato, cercando di dirsi che, sì, si sarebbe svegliato. Alzò il capo, abbassando le spalle tra un sospiro e l'altro, voglioso di trovare il coraggio per chiedere scusa. Non era abituato a queste cose, troppo orgoglioso. Temeva che, se lo avesse fatto avrebbe perso una battaglia, ma, quale battaglia? Se non si scusava avrebbe solamente perso Mikey, e non voleva. Inspirò profondamente dal naso, prima di rivolgere uno sguardo deciso al bello addormentato, sperando che lo ascoltasse.
-Mi dispiace per ciò che ti ho detto Mikey. Davvero. Ero così furioso, ma voglio che tu viva. Dimentica le mie parole se puoi.. Noi siamo amici, ti aiuterò..- si bloccò di colpo, avvertendo uno straziante bip incessante che indicava che, il battito di Michelangelo fosse cessato di colpo. Donnie entrò di botto, spalancando la porta con dietro, non solo Leonardo ma anche le cinque ragazze. Non capiva da quanto fossero arrivate, ma si alzò di scatto, rivolgendo uno sguardo disperato al genio che si apprestò ad avvicinarsi e a prendere il defibrillatore, iniziando la rianimazione. Sotto lo sguardo angosciato di tutti, finalmente il cuore tornò a battere, mentre il genio si apprestò a mettergli una flebo per il cibo ed una mascherina per l'ossigeno.
-E così sta bene, eh?- protestò Gwen accigliata, riferendosi a quello che Leonardo gli aveva assicurato, rivolgendo uno sguardo severo al suddetto che sospirò stanco, grattandosi il capo nervoso, mentre Donnie gli condusse tutti fuori, per far riposare meglio Michelangelo.
-Cosa gli è accaduto?- domandò Viola, sedendosi titubante sul divano, mentre Raph si gettò di peso sulla poltrona, esausto sia per l'ultimo episodio accaduto che per la stanchezza di non aver chiuso occhio tutto il giorno. Sbuffò, passandosi una mano sugli occhi, aveva combinato proprio un bel guaio, alla faccia del chiedere scusa. Era come se, Michelangelo, non volesse ascoltarlo, come se desiderasse solamente rimanere nel suo mondo fatto di nulla. Beh, non lo avrebbe permesso. Se solo potesse vedere quanta gente fosse venuta solo per lui, intanto che, Donnie, spiegava la situazione in cui si era trovato Mikey, sorvolando il fatto che avesse cercato di derubare una banca, non volendo farlo passare per un cattivo soggetto da evitare. Ma, per quanto avesse voluto derubarla, Michelangelo non sarebbe mai apparso come un pessimo soggetto, non agli occhi luccicanti e agitati di Cat, che cercava di nascondere dietro uno sguardo serio e impassibile.
-Oh..- commentò basita, Light, rimanendo incredula dalla pessima notizia ricevuta, mentre Viola osservava il genio ad occhi sbarrati, non potendo credere alle sue orecchie, con Cat che, sospirando, si sedette accanto alle amiche, di fianco a Gwen che aveva ascoltato tutto attentamente e, con sguardo accigliato e le braccia incrociate al petto rimuginava su tutte quelle informazioni appena acquisite, gettando, a volte, un fugace sguardo al focoso.
-Si riprenderà, ne sono certa.- disse, poi sicura, Venus, cercando di incoraggiare tutti, mentre gli osservava seria. Loro le sorrisero, prima di osservarla, incuriositi, dirigersi in cucina insieme a Gwen.
-Cosa fate?- domandò curioso Leo, osservandole con un sopracciglio alzato, decidendo di avvicinarsi all'isola al centro della cucina e sedendosi su uno sgabello, mentre le studiava destreggiarsi nell'ambito culinario.
-Vi prepariamo il pranzo. Dubito che siate riusciti a riposare, figurarsi a mangiare.- borbottò Gwen, scontrosa, accendendo il gas, per poi prendere la pentola con l'acqua limpida che traballava in una sinuosa danza per il movimento che provocò la ragazza quando la adagiò sopra ai fornelli.
-Beh, visto che ci siamo, mangeremo con voi.- esclamò Viola euforica, raggiungendo le altre insieme a Light, mentre Cat rimase sul divano, osservando lo schermo nero della televisione al plasma da dieci pollici, prima di volgere uno sguardo scettico al rosso che, con un braccio alzato, appoggiato al bracciolo della poltrona si sorreggeva il mento e che alzò un sopracciglio, non capendo cosa volesse la ragazza in questione.
-Ehi, Donnie! Questa palazzina è tua?- ricevendo un sì in risposta osò domandare, volgendo il capo verso la cucina -Ma cos'è? Sei miliardario?- facendo sobbalzare Raph che non si aspettava uno scatto del genere. Donatello se la rise, facendo un cenno affermativo del capo -Questo spiega la Lamborghini parcheggiata giù..- sussurrò, riflettendo sul da farsi prima di continuare -Okay. Posso guardare un po' di tv?- chiese allora, ottenendo un'altro sì, l'accese, prendendo i due telecomandi situati sul tavolino ed iniziando a fare zapping tra i miriadi di canali.
-Okay..- commentò stranito, il rosso, prima di alzarsi e prendere la propria valigia che aveva lasciato accanto al divano 
-Raph.. scusami per prima, io non pensavo che..- iniziò a dire l'azzurro venendo, però, interrotto da uno sbuffo del focoso che lo osservò accigliato prima di rivolgersi a Donatello, non volendo ascoltare altro. Non voleva che nessuno sapesse della sua vita prima del college, il solo ricordo faceva male, davvero male, ed era stanco di quel dolore. 
-Ehi, genio. Dove metto la mia roba?- ruggì, seguendo il suddetto che, osservando i due incuriosito, evitando di fare domande per via del carattere scorbutico di Raphael, gli fece strada, indicandoli l'ultima stanza infondo.
-Leo! La tua stanza invece è questa qui.- lo chiamò poi, il genio dalla camera che ora era del focoso, indicando quella affianco appena il diretto interessato si affacciò oltre il corridoio, ancora dispiaciuto e sconvolto dalla reazione inaspettata dell'amico. Memorizzando l'informazione con un cenno affermativo del capo si avvicinò all'ingresso.
-Ottimo. Allora vado a prendere la valigia. Per la fretta l'ho dimenticata nella tua macchina.- spiegò brevemente, riprendendo le chiavi che aveva poggiato in un vassoio situato sopra una credenza, vicino alla porta d'entrata.
-Complimenti, Viola. Ti sei scelta un bel tipo.- si congratulò Venus, strizzandole un'occhio complice, mentre la suddetta le fece la pernacchia.
-Invidia, eh?- fece lei, incrociando le braccia al petto, in una posa da vera VIP prima di far scoppiare tutte in una grossa risata -Devo ammettere che è troppo carino..- commentò, poi, con un'aria trasognante
-Di che parlate?- domandò Donatello giungendo alle spalle di Viola che sobbalzò, arrossendo vistosamente per l'imbarazzo, mentre le ragazze non resistettero dal ridersela di più. Il genio le osservò confuse, non capendo quelle risate, ma poi si sedette accanto alla ragazza, iniziando a discutere con lei degli imminenti test in arrivo, non accorgendosi del lieve rossore che le aveva imporporato le guance.
-A proposito di test.. Come si fa per il College? Non possiamo lasciare solo Mikey a casa, ma non possiamo nemmeno fare troppe assenze.- disse Raph, giungendo dalla camera ed entrando in cucina seccato, nel medesimo istante in cui Leonardo tornò, chiudendo la porta principale con in mano il proprio borsone.
-Beh, potreste, non so, creare degli androidi vostre copie?- iniziò a rifletterci su, Viola, nel frattempo in cui Leonardo posò la valigia nella propria stanza e gli raggiunse.
-Androidi?- chiese con tono di sufficienza, Raph, osservando scettico la diretta interessata che l'osservò accigliato.
-Tu, per caso hai idee migliori?- protestò ella, ma, notando gli sguardi straniti di tutti ritirò la sua idea, sbuffando, mentre Venus e Light apparecchiavano, nonostante Donnie fosse stato l'unico ad aver acetato quella proposta con interesse, iniziando già a progettare tutti i particolari nella sua testa.
-Ehi, Cat, stai pure lì, comoda comoda, mi raccomando.- si lamentò Venus, assottigliando lo sguardo e portandosi le mani ai fianchi, severa, mentre la ragazza interpellata si alzò annoiata, recandosi da loro per aiutare ad apparecchiare l'enorme tavolata che si trovava in soggiorno.
-Cosa ne dite di fare a turni? Raph e Donnie lo sorvegliano di lunedì, Gwen e Light di martedì e così via.. Togliendo il sabato e la domenica che non c'è scuola. Per chi, invece si deve sottoporre ai test si farà a cambio con chi è libero. Sempre se vi va.- commentò Cat seccata, finendo di posare i piatti dei secondi ai rispettivi posti sopra ai primi, mentre tutti la osservarono stupiti.
-Sì! Facciamolo!- esclamò Viola, entusiasta, venendo approvata da tutti, con i ragazzi che batterono il cinque trionfanti sotto lo sguardo di sufficienza di chi aveva ideato tutto e che roteò gli occhi al cielo con le braccia incrociate al petto.
-Dobbiamo solo organizzare chi sta quando.. Vediamo..- iniziò pensare Light, prendendo un foglio e annotandoci sopra i giorni della settimana.
-Dopo. Ora a tavola.- ordinò Venus, accompagnata da Gwen che finiva di preparare i piatti dei primi con gli spaghetti al ragù, aiutate anche da Raph e Leo, mentre tutti si misero a tavola.

Si alzò, portando indietro la sedia il meno rumorosamente gli fu possibile, iniziando a sparecchiare insieme a Donnie e Venus, mentre Gwen e Light lavavano i piatti, sotto lo sguardo annoiato di Leo, Viola e Raph che, seduti sugli sgabelli, in cucina cercavano di vedere come programmare il calendario, rinominato "Sorveglio Mikey".
-Beh, potremmo fare Cat e Venus di venerdì. E poi, in caso di test faremo a cambio, quindi..- affermò, sotto lo sguardo di tutti che, avendo terminato i propri lavori si sedettero per decidere tutti insieme, intanto che Viola segnava i primi nomi sul foglietto.
-D'accordo.- commentarono le due, alzando le spalle indifferenti, mentre Donatello scriveva il necessario di cosa fare su un'altro foglietto in caso di ricadute.
-Se è davvero grave, dovrete chiamarmi immediatamente, senza pensarci due volte.- esclamò, attaccando il foglietto in questione al frigorifero, mentre tutti accennarono ad un sì, consapevoli della difficoltosa situazione di Michelangelo.
-Allora, facciamo Light insieme a Leo di lunedì..- affermò, poi, Viola, scrivendo i nomi, mentre Light protestò indignata, appoggiando le mani sul banco.
-Ma perché io proprio con lui, scusa?- si lamentò storcendo il naso, non volendo frequentare quel ragazzo che le faceva provare sensazioni del tutto inaspettate e, per una come lei, al quanto spiacevoli.
-Semplice. Lunedì inizia con la lettera L, proprio come voi.- spiegò con calma e fierezza, facendo ridere tutti tranne la diretta interessata che la guardò truce.
-Che scusa banale..- commentò sbuffando, roteando gli occhi al cielo, ma accettò di buon grado, mentre l'azzurro le rivolse un dolce sorriso. 
-Rimaniamo in quattro.. Io con Donnie di martedì, perché sì.- si apprestò a dire, rossa come un pomodoro, scrivendo velocemente a sguardo basso, tra le risate delle sue amiche e gli sguardi maliziosi che i due ragazzi rivolsero a Donnie che arrossì peggio di Viola, iniziando a balbettare confuso.
-Aspetta!- si bloccò di colpo, Gwen, sbarrando gli occhi ad una nuova consapevolezza -Mi stai dicendo che dovrò stare con questo qui?- sbuffò, indicando Raph, che ringhiò in risposta, alzandosi minaccioso, ma, a questo gli e lo impedì Leonardo, seduto accanto a lui.
-Dai, è solo mezza giornata. Fallo per Mikey!- la supplicò Viola con occhi dolci, e, a quello sguardo, Donnie non poté non arrossire vistosamente, con il cuore palpitante, balbettando troppo impacciato, finché uno schiaffo da parte di Raph non lo fece riprendere.
-D'accordo!- sospirò sconfitta, incrociando le braccia al petto, osservando di sottecchi il rosso che la studiava in tono di sfida -Il giorno lo scelgo io, comunque. Mercoledì.- affermò decisa, continuando a saettare con lo sguardo il focoso che non demordeva. Stavano facendo, come una gara a chi distoglieva per primo lo sguardo e nessuno dei due sembrava voler retrocedere.
-Non ne usciranno vivi mercoledì, me lo sento.- sussurrò Venus che ottenne un'occhiataccia dai due -Ehm.. Giovedì che si fa?- cambiò argomento, prima di venire azzannata da quei due serial killer
-E' tra due giorni, e abbiamo da fare tutte.. Il test d'italiano, ricordate?- fece presente Cat, appoggiando il gomito sul tavolo, sorreggendosi il mento con la mano.
-Beh, allora, giovedì.. Staranno Leo, Raph e Donnie. Infondo la casa è la loro, un giorno alla settimana che si assentano è meglio di niente.- commentò Viola soddisfatta, incollando al frigorifero il "Sorveglio Mikey".
-Ottimo.- affermò Leo, tornando a sedersi sul divano, mentre spense la televisione che Cat aveva lasciato accesa.
-Vi andrebbe di creare un gruppo? Sul telefono. Così almeno potremmo discutere tutti anche se non siamo nello stesso posto.- disse seria ad'un tratto, Cat, sprofondando nella poltrona
-Sì, perché no?- accettò l'azzurro di buon grado, prendendo velocemente il telefono e aggiungendo tutti appena creò il gruppo in questione.
-Wow.. Gruppo amici.. Niente di meglio nel tuo repertorio?- ironizzò il focoso, seduto sulla poltrona, leggendo la notifica del titolo del gruppo sul suo samsung Galaxy 7 dalla cover con un teschio all'interno di una fiamma rossa.
-Beh, se non ti piace puoi inventartela tu.- rispose a tono, Leo, osservandolo schietto, mentre Gwen roteò gli occhi al cielo.
-Chi vuole fare una partita a carte? O a Monopoli?- domandò il genio, cercando di non fare in modo che i due amici si azzannassero a vicenda per un nome. Le ragazze annuirono e lui si apprestò a prenderle. Mentre tutti si sedettero attorno al tavolo dove avevano pranzato, Raph mescolò le carte, osservando in tono di sfida Leonardo che accettò quella battaglia di carte con un ghigno, tra i sospiri di tutti, con Donnie che si schiaffò una mano in faccia. 
-Forse non è stata un'ottima idea.- sussurrò il suddetto, sconsolato, mentre iniziarono il gioco.
 
-Va bene, basta. E' tardi ed io ora devo proprio andare. Domani ho un test e, fortuna vuole che Viola non lo farà essendo martedì. Dovevamo ripassare insieme ricordi?- le fece presente Venus, alzandosi dalla sedia, e gesticolando, terribilmente offesa, mentre Viola si grattò il capo, imbarazzata dell'essersene dimenticata.
-Ripasso io con te, Venus. Dai andiamo.- affermò Cat, alzandosi annoiata, mentre picchiettava il pollice sullo schermo del suo telefono Samsung Galaxy J1 verde-acqua.
-Con chi messaggi? Aspetta, fammi indovinare.. Aides, giusto?- chiese con uno sguardo malizioso, Light, mentre la diretta interessata sbuffò, posando il cellulare nella tasca sul retro dei jeans e scuotendo il capo sconsolata per quella battuta inappropriata.
-A proposito.. Ma il numero di Mikey? Lo avete?- domandò, lievemente imbarazzata, Cat, intanto che Venus l'attendeva impaziente sulla soglia della porta, picchiettando la suola della scarpa contro il suolo.
-No, in realtà non ci abbiamo pensato.- disse Leo, osservando Donnie e Raph scettico, in attesa di un cenno se avessero notato, se, come minimo lo avesse il cellulare tra la sua roba ma scuoterono il capo, negativo. 
-Non devi preoccupati. Ti terranno informate sul tuo Mikey, ma ora vediamo di andare che è tardissimo!- sbuffò Venus, trascinandola per un braccio, intanto che, la diretta interessata protestava sul termine "tuo Mikey"
-Ma, non sta insieme a quel Aides?- domandò confuso, Donnie, gesticolando appena se ne furono andate.
-No, Aides è solo un'amico.- rispose indifferente Light, sventolando la mano indifferente 
-Beh.. Anche per noi è arrivata l'ora di sloggiare. Ci si vede ragazzi.- disse poi, Gwen, avviandosi con Light all'uscita, seguite immediatamente da Viola che salutò con un gesto veloce della mano.
-Okay. Mhm.. Sono le 19:30. Cosa volete fare?- domandò Raph sbadigliando annoiato, mentre avvertì il telefono vibrare così lo prese in mano, imitato da i due che avevano ricevuto il medesimo messaggio -Ecco. Gruppo College già va meglio. Grazie Light!- affermò, inviando la registrazione vocale. Non passo nemmeno un secondo che, delle faccine che ridevano fu la seguente risposta di Viola.
-Sì, è davvero originale..- commentò ironico, con tono seccato, incrociando le braccia al petto mentre si alzò dalla sedia dirigendosi sul divano a passo lento, troppo nervoso.
-Cos'è? Ti brucia che abbia vinto, Leo?- domandò beffardo, gesticolando, troppo felice di aver trionfato a carte, mentre Donnie voltò lo sguardo in tono sufficiente da un'altra parte, non potendo credere che si gasasse per così poco.
-Qualcuno di noi deve andare a fare la spesa, comunque.- disse Donnie, aprendo il frigo che era, effettivamente vuoto -Qualcuno di voi sa cucinare?- chiese poi, mentre i due si osservarono scettici
-No.- risposero all'unisono. Così, sospirando, il genio si diresse nella direzione del cordles adagiato su una credenza, iniziando a smanettarci sopra
-Ordinerò delle pizze.- commentò, portandosi il telefono all'orecchio facendo sorridere i due che lo raggiunsero, felici della scelta, desiderando ordinare quella che più gli aggradava.

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Capitolo 10
*** Farsi male, farsi bene. ***


Farsi male, farsi bene
Si dimenò tra le coperte, strizzando gli occhi nel vano tentativo di fuggire dall'orribile figura nera che gli si era stagliatasi davanti. Si mise seduto, aprendo gli occhi di scatto, annaspando, mentre si voltò frenetico e spaventato. Mugugnò impaurito, osservando la stanza buia e tetra; era molto grande, con un armadio di legno mogano al lato sinistro, ed un balcone con le tapparelle chiuse all'altro lato. Strinse convulsamente le lenzuola blu notte del letto in cui si trovava e cercò di calmarsi, gettando uno sguardo curioso alla flebo attaccata al suo braccio, e osservando confuso il suo corpo, ricordandosi di tutto l'accaduto. Piegò le sopracciglia dispiaciuto nel constatare che fosse tutto fasciato: polsi, braccia, petto, tutto. Non era morto? Si chiese e alzò di scatto il capo. Sentendo la porta cigolare rimase in attesa, mentre tre figure entrarono silenziose, e sospirarono sollevate nel vederlo, finalmente sveglio. Sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo, non capendo cosa stesse succedendo, mentre gli si sedettero accanto.
-Ben svegliato.- gli sussurrò apprensivo Leo, e; da quel tono, da quello sguardo così premuroso, si ritenne davvero confuso. Non capiva. Ricordava che fossero arrabbiati, delusi, non preoccupati. Chinò il capo sconfitto, nel ricordare anche che fosse stato scoperto. Non gli avrebbero più permesso di provare quel piacere, ed in quel momento ne sentiva il disperato bisogno. Doveva trovare qualcosa di affilato, e subito. Tanto, ormai lo sapevano. Che differenza voleva fare se si tagliava in loro presenza o meno? Gli è lo avrebbero impedito, certo. Ma se fosse stato abbastanza veloce da farsi, anche solo un taglio, al momento, sarebbe stato come essere in paradiso.
-Avevi perso molto sangue, ed il tuo gruppo sanguigno è molto raro, ma, per fortuna anche Raph ha 0 positivo. Ti ha donato una parte del suo sangue, sai? E' grazie a lui che sei qui.- spiegò piano e con calma, Donnie, mentre gli accarezzò i capelli, ma lui rimase a sguardo basso, come una statua di ghiaccio. Non gli interessava nulla, tanto lo capiva che lo odiavano. Non lo avrebbero più trattato come prima, ma come uno che è autolesionista. Non erano più suoi amici, anche se lo volessero lo avrebbero trattato diversamente e non voleva questo. Ora come ora, desiderava solo andarsene e morire.
-Hai fame?- chiese, allora, Leo, cercando di smorzare quell'aria cupa che si era formata attorno al più piccolo che, però negò lievemente col capo, restando sempre chino. Non aveva il coraggio di guardarli in faccia. Avvertì la presenza di Raph, seduto al suo fianco che sospirò piano, ma preferì tacere ancora, aspettando il momento in cui lo avrebbero lasciato solo. Poteva sentire il dolore dentro la sua testa aumentare, aumentare e aumentare, lasciandolo disarmato e senza fiato, mentre un pulsare continuo e talmente forte sopprimeva la sua lucidità. Non sapeva quanto avesse dormito, però, controllando di sottecchi l'orologio sul comodino a destra capì che era stato in convalescenza per due giorni, ma non gli importava. Sentiva che stava perdendo il controllo. Il dolore era così tanto ed era così difficile resistergli, controllarlo, soprattutto in quel momento, sotto quegli sguardi che martellavano il suo cuore di sensi di colpa, lacerandolo lentamente, facendolo sentire uno schifo. E sentiva che aveva bisogno, solamente di avvertire il suo sangue scivolare lungo le sue braccia, così che tutto potesse scomparire per sempre. 
-Dovresti magiare, Mikey. Devi recuperare le forze.- lo incoraggiò Donnie, ma lui non gli ascoltava più. Era assorto nel suo mondo, voglioso solo di punirsi, di provare piacere. 
Alzò piano lo sguardo, e notando, grazie alla luce che filtrava dalla porta d'entrata che avevano lasciato aperta, una porta di un bagno, nella camera in cui si trovasse, si mise in piedi sul letto di scatto, controllato solo dalla voglia di farsi del male, di farsi del bene e si rifugiò là dentro, alla disperata ricerca di qualcosa di affilato. Mentre apriva cassetti e credenze, buttando fuori tutto come una furia scatenata delle braccia lo imprigionarono da dietro, serrando i suoi polsi lungo i fianchi, mentre Donnie gli arrivò davanti, sventolandogli una mano dinanzi agli occhi con l'intenzione di farlo riprendere, ma riuscì solo a innervosirlo di più, e, appena Leo gli appoggiò una mano sulla spalla, pronto a dire chissà cosa iniziò ad agitarsi, cercando di divincolarsi, mentre Raph provò a tenerlo più forte, ma, alla fine si liberò, correndo, con uno scatto in cucina inseguito da i tre. Aprì il primo tiretto, con dentro le posate e ne tirò fuori un coltello per tagliare la carne. Sorrise diabolico, mentre stava per infliggersi la sua tortura, penetrando la lama oltre le bende, arrivando fino al punto desiderato e iniziando a tracciare una linea retta sul polso fino al gomito, finché l'arma non gli fu sottratta da Leo che lo osservò spaventato e incredulo, come gli altri due. Non potevano credere che fosse così grave la sua situazione, ma, i loro sguardi servirono solo a farlo sentire peggio, a farlo sentire sbagliato, un mostro. Così cercò di riprendere il coltello, ma l'azzurro indietreggiò, protendendo la mano libera, col palmo aperto verso di lui, appoggiandola sul suo petto per farlo calmare, mentre gli altri due lo presero per le spalle.
-No, no! Dammelo!- urlò, singhiozzando disperato, cercando di liberarsi per raggiungere l'amata lama che, in quel momento era come se gli gridasse, impellente di essere usata. 
-Stai calmo, ora ci siamo noi. Andrà tutto bene Mikey.- gli disse dolce Donnie, osservandolo in tono rassicurante, cercando di tenerlo stretto, mentre gli altri due lo osservarono preoccupati, non sapendo bene come comportarsi.
-Quello mi farà stare bene..- sussurrò cupo prima di riuscire a liberarsi anche da quella morsa, prendendo avido l'arma e correndo fino a dirigersi verso un'angolo del soggiorno, inginocchiandosi contro al muro e ricominciando da dove si fosse interrotto, sotto lo sguardo attonito dei tre. Perché non capivano? Ne aveva bisogno per sopravvivere. Ma loro non potevano comprendere il piacere che gli dava, altrimenti lo avrebbero lasciato fare. Era il suo farsi male ed il suo farsi bene; era l'unica cosa che lo distoglieva dal suo dolore, da se stesso. Raph, allora, ripresosi di scatto sì precipitò verso di lui, tirando il coltello verso di sé, cercando di tirarglielo via per evitare che si distruggesse ancora, ma fu un'attimo. 
Il tempo sembrò fermarsi mentre, con uno strattone degli schizzi di sangue si sparpagliarono sulla parete. Raph non era riuscito a levarglielo dalle mani, ma, quello scatto ne subì, con un rumore secco, una ferita al braccio destro, mentre osservava il più piccolo, incredulo, con il coltello che cadde dalle sue mani con un tonfo, troppo shockato dall'accaduto.
-Donnie muoviti!- urlò il focoso, facendolo riprendere da quell'apparente stato di shock. Sbatté le palpebre come per controllare che, quello che avesse appena visto non fosse frutto della sua immaginazione o di un'incubo prima di accorrere verso di loro, mentre Leonardo si diresse a prendere il kit medico in laboratorio. Mikey sbarrò gli occhi colpevole, alla vista di un Raph che serrava la mascella con l'intento di resistere al dolore, mentre si teneva il braccio ferito con la mano sinistra, cercando di far smettere al sangue di fuori uscire.
Annaspò spaventato, tremando e osservando, le sue di braccia che sanguinavano copiose, macchiando il pavimento ed i suoi vestiti, mentre le bende erano, ormai fradice di liquido vermiglio. Guardò i tre che, dopo aver medicato Raph lo fissarono sconvolti, non sapendo esattamente cosa dire, tranne il focoso che lo guardava serio e deciso. Non resistette più, così si diresse di corsa nella camera da dove era uscito, chiudendosi dentro, appoggiando la testa e la schiena contro la porta, mentre si lasciò scivolare a terra, con le mani che, scivolando sul legno liscio lasciarono tracce vermiglie. Cercò di calmarsi, iniziando a fare profondi respiri, mentre sentiva dei rumori metallici nella serratura, intanto che la maniglia continuava a fare su e giù, cercando di aprirsi. Appena un crack deciso si fece sentire, avvertì un tuffo al cuore, temendo per ciò che sarebbe accaduto.
-Mikey, togliti dalla porta.- ordinò seccamente, Raph, facendo presa su quest'ultima con una spallata, cercando di aprirla, ma Mikey non si mosse, osservando davanti a sé ad occhi sbarrati, con il cuore a mille. Tutto quello gli ricordava terribilmente i momenti quanto si trovava a casa sua, ed iniziava ad avere davvero paura, un terrore che non avrebbe mai dimenticato e che non lo avrebbe mai abbandonato, mentre il respiro affannoso ed il battito feroce del suo cuore gli fecero comprendere di star andando in iperventilazione. -Mikey!- l'urlo furioso del rosso lo fece sobbalzare e, ingoiando un groppo di saliva si spostò a carponi, lasciando macchie cremisi lungo la strada, allontanandosi il giusto, prima di rimettersi col sedere per terra, appoggiando la schiena contro i piedi del letto, osservandoli entrare, con un terrore vivo negli occhi luccicanti.
-Shhh..- lo rassicurò Leo, abbracciandolo, mentre Donnie ricominciò a medicare le nuove ferite rivolgendogli un piccolo sorriso, con un Raph alzato a braccia incrociate che, ignorando il bruciare pulsante del taglio osservava minaccioso il più piccolo. -Va tutto bene, davvero.- continuò l'azzurro, accarezzandogli i capelli, mentre lui rimase a capo chino, osservando di sottecchi il lavoro che stava facendo il genio.
-Donnie ha accettato di farci stare tutti qui. Quelle sono le tue valige, ed ora, vedi di stare calmo. Noi possiamo aiutarti, solo se tu accetti il nostro aiuto.- affermò, addolcendo il tono all'ultima frase, Raph, e lui ne rimase al quanto sorpreso. Significava, forse che non c'è l'aveva con lui? Però, non toglieva il fatto che fossero tutti delusi. Sospirò, abbassando le palpebre, mentre Leonardo si sedette al suo fianco e lo stesso fece Donatello dopo aver adagiato la valigetta bianca del kit di pronto soccorso sul comodino. Raph, invece decise di sedersi davanti a lui, a gambe incrociate, volendo chiarire più di tutti.
-Mikey, io non dicevo sul serio prima.. Quanto ti ho detto che ti avrei volentieri lasciato lì a morire.. Se dico cose di questo genere è sempre perché sono arrabbiato. In quel caso era furioso del gesto che avevi commesso, però adesso che sappiamo il tuo problema stai certo che non ti lasceremo solo. Noi siamo tuoi amici, davvero. E desideriamo aiutarti.- spiegò calmo, osservandolo con un mezzo sorriso incoraggiante
Mikey gli rivolse lo sguardo, con un sopracciglio alzato, troppo incredulo, ma poi accennò ad un timido sì col capo. Non sapeva se credere a quelle parole o no, ma non poté negare il fatto che gli sembrò così sincero. Mentre distese le gambe, per stare più comodo, volgendo il capo verso le sue valige sospirò sollevato nel constatare che ci fosse anche la chitarra. Temeva che potessero averla lasciata all'appartamento visto che l'aveva nascosta in modo che nessuno la vedesse.
-Chi te l'ha comprata?- chiese Donnie, riferendosi all'attrezzo musicale, mentre tutti volsero lo sguardo su di essa. Lui sussultò, giocherellando con le dita con un tenero sorriso sul volto, mentre un vortice di ricordi affievolirono nella sua mente portandogli un'amara malinconia.
-Me l'ha regalata Karai..- sussurrò impercettibile, non volendo parlarne così apertamente con loro.
-Uhh.. Il nostro Mikey ha la ragazza!- lo canzonò il focoso con un ghigno facendo ridacchiare anche i due, ma smisero subito vedendo lo sguardo del più piccolo che si incupì, accigliandosi.
-Era la mia unica amica..- fece una breve pausa per poter ottenere il giusto coraggio per ciò che stava per dire, e la giusta dose d'aria nei polmoni per poter confessare ciò che non era mai riuscito a dire -E' morta..- sussurrò con voce rauca, stringendosi in un abbraccio, con le gambe portate al petto.
-Ci dispiace.- disse piano, Leo, mandando d'istinto un'occhiataccia al rosso che lo fissò mordendosi l'interno del labbro inferiore, colpevole -Ora però cosa ne dici di mangiare qualcosina?- chiese a quel punto, preferendo cambiare discorso notando lo sguardo sofferente di Mikey.
-No, grazie..- rispose, mordendosi il labbro inferiore prima di trovare la forza per alzarsi in piedi e dirigersi accanto a letto, distendendosi e coprendosi con la coperta fin sopra i capelli, con alcune ciocche bionde che uscivano fuori, riflettendo nel buio della stanza, illuminata ancora dal fascio di luce che arrivava dalla porta socchiusa -Voglio stare solo..- supplicò teso, mentre strinse convulsamente il cuscino, in attesa che uscissero. Loro si guardarono indecisi, ma poi, dopo un cenno dell'azzurro si diressero furori, mentre Donatello gli lasciò un pigiama pulito, adagiandolo ai piedi del letto, sopra il materasso e chiudendo la porta per lasciarlo riposare. 

-Cosa facciamo con lui? Suo padre potrebbe arrivare, no?- domandò Donnie, osservando il divano davanti, mentre Raph gli si avventò contro, prendendolo per il colletto della camicia, infuriato troppo con se stesso, ma dopo quella frase non poté che accanirsi contro il genio che rimase ad un palmo dal naso per quello scatto improvviso.
-Scordatelo! Dopo aver sentito "l'importanza" che ha dato alla notizia che avesse tentato il suicidio non lo lascerò nelle sue mani.- gli ringhiò contro, mollandolo a terra, facendolo cadere con il sedere sul pavimento sotto lo sguardo di sufficienza di Leo -Lo aiuteremo noi. Mi sembra ovvio.- sbuffò poi, seccato, mentre Donnie si massaggiò la parte dolente, alzandosi piano. Toccandosi il colletto bianco a quadri azzurri della camicia sospirò, sollevato che non si fosse rovinato per quell'attacco.
-Ricordami di progettare un sacco da box per far sfogare la sua rabbia su qualcosa che non ne soffra come, tipo, me.- affermò il genio, riferendosi a Leo che scuoté il capo sconsolato, lasciandosi sfuggire una risatina, mentre si passò una mano tra i capelli con un'immenso sorriso sulle labbra, perfettamente d'accordo con Raph, per una volta.
-La cosa migliore per Mikey è essere trattato come una persona normale. Come lo trattavamo prima, insomma. Certo, avrà bisogno di più conforto, e, pian piano lo convinceremo a passare più tempo insieme a noi, ma per ora, l'importante è che gli restiamo accanto.- suggerì Leo, venendo concordato da tutti che sorrisero.
-Scusa, Raph. Nemmeno io voglio separarmi da Mikey. Non starei tranquillo nel sentirlo nelle mani di quel tipaccio.. Comunque, mettiamo conto che oggi viene, cosa gli diciamo? E' un suo diritto portarlo a casa.- ammise Donnie dispiaciuto, mentre Raph ringhiò, scrocchiando le dita delle mani, facendo fremere di paura il povero ragazzo.
-Lo picchiamo, ovvio.- affermò, ghignando, ricevendo un'occhiataccia da i due -Beh, di certo non può portarselo a casa se non sa dove si trova.- disse enigmatico, con uno strano sorriso sul volto
-Peccato che gli abbiamo detto dove abitiamo. A meno che..- disse l'azzurro, illuminandosi di colpo -Stai pensando a ciò che penso io?- gli domandò, mentre Raphael ghignò -Possiamo dirgli tranquillamente che ha sbagliato indirizzo, e, se nel caso dovesse richiamarmi, toglierò la SIM dal cellulare.- affermò convinto, mentre Donnie comprese i loro piani e gli osservò scettico, con un sopracciglio alzato.
-E' un piano assolutamente stupido.. O geniale? Entrambe le cose?- domandò con un mezzo sorriso, speranzoso che funzionasse prima di affermare -Certo che gli vogliamo davvero bene se rischiamo tutto per lui, eh?- ironizzò, ammettendo il bene che gli volevano anche a nome degli altri, facendoli ridacchiare
-Già. Fammi avvisare Cat e le altre che si è svegliato, altrimenti mi strozzeranno.- affermò ridendo, Leonardo, prendendo il telefono e mandando un messaggio a tutte, direttamente nel gruppo.
-A proposito, ma non dovremmo dirgli di suo padre?- chiese Raph, tranquillo che avesse avuto un'idea tanto astuta quanto geniale al momento opportuno, mentre si recò in cucina, insieme a Donnie, per cucinare il pranzo.
-Mio padre?- chiese scettica la voce di Mikey che arrivò dalla sua stanza, mentre origliava da un piccolo spiraglio, ma sobbalzò avendo tutti gli sguardi su di sé, ormai scoperto, nonostante avesse ascoltato solo l'ultima frase.
-Sì, beh.. Intanto perché non vieni? Non ti mangiamo mica.- lo incoraggiò Leo, scherzoso, avvicinandosi al corridoio che collegava le camere al soggiorno, mentre il diretto interessato tentennò, volendo scomparire nell'oscurità della camera, ma, volendo approfondire l'argomento di suo padre si fece avanti, raggiungendo, con Leo la cucina.
-Già. Lo abbiamo chiamato per informarlo. E' sempre così scontroso e maleducato, per caso? Comunque dovrebbe venirti a prendere in questi giorni, almeno così aveva detto.- spiegò con un sorriso Donnie, accarezzandogli i capelli, tendendo la mano oltre l'isola di marmo, al centro della cucina che gli divideva. Ma Mikey sgranò gli occhi, mentre le pupille si restrinsero, stringendo i pugni lungo i fianchi e osservandoli spaventato.
-No. Perché lo avete fatto?- sussurrò piano, con voce balbettante, indietreggiando terrorizzato, mentre tutto il suo corpo tremava di vera paura per quell'inaspettata e orrenda notizia. L'azzurro, notando ciò, gli si chinò dinanzi, sorreggendolo per le spalle, e guardandolo dritto negli occhi, confuso, con un luccichio di dispiacere negli occhi. Sapeva che non avrebbe dovuto chiamarlo, e adesso ne aveva la conferma dal più piccolo, per quanto potesse ritenersi sincero. Dopo tutte quelle menzogne, era corretto credergli? Poteva essere una tattica per imbrogliarli ancora.
-Su, non preoccuparti. Non devi aver paura, pensavamo che ti avrebbe aiutato, forse anche meglio di noi, ma ci siamo un po' ricreduti.- disse sicuro, con un sorriso che scomparve appena delle lacrime varcarono il viso del più piccolo che si buttò su di lui alla ricerca di un'abbraccio, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
-No, no!- singhiozzò, scuotendo il capo, mentre i tre si osservarono preoccupati -Non voglio più stare con lui! Mi fa troppo male.- protestò tra le lacrime, desiderando; nonostante tutto quello che avesse fatto, nonostante che lui credesse lo odiassero, di restare lì, con loro.
-Come male?- domandarono i tre all'unisono. Leonardo lo staccò, di malavoglia dall'abbraccio, sorreggendolo ancora per le spalle per poi guardarlo negli occhi severo, in attesa di risposte. Mikey però abbassò lo sguardo, non volendo approfondire oltre, ma i tre non erano dello stesso parere, finché il campanello non suonò di botto. Il più piccolo spalancò gli occhi, boccheggiando, mentre la paura ed il terrore ripresero il pieno controllo su di lui.
-No, vi prego. Non lasciate che mi porti via. In cambio.. farò qualsiasi cosa! Laverò, cucinerò, tutto! Ma vi prego, non fatemi questo!- gli supplicò nervoso, mentre il campanello tornò a suonare con più insistenza. I tre si osservarono, sorpresi di quella reazione, ma Leo, poi gli sorrise, strofinando affettuoso le spalle di Mikey.
-Ehi, guarda che non vogliamo più lasciarti a lui.- disse piano, quasi in un sussurro per farlo tranquillizzare -Non volevamo lasciarti solo con lui prima, figurati adesso che ci hai rivelato che ti fa del male. Non ti lasciamo solo, starai con noi.- gli assicurò, accennando ad un sì, mentre Donnie si avvicinava al citofono, più tranquillo sul fatto che si fossero, in parte chiariti.
-Buone notizie. Sono solo le ragazze.- annunciò, facendole entrare e aprendo il portone. Lasciando aperta la porta d'ingresso sotto lo sguardo confuso di Mikey che si asciugava le lacrime, passandosi la manica arancione del pigiama sugli occhi. Non poteva restare con i vestiti ricoperti di sangue e così, prima di mettersi ad origliare si era sciacquato un po', ed infine aveva indossato i vestiti che Donnie gli aveva lasciato sul letto.
-Michelangelo! Finalmente!- esultarono Viola e Venus, correndogli incontro, mentre lui li rivolse un tenero sorriso, imbarazzato.
-Come ti senti?- domandò Viola, attendendo con ansia una risposta, osservandolo con due occhioni carichi di agitazione.
-Bene.- sussurrò piano, con voce rauca, mentre Gwen assottigliò lo sguardo avvicinandosi il giusto al ragazzo per studiarlo, il quale si ritrasse col busto, impaurito da quel gesto inaspettato
-Ehi! Come mai ha gli occhi rossi? Lo avete fatto piangere?- ruggì Gwen, aggredendo i tre, osservandogli minacciosa, mentre il diretto interessato si grattava il capo in lieve imbarazzo, non aspettandosi di essere così importante per loro. Erano tutti lì, solo perché si era risvegliato? Non riusciva a crederci, pensò di stare sognando.
-Non è niente.- le assicurò lui, mentre Cat si diresse in cucina, iniziando a preparare un pranzo da re per lui, aiutata da Leonardo che, capendo i suoi piani romantici la raggiunse, ma, appena mise mano ai fornelli un botto fece sobbalzare tutti che gli raggiunsero di corsa, sotto lo sguardo attonito di una Cat che guardava l'azzurro accigliata.
-Ehm.. Chiedo scusa.- disse con un sorriso tirato. Raph sospirò, abbassando le spalle, imitato da Donnie che, però, si schiaffò una mano in faccia
-Leonardo quante volte ti devo ripetere di stare alla larga da i fornelli?- domandò sfiancato, il genio, mentre una risata generale si propagò nella stanza, con un Mikey che, però non era esattamente in vena di ridere e che si sedette piano sullo sgabello, sotto lo sguardo apprensivo dell'azzurro che gli accarezzò i capelli prima di allontanarsi da lì, tratto a forza da Raph che lo spinse via, premendo la mano sulla sua schiena, desiderando mangiare qualcosa di buono e non cibo carbonizzato.
-Okay, okay! Ho capito.- affermò con calma, ridacchiando e andandosi a sedere accanto a Light, seduta sul divano affianco a Venus.
-Cosa ti piacerebbe mangiare?- chiese Viola, mentre Cat sistemava il disastro creatosi. Il ragazzo in pigiama ci pensò su, per poi affermare:
-Cucino io. Così vi ringrazio per esservi presi cura di me durante la mia convalescenza.- spiegò calmo, notando i bigliettini attaccati al frigo, mentre si alzò per aprire la credenza, tirando fuori il necessario sotto lo sguardo incerto di tutti.
-Te la senti?- domandò Cat porgendogli un mescolo e delle tagliatelle ancora dentro la confezione. Fece sì col capo, riempiendo la pentola con l'acqua e mettendola sopra il fornello, mentre aprì il frigo trovandolo, per lui, inaspettatamente pieno. Sorrise, aveva tutto il necessario e anche di più. 
-Ma.. sai cucinare?- tentennò Raph, temendo un'altra bomba atomica che avrebbe distrutto l'intera cucina. Mikey allora sbuffò, cacciandoli fuori, mentre spinse via Raph lentamente, facendosi forza con le braccia sulla sua schiena, dicendo che sarebbe stata una sorpresa. Si sentiva così felice, non sapeva spiegarsi nemmeno lui il perché, ma, infondo era anche sollevato dal fatto che, loro nel conoscere il suo segreto lo avevano come tolto da un'enorme peso. Loro lo sapevano, ma volevano aiutarlo, non farlo tornare in quella gabbia che era sempre stata casa sua. Poteva stare tranquillo per ora, perché c'erano loro con lui, però, non significava che si fidasse. Non poteva. Sperare con tutto il cuore che non lo tradissero? No, non ci riusciva. Non avrebbe sopportato un'altra delusione, e sentiva che, se avesse messo in gioco tutto quello che fosse nel fidarsi di loro.. Dubitava che se, sarebbe caduto ciò, questa volta si sarebbe rialzato ancora. Il desiderio di andarsene, di scappare alleviava ancora nella sua mente, annebbiando il buon giudizio del suo cuore, ma desiderava anche restare, per mantenere la promessa fatta alla sua amica tanto tempo fa.
Raph ridacchiò per come lo avesse portato fuori in quel modo assurdo, e così sì avviarono in soggiorno, a fare compagnia agli altri che li fissarono confusi. Anche se il pranzo era una sorpresa, potevano comunque vedere Mikey destreggiarsi talmente bene da poter essere paragonato ad un vero chef di cucina.
-Ma come? Mikey cucina?- domandò Leo con una faccia preoccupata per quello che poteva fare in mezzo tra mille coltelli, ma, quello sguardo era così buffo da far scoppiare a ridere Cat che, dopo gli rispose di sì.
-Meglio di te.- ironizzò il rosso, sedendosi di botto sulla poltrona, accendendo, con malavoglia la televisione, mentre Gwen e Venus iniziarono a discutere tra loro, che ipotizzavano cosa mai avrebbe cucinato il loro amico e, a cui si unì anche Light tremendamente interessata.
-Comunque, ora che si è svegliato, il "sorveglio Mikey" è inutile.- commentò Venus ad un tratto, mentre Donnie si stiracchiò sul divano, affianco a Viola che gli rivolse un sorriso
-Beh, significa che non serve più che saltiamo la scuola, meglio no?- disse scorbutica, Gwen, non sapendo se, non andare più a scuola fosse così positivo come diceva.
-Ehi, Leo.- lo chiamò Cat, stravaccata al suo fianco, attirando l'attenzione di tutti -Oggi fanno due episodi di "Spaces Heros". Canale sei.- lo informò annoiata, mentre gli occhi blu del diretto interessato brillarono di pura gioia.
-A che ora?- si apprestò a domandare, avvicinandosi pericolosamente al volto della ragazza, iniziando a spronarla per sapere.
-Adesso.- disse con calma, osservandolo stranita mentre si ritrasse un po', prima di spintonarlo con una mano per farlo allontanare. 
-Raph dammi il telecomando!- ordinò l'azzurro avventandosi sul rosso con un balzo felino che, non aspettandoselo cadde malamente dalla poltrona, con sopra di lui l'azzurro che cercava di prendere l'oggetto dei suoi desideri con avidità, sotto lo sguardo stralunato dei presenti -Dai, mollalo! Tanto non facevi che fare zapping tra i canali!- protestò in un capriccio, tirando il telecomando nero verso di sé
-Ma è stupido! L'unica persona che potrebbe vedersi un programma del genere sei solo tu!- ringhiò, cercando di levarselo di dosso, mentre Cat, con tutta la calma possibile di questo mondo si alzò, recandosi verso il tavolo dove vi era adagiato il secondo telecomando che fungeva anche per i canali Sky. Sotto gli sguardi di sufficienza delle sue amiche e di Donnie mise il canale in questione. In un attimo, con la velocità di una scheggia, Leo si ritrovò seduto al suo posto, ammirando la televisione ad occhi spalancati, come avrebbe fatto un bambino davanti ad un negozio di giocatoli.
Cat si rimise seduta, osservando la sigla iniziale terminare e porgendo il telecomando grigio all'azzurro che la ringraziò emozionato di poter dedicarsi al suo amato Capitano Ryan. Light a quel punto scoppiò a ridere, troppo incredula di quello spettacolo e della faccia omicida di Raphael che si rialzò, borbottando frasi sconnesse come -Potevi farlo prima, invece di aspettare che mi aggredisse.- risedendosi al suo posto. Cat allora, che lo aveva sentito gli fece la linguaccia, facendo ridere tutti.
-Hai fatto bene, invece. Se lo meritava!- affermò Gwen ghignando fiera, dando una lieve gomitata all'amica che le fece l'occhiolino. Il focoso stava per ribattere ma venne bloccato da un "shh" di Leonardo e Light che osservavano con desiderio il programma iniziato in televisione.
-Mi ero dimenticata che anche a Light piacesse 'sta roba.- borbottò Venus in un sussurro, facendo ridacchiare Donnie che decise di alzarsi e apparecchiare, aiutato dalla suddetta e da Viola che si annoiavano a restarsene sedute.
-Mi ricorda vagamente la versione ma in animato di Star Trek, non trovate?- domandò piano, Cat, osservando di sottecchi il focoso che alzò le spalle, non sapendo nemmeno a cosa si riferisse.
-Non lo conosco questo Star Trek, però, se è stato preso spunto da sta roba, credo sia anche quella una cavolata.- commentò sarcastico, Raph, incrociando le braccia al petto con un ghigno, curioso di vedere la reazione dei due che, però si limitarono ad alzare il volume, accigliati da tutto quel blaterare.
-Star Trek non è male, e mi sa che è più serio di questo.- canzonò la ragazza dagli occhi dorati ma che si mise a tacere appena Light le mandò un'occhiataccia assassina, pronta a ricattarla dicendo al diretto interessato, che ora si trovava in cucina a preparare il pranzo, che lei fosse cotta di lui.
-Mikey come sei messo? Vuoi una mano.. Wow!- esclamò con tanto di occhi sgranati, Viola attirando l'attenzione di tutti i presenti che si voltarono verso la cucina con curiosità, alzandosi per avere una migliore visuale.
-No, grazie. Ho quasi finito.- disse piano, estraendo, con dei guanti verdi da cucina, una teglia fumante di lasagne dal forno e mettendola accanto a quella con il pollo e patatine fritte sul tavolo dell'isola, dove vi erano adagiati anche un contenitore verde d'insalata condita con mais e pomodorini e, sopra un piattino con varietà di formaggi con accanto degli involtini di formaggio e verdura, e degli spiedini di carne. Alzò lo sguardo, osservando scettico i ragazzi che lo fissavano a bocca aperta -E', per caso troppo?- domandò temendo di aver esagerato, mentre si morse il labbro inferiore, tentennando nel vedere le posate affilate, cercando di mantenere il controllo. Sapere di non poter più punirsi per provare piacere lo faceva star male, lo faceva sentire prigioniero ancora di più di quelle lame.
-Come?- si riprese Venus, sbattendo le palpebre con l'acquolina in bocca, troppo vogliosa di mangiare quelle prelibatezze -Penso che invece sia perfetto! Un'applauso al cuoco!- esclamò battendo le mani, imitata da tutti che sorrisero al diretto interessato che si grattò il capo imbarazzato, non aspettandosi quel gesto di acclamazione per un semplice pranzo.

Si stiracchiò le braccia verso il cielo, sedendosi sul divano e prendendo il joystick nero della console, voglioso di svagarsi un po' dopo tutto quel mangiare. Dire di essere pieno era un effimero. Si voltò in direzione dei ragazzi che, dietro di lui avevano finito di sparecchiare mentre le ragazze si erano offerte di lavare i piatti.
-A chi va una partita?- domandò con un ghigno, mentre i suoi occhi verdi brillarono, vogliosi di far mangiare la polvere a Leo che accettò di buon grado
-Uff.. Anch'io volevo giocare!- protestò in un sussurrò Cat, mentre lavava la teglia, facendo ridere le amiche
-E invece tu lavi!- le disse facendo la finta scontrosa, Gwen mostrando un ghigno divertito, intanto che asciugava le posate.
-Taci, o dico a Raph che ti..- non finì la frase che, la ragazza in questione le tappò la bocca con una mano, osservandola truce prima di mollare la presa e tornare al suo lavoro
-No, che non mi piace. E' insopportabile.- ruggì piano, per non farsi sentire, mentre Venus le diede una gomitata scherzosa per poi commentare
-No.. Ovvio che non ti piaccia. Insomma, chi tapperebbe mai la bocca ad un'amica non permettendole di terminare una frase, solo perché non le piace un ragazzo.- ironizzò, mentre Light sbuffò a Cat e Gwen, portandosi le mani al petto, incrociandole.
-Dai ragazze. Si è capito ormai che siete cotte, tu di Mikey e tu di Raph. Per non parlare di Viola e Donnie..- stuzzicò volgendo lo sguardo alla suddetta, ma alzò un sopracciglio scettica, non trovandola
-Se cerchi Viola è in laboratorio con Donnie, ma comunque non permetterti di fare l'innocentina, eh! A te piace Leo, lo abbiamo capito tutte.- l'aggredì Gwen per poi affermare -E no, non mi piace Raphael.- tornando al suo lavoro, desiderosa di finirlo in fretta
-Beh, Mikey è carino.. No, non mi piace! Ma anche se fosse?- protestò Cat indignata, facendo una linguaccia alle tre prima di tornare a lavare la seconda ed ultima teglia, finendo finalmente di pulire.
-Leonardo?- domandò incredula, sbattendo un paio di volte le palpebre, facendo la sconvolta -Nah. E' troppo, troppo.. Non fa per me, ve lo dico io.- disse Light, sedendosi sullo sgabello imitata da Venus
-Tu continua pure a negarlo..- commentò la suddetta, osservando i ragazzi sul divano, appoggiando i gomiti sul marmo liscio e reggendosi il mento. Vedendo chi stesse vincendo tra i due litiganti, mentre Mikey rideva a vederli così furiosi uno verso l'altro non poté che sorridere.
-Cosa dobbiamo fare per domani?- domandò Light, cercando di ignorare le parole di Venus, osservando le altre che, avendo finito di mettere in ordine si avvicinarono 
-Io e Viola abbiamo test di fisica, ma abbiamo già studiato.- sorrise con una faccia vittoriosa Gwen, gasandosi
-Io invece non ho proprio niente.- esultò con un piccolo sorriso, Cat, mettendosi seduta sullo sgabello con un saltello
-Venus e Light invece dovrebbero studiare. Hanno due test domani.- consigliò Viola, avvicinandosi con Donnie, giungendo dal laboratorio.
-Oh.. Cavolo, è vero. Andiamo!- fece Venus scendendo dallo sgabello e recandosi in tutta fretta all'ingresso, facendo segno alle altre di muoversi, attirando l'attenzione degli altri
-Ma perché anche noi, scusa?- domandò Gwen, sbuffando, osservando male l'amica
-Fammi pensare.. Forse perché siamo venuti con la stessa macchina?- disse in tono di sufficienza. 
-Ah, già..- commentò seccata Gwen avviandosi, seguita dalle tre che sbuffarono mentre Cat osservò un secondo Mikey, desiderosa di domandargli qualcosa -Ma questa è l'ultima volta, la prossima veniamo ognuno con la propria auto.- affermò scontrosa, incrociando le braccia al petto. 
-Ehi, bella addormentata? Andiamo.- affermò seccata Venus, incrociando le braccia al petto, ricevendo un'occhiataccia dalla suddetta che si incamminò verso l'ingresso lentamente
-Mikey, ma tu, domani vieni a scuola?- chiese alla fine, studiandolo curiosa, con un barlume di speranza, volendo passare del tempo con lui in classe
-Certo.- disse piano, regalandole un sorriso, mentre i tre ragazzi si osservarono scettici, insicuri se dovesse tornare così presto o meno
-Allora a domani.- salutò seria, con un gesto secco e veloce della mano prima di varcare la soglia di quella casa, imitata dalle amiche che salutarono i ragazzi prima di levare le tende.
-Sicuro di riuscire ad andare a scuola, domani?- chiese Leo, temendo per ciò che sarebbe potuto accadere, anche una ricaduta. Era ancora debole, doveva riposare.
-Sì.. Non sono riuscito a morire, quindi non posso perdere altri giorni scolastici.- disse piano, guardando il pavimento come se potesse consolarlo in qualche modo
-Non sei.. Cioè, hai davvero detto quello che penso?- domandò Raph, troppo sorpreso da ciò che aveva ammesso, alzandosi con uno sguardo confuso, ma lui mugugnò in risposta, non volendo parlarne. Finché rimaneva con loro non poteva saltare il college. Gli è lo aveva promesso a lei. Avrebbe resistito un'altro po', poteva farcela, o, almeno, sperava. -Non sei riuscito a morire? Dici sul serio?- protestò ancora, incrociando le braccia al petto, avvicinandosi a lui furioso, facendolo sussultare.
-Beh, io..- sussurrò piano, osservandolo spaventato, mentre provò ad alzarsi dalla poltrona, ma la paura lo aveva come paralizzato. Non pensava che ammettere una cosa che, per lui non era importante avrebbe fatto innervosire in quel modo Raphael.
-Mikey non devi dire così. -intervenne Leo, accarezzandogli i capelli dolcemente, mentre Donnie cercò di calmare il focoso che sbuffò, avviandosi a prendere una birra nel frigorifero
-Non devi pensare così superficialmente alla vita, ecco tutto!- affermò seccato, Raph, scolandosi la lattina e gettandola, con un tiro da maestro nel cestino accanto al lavello, sotto la finestra, facendo canestro. Lui volse il capo verso la televisione, osservando il pavimento alla ricerca di risposte. Perché non doveva essere superficiale? Non aveva niente, e a nessuno importava di lui, quindi, perché continuare quella vita? Se lo faceva, se andava al college era solo per quella promessa, ed in quel momento si odiava a morte. Era pentito di averla accettata, perché era una cosa più grande di lui, e non poteva farcela. Si alzò piano, desideroso di poter starsene da solo, ma una mano lo bloccò prima che oltrepassasse il divano. Sollevò lo sguardo, osservando gli occhi bordeaux supplichevoli di Donatello che desideravano tanto che non si richiudesse in una stanza buia. 
-Ascolta, posso capire che non sia facile per te. Mi pare ovvio, ci vorrà tempo, ma alla fine riuscirai a farcela.- gli disse piano, con un mezzo sorriso stampato in volto, mentre Mikey si accigliò, scostandosi dalla presa sul polso del genio, guardandolo acido, lasciandolo sorpreso.
-No. Tu non puoi capire.- affermò velenoso, gettando uno sguardo fugace a Leo e Raph; il primo troppo dispiaciuto, ed il secondo troppo arrabbiato, ma, al tempo stesso consapevole di quelle parole prima che, lui si allontanò piano, chiudendosi dentro la stanza. Nessuno poteva capirlo, nessuno.

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Capitolo 11
*** Un po' di affetto. ***


Un po' di affetto.
Bussò piano, ascoltando il lieve suono che riproducevano le sue nocche contro la porta di legno così liscia della camera dove Michelangelo si era rinchiuso da troppo tempo, troppo tempo lasciato solo a riflettere su se stesso. Non ricevendo risposta volse uno sguardo incupito a Raph che, nervoso si diresse a grandi passi nella sua stanza sbattendo forte la porta in questione, poco importava se non fosse sua per davvero, mentre Donnie storse il naso per il forte frastuono che questo ne provocò.
-Beh, lato positivo: gli ho costruito un sacco da box nella sua stanza. Saprà sfogarsi, almeno.- constatò il genio, incrociando le braccia al petto, accennando a dei sì del capo convinto, con un mezzo sorriso incoraggiante, speranzoso che la rabbia del focoso, in quel modo si fermasse. Leonardo sorrise piano prima di sospirare e riprovare di nuovo ad interagire con quella porta, alla ricerca di una risposta da parte della persona che vi era dentro. Anche un semplice scatto della serratura che veniva sbloccata sarebbe bastato. Non erano troppo preoccupati, perché sapevano che lì dentro avevano rimosso tutti i possibili oggetti affilati, non volendo che, per rabbia o per paura finisse per farsi davvero male, ancora.
-Michelangelo, forza esci di lì. Dobbiamo cenare.- provò ad interagire allora con le parole, premendo la maniglia di ferro verso il basso, avvertendo il lieve torpore di gelo che ne provocò al tatto delle dita mentre si girò verso il genio che abbassò le spalle, dispiaciuto. -Donatello ha ordinato le pizze.- disse ancora, ma, una porta infondo che si spalancò verso l'esterno di botto, andando a scontrarsi contro il muro di cemento della parete producendo un rumore secco e forte gli fece sobbalzare. Raph, avanzando con dei Sai nelle mani si protese, inginocchiandosi sulla serratura della camera di Michelangelo, mentre inserì la lama centrale dentro al buco iniziando a forzarla con foga, ascoltando il rumore metallico che ne provocò fino ad un suono secco che fece capire a tutti che ci fosse riuscito. Con una mano spinse piano la porta verso l'interno, ascoltando il lieve cigolio che ne provocò fino a spalancarsi, quasi del tutto. Rimasero un'attimo interdetti, vedendo la camera avvolta, ancora nell'oscurità, del tutto vuota. Varcarono la soglia con un senso di soggezione nel cuore, temendo una scoperta non molto rassicurante. Donatello ci mise poco a fiondarsi nel bagno e ad uscirne, alla velocità della luce, con un volto angosciato.
-Non c'è.- disse sconvolto guardando verso il basso ad occhi sbarrati un punto indefinito del pavimento, mentre si trascinò fino a sedersi di botto sulla sedia accanto al letto, maledicendosi di averlo lasciato solo e portandosi le mani al volto si sorresse i gomiti sulle cosce. Si strinse, in una presa convulsa i capelli castani prima di alzarsi e avventarsi contro Raphael -La colpa è solo tua! Perché devi sempre urlargli contro? Non capisci qual è la sua situazione?- protestò, picchiettando contro i suoi pettorali. Lui si morse il labbro inferiore, stringendo i pugni e gettando lo sguardo al materasso vuoto e dalle coperte sgualcite, ancora disfatto. Capiva perfettamente la situazione di Mikey, ma non accettava il suo modo di combatterla, perché non la combatteva affatto, anche se, chi meglio di lui sapeva che per queste cose ci voleva tempo? Sospirò pesantemente mentre si massaggiava il retro del collo per la frustrazione.
Leonardo gettò uno sguardo al letto affranto, alzando un'attimo un sopracciglio, non capendo dove fosse finito un cuscino, ma poi sospirò prima di passarsi una mano tra i capelli. Ed ora dove mai si sarà cacciato? Continuava a domandarsi, sperando con tutto il cuore che nessun malintenzionato lo avesse preso sotto tiro nella sua incosciente fuga. Era notte fonda, non poteva credere che fosse scappato. New York era immensa! Perdersi era facile, ma ritrovarsi, quello sì che era un'impresa. Avvicinandosi al letto, però, rimase interdetto. Alzando un sopracciglio si voltò verso i due che, imperterriti continuavano a litigare, così gli intimò di stare zitti, gesticolando mentre si portò l'indice alla bocca, guardandoli serio e accigliato. 
-Cosa?- chiese Raphael, non comprendendo il suo comportamento, osservandolo chinarsi per mettersi a carponi, guardandolo studiare la situazione sotto al letto. Gettò uno sguardo confuso al genio prima di tornare ad osservare con un volto scettico l'azzurro, chiedendosi cosa mai stesse combinando.
-Il nostro Michelangelo non è scappato.- disse sollevato, mettendosi in ginocchio per guardarli con un sorriso -Sta dormendo sotto al letto.- spiegò, mentre i due lo fissarono interrogativi, non potendo crederci. Si avvicinarono, per constatare che ciò che avesse affermato fosse veritiero, ed infatti era così.
Sorrisero, inteneriti nel vedere un Michelangelo che, accucciato su se stesso se ne stava steso su un lato, abbracciando al petto un peluche a forma di orsetto con la testa adagiata sopra al cuscino come desideroso di coccole. In contemporanea sospirarono, sollevati che stesse bene, mentre Raphael si apprestò, chinandosi sulle ginocchia, a sollevare il letto in questione, in modo che gli altri due lo prendessero senza farlo svegliare.
Adagiando il letto, di nuovo a terra, Leonardo, con imbraccio il più piccolo della combriccola, sorreggendogli con una mano le gambe e, con l'altra la schiena si avviò in soggiorno, seguito da i due che presero le pizze adagiate sul tavolo in cucina, ancora confezionate e calde, posizionandole sopra al tavolino davanti al divano prima di sedersi accanto all'azzurro che portò la mano sotto al cuscino ancora avvinghiato nelle sue braccia ed iniziando a solleticare lo stomaco di Michelangelo per farlo destare dal suo sonno tra mille risate, aiutato anche dagli altri due che si unirono alle risate di Mikey che gli pregava di smettere.
-Ben svegliato dormiglione.- affermò Leonardo, coccolandolo in quell'abbraccio, mentre il diretto interessato si osservò intorno smarrito, stringendo di più la presa sul morbido compagno di sogni, non capendo come fosse finito lì se ricordava di essersi addormentato sotto al letto, per nascondersi da loro, non volendo discuterci di nuovo, ma ora, sembravano così felici, perfino Raph non gli incuteva più terrore grazie a quel suo nuovo sguardo sollevato e sorridente. Annusando l'aria intorno avvertì il profumo caldo ed invitante della pizza così si voltò verso le quattro confezioni, ed i suoi occhi brillarono, desiderosi di gustarne un po', affamato.
-Vedo che vai matto per la pizza. Molto bene, scegli quale più ti piace.- lo invitò Raph, spalancando i cartoni e mostrando i diversi gusti ordinati. C'era quella originale, la madre di tutte le pizze; la margherita, quella condita di patatine e wrustel; l'americana, quella piccante; la diavola, ed infine, la quattro stagioni.
Sbadigliò un'attimo, stropicciandosi un'occhio per riprendersi dal suo stato di stanchezza e togliere gli ultimi residui di sonno, stringendo il suo orsacchiotto al petto prima di tendere la mano lentamente, quasi per paura che, tutto quello fosse solo uno stupido scherzo e che non ci sarebbe stato niente da mangiare per lui, mentre indicò la diavola. 
-Ti piace il piccante, eh?- si congratulò Raph, scompigliandogli giocosamente i capelli, prima di porgergliene una fetta, togliendogli delicatamente il cuscino dalle mani per farlo stare più comodo, adagiando quest'ultimo al suo fianco, vicino allo schienale, mentre si protese verso la margherita, voglioso di cominciare a mangiare imitato dagli altri.
Osservò i condimenti che fondevano perfettamente con la mozzarella ed il pomodoro, divorandola solo con lo sguardo, prima di addentarla famelico. I suoi occhi azzurri brillarono, mentre il palato era come in festa, ballando insieme alle papille gustative per tale prelibatezza. Il piccante non stonava per niente con il dolce e rinfrescante sapore del pomodoro, e la mozzarella filante rendeva il tutto più gustoso e saporito. Ridacchiò, prendendone un'altro pezzo prima di gettare uno sguardo imbarazzato ai tre, notando solo in quel momento di essere seduto sulle gambe di Leonardo che si gustava la pizza americana, e che gli scompigliò i capelli affettuosamente.
-Domani cosa abbiamo?- domandò ad un tratto, Raph, appena finì di mangiare e accartocciando a metà il cartone delle pizze, alzandosi piano per dirigersi in cucina a buttarlo. Prima di tornare sul divano si fermò davanti al frigorifero, aprendolo e rovistando le bevande che conteneva, decidendo di prendere una lattina di aranciata per Mikey e delle birre per gli altri, lanciandogliele e sedendosi di botto, porgendo, poi, l'aranciata al più piccolo che lo ringraziò, sorridendogli vivace.
-Per nostra fortuna, assolutamente niente!- esclamò Leonardo, adagiando il capo contro lo schienale per riposarsi da quella abbuffata, mentre mise la lattina di birra, ancora chiusa al suo fianco, cercando di digerire tutto quel cibo.
-Io direi il contrario..- commentò Donatello, sbuffando e volgendo lo sguardo al soffitto, troppo desideroso di mettere in pratica le sue conoscenze su compiti e test scolastici. Ricevendo una cuscinata in faccia spalancò gli occhi, gettando di scatto lo sguardo a Raph che gli sorrise in tono di sfida -Ah, sì?- domandò, prendendo il cuscinetto azzurro d'appoggio del divano, lanciandoglielo contro, tra le risate di Leo e Mikey che, essendo in mezzo ai due cercavano di schivare tutti quei colpi. Una forte cuscinata, però, raggiunse di botto Michelangelo che cascò giù dal divano con un tonfo sordo, facendo ammutolire tutti intanto che scuoté il capo, reggendolo con una mano per riprendersi dall'inaspettata botta presa.
-Tutto bene?- domandò Leo, sporgendosi verso di lui, ma Mikey lo osservò accigliato, con gli occhi luccicanti, facendogli preoccupare, ma poi, con uno scatto riprese il suo cuscino con cui aveva dormito e che giaceva a pochi passi da lui, lanciandoglielo addosso tra mille risate, facendo volare via alcune piume che svolazzarono lentamente come in una sensuale danza fino ad adagiarsi a terra.
-E così vuoi la guerra?- chiese ghignando l'azzurro prima di lanciarsi addosso al piccolo con un cuscino in mano, venendo raggiunti anche dagli altri, iniziando una vera e propria battaglia a cuscinate. 
Tra mille piume sparse ovunque, finalmente terminarono quel gioco che gli aveva sfiancato, e tra mille affanni, distesi al suolo osservando il lampadario bianco antico e lussuoso non poterono che ridersela. Con un grugnito, Leo si fece forza, mettendosi seduto con le mani sul tappeto che ricopriva mezzo soggiorno, tappezzato di simboli egiziani, mentre volse uno sguardo ai tre che lo osservarono di sottecchi, studiando ogni suo movimento, quasi temendo un altro attacco. Inspirò a fondo, dandosi la spinta di rimettersi in piedi, e, con una mano si scompigliò i capelli, facendo cadere a terra le piume che si erano infiltrate nella sua capigliatura blu notte, prima di pulirsi anche i vestiti, dando una mano a Donnie ad alzarsi. Raphael li seguì a ruota, scuotendo il capo per pulirsi da i residui di piume e polvere nei vestiti e tra i capelli, intanto che Michelangelo si mise seduto a terra, incrociando le gambe al suolo, prima di portarsi una mano alla bocca, sbadigliando sonoramente, sfinito da tutta quella situazione a cui non era mai incappato prima d'ora ma che non gli dispiaceva affatto averci partecipato.
-Adesso è meglio andare a dormire. Se domani devi andare a scuola, è meglio essere riposato, non trovi?- disse Leo, prendendolo imbraccio, mentre lui avvolse le gambe attorno al suo girovita, sprofondando il viso nell'incavo del collo dell'azzurro che, ridacchiando, gli strofinò la mano contro la schiena affettuoso, con la mano libera che passava sotto i glutei, sorreggendo le gambe aggrovigliate di Michelangelo.

Si stiracchiò le braccia, portandole in alto prima di avviarsi nella sua stanza osservando di sottecchi i due che portavano Mikey in camera. Entrò, socchiudendo la porta che aveva lasciato spalancata e si incamminò verso l'armadio rosso sopra al letto singolo, vicino alla finestra chiusa e coperta dai tessuti della tenda vermiglia. Gettò uno sguardo alla scrivania, dove, sotto essa aveva adagiato la valigia, ormai vuota visto che l'aveva disfatta tutta. Aprendo i cassetti prese il suo pigiama che consisteva, come al solito in una canottiera nera a giro maniche e dei pantaloncini corti che mostravano i suoi muscoli e quella cicatrice a forma di saetta che possedeva su i pettorali da quanto ne aveva memoria. L'indossò velocemente, mettendo, poi in ordine gli indumenti tolti, piegandoli bene e appoggiandoli all'interno dell'armadio, nel mentre che qualcuno bussò alla sua porta.
-Sì?- disse scettico. Vedendo entrare Donnie e Leo alzò un sopracciglio, incuriosito da quell'inaspettata visita -Non dovreste andare a dormire?- chiese, sedendosi sull'estremità del letto, incrociando le dita delle mani e tenendole, penzolanti al centro delle gambe divaricate 
-Oh, sì. Solo che, noi due abbiamo deciso di dormire insieme a Mikey, per fargli compagnia. Dopo l'episodio di questa mattina non voglio lasciarlo solo in camera. Temo che possa svegliarsi nel pieno della notte e andare di nuovo in cucina per, sì insomma sai..- spiegò gesticolando, Donnie per fargli capire quanto grave fosse la sua preoccupazione. Il rosso annuì pensieroso, sbuffando per come le cose fossero complicate, non riuscendo a non domandarsi da quando la sua vita fosse diventata così. Mentre gettò uno sguardo a Leo, erano entrambi con il pigiama, già pronti per fare come pianificato, quindi non capiva cosa volessero.
-Ti va di unirti anche tu?- chiese alla fine, Leo, con un sorriso sul volto, lasciandolo incredulo, mentre infilò le mani nelle tasche dei pantaloni grigi. Non gli dispiaceva stare con Michelangelo, e, infondo, quell'idea non era così male.
-Certo.- sorrise, alzandosi per avvicinarsi alla porta e chiudendo la luce prima di raggiungere la stanza del suddetto che, spaparanzato nel letto, disteso supino su un lato coperto dal lenzuolo azzurro fingeva di dormire, tenendo gli occhi chiusi e abbracciando, stretto al petto il suo peluche. Con un ghigno furbo si sedette al suo fianco, distendendo le gambe e infilandosi sotto le coperte iniziò a solleticare i suoi fianchi. Non ci volle molto e il più piccolo scoppiò a ridere, dimenandosi alla ricerca di liberarsi da quello straziante divertimento.
-Come mai.. siete qui?- chiese tra gli affanni, appena Raph smise e i restanti due si unissero a fargli compagnia nel letto, distendendosi, però al suo lato sinistro
-Cos'è? Non ti piace la nostra compagnia?- protestò scherzoso il rosso, mettendosi a suo agio contro il cuscino azzurrino bianco, portandosi le braccia dietro al capo e gettando uno sguardo al cielo con un sorriso strafottente sul volto.
-Lo sai che non si dovrebbe rispondere ad una domanda con una domanda?- chiese con un sorriso il genio, sistemandosi la maglia a mezze maniche, blu, stirandola con le mani prima di distendersi di petto e incrociare le braccia sopra al cuscino azzurro.
-Perché, tu cosa hai appena fatto?- domandò di rimando, facendo ridacchiare sia Donnie che Mikey, quest'ultimo che teneva il volto nascosto nell'incavo delle braccia con, stretto al petto il cuscino dello stesso colore degli altri. Raph sbuffò per quelle risate, osservando Leo che, mettendosi comodo, disteso di schiena, gli ascoltava pensieroso.
-Comunque sì, mi piace la vostra compagnia.- disse infine, Michelangelo in un sussurro, quasi imbarazzato ad ammetterlo, mentre un tenero sorriso era stampato sul suo volto
-Anche a noi piace la tua compagnia.- affermò Leonardo, passandogli una mano nei corti capelli prima di rimboccargli le coperte, facendolo ridere per ciò -Come si chiama il tuo amico?- chiese gentile, indicando l'orsacchiotto marroncino che continuava a stringere in un forte abbraccio
-Sì chiama Orsetto.- rispose piano, con un grande e tenero sorriso, venendo ricambiato da i tre, mentre Raph gli scompigliò giocoso i capelli, ridacchiando.
-Davvero un bel nome.- si complimentò l'azzurro, mettendosi comodo, girandosi su un lato verso di lui, per guardarlo meglio -Ma te la senti davvero di andare a scuola domani?- domandò poi, osservandolo titubante. Non era sicuro che domani tutto sarebbe andato per il meglio.
-Leo, ma lo sai cosa sei? Ti comporti peggio di un padre!- affermò ridendo, Raph, mentre il diretto interessato gli mandò un'occhiataccia per poi sorridere scherzoso, portandosi una mano alla bocca prima di sbadigliare, lasciando la parola a Mikey.
-Sì, me la sento.- rispose con calma quest'ultimo, accoccolandosi meglio tra quelle coperte, e socchiudendo gli occhi stanchi. Si sentiva così bene, così protetto in quel calore così pieno di affetto che non aveva mai ricevuto.
-Dimmi, dove lo hai preso?- chiese Donnie, curioso, indicando coll'indice l'orso che, Mikey, disteso su un lato, dando le spalle, senza volere, a Raph stringeva forte al petto.
-Da quanto ricordo, c'è l'ho dall'orfanotrofio..- si bloccò di colpo, sgranando gli occhi e mordendosi il labbro inferiore. Non avrebbe dovuto dirglielo. I tre si lanciarono occhiate fugaci e perplesse, prima di osservare Mikey confusi, non immaginandoselo.
-Anche tu sei un orfano?- chiese Raph, sporgendosi di lato per guardarlo dritto negli occhi, ma lui mugugnò, nascondendosi in fondo alle coperte, non volendo parlarne. Purtroppo per lui, i tre non erano dello stesso parere e, scoprendolo del lenzuolo lo guardarono seri.
-Io..- mugugnò timidamente, coprendosi il volto con il suo orsacchiotto come per difendersi da i loro sguardi ma che, Leo abbassò lentamente, cambiando il suo sguardo in modo apprensivo, con un piccolo sorriso.
-Non devi mica vergognarti.- disse piano, passandogli una mano nei suoi capelli ribelli. Lui abbassò lo sguardo, accucciandosi su se stesso, con le gambe strette al petto, ed il peluche avvolto nelle braccia, vicino all'addome.
-Non è questo..- sussurrò piano. Non voleva proprio parlarne, e desiderava tanto andarsene da loro, levarsi da quella situazione imbarazzante che avrebbe tanto voluto non incappare. Non avrebbe dovuto dirlo, era un suo segreto. Avrebbero rovinato tutto, adesso.
-Però, ora che ci penso. Tecnicamente se sei orfano, e colui che ti ha adottato ti tratta male, potresti denunciarlo. Così, lui perderà la custodia e tu sarai più tranquillo.- affermò il genio con un'immenso sorriso, felice di poter essere utile.
-No.- disse secco, alzandosi col busto e mettendosi seduto, pronto a correre via, ma i tre si misero anch'egli, di scatto, seduti, impedendogli quella fuga, per loro insensata, mentre Leonardo premette la mano sul suo petto delicatamente, frenandolo.
-Ma, perché?- domandò l'azzurro, confuso. Aveva così paura del suo padre adottivo, ma non voleva lasciarlo andare, non capiva.
-Vi prego. Non voglio.- sussurrò, piagnucolando disperato, chinando lo sguardo verso le coperte e stringendole convulsamente, cercando di ignorare i loro sguardi che, in quel momento, pesavano come non mai.
-Va bene.- disse piano, Leonardo, coccolandolo in un forte e tenero abbraccio, mentre aggrottò le sopracciglia, gettando uno sguardo addolorato ai due ragazzi che non comprendevano, ed osservavano Michelangelo, dispiaciuti di non poter essere di alcun aiuto. Leo si lasciò sfuggire un pesante sospiro, chinando il capo e socchiudendo le palpebre, mentre Mikey si accoccolava meglio tra le sue braccia, adagiando il capo contro il petto rassicurante che si alzava e abbassava lentamente e sinuosamente, a tempo dei lievi respiri dell'azzurro, aiutando il sonno a sopraffarlo.
-Notte ragazzi.- disse piano Donatello appena capì che le acque si fossero calmate, regalando una carezza alla guancia del più piccolo prima di distendersi e voltarsi su un lato per addormentarsi meglio, mentre Raphael ricambiò il saluto del genio adagiandosi, disteso supino di schiena, osservando il soffitto mentre gettava degli sguardi fugaci ai due prima di assopirsi lentamente, cullato da quel dolce silenzio, a sua volta. Leonardo rimase seduto un'altro po', osservando quei ragazzi con un tenero sorriso sulle labbra. Scuoté il capo dolcemente, ridacchiando piano, sicuro che non gli avrebbe svegliati. Non avrebbe mai pensato che, quei ragazzi, gli avrebbero scombussolato la vita in pochi giorni, in senso positivo. Non pensava che avrebbe mai incontrato persone così speciali, così piene di legami ma anche con tante, troppe difficoltà e che desideravano, in un modo o nell'altro le stesse cose: ottenere ciò che non erano mai riusciti ad avere; un po' di affetto. Michelangelo, inconsciamente, gli aveva legati l'uno all'altro, ed ora loro erano, come intenzionati a non spezzarlo in nessun modo, quel legame. Nonostante Mikey cercasse di allontanarsi, forse con l'intenzione di proteggerli, proprio quando erano loro a voler proteggere lui. Cercando di non destare nessuno si chinò lentamente, distendendosi di schiena, con ancora un Mikey dormiente stretto tra le braccia, mettendosi comodo, pronto ad assopirsi.
-Andrà tutto bene..- gli sussurrò in un'orecchio, ignorando che non potesse sentirlo, ormai nel mondo nei sogni. Passandogli una mano tra le ciocche soffici e morbide dei suoi capelli ribelli, mentre avvertiva le palpebre appesantirsi ed il respiro rallentare piano gli sfuggì un altro sorriso. E chiudendo le palpebre, con ancora il sorriso sulle labbra, si abbandonò alle braccia di Morfeo.

Socchiuse gli occhi, sbadigliando e stiracchiandosi le braccia al cielo, mentre una mano lo scuoteva, premendo sul suo petto. Sì voltò verso il balcone aperto, con il rumore frusciante delle coperte e del vento, strizzando gli occhi per abituarsi alla luce che, finalmente circondava la stanza. Osservando la tapparella alzata da dove entrava aria fresca mattutina, con i raggi del sole che filtravano attraverso le tende, arancioni, di seta. Nonostante il fresco che lasciava entrare il balcone non si sentiva tutto quel freddo tipico dell'autunno. Si stava bene nonostante fossero ad inizio Ottobre. Osservò Leonardo fare avanti e indietro di corsa, come una furia, alla ricerca dei suoi vestiti, mentre Donatello, già cambiato, con una mano sul volto che si stropicciava un'occhio era seduto al suo fianco, e che sospirava divertito per la scena che gli si parava dinanzi con Leo. Mugugnò, mentre gettò lo sguardo a chi lo avesse destato, ovvero Raph che, con un sorriso lo costrinse ad alzarsi, tirandolo di peso con le mani poggiate sulle sue spalle per farlo mettere seduto.
-Buongiorno.- gemette con voce impastata. Con gli occhi chiusi scostò le coperte e allungandosi verso l'estremità del letto si alzò, recandosi lentamente in bagno con poca voglia, per potersi lavare, oltrepassando Leo che lo salutò fugacemente mentre si infilava una maglia rossa, infilandosi dei jeans chiari, abbottonandoli vago, per poi distendersi, sollevato, sul letto, felice dell'impresa, miracolosamente, compiuta.
-Mikey vedi di fare in fretta. La sveglia non ha suonato, e siamo un po' in ritardo.- si lamentò Donnie, preoccupato di far tardi, mentre Raph si diresse nell'altro bagno, che si trovava in fondo al corridoio. -Raph, anche tu però!- protestò il genio, troppo in ansia e, osservare l'orologio sul comodino che picchiettava ad ogni secondo non lo aiutava per niente. Non voleva perdere la prima ora. Anzi, non voleva saltare la giornata scolastica e basta.
-Ascolta, non è colpa mia se la sveglia oggi ha voluto lasciarci!- sbuffò il focoso, tornando di corsa mentre si infilò il jeans nero chiaro, zoppicando con una gamba fino al letto prima di infilare anche l'altra gamba, infine abbottonò i jeans strappati sulle cosce e i ginocchi. Infilandosi le braccia dentro la maglia rossa, lasciò sbucare fuori la testa, scuotendola e passandosi una mano tra i capelli ribelli scompigliati, finendo di vestirsi e recandosi in soggiorno a prendere le scarpe di ognuno per poi portarle in camera. Le adagiò per terra, sedendosi sull'estremità del letto e chinandosi avvicinò le sue, mettendosele, imitato da i ragazzi che si allacciarono le proprie. Sì mise in piedi, picchiettando la punta della suola contro il pavimento per far abituare prima al lieve fastidio che procurava la stretta dei lacci al piede. Si avvicinò alla valigia di Michelangelo, aprendola piano per prendere alcuni indumenti, volendo farglieli trovare già pronti.
-Certo che non c'è molta scelta.- commentò piano, mentre ci infilò entrambe le mani, rovistandoci dentro e prelevando una maglia gialla a maniche lunghe e dei jeans chiari, lunghi. Il suo sguardo, però, si soffermò su degli strani fogli che risiedevano in fondo, lasciati insieme con estrema cura. Con titubanza ne prese uno, studiandolo e rigirandoselo tra le mani.
-Cos'è?- domandò Donatello, incuriosito, alzandosi dal letto per poter avvicinarsi a osservare meglio
-Sono degli spartiti. Penso siano le sue canzoni.- rispose il focoso con un mezzo sorriso sul volto prima di alzarsi nell'esatto momento in cui, Michelangelo uscì dal bagno. Alzò lo sguardo da terra, volgendo uno scettico sguardo ai due che erano vicini alla sua valigia, ma appena si accorse dei fogli che tenevano in mano si affrettò a toglierli con foga, sotto lo sguardo stranito di tutti.
-Scusa, però.. Non voglio che nessuno li veda.- sussurrò piano, gettando uno sguardo rabbuiato alla sua chitarra. Vedendosi porgere i vestiti alzò lo sguardo confuso, aspettandosi da lui una sfuriata o altro. Invece gli sorrise.
-Però ci aspettiamo di risentirti, almeno un'altra volta.- disse Leonardo, alzandosi in piedi e stiracchiandosi, mentre il suddetto accennò ad un timido sì. Togliendosi i pantaloni bianchi del pigiama si infilò i jeans, per poi sedersi a terra e allacciarsi le scarpe da ginnastica bianche dalle strisce verticali blu, in fretta. Alla fine, tentennando e mordendosi il labbro inferiore si alzò da terra, indeciso ancora se dirigersi in bagno o restare, ma erano già troppo in ritardo, così si tolse di scatto la maglia, dove, sul petto non c'era più il bendaggio che aveva tolto l'altra sera, lasciando intravedere ai ragazzi la sua corporatura scheletrica, divorata dalle cicatrici, e dai lividi prima di mettersi, come un fulmine la maglia gialla. Troppo imbarazzato per quel corpo devastato dal dolore e dalla fame.
-Ma tu sei magrissimo..- sussurrò incredulo, Donnie. La sera che lo aveva medicato non se ne era reso conto, troppo agitato da tutta quella situazione per rendersi conto del suo stato fisico-alimentare in cui si trovasse. Michelangelo abbassò lo sguardo, giocherellando nervoso con le dita, mentre i tre gli si avvicinarono preoccupati, shockati dallo spettacolo a cui erano stati sottoposti.
-Dobbiamo andare.- disse piano, a capo chino. Non voleva parlare, e si pentiva amaramente della scelta fatta. Forse, avrebbe dovuto cambiarsi in bagno, così non avrebbe dovuto sottostare a quegli sguardi così angosciati. Si osservarono indecisi, prima di fissarlo avanzare verso l'uscita, diretto all'ingresso, così lo seguirono, scendendo veloci le rampe di scale e attraversando i portici fino a raggiungere l'alfa romeo di Raph e mettersi, seduti, in macchina.
-Forse arriviamo in tempo per la colazione in mensa.- disse Leo, cercando di essere positivo per smorzare l'aria cupa, allacciandosi la cintura di sicurezza. Notando il comportamento di Mikey, avevano capito che non desiderava ancora condividere i suoi pensieri o le sue paure con loro, e lo accettavano. Ma adesso, vedendo come fosse mal nutrito desideravano cambiare le cose, non poteva restare come uno scheletro.
-Non voglio che perda la mia custodia..- tornò al discorso dell'altra sera, lasciandoli un'attimo smarriti mentre gettò lo sguardo al finestrino della macchina, osservando il paesaggio correre veloce, superando alberi e negozi, o palazzine. Si aggrovigliò le dita delle mani, tenendole basse, sopra le gambe, indeciso se continuare, ma non poteva lasciarli in sospeso così. Interruppe quel silenzio assordante, dovuto anche dal fatto che i tre ragazzi avessero deciso di non porgli domande, dandogli il tempo per trovare il coraggio di fidarsi e spiegarsi -Io..- sospirò, chiudendo gli occhi prima di riaprirli e prendere un profondo respiro, gettando un fugace sguardo ai ragazzi che osservavano la strada davanti a loro, senza mettergli fretta -E' solo che sono stato già adottato tre volte, e rimandato indietro altrettante volte, quasi come un pacco postale. Non voglio che ricapiti, non mi piace l'orfanotrofio. E poi, gli adulti cercano solo i bambini.. Non mi prenderebbe più nessuno, ed io non voglio passarci la vita in quella prigione.- asserì accigliato, stringendo le mani a pugno, mentre sentiva su di sé gli occhi di Donnie e Raphael, il quale lo osservava dallo specchietto retrovisore, aggrottando le sopracciglia dispiaciuto. Si morse il labbro inferiore, speranzoso che capissero, che non facessero nulla per compromettere quella situazione in cui si trovava e che lui definiva, con chissà quale coraggio, tranquilla. 
-Mikey noi..- rimase un'attimo con la frase in sospeso, intanto che la macchina entrava nel vialetto dell'istituto, facendosi strada fino al parcheggio, situato per docenti e alunni. Inspirò a fondo, picchiettando le dita sulla cosce e passandosi l'altra mano tra i capelli blu scuro, lanciando un fugace sguardo al guidatore e ai due passeggeri dietro. -Capisco cosa vuoi dire.. però non puoi passare la vita con uno che ti tratta male. Non puoi convivere con la paura.- spiegò, mentre Raph, con la macchina ormai ferma, tirava indietro il freno a mano, estraendo piano le chiavi e girandosi per guardare meglio il più piccolo del gruppetto, ignorando il fatto che fossero già in ritardo, ma ormai non importava più nemmeno a Donatello. 
-E non ne ho intenzione. Però, devo almeno finire il College e poi..- si bloccò di colpo, tornando a mordicchiarsi il labbro inferiore. Doveva esaudire il sogno della sua amica, ma dopo, aveva giurato di raggiungerla. Si portò le mani intrecciate al petto, desideroso di non approfondire l'argomento, con quegli sguardi che mettevano angoscia, bloccandogli il respiro. Chinò il capo mortificato, sapeva solo deludere. Strizzò gli occhi, avvertendo il dolore nella testa tornare insieme alla voglia di punirsi, di tagliarsi, di provare ancora quel piacere che si faceva strada in lui più forte e desideroso che mai e che lui accettava, e sperava di appagare al più presto, se solo avesse potuto. Era davvero una nullità, non sapeva nemmeno contenere quel dolore e non avrebbe mantenuto la promessa.  Con la bocca secca e le mani sudate, gettò uno sguardo triste e supplichevole ai tre, pregandoli di smettere. Quegli sguardi lo facevano solo star male da far schifo, lo facevano sentire fuori posto e inutile. Di questo passo sarebbe andato in panico. 
-E poi cosa? Morire?- ruggì il focoso d'un tratto, come se gli avesse letto nel pensiero, ignorando però lo sguardo di suppliche che stava rivolgendo a tutti. Sobbalzò, e, spaventato da quegli occhi minacciosi, strisciò lungo il sedile, verso la portiera, facendosi forza con le braccia già pronto a scendere dal veicolo per dirigersi fuori, ma delle braccia lo avvolsero di scatto in un'abbraccio, cogliendolo di sorpresa e lasciandolo un'attimo smarrito. Gettò lo sguardo indietro, confuso, ritrovandosi avvinghiato al petto di Donatello che gli sorrideva sincero prima che mandasse un'occhiataccia al focoso che sbuffò, per poi chinare il capo, consapevole dello sbaglio, e grattarsi i capelli dispiaciuto, pentito delle parole appena pronunciate.
-Mhm.. Ma ora possiamo entrare a scuola?- mugugnò piano Mikey a sguardo basso, voglioso di finirla lì, con Leonardo che gli accarezzava i capelli affettuosamente. I tre, dopo essersi studiati tra loro annuirono, scendendo dall'auto con un Raph ancora con i sensi di colpa, che si dannava del suo vizio di non chiudere mai la bocca.
Iniziarono a correre, entrando nell'istituto e spalancando le porte poterono ben udire il suono tintinnante della campanella e sospirarono stanchi prima di tornare a correre, ognuno diretto nella propria classe per la prima ora. Si accasciò sulla sedia, passandosi una mano sulla fronte per asciugarsi alcune gocce di sudore, mentre si lasciò sfuggire uno sbuffo, facendo ridacchiare Donatello al suo fianco che riprendeva fiato con lui.
-Ehi..- si fece notare Cat, alzando la mano e scuotendola con un gesto secco, lievemente sorpresa di quell'arrivo inaspettato quanto atteso prima di tornare a fissare la porta, da dove giunse il prof di fisica che si andò a sedere alla cattedra cominciando a spiegare, scrivendo formule su formule sull'immensa lavagna nera.
-Ciao.- salutarono per ricambiare, mentre Donatello adocchiò Viola accanto a Cat che salutò i ragazzi con un'immenso sorriso ed un gesto veloce della mano, senza farsi vedere dal docente per non beccarsi un rimprovero di prima mattina.
-Come stai?- domandò distrattamente la ragazza dagli occhi dorati, nonostante stesse guardando davanti a sé per sembrare attenta, ma ignorando completamente la lezione, troppo noiosa.
-Bene, grazie. Tu?- disse piano con un sorriso forzato a trentadue denti, consapevole dell'amara e dolorosa menzogna appena affermata, iniziando a scarabocchiare dei piccoli schizzi di disegni sul suo quaderno degli appunti sperando che in quel modo la straziante consapevolezza del suo attuale stato di dolore si affievolisse, con l'assordante rumore del cuore che batteva forte nel petto per la corsa fatta, rimbombando nelle orecchie. Con le parole di Raph nella mente ed il risentimento della mancanza di non potersi più ferire, rivolse uno sguardo innocente a Viola che parlava in codice morse con Donatello, il quale rispondeva a sua volta. Purtroppo non potevano fare cambio di posto, il prof avrebbe potuto accorgersene, così dovevano comunicare in quel modo strambatalo.
-Sì, tutto okay. Solo che lo studio stressa.- commentò seccata, gesticolando con la mano sinistra annoiata, essendo mancina. Potendo notare bene il particolare modo che, muovendola in qualsiasi modo volesse tenesse comunque il mignolo piegato all'interno, a differenza delle altre dita, prima di mettere il gomito sul banco e reggersi il mento con una mano, e scuotendo lievemente il capo per permettere ad una ciocca di coprirle l'occhio destro. Gettò un fugace sguardo alle sue unghie, laccate di smalto viola scuro, decorate con qualche teschio nero.
-Perché ti copri sempre? Sono così belli i tuoi occhi.- disse con un tenero sorriso sul volto, cercando di distrarsi in qualche modo da quel desiderio impellente che, per la prima volta, invece di piegarlo e distruggerlo lo stava spezzando. Cat distolse lo sguardo, imbarazzata dal commento improvviso e del tutto inaspettato, osservando l'amica che spalancò la bocca con un immenso sorriso, incoraggiandola a interagire ancora con il biondino. Sbuffò, roteando al cielo gli occhi prima di tornare a Mikey che aveva finito di scarabocchiare sul quaderno e che aveva iniziato a scrivere alcuni appunti in tutta fretta, come sotto stress, copiando qualcosina dal genio che, accorgendosene non poté che sfuggirgli una risatina, ma che tornò, poi, ad ascoltare la lezione con molta attenzione.
-Dopo hai anche tu scienze, giusto?- chiese, cercando di finire in fretta il discorso, osservando come il prof, parlando, gli stesse fissando già da un po', forse sospettando che il vociare provenisse proprio da loro.
-Sì.- sussurrò lui, a capo chino per non farsi vedere. All'inizio non aveva capito dove volesse andare a parare, ma poi, facendo mente locale, comprese che fossero insieme a quell'ora, e non poté che esserne stranamente felice, sperando vivamente che i bulli non lo avrebbero perseguitato.
-Allora? Se ne avete ancora per molto potete andare fuori, o posso continuare la mia lezione?- chiese il docente furioso, sbattendo il libro contro la cattedra, che produsse un forte frastuono.
I tre sobbalzarono, avvertendo, poi, tutti gli sguardi su di loro non fecero a meno che fare un sorriso tirato, tranne Cat che rimase seria come suo solito, ignorando i lamenti del docente che, alla fine riuscì a decidersi di tornare alla sua infinita spiegazione. Si osservarono colpevoli, con un lieve fermento per l'imbarazzante figura appena fatta prima di ridere, ma si ripresero subito, non volendo un'altro rimprovero, con Cat che li guardava con sufficienza.
Suonata la campanella tutti i compagni corsero fuori dalla classe, vogliosi che la giornata terminasse al più presto nonostante fossero solo le prime ore, mentre i quattro ragazzi si salutarono prima di dirigersi, ognuno verso la propria strada e alla prossima classe.
-Come sei messo con scienze?- domandò la ragazza, osservando di sottecchi gli occhi azzurri di Michelangelo, scendendo lo sguardo fino alla sua mano che penzolava lungo il fianco sinistro, vogliosa di afferrarla ma si trattene, desiderando non scomporsi più di tanto.
-Abbastanza bene, credo. Donatello mi aiuta molto.- affermò, scuotendo convinto il capo, affermativo. Rimase di stucco nell'avvertire delle dita sfiorargli la mano, fino ad afferrarla piano, avvertendo il lieve torpore caldo e soffice della pelle contro la sua che stringeva con dolcezza. Gettò lo sguardo alla ragazza, vedendola chinare il capo e coprirsi il volto con i capelli che le ricadevano delicatamente sugli occhi, come nel vano tentativo di cercare di essere invisibile. Gli sfuggì un sorriso, mentre ricambiò quella stretta con dolcezza, entrando in classe.

Tenendo il vassoio tra le dita, si osservò intorno fino ad inquadrare il solito tavolo, ormai era il loro posto. Si avviò, camminando piano tra tutti i ragazzi seduti che mangiavano tranquillamente, alcuni ignorandola, altri adocchiandola come una facile preda. Sbuffò, stanca di quei comportamenti così infantili, mentre appoggiò il vassoio con il cibo sul tavolo seccata. Si sedette con una gamba sopra l'altra, portandosi una ciocca di capelli arancioni dietro l'orecchio, continuando ad osservare male Leonardo che la fissava interrogativo.
-Possibile che dobbiate sempre perdere di vista Michelangelo?- asserì scontrosa, assottigliando lo sguardo, indignata, con Cat che la fissava stranita, mentre mangiava le sue patatine fritte con il kechuap.
-Se aveva due ore di scienze non è colpa nostra!- sbottò Raph, già nervoso di suo per chissà quale arcano motivo, finendo il panino e portandosi le braccia al petto, con il piede che batteva furioso contro il pavimento, ignorando il fastidioso frastuono che provocava. Se fosse stato possibile avrebbe potuto scaturire un terremoto.
-Okay.. E proprio bello mangiare in compagnia..- commentò Gwen sarcastica, ignorando l'occhiataccia di Raphael, intanto Leo, che sospirò stanco, si voltò verso la porta d'entrata della mensa, studiando i ragazzi che giungevano a passi svelti e che cercavano di sbrigarsi prima della fine della ricreazione, mentre sperava di individuare il suo amico.
-Ragazzi, ma volete sentire una cosa?- affermò ad un tratto Viola, vogliosa di alleggerire quell'aria tesa che impestava tutta intorno al gruppo. -Cat, prima l'ho vista tenersi per mano con Mikey!- esclamò mentre la suddetta interessata rischiò di affogarsi con la bibita gassosa che stava bevendo in quel momento, e con uno scatto tappò la bocca all'amica al suo fianco, osservandola trucemente.
-Ma davvero? Non posso crederci!- disse, allora, Light, ridacchiando sotto i baffi insieme a Venus che le dava delle lievi gomitate complici, con un sorrisetto furbo stampato in viso.
-Cioè, tu.. Tu sei la tipica ragazza che preferisce sia l'uomo a fare la prima mossa. Come hai potuto cambiare da un momento all'altro?- affermò Gwen, facendo la finta sconvolta, mentre i ragazzi sorrisero divertiti, perfino Raph abbandonò finalmente il cipiglio nervoso, cessando il movimento furioso del piede contro il pavimento -Si vede che ti piace proprio.- disse piano, con un ghigno malizioso stampato in faccia. Cat tolse la mano dalla bocca dell'amica, girandosi verso Light, seduta all'altro suo lato, mentre le guance assunsero un lieve tono porpora.
-Preferirò anche il tipo di ragazzo che si fa avanti per primo, ma Mikey è troppo ferito dentro. Se non gli do un motivo per fidarsi, non si avvicinerà mai a me.- borbottò impercettibilmente, chinando il capo prima di irrigidirsi al sentire una voce, purtroppo, conosciuta.
-Ehilà!- annunciò un ragazzo con dei denti mancanti, mentre appoggiò le mani sullo schienale della sedia di Light che ringhiò, innervosita da tutta quella confidenza -Ma guarda che zuccherino che abbiamo qui!- affermò con un sorrisetto malizioso, facendosi posto accanto a lei.
-Ciao Casey!- salutò Leonardo, alzando la mano per farsi vedere da quel cascamorto, con un sorriso tirato, infastidito anche lui dalla confidenza che si permetteva di avere con Light 
-Ehi, amico! Da quanto, eh?- chiese, prima di gettare uno sguardo malizioso alla ragazza all'altro fianco, Gwen, attirandosi le occhiate mortifere di Raphael che assottigliò lo sguardo, studiando ogni sua mossa. Non era dell'umore esatto, ma quel tipo era capitato a pennello per essere pestato.
-Ciao Cat.- salutò una voce simpatica, mentre la ragazza in questione sbuffò, alzando lo sguardo al cielo per ritrovarsi il volto del suo amico ad un centimetro dal volto.
-Ciao Aides..- rispose seccata, tornando lo sguardo dritto davanti a sé, mentre si sorreggeva il mento con la mano
-Allora, non mi presentate?- commentò acida la voce di un terzo incomodo, dietro Viola che si voltò di scatto, sbattendo le palpebre, incredula alla vista di un'altro ragazzo  
-Ma cos'è oggi? La giornata degli incontri del terzo tipo?- sbuffò Light, mollando un ceffone al povero Casey che strabuzzò al suolo insieme ad una sedia libera, dove si stava per sedere, con un tonfo sordo.
-Ehm.. Ciao.- salutò piano Mikey, con il vassoio di cibo in mano ed un sopracciglio alzato, stranito dalla vista di quei ragazzi, mentre Leonardo si apprestò subito a fargli posto in mezzo a lui e a Raph che gli regalò un mezzo sorriso.
-Forzuta la ragazza..- sussurrò Casey rialzandosi, mentre si strofinava il capo dolorante, intanto che rimetteva in piedi la sedia e Aides ridacchiò.
-Brucia, eh? Ma non avresti dovuto stuzzicarla.- commentò, ghignando, il ragazzo che si passò una mano, dove indossava un guanto nero, tra le ciocche ribelli dei suoi corti capelli bianchi e soffici come la neve, ricevendo un'occhiataccia dalla diretta interessata.
-Tutta invidia la tua.- affermò Casey, sedendosi accanto alla suddetta e portandosi le braccia dietro al collo e appoggiandosi allo schienale. -Vorresti rimorchiare come faccio io, eh?- si vantò poi, con un sorriso strafottente.
-Sì, d'accordo. Ma qualcuno vuole presentare?- ringhiò il focoso, intanto che Michelangelo finiva di mangiare e la campanella suonava con un tempismo impeccabile.
-Va bene!- affermò scontrosa, Cat, alzando le mani all'altezza delle spalle, mentre diede una gomitata al fianco del ragazzo da i capelli bianchi che iniziava ad esserle troppo appiccicato -Lui è Aides Right. Mentre il ragazzo con i capelli castani è Grant, Grant Gustin. Casey invece lo avete già conosciuto, è uno che cade ai piedi di ogni ragazza.- sbuffò indispettita, mentre si alzò per recarsi in classe, seguita dal gruppo di amici, con Aides che, come un'ombra era già al suo fianco.
-Certo che conosci gente strana.- disse Venus, portandosi una ciocca dietro l'orecchio, infastidita dalle occhiate che il ragazzo dagli occhi celesti, con sfumature di verde continuava a lanciarle; il ragazzo di nome Grant. Sbuffò indispettita, avanzando a grandi passi per evitarlo, innervosendosi alla fastidiosa risatina che ne uscì dalle sue labbra.

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Capitolo 12
*** Non posso. ***


Disteso di schiena sul divano rimase ad osservare il soffitto. Non aveva voglia di studiare ancora, non c'è la faceva più. Ma si annoiava così tanto. Sì portò le braccia sotto la testa gettando lo sguardo ai suoi piedi che si muovevano all'unisono, verso destra e sinistra a ritmo di una musica immaginaria. Sbuffò, possibile che non ci fosse niente da fare?
Mugugnò, strizzando le palpebre un paio di volte. E appena le riaprì si ritrovò sbucare fuori, da chissà dove il viso luminoso, e, come sempre, serio di Cat sopra di lui, la quale, piegandosi il giusto con il busto continuava a fissarlo curiosa. Si erano accordati che avrebbero studiato insieme e così avevano fatto fino a tarda sera, insieme a tutto il resto del gruppo che ora si era sparpagliato, più o meno ovunque in quell'immenso appartamento.
-Posso sedermi?- chiese ad un tratto, risvegliandolo dai suoi pensieri mentre indicò con un movimento del capo il divano in questione. Così si alzò, mettendosi seduto a gambe incrociate, appoggiando la schiena contro lo schienale e il bracciolo, mentre seguiva con lo sguardo tutti i movimenti della sua amica che si adagiava al suo fianco e che accese la televisione senza troppe pretese.
-Allora.. Cosa mi dici?- domandò ad un tratto, voglioso di fare qualcosa che non fosse niente e anche per togliersi dalla testa quel malinconico senso di gioia che provava nel tagliarsi e che gli trapanava la mente e l'anima, mentre lei lo fissò interrogativamente, non sapendo che rispondere e fermando il pollice da quell'irrefrenabile sport di schiacciare ripetutamente il pulsante per cambiare canale, nemmeno il telecomando fosse diventato un nuovo modello di joystick.
-Nulla di nuovo, tu?- rispose infine, tornando al televisore e ricominciando a sfrecciare da programma a programma, ma, come al solito non c'era niente e così, tra uno sbuffo e l'altro spense lo schermo che produsse un lieve e orecchiabile suono.
-Idem... Ma perché sei sempre seria?- curiosamente le fece presente del suo particolare modo di non voler, per la maggior parte del tempo, mostrare i suoi sentimenti e questo la sorprese come non mai.
Nessuno gli è lo aveva mai chiesto, tra le persone che frequentava, ed erano poche; anche quelle con cui era più affezionata non le avevano mai domandato il motivo di quel particolare suo atteggiamento. Ma intanto che rifletteva su che risposta dare, scavando nella sua memoria una scusa per cercare di rimanere più discreta possibile, dei strani versi attirarono la sua attenzione. Voltandosi poté notare che provenissero da Mikey che facendo delle facce buffe tentava di farla ridere. Rimase perplessa, alzando un sopracciglio ma alla fine, anche se cercò di resistere, contro voglia esplose in una grassa risata.
-Ecco.- affermò lui, intanto che le risate dolci della ragazza si andavano, via via affievolendo -Quanto sorridi sei più bella, sai?- questo complimento; arrivato come un fulmine a ciel sereno; fece arrossire e bloccare Cat che nascose il volto dietro i capelli, cercando come suo solito di essere invisibile, finché una mano, soffice e calda le si adagiò sulla sua guancia, spostandole le ciocche azzurre dietro l'orecchio -E dai! Non nasconderti.- protestò ironicamente in un sussurro piano avvicinando pericolosamente il suo volto a quello della ragazza che avvampò di colpo, mentre d'istinto strizzò gli occhi, quasi come spaventata da quello che, temeva potesse accadere. Aprendo un'occhio rimase a fissare il suo amico che, ridacchiando appoggiò dolcemente la punta del proprio naso sulla sua in un chiaro gesto d'affetto, lasciandola stranamente senza fiato. Socchiudendo le palpebre, la ragazza volle richiamare tutto il suo coraggio e provare a fare un passo enorme, cercando di raggiungere delicatamente le labbra di Mikey che a sua volta si stava avvicinando, con un calore al petto che si sparpagliava lungo tutto il corpo regalandogli brividi di puro piacere. Si lanciarono fugaci sguardi prima di tornare alle rispettive labbra del compagno. E tra respiri caldi e l'odore dolce e fresco di lui che le imperlava l'aria e le riempiva i polmoni regalando alla mente dolci pensieri. Erano ormai pronti al grande passo...
-Ehi piccioncini!- il richiamo del focoso rimbombò nelle loro orecchie a tal punto che li fece destare di scatto col cuore in gola, mentre Mikey dallo spavento cadde al suolo con un capitombolo, provocando un forte tonfo che attirò Leo e Light, intanto che Raph e Gwen si piegarono in due dal ridere. Leonardo; appena arrivato, alzò un sopracciglio, non comprendendo il motivo di tante risate mentre si apprestò ad aiutare Michelangelo ad alzarsi che sorrise ampiamente, grattandosi il capo imbarazzato.
-Che è successo?- chiese Light vicino ai due che, riprendendosi iniziarono a spiegare brevemente, gesticolando quello che stavano per fare i due, con un sorriso malizioso sul volto prima di ridere ancora. Cat allora, indignata e tremendamente in imbarazzo si alzò dal divano. Dando un fugace sguardo a Mikey; in piedi accanto a l'azzurro; se ne uscì fuori, senza evitare di dare delle spallate a Raph e Gwen di proposito prima di sbattere la porta e scendere velocemente le scale.
-No, aspetta!- si apprestò a correrle dietro, Mikey, mentre Light mandò delle occhiatacce ai due, imitata da Leo anche se quest'ultimo sospirò passandosi una mano tra i capelli.
-Dovevate per forza comportarvi così?- chiese l'azzurro sbuffando. I due aggrottarono le sopracciglia colpevoli, non aspettandosi tutto quel subbuglio, finché la porta non si riaprì lasciando rientrare Michelangelo. Lo osservarono voltarsi per chiudersi la porta alle spalle prima di girarsi verso di loro, con un piccolo sorriso impacciato ed un lieve rossore sulle guance. -Cat dov'è?- domandò Leo, ed intuendo da quella faccia che forse aveva ottenuto ciò che voleva non poté che esserne sollevato.
-Ha detto che doveva andare visto che c'è il copri fuoco.- affermò, troppo euforico che tutto si fosse risolto per il meglio. Light però, assottigliando gli occhi a due fessure diede una gomitata a Raph e Gwen che, sospirando chiesero scusa.
-Non era nostra intenzione, Mikey. Volevamo solo fare uno scherzo.- disse il focoso, irrigidendosi nel sentirsi pizzicare il bicipite. -Uno scherzo davvero stupido, non ricapiterà, promesso.- si corresse con una smorfia, scansandosi da Light prima che le passasse per la testa di continuare con quel gioco che le risultava molto divertente da come stesse sghignazzando.
-Scusa anche da parte mia.- sbuffò Gwen senza allungarsi troppo, incrociando le braccia al petto e gettandosi sul divano
-Aspettate un attimo.. Hai detto, proprio copri fuoco?- sobbalzò Venus che era arrivata dal laboratorio di Donnie nell'esatto momento in cui Mikey era tornato. Con uno scatto corse verso la porta salutando velocemente i ragazzi mentre Light la inseguiva, insieme a Viola; quest'ultima richiamata a gran voce dalla seconda e che, come un fulmine era arrivata in soggiorno per poi correrle dietro. Gwen, subito dopo aver sospirato pesantemente e abbassato le spalle, scocciata da quell'imprevisto sì alzò per poi scendere le scale per raggiungere le amiche. Con il suono dei passi incessanti nelle scale delle quattro che imprecavano per il ritardo Leo chiuse la porta, non risparmiandosi una risatella per quella scena.
-Beh, cosa ne dite di ordinare qualcosa da mangiare?- chiese Raph spaparanzandosi sul divano, osservando i due ancora in piedi nell'ingresso
-Sì, hai ragione. Vado ad avvisare Donnie.- affermò l'azzurro recandosi nella camera del genio mentre Mikey raggiunse il focoso e, con un balzo, reggendosi allo schienale con una mano lo oltrepassò atterrando di botto su i morbidi cuscini.
-Scusa ancora per prima.- disse guardando un punto indefinito del pavimento, sentendosi davvero in colpa per il comportamento avuto poco prima. In un attimo, però, si ritrovò avvolto dalle braccia del biondino che, voglioso di coccole ironizzò:
-Non fa niente. L'importante è che le cose si siano risolte per il meglio.- sorridendo si staccò, mentre aveva lasciato il focoso di stucco per quel gesto inatteso, ma, subito si riprese e lo attirò a sé avvolgendogli un braccio attorno al collo, sfregandogli il capo con le nocche sotto le sue proteste.
-Okay! Okay! Basta però!- affermò cercando di liberarsi da quella morsa ma invano, finché il suo carceriere non decise di liberarlo di proprio volere -Uffi!- protestò con un'adorabile smorfia, strofinandosi il capo. Sobbalzò nel sentire una mano accarezzargli i capelli ma si calmò subito quando notò fosse solo Leonardo.
-Allora, ho ordinato le solite pizze. Dovrebbero arrivare qui a momenti.- spiegò Donatello mentre smanettava con i suoi soliti gingilli davanti al divano con un sorrisetto, divertito dalla scena di Raph a cui aveva assistito.
-Fatemi posto.- disse, pacato Leo sedendosi al fianco di Mikey imitato subito da Donnie che decise di accendere la televisione.
Appoggiando la testa contro lo schienale, Raph, sbuffò sfiancato. Stanco di quella dura giornata che per fortuna, finalmente, era terminata. Passandosi una mano tra le ciocche fiammanti e stringendole nelle proprie dita sospirò, felice dell'ottima abbuffata di pizza a cui si erano sottoposti come quasi ogni altra sera.
-Meno male che domani non dobbiamo andare.- affermò entusiasta, con un mezzo sorriso, intanto che gli altri guardavano l'unico programma che avevano ritenuto il più interessante tra i tanti.
Michelangelo annuì alle parole del rosso, continuando di tanto in tanto a stropicciarsi un occhio. Il programma in TV non era così emozionante da lasciarti incollato al divano fino alla fine e dopo quella lunga giornata l'unico pensiero che si aveva in testa era di recarsi in quella calda e morbida tana che era il proprio letto.
-Beh, sono già le 22:00. Che dite; andiamo a dormire?- consigliò Leonardo alzandosi per allungare le braccia verso il cielo, stiracchiandole e mugugnando con residui di sonnolenza. Donatello non ci impiegò molto ad imitarlo, alzandosi e spegnendo la televisione seguito dai restanti due.
-Ma..- iniziò a dire Mikey in un tenue sospiro per poi tentennare un attimo, ma avendo ormai attirato l'attenzione di tutti continuò -Anche stasera volete dormire con me?- chiese curioso, osservandoli con i suoi occhioni azzurri da cucciolo.
-Se non vuoi la nostra compagnia..- propose Donnie, lasciando la frase in sospeso, e guardando Leonardo come a sperare che sarebbe stato lui ha terminarla. Non avrebbe potuto riposare con la paura di Mikey e di quello che poteva fare, solo nel letto.
-No, era solo per sapere. Sono contento che dormiamo insieme.- ridacchiò, lievemente imbarazzato ma del tutto sincero; e Donatello non poté che sorridere, felice. Avvolgendolo con un braccio si diressero nella sua camera, infilandosi dentro le coperte appena ognuno di loro indossò il proprio pigiama.

-Buongiorno ragazzi, disturbiamo?-
Mugugnò con la bocca impastata, strizzando gli occhi e stringendo il cuscino nelle proprie mani ma continuando a restarci appoggiato con il capo contro. Gli era sembrato di sentire una voce famigliare provenire dal soggiorno, ma non capiva a chi mai potesse appartenere; anche perché non riusciva a distinguerla: per la lontananza risultava troppo debole. Sbuffando dal naso si avvolse di più tra le coperte alla ricerca di calore che non gli fu negato da esse. Ma; muovendosi alla ricerca di una posizione più comoda; rimase incredulo nel costatare che fosse solo lui nel letto.
-No, figurati. Come mai siete qui? E' successo qualcosa?-
Questa volta ne riconobbe il proprietario: era Leonardo. Sentiva anche i suoi passi recarsi in soggiorno; forse trovandosi davanti alla porta della camera; per raggiungere la prima voce. Contorcendosi nel letto per mettersi dritto e in posizione fetale aprì lentamente gli occhi, solo per ritrovarsi ad osservare il colore grigio opaco del soffitto. Sbadigliò, ancora assonato e si voltò verso la sveglia di Raph che Donnie era riuscito ad aggiustare; meravigliandosi di colpo: erano le 12:30.
Strabuzzò gli occhi mentre di là; in soggiorno, discutevano di chissà cosa, ma la sua mente era ancora annebbiata dalla stanchezza del sonno rimasto per darci peso. E non poteva credere di essere rimasto assopito fino a quell'ora: saranno stati anni, anzi, con l'esattezza non era mai riuscito a dormire così tanto. Sì alzò col busto, reggendosi sui gomiti e osservando i fasci di luce del sole che penetravano dalla tapparella socchiusa. Sospirò, riposato come mai, anche se ancora intorpidito da lievi colpi di stanchezza, e si diresse in bagno, continuando però a domandarsi a chi appartenesse la prima voce. Eppure l'aveva già sentita. Ne era certo; anche se continuare a rifletterci su lo portava solo più fuori strada. Allora decise di rinunciare; lo avrebbe scoperto poi.
Entrò in bagno dopo aver preso dei vestiti dalla sua valigia; ormai le loro voci non si sentivano nemmeno più. Aprendo la bocca in un sonoro sbadiglio si spogliò, avviandosi poi verso la cabina doccia, deciso a svegliarsi del tutto con una doccia veloce. Alzando lo sguardo verso il manico della doccia, strizzò gli occhi restando ad osservare l'acqua che lo bagnava, avvolgendolo nel suo calore ristoratore, mentre cominciò ad insaponarsi.
Uscendo si infilò velocemente gli slip e i jeans puliti. In tutto quel tiepido vapore termale si osservò le proprie braccia, rimanendo afflitto. Posizionandosi dinanzi al lavello osservò se stesso nello specchio, non potendo ignorare le cicatrici che venivano riflesse in esso. Chinò il capo, passandosi le mani tra i capelli e stringendo le ciocche furioso iniziando a rimuginare. Voleva farlo, ancora. Desiderava commettere ancora quell'efferatezza, anche se era consapevole che alla fine se ne sarebbe pentito. Poteva davvero farcela, poteva resistere?, pensò affranto. Il suo sguardo ricadde inesorabilmente sul suo astuccio e senza accorgersene l'aprì. Aprì la tasca segreta sicuro che l'oggetto dei suoi pensieri fosse racchiuso lì, ma sbarrò gli occhi: non c'era. Eppure era certo di averla lasciata lì dentro. Indietreggiò in preda al panico, fino a ritrovarsi con le spalle alla parete, dove le piastrelle erano ancora umide. Testando il muro con il palmo della mano; sperando che la freschezza di quelle piastrelle gli avrebbe rinfrescato le idee, almeno un po'; cercò di calmarsi, continuando a ripetersi nella mente che poteva farcela. Doveva solo uscire di lì, ne era sicuro. Sentiva gli occhi pizzicare, il respiro farsi meno ed il cuore stringersi ed impregnarsi di dolore e vergogna. Si vergognava, perché non riusciva a resistere. Appoggiò la testa contro le mattonelle ed osservò il soffitto limpido e puro. Cercò come più poteva di respirare, di calmarsi.. Facendo pressione sulle dita si precipitò fuori dandosi una spinta. Sentendo l'aria calda e un po' consumata della camera si sedette sul materasso cercando di prendere aria. Non poteva farcela, pensò amaramente.
Alla fine, mettendosi la prima felpa che aveva sottomano, riuscì ad arrivare in soggiorno. Non si era ancora ripreso da quel tentato di punirsi andato a male, ma non poteva rimanere lì seduto a vita. Oltrepassò il corridoio giungendo in soggiorno, venendo avvolto dalla radiosa luce del sole che oltrepassava la finestra del balcone mentre i presenti lo accolsero con calorosi sorrisi.
-Ben svegliato, dormiglione.- salutò Donatello, affiancato da Viola dietro al bancone della cucina.
-Giorno.- rispose, ricambiando; anche se con dolore; il sorriso. Ritrovandosi il volto serio di Cat dinanzi di botto rimase di stucco, capendo finalmente di chi fosse la voce. -Come mai qui?-
-Qualcuno ha fatto la spia, non posso più tenere Klunk. E avevo chiesto a loro se potevano tenerlo per un po'. Viola mi ha solo accompagnata.- spiegò pacata, mentre Raph sbuffò innervosito seduto sul divano.
-Klunk?- chiese confuso, non capendo. In un attimo, Cat, si spostò di lato mostrando ai suoi piedi un gatto arancione di media grandezza che si leccava la zampa indifferente. Gli occhi limpidi e azzurri di Mikey si illuminarono di botto. -Un gattino!- esclamò euforico chinandosi per prenderlo imbraccio e tenendolo stretto al petto, ed il gatto in questione non sembrò affatto infastidito da questo comportamento anzi, iniziò a fare le fusa leccandogli il naso, facendolo ridere.
-Ma come hai fatto?- sbottò incredulo il focoso, alzandosi -Appena ho provato ad avvicinarmi mi ha attaccato.- affermò infastidito, massaggiandosi il braccio destro, forse la parte in questione ferita.
-Meglio così, sì vede che gli piaci.- commentò Cat, ottenendo un'occhiataccia dal focoso che lei non considerò. -Quindi potete tenerlo?- chiese poi, anche se si aspettava già una risposta di acconsento.
-Cert..-
-No.- sbottò Raph; interrompendo l'azzurro; ancora risentito per la nuova ferita appena ottenuta.
-Perché no? E' carinissimo!- ridacchiò Mikey continuando a coccolarlo -Ho sempre amato i gatti.- confessò, avvicinandolo al suo volto luminoso di gioia e sfregando il proprio naso contro la guancia paffuta e morbida del micio.
-Sì vede.- disse con un sorriso, Leo, mentre gli si avvicinò. Voltandosi verso Raphael in attesa di un verdetto.
-Dai, teniamolo!- supplicò Mikey guardando il focoso speranzoso. -Per Cat.- aggiunse con un sorriso tirato, alla ricerca disperata del fatidico sì. Raph borbottò qualcosa di incomprensibile tenendosi le ciocche rosse tra le dita, ma vedendo quando ci tenesse non poté che sbuffare un fastidioso, quanto atteso, sì.
-Evvivai!- esultò festoso, tenendo abbracciato ancora Klunk al petto. -Grazie.- affermò dolcemente per poi ridacchiare
-Ottimo. Cat vi ha anche lasciato il cibo e tutte le sue cose. Ed ora: Shopping!- esclamò, frettolosa ed eccitata Viola, tirando l'amica per un braccio, verso la porta. Sì sentì solo un "Maledizione" da parte della seconda ragazza prima che, entrambe, scomparvero oltre la soglia, dove la porta era stata lasciata aperta. Donnie sorrise e chiuse la porta. Voltandosi verso i tre, con Raph che guardava diffidente il micio che continuava a farsi i fatti propri tra le braccia del suo nuovo-momentaneo padrone.
-Vieni. Ti preparo la colazione.- affermò diretto a Mikey che annuì adagiando Klunk a terra e che decise di appollaiarsi nella sua calda cesta di legno.
Si mise seduto, osservando la cesta ed il suo ospite peloso che ronfava tranquillo. Donnie era ancora in cucina, a parlare con Leonardo, invece Raph si era rifugiato in camera a picchiare il suo sacco da box. Sbuffò annoiato e adagiò il capo contro lo schienale. Guardando il soffitto bianco e chiaro i suoi pensieri tornarono inesorabilmente all'esperienza avuta poco fa in bagno ed il suo sguardo si incupì. Sentiva il bisogno di una lama, ma i ricordi degli sguardi spaventati e increduli quando ci aveva provato davanti a loro vorticavano pericolosamente nei suoi pensieri facendolo rattristare di colpo, sentendosi solo una grande disgrazia. Ma non poteva farcela, il non godere del soffrire lo avrebbe soffocato. Strizzò gli occhi, con un groppo in gola. "Non posso.", pensò in procinto di piangere.
Socchiuse le palpebre e, con la coda dell'occhio, notò gli sguardi preoccupati e rammaricati dei suoi amici. In un attimo; con una stretta al cuore; si alzò e, rivolgendogli un sorriso, si diresse nel bagno adiacente al corridoio. Infilandosi dentro alla ricerca di un rifugio da quegli sguardi. Avvertendo le vertigini decise di mettersi seduto a terra; sentiva la mente annebbiarsi di colpo mentre cercava di prendere boccate d'aria. Chiuse gli occhi abbandonando il capo indietro, cercò solo di rilassarsi.
Aprì di scatto gli occhi con ancora il cuore in gola, come in preda ad un incubo nonostante non si fosse affatto addormentato, ma era come se una brutta sensazione gli avesse attanagliato l'anima. Sentiva come se un'ombra aleggiasse davanti al suo cammino. Scuoté il capo per riprendersi, issandosi in piedi e controllando l'orologio; gli era sembrato che i minuti, le ore fossero passate come lo scorrere dell'acqua in un fiume ma dubitava che fosse passato davvero molto tempo, di certo sì sarebbero apprestati a venire per controllare. Prese un profondo respiro e, senza sapere perché, il suo sguardo ricadde su un astuccio in particolare sopra al davanzale, uno di un colore verde oliva. Incuriosito decise di aprirlo e strabuzzò gli occhi nel vedere la sua forbice, ancora intrisa del suo sangue.

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Capitolo 13
*** Paura. ***


Con la forbice stretta in mano e lo sguardo che la studiava, bramoso di usarla sentì le lacrime varcare il suo volto e scorrere feroci, consapevole dell'errore che stava per commettere ma, davvero, non c'è la faceva, e non riusciva ad imporre alla sua mano di non farlo. E certo loro non lo avrebbero capito, considerandolo debole e senza speranze. Non poteva farsi scoprire stavolta, altrimenti gli avrebbe delusi, e loro non si sarebbero più fidati, non lo avrebbero più lasciato solo, togliendogli la poca libertà rimastagli.
Con sguardo deciso e affranto iniziò il lavoro, e non poté che lasciarsi sfuggire un lieve gemito di piacere mischiato a dolore appena il taglio si aprì, lasciando il sangue vermiglio e caldo uscire fuori copioso. Sorrise vittorioso, sentendo di nuovo quel sentimento di appagamento che lo mandava in paradiso, ma, in un attimo tutto cessò, ricordandosi cosa lo avrebbe atteso fuori. Avrebbe avuto il coraggio di guardargli in faccia? Al momento preferiva non pensarci continuando il suo lavoro di piacere e dolore.
Reggendosi alla base del lavello con le braccia che tremolavano e sanguinavano alzò lo sguardo verso lo specchio dove, nel riflesso dei suoi occhi si poteva come cadere nel vuoto per quanto fossero vuoti e spenti. Chinò il capo verso l'interno del lavabo, dove aveva lasciato cadere con un tonfo sordo la forbice; osservò i suoi polsi, dove il sangue scorreva veloce raggiungendo l'arma incriminata per coprirla ancora di più di quel colore scuro prima di finire dentro lo scolo. Boccheggiò, sentendosi un traditore, con le budella che si contorcevano straziandolo ma cercò di drizzare la schiena e fare un profondo respiro. Ora che il lavoro era concluso era più facile calmarsi.
Le mani tremavano ancora ma non gli impedirono di curarsi con l'acqua ossigenata, bendandosi con delle bende alla bene e meglio, per non destare troppi sospetti. Prendendo, poi un panno iniziò a pulire, cercando di fare il più in fretta possibile, e, aprendo l'acqua fredda dal rubinetto, si assicurò che il sangue fresco fosse scivolato via dalla forbice prima di rimetterla a posto nel borsello che non gli apparteneva con rammarico. Sospirò dando un'ultima e attenta occhiata a tutto il bagno, per assicurarsi che nessuna goccia vermiglia gli fosse sfuggita, aprendo anche la finestra per far cambiare aria e coprendosi poi i polsi con le lunghe maniche della felpa prima di aprire la porta, uscendo finalmente da quel posto.
Ritrovandosi di nuovo in soggiorno notò esserci anche Raphael ma si sentiva troppo scosso per l'azione che aveva appena compiuto per darci peso, sì sentiva troppo uno schifo per indossare ancora la sua maschera, così si diresse in cucina sedendosi al tavolo dell'isola dopo aver preso un bicchiere d'acqua, e dopo un sorso osservò il liquido incolore con il mento adagiato sopra le braccia incrociate.
-Ehi.- sì avvicinò Donnie dandogli una piccola carezza sulla schiena -Tutto okay?- sussurrò gentile, sedendosi sull'altro sgabello
Annuì senza darci troppa importanza mentre anche Leonardo e Raph si avvicinarono con un'alone di preoccupazione e questo infastidì il più piccolo.
-Sicuro?- cercò di tirargli fuori la verità, Leo, osservandolo negli occhi in modo apprensivo.
Nel sentirsi così oppresso gli salì una rabbia furente, ma gli avrebbe solo insospettiti di più, se non portati davvero alla verità e così, cercando di non pensare al peggio che stava provando, propose in un sussurro: -Vi va di uscire un po'?-
-Certo.- affermò con un sorriso l'azzurro, pensando che fosse la cosa migliore per lui, in modo da schiarirsi un po' le idee.
Alzandosi piano con un tenue sorriso sulle labbra si avviò verso l'ingresso seguito dai tre che cercavano di dargli conforto in silenzio. Prima di aprire la porta gettò un fugace sguardo al micio, salutandolo con un gesto della mano e ottenendo in risposta un'inatteso, piccolo e tenero "miao" e in un attimo furono in strada, sul marciapiede.
Guardò il cielo azzurro e limpido, con il vento invernale che soffiava piano permettendogli di respirare per davvero, con quel tempo così radioso nonostante fossero quasi a metà Novembre. Sì voltò con un'enorme sorriso, cercando di non pensare per un po' ai suoi problemi.
-Questa città è bella?- domandò innocente, nascondendo le braccia ferite nella tasca della felpa di un'arancione intenso.
-Molto. Dubito potremo visitarla tutta in un giorno.- ridacchiò Leonardo, scompigliandogli i capelli giocoso, sollevato dal suo ritrovato buon umore.
-Cosa ne dite di andare al parco?- chiese Donnie, indicando la strada da fare con il braccio.
Annuì, immaginando un posto pieno di verde e di alberi e forse anche con qualche gioco come uno scivolo o un'altalena. Fremendo per la voglia di salirci prese per un braccio Leo iniziando a trascinarlo di corsa verso la meta sotto lo sguardo incredulo e divertito dei restanti due mentre Raph si mise a ridere alla grossa. Giungendo al parco tutti insieme, Mikey si precipitò verso le piccole giostre, iniziando a divertirsi come non mai tra mille, dolci risate. Leo riprese fiato, venendo poi affiancato dai ragazzi che decisero di sedersi sulle panchine. Il tempo era davvero perfetto e Leonardo era così felice di vederlo così solare, come anche Donatello e Raph; a differenza di come sembrava prima.
Dopo un po', stanco di tutti quei giri tra scivoli e giostre si recò sull'altalena, dondolandosi piano per riprendere fiato, dando un'occhiata ai suoi amici che discutevano per passare il tempo. Ma la felicità si smorzò di colpo, irrigidendosi si bloccò fermando l'altalena con la punta dei piedi contro il terreno soffice, sollevando una leggera polvere e guardandosi attorno smarrito. Era come se ad'un tratto, una presenza, qualcosa, lo stesse osservando rendendolo freddo come una statua di ghiaccio. Studiò il paesaggio, cercando di individuare tra la vegetatura del parco una sagoma, ma niente. Ingoiò un groppo di saliva, cercando di riprendersi perché era come se avesse già conosciuto questa sensazione, ed era quello che lo spaventava di più in assoluto.
-Mikey, ti va di andare al bar?- chiese Raph avvicinandoglisi, non volevano disturbarlo dal suo divertimento, ma la noia era difficile da mandare via mentre lo spasso se lo godeva solo lui.
-Sì, sì.- rispose frettoloso, lasciando l'altalena che continuò a dondolare solitaria tra i cigolii della corda; raggiungendo gli altri. -Ho anche una sete.- tentò di giustificarsi vedendo lo sguardo del focoso farsi serio.
-Okay.- borbottò diffidente studiandosi attorno ma poi si incamminò, entrando con gli altri nel bar situato fuori dal parco, dietro l'angolo.
Michelangelo si sedette accanto alla vetrata del bar intanto che gli altri ordinavano anche per lui dal bancone. Ma la sensazione di prima era tornata, più impellente da smorzare il fiato, e per aggravare le cose il polso sinistro iniziava a pizzicare, significava che qualcosa non andava, forse la ferita si era infettata. Questo pensiero lo disarmò, aumentando la paura. Rimettendo velocemente quel braccio dentro la tasca sì voltò verso il paesaggio oltre la vetrata, cercando di non insospettire nessuno, alla ricerca di chi lo stesse osservando ma era come una presenza invisibile.
-Eccoci.- affermò Donnie sedendosi davanti a lui e appoggiando le bibite tutte analcoliche sopra al tavolino, imitato dai due.
Ricambiò il sorriso, ringraziando iniziò a bere cercando di ignorare gli occhi ignoti addosso, osservando mogiamente, per un'attimo il tavolo di legno chiaro e splendente. Ascoltò i tre che tornarono immediatamente a discutere parlando di scuola e svaghi, ma non riuscendo ad immettersi nella conversazione, troppo impegnato ad osservare fuori fremendo di terrore, fece solo insospettire i tre.
-Mikey...- chiamò il genio attirando la sua attenzione -..Perché bevi con la destra?- disse ad un tratto con sguardo serio, intuendo qualcosa da come cercasse di rendere invisibile la sinistra.
-In che senso?- chiese confuso il più piccolo, come anche Leo e Raph che non capivano come potesse importare una cosa del genere.
-Sei mancino.- rispose con sufficienza, forse sospettando qualcosa.
-Beh, non è detto che debba sempre usare la sinistra.- ridacchiò sudando freddo, con un sorriso il diretto interessato.
-Allora fammi vedere il braccio.- esclamò, allungando la mano e indicando l'arto nascosto nella tasca.
-Io non penso...- borbottò stringendo a pugno la mano in questione, temendo di essere scoperto.
Ma di certo non avrebbe potuto dire, o fare niente che non avrebbe aggravato ancora di più la sua situazione. Non pensava che lo avrebbero scoperto così in fretta ma forse da Donnie doveva aspettarselo. Chinando il capo allungò il braccio in questione verso di lui, ingoiando un groppo di saliva e tentando di reprimere le lacrime che cercavano di uscire con pretesto.
Donatello gli alzò la manica con pacata lentezza e strinse i denti alla visione di un polso fasciato e con qualche chiazza rossa mentre a Raph bollì il sangue nelle vene, per fortuna che si trovavano in un bar o non avrebbe risposto delle sue azioni; Leo invece, seduto al suo fianco, lo guardò deluso, sospirando amaramente.
-Ancora?- sussurrò basito Donnie, ormai non troppo sorpreso, aspettandoselo quasi.
Cercando di guardare attraverso le ciocche bionde che nascondevano gli occhi alla fine decise di controllare la ferita, da bravo medico qual'era. Iniziò a testare il polso lentamente, osservando le chiazze rosse che impregnavano la benda della ferita, sicuramente medicata male e ignorando i mugugni del minore mentre osò tornare a parlare, cercando di essere il meno brusco possibile.
-Mikey.. perc..-
-Hai trovato la forbice, vero?- domandò in un ringhio il focoso, interrompendo il genio, ma sia lui che Leo rimasero di stucco per quella frase.
-Io...- biascicò scuro, con un nodo in gola che procurava tremolii a tutto il suo corpo.
Trattenendo il respiro si fece serio, alzandosi della sedia di legno e scansando la presa dell'amico che aveva iniziato a togliere le bende per vedere la situazione e risolverla. Deviò tutte quelle persone e corse via, uscendo a slalom. Ma appena fuori avvertì un tremendo e assordante peso al cuore: c'era davvero qualcuno di pericoloso, ed era vicino, troppo vicino. Strinse i pugni e corse a più non posso, cercando un rifugio da tutti, troppo preso dalla paura. Aveva fallito, ancora. Delusi, ancora. Era una nullità, come sempre.
-Mikey! Fermo!- quelle urla gli fecero bloccare il respiro e far fermare il cuore, loro lo stavano seguendo.
Forse lo avrebbero perdonato, ma lo avrebbero tenuto maggiormente d'occhio. Non lo meritava, non meritava il loro perdono. Sentiva gli occhi pizzicare, le lacrime che pretendevano di uscire e quell'enorme peso al petto che, straziandolo, lo piegava. Non poteva farcela, era qualcosa più grande di lui. Scansando tutte le persone che, di certo, non davano importanza ad uno come lui si diresse verso un vicolo, a sua insaputa, senza uscita. Il tempo sì fermò di colpo mentre si ritrovò scaraventato contro il muro di mattoni del palazzo. Aprendo gli occhi pieni di lacrime rimase di pietra nel constatare chi lo avesse braccato, non erano i suoi amici.
-Ehi, tu! Togligli subito le mani di dosso!- minacciò furioso, Raph, affiancato dai due, affannati.
-Un vicolo cieco...- ghignò sfacciato l'omone, ignorando i tre ragazzi -Sempre stato degno di te finire in trappola con le tue stesse mani.- commentò ridendo sadico, aumentando la presa del proprio braccio contro la sua gola, inchiodandolo sempre più al muro e portandolo sempre più in alto, lasciandolo sempre più senza respiro.
-Non mi hai sentito? Mollalo!- sbottò avvicinandosi di un passo, sostenuto dai suoi amici che erano pronti all'attacco.
-Ah, ah, ah.- negò brusco cacciando una pistola grigia dal fodero interno dell'enorme giacca di un marrone sciupato, puntandola contro il focoso: -Voi non date ordini a nessuno, poppanti.- sbottò per poi puntare la canna dell'arma alla tempia del biondo che era rimasto troppo shockato nel riconoscerlo per reagire.
-Okay, non sappiamo cosa vuoi, ma possiamo risolvere tutto.. d'accordo?- sì fece avanti Leo, alzando le mani verso di lui per fargli capire che non aveva intenzione di fargli male.
-Non hai capito, eh? Voglio lui.- proclamò indicando il piccolo con un gesto del capo -Sono venuto a riprendermelo.- sbuffò
-Sei suo padre.- sussurrò Donnie sgranando gli occhi nel comprenderlo, ma non riusciva a identificare il suo volto per come fosse coperto bene da un'enorme cappello, nero scuro.
-Hai afferrato, bravo.- disse tirando giù il figlio per poi attirarlo contro il suo petto, voltandosi a guardare i tre con un ghigno, tirando Mikey per la manica della felpa mentre lui non opponeva alcuna resistenza, sottomettendosi alla sua volontà senza guardare i suoi amici negli occhi.
-Mikey..- disse piano Raph, con uno sguardo inerme e le braccia che afflosciò, lasciandole dondolare lungo i fianchi, frustrato di essere così impotente in quel momento.
-Lasciateci passare.- affermò, aggiungendo il silenziatore alla pistola con un veloce gesto della mano destra prima di tornare a strattonare il figlio che non si era mosso, avvicinandolo di più a sé.
-Tu non passerai!- ringhiò nervoso il focoso, serrando la mascella; dubitava che avrebbe ferito suo figlio e così decise di fare lui la voce grossa, ma si sbagliava. Un colpo invisibile, uno solo senza suono per raggelare tutti sul posto prima di udire il suo urlo atroce e macabro.
Mikey rantolò, crollando a terra mentre il sangue usciva copioso come un fiume in piena dalla coscia ferita. Tenendola tra le mani cercò di ignorare il dolore, mordendosi il labbro inferiore e cullandosi avanti e dietro frenetico mentre sentiva il freddo della canna di nuovo sulla tempia.
-Ora levatevi.- ordinò, costringendolo ad alzarsi e a reggersi in piedi nonostante la ferita.
-Mi dispiace, padre...- boccheggiò tra le lacrime, con le gambe barcollanti mentre alzò lo sguardo verso i suoi amici, temendo all'idea di non rivederli più e rimase sorpreso da questo pensiero.
-Taci!- sbottò nervoso, guardandolo con disprezzo, strattonandolo e scaraventandolo contro il muro di mattoni come a simulare una punizione ma questa distrazione bastò per far partire alla carica Raph che lo atterrò di peso, facendo volare l'arma lontano e che andò a sbattere contro un cassonetto provocando un rumoroso tonfo. Fu un attimo e Donnie corse a sorreggere Mikey prima che crollasse al suolo, osservando il sangue fluido e vermiglio scorrere fino ad infrangersi contro il cemento della strada prima che perdesse i sensi.

-Non posso crederci. Suo padre è un mostro!- esclamò furente sbattendo il pugno contro la parete bianca della cucina.
Leonardo sospirò, passandosi le dita sugli occhi e strofinandoli nervoso per tutta quella situazione. Era così difficile, e Mikey non era in grado di sostenere tutto questo, non da solo.
-Hai gettato la forbice?- si assicurò, Donatello osservando lo schienale del divano dove avevano adagiato Mikey e che lui si era apprestato a medicare.
-Ovvio. E' meglio per lui.- rispose piano Leo, grattandosi il capo impacciato, con la guancia rossa e bruciante per colpa di un destro micidiale ricevuto da quell'omone prima che venisse coperto da un sacchetto contenente del ghiaccio.
Strizzando gli occhi si destò di scatto, guardandosi intorno smarrito e notando due stampelle bianche accostate al tavolino, rimanendo basito per quella notizia imprevista che aveva udito dai tre sulla sua forbice mentre cercò di alzarsi col busto ma un peso fermò le sue iniziative. Guardando verso il basso notò Klunk appollaiato sul suo addome bello ronfante. Sorrise, adagiando poi il capo sul morbido cuscino, silenzioso, continuando ad ascoltarli.
-Ed ora? Temo possa averci seguito.- ammise Donnie, sospirando pesantemente.
-Miao!- esultò il micio nel vederlo, finalmente sveglio, scrollando il capo per svegliarsi e avvicinandosi poi alla sua guancia per strusciarci il muso, iniziando a fare le fusa. Ricambiò volentieri le coccole, felice, accarezzandolo con la mano sinistra, dove il polso non pizzicava più, stringendolo in un lieve abbraccio.
-Ben sveglio.- affermò brusco il focoso mettendosi di spalle al balcone e guardandolo a braccia incrociate.
-Dai, Raph.- disse Leo con le mani adagiate allo schienale mentre rivolse di nuovo lo sguardo al più piccolo con un mezzo sorriso.
-'Dai, Raph' un cavolo!- sbottò nervoso -Lo ha rifatto! E non ci ha avvertiti che suo padre è armato.- esclamò furente, stringendo i pugni e portandoli lungo i fianchi.
-M.. mi dispiace..- balbettò con un groppo in gola mentre Donnie gli accarezzava i capelli, affettuoso.
-Non devi scusarti, infondo siamo stati noi a chiamarlo.- affermò l'azzurro osservando con un'occhiataccia di sufficienza il rosso, per poi tornare a guardare il più piccolo.
-Perché non sei sorpreso che ti abbia sparato... e perché gli hai chiesto scusa?- affermò il genio, pensieroso.
-I.. io...- mugugnò con il gattino che scese dal suo petto con un balzo, tornando nella sua cesta.
-Lo aveva già fatto?- chiese Leo preoccupato, facendo il giro dallo schienale al bracciolo fino a raggiungerlo e chinarsi davanti a lui.
-Non voglio parlare di questo.- sussurrò affranto, chinando il capo e notando la coscia sinistra dove era stato colpito, sorpreso dal fatto che ora indossasse i pantaloni del pigiama, più confortevoli e che non stringevano sulla ferita che sentiva essere stata fasciata -Mi dispiace Raph. E' vero, ho trovato la forbice, ma vi assicuro che ho tentato di resistere. Davvero, ho tentato...- affermò con la voce che, man mano si affievoliva fino ad un piccolo sospiro.
Sentì il focoso sbuffare nervoso ma poi sospirò lasciando fluire fuori tutta l'ira per poi farsi posto affianco a lui, avvolgendolo con un braccio e attirandolo a sé per abbracciarlo.
-Credi davvero che nessuno ti capisca, qui? Forse non del tutto, ma non sei l'unico che ha sofferto...- sussurrò pacato lasciando la stretta mentre il più piccolo lo osservava colpevole -Ascolta, non sei l'unico ad avere un padre bastardo. Forse il mio è qualche livello migliore al tuo però so cosa si sente, quello che si prova in questi casi che ti devasta completamente, ti fa credere uno sbaglio. Un genitore deve essere il tuo punto di riferimento e quando non lo è ti senti perso, lo so. Ed è ancora più complicato quando si è orfani ed il genitore in questione non è il tuo.- sussurrò tutto d'un fiato lasciandolo con le lacrime agli occhi che annuiva consapevole mentre Donatello e Leonardo si guardavano tristemente, avvicinandosi per confortarli.
Ma lo squillo intenso e infrenabile del citofono fece sobbalzare tutti in un attimo, lanciandosi sguardi fugaci si diressero verso il balcone. Leo scostò con le dita la tenda di seta e si irrigidì riconoscendo la figura in impaziente attesa davanti al portone.
Mikey si scurì in volto capendo quegli sguardi mentre osservò la sua gamba distesa sul morbido cuscino del divano, ancora seduto su di esso. Prese un profondo respiro guardando il gatto che lo studiava seduto nella cesta, come in attesa della sua prossima mossa. Si fece serio, alzandosi barcollante e recandosi silenziosamente verso la porta d'ingresso, zoppicante, cercando di tenere alta la gamba ferita. Adagiando la mano sulla maniglia trattenne il respiro, come già a pentirsi di quell'azione.
-Cosa fai?- sbottò Leo correndogli incontro e appoggiando in fretta e furia la mano sulla porta e l'altra sulla maniglia.
-Sono solo una delusione. E voi siete delle brave persone, non vi meritate tutto questo.- boccheggiò senza fiato, quasi sul punto di perdere l'equilibrio.
-Anche tu sei una brava persona.- esclamò Donnie dopo averlo raggiunto per sorreggerlo, accarezzandogli una guancia e guardandolo in modo dolce.
-E neanche tu ti meriti tutto questo.- aggiunse Raph, serio.
Si scansò di colpo scuotendo il capo ferocemente mentre barcollò indietro, non potendo adagiare a terra la gamba ferita ma riuscì ad appoggiarsi alla parete dell'ingresso per poi guardarli in faccia, boccheggiando un'attimo prima di sussurrare:
-Io torno a casa.-
-Mikey... so cosa stai provando. Hai paura, ma tutti ne hanno, perfino Raph.- tentò di giustificare il suo comportamento, Leo mentre teneva ancora le mani sulla porta per assicurarsi che lui non scappasse.
-Ehi!- protestò nervoso il diretto interessato -Questo non è vero!- esclamò, facendoli ridere nonostante tutta quella situazione così tesa.
-Mikey, è dura, lo capisco. Ma è per questo che siamo qui: per te.- affermò togliendo la mano dalla porta e avvicinandosi, pronto ad avvolgere le braccia intorno a lui per coccolarlo.
-No!- si scostò rischiando di crollare a terra, ma riuscì a rimanere ancora in equilibrio, col cuore martellante in gola ed un aspra sensazione che gli assediava il petto.
-Ascoltami pulce!- lo frenò Raph, chiamandolo con quel sopranome -Noi te lo promettiamo. Ti promettiamo che non ti lasceremo!- ripeté la stessa parola, marcandola per rincuorarlo che non mentiva per poi continuare -Noi, in un modo o nell'altro, siamo... - prese un profondo respiro, guardandoli uno ad uno, tentennando ma poi sorrise, felice della scelta fatta -...una famiglia.- disse sicuro, lasciandolo interdetto prima di prenderlo imbraccio.
Tirò su col naso mentre si lasciò sollevare di peso, guardandolo negli occhi con le lacrime che scorrevano prese un profondo respiro prima di buttarsi sul suo collo, stringendo i lembi della sua maglia come in un appiglio, affermando rauco ma forte:
-Ho bisogno di voi, non lasciatemi.-
-Anche noi, Mikey. Puoi stare tranquillo.- sussurrò Donnie, accarezzandogli la schiena mentre lo portavano di nuovo sul divano.
Si asciugò un'occhio, ormai di nuovo seduto mentre Leonardo, ignorando gli schiamazzi di suo padre che aveva iniziato ad intimarci di farlo entrare si chinò davanti a lui, guardandolo con un sorriso e accarezzandogli un'occhio per levargli le lacrime.
-Mi prometti una cosa?- sussurrò dolce, sempre con un sorriso. Lui annuì, in attesa che continuasse -Giura che quando ti sentirai male, ti sentirai depresso di parlane con noi.- gli passò una mano tra i capelli prima di attirarlo a sé in un caldo abbraccio.
Iniziò a rifletterci, nascondendo il volto nell'incavo del suo collo ma poi sospirò piano dal naso consapevole che sarebbe servito, così sorrise e quando si staccarono lo guardò in modo innocente.
-Croce sul cuore!- esclamò gesticolando sul petto una croce e lasciandolo interdetto ma poi ridacchiò e, alzandosi si avvicinò al balcone per vedere il padre borbottare delle frasi tra se e se, stringere i pugni e decidere di tornare in macchina ma prima non si risparmiò di urlare un "Non finisce qui!" e corse via con la sua punto nero pece.

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Capitolo 14
*** Cielo. ***


-Mikey, la gamba è migliorata. Sei come nuovo.- lo informò Donnie con un sorriso.
Dopo una settimana la gamba era guarita, erano arrivati a trovarlo anche le ragazze, facevano compagnia anche se i ragazzi avevano preferito mentire su come si era svolto l'incidente.


-Scuola, scuola, scuola. Sono sfinito.- sbottò Raph portandosi una mano sugli occhi mentre terminò i suoi compiti e chiuse il quaderno sopra il tavolino.
-Avanti, non fare il drammatico.- protestò Gwen seduta sul divano, a mangiare patatine al suo fianco.
-Ma se non hai fatto niente!- asserì con un'occhiataccia, quasi volendo aggredirla per il suo sorrisetto soddisfatto sul volto.
-Già, invidiami bello.- lo prese in giro, vittoriosa prima di ricordargli. -Devi finire scienze.-
-No, basta, con te non posso continuare a studiare.- ruggì alzandosi e recandosi in cucina alla ricerca di qualcosa da bere.
-L'alcol non è la risposta a tutto.- aumentò la voce per farsi sentire, giusto per farlo arrabbiare ancora un po', e ci riuscì, infatti udì il suono della porta del frigo sbattere con furia.
-O... Okay.- commentò Donnie con uno sguardo perplesso mentre Viola se la rideva, sbattendo la mano contro le pagine del quaderno degli appunti sopra al tavolo.
-Sono troppo divertenti per me.- sospirò ridacchiando e asciugandosi una lacrima prima di tossire per riprendersi e guardare il genio seduto vicino a lei.
-Tu trovi?- chiese Light con uno sguardo più confuso di Donatello che decise di tornare a studiare, senza nemmeno un barlume di stanchezza nello sguardo, anzi sembrava molto carico.
-Sono l'unica che vuole morire invece di studiare? Come faccio? Non so niente per domani!- esclamò Cat del tutto esaurita, adagiando la fronte contro il tavolo mentre Light la consolava con delle pacche sulla schiena.
-Va tutto bene?- arrivò Mikey sbadigliando dopo essersi svegliato a mezzogiorno come ogni mattina a questa parte da quando era in convalescenza.
-Io inizio ad odiarti.- alzò il capo Cat, osservandolo con un'occhiata minacciosa, marcando ogni sillaba.
-Ho fatto qualcosa di sbagliato?- si apprestò a chiedere mentre il rosso tornò con una ciotola di gelato, porgendoglielo per colazione.
-Io devo essere quella che dorme fino a mezzogiorno, non tu.- ringhiò prima di tornare a capo chino sul tavolo.
-Oh.- borbottò con il gelato al cioccolato in mano, guardando Leo che alzò le spalle, non sapendo che dire, lasciandogli il posto accanto a Cat.
-Ma sinceramente, come stai?- sbottò Vados sistemandosi una ciocca arancione di capelli dietro l'orecchio; in pratica erano tutti seduti attorno al tavolo in soggiorno tranne Gwen e Raph, uno in piedi a sorseggiare la sua bibita e l'altra sul divano.
-Mhm, bene, credo.- farfugliò, guardando più la sua amica dai capelli castani e dalle ciocche azzurre, volendo aiutarla e consolarla.
-Di fisica non capisco nulla, basta, ci rinuncio: mi preparo i bigliettini.- asserì convinta, destandosi tutto ad un tratto e facendo sobbalzare il biondino per quello scatto mentre afferrò penna e foglio.
-Non penso sia molto giusto.- commentò Mikey mentre Donnie e Viola si erano fermati per guardare la situazione, come anche Leo e gli altri.
-Ohi, io ti ho fatto copiare al compito di fisica.- spifferò tutto senza darci peso e lui tentennò.
-Aspetta, hai copiato?- esordì Leo facendo un passo avanti, severo come un padre protettivo.
-Come se non lo facesse nessuno.- borbottò indifferente, Light, chiudendo il quaderno, forse avendo finito e sistemando le sue cose dentro la borsa.
-Già.- annuì felice, Cat prima di tornare a copiare gli appunti con furia e fretta, desiderosa solo di finire e nel mentre mandava occhiate maliziose al gelato quasi finito nella ciotolina.
-L'ho fatto solo una volta, però.- tentò di giustificarsi con l'azzurro che sbuffò con una smorfia contrariata.
-Okay, non puoi dirmi di non aver mai copiato in vita tua! Capisco Donatello che è peggio di Einstein come cavolo si pronuncia, ma tu avrai copiato eccome.- disse Vados fremendo, con lo sguardo assottigliato e le braccia conserte.
-No, mai.- espose sincero e fiero, e Cat lo squadrò male prima di commentare:
-Ora odio anche te.-
-E tu, rosso?- si fece avanti Gwen che gli aveva raggiunti visto che la maggior parte aveva terminato di studiare, con Leo che era rimasto perplesso alla frase della ragazza davanti a lui che terminò, soddisfatta, di copiare.
-Ovvio che sì.- sbottò senza riguardi, dicendolo come se fosse una cosa di cui andare fieri.
-Bene, allora dobbiamo far copiare Leo e Donnie per i prossimi compiti.- escogitò Light, ghignando decisa.
-Va bene, ma perché?- domandò Mikey che stava per infilarsi in bocca l'ennesima cucchiaiata di gelato, ma in un attimo si ritrovò derubato della sua posata.
-Tocca a me mangiare.- borbottò Cat avvicinando anche la ciotola mentre Mikey mise il broncio, provando a riprenderla e afferrandola da una parte, comportandosi come un bambino nel tirarla. -Facciamo un po' io, un po' tu.- scattò lei non volendo romperla prendendo un'altra cucchiaiata e porgendogliela e lui sorrise, accettando quel patto.
-Tra un po' pranziamo.- avvisò Leo, e stava anche per andare in cucina per iniziare a preparare qualcosa se non fosse che Raph, per fortuna, gli è lo impedì.
-Come siete carini.- prese in giro i due che mangiavano, Vados con un sogghignò, squadrando poi Leo che si mise seduto con una smorfia, non amando come lo tenessero lontano da una cucina, nemmeno si trattasse di disinnescare una bomba, e la ragazza se la rise.
-Okay, non esageriamo ora.- borbottò Cat con uno sguardo minaccioso diretto alla ragazza che aveva osato commentare con quel "carini" mentre il gelato era già finito.
-Esattamente... perché in questi giorni non ripassi qualcosa? Torni a scuola che non capisci niente altrimenti.- suggerì Gwen che, insieme a Light si preparavano per apparecchiare, con Viola che toglieva tutti i materiali di studio dal tavolo insieme a Vados.
-Lo sto facendo: Donnie mi fa da tutor.- sorrise alzandosi e avviandosi nel suo posto preferito: la cucina.
Mikey era molto tranquillo: suo padre non si era fatto vedere per tutto quel tempo, e ogni volta che si era sentito di cedere ne aveva parlato con i ragazzi, la cosa più bella era come lo ascoltassero con attenzione, era fantastico non essere ignorati ma apprezzati per come si era, non lo guardavano con commiserazione ma come degli amici, rispondendogli con incoraggiamenti, carezze o abbracci. Certo che riprendersi era difficile, ma per la prima volta si sentiva al sicuro. Sperava solo che continuasse così, anche perché voleva frequentare di più Cat, era così gentile e carina.
-Cosa volete mangiare?- si voltò, trovando Cat proprio dietro di lui e le sorrise.
-Stupiscimi.- si limitò a dire recandosi verso il frigorifero, cacciando fuori di una bibita frizzante e analcolica e sorseggiandola. -Vado di là, divertiti.- lo incoraggiò sapendo come amasse l'arte culinaria e gli diede un leggero bacio sulle labbra dal gusto brillante, ma che fu intenso come un'esplosione di fuochi rossi in un cielo nero.
-Ciao.- ridacchiò, un po' imbarazzato per quel gesto.
-Uuh...- commentarono le ragazze che terminarono di mettere la tavola, con un sorrisetto malizioso sul volto nell'aver visto tutto. Non amando quel modo di prenderla in giro Cat assottigliò lo sguardo prima di rispondere a tono:
-Io almeno ho concluso con lui, voi siete ancora single innamor...- le tapparono la bocca in sincronia, eccetto Vados che non aveva nulla da spartite, ma approfittò di quel momento per ridersela, soprattutto per lo sguardo dei ragazzi rimasti a guardare con un volto interrogativo.
-Okay, è stato imbarazzante.- confermò Light ricomponendosi e portandosi le braccia al petto, buttando via l'aria ad occhi chiusi prima di sentire perennemente gli occhi di Leo su di lei che le sorrideva in modo ebete da farla arrossire, così gli diede un calcio sulla tibia. -Finiscila.- decretò con un ringhio.
-Sc... Scusa.- balbettò reggendosi il punto dolente con entrambe le mani e saltellando su una sola gamba.
-Dopo usciamo?- decise di cambiare discorso, Vados, e tutti annuirono nello stesso istante che il biondo affermò che fosse pronto.

Passeggiare per il parco, tra risate e battute non era male, certo, Mikey ancora non si sentiva di partecipare del tutto, ma almeno era felice e questo bastava. Il cielo era sereno, l'aria era calda ma si stava bene, e non c'era nessun bullo in giro, cosa che rallegrò maggiormente il più piccolo.
-Allora Mikey, cosa ti piace in assoluto? Oltre a fare festa e cantare.- domandò Cat con i pollici in tasca e le dita a tamburellare contro i jeans come sempre.
-Disegnare, giocare con la console; mangiare, soprattutto la pizza, poi adoro i gatti, i supereroi, i fumetti...- elencò sulle dita con un sorriso, e i suoi occhi brillavano mentre parlava.
-Perché sei venuto al college?- chiese Vados affiancandosi a Leo per salvare Light dato come il ragazzo le stesse troppo vicino.
-Mhm... una promessa ad una vecchia amica.- sorrise malinconico. -Spero solo di mantenerla.- mormorò poco dopo, con Raph che gli mise una mano sulla chioma per incoraggiarlo.
-Sì, che c'è la farai.-
-Chi è questa tua "amica"? Cat si deve preoccupare?- investigò Gwen con uno sguardo attento.
-Si chiamava Karai.- sforzò un sorriso, cambiare discorso e tornare a quello allegro e pimpante di prima non sarebbe stato male per lui, pensò.
-Chiamava?- lo squadrò Light, seria.
-Era malata, non... non c'è l'ha fatta.- farfugliò lasciando tutti ammutoliti, i ragazzi, già a conoscenza, sospirarono.
-Ehilà.- si udì una voce alle loro spalle, con il suono di molti passi in arrivo mentre si voltarono a vedere.
-Ciao Aides.- borbottò Cat nel riconoscerlo, seguito da Casey e Grant, il primo che si affiancò a Light con un sorrisetto malizioso e il secondo che rimase a studiare la situazione.
-Che avete? Sembrate giù di morale.- commentò Grant a braccia conserte.
-Nulla, a chi va un gelato?- sorrise Viola, per rallegrare il biondo che si era ammutolito di colpo.
-Con questo caldo sarebbe la cosa migliore per sciogliersi un po'.- affermò malizioso Casey, guardando la ragazza dagli occhi verdi splendenti e vivi e dalla chioma nera fluente, prima che lo atterrasse con un pugno.
-Allora, Cat? Non ti andrebbe di fare una passeggiata solo tu ed io?- si avvicinò Aides, con un tono tra il gentile e il romantico.
-No, sono occupata.- ghignò, contenta di avere una vera scusa per una volta, mettendosi sottobraccio a Mikey che non protestò, anzi fu piacevolmente sereno di quel gesto.
-A te che gusto piace il gelato?- desiderò informarsi il biondo.
-Tutti i gusti, tranne il limone.- sorrise guardandolo negli occhi e lui continuò a sorridere. -E tu?-
-Oh, io amo tutti i gusti.- affermò frenetico, ridacchiando mentre si specchiava nei suoi occhi color oro.
-Ma, ma... Mi ignora...- constatò incredulo Aides, chinando il capo e abbassando le spalle tra lo sconcertato e il deluso mentre rallentava l'andatura fino a ricordare quella di una tartaruga.
-Su, fatti coraggio.- borbottò senza sentimenti Grant, limitandosi a fargli delle pacche prima di incamminarsi dietro Vados e osservarla, studiarla e scoprire il necessario su di lei, ma mantenendo uno sguardo impassibile.
-Okay, io penso che prenderò un gelato semplice, puffo e pistacchio.- commentò quest'ultima, ignorando il ragazzo dietro di lei con tutte le sue forze e guardando Gwen con cui iniziò a parlare.
-Gelato al cioccolato.- affermò Light arrivando davanti al negozio ed entrando con tutti, ognuno uscendo con dei gusti diversi e un sorriso soddisfatto, tranne Raph, Grant e Gwen che rimasero indifferenti.

-Okay, pretendo di essere ascoltato. Maledizione, Cat! Perché mi ignori?- piagnucolò Aides, in ginocchio sull'erba del parco dove si erano fermati.
-Non mi sei mai piaciuto.- affermò continuando a mangiucchiare il suo gelato sopra le gambe di Mikey che, terminato il suo, la teneva stretta in un caloroso abbraccio, adagiando la testa sulla sua spalla in cerca di coccole mentre gli altri erano seduti sulla stessa panchina, e i restanti in quella davanti a pochi passi da loro che si divertivano a vedere quella scena.
-Povero Romeo.- lo prese in giro, Raph affiancata da Gwen:
-Prova ad essere più romantico, avvelenati. O scappa dopo aver ucciso Tybalt, forse funziona.-
-Io però non mi uccido.- si affrettò a dire, Cat squadrando il ragazzo che borbottando, si allontanò raggiungendo Casey che, dopo l'ennesimo pugno di Light si era messo buono buono a guardare.
-Allora, tra poco dovrebbe esserci un programma imperdibile per due persone. Chi indovina?- domandò Viola con alcuni che non capirono e Gwen che ghignava.
-Oh! Lo so, lo so. Space Heros.- alzò la mano entusiasta, Mikey per parlare come se si trovasse in classe, facendo sussultare Light e Leo in contemporanea dopo quelle parole.
-No!- urlarono disperati, e con un 'o' infinito, i due fanatici iniziarono a correre verso casa, con Donnie che gli fissava perplesso cacciando fuori le chiavi del suo appartamento dalla tasca.
-Dovremmo fermarli.- commentò Raph con un borbottio.
-Altrimenti come entrano?- si chiese il genio alzandosi dalla panchina, e il focoso fece altrettanto però si era seduto sullo schienale.
-Ma io volevo restare...- borbottò il biondo amareggiato, tornando ad adagiare il mento sulla spalla della ragazza che aveva terminato di mangiare.
-E restiamo allora.- concordò lei, non volendo spostarsi di un centimetro da lì.
-D'accordo, ci vediamo dopo.- salutarono gli altri, con Donnie e Raph che gli scrutarono con qualche ripensamento, ma poi decisero di avviarsi, in fondo non c'era nulla di male se quei due piccioncini volevano rimanere soli.
-E ora ci divertiamo un po'.- sorrise Cat voltandosi e guardando l'amico che le rivolse uno sguardo interrogativo. -Conosco un paio di posti interessanti dove possiamo avventurarci. Andiamo.- si alzò balzando a terra a piedi uniti, tanto ormai si era riposata abbastanza.
-Dove?- chiese curioso, alzandosi e scendendo piano al contrario suo.
-Alla casa verde.- sorrise e lui divenne sempre più confuso, non capendo cosa intendesse. -E' una casa abbandonata sopra una montagnetta rocciosa, ci sarà da scalare un po' ma è divertente ed io ci sono stata tantissime volte.-
-Oh, okay.- annuì ricambiando il sorriso e prendendole la mano per poterla stringerla e incrociare le dita alle sue.
-Sai scalare una montagna? Tanto è di piccole dimensioni, e anche se si affaccia a un precipizio super alto la visione è fantastica!-
Si incamminarono, con Mikey che non era per niente turbato da quel piano, svagarsi in quel modo poteva rivelarsi un altro modo per non pensare, un po' pericoloso forse; e da come fosse radiosa la ragazza dove essere lo stesso per lei, e da quanto aveva detto faceva cose di questo genere molto spesso.

Sospirò nel vedere la scalinata rocciosa che doveva affrontare dietro la casa verde. Era il doppio di una casa di due piani, altro che piccole dimensioni, pensò mentre la ragazza con un balzo felino si affrettò a raggiungere la meta, già più in vantaggio di lui. Si limitò a sorriderle anche se non poteva vederlo visto come era decisa e concentrata ad arrampicarsi, e si aggrappò anche lui alle rocce, a quelle più solide e mirando alla cima.

-Non trovi sia bellissimo?- chiese guardando oltre la città, ammirando le colline e il cielo e il sole infondo al paesaggio, sole che stava quasi per tramontare tra l'altro.
-Già.- ridacchiò prima di sporgersi, il giusto da scrutare il vuoto che divideva il cielo dalla terra, era così lontano.
-Ah. Resterei qui per ore intere.- si stiracchiò distendendosi all'indietro e con le gambe penzolanti sul precipizio, lasciando un po' in soggezione il ragazzo, in ansia per l'altezza. -Avanti, rilassati e vivi un po'.-
-Come?-
-Guarda il cielo e lascia le preoccupazioni in un angolo della tua vita, quello che ti tieni dentro e che ti preoccupa è completamente senza senso e inutile in confronto a questo.-
-Okay.- e così la imitò, distendendosi e guardando l'azzurro con i suoi occhi che riflettevano lo stesso colore, e sorrise: era davvero bello lasciarsi andare, si sentiva felice solo nell'immergersi in un semplice blu cielo che lasciava tracce di giallo e arancione sfumate appena il sole volle mescolarsi tra le colline per dirci 'a presto', salutarci con un bel dipinto di colori prima di lasciare il posto alla sua amica luna e alle sue sorelle stelle.

La sua risata gli piaceva, Mikey poteva anche dire di andarne matto, soprattutto se era merito suo. Camminare e fare passeggiate con lei con il tempo che volava tra la notte che si inoltrava sempre di più era la cosa che gli alleviava tutte le cicatrici al cuore, forse non le cancellava, erano ancora lì e le sentiva, ma almeno non ci dava penso se era con lei. Ammiravano il cielo pieno di stelle, con lei che gli raccontava storie, leggende fantasiose e davvero divertenti. Erano stati tutto il tempo sopra quella montagna, e poi lei aveva deciso di portarlo a visitare altri posti, pericolanti o abbandonati, ma era stato un bel passatempo; se avesse potuto avrebbe rifatto tutto in quell'istante un'altra volta ancora, solo per godere appieno della sua presenza.


Gwen e Light giocavano alla playstation, e quest'ultima non faceva che lanciare occhiatacce a Casey, troppo invadente, perfino più di Leo, cosa davvero incredibile per lei. Borbottando cercava di concentrarsi sul gioco per vincere, non accettando sconfitta, nemmeno se era una sua amica a fargliela avere.
-Ah! Maledizione! Ma dove sono? E' tardissimo.- scattò furente il focoso che non faceva altro se non andare avanti e indietro da dietro il divano dov'erano sedute le due ragazze.
-Io non capisco di cosa ti preoccupi, Cat è in gamba, e poi sono solo le 21.- affermò Vados seduta sullo sgabello in cucina a rosicchiare qualche nocciolina per la fame, visto che tutti aspettavano il biondo per la cena.
-Se hai fame possiamo ordinare qualcosa da un ristorante, o andarci direttamente.- borbottò Grant seduto davanti a lei sempre con quello sguardo di indifferenza, anche se ormai si era capito che desiderava solo passare del tempo con quella ragazza, e per sua fortuna Casey aveva insistito per rimanere in quella casa per via di Light, e così erano tutti lì ad attendere il ritorno dei due.
-Chi vuole può andare, ma noi preferiamo aspettarli.- affermò l'azzurro, talmente preoccupato da non degnare la ragazza dei suoi pensieri con un singolo sguardo, e anche tanto da non accorgersi degli sguardi che invece gli dedicava Casey al suo posto.
-No, anche noi preferiamo aspettare la nostra amica.- concordò Viola che arrivava dal laboratorio, forse finendo di rivedere qualche esperimento con il genio che però non era con lei mentre si sedette sul divano, incoraggiando le sue amiche a vincere, non sapendo però per chi incitare maggiormente.
-Che stanchezza.- borbottò Aides che ammirava il soffitto con la testa adagiata allo schienale della poltrona. -Non capisco la vostra preoccupazione.- guardò i due che erano davvero molto tesi e che lo ignorarono, così li lasciò perdere, tornando ad amareggiarsi per come Cat lo avesse trattato, prima che Casey andasse a fargli compagnia visto le minacce di Light per i suoi sguardi su di lei.
-Buonasera.- salutò entrando, Cat, chiudendosi la porta principale alle spalle dopo che Mikey la precedette.
-Alla buon'ora!- commentò severo, Raph, con Leo che abbandonò finalmente il suo sguardo tragico: temevano troppo che suo padre potesse prenderlo e portarlo via approfittando di quel momento, e invece non si era fatto vivo, era come volatilizzato da quando aveva sparato a Mikey e gli aveva lanciato contro quella minaccia, quel "Non finisce qui." che turbava l'azzurro ogni sera quando si addormentava, temendo che quell'uomo potesse anche solo entrare in casa e fargli del male nel sonno, a loro e a Mikey.
-Scusate.- ridacchiò il biondo sfregandosi la chioma con una mano, imbarazzato da quel tono mentre la ragazza si limitò a rivolgergli un'occhiataccia, non aspettandosi un rientro così turbolento da parte del focoso, e si diresse verso le amiche; guardando e notando Light e Gwen che avevano un broncio chiese cosa fosse accaduto.
-Abbiamo pareggiato.- si limitarono a dire, mogie, riferendosi al gioco, con Viola che si limitò ad alzare le spalle.
-Sì, molto interessante. Ho fame.- si fece largo, Grant bruscamente, guardando il biondo in attesa che si recasse in cucina.
-Oh, certo.- annuì contento recandosi in fretta nella sua stanza preferita.

-Non ho mai mangiato così bene.- sorrise Aides prima di salutare tutti e andarsene insieme a Casey che non sapeva davvero come entrare nel cuore di Light, così seria che pareva volesse ucciderlo ogni volta che la guardava.
-Grazie.- ridacchiò il biondo che accarezzava il micio di Cat, e tutti si misero seduti sul divano a guardare Donnie che sceglieva un film interessante e di azione appena i ragazzi tornavano ai propri appartamenti, a scuola.
-Voglio qualcosa di spaventoso. Amato horror.- commentò la ragazza dalle ciocche azzurre con un sorriso ed un sospiro sollevato mentre coccolava il suo micio, con Light e Gwen che confermavano le sue parole.
-Questa notte non dormirò.- comprese amaramente la dolce Viola, trasalendo nel vedere iniziare il film con una scritta di sangue che scivolava, immersa nell'oscurità dello sfondo, e già da quel titolo desiderava andarsene via.
Appena Donnie si sedette affianco a lei rimase incredulo per come si era buttata su di lui, nascondendosi per non guardare il film che non era nemmeno iniziato. Sbatté le palpebre, troppo incredulo mentre uno strano rossore invadeva il suo viso, per fortuna che avevano spento la luce per trovarsi in un ambiente simile al cinema e nessuno poteva vederlo, e tentennando avvolse le sue braccia attorno ai suoi fianchi, al suo corpo magrolino anche se non troppo e cercando di metterla più comoda facendola sedere sulle sue gambe anche se continuava a tenere il volto nascosto nella sua maglia, tra i suoni dei suoi amici che sghignazzavano e che lo portarono ad imbarazzarsi di più.
Ormai il film era quasi a metà, e Mikey non sapeva se angosciarsi attendendo la fine, o chiudere gli occhi fino al finale. Però si limitava solo a stringere piano il gattino che lo coccolava notando l'ansia che gli procurava quel programma, accarezzando la sua guancia con il suo musetto peloso e morbido.
-E' così divertente questo film.- sorrideva Cat che da quando era iniziato il peggio non faceva che ridersela, e Mikey non capiva come facesse: perfino Raph aveva paura! Forse il focoso non lo ammetteva e rimaneva rigido con lo sguardo, però i suoi occhi erano angosciati come quelli di tutti, tranne di Viola che si era addormentata tra le braccia del suo genio.
-Okay, ma ora finiscila, sei più inquietante del film.- scattò Raph bruscamente, a braccia conserte e con la diretta interessata che gli rivolse uno sguardo accigliato, trattenendosi dal non esporre altro di più offensivo prima di sospirare e tornare ai suoi popcorn che divideva con Gwen e Light, indifferenti da questo suo lato bizzarro ma ormai loro erano abituate a questa cosa visto da quanto tempo si conoscevano.
-Forse è meglio se noi andiamo, non trovi?- chiese in un sussurro, Grant per non disturbare, guardando Venus, entrambi vicini senza sapere perché, anche se su due poltrone diverse.
-Forse resto a dormire qui, io. Ora shh.- affermò scorbutica, non capendo nemmeno perché lo avesse degnato di una risposta visto che non lo sopportava, e tornando al film che non era esattamente di sua competenza, ne preferiva altri ma non c'era di meglio, non aveva potuto scegliere lei purtroppo.
-Beh, io non posso.- sussurrò e si alzò attirando l'attenzione di tutti, con Leo che mise in pausa. -Vi auguro buona notte.-
-Ciao.- ricambiarono il saluto e tornarono al film appena sentirono la porta principale richiudersi.

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Capitolo 15
*** Parte di qualcosa. ***


Socchiuse gli occhi e mugugnò, ma nel tastare con la mano un rigonfiamento sul suo petto rimase un po' confuso. Alzò il capo e si rese conto, con un immenso sorriso che comparve piano sul suo volto da orecchio a orecchio, di una bellissima presenza che riposava dolcemente su di lui, sparpagliando le delicate ciocche azzurre un po' ovunque, ma non davano fastidio, avevano un buon profumo. Avrebbe voluto ridacchiare felice, Mikey, ma temeva che nel farlo l'avrebbe destata, così rimase in silenzio, con solo un grande sorriso sul volto. Non se lo aspettava però, ricordava solo che durante il film di ieri sera, senza sapere come visto quanta paura aveva avuto nel vederlo, si era addormentato sul divano dopo essersi perso a pensare a suo padre; con tutta quella paura e quel terrore che insidiava il film era logico pensare a qualcuno che gli è ne aveva messa per davvero. E poi aveva chiuso gli occhi, ricordava solo questo. Era ovvio che Cat aveva deciso di dormire con lui dopo il film, ed era sicuro che a portarlo sul suo letto era stato Raph o Leo, gli unici due ragazzi rimasti dopo il congedo di Donnie per portare Viola a letto, e forse era andato a dormire anche lui perché non era tornato. Quindi erano rimaste a dormire tutte le ragazze, constatò chiedendosi dove stessero riposando, mentre la ragazza distesa sopra di lui con gli indumenti leggeri della giornata di ieri si era ridestata ed ora giocherellava con il gatto che, da bravo micio com'era dormiva con lui; il primo giorno non era riuscito a scrollarlo via da lì e così aveva rinunciato, per fortuna non rovinava le lenzuola, forse abituato così dalla sua padrona.
-Buongiorno.- mugugnò, con Cat che rispose con altrettanta voce impastata prima di scattare in piedi di scatto, facendo trasalire anche il gatto che si appallottolò dentro l'incavo del gomito del ragazzo biondo.
-La scuola.- realizzò amaramente mentre corse fuori dalla stanza andando a chiamare le altre, e forse anche i ragazzi visto che poco dopo sentì solo un grande frastuono e tanti, troppi passi andare avanti e indietro, quasi facendo tremare la casa.
Mikey alzò un sopracciglio e guardò Klunk che aveva la sua stessa faccia spaesata; troppo assonnato il ragazzo non aveva capito niente, però comprese che doveva preparare la colazione, tanto ormai era sveglio e lo avrebbe fatto volentieri.

-Buongiorno.- salutò il biondino nel vedere tutti pronti per la scuola e che si affrettarono ad afferrare un paio di cibarie dalla tavola che aveva apparecchiato.
-Buongiorno.- e scattarono fuori, alcuni con la bocca piena, altri invece non avevano avuto il tempo di prendere niente, già sulla soglia e poi fuori appena il resto della combriccola li raggiunse.
-Augurami buona fortuna.- gli strizzò l'occhio, Cat, lasciandogli un bacio sulla guancia prima di correre, richiamando gli altri di aspettarla e facendo ridere il biondo che andò a chiudere la porta per poi tornare in soggiorno ed ispezionare la situazione confusionaria che erano riusciti a fare nel giro di pochi secondi.
Mikey inclinò il capo da un lato, non sapendo se ritenersi offeso per come non avessero apprezzato; nemmeno accorti, del suo gesto di preparargli da mangiare, o ridere a crepa pelle per quelle facce assonnate e spaventate per l'immenso ritardo. Alla fine optò per la seconda opzione prima di avanzare verso il tavolo e cominciando a pulire, per la fretta avevano perfino rovesciato alcune ciotole di latte. Sospirò, cominciando a pulire tutto con l'aiuto anche di Klunk che beveva con molta voglia la pozza bianca che si era formata a terra sotto il tavolo.
Stiracchiandosi e lasciando tutto in ordine posò la mazza con cui aveva pulito a terra. Sperava di aver fatto bene, pensò guardando il pavimento luminoso e umido che brillava solo grazie ai raggi del sole che entrava dalla finestra, creando così, in alcuni punti, un magnifico arcobaleno. Sollevò da terra il micio e si diresse sul divano accendendo la console, voglioso di giocare un po' con il micio appollaiato sul suo grembo a poltrire; era così tenero con quel suo musetto arancione e il suo respiro che alzava e abbassava tutto il suo corpo, ronfava, e faceva le fuse appena il ragazzo si fermava ad accarezzarlo un po' durante la partita. 
Alla fine decise di chiudere, alzandosi quando il pavimento ormai era asciutto e profumava di detersivo con un retrogusto floreale molto buono e puro, fresco. Sorrise, aveva lavato bene allora. Ridacchiando tra sé e sé per aver fatto qualcosa in modo ottimale, fiero, si avviò di sopra a sistemare il suo letto e quello degli altri, di sicuro loro non si sarebbero lamentati. Tenendo in braccio il suo fidato amico felino e poi posandolo a terra con lui che gli faceva le fusa, strusciandosi contro il suo polpaccio, iniziò le pulizie; queste le faceva anche a casa e all'orfanotrofio, quindi era facile per lui. Non vedeva l'ora che tornassero a casa, voleva uscire ancora con tutti loro, e forse fermarsi in qualche nuova avventura con Cat.


-Che giornata snervante...- sbottò Raph sedendosi di botto sul divano seguito dagli altri.
-Siete stanchi?- chiese Mikey affiancandosi a loro.
-Un po'. Hai mangiato?- domandò Leo, scompigliandogli la chioma appena lui fece un cenno affermativo a quella richiesta.
-Vuoi studiare un po', Mikey?- si alzò Donnie per recarsi in laboratorio, quella che era anche la sua stanza; con il biondino che si limitò ad andare con lui, con un volto un po' scocciato e annoiato, però doveva, non poteva rimanere indietro per nulla al mondo.
Le parole di Donnie non erano esattamente quello che sperava di sentirsi di dire di più al loro ritorno, ma non importava. Si mise seduto e tese l'orecchio per poter assimilare ogni spiegazione di Donnie, per quanto incomprensibile e lunga fosse. Almeno poteva chiedere quando non capiva, ovvero sempre, e Donnie cercava sempre di usare un linguaggio più facile e comprensibile ai comuni mortali, omettendo parole scientifiche e matematiche che a Mikey parevano incomprensibili. Le lezioni con lui a volte duravano ore, per fortuna si fermava nell'esatto momento in cui Viola entrava a fargli compagnia e Mikey ne approfittava per defilarsela in soggiorno, stravaccandosi sul divano o qualunque posto che gli permetteva di stare più vicino a Cat.
-Allora, pensi di tornare a scuola? Non voglio sapere come spiegherai tutte queste assenze.- affermò Venus dal tono un po' scocciato, ma forse era per colpa di Grant che era arrivato con le ragazze, nemmeno fosse uno stalker visto che le era rimasto dietro per tutto il tempo dopo averle salutate con Casey e Aides.
-Un certificato medico basterà. Non problem.- si sgranchì Raph, tornato da uno dei suoi soliti allenamenti.
-Okay.- borbottò Cat. Appena era arrivata aveva gridato ai quattro venti la felicità di aver copiato senza essere scoperta, ma tutti l'avevano ignorata, e non c'era Mikey con cui vantarsi, infatti era di là con Donnie; così si era seduta sul divano con in grembo il suo gatto che le faceva le feste. Ed ora era in attesa del ritorno del biondo che era andato a prenderle qualcosa da bere in cucina, squadrava Gwen che non aveva atteso nemmeno l'autorizzazione di poter giocare da parte del proprietario, e afferrando il controller aveva inserito il gioco e fatto come se si trovasse a casa sua, vincendo e superando perfino il record di Raph in un lampo.
-C... Come hai fatto?- ruggì il focoso appena lo notò stritolando la lattina di birra che teneva in mano con il liquido che schizzò fuori come una fontana e che si rovesciò a terra creando una pozza giallastra che Light si affrettò a pulire, non senza uno sbuffo o qualche rimprovero verso il rosso che però la ignorò bellamente, impegnato a pensare mentalmente che con Gwen le giornate sarebbero sempre state le peggiori, e ignorando i balletti che gli riservava per la sua vittoria.
-E' stato facile... Dilettante.- lo prese in giro con un ghigno, risiedendosi accanto all'amica dagli occhi dorati, e lui decise di sedersi con pretesto, e afferrando bruscamente il controller volle farle vedere chi era il migliore, ovvero lui.
Cat osservò prima il ragazzo robusto e poi l'amica, non capendo come fosse finita proprio in mezzo a quei due in una situazione fastidiosa come quella, e pensando a come poteva salvarsi, ma ne dubitava. Di certo se si fosse alzata per andarsene sarebbe passata in mezzo al televisore e gli avrebbe disturbati, e lei non voleva sulla coscienza l'ira dell'amica, anche perché non era il caso, quindi rimase immobile a coccolare il suo micio. E fece spallucce in direzione di Mikey appena tornò con due bicchieri di coca cola che si scolarono i due ragazzi di fianco a lei per rinfrescarsi e tornare subito a quella lotta senza fine contro il record dell'altro, in fondo faceva caldo. Osservò il biondo, non sembrava dispiaciuto o contrariato di quello che era appena accaduto, anzi, guardava con entusiasmo la sfida incoraggiando il rosso mentre continuava a reggere in mano i due bicchieri ormai vuoti. Borbottando contro di lui visto che non si degnava ad aiutarla ad uscire da lì si mise in piedi sul divano e se ne uscì saltando oltre lo schienale, fregandosene se aveva sporcato i cuscini, e portandoselo dietro in cucina dopo avergli afferrato il polso, decisa a passare del tempo con lui a parlare della sua vittoria contro il compito volendo condividere con lui la sua felicità.
-Allora, qui siete tutti un branco di matti o tu ti salvi?- iniziò a parlare, Grant portando le braccia al petto, rimanendo in piedi a fissare lo schermo per poi squadrare la ragazza vicina a lui sulla poltrona, perdendosi nei suoi occhi verdi zaffiro e avvicinandosi abbastanza da poter assaporare il suo profumo di fiori.
-Ti sembro normale?- scattò indignata, Venus facendo l'offesa per quelle parole e voltando il capo dalla parte opposta. 
-Davvero? Ti offendi per questo?- chiese sorpreso, limitandosi ad alzare un sopracciglio, confuso.
-Dove sta il divertimento se si è normale?- borbottò lei tornando a fissarlo negli occhi azzurri dalle sfumature verdi, trattenendo a stento i brividi che le mandavano quei due pozzi colorati, ma di sicuro erano di disgusto visto che lo detestava, se ne convinse fermamente.
-Okay, lasciamo stare... Questa sera cosa ti piacerebbe guardare?- decise di informarsi, volendo sapere quali film amasse, già per capire che gusti avesse.
-Gli horror non sono male, anzi mi piacciono anche molto ma dipende dal film. Diciamo però che, o porterò un film spettrale o preferirei guardare un thriller, o uno drammatico, non so.- aveva iniziato a pensare, poggiando due dita sotto il mento e osservando il soffitto.
-Voto per Hole in 3D.- si avvicinò Light giusto per scrollarsi il povero Casey che era rimasto vittima di un suo ennesimo pugno e ora giaceva al suolo con un bernoccolo sopra la chioma; dopo aver pulito per terra quello lì aveva osato avvicinarsi di soffiato fingendosi un ninja, giusto per poter adagiare il suo braccio attorno alle sue spalle, ma come al solito i suoi sforzi erano stati vani.
-Oppure possiamo vedere i braccialetti rossi!- quasi urlò giuliva, Viola, battendo le mani freneticamente e cercando di far accettare agli altri la sua proposta mentre arrivava Donnie, l'unico a concordare insieme a Cat che commentò, abbastanza forte per farsi sentire, da oltre la cucina con un: "A me va bene tutto."
-Okay.- borbottò piano Raph con una smorfia, più a se stesso che al mondo circostante, cercando ancora di realizzare l'accaduto, mentre i suoi occhi erano sbarrati a guardare il punteggio sullo schermo prima di alzarsi in piedi lentamente e con un sorriso che si faceva più largo più si metteva dritto. E, vittorioso, iniziò a pavoneggiarsi, ridendo a pieni polmoni per la sconfitta della ragazza. 
-Ti ho fatto vincere.- commentò allora, Gwen, squadrandolo senza ritegno a braccia conserte.
-Ah, sì? Beh, vuoi riprovare?- si avvicinò il tanto da poterglielo sussurrare ad un centimetro dal suo naso, sicurissimo di sé e con un ghigno spavaldo e gli occhi luccicanti di brivido per l'averla sconfitta.
-Ovvio.- ghignò lei prima che il genio si ponesse tra i due per separarli.
-Per oggi basta, non siete voi che pagate la bolletta.- protestò, con le braccia lungo le spalle che continuava a separarli, tenendoli per il petto, visto che la ragazza si era alzata per apparire più sicura e più all'altezza dell'altro.
-Ma Donnie!- si lagnò Gwen con un broncio ed uno sbuffo prima di incrociare le braccia al petto, incassando la testa tra le spalle e lasciando intravedere quanto cupa fosse per non poter più giocare, risedendosi con uno sguardo tra l'irritato ed il furioso.
-Lascia che sbollisca la notizia.- affermò Light, sventolando la mano davanti agli occhi e con uno sguardo come a dire "Non curarti di lei, fa sempre così."
Gwen però non era dello stesso parere, sopratutto nel vedere un Raph ghignante e trionfante andarsene in cucina con passo fiero, nemmeno avesse fatto e vinto la guerra mondiale tutto da solo. La ragazza ebbe quasi l'istinto di assalirlo e picchiarlo, ma le rassicurazioni di Venus la calmarono, e con un profondo respiro cercò di ignorarlo, cosa assai ardua da fare.
-Allora, possiamo fare un gioco da tavolo? Non ne ho mai fatto uno.- si avvicinò Mikey, mangiucchiando un po' di gelato, mangiare era la cosa migliore per non pensare al dolore, aveva capito. E poi doveva recuperare un paio di chili, anche per apparire più bello agli occhi di Cat visto il suo corpo ancora scheletrico.
-Gioco da tavolo?- iniziò a pensare quest'ultima che lo stava seguendo passo passo fino al divano, prendendo il cucchiaio per mangiare la sua parte. -Gioco della bottiglia!-
-Cos'è?- si voltò a guardarla terminando il dolce insieme a lei, come avevano decretato con quel patto tempo fa: "Un po' tu, e un po' io."
-Tu intanto prendi una bottiglia vuota, o svuotala se non ce ne sono. Noi ci mettiamo in cerchio sul tappeto.- affermò tutta pimpante.
-E quindi?- si avvicinò Light mentre Raph arrivava, incuriosito dalla proposta di quel gioco.
-Così Gwen potrà menare Raph, o baciarlo. A seconda delle occasioni.- le sussurrò prima di staccarsi e sorridere.
-E tu potrai baciare Mikey.- constatò Venus che aveva udito tutto, e con un sorrisetto furbo e una risatina concordò per quel gioco.
-Presa.- tornò il biondo prima che Gwen si avvicinasse a quel gruppetto con un'occhiataccia diffidente nell'aver udito distintamente il suo nome, in compagnia di Viola.
Sorridendo, si misero tutti seduti per terra con la bottiglia di plastica verde al centro che attendeva solo di roteare, incuriosita quanto Mikey visto che non sapeva di cosa si trattasse.
-In poche parole: Si fa girare la bottiglia, ma prima si deve decidere cosa fare quando si fermerà. Ci sono cinque scelte: schiaffo, pugno, abbraccio, carezza, bacio. Il bacio può essere sia guancia che bocca, e su chi capita andrà a compiersi una di queste scelte.- affermò l'azzurro puntando i suoi occhi in quelli azzurri di Mikey che annuì dopo aver elaborato attentamente le informazioni che, infondo, non erano troppe.
-Inizio io!- esclamò Viola, alzando la mano in alto per attirare l'attenzione prima di adagiarla sulla bottiglia e farla roteare su se stessa molto in fretta, fremendo dopo la parola 'bacio' e 'in bocca'.
Tutti fissavano la bottiglia che girava, girava, quasi indecisa su chi fare la sua scelta, e poi cessò tutto di un colpo, indicando una persona che sussultò, tra l'onorata e l'interrogativo mentre si avvicinava in avanti per dare una zampata alla punta della bottiglia.
-Che dite? Il gatto conta?- borbottò Raph indicandolo con fermezza mentre venne preso in braccio dal biondo prima che tagliasse la povera plastica della bottiglia con i suoi artigli.
-No, non conta. Rigira.- sospirò annoiata, Gwen. Tutta quell'ansia per cosa? Niente.
Un altro giro, e stavolta la bottiglia sembrò andare più veloce, sempre di più fino a fermarsi al cospetto del forzuto Raph che si limitò a piegare un sopracciglio, né onorato né dispiaciuto, solo non se lo aspettava.
-Azz...- osò commentare Light con una smorfia, volgendo poi gli occhi sulla sua amica Gwen che non sembrò affatto interessata a tutto ciò. Certo, forse il fatto che Viola stesse con Donnie aiutava, ma un po' di gelosia da parte sua, tutte le ragazze avevano immaginato che l'avrebbe dovuta colpire.
-Okay.- mormorò la povera vittima del gioco, con un ghigno sarcastico anche se gli occhi di Donnie erano puntati proprio su di lui e non erano affatto gentili, anzi, tutt'altro.
-Beh, mi tocca.- sospirò affranta, Viola, avvicinandosi all'amico gattonando fino ad arrivargli dinanzi con un rossore ben visibile sulle gote, sperava tanto che sarebbe stato Donnie ad uscire, peccato. Quella volta non era andata come voleva.
-Vai.- gli diede il permesso, Venus, tappando gli occhi al povero ragazzo, troppo geloso per deviare lo sguardo da quella vista orribile, e credeva ancora fermamente di poter fermare tutto ciò, ma Light aiutò l'amica a tenerlo fermo.
Viola tentennò, osservando il suo Donnie con la coda dell'occhio che non poteva vederla o muoversi, e poi Raph, indifferente come un sasso. Ma infondo a lei non piaceva in quel modo e lo stesso valeva per lui, era solo un gioco e andava bene in quel contesto. Sì avvicinò alle sue labbra, con lui che rimaneva fermo con le braccia conserte come una statua eroica nell'atto di compiere un sacrificio per la propria gente. Al pensiero quasi se la rise, ma volendo finire quella cosa il più in fretta possibile scattò in avanti toccando le sue labbra con le proprie per poi allontanarsi come se potessero ustionarla da un momento all'altro se sarebbero rimaste in quel modo un altro po'.
-Uh, meno male.- sospirò dopo quell'impresa, tornando al suo posto e rimettendosi a gambe conserte come tutti, che sorridevano mentre liberavano il povero Donnie, traumatizzato ma consolato dalle ultime parole della ragazza.
-Bene, tocca a me. Un bel pugno.- ghignò il rosso fiero, guardando girare veloce la bottiglia come se non volesse più fermarsi, anche per via di tutta la forza che ci aveva messo dentro.
Tutti erano in trepidazione, desideravano tanto sapere chi fosse il predestinato. C'era Light che pregava che uscisse Casey, Leo che sperava che quella bottiglia non si fermasse sul sottoscritto, e lo stesso pensiero lo aveva Donnie, Gwen invece pregava che si fermasse su Raph stesso, così per ridere e per prenderlo in giro sul doversi colpire da solo, e gli altri invece la guardavano girare e basta. Nessuno però si sarebbe mai immaginato che si sarebbe fermato proprio sul biondino, il quale era troppo indaffarato a coccolare il pancino di Klunk che faceva le fusa mentre rimaneva con le zampette in alto, per dar retta al gioco.
-Ehm...- 
Il commento di Cat sollevò la tensione nell'aria mentre osservò prima il biondo, occupato a giocare con il suo micio, e poi guardò gli altri che erano caduti in un silenzio tombale, tranne i nuovi amici acquisiti nel gruppo che non erano a conoscenza dei problemi del ragazzo. La ragazza allora osservò il rosso, era molto sicuro, quindi lo divenne anche lei, certa che comunque il suo intento era di non far male a nessuno fin dall'inizio della sua scelta. Ma forse tutti si stavano ponendo problemi inutili, era solo un gioco infondo.
-Come mai questo silenzio?- alzò il capo dagli occhi del gattino, il biondo.
-Ah, ne so quanto te.- alzò le spalle, Casey vicino a Mikey, ricevendo un pugno all'altezza della spalla da Light. -Ehi!- protestò, accarezzando quel punto un po' indolenzito.
-La bottiglia si è fermata su di te: Raph ha scelto 'pugno'.- spiegò Venus, tra l'indifferente, e il preoccupato che ci rimanesse un po' male.
-Okay.- si limitò a dire lui, suscitando negli amici un meraviglioso sospiro di sollievo.
Così tutti gli occhi si puntarono sul rosso che si alzò e fece il giro per raggiungerlo, chinandosi e dargli un lieve pugno sotto la spalla prima di scompigliargli i capelli in modo giocoso, facendolo ridere, per poi tornare al proprio posto con un sorriso sincero. Infondo Raph non aveva infranto nessuna regola, gli aveva dato un pugno ed era questo che contava.
-Oh, tocca a me ora?- si affrettò a chiedere, indicandosi il viso e osservandoli per avere una conferma che non tardò ad arrivare; Mikey era tutto un fremito. -Mhm, dico... Abbraccio.- e ridendo fece volteggiare su se stessa la bottiglia, osservandola poi fermarsi su un Leo del tutto accondiscende.
Finito il turno di Mikey tornò all'azzurro, che decise di giocarsi il tutto per tutto scegliendo bacio con un rosso vivo sulle gote per poi guardare la bottiglia fermarsi sulla persona che non aveva mai immaginato o pensato, la dolce Gwen.
-Wow.- borbottò quest'ultima indifferente, contenta solo che ora toccasse a lei. 
Velocizzò il blu alzandosi lei per poi chinarsi dopo averlo raggiunto, attendendo il bacio sulla guancia, visto che Leo non aveva specificato. E poi, tutta ghignante, tornò a sedersi per terra, avvicinandosi la bottiglia alle labbra e minacciandola di una morte atroce se non fosse andata a fermarsi verso un ragazzo in particolare; il fatto che sussurrò il nome in modo che lo udisse solo la bottiglia fece ricredere della sua sanità mentale alla maggior parte dei ragazzi che erano lì, tranne le amiche che ormai la conoscevano da tanto.
-Pugno.- asserì minacciosa, decisa mentre la fece girare con un gesto secco del polso.
La fissò con uno sguardo che avrebbe fatto raggelare anche una statua, ma sorrise appena la vide fermarsi e puntare il rosso che era rimasto impassibile fino a quel momento, ma che ora ghignava a braccia conserte, certo che non avrebbe fatto poi così male.
-Visto? Funziona il mio metodo.- asserì Gwen diretta alle ragazze, con un sorriso fiero prima di gattonare verso il rosso e mettersi in ginocchio per poi scrutarlo. -Pronto?- 
Lui annuì, con un sorriso di scherno per il fatto che dubitasse fermamente che potesse davvero riuscire anche solo a scalfirlo. Lei non si fece attendere, soprattutto dopo quel gesto derisorio nei suoi confronti. Posizionò il gomito indietro, dandosi la spinta con i fianchi e stringendo forte il pugno piantò le nocche contro la mascella di Raph con tutta la forza che poteva possedere in quella spalla. E sorrise, perché, anche se di poco, era riuscita a spostarlo con il suo pugno, e di certo ci sarebbe rimasto un lieve rossore. Anche se non si era lamentato, nemmeno un gemito, si riteneva soddisfatta.
-Tocca a me.- borbottò lui, infastidito da quel dannato ghigno che osava sfoggiare come se fosse un premio. -Sempre pugno per me.-
La bottiglia si fermò su Leo, il quale abbassò le spalle aspettandosene uno che gli avrebbe rotto qualche costola, ma sospirò di sollievo nel ricevere solo un pugno lieve, anche se si fece sentire comunque, forse più per sfogare la rabbia di averne ricevuto uno da quella ragazza in particolare che per altro contro Leo. E il giro continuò così fino a quando, finalmente non uscirono le ragazze che sospirarono e decisero di usare lo stesso metodo dell'amica, ovvero: parlare alla bottiglia e pregarla di fermarsi sul ragazzo che loro volevano. Light però decise di tagliarsi fuori da questa cosa, non volendo che si fermasse per davvero su uno di quei due che cercavano costantemente di corteggiarla, anche se al momento Leo si stava allontanando, ma lo capiva visto che preferiva aiutare di più Mikey, il che gli faceva onore, anche se non mancava occasione che le lanciasse un'occhiata che voleva essere passionale, ma che a lei risultava ebete.
-Yeah!- esultò Viola nel costatare che la punta della bottiglia indicava il suo Donnie che era diventato rosso come i capelli di Raph se non di più.
Appena Donnie ricevette il bacio, inutile dire che collassò a terra con una faccia soddisfatta e più ebete di quanto si aspettassero. Ma a Viola non importò e decise di aspettare a fianco a lui il suo risveglio mentre cedeva il posto del genio a Light.
-Okay, penso che sceglierò... schiaffo.- asserì facendola girare, e guardandola fermarsi su Aides che imprecò a basa voce nell'udire Cat battere le mani dalla felicità.
-Daglielo forte!- esclamò contenta, l'amica mentre Light annuì, fremendo con le mani che, unite, sfregava con foga ed uno strano ghigno, giusto per far andare più in panico la vittima. 
Tirò il più indietro possibile la mano, guardando il ragazzo trasalire e strizzare gli occhi mentre tratteneva il fiato. Rimase immobile e Light ne approfittò con un'alzata di spalla, aspettandosi più coraggio, e poi gli è lo buttò sulla guancia, talmente forte che il suono echeggiò tra le mura facendo ridestare il povero Donnie e far scoppiare a ridere Cat, con Light che tornò al suo posto con un sorriso soddisfatto e con Aides che aveva il volto girato dall'altra parte per l'impatto e con un'orma di mano sulla guancia, talmente rossa da far temere per la sua incolumità.
-Maledizione!- si lasciò sfuggire dopo un paio di secondi, stringendo i denti mentre tastava il punto dolente con un dito, tornando a guardare gli altri, con i ragazzi a dargli delle pacche di incoraggiamento.
-Vuoi del ghiaccio?- si informò Donnie mentre lui annuì e lo seguì in cucina, mandando un'occhiata amorevole a Cat che gli lanciò una linguaccia scherzosa, infondo gli voleva bene anche se preferiva dargli fastidio.
-Tocca a me.- decretò Venus che ancora rideva per quella scena, non aveva potuto trattenersi, e non si accorse che Grant a quelle parole si era irrigidito.
-Scegli bacio, vediamo chi esce.- strizzò un occhio, Viola, sperando che accettasse.
-A me interessa solo giocare.- affermò facendola girare dopo aver annuito a quella proposta.
Tutti, soprattutto Viola e Grant speravano che si fermasse e puntasse su quest'ultimo, e trattennero il fiato nell'osservare come iniziasse a diminuire di andatura, sempre di più, sempre di più, fino a fermarsi completamente davanti alla figura del giovane e sorpreso, Grant. Aveva perfino spalancato la bocca dall'incredulità che venne richiusa dall'amico Casey che si trattenne dal picchiarlo per l'invidia visto che gli era capitato proprio la ragazza che voleva, al contrario suo.
-Perché tu?- scattò Venus a quel punto, assottigliando gli occhi prima di sospirare e avvicinarsi dopo essersi alzata. -Ma non farti strane idee.-
Si chinò sulle ginocchia e decretò che, no, non era carino con quel ghigno sulla faccia, giusto per convincersi di più del pensiero che sapeva, e sperava, di provare. Si avvicinò a tentoni adagiando le mani sulle sue cosce e avvicinando le labbra fino alla guancia, dandogli un bacio a stampo per poi alzarsi e rivolgergli un'occhiata che stava a significare: "Non illuderti, era solo per il gioco.", lasciandolo comunque abbastanza soddisfatto.
-Ehi, Cat, ti andrebbe di uscire un po'?- sorrise ad un tratto, Mikey, guardandola alzarsi perché stanca di quel gioco anche se si era divertita davvero molto.
-Va bene, andiamo?- chiese porgendogli una mano mentre lasciava correre lontano il micio dal suo grembo per poi mettersi in piedi tenendole la mano, con Viola che li guardava come una fangirl, commentano con un tenero: "Awww..." degno di lei prima di ignorare l'occhiataccia dell'amica che non le piaceva ricevere parole così, preferiva apparire discreta.
-Dove vuoi andare?- domandò Mikey, troppo felice che avesse accettato, anche se non ne aveva dubbi.
-Oh, mi chiedi di uscire e devo decidere io dove andare?- quasi rise per quella inaspettata svolta, ma non le dispiaceva più di tanto, anche perché al contrario del biondo lei conosceva bene la città. -Okay, questa volta andremmo...-
Non terminò la frase che Raph e Leo si piantarono davanti al portone con uno sguardo deciso e serio, quasi da far sobbalzare la povera Cat che però si accigliò per quell'interruzione. Non volevano dirle davvero che non sarebbe più potuta uscire con Mikey da sola? 
-Vi permettiamo di uscire.- iniziò a dire Leo per calmare la ragazza, ma Raph lo precedette e continuò al suo posto.
-Solo, non dovrete tornare quando si farà buio. Verso le diciannove al massimo.- asserì Raph deciso, portando le braccia conserte mentre Mikey parve confuso da quel gesto dei due.
-Non dici niente, Mikey?- borbottò affranta, Cat sperando in un suo aiuto, non poteva fare altrimenti, non poteva far rimanere fuori Mikey più del tempo stabilito, insomma: non voleva apparire come una che sequestrava le persone, anche perché non lo era. Però questo fatto le dava sui nervi, anche se capiva il motivo di tutte quelle preoccupazioni e non poteva dargli torto.
-Ohm... Beh, per me va bene.- ridacchiò continuando a stringere con dolcezza la sua mano come per tenerla più vicina a sé.
-Non ti da fastidio essere trattato così? Loro non sono nessuno per dirti quello che devi fare.- mormorò, non per ferire ma perché non le piaceva quando qualcuno le dava ordini, ignorando i due che ghignarono vincenti dandosi il cinque per aver convinto il più piccolo, ma si rabbuiarono d'istinto alle parole della ragazza.
-No, mi piace. Mi fa sentire parte di qualcosa, grazie.- continuava a ridacchiare spensierato, rallegrando i due a cui si rivolse e che gli ripeterono di non fare tardi in modo apprensivo e che tornarono indietro dopo aver scombinato un po' i suoi capelli con fare giocoso e salutando la ragazza che sospirò.
-Andiamo, va'.- mormorò avviandosi, infondo era presto e l'orario che gli avevano dato era ancora lontano. Si sarebbero divertiti lo stesso.

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Capitolo 16
*** Correre. ***


Raph era dalle sedici che non faceva che tenere d'occhio l'orologio e la soglia del soggiorno, seduto sul divano, nemmeno Gwen riusciva a farlo distrarre con le sue parole di sfida. Sembrava che, per il rosso non esistesse nient'altro che Mikey in quel momento. Ed erano passate solo due ore; erano quasi le diciotto.
-Ehi.- riprovò ad interagire, Gwen con uno sguardo indignato per essere stata ignorata così tanto a lungo, cercando di non dare peso alle risate delle amiche che si divertivano nel vederla tentare di attirare, almeno un po', l'attenzione. -Senti, non penso tu sia innamorato di Mikey o che lui ricambi visto che al momento è già impegnato con Cat. E poi non sei nemmeno suo padre, quindi finiscila di fare il geloso e protettivo è degnami di uno sguardo che voglio la rivincita della partita!- a quel punto intervenne il genio che scattò leggermente con la testa a quelle ultime parole, seduto e con il gomito adagiato al bracciolo del divano, con la mano chiusa a pugno che reggeva la sua testa.
-Vi ho già detto di no, non pagate voi le bollette.- asserì con un lieve broncio prima che il silenzio tornò a regnare incontrastato.
Nessuno dei ragazzi voleva fare qualcosa che non fosse aspettare l'arrivo del più piccolo, non sapevano spiegarsene il motivo ma sentivano che c'era qualcosa che non andava, e forse, di queste sensazioni avrebbero dovuto parlarne. Invece rimasero in silenzio, nessuno apriva più la bocca e guardavano il vuoto accompagnato dal ticchettio delle lancette dell'orologio.
-E basta!- scattò Venus, tra l'annoiato e lo scocciato. -Possibile che dobbiate fare così? Cos'è, non vi fidate del vostro Mikey?- affermò portandosi le braccia al petto, mettendole conserte.
-Non è questo...- iniziò Leo venendo interrotto da una gomitata di Light, stanca anche lei di rimanere in una stanza senza fare nulla.
Aides, Casey e Grant che fin'ora erano rimasti in silenzio, non capendo molto della situazione, si limitarono ad annuire concordando le ragazze mentre quest'ultimo era pericolosamente vicino a Venus, e lei che provava a ripetersi mentalmente che non esistesse per auto convincersene.
-Ti piacciono gli eroi? Tipo, ti piace Capitan America?- domandò all'improvviso, tentando con l'unico film che si era portato dietro, e ghignò nel vedere gli occhi della ragazza lampeggiare, dettati da un forte brivido di piacere.
-Sì! Dove? Quando? Ora? Sì.- aveva iniziato a parlare a vanvera ad una velocità sovrumana che aveva lasciato tutti con una faccia interrogativa, soprattutto per il fatto che era scattata in ginocchio sopra il cuscino del divano ed ora aveva i lembi del colletto della camicia del povero ragazzo arpionati alle mani mentre lo scuoteva violentemente alla ricerca di una risposta, quasi staccandogli il collo.
-Ho il dvd in camera, vuoi accompagnarmi a prenderlo?- continuava a ghignare appena gli permise di parlare, lasciando la ragazza ancora più euforica, colta da un mancamento ma che si riprese solo per correre, così veloce che poteva prendere il volo, alla porta.
-Andiamo, andiamo, andiamo, andiamo...!- non si fermava più dal parlare, e visto che era ancora presto potevano anche andare piano, non c'era fretta, ma Grant preferì non farla attendere e si avviò alla porta con quel sorriso di appagamento e vittoria, felice di poterla avere tutta per sé per conoscerla, o quasi...
-Vengo con te.- si avviò Light, ma forse l'amica non l'aveva nemmeno sentita; si limitava a ripetere al limite della sopportazione solo: "Andiamo, andiamo...!"
Light lo superò e non si rese nemmeno conto dello sguardo e del respiro sconfortato di Grant che abbassò le spalle e che, a capo chino, si diresse verso la porta; Venus era talmente euforica che ignorò perfino il suo aspetto cupo. 
-Anche noi.- si unirono Casey e Aides visto l'aria moscia che c'era nella stanza, e fu come riceve l'ennesima pugnalata per Grant. Non poteva essere vero, pensò al limite della sopportazione il povero ragazzo deluso e amareggiato.
Appena fu vicino a Venus e Light e ai ragazzi che erano stati più svelti di lui a camminare; la prima corse giù per le scale, forse rischiando anche di inciampare e ruzzolare; e la seconda la seguiva passo passo, ma con lentezza e compostezza, lo stesso, anche se più sciolti, i due ragazzi; Grant, poco più dietro di loro, si limitava a borbottare contro ogni divinità che lo tenesse costantemente lontano da quella ragazza. 

-Allora, cosa vogliamo fare?- iniziò a dire Gwen, sorseggiando una Coca Cola appena furono scomparsi dietro la porta, che il ragazzo richiuse con aria mogia, sconsolato di aver perso anche questa possibilità con Venus.
-Aspettiamo Mikey.- decretò il rosso, ricevendo dalla ragazza in questione uno sbuffo stanco e sconsolato, ma che resistette alla tentazione di colpirlo con un pugno.
-Manca solo un'ora, andrà tutto bene.- commentò Viola, smuovendo la spalla di Donnie per vedere segni di vita, non ricevendo niente tornò contro lo schienale con una smorfia di disappunto.
-Non lo so... E anche se fosse, cos'altro possiamo fare?- mugugnò Leo con sguardo assente, il fatto che anche Light fosse andata con loro lo aveva demoralizzato un po' di più, solo perché preferiva poterla guardare mentre aspettava.
-Come 'anche se fosse'? E' ovvio che tornerà, sono solo usciti un po'.- affermò Gwen scrollando le spalle e rabbuiandosi un po', iniziava a sentire una strana sensazione che non riusciva bene ad identificare, ma forse era solo colpa dei ragazzi, gli stavano attaccando tutta quell'ansia inutilmente.
-Ragazzi, volevo chiedervi una cosa... Sempre se me lo permettete.- borbottò Donnie, ma sembrava più pensare ad alta voce che altro, però i suoi amici annuirono lo stesso e lui cercò di prelevare più fiato possibile nei polmoni per farsi coraggio, anche se le parole di prima gli erano uscite senza controllo. -Ammetto che all'inizio ho pensato che il fatto di essere tutti e quattro orfani ci potesse legare in qualche modo, però... Ecco, ho rimesso in funzione il cervello e messo da parte la fantasia, concretizzando che non può essere. Anche se fosse plausibile legarci, l'età tra noi è troppo vicina per poter collegarci in consanguinei, e noi non eravamo nello stesso istituto, quindi è impossibile che siamo imparentati...- sospirò, già temendo la sfuriata di Raph visto che aveva toccato un tasto dolente per lui, ma non c'è la faceva più a tenerselo per sé; voleva essere rassicurato che nonostante quella notizia non si sarebbero separati e avrebbero continuato ad essere lo stesso uniti e insieme, un po' come... un po' come una famiglia.
-Tu dici?- borbottò Raph, calmo contrariamente a ciò che si aspettava, anche se negli occhi c'era un barlume di preoccupazione dovuto a Mikey e un luccichio di speranza che sfumò davanti a quella nuova verità.
-Allora, non ti dispiace più l'idea di una famiglia?- osò gettare via anche quella frase, Donnie, continuando a temere che si sarebbe arrabbiato da lì a poco e che se non la smetteva di aprire bocca ci avrebbe rimesso qualche occhio nero; in fondo bastava un niente, qualcosa che nella mente del focoso potesse turbarlo o infastidirlo e 'tac': esplodeva.
-Secondo me potrebbe essere che siete stati lasciati in diversi orfanotrofi e che i vostri genitori ogni volta si trasferivano in una nuova città per non farsi trovare.- la geniale Viola aveva fatto capolino tra loro, sorridendo con fermezza e ingenuità, sperando di rincuorarli ed essere d'aiuto con quella deduzione.
-Ehm, perché avrebbero dovuto farlo? Posso capirlo se capita una volta, forse per problemi economici o altro... Ma se non volevano averci perché continuare ad avere figli?- scattò Leo, infrangendo i sogni dei suoi due amici per l'ennesima volta, con Viola che gli rivolse uno sguardo truce insieme a Gwen. -Scusate. Ma è la verità.- ci tenne a spiegare, forse non sembrava ma anche per lui era difficile ammetterlo.
-E se, sì, se invece...? Mhm, forse c'è un altro motivo...- mormorò Viola non volendo demordere, prendendo la mano di Donnie con la propria.
-E quale sarebbe?- tornò alla carica il duro e feroce Raph, forse ne aveva sentite abbastanza di deduzioni per quel giorno.
-Beh, non lo so... Ma sono sicura che ci sia! Voi non ricordate niente di prima dell'abbandono? Quanti anni avevate quando vi hanno portato all'istituto?- chiese Viola, un po' in difficoltà per quell'argomento rigido e fragile, ma il secondo sguardo di minaccia da parte di Raph bastò per farla rimanere in silenzio, capendo che per oggi lui ne aveva davvero sentito abbastanza.
-D'accordo... Perdonatemi per essere tornato su questo argomento. Che ore sono?- cercò di sembrare il meno turbato possibile, Donnie, prima che Raph lo avvolgesse in quello che era, effettivamente, un abbraccio. Si sorprese, domandandosi da quanto non ne riceveva uno. Era davvero bello, così pieno di calore che irradiava completamente il corpo, e in un attimo si aggiunse anche Leo. Mancava solo Mikey; Donnie era certo che si sarebbe piombato su di loro con un balzo, quasi sotterrandoli. Gli venne da ridere al pensiero, e rimasero così per molto, davvero un tempo più lungo di quanto duravano i comuni abbracci, ma non gli dispiacque affatto, a nessuno di loro.
-Oh, siete così teneri.- sorrise Gwen, ma più per avere le attenzioni di Raph, e sospirò fiera nel sentirlo inveirle contro con i suoi sbuffi e le sue minacce, facendo ridere gli altri.
-Comunque, sono le diciotto e trenta minuti. Manca solo mezz'ora e Mikey tornerà qui, e voi potrete stare più sicuri.- sorrise Viola, con Raph che si sforzò di sorridere per quella frase.
-Maledizione! Aiuto! Aiuto! Ragazzi, ci siete? Ho bisogno di voi, venite!- 
Le urla di Cat dalle scale arrivarono vivide e lampeggianti alle loro orecchie in un secondo, o anche meno; e la loro mente ebbe l'impulso d'allarme che gli fece scattare in piedi ed andare a incontrarla senza nemmeno accorgersene, con il corpo che si muoveva da solo come un'automa. Quella ragazza sapeva rimanere impassibile nelle situazioni più impensabili, sentire la sua voce incrinata nel pianto, dolorante e disperata gli fece procurare un terribile battito lento e fermo al cuore come se si volesse fermare da un momento all'altro. Scesero le scale al seguito delle ragazze rimaste dietro e arrivarono all'entrata del portone trovandola in ginocchio sul marciapiede che si teneva il braccio destro sanguinante e aveva le guance bagnate di lacrime salate, le pupille ristrette fino all'inverosimile, le palpebre serrate come se avessero visto la scena più macabra e terribile di un film horror.
-Cosa ti è successo? E dov'è Mikey?- si affrettarono a circondarla per soccorrerla mentre la osservavano tremare, forse per l'aria fredda, forse per lo spavento, forse per la perdita di troppo sangue, o forse tutto insieme.
-St... Stavamo... andan-ndo alla-a casa abb-b-bandonata. Di so-li-ito non c'è nessuno, ma-a qu-ue-esta volta, un uomo: i-il padre di-i Mi-ikey...- cercava di essere il più chiara possibile, ma era evidente che le risultava difficile in quel momento.
A sentire le ultime parole della ragazza, Raph serrò i denti e la prese in braccio per portarla dentro, lasciandola con delicatezza distesa sul divano, e il tatto del ragazzo avrebbe potuto sorprendere tutti, ma non in quel momento, mentre il rosso era sul punto di esplodere e i ragazzi non erano da meno, anche se più controllati; invece Gwen e Viola si assicurarono di medicarla e rimuovere il proiettile con l'aiuto di Donatello che, sopprimendo l'agitazione e la rabbia con non molto successo, disse a Cat di stringere i denti prima di estrarre quel pezzo di piombo così letale dopo aver preso la valigetta di primo soccorso che tenevano in bagno.
-Dov'è? Dove sono? Lo ha preso?- scattò il focoso con i nervi a fior di pelle, cercando di resistere dalla tentazione di buttare un pugno contro il muro rischiando di disintegrarlo, o al massimo crepandolo, non aspettando nemmeno che finissero di medicarla.
-Mikey non è stato catturato.- boccheggiò prima di parlare, cercando di mantenere un tono fermo, riuscendoci abbastanza bene anche se lo sguardo era abbastanza colpito e scosso, rassicurato dalle carezze delle amiche. -Quando siamo entrati ci siamo trovati assaliti da quell'enorme tizio, mi ha sparato al braccio. Siamo corsi via e Mikey è scappato, o meglio, siamo scappati insieme. Però poi Mikey ha capito che l'obbiettivo di suo padre era solo lui, così ha preso una strada diversa dalla mia, ed io sono subito venuta qui. Posso solo dirvi che eravamo al parco quando lui è andato a destra.- cercò di spiegarsi, volendo essere più limpida dell'acqua con le parole per fargli capire dove potesse essere.
-Andiamo, voi restate qui.- disse Leo, ed era più un'ordine perentorio che altro, a cui loro obbedirono senza discutere anche se amaramente.


Maledizione, proprio ora che stava andando tutto bene! Ma non c'era da stupirsi; l'unica domanda che l'azzurro si poneva era perché ci avesse messo così tanto quel mostro. Forse credeva che insieme non avrebbe avuto speranze. Se solo lo avesse avuto tra le mani...
-Ragazzi! Mikey ha il suo telefono posso rintracciarlo!- esultò Donatello a gran voce che non aveva fatto altro che armeggiare con la sua tecnologia, indecifrabile per Leonardo e Raphael, da quando erano usciti dal proprio edificio.
-Dov'è?- parlò per tutti, Raph, attendendo una risposta da troppo come tutti.
-Lui è... Alla casa abbandonata...- realizzò a malincuore: significava che era stato catturato.
-Forza allora.- e balzarono con ancora più grinta di prima, con Donnie che gli faceva da guida seguendo la segnalazione sulla mappa nello schermo del suo telefono, sotto un cielo di stelle che sembravano più felici e allegre di loro. Mentre scattarono tutti a destra per superare il parco attraverso i rami degli alberi per poi tornare sopra i tetti degli edifici subito dopo, correndo avanti e in fretta.

-Che succede Donnie?- chiese subito quello che ormai sembrava essere il leader del gruppo, Leo; aveva sentito discretamente il respiro trattenuto del genio, che sembrò trasalire ancora di più dopo quella domanda.
-Il segnale si è perso.-


-Mikey, Mikey, Mikey...- borbottò sconsolato, scuotendo il capo in tono di rimprovero mentre camminava in cerchio dove al centro c'era il ragazzo, legato e imbavagliato per bene alla sedia che cigolava pericolosamente ad ogni suo tentativo di liberarsi, come in procinto di crollare da un momento all'altro, ma questo non accadde e lui continuò a parlare. -Non mi aspettavo da te un comportamento così maleducato verso il tuo stesso padre. Adesso torniamo a casa, e ti assicuro che non ne uscirai mai più. Almeno, non vivo.-
Ridacchiò cupo, oltrepassando i resti di quello che un tempo era il telefono del ragazzo, ormai in mille pezzi, e continuò a ridersela sguaiatamente prima di sferrare contro il biondino, dallo sguardo spaventato, un pugno capace di fargli voltare molto bruscamente il collo verso la parte opposta. Michelangelo strizzò gli occhi un paio di volte per riacquistare la vista mentre si concedette altri mugugni di dolore anche se più tenui rispetto al primo appena quel possente arto si era scontrato sulla sua guancia, tornando alla posizione iniziale osservò il padre nei suoi occhi sottili e maligni, ma ancora nascosto nei suoi vestiti per non farsi vedere, ma in tutto quel buio sarebbe stato comunque impossibile poter vedere qualcosa. Aveva paura, l'aveva sempre avuta nell'incrociare il suo sguardo, anche stargli vicino lo lasciava pietrificato come una statua. Paura, paura, tanta, tanta paura. Voleva andarsene, tornare da quei ragazzi; proprio come gli aveva promesso voleva tornare alle diciannove, per renderli fieri e per poter meritare la loro fiducia, ogni giorno, ogni minuto. Lui quella fiducia voleva meritarla sempre, perché si sentiva sempre inadeguato in mezzo a tutti; sperava almeno che Cat stesse bene, non avrebbe mai voluto metterla in un guaio simile. Ricordava ancora la sua risata, il suo sorriso mentre entravano in quel posto cupo e buio tra le sue battute che la rallegravano; e poi uno sparo, un suono così raccapricciante mentre lei iniziava a gemere e urlare, contorcendosi e inginocchiandosi, con una pozza vermiglia che si formava come un fiume sotto di lei. Il suo sguardo incredulo, non capiva cosa fosse accaduto e non pensava che fosse reale; e lo capiva quello sguardo, lo aveva avuto la prima volta che suo padre gli sparò: continuava a ripetersi che non era vero, non poteva essere, e invece... 
Ma Cat non ci credeva perché non gli era mai accaduta una cosa del genere e non sapeva come reagire. Allora l'aveva presa in braccio, in un attimo era corso via sapendo esattamente chi ci fosse dietro il cappuccio di quella figura vicina alla porta che li fissava con la pistola che fumava, in mano. Poi però, mentre era fuori nella strada vuota, suo padre, quanto odiava chiamarlo in quel modo, aveva sparato anche a lui. Era caduto, ma aveva rassicurato Cat dicendole che non era stato preso; lei era ancora sconvolta e ci aveva creduto, fidandosi; così si era alzato e l'aveva fatta alzare, per poi imporle di correre più veloce che poteva mentre lui era rimasto a guardare suo padre che si avvicinava lentamente e con un macabro ghigno sul volto per qualche secondo prima di tornare a fuggire dalla parte opposta alla ragazza, cercando di attirare la sua attenzione su di lui invece che su Cat, cosa che fu molto facile visto che era Mikey stesso il suo obbiettivo, lo era sempre stato.
Ed ora era lì, non era riuscito a correre abbastanza veloce per colpa della gamba ferita e si era lasciato prendere; e guardava quell'uomo, quel mostro che continuava a ridere rigirandosi tra le mani la pistola, come a giocarci, indeciso se sparare o meno al bersaglio per vincere un premio; un premio che consisteva nel sentire le sue urla e vedere il suo volto contratto nel dolore.
Si chiese che ore fossero, e, nel vedere il suo povero telefono si chiese anche se qualcuno lo avesse chiamato, provato a rintracciarlo, cercato per sapere come stava; forse erano in pensiero, forse si erano affezionati a lui a tal punto da venirlo a salvare anche se significava rischiare la vita, chissà. Non ne era così sicuro. Ed era così incredibile come i suoi dubbi e la depressione tornassero quanto meno se lo aspettava. Quei ragazzi... Erano davvero amici suoi? Il fatto che gli fossero rimasti vicini, assicurandosi che stesse sempre bene, proteggendolo, facendolo ridere e permettendogli di capire cosa fosse davvero una famiglia lo aveva distratto da una domanda, che però continuava ad insistere in un pezzo buio del suo cuore, nascosto nell'ombra a sussurrargli: "Ti fidi davvero di loro? Non vali niente, è meglio lasciarli andare, non meritano i tuoi casini.". E più provava a cacciare via quelle parole, più rifletteva che avevano un po' ragione, e poi toglieva quel 'un po''. Le parole dure e ferme di suo padre però, che arrivarono all'improvviso come un lampo da farlo sussultare, lo portarono bruscamente alla realtà.
-Ti do una possibilità: vieni, torna a casa; questo non è un posto adatto ad un moccioso come te.-
Asserì con una smorfia, disgustato di quello che aveva generato e che si trovava davanti a lui con qualche livido sulle braccia, del sangue su un polpaccio che scorreva lento fino alla pozza formatasi sul pavimento, e del gonfiore alla guancia sinistra che poco fa aveva colpito. Però la sua non era una proposta: lo avrebbe riportato a casa comunque. 
-E' inutile che ti fai false speranze. La macchina comunque è qui fuori. Ho bisogno che mi procuri dei soldi appena torniamo a casa, ho dei debiti da smaltire, e in fretta, proprio nello stesso modo in cui tu ti procurerai i soldi: in modo rapido e preciso.- era praticamente un'ordine, e dal tono sembrava non volere fallimenti, di nessun tipo.
In pratica se sarebbe tornato a casa sarebbe uscito solo per derubare, di nuovo. Proprio come in passato. Ricordava come gli era risultato difficile andare a trovare Karai giornalmente, e quando veniva scoperto da quel mostro di suo padre le torture erano sempre le peggiori, però lui tornava sempre dalla sua amica, voleva tenerle compagnia. Non l'avrebbe lasciata sola a lottare con quella malattia. Lo fece sempre, ogni giorno di ogni settimana, almeno un'ora o poco più prima di tornare sgattaiolando a casa, sapendo che suo padre lo stesse aspettando comunque per torturarlo, per aver disobbedito per l'ennesima volta. E poi lo fece ancora, era un giorno come un altro proprio come sempre; quella mattina pioveva e faceva freddo, però questo non lo avrebbe fermato, infatti arrivò, però rimase immobile davanti alla porta spalancata della stanza, il respiro ed il petto che cercavano di riprendersi dalla corsa e dal gelo che gli faceva tremare il corpo e che divenne più intenso quando collegò i fili: collegando il significato di quel letto vuoto coperto da un lenzuolo nero. La prima cosa che fece; nonostante avesse sentito un pesante macigno crollargli addosso e sul cuore come a volerlo uccidere e sotterrare nello stesso istante; la prima cosa che riuscì davvero a fare, come se Karai gli avesse lasciato un ultimo consiglio con quel gesto fu scappare: scappare dal mostro con cui viveva proprio come lei gli supplicava ogni giorno, ogni volta che lo vedeva con un livido o una cicatrice in più; e poi pianse mentre era sul marciapiede in strada, diretto verso una meta che non sapeva, ignorando le persone che sobbalzarono spaventate appena iniziò ad urlare con voce rotta e la gola arrossata che pulsava, gridando che non era giusto, non era giusto! E poi iniziò a distruggersi, lentamente perché non c'era nessuna fretta nel soffrire; e avrebbe potuto giurare di aver sentito come un sasso sbattere contro un pezzo di vetro enorme ma lacerato già da molto tempo, un sasso che servì per farlo finire a pezzi facendolo anche sanguinare dentro: il suo cuore aveva fatto quel suono, era stremato e lo sentiva chiaramente che si era distrutto come un pezzo di vetro. E subito dopo che le orecchie compresero cosa fosse accaduto all'interno del suo corpo smise di respirare, smise di battere, smise di vivere... Correva e basta quel giorno, correva, correva, cercando la sua amica che gli avrebbe indicato ancora la strada giusta da seguire, con lei che ghignava e lo sfotteva perché stava piangendo come un marmocchio, con lei che lo abbracciava e gli dava un'ultima carezza con un ultimo consiglio: "Vivi."; con lei che sorrideva e con lei che era felice, lo si capiva dagli occhi che brillavano intensi: finalmente era libera; e poi cercava la sua amica che in un attimo allungava un braccio per indicargli una via sicura e gli sussurrava con fare apprensivo "Vai di là, di là!"
... Correva...
Era scappato da casa sua per un tempo lunghissimo, più lungo di quanto avesse mai immaginato anche se in realtà si trattava solo di qualche mese. Si era rialzato, aveva lottato, provato a realizzare il sogno della sua amica; ma continuava a trovare ostacoli, sempre di più: prima quei bulli, poi i ragazzi che lo avevano trovato a rubare, i ragazzi che scoprivano il suo segreto, il ritorno di suo padre... 
E così si ripeté, la mente di Michelangelo si concentrò solo sulle cose cattive, sulle brutte esperienze, sul dolore e sul piacere di tagliarsi. Realizzando che gli mancava davvero tanto, voleva la sua forbice, la voleva adesso. E nel guardarsi intorno si fermò in un punto preciso, lasciando che suo padre si preparasse, e pensò che sarebbe stata così bene sulla sua pelle, quella lama in mezzo alle macerie del soffitto crollato in un angolo chissà da quanto tempo, quell'angolo dove, forse c'era una cucina un tempo. Era certo che quel coltello, quell'enorme lama gli sarebbe stata benissimo, lo avrebbe fatto respirare, e la voleva tanto in quel momento, ma era così lontana.
Scuoté il capo con un mugugno e strizzò gli occhi mentre teneva il capo chino in avanti con le ciocche a coprire i suoi occhi.  Era scappato da troppo tempo, era stanco ora. Era arrivato fino a lì, era già qualcosa, no?
Era abbastanza, aveva fatto abbastanza. Era giunto il momento... 
Doveva tornare a casa. 
Era tempo di arrendersi.

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Capitolo 17
*** Scatola. ***


-Donnie! Come fai a non ricordarti dove segnalava il tuo aggeggio-come-cavolo-si-chiama?- asserì a denti stretti il focoso tutto d'un fiato, quasi sul punto di aggredirlo mentre erano su un tetto; fermi a metà strada da ciò che aveva affermato il genio.
-E' un sonar, con un potenziamento a parte collegato al satellite attraverso un cip che mi permette così di calcolare ogni perimetro della città senza problemi, avendo anche una visuale...- non terminò la frase che il focoso gli diede uno schiaffo sulla nuca con uno sguardo di chi non gli è ne importava nulla.
-Dov'è Michelangelo?- urlò a pieni polmoni, forse risvegliando qualche abitante del palazzo vicino o in quello in cui stavano sostando, sopra un tetto.
-Era alla casa abbandonata, ma forse si stanno muovendo, è una probabilità da non sottovalutare, comunque non avendo una mappa mi sarà difficile orientarmi nel buio della notte...- borbottò con una smorfia.
-Fallo e basta! Non conosco questa città, quindi mi affido a te, muoviti!- ruggì come un leone, preoccupato per il piccolo Michelangelo come mai in vita sua, e lui non si era mai preoccupato, mai per nessuno; visto anche che di amici ne aveva pochi e alla fine si erano rivelati solo dei puri conoscenti nonostante gli anni passati insieme: si erano separati e non lo contattavano più, a mala pena si salutavano per strada; e, a pensarci, quello era un altro buon motivo per aver lasciato la sua vecchia città.
-Beh, ecco... F-forse di là.- tentò allungando il braccio e indicando una direzione non molto chiara agli altri due, si limitava a mostrare la strada in mezzo a due palazzi.
-Non voglio nessun 'forse'! Non abbiamo tempo!- ringhiò feroce Raph, osservandolo negli occhi bordeaux come un predatore che non vedeva l'ora di azzannarlo alla gola mentre lo tirò vicino a sé prendendolo per i lembi del colletto del suo maglione azzurro e strattonandolo forte per intimidirlo, o per rabbia.
-Non so dove si trovi questa casa!- annunciò allora, e non sarebbe stata una notizia così sorprendente conoscendo come Donnie preferisse rintanarsi nella sua camera-laboratorio piuttosto che uscire a conoscere il mondo reale; ma in quel momento la notizia lasciò tutti con la bocca aperta, sconfortati e sorpresi, e lo era anche il genio del gruppo, amareggiato dalla possibilità di perdere il piccolo Michelangelo. Sapendolo in pericolo, si trovavano tutti in bilico nell'angoscia e non riuscivano a ragionare, o a collegare il cervello in modo da avere un piano tangibile; c'era solo rabbia, frustrazione e pentimento.
-Possiamo chiamare Cat! Lei sa dove si trova la casa, potrà farci da guida.- espose Leo con un immenso sorriso mentre Donnie non aspettò nemmeno che la sua mente assimilasse la notizia che già era partito a comporre il numero, ormai il tempo era agli sgoccioli.


Erano arrivati da qualche minuto, praticamente al momento il loro intento era stato solo quello di cercare. Purtroppo, visto che condivideva la stanza con un ragazzo che odiava l'organizzazione, era stato abbastanza ovvio trovare tutta la stanza in netto disordine, e a questo, Grant non aveva pensato; infatti sbuffò e guardò male il suo coinquilino che era voluto venire con loro, forse per l'ennesima volta in quella sera e in quel lasso di tempo. Aides, dal canto suo lo ignorò senza problemi, alzò le spalle e si diresse verso un altro punto della stanza, un angolo vicino al suo letto, iniziando ad aprire ogni cassetto alla ricerca del fantomatico "Capitan America".
-Dove sei, amore mio? Dove sei?-
Era questa la solfa che Grant era stato costretto a subire da Venus. Appena avevano varcato la soglia un uragano, ovvero la ragazza, era volata diretta ogni dove alla ricerca del proprio, a suo dire, "marito". Era stato un colpo basso quello, un colpo atroce che lo aveva demoralizzato ad ogni dire, visto che lui non era minimamente paragonabile all'eroe della Marvel; per non parlare poi che Venus non faceva che chiamare il dvd e il supereroe con l'appellativo "amore."; cosa ancora più sconfortante e dolorosa. E a niente erano servite le pacche di incoraggiamento di Light prima che si allontanasse per iniziare anche lei le ricerche con Casey che la seguiva come un cane festoso, e se avesse avuto una coda non avrebbe fatto altro che scodinzolare visto che Light non lo aveva picchiato nemmeno una volta, impegnata com'era ad osservare la collezione di modellini di alcuni ninja che appartenevano a Grant. Il suddetto ragazzo ne era certo: erano tutti felici tranne lui, o forse omettendo Aides visto che sembrava si stesse annoiando a rovistare e a mettere in ordine contemporaneamente, ma lo avrebbe dovuto fare comunque, prima o poi.
-Trovato!- urlò invaghita, Venus, al limite dell'eccitazione mentre saltellava ripetutamente sul posto e teneva la confezione stretta al petto circondata tra le braccia come in un abbraccio.
Grant la invidiò in quel momento, e se ne vergognò un po': invidiava una confezione di dvd, umiliante. Sospirò e scrollò le spalle, avvicinandosi a lei con fare sicuro e piacevole, dedicandole il sorriso più sexy del repertorio, come a sperare di ricevere anche lui un abbraccio per quel sorriso. E la cosa buffa fu che accede veramente: Venus si era avvicinata e tra l'emozione e l'essergli grato per quel dvd lo aveva stretto in un forte abbraccio, anche se era un po' più bassa di lui e i suoi capelli arrivavano sopra al suo petto. Senza che se ne rendesse conto le braccia presero ad avvolgerla istintivamente, stringendola con cura e dolcezza come se fosse un'essere speciale, e infatti da un po' era così per Grant.
-Okay, ora che lo avete trovato io me ne vado. Ho completamente perso la voglia di vedere quel film a forza di pulire, mi faccio un giro.- borbottò Aides sfregandosi i capelli bianchi con una mano e uscendo senza porsi troppi problemi.
-Ti seguo, lasciamo i piccioncini nel loro nido.- commentò Light avviandosi con Casey che provava a rimorchiarla con frasi lascive e, più o meno dolci, approfittando del fatto che la ragazza non lo colpisse, o almeno credette così finché, oltrepassando la porta non si beccò una gomitata in pieno stomaco che lo piegò in due. Si vedeva che, nell'allontanarsi da quei meravigliosi modellini di ninja, aveva di nuovo toccato con mano il muro trasparente e soffice che era la realtà, e non le era piaciuto affatto trovarsi quel ragazzo sul suo cammino.
-Piccioncini?- trasalì Venus con una faccia schifata e oltraggiata, staccandosi bruscamente da lui. -Con lui?- osò continuare, boccheggiando e indicando con il dito il ragazzo in questione che la guardava con disappunto per quelle parole. Ignorando che ormai la porta era stata chiusa da un pezzo e che quindi erano rimasti veramente da soli, la ragazza continuò a mostrare una faccia sconvolta per quella frase detta dall'amica.
-Beh?- diede segni di vita, Grant, sventolando una mano davanti al suo viso per capire se fosse viva anche lei.
-Okay, vogliamo vederlo qui il film o raggiungiamo gli altri?- borbottò con noia, non aveva proprio voglia di incamminarsi di nuovo verso l'appartamento di Donnie; era stanca dopo tutte le ore dedicate alla ricerca di Capitan America, e al momento; di sicuro colpa della stanchezza, si disse; la presenza di quel ragazzo non la disturbava minimamente.
-Qui.- ghignò Grant sedendosi sul proprio letto dove, davanti si trovava la televisione e facendole posto appena lei, con qualche sbuffo e dopo aver inserito il dvd dentro al lettore, non senza aver alzato gli occhi al cielo, lo raggiunse, mettendosi comoda contro il cuscino alle sue spalle.
Venus, nel vedere come quel letto fosse ben pulito e curato, comprese fosse proprio quello di Grant, che intanto si era diretto verso il mini-bar a prelevare qualche bibita e poi ad aprire un tiretto accanto al primo, cacciando due buste di popcorn. Dentro quel tiretto, notò la ragazza, ce ne erano davvero tante di cibarie, salate e non.
-Ti piace l'aranciata?- chiese porgendogliela mentre lei gli rubò per prima cosa la busta di cibarie aprendola mentre ancora, nello schermo, facevano vedere vari trailer prima di incentrarsi sul menu principale.
-Sbrigati e siediti.- affermò brusca, anche se non gli permise di avere molto spazio, lasciandolo sul bordo mentre lei rimaneva nella comodità completa, spaparanzata interamente e avviando il film con un immenso sorriso di soddisfazione prima di appoggiare il telecomandino sul comodino al suo fianco dove sopra vi era anche una lampada che il ragazzo aveva accesso insieme alla luce del lampadario appena erano arrivati: si era fatto buio al loro arrivo.
-Buona visione.- commentò, sempre sorridente, il ragazzo, anche se la scomodità si faceva sentire, ma alla fine la ragazza gli fece più spazio e lui la ringraziò.
-Vedi di stare zitto: c'è il film.- lo ammutolì con un occhiataccia prima di tornare rilassata nell'incrociare il protagonista nello schermo, trattenendosi dall'urlare peggio di una fangirl scatenata.


-Muoviti.- ordinò prendendolo malamente per il braccio, stringendolo e alzandolo dalla sedia dopo che lo ebbe slegato, sballottandolo verso le porte dell'uscita per poi spingerlo forte e farlo cadere. -Raggiungi la macchina.-
Michelangelo volse indietro lo sguardo, e nonostante il buio, interrotto solo dalle finestre che producevano la luce della notte e della luna illuminando i tanti detriti nella sala, lo seguì con le pupille per capire cosa stesse facendo prima di gattonare il più veloce possibile nell'udire discretamente il suono di un fucile che si caricava; riuscendo anche ad ignorare il dolore al polpaccio ferito, tanto era lo spavento e l'adrenalina. Uscito dal portone, che era sul punto di crollare, attaccato ai chiavistelli solo nella parte inferiore, scese le scalette e si diresse dentro la macchina nera che aveva già la portiera aperta, attraversando la strada fatta di pietre che gli procurarono dolori ai palmi e alle ginocchia mentre lasciava una scia rossa nel trascinarsi l'altra gamba come se fosse morta, ma non aveva il coraggio e né la forza di mettersi in piedi e preferì gattonare in fretta, come un codardo che sperava solo nella propria salvezza. Osservò la portiera davanti e decise di rifugiarsi verso i sedili posteriori e si avviò dietro, aprendo quella. Stava per salire, ancora in ginocchio a terra tra i sassi bianchi illuminati dalla luna quando venne preso per il polso, della mano ancora sulla maniglia, e girato di scatto verso una sagoma forzuta, oscurata dalla notte e dalle sue palpebre che si sigillarono d'istinto.
-Sto salendo, sto salendo...- sussurrò frettoloso, colto dalla paura più viva di essere punito, temendo di aver commesso un errore nel decidere di salire ai posti dietro senza consenso mentre tremava sempre con più enfasi ed evidenza.
-Mikey siamo noi, apri gli occhi.-
La voce gentile, calda e pacata che arrivò nitida e vicina alle sue orecchie, abbastanza rassicurante, lo motivò ad aprire le palpebre con più sicurezza nel collegare quella voce a Leonardo. Nel farlo notò l'azzurro alla sua destra chinarsi sulle ginocchia per guardarlo con fare rassicurante e apprensivo mentre si rese conto che, la figura possente non fosse suo padre, bensì Raphael che sorrideva sincero nel vederlo al sicuro, affiancato da Donnie.
-Dove pensavi di andare, eh?- sbottò il focoso, ironico prima di protendere la mano libera sui suoi capelli per scompigliarglieli con fare giocoso.
-Mio padre ha un fucile.- si limitò a rispondere, anche se quella domanda era chiaramente retorica; ma le sue parole servirono in un attimo a raggelare la situazione ancora una volta in quella sera, perfino il genio si era bloccato nel visionare la ferita al polpaccio.
-E' dentro?- chiese Donatello voltandosi con uno scatto duro verso l'entrata di quel portone che era completamente nera per via della notte, anche se era abbastanza ovvio per tutti che fosse lì.
Il più piccolo si limitò ad annuire, non resistendo dal mostrare le lacrime che uscirono copiose dall'azzurro luminoso dei suoi occhi; era diventata una cosa normale in quei giorni con loro: mostrarsi debole davanti a quei ragazzi per stare meglio; un abitudine che non si sarebbe tolto facilmente e che sfumava al suo controllo come un'automa; non riusciva più a controllare il suo dolore davanti a loro, e sentiva che se sarebbe salito in quella macchina la pressione avrebbe ridotto in pezzi ancora più piccoli il suo cuore ancora una volta, questo perché non c'è la faceva a separarsi da loro; gli voleva bene. Troppo. E non se ne era nemmeno accorto di come una parte del suo cuore, quella più bella, si fosse legato ad ognuno di loro, intricandosi a quello dei ragazzi fino a non potersi più sciogliere; il suo cuore gli stava parlando, gli stava dicendo: non lasciarli mai. Però poi c'era l'altra parte, più piccola ma più forte, sopravvissuta al dolore e fortificatosi da esso; quella parte praticamente gli stava urlando contro di andarsene, perché lui era un'essere inutile, portava solo guai e malefatte, e non poteva non negargli la ragione.
-Io... ho paura. Ma non voglio che vi mettiate nei guai per me.- singhiozzò abbassando lo sguardo, vergognandosi anche di essersi fatto vedere così codardo davanti a loro, e forse lo avevano perfino visto gattonare disperato verso la macchina...
-Se serve per proteggere te da quel mostro mi infilerei in un milione di guai; mi basti solo saperti al sicuro.- asserì Raph cacciando i suoi Sai, pronto a combattere, e anche gli altri ragazzi si misero in posa di combattimento, annuendo decisi, mentre lasciarono un Michelangelo dietro di loro scombussolato e sorpreso, con un sorriso che si creò da solo in mezzo a quelle lacrime di dolore e paura.
-Gr...Grazie.-
-Oh.- il suono dei passi di suo padre che attraversava la porta fino ad uscirne, sbattendola con un pugno e distruggendola da farla cadere a terra mentre il suo commentò risuonò per le strade isolate e buie. -Di nuovo voi...-
-Vedi di fartene una ragione: Mikey ha una nuova famiglia! Tu non sei più nulla per lui, anzi, non lo sei mai stato!- ruggì il focoso lasciando i compagni esterrefatti per quelle parole, soprattutto Michelangelo e Donatello, ancora piegati a terra: il primo per la ferita, il secondo per guarire quest'ultima; i due si sorrisero a vicenda per le parole del più grande, il cuore che si illuminò e vibrò come in procinto di esplodere; quelle parole potevano sembrare banali o di poco conto per le altre persone, a loro no, a loro quelle parole riscaldarono il cuore migliorando la giornata che era quasi finita in tragedia con la perdita di un membro di quella fantomatica famiglia che era nata proprio dopo quella frase, o forse lo erano diventati anche prima di quella conferma.
-Che bello...- sussurrò Mikey, ma non abbastanza piano da non farsi sentire dai tre che sorrisero ancora.
A parte Raph, troppo adirato contro il mostro in quel momento, ma anche lui era felice dentro per quello che aveva fatto, dire quelle parole, uscite più d'istinto e di cuore che per illudere il nemico, avevano risvegliato in lui qualcosa di nuovo e che non aveva mai provato, o forse non provava da così tanto da essersene dimenticato: amore, un'amore diverso da una cotta verso una persona che frequenti da un po'; era più come essere stato sempre cosciente di avere una famiglia nel mondo che lo aspettava, e che aveva ritrovato proprio in quel momento, regalandogli respiro, aria nei polmoni per farlo vivere finalmente in pace; dei fratelli riavuti dopo secoli e da cui non voleva più separarsi perché sarebbe stato come smettere di vivere; voleva proteggerli, con tutte le sue forze, e lo avrebbe fatto. Sempre. In fondo era bello avere una famiglia, pensò Raphael, facendo roteare tra le dita le sue armi prima di avanzare affiancato da Leo con le sue katana, che forse lo avrebbe preso in giro per quel comportamento, o forse era più un'idea della sua mente questa convinzione, se non fosse per la situazione ingombrante in cui si trovavano.
-Famiglia? Che idiozia.- sbottò lui sfilandosi la cinghia del fucile che aveva messo a tracolla sulla spalla e che imbracciò mirando a loro, sparando senza pensarci nemmeno un secondo; peccato che i due ninja schivarono i proiettili, avanzando furtivi e veloci come ombre verso di lui per poi braccarlo per le braccia, facendo cadere a terra l'arma che rimbombò di un rumore secco per la via, nella notte più nera con cui perfino le nuvole si erano fuse e sembravano in procinto di esplodere in una grande bufera, con il vento che si alzava sempre di più come con l'intenzione di farli volare via tutti, come stanco della loro prolungata presenza in quel posto spaventoso, all'apparenza infestato.
-Adesso vedi di fare il bravo, capito?- minacciò Raph aumentando la presa e posizionando il gomito dell'avversario dietro la schiena di esso, in una posizione davvero innaturale, quasi a slogarglielo. -Ed ora lascia che ti portiamo al fresco.- continuava a ghignare il rosso, fiero di averlo catturato mentre lo tirava in piedi, continuando però a stringere la presa sul braccio sempre dietro la schiena; e nonostante fosse più alto di lui, Raph aveva una maggiore forza e volontà: non lo avrebbe lasciato andare.
-Avanti, andiamo.- asserì Leo con uno sguardo truce e minaccioso da far accapponare la pelle, mai visto sul suo volto; si vedeva chiaro e tondo che non mandasse giù come aveva trattato Michelangelo in quegli anni, e soprattutto l'accaduto di quella sera con il ragazzo ancora traumatizzato e Cat.
Donatello sospirò sollevato nel vedere quell'uomo finalmente mansueto, così si alzò per poi prendere un braccio del più piccolo, ancora ferito e con un polpaccio bendato provvisoriamente alla bene e meglio con quello che aveva al momento, portandoselo attorno al collo e aiutandolo a sollevarsi da terra un po' zoppicante e un po' insicuro di muovere i primi passi verso gli altri; perché avrebbe implicato il doversi avvicinare anche a suo padre, e lui non voleva, ovviamente, aggiunse nel pensiero il genio.
-Tutto okay. Tutto okay.- ripeté Donnie con fare rassicurante, intuendo i suoi pensieri dagli occhi che tremolarono impercettibilmente e con le pupille ridotte a due fessure già da molto prima del suo ritrovo, accarezzandogli la schiena con il braccio che sorreggeva la sua schiena.
-E' meglio se lo riporti a casa.-
Alle parole di Raph, che sembrarono più una richiesta nonostante il tono così determinato e risoluto, annuì, non potendo non concordare nel vedere il povero Michelangelo che tremava di paura, cercando di nascondersi agli occhi del padre a cui era caduto il cappuccio e che ora si mostrava in tutta la sua fierezza. I suoi occhi erano freddi e crudeli, che bramavano sangue, come se volesse solo sgozzarlo in quel momento, come se desiderasse solo che smettesse di respirare; e Donnie agì d'istinto, protendendosi di più sopra a Mikey come a formare uno scudo. Ma quello continuava a fissare dritto negli occhi del più piccolo, quegli occhi ambrati e sadici, il respiro lento, calibrato e minaccioso, il petto muscoloso e tonico, slanciato che lo sovrastavano come una montagna, anche se, alla fine era alto solo qualche metro in più di lui.
-C'è la fai a camminare? Forse è meglio chiamare un taxi.- cercava di avere un tono positivo, Donnie, ma era difficile nella situazione attuale, con un nemico che era in procinto di accanirsi su di loro se non fosse stato per la forza di Raphael che riusciva a tenerlo buono nonostante la stazza dell'avversario.
Donatello prese il telefono in contemporanea con Leo; e mentre lui chiamava il suddetto taxi, l'azzurro si apprestava ad avvisare le autorità che assicurarono di arrivare al più presto. Ma, per un motivo o per un altro, arrivò prima la macchina che avrebbe portato a casa il proprietario e la vittima. Salirono e salutarono gli altri con un po' di rimorso nello sguardo, ma sicuri che sarebbe andata bene, che c'è la potevano fare, e così diedero l'indirizzo al tassista e attesero di arrivare; e appena giunsero a destinazione Donnie fece due viaggi: il primo per prendere i soldi per pagare il tragitto che diede all'autista, e il secondo per tornare dentro, aiutando il più piccolo a sorreggersi a lui mentre zoppicava, entrando dove ad attenderli c'erano le ragazze, con Cat che si era addormentata, o forse svenuta per la stanchezza e lo stress a causa di tutti quelli avvenimenti.
-Oh mio Dio! Mikey cosa ti è successo?-
Trasalì Venus, correndo ad abbracciarlo, quasi facendolo traballare e cadere all'indietro, ma riuscì a tenerlo saldo anche grazie all'aiuto delle braccia di Donnie; cullandolo nel vedere i suoi occhi intrisi di dolore e riempiti di lacrime racchiuse dentro a quei pozzi azzurri che sembravano aver perso tutta la luce, trasformati in un lago ghiacciato; congelati, scambiati con due pezzi di lastre di acqua solida e gelata, ma piene di crepe che percorrevano tutta l'iride fino a spezzarla e dividerla: in pratica in quegli occhi si intravedeva ciò che rimaneva del suo cuore, ora più che mai. Lei e Light purtroppo erano arrivate da poco, lasciando Grant e Aides nel loro appartamento, e Casey in quello accanto che gli apparteneva; arrivate avevano trovato una sala silenziosa, cosa abbastanza strana visto l'orario, e poi avevano visto Cat in quelle condizioni e si erano allarmate. Le amiche avevano avuto il tempo solo di spiegare ad entrambe tutto l'accaduto che poi la porta si era aperta ed un Donnie frettoloso aveva afferrato il proprio portafoglio sopra al ripiano ed era sceso giù per poi ritornare con un andatura più lenta dovuta al peso che si portava dietro mentre loro erano corse alla porta appena era arrivato, ma dandogli spazio per farli entrare.
Lo fecero accomodare sulla poltrona, aiutandolo a distendere la gamba fasciata sul tavolino che presto venne medicata con le dovute attrezzature e attenzioni, e, nel mentre di tutto ciò, il biondo dedicò tutto il suo sguardo alla luminosa Cat, e sospirò nel sentire il suo respiro dolce e il suo corpo muoversi a tempo di esso; felice che fosse viva e che stesse bene, che avesse raggiunto la casa e che ora fosse nel mondo dei sogni. Ma non poté sopprimere uno straziante senso di colpa nel ripensare allo sguardo terrorizzato che gli aveva rivolto dopo quello sparo, in quella casa dove a pochi passi c'era quel mostro. A tratti si dimenticò anche di respirare mentre si sentiva opprimere come dentro una scatola di vetro e di buio, sia dentro che fuori, piena di oscurità per quella colpa che lo macchiava: aver messo in pericolo una sua amica, la più importante, quella per cui provava qualcosa di più del semplice amore e che gli ricambiava, che lo amava in un modo tutto suo e che lui apprezzava; la ragazza più stupefacente e perfetta. Era tutta colpa sua se lei aveva rischiato di morire quella notte. E più se ne rendeva conto, più assimilava quel fatto che già conosceva, più la scatola intorno a lui, scura e fredda, cercava di schiacciarlo, cercava di annientarlo, di sconfiggerlo. Lo distruggeva. Quel buio, quel nulla lo rendeva solo, molto solo, e soprattutto distante dalla realtà di quel soggiorno caldo e accogliente e luminoso in cui si trovava, in mezzo a tanti amici che gli volevano bene e gli sorridevano apprensivi, ma lui non li vedeva. Il nulla lo sconfiggeva, era crudele; era pieno di rancori e paure. Il buio lo congelava, lo spaventava; era pieno di solitudine e silenzio. Delle sensazioni che conosceva fin troppo bene, perché c'era già finito in quella scatola, e lì era davvero difficile poter uscire e rivedere la luce, anche un piccolo e lieve fascio non poteva entrare là dentro, non con facilità, anzi, era impossibile da immaginare il sole in quella notte più nera. E lui la conosceva da tanto, e da tanto non la sopportava.
Odiava quella scatola.

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Capitolo 18
*** Sicurezza. ***


La sera non sembrava voler finire quel giorno, il sole era davvero lontano e le ragazze vegliavano su Cat da così tante ore che sembravano secoli ormai, e Michelangelo faceva lo stesso, ancora seduto sulla poltrona, con occhi che avevano perso tutta la propria luce che anche prima era già poca di suo. Leo e Raph erano tornati da qualche minuto, e insieme a Donnie stavano discutendo tra loro, raggruppati in un angolo della stanza prima di avvicinarsi a lui, con Donnie che era un po' stanco e colpito da quella serata così movimentata, ma nonostante questo aveva tenuto compagnia al più piccolo fino al loro arrivo, che a vedere i tre farsi così vicini e così sorridenti alzò lo sguardo, dedicandogli tutta la sua attenzione, avvolta da un velo di sonnolenza dettata dal dolore e dalla delusione verso se stesso.
-Mikey, non ti devi più preoccupare. Tuo padre è con le autorità ora, e noi abbiamo la tua custodia fino ad avviso inoltrato. Ti teniamo noi.- sorrise Leo rassicurante, accarezzandolo e coccolandolo prima di avvolgerlo in un abbraccio che quel ragazzo non accettò del tutto e l'azzurro ne fu consapevole, con un senso di amaro in bocca mentre si staccò più per volontà del biondo che sua.
-Certo, dovrai presentarti dal giudice al tribunale e testimoniare contro tuo padre, e poi dovranno togliergli l'affidamento, ma tu continuerai a stare da noi. Anche se, per confermare la custodia nostra bisognerà contattare degli avvocati, preparare dei documenti e...- Donnie venne interrotto da una brusca gomitata da parte del rosso che lo guardava minaccioso, indicando il più piccolo con il capo per fargli capire che era già abbastanza sconvolto di suo e che non servivano le sue parole per "aiutare" la situazione, prima di sospirare.
-Non preoccuparti, Mikey. Farà tutto il padre di Leo, lo abbiamo chiamato prima di tornare qui e Leo lo ha convinto; ti aiuterà e cercherà di ottenere l'affido.- commentò chinandosi sulle ginocchia davanti a lui per guardarlo, peccato che non lo stesse veramente osservando: fissava il nulla, un punto imprecisato del pavimento, o delle proprie mani.
-Vuoi andare a dormire?- si avvicinò Gwen, quasi a temere di toccarlo per paura della sua reazione che poteva essere funesta, non sapendo come agire visto il suo sguardo perso in un trauma senza fine, in un oblio tutto suo che cercava di non mostrare anche se invece tutti lo avevano notato, e nessuno lo biasimava anche se sapevano che non era quello il posto migliore dove rifugiarsi; non doveva isolarsi.
In risposta alla sua domanda, Mikey scuoté il capo, abbassando gli occhi prima sul pavimento coperto dal tappetto pieno di geroglifici e simboli, per poi tornare sulla ragazza distesa in quel divano, e proprio mentre incrociò le sue palpebre esse si aprirono, con le pupille che si guardarono intorno. Si mise seduta e si sfregò la nuca strizzando gli occhi, come se il pisolino fosse stato di suo gradimento, accolta da mille sorrisi da parte delle sue amiche.
-Mikey? Dov'è?- mormorò con un tono di voce troppo alto e troppo preoccupato prima di voltarsi indietro e trovarlo sulla poltrona con la gamba ferita distesa sopra il tavolo, con i ragazzi che la salutarono, felici, con un sorriso.
-Oh, ehi.- gli sorrise, Cat, sollevata mentre gli altri trattennero il fiato per l'ansia, visto che non aveva aperto bocca fino a quel momento il biondino, mentre Raphael si limitava a guardare prima uno e poi l'altro con un volto serio, continuando a ripetersi che andava tutto bene finché Mikey era lì e poteva proteggerlo.
-Perdonami.- disse, con voce incrinata ma forte per farsi sentire dalla ragazza che rimase un attimo perplessa. -E' colpa mia se mio padre ti ha ferito, scusami tanto... Non volevo questo.- si limitò a confessarsi, facendo uscire le uniche parole che si teneva dentro da quanto l'aveva vista lì distesa.
-Oh, non devi preoccuparti. Mi hai fatto sentire un po' di brivido, per me va bene: a me piace il brivido. Ma la prossima volta sarà meglio stare più attenti a questi brutti ceffi che girano.- cercò di essere scherzosa, riuscendoci poco bene mentre preferì omettere la parola "Tuo padre.", scambiandola con l'ultima frase che aveva messo nella sua affermazione. La paura era ancora viva in lei, anche se preferiva non mostrarla esteriormente, riuscendoci egregiamente, o almeno, più bene di quanto credesse.
-Mi dispiace, davvero.- farfugliò rigido, abbassando gli occhi sulle sue mani sopra le cosce, che strinse a pugno prima di sospirare e abbassare le spalle, cercando un po' di tranquillità che non trovò, ma la stanchezza lo aiutò a rilassarsi, costringendo così alla mente di distaccarsi dai pensieri.
-Okay, è meglio se vai a riposarti. O vuoi mangiare qualcosa prima?- domandò Light, ma Mikey si limitò solo a scuotere il capo con sguardo assente, e senza far trasparire emozioni provò ad alzarsi, subito sorretto da Raphael e Leonardo che, regalandogli un sorriso incoraggiante lo portarono in camera sua.
-Ah.- sospirò Light sedendosi di botto sul divano e massaggiandosi la fronte, in mezzo alle sopracciglia, mentre Cat si guardò confusa, prima di pretendere spiegazioni su cosa si era persa e perché nessuno l'aveva svegliata appena era arrivato il ragazzo.
-Abbiamo trovato Mikey mentre entrava in una macchina, era ferito al polpaccio e gattonava. Così noi siamo arrivati, bloccato il padre e siamo arrivati qui; cioè, io e lui siamo arrivati qui, Leo e Raph hanno portato il bastardo in centrale.- spiegò il genio, all'inizio con un tono controllato, ma poi le parole presero vita da sole, assumendo un ringhio feroce che non gli apparteneva, o, al massimo, che non avevano mai udito da lui. -Se non ti abbiamo svegliato è stato perché eravamo più preoccupati per Mikey, e poi tu avevi bisogno di riposare.- asserì, anche se le prime parole sembravano più un rimprovero.
-Okay. Perdonami.- sussurrò lei, sincera, alzandosi e recandosi in cucina alla ricerca di liquidi freschi: sentiva di avere la gola secca. Odiava essere rimproverata, soprattutto ingiustamente. Ma capiva la situazione: Donnie era furioso e voleva solo sfogarsi, anche se non con lei, ma gli erano scappare quelle parole senza volere. Lei lo capiva, non c'è l'aveva con lui.
Light la seguì, sfregandosi la cute e cercando di sistemarsi i capelli in una coda alta, facendo scorgere maggiormente il suo volto liscio e magro, e gli occhi splendenti. Adagiò una mano sulla ragazza con fare amichevole prima di prendere qualcosa da bere anche lei, osservando Cat sedersi su uno sgabello. In quel momento nessuno aveva molta voglia di parlare, infatti c'era un silenzio da cui nessuno poteva, o voleva, scappare.
-Allora? Mi dite cosa avete tutti?- scattò allora, Light, piantando i pugni sui propri fianchi e mettendosi in mezzo alla cucina e al soggiorno per essere inquadrata da ambedue le parti mentre Raph e Leo erano tornati, anche loro cupi e con un'alone di vuoto nello sguardo. -Dovreste essere felici! Mikey è di nuovo con noi: è vivo, sta bene! E anche Cat sta bene! Perché, quindi avete quelle facce da funerale? Avanti! Mi aspetto un po' di sorrisi e risate. E se Mikey avrà dei problemi con la felicità, ci pensiamo noi, e tu.- asserì funesta prima di abbandonare per strada lo sguardo adirato, amicando all'ultima parola verso Cat che iniziò a ridacchiare, annuendo frenetica.
-E' tardi, vado a dormire.- decise infine la ragazza dagli occhi dorati mentre si dirigeva verso la stanza di Michelangelo sperando in bene.
-Non vuoi mangiare?- domandò l'azzurro che la osservava, colpito e sorpreso dalle parole di Light mentre quest'ultima si era messa seduta accanto a Gwen.
-No, mi si è chiuso lo stomaco. Ma grazie.- rispose Cat prima di scomparire oltre l'uscio. E nessuno si sorprese dalle parole della ragazza, tutti avevano perso la fame, mentre videro Klunk zampettare indifferente dietro la ragazza, tra le fusa, unico suono che echeggiò dopo la sfuriata di Light.
-Bene, vado anch'io a dormire.- decretò il rosso, venendo bloccato da Gwen che gli rivolse uno sguardo omicida.
-Osi ignorarmi tutto il giorno, e poi hai anche il coraggio di andartene a dormire, così, su due piedi? Eh no, caro mio. Ora si gioca. Voglio la rivincita, e Donatello muto.- ordinò spietata correndo a raggiungerlo, afferrando il ragazzo per le possenti e robuste spalle per guardarlo dentro quegli occhi verdi, più scuri e limpidi dei propri.
-Okay.- ghignò il rosso, sentendosi già vittorioso.
-Ehi, no! Se mio padre vede che spreco molta energia potrebbe pensare che non studio abbastanza. Lui non sa che ospito ben nove persone.- decretò, offeso, con un broncio che Viola adorò e così gli piombò addosso, aggrappandosi al suo collo come uno scimpanzé, facendogli perdere l'equilibrio, ed ora erano entrambi sul divano.
-Falli giocare, avanti. Tuo padre capirà che meriti un po' di relax. E poi, se prendi sempre bei voti non vedo dove sia il problema.- mugugnò ingenua nell'orecchio del genio, Viola, decisa a rimanere avvinghiata a lui il più possibile, sentendosi anche al sicuro e più tranquilla dalla situazione di prima; e scambiandosi un'occhiata complice con Gwen si scambiò un cinque con le mani.
E mentre loro iniziavano a giocare, vogliosi di vendetta per la rivincita, fulminandosi con lo sguardo a vicenda, Leo dedicava sfuggevoli occhiate a Light che preferiva ignorarlo e guardare come sarebbe finita la partita, anche se un po' stanca visto l'orario tardo: erano passate le una da un pezzo. Il tempo era voltato in quei momenti di tensione e di angoscia; incredibile.
-Sei stanca?- chiese l'azzurro, gentile dopo aver appurato che se Cat non era tornata dalla camera significava sicuramente che Mikey stesse bene; di sicuro si erano addormentati visto il silenzio.
-Ah ah.- acconsentì con noia e pacatezza, con le palpebre afflosciate mentre squadrava il divano dove, l'altra notte aveva riposato insieme alle amiche, ma solo perché si trasformava in un letto.
-Mhm, quindi non ti va di scambiare qualche parola? Per, sai, ehm, sì, insomma, per, per... per, per fare confidenza. - più parlava più si impacciava da solo, con il volto rosso mentre gli altri si trattennero dallo scoppiare a ridere, ma almeno era riuscito a concludere la frase, anche se ora si sentiva un'idiota, e forse, anzi, sicuramente, ne aveva anche l'aspetto.
-Sì, in fondo non ho molta scelta.- borbottò lei visto che non poteva dormire sulla poltrona, e di tornare al proprio appartamento a quell'ora era impensabile, come anche scomodare Donnie ad accompagnarla in macchina; tanto, se le amiche dormivano lì, lei avrebbe fatto altrettanto per far compagnia, e poi non era tanto male la loro presenza. Si divertiva con quei ragazzi.
Però, più guardava gli occhi di Leo, più non sapeva che fare. Provava troppe cose strane in presenza di quel ragazzo, o di quel Casey... Ma forse era solo rabbia. Era così fastidioso avere degli idioti che le sbavavano dietro.
-Sono contenta che domani la scuola sia chiusa per mancanza di acqua.- iniziò lei, con un sorriso, anche se avrebbe preferito dormire, gli occhi erano stanchi e sentiva sempre l'impulso di stropicciarli, o di sbadigliare.
-Almeno una cosa positiva.- sbuffò Raph, che aveva miracolosamente parlato, distraendosi dalla televisione.
-No. Non lo è: niente studio!- si lagnò Donatello con un broncio, per poi rivolgere uno sguardo autoritario al focoso e a Gwen. -E non userete questa scusa per restare fino a tardi a giocare.-
-E' già tardi.- motivò Light, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio.
-Forse è meglio andare a dormire.- consigliò Leo, gentile come sempre; forse troppo, pensò Light.
-Ma davvero? Non ci sarei mai arrivata senza di te. Grazie Leo! Però prima fammi finire di massacrare Raph.- commentò ironica, Gwen, terminando con un ghigno e le pupille che brillavano.
-Chi massacrerà chi?- osò ruggire, invece il focoso, stridendo i denti e aggobbendosi sempre di più, quasi volesse piombare dentro la televisione mentre nell'aria si sentiva solo un tremendo suono di pulsanti cliccati con troppa ferocia.
-Uff...- brontolò Light, chiudendo gli occhi e facendosi pensierosa, con le braccia sotto al petto. -Domani chi mi sveglia farà una brutta, bruttissima fine. Rimpiangerà di averlo fatto.- decise così di chiarire, non volendo rotture di prima mattina.
-Ed ecco che Raph vince ancora!- scattò in piedi il rosso, iniziando a ridersela a crepapelle e senza ritegno prima di venire zittito da Leo e Donnie che sbottarono subito dopo un'enorme "Shh!" che: "Mikey e Cat dormono."
-Scusate.- brontolò il rosso alzando gli occhi al cielo prima di squadrare Gwen, rimasta a guardare il punteggio con la scritta "Game Over" oltraggiata e inebetita mentre si ripeteva che non era vero.
-Rivincita!- scattò anche lei in piedi, per poi essere ammonita da Venus e Donnie che le dissero di pensarci al sorgere del sole, ma che ora era tempo di andare a dormire.
Appena convinsero l'amica, che era sembrata sconvolta da quelle parole, come se andare a dormire fosse una cosa nuova e mai esistita prima, troppo vogliosa di vendicarsi dell'ennesima sconfitta, tutti andarono a prepararsi, salutandosi dopo nell'attimo di entrare nelle proprie camere, mentre le ragazze dormirono nel divano che i ragazzi avevano reso un letto accogliente e pieno di cuscini morbidi, più per merito di Leo e Donnie, apprensivi come al solito.


La mattina era arrivata da un pezzo, Viola e Venus dormivano, e Light faceva lo stesso indisturbata, proprio come aveva richiesto, mentre Gwen desiderava solo la sua rivincita, sorseggiando il suo latte dalla tazza, mangiucchiando qualche biscotto, seduta sullo sgabello in cucina. Era stata la prima a svegliarsi, anche se quando aveva aperto gli occhi e guardato l'orologio questo segnalava le dodici passate; ed erano trascorsi solo trenta minuti da quel frangente ma Viola e tutti gli altri erano ancora nel mondo dei sogni. Borbottando terminò la sua piccola colazione, si era arrangiata visto che non sapeva come prepararsi qualcosa di più abbondante, e non voleva disturbare Mikey.
-Uah...- nell'udire quello sbadiglio si voltò verso la porta che conduceva al soggiorno, osservando Donatello stiracchiarsi e salutarla poi con un sorriso.
-Bentornato tra i vivi... Anche se siamo in pochi.- brontolò Gwen, osservando torvo le amiche che poltrivano senza ritegno, per poi seguire i movimenti del genio che si recò in cucina a preparare una bella teiera fumante saporita e profumante di caffè.
-Vedo.- ridacchiò lui, scompigliandosi maggiormente la chioma, già aggrovigliati da loro per la dormita.
-Argh... Mi sto annoiando.- protestò indispettita, portandosi le braccia al petto con uno sguardo stizzito.
-Capisco.- commentò Donnie prima di voltarsi, in simultanea con la ragazza verso la porta da dove il primo era arrivato, e dove si trovava un Raph del tutto sveglio e pimpante, forse avendoli raggiunti dopo qualche allenamento mattutino nella sua camera.
-Buongiorno.- salutarono in contemporanea; Donnie con entusiasmo, Gwen con tono carico di sdegno ed ira.
-Voglio la rivincita.- chiarì allora, la ragazza con determinazione.
-Buongiorno.- commentò lui, ignorando la ragazza e recandosi in cucina, prendendo una tazza di caffè che Donnie aveva preparato; quella teiera era così piena che poteva dissetare un palazzo intero di inquilini.
-Buongiorno.- arrivò anche Leo, sbadigliando e massaggiandosi il retro del collo, avvicinandosi al primo sgabello e sedendosi tra uno sbadiglio e l'altro.
-Wow... Vi svegliate insieme, quasi.- borbottò Gwen dopo aver ricambiato il saluto dell'azzurro con un'alzata del capo.
-Di solito mi sveglio più presto, dev'essere per la giornata pesante di ieri.- mormorò Leo, con gli occhi che osservavano il tavolo con insistenza, ma sembrava più alla ricerca di un modo per svegliarsi, così Donnie gli passò una tazza di caffè e una fetta biscottata, dandogli anche qualche vasetto di marmellata mentre il viola si decideva a prendere qualcosa di consistente per lo stomaco, imitato dal focoso.
-Buongiorno.- arrivò anche il saluto di Cat, che appena solcò la cucina si ritrovò tutti gli sguardi addosso, così attenti; si erano svegliati solo con l'apparizione della ragazza.
-Come sta Mikey?- chiese Donatello come se fosse l'unica sua ragione di vita, avvicinandosi e porgendole un'altra tazza del liquido scuro e amarognolo mentre la propria era ormai a metà.
-Non lo so.- rispose lei, scansando quella cosa con una smorfia; non amava il caffè. Alla faccia perplessa di tutti, decise di chiarire. -Non mi ha rivolto la parola per tutto il tempo, si è solo messo disteso nel letto e così io ho fatto altrettanto. All'inizio ammetto che temevo mi avrebbe cacciato, invece mi ha stretto in un abbraccio stritolatore... Non potete nemmeno immaginare la difficoltà avuta ad uscirne poco fa...- farfugliò, anche se non le era dispiaciuto affatto di quelle attenzioni, ma erano più dovute alla paura di averla quasi persa.
-Mhm.- fu l'unico commento di alcuni di loro, con Gwen che sospirò.
-Non mi sembrava molto convinto di volersi alzare, gli porterò la colazione.- spiegò dopo qualche minuto di silenzio prima di venire interrotta da tutti i ragazzi.
-Andiamo noi.- dissero decisi, così Cat annuì e si mise ai fornelli, preparando quello che sapeva cucinare e porgendo poi ai ragazzi il tutto su un vassoio. Aveva cucinato qualche pancakes, qualche fetta biscottata con marmellata, un succo e dei biscotti, presi più dalla busta che fatti da lei.
-Grazie.- sorrisero, e dopo che Donnie afferrò quel piatto si recarono tutti verso la stanza con un po' di trepidazione.
-Mhm... che buon odore...- sorrise Light ad occhi chiusi dopo che un'invitante profumino le passò sotto al naso, decidendo così di svegliarsi, volendo mangiare; con Viola e Venus che decisero di fare altrettanto, con un bel sorriso sul volto.
-Quello era per Mikey, mi spiace. Ora vedo cosa posso cucinarvi.- ridacchiò Cat, cercando di scrollarsi di dosso un po' di ansia dovuta a Mikey e ritornando a preparare, sia per se stessa che per le amiche.
-Voglio anch'io dei pancakes, per favore.- si avvicinò Gwen con un grande sorriso, mettendosi seduta, seguita dalle altre e, buone buone aspettarono.

I tre si guardarono con diffidenza, nei pressi della porta a rimuginare sul da farsi. Non sapevano nemmeno cosa dirgli, come interagire con lui, e di sicuro lui non avrebbe parlato. Con un sospiro generale, ed un ultimo sguardo che si diedero a vicenda, bussarono per poi, dopo aver aspettato qualche secondo, entrare.
-Ehy.- cominciò Raph con un grande sorriso, adagiando subito dopo sul comodino il vassoio.
-Buongiorno.- salutarono, invece gli altri due, facendosi posto sul bordo del materasso e guardando la schiena del più piccolo, rivolto verso alla finestra.
-Tutto okay? Ti abbiamo portato la colazione.- spiegò Donnie, iniziando ad accarezzargli la spina dorsale, sapendo che fosse sveglio: il suo respiro era troppo pesante, e aveva notato distintamente la sua fronte corrugarsi prima di iniziare a coccolando, facendolo rilassare.
-Non ti va di parlare?- domandò con ironia, Leo, ricevendo ancora, solo silenzio.
-Almeno mangia.- propose il focoso, facendo il giro e sedendosi accanto al bordo, e vicino al petto del ragazzo che lo osservava con timidezza e un velo di tristezza nelle pupille.
-Rimarrai qui per tutto il tempo?- chiese l'azzurro, ma era come parlare al vento.
-Avanti.- scattò allora Raph, famoso per la sua "pazienza" ormai.
Alzandosi tirò indietro le coperte del ragazzo che mugugnò contrariato, strizzando gli occhi infastidito, e così Raph lo prese per i polsi tirandolo su e mettendolo seduto; continuando a tenerlo per quanto fosse molle, temendo che potesse crollare di nuovo disteso se lo avesse lasciato.
-Mhm!- negò con i suoi mugugni, mandandogli uno sguardo serio come a voler essere rimesso com'era, ma non oppose nessuna resistenza.
-Che cos'hai? Guarda che Cat sta bene, è viva. Nessuno si è ferito, o altro. Siamo ancora vivi se è questo che temi. Non ti lasciamo.- chiarì il genio, capendo che quel comportamento era dovuto ad un fattore psicologico, forse non avendo superato completamente la morte della sua amica vedere davanti agli occhi che stava per perderne un'altra lo aveva traumatizzato ancora di più; cosa che quello sguardo diretto a lui dopo quelle parole confermava ancora di più, sembrava rispondergli: "Ci è mancato poco, però."
-Non è colpa tua, ma di tuo padre.- asserì Raph a braccia conserte.
Il più piccolo si limitò a fissarlo, cercando di trasmettere qualcosa con quegli occhi, ma invano. Non poteva parlare chiaramente usando le pupille o i gesti del capo, così sbuffò e rinunciò. Anche se avrebbe voluto parlargli, non poteva, non ci riusciva; le parole gli morivano in gola prima ancora di prepararle nella mente.
-Va bene, va bene. Tranquillo.- decise di optare sul comportamento dolce, Leo, intuendo qualcosa in quegli occhi, così si sedette accanto a lui, appoggiandogli una mano sulla spalla.
E alla fine rimasero tutti in silenzio, unendosi a Leo e sedendosi vicini al più piccolo. Era un silenzio molto lungo e con il sapore dei pancakes che riempivano la stanza, ma nessuno voleva interrompere quel momento, tra il dolce e il malinconico. I tre rimasero in quel modo e in quello stato di unità in quella breve, apparente solitudine. Per così tanto tempo che le ore passarono, e la colazione si raffreddò, mentre il sole decise di spostarsi ancora, era troppo al centro del cielo, e forse le nuvole lo invidiavano visto che cercarono spesso di nasconderlo, ma poi lasciò la postazione con sempre più lentezza, deciso a calare maggiormente, quasi con tristezza perché nessuno di loro approfittava di quella giornata di calore per divertirsi un po'.
Ignorarono il tempo, e Leo, guardando il più piccolo, lo lasciò fare quando lo vide piegarsi e adagiarsi contro il suo grembo con la testa, prendendo le mani degli altri ragazzi, volendoli avere ancora più vicini a lui, e sorridendo al sole, come a ringraziarlo dei suoi raggi sul volto che lo riscaldavano in un momento in cui sentiva solo freddo, sia dentro che fuori.
-Ehi. Io mi annoio.- cercò di attirare l'attenzione Raphael, ascoltando la stretta di Mikey sempre più forte sulla sua mano, ma troppo debole per fargli male. -Devi mangiare, forza.- sbottò, capendo che sarebbe rimasto lì fermo come un morto per settimane, o forse, cosa ancora peggiore, mesi.
Decise di alzarsi e poi si chinò per sollevare di peso quel ragazzo accovacciato su se stesso, rinchiuso a guscio. Senza nemmeno ribattere o ribellarsi da quella presa mentre gli altri osservavano ogni movimento di Raph, che si limitò a finire sulla sedia della scrivania, dove lasciò il biondino seduto composto ma con sguardo perso; e poi gli rivolse il vassoio.
-O mangi da solo, o ti imbocco io.- mise in chiaro la situazione, senza ricevere alcuna risposta da parte del ragazzo, ovviamente. -Come vuoi.- commentò adagiando il vassoio sulla scrivania e afferrando le posate e iniziando a dividere in pezzi uguali il pancake dopo averci sparso un po' di sciroppo d'acero per poi imboccarlo a forza, cercando di aprirgli la bocca con una mano e facendoci entrare la posata bruscamente mentre lui iniziava a mugugnare.
-Raph ha ragione, devi mangiare, rimanere in forze.- concordò Donnie avvicinandosi e guardandolo negli occhi.
-Ah... Così non penso che miglioreremo la situazione.- mormorò al fianco di Raph, Leo, scrutando gli occhi contrariati e accigliati del biondo.
-Ah! Secondo me è troppo schizzinoso, dovrebbe ringraziare di avere un pasto caldo. E, cosa più importante, dovrebbe parlare, sfogarsi, cacciare tutto fuori. Mi hai sentito?- sbottò il rosso, con un'occhiataccia talmente peggiore che fece svanire quella del ragazzino. -Guai a te; ascoltami bene, guai a te se ricominci con l'autolesione. Okay?- quasi urlò, facendola sembrare una minaccia.
Lui si rabbuiò maggiormente, chinando il capo e lasciando che le ciocche d'orate coprissero i suoi occhi e le sue lacrime che ricacciò indietro tra un singhiozzo e un tremito. Non si fidavano?, non fece a meno di domandarsi; e forse non avevano nemmeno torto. Era così debole, fragile per giunta. Non c'è la faceva, non da solo, ma non c'è la faceva nemmeno con gli altri. Che cosa doveva fare? Era stanco, voleva solo chiudere gli occhi e non riaprirli. E poi sentiva tante sensazioni negative, di pericolo, di angoscia; gli urlavano contro in mille modi, sbeffeggiandolo, pugnalandolo, cercando di farlo scappare, di renderlo instabile, di ucciderlo. E cosa ancora più grave, quelle sensazioni lo allarmavano, gli davano un segnale di pericolo che non sapeva spiegarsi o identificare.
Rimase fermo, rimase in silenzio, rimase cupo, lasciandosi imboccare senza importanza, con passività ed impotenza, fino ad un certo punto, poi rifiutò quel cibo e si richiuse, abbracciando le proprie gambe e nascondendosi, cercando calma. Calma, calma, calma, calma; più se lo ripeteva più acquisiva conoscenza dell'instabilità mentale che possedeva al momento; e così trattenne il respiro, sperando di svenire e non pensarci più.
-Ehi, ehi, ehi, shh, shh...- iniziò a sussurrare Leo nel sentire il suo pianto, e nel toccarlo, sfiorarlo, esso si fece sempre più forte, sempre di più fino a scoppiare in un lamento liberatorio, così lo avvolse in un abbraccio, dolce e forte. -Sei al sicuro.-

In soggiorno, tra le ragazze, regnava un grande silenzio, triste e frustrato, dovuto nell'udire i pianti del ragazzo nell'altra sala, rompendo la felicità e la pace in quella casa, trasformandola in angoscia. Speravano solo che tornasse a sorridere, anche più di prima. Ma nel vedere tornare i tre ragazzi con una faccia sconsolata, e quella demoralizzata di Raph, compresero che fossero stati cacciati dalla stanza bruscamente. E così il silenzio divenne sempre più duraturo e rigido in quella giornata di sole.

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Capitolo 19
*** L'azzurro si illumina. ***


Donatello era chiuso nella sua stanza da ore; non potendo stare accanto a Michelangelo aveva deciso di costruire qualcosa di sofisticato per lui, e per rilassarsi. Con accanto un foglio pieno di scritte e formule matematiche, e con gli attrezzi in mano si stava accanendo con egregia bravura sul retro di una piccola scatolina, cercando di sistemarla per renderla un meraviglioso telefonino, con in aggiunta un sensore che permetteva di avvisarlo se il più piccolo si sarebbe ritrovato in un altro guaio, lo aveva progettato in modo che, anche se l'avessero rotto avrebbe potuto memorizzare la zona in cui si sarebbe trovato. La paura che lo aveva avvolto in quel lasso di tempo mentre il segnale era completamente svanito nel nulla lo aveva segnato particolarmente, aveva temuto terribilmente di poter perdere una parte di quella famiglia, così tanto terrore che non avrebbe chiuso occhio se non avesse trovato un modo per rimediare a quel piccolo, ma irrimediabile errore; e doveva solo ringraziare Cat se erano riusciti a riavere Mikey tra loro, anche se più traumatizzato e scosso di prima; e doveva chiederle scusa, si era comportato malissimo con lei, rimproverandole per colpe che non le appartenevano, ma avrebbe rimediato anche a quello.
Sorrise: ora aveva trovato una soluzione: un telefono che non avrebbe perso le tracce del più piccolo, e desiderava impiantare quella particolare invenzione anche nei telefoni degli altri ragazzi... giusto per dormire più sereno, si disse. Forse però sarebbe stato meglio chiedere, rifletté nel guardare i telefonini dei soggetti in questione sulla sua scrivania, però aveva paura di un diniego, soprattutto da parte di Raph; insomma, era ovvio che tra i quattro, Leonardo e Raphael fossero quelli più forti, ma temeva, temeva tanto e troppo che avrebbe potuto perderli comunque. Non voleva, non voleva; non voleva davvero.
Tra un sospiro amaro e l'altro iniziò ad armeggiare indebitamente anche con i telefoni dei suoi amici, che forse, nello scoprirlo lo avrebbero rimproverato per bene per quell'atteggiamento avuto nell'ombra e senza il loro permesso. Non gli avrebbe biasimati di certo, anche lui si sarebbe arrabbiato se qualcuno gli avesse fatto una cosa simile, ma al momento non pensava alle conseguenze, o alle azioni che stava attuando e in quale modo; pensava solo che stava facendo la cosa più giusta, giusta perché in quel modo poteva proteggerli.

Leo diede un'occhiata a Raph sulla poltrona, indeciso se imporsi di essere severo o meno, data la situazione non poteva che lasciar correre le parole che il rosso aveva detto al più piccolo della combriccola. Anche se dirgli quelle parole... Ancora rimbombavano nella sua testa, rimbombava quel suo: "Guai a te; ascoltami bene, guai a te se ricominci con l'autolesione. Okay?". Tra poco sembrava che lo volesse aggredire, di certo a Mikey quelle parole avevano fatto male, più male di qualunque altra cosa, e di certo anche Raph lo sapeva; doveva solo dimenticarsi di avere un orgoglio, o almeno metterlo da parte e andare dal biondo a chiarire. Ma oltre a questo, dovevano assolutamente risollevare il morale a Michelangelo, farlo parlare, farlo sorridere, anche uno piccolo, ma dovevano tirarlo fuori da quell'abisso senza fondo in cui era sprofondato ad ogni costo prima che potesse sprofondare e distruggerlo di più, allontanandolo da loro.
Sì guardò attorno, con la mancanza delle ragazze che si faceva sentire, più perché avevano tirato su il morale a tutti, ma quando decisero che dovevano andare, sia per riposare, sia per studiare, e sia per risistemare un po' il cervello dopo tutto quel caos non avevano potuto far altro che acconsentire, capendo che dovessero stare un po' da sole anche loro. Ed ora il silenzio regnava in quella casa, davvero così opprimente e assillante, ti faceva venir voglia di urlare pur di non sentirlo più. Eppure Leo continuava a rimanere fermo, immobile a guardare lo schermo nero della televisione, in attesa di un segnale della sua mente, di un consiglio che non arrivava.
-Va bene, ho capito.- bofonchiò qualche secondo dopo, il focoso, alzandosi con un volto risentito e avviandosi verso la stanza di Michelangelo come se avesse letto i pensieri del ragazzo accanto a lui.
Borbottando tra sé e sé, sapendo benissimo anche lui quanto l'azzurro di aver sbagliato, si fermò dinanzi alla porta della camera in questione, alzando il braccio e avvicinando il pugno chiuso al legno liscio, ma rimanendo in attesa un attimo, pensando un po' alle parole che doveva dire, e poi, sospirando lasciò che le nocche si infrangessero contro quel materiale spesso e marrone, per poi aspettare ancora, cercando di udire una risposta che non arrivò. Così, con una smorfia dispiaciuta entrò senza permesso, per poi guardarsi attorno visto che non trovò l'oggetto dei suoi pensieri, iniziando pian piano a spaventarsi. E il panico iniziò a prendere vita con ancora più forza di prima appena la direzione dei suoi occhi si fermarono davanti alla finestra semiaperta e con le tende che avevano iniziato ad alzarsi, mosse dal vento verso l'esterno. Corse verso di essa, sporgendosi e cercando in giro, per la strada la figura del più piccolo mentre si ripeteva che non era possibile, che era tutto un brutto scherzo. E poi la mente iniziò a rigirare la questione, incolpandolo di aver parlato troppo anche questa volta, e si maledì, si maledì come nessun altro al mondo prima di inginocchiarsi, anche se sapeva che doveva chiamare gli altri, però non voleva sentire i loro rimproveri. Decise che lo avrebbe cercato da solo, sì; si disse che lo avrebbe trovato e gli avrebbe chiesto scusa, magari anche riservandogli un abbraccio. Ma poi tutti i problemi smisero di volteggiare attorno alla sua mente come una bufera, e scomparvero, perché, sotto al letto, tra le ombre, due piccoli occhi azzurri e curiosi lo stavano fissando, con anche un po' di paura.
-Grazie al cielo.- sospirò piano, chiudendo gli occhi per poi avvicinarsi a lui senza nemmeno alzarsi, chinandosi di più e distendendosi per poterlo guardare dritto negli occhi, con lui che provò ad indietreggiare, ma lo spazio angusto dove si trovava non gli permise di farlo. -Mi hai fatto spaventare, sai? Temevo che anche stavolta avessi combinato un guaio... Scusami. Scusami, okay? Non avrei mai dovuto parlarti in quel modo, ma devi capire: io sono molto preoccupato. Non voglio perdere un'altra persona, e immagino che tu capisca quanto me questa mia paura... Forse abbiamo un modo diverso per dimostrarla, ma alla fine è questo timore che ci fa comportare così, non è vero?-
Come al solito non ottenne risposta, ma quegli occhi scintillarono e vibrarono, segno che avesse colto il segno, che lui lo stesse ascoltando, e forse, magari, anche perdonarlo.
-Lo so, sono stato troppo aggressivo, mi calmerò di più. Ma lascia che ti aiuti però, io voglio aiutarti, lo vogliamo tutti. Ti prego, fatti aiutare. Non sei da solo, non lo sei. Ti vogliamo bene, e non ti lasciamo. Siamo qui, no? Se hai bisogno ti basta alzarti, uscire da qui e ci trovi, per qualunque cosa. Perché, ormai, siamo davvero una famiglia. E te lo ripeteremo all'infinito se necessario, fino a quando non ti entrerà in testa te lo ripeteremo. Fino alla fine dei tempi se necessario; giuro: non ti lasciamo.- in quel momento non pensò minimamente a quello che stava dicendo, lo diceva e basta, lo diceva perché sapeva che era quello che il ragazzo voleva sentirsi dire più di ogni altra cosa.
E capì di aver fatto, per una volta, la cosa giusta, quando Mikey strisciò fuori e lo abbracciò, un abbraccio così forte, che cercava rassicurazioni, uno di quelli che sembravano dire, quasi pregavano: "Non voglio più soffrire, ti prego. Mantieni la tua promessa: non lasciarmi." Ricambiò immediatamente, e vedendo che lo lasciava fare lo prese di peso e lo tenne ancora più stretto, per poi portarlo in soggiorno; perché, di sicuro, Leo e Donnie avrebbero apprezzato, era ovvio.
Per sicurezza, prima di recarsi da Leo si fermò alla porta di Donnie, chiamandolo e bussando perché c'era bisogno della presenza di tutti, e di sicuro a Mikey non avrebbe fatto altro che bene. Tornato in soggiorno, con il genio che non faceva altro che coccolare la chioma del più piccolo che, finalmente sorrideva, adagiato con il mento sulla spalla del rosso si diresse verso il divano.
-Ehi, ma guarda.- sorrise Leo, alzandosi e avvicinandosi, iniziando poi a coccolare la schiena del più piccolo.
-Oh, e dai. Cos'è questo, il giorno dell'amore? No, perché non fa per me.- sbottò Raph, causando risate generali che costrinsero anche lui a prendersela a ridere, con Mikey che si limitava a sorridere da orecchio a orecchio, ma almeno si sentiva meglio, meno solo rispetto a prima, e con un po' di coraggio in più. Chissà, non sentiva ancora la voce voler venire fuori, ma sentiva che mancava poco per quello, che mancava giusto qualcosa per farla tornare e che il più era fatto; però gli piaceva partecipare, fare qualunque cosa che centrasse con la loro compagnia, era bello, rassicurante. Eppure... Eppure percepiva quella confusione, quella fusione di sensazioni, quella voglia di scoppiare a ridere fino a far male, fino a stare bene, e quella voglia di piangere, far uscire tutto, compresa l'anima, fino a morire. E non sapeva come decifrare tutto questo, perché si sentiva bene, davvero bene, ma si sentiva anche da schifo, un vero schifo, come che, se non avrebbe pianto si sarebbe strozzato, o se non avrebbe riso sarebbe scoppiato dentro. E non riusciva a fare nessuna delle due cose, era questa la parte più buffa.
Continuando a sorridere si mise comodo, sprofondando in quelle forti braccia e tra quelle coccole mentre Raph si sedette sul divano, con Leo che invece preferì recarsi a cucinare qualcosa per il più piccolo, subito fermato da Donnie che, tra le risate per la faccia contrariata e rammaricata dell'azzurro optò per ordinare qualcosa da una pizzeria, volendo almeno cibare Mikey di qualcosa di mangiabile, e alla fine ordinarono anche gli altri, decidendo la pizza anche per il biondo visto che si ostinava a rimanere nel silenzio, con loro rammarico.
-Bene, intanto che aspettiamo possiamo... Non so? Parlare.- borbottò Raph, cercando di allontanare Mikey per guardarlo in faccia, e che gli si era incollato addosso come se fosse un koala e lui il suo albero; invano ovviamente, così restarono fermi e lui rinunciò con una scrollata di spalle che fece tremolare la testa del ragazzo. -Oppure no.-
-Parliamo noi, se poi si vuole unire sarà il benvenuto.- iniziò a dire, Leo, deciso a non rimanere in silenzio. -Domani è domenica, ma poi lunedì dovremmo tornare ad organizzarci come prima.-
-Beh, non dobbiamo dimenticare il fatto del tribunale.- iniziò a dire, Donatello, venendo ammutolito da un'occhiataccia da parte del rosso, cercando di fargli capire che non era il momento di queste cose.
-Ehi, Mikey, visto che da un po' ci sono le giostre, non ti andrebbe di andarci?- chiese allora Raph, accarezzandogli con dolcezza la spina dorsale mentre ricevette un cenno di assenso dal capo del ragazzo. -Che bell'entusiasmo... Mi sembri un po' moscio per andarci, meglio stare a casa.- ironizzò, cercando di mettere alla prova quanta voglia avesse di divertirsi, ma senza risultati, e Raph alzò lo sguardo al cielo, dispiaciuto e amareggiato.
-Beh, ecco, forse è meglio andarci comunque.- borbottò Leo visto il silenzio troppo prolungato, zittito da una gomitata del focoso che non voleva demordere.
-Non senza un po' più di entusiasmo.- farfugliò il focoso, non ricevendo comunque alcuna voce a riguardo da parte di Mikey, con Donnie che si rattristò, alzandosi nel sentire il campanello suonare e tornare poco dopo con le pizze.
I tre iniziarono a mangiare la loro razione con enfasi, Raph un po' di meno, più perché Mikey gli impediva di muoversi, e questo fece ridere gli altri due. Ma poi anche Michelangelo decise di staccarsi dal focoso, mettendosi seduto composto sul divano in mezzo a lui e Leo, per poi sporgersi e afferrare una fetta della sua pizza.
-Riguardo alle giostre?- domandò Raph, finendo l'ultimo trancio della propria pizza e guardando Mikey e sorrise, perché almeno, la fame gli era tornata. Donnie invece si limitò a scrollare le spalle appena finito, e visto che il biondo non rispondeva fece segno agli altri di andarci lo stesso.
-Magari si diverte di più se ci andiamo invece che parlarne.- optò il genio alzandosi dopo che, sia Leo che Mikey terminarono la cena, con l'azzurro che andò a buttare i cartoni di pizza nel secchio in cucina e poi seguire i due ragazzi verso l'ingresso, annuendo più che convinti alle parole dell'amico. Scesero le scale, con Raph che aveva ripreso il biondo in braccio e che continuava a non separarsi da lui, più perché gli sarebbe risultato difficile anche solo provarci visto che Michelangelo sembrava essere una sanguinosa, e aveva capito che Mikey volesse rimanere attaccato a qualcuno come un'ancora per non sprofondare, e lui aveva accettato di buon grado; in fondo non gli dispiaceva affatto se lo faceva stare bene.
-Ehi, aspettate. Non trovo più il telefono.- scattò ad un tratto, l'azzurro, correndo di sopra, avvertendo gli altri che forse lo aveva lasciato in soggiorno.
-Intanto mettiamoci in macchina.- propose il genio guardando l'amico, e nello scrutare attentamente l'altro ragazzo e la "zavorra" che si portava dietro, con una piccola risata affermò: -Guido io, tu non potresti.-
-Va bene.- borbottò lui di rimando, risentito di non poter guidare, ma era meglio lasciar perdere questa volta, in fondo Mikey aveva bisogno di lui.
Seguendo Donatello giù per le scale continuò a coccolare la schiena del più piccolo con una mano, sfregando il tessuto della maglietta gialla e tenendolo stretto da sotto i glutei con l'altro braccio, ascoltando il suo respiro contro il proprio collo, troppo rilassato ma non abbastanza piano, da fargli capire che fosse sveglio e ascoltasse ogni minima cosa con attenzione.
-Beh, ci stiamo.- realizzò Raph nel mettersi dietro, cosa fin troppo probabile visto la struttura sottile di Michelangelo; adagiandosi con la schiena al sedile e guardando il biondo cercare una posizione più comoda, e non trovandola decise di staccarsi e mettersi seduto sulle sue gambe di lato, in modo da poter comunque star attaccato al petto del focoso, con il respiro di entrambi che gli rassicurava.
-Eccomi.- arrivò Leo di corsa mentre Raph chiuse lo sportello, più felice che adesso potesse almeno guardare in faccia il più piccolo. -Ho trovato anche il tuo, Raph: era vicino al mio in soggiorno.- esclamò sul sedile davanti mentre Donnie, con un sorriso tranquillo, come se non avesse fatto nulla di anomalo, metteva in moto la macchina.
-Che strano, pensavo di averlo in tasca.- borbottò il rosso, mettendoselo nell'apposito posto nei jeans appena lo prese, con Leo che affermò la stessa cosa prima di inquadrare Michelangelo e sorridere al suo sguardo.
-Saranno divertenti queste giostre.- assicurò l'azzurro, strizzando un occhio verso di lui e mettendosi comodo, allacciandosi la cintura di sicurezza.
-O... Okay.- annuì il più piccolo, sentendosi un peso in meno dopo che ebbe pronunciato, con quella flebile e piccola voce, quella parola. Aveva visto come tutti ci tenessero a sentirlo parlare, e si era impegnato ad accontentarli fino in fondo, ed ora sperava che fossero fieri del suo traguardo appena raggiunto. Peccato che lo avesse detto così piano che, a stento solo Raph lo udì.
-Bravo.- gli sussurrò, intuendo in quegli occhi quanta forza avesse messo per poter pronunciare quelle sillabe una dopo l'altra e insieme.
Mikey gli sorrise, sforzandosi di essere positivo e ridacchiare un po', ma invano. Ma almeno aveva apprezzato lo sforzo, Raph, e questo gli bastava.

La macchina si fermò nel parcheggio, che dava davanti a mille luci scintillanti, e con i suoni melodiosi di una fragrante melodia che vagava e circondava tutta l'area circostante, rallegrando l'aria e i cuori. E tutti quei giochi di colori, tutte quelle attrazioni meravigliavano gli occhi di grandi e piccoli, lasciando indietro ogni problema e grattacapo, facendo vacillare solo l'immensità della luce e della felicità che attorniava queste meravigliose giostre.
-Arrivati.- sorrise Donatello, girandosi a guardare il più piccolo che era rimasto a bocca aperta per quanto fosse strabiliante.
-Si scende.- esultò Leo, vivace, e uscendo fuori insieme a tutti gli altri che continuavano a sorridere, cosa davvero impossibile da non fare davanti ad uno spettacolo simile.
-Mi piace molto.- decise di scendere dalle braccia di Raph, il biondo, sfregandosi il capo per poi osservare il tutto, quelle macchine a scontro, dei trampolini, tiro segno, e molto altro, tutto solo per lui. L'emozione la ebbe vinta per una volta sulla tristezza e, iniziando a ridere entrò per recarsi verso la prima giostra adocchiata, ma solo dopo aver ringraziato i suoi amici, abbracciandoli uno per uno.
-Beh, incredibile come delle giostre facciano un effetto simile.- ridacchiò Raph, seguendo il biondo con gli altri ragazzi.
-Wow.- constatò il genio, meravigliato da tutte quelle attrazioni.
-Mai stato alle giostre?- domandò con un sorriso, Leo, dando delle pacche al ragazzo che negò con il capo in risposta mentre Raph e Mikey decisero di prendere lo zucchero filato per tutti.
-Andiamo sui Gokart?- chiese il più piccolo con gli occhi luciccosi e speranzosi.
-Certo, dove vuoi.- affermò il focoso scompigliandogli i capelli e dando un morso a quella nuvoletta rosa di zucchero che teneva in mano con un bastoncino.
-Grazie.- ridacchiò piano, finendo il suo zucchero filato e correndo verso l'attrazione desiderata.

-E' stato tutto fantastico! Davvero! E anche quella cosa che girava veloce! E il tiro a segno!- sorrideva gaio, stringendo a sé un peluche vinto all'ultima attrazione affermata e dalla forma di coccodrillo che aveva chiamato Leatherhead; aveva anche mangiato fino a scoppiare: si era divertito molto. Ed ora erano tutti in macchina, diretti verso casa, sollevati del ritorno della vivacità del minore, e speravano tanto che non sarebbe svanita da un momento altro. Il fatto che fosse tornato a parlare e ridere lo faceva sembrare tanto un sogno, uno di quelli dove però si sa di star sognando e si ha la paura continua del risveglio; e così loro avevano paura che, arrivati a casa, Mikey si sarebbe di nuovo chiuso in se stesso, e questo angosciava i cuori dei ragazzi, rendendo il viaggio solo una lenta agonia verso quella casa che avrebbe riservato loro la risposta a quel dilemma.
-Sì, anch'io mi sono divertito molto.- confermò Donatello, deciso a voler far parlare il più possibile il biondo, che sembrava dello stesso parere ora che gli era tornata la voce.
-Sì, che bello. Ho anche un nuovo peluche!- affermò stringendoselo forte contro la guancia, con la coda che oscillava piano.
-Te lo sei meritato.- sorrise Raph, venendo subito assalito dall'abbraccio del più piccolo, a cui fu inserito anche Leo visto che era nei posti dietro con loro.
-Dopo un super abbraccio anche per Donnie.- ridacchiò, facendo sorridere il viola che continuava a guidare; Mikey ora era davvero in vena di essere coccolato, e nessuno poteva dire di no a quegli occhi; quel suo azzurro si era illuminato di nuovo, brillava e splendeva anche se fiocamente, e pretendeva di voler essere preservato per sempre questa volta, e i tre ragazzi avevano proprio la medesima intenzione; nessuno avrebbe più tolto a Mikey la sua luce.
-Arrivati.- esclamò il genio, parcheggiando per poi uscire insieme agli altri, venendo travolto immediatamente da quell'abbraccio tanto promesso.
-Ora però vai a dormire, sarai stanco.- affermò Leo, accarezzandogli i capelli mentre lui si rabbuiò per un momento, facendo trasalire gli altri tre. -Ma... Ma se preferisci, rimaniamo ancora un po' in piedi.-
-Certo. Anche se sono quasi le due di notte, e che...- Donnie e i suoi calcoli vennero prontamente zittitti da una forte pacca del focoso.
-No, voglio andare a dormire, solo... Dormiamo insieme? Solo per questa notte.- mugugnò, nascondendosi dietro il coccodrillo.
-Sì.- dissero in coro i tre con un grande sorriso di entusiasmo e rassicurazione, entrando e preparandosi, con Mikey che giocava con loro, spruzzandogli un po' d'acqua o tirandogli un cuscino, venendo ricambiato con la stesa dose e ravvivando sempre di più l'aria della casa che sembrava risplendere al suono delle loro risate.
-Grazie.- sussurrò appena si misero tutti sotto le coperte, con quell'immenso sorriso che Mikey, proprio non voleva più togliersi per i secoli a seguire.
-Ti vogliamo sempre felice, Mikey.- esclamò Donnie, avvolgendolo in un abbraccio e carezzandogli i capelli, affettuoso.
-Già, pulce. E non provare più a farci preoccupare così tanto, eh.- ci tenne a precisare, con tono giocoso, Raph.
-Vi voglio bene anch'io.- sussurrò il biondo, con Leo che gli rimboccò le coperte, lasciando che stritolasse sempre di più i suoi peluche, addormentandosi di colpo tra l'affetto e il calore di quei ragazzi che aveva costantemente accanto.


Donnie era già alla seconda tazza di caffè quella mattina, con Raph seduto davanti a lui che mangiava tranquillamente, in effetti tutti erano tranquilli quella mattina. Erano così sollevati per Mikey, era tornato a sorridere e a parlare, e soprattutto a dormire; non si era ancora svegliato, contrariamente ai tre che erano in piedi da molto.
-Ho costruito un nuovo telefono per Michelangelo.- sorrise ad un certo punto, Donatello, cacciandolo dalla tasca per mostrarlo e posizionandolo al centro del tavolo; era praticamente uguale al primo, solo molto più resistente.
-Ottimo.- disse Leo, in piedi vicino al frigorifero.
-Il numero è lo stesso.- avvertì il genio, accendendolo.
-Buongiorno.- arrivò sbadigliando il diretto interessato, ormai erano le dieci del mattino, sedendosi e venendo accolto da una scompigliata giocosa di capelli da parte di Raph.
-Dormito bene?- domandò Leo, porgendogli una ciotola con del gelato, ridacchiando per la faccia meravigliata che gli riservò il più piccolo.
-Sì.- sorrise piano, allargandolo prima di iniziare a mangiare. Temeva che nell'addormentarsi gli incubi lo avrebbero preso, invece niente, era stato davvero sereno quella notte nel mondo dei sogni; e il risveglio era stato sempre dei migliori; aveva avuto paura di perdere ancora la voce, e invece c'era.
-Okay, che programmi ci sono per oggi?- domandò Raph, curioso, osservando i ragazzi con un mezzo sorriso, felice di come la situazione si stesse rialzando.
-Non lo so, le ragazze dovrebbero arrivare al più presto immagino. Cat sarà felice di vederti.- disse Donnie, sorridendo al biondo che annuì, ripensando all'accaduto tragico quasi si rabbuiò ma immediatamente si impose di cacciare quei pensieri e cercare solo di immaginare il sorriso della giovane ragazza che lo avrebbe accolto, forse con sfacciatamente e poi sicuramente con un abbraccio.

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Capitolo 20
*** Sei felice? ***


Michelangelo era disteso sul divano con Klunk che miagolava e si strusciava su di lui da un po', forse volendo coccole, forse cercando di ottenere cibo; peccato che il suo nuovo padrone fosse assorto nei suoi pensieri così a fondo da sentire solo il silenzio, e da vedere solamente il bianco del soffitto sopra di lui.
-Ohi!- scattò una voce che fece sobbalzare felino e ragazzo al tempo stesso, mentre la suddetta scoppiò a ridere per quella reazione improvvisa, felice di aver guadagnato una copia di chiavi all'insaputa di Donnie.
-Oh... Ciao Cat.- le sorrise lui, alzandosi e tenendo il micio tra le braccia, che, ripresosi dallo spavento era tornato a miagolare più di prima, e con più enfasi; stavolta però venne ascoltato da entrambi i ragazzi che lo accontentarono con del cibo, incamminandosi verso la sala di gastronomia.
Lasciatolo lì a terra, nella cucina e con davanti una ciotola piena di cibo adatto al suo stomaco, Michelangelo tornò a sedersi sul divano, con la compagnia della ragazza che sbuffò adagiandosi contro la spalliera.
-Immagino che tu abbia dormito più di me, come al solito... E che non hai studiato, wow...- borbottò affranta, davvero stanca della scuola, e gettando uno sguardo con fare vacuo e irritato per la stanza prima di fermarsi sugli occhi azzurri del biondo. -E sei felice.-
Si rianimò, Cat, a quelle parole; lo aveva notato anche prima; ed ora, nel dirglielo lo aveva illuminato ancora di più.
-Già. Comunque gli altri ragazzi non ci sono, dovevano fare la spesa.- commentò impacciato, mettendosi comodo e a gambe conserte sul divano, in modo da guardarla meglio mentre lei si metteva più dritta e composta. -Anche tu sei felice, vedo.-
-Io? Felice? Ma se sono sommersa di studio, tanto che prendo pistola e dico "Bye bye."- borbottò con una smorfia, con le braccia contro al petto prima di sospirare e strizzare un occhio per le sue stesse parole, per poi fare un mezzo sorriso. -Ma sì, dai, tutto sommato sono felice.-
Cat ridacchiò, sistemandosi meglio la ciocca davanti all'occhio per metterla dietro l'orecchio, in modo da fargli vedere le sue pupille dorate prima di gettarsi su di lui, tra le sue braccia, e lasciandolo smarrito; volendo confortarlo con un abbraccio stretto, affettuoso e caldo.
-Cosa ti piacerebbe fare?- mormorò il biondo, stringendola di più a sé, affondando con il muso per quel contatto pieno di amore, assaporando il suo essere, tra l'incavo del suo collo e la spalla mentre la sentiva farsi pensierosa.
-Prima volevo chiederti una cosa, posso? Però non incupirti o altro.- borbottò lei ad un tratto, staccandosi e guardandolo negli occhi con un sorriso sincero.
-Va bene.- annuisce, riprendendo da terra il micio che era tornato a farsi coccolare dopo il suo pasto quotidiano.
-Allora... sei pronto a testimoniare contro tuo padre?-
L'aria si fece tesa tutto ad un tratto, tanto che Cat si pentì di aver parlato, ma voleva essere sicura della decisione del suo ragazzo.
Mikey la osservò stupito; si aspettava tutto fuorché quella precisa domanda che lo tormentava da un paio di giorni. Sapeva che doveva, ma la verità era che non lo sapeva nemmeno lui in realtà cosa sarebbe successo quel giorno, quando si sarebbe presentato in quel posto pieno di adulti che lo avrebbero guardato storto, o magari in modo gentile, ma sempre pronti a giudicarlo per ogni cosa, ogni movimento ed ogni sillaba che avrebbe pronunciato. Magari si sarebbe paralizzato dalla paura, magari la voce non sarebbe uscita dalle sue labbra, magari avrebbe deluso i suoi amici e la sua ragazza, rendendo, però fiero suo padre senza nemmeno volerlo. Però forse... Magari avrebbe avuto il coraggio, avrebbe esposto tutti i particolari mantenendosi nel giusto, evitando di incrociare gli occhi superbi e crudeli di quella persona così terribile che lo aveva adottato. O forse, forse non avrebbe detto davvero nulla, e non per paura, ma per proteggere lei, l'unica che si meritava un po' di sostegno e che aveva lasciato da sola. E si vergognava terribilmente di essersi dimenticata di lei da quando era arrivato al college, era stato crudele nei suoi confronti.
Chinò il capo, lasciando che le ciocche bionde si sovrapponessero davanti ai suoi occhi, dividendolo da quella ragazza che aspettava paziente, senza dargli fretta. Spalancò la bocca allora, pronto a parlare, ad esporre quei fatti, sperando che, magari, lei gli avrebbe consigliato la cosa migliore da fare. Peccato che non uscì niente, e non c'è ne fu nemmeno il tempo: la porta principale si aprì, lasciando entrare tutta la combriccola, allegra e sorridente, e piena di scatole di pizze.
-Ma ciao bella gente!- esclamò giuliva, Viola.
-Ciao.- salutò cordiale, Mikey, alzando anche una mano e sventolandola allegra mentre la sua ragazza fece una smorfia di disappunto per essere stata interrotta in quel momento così serio e denso: era certa che gli è lo avrebbe detto, bastava solo qualche secondo in più, si disse Cat.
-Dove siete state?- domandò gioioso, il biondo, facendo sopprimere i progetti omicidi di Cat che stava per aggredire le sue amiche, arrivate in un momento propizio; però, quella felicità in Mikey lasciò scemare ogni cosa, così sbuffò, alzando gli occhi al cielo e distendendosi contro il bracciolo del divano, al lato opposto.
-Siamo state a farci belle.- ridacchiò, Viola, serena, mettendosi comoda sulla poltrona.
-Ovvero: dall'estetista.- brontolò Gwen recandosi in cucina.
-Ci tocca, almeno una volta al mese.- mormorò Light, diretta più alle sue amiche che a Mikey.
-Poi siamo tornate nei nostri appartamenti, per darci una rinfrescata, e dopo siamo uscite incontrando loro.- spiegò Venus, indicando i ragazzi dietro di lei che andarono a mettersi comodi.
-E tu? Perché non sei andata con loro?- si fece curioso, Mikey, guardando Cat che era di tutt'altri pensieri.
-Io mi chiedo perché hanno spiegato uno alla volta, poteva semplicemente parlare solo Viola spiegando tutto... Ah?- guardò poi Mikey, Cat, intuendo la domanda che elaborò nella mente. -Eh, ci sono stata ieri, oggi avevo da fare.- mugugnò annoiata.
-Okay... Cos'è un'estetista?- domandò allora, il più giovane, mettendo in ordine nella testa tutte le informazioni, più i propri e incasinati pensieri, guardando la ragazza davanti a lei in attesa di una risposta.
-Semplice, è quella che ti fa le unghie, la maschera, la ceretta... Cose così. Principalmente si occupa della bellezza del corpo.- asserì Cat, gesticolando con una mano indifferente e sventolandola con noncuranza davanti al petto.
-Oh, va bene.- annuì il ragazzo, guardando poi i tre ragazzi che gli sorrisero pacati e affabili.
-Davvero non sapevi cos'era un'estetista?- domandò Raph, con un ghigno, quasi incredulo da quel fatto, ricevendo poi un cenno di assenso innocente dal biondo.
-Beh, cosa ne dite di giocare a qualcosa?- si avvicinò Gwen, sorseggiando il cartoncino di succo di frutta dalla cannuccia, e mettendosi seduta sul tappeto accanto a Raph.
-Cosa proponi?- chiese Donnie, togliendo gli occhi dal desktop solo per incrociare gli occhi di Viola che le si era chinata davanti dopo essersi piazzata in mezzo alla sua visuale, mettendosi poi sulle sue gambe sotto l'approvazione silenziosa del ragazzo.
-Sei così dolce quando arrossisci.- ridacchiò in un sussurrò, divertita per come fosse diventato simile ad un peperone.
-Ovviamente...- riprese Gwen, tossicchiando per farsi notare. -Giocare alla console. Rivincita?- e nel dirlo lanciò un'occhiata a Raph che ghignò superbo.
-Oh, la ragazza vuole assaggiare la polvere.- rise afferrando il controller.
-In pratica, quando dicevi "cosa ne dite di giocare?", intendevi: "Non vi rompe se gioco, vero?".- ipotizzò Light, guardandola storto ma anche scherzosa prima di ridere per la faccia sicura e determinata dell'amica che si mise a giocare senza nemmeno darle una risposta.
-Senti Leo... Ma davvero tuo padre vorrebbe aiutarmi?- gli si avvicinò, Mikey, per potergli parlare senza disturbare gli altri, guardando l'espressione sorpresa del ragazzo davanti a lui farsi poi serena e tranquilla.
-Certo, lui sarebbe molto felice di avere un altro figlio.- sorrise l'azzurro, scompigliandogli i capelli affettuoso, seduto per terra.
-Mhm.- annuì piano, mettendosi seduto in ginocchio, sempre più pensieroso sul da farsi per il tribunale.
-Tu sei felice? Di questo, intendo.-
-Oh, sì. Sarebbe molto bello, poi saremmo fratelli, no?- sorrise, con un peso in meno al cuore, che svanì, e parve come se della nebbia persistente si fosse sollevata per far spazio di più alla felicità; e, il ragazzo pregò che non tornasse più, non la voleva con sé quella nebbia, come non voleva nemmeno quella che restò e che teneva dentro, ma era così decisa a rimanere, annebbiandogli, a volte la mente.
-Già, ma lo siamo già ora. Siamo una famiglia, ricordi? E di certo non vuoi mettere in contrapposizione Raph, testardo com'è non sarebbe un'ottima scelta contraddirlo.- fece ironico, scaturendo le risate del più piccolo che gli diede più che ragione.
-Ascolta, Leo, ma... voi verrete con me, in tribunale?- tornò serio, con un velo di angoscia negli occhi.
-Ma certo, non ti lasciamo solo, soprattutto ad affrontare una prova così ardua. Ci siamo noi, tranquillo.- affermò sicuro.
-Grazie.- sorrise piano, Mikey, pensando che oramai l'unico dubbio rimaneva se testimoniare o meno, trovare la forza di farlo, o stare zitto... O forse rimanere in silenzio per proteggerla. Chissà come stava, si chiese, sconsolato.
-Riguardo a mio padre, dovrebbe venire a momenti. Sarò felice di farvelo conoscere.- attirò l'attenzione di tutti, l'azzurro.
-Fammi indovinare, dormirà qui?- chiese Light, con un mezzo sorriso ironico. -Ormai questa casa è diventata un albergo.- ridacchia.
-Oh, beh, resterà solo per il tribunale, poi tornerà al suo lavoro. Se ti crea disturbo, Donnie, può sempre andare a dormire in un albergo.-
-No, figurati Leo. A me fa piacere.- annuì Donnie, seduto adesso sul divano ma sempre con Viola sopra di lui che acclamava Gwen, incoraggiandola a vincere.
-Oh, ma taci! Devo vincere io!- esclamò Raph, brontolando, ma venendo subito rallegrato dall'enfasi di Mikey che si mise al suo fianco, facendo il tifo per lui, anche per distrarsi un po' dallo stress.
-Ed io che volevo passare del tempo con lui.- mormorò Cat, sconsolata, guardando il suo fidanzato per qualche istante prima di recarsi accanto a Leo. -Ohi, che mi dici? Sai, mi annoio, e non c'è nemmeno un gelato da mangiare.-
-Beh, nulla di particolare.- disse senza un pensiero preciso, guardando solo la partita, anche se si soffermò, alle volte, su Light, la quale preferiva ignorare quelle occhiate.
-Ti lascio alla tua ammirazione?- chiese, non sapendo che dire, più annoiata di prima.
-Di che parli?- balbettò, rosso in volto l'azzurro, ormai preso in flagrante.
Cat non si trattenne e scoppiò a ridere, divertita per quella faccia, e attirando così l'attenzione di tutti, tranne dei due giocatori: per loro distrarsi sarebbe equivalso a morire. Per un motivo o per un altro, magari contagiati dalla risata della ragazza, la seguirono tutti a ruota, propagando quel suono così allegro per tutta la casa, illuminando ogni spiraglio di oscurità che poteva prendere Michelangelo di soppiatto, per via di tutti quei dubbi che si portava dietro; ma lasciando un Leonardo davvero rosso e imbarazzato in balia della situazione che era nata e che pareva a suo svantaggio.
-Okay, okay...- mormorò lui quando decise di calmarsi e sospirò, chiudendo gli occhi e mugugnando, davvero non sapendo come fare a farsi avanti con Light.
-Vuoi consigli? Tanto mi annoio.- borbottò Cat, ancora con il sorriso sulle labbra per le risate di poco fa.
-Ecco... No, grazie. Preferisco agire da me, seguire me stesso. Non avrebbe senso conquistarla grazie a dei suggerimenti presi da altri, sarei più fiero di colpirla sfruttando le mie capacità e il mio amore..-
-Sì, sì... Come sei sdolcinato.- brontolò lei, con un tono però scherzoso, e andandosene via dopo avergli fatto "Ciao." con la mano.
Leonardo la guardò allontanarsi e poi sorrise, intenerendosi nell'incrociare lo sguardo di Light che però deviò subito il capo verso la televisione, con la mano a reggerle il mento, in una posa tanto elegante quanto sicura. Il ragazzo sospirò, optando ad attendere un momento dove sarebbero stati soli, o magari le avrebbe chiesto un appuntamento insieme per la sera seguente. Ormai però era deciso, avrebbe chiarito con lei i suoi sentimenti, e avrebbe accettato ogni conseguenza; e anche se sperava che avrebbe ricambiato, la paura e la mente gli imponevano a pensare il contrario, tormentandolo e costringendolo a sentirsi male e triste già senza aver prima udito la conferma dalle labbra sottili e delicate della ragazza in questione. Scuoté il capo per non distrarsi, fermamente convinto delle sue prossime intenzioni, e così fece, cercando solo di essere sicuro di sé mentre sentì la voce imponente di Raph sollevarsi di colpo e alzarsi in simultanea anche per esultare l'ennesima vittoria.
-Basta, ho capito che è il gioco ad essere taroccato.- comprese Gwen, stanca e adirata più che mai.
-Ma se ci avevi anche vinto, tu.- le fece notare, Light, ridendo.
-Quella è stata un'eccezione; oppure si vede che la mia vittoria lo ha fatto andare in tilt.- ragionò Gwen, concreta solo per la sua mente.
-Ah ah, come no. Resta il fatto che ho vinto... Ancora.- proclamò Raph, soddisfatto.
-E' una vittoria falsa.- asserrì Gwen, offesa e scorbutica.
-Per te.- ribadì il rosso, con una smorfia.
-Sì, okay. Abbiamo capito, ora basta.- provò a frenarli, Viola, ma fu tutto inutile, anzi, i due iniziarono a litigare anche con più enfasi di prima. -Ma... vogliamo parlare dei capelli di Cat?- cercò di distogliere la loro attenzione dal gioco, riuscendoci solo con Mikey che si voltò verso la propria ragazza con occhi grandi e meravigliati, dandosi dello stupido per non essersene accorto prima.
-Già, ammiratemi in tutta la mia ricciolosità.- sorrise la suddetta, facendo ondeggiare le ciocche piene di boccoli di ricci, con Mikey che le sorrise, gentile:
-Sei sempre da ammirare.-
Leonardo sospirò, ignorando il caos che c'era per dedicarsi ad un unico pensiero: imbarazzato e felice non voleva demordere senza provarci. Senza darla vinta alla paura si mise in piedi, incamminandosi verso Light approfittando che si fosse diretta in cucina, in quel momento isolata. Le si affiancò, sorridendole vivace mentre lei lo osservava curioso e sempre con quel cipiglio serio, chiudendo il rubinetto dopo aver riempito d'acqua il bicchiere.
-Volevo parlarti, posso?- iniziò l'azzurro, sfregandosi i capelli con fare più nervoso di quanto immaginasse.
-Certo.- affermò lei, tranquilla; posando poi il bicchiere dentro la credenza dopo averlo lavato e risciacquato, sedendosi sullo sgabello, in attesa e leggermente curiosa come dimostrava il suo volto.
-Ascolta, io... Sento qualcosa dentro di me ogni volta che incrocio il tuo sguardo, e quando lo ricambi il mio cuore si riempie di gioia. Adoro il modo in cui sorridi, il modo in cui ti vesti, il tuo carattere di mille sfaccettature... Tu mi piaci, Light.- concluse con un sorriso, sentendosi davvero sereno e appagato con il cuore, ma che si appesantì di colpo nel vedere la ragazza muta e seria difronte a quelle parole, con gli occhi gelidi e indifferenti.
-Beh... Ti ringrazio.- si limitò a dire, lei, annuendo e alzandosi; regalandogli un dolce bacio sulla guancia decise di allontanarsi, uscendo dalla cucina per poi correre via dopo aver salutato tutti: Era giunto il momento, per lei, di chiarirsi con i suoi sentimenti, si disse.
Leonardo rimase un attimo confuso e ferito prima di sospirare e cadere di peso sullo sgabello, depresso; chinando il capo e portandolo sul tavolo, nascosto nell'incavo delle braccia che mise conserte sopra il ripiano di legno, mugugnò mogio. Non sapeva se aveva fatto un'errore, se era stato un'idiota, magari troppo frettoloso; oppure lei non provava le stesse cose; o forse tutte e quattro.


Un bussare leggero e pacato dissolse molti dai loro pensieri e da quello in cui si stavano destreggiando fino ad un attimo fa, facendoli voltare in simultanea verso l'origine della fonte con fare curioso e leggiadro. Si guardarono in silenzio, ma alcuni, come Mikey, parlottarono curiosi di chi fosse l'identità oltre la porta mentre alcune ragazze continuavano a domandarsi sul perché la loro amica le avesse abbandonate così, ma credendo, a quel bussare, che fosse tornata attesero la sua apertura.
Il genio decise di alzarsi per andare a vedere di persona, anche per il fatto che fosse lui il padrone di casa, e in parte gli spettava quel compito; si incamminò lanciando un'occhiata malinconica a Leo, ancora riverso sul tavolo, mogio, da quando Light era andata via; non aveva udito quello che si erano detti, ma era certo che il ragazzo si fosse dichiarato e che fosse andata male. Sospirò, Donatello, arrivando a destinazione e adagiando la mano sulla maniglia prima di tirarla verso il basso e far scorrere la porta con pacata lentezza, senza alcuna fretta, in fondo quella persona si era limitata a bussare solo due volte al primo momento, senza ripetersi, ma avendo la compostezza e la pazienza di attendere, come pochi.
Donnie rimase lievemente confuso, ma sorrise cordiale alla figura di un uomo muscoloso, e che dava l'impressione fresca anche se si vedeva che era di una certa età, con i capelli neri e gli occhi dorati, muscoloso e atletico, vestito da un kimono marrone e con una valigia del medesimo colore, nella mano.
-Salve, sono il padre di Leo.-

 

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Capitolo 21
*** Ci vuole coraggio. ***


Quanto era passato? Tre settimane. Aveva riflettuto molto, aveva provato a darsi coraggio, e aveva perfino fatto amicizia con il padre di Leo: Yoshi. E allora perché non era stato pronto, pronto ad affrontare quell'essere? Lui lo odiava, voleva che rimanesse in prigione a vita, e allora perché, quando l'avvocato stava ponendo le sue domande, lui era rimasto zitto, muto come se lo fosse stato da sempre, e nonostante le rassicurazioni dell’uomo, e delle parole del giudice che lo intimava di rispondere, che se non avesse detto nulla lo avrebbe accusato di favoreggiamento per l’imputato, o qualcosa del genere…, continuò ad essere troppo immobile e terrorizzato dentro per ascoltare veramente. Non gli piaceva quella situazione, seduto e con tutte quelle occhiate… E il mostro, il mostro che ghignava fiero della situazione. Aveva stretto i pugni, e aveva atteso, con la bocca, con le labbra, bloccate come incollate tra loro, secche e senza saliva da lasciarlo disidratato… Temeva di morire, senza neanche un motivo logico. Alla prima occasione, appena l’udienza fu terminata, più perché Splinter Yoshi Hamato aveva chiesto di farla un altro giorno, era fuggito da quella sala velocemente, per poi fermarsi fuori, scrutando veloce quelle colonne che gli sembrarono una forte gabbia di marmo e poi aveva fatto un passo avanti verso gli scalini prima di sussultare e voltarsi di scatto verso la mano che si era adagiata sulla sua spalla, incredulo che fosse stato così veloce e silenzioso, prima di rendersi conto che era rimasto stesso lui, fermo e immobile, a scrutare il cielo per minuti interminabili, solo per riprendere e riavere l’aria in gola.
-Tranquillo, Michelangelo. Avremo un’altra occasione.- sorrise incoraggiante, annuendo saggiamente.
Era un tipo calmo, aveva constatato il biondo mentre mugugnò, e si strinse nelle spalle, volgendo le pupille azzurre contro il pavimento. E poi era anche veloce e agile, era un degno maestro ninja… Ma aveva visto che sapeva essere anche un padre, un ottimo padre…, ricordò per come si rivolgesse a Leo, ma anche agli altri ragazzi, e persino con le ragazze… Sembrava sempre e continuamente un genitore… Ma era così diverso dal suo… Rahzar era troppo crudele… E lui aveva così paura... Paura persino di interagire con quell’uomo che non era il suo carceriere, ma una brava persona. Aveva così paura…
-Ehi! Allora, com’è andata?- si incamminò Raph, audace, ma il suo sorriso si spense appena Yoshi negò con il capo lentamente.
-Perché no?- fece confuso, Leo, arrivando accanto al padre e mostrandosi in tutta la sua confusione. -E l’affidamento?-
-Se ne parlerà alla prossima udienza, e intanto possiamo cercare nuove prove. Questo avvocato è stato perfetto, ma si è trovato un po’ in difficoltà, e abbiamo optato per un altro giorno.- parlò, ommettendo che la colpa in realtà fosse del biondo, ma non voleva metterlo più in difficoltà di quando non fosse, come già stava dimostrando nell’indietreggiare tanto da ripararsi dietro la sua schiena, volendo essere, per lo più invisibile.
-Cosa? Ma… Oh, andiamo! Era Mikey la prova, era lui che avrebbe risolto tutto! Dovevano solo farlo parlare!- tuonò, cupo nonostante il sole luminoso e il cielo limpido di quella giornata così perfetta, il rosso, ringhiando e mostrando i denti.
-Cosa hai detto, Mikey?- si avvicinò lentamente, Donnie, prendendolo per le spalle e costringendolo a guardarlo negli occhi mentre lo vide boccheggiare, per poi portare gli occhi ancora in basso.
-Non hai detto niente? Fantastico!- sbottò, alzando le mani al cielo prima che, queste, andassero ad attutirsi contro i suoi jeans neri, attirando lo sguardo di alcuni uomini, vestiti in modo elegante con giacca e cravatta, in quel luogo così sofisticato mentre Raph continuava a bollire dentro.
-No… Non ho detto nulla.- sussurrò, rispondendogli e fremendo fin dentro le vene, con Leo che si chinò dopo averlo raggiunto, portando una mano sulla sua schiena.
-Va tutto bene, non importa.-
-Non è vero…-
-Già! Adesso dovremmo aspettare ancora! Wow! Beh, la prossima volta ci saremmo anche noi. Lo dicevo che era una pessima idea andare a fare l’esame invece che venire qua… Che idiota!-
-Siamo riusciti a chiedere un udienza più vicina, di solito bisogna aspettare trenta giorni, adesso abbiamo tre settimane, vent’uno giorni.- spiegò pacato, l’adulto, sospirando e portandosi davanti al rosso che ringhiò. -Ormai quello che è fatto è fatto, almeno siete riusciti a superarlo?-
-Oh, sì. In modo sublime.- parlò orgoglioso, il genio, che sorrise, volendo incoraggiare quella situazione cupa.
-Anche io, anche se non bene quanto il nostro Donatello.- sorrise, tenendo ancora stretto contro il petto la schiena del minore, volendo rassicurarlo e tenerlo vicino a sé il più possibile, il blu. Udiva troppo bene quando fosse terrorizzato e deluso da sé stesso, non voleva che scappasse via come altre volte.
-Superato, superato, certo, questo è l’importante... Invece Mikey no, eh?- continuò a stringere i pugni, con gli occhi che saettavano furia e fiamme ovunque.
-Finiscila, Raph. Il tuo atteggiamento non aiuta. Già Mikey è instabile: non ha bisogno di te per peggiorare le cose!- sbottò Leo, guardando torvo il rosso che grugnì, portando in alto gli occhi prima di voltarsi, deciso a tornare in macchina, quella con cui aveva accompagnato i due. -Muoviamoci.-
-Lascia che si sfoghi un po’, quando gli passerà ti chiederà scusa.- sorrise Splinter, annuendo al biondo che continuava a mordersi e torturarsi il labbro con i denti intanto che Donnie gli prese la mano, avanzando insieme al blu, scendendo così le scale, e allora il sensei li seguì, con le mani dietro la schiena e unite.
Mikey lasciò che il labbro si spaccasse, e sentì gli occhi pizzicare amaramente, finendo quelle scale con lentezza, nemmeno fosse una tartaruga. Aveva sbagliato ancora, continuava a saper fare solo questo: errare...
 
 
Appena giunse dentro quella casa, che era troppo per lui, ignorò Klunk che gli miagolò contento nel vederlo, pronto a zampettargli vicino; e si diresse verso la sua camera, chiudendosi la porta alle spalle e ignorando che Leo continuasse a seguirlo, forse temendo potesse tagliarsi… E infatti, se non fosse stato per loro, che fossero lì, lo avrebbe fatto... Non aveva nemmeno la forbice vicino… Gli mancava la sua lama, piagnucolò, distendendosi nel letto e portandosi i polsi, stretti e vicini, contro il petto; senza ascoltare veramente il ticchettio della porta che producevano le nocche del blu, che lo chiamavano insistentemente, e anche il gatto non faceva che miagolare, agitato e in pensiero.
-Mi dispiace… Ho sbagliato tutto…- farfugliò, voltandosi poi di lato e scrutando la finestra con il suo nome, detto con enfasi, nelle orecchie; si era aggiunto anche Raph, e si stava scusando proprio come aveva detto Splinter, ma non doveva: aveva ragione. Aveva sbagliato tutto… Tutto di tutto. Non aveva parlato quando doveva, e ora Rahzar era libero fino alla prossima udienza, e lui era solo…
-Mikey, non…-
-Lasciatelo solo, ragazzi. Ha bisogno di pensare.-
-Sì, ma papà…-
-Signor Hamato, per quanto sia vero, temiamo possa…-
-Donnie, fidatevi di lui.-
Fidarsi… Si erano fidati anche troppo e poi questo era quello che ne avevano ricavato: scoperte su scoperte, e tutte spiacevoli. Non avevano bisogno di lui, di questi problemi, e di quel dolore… Loro avevano la loro vita, e per quanto lui dovesse rispettare le volontà di Karai, non poteva fare questo a loro, ai suoi amici, alla sua famiglia… Ora c’era silenzio, era certo fossero andati in soggiorno, o forse erano seduti là fuori e attendevano; sorrise all’ultima convinzione, pensando quando fossero uniti loro quattro… Avevano un legame così naturale e forte, si sfregò contro il cuscino con la guancia prima di sospirare: sarebbero rimasti così anche senza di lui. Avrebbe aspettato la notte, e poi…
Forse doveva lasciare una lettera, qualcosa... Dirgli di non cercarlo e che sarebbe stato bene… Ma era vero? Sarebbe stato bene?
Doveva provare. Doveva avere coraggio questa volta, per salvarli… Salvarli da tutti quei casini che nascevano solo da lui… Era una calamità, un guaio… Doveva finirla di esserlo per gli altri, incasinare gli altri. Non poteva, non doveva, non loro. Loro erano così… Così felici…
Gli sarebbe mancata Cat, il suo sorriso, la sua dolcezza; le atre ragazze… Ma Leo, Raph, Donnie; loro… loro gli avrebbe avuti nel cuore fino alla fine della sua vita… Erano unici, e nessun altro sarebbe stato come loro, per lui.
Ma ora… Ora doveva andare, annuì.
 
 
Si era addormentato, non se lo aspettava, ammise, sbadigliando prima di notare l’orario su quel comodino; lampeggiante e rosso: le 16:40. Se andava via, non avrebbe più avuto una casa, concretizzò; né un orologio, comprese amaro.
Aveva dormito tanto… ricordava di aver chiuso gli occhi quando l’orologio tecnologico riportava le dodici… Aveva saltato il pranzo? Oh, beh… Se gli sarebbe venuta fame avrebbe comunque potuto cucinare qualcosa lui: ne era capace… Si chiese però se gli altri continuavano ad essere là fuori… Forse no. Continuava ad esserci silenzio, un lungo e penetrante silenzio che lo portava a concretizzare quanto fosse doloroso essere lì, con i polsi intatti, puliti, e il dolore che pulsava, sporco, come a voler uscire, dalla testa, a voler farlo urlare e pregare, e piangere… Piangere fino a rodere dentro, rodere il suo cuore e lasciare che si sciogliesse fino a scomparire.
Si portò a gattoni sopra al materasso, strizzando gli occhi e mormorando tra sé e sé su cosa scrivergli. Una lettera, a questo pensava. E, voltando il capo verso la scrivania, decise di mettersi all’opera in quel momento stesso. Così poi, avrebbe passato il resto del tempo con loro, aspettando di finire la cena prima di andare… Per sempre. Questa volta era deciso, e avrebbe aiutato tutti con quel gesto: così Rahzar non avrebbe infierito nella loro vita come aveva fatto nella sua, rovinandola.
Avevano fatto tanto per lui, loro, e adesso avrebbe ricambiato il favore.
Socchiuse la porta dopo aver girato, senza far rumore, la chiave; aprendola lentamente e con un sospiro, ritrovando poi, con uno sguardo sorpreso da parte sua, i tre ragazzi, seduti a cerchio nel corridoio e che giocavano a carte per rompere l’attesa, anche se Raph era più che altro disteso e, a occhi chiusi; sembrava riposare. Accanto a lui c’era un cartone chiuso di pizza, e che costrinse, anche dall’odore che emanava, nonostante fosse freddo, il suo stomaco a brontolare, attirando così la loro attenzione. Subito sorrisero, attendendo che uscisse di sua volontà, senza muoversi come se stessero interagendo con un animale selvatico e spaventato; forse non avevano torto.
-Ciao…- mormorò, portando poi di nuovo gli occhi sul rosso dato che si era messo seduto di scatto nel sentire la sua voce. -Ohm… Mi… Mi dispiace per…-
-Tranquillo. Vieni, mangia qualcosa.- gli rispose invece, Raph, gesticolando con una mano per invitarlo a raggiungerlo, e così fece, mettendosi a gambe conserte, intanto che Donnie, aprendo il cartone quadrato e bianco, afferrò una fetta di pizza ancora tiepida, porgendogliela con serenità.
-Per la prossima udienza ci saremo noi. C’è la farai.- incoraggiò sorridente, Leo, osservandolo allegro prima di lasciar spegnere il suo sorriso nel notare come si stringesse nelle spalle e i suoi occhi sembrassero neri e vuoti.
-Come sono andati gli esami?- mormorò, non volendo sentire più parlare di tribunali, avvocati, e legge. Non per l’ultima sera con loro. Certo, del compito ne avevano già parlato prima quando erano arrivati in quel luogo rinomato e pieno di persone raffinati, ma… Ma non li aveva ascoltati tanto.
-Splendidamente.- espose orgoglioso, il viola, annuendo fiero sotto lo sbuffo di Raph.
-Decente.- alzò le spalle, Leo, sfregandogli la chioma bionda con cura, giocherellone.
-Me la sono cavata, ma non parliamo di questo.- borbottò, il rosso, con una smorfia acida e voltandosi al suo fianco, afferrando una lattina, ancora gelida e passandola al più piccolo dopo averla aperta.
-Io quanti esami dovrei recuperare?- volle ragionare un attimo, ringraziando il maggiore che gli passò anche una cannuccia, inserendola poi all’interno e che lui afferrò tra i denti, iniziando ad assaporare il gusto dolce e dissetante, pieno di bollicine, della coca cola.
-Se vai domani, posso mettere una buona parola con l’insegnate e li fai tutti e cinque.- discusse il viola, pensieroso, e Leo sforzò un sorriso mentre Mikey si strozzò, tossicchiando poi e strizzando un occhio.
-Che? E come faccio?- esalò a stento il fiato, sentendo la gola gemere e solleticare di fastidio, con l’azzurro che si apprestò a dargli delle pacche sulla schiena e il minore gli sorrise grato. Voleva passare una giornata come se domani ci sarebbe stato ancora, e gli risultava così naturale che iniziava a pensare che non sarebbe riuscito ad andare via.
-Ehm, beh…- si bloccò, Donnie, dubbioso per quello che stava per dire. -Studiando.- esclamò con naturalezza, venendo adocchiato perplesso da tutti.
-Ma… cinque materie?- si lagnò con una smorfia, in contraddizione con il viola. -Non sono intelligente come te, come faccio? E poi è già tardi.-
-E allora possiamo studiare un po’ una o due materia, così domani ne fai due, mhm?-
-Oh…-
-Ti aiutiamo anche noi.- si fece avanti, Leo, scompigliandogli i capelli.
-Va bene allora!- esordì, ridacchiando.
-E poi una bella partita alla play, mhm?- sorrise, alzandosi, Raph, e venendo affiancato subito dall’altro con un salto pimpante.
 
 
Era noioso… Certo, era bello che lo aiutassero, ma era tremendamente stancante e noioso. Noioso, già. Anche Raph, che si dondolava all’indietro, sulla sedia, a guardare il soffitto provava la stessa sensazione, e lui invece decise di lasciare, con gli occhi aperti, la testa adagiata sulle braccia conserte, stringendosi nelle spalle e sbadigliando intanto che continuava ad ascoltare e guardare Donnie, con Leo che gli rispondeva o lo correggeva per rendere più semplici alcune frasi, in quella stanza del genio, con la luce accesa del lampadario, e quella della lampada sulla scrivania che illuminava, nell’insieme, ogni cosa. Doveva andarsene. Doveva andarsene, si ripeteva con un tono spento e funebre, perché non voleva, eppure doveva, doveva. Finché si convinceva che l’avrebbe fatto, sarebbe andato bene. Doveva solo attendere che tutti dormissero, e poi… Poi sarebbe andato via.
-Okay, decreto un time out. Subito proprio.- si alzò, Raph dopo aver adagiato le gambe della sedia a terra.
-Sì, concordo. Non ci sta seguendo da un po’ il diretto interessato. Ehi, a che pensi?- sorrise, Donnie, adagiando una mano sulla chioma ribelle dell’altro che mugugnò, affondando il muso nel braccio prima di riaprire e socchiudere gli occhi.
-Alla partita alla play con Raph.- brontolò, mentendo anche se non del tutto: voleva davvero giocare con il suo amico.
-E allora andiamo!- ghignò, il rosso, afferrando il più piccolo, chino sulla scrivania con la schiena; dal busto e portandoselo via, verso il soggiorno con allegria, adagiandoselo sulla spalla come un sacco di patate e con il suono della sua risata nelle orecchie.
-Poi usciamo un po’?-
-Wow, che voglia di vivere oggi.- commentò sottovoce, Leo, camminando fuori dalla camera con Donatello, fiero di quella volontà decisa e spontanea.
-È una cosa positiva. E non posso credere che è solo grazie a noi…- sussurrò, con un sorriso aspro ma dolce. Era bello sentirsi importante per qualcuno a tal punto da fargli respirare l’aria della vita.
-Già…- ridacchiò. -Pensiamo a un bel posto dove portarlo.-
-Ciao papà.- sorrise Leo, arrivando in soggiorno dopo i due, e osservando il genitore che annuì, fiero che fossero riusciti a far alleggerire la pesantezza delle preoccupazioni, in Mikey.
-Signor Hamato.- salutò anche Donnie, con un lieve inchino della testa che venne ricambiato. Anche se gli era stato detto, da lui in persona, che poteva chiamarlo semplicemente Yoshi o Splinter, al momento non ci riusciva, non ancora.
-Vorresti venire anche tu, con noi? Usciamo un po’, con Mikey.- sorrise, annuendo.
-No, divertitevi voi. Ma grazie, figliolo.- decretò, prendendo il libro, lasciato precedentemente sul davanzale, e avviandosi verso il corridoio. -Se mi cercate, sono nella mia stanza a meditare.-
-Va bene.- annuì, l’azzurro, avvicinandosi poi al divano e, con un salto, atterrò in piedi sul cuscino, sedendosi poi composto e sorridendo nel vedere Mikey a terra, con il joystick in mano, e uno sguardo deciso quanto Raph, al suo fianco, e che si esprimeva, premendo i tasti più velocemente del minore.
-Mhm, dopo facciamo una partita anche noi? Che dici?- chiese Donnie, sedendosi e guardando la tv e i personaggi che lottavano tra loro nello schermo illuminato, entrambi sopra un ring.
-Sì, grazie.- sorrise, annuendo e passandosi poi una mano, con il gomito sul bracciolo, a sfregarsi la chioma corta.
-Oh, cavolo, sto perdendo…- sussurrò, lamentandosi tra sé e sé, Mikey, portandosi la lingua sul labbro superiore e cercando di dare il massimo; premendo con più forza i tasti, e guardando il proprio giocatore dare un calcio all’addome al suo nemico, ridacchiando contento del trionfo di pochi secondi prima che Raph contrattaccasse con un pugno al volto, facendo andare a terra il suo personaggio. -Oh.- sussurrò, mettendo il broncio, dispiaciuto di essere stato sconfitto così velocemente, intanto che Raph, alzandosi in piedi, se la cantava a petto gonfio, un po’ come il personaggio del gioco.
-Ora tocca a noi.- ipotizzò, Leo, in piedi dal divano e prendendo il controller del rosso che gli è lo lasciò con un ghigno spavaldo, ancora fiero nell’aver vinto, e Mikey si voltò alla sua sinistra, restando per terra e porgendo al viola il suo, guardandolo poi con un sorriso tirato prima che si distendesse per terra con una smorfia, socchiudendo gli occhi verso il soffitto e sbuffando senza volere, distendendo le braccia parallelamente a lui intanto che Donnie prendeva posto al suo fianco.
-Mikey?- richiamò preoccupato, Leo, ancora in piedi; temendo per il minore, che potesse avesse un’altra ricaduta in quel varco nero che era la sua depressione, e nel sentire la sua voce, con quel mugugno che emise, così agitato come addolorato tutti si bloccarono, portando gli occhi su di lui che aprì le palpebre verso di loro, confuso, prima di realizzare e commentare:
-Voglio la rivincita…- asserì, facendo scoppiare a ridere il rosso che sospirò internamente di sollievo, come tutti, per il fatto che fosse per quello.
-Ah, per battermi dovrà passarne di acqua sotto i ponti.- decretò, sicuro, pavoneggiandosi con un sorriso malizioso e le braccia conserte.
-Che centrano i ponti?- volse il capo indietro, verso il divano dove l’altro era seduto, alzando il collo da terra e lasciando solo la testa sul pavimento, per poter guardarlo, anche se sottosopra, ma non ebbe il tempo di rispondergli.
-È un modo di dire. Significa che dovrà passare molto tempo, prima che accada.- gli spiegò, Donnie, gentile prima di selezionare il proprio personaggio con attenzione, volendo anche lui vincere.
-Mhm… Dove vogliamo andare? Chiamiamo le ragazze?- domandò il rosso, prendendo poi il telefono dalla tasca e digitando il numero di Gwen, più per istinto, e aspettando un cenno dagli altri mentre portò gli occhi sullo schermo del cellulare, consapevole che, quella partita, sarebbe finita in fretta.
-Per me va bene. Se sono disponibili, c’è ne andiamo un po’ in giro, e magari optano per un bel posto.-
-Domani voi avete da fare, al college?- mormorò Mikey, con uno sguardo tra l’annoiato e lo stanco, ma in realtà aveva solo paura… Paura di lasciarli, sentiva fosse sbagliato farlo, e anche timore che non l’avrebbero più perdonato… Eppure continuava a pensare che doveva farlo.
-Noi nulla.- alzò le spalle, Leo, affondando la katana, nel gioco, dentro lo stomaco del personaggio di Donnie che protestò con un mugugno contrario.
-Oh! Hai già vinto! Sei forte!- si meravigliò, il biondo, voltandosi e procedendo a gattoni verso il maggiore che ridacchiò, con il genio che, gonfiando una guancia si sentì offeso per quello scontro finito male.
-Io preferisco i giochi con una vasta e interessante esperienza 3D e immersiva…- asserì sicuro, per poi sospirare e togliere il gioco per riporlo nella confezione prima di alzarsi in piedi.
-Le ragazze ci sono. Stanno arrivando: aspettiamole.- commentò invece, Raph, posando il telefono in tasca e portando un occhio attento sul biondo, che iniziò a dondolare con fare infantile, su e giù, a gambe conserte, con Leo che si complimentava di sé stesso, ridendo.
-Va bene, allora vado a prepararmi, così sarò pronto per quando arrivano.- spiegò brevemente, il viola, massaggiandosi il collo e dirigendosi in bagno, sereno.
-Speriamo che arrivino in fretta.-
-Sei particolarmente impaziente, oggi?- sorrise benevole, Leo, portando le dita a scontrarsi con la chioma del più giovane che socchiuse gli occhi lentamente, lasciandosi accarezzare.
-È che mi annoio.- decretò, nonostante fosse dovuta al fatto che volesse estremamente fare qualcosa di bello con loro, prima della fine. -Mi dispiace…- gli scappò di dire, corrugando triste le sopracciglia nel riaprire le palpebre prima di portare gli occhi sul blu che si fece perplesso un attimo.
-Oh, ma non devi. Non è un crimine essere impazienti. Altrimenti, Raph e la sua irruenza sarebbero già dietro le sbarre da anni.- rise, tra le proteste del rosso che scattò in piedi, ma allentò i pugni nell’udire le risate del biondo, che concordò in pieno. Sbuffando, Raphael, decise, con difficoltà, di lasciar correre, e tornò a sedersi con un lieve respiro, così leggero e silenzioso come se stesse per spirare, dalla bocca.
-Se potessimo fare una cosa insieme, cosa sarebbe?- portò gli occhi, attenti e curiosi, su tutti e due, che lo osservarono curiosi e allettati dalla domanda prima di ghignare.
-Ninjitsu.-
-Oh. Va bene.- annuì, ancora con la testa contro il pavimento, sbadigliando, con una smorfia prima di mettersi in piedi e procedere con le braccia al cielo. -Si va!-
-E dove, intelligentone? Non c’è una palestra, o un dojo.- asserì poi, Raph, ghignando sotto lo sguardo di rimprovero del blu.
-Oh… Hai ragione.- frenò l’avanzata, portando poi il volto a piegarsi su un lato, contro la spalla. -E che facciamo insieme?-
-Beh…- parlò, Raph, venendo però interrotto dal campanello, e così si rallegrò. -Intanto apriamo alle ragazze, e poi… Vedremo cosa dicono. Andremo dove ci diranno.- esclamò, con Donnie che tornò con un cambio diverso, un jeans stretto e bianco e una felpa viola, così decise di andare all’aprire, con Mikey in mezzo alla stanza, che gli sorrise.
 
 
 
 
Si erano divertiti, anche più di come immaginava e sperava… Anzi, la sera, era andata come voleva, già, continuò a sorridere, con Cat che continuava a tenerlo sotto braccio e a parlare, piano, di argomenti vari, come la scuola o la pizza. Il secondo lo preferiva maggiormente, francamente. Socchiuse le palpebre e portò le pupille a terra, si sentiva terribilmente stanco, stanco e oppresso da quella situazione: era così snervante. Dover fare qualcosa che, in altre occasioni, non avrebbe voluto fare. Se solo qualcosa avesse permesso, fatto in modo, che andasse in un altro modo… Magari un segno, qualcosa… Qualunque… Certo, se loro si mettevano a dormire con lui, poteva andare in bagno e non uscire più, nel scappare dalla finestra, però… Solo a pensarlo si sentiva così ignobile… Doveva vergognarsi di sé stesso? Ma non c’è la faceva… Non a restare in quel modo. Doveva andarsene e porre fine ai loro problemi, nati con lui.
-A che pensi, Mikey?-
-Nulla… Ci mangiamo un’altra pizza?-
-Ne hai mangiate cinque, e ancora non sei sazio?- rimproverò Raph, con Donnie che se la rise per quella risposta che gli aveva dato alla sua domanda.
-Ohm. Un gelato?-
-Il gelato è okay. Possiamo andare in un bar, qua vicino.- accettò di buon grado, Cat, con un sorriso, allettata anche lei all’idea mentre Leo, accanto a Light, portò una mano dentro i pantaloni, in tasca, ripescando il portafoglio e controllando se avesse potuto offrire alla ragazza quel cibo, con Raph a contestare il fatto che volessero mangiare e basta.
-Taci, che nemmeno sei grasso. Non vedo quale sia il tuo problema, oltre la mancanza di cervello.-
-Parli tu, che non sai nemmeno fare un puzzle, antipatica di una scema.-
-Come, scusa?- tornarono a lanciarsi saette e tuoni, fissandosi con odio e rancore, con dispetto prima che, in mezzo, passasse e gli oltrepassasse Viola, sorridendo vittoriosa per averli fatti smettere e tornando sotto braccio a Donnie che arrossì prima di sorriderle e lasciarle un casto bacio sulle labbra.
-Ma come siete dolci.- commentò Light, allegra, e puntando poi lo sguardo sul blu che si irrigidì, bloccando la schiena e portando a nascondere, in fretta, il portafoglio come se fosse una prova incriminata di un reato.
-G… Già, a-anche tu lo sei, molto.- sorrise, sincero e osservando il suo volto pacifico e truccato, non troppo, che si voltò con una folata di capelli, tornando subito a parlale con Venus, e lasciando sbuffare il diretto interessato per come fosse andata a nascondersi dopo quel suo complimento.
-Eh, mio caro… Mi spiace per te, ma solo il mitico Casey Jones fa trionfo!- urlò pimpante, tutto a un tratto, il ragazzo dai capelli mori e velati da un cappuccio nero, sovrapponendosi a Leo prima di superarlo, camminando al contrario, scivolando con i propri pattini a rotelle sull’asfalto e ondeggiando fino a giungere davanti alle due, con un sorriso e i suoi cinque denti mancanti. -Non è forse vero, dolcezza?- chiese con fare dolce, e un ghigno da seduttore, che venne sorvolato e poi ignorato dagli occhi della suddetta, che, sbuffando, preferì continuare ad avanzare, volendo lasciar stare entrambi. Non sapeva davvero che fare con quei due!
-Finiscila Casey, e anche tu, Leo, avanti. Siamo qui per passare la serata in allegria, non per fare i romantici e corteggiare.- parlò esausta, Venus, e Leo, anche se dispiaciuto annuì, al contrario di Casey che emise una smorfia risentita, davanti alla ragazza dalle mani sui fianchi e che sentiva gli occhi di tutti su di sé, compresi quelli di Donnie e Viola, pronti a contestare.
-E a mangiare gelati!- esordì trionfante, poi, Mikey, intercettando i due fidanzati, e il biondo si ritrovò a ricevere lo sguardo del gruppo, serio o teso per la critica della ragazza, ma che subito scoppiò a ridere per come fosse deciso e ingenuo in quei modi e a quelle parole, così speciali, per lui: voleva così tanto restare fuori con loro, così, giusto da allontanare e ritardare il momento dell’addio.
Continuò a sorridere, Mikey, ridendo mentre si recavano alla meta ormai decisa. Ed era sempre più certo che c’è l’avrebbe fatta: avrebbe avuto la forza di lasciarli andare, perché era per il loro bene. Sì, era ovvio. Ci voleva coraggio, questa volta molto, ma serviva per farli vivere, per farli essere felici come lo erano adesso, e senza di lui lo sarebbero stati maggiormente. Se ne sarebbe andato, sorrise. Sorrise sentendosi spezzarsi.

 

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Capitolo 22
*** È il momento. ***


Ritardando, ritardando… Provando e riprovando più e più scuse, alla fine, le aveva finite, Mikey, oltre che aveva attirato solo troppi sguardi confusi da quel comportamento, su di sé: tra poco gli costringeva a fare il giro della città, anzi, dell’intero pianeta pur di non tornare a casa.
-Avanti, sono quasi le una… Perché ora vorresti andare in un museo? Museo per giunta! Cos’è? Ti sei rammollito come Donnie?- sbadigliò, il rosso, portando una mano davanti alla bocca e sfregandosi poi il naso infreddolito dal vento della notte.
-Ehi! Guarda che io sono d’accordo. Peccato sia chiuso a quest’ora…-
-Ammettilo, Raph. Non vuoi andarci perché poi capirebbero tutti quanto tu sia idiota.- stuzzicò, divertita, Gwen.
-E perché, tu…!-
-Basta così.- tappò la bocca, Leo, all’amico, sospirando poi sfinito e guardando il biondo che sembrava in cerca di un’altra idea, che però non arrivava alla testa. -Siamo tutti stanchi, abbiamo camminato molto e inizia a far freddo. Tranquillo, possiamo passare altre serata insieme. Abbiamo tutte le giornate del mondo, per continuare ad avventurarci in questa città.-
-Ohm… Okay, ma… Almeno, andiamo… Non so…-
-Mikey, ti prego… Non c’è la faccio più.- si lagnò, Cat, sbadigliando e continuando a reggersi contro la spalla del biondo, ad occhi chiusi, che le sorrise e annuì, nel vederla così stremata, come tutti, nonostante Raph e Gwen che, carichi, si saettavano in silenzio, dato che Leo non avesse rimosso l’arto dalla bocca del rosso.
-Va bene. Scusate.- ridacchiò dolce, sfregandosi la chioma con una mano mentre alcune ragazze tirarono un sospiro di sollievo per le loro gambe, a quelle parole, e Leo annuì, avvicinandoglisi per scompigliargli la chioma prima di mandare un’occhiata a Light che socchiuse le palpebre, assonnata, ma non per questo non cedette un pugno ben assestato sul naso del pattinatore, che finì a terra, di schiena e con le gambe all’aria, facendo ghignare, interiormente e non, il blu.
-Allora? Casa arriviamo!- pretese, alzando un braccio al cielo, Venus, fiera di poterlo dire finalmente, e iniziando poi, nel voltarsi indietro, a tornare ai dormitori.
-Volete restare da noi?-
-Pigiama party!- scattò Viola, con le pupille che brindarono di gioia a quelle sue stesse parole e unendo le mani forte tra loro, accanto al fidanzato; parole che però fecero sussultare energicamente Mikey, sul posto, costringendo così Cat a destarsi, che socchiuse gli occhi e scuoté il capo prima di sbadigliare e rimettersi eretta con il capo, senza però lasciare le braccia incrociate sulla spalla del biondo.
-Tutto okay?- mormorò cauta, con la nebbia a velargli la ragione e la lucidità mentre portò poi lo sguardo sugli altri.
-Oh, sì…- farfugliò, annuendo prima di sbrigarsi nel sorridere ancora, come meccanicamente pur di celare i suoi timori e i suoi ripensamenti, attirando però, con quel commento, gli occhi di Leo e Donnie su di lui. Ma se quelli stavano da loro, lui…
-Io fare un pigiama party con questo qui?- chiese acida, Gwen, indicando malamente e con un’occhiataccia il rosso che ringhiò, compiendo un passo avanti con irruenza, sul marciapiede.
-Beh, che c’è di male? Ormai si capisce che fate coppia.- alzò le spalle, con indifferenza, Venus, e lasciando trasalire e arrossire i due che boccheggiarono aria per brevi istanti prima che urlassero all’unisono:
-Sei pazza? Siamo a malapena amici!-
-Certo, certo…- ghignò con sufficienza, prima di incamminarsi con Viola, sorridendole e iniziando poi a commentare su come fosse evidente il contrario.
-Tu cosa ne pensi, Light?- sorrise benevolo, il blu, cordiale e avvicinandosi alla suddetta, in attesa di risposta che non tardò ad arrivare, con un’alzata di spalle:
-Per me va bene. Partecipo volentieri, se lo fanno anche loro.-
-Uff… Non so che dire, a me basta un posto dove posso dormire in santa pace. Peccato che domani c’è scuola.- sbadigliò, Cat, stringendosi nelle spalle prima di prendere per mano il biondo, che sbuffò silenziosamente, chinando il capo.
-In effetti è inutile, se poi dormiamo e basta e non ci divertiamo. Però intanto andiamo.-
-L’importante è non fare troppo casino, visto che c’è il padre di Leo.- annuì, Donnie, pensieroso, ma più per il calo di felicità del biondo, che squadrava il pavimento con attenzione, ignorando il resto e continuando a mugugnare nella mente. -A te non va?-
-Mhm? Certo che sì.- rialzò il capo prima di affermarlo con entusiasmo, portandosi poi in cima alla fila, come da guida, accanto sempre alla sua ragazza, e arrossì divertito per quell’aggettivo personale indicatole.
-Beh, in questo caso, non ci resta altra scelta che accettare.- borbottò risentita, e ancora in imbarazzo, Gwen, a braccia conserte mentre, più pensava alle parole dell’amica dalle ciocche arancioni, più si incamminava lontano dal rosso che non sembrava da meno.
-Ora che torniamo che faremo?- mormorò Mikey, incuriosito nonostante il sapore amaro di svanire sulle labbra, troppo forte da accecarlo.
-Dormiamo, ovvio. Uff, oggi sei troppo iperattivo…- si lagnò, Light, esausta come lo dimostravano i suoi occhi, verdi ma spenti, stropicciati e stremati.
-Mhm. Va bene. Ma almeno una partita a carte la facciamo?-
-Per me non c’è problema, e forse si unisce anche Klunk. È molto bravo in questo.- commentò pacata, Cat, seguendoli, ma non era certa di camminare, nemmeno sentiva le gambe, in quel momento, e Gwen la affiancò con un broncio, ancora risentita per ciò che sentiva per il rosso, e per le parole accusatorie ricevute.
 
 
Si distese, spirando aria dalla bocca ad occhi chiusi, di petto sul divano mentre qualcuno gli scompigliò la chioma dorata, e sorrise, mugugnando allegro nonostante la tristezza che gli attanagliava il cuore, e gli occhi, velati da un’amarezza di lacrime.
-A voi non sembra triste?- sospirò, crollando sulla sedia in cucina e distendendo il capo contro lo schienale, esausta.
-Chi?- si ridestò, Casey, roteando e facendo il giro del tavolo solo per affiancare Light con allegria, nonostante avesse il volto affondato nelle braccia, sopra al ripiano in legno.
-Mikey, no?- rispose con tono ovvio, Gwen, come se stesse dicendo: “A chi altri potesse riferirsi, Cat?”, sorseggiando un po’ di caffè nella tazza bianca, insieme a Donnie.
-A me è sembrato anche più felice del solito…- borbottò allora, Venus, prima di sbadigliare: -Però si è comportato in modo strano, diverso dal solito.-
-Forse.- concordò in silenzio, Leo, giungendo in quel momento dopo aver lasciato il diretto interessato in soggiorno, e avvicinandosi poi ai fornelli prima che Viola, sgranando gli occhi, gli finì davanti.
-Ehi, hai intenzione di compiere un genocidio?- lo bloccò, con una mano contro al petto e lasciandolo offeso e risentito, con una smorfia sul volto.
-Volevo solo preparare una cioccolata calda a Mikey, tutto qui.-
-Posso prepararmela io.- alzò le spalle, il biondo, con occhi stanchi e stropicciati; comparendo come un fantasma e facendo trasalire tutti, o meglio, eccetto Light e Cat che forse dormivano.
-S-sì, certo.- riprese fiato, la ragazza dai capelli castani, indietreggiando nel vedere la figura del ragazzo che sembrava crollare, pronto a perdere qualcosa. Sembrava pronto a distruggersi ancora.
-Tutto okay?- si affrettò, Raph, con sguardo serio e portandosi dietro la schiena del biondo, scompigliandogli i capelli e solo in quel modo, il giovane sbatté le palpebre, come a farsi consapevole di trovarsi nel mondo reale e non in un sogno.
-Oh… Sì. Sono stanco, ho voglia di dormire.- mugugnò, portando però la pentolina sopra al fornetto accesso.
-Beh, lo siamo tutti.- ridacchiò il rosso, senza però allontanarsi oltre.
-Dormiamo insieme, vi va?- sussurrò cupo, come gli occhi, sempre più vuoti e dentro un baratro infinito a freddo.
-Certo, intanto io porto a letto Light.- sorrise pacato, Leo.
-Ehi! Lo faccio io!- protestò, Casey, indicandosi il petto con il volto corrucciato.
-Penso che tu possa farla cadere, su quei pattini.- protestò con una smorfia, allora, il blu.
-Io sono agilissimo, e invece tu ci metteresti una vita per accompagnarla.- decretò allora, avvicinandosi al ragazzo per squadrarlo meglio e con fare geloso.
-Ci vado da sola, se proprio.- decretò allora, alzandosi e stiracchiandosi le braccia al cielo, la suddetta; strizzando gli occhi e mugugnando prima di avvicinarsi al biondo e dargli una pacca sulla schiena, per come guardasse la cioccolata dentro la ciottola come se fosse senza speranza, quest’ultima, pronta a morire. -Vedi di risollevarti ancora. La depressione può restarti dentro, ma puoi anche ignorarla ogni volta che ti si presenta davanti. Buona notte.- portò poi il saluto anche agli altri, con Leo che la osservò con fare grato per quelle parole, e lei sorrise di rimando prima di sbadigliare e tornare a camminare, con Venus che decise di raggiungerla dopo essersi lamentata di essere l’unica senza ragazzo, anche se volle sottolineare per poco, con l’amica che ribatté che era lo stesso per lei.
-Ehi! Cosa volete insinuare? Io non sto con quest’idiota!- tese il pugno al cielo, la ragazza dalle ciocche verde acqua che sventolarono al nulla per qualche attimo, con fare funesto come il suo tono che lasciò sussultare e destare un po’ tutti, con Raph che ringhiò.
-Lo stesso vale per me, non ti credere di essere…!-
-Perché non la finite e basta? Ormai abbiamo capito: vi piacete, anche se in un modo di litigi e boh… Bah, state insieme e punto. O almeno discutete di mattina, e non ora, che stavo dormendo.- si lagnò, Cat, tornando a poggiare il capo contro lo schienale, per quanto scomodo, e chiudere le palpebre con un sospiro.
-Mi avete fatto prendere un colpo…- si lagnò invece, Mikey, sottovoce, prima di stropicciarsi un occhio e versare il liquido marrone all’interno di una tazza, mugugnando e lasciando che ne riempisse anche una seconda, purtroppo non piena quanto la sua. Fece una smorfia, troppo assorto nel sonno da accorgersi di aver parlato troppo forte, invece, e che quindi era tornato a regnare il silenzio per volere del rosso, che lo scrutava assieme a tutti gli altri, e con il genio che lasciò il bicchiere, ormai vuoto, sul davanzale, terminato di bere il suo caffè deteinato come Gwen che si mise a pulire mentre il più piccolo aprì il tiretto e Casey scivolò sulle rotelle per andare a distendersi e dormire sul divano, stanco e triste di non aver salutato come voleva la sua donzella.
Mikey sbadigliò ancora, afferrando due cucchiaini e lasciandoli accanto alle rispettive tazze prima di portare le nocche a sfregargli una guancia, come un gattino impaurito o in vena di pulirsi dallo sporco che, lui non aveva. Sospirò, puntando poi gli occhi su delle lame, forse coltelli ma non ci diede molto caso a cosa appartenessero, si limitò ad ammirarle a capo rivolto verso quel tiretto semi aperto; osservandole come se fosse la prima volte e con le palpebre che sgranarono lentamente e sempre di più prima che andasse, quasi con paura, ad accarezzarne una con il dito, sentendone la consistenza fredda, liscia e affilata in un colpo solo; però qualcuno, dietro, sussultò, o forse fece un verso di un altro tipo, di certo misto tra sorpresa e spavento.
-Volete della cioccolata anche voi?- chiese invece lui, di rimando, lasciando stare quell’arma e puntando gli occhi su Raph che si era bloccato dal parlare, più perché Leo gli aveva sussurrato di aspettare con un gesto del capo. In fondo, poteva fare come detto da Light: ignorare la depressione, anche se c’era. -Però non so se mi viene bene, ho troppo sonno.-
-Va bene così, tranquillo. Io non ho fame.- annuì il rosso, contento di quel risvolto e di vedere il biondo chiudere il tiretto come se non gli importasse il suo contenuto o ciò che lasciava indietro.
-Okay, ma… C’è della panna da mettere nella cioccolata?- mormorò verso il genio che sorrise e si portò ad andare verso il frigorifero, con Gwen che andò ad afferrare la tazza mezza piena con curiosità.
-Questa per chi è? Cat non penso ne voglia, se ha sonno.-
-Ho… Ho pensato… Ecco, volevo ringraziare Splinter per quello che ha fatto oggi, ma forse è andato a dormire.- voleva terminare la giornata in modo sublime, quasi, pur di farli felici, pensò, puntando gli occhi in quelli verdi dell’amica che sorrise.
-Allora… andiamo da quel pigrone, no?-
-Sì.- ridacchiò per quel termine, seguendola poi con la propria tazza in meno e voltandosi nel vedere Leo andargli dietro, insieme agli altri due, solo che Donnie in aggiunta aveva la bottiglia di panna, mentre Raph portava in braccio Cat, forse per condurla a letto, e sorrise.
Arrivati, Gwen bussò un paio di volte, sentendosi anche lei sempre più sfinita, tanto che se non fosse per il calore eccessivo e piacevole della ceramica di quel bicchiere, sarebbe già svenuta nel sonno; in ogni caso, era decisa ad accompagnarli, poi sarebbe andata a dormire, dato che anche Cat era stata portata a letto e Viola l’aveva imitata, andando con Raph che però era tornato in fretta; di certo avrebbero usufruito delle stanze dei ragazzi come la scorsa volta, e loro sarebbero finiti in stanza con Mikey. Mai che fosse lei quella che portava in braccio quell’idiota, eh. Se dovevano essere fidanzati, le cose dovevano cambiare!, decretò risoluto come nello sguardo. Aprì la porta appena l’uomo lo concesse con un “Avanti.”, serio e tranquillo, ma divenne sorpreso nel vedere tutte quelle persone nella sua stanza, ma lei bloccò in tempo Raph prima che varcasse la soglia, affrettandosi a tirargli il volto verso di sé.
-Ohi, idiota. Ti amo.- decretò con fare risoluto, baciandolo a stampo sulle labbra e con fare corrucciato prima di lasciare la presa e cedergli il bicchiere. -Buona notte.- decretò sotto lo sguardo ancora perplesso del ragazzo ma che subito sghignazzò, e quasi ebbe la tentazione di tornare a litigare con lui, ma cedette solo per la stanchezza, così si avviò dopo aver udito sulla schiena il brivido della carezza che gli cedette il focoso.
-Notte, scema.-
-E alla fine manca solo Leo…- sorrise, Donnie, con il diretto interessato che arrossì e protestò in imbarazzo, dato la presenza del padre che, ancora serio, volse gli occhi sul biondo, preoccupato da come, in ginocchio davanti a lui, sul tappetto davanti al letto, sembrasse teso e impaurito.
-Ecco… Volevo… Volevo ringraziarla, per o-oggi… Così, le ho preparato della cioccolata…- mormorò da farsi sentire, e Raph si affrettò a raggiungerlo e lasciare il bicchiere a terra, accanto a quello del biondo, sedendosi poi anche lui.
-Ti ringrazio molto, figliolo.- sorrise, grato di quell’apprensione e portando ad allungare una mano fino a che giunse sulla testa del ragazzo, con Leo e Donnie che continuavano a discutere mentre Yoshi accarezzò la chioma del biondo, notando come incassò la testa tra le spalle, a occhi chiusi, sempre più spaventato prima che li riaprisse sotto lo sguardo perplesso di Raph; e poi che puntasse i propri occhi azzurri in quelli sicuri dell’uomo che continuava a sorridere. -Non avere paura, non intendo farti del male.-
-Ohm… E perché no?- farfugliò, tra sé e sé, confuso, prima di focalizzare meglio l’immagine del volto davanti a sé e forzare un sorriso: quello non era suo padre. Non tutti volevano picchiarlo, cercò di imprimersi bene, imbarazzato per la pessima figura fatta che lo fece sentire sbagliato, ma subito si corresse in fretta: -Cioè, sì, è vero.- ridacchiò, con il sapore di volti dispiaciuti addosso prima che si sbrigasse e tendere, con orgoglio, la tazza per offrirgliela, e sorrise con più fierezza nel vedere come l’accettasse sicuro.
-Grazie, signore.- gongolò, dondolando e arrossendo per la felicità di quella cordialità intanto che Donnie si sedette e gli offrisse la panna tra le mani, dandogli poi una carezza sulla schiena, con Leo che si unì, e Splinter che osservò con piacere quella scena e quell’unione.
 
 
 
Poteva andare, adesso. Aveva fatto tutto quello che si era prefissato di compiere, persino con Splinter. Era finalmente giunto il momento: tutti erano assopiti, dormivano, e lui era in piedi, davanti a loro, senza neanche vederli per bene per colpa del buio e delle lacrime. Lacrime che continuavano a scivolare nel silenzio e nel suo sguardo, spento e vuoto prima che si voltasse, prendendo fiato e recandosi, come da piano, in bagno, entrando e chiudendosi la porta alle spalle. Si accese la luce e si affrettò ad asciugarsi gli occhi, infastidito dal riflesso nello specchio, così triste e portò poi gli occhi sulla finestra, affrettandosi, raggiungendola e aprendola, ma cercando di farlo sempre con più silenzio possibile, per poi cominciare a scavalcarla, singhiozzando.
-Ehi, Mikey, tutto bene?-
Sussultò, irrigidendosi e andando a sbattere, di schiena, contro la seconda anta, ancora chiusa, di quella apertura, mordendosi il labbro come consapevole di essersi fatto scoprire con quel suono, tutto per colpa della voce seria di Raph.
-Ohm, sì, perché?- tentennò con la voce e con il corpo prima di portare, ormai deciso, l’altra gamba dalla parte opposta, ascoltando poi il ragazzo che tentava di entrare.
-Puoi aprire? Mikey, ci sei? Ehi!-
-Uffa, ma cosa succede, Raph? Perché fai questo casino?-
-Mikey non apre e non risponde più, Donnie!-
Dava così fastidio sentirlo urlare con voce così preoccupata… Di certo, presto, tutti sarebbero stati svegli… E pensare che voleva fare piano, e scomparire nel nulla…, trattenne il fiato, e ad occhi chiusi si diede la spinta fino a sentire la gravità schiacciarlo mentre il vento sembrava volerlo tirare su, finché non atterrò sulle ginocchia, e così si diede la scossa per correre, andando in fretta fino al marciapiede tra le urla di quei tre che lo chiamavano. Singhiozzò, ma non poteva fermarsi, doveva andarsene.

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Capitolo 23
*** Prendere una decisione. ***


Correre, correre, doveva continuare, mentre il freddo raffreddava il suo pigiama, e l’asfalto combatteva contro le sue ciabatte, con il fiato che cessò ma lasciando alle lacrime il lavoro di continuare.
-E fermati!- lo prese da dietro, bloccandogli le braccia e riprendendo lui fiato, il giusto per poi iniziare a sollevarlo e, con decisione, tornare indietro, quasi soddisfatto; usufruendo che piangesse in silenzio senza guardarlo, ma tenendolo forte da sentire i suoi gemiti risentiti. Stringendolo maggiormente ancora una volta, a simulare una minaccia, fino a ghignare nell’udire il dolce e frettoloso suono delle ossa degli arti che scricchiolavano.
-Co…?- spalancò le palpebre di netto, ammirando il cielo libero e cupo mentre iniziò a comprendere che ci fosse qualcosa di sbagliato, anche perché non riusciva a correre, anzi, non stava più correndo, e faceva male, le ossa spingevano! Lo stavano stritolando? Eppure sospirò, perché la presa si fece meno presente, ma aggrottò le sopracciglia: perché si era fermato? E se era immobile perché il terreno non lo era? Si muoveva… Stava volando? Forse stava dormendo, e non aveva attuato niente alla fine… Però sentiva ancora male, male all’addome, come se gli è lo stessero avvolgendo e premendo, stritolando assieme alle braccia ma con meno foga da permettergli di analizzare la situazione, di dargli l’opportunità di rendere più lucida la sua mente; però non comprendeva davvero cosa stesse accadendo. Almeno fin quando non si sentì buttare come un sacco della spazzatura dentro i sedili posteriori di una macchina nera, su cui atterrò a gattoni. Scuotendo poi il capo confuso andò alla ricerca di quei ragazzi, supponendo immediatamente fossero loro, terribilmente arrabbiati… ma non c’era nessuno… Forse allora, pensò nel ricordandosi della sua voce a chiamarlo; era Raph che di certo si era infuriato maggiormente per tutto quello… Corrugò tristemente le sopracciglia, e si accucciò contro la portiera che aveva davanti agli occhi nell’udire quella da cui era entrato chiudersi con forza, troppa, e immensa rabbia, da farlo impaurire e tremare, e sobbalzò, sussultando nel vedere un uomo nero fare il giro, passando dal parabrezza e fargli comprendere che non fosse Raph mentre si mise al posto da guidatore, davanti a lui, e accendere la macchina e partire, senza dire nulla.
No… Era finito nelle sue mani…!, tentennò, pensando con fare mogio e succube dinanzi a quell’energumeno, fin troppo muscoloso e  ma quasi non gli interessava tanto: la paura c’era, era enorme come il suo respiro frenetico e rumoroso alle sue orecchie; timore da far palpitare il cuore nella testa, da farlo impazzire in quella notte che era diventata sempre più orribile, ma almeno non avrebbe infierito sugli altri; socchiuse le palpebre, sospirando e stringendosi maggiormente le ginocchia al petto, senza però emettere altro rumore: non doveva disturbarlo.
 
 
Non capiva… Si era fermato ma non erano nemmeno usciti dalla città… Non lo riportava a casa? Forse pensava che fosse tornato da lui per sempre… O forse voleva punirlo? Era proprio davanti a un albergo, la macchina parcheggiata… Si percepiva benissimo il senso di cosa lo aspettava, lo capiva fin troppo bene, di essere finito in trappola. Lo avrebbe picchiato… Punito per tutto quello che gli aveva fatto passare nel fuggire? Voleva tanto che quel buio scomparisse… Magari con il sole, il coraggio sarebbe tornato per farsi più presente… No, non poteva fare nulla: doveva lasciarsi andare alla volontà del mostro: era stata una sua scelta alla fine.
L’unico pensiero, al momento, era che non doveva tornare indietro, che stesso loro non dovessero trovarlo… Dovevano invece essere al sicuro! Così e per sempre… Senza di lui, la vita di quei ragazzi sarebbe stata decente, luminosa più della notte sotto quel lampione dove si erano fermati, e che vibrava come se preferisse la notte al giorno, in procinto di dare l’ultimo saluto come aveva fatto lui. Forse avevano già trovato il biglietto?
-E vedi di scendere, idiota!-
Trasalì, scattando indietro dalla parte opposta, seguendo l’istinto come voglioso e speranzoso di salvarsi, ma sobbalzò poco prima, fermandosi, nel rendersi conto che: non c’era davvero uno spiraglio di luce in quella gabbia. Aveva scelto di finire così, e così sarebbe continuata la sua vita: ormai era giunto il momento di smetterla di guardarsi indietro, di ostentare e cercare i fantasmi del passato e le loro parole, sfumate come loro; e di farsi coraggio nel tornare a vivere in quel groviglio di tormenti e dolore, che meritava, che ricercava e… alla fine, esso stesso bramava.
-Muoviti, ingrato!-
Aveva fatto la scelta giusta, aveva fatto la scelta giusta, aveva fatto la scelta giusta!, continuò a ripetersi, strisciando sui sedili verso la portiera aperta, dal ringhio feroce e impaziente dell’uomo barbuto e dagli occhi cruenti e accigliati fino all’inverosimile prima che lo afferrasse per un braccio, portandolo fuori con fare più veloce.
 
 
Si rinchiuse velocemente in bagno così come arrivò alla soglia della porta della camera trecento due, numero che ebbe intravisto così di sfuggita da non essere nemmeno certo di averlo letto giusto. Si rannicchiò poi contro il muro, sotto al lavandino gocciolante, in quella stanza candida di bianco, eppure sporca in vari punti mentre un ragno giaceva sul bordo della vasca leggermente lurida, come le piastrelle nere per terra. Sospirò, abbracciandosi con forza e sperando che, per il momento, sarebbe stato lasciato in pace: il letto era uno, matrimoniale, e quindi lui non avrebbe potuto sostarci. Stare in bagno era l’unica cosa fattibile, anche se sporco come tutto quell’albergo, decadente e vecchio.
Però…, si chiese che fine avessero fatto… Tutte le sue speranze e i suoi ideali, l’obbiettivo di mantenere quella odiosa e stupida promessa del cavolo! E anche se non avesse voluto definirla in quel modo, adesso era diventata troppo un supplizio, una maledizione… Voleva tanto rimangiarsela! Ma non poteva farlo, perché lei era morta sperando che lui vivesse, che la mantenesse per avere un modo per vivere… Ma non poteva vivere. Lui non faceva parte della vita: essa stessa lo aveva odiato, trattandolo in un modo orrendo, uccidendolo nel lasciarlo succube per anni nelle mani di un mostro, e pugnalandolo alle spalle appena aveva trovato quel fascio di luce, quell’amica tanto gentile che era sfumata nello spegnersi per la troppa tempesta che era stata la sua malattia. Quella stessa vita che lo aveva spinto a fare altre amicizie, scoprendosi con loro nelle proprie debolezze e nei suoi peccati e paure… Per poi colpirlo ancora, ferendolo con mille spine dopo averlo frantumato, e facendolo scappare da quelle persone che lo avevano amato, per poco, ma amato come solo Karai aveva fatto.
Si era lasciato quasi affezionare all’idea di essere una famiglia, mentre ora le lacrime scivolavano lente, a scavare il suo volto come a disintegrarlo, sotto il tonfo di quel mostro di Rahzar che crollò inerme sul letto, ignorandolo bellamente. Non se ne sorprese più di tanto mentre singhiozzò, cercando però di non emettere toni troppo forti nel farlo, cercando di essere invisibile, di non disturbarlo tra i tremiti del suo corpo e i battiti, quasi che correvano tra mille salti, del suo cuore. Non aveva smesso di palpitare, di calmarsi, nemmeno per un solo istante, e ora si sentiva sfinito. Deviò i suoi pensieri, preferendo domandarsi ancora se avessero letto la sua lettera, se l’avessero trovata, o, semplicemente, fossero tutti in giro a cercarlo, a urlare il suo nome, a pregare che tornasse indietro… Si strinse maggiormente a quell’ultima riflessione, con la paura che, se sarebbe stato trovato, non l’avrebbero più perdonato, che l’avrebbero tenuto costantemente sott’occhio… Non si sarebbero più fidati, e forse lo avrebbero punito…
No, loro erano gentili… Però li stava portando allo stremo della pazienza, della tolleranza… Chissà, forse lo avrebbero cercato un po’ e poi si sarebbero dimenticati, ringraziandolo anche di essersene andato, così da non dover abbandonarlo di loro iniziativa e fare la figura dei cattivi … Era un caso perso, era un’idiota e… un essere inutile…
Un tonfo sordo attirò di scatto la sua attenzione, e afferrò in fretta l’oggetto caduto al suo fianco come a impedirgli di emettere altro suono prima che, nel rinato silenzio interrotto dal frastuono del respiro di quell’essere, ritornasse a rilassare le proprie spalle, riconoscendo quello che aveva tra le mani come un semplice telefono, o meglio, quello che gli avevano regalato proprio loro. Quasi ebbe l’impulso, la tentazione di accenderlo e rovistare nella rubrica, alla possibile ricerca dei loro numeri… Nemmeno sapeva di averlo con sé, forse nemmeno se ne era accorto; forse era stato il suo subconscio, o una roba simile, a farglielo prendere e a farglielo mettere in tasca prima di andarsene… Non avrebbe fatto nulla, nemmeno accenderlo per rivedere i loro volti, sempre se ci fossero delle foto. Lo avrebbe buttato, o forse tenuto come ricordo… La luce dello schermo segnava le dieci e trenta passate: era tardi, faceva freddo, ed era solo. Solo da dopo tanto tempo. E loro… Chissà cosa stavano facendo, magari al caldo, sul divano a parlare di dove fosse, ma lui era certo che stessero già dormendo. Sì! Perché non serviva! Lui aveva solo rovinato le loro vite! Dannazione!
Si sarebbe tormentato per il resto della notte, ormai era chiaro, e lo dimostravano le lacrime che distruggevano il suo volto senza mai fermarsi, la smorfia sulle labbra e i denti che battevano, per la paura e per il freddo; e le pupille acquose verso quel pavimento vuoto, in quell’aria sempre più gelida. Quasi sperava di morire assiderato, sarebbe stato perfetto…
 
 

Gettò a terra una sedia nel darle un calcio, talmente forte da farla volare di qualche centimetro prima di crollare, e sbuffò stringendo i pugni mentre i suoi capelli vermigli sventolarono sopra alle sue pupille tuonanti di rabbia, e più vivi che mai in un’ondata di agitazione che stava traboccando oltre ai suoi nervi sempre più provati da quella consapevolezza, di non averlo raggiunto in tempo. Era corso a raggiungerlo, ma quel piccoletto era sempre più veloce ed era fuggito! Dividersi in gruppi non era servito, e ora erano tutti lì ad attendere senza nemmeno sapere cosa, con Donnie che si era lamentato di non aver pensato prima di fare qualcosa che, ai suoi occhi, si era rivelato essere mettere le mani solo su una nuova tecnologia strana. E lui stava esplodendo! Stava morendo di preoccupazione e agitazione per ciò che sarebbe potuto accadere a Mikey! Su dove fosse…!
-Raph, calmati…- provò Leo dopo essere stato attirato da quel frastuono, con Donnie invece che si adoperava, sfruttando il satellite come la volta scorsa, con la propria intelligenza a scovare nuove informazioni.
-Non prendermi in giro! Come posso calmarmi? Mikey è scappato per chissà dove, e forse non lo ritroveremo più!-
-Raph…-
-E pensare che sembrava andasse tutto bene! Non sembrava turbato! E forse adesso capisco perché: aveva pianificato tutto, se ne voleva andare e lo ha fatto senza neanche un fottuto rimorso!- ruggì, stringendosi nelle spalle con una furia eccessiva nelle pupille, che vibrarono, quasi in procinto di esplodere, davanti a quella calme e tristi del più grande.
-Questo non lo possiamo sapere… E…-
-Taci!- proruppe poi, contro l’azzurro che decise di, sospirando, cedere e volgere gli occhi in direzione del terzo, di Donnie che continuava imperterrito nel suo tartassamento di tasti su una piattaforma informatica tascabile, corrucciato e piegato con la schiena, seduto sul divano e con la testa verso le ginocchia dove teneva le mani che reggevano e smuovevano tale oggetto, con Yoshi al suo fianco a sostenerlo con uno sguardo paterno, nonostante non capisse quali azioni stesse cercando di compiere, come nemmeno Leo che volle interrompere la sua concentrazione con una semplice frase:
-Donnie, cosa stai facendo?- nel dirlo udì distintamente Raph ringhiare, come pronto ad aggredire l’indifferenza del genio, ma che subito scattò in piedi vittorioso, nonostante gli occhi stanchi e arrossati per lo sforzo, e subito si voltò verso gli altri ragazzi per poter esclamare, felice, un urlo di gioia composto da tre semplici parole:
-Ho trovato Mikey!-
Ci furono alcuni minuti di silenzio, interrotti solo dal respiro di tutti loro, mentre Raph, boccheggiando sembrava non aver capito, al contrario di Leonardo che sospirò, come più leggero nel sentire tale scoperta, con Yoshi che, invece, dopo aver squadrato bene il giovane, si alzò in piedi, congratulandosi con il genio che, sorridendo lo ringraziò sfregandosi la chioma scura.
-Stai scherzando?-
-Certo che no! Mi sono connesso al suo telefono: non ha neanche rimosso la scheda e questo mi ha aiutato a localizzarlo. Andiamo!- esclamò fiero alle parole del rosso, raggiungendo in fretta la porta mentre quest’ultimo, sconcertato, rimase imbambolato, a fissare il nulla intanto che Leo, ghignando gli diede una pacca per invogliarlo a muoversi, senza fermarsi.
-E cosa intendiamo fare? Lui è voluto scappare: credete voglia tornare?- sbottò, voltandosi con furia nella loro direzione, quasi con odio, ma più verso di sé, per non essere servito a nulla nonostante volesse proteggere quel ragazzino, oltre l’inutilità del momento attuale, dove non sapeva se fosse una buona cosa agire verso qualcuno così ostinato a lasciarli, sebbene avesse fatto la guerra fino a quel frangente lui stesso per la mancanza di non poterlo trovare.
-Almeno gli parleremo, e poi voglio capire anche perché lo ha fatto.- divulgò, l’azzurro, gesticolando con una mano mentre Donnie apriva la porta prima di continuare: -E poi non intendo lasciarlo solo: lo faremo tornare qui, qui, dove sarà al sicuro. Non lo lascio. Anche se continuerà a fuggire, io lo andrò a riprendere ogni volta.-
Raph, rilassando le spalle fece una smorfia, un ghigno pienamente in accordo a quelle parole, tanto che annuì per poi seguirli nell’avere una chiarezza, sgranchendosi le braccia, facendole ruotare con fare possente attorno al suo corpo, incamminandosi e con Yoshi che si apprestò a raccomandargli di fare attenzione.
-E allora muoviamoci.- decretò il focoso, per poi scattare fuori con i due.
 
 
Atterrarono contemporaneamente sull’ennesimo tetto, fermandosi poi dal continuare e ostentando la vista che avevano davanti, con Raph pronto a saltare a terra, eppure Leo lo bloccò in fretta, osservando successivamente il genio, dietro, nella notte più buia che nascondeva i loro volti, che continuava a lavorare su quel localizzatore, unico fascio di luce oltre alle stelle.
-È questo il posto?-
-Sì, si trova in quell’hotel. Entriamo dalla porta sul tetto: non facciamoci vedere e cerchiamo la stanza. È tardi, dubito che la reception ci condurrà nella sua stanza, e anche se fosse così, appena Mikey lo saprà scaperà, quindi agiamo di nascosto come al solito.- esibì il proprio piano, a quel punto, chiaro e diretto mentre li raggiunse, ancora con gli occhi impuntati su quello schermo prima di spostarli e notare il baratro che li divideva dall’albergo, oltre alla careggiata sottostante.
-Sì, ma è strano.- bofonchiò il focoso, con una smorfia mentre cercava uno spunto, un indizio, tra le tante finestre e concentrandosi su quelle accese, in attesa di vedere Mikey in una di esse mentre i due lo guardarono, in attesa del continuo: -Perché andare in un hotel? Scappare per andare qui? Che poi, non aveva soldi, o documenti: non aveva nulla addosso, nemmeno un bagaglio sbrigativo…-
-Gli è lo chiederemo appena lo troveremo.- mormorò Leo, non volendo avere più timori con sé: -Cerchiamo di riportarlo a casa in fretta: è tutto quello che conta, no?-
-Sì.- sorrisero entrambi alle sue parole, per poi saltare giù in contemporanea, agili come sempre e silenziosi come i ninja che erano, scuotendosi e agendo assieme al vento, senza spostare, però nemmeno una foglia, e scattare successivamente verso la parete di quell’alloggio, aggrappandosi ad alcune sporgenze che permettevano più attrito, attaccandosi così alle finestre, ai balconi fino a giungere sul tetto. Non persero tempo e appena individuarono la porta su quel terrazzo, si precipitarono sulla maniglia, agitandola frenetica in un fare maniacale e quasi folle, ma non c’era nulla da fare: era chiusa. Raph spostò in fretta Leo e si chinò, sbrigativo nel cacciare il suo Sai e usufruendole all’interno della serratura, che appena scattò si affrettarono a spalancarla e a chiudersela alle spalle mentre percorsero le scale talmente veloci, in quel buio, da sembrare che non ci fossero nemmeno, di andare a tentoni, a fortuna pur di fare in fretta: Mikey aveva bisogno di loro.
 

 
Sobbalzò, singhiozzando al tempo stesso e alzando le spalle, tenendole rigide solo per poi rilassarle nel vedere la porta del bagno ancora chiusa, e sospirò, socchiudendo gli occhi e tornando a stringersi, a tenersi le braccia attorno alle gambe, abbracciandosi e consolandosi in quella notte così silenziosa, fredda e mite. Era ferma, immobile come lui, come il suo animo e il suo essere; stabile come la sua voglia di svanire nel nulla, insieme a quel buio. Almeno non era Rahzar quello ad aver scosso la porta, forse era stato il vento contro la finestra, alla fine, e lui per la paura e la poca lucidità non lo aveva capito subito, temendo il solito attacco da parte di quel padre, di quel mostro, che ancora respirava, russava, dentro quell’enorme e caldo letto. Come sintomo del fatto che fosse ancora vivo, e che, quindi, fosse ancora un pericolo… Anche lui aveva avuto un giaciglio comodo, in quei giorni, da condividere anche, con persone fantastiche. Sorrise.
Sorrise e tirò su il moccio del naso al tempo stesso, tra la malinconia e la leggerezza di quei ricordi, soprattutto, in quel momento, in quel gelo, era più pungente la memoria di quella calda sera in cui avevano giocato, sopra a quel tappetto, tra mille piume e altrettanti cuscini. Tutti insieme, e tutti spensierati. Forse anche lui lo era stato, quel giorno. Eppure gli sfuggiva la sensazione che aveva provato allora… Avrebbe voluto sentirla oltre che ricordarla, ma era impossibile, in quell’attimo esatto.
Doveva tornare a esserlo? Se si voltava poteva quasi rivederli, correre nella sua direzione e stringerlo, in un bagno come in un altro, come all’inizio… Quando lo avevano salvato in quella marea di sangue a lacrime, di disperazione e sapore di salata morte. Erano così delicati, con lui, anche Raph, in un certo modo, con il suo fare, era stato gentile con lui. E le ragazze… E Cat…
Una famiglia. Come il maestro Yoshi trattava Leo, e come aveva trattato lui… Per tanti anni era cresciuto vedendo solo crudeltà, capendo che solo quella potesse esistere… Eppure loro, quelli… Quelli non erano così, erano tutt’altro! Lo aveva sperimentato, e quasi, o meglio, non aveva davvero capito il motivo perché lo fossero.
Eppure lo erano.
Adorava che fossero così, perché era proprio così che erano e che sarebbero rimasti. Ma non con lui. Non più. Lui non doveva tornare a essere spensierato, perché non era come loro… Lui era abbandonato, triste e problematico, e ora era di nuovo solo. Di nuovo abbandonato. Ma, almeno, era perché lo voleva lui.
Perché lo voleva, vero?
Continuava a farsi questa domanda, a esserne sicuro, certo della risposta… Ma piangeva, singhiozzava, tremava, e sentiva il proprio cuore in procinto a spegnersi! Faceva male! Le lacrime scivolavano come pioggia battente su una finestra, senza tregua e colpendolo a fondo, mirando al suo essere, alla sua anima tormentata e vacillante nella pazzia di quella notte, fin troppo serena e accecante di luce, di quella delle stelle, della luna e dell’animo che aveva e che portava con sé il buio, dolce e forte. Si sfregò il capo d’istinto, sentendosi con la gola pizzicante, un turbine di crepitii che vorticavano, e trattenendo quello che non poteva rivelare: doveva stare zitto, zitto; non farsi sentire, essere invisibile e chiedere scusa se era vivo. Ancora vivo… Dolorante! Troppo! La testa faceva male! Lo uccideva con il suo modo di spezzare la sua lucidità!
Un coltello! Un coltello!
Era l’unico modo! Diamine, doveva soffrire! Ora! In fretta! Era il modo più bello che poteva attuare!
L’unico modo per riprendersi la serenità perduta con loro.
 

Doveva morire.

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Capitolo 24
*** Fuori controllo. ***


Il sangue! Benedetto sangue! Lo avrebbe riavuto, lo avrebbe sentito ancora e avrebbe goduto di piacere nel poter abbandonare nuovamente il dolore. Sarebbe stato bene finalmente! Senza dolore.
E magari, anche senza la vita infine.
Non meritava tutto questo, singhiozzò, tentennando e afferrando la prima forbice che trovò nel rovistare dentro a un armadietto sotto al lavabo, per quanto fosse sottile e minuta, appartenente forse a quel mostro; ma, sghignazzando sicuro e puntando in fretta la piccola punta alla gola, mentre la sagoma allo specchio davanti a sé, rotta ed euforica, con le ciocche scompigliate, e vibranti di un giallo posseduto, in contrasto con l’opaco del suo volto, dava un senso di amaro terrore in quell’aria sempre più sinistra, contro la finestra poco distante da sé, che quasi vibrava dinanzi alla sua pazzia. Per quanto quell’oggetto fosse così minuscolo da essere inesistente a tratti, poteva rivelarsi l’arma fatale che cercava e che, con un solo affondo, gli avrebbe donato la pace che tanto agognava: sorrise, aveva trovato il suo destino, ciò che doveva fare. Non doveva vivere, non doveva rovinare la vita agli altri, farli preoccupare; e non doveva essere così, così pietoso e inutile… Era giusto così. Doveva essere giusto così!
Un tuono, forse due o tre, pari a un frastuono come se stesse per crollare la casa, tanto ampio fu percepito alle sue orecchie, e tanto fu frenetico l’impatto di tutti e tre di quegli strepiti, così in successione, così forti mentre volle premere con intensità e decisione, più di quel gesto udito; strizzando gli occhi, ma quel trambusto lo fece boccheggiare, ragguagliare in un sussulto che fece cadere quell’arma estremamente pericolosa, che rombò a terra nel tremolare su sé stessa a intermittenza, senza fine, ma producendo, un nuovo suono, però sempre più lieve intanto che osservò, scrutò, al di fuori di quella finestra. Si concesse pochi secondi, e poi si rintanò al di sotto del lavandino, approfittando dei tiretti scuri che impedivano la sua visuale: non aveva avuto il tempo necessario per capire; era come se si fosse appena risvegliato da un incubo, anche per via di quel suono abnorme e che si era rivelato solo un bussare, fin troppo raccapricciante nell’essere comparso nella notte, dietro a una finestra e con tanta determinazione; ma non aveva capito da dove provenisse, e ora osservava, tra gli spasmi, la porta principale del bagno davanti a sé, capendo che Rahzar avesse bisogno del bagno e lo stesse pretendendo… Tutto quel baccano era opera sua, quel frastuono per spaventarlo e fargli capire che stava per morire comunque…
No… No, non era lui… No, perché… La porta era chiusa…; inclinò il capo, perplesso: se fosse stato Rahzar, l’avrebbe già buttata a terra, anche se non fosse stata sigillata. Non capiva, però, se non era stato il mostro, allora tutto quel rumore non lo avrebbe comunque svegliato lasciandolo di malumore, no? Aveva paura, e infatti stava tremando, e non perché aveva freddo, ormai il gelo era svanito per tutta quell’adrenalina nata nello spaventarsi di colpo… Però… Se si era destato, ora c’è l’avrebbe avuta con lui… Che doveva fare? Era agitato, e non riusciva a regolarizzare il fiato eccessivo.
Doveva provarci. Sospirò, rilassando i polmoni, eppure invano dato come il suo cuore corse, e, come un riparo, sotto la luce del lampione fuori, che condusse il suo fascio a dar vita all’argento della forbice che giaceva a terra e che la riflesse in alto, sul soffitto come un rimbalzo, illuminando e dando un senso di maggiore inquietudine nel comprendere che, accanto all’arma, qualche goccia vermiglia si fosse impossessata del pavimento, così come della stessa lama. Farfugliando parole senza senso, e sgranando gli occhi, lasciò ai minuti di scorrere ma non di permettergli di ottenere la volontà di controllare la propria pelle, che iniziava a farsi più bruciante e calda, ma non servì a dargli quella curiosità, bensì solo quella di sporgersi e notare nuovamente la finestra. Cacciò un sospiro enorme, mostrando vapore, o forse fu un’allucinazione, davanti a quei tanti occhi che lo osservavano, con le mani sulla lastra di vetro, e alcune di esse a ticchettare, come a volerlo tranquillizzare, o avvisarlo, o altro ancora; anche per via dei loro sguardi: non erano arrabbiati, nemmeno chi lo era sempre…
Erano lì.
E ora avrebbe dovuto scappare ancora, quindi. Sì, e per cosa?, ironizzò nella mente; Per nulla. Diamine, lo avevano ritrovato. Era un imbecille! Ma non poteva aprirgli: Rahzar avrebbe sentito, si sarebbe svegliato…! E anche se non fosse… ma sarebbe accaduto di sicuro; e si strinse le mani contro al petto, tra loro, alla ricerca di una risposta, perché di certo non poteva lasciarli entrare dopo essere fuggito così! E soprattutto… Magari avevano letto la lettera e non erano d’accordo? Strano. Impossibile… Avrebbero dovuto lasciarlo perdere, sarebbero stati più felici…
E poi… Se apriva sarebbe tornato tutto come prima…, ma lì, puntò gli occhi nuovamente a terra, capendo che doveva davvero. Doveva! Doveva assolutamente compiere quel gesto! E poi, magari stava sognando: loro non potevano averlo trovato, così, di punto in bianco: sì, stava sognando. Era la sua testa, le sue allucinazioni, che corrompevano la sua visuale…
Doveva sbrigarsi allora. Si strinse nelle spalle e l’afferrò nuovamente con uno scatto, allungandosi e tornando immediatamente indietro, interrompendo la luce, quel breve sprazzo di speranza, per puntarsela stesso alla gola, in un secondo, come se non aspettasse altro. La speranza lo avrebbe ucciso, doveva. Con entrambe le mani, e con la testa che piantò al muro, si tenne pronto. Maciullandosi le labbra tra i denti portò gli occhi al cielo, e sospirò malinconico: sperò almeno di poterla rivedere. Lo avrebbe odiato, sì; anche lei, ma almeno l’avrebbe rivista.
-Stai fermo.- esclamò, tenendo saldamente quell’orrendo e ripugnante oggetto tra le mani e ritraendolo, portandolo indietro fino a gettarlo, schifato, dietro di sé. Però il suo tono era calmo, quasi dolce…
Non capiva chi fosse, non ne aveva tanta voglia, era meglio stare a fissare il soffitto, con la bocca semiaperta a cacciare vapore, o forse solo aria. L’arma, quella che aveva tanto agognato, era svanita nel nulla, e ora, nella sua mano, non c’era niente: vuoto, come lo era quel senso di angoscia, di disperazione… Quel, “Doveva farlo!”, era andato appena qualcosa lo aveva circondato… Sentiva calore, e questa volta era tangibile, così come il sentimento di spensieratezza che aveva voluto sentire dentro prima, durante quei ricordi…
-Non c’è bisogno di questo, di fare questo Mikey. Siamo qui. Siamo con te.-
-R… Ragazzi?- tentennò nell’udire distintamente una nuova voce, quella di Leonardo. Spalancò gli occhi, portandosi più seduto e sbattendo maggiormente la schiena contro il muro, assieme alla testa prima che iniziasse ad agitare le gambe convulsamente, in procinto di scappare, affannato e sentendosi infreddolito nel sudore che lo cospargeva, che gocciolava a terra come pioggia insieme alle lacrime: non aveva mai smesso o aveva ricominciato? Non gli importava, in subbuglio com’era e con loro tre davanti a tranquillizzarlo nello sfiorarlo, o tentare di farlo: non sapevano come interagire in quell’attimo, erano in difficoltà e lo si notava anche dai loro sguardi inclini al dubbio, dai loro occhi che trasmettevano amarezza e dalle smorfie inquiete mentre lo osservavano.
-N… No! Via, anda…!-
-Shh! Sh, sh, shh! No, no, tranquillo, tranquillo.- lo tenne stretto, Raph, abbandonando in fretta l’arto che, di scatto, aveva raggiunto la bocca, nuovamente libera ma non più in procinto di gridare, e continuando a cullarlo, a coccolare la sua chioma così luminosa in quel buio, come dei raggi che si espandevano nei loro occhi, alla ricerca di speranza, di ritrovare il loro Michelangelo in tutta quella paura, quella miserabile disperazione.
-Abbiamo optato per arrivare qui dalla finestra appena abbiamo capito che, dietro la porta c’era qualcun altro, oltre a te… Ma sta per arrivare la polizia, se ti trovano e dici che ti ha rapito, andrà bene.- bofonchiò allora, Donnie, torturando il suo localizzatore tra le dita, non sapendo se fosse stato giusto informarlo, ma non sapeva come reagire, cosa fare, in un momento del genere e con Mikey in quelle condizioni senza vita sotto la lieve scia di vento fresco che arrivava dalla finestra che aveva aperto il rosso con lo stesso metodo per la porta sul tetto. Trattenendo però il fiato insieme a tutti, soprattutto il più giovane che boccheggiò con le pupille a vibrare nel sentire il suono famigliare di qualcuno che, voltandosi nel letto e trascinandosi le coperte era finito con i piedi per terra con un forte tonfo, ben prominente e tuonante.
-Che cazzo hai adesso, bastardo?-
-P-p-p… Perché la polizia, perché?- mormorò, non tanto forte ma esalando un ultimo fiato con vigore: non era un problema, sapeva già e comunque che si sarebbe destato. Se lo aspettava, e sarebbe stato punito: era giusto. Ma la polizia no… Quello era un problema, Rahzar lo avrebbe ucciso se lo avesse saputo.
-Non ti toccherà, lo giuro.- sbottò Raph, tenendolo ancora più a sé, protettivo come una madre e donandogli un’ultima carezza prima di alzarsi e cacciare i Sai dal fodero nella cinta scura e marrone, stringendoli in entrambe le mani; nervoso e con un forte ringhio che superò la porta, tanto da far smuovere il mostro, che smise di piegare la maniglia, ma solo per un secondo prima di completare quell’atto e spalancarla.
-No! No! No, no! Va via! Via!- tornò a contrarsi, divincolando le braccia davanti al petto e poi verso il terreno a darsi forza come se dietro di sé non ci fosse il muro e potesse fuggire mentre le gambe spinsero in avanti un paio di volte, come a denigrare il buio e quelle persone davanti a sé, prima di richiudere le ginocchia accanto al suo petto, attaccando le mani alle sue ciocche con fare disperato, con il fiato accelerato e le pupille sempre più rimpicciolite e vibranti di pazzia, sempre più vacillanti lontani dalla lucidità.
-Sono qui, Mikey, siamo qui: ti vogliamo bene. Questo dolore ti sta distruggendo, ti sta spezzando, ma siamo qui: siamo ancora qui!- si fece sentire, all’ultimo, Donnie, chinandosi e lasciando stare quell’arnese a terra; prendendo il minore per una spalla, con una mano, e avvolgendogli il busto con l’altra dopo aver appurato, tastandola, che la ferita sulla gola non aveva lacerato nessuna parte interna importante. Sentì Raph sospirare dopo aver assistito a quella scena, con il cuore che si era stretto nella preoccupazione, scomparsa appena il genio era intervenuto; per poi puntarsi addosso a quell’essere, spingendolo indietro bruscamente e colpendolo usufruendo dei manici dei suoi Sai, intanto che Leonardo sfoderò una delle sue katana dalla custodia sulla schiena, seguendo a ruota l’amico, e atterrando, nel saltare e fare una giravolta in aria, Rahzar, percuotendolo alla gola con il tallone da fargli perdere conoscenza.
Lo guardarono entrambi con ripudio, lasciandolo poi a terra per raggiungere nuovamente il bagno, ritrovando Donnie in piedi e con, tra le braccia, il più piccolo che teneva il volto celato dietro al collo del genio; singhiozzando e con tono rauco, mentre il castano sospirò un mezzo sorriso nell’udire il suono rassicurante delle sirene.
-Sono arrivati, andiamo, voi aspettate, okay?- esordì Leo, più leggero e sollevato nel sentire come tutto stesse andando nella direzione che avevano sperato.
-Arrivato… Chi è arrivato?- mormorò scettico, Mikey in quel momento; tranquillo come se si fosse appena destato da un brutto sogno, innocente come se non fosse mai crollato nella disperazione, e ancora stretto contro Donnie che sorrise, scuotendo il capo dolcemente prima di parlare:
-La polizia, ma non devi preoccuparti. Ora andiamo a casa.- sorrise; almeno, ora, c’era da aggiungere anche un aggressione, da parte di quell’essere. Sperava che sarebbe stato in carcere a vita, o almeno il tempo giusto affinché Splinter adottasse il loro biondo e caro amico. Anche se, oramai, avrebbe perso l’affido in ogni caso: dato quel rapimento e anche per chissà cosa avrebbero trovato in quella stanza o nella sua macchina.
-Casa…?- farfugliò, amaro e con la bocca impastata mentre sentiva la gola pulsare, o meglio, il lieve taglio che era rimasto come simbolo di ciò che stava per fare, e che continuava a sanguinare e a cospargere di rosso la sua pelle, e forse anche il colletto di quel, così triste ora, pigiama.
-Ehi, Mikey!- si avvicinò con il suo solito tono forte anche se, per una volta, pacato, Raph, dopo che ebbe acceso la luce in quel bagno troppo tetro e sporco, lasciando agli occhi di tutti di abituarcisi con difficoltà, ma facendo sobbalzare il più giovane per quel richiamo, che si voltò verso di lui timoroso, mordendosi in fretta il labbro inferiore, strizzando le palpebre appena lo vide avanzare con una mano nella sua direzione prima che essa si trasformasse in una calda carezza. -Sono felice che tu stia bene.-
-Ohm… M-Mi… Io non…- sospirò in quei bisbigli prima di voltarsi nuovamente e celare il capo contro il petto del genio, anche se con ancora l’arto del focoso sulla sua chioma. Non sapeva che dire: voleva scappare, e lo aveva fatto, voleva uccidersi, e quasi c’era riuscito… Un “Mi dispiace” non sembrava il caso, e neanche essere perdonato, a conti fatti… Non poteva dire niente, e non voleva dire niente, eppure non voleva essere lasciato lì: desiderava che lo portassero con loro, come effettivamente stavano facendo, standogli vicino. Ma non se lo meritava, mentre la polizia faceva irruzione con violenza e circondava quell’uomo fino a incatenarlo con solide manette e intanto che un agente si avvicinò a lui per prendere la loro versione dei fatti, più veritiera che mai… Ora doveva parlare, immaginava… Sì, doveva. Questa volta era il momento.
 
 
 
Era a casa. Di nuovo. O almeno quella che condivideva con quelle persone. Era ancora in braccio a Donnie quando venne circondato da Splinter e le ragazze, che, a differenza di quel poliziotto, lo accolsero tra sorrisi e sospiri di sollievo, oltre che qualche rimprovero, sempre dolce, e qualche abbraccio. Ma la voglia di parlare era passata dopo aver rivelato ogni cosa, tra i singhiozzi, a quell’autorità. Certo, avrebbe dovuto fare altrettanto in tribunale, con l’appoggio di quei ragazzi che gli avevano detto che sarebbero venuti, questa volta… Ma non ne aveva la forza. Mentre venne adagiato sul divano, l’unica cosa che gli passò per la testa era chiudere gli occhi e lasciarsi andare tra le nuvole, verso quell’amica che tanto le mancava e che, forse ora, dopo aver fatto tutto quello, dopo non essere morto, non essere stato abbandonato e aver consegnato la criminalità alla giustizia, l’avrebbe accettato a braccia aperte.
Tra le voci di tutti loro, che festeggiavano, lui non poteva che esprimere un sorriso amaro e malinconico, nella speranza di morire per davvero, questa volta, intanto che Cat stava seduta al suo fianco, vicino al suo addome, sul bordo dei cuscini di quel mobile, e Donnie che guariva la sua gola, stando in ginocchio, per terra. Tutti sicuri, tutti felici. Lui era solo tremendamente contento di non essere stato abbandonato. Ma ora voleva lasciare andare tutta quella tristezza, tutta quella disperazione. Voleva spirare il suo ultimo respiro, davvero. 
 
 
 
Schiuse gli occhi con il vivido ricordo di Rahzar negli occhi che lo fece rabbrividire, ma poi, da un fascio di luce che arrivava da dietro di sé a illuminare il suo volto, a scaldarlo come a ricordargli che era vivo e che l’aria entrava ancora nei suoi polmoni; arrivando anche a colui che aveva davanti, comprese che non era stato un sogno: era davvero tornato in quella casa, con loro… Lo dimostrava l’essersi svegliato immerso nel suo letto, sotto le coperte e assieme a quei ragazzi. Aveva Raphael proprio davanti, e gli altri due, Donnie e Leo, di certo erano alle sue spalle. Mugugnò silenzioso prima di sbadigliare e stropicciarsi un occhio dopo aver celato la bocca spalancata per quel verso d’aria che aveva dimezzato: non voleva farsi udire, però aveva dovuto trattenersi nel percepire una lieve fitta, un pizzico alla gola, e che, nel tastarla, ritrovò fasciata: di sicuro era stato medicato, e quindi anche cambiato d’abito. Schiuse gli occhi nuovamente, riscoprendo come stessero ancora dormendo tutti, e si voltò per averne una certezza anche per gli altri ragazzi. A quel punto gli venne solo in mente di alzarsi, strisciare via verso il basso, in quel nuovo pigiama verdognolo e lungo, e andare via, per salvarli da sé stesso, dai suoi modi di rovinare tutto a tutti; eppure… Eppure voleva rimanere lì per sempre. Quella sensazione non voleva abbandonarlo e lui non sapeva come riuscirsi, o se volesse davvero lasciarla; si lasciò sfuggire un sorriso, quasi con l’impellenza di abbracciarli, gli è lo urlava il cuore: voleva stringerli e coccolarsi un po’ a loro.
Desiderava un po’ di affetto, ma non gli sembrava il caso mentre si spingeva via verso il terreno, contro la base del letto, svanendo nelle coperte fino a sfiorare il pavimento con le dita e ricomparire e chinarsi a terra sulle ginocchia, proseguendo con un amaro sorriso. Restare, o no, alla fine era diventato un desiderio superfluo dopo quello che era accaduto… E ormai era alla porta, fece un mezzo ghigno; non aveva più tanta voglia di dormire, tanto meno di restare fermo in mezzo a loro… Poteva, come unica alternativa, uscire e…
-Mikey, fermo.-
-Ah.- sobbalzò, voltandosi di scatto e sgranando gli occhi alla vista di Raphael, per un attimo ebbe il timore che lo avrebbe punito, che avrebbe aumentato la presa sul polso che aveva agguantato prima che aprisse la porta, ma continuò a ricredersi: era calmo, così come la sua voce intanto che anche gli altri due si erano messi in piedi, e lo avevano raggiunto. In un silenzio simile al suo, tanto non si erano uditi.
-Tutto bene?-
Michelangelo respirò a fondo, lentamente e osservando il sorriso benevolo di Leo per un attimo, studiandone i particolari e come sembravano, tutti, sorvolare su ciò che era successo; prima di portare gli occhi in basso, al terreno, preferendo il silenzio al suono tremendo e irrispettoso delle parole. Dare voce ai pensieri era inutile, ora che li aveva traditi nuovamente: non se la sentiva di continuare quella farsa. Fare l’amichevole, se alla fine voleva morire... Era meglio tacere.
-Beh, cosa ne dite di cominciare la mattinata con una bella colazione, eh?- provò allora, Donatello, ridacchiando e aprendo la porta al posto del biondo, ancora muto e senza respiro.
-Sì, andiamo.- concordò l’azzurro, dando una pacca sulla spalla a entrambi intanto che il genio era già in corridoio. -Sono certo che sarà una bella giornata. E possiamo sempre cucinare insieme, no, Mikey?-
-Ma tu fai esplodere tutto.- bofonchiò affranto, senza nemmeno accorgersi di quelle vocali e consonanti che erano danzate via dalle sue labbra, e che fecero ridere gli altri mentre Leo fece una finta smorfia offesa, felice però che non tenesse un mutismo selettivo nei loro confronti, o almeno sperava.
-Ti farò ricredere delle mie capacità culinarie.- esordì allora.
-Temo per la cucina, e per il mio stomaco…- gemette allora, Raph, con una boccaccia risentita, ma sempre per scherzo intanto che anche Donnie disse la sua e Leo rispose a tono, oltraggiato della poca fiducia nei suoi confronti.
E così avanzarono tutti insieme, diretti ai fornelli e tenendosi tutti vicino al biondo, che, a capo basso, non riuscì a tenere il muso a lungo, solleticato da un sorriso in mezzo a tutta quella serenità di cui aveva sentito, fin troppo, la mancanza: se non c’è l’avevano con lui, forse poteva fare altrettanto e non tormentarsi, almeno per un po’.

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