Richiamo dal Grande Pianeta

di fandani03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solitudine ***
Capitolo 2: *** Decisione repentina ***
Capitolo 3: *** Il dolore dà la forza ***
Capitolo 4: *** Sconforto ***
Capitolo 5: *** Combattere ancora... ***
Capitolo 6: *** Rivelazioni ***
Capitolo 7: *** Debolezze di un cyborg ***
Capitolo 8: *** L'amicizia ci salverà ***
Capitolo 9: *** Sinergia ***
Capitolo 10: *** L'ultimo sacrificio ***
Capitolo 11: *** Rinascita ***
Capitolo 12: *** L'energia dell'amore (prima parte) ***
Capitolo 13: *** L'energia dell'amore (seconda parte) ***



Capitolo 1
*** Solitudine ***


1 - Solitudine

Erano trascorsi ormai diversi mesi da quando Coog e gli altri cyborg si erano separati da Aurora, lasciandosi alle spalle il Grande Pianeta.
Una volta tornato sulla Terra, Coog aveva ripreso i compiti cui era stato assegnato molti anni prima. Prima di essere rinchiuso sulla Luna, prima di conoscere la Principessa Aurora, prima che la sua vita cambiasse profondamente.
Era cambiato, lo erano tutti. Era diventato certamente migliore, era rimasto taciturno ma era diventato più calmo e controllato.
In quei mesi i contatti tra il Grande Pianeta e la Base terrestre erano stati costanti. Aurora e la Dottoressa Kitty avevano a volte contatti fugaci, altre volte lunghe e rasserenanti conversazioni.
Ma ogniqualvolta Aurora chiedeva notizie di Coog, o chiedeva di poterlo salutare o parlarci, Kitty era costretta a trovare sempre nuove giustificazioni per il ragazzo che, sapeva, avrebbe certamente rifiutato ogni dialogo.
Non voleva, non poteva, non avrebbe mai parlato con lei attraverso una fredda e asettica video conversazione. Era convinto che il mezzo avrebbe contribuito solamente ad accentuare maggiormente la distanza tra loro. Preferiva continuare a pensare ad Aurora utilizzando i ricordi di lei in carne ed ossa, così come l’aveva lasciata.
La domanda era sempre la stessa: “Che mi dici di Coog? Pensi che oggi potrei salutarlo?” -  chiedeva la Principessa Aurora. 
- “Oh no, Aurora, mi dispiace, Coog è fuori per una missione…lo sai, anche oggi…” - su richiesta di Coog era costretta a mentire. Osservava lo sguardo di Aurora farsi ogni volta triste e cercava di trovare le parole giuste:
- “..per lui è molto difficile, sai quanto è sensibile…” -
- “..sì, certo, lo so….” - abbassava lo sguardo, Aurora. E lo stesso faceva Kitty, consapevole di essere lei l’artefice di quel cambiamento, di quella strada senza ritorno che tutti avevano intrapreso. E Coog aveva solo pagato le conseguenze delle scelte altrui.
Per Aurora vivere in solitudine non era certatmente stato facile, ma le aveva permesso di pensare molto. Seppure consapevole delle circostanze ineluttabili e forte del suo senso di responsabilità, motivo per cui era stata scelta per quel difficile compito, pensava a lui spesso, tanto spesso da sentire un peso sul cuore.
Pensava al loro primo incontro, al suo carattere difficile e al tempo stesso alla tenerezza con lui le si era sempre rivolto. Ma anche alla sua durezza e caparbietà, ai loro scontri e ai momenti dolorosi che li avevano separati.
Ripensava spesso al lungo viaggio verso il Grande Pianeta. Avevano attraversato innumerevoli avventure e pericoli, ne erano usciti insieme ed era consapevole che doveva loro la sua vita, perché innumerevoli volte avevano corso enormi rischi per lei.
Ma avevano vissuto molte giornate serene sulla Regina del Cosmo. Giornate durante le quali, nel tentativo di riposare, si ritirava nella sua stanza, mentre i tre cyborg si aggiravano scatenati per i corridoi, come tre bambini che cercano di ingannare il tempo e i quali alla fine, in un modo o nell’altro, le strappavano sempre un sorriso. Cercando in tutti i modi di attirare la sua attenzione e, non appena lei si affacciava dalla sua stanza, si fermavano con aria colpevole come volessero dire Scusaci, Principessa, ti abbiamo svegliato?!. Le risate risuonavano, il buonumore che le trasmettevano era ineguagliabile.
E ogni volta gli occhi di Coog sfuggivano furtivi lo sguardo di Aurora, evitando ogni contatto visivo che potesse far trapelare i suoi sentimenti, l’emozione che gli dava anche solo vederla.
Gorgo e Hakka facevano invece a gara per entrare nelle sue grazie e non nascondevano la loro predilezione.
Coog aveva fino alla fine tentato di celare un sentimento che, paradossalmente, era probabilmente molto più profondo e forte di quello di chiunque altro.
La Principessa, dal canto suo, aveva impiegato molto tempo per rendersene conto. Se da principio non faceva che sentirsi in colpa, osservandolo e comprendendo una tristezza mal celata, lentamente quel sentimento in lei era cresciuto ed era diventato sempre più chiaro.
Ma aveva fatto di tutto, nel tempo trascorso insieme, per non far trasparire nulla agli occhi del cyborg, per non illuderlo sulla possibilità di una vita e di un futuro che, per mille ragioni, non avrebbero mai potuto condividere.
Unicamente quella volta, dopo quei lunghi giorni di separazione in cui Coog era stato allontanato dalla Regina del Cosmo, dopo che il grosso equivoco era stato svelato, solamente in quella circostanza aveva faticato a trattenere un’emozione traboccante. La gioia di riaverlo vicino, di averlo ritrovato e vedere la felicitàe le lacrime nei suoi occhi, non ebbero eguali da quel momento in poi.
Ma la loro missione veniva prima di tutto, e ogni sentimento o sentimentalismo andava irrimediabilmente messo da parte.
Due evidenze, inoltre, li avrebbero certamente sempre allontanati: Coog era un cyborg. Lei era la Regina del Grande Pianeta. Sarebbe rimasta lì molto a lungo, probabilmente per sempre.

Coog, dal canto suo, era sempre più taciturno, distante, concentrato sulle missioni da compiere ogni giorno, ma sempre attento alle notizie che giungevano dal Grande Pianeta. Ascoltava di sfuggita le conversazioni tra la Dottoressa Kitty e il Professor Doggert, per accertarsi che lei stesse bene.
Kitty aveva capito, da sempre. Lo lasciava stare nei suoi pensieri, o gli si rivolgeva con molta delicatezza. Il Professor Doggert, invece, lo incalzava di continuo con delle frasi ormai ricorrenti:
- “Coog, accidenti, prova a fare un sorriso ogni tanto! Cosa direbbe Aurora se ti vedesse così??” – e la risposta era sempre la stessa, caustica.
- “La Principessa Aurora non è qui e non può vedermi…e io sorriderò quando avrò un motivo per farlo!” –
Le giornate trascorrevano senza intoppi, senza alcuna notizia rilevante nel mondo o dallo spazio.

Quella mattina Aurora si era svegliata in preda ad una forte agitazione, gocce di sudore le imperlavano la fronte, il cuore correva all’impazzata, immagini inquietanti le attraversavano la mente e le scorrevano davanti agli occhi. Sangue, due mani scure strette intorno al collo. Le sembrò di soffocare e non riuscì ad emettere alcun suono per parecchi istanti.
Sentì’ la paura diffondersi in tutto il suo corpo. Doveva stare calma, continuò a ripeterselo. E’ stato solo un incubo, non è niente…
Una giornata intera era passata, ma quella sensazione di angoscia, quel presentimento che qualcosa di brutto stesse per succedere, non l’aveva abbandonata.
- “Aurora, che cosa c’è? Ti vedo strana…”- la conosceva troppo bene perché quello stato le rimanesse inosservato.
- “Non preoccuparti, ho avuto solo una notte agitata…forse solo qualche incubo, ma va tutto bene.” –
Il tono squillante e il sorriso che Aurora aveva sfoderato, al massimo dello sforzo di cui era stata capace, avevano forse ancora di più impensierito Kitty.
Ma in fondo, si ripetè Aurora, non aveva mentito. Aveva avuto delle brutte sensazioni, è vero, ma come poteva spiegare ad altri qualcosa che neppure lei stessa aveva capito?
Qualche ora più tardi, passeggiando nei verdi giardini al di fuori del suo castello, notò un animale correre veloce, come stesse fuggendo da qualcosa che lo aveva spaventato. Alzando lo sguardò notò gli uccelli volare via in gruppo, uno stormo inusuale, specie in quell’orario. Ognuna di queste bestiole sembrava volersi allontanare il prima possibile da quel luogo. Uno strano presagio, un’ennesima conferma delle sensazioni avute quella mattina. Sul Grande Pianeta era sempre tutto così…pacifico.
Un’improvvisa sensazione di gelo la attraversò. La sudorazione aumentò nuovamente, insieme al battito. E allora la sentì…una presenza. Ne era certa.
Era piegata a terra e vide una lunga e inquietante ombra allungarsi che andò ad oscurare la luce proveniente dalla torre dell’energia galattica.
Si voltò di scatto, sentì il sangue gelare nelle vene, dalle labbra le uscì un solo flebile suono:
- “…Tu…” -
Poi il buio.

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Capitolo 2
*** Decisione repentina ***


2 – Decisione repentina

Era quasi buio, sulla Terra. Coog stava rientrando dopo aver passato la giornata nel cantiere per la costruzione della nuova base spaziale.
Camminando lungo il corridoio scorse la Dottoressa Kitty seduta di fronte al grande monitor, con la testa bassa, ferma senza svolgere alcuna attività. Cosa molto inusuale per lei.
- “Dottoressa Kitty…” -
- “Ehi Coog, sei tornato…” -  si riscosse.
- “Sì, sono tornato… tutto bene, Dottoressa? La vedo pensierosa..” -
- “Oh sì, tutto bene, ho solo tante cose a cui pensare e di cui occuparmi…” -
Coog socchiuse gli occhi, gli occhi dolci di un ragazzo intelligente ed empatico che sapeva di non dover fare, in quel momento, ulteriori domande.
- “D’accordo…..io vado a rilassarmi un po’ sul tetto della base, come sempre. Se ha bisogno di qualcosa sa dove trovarmi..” - sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, uno di quelli che il Professor Doggert tentava invano di estorcergli.
Mezzora più tardi Coog si trovava sul tetto assaporando gli ultimi raggi di sole al tramonto. Lui era un cyborg, non percepiva né il caldo né il freddo, ma aveva sempre percepito nettamente il calore sulla pelle del viso, la sola parte di lui rimasta umana. Ed in particolar modo negli ultimi tempi, aveva imparato ad apprezzare questa sua peculiarità, quel poco che gli rimaneva. Quel poco che gli faceva ricordare che, seppure in una parte così piccola, qualcosa a lei in fondo lo accomunava.
E anche quella sera arrivò, come ogni sera e come ogni volta che l’agognava, improvvisa la stessa immagine: il suo viso, raggiante, luminoso, i suoi bellissimi capelli biondi mossi dal vento.
Solo quell’immagine riusciva a dargli un po’ di piacere, una traccia di sollievo alla nostalgia che ogni giorno lo attanagliava.
La voce di Kitty interruppe il suo momento perfetto.
- “Coog…” -
- “Dottoressa…vuole sedersi un po’ a farmi compagnia?” -
Kitty si sedette vicino, tirò a sé le ginocchia ed emise un profondo respiro.
- “Coog, sono molto in pensiero per Aurora…” - parole chiare e dirette, senza esitazione, che arrivarono dritte a destinazione.
Coog si alzò di scatto sui gomiti, aveva preso tutta la sua attenzione. Corrugò la fronte e si predispose ad ascoltarla.
- “Quando l’ho sentita stamani mi è parsa turbata. L’ho osservata, le ho chiesto spiegazioni e lei mi ha risposta che aveva solamente fatto degli incubi...ma che stava bene. Nel pomeriggio non ci sentiamo spesso, ma oggi ero in pensiero e ho provato a contattarla..” -
- “..ed è riuscita a parlaci?” -
- “Ho provato diverse volte, ma non c’è stato niente da fare, non riesco ad instaurare il collegamento…” -
- “mmmm…” -
- “Mi rendo conto che forse mi sto preoccupando eccessivamente…però.. Tu cosa ne pensi, Coog?” -
- “C’è un motivo in particolare ad aver scatenato questa sua ansia? Qualcosa che ha detto?” -
- “No, solo delle sensazioni…non so come spiegartelo… sembrava… sembrava avesse visto un fantasma!” -
Coog sbarrò gli occhi, l’ansia era ormai padrona anche del suo corpo.
- “Mi ha voluto tranquillizzare, come ti ho detto, dicendo che aveva avuto degli incubi…però…” -
- “Però non ne è convinta…” –
- “No..” -
- “Forse si è messa a riposare proprio perché la scorsa notte non ha dormito bene?” -
- “Forse, ma fino ad oggi non era mai successo che non rispondesse per ore…” -
Coog si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro. In quell’attimo irruppe il Professor Doggert:
- “Dottoressa Kitty, volevo farle vedere i risultati degli esperimenti di oggi, che cosa… Coog…” - si interruppe seguendo con lo sguardo il ragazzo andare avanti e indietro come un forsennato.
- “Coog, ma ti vuoi fermare un momento…” -
- “Dottoressa, torniamo dentro e proviamo a richiamare…se non risponde….” - i suoi occhi si illuminarono decisi - “..se non risponde io vado!” -
- “Coog! Che stai dicendo? Non essere impulsivo come tuo solito, aspettiamo almeno fino a domani, dopodiché…” -
- “Ma si può sapere di cosa diavolo state parlando?” - intervenne Doggert, incuriosito e infastidito.
- “Coog, il Grande Pianeta è troppo lontano, ti ci vorranno giorni…” -
- “Cosa?? Il Grande Pianeta??” -
- “Dottoressa Kitty, lo so, ma sento che devo andare. Sono stato al suo fianco per tanto tempo, il mio istinto mi dice che devo andare. Che ha bisogno di me..” - si voltò osservando ancora una volta il sole che ormai stava scomparendo dietro l’orizzonte.
- “Coog, sii ragionevole, attendiamo domani..” - il cyborg si voltò nuovamente e osservò lo sguardo preoccupato e materno della Dottoressa Kitty. Il suo cuore era puro e sincero, aveva paura per Aurora ma era in pensiero anche per lui. Non voleva darle pensiero, voleva che stesse tranquilla, che dormisse serena.
- “D’accordo, forse avete ragione voi, aspettiamo domani…” -
- “Oh bene Coog, finalmente qualche parola sensata…” -

Sarebbe stata davvero la persona più ingenua mai vista al mondo, la dottoressa Kitty, se avesse dato credito a quell’improvviso suo essere accomodante.
Era notte fonda quando la porta dell’hangar dello Star Crow si aprì. Le loro voci lo bloccarono sull’orlo della passerella.
- “Ti prego solo di fare molta attenzione, Coog…” - la voce del Professor Doggert gli fece fare un sobbalzo su stesso, rischiò persino di cadere!
Forse in cuor suo sapeva di doverselo aspettare. Scrollò le braccia verso il basso e chinò la testa, giusto un attimo, ma la rialzò immediatamente, strinse i pugni deciso in ciò che stava per dire…ma fu preceduto.
- “Coog, hai la nostra benedizione, parti in fretta ma ricorda che le insidie sono sempre dietro l’angolo. La Principessa Aurora è sola sul Grande Pianeta, qualunque cosa le sia capitata, seppure fosse solamente un guasto alle apparecchiature elettroniche della Torre dell’Energia Galattica, non possiamo ignorala. Ora va’, Aurora ha bisogno di te…” -
Gli occhi del Professor Doggert, ben celati dalla folta barba, si riempirono di lacrime. Adorava quel ragazzo come fosse suo figlio, lo faceva inalberare come un figlio, preoccupare come un figlio, emozionare come un figlio. E in quel momento percepiva il tremore nelle mani di Coog, come quella volta in cui dalla Terra partì nuovamente alla ricerca della Regina del Cosmo, nonostante Aurora l’avesse allontanato, senza esitare un solo momento.
- “Grazie per la vostra fiducia, non volevo mentirvi, è solo che….” -
- “Lo so, non temere, abbiamo compreso. Sono preoccupata Coog, e so che lo sei anche tu. Ti ringrazio perché stai facendo questo per noi…” -
- “Dottoressa Kitty, se succedesse qualcosa alla Principessa e io me ne fossi rimasto qui in disparte, non potrei più vivere. Devo andare, io…io… non posso aspettare ancora….” -
- “Sì, Coog, dacci notizie al più presto. Ora vai…” -
Calzò il casco, un balzo e… STAR CROW, decollo!!

La Star Crow si sollevò in aria. Coog osservò con sguardo concentrato e contratto la dottoressa Kitty e il professor Doggert, era il suo saluto per loro.
I suoi pensieri erano unicamente su Aurora. Cosa può essere successo? Fa' che io arrivi in tempo….
Sapeva che con la velocità super superfotonica e l’accelerazione atomica allo stesso tempo il tragitto sarebbe stato ridotto in modo considerevole. Un paio di giorni, forse meno.
Ma perché quella sensazione allo stomaco? Perché quel tremito che lo stava pervadendo da capo a piedi? Lui era un cyborg, non avrebbe dovuto provare  emozioni, nessuna, mai. E certamente non in modo così…intenso.
Ma il desiderio di vedere Aurora, misto alla paura per la sua sorte, lo tenevano in uno stato di grande eccitazione.
Ma poi si affacciava un altro pensiero: quale pericolo poteva mai arrivare sul Grande Pianeta, specie dopo che l’energia galattica era stata riattivata la quale, grazie alla principessa Aurora, splendeva con vigore su tutta la galassia? Non riteneva possibile ci fossero mostri. Che si fosse risvegliato il mostro di luce? Quello per cui si era sacrificata Belamì? Che qualcosa a tutti loro sconosciuta fosse in agguato e stesse tentando di eliminare Aurora proprio per indebolire l’energia galattica?
- “Ho detto molte volte alla dottoressa Kitty che sarei dovuto rimanere con lei sul Grande pianeta. Non ha mai voluto ascoltarmi!” - borbottò Coog nel suo abitacolo.
Non è necessario Coog, non c’è alcun pericolo, la tua vita è sulla Terra e sarai molto più utile qui…
- “Certo, molto più utile sulla Terra, finchè non le succederà qualcosa e io non potrò proteggerla, sarà completamente sola…
eppure io avrei voluto restare, sì, sarei rimasto con lei, per sempre… e credo che mai, nemmeno per un attimo, la cosa mi avrebbe pesato, sarei stato felice di stare al suo fianco, per tutta la vita……” - Coog si riscosse dai suoi pensieri, non doveva pensare a questo ora, non aveva alcun senso, doveva solo concentrarsi e far presto.
La velocità superfotonica era una tortura, un vero massacro. Lo stava indebolendo. Ma doveva farcela.
Arriverò provato, ma arriverò, e se è in pericolo la salverò, e se sarà stato un falso allarme… meglio così, sarà stato un modo per rivederla. Si diceva Coog sorridendo tra sè.
Eppure non lo era, non era un falso allarme, purtroppo ne era convinto.
La dottoressa Kitty era una donna tutt’altro che apprensiva, molto razionale. Non lo avrebbe allarmanto se le sue sensazioni non fossero state accompagnate da qualcosa di veramente insolito.

"Spero solo che tu stia bene, Principessa….STAR CROW, velocità superfotonica….. accelerazione atomicaaaaaa!!” -
 

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Capitolo 3
*** Il dolore dà la forza ***


3 - Il dolore dà la forza

Lentamente riaprì gli occhi. Tutto le apparve sfocato e molto buio. Riuscì a distinguere solo alcune linee e forme, in un primo momento. Un porta. Era molto in alto, non capiva.
Cosa è successo? Si domandava mentre cercava di tornare in sé, di ritrovare lucidità.
- “Ahh!” - provava dolore in ogni parte del corpo, ma la fitta che arrivò lancinante dalla gamba le fece in fretta riprendere in sensi.
Si rese conto di essere legata, mani e piedi, sdraiata su un pavimento gelido e scomodo, irregolare e umido.
Tentò istintivamente di liberarsi, ma il dolore si accentuava.
Improvvisamente cominciò a ricordare: aveva percepito qualcosa arrivarle alle spalle, qualcosa di sinistro…qualcuno. E poi… LEI!
Quel volto le riapparve chiaro davanti agli occhi: LA REGINA LACET!
Era apparsa senza alcun preavviso, senza che ne avesse avuto neppure il sentore, come fosse un fantasma. Minacciosa si era avventata su di lei con la sua  risata malefica. Dopodiché non ricordava più nulla.

Fa freddo, è molto umido…sembra una grotta, rifletteva Aurora mentre i suoi sensi si stavano risvegliando. Ma non riusciva comunque a comprendere dove si trovasse. C’era poca luce, non vedeva finestre, solo un alone leggero provenire dallo spiraglio della porta.
Il dolore alla gamba era persistente e pulsante, cominciava a sentire anche un forte dolore alla testa. Come avrebbe potuto uscire da lì?
Improvvisamente si udì un rumore, un rumore metallico poco sopra di lei. Sembrava il cigolio di un chiavistello, un rumore “sinistro” come il posto dove si trovava. La luce che filtrava dalla porta divenne più forte, vide bene delle scale in cima alle quali si trovava la porta che aveva intuito poco prima. Si aprì e un’ombra cominciò a scendere…. Era lei.
Non era mai stata facile preda della paura, Aurora. Non era in grado di difendersi sempre da sola, ma non aveva mai ceduto al panico.
Eppure, in quel momento, sentì il cuore accelerare, la paura si stava insinuando con forza e non riusciva a controllarla. Quella donna era sempre stata spaventosa e sapeva che lì, da sola, non aveva molte speranze contro di lei.
Ma come è possibile? Era morta…ne sono certa.
La guardò senza emettere suono. Ma la perfida Lacet non trattenne la sua usuale risata.
- “AH AH AH!! Ti sei svegliata vedo, hai dormito un bel po’…” - il ghigno sul suo voltò si accentuò, il tono della voce era più basso ma lo sguardo più penetrante, ora riusciva a distinguerla bene, era così vicina.
- “Non te lo aspettavi, vero Principessa Aurora? Sììì, sono ancora qui, e non ho ceduto alla tua volontà!! Ah ah ah, credevi fossi morta, tutti lo credevano..” -
- “Ma come è possibile???” - disse Aurora, tentando di riscuotersi dall’attanagliamento di cui era vittima.
- “Belamì mi ha deposta nel giardino del mio palazzo poco prima che il pianeta Lacet esplodesse. Non ha certamente non ha provveduto a darmi sepoltura e se è andata in fretta, perché non c’era tempo….
Non ha avuto il minimo sospetto! Il mio computer era programmato per far sì che io sembrassi morta sotto ogni aspetto per ingannare un nemico in caso di evidente pericolo! AH AH AH! Belamì c’è cascata in pieno, era una ragazza in gamba, ma troppo ingenua in fondo! AH AH AH! E ora eccomi qui, Aurora!!” - la fierezza con la quale raccontava l’accaduto fu ancora più tetra della sua stessa persona.
Era decisa a vendicarsi, le sue parole dimostravano chiaramente che quella donna non avrebbe esitato di fronte a niente e nessuno pur di riavere tutto. E lei era il suo principale nemico, l’energia galattica lo era.
-“E’ assurdo, tu non puoi tenermi qui, tu non capisci che questo è sbagliato…” - Aurora si accasciò nuovamente, cedendo allo sconforto.
- “Come è potuto accadere anche ora che l’energia galattica funziona perfettamente? Come hai potuto sopravvivere??” - la voce della principessa trasudava delusione, rabbia, angoscia per le sorti comuni.
- “Hai sottovalutato le mie potenzialità Aurora… avevo un’astronave nella quale mi sono rifugiata in fretta e, prima che tu potessi emanare tutte le tue magnifiche radiazioni benefiche, io mi ero già rifugiata in questo posto. Qui, sebbene io non sappia il motivo, sono stata al riparo dall’energia galattica più che se fossi stata infinitamente lontana da te. E nessuno ha sospettato niente, nessuno di voi mi avrebbe mai cercata così vicino. Così ho potuto curarmi e mantenermi tale e quale a come ero! AH AH AH!” -
- “Mio dio, questo posto ha avuto la stessa funzione di un bunker anti atomico. E’ terribile…ma adesso cosa vuoi da me??” -
Lo sguardo di Lacet si fece serio e cupo. La guardò con astio e palese rancore: - “Tu hai distrutto tutti i miei progetti, tutti i miei sogni.. Ti odio in un modo che neppure immagini e morirai per questo!
Ma sbagli se credi che ti ucciderò e basta, Principessa Aurora, la mia più grande soddisfazione sarà vederti soffrire, agonizzare, ti torturerò fino a che non sarai tu a chiedermi pietà, a chiedermi di ucciderti! Ma prima di ucciderti succhierò da te tutta l'energia galattica che il mio computer sarà in grado di prelevare! E quando sarai morta l’energia galattica cesserà di essere emanata e sarò solo io, a quel punto, ad averne il pieno controllo e il sistema galattico tornerà nelle mie mani e nelle mani di tutti quegli essere che ne nasceranno e che vorranno obbedirmi!! AH AH AH!” - gli occhi freddi e cattivi della regina Lacet resero queste parole ancora più raggelanti e il viso di Aurora, sempre più pallido, si contrasse per l’angoscia che provava.
- “Ma cosa stai dicendo?? Come puoi pensare che l’universo possa sopravvivere senza l'energia galattica del Grande pianeta? Collasserebbe in breve tempo se i mostri tornassero…. Non potresti mai regnare come tu credi…” -
- “Non hai capito nulla, cara principessa. Il mio potentissimo computer ha studiato un sistema per far sì che io possa gestire l’energia galattica e farne ciò che voglio, come voglio e quando voglio. Sarò io la nuova Regina del Grande Pianeta, stupida ragazza… davvero non l’hai ancora capito??” -
- “Tu sei completamente folle…..Aaaaahhhhhhh!” - uno schiaffo violento le colpì il viso.
Lacet non trattenne la sua furia e cominciò a vessarla di colpi, con sempre più soddisfazione, fino a lasciarla a terra sfinita.
Passarono alcuni minuti. Aurora sentì su di lei lo sguardo di quella maledetta donna, le sembrò di non avere più neppure fiato per respirare, ma riuscì a sussurrare un pensiero che le passava in testa: - “hai detto che eri molto vicina, che questo posto è vicino al Grande Pianeta, dove siamo?” -
- “A cosa ti serve saperlo? Tanto non tornerai più nel tuo splendido palazzo, la tua astronave è sotto il mio controllo ora.” - fece qualche passo avviandosi verso la scala, si strofinò le mani per togliersi residui di terra e il po’ di sangue che il viso di Aurora aveva versato.
Si voltò, mentre saliva i gradini scricchiolanti: -“..ad ogni modo, se vuoi saperlo, siamo sulla Luna del Grande Pianeta, in una grotta scavata in una roccia che mi è servita per molto tempo!” -
-“Per molto tempo?? Da quanto sei qui, da quanto mi spiavi??” -
- “AH AH AH, ,molto, molto tempo, mia cara Aurora. Mi dispiace, ma so tutto di te, della tua vita, delle tue giornate, delle tue dolci chiacchierate con la base sulla Terra, della tua spasmodica ricerca di un contatto con il tuo cyborg preferito!” - Aurora la guardò atterrita.
- “Mi dispiace ma non riuscirai mai a metterti in contatto con loro!” -
- “Sei tu che sbagli, se non avranno mie notizie prima o poi si preoccuperanno e mi verranno a cercare…” - la voce di Aurora tradiva speranza, tradiva qualche certezza, tradiva emozione e rabbia all’idea che quell’essere avesse sfruttato quell’anfratto per insinuarsi nella sua vita. Come aveva potuto avvicinarla senza che lei se ne accorgesse?
- “Ho previsto anche questo, e ci sono mostri da me costruiti che impediranno a Ian Coog o chiunque altro di giungere a destinazione! Dolce principessa, ci metteranno molto tempo prima di giungere fin qui, prima di capire dove ti trovi. Si affanneranno a cercarti sul Grande Pianeta o molto lontano da qui, non sospetteranno mai dell’esistenza di questo posto, né che io mi trovi qui. E nel frattempo sarai già morta.
E godrò infinitamente nel vedere anche il suo di dolore, quello del tuo adorato Ian Coog, fino a che non ucciderò anche lui!” -
- “…sei fuori di te, sei cattiva e non riesco a credere che, dopo tutto questo tempo, tu non abbia ancora compreso la verità, la sola e unica, Regina Lacet. Ti pentirai di questo prima o poi.” -
- “Tu mi hai tolto tutto e io mi vendicherò, patirai la sofferenza che ho patito io nel non poter vedere la luce per mesi, ora pagherai con la stessa moneta, se sarai fortunata! AH AH AH” - Lacet si allontanò risalendo le scale un gradino alla volta, lentamente. La porta si richiuse sonoramente dopo di lei.
Aurora, con gli occhi sbarrati in cerca di un appiglio in quel buio appena caduto su di lei, cercava di realizzare l’accaduto. Era come un incubo, ma uno di quegli incubi troppo reali, dal quale non ci si sveglia mai. Cominciò a sentire il dolore delle percosse subite, l’aveva malmenata ma senza l’intenzione di ucciderla. Era un dolore acuto ma sapeva di poterlo sopportare, doveva.
Ma il problema era la sua mente, era affollata da immagini, suoni e pensieri di ogni genere. Il suo cervello cercava di lavorare velocemente per riaccendere ogni funzione. Non era la prima volta che affrontava una situazione di estremo pericolo, ma in passato aveva sempre avuto qualcuno a proteggerla, qualcuno che, lei sapeva, sarebbe corso a salvarla. Ma questa volta no..
Come posso mettermi in contatto con la Terra? E con Coog….è molto probabile che lui non porti più il diadema..
ma se solo avessi le mani libere, forse
……
si rese conto che forse era il solo modo. Ma avrebbe funzionato? Era passato così tanto tempo, non sapeva se quell’evento avrebbe mai potuto replicarsi, era accaduto una sola volta.
Ma un altro pensiero la sfiorò…le provocava dolore la consapevolezza di non aver mai più avuto contatti con lui e di essere costretta, ora, a provocargli persino dolore fisico per poterlo raggiungere.
Rifletté che le Terra era troppo distante dal Grande Pianeta perché un qualsiasi contatto potesse instaurarsi. Ma forse la distanza non aveva importanza. La telepatia non aveva confini probabilmente. Ma non era certa di averne le forze. Doveva far ricorso a tutte le energie che le erano rimaste.
Le mani, le servivano le mani, ma erano legate e non trovava un modo per liberarsi.
Forse era il momento di utilizzare nuovamente l’energia galattica. Quel raggio, se fosse stato abbastanza potente, avrebbe potuto consumare le corde. Ma non riusciva a muoversi, il dolore era forte, il suo vestito era ingombrante e rimpianse la sua tuta spaziale, tanto a lungo indossata.
Non poteva raggiungere le corde attorno ai polsi, da quella posizione, perché erano legati dietro la schiena.
Fece un ultimo sforzo, doveva concentrarsi. Sì, poteva funzionare.
Si trascinò verso la parete, cercò di mettersi seduta, girò la testa e raccolse tutte le sue forze.
Era così tanto tempo che non faceva ricorso all’energia galattica in quel modo. Strinse gli occhi, la testa le stava per scoppiare, si sforzò ancora e finalmente il raggio di luce cominciò ad uscire, debole. Riuscì a indirizzarlo verso la parete alle sue spalle, si rifranse e spostò i polsi in modo che fossero raggiunti dall’energia galattica. Piccoli fili saltarono qua e là, finalmente si ruppero. Sì, ce l’ho fatta! Le corde si spezzarono. Liberò le mani e provò ancora dolore, ai polsi questa volta, ma doveva resistere. Doveva farcela da sola.
- “Sulla Terra non hanno la minima idea del guaio in cui mi trovo…quanto tempo sarà passato? La dottoressa Kitty avrà notato la mia assenza? Potrebbe non avergli dato importanza, in fondo nessuno di noi avrebbe mai pensato ad un pericolo simile…altrimenti…” - parlava per la prima volta ad alta voce, come avesse bisogno di dare corpo ai suoi pensieri, e ciò a cui la sua mente la stava portando le fece provare un moto di profonda tristezza, di sconforto. Abbassò lo sguardo, osservandosi le mani, e vide il viso di Coog: - “..altrimenti avrei convinto la dottoressa e non avrei mai permesso che se andasse. Se solo tutto fosse stato diverso...oh Coog!” - le lacrime sgorgarono improvvise e violente, insieme a forti singhiozzi. La nostalgia provata, la solitudine in cui viveva da mesi e la paura provata nelle ultime ore ebbero la meglio. Pianse, pianse copiosamente e lasciò uscire tutto il dolore.
Ma durò pochi e brevi minuti, dopodiché sollevò il volto, provato ma nuovamente caparbio:
- “Devo provarci, Coog, devi ascoltarmi!” - incrociò le braccia, chiuse gli occhi, il diadema si illuminò. La testa faceva ancora male…
- “Aaahhh, accidenti, non ce la farò mai, sono troppo debole, non riuscirò mai a raggiungerlo! Accidenti, no……..Cooooogg……aiutamiiiii !” - il grido di dolore straziante ebbe un effetto inaspettato. Dalla coroncina sui capelli di Aurora iniziò a diffondersi un’immensa luce che illuminò completamente quella buia prigione. Il dolore e l’amore stavano vincendo e l’energia galattica si manifestò alla sua massima potenza per supportare Aurora nella sua difficoltosa impresa.
Le sue forze mentali si rinvigorirono, sentiva che dentro di lei scorreva nuovamente linfa vitale. Il volto della Principessa Aurora si illuminò in un sorriso, ora sapeva di poter comunicare anche fino all’altro capo dell’universo!


 

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Capitolo 4
*** Sconforto ***


4 - Sconforto

Coog atterrò rovinosamente su un piccolo pianeta, forse un asteroide. Era stanco dal lungo tratto percorso, distrutto per il grande sforzo che il suo fisico, seppure di cyborg, stava sostenendo:
- “Dottoressa Kitty, riesce a sentirmi?? Ha notizie di Aurora?” -
- “No Coog, nessuna notizia, da ieri non ho mai smesso di contattarla, ma senza alcun risultato. Sono sempre più preoccupata Coogh, non è da lei, lo sai…” -
- “Accidenti! Dottoressa, ha detto ieri? Quindi sto viaggiando da almeno un giorno, ho perso la cognizione del tempo, sto andando oltre la velocità della luce, credo….ma dove sono?” -
- “Sei oltre la metà del tuo viaggio, Coog. Puoi farcela, riposati un poco ma se puoi riparti prima possibile!”-
- “Certo, lo farò, stia tranquilla. Sono preoccupato come tutti voi…Lei sa bene quanto desiderassi rivedere la Principessa, ma mai e poi mai avrei voluto che le accadesse qualcosa!” -
- “Lo so Coog, lo so…” - ci fu qualche attimo di silenzio.
Poi il cyborg si fece coraggio.
- “C’è una cosa che voglio chiederle, da molto tempo…” -
- “Sì, dimmi pure…” -
- “Kitty, perché non hai lasciato che rimanessi con lei?” - il tono della voce, accorato e colmo di tristezza e rammarico, colpì dritto nel segno. Gli occhi della scienziata si aprirono per lo stupore. Sapeva che quella domanda prima o poi sarebbe uscita dalle sue labbra, ma in quel momento fu colta alla sprovvista.
Abbassò lo sguardo.
Coog continuò…
- “Probabilmente io avrei sofferto meno e, chissà, lei si sarebbe sentita meno sola. E certamente sarebbe stata al sicuro.” -
- “Sì Coog, lo so, ma ci è parsa la soluzione migliore per tutti in quel momento, la tua vita era sulla Terra.
Tu sei un cyborg. I tuoi sentimenti per Aurora non sono mai stati un mistero per me, ma sai anche molto bene che non avevate un futuro…” -
- “Lo so…eppure…” - il tono dubbioso e malinconico di Coog non sfuggirono alla sua affezionata amica, ma non potevano perdere altro tempo. Non in quel momento.
- “Ma ora dobbiamo solo preoccuparci di andare in suo soccorso, forza Coog, dovresti aver recuperato le forze ormai. Va’…” -
- “D’accordo, vado. Stia tranquilla, sono certa che la troverò sana e salva…. STAR CR….…AAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!” - il cerchio sulla testa di Coog si illuminò.
Non l’aveva mai voluto togliere, sebbene la dottoressa Kitty lo avesse autorizzato a farlo. Sapeva, inconsciamente, che era l’unica cosa che lo teneva ancora legato ad Aurora.
- “Fa male!!” -
- “Che succede, Coog??” -
- “Aaaaahhh la mia testa!...accidenti che dolore….” -
- “Coog, sta’ calmo, cerca di capire cosa ti sta succedendo, potrebbe essere…un messaggio….” - ansia mista ad una flebile speranza si fecero strada in entrambi.
Era così lontana, così debole la voce che gli parve quasi un sussurro, e quel dolore gli rendeva ogni cosa più difficile, ma riuscì a comprendere ogni parola…. E si raggelò.
Coog, aiutami, sono prigioniera della Regina Lacet, sono sulla luna del Grande Pianeta, aiutami…..Ti prego, fa’ attenzione……è crudele…

- “La REGINA LACET?? Non è possibile!” - esclamò ad alta voce dopo essere tornato presente a se stesso.
- “Cosa hai detto??” -
Esattamente come quella volta, dopo che Aurora l’aveva allontanato dalla Regina del Cosmo, i due riuscirono a comunicare tramite telepatia. La mente di Coog era frastornata per l’emozione di averla sentita e per l’orrore di ciò che nella sua testa aveva recepito.
- “Rispondimi Coog…!” -
Il cyborg si riscosse e raccontò a Kitty quanto aveva captato dalla messaggio di Aurora e, senza attendere che la conversazione divagasse in mille congetture, il cyborg aveva già lanciato la sua navicella alla velocità fotonica con accelerazione atomica. Non poteva perdere attimi preziosi.

La dottoressa Kitty si era seduta alla sua scrivania, le braccia sprofondate sui braccioli della sua grande poltrona. Lo sguardo viaggiava nel vuoto mentre una piccola lacrima solcava il suo viso. Il professor Doggert tentava invano di consolarla.
- “Dottoressa, nessuno poteva prevedere una cosa del genere, non sappiamo come sia sopravvissuta. Ma dobbiamo stare tranquilli, Coogh è quasi giunto sul Grande Pianeta e la regina Lacet di certo non si aspetta di vederselo piombare così in fretta. Non conosce le possibilità che Aurora e Coog hanno tra loro, non sa che possono parlarsi telepaticamente, avrà la guardia più abbassata…” -
- “Professore sono davvero terrorizzata, Aurora è lì sola, nelle mani di una malvagia, di chi vuol farle del male ed io non ho mai neppure sospettato che potesse accadere. Non abbiamo mai captato nulla di strano nella zona, non abbiamo mai preso in considerazione un’evenienza del genere e abbiamo lasciato Aurora sola al suo destino! Perché l’abbiamo fatto? Perché non le abbiamo lasciato i cyborg? Cosa abbiamo pensato in quel momento?” - parlava come un fiume in piena.
- “…ricordo che al ritorno sulla Terra Coog ce ne parlò, ci chiese di lasciarlo tornare sul Grande Pianeta. Disse che si sarebbe occupato di lei, che l’avrebbe protetta, che era disposto a sacrificare tutta la sua vita lassù con lei. Perché non abbiamo consentito che andasse? Se dovesse succedere qualcosa ad Aurora….non solo sarebbe la fine del sistema galattico, ma…. per me è come una figlia….”  - rivolse lo sguardo verso Doggert, con la voce era rotta dai singhiozzi.
Non era capace, Doggert, di gestire simili momenti, ma non doveva farsi prendere dall’ansia. Posò una mano su quelle di Kitty,  l’una sull’altra sul grembo. In una posizione di totale sconfitta.
- “Io capisco come vi sentite, ma non dovete colpevolizzarvi. Quella decisione la prendemmo insieme, eravamo entrambi d’accordo che non fosse necessario, che Aurora avesse un carattere abbastanza forte per sopportare quella solitudine e che Coog avrebbe gestito meglio tutta la storia stando sulla Terra e facendo altro! Dottoressa Kitty, Coog era, ed è, molto innamorato di Aurora! Cosa sarebbe successo col passare del tempo e standole così vicino, da soli, senza poterla veramente amare come lui avrebbe voluto? E cosa sarebbe successo se Aurora avesse ricambiato i suoi sentimenti?? No, abbiamo fatto la scelta giusta, e ora sono certo che Coog troverà il modo di salvarla, ne sono sicuro dottoressa Kitty!” -
La donna lo guardò con occhi distanti, era perplessa, come se le parole di Doggert l’avessero colpita ma in un modo insolito che non focalizzò immediatamente. C’era qualcosa di stonato in quel che aveva sentito, come lui stesse dicendo cose risapute senza però cogliere il vero nocciolo della questione. Ma le bastò per trovare la forza di alzarsi da quella sedia. Si asciugò gli occhi e il viso con il dorso di una mano e, dando le spalle al suo fedele compagno, rimase in piedi fissando il segnale del monitor che non dava alcun ritorno.
- “..professore, lei davvero non ha ancora capito che anche Aurora ama Coog come lui ama lei? Forse non da subito, certo, sono due temperamenti così diversi, ma sono certa, anche se lei non l’ha mai ammesso esplicitamente, che come lui morirebbe per lei, lei morirebbe per lui.
Il tempo che hanno trascorso insieme li ha avvicinati in un modo che nessuno di noi può comprendere realmente e proprio la realtà dei fatti, il loro essere due mondi che non si incontreranno mai, ha fatto sì che i loro cuori fossero uniti per sempre, in una specie di mondo segreto, in una realtà parallela che appartiene solo a loro, in cui si parlano, si ascoltano, si capiscono e….si leggono nel pensiero! Doggert, il mezzo che avevo dato ad Aurora serviva unicamente ad infondere in lui un dolore fisico al solo scopo di calmarlo nei momenti in cui gli capitava di perdere la testa! Ma loro, unicamente loro due, hanno stabilito il contatto telepatico. E’ nato spontaneamente grazie a quel qualcosa di forte che li unisce. E noi, professore, abbiamo scelto per la loro vita, prima e anche dopo, e abbiamo impedito loro di vivere, anche se in modo diverso da tutti gli altri, la loro vita insieme. Ne avevamo il diritto?” - osservò gli occhi sbarrati del Professore.
- "Dottoressa Kitty, non trovo le parole... quello che voi dite è, ecco... non ci avevo mai davvero riflettutto evidentemente...!" -
- “Aaahhh…. ma ormai è inutile pensarci, speriamo che riesca a trovarla sana e salva e a sconfiggere quella maledetta regina Lacet!” - sentiva che una piccola speranza si riaccendeva in lei, dallo sconforto il suo cuore era passato ad illuminarsi grazie alla consapevolezza che l’amore di quei due giovani aveva superato barriere quasi incomprensibili. Sentiva che questo avrebbe portato alla salvezza.

Aurora, ancora rinchiusa in quello strano rifugio sotterraneo, si era convinta di aver di aver sentito Coog rispondere al suo richiamo..
Arriverà veramente? Ci vorrà molto tempo, e se gli succedesse qualcosa?
Tutti questi pensieri le attraversavano la testa, ma in quel momento percepì nuovamente la porta aprirsi e vide quella sagoma scagliata contro la luce. Tentò in fretta di legarsi nuovamente i polsi, lei non doveva sapere che era riuscita a liberarsi, altrimenti avrebbe potuto sospettare….ma in fondo non poteva, non era a conoscenza della sua capacità di comunicare telepaticamente. E non avrebbe dovuto mai saperlo.
- “Principessa Aurora!! Sei pronta per cominciare la giornata con un bel gioco??” - il consueto ghigno risuonò nell’aria di quella tetra stanza.
Provò terrore, ma sapeva di dover provare ad ogni costo a difendersi.
La perfida Regina Lacet, da quel momento, diede inizio ad una lunga serie di torture fisiche e mentali.
Non faceva che ripeterle che tutti i suoi sacrifici erano stati vani, che la sua vita non valeva niente e che si sarebbe disfatta di lei molto presto. Voleva prendere il suo posto, voleva diventare la Regina del Grande Pianeta e impossessarsi dell’energia galattica per rendere l’intero universo a sua immagine e somiglianza. Quel mostro era in preda ad un delirio di onnipotenza, voleva diventare un dio crudele che crea e distrugge. E quell’enorme potere, nelle sue mani, sarebbe stato devastante.
Quel che, quella povera mente malata di Lacet, non aveva finora compreso, era che l’energia galattica non poteva essere utilizzata da chiunque. Non poteva riuscirci, non poteva essere possibile. Doveva confidare in questo.
Aurora era allo stremo delle forze ma aveva in mente un piano ben chiaro. Se Coog aveva ricevuto il suo messaggio il suo compito, ora, era prendere tempo fino al suo arrivo. Doveva sopravvivere.
- “Coog!!” - lo Star Crow rallentò improvvisamente.
- “Dottoressa!! Accidenti che spavento…che succede?” -
- “Abbiamo captato tracce di energia galattica, è molto debole, ma vuol dire che è ancora viva!” -
- “E’ una grande notizia! Sono in dirittura d’arrivo, da qui vedo già il Grande Pianeta, ora rallenterò per non farmi notare e dovrò capire come raggiungere la Luna senza che Lacet possa avvistarmi.” -
- “Non riusciamo a captare alcun segnale di energia anomala, come non ci fosse traccia di lei. Eppure....so che quanto hai sentito da Aurora è reale. Se Lacet è ancora in vita sarà stata astuta, deve essersi nascosta sottoterra, oppure sta utilizzando i mezzi della Regina del Cosmo per nascondere le sue tracce. La Principessa Aurora potrebbe trovarsi in un luogo protetto, schermato in qualche modo. Per questa ragione il segnale è così debole...
Devi dirigerti verso la parte opposta del Grande Pianeta, lontano dal castello. Dopodiché dovrai provare a raggiungerlo senza lo Star Crow.” -
- “D’accordo, farò così..” -
- “Coog…sii prudente…” -
- “Come sempre, dottoressa!” -
Coog eseguì gli ordini e con un’ultima accelerazione del suo apparecchio raggiunse la faccia del Grande Pianeta opposta alla Luna.

Quando aterrò si ritrovò nuovamente lì, su quel piccolo grande pianeta che ora sembrava in un piccolo paradiso terrestre, completamente diverso da come l’aveva lasciato. Più luminoso, più verde, come se il pianeta avesse fornito energia solare a se stesso. Era tornato alla vita e non si capacitava che in quel posto, così sereno, potesse accadere una qualsiasi brutta cosa.
Dopo quegli attimi di stupore e di riflessione, si decise ad incamminarsi. Doveva avventurarsi e attraversare il pianeta senza dare segnale di sè. Lo star Crow assunse una modalità silenziosa e a bassa frequenza.
In brevissimo tempo riuscì a raggiungere l’altro fronte del pianeta, abbandonò l’apparecchio ai piedi di un dirupo, nascosto tra alcune rocce sconnesse.
Dovette camminare ancora un bel po’ prima di giungere a destinazione. Non aveva scelta, sebbene non sapesse dove fosse Aurora, era necessario compiere un’ispezione là dove l’aveva lasciata tanti mesi prima.
Gli bastò un solo istante, osservando il palazzo della Regina, perché gli tornasse alla mente quella luce, quella dentro la quale lei era scomparsa senza che lui l’avesse più rivista. Quell’immagine l’aveva torturato a lungo. Non ricordava di aver provato tanto amore e tanto dolore insieme come in quell’istante.
Avrebbe voluto gridare il suo nome ma era rimasto paralizzato. Avrebbe voluto che lei si voltasse e tornasse indietro, ma lei non lo aveva fatto.
Poco dopo quel momento, aveva urlato il suo dolore al cielo per molte ore, prima di ritrovare il controllo. L’aveva persa e non sapeva farsene una ragione.
E ora sapeva che lei era lì, a pochi passi da lui probabilmente, in pericolo. 
Era la sua Principessa e il suo unico desiderio era sempre stato quello di tenerla al sicuro. L’avrebbe salvata.

Ma i troppi ricordi lo stavano distogliendo, capì solo più tardi che quel groviglio di emozioni, quell’istante di distrazione, avrebbero potuto costargli caro.
In quei brevi momenti di ritrovata padronanza, prima dell’attacco, riuscì a notare che la Regina del Cosmo non era dove l’avevano lasciata. Riteneva improbabile che la Principessa Aurora avesse deciso di portarla altrove. Questo stava a significare unicamente che quella maledetta si era impossessata della loro astronave. Come aveva ipotizzato la Dottoressa Kitty.
Le tracce c’erano e ben chiare. Era stata lì fino a poco tempo prima senza dubbio. Posò una mano sulla terra solcata dal peso dell’astronave.
Era sempre stato convinto di avere, pur essendo un cyborg, un gran fiuto e un grande intuito per il pericolo imminente, ma in quella circostanza aveva fallito. Era finito esattamente dove il nemico voleva portarlo.
Sentì quel frastuonoma appena in tempo. Si voltò e vide un enorme mostro robot scagliarsi contro di lui.
Il balzo fu rapido, ma il robot lo raggiunse a grandi passi. Era gigantesco.
- “AAAAAHHHHH!” -
Dovette catapultarsi con tutte le sue forze per raggiungere l’altura a pochi passi da lui. La mano di quel tremendo mostro lo raggiunse e lo avvolse.
Non aveva scelta, doveva ricorrere alla Macro Trasformazione……
Iniziò un lungo scontro, ma si trattava solamente di uno dei tanti che la perfida Lacet aveva tenuto in serbo per lui.


 

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Capitolo 5
*** Combattere ancora... ***


5 - Combattere ancora

Fu semplice per Ian Coog liberarsi da quel mostro, seppure gigantesco, che gli era stato scagliato contro.
La sofisticata tecnologia che gli consentiva di astro trasformarsi rimaneva vincente. Quando avevano affrontato e sconfitto i regni di Lacet e Juma, il professor Doggert non aveva ancora inventato quei circuiti. La malefica Regina Lacet non conosceva, quindi, il suo potenziale. Certamente il mostro era molto potente ma non avrebbe potuto mettere Coog in serie difficoltà.
L’insidia maggiore che dovette affrontare, in quel breve ma intenso lasso di tempo trascorso dal suo arrivo sul Grande pianeta, si presentò quando riuscì a scovare la Regina del Cosmo, rendendosi contro che la stessa era avvolta da un orrendo mostro fatto di lunghi e tentacoli che rendevano troppo complesso, se non impossibile, distruggere il mostro senza danneggiare seriamente l’astronave. Sarebbe servito un diversivo, da solo non poteva farcela.
Se solo Gorgo e Hakka fossero stati lì per aiutarlo.
Era stato costretto a ripiegare, abbandonare l’astronave e allontanarsi dalla gigantesca piovra la quale, si accorse in quegli attimi, l’aveva riportato di colpo alle lunghe avventure affrontate insieme agli altri due cyborg, durante le quali avevano affrontato mostri e insidie di pari entità ma che credeva fossero, ad oggi, completamente scomparsi dall’universo.
Eppure sembrava che il tempo di combattere e lottare per sopravvivere non fosse ancora terminato davvero. Doveva tenere duro, non avrebbe mai smesso di combattere. Non poteva, non si sarebbe mai tirato indietro, una forza interiore lo avrebbe portato a lottare e lottare ancora. Sempre e solo per lei.

Ma come era riuscita, Lacet, a far risorgere tali creature?
Ricordava bene che nel palazzo dove si era recato una sola volta per liberare Aurora, era installato un potente computer. Forse il solo in grado di fronteggiare l’energia galattica con forze oscure di pari potenza.
Probabilmente quel computer non era stato distrutto come tutti loro avevano creduto. Forse grazie a quella mente sofisticata Lacet era sopravvissuta, e ora la proteggeva, la nascondeva, la celava e l’aveva aiutata a creare tutti quei mostri. Era la sola spiegazione plausibile.
Si decise a muoversi per tornare allo Star Crow, non aveva più senso nascondersi, gli serviva il suo velivolo per raggiungere Aurora al più presto.
Ma la sola cosa sensata era trovare quel dannato computer, Lacet stessa sarebbe caduta in pezzi se fosse riuscito a distruggerlo. Ma dove poteva essere?

Forse era reale, quel sussurro nella sua testa, quella voce che diceva Sto arrivando. Era certa di esserci riuscita, era certa che la sua forza fosse rinata e che Coog avesse ricevuto il suo messaggio, sperava solo che le indicazioni date fossero corrette. Era davvero rinchiusa in una grotta sotterranea della Luna del Grande Pianeta?
Sentì un groviglio di emozioni attanagliarle lo stomaco. Aveva paura, aveva fame, aveva sonno, era speranzosa che Coog sarebbe arrivato presto. Sapeva che era così, desiderava che così fosse. Che la salvasse, che la abbracciasse, che la portasse via da lì. Che la proteggesse, come aveva sempre fatto.
Ma fino ad allora doveva provare a cavarsela da sola.
Non c’era altro da fare, a quel punto, che tentare il tutto per tutto.
Lei sarebbe tornata, sarebbe tornata lì per infliggerle altro dolore. In quel momento la sola via sarebbe stata fingersi morta, utilizzando il potere che ora sentiva scorrerle dentro. Era, con ogni probabilità, il solo modo per uscire da lì.
E fu esattamente quel che accadde.

Molti giorni più tardi…Osservando il cielo rosa che si stagliava sereno di fronte a lei, Aurora si era finalmente resa conto di aver corso, probabilmente, il più grande pericolo mai affrontato e che non avrebbe potuto sopravvivere davvero se non fosse stata soccorsa al momento giusto.
Si strinse nelle spalle, percependo una leggera brezza di aria buona e pulita, il vento della normalità che finalmente stava scendendo su tutti loro, al quale faceva ad ogni modo molta fatica ad adattarsi. La sua vita non era mai stata normale. Neppure il luogo dove viveva in quel momento aveva alcunché di normale. Eppure osservandolo, osservando tutte le persone care che aveva innanzi a sé, non poté non provare un moto di gratitudine per aver vissuto, oltre ai pericoli corsi, infinite avventure che avevano portato tutti loro a quel punto, che l’avevano resa ciò che era.
Solo oggi, finalmente, si sentiva fiera di sé, della sua forza ritrovata. E ciò era stato possibile solo grazie al quel lungo viaggio, a quel doloroso distacco. E ora poteva godere, senza alcun ripianto o remora, di quanto la vita le stava restituendo. Finalmente si sentiva libera, libera di vivere, di amare, di sognare, si sentiva padrona di qualcosa che, fino a quel momento, aveva vissuto come un obbligo morale e incondizionato al quale doveva sottostare.
Incontrò i suoi occhi, per un solo attimo, e si accorse di non averli mai osservati a fondo, forse, come aveva fatto nei giorni appena trascorsi. Così forti e così intensi, così carichi di mille parole e mille emozioni, racchiuse in tanti silenzi che parlavano senza emettere suoni.
Il cuore si mosse impercettibilmente, questa ritrovata emozione la fece sentire nuova. Voleva viverla senza esitazione. Sapeva che il futuro avrebbe potuto riservare altre sorprese. Ma al momento era bello essere lì. Chiuse gli occhi per imprimere quell’attimo. Li riaprì e lui era sempre lì, il sorriso che si scambiarono fu colto da coloro che osservavano a distanza. Era il loro momento e niente poteva impedirlo.

 
Coog sapeva unicamente che non poteva perdere ulteriore tempo. Aurora era per certo sulla Luna del Grande Pianeta. Non sapeva se sarebbe riuscito a sconfiggere la Regina Lacet da solo, non riusciva ad impossessarsi della Regina del Cosmo ed ogni azione avesse scelto di compiere avrebbe potuto essere fatale per la Principessa.
Sapeva anche che la stessa Aurora non sarebbe mai rimasta con le mani in mano, d’altra parte era stata lei stessa, con grande coraggio, a liberarlo dalla cupola sulla Luna terrestre, nel mentre erano attaccati dai mostri spaziali.
Senza la sua collaborazione non sarebbero riusciti nell’impresa. Mettersi in contatto con lei era pressoché impossibile. Solo Aurora poteva farlo di sua iniziativa.
Quale poteva essere il nascondiglio di Lacet? Teneva la Principessa sulla Luna, ma era certo che lei stessa non si sarebbe mai rifugiata così lontana dal palazzo, dalle fonti di potere. La Regina Lacet voleva possedere l’energia galattica, da sempre, e allora…ma sì, certo, come poteva non averci pensato prima.
Non c’era altra spiegazione: il solo posto sensato dove poteva averlo collocato non poteva che essere il palazzo della Regina del Grande pianeta.
L’astronave era dotata, anch’essa, di sofisticati macchinari in grado di compiere, organizzare e prevedere situazioni di ogni tipo. Unire tutte queste tecnologie insieme avrebbe potuto aiutarla, ma per estrarre o rigenerare energia galattica non aveva altra scelta che recarsi alla fonte della stessa.
Era la sola cosa logica da fare. Era certo che anche Gorgo sarebbe giunto alla stessa conclusione e sarebbe stato d’accordo con lui.
Avrebbe voluto contattarlo, aveva bisogno del suo aiuto e del suo geniale intuito, ma non poteva farlo, sarebbe stato certo certamente intercettato. Non c’era stato tempo, era accaduto tutto così in fretta.
Era certo che, a questo punto, quel dannato marchingegno potente stava tentando di impossessarsi dell’energia galattica per trasformarla a piacimento della sua regina.
Iniziò a correre, forsennatamente, doveva provare ad entrare, era pericoloso ma non aveva scelta.
Quando si trovò davanti a quel passaggio, sul quel dirupo che lo separava dall’accesso al palazzo, come allora vide fuoriuscire quel raggio blu intenso che si fermò ai suoi piedi.
Qualcuno lo stava invitando ad entrare e non era certamente la Regina del Grande Pianeta.
Conosceva il rischio ma raccolse l’invito e iniziò a percorrere la passerella, stringendo i denti e il suo giavellotto astrale tra le mani.
Il raggio che lo colpì, una volta dentro, fu tanto fulmineo quanto prevedibile. Era pronto, sapeva che sarebbe stato attaccato e si difese.
Ciò che vide lo colse di sorpresa: il gigantesco computer era al centro della sala, quella sala così grande che quasi faticò ad rimanere in equilibrio.
L’occhio che lo contraddistingueva lanciò un forte raggio laser che lo colpì di striscio. Non esisteva luogo dove ripararsi, poteva solo contrattaccare.
- “Tuono astraleee!” – gridò indirizzando la sua arma. Ma, fulmineo, quel mostro tecnologico eresse, in un istante, una barriera impenetrabile. Una gigantesca bolla che lo circondava, dalla quale poteva continuare ad attaccare ma che non poteva essere penetrata.
Coog continuava a fare fuoco su quella pellicola sottile e indistruttibile, ma non riusciva neppure a scalfirla.
- “Dannazione, maledetto essere…” -
Sgranò gli occhi, era sotto assedio e non aveva altra scelta che allontanarsi in fretta. Un ultimo colpo fuoriuscito dall’occhio del laser lo colpì in pieno su una spalla, il dolore fu molto forte ma non cedette. Barcollando corse fuori e chiamò a gran voce lo Star Croow….

Era il momento, sentì i passi e capì che doveva rimanere concentrata.
Quella belva spietata provava piacere e divertimento nel farle del male. L’ultima volta, dopo la gamba rotta e il volto segnato, l’aveva lasciata tramortita a terra con una frustata elettrica.
Approfittando della penombra e della posizione supina, raccolse tutte le forze che sentiva circolare dentro di lei, il diadema sulla fronte cambiò colore. Stava chiamando a sé tutte le forze di energia galattica di cui era a conoscenza.  In questi mesi aveva compreso molto di quel grandioso potere, aveva potuto apprendere, affinare, accettare potenziale e rischi. Ma questa volta era di più, non aveva mai osato tanto. La vecchia Regina non glielo avrebbe mai permesso, ma non aveva scelta.
Sapeva che doveva controllarlo, dare a quella forza la giusta intenzione, oppure avrebbe potuto ucciderla.
Il mio cuore rallenterà, rallenterà così tanto che lei mi crederà morta.
Continuava a ripeterlo. E il suo capo, poggiato sulle braccia con faccia rivolta a terra, cominciò a produrre una enorme forza che sentì invaderla.
Un grande calore si diffuse dentro di lei, una scarica.
Dei forti brividi la scossero e un attimo dopo sentì solo silenzio. E tutto cessò.

Quella voce la chiamava ripetutamente, era come un’eco che proveniva da molto lontano.
- “Principessa Aurora, dovrai risvegliarti prima o poi, l’energia galattica dovrà essere mia, te l’ho detto. E succederà proprio oggi, tu dovrai darmela…
Ma per quale ragione non risponde? Sei molto stanca cara principessa? Ma…” -
Aurora si sentì toccare una spalla, si sentì capovolgere e strattonare.
Percepiva contatto e suoni, ma non sentiva dolore nè provava paura. Come se tutto questo lo stesse vivendo qualcun altro. Come se il suo corpo si fosse separato dal suo spirito che, invece, osservava a distanza.
- “Cosa sta succedendo, forza Aurora, svegliati…” -
La voce ovattata e lontana risuonava nella sua testa. Si sentì schiaffeggiare. Non reagiva.
Quel dito sul collo la fece rabbrividire, dopodiché percepì nettamente la reazione attonita del suo nemico. Si era paralizzato, aveva compreso. Era incredibile, l’aveva ingannata davvero.
- “Non è possibile, non può essere vero… sei morta.” - gli occhi vitrei della Regina Lacet si impadronirono dell’oscurità di quel tetro luogo.
Prese la giovane e inerte Principessa tra le sue braccia e la sollevò. Era un peso morto, le braccia ciondolanti che cadevano col favore della forza di gravità. Non aveva reazioni, non respirava, il colore del suo viso era cambiato.
Uscì da quell’antro, voleva portarla sul Grande Pianeta, ma per farlo doveva trasportarla con una navicella che non era adatta a due persone.
La depositò a terra. La osservava e ciò che provava era un misto di rabbia, frustrazione e preoccupazione. Non doveva morire, le serviva, aveva bisogno di lei per diventare regina. Ma il fatto che avesse sofferto le provocava piacere, non poteva contenersi. Non riuscì a contenersi, tanto da scoppiare in un’orrida risata che risuonò al punto tale da raggiungere le orecchie di Coogh.

Pochi minuti prima, raggiunto lo Star Crow, Coog aveva ricevuto un messaggio dalla dottoressa Kitty: non riusciamo più a percepire il segnale dell’energia vitale di Aurora. Coog, fa’ presto!
Il panico l’aveva assalito. Era ferito e i problemi alla spalla non gli facilitavano le cose.
Era atterrato sulla Luna, non sapeva cosa cercare e dove, ma udì quel suono raccapricciante e sentì che poteva essere successo il peggio. Ricordava bene quella terrificante risata, quel mostro esisteva ancora, era viva e doveva fermarla. Pregò perché non fosse troppo tardi.
Scese dallo Star Crow ed iniziò a correre senza fermarsi. continuò a correre seguendo il suono di quella voce, di quella risata che lo attraeva come un maleficio. La vide e si fermò di colpo. Non si era accorta di lui, tanto era assorta nella sua malvagità, riversa sulla sua preda, non ancora sazia.
Finalmente capì di aver trovato la sua principessa. Vide la sua figura con chiarezza. Era distesa a terra, era immobile. Ma era troppo distante per vedere bene....Cosa le aveva fatto?
Quella bestia era lì accanto a lei. Rideva e sembrava compiacersi. Che fosse davvero troppo tardi?
Come fosse stato un umano, sentì il sangue fermarsi, sentì il suo corpo rabbrividire e le gambe fermarsi per qualche istante. Ma non poteva cedere allo sconforto.

Lacet continuava ad osservarla. Ad un tratto si chinò e le passò una mano sulla fronte, sul viso, era gelida. Ne ebbe la riprova. Era morta davvero. E la risata risuonò una volta ancora.
- “Aurora, mia povera principessa senza alcun regno, non saresti mai stata capace di svolgere il tuo compito come credevi. Tu sei una povera debole che non sa neppure cosa sia il vero potere, l’universo nelle tue mani sarebbe stato così vuoto e noioso. Loro hanno bisogno di me, tutto l’universo mi aspetta! Anche se sei morta sono certa che avrò comunque il tuo potere, il mio computer sta già lavorando per questo! Nessuno potrà più sconfiggermi. AH AH AH AH…!” - era in preda alla follia.

Coog udì quelle parole ma non riusciva a muoversi. I suoi occhi si inondarono di lacrime, non riuscì ad impedirlo. E, nello stesso istante, una scossa violenta percorse tutto il suo corpo. Una rabbia cieca lo stava assalendo. Non poteva essere morta, la parte razionale che cercava di riaffacciarsi, gli diceva che quel che vedeva non corrispondeva alla realtà. - "Lo so che non sei morta!" - si alzò di scatto, stava per scagliarsi contro il suo nemico ma una mano ferma sul suo braccio lo trattenne.
- “Fermati, Coog. Non è morta.”! -
Il cyborg si voltò e incrociò quello sguardo, quello che infinite volte lo aveva riportato alla calma e alla ragione nelle situazioni più estreme.
Dagli occhi non riuscì a nascondere paura e sofferenza. Ma per un attimo fu pervaso da una sensazione nuova che fece allentare la morsa di tensione da cui era stato avvolto. Era sollievo.
Un faticoso sorriso gli apparve sul volto.
- “Accidenti….ce l’hai fatta, finalmente…” -

 

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Capitolo 6
*** Rivelazioni ***


6 - Rivelazioni

- “Certe cose non cambiano mai, eh Coog?” - il sorriso rassicurante ma composto che gli aveva rivolto, con la presa ferma sul suo braccio, lo aveva quasi istantaneamente riportato alla calma.
Ma furono le sue parole a fargli ritrovare la lucidità. Tutto ciò avvenne in pochi attimi, non c’era tempo, dovevano intervenire. E quelle parole furono illuminanti.
- “Stai tranquillo, non è morta. Dorme.” -
- “Cosa? Ho sentito quella maledetta dire…” -
- “Ho sentito anch’io, ma sono qui da un po’…” - Gorgo fece cenno all’amico di accovacciarsi. Erano riparati dietro ad un dosso che distava non molto dal luogo in cui giaceva Aurora, sufficiente per poter osservare ma non essere visti. Ma dovevano essere ad ogni modo prudenti.
- “..ascoltami, con il mio periscopio ad infrarossi ho avuto modo di osservare qualcosa di incredibile..! -
- “Di cosa stai parlando?” -
- “Non potevo intervenire, non l’avrei spuntata contro di lei, non da solo. Avrei messo in pericolo la principessa. Dovevo prima trovarti. Ma mi sono appostato abbastanza vicino a dove mi ha indicato la Dottoressa Kitty.” -
- “Ora è chiaro, è lei ad averti chiamato… credevo di averti evocato col pensiero!” - un pizzico di ironia si insinuò in quell’atmosfera carica di ansia.
- “Sarebbe bello...” -
- “Cosa hai visto, Gorgo?” -
il cyborg tornò serio - “Ho visto un’enorme emanazione di energia provenire dal sottosuolo. Io credo che Aurora abbia utilizzato l’energia galattica per ingannare il nemico. E’ stata brava, molto ingegnosa, come è sempre stata. Ma ha certamente corso un grosso rischio. Spero stia bene, ma credo di sì. Probabilmente è riuscita ad indurre un sonno ingannatore…” -
- “Stai dicendo sul serio?” -
- “Sì, e a quanto pare quella perfida strega ci è caduta in pieno. Ora tocca a noi, Coog, ma dobbiamo stare attenti. È molto rischioso…dobbiamo allontanarci da qui.” -
- “Ma cosa dici? Non possiamo lasciare la principessa nelle sue mani.” -
- “Fidati, Coog, non le farà del male. La crede morta. Ma le serve ancora per l’energia galattica, la terrà al sicuro. Guarda…” -
Osservarono dal loro appostamento sicuro e videro Lacet prendere in braccio Aurora e recarsi nuovamente verso l’interno di quella prigione sotterranea. Di lì a pochi attimi sarebbero entrambe scomparse dentro all’oscurità di quel nascondiglio.
Coog  non riusciva a trattenersi, voleva raggiungerla ed uccidere quella bestia. Ma non ebbe scelta che dare ascolto al suo amico.
- “Coog, ascolta.. se la crede morta, c’è solo una cosa che Lacet vorrà fare. Attingere a tutta l’energia galattica racchiusa nel suo corpo. E il solo modo che ha per farlo è servirsi del suo computer..dobbiamo scoprire dove lo ha nascosto.” -
- “So dov’è, l’ho capito appena arrivato sul grande Pianeta. Non so come ma è riuscita a trasportarlo all’interno del palazzo.” -
- “Dici sul serio? E’ incredibile, come può esserci riuscita? Ma metterlo lì dentro può avere un solo scopo. Impadronirsi completamente dell’energia galattica.” -
- “Esatto.” -
- “Dobbiamo raggiungere il Grande pianeta prima di lei. Utilizzeremo la Regina del Cosmo per contattare la Dottoressa Kitty, e insieme troveremo il modo di distruggere quel maledetto cervello elettronico. Un modo deve esserci, non ho dubbi su questo. Ora dobbiamo andare, forza…” -
- “Aspetta, hai ragione su tutto. Ti seguirò. Ma vorrei tu cominciassi ad andare senza di me. Starò attento e non si accorgerà di me, ma devo assicurarmi che stia bene… “ -
L’amico era sul punto di replicare ma le parole gli morirono in gola. Sapeva che non sarebbe riuscito a fermarlo, capiva perfettamente il suo stato d’animo. E in fondo aveva ragione. Doveva accertarsi che non le facesse del male.
Il gesto di resa di Gorgo fu molto eloquente.
- “Capisco perfettamente quello che provi, lo sai. Fai attenzione. Ti aspetterò sulla Regina del Cosmo, dopodiché dovremo allontanarci con essa rapidamente.” -
- “Bene, Gorgo, fidati di me. Ti raggiungerò in men che non si dica.” -

Lacet adagiò il corpo freddo della principessa Aurora sul pavimento duro e dissestato della cella sotterranea.
La osservò ancora qualche istante. Dopodiché capì che le rimaneva un’unica soluzione per poter uscire vincitrice da quella storia.
Doveva trovare il modo di riportarla sul Grande pianeta. La navicella sarebbe stata disagevole ma non aveva scelta. Il suo potente computer avrebbe potuto analizzare il suo corpo. Doveva fare presto.
Per quale ragione era priva di vita? Cosa era successo? Era stata uccisa dalle sue torture? No, era improbabile. Era giovane e forte. Qualcos’altro l’aveva sopraffatta. Forse la paura, il dolore emotivo.
Ma ora doveva occuparsi di lei, non poteva far sì che quel corpo si decomponesse. Ne aveva ancora bisogno.
Lontana dal Grande pianeta, non aveva contatti con il suo computer. E niente e nessuno aveva potuto avvisarla che i cyborg l’avevano raggiunta.
Il potente computer aveva avvistato il nemico e aveva inviato dei mostri robot per contrastarli, ma Lacet rimaneva ancora ignara di tutto questo. In quel luogo non aveva più con sé un intero esercito ai suoi ordini, non aveva soldati o ancelle che le riferissero ciò che avveniva.
Il potente dispositivo che aveva nascosto sul Grande pianeta, che era riuscita faticosamente e ingegnosamente a ricomporre, aveva avuto sufficiente potere da riportare alla vita creature scomparse. Ma era tuttavia completamente sola, in quella landa desolata, a cercare soluzioni per il suo attuale problema.
Di tutto questo Coog era consapevole, aveva intuito che, nonostante le sue indiscusse capacità di sopravvivenza, Lacet non aveva alleati. Sapeva di avere un vantaggio. Ma doveva ascoltare Gorgo. L’unico modo per non mettere a repentaglio la vita di Aurora era quello di mettere fuori gioco il computer.
Doveva stare in guardia. Ma doveva accertarsi che non le facesse del male.
Silenzioso come un gatto riuscì a farsi largo attraverso le rocce che nascondevano l’entrata di quel rifugio. Capì che da qualche parte doveva trovarsi un accesso per un luogo che non era visibile. Gli ci volle parecchio prima di trovare qualcosa. Ma finalmente lo trovò. Quella pietra venne via con estrema facilità. Accidenti, come poteva essergli sfuggita. Aveva perso troppo tempo.
Tolta la pietra fu ben visibile una porta scura e robusta, in acciaio probabilmente. Come aveva fatto a costruirla? Come aveva potuto quel computer arrivare a tanto? Forse esisteva da molto tempo.
La principessa non poteva che essere lì dentro.
Sentì dei rumori. Si rifugiò dietro un incavo della roccia.
Ne vide unicamente l’ombra, la vide uscire qualche istante dopo con Aurora in braccio.
Osservò a distanza, non si era accorta della sua presenza.
Vide che era ancora priva di sensi. Cosa le poteva aver fatto in quelle ore appena trascorse? Il suo mantello era caduto, il vestito era strappato, lacerato ovunque e si notavano bene dei segni sul suo volto. Era in penombra ma non ebbe dubbi: quella maledetta l’aveva percossa.
…ti ucciderò. Fosse anche l’ultima cosa faccio.
Attese per essere certo di avere via libera.
Fuggì in preda ad istinti violenti. Desiderava la morte di quella donna con tutte le sue forze. Aveva osato farle del male, per nulla al mondo le avrebbe risparmiato la vita.
La seguì, senza essere avvistato, e la vide avvicinarsi ad un piccolo velivolo. Il mezzo che certamente l’aveva condotta fin lì. Stava per portare la principessa sul Grande Pianeta per far agire il suo computer.
Dopo averla vista decollare corse fino a raggiungere lo Star Crow, doveva allontanarsi a volo basso e silenziosamente. Una volta fuori dall’atmosfera della luna accelerò repentinamente. Sapeva che con la velocità superfotonica, aggirando il pianeta dalla parte opposta dell’orbita, avrebbe potuto facilmente celarsi. Doveva raggiungere Gorgo.
L’unica cosa saggia da fare era rifugiarsi sulla Regina del Cosmo, impossessarsene nuovamente e utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione per studiare un piano intelligente e risolutivo.
Trovò Gorgo già lì, come deciso.
L’astronave non era più avvolta dal mostro piovra. Questo stava a significare che quel mostro si trovava altrove, dovevano stare in guardia.
Quando si ritrovarono a bordo della Regina del Cosmo ebbero entrambi la stessa reazione. Gli hangar di atterraggio per le navicelle non si erano aperti, segno evidente che l’astronave aveva subito delle modifiche significative.
Avevano dovuto nasconderle alla meglio. Dovevano fare in fretta, la navicella con a bordo Lacet e la principessa Aurora era certamente in arrivo.
Una volta sulla plancia di comando si accorsero che molte cose erano però, fortunatamente, come le avevano lasciate. La cosa importante era capire se e in che misura il computer di bordo fosse stato modificato.
Gorgo si mise subito al lavoro, mentre Coog continuava a monitorare il radar. Apparentemente nulla era cambiato e lui sapeva esattamente come far funzionare quei dispositivi, come l’avesse fatto fino al giorno prima.
Si voltò verso il posto vuoto accanto a lui, che era sempre appartenuto alla principessa… gli sembrò di vederla lì, seduta al suo fianco come sempre.
Ma le ore passavano. E con lo scorrere del tempo scorrevano via anche calma e concentrazione.
Ma il lavoro era quasi concluso. Era risultato evidente che il computer di bordo fosse stato manomesso, le funzioni originarie erano state Faticò moltissimo, Gorgo, a ripristinare le funzioni del computer così come erano state progettate. Nate per la Regina del Cosmo e congeniali alle loro esigenze, ed erano state disattivate allo scopo di rendere l’astronave inutilizzabile.
Ma faticò ancora di più, il povero Gorgo, a far ragionare Coog il quale, da un certo momento in poi, aveva cominciato a dar voce alla sua impazienza.
- “Gorgo, avanti, non possiamo continuare a stare con le mani in mano!”-
Era sempre stato testardo, dannazione, ma quando si trattava di Aurora diventava completamente irragionevole.
- “Non essere sciocco, la principessa è nelle sue mani, dobbiamo agire d’astuzia, non possiamo permetterci di seguire il nostro istinto.” -
- “Hai ragione, certo che hai ragione. Lo so, tu hai ragione sempre. Ma non riesco a non pensare a quello che ho visto…tu non l’hai vista, Gorgo…” -
Lo sguardo di Coog si era fatto più cupo, non era irrazionalità quella che trapelava in quell’istante dai suoi occhi, bensì vero dolore. Era sinceramente e accoratamente preoccupato e tormentato al pensiero che ad Aurora potesse accadere ancora qualcosa, dopo averla vista con degli evidenti segni sul viso.
Anche Gorgo provò una stretta al cuore, non poteva non comprendere il suo stato d’animo. Ma non aveva altra scelta che tenere i nervi saldi, per entrambi, e cercare di riportare l’amico ad una calma interiore che lo stava lentamente abbandonando.
Il giovane cyborg fece qualche passo verso il suo compagno di tante avventure. Voleva che lo ascoltasse davvero, che vedesse nei suoi occhi lo stesso dispiacere che andava a toccare il cuore di entrambi.
- “Coog…guardami!” -
- “Dovremmo entrare là dentro e abbatterlo, quel maledetto computer. Ecco cosa dovremmo fare…stiamo perdendo tempo prezioso!” -
Si avvicinò ancora di più e lo prese per le braccia.
- “Ascoltami bene. So esattamente cosa stai provando. Ogni parte del mio corpo mi sta dicendo di correre in suo soccorso. Posso immaginare molto bene cosa devi aver provato vedendola ferita e priva di sensi. Ma in questo momento dobbiamo trovare tutta la forza interiore che possediamo per rimanere lucidi, dobbiamo attingere alla parte più razionale del nostro essere cyborg, siamo dei robot. Coog. E ora dobbiamo comportarci come tali. Dobbiamo agire in modo calcolato e freddo, e non dobbiamo lasciarci sopraffare. Credimi, Coog, è il solo modo che abbiamo per salvarla.” -
Coog lo osservava attonito e al tempo stesso conquistato. La calma a cui Gorgo ambiva per entrambi aveva lentamente riguadagnato un po’ di spazio in lui.
Non riuscì a proferire alcuna replica, annuì con il capo e fece un passo indietro.
- “Dobbiamo cercare di avere pazienza ed aspettare che la Dottoressa Kitty ci faccia sapere se ha scoperto qualcosa. Quel computer, così come Lacet, sono sopravvissuti al ripristinarsi dell’energia galattica. Ha un poter molto più grande di quanto possiamo immaginare. Quel processore non era mai stato distrutto, evidentemente. Ma dubito che la Regina Lacet sia stata in grado, da sola, di assemblarlo. E’ probabile che sia in grado di autorigenerarsi. Perché solamente un computer con alte potenzialità può far resuscitare quelle creature.” -
- “D’accordo, hai ragione tu. Dobbiamo essere prudenti.” -
- “Coog, Gorgo…” - la voce della Dottoressa Kitty si inserì in quell’attimo di tensione.
- “Dottoressa Kitty…ti ascoltiamo..” -
- “Quello che ho da dirvi potrà sembravi incredibile, dovete ascoltarmi molto bene…” -
Il volto dei due cyborg si scurì, si concentrarono e ascoltarono le parole che uscirono dalla bocca di colei che li guidava.

Poco dopo Gorgo e Coog si ritrovarono fuori, sulla porta che portava all’esterno, ma al riparo dall’occhio del palazzo reale.
Osservavano il cielo che si stava tingendo di rosso. Quello strano tramonto che invadeva il Grande Pianeta, che non era come sulla Terra ma che offriva comunque una sensazione di calore.
Il Sole che scaldava il Grande pianeta non era che una piccola stella. Il solo ad emanare vera energia era sempre stato lo stesso Grande pianeta, che traeva forza da se stesso e dalle fonti di energia galattica che erano insite nel suo stesso suolo. Energie che venivano rese costantemente vitali dalla presenza di una figura, la Regina del Grande pianeta, che aveva la capacità innata di convogliarla e distribuirla sul pianeta stesso e oltre, in tutte le galassie circostanti.
Questo grande potere, in mano ad una giovane donna come Aurora, poteva essere straordinario quanto rischioso. Poteva essere gestito con sapienza oppure disperdersi se le abilità mentali non fossero stati sufficientemente forti o mature.
In quei sei mesi la principessa Aurora aveva appreso molto, ma c’era la possibilità che le sue capacità non ancora affinate avessero creato una falla.
Un luogo recondito, un punto indefinito nel tempo e nello spazio, dove questa energia giungeva senza però essere controllata. Con la possibilità, quindi, di essere captata da altri esseri. Era quindi possibile, sulla base degli approfondimenti e dei ragionamenti messi a punto dalla dottoressa Kitty, che fosse stata la stessa Aurora, distribuendo l’energia galattica in tutto il cosmo, ad aver creato le condizioni per cui qualcuno potesse approfittarne.
Molto probabilmente era stato lo stesso computer di Lacet, mai veramente distrutto, a captare anche una piccola quantità di energia e a moltiplicarla grazie al suo insito potere, riuscendo a ripristinare se stesso e a riportare in vita la Regina Lacet, in che modo al momento non era per loro comprensibile.
 
Come la stessa Lacet aveva rivelato ad Aurora, il computer era programmato per far sì che lei sembrasse morta e per riportarla in vita al momento opportuno. Era stato distrutto, o almeno in parte, con l’esplosione del pianeta. Ma prima che ciò avvenisse, tuttavia, era riuscito nella grande impresa di risollevare i soldati ancelle del pianeta Lacet, le quali erano accorse a raccogliere il corpo della loro Regina per deporlo dentro ad una navicella di fortuna. Per poi ordinare loro di prelevare il cuore del suo essere e adagiarlo insieme alla Regina, dentro la piccola navicella.
Belamì aveva abbandonato il pianeta Lacet dopo la morte, apparente, della sua Regina. Non avrebbe mai potuto immaginare che quest’ultima sarebbe riuscita ad abbandonare il pianeta poco prima dell’esplosione.
L’ultima programmazione che il computer di Lacet era riuscito a dare a se stesso era stata quella di sopravvivere silente fin quando non avesse trovato, chissà in quale luogo e chissà in quale momento, la sufficiente energia per riportare in vita la Regina. Nel frattempo aveva viaggiato senza meta per lo spazio sconfinato, per poi trovare rifugio su una pianeta desolato, molto grande ma disabitato. Sufficientemente lontano dal Grande Pianeta per passare inosservato, abbastanza vicino per pensare di poter attingere alla sua fonte di energia.
Così avvenne. Quando Aurora irradiò l’energia galattica, ovunque, in breve tempo il processore acquistò sempre più potenza, riuscendo a riconvertire il meccanismo di raffreddamento sul corpo della Regina Lacet.
Il resto era avvenuto gradualmente ma, col passare dei giorni, Lacet aveva intuito quale fosse il meccanismo di ripresa del suo computer e lo programmò perché potesse rigenerare se stesso, perché potesse progettare le porzioni strettamente necessarie e realizzarle utilizzando ogni componente della navicella spaziale sulla quale avevano viaggiato.
La realizzazione finale doveva essere avvenuta una volta portato il cuore all’interno del palazzo della Regina del Grande Pianeta. E dopo aver catturato Aurora e averla messa fuori gioco, il cervello del computer aveva potuto liberamente utilizzare nuovamente l’energia galattica, lì emessa alla sua massima potenza, per ricostruire ogni suo singolo elemento. E questo era avvenuto in brevissimo tempo. A quel punto, credeva Lacet, niente avrebbe potuto impedirgli di portare a compimento il suo diabolico piano, diventando lei stessa la Regina del Grande Pianeta.
Aurora doveva rimanere viva quanto bastava per far sì che il computer potesse elaborare un modo per trasferire le potenzialità di Aurora su di lei, Lacet.

Di tutto questo sia i cyborg che la dottoressa Kitty erano all’oscuro.
La Dottoressa Kitty aveva solamente intuito che l’energia galattica irradiata da Aurora aveva permesso al computer di risorgere, tramite la forza oscura con cui era stato creato.
Sapevano per certo, inoltre, che avrebbero avuto bisogno di grande supporto per poterlo distruggere. Che le armi dei cyborg, da sole, non avrebbero potuto far molto.
- “Stai dicendo che la principessa Aurora l’ha aiutata a tornare in vita, inconsapevolmente?” -
- “E’ proprio così. Inoltre i mostri creati dal computer sono senza dubbio fuggiti dal Grande Pianeta, non sappiamo che danni possano aver già fatto. Forse hanno già aggredito abitanti innocenti di altri pianeti…” -
- “Sì, purtroppo dalle analisi effettuate dal computer della Regina del Cosmo, sembra proprio che qualche energia anomala sia presente non molto lontano da qui…” -
- “E’ un mostro potentissimo, dovete fare attenzione. Ma sto studiando qualcosa per aiutarvi..” -
- “Dici davvero? Di cosa si tratta?” -
- “Non è una nuova arma…è un meccanismo per renderlo inoffensivo, almeno il tempo sufficiente per poterlo disattivare, prelevare il processore e distruggerlo per sempre. Ma per poterlo avere….” -
- “Cosa?” -
- “Uno di voi deve tornare sulla Terra! -
- “Capisco…bene, siamo molto lontani, dovrò andare con la velocità superfotonica, ma Gorgo dovrà rimanere qui…” -
- “Forse dovreste viaggiare insieme, a questo punto troverete parecchi mostri sul vostro percorso..” -
- “Non possiamo abbandonare la Principessa qui nella mani della Regina Lacet, non sappiamo cosa potrebbe farle.” – replicò Coog accoratamente.
- “Non le farà del male, anzi. Ha bisogno di lei e di ciò che rappresenta… Dovete solo far presto.“ -
- “Coog, ha ragione lei…” -
Il silenzio che percorse la sala di comando della Regina del Cosmo fu perfettamente udibile fin sulla Terra.
Entrambi i giovani cyborg erano terrorizzati all’idea di lasciare sola la principessa.
- “D’accordo, faremo come dici, Dottoressa Kitty…” – Coog ruppe il silenzio.
- “Ehiii Coog, mi sorprendi per una volta!” – si intromise urlando Doggert.
- “Ehi, professore, non sono sordo…” -
I due cyborg chiusero il collegamento. Si ritrovarono nel corridoio che portava ai rispettivi hangar. Si bloccarono e si osservarono per qualche istante, in silenzio. Entrambi stavano pensando probabilmente la stessa cosa.
- “D’accordo, Coog, faremo come dici, io non mi muoverò da qui. Ma rimarremo in contatto, d’accordo?” -
- “Grazie Gorgo, ero certo che avresti capito. Non aver pensiero per me, me la caverò. Dovremmo chiamare Hakka…avremmo dovuto farlo subito.” -
- “L’ho fatto. “ - strizzò l’occhio al suo amico.
- “Accidenti! Sei sempre il solito, organizzato e previdente, Gorgo… infatti sei sempre stato il suo preferito…” - una risatina sarcastica gli uscì suo malgrado.
- “Il preferito di chi?” -
- “Della principessa, di chi sennò…” -
- “Ahahahah, che cosa? Santo cielo Coog, pensi davvero una cosa del genere?”-
- “Certo, credo sia sempre stato abbastanza ovvio…” -
- “Ma che sciocchezza vai dicendo… Aurora è una donna buona e gentile che, certamente, ha voluto bene a tutti noi. Io sono il tipo di uomo che le ha dato delle sicurezze, per il mio carattere calmo. Ma il suo cuore, Coog, accidenti…” -
- “Il suo cuore cosa?” -
- “Nel suo cuore ci sei sempre stato solamente tu…” -
- “Non è vero…” -
- “Non è possibile che tu non l’avessi capito.” -
- “Le ho sempre dato solo problemi.” -
- “E’ vero, ma l’hai anche ricoperta di amore e di attenzioni. Lei sapeva che il tuo cuore era gentile..” -
Coog era scosso, non sapeva cosa altro dire.
- “L’ho amata moltissimo, sai?” - disse Gorgo, interrompendosi. Quell’affermazione non era nulla che tra loro non fosse già chiaro, ma non era mai stato detto esplicitamente. Probabilmente l’avevano amata tutti, ciascuno a suo modo.
- “Lo so...” – Coog fissò profondamente il suo amico, gli parve di leggergli dentro.
- “Ma poi ho capito. Più tardi ti dirò quando l’ho capito…” -
- “Cosa hai capito? Dai Gorgo, vuoi fare sempre il misterioso, ha ragione Hakka!!” - scoppiò in una risata per alleggerire il momento.
- “Ad essere sincero ad un certo punto ero convinto che ti fossi innamorato di Belamì…” -
- “E’ vero, ma è diverso…” -
- “Forse, hai ragione. Eppure…era davvero strano..” -
- “Te lo spiegherò più tardi!” - Coog strizzò l’occhio.
- “Devi muoverti, Coog, stiamo perdendo tempo in chiacchiere inutili, forza…” Coog era per certi versi tramortito da quella breve conversazione. Molte cose mai dette, tante mai spiegate.
L’amore per Aurora era sempre stato una certezza, ma il suo verso di lei. Non aveva mai preso in considerazione che lei potesse davvero provare qualcosa per lui. Non oltre l’affetto di cui aveva parlato Gorgo.
Il suo cuore si mosse come se fosse ancora un giovane ragazzo umano.
Doveva sbrigarsi.
- “Star Crow, decollo!” -
Velocità supersonica con accelerazione atomica.
Ancora una volta lo Star Crow di Ian Coog decollava a super velocità con il solo scopo di portare in salvo la principessa Aurora. Distruggere il nemico prima che il nemico potesse farle del male.
Era il suo destino, ora ne era certo. Se fossero riusciti ad affrontare e superare questa ennesima prova, la sua vita l’avrebbe dedicata interamente a Lei.

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Capitolo 7
*** Debolezze di un cyborg ***


7 - Debolezze di un cyborg

Il sonno della principessa Aurora quanto sarebbe durato? Quanto tempo gli rimaneva prima che quella maledetta di Lacet si accorgesse che non era davvero morta?
Doveva fare in fretta. Aveva avvistato sul radar la base spaziale della Dottoressa Kitty che era partita non appena avevano potuto, riuscendo così a ridurre il tempo di percorrenza per poter consegnare a Coog il nuovo dispositivo.
Lo Star Crow era atterrato a grande velocità all’interno della pista dell’hangar. Precipitato, sarebbe stato più corretto dire.
Il Professor Doggert era corso ad accoglierlo e aveva trovato il suo cyborg completamente privo di sensi.
- “Coog, dannazione, ti sembra il momento di svenire come una donnicciola, andiamo svegliati…” - lo strattonò e gli diede un paio di sonori ceffoni. Non sortivano effetto. Il suo corpo era prosciugato di ogni energia.
Sembrava impossibile vederlo in quello stato, di rado Coog aveva avuto reazioni simili.
L’avevano condotto in una cabina su un letto per riposare.
Era ormai privo di sensi da tanto di quel tempo, trattandosi di un cyborg, che il Professor Doggert si vide costretto ad intervenire in modo più brutale. Gli praticò una leggera scossa elettrica per riattivare ogni suo circuito. La manovra fu un po’ invasiva ma senza dubbio efficace.
Il cyborg fece un balzo talmente forte da ritrovarsi in piedi senza rendersene conto!
- “Ma che diavolo succede…aaaahhh” -
- “OH, finalmente, è tornato Coog!” - un sospiro di sollievo aveva invaso il cuore del burbero Doggert. La tremenda sensazione che le energie vitali di Coog si fossero definitivamente disperse e lì, in mezzo allo spazio e con un’urgente missione da compiere, lo avevano destabilizzato. Non avrebbe avuto modo né tempo per porre rimedio.
Coog si mise nuovamente seduto, era certamente spaesato.
- “Come ti senti?” - chiese Kitty.
- “Cosa mi è successo? L’ultima cosa che ricordo è di aver avvistato la vostra base spaziale..” -
- “Probabilmente hai perso conoscenza in volo e sei precipitato sulla pista di atterraggio in modo, diciamo, affrettato…” -
- “Ho perso i sensi? Non ci posso credere..” -
- “Nemmeno io, ma probabilmente l’accelerazione atomica è stata troppo per te, questa volta. Forse il tuo stato di ansia ti ha sovrastato.” -
- “Assistente Doggert, io però sono un cyborg!” -
- “NON ASSISTENTE, PROFESS…..aaahh, ok Coog, ascoltami, è necessario tu ti riprenda in fretta ora, non possiamo perdere altro tempo. So che sei molto in pena per Aurora, forse sei anche arrabbiato con noi. Ma qualunque cosa tu stia provando devi cercare di dominarla, non possiamo permetterci che il tuo corpo di cyborg non reagisca. Tu non sei un cyborg normale, lo sai. Sei forte, tra i cyborg più forti che esistano nell’universo. Ma la tua parte umana non è mai scomparsa del tutto, il tuo cuore…ecco…” -
- “Cosa ha il mio cuore?” -
- “Tu non ce l’hai il cuore, Coog…eppure..è come se battesse ancora…” -
- “Batte, è vero. Credo di averlo sentito nitidamente.” -
- “Coog, torna con i piedi per terra ora. Abbiamo un lavoro importante da fare…”- la Dottoressa Kitty, come sempre, riportò in campo la razionalità - “Vieni con me, devo spiegarti cosa dovrai fare.” -
La giovane scienziata si incamminò oltrepassando la soglia della porta, recandosi verso la sala comando.
Coog si voltò, solo un attimo, verso l’oblò dal quale si intravedeva il cielo scuro dello spazio. Il suo pensiero correva veloce e mille congetture e ansie stavano nuovamente attraversando la sua mente.
- “Coog, ehi, svegliati, hai compreso bene cosa ti ha detto la Dottoressa? Devi rimanere concentrato.” -
- “Ho capito perfettamente, ora so cosa devo fare e non cederò alle emozioni. State tranquillo, Professore assistente. Corro a vedere….” - e si volatilizzò.
- “Aaaahhhh, stupido ragazzo!” - adorava davvero il giovane Coog, il suo figlio mancato.

Sul Grande Pianeta, Gorgo continuava a percorrere avanti e indietro quei pochi metri quadri a sua disposizione. Ogni tanto sortiva in direzione della porta del suo hangar, indeciso sul da farsi. Sapeva cosa aveva promesso a Coog, ma era in pensiero per lui. I mostri potevano essere ovunque, a quel punto. Coog possedeva armi enormi, molto superiori a qualunque essere soprannaturale, tuttavia…
Eppure no, era giusto rimanere lì. Sebbene razionalmente fosse certo che la principessa non corresse pericolo di vita reale, quanto meno non imminente, la parte più emotiva di sé, quella che riusciva quasi sempre a tenere a basa, era inquieta e percepiva la stessa ansia da cui era attanagliato Coog.
Non poteva lasciarla, non era il momento. Doveva avere fiducia nella capacità di Coog.
Ma se fossero stati in pericolo? Compresa l’astronave proveniente dalla Terra? Accidenti, qual era la cosa giusta da fare?
Ma un rumore lo distolse.. era l’allarme della Regina del Cosmo. Qualcosa si stava avvicinando. Fino a quel momento aveva tenuto disattivate tutte le attività che potessero essere intercettate. Attivare i monitor per visualizzare l’oggetto identificato dal radar era un rischio, ma ancora più rischioso sarebbe stato uscire all’esterno senza sapere a cosa andava incontro. Era necessario.
Sui monitor apparve una sagoma scura non identificabile, poteva essere qualunque cosa, persino il mostro di luce.
Doveva prepararsi e stare in guardia, se avesse attaccato sarebbe uscito, ma
la cosa migliore era rimanere nascosto affinché nessuno scoprisse la loro presenza sul Grande Pianeta.

- “Credo sia tutto chiaro!” - Coog aveva ritrovato energie mentali e fisiche, si sentiva fiducioso e aveva ritrovato la sua vena baldanzosa. Camminava per la stanza ripetendo ad alta voce ogni passaggio che avrebbe dovuto effettuare una volta azionato quel dispositivo.
- “Ce la faremo! Ma ora devo andare…” -
- “Coog, calmo, come sempre sei troppo irruente. Non essere avventato. Ti sei ripreso ma prima di percorrere il viaggio di ritorno alla stessa velocità vorrei fare ancora alcuni test su di te!” -
- “Non è necessario, sto benissimo ora. Stia tranquillo. Ma devo andare, la Principessa Aurora ha bisogno del mio aiuto, non posso aspettare oltre…” -
- “Coog, mi raccomando, ricorda quel che ti ho detto. E’ essenziale come per prima cosa disattiviate il computer, solo così probabilmente lei sarà fuori gioco e non potrà….” -
L’improvviso rumore dell’allarme interruppe queste ultime raccomandazioni.
Doggert era già davanti al radar.
- “Qualcosa si sta avvicinando… non capisco cosa sia, ma è molto veloce e ci raggiungerà in breve…” -
- “Vado a vedere!” -
- “Aspetta, cosa dici? Non sappiamo cosa sia…” -
- “Lo so, è proprio per questo che devo uscire, questa astronave non è come la Regina del Cosmo, verrebbe abbattuta in un attimo se subisse un attacco.” -
- “Devo darti ragione, vai Coog!” - con il benestare della Dottoressa Kitty, Coog era già in sella al suo Star Crow e stava dirigendosi nella direzione indicata dal radar.
Il combattimento entrò subito nel vivo, quell’essere era pronto all’attacco e non aveva esitato.
Si era reso conto sin da subito che l’essere che lo attendeva aveva dimensioni enormi, dal radar era apparso chiaro. Se fosse riuscito ad attaccare la base terrestre, o a fare pressione su di essa, non avrebbero avuto scampo. Doveva assolutamente ricorrere ai suoi circuiti più potenti. Doveva ricorrere alla macro trasformazione. Sperava solamente di avere abbastanza energie per gestire quel repentino cambiamento.

Da parecchi minuti, ormai, Coog tentava di proteggere la base. Ma non poteva continuare unicamente a difendere, doveva rischiare e contrattaccare, altrimenti quel mostro avrebbe avuto la meglio e loro non sarebbero riusciti nella missione.
Sferrò un attacco lampo, lanciando il tuono astrale per distrarre quell’essere, il quale abboccò al richiamo e Coog riuscì nell’intento di allontanarlo dalla base anche se per pochi istanti.
Dopo tutto quel tempo, non credeva possibile potessero ancora esistere tali esseri nello spazio. Dannazione a quella maledetta di Lacet, era riuscita a vanificare gli sforzi che avevano raggiunto dopo il loro lungo viaggio. Ma non poteva permetterle di vincere, mai. A costo della vita.
Avrebbe dato la vita, sì, per la sua causa e per la principessa Aurora.
E quando si rese conto che le sue forze stavano diminuendo, che l’energia sembrava stesse gradualmente scemando, non riuscì a capacitarsene. Cosa gli stava succedendo?
Il professer Doggert osservava lo scontro dal Radar e si accorse subito che qualcosa non andava. Coog stava cedendo. Ma perché? Era evidente che qualche congegno importante, nel suo corpo di cyborg, stesse cessando di funzionare. Ma come era possibile? Dai controlli effettuati non era risultata alcuna anomalia, nessun circuito interrotto. Eppure..

Gorgo si era appostato sulla piccola porta di emergenza. Nessuno doveva scoprire che si trovava lì.
Ma ad un tratto lo Star Bood comparve davanti ai suoi occhi. Accidenti, che idiota sono stato! Pensò tra sé.
- “E’ arrivato prima del previsto!” – di scatto corse fuori, all’esterno. Doveva evitare che facesse il suo solito baccano.
Dal suo Star Bood il panciuto Hakka, stanco e affamato per la lunga traversata spaziale, vide le braccia di Gorgo dimenarsi.
- “Ehi, Gorgo, ma perché ti agiti tanto?” - disse Hakka, piano tra sé.
Ma comprese l’invito dell’amico ad adagiare la sua navicella nell’apposito hangar e di cercare di mantenere un profilo davvero basso. Lo comprese definitivamente quando lo vide tuffarsi dentro alla cupola e scomparire. La situazione doveva essere più seria del previsto.
Quando scese dallo Star Bood fu accolto da Gorgo con pacche sulla testa e sulle spalle.
- “Ce l’hai fatta amico mio, sono così felice di vederti, dannazione…” -
Gorgo era su di giri, raramente lo aveva visto così agitato e poco controllato.
Quel che Hakka non sapeva era che da giorni, ormai, aveva interrotto i contatti radio per evitare di correre rischi. Non aveva più avuto notizie di Coog né della Dottoressa Kitty e aveva lottato molto, interiormente, per mantenere la calma.
Hakka era stato informato a malapena dell’accaduto, sapeva unicamente che la principessa era in pericolo e che c’era di mezzo la Regina Lacet.
Gorgo aveva cominciato a parlare rapidamente per ragguagliarlo su tutto l’accaduto, su quanto avevano intuito, sulle condizioni di Aurora,
- “Gorgo, calmati! Non ti ho mai visto in questo stato…hai sempre parlato molto, ma non mi sembra tu riesca a controllarti, ora. Che ti succede?! -
- “Hakka, la principessa Aurora è nelle mani di Lacet…” -
- “Sì, lo so. Cosa dobbiamo fare per liberarla? Quella maledetta, me la
mangerò a colazione..” -
- “La situazione è seria, dobbiamo prestare molta attenzione. Il computer della Regina Lacet non è mai stato davvero distrutto. E’ molto probabile che l’abbia riportata in vita e, insieme a lei, molto mostri spaziali.” -
- “Cosa? Stai scherzando?” -
- “Ti sembra io stia scherzando? Non sappiamo cosa ci sia là fuori al momento, non capisco come tu abbia fatto ad arrivare qui senza intoppi…” -
- “Beh, non so, ho dormito per la metà del tempo. Io non mi sono accorto di niente..” -
- “Oh Hakka, sei sempre il solito. Mi trasmetti certezze e mi rassicura la tua non curanza. Ma, credimi, ora dobbiamo rimanere all’erta! Aurora è in pericolo, e forse ora anche Coog.” -
- “Cosa devo fare, Gorgo?” -
- “Devi ripartire.” -
- “Come?” -
- “Devi andare da Coog, ho un brutto presentimento. E credo che, questa volta, potrebbe trovarsi in difficoltà.” -
- “Ma perché mai? Coog è il più forte di tutti.” -
- "Ora non lo è. E’ sconvolto per quanto accaduto ad Aurora. Non riusciva a darsi pace. Ed è partito perché solo lui, con lo Star Crow, poteva farlo. Ma non avrebbe mai voluto lasciare il Grande Pianeta…” -
- “Certo, certo, capisco.” -
- “Lui….” -
- “Cosa?” -
- “Lui dovrebbe essere qui ora, non io. Ma io non avevo i mezzi per raggiungerli…” -
- “Gorgo, sei troppo agitato, devi calmarti, non riesco neppure a seguire quel che dici…” -
- “D’accordo, mi calmo.” – si sedette. La testa tra le mani.
- “Ehi, Gorgo, cosa c’è che non va? Vuoi spiegarti per favore? Altrimenti come faccio ad essere di aiuto?” -
- “Tu non l’hai vista…” -
- “La principessa? No, per fortuna. Altrimenti forse sarei impazzito anch’io. Forse è questo. Ok, d’accordo..” – fece una pausa di silenzio. Hakka non era mai stato particolarmente bravo a comprendere quando era più opportuno fare silenzio e smettere di parlare e fare domande. Ma stavolta ce l’aveva fatta, ed era fiero di sé.
- “Ora è tutto chiaro. La preoccupazione sta attanagliando anche te. Sei nel panico, per la prima volta in vita tua. E’ così, non è vero?” -
- “E’ così. Non so cosa fare e non riesco a prendere decisioni. Non voglio che succeda qualcosa ad Aurora, ma sono in pensiero per Coog. Se succedesse qualcosa a uno dei due, peraltro…ecco…” -
- “Non si sono visti, giusto? Beh, certo. Ho capito. Sei un grande amico, Gorgo. Ora è tutto chiaro. Sacrificare le proprie emozioni per il bene e la felicità di altri, è prova che sei il grande uomo che ho sempre creduto tu fossi.” -
Gorgo alzò lo sguardo, ma non disse nulla. Accennò un sorriso.
- “Avanti, ora rialzati e spiegami cosa devo fare per monitorare senza farmi intercettare.” -
- “Cosa? Ma che dici Hakka?” -
- “Tu devi andare ad aiutare Coog..” -
- “Forse dovrei.” -
- “Devi. Tu sarai più utile a lui. Qui basto io. Dovete solo fare in fretta.” -
Lo stato di quasi trance del controllato e ragionevole Gorgo stava piano piano sciogliendosi lasciando spazio a maggiore lucidità.
Come Coog, anche lui era caduto preda delle emozioni, quelle emozioni che i cyborg non dovrebbero possedere, o che dovrebbero possedere in minima parte senza che quest’ultima possa dominarli.
Ebbene, era però accaduto. Ma la provvidenziale saggezza del buon Hakka, dal cuore generoso e sensibile, era riuscito a riportarlo indietro. In tempo. Rimaneva solamente una questione da risolvere, un ostacolo enorme che fino a quel momento non avevano mai preso in considerazione di dover affrontare perché sembrava insormontabile. Come avrebbe fatto a raggiungere Coog in tempi ragionevoli senza essere in possesso della velocità fotonica? Era praticamente impossibile e l’amico poteva essere in pericolo senza che nessuno di loro potesse rendersi davvero utile.
Negli stessi istanti, a moltissima distanza dal Grande Pianeta, Coog portava avanti la sua battaglia. Sentiva di non riuscire più a governare il suo corpo di cyborg, era una preda facile a questo punto. Decise di tentare un’ultima mossa, sperando che quel mostro fosse in grado di seguirlo dove lui voleva portarlo. Lontano da lì.
In sella al suo Star Crow, facendo ricorso alle ultime riserve rimastegli, pronunciò quel comando.
Star Crow, velocità fotonica...
Le grinfie dell’essere spaziale rimasero di colpo prive della loro preda. Dopo pochi istanti di esitazione, spiazzato ma deciso nello scopo, il mostro fece esattamente ciò che Coog aveva sperato che facesse. Scomparve lasciando una scia di luce che si dissolse in un soffio.
Aveva intrapreso esso stesso l’accelerazione atomica. I volti attoniti della Dottoressa Kitty e del Professor Doggert riempivano l’oblò della base spaziale, dalla quale avevano osservato l'intera sequenza perpetratasi davanti ai loro occhi.
- “Dottoressa, avete visto anche voi? Questi esseri sono in grado di fare da soli ciò per cui io ho studiato per anni, l’accelerazione degli atomi.” – le parole gli uscirono con l’amarezza dello sconforto – “…raggiungerà Coog in men che non si dica…” -
- “Ma lui voleva portarlo lontano da noi, è stato molto coraggioso. Speriamo solo che la sua mente lo sostenga. Il suo corpo è assolutamente in grado di sconfiggere quell’essere, deve solo ritrovare il suo equilibrio.” -
- “Ci riuscirà, ne sono certo. Il suo scopo è troppo importante, per farsi vincere in questo modo. Troverà le forze, ritroverà se stesso. E speriamo che arrivino gli altri cyborg in suo soccorso.” -
- “Sì, speriamo davvero, Professor Doggert. Purtroppo non possiamo comunicare con Gorgo, speriamo se la stia cavando e che Aurora sia al sicuro.” -
- “Certamente sì. E sono anche sicuro che presto Coog riuscirà a raggiungere il Grande Pianeta e consegnare il congegno a Gorgo.” -
- “Per quante volte consecutive può sostenere lo sforzo della velocità fotonica con accelerazione atomica?” -
- “Non so dirlo con precisione: tre, forse quattro volte..” -
- “Cosa potrebbe succedere se eccedesse?” -
- “Potrebbe andare in mille pezzi.” -
La Dottoressa Kitty non rispose, sentì un freddo improvviso attraversarle il corpo. Rivolse lo sguardo verso il buio dello spazio che avevano di fronte.
Non voleva pensare. Scelse di sperare.

 

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Capitolo 8
*** L'amicizia ci salverà ***


8 - L’amicizia ci salverà

Il gelo di quel pavimento stava penetrando la sua pelle e le sue ossa. Aurora sapeva di trovarsi in quella posizione da un tempo indefinitivo che le parve lunghissimo.
Non riusciva a comprendere se avesse o meno ripreso i sensi, ma una parte del suo cervello captava suoni e sensazioni.
Sentiva suoni lontani, ovattati. Poteva solo sperare che l’energia galattica continuasse ad aiutarla, che il suo potere non venisse improvvisamente meno. Doveva resistere ancora. Evidentemente, fino a quel momento, era riuscita ad ingannarla.
Sentì un brivido percorrerle tutto il corpo, aveva freddo, aveva paura. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei. Il suo cuore stava invocando i suoi cyborg già da molto, ma le cose non stavano più come un tempo. Loro erano lontani e probabilmente non avevano idea di cosa stesse succedendo. Non aveva idea se quel tentativo fosse riuscito, se Coog avesse potuto captare i suoi segnali.
Don Hakka continuava a percorrere la sala comando, avanti e indietro, ormai da molto.
Gorgo era partito all’inseguimento di Coog. Gli aveva spiegato velocemente i principali comandi per rimanere fuori da ogni intercettazione. Anche Hakka conosceva piuttosto bene la Regina del Cosmo, tuttavia molte attività le aveva svolte sempre e unicamente Gorgo.
Il suo principale compito era quello di monitorare la frequenza dell’energia galattica emessa da Aurora. Se la Principessa si fosse risvegliata, l’emissione sarebbe aumentata. E questo avrebbe significato pericolo imminente.
Hakka sentì chiaramente che il tempo a loro disposizione stava scadendo, che i suoi amici non sarebbero tornati così presto e che la vita della Principessa era appesa ad un filo.

Il sofisticato congegno messo a punto dalla dottoressa Kitty era stato creato con lo scopo di arrestare temporaneamente il computer della Regina Lacet. Una volta applicato a poca distanza dalla scheda madre, l’avrebbe reso inabile per trenta minuti. L’unico in grado di compiere quell’operazione era senza dubbio Gorgo.
Una volta giunti nell’orbita del Grande Pianeta, con la base spaziale, Kitty avrebbe potuto lanciare il comando in grado di arrestare momentaneamente il funzionamento del malefico computer.
A quel punto sarebbe stato possibile distruggere tutti i mostri spaziali, forse in breve tempo. Persino la Regina Lacet sarebbe molto probabilmente rimasta priva di forze o avrebbe potuto, addirittura, precipitare in un sonno pre morte. Esattamente come la principessa Aurora.
E quello sarebbe stato il solo momento giusto per colpire e ucciderla per sempre.
Lo scopo della dottoressa Kitty era quello, una volta uccisi i mostri e Lacet, di mettere mani al sofisticato computer del pianeta Lacet per riprogrammarlo in modo definitivo e renderlo utile ai loro scopi e al Grande Pianeta.
Il suo intento non era di distruggerlo. Già una volta, da pochi circuiti, era riuscito a rigenerarsi. Il solo modo era quello di impostare ogni sua funzione in modo da renderlo innocuo.
A questo punto era necessario che Coog riuscisse a raggiungere il Grande Pianeta, per consegnare al suo amico Gorgo il congegno che aveva con sé.

Da ore viaggiava alla velocità fotonica, inseguito dal mostro spaziale.
Ma si rese conto che il suo corpo stava di nuovo cedendo, non aveva scelta che interrompere il viaggio. Era certo che, se non l’avesse fatto, il suo corpo di cyborg avrebbe potuto disintegrarsi.
Atterrò malamente su un piccolo asteroide, cercando riparo per non farsi intercettare. Ma sapeva di non avere scampo, era solo questione di tempo e il mostro l’avrebbe individuato. Il radar l’aveva già avvistato.
Doveva recuperare quelle poche energie in grado di consentirgli la astro trasformazione, consapevole che forse non ne sarebbe uscito vivo. Ma non aveva scelta. Se non avesse eliminato quel mostro, non sarebbe comunque arrivato salvo al Grande Pianeta.
Il combattimento con quel maledetto mostro dovette inevitabilmente ingaggiarlo in breve tempo, seppur al limite delle sue possibilità. Come previsto, il mostro l’aveva raggiunto e scovato. Non aveva forze sufficienti per uno scontro corpo a corpo. Tentò la tattica della difesa, utilizzando il tuono astrale che lo teneva a riparo da attacchi diretti. Il giavellotto astrale era una delle armi più potenti che fossero mai state messe a punto. Con il giavellotto astrale era sempre riuscito a spuntarla su ogni malvagia creatura che avevano incontrato sulla loro strada. Ma senza un corpo da cyborg, a sostenerlo, quel mostro avrebbe potuto disarmarlo facilmente.
E così accadde.
Si trovò a terra, la vista si stava annebbiando e sentiva le sue capacità cognitive rallentare. Non era certo di sapere dove si trovasse e cosa stesse accadendo.
- “Aurora.. mi dispiace..” - stava perdendo i sensi.
Il mostro volò verso il buio dello spazio, scomparendo dalla sua vista per un istante. Ma, nonostante le tenebre lo avvolgessero dentro e fuori, si accorse di quel puntino luminoso che, di getto, si scagliò verso di lui. Lo vide arrivare verso di sé a velocità fulminea. Era la fine.
- “Tridente spaziale!!” -
La voce di Gorgo si inserì in quell’attimo drammatico, riuscendo a ridestare i sensi di Coog. Il primo colpo servì per distogliere l’attenzione del mostro dalla sua preda.
- “Coog! Dannazione, appena in tempo!” – prese nuovamente la mira, ma stavolta doveva fare centro e raggiungere lo scopo.
- “Raggio di gelo sideraleee!” - quel colpo andato a segno riuscì ad immobilizzare il mostro, almeno temporaneamente.
Coog sentì il suo cuore riscaldarsi, rendendosi conto dell’arrivo provvidenziale del suo amico.
Gorgo atterrò rapidamente, saltò fuori dallo Star Kopper e corse verso Ian Coog.
Lo prese per le spalle, aveva compreso immediatamente che il corpo del cyborg stava crollando. Le sue energie erano completamente esaurite. Era al limite delle sopravvivenza.
- “Coog, ce la fai? Ci sono io, avanti..” -
Con un sussurro riuscì solamente a dire: “La Principessa…?” -
- “Sta bene. C’è Hakka sul Grande Pianeta, forza Coog…” -
- “Non ce la faccio, Gorgo, devi andare. Lasciami qui” -
- “Non provarci, non ti lascerò mai qui da solo. Dobbiamo farcela, forza! Dobbiamo distruggerlo!” -
- “Gorgo, ti prego, devi salvarla, è la cosa migliore che tu possa fare per me. Ti prego…” -
- “Lo farò, ma solo dopo aver abbattuto questa creatura mostruosa, e tu dovrai aiutarmi. Se non lo uccidiamo, quando si risveglierà ucciderà prima te e subito dopo raggiungerà me. E da solo non ce la farò mai, e tu lo sai. Abbiamo qualche minuto prima che si risvegli, devi riprenderti.” -
Pochi attimi prima dell’arrivo di Gorgo, Coog era certo fosse arrivata la sua ora. Ma non era stato così. Doveva trovare la forza per non soccombere. Riuscì a sollevarsi. Fu in piedi con l’aiuto del suo compagno.
- “Ascoltami Gorgo, non appena lo avrai scongelato, dovrai allontanarti. Proverò l’Astro Trasformazione.” - pronunciò queste parole come fossero le ultime prima del patibolo.
- “Che cosa? La trasformazione potrebbe ucciderti.” -
- “No, se riusciremo a distruggerlo in fretta. Dovrò tornare alla mia dimensione naturale in pochissimo tempo. Ma non abbiamo scelta. Con le nostre armi normali non ce la faremo mai. Quel mostro può arrivare alla velocità atomica.”
- “Dici sul serio?” -
- “Sì, per questa ragione dobbiamo attirarlo, perché se dovesse allontanarsi a quella velocità, stavolta non potrei inseguirlo.” -
- “E’ chiaro.” -
Un possente grido spaventoso li destò facendoli cadere nuovamente a terra. Il mostro si era liberato dalla coltre di ghiaccio e stava riprendendo forma.
Si dirigeva verso di loro. Istintivamente Gorgo si parò di fronte al suo amico, facendogli scudo con il suo corpo. Aveva ancora bisogno di tempo, qualche attimo affinché l’energia tornasse in lui, quanto bastava per la trasformazione.
Gorgo iniziò a scagliare tutte le armi in suo possesso. Il Tridente, i missili.
Coog capì che non poteva più attendere. Doveva tentare il tutto per tutto.
- “Gorgo, allontanati…ORA!..” -
Il giovane Gorgo fece un balzò indietro e la possente trasformazione di Coog si impadronì della scena e di quel piccolo asteroide.
- “Astro Trasformazioneeeee!” -
Il mostro indietreggiò. La lotta fu possente e intensa, ma di fronte alla Astro Trasformazione fino a quel momento nessun mostro aveva avuto scampo. Persino Satana Golgoa era stato sconfitto in fretta.
La forza di Coog era straordinaria. Ed ebbe la meglio anche in quel momento. Ma Gorgo era consapevole del fatto che, una volta terminato lo scontro, il suo corpo avrebbe ceduto nuovamente.


Il mostro era distrutto per sempre, ma il corpo di Coog crollò istantaneamente a terra. Aveva riacquistato le sue sembianze naturali e giaceva inerme. Aveva dato fondo ad ogni energia. Inoltre, una parte della sua scocca di cyborg si era sgretolata e un braccio era quasi perduto.
Gorgo si sedette vicino al suo amico. Lo sollevò con delicatezza. Non poteva fare nulla per aiutarlo, assolutamente niente. Potevano solamente attendere l’arrivo della Nave spaziale dalla Terra, era la sola speranza. Il Professor Doggert avrebbe saputo rimettere in sesto qualunque rottame. O almeno era ciò che sperava.
Lo adagiò nuovamente a terra. Si alzò di colpo e cominciò a guardarsi attorno. Individuò in fretta il luogo adatto. Sollevò di peso il corpo di Ian Coog caricandolo su una spalla.
Un piccolo anfratto tra le rocce avrebbero forse potuto tenerlo al riparo fino all’arrivo della Nave spaziale della Dottoressa Kitty.
Aveva ragione lui, la salvezza di Aurora veniva prima di ogni altra cosa. Se lei fosse morta Coog non glielo avrebbe mai perdonato. E qualunque loro sacrificio sarebbe stato vano. Doveva solo sperare che non ci fossero in giro altri mostri e che Coog potesse rimanere al sicuro ancora per poco.
Decise di infrangere il silenzio radar e corse verso lo Star Kopper.
- “Dottoressa Kitty, Professor Doggert, rispondete. Base spaziale della Terra, sono Gorgo, avanti, rispondete…!” -
- “Gorgo, ti ascoltiamo…cosa succede?” -
- “Finalmente. Sono insieme a Coog, è completamente inerme e non so dirvi se in giro ci siano altre insidie. Ma non è al sicuro. Non è in grado di difendersi. Fate presto.” -
- “Ascoltami, Gorgo! Farai quello che ti dico. Prendi il corpo di Coog e depositalo dentro lo Star Crow. Ti stiamo inviando le nostre coordinate, impostale sul computer e lo Star Crow lo porterà da noi. Hai capito bene?” -
- “D’accordo. Ho capito bene. Lo farò. Mi ha chiesto di correre al Grande Pianeta, è un suo espresso desiderio.!” -
- “Capisco perfettamente, devi fare ciò che ti ha chiesto. Non temere, ariverà da noi sano e salvo. Guadagneremo tempo! Ascolta, Gorgo, il congegno si trova nel vano interno dello Star Crow, devi recuperarlo e portarlo con te.” -
- “Cosa dovrò fare?” -
- “Dovrai applicarlo il più vicino possibile alla scheda madre. Poi dovrai semplicemente avviarlo. So che puoi farlo, Gorgo. Conto su di te.” -
- “Ce la farò!” -
- “Corri, Gorgo!” -
Il congegno era nelle sue mani. Lo depositò all’interno dello Star Kopper. Chissà cosa stava succedendo sul Grande Pianeta, chissà se Hakka se la stava cavando.

Sollevò il corpo semi inerme di Coog e lo adagiò dentro al suo velivolo. Era al sicuro, lo Star Crow era stato progettato con le stesse tecnologie avanzate del Giavellotto astrale.
- “Coog, ascolta, sto per mandarti verso la Base spaziale della Dottoressa Kitty, non ci vorrà molto. Non fare sciocchezze, d’accordo? Corro al Grande Pianeta, ma so che mi raggiungerai. Fatti guarire, è la sola speranza che abbiamo, noi tutti. Non devi per nessuna ragione intraprendere un altro viaggio alla velocità fotonica senza essere prima tornato in sesto. Ti è chiaro, Coog?” -
La mano di Coog, sorprendentemente, strinse il braccio del suo amico.
- “So che la salverai…” -
- “Farò tutto quanto in mio potere, darei la vita se necessario, questo lo sai.” -
- “Lo so.” -
La mano di Coog stringeva ancora.
- “Cosa?” -
- “Se non dovessi farcela, Gorgo, io ti prego…” - faticava a parlare.
- “Cosa devo dirle?” -
- “Sai già cosa devi dirle…ma non solo. Rimani con lei, non lasciarla sola. Non dovrà mai più rimanere sola. Promettimelo, Gorgo!” - con le ultime forze rimastegli fece in modo di strappare questa promessa all’amico cyborg.
Il cuore di Gorgo sembrò andare in mille pezzi. Una lacrima si affacciò contro il suo volere. Non c’era niente altro al mondo, in quell’istante, che avrebbe desiderato di più della salvezza e della felicità dei suoi amici. Avrebbe fatto tutto quanto in suo potere.
- “Te lo prometto, amico mio. Puoi fidarti. Devo andare. Ce la farai Coog, ce la faremo tutti.” - gli strinse forte la mano. La loro amicizia aveva superato prove durissime, ma erano ancora lì, l’uno nelle mani dell’altro, sapendo di poter contare sulle reciproche forze e sulla reciproca stima. Con il solo desiderio di fare solo il bene dell’altro. L’altruismo che Aurora aveva insegnato loro, li aveva resi migliori e in questo frangente si accorsero di quanto fossero ancora legati, anche dopo molto tempo, pronti a dare tutto l’uno per l’altro. E per un bene comune.
Gorgo corse via, voltando le spalle al cyborg disteso a terra.
Correndo e saltando dentro lo Star Kopper lanciò un grido di disperazione, di dolore, di forza.
- “Star Kopper, decollo!” -

Il segnale della Regina del Cosmo iniziò di colpo ad emettere il suono tanto temuto. Le onde di energia galattica sembravano aumentate. Hakka corse verso il monitor, cominciò ad osservare e si rese conto che il segnala non faceva che aumentare, sempre di più. Quelle piccole emissioni divenivano sempre più intense, sempre più ampie. La Principessa si stava svegliando.
- “Corpo di mille torte, dannazione, che diavolo faccio ora?” – si aigitò così tanto che cadde a terra. - “Gorgo, possibile tu non sia ancora tornato. Sono passate più di dodici ore, accidenti…” -
Cercò di calmarsi, il tanto tempo trascorso su quell’astronave insieme ad Aurora e agli altri cyborg gli avevano senza dubbio insegnato che agire di impulso non era mai saggio. Ma stavolta gli era chiaro che forse, attendere, non sarebbe stato altrettanto saggio. Quanto ci avrebbero messo Coog e Gorgo a ritornare? Altre ore? Un altro giorno? E se non fossero tornati affatto?
Non poteva rischiare che la Principessa venisse finita da quella maledetta strega, la quale in breve tempo si sarebbe accorta del suo stato.
Sapeva esattamente cosa doveva fare. Nei brevissimi istanti in cui tutti questi pensieri avevano affollato la sua mente, si era già catapultato verso l’esterno. Il suo Star Bood non era stato messo nell’hangar, appositamente per non attirare l’attenzione. Era atterrato senza essere visto, ma per pura fortuna. Doveva essere prudente. Come poteva fare ad entrare nel palazzo senza essere visto?
Ma certo, che idiota. Lui era Don Hakka, fedele scudiero del pianeta di Fango. Non doveva far altro che seguire la sua natura e, come fatto in passato, avrebbe portato in salvo la Principessa finendo per essere il suo eroe. Alla faccia degli altri due bellimbusti che volevano solo conquistarla con la loro moine.
Ma che sciocchezze stava pensando? Non era il momento. Doveva concentrarsi.
Saltò dentro al suo apparecchio, con la consueta poca agilità e, attivando la modalità silenziata, iniziò a scavare sul terreno. Sarebbe riuscito nel suo intento? Le coordinate che aveva ipotizzato si sarebbero rivelate corrette?

- “Sei una maldetta sciocca! Volevi ingannarmi? Come hai osato?” - un colpo tremendo scaraventò lontano il corpo di Aurora. La furia di Lacet rischiava di ucciderla. Un altro urto di quel genere e il suo fragile corpo umano abrebbe potuto riportare ferite molto serie.
- “Non mi avrai viva, non avrai l’energia galattica. Preferisco morire che lasciarti libera di prendere ciò che vuoi.” - sibilò la Principessa con la poche forze rimaste.
Le faceva male ogni parte del corpo. Aveva battuto violentemente una spalla. Probabilmente era rotta. Doveva resistere.
La folle strega si voltò verso il grande computer, cominciando ad inserire istruzioni e comandi affinché le cose potessero svolgersi come lei desiderava. All’apice di quell’enorme marchingegno era posizionato un puntatore dal quale iniziò a sgorgare una luce molto potente. Probabilmente era un laser. Se l’avesse colpita l’avrebbe uccisa in un solo istante. Subito dopo la capsula posta di fianco al computer avrebbe prelevato l’energia galattica rimasta in lei, anche se poca, per poi produrne sempre più e senza limite, autorigenerandosi. Il corpo di Aurora, una volta risucchiato ciò che in lei era presente, sarebbe stato gettato via senza pietà.
Questo scenario era assolutamente chiaro nella sua mente, il meccanismo parlava chiaro. Non aveva scampo. Chiuse gli occhi. Era davvero la fine.

Il raggio laser stava per sgorgare. Lacet premette il tasto di accensione. Un rumore sordo pervase l’ampia sala, il laser si stava scaldando e stava per scagliarsi contro di lei. Ma altrettanto forte e improvviso giunse un altro rombo, meccanico, che andò a sovrapporsi a quello già assordante del laser.
Le punte trivellanti dello Star Bood lacerarono la pavimentazione poco distante da lei. Aurora ebbe un sussulto riconoscendo immediatamente l’apparecchio che stava giungendo in suo soccorso. Ecco che apparve Hakka.
- “Hakka!!” -
- “Principessa! Sfera spaziale!!” - lanciò velocemente la sua arma contro il computer senza esito. Riuscì però a far cadere a terra la malefica Lacet e sferrò un nuovo attacco fino a colpirla in pieno. Cadde a terra dopo un grido doloroso, mentre il laser colpiva il suolo ad un passo dal corpo di Aurora.
Hakka si lanciò su di lei prima che si azionasse un altro raggio. La coprì con il suo corpo e subito dopo riuscì a sollevarla e ad allontanarla da lì.
caddero nuovamente ed entrambi i corpi rimasero a terra, privi di sensi, per alcuni istanti.
Fu Hakka a ridestarsi in tempo. Il corpo di Aurora giaceva accanto a lui. Le poggiò un orecchio sul torace, era viva. La osservò per un attimo. Il suo viso era pieno di segni di percosse. Il suo piccolo corpo aveva subito molto. Una morsa gli strinse lo stomaco. Ora gli era perfettamente chiaro cosa avessero provato, prima di lui, Gorgo e Coog. La consapevolezza che quella ragazza avesse subito tanta violenza poteva acciecare e rendere capaci di qualunque azione.
Una sola certezza albergava ora nel suo animo: non si sarebbe arreso per nessuna ragione.
Lacet doveva morire.

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Capitolo 9
*** Sinergia ***


9 - Sinergia

Lo Star Kopper continuava incessante il suo viaggio alla massima velocità. Se solo avesse posseduto la velocità fotonica…ma il suo corpo di cyborg non era stato progettato a quello scopo, sarebbe morto in un istante.
Con questo pensiero gorgo continuò la sua folle corsa.
Il Grande Pianeta non era lontano, ma sentiva che non c’era più tempo.
Sperava in cuor suo che non si presentasse alcun intralcio, di non essere avvistato. Erano passati quasi due giorni, chissà cosa stava succedendo. Potevano essere cambiate molte cose. Doveva rimanere vigile. Si sentiva stanco ma tutto dipendeva da lui.
Non doveva distrarsi, né soffermarsi sulle sorti di alcuno di loro. Era necessario mantenere lucidità, solamente in quel modo sarebbe riuscito nella sua missione.
Doveva entrare nel palazzo e piazzare il congegno. Null’altro. A quel punto tutti sarebbero stati in salvo. Eppure…
Avvistò il Grande Pianeta in tutto il suo splendore.

Lacet giaceva in uno stato immobile. Hakka era consapevole che si sarebbe presto risvegliata. Se solo avesse avuto anche solo una vaga idea di come maneggiare quel computer…
Il laser continuava a puntare nella loro direzione, probabilmente si sarebbe attivato nuovamente, da un momento all’altro. Non aveva idea di quale fosse il meccanismo in grado di attivarlo, sapeva solo di dover portare in salvo la Principessa Aurora al più presto. Ma la giovane donna giaceva inerme accanto a lui, ferita. Soffriva e lui non poteva sopportarlo. Si sentiva impotente. Maledizione, per quale ragione i suoi amici non erano ancora arrivati?

- “Dottoressa Kitty, vedo il Grande Pianeta! Coog è giunto fino a voi con lo Star Crow? Dottoressa…Professore, mi sentite?” - non ricevette alcuna risposta. La potenza dell’energia del Grande Pianeta forse interferiva con il segnale. Si ricordò che, una volta nell’orbita del Pianeta, il solo modo per comunicare era tramite le onde di energia galattica. Incredibile, senza il supporto di Aurora, era tagliato fuori da ogni comunicazione. Provò ugualmente a mettersi in contatto con la Regina del Cosmo. Il segnale mandava un ritorno, era attivo. Ma non riusciva ad instaurare un collegamento. Tuttavia, ciò significava che l’astronave era ancora intatta. Ma non vi era cenno di risposta e questo gli conferì ulteriori certezze: Aurora si era svegliata ed era in pericolo.

Il corpo di Coog giaceva da qualche ora nella sala medica del Professor Doggert.
Per certo non si sarebbe mai aspettato di dover riattivare un intero braccio, del quale aveva completamente perso l’uso, quasi tranciato di netto. Non era mai successo, nei tanti anni in cui si era occupato della “manutenzione” di Coog. Era evidente che l’attenzione con cui aveva combattuto era totalmente venuta meno.
- “Professore, come va? Pensate di farcela? Coog tornerà quello di un tempo?”-
- “Certamente! Ma mi serve ancora tempo…” -
- “Non ne abbiamo, Gorgo ha provato a mettersi in contatto ma purtroppo non siamo riusciti a stabilire un buon segnale, è troppo vicino al Grande Pianeta. Dobbiamo fare in fretta, una volta atterrato inizierà le manovre diversive per installare il nuovo congegno. Il supporto di Coog potrebbe essere essenziale.” -
- “Ne sono perfettamente consapevole, ma non è mettendomi fretta che lavorerò meglio, dovreste saperlo…Dottoressa.” -
La guardò stizzito, sollevando gli occhiali che lo riparavano dalle scintille del laser riparatore. Con il suo consueto fare scorbuto che, stavolta però, lasciava trapelare una seria preoccupazione. Non voleva darlo a vedere, ma era preoccupato quanto lei, aveva il serio timore di non risolvere i problemi di Coog e non se lo sarebbe mai perdonato. Quel ragazzo doveva tornare a vivere, e doveva farlo in fretta. Si rimise gli occhiali sugli occhi e continuò il lavoro minuzioso che stava svolgendo da circa due ore.
Kitty lo osservò, certa che presto tutto si sarebbe risolto.
Lo Star Kopper entrò nell’atmosfera del Grande Pianeta. In breve riuscì ad atterrare nell’area più distante da ogni possibile avvistamento, persino Hakka non si sarebbe accorto della sua presenza. Con il congegno stretto tra le mani e il suo tridente spaziale ben in pugno, iniziò la sua corsa disperata in direzione della Regina del Cosmo.
Non si stupì quando la trovò deserta. Tutto era attivo, ma non c’era traccia di Hakka. Le cose erano andate come temeva, probabilmente dentro al palazzo della Regina si stava già consumando una tragedia. Non c’era più tempo.
Non aveva più nulla da perdere e decise di attivare il segnale radar della Regina del Cosmo:
- “Dottoressa Kitty, mi ricevete? Non c’è traccia di Hakka. Non ho scelta, devo entrare nel Palazzo e provare a piazzare il dispositivo sperando di non essere ucciso prima. Dite a Coog che conto su di lui…” -
- “Gorgo! Ti riceviamo…dev… …tento, perch……   arriv….più presto..” -
- “Dottoressa, non riesco a sentirvi. Spero che voi abbiate sentito me. Vado.” -
Mestamente spense il collegamento.

Quella voce gli continuava a risultare familiare ma non riusciva a mettere a fuoco nulla, persone, eventi. Dove si trovava?
La mente di Coog stava riprendendo lucidità. Stava tornando tra i vivi.
Il movimento rapido ma appena percettibile non sfuggì allo sguardo attento del Professor Doggert.
- “Eehii, Coog, riesci a sentirmi? Accidenti, ragazzo mio, era ora che ti risvegliassi!” - una piccola lacrima si nascose tra le pieghe del viso e della barba del canuto scienziato.
- “Professor Doggert, che cosa è successo?” -
- “E’ la prima volta che mi chiami Professore, sei certo di sentirti bene?” -
- “Credo di sì…mi aiuti, la prego…” - con l’aiuto di Doggert il cyborg riuscì a sollevarsi e, seduto sul lettino, continuava a guardarsi attorno, cercando di comprendere dove si trovasse e cosa fosse successo. In un attimo, però, alcune immagini gli giunsero prepotenti.
- “Aah, Aurora! Devo andare, è in pericolo!” - tentò di scendere balzando dal lettino, ma fu trattenuto.
- “Fermati, Coog!” - la voce della Dottoressa Kitty giunse a sorpresa, attirata dal risveglio del ragazzo - “Non devi affrettarti, sarebbe controproducente. Professore, cosa dovete fare ancora?” -
- “Devo terminare il ripristino del braccio, dopodiché potremo lasciarlo andare.” - “Il braccio? Cosa??” - Coog osservò il suo braccio, ancora non rimarginato da una ferita che era in corso di cure.
- “Non riesco a ricordare nulla, non è possibile.” -
- “Lo è, ho fatto sì che i tuoi circuiti si azzerassero, in modo da consumare il minor quantitativo di energia possibile. Non appena avrò finito con il braccio, proverò a ripristinare ogni cosa in te, non temere.” -
- “Non comprendo, gli avete cancellato la memoria?” -
- “Niente affatto, solamente i ricordi recenti, quelli che riguardano gli scontri fisici che l’hanno portato a questo stato. Quelli che l’hanno reso più debole e esposto.Il resto è intatto, o almeno credo che lo sia…” -
- “Se ho capito bene, avete azzerato anche i ricordi dolorosi. Coog, cosa ricordi?” -
- “Ricordo che voi, Dottoressa, avete perso i contatti con la Principessa Aurora, e che ho deciso di partire alla volta del Grande Pianeta…che altro è successo?” -
- “Dannazione, allora i ricordi persi sono molti di più…dovremo intervenire diversamente.” -
- “Ma quanto tempo ci vorrà?” -
- “Quanto necessario, Dottoressa Kitty. Coog deve tornare in battaglia al massimo delle sue forze…” -
- “Non capisco, quale battaglia?” -
- “Non temere, Coog, tornerai come nuovo in men che non si dica!” -
- “Se lo dice lei, Assistente…!” -
- “EEECCCo, lo sapevo, stai già tornando ad essere il vecchio Coog…!” -
Nel mentre le cure al braccio proseguivano, Coog sentiva crescere in lui una ritrovata forza. Si sentiva sempre più pieno di energia e sapeva di poter saltare giù da quel lettino da un momento all’altro.
Ma, mentre il vecchio scienziato tentava il tutto per tutto per ripristinare il suo corpo al meglio, le immagini continuavano ad invadere la mente di Coog. Non riusciva a metterle insieme tra loro. Sentiva che qualcosa di brutto era accaduto. D i colpo le immagini cominciarono a scorrere davanti ai suoi occhi.
Non riusciva a comprendere.
- “Aurora! Cosa succede? Professore? Ora ricordo…cosa è successo a Aurora? Dannazione, fatemi scendere…” - con impeto e dando fondo alle sue energie si fece largo e scese di colpo. Si affacciò all’oblò della Nave spaziale. Gli occhi osservarono lo spazio buio e vuoto e di colpo si aprirono sbarrati.
Tutto ciò che aveva dentro uscì fuori in un sussurro disperato e carico di rabbia.
- “La Regina Lacet!” - stringeva forte i pugni - “Le ha fatto del male, era ferita, l’ho vista. Maledetta, morirai, e morirai per mano mia…Devo andare, toglietevi di mezzo!” -
- “Coog, ora sei pronto, ma mi devi ascoltare, prima di andare. Ci sono molte cose che devi sapere.” -
- “Non c’è tempo...parleremo quando sarò sullo Star Crow e mi spiegherete tutto. Devo andare.” -
- “Cooog, ascolta bene!” – aggiunse concitato e in preda al panico il Professor Doggert - “potrai utilizzare la velocità fotonica. Ma non dovrai arrivare all’accelerazione atomica. Hai capito, Coog? Non devi farlo per nessun motivo. Non sono stato in grado di analizzare esattamente cosa ti è accaduto e non sono certo di averti riportato al tuo stato ottimale. Ora sei in grado di combattere. Ma se il tuo corpo fosse sottoposto ad un’ulteriore accelerazione atomica, io…” -
- “Cosa? Cosa succederebbe? Potrei morire definitivamente?” -
- “Potrebbe succedere…” -
- “Ho capito. Vorrà dire che cercherò di non morire…! Non state in pena per me…” - disse voltandosi un’ultima volta - “Ce la farò, e la salverò..” -
- “Ne siamo certi, siamo con te.” - aggiunse accorata Kitty.
Non era forse questo il compito di un cyborg? Non erano forse stati creati e progettati per proteggere gli essere umani e sacrificarsi in caso fosse stato necessario? Se Aurora si fosse salvata, a discapito della vita di uno di loro, sarebbe stato tragico ma ineluttabile. Sperava solo che Aurora potesse, nel caso, superare quella perdita.
Ma sarebbe andato tutto bene, il cuore di Kitty seguì il volo dello Star Crow

- “Star Crow!!” – si sollevò in volo, a velocità normale.
Non voleva morire, certamente non desiderava altro che vivere. Per salvarla ma non solo per questa ragione. Doveva rivederla e doveva dirle tutto ciò che, fino a quel momento, non era riuscito a dire. Ma le circostanze erano cambiate, ora sentiva di poterlo fare.
Doveva vivere fino a quel momento. Ma, per poter arrivare in tempo, non aveva scelta che procedere alla velocità fotonica. Lo Star Crow aumentò repentinamente la sua velocità e lo schiacciamento e la sensazione opprimenti che sentì in quel momento, sapeva di non averla provata in passato. Era chiaro che il suo corpo era molto provato. Doveva resistere.

Con estrema fatica Aurora sentì la mente tornare lucida. Intravide la figura di Hakka. Non aveva sognato, quindi. Allungò una mano verso il suo prode amico.
- “Hakka, sei qui…” - disse con voce delicata ma debole.
- “Principessa, come ti senti? Sono certa che Gorgo e Coog stiano arrivando. Ma dobbiamo allontanarci da qui…” - provò a sollevarla ma la giovane lanciò qualche piccolo grido di dolore, probabilmente soffriva per le ferite riportate.
- “Accidenti, non dovrei muoverti, credo tu abbia diverse fratture. Maledizione. Non so cosa fare…” -
- “Ascoltami Hakka, lasciami qui. Corri alla Regina del Cosmo e cerca di metterti in contatto con Coog e Gorgo.” -
- “Non posso lasciarti sola…” -
- “Ti prego, Hakka, come ai vecchi tempi, ti prego di fare quel che ti dico…” - lo sguardo di Aurora si fece più intenso. Hakka non riusciva a comprendere. Ma un improvviso guizzo gli passo per la mente. Lei voleva che si allontanasse, voleva essere sola per fare da esca.
Gli occhi di Aurora avevano captato, alle spalle di Hakka, il movimento di un’ombra longilinea e rapida. Non poteva che essere Gorgo.
Aurora comprese che era necessario che Gorgo non fosse scoperto. Doveva essere il loro vantaggio. La Regina Lacet doveva credere che né Coog né Gorgo fossero ancora giunti sul Grande Pianeta. Solo così, forse, avrebbe abbassato la guardia, certa di avere di fronte a sé l’unico dei tre cyborg non abbastanza forte da ucciderla. Il quale era corso a chiedere aiuto ai suoi amici, lasciandola sola e indifesa.
Hakka, diversamente dal suo solito, comprese in fretta!
- “D’accordo, principessa, farò come mi chiedi. Ma accidentaccio se non sono d’accordo. Quella maledetta potrebbe risvegliarsi in breve, potrebbe farti del male…” -
- “Devi solo fare in fretta! Io sono così stanca, non posso muovermi, devi riuscire a contattare Coog e Gorgo.” -
Hakka eseguì gli ordini con finto disappunto. Si alzò di colpo e si diresse verso l’uscita.
Aurora rimase immobile ancora per qualche istante. Era certa che Lacet si sarebbe risvegliata in breve tempo e non riusciva più a capire dove fosse Gorgo. Ma doveva riuscire a sfruttare questo piccolo vantaggio.
Le mani di Gorgo avevano cominciato ad armeggiare da qualche minuto. Aveva udito ciò che accadeva ma non doveva deconcentrarsi. Il suo compito era pregnante. I suoi occhi scintillavano per l’ansia e per la concentrazione. Il sofisticato meccanismo messo a punto dalla Dottoressa Kitty aveva lo scopo di disabilitare la scheda madre. Mentre le sue mani si muovevano per collegare i due processori, un pensiero gli passò fulmineo. Una volta disabilitato sarebbe stata necessaria una concentrazione molto elevata di energia, per distruggerlo. Questo lo sapevano prima di partire. Ciò che non avevano messo in conto era di trovarsi privi del tuono astrale di Coog. Se non fossero riusciti a distruggerlo, il computer avrebbe sferrato un altro attacco.
Doveva trovare un modo per guadagnare tempo. E doveva sfruttare tutte le sue capacità per gestire quel congegno e reimpostare il computer a suo piacimento. Lo sguardo gli si illuminò e un astuto sorrisetto gli sollevò un angolo della bocca.
Finalmente ebbe terminato il suo compito. Si sentiva oppresso e stanco, ma fiero di se stesso. Si voltò di scatto e corse verso la Principessa che giaceva ancora a terra.
Quando Aurora se lo trovò di colpo davanti, non gli parve possibile di poter essere in salvo.
- “Gorgo! Sei qui anche tu!” -
- “Principessa!” - gli occhi luccicarono per la gioia. Poteva nuovamente udire la sua voce. Si gettò accanto a lei, chinandosi.
- “Stai bene? Sei ferita?” -
- “Non preoccuparti per me…” -
- “Dobbiamo allontanarci, devo portarti in salvo.” -
- "Gorgo..." - quello sguardo, quasi supplichevole. Gli ci volle un istante per comprendere cosa voleva chiedergli.
- "Coog è arrivato qui molto prima di me..." -
- "Dici sul serio?" -
- "Non è potuto intervenire per non mettere a rischio la tua vita, ma è dovuto tornare dalla Dottoressa Kitty..." -
- "Gorgo, io..." -
- "Non dire niente. Io, però...Nulla... Lui tornerà da te. Devi avere fiducia."
Non aggiunsero altro.
Tutto stava accadendo in pochi attimi e, mentre quelle brevi parole venivano pronunciate, con un guizzo improvviso Lacet aveva riaperto gli occhi.
Probabilmente non aveva più molta energia, ma la figura che si sollevò, alle spalle di Gorgo, non sfuggì allo sguardo stanco ma attento di Aurora.
- “Gorgo, attento!!” -
Gorgo si voltò di colpo e fece un balzo all’indietro. Impugnò la sua arma e cominciò a far fuoco su quella creatura che proprio non voleva morire.
Ogni colpo inferto sembrava non scalfirla, continuava ad avanzare senza timore alcuno.
Il segnale che aveva attivato sarebbe dovuto giungere alla Dottoressa Kitty affinché fosse lei ad attivare il comando decisivo. Eppure qualcosa stava andando storto. Il computer stava sferrando un forte attacco e non sapeva quanto a lungo avrebbe potuto schivare il laser. Senza riuscire ad attivare il congegno, sarebbe stato tutto inutile.
- “Non funziona, il segnale è troppo debole. Aurora…!!” -
La principessa capì, era il momento di agire. Non aveva più il suo diadema ma era certa che non sarebbe stata necessaria.
Chiuse gli occhi e fece appello a tutte le sue risorse. Il diadema cominciò ad illuminarsi. Erano all’interno del palazzo reale del Grande Pianeta, il cuore pulsante dell’energia galattica. Aveva con sé tutto il potere di cui aveva bisogno, doveva solamente incanalarlo.
Una luce accecante si irradiò in tutta l’area circostante. L’intero palazzo ne fu avvolto.
Il Grande Pianeta cominciò a risplendere in modo impressionante. L’energia galattica non era mai stata più potente.
Le vribrazioni prodotte dall’energia galattica springionata avevano destabilizzato la Regina Lacet e le sue poche forze, ma non si era ancora ata per vinta e stava avanzando verso di loro.
Sulla Base spaziale la Dottoressa Kitty captarono immediatamente quell’enorme potenza in arrivo.
- “Aurora è viva e sta incanalando energia per consentirci di arrivare a loro… dobbiamo avviare il congegno. ORA! Solo così Gorgo e Hakka potranno distruggere il computer!” -
l pulsante fu premuto, il contatto era stato stabilito. Il congegno applicato da Gorgo cominciò a lampeggiare.
Non sapeva, Gorgo, cosa sarebbe successo a quel punto. Sapeva solamente di avere meno di trenta minuti per disintegrare il computer.
Quando la scheda madre di disabilitò, anche Lacet cadde nuovamente a terra. Non era morta, non ancora, ma questo gli permise di sferrare l’attacco.
Aurora si riparò in un angolo del palazzo, Gorgo continuava a far fuoco.
- “Tridente spaziale! Missili portatili…” -
Hakka arrivò provvidenziale. L’attacco partì da un doppio fronte.
- “Sfere eplosive!!” - dal suo Star Bood anche Hakka tentò di dare il suo contributo. Il computer venne destabilizzato cedendo in alcune sue parti, ma non accennava a volersi distruggere.
- “Dannazione, abbiamo bisogno di Coog!” – gridò Hakka.
- “Arriverà, ne sono certo! Non fermarti!” –

- “Che diamine starà succedendo?! Dobbiamo metterci in contatto con Coog!” - la povera anima in pena di Doggert camminava da un lato all’altro di quella piccola sala.
- “Coog, rispondi, riesci a sentirmi?…non risponderà, non con la velocità fotonica.” – disse Kitty scuotendo la testa, in preda ad un totale sconforto.
- “Può farlo…a meno che, non abbia inserito l’accelerazione atomica..” -
Si guardarono. Lo stesso pensiero attraversò la mente di entrambi.
- “Santo cielo, Coog, non avresti dovuto farlo. Ma dovevo aspettarmelo!” -
Pochi istanti prima del tentativo di collegamento da parte della Base spaziale, Ian Coog aveva pronunciato quel comando.
Sono ancora troppo lontano, non arriverò mai in tempo. Devo farlo.
Aveva stretto gli occhi e ripensato al viso di Aurora, la stessa immagine che aveva visualizzato con chiarezza quel giorno, sulla Terra, poco prima di intraprendere questa missione. Il volto della sua amata che, per certo, si trovava in pericolo. Qualunque cosa gli fosse successa, sarebbe valsa la pena rischiare il tutto per tutto pur di salvarla. Lei doveva salvarsi.
Accelerazione atomica.
Aveva pronunciato quel comando piano, quasi un sussurro. Il suo corpo sentì quella forza opprimente che avrebbe potuto devastarlo. Chiuse gli occhi.
 

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Capitolo 10
*** L'ultimo sacrificio ***


10 - L'ultimo sacrificio

Le armi di Gorgo e Hakka non erano sufficienti per disintegrare il computer della Regina Lacet. Di questo Gorgo aveva avuto piena consapevolezza sin dal principio, ma non dovevano desistere, dovevano continuare a sferrare l’attacco in attesa che Coog raggiungesse il Grande Pianeta.
Non poteva, però, fare a meno di essere preoccupato. Temeva seriamente per la sorte del suo amico oltreché per quella di tutti loro.
- “Principessa, rimani al riparo!” - gridavano i cyborg.
Aurora, a sua volta, si sentiva ormai impotente. Aveva dato fondo a tutte le sue risorse di energia galattica. Ma i suoi compagni stavano correndo un grosso pericolo e lei non poteva far più nulla per loro. Il dolore provocato dalle innumerevoli cadute e dai colpi subiti stava diventando a tratti insopportabile.
Non era mai accaduto prima di allora. Mai una volta si era ritrovata da sola a combattere il nemico, mai i suoi cyborg avevano permesso che qualcuno torcesse lei un capello.
Stavolta non era andata allo stesso modo e doveva fare i conti con la sua debolezza di essere umano.

I due cyborg si accorsero, con una rapida occhiata, che la Regina Lacet si stava rialzando.
- “Non è possibile! Hakka, è ancora viva, corri dalla Principessa, devi proteggerla, continuerò da solo!” -
Hakka si diresse verso Aurora, adagiata in un angolo. La principessa, vedendo Hakka correre verso di lei, tentò di sollevarsi.
Il computer si era improvvisamente silenziato dopo l'intervento di Gorgo. Ma Lacet, con le ultime forze rimaste, era riuscita a raggiungere i comandi principali e attivando manualmente alcune funzioni.
La Principessa Aurora e Hakka osservarono il puntatore laser volgersi nella loro direzione.
Gorgo continuava a colpire con il raggio di gelo siderale, ma era tutto inutile. Le sue deboli armi non erano sufficienti per annientare il computer in modo definitivo. Voltò la testa e si accorse che il laser stava puntando nella direzione di Hakka e della Principessa.
Hakka fece scudo ad Aurora con il suo corpo.
- “Non ti devi muovere, capito Principessa? Ci sono io!” -
- “Hakka!” -
Gli occhi di Hakka trasmettevano terrore, era certo fosse finita per lui. Ma l’avrebbe protetta, a tutti i costi.
Gorgo interruppe l’attacco, era inutile. Corse via, verso Hakka e la Principessa, affiancando il suo amico nel tentativo di proteggere colei per cui avevano fatto tanti sacrifici.
Il laser si stava scaldando, quel potente rombo invase l'intera sala.
Il suono malevolo della risata della Regina Lacet si sovrappose al rombo del laser.
- “Ahhahah, Principessa Aurora, sei finita. E’ giunta la tua ora. I tuoi cyborg non hanno potuto niente contro di me e contro il mio potente computer, morirete tutti!! Ah ah ah ah ah!” -
Si era diretta, trascinandosi, al centro della sala, ai piedi del suo computer, certa che il laser avrebbe incenerito i suoi nemici.
Ma all’ultimo istante il puntatore cambiò repentinamente direzione. Il raggio laser uscì prepotente scagliandosi proprio contro la Regina Lacet la quale, a terra e inerme, emise un grido di terrore.
Le urla risuonarono, il raggio la avvolse e una luce accecante si diffuse ovunque.
Aurora si coprì il volto con le mani, era un’immagine impressionante.
Il corpo di Lacet si contorceva, a terra, devastato.
- “Ha funzionato!!” -
- “Dannazione, Gorgo, come ci sei riuscito?!” -
Gorgo, anziché disabilitarlo completamente, aveva voluto scegliere la strada più rischiosa: usare il computer a loro favore. Aveva riprogrammato la scheda madre affinché il suo unico obiettivo fosse la Regina Lacet e non più la Principessa Aurora. E così era stato, il grande e potente computer di Lacet aveva ceduto alla capacità di Gorgo.
Lacet, nononostante il corpo dilaniato, riuscì a rialzarsi con un ultimo impeto di volontà.
- “Non mi avrete maiii” - gridò di colpo sollevandosi con le sembianze di un mostro spaventoso, scagliandosi contro i tre.
Le grida di Aurora risuonarono nella sala. Ma proprio in quell’attimo una voce familiare irruppe con l'impeto straordinario che tutti loro conoscevano .
- “Tuono ASTRALE! DISINTEGRATORE!” -
Coog, con un balzo sul suo Star Crow, era finalmente giunto provvidenziale.
Il tuono astrale colpì il suolo, a pochi passi dal mostro da abbattere. - “Coog, colpisci ancora, non è morta Coog!” -
- “Coog” - gridò Aurora.
Il cyborg si voltò per un solo attimo, incontrando lo sguardo della sua Principessa. Era viva.
- “Principessa!!” -
Si voltò nuovamente, doveva portare a termine la sua missione. Sentiva che le forze lo stavano abbandonando. Con lo Star Crow volteggiò nuovamente e prese nuovamente la mira. Questa volta non avrebbe sbagliato. Lanciò il Tuono astrale centrando perfettamente il corpo di Lacet.
Il colpo inferto fu letale. La massa informe che era rimasta di lei, finì per polverizzarsi definitivamente.  
- "Bravo Coog!! Ce l'abbiamo fatta!" - esultarono tutti all'unisono. Lo Star Crow atterrò in modo incontrollato e lui precipitò su se stesso. Era frastornato e troppo debole.
Il braccio puntatore da cui fuoriusciva il raggio laser, dopo aver eliminato il nemico come era stato programmato dalla manomissione di Gorgo, cercava ora inevitabilmente un altro bersaglio. Probabilmente un bersaglio qualunque, era stato costruito per difendersi.
Gorgo e Hakka, lasciando indietro Aurora, corsero verso il loro amico, senza accorgersi che il raggio stava puntando proprio in direzione della Principessa.
Coog, ormai allo stremo, riuscì comunque a cogliere il pericolo. La voce tremante gli uscì violenta.
- “Auroraaaa” -
Si precipitò verso di lei con un guizzo che non credeva di possedere ancora. Le grida della Principessa lo avevano anticipato. La coprì con il suo corpo e il raggio laser lo investì in pieno.
- “AAAAAHHHHHHHHH” - il dolore fu immane.
Gorgo fu fulmineo nel colpire, con il tridente spaziale, il braccio meccanico. Il congegno si inceppò e il laser si interruppe.
- “Non doveva succedere, maledizione! Coog, avanti, il tuono astrale!” -
Il corpo del cyborg, riverso sulla Principessa, seppure ancora cosciente, faticava a rispondere agli stimoli.
In quell’attimo in cui i loro visi furono tanto vicini, riuscì a proferire un piccolo sussurro:
- “Ti ha ferita…Aurora…” - così vicino al suo volta, poteva vedere nettamente i segni che le aveva inferto. Provò un dolore ancora più profondo del dolore fisico arrecato poco prima dal raggio laser. - “Oh, Coog!” -
- “Aurora…io...ti amo…” - riuscì a pronunciare queste parole con una flebile voce, non accorgendosi neppure, forse, delle lacrime che rigavano il suo volto.
Gli occhi di Aurora si spalancarono. Vide quelli di Coog chiudersi lentamente.
- “Coog, rispondi! Reagisci, Coog!” - non poteva arrendersi, non ora, non poteva perderlo. Aurora riuscì a sollevarsi e ad adagiare il corpo del cyborg al suo fianco. Gli strinse una mano.
- “Non ti permetterò di lasciarmi proprio ora. Ti aiuterò io, Coog..avanti!” - pronunciò a fatica quelle parole in mezzo alle lacrime che, a sua volta, uscivano incontrollate.
Gorgo e Hakka continuavano a colpire.
- “Fa’ presto, Coog!” - gridò a seguire Hakka.
Con le braccia di Aurora che lo avvolgevano nel tentativo  di aiutarlo a sollevarsi, il cyborg ricorse a ogni briciolo di energia rimasta. Il suo corpo di cyborg stava per spegnersi, Aurora poteva sentire nitidamente i rantoli affaticati con cui tentò il tutto per tutto. Poggiandosi prima su un ginocchio, poi sull’altro riuscì a sollevarsi. Fino a che, in piedi, direzionò il suo giavellotto astrale.
- “Allontanati!” - intimò delicatamente ad Aurora.
La ragazza obbedì e corse via. Lo osservò da lontano. Con enorme sforzo riuscì a sollevare la sua arma.
- “Esplosivo cosmico! Disintegratoreeee…!” - il raggio fuoriuscì con forza. Si unì alle sfere esplosive e ai tridenti siderali.
Un concentrato di energia si scagliò contro il processore di quel computer malefico. Aurora emise un sussulto balzando all’indietro.
Il tuo astrale amplificò la potenza di ognuna delle loro armi. L’energia disintegrante dell’arma di Ian Coog faceva la differenza tra un’arma qualunque, da difesa, e un’arma capace di distruggere definitivamente qualunque tipo di nemico. Era sempre stato così, il cyborg più forte con l’arma più potente. Il più caparbio, il più leale, invincibile anche grazie alla volontà che lo aveva portato, anche stavolta, a sfidare la morte perché il bene vincesse.
E la forza data dalla disperazione, e dal desiderio di proteggere Aurora, gli aveva permesso di sopravvivere anche laddove, qualunque altro cyborg, non avrebbe potuto che soccombere.
Un ultimo intenso attacco fece esplodere in mille pezzi il computer.
Gorgo fu pronto con il Raggio di gelo siderale. Doveva placare le fiamme e proteggere il palazzo.
Il ghiaccio ricoprì le ceneri di quell’ammasso di ferraglia. Solo del fumo continuava a fuoriuscire, ma si sarebbe placato in breve tempo.
Della Regina Lacet non rimaneva che un corpo scheletrico e privo di qualunque sembianza.
Dovevano disfarsi di quel corpo al più presto. Se ne sarebbero occupati.
Gorgo e Hakka volsero lo sguardo l’uno verso l’altro. Passarono entrambi, nello stesso istante, un braccio sulla fronte. Deposero le armi e tirarono un sospiro di sollievo. Il tridente spaziale cadde a terra, risuonando. Seguito subito dopo dalla sfera di Hakka.
Era finita. Stavolta era finita davvero. Il male era stato sconfitto per sempre.

Un tonfo improvviso li distolse. Coog era riverso a terra, privo di sensi.
- “Oh no! Coog!” - Aurora accorse e si accasciò al suo fianco - “Coog, rispondimi, ti prego, Coog” - piangeva, accorata, disperata.
Gorgo le si affiancò - “Calmati, andrà tutto bene. La Dottoressa Kitty sta certamente arrivando. Ora lo porteremo sulla Regina del Cosmo. Tu sei ferita, ti prego, lasciati curare…” -
- “Non posso lasciarlo, lui ha fatto tutto questo per salvare me.” - i singhiozzi non la abbandonavano. Gorgo la aiutò a sollevarsi da terra e a quel punto, lei, dopo aver osservato ancora una volta Coog, gli si buttò tra le braccia e si lasciò andare ad un pianto disperato. Gorgo la strinse a sé. Sollevò la testa incontrando lo sguardo di Hakka al quale fece cenno, con il capo, di occuparsi di Coog.
Gorgo prese in braccio la Principessa Aurora. Non c’era nulla che potessero aggiungere. Il male era stato sconfitto, ma a quale prezzo.
- “Principessa Aurora…. Coog è un cyborg, dobbiamo avere fiducia. Devi riposare, ora ti porto via da qui. E’ tutto finito.“ -
Anche il cuore di Gorgo stava andando in mille pezzi. Pianse, stringendo l’esile corpo di Aurora tra le braccia, osservandola ferita, contusa e devastata dal dolore. Vedere il dolore di Aurora era per lui straziante, ed era ormai così evidente l’amore che anche lei nutriva per Coog.
Sapeva bene che Coog avrebbe potuto non farcela, il suo corpo di cyborg aveva subito troppo. Non sapeva se le sue rassicurazioni fossero reali. Sperava con tutto il cuore che il Professor Doggert potesse intervenire, ma per il momento era un suo compito. Doveva occuparsi di tutti loro.
 
La Base spaziale della Dottoressa Kitty era giunta sul Grande Pianeta dopo poche ore. Nel mentre, Gorgo aveva tentato ogni soluzione possibile per prendersi cura di Aurora e di Coog. Per curare le ferite della principessa aveva dovuto superare ogni barriera tra loro.
C’era solo lui, lì, a potersi occupare di lei. Non c’era tempo per il pudore o l’imbarazzo.
Dovette toglierle i vestiti e farle accurate lastre. Medicarle le ferite e fasciare la spalla. Il viso sarebbe guarito ma vide, nettamente, quanto male aveva ricevuto. Avrebbe voluto cancellarlo con un colpo di spugna, ma ciò non era possibile.
Ma era forte e, molto probabilmente, si sarebbe ripresa molto più in fretta di Coog.

Il corpo del cyborg giaceva, come fosse spento, nella sala medica della Regina del Cosmo.
La principessa riposava nel suo letto, sotto l’effetto di un sedativo. Le aveva inserito una flebo e della semplice fisiologica per reidratarla, oltre a degli antidolorifici. E infine le aveva somministrato un sedativo per farla riposare. La Dottoressa Kitty, a distanza, aveva guidato ogni sua scelta.

Quando Kitty entrò nella cabina di Aurora e la vide sdraiata su quel letto, provò un dolore allo stomaco così intenso come avesse avuto lei stessa le medesime ferite. La sua piccola adorata Aurora, così ridotta.
Il male era finito. La Regina Lacet era stata disintegrata, Coog l’aveva distrutta come aveva promesso. Il computer era congelato e inerme.
Kitty si etra ripromessa di occuparsene non appena possibile, ma ora doveva pensare solamente ad Aurora. Quanto dolore per tutti loro.
Restò seduta accanto a lei per tutto il tempo in cui rimase priva di conoscenza. Un’intera notte e un intero giorno.
 
Era quasi il tramonto quando Aurora aveva ripreso i sensi. Il tramonto del Grande Pianeta, con quei colori tenui e delicati che rendevano l’atmosfera quasi magica.
Con il capo poggiato sul letto di Aurora, la Dottoressa Kitty reagì quando percepì un lieve tocco sulla pelle della sua mano.
- “Aurora! Ti sei svegliata, finalmente! Sono così felice, principessa Aurora!” - pronuciò quelle poche parole piangendo copiosamente. Il Professor Doggert era accorso.
- “Principessa! Che meraviglia vedere i tuoi occhi! Siamo stati tanto in pena per te…” -
Aurora, profondamente scossa dalla debolezza del suo corpo, proununciò poche parole.
- “Dottoressa Kitty….come sta Coog?” –
Kitty si voltò per incontrare lo sguardo del Professor Doggert. Spettava a lui questo compito.
L’anziano scienziato, deglutendo a fatica, scosse leggermente la testa.
Aurora sbarrò gli occhi.
- “No, non temere. E’ ancora vivo, però…” -
- “Cosa gli è successo?” -
- “Non lo so. E’ in uno stato di totale immobilità da due giorni. Ho provato con tutti i mezzi a mia disposizione, ma non ha ancora riaperto gli occhi. E’ ancora lì, le funzioni vitali sono presenti. Ma è come se lui….ecco…” -
- “Cosa?” -
- “E’ come se lui non fosse qui…” -
Aurora fece per alzarsi, con fatica.
- “Devo andare da lui.!” -
- “Non puoi farlo assolutamente. Non c’è nulla che tu possa fare e devi riprendere le forze, sei troppo debole. Aurora…ascoltami, hai subito dei traumi enormi, non solo fisicamente. Ti serve del tempo…” -
- “Ma il mio compito è quello di servire l’Universo, come Regina del Grande Pianeta. Non importa che io sia ferita, non posso esimermi…” -
- “Non devi preoccuparti di questo, ho pensato a tutto. Ho prelevato una quantità di energia galattica dal tuo corpo, sufficiente per essere irradiata dal palazzo anche in tua assenza, per alcuni giorni. Mentre tu riprenderai le forze…” -
- “D’accordo, ma devo andare a vedere come sta Coog…” -
- “Principessa!” - la voce di Gorgo si fece largo nella stanza di Aurora.
- “Gorgo! Aiutami tu…” -
- “Mi dispiace, hanno ragione loro. Devi riposare. Ma ti prometto che sarò io stesso ad accompagnarti da Coog non appena ti sentirai meglio, e ti aggiorneremo su ogni cambiamento. Non devi preoccuparti, Coog è molto forte. Ce la farà.” – la voce salda e calma di Gorgo aveva riportato un po’ di pace nel cuore di Aurora, come succedeva da sempre.
Quela dote innata che tanto faceva arrabbiare il povero Hakka ed ingelosire l'impulsivo Coog!
Aurora si distese nuovamente sul suo letto. Venne avvolta dalle coperte, gesto compiuto dalla sua madre putativa la quale, dopo averle accarezzato il viso, si allontanò.
- “Continua a riposare. Tonerò più tardi con qualcosa da mangiare.” -
Raggiunse Gorgo e il Professor Doggert e tutti e tre uscirono dalla cabina di Aurora.
Le porte si richiusero alle loro spalle. Aurora volse lo sguardo verso l’uscita della sua cabina, socchiuse gli occhi e la sua espressione concentrata era certamente emblematica. Voltò nuovamente la testa chiudendo gli occhi.
Immediatamente fuori dalla cabina di Aurora il Professor Doggert raggiunse Gorgo correndo.
- “Ehi, Gorgo, ma come ti è saltato di mentire in quel modo alla Principessa Aurora, dicendole che Coog ce la farà sicuramente? Hai visto in che stato versa. Io non so più cosa fare per rianimarlo. Temo….che non ci siano molte speranze.” -
- “Sbagliate, Professore, non ho mentito affatto. Io sono certo che Coog ce la farà.” -
- “Cosa? Dici sul serio? E cosa ti fa essere tanto sicuro?”-
- “Lo so e basta. Non potrebbe essere diversamente.” -
Il cyborg si voltò nuovamente e continuò il suo cammino verso l’uscita.
L’ombra della figura snella di Gorgo si stagliò leggera sulla parete del tunnel di uscita della Regina del Cosmo. La dottoressa Kitty e il Professor Doggert osservarono quel giovane cyborg, così in gamba e fiero, allontanarsi da loro.
- “Ha ragione lui. Coog ce la farà.” - sentenziò così la Dottoressa Kitty.
- “Coome?” - lo sguardo attonito del Professor Doggert accompagnò la figura della Dottoressa Kitty che si incamminava raggiungendo Gorgo fuori dall’astronave, aggiungendo la sua longilinea ombra a quella del cyborg.
Era quadi buio, sul Grande Pianeta.

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Capitolo 11
*** Rinascita ***


11 - Rinascita

Erano passati molti giorni. Il silenzio regnava costante sul Grande Pianeta.
La forza ritrovata aveva permesso alla Principessa Aurora di ricominciare gradualmente la sua vita normale.
La sera in cui si era risvegliata, nonostante le raccomandazioni della Dottoressa Kitty, non potendo attendere oltre aveva deciso ugualmente di recarsi nella stanza dove tenevano Coog. Nel cuore della notte, dando fondo a tutte le sue risorse, aveva scollegato la flebo, sopportato il dolore che le provocava la spalla, e si era incamminata lungo i corridoi della Regina del Cosmo. Sapeva che la Dottoressa Kitty e il Professor Doggert alloggiavano all’interno della loro Base spaziale. Sperava che Gorgo non udisse i suoi passi.
La fatica per raggiungere quella sala fu molto al di sopra di quanto si sarebbe mai aspettata, ma una volta giunta a destinazione, trovando una sedia sulla quale poggiarsi, seppe di aver fatto la cosa giusta. Doveva stargli vicino.

Poter sfiorare il suo viso le aveva fatto provare un’accelerazione al cuore che era pari alla paura provata in tutti i giorni trascorsi in prigionia. L’aveva trovato disteso e inerme.
Non era usuale vederlo in quello stato. Era sempre stato forte, era il suo punto di riferimento. Colui che, ne era sempre stata certa, non avrebbe mai ceduto di fronte ad alcun nemico.
Lui che la proteggeva e l’adorava, ma che la contraddiceva e discuteva ogni sua decisione.
Lui che la sfidava e le aveva dato filo da torcere fin dal primo giorno.
Ma era anche colui che aveva sfidato la velocità della luce per salvare la Terra, per salvare lei stessa, che aveva incassato infiniti colpi per proteggere dei bambini.
Colui che, nel tempo, aveva subito un’evoluzione enorme, divenendo maturo e responsabile, in grado di comprendere bene il significato della vita.
Lui che, contrariamente ai ruoli prefissati sin dalla partenza, non soccombeva ciecamente ai suoi ordini e nel quale, da un certo momento in poi del loro percorso, aveva trovato non più un cyborg da gestire e istruire bensì un compagno con cui confrontarsi e con il quale condividere ogni responsabilità.

Desiderava solamente riaprisse presto gli occhi per potersi ancora guardare come avevano sempre fatto. Fosse stato anche per un’ennesima discussione, o per un ennesimo scherzo che lui, insieme agli altri, adoravano farle.
Per vederlo prendersi gioco di lei e della sua ingenuità e per poter lei, a sua volta, mettere il broncio e lasciarlo in attesa di poter “far pace”.
Per sentire ancora la sua voce dire Principessa Aurora, tu non ti rendi conto, sei troppo buona. E quando, un attimo dopo, dopo averlo lei aspramente rimproverato, si scioglievano entrambi in un tenero sorriso reciproco, che nascondeva quel recondito desiderio di stimolarsi l’un l’altro.
Aveva imparato molto da lui. Certamente era riuscita a trasmettergli dei valori che da solo, forse, non sarebbe riuscito a mettere a fuoco. Ma, a sua volta, Ian Coog le aveva insegnato a difendersi, ad essere coraggiosa e prudente al tempo stesso. A saper riconoscere un pericolo, a saper prendere un’iniziativa quando necessaria. A diffidare del nemico, a conciliare il perdono con la prudenza.
Lui che non si fidava di nessuno ma che aveva imparato a dare a tutti una possibilità. Che non l’aveva mai lasciata un istante, se non quando lei stessa l’aveva allontanato. Gesto del quale non si era ancora davvero perdonata.

Quando era giunto in suo soccorso lì sul Grande Pianeta, salvandole la vita per l’ennesima volta e sacrificando se stesso, i soli pochi attimi che avevano condiviso erano stati di paura e concitazione.
Ma quella piccola frase che le era parso di sentirgli pronunciare…non era certa di aver udito bene. La paura, il frastuono, il laser, la Regina Lacet…
Era però ormai certa che nel loro cuore albergasse lo stesso sentimento. E non riusciva più ad immaginare, per se stessa, una vita serena sul Grande Pianeta senza la presenza di Coog al suo fianco.
Un sentimento che aveva tenuto dentro troppo a lungo, senza aprirsi mai con nessuno. Neppure con la dottoressa Kitty.
E fu proprio mentre la sua mente formulava quell’ultimo pensiero che un tocco, delicato a sua volta, si era posata sulla sua spalla.
Gli occhi di Aurora, pieni di lacrime, incontrarono quelli della sua madre adottiva. Quella donna così severa e rigida ma la quale aveva sempre trasmesso così tanto calore in un semplice sguardo. Non era mai stato necessario che le dicesse che la adorava come fosse stata sua figlia, lo sapeva già.
- “Ero certa che ti avrei trovata qui. Stai bene?” - e proprio quella banale domanda, in quel doloroso momento di debolezza, e le mani di quella madre ritrovata la fecero sentire al sicuro, protetta, tanto da poter finalmente dar sfogo a quanto il suo cuore stava trattenendo.
Si alzò e si buttò tra le braccia di Kitty la quale, a sua volta, la strinse a sé con forza.
- “Piccola bambina. Sono qui, non temere, piangi pure. Hai vissuto un’esperienza terribile…” -
Il pianto accorato di Aurora non si arrestava.
Quando finalmente aveva ritrovato un poco di calma e lucidità, le sole parole che riuscì a pronunciare furono poche e intense:
- “Ho bisogno che lui torni da me…” -
Il silenzio che scese tra loro durò solo pochi istanti. Kitty prese in mano la situazione e, dando fondo ad ogni sua risorsa, cercò le giuste parole da destinare a questa giovane donna il cui destino era stato segnato dall’età di cinque anni. Questa giovane donna, così salda ma ora così indifesa e impaurita, meritava che le parole a lei rivolte fossero giuste e scelte accuratamente. Era il momento di dirle tutte quelle cose che aveva sempre scelto di celare.
- “Aurora, Principessa della Luna, Regina del grande Pianeta…tu sei molte cose. Ma ora, in questo preciso istante, per me sei solamente Aurora. Ed è a lei che parlerò…” -
Lo sguardo di Aurora si fece più concentrato.
- “Hai vissuto momenti terribili, non oso immaginare quello che puoi aver passato. E non mi riferisco unicamente alla prigionia di queste ultime settimane. Sei sola da molti mesi, e questo deve averti messo a dura prova. Ed è colpa mia. Me ne assumo pienamente la responsabilità. Abbiamo sbagliato e ti chiedo perdono.”-
- “No, dottoressa, ma cosa dici?” -
- “Ti prego, lasciami finire… Io ho sempre saputo cosa albergava nel tuo cuore, così come nel suo. Avremmo dovuto permettere a Coog di rimanere con te, qui sul Grande Pianeta. Appena tornati sulla Terra lui espresse immediatamente questo desiderio..” - disse indicando con lo sguardo il corpo inerme del cyborg sul lettino.
- “Sul serio?” -
- “Certamente. Non è necessario che io ti spieghi quali sono gli ostacoli, quali saranno. Ma lui ti ama profondamente. L’hai visto, darebbe la vita per te. E sono ormai certa che tu ricambi totalmente questo sentimento…” -
- “Io..credo di sì…” - abbassò lo sguardo, con imbarazzo mal celato.
- “Non devi provare vergogna per questo. E’ un sentimento molto bello e assolutamente naturale per chi, come voi, ha condiviso tanto. Gioie e dolori. Paure e forti emozioni. Siete profondamente legati, e lo sarete per sempre. Non temere oltre, si sveglierà, faremo di tutto affinché si rimetta in forze. E a quel punto…” - Kitty fece silenzio.
- “Cosa devo fare?” -
- “Segui il tuo cuore. Noi non interferiremo oltre.” -
Non era necessario dire nulla, da parte di nessuna delle due donne. Sapevano di aver compreso perfettamente l’una le intenzioni dell’altra.
Lo sguardo di Aurora si spostò su Coog. Il volto era disteso ma non riusciva a non temere il peggio.
Il Professor Doggert le aveva spiegato che quel corpo di cyborg, dopo l’usura prodotta dalle innumerevoli accelerazioni atomiche subite, avrebbe avuto bisogno probabilmente di molto tempo per rigenerarsi. Aveva disconnesso alcuni circuiti per far sì che potesse ricaricarsi più in fretta. E la parte legata al cervello e alla parola, al momento, non era in grado di interagire. Ma non era purtroppo certo che, anche ripristinando la giusta energia, potesse riattivare ogni sua funzione.
Aveva fatto un iniziale tentativo, senza alcun esito. Aveva allora deciso di disabilitare alcuni circuiti per consentire al suo corpo di riprendere forza.

Ma i giorni passarono e Coog continuava a giacere in quell’asettica stanza della Regina del Cosmo.
Gorgo aveva deciso che sarebbe rimasto sul Grande Pianeta fino a che Coog non si fosse risvegliato. Non aveva avuto cuore di andarsene, l’esperienza appena vissuta, i pericoli che avrebbero ancora potuto celarsi in ogni angolo dell’universo non gli avevano permesso di ritirarsi, come in cuor suo avrebbe desiderato. Ma il bene e la sicurezza della Principessa Aurora venivano prima di ogni altra cosa.
Con l’accordo di tutti Hakka era partito per tornare sul pianeta di Fango, che ormai era tornato splendente e florido. Prima o poi sarebbe tornato a far loro visita. Ad ogni modo avevano instaurato dei contatti regolari, attraverso le tecnologie della Base terrestre, e riuscivano ad aggiornarsi regolarmente.
 
Dopo un breve confronto con la Dottoressa Kitty, Gorgo si era schiarito le idee e aveva semplicemente detto:
- “Rimarrò qui fino a che Coog non si riprenderà. Gliel’ho promesso. Se succedesse qualcosa ad Aurora, nuovamente, verrebbe a cercarmi e non avrei scampo!” - tentando la strada dell’ironia si era cavato d’impaccio. Non era stato necessario dover precisare che la preoccupazione per Aurora attanagliava lui come il povero Coog dormiente. Era sempre stato così, per tutti loro. L’amava anche lui, era chiaro a tutti, ma Gorgo era di animo sensibile e non avrebbe mai permesso a se stesso un tale egoismo. Nonostante, in quelle lunghe giornate passate sul Grande Pianeta a vegliare su di lei, avrebbe potuto ritagliarsi un posto speciale senza faticare affatto. Aurora gli voleva bene. Ma era chiaro per tutti, anche a Gorgo, che si trattava di due sentimenti completamente diversi.
Attendeva solo il momento di poter risalire sul suo Star Kopper e tornare alla sua vita.


Il Professor Doggert aveva tentato nuovamente di rianimare Coog, avvalendosi persino di scariche elettriche.
Aurora non aveva avuto la forza di restare a guardare, era uscita dalla stanza e si era diretta verso l’hangar. Doveva prendere aria. Era perfettamente consapevole che Coog era un cyborg, che non provava lo stesso dolore che provano gli esseri umani e che comunque, in quel momento, era privo di conoscienza. Ma non riusciva ad osservare una scena così cruda. Necessaria ma troppo dolorosa. Alle sue spalle era giunta la Dottoressa Kitty, qualche minuto dopo, scuotendo la testa. Rendendo ben chiaro che anche quel tentativo era stato vano. Coog non reagiva.
Aurora era corsa via. Raggiungendo il palazzo della Regina e rifugiandosi laddove sapeva di poteri sfogare liberamente. Si sentiva sopraffare, non riusciva neppure a concentrarsi suoi doveri, tanto l’angoscia attanagliava il suo cuore.

Poche ore più tardi, con il permesso della Dottoressa Kitty, Gorgo aveva raggiunto Aurora all’interno del palazzo. Non aveva più messo piede in quel luogo dopo quel giorno, dopo l’aspro combattimento con il computer e con la Regina Lacet. Per certo non aveva mai avuto occasione di visitare l’alloggio privato della Principessa.
Una convinzione albergava nella mente di Gorgo e sentiva di dover seguire il suo istinto. Ne aveva discusso con la Dottoressa Kitty e il Professor Doggert.
Non si erano espressi a favore perché erano convinti, specialmente Kitty, che al momento Aurora non avesse energie sufficienti per sopportare anche quella prova. Il suo compito era quello di incanalare ogni sua risorsa affinché l’Universo fosse in pace.
Gorgo era però convinto che quella fosse la sola speranza per Coog. Solo Aurora poteva risvegliarlo.
- “Principessa, ti disturbo?” -
Aurora sussultò e istintivamente si asciugò le lacrime.
- “Gorgo, tu qui…” -
- “Ti chiedo scusa, so che non dovrei..” -
- “Oh no, non intendevo questo. Vieni pure..” -
- “Volevo parlarti…” -
- “Sai che anche oggi il Professor Doggert ha provato a risvegliare Coog, ma non c’è nulla da fare…” - le lacrime continuavano a scendere.
- “Aurora, dovresti venire con me..” - si avvicinò a lei con amorevolezza.
la giovane lo osservò senza proferire parola. Senza neppure comprendere il motivo si alzò aiutata dalle mani di Gorgo. Si fidava di lui.
- “Dove andiamo?” -
- “Andiamo da Coog.” -
- “Gorgo…” -
- “Fidati di me.” -
- “D’accordo.” -

Una volta giunti all’interno della sala medica dove si trovava il cyborg, Aurora rimase sulla porta. Faticando ad avvicinarsi nuovamente.
- “Principessa, non temere. Devi avere fiducia, andrà tutto bene. Le normali tecnologie a nostra disposizione non stanno funzionando. Io….io credo sia tu la sua unica speranza.” -
- “Ma cosa posso fare?” -
- “Devi solo stargli vicino…” – non aggiunse altro. Non voleva spiegarle che, nelle sue idee, solo l’energia galattica sprigionata dall’amore avrebbe forse potuto aiutare Coog. Non voleva dirle altro per non caricarla di responsabilità. Quaunque cosa fosse accaduta lì dentro, sarebbe dovuta accadere spontaneamente. Aveva visto più volte, in passato, cosa era in grado di fare Aurora quando il suo cuore emanava un sentimento molto potente. E in questa circostanza, l’amore e la paura avrebbero potuto giovare allo scopo.

Aurora si sedette accanto a lui, gli accarezzò una mano. Gli prese la mano e la strinse con forza. Rimase così per alcuni istanti, osservando il corpo indifeso di quel giovane e potente cyborg.
Passarono molti minuti, minuti durante i quali Aurora continuò a parlargli.
- “Coog, ti sei sacrificato per me. Ancora una volta. E ora sei qui, ed io non posso fare niente per te…Coog!!” - le lacrime cominciarono a scorrere incontrollate.
Si gettò sopra il corpo di lui con disperazione, piangendo accoratamente.
- “Torna da me, ti prego!” -
Un istante dopo il corpo della Principessa Aurora, tutto, cominciò ad emettere un bagliore accecante. L’intera stanza si illuminò di quella forte e intensa luce. Anche Gorgo ne rimase folgorato, dovette chiudere gli occhi.
Era l’energia galattica, era amore.
Tutto il corpo di Ian Coog fu pervaso da quelle onde incredibili.
Persino Gorgo sentì invadersi di grande calore. Era una calore benefico, rigenerante. Positivo. Rassicurante. - “E’ incredibile!” - esclamò tra sé Gorgo.
Dopo pochi attimi la luce cominciò ad affievolirsi e infine cessò. Il corpo di Aurora era ancora riverso su quello di Coog ma il suo pianto accorato era cessato. Un improvviso silenzio scese sui presenti.
Aurora sollevò il capo – “Cosa è successo?” -
Coog giaceva ancora immobile.
Purtroppo, a quanto appariva in quel momento, non era cambiato nulla.
- “Il tuo corpo ha emanato un’enorme quantità di energia galattica. Credo sia stata scatenata dai suoi sentimenti, dal tuo dolore.” -
- “E’ per questo ragione che hai voluto portarmi qui? Sapevi che sarebbe successo? E credevi che si sarebbe svegliato?” -
- “Lo credevo, sì…” -
- “Ma a quanto pare non è servito…” – aggiunse Aurora con la voce spezzata.
- “Non posso crederci…ero assolutamente certo avrebbe funzionato.” - esclamò Gorgo.
- “E’ tutto inutile!” - Aurora scuoteva la testa, affranta e sconsolata.
Gorgo si era voltato incapace di sostenere quel momento, stavolta aveva fallito ed era lui la causa dell'ennesima forte delusione per la Principessa. Aveva avuto torto. Neppure l’energia galattica aveva avuto il potere di risvegliare il corpo di Coog.
Il pianto di Aurora riprese, anche se meno disperato. Questa volta si trattava di un pianto sommesso, pervaso di rassegnazione e profonda tristezza. Aveva poggiato nuovamente la testa sul corpo inerte del cyborg Ian Coog. Le lacrime continuarono a scorrere sulle sue giance, e lentamente lasciavano traccia sopra quel corpo dormiente.
Persino la stella dell’amicizia risplendeva, anche a causa della lacrime che scorrevano sopra di essa.
Gorgo capì che doveva lasciare quella stanza. Probabilmente per Coog non c’erano più speranze e Aurora aveva il diritto di dirgli addio. Uscì dalla stanza senza farsi notare. Le porte si richiusero e Gorgo corse via.

Le delicate mani di Aurora, dopo aver sollevato la testa, sfiorarono il volto di Coog. La sua parte umana. La sua parte viva. Gli fiorò viso e occhi. Non si muoveva. Con il viso inondato di lacrime si avvicinò ancora a lui e alcune lacrime caddero andandosi a posare sul viso del cyborg.
- “Coog! Hai sacrificato tutto per me. Perdonami Coog, è tutta colpa mia!” - Aurora si alzò lentamente. Sentiva il bisogno di uscire, di respirare dell’aria fresca, si sentiva soffocare. Strinse forte le mani di Coog e si avviò verso l’uscita. Non si voltò e la porta si richiuse alle sue spalle. Si diresse verso l'esterno, con l'intenzione di ritornare nel palazzo. Percorrendo quel tragitto tentò in ogni modo di ritrovare, in sé, la forza di ricomporsi e tornare ad essere la Regina. Quello era il suo compito.
Era certa non ci fosse più speranza, ma sarebbe tornata da lui molto presto.

Qualche minuto più tardi, all’interno della stanza medica, accadde qualcosa che nessuno vide…un movimento oculare impercettibile.

 

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Capitolo 12
*** L'energia dell'amore (prima parte) ***


12 - L’energia dell’amore (prima parte)

Quella notte, nel silenzio dello spazio che li circondava, ciascuno di loro pianse a proprio modo, nella convinzione che Coog non sarebbe più tornato tra loro.
Aurora aveva provato ad abbandonarsi al sonno, ma non vi era riuscita. Aveva però scelto di trascorrere la notte all’interno della Regina del Cosmo, sentiva di voler stare vicino a Coog il più possibile.
All’interno dell’astronave si percepiva unicamente un piccolo ronzio proveniente dai motori. Anche la stanza nella quale Coog giaceva era alimentata da macchine che, collegate al suo corpo, continuavano a monitorarlo.
Nell’attimo in cui aprì gli occhi e scorse quel soffitto familiare, nonostante i brevi istanti necessari a riprendere realmente conoscenza e realizzare dove si trovasse, fu pervaso da un senso di sollievo che non ricordava da molto tempo.
Non ricordò subito tutti i fatti. Gli ci volle qualche minuto per mettere a fuoco l’accaduto e per realizzare in che condizioni si trovava. Si mise seduto lentamente e si rese conto che era circondato dal silenzio e che, molto probabilmente, era notte.
Gli era chiaro di trovarsi sulla Regina del Cosmo, ma non aveva idea di essere ancora sul Grande Pianeta.
Osservò le sue mani, sentì che il suo corpo stava rispondendo come si aspettava. Provò a staccare tutti i fili ai quali era collegato. Era certo di non averne più bisogno. Cosa era successo? Non riusciva a ricordare con chiarezza. Sapeva solo che il suo corpo era tornato quello di prima.
Aurora….
Percorse i corridoi a lui tanto familiari. Il silenzio e la quiete lo circondavano. Un senso di ansia e al tempo stesso di serenità lo pervasero. Era da molto tempo che non attraversava quei corridoi e che non percepiva quella sensazione. La sensazione che tutto fosse finito, che il pericolo fosse scomparso. Che la pace fosse tornata.
Arrivò, senza neppure rendersene conto, nella sala comando. Le porte si aprirono e la grande vetrata della cabina di pilotaggio era lì davanti a lui. Avanzò e rimase in piedi ad osservare l’esterno. Il palazzo della Regina era lì, luminoso e radioso, come doveva essere. Forse Aurora era tornata lì? Forse non l’avrebbe più rivista. Ma era salva. Di questo era certo.
- “Dove sei? Spero tu stia bene, Principessa…” -
- “Sono qui…” -
Coog sussultò. Quella voce angelica, udita milioni di volte, aveva sempre avuto il potere di destabilizzarlo. Si voltò e la sua espressione, probabilmente, tradì ogni sua emozione. Non riuscì a proferire alcuna parola. Si sentiva paralizzato, nonostante fosse nel pieno delle energie.
Gli occhi si riempirono di lacrime suo malgrado, non riuscì ad impedirlo.
Lei era lì, di fronte a lui, con il suo abito scuro e i capelli che le cadevano sciolyi sulle spalle, priva della sua piccola corona. Probabilmente, svegliata dai suoi passi si era recata lì per raggiungerlo.
Non diceva nulla, lo guardava e anche i suoi occhi sembrano tradire l’emozione. Il suo viso era così bello. I segni che ricordava di aver visto si erano attenuati. Dovevano essere passati molti giorni.
Chissà se anche il cuore della principessa si era fermato per un istante. Erano stati lontani così tanti mesi. Ora erano lì, insieme. Non riuscivano a parlare ma sapevano esattamente, l’un l’altro, cosa stavano provando.
Dovevano solamente lasciar cadere quella barriera invisibile che li aveva sempre divisi e infrangerla definitivamente.
Quando era partito dalla Terra aveva giurato a se stesso che, se fosse sopravvissuto, non l’avrebbe lasciata mai più. Era la cosa che desiderava di più al mondo.
Tutti questi pensieri avevano attraversato la sua mente in un arco temporale di pochi secondi, giusto il tempo di trovare la forza per dire:
- “Aurora” -
- “Oh Coog…sei qui, ti sei svegliato…” -
- “Ahah, avevi dubbi?” - rise per combattere l’imbarazzo, mentre le lacrime continuavano a scendere senza che riuscisse a controllarle.
- “Eravamo convinti di averti perso. Non posso crederci, ce l’hai fatta.” -
- “Io, credo di aver sentito…” -
- “Che cosa?” -
- “Ricordo la tua voce, credo tu stessi piangendo…Ti ho fatto preoccupare, mi dispiace..” -
- “Ho avuto così paura, Coog…” – anche per Aurora le lacrime uscirono prepotenti.
- “Lo so, deve essere stato terribile. Ma ora è finito tutto. Sei al sicuro..” -
La giovane Aurora scosse la testa con vigore.
- “No Coog, ho avuto paura…di non vederti più. Non avrei potuto più vivere...” -
- “Aurora…tu..” - il cyborg sgranò gli occhi e li socchiuse un attimo dopo, per scrutare ogni cosa di lei, ogni sua piccola espressione. L’emozione stava sovrastando il loro cuore - “..non piangere, ti prego, non posso sopportarlo, Aurora…” -
- “Anche tu stai piangendo..!” -
- “Oh, non è nulla!” - aggiunse il cyborg, strofinando gli occhi con un braccio.
- “Mi sei mancato così tanto, Coog….” - la giovane fece un piccolo passo in avanti, allungando una mano verso il suo adorato Ian Coog.
E tanto bastò a sbloccare il corpo di lui dall’immobilità che l’aveva avvolto.
Si slanciò verso di lei, colmando la distanza, e le prese il viso tra le mani.
- “Principessa….Principessa del mio cuore..” - in quei brevi attimi in cui i lorovolti si ritrovarono tanto vicini, il dolore, le ferite e la paura provate fino a quel momento sembrarono scomparire di colpo.
Era esattamente come quel giorno. Il loro cuore traboccava di gioia, potendosi nuovamente guardare, toccare, stare così vicini. Ma quella volta non era stato possibile, no. Non era il momento giusto.
Ma ormai nessun ostacolo era più tra loro. Aurora chiuse gli occhi e lui non dovette far altro che fare ciò per cui la volta precedente era stato obbligato a trattenersi.
Chiuse gli occhi a sua volta.
Le loro labbra si incontrarono, per la prima volta dopo infinito tempo passato a cercarsi. E fu la cosa più naturale del mondo.
Aurora non potè fare a meno si stringersi più forte a lui, gettandogli le braccia al collo. Coog la strinse ancora più forte, continuando a baciarla come fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita.
L’amore e il calore che si scambiarono, in quei brevi attimi, si interruppero per un istante quando il cyborg decise di staccarsi per guardarla negli occhi, come aveva fatto centinaia di volte.
- “E’ come se ti incontrassi oggi per la prima volta. E’ esattamente come quel giorno, sulla Luna, quando rimasi folgorato dalla tua bellezza. Mi innamorai al primo sguardo. E poco dopo sono rimasto acciecato dal tuo cuore. Ti amo Aurora, ti ho amato dal primo giorno e ti amerò per tutto il resto della mia vita. Non dovrai più avere paura. Qualunque sia il tuo destino, o il mio, io desidero condividerlo con te. Se tu mi vorrai, io non ti lascerò mai più.” - con un lieve tremore nella voce era finalmente riuscito a dire tutto quello che provava per lei.
- “Oh Coog, certo che lo voglio. Non potrei sopportare di separarmi da te un’altra volta. E’ stato troppo doloroso” - gli carezzò il volto - “Io non credevo che…” - le parole gli uscirono con esitazione.
- “Cosa?” -
- “Non credevo ti avrei potuto mai più guardare, starti vicino, non credevo di poter essere nuovamente felice. Ma ora sono felice come mai prima d’ora. Perché tu sei qui, sei tornato…Stringimi forte e  non lasciami mai più.” -
- “Non andrò via mai più. Te lo prometto. Dovrò spiegare molte cose al Professor Doggert e alla Dottoressa Kitty…ma….” -
- “Oh, non credo ce ne sarà bisogno.” - sorrise.
Coog la strinse ancora lasciando che Aurora si appoggiasse sul suo petto. Era una sensazione meravigliosa.

La luce e il chiarore che invadevano la sala, pur immersa nel buio, resero quel momento irripetibile e speciale. Era il loro momento, che avrebbero avuto impresso nella mente per sempre.
Avvolti nella luce e nell’ombra, continuarono a darsi quel che il loro cuore desiderava e quel che i loro corpi permettevano.
Sapevano che sarebbe stato difficile, ma non importava.
- “Coog, il mio cuore ti è appartenuto da sempre. Non credo tu l’abbia mai davvero compreso.” -
- “Intendi anche tutte le volte in cui i hai rimproverato, o quel giorno in cui mi allontanasti da te?” - disse sorridendo con un velo di tristezza..
- “Certo! E ho sofferto enormemente perché sapevo quanto anche tu stessi soffrendo. E ho avuto il timore non mi avresti mai perdonato…” -
- “Oh, questo non sarebbe mai potuto accadere. Ho sofferto ma ti ho amata più di prima!” -
- “E’ stato necessario tempo per capire davvero…ma quel giorno lo capii..” -
- “Cosa?” -
- “Quanto era grande il mio amore per te!” - con gli occhi belli, più belli della luna in ciel, Aurora osservava il suo compagno riuscendo in un solo attimo a trasmettere tutto l’amore che per così tanto tempo aveva dovuto celare.
- “Ti amo, Coog. Ora posso dirtelo, senza alcun timore.” -
- “Aurora…” - gli parve di sognare.
Le parole di Gorgo, nei giorni precedenti, gli avevano fatto comprendere molte cose. Cose che lui stesso, nel profondo, aveva per certo già compreso ma che lei, ora, stava esprimendo con la sua voce e con il suo corpo. Quell’amore che aveva tanto agognato e tanto immaginato. Ora era lì.
- “Non avrei mai creduto di sentire questo da te, né che sarei stato capace di dirtelo. Ma tu l’hai sempre saputo…” -
- “Sì, l’ho sempre saputo. Ma forse anche tu.” -
- “Forse…” - sorrise dolcemente.
Coog indietreggiò di un passo - “Ma c’è una sola promessa che devi farmi…!” - aggiunse.
- “Quale?” -
- “Non azzardarti più a mandarmi via, perché sappi che non me ne andrò!” - disse con il suo affabile sorrisetto furbo e con le manni sui fianchi in segno di sfida.
Aurora scoppiò in una fragorosa risata.
- “Ian Coog, stai forse cominciando a dare ordini?! D’accordo, te lo prometto. Semplicemente perché non ho alcuna intenzione di farlo!” -
- “Bene! Perché ci aspetta una lunga vita piena di grandi cose, Aurora. Qui, sul Grande Pianeta. Tu ed io.” – le braccia erano tornate stese lungo i fianchi, il tono era tornato serio e l’espressione continuava ad essere quella di un uomo felice e saldo.
Era cambiato Coog. Aurora lo osservò a fondo, nonostante la penombra. Le era così vicino.
Le parve, nel primo istante, di avere accanto colui che l’aveva sempre protetta e sempre amata. Ma, al tempo stesso, il cambiamento era così grande. Era più calmo, più responsabile. Non aveva più quell’aria sbruffona che aveva caratterizzato le loro giornate e, tramite la quale, era sempre riuscito a mascherare il suo vero essere. Ora, probabilmente, aveva tolto ogni maschera.
Il distacco forzato, le responsabilità, la paura e il tempo, lo avevano reso completo. E ciascuno di questi aspetti, ai suoi occhi, non facevano che renderlo ancora più prezioso.
Pensieri molto simili attraversavano la mente del cyborg. Avere quella splendida adorabile donna tra le sue braccia…..
Colei che aveva sempre reputato inavvicinabile e irraggiungibile, stava davvero aprendo a lui il suo cuore?
Aveva ragione Gorgo? Non si erano ancora rivisti ma ricordava esattamente le cose che gli aveva detto poco prima di separarsi, proprio sulla Regina del Cosmo.
Aurora non hai mai avuto occhi che per te.
Eppure…gli sembrava così diversa, così nuova. Una donna consapevole di quanto avevano vissuto e ben consapevole, ora, di quanto avrebbero vissuto ancora.
Erano entrambi consapevoli che si stavano scegliendo nonostante ogni ragionevole buonsenso dicesse loro di non farlo. Che il loro futuro sarebbe stato lì, l’uno vicino all’altra, senza mai potersi amare completamente. Ma che niente al mondo, a questo punto, avrebbe più potuto separarli.
Erano rimasti abbracciati molto a lungo, fino al sorgere di quel tiepido sole la cui luce abbracciava il Grande Pianeta. Anche i loro corpi ne furono avvolti. Erano adagiati sulla poltrona di pilotaggio, l’una tra le braccia dell’altro. Aurora si era addormentata qualche ora prima e Coog non osava muoversi per non disturbare il suo sonno.
Continuò ad osservarla finché non la vide aprire gli occhi aprire gli occhi.
Quando lo sguardo di lei trovò quello di un giovane innamorato, non le fu difficile ricambiare cercando di trasmettere ciò che sentiva, senza che entrambi proferissero alcuna parola. Non era necessario.
Un silenzioso e caldo bacio, che fece sussultare nuovamente il cuore di entrambi, fu fondamentale per sugellare quanto era accaduto nelle ore precedenti. Sembrava un momento di vera felicità.
Era l’alba, la quiete regnava all’esterno. Quel momento magico non avrebbe mai dovuto interrompersi, ma i doveri chiamavano e Coog sentiva di dover raggiungere la base spaziale, per mostrarsi e dire a tutti che si era svegliato.

I due giovani uscirono, così, dalla Regina del Cosmo camminando lungo la rampa di uscita, tenendosi mano nella mano.
In quell’istante, provenendo dalla direzione opposta, apparve Gorgo.
Il cyborg osservò con il cuore, prima che con gli occhi, la scena che gli si presentava di fronte. Sebbene fosse ancora difficile accettarlo completamente, si aspettava succedesse ed era preparato. E una parte di lui non poté che gioire per il suo amico e la sua dolce compagna.
- “Ehi Coog! Ce l’hai fatta a risvegliarti. Ma non erano le principesse a dover essere svegliate da un principe? Ah ah ah” -
- “Gorgo!” - esclamò Coog con un lieve imbarazzo - “Ecco, io…” -
- “Gorgo, buongiorno. Coog si è svegliato nel cuore della notte, ho sentito dei passi e...è salvo finalmente.” -
Finalmente erano vicini. Coog strinse con forza il braccio di Gorgo che ricambiò la sua stretta. La loro amicizia trapelava da ogni gesto e sguardo.
- “Coog. Sono felice di vederti in piedi. Io non ho mai avuto dubbi. Hai la tempra di un uomo d’acciaio. Il Professor Doggert sarà fiero di te e di se stesso..ma…” -
- “Ma cosa?” - chiese Coog.
- “In verità, il merito è solo della Principessa!” -
- “Gorgo!” - replicò lei con un lieve rossore.
- “E’ stato solo merito dell’energia galattica della Principessa e…dell’amore con cui ti è stata vicino. Sono certo sia andata così..!” - lo disse con enfasi e senza esitazione.
Con la mano ad accarezzarsi la testa, Coog reagì volgendo lo sguardo verso Aurora.
- “Ecco…non so cosa dire. Ma sì, credo sia stato grazie alla Principessa se sono riuscito a reagire. Ho sentito chiaramente la sua voce, e poi….ora ricordo molte cose…” -
- “Cosa ricordi, Coog?” -
- “Se non ci fossi stata tu non sarei riuscito a rialzarmi e a lanciare il tuono astrale.” -
- “Ha ragione lui, solo così siamo riusciti a sferrare l’attacco definitivo.” -
- “Ognuno di noi ha fatto la propria parte. Quello era il momento io facessi la mia, non ho fatto nulla che voi non aveste già fatto prima. E’ stato il nostro legame a salvarci, di questo ne sono certa.” -
- “Assolutamente sì, siamo sempre stati una grande squadra!” - Coog strizzò l’occhio all’amico cyborg.
- “E la Principessa è una di noi! Ahahahah.” -
- “Io vi ringrazio, dal profondo del cuore. Mi dispiace solamente non sia qui anche Hakka..” -
- “Oh, giusto. Dov’è Hakka?” -
- “Accidenti, eri talmente preso dalle tue questioni, Coog, che non te ne sei neppure accorto.. Ahahahah” -
- “Gorgo!” -
- “Il Professor Doggert sarà felice di vederti!” -
- “Devo andare da lui..” -
- “Eccoci qui, accidentaccio, ti sei svegliato finalmente! Quando pensavate di dirmelo, eh?” -
- “Non credo abbiano avuto tempo di pensare a noi, Professore.” - intervenne Kitty, osservando il braccio di Aurora che avvolgeva delicatamente quello di Coog.
Il Professor Doggert, superata ogni parvenza di orgoglio, si gettò ai piedi di Coog piangendo come un bambino.
- “Mi hai fatto invecchiare di altri dieci anni! Non ho mai avuto tanta paura di perderti come questa volta, Coog. Dannazione a te” - piangeva e piangeva, disperatamente e grottescamente.
- “Professore, sono desolato, davvero. Ma ora dovete smettere di piangere, perché sono qui, e non ho alcuna intenzione di morire! Alzatevi, forza” - il cyborg prese con delicatezza per le braccia il suo anziano Professore. Lo guardò con espressione amorevole.
Doggert ricambiò e volse uno sguardo verso Aurora. Improvvisamente gli giunse un’illuminazione.
- “Ma forse…voi due…” -
- “Professor Doggert, non dovete più preoccuparvi, Coog sta bene.” – si inserì Aurora.
- “Sei stata tu, quindi?” - Lei semplicemente annuì. guardava Aurora estasiato, come fosse una dea. Come in lei ci fosse un potere straordinario che superava ogni ragionamento scientifico. Non aveva idea di come il corpo di Coog fosse tornato alla vita, ma gli fu chiaro che era stato possibile unicamente grazie all’energia galattica sprigionata dall’amore di Aurora per Coog.
Gli parve una cosa meravigliosa.
I due giovani si scambiarono uno sguardo pieno di significati.
L’animo del Professor Doggert e della Dottoressa Kitty fu pervaso da una grande gioia. Era meraviglioso leggere la felicità nei loro occhi.
Un leggero vento massaggiò i capelli di Aurora e gli animi di ognuno di loro.


Poco tempo più tardi, in disparte seduti sulla prua dell’astronave, Gorgo e Coog avevano scelto di ritagliarsi un momento solo per loro.
- “E’ stato quando fui allontanato dalla Regina del Cosmo, giusto?” - Coog si voltò osservando di sottecchi l’amico che gli era a fianco.
Gorgo non fu sorpreso dalla sua perspicacia.
- “Giusto….la Principessa per giorni non parlò, a malapena mangiava. Si sentiva così in colpa, nonostante apparentemente fosse nel giusto. Lo credevamo tutti, anche se io non riuscivo a farmene una ragione. Ti conoscevo bene e non riuscivo a credere tu potessi compiere azioni tanto ignobili senza una buona ragione. Poi capimmo come erano andati realmente i fatti, e successe una cosa…anche se lei non lo sa..” -
- “Cosa accadde?” -
- “La sentii dal corridoio, passavo di fronte alla sua cabina. Sentii un pianto disperato e profondo. Era addolorata, non riuscivamo più a metterci in contatto con nessuno di voi. Era preoccupata per la nostra sorte e per la missione. Sono certo di questo. Era schiacciata dal dolore di aver commesso un errore. Di averti allontanato senza motivo, non riusciva a perdonarselo. E sapeva, inoltre, che senza di te non avremmo avuto scampo. Poco dopo tornò in cabina, calma come suo solito…ma per me ormai era tutto chiaro.” -
- “Gorgo…” -
- “Aveva il cuore spezzato, esattamente come te, credo, quando ti mandò via…” -
- “Sì, è vero. Mi spezzò il cuore. Ma fu un’illuminazione anche per me. Quel giorno capii realmente quanto lei fosse importante per me, quanto non potessi sopportare il suo abbandono, men che meno il suo disprezzo. Me ne ero andato con la morte nel cuore. Non potevo sopportare l’idea di separarmi da lei, né di non essere presente se lei avesse avuto bisogno di me.” -
- “Cosa che, poi, in effetti accadde…” -
- “Sì, e quando tornati…..ecco, quel giorno l’avrei voluta tenere tra le braccia per sempre…” - abbassò lo sguardo. Un lieve imbarazzo lo pervase. Non si erano mai aperti a tal punto, non aveva mai confidato a nessuno i suoi sentimenti più profondi.
- “Coog..non devi provare imbarazzo, sai?. E’ una cosa del tutto naturale. Credo che per lei fosse lo stesso, ma non le era possibile pensare a te in modo diverso, non in quel momento. Ma se tu non fossi tornato, lei non sarebbe più stata la stessa.” -
- “Ora sono qui e mi domando cosa potrò fare per lei..” -
- “Starle accanto. Non le serve altro. Che tu sia qui, oggi e per sempre, la renderà felice e appagata.” -
- “Lei è una donna senza eguali…” -
- “Lo so benissimo, per questa ragione forse ancora non ho compreso bene cosa ti legasse tanto a Belamì. Anche se forse credo di averne un’idea.” -
- “Sono certo che anche tu non sia rimasto indifferente al fascino di quella donna, così fiera e così leale. Fu questo a farmi sentire attratto. Era una combattente straordinaria, una donna che aveva sacrificato tutto di sé per amore della sua patria, e ha dato la vita per noi e per l’energia galattica. Eravamo simili, ecco cos’era.” -
- “Certo, è come dici, eravate simili. Tu hai rivisto in lei te stesso. Impossibile non rimanerne colpiti.” -
- “Sì, ma…” -
- “Ma cosa?” -
- “Il mio cuore è realmente appartenuto soltanto ad Aurora. Dal primo giorno. Niente e nessuno avrebbe potuto separarmi da lei. Neppure una donna speciale come Belamì, che rimarrà nel mio cuore, ma la principessa Aurora per me è…” - si voltò verso l’amico Gorgo, strinse gli occhi per imprimere bene nell’altro ciò che stava per dire - “..è la mia ragione di vita. Io senza di lei non sarei nulla.” -
Gorgo sorrise, non era necessario aggiungere altro a quella folgorante esternazione.
La sua ragione di vita.
Era lo stesso sentimento che lui stesso aveva provato durante tutto il lungo viaggio intrapreso insieme sulla Regina del Cosmo. Ma in quell’attimo, osservando gli occhi di Ian Coog, si rese conto che quel giovane cyborg amava Aurora in un modo completamente diverso da chiunque altro. Il suo sentimento era talmente radicato e intenso che nessun altro avrebbe mai potuto competere, neppure lui stesso o il prode Hakka, seppure entrambi senza dubbio perdutamente innamorati di lei, l’amore di Coog andava oltre ogni cosa. Oltre la vita, oltre la morte, oltre la separazione, oltre i confini dello spazio. E questo amore grandissimo aveva potuto diventare ancora più potente proprio perché ricambiato.
Osservò Aurora muoversi delicatamente tra i cespugli, chiacchierando amabilmente con la Dottoressa Kitty.
Era giunto il momento di lasciare quel pianeta, era giunto il momento di tornare ciascuno alla propria vita, di lasciare Aurora insieme a Coog. Di dir loro che, in qualunque momento avessero avuto bisogno di lui, lui sarebbe corso.
Un lieve scricchiolio attraversò quel petto in cui non risiedeva alcun cuore umano, ma in quell’attimo gli parve nitidamente di percepire dei battiti talmente forti da poter essere percepiti anche da altri. Era dolore quello stava provando? Forse. Ma avrebbe imparato a conviverci, e alla fine si sarebbe placato. Ora doveva congedarsi dal suo amico senza dare a vedere nulla del suo stato d’animo.
Provava fortemente questo senso di desolazione che lo avrebbe portato ad allontanarsi per sempre. Al tempo stesso, però, sentiva una profonda e sincera gioia per queste due anime che avrebbero potuto condividere molto e fare ancora molto assieme. E quella parte di sè, sì, quello era il sentimento che la principessa Aurora avrebbe dovuto vedere, come ultima cosa, nel suo sguardo.
- “Credo sia giunto il momento di andare…Coog, vado a salutare la Principessa e la Dottoressa Kitty.” -
- “D’accordo, io rimarrò qui ancora un po’. Vai avanti tu….Ehi Gorgo…” -
- “Addio Coog…” -
- “Grazie di tutto. Ti devo la vita, Gorgo. Come sempre. Torna, ti prego.” -
- “Lo farò. Tu comportati bene, d’accordo?” -
- “Sai che lo farò…” - uno sguardo d’intesa separò definitivamente i due amici.
Sapeva, Coog, che la cosa giusta era lasciare a Gorgo qualche attimo per salutare Aurora, affinché potesse dirle tutto ciò che desiderava.

Mentre Gorgo scendeva con un balzo dalla Regina del Cosmo, Aurora si era voltata attratta dal loro movimento. Nell’istante in cui lo sguardo della Principessa aveva incontrato quello di Coog, una scintilla luminosa aveva nuovamente fatto risplendere i suoi occhi e il volto si era aperto in un sorriso che trasudava serenità e gioia.
Coog ricambiò quel sorriso, desideroso di riuscire a trasmetterle, così, tutto ciò che aveva dentro. Sembrava volesse solamente dirle Sono qui.
- “Principessa, io devo andare.” -
- “Gorgo, ci siamo congedati così tante volte…ma ogni volta è un momento molto triste. Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me, Gorgo. Senza di te, ora, non saremmo qui. Nessuno di noi.” -
- “Non ho fatto nulla di speciale..” - sorrise imbarazzato il cyborg.
- “Oh sì, invece. Sei stato forte, razionale, hai fatto le scelte giuste nel momento giusto. E hai sempre saputo dire le giuste parole per tranquillizzarmi. Non lo dimenticherò.” -
- “Noi tutti sapevamo di poter contare su di te e questo ha reso tutto più facile anche per noi.” - aggiunse la Dottoressa Kitty.
- “Senza il tuono astrale di Coog non avremmo mai distrutto quel maledetto computer.” -
- “Certamente, le sue armi sono più potenti. Ma tu hai svolto un ruolo importante.” -
- “Vi ringrazio. Era la mia missione, sono felice di sapere che finalmente la pace potrà regnare davvero. Principessa….” -
- “Dimmi pure, Gorgo…” -
- “Coog avrà cura di te…ma anche tu, mi raccomando, tienilo d’occhio!” - strizzando l’occhio cercò di stemperare il significato delle sua parole.
- “Cercherò di farlo!” -
- “Con lui al tuo fianco non dovrai più avere alcun timore.” -
- “Lo so…” -
- “Ho detto a Coog di comportarsi bene, altrimenti potrai chiamarmi per rimetterlo in riga!” -
- “Oh, sono certa tu sapresti farlo egregiamente, ma sono altrettanto certa che il Coog che è qui con noi, ora..” - si voltò per cercare Ian Coog - “…non è lo stesso di un tempo.” -
- “E’ vero, l’abbiamo visto tutti!” - aggiunse la Dottoressa Kitty che assisteva silenziosa a quel saluto.
- “Spero tu sia felice.” - concluse Gorgo.
- “Grazie, Gorgo!” - un sorriso sincero si aprì sul volto di Aurora. L’amicizia vera che quell’uomo le stava dimostrando superava, e aveva sempre superato, ogni dovere. Aveva un animo nobile e, anche in questo caso, ne diede riprova.
- “Hakka ed io torneremo presto. Te lo prometto.” -
- “Vi aspetteremo con ansia. Ti prego di portargli i miei saluti e il mio affetto.” -
- “Certamente, lo farò. Ora devo andare…” - Gorgo si infilò il casco e si diresse verso il suo veicolo, saltò a bordo e decollò. Non appena in volo notò Coog scendere dalla Regina del Cosmo. Aveva atteso in disparte, come solo una grande persona avrebbe saputo fare, come un grande amico. Gli sarebbe mancato molto.
La mano di Coog si agitava per porgergli l’ultimo saluto. Gorgo ricambiò, mentre una lacrima scendeva sul volto di entrambi.

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Capitolo 13
*** L'energia dell'amore (seconda parte) ***


13 - L’energia dell’amore (seconda parte)

Qualche ora più tardi, dopo aver congedato Gorgo con tristezza, Aurora si era ritirata nelle sue stanze. Doveva elaborare molte cose, doveva comprendere a quale destino stava realmente andando incontro. E voleva farlo in solitudine.
La vecchia Regina del Grande Pianeta giaceva molto anziana in un luogo protetto, ormai da molto tempo. Probabilmente non le rimaneva molto da vivere. La sua energia vitale si stava completamente esaurendo. Nei quasi sei mesi trascorsi sul Grande Pianeta non era stata realmente sola, ma la vecchia Regina non era stato in alcun modo in grado di comunicare, se non di rado. Era pertanto stata costretta, sin da subito, ad abituarsi alla vera solitudine, quella con la quale era convinta avrebbe dovuto convivere fino alla fine dei suoi giorni.
Ma nelle settimane appena trascorse tutto era cambiato in modo inaspettato. Erano successe cose terribili, ma quegli eventi drammatici le avevano riportato i suoi affetti più cari.
Nele poche ore in cui era rimasta nelle sue stanze, aveva passato molto tempo di fronte ad un grande specchio, osservando la sua immagine. L’immagine di giovinezza e purezza, dell'ingenuità che ancora portava con sé, di cui andava fiera ma dalla quale, sapeva, avrebbe dovuto presto separarsi. Tra non molto sarebbe diventata la sola Regina del Grande Pianeta. Una parte di lei era spaventata ma, a differenza di quanto aveva creduto per molto tempo, ora sapeva che non sarebbe più stata sola.
Un sorriso si aprì sul suo volto, riflesso nello specchio, sentendo nel petto la forte emozione che la pervadeva ogniqualvolta pensava a lui.
Ora, però, sapeva che entro pochi giorni avrebbe dovuto salutare nuovamente la Dottoressa Kitty, e il Professor Doggert. Sarebbe stato difficile ma ce l’avrebbe fatta, ce l’avrebbero fatta.

- “Stai dicendo che non lo vuoi più sulla Terra??” - gridava Doggert concitato..
- “Non sto dicendo questo, sto solo riflettendo su quanto è accaduto e sul fatto che Aurora non dovrà più rimanere da sola.” -
- “Ma Dottoressa, quanto accaduto con la Regina Lacet ritengo sia un evento raro che difficilmente potrà ripetersi, non sei d’accordo?” - aggiunse saggiamente Coog.
- “Coog, tu dovrai proteggere Aurora, devi prometterlo.” -
- “Non dovresti avere dubbi su questo.” -
- “Non ne ho…è solo che…” -
- “Che succede, Dottoressa Kitty? Cos’è che ti preoccupa tanto?” -
- “Oh nulla, ti chiedo scusa, Coog. Ho solo avuto tanta paura…ero certa di perderla, questa volta. E’ come una figlia per me…”-
- “Ti capisco. Anche io ero terrorizzato.” -
- “Sei stato un vero eroe, Coog, non ti ho ancora realmente ringraziato. Quello che hai fatto supera ogni logica comprensione, ogni dovere, ogni spirito di sacrificio. Ma tu sei riuscito a farlo. L’hai salvata e sei ancora qui tra noi.” -
- “Sai che non poteva essere diversamente, se le fosse successo qualcosa, io…” - Coog strinse i pugni, ricordando quanto aveva visto, quanto era successo ad Aurora. Ricacciando i suoi sensi di colpa per averla lasciata sola.
- “E la colpa è mia…” -
- “Non dire questo..” -
- “Ho sbagliato sin dall’inizio!” -
- “Ora non dobbiamo più pensarci, ci sarò io con lei. Non dovrai più temere…” -
- “Sì, Dottoressa, non devi temere…” - la voce si Aurora si intromise nella sala comando della base spaziale. Interrompendo una conversazione dolorosa che faceva male a tutti i presenti.
Scese le scale, con il suo portamento leggiadro e straordinariamente elegante. Ogni suo gesto trasudava regalità, dolcezza, bellezza. E un carisma dal quale Coog era stato attratto dal primo giorno e per il quale ora, dopo tutti gli eventi accaduti, non aveva più remore a mostrare la sua immensa adorazione.
- “Aurora…” - le andò incontro e le prese una mano. Rimasero l’uno di fronte all’altra per qualche istante.
- “Credevo stessi riposando..” -
- “No, avevo solo bisogno di un po’ di tempo per…” -
- “Per cosa? Qualcosa ti preoccupa?” -
- “No, nulla mi preoccupa, non più. Ora che tu sei qui..” - gli occhi sognanti dei due giovani e il silenzio che regnava intorno a loro, aveva creato una buona dose di imbarazzo nei presenti.
- “Ehmmm, d’accordo, è tutto chiaro, ma forse potreste ritagliarvi dei momenti privati per farvi gli occhi dolci!” -
- “Professor Doggert! Dopo tutto quello che è successo, meritano serenità e soprattuttto…” - Kitty si fece avanti avvicinandosi alla coppia - “..e sopratuttto meritate la nostra benedizione, la nostra approvazione. Arriveranno anche le raccomandazioni, ma questo lo farò prima di andarmene.” -
- “Coog, vedi di comportarti bene! Altrimenti verrò a cercarti e ti sistemerò con le mie mani!” -
- “Voi vi preoccupate troppo, non avrete di meglio da fare sulla Terra, Assistente Doggert??!!” -
- “Non ti azzardare sai!!” -
- “Coog!! Non mancare di rispetto al Professor Doggert!” - lo sguardo finto torvo della Principessa colpì in pieno Ian Coog, come ai vecchi tempi.
- “Ehmm…d’accordo, ti chiedo scusa Aurora!” -
- “In effetti, devo dire che forse Aurora saprà cavarsela benissimo da sola! Brava!” -
- “Sono pur sempre la Regina!” - Aurora strizzò l’occhio in direzione dei presenti, cercando complicità, lanciando un’occhiata di finta stizza nei confronti di Coog.
Il cybor ricambiò corrucciando la fronte.
- “Aurora…” -
- “Sì, Dottoressa…” -
- “Vorrei parlarti in privato, Professore, Coog, potreste….” -
- “Oh certo, vi lasciamo sole…” -
- “Andiamo Coog, le donne sono sempre complicate…” -
Coog si affrettò a seguire il Professor Doggert. Salì le scale ma si fermò a metà dei gradini, e la sua breve esitazione fece voltare le due donne che lo osservarono.
Uno scatto da cyborg e saltò di colpo ad un passo dalla Principessa Aurora.
- “Dottoressa Kitty, credo tu debba sapere che…” - guardò Aurora - “..io la amo più della mia stessa vita!” - Aurora arrossì in un istante, dopo quell’esternazione così spontanea.
Coog si fece avanti verso di lei, le diede un bacio veloce sulle labbra e corse via.
Aurora si posò istintivamente una mano sulle sue labbra. Sorrideva tra sé ma il rossore non la abbandonava. Coog era scomparso dietro la porta, dopo aver cacciato rapidamente il Professor Doggert che indugiava senza muoversi.
- “Andiamo, forza!” - spingendolo via.
- “Ehi Coogg!” -

Gli sguardi delle due donne si incontrarono.
- “Dottoressa Kitty, non so cosa dire…”
- “Non devi dire nulla…” - sorrise di cuore, Kitty. Era felice.
- “Volevo parlarti della nostra partenza, ma vorrei anche dirti che sono felice di quel che ho visto.” -
- “Ti riferisci ai piccoli battibecchi?” -
- “ Coog ti adora. Lo sai.” -
- “Sì” -
- “Sei felice?” -
- “Molto” -
- “A te va bene che lui rimanga qui con te?” -
- “Certamente. Dottoressa Kitty, so quali sono i dubbi che attanagliano il tuo cuore, ma non devi averne. Andrà tutto bene.” -
- “Ora lo so, ora ne sono certa. Sarà un sollievo per me saperti al sicuro, non solo…saperti felice.” -
- “Quando partirete?” -
- “Domani.” -
- “Davvero? Così presto? Ero convinta che vi sareste trattenuti ancora per qualche giorno.” -
- “Sai che il viaggio non è affatto breve, anche con tutte le innovazioni tecnologiche possibili. Ma ti prometto che torneremo. Inoltre…” -
- “Cosa?” -
- “Credo sia giusto e necessario che tu e Coog sperimentiate quanto prima il vostro tempo, il vostro spazio. Dovrai dedicarti alla Regina del Grande Pianeta, che ci sta lasciando. Lui ti sarà vicino, e tu ne avrai bisogno. Vorrei rimanere per te, ma sai che sulla Terra abbiamo molte cose di cui occuparci. E ora so di potermene andare tranquilla.” -
- “Certamente, non devi temere, staremo bene. Ma mi mancherai molto.” -
- “Ci sentiremo tutti i giorni, come facevamo già prima. Sii forte Aurora, sei una donna straordinaria. Arriverà un giorno, forse non molto lontano, in cui la pace nell’universo sarà duratura e stabile, in cui il Grande Pianeta tornerà a risplendere di energia propria e forse…” -
- “Cosa vuoi dire?” -
- “Voglio dire che forse, in futuro, potrebbe esserci la possibilità per te e Coog, di tornare sulla Terra. Perlomeno per un tempo determinato. Perché ritengo che l’energia galattica possa trovare, col tempo e con il tuo aiuto, una forza tale da poter risplendere molto a lungo anche senza la tua costante presenza su questo pianeta. E con la Regina del Cosmo potreste tornare sulla Terra effettuando un viaggio tranquillo e sicuro.” -
- “Non posso crederci, sarebbe bellissimo. Ma non è importante pensarci ora. Io qui ho un compito, e lo svolgerò fin quando sarà necessario. Anche dovesse essere per sempre, come ho sempre creduto. Se un giorno sarà possibile tornare sulla Terra, anche per un breve periodo, sarà bellissimo.” -
- “Il futuro è nelle tue mani. La tua forza e il tuo amore daranno vigore all’universo. Sii felice, più lo sarai, più l’energia galattica sarà potente. Ne sono certa.” -
- “L’ho capito, ormai.” -
- “Ora vorrei che tu raggiungessi Coog. Dismetti i panni della Regina di tanto in tanto. Va’…” -
- “Seguirò i tuoi consigli…grazie Dottoressa Kitty!” - abbracciò la sua adorata madre con vigore. Rimasero abbracciate per lunghi istanti. Quando si staccarono il bacio delicato e amorevole di Kitty congedò una giovane Aurora che si apprestava ad iniziare un nuovo percorso di vita.

- “Ti comporti come un adolescente innamorato!” -
- “Io sono un adolescente innamorato, caro Professore!” -
- “Non essere infantile, Coog!” -
- “Non lo sono, sono solo molto felice!!” -
- “AAh, certo, d’accordo, hai vinto tu. Volevo solo capirti meglio, ma credo sia tutto chiaro. Comportati bene, mi raccomando. Ti affidiamo Aurora ed io mi fido di te ciecamente.” -
- “Grazie Professore. Non sarà un compito difficile. So che partirete a breve, l’ho capito.” -
- “Sì, domani.” -
- “Immaginavo.” -
- “Coog, non dimenticare….lei è una Regina…” -
- “Lo so benissimo!” -

Sono un cyborg, lo so, ma nonostante questo il mio cuore batte per te come fossi un giovane uomo. Saprò renderti felice, Aurora. Come meriti.
La mia felicità sarà il poterti vedere ogni giorno e sapere di poterti proteggere. Non dovrai più avere paura. Io sarò con te per sempre.


Mentre correva lungo il pendio, per raggiungere quella piccola altura, Ian Coog sentì prepotente il bisogno di liberarsi, di lasciar uscire quel che aveva dentro senza alcun freno.
L’ultima volta, in quello stesso luogo, aveva gridato il suo dolore all’universo intero. Ora voleva gridare la sua gioia. Alla sua amata, all’universo, a se stesso.
In quel cielo rosato, mentre Aurora passeggiava tra i fiori, mentre la Dottoressa Kitty e il Professor Doggert si accingevano all’imminente partenza, mentre lo Star Kopper aveva certamente già raggiunto il Pianeta Acqua, in quel cielo rosato e rassicurante risuonò potente:
- “PRINCIPESSAAAAAAAA” -

Il momento del tempo temuto addio infine giunse, come era inevitabile che fosse.
Non fu affatto semplice separarsi. L’avevano previsto ma fu comunque emotivamente impegnativo.
Coog si era presentato ai saluti solo alla fine, come suo solito. Aurora aveva abbracciato La dottoressa Kitty e stretto la mano al Professor Doggert invitandoli, senza troppi indugi, a recarsi sulla loro astronave.
Le calde lacrime che riempivano gli occhi di Aurora erano, ad ogni modo, lacrime di una sana tristezza. Colme di speranza, di aspettative.

Le braccia di Aurora e Coog che si agitavano, come ultima immagine dall’oblò della Base orbitante, fu l’immagine che la Dottoressa Kitty portò con sé durante tutto il viaggio di ritorno verso la Terra. E la conservò ne cuore anche in tutti gli anni a venire. Aveva visto due braccia che la salutavano, due volti sorridenti e due mani unite con l‘intento di sorreggersi a vicenda. E il suo cuore si era alleggerito. Era la scelta giusta.

Dopo aver osservato l’astronave allontanarsi per poi sparire oltre l’atmosfera del Grande Pianeta, i due giovani erano rimasti immobili per parecchi minuti ancora.
Fu Coog a rompere il ghiaccio. Non si voltò neppure ma disse solamente.
- “Hai paura?” -
- “No, affatto.” -
Si guardarono. La luce attraversava i capelli di Aurora, il suo viso era ricoperto di un velo dorato. Coog desiderò che quell’attimo perfetto non finisse mai. Fece un ulteriore passo verso di lei, appoggiò la fronte sulla sua, stringendole le mani.
- “Il mio compito sarà quello di amarti per sempre, me lo permetterai?” -
- “Non hai bisogno del mio permesso. Ti amo, Coog.” -
Le loro labbra si avvicinarono. Il bacio fu naturale, lungo ed pieno di emozione.

Con le mani strette l’una nell’altra si voltarono e si incamminarono lentamente verso la dimora del Grande Pianeta.
L’immagine, di spalle, di quella coppia così unita, seppur diversa dal consueto, si stagliava sull’orizzonte adagiato tra le lievi alture del pianeta.
Il giovane cyborg prese la mano della sua Principessa e se la portò vicino alle labbra, depositando un bacio.
Un improvviso e straordinario bagliore avvolse il Palazzo del Grande Pianeta. Era la potenza dell’energia galattica.
L’energia dell’amore.

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