Unbreakable

di Lilithan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Ritorno inaspettato ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Il salice ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Il suono del silenzio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - L'occhio del ciclone ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Il sangue nelle mie vene ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Le porte dell'inferno ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Invisibili ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - E se volessi spezzarmi? ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Un posto a cui appartenere ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Aprì gli occhi, nel buio della sua camera. Ansimava. Non era la prima volta. Da qualche tempo, Lilian dormiva male. Non ricordava mai l'incubo al risveglio, sentiva solo un peso sul petto, le gambe pesanti e una residua sensazione di caduta. 
Guardò la sveglia posta sul comodino accanto al letto. Le 4:45.
'Non ha senso rimanere a letto. Non riprenderei sonno comunque.'
Con fatica e scarsa volontà, si buttò giù dal letto, si alzò e si trascinó di mala voglia in bagno. Aveva passato la sera precedente a leggere Cime tempestose, ma non l'aveva presa nel profondo. Quel posto spettava a Bukowski, Dickens e Austen. E magari anche a Cassandra Clare. Alla fine aveva buttato il libro vicino alle sue scarpe da corse e si era concessa una maratona di Game of Thrones per poi crollare alle 23:15 dopo appena 2 episodi e mezzo. Che cosa vergognosa per la sua età. Mentre prendeva la divisa e iniziava e vestirsi, pensava che suo padre doveva essere già andato a dormire in camera sua. Aveva la brutta abitudine di dormire sul divano in soggiorno e, a causa del suo sonno leggero, non potevo uscire di casa senza svegliarlo. In tal caso non sarebbe più potuta uscire di casa. 
'Che hai da fare a quest'ora del mattino fuori? Torna a letto! Non ha senso uscire adesso. Per correre? Ma fammi il piacere e torna a letto!' 
Questo è quello che ripeteva ogni volta all'incirca. Non che ci mettesse sentimento. E Lilian non poteva nemmeno provare a rispondere. In primo luogo, non l'avrebbe ascoltata, non l'ascoltava mai. Quando perdeva la pazienza, minacciava di bruciare i suoi libri o di toglierle il pc e il cellulare. Una volta, solo perché Eddy l'aveva invitata a dormire da lei per un pigiama party, aveva minacciato di non farle continuare gli studi. E pensare che conosceva Eddy e i suoi da quando andavamo all'asilo. Inoltre lei passava molto tempo a casa nostra, ma lui non poteva saperlo. Era sempre fuori, e quando era a casa non badava minimamente a quello che la figlia faceva. Iniziava a rompere solo appena la vedeva sulla soglia di casa. Lilian sospirò, si mise davanti allo specchio per fare una coda e sciacquarsi il viso. Fu facile tirare su e legare i lunghi capelli scuri, ma appena posò gli occhi sul suo riflesso trasalí. Aveva un aspetto tremendo. Molto più del solito. Le occhiaie erano abbastanza visibili sotto i suoi occhi neri, le guance erano arrossate ed erano spuntati altri punti neri sul suo naso, anche se pochi. Santa Edvige e le sue creme! Lilian pensò di mandarle un messaggio per vedere se era sveglia, ma poi ricordó che Eddy non si era mai alzata prima delle 7 e sicuramente non l'avrebbe fatto adesso. Forse se gliel'avesse chiesto sì, in fondo, non l'aveva mai abbandonata, in nessun momento critico della sua vita. Ma stavolta, pensò Lilian, poteva cavarsela da sola. Era abbastanza introversa da fare lunghe conversazioni con sé stessa e smontare ogni problema. Forse per questo era brava in matematica e filosofia. In punta di piedi, con scarpe e cellulare con cuffiette alla mano, si incamminó in soggiorno. Sul divano, dormiva la madre. Lilian decise di lasciarle un bigliettino addosso, con su scritto che andava a fare una corsetta. Dopo averle baciato la fronte, uscì, infilò le scarpe e partì. L'aria notturna le bagnava il viso, anche se l'alba era vicina. Prese la via per la collinetta. La sua non era una grande città. Con a malapena due istituti superiori, tre farmacie e un supermercato, non c'era gran modo di passare il tempo. Mentre correva, pensava a cosa l'aspettava da lì a qualche anno. A settembre avrebbe frequentato il quinto anno al liceo scientifico, per poi andare a studiare medicina nella metropoli vicina. Era quello che sognava da una vita. Andare via, vivere da sola, iniziare a respirare davvero la vera libertà. Non l'aveva mai conosciuta. Senza rendersene conto, arrivò in cima alla collinetta. Era quasi l'alba. Si sedette a terra, stremata, a guardare il sole nascere sulla sua città. Pensò che Lorenzo doveva già essere in piedi per lavarsi i capelli. Forse anche Andrea era sveglio. Lilian si era ripromessa di approfondire l'amicizia con quest'ultimo, visto la vergognosa cotta che aveva per lui dal secondo anno, quando si era trasferito. E come poteva non essere cotta di lui? Aveva i capelli biondi piuttosto corti, crespi e spettinati, la pelle chiara e il fisico asciutto da ragazzo che frequentava si la palestra ma non ci metteva poi molto impegno. Ciò che aveva colpito Lilian la prima volta erano stati gli occhi: ambrati, quasi gialli intorno alla pupilla e nocciola chiaro tendente al verde all'esterno. Un sogno, praticamente. Poi il suo modo di parlare, il suo accendersi in una discussione quando l'argomento lo toccava particolarmente... Il cellulare di Lilian vibró. Era sua madre:
'Sono le 6, farai meglio a muoverti se non vuoi far tardi a scuola. Ti ricordo che hai latino.' 
Accidenti, quanto tempo era rimasta a fantasticare là?! Con il sole alle spalle, Lilian partì di corsa a casa e sperò di trovare il bagno libero con l'acqua ancora calda.                                                                                                 

NOTA: vorrete perdonarmi se ho scritto troppo o male, ma non sono riuscita a fermarmi e ho divagato un po' 😂 inoltre, sto ancora cercando di capire come funziona il sito,è la prima volta che lo uso per scrivere. Comunque spero sia di vostro gradimento, attendo impaziente i vostri giudizi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Ritorno inaspettato ***


'Per giovedì fate la versione a pagina 91, dal punto 3 al 5 compreso. Inoltre, vi consiglio caldamente l'approfondimento nella pagina seguente. Buona giornata.'
Detto ciò, la professoressa più odiata dell’istituto, uscì con passo quasi elegante dalla classe.
Lilian appoggiò la testa sul banco, per poi sbattercela contro. La sua migliore amica e compagna di banco Edvige, avvicinò la sua mano da elfo al braccio di Lilian e la pizzicò.
La ragazza, sorpresa e dolorante, alzò la testa di scatto, saltando sulla sedia, imprecando abbastanza pesantemente, anche se a bassa voce. Non voleva fare la figura della rozza camionista davanti ad Andrea, seduto dall’altro lato della classe. Non aveva attirato la sua attenzione, vero? Sbirciò nella direzione del ragazzo e lo vide distogliere lo sguardo, nascondendo una mezza risata.
‘Io lo prenderei come un incoraggiamento’ sussurrò Eddy all’orecchio di Lilian mentre, questa, sentendosi umiliata, riappoggiò la testa sul banco.
Intanto, il loro migliore amico Lorenzo, che aveva ovviamente assistito a tutta la scena, prese la sedia, approfittando del cambio dell'ora, e si piazzò tra le due amiche.
‘Sembra che tu abbia finalmente richiamato l’attenzione del nuovo Socrate. Dov’è la tua faccia felice, donna?’ esclamò il ragazzo con tono canzonatorio.
‘Grida un altro po’ sai, non siamo chiusi in una stanza piena di persone ficcanaso!’ urlò in silenzio Lilian.
‘Almeno smettila di mangiartelo con gli occhi tesoro, lo consumi così. E sarebbe proprio un peccato’, continuò il ragazzo, facendo diventare paonazza l’amica, scoppiando poi in una risata con Eddy. Lilian allora alzò gli occhi al cielo e si girò a guardare gli alberi fuori dalla finestra. Iniziò a pensare che i capelli di Enzo somigliassero spaventosamente alla chioma di una quercia, quando il ragazzo in questione allungò la mano per pizzicarle il braccio. Lilian riprese a imprecare e iniziò a urlare a bassa voce insulti orribili al suo migliore amico mentre questo continuava a sghignazzare con Edvige.
 'Ti sei incantata di nuovo, dovevo risvegliarti dalla tua trance' disse a mo' di giustificazione.
 'Stavo pensando che i tuoi capelli somigliano alla quercia qua di lato. Quando diavolo pensi di tagliarli?' 
 'Sul mio onore, mai e poi mai!' Disse Lorenzo, con tono fintamente solenne e mano sul cuore.
Adorava i suoi capelli rossi quasi più delle sue serie tv. Li considerava una rarità.
In quel momento entrò il professore di educazione fisica e i tre amici si incamminarono fuori in cortile per poi occupare il solito gradino sulle scale antincendio.
 Mentre Eddy ed Enzo battibeccavano cercando di scegliere stabilire chi avesse i capelli più morbidi e lucenti, Lilian si mise a osservarli.
Eddy, con i suoi capelli biondi e gli occhi verdi, col fisico minuto ma con curve prosperose, oltre che la lingua pungente, faceva girare la testa a diversi ragazzi della nostra scuola, senza per questo riempirsi di arie. Anzi, si sminuiva spesso con i suoi amici, trovandosi difetti nel carattere e nel modo di parlare, o in altre cose. Non era come credevano tutti.
Il loro amico non era da meno quanto a strage di cuori. Col suo fisico alto, anche se mingherlino, con gli occhi azzurri e i capelli rossi e ricci, Lorenzo era la personificazione del sexy nerd. In pochi ovviamente sapevano che fosse gay. Si era trasferito in città quando aveva solo 10 anni, ma era riuscito subito a conquistare tutti, grazie al suo carattere alla mano e al suo bell’aspetto. Nonostante ciò, riusciva a essere se stesso solo quando era con le due ragazze.
Lily si era sempre sentita fuori posto, ovunque andasse, ma quell’indisposizione che provava costantemente si attenuava ogni volta che passava del tempo con i suoi due amici.
La ragazza fu distorta dai suoi pensieri da un’altra classe che stava uscendo dalla porta al pian terreno. Tra le tante teste, individuò una nuvola di ricci biondi rossicci di Alice, e la chiamò.
Alice era l'unica cugina che aveva. Figlia della sorella di suo padre, aveva un anno meno di Lily, ma era comunque più alta e formosa. Lily, infatti, invidiava la sua terza piena che, comparata alla sua seconda scarsa, la faceva apparire più piatta di una tavola. Inconsciamente, Alice si sentiva un po' superiore rispetto a Lilian ma cercava di non darlo a vedere, così come Lilian si sentiva leggermente in soggezione rispetto alla cugina, ma allo stesso tempo si sentiva protettiva nei suoi confronti. La vedeva come la sorella minore che non aveva mai avuto.
Alice arrivò e si buttò ad abbracciare Lily, per poi salutare il resto del gruppetto e per poi mettersi a chiacchierare un po’.
La mattinata per Lily trascorse tra occhiatine rivolte a un certo ragazzo, battutacce della sua migliore amica e appunti di fisica e chimica organica.
Uscita da scuola, Lilian trovò sua madre Chiara che la aspettava in macchina, giocherellando col cellulare. Lily rise internamente, sapendo che sua madre aveva ancora qualche difficoltà nell'utilizzare il nuovo congegno. Almeno riusciva a scrivere i messaggi rispettando la grammatica.
Durante il tragitto chiacchierarono a proposito della scuola e delle vacanze imminenti e le due continuarono a parlare mentre, entrando in casa, Lily buttava lo zaino sul divano. Solo allora si accorse di aver colpito con lo zaino qualcosa che non era il divano. Ma suo padre era al lavoro a quell'ora, chi diavolo poteva... ma era Mark, suo fratello maggiore! Sua madre Chiara si mise a ridere e si diresse in cucina a controllare il pranzo.
‘E questo lo chiami benvenuto? Mi considero offeso!’ Disse il ragazzo con tono fintamente infastidito, mentre Lily pensò bene di seguire la traiettoria del suo zaino e di lanciarsi addosso al suo fratellone. Erano molto simili esteticamente, tranne che per gli occhi, poiché quelli di Mark erano più chiari, che caratterialmente, che se Lily era più scontrosa e a volte antipatica.
I due fratelli condividevano la passione per la corsa e per le battute sarcastiche, per cui tra loro era guerra continua fin dall’infanzia. Da quando il ragazzo si era trasferito, Lily aveva perso un complice prezioso, un degno avversario verbale, nonché il suo capro espiatorio preferito.
‘Quanto pensi di fermarti?’
‘Giusto il tempo di riprendermi da tre mesi di studio intensivo ininterrotto. Non so come continuo a formulare frasi sensate, sono praticamente fuso!’.
Lily rise, ma venne interrotta dalla porta dell’ingresso che si spalancò velocemente accogliendo in casa John, il padre dei due ragazzi. Questo non sembrò molto sorpreso di vedere il figlio, ma iniziò comunque a tempestarlo di domande sull’università e sul lavoro part time che il ragazzo aveva iniziato da poco. Mark rispose a tutte le domande con pazienza, senza scomporsi. Aveva sempre avuto pazienza col padre, al contrario di Lily.
A volte la ragazza pensava che fosse quello il motivo per cui il padre preferiva suo fratello a lei.  O forse lo faceva solo perché era un maschio. Comunque fosse, a Lilian non importava più di tanto, non aveva mai voluto essere la sua preferita. Scacciò quindi questi pensieri dalla testa e si sedette a tavola per pranzare. Dopo le solite domande di routine, il padre di Lily propose, inaspettatamente, un’uscita l’indomani. Tutti insieme. Come una vera famiglia. Come no, pensò Lily. Ma tutti guardarono l’uomo come se avesse iniziato a soffiare lumache dal naso. Non esattamente una bella immagine, quindi.
 Era risaputo in famiglia e nella zona che l’uomo evitava come la peste le uscite di famiglia, prediligendo le uscite tra soli uomini o in solitario, chissà dove. Questo era uno dei motivi principali dei litigi dei due coniugi. Al secondo posto, c’era l’ossessiva chiusura dell’uomo nei confronti della figlia e della sua vita sociale.
Dal canto suo, Lilian aveva sempre visto Eddy uscire insieme al padre, anche solo per una pizza o per shopping, e ne era stata invidiosa. Non tanto per la sua amica, ma perché avrebbe voluto anche lei un padre così. Normale e amorevole, in qualche modo. Il suo di padre, oltre ad essere un insensibile egoista, non dimostrava niente. Niente. Solo paletti, come se lei fosse nata per restare dove diceva lui.
Ma la ragazza, in fondo, ci sperava ancora. Sperava di aver sempre sbagliato a giudicare suo padre, sperava che ci fossero dei motivi per il suo atteggiamento, sperava, continuamente, in un cambiamento. Un miglioramento. E sembrò arrivare, quella mattina.
Per questo reagì con entusiasmo alla proposta del padre.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Il salice ***


Lilian abbassò lo sguardo. Sì, stava volando. Doveva essere un sogno. Decise di goderselo, finché ne era cosciente. Non si trovava in un posto particolare. Galleggiava in aria, circondata dal cielo. Guardò in basso e vide acqua. Tanta acqua. Iniziò a salire. Lilian non riusciva a muoversi, era bloccata da qualcosa. L’acqua le lambì i piedi. Vide un’ombra davanti a lei. Aveva un viso famigliare, ma non riusciva a capire chi potesse essere.
L’acqua le arrivò alla vita.
L’ombra le sorrise, maligna.
Con l’acqua al collo, Lily trovò la forza di gridare.
Poi precipitò.
 
La ragazza si svegliò, ancora, troppo presto. Ma stavolta ricordava il sogno. Quell’ombra, quel profilo, quella risata… Per quanto si sforzasse, non riusciva a capire chi potesse essere. Scosse la testa nel buio della sua stanza. Perché ci stava ancora pensando? Era stato solo un sogno, no?
Controllò la sveglia.
Le cinque meno venti.
Si vestì in fretta, incapace di restare ferma, e scese in soggiorno. Trovò suo fratello, sdraiato sul divano, alla ricerca di qualcosa di interessante da vedere in tv.
‘Cosa fai in piedi a quest’ora, scimmia?’ disse con voce assonnata Mark.
‘La domanda giusta è cosa fai tu sul divano a quest’ora. Non dovresti riposare? Ieri non hai fatto altro che lamentarti della tua stanchezza.’.
‘Hai presente il jet lag? E’ quello il mio problema. Più che normale, dopo il mio viaggetto di 11 ore e tre quarti. Tu perché vai a correre a quest’ora?’ Continuò il ragazzo, indicando la sua divisa.
‘Sto cercando di mantenermi in forma, a differenza tua. Si vede lontano un miglio che sei fuori allenamento.’.
‘Touchè. Se non fossi così stanco verrei con te’
‘Che ne pensi dell’idea di papà? Dell’uscita. A te non sembra strano?’ chiese Lily, interrompendo il loro piccolo battibecco.
‘Certo che mi sembra strano. Forse è solo rinsavito un po’. Sai com’è, il tempo passa anche per lui. Forse tu e mamma non lo notate molto, ma ho visto papà molto stanco. Sembrava quasi svuotato. Forse lavora troppo.’
‘O troppo poco’ disse la ragazza, in tono sprezzante. ‘ Potrebbe lavorare di più, così la smetterebbe di rompere i coglioni a me e alla mamma.’
‘So che con te è sempre stato ingiusto, Lily. Senza un motivo apparente. E so quanto questo ti dia fastidio, basta guardare come ti comporti quando c’è lui. Hai mai pensato che lui possa rimanere male di fronte a ogni tuo rifiuto?’
‘Lui rimanere male? Stai scherzando, spero. E anche se fosse, se lo merita tutto, il mio risentimento.’.
‘Lilian…’
‘Quando mai sono stata libera di decidere qualcosa della mia vita? Quando ho potuto prendere una decisione su due piedi, senza pensare “ E se papà lo scoprisse…” o “Cosa direbbe papà…”? Ma tu non ti sei mai posto il problema perché non ne hai mai avuti di questo tipo, solo perché sei maschio. Come vuoi che mi senta, ogni giorno, chiusa tra quattro mura del cavolo?’
‘Non volevo dire questo’
‘Ho capito quello che volevi dire, perché l’ho pensato centinaia di volte. Senti, non voglio mettermi a litigare, voglio solo uscire a correre.’
‘Okay scimmia, non fare tardi.’
Lily sorrise al fratello, e uscì in fretta.
 
Anche quella mattina, la ragazza decise di andare sulla collinetta vicino a casa sua, ma stavolta prese il giro lungo. Ci avrebbe messo solo 10 minuti in più, quindi non ci pensò più di tanto. Partì spedita, col volume al massimo, sgombrò la mente. Non volendo, suo fratello le aveva fatto tornare alla mente diversi brutti ricordi legati a loro padre. Ad esempio, al suo decimo compleanno, sua madre le aveva organizzato una festa a sorpresa. Lily ne era rimasta molto contenta e per il resto della serata non fece che sorridere. Puntualmente, suo padre si era messo a criticare il suo comportamento, ritenuto fastidioso da lui, oltre che i suoi amici, in particolare Lorenzo. Allora era appena arrivato in città e Chiara, pensando di aiutare il ragazzino ad inserirsi e a far guadagnare a sua figlia un nuovo amico, l’aveva invitato. Lily ed Enzo avevano legato quasi subito, e questa si era affrettata a far conoscere al suo nuovo amico la sua migliore amica e la sua cuginetta.
Secondo il signor John, il ragazzo era troppo espansivo, parlava e rideva troppo. Inoltre, il fatto che avesse legato così in fretta con Lily sembrò infastidirlo un sacco. Proibì alla figlia di avere rapporti di alcun tipo col bambino.
Quella fu la prima volta che Lily si oppose a una decisione di suo padre. Rimediò un ceffone, ma in compenso, sua madre litigò selvaggiamente col marito, considerando tutta quella storia su Lorenzo oltremodo stupida.
Quella sera, Chiara chiese scusa alla figlia per quello che suo padre aveva fatto e detto, ma Lily si oppose all’inizio. Visto che sua madre insisteva, la bambina finse di accettare, diede persino un bacio a suo padre.
Ma dentro di lei, qualcosa di era rotto.
Negli anni, quella crepa sul suo cuore non aveva fatto altro che aprirsi, sempre di più.
Lilian arrivò in cima alla collinetta e si sedette sotto il suo salice piangente preferito. Vedeva in quell’albero grande eleganza, oltre che infinita tristezza. Ciò che l’aveva sempre caratterizzata, del resto.
La ragazza sospirò, chiuse gli occhi e appoggiò la testa al tronco dell’albero. Iniziò a respirare, in modo sempre più profondo, così da rallentare il battito cardiaco.
Non seppe quanto tempo rimase così, in piedi, con la testa e il braccio destro appoggiato al tronco. Improvvisamente, sentì qualcosa muoversi dietro le sue spalle. Si girò di scatto, rimanendo quasi a bocca aperta.
Era Andrea, in divisa da corsa, col volto arrossato , sudato e con gli occhi quasi accesi.
‘Ehi Lilian, anche tu da queste parti? Scusa se ti ho spaventato, pensavo di essere solo.’
La ragazza lo fissò per un istante. In quell’istante il suo cervello andò in tilt. Ma la ripresa fu rapida. Complice la stanchezza, sia fisica che mentale.
‘Ehi. Ehm, vengo spesso a correre qui.’
‘A quest’ora del mattino?’ chiese il ragazzo sorridendo.
Tilt numero due. Come si poteva essere così sexy di prima mattina, continuava a chiedersi Lily.
‘Anche prima.’ Rispose infine la ragazza.
‘Capisco, forse è per questo che non ci siamo mai incrociati.’
‘Sicuramente.’
‘Come mai vieni a correre così presto?’ domandò incuriosito il ragazzo. ‘Hai gli incubi?’
Lily trasalì, chiedendosi come avesse fatto ad arrivarci.
Andrea vide la domanda negli occhi di Lily e, a mo’ di giustificazione, disse ‘Le occhiaie. Sono più profonde di ieri.’
Tilt numero tre. Andrea teneva conto delle sfumature delle sue occhiaie? La parte razionale di lei le ricordò che il ragazzo era un’abile osservatore. Grazie a questa sua abilità era riuscito più volte ad ingraziarsi i vari prof, facendo leva sul loro umore giornaliero.
Automaticamente, Lilian alzò le barriere, assumendo un’espressione indifferente e fredda.
 Il ragazzo notò il cambio di atmosfera, ma ciò non fece che aumentare la sua curiosità. Era sempre stato curioso riguardo a quella strana ragazza dallo sguardo profondo e a volte vuoto. Aveva notato , infatti, che in assenza dei  suoi amici, Lilian sembrava perdere vita, quasi. Assumeva sempre quell’espressione, quella che aveva preso in quel momento.
Non potendo più sopportare né il silenzio strano né lo sguardo particolarmente intenso del ragazzo, Lilian ruppe il silenzio.
‘Credo di dover andare, adesso, si è fatto tardi. Ci vediamo a scuola?’
‘E’ sabato’ rispose il ragazzo sorridendo ma senza distogliere lo sguardo.
‘Ah, già giusto. Okay, ehm, allora ci si vede in giro’.
‘Okay, ciao’
‘Ciao..’
Senza riuscire a trattenersi la ragazza disse ‘Comunque non mi hai spaventato, tanto per essere chiari.’
Corse via, senza dare ad Andrea la possibilità di ribattere.
 
Scesa dalla collinetta, dopo aver ripreso possesso delle sue facoltà mentali, prese il cellulare e mandò ad Edvige un messaggio vocale, raccontandole l’incontro di poco fa. Controllò l’orario. Erano quasi le 7 e un quarto. Appena ascoltato il messaggio, Eddy chiamò Lily. La prima cosa che sentì quest’ultima fu una specie di urlo di 30 secondi ad alta frequenza. Lilian sorrise e prese ad ascoltare tutte le esclamazioni dell’amica, quasi più eccitata di lei. Eddy infatti, non aveva dubbi.
‘Se ti ha fatto tutte quelle domande deve avere per forza un interesse di qualche tipo! Ha anche notato lo scurirsi delle tue orribili occhiaie! AAAAAAAAAAAHHHHHHHHH URGE UNA RIUNIONEEEE!’
‘Ahahahahaahah Eddy smettila, ti prego. Oggi sono fuori, mio padre ha proposto un’uscita collettiva. Andremo in montagna, per un pic nic.’
‘Non per metterti di cattivo umore, Lily, ma la cosa non ti puzza?’
‘Certo che mi puzza, ma forse l’ha fatto solo perché è tornato Mark’
‘E’ tornato Mark? Ieri?’
‘Si, per questo non ho avuto tempo per chiamarti ieri sera’.
‘Immagino. Allora stai tranquilla, magari è stato illuminato da qualche prete di passaggio.’
‘Forse era più di un prete’
‘Forse era il papa.
‘Lo sapremmo se papa passasse da queste parti, ti pare?’
‘Hai ragione, le vecchiette sono rimaste tranquille negli ultimi giorni’
‘Eddy sei terribile. Anche perché tra le vecchiette in questione c’è tua nonna’
‘Sai benissimo che non sopporto mia nonna’
‘Ero ironica’
‘Lo spero’
‘Eddy…’
‘Dimmi’
‘Posso farmi illusioni su Andrea’
‘TI AUTORIZZO A FARTI TUTTI I FILM MENTALI POSITIVI CHE VUOI! Hai il mio permesso ufficiale. Stasera potremmo fare una videochiamata insieme ad Enzo. Anzi, glielo dico io, non sto nella pelle!’
‘Okay, io intanto parto per la mia noiosa riunione di famiglia’.
‘Fatti coraggio, tu puoi fare qualsiasi cosa. Hai persino avuto l’ultima parola con Andrea! Ci sentiamo stasera tesoro, a dopo.’
‘A dopo bella mia.’
 
Quando Lily arrivò a casa, si infilò svelta in bagno, per evitare discussioni inutili con suo padre.
Alle 9 erano già tutti in macchina, pronti a partire.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Il suono del silenzio ***


Il viaggio non fu poi così lungo come Lilian si aspettava. Però il posto era favoloso. Centinaia di betulle popolavano la zona, circondando una piccola radura piena zeppa di tavoli di legno. Non era nemmeno affollato. Era una bella giornata primaverile.  L’ideale.
Riuscirono a trovare facilmente un tavolo e, dopo aver sistemato il pranzo chiuso ermeticamente in varie scatolette di plastica, i due fratelli stesero dei plaid per poi sdraiarsi a terra per prendere un po’ di sole.
 Scoprirono, dopo pranzo, che lì vicino c’era un maneggio, pieno di cavalli. L’intera famiglia passò tutto il pomeriggio a coccolare diversi esemplari e Mark convinse Lily a fare una cavalcata.
Tra una risata e l’altra dei due coniugi, con i vari battibecchi tra i due fratelli, trascorse la giornata. La prima giornata in cui la gente, a guardarli, pensava ‘Che bella famiglia’. La prima giornata trascorsa come se fossero una famiglia normale, senza problemi di alcun tipo.
La prima giornata.
E l’ultima.
 
Lilian non si era mai sentita così felice in vita sua. Tutti i suoi sospetti e le sue reticenze verso il padre, sembrarono sparire quasi del tutto. Già, perché per quanto provasse a ignorarlo, sentiva uno strano senso di inquietudine, forse dovuto al fatto che era la prima volta che suo padre faceva qualcosa per tutti e non solo per sé stesso. Lily ricordava bene le giornate in cui spariva, senza dire niente a nessuno, per poi ricomparire la sera tardi. Anche a sua madre pesavano quelle situazioni, ma non poteva fare niente per cambiare suo marito, a parte fargli pesare più possibile le sue assenze ignorandolo o rispondendogli a tono con commenti sarcastici.
Eppure, quel giorno si comportò come un padre normalissimo. Non le disse niente di strano, non si lamentò delle risposte sgarbate della ragazza verso il fratello, non si lamentò quando Lily si mise a parlare con i dipendenti del maneggio per fare un giro su un cavallo. Erano tutte cose che suo padre avrebbe fatto, prima. Ma allora cos’era cambiato nell’uomo? Aveva ragione Mark? John si era accorto di invecchiare?
Si era pentito di quello che aveva fatto passare a sua figlia? Di tutte le sue angherie psicologiche? Possibile?
 Era davvero possibile cambiare così, da un giorno all’altro?
Alla fine, Lily decise di accantonare quei pensieri, decise di godersi quella giornata, anche troppo perfetta. Ci avrebbe pensato domani.
 
Sulla via del ritorno, Mark si accasciò al sedile, addormentandosi all’istante. Non si era ancora ripreso completamente dal famoso jet lag. Lily fece partire la sua playlist preferita, mentre sua madre canticchiava le canzoni alla radio. John rimase in silenzio per via della stanchezza.
Non andavano molto veloce.
Accadde tutto in un attimo.
Stavano attraversando il ponte sul fiume.
Un’auto. Veloce. Molto, troppo veloce.
Sbandò.
Colpì il lato del passeggero.
John sterzò, per evitare l’impatto.
Il parapetto del ponte cedette.
L’auto si riempì d’acqua.
E calarono le tenebre.
 
Quando Lilian riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu una luce abbagliante. Come di un neon.
Cercò di fare mente locale. Cos’era l’ultima cosa che ricordava?
Ricordava gli occhi di Andrea, il suo sorriso, la mattina prima di partire.
Partire per dove?
Il pic nic. In famiglia.
La sua famiglia.
Dov’era sua madre?
Colta da una specie di ansia, spalancò gli occhi e si sedette. Era da sola. Sembrava una stanza di ospedale. Che stesse sognando di nuovo? Poggiò i piedi nudi a terra. Per essere un sogno, sembrava piuttosto reale. Si accorse di avere un ago attaccato al braccio. Seguì il tubicino e vide il suo sangue. Cercò di toglierlo e sentì dolore.
Non era un sogno.
Lily cercò di fare meno danni possibili e, dopo aver rimosso l’ago, strappò coi denti un pezzo di lenzuolo e se lo strinse attorno alla ferita sanguinante.  L’unica cosa che riusciva a pensare era sua madre.
Fece due passi, ma venne bloccata da un dolore lancinante. Sentiva come una lancia che le trapassava il cranio sul lato destro.
Vide qualcosa di luminoso venirle addosso.
Un rumore stridente di ruote che frenavano.
Una forte spinta.
Si accorse di essere in macchina. Era piena d’acqua.
Il volto di sua madre, colmo di terrore.
Dei colpi, da qualche parte.
Poi i ricordi si confusero col sogno della notte prima.
Vide gli occhi dell’ombra, fissarla nel buio.
E poi, di nuovo il buio.
 
Quando Lily si svegliò per la seconda volta, trovandosi di nuovo in quella stanza, iniziò a preoccuparsi.
Si alzò di nuovo, ma qualcuno la prese per le spalle. Una donna che non aveva mai visto. Sembrava un medico. La guardava in modo strano, come se fosse preoccupata. Ma non era solo questo. Possibile che fosse… pietà?
Lily scosse la testa, senza capire le parole della donna e, senza troppe cerimonie, se la scrollò di dosso e si fiondò alla porta. Si ritrovò in un ampio corridoio, pululante di gente vestita di verde e bianco.
Dopo qualche secondo, vide Alice, appoggiata ad una sedia poco lontana dalla porta, insieme a sua madre Mary. Suo padre camminava avanti e indietro. Fu il primo ad accorgersi di Lily.
La ragazza gli corse incontro, seguita dalla dottoressa, ma arrivata di fronte a suo zio notò qualcosa di strano.
Piangeva. Piangevano tutti.
Lily spalancò gli occhi.
No
Non è vero
Non può essere
Non è possibile
Ho capito male
Ho sicuramente capito male.
Ma quando sua zia Mary si avvicinò a lei, stringendola più forte che poteva, mormorando qualcosa che non riusciva a capire, la sicurezza di Lilian vacillò.
Spinse lontano sua zia. Guardò la dottoressa.
‘Dov’è la mia famiglia?’
‘Tesoro...’
‘DOV’E’ LA MIA FAMIGLIA?!’
‘Forse è meglio se ti siedi, piccola’
‘Non ho bisogno di sedermi, ho bisogno di risposte, subito.’
Intervenne suo zio Carl: ‘C’è stato un incidente, Lily. Stavate tornando dalla montagna. Eravate su quel ponte…’
‘Si, me lo ricordo. Una macchina ci è venuta addosso…’ La ragazza iniziò a sudare freddo, pensando il peggio.
‘Dove sono i miei genitori? Dov’è Mark?’
‘Non ce l’hanno fatta, Lily’ disse sua zia Mary, tra le lacrime.
Lilian fece un passo indietro, colpita dalla notizia. Spalancò gli occhi.
‘No. Tu menti. Non è possibile, NON E’ VERO!’
‘Lilian, ti prego…’
Ma la ragazza non li sentiva più. Si accasciò a terra, non riusciva più a sentirla.
Non sentiva più niente.
Solo freddo.
 
Non seppe come né quando, qualcuno la portò di nuovo su quel letto.
Quando riaprì gli occhi, prese coscienza di quello che aveva sentito mentre era sul pavimento nel corridoio.
Ricordava sua zia in lacrime, suo zio che tentava di alzarla, Alice che non riusciva neppure a guardarla.
Pensò a sua madre.
Il suo viso colpì la ragazza, che sentì un dolore sordo espandersi dal petto a tutto il corpo.
Si accorse di piangere solo dopo che una donna, la dottoressa di prima, le avvicinò un fazzoletto al viso.
Si accorse anche di stringere la mano della donna, così forte da sbiancarsi le nocche.
Profumava di pulito.
Ma non era l’odore di sua madre.
 
Dopo minuti, ore, Lilian non seppe dirlo, alzò gli occhi verso la dottoressa, che non si era mossa.
‘Mi dica come’ disse la ragazza, senza riconoscere la sua voce, roca a causa del pianto.
‘Hai bisogno di riposo’
‘Ho bisogno di sapere’
La donna sospirò, sembrò accasciarsi sulla sedia accanto al letto.
Iniziò.
‘L’impatto con la macchina è stato molto forte, ha colpito il lato di tua madre e tuo fratello. Tuo padre ha cercato di sterzare ma il colpo è stato così forte da rompere il parapetto del ponte, danneggiando lo sportello del guidatore. Siete volati in acqua. Tuo padre è stato sbalzato via. Il suo… corpo, non è stato ancora trovato.’
Fece una pausa, poi riprese.
‘Il conducente dell’auto che vi è venuta addosso è scappato, le autorità lo stanno ancora cercando. Fortunatamente, una donna passava da quelle parti, ha sentito il colpo tra le due auto e, vedendo il parapetto distrutto e la vostra macchina sott’acqua, ha chiamato la polizia e si è tuffata, sperando di trovare qualcuno vivo. Tu eri semicosciente. Tua madre cercava di forzare lo sportello. La cintura era bloccata. La donna vide tua madre, ma ha raccontato che, mentre cercava di aiutarla, tua madre le ha indicato te. Quando sono arrivata insieme alla polizia, la donna ti aveva cercava di rianimarti. I soccorsi si sono poi tuffati alla ricerca di tua madre, ma era troppo tardi. Tuo fratello è morto sul colpo.’
Lilian non sapeva cosa dire.
Così non disse niente.
 
I giorni passavano, ma Lilian non li sentiva. Non sentiva niente. Non aveva nemmeno la forza per pensare. Trascorse la prima settimana chiusa in quella stanza, a piangere, da sola. Ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva sua madre sulla macchina, ad aspettarla fuori dalla scuola, vedeva suo fratello fregarle l’ultimo pezzo di torta, anche suo padre, quel pomeriggio, che le sorrideva.
La seconda settimana smise di piangere. Il vuoto prese il posto del dolore.
Ricordò di aver letto, una volta, che a sentire qualcosa costantemente, col tempo non la si sentiva più. Sembrò la risposta più logica.
La terza settima,per i medici era pronta a ricevere visite. La ragazza le rifiutò tutte. Rifiutò persino di vedere Edvige e Lorenzo. Non poteva sopportare di vedere nei loro occhi lo stesso sguardo che tutti i dottori e gli infermieri le riservavano.
‘Povera ragazza’ sembravano pensare.
‘E’ sola al mondo’ sentì dire a uno
‘Non ha più nessuno’ disse quella dottoressa ad un suo collega.
In quei momenti, Lilian ricordava stalci di poesie di Bukowski. Versi sparsi le risuonavano in testa.
 
Questa incompletezza è tutto ciò che abbiamo
 
Lilian decise che doveva uscire da quella stanza. Aveva bisogno di aria. Aveva bisogno di andarsene.
Ricominciò a parlare.
 
Siamo sottili come carta
 
La quarta settimana acconsentì a ricevere le visite dei suoi zii e di sua cugina.
La guardavano allo stesso modo.
I suoi amici non si ripresentarono. In un angolo del suo cervello, Lily sapeva, o quantomeno sperava, che Eddy avesse capito, ancora una volta, come potesse sentirsi. Sapeva che non era il momento di incontrarla. Aspettava che la sua amica fosse pronta a vederla.
 
Sono educato.
Faccio segno di si.
 
Alla fine di quella settimana, i medici decisero che Lilian poteva essere dimessa.
I suoi zii la accolsero in casa loro, cercarono di non farle mancare niente.
Lily apprezzava, ma in fondo non le importava.
 
Il mio cervello si chiude.
Ascolto.
Rispondo.
E sono troppo ottusi per rendersi conto che io non ci sono…
 
I suoi zii organizzarono il funerale. Spiegarono a Lily che, essendo maggiorenne, aveva accesso ad un conto personale, dove suo zio aveva trasferito i soldi dei suoi genitori.
La portarono a casa sua, per aiutarla a decidere cosa fare e, segretamente, per provare a farle provare qualcosa. L’apatia della ragazza raggelava la loro casa, e i due coniugi ne erano innervositi, in parte. Fallirono. Quando, dopo aver impacchettato tutto e chiuso la casa, loro figlia Alice chiese a Lilian come si sentisse, questa rispose, semplicemente, ‘Niente’, raggelando i suoi parenti.
Per la ragazza, quella casa era solo un guscio vuoto.
Organizzarono il funerale. Nessuno osò avvicinarsi a lei. Chiunque provasse ad andarle vicino per porgere le proprie condoglianze, non veniva degnato di uno sguardo.
La ragazza si scosse dalla sua trance in pochi momenti.
Solo quando i suoi due migliori amici la strinsero tra le braccia, Lilian sembrò sentire qualcosa e riprese a piangere. Ma smise subito. Eddy ed Enzo la guardavano preoccupati. Vedeva della pietà in fondo ai loro sguardi, ma erano più preoccupati che altro. Lo sguardo di Lily cadde poi su Andrea, a diversi metri da lei, che la fissava.
I suoi occhi erano diversi.
Era l’unico a guardarla senza pietà.
Che capisse?
 
Al momento della sepoltura, mano nella mano con i suoi due migliori amici, Lily riprese a piangere. Non le avevano permesso di vedere sua madre e suo fratello. Il corpo di suo padre era stato trovato una settimana e mezza dopo l’incidente. La decomposizione avanzata lo rendeva irriconoscibile, ma la fede che portava al dito aveva permesso il riconoscimento.
Mentre le bare venivano calate, nella terra fredda, anche Lilian si accasciò, non riuscendo più a sopportare quel peso tremendo. Non sentiva nessuna delle persone presenti. Per poco, il dolore aveva ripreso il suo posto, nel petto di Lilian.
 
Poi, tutto ad un tratto, la sera è diventata notte.
A volte non hai nemmeno il tempo di accorgertene.
Le cose cambiano in pochi secondi.
Tutto cambia.
Sei vivo, sei morto.
E il mondo va avanti.
 
Pianse senza far rumore.



Nota: questo capitolo non è stato facile per me. Non sono riuscita nemmeno a rileggerlo, mi sento stremata.
Domani non pubblicherò il prossimo capitolo, poiché so che sarà in ansia per il test di medicina che devo affrontare, purtroppo, dopodomani.
Fatemi gli auguri, ne ho bisogno. Baci.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - L'occhio del ciclone ***


Il giorno dopo il funerale pioveva.
Deprimente, per essere il 16 maggio.
Non per Lilian.
Aveva sistemato il letto proprio sotto la finestra, ammirava i lampi e ascoltava i tuoni, come in trance. Ne era sempre stata incantata. Energia pura, che si ricongiungeva alla terra. Amava l’odore della pioggia, della terra umida. Ricordava di una volta, in cui suo fratello dovette prenderla di forza per portarla dentro casa durante un temporale. Era, infatti, rimasta sotto la pioggia, senza impermeabile, a guardare il cielo plumbeo quasi senza sentire la pioggia scorrerle addosso. Aveva appena 5 anni. Era un ricordo prezioso per Lily, come se fosse il primo ricordo del cielo.
Lilian distolse lo sguardo dalla finestra e lo posò sui suoi libri, ammucchiati sulla vecchia scrivania di Alice. I suoi zii le avevano sistemato la mansarda come stanza temporanea. Le avevano portato una cassettiera per gli abiti, la scrivania, il letto e un piccolo comodino. Dalla visita nella sua vecchia casa, ormai svuotata e messa in vendita, la ragazza aveva portato con sé il suo vecchio pc, i suoi libri, i suoi vestiti e gli album di famiglia. Aveva poi preso e nascosto il profumo preferito di sua madre. Riempiva sempre la casa. Lilian aveva sempre amato l’odore della vaniglia, ma sua madre preferiva la lavanda. Ogni volta che si abbracciavano, i loro profumi si mischiavano. 
Per Lily, l’affetto aveva il profumo di vaniglia e lavanda.
 
Quel pomeriggio, vennero a trovarla Edvige e Lorenzo. Alice li accompagnò in mansarda, ma non rimase con loro. La ragazza sembrava non riuscire a sopportare di stare nella stessa stanza della cugina per più di un’ora. Dopo il suo arrivo dall’ospedale, il letto di Lilian era stato sistemato in camera con Alice, ma le pochi notti in cui Lily riusciva a prendere sonno, si svegliava urlando, spaventandola a morte.
I due zii allora sistemarono la ragazza in mansarda, con il sollievo di entrambe le ragazze. Alice non sapeva come comportarsi, si sentiva intimorita perché vedeva sua cugina assente, fuori di sé. A volte, prima che dimettessero Lily dall’ospedale, Alice si domandava come potesse sentirsi sua cugina, cosa si potesse provare in una situazione simile. Con stizza, a volte pensava che avrebbe reagito diversamente, che avrebbe cercato di andare avanti con la sua vita. Altre volte, quando vedeva gli occhi vuoti della cugina, si sentiva una stupida per quei pensieri. Anche se continuava a farli.
Dal canto suo, Lilian non dava tanto peso a quello che gli altri facevano o davano l’impressione di pensare. La notte fissava il cielo cercando di non addormentarsi e passava le giornate a guardare i suoi parenti vivere.
Si sentiva come se non avesse più un legame col proprio corpo, come se avesse un vetro davanti a sè e potesse solo stare a guardare. Aveva già provato questo tipo di sensazione, soprattutto a scuola perché veniva spesso ignorata, ma in quei momenti avvertiva l’ampliarsi della parete di vetro.
Quando Edvige e Lorenzo entrarono in mansarda, trovarono la loro amica supina, con lo sguardo rivolto alla finestra che si trovava sul tetto. Alice li lasciò e chiuse la porta. Lilian girò la testa. Sperava in una visita, dopotutto. Eddy le si buttò addosso, non riuscendo a trattenersi, stringendola forte. Sulle prime, Lily la guardò solamente, come se non sapesse che fare. Erano rare questo tipo di manifestazioni d’affetto da parte di Eddy. Di solito era lei ad abbracciarla.
Riuscì ad alzare le braccia e a ricambiare l’abbraccio. Guardò poi il suo amico, come bloccato davanti alla porta, con gli occhi lucidi e l’espressione confusa.
‘Beh, che aspetti?’ disse Lily in tono rude ma con una sfumatura di scherno.
Mentre Enzo si univa all’abbraccio, la ragazza pensò che fosse normale per gli esseri umani condividere il dolore con gesti del genere. Un tratto caratteristico della nostra specie, l’empatia.
Dopo cinque minuti buoni Lily sentì di averne abbastanza e, con tutta la gentilezza di cui era capace in quel momento, allontanò la sua amica mettendola seduta sul letto. Vi si sedette anche Enzo, subito dietro a Eddy. 
‘Ci sei mancata, Lily’ esordì il ragazzo ‘non puoi immaginare quanto. Tutto quello che è successo è terribile, assolutamente terribile.’
‘Lo so’ rispose la ragazza ‘e… mi dispiace di avervi mandati via in ospedale. So che siete venuti svariate volte.’
‘Immaginavo che non volessi vedere nessuno’ intervenne Eddy ‘credevo che ci avresti ricevuti quando saresti stata pronta. Non immagini la paura che ho provato quando ho saputo…’ Le si spezzò la voce e distolse lo sguardo.
Qualcosa in fondo a Lilian diede segni di vita. Quella parte di lei che amava profondamente i suoi due amici era ancora viva e cercava di risollevarsi dalle ceneri che restavano del suo cuore. Ma non aveva niente da biasimarsi. D'altronde, metà di lei era stata seppellita appena il giorno prima.
‘Mi dispiace, ma io non…’
‘Tranquilla’
‘Pensavi che non avremmo capito?’ esclamò Eddy ‘Non potremo mai capire fino in fondo, ma sappiamo come sei e abbiamo immaginato la tua reazione. Ma mi.. cioè ci sei mancata moltissimo.’
La ragazza, non sapendo che dire, sopraffatta da diverse emozioni che credeva di non poter più provare, buttò fuori la prima domanda che le venne in mente.
‘Come vanno le cose a scuola?’
Rispose Lorenzo: ‘Sono rimasti tutti scossi. Hanno iniziato a bombardarci di domande, anche i professori, perché nessuno era riuscito a rintracciarti. E da molto che non apri Facebook, vero?’
‘Veramente no, non ci ho proprio pensato.’
‘Come darti torto, ma hai almeno aperto uno dei tuoi libri?’ chiese la sua amica, guardandola con gli occhi verdi e grandi. Sapeva che per Lilian leggere era come respirare.
‘Non ne ho avuto il coraggio, Eddy. Forse è lo stesso motivo per cui ho rifiutato di vedervi o di aprire internet.’
‘Allora’ ricominciò Enzo ‘ visto che siamo qui, che ne dici di aprire la tua pagina? Ci siamo noi con te.’
Non molto convita, Lily ci pensò un po’ ma alla fine si alzandò per prendere il pc. Tornata al letto, si fece spazio tra i suoi due amici e, insieme, aprirono Google Crome.
Lilian si ritrovò Facebook ostruito da notifiche e messaggi. I messaggi provenivano dai suoi compagni di classe e di scuola, da alcuni amici di suo fratello e sua madre che conosceva anche lei e da diversi suoi concittadini. I contenuti erano gli stessi dei post, tra condoglianze, pezzi di poesie, incoraggiamenti a non mollare ecc. Idem nei post sul profilo.
Guardare quelle parole, tutte uguali nella loro diversa formulazione, così superficiali e senza sentimenti, divenne insopportabile per Lilian che chiuse il pc, lo poggiò sulla scrivania e iniziò a camminare per la stanza, avanti e indietro. Era insolitamente inquieta. Sentiva le mani e i piedi formicolare, i muscoli bruciare di aspettativa. Avvertì come una specie di claustrofobia. Doveva uscire da lì, il prima possibile. O sarebbe scoppiata. Ne aveva abbastanza della pietà di chiunque.
Si girò a guardare i suoi migliori amici, la sua seconda famiglia, mormorando delle scuse, per poi fiondarsi giù per le scale, fuori dalla porta, abbracciata dalla pioggia e dal vento.
 
Iniziò a correre. Era vagamente consapevole del fatto che fosse a piedi nudi, ma non le importava più di tanto. Sentire i piedi  liberi sull’asfalto e sulla terra nuda, per quanto doloroso potesse essere, le fece accelerare il passo. Senza rendersene conto, si ritrovò davanti a casa sua. Si fermò a guardarla, a guardare il tetto spiovente, le finestre della sua camera e di quella di Mark, il cartello della vendita. Sentiva gli occhi bruciare, ma venne distratta da un suono insolito. Una specie di lamento, come di un bambino che piange, quasi completamente coperto dal suono della pioggia. Cacciò indietro le lacrime che minacciavano di uscire e si avvicinò alla fonte del rumore. A qualche passo da lei, stava un piccolo gattino nero. Non poteva avere più di tre mesi. Era fradicio, tutto tremiti e miagolii.
Appena consapevole dei suoi movimenti, la ragazza di avvicinò al gattino e fece per allungare una mano. Il gattino non si mosse e si fece accarezzare la testa continuando a tremare. Era davvero piccolino. Alzò gli occhi verso Lily. Erano di un blu intenso tipico del mare in tempesta, quasi violacei, proprio strani per un gatto.
‘Ehi, piccolino, ti va di essere solo insieme a me?’ disse la ragazza, prendendo l’animale tra le mani. Questo, si accoccolò tra le braccia di Lily, senza smettere di miagolare. Questa, riprese a correre, ma più lentamente. Arrivò sulla collinetta e si gettò ai piedi del salice. La pioggia divenne più leggera e, riparata dal suo albero preferito, tirò fuori il gattino dalla felpa. Aveva smesso di miagolare e la osservava curioso. Lilian pensò che aveva uno sguardo quasi troppo intenso per essere un gatto. Vide le sue pupille dilatarsi. Poi questo spiccò un balzo diretto verso il petto di Lily. Usò le unghie per arrampicarsi sulla sua maglietta, mentre la ragazza allungava le mani per prenderlo, sorpresa più che spaventata, ma quando lo ebbe tra le mani, questo le mise le zampe sulle guance, continuando a fissarla, miagolando ogni tanto. Lilian non capiva cosa cavolo gli fosse preso. Forse aveva scambiato il suo naso per un pesce. Aveva il naso che somigliava a un pesce? Non ci aveva mai pensato.
Ma che stava pensando? Non credeva possibile di potersi abbandonare ancora a pensieri stupidi e strani. I pensieri che facevano sempre ridere sua madre.
 Il micio mosse le orecchie, sfuggì alla presa di Lily per nascondersi dentro il cappuccio della sua felpa. La ragazza non ebbe nemmeno il tempo di formulare un pensiero di senso compiuto, perché qualcuno stava scostando i rami del salice per avvicinarsi al tronco.
‘Lilian.’
‘…Andrea.’
‘Cosa ci fai qui?’ dissero all’unisono. Il gattino miagolò, spuntando dal cappuccio e appoggiandosi alla spalla di Lilian.
‘Quello è un gatto?’
‘Già’
‘E’ tuo?’
‘Credo di sì’ disse la ragazza, sfiorando il muso del piccolo essere ‘Come mai sei fuori, con questo tempo?’
‘Potrei farti la stessa domanda.’
‘Io… avevo bisogno di aria.’
‘Ma stava diluviando fino a pochi minuti fa’
‘Quindi?’
Il ragazzo fece spallucce, ignorando la domanda, per poi appoggiarsi al tronco dell’albero senza però sedersi.
‘Sapevo che saresti venuta, prima o poi. O almeno, ci speravo.’
‘Perché?’
‘Ero preoccupato. Per te.’
‘Non avevi motivo di esserlo. Ci conosciamo a malapena.’
 ‘E invece lo ero. Dopotutto, ci conosciamo da diversi anni’
‘Poco. Ci conosciamo poco da pochi anni’
‘Niente a cui non si possa rimediare’ rispose sedendosi accanto a lei.
‘So cosa provi.’
Stranamente, quelle parole sembrarono rimbombare nella testa di Lilian.
‘Non puoi.’
‘Posso. Anch’io ho perso i miei genitori.’
‘Cosa?’
‘Mia madre… contrasse un brutta malattia durante uno dei suoi viaggi di lavoro.’ Iniziò a raccontare il ragazzo, con lo sguardo perso. ‘Mio padre sperava potesse guarire, in qualche modo. Partirono, alla ricerca di una cura. Non tornarono. L’aereo precipitò al loro ritorno. Avevo 9 anni. Mia sorella si prese cura di me. Si era sposata da poco, andai a vivere con lei e mio cognato.’
‘Non ne sapevo niente, mi dispiace.’ Rispose la ragazza, in parte scioccata dalla rivelazione in parte come rinfrancata. Non era l’unica a sentirsi persa, a quanto pare.
‘Non dispiacerti, non è colpa di nessuno. Forse questa è la cosa peggiore. Non poter dare la colpa a nessuno.’
‘Sei riuscito a riprenderti?’
Andrea la guardò. ‘No, non è possibile riprendersi. Mi dispiace dirtelo.’
‘L’avevo immaginato. Sapevo che non avrei mai più potuto guardare le cose come una volta.’
Per quanto si sforzasse, però non riuscì ad aprirsi più di così al ragazzo.  Per lei era già un gran passo avanti riuscire a parlare senza piangere.
‘Posso dirti che ci si abitua. Al dolore. Inizierai a non farci più tanto caso, ma a volte ti colpirà alle spalle, quando meno te lo aspetti. E non potrai farci niente. L’importante è avere accanto le persone giuste.’
‘Non credo di volere gente intorno.’
‘Lo dici adesso, ma capirai che ti sbagli. Sono sicuro che lo farai in fretta. Sei una persona incredibilmente forte.’
‘Grazie’ rispose la ragazza, distogliendo lo sguardo.
Era imbarazzo quello che sentiva?
Il ragazzo allora prese tra le dita una ciocca di capelli di Lilian. Erano fradici e odoravano di pioggia. Iniziò a girarseli tra le dita.
Calò il silenzio. Ma era un silenzio particolare, di chi non aveva bisogno di parlare per esprimersi perché l’uno conosceva i pensieri dell’altra. Non che Lilian fosse sicura di quello che pensava Andrea. Al momento riusciva solo a sentire il calore che emanava, quasi fosse febbricitante. Era anche troppo consapevole della sua presenza accanto a lei. Tutto quello che i due ragazzi sentivano era l’odore della pioggia misto a vaniglia e a muschio.
I loro sguardi si scontrarono e si legarono. Andrea sembrava leggerle dentro e Lilian non aveva mai pensato di poter vedere uno sguardo simile, pieno quasi fino a scoppiare. Le borse violacee facevano risaltare il colore ambrato degli occhi di lui, reso particolarmente scuro dal tempo.
Nessuno dei due seppe quanto tempo fosse passato, forse un secondo, forse un’ora.
Andrea venne distratto dal suo cellulare, che prese a vibrare furiosamente. Quando il ragazzo vide il nome guardò la ragazza accanto a lui e rispose. ‘Pronto, Edvige?’
Lilian trasalì. Aveva lasciato i suoi amici, senza un motivo apparente, a casa dei suoi zii. Eddy l’avrebbe uccisa.
‘E’ qui con me, tranquilla. Te la passo’
Non proprio sicura, Lily prese il cellulare e lo portò all’orecchio. Silenzio.
‘Eddy…’
‘Tu! Brutta perfida lurida schifosa scarafaggi.. scarafaggia!’ fu la strillante risposta dell’amica, che non solo citò Harry Potter e il prigioniero di Azkaban quasi alla perfezione, lo fece pure con la giusta intonazione, così alta da costringere Lilian ad allontanare il cellulare dall’orecchio.
‘Mi dispiace Eddy, non so cosa mi sia preso.’
‘Non è per quello, scema! Non puoi scappare così e poi farti trovare con lui. Non posso più essere arrabbiata con te! Menomale che sono riuscita ad inventare una scusa decente per i tuoi zii. Gli ho detto che sentivi il bisogno di andare a correre, dopo tanto tempo. Se la sono bevuta. Io e Lory ce ne siamo andati.’
Il ragazzo in questione disse in sottofondo ‘Sappi che non te la caverai così facilmente, donna.’
‘Esatto’ continuò Eddy. ‘Ho un’altra notizia. Ti ho preso il cambio e lo spazzolino, stasera dormi da me.’
Sorpresa, sulle prime Lilian protestò, dicendole che non doveva disturbarsi tanto.
‘Sciocchezze. Me lo devi proprio. Quindi quando hai finito di fare la piccioncina, vieni direttamente a casa mia. A dopo.’
Riattaccò senza aspettare una risposta. Lilian allora alzò gli occhi su Andrea e lo vide trattenere le risate.
‘Scusa’ disse ‘ma hai cambiato colore così tante volte mentre eri al telefono che non sono riuscito a trattenermi, ahahahah.’
Mentre la sua pelle provava una nuova tonalità di bordeaux, con tono saccente la ragazza ribatté.
‘Fidati, avresti fatto di peggio, se fossi stato al mio posto. Eddy sa essere davvero terribile.’
‘L’ho notato anche a scuola.’
‘Già.’
Tornò il silenzio.
La ragazza allora fece per alzarsi, ma il suo compagno la trattenne.
‘Devi proprio andare?’
‘Non voglio far aspettare troppo Eddy.’
‘Oh, allora, in questo caso, ti andrebbe se... si, insomma, se ti accompagnassi?’
Era la prima volta che Lily lo vedeva in difficoltà, come se fosse in imbarazzo. Possibile?
Distrattamente e con aria non curante, la ragazza acconsentì e insieme si incamminarono giù per la collina.
‘Ma sei senza scarpe, Lilian?’
‘Mm si, non si vede?
‘Sai che la strada è piena di cocci di vetro?’
‘Ci starò attenta, che vuoi che faccia.’
Il ragazzo rise. ‘ Che ne dici, vorresti un passaggio sulle mie spalle?’
‘Cosa? Tu sei matto.’
‘Tutti i migliori lo sono. Avanti, o pensi di non avere il coraggio?’ chiese il ragazzo, con un ghigno stampato in viso e con lo sguardo di sfida.
Lilian rispose allo sguardo che altrettanta foga. ‘Se proprio ci tieni. Solo, non metterti a correre, non vorrei che il gattino cadesse.’
‘Ah si, giusto. Non preoccuparti. Ti fidi di me?’
‘Sono ancora in dubbio, non hai esattamente l’aria affidabile.’ Riuscì a scherzare. Il ragazzo rise per poi abbassarsi un poco, dando così a Lilian la possibilità di saltare e aggrapparsi al corpo di lui. La ragazza allacciò gambe e braccia rispettivamente alla vita e al collo di lui. Aveva la pelle bollente. Ma forse era colpa della pioggia. Andrea allora, cogliendo di sorpresa la ragazza, con un sorriso divertito e impertinente, partì spedito giù dalla collinetta, facendo sobbalzare Lily e il povero gattino appisolato che artigliò il cappuccio della ragazza iniziando a miagolare. Dal canto suo, anche Lilian si strinse più forte ad Andrea, e per un secondo dimenticò tutto. Esistevano solo loro due, in corsa, stretti in quella specie di abbraccio.
Entrambi i ragazzi sentirono di poter respirare.
 
Non ci misero molto ad arrivare a casa di Eddy. O meglio alla villa. La casa di Edvige era due volte la sua, anche se ci abitavano solo la sua amica e i suoi genitori. Questi  lavoravano molto, quindi difficilmente erano a casa. In quel momento sembrava deserta. Il sole stava calando. Fu la prima volta, dopo settimane, in cui Lily si sentì felice. Aveva deciso di accantonare il dolore, per un po’. Sembrò funzionare. Sembrava tutto possibile, con Andrea vicino. Lui rideva come un bambino, tendendola dalle gambe e girandosi a guardarla ogni tanto per assicurarsi che stesse bene.
Quasi controvoglia Andrea le lasciò andare le gambe e la ragazza scese dalla sua schiena. Questa stava per allontanarsi, così da ringraziarlo, ma non ne ebbe il tempo. Andrea infatti l’aveva afferrata per la vita sottile, spingendosela contro con forza, lasciandola senza fiato. La ragazza rispose all’abbraccio senza rendersene conto, tanto si sentiva confusa. Non respirava altro che lui.
Sentiva che il ragazzo aveva il fiatone, sentiva il suo cuore battere a mille. Batteva così solo per la corsa? Lilian non ne era proprio sicura. Il suo cuore d’altronde sembrava a un passo dallo scoppiare.
‘Mi dispiace’ sussurrò il ragazzo.
‘Per cosa?’
‘Non sono venuto a trovarti, mai. Non mi sono nemmeno avvicinato al funerale. Avrei dovuto farlo. Sarei dovuto venire da te anche prima, quando eri sola a scuola. Avrei potuto...’
‘Non ha senso pensarci adesso.’ Rispose la ragazza, guardandolo negli occhi. ‘Adesso sei qui, giusto?’
Andrea la guardò intensamente, diverse emozioni passarono attraverso i suoi occhi, troppo velocemente perché Lily potesse capirci qualcosa.
Non si rese conto quasi della mano che lui aveva alzato sul suo viso, per accarezzarle la guancia.
Non si accorse che la distanza tra i loro visi andava diminuendo.
Lo capì soltanto quando chiuse gli occhi.
Entrambi avevano già baciato altre persone, ma questo bacio non aveva niente a che fare con i precedenti. Andrea sembrava esitare, pensava di essere respinto, ma Lilian, ebbra di quella sensazione sconosciuta, rispose al bacio con forza, infilandogli una mano nei capelli mente con l’altra gli accarezzava il collo. Improvvisamente sembrarono prendere fuoco. Il bacio da delicato divenne quasi disperato, affamato, si respirarono a vicenda. Per un momento, mentre intrecciava la lingua a quella di lui, Lilian sentì i loro cuori, mai stati più vicini, battere all’unisono. Si sentiva viva per la prima volta dopo la morte della sua famiglia.
Andrea le passò una mano tra i capelli, mordendole contemporaneamente il labbro inferiore ma qualcosa morse lui. Il ragazzo allora si staccò di colpo, interrompendo il contatto e, sorpreso e dolorante, guardò il piccolo gatto penzolare dalla sua mano tramite i denti aguzzi. Il piccoletto non accennava a staccarsi. Lilian, dopo essersi ripresa dal bacio bruscamente interrotto, guardò il felino dondolare dalla mano del ragazzo, che guardava l’animale con una smorfia talmente buffa che la ragazza non riuscì più a trattenersi.
 
Finalmente, dopo settimane, rise. 

Nota: Scusate il ritardo, ma la ritrovata libertà mi ha tenuto molto lontana dal pc. Probabilmente d'ora in poi ci metterò più tempo a postare i capitoli, ci sto ancora lavorando. Buona lettura e buona notte :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Il sangue nelle mie vene ***


 
Dopo che il ragazzo, imbarazzato ma con l’aria allegra, lasciò Lilian davanti al portone della casa dell’amica, fu troppo preso dai suoi pensieri per accorgersi che il portone in questione si fosse aperto di scatto, una mano avesse agguantato la ragazza, trascinandola dentro.
Eddy sottopose Lilian a un interrogatorio che sembrava non finire mai. Era così felice per la sua amica, la quale non accennava a muoversi, da iniziare a saltellare sul posto. Lilian dal canto suo sembrava incapace di muoversi. Si sentiva come se avesse finalmente trovato la forza per andare avanti. E per questo era scioccata. Mentre la sua migliore amica continuava a parlare, di chissà cosa poi, ripensò a tutto quello che era successo. Non riusciva a crederci. Era davvero tutto vero?
Ignorò questi pensieri. Al momento aveva solo bisogno di Eddy e delle sue chiacchiere.
Arrivò la sera. Dopo doccia e pigiama, buste piene di schifezze varie, le due ragazze si sdraiarono sul divano letto montato poco prima nell’ampio soggiorno, alla ricerca di un film. Mentre Lily metteva sottosopra la televisione di Eddy, quest’ultima prese a fissarla. Alla fine chiamò l’amica.
‘Cosa Eddy?’
‘Come stai? Sul serio.’
Lilian restò in silenzio per un attimo, non sapendo bene cosa dire. ‘Come vuoi che stia?’ disse infine. ‘Praticamente mi è caduto il mondo addosso. E non ho potuto fare niente per evitarlo.’
‘So che non posso capire quello che stai provando. Dev’essere una cosa orribile. Ma al funerale ti ho visto assente. E Alice mi ha detto che le fai paura.’
‘Non era mia intenzione spaventarla. Io ci sto capendo meno di voi. In alcuni momenti mi sembra di non essere neppure viva.’
Eddy spalancò gli occhi, continuando a guardarla con apprensione.
‘L’unico momento in cui ho ricordato che respirava ancora è stato quando Andrea mi ha baciato prima. Pensavo... pensavo che non mi sarei mai più sentita così’
‘Lily, tu sei la persona migliore di questo mondo. Se c’è qualcuno che può sopravvivere a tutto questo casino, quella sei tu. Ci siamo io ed Lory con te, e ora anche Andrea.’
‘A quanto pare’
‘Non sembri convinta’
‘Continuo a chiedermi perché adesso. E poi non so come devo comportarmi. Magari l’ha fatto solo per pietà.’
‘Non ha l’aria di uno che fa le cose per pietà’
‘Perché tu capisci quando una persona fa le cose per pietà, ovviamente’
‘Ovviamente. Lily, fidati di me. Potrai essere di nuovo felice. Forse ora ti sembra stano perché è successo tutto in una volta, ma andrà tutto bene.’
Lilian non sapeva cosa dire, al momento nella sua testa c’era il vuoto. Non dovette rispondere però, grazie al piccolo gatto che, con agile balzo, saltò tra le gambe di Eddy, facendola strillare per lo spavento.
‘Ripetimi ancora perché hai portato quel coso dentro casa mia’
‘Perché tu mi hai invitato dopo che l’avevo trovato. Non potevo lasciarlo per strada con quel tempo, no?’
‘Hai pensato a un nome?’
‘Veramente no’
‘Ma è maschio o femmina?’
‘Maschio’
‘Mmm… che ne pensi di Raffaele?’
 ‘Perché Raffaele?’
‘Troppo lungo.’
‘Solo Raf?’
‘Perché ti sei fissata con questo nome?’
‘Non so, mi sa di Raffaele.’
‘Come fa un gatto ad avere la faccia da Raffaele? E com’è una faccia da Raffaele?’
‘Trovalo tu un nome allora, genia.’
‘A me piace William’
‘E’ lungo quanto Raffaele.’
‘Ma è più bello.’
‘Perché William?’
‘Perché ha gli occhi di William’
‘E chi è William?’
‘Uno dei miei personaggi preferiti’
 
L’ombra le stava davanti. Erano su un dirupo. Lilian era sul ciglio.
L’ombra aveva occhi familiari, ma quando la ragazza tentava di focalizzarsi sul quel viso, questo le sfuggiva. Era come guardare attraverso un vetro appannato o nella nebbia.
Vedeva solo buio.
E nel buio, un ghigno.
Un passo indietro.
Un altro passo ed era il vuoto.
L’ombra smise di sogghignare.
Fu Lilian a sorridere, mentre chiudeva gli occhi e cadeva nel vuoto.
 
Si svegliò in un bagno di sudore. Eddy russava leggermente. Gli occhi blu del piccolo Will erano un lampo di luce nell’oscurità. Si avvicinò con passo elegante tipico dei felini, saltò sul letto miagolando per poi strofinare il muso sulla mano tremante di Lilian.  Questa prese ad accarezzarlo distrattamente. Era stanca di sognare cadute e ombre che sorridono.
Guardò l’orologio appeso al muro di fronte a lei. Erano appena le cinque. Decise di alzarsi e fare una doccia. Quando uscì dopo pochi minuti sembrava un cocco ambulante. Edvige infatti amava il cocco e da sempre utilizzava ogni tipo di cosmetico trovasse a base di cocco. E pensare che non le piaceva poi tanto mangiarlo.
Lilian decise di salire in terrazzo. Will il gatto le andò dietro.
Rimasero seduti in silenzio, gatto e umana, aspettando l’alba.
 
‘Sai, a scuola stanno organizzando un’assemblea per martedì prossimo. Perché non vieni?’
‘Non so se sono pronta a tornare a scuola, Eddy’
‘Non puoi saperlo finché non vieni. Credo che dovresti provare. Potrebbe farti bene.’
‘Vedere tanti occhi che mi fissano e pensano Grazie a Dio non è toccato a me?’
‘Se qualcuno oserà fissarti, lo prenderò a calci’
‘Credo di poter fare da sola’
‘Ma tiro calci meglio di te’
‘Io non ho mai tirato calci a nessuno.’
‘Appunto io sono allenata. Comunque tranquilla, basterà uno dei tuoi sguardi assassini. O al massimo uno dei miei calci.’
‘Ci penserò’
 
La sera di lunedì Lilian disse ai suoi zii che la mattina dopo sarebbe andata a scuola. La coppia ne fu felice. Alice forse un po’ meno. Avrebbe perso gran parte delle attenzioni. Ma da un lato era felice per la cugina. Magari avrebbe perso quell’aria tetra.
Lilian quella mattina si svegliò alle 4. Decise di alzarsi per iniziare a prepararsi. Pensò a sua madre che la rimproverava spesso per andare a scuola poco sistemata, con i capelli a volte arruffati e senza neanche un accenno di trucco. Secondo Chiara, infatti, la figlia doveva sempre dare il meglio di sé, far vedere agli altri che bella ragazza fosse, nonostante il suo caratteraccio. In quel momento, Lilian iniziava a guardarla male, e la madre scoppiava a ridere. La ragazza, quella mattina, decise che avrebbe provato a dare il meglio. Per quello che poteva in quel momento.
Evitò il trucco troppo pesante, optò per un semplice correttore per le occhiaie, ormai fuori controllo.
Piastrò i capelli. Si sorprese di come fossero diventati lunghi. Le arrivavano quasi alla vita. Mark le diceva sempre che i capelli lisci le davano un’aria da ragazza sofisticata. Sorrise al pensiero. Lisciò i capelli con calma.
Scese in cucina verso le 06:15, sentendo i suoi zii uscire. Non le andava di sentire incoraggiamenti o discorsi di qualsiasi tipo. Era solo un’assemblea.
Alla fine decise di indossare dei blue jeans aderenti, una maglietta nera con scollo a V non troppo profondo e converse anch’esse nere. Will le si strofinava addosso, facendo le fusa con gli occhi chiusi. I suoi zii non avevano avuto niente da ridire a proposito del gattino, sperando che questo potesse risollevare l’umore della loro povera nipote. In parte, fu così.
Quindici minuti dopo scese Alice. La perfetta Alice. Lilian era sempre stata invidiosa dei suoi ricci definiti. In qualsiasi modo la ragazza li acconciasse, le stavano bene. In quel momento erano intrecciati a spina di pesce, posati sulla spalla destra di Alice. Quella mattina indossava un top di una bella sfumatura lilla su dei pantaloni scuri.
‘Come ti senti?’ disse la ragazza, guardando la cugina, sinceramente felice di vederla sistemata e non abbandonata a se stessa come lo era stata fin’ora.
‘Un po’ nervosa a dirla tutta.’
‘Immagino. Che ne dici di andare a piedi? Se usciamo tra mezz’ora potremo anche passare dal bar per un cappuccino, ti va?’
‘Si, grazie mille Ali’ rispose Lilian sorridendo. Aveva sempre adorato camminare la mattina presto e sentiva la mancanza dei cappuccini del bar vicino alla loro scuola.
Alice sembrò sorpresa del sorriso di Lily ma ricambiò prontamente.
Mentre stavano uscendo, Will iniziò a miagolare furiosamente, cercando in tutti i modo di impedire alla padrona di uscire. Lilian ne fu sorpresa, era la prima volta che si comportava così. Pensò anche che era la prima volta che si separava da lui da quando l’aveva trovato. Le piangeva il cuore a lasciarlo a casa solo, ma non poteva fare altrimenti. Così, lo portò in mansarda, la sua camera improvvisata, e a tradimento ce lo chiuse dentro.
Lilian non riuscì a pensare più di tanto al comportamento del piccolo animale, e mentre camminava iniziò a concentrarsi sulla strada che aveva davanti e alla sua città che, ai suoi occhi, riprendeva vita dopo molto tempo.
 
Arrivate al bar, lo trovarono deserto, con sollievo di Lilian. Si sentiva nervosa al pensiero di incontrare altre persone. Non avrebbe saputo cosa dire e non le andava di fare l’antipatica. Mentre Alice ordinava i cappuccini, Lily scelse un tavolino, il tavolino più appartato che riuscì a trovare. Ma non fu abbastanza per evitare le diverse occhiate che i clienti del bar le lanciavano mentre entravano e uscivano. Lilian scoccava a chiunque occhiate di fuoco. Aveva sempre odiato la gente che fissava chiunque senza un motivo apparente. Le si chiuse lo stomaco e dovette rifiutare il cornetto offertole da Alice. Mentre questa andava a prendere il suo cornetto alla crema, Lilian vide l’ombra di qualcuno avvicinarsi al suo tavolo. Pronta a rispondere per le rime girò la testa di scatto, per poi rilassarsi dopo aver riconosciuto il suo migliore amico.
‘Ti prego, risparmiami. Non ho avuto il tempo di fare qualcosa di male.’
‘Stupido’
‘Perché hai attivato lo sguardo da Medusa?’
‘Perché ho paura che mi servirà’
‘Capisco. In effetti stanno guardando tutti da questa parte, con gli occhi fuori dalle orbite’
‘Gli cadessero..’
‘Su, donna, non essere così nervosa. E’ solo una stupida assemblea in una stupida scuola piena di gente stupida che crede di poter insegnare ad altra gente stupida altre stupidaggini, come il loro bagaglio di stupidate non fosse abbastanza pieno.’
‘Il bagaglio di stupidate di chiunque non è mai abbastanza pieno. Basta guardare il tuo’
Lorenzo aprì la bocca, rimase così per tipo 5 secondi, senza sapere bene come ribattere. A vederlo in quel modo, Lily scoppiò a ridere, seguita poi dallo stesso Enzo.
Si erano fatte le otto meno dieci. Al tavolo, dopo il ritorno di Alice, si era unita Edvige, bisognosa di caffeina. Mentre tutti si incamminavano per entrare, Lily rimase indietro, ferma davanti al vecchio portone del suo liceo, in quel momento spalancato.
Sentì una mano calda sulla schiena. Scattò, tirando una gomitata al misterioso proprietario della mano che si rivelò essere Andrea. Il ragazzo aveva evitato la gomitata al’ultimo secondo, ridacchiando.
‘Non pensavo mi avresti accolto con tanta… ehm… energia.
‘Scusa. Ho reagito d’istinto.’
‘Perché non entri?’
‘Non ne sono sicura. Ha l’aria soffocante. Volevo aspettare che diminuisse la massa di persone in entrata.’
‘Il tuo gruppo dov’è?’
‘Li ho persi nella confusione. Penseranno che sono dietro di loro.’
‘Aspetto con te allora’
‘Non devi.’
‘Infatti voglio’ ribatté il ragazzo con aria seducente, facendo arrossire leggermente la ragazza. Dal giorno del loro bacio non si erano più visti. Due giorni senza alcun segno da nessuno dei due. Andrea sembrava lo stesso di sempre, forse solo un po’ meno cupo. Lilian non sapeva che pensare. Vide gli occhi di Andrea posarsi su qualcuno alle sue spalle e si girò. Era Alice, preoccupata perché non l’aveva vista entrare. Quindi i tre entrarono insieme. Sulle scale, Alice si separò da loro, abbracciando di slancio Lilian. Questa ricambiò riconoscente e si avviò per la classe con Andrea a fianco. La porta era chiusa. Rimase lì impalata a fissare la maniglia, sudando freddo. Andrea allora prese la sua mano e la strinse.
‘Pronto quando lo sei tu’ disse il ragazzo, sorridendo, fissandola negli occhi.
Lilian allora prese un profondo respiro, abbassò la maniglia ed entrò.
La classe restò in silenzio per qualche secondo. Tutti la fissavano. Anche il professore di filosofia. Dopo pochi, interminabili secondi, il professore si alzò, le strinse la mano e le disse, sinceramente contento: ‘Sono felice che tu sia tornata, Lilian. Sei mancata molto a tutti. Prego, prendi posto accanto alla tua dolce metà’
Per un secondo Lily pensò che il prof stesse parlando di Andrea, ma poi vide che stava indicando Eddy, in fondo alla classe. Grazie al cielo, non aveva avuto il tempo per arrossire.
La prima ora passò velocemente, tra una spiegazione e l’altra del professore che, grato di aver riavuto indietro una tra i suoi studenti migliori, fece un riassunto non molto tirato sugli argomenti trattati in assenza della ragazza. Lei, d’altro canto, fu felice di concentrarsi su qualcosa che non fossero che occhiatine che i suoi compagni di classe le rivolgevano. La guardavano tutti allo stesso modo, con ansia, pietà, curiosità, noia. Come se fosse la novità del momento. Cercò di concentrarsi sui suoi amici.
Eddy le prese una ciocca di capelli e iniziò a intrecciarla, cercando di rilassarla.
Enzo si girava a guardarla ogni tanto, facendole l’occhiolino.
Sentiva anche lo sguardo di Andrea, come una carezza, ma cercò di non girarsi. Lily, infatti, non sapeva ancora bene come doveva comportarsi o come doveva considerarlo.
 
Quando venne l’ora di uscire per l’assemblea, aspettò che uscissero tutti. Raccolse alla fine tutto il coraggio che aveva e uscì nell’atrio del secondo piano. Pullulava di studenti che stavano uscendo dalla propria classe per sistemarsi. Sfortunatamente, la classe di Lily si trovava proprio davanti allo schermo, di fronte all’enorme folla di studenti e professori. Per un secondo tutti la guardarono, ammutolendo, ma durò solo un attimo. Iniziarono infatti a mormorare, lanciandole varie occhiate cariche di vari sentimenti insignificanti. Lilian non si fermò a pensare se fossero veri o falsi. Si sedette allora tra Eddy ed Enzo, come aveva sempre fatto. Andrea prese posto subito dietro di lei. L’assemblea iniziò, con scarso interesse degli alunni. I professori avevano appena lasciato l’atrio, scendendo alla ricerca di un caffè, mentre i tre rappresentati dell’istituto esponevano l’argomento.
Non lo terminarono mai.
Lilian sentiva che qualcosa non andava. La porta delle scale antincendio sembrava sbarrata, cosa molto strana visto che la tenevano sempre aperta. Era aperta quando era entrata in classe insieme ad Andrea?
Improvvisamente, tutte le porte di tutte le classi sbatterono all’unisono, provocando vari urletti e strilli dalle ragazzine del terso e del secondo anno.
Cosa stava succedendo?
Lo schermo scomparve, come risucchiato da qualcosa.
Da una specie di caverna vorticante comparsa dal nulla sul muro di fronte, stava una strana specie di animale. Aveva il muso di elefante, senza orecchie e con molte più zanne e più occhi. Aveva il corpo grigio e ruvido alquanto corto, da cui uscivano una decina di zampe grigie simili a quelle di una tarantola ma molto, molto più grande. Era stata quella creatura a risucchiare lo schermo. Non aveva esattamente una spetto minaccioso, ma i denti sporchi e i diversi occhi lucenti non erano certo un bel vedere. Da quella sorta di vortice iniziarono a uscire diversi uomini. Alcuni armati, altri coperti da una spessa tunica rosso scuro. Nonostante lo sgomento e gli schiamazzi, Lily trovò due cose molto curiose in quel gruppo di invasori. Gli uomini armati, poco meno di una decina, oltre a almeno due armi da fuoco, avevano delle sciabole legati al fianco. La seconda cosa curiosa riguardava gli uomini incappucciati. Erano cinque in tutto, avevano il volto coperto ma solo uno di loro teneva a fianco un’arma, una specie di pugnale, con l’elsa completamente trasparente. La stranezza, era che quella tunica, per Lily, aveva un’aria familiare.
Il ricordo la colpì come un fulmine.
L’ombra del suo sogno ne indossava una identica.
Immersa com’era in questi pensieri e paralizzata, venne scossa dai suoi amici, che la tirarono su e si strinsero a lei. Lilian riprese immediatamente contatto con la realtà. In preda all’ansia, iniziò a cercare sua cugina tra la folla, mentre gli uomini armati obbligavano i ragazzi a spostarsi più indietro possibile.
Lilian intravide gli uomini incappucciati iniziare a tracciare qualcosa sul pavimento dell’atrio, ma non poté vedere cosa, poiché diversi ragazzi spingevano per arrivare in fondo all’atrio, agitati. La creatura si mise in un angolo, buttando fumo dalla proboscide ogni trenta secondi circa. Lilian perse Edvige e Lorenzo nella confusione.
Era il caos.
Passarono diversi minuti, durante i quali gli uomini armati tenevano a bada i ragazzi, puntandogli addosso delle mitragliette lucide e visivamente cariche. Gli uomini incappucciati sembrava avessero finito di armeggiare col pavimento e urlarono qualcosa a uno degli uomini armati. Lily era abbastanza vicina da vedere quell’uomo avvicinarsi alla folla di studenti e prendere per il braccio qualcuno. Quel qualcuno era proprio Alice. Iniziò a dimenarsi e a urlare più che poteva, ma si ammutolì di colpo quando l’uomo le puntò un coltello alla gola.
Lilian non si rese conto di essersi mossa. Se ne accorse quando sentì il braccio tirare. Era Andrea. Aveva lo sguardo terrorizzato, cercava di dirle qualcosa, tirandola per il braccio con tutte le sue forze. Lilian tornò a guardare Alice. Quell’uomo l’aveva condotta al centro di una specie di cerchio bianco, le stava legando i polsi.
Lily vide gli uomini incappucciati mettersi intorno al cerchio, mentre l’uomo armato ne usciva.
Improvvisamente calò il silenzio. I quattro invasori disarmati iniziarono una specie di cantilena in una lingua strana, dall’aria antica. Gli uomini armati guardavano rapiti il cerchio illuminarsi di una strana luce rossastra. L’uomo incappucciato aveva estratto il pugnale che sembrava fatto completamente di vetro e si stava avvicinando ad Alice.
In un secondo, Lilian vide passare davanti a sé i volti di sua madre, suo padre e suo fratello.
Capì cosa doveva fare.
Si voltò verso Andrea, gli chiese scusa con gli occhi. Diede uno strattone al suo braccio e partì.
 
Non avrebbe permesso che succedesse di nuovo.
 
La distanza non era poi così grande come le sembrava. Quegli uomini non ebbero neppure il tempo di reagire o forse non si accorsero proprio di lei. Lilian fece appena in tempo a mettersi di fronte alla cugina, mentre quell’uomo incappucciato calava lo strano pugnale.
Sentì la lama affondare nella carne morbida. Sentì il sangue uscirle dal petto e colarle tra i seni.
Aveva colpito il cuore.
Lilian allora alzò gli occhi, voleva vedere il suo assassino.
Smise di sentire dolore.
Non riuscì a sentire più niente, scioccata com’era.
Mentre, tra le urla dei ragazzi, degli uomini, della cugina appena alle sue spalle, Lilian cadeva, fissava sgomenta l’ombra che l’aveva tormentata per mesi. L’ombra sogghignante che le impediva di dormire.
In quel momento non sogghignava.
Sembrava scossa dal terrore.
L’ultimo sentimento che Lily sentì di provare fu l’ira.
Aveva finalmente riconosciuto il suo aguzzino, il suo assassino.
Mentre si accasciava al suolo, Lilian continuò a tenere gli occhi su di lui.
Era lui.
Era vivo.
Era suo padre.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Le porte dell'inferno ***


Mentre Lilian si accasciava al suolo, Alice e John vennero sbalzati fuori dal cerchio come da una corrente d’aria improvvisa. La ragazza finì tra le braccia dei professori, svenuta, mentre l’uomo andò a sbattere con la parete più vicina.
 Lily sentiva il sangue sgorgarle fuori dal petto, sentiva le forze lasciarla. Si lasciò andare. Le pesava troppo, tutto. Sentiva di non avere motivi per vivere. Era morta da tempo. O non aveva mai vissuto davvero?
Smise di respirare.
Il cuore smise di battere.
No.
Lui è vivo.
Devo sapere perché.
Mio padre è vivo e mi ha pugnalato.
Mi ha ucciso.
Devo sapere perché.
Spalancò gli occhi e respirò bruscamente. Intorno a lei si scatenò l’inferno. Alte fiamme nere la tenevano rinchiusa in quel dannato cerchio. Attraverso esse, vide delle figure allungate alzare le braccia verso di lei. Sentiva una specie di cantilena, in una lingua strana, pesante e viscida. I suoni sembravano spingerla a terra, immobilizzandola.
Lilian gridò. Sentì come un interruttore scattare.
Spense tutto.
Non avrebbe avuto pietà.
 
Ammassati alle pareti dell’androne, studenti, professori e invasori, guardavano la scena, troppo scioccati per pensare o fare qualcosa. La creatura vicino a quella specie di portale impazzì di colpo e iniziò a calpestare gli uomini armati, emettendo allo stesso tempo un grido acuto e stridulo attraverso i denti. Mentre quei soldati cercavano di far fuori la creatura ritortasi contro, gli incappucciati, improvvisamente presi dal panico, cambiarono cantilena, alzando le mani verso il cerchio. Da questo si alzarono delle enormi fiamme bianche che sembravano ruotare su loro stesse, come dei vortici. Ma poi le fiamme diventarono grigie, iniziarono a sfumare, diventando nere.
In quel momento, l’urlo sovraumano di Lilian  spiazzò i presenti.
Le fiamme sembrarono esplodere e gli incappucciati vennero sbalzati verso le pareti circostanti. Tutti rimasero ammutoliti nel vedere Lilian inginocchiata in mezzo al cerchio con le mani spinte con forza verso le orecchie mentre urlava. La ragazza smise di urlare, appoggiò le mani a terra e respirò a pieni polmoni. Alzò di scatto la testa, con gli occhi spalancati. L’iride non era più nera, ma di un bianco innaturale, la pupilla ridotta a una fessura.
I soldati, abbattuta la strana creatura, puntarono i fucili verso la ragazza, indecisi sul da farsi. Questa digrignò i denti, mosse il braccio e tutti i proiettili in volo caddero improvvisamente e le armi stesse si incepparono, esplodendo in braccio agli intrusi.
Lilian si alzò, guardandosi intorno come alla ricerca di qualcosa. Due soldati sfoderarono le sciabole e le si buttarono addosso, cercando di colpirla, ma con uno scatto innaturale la ragazza si abbassò evitando i colpi, afferrò i polsi dei due soldati e strinse, staccando di netto le mani e con una traiettoria circolare, tranciò di netto le teste dei due soldati. Poi buttò via le mani tranciate, ancora strette all’elsa delle lame, e le impugnò entrambe facendole roteare nelle proprie mani. I soldati rimasti impugnarono le armi rimaste, mettendosi in posizione d’attacco.
La ragazza rise.
L’attimo dopo era sparita. Comparve davanti al soldato più vicino, affondando la sciabola in mezzo alle scapole dell’uomo e girandola mentre l’uomo si contorceva dal dolore per poi accasciarsi a terra.
In tre allora scattarono per attaccarla, ma la ragazza balzò in aria facendo una capriola e, atterrata dando le spalle agli assalitori, con un movimento del busto e impugnando la spada verso la schiena, decapitò i militanti.
I quattro rimasti allora la accerchiarono, ma la videro sparire in una nuvola di fumo nero. In realtà si era solo abbassata e, più veloce di qualsiasi altra cosa esistente al mondo, tagliò di netto le gambe dei soldati dal ginocchio in giù.
La ragazza allora buttò le sciabole, uscì dal cerchio formato dai corpi agonizzanti degli ultimi soldati, dirigendosi verso la parete dove, ancora, brillava il portale.
Alzò la mano sinistra in alto, come se stringesse un qualcosa tra le dita e gli incappucciati si alzarono in aria posizionandosi di fronte alla ragazza. I suoi occhi sembravano pulsare. Rimase qualche secondo in quella posizione, poi ruotò in modo netto il polso verso sinistra e i colli dei quattro uomini di ruppero con un unico suono netto per poi cadere a terra come bambole di pezza.
Nel mentre, la folla di studenti e professori ammassata alla parete guardava Lily con paura e sorpresa, si sentivano a malapena respirare. Solo una voce osò parlare, alla fine.
‘Lilian...’
Edvige.
Lily allora sbatté le palpebre e indietreggiò di un passo, voltandosi in direzione della voce.
Delle lacrime di sangue le rigarono il volto mentre  il suo occhio destro tornava nero e il sinistro aveva assunto un colore grigiastro, simile alla nebbia fitta e densa delle montagne. Le pupille tornarono alla grandezza naturale.
 Lilian allora iniziò a guardarsi intorno, spaesata, ma un lampo di consapevolezza sembrò attraversarla come una scossa elettrica.
Tremando, abbassò lo sguardo alle sue mani, tinte di rosso scuro. Guardò di nuovo la folla, per un secondo, per poi voltarsi verso il portale e corrergli in contro.
Nessuno disse niente, nessuno si mosse
La ragazza sembrò esitare solo un attimo, davanti al cadavere della creatura uccisa dai soldati ma poi proseguì,  lanciandosi attraverso il portale che si chiuse dietro le sue spalle.
Solo allora la folla si accorse che, l’uomo che aveva pugnalato Lilian, suo padre, era sparito.
 
Lilian atterrò sull’asfalto bagnato. Viaggiare con quel portale non era esattamente comodo, pensò la ragazza. Le era sembrato di cadere per tutto il tempo. Ovvero per una decina di secondi.
Come se ora fosse la cosa più importante.
Sapeva cosa aveva fatto, ne era consapevole. Anche troppo.
Sapeva anche che non avrebbe potuto fare altrimenti.
Ma ora non aveva tempo per pensarci.
Doveva andare via.
Sapeva che i suoi zii non erano ancora tornati, ma doveva fare velocemente. Fece scattare magicamente la serratura e salì le scale con un balzo. Era quasi sicura di poter volare.
Avrò tempo per provare tutto.
Entrò in quella che nelle ultime settimane era stata la sua camera. Prese la valigia da sotto il letto e iniziò a infilarci le poche cose che aveva. Uscì dalla casa con la valigia dietro, tornando al punto in cui era atterrata, in mezzo alla strada. Esattamente lì, stava William, che la fissava con i suoi occhietti blu.
‘Tu sapevi tutto, piccola peste.’
Il gattino miagolò, insofferente.
‘Si, lo so, avrei dovuto darti ascolto. Ma ormai quel che è fatto è fatto. Vieni con me, vero amico mio?’
William sembrò guardarla con un’espressione strana per un gatto, quasi maliziosa.
Ma forse erano solo i suoi nuovi poteri.
Poteri.
Maledizione.
Ormai non poteva farci niente, solo andare avanti.
Allungò il dito, come a toccare una parete trasparente e, sotto la pioggia scrosciante, insieme a una valigia di media grandezza e il suo gatto, attraversò quel nuovo portale color zaffiro.
 
 
Certo che imparo proprio in fretta. Come se ci fossi nata.
Beh, in un certo senso è così.
Non era stato facile per Lilian creare una casa in una dimensione a parte, ma grazie a William non era stato poi così difficile. Nel giro di qualche ora e dopo solo due tentativi falliti era riuscita a creare un’enorme villa che funzionava quasi come il Castello di Howl (un film d’animazione giapponese di Miyazaki tratto dal romanzo di Diana Wynne Jones), sicuramente meglio arredato. A pensarci bene, assomigliava più alla casa di Sebastian (Città delle anime perdute, di Cassandra Clare) ma comunque il principio era simile. Soddisfatta, attraversò la porta in spesso mogano, ammirando quello che aveva fatto grazie alle sue nuove doti e alle direttive di un gatto.
Che poi non era proprio un gatto. Era rimasta proprio sorpresa nel vedere la vera forma di Will: un’enorme pantera, grande almeno il doppio di una tigre, con degli artigli spessi e affilati, delle morbidissime ali corvine e gli occhi blu simili a fiamme. Scoprire l’esistenza di creature così belle e immortali l’aveva resa euforica. Si sentiva meno strana.
Attraversò l’entrata ancora un po’ spoglia ed entrò in cucina. Gli elettrodomestici di ultimissima generazione e in acciaio inox brillavano così tanto che sembravano accecarla. Si affacciò poi alla porta del bagno, ammirando l’enorme vasca bianca che era riuscita a sgraffignare a quel produttore svedese. Rubare le cosa con la magia non la faceva sentire tanto in colpa, considerato anche che rubava solo a grandi aziende che non avrebbero risentito della perdita. Continuò il giro nella sua casa nuova di zecca. L’enorme camera con letto matrimoniale comunicava col bagno, l’armeria e la biblioteca e il salone dove teneva play station e schermo piatto. Era particolarmente orgogliosa del lavoro che aveva fatto nella biblioteca e nell’armeria. Nella prima aveva creato dei collegamenti con tutte le grandi librerie e biblioteche del mondo, così da poter aver accesso a tutto il sapere umano in un secondo. E anche alle nuove uscite. Nell’armeria aveva sistemato ogni sorta di arma da taglio, di cui ancora conosceva a malapena i nomi ma era capace di maneggiarli più che bene. Con le armi da fuoco non si trovava tanto bene, ma considerando i poteri di cui era munita, non aveva di che preoccuparsi. Inoltre, grazie ai bersagli e alle grandi travi che aveva sistemato, poteva allenarsi quanto voleva al centro dell’armeria stessa. Entrò poi nello spazio che aveva sistemato per William. Era l’unica stanza in cui aveva preferito mettere una spessissima moquette invece di quelle bellissime piastrelle effetto legno, così Will poteva stare nella sua vera forma. Non poteva certo volare tutto il tempo per la casa, anche se era quello che stava facendo in quel momento. Come lei, anche lui era entusiasta del lavoro fatto da Lilian.
Per lei la cosa più difficile era stata creare una dimensione a parte che fosse tascabile. Non era ancora esattamente pratica di incantesimi e roba varia, ma per essere passata solo una settimana se l’era cavata bene fin’ora, nonostante il mal di testa martellante.
Solo da qualche giorno infatti era riuscita a controllare i pensieri che le si ammassavano in testa, tutti i pensieri di tutte le persone vicine a lei nel raggio di chilometri. Ma fortunatamente aveva trovato un posto superisolato nella Russia del Nord-Est. Non sentire freddo si era rivelata una cosa proprio utile in quel momento.
Anche se dormire nella neve non le piaceva poi tanto.
William la distrasse da quei pensieri, parandosi davanti a lei e guardandola con aspettativa. Leggerle la mente diventava ogni giorno più facile.
Lily, provala, provala.
Si Will, era proprio quello che volevo fare ora.
La ragazza allora attraversò il salone collegato alla camera del suo amico peloso che la seguiva svolazzante, godendosi le ampie porte e i soffitti altissimi.
Arrivata all’ingresso, Lilian afferrò la maniglia, chiuse gli occhi e si concentrò. Come le aveva spiegato Will, doveva visualizzare il luogo dove voleva che si aprisse la porta. Era solo la porta a spostarsi, la casa rimaneva così com’era. L’unica cosa a cambiare era il paesaggio fuori dalle enormi finestre e, ovviamente la collocazione della porta, che compariva in un luogo qualsiasi del mondo a ogni suo comando. Da Hong Kong passò a Sidney, Mosca, Roma, Ottawa, Los Angeles, Madrid, Dubai, Dublino, Londra…
Tutto il mondo a portata di mano. Ci stava ancora facendo l’abitudine. Sapere di avere dei poteri così forti e immensi la faceva sentire strana. Non lo aveva ancora accettato completamente. A piccoli passi, continuava a dirsi. Dietro, non le era rimasto più niente. Ora aveva solo un obiettivo, ed era capire.
Ma forse non si sentiva ancora del tutto pronta.
Non aveva più scuse, adesso. 
Doveva affrontare prima i suoi amici o il mondo intero?
A quanto pare, qualche studente della sua scuola, durante l’attacco provocato dalla setta, la sua trasformazione e il massacro che aveva compiuto, aveva avuto la brillante idea di mettersi a filmare. Quei video erano diventati virali, per poi essere censurati da ogni parte del mondo dai diversi governi. Ne aveva lette di tutti i colori. Gente che la considerava la figlia di Satana, un angelo vendicatore, una sorta di alieno, una dea del passato, un animale mitologico e quant’altro. Gli scettici pensavano fosse una trovata pubblicitaria per un qualche nuovo film in uscita o solo per pubblicità della sua città, visto lo scarso numero di turisti.
Non era ancora riuscita a tornare.
Non sapeva cosa aspettarsi. D'altronde, quando sen’era andata, aveva ucciso quasi una ventina di persone a sangue freddo davanti a loro.
Se solo avessero saputo...
‘William’
Vuoi tornare a casa?
‘Come l’hai capito?’
Ormai per me è facile accedere alla tua mente, mia cara umana. E poi, la tua faccia dice tutto.
Diceva così anche Edvige.
Per questo devi tornare Lily. Se sono veri amici, capiranno. E vorranno ascoltarti. Fidati di questo vecchio felino millenario.
‘I tuoi quattromila anni li porti benissimo’
Teatralmente, la pantera alata fece una specie di inchino.
Lilian prese un respiro profondo.
‘Okay, andiamo, ma fammi fare una doccia prima. Sarà un’entrata teatrale, dopotutto. Nessuno si aspetta niente.’
Va bene, ma sbrigati tesoro. Ricordati di darmi la mia bistecca.
‘E’ già dentro la ciotola gigante in camera tua.’
Evviva! Carne fresca! Cos’è?
‘Quello gnu che hai adocchiato ieri’
Ti adoro.
 
‘Okay, sono pronta.’
Vieni davvero vestita così?
‘Perché, che ho di strano?’
Lilian indossava degli shorts neri a vita alta e una corta canottiera amaranto, una maxi felpa nera con cappuccio aperta, ai piedi scarponcini neri e un cappotto leggero grigio, simile a un mantello preso due giorni prima in Germania. Inoltre, i capelli, che aveva sempre tenuto lunghi e disordinati, ora le sfioravano il mento.
Non ti riconosceranno.
Infatti sono cambiata, Will. L’hanno visto coi loro occhi. Andiamo adesso.
La ragazza allora prese il fedele amico, trasformato in innocuo gattino, lo mise dentro la grande tasca destra del suo cappotto per poi aprire un portale.
Sapeva esattamente dove andare.
 
La collina e il suo salice non erano cambiati. Niente era cambiato. Chissà perché si immaginava un mondo stravolto.
A volte, quando ci succede qualcosa, iniziamo a pensare che anche il mondo subisca dei cambiamenti. Quando questi avvengono solo dentro di noi.
Ho sempre pensato che fosse un po’ egoista da parte di voi umani fare così. Ma comunque, funzionate così.
Smettila di prendermi in giro, palla di pelo.
Detto telepaticamente questo a William, chiuse gli occhi un attimo e respirò l’aria non molto inquinata della sua città. Era abbastanza vicina da sentire il ronzio dei pensieri di tutti i suoi compaesani, e si affrettò a chiudere la mente a quelle invasioni. Aveva scoperto grazie a Will che nessuno poteva penetrare nella sua mente, ma lei poteva facilmente rigirare come voleva le menti di chiunque. Come aveva fatto con quegli uomini incappucciati quel giorno a scuola. Ma non era esattamente lei quella volta. Non proprio.
Mosse il primo passo in direzione della città.
 
All’ultimo momento, decise di alzarsi in volo. Non le andava di incontrare chiunque nel percorso. Non riusciva ancora a volare bene nella sua forma umana, quindi si era trasformata in un grosso corvo grigio. Non proprio ortodossa come scelta, ma nessuno ci avrebbe fatto caso. Non sapevano distinguere un falco da un’anatra.
In men che non si dica arrivò a casa di Edvige.
Sentiva che doveva vedere lei prima di chiunque altro. Era sempre riuscita a capirla, sempre. Se con lei fosse andata male, non aveva speranze con gli altri. Con Will che la seguiva da terra, si fermò davanti al balcone della camera di Eddy. Ed eccola lì, stesa sul letto a fissare il soffitto. Lilian sapeva che faceva così quando era angosciata o nervosa.
Lily allora prese a beccare il vetro della finestra, cercando di attirare la sua attenzione. Eddy non la sentì subito a causa del phon che lasciava sempre acceso per rilassarsi. Lily non aveva mai capito questa sua abitudine.
La ragazza si alzò spazientita dal letto, intenzionata a cacciare quell’uccellaccio che le stava picchiando il vetro. Ma le bastò un’occhiata. Lily sapeva perché. Will glielo aveva spiegato. Quando cambiava aspetto, solo una cosa non poteva camuffare. Il colore dei suoi occhi.
Edvige allora aprì la finestra, la guardò e disse, esitando
‘Lily?’
La ragazza-corvo allora venne avvolta da una nube nera brillante e, in pochi secondi, era tornata umana.
‘Sono io, Eddy’
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Invisibili ***


La biondina si buttò al collo dell’amica, in lacrime. Lilian, che non sapeva cosa aspettarsi, fu sorpresa da quella reazione e ricambiò l’abbraccio per poi ricordare che era tipico di Edvige non fare mai quello che lei si aspettava. Le sembrava passata una vita dall’ultima volta che l’aveva vista, erano successe così tante cose...
Come se le avesse letto nel pensiero, Edvige si staccò bruscamente da lei, la fissò un secondo e la tirò dentro camera sua.
‘Ma questo ti pare modo di tornare?! Così di colpo, senza il minimo preavviso?! Trasformata in pollo perdipiù!! Ma ti pare una cosa normale?! Ahh??’
‘Eddy, era un corvo’
‘Ma chi se ne frega! Dove diavolo ti eri cacciata? Mi sono preoccupata da morire! Dopo tutto quello che è successo – disse la ragazza, abbassando il tono della voce e guardandola un attimo di sottecchi- non sapevamo che pensare. Non sapevamo se fossi viva o morta o posseduta o chissà che altro. Ti rendi conto di quello che mi hai fatto passare? Sono venuti quelli dei servizi segreti, per quei dannati video. Cristo, mi hanno interrogato un sacco di volte, volevano sapere se facevi parte di una setta o roba simile.’
A quel punto, Eddy prese un respiro profondo.
Lily capì che era arrivata la domanda fatidica.
‘Cos’è successo Lily?’
‘E’ una storia lunga, Eddy’
‘Ho tutto il tempo del mondo.’
Mentre Lilian iniziava a spiegare, qualcuno, poco lontano, fissava la finestra della camera di Edvige, in attesa di qualcosa.
 
‘Tutto quello che so l’ho appreso da un amico e da antichi libri, iscrizioni e leggende che ho trovato in questi giorni. Esistono, da millenni ormai, creature che per noi esseri umani possono essere solo definite magiche. Ricorderai quella specie di elefante portato da quella gente quel giorno a scuola, vero? Ecco, un esempio lampante. Queste creature non hanno proprio un nome, perché esistono nelle forme più svariate. A me piace chiamarli Invisibili,perché nessuno si è mai accorto di loro, eppure loro non sono mai spariti nei secoli dei secoli. Hanno imparato a mimetizzarsi, diciamo; a noi appaiono con la forma di normali animali o piante, ma loro non sono così. Inoltre sono incredibilmente longevi, quasi immortali, ma non abbastanza. Infatti si nascondono perché in passato venivano sfruttati o macellati dai nostri antenati. Ma in molti sono sopravvissuti.
I nostri antenati, al tempo dei miti, li usavano per vincere le guerre e assoggettare le diverse popolazioni. Una specie di Invisibili era particolarmente ricercata e venerata nel mondo antico, ed era la versione umana di un Invisibile. Avendo gli esseri umani, nel corso dei secoli, sviluppato il cervello come organo maggiore, così fecero gli Invisibili umani, sviluppando doti fuori dal comune anche per quei tempi: potevano trasformarsi in altre creature, leggere la mente e piegarla al proprio volere, manipolare gli elementi, spostarsi in luoghi lontanissimi in poco tempo... Ma erano un piccolo popolo, pacifico, in sintonia con la natura. Erano tutti guerrieri, ma solo per difendersi e per cacciare.
Sembra un’utopia, ma è la verità. Esistevano davvero. Sono gli dei di cui abbiamo sempre sentito parlare nelle leggende greche e romane. Un ramo diverso dell’evoluzione umana. Gli esseri umani volevano sfruttare questi Invisibili più di qualsiasi altra cosa, volevano diventarlo loro stessi. La tribù degli Invisibili umani, in buona fede, credendo di fare il bene del mondo e in parte per cambiare le abitudini rozze degli esseri umani, misero appunto un incantesimo che permettesse ad un essere umano di diventare un Invisibile. Ma non avrebbero dovuto farlo. L’incantesimo riuscì e l’umano Amis fu il primo a cambiare natura, ma qualcosa andò storto durante il rituale. Forse gli Invisibili non dovevano fidarsi degli umani, semplicemente. Fatto sta che alla fine del rituale Amis acquisì tutti i poteri degli Invisibili umani e li usò per piegare qualsiasi cosa al suo volere. Fu allora che la tribù, pentita di quello che aveva fatto, insieme ad un gruppo di esseri umani, anch’essi pentiti di quello che avevano voluto creare, unirono le forze per uccidere Amis. Riuscirono, ma questo costò la vita a tutta la tribù e a quei pochi umani che avevano voluto aiutarli. Solo un’Invisibile rimase, l’anziana donna che era riuscita a uccidere Amis, ma sacrificando la vita di tutti gli altri. Non riuscendo a sopportare il senso di colpa per quello che aveva fatto, distrusse l’incantesimo ma, non sicura, maledisse il pugnale con cui aveva trasformato e ucciso Amis e lo nascose perché non poteva essere distrutto. Fece bene a non fidarsi. Gli umani rimasti avevano sotratto una copia dell’incantesimo usato e volevano creare una generazione di Invisibili trasformati, così da poter governare il mondo intero, ma non trovarono mai il pugnale. Nei millenni successivi gli Invisibili e Amis vennero dimenticati, ma qualcuno ancora ricordava, qualcuno ancora cercava. Il pugnale venne trovato niente meno che da Hitler e per caso, ma comunque l’incantesimo utilizzato la prima volta non era più efficace perché, al tempo, utilizzava la magia presente nel sangue della tribù degli Invisibili umani. Allora Hitler fondò una setta di esperti, a suo dire, capaci di ricavare magia dagli Invisibili rimasti ancora in vita e iniziarono a fare esperimenti per poter ricreare l’Invisibile umano. Per Hitler quella sarebbe stata l’apoteosi della razza umana. Fortunatamente, non ci riuscì mai.  Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la setta non smise di esistere e continua a vivere anche oggi. Hanno trovato un modo per  creare un altro Amis, sfruttando la magia degli Invisibili più grandi rimasti. Per questo sono venuti nella nostra scuola. Il nuovo rituale prevedeva il sacrificio di un consanguineo, in questo caso Alice. Mio padre sarebbe diventato il nuovo Amis. Ma mi sono messa in mezzo io. Offrendomi di mia spontanea volontà al posto di Alice ho invertito il senso dell’incantesimo, e sono diventata un Invisibile. Sono morta e sono tornata in vita ma come un’altra creatura. Allora i membri della setta hanno cercato di sopprimere il mio spirito per far affiorare quello di Amis. Per un momento siamo stati una cosa sola. Volevamo la stessa cosa. Distruggere e uccidere, distruggere e uccidere. Per questo ho fatto quello che ho fatto. So di essere un mostro, ma ho fatto quello che sentivo, per quanto sbagliato. Non ero in me, ma era come se fossi cosciente, anche se non totalmente. Solo quando mi hai chiamato, Edvige, mi sono come svegliata, seppellendo lo spirito di Amis. E’ sparito, come se non fosse mai esistito, ma è come se sentissi la sua presenza, a volte. Abbiamo condiviso alcuni ricordi e delle conoscenze, per questo sono corsa verso il portale senza pensarci due volte. Ricordo anche quando ha letto nella mente dei membri della setta. Mio padre era tipo il Gran Maestro e si era offerto di sacrificare tutto, per poter diventare il nuovo Amis e guidare la razza umana alla supremazia. La setta gli ha chiesto di dimostrare la fedeltà assoluta alla causa, uccidendo tutta la sua famiglia. Io non dovevo salvarmi. Mi sono salvata per caso o, come dice Will, per destino.
Si, Will, il gattino, è un Invisibile.
Comunque, voglio saperlo da mio padre. Voglio che me lo dica, guardandomi negli occhi. Se vuole farlo. Altrimenti ho intenzione di ridurgli il cervello in pappa, ora che posso farlo. Non ho intenzione i guidare rivoluzioni o di conquistare il mondo, voglio solo vivere la mia vita al meglio, per quello che posso. Penso di meritarmelo, dopo tutto quello che è successo. Anche per rendere onore a mia madre e a mio fratello. Anche a quello che è stato mio padre per me.
Per ora voglio solo cercare mio padre, distruggere la setta e provare a vivere con questi nuovi poteri.
E questo è quanto.’
 
Eddy presse a fissare Lilian, cercando di assimilare meglio che poteva le nuove informazioni.
‘Lo sapevo’
‘Cosa sapevi?’
‘Che non eri proprio in te quella volta’
‘A scuola dici?’
‘Si’
‘No, non proprio, soprattutto i primi momenti’
‘Lo sapevo’ disse di nuovo la biondina per poi abbracciare Lily, di nuovo in preda alle lacrime. ‘Ti sosterrò sempre Lily, come ho sempre fatto. Credo sia una cosa incredibile quella che ti è successa, anche se terribile. Ma sono felice che tu sia ancora tu! Per di più vestita decentemente per una volta!’
A quel punto Lilian, incapace di resistere, scoppiò a ridere, felice di aver incontrato, nella sua breve vita, una persona come Eddy.
‘Quindi, spiegami, cos’è che sai fare esattamente? A parte trasformarti in un pollo, intendo’
‘Non sono ancora molto pratica, ma riesco a fare tante cose. Posso tramutarmi, oltre che in un corvo, in altri tipi di animali, ma ancora non sono molto pratica. Inoltre posso volare senza trasformarmi, riesco a manipolare i quattro famosi elementi, posso leggere la mente, far volare le cose, farle sparire e apparire, creare cose come portali, o maneggiare un sacco di armi. E credo di essere a conoscenza delle più svariate forme di combattimento. Praticamente sono una macchina da guerra. E ci sono ancora un sacco di cose che, a detta di Will poteri fare ma ancora non riesco.’
‘E’ una grandissima figata. Una figata assurda. Wow. WOW’
‘Ahahahahaha non sai quanto mi sei mancata Eddy.’
‘Anche tu, Lily’
Le due ragazze si abbracciarono come non facevano da tempo.
‘Sei andata da Lorenzo?’
‘No, ancora no. Volevo tastare un po’ il terreno con te. Mi hai sempre capita, se non l’avessi fatto anche questa volta, non avrei avuto motivo di tornare’
‘Mi sento onorata, amica mia. Comunque dovremmo andarci subito.’
‘Va bene, ma preferisco passare inosservata. Mi trasformerò in gatto stavolta, Will ci sta aspettando fuori.’
‘Ottima idea, qui ancora ci sono un po’ di agenti dei servizi segreti. Sembravano parecchio interessati a te, sai?’
‘Lo so, c’è un tizio appostato sotto casa tua, l’ho visto appena sono arrivata.’
‘Cosaa?! E non ti ha vista trasformarti ed entrare?’
‘No, l’ho fatto addormentare un paio di minuti. Non si è accorto di niente.’
‘Fighissimo. Okay, allora prendo la giacca e usciamo.’
‘Va bene, mi trasformo. Potremo parlare telepaticamente, se vuoi.’
‘Sii certo, sarà una figata.’
 
L’uomo appostato sbadigliò, annoiato, mentre continuava a guardare la casa di quella piccola adolescente. Il capo era stato irremovibile. Era sicuro che la ragazza con i poteri sarebbe tornata. I capi di governo mondiali facevano a gara per trovarla, per averla. Se le storie che circolavano in ufficio erano vere, quella ragazza avrebbe portato il mondo più avanti di quanto fosse mai stato. O lo avrebbe distrutto per sempre, come pensavano alcuni agenti, come lui. L’idea di simili poteri e inconcepibile di per sé, ma saperli concentrati in un’unica persona era terrificante. L’agente interruppe i suoi pensieri quando vide piccola Edvige uscire di casa. Niente di strano, quella ragazza usciva molto spesso per andare a trovare il suo amico o per fare shopping. Aveva perso il conto delle sue uscite nell’ultima settimana. Discretamente, prese a seguirla, non facendo caso a una coppia di gattini che seguivano la ragazza a poca distanza.
 
Inutile dire che la reazione di Lorenzo era stata ancora più plateale di quella di Eddy ma, dopo il racconto di Lily, assunse un’espressione seria.
‘Quindi sei diventata l’ultimo esemplare di una specie estinta’
‘Si, ma non dirlo come se fossi un dodo tornato miracolosamente in vita grazie ai progressi dell’ingegneria genetica’
‘Tipo un Jurassic Park’
‘Ti prego, Enzo, serietà per una volta’
‘Okay okay. E’ strano. E’ la cosa più strana e incredibile che potesse capitare. Ma è fantastico. Potresti portarci a Londra per prendere un caffè con la Regina in un secondo’
‘Wow Lily, non ci avevo pensato!’ disse Eddy, con gli occhi che brillavano.
‘Andateci piano con me, ragazzi, devo ancora fare la mia comparsa su scala globare. Ho letto nella mente degli agenti appostati qua fuori – Enzo, non guardarmi in quel modo-  e a quanto pare il mondo intero mi vuole come potenziale arma. Ma so già cosa fare’
‘Aspetta un secondo Lily. Andrea dove lo metti? Non hai intenzione di parlare con lui?’
‘Non ci avevo pensato, Enzo ha ragione Lily. Era sconvolto quasi quanto noi quando sei scappata dal portale.’
Lilian divenne rigida tutto d’un colpo.
‘Ragazzi, c’è una cosa di cui ancora non vi ho parlato’
‘Che aspetti allora?’
‘Parla parla’
‘Andrea è un membro importante della setta.’
‘COOOOSA?!!’ gridarono all’unisono i due ragazzi. ‘E come diavolo lo sai?’ continuò Eddy.
‘A scuola, quando le fiamme sono calate dal cerchio, ricordate che tenevo tappate le orecchie? Non era per quella stupida cantilena del cavolo. I vostri pensieri mi sono arrivati come un’onda e non sapevo più dove cominciava la mia testa. Ho sentito la voce di Andrea, nella mia testa. Perfetto, diceva. Sentivo la sua soddisfazione. Non voleva che fosse mio padre a diventare un Invisibile, voleva qualcuno da controllare. Prima di scappare nel portale, quando sono tornata in me, ho letto la sua mente. E’ stato lui a consigliare Alice come vittima sacrificale. Sapeva che non avrei permesso che le succedesse qualcosa. Aveva pianificato tutto. Ha creduto che sarei stata dalla sua parte, perché avevo una cotta per lui. Non sapeva che potevo leggere nella mente. Ci sono molte cose che la setta non sa di quello che sono. Per loro sono solo una macchina da guerra onnipotente, superforte, superveloce e superesistente.’
‘La figlia di Hulk e Flash’
‘Una specie’
‘Che grandissimo figlio di puttana’ esordì Eddy ‘Grandissimo pezzo di merda. Gliela farò uscire dagli occhi, appena lo vedo’
‘Calma Eddy. Mi serve vivo per il momento. Stando al suo gioco, potrò entrare nella setta e distruggerla dall’interno’
‘Pensi di ucciderli tutti, Lily?’ disse Enzo con tono grave.
‘Si. Hanno ucciso la mia famiglia. Ho tutto il diritto di vendicarmi.’
‘Lily’ intervenne Eddy ‘ lo sai che la vendetta non è la risposta giusta. Non lo è mai’
‘Sono arrivata alla conclusione che è la vita a non essere giusta. Non vi chiedo di approvare le mie scelte, ma solo di starmi vicino, se potete.’
‘Sai che lo faremo’
‘Puoi scommetterci, donna’
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - E se volessi spezzarmi? ***


Volava.
Semplicemente galleggiava in mezzo al cielo.
Ma l’acqua saliva. Continuava a salire.
Qualcosa le bloccava la gola, le mozzava il respiro. Non riusciva a urlare.
Intanto l’acqua saliva e saliva e saliva.
Lily alzò gli occhi.
L’ombra era lì, davanti a lei, immobile. La fissava, impassibile.
Non disse niente.
Mentre l’acqua le invadeva i polmoni, Lily guardò suo padre voltarsi e allontanarsi.
 
La ragazza si svegliò di soprassalto, con le lenzuola aggrovigliate, in un mare di sudore. Mentre gettava le coperte ai piedi del letto per dirigersi in bagno, pensava a quanto tempo ancora sarebbe durata quella tortura. Dopo la trasformazione i suoi incubi erano peggiorati. Continuava a non ricordarli al risveglio, ma si sentiva sempre inquieta e stranamente stanca. Ricordava solo di volare, annegare e vedere suo padre.
Non era sicura che fossero solo sogni, ma non poteva nemmeno dire il contrario. D’altronde, come le aveva spiegato Will, la trasformazione l’aveva resa sì un’Invisibile, ma restava pur sempre un’umana, un essere umano. Poteva essere tranquillamente il suo subconscio: erano mesi che faceva quel tipo di sogni.
Che ironia. Poteva piegare la mente di chiunque, ma non la sua.
Si guardò allo specchio. In viso non era cambiata granché: i capelli corti le stavano più arruffati del solito e in parte coprivano gli zigomi forse troppo sporgenti. Non mangiava molto ultimamente. Sentiva l’occhio sinistro, quello plumbeo, pulsare. Era una specie di routine, soprattutto appena si alzava la mattina. O la notte.
Dopo una veloce doccia fredda, Lily si diresse alla porta principale.
Mmh.
Londra.
Aprì la porta e si ritrovò dentro una di quelle rosse cabine telefoniche inglesi.
Okay, forse devo controllare l’incantesimo.
Era notte fonda, c’era poca gente in giro.
Lilian si sollevò da terra.
 
Londra vista dall’alto era uno spettacolo. Il Tamigi rifletteva le luci della City e la nebbia dava alle strade quell’atmosfera dickensiana che aveva sempre amato da bambina. Non che ora la pensasse diversamente. Sorvolò Hyde Park e poi il quartiere di Soho.
Aveva un luogo preciso in mente.
Atterrò per le parti di Temple, non lontano dalla famosa omonima chiesa. Appena i suoi piedi toccarono terra, scattò. Volare era una cosa assurda, ma la corsa restava la corsa. Solo correndo Lilian riusciva a schiarirsi le idee fino in fondo ed era da molto che non lo faceva. Scappare in fretta e furia, prendere consapevolezza di quello che le era capitato era stato sfiancante. Ancora una parte di lei faticava a crederci, che fosse capitato a lei, proprio nel periodo peggiore in cui poteva trovarsi un essere umano. Aveva perso tutta la sua famiglia, non sapeva se per colpa di suo padre o di qualcun altro. Tutto era ancora troppo confuso e frammentario.
Perché suo padre era vivo? Era stato davvero lui ad uccidere sua madre e suo fratello? Per una setta? Per dei poteri millenari?
Che senso avrebbe?
Era questa la domanda che risuonava nella mente di Lilian.
Perché, perché, perché.
Perché avrebbe dovuto uccidere tutte le persone che amava? Davvero contavano così poco per lui? Era davvero possibile fingere a tal punto? Una persona come può rinunciare a tutto quello che conta davvero solo per conquistare il mondo per poi, alla fine, ritrovarsi comunque solo?
Non era questo il vero inferno?
Senza rendersene conto, Lilian era finalmente arrivata a destinazione.
Blackfriars Bridge.
Il ponte dei frati neri.
La prima volta che aveva sentito parlare di questo ponte era stato mentre leggeva The Infernal Devices di Cassandra Clare. Aveva sempre desiderato andarci e ora, finalmente eccola lì. Erano cambiate così tante cose negli ultimi tempi. Lily si sentì stranamente a casa, e sapeva perché.
Nei libri aveva sempre trovato conforto. Trovarsi in un luogo caro a dei personaggi che aveva amato per così tanto tempo e che continuava comunque ad amare, la faceva sentire rinfrancata.
 
Per tutta la mia vita, da quando sono arrivato all'Istituto, sei stato lo specchio della mia anima.
Vedovo in te il bene che c'era in me.
Soltanto nei tuoi occhi trovavo la grazia.
Quando mi avrai lasciato, chi mi vedrà così?
 
Abbi fiducia in te stesso.
Tu puoi essere lo specchio di te stesso.
 
E se non ci riesco?
 
Lilian aveva sempre amato quel passo de La Principessa (sempre Cassandra Clare). A furia di leggerlo, l’aveva imparato a memoria.
Posso essere lo specchio di me stessa? Posso davvero?
Respirò l’aria umida del Tamigi, sentendosi insieme un po’ Dostoevskij un po’ Sidney Carton e pensò che i suoi amici erano il suo specchio. Se non avesse avuto loro, non sarebbe stata poi tanto diversa da suo padre. O comunque dall’idea che adesso si stava facendo di suo padre.
Si appoggiò alla balaustra, per poter ammirare il fiume. Non fu poi molto sorpresa di vedervi delle piccole specie di Invisibili marini fluorescenti. Per lei, riconoscerli era facile, oramai. Erano circa sette o otto e avevano le sembianze di non proprio comunissime rane pescatrici, con la differenza che, al posto di un solo illicio, ne avevano centinaia sparsi in tutto il corpo. Queste lunghe pinne sembravano rivestite da una patina fluorescente e luminosa. Più che una trovata evolutiva, sembrava un modo come un altro di pavoneggiarsi. Non avrebbe mai pensato che dei pesci, anche se Invisibili, potessero pavoneggiarsi. Forse era un’idea stupida.
Sentì la nostalgia delle sue stupide trovate che tanto facevano ridere Edwige e Lorenzo.
Aveva fatto bene a raccontar loro la verità? Da quando aveva lasciato il paese, non si era sentita più tanto sicura di quella sua decisione.
Forse non sarebbe dovuta passare da Andrea.
 
Quando, qualche giorno prima aveva lasciato i suoi amici con la promessa di farsi presto viva, non aveva resistito alla tentazione. Aveva chiesto a Will fare un sopralluogo a casa dei suoi zii, in parte per avere informazioni su Alice in parte per poter restare da sola un momento.
Si era allora trasformata in corvo per recarsi di soppiatto da quel ragazzo che non sapeva più come definire. Non era sicura di quello che provava, ma in parte era certa di provare ancora qualcosa. E voleva vederci chiaro. L’ultima volta che l’aveva visto, leggendo la sua mente, si era sentita disgustata a tal punto da non notare certi sfondi strani nella sua mente. Strana definizione, ma era così che Lily vedeva le menti e i pensieri e i ricordi. Come in un quadro.
In primo piano sembrava leggeva i pensieri istantanei delle persone. Guardando più in fondo poteva vedere i sentimenti e le emozioni che li animavano in quel momento. Ma la parte interessante era sullo sfondo. Non era ancora molto pratica, ma se si concentrava, riusciva a  vedere e sentire quelle sensazioni che ci accompagnano ogni giorni, quelle sensazioni che fanno di noi quello che siamo.
In Andrea, aveva visto oscurità. Il genere di oscurità che lei conosceva benissimo. Non aveva avuto una bella vita. Almeno su questo non aveva mentito.
La ragazza sentiva che le stava sfuggendo qualcosa. Per non farsi notare, si era trasformata in un piccolo serpente nero, di quelli che ti capita di incontrare abbastanza spesso quando vivi vicino alle campagne. Si arrampicò su per la canaletta della grondaia. La finestra del bagno era aperta. Lily si infilò dentro, felice di non trovarci nessuno, e si avventurò per la casa che, a prima vista, sembrava solo un lungo corridoio pieno di porte di legno. Era uno strano punto di vista, quello del serpente, ma solo con quella forma poteva evitare di fare rumore.
 Tutto sembrava così stranamente enorme, allungato e umido. Si, umido e scivoloso. Così scivoloso che faticava ad avanzare. A quanto pare qualcuno aveva avuto la brillante idea di mettersi a lavare il pavimento.
Maledizione, proprio ora di tutti i momenti?
Lilian? Sei tu?
Presa dal panico come non succedeva da tempo, con un unico movimento del corpo, balzò in aria, trasformandosi in un piccolo falco e sfrecciò verso la finestra del bagno, fuori da quella casa. Volò più in alto che poteva, confusa più che mai, con l’adrenalina ancora in circolo.
Era di Andrea la voce che aveva sentito nella sua testa? Lui l’aveva sentita? Com’era possibile?
L’unica cosa che la ragazza riuscì a pensare, fu che aveva bisogno urgentemente di una doccia. Aveva i vestiti zuppi di acqua e detersivo per pavimenti.
 
Quella sera aveva deciso di non raccontare niente a William, lei stessa non sapeva che pensare. Le ipotesi possibili erano solo due. Primo, la setta era riuscita, in qualche modo, a prendere possesso di qualche potere Invisibile. Secondo, Andrea stesso era diventato un Invisibile. Era più che plausibile pensare che avessero tentato di nuovo, considerato il loro tentativo fallito. Inoltre, per la setta, lei costituiva un pericolo. O almeno pensava di esserlo.
La verità era che non sapeva niente, e se avesse continuato a fare supposizioni, non sarebbe venuta a capo di niente.
Per un secondo, sentì come una presenza alle spalle, e si voltò di scatto, ma non vide nessuno.
Si guardò intorno e, vedendo le prime luci dell’alba, salì sul parapetto del ponte inglese. C’era ancora un pensiero che la assillava, una cosa che non aveva nemmeno il coraggio di pensare. Non aveva avuto il coraggio di chiedere a William o di fare qualche ricerca. Ma quel pensiero non l’aveva abbandonata un secondo da quando aveva preso coscienza della sua nuova forma.
E se...
Ma chiuse gli occhi e stipò quei pensieri negli angoli più reconditi della sua mente. Era ancora troppo presto, poter pensare di fare quello che voleva fare. L’unica cosa che le importava davvero.
Respirò ancora una volta l’umidità del Tamigi, sicura che sarebbe tornata presto a far visita al vecchio ponte, per poi lanciarsi in aria, prendendo le sembianze di corvo.
 
Non appena trovò la porta ed entrò in casa, si diresse immediatamente in armeria. Con la tenuta sportiva già addosso e i capelli legati, sentiva il bisogno quasi impellente di colpire qualcosa. Era stata una fortuna per lei trovare quello strano attrezzo da allenamento cinese. Si chiamava Muk Yan Chong o uomo di legno vivo. Era sicura di averlo visto in qualche film di arti marziali, uno di quelli che suo padre adorava. Chissà che avrebbe detto o pensato, se l’avesse vista allenarsi con quel coso.
Che dovrebbe pensare se forse mi vuole morta?
La ragazza iniziò a colpire velocemente i numerosi pioli, aumentando la forza senza rendersene conto.
Forse ha ucciso Mark. Forse ha ucciso la mamma. Forse vuole finire il lavoro. Ma perché diavolo dovrebbe volerlo fare.
Porca troia.
Fu questo l’ultimo pensiero della ragazza, quando si rese conto di aver fatto a pezzi l’uomo di legno. Presa allora dal nervosismo, si abbandonò alla rabbia, chiamò a sé la katana più vicina e generò un piccolo tornado che alzò i pezzi di legno rimasti dell’attrezzo. Lily allora iniziò a tagliare a fette tronco e pioli che roteavano in modo disordinato a causa del mini ma potente tornado. Ogni fendente che lanciava, non erano rivolti a del semplice legno, ma contro suo padre, perché aveva creduto che fosse morto e invece non lo era; perché non sapeva quali fossero le sue intenzioni e motivazioni. Contro Andrea, che continuava a far parte dei suoi pensieri, che forse era diventato come lei, che forse avrebbe dovuto affrontare. Contro Alice, che si era fatta prendere così facilmente e l’aveva messa in quella situazione. Contro suo fratello, che non era diventato quello che voleva essere, che non sarebbe più cresciuto. Contro sua madre, perché era morta. Contro sé stessa, perché non era riuscita nemmeno a morire. Lilian cadde allora in ginocchio, davanti al pilastro di legno contro cui aveva rivolto la spada dopo aver ridotto in cubetti l’attrezzo cinese. Trapassò il pilastro da parte a parte con la spada, per poi reggersi ad essa, esausta.
Una persona sola può davvero sopportare tutto questo?
Rimase per ore in quella posizione, senza forze. Non riusciva a pensare a niente. Si sentiva in pace in quella posizione. Pensava che, spostandosi anche solo di un millimetro o anche solo respirando più profondamente, avrebbe rotto quella bolla che si era creata attorno a lei in quel momento.
Il mondo non esisteva più. Esisteva solo lei, aggrappata a quella katana infilzata a un palo. Quando si rese conto di sembrare uscita da un anime, si mise a ridere come un’idiota e si lasciò cadere a terra. Non aveva tempo. Aveva troppe cose da fare. Avrebbe pensato dopo ai suoi problemi mentali. Ora doveva essere lucida. D’altronde, a breve avrebbe avuto un appuntamento.
 
Finalmente un po’ d’azione! Sarai elettrizzata, vero Lily?
Gattaccio rompiscatole, smettila di aumentare la mia ansia. Non riesco a concentrarmi e potremmo finire in Nuova Zelanda. E sai che fanno a quelli come te in Nuova Zelanda?
Ci venerano come il resto del pianeta perché siamo adorabili?
Niente bistecca stasera.
Meow
L’idea di lasciare un messaggio ad Andrea in camera sua e di farlo bruciare una volta letto era stata di Enzo, e negli ultimi giorni non aveva fatto altro che vantarsene. Eddy si era opposta a quell’incontro, perché pensava che si potesse ritorcere contro Lily. Aveva troppa paura di quello che la setta avrebbe potuto fare alla sua amica, anche se non lo diceva apertamente. Si fidava di Lily e delle sue capacità, ma è difficile non preoccuparsi quando non si conosce bene il nemico.
‘Gli leggerai la mente? Pensi di soggiogarlo?’ le chiese Edvige quando stavano architettando il piano.
‘Si e no’
‘Non vuoi soggiogarlo? Perché?’
‘Per diversi motivi. Più tempo passo nella mente di una persona e più vado in profondità, prima si accorgerà della mia intrusione. Inoltre, da come ho visto quella volta a scuola, a rovistare nelle profondità della mente di una persona troppo a lungo, la si rovina. Quel giorno ho rivoltato le menti di quei tizi con la tunica come dei calzini, e mentre lo facevo sentivo quelle menti strapparsi e sfaldarsi.’
‘Insomma come quando prendi in mano qualcosa mangiato dalle termiti?’ intervenne Enzo
‘Si, tipo’
‘E scusami, tu quando mai hai visto qualcosa mangiato dalle termiti?’
‘Da mia nonna, quella che abitava in montagna, pace all’anima sua. Tutto in quella casa era mangiato dalle termiti. Tranne le fondamenta e lo scheletro della casa’
Edvige iniziò a fissarlo, giusto per dargli fastidio e Lily, vedendo quella scena ripensò alle belle giornate passate a scuola. Chissà se un giorno sarebbe potuta tornare, insieme a loro.
La loro era stata una buona idea, ma Lilian non se la sentiva di coinvolgerli più di tanto, per questo aveva mentito su giorno, ora e luogo dell’appuntamento. La verità era che si aspettava un’imboscata, perciò si era preparata a dovere. Dentro gli stivaletti nascondeva diversi piccoli e affilati kunai, stile Naruto; nella pesante cintura che portava sopra i jeans neri strappati portava diversi coltelli da lancio, un pugnale e la katana con cui aveva infilzato il pilastro. Inoltre, dietro la schiena portava un’arma gigantesca che sembrava l’incrocio tra uno spadone e una lancia. Imparare a maneggiarla non era stata facile ma era la seconda arma preferita da Lilian dopo i piccoli pugnali. Il tutto nascosto dall’enorme e pesante mantello che si era procurata in Russia. Dopo aver rimpicciolito lo spadone/lancia con un incantesimo, così da poterlo nascondere sotto il mantello, era finalmente pronta ad incontrare il ragazzo.
Erano le 22:40 quando Lily attraversò il portale per la collinetta del suo paese, a qualche metro dal salice.
Era lì che si erano baciati la prima volta. Sembravano passate tante di quelle vite da allora...
Rimani concentrata
Lo sono Will, però smettila di muoverti così tanto dentro quel cappuccio. Mi stai soffocando.
Lilian avanzò di qualche passo e si fermò ad osservare la città che l’aveva vista crescere. Era così strano adesso, le sembrava di non averla mai guardata davvero. Non era stato un posto così terribile in cui vivere.
Per diversi minuti, la ragazza fissò le luci del suo paese. Non voleva pensare per paura che Andrea potesse sentirla. Non avrebbe saputo come comportarsi. Ripensandoci, forse non era ancora pronta ad affrontarlo, ma l’avrebbe fatto comunque. Era stufa di aspettare che succedesse qualcosa. Doveva scoprire cosa sapeva Andrea e che intenzioni aveva. Lui l’avrebbe portata un passo più vicina a suo padre. Al perché. A quello che voleva e non voleva fare...
Lilian
La ragazza si voltò di scatto.
Andrea

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Un posto a cui appartenere ***


I due ragazzi rimasero in silenzio per un paio di minuti, non sapendo esattamente cosa dire o fare. Continuavano a fissarsi negli occhi, come ironicamente avevano sempre desiderato fare entrambi, ma in quei pochi metri che li separavano c’erano un sacco di parole non dette, situazioni non ancora spiegate e tante cose da sistemare.
Eppure niente sembrava voler disturbare quel momento, nemmeno loro. Si guardavano, si studiavano, anche se erano passati solo pochi giorni dall’ultima volta che si erano visti. Eppure bastava guardarli: Lilian sembrava pronta ad affrontare un esercito; Andrea aveva l’aria di uno che aveva cercato di buttarsi da un grattacielo per poi scoprire che non poteva morire. Ironico pensare che solo poche settimane prima i ruoli sembravano invertiti. Ma è risaputo, le cose possono accadere in pochi secondi e cambiare profondamente le persone.
Lilian lo aveva imparato nel peggiore dei modi. Perciò non si sorprese più di tanto quando, guardandolo negli occhi, aveva visto far mostra di sé l’occhio destro di Andrea, ora grigio nebbia, come il suo. Era stato davvero trasformato, allora. Possibile che fosse diventato come lei, un Invisibile? L’avevano trasformato per distruggere lei? Lui voleva distruggerla?
Lily non sapeva cosa pensare. Non credeva che si sarebbe sentita così combattuta in quel momento. Eppure era sicura di essere pronta ad incontrarlo, ad affrontarlo. Eppure era bastato uno sguardo al ragazzo per farle mettere di nuovo tutto in discussione.
 L’occhio sinistro iniziò a pulsare e bruciare. Si rese conto di piangere sangue solo quando vide che la stessa cosa stava capitando ad Andrea. Questo sembrò riscuotere il ragazzo.
Lily, dobbiamo andarcene. Ci raggiungeranno presto. Ormai si saranno accorti della mia presenza.
Lily era confusa. Si aspettava di tutto, ma proprio di tutto. Non un invito a darsela a gambe. Insieme a lui, poi. MA a quanto pare non stava scherzando. Il ragazzo sembrava supplicarla con lo sguardo. Cercò di fare qualche passo, per avvicinarsi a lei, ma Lily indietreggiò.
Perché mai dovrei fidarmi di TE? Ti ho letto nella mente quel giorno a scuola, lo sai. Non puoi pensare davvero che possa fidarmi.
Non ti sto chiedendo di fidarti, solo di ascoltarmi, adesso.
E questa non ti pare una richiesta di fiducia?!
Apri tu il portale, legami, fai quello che ti pare, ma spostiamoci subito, ti prego. Stanno arrivando.
Sta arrivando chi?!
Improvvisamente, una cinquantina di uomini armati circondarono i ragazzi su tutti i lati.
Oh giusto, intendevi dire i tuoi compagni del poker?
Ti pare il momento di fare battute?! Loro si aspettano che ti prenda.
Dovrai solo provarci.
Aaah dannazione, Lily.
Lily. Era Will. Non sta mentendo. Capisco quando voi umani mentite. Ascolta quello che dice, se ha un piano. Qua stanno aumentando i soldati.
La ragazza sospirò. A quanto pare non aveva scelta.
Hai due minuti prima che cominci a fare una strage.
Loro credono che sia dalla loro parte, ma non lo sono mai stato. Mi hanno costretto Lily. Non voglio consegnarti a loro, voglio solo venire con te, così potremo sventare questa follia. Tu sei l’unica che può farlo.
Mettiamo che ti creda. Che hai in mente?
I soldati intanto aumentavano, li accerchiavano, puntando le armi, in palese attesa di una mossa da parte di Andrea, che aveva assunto nel frattempo un’espressione concentrata.
Combattiamo. Devono credermi dalla loro parte, quindi non andarci leggera.
Non l’avrei fatto comunque.
Fammi perdere i sensi e allontaniamoci, così potrò spiegarti tutto.  Cercheranno di attaccarti mentre lotti con me, quindi stai attenta.
Andrea allora tolse il mantello che lo avvolgeva, estrasse le spade che portava sulla schiena e si lanciò su Lilian. Ma la ragazza aveva già estratto la katana e bloccato i fendenti, con conseguente clangore. Lily allora cercò di colpire il ragazzo con i piedi, ma Andrea era già lontano, pronto al prossimo attacco.
Vuoi la guerra allora?
Il ragazzo sorrise, facendo roteare le due spade.
Te l’ho detto, dobbiamo essere convincenti.
Ma perché non mi hanno ancora attaccata?
Gli ho detto di lasciarti a me, di non mettersi in mezzo.
Ma sono venuti comunque.
La cerchia ristretta non ha voluto sentire ragioni. Sanno che sei più forte e potente di me.
Lily allora, con la mano libera, iniziò a scagliare uno dopo l’altro tutti i kunai verso Andrea che, con le due spade, scaraventava lontano. Ma nel mentre, la ragazza menò un fendente subito respinto ma talmente forte da incrinare leggermente le spade del ragazzo. Questi allora, mentre Lily si librava in aria, lanciò le spade verso di lei, estrasse la daga che portava legata alla gamba e attaccò.
Lo stridio delle due lame riempì le orecchie dei soldati che, a fatica, seguivano i movimenti aerei dei due ragazzi. Ad un certo punto atterrarono al centro della radura formata dagli uomini, che ora erano circa un’ottantina. Lily a un certo punto doveva aver perso katana e mantello e ora teneva in mano il pugnale che aveva legato alla cintura. Andrea era disarmato e si teneva il braccio sanguinante. Lily allora svanì in una nuvola di fumo, per poi ricomparire alle spalle del ragazzo. Andrea, aspettandoselo, si voltò indietreggiando, ma Lilian fu più veloce di lui e lo colpì alla nuca con l’elsa del pugnale. A quel punto il giovane stava per accasciarsi, ma la sua corsa verso il terreno venne arrestata da William che, assunta la sua forma naturale, si caricò il ragazzo sul dorso.
Portalo a casa.
Sei sicura?
Si. Tornerò appena posso.
Lilian intanto, conscia del fatto che i soldati stavano avanzando, accerchiandola, prese la pensante lancia che teneva sulle spalle e, dopo che William ebbe preso il volo con Andrea, iniziò a farla roteare con agilità. Una muta sfida ai soldati che continuavano a fissarla, con una lieve ombra d’ansia in viso. Mentre i primi dieci avanzavano, attaccandola su tutti i lati, fulmineamente, la ragazza riuscì a colpirli tutti al petto con un solo movimento della lancia. Al soldato più vicino riuscì a tranciare di netto l’addome. A questi dieci seguirono subito altri quindici, chi con un coltello in un occhio, chi decapitato, chi affettato. Lilian perse il conto. Si sentiva come intontita., presa com’era dalla battaglia. Poi un pensiero la disturbò.
E se avessero una famiglia?
Ne aveva ormai uccisi una trentina, ma altri soldati rimpiazzavano i caduti, quindi non ebbe altra scelta. Era stufa di uccidere gente a caso. Iniziò a ruotare la lancia sulla sua testa, generando una forte corrente d’aria, allontanando i soldati più vicini. Appena furono abbastanza lontani, Lilian incendiò la terra intorno a lei, creando così una barriera tra lei e i soldati. Colse così l’occasione, mentre ancora i soldati indietreggiavano chiedendosi da dove fossero spuntate le fiamme, aprì un portale ai suoi piedi per poi buttarcisi dentro e richiuderlo subito.
 
Non avendo pensato a dove atterrare, il portale pensò bene di farla sbucare nel bel mezzo dell’oceano Pacifico. Come faceva a sapere che era proprio l’oceano Pacifico? Non lo sapeva, tirava a indovinare. Sapeva solo che era in mezzo a qualche mare. E sentiva qualcosa solleticarle la gamba. Non avendo tempo né voglia di rimanere ancora a mollo, fece materializzare la porta sull’acqua. Non fu molto facile entrare dentro casa, considerando il peso delle armi rimaste e dei vestiti bagnati. La ragazza si ricordò di saper volare solo dopo aver chiuso la porta dietro di sé. Trovò William in salotto, trasformato in gattino, steso sul grosso e morbido tappeto blu che fissava Andrea, ancora svenuto, coricato sul divano.
Lily, sei tutta bagnata e puzzi di pesce.
Grazie della notizia, gattaccio. Ci arrivavo da sola.
Meow
Senti, continua a sorvegliarlo, ho un bisogno disperato di una doccia.
Va bene
Ma il ragazzo rimase svenuto per ore, tanto che Lily stava iniziando seriamente a preoccuparsi di averlo colpito troppo forte. William aveva pensato bene di andare a dormire nella sua mega cuccia e la giovane riusciva a sentirlo russare. Non aveva mai sentito un gatto russare, né aveva mai pensato che potesse farlo, ma non aveva di che sorprendersi ormai. Erano diversi minuti ormai, quasi un’ora ormai, da quando aveva preso il posto di Will e, seduta a gambe incrociate sullo spesso tappeto, guardava Andrea in attesa di un qualche segno di vita. Iniziava a pensare di avergli fatto un favore a colpirlo così forte; prima non aveva fatto caso alle pesanti occhiaie che gli infossavano gli occhi, agli zigomi più sporgenti, ai capelli disordinati, più disordinati del solito.  Solo in quel momento la ragazza si rese conto di star allungando una mano verso il viso del ragazzo. Non si era resa conto fino in fondo di quanto le fosse mancato, nonostante quello che sapeva. O che credeva di sapere. Avrebbe avuto delle risposte solo al suo risveglio. Lily allontanò dunque la mano, di scatto, per poi ripensarci e passare lievemente i polpastrelli sulla guancia di Andrea, ma la ritrasse subito. Si sentiva la mano in fiamme.
Decise che non aveva senso rimanere lì ad aspettare che si svegliasse e allora, incapace anche solo di concepire l’idea di mettersi a letto, si diresse in armeria. Si fermò solo un attimo sulla porta, per dare un ultimo sguardo all’intruso che le occupava il divano. Aveva un’espressione così beata in quel momento, sembrava così tranquillo, così lontano da qualsiasi cosa.
Lily sembrava aver rinunciato a cercare quel tipo di pace. Ci aveva provato in ogni modo, senza risultati. L’unica pace che conosceva era quella che la avvolgeva quando sprofondava nella lettura di un qualche romanzo o, da come aveva scoperto da poco, quando si allenava o combatteva. Non era sempre facile imporsi la fredda lucidità di cui aveva bisogno: molto spesso ultimamente, come qualche giorno prima, perdeva la calma e dava di matto, distruggendo qualsiasi cosa le di parasse davanti.
Mentre prendeva la lancia usata solo poche ore prima, si rendeva conto che non poteva continuare a reprimere la rabbia in quel modo, o non sarebbe più riuscita a prende il controllo di sé. La verità era che voleva sangue. Uccidere quegli uomini le aveva dato un piacere mai provato. Ogni ferita, ogni cadavere che provocava, sembrava riempire per un momento il vuoto che aveva dentro, il vuoto lasciato dalla sua famiglia. Però quel senso di pienezza durava sempre meno, e le sue mani continuavano a bramare sangue e morte e sangue e morte. Poi pensava a sua madre e le veniva solo da piangere.
Ancora una volta, come aveva sempre fatto da una vita, immaginò di strappare tutte quelle immagini che sembravano tappezzare le pareti del suo cervello, chiuderle in una scatola per poi prendere a calci la suddetta scatola. A ogni calcio immaginario alla scatola immaginaria, corrispondeva un affondo, una stoccata, un fendente a vuoto. Avrebbe dovuto procurarsi altri uomini di legno.
Le venne in mente un’espressione usata da Bukowski, non ricordava esattamente in quale poesia.
Fingo di capire, perché non voglio ferire nessuno.
Questa è la debolezza che mi ha procurato più guai.

Cercando di essere gentile con gli altri spesso mi ritrovo con l'anima a fettucce, ridotta ad una specie di piatto di tagliatelle spirituali.
Pensare a quello che restava della propria anima e immaginarlo ridotta a delle tagliatelle spirituali aveva un che di comico, stranamente. Ma forse stava solo impazzendo senza rendersene conto.
Stufa della lancia, prese i coltelli da lancio che non aveva utilizzato quella sera e iniziò, con quelli, a infilzare i bersagli liberi, cercando di colpire solo i cerchi bianchi. Pensò a una canzone che non ascoltava da tempo e iniziò a canticchiare il ritornello.
Stop and stare
Lo sto facendo da troppo tempo.
I think I’m moving but I go nowhere
La storia della mia vita.
Yeah I know that everyone gets scared
Ne hanno tutto il diritto.
But I’ve become what I can’t be, oh
Non posso cambiarlo.
Stop and stare
Continuo a farlo, non ho scelta.
You start to wonder why you’re ‘here’ not there
Chi voglio prendere in giro.
And you’d give anything to get what’s fair
Non è la cosa giusta da fare.
But fair ain’t what you really need
Dovrei tentare?
Oh, can you see what I see?
Non lo so...
L’ultimo coltello andò a conficcarsi al centro del bersaglio, mentre Lily si accorgeva dell’alba.
 
Mentre si preparava il caffè, Lilian pensava a quanto potesse adorare quel grosso micione alato. Sarcasticamente parlando
Il suddetto aveva pensato bene di svignarsela appena sveglio, dicendo che aveva un’improvvisa e profonda voglia di carne di gnu e che sarebbe stato più facile così, per lei, svegliare Andrea che continuava, imperterrito, a rimanere svenuto e riposare sul divano. Lily aveva protestato inizialmente, non sapendo bene perché, ma appena la porta si chiuse alle spalle di Will, la ragazza capì che non sapeva come comportarsi o cosa fare esattamente se il ragazzo si fosse svegliato. Mentre pensava a cosa avrebbe potuto fare o dire, riempì la sua maxi tazza con tutto il caffè della moca e iniziò a sorseggiarlo, dimenticandosi completamente dello zucchero. E del fatto che fosse bollente.
E quale sveglia migliore delle imprecazioni di una ragazza innervosita?
Come ogni uomo dal tempismo perfetto che si rispetti, Andrea scelse proprio quel momento esatto per aprire gli occhi. Della sera prima non ricordava granché, dopo il combattimento con Lily, solo qualcosa di soffice e caldo, aria calda, profumo di vaniglia e una vecchia canzone che non sentiva da tempo. A fatica riuscì a mettersi seduto e iniziò a stiracchiarsi. Erano giorni che non dormiva decentemente.
Finite le maledizioni, Lily si accorse di strani versi provenienti dal soggiorno, fece capolino dalla porta della cucina e vide Andrea che si passava entrambe le mani sul volto ancora assonnato.
Ciao
Come seguendo il suono della sua voce, il ragazzo si voltò nella sua direzione.
Ciao
Calò allora un effettivo e telepatico silenzio imbarazzante. Andrea non sapeva da che parte cominciare, Lily si era appena ricordata della ferita che aveva procurato la notte prima al ragazzo. Se ne era completamente dimenticata e, poiché Andrea aveva passato la notte a dormire su quel fianco, aveva coperto il braccio ferito, che aveva continuato a sanguinare ancora un po’ sul divano.  Iniziò allora ad avvicinarsi al ragazzo.
Andrea, il tuo braccio
Cosa? Ah già, è apposto, tranquilla. Guarisco più in fretta ora.
Del taglio, infatti, era rimasta solo una lieve crosta, come di un graffio poco profondo.
Sentendo queste parole, Lily alzò lo sguardo d’istinto, non sicura di trovare, al posto del solito color oro, un’iride argento nell’occhio destro del ragazzo. Eppure eccola lì.
Si sentì una stupida per essersi preoccupata per lui. Non ne aveva motivo. Era come lei.
Un altro silenzio calò, mentre i due ragazzi si guardavano di nuovo, più pesante dei precedenti. C’erano troppe cose a tenerli lontani al momento, Lilian non aveva altra scelta che prendere in mano la situazione.
‘Ehm, senti, credo che ti serva un bagno caldo. E’ da quella parte. Prenditi tutto il tempo che ti serve, intanto esco un attimo a prenderti dei vestiti.’
‘Okay, grazie Lily’
‘Figurati’
 
Quando dieci minuti dopo Lilian tornò a casa con diverse paia di pantaloni, felpe e magliette, sentì come un senso di sollievo nell’udire il suono dell’acqua del bagno. Non si aspettava certo che Andrea avesse già finito, però averne la conferma l’aveva tranquillizzata. Per il momento. Bussò alla porta e disse ad Andrea che lasciava i vestiti nuovi in camera sua, dove avrebbe potuto cambiarsi. Alla risposta affermativa del giovane, per non dare di matto al pensiero che ci fosse un ragazzo, quel ragazzo nel suo bagno, iniziò a preparare la colazione. In men che non si dica, preparò diverse pile di pancake e toast e caffè. Tempo di versare il caffè e Andrea era uscito dalla sua camera da letto. Aveva indossato anche lui una tuta nera e una maglietta grigia, forse leggermente stretta per lui ma non troppo. Rimase impalato davanti all’uscio, con un asciugamano tra i capelli ancora umidi, come in attesa di ordini. Lily allora gli fece cenno di avvicinarsi e sedersi mentre lei rimase in piedi, dall’altro lato del tavolo, a fissarlo.
Migliaia di pensieri le affollarono la mente.
Avrebbe provato la stessa sicurezza, la stessa pace che aveva già provato in passato vicino a lui?
Non era il caso di pensarci ora. Aveva un obiettivo. E non intendeva mancarlo. Quindi iniziò
‘Senti, non la reggo più tutta questa tensione. Spiegami che diavolo è successo.’
‘Da dove partire?’
‘Dal principio’
‘Ero retorico, Lilian’

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