Escaping the Arena

di stirlingite27
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Blackflag ***
Capitolo 3: *** Visioni di pioggia ***
Capitolo 4: *** Luna ***
Capitolo 5: *** Conversazioni ***
Capitolo 6: *** Attacco ***
Capitolo 7: *** Incontro ***
Capitolo 8: *** Conversazioni notturne ***
Capitolo 9: *** I Nexus ***
Capitolo 10: *** Guardia ***
Capitolo 11: *** Amore ***
Capitolo 12: *** Sapore di casa ***
Capitolo 13: *** Senso di colpa ***
Capitolo 14: *** Fuga ***
Capitolo 15: *** Discorso ***
Capitolo 16: *** La scoperta nella grotta ***
Capitolo 17: *** Sperduta ***
Capitolo 18: *** Chi siete? ***
Capitolo 19: *** La storia dei Rinnegati ***
Capitolo 20: *** Cookie ***
Capitolo 21: *** Una lezione sui Rinnegati ***
Capitolo 22: *** Disaccordo tra padre e figlio ***
Capitolo 23: *** Piani ***
Capitolo 24: *** Elios e Selene ***
Capitolo 25: *** Un rientro furtivo ***
Capitolo 26: *** Cambio di programma? ***
Capitolo 27: *** Gara di urla ***
Capitolo 28: *** Incontro segreto ***
Capitolo 29: *** La grande scoperta di Vinny ***
Capitolo 30: *** La cattura - Parte 1: Terrori notturni ***
Capitolo 31: *** La cattura - Parte 2: Lo scontro ***
Capitolo 32: *** La fossa dei leoni ***
Capitolo 33: *** Pensieri in caravan ***
Capitolo 34: *** Tempesta di sabbia ***
Capitolo 35: *** Il Serbatoio ***
Capitolo 36: *** Voci nella notte - Parte 1 ***
Capitolo 37: *** Voci nella notte - Parte 2 ***
Capitolo 38: *** Voci nella notte : Parte 3 ***
Capitolo 39: *** Il Dono ***
Capitolo 40: *** Danza ***
Capitolo 41: *** La mattina della danza ***
Capitolo 42: *** Reagisci ***
Capitolo 43: *** Mostri ***
Capitolo 44: *** La performance ***
Capitolo 45: *** Epilogo - Sette anni dopo ***



Capitolo 1
*** Intro ***




Intro

Il Deserto era vasto e spietato. Nessuno credeva davvero che la sabbia avesse una fine. Non c'era nulla oltre l'orizzonte, eccetto i corpi di coloro che avevano tentato di trovare una via d'uscita. In qualche modo, nonostante tutto, la gente aveva imparato a viverci. Certo, quella vita era dura e spietata quasi quanto la terra stessa, ma generazione dopo generazione, molti erano nati e morti nelle sabbie dorate.

Le diverse fazioni nel Deserto erano sempre in guerra. Le risorse in diminuzione e le comodità basilari le mettevano continuamente l'una contro l'altra e si distruggevano a vicenda senza pietà, prendendo quelli che sopravvivevano come schiavi. La maggior parte di questi non superavano qualche anno di duro lavoro e le uccisioni gratuite da parte dei loro padroni. Erano utili finché non lo diventavano più; agli occhi dei potenti, erano deboli e sacrificabili. Alcuni clan trattavano gli schiavi meglio di altri, comprendevano il potenziale di tenerli come liberi lavoratori, e tenere i loro propri schiavi lontani dal troppo lavoro. Gli schiavi servivano per lavorare e divertire, niente di più.

Molti di loro non riuscivano più a ricordare il tempo prima della schiavitù forzata. Le loro case erano ormai vaghi ricordi a cui un tempo avevano disperatamente provato ad aggrapparsi, prima di perdere qualsiasi speranza di poter ritornare. La maggior parte erano solo dei bambini quando erano stati "presi" (come dicevano i Padroni): i bambini vivevano di più, erano stati abituati fin da piccoli a seguire gli ordini. I loro fisici erano diventati forti negli anni di servizio. Al contrario dei più vecchi, che si ribellavano per poi essere puntualmente sottomessi dalle durissime condizioni, i bambini erano resistenti e facilmente sottomissibili.

Uno dei passatempi preferiti di molte fazioni era l'Arena, un luogo dove gli schiavi erano messi in mostra per il divertimento dei loro Padroni. L'Arena era sacra e temuta allo stesso tempo. Poteva dare a uno schiavo una vita di agi, o porre fine alla stessa. Pochi schiavi venivano scelti per l'Arena, solo quelli che dimostravano di essere forti resistevano all'interno dei cancelli. Altri erano brutalmente messi a morte per il puro scopo di intrattenere i Padroni e le fazioni.

Molti schiavi avevano provato a disertare, ad abbandonare la vita a cui erano stati obbligati. Avrebbero preferito affrontare quella regione selvaggia piuttosto che passare il resto della vita in schiavitù. Molti non andavano lontano, i Padroni erano sempre elettrizzati all'idea di mandare i disertori nell'Arena, dove i loro animali attendevano, affamati, uno spuntino. Altri, comunque, riuscivano a scappare, e non si ritrovavano mai più. Di solito non ci si aspettava che riuscissero a sopravvivere al Deserto; dopotutto, l'acqua e un riparo erano rare comodità. E le Fazioni non accoglievano bene i forestieri, soprattutto gli schiavi fuggitivi. Era una sentenza di morte ma, per molti di essi, una sentenza ben attesa. Almeno potevano controllare cosa fare oltre i muri delle fazioni. Avevano la libertà, anche se solo per un momento. Ne valeva comunque la pena.

Ultimamente, in una fazione periferica chiamata Enmity, aveva iniziato a circolare una voce nell'accampamento degli schiavi di un ex-schiavo e disertore che era fuggito dal Deserto, ed era sopravvissuto. Si sapeva poco di questo personaggio mitico, e c'era un dibattito sull'autenticità di questa persona, ma gli schiavi disperati si aggrapparono comunque alla diceria. Sapevano che le loro possibilità erano minime, le loro case erano state distrutte dagli Enmity, una delle fazioni più forti, appena tre mesi prima. Avevano appena iniziato a provare gli orrori che avrebbero costituito il resto delle loro vite. Qualsiasi speranza era preziosa, ogni sogno valeva la pena di essere inseguito.

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​Salve a tutti! Sono Doux_Ange, e adoro le traduzioni.
​Questa storia, come avete potuto vedere dalle note, è infatti una traduzione dall'inglese della fanfiction di Stirlingite27, un'autrice fantastica che potete trovare su Wattpad, con l'originale Escaping the Arena .
​E' una storia basata sul videoclip musicale della famosa violinista Lindsey Stirling (che adoro!) e che potete guardare qui > The Arena , in cui è presente anche Derek Hough (ballerino di Ballando con le Stelle nella versione americana).
​Sarò io a gestire questo account per lei, in quanto non parla italiano. Le farebbe moltissimo piacere sapere che cosa ne pensate! Quindi, se avete domande, non esitate a chiedere! Sarà felice di rispondervi.
​La storia è già completa, quindi aggiornerò abbastanza frequentemente.
​Spero che questa storia vi appassioni quanto ha appassionato me!

​Doux_Ange

 

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Capitolo 2
*** Blackflag ***


Capitolo 1 - Blackflag

 

"Kairos, non puoi proteggerla sempre," sussurrò aspramente una voce sommessa, sotto l'oscurità penetrante del cielo notturno del Deserto. "Non siamo più a casa, non è compito tuo proteggerla, devi pensare a te stesso."

 

Il più giovane dei due uomini fulminò il compagno con lo sguardo, quello non era un argomento di cui voleva discutere al momento. "Allora cosa dovrei fare, Raine? Lasciare che la scoprano? Che la mandino nell'Arena? Questi sono gli Enmity, non resisterebbe un giorno, lì."

 

Raine alzò gli occhi al cielo nel buio, grato che l'altro non potesse vederlo. "E se trovano te? Riusciresti a sopravvivere all'Arena? Saresti il miglior divertimento in assoluto per il Padrone, qui. L'erede dei Nexus?" L'uomo più grande iniziava a disperarsi.

 

"E lei, allora? Non è l'erede tanto quanto me, forse? Avremmo dovuto governare insieme. È sempre stato questo il piano, fin da quando ero bambino." Quella conversazione stava iniziando a stancare Kairos, temeva che quei giorni sarebbero arrivati, ma non poteva rischiare che qualcuno rivelasse la sua identità al Padrone degli Enmity, né tantomeno quella di lei. "E poi, se scoprono lei, di sicuro non ci metteranno molto a trovare me."

 

"È una donna!" strillò Raine, quasi urlando. "Non vale nulla, forse potresti usarla come merce di scambio? Se sapessero che è una Rinnegata, allora forse ti ricompenserebbero per averla consegnata?"

 

In un attimo, le mani di Kairos si chiusero attorno al grosso collo di Raine, con il viso premuto contro il suo l'orecchio, per dichiarare lentamente e deliberatamente, "Se dovessi trovarti di nuovo anche solo a pensare a lei come una Rinnegata, ti staccherò personalmente gli arti ad uno ad uno e ti lascerò come cibo per gli uccelli. Lei è la futura erede tanto quanto me. Questa non è la fine dei Nexus. O stai con noi, o morirai con tutta la fazione degli Enmity." Rilasciò il suo amico con una spinta. "Non voglio più sentir parlare di questa storia. Questo vale per tutti i Nexus. Dobbiamo aspettare fino a quando potremo andar via da questo inferno."

 

Il biondo lo superò senza dire altro, chiudendo la conversazione e lasciando Raine da solo nel buio, pieno di domande. Kairos pensava davvero che sarebbero riusciti a rovesciare i loro oppressori? O si trattava solo di un desiderio? Certo, qualcuno l'aveva già fatto, ma Enmity era una delle fazioni più forti, e una delle più crudeli. Sapeva che era suo compito sostenere il suo amico, ma aveva comunque paura di perdere la vita nel caso di una rivolta.

 

"Suppongo che andarsene combattendo sia meglio che andarsene da codardo," sussurrò tra sé tornando verso la sua tenda.

 

Il mattino successivo portò sul Deserto un cielo carico di nuvole pesanti. Gli abitanti sapevano che era inutile sperare che piovesse. I temporali erano pochi e distanti tra loro; l'ultimo era stato più di un anno prima. No, preferivano limitarsi ad apprezzare una giornata senza il sole soffocante e occuparsi ognuno del proprio compito.

 

"Quanti ce ne sono ancora?" Chiese la voce burbera del Padrone della fazione degli Enmity, Blackflag, al suo consigliere. Stava diventando sempre più irritabile e accaldato per via della soffocante aria umida di quella mattina. Detestava quei giorni nuvolosi, quando il cielo decideva di trattenere tutta la sua acqua.

 

"Circa 150, qualcuno in più, qualcuno in meno. Ce ne sono molti che sembrano abbastanza in forma, altri che invece non saranno molto utili."

 

"Peccato. I Nexus erano sempre stati buoni alleati, finché non sono diventati ingordi. Io non sopporto gli ingordi." Si fece una risata, dando una poderosa pacca sulla spalla al suo giovane consigliere. "Drew, inizia a suddividerli nei vari lavori, assicurati che ci siano uomini validi a sorvegliarli, non ho intenzione di diventare lo zimbello dell'Arena quando c'è qualcuno che diserta."

 

Mentre il vecchio Padrone zoppicò via per dedicarsi ad altre attività, Drew sentì addosso il peso di quello spaventoso compito. Non era mai stato incaricato di occuparsi di schiavi, prima, non era un lavoro a cui aspirava. Segretamente, non era d'accordo con quella pratica, ma non poteva andarsene in giro ad esprimere le sue opinioni ad alta voce. Se le restanti fazioni avessero collaborato invece di uccidersi a vicenda, forse avrebbero fatto dei progressi invece di vivere in quell'arcaico ciclo barbarico.

 

Aveva avuto la "fortuna" di avere quell'incarico di consigliere del Padrone Blackflag grazie al suo legame con il figlio più giovane del capo. Erano stati amici d'infanzia ed erano diventati migliori amici col tempo. Quando il precedente consigliere di Blackflag era stato spedito nell'Arena per aver mentito al Padrone, Drew aveva ricevuto la nomina. Aveva assunto quel ruolo con cautela, dopotutto gli aveva guadagnato una vita di agi nel Deserto, ma comportava molte responsabilità e pericoli. Lui stesso rischiava l'Arena se avesse sbagliato, nemmeno il suo migliore amico avrebbe potuto salvarlo se avesse fatto arrabbiare Blackflag.

 

Guardò verso il mare di tende che ospitavano gli schiavi. Ce n'erano così tanti. Aveva visitato i Nexus da piccolo, insieme a Blackflag e i suoi figli. La fazione era un gruppo abbastanza pacifico, alleato con molti altri. Una fazione neutrale, in un certo senso. Drew ricordava che avevano operato bene, avevano trivellato a fondo nel terreno e avevano trovato una riserva d'acqua. L'avevano perfino condivisa con gli Enmity diverse volte. Ma dopo un anno senza pioggia, la riserva naturale aveva iniziato a diminuire, e il Capo dei Nexus, Eos, aveva dovuto smettere di condividere. Blackflag non l'aveva presa bene, e l'aveva considerato come un atto di avidità. Eos, suo amico da lungo tempo, aveva cercato di spiegarli la situazione ma aveva incontrato le ire di Blackflag e il suo infantile bisogno di vendetta. Quasi l'intera fazione era stata spazzata via in pochi giorni. Blackflag personalmente aveva issato la testa di Eos su un palo come avvertimento per il resto del gruppo.

 

Drew provò a non pensare a quel giorno. La sua fazione aveva festeggiato il suo "coraggioso" Padrone. Aveva applaudito la sua sete di sangue e condiviso la sua decisione di "porre fine agli ingordi Nexus". Dopotutto, loro erano gli Enmity, la più temuta tra le fazioni. Drew non aveva mai condiviso quel modo di pensare, non credeva nella violenza. Alla fine, non risolveva nulla ma feriva molti.

 

"Di nuovo a sognare ad occhi aperti, amico? Non farti beccare da mio padre." Una voce interruppe i suoi pensieri.

 

"Non lo saprà a meno che qualcuno non vada a dirglielo." Drew sorrise al suo amico. "Non che debba preoccuparmi che tu faccia una cosa del genere, vero, Gavi?"

 

Il figlio più giovane di Blackflag rise prima di spettinare scherzosamente i capelli di Drew. "Mio padre ormai si è ritirato per la giornata, quest'umidità soffocante è troppo per le sue vecchie ossa. Probabilmente sta inseguendo qualche povera concubina nel suo alloggio mentre parliamo."

 

Drew rise forte, probabilmente Gavi aveva ragione. Non era un segreto che il Padrone avesse una schiera di amanti al suo servizio.

 

I due amici rimasero in silenzio per un po', Drew tornò ai suoi appunti mentre Gavi osservava l'accampamento svegliarsi alle prime luci del mattino. "Pensi che siano là fuori?" Chiese infine a voce bassa.

 

Drew, capendo a cosa si riferisse l'amico, si strinse nelle spalle. "Non li vediamo da quando eravamo bambini, non saprei nemmeno che aspetto abbiano ora. Perché?" Si girò verso Gavi. "Tu credi di sì?"

 

Gavi fece spallucce con un sorriso d'intesa. "Lo spero, se non altro per il loro bene."

 

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Capitolo 3
*** Visioni di pioggia ***


Capitolo 2 - Visioni di pioggia

 

Kairos attraversò con calma l'accampamento degli schiavi, facendo del suo meglio per non attirare troppo l'attenzione su di sé. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era farsi beccare in atteggiamenti sospetti da uno dei tirapiedi di Blackflag. Faceva quel tragitto ogni mattina, per assicurarsi che lei fosse ancora lì dove l'aveva lasciata, al sicuro, o quanto più al sicuro potesse essere in quella situazione.

 

Dopo i primi mesi lì, i Nexus sopravvissuti avevano imparato a trattarlo come chiunque altro, gli avevano perfino dato il nome Derek per nascondere la sua identità. Gli uomini di Blackflag erano stati informati sul suo nome, ed erano stati incaricati di tenere gli occhi aperti. Lui rappresentava una minaccia per la fazione degli Enmity, avrebbe potuto facilmente unire gli schiavi della sua fazione, insieme agli altri schiavi già presenti e rovesciare i tiranni.

 

Arrivato nella parte più lontana dell'accampamento, Kairos entrò silenziosamente nella tenda che aveva scelto personalmente per lei: era vicina al confine, abbastanza lontana dagli sguardi indiscreti delle guardie, ma comunque circondata da persone di cui si fidava.

 

"Era ora che ti facessi vivo," lo accolse lei con un sorriso divertito. "Pensavo che tutte quelle discussioni notturne con Raine avessero avuto la meglio su di te, alla fine." Kairos alzò gli occhi al cielo. "Quante volte devo dirti di rimanere nella tua tenda di notte? È pericoloso. E se una guardia ti avesse vista, Linds?" Le si avvicinò per poi stringerla a sé.

 

"Per favore, ho passato tutta la vita sotto le stelle, non è un problema per me, restare nascosta; tu, invece, beh, parli forte. E anche Rainey." Lo abbracciò in fretta per poi danzare fuori dalle sue braccia. "Verrebbe da pensare che uno che è nato sotto la pioggia, e che ha un nome così onorevole, dovesse essere più ottimista."

 

Kairos rise. Il suo più vecchio amico era nato anni prima durante un raro temporale, da qui l'origine del suo nome. I Nexus avevano considerato la nascita del bambino come un segno di buon auspicio, e lui era cresciuto viziato e grasso. Ma nemmeno lui evidentemente riusciva a mantenere costante la pioggia.

 

"Pioverà presto." Disse la ragazza dai capelli rossi con un sorriso, mentre volteggiava all'interno della minuscola tenda, facendo ridere le sue compagne di fronte allo spettacolo.

 

"Come no, c'è solo un cielo pesante, è da un anno che non piove." Kairos si sedette in fondo alla tenda e prese un coltellino dalla tasca, iniziando ad affilare la lama per poi testarla sui polpastrelli. All'improvviso un pensiero gli attraversò la mente. "O sai che pioverà?" Si alzò di scatto. "Lindsey, l'hai visto?"

 

La rossa ridacchiò. "Forse. Non ne sono sicura, però. Il messaggio era confuso."

 

L'uomo pensò alla possibile visione. Di certo non era niente di nuovo per Lindsey, averle. Le aveva sempre avute, da quello che lui ricordava, e quand'erano bambini ne era terrorizzata, ma suo padre riusciva sempre a tranquillizzarla in fretta. Era quello il motivo iniziale per cui Eos aveva deciso di tenerla. I Rinnegati erano di per sé difficili da trovare, ma trovarne qualcuno con un'abilità utile era quasi impossibile.

 

"È l'unica che hai avuto?" Incalzò lui. "Ne hai avuta qualcuna positiva? Lindsey, fermati e rispondimi!" Non intendeva arrabbiarsi con lei, ma a volte la sua energia era fin troppa anche per lui, soprattutto quando aveva bisogno di risposte.

 

Lei smise di muoversi e gli lanciò un'occhiata rabbiosa. "Non sono una scimmia da intrattenimento, Kai. Sai che ti racconto ogni visione che ho, lo faccio sempre. Non posso controllare quando arrivano, e di certo non posso controllare il loro contenuto. Se potessi, dubito che saremmo nella situazione attuale." La voce le si spezzò verso la fine della frase, sentendosi responsabile per l'attacco ai Nexus. La visione dell'assalto era arrivata troppo tardi.

 

Kairos si addolcì. Sapeva che quello era un tasto dolente per lei. Sapeva come si sentiva in caso di attacchi e per via del suo ruolo nel non riuscire a prevenirli. Probabilmente c'era anche qualcuno tra la sua gente che la incolpava per non averli avvertiti prima. Nessun Rinnegato riesce a restare fedele ad un'unica fazione, avevano sussurrato durante la marcia nel deserto verso la loro nuova casa. Era facile voltare le spalle a qualcuno di cui in precedenza si erano fidati in casi come quello.

 

"Mi dispiace, non è questo che intendevo." Fece un passo in avanti prendendole la mano. "Perdonami, Linds, ho solo bisogno di risposte."

 

Lei appoggiò la testa sul suo petto e chiuse gli occhi. "Non ne abbiamo forse bisogno tutti? Voglio andarmene via da qui quanto te. Sai che non sto bene negli spazi chiusi. Voglio essere libera."

 

I Rinnegati erano sempre stati i nomadi del Deserto, persone libere che uscivano raramente allo scoperto. Quando avevano trovato Lindsey, lei era solo una bambina, ma gli anni passati a incidere quello stile di vita nel DNA dei suoi antenati le avevano reso difficile adattarsi a quel modo di vivere sedentario. Lei apprezzava i Nexus per averla accolta, ed Eos aveva fatto del suo meglio per placare la sua irrequietezza consentendole di danzare ed esplorare il deserto intorno alla loro fazione. Aveva passato molto del suo tempo a cercare silenziosamente la sua gente, ma perfino lei sapeva che era una sfida impossibile, non stavano mai a lungo in un unico luogo, e raramente tornavano una volta andati via. Kairos la strinse delicatamente, temendo che scappasse improvvisamente dalla sua presa e fuggisse via nel Deserto. Se qualcuno era in grado di sopravvivere là fuori, era proprio lei. Ma lui aveva passato tutta la vita a tenerla al sicuro. Il giorno dell'attacco aveva giurato a suo padre e sua madre che l'avrebbe tenuta lontana dal pericolo, e aveva intenzione di mantenere l'ultima promessa che aveva fatto loro.

 

"Riuscirò a farci andare via da qui, Linds, tutti noi. Possiamo creare una nuova fazione. Sappiamo come vivere in questa terra, sappiamo come ricavare acqua. Dobbiamo solo riuscire ad andare via."

 

Lindsey si allontanò appena, spostando una ciocca davanti agli occhi di lui. "Sarai un Leader forte, Kairos, come tuo padre; non un Padrone come tutti gli altri, ma un Leader. Ci guiderai verso il futuro del Deserto, senza guerre, senza schiavi. Non ho bisogno di una visione per saperlo."

 

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Capitolo 4
*** Luna ***


 

Capitolo 3 - Luna

 

Drew controllò stancamente la lista in crescita, chiedendosi improvvisamente perché avesse accettato quell'incarico. Non è che fosse poi così tanto qualificato. Certo, aveva il vantaggio di saper leggere e scrivere, una capacità sempre più rara tra gli Enmity, ma nient'altro. Aveva studiato con Gavi, e di certo essere il migliore amico del figlio di un Padrone aveva i suoi pregi, ma c'erano altre persone più grandi e con più esperienza che avrebbero potuto avere il suo ruolo.

Si voltò verso il suo amico, che era impegnato ad osservare alcuni schiavi litigare per un po' d'acqua. Era una scena decisamente triste. Gli schiavi erano gli ultimi a ricevere provviste, e se uno di loro diventava ingordo, provocava scompiglio generale.

"Pensi che dovremmo fermarli?" sussurrò Drew. Non era uno per la violenza, ma era meglio che il litigio non sfociasse in una rissa.

Gavi annuì brevemente, e stava per intervenire quando una figura minuta bloccò le loo intenzioni.

"Risolverete qualcosa, così? Litigare per una brocca d'acqua?" chiese un'autoritaria voce femminile. "Siete caduti così in basso da comportarvi da barbari come il resto del Deserto?" La ragazza dai capelli rossi incrociò le braccia con stizza. "Mostrate un po' di rispetto per la vostra fazione."

I due uomini smisero immediatamente, abbassando leggermente la testa e mormorando una scusa, poi uno porse la brocca all'altro, che bevve un lungo sorso per poi passarla di nuovo all'altro, così che bevvero entrambi.

La ragazza sorrise. "Così mi piace. Eos sarebbe orgoglioso."

I due le fecero un piccolo sorriso, che svanì non appena notarono la presenza di Drew e Gavi. Si misero subito tra lei e gli uomini di Enmity, che erano scioccati dalla scena a cui avevano appena assistito. Non avevano mai visto una donna dominare così degli uomini. C'erano un paio di fazioni nella parte più lontana del Deserto che erano governate da donne, ma erano piccole e insignificanti e a nessuno dei due era mai stato permesso di andarci. Chi era questa donna Nexus? Perché era così importante da osare rivolgersi a un uomo in quel modo?

Lei sorrise voltandosi a guardare i due. "Scusate, è che a volte gli uomini non sanno cosa significhi condividere." Abbassò in fretta la testa. "Chiedo perdono." Mormorò infine, come se si fosse resa conto solo in quel momento di aver parlato senza permesso.

Gavi spalancò la bocca. Sapeva chi era quella ragazza. Avrebbe riconosciuto quegli occhi azzurri ovunque. Nessuna meraviglia che fosse stata così autoritaria, era cresciuta in quel modo. Lanciò un'occhiata a Drew, che sembrava all'oscuro di tutto. Gavi non voleva rischiare di far saltare la sua copertura, avrebbe rovinato completamente il piano.

"Qual è il tuo nome, donna?" abbaiò Drew, leggermente frustrato per il fatto che lei si fosse rivolta in modo così deliberato a degli uomini, figuriamoci a quelli della sua nuova fazione.

Lei tenne la testa bassa, senza incrociare il suo sguardo. Sapeva che avrebbe dovuto trattenersi, Kairos l'aveva avvertita, ma alcune abitudini erano dure a morire.

"Li-Luna," balbettò, usando il nome che lei e Kairos avevano scelto durante il lungo viaggio tra la sabbia.

"Luna? Voi Nexus avete davvero dei nomi strani. Immagino che tu abbia qualche stupida storia superstiziosa da associarvi?" Chiese Drew. Non intendeva essere così cattivo nei suoi confronti, Luna era un nome bellissimo, in realtà. Gli erano sempre piaciute le storie di come i bambini Nexus ricevevano i loro appellativi, storie che aveva sentito quando era andato a trovarli da piccolo, ma doveva dimostrarsi duro. Non poteva mostrarsi debole di fronte agli schiavi, quella era stata una delle prime lezioni di Blackflag.

La ragazza annuì, sempre senza alzare gli occhi. "Sono nata con la luna piena," sussurrò. Quella parte in effetti era vera. Ma i Rinnegati non usavano i nomi allo stesso modo dei Nexus, Lindsey aveva ricevuto il suo direttamente alla nascita, ma non sapeva cosa significasse. Le tradizioni e i costumi dei Rinnegati erano sconosciuti alle altre fazioni, e lei era stata troppo piccola per ricordarsene quando Eos e sua moglie l'avevano trovata.

"Cosa ti fa pensare di poterti rivolgere in quel modo a degli uomini, Luna?" insistette Drew. "Qui tra gli Enmity un simile comportamento può essere un buon motivo per mandarti nell'Arena."

L'intero gruppo trattenne il fiato, e il colore scivolò via dal viso di Lindsey, che aveva soltanto cercato di mitigare una disputa tra la gente della sua fazione. L'Arena era una delle sue paure più grandi, sapeva che non sarebbe riuscita a sopravvivere in un ambiente così ostile.

"Tra i Nexus, le nostre donne sono trattate con rispetto, trattate da pari. Eos era un grande Leader che comprendeva il valore dell'uguaglianza."

Disse uno degli uomini vicino a Lindsey. Tecnicamente, quella era una bugia, anche se tra i Nexus le donne contavano più che nelle altre fazioni. Non erano considerate alla pari degli uomini, ma di certo erano trattate meglio e con più rispetto. Nel caso di Lindsey, beh, la sua era una circostanza speciale.

Drew non apprezzò di sentirsi parlare a quel modo dai nuovi schiavi, era abituato a voci tremanti e gesti rispettosi; dopotutto, il suo era un titolo importante.

I Nexus erano così diversi dagli Enmity, avevano cittadini più istruiti, e con più istruzione venivano più opinioni. Aprì la bocca per rimproverare ulteriormente gli schiavi, ancora stizzito dal modo in cui Luna gli si era rivolta.

Gavi però lo fermò. Non voleva che la situazione precipitasse. Nessuno dei due aveva bisogno di farsi dei nemici nel nuovo gruppo, se avevano ancora intenzione di mettere in atto il loro piano in futuro. Drew aveva temporaneamente dimenticato la sua posizione. Difficile ingoiare il risentimento. Per quanto volesse negare la sua discendenza Enmity, era comunque cresciuto in quell'ambiente, era nella sua natura e nel suo sangue.

"Penso che abbiamo trovato ottimi uomini come cercatori di provviste, tu no, Drew? Forti e intelligenti, esattamente ciò di cui hanno bisogno lì fuori." Gavi cambiò argomento, cercando di riportare l'amico sul giusto binario prima che facesse qualcosa di stupido. Drew arrossì appena, imbarazzato per aver sbottato in quel modo; conosceva il piano, ma la sua testa calda era difficile da tenere a bada. "Sì, voi due, come vi chiamate?"

"Alexios," disse l'uomo a destra, gonfiando il petto scuro con orgoglio.

"Argus," fece quello a sinistra, facendo anche lui un passo avanti.

Per una frazione di secondo, Drew ebbe l'istinto di chiedere ai due l'origine del loro nome. Anche se sapeva fosse inappropriato, continuò a chiederselo.

"Bene. Argus, Alexios, voi sarete con mio fratello Vincent e i suoi uomini. Il vostro compito è complesso e laborioso. Ma sarete premiati per il vostro lavoro se sceglierete di svolgerlo correttamente, in caso contrario verrete puniti." Li informò Gavi.

Il metodo per impedire a molti schiavi di disertare era quello di dar loro incentivi e punizioni per il lavoro svolto. Un lavoro fruttuoso produceva maggiori razioni... far arrabbiare il Padrone causava non solo una spedizione all'Arena, per le infrazioni più gravi, ma anche una trattenuta sulle razioni. La maggior parte degli schiavi non sopportavano l'idea di causare una tale disgrazia ai loro compagni. Se c'era una cosa certa a proposito della gente del Deserto, era proprio la lealtà nei confronti della propria fazione.

Argus e Alexios annuirono, evitando di discutere i nuovi ordini. Era stata data loro una delle più "nobili" professioni destinate agli schiavi, i cercatori di provviste godevano di molte libertà.

"Per quanto riguarda te, Luna..." cominciò Drew, che aveva già scelto una posizione più sgradevole per lei.

"Tu sarai una sarta!" lo interruppe Gavi, intuendo le intenzioni di Drew. Non poteva permettergli di farle fare qualche lavoro difficile o pericoloso.

Drew gli lanciò uno sguardo infastidito, non avendo ancora compreso l'identità di Luna. Immaginò soltanto che all'amico piacesse la nuova schiava, non sarebbe stata la prima volta. In ogni caso, annotò il suo nome nella sezione riservata alle sarte sul suo quaderno.

"Si entra in servizio all'alba. Niente ritardi." Girò sui tacchi risentito e andò via di malumore.

Gavi sorrise un'ultima volta a Lindsey prima di voltarsi e correre dietro al suo amico.

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Capitolo 5
*** Conversazioni ***


 

Capitolo 4 - Conversazioni

 

Dire che Kairos fosse seccato sarebbe stato un eufemismo. Era furioso. Non le aveva forse detto centinaia di volte di stare attenta? Non erano più a casa, adesso le cose erano diverse e non poteva permettersi di tirar fuori la sua vera indole. Dava la colpa anche ad Argus ed Alexios, i due fratelli avevano sempre avuto un brutto carattere e tendevano a scontrarsi spesso. Litigare per l'acqua, che cosa stupida. Fortunatamente per loro, non era più nella posizione di poterli punire.

Si avviò silenziosamente verso la tenda di Lindsey, e lungo il tragitto fece del suo meglio per attenuare la rabbia, sapeva che non sarebbe andato da nessuna parte se le avesse fatto una sfuriata.

"Buongiorno, Derek." lo salutò una delle ancelle e compagne di Lindsey quando entrò nella tenda soffocante, facendo attenzione a usare il nome fittizio. Non si poteva mai sapere, chi potesse stare a sentire fuori da quelle mura.

"Buongiorno," rispose con tono distratto. "Dov'è scappata, stavolta?"

"Sono qui," fece Lindsey dal fondo della tenda. Era ancora distesa a letto, o per meglio dire su ciò che erano costretti a usare come letto, una scena inusuale. In genere, la ragazza aveva fin troppa energia per riuscire a stare coricata a lungo.

Kairos dimenticò immediatamente di essere arrabbiato. Quel sentimento fu rimpiazzato dalla preoccupazione per la sua più cara amica. Attraversò di corsa la stanza, inginocchiandosi poi accanto al giaciglio improvvisato sul terreno duro e prendendole la mano.

"Stai bene, Linds?"

Lei ridacchiò e sorrise rassicurante. "Sto bene, Kai, non sono malata. È solo che ultimamente non ho dormito molto. La notte mi tenta troppo."

"Ho sentito del tuo incontro con il consigliere e il figlio del Padrone."

Lei rise di nuovo. "Una parte di me era sorpresa che tu non fossi saltato fuori dall'ombra per tentare di salvarmi. Apparentemente, sarò una sarta. Delia ed Elene verranno con me."

L'umore di Kairos migliorò leggermente. Lindsey era brava a trovare del positivo in ogni situazione. "Beh, almeno loro hanno esperienza. Detesterei vedere i vestiti che cuciresti con queste mani." Strinse le mani delicate di lei nelle sue, mani che non avevano mai provato giorni di vero lavoro in tutta la sua vita.

"Il consigliere mi ha minacciato con l'Arena, Kai." sussurrò lei. Lui la sentì appena.

Aveva già saputo della minaccia, glielo aveva detto Argus. Una parte di lui avrebbe voluto torcere il collo al consigliere, magari un giorno ne avrebbe avuto l'occasione. Ma per il momento, era esattamente dove avrebbe dovuto essere, lì con lei, a scacciare le sue paure come aveva sempre fatto.

"Non succederà mai," le sussurrò. "Linds, sarai al sicuro, ma devi cercare di non attirare l'attenzione. Le persone qui non comprendono una donna che detiene il potere. È una cosa che disprezzano e temono."

Gli occhi di lei avevano iniziato a riempirsi di lacrime, e lui sapeva che era questo il vero motivo per cui era rimasta a letto per tutto il pomeriggio. Era un trucco che aveva usato fin da quando era piccola, per chiudere il mondo fuori e nascondersi sotto le coperte. Poche cose ormai la facevano correre al suo rifugio, ma quando succedeva, si trattava sempre di qualcosa che la terrorizzava.

"Papà mi ha cresciuta troppo indipendente." disse lei, tirando su col naso.

"Qualcuno direbbe che ti ha viziata." Kairos sorrise quando lei fece una risatina.

"Solo tu." replicò, divertita. Era bello poter scherzare di nuovo con Kairos, la faceva sentire di nuovo a casa, e non lì in quel posto orribile. Gli diede un colpetto giocoso, alzandosi dal letto. Kairos aveva sempre quel tocco magico che riusciva a farla sentire meglio.

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Quella sera, Gavi camminava per i corridoi della casa di suo padre. Le tende dipinte si muovevano per via del vento leggero, regalando alla stanza torrida un po' di frescura.

Le case degli Enmity erano vecchie, piccole capanne fatte di argilla ricavata dalla sabbia. Fortunatamente per la sua fazione, una grande montagna piena di caverne aveva fornito ulteriori ripari per i cittadini. Nel tempo il monte era stato tagliato e modellato, trasformandolo in una casa funzionale per la popolazione. Era una comodità che aveva probabilmente salvato la fazione in più di un'occasione.

La casa di Blackflag era sull'orlo della montagna. Una grande struttura che fungeva da entrata alla residenza del Padrone era stata costruita davanti alle rocce, ed era sorvegliata da due guardie. Non che qualcuno fosse così stupido da minacciare il crudele Signore.

Gavi fece un cenno alle guardie entrando nella casa della sua infanzia; a sedici anni gli erano stati consegnati i suoi appartamenti personali più all'interno della caverna. Era un erede di riserva, non troppo importante, ma abbastanza da permettergli di vivere comodamente. Aveva sempre odiato la residenza di suo padre, era appariscente ed eccessiva, così come aveva voluto ogni moglie di Blackflag.

Gavi trovò il padre seduto nella grande sala da pranzo. Non era proprio enorme, ma era abbastanza ampia da poter contenere buona parte della classe più alta degli Enmity. Blackflag adorava intrattenere i suoi ospiti con feste sontuose e molto alcol. Ma la sua forma di divertimento preferita erano solitamente gli schiavi, che amava "far allenare per l'Arena" sul suo palco personale.

"Buonasera, padre." salutò Gavi, abbassandosi ad accarezzare Riffraff, il cane del genitore. Il cucciolo scodinzolò felice per l'attenzione ricevuta.

Blackflag alzò appena lo sguardo dagli appunti del suo consigliere per salutare il figlio. "Vinny."

"A dire il vero sono Gavi, padre, ma apprezzo lo sforzo." Il giovane si sedette alla sua sinistra. Blackflag non gli aveva mai prestato molta attenzione, i due si scontravano spesso su questioni di politica e gestione sociale. Gli altri figli raramente osavano contraddirlo, soprattutto Bram, il più grande e l'erede al trono.

L'uomo più anziano lanciò uno sguardo stanco al figlio più giovane, quello che più gli somigliava. Probabilmente l'unico che sia davvero mio. Le madri degli altri erano tutte puttane.

"Cosa ti porta qui alla mia tavola, Gavi? Non mi dirai che correre dietro al mio consigliere ti abbia improvvisamente annoiato? Sono sicuro che a uno dei tuoi fratelli tornerebbe utile una mano nel deserto."

Gavi e Blackflag si scontravano anche sulla sua resistenza al non voler essere un cercatore di provviste come i fratelli. Blackflag non capiva proprio l'utilità delle imprese politiche che il figlio aveva scelto. Non comprendeva il fascino che gli schiavi esercitavano su di lui.

"Sono certo che non dite davvero, padre, detesterei rovinare la mia pelle candida passando le mie giornate a marcire nella sabbia." disse sarcastico Gavi, non che a Blackflag importasse sul serio, non dava mai importanza alle sue opinioni.

Il padre sospirò pesantemente prima di voltarsi verso di lui. "Sei davvero il degno figlio di tua madre, nessuno su questa miserabile terra mi ha dato il dolore che voi due mi procurate."

Quest'affermazione fece sorridere e riempire d'orgoglio Gavi, che considerava un complimento essere paragonato alla sua cara madre, ed era stato un complimento, da parte di Blackflag, dirlo. Bella era morta quando Gavi aveva dieci anni, ed era stata l'unica donna che Blackflag avesse mai davvero amato. Quand'era morta, qualcosa dentro di lui si era spezzato e mai riparato. Perfino la sua relazione con il figlio che allora preferiva si era deteriorata. Adesso erano estranei.

I due rimasero in silenzio, tranquilli. Gavi era abituato al silenzio, era decisamente meglio che litigare, e in quei momenti immaginava il padre com'era stato quand'era piccolo. Niente litigi, niente delusioni.

"Li hai visti?" chiese infine Blackflag. Era da quando gli schiavi erano arrivati, mesi prima, che moriva dalla voglia di fargli quella domanda. Se c'era qualcuno in grado di riconoscerli, quello era proprio Gavi.

Il ragazzo si appoggiò allo schienale della sedia, studiando il volto del padre. In effetti, era sorpreso che lui gliel'avesse chiesto così spudoratamente. Davvero si aspettava che gli dicesse la verità?

"No, Padre. Credo che siano morti."

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Capitolo 6
*** Attacco ***


Capitolo 5 - Attacco
 
Flashback
 
"Guardate e piangete, signori!" gongolò Lindsey, adagiando drammaticamente le proprie carte sul tavolo.
 
Un coro di lamenti frustrati echeggiò nella stanza. Lindsey stava vincendo ogni singola mano, quella sera.
 
"Stai barando! Ne sono sicuro!" imprecò Raine gettando le sue carte sul tavolo. "Non è davvero possibile che continui a vincere!" La prendeva sempre male ogni volta che perdeva soldi, soprattutto con Lindsey.
 
La ragazza non replicò, mentre ridacchiava tirando platealmente a sé i soldi per aggiungerli al già cospicuo cumulo.
 
"Piantala, Raine, sei solo geloso che la ragazzina ti stia battendo tutte le volte!" lo prese in giro Argus.
 
"Già, Rainey!" rise forte Lindsey, mentre le orecchie dell'uomo si facevano rosse.
 
La stanza si riempì di risate. Era sempre bello riuscire a trovare una serata per giocare a carte. Tutto il gruppo negli ultimi tempi era stato impegnato con la fazione. L'acqua diminuiva e la popolazione aveva iniziato a farsi prendere dal panico. Ognuno di loro aveva il compito di cercare di tenere calmi tutti. Era una situazione che li aveva messi a dura prova. Le sere in cui riuscivano a rilassarsi erano quindi molto apprezzate.
 
"Non capisco come faccia ad essere così brava!" grugnì Raine mescolando le carte. "Kairos, spero che tu non la stia aiutando di nuovo."
 
Lindsey e Kairos si scambiarono uno sguardo divertito, non sarebbe stata la prima volta che i due avessero fatto comunella contro tutti gli altri. "Non stasera, Rainey." lo rassicurò Kairos.
 
Iniziò a farsi tardi, e il gruppo smise di giocare a carte per sedersi attorno a un enorme falò, gli uomini bevevano grandi sorsi dai loro bicchieri mentre Lindsey li intratteneva con storie delle sue avventure notturne.
 
"E quindi me ne stavo lì, sotto il cielo nero come l'inchiostro, quando all'improvviso ho sentito un rumore dietro di me! Sembrava un bambino che piangeva," raccontava muovendo enfaticamente le mani come a illustrare la scena. "Sono saltata giù dalla Roccia e ho cercato per quelle che sono sembrate ore, e poi l'ho trovato! Un animaletto minuscolo, non più grande della mia mano, i suoi occhi sembravano essersi appena aperti. L'ho preso in braccio, quel povero piccolino tremava. Quando mi sono alzata per portare con me la povera creatura, ho sentito un sibilo dietro di me, e mi sono girata e ho visto quella che penso fosse la madre. Lei ha iniziato ad avvicinarsi lentamente, io ho messo giù il piccolino. In un attimo, lei è corsa lì, lo ha afferrato ed è fuggita via!"
 
"Almeno, questa volta non l'hai portato a casa." rise Kairos, abituato al vizio della compagna di prendere con sé ogni creatura selvaggia in cui si imbatteva durante le sue avventure attorno alla fazione. Eos e Vasílissa l'avevano avvertita un sacco di volte che gli animali selvatici non erano cuccioli da compagnia, ma ciò non le aveva impedito di continuare a portare di tutto dal deserto.
 
"L'avrei fatto, ma immagino che stesse meglio con la sua vera mamma, anche se sono sicura che Bubo e Artemus lo avrebbero adorato." Disse, riferendosi agli altri due animali che teneva con sé, un gufo e una piccola volpe del deserto che aveva trovato qualche anno prima.
 
Il gruppo rise, e ognuno tornò ai propri bicchieri. La notte era quasi giunta al termine e le prime luci del mattino stavano cominciando a mostrarsi in lontananza. Quello era il momento preferito di Lindsey, quando il mondo era silenzioso e un nuovo giorno stava per avere inizio.
 
Si adagiò contro Kairos, il corpo improvvisamente stanco, probabilmente per via di quel disgustoso liquore che gli uomini l'avevano convinta ad assaggiare durante la nottata. Non era una che beveva, ma a volte era piacevole rilassarsi. Con l'alba, sarebbe dovuta tornare ai suoi obblighi per aiutare la fazione, non che fosse un peso, ma comportava molto sudore e molti falsi sorrisi. Anche lei era preoccupata per via della carenza d'acqua, ma non poteva permettersi che la gente lo intuisse.
 
Rimase così per un po', iniziando ad appisolarsi al suono delle voci degli amici che discutevano degli affari della fazione.
 
All'improvviso, non era più seduta attorno al fuoco, al caldo e al sicuro tra le braccia forti di Kairos.
 
Si guardò intorno, urla e odore di fuoco la invasero. Poteva sentire la sua gente implorare pietà a qualche sconosciuto aggressore. Riusciva a vedere la sua stessa casa finire in fumo.
 
"Dimmi dov'è, Eos, e forse risparmierò questa maledetta fazione. Sarà il tuo riscatto per essere così avido." Sentì un uomo che non riconobbe dire al suo Leader e tutore. Eos guardò l'uomo negli occhi, e non aveva paura, anzi, al contrario sembrava coraggioso e deciso, come lei lo aveva sempre conosciuto.
 
"Amico mio, non c'è bisogno di fare tutto questo. La ragazza non ti sarà di nessuna utilità." Disse calmo Eos con fare diplomatico. "Noi Nexus condivideremo volentieri l'acqua non appena aumenteranno le scorte, stiamo trivellando ogni giorno nel terreno per trovare un'altra riserva, ma gli Dei non ci hanno più graziato con la pioggia, per questo non ne abbiamo più molta a disposizione. Devo pensare prima di tutto alla mia gente."
 
L'uomo dai capelli bianchi afferrò Eos per il colletto. "Consegnami quella maledetta Rinnegata." ringhiò.
 
Lindsey sussultò. Non succedeva spesso che altre fazioni sapessero della sua presenza tra i Nexus. Quelli che ne erano a conoscenza avevano provato a comprarla, rapirla e molte altre cose nel corso degli anni, ma nessuno era mai arrivato al punto da reclamarla così deliberatamente. Perché era così importante per quell'orribile Padrone? Le sue visioni non erano poi così spettacolari.
 
Eos guardò nella sua direzione e poi di nuovo il suo aggressore. "Morirò prima che tu la prenda."
 
Senza una parola, il Padrone tirò fuori un enorme coltello dalla tasca e tagliò la gola di Eos.
 
Lindsey non riusciva a muoversi, né a respirare. Aveva appena visto il suo guardiano morire. Per lei.
 
All'improvviso, qualcuno la scosse per svegliarla. In un attimo tornò al calore del fuoco. Kairos la teneva stretta a sé, sentiva le guance bagnate di lacrime e la gola in fiamme, di sicuro doveva aver urlato.
 
"Cosa c'è?" chiese Kairos, "Cos'hai visto?"
 
Lei lo guardò, la voce svanita. Non voleva ripetere gli orrori della visione che aveva avuto. Il respiro le veniva fuori a stento mentre cercava disperatamente di far tornare l'aria nei polmoni.
 
"Ti prego, Lindsey, dimmelo!" Kairos sembrava terrorizzato. Non aveva più avuto una visione del genere da molto tempo.
 
"A-attacco" fu tutto quello che riuscì a dire prima di perdere conoscenza e svenire tra le braccia di Kairos.
 
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Capitolo 7
*** Incontro ***


Capitolo 6 - Incontro
 
Kairos chiuse gli occhi mentre il vento soffiava nel deserto. Amava quella sensazione sulla pelle sudata. Aveva passato gran parte della sua vita al servizio della sua fazione, era abituato al duro lavoro, ma questo andava oltre ogni cosa avesse mai provato.
 
Gli scagnozzi di Blackflag facevano lavorare gli schiavi senza sosta. Si aspettavano risultati facendoli faticare dall'alba al tramonto, senza interruzioni. Le pause erano punite. Aveva già visto due compagni Nexus stramazzare al suolo per la stanchezza. Si erano limitati a trascinarli al bordo della loro postazione di lavoro in attesa che continuassero una volta ripresisi, se si fossero ripresi. Era tutto ciò che aveva potuto fare, impedendosi di correre da loro e assicurarsi che stessero bene.
 
Gli era stato dato il compito di costruire nuove case per la gente Enmity, le cui vecchie abitazioni si stavano sbriciolando nella sabbia. Per costruire, utilizzavano tutti i materiali che riuscivano a trovare, i cercatori di provviste e gli spazzini avevano portato molte cose diverse, come pesanti massi, pelli di animali, perfino barattoli di latta e altro disperso in giro per il Deserto.
 
Era contento che a Lindsey fosse stato assegnato il lavoro relativamente semplice di sarta. Almeno la sua postazione si trovava molto all'interno della caverna gigante che ospitava la gente più "facoltosa" di Enmity. Lì faceva più fresco ed era lontana dalla furia degli elementi. E soprattutto lontana dagli sguardi indiscreti di Blackflag.
 
Sapeva che lei era già sul radar del consigliere e del figlio di Blackflag a causa del diverbio di qualche settimana prima, ma non si erano più incontrati da allora. Quando non lavoravano, Kairos la teneva più vicina che mai, e per fortuna lei gli aveva dato ascolto e non aveva più attirato troppa attenzione su di sé.
 
"Per oggi può bastare." disse il capo cantiere. Avevano terminato i materiali disponibili, d'altronde molte cose stavano diminuendo nel Deserto.
 
Il gruppo tentò di non mostrare troppo la felicità per la notizia mentre tutti lasciavano cadere gli attrezzi e si mettevano in fila per essere riportati all'accampamento.
 
"Blackflag si arrabbierà," Kairos sentì mormorare una delle guardie mentre spingevano gli uomini in fila.
 
Lentamente, fecero il lungo tragitto attraverso la fazione degli Enmity fino alle loro tende nella parte più distante della proprietà. Kairos camminava a testa bassa come tutti gli altri, non voleva richiamare l'attenzione, ma era difficile non procedere a testa alta come gli era stato sempre insegnato di fare.
 
Quando gli uomini fecero il loro ingresso nell'accampamento, le donne uscirono dalle loro tende per accoglierli, il calore dei fuochi e l'odore di cibo si diffondevano nell'aria. Nei Nexus, le cene di gruppo come quella erano una consuetudine; le donne avevano quasi sempre tutto pronto quando gli uomini tornavano da lavoro, e quando erano giunti tra gli Enmity, non era cambiato nulla. La fazione che li aveva schiavizzati era sorpresa da tale pratica, il loro non era un gruppo molto socievole, le famiglie di solito rimanevano per conto loro e restavano ognuna accanto al proprio fuoco.
 
Kairos scrutò la folla in cerca di Lindsey, che di solito lo aspettava vicino ai cancelli d'ingresso dell'accampamento degli schiavi, ma quel giorno non la vedeva. Cercò di non pensare male, probabilmente era da qualche parte con Elene e Delia. Nelle settimane precedenti aveva provato a mettersi a cucinare. Le donne Nexus più anziane erano state restie a permetterglielo, non era giusto che una ragazza del suo rango facesse una cosa del genere. Alla fine avevano accettato, almeno fino a quando si erano rese conto di quanto fosse pessima come cuoca, e l'avevano spedita via dalle cucine dopo qualche giorno.
 
Attraversando il campo, Kairos si sentì quasi a casa, dimentico della stanchezza fisica e mentale. I profumi e il chiacchiericcio erano familiari, se non si soffermava troppo a guardare le tende squallide, certo. Fece un sospiro pesante. Quella era la sua gente, doveva trovare un modo per liberarla, e anche in fretta. Non era una vita per i Nexus, quella. Loro erano pacifisti, erano stati una società ben oliata, intelligente e innovativa. Erano stati i primi a scavare nel terreno e trovare l'acqua, i primi a piantare nel Deserto e ricavarne beni invece di prendere soltanto. E poi Blackflag e i suoi uomini erano arrivati e avevano rovinato tutto.
 
Mentre si avvicinava alla tenda di Lindsey, fu fermato da una mano sulla spalla. Si bloccò e si impose di non attaccare la persona dietro di lui.
 
"Schiavo, qual è il tuo nome?" chiese una voce autoritaria, che Kairos riconobbe senza però riuscire a identificarla.
 
Roteò gli occhi prima di voltarsi; chiunque fosse, era meglio non infastidirlo.
 
"Derek, signore." mentì, cercando di non suonare sarcastico. Dubitava che un atteggiamento ostile sarebbe stato utile nella sua situazione.
 
Riconobbe immediatamente l'uomo come il più giovane dei figli di Blackflag, ma non riusciva a ricordarsi il suo nome.
 
L'uomo gli sorrise, un sorriso che rese Kairos inquieto, come se l'altro sapesse perfettamente che stesse mentendo. "Proprio come pensavo. La tua presenza è richiesta stasera, dopo che farà buio. Vieni al confine dell'accampamento, ti aspetterò lì."
 
"E dove andremo, signore?" chiese Kairos, preoccupato dalla situazione.
 
Il figlio del Padrone sorrise di nuovo. "Faremo una chiacchierata, solo noi due, non preoccuparti." Con questo, lasciò la spalla di Kairos, allontanandosi senza dire altro.
 
Kairos non seppe cosa pensare. Non c'erano dubbi che l'uomo sapesse chi era davvero. Lo aveva rivelato a Blackflag? Quell'incontro era una trappola? Aveva bisogno di risposte ma aveva paura delle conseguenze.
 
Continuò il suo tragitto verso la tenda di Lindsey, la mente in subbuglio mentre i piedi lo guidavano avanti. Senza nemmeno accorgersene, arrivò alla sua destinazione. Lindsey gli corse incontro per accoglierlo, felice, come faceva ogni giorno, soprattutto quando gli permettevano di tornare prima del solito da lavoro, ma il suo viso si rabbuiò non appena vide l'espressione truce di Kairos.
 
"Kai?" chiese, senza nemmeno preoccuparsi di usare il suo falso nome, lui nemmeno se ne accorse per correggerla.
 
Non voleva spaventarla, ma aveva anche bisogno di parlare con qualcuno del suo incontro, e lei era l'unica persona di cui si fidasse. "Dobbiamo parlare." Lanciò un'occhiata alle sue ancelle, che corsero subito fuori lasciando i due da soli.
 
Immediatamente, le braccia di Lindsey si chiusero attorno al suo migliore amico, appoggiando la testa sul suo petto e stringendolo forte. Aveva sempre detestato vedere il suo Kairos preoccupato.
 
"Che succede?" sussurrò, sentendo le braccia di lui circondarle la schiena.
 
"Qualcuno sa chi sono," replicò lui a voce bassissima, sentendola trattenere il fiato e il suo abbraccio farsi più saldo. "Il figlio del Padrone, mi ha detto di incontrarlo dopo che farà buio."
 
"Pensi che sia una trappola?" La ragazza sentiva il cuore in gola, non riusciva a sopportare l'idea che Kairos venisse ferito, o peggio. In più, se riconoscevano lui, avrebbero presto trovato anche lei.
 
"Non ne sono sicuro. Mi ha detto che saremo solo noi, ma come si fa a fidarsi di un Enmity? Il figlio di quel traditore, per giunta?"
 
Lindsey bloccò le immagini di quello che Blackflag aveva fatto ad Eos davanti ai suoi occhi. "Non andare."
 
Kairos rise amaramente staccandosi da lei, accarezzandole dolcemente la guancia. "Dubito di avere molta scelta. Chissà che ripercussioni potrebbero esserci se non vado. Potrebbe spazzare via l'intera fazione."
 
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, avrebbe tanto voluto che se ne andassero via da lì, lei e Kairos, per trovare una nuova casa. Era un pensiero egoista, ma almeno lo avrebbe avuto accanto. Kairos si chinò posandole un bacio sulla fronte. "No, Linds, non sopporto di vederti piangere. Magari andrà tutto bene."
 
Lei tirò su col naso. Non voleva piangere; dopotutto, lui l'aveva cercata per conforto, e lei era riuscita solo a far sì che fosse lui a consolare lei. "Posso venire con te?"
 
Kairos scosse la testa, deciso. "Sai bene che non puoi. Anche se dovesse succedermi qualcosa, ho bisogno che tu sia al sicuro. Argus e Alexios si prenderanno cura di te."
 
"Non voglio che si prendano cura di me, io voglio che tu sia al sicuro, Kai."
 
I due rimasero in silenzio. Dopo un po', Kairos la guidò al suo letto e i due vi si distesero sopra, senza parlare. Il sole tramontò, e i rumori fuori dalla tenda si attenuarono. Elene e Delia entrarono silenziosamente per dirigersi ai loro giacigli. Kairos strinse Lindsey finché gli occhi le si fecero pesanti e si addormentò. Lentamente, si alzò, lanciando un'occhiata alle sue ancelle.
 
"Non fatela uscire, stanotte."
 
Arrivò ai cancelli di ingresso dell'accampamento molto più tardi di quanto intendesse, ma il figlio del Padrone era ancora lì ad aspettarlo.
 
"Pensavo che non ti saresti fatto vivo, ero quasi deluso."
 
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Capitolo 8
*** Conversazioni notturne ***


Capitolo 7 - Conversazioni notturne
 
Kairos si lasciò condurre attraverso la fazione degli Enmity in silenzio. Pensò al coltello nascosto sotto la maglia, avrebbe potuto facilmente far fuori il figlio del Padrone colpendolo da dietro, e magari una guardia o due prima che lo sopraffacessero. Qualcosa, però, lo fermò; aveva bisogno di risposte.
 
"Sentite, dove stiamo andando?" chiese, il nervosismo stava prendendo il sopravvento man mano che si allontanava dall'accampamento degli schiavi.
 
"In un posto dove non ci ascolteranno."
 
I due continuarono il tragitto in silenzio per altri dieci o quindici minuti; infine giunsero ad una formazione rocciosa, sul fianco c'era una caverna. Kairos riusciva a mala pena a vedere al bagliore intenso della luna, nessuno dei due uomini aveva portato luci di alcun tipo per paura di essere visti. Fu accompagnato dentro, dove la stanza si apriva in una grande caverna. Il figlio del Padron accese una piccola lanterna e si girò a fronteggiare Kairos.
 
"Qui potremo parlare liberamente. Nessun altro sa dell'esistenza di questo posto da quanto ne so, eccetto il mio amico." Gli porse la mano destra. "Sono Gavi, il figlio del Padrone Blackflag."
 
Kairos esitò prima di stringerla. "Ve l'ho già detto, io sono Derek. Perché mi avete chiamato?" Fece, elusivo.
 
Gavi rise. "Certo. Senti, Derek, se io devo fidarmi di te, tu devi fidarti di me."
 
"Perché dovrei fidarmi di voi?" si accigliò Kairos. "Senza offesa, questa situazione è assurda. Cosa potreste mai volere da me?"
 
Gavi rimase in silenzio per un po', scrutando Kairos con fare critico, cercando di decidere se stesse commettendo un errore. Lo aveva cercato a lungo, e gli serviva come alleato.
 
"Senti, non so come farò ad avere la tua fiducia, perché non ti biasimo. Sei in un territorio nemico. Ma ti posso giurare che non ti tradirò."
 
L'altro non disse niente, non era ancora convinto.
 
"Okay, mi sembra ovvio che so chi sei davvero. Ho bisogno del tuo aiuto. Non ho intenzione di sbagliare." Gavi gli lanciò uno sguardo supplichevole. "Ho bisogno del tuo aiuto per prendere il controllo della fazione e uccidere mio padre."
 
Kairos rimase basito. Stava dicendo sul serio? Come accidenti pensava di mettere in atto quel piano?
 
"Co-cosa?"
 
Vide lo sguardo serio sul volto di Gavi alla luce della lanterna.
 
"È una follia. Perché vorresti uccidere il tuo stesso Padrone?" Kairos era cresciuto pensando che tutti gli abitanti delle fazioni fossero leali. Forse era perché nella sua sembravano tutti esserlo.
 
Gavi rise, cupo. "Perché, Kairos, l'hai appena detto tu. Il mio Padrone. Io non voglio un Padrone. Io voglio un Leader. E anche molte altre persone qui e in altre fazioni lo vogliono. La separazione tra la nostra gente ci ha quasi distrutti. Le risorse stanno scomparendo, e moriremo tutti se continuiamo così. La tua fazione aveva iniziato a capire come fare. Trivellare nel terreno, coltivare... Stavate davvero facendo progressi enormi. Finché quell'idiota di mio padre non si è ingelosito. È troppo stupido per capire davvero che sta ostacolando le possibilità per Enmity di diventare una fazione migliore. Gli interessa solo il sangue e la sua contorta visione dell'onore."
 
Kairos rimase in silenzio nella caverna buia. Riusciva perfino a sentire il vento fischiare contro il monte e il flebile suono dell'acqua che gocciolava da qualche parte nell'oscurità dietro di loro. Il ragazzo aveva fegato, doveva ammetterlo. E in più, la sua visione sembrava collimare con la sua. Loro volevano il cambiamento per il Deserto, ne avevano bisogno per la loro gente. Si rese conto che Gavi aveva usato il suo vero nome, sapeva chi era, e la paura che lo riportasse a Blackflag continuava a terrorizzarlo, ma aveva l'impressione che dovesse fidarsi di lui.
 
"Cosa vuoi da me? Come può uno schiavo aiutarti? E come puoi aspettarti che gli Enmity ti aiutino? Siete una fazione assetata di sangue, se non ricordo male." Incrociò le braccia.
 
Gavi esitò, non era ancora sicuro che l'altro uomo fosse convinto; doveva trattare con cautela, non voleva allontanarlo. Aveva troppo bisogno di lui. "Questo non è un piano nuovo, è segretamente in progettazione da moltissimo tempo. La nuova generazione sta cominciando a comprendere le nostre necessità. Abbiamo bisogno di un cambiamento, e di un Leader forte."
 
"Perché non puoi essere tu il loro Leader?"
 
Gavi sbuffò, con una breve risata. "Io non sono un Leader, non sono mai stato in grado di guidare nessuno. Tu invece sei stato istruito per questo da quando sei nato. Sei l'unico figlio di Eos, ti ha cresciuto a sua immagine, e ti stava preparando a governare al suo stesso modo. Insieme a quella ragazza, eravate destinati a cambiare il Deserto."
 
Kairos si irrigidì al sentir menzionare Lindsey. Non voleva metterla in mezzo, soprattutto non finché non si fosse assicurato che non si trattava di una guerra.
 
"Non preoccuparti, non ti costringerò a dirmi chi è e dove si trova. Ho tentato di convincere mio padre che siete morti entrambi. So cosa significhi lei per te, e so cosa succederà se mio padre riuscirà a metterle le mani addosso. Vuole un Rinnegato praticamente da sempre, e non sarebbe corretto da parte mia permettergli di tenerla chiusa in una gabbia per il resto della sua vita. Mi ricordo di lei di quella volta che siamo venuti a trovare voi Nexus, da bambini. Non riusciva a stare ferma un secondo, sempre lì a danzare e sorridere, così piena di vita. Mio padre sarebbe felice di tagliarle le ali."
 
Kairos annuì. "Non rischierò in alcun modo la sua sicurezza. Proverò a fidarmi di te, Gavi, ma ti prego di ricordarti che se mi tradisci, non avrò niente da perdere. Ti ucciderò, insieme a quanti più Enmity potrò."
 
Gavi annuì, d'accordo; e porse la mano a Kairos. Quest'ultimo la prese, cauto, stringendola.
 
"Benvenuto nella squadra. Speriamo solo di non stare facendo il più grande sbaglio delle nostre vite."
 
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Capitolo 9
*** I Nexus ***


Capitolo 8 - I Nexus
 
Flashback
 
Il carro arrivò lentamente ai cancelli brillanti di quella favolosa fazione. Negli ultimi mesi, i ragazzini che vi viaggiavano all'interno avevano creduto che quel giorno non sarebbe mai arrivato, non avevano apprezzato il lungo percorso nel deserto. Certo, i primi giorni erano stati divertenti, ma dopo un po' il caldo e il sudore avevano iniziato a farsi sentire. Non molti tra i viaggiatori avevano avuto tempo di dar retta ai piccoli. I due lanciarono un piccolo strillo di gioia al suono delle trombe che annunciò il loro arrivo. La gente correva fuori dalla propria piccola casa di pietra per accogliere la carovana, non succedeva spesso che le fazioni si facessero visita in quel modo. Di solito si facevano solo pellegrinaggi all'Arena al centro del Deserto.
 
Gavi non era ancora stato all'Arena, aveva solo sei anni e sua madre non gli aveva permesso di andarci. Ciò era stato fonte di litigio tra i suoi genitori, ma sua madre alla fine aveva vinto, sembrava sempre avere la meglio con Blackflag.
 
"Magari l'anno prossimo," gli aveva promesso strizzandogli l'occhio.
 
Non ci era voluto invece molto per convincere Bella a lasciare andare Gavi alla sua prima visita ai Nexus, pensava che avrebbe aiutato il ragazzo a diventare più "istruito" e "ad imparare a lavorare insieme alle altre fazioni al fine di migliorare il Deserto." Suo padre aveva alzato gli occhi al cielo a quelle parole, per lui si trattava solo di andare dai Nexus a firmare un accordo per l'acqua, visto che loro avevano imparato a trivellare nella sabbia, o qualcosa del genere, e a quanto pare avevano trovato una sorgente.
 
"Meglio che ve ne stiate fuori dai piedi, voi due," disse arrogante il fratello maggiore di Gavi, Bram, superando il fratellino e il suo amico.
 
"Sì sì," vece eco Vincent, che di solito era l'ombra di Bram, e baciava il terreno su cui l'altro camminava. I due più grandi saltarono giù dal veicolo e si posizionarono accanto a Blackflag con fare solenne.
 
Gavi fece un sorrisetto a Drew e prese il suo posto accanto alla sua famiglia, ma non mise su lo stesso sguardo arrogante degli altri, anzi sorrise educatamente e salutò con la mano. Molti Nexus si affezionarono subito al bambino, che in effetti era adorabile.
 
Dall'altra parte della fazione, ad aspettare insieme ai leader dei Nexus, altri due bambini saltellavano impazienti e sovreccitati per l'arrivo dei visitatori.
 
"Calmatevi, piccoli," li riprese Vasílissa con una risata genuina. Era bello vederli così contenti, magari sarebbe stato positivo per il futuro delle fazioni.
 
"Tu li vedi, Kai-Kai?" fece la minuscola ragazzina con la sua vocina acuta, in equilibrio sulle punte per cercare di vedere quelle persone provenienti da un altro clan. Eos rise, sollevando la bambina in braccio per permetterle di vedere meglio. Lei ridacchiò quando lui la portò ancora più in alto per poi sistemarsela sul fianco, al sicuro. "Ecco, piccola, adesso puoi vedere il mondo."
 
Lindsey osservò gli uomini della fazione di cui non sapeva pronunciare il nome camminare per le strade della sua cittadina. Vide il leader dal viso pauroso, che non le piacque molto, e dopo notò quattro bambini, due molto più alti di lei, che aveva solo quattro anni, e due un po' più bassi che sembravano più simpatici, uno addirittura sorrideva.
 
"Benvenuti, amici di Enmity," li accolse Eos non appena gli altri raggiunsero la piattaforma su cui stava la famiglia.
 
"È bello rivederti, mio vecchio amico!" salutò Blackflag, dando una pacca poderosa sulla schiena di Eos per poi pizzicare la guancia di Lindsey. "Questa dev'essere la piccola Rinnegata che hai preso con te; dimmi, è stata utile finora?"
 
La bambina gli lanciò un'occhiataccia, non apprezzando il suo tono né il pizzicotto che le aveva dato. Eos la porse alla moglie, e Kairos si avvicinò a lei, non gli piaceva il modo in cui quel vecchio guardava la sua compagna. Gli dava fastidio, era stato avvertito fin da quando lei era arrivata in famiglia che qualcuno avrebbe potuto portargliela via.
 
Non sotto i suoi occhi.
 
"Sembra essere una bambina normalissima, naturalmente. Temo che non abbia alcuna capacità straordinaria." Stava mentendo, Lindsey aveva mostrato il suo talento dal primissimo giorno, ma non era un dato che condividevano con gli estranei.
 
"Peccato," mormorò Blackflag, seguendo Eos che lo condusse nella sua grande casa.
 
Vasílissa mise Lindsey per terra, avrebbe voluto mandarla nella sua cameretta per tenerla lontana dagli sguardi avidi degli Enmity, ma non solo ciò avrebbe destato sospetto, la bambina non avrebbe mai acconsentito a stare lontana da Kairos per troppo tempo. "Pensaci tu, a lei."
 
Kairos gonfiò il petto esile prendendo il suo posto accanto alla sua migliore amica. Ci sarebbe stato lui a proteggerla, sempre.
 
Gli adulti lasciarono i bambini da soli. I sei si guardarono per un po'; Bram, essendo il più grande con i suoi dieci anni, fu il primo a fare un passo avanti, porgendo la mano. "Io sono Bram, il futuro Padrone di Enmity."
 
Linsey e Kairos si scambiarono uno sguardo, lei scrollò le spalle. "Io sono Lindsey e lui è Kai."
 
"-Ros." completò il ragazzino, solo lei poteva chiamarlo con il suo soprannome. "Kairos."
 
Il più grande non sembrò nemmeno sentirlo, era troppo impegnato a guardare male la bambina. "Come osi rivolgere la parola ai tuoi superiori!" fece un passo minaccioso verso di lei. Kairos si mise immediatamente in mezzo ai due, e gli altri bambini rimasero attoniti. Perché la stava difendendo?
 
"Non ti permettere di parlarle così! Lei è la futura LEADER dei Nexus. Merita il tuo rispetto." La voce di Kairos era decisa.
 
Bram roteò gli occhi. "Andiamo, Vinny, questi bambinetti sono noiosi." I due più grandi corsero via per trovare svaghi più nobili, gli altri li osservarono andarsene.
 
"Scusate, Bram è davvero uno scemo. Io sono Gavi, lui è Drew. Piacere di conoscervi!" Scoppiarono tutti a ridere, diventando immediatamente amici.
 
Nelle settimane successive i quattro bambini fecero ancor più amicizia, erano sempre insieme. Kairos apprezzava il fatto che gli altri due trattassero Lindsey come una di loro, ma anche che stessero attenti a non far male alla sua piccola amica. Si scambiarono a vicenda informazioni sui costumi delle proprie fazioni, e Drew era incantato dal modo in cui venivano dati i nomi ai bambini Nexus.
 
"Cosa vuol dire il tuo nome?" chiedeva a quasi ogni bambino o persona che incontrava.
 
Gavi adorava vedere il mondo che c'era al di fuori della sua selvaggia fazione. Quelle persone sembravano così gentili e civilizzate. Non c'erano scontri nelle strade, non aveva visto nemmeno un singolo schiavo! Come facevano senza di loro? Sembravano tutti più felici. Non sembravano avere le stesse difficoltà che c'erano a casa sua. Gli piaceva anche il non dover stare dentro a quella stupida caverna che ospitava lui e la sua fazione, lì dentro era buio e noioso.
 
L'ultima notte del loro soggiorno, Gavi non riusciva a dormire. Non voleva lasciare quel posto magico e i suoi nuovi amici; certo, la sua mamma gli mancava, ma non l'avrebbe mai ammesso.
 
Saltò giù dal letto che condivideva con Drew, che russava piano con le braccia buttate sopra la testa e le gambe spalancate sul letto. Andò piano piano alla finestra, dove una tenda leggera si muoveva alla brezza notturna.
 
Sentì qualcuno parlare sottovoce, una vocina che riconobbe all'istante. In silenzio, scavalcò la finestra e si arrampicò sul balcone che sovrastava la sua camera. Era sempre stato un bravo scalatore, la caverna dove vivevano aveva tante sporgenze e spuntoni a cui aggrapparsi. Atterrò sul pavimento di pietra, dove la ragazzina che vi stava seduta sussultò e si girò verso di lui.
 
"Oh! Ciao, Gavi!" lo salutò Lindsey con un enorme sorriso. "Anche tu sei venuto a parlare agli Dei della Luna?"
 
Gavi scosse la testa, non era nemmeno sicuro di chi fossero questi 'dei della luna'.
 
"Non rispondono molto spesso, sopratutto non quando vorrei." abbassò lo sguardo, triste.
 
"Di che cosa gli parli?" chiese il bambino, sedendosi accanto a lei sul divano morbido.
 
Lei tirò su col naso. "Della mia famiglia. Non Papà e Mamma."
 
"Ti mancano?" chiese Gavi, esitante. Non aveva sentito ancora parlare della 'vera' famiglia di Lindsey da quando era arrivato tra i Nexus. La piccola sembrò improvvisamente molto più grande dei suoi quattro anni, a Gavi diede l'impressione di essere stanca di tutto.
 
"Sì, mi manca tutto di loro."
 
Gavi non era abituato a non vederla sorridere, non gli piaceva vederla triste. Le si avvicinò di più passandole un braccio sottile intorno alle spalle.
 
"Ti troveranno, un giorno. Fino ad allora, gli dei ti hanno dato questa famiglia. Sarai una bravissima Leader. Vorrei poter vivere qui con voi Nexus."
 
Lei rise, le lacrime finalmente scomparse. "Forse potrai, quando sarai grande? Saremo amici per sempre!"
 
 
* Vasílissa significa 'regina'.
 
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Capitolo 10
*** Guardia ***


Capitolo 9 - Guardia
 
Kairos si avviò distrattamente tra le tende. Gavi lo aveva lasciato ai cancelli dell'accampamento degli schiavi in modo che le guardie non dubitassero del suo allontanamento oltre l'orario. Si separarono senza parlare, entrambi avevano molto a cui pensare.
 
Lui voleva parlare con Lindsey, sapere cosa ne pensasse e avere la sua opinione al riguardo, era la sua confidente numero uno. Ma sapeva anche che quella notte non sarebbe stata l'ideale per cercarla. Se Gavi lo stava osservando, si sarebbe aspettato che corresse subito da lei. No, lei doveva restare al sicuro. Quella notte l'avrebbe lasciata da sola.
 
 - - -
 
La mattina seguente, Lindsey si svegliò tardi. All'inizio era confusa, non ricordava di essersi addormentata, aveva cercato disperatamente di stare sveglia e seguire Kairos al suo appuntamento con Gavi, per questo era un po' in collera con se stessa per aver ceduto al sonno.
 
Sapeva che doveva recarsi alla sua postazione di lavoro, non che avrebbero sentito la sua mancanza. La metà delle sarte era costituita la sua gente, e a loro non piaceva vedere la loro futura regina lavorare come una popolana; l'altra metà l'aveva vista cucire e avrebbero preferito che non si presentasse affatto. Decise quindi di aspettare fino alla fine del turno.
 
Il suo lavoro quel giorno fu più scadente del solito. Era distratta. Voleva parlare con Kairos, aveva l'impressione che ci fosse qualcosa che non andasse. Il panico iniziò a farsi strada nel suo petto: era in arrivo una visione.
 
"No, non qui," sussurrò tra sé. Aveva reazioni differenti a seconda delle visioni, e talvolta risultavano estreme.
 
Osservò freneticamente le compagne Nexus, Elene e Delia erano prese dalle loro cuciture, nessuna delle due alzò lo sguardo al suo cambio di postura. Nessuno prestava attenzione. La donna tarchiata incaricata di sorvegliare il gruppo di sarte era impegnata con un vassoio di dolci che le era stato mandato dalle cucine, senza curarsi minimamente delle donne sotto il suo controllo. Lindsey sapeva che avrebbe avuto una sola possibilità per sgattaiolare via e dedicarsi al suo dono, la sua mente aveva già iniziato ad annebbiarsi. Odiava quando una visione arrivava così, preferiva averle nel sonno.
 
Silenziosamente, scivolò via dalla sedia scappando nel cupo corridoio della caverna; era fortunata ad avere una postazione così all'interno della montagna, non c'era quasi nient'altro lì intorno. Trovò un angolo buio e vi si nascose, lasciando che la visione prendesse il sopravvento sulla sua mente.
 
Sabbia soffiata in aria dal vento la circondava, non le erano mai piaciute le tempeste, che ultimamente erano aumentate. Il deserto si faceva sempre più arido. Lindsey si guardò intorno, insicura sul perché si trovasse in quel lasso di tempo. Il più delle volte era consapevole di trovarsi all'interno di una visione. La sabbia trasportata dal vento le bruciava gli occhi, mentre tentava di vedere qualcosa oltre il rosso dell'aria.
 
"Ehi!" tentò, ancora confusa. Si trattava solo della visione di una tempesta di sabbia?
 
"Linds!" fece la voce di Kairos attraverso il fischio rabbioso del vento. "Corri!"
 
Si rese conto in quell'istante di essere inseguita. Era il figlio maggiore di Blackflag, Bram, il più temibile. Corse verso la voce, la sabbia tagliente contro la pelle e gli occhi. "Kai!"
 
Tentò di accelerare, gli scomodi sandali che indossava rendevano difficile correre nella sabbia. Prima che potesse allontanarsi oltre, una mano riuscì ad afferrarla. Si voltò, per trovarsi davanti il volto pieno di cicatrici di Bram.
 
"Non scapperai così facilmente dall'Arena, Rinnegata."
 
Lindsey venne risvegliata da qualcosa che le stava leccando il viso. Aprì gli occhi, trovandosi davanti la lingua umida di un cane dal pelo arruffato. Dimenticando temporaneamente la visione, e anche di essere seduta sul pavimento, grattò dietro le orecchie del cucciolo. Le erano sempre piaciuti, i cani.
 
"E tu chi sei?" chiese all'animale, che si limitò ad agitare felicemente la coda e a darle un'altra leccata.
 
"Riffraff?" chiamò una voce. Lei alzò lo sguardo: era l'uomo a cui aveva rivolto la parola senza permesso tempo prima. Abbassò in fretta gli occhi a terra. "Oh, salve."
 
"Mi-mi dispiace, non mi sentivo molto bene e ho deciso di sedermi un momento." balbettò.
 
Gavi le porse una mano per aiutarla ad alzarsi, tentanto affannosamente di ricordarsi il nome che lei gli aveva dato quel giorno. Non voleva sbagliare e dire il suo vero nome, soprattutto non lì.
 
"Non fa niente...ummm."
 
"Luna," gli venne in aiuto lei. "Vi chiedo perdono, signore, vi prego, non denunciatemi."
 
Lui rise. "Sta' tranquilla, probabilmente anch'io sarei nei guai se sapessero che sono stato qui. Riffraff aveva bisogno di fare una passeggiata." disse, accarezzando il dorso dell'animale.
 
Lindsey gli sorrise, sembrava abbastanza gentile. Si ricordò di come lui avesse impedito al consigliere di condannarla a una pena severa, quel giorno.
 
"Devo tornare alla mia postazione. Buona giornata, signore." La ragazza corse via, e lui la osservò tornare alla propria sedia.
 
Quando se ne fu andata, si abbassò a livello di Riffraff. Era grato del fatto che nessuno, compresa lei, avesse notato che lui l'aveva tenuta d'occhio tutta la mattina. L'aveva seguita in silenzio quando si era nascosta nel corridoio, quando gli occhi le si erano annebbiati e il suo corpo si era irrigidito.
 
"Dev'essere stata una visione," mormorò tra sé. Era una fortuna che nessuno l'avesse vista lasciare la stanza.
 
Avrebbe voluto chiederle cosa avesse visto, ma ovviamente era fuori discussione. Aveva promesso a Kairos che l'avrebbe tenuta fuori da quella storia, ecco perché aveva mentito dicendogli di non sapere chi fosse. Aveva prima bisogno che l'uomo si fidasse di lui; se ci fosse riuscito, anche lei si sarebbe fidata a sua volta.
 
"Andiamo, bello, torniamo alla stanza di papà." Il cane lo seguì di corsa.
 
Gavi sarebbe tornato la mattina successiva, come faceva ormai quasi ogni giorno.
 
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Capitolo 11
*** Amore ***


 

Capitolo 10 - Amore

 

Tieni la testa bassa e trova Kai, pensò Lindsey tra sé mentre attraversava il territorio degli Enmity alla ricerca del suo migliore amico.

Il suo turno di lavoro era terminato, era ora per la maggior parte degli schiavi di tornare all'accampamento, e per le donne di iniziare a preparare la zuppa per la cena. Sapeva che non sarebbe stata di nessun aiuto in quell'ambito, per cui aveva deciso di andare a cercare il ragazzo.

Elene e Delia non l'avevano lasciata in pace un secondo, quel giorno, sapevano della visione. Al contrario di Madame Potcha, la guardiana sovrappeso delle sarte, si erano accorte di tutto. Anche se non erano andate subito a chiederle cosa fosse successo, non l'avevano mollata un attimo. Lo facevano sempre, ma quel giorno l'avevano davvero innervosita. Le aveva seminate circa un'ora prima quando Cookie, la capocuoca dei Nexus, come si poteva dedurre dal nome, le aveva trovate e messe a lavoro a mescolare un'enorme pentola.

Lindsey lanciò silenziosamente alla vecchia donna uno sguardo grato. Per buona parte della sua permanenza tra i Nexus, la donna l'aveva sempre tenuta d'occhio. Sapeva senza nemmeno essere presente ogni volta che aveva una visione, e faceva sì che nel suo piatto ci fosse sempre qualche caramella quando ne aveva qualcuna particolarmente brutta. Benché avessero parlato raramente, Lindsey sapeva che Cookie era dalla sua parte, e pensava a lei come a una sorta di mentore.

Durante il suo tragitto attraverso le sabbie rocciose dell'accampamento, il vento iniziò ad alzarsi. Un'ondata di panico la invase. Stava già arrivando la tempesta?

No, era troppo presto! Non sarebbe stata la prima volta, che una visione arrivasse troppo tardi, ma pregò gli Dei di darle, almeno stavolta, il tempo di elaborare un piano.

"Luna?" la voce di Kairos interruppe il flusso di pensieri: senza nemmeno accorgersene, era arrivata all'ingresso della tenda di lui e gli era quasi sbattuta contro.

Senza parlare, gli si gettò tra le braccia. Lacrime che non sapeva di stare trattenendo iniziarono a scorrerle lungo le guance.

In realtà quella visione, così come tutte le più recenti che aveva avuto, la terrorizzava. La sola idea dell'Arena era un incubo di per sé, ma sapere che era il destino che l'attendeva era quasi impossibile da sopportare.

"Lin-Luna, cosa c'è?" chiese lui, con voce tremante, la mente presa a vagliare le mille possibilità. Si affrettò a portarla all'interno della sua tenda così che nessuno li vedesse.

Lei non riusciva a parlare, aprì e chiuse la bocca più volte, come un pesce spiaggiato che boccheggia in cerca d'aria.

Come sempre, Kairos l'abbracciò. Aspettò che il panico diminuisse, senza metterle fretta. Non sarebbe servito.

Dopo qualche minuto angosciante, la ragazza iniziò a calmarsi. A quel punto, lui l'aveva già condotta all'interno e fatta sedere sul suo letto, la sua mano le accarezzava distrattamente il braccio sinistro aspettando che lei trovasse le parole.

"Ho avuto una visione," gli disse senza incrociare il suo sguardo.

Lui non rispose, in attesa del resto. Lindsey fece un respiro profondo e iniziò a raccontargli ciò che aveva visto. Kairos rimase in silenzio per tutto il tempo, rispettoso e attento, annuendo in alcune parti e stringendole forte la mano. Quando lei finì, la abbracciò prima di parlare.

"Mi dispiace che tu debba sopportare tutto questo, Lindsey. È una croce che sei costretta a sostenere ingiustamente." Si fermò, pensando a Gavi e alla conversazione della notte prima. Se il ragazzo fosse riuscito a mettere in atto il piano, forse avrebbe potuto salvare lei, e se stesso, dall'Arena.

Lei tirò su con il naso, era un gesto poco signorile, ma con Kai non si preoccupava delle norme sociali. "Vorrei non avere questa capacità. Papà mi diceva sempre che si trattava di un dono, ma ultimamente si è rivelata più una maledizione che altro." Nascose il volto tra le mani ricominciando a singhiozzare.

A vedere la sua più cara amica in quello stato, gli si strinse il cuore. Se avesse potuto portarle via quelle visioni, l'avrebbe fatto senza nessun dubbio o esitazione. Purtroppo però quella non era un'opzione possibile. Tutto ciò che poteva fare era starle accanto quando lei ne aveva bisogno.

Le sollevò delicatamente il mento con le dita, gli occhi azzurri di lei fissi nei suoi. Era bellissima.

"Sarà sempre un dono. Ti rende speciale, ti rende unica. Ed è una cosa che amo."

Lindsey rimase senza fiato. Aveva appena detto ciò che credeva avesse detto? Certo, era un dato di fatto fin da quando erano bambini, che un giorno si sarebbero sposati. Con il tempo, avevano imparato ad accettarlo, soprattutto visto che i due erano stati inseparabili fin dall'arrivo di Lindsey tra i Nexus. Crescendo, avevano iniziato ad indugiare più a lungo ogni qual volta si sfioravano, e i loro sentimenti si erano fatti più intensi, ma non avevano mai agito su di essi. Non erano mai usciti allo scoperto dichiarandosi apertamente l'uno all'altra. Tutti attorno a loro erano consapevoli che si amassero, ma i due giovani preferivano vivere giorno per giorno, insieme, con il conforto di sapere che l'altro sarebbe sempre stato accanto.

E poi era arrivato l'attacco. E la loro relazione si era trasformata in una di sopravvivenza, i capi Enmity non avrebbero mai permesso a due schiavi di sposarsi, soprattutto se fossero venuti a conoscenza della vera identità della coppia.

"Dico davvero, Linds. Io ti amo, ti ho sempre amata, fin da quando riesco a ricordare." le sussurrò.

Lindsey sentiva il cuore in gola. Anche lei lo amava. Kairos era stato l'unica ragione per restare in molte occasioni. Era l'unico punto fisso della sua vita. Il suo amico e compagno costante. La sua difesa e praticamente l'altra metà del suo cervello. Forse era stata esattamente quella l'intenzione degli Dei, per la piccola Rinnegata di perdersi per essere ritrovata da quel bambino.

Prima che potessero aggiungere altro, uno strano suono iniziò a provenire dal tetto. Il vento soffiava leggero, e l'ingresso della tenda consentì alla brezza di intromettersi nel momento. Poi giunse l'odore. Un odore raro, ma benvenuto. Alcuni dubitavano della sua esistenza, ma Lindsey riusciva sempre a riconoscerlo.

"Pioggia!" fece lei, con entusiasmo.

I due si scambiarono un sorriso, alzandosi e precipitandosi fuori. Come previsto, la pioggia aveva iniziato a scendere dal cielo. Il mondo aveva iniziato a rinfrescarsi e la gente esultava, persino gli Enmity avevano gettato da una parte gli attrezzi da lavoro per festeggiare. Le trombe iniziarono a suonare tutt'intorno, e la gente cominciò a danzare mentre contenitori di ogni tipo vennero tirati fuori per poter raccogliere quell'acqua miracolosa. Tutti ridevano e gioivano.

Kairos prese Lindsey per la vita facendola volteggiare, e lei si lasciò andare ad una risata liberatoria, euforica.

Poi, lui l'attirò a sé posando le labbra sulle sue.

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Capitolo 12
*** Sapore di casa ***


Capitolo 11 - Sapore di casa
 
Gavi e Drew si unirono ai festeggiamenti per la pioggia non appena riuscirono a uscire dalla caverna. Il suono di risate gioiose li aveva distratti da libri e documenti, e adesso la sensazione della pioggia sulla pelle era meravigliosa. Avevano sperato e pregato a lungo che arrivasse; forse gli Dei non erano più arrabbiati, forse quello era il loro modo di benedire l'idea di Gavi facendogli capire che aveva preso la giusta decisione, nel coinvolgere Kairos nei suoi piani.
 
Pensò a Lindsey, quella mattina, sapeva che aveva avuto una visione, ma ovviamente non poteva chiederle di cosa si trattasse. Si chiedeva se quella della pioggia fosse una di esse? No, probabilmente no, gli era parsa decisamente spaventata, di certo un evento del genere non avrebbe potuto causare terrore.
 
Continuò a camminare lungo le strade della sua fazione, era bellissimo vedere la gente festeggiare a quel modo. Godetevela finché potete, pensò. Chissà quando sarebbe ricapitato.
 
Lui e Drew risero e si unirono alle danze. Notò che lui era l'unico membro della famiglia di Blackflag ad essere presente. Suo padre e i suoi fratelli non si preoccupavano affatto di uscire fuori dalla loro residenza e farsi vedere dalla gente. Non importava niente, a loro, che magari quell'azione sarebbe potuta servire da incoraggiamento. Avevano di meglio da fare.
 
Ecco perché Gavi e molti altri volevano, no, avevano bisogno, che le cose cambiassero. Il Deserto doveva unirsi, non allontanarsi.
 
I ragazzi giunsero all'accampamento degli schiavi nella parte più lontana del loro territorio. Se pensavano che gli Enmity stessero festeggiando, quello era niente rispetto ai Nexus. L'intero gruppo era impegnato a danzare nella sabbia fangosa, tenendosi per mano e muovendo i piedi. Gavi ebbe voglia di unirsi a loro, sembrava divertente farne parte.
 
"Si stanno divertendo." urlò Drew per sovrastare il rumore. Anche lui desiderava unirsi ai Nexus.
 
Gavi scandagliò la folla, e li vide. Lindsey era tra le braccia di Kairos, con un enorme sorriso sulle labbra, i capelli rossi incollati alla fronte, mentre lui la faceva volteggiare. Poi il ragazzo l'avvicinò a sé baciandola sulle labbra. Gavi spalancò la bocca senza volerlo: cosa gli passava per la mente, di lasciarsi andare a simili effusioni in pubblico?
 
Lanciò un'occhiata a Drew, che era impegnato a fissare una bella ragazza dai capelli scuri la cui maglia mostrava un po' troppo, bagnata com'era. Gavi ringraziò mentalmente quella distrazione. Chi lo sa, chi avrebbe potuto vedere quella scena.
 
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Dopo aver passato quelle che sembrarono ore a divertirsi nella pioggia e nel fango, sia gli Enmity che i Nexus iniziarono a placarsi. Il buio era calato in fretta e l'aria notturna era scesa di diversi gradi. La pioggia cadeva ancora, e quasi tutti i contenitori disponibili erano stati riempiti. La gente era felice.
 
"Sarei più felice se il suolo non fosse così zuppo." si lamentò Raine.
 
Lindsey rise, aveva appena finito di lavar via il fango dai capelli rossi.
 
"Oh Rainy! Dovresti essere al culmine della gioia! Potrei anche dire a qualcuno che sei stato tu a far piovere, che ne dici?" lo provocò con un sorrisetto.
 
Raine alzò gli occhi verdi al cielo. C'erano sempre state tensioni tra lui e Lindsey, dovute in genere a Kairos. Nessuno dei due era molto disposto a dividerlo con l'altro.
 
Kairos si mise tra i due prima che le cose peggiorassero. "Mi sono appena ricordato che mi avevi detto di aver avuto una visione su questa pioggia, non molto tempo fa. Perché non ce la racconti?"
 
Di solito Lindsey condivideva le visioni positive con il suo gruppo di amici, che si divertivano a vedere i fatti dal suo punto di vista. Ultimamente però non c'era stato molto degno di poter essere condiviso.
 
Il gruppo prese posto nella minuscola tenda, era incredibile come sette persone fossero riuscite ad entrare in uno spazio così piccolo. Lindsey si era seduta in grembo a Kairos, non che a lui dispiacesse. Tutti avevano visto quel bacio, e il cambiamento nel comportamento dei due, ma evitarono di fare domande. Erano felici però che finalmente la coppia era più libera e aperta.
 
"È successo qualche settimana fa," cominciò Lindsey. "Ero seduta proprio fuori dai cancelli, su un enorme masso, molto dopo il tramonto. Le due guardie Enmity si erano addormentate molto prima, si addormentano quasi ogni notte, a proposito."
 
"Concentratevi!" strillarono tutti in coro, la ragazza aveva spesso la tendenza a divagare quando raccontava una storia.
 
Lei lanciò loro un'occhiataccia. "D'accordo! Dicevo, ero seduta lì, quando all'improvviso le stelle iniziarono a muoversi. Sembrava quasi che mi stessero piombando addosso. E poi ho sentito quella sensazione. Piccole gocce di pioggia sul viso e sulle braccia, prima che si trasformassero in un diluvio. Sembravano proprio le stelle a cadermi addosso come fossero acqua. Riuscivo davvero a sentirle. Così chiusi gli occhi godendomi la sensazione. Quando li riaprii, ero ancora seduta sulla roccia, le stelle non si muovevano ed io non ero bagnata."
 
Un mormorio si diffuse nel gruppo, ognuno dei presenti desiderava segretamente di poter provare quello che aveva provato lei in quella visione. Era proprio quello, il genere di visioni che a loro piacevano, nessuno comprendeva il peso di quelle negative.
 
La notte proseguì, e il mondo al di fuori della tenda sembrò cessare di esistere. I sette Nexus si sentirono come a casa, come se i vecchi tempi fossero tornati. Erano solo loro e il suono della pioggia. Risero, piansero, sperarono e sognarono una vita al di fuori di Enmity e della situazione in cui versavano.
 
Molto più tardi, si addormentarono tutti sul terreno sporco, solo coperte leggere a coprirli dalla fanghiglia. Tuttavia, per una volta si sentirono comodi e protetti in quello strano mondo che era diventato la loro realtà.
 
Lindsey si strinse più che poté a Kairos, con le braccia di lui a circondarla e tenerla al caldo e al sicuro. Dormì serenamente, per una volta senza il bisogno di muoversi ed essere libera. Era quello il suo posto.
 
Kairos rimase sveglio a lungo dopo che lei si fu addormentata, la osservò dormire, soffermandosi sul modo in cui le sue labbra si schiudevano ad ogni respiro, la pace assoluta che sembrava averla invasa. Giurò in silenzio di proteggerla. Di portarla via da quel luogo. Di ricominciare le loro vite senza paura. Tutto ciò che doveva fare era fidarsi del nemico.
 
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Capitolo 13
*** Senso di colpa ***


Capitolo 12 - Senso di colpa
 
Al mattino, la pioggia era cessata e il Deserto era diventato umido e appiccicoso. Le persone erano ancora elettrizzate all'idea di avere acqua in abbondanza per la prima volta dopo un anno, ma la paura di non sapere quanto avrebbero dovuto attendere prima delle prossime piogge continuava ad insinuarsi.
 
La giornata lavorativa iniziò come sempre presto, la gente si avviò lentamente alle proprie postazioni. Quel fango sarebbe stato utile per realizzare molte cose per la fazione e per rinforzarne altre, l'argilla era un prodotto meraviglioso. I Nexus erano sorpresi di quanto poco i loro nuovi padroni sfruttassero quella risorsa naturale. Molte cose riguardo agli Enmity li sorprendevano, a dir la verità, non erano una fazione molto avanzata. Se la situazione fosse stata diversa, i Nexus avrebbero volentieri insegnato loro quello che sapevano, ma gli Enmity consideravano la guerra più importante dell'educazione.
 
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Blackflag si affacciò da una delle finestre della sua residenza, osservando il suo territorio.
 
Era perplesso.
 
Aveva passato anni a pianificare quell'attacco, fino al più insignificante dettaglio. Era andato tutto in modo perfetto. Quando si era presentata l'opportunità, lui l'aveva colta al volo. Adesso iniziava a pensare che non fosse servito a niente, era andato tutto il contrario di quanto avesse previsto. La ragazza era sparita, svanita senza lasciare traccia. Non sapeva se fosse sopravvissuta, o fosse scappata tra le dune.
 
Il risultato era stato a dir poco frustrante.
 
Aveva bisogno della ragazza e delle sue visioni. Indipendentemente da cosa pensasse
 
la gente del Deserto, lui comprendeva perfettamente la situazione in cui si trovavano i suoi sudditi. Le risorse stavano scemando, non sapeva quanto ancora sarebbero riusciti a sopravvivere se le cose non fossero cambiate.
 
Ecco perché aveva bisogno di lei. I Rinnegati erano nomadi, si adattavano facilmente a quell'ambiente, sapevano come sfruttare a proprio vantaggio quelle sabbie spietate. Assecondavano l'opportunità e se ne andavano se questa sfuggiva. In più, con il suo dono delle visioni, forse avrebbe potuto sfruttarne il potere e usarlo a proprio piacimento. Inoltre, Blackflag aveva sentito delle voci, che affermavano che un nomade aveva trovato la fine del Deserto.
 
Storie del genere, ne aveva sentite fin da quando era piccolo, sulle terre oltre la sabbia. All'epoca ci aveva creduto con la meraviglia di bambino, crescendo aveva superato la soglia dell'ignoranza infantile.
 
Stavolta era diverso. Da ogni parte del Deserto provenivano lettere, e molti Padroni raccontavano storie di un cittadino che aveva trovato la fine delle sabbie, e secondo queste voci la terra al di là di esse era verde e rigogliosa.
 
Blackflag doveva necessariamente averla. Se non per la gloria, almeno per la sua gente. Non avrebbe avuto eredi se nessuno dei suoi figli sarebbe sopravvissuto per raccontare delle sue imprese.
 
Sapeva che la sua migliore scommessa era Gavi. Il ragazzo era essenzialmente inutile come suo successore, ma era stato lui ad aver passato più tempo con il principe e la principessa dei Nexus da bambino. Se li sarebbe ricordati di certo, se non li aveva già riconosciuti.
 
No, Gavi non gli avrebbe nascosto una cosa così importante. Era il figlio preferito di Blackflag, o almeno lo era stato prima che Bella morisse. Adesso faceva male perfino guardarlo. In ogni caso, il Padrone sperò con tutto se stesso che il figlio non lo tradisse.
 
Andò avanti e indietro nel suo ufficio. Più passava il tempo, più in ansia si sentiva. Almeno la pioggia li terrà calmi per un po', pensò. Un po', ma non abbastanza.
 
Magari avrebbe potuto prendere l'acqua agli schiavi, loro sì che avevano riempito tutti i contenitori possibili con la pioggia. No, avrebbe causato una rivolta, e proprio non poteva permettersela al momento. Una cosa era certa, doveva trovare la ragazza. Lei avrebbe potuto mostrargli la sua prossima mossa.
 
Infine, decise di fare una passeggiata. Era buio, il cielo era completamente scoperto, punteggiato di stelle luminose. Lo osservò brevemente, a metà tra la meraviglia e la rabbia nei confronti dei vecchi Dei della Luna che avevano permesso tutto quello.
 
Erano pochi coloro che ancora credevano alle divinità notturne. La maggior parte della gente si era rivolta agli Dei del Sole. Gli Dei della Luna erano oscuri, insensibili e spietati, proprio come la notte. Gli Dei del Sole erano pieni di luce e promesse. Ora sembrava che fosse tutto ribaltato. Ogni giorno, gli Dei del Sole punivano il Deserto lasciando morire le risorse e la gente. Si chiese se, dopotutto, non fossero gli Dei della Luna, quelli buoni. Camminando per le strade addormentate della sua fazione, si godette il silenzio. Di giorno c'era sempre rumore, le persone erano sempre lì a pregarlo di dar loro un aiuto che non aveva. Adesso aveva la sensazione di poter finalmente respirare.
 
Quando giunse all'accampamento degli schiavi, osservò il mare di tende che ospitavano gli schiavi proveniente dalle tantissime fazioni cadute. Probabilmente Enmity aveva più schiavi di chiunque altro, ed era sia una benedizione che una maledizione. Sfamare quell'orda di gente era complicato.
 
Una fitta di dolore lo invase pensando alla fazione di Eos che dormiva proprio in quelle stesse tende. Erano sempre stati migliori amici, loro due, si erano incontrati da bambini esattamente come avevano fatto i loro figli. Poi, Eos aveva trasformato la sua fazione in una terra meravigliosa, mentre Blackflag tentava sempre più inutilmente di impedire alla sua di annegare tra la sabbia.
 
Era diventato sempre più geloso, soprattutto quando aveva sentito della sua piccola Rinnegata. Così aveva lasciato che quella gelosia avesse la meglio, uccidendo Eos con un solo fendente del coltello. C'erano volte in cui rimpiangeva quella decisione, gli sarebbe servito il consiglio del suo amico in quel momento, e il suo aiuto con le risorse.
 
Provò ad allontanare dalla mente quei pensieri, voltandosi per tornare alle sue stanze, improvvisamente stanco. Pensare troppo aveva quell'effetto.
 
Prima di dare completamente le spalle all'accampamento degli schiavi, qualcosa catturò la sua attenzione. Non molto lontano dalle tende c'era una roccia, appena oltre la recinzione che delimitava il suo territorio. Strinse gli occhi per vedere meglio alla luce della luna. Qualcosa, no, qualcuno, era seduto su quel masso. Era una figura minuta, ma certamente umana.
 
Il cuore fece un balzo di gioia non appena comprese di chi si trattasse. C'era una sola persona che avrebbe potuto avventurarsi nella notte per conversare con la Luna.
 
La ragazza Rinnegata era viva, e decisamente a portata di mano.
 
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Capitolo 14
*** Fuga ***


Capitolo 13 - Fuga
 
Lindsey aveva una brutta sensazione. Qualcosa non andava. Era rimasta seduta per ore sulla roccia a parlare con gli Dei della Luna.
 
Era una notte serena, il cielo sembrava un dipinto, con le stelle perfettamente al loro posto, e la luna appesa nel blu intenso, grande e bianca, proprio sopra di lei. Non soffiava un alito di vento, l'aria era ancora umida per via della pioggia di qualche giorno prima, ma non troppo.
 
Quelle erano le notti che adorava, in cui poter passare il tempo a meditare e provare ad aprire l'occhio della mente nella speranza di una nuova visione.
 
Aveva imparato che insistere non serviva a molto. Più sforzava il suo cervello in cerca di immagini, più la testa le faceva male.
 
Sospirò, esasperata, prima di tornare a distendersi sul masso. Contò sei stelle cadenti fissando il cielo.
 
La sua mente viaggiò fino a un vago ricordo, solo un accenno che risaliva al tempo precedente al suo ritrovamento da parte di Eos quel fatidico giorno. I Rinnegati avevano molte credenze sulle Divinità della Luna, lei non ne conosceva quasi nessuna, ma ricordava che ce n'era qualcuna legata alle stelle cadenti.
 
Gli Dei della Luna, Dei di cui non ricordava il nome, usavano le stelle come segni di cambiamento. Se questo fosse poi positivo o negativo era un mistero per lei, ma era sicura che significasse qualcosa.
 
L'aria attorno a lei sembrò improvvisamente farsi minacciosa. Il vento aveva iniziato ad alzarsi, soffiando da ogni direzione. Si alzò in fretta alla ricerca di qualcosa di strano nei dintorni.
 
Una tetra oscurità la circondava, riusciva appena a vedere piccoli fuochi sparsi per la fazione, e le tende bianche del suo accampamento.
 
Rimase il più possibile immobile, in attesa di qualche suono, ma il vento ostacolava ogni possibile fonte di rumore. Un gufo bubbolò in lontananza, una volpe del deserto chiamò la sua compagna alla sua sinistra. Lei cercò di ascoltare più a fondo.
 
Poi li sentì.
 
Passi.
 
Sembrava che qualcuno stesse cercando di fare piano, ma stava fallendo miseramente.
 
Il cuore di Lindsey iniziò a battere furiosamente, comprendendo immediatamente che quei passi non erano benevoli. In silenzio, scivolò dal bordo del masso saltando a terra.
 
Si piegò sul terreno, mentre sentiva i passi farsi più vicini, poi fermarsi per un attimo e riprendere in fretta, più velocemente. Chiunque fosse, si era accorto che lei era saltata giù.
 
Non emise alcun suono, facendo del suo meglio per respirare lentamente. L'altra persona, invece, ansimava per lo sforzo. Le sarebbe venuto da ridere, se non fosse stato per la situazione.
 
Adesso lo sconosciuto era dall'altra parte della roccia. Lei si spostò furtivamente nella direzione opposta, cercando di capire verso quale direzione sarebbe potuta andare per restare nascosta.
 
Il suo inseguitore si era fermato un'altra volta, in silenzio a parte gli ansimi. Era sicura fosse un uomo, ma nient'altro.
 
Questi stava diventando sempre più nervoso, lo sentì ringhiare sottovoce mentre la cercava.
 
"Ragazzina!" fece, rabbioso. Lei riconobbe quella voce dai suoi incubi.
 
Senza rendersene conto, un rantolo le sfuggì dalle labbra.
 
L'uomo riuscì probabilmente a sentirla, perché si mise a ridere dall'altra parte della roccia.
 
Lei si rese conto di essere praticamente in trappola, in qualsiasi direzione fosse scappata, lui l'avrebbe di certo vista e inseguita. Certo, avrebbe potuto superarlo facilmente, ma lui avrebbe sicuramente allertato le guardie e loro l'ebbero catturata immediatamente.
 
"Andiamo, ragazzina!" la sgridò Blackflag. "So che non puoi scappare. Vieni fuori, voglio discutere con te."
 
Lei tremò al suo tono, che le faceva accapponare la pelle dal ribrezzo.
 
Perché non aveva dato ascolto a Kai? Aveva preso troppo alla leggera tutte le notti in cui era sgattaiolata fuori e nulla era successo. Kairos l'avrebbe ammazzata, se non l'avesse fatto Blackflag prima.
 
"Esci fuori! Esci, ovunque tu sia!" la chiamò ancora, con una risata. Le ricordò un animale che accerchiava la sua preda prima di uccidere.
 
Si rese conto che le sue possibilità di sfuggirgli stavano diminuendo, avrebbe dovuto cogliere la prima occasione che si fosse presentata. Attorno a lei, solo il buio fitto del Deserto. Blackflag non era abbastanza coraggioso da avventurarvisi, era vecchio e zoppo, il solo raggiungerla lo aveva lasciato senza fiato e il suo ginocchio chiedeva sollievo.
 
Lindsey lo sentiva avvicinarsi, la sua risata maniacale la fece rabbrividire. Non avrebbe mai permesso a quel lurido vecchio di prenderla e rinchiuderla come un uccello in gabbia.
 
Prese la sua decisione all'ultimo istante prima che il Padrone di Enmity potesse afferrarla, lanciandosi di corsa nel buio.
 
L'uomo urlò per aver perso l'occasione. "Torna qui, maledetta!" Lei lo sentì gridare, e tentare di seguirla senza successo, poiché cadde nella sabbia. I suoi strilli di rabbia si trasformarono in gemiti di dolore, ma lei non si lasciò intenerire. Doveva fuggire.
 
Quando finalmente rallentò la sua corsa, le gambe le dolevano e la gola bruciava. Lindsey si guardò intorno, senza la minima idea di dove si trovasse, tutto attorno a lei sembrava uguale. Strizzando gli occhi, riusciva ancora a vedere le luci di Enmity brillare in lontananza.
 
Senza dubbio, Blackflag stava svegliando ogni singola persona della fazione per rincorrerla. Sapeva che però nessuno sarebbe uscito a quell'ora, la maggior parte degli Enmity avevano paura della notte.
 
I suoi movimenti rallentarono ulteriormente, finché cadde in ginocchio sulla sabbia. Fu a quel punto che sopraggiunsero i singhiozzi. La realtà aveva finalmente fatto presa, solo adesso si era resa conto di essere davvero da sola nel Deserto per la prima volta.
 
Cosa avrebbe pensato Kairos?
 
Blackflag avrebbe punito la sua fazione per la sua fuga?
 
Alzò lo sguardo al cielo.
 
"Aiutatemi," sussurrò agli Dei della Luna. Si trascinò fino alla più vicina incavatura nella roccia, crollando svenuta nella sabbia.
 
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Capitolo 15
*** Discorso ***


Capitolo 15 - Discorso
 
Con il levare del sole, l'intera fazione Enmity fu svegliata dalle trombe, usate raramente al di fuori delle battaglie o di qualche evento particolare in corso.
 
Comprensibilmente, tutti si precipitarono fuori dalle case e dalle tende per vedere di cosa si trattasse.
 
Gli schiavi si trovavano in fondo alla folla. Kairos si guardò nervosamente intorno, non aveva ancora visto Lindsey quella mattina e un brutto presentimento aveva iniziato a farsi strada dentro di lui. Qualcosa non andava.
 
Attraversò lentamente il gruppo di Nexus, chiedendo sottovoce a diverse persone se avessero visto la loro Leader. Ogni volta, gli veniva risposto un nervoso, "No."
 
Finalmente notò Elene e Delia, che avevano la sua stessa espressione preoccupata. Sentì il cuore sprofondare. No, non poteva essere.
 
"Dov'è!" chiese con rabbia. Non intendeva essere così aggressivo, ma non erano in una situazione in cui poteva mettersi a perdere tempo.
 
Le due donne si fecero piccole di fronte al suo tono, nessuna delle due voleva dargli una risposta.
 
"N-non e-era nella t-tenda sta-stamattina," balbettò infine Delia, che si preparò alla sfuriata di Kairos.
 
Per un momento, l'uomo non riuscì a parlare, tale era la rabbia che provava. Verso le ragazze, verso Lindsey, verso la situazione. Non avrebbe mai potuto andare via per cercarla.
 
La folla iniziò a zittirsi attorno a lui. Guardò in alto verso un grande podio, dove i tre figli del Padrone avanzarono con espressioni solenni. Il maggiore, Bram, sollevò una mano per far calmare gli astanti.
 
"Gente di Enmity e schiavi, vi ho fatti riunire qui questa mattina per darvi delle brutte notizie." cominciò.
 
Kairos notò che Gavi guardava nella sua direzione, lanciandogli uno sguardo compassionevole prima di tornare ad osservare la folla.
 
"Mio padre, nostro padre," Bram accennò ai fratelli accanto a lui, "Il vostro Padrone, il Grande Blackflag, è stato ferito la scorsa notte tra le dune."
 
La gente di Enmity trattenne il respiro, mentre i Nexus rimasero in silenzio. Il cuore di Kairos gli si bloccò in gola.
 
"È stato trovato stamattina presto appena fuori ai cancelli, a quanto pare era già lì da un po'. Anche se adesso sta riposando tranquillamente, è riuscito a stare sveglio abbastanza a lungo da dirci cosa gli sia successo." Bram spostò lo sguardo su tutta la folla davanti a sé. "Il nostro gentile e generoso Padrone è uscito fuori dai confini ieri notte tentando di far rientrare all'interno della fazione un potenziale disertore."
 
La gente trattenne un'altra volta il fiato, insieme a qualche risatina da parte di qualche schiavo che stava provando a immaginare Blackflag, famoso per la sua sete di sangue, "gentile e generoso."
 
"Purtroppo questa schiava, per l'appunto una donna, ha attaccato mio padre. Questa traditrice ha spinto il nostro Padrone giù da una roccia, causandogli la rottura di una gamba e qualche costola." Un lamento si levò dagli Enmity. Bram aspettò pazientemente che si calmassero.
 
Kairos, invece, rimase completamente in silenzio. Benché non credesse alla storia che Bram stava raccontando, aveva capito che era Lindsey quella che Blackflag aveva trovato. La domanda era: dov'era lei adesso?
 
"Per nostra fortuna, amici, gli Dei hanno sorriso al nostro Padrone! I guaritori ci hanno assicurato che si riprenderà completamente!" La folla eruppe in grida di gioia. Dopo un bel po', le urla si placarono. Finalmente una voce si levò dalla massa di persone. "Dov'è questa schiava traditrice? Sarà mandata nell'Arena, ovviamente?"
 
I fratelli si scambiarono uno sguardo, Bram fece un sorriso cospiratorio. "Abbiamo l'accusata in custodia, ma naturalmente lei nega di aver a che fare con l'accaduto. Anche se il Padrone Blackflag ci ha chiesto di perdonarla, noi abbiamo tristemente preso la decisione che questo orribile crimine non può restare impunito. La donna sarà impiccata qui nella piazza tra due giorni esatti."
 
Il tempo, per Kairos, sembrò rallentare. Doveva aver sentito male, come potevano impiccarla? Non era usanza degli Enmity, avrebbero di certo preferito uno spettacolo nell'Arena. Almeno quello gli avrebbe permesso di elaborare un piano per salvarla. Due giorni erano niente.
 
Attorno a lui, iniziarono grida di giubilo e proteste. Gli schiavi urlavano di avere pietà della loro compagna, gli Enmity pretendevano la sua testa. Kairos non era sicuro di quanta della sua gente avesse capito che l'accusata era Lindsey. Guardò di sbieco Delia ed Elene, entrambe le donne erano in lacrime.
 
Doveva salvarla.
 
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"È andata bene"! Vinny diede una pacca congratulatoria al fratello, una volta tornati tra le mura della casa di Blackflag.
 
"Certo, papà sarà orgoglioso dell'affetto dimostrato dalla sua gente:" aggiunse Gavi con tono sarcastico. Sapeva che tutto il discorso era stato solo una finta, Bram era al contrario irritato dal fatto che suo padre fosse sopravvissuto alle sabbie. Era già pronto a comandare, se solo il vecchio fosse morto.
 
Bram lanciò al fratello minore un'occhiataccia. "Dobbiamo solo ringraziare gli Dei del Sole che siano stati i nostri uomini a trovarlo prima che la vera storia venisse a galla." Alzò gli occhi al cielo. "Stupido vecchio, dare la caccia alle allucinazioni. Non è più in sé, non può più governare."
 
Gavi fece una risata di scherno. "Certo che no, perché tu sei pronto a reclamare il tuo trono, caro fratello."
 
Bram coprì la distanza che lo separava da Gavi, pronto a colpirlo.
 
Per fortuna Vinny, che metteva sempre pace tra i suoi due fratelli, si mise in mezzo.
 
"Comunque sia, nostro padre si riprenderà, e noi abbiamo quella stupida Nexus nella cella. Sarà un ottimo esempio per impedire agli schiavi anche solo di pensare di mettersi contro di noi." disse ai due.
 
Gavi liberò il braccio dalla presa del fratello con uno strattone. "Oh, sì, puniamo una schiava innocente senza nome! E facciamolo in fretta, prima che le nostre menzogne possano essere scoperte!" Non era affatto d'accordo con quel piano.
 
Bram roteò gli occhi. "Cos'altro dovremmo fare, sentiamo! Ammesso che la ragazza che nostro padre stava inseguendo sia reale, a quest'ora sarà scappata chissà dove, se non è già morta. Così, manteniamo l'imbarazzo al minimo e nessuno saprà la verità. È già abbastanza brutto che sia stata una donna a fargli male."
 
Gavi non disse nulla. Non c'era niente che potesse aggiungere. Era l'unico dei fratelli a credere alla storia di Blackflag e della ragazza nel deserto della notte prima, sapeva che si trattava di Lindsey. I suoi sospetti erano stati confermati quando non l'aveva vista al discorso quella mattina, e dall'espressione devastata sul volto di Kairos.
 
Avrebbe voluto rassicurare il suo nuovo amico, ma non c'era modo di farlo al momento senza far saltare tutti i piani. Il suo unico rimpianto era che una ragazza innocente sarebbe morta a distanza di due giorni per proteggere quel segreto.
 
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Capitolo 16
*** La scoperta nella grotta ***


Capitolo 15 - La scoperta nella grotta
 
Flashback
 
Il mattino era un momento magico, per un bambino. La calma della notte lasciava spazio al rumorio della gente che si svegliava. Le strade si popolavano improvvisamente di venditori che strillavano le loro ultime offerte, nella speranza di vendere qualche prodotto. Gli animali contribuivano a riempire le strade, mucche e polli muggivano e starnazzavano mentre la gente passava davanti alle loro stalle.
 
A Kairos piacevano molto gli animali, e gli piaceva anche quando suo padre lo faceva sedere sul dorso di una giovenca portandolo a passeggio per le strade come un piccolo principe, e anche la gente adorava quello spettacolo. Era un sollievo vedere un erede giovane e sano, avevano passato anni a pregare per Kairos. Molti avevano iniziato a credere che il loro Leader e sua moglie fossero sterili.
 
Il nome Kairos significava 'opportunità' o 'momento adatto', ed era stato l'appellativo perfetto per il neonato che avevano atteso tanto a lungo.
 
Era un bambino vivace e robusto, sempre in movimento insieme al suo amichetto paffuto, il bimbo della pioggia. I due piccoli erano fonte di grandi promesse per il futuro della fazione.
 
"Guarda, papà! Un bovino!" Kairos cercò di impressionare il padre con la nuova parola che aveva imparato dal suo tutore.
 
Eos sorrise ai modi del figlioletto, tenendolo per mano mentre lo accompaganva per le strade della cittadina. Amava passare il tempo con il suo figlio ed erede, mostrandogli come interagire con la sua futura gente e come mostrar loro il suo sincero interesse. Non che avesse motivo di preoccuparsi, Kairos era un bambino molto generoso e carismatico, chiunque lo incontrasse se ne innamorava all'istante.
 
La mattina di solito trascorreva camminando per le vie a parlare con le persone del posto, l'aria non era mai troppo calda. Il pomeriggio, il ragazzino veniva mandato dai tutori insieme al compagno di giochi. Kairos si impegnava nei suoi studi, il suo obiettivo era quello di crescere e diventare come il suo ammirato padre, ma non gli piaceva molto passare tutto quel tempo chiuso dentro quando fuori era così bello.
 
Per qualche motivo, quel giorno era particolarmente irrequieto, e aveva passato la maggior parte del tempo a fissare fuori dalla finestra. Avrebbe preferito andare fuori a giocare nella sabbia con Raine.
 
"Kairos!" lo sgridò per la decima volta il suo severo insegnante. Kairos sussultò, e il viso gli diventò rosso dall'imbarazzo di essere stato beccato a sognare ad occhi aperti... di nuovo. "Scusa, Didàskalos." pigolò, abbassando la testa bionda sui libri.
 
Il vecchio maestro gli sorrise. Sapeva che era difficile per un bambino di cinque anni passare tutte quelle ore chiuso in un'aula quando le avventure selvagge tra la sabbia chiamavano.
 
"Per oggi può bastare. Perché non vi godete il tramonto, bambini?" suggerì, alzandosi.
 
In un attimo, i due piccoli saltarono giù dalla loro sedia correndo verso la porta, ridendo felici. Didàskalos sorrise, quant'era bello essere giovani.
 
I bambini corsero verso il loro posto preferito, una vecchia grotta appena fuori il cancello posteriore della fazione. Le guardie fecero loro un inchino quando passarono; quello era un posto sicuro, sotto l'occhio attento dei sorveglianti.
 
Cominciarono a giocare oltre l'ingresso fino a quando iniziò a sorgere la luna, grande e pesante nel cielo. Presto sarebbe stata ora di tornare a casa e riempire i loro pancini di zuppa.
 
"Guarda, c'è la luna piena," indicò Raine indicando il grande disco giallo sopra di loro.
 
"Papà dice che sono di buon auspicio! Forse riusciremo a prendere quella lucertola degli arbusti!" rispose Kairos, eccitato.
 
Sapevano che sarebbero dovuti tornare all'interno dei cancelli, ma le guardie non erano ancora venute a chiamarli, per cui avevano ancora tempo. Così iniziarono la loro ricerca per quell'elusiva lucertola che non si era più fatta trovare da settimane.
 
Fu allora che sentirono un rumore più in profondità all'interno della grotta.
 
"L'hai sentito?" chiese Raine con voce tremante, era un tipo pauroso e non gli piacevano quelle situazioni.
 
Kairos, sempre impavido e temerario, fece un passo avanti.
 
"No, Kairos! E se è un animale selvatico? O un disertore? Dovremmo chiamare tuo padre."
 
Kairos strinse gli occhi per cercare di vedere nell'oscurità, e vi scorse una strana forma. Non aveva paura, al contrario era preoccupato per qualsiasi cosa si stesse nascondendo nella caverna. Fece un altro passo.
 
Raine gli afferrò il braccio, ma lui si liberò.
 
"Chiama il mio papà, e le guardie." fece con voce autoritaria, quanto più poteva esserlo quella di un bambino di cinque anni.
 
Raine, felice per avere la possibilità di allontanarsi da quella scena spaventosa, corse via a chiamare gli adulti.
 
"Ehi?" chiamò Kairos nel buio, avanzando a tentoni.
 
Ricevette in risposta un piccolo singhiozzo, chiunque ci fosse nascosto stava piangendo.
 
Andò avanti fino a raggiungere quella persona. "Stai bene?" chiese piano, rendendosi conto che si trattava di una bambina più piccola di lui.
 
"No... no" sussurrò lei, la sua voce sembrava così spaventata.
 
Kairos si chiese se fosse una dei cittadini Nexus, oppure qualcos'altro, era strano che una bimba così piccola fosse fuori dai cancelli.
 
"Sei stata qui per tutto il tempo?" chiese ancora lui, come aveva fatto a non notarla prima?
 
Lei tirò su col naso, mormorando un sì.
 
"Dove sono i tuoi genitori?"
 
Lei pianse più forte. Il cuoricino di Kairos si strinse di dolore, non voleva rattristarla ancora di più. Le passò un braccino attorno alle spalle, cercando di fare del suo meglio per consolarla.
 
"Non ti preoccupare, il mio papà li troverà per te. È il migliore."
 
Lei si lasciò abbracciare, tremava di freddo e paura.
 
Poco dopo, Raine arrivò insieme agli adulti. Eos e Vasílissa raggiunsero il figlio, scioccati di vedere la piccola accanto a lui.
 
L'istinto materno prese il sopravvento, e Vasílissa le si avvicinò.
 
"Ciao, piccolina, come ti chiami?" le chiese dolcemente.
 
Lei esitò, poi mormorò, "Lindsey."
 
Anche Eos si avvicinò, inginocchiandosi al suo livello. "Come mai sei qui, piccola?" Aveva capito dal suo nome che non era una Nexus, aveva qualche sospetto riguardo alle sue origini ma non voleva spaventarla con domande difficili.
 
"Ti ho visto." Indicò il Leader dei Nexus.
 
Gli adulti si guardarono senza capire.
 
"Mi hai visto?" chiese Eos.
 
La bambina annuì. "Nella mia testa. Tre lune fa." Sollevò tre piccole dita.
 
"Oh, Eos." mormorò Vasilìssa, capendo improvvisamente chi fosse quella bambina dispersa.
 
"Dov'è la tua famiglia?"
 
La piccola si strinse più forte a Kairos, che ricambiò l'abbraccio. "Non lo so. C'era caldo, si sono persi." Gli occhi le si riempirono di lacrime. "Ti ho visto nella mia testa. Tu ti prenderai cura di me."
 
Eos le sorrise, certo che si sarebbe preso cura di lei. Aveva fatto diventare la sua missione, il prendersi cura di ogni creatura indifesa che avesse incontrato. Inoltre, se la bambina era una Rinnegata, avrebbe avuto bisogno di essere protetta dalla gente losca che avrebbe cercato di farle del male.
 
"Ma certo, piccolina," le rispose Vasílissa. Aprì le braccia per prenderla, Lindsey rimase a fissarla per un attimo.
 
"Non ti preoccupare, mamma è bravissima," la rassicurò Kairos.
 
Lei strisciò in avanti lasciando che la Regina di Nexus la sollevasse tra le braccia. Non si era sentita così al sicuro da molto tempo.
 
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Capitolo 17
*** Sperduta ***


Capitolo 16 - Sperduta
 
Il sole cocente si stagliava sopra la sabbia, alzando le temperature oltre il sopportabile. Perfino gli animali cercavano un riparo dalla polvere rovente. Un gruppo di quattro persone era raccolto attorno ad una figura svenuta nella sabbia, una donna minuta raggomitolata su se stessa, gli occhi chiusi e le labbra screpolate e secche per via dell'aria bollente. I quattro parlottavano tra loro, cercando di decidere cosa fare con quella persona misteriosa.
 
"Non possiamo lasciarla qui, ovvio," fece uno a un altro. "Non lasciamo mai nessuno."
 
"Arden, hai visto anche tu cos'è successo ieri notte, pensi che sia sicuro? Quel Padrone grasso manderà sicuramente qualcuno a cercarla prima che finisca la giornata," rispose un altro.
 
Tornarono ad osservare la ragazza, valutando il da farsi. Non potevano permettersi problemi, ma avevano giurato solennemente di proteggere i disertori.
 
Arden fece un passo avanti posando una mano sul braccio della giovane, un'immagine gli attraversò la mente. Una bambina, in lacrime, trovata tra le dune da un ragazzino. Ritrasse in fretta la mano come se si fosse scottato. Guardò i suoi compagni scioccato, com'era possibile?
 
"Dobbiamo portarla al sicuro," senza aggiungere altro, la sollevò tra le braccia iniziando a dirigersi verso la loro base.
 
Nessuno degli altri disse nulla, si scambiarono uno sguardo confuso ma furono abbastanza furbi da non dubitare della decisione del loro Leader.
 
Il gruppo avanzò in silenzio, furtivamente, tra il deserto, come era stato loro insegnato fin dalla nascita, non si poteva mai sapere se li stesse
 
seguendo qualcuno. Quando raggiunsero il loro campo, una piccola caverna il cui ingresso era nascosto da alcuni cespugli, si guardarono intorno con cautela prima di entrarvi.
 
Arden adagiò piano la donna sul suo lettino, non poteva di certo posarla sul terreno duro. Si affrettò a immergere un mestolo in una ciotola d'acqua per poi versare il liquido tra le labbra della ragazza. Lei tossì riprendendo conoscenza, aprì gli occhi per un momento prima di gemere di dolore e chiuderli di nuovo. Arden non disse nulla, iniziò invece a spezzettare radici e piante e gettarle nel piccolo fuoco che i suoi compagni avevano acceso diligentemente.
 
"Febbre del Sole," mormorò tra sé, non era la prima a cui assisteva, anzi era piuttosto comune trovare disertori con quella malattia. Benché fosse curabile, era un malore che metteva a dura prova le sue vittime. Sudore, allucinazioni e febbre erano i sintomi peggiori, ma nemmeno la disidratazione andava sottovalutata. Sapeva quindi che doveva farla svegliare per farla bere.
 
"Arden?" Lo chiamò uno del gruppo, mentre quello era impegnato a creare una mistura per far scendere la febbre con le poche risorse che gli restavano. "Cos'hai visto?"
 
Arden non gli rivolse nemmeno uno sguardo, continuando a mescolare l'intruglio che aveva passato venti minuti a preparare. Per dar loro risposte, aveva bisogno che lei si sentisse meglio.
 
"Arden!"
 
"È lei!" fu l'unica risposta che diede loro prima di continuare a mescolare.
 
Gli altri uomini erano confusi. Chi era "lei" e perché Arden era così preso? Avevano trovato dozzine di dispersi nel deserto, altri avevano trovato loro, ma nessuno aveva mai avuto quell'effetto su Arden.
 
Attesero impazienti che Arden terminasse il suo lavoro, sistemando il loro minuscolo accampamento ed esplorando l'area attorno a loro. Erano passati solo due giorni da quando erano arrivati, e a nessuno piaceva la troppa vicinanza alla fazione di Enmity, ma il loro Indovino, Pete, aveva detto che gli Dei della Luna lo avevano guidato lì. Apparentemente, aveva ragione.
 
Dopo che Arden ebbe finito la sua mistura e imboccato a forza la donna semi-cosciente un paio di volte, si rivolse ai suoi uomini. "Pete, perché credi che gli Dei ci abbiano condotti qui?" chiese con voce piatta.
 
Il più giovane del gruppo, Pete, che aveva solo sedici anni, era nervoso di essere così al centro dell'attenzione. Non aveva preso parte a molte escursioni tra le dune, la sua famiglia non aveva voluto che fosse uno dei fortunati, o maledetti, con il compito di trovare Sperduti. Benché fosse una professione nobile, era pericolosa, e molti di loro avevano perso la vita in quel mare dorato.
 
"No-non ne sono sicuro, i loro messaggi non sono sempre chiari," balbettò il giovane Pete, nervoso per quell'attenzione, con il timore di dire qualcosa di sbagliato.
 
Arden indicò la ragazza. "Cass, è lei! È la figlia di Henri!" Disse, quasi fuori di sé dalla gioia.
 
Cass, il secondo al comando della piccola banda di uomini, fissò pensieroso la figura addormentata. Era convinto che non l'avrebbe mai più rivista, non dopo la tragedia nel deserto avvenuta così tanto tempo prima, e dopo che il generoso leader di quella fazione l'aveva presa con sé. Certo, la sua gente aveva mandato un Osservatore per tenerla d'occhio, ma non credeva che lei avrebbe mai desiderato andare alla ricerca delle proprie origini.
 
"Cosa te lo fa pensare?" Chiese stancamente, non aveva più pensato ad Henri da molto tempo, era stato doloroso e avrebbe preferito poter dimenticare.
 
Arden lo guardò male. "Quando le ho toccato il braccio, ho visto il suo ricordo di quando fu trovata da un bambino della fazione."
 
L'intero gruppo piombò nel silenzio, Pete era confuso, non era nemmeno nato quando c'era stata la missione che aveva costato la vita ad Henri. Aveva sentito storie, usate come monito per i bambini per insegnar loro i pericoli che le fazioni del Deserto rappresentavano, ma non c'erano mai stati molti dettagli.
 
"Che facciamo, allora?" Chiese infine Cass. Era incerto, non si erano mai trovati in una simile situazione.
 
Arden non disse nulla, osservò la giovane donna addormentata, a lungo si era domandato che fine avesse fatto. Sapeva che si erano presi cura di lei abbastanza bene, avevano sentito tutti dell'attacco alla sua fazione e dell'uccisione dei due buoni leader. Nessuno a quel punto l'aveva considerata, molti l'avevano ormai cancellata dalla memoria. Nella testa di molti, l'idea della ragazza era stata "distorta", pensavano che fosse stata addomesticata dalla fazione e usata come un animale da intrattenimento. La possibilità che potesse tornare dalla sua gente era stata ormai dimenticata e chiusa in un cassetto.
 
Arden si chiese se avesse la stessa energia dei genitori, due persone che avevano osato sfidare il Deserto nella speranza di cambiarlo per il meglio. Di certo quello spirito doveva essere da qualche parte dentro di lei. Non voleva ancora sottovalutarla, magari sarebbe davvero stata la speranza che attendevano da anni.
 
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Capitolo 18
*** Chi siete? ***


Capitolo 17 - Chi siete?
 
Per un'intera giornata e parte della nottata, i quattro uomini osservarono la donna combattere contro il malessere. La sentirono invocare persone che non conoscevano, il nome Kairos sembrava essere il più ricorrente. Era brutto vedere qualcuno sopportare la febbre del Sole, ma sapevano che era una battaglia da affrontare da soli.
 
Arden fece del suo meglio per continuare con le sue misture, nella speranza di tenerla in salute e far scendere quella febbre che sembrava solo aumentare. Tutti avevano bisogno che sopravvivesse, avevano bisogno di risposte e dovevano poterla riportare a casa con loro, nella sua vera casa.
 
Quella notte, pregarono con fervore i loro Dei della Luna. Nessun Rinnegato amava vedere qualcuno stare così male, soprattutto non uno di loro.
 
Verso l'alba, gli occhi della ragazza si aprirono, stanchi. L'oscurità della caverna la confuse. Dov'era? L'ultima cosa che ricordava era di essere seduta sulla roccia, ma poi?
 
Poi Blackflag. Trattenne il fiato, di sicuro doveva averla catturata e gettata in qualche specie di cella. Si mise in fretta a sedere per guardarsi intorno, solo per ritrovarsi con un capogiro terribile e uno stomaco affamato. Tornò ad adagiarsi sul lettino sotto di lei.
 
Dopo aver raccolto i pensieri e aver atteso che le vertigini passassero, iniziò ad ispezionare i dintorni. Notò il fuoco che le mandava un leggerissimo calore sul viso. Poi vide gli uomini.
 
Un grido le sfuggì dalle labbra, saltando su dal giaciglio e appoggiandosi al muro dietro di lei.
 
Gli uomini sussultarono al quel suono, cercando poi di riprendersi e farla calmare.
 
Lo stomaco della ragazza si ribellò al movimento improvviso, e lei si piegò da una parte vomitando quel poco che aveva ancora dentro.
 
"Oh, che schifo," fece Pete, infelice, non aveva uno stomaco molto forte.
 
"Mi dispiace!" disse lei, in lacrime, all'improvviso più imbarazzata che altro. Quegli uomini non sembravano molto minacciosi.
 
Essi stessi erano stretti nella parte opposta della caverna, vicini per combattere il freddo che c'era lì dentro. La osservarono meravigliati, poi uno di essi parlò.
 
"Non preoccuparti, piccola, non sei il primo essere umano che vediamo con la febbre del Sole, e sono sicuro che non sarai l'ultima."
 
A parlare fu il più anziano del gruppo, un uomo robusto dai capelli bianchi.
 
Lindsey sentì le lacrime bruciare, la voce dell'uomo le aveva causato una fitta di dolore e perdita, assomigliava a quella di Eos. "Chi-chi siete voi?"
 
Gli uomini le sorrisero, non vedevano l'ora che lei facesse quella domanda. Iniziarono a parlare tutti insieme, ne venne fuori un'accozzaglia di parole che lei non capì e che le fecero venire mal di testa.
 
"Zitti tutti! Penserà che siamo pazzi! Io sono Arden, il capo di questa banda di idioti," cominciò l'uomo dai capelli castani. Era più alto di Kai, notò lei, molto più alto, e molto magro. Una cicatrice scura gli attraversava la guancia sinistra.
 
Un altro si alzò, più basso degli altri e di circa mezz'età, i capelli di un rosso intenso, un colore insolito per la gente del Deserto, Lindsey ne aveva visti solo altri due così nella sua vita. "Io sono Pittore." Le fece un ampio sorriso, scoprendo un piccolo spazio tra i denti.
 
"Pittore?" Chiese Lindsey, era un nome strano, piuttosto una professione.
 
Pittore sorrise di nuovo. "Sì, cara, da dove vengo io, molti nomi derivano dalle professioni dei genitori."
 
Adesso estremamente curiosa, Lindsey continuò con le domande. "Da dove vieni?"
 
Uno sguardo cupo passò per un istante sul viso di Pittore, per poi trasformarsi nel solito sorriso. "Fidati, non ne hai mai sentito parlare, non c'è nemmeno più, sono rimasti solo fantasmi di ricordi."
 
Prima che potesse chiedere altro, l'altro uomo, o per meglio dire ragazzo, si alzò a sua volta. "Io sono Pete! Gli Dei ci hanno condotti a te attraverso me! Anche se non mi hanno detto esattamente che avremo trovato proprio te, mi hanno mostrato solo paesaggi e-"
 
Fu bloccato dall'ultimo uomo, il più anziano del gruppo, che nonostante ciò sembrava il più forte. Diede a Lindsey un sorriso confortante, gli occhi azzurri brillarono divertiti dalle maniere dei compagni. "Ed io, bambina, sono Cass. È un onore incontrarti di nuovo. Temevo che questo giorno non sarebbe mai arrivato, Lindsey." Le fece un piccolo inchino.
 
Lei aprì e chiuse la bocca un paio di volte, confusa. Come faceva quell'uomo a conoscerla? Da dove venivano? Chi erano? In un attimo giunse un'intuizione.
 
"Siete tutti Rinnegati?" Era incredula, dopo tutti quegli anni era riuscita ad incontrare veri Rinnegati.
 
Il gruppo, tranne Cass, applaudì, felice che lei avesse compreso.
 
"Pensavo foste di più," rifletté.
 
Gli uomini si scambiarono uno sguardo.
 
"Ci piace mantenere le nostre squadre in numero ridotto." Spiegò Pete. "È più semplice muoversi tra le dune, così."
 
"Squadre? Anche tu hai le visioni, Pete? Dove sono gli altri Rinnegati? Conoscete i miei genitori? Perché mi hanno lasciata in quella grotta? Qua-" iniziò a chiedere, le emozioni come un fiume in piena, gli occhi pieni di lacrime. All'improvviso, si sentì in collera con i Rinnegati.
 
Cass fece un passo avanti, posandole una mano sulla spalla con fare rassicurante. "Non piangere, piccola, mi si spezza il cuore a vederti così." Si abbassò al suo livello. "So che hai un milione di domande, faremo del nostro meglio per rispondere a tutte, devi solo cercare di stare calma e aprire la mente. Ciò che il Deserto chiama Rinnegati non è quello che siamo davvero."
 
Lindsey tirò su con il naso osservando il più anziano. Non sapeva perché, ma sentiva di potersi fidare di lui, era una sensazione rassicurante.
 
"Nei decenni, ci sono stati dati molti nomi: Ribelli, Reietti, Rinnegati, Dispersi, Dannati, perfino Disertori. Alcuni di questi nomi li abbiamo accettati, altri no. Ci facciamo chiamare Rinnegati per amor della comprensione, ma nelle nostre terre non abbiamo nome. Siamo solo la gente del Deserto. Gente che è fuggita e che ha osato sognare qualcosa di diverso rispetto a ciò che ci è stato obbligato di pensare dai nostri Padroni. Vogliamo cambiare il Deserto."
 
Lindsey lo osservò parlare, in un modo così scorrevole e calmo. "Assomigli a Kai," sussurrò, la voce colma d'emozione.
 
Cass la fissò. "Kai? Kairos? Hai detto quel nome molte volte durante la febbre. Chi è?" Le chiese con gentilezza, non voleva spaventarla, solo capire.
 
Lei tirò su col naso, era consapevole che ognuno degli uomini la stava osservando attentamente, la cosa la innervosiva ma non lo diede a vedere.
 
"Kairos è il mio... il mio compagno, potremmo dire così. È stato lui a trovarmi nella grotta. La sua famiglia mi ha accolta ed educata per far sì che governassi al suo fianco. Lui e il resto della mia gente sono prigionieri degli Enmity. Potreste aiutarmi a liberarli?"
 
Nella caverna piombò il silenzio. Gli uomini si guardarono, incerti, e sul loro volto si leggevano delusione, tradimento, tristezza e molte altre emozioni. Come poteva voler tornare da quelle persone che l'avevano tenuta segregata per gli scorsi vent'anni?
 
"Non dirai sul serio, vero? Il tuo compagno? La tua gente? Come puoi chiamare quella fazione la tua gente? I Rinnegati sono la tua gente!" Ringhiò Arden. Lei fu presa alla sprovvista da quell'improvviso cambio di atteggiamento. Il suo cuore soffriva al pensiero di Kairos e delle persone che amava. Credeva che quegli uomini l'avrebbero aiutata, invece si rese conto di essere, molto probabilmente, davvero sola nel Deserto.
 
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Capitolo 19
*** La storia dei Rinnegati ***


Capitolo 18 - La storia dei Rinnegati
 
La minuscola caverna sprofondò nel silenzio per diverso tempo. Ogni componente del gruppo era troppo imbarazzo o terrorizzato per parlare con gli altri. Arden stava malissimo per la sua sfuriata, e Cass era ugualmente arrabbiato con il loro capo dalla testa calda. Aveva davvero pensato di aver iniziato a fare progressi con quella ragazzina sperduta, e Arden aveva rovinato tutto.
 
Al momento, lei singhiozzava raggomitolata in un angolo con la testa fra le ginocchia. Era un suono davvero straziante. Cass riconobbe che erano stati troppo avventati e avrebbero dovuto prendere in considerazione i sentimenti di lei prima dei loro.
 
"Bambina?" Tentò di chiamare la ragazza, ma ovviamente lei lo ignorò; non che si aspettasse diversamente. Sapeva che non le avevano mostrato il rispetto dovuto; da quel che sembrava, la sua nuova 'famiglia', come lei l'aveva chiamata, si era presa cura di lei molto bene. Chiunque fosse quel Kairos, doveva essere molto importante per lei. Avevano sentito dell'attacco alla sua fazione uno o due mesi prima. Era quella la ragione per cui si trovavano in quell'area, pronti ad intercettare ogni disertore che avesse tentato di fuggire dal nuovo Padrone. Avevano quasi rinunciato alla loro causa, non potevano stare molto a lungo in uno stesso luogo senza rischiare di richiamare l'attenzione. Era una regola dei Rinnegati, quella di non rimanere troppo tempo in uno stesso posto del Deserto.
 
"Mi dispiace, Lindsey, i Rinnegati non conoscono i modi degli abitanti delle Fazioni. La maggior parte delle storie che abbiamo sentito raccontano di orrori e dolore. Siamo disposti ad imparare, se tu vorrai fare lo stesso," le disse Cass gentilmente, come se stesse parlando ad un animale messo all'angolo.
 
La sua unica risposta fu per un tempo indefinito solo il silenzio, ma Cass era un uomo estremamente paziente. Anni in attesa di gente tra la sabbia potevano far diventare tale una persona.
 
Quando decise che non avrebbe rinunciato se non prima gli avesse risposto, lei alzò finalmente gli occhi blu per guardarlo. "Perché odiate così tanto le fazioni? Non tutte sono malvagie."
 
Cass le rivolse un sorriso stanco. Diede un'occhiata agli altri uomini del gruppo, che erano seduti dalla parte opposta della caverna come bambini pronti per la storia della buonanotte. "Voi tornate nel deserto, io e la ragazza parleremo in privato."
 
I volti degli altri si incupirono, tristi. Erano contenti all'idea di risentire quelle storie e di vedere le reazioni di Lindsey. Arden aprì la bocca per dire all'anziano che era lui, il leader. Uno sguardo severo di Cass bastò a zittirlo, così si precipitò fuori con gli altri.
 
Una volta soli, Cass si rivolse a Lindsey. Lei si mosse, nervosa, prima di portarsi le ginocchia al petto, aspettando che iniziasse.
 
"Non so quanto tu sappia della nostra gente. Perché non me lo racconti? Riempirò i vuoti, e ti prometto, piccola Sperduta, che non tralascerò nulla."
 
"S-siete nomadi? Avete, umm, capacità magiche? Come le mie visioni? Adorate gli Dei della Luna?" Questo era tutto ciò che sapeva di loro, e si sentì improvvisamente in imbarazzo per la sua mancanza di conoscenze sulla sua stessa gente.
 
Cass si accarezzò il mento, pensieroso; la ragazza non sapeva davvero nulla. "D'accordo, è pur sempre un inizio." Si sedette più comodamente, sarebbero stati lì un bel pezzo. "Prima di tutto, da dove pensi che provengano i Rinnegati? Chi sono, come persone? La gente che conosci è nata in una fazione, quindi sono cittadini, così come lo erano i loro genitori e i loro nonni prima di loro. Da dove pensi che arrivino, invece, i Rinnegati?"
 
Lei era confusa, aveva pensato che fossero come tutti gli altri, che fossero nati Rinnegati, esattamente come Kairos era nato cittadino del Deserto. Era una storia completamente diversa?
 
Cass le fece un sorriso rassicurante. "Non preoccuparti," le disse con gentilezza. "Pochi conoscono le origini dei Rinnegati, e ancora meno sono quelli disposti a ripeterle. La gente dei Rinnegati è la stessa della gente del Deserto, perché è esattamente quello che sono. Molto, moltissimo tempo fa, alcuni membri di fazioni diverse entrarono nell'Arena come schiavi, per intrattenere i Padroni di cui erano al servizio all'epoca. Prima del loro debutto, però, fuggirono."
 
"I Rinnegati sono disertori!" esclamò Lindsey, comprendendo il significato della storia.
 
Il vecchio uomo ridacchiò alla sua scoperta. "Esattamente. Quei pochi Rinnegati che sfuggirono alla schiavitù giurarono di assistere tutti gli altri disertori per restituire loro la libertà. Il mondo era molto diverso, allora, gli Dei della Luna collaborarono con gli abitanti del Deserto finché iniziarono ad accorgersi che questi avevano cominciato a pregare le divinità del Sole. Gli Dei della Luna non sono immuni alla gelosia, e con il tempo iniziarono a voltare le spalle al Deserto. Senza di loro, i giorni si fecero più caldi, le sabbie ardevano sotto i piedi della gente. L'acqua evaporò, le piante morirono." Fece una piccola pausa per prendere fiato, e per assicurarsi che lei lo stesse ancora seguendo. "Poi, videro coloro che erano fuggiti, che li pregavano ancora con fervore, come un tempo. Ebbero pietà di loro, così condussero quella gente senza fazione fuori dal Deserto arido donando loro un porto sicuro lontano dalle minacce delle fazioni. Ad una sola condizione: sarebbero dovuti sempre, sempre tornare nelle sabbie per aiutare altri che sarebbero fuggiti. Quindi vedi, mia cara piccola Sperduta, non siamo davvero noi i Rinnegati. I veri Rinnegati sono gli abitanti del Deserto che hanno voltato le spalle ai loro dei. Questo è il motivo per cui le risorse stanno terminando e le giornate sono sempre più calde. Non sopravviveranno ancora molto a lungo."
 
Lindsey saltò su. "Dobbiamo aiutarli! Tutti loro! E Kairos! Non possiamo abbandonarli! Siamo stati cresciuti con l'obiettivo di cambiare il Deserto; mio padre, Eos, è stato un Leader che ha cambiato ogni norma possibile nella speranza di riunire la gente."
 
Cass annuì, d'accordo, non voleva lasciare nessuno. "Devi comprendere, piccola Sperduta, che non sarà un compito facile. Credi che un Padrone come il Grande Blackflag se ne andrà senza combattere? La gente morirà. Gente innocente. È un qualcosa con cui dovrai convivere."
 
Ormai le si era acceso un fuoco dentro. Non avrebbe mai abbandonato la sua gente ora il primo barlume di speranza che avesse avuto da moltissimo tempo si era acceso proprio lì davanti a lei. Aveva ancora moltissime domande sui Rinnegati, ma potevano aspettare. "Non m'importa, preferirei vedere la gente morire combattendo, piuttosto che vederla morire di fame in un campo di schiavi."
 
Cass sorrise, questo era esattamente ciò che aveva atteso per vent'anni. Da quando Henri era morto. Da quando lei era scomparsa. Avrebbero ripreso il controllo del deserto riportandolo alla sua vecchia gloria. "Mostraci la strada, Piccola Sperduta."
 
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Capitolo 20
*** Cookie ***


Capitolo 19 - Cookie
 
La luna irradiava ombre argentee sul deserto, il vento soffiava abbastanza da conferire alla notte un brivido intenso. Kairos fissava tutto ciò che lo circondava con uno sguardo distante, senza vederlo davvero.
 
Il cuore gli era stato strappato via dal petto da due giorni, ormai, e quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista. Non sarebbe stato come in quelle storie romantiche che lei amava farsi raccontare da sua madre. Non ci sarebbe stato nessun lieto fine. Il finale sarebbe stato una caduta improvvisa e l'orribile schiocco del collo di lei rotto dal suo stesso peso. Sapeva che era un modo macabro e malsano di vedere le cose, ma non poteva farci niente. Riusciva solo a pensare all'immagine di lei che gli moriva davanti senza che lui potesse far nulla.
 
Aveva fallito.
 
Aveva sempre giurato che l'avrebbe protetta. Lei era così piccola e ingenua, si fidava di chiunque fosse gentile con lei, aveva sempre avuto bisogno di qualcuno che la difendesse, fin da quel giorno nella grotta. Così lui proteggeva lei, e lei lui.
 
Certo, pesava 50 chili scarsi perfino zuppa dalla testa ai piedi, ma era capace di tenere a bada chiunque con il suo modo di fare combattivo e la sua intelligenza. La gente riconosceva come sincera la sua gentilezza, e la temeva quando si arrabbiava, non che accadesse spesso.
 
Non riusciva a immaginare di passare il resto della vita senza di lei. Com'era possibile una cosa simile? Aveva riempito ogni singolo giorno della sua vita per vent'anni. Come si poteva passare da quello a niente?
 
Gli ultimi due giorni li aveva passati in totale apatia. Non sapeva cosa fare senza di lei. Il primo giorno aveva inscenato un salvataggio, solo per essere bloccato da Gavi. Quel maledetto bastardo lo aveva tradito. Per fortuna non lo aveva denunciato, ma forse quello era stato il suo piano fin dall'inizio, di liberarsi di Lindsey. Benché non capisse la ragione di quel comportamento, restò di quell'idea.
 
Non aveva parlato con nessuno nelle ultime ventiquattr'ore, più l'esecuzione si avvicinava, più il suo stomaco si attanagliava e il suo cuore si faceva pesante.
 
Anche la gente della sua fazione piangeva quella perdita, non ci era voluto molto perché si rendessero conto chi tra loro mancasse all'appello. Avevano così iniziato a pregare in silenzio qualsiasi divinità adorassero, ma Kairos sapeva che non sarebbe servito a riportarla indietro.
 
"Kairos," chiamò una voce dall'esterno della tenda. Per una frazione di secondo, pensò che fosse lei. Si precipitò all'ingresso, solo per vedere la vecchia, fragile Cookie in piedi di fronte a lui.
 
"Cookie? Cosa ci fai qui?" Chiese, infelice. Non era dell'umore per discutere con nessuno. Il sole stava velocemente sorgendo e l'esecuzione di Lindsey era segnata per l'alba. La donna afferrò Kairos per il colletto trascinandolo dentro la tenda.
 
"Cosa? Lasciami!" strillò con voce più acuta di quanto intendesse.
 
L'anziana cuoca gli scoccò uno sguardo seccato prima di chiudere l'ingresso. "Ascoltami, ragazzo," sputò quasi.
 
Perché era così arrabbiata con lui?
 
Cookie si addolcì, non intendeva prendersela con lui, ma quella situazione le aveva dato ai nervi, era troppo vecchia per mettersi a correre di qua e di là a salvare gente.
 
"Senti, non ho molto tempo per mettermi qui seduta a spiegarti tutto, hai capito? Niente domande!" Iniziò in un sussurro concitato, i suoi occhi marroni sembrarono trafiggere i suoi.
 
Lui annuì serio, abbastanza preoccupato da quella situazione.
 
Soddisfatta dalla sua risposta, lei iniziò rapidamente a parlare. "Non è Lindsey, quella in cella in attesa della sua esecuzione. Lei è là fuori nel deserto, viva, con un gruppo di esploratori Rinnegati. Non interrompermi! Ti ho detto che no c'è tempo! È al sicuro, si trova con un alleato assolutamente fidato che la terrà lontana dal pericolo finché non riusciremo a farvi ricongiungere."
 
"Come fai a saperlo?" Aveva i suoi sospetti sull'anziana donna, non le aveva mai parlato in vita sua. Sapeva che Lindsey le era affezionata, e aveva notato i dolciumi che le aveva fatto avere negli anni. "Chi sei tu?"
 
La donna sospirò, esasperata, ovviamente non poteva lasciarla spiegare senza fare una dozzina di domande. Era proprio come suo padre.
 
"Sono stata incaricata di tenere d'occhio la nostra cara Lindsey dopo che tu l'hai trovata nella grotta. Sono una Rinnegata, e riesco ad entrare nella mente delle persone e leggerne i pensieri, ma solo se conosco la persona in questione; ti dice niente tutto questo, piccolo kléronomos?"
 
Lui annuì nuovamente, ancora estremamente confuso ma per niente desideroso di innervosirla. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era che Lindsey era al sicuro, che non era lei quella destinata al patibolo quella mattina. Questo lasciava solo una domanda. "Chi verrà impiccato?"
 
Gli occhi di Cookie si velarono di tristezza, non era un argomento che avrebbe voluto discutere, conosceva bene i princìpi morali di Kairos. Sarebbe stato un duro colpo per lui. " È una schiava della fazione degli Echo. Mi duole dire che oggi sarà lei a morire per la causa."
 
Kairos sentiva la testa girare al peso di tutte quelle informazioni. Non sapeva come iniziare a processarle. Lindsey era viva, nel Deserto con i Rinnegati. Una ragazza sarebbe morta quella mattina cosicché Lindsey potesse vivere, lei lo sapeva? Era d'accordo? E infine, la vecchia Cookie era una Rinnegata con la capacità di leggere la mente. Guardò l'anziana donna, le sopracciglia corrucciate, pensieroso. Stava leggendo la sua mente in quel momento?
 
Lei gli sorrise, sconcertata. "Sì, proprio così, piccolo kléronomos."
 
 
 
* Kléronomos significa erede, per questo Cookie chiama Kairos 'piccolo kléronomos'.
 
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Capitolo 21
*** Una lezione sui Rinnegati ***


Capitolo 20 - Una lezione sui Rinnegati
 
"Da quale fazione provieni tu, quindi?" Chiese Lindsey a Cass. Erano rimasti in silenzio per diverso tempo dopo che lui le aveva spiegato alcune nozioni basilari sui Rinnegati. Lei aveva ancora moltissime domande da porgli, ma non voleva essere scortese e bombardarlo con tutte in una volta.
 
Lui le rivolse un sorriso gentile prima di rispondere. "Che tu ci creda o no, non provengo da nessuna fazione." Lo sguardo confuso di lei lo incitò a continuare. "Vedi, piccola Sperduta, non tutti i Rinnegati che incontri sono fuggitivi. Qualcuno di noi è stato abbastanza fortunato da non aver conosciuto gli orrori del Deserto. Questo vale per me ed il giovane Pete."
 
Lei rimase sovrappensiero per qualche minuto. Da quando aveva capito le origini del gruppo, non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea che qualcuno di loro potesse essere nato Rinnegato.
 
"Mio padre e mia madre erano fuggitivi. Mio padre morì tra le sabbie prima che venissero trovati da una delle squadre. Mia madre, al tempo, era incinta. Anche lei rischiò di perire, ma per fortuna la trovarono in tempo. Qualche mese dopo, gli Dei la benedissero con l'arrivo di due bambini."
 
Lindsey rimase senza fiato; due bambini? Nel Deserto, quello era un evento rarissimo, e ancora più incredibile era la possibilità che entrambi sopravvivessero. "Anche l'altro bambino è vivo?"
 
Cass le sorrise come se le stesse nascondendo un segreto particolarmente entusiasmante. "Sì, mia sorella è viva, anche se non la vedo da molti anni. Gli Dei ci chiamano per molti viaggi, alcuni dobbiamo però compierli da soli. Spero di poterla riabbracciare presto."
 
Lindsey lo fissò pensierosa. Cass sembrava un brav'uomo, di quelli che ti fanno sentire protetta come se li conoscessi da una vita intera. Un'altra domanda le venne alla mente, una che non vedeva l'ora di poter fare. Gli lanciò uno sguardo imbarazzato prima di decidersi, "Tutti i Rinnegati hanno dei poteri? O doni? O qualsiasi nome abbiano?" Sentiva le guance in fiamme mentre cercava con difficoltà di trovare le parole giuste per esprimere ciò che pensava.
 
Cass si appoggiò al muro della caverna, stare seduto così a lungo aveva iniziato ad essere scomodo per lui e le sue vecchie ossa. Si strofinò la barba bianca. "No," rispose semplicemente.
 
La ragazza era confusa, era sicura che tutti in quel gruppo avessero una specie di dono mistico. "Come si decide chi li ha e chi no?"
 
L'anziano fece spallucce. "È una domanda che farò di certo agli Dei della Luna quando li incontrerò, un giorno. Non tutti i bambini nascono con un dono, e non tutti i doni vengono dati ai bambini. A volte vengono concessi molto più in là negli anni. Non ci sono motivi precisi."
 
"Le mie visioni sono iniziate quando sono nata? Tu hai qualche dono?"
 
Cass rise alla sua curiosità, gli era sempre piaciuto raccontare storie ai giovani quand'era a casa, nella sua terra, ed era passato molto tempo da quando aveva avuto l'opportunità di farlo. Adorava la meraviglia che i piccoli manifestavano. "Sì, ne ho uno, anche se è un po' diverso. Riesco a parlare con mia sorella attraverso la mente. Suppongo che gli Dei abbiano pensato che sarebbe stato un dono utile per me, e direi che avevano ragione. Anche lei ha un dono, riesce a leggere la mente delle persone. È un dono pericoloso, e a volte difficile da sostenere, ma ha imparato a domarlo. Il tuo dono è stato ben visibile da subito, c'era da aspettarselo, considerate le circostanze della tua nascita, ma è stato comunque uno shock."
 
Più le spiegava, più le domande sembravano invaderle i pensieri. Cosa intendeva, riguardo alla sua nascita? Voleva chiedere anche dei suoi genitori, ma qualcosa la tratteneva, sentiva di non essere pronta ad affrontare qualunque fosse la verità dietro quel quesito.
 
"Hai mostrato la tua prima visione prima che chiunque potesse davvero capire che ne avessi avuta una. Eri talmente piccola che parlare di esse con te era difficile. Ma quando sei cresciuta un pochino, iniziammo a comprendere di più, purtroppo però poi ti perdemmo tra le dune prima che riuscissimo a capire quanto vasta fosse la tua abilità. Direi che avevi all'incirca tre, quasi quattro anni quando non ti trovammo più." Una fitta di dolore gli invase il petto. Era successo molto tempo prima, ma gli eventi recenti avevano riaperto quella ferita, che era tornata a far male.
 
Lindsey sentì gli occhi bruciare di lacrime, non era sicura di voler conoscere la verità. Quanto avrebbe voluto che Kairos fosse lì con lei per stringerla e confortarla come aveva sempre fatto. Cass notò l'angoscia crescente della ragazza, consapevole che non fosse pronta a sapere tutto ciò che la riguardava, era davvero molto da digerire.
 
"Dimmi, piccola Sperduta, raccontami del tuo uomo, Kairos, esatto?"
 
Il volto di Lindsey si illuminò al sentir nominare Kairos, e le sue guance si tinsero di rosso non appena si rese conto ti aver cambiato atteggiamento. "Kai è il mio migliore amico, vi ho già raccontato di come fu lui a trovarmi nella grotta. I suoi genitori erano i Leader dei Nexus, e ci hanno cresciuti insieme fin dal primo giorno. Eos voleva cambiare davvero il Deserto, era un pacifista che voleva l'unità. Decise di rischiare e darmi la stessa educazione di Kai, un giorno avremmo dovuto governare insieme la fazione e guidarla verso il futuro. Così ci aveva spiegato lui." Fece un respiro profondo. "Kairos è sempre stato il mio alleato e protettore più importante, e mi ha sempre consolata dopo una brutta visione, o anche solo dopo una brutta giornata. Sa quello che penso ancor prima che io lo dica. Non lo so, ho sempre avuto l'impressione che fossimo destinati a stare insieme." Guardò timidamente Cass, che sembrava un'altra volta perso nei suoi pensieri.
 
L'uomo stava riflettendo sulle parole che lei aveva usato, 'destinati a stare insieme'. Poteva essere possibile una cosa del genere? Dopo tutto, per quello che ne sapeva lui, Eos e il resto dei Nexus non erano diversi dal resto del Deserto per quanto riguardava l'adorazione degli Dei del Sole. Era forse possibile che gli dei avessero un piano per quei due ragazzi?
 
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Capitolo 22
*** Disaccordo tra padre e figlio ***


Capitolo 21 - Disaccordo tra Padre e Figlio
 
Gavi non era sicuro di chi, fra quei due, fosse più di cattivo umore quella mattina. Bram e Blackflag battibeccavano da ore sulla imminente impiccagione della schiava. Gavi rimase di proposito fuori dal discorso, non poteva permettersi di lasciarsi sfuggire che avevano preso la ragazza sbagliata.
 
Sapeva anche che era una cosa terribile da parte sua far morire una persona innocente al posto di un'altra. Aveva parlato con la ragazza, Cait, e lei comprendeva le conseguenze. Era stata una delle maggiori sostenitrici della lotta di Gavi per spodestare il padre e, per lei, quello era un modo per morire con onore.
 
Non che ciò lo facesse sentire meglio.
 
"Accidenti, Bram!" ringhiò Blackflag probabilmente per la dodicesima volta in quindici minuti. "Non è questa, la ragazza!"
 
Bram roteò gli occhi, stava iniziando a stancarsi delle sfuriate di suo padre, continuava a non credere che questi avesse davvero visto una ragazza nel deserto quella notte.
 
Cait e Gavi si scambiarono uno sguardo di soppiatto, sperando che il loro piano funzionasse senza intoppi.
 
"E allora cosa suggerite, Padre?" sibilò Bram tra i denti. Non gliene importava nulla se quella ragazza pelle e ossa e poco importante fosse quella giusta o meno! Voleva solo chiudere la faccenda.
 
"Ascoltami, ragazzo, non ti permettere di parlarmi in questo modo. Sono ancora il tuo Padrone!" Blackflag lanciò la sua tazza contro il figlio maggiore, ma Bram schivò l'attacco, e il contenitore di latta si schiantò contro il muro di fronte, rovesciando il suo contenuto sul tappeto di pelliccia.
 
Il Padrone e l'Erede si fissarono con uno sguardo infuocato, entrambi troppo arrabbiati per parlare. Infine, Bram fece un passo minaccioso verso il padre.
 
"Vi siete fatto passare per stupido, Padre. Ci avete fatto riempire di vergogna e diventare gli zimbelli della situazione. Non me ne importa niente, se c'era o non c'era una ragazza in quello Schifo." fece, furibondo. Gavi non l'aveva mai visto comportarsi così. "Quale Padrone si fa sopraffare da una ragazza qualsiasi? Huh? E, anche quando si trattasse davvero di questa mitica Rinnegata di cui tanto parli, perché la sua gente non la sta cercando?"
 
Bram non aveva mai trovato davvero il tempo di ascoltare le storie sui Rinnegati, ritenendole inutili e noiose. Anche se fossero esistiti, sarebbero stati di sicuro un cattivo presagio. Era fuori discussione, che gli Dei del Sole permettessero a gente del genere di sopravvivere e prosperare nel Deserto. Era tutta una massa di bugie per quelli come suo padre, che credevano a quelle sciocchezze e si facevano prendere in giro così facilmente.
 
Blackflag non gli rispose, il petto ansimante mentre tratteneva la rabbia. Se solo il suo ginocchio fosse stato in condizioni migliori, gliele avrebbe date di santa ragione.
 
"Non sei ancora il Padrone, ragazzo. Non pensare che non possa sbarazzarmi di te in un attimo." Scioccò le dita grassocce. "Ammazzala pure, non mi importa. Ma sappi che stai commettendo uno sbaglio e io non lascerò la mia Fazione nelle mani di uno stupido incompetente. Sparisci dalla mia vista."
 
Il maggiore tra i figli di Blackflag non fiatò, uscendo dagli appartamenti del padre.
 
Ribolliva ancora di rabbia e sapeva che, se avesse osato restare ancora qualche minuto, avrebbe probabilmente strozzato suo padre a mani nude.
 
"Rimanda quella ragazza nell'accampamento degli schiavi. Non verserò sangue innocente. Quando avrò la mia Rinnegata, Bram se ne pentirà." Congedò il figlio minore con un gesto della mano.
 
Gavi rimase in silenzio ed impassibile mentre conduceva Cait fuori dalla casa del genitore. Una volta che furono abbastanza lontani da occhi indiscreti, la prese in braccio stringendola forte.
 
"Te l'avevo detto, che non l'avrebbe permesso!" disse, ridendo e rimettendola a terra. In realtà, per un attimo si era davvero preoccupato. "Mio Padre non avrebbe mai sprecato il sangue di una così bella donna!"
 
Cait rise al colmo della gioia, felice che quello non sarebbe stato il suo ultimo giorno da vivere. "Probabilmente cercava solo di far arrabbiare tuo fratello, non che sia una cosa difficile da fare. Bram è sempre così serioso." Gavi sbuffò. "Bram vuole solo comandare, ma nessuno vuole quel bastardo assetato di sangue come Padrone. Farebbe solo peggiorare le cose, nel Deserto."
 
Lei era d'accordo. Era stata al servizio del crudele Blackflag per quasi tutta la vita, non riusciva più nemmeno a ricordarsi di come fosse prima di arrivare lì. Se c'era qualcuno che comprendeva il bisogno di cambiamento per il Deserto, era proprio la gente come lei.
 
"Hai più parlato con l'erede dei Nexus?" chiese Cait, cambiando discorso.
 
Gavi sospirò, la felicità di poco prima scemò considerevolmente. Kairos non gli rivolgeva la parola da giorni, non che potesse biasimarlo, ma aveva bisogno di lui per poter portare avanti il piano.
 
I due rimasero in silenzio. Negli anni, Gavi aveva preso in simpatia molti schiavi, aveva stretto amicizia con loro, e loro si fidavano di lui. Cait era stata una delle prime con cui aveva legato, quand'erano bambini, quando ancora non capiva perché la piccola dovesse lavorare tutto il giorno mentre lui e Drew giocavano.
 
Col tempo, erano state proprio quelle amicizie che avevano delineato il suo modo di pensare. Aveva visto l'ingiustizia, le morti crudeli, e la totale assenza di compassione. Aveva visto la sabbia inaridire sempre di più nella sua breve vita. Sapeva che quella sarebbe stata probabilmente la loro unica possibilità.
 
"Sono convinto che capirà, soprattutto quando riusciremo a sederci con lui e spiegarli per bene come stanno le cose." le rispose Gavi, un po' per rassicurare lei, un po' anche per rassicurare se stesso. "Farà qualsiasi cosa per andare via da qui e salvare Lindsey."
 
Cait annuì, sperando che il piano funzionasse. Dopotutto, sapeva che si poteva sfuggire alla morte solo fino a un certo punto.
 
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Capitolo 23
*** Piani ***


Capitolo 22 - Piani
 
La vecchia Cookie era sparita tanto velocemente quant'era entrata, lasciando il giovane Kairos da solo nella tenda, confuso. Non era più sicuro di cosa credere, a quel punto. Una parte di lui voleva andare a salvare quella ragazza innocente, ma più di tutto voleva andarsene immediatamente e trovare Lindsey.
 
Il problema restava, non sapeva nemmeno da dove cominciare. Le sabbie erano vaste e spietate, e non vi era mai stato da solo. Di certo sarebbe morto prima di trovarla.
 
"Kairos?" I suoi pensieri vennero nuovamente interrotti, così alzò lo sguardo per vedere Gavi insieme ad una donna all'ingresso della tenda.
 
Un'ondata di emozioni lo travolse. L'ultima volta che aveva parlato con l'altro uomo, c'erano state solo parole dure e una minaccia di farla pagare cara al figlio del Padrone.
 
"Non preoccuparti, se sei d'accordo, possiamo metterci una pietra sopra. Abbiamo questioni più importanti da affrontare." propose Gavi, con un cenno sbrigativo della mano.
 
Kairos, che non voleva avere ulteriori inutili discussioni con l'unica persona che avrebbe potuto aiutarlo, annuì.
 
"Bene, lei è Cait, la ragazza che ci ha quasi rimesso il suo bel collo stamattina. Per sua fortuna, mio padre preferisce di gran lunga irritare il mio fratello maggiore che mandare a morte una ragazza qualsiasi."
 
La ragazza in questione ridacchiò all'affermazione. "Almeno quel vecchio bastardo serve a qualcosa."
 
Per quanto gli sarebbe piaciuto restare lì seduto a chiacchierare, Kairos aveva bisogno di capire. "Sentite, e Lindsey? Devo assolutamente trovarla e andare via da questo maledetto posto." A quel punto, gli importava solo della sua compagna. I giorni che aveva passato senza di lei avevano provato che non ce l'avrebbe fatta, senza averla accanto.
 
Gavi e Cait si scambiarono uno sguardo. Gavi fece un passo avanti prendendo la parola. "In questo momento, l'unica cosa che so è che mio padre l'ha inseguita. A quanto pare, aveva capito chi era, e lei è stata costretta a fuggire. Fortunatamente, Bram non crede alla sua storia, e nemmeno a quelle sui Rinnegati. Mio fratello vuole liberarsi di lui il prima possibile."
 
"Fai quello che vuoi con il tuo Padrone, Gavi, io troverò Lindsey e ce ne andremo insieme via di qui. Lei è una Rinnegata, riusciremo a sopravvivere nel deserto." Aveva già deciso.
 
Gavi era perplesso. Fino a quel momento, aveva visto l'Erede dei Nexus come un uomo che si preoccupava molto per il suo popolo. Quello non era un Kairos a cui era abituato.
 
"E la tua gente?" gli chiese, incerto, notando che perfino Cait stava iniziando a dubitare di tutto ciò che lui le aveva detto a proposito di Kairos.
 
"Chi vuole può seguirci, o qui o nel deserto, moriremmo comunque. Io non so più cosa fare. Lindsey è la mia compagna e ho passato la vita a giurare che l'avrei protetta. Lo so che sembro un'egoista, ma so solo che, se io e altri uomini validi riusciamo a scappare da qui, magari troveremo qualcuno disposto ad aiutarci e tornare indietro a salvare gli altri." Almeno lui aveva un piano preliminare; da quello che vedeva, Gavi non ne aveva affatto.
 
Il ragazzo più alto si accarezzò il mento, pensieroso. Era un'idea, probabilmente migliore di quelle che aveva avuto lui. Sapeva bene che i piani che lui e altri ribelli avevano progettato non avrebbero mai funzionato. Erano troppo pochi, e un tentativo di attacco sarebbe stato devastante. Gli uomini di Blackflag erano stati addestrati fin da giovani per proteggere la fazione. Gavi aveva anche considerato il veleno, ma così avrebbe solo consegnato a Bram il trono, per poi passarlo a Vinny. E in più, sarebbe stato troppo sospetto.
 
Spessissimo, Gavi desiderava di essere nato in una fazione a cui importava l'aspetto umano, come i Nexus. Eos voleva il cambiamento, Blackflag la gloria. Se solo fosse nato in un ambiente che avesse condiviso le sue speranze e i suoi sogni, non si sarebbe trovato lì con quasi nessun supporto alla sua causa.
 
"Tu sei il loro Leader, Kairos, e si aspettano tutti che proprio tu non li abbandoni. Lo so che ti manca Lindsey, ma lei vorrebbe che tu continuassi ciò per cui sei stato cresciuto."
 
Quell'affermazione provocò qualcosa in Kairos, rabbia, dolore, offesa? Non era sicuro di che emozione si trattasse. Per tutta la vita, o almeno per quelle parti in cui era stato abbastanza grande da riuscire a ricordare, gli era stato spiegato che un giorno avrebbe governato insieme alla bambina dai capelli rossi. Una vita in quella posizione senza di lei non l'aveva mai nemmeno presa in considerazione. Si sentiva perso senza la guida e e la fiducia che lei gli dava. Brancolava nel buio, quasi non fosse più se stesso senza di lei.
 
Cait avanzò, sperando di far breccia dentro quell'uomo di cui Gavi aveva parlato con tanto rispetto negli ultimi mesi. "Ho sentito molto parlare di voi due, da Gavi, e da altri schiavi. La gente vi vede come la più grande speranza per il deserto. Tutti sembrano essere convinti che sarete voi due a portare il cambiamento, ed io prego gli Dei che questo corrisponda a verità. So che lei è la fuori, che non si è arresa, e non vuole che lo facciate nemmeno voi." Non era proprio sicura che Lindsey fosse ancora viva, ma se Kairos ne era convinto, a lei bastava. Aveva sentito abbastanza sulla giovane Leader da sapere che non si sarebbe data per vinta facilmente. "Ero disposta a morire per questa causa, e non è una cosa da prendere alla leggera. Anche se noi ribelli non siamo tantissimi, e nel corso degli anni siamo perfino diminuiti, meritiamo tutti una possibilità di poter realizzare i nostri sogni." Cait smise di parlare, in attesa di una reazione.
 
Calò il silenzio nella tenda per quella che sembrò un'eternità. Gavi e Cait speravano che il discorso di lei fosse servito a qualcosa.
 
Kairos si mosse, a disagio, sotto il loro sguardo attento. Sapeva che avrebbe dovuto dar loro una risposta, ma non riteneva di essere così importante quanto loro credevano.
 
Dopo una veloce preghiera ai suoi Dei, inspirò a fondo. "Qual è il vostro piano?"
 
Gavi e Cait sorrisero, poi Gavi rispose.
 
"Per prima cosa, ci facciamo spedire nell'Arena."
 
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Capitolo 24
*** Elios e Selene ***


Capitolo 23 - Elios e Selene
 
La vita al di fuori delle mura di una fazione erano l'esatto contrario di quanto Lindsey avesse immaginato. Le giornate erano più calde, e le notti, le sue adorate notti, portavano il peso dell'incertezza nella cupa oscurità.
 
Erano passati tre giorni da quando aveva incontrato il minuscolo gruppo di Rinnegati. Aveva imparato molte cose, e altre ancora avrebbe volute conoscerne, ma un sentimento continuava a tormentarle costantemente i pensieri.
 
Le mancava Kairos.
 
Non che fosse una sorpresa, tutta la sua vita girava attorno all'uomo, era stato così fin da quando lui l'aveva trovata. Insieme, avevano condiviso ogni singolo giorno, ad imparare da bambini, e a servire la fazione da adulti.
 
Una parte di lei si sentiva in colpa per i bei momenti che stava passando con quei Rinnegati, quasi stesse mettendo Kairos da parte. Sapeva che non era davvero così, ma il senso di colpa continuava a farsi strada dentro la sua mente.
 
"Lindsey?" La voce profonda di Pittore la riportò alla realtà. Era rimasta seduta per quelle che erano sembrate ore a fissare con sguardo assente la parete di roccia di fronte a sé, ed era trasalita al sentire quel tono preoccupato. Era stata così immersa nei suoi pensieri da farle dimenticare la presenza degli altri. "Ci-ciao, Pittore."
 
L'uomo dai capelli rossi le sorrise sedendosi accanto a lei sulla pietra, il fuoco che mandava un caldo bagliore aranciato.
 
"Ti manca il tuo amico, vero?" le chiese, gentilmente.
 
Il viso di lei si tinse di rosso, avrebbe voluto non essere così facile da decifrare. "È questo il tuo potere? Leggere la mente?" scherzò, tentando di alleggerire la tensione.
 
Pittore ridacchiò. "No, gli Dei non mi hanno dato nessun potere. Non tutti li hanno. Alcuni sono gelosi, ma io sono felice poiché mi hanno donato altri tipi di capacità di cui sono grato." Immerse la mano in una piccola ciotola piena di un liquido scuro che lei non aveva notato prima. L'uomo iniziò lentamente a disegnare sul muro davanti a sé.
 
"Perché credi che non tutti abbiano un'abilità?" gli chiese, osservando attentamente mentre lui cominciava a creare un'immagine sulla pietra.
 
Pittore strinse le spalle, la mano destra tornò ad intingersi nel colore. "Se tutti ne avessero una, come farebbero gli altri ad essere considerati speciali? I doni verrebbero dati per scontati, e quindi sprecati. Gli Dei sono esseri intelligenti, conoscono bene gli uomini. Se si concede qualcosa in eccesso, l'uomo tende a sperperarla. Basta guardare il Deserto."
 
Lei annuì, capendo a cosa si riferisse. La razza umana era celebre proprio per sprecare e sperperare ciò che riceveva.
 
"Come pensi che vengano scelti, coloro che ricevono i doni?" chiese ancora, senza staccare gli occhi dall'immagine che aveva iniziato a delinearsi. Fino a quel momento, stava cercando di coglierne il senso.
 
Le mani di Pittore svolazzavano e si muovevano come se stessero compiendo una danza sul muro. Alla luce fioca, il dipinto stava prendendo forma, un uomo e una donna stavano in piedi su uno sfondo desolato.
 
"Suppongo vengano dati a chi si dimostra più adatto a riceverli. Anche se ne ho visti anche di sprecati, ed è un vero peccato. Sono sicuro che per gli Dei è una vera delusione. Probabilmente il dono più restrittivo che abbiamo è quello della scelta."
 
L'uomo e la donna dell'immagine sembravano camminare l'uno verso l'altra. Lindsey osservò Pittore aggiungere dettagli ai due personaggi, una ciocca di capelli per lei, una mascella forte a lui, e le loro braccia erano protese le une verso le altre.
 
"Credo che tu abbia ragione, ma senza la libertà di scelta, la vita sarebbe davvero monotona." osservò lei.
 
L'uomo annuì, d'accordo. "Gli Dei vivono per sempre, e una vita così lunga senza un minimo di divertimento sarebbe stancante."
 
Lindsey pensò a lungo agli Dei. Non sapeva molto di loro, soprattutto non degli Dei della Luna. Durante la sua vita prima dei Nexus, le era stato insegnato a credere, a fidarsi e pregare quelle divinità, ma con gli anni aveva dimenticato i loro nomi e le loro storie. Per qualche ragione, però, non aveva mai smesso di credere in loro. Gli Dei del Sole erano più facili da ricordare, Kairos ovviamente li preferiva, come faceva il resto del Deserto, eccetto i Rinnegati.
 
I due rimasero in silenzio, e Lindsey continuò pazientemente a guardare Pittore dipingere, qualcosa le diceva di non fargli premura né domande. Le sue tranquille pennellate e il suo canticchiare sottovoce la rilassavano, sarebbe potuta restare a guardarlo per tutto il giorno. Il mondo al di fuori della caverna sembrava aver cessato d'esistere, si sentiva come se fosse in una bolla.
 
Finalmente, lui terminò la sua opera, che i due si soffermarono ad ammirare alla luce tremolante del fuoco. L'uomo e la donna adesso erano circondati da altre persone, ma lei non riusciva a capire se fossero felici o arrabbiate.
 
"Il Dio del Sole, Elios, è il più antico tra le divinità solari." spiegò Pittore, indicando l'uomo del dipinto. "A quel tempo, c'era solo il giorno. La gente adorava Elios con gratitudine, fervore e rispetto. Elios era un dio buono e giusto, anche se aveva un certo temperamento. Iniziò a sentirsi sempre più solo, e con la solitudine aumentarono le sue sfuriate. Cominciò a punire la gente per piccole infrazioni, rese il mondo cocente e desolato perché rispecchiasse la sua tristezza. Un giorno, una nuova divinità fu creata dal grido di aiuto di quel popolo. Questa Dea, una donna, era nata dall'oscurità nel cuore di Elios, e con lei venne la notte. All'inizio, la gente temeva lei e il buio. Nessuno si fidava di lei, le notti erano fredde e scure. Ma poi, dalla tristezza che anche lei aveva iniziato a provare, e dalla necessità di farsi apprezzare, nacque la pioggia." Pittore fece una pausa per assicurarsi che Lindsey lo stesse ancora ascoltando.
 
"Va' avanti!" lo incitò lei, entusiasta, completamente presa dalla storia.
 
"Inizialmente, Elios alimentò l'avversione verso la Dea, era un Dio geloso e non sopportava l'idea che la gente potesse adorare un'altra divinità. La Dea, chiamata Selene, era una donna paziente. Sopportò il peso dell'odio e della paura degli uomini, e permise ad Elios di detestarla e minare la sua reputazione. Con il tempo però, Elios iniziò ad essere curioso di questa donna, e così anche gli esseri umani. Iniziarono a vedere i cambiamenti che lei aveva portato nel mondo: con la pioggia, era nata l'erba verde, la Terra aveva iniziato a dare frutti, l'acqua fresca aveva saziato le gole asciutte degli uomini.
 
La parte della storia che segue è controversa, i dettagli sono andati perduti nella leggenda. Elios si innamorò di Selene, e Selene si innamorò di Elios. Per la prima volta, vi era equilibrio nel mondo. Ogni notte, Elios andava via volentieri, cedendo a Selene il suo posto nel cielo notturno, insieme crearono le stelle per dar luce al buio, e la luna perché illuminasse gli uomini."
 
Lindsey rimase in un silenzio, estasiata. Era una storia bellissima. Non aveva mai sentito parlare prima del Dio del Sole, né della Dea della Luna. "E allora perché il mondo adesso è così arido?" domandò, pensando alla situazione che il Deserto stava attraversando.
 
Pittore fece spallucce. "Questa è una storia che non conosco. Nessuno sa cosa sia successo per causare ciò che oggi stiamo vivendo." Si rimise in piedi. " È solo una bella storia, bambina, non prenderla troppo sul serio."
 
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Capitolo 25
*** Un rientro furtivo ***


Capitolo 24 - Un rientro furtivo
 
Avrebbe agito quella notte, indipendentemente da cosa le avessero detto i Rinnegati, e sarebbe rientrata all'interno della fazione degli Enmity. Aveva fatto del suo meglio per fingere di avere un piano, e ogni volta che le facevano domande in proposito, lei vi girava attorno senza effettivamente rivelare nulla.
 
Sapeva che una volta dentro, il suo piano si sarebbe concluso. Le sarebbe bastato vedere Kairos, doveva assolutamente essere certa che lui stesse bene.
 
Quell'opprimente, disgustosa sensazione l'aveva perseguitata per giorni, ed era giunto il momento di far tornare ogni cosa al proprio posto.
 
Gli uomini le avevano più volte ripetuto che quella era una pessima idea, e Lindsey era stata abbastanza furba da non fare parola della sua visione risalente a diverso tempo prima, sulla sua futura trasferta all'Arena.
 
"Potresti morire!" la implorò Pete per la milionesima volta mentre lei si preparava a lasciare la sicurezza della caverna per avventurarsi nuovamente tra gli Enmity.
 
Pete era giovane, non capiva come funzionava il Deserto, i Rinnegati non comprendevano la profonda lealtà che gli abitanti delle fazioni provavano per la propria gente; era convinto che sarebbe stato semplice, per lei, andare via con loro e tornare al posto che le spettava di diritto tra i Rinnegati. Non lo biasimava, quella sarebbe stata l'opzione più semplice.
 
"Non morirò, so quello che faccio." Lo rassicurò nuovamente lei.
 
Il resto del gruppo non espresse, al contrario, il proprio disappunto riguardo alla decisione che aveva preso. Rispettavano la sua scelta benché non la condividessero.
 
Sapevano anche che non sarebbero mai riusciti a farle cambiare idea proprio su quella questione.
 
"Non possiamo rimanere ancora a lungo, dobbiamo spostarci per aiutare gli altri," le disse tristemente Arden, odiando improvvisamente il proprio compito. "Proveremo ad aspettare ancora, ma ti prego di comprendere la nostra posizione."
 
Lindsey li capiva, per quanto ne sapeva la sua poteva anche essere una missione suicida, e non sarebbe stato giusto ostacolare ulteriormente il viaggio del gruppo.
 
"Che Selene possa illuminare il tuo cammino, bambina. Non temere, gli Dei sono giusti, ti guideranno sulla retta via." Queste furono le uniche parole di Pittore.
 
"Sembra che io sia nella stessa posizione in cui mi sono trovato molti anni fa con un altro giovane che aveva grandi progetti. Dissi a Henri che l'avrei sostenuto, se pensava che quella fosse la strada più giusta. E dico lo stesso a te." La rassicurò Cass con gentilezza, facendola commuovere. "Vai, va' da questo Kairos e guida il Deserto verso un futuro più luminoso, per tutti noi."
 
Lei abbracciò di slancio l'uomo più anziano: in quei pochi giorni che aveva passato con lui, aveva imparato a rispettare e ammirare la sua saggezza e la sua abilità nel tranquillizzarla.
 
"Non preoccuparti, Piccola Sperduta, ci rivedremo ancora. Gli Dei non ci hanno fatti incontrare per caso." La strinse forte, per poi lasciarla andare voltandosi verso il muro e nascondendo il volto dalla vista di Lindsey, che giurò di aver sentito un singhiozzo, come se l'uomo stesse piangendo.
 
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Quando la notte iniziò a calare sul Deserto arido, Lindsey si avviò furtivamente verso la fazione nemica. Sentiva il cuore in gola che martellava sempre più forte man mano che procedeva.
 
Per la prima volta, mise in dubbio la propria decisione. Pensò egoisticamente alla sicurezza che aveva trovato con i Rinnegati, di quanto fosse stato più semplice con loro, quando non si addormentava ogni notte con la paura del mattino successivo. E tuttavia eccola lì, a dirigersi dritta dritta nella tana del lupo.
 
Quei pensieri la facevano sentire in colpa, non era mai stata un' egoista. Pensò a tutte le persone che contavano, in modo più o meno consapevole, su di lei perché li aiutasse a uscire da quella terribile situazione.
 
"Come potrei mai fare?" si chiese a voce alta.
 
Il vento intorno a lei soffiava leggero, facendola rabbrividire. Per un attimo, le sembrò quasi rassicurante, come se in qualche modo gli Dei della Luna stessero cercando di dirle che quella era la strada giusta.
 
Quanto avrebbe voluto avere una visione, in quel momento. Non ne aveva più avuta una dal giorno in cui si era vista spedita all'Arena. Per quanto alle volte fossero terrificanti, la confortava sapere in anticipo ciò che sarebbe successo.
 
Posso farcela, pensò avvicinandosi alla recinzione attorno alla fazione degli Enmity. Sembravano passati anni dall'ultima volta che era stata lì.
 
Silenziosamente, trovò il familiare, minuscolo buco nella rete e vi strisciò dentro.
 
L'aria attorno a lei divenne immobile, il silenzio quasi assordante. Ascoltò attentamente, in attesa di qualsiasi suono, magari di qualcuno appostato lì intorno, ma niente.
 
Come un'ombra, si avviò tra il mare di tende bianche fino ad arrivare a quella che cercava. Trattenne il respiro quando sollevò lentamente il lembo di stoffa per entrare all'interno.
 
Nel buio, vide i contorni indistinti dei tre inquilini.
 
Alla sua sinistra, Argus russava piano sdraiato su un fianco, girato verso l'ingresso. Alla sua destra, gli occhi di Alexios erano aperti, e la fissavano. Non emise alcun suono, come aveva sempre fatto in quelle circostanze. Non era la prima volta, che lei entrava nella tenda nel bel mezzo della notte. Dopo qualche momento passato a fissarsi, Alexios rotolò su un fianco senza fiatare, voltandosi verso la parte opposta della tenda.
 
Al centro, Kairos dormiva tranquillo sulla schiena, la mano destra dietro la testa, la sinistra appoggiata sul ventre.
 
Il respiro le si bloccò in gola, mentre lo guardava per la prima volta dopo molti giorni. Era passato davvero troppo tempo. Avrebbe voluto correre da lui, svegliarlo, e non lasciare mai più le sue braccia, ma sapeva di dover agire in silenzio.
 
Lentamente, avanzò fino a raggiungerlo, per poi distendersi con cautela accanto a lui, la testa poggiata sul suo petto, la sua mano intrecciata a quella sinistra di lui.
 
Rimasero così a lungo, Kairos aveva sempre avuto il sonno pesante, e lei non emise alcun suono né si mosse, assaporando la sensazione di essere di nuovo insieme a lui.
 
Quando stava finalmente per addormentarsi, Kairos sbadigliò, stiracchiandosi, e accorgendosi all'improvviso della figura al suo fianco.
 
"Se questo è un sogno, non voglio svegliarmi mai." Mormorò assonnato, stringendola di più a sé.
 
Lindsey sollevò il viso per incrociare lo sguardo di lui. "No, mio adorato Kai, è la realtà."
 
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Capitolo 26
*** Cambio di programma? ***


Capitolo 25 - Cambio di programma?
 
Al mattino, Raine correva attraverso l'accampamento degli schiavi in cerca di Kairos. Aveva sentito parlare del piano, e in qualità di suo migliore amico e consigliere autoproclamato, era suo compito convincerlo a lasciar perdere. Doveva esserci una soluzione migliore di quella di farsi spedire all'Arena.
 
Quando giunse alla tenda del figlio del Leader, era senza fiato. Si soffermò qualche istante per cercare di riprendersi prima di precipitarsi all'interno.
 
"Kai-" si interruppe di scatto quando notò le due figure abbracciate per terra. Sentì il cuore fare un balzo. "Oh, che sia ringraziato il Sole!"
 
La sua gioia svegliò gli occupanti della tenda, che si girarono a guardarlo, assonnati.
 
"Ehi, uomo della pioggia! Perché così allegro, stamattina?" Grugnì Argus, infastidito. "Qualcuno ti ha dato una razione in più?"
 
Raine lo guardò male ma non disse nulla per quell'insulto. "Sono solo felice che la nostra leader sia ritornata! Adesso Kairos può finalmente ricominciare a ragionare! Non è più stato in sé da quando sei scappata nel deserto!" Sembrava fuori di sé per la felicità di vederla.
 
Kairos e Lindsey si scambiarono uno sguardo confuso, non succedeva molto spesso, che Raine parlasse di lei in modo così positivo.
 
"Rainey, non credevo fosse possibile, che ti sarei mancata!" Gli disse lei con leggerezza, alzandosi da terra.
 
Sembrò improvvisamente fare più freddo, a non essere più tra le braccia di Kai. Quando lui si mise in piedi, lei si affrettò ad abbracciarlo di nuovo. Lui rise e ricambiò il gesto; fosse stato per lui, non l'avrebbe lasciata andare mai più.
 
Gli uomini nella tenda osservarono la coppia per un momento, era difficile non sorridere a quella scena. Nei giorni in cui Lindsey era sparita, la vita era stata cupa.
 
"Quindi, Kairos, ora lascerai perdere quegli assurdi piani, vero?"
 
Confusa, Lindsey guardò il compagno. "Piani?"
 
Kairos lanciò un'occhiataccia a Raine, entrambi sapevano cosa quello stesse cercando di fare: Raine non era affatto d'accordo con il piano di farsi mandare all'Arena, e sapeva che Lindsey sarebbe stata la persona migliore per farlo desistere.
 
"Avanti, Kai, di' alla tua vasílopoula di che piani si tratta." lo schernì Raine, ben sapendo che quello era un gioco pericoloso.
 
"Sì, Kai, cos'è che stai programmando?"
 
Kairos e i due fratelli si fissarono a lungo, lui non era più nemmeno sicuro di quei progetti. Lui e Gavi avevano parlato qualche giorno prima, ma fino a quel momento cercare di entrare nell'Arena si stava rivelando difficile, soprattutto perché Blackflag era ancora allettato e si teneva nell'ombra, e non potevano mai prevedere di che umore sarebbe stato Bram. Rischiavano di essere mandati all'Arena, o mandati a morte.
 
Kairos si fece piccolo sotto lo sguardo di Lindsey, che lo osservava muoversi da un piede all'altro, a disagio.
 
"Il tuo Kai," incalzò Raine usando il suo soprannome con fare sarcastico, "ha parlato più volte con il figlio del Padrone, sai, Gavi. Non so come, questi due hanno avuto la geniale idea di salvare la gente di questo dannato posto, il che implica che Kairos e questi due," indicò con un gesto Argus e Alexios, "debbano farsi gettare nell'Arena."
 
Nella tenda calò il silenzio. Kairos aveva troppa paura per guardare Lindsey, non voleva che lei gli facesse la predica su quanto terribile fosse quell'idea. Anche se il piano non era stato ancora elaborato del tutto, lui e Gavi avevano già iniziato a discutere i dettagli.
 
Raine non sopportava più quel silenzio, si aspettava che Lindsey saltasse su e dicesse a Kairos quanto stupida fosse quella trovata.
 
"Mi hai sentito? Kairos vuole farsi buttare dritto nell'Arena! Ti ricordi di quel posto, no? Quello dove la gente va e non torna più?"
 
Raine in realtà non sapeva molto dell'Arena, lui e Kairos ci erano andati una volta quand'erano più piccoli. Eos detestava perfino l'idea di quello spettacolo. Non aveva mai mandato nessuno all'Arena, anzi solitamente li metteva a fare lavori più duri, o più spesso li riceveva personalmente e li aiutava a cambiare in meglio. Pochissimi erano i disertori fuggiti dai Nexus.
 
La donna rabbrividì al pensiero. Non le era stato concesso di andare insieme ai ragazzi quella volta, anche se Eos avrebbe voluto cosicché si rendesse conto degli orrori di ciò che quel modo di pensare sbagliato faceva al Deserto, ma Vasílissa lo aveva proibito. Non importava quanto lei stessa fosse convinta che Lindsey avesse la stessa abilità del figlio a governare, non avrebbe mai permesso che assistesse a quelle atrocità. Non che Lindsey avesse insistito, era terrorizzata dalle storie sull'Arena che le erano state raccontate crescendo, soprattutto da persone come Raine, che adorava spaventarla con le sue storie. Era grata che Maman si fosse intromessa per impedirlo.
 
"Linds, ascolta," iniziò Kairos.
 
Lei sollevò una mano per fermarlo, cosa che lui fece immediatamente.
 
"Lo so, Kai," sussurrò, gli occhi lucidi al ricordo dell'ultima visione. "Andremo all'Arena."
 
"Che cosa?!" Urlarono tutti all'unisono, nessuno tra gli uomini si sarebbe aspettato quella risposta.
 
"Non puoi dire sul serio!" Esclamò Raine con rabbia.
 
I fratelli rimasero in silenzio, non volevano parlare prima che la loro Leader avesse modo di spiegare, o prima di Kairos.
 
Lindsey rivolse loro un sorriso incerto, non si era resa conto di aver iniziato a piangere.
 
Senza parlare, Kairos la abbracciò. Inizialmente non era sicuro del perché lei avesse avuto quella reazione, ma non sopportava di vederla soffrire.
 
"Cosa c'è?" le sussurrò piano all'orecchio, stringendola a sé.
 
Lei si limitò a scuotere la testa, sentendosi di nuovo all'interno della visione, la sensazione del vento e della sabbia contro la pelle sembrava reale; riusciva perfino a sentire Bram urlare.
 
"È la visione, ricordi?" gli sussurrò lei, disperata. "Ci andremo entrambi all'Arena, insieme."
 
 
* Vasilopoula significa 'principessa'.
 
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Capitolo 27
*** Gara di urla ***


Capitolo 26 - Gara di urla
 
Un brivido corse lungo la schiena di Kairos al ricordo della visione di cui Lindsey stava parlando. Quel giorno, quand'era andata da lui, era stata disperata, terrorizzata. Lui aveva dimenticato quella parte, soprattutto per via del loro primo bacio, avvenuto poco dopo. Si sentì invadere dal senso di colpa per quella dimenticanza.
 
"Che significa, che ci andrete entrambi?" strillò Raine, chiaramente arrabbiato che il suo piano non stesse andando come avrebbe voluto.
 
Lindsey sbuffò spazientita alla protesta dell'uomo. Solitamente riusciva a sopportare le sue uscite drammatiche, ma dopo aver passato del tempo nel deserto circondata da quei Rinnegati così calmi, beh, era un po' più di quanto sarebbe stata disposta a tollerare.
 
"Ho avuto una visione, Rainey." gli disse lentamente, come se stesse parlando ad un bambino. "In questa visione, c'era una tempesta di sabbia, io e Kairos stavamo andando all'Arena con Bram. Non so chi altro ci fosse coinvolto, ho visto solo noi tre."
 
Raine sbiancò. Non amava particolarmente Bram. L'uomo più grande era crudele, ne aveva dato prova il giorno dell'esecuzione.
 
Dopo aver detto alla gente di Enmity che la ragazza era 'scappata', aveva estratto una spada senza tante cerimonie, trafiggendo la guardia più vicina a lui per pura rabbia. L'immagine dell'espressione sorpresa sul volto dell'uomo morente che lo fissava, mentre il sangue iniziava a colargli dalle labbra, perseguitava Raine.
 
Raine era la personificazione per eccellenza di ciò che un Nexus di nascita doveva essere. Era contrario ad ogni forma di violenza e odiava il conflitto, era un pacifista convinto. La sua vita prima dell'attacco l'aveva passata studiando antichi volumi e lavorando con i Leader della sua fazione per rendere il mondo intorno a loro un posto migliore. La barbarie degli Enmity lo faceva sentire un pesce fuor d'acqua. Veniva costantemente preso in giro per la sua indole apparentemente timorosa e il suo disprezzo per i loro modi violenti. Bram aveva perfino scherzato sul fatto di prendersi il gioco di lui solo per divertire la fazione.
 
"Dobbiamo lavorare tutti insieme per poter fuggire da qui, c'è così tanto là fuori," fece Lindsey implorante all'uomo che non era né suo amico né suo nemico, i due si tolleravano a vicenda."Ho incontrato dei Rinnegati mentre ero tra le dune, mi hanno salvata, e vogliono far diventare il Deserto un posto migliore. Hanno votato la loro vita al soccorso di coloro che tra noi vogliono essere salvati."
 
Nella tenda ci fu silenzio a lungo dopo il suo discorso. Benché tutti fossero molto curiosi riguardo al tempo che aveva passato nelle sabbie, così come a cosa l'avesse spinta a tornare in quell'inferno, nessuno aveva ancora avuto la possibilità di chiedere.
 
"A-avete trovato dei Rinnegati?" Chiese Argus timidamente.
 
"In effetti sono stati loro a trovare me, la prima notte ho corso fino ad essere esausta, ero sicurissima che Blackflag mi avrebbe inseguita. Credo di essere svenuta nella sabbia. Una squadra mi ha trovata, apparentemente ho sofferto di quella che loro hanno chiamato febbre da insolazione-"
 
"Ne abbiamo sentito parlare." la interruppe Alexios. "Non è rara tra coloro che lavorano nel deserto, anche se è pericolosa."
 
"Comunque," continuò lei dopo che l'uomo ebbe finito di parlare, "mi conoscevano, o sapevano di me. Alcuni di loro conoscevano i miei genitori, Kai, conoscevano mio padre!" Si girò verso il suo compagno, aspettandosi di trovarlo altrettanto felice. Lui la guardò in un modo che lei non capì, ma decise per il momento di lasciar correre. "Mi hanno parlato del posto da cui vengo, e di loro, i Rinnegati non sono nomadi, hanno delle squadre che setacciano il Deserto in attesa di disertori, facendo del loro meglio per salvarli e rendere anche loro dei Rinnegati." Raccontò più velocemente che poté tutto quello che aveva imparato in quei giorni. Tutti ascoltavano, ammaliati, non avevano mai immaginato i Rinnegati nel modo in cui lei li dipingeva. "Adorano le divinità della Luna, così come io ricordavo, mi hanno raccontato dei primi Dei, Elios, il Dio del Sole, e Selene, la Dea della Luna."
 
Kairos fu costretto ad interromperla. "Perché eri fuori quella notte, comunque, Lindsey?" La sua voce aveva un tono accusatorio ed era più dura di quanto si sarebbe aspettata da lui. "Ti ho detto un sacco di volte di non uscire di notte."
 
Lei lo fissò a lungo, frustrata dal suo atteggiamento. Cosa gli era preso? Fino ad allora, quella mattina, era stato così dolce e apparentemente felice che fosse tornata, ora non ne era più tanto sicura. La sensazione le fece stringere il cuore.
 
Si voltò verso i tre uomini nella tenda. "Vi prego di scusarci."
 
Essi non osarono contestare l'ordine. Aveva usato un tono talmente austero che nemmeno Raine si oppose. Lui era sicuro di cosa avesse
 
Kairos, che aveva passato i giorni appena trascorsi a trascinarsi in giro con aria avvilita, ma avrebbe dovuto essere al settimo cielo per il suo ritorno. Una volta che i tre uomini furono usciti dalla tenda, Lindsey si voltò verso Kairos.
 
"Tira fuori tutto quello che ti passa per la testa così possiamo continuare." Gli disse semplicemente. Non era mai stata sua abitudine girare attorno ai suoi diverbi con lui. Al contrario, indipendentemente da quanto fossero stati legati da sempre, avevano comunque avuto la loro dose di discussioni.
 
Kairos si passò una mano tra i capelli, frustrato, non era così che avrebbe voluto che andassero le cose. Era felice di averla a casa, ma era ancora arrabbiato con lei. "È che non capisco come io abbia potuto passare la scorsa settimana preoccupato a morte perché pensavo fossi morta, o che non ti avrei mai più rivista, e invece tu sei tornata, raccontandoci tutte queste grandiose avventure che hai avuto con un gruppo di gente che nemmeno conosci!"
 
Lei fece uno sbuffo sprezzante alla sua scelta di parole. "Avventure?" disse con rabbia. "Spiegami come rischiare di morire da sola di febbre nel deserto sia un'avventura, Kairos. Ero terrorizzata! Volevo solo te."
 
"E allora perché accidenti sei uscita quella notte? Ti avevo già detto che era pericoloso!"
 
I due si guardarono male.
 
"Sai benissimo che la notte è l'unico momento che ho per me stessa!"
 
Lui ringhiò, arrabbiato. "Per te stessa? Che cavolo, Linds? All'improvviso non siamo più abbastanza per te? Io non sono abbastanza? Sei fuggita nella notte senza preoccuparti di nulla e ci hai lasciati tutti in subbuglio! Stavano per impiccare una ragazza innocente perché non riuscivano a trovarti! Blackflag è da qualche parte, a letto, e quel pazzo di suo figlio dirige al posto suo! Da due giorni ci danno la metà delle razioni, la nostra gente morirà di fame se continuano così."
 
Lei boccheggiò, in realtà non aveva considerato gli effetti che la sua fuga avrebbe avuto sulla sua gente. Si sentì la creatura più egoista del pianeta. Si era preoccupata solo di se stessa e di vedere di nuovo Kairos, il resto sarebbe stato una conseguenza al suo ritorno da lui. Adesso, sapeva più che mai che doveva aiutarli.
 
Senza rendersene conto, aveva iniziato a singhiozzare. Kairos sentì il cuore spezzarsi per la sua compagna. Certo, lei era stata egoista, ma non lo era stato forse anche lui? Fece un passo avanti e la circondò con le braccia. Le lacrime si fecero strada anche sul suo volto mentre la stringeva. Entrambi si sentivano come se avessero tutto il peso del mondo sulle spalle, si sentivano piccoli e inadeguati di fronte al grande schema delle cose. Come avrebbero potuto fare?
 
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Capitolo 28
*** Incontro segreto ***


Capitolo 27 - Incontro segreto
 
L'aria sembrava carica di tensione quando Gavi e Cait entrarono nel nascondiglio segreto. Avevano sentito del ritorno di Lindsey ed erano ansiosi di vedere la ragazza personalmente. Quando fecero il loro ingresso nella stanza più interna della grotta, il 'quartiere segreto dei ribelli', nessuno parlava.
 
Sia Lindsey che Kairos sembravano evitare di guardarsi. Argus e Alexios erano fermi in un angolo più lontano con Delia ed Elene, e mormoravano a bassa voce. Raine spostava nervosamente il peso da un piede all'altro, non si sentiva mai a suo agio in quel genere di incontri, era costantemente preoccupato di essere beccato.
 
"State tutti bene?" chiese Gavi al gruppo, non era sicuro di cosa stesse succedendo, ma non avevano il tempo di sedersi e discutere. Quella mattina aveva sentito Bram dire di voler diminuire ulteriormente le razioni.
 
"Tutto bene, Gavi," rispose Kairos con un sorriso tirato.
 
Lindsey arrossì quando Gavi la guardò, ricordandosi improvvisamente chi era, e del loro incontro dopo la visione. "Allora, mi stai ancora seguendo?" scherzò, facendolo soffocare.
 
Cait rise mentre l'amico cercava di riprendere fiato. Le piaceva quella Lindsey, le ragazze di spirito erano sempre le migliori, e aveva bisogno di un'altra così in quel mare di uomini. "Pensavo di essere l'unica a cui andassi dietro, Gavs?" Lo prese in giro.
 
Il volto del figlio del Padrone si fece di fuoco di fronte alle continue prese in giro delle ragazze. Scoccò un'occhiata a Kairos, che lo guardava sospettoso ma non disse nulla.
 
"Sono felice che siate riuscita a tornare tra gli Enmity," Cait decise di cambiare argomento, anche lei aveva notato lo sguardo che Kairos aveva lanciato a Gavi. Da quanto ne sapeva dalle chiacchierate fatte con l'amico, l'erede dei Nexus era estremamente protettivo nei confronti della sua compagna, e non lei aveva proprio bisogno che i due ragazzi cominciassero qualche discussione stupida quando avevano i piani da mettere a punto.
 
Lindsey studiò l'altra ragazza. Sapeva chi era, Kairos le aveva detto che era era lei ad aver quasi perso la vita al suo posto, ma non capiva perché sarebbe stata disposta a tanto. Cait le rivolse un sorriso affabile che mostrò gli incisivi davanti un po' distanti. Era molto carina, con i capelli scuri, gli occhi verdi e la pelle olivastra.
 
"Non potevo abbandonare tutti." Mormorò, senza incrociare il suo sguardo.
 
"Certo che no, nessuno si sarebbe aspettato una cosa del genere." Le disse Cait gentilmente. "Vi ho osservata fin da quando siete arrivata, siete la Leader di quella gente, anche la mia fazione vi rispetta."
 
"Fin da quando siamo arrivati?" Ringhiò Kairos, lanciando a Gavi un'occhiata torva al sentire le parole di lei.
 
Gavi sollevò le mani in segno di difesa. "Non è stata lei a dirmelo. Fidati, mi ci è voluto un secolo per riuscire a capire chi accidenti foste."
 
Cait rise, passando un braccio attorno alle spalle di Lindsey. "La fazione di Echo era piena di gente a contatto con il mondo attorno. Avevamo sentito già parlare dei Nexus, ma chi non vi ha mai sentiti nominare, d'altronde? Eos era amico del nostro Padrone. Ci consideravamo alleati. Ho sentito storie su voi e Kairos da quando sono piccola, eravate un ottimo argomento per le storie della buonanotte. Sul serio, non sapevo nemmeno se foste reali o solo fantasia finché non vi ho incontrati."
 
"Storie della buonanotte?" Chiese Raine, ridacchiando. "Perché la vostra gente vorrebbe far venire gli incubi ai vostri bambini?"
 
Il gruppo rise.
 
"Alcuni dicono che loro due siano la personificazione degli antichi Dei. Almeno così dice la storia che ho sentito." Spiegò Cait, per nulla turbata dalla battuta sarcastica di Raine.
 
Lindsey spalancò la bocca, scioccata. Il racconto di Painter le tornò all'improvviso alla mente. Anche lui conosceva quella storia? O si trattava di una coincidenza? Le domande iniziarono a frullarle in testa. Fissò Cait a lungo, di certo la ragazza sapeva più di quanto stesse lasciando intendere al momento.
 
"Si farebbe di tutto per dare alla gente un po' di speranza." Disse Gavi, ponendo fine alla discussione. Si voltò verso Kairos, "Allora, Bram è ancora arrabbiato con me, non mi permette di entrare nella sala delle riunioni finché 'non la smetto di comportarmi come un bambino', quindi non so molto, ma ho sentito che ha intenzione di diminuire le razioni. Il caravan per l'Arena parte fra tre settimane, devi trovare un modo per salirci prima che sia troppo tardi. Mio padre non perderà l'occasione di andare."
 
Kairos guardò i suoi uomini di fiducia, Alexios ed Argus, che annuirono. Avevano discusso quel piano durante le ultime notti, e quello era il momento da cogliere al volo, soprattutto se le razioni venivano tagliate di nuovo, e la gente era già affamata.
 
"Ho un piano," si limitò a dire Kairos. Guardò Lindsey, i due non avevano parlato molto dopo la discussione della mattina. Dopo che le lacrime avevano cessato di scorrere, nessuno dei due era stato pronto ad ammettere le proprie colpe per primo, entrambi troppo testardi. "Ma ora che Lindsey è tornata, è ovvio che anche lei dev'essere inclusa."
 
La rossa annuì, pronta per qualsiasi piano potesse beneficiare al meglio loro e la loro gente. Non era certa di cosa sarebbe successo una volta mandata all'Arena, ma sarebbe andata fino alla fine.
 
"Ruberemo le scorte, e quando ci scopriranno, confesseremo di essere gli eredi di Eos. Come ti sembra?"
 
Gavi annuì pensieroso, anche lui pensava che Lindsey e Kairos sarebbero stati il modo migliore per riuscire a farsi mandare all'Arena. Perfino Bram non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione di mandare i grandi eredi di Eos a una condanna pubblica, e avrebbero sicuramente ricevuto gloria e doni in quantità per aver portato a dare spettacolo due persone così ricercate.
 
C'era comunque una minima possibilità che Bram decidesse di ucciderli, soprattutto se avesse capito che Lindsey era la ragazza che era fuggita, ma era un rischio che avrebbero dovuto correre.
 
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Capitolo 29
*** La grande scoperta di Vinny ***


Capitolo 28 - La grande scoperta di Vinny
 
Bram era arrabbiato, ma non era poi una novità, pensò Gavi tra sé mentre seguiva il fratello maggiore lungo i corridoi contorti verso gli appartamenti del padre. A dire il vero, la rabbia di Bram solitamente lo divertiva da morire.
 
Blackflag aveva chiamato i figli nella sua stanza per una 'riunione'. Qualcuno gli aveva messo in testa delle voci interessanti che lo avevano consumato.
 
La maggior parte del merito andava a Gavi, che aveva fatto in modo che Drew menzionasse a suo padre Kairos e Lindsey qualche giorno prima, e ora il vecchio era ossessionato dall'idea di trovarli. Bram non aveva fatto molto per assecondarlo; Vincent, d'altra parte, adorava le follie e si era preso la briga di trovare la coppia. Aveva perfino trasformato l'opportunità in una sorta di gioco.
 
"Magari Papà li ha trovati!" Sussurrò Gavi al fratello maggiore mentre si avvicinavano alla camera da letto.
 
Bram brontolò ma non disse nulla. Gavi era sempre stato per lui una spina nel fianco, la gente aveva sempre adorato sia lui che sua madre, prima che lei morisse. Perfino Blackflag prima stravedeva per il ragazzo quand'era piccolo, era il suo preferito. Per fortuna, l' "incidente" che aveva provocato il decesso di Bella aveva causato una spaccatura tra i due, e suo padre adesso poteva a mala pena guardare il suo fratello minore senza sentire un pizzico di rimorso e angoscia per la morte della sua adorata moglie.
 
"Grandi novità, fratelli!" Li accolse Vincent sulla soglia della camera del padre. "Io, Vincent, ho ancora una volta raccolto la sfida e ricevuto i frutti di un lavoro ben fatto."
 
Vincent era sempre stato un tipo teatrale, all'occasione molto stravagante. Bram aveva tentato di soffocare le sue tendenze, al contrario di Gavi, a cui piacevano. Erano sempre state utili a rendere divertente ogni situazione. Perfino il potente Blackflag aveva riso qualche volta a qualcuna delle scenette del figlio.
 
"Cosa c'è, Vin, hai fatto un'altra conquista con una delle guardie di papà?" Gli chiese Gavi con un sorriso.
 
Vincent scoppiò a ridere. Era risaputo che lui flirtasse con i componenti della guardia di suo padre, a cui i fratelli avevano a lungo cercato di nascondere quel segreto, non con poche difficoltà. Forse era l'unica cosa su cui avevano mai collaborato tutti e tre insieme nella loro vita. Blackflag non avrebbe accettato le tendenze del figlio.
 
"Magari, fratello!" Vincent batté sulla spalla di Gavi. "Purtroppo Marco mi è sfuggito un'altra volta."
 
I due fratelli risero come bambini; Bram invece rimase impassibile come al solito. Le conquiste di Vincent gli erano indifferenti, qualsiasi cosa bastasse a rendere suo fratello felice e a tenerlo fuori dalla sua ombra per più di dieci minuti gli andava bene. In più, era difficile riuscire ad odiare Vincent.
 
"Vincent!" Chiamò la voce tagliente di loro padre. "Non farli stare lì tutto il giorno! Voglio vedere la faccia di Bram quando gli mostrerò i nostri nuovi ospiti!"
 
I tre fratelli si guardarono prima di entrare nella stanza di Blackflag. L'uomo anziano, ancora un po' dolorante per l'avventura nelle dune, era appollaiato nell'enorme letto, circondato dai cuscini e da un paio delle sue concubine preferite.
 
Nell'angolo più remoto, circondati da tre guardie, c'erano Lindsey, Kairos, Argus e Alexios. Gavi non aveva previsto nel piano che anche i due fratelli fossero catturati, ma aveva compreso la loro decisione nel voler stare accanto ai loro leader per proteggerli. Benché Gavi non li avesse mai visti in azione, aveva sentito dire che al bisogno sapevano essere decisamente brutali. Fin dal loro arrivo nella fazione, circolavano voci secondo cui avessero praticamente fatto a pezzi soldati di Enmity durante l'attacco nel tentativo di proteggere la moglie di Eos. Gavi non avrebbe mai osato contraddire nessuno dei due.
 
Il suo sguardo si soffermò sulla coppia. Non gli piaceva il modo in cui Lindsey sembrava tremare mentre si aggrappava a Kairos così forte che le sue nocche erano diventate bianche. Sapeva che era parte del piano, ma sapeva anche che doveva essere una cosa terrificante per lei. Dopotutto, Blackflag assomigliava a uno spauracchio per bambini, e inoltre l'Arena era da incubi. Lui ci era stato diverse volte, e poteva anche essere divertente dal punto di vista di qualcuno che non era condannato ad entrarvi, ma vi aveva visto abbastanza morti e spargimenti di sangue da confermare le sue idee sul necessario cambiamento per il Deserto.
 
Kairos teneva Lindsey stretta forte a sé, i tre uomini avevano fatto in modo che lei fosse posizionata nel punto più lontano da Blackflag e le sue guardie. I loro corpi le facevano da scudo, e si vedeva appena in mezzo ai due fratelli. Tutti loro erano pronti a difenderla con la propria vita, al primo movimento dubbio.
 
"Ahh, eccoli qui! I miei ragazzi!" Li accolse il vecchio allegramente. "Bram! Voglio mostrarti i frutti del lavoro di tuo fratello! Devo proprio dirlo, quel Vinny mi ha proprio soddisfatto, per com'è riuscito a scovare questo gruppo! Anche se questi due selvaggi negri gli hanno quasi staccato la testa quando ha provato a catturarli." Lanciò un'occhiataccia ai due fratelli, che loro ricambiarono con un sorrisetto soddisfatto.
 
Bram non disse nulla. Si avvicinò ai prigionieri del padre, notando come gli uomini si mossero per tenere la ragazza lontana dalla sua vista. Rise al tentativo.
 
Sarebbero di sicuro stati uno spasso.
 
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Capitolo 30
*** La cattura - Parte 1: Terrori notturni ***


Capitolo 29 - La cattura - Parte 1: Terrori notturni
 
Flashback
 
Lindsey dormiva irrequieta nella tenda di Kairos. Nonostante lui cercasse di tranquillizzarla nel sonno, lei continuava a muoversi a causa dell'incubo che le consumava la mente. Ogni tanto mormorava una parola o una frase, di cui lui non riusciva a capire il significato.
 
Kairos aveva sentito il suo nome, e poi i nomi degli Dei che lei aveva menzionato qualche giorno prima. Non conosceva la Dea, Selene, ma conosceva Elios da tutta la vita. Suo padre era stato un fervido devoto del Dio del Sole, come la maggior parte del Deserto. Ricordava di aver sentito per caso qualche discussione tra lui e Lindsey, in contrasto sulla preferenza per le divinità. Erano davvero state le uniche volte in cui avessero mai litigato.
 
Kairos si avvicinò ancora di più alla sua compagna, sperando che la sensazione della sua pelle contro quella di lei riuscisse a calmarla. Il braccio gli si era addormentato da un pezzo perché la ragazza ci si era coricata sopra.
 
Fin dal suo ritorno nella fazione, non si era quasi staccato da lei. Non l'aveva fatta tornare nella tenda insieme ad Elene e Delia, non voleva rischiare che le succedesse qualcosa, o che sgattaiolasse di nuovo tra le dune. Avevano discusso un po' sul fatto di rimanere lì con lui, soprattutto perché lei bramava la notte, ma per fortuna per quella volta Kairos aveva avuto la meglio.
 
Nel buio della tenda, riusciva appena a intravedere la silhouette della donna alla pallida luce della luna che filtrava attraverso la tela. Se avesse voluto, avrebbe potuto tracciare con precisione il suo profilo con un dito. Era una sensazione meravigliosa, averla accanto in ogni momento, ma il vento del cambiamento soffiava tutto intorno a lui, e ciò lo preoccupava. Poteva solo sperare che entrambi non stessero commettendo un grave errore e che sarebbero usciti vivi da quella situazione.
 
Nel quasi silenzio della tenda, sopra il profondo russare di Argus ed Alexios, Kairos sentì il respiro di Lindsey farsi più rapido, il suo corpo iniziò a contorcersi più di prima, e capì che doveva trattarsi di un incubo.
 
All'inizio, provò a svegliarla delicatamente, ma senza successo. Lei si dimenò tra le sue braccia, e il mormorio che le usciva dalla bocca si fece più disperato.
 
Sapeva cos'era.
 
C'era solo una cosa che poteva spiegare quel comportamento: una visione, una visione orribile. Lui le odiava probabilmente più di lei, poiché mentre Lindsey era prigioniera della sua mente, lui era costretto a restare lì, impotente, a guardarla sopportare quelle crisi fino a quando il suo dono le avesse consentito di tornare alla realtà.
 
A quel punto, Argus si era svegliato, seguito subito da Alexios. Entrambi i fratelli avevano afferrato le armi, pronti a difenderli dagli assalitori. Esitarono quando si resero conto che si trattava un'altra volta dell'aggressore invisibile, uno da cui non erano mai riusciti a proteggerla. Alexios si lasciò sfuggire un lamento fievole nel buio, sedendosi sul suolo sporco, il corpo posizionato di fronte a Lindsey nell'oscurità. Era sempre stato uno dei suoi difensori più solerti.
 
"Linds," pregò Kairos nella notte, scuotendo la ragazza minuta.
 
Qualcosa non andava, la visione stava durando troppo.
 
Dopo un po', la ragazza smise di contorcersi. Kairos sentì la familiare sensazione di lacrime sul suo viso quando le spostò indietro i capelli. Lei non si svegliò.
 
"Sta bene?" Chiese Alexios timidamente. Di solito tornava cosciente subito, dopo una visione.
 
Argus si avvicinò all'ingresso della tenda, sbirciando fuori per assicurarsi che quel trambusto non avesse attirato attenzioni indesiderate. Li avrebbero di sicuro mandati tutti all'Arena se avessero trovato una donna in una tenda di soli uomini.
 
"Non lo so," disse tristemente Kairos all'amico, stringendo gli occhi per cercare di vedere meglio il volto di lei nel buio.
 
Dopo quella che sembrò un'eternità, Lindsey iniziò a svegliarsi. "K-Kai?"
 
La sua voce tremava, terrorizzata. Kairos sentì il cuore stringersi nel petto.
 
"Sono qui." Le sussurrò. Vide da sopra la spalla i due fratelli tornare ai loro letti in silenzio e coricarsi girati verso le pareti, soddisfatti che la loro Leader fosse adesso in buone mani.
 
"Oh, è stato tremendo!" Sussurrò lei, affondando il viso nel petto di lui. "L'Arena è terribile." Per un momento fu sopraffatta dai singhiozzi, e Kairos la lasciò sfogare. "La gente, la gente moriva nei modi più orribili! Per niente! I Padroni lasciavano che gli animali li facessero a pezzi! Kairos, che succederà se non ce la faremo?"
 
Lui non rispose. Molto tempo prima era stato all'Arena, e si ricordava della brutalità assoluta di tutta l'organizzazione. Era stato felice che sua madre avesse proibito a Lindsey di andarci.
 
"Non hai visto noi?" Le chiese, cercando di capire meglio cosa avesse visto.
 
La sentì scuotere la testa contro il suo petto. "Era strano, sembrava come se non fossi nemmeno nel mio corpo durante la visione. Come se non fossi lì. È difficile da spiegare. Riuscivo a vedere gli altri 'sfidanti', così li chiamavano. Lo facevano sembrare tutto un grande gioco."
 
"È un gioco, Linds, è tutto per il loro divertimento. Noi dobbiamo solo arrivarci, Gavi mi ha giurato che ci sono altri ribelli all'Arena, progettano di rovesciare i Padroni, possiamo cambiare le cose."
 
I due rimasero in silenzio per molto tempo. Lindsey si chiese per un attimo se ci sarebbero state squadre di Rinnegati appena fuori ai cancelli dell'Arena, in attesa di qualcuno che avesse cercato di fuggire.
 
Dopo un bel po', Kairos notò il respiro di lei farsi finalmente più regolare. Presto, si addormentò di nuovo, al sicuro tra le sue braccia, esattamente dove avrebbe dovuto essere.
 
L'uomo si chiese se la visione fosse stata causata dallo stress di sapere che in poche ore il loro piano sarebbe stato messo in azione. Quel giorno, loro due sarebbero stati catturati dagli uomini di Blackflag. Gavi gli aveva fatto sapere che il suo amico Drew aveva detto al potente Padrone della loro presenza qualche giorno prima e il più anziano aveva messo una taglia sulle loro teste.
 
Fino a quel momento, stava andando tutto secondo i piani.
 
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Capitolo 31
*** La cattura - Parte 2: Lo scontro ***


Capitolo 30 - La cattura - Parte 2: Lo scontro
 
Flashback
 
L'alba portò, per i quattro all'interno della tenda, ansia e paura. Conoscevano il piano, conoscevano le loro postazioni. L'unica cosa che avevano modificato era stata l'inclusione nella cattura di Argus ed Alexios. Nessuno dei due aveva accettato che i loro Leader fossero presi in custodia senza di loro.
 
"Quanto manca ancora?" Chiese Lindsey, la voce tremante di paura. Era ancora scossa dagli eventi della notte precedente.
 
La visione dell'Arena continuava a perseguitarla. Non riusciva a spiegarne il contenuto, era stato come se stesse osservando tutto dall'alto. Aveva visto una madre e sua figlia all'interno della mischia, e la madre aveva finito per essere sbranata senza tante cerimonie da un branco di cani. Lindsey aveva sempre amato gli animali, ma per la prima volta adesso ne era spaventata. Ringraziò gli Dei per non averle mostrato cosa fosse successo alla bambina.
 
"Non molto." La rassicurò Kairos. In realtà non era sicuro che fosse davvero una rassicurazione, sembrava più una condanna a morte. Più il sole si alzava nel cielo, più il suo coraggio si affievoliva. La fugace idea di afferrare Lindsey e scappare via gli attraversò la mente.
 
"Non farlo", fece una voce nella sua testa. Sembrava quella di una donna. Si voltò verso Lindsey.
 
"Hai detto qualcosa?" Le chiese, confuso.
 
Lei lo fissò con gli occhi azzurri altrettanto confusi. "No, non ho detto niente."
 
Lui scosse la testa, probabilmente era il nervosismo a farsi sentire. Le porse la mano, che lei strinse con dolcezza.
 
"Tutto in posizione."
 
Disse Alexios da sopra la sua spalla.
 
Il gruppo alzò lo sguardo per vedere il fratello di Gavi, Vincent, scandagliare l'accampamento degli schiavi, che era stato bloccato qualche giorno prima per consentire ai capi di Enmity di cercare Lindsey e Kairos.
 
"Ce la farete," sussurrò Cait a Kairos, che non aveva nemmeno notato la schiava di Echo avvicinarsi. Probabilmente era stato Gavi a mandarla per assicurarsi che tutto andasse come previsto. "Vinny non vi farà del male se seguirete il piano e farete esattamente come vi dice."
 
Vincent, in quel momento, stava interrogando Cookie. Kairos rise mentalmente, non sarebbe mai riuscito a cavare nulla dall'anziana donna. Aveva imparato a considerarla dura come una roccia. Si ricordò all'improvviso che non aveva avuto la possibilità di dire a Lindsey della sua guardiana. Gli eventi si erano succeduti così in fretta da quando era tornata che i due non avevano avuto molto tempo per parlare da soli.
 
L'uomo si avvicinò infine al gruppo, con le guardie a fiancheggiarlo. Loro si limitarono a guardare mentre quello scoccava loro un'occhiata continuando però il suo tragitto.
 
Argus gli lanciò uno sguardo provocatorio.
 
"Cos'hai da guardare, feccia di un Nexus?" Sputò il figlio del Padrone fissando dritto in faccia l'uomo di colore.
 
"Solo un ometto debole che gironzola come se questo posso fosse suo." Lo prese in giro Argus.
 
Lindsey si rese conto di stare trattenendo il respiro mentre osservava lo scambio di battute. Sapeva che era tutta parte del piano, ma ciò non le impedì di temere che Vincent tirasse fuori un coltello e uccidesse il suo amico. Suo padre lo aveva fatto, con il suo adorato Papà, cosa avrebbe impedito al figlio di fare lo stesso?
 
"Senti un po', schiavo!" Le narici di Vincent si dilatarono per la rabbia, conferendogli un aspetto omicida. "Cosa ti fa pensare di avere il diritto di parlarmi così?"
 
Argus sorrise, poi si profuse in un inchino. "Mi dispiace, non sapevo di stare parlando con un re." Sbatté il petto muscoloso contro quello di Vincent. "Un re degli stupidi."
 
In quella che sembrò una frazione di secondo, il volto di Vincent si tinse di un rosso acceso: non era abituato ad una mancanza di rispetto così spudorata.
 
"Dimmi il tuo nome, schiavo." Gli ordinò, tentando di gonfiare il petto per darsi un tono intimidatorio.
 
Argus ricambiò l'occhiata con un sorrisetto saputo. "Tra i Nexus, ci viene insegnato a non inchinarci agli uomini di poco conto." Argus osservò il secondogenito Enmity dall'alto in basso con disprezzo. "Io sono Argus, protettore dei Nexus."
 
A quel punto, Vincent era fumante di rabbia. Come si permetteva, quello schiavo, a prendersi il gioco di lui? Così, davanti a tutti?
 
"Mio padre si divertirà a guardarti nell'Arena." Disse con un sorriso. "Se non ti uccido io prima."
 
Kairos fu il prossimo a farsi avanti, mentre Alexios rimase indietro per proteggere Lindsey.
 
"Uccideresti uno schiavo solo per le sue parole? Che grande Leader, sei." Lo prese in giro il figlio di Eos. "Tra i Nexus, quelle che noi facevamo erano battaglie di spirito, e tu ovviamente hai perso."
 
Vincent lanciò un'occhiataccia alle sue guardie, che ridacchiarono alle sue spalle.
 
"E tu chi ti credi di essere?"
 
Kairos guardò Lindsey, che trattenne il fiato annuendo appena. Non si sarebbero arresi senza combattere, avrebbero dimostrato alla loro gente di essere ancora leader forti e capaci.
 
Kairos avanzò. "Sono Kairos. Figlio del giusto ed equo Eos. Figlio dell'uomo che quel codardo di tuo padre ha assassinato a sangue freddo." Brividi percorsero le braccia di Lindsey nonostante l'aria calda. Non vedeva Kairos così autorevole da moltissimo tempo, forse non lo era mai stato così tanto. Stava davvero entrando nel suo elemento.
 
In un attimo, si scatenò l'inferno. Le guardie corsero avanti per catturare Kairos, ma naturalmente Argus si gettò davanti a lui, spezzando quasi all'istante il collo di una delle guardie.
 
Alexios tenne Lindsey lontana dalla mischia, non troppo indietro, facendo in modo che potesse essere vista. Kairos tentò di afferrare la spada al fianco di Vincent, che ringhiò di rabbia.
 
"Kai!" Urlò Lindsey quando una delle guardie afferrò il suo compagno. Provò a raggiungerlo ma fu bloccata da Alexios. "No! Fermi! Alexi, ti prego!" Non le piaceva più quel piano, voleva che fermassero tutto.
 
Vincent si voltò di scatto al grido di lei, rendendosi conto di chi fosse la donna. Era lei! E lui! Quanto sarebbe stato orgoglioso suo padre quando gli avrebbe consegnato i due fuggitivi!
 
"Prendetela!" Urlò ai suoi uomini.
 
"Corri!" Gridò Kairos, quel piano adesso stava spaventando anche lui. Non gli era piaciuto lo sguardo selvaggio negli occhi di Vincent quando aveva capito chi fosse Lindsey.
 
La rossa esitò un momento, poi girò sui tacchi schizzando via. Alexios la seguì in fretta, poi anche due guardie li rincorsero.
 
L'inseguimento durò pochissimo, furono sopraffatti quasi subito. Alexios fu gettato a terra dopo aver quasi cavato l'occhio sinistro a una delle guardie, Lindsey venne afferrata per i capelli e soggiogata.
 
Furono riportati da Vincent, dove trovarono Kairos ed Argus, anch'essi prigionieri, tre cadaveri ai loro piedi.
 
"Beh, sembra proprio che io abbia trovato il premio!" Disse Vincent, felice. "Mio padre parla di voi da settimane! Sono sicuro che sarà contentissimo di vedervi!"
 
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Capitolo 32
*** La fossa dei leoni ***


Capitolo 31 - La fossa dei leoni
 
Lindsey si sentiva un animale esotico in mostra mentre gli uomini di famiglia del Padrone esaminavano lei e gli altri tre dall'altro lato della stanza. Cercò di restare il più nascosta possibile dietro Kairos, ma la cosa non fece altro che intrigarli ulteriormente.
 
Il modo in cui gli occhi di Bram e Blackflag scivolavano sul suo corpo le fece venire la nausea. Entrambi la fissavano come se fosse un pezzo di carne per cena. Capì che anche i tre uomini attorno a lei lo avevano notato e si erano avvicinati di più.
 
"Come hai fatto a trovarli?" Chiese infine Bram, che fu il primo a parlare dopo quelle che sembrarono ore. Vinny non stava nella pelle quando raccontò di nuovo i fatti accaduti quella mattina presto. Non risparmiò nessun dettaglio.
 
"Quindi questi selvaggi hanno ucciso alcune delle nostre guardie?" Sputò rabbiosamente Bram dopo la storia.
 
Attraversò la stanza fino ad Argus ed Alexiox. "Pagherete cara l'uccisione dei miei uomini."
 
I due fratelli gli risero in faccia. Lindsey non riusciva a credere al coraggio folle che i due stavano dimostrando al diabolico figlio del Padrone, e sapeva che l'uomo dalla testa calda avrebbe potuto scattare in qualsiasi momento.
 
"Sopravvive il più forte, signore." Gli rispose Argus, gonfiando il petto e tenendo alta la testa. Conosceva già il suo destino, sarebbe andato all'Arena, ed era troppo orgoglioso per farlo con tranquillità.
 
La mano destra di Bram colpì il volto dell'uomo più giovane. Alexios si mosse per difendere il fratello, ma un braccio forte lo fermò. Argus non avrebbe permesso al suo fratello minore di combattere la sua battaglia.
 
Bram non era abituato ad essere sfidato, e il modo in cui quel Nexus si stava comportando lo sconcertava ed infuriava al tempo stesso. Non lo avrebbe sopportato oltre!
 
"Morirai per questo!" Strillò, mandando al vento il suo solito comportamento impassibile.
 
"Bram!" La voce tagliente di Blackflag interruppe la lite prima che sfuggisse di mano. Sapeva che suo figlio era un crudele bastardo, ma non aveva dubbi sul fatto che il soldato Nexus potesse spezzarlo come fosse un ramoscello. "Lascialo stare. Li aspetta già l'Arena. Non serve a niente farli arrabbiare. E non vorrei proprio vedere quel selvaggio romperti il collo."
 
L'uomo più anziano fece un cenno alle guardie, che avanzarono per portar via Argus ed Alexios dalla stanza.
 
"Io non me ne vado." Ringhiò il maggiore. Le guardie esitarono.
 
"Argus, andate, non ci faranno niente." Sibilò piano Kairos. Sapevano già che sarebbero stati divisi, ma sapevano anche che Blackflag non avrebbe fatto loro del male prima di averli messi in mostra nell'Arena.
 
I fratelli si scambiarono uno sguardo disperato prima di allontanarsi dai loro protetti. Sentivano entrambi di aver fallito, e benché sapessero che sarebbe successo, era comunque difficile lasciare i loro Leader da soli nella tana del lupo. Alexios lanciò uno sguardo a Lindsey, che gli fece un debole cenno.
 
Una volta che i fratelli furono scortati via dalla stanza, Blackflag batté le mani grassocce.
 
"Oh, dove sono andate a finire le nostre buone maniere? Ragazzi! Mostriamo ai nostri ospiti un po' di cortesia." La sua voce era sarcastica, ma li invitò comunque a sedersi.
 
Kairos prese la mano di Lindsey, i palmi sudati. Era nervoso. Quel Padrone era imprevedibile, e lui era in netto svantaggio.
 
I due si accomodarono lentamente su due soffici sedie accanto al letto dell'uomo. Bram sembrava girar loro intorno come un avvoltoio in attesa del suo turno di uccidere.
 
Vinny sembrava ancora profondamente compiaciuto di sé. Il volto di Gavi non mostrava alcuna emozione, non poteva rischiare di essere collegato ai due.
 
"Ora, vi prego, presentatevi. Devo proprio dire che abbiamo atteso a lungo prima di poter fare la vostra conoscenza." Si mise dritto sul letto entusiasticamente, un dito grassoccio puntato contro Lindsey. "Inizia tu, ragazzina."
 
Un brivido corse lungo la schiena di lei al tono che l'uomo aveva usato. Dallo scintillio nei suoi occhi, si rese conto che lui ricordava benissimo quella notte nel deserto. Le era stato detto che i suoi figli non credevano alle sue storie, e si chiese se lui l'avrebbe menzionato in quel frangente.
 
"L-Lindsey." Balbettò afflitta. Per quanto ci avesse provato, non era riuscita a tenere la voce ferma davanti al suo incubo personale.
 
Blackflag sorrise. "Lindsey." Ripeté il suo nome lentamente, come a voler provare che suono facesse detto da lui. "Un bel nome per una bella ragazza. Mi ricordo di te da piccola. Alta e mingherlina. Ha fatto bene, Eos, a tenere il suo giocattolino nascosto, sei diventata una bellissima donna."
 
Lei tremò a quell'affermazione.
 
La presa di Kairos sulla sua mano si fece più forte. "Lei non è un giocattolo! Al contrario di voi incivili, noi Nexus non teniamo gli esseri umani come pupazzi da intrattenimento."
 
Blackflag scoppiò a ridere. "Hai la stessa lingua di tuo padre, ragazzo. Dèi, gli assomigli moltissimo." Un'ombra passò sul suo volto per un istante, e nessuno di loro seppe come interpretare quello sguardo. "Dimmi, giovane Kairos, pensavi davvero che non vi avrei trovati?"
 
Kairos deglutì, non voleva mostrare paura di fronte a quell'uomo brutale, ma sentire il suo nome detto da lui lo aveva preso alla sprovvista.
 
"Andiamo, ragazzo! È ovvio, che io conosca il tuo nome! Tuo padre era il mio migliore amico!" Rise di nuovo, e quel suono alimentò una rabbia bollente nel ragazzo. "Sapevo che voi due l'avevate scampata a quel maledetto attacco. Voi Nexus siete come scarafaggi!"
 
"Se Eos era tuo amico, allora perché l'hai ucciso?" Kairos tremava di rabbia. Era faccia a faccia con l'uomo che aveva assassinato la sua famiglia e la sua gente, e non riusciva più a sopportarlo. Avrebbe voluto saltar su e strangolare quel vecchio bastardo.
 
Blackflag si grattò il mento, pensieroso. Poteva anche essere onesto con la giovane coppia. Dopotutto, li attendeva l'Arena, cosa aveva da perdere?
 
"Tuo padre era un uomo egoista. Sempre a tenersi i suoi giocattoli per sé."
 
Kairos sembrò confuso, ma Lindsey sapeva che stava parlando di lei.
 
"Eos trova una piccola Rinnegata in una grotta, e ovviamente tutto il Deserto viene a saperlo! Dovevo vederla con i miei occhi. Sono sicuro che ricorderete della mia visita, quand'eravate bambini. Naturalmente Vasílissa ti ha tenuta alla larga da me." Il suo sguardo si fece rabbioso al pensiero della donna intenta a proteggere la piccola che lo intrigava così tanto.
 
"Mia madre fece bene, a difenderla." Sputò Kairos. "Cosa avresti voluto farle? Tenerla rinchiusa in una gabbia per intrattenerti? Sposarla per divertimento? Mio padre mi ha raccontato cosa fanno gli orribili vecchi come te quando trovano una ragazza Rinnegata."
 
Lindsey rabbrividì all'idea che il più anziano la obbligasse ad un matrimonio forzato. Piuttosto sarebbe morta.
 
Blackflag era proprio divertito dai due giovani. Erano stati davvero un'ottima scoperta.
 
"Un'idea ce l'avrei."
 
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Capitolo 33
*** Pensieri in caravan ***


Capitolo 32 - Pensieri in caravan
 
Lindsey aveva passato gran parte del tempo a temere quel giorno, ed era andata avanti per quelli che erano sembrati anni. Quel giorno avrebbero lasciato i confini della fazione degli Enmity per attraversare le sabbie brucianti alla volta dell'Arena.
 
Indipendentemente dai suoi sentimenti per la fazione in sé, quel posto aveva rappresentato sicurezza e stabilità nel corso dei mesi da quando la sua casa era andata distrutta.
 
Il tempo che aveva passato al di fuori della fazione adesso sembrava un sogno, lo ricordava vagamente. Una parte di lei, talvolta, pensava di averlo davvero sognato e di star perdendo la testa. Lo stress dell'imminente ingresso all'Arena stava avendo la meglio.
 
Blackflag sapeva che ci sarebbero volute da tre a quattro settimane per arrivare a destinazione, soprattutto a causa del suo stato. L'uomo infatti era ancora debole per via della caduta e i suoi consiglieri non volevano che facesse un viaggio troppo precipitoso.
 
Naturalmente Blackflag, orgoglioso com'era, non stava accettando il fatto passivamente. Non gli piaceva di star diventando vecchio, e ancor meno che anche gli altri avessero iniziato ad accorgersene. Aveva cercato comunque di essere forte e dirigere il tutto come sempre, fino a che Bram non si era intromesso e l'aveva confinato nel suo carro. L'anziano stava diventando più buono, forse per il meglio?
 
Bram, il futuro leader della fazione più forte in assoluto non vedeva l'ora di portare a termine quella visita all'Arena. Aveva progettato un piano per far sì che quello fosse l'ultimo viaggio del padre e, se ci fosse riuscito, il vecchio non avrebbe nemmeno fatto il viaggio di ritorno.
 
Suo padre avrebbe dovuto essergli grato, almeno stava pianificando di farlo morire con un po' di dignità, o quantomeno così avrebbe fatto sembrare la storia. L'ultima cosa che Bram voleva era che si dicesse in giro che avesse assassinato intenzionalmente il padre. Anche se sapeva che molti nella fazione erano pronti ad avere un leader più giovane e robusto, non lo avrebbero certamente perdonato per aver ucciso il loro amato Blackflag.
 
No, Bram avrebbe lasciato che il padre avesse il suo momento nell'Arena. Poi, la sua fine sarebbe stata veloce e clemente, e lui sarebbe diventato il nuovo sovrano degli Enmity.
 
Inoltre aveva già messo gli occhi sulla ragazza Rinnegata. Sarebbe stata un'ottima moglie-trofeo, e in più, gli eredi che gli avrebbe dato sarebbero stati considerati fortunati e favoriti dagli Dei. Di certo ciò avrebbe soffocato qualsiasi dubbio sulla sua imminente presa di potere. Doveva solo assicurarsi che lei sopravvivesse all'Arena.
 
Gavi era nervoso per quel viaggio. Aveva notato la follia crescente del fratello e il modo sprezzante e pieno di disgusto con cui guardava il padre lo faceva rabbrividire. Benché non fosse più un ammiratore del padre da molto tempo, questi era comunque il suo Padrone, ed era molto meno crudele del fratello.
 
Il pensiero che Bram stesse tramando qualcosa da far capitare al padre durante la trasferta non sarebbe stato una sorpresa, anzi a dir la verità se lo aspettava. Era anche consapevole del fatto che il fratello sarebbe stato molto più difficile del padre da togliere di mezzo.
 
Sapeva che suo fratello era la personificazione di ciò che gli Enmity sostenevano, e tutto ciò che lui odiava della sua stessa fazione. Ma se Blackflag era diventato più buono negli ultimi mesi, o forse anni, Bram era diventato più forte. Era un uomo spietato, e se avesse ottenuto il potere, avrebbe avuto l'abilità di distruggere definitivamente il Deserto. Gavi non avrebbe permesso che ciò accadesse, doveva essere forte di fronte al suo peggior incubo.
 
Kairos, negli ultimi giorni, si era chiuso nel silenzio. Fin dalla cattura, e dalla conseguente separazione da Lindsey, si era rifiutato di parlare con chiunque.
 
Gavi stava facendo un ottimo lavoro nel tenerlo informato su come stesse la sua compagna. Sapeva che non le avrebbero fatto del male, non quando doveva sembrare forte e in forma per l'Arena.
 
Aveva passato tutto il suo tempo a pensare. Gli stava succedendo qualcosa che non riusciva a capire, e francamente la cosa lo spaventava.
 
Aveva iniziato a sentire cose.
 
Voci e suoni echeggiavano nella sua testa, e non riusciva a spiegarne la fonte. I primi giorni aveva cercato tra le mura, convinto che ci fosse qualcuno nascosto che stesse tentando di fargli uno scherzo.
 
Ma era rimasto a mani vuote.
 
Non c'era nessuno, le voci erano nella sua mente.
 
Stava di sicuro diventando matto.
 
Quanto avrebbe voluto che Lindsey fosse lì con lui per aiutarlo a capire quel nuovo sviluppo.
 
Vincent stava in guardia. Sorvegliava la crescente fila di caravan in partenza per il viaggio nel deserto. C'erano troppe persone. Suo padre si era lasciato di nuovo prendere dallo zelo per l'eccitazione delle sue due preziose prede per l'Arena.
 
Non sarebbero mai riusciti a sfamare tutta quella gente per un mese intero.
 
Aveva sperato che Bram avrebbe calmato quella bramosia, ma il fratello lo aveva ignorato ed, anzi, alimentato il carico. Vincent era stato nuovamente messo da parte come uno stupido, le sue opinioni ritenute irrilevanti ed infondate.
 
Non era un idiota, era un opportunista, e stava da qualunque parte fosse a suo favore al momento.
 
Conosceva i piani di Bram, conosceva i piani di Gavi, anche se non se lo sarebbe lasciato sfuggire.
 
Avrebbe fatto come faceva sempre, recitare la parte dello stupido e aspettare per vedere chi avesse vinto. La sua strategia lo aveva condotto fino a lì, perché avrebbe dovuto smettere adesso?
 
Il caravan cominciò la lenta, estenuante traversata del Deserto. I primi giorni, naturalmente, furono passati a fare bisboccia come al solito. L'entusiasmo per l'imminente festival era elettrizzante e contagioso.
 
Dopo i primi momenti, la realtà iniziò a mostrarsi. Ci sarebbe voluto quasi un mese prima di giungere ai cancelli dell'Arena. Le giornate erano lunghe e appiccicose, e tutti pregavano per una pioggia che sapevano non sarebbe mai arrivata.
 
Passò una settimana, poi due. Il morale era a terra. Il padre e i fratelli battibeccavano costantemente, arrivando quasi alle mani in più di un'occasione.
 
La terza settimana cominciò con un nuovo ostacolo.
 
Il vento aveva iniziato ad alzarsi, la sabbia leggera soffiava in faccia agli stanchi viaggiatori.
 
"Sembra che stia per arrivare una tempesta di sabbia," Lindsey sentì mormorare uno dei soldati di Enmity ad un commilitone.
 
Il cuore le si strinse nel petto.
 
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Capitolo 34
*** Tempesta di sabbia ***


Capitolo 33 - Tempesta di sabbia
 
Il primo ricordo di Lindsey di una tempesta di sabbia risaliva a subito dopo il suo ingresso nel mondo delle fazioni del Deserto. Stava con la sua nuova famiglia da appena qualche mese, forse solo settimane.
 
La pioggia non cadeva da molto, il suolo era rovente e asciutto. La sabbia si muoveva al minimo soffio di vento.
 
La tempesta l'aveva colta mentre era ancora fuori. Un momento prima, stava giocando con Kairos e Raine, un attimo dopo era stata accecata dalla sabbia rossa e il vento rabbioso.
 
Era stato Eos a salvarla, quel giorno, portandola in braccio, tremante, dentro casa. Da quel momento in poi aveva acquisito più consapevolezza di ciò che la circondava. Aveva imparato a percepire i cambiamenti del vento, ad osservare come la sabbia sembrasse danzare, quasi ad avvertire dell'arrivo del clima avverso. Aveva giurato a se stessa che non si sarebbe mai più fatta cogliere da una tempesta.
 
E ci era riuscita, fino a quel momento.
 
Erano in viaggio da un'eternità. I giorni, che sembravano fondersi insieme, il più delle volte li passava dentro al veicolo, da sola con una guardia Enmity e alcune donne, anch'esse destinate all'Arena.
 
Non parlava con nessuno, fingendo di non notare lo sguardo lascivo del guardiano grassoccio ogni volta che questi la osservava durante quel viaggio monotono.
 
Il vento era stata la prima cosa che aveva notato. Aveva iniziato a soffiare contro il suo mezzo di trasporto, e sul suo viso attraverso i finestrini privi di vetri.
 
"Bel venticello," aveva mormorato l'uomo, senza pensare minimamente che potesse trattarsi di una tempesta.
 
Le tempeste di sabbia erano dei mostri capricciosi.
 
A volte duravano per quelle che sembravano ore.
 
Aveva visto la sabbia coprire case intere. L'aveva vista far volar via uomini adulti, che a volte venivano ritrovati, altre andavano dispersi nel deserto.
 
A volte duravano solo un attimo, togliendo il respiro mente calavano la sabbia giù per la gola di qualcuno, riempiendone i polmoni con le minuscole particelle estranee. La gente moriva soffocata dalla sabbia, in modo terrificante.
 
Il vento fuori dal veicolo aveva iniziato ad alzarsi sempre di più. Lindsey osservò l'area attorno a loro, in lontananza si vedeva una massa di rocce che avrebbero facilmente distrutto buona parte dei caravan non appena tutto avrebbe avuto inizio.
 
"Sta per arrivare una tempesta," mormorò sottovoce, più a se stessa ma anche all'ignara guardia. Perché non era preoccupato?
 
L'uomo corpulento scoppiò in una risata rauca. Ovviamente non le credeva, non che lei si aspettasse altro. La maggior parte degli uomini non davano fiducia alle donne, soprattutto non ad una prigioniera di una fazione distrutta.
 
"Che ne sai tu del tempo, ragazzina?" Non si curò nemmeno di guardarla mentre la rimproverava.
 
Lindsey gli lanciò un'occhiataccia. Quanto poteva essere ignorante quel tipo? Probabilmente ne sapeva più lei di quanto lui avrebbe mai potuto sognare. Il suo Papà aveva dedicato ore intere a spiegarle come funzionavano le cose con i custodi del clima. Chiunque essi fossero.
 
Oltre al fatto che aveva visto quella tempesta in una visione, ma non credeva che un uomo semplice come quell'autista potesse anche solo immaginare che una donna avesse delle visioni.
 
"Sta arrivando." Insistette ancora, leggermente scoraggiata dalla mancanza di fiducia dell'uomo.
 
Questi sbuffò, continuando ad ignorare le sue opinioni. Avevano ancora una settimana davanti prima di arrivare all'Arena. L'unica cosa di cui gli importava erano i drink e le donne che lo attendevano una volta giunto lì.
 
I due si chiusero nuovamente nel silenzio. Fuori, il vento continuava a guadagnare forza.
 
Non molto dopo, il caravan davanti a loro zoppicò fino a fermarsi. Sentì il suo autista imprecare sottovoce che stavano perdendo tempo, quando un'altra guardia fece capolino dal finestrino.
 
"Dobbiamo fermarci e fissare tutto a terra," spiegò l'uomo con voce infastidita. "Sta arrivando una maledetta tempesta."
 
L'autista guardò la ragazza dai capelli rossi da sopra la spalla; lei non rispose, limitandosi a un sorrisetto sarcastico.
 
"E loro?" Indicò le donne nel veicolo.
 
"Lasciale perdere, dove diavolo vuoi che vadano?"
 
L'autista annuì, poi i due sparirono dalla vista mentre andavano ad aiutare gli altri ad ancorare l'essenziale prima che il tempo peggiorasse.
 
Lindsey rimase in silenzio, portandosi le ginocchia al petto e tentando di ricordare i dettagli precisi della visione. Era confusa, ma ricordava di aver visto Kairos.
 
Erano passate settimane dall'ultima volta che aveva visto il suo compagno. Il suo cuore non desiderava altro che essere di nuovo tra le sue braccia.
 
E proprio in quel preciso istante, una voce parlò fuori dal suo finestrino.
 
"Ehi." Era Kai, un sorriso enorme sul volto e gli occhi brillanti per la gioia di poterla rivedere dopo tutto quel tempo.
 
Lindsey lanciò un'occhiata alle altre ragazze, nessuna di loro aveva notato l'arrivo di Kairos, o magari la cosa non le interessava. In ogni caso, stavano sedute in silenzio ad osservare fuori dai finestrini dal lato opposto.
 
"Cosa ci fai qui?" sussurrò lei.
 
Lui sorrise, pensieroso. "Essere il prigioniero d'onore ha i suoi vantaggi. Gavi è stato il mio autista negli ultimi tre giorni." Si sporse dentro al veicolo, catturando le labbra di lei in un bacio ardente.
 
Per Lindsey, durò troppo poco.
 
"Ho avuto una visione su tutto questo." Gli ricordò, guardandosi dietro le spalle in caso le guardie stessero tornando.
 
Lui annuì, il ricordo vivido nella sua mente. "Quindi qual è il piano?"
 
Lei lo guardò, curiosa. Piano? Perché avevano bisogno di un piano?
 
"Ci prenderebbero, ricordi?"
 
Kairos alzò le spalle. "Lo so. Ho pensato a come sfruttare questa cosa a nostro vantaggio. Hai visto quelle rocce?"
 
Lei osservò la formazione che aveva notato prima, ancora confusa da quello che Kairos stava cercando di fare.
 
Lui le sorrise. "Ho parlato con Gavi, movimenteremo un po' le cose. Magari qualcuno di questi bastardi Enmity morirà, e alcuni dei nostri potranno scappare."
 
Lindsey fu sorpresa dalla sua idea. Le piaceva quella possibilità che qualcuno potesse fuggire. Nelle settimane precedenti, aveva notato delle figure seguirli in lontananza. Sapeva chi erano.
 
Rinnegati.
 
Pronti ad accogliere chiunque cercasse di scappare dai caravan.
 
Ripassò mentalmente quello scenario mentre il vento iniziò a scompigliare i capelli intorno al viso.
 
"Okay."
 
In un attimo, fu fuori dal veicolo, seguita dalle altre donne, timide ma sorprendentemente impazienti. Sapevano cosa le attendeva all'Arena. Cait le fece un occhiolino, al colmo della felicità mente saltava tra la sabbia, con il vento che le scompigliava i capelli selvaggi intorno al volto. Amava quella sensazione di libertà.
 
In un attimo, regnò il caos.
 
L'intera carovana esplose quando i prigionieri saltarono su dalle sedie per scappare in ogni direzione.
 
Lindsey rise forte quando vide Vincent cadere nella sabbia mentre Alexios gli saltellava davanti.
 
Sapeva che alcuni non sarebbero mai riusciti a scappare. Sapeva che i Rinnegati in attesa all'orizzonte sarebbero stati confusi. Ma sapeva anche che alcuni sarebbero stati in salvo.
 
Quelli coinvolti nel piano erano solo una distrazione.
 
Il vento aveva raggiunto il picco attorno a lei, e aveva perso di vista il suo compagno.
 
"Linds!" fece la voce di Kairos attraverso il fischio rabbioso del vento. "Corri!"
 
Si rese conto in quell'istante di essere inseguita. Era il figlio maggiore di Blackflag, Bram, il più temibile. Corse verso la voce, la sabbia tagliente contro la pelle e gli occhi. "Kai!"
 
Tentò di accelerare, gli scomodi sandali che indossava rendevano difficile correre nella sabbia. Prima che potesse allontanarsi oltre, una mano riuscì ad afferrarla. Si voltò, per trovarsi davanti il volto pieno di cicatrici di Bram.
 
"Non scapperai così facilmente dall'Arena, Rinnegata."
 
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Capitolo 35
*** Il Serbatoio ***


Capitolo 34 - Il Serbatoio
 
A prima vista, l'Arena apparve esattamente come Lindsey l'aveva immaginata: Sporca, Rumorosa, Elettrizzante. Avrebbe potuto continuare all'infinito.
 
Non appena ebbero varcato i cancelli segnalati che portavano ai 'campeggi', così li aveva sentiti chiamare da una delle sue due nuove guardie, fu accolta da risate chiassose, odore di cibo di ogni tipo che cuoceva sulle dozzine di fuochi all'aperto, e da gente che sembrava essere a una festa.
 
Quando arrivarono, era il momento più caldo della giornata. Il caravan aveva un aspetto terribile, il mese di viaggio aveva avuto il suo costo. Il numero di passeggeri era diminuito drasticamente, più di 12 prigionieri erano riusciti a fuggire il giorno della tempesta di sabbia. Vero, alcuni erano stati uccisi, ma in un certo senso quella era la miglior via di fuga in cui si potesse sperare.
 
A Lindsey piaceva pensare che quelle persone erano morte secondo i loro termini, come volevano loro. Forse se lo diceva solo per sentirsi meglio.
 
Bram non era stato contento di quel piano, comprensibilmente, e si era sfogato con chiunque gli capitasse a tiro: tre guardie erano rimaste vittima del suo moto di rabbia. Blackflag era invece rimasto nel suo veicolo, a ridere dell'intero episodio.
 
L'arrivo all'Arena non aveva affatto sollevato il morale del figlio del Padrone. No, se ne andava in giro con una smorfia perenne sul volto. Come avevano osato quegli schiavi ignoranti a segnare il suo operato in modo così negativo? Come osavano farlo sembrare uno stupido?
 
Lindsey si godeva quel suo umore nero. Ben gli stava.
 
Ma non poté farlo per molto. Una volta che il gruppo giunse ai campeggi, lei e il resto degli schiavi furono spediti in quello che era conosciuto come il Serbatoio.
 
In realtà si trattava di una vasta aera recintata, incredibilmente affollata e chiassosa.
 
"Non credo che il Serbatoio sia mai stato così pieno." Sentì dire a uno degli schiavi quando vennero spinti dentro.
 
Aveva l'impressione che il motivo fosse dovuto al crescente malcontento nel Deserto. In quel momento più che mai, sempre più gente si ribellava.
 
Si guardò intorno, Kairos e i fratelli erano stati spinti rudemente oltre i cancelli, avevano un'aria divertita. Probabilmente avevano di nuovo causato scompiglio, e ciò la rendeva orgogliosa e ansiosa al tempo stesso. Non si fidava dell'Arena. Una sensazione inquietante si stava facendo largo in lei.
 
"Finalmente!" gridò Kairos mentre i tre uomini avanzavano verso lei e Cait.
 
Lindsey prese immediatamente posto accanto al suo compagno, felice di essere di nuovo con lui. La sua presenza faceva miracoli per il suo nervosismo.
 
"Cos'è questo posto?" Chiese, ancora piuttosto confusa da quel posto.
 
Kairos le posò un bacio casto tra i capelli prima di passarle un braccio intorno alla vita. "Questo, amore, è il Serbatoio." Disse con un ampio gesto. "Dove tutta la feccia del Deserto attende la propria morte, o almeno è quello che dicono loro. In realtà ci chiudono qui come bestie fino a quando ci mandano ad esibirci."
 
Lindsey prese male il paragone con le bestie, ma non disse nulla.
 
"Esibirci?"
 
Alexios si era posizionato alla sua sinistra, e lei notò che osservava sospettoso la gente intorno a loro. Non si fidava di nessuno.
 
Anche Argus aveva preso il suo posto accanto a Kairos. I due fratelli rimasero in silenzio come sempre.
 
"Certo, Lindsey," si intromise Cait. "Non sai nulla di come funziona l'Arena?"
 
Come Kairos, Cait era stata lì da ragazzina. Suo zio era stato il Leader della sua fazione caduta. Sua madre era morta di parto, e suo padre durante un attacco. Lei era stata cresciuta dallo zio e, come Lindsey, era stata educata insieme al cugino per il ruolo di potenziale Leader. Non tutte le fazioni erano arretrate e restie al cambiamento come gli Enmity.
 
Lindsey arrossì, imbarazzata dalla sua mancanza di conoscenza, e scosse la testa.
 
"Ti 'esibirai' per i leader delle altre fazioni." Spiegò Cait. "Puoi fare di tutto, oppure niente. Ho visto molte persone restare immobili in attesa del proprio destino. Se gli piaci, continui. Di solito vanno avanti finché si stancano di guardare."
 
Una sensazione di nausea salì lungo la gola di Lindsey quando vide una donna dai capelli scuri e sua figlia venire spinte attraverso la calca di gente. Incrociò lo sguardo della madre per un momento prima che questa venisse spostata dalla folla.
 
"E poi che succede"?
 
Cait scambiò uno sguardo cupo con Kairos prima di alzare le spalle con fare indifferente. "Dipende da quanto sei importante. Non ti preoccupare, tu e Kairos non finirete in pasto ai cani."
 
"Cait!" fece Kairos, rabbioso, facendo indietreggiare la ragazza. Il discorso fu chiuso.
 
Lindsey sentì il cuore stringersi. Non osò dire un'altra parola, non voleva sapere altro a quel punto. Avevano ancora due giorni prima che la cerimonia di apertura avesse inizio.
 
Più tardi, lei e Kairos trovarono un angolo tranquillo all'ombra di uno stendardo colorato. Lindsey si appoggiò contro il suo petto, studiando la folla.
 
Notò che molte persone si salutavano come se fossero vecchi amici. Non aveva nemmeno pensato all'idea che alcuni di loro potessero conoscersi. Dalla sua esperienza personale, la maggior parte delle fazioni non intrattenevano molti rapporti le une con le altre. Qualcosa le diceva che, al di fuori dei Nexus, le cose erano diverse. Si chiese se Eos avesse tagliato fuori il resto per causa sua.
 
"Dov'è che dormiremo?" Chiese improvvisamente. Quel pensiero le era venuto in mente solo quando aveva notato il cielo cominciare a farsi scuro. L'odore di cibo al di là dei cancelli le fece brontolare sonoramente lo stomaco.
 
Kairos la guardò con un'espressione indecifrabile, quasi impietosito.
 
"Per terra, Linds." Le disse dolcemente.
 
"Nei sacchi a pelo?" Chiese speranzosa. Non che non avesse mai passato la notte per terra, ma di sicuro non avrebbero obbligato tutta quella gente a dormire in quella sporcizia!
 
Kairos si limitò a scuotere la testa.
 
"Oh," mormorò, tornando a sistemarsi contro il petto di lui.
 
I due non aggiunsero altro. Lindsey sentì gli occhi farsi pesanti mentre Kairos giocherellava sovrappensiero con le dita della sua mano sinistra.
 
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Capitolo 36
*** Voci nella notte - Parte 1 ***


Capitolo 35 - Voci nella notte - parte 1
 
Kairos sentì il corpo rilassarsi per la prima volta dopo quelli che sembravano mesi. Certo, era circondato da estranei in un cortile chiuso da cancelli con una gran quantità di guardie che controllavano per qualsiasi segno di rivolta, ma si abbandonò ad una sensazione di benessere. Benché fossero sul terreno duro, Lindsey dormiva tranquillamente tra le sue braccia. Ed era tutto ciò di cui aveva bisogno. Per la prima volta dopo tanto tempo, non doveva chiedersi dove fosse finita o se Blackflag e il suo orribile figlio stessero appostati nell'ombra per rapirla. No, lei era lì, era lì con lui, e non aveva bisogno d'altro.
 
Era ormai notte fonda. Tutto intorno a lui c'era gente raggomitolata alla bell'e meglio. C'era calma, perfino il rumore sordo che prima proveniva da oltre le sbarre, dai festeggiamenti di tutti i membri liberi dell'Arena, si era ridotto ad un basso mormorio. Ampi fuochi illuminavano i cancelli e le guardie annoiate poste lì a controllarli, e che detestavano essere lì tanto quanto loro. Cosa c'era di divertente nell'andare all'Arena e non poter approfittare del bottino del festino d'apertura?
 
Argus ed Alexios rimasero doverosamente vigili, ma Kairos riusciva a vedere le loro palpebre farsi pesanti e iniziare a cedere. C'erano volte in cui avrebbe voluto che i suoi più cari amici e guardiani non fossero così dediti al loro lavoro e si concedessero un po' di tranquillità. Purtroppo non sarebbe mai accaduto. I due provenivano da una lunga stirpe di protettori, a quel punto avevano il loro ruolo nel sangue. Sarebbe stato scorretto, da parte sua, chiedere loro di andare contro la loro natura.
 
Kairos si rese conto di stare per addormentarsi, e affondò la testa nei morbidi capelli di Lindsey, inspirando profondamente il suo odore. Non riusciva a ricordare l'ultima volta in cui aveva potuto semplicemente abbracciarla. Era una bella sensazione, avrebbe voluto che quella notte non finisse mai. Lei dormiva beatamente tra le sue braccia, nessun segno di visioni terrificanti o di tensione sul suo volto pallido. Era quasi felice perfino per la luce dei falò, riusciva a vedere chiaramente ogni dettaglio sul viso di lei al bagliore aranciato. Lindsey sospirò piano e si strinse ancora di più a lui.
 
All'improvviso, Kairos fu estremamente consapevole di ciò che lo circondava, e altrettanto cosciente di non essere sveglio. Era una sensazione strana, quasi inquietante.
 
"Ehi?" Chiamò, la sua voce era strana, lenta e deformata. Abbassò lo sguardo per vedere se stesso, esattamente nella posizione in cui si ricordava di essere un attimo prima, stretto alla sua compagna, addormentato.
 
Che stava succedendo?
 
Era una specie di sogno?
 
Chiamò ancora, nessuno intorno a lui sembrò notare la sua presenza. Alexios lanciò uno sguardo assonnato nella sua direzione, ma non diede segno di aver visto o sentito niente.
 
"Kairos!" Sentì una voce tagliente chiamarlo da dietro. Non la riconobbe. Per qualche motivo, non sembrava appartenere né ad un uomo, né ad una donna.
 
Si voltò di scatto, ma riuscì a vedere solo una marea di schiavi addormentati. Nessuno si mosse se non per rigirarsi nel sonno.
 
Chi aveva pronunciato il suo nome?
 
"Kairos!" Fece di nuovo la voce.
 
Questa volta iniziò a correre in direzione del suono. Si mantenne basso, muovendosi nell'ombra per timore di essere visto dalle guardie e farsi uccidere seduta stante. Nessuno sembrò notarlo, sebbene la voce lo chiamasse da oltre le inferriate fino al Serbatoio.
 
Lanciò un'occhiata intorno a sé mentre correva oltre il cancello. Tutto era immerso nell'oscurità. Qualcuno zoppicò lì vicino, ubriaco. Il brusio di voci o di intrattenimenti in attività tutto fuorché nobili riempivano l'aria immobile.
 
Lui attese di risentire la voce, che stavolta sembrò più vicina, anche se solo un sussurro.
 
Prima di rendersene conto, fu completamente fuori dai campi dell'Arena. L'aria lì era mortalmente ferma. Il paesaggio intorno a lui era immerso in una profonda oscurità. La voce non si sentiva più.
 
"Ehi!" Gridò nel buio. Si sentiva sempre più frustrato e confuso. Era solo uno strano sogno? Non lo sembrava, in effetti.
 
All'improvviso, la voce tornò. Invece di un unico sussurro, sembravano un milione di voci che chiamavano il suo nome all'unisono. Si sentì circondato. Non sapeva dire da dove provenisse quel suono. Si guardò intorno per cercare di capire chi mai lo avesse condotto lì fuori.
 
Si sentì sprofondare all'idea che quella potesse essere una specie di trappola organizzata da Blackflag e i suoi figli alla ricerca di un divertimento facile per i primi giorni all'Arena. Forse lo stavano solo mettendo alla prova, per capire quanto fosse in grado di sopportare.
 
Gli avevano messo qualcosa nel bicchiere che aveva bevuto prima?
 
Rimpianse di aver lasciato Lindsey e i suoi guardiani al campo. Come aveva potuto essere così stupido?
 
Le voci ormai erano quasi assordanti. Riusciva a mala pena a comprenderle, a quel punto. Sentiva tutto intorno come un unico, lungo sibilo. Si coprì le orecchie cadendo sulle ginocchia.
 
"Basta! Basta!" Urlò nella notte.
 
Il rumore continuo gli stava provocando mal di testa e senso di vertigine. Voleva che finisse. Avrebbe accettato di essere lo zimbello di Blackflag e degli altri Padroni, purché quel brusio assordante cessasse.
 
In quello che gli sembrò un secondo, i suoni si interruppero improvvisamente. Gli ci vollero diversi secondi prima di fidarsi abbastanza da scoprire le orecchie e aprire gli occhi; non si ricordava nemmeno di averli chiusi.
 
Sollevò lo sguardo per incontrare quello di due figure in piedi davanti a lui. Gli servì qualche istante per assicurarsi di non stare sognando.
 
Le due figure erano lui e Lindsey.
 
Sembravano però emanare una luce innaturale.
 
Sembravano diversi, in un certo senso. Indossavano degli strani vestiti. L'uomo portava una sorta di toga, in testa una corona dorata con attorno delle foglie. Aveva un'aria incredibilmente austera e impassibile. La donna invece sembrava quasi divertita. L'ombra di un sorriso le danzava sulle labbra. Non diede segno di volersi allontanare dall'uomo, che le cingeva saldamente la vita. Anche lei indossava un vestito strano. Un abito rosato, e un paio di occhiali curiosamente adornati e delle piume erano fissati sul suo capo. Era sicuro che Lindsey non avesse mai posseduto niente del genere.
 
Dopo un lungo silenzio, l'uomo e la donna si scambiarono uno sguardo. L'uomo annuì e la sosia di Lindsey avanzò. Si portò a livello di Kairos, sorridendogli con fare rassicurante.
 
"Ciao, Kairos." Gli disse in un sussurro.
 
Lui la osservò, estremamente confuso. Aveva una voce completamente diversa, molto più melodica del solito.
 
"Lindsey?"
 
Lei sorrise di nuovo, ma stavolta si lasciò sfuggire una piccola risata. Scosse il capo da una parte all'altra.
 
"Non proprio," gli disse, gli occhi azzurri che brillavano divertiti. "Io sono Selene."

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Capitolo 37
*** Voci nella notte - Parte 2 ***


Capitolo 36 - Voci nella notte - parte 2
 
Kairos fissò la donna di fronte a lui. Era identica alla sua compagna, ma allo stesso tempo completamente diversa. Era sicura di sé e un po' bizzarra, in un certo senso. Il suo viso pallido era dipinto con colori scuri che mettevano in risalto gli occhi blu e gli zigomi.
 
"Se-Selene?" Chiese debolmente. Aveva sentito parlare di quella Selene, da una storia che Lindsey aveva sentito durante i giorni nel Deserto, ma era convinto si trattasse solo di una favola per bambini.
 
La donna sorrise. Si allontanò in fretta da Kairos e fece una piccola piroetta sul posto. Sembrava così leggera e spensierata.
 
"Al tuo servizio!" Ridacchiò, tendendo le mani per aiutarlo ad alzarsi da terra. "Eravamo in attesa che tu ci sentissi!"
 
Kairos si passò una mano tremante tra i capelli biondi. In attesa che io li sentissi? Non riusciva a capire. Erano stati loro a creare tutte quelle orribili voci?
 
Selene si incupì di fronte al suo palese disagio. Lanciò uno sguardo all'uomo, che Kairos non aveva ancora identificato.
 
Il giovane osservò il suo doppione. Era decisamente strano vedere se stesso in piedi davanti a lui. I due si fissarono per un po' prima che l'altro facesse un passo avanti. La sua mano grande si posò sulla spalla di Selene, come per calmarla silenziosamente.
 
"Ragazzo," cominciò, la voce profonda e sicura. "Io sono Elios."
 
Kairos aprì e chiuse la bocca diverse volte, tra lo shock e la meraviglia. Era davvero in presenza del suo Dio? Doveva essere un sogno.
 
Elios rise appena di fronte alla sua espressione sbalordita. Onestamente, non si sarebbe aspettato nessun'altra reazione.
 
"Ci scusiamo per tutti gli spiriti, prima. Quando ci apriamo all'ascolto, molto vogliono la nostra attenzione." Il volto dell'uomo era sincero, con un pizzico di colpa. Selene gli passò un braccio esile attorno alla vita e si appoggiò a lui.
 
"Perché siete qui?" Chiese Kairos. Aveva tantissime domande da porre loro, ma sentiva un senso di urgenza. Come se dovesse necessariamente andare dritto al punto.
 
Selene gli sorrise. "Volevamo spiegarti alcune cose, Kairos. Nella speranza che tu possa vedere tutto in maniera un po' diversa, qui nel Deserto."
 
Il mondo attorno a lui si offuscò all'improvviso e si ritrovò in un campo verde.
 
Non aveva mai visto niente del genere! L'erba ai suoi piedi era verde e morbida, un vento leggero soffiava odori che non aveva mai sentito. In lontananza riusciva a vedere alberi pieni di foglie e il canto degli uccelli riempiva l'aria. Non era abituato a quel suono. Gli avvoltoi che stavano solitamente intorno agli insediamenti starnazzavano forte, non era mai piacevole.
 
Si guardò intorno. Dalla sua posizione, vedeva a distanza uno specchio d'acqua. Non ne aveva mai vista così tanta! Era possibile che ne esistesse tanta tutta insieme?
 
"Dove siamo?" Domandò, estasiato. Dovunque fosse, non avrebbe mai voluto andarsene.
 
"Questo è il Deserto." Gli rispose piano Selene. "O almeno com'era prima." Lei spostò lo sguardo lungo il campo. Adorava essere lì, le mancava la sensazione dei fili d'erba coperti di rugiada sotto i piedi.
 
Kairos non disse nulla, continuando a studiare il luogo attorno a sé. Poteva davvero essere lo stesso posto in cui era cresciuto? Cos'era successo per far diventare il mondo come lui lo conosceva?
 
"Allora non si chiamava Deserto." Continuò la voce dolce di Selene. "Era solo la Terra. Era splendida e meravigliosa, ma la gente l'ha uccisa." La sua voce si spezzò per l'emozione.
 
Elios la strinse per la vita. Era stoico come sempre, ma confortante in un modo tutto suo.
 
Kairos fissò la coppia. Gli ricordavano davvero moltissimo lui e Lindsey, non solo per il loro aspetto, ma anche i loro modi di fare erano simili, era quasi come se fossero le stesse persone.
 
"La gente iniziò a limitarsi a prendere dalla Terra che avevamo creato per loro. Costruirono e fabbricarono a tal punto che il mondo non riuscì più a dar loro le risorse necessarie. La Terra iniziò lentamente a morire. Era troppo tardi quando si resero conto della loro follia." Continuò a spiegare Elios.
 
Kairos cercò di stare al passo con la storia. Aveva ancora molte domande, ma le parole sembravano impigliarsi in gola.
 
"C'era speranza, naturalmente, e noi volevamo solo che le persone si rivolgessero a noi, che ci consentissero di guidarle." Fece Selene in poco più di un sussurro. "Invece ci si rivoltarono contro."
 
Kairos era confuso. "La mia gente venera gli Dei del Sole."
 
Elios sorrise, ironico. "La gente si rivoltò agli Dei della Luna."
 
Il figlio di Eos annuì solennemente. "Immaginavo." Abbassò la testa, pieno di vergogna.
 
"Incolparono me per la terra sterile. Dissero che io avevo portato il freddo e il buio che avevano ucciso il verde." Spiegò tristemente la Dea della Luna. "Non sapevano com'era il mondo prima che io nascessi. Non conoscevano il mondo senza la Luna. Non capivano che ero stata io a portare la pioggia e i fiori e le colture." Iniziò ad agitarsi. Ancora una volta, Elios posò una mano sulla sua spalla per confortarla, e lei si calmò immediatamente.
 
"Quindi, io e Selene prendemmo la decisione che lei sarebbe andata via." Fece Elios. "Non avrebbe più aiutato la gente che l'aveva maledetta."
 
Kairos sentì il petto farsi pesante, il cuore gli si strinse per il dolore negli splendidi occhi blu di Selene, negli occhi di Lindsey. Non era giusto! Selene era bella e buona, e la sua gente l'aveva gettata via come spazzatura.
 
"Allora perché adesso siete qui?"
 
Le due divinità si scambiarono uno sguardo. Elios si strinse nelle spalle, noncurante.
 
"Qualche decennio fa, io ed Elios iniziammo a renderci conto di quanto terribile fosse la situazione nel Deserto. In quei momenti, capimmo che se fossimo rimasti lì seduti senza far niente, la gente sarebbe morta. La razza umana si sarebbe estinta nelle sabbie. E noi non avremmo più avuto uno scopo." Selene smise di parlare, la voce roca e gli occhi sempre più cupi.
 
"Iniziammo a sentire sussurri di preghiere da un nuovo gruppo di persone, che si facevano chiamare Rinnegati. Avevano mantenuto vive le storie su Selene nei secoli e avevano perfino ricominciato ad adorarla." Spiegò Elios. "Vedemmo un piccolo barlume di speranza accendersi di nuovo."
 
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Capitolo 38
*** Voci nella notte : Parte 3 ***


Capitolo 37 - Voci nella notte - parte 3
 
Dopo aver asciugato qualche lacrima, Selene continuò. "Ascoltammo quelle persone, e decidemmo di aiutarle, a patto che ci avessero dato qualcosa in cambio. Non avevano il permesso di prendere dal Deserto più di quanto avessero bisogno. E non era loro permesso neppure di negare l'aiuto a nessuno."
 
Nella mente di Kairos, tutto iniziava a prendere forma. Comprese di più sulle origini della gente di Lindsey, e cominciò a capire anche meglio la sua natura.
 
"Ma non era abbastanza." Selene continuò con la sua storia, si era messa a sedere sul terreno e stava intrecciando una complicata corona di fiorellini bianchi. I suoi occhi erano fissi su quanto stava facendo, ma la sua voce era forte e sicura. "I Rinnegati fecero tantissimo per aiutare il Deserto. Erano instancabili nella loro impresa di migliorare la Terra e sperare che tornasse allo stato naturale. Ovviamente, incontrarono dei problemi. Tentammo di semplificare loro alcune faccende con dei doni. Piccole cose per aiutarli nella vita quotidiana, ma essi iniziarono a darli per scontati."
 
"Umani ignoranti, sempre a sprecare tutto ciò che noi diamo loro." Fece Elios con rabbia.
 
Selene ridacchiò piano, prima di tornare a raccontare. "Iniziarono a lottare tra loro. A lottare per il potere, come fanno i vostri Padroni. Vedemmo il conflitto iniziare ad incrementare." Terminò la corona, sembrava soddisfatta di sé.
 
"Sapevamo che dovevamo fermarli," riprese Elios, "dovevamo aiutare quegli umani per tentare di farli uscire fuori da quella fossa che si stavano scavando da soli. Quindi scegliemmo due famiglie. Una di Rinnegati, e una del Deserto, e facemmo loro un dono speciale."
 
Selene sembrava su di giri, scattò in piedi per mettersi a danzare in un modo non molto diverso da come era solita fare Lindsey quando si sentiva libera e al sicuro, e ciò fece venire a Kairos un nodo alla gola. Scosse piano la testa, non poteva pensare a quelle cose in quel momento. Doveva sentire il resto della storia!
 
La minuscola Dea danzò intorno a Kairos per qualche istante prima di fermarsi bruscamente.
 
"Sai di che dono si trattava?" Gli chiese.
 
Il giovane scosse il capo, leggermente in imbarazzo. Aveva l'impressione di dover conoscere quel dono speciale, ma la testa gli girava per tutte le nuove informazioni che il suo cervello stava cercando di assorbire.
 
La Dea rise, poi ricominciò a saltellare attorno ad Elios e Kairos.
 
"Due bambini!" Squittì entusiasticamente, tentando di dargli un indizio.
 
Il capogiro non accennava a fermarsi, e Kairos fece di nuovo un cenno confuso.
 
Elios scosse la testa al comportamento della sua sposa. Lei aveva atteso tantissimo quel momento, e la loro speranza era concentrata in esso, non voleva che si rattristasse.
 
"Le due famiglie, quella Rinnegata e quella del Deserto, ci avevano pregato per molti anni. Entrambi." Spiegò Selene tra una giravolta e l'altra. "Riesci a crederci? Entrambi! Nessuno aveva pregato tutti e due da moltissimo tempo!"
 
Il Dio del Sole scosse la testa. "Quello che intende dire, è che erano disperati."
 
Selene gli lanciò un'occhiata divertita prima di continuare. "Pregarono per qualcosa di speciale. Beh, in realtà pregarono per molte cose, ma è stato il modo che hanno usato che ha catturato la nostra attenzione. Ci chiesero qualcuno che cambiasse il mondo. Qualcuno che arrivasse e si prendesse carico di questo posto ignobile e distrutto, e lo riportasse a com'era una volta. Pregarono per un miracolo."
 
Kairos la fissava con assoluta attenzione. Cominciò a pensare che quella storia avesse a che fare con lui e Lindsey, ma non riusciva ancora a capire esattamente cosa lei volesse dire.
 
"Quindi, donammo loro qualcosa. Qualcosa di talmente prezioso e speciale da essere quasi terrificante. Donammo loro una parte di noi, essenzialmente." Selene aveva interrotto la sua danza e adesso era in piedi di fronte a Kairos, un'espressione seria sui suoi lineamenti delicati.
 
"Avete dato loro... noi due?" Sussurrò lui. Finalmente aveva capito.
 
Un sorriso si fece largo sui volti degli Dei, che annuirono.
 
"Sì, demmo a quelle due famiglie due bambini perfetti. Bambini con l'abilità di cambiare il mondo." Lei gli si avvicinò saltellando e gli posò la corona di fiori sul capo.
 
Kairos sbuffò. "E come dovremmo fare a cambiare il mondo, esattamente? Siamo solo esseri umani. E i miei genitori non hanno mai accennato al fatto di adorare le divinità della Luna."
 
La Dea sospirò profondamente, prima di fare un passo indietro e permettere ad Elios di prendere il suo posto. Lui era più bravo con quella parte della spiegazione.
 
"Eos e Vasílissa erano persone meravigliose, molto evolute ed aperte ai cambiamenti che dovevano essere fatti. Purtroppo non avevano discendenza. Una mezza dozzina di gravidanze andate male era risultata in una mancanza di fede. L'uno nell'altra e da parte della loro gente. Fu allora che iniziarono a pregare. Tua madre aveva sentito le storie su Selene da bambina da un Rinnegato di passaggio e non aveva mai perso completamente la speranza. Quando tutto il resto fallì, si rivolse a Selene."
 
Kairos annuì, pacato. Sembrava proprio una cosa che sua madre avrebbe fatto. Era sempre stata una gran sognatrice.
 
"Ascoltammo le sue preghiere. Poi, quando preghiere simili iniziarono ad innalzarsi da un'altra coppia, un uomo e una donna Rinnegati, capimmo di dover agire."
 
"Creammo voi due a nostra immagine, perché siete parte di noi. Una reincarnazione, se preferisci. Sono sicuro che avrai notato i doni di Lindsey, e sarai sorpreso di sapere che ne possiedi alcuni anche tu. I doni non sono sempre visibili, o facilmente percepibili. Possono essere il potere della persuasione, o il carisma. L'abilità di condurre un'intera nazione fuori dall'oscurità."
 
Kairos non sapeva davvero cosa dire a quel punto.
 
Lui e Lindsey erano Dei?
 
O comunque una versione reincarnata degli Dei?
 
Era mai possibile?
 
"Vi mandammo come un segno di speranza." Gli disse Selene. "E senza rendervene conto, avete fatto esattamente quello che avevamo pianificato per tutto il tempo. Avete iniziato a cambiare le menti della gente. Avete aperto occhi e cuori. L'avete fatto fin da quando eravate bambini. Gavi? La sua visita alla vostra fazione da piccolo ha piantato il seme del cambiamento. Era troppo giovane per comprenderlo, ma vedere il mondo attraverso i tuoi occhi e quelli di lei ha aperto i suoi. Ecco perché ha programmato tutta la sua vita per il momento in cui voi potrete sovvertire i Padroni e far ricominciare questo mondo."
 
Il giovane non era molto convinto delle sue parole. Com'era possibile? Lui era solo un uomo, Lindsey era solo una donna. Potevano anche assomigliare a quegli Dei, ma erano essere umani.
 
Una mano confortante si posò sulla spalla di Kairos. Elios lo guardo con affetto. "Devi avere fede."
 
All'improvviso non si trovò più nel campo. Sollevò le palpebre per ritrovarsi faccia a faccia con una Lindsey molto preoccupata. La ragazza sorrise quando lui aprì gli occhi e catturò le sue labbra in un bacio.
 
"Umm... Kai? Dove hai preso quella corona di fiori?" 

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Capitolo 39
*** Il Dono ***


Capitolo 38 - Il dono
 
Lindsey si staccò da Kairos, incerta sul suo improvviso bisogno d'affetto. Non che le dispiacesse, anzi, era l'esatto contrario. Doveva solo ancora farci l'abitudine.
 
Pensò con tenerezza a quel giorno sotto la pioggia, alla prima volta che aveva sentito le labbra di lui sulle sue. Pensò a quanto a lungo avesse atteso quel momento, a come le farfalle avessero iniziato a danzarle nello stomaco e si sentì attraversare da un brivido.
 
"Buongiorno anche a te, Kai!" Rise, mentre lui circondò il suo corpo esile con le sue braccia forti. Di sicuro quello era un bel modo per svegliarsi. "Cosa ti è preso, stamattina?"
 
Gli prese scherzosamente la corona di fiori bianchi e se la posò sulla testa. Non aveva idea da dove sbucasse fuori, in ogni caso stava meglio a lei.
 
"Non so se mi crederesti." Ridacchiò il ragazzo. Davvero, nemmeno lui era ancora sicuro di crederci.
 
Il suo sguardo si spostò sulla corona. Ricordava chiaramente Selene seduta per terra intenta ad intrecciarla, e il suo sguardo felice quando gliela aveva posta sul capo.
 
Doveva essere vero.
 
Doveva, ma continuava a sembrare impossibile. O no?
 
Gli Dei avevano cose più importanti da fare che scendere giù nel bel mezzo della notte per parlare con lui. Com'era possibile che fosse degno di un tale onore?
 
"Kai?" La voce di Lindsey interruppe il suo sogno ad occhi aperti, e i suoi occhi si alzarono per incrociare quelli di lei. "Qualcosa non va?"
 
Lui fece un respiro profondo. Doveva dirglielo. Magari lei sarebbe riuscita a dare un senso a tutto. Lei si era fidata di lui raccontandogli quelle strane storie che aveva sentito nel Deserto, ora era lui a doversi fidare di lei.
 
Kairos si guardò intorno. Voleva raccontarle tutto, ma erano circondati da un sacco di gente. Argus lo osservava accortamente, riusciva a vedere il velo di preoccupazione negli occhi del giovane uomo. Naturalmente questi non disse nulla, sapeva qual era il suo posto. E poi sapeva anche che la sua compagna si sarebbe presa cura di lui.
 
"Dobbiamo trovare un posto per parlare, in privato." Non sapeva che fare. Come avrebbero potuto trovare un posto per parlare da soli in quello stupido Serbatoio?
 
C'erano occhi ovunque.
 
Quello era il momento in cui la gente delle varie fazioni girava intorno ai cancelli e analizzava i vari partecipanti per scommettere su di loro.
 
L'Arena poteva rendere ricchi, se si era abbastanza fortunati.
 
Kairos osservò alcuni uomini passare appena fuori da dove lui stava seduto. Sapeva che tenevano d'occhio lui, e Lindsey. Avevano di sicuro sentito chissà quante volte la storia del figlio del Padrone e della donna Rinnegata. Blackflag e i suoi figli ci avrebbero ricamato sopra al meglio delle loro abilità. Tutti si sarebbero aspettati da loro una performance epica.
 
Il suo pensiero andò a Gavi. Non parlava con lui da quanto erano stati gettati nel Serbatoio. Era pericoloso, per Gavi, essere visto a interagire casualmente con gli schiavi. Lì, ogni angolo, muro, cancello, perfino i granelli di sabbia, avevano gli occhi.
 
Come avrebbe fatto a raccontarle tutto? Spremette le meningi in cerca di una soluzione. Forse poteva... no, non avrebbe funzionato.
 
Sentiva sempre più di su sé lo sguardo ansioso di lei. Sembrava molto preoccupata. Si rendeva conto che si stava comportando in modo strano, e angosciarla lo faceva sentire in colpa.
 
Accidenti, non avrei dovuto dire nulla prima di avere un piano, pensò, abbattuto.
 
Gli occhi di lei scattarono verso i suoi, uno sguardo ancora più confuso sul viso.
 
L'aveva detto a voce alta?
 
"No," mormorò lei, "le tue labbra non si sono nemmeno mosse." Si passò una mano tra i capelli. Stava diventando pazza, per forza.
 
Riesci a sentirmi?
 
Lei non disse nulla, limitandosi ad annuire.
 
Kairos si lasciò sfuggire una risata vuota. Quella doveva essere opera loro. Gli Dei avevano menzionato altri possibili doni, ma questo l'aveva in un certo senso colto alla sprovvista.
 
Quindi senti quello che sto pensando? Perfino i suoi pensieri suonavano vagamente divertiti. Lascia fare ad Elios e Selene.
 
Lei annuì di nuovo, non si fidava della sua voce. Com'era possibile? Poteva essere, che Kairos avesse un dono di cui lei non era a conoscenza?
 
Quindi tu puoi sentire me, ma io non sento te?
 
Lei fece spallucce.
 
Strano, pensava che sarebbe stato più utile ad entrambi riuscire a sentire, ma chi era lui per mettere in discussione le decisioni degli Dei?
 
Almeno sarebbe stato un modo facile per spiegare le cose.
 
Ho fatto un sogno stanotte... Cominciò immediatamente, senza sprecare un attimo, per spiegarle tutto ciò che poteva.
 
Dopo un po', e dopo qualche sguardo molto confuso da parte di Argus ed Alexios, Kairos aveva spiegato tutto a Lindsey. La ragazza dai capelli rossi era stata incredibilmente reattiva, oltre che elettrizzata dal sapere che lui avesse adesso un dono.
 
Lindsey non sapeva come sentirsi, sul fatto di essere una specie di reincarnazione di una divinità, ma aveva iniziato a mettere insieme i tasselli relativi ai giorni nel deserto con la squadra di Rinnegati. Era altrettanto felice che Pittore avesse avuto ragione con la sua storia. Come sperava di rivederlo un giorno per completare le parti mancanti!
 
"E ora?" Gli chiese. Il sole a quel punto era ormai alto nel cielo. Non conosceva il programma dell'Arena, ma aveva notato che alcune persone erano state condotte fuori dal Serbatoio. Fino a quel momento, nessuna di loro era ritornata. La cosa le fece venire una leggera nausea, ma cercò di ricacciare indietro quella sensazione.
 
"Probabilmente saremo tra gli ultimi ad esibirci. Ci considerano parecchio importanti." Le rispose Kairos con un'indifferente alzata di spalle. In verità era terrorizzato, ma non poteva lasciarglielo capire.
 
"E che cosa dovremmo fare?" Non aveva ancora posto quella domanda, si rese conto di non avere idea di cosa ci si aspettasse da lei.
 
Kairos sbuffò, sarcastico. Non intenzionalmente, non era diretto a Lindsey. Si riferiva alla situazione generale.
 
"Sono sicuro che riceveremo ordini presto. Conoscendo Blackflag e Bram, la nostra sarà un'esibizione sopra le righe." Le disse lui, sbrigativo.
 
Argus ed Alexios avevano già ricevuto gli ordini. A quanto pare, era stato Vinny a scegliere la loro punizione. Avrebbero combattuto. Era il suo modo di fargliela pagare per averlo messo in imbarazzo al campo degli Enmity. L'idea dei due fratelli che lottavano fino alla morte doveva sembrare molto divertente al secondogenito del Padrone.
 
Lindsey non aggiunse altro. Non sapeva cosa dire. Odiava sentirsi così inutile. Aveva bisogno di tornare al comando e portarli tutti via di lì.
 
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Capitolo 40
*** Danza ***


Capitolo 39 - Danza
 
"No! No! No!" La voce rabbiosa di Bram sferzò l'aria pesante. Era probabilmente la decima volta che interrompeva tutto negli ultimi quindici minuti.
 
Ansimanti e sudati, Lindsey e Kairos si separarono. Non dissero nulla, limitandosi ad attendere che l'erede del Padrone dicesse la sua per poter riprovare e deluderlo di nuovo. Non che stessero cercando di farlo arrabbiare, era già al limite da qualche giorno ed ora si stava sfogando supervisionando qualcosa di cui non sapeva pressoché nulla.
 
"Perché sono così rigidi?" Strillò, lanciando il primo oggetto vicino contro la testa del fratello.
 
Vincent schivò il proiettile con facilità e sorrise mesto al fratello maggiore. "Non capisco da dove ti venga questa idea che siano rigidi!" Ribatté; faceva caldo e l'atteggiamento drammatico di Bram stava cominciando a stancare Vinny.
 
Bram lanciò un'occhiataccia al fratello minore. Come faceva quell'idiota a fingere di essere così ingenuo? Quella era la performance più attesa dell'Arena, e lui si comportava come se non fosse niente di speciale. Da quell'esibizione dipendevano moltissime cose! Non poteva permettersi che fosse scadente.
 
"UN'ALTRA VOLTA!" Urlò Bram, ritornando alla sua sedia all'ombra.
 
Lindsey aveva appena iniziato a riprendere fiato quando le fu dato l'ordine. Sbuffò infastidita.
 
Che accidenti ne capiva uno come Bram di quella performance? Aveva la stessa profondità di una pozzanghera di fango in una giornata di sole. Come osava criticare il suo modo di danzare? Come osava definirla rigida? Prese quell'affermazione molto sul personale.
 
Le sembrava divertente, ora, quanto volesse far colpo su quel miserabile uomo. Quanto voleva che tutta l'esibizione andasse bene.
 
Dava la colpa all'eccitazione e all'atmosfera dell'Arena. Voleva dare prova di sé a quella gente, anche se nessuno di essi lo meritava.
 
I suoi occhi guizzarono verso Kairos. La sua mascella forte era rigida e lo sguardo pieno di rabbia. Avrebbe tanto voluto allungare la mano per cancellare quelle linee di preoccupazione dal suo volto ma, purtroppo, sapeva che un gesto del genere avrebbe solo peggiorato l'ira del tiranno che li stava ad osservare.
 
Non era stupida, conosceva i piani che Bram aveva per lei una volta conclusa l'Arena.
 
Avrebbe dovuto sposarlo.
 
Ciò le faceva stringere dolorosamente il cuore nel petto e risalire la bile in gola.
 
Il solo pensiero di essere obbligata a sposare un uomo orribile e narcisista come Bram sarebbe stato un destino peggiore della morte.
 
Perdere Kairos sarebbe stato un destino peggiore della morte.
 
Allontanò in fretta quei pensieri dalla mente quando Kai le afferrò la mano sinistra stringendo il suo corpo a quello di lui.
 
"Non lasciare che vedano alcuna debolezza." La sua voce le risuonò in testa.
 
Lei annuì secca prima di lanciarsi nei movimenti.
 
Nella sua vita mai avrebbe immaginato di danzare con Kai in quel modo. Mai avrebbe immaginato Kairos danzare, punto. Sarebbe stato comico, sotto circostanze diverse.
 
Era davvero bravo.
 
Si perse nei pensieri mente completava i movimenti per inerzia. Avevano provato quel ballo almeno cinquanta volte.
 
Osservò i movimenti fluidi di Kairos. In qualche modo, era davvero cambiato dalla notte in cui aveva incontrato gli Dei.
 
Il suo cervello stava ancora cercando di accettare l'intera faccenda. In verità, era un po' gelosa che lui avesse incontrato Selene ed Elios. Non che non fosse felice per il ragazzo, ma sarebbe stato bello poter condividere l'esperienza.
 
Nonostante ciò, aveva notato un cambiamento netto in lui da quella notte. Era più audace, coraggioso, o per meglio dire imprudente, e più propenso ad assolvere i loro compiti mentre erano all'Arena.
 
Era perfino sgattaiolato fuori dal Serbatoio la notte precedente, sapendo che nessuna delle guardie avrebbe osato uccidere un personaggio di punta. No, si erano limitati a girarsi dall'altra parte mentre lui passava attraverso un buco scavato sotto la recinzione.
 
Lindsey aveva passato la notte con il terrore che lo avrebbero riportato indietro morto. Invece, era tornato trionfante per dirle che aveva parlato con Gavi. Stavano pianificando qualcosa per il giorno della loro esibizione. Kairos aveva perfino suggerito il tema della performance al figlio del Padrone, che l'aveva riferito al padre.
 
La ragazza non sapeva cosa pensare di questo nuovo Kairos. In cuor suo, temeva che sarebbe diventato troppo spavaldo, e che forse l'idea di essere la reincarnazione di una divinità gli aveva dato alla testa. Era preoccupata da morire al pensiero che lui potesse fare qualcosa di stupido perché convinto che Elios l'avrebbe protetto.
 
"Stop!" La voce perennemente rabbiosa di Bram interruppe la loro danza. Attraversò a grandi passi il piccolo spazio che si erano procurati per esercitarsi e diede una spinta al fratello. "Guardala! Non posso mandare quella donna nell'Arena con quello sguardo spento!"
 
Vincent sospirò pesantemente. Proprio non si riusciva ad accontentare Bram, quel giorno. Un'ansia nervosa aveva preso il sopravvento su di lui e aveva iniziato a prendersela per ogni cosa.
 
Gli posò delicatamente una mano sulla spalla. "Bram, fratello, sei stato al sole troppo a lungo! Perché non ti ritiri? Fatti un bicchiere di quel vino speziato della fazione di Credence e trovati una bella donna che ti consoli!" Gli rivolse un sorrisetto malizioso. "Ci penso io a questi due, li metterò in riga se serve. Magari verrai a vedere il prodotto finito verso il tramonto?"
 
Lindsey trattenne il fiato in attesa che il bruto si scagliasse contro il fratello per aver osato rivolgersi a lui in quel modo. Ma lui non lo fece, annuendo soltanto. Lanciò un'ultima occhiata furibonda ai due e sparì alla vista.
 
Quando se ne fu andato, Vincent batté le mani, felice. "Ora che quel musone non c'è più, possiamo metterci a lavoro!" Saltellò verso la coppia e tese una mano a Lindsey. "Posso? Ci so fare, con il ballo." Le fece un sorrisetto.
 
Lei guardò speranzosa Kai, in attesa che lui rifiutasse. Invece, il suo compagno sollevò le braccia e fece un passo indietro, permettendo al secondogenito del Padrone di prendere la sua mano e farle fare una piroetta.
 
"Devi rilassarti." La rimproverò Vinny. "Sei terribilmente tesa e loro lo noteranno. Questa performance dev'essere perfetta."
 
Lindsey non disse nulla, limitandosi ad annuire. C'era qualcosa di strano nel modo in cui lui le stava parlando, e nella facilità con cui Kai gli aveva permesso di avvicinarla.
 
Vincent la fece danzare per diversi minuti sulla pista prima di farle fare un altro volteggio e stringerla a sé, le labbra a pochi centimetri dal suo orecchio.
 
"Se devo aiutare Gavi e il tuo innamorato a disfarsi di mio padre, mio fratello e innumerevoli altri Padroni, ho bisogno che tu mostri un po' di impegno."
 
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Capitolo 41
*** La mattina della danza ***


Capitolo 40 - La mattina della danza
 
Era la mattina della performance più attesa che l'Arena avesse visto in molto tempo. L'intero campo fremeva per l'eccitazione, tutti erano desiderosi di vedere se avrebbero vinto o perso le loro scommesse sulla ragazzina Rinnegata e l'erede della fazione caduta.
 
Vincent si era dato ben da fare per far parlare dei due. Tutti amavano una bella, tragica storia d'amore. La loro esibizione sarebbe stata l'argomento di discussione del Deserto per anni a venire.
 
Aveva passato innumerevoli ore a pianificare tutto, dai loro costumi alla coreografia, tutto era frutto della mente di Vinny. Forse si era spinto un po' troppo oltre, ma era proprio questo il bello. Maggiore l'ostentazione, più la gente del Deserto avrebbe speso per scommesse e posti a sedere per la loro performance.
 
Bram gli era stato col fiato sul collo per due giorni, mentre sistemavano gli ultimi dettagli. Benché quel bruto non sapesse niente del mondo dello stile o della danza, che Elios lo benedisse, aveva fatto di tutto per intromettersi con le sue opinioni in ogni aspetto dell'esibizione. Vincent gli prestava raramente attenzione, sapeva gestire un Bram prepotente. La sua mente era occupata da altri dettagli della performance.
 
Non avrebbe permesso che quell'opportunità andasse sprecata.
 
Gavi si era levato di torno negli ultimi giorni. Aveva passato la maggior parte del tempo a lavorare nell'ombra. Per qualcuno al di fuori del suo circolo privato, sembrava semplicemente un erede secondario qualsiasi all'Arena. Gavi sapeva bene come confondersi nella mischia, come fare per non dare affatto nell'occhio.
 
Però, aveva dei dubbi riguardo alla riuscita delle cose nel modo in cui sperava. Cait gli aveva fatto sapere che alcuni ribelli stavano iniziando a rivalutare le loro posizioni. Era frustrante, erano arrivati a quel punto solo per rinunciare.
 
Il fallimento avrebbe significato la morte, e Gavi non era pronto a correre quel rischio, almeno non per se stesso.
 
Blackflag zoppicava avanti e indietro nella sua tenda. L'aria era sempre più umida e tesa. Mancavano poche ore alla performance e non era sicuro di come si sentisse al riguardo.
 
Voci di corridoio gli avevano detto che qualcosa sarebbe potuto avvenire nel giorno della festività, e lui aveva fatto del suo meglio per minimizzare l'idea. Dopotutto, non avrebbe annullato l'esibizione più importante per qualche pettegolezzo. Bram avrebbe di sicuro soffocato qualsiasi minaccia di ribellione, se questa fosse avvenuta.
 
Anche se non gli sarebbe dispiaciuto vedere il figlio sconfitto.
 
Argus si sentiva più come un animale in gabbia che un uomo. Lui ed Alexios erano stati portati in un'area recintata più piccola per essere 'sorvegliati'. La decisione era stata presa, e le scommesse sulla loro sopravvivenza erano già state piazzate.
 
Lui le odiava tutte, ognuna di esse.
 
Cercava di non mostrare nemmeno una singola frazione della sua paura, per Alexios. Il suo povero fratello non era pronto per una cosa del genere. Aveva paura.
 
Argus non intendeva essere l'ultimo fratello a restare in piedi.
 
Kairos non aveva paura. O, almeno, questo era ciò che continuava a provare a dire a se stesso. Più si avvicinava il momento di entrare
 
nell'Arena, più la sua risolutezza iniziava a vacillare. Non c'era nessuna prova certa che sarebbe stato in grado di portare tutto a termine. Uccidere un intero campo di Padroni e guardie era un piano molto complesso e rischioso. Moltissime cose sarebbero potute andare storte.
 
Ma doveva farlo. Doveva, per la sua gente. Per Elios e Selene.
 
Per Lindsey.
 
Lindsey aveva iniziato ad evitare Kairos non molto dopo essersi svegliata. Sapeva che lui era consapevole del fatto che lei avesse avuto una visione quella mattina. Era stata la prima dopo diverso tempo, ed era arrivata con le solite modalità. Ad ogni modo, non voleva rivelarne i contenuti al suo compagno.
 
Fortunatamente, essendo il giorno della loro grande performance, Lindsey era stata portata via da un gruppetto di donne determinate a farla 'assomigliare a una dea'. Lei aveva quasi riso all'ironia della loro affermazione, ma aveva deciso di non commentare. Dubitava altamente che loro avrebbero capito o le avrebbero creduto in ogni caso.
 
Le avevano pettinato i capelli con spazzole dure, e le era stato fatto indossare un abito appariscente, che non avrebbe mai indossato altrimenti. Perfino lei aveva dovuto ammettere che fosse bellissimo, e la stoffa nera era decisamente adatta a quella giornata.
 
Avrebbe voluto che piovesse.
 
Bram percorreva il perimetro attorno all'Arena. Anche lui aveva sentito voci di una possibile rivolta, e solo perché il suo sempre più magnanimo padre si rifiutava di crederci, non significava che anche lui lo facesse. Non gli avrebbero rovinato la giornata.
 
Aveva notato durante la mattinata come la ragazza Rinnegata sembrasse un po' più timida con lui e anche più spaventata di lui del solito. Il suo usuale, fastidioso fervore era tutto fuorché sparito da quando erano arrivati ai campi dell'Arena, non che lui fosse particolarmente felice della cosa. Sarebbe stato molto più semplice avere una moglie remissiva fin dall'inizio, invece di doverla sottomettere. Anche se lo allettava l'idea di doverla spezzare.
 
Si chiedeva se lei avesse avuto qualche visione. Sapeva della sua 'abilità' ed era curioso della possibilità di poterla sfruttare a suo favore, un giorno. Il pensiero che lei potesse aver visto qualcosa, e che adesso fosse timorosa con lui lo deliziava.
 
Era pronto a farla finita con l'Arena e a portarsela a casa.
 
A Selene era stato più volte detto dal suo amato di smetterla di cercare di intromettersi. Gli umani dovevano sbrigarsela da soli, ma lei non era il tipo da starsene seduta e lasciarli distruggere il mondo che lei ed Elios avevano creato con tanto impegno.
 
Sapeva che la sicurezza che i suoi due campioni avevano posseduto si stava affievolendo. La cosa la preoccupava. Odiava il barbaro Bram e tutti gli orribili pensieri che gli frullavano per la testa. Avrebbe tanto voluto affogarlo in una pozza di fango.
 
In quel momento, aveva solo bisogno di mostrare ai suoi campioni che lei ed Elios non li avevano abbandonati. Ma come?
 
Un sorriso si fece largo sul suo volto mentre un'idea le balzò alla mente.

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Capitolo 42
*** Reagisci ***


Capitolo 41 - Reagisci
 
Vincent osservava come un partecipante dopo l'altro si avvicendassero nell'Arena per divertire a costo della vita, letteralmente. Alcuni erano stati fantastici, ed avevano conquistato grandi e assordanti applausi, altri erano stati mediocri ma ugualmente abbastanza coinvolgenti, altri erano stati davvero terribili ed erano stati spediti in fretta in pasto ai cani.
 
Finalmente, all'apice della giornata, la gente cominciava a farsi impaziente, in attesa di divertimento. Sapevano tutti che quel giorno, l'ultimo giorno dell'Arena, ci sarebbero stati gli spettacoli migliori. La mattinata era passata bene, ma i mormorii sui due personaggi di punta tenevano tutti col fiato sospeso. Prima, però, due fratelli furono condotti in pista.
 
Altro che Lindsey e Kairos, questa era la coppia che Vinny attendeva. Serbava ancora un po' di rancore per la loro sfacciata mancanza di rispetto nei suoi confronti, e lui non era uno che perdonava e dimenticava. Doveva essere il sangue di suo padre che gli scorreva nelle vene.
 
"Diamo il benvenuto nell'arena ai FRATELLI Argus ed Alexios della fazione dei Nexus!" Tuonò Vincent alla folla mentre gli uomini venivano condotti al centro dell'Arena. I due si guardarono tristemente ma non dissero nulla. "Siete pronti, ragazzi?"
 
Il maggiore annuì, il minore mosse appena la testa in segno affermativo.
 
"Ora, ragazzi," li chiamò Vincent, sarcasticamente. "questa è una sfida all'ultimo sangue. Ricordatevelo!"
 
Alexios abbassò lo sguardo, Argus guardò male la folla. Che disgustoso gruppo di gente era quello.
 
All'ultimo momento, Vincent porse a ciascuno un paio di bastoni da combattimento.
 
Poi il gong suonò e loro rimasero immobili.
 
Intorno a loro, la folla ruggiva, cercando di incitare i fratelli a cominciare. Nessuno dei due era disposto a fare la prima mossa, nessun fratello sopportava di dover colpire l'altro.
 
Argus fissò Alexios, voleva che fosse lui a sferrare il primo pugno. Doveva essere Alexios a vincere, non sarebbe mai stato Argus a lasciare per ultimo l'arena, aveva detto più e più volte che il più giovane sarebbe stato il vincitore. Naturalmente Alexios si era opposto all'idea fin da quando lui l'aveva menzionata. Non era quello il momento adatto perché Alexios facesse l'eroe!
 
"Combattete!" Urlavano le voci attorno a loro. Stavano diventando impazienti. Quella lotta era stata segnalata come uno dei momenti salienti della giornata.
 
Ma loro stavano rovinando tutto.
 
"Combattete!"
 
"Combattete!"
 
"COMBATTETE!"
 
Argus sentì improvvisamente un moto di rabbia dentro di sé. "Combatti, fratello!" Strillò al più giovane, che ancora non si era mosso dalla sua posizione iniziale.
 
Era davvero troppo, Argus sapeva che avrebbe dovuto essere lui a fare la prima mossa, Alexios non l'avrebbe mai fatto. Non era stato mai un combattente in quel senso. Lottava solo se provocato, perché implicava proteggere qualcuno. Era fuori dal suo elemento, e molto spaventato.
 
Argus si mosse velocemente in avanti, il suo bastone mancò di poco, e di proposito, la guancia di Alexios. Ciò sembrò far risvegliare il più giovane.
 
"Combatti!" Urlò al maggiore.
 
I due iniziarono la lotta. Entrambi erano stati ben addestrati negli anni nell'arte del combattimento ravvicinato. Era la tecnica usata in genere dalle guardie personali dell'élite del Deserto, e i due erano ormai esperti dopo aver protetto Kairos e Lindsey.
 
Si muovevano all'unisono, senza toccarsi davvero l'un l'altro con le armi. Era tutto fatto di proposito, avrebbero dovuto cercare di andare avanti così il più a lungo possibile. L'esito era ancora troppo da sopportare.
 
La folla era ormai in piedi, urlante, a chiedere di più.
 
Il bastone di Alexios sferzò contro il braccio di Argus. Faceva male, ma la folla si infiammò.
 
Argus colpì Alexios negli stinchi, facendolo cadere in ginocchio, ma il ragazzo si rimise presto in piedi.
 
"Più forte!" Urlò rabbioso Argus. Perché non colpiva più forte? Non potevano far durare la scena per sempre.
 
"Sembra che i due ragazzi si stiano stancando! Forse i cani apprezzeranno una doppia razione, visto che questi due non la smettono di girare in tondo?"
 
Argus si sentì ribollire di rabbia. Capì di dover costringere Alexios a combattere contro di lui in un modo o nell'altro. In un momento di distrazione, mollò i bastoni e si scagliò contro il fratello minore.
 
"Oh! Bella mossa!" Ridacchiò divertito Vinny.
 
Una volta buttato a terra Alexios, gli diede alcuni deboli pugni.
 
"Reagisci!" Urlò di nuovo.
 
Alexios sollevò le mani davanti al volto in una mossa difensiva, ma non contrattaccò.
 
"Finiscilo!" Gridò la folla, eccitata dalla svolta degli eventi in quella lotta inizialmente noiosa.
 
Argus si bloccò. Perché stava permettendo all'Arena di farlo comportare così? Perché stava cedendo a quelle acclamazioni?
 
Tentò di alzarsi, ma Alexios lo tirò di nuovo giù. Infilando nei movimenti anche un pugno deciso.
 
"Reagisci!" Urlò Alexios ad Argus, che sembrava adesso essere in svantaggio.
 
Argus gelò sopra il fratello, non era questo che voleva, per niente.
 
Un altro pugno finì contro la sua mascella; doveva ammettere che Alexios ci sapeva fare.
 
"Fallo sembrare decente! Sanno che stai fingendo." Dichiarò Alexios tentando di togliersi di dosso il fratello.
 
Argus indietreggiò mentre Alexios si rimise in piedi un'altra volta. Il labbro gli sanguinava e l'occhio destro era gonfio e quasi completamente chiuso.
 
"Reagisci!"
 
Argus afferrò la cosa più vicina, uno dei suoi bastoni, e scattò in avanti, un braccio che si strinse attorno all'addome di Alexios, gettandolo di nuovo a terra.
 
Ma c'era qualcosa di diverso.
 
Guardò il fratello minore, che aveva gli occhi spalancati e un piccolo sorriso sulle labbra.
 
Argus abbassò lo sguardo sullo stomaco del più giovane, per vedere il suo bastone trapassarlo in modo macabro.
 
Lo aveva buttato giù conficcandogli il bastone nel costato.
 
Il sangue iniziò a sgorgare mentre Argus tentava invano di far pressione sulla ferita. Niente avrebbe funzionato.
 
Alexios sollevò debolmente una mano portandola sulla guancia del fratello. Con l'ultimo respiro, sussurrò:
 
"Reagisci."
 
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Capitolo 43
*** Mostri ***


Capitolo 42 - Mostri
 
In tutta la sua esistenza, Lindsey non aveva mai creduto alle storie sui mostri. Erano solo favole che i genitori raccontavano ai bambini capricciosi per farli comportare bene. I mostri non erano reali, erano soltanto creature inventate. Non spuntavano fuori da dietro le porte chiuse nel buio o da sotto il letto. Non avevano denti orribili e respiri putridi. Nessuno sarebbe venuto a fare del male nel buio, se già non fosse stato presente quando c'era la luce.
 
Fino a quel giorno, Lindsey non aveva mai creduto nei mostri.
 
Ma questi erano, in effetti, assolutamente reali. Non esistevano nel modo in cui le avevano fatto credere le sue balie quando si rifiutava di dormire, o Raine quando voleva impedirle di giocare con lui e Kairos. Non avevano unghie lunghissime, né impronte insanguinate.
 
I veri mostri erano le persone.
 
Persone in apparenza assolutamente normali, perfino belle. Persone che erano, in tutti i sensi, alti ed attivi esponenti della società.
 
Erano quelli che governavano, e quelli che li seguivano. Erano coloro che amavano vedere gli altri soffrire. Assassinavano famiglie. Prendevano i bambini come schiavi. Portavano l'odio in ogni terra su cui camminassero.
 
L'odio si diffondeva come una malattia, infettando chiunque vedesse le differenze come debolezze. Si faceva strada nelle menti e nei cuori, trasformando ciò che era puro in oscurità.
 
La consapevolezza che erano le persone ad essere i mostri da cui la sua governante l'aveva messa in guardia era arrivata come un piccolo shock, ma in effetti, com'era possibile che non se ne fosse mai accorta prima? La gente come Bram e Blackflag erano assetati dal sangue degli altri.
 
Forse la vera ragione era stata rendersi conto che le uniche persone davvero malvagie erano quelle come Bram e Blackflag, che prendevano il privilegio e il potere usandoli per ferire. Non riusciva a vedere una tarchiata madre di quattro figli o un padre forte avere la stessa sete di sangue.
 
L'Arena l'aveva cambiata. Adesso i suoi occhi erano molto più aperti.
 
Aveva guardato dal bordo dell'arena la gente festeggiare mentre il corpo del suo adorato Alexios veniva buttato giù dal fratello. Kairos aveva tentato di impedirle la visione, ma non sarebbe servito, lei aveva già visto tutto nella sua testa la notte prima.
 
Presa dal panico, aveva confessato ad Alexios ciò che sarebbe successo. Con sua sorpresa, lui aveva capito.
 
"Non avrei voluto essere il vincitore in ogni caso." Le aveva sussurrato.
 
Le aveva chiesto pacatamente che nessun altro lo venisse a sapere, e l'aveva rassicurata più volte di essere grato che lei glielo avesse rivelato.
 
"Potrò chiedere perdono ad Elios e proseguire per l'aldilà sapendo che le cose cambieranno."
 
Lei stava malissimo per la sua cara guardia, ma gli aveva garantito che avrebbe mantenuto il segreto sulla sua morte imminente come ringraziamento per gli anni di servizio che aveva svolto per lei.
 
Dopotutto, non si potevano cambiare le visioni.
 
La sua mente era stata presa d'assalto da esse durante gli ultimi giorni all'Arena. Per quanto avesse tentato, non era riuscita a bloccarle. Aveva pregato molto affinché Selene la liberasse da quel dono, ma la Dea non le aveva dato ascolto.
 
Non poteva far altro che osservare le persone che amava, ed altre che non aveva mai incontrato, venire distrutte dall'Arena, metaforicamente e letteralmente. C'erano volte in cui non riusciva più nemmeno ad essere sicura se ciò che stava vendendo fosse reale o meno. Si era fatta forza nonostante tutto, doveva farlo.
 
Voleva passare gli ultimi giorni con Kairos felicemente.
 
Lui se lo meritava, e anche lei.
 
La gioia sul volto di lui quando parlava animatamente delle idee che lui e Gavi avevano progettato, i modi in cui avrebbero iniziato la rivolta non appena la loro esibizione fosse finita lo mandavano su di giri.
 
Lindsey era grata che il dono che gli Dei gli avevano fatto non gli permettesse di sentire i suoi pensieri.
 
Dietro ogni suo sorriso per lui, c'era la gola serrata e lacrime non versate e profondo dolore.
 
Non poteva permettere che Kairos venisse a conoscenza del suo destino. Al contrario di Alexios, non avrebbe accettato una cosa del genere tanto facilmente.
 
Avrebbe provato a cambiare le cose, solo per essere messo nella stessa traiettoria verso lo stesso risultato. Era così che funzionavano le visioni, non poteva cambiarle una volta che arrivavano.
 
Il suo dono era davvero diventato una maledizione.
 
Tuttavia, si chiedeva perché Elios e Selene lo avessero omaggiato della loro visita. Era davvero stato tutto un sogno?
 
Non era più sicura di niente, ormai, tranne del fatto che molto presto sarebbe potuta entrare in un mondo privo della gente che amava.
 
Il suo corpo era ancora scosso dal terrore ogni volta che vedeva Bram.
 
Le immagini dell'assassinio restavano vivide nella sua mente. Era lui, il mostro.
 
Lindsey era straziata dal peso della conoscenza, e avrebbe voluto in tutti i modi cambiare il destino di tutti quelli intorno a lei, ma non poteva.
 
Non era mai stata in grado di cambiare una visione. Certo, c'era gente che pensava che potesse farlo, ma gli eventi si verificavano comunque con minime variazioni. Il finale era sempre lo stesso.
 
Aveva pensato sempre più spesso all'idea di farla finita lei stessa. Non voleva vivere in un mondo dove il suo unico scopo sarebbe stato fare da trofeo e dare figli a un mostro.
 
Ma quello naturalmente era un peccato capitale. Indipendentemente da quale divinità si servisse, l'idea di suicidarsi era largamente malvista.
 
Il pensiero continuava comunque a farsi strada nella sua mente.
 
"Amore?" La voce di Kairos la riscosse da quelle fantasticherie. Era stato molto più aperto nel dimostrare i suoi sentimenti da quando aveva incontrato gli Dei, e Lindsey cercava di assaporarlo il più possibile, imprimendo nella memoria ogni parola, ogni bacio.
 
Alzò gli occhi per incontrare quelli di lui. Sapeva si sarebbe accorto che aveva paura, ma avrebbe pensato fosse dovuta solo alla performance e al trauma di aver appena assistito ad una morte.
 
"Ti amo." Gli disse d'istinto. La sua voce tremò e gli occhi le si riempirono di lacrime.
 
Kairos le sorrise. "Lo so." Si chinò per baciarle la fronte. "E io te."
 
"Dimmelo." Lo pregò lei, desiderosa di sentirlo un'ultima volta.
 
Lui le rivolse un sorriso furbo. "Te lo dirò quando tutto questo sarà finito.
 
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Capitolo 44
*** La performance ***


Capitolo 43 - La performance
 
Lindsey fece un respiro profondo entrando nell'Arena con Kairos al suo fianco. Il rombo della gente esultante, che iniziò a fischiare quando la voce forte di Vincent li annunciò, le fece girare la testa. Per quanto avesse tentato di mostrarsi forte e decisa, vacillò.
 
L'aria attorno a loro si fece improvvisamente immobile. Il silenzio era quasi assordante, e lei osservò ai volti degli spettatori. Le donne le lanciavano occhiate malevole dagli spalti, gli occhi di Blackflag trafissero i suoi guardandola dalla sua postazione su una piattaforma elevata. La mano di lei si mosse per stringere più forte quella di Kairos.
 
Si sistemarono nella prima posizione, un improvviso senso di sicurezza la invase. Kairos le prese le mani.
 
"Ce la farai." Risuonò nella sua testa la voce di lui.
 
Il suono di un tamburo percosso iniziò a tenere il tempo. I loro corpi iniziarono a muoversi per pura memoria muscolare, avendo provato quella danza innumerevoli volte nei giorni precedenti. Ogni volta che incrociava lo sguardo di Kairos, vi trovava un'intensità che non aveva mai visto prima. La sicurezza di lui alimentava la sua.
 
Una veloce occhiata verso la folla le permise di incrociare gli occhi di Bram. Lui la guardò male, come al suo solito. Si chiese brevemente se avesse mai davvero sorriso.
 
Poi arrivò la prima presa di Kairos, che eseguirono alla perfezione. Il tamburo continuava a tenere il tempo mentre il suo corpo si muoveva in modo automatico.
 
Dopo un'altra presa, si allontanò leggermente da Kai. La sua mente era ancora in subbuglio, sapeva che quei passi non erano parte della loro danza.
 
Sussultò appena quando scorse Argus seduto nel pubblico. Ai vincitori di solito era concessa di tornare al Serbatoio, ma il farlo restare lì era parte del piano. Vincent aveva raccontato di voler continuare a farlo soffrire facendolo assistere alle restanti performance.
 
In quella breve occhiata, vide che ogni traccia di sangue su di lui era scomparsa, e lui le lanciò uno sguardo rassicurante.
 
La sua mente correva, sapeva cosa stava per succedere, ma non voleva che accadesse.
 
La sensazione del corpo di Kairos premuto contro la sua schiena, e delle sue braccia intorno alle sue spalle la riportarono alla realtà. La mano di lui si sollevò per accarezzarle il viso. Lei lanciò a Bram uno sguardo di sfida prima di lanciarsi un'altra volta nel loro ballo.
 
Si mosse con passi esperti, lasciando che Kairos la piegasse, e la facesse volteggiare tra le sue braccia. I loro volti quasi si sfiorarono in uno dei movimenti.
 
"Sei bellissima." Fece la voce di lui nella sua mente. Ciò la spronò a muoversi con maggiore intensità.
 
A quel punto aveva ormai deciso. Avrebbe cambiato tutto.
 
Kairos, con una piroetta, la lanciò in aria. Il suo corpo premette con forza contro quello di lui, e Lindsey avvinghiò le gambe attorno ai fianchi del ragazzo.
 
Sì, sarebbe andata contro la visione.
 
Sentì la mano di lui toccarle la spalla, poi il mondo sembrò rallentare. Il pubblico sparì e rimasero solo lei e Kairos.
 
Il braccio di lui le circondò la vita, stringendola forte a sé.
 
Lei lo guardò, confusa, e lui si limitò ad alzare le spalle, prima di sentire un rumore provenire dalla gradinata vuota.
 
Alzarono lo sguardo per vedere se stessi osservarli dall'alto.
 
Lindsey era confusa, si voltò verso Kai in cerca di rassicurazione, e lui annuì.
 
All'improvviso capì, erano loro!
 
"Selene?" Balbettò. Non riusciva a credere di essere in presenza degli Dei.
 
Selene sorrise ma non disse nulla.
 
Anche senza che le avessero rivolto la parola, Lindsey ebbe l'impressione che le stessero dicendo qualcosa. Qualcosa di importante.
 
Aggrottò la fronte in momentaneo smarrimento, poi iniziò a capire.
 
Un leggero cenno di assenso da parte della dea che tanto le somigliava fu tutta la rassicurazione di cui aveva bisogno.
 
Si lanciò nuovamente nella danza, il pubblico non esisteva più. C'erano solo lei, Kairos, e il suono costante del tamburo a mantenere il ritmo.
 
Il suo corpo si muoveva senza sosta, prese tra le mani il volto di Kairos, portandolo più vicino a sé, le labbra in un sorriso.
 
Danzarono per quella che sembrò un'eternità. Soltanto loro due. Niente, al di fuori dei loro corpi, esisteva.
 
Lindsey diede tutta se stessa in quel ballo, eseguendo ogni movimento con un rinnovato senso di fiducia.
 
Quella danza era sempre stata una dimostrazione. Per Bram, Blackflag e il resto della classe dirigente del Deserto, era uno spettacolo di dominio sugli schiavi. Per gli schiavi, era un atto di sfida. Per Lindsey e Kairos, era tutto.
 
Lui l'attirò a sé. Lei appoggiò il capo sul suo petto. La danza era finita.
 
La sua mente sapeva cosa sarebbe successo dopo.
 
Con la coda dell'occhio, vide i ribelli sistemarsi nelle loro postazioni per l'attacco. Stavano tutti aspettando il Via.
 
Lindsey sapeva che aveva pochi secondi per agire, Gavi avrebbe suonato il gong nel giro di qualche istante. Kairos sarebbe stato pugnalato al petto esattamente dieci minuti dopo. Doveva impedire tutto.
 
Doveva cambiare la visione.
 
Vide Gavi avanzare.
 
"Kairos?" Sussurrò.
 
Lui abbassò lo sguardo su di lei, entrambi ancora fermi nella loro posizione. Lindsey riusciva a sentire la folla che continuava ad acclamarli. La loro performance era stata assolutamente spettacolare.
 
"Ti amo." Sussurrò contro il suo petto.
 
Una risata profonda risuonò dentro di lui. "Lo so."
 
Lei sospirò. Sapeva che l'avrebbe fatta attendere prima di sentirglielo dire. Esattamente come aveva detto prima. Era una cosa che i suoi genitori avevano sempre fatto. Eos scherzava con sua moglie, dicendo che farla aspettare era un modo per farla sbrigare più in fretta, e che adorava lo sguardo sul volto di lei quando finalmente glielo diceva.
 
Gavi era a poco più di un metro dal gong. Doveva sbrigarsi.
 
Si allontanò in fretta da Kairos e in un attimo fu dall'altro lato dell'Arena, in piedi davanti a Bram.
 
Un mormorio avanzò tra la folla.
 
Il figlio del Padrone la osservò, in attesa. "Sei qui per implorarmi di risparmiarlo?"
 
Lei scosse la testa. In un baleno, aveva afferrato un pugnale da una delle guardie accanto a Bram e lo aveva sollevato sopra la testa.
 
"Sto cambiando le cose."
 
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Capitolo 45
*** Epilogo - Sette anni dopo ***


Capitolo 44 - Epilogo - Sette anni dopo
 
Tutte le guerre hanno una fine.
 
Tutte le guerre distruggono vite.
 
Tutte le guerre hanno eroi e cattivi.
 
Non tutti gli eroi sopravvivono alla guerra.
 
Era passato molto tempo dall'ultima volta che si era concessa di far visita ai ricordi.
 
Era riuscita con successo a bloccarli dai pensieri e a cercare di guarire la sua mente ferita. Aveva visto morire molte persone. Aveva visto gente da entrambi i fronti venire pugnalata, ferita e dissanguata nella sabbia.
 
Gli incubi l'avevano perseguitata a lungo, e continuavano a farlo, anche dopo tutto quel tempo.
 
Le urla, l'odore e la paura invadevano ancora la sua mente addormentata. Doveva trascinarsi a forza fuori da quei sogni. A volte veniva svegliata dalle convulsioni, altre volte dalla sua stessa voce.
 
Le storie non raccontano mai di quelle sensazioni.
 
Dopo la fine di una guerra, tutti gli eroi dovrebbero ritirarsi col sole che cala, liberi e felici.
 
Ma non tutti gli eroi ci arrivano, al tramonto.
 
Pensò tristemente ad Alexios e alla sua morte. Pensò alle ripercussioni che aveva avuto sul fratello. Argus non era più stato lo stesso. Il suo salto davanti a un coltello in movimento era stato quasi una benedizione. Il suo dolore era cessato e si era riunito a suo fratello.
 
Gavi era stato un'altra casualità, che l'aveva ferita più di quanto aveva immaginato potesse fare. I due non erano mai stati amici stretti, ma lui era caduto insieme a suo padre, e avevano fatto pace negli ultimi istanti.
 
Blackflag si era rivelato un insospettabile alleato. In qualche modo, era venuto a conoscenza dell'intero piano e si era rivoltato contro gli altri Padroni, sacrificandosi.
 
Forse non tutti i mostri erano destinati a restare tali. Forse potevano trascendere il ruolo in cui erano stati posti e diventare eroi.
 
Lei non avrebbe mai perdonato l'anziano uomo per tutto il dolore che le aveva causato, ma era grata del suo sacrificio.
 
La sua resa alla morte aveva messo in moto il filo degli eventi che avevano portato la vittoria dei ribelli sui Padroni.
 
Essi avevano iniziato a comprendere che non sarebbero riusciti a vincere con la morte del grande e potente Blackflag. Anche nel suo stato di invalido, aveva continuato a rappresentare l'icona di come avrebbe dovuto essere un Padrone, e del modo in cui si sarebbe dovuto comportare. Con lui fuori dai giochi, gli altri erano caduti in fretta.
 
Lindsey pensò al suo stesso ruolo nella guerra. Un ruolo di cui si era assunta la responsabilità, uno che non aveva mai previsto.
 
Aveva ucciso qualcuno.
 
Non una persona qualsiasi, aveva ucciso Bram.
 
Era stata lei a compiere il primo assassinio.
 
L'aveva fatto d'impeto. Per la volontà di prendere in mano il proprio destino. Di provare che le visioni si sbagliavano.
 
Ce l'aveva fatta, ma ad un costo enorme.
 
Le ci era voluto molto tempo per convincersi che lei stessa non fosse un mostro. Di certo si sentiva di esserlo.
 
La sensazione della lama che trafiggeva il petto del suo peggior incubo era ancora l'apice dei suoi sogni più terribili. Il suono del suo ultimo rantolo e il disgustoso tonfo del suo corpo che colpiva il terreno continuava a tenerla sveglia nelle notti peggiori.
 
Nonostante tutto, aveva dato inizio alla battaglia.
 
Nonostante tutto, aveva dato prova che le sue visioni non erano incise nella pietra.
 
Al presente, non era un trofeo, moglie di un uomo mostruoso, rinchiusa da qualche parte nel deserto sabbioso.
 
Aveva preso in mano la sua libertà, e aveva vinto.
 
"Linds?" Una voce interruppe quel flusso di pensieri. Sorrise tra sé prima di voltarsi.
 
"Kai?"
 
Lui le diede un piccolo bacio sulla guancia prima di accennare al bambino assonnato che teneva in braccio. "Qualcuno si è svegliato un po' agitato dal suo pisolino. Immaginavo che tu avresti saputo cosa fare."
 
Le porse un bimbo dai capelli rossi. Il piccolo, Arkaios, alzò le braccia verso la madre, che lo prese, felice, stringendolo al petto.
 
Adesso aveva cinque anni, ed era nato esattamente due anni dopo gli eventi dell'Arena. Lindsey era grata del fatto che non sarebbe cresciuto nello stesso mondo che lei aveva vissuto. Non avrebbe mai conosciuto dei mostri come Bram e Blackflag.
 
Ogni giorno della sua vita, lei gli aveva raccontato le storie degli eroi, per dargli delle persone da avere come esempio, anche se non le avrebbe mai conosciute.
 
Era grata per la sua nascita. Il suo nome portava il significato dei nuovi inizi. Con il suo arrivo, era venuto anche un nuovo mondo per tutti gli abitanti del Deserto.
 
Il giorno in cui Lindsey aveva avvertito i primi segni di una nuova vita nascere in lei, era stato lo stesso identico giorno in cui Kairos aveva visto il primissimo germoglio d'erba.
 
Da quel momento, il colore aveva preso il sopravvento nel Deserto. Il verde copriva ogni centimetro di terra disponibile. La pioggia non era più una rarità. La gente stava imparando ad usare quell'acqua e quel verde per coltivare le terre come mai prima d'allora.
 
Era bellissimo.
 
Inizialmente, i Rinnegati erano stati diffidenti nei confronti degli abitanti del Deserto. Erano convinti che quella gente avida avrebbe solo portato altra miseria. Ma, con il tempo, e con il pacato incoraggiamento di un piccolo gruppo di spie che avevano trovato una ragazza Rinnegata sperduta nelle dune, avevano incominciato a vivere in armonia gli uni con gli altri.
 
Una cosa che l'aveva confusa, ma di cui era comunque grata, era stata la perdita di un certo dono, o maledizione. L'ultimissima visione che aveva avuto risaliva al giorno prima della performance all'Arena, quella in cui Kairos veniva ucciso davanti ai suoi occhi. Era stata una visione ripetitiva.
 
Una volta che si era liberata dal vincolo di ciò che aveva visto, e aveva preso la faccenda nelle sue mani, le visioni erano cessate. Tutti i doni dati alla gente del Deserto e oltre non c'erano più.
 
Lindsey l'aveva considerato come la decisione da parte degli Dei di smettere di usare la gente. Avevano portato a termine la loro missione di far ritornare il Deserto al suo stato naturale, o almeno di avviare il processo.
 
Non avevano più bisogno dei doni per andare avanti.
 
Erano liberi.
 
 
 

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