Ikigai 生き甲斐

di __roje
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4.5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10.5 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 17. extra prima parte ***
Capitolo 21: *** Capitolo 17. extra seconda parte ***
Capitolo 22: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 20.5 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 34: *** SPECIALE: I finally found you ***
Capitolo 35: *** SPECIALE: I finally found you 2 ***
Capitolo 36: *** SPECIALE: I finally found you 3 ***
Capitolo 37: *** Speciale Christmas! ***
Capitolo 38: *** Speciale Christmas! - seconda parte ***
Capitolo 39: *** Speciale Christmas! - terza parte ***
Capitolo 40: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 34 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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IKIGAI 生き甲斐

Diventare uno studente delle superiori è sempre stato il mio sogno, fin da quando ne ho memoria ormai, e questo giorno sembrava non arrivare mai.
Può sembrare strano come desiderio, e forse un pò lo è ma ho sempre invidiato tutti i ragazzi che vedevo tornare da scuola e che potevano andarsene dove volevano. La libertà che finalmente avrei ottenuto, e il fatto stesso di non essere più considerato un bambino mi riempivano di una strana gioia.
Nella mia mente avevo immaginato quel giorno troppo a lungo, già dai tempi delle medie aspettandomi una cerimonia di inizio anno perfetta e tanti ragazzi nuovi da conoscere. Sì, sarebbe stato tutto dannatamente perfetto nella mia mente, così come la scuola nuova stessa.
“Accidenti è saltato un bottone della giacca...”
Fissai mia madre senza parole, sbiancando un pò. Pensai per un attimo che stesse scherzando, che mi stesse prendendo in giro giusto per sdrammatizzare quel giorno così importante, lo sperai davvero ma quando osservai la giacca che stava sistemando notai che era caduto un bottone. Mi sentii mancare.
“Dannazione come hai fatto a farlo saltare via!” urlai afferrando la divisa tra le mani, notando che era uno dei bottoni principali da appuntare. Non ci voleva proprio.
“Tranquillo lo posso ricucire.”
Guardai l’orologio posto sulla parete della cucina, erano già le 8.30 e rischiavo di fare persino tardi alla cerimonia di apertura se non si dava una mossa. “Fa presto ti supplico!” la esortai. Stranamente ogni mio sogno ad occhi aperti sparì di colpo, e con esso anche la speranza di arrivare puntuale il primo giorno.
La mamma non trovava ago e filo, lo cercò per tutta la casa e nel frattempo c’era la mia sorellina Mei che non smetteva di piangere perché voleva la colazione. Poteva andare peggiore di così, mi domandai.
Cercai di darle una mano, lasciai perdere capelli e pantaloni o qualsiasi altra cosa stessi facendo e mi precipitai ai fornelli per preparare qualcosa da mangiare per Mei e gliela servii, “Mangia e fa presto!”
“Fratellone ma che avete tutti?”
Che ne poteva sapere lei. Cosa ne poteva capire una bambina di appena cinque anni dell’ansia che provavo quel giorno. Non ebbi neppure il tempo di risponderle perché dovevo prepararmi un bento, e dovevo farlo immediatamente prima di perdere il treno.
Dal nulla sbucò la mamma, coi capelli biondi e ricci tutti arruffati “L’ho trovato! Il bastardo era caduto dietro al mobile della camera da letto” sorrise, mi sembrò una pazza in quel momento.
“Riesci a farlo in 5 minuti?”
“Non mettermi fretta Aki!” si concentrò sull’ago per infilarvi il cotone ma non lo centrò, e pensai che fosse tutto perduto. Non sarei mai arrivato in tempo e addio al mio giorno perfetto. Poi però ci riuscì, e molto rapidamente sistemò il bottone al suo posto con grande maestria.
Il lavoro fu perfetto e potei indossare la giacca. Era una sensazione strana indossare qualcosa di nuovo, una divisa che mi avrebbe accompagnato per tre anni e quella era la prima volta che la indossavo.
“Ecco il cravattino” e me lo portò annodandolo al collo. Era così bello, improvvisamente le cose sembravano essersi riprese e potei specchiarmi con intenzione di godermi quel momento perfetto. Ero finalmente uno studente delle superiori. “Che ne pensi?” Nello specchio apparve anche la figura di mia madre, sconvolta per la fretta e lo stress.
“E’ perfetta.” Le sorrisi entusiasta come non mai. Mi persi nell’osservare ogni dettaglio di quella divisa color cobalto, era così bella che mi faceva sembrare un modello. Sarebbe stata bene a chiunque, pensai.
“Aki sono già le 8.30 non dovresti andare?” comparve anche la piccola Mei con la mia borsa che faticava a portare. Improvvisamente mi ricordai del treno e di aver fatto tardi.
“Dannazione.. devo scappare ci vediamo dopo!”
Indossai in fretta le scarpe e proprio sulla soglia di casa la mamma mi fermò dicendo: “Aspetta Aki, facciamo almeno una foto ricordo no?”
“No dai, la faremo quando torno ora non ho proprio tempo!” E scappai via.
Mi dispiacque anche, perché nel mio sogno la foto commemorativa ci stava tutta o almeno sarebbe stata una cosa aggiuntiva per ricordarmi per sempre di quel giorno, tuttavia le cose presero una piega molto strana anche in treno perché questo si ruppe e due fermate dalla mia. Fui dunque costretto a farmela a piedi, a correre per buona parte del quartiere e più guardavo l’orologio e più mi sembrava che le lancette fossero contro di me e facessero di tutto andare veloci.
Erano le 9.00 dannazione! Urlavo dentro di me, ed ero stanco di correre. Ero già sudato, e presto avrei potuto rovinare tutta la divisa ma per fortuna arrivai, ce l’avevo fatta e purtroppo nel cortile non c’era già nessuno, pensai quindi che fossero già tutti nella palestra per il discorso di inizio anno, così cercai di darmi una mossa ma non avevo davvero più forze. Per fortuna però, conoscevo tutto l’edificio a memoria talmente che mi ero informato, sapevo perfettamente dove andare e così non girai a vuoto. Arrivato lì però tuttavia mi resi conto di non essere il solo ad essere arrivato tardi, non era successo solo a me ma c’era un altro ragazzo, probabilmente del primo anno come me, che ne stava nascosto dietro la porta osservando all’interno cosa stesse succedendo.
La mia occasione per fare subito amicizia!, pensai immediatamente così mi avvicinai. “Anche tu in ritardo eh? Che sfiga.” Ridacchiai riprendendo fiato.
Il giovane si voltò appena per guardarmi, con fare apatico poi sgranò gli occhi nel vedermi e lo stesso feci io, stupito quanto lui di trovarmelo davanti. “Nomura” pronunciò con disgusto.
Improvvisamente la giornata da che era iniziata male prese una piega ancora peggiore, avevo davanti l’ultima persona al mondo che volevo vedere. “Maeda” dissi anche io con tono più freddo.
Maeda lasciò la porta, si rimise eretto mostrandomi tutta il suo ego da solito principino. “Allora Nomura, cos’è la mamma ti ha svegliato tardi oggi?”
Resta calmo, resta calmo, ripetevo continuamente dentro di me. Era il suo modo di fare, faceva sempre così non dovevo prendermela né stupirmi se cercava di stuzzicarmi così, ignorai dunque le sue parole e lo superai per entrare, fregandomene che mi stesse ancora fissando. Tuttavia mi domandai perché non stesse entrando anche lui, così mi voltai indietro per dargli un ultima occhiata e vidi che si allontanava dalla palestra.
Era sempre stato un tipo strano di cosa mi stupivo, non aveva alcun interesse a parte perdere tempo e la scuola era l’ultimo dei suoi pensieri, questo lo sapevo troppo bene e se si era iscritto era solo perché sua madre lo obbligava. Che pessima persona. Beh, quello non era affatto il momento di pensare a lui, e alle sue stranezze ma dovevo concentrarmi su quello che sarebbe accaduto dopo. Ero finalmente un liceale.


II anno, 4° sezione
La mia vita da liceale si era rilevata molto diversa da come l’avevo immaginata durante l’infanzia, e col tempo avevo appreso diverse verità che mi avevano un pò deluso. Tutte le libertà che aveva creduto di ottenere erano solo illusioni, così come il fatto stesso che i liceali si divertissero un mondo.
Provavo noia, ogni giorno andare a scuola era diventato un incubo che si ripeteva senza che nulla cambiasse mai, anzi sembrava di vivere nel girone infernale degli stupidi e io vi ero immerso capo e collo senza che ne trovassi mai l’uscita.
“Ancora un panino per pranzo Aki?”, mi voltai quel poco per constatare di aver riconosciuto a chi appartenesse quella voce. Era Yoshida, un compagno di classe e amico che avevo trovato in quei due anni.
“Si” sospirai, “l’ho comprato prima alla caffetteria.”
“Beh, sempre meglio del mio orribile bento fatto solo di riso” e mi mostrò il disgustoso pasto che si era portato da casa. Non lo invidiavo affatto.
Yoshida non era affatto male come ragazzo, abbastanza bravo a scuola e grande sportivo e forse era l’unico in quella classe ma che dico... dell’intero edificio a non essere completamente ancora impazzito.
Sembrava apprezzare la mia compagnia, come io apprezzavo la sua ma non ci eravamo mai davvero frequentati oltre la scuola, a stento tornavano a casa insieme il pomeriggio. Non era una vera amicizia dopotutto, e anche quel mio sogno di trovare dei veri amici era svanito nel nulla col tempo.
Yoshida prese posto davanti al mio banchetto prendendo in prestito una sedia, si portò più vicino a me col il suo grosso corpo muscoloso dovuto a tutto lo sport che faceva. Infatti era un grande nel judo, e da quel che sapevo seguiva anche dei corsi di atletica, diversamente da me che ero negato in ogni attività extra scolastica. Aveva due spalle larghe, braccia e gambe robuste così come ogni singola parte del corpo e portava i capelli completamente rasati, manco fosse una specie di soldato pronto ad andare in guerra.
“Sembra che oggi non sia ancora accaduto eh?” domandò.
“Oh aspetta ancora 5 minuti e vedrai...”
E accadde, come ogni giorno da ormai due anni. La porta della classe si spalancò, e un corteo di ragazze starnazzanti piombò nella classe seguendo una sola persona, la sola che avevo sperato fin dal primo giorno di non trovarmi in classe ma era accaduto: Hayato Maeda il Principe.
“Maeda-san posso offrirti del succo?” domandò una delle tante piombate in classe seguendolo dalla caffetteria, “Maeda-sama le preparo il posto”, disse un altra ancora, “Ha il pranzo?” ancora un altra.
Cos’era tutto quel dannato rispetto nei suoi confronti, cos’era tutto quel girarci intorno. Non capivo proprio il loro modo di fare, così come non capivo come facesse a sopportarle ogni singolo dannato giorno.
“Signore, vi prego. Ho già comprato qualcosa da mangiare, non voglio certo disturbarvi” e sfoderò uno dei suoi famosi sorrisi, uno di quelli che fece completamente bagnare le mutandine delle tante ragazze lì presenti. E noi tutti, il resto della sua classe vedevamo quella scena ogni giorno.
“Che tipo” dissi con disprezzo.
“Il solito Principe direi, ma non siete amici di infanzia voi due?” domandò Yoshida guardando quella scena così assurda.
“Ti prego non dirlo, io non conosco quell’essere.”
“Ma tu dicesti che..“
“Qualsiasi cosa ti abbia raccontato dimenticala!” gridai, e feci per andarmene di lì. Volevo solo uscire da quella classe, e far passare tutto quel caos.
Io conoscevo Hayato? Ebbene sì. Lo conoscevo molto bene, anche troppo francamente e la cosa non mi piaceva affatto, ed era anche per quel motivo che lo odiavo a morte. Se si poteva chiamare amicizia la nostra era esagerato, più che altro eravamo vicini di casa e quindi era ovvio che ci conoscessimo da sempre ma nulla di più. Non ci frequentavamo, non ci assomigliavamo e il nostro modo di fare era del tutto diverso l’uno dal l’altro, non volevo proprio essere assecondato a quel tipo.
Tuttavia però dovevo riconoscerlo, Hayato Maeda era riuscito a farsi strada, a far sì che fosse notato un pò da tutti e non aveva neppure dovuto faticare troppo. Il fatto stesso che lo chiamassero Principe non era un caso, ma era dovuto al suo aspetto. Che sfacciata fortuna, mi dicevo. Non tutti avevano la fortuna di nascere belli, e lui era uno di quei pochi.
Avete presente quando si parla del principe azzurro? Beh era così. Capelli biondi e mossi che portava corti, lasciati cadere su orecchie e fronte sebbene negli anni li avesse anche un pò schiariti. E come ogni principe che si rispetti non potevano mancare gli occhi blu, da favola, non del colore dell’acqua piuttosto simile al mare, alle acque più profonde che si potessero mai vedere. Ovviamente però non bastano solo certe cose per essere definiti principi, questo lo sapevo bene era anche tutto il suo dannato insieme ad essere perfetto. Il viso infatti aveva un colorito di pelle talmente chiaro da sembrare porcellana, senza alcun difetto e non aveva affatto lineamenti femminili o delicati bensì quelli di un ragazzo a tutti gli effetti sebbene all’apparenza sembrasse dolce e gentile.
La sua fisicità era però quella di un qualsiasi ragazzo di 16 anni, abbastanza alto, quanto me quindi sul metro e settantacinque o forse di più, magro ma non minutissimo, anzi forse la sua corporatura era un misto tra la mia e quella di Yoshida perché da quel che ricordavo anche lui per anni aveva praticato judo, e per qualche anno anche nuoto quindi possedeva le spalle larghe. Insomma, più ve lo sto a descrivere e più mi urta, si può ben capire perché abbia tutto quel seguito di ragazze ma era assurdo che quelle stupide facessero ciò tutti i giorni, OGNI DANNATISSIMO GIORNO.
Sebbene avesse tutte quelle ragazze che gli ronzavano intorno non era interessato a nessuna di loro, ma nemmeno se ne sbarazzava. Che modo di fare era quello.
Nel corridoio le cose non andarono meglio, altre ragazze ma così anche dei ragazzi andavano spediti verso la mia sezione. La cosa sconvolgente era che Hayato non solo attirava ragazze, ma persino ragazzi che non si vergognavano affatto a fargli il filo. Che cazzo stava succedendo nel mondo, erano tutti impazziti.
“Speriamo che il Principe voglia pranzare con me oggi” disse una passandomi accanto mentre lo diceva all’amica. Che illusa, pensai, Hayato non avrebbe mai accettato nulla del genere. La sua era solo una dannata maschera, e chissà per quanto tempo sarebbe riuscito a tenerla su, quel falso.
Dopo la scuola me ne tornai a casa stremato, manco avessi partecipato ad una maratona e una volta tornato mi lasciai cadere sul letto privo di forze, ma non ebbi neppure il tempi di godermi del riposo che piombò in camera, rumorosa come sempre, mia madre.
“Aki-chan! Bentornato a casa! Ho preparato dell’ottimo sashimi, che ne dici vuoi provarlo?” La guardai male. La solita pessima abitudine di non bussare e capì subito che ero furioso. “E’ successo qualcosa a scuola?” la domanda che non avrebbe dovuto fare.
Mi alzai appena per sbatterla fuori e chiudermi dentro. Ero sempre irritato, e la mia stessa rabbia mi impediva di impegnarmi nello studio e dare il meglio, infatti in quei due anni non avevo fatto altro che collezionare pessimi voti, così come molte assenze. Il liceo si era rivelato una completa delusione.
Per ora di cena uscii fuori dal mio nascondiglio, scendendo al piano di sotto dove trovai la piccola Mei che guardava un programma alla tv e ne ballava la canzone di sottofondo, mentre la mamma era tutta intenta a mettere il cibo in tavola, e nel vedermi mi sorrise come suo solito.
Non ebbi il coraggio di guardarla in faccia per prima, così guardai altrove, “Che si mangia?”
“Sashimi tesoro, il tuo piatto preferito!”
Era inutile prendersela con lei se ero arrabbiato per tutt’altro, non ne aveva colpa e l’avrei fatta solo preoccupare così mi avvicinai alla tavola prendendo posto, mi sarei gustato quella cena. In fondo finché ero a casa potevo dimenticare ogni cosa, e godermi quella quiete.
Fu però allora che accadde, un blackout. Erano davvero rari, e stupì un pò tutti la cosa infatti Mei si spaventò e cercò immediatamente me, gettandosi addosso. “Che strano” disse la mamma.
“E’ l’impianto della casa?” domandai.
“Non credo, è nuovo non dovrebbe avere problemi ma è meglio andare a controllare, tu occupati di Mei.”
E lo feci, restai in cucina con la piccola, tenendola stretta a me ma tremava. “Che c’è hai paura del buio eh? Sei così fifona?”
“Io non ho paura!”
Ridacchiai ma non poteva vedermi, ma parve sentirmi e si strinse più forte. A quel punto però mi venne un dubbio, mi alzai tenendola in braccio e andai alla finestra per guardare fuori e capire se fosse successo solo a noi, ma con mia sorpresa notai che anche la casa accanto era al buio. Quindi era una cosa di quartiere.
“Aki” tornò la mamma “sembra che il problema non sia qui.”
“Si lo so, sembra che tutto il quartiere sia al buio.”
Mi puntò contro la torcia per vedere dove fossimo, “Che facciamo? Questa torcia ha quasi le pile scariche. Che ne dici di andare dai vicini e chiedere se ne hanno qualcuna in più?”
I vicini? “No!”
“Oh andiamo Aki, ancora con quella storia di Hayato-kun? Sono passati anni, dimentica la cosa e vai a chiedere se hanno una pila. Muoviti!”
Non l’avevo mai vista così autoritaria, e così minacciato di non ricevere la mia paghetta settimanale fui costretto ad uscire di casa, in tuta e con le ciabatte, costretto a bussare all’unica casa dove non avrei più voluto mettere piede. Quanta sfiga potevo avere.
Mi feci forza, feci un bel respiro profondo e bussai il campanello sperando che non ci fosse nessuno, o che qualche serial killer avesse ucciso tutti ma non fu così e ad aprire fu Kou - il fratellino di Hayato - anche lui munito di torcia. Mi fissò stupito “Oh ma guarda Akìo (nome femminile)”
Sforzai un sorriso, “E’ Aki. C’è qualcuno in casa o sei solo?”
“Ah giusto non sei un ragazza.” Maledetto, aveva solo otto anni ma era pestifero quanto il fratello più grande e lo faceva sempre di proposito a chiamarmi Akìo, “C’è il fratellone, aspetta te lo chiamo” e lasciò la porta per andare a chiamare proprio lui, il Principe dei miei stivali.
Hayato, chiamato dal fratellino, venne alla porta anche lui con una torcia (mi domandai quante ne avessero) e non fu affatto sorpreso di vedermi li. “Che c’è Nomura?” mi fissò seccato.
Forzai ancora una volta un sorriso per essere gentile ma ogni nervo del mio volto lottava contro la voglia di mandarlo al diavolo, e di cancellare quel finto sorriso. Aveva un modo di fare che mi irritava.
“Mi chiedevo se per caso avete delle torce in più, sai siamo rimasti senza corrente anche noi.”
Mi fissò con profonda riluttanza, quasi schifo manco avesse visto del vomito e per qualche minuto non rispose, forse non mi aveva neppure ascoltato.
“Si ne ho.”
Mi illuminai, ne aveva! “Davvero?”
“Oh si” e cominciò a guardarmi con una strana espressione divertita dipinta in volto, “ma sono tutte li, nel ripostiglio e non ho voglia di sporcarmi le mani per te, quindi o scavi tu o niente torcia.”

Mi ritrovai, molto a malincuore, in casa sua a scavare nel suo ripostiglio pieno di polvere, completamente al buio e senza alcun aiuto. Lui era semplicemente alle mie spalle che mi faceva luce, e se ne stava il silenzio a godersi la scena mentre mi spaccavo la schiena per una torcia, e chissà se davvero c’era.
Io non ci volevo andare, non volevo chiedergli aiuto, avrei preferito stare al buio piuttosto che umiliarmi in quel modo e invece ecco com’era finita, con me in ginocchio che rovistavo nelle sue schifezze.
“Trovata?” domandò, e mi parve che stesse addirittura ridacchiando.
“Sicuro che ci sia? O mi stai facendo cercare a vuoto?” Non c’era nulla, potevo anche smettere non avrei mai trovato nulla, era inutile anche provarci perché mi stava solo prendendo in giro e lo sapevo fin troppo bene. Era la persona che più odiavo in assoluto. “Lascia perdere, non c’è nulla.”
“Ti arrendi già?” mi rise in faccia.
Lo guardai con odio, se avessi potuto gli avrei spaccato la faccia con la sua stessa torcia. “Va al diavolo!” e feci per andarmene da quella dannata casa, lo sapevo che sarei andato inutilmente ma almeno la mamma avrebbe imparato a non chiedermi più una cosa del genere.
Uscii da quella porta per non metterci mai più piede, anche se lo avrei visto a scuola ancora e ancora senza potermi liberare di quella sua faccia di cazzo.
“Ehi” mi sentii chiamare, e non feci neppure in tempo a voltarmi che qualcosa - nel buio del suo cortile - volò verso di me, e feci appena in tempo ad afferrarla prima mi colpisse in testa.
Che altro si era inventato? Poi osservai meglio l’oggetto e notai che era una torcia. La guardai stupito, com’è che ne avevo una in mano, e immediatamente portai il mio sguardo verso di lui che se ne stava sull’uscio della porta senza alcuna luce, sorridendo compiaciuto. “Te l’avevo detto che dovevi cercare meglio, baka.” E chiuse la porta.
Ero veramente confuso. Che cosa era successo?

NOTE: Sì, sono leggermente fissata con le storie che seguono un pò i canoni dei manga ma è giusto un modo per passare il tempo, per ridere di scene assurde in questi giorni di forte stress pre-esami. Non voglio dire nulla di particolare, solo augurarvi di godervi questa ennesima storiella che sto seguendo anch'io col fiato sospeso per scoprire cosa ne uscirà.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
Era sempre la stessa storia quando arrivava l’ora di educazione fisica. Sebbene tutti avessero altro da seguire, o da fare, intorno al campo sportivo posto non lontano dall’edificio principale si faceva sempre una gran folla e tutto solo per vedere il Principe fare un pò di esercizio. C’era uno starnazzare continuo, e fare una qualsiasi figuraccia proprio lì era vietato o tutti l’avrebbero visto, e non c’era mio compagno che non fosse intimorito dalla cosa eccetto Yoshida.
Yoshida, diversamente da tutti, se ne stava tranquillo e salutava addirittura la folla di ragazze sebbene queste nemmeno lo stessero guardando, ma sembrava non importargli e ci scherzava.
“Piantala!” gli dissi a bassa voce per farlo smettere.
Mi fissò confuso con i suoi grossi occhi castani, “E perchè?”
“E’ già abbastanza imbarazzante per tutti, ti ci metti pure tu a fare lo scemo.”
Tuttavia non feci in tempo a parlare e dagli spogliatoi uscì lui, Hayato Maeda con il suo completo da palestra: una semplice tuta, ordinaria da scuola e improvvisamente si scatenò il boato.
Molti dei presenti si nascosero, o si spostarono con la paura che da un momento all’altro quella folla piena di ormoni impazziti piombasse su di noi.
“Ok fanciulli, vediamo di finire presto e di concludere anche questo teatrino” sopraggiunse il professore munito di tuta e fischietto, guardando tutta la scena con disgusto.
Hayato ci raggiunse, salutò il docente e questo gli rifilò un occhiataccia. Lo sapeva anche lui che il motivo di tutto quel caos era quel ragazzo, eppure non faceva nulla, non interveniva. Che razza di insegnante.
“Visto che non possiamo fare dei giri di corsa” osservò il perimetro del campo completamente occupato dalle ragazze, “faremo qualche esercizio sul posto, un pò di salto e dello stretching.” Un lamentò si sollevò tra noi, nessuno voleva fare tutta quella roba a parte coloro che già praticavano qualche sport, per esempio Yoshida ne fu molto contento, “Dividetevi in coppie.”
La faceva semplice lui. Non volevo certo fare brutte figure davanti a tutto quel pubblico, ed ero impedito in ogni attività che richiedesse il corpo, che si aspettava.
“Non voglio spezzarmi in due” borbottai ad alta voce.
“Tranquillo ti aiuto io.”
Intervenne Yoshida pieno di energia, ma mi spaventava a morte. Di solito quando si trattava di allenamenti diventava un altra persona, e non volevo assolutamente farci coppia così feci finta di non aver ascoltato e mi rivolsi verso Wasashi. “Ehi con chi fai coppia?”
Il ragazzo – altro mio compagno di classe – mi fissò imbarazzato a morte e due sciocche rosse apparvero sulle sue guance. Che avevo detto di strano. “Ehm i-io..”
“Nomura!” gridò il professore, “Smettila di perdere tempo e fa coppia con Maeda, visto che amate tanto starvene a parlare tra di voi.”
“Cosa?!”
Perché. Cos’era una settimana nera? Prima il blackout, poi l'andare a chiedergli una torcia e adesso questo, ma stavolta c’era mezza scuola a guardarci e avrei fatto di tutto per evitare la cosa. Feci dunque finta di non aver sentito nulla, ma proprio mentre me la filavo apparve il Principe davanti a me. Lo fissai perplesso, e lui mi sorrise in faccia. “Hello!” mi salutò con una vocina antipatica.
“Non voglio fare coppia con te.”
Hayato salutò qualcuno lontano da noi, non vidi chi. “Tranquillo nemmeno io ne ho voglia, cerchiamo di farla durare poco e nessuno avrà problemi.”
Mi sembrò tanto una minaccia quella, o forse era semplicemente una mia impressione. Cercai però di non darci peso, accettai a malincuore quell’accoppiata e iniziammo a seguire le indicazioni del professore.
Fui costretto a sedere a terra, gambe spalancate e Hayato mi stava dietro, spingendomi sulla schiena affinchè potessi simulare una sorta di spaccata. “Fa piano mi fai male!” lo sgridai.
“Cazzo che sei fatto di burro.”
“Ah si? Fallo tu dai, vediamo quanto sei elastico.”
Ci fissammo con disprezzo, nessuno dei due amava stare in compagnia dell’altro e si finiva sempre così: a litigare, solo perché il suo modo di fare era antipatico, per nulla gentile come quelle oche credevano.
“Che invidia! Vorrei essere al posto di quel ragazzo” sentii dire da lontano, tra la folla da qualcuno, “Già, come osa farsi toccare dal nostro Principe!” disse un altra.
“Piantatela!” urlai contro quel maledetto gruppetto. Non ne potevo più, ogni volta la stessa storia. Principe di qua, Principe di là, ma non provavano vergogna? Le ragazze mi fissarono perplesse, senza dire una parola, forse ero riuscito a zittirle e mi sentii meglio.
“Ma che problemi ha?”, “Chissà, è solo geloso del Principe!”, “Che pazzo..”
Era inutile, perché ci perdevo del tempo dietro. “Oi alzati, tocca a me” e mi ero completamente dimenticato di avere Hayato accanto. Mi ordinò di alzarmi, e prese il mio posto praticando una spaccata perfetta senza alcuno aiuto e le ragazze impazzirono. Beh era ovvio che si riuscisse, aveva fatto judo per anni.
Hayato mi fissò con un ghigno sul volto, Pallone gonfiato pensai dentro di me.

Quella estenuante tortura terminò presto, e il suono della campanella non mi era mai sembrata così dolce. Dopo tutto quello stretching mi sentivo a pezzi, e così anche altri. Il Principe invece stava una favola, e si godeva le fanciulle e le loro attenzioni: bottiglie d’acqua, salvietta per il sudore etc.. era spaventoso. Ignorai quella pessima scena e mi rifugiai nello spogliatoio seguendo Yoshida che, tutto sudato, era felice di aver fatto così tanto esercizio. “Ci voleva un pò di esercizio come si deve.”
Lo guardai male, “Sono contento che almeno uno dei due sia felice” dissi mentre prendevo l’asciugamano per doccia. Che mi aspettavo, quel Yoshida non sembrava mai infelice o arrabbiato per qualcosa, cos’è aveva un vita così perfetta?
“Ti sei trovato così male con Maeda?”
“Non è questo, sta diventando uno stress venire a scuola con tutto sto caos in giro.”
Yoshida la prese a ridere ma ero serio, ma non parve accorgersene ed entrò nella doccia dopo aver preso le sue cose. Cos’è, perché venivo preso poco sul serio? Eppure non mi ero mai neppure distinto per particolari doti ironiche, perché quel tipo non mi credeva.
Di punto in bianco nello spogliatoio entrò anche Hayato, seguito da alcuni nostri compagni che scherzavano con lui. Non era la prima volta che quelle pecore che gli andavano dietro a leccargli i piedi, e lo facevano solamente perché volevano anche loro quel corteo di fighe.
“Quindi è vero che hai fatto judo per dieci anni!” esclamò uno di loro, come se non lo sapessero.
Hayato tuttavia sembrava ignorare le loro domande, rispondeva con un secco sì un pò a tutto senza prestarvi particolare attenzione. Nei confronti dei ragazzi non mostrava particolare gentilezza, anzi sembrava essere se stesso con loro e stranamente la cosa non mi irritò, perché non lo faceva con tutti?

Sollevando un pò la testa e tornando al mio armadietto mi ritrovai davanti lo specchio, e di conseguenza la mia faccia. Sembravo essere così giù, dov’era finito l’entusiasmo del primo giorno o che ne avevo fatto delle mie aspettative. Ormai tutto si susseguiva senza che me ne accorgessi, e non c’era persona lì che suscitasse il mio interesse. Che noia, mi dissi e mi si leggeva in faccia.
Guardai ancora una volta la mia faccia, pelle bianca ma leggermente arrossata per il sudore e la fatica, i capelli castani spiaccicati sulla fronte e gli occhi stanchi, di chi non dormiva bene la notte ma si poteva benissimamente intravedere il loro colorito strano: un giallino nel verde. Ero davvero tenebroso a vedermi così, forse era il momento di accorciare un pò i capelli anche se non mi coprivano ancora gli occhi, né mi davano particolare fastidio se non quando facevo ginnastica.

Quel pomeriggio, finite tutte le lezioni decisi bene di restare ancora un pò a scuola e di rifugiarmi nella piccola biblioteca all’ultimo piano, un posto dove manco l’addetto alle pulizie andava perché non se la sentiva di fare tutte quelle scale. Ero il solo masochista lì, ma era un posto tranquillo dove perdere un pò di tempo e non andavo certo per leggere libri, ma semplicemente per rilassarmi e magari schiacciare un pisolino, lontano da tutto quel caos.
Una volta lì mi crogiolai nel silenzio di quel luogo, e del fatto che non ci fosse anima viva in giro. Che posto perfetto per avere un pò di pace, oh se la scuola fosse stata fin dall’inizio così perfetta, sicuramente avrei avuto più piacere di andarci ma le cose erano andate diversamente.
Che nessuno li amasse leggere era chiaro come l’acqua, non c’era neppure un addetta per l'affitto dei libro o qualcuno che controllasse il tutto affinché non fosse rubato nulla. Che scuola, pensai. Eppure che mi aspettavo... nessuno faceva nulla per quel corteo di oche, perché avrebbero dovuto prendersi cura di un luogo del genere dopotutto.
Un tonfo. Provenì dagli scaffali di quella stanza, e pensai addirittura di essermelo immaginato visto che di solito li non c’era mai nessuno, e con il cuore in gola mi addentrai cercando la sua provenienza e affacciandomi nei vari corridoi ciò che vidi mi lasciò perplesso, c’era Hayato intento a raccogliere un libro da terra (probabilmente cadutogli) e nel farlo lo guardò attentamente, lo aprì e parve leggerne qualche rigo.
Che diamine ci faceva lì? Ma senza rendermene conto mi ero fatto notare, e quest’ultimo sussultò nel vedermi. “Nomura! Che diamine fai qui?”
“Potrei farti la stessa domanda, Maeda...” Il Principe mise subito via il libro, riponendolo sul suo scaffale e camminò verso di me, mi superò con tutta l’intenzione di andare via da lì. “Che c’è, temi che in giro si sappia che sai leggere?”
Hayato si fermò dandomi le spalle, “Non provocarmi” asserì con tono basso. Il Principe si voltò verso di me, uno sguardo glaciale di chi si sentiva infastidito, eppure fino a poco prima era sembrato così mansueto nello sfogliare quel libro, quasi incantato da qualcosa.
Cercai di mantenere la calma, non mi spaventava affatto. “Ah! Il principe e le sue minacce. Lo dovrebbero sapere le tue fan girls che hai un pessimo carattere, ci resterebbero molto male.”
“Sai quanto me ne frega di loro.”
Mi stupì quella risposta, eppure non ebbi il tempo di chiedere altro che se ne andò via. In quella risposta non era sembrato aggressivo piuttosto annoiato, apatico come se la cosa non gli importasse e non che gli desse fastidio. Improvvisamente sentii che qualcuno, forse, si sentiva esattamente come me. Annoiato.



“Mamma devo pulire altro?” le domandai con lo straccio e il secchio ancora in mano. Ah sì, in casa nel tempo libero e sopratutto la domenica mi trasformavo in cenerentola.
“Puoi anche smettere, non c’è altro da fare.” La mamma si guardò intorno felice che tutto fosse perfettamente in ordine, manco avesse vinto alla lotteria.
La lasciai stare, persa nella sua gioia e posai guanti e secchio nel ripostiglio. Finalmente potevo godermi un pò di domenica, e l’avrei trascorsa a guardare la tv o a leggere qualche manga, tanto che altro avevo da fare? Ero solo un ragazzo di sedici anni che passava così i suoi piatti pomeriggi.
Come sono triste, mi dissi da solo mentre me ne stavo in camera a giocare ai video giochi. Poi però un impeto di rabbia con me stesso mi fece lanciare tutto per aria. Possibile che dovesse andare così, possibile che nulla potesse cambiare?
Afferrai il cellulare, scorrendo la rubrica cercai il numero di Yoshida. Il perché lo stessi facendo era ignoto anche a me, ma ne avevo voglia, volevo fare qualcosa di diverso e forse lui aveva qualche idea. Decisi dunque di chiamarlo, sebbene non l’avessi mai frequentato al di fuori della scuola.
Bussava, e attesi una risposta. – Pronto?
“Ah.. Yoshida! Sono io Aki”
- Aki? Ma allora ce l’hai il mio numero!
Era imbarazzante che in due anni non lo avessi mai chiamato, me ne vergognai un pò. “S-si, senti un pò... che ne dici se facciamo qualcosa di diverso oggi pomeriggio?” Era incredibile che lo stessi davvero chiedendo questo a lui, al suo posto mi sarei mandato al diavolo.
- Davvero? Vuoi davvero che usciamo insieme? –
Sembrava più stupito di me della cosa. “Sì, beh prima o poi dovevamo farlo no?” ridacchiai nervosamente non sapendo che dire o come comportarmi, “Allora che facciamo?”
- Beh... io avevo intenzione di uscire con un gruppo di amici oggi pomeriggio, sono tutti ragazzi del judo e sono simpatici, perché non ti unisci a noi?
E tanti saluti alla mia idea. Non avevo intenzione di uscire con un gruppo di sconosciuti, persino Yoshida era un estraneo per me ma un estraneo quanto meno vicino. Non era proprio nella mia natura legare con persone che non mi interessavano, e se erano tutti come lui beh, non avrei avuto molto di cui parlare.
- Aki?
“Ecco...”
Ci fu silenzio. – Lo sapevo, ci hai ripensato.
Sembrò dispiaciuto. Ah che guaio..., “Va bene vengo!”
- Davvero?! Evviva, allora per le cinque da me non fare tardi. E riattaccò.
Avevo sul serio accettato una cosa del genere.. io. In cuor mio me ne stavo pentendo amaramente, ma era troppo tardi poi un problema ancora più grave mi piombò addosso. DOVE CAVOLO VIVEVA?!

Fui costretto a richiamarlo e a chiedere con molto vergogna il suo indirizzo, ma parve non prendersela affatto anzi era davvero contento che andassi, che lo avesse sempre voluto?
Fino all’ultimo momento l’idea di dare buca bussò alla mia porta ma cercai di resistere alla tentazione, mi preparai, indossai qualcosa di molto casual e dissi alla mamma di non aspettarmi per cena immaginando che ci fosse addirittura l’eventualità di mangiare fuori e sperai di no.
Seguendo le indicazioni di Yoshida mi resi conto che non viveva affatto lontano da me, com’è che lo scoprivo solo adesso che abitavamo praticamente nella stessa zona? Ero il peggiore.
Domandai più volte a dei passanti se quella fosse la via giusta e mi dissero di si, e finalmente dopo un quarto d’ora di passeggiata arrivai da lui con l’ansia che mi cresceva in corpo. Che cosa dovevo fare.
Non dovetti però bussare a casa sua perché trovai Yoshida fuori ad aspettarmi, nel vedermi mi venne incontro pieno di entusiasmo e mi sentii a disagio. “Pensavo non venissi più!” disse.
“Ma che dici ha-ha-ha” l'idea era stata quella fin dall’inizio, ma avevo resistito, “E i tuoi amici?”
“Ci aspettano in una piccola caffetteria qui vicino, vedrai, ti saranno molto simpatici”, sfoderò ancora quel suo sorrisone. Ne dubitavo altamente che mi sarebbero piaciuti e ricambiai con un sorrisetto e lo seguii fino alla famosa caffetteria con l’ansia che continuava a crescere dentro di me. Improvvisamente mi ero pentito di quella scelta e della pazza idea di fare qualcosa quel pomeriggio.
La caffetteria in questione era piccina, sempre in zona, costruita con ampie vetrate che mostravano l’interno pieno di tavolini e lo stile era moderno. Lo trovai davvero un posto carino e non l’avevo mai visto prima, aveva aperto da poco o ero così orso da non uscire di casa da un pò?
“Ti avverto, potrebbero farti un pò di domande ma non sono cattivi.”
Domande? Inarcai un sopracciglio e lo fissai ma fece finta di nulla e spalancò la porta della caffetteria gridando a squarciagola: “Guyssssss!!” Attirando un pò l’attenzione di tutti, che vergogna. Ero talmente imbarazzato che cercai di nascondere il volto con le mani e di svignarmela, però Yoshida mi afferrò per un braccio e mi indicò “Ho portato un mio compagno di classe, si chiama Aki!” continuò a gridare.
Il disgusto mi si leggeva in faccia, era evidente e nonostante ciò in lontananza c’era un tavolino occupato da tre persone che avevano ascoltato tutto e guardavano verso di noi sventolando le mani in aria. Erano chiaramente i suoi amici, pensai. Perchè l’avevo fatto.
Fui trascinato con la forza fino a quel tavolo, che forza assurda possedeva Yoshida per farlo ma ormai era troppo tardi per scappare e dovetti far finta di essere a mio agio.
Le tre persone presenti erano in realtà due ragazzi e una ragazza molto bella, che mi colpì subito per il suo portamento elegante e quasi maturo, mi puntò addosso i suoi occhi felici neri e ne rimasi affascinato. Possedeva delle piccole labbra a cuoricino, zigomi definiti e folti capelli ricci rossastri che le cadevano disordinati da una coda fatta al momento. Era davvero bella.
“E’ un pò timido quindi non bombardatelo di domande” raccomandò Yoshida, e la ragazza si trasformò completamente appena si fu messa in piedi.
Mi afferrò le mani, me le strinse entrambe e fece gesto di saluto sorridendomi come un ebete. Ecco mi ero sbagliato, era un idiota anche lei. “Piacere mio, sono Saori” sorrise ancora.
“Aki, questi due invece sono Hiroto e Kuro” e nel sentirsi chiamare i due ragazzi fecero un cenno di capo, ma senza troppo fronzoli come invece stava facendo la ragazza di nome Saori.
Hiroto sembrava molto timido, e mi spaventò moltissimo. Era enorme, spalle larghe, massa muscolare sviluppata come quella di Yoshida per la palestra e uno sguardo freddo e tenebroso, forse era anche dovuto al fatto che li avessi neri e piccoli e buona parte del viso gli era coperto dai lunghi capelli neri che gli cadevano lungo la testa e in parte sul viso. Sembrava un becchino.
Kuro invece sembrava più normale, più attento al suo cellulare che a presentarsi. Aveva un viso tondo, rosato, una faccia piacevole da vedere sebbene portasse non so per quale ragione due cerchi ai lobi proprio come una donna e i capelli tinti di arancione, anche lui rasati. E agli occhi sembrava portare delle lenti a contatto perché erano di colore viola. Che cazzo di tipi erano.
“Bene, allora ragazzi avete già ordinato?” domandò Yoshida prendendo posto di fronte a Saori.
Dovevo farlo anch’io, sedermi e sopportare finché quell’agonia non fosse finita. “Si, ho preso per te il solito ma non sapevo che avresti portato un amico. Aki che cosa prendi?”
“Eh? Ecco... non lo so.” Hiroto con fare agghiacciante fece scivolare fino a me il menù, viscido come un serpente e sussultai per il gesto. Mi stava fissando, ma senza dire una parola. “G-grazie...” sorrisi.
“Scegli quello che ti piace anche se io ti consigli un bel gelato doppio!” mi consigliò la ragazza. Cercava di essere cordiale ma il suo modo di fare mi metteva ancora più in difficoltà.
Finalmente Kuro lasciò cadere sul tavolo il cellulare “Che mi sono perso?” domandò e notò la nostra presenza guardandoci un pò perplessi, “Chi è questo?” aggrottò la fronte confuso.
Yoshida rise “E’ un mio amico. Sei sempre il solito Kuro, sempre sui social.”
“Ehi, è ovvio fare il modello richiede tanta fatica e occuparsi anche della parte social è importante.” Modello. Quel tipo così stravagante e colorito faceva sul serio il modello, ma per quale rivista? Di tutto pensai, ma l’unica cosa che mi venne da immaginare è che posasse per i costumi di carnevale. Cercai di trattenere una risata, dovevo farlo assolutamente. “Come hai detto che si chiama?” chiese ancora.
“Mi chiamo Aki.”
“Aki eh, non è un nome da femmina?”
... silenzio. Ancora una volta qualcuno aveva notato la cosa, e chissà perché faceva sempre ridere; infatti Saori non riuscì a trattenersi e cercò di soffocare una risata mentre Yoshida non lo fece e lo fulminai con lo sguardo. “Perdonami non volevo essere poco delicato” ridacchiò quel Kuro.
“Ha-ha figurati.”
Sopporta Aki, mi ripetevo, non li vedrai mai più è solo per qualche ora ancora.
“Sei Aki Nomura?” una voce sinistra e stridula ci raggiunse, e mi voltai verso Hiroto, che in maniera molto spaventosa mi avevo posto una domanda ancora più spaventosa. Come sapeva il mio nome. Immaginai che fosse davvero un qualche mostro travestito da ragazzo.
“S-si perché?”
Saori parve stupirsi della cosa, “Aspetta ma anch’io so chi sei, non ti ricordi di me?”
Yoshida e io ci stupimmo della cosa e ci guardammo perplessi, “Scusami, davvero, ma io non vi ho mai incontrati prima di adesso.”
“Ma sì invece, da bambini. Venivi sempre al dojo per guardarci, ah ed eri sempre con quel tuo amichetto aspetta come si chiamava... mmmh” ci pensò un pò.
“Hayato Maeda” intervenne in suo aiuto Hiroto come un soffio di vento freddo.
“Bingo! Maeda, quel bambino che sembrava uno straniero e poi scoprimmo che aveva il padre americano o una cosa del genere. Eh ti ricordi? Venivi a vedere i suoi allenamenti, all’epoca avrai avuto tipo sette o otto anni. Ahh che tempi, eri un amore anche allora.”
Io non mi ricordavo affatto di lei e il fatto stesso che avesse tirato in ballo Hayato mi creava uno strano fastidio dentro, le avrei voluto rispondere male ma non lo feci solo perché lì accanto a me c’era Yoshida.
“Non sembra ricordarsi di te però” osservò Kuro divertito.
“Beh sono cambiata molto, è ovvio e nemmeno io l’avevo riconosciuto. Come hai fatto Hiro?” e si rivolse all’amico in fondo al tavolo. L’ombroso ragazzo la fissò senza rispondere, “Sei stupefacente, che memoria!” e la ragazza si rivolse di nuovo a noi, “E quindi? Come sta Maeda? Non lo vedo dai tempi del judo, spero che abbia continuato, era davvero molto bravo.”
“Ma come, avevi detto di non conoscerlo” mi fissò sbigottito Yoshida.
L’unica circostanza che avrei voluto evitare in quel momento, “Ecco io..” non sapevo che farfugliare.
Saori si allungò fino a me urlando “Idea!”, mi fece davvero paura, improvvisamente me la trovai ad un palmo dalla faccia con uno strano fuoco negli occhi. “Sai al vecchio dojo stiamo organizzando una giornata di beneficenza e vorrei che i vecchi allievi venissero per dare spettacolo di ciò che hanno imparato. Ci saremo tutti, io, Yoshi, e loro due, che ne dici di dirlo anche a Maeda?”
“Prego?”
“Si, sarebbe una buona idea” commentò l’inquietante Hiroto verso l’amica.
Saori si sentì talmente fiera di quella idea che arrossì contenta della cosa. Continuarono a parlare tra loro di quanto brillante fosse quella proposta fregandosene altamente della mia risposta. “V-vedi io non parl-“
“Allora domenica prossima alle 3.00 al dojo, mi raccomando.” Vidi Saori alzarsi di colpo, raccogliere le sue cose in tutta fretta e scappare via di lì dicendo di avere un impegno e con lei andò via anche Hiroto.
Che cosa era successo? Ne rimasi talmente sconvolto da non riuscire a fare un riepilogo di tutte le cose che avevano detto, e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che mi avevano chiesto di invitare Hayato per un qualche evento di beneficenza. Cazzo!
“Tutto bene Aki?” domandò Yoshida vedendomi in silenzio.
“No che non va bene!” sbottai, “Quella tua amica mi ha appena chiesto di invitare Maeda e non posso farlo ti rendi conto?”
In tutto questo ci eravamo completamente dimenticati che uno di loro era ancora lì, infatti Kuro aveva osservato tutta la scena in silenzio ma con aria molto divertita. Lo fulminai con un occhiataccia sperando che andasse via anche lui, e parve fare così lasciando i soldi sul tavolo.
“Non so proprio di cosa abbiate parlato negli ultimi minuti” cominciò a dire, “ma sembra divertente, mi raccomando portarci questo famoso amico” e ci congedò con un occhiolino.
Ero rimasto di sasso anche per il suo commento. Improvvisamente la mia voglia di tornare a casa era aumentata ancora e Yoshida parve accorgersene e acconsentì alla mia richiesta senza farmi altre domande, per fortuna almeno lui mi capiva un pò.
Sebbene quella Saori mi avesse chiesto una cosa del genere, se lo poteva scordare che andassi a dirgli di quella giornata di beneficenza. Per me le persone conosciute quel giorno erano già state cancellate dalla mia mente, la mia vita sarebbe tornata come prima e di conseguenza tutto alla normalità.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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CAPITOLO 3

Avevo cantato vittoria troppo in fretta però. I giorni seguenti, al maledetto incontro con gli amici di Yoshida, furono l’inferno e il motivo era solo uno: Saori.
Non so come, non so quando ma quella tizia era riuscita ad ottenere il mio numero di cellulare, e molto probabilmente proprio dallo stesso Yoshida che non ne poteva più di essere tartassato dalle sue domande così aveva mollato tutto quanto il problema a me.
Quei quattro giorni era stati un susseguirsi di messaggi con su scritto: ‘Allora? Hai chiesto? Che ti ha detto? Novità?’ e quando decisi di smettere di risponderle iniziarono le telefonate a raffica con le stesse identiche domande. Non importava quale fosse il momento o se fossi impegnato, Saori telefonava lo stesso come se da quella richiesta verso Maeda dipendesse chissà cosa.

La mattina del quinto giorno Yoshida mi trovò disteso sul mio banco, completamente stremato da quel continuum di telefonate nostop. Mi accorsi subito che si trattava di lui, ne riconobbi le scarpe e la borsa che poggiò ai piedi del suo banco accanto al mio.
“Ti sta ancora chiamando eh? Mi dispiace.” Sollevai la testa per guardarlo, e gli mostrai la faccia cadaverica che avevo quel giorno. “Oddio Aki!” si spaventò.
“Già. Devo ringraziare la tua amica” e lasciai cadere nuovamente la testa sulla superficie del banco.
“Non capisco. Perché è così insistente? Che cosa le importa se Maeda viene o meno.”
“Chiedilo a lei...” borbottai con la faccia schiacciata sul legno. Mi ero posto anche io la stessa domanda più volte, e tutto quello che dovevo fare era solo aspettare che arrivasse quella dannata domenica cosicché quell’evento passasse, e tutta quella storia si sarebbe finalmente dissolta nel nulla. Improvvisamente però sentii nuovamente vibrare il cellulare nella tasca, con molta riluttanza lo tirai fuori sapendo già di chi si trattava. Per fortuna quella mattina erano arrivati solo messaggi.
Yoshida si affacciò per leggerne il contenuto insieme a me, ed entrambi ci avvicinammo allo schermo.
- Ti chiamo più tardi durante l’intervallo. Metticela tutta Aki-kun ;) –
“Sei sicuro di non voler proprio chiedere a Maeda di andare?”
Ecco che ricominciava con quella storia. Misi via il cellulare ignorando il messaggio, potevo sopportarli ancora, tanto non mancava molto a Domenica. “Perché dovrei? Se vuole invitarlo può anche venire lei.”
“Beh da come ho capito vi conoscete molto bene voi due, forse se glielo chiedi tu verrà.”
“Ti ho già detto che non ci conosciamo!”
Fu in quel momento che entrò in classe il principe, arrivato di buon mattino e con un aria così radiosa da illuminare quella orribile giornata grigia. E naturalmente dietro di lui non poteva mancare il corteo di almeno cinque ragazze dietro; a tale visione sospirai sentendomi improvvisamente stanco.
L’idea di Yoshida in fondo non era così male, chiedergli di andare ad un evento del genere non avrebbe significato nulla e non l’avrebbe certo fatto per me, ma andare da lui e chiederglielo significa anche solo rivolgergli la parola e trovarmi davanti quella faccia di poker. Non lo farò mai!

Che quella giornata fosse completamente grigia lo dimostrava anche il tempo stesso, infatti cominciò presto a piovere e nessuno di noi si aspettava che potesse peggiorare in quel modo.
Le lezioni finirono presto, ma non potevo neppure andare a casa, il tempo non lo permetteva proprio così lasciato Yoshida alle sue attività extra scolastiche mi rifugiai all’ultimo piano, nella famosa biblioteca abbandonata, per perdere un pò di tempo. Aspettando almeno che smettesse di piovere. Però, non feci neppure in tempo a mettere piede dentro che come l’altra volta vi trovai Hayato, stavolta seduto al tavolo tutto concentrato a leggere un libro. Non di nuovo, mi ripetevo.
Quando quest’ultimo si rese conto della mia presenza non ne parve così sorpreso come la volta scorsa e continuò a leggere dopo avermi dato una breve occhiata di sfuggita. Forse era la cosa migliorare da fare, comportarmi come faceva lui e ignorare che fosse lì.
Di solito non avevo chissà cosa da fare in quel luogo, non amavo leggere e perdevo solo tempo col cellulare, così mi misi a sedere vicino al tavolo adiacente, giocando a un giochino a caso appena scaricato.
“Fammi capire vieni in una biblioteca e non leggi nulla?”
Mi stupì molto sentire la sua voce alle mie spalle o che comunque mi avesse posto una domanda, e imbarazzato per la cosa, non so neppure perchè, nascosi il telefono. “Lo sai che odio leggere.”
“Si, ricordo.”
Che mi avesse posto quella domanda era davvero stupido, nessuno meglio di lui sapeva cosa mi piacesse e forse non dovevo neppure stupirmi troppo se lo trovavo spesso in quel luogo, fin da piccolo aveva sempre amato molto leggere qualsiasi cosa gli capitasse a tiro ma non lo avevo mai visto con un libro in mano. Avevo sempre pensato che fosse uno sportivo, tutto coinvolto nell’allenare il corpo e non la mente.
“Che leggi?”
Perché avevo fatto una domanda. Non avevo nulla di cui parlare con lui, né volevo sentire la sua voce. Eppure come conseguenza della sua domanda mi era venuto spontaneo farne una a mia volta, ma mi aspettai che non rispondesse.
“Non lo so di preciso ma è abbastanza carino.”
Che risposta era quella? “Non sai il titolo del libro che stai leggendo?”
“Sapere i titolo delle cose non serve a nulla.”
Cos’è era diventato filosofico tutto di botto? Mi irritò molto quel suo fare saccente così proseguii con la mia politica di far finta che non fosse li con me, e tornai a fissare le finestre dinanzi a me. Le enormi vetrate che venivano battute da acqua a vento. Quand’è che sarei potuto andare a casa? Sospirai, e senza rendermene conto lo feci rumorosamente. In quel preciso momento vibrò di nuovo il cellulare, per la centesima volta quella giornata, ed era di nuovo Saori.
- Novità? – Non avevo mai provato tanta voglia di voler picchiare una persona come in quel momento. Non mi conosceva affatto, eppure mi stava dando il tormento per quella storia.
Ci pensai un pò, feci due conti e che mi cambiava chiedere una cosa del genere? In fondo Hayato era lì, e un no avrebbe significato dire a Saori di perderci le speranze una volta per tutte.
“Ehm senti” iniziai a dire, ma non ne ero completamente sicuro. Non ebbi nemmeno il coraggio di voltarmi a guardarlo, ma sapevo che era ancora lì alle mie spalle. Sentivo il suo respiro.
“Che vuoi?”
Già il tono che aveva usato mi fece pentire di aver iniziato quella conversazione, era come al solito freddo.”Vedi l’altro giorno ho incontrato un amica di Yoshida”.
“E chi diamine è Yoshida?”
Mi voltai allora a guardalo trovandolo girato verso di me, lo fissai basito per quella risposta idiota “Seriamente? E’ un nostro compagno di classe...”
Ne parve come stupito “Ah.. e quindi che c’entra con me?”
Respira Aki, fai respiri profondi, e io che volevo anche provarci, che risposta speravo di ottenere se non un sonoro no, ma continuai a parlare. “Vedi questa amica di Yoshida e stranamente si ricorda di noi, cioè di te... e solo perché frequentava anche lei il dojo a quei tempi.”
“Dannazione le hai parlato di me?”
“No!” ribattei immediatamente, come gli spiegavo che era stato il suo amico inquietante a ricordarsi di me e lui, e di quanto facesse paura quel tipo, “Ha una buona memoria purtroppo... ma non è questo il punto! Vedi questa domenica ci sarà un evento di beneficenza o qualcosa del genere, e quella tipa voleva che ti chiedessi di andare perché eri uno dei migliori.”
Era incredibile che l’avessi detto davvero e la reazione di Hayato fu tutta come me la ero immaginata, seccato della cosa e per nulla interessato.
“Mi hai detto questa cosa sperando che accetti l’invito di qualcuno che non conosco affatto? Che fossi uno stupido me ne ero già accorto da tempo ma non fino a questo punto” chiuse il libro che aveva sul tavolo e si alzò, incredibile che fossi riuscito a metterlo in fuga con una sola richiesta.
“Non è colpa mia! E’ quella tizia che mi sta mettendo ansia affinché te lo chieda” ma perché mi stavo giustificando, che cosa me ne fregava.
“Dille di no e basta idiota” e fece per andarsene via.
“Si, certo come se bastasse a fermare quella Saori...” borbottai tra me ad alta voce temendo che non bastasse affatto dirle che aveva rifiutato.
Tuttavia il mio borbottare a voce alta aveva attirato la sua attenzione, lo aveva misteriosamente fermato e mi fissava come colpito da qualcosa. Lo fissai incuriosito, che cosa era successo?
Cercai di capire cosa avesse sentito di tanto interessante ma non ne ebbi il tempo, se ne andò via senza aggiungere una sola parola.

Quella sera stessa dissi a Saori di non assillarmi più e che Maeda aveva risposto di no al suo invito, sperai che facendo così quel tormento avesse fine e così fu. Saori rispose con un secco ‘Ah mi dispiace...’, il suo entusiasmo, l’allegria con cui mi aveva sempre mandato quei messaggi si erano spenta di colpo. Un pò ne capii il motivo, forse anche a lei era sempre piaciuto Hayato e se aveva così insistito era perché voleva a tutti i costi vederlo.
Che poveretta, pensai. Beh mal per lei, io avevo chiuso con tutto e tutti, non sarei più stato assillato e non avrei più dovuto rivolgere la parola ad Hayato o chiedergli qualsiasi altra cosa.
“Lo sai che odio leggere.”
“Si, ricordo.”
Sussultai che mi fosse tornata in mente una cosa del genere, e che la sua voce fosse risuonata nella mia mente. Che ci pensassi ancora era assurdo, che cosa mi aveva colpito di quella conversazione così breve... forse il fatto stesso che avesse detto di ricordarsi una cosa che mi riguardava o magari l’aveva detto giusto per..
Hayato era sempre stato un mistero, fin da quando ero piccolo. Non era mai stato molto estroverso, né così voglioso di fare qualcosa di nuovo anzi aveva sempre preferito restare a casa anche solo per guardare un dvd, a tal pensiero mi venne da sorridere.
Un momento però! Stavo ridendo? E perché. Io odiavo Hayato, non sopportavo il suo essere principe, o che se la tirasse così tanto con buona parte del genere femminile. Il suo modo di fare era altezzoso, scortese e non mostrava mai interesse verso nulla. Per cosa sorridevo allora?
Vibrò nuovamente il cellulare. “E che cavolo!”
Era arrivato l’ennesimo messaggio, lo sapevo che non sarebbe finita lì, me lo aspettavo.
- Grazie di averci provato Aki-kun, spero di vedere almeno te domenica. A presto! -
Ne rimasi davvero sorpreso. Ricevere un grazie per una cosa del genere era un pò assurdo, o che quel messaggio fosse arrivato con tipo venti minuti di ritardo rispetto al primo. Non sapevo proprio come interpretare la cosa, eppure uno strano calore attraversò la mano dove tenevo il telefono fino al petto. Eh no, non stavo ancora avendo un infarto! Piuttosto quel grazie mi era parso sincero.


Ricordavo ancora perfettamente dove fosse la palestra che un tempo frequentava Hayato, e come dimenticarla visto che vi avevo trascorso buona parte delle mie giornate.
Mi ero ancora una volta fatto convincere a fare qualcosa che normalmente non avrei mai fatto, eppure, il messaggio di Saori aveva smosso qualcosa e un pò mi ero sentito in colpa. Nessuno in quegli ultimi anni mi aveva mai invitato a fare qualcosa, rifiutare sembrava addirittura maleducato e perdere qualche ora del mio tempo non mi avrebbe portato via nulla, così avevo deciso di andarci. La cosa tuttavia divertente è che non avevo mai praticato judo in vita mia e stavo andando ad un evento che riguardava proprio quello sport dove non si sarebbe parlato di altro. Che cosa avrei fatto esattamente? Pur pensandoci era troppo tardi per tornare indietro, la mia decisione l’avevo presa quindi dovevo caricare di forza e sfoggiare i miei sorrisi migliori per sembrare cordiale.
Pur avendo dei dubbi sulla strada trovai facilmente il posto vedendo una bella folla accanto ad un edificio che riconobbi essere la palestra. Non era invecchiata di un giorno, forse un pò di giallo qua e là ma nulla di diverso. Il complesso era sempre stato piccolo, non si era mai ingrandito neppure nei suoi giorni migliori. Un casone di cemento di forma rettangolare, un bel giardino fuori dove vi era una caffetteria per atleti e passanti che magari avevano voglia di fermarsi a guardare, e a suo tempo ero stato uno di quelli.
Provai una strada gioia di vedere di nuovo un posto del genere, quegli alberi e le pigne cadute sul prato. Ne raccolsi una pensando a quanti anni fossero passati dall’ultima volta che ero stato lì. Mi guardai un pò in giro, e c’era gente che si divertiva: bambini con i loro judogi appuntati e le cinture dai colori più vari, i genitori fieri di loro intenti a fotografarli e non mancavano anche allievi più grandi; nel vedervi mi venne un tuffo al cuore, Hayato se avesse continuato sarebbe stato come loro e molto probabilmente avrebbe ottenuto già la cintura nera. A pensarci non ricordavo neppure perché avesse lasciato.
“Aki-kun!” Una voce acuta pronunciò il mio nome a chiare lettere in mezzo a tutto quel casino. Mi voltai a guardare da dove provenisse e da lontano vidi Saori. Che bellezza, uao. Si avvicinò rapidamente riprendendo fiato vestita con un bel vestitino a fiorellini che le cadevo largo su fianchi e gambe, fino al ginocchio, dove credeva di essere, alla fioritura dei ciliegi? “Credevo non venissi più!”
“Ho fatto un pò tardi in verità. Ma gli altri non ci sono ancora?”
Saori sfoderò un ampio sorriso “Certo che si sono! Sono già tutti dentro per le dimostrazioni, sono arrivati tutti prima per cambiarsi.”
Fin da quando avevo conosciuto Saori avevo immaginato che fosse anche lei un allieva del dojo, ma a quanto pare mi ero sbagliato. “Tu non ti cambi?”
La ragazza mi osservò per la domanda, “Tu non ti ricordi affatto di me vero?” Scossi la testa imbarazzato della cosa, “Mio padre è uno dei maestri di questo dojo, e da piccola ero sempre qui dopo la scuola. Questa è praticamente la mia casa” ne parlò con una certa passione, gli occhi lucidi guardandosi in giro.
“Mi dispiace di non ricordare quasi nulla.”
Mi sentivo uno stupido, tanto tempo passato lì e non ricordavo neppure le persone di quei giorni. Nella mia mente si era resettato tutto, ogni cosa avesse preceduto il liceo si era cancellata.
Saori mi sorrise e mi punzecchiò con la mano “Tranquillo. Anche a quei tempi eri molto distratto, non mi stupisce affatto che tu abbia rimosso completamente chi sono.”
Forse avevo giudicato male quella ragazza, non era così stupida come avevo pensato all’inizio. Era solare, carina e molto gentile, eppure nessuna di quelle caratteristiche mi facevano ricordare di lei.
Saori di punto in bianco mi afferrò per il braccio e mi trascinò con se verso l’ingresso della palestra, dove vi era una folla di persone che attendevano di entrare, tuttavia essendo quasi la proprietaria di quel posto prese un altra strada, sul retro dove vi era una porta secondaria che fungeva da uscita di emergenza.
Mi lasciò andare appena fummo dentro. “Ti ho evitato una bella fila eh?” ridacchiò.
“Già. Ma da qui dove si sbuca?” ero molto smarrito, non ero mai passato di lì. Mi avventurai un pò, anticipai Saori mentre lei era intenta a chiudere la porta dietro di noi.
Quella scorciatoia dava su un corridoio buio, circondato da lunghi tendaggi scuri in velluto che impedivano alla luce di entrare così cercai uno spiraglio per passarvi in mezzo e una volta trovato mi trovai davanti al dojo.
Mi raggiunse anche Saori “Sarebbe stato bello avere qui anche Hayato” disse e la cosa mi stupì, la guardai in cerca di una spiegazione ma lei non fece altro che sorridermi e andò a preparare le ultime cose. Che cosa era significata quella frase? E perché lo chiamava per nome. Non ebbi tempo di farmi troppi film mentali, la ragazza andò ad aiutare i vari addetti dello staff all’ingresso per permettere che tutti entrassero in maniera ordinata mentre gli allievi erano sul retro o negli spogliatoio a cambiarsi.
Ancora non avevo visto Yoshida in giro e mi chiedevo come stesse o cosa stesse facendo.
“Non dirmi nulla ma devo chiederti di sistemarti con gli altri spettatori ai lati del dojo” Saori avvicinò le mani in segno di scusa ma era ovvio che dovessi farmi da parte, sapevo già quale fosse il mio posto. Non era la prima volta che assistevo a qualcosa del genere.
Mi allontanai dal centro del campo raggiungendo le persone che lentamente stavano prendendo posto chinandosi a terra sul parquet di legno, sistemando borse e videocamere. Erano tutti così eccitati, manco fosse una sorta di gara.
Non volevo disturbare nessuno così andai dietro a tutto, lontano da tutte quelle famiglie e non mi importava se la vista mi sarebbe stata ostruita da qualche testa di troppo, qualcosa avrei comunque visto.
“Da quanto ti piace guardare qualcuno fare sport?”
Quella voce, così familiare, così profonda ma era impossibile che fosse proprio la sua, eppure sollevando appena la testa e guardando dinanzi a me trovai poggiato alla parete proprio Hayato in persona. Spalancai gli occhi per quella apparizione, o allucinazione o come la si voleva chiamare. “Che ci fai qui?” domandai molto sorpreso.
“Mi hai invitato tu non ricordi idiota?” incrociò le braccia contro il petto.
“Sì ma tu hai detto di no e mi hai dato dell’idiota come sempre.”
“Mh? L’ho fatto davvero?”
Non poteva fare sul serio... “Si l’hai fatto e non prendermi in giro!” Il principe abbozzò un sorriso e strani bagliori comparvero insieme a lui manco fosse entrato il sole in quella sala, come faceva a splendere così tanto. “Hai cambiato idea alla fine.”
“Beh questo era pur sempre il mio dojo.”
Si lo era, ma non sembrava essersene interessato tanto quando gliene avevo parlato la prima volta. “Beh io vado a sedermi da qualche parte addio” e mi allontanai immediatamente da quel principe dei miei stivali, tuttavia, pur trovando un ottimo posto dove mettermi mi trovai anche lui seduto accanto con la sua impeccabile postura da atleta: bello dritto, gambe perfettamente incrociate e un aurea che non passava inosservata. Infatti almeno il 30 o 40% delle donne presenti lì quel giorno si erano voltate a guardarlo.
“Piantala di fare così” gli dissi a bassa voce.
“Fare cosa?”
Lo guardai truce “Lo sai perfettamente.”
Una ragazzina si accomodò alla sua destra, un altra davanti. Ecco che si ricominciava con la solita storia, improvvisamente l’attrazione di quella giornata non era più il judo bensì quel ragazzo. La cosa tuttavia non sembrava disturbarlo e se ne stava al suo posto con gli occhi puntati sul dojo, mostrando uno strano interesse, cosa che era molto rara da vedere in lui.
Le esibizioni finalmente ebbero inizio, si susseguirono alcuni allenamenti pubblici dei più piccoli alle prime armi per il piacere dei genitori presenti, e subito dopo seguirono molti scontri tra i più grandi e tra questi riconobbi Yoshida, Hiroto e Kuro, quindi tutti e tre erano allievi di quel posto.
Mostrarono le loro abilità al pubblico così come la loro forza e tecnica, ne rimasi affascinato pur capendone molto poco mentre Hayato accanto a me osservò tutto con grande serietà, gli occhi blu così luminosi da sembrarmi due fari. Non lo avevo mai visto così preso da qualcosa, o forse si, in fondo fin da piccolo era sempre andato con piacere in quel posto e sembrava essere stata l’unica cosa che avesse mai amato fare.
Le esibizioni per la beneficenza terminarono nel giro di un ora e mezza, e finita la cosa fummo tutti invitati al piccolo buffet organizzato nella caffetteria all’esterno. Una cosa fatta bene dovevo ammetterlo.
Tutti si alzarono seguendo le indicazioni, aspettai però che la maggior parte delle persone fossero uscite ma senza rendermene conto avevo perso di vista Hayato. Mi guardai intorno e lo vidi andare via, gli corsi dietro seguendolo ma non sembrò accorgersi della mia presenza.
Una volta fuori ci accorgemmo che si stava già facendo sera così le luci iniziarono ad accendersi in automatico rendendo il tutto molto simile ad un festival estivo. “Uao!” commentai entusiasta.
“Sembra che tu non abbia mai visto un giardino, baka.”
Strinsi i pugni “Perdona il mio entusiasmo mr. simpatia!” Hayato sogghignò per la mia espressione divertito della cosa, e ci guardammo entrambi in cagnesco. Fummo però interrotti dall’arrivo di Saori che nel frattempo si era cambiata indossando la divisa dello staff di quel posto. Forse per pubblicità.
Venendomi incontro rimase sconvolta di trovarvi lì Hayato, tanto che arrossì di colpo. Come prevedibile che fosse era anche lei presa da quel principe del cavolo. “Hayato! Wow non sei cambiato per nulla.”
“Yo’” la salutò così lo scorbutico, tuttavia la cosa prese una strana piega e Saori non seppe trattenersi. Afferrò Hayato stringendolo come un pupazzo contro il suo petto fino a soffocarlo. “Non ci posso credere che sia tu! Sei sempre bellissimo come ti ricordavo” gli afferrò il viso tirandogli le guance.
“Dacci un taglio donna!” cercò di dire il poveretto annaspando in quella morsa. Tale scena mi fece quasi ridere ma nascosi le mie risate dietro una mano. Hayato la spinse via “Dannazione datti un contegno!”
“Oh Hayato perchè? Non ci vediamo da anni e dovrei trattenermi? Non posso crederci che tu sia davvero venuto, allora Aki è riuscito a convincerti.” Sorrise contenta.
“Come?” dissi.
“Ehi aspetta non mi ha convinto a fare nulla questo qui” e mi indicò con riluttanza.
Questo qui. Sul serio aveva detto così, che poca considerazione di me poteva mai avere, ma almeno il mio nome se lo ricordava ancora o ero diventato un oggetto per lui? “Ehi!” tuonai furioso.
“Beh non importa, l’importante è che tu sia qui, papà sarà molto felice di vederti di nuovo.”
“Mi dispiace Saori ma non resto per la festa.”
Improvvisamente i toni si erano fatti seri, cupi e sulle loro facce aleggiava un velo molto scuro. Era chiaro come l’acqua che era successo qualcosa, ma esattamente cosa.
“Aki!” la voce di Yoshida così come la sua presenza mi fecero sussultare.
“Accidenti non apparire dal nulla così! Che paura...” ripresi fiato, “Che ci fai qui?”
“Come che ci faccio qui, mi sono cambiato e ora mi godo il cibo hahaha” poi la sua espressione da divertita mutò in una di puro sgomento e terrore “M-ma quello è il Principe!!” gridò senza ritegno indicandolo.
Bene, se anche non volevo che si venisse a sapere come tutti lo chiamavano ora era chiaro, e spiattellato davanti ai presenti.
 Infatti Saori scoppiò a ridere sentendoglielo dire, “Principe? Perché ti chiamano così?”
“Perché sono bellissimo mi sembra ovvio.”
Era sconvolgente quanto ego avesse in corpo quel ragazzo. “Aki, spiegami perché è qui, non aveva rifiutato l’invito?” sussurrò nel mio orecchio.
“Beh che ne so io, ci ha ripensato a quanto pare!”
A Yoshida quella risposta parve non bastare, tanto male, nemmeno a me era del tutto chiaro perché diavolo fosse venuto alla fine e poco importava tanto tra poco se ne sarebbe anche andato via.
Saori tentava di persuaderlo a rimanere ma era tutto inutile, era proprio sul punto di andarsene. Evviva.
“Oh allora è qui che eravate tutti” dal nulla comparve anche Kuro, che diversamente dagli altri allievi non indossava la tuta della palestra ma un paio di jeans strappati e una maglia nera molto casual, e notai con molto stupore che aveva anche eliminato l’arancione dei giorni scorsi coprendolo col nero. Finalmente una scelta decente, pensai e notai che aveva anche rimosso le lenti a contatto mostrando due occhi color smeraldo. Improvvisamente non mi sembrò più così bizzarro. “Vedo che alla fine sei venuto davvero ehmm..”
“Aki...”
Mi fece occhiolino “Giusto!” e si voltò poi verso gli altri notando anche la presenza del principe “Hayato” pronunciò con tono basso, e in maniera molto più seria.
Hayato corrucciò la fronte nel vederlo “Kurosaka” ricambiò quel saluto con il massimo dell’antipatia. Che succedeva all’improvviso eh? Erano amici? Nemici? Cosa?
“Non credevo che alla fine saresti venuto davvero ma oh sei sempre una sorpresa!”
L’atteggiamento di Kuro mi diede un pò sui nervi, sembrava quasi volerlo prendere in giro sebbene Hayato lo facesse giorno e notte con buona parte della scuola ma chissà perché mi dava meno fastidio.
“Tranquillo non resterò a lungo.”
Il resto di noi osservava quella scena come idioti non capendoci assolutamente nulla. Ciò che si poteva intuire è che fossero due stronzi entrambi, questo era chiaro.
“Beh allora chi viene a mangiare un boccone con me eh?” domandò Kuro cambiando di nuovo atteggiamento e puntò il suo sguardo felino su di me “Che ne dici Kyo andiamo insieme?” mi sorrise circondandomi con il suo braccio.
“Io mi chiamo Aki!”
“Fa lo stesso. Su andiamo” e mi trascinò via contro la mia volontà.
Che prendeva alle persone? Ero circondato da pazzi a quanto pare e che avevano tutti contro il mio nome. Tre dannate lettere e nessuno sembrava mai ricordarle, che problemi avevano.
Kuro mi allontanò dagli altri portandomi davanti all’immenso buffet messo a disposizione dal centro e su di esso c’era ogni ben di dio, gli occhi si crogiolarono di tanto buon cibo. “Uao” dissi ancora.
“Ehi Ikyo ne vuoi due?” mi mostrò degli spiedini di polipo.
Lo guardai seccato, “E’ Aki...” Non era così che avevo immaginato quella serata, non certo a mangiare con qualcuno che non conoscevo affatto ma accettai di buon grado lo spiedino così allungai la mano per prenderlo, tuttavia non feci in tempo e questo mi fu rubato da una terza mano apparsa dal nulla.
Fissai Hayato mentre si gustava quello che sarebbe dovuto essere il mio spiedino, alle sue spalle comparve Saori che mi fece il segno della vittoria. “Alla fine l’ho convinto!” sorrise.
“Ma davvero?” commentai stupito e fissai il diretti interessato, quest’ultimo però distolse lo sguardo e andò altrove guardandosi in giro tra le tantissime cose da mangiare.
Stranamente anche Hayato aveva deciso di restare, assodai quanto fosse lunatico quella sera. Ogni qual volta che Saori gli proponeva qualcosa rispondeva immediatamente di no, ma appena quel Kuro lo punzecchiava un pò ecco che la vena sulla sua tempia si gonfiava e cominciava stare al gioco dell’altro.
Beh li lasciai perdere, e persi un pò di tempo insieme a Yoshida che trangugiava qualsiasi cosa avesse a vista. Sembrava un pozzo senza fondo. “Sono contento che tu sia venuto. Hai visto com’è bello qui?” cominciò a dire.
“Si, devo ammettere che è molto bello.”
Yoshida poggiò il piattino vuoto sull’immenso tavolo, “Sai ho sempre creduto che tu mi odiassi e non avessi alcun interesse nel voler essere mio amico, ma sono felice di essermi sbagliato.”
Mi morsi la lingua nel sentire quelle parole. Ero stato davvero pessimo nei suoi confronti e non lo meritava, e in cuor mio non sapevo neppure perché lo avessi tenuto così alla larga.
“Sono contento anch’io” e per la prima volta mi venne da sorridere, ma non un sorriso forzato come mio solito. Era sincero, rilassato e contento di avergli sentito dire certe cose. Yoshida parve sorpreso di vedermi sorridere così, forse avevo una faccia strana e non gli davo torto se mi fissava così, dopotutto ero parecchio strano.
“Dovresti sorridere più spesso Aki” disse però “sei davvero adorabile” rise.
Adorabile. L’espressione che aveva usato Yoshida era proprio quella, mi aveva paragonato ad un cucciolo di cane, o di foca. Che razza di complimento era mai quello! “Adorabile? Che sono un cane?”
“Scusa scusa non intendevo quello davvero, ma davvero non sapevo come esprimermi.”
“Meglio se taci allora.”
Mi guardai un pò in giro per vedere dove fossero finiti gli altri e nel voltarmi un ombra nera oscurò la mia vista, una grossa ombra imponente simile alla figura della morte. Era Hiroto e mi fece prendere uno spavento. Completamente vestito di nero, con i lunghi capelli neri che gli cadevano davanti al viso se ne andava in giro con un piatto pieno di cibarie in mano.
“Ehi amico” lo salutò Yoshida non sorpreso di trovarselo lì.
“Ehi ciao” poi puntò anche me e mi fece paura “Ciao Aki-kun.”
Com’era possibile che fosse l’unico a ricordarsi il mio nome, perché proprio lui. “C-cciao.”
“Alla fine ci sei riuscito, hai portato qui Maeda” osservò da lontano il principe e disse quella frase con una voce bassa e scandì ogni parola lentamente. Credevo sempre di più che fosse un becchino.
Annuii, non avevo la forza di rispondergli e cercai appoggio da parte di Yoshida ma notai con mio dispiacere che era sparito, si era di nuovo lanciato sul cibo rimando da solo me. Che cazzo dovevo fare.
 “Non sei vicino a lui” osservò ancora.
“Ehmm no.”
Mugugnò qualcosa di indecifrabile e parve pensieroso, si guardò ancora una volta in giro in cerca di qualcosa ma non aggiunse altro, mi lanciò un ultima occhiata scrutandomi attentamente da capo a piedi e se ne andò così come era venuto. Quel tipo faceva paura e aveva dei seri problemi, anche se durante le dimostrazioni di judo mi era sembrato una persona assolutamente normale.

Quando finalmente la sera terminò mi sentii privo di ogni forza manco avessi corso una maratona. Per tutta la sera avevo cercato di evitare di restare solo con Hiroto perché ne avevo paura, ma avevo fatto compagnia a Yoshida mentre mangiava e mi ero sorbito per buona parte della serata Saori che parlava senza fermarsi mai, e mentre lei lo faceva il principe si era pure addormentato infischiandosene di sembrare maleducato.
Sebbene fosse stata una serata eterna me ne andavo con la sensazione di essermi divertito a parte alcuni piccoli dettagli, ma tutto sommato era andata bene. Purtroppo però la ciliegina sulla torta non poteva mai mancare, e come mi ero immaginato dall’inizio fui costretto a tornare a casa proprio con Hayato, essendo il mio vicino di casa.
Per fortuna eravamo entrambi stanchi quindi nessuno dei due parlava o aveva voglia di iniziare una discussione, ero stranamente felice della cosa. Ero anche molto sorpreso che fosse rimasto fino alla fine della piccola festicciola sebbene fin dall’inizio avesse detto di volersene andare.
Quella piccola passeggiata da soli non sarebbe durata a lungo, le nostre case non era così lontane e ciò mi ricordò i tempi andati quando facevamo sempre quella strada per tornare dal dojo.
“Quindi è quello il Yoshida di cui parlavi.”
“Eh? Ah sì, è lui e sta nella nostra classe.”
Hayato portò il suo sguardo verso di me, un occhiata molto sfuggente e severa, “Sembra simpatico.”
“Sul serio? Non parliamo mai e ora mi dici che trovi simpatico Yoshida?”
“Stranamente mi hai ricordato perché non parliamo.”
Che rabbia mi faceva, che rabbia quel suo modo di fare. Mi fermai in mezzo alla strada non riuscendo più a trattenermi “Se non parliamo più è per colpa tua!” Hayato si fermò notando che lo avevo fatto, ma non parve stupirsi per il mio stato alterato. Non lo smuoveva assolutamente nulla, poteva crollare il modo e avrebbe fatto sempre la stessa faccia quindi altro che bel principe delle favole, lui era il mostro, il peggiore che potesse esistere.
“Datti una calmata o sveglierai tutto il vicinato.”
Sì era sempre così che faceva, il saputello colui che diceva agli altri che stavano sbagliando. “Va al diavolo Hayato, ti odio! Potevi anche non venire oggi mi avresti risparmiato di vedere la tua faccia anche lì.”
Hayato sorrise bieco “La mia faccia è l’unica cosa bella che hai visto oggi, fidati.”
Cosa gli dava tutta quella convinzione. Nel mondo esistevano tante persone di bel aspetto e nessuna di loro era così piena di se, quel ragazzo invece non guardava in faccia a nessuno, anzi guardava tutti dall’alto in basso come se tutti noi fossimo inferiori o qualcosa del genere per questo non aveva amici o una ragazza, nessuno era mai abbastanza per lui. “Fottiti... tu sei la faccia che più odio!”
E feci per superarlo e andarmene al più presto possibile a casa, ormai la vedevo era a duecento metri da noi e potevo porre fine a quella serata strana.
“La faccia che più odi eh” sentii dire alle mie spalle ma non mi voltai più a guardarlo o sentirlo, volevo solo che sparisse dalla mia vita e contavo ormai i giorni che mancavano al diploma.
Ero perso nei miei pensieri e nella mia rabbia per rendermi conto di cosa stesse succedendo intorno a me, troppo distratto per accorgermi che Hayato mi era corso dietro bloccandomi per un braccio. Troppo assente per accorgermi che mi aveva girato con la forza verso di lui, e che mi aveva afferrato il volto tenendolo fisso verso di lui, e che mi stava guardando con quei suoi occhi blu mare. E accadde.. Ciò che avrei voluto non succedesse mai neppure nei miei incubi peggiori, e neppure al mio peggiore nemico. Sperai che si trattasse di un brutto sogno ma non lo era, le mie labbra erano state catturate dalle sue. Il principe mi stava baciando e non era certo per sbaglio, bensì un bacio vero. Il mio primo bacio!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



CAPITOLO 4

“Buongiorno...”
La mamma sussultò nel vedermi quella mattina, manco si fosse trovata davanti uno zombie. “Oh cielo caro, cosa sono quelle orribili borse sotto agli occhi?” Mi chiedeva cosa fossero, o a cosa fossero dovute principalmente.
“Ho dormito male questa notte.”
La forte rabbia non mi aveva fatto chiudere occhio, e la voglia di andare a scuola non c’era proprio. Avrei preferito restare a casa ma la mia situazione scolastica era già a punto critico.
La mamma mi piazzò la sua mano sulla fronte, “Non hai la febbre. Ti fa male qualcosa?”
“Mamma! Ho dormito male non ho l’influenza.”
Certe volte mia madre sapeva essere davvero sciocca, e si preoccupava più del dovuto. Beh, forse la mia faccia parlava da sola e diceva appunto: ‘è successo qualcosa’. Una cosa gravissima.

Come reazione al suo gesto mi partì spontaneo uno schiaffo che assestai contro di lui, sulla sua guancia, e non aspettandoselo fu colpito in pieno. Il colpo fu tale che girò il viso dall’altra parte, e mostrò un aria stupita che mai gli avevo visto ma non disse nulla.
“Sei impazzito!?” gli gridai contro “Ho sempre pensato che fossi deficiente ma ora ne ho la prova!”

Hayato mi fissò in silenzio con occhi indecifrabili, si toccò la guancia colpita con la punta delle dita e fece una smorfia di dolore. “Sei abbastanza forte per uno che non ha mai fatto uno straccio di sport.”
“Non cambiare discorso!”
“Cosa vuoi che ti dica? Ho fatto quello che mi sentivo di fare. Ultimamente uscire con le ragazze o averle intorno è diventato molto noioso, sono petulanti e si lamentano sempre, e la maggior parte di loro fa tutto quello che dico. Che stupide” sorrise pensandoci su “Ho voluto provare una cosa nuova.”
Non poteva essere serio. Non poteva fare sul serio e darmi quella spiegazione del cavolo, aveva definito il suo gesto provare una cosa nuova. “Ma che diavolo dici? Sei diventato improvvisamente gay?”
“Boh, chissà. Che differenza fa se maschio o femmina.”
“Oh fa una grossa differenza idiota!”
Hayato sospirò seccato. “Omofobo.”
“Frocio.”
Ci fissammo per minuti interminabili, ognuno dicendo una parola davvero orribile. Io non odiavo affatto i gay, ognuno per me poteva fare ciò che voleva ma non credevo affatto che Hayato lo fosse, era solo il suo ennesimo e idiota capriccio da principe. Forse era vera quella storia delle ragazze, e che ne era stufo ma ciò non significava andare in giro e baciare ragazzi a caso.
“Beh io me ne vado a casa addio.” Mi fece un cenno di mano andandosene verso casa.
“Aspetta!” e si fermò, “Non andrai sul serio in giro a baciare ragazzi così random, vero?”
Hayato si voltò e sorrise divertito per la domanda, “Oh tranquillo tu sei il primo.”
A tale dichiarazione divenni rosso come un pomodoro, sentii le guance prendere fuoco ma non parve accorgersene perché era troppo buio. Non aggiunse altro e andò via, lasciandomi lì come un idiota ripesando al fatto che mi avesse strappato un bacio.
Ero stato baciato da un ragazzo!


“Wow hai un faccia orribile oggi, cos’è la festa di ieri ti ha stravolto?” ridacchiò quell’idiota di Yoshida.
Gli lanciai un occhiataccia e quest'ultimo trasalì “Lasciami in pace” e mi gettai sul banco esausto per quella lunga mattinata di lezioni interminabili. A stancarmi maggiormente però era il fatto stesso che Hayato fosse in classe, circondato come sempre da un branco di oche, come avrei voluto urlare a tutte ‘Ehi il vostro dannato principe si è dato al sesso anale!’
Un altra mano mi fu piazzata in fronte, questa volta dallo stesso Yoshida. “No, non hai la febbre.”
“Dannazione non sono malato!” Ritrasse la mano spaventato a morte per le mie grida, ma era la seconda volta che qualcuno pensava che avessi l’influenza. Fisicamente stavo bene, era il mio orgoglio da ragazzo ad essere stato ferito. “Ascolta Yoshida, tu hai mai baciato qualcuno?”
“Eh? Perché questa improvvisa domanda!” Lo fissai dritto negli occhi desideroso di una riposta e quest’ultimo si sentì a disagio. “Smettila di guardarmi così, ti prego.”
Sospirai, “Lascia stare, non sono affari miei.”
“Figurati! Mi hai solo spiazzato, non mi hai mai fatto domande personali per questo” era vero, non mi ero mai particolarmente interessato alla sua vita privata, “comunque sì, ho dato il mio primo bacio ed è stato con una mia bellissima compagna delle medie”, ne parlò con particolare nostalgia facendo un espressione da ebete.
Se andavo a chiederlo in giro chiunque aveva già dato il suo primo bacio, diversamente da me, e ora mi trovavo con quel bizzarro ricordo che mi dava il tormento. “E tu Aki? Chi è la tua prima ragazza?”
Sussultai per quella domanda. “E-ecco io... vedi...”
Yoshida mi osservò, notò il mio balbettare, la mia esitazione, il mio non riuscire a dire una parola “Non c’è nulla di male se non l’hai dato ancora. Tranquillo!” e mi diede una pacca sulla spalla sentendosi improvvisamente più grande di me. Cos’era quella pacca da padre?
Preso dalla rabbia lo afferrai per il colletto della camicia portandolo più vicino “Non trattarmi come un imbecille, idiota!” lo minacciai furioso.
“Ti prego non uccidermi...”
Lo lasciai andare tornando ai miei problemi, ai pensieri che mi assillavano. Ripensavo a cosa era successo, alla confessione di Hayato e non riuscivo a capacitarmi che improvvisamente volesse provare ad uscire con i ragazzi. Lo conoscevo troppo bene e da tanto tempo, stava solo scherzando lo sapevo. Io dovevo solo dimenticare quella storia e tutto sarebbe sicuramente tornato normale.


Due settimane dopo però, per la scuola cominciò a girare voce che il principe fosse stato visto in centro e più precisamente nel quartiere gay della cittadina. Era sicuramente incredibile che certe voci girassero rapide, e mi sarebbe tanto piaciuto sapere chi ne fosse artefice.
Quando mi capitò di ascoltare quei pettegolezzi ne rimasi scioccato, più di quanto immaginassi. I commenti che ne seguirono furono cattivi da parte dei ragazzi, del tipo: “Beh in fondo sembrava un pò una ragazza”, disse qualcuno, “Ora capisco perché lo chiamassero Principe.”
Commenti che non mi piacquero affatto, e stranamente mi ferirono molto. Era vero che non ci parlavo più, e che non eravamo amici ma nessuno aveva il diritto di giudicare il prossimo sulla base di pettegolezzi.
Tuttavia il diretto interessato, Hayato, sembrava ignorare completamente quelle voci. Il suo corteo di ragazze perseverava a seguirlo sebbene sapessero di quella storia, nulla le abbatteva, erano da ammirare.
Le cose però non andavano affatto bene. Hayato in classe era sempre più solo, nessuno dei ragazzi si avvicinava più a lui per paura o per leccargli un pò i piedi. Mi fece pena, nessuno meritava quel trattamento e i miei compagni erano degli stupidi. Eppure Hayato non ne soffriva, sembrava sereno come sempre e quella situazioni non gli impediva di essere bravo a scuola e nello sport, così come seppe tenere alta quella maschera da principe sorridente.
Fu dopo un mese che lo trovai di nuovo nella biblioteca abbandonata all’ultimo piano, intento come sempre a leggere dei libri a caso. Nel vedermi non batté ciglio e tornò a leggere, da quel bacio non ci eravamo più rivolti la parola, nemmeno per insulti e i pettegolezzi su di lui erano aumentati nel frattempo.
“Quindi è tutto vero...” cominciai a dire improvvisamente. La mia bocca partì da sola.
Hayato sollevò gli occhi per guardarmi “Che cosa?”
“Sei davvero diventato gay.”
Strinsi i pugni contro le cosce ansioso di quella risposta, e anche impaurito perché forse la conoscevo già.
“Oh quello. Beh può darsi.”
Mi morsi il labbro inferiore, ero stufo di quelle risposte di cavolo e del suo atteggiamento da me-ne-infischio-che-tutti-mi-chiamino-finocchio, era irritante così camminai verso di lui tirandogli di mano il libro e costringendolo a guardami in faccia una volta per tutte. “Smettila. Smettila di fare così! Hai una vaga idea delle voci che girano? Dove te ne vai la sera eh?”
“Mi ridai il libro? Non ho voglia di starti a sentire.”
“E invece sì! Cos’è, hai sbattuto la testa, hai avuto una brutta delusione amoroso o cosa? Cos’è tutta questa storia eh? A te non piacciono i ragazzi.”
Hayato poggiò il viso su una mano sempre più scocciato “Che cosa importa se mi piacciono o meno, nessuno mi ha mai fatto storie se uscivo con una ragazza quindi perché ora dovrebbe importare.”
“Beh.. ecco...” non sapevo che dire, in fondo la vita era la sua, “Almeno smettila di andare in quei posti!”
Inarcò un sopracciglio “Che posti?”
“Le persone dicono di averti visto nel quartiere dei gay, smettila di andarci.”
“Sei preoccupato per me? Eh?” ghignò divertito.
“Ti sbagli!” Non era preoccupazione la mia, che me ne fregava di lui. Un tempo magari si, me ne sarebbe anche importato perché eravamo amici, ma adesso..
“Non sono andato davvero in quel posto sta’ tranquillo. Non sono mai stato in quei posti e non comincerò adesso, sono solo uscito con qualche ragazzo nulla di più.”
Sbiancai “Q-qualche ragazzo?”
“Beh mi sembra ovvio, mi piacciono i ragazzi quindi è normale che ne cerchi qualcuno per-“
“SI! Ho capito non proseguire” gli portai le mani sulla bocca per zittirlo, non volevo ascoltare altro. Non credevo che una cosa del genere potesse sconvolgermi tanto eppure eccomi li, sudato e agitato solo perché stava parlando dei suoi appuntamenti.
Hayato si liberò dalle mie mani afferrandole “Non ci ho fatto nulla, baka. Non saprei nemmeno da dove cominciare francamente e non c’è nessuno che mi piaccia particolarmente per farci sesso” sospirò molto scontento della cosa. Cos’era tutta quella voglia di parlarne. Eh?
“Sesso?! Eh?!”
Hayato scoppiò a ridere nel vedere la mia faccia “Sai quello che fanno due persone insieme.”
“Lo so cos’è imbecille!”
“Non sembrava però” mi fissò con aria compiaciuta come se tutta quella conversazione lo divertisse particolarmente, quel sorriso era spaventoso e non prometteva nulla di buono, “quel giorno avevi delle belle occhiaie sotto agli occhi, sai.”
L’aveva notato, “Come?”
“Si qui” e indicò il contorno degli occhi “non sei riuscito a dormire granché quella notte perché ci hai pensato continuamente vero?”, divenni di fuoco e non volevo, “Ho indovinato.”
“Ti sbagli. E’ stato stesso lo shock per una cosa così disgustosa!”
Hayato si alzò dal suo posto, le gambe iniziarono a tremare ricordando il nostro precedente e temendo un secondo round ma non parve avere quella intenzione. Tirò fuori dalla tasca il suo cellulare, non mi ero reso conto che gli stesse vibrando. Mi gettò un altra occhiata e rispose davanti a me, fregandosene che stesse avendo una conversazione. “Dimmi” cominciò a dire senza alcun saluto, chi era il suo interlocutore? “Oggi pomeriggio? Vedi sono un pò stanco, e vorrei farmi una doccia prima, se possiamo fare stasera sarebbe meglio. Ok a dopo.” Riattaccò riponendo via l’oggetto. “Ci vediamo mio caro omofobo”.
“Aspetta! Chi era al telefono?”
Hayato non capì quella mia improvvisa domanda “E a te che importa chi era?” mi fissò molto confuso.
Non aveva senso che mi stessi comportando in quel modo, non stavo più pensando razionalmente, ero troppo agitato per qualcosa che non riuscivo a spiegarmi e fu in quel momento che feci il più grande sbaglio della mia vita, per la seconda volta.
“Era un ragazzo vero? L'ennesimo e causerai ancora più pettegolezzi!”
“Sì era un amico, quindi?”
Deglutii a fatica, “Smettila di andartene a spasso con cani e porci come una puttana, se vuoi sperimentare questa cosa fallo con un tuo amico, esci con qualcuno di più vicino così potrai toglierti sto sfizio.”
“Un amico?” Annuii, almeno così non sarebbero più girate voci. Nessuno lo avrebbe più visto in quel modo se avesse frequentato un amico, non sarebbe più andato vicino a quel quartiere anche se diceva di non esserci mai andato, e facendo così almeno sapevo che non sarebbe andato con persone poco raccomandabili. “Hai ragione, perchè sprecare tempo con estranei e corteggiarli se posso chiedere ad un amico di aiutarmi.”
“Già!”
Hayato poggiò la sua mano sulla mia spalla, si avvicinò a me e mi fissò divertito “Grazie di esserti offerto, caro amico mio.”
....
....
“Io?” Hayato annuì sorridente.
“Ma io sono un maschio.” Annuì di nuovo.
“E sono tuo amico?” annuì di nuovo, “CHE DIAVOLO VAI DICENDO IMBECILLE!?”
Feci per dargli un pugno ma Hayato lo parò rapido bloccandomi il braccio, lo fece delicatamente e con l’altra mano mi cinse il fianco stringendomi a lui. “C’è chi pagherebbe per uscire con me” sfoderò un sorriso da vero principe poi però si fece buio, diventando terrificante “o mi sbaglio?”
“Non voglio frequentarti!”
Mi lasciò andare spingendomi via “Oh nemmeno io, sei l’ultimo che guarderei francamente.” Mostrò delusione mista a repulsione nel guardarmi. Non poteva fare sul serio.
“Va al diavolo!” e stavolta feci davvero per andarmene, mi ero stancato di star a sentire le sue stupidaggini. Faceva così solo perché aveva così tante ragazze che gli andavano dietro che non sapeva più dove mettere le mani, era nauseato da quell’abbondanza, era palese ma non doveva permettersi di prendersi gioco delle altre persone, o di chi realmente aveva questi gusti.
Cosa fosse successo in biblioteca era ancora un mistero per me, e aveva tutta la testa in confusione cercando di riassumere la cosa e di trovargli una spiegazione logica, ma non c’era. Tuttavia, e mi fermai notando la cosa, non era semplicemente la mia testa a essere sottosopra quanto piuttosto il mio cuore che non smetteva di battere sempre di più forte. Portai una mano contro il petto per ascoltarlo meglio, cercando una spiegazione razionale anche a quello. Hayato non mi aveva spaventato, allora perché il mio corpo aveva una simile reazione.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4.5 ***



CAPITOLO 4.5

8 anni prima...
I ciliegi in fiore, uno degli spettacoli che avevo sempre amato, l’unico valido motivo che mi spingesse ad uscire di casa tanto in fretta ogni mattina in quei giorni, e cioè gustarmene a pieno ogni tonalità di rosa.
Potevo restare minuti interi fermo in quel viale alberato a guardare tutto ciò, ad imprimere ogni immagine nella mia memoria cosicché potessi pensarci anche a scuola e andarvi con un sorriso.
“Perché ti trovo sempre qui imbambolato eh?”
Mi voltai appena, riconoscendo perfettamente la voce del mio amico Hayato. Lo guardai e gli porsi un sorriso perché aveva ragione, ero sempre li fermo a guardare una cosa così banale.
Hayato mi fissò confuso del perché stessi sorridendo “Non lo trovi bellissimo? Guarda che bei colori” allungai una mano per afferrare al volo un petalo e ci riuscii mostrandolo a lui. Hayato lo guardò, lo prese in mano con un espressione per nulla interessata alla cosa e lo lasciò cadere a terra incurante della sua bellezza.
“Muoviti o faremo tardi” mi esortò invece iniziando a camminare, ne rimasi molto deluso che non apprezzasse una cosa così bella, tuttavia feci spallucce e lo seguii a ruota.
 
 
 
“Aki-chan guarda com’è cresciuta la tua piantina!” osservò Mayu mostrandomi il mio vasetto e togliendolo dal suo posto.
Osservai la mia creazione contento che fosse cresciuta tanto, era una bella soddisfazione ma lo era ancora di più prendermi cura di quel piccolo giardino con lei, perché Mayu era la bambina che mi piaceva.
“Non posso crederci che tu sia così bravo. Vorrei che anche la mia fosse già così grande” e guardò con tristezza il suo vasetto dove vi era a stento un germoglio. Non mi piaceva vederla giù di morale, ai miei occhi doveva sempre sorridere e mostrarmi le sue guance rosee.
Non ci pensai due volte e afferrai l’annaffiatore, gettai rapidamente dell’acqua sul vasetto cogliendola di sorpresa “Crescerà anche la tua piantina vedrai! Devi prendertene cura, darle da bere e far sì che il sole la riscaldi e vedrai che molto presto sarà anche più grande della mia.”
Poggiai il piccolo vasetto accanto al mio, in modo che un sottile raggio di sole li raggiungesse. Quel gesto, quella vicinanza tra le nostre piantine mi riempì il cuore, e sul viso di Mayu si stampò nuovamente il sorriso.
Mayu mi osservò e io feci lo stesso, ci guardammo senza dire nulla anche se nella mia mente avrei tanto voluto stringerle mano e dirle che mi piaceva tantissimo. “Mayu-chan io...”
“Che state facendo ancora qui voi due?” Dal nulla comparve Hayato, proprio mentre avevo quasi trovato il coraggio di dirle tutto ma poco male non c’era fretta e quel piccolo momento mi era bastato per ritagliare un ulteriore ricordo di lei.
Hayato si avvicinò a noi guardando i due vasetti “Ancora con queste stupide piantine...” commentò seccato.
“Non sono stupide!” lo sgridai.
“Haya-kun perché non ne fai crescere anche tu una eh? Ti darei una mano molto volentieri”
Mayu gli si avvicinò, le guance più rosse del solito e un atteggiamento che non le avevo mai visto prima, cosa stava succedendo improvvisamente, com’è che con me non si mostrava mai così disponibile?
“No, tutto questo è stupido.” Hayato senza preavviso mi afferrò la mano tirandomi su da dove ero, “Su idiota andiamo ho fame e voglio pranzare.”
L’aveva fatto di nuovo, si comportava sempre così. Hayato non andava d’accordo con nessuno eccetto me, chiunque provasse ad essere gentile con lui veniva ripagato dal suo comportamento schivo e maleducato. Sebbene fosse bravo a scuola in ogni materia, i professori gli avevano rimproverato il suo comportamento, ma lui sembrava non importarsene affatto. Sembrava non contare nulla per lui.
Conoscevo Hayato da tanto ormai. Eravamo praticamente cresciuti insieme e lo consideravo alla pari di un fratello ma non potevo certo vantarmi di sapere tutto di lui, certe volte sembrava persino annoiato quando mi sentiva parlare o tipo mi presentavo a casa sua con un nuovo gioco ma non si era mai lamentato e sebbene il gioco che proponessi piacesse solo a me partecipava comunque, mostrando quasi interesse, ma tutto si spegneva subito non appena riusciva a battermi con estrema facilità.
“Hayato sei il solito! Abbiamo lasciato Mayucchan da sola nel giardino” mi guardai indietro in pena per lei mentre venivo trascinato chissà dove da lui.
Mi lasciò andare vicino alla nostra classe e mostrò il bento che si era portato dietro parandomelo davanti agli occhi. Lo fissai confuso. “La mamma l’ha preparato per entrambi.”
“Oh? Davvero!” mi si illuminarono gli occhi al pensiero della cucina della mamma di Hayato, era sempre stata così brava e buona con me e cucinava benissimo, non come la mia... “Allora sbrighiamoci a mangiare!” e lo spinsi dentro, mi occupai io di avvicinare due sedie al banco e feci gli onori di casa aprendo il bento, scoprendo un meraviglioso pasto fatto con amore.
“Itadakimasu!” esclamai spezzando gli hashi e Hayato fece lo stesso sorridendomi.
“Oh Nomura che hai lì?”
E alla mie spalle sbucò il solito Uromiya, un nostro compagno di classe super ficcanaso che non sapeva mai farsi gli affari suoi. Durante il pranzo era sempre in prima fila per impicciarsi dei bento altrui.
“Sparisci Uromiya! Non te ne faccio assaggiare nemmeno un boccone oggi.”
“Eeeeh perché?” Uromiya poggiò i gomiti sul nostro banco incurante di disturbare. Hayato lo guardò male, ma quest’ultimo sembrò non accorgersi della cosa, e cominciai ad essere preoccupato.
“Ti do un pezzo ma tu sparisci ok?” ridacchiai nervoso.
Uromiya spalancò la bocca davanti ai miei occhi, incredibile che volesse sul serio essere imboccato. Con molta riluttanza afferrai un pezzo e glielo portai alla bocca, molto disgustato di fare una cosa del genere ma fu in quel momento che accadde, Hayato non permise affatto che quel boccone arrivasse alla bocca dell’altro bambino e si alzò rapido spingendolo via bruscamente. Uromiya preso alla sprovvista finì a terra. “Ahi!”
“Portati il pranzo la prossima volta. Lardoso.”
Uromiya lo fissò senza parole, e gli occhi gli divennero subito lucidi dopo l’ultima parola. Non potevo credere che Hayato l’avesse fatto di nuovo, non potevo sul serio pensare che quel bambino, lo stesso che tante volte aveva diviso bagno e letto con me avesse un simile comportamento col prossimo. Era assurdo.
 
 
Aki Nomura, età 12 anni.
Avevo il cuore in gola e le mani sudate. “Mi piaci tantissimo! Ti prego esci con me?”
Erano passati anni e i miei sentimenti erano cresciuti insieme a me, aumentando di giorno in giorno e finalmente dopo aver raccolto una bella dose di coraggio ero riuscito a dire quello che provavo a Mayu.
Era lì, davanti a me nella sua bella divisa da scuola media, ancora più bella di quanto lo fosse stata da bambina. I lunghi capelli neri le scendevano come morbide onde lungo la schiena e le spalle. Il viso era ancora quello di una fanciulla.
Non avevo il coraggio di guardarla in faccia così fissavo senza sosta il pavimento.
“Oh..” le sentii dire ad un certo punto. “Aki-kun non credevo che tu provassi questo nei miei confronti.” Strinsi i pugni ansioso della sua risposta, speranzoso che anche lei provasse lo stesso. “Mi dispiace..” iniziò però a dire, e a quel punto fui costretto a guardarla dritto negli occhi neri, “sei un ragazzo carino giuro, anche gentile ma sai... non sei esattamente il mio tipo, devo rifiutare i tuoi sentimenti.”
BAAM! Quella risposta fece così male che improvvisamente vidi bruciare davanti ai miei occhi tutti gli anni trascorsi, così come gli stessi sentimenti che avevo coltivato per lei credendo che tutti i suoi sorrisi fossero dovuti al fatto che anche lei provasse lo stesso, ed ora, la bambina dolce che avevo conosciuto non c’era più ma c’era una fredda ragazza che senza alcuna esitazione mi aveva spezzato il cuore dicendo che non ero il suo tipo.
La vidi andare via senza aggiungere altro. Ero stato scaricato.
 
Lo venni a sapere poco dopo, per un pettegolezzo che girava in classe da qualche giorno a cui non avevo neppure prestato attenzione poi però per puro caso cominciai a spalancare le orecchie, e me ne pentii...
“Si esatto! Pare che Mayu Oshiro della prima sezione ci sia riuscito, ha ottenuto un appuntamento con Maeda!”, stava dicendo una delle mie compagne.
Deglutii a fatica non credendo a quelle parole. Non poteva essere successo davvero, Hayato non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere, non con la ragazza che mi piaceva tanto. Lui era mio amico.
 
 
“In che senso l’hai scaricata?!” esclamai sempre più furioso per l'ennesimo pettegolezzo che avevo sentito.
Hayato mi era davanti, incurante della mia rabbia e se ne stava seduto sul prato a leggere uno dei tanti libri che portava con se incurante che gli stessi parlando, “Dove l’hai sentito?”
“Tutta la scuola parla di te, lo sai! Come hai potuto scaricarla?”
Hayato finalmente fece l’enorme sforzo di guardarmi in faccia “Sì, e quindi? Era una stupida quella ragazza, mi ha supplicato fino alla sfinimento di uscire con lei e le ho detto no.”
Ripensai a tutto, ripensai al modo freddo con cui mi aveva scaricato quella ragazza e forse dentro di me sarei dovuto essere felice che qualcuno l’avesse trattata allo stesso modo schiacciando i suoi sentimenti, eppure non ero felice, ero piuttosto triste che la ragazza che mi era sempre piaciuta stesse piangendo per colpa di Hayato. Nessuno meritava di avere il cuore spezzato in quel modo.
“Sei un idiota!” sbottai esasperato “Sei un verme! Non sei umano, non provi nulla e hai fatto del male a quella ragazza come fai del male a chiunque!”
Hayato sgranò gli occhi “Aki?” Rapido lasciò il libro, si sollevò in piedi bloccandomi per la braccia per controllare la mia improvvisa ira, ed era così stupito che nel mio cuore mi resi conto che era la prima volta che lo vedevo così. “Che cosa ti importa di quella ragazza, eh?” mi domandò mentre cercava di trattenermi.
Io, dal mio conto, mi dimenavo cercando di colpirlo “Lasciami bastardo! Va al diavolo ti odio!” e senza che lo volessi, sorpreso di me stesso per quel gesto, lo colpii in pieno viso con un pugno.
Ormai era tardi avevo fatto una cosa di cui mi pentii immediatamente. Hayato non c’entrava nulla, che io fossi così arrabbiato non era affatto per causa sua bensì perché avevo il cuore in briciole. “Hayato io..”
Si toccò la guancia e la sua espressione mutò in vera propria rabbia “Ok, me ne vado” e non aggiunse altro, dandomi le spalle e lasciandomi lì completamente da solo.
Non avevo mai picchiato nessuno. Ero sempre stato contro la violenza, in qualsiasi sua forma e ora qualsiasi mio principio era venuto improvvisamente meno e avevo colpito il mio migliore amico, per un qualcosa in cui non c’entrava nulla. Dovevo assolutamente chiedergli scusa! Tuttavia, Hayato non mi diede modo di farlo. Da quel dannato giorno il suo comportamento nei miei confronti era completamente cambiato, mi trattava come qualsiasi persona, con sufficienza. Che fosse arrabbiato era logico, così feci passare diversi giorni aspettando che gli passasse ma quei pochi giorni si trasformarono presto in settimane e ancora nulla.
“Hayato!” lo fermai un giorno dopo le lezioni. Quest’ultimo, intento a riporre i suoi libri in cartella, si voltò appena a guardarmi e nei suoi occhi c’era solo tanto gelo nei miei confronti. “Ho provato a chiamarti ieri ma tua madre ha detto che eri al dojo.. “ cercai di raccogliere tutto il mio coraggio, ma avrei risolto quella situazione perché volevo che tutto tornasse come prima “senti ecco, volevo chiederti scusa per quella volta!”
Un ghigno comparve sul volto di Hayato “Stai pensando ancora a quello?”
“Eh?”
Hayato si sistemò i morbidi capelli biondi dietro un orecchio “Dovevi dirmelo subito che quella Mayu era la ragazza che ti piaceva, ma devo ammetterlo, ora capisco perché ti arrabbiasti tanto. Scoprire di punto in bianco che la ragazza che ti è sempre piaciuta è in realtà innamorata del tuo migliore amico deve essere stato un duro colpo, quindi touchè, me lo sono meritato. Ma andiamo credevi sul serio di poterle piacere?”
Che cosa stava dicendo.
“Guardati e guarda me, è ovvio che abbia preferito il sottoscritto quindi al posto tuo non ci penserei nemmeno più, io sono andato avanti e ti direi di fare lo stesso. Ma non credo lo farai, sei sempre stato uno stupido sentimentale.”
Era mio amico, lo era sempre stato ma un amico non usa certe parole, non dice certe cose così dolorose. Non ti guarda con occhi tanti cattivi e non si comporta così. Lui era mio amico, lo era stato.
Senza che me ne rendessi conto stavo piangendo e me ne resi conto nel momento stesso in cui alcune lacrime cominciarono a cadere dal mio viso, ma era ovvio che stesse succedendo. Ero deluso.
Hayato mi fissò senza battere ciglio e io come un idiota, perché era ciò che ero avevo anche solo creduto che lui fosse mio amico e che tenesse a me. Per anni avevo creduto che l’amicizia e l’amore fossero cose semplici, e che non fossero così difficili da ottenere. Purtroppo però quel giorno mi resi conto che il mondo gira in modo diverso.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Buona pasqua in ritardo!
E per festeggiare doppio aggiornamento, sia di Shikkari che di IKIGAI!

CAPITOLO 5

Quella mattina faceva piuttosto freddo e mi ero anticipato per prendere il treno, evitando così la solita folla delle otto. Che fosse una buona idea non l’avevo mai nemmeno pensato, dal momento stesso in cui avevo messo piede fuori ne ebbi la prova quando superato il giardino davanti beccati Hayato che faceva la mia stessa strada fino alla stazione. “Cazzo!”, fu una reazione involontaria, indietreggiai abbastanza per potermi nascondere ed evitare di essere visto.
Gettai un occhiata furtiva per guardarlo e lo vidi gettare un occhiata veloce alle sue spalle. Col cuore in gola tornai a nascondermi sperando che non mi avesse visto, pregai così tanto in quel momento.
“Tana per Nomura!” esclamò tuttavia Hayato con tono divertito. Il mio tentativo era fallito, così tristemente dovetti uscire fuori. Eccoci di nuovo l’uno davanti all’altro, e la cosa mi ricordò l’episodio della biblioteca e tutte le strambe cose che aveva detto, tornò così anche il mio disagio. “Non sei mai stato granché a nascondino” commentò ancora proseguendo per la sua strada.
Mi morsi la lingua per reprimere diverse parolacce che mi ronzavano per la testa in quel momento. Non potevo starmene li fermo, e nemmeno tornare a casa, me lo sarei comunque trovato davanti a scuola e in classe quindi che differenza faceva se facevamo la strada insieme?
L’avevamo fatto un milione di volte, un tempo andare a scuola insieme era una abitudine di tutti i giorni ma ormai era diventato un lontano ricordo sbiadito, così come quello che ero stato un tempo.
A quel puntò Hayato si fermò nel bel mezzo nella strada e si voltò verso di me, mi fece prendere un colpo “Allora ci hai pensato?”
“A c-cosa?!”
La voce aveva cominciato a tremare senza che me ne rendessi conto. “Lo sai bene o non saresti così spaventato.”
“Non ti asseconderò in questa tua stupidaggine!”
Hayato mi fece spallucce e proseguì. Mi stupì molto notare che la mia risposta non l’aveva colpito più di tanto, pensai che forse se l’aspettasse ma allora perché chiedere.
Era davanti a me, ne potevo vedere perfettamente le ampie spalle così come i folti capelli biondi che scendevano un pò mossi sulla nuca. Non avevo mai notato che fosse un pò riccio, l’avevo mai osservato bene? Immaginai quanto scalpore dovesse fare anche nel mondo dei gay, chissà che seguito anche lì.
In metro infatti ne ebbi la prova: Hayato se ne stava semplicemente in piedi reggendosi per non cadere e non c’era persona in quel vagone che non gli avesse lanciato un occhiata, persino alcuni ragazzi, altri studenti come noi non riuscivano a fare a meno di fissarlo e fino a qualche settimana fa avrei immaginato per invidia, ora però quelle occhiate mi parvero diverse, anche più seccanti di quelle delle ragazze.
Senza pensarci mi alzai dal mio posto e mi piazzai proprio davanti ad Hayato cercando di coprirlo alla vista di quei maniaci, poi mi bloccai, che mi importava.. che fossero maschi o femmine veniva sempre fissato, e che questo succedesse non mi riguardava visto che a lui non interessava affatto.
Gettai una rapida occhiata verso di lui, senza darlo a vedere e mi trovai un viso così angelico, era assurdo pensare che sotto a tanta delicatezza ci fosse in realtà il demonio fatto persona.
“Ferma distretto XXX” arrivò la nostra fermata.
Seguii Hayato fino alle porte e senza troppi problemi scendemmo dal mezzo, per una volta era bello che non ci fosse così tanta gente. Sebbene l’avessi beccato lungo la strada non mi pentivo di essermi svegliato prima quel giorno e mi stupì anche molto che Hayato non avesse occupato quel poco tempo insieme dicendomi di tutto.
“Oh ma tu sei Kyo!” disse Kuro trovandocelo davanti, la cosa stupì entrambi.
“E’ Aki..”
Kuro mi rise in faccia e lo guardai male, poi quest’ultimo rivolse una strana occhiata verso Hayato che ricambiò allo stesso modo, con la stessa sua freddezza di sempre e fece per andarsene incurante che fossimo ancora lì fermi. “Hayato..” mi fermai subito, evitai di bloccarlo.
“Non è mai stato un tipo molto socievole eh?”
“No, mai.”
Ma un tempo almeno con me lo era stato, parlava di più e ogni tanto si mostrava anche capace di sorridere. Ora invece il massimo che sapeva fare era fingersi gentile quando non lo era affatto.
“Quindi la vostra scuola è da queste parti?” proseguì Kuro.
“Sì, a dieci minuti da qui.”
Era strano incontrarlo di nuovo e fissandolo meglio notai che aveva di nuovo tinto tutta la testa di uno strano colore, stavolta di un color platino accecante e aveva indossato diversi orecchini ai lobi. Che tipo eccentrico, perché amava così tanto essere fissato male.
“Giusto, giusto Yoshida me l’aveva detto ma è strano che non sia con te. Non andate a scuola insieme?”
Non capii perché avesse tutta quella voglia di parlarmi quel giorno “Beh di solito no, non viviamo lontani l’uno dall’altro ma non ci abbiamo mai pensato.” O meglio io non glielo avevo mai chiesto esplicitamente.
“Come siete strani!” abbozzò un sorriso e sembrò dirlo senza alcuna cattiveria. Mi ero dovuto ricredere su di loro, a partire dalla stessa Saori. Gli amici di Yoshida non erano affatto male, forse non passavano inosservati ma non era cattivi ragazzi e potevo addirittura osare nel dire che erano simpatici.
Senza rendermene conto, e forse lo notò solo Kuro mi venne da sorridere ripensando a quanto fosse stato bizzarro il festival insieme a loro, eppure lo ricordavo con una strana gioia. “Kyo...”
“Non è Kyo idiota.”
E come era andato via tornò, Hayato ricomparve tra noi e in mano aveva una bottiglia d’acqua presa al distributore. Nel rivederlo pensai che allora non ci aveva scaricato, eppure la sua espressione non era affatto serena, quanto piuttosto seccata da qualcosa e rivolse quel suo stato d’animo tutto verso Kuro, che a disagio, gli sorrise in maniera molto meno spontanea rispetto a come stava facendo poco fa. “Beh allora ci si vede in giro.”
Accennai un saluto con la mano e Kuro andò via.
“Complimenti, sei sempre il solito cretino antisociale”
Hayato fissò il ragazzo andare via, sempre con la stessa espressione stavolta però un pò più apatica ma comunque fredda come al solito “E tu sempre lo stesso idiota.” Sospirai sapendo che continuare avrebbe significato cominciare a litigare, e non ce la facevo già di primo mattino, non se davanti avevo una giornata scolastica che prometteva già così bene.
“Ah e grazie per prima in metro, quei ragazzi erano un pò fastidiosi devo ammetterlo. L’hai fatto perché eri preoccupato che potessi uscirci insieme?”
Sbiancai sentendolo dire una cosa del genere. “Te ne sei accorto?!”
“Non sono idiota, Nomura.” A quanto pare no, non lo era davvero. “Ma dimmi l’hai fatto perché temevi che potessero provarci o che altro?”
Mi sogghignò in faccia attendendo una mia qualche reazione. “Non volevo avere altri gay intorno!” e feci per andare via di lì, volevo assolutamente arrivare a scuola e porre fine a quell’ennesima strana conversazione.
“Piantala con questa storia dell’omofobo, sei ridicolo.”
Mi voltai a guardarlo e notai che mi stava seguendo, cos’è, perché quella mattina non mi ignorava come sempre faceva, che si fosse svegliato con l’intenzione di rompere?
“Sparisci dalla mia vista!” E poi tutto accadde molto in fretta. Senza che me rendessi conto un braccio mi circondò da dietro impedendomi di camminare e il cuore mi si bloccò nel petto. Parve un momento infinito, il tempo parve fermarsi di colpo e ogni cosa intorno a me si era congelata.
Hayato mi era dietro, ne percepivo la presenza forte e calda che mi teneva stretto a se.
“Idiota è rosso.” Mi sussurrò in un orecchio e tutto cominciò di nuovo a scorrere normalmente. Sollevai gli occhi verso il semaforo e notai che preso dalla conversazione ero stato sul punto di rimetterci la vita. Come avevo potuto essere così distratto. Non mi era mai successo prima.
Il braccio di Hayato mi lasciò andare, e il cuore parve tornare a battere così come il respiro che aveva trattenuto per tutto il tempo. “Incredibile hai sedici anni e non sai manco attraversare. Che idiota.”
Dovevo ancora del tutto riprendermi da ciò che sarebbe potuto succedere e come proprio lui mi avesse aiutato era un qualcosa che mi aveva ancora più colpito. Lo guardai senza sapere cosa dire, dovevo ringraziarlo o semplicemente dirgli che era stata colpa sua se non avevo visto il semaforo?
Strinsi i pugni fino a far sbiancare le nocche “E di chi credi sia la colpa eh? Fanculo” e stavolta attraversai senza problemi lasciandolo lì. Stranamente mi era uscito di dire la cosa peggiore, anche se la colpa fosse stata in parte sua mi aveva comunque aiutato, eppure dentro di me non lo accettavo affatto.
 
 
“Perfetto ragazzi! Proponete qualcosa per il festival di quest’anno su”
La rappresentante di classe, Maiko Iruno, prese il posto del docente raccogliendo l’attenzione un pò di tutti sebbene nella pausa ci fosse sempre il solito casino in classe. Come tutti i giorni un gruppo di almeno quattro o cinque ragazze erano piazzate intorno al banco di Hayato, dei pettegolezzi quelle ragazze non se ne fregavano proprio ed in parte erano da ammirare.
“Ehi voi!” tuonò la rappresentante verso il gruppo di ragazze, che non le prestarono attenzione così fu costretta a lasciare la sua postazione e andare dritto da loro. Ora cominciava il bello. “Sto parlando con voi! Tornare al vostro posto invece di stare qui” e il gruppo si aprì come le acque di Mosè per osservare attentamente chi le stesse disturbando dal loro hobby preferito.
Maiko si sentì improvvisamente minacciata. “Che cavolo vuoi tu?” disse una delle tante infastidita.
La rappresentante non ci vide più dalla rabbia, e come la capivo! “Che cosa hai osato dirmi?!” scoppiò facendosi tutta rossa in viso e vidi le vene del collo gonfiarsi. Il gruppo indietreggiò spaventato.
“Ehi boss!” la salutò Hayato comparendo in mezzo a quel casino.
Maiko Iruno lo fissò, il tempo di dieci secondi e tutta la rabbia sparì di colpo, lasciando invece spazio ad un palese imbarazzo di trovarsi davanti il ragazzo più bello della scuola. Era inutile nessuno riusciva a fare la voce grossa con lui, non c’era nessuno che non ne restasse ammaliato.
“Maeda ti prego. Dillo tu a loro che non possono venire tutti i giorni qui.”
Hayato le sorrise, ma più che sorriso parve più una smorfia di chiara vittoria e supremazia su tutti. “Avete sentito il boss no? Non dovete fare così ragazze.”
“Beh se Maeda-san lo dice, credo che dovremmo darci un contegno” ripose immediatamente una, “Si, in fondo non vogliamo causargli problemi!”, aggiunse un altra.
Ormai si era raggiunto un limito alla stupidà e quelle ragazze avevano superato ogni limite umano, a cosa sarebbe potute arrivare pur di ottenere un appuntamento con il principe.
“Voglio essere osannato anch’io così” si lamentò Yoshida seduto accanto a me. Io invece non invidiavo affatto quella sua vita. Essere ammirato da tutti, così perfetto e poi? Hayato a conti fatti non aveva nulla, e se io ero uno sfigato che non faceva nulla dalla mattina alla sera, lui non era così diverso da me e quel pensiero mi rincuorò un pò facendomi capire che era umano anche lui, sebbene non lo sembrasse.
Istintivamente mi venne di fissarlo compiaciuto di quel pensiero, e senza aspettarmelo minimamente quest’ultimo si girò verso di me, mi fissò e cacciò fuori la lingua simulando una smorfia. Idiota!, pensai.
Dentro di me avevo un bruttissimo presentimento e per quanto cercassi di reprimerlo non ne fui capace. La conferma arrivò quando Maiko decise di cosa si sarebbe occupato la nostra classe per il festival scolastico, e cioè una classica aula horror quindi c’era da lavorare e pure tanto. L’idea non piaceva a nessuno, eppure la maggioranza votò di si perché non c’erano altre idee da proporre.
Maiko dopo tre giorni dalla decisione entrò in classe con un grosso cartello riguardo le cose da fare, e la divisione in gruppi con relative mansioni. “Ragazzi mancano due settimane! Vediamo di metterci al lavoro.” Esortò così tutti, e stranamente un sonoro sì, si levò da parte di tutti. Cos’era tutta quella improvvisa unione?
Andai a vedere quale mansione mi fosse stata data, ma raggelai quando lessi i nomi delle persone che avrebbero lavorato insieme a me. Il mio nome era proprio sotto quello di Hayato.
“Ah Nomura” mi venne vicino la rappresentante, “perdonami se ti ho messo solo compagni maschi, ma sai com’è, non posso permettermi che Maeda capiti con ragazze visto quello che succede.”
E aveva pensato bene di metterlo in un gruppo di soli maschi.. era impazzita!
Quando anche Hayato si rese conto del gruppo in cui era capitato non parve dispiaciuto della cosa, anzi, mi sembrò di averlo quasi visto sogghignare all’idea brillante della rappresentante.
Il fantastico compito che ci era stato affidato riguardava in pratica nella raccolta di materiale horror, cioè idee che fossero moderne per una casa dell’orrore. Compito più stupido non poteva esserci, ma tanto male, non avrei fatto chissà cosa se non cercare cose random in rete o guardare qualche film horror.
I compagni che mi capitarono furono una miscela davvero molto bizzarra, e più guardavo la situazione e meno capivo come fossi finito in quel disastro. Maiko aveva pensato bene a tutto, conosceva perfettamente tutti noi e sapeva di aver scelto le uniche persone che parlavano e ammiravano a stento Hayto. Ormai l’avevo capito che eravamo il gruppo cuscino del principe.
“Ehmm quindi che dovremmo fare di preciso?”
Wasashi Iku, un otaku timido e impacciato, l’ultima persona al mondo a cui importava che Hayato fosse il più figo della scuola, l’unico a non provare ammirazione per lui tranne che per i suoi idoli televisivi.
“Che razza di gruppo uff...” sbuffò invece Kazuki Oija.
Con Oija, sebbene fossimo compagni da due anni, non avevo mai parlato. Non era una persona facile da quanto ne sapevo, era abbastanza attacca briga e aveva una passione sfegatata per la cucina italiana e francese. Quale ragazzo giapponese aveva una passione del genere?
Wasashi e Oija erano agli antipodi, il primo aveva una corporatura minuta ed esile, capelli a caschetto neri e mossi, occhi piccoli e verdi e un paio di occhiali tondi alla Harry Potter che gli cadevano sul naso. L’altro invece, Oija, era molto trasandato e non sembrava provare interesse per l’aspetto esteriore, il che lo rendeva un compagno di gruppo ideale, lontano quindi dal mondo di Hayato.
Oija di solito indossava sempre camicia e giacca in maniera disordinata e pantaloni non stirati. I capelli color cenere gli cadevano sciolti e lunghi sulle spalle in maniera arruffata, come se non si pettinasse da mesi e in viso aveva tracce di una barba non curata. Aveva sedici anni come noi ma ne dimostrava quaranta, era assurdo come fosse diverso dal principe. Sotto tutta quella chioma c’erano però due grossi occhi color ambra, con un taglio felino molto particolare. Fisicamente non era nemmeno grasso, addirittura abbastanza robusto sebbene non sembrasse interessargli alcuno sport. C’era qualcuno peggio di me e ne fui contento.
E infine, ma non meno importante c’era Hayato Maeda insieme a noi, e quel pomeriggio si mostrò particolarmente allegro di essere in nostra compagnia e membro di quello strano gruppo.
“Io propongo un bel cinema di film horror per raccogliere idee!” propose con entusiasmo. Non capii la ragione di tutto quella euforia, né del perché fosse così aperto di punto in bianco.
Oija e Wasashi lo fissarono senza proferire una parola. Nessuno di noi ammirava Hayato, quindi non avrebbe ricevuto nessun favoritismo e di ciò ne fui lieto.
“Tu sei Aki Nomura vero?” mi domandò Oija.
“Eh? Sì, sono io.”
Mi scrutò attentamente “Da quanto siamo nella stessa classe?”
... no comment. Incredibile che un mio compagno non avesse nemmeno fatto caso alla mia presenza in quei due anni. Era qualcosa di assurdo.
“E’ talmente invisibile che non si nota nemmeno” commentò pungente Hayato e tirò fuori una lista dalla tasca dei pantaloni “queste sono le idee dell’anno scorso, ma non sono della nostra classe bensì di un altra che organizzò la nostra stessa cosa.”
Afferrai riluttante quel foglio e ne lessi il contenuto aspettandomi una scemenza, “Ma questi sono titoli di pellicole horror, e idee per mostri vari.”
“Bingo!”
Passai il foglio a Wasashi “Ma è fantastico. Dobbiamo solo controllare cosa ci piace da questo elenco, scegliere qualcosa di figo e proporlo. Praticamente il nostro lavoro potrebbe finire entro oggi!” esclamò felice Iku di togliersi dai piedi.
Oija con modi bruschi strappò di mano il foglio al ragazzo seduto accanto a lui, “Uh carino questo film, lo conosco.” Commentò leggendone il contenuto.
Mentre i due davano un occhiata all’elenco mi girai verso Hayato ponendomi una sola domanda. “E di grazie come avresti ottenuto questo bel foglietto?” gli domandai distraendolo dal suo cellulare.
Hayato sollevò lo sguardo dall’apparecchio “Come secondo te?” e si avvicinò minaccioso con fare lascivo. Mi allontanai disgustato, e spaventato che stesse mostrando quel suo lato così sensuale, così, all’improvviso.
“Sei disgustoso.”
Hayato tornò serio e al suo posto “Beh dillo alla ragazza che me l’ha dato, non mi ha trovato così ripugnante.” E sfoderò il solito atteggiamento compiaciuto.
“Io proporrei di dividerci la lista. Passare in rassegna tutto e vederci domani sul tardi e decidere cosa ci ha colpito e che valga la pena da mettere nella casa dell’orrore.” Propose Iku, e non appena si rese conto di essere osservato da tutti cominciò a balbettare e a sudate sistemandosi ossessivamente gli occhiali.
“L’idea non è male” commentai, e il giovane otaku ne parve colpito.
“Bene! Allora propongo di fare così, io e Oija-san ci occuperemo della prima metà, mente Nomura-kun e Hayato-san della seconda metà.”
“Come?!” esclamai.
Punto one perché ero l’unico ad avere il kun nel nome? Non meritavo abbastanza rispetto per quel ragazzo, e secondo perché mi aveva messo proprio con Hayato. “Non vanno bene le divisioni?”
“Certo che no! Non lavoriamo bene insieme, io e Maeda” aggiunsi seccato della cosa.
Oija sorrise “Ma davvero? Eppure sembrate molto amici se tralasciamo i battibecchi.”
“Cosa?!” dove aveva visto una cosa del genere, mi girai irritato verso Hayato sperando che potesse dire qualcosa anche lui ma me lo trovai sdraiato sulla sua sedia, mi fissò e fece spallucce rassegnato a quella decisione. “Ti sta davvero bene?”
“Oh che seccatura che sei. E’ solo per un dannato giorno, non morirai sta’ tranquillo.”
Non ne ero del tutto convinto ma fare altre storie non avrebbe fatto altro che prolungare l’agonia, così molto infelicemente sospirai e annuii con la testa. Iku si illuminò e propose la divisione del materiale da ricercare e da vedere.
Non ero convinto della cosa. In cuor mio sentivo un allarme che suonava incessantemente dicendomi di non fare coppia con lui, di rinunciare a quel lavoro di gruppo e scappare via. Tuttavia, il mio desiderio di fuga non poteva essere realizzato e sebbene non mi facesse piacere dovevo svolgere ciò che mi veniva chiesto di fare, anche se le circostanze lo rendevano difficile.
Era già pomeriggio inoltrato quando uscimmo dall’edificio scolastico e in giro non c’era più nessuno. Oija si guardò intorno in cerca della sua bicicletta, ci salutò con un cenno di mano e lo vedemmo andare via rapido, come se volesse fuggire da tutta quella situazione, e restammo in tre.
“Allora Wasashi abiti nei paraggi?” domandai cercando di eliminare quel silenzio imbarazzante.
Iku sussultò per l’improvvisa domanda e arrossì “I-io n..n-non.. ecco d-devo prendere la metro.”
Ci mise tipo due o tre minuti per rispondere. Che problemi aveva anche lui. “Beh allora mi sa che dovremo fare la strada insieme” gli sorrisi cercando di metterlo a suo agio ma Iku continuò a sudare e a sistemarsi gli occhiali, doveva essere una qualche sorte di tic, pensai.
“Quindi si va a casa o no?” si intromise Hayato ancora accanto al cancello. Ci stava aspettando e la cosa mi sorprese, com’è che non era ancora fuggito via? Lo fissai con un grosso punto interrogativo e incitai Iku a camminare così tutti e tre imboccammo la strada che portava alla metropolitana.
Era una situazione molto bizzarra quella, mi trovavo tra due estremi: da una parte c’era il ragazzo più bello e figo della scuola e dall’altro il ragazzo che non si vedeva mai e che se ne stava nell’ombra. Vederli li, uno di fronte l’altro in metro mi fece pensare a quante sfumature potessero avere le persone, e sebbene quei due ragazzi rappresentassero dei stereotipi mi domandai se non ci fosse altro sotto, se sotto quella loro maschera non ci fosse un lato della personalità che non si fosse ancora visto.
Un brusca frenata e il treno si fermò di colpo. Molti dei passeggeri caddero a terra, e per poco anch’io ma barcollai semplicemente riuscendo a reggermi così anche Hayato. Iku invece era seduto e si salvò, ma altre passeggeri erano finiti a terra, e si erano fatti male.
Aiutai immediatamente chi intorno a me era caduto, così fecero altre persone e la cosa che più mi stupì fu vedere Hayato che aiutava una signora a rialzarsi. Una cosa così scontata eppure stavo osservando tutta la scena deglutendo a fatica e questo perché Hayato rivolse un sorriso così gentile a quella signora.
Non lo avevo mai visto così, anzi forse da bambino sì, pochissimo volte ma avevo già visto quell’espressione sul suo volto e ogni volta che avevo potuto assistere a quel miracolo il mio cuore si riscaldava misteriosamente. Che mi prende, tutti sorridono!
Ancora una volta i nostri occhi si incontrarono e tutta quella gentilezza lasciò posto ad uno sguardo gelido, mi sentii ferito. Erano passati anni, eppure lui ancora mi odiava così tanto, perché. Immediatamente distolse lo sguardo, accertandosi che nessun altro avesse difficoltà a rialzarsi, e mentre lui mostrava quel lato di se, sentivo che tutto il calore provato prima si era trasformato in uno squarcio ricordandomi il passato.
“Oi”
Mi sentii chiamare, e tornando alla realtà mi trovai davanti Hayato.
Sussultai. “Che vuoi?!”
Mi scrutò con attenzione, serio come sempre e con quel suo fare antipatico. Perché ero l’unico al mondo ad essere trattato così di merda da questa persona. Seppe però sorprendermi ancora, e la sua mano si poggiò sulla mia testa simulando forse una carezza? No, non lo era affatto e lo guardai sbigottito. “Ti sei fatto male?” domandò in fine.
“Eh? No.. sto bene.” Ero a disagio così mi allontanai da lui impedendogli di potermi ancora toccare, “Smettila di fare cose da gay” lo rimproverai.
Inarcò un sopracciglio per quella mia affermazione “Oh scusami non vorrei mai contaminarti, imbecille.”
“Come mi hai chiamato?!” ero irritato e a disagio.
“Nomura-kun!” si intromise a quel punto Iku in piedi, “La prossima è la mia fermata, allora ehmm... ci teniamo aggiornati tramite messaggio per eventuali sviluppi.”
Ero seriamente sconvolto che quel ragazzino fosse riuscito a dirmi così tante cose in pochi secondi. Ci salutò entrambi e quando il treno ripartì scese alla fermata dopo.
Come voleva che fosse restammo da soli ma sapevo perfettamente che sarebbe accaduto, eravamo vicini oltre che compagni di classe ed era la mia condanna trovarmelo ovunque.
“Allora come ci organizziamo per il materiale?”
Strabuzzai gli occhi per quella domanda, “Come dici? Non lo so. Scegliti una parte della lista e guardatela da solo, io mi occuperò del resto.”
Hayato sospirò seccato “Sei un idiota...”
“Come?!”
“Siamo in due, dobbiamo farla insieme questa cosa. Non voglio dover tenere il resoconto anche con te quindi vediamo di vederci domani pomeriggio e finiamo presto questa tortura.”
Quindi anche per lui tutta quella situazione era un disagio. Annuii semplicemente capendo di aver detto una stupidaggine, era inutile dividersi ulteriormente. Probabilmente chiunque al posto mio avrebbe saltellato in giro per quella stupenda occasione, ma non io. Avrei preferito essere ovunque e fare qualsiasi altra cosa.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Mi dispiace di pubblicare ogni sei mesi un nuovo capitolo, quando poi sono già tutti scritti e mi basterebbe così poco per metterli qui. Vi auguro una buona lettura <3

CAPITOLO 6

Era così difficile scegliere qualcosa che facesse davvero paura. Non andavo poi così dietro al genere horror, anzi mi spaventava qualsiasi cosa quindi non potevo dare un giudizio appropriato, ma nonostante tutto ce la stavo mettendo tutta. Diversamente da qualcun altro.
“Mi spieghi perchè diavolo siamo venuti in questo fast food oggi?!” Gli gridai contro.
Hayato ignorò completamente che fossi li insieme a lui, e incurante del perché fossimo andati in centro quel giorno ordinò delle crocchette di pollo che cominciò a divorare davanti a me piazzandosi vicino ad un tavolo a caso che però permetteva di guardare fuori.
Lo seguii molto irritato per quel suo comportamento, poi all’improvviso mi porse il sacchetto contenente le crocchette acquistate e mi sorrise con malizia, “Sono buone, assaggia.”
“Non ho fame, porco.” Fece spallucce e tornò a mangiare. “Spiegami perché diavolo siamo venuti qui. Non capisco, avevi detto che c’era una videoteca qui vicino che aveva un settore ben fornito di horror.”
“Si è così infatti.”
Tamburellai con le dita sul tavolo sempre più irritato. “E allora?!”
“Hai altri impegni per caso?” mi fulminò con lo sguardo e mi spaventai. Scossi immediatamente la testa preso alla sprovvista, non credevo che il suo umore potesse precipitare così velocemente. “Ci andremo appena avrò finito quindi datti pace, idiota.”
E non potei fare altro che aspettare che finisse quello snack delle quattro del pomeriggio. Ancora una volta non dovetti guardarmi in giro per rendermi conto che Hayato era fissato un pò da tutti, ed ecco che ricominciava la solita storia.
Finito di mangiare gettò tutto nella pattumiera e mi fece cenno di alzarmi, senza farmelo ripetere due volte lo seguii fino all’uscita mentre altri occhi ci fissavano attentamente, ma non guardavano certo me bensì il bel ragazzo che mi camminava davanti incurante di provocare tanto turbamento nelle persone.
“Spiegamelo un pò, com’è che non ti da fastidio essere fissato?”
“Perché chi mi fissava?”
Lo guardai senza parole, “Sei serio?”
“Sono per metà straniero, è ovvio che non passi inosservato non sembro proprio un giapponese.”
Non era certo per quello che tutti lo fissavano, se anche io fossi stato per metà arabo non avrei certo attirato tutta quella attenzione. Di solito Hayato si era sempre vantato tanto della ragione per cui veniva guardato, improvvisamente quel giorno non l’aveva fatto, tirando fuori la storia che per metà era straniero. “Idiota...” bofonchiai a bassa voce.
“Oh ecco è quello il negozio. Prendiamo i film che ci servono e torniamo a casa” propose e andò verso il piccolo negozietto in pieno centro. Benché fossi passato un milione di volte li non lo avevo mai notato e quando vi entrai capii perché. Non aveva nulla di speciale, aveva l’aria di essere molto vecchio e impolverato e l’uomo che lo gestiva era un vecchietto brizzolato che Hayato salutò.
“Ci vieni spesso qui vero?”
Si voltò a guardarmi, mi rise in faccia e senza darmi una risposta tirò fuori dalla proprio borsa alcuni dvd che non credevo avesse con se e li consegnò al vecchio.
Quindi era davvero così, era già venuto altre volte in quel luogo a noleggiare qualcosa. Che fosse sempre stato strano era intuibile ma non lo credevo un amante del noleggio. E il suo non voler rispondere mi fece sentire un idiota.
“Matsuda-san ci servirebbero questi film” e consegnò la lista all’uomo. Quest’ultimo indossò un paio di occhiali che fino a quel momento aveva tenuto al collo e cominciò a leggerne il contenuto.
“Credo di avere quasi tutto” osservò e sparì sul retro andando a prendere ciò che ci serviva.
Restammo nuovamente da soli, e in quel silenzio mi domandavo da quanto tempo conoscesse quel posto. Lo vedevo che dava un occhiata in giro osservando anche vecchi dvd. A quanto pare aveva molti nuovi interessi rispetto a prima, o magari li aveva sempre avuti.
“Oi” mi fece sussultare sbattendomi in faccia un vecchio dvd, “anche questo è un grande horror, non capisco perché non includano anche un clown pazzo come mostro per la casa.”
Afferrai il dvd e ne guardai il titolo, ne rimasi basito. “Il clown che uccideva a caso... ma che diamine ti guardi?” lo fissai leggermente spaventato.
“E’ un grande film” e me lo tolse di mano con fare offeso e lo poggiò sul bancone con tutta l’intenzione di volerlo noleggiare. Sperai che non mi facesse vedere anche quella roba.
Il vecchio Matsuda tornò con una mega busta di roba, era incredibile che su quella lista fossero riportati così tanti titoli, e mi chiedevo come avremmo portato tutto a casa. Ma a tale dubbio rimediò subito Hayato che si caricò di tutto il peso ringraziando l’uomo e porgendogli dei soldi per il noleggio.
Una volta fuori porsi una mano verso di lui, con tutta l’intenzione di volerlo aiutare ma Hayato mi fissò basito, “Seriamente? Ma se non riesci nemmeno a correre più di 200 m..” osservò.
“Idiota! Lascia che anche io porti qualcosa.”
Hayato fissò le buste, e poi rivolse di nuovo verso di me “No.”
“Eh? Aspetta!”
Ma non mi diede più conto e cominciò a camminare verso casa. Non capivo perché si comportasse così, ok, che ero una vera schiappa a livello fisico ma avere così poca fiducia in me era davvero offensivo.
Per tutto il tragitto continuai a maledirlo in silenzio, camminandogli dietro mentre portava tutto quel peso senza volere alcun aiuto, e sebbene io mi preoccupassi che non ce la facesse portò tutto a casa con estrema facilità. Cos’era Hulk?
Si fermò davanti a casa sua “Allora facciamo da me?” La domanda più inaspettata del mondo.
“V-va bene!” e lo seguii
Sarei rientrato in casa sua, avrei rivisto dopo otto anni la sua stanza e quel pensiero suscitò in me una certa nostalgia chiedendomi quanto tutto fosse cambiato rispetto a prima.
“Sono a casa” disse Hayato una volta dentro togliendosi le scarpe.
“Scusate l’intrusione” feci lo stesso e mi guardai intorno. L’ingresso e la piccola scarpiera erano ancora lì come tempo fa, così come il tappetto che dava il benvenuto ai visitatori.
Vidi Hayato andare avanti affacciandosi verso il piccolo salotto appena sulla destra, “Non c’è Kou” commentò tornando da me e dandomi un paio di ciabatte.
“E’ ancora a scuola?”
“Boh chi lo sa, di solito fa trecento cose ogni giorno quindi non so di preciso dove sia.”
Ma era suo fratello! Che diamine di commento era quello. “E tua madre?” domandai ancora.
“Ufficio.”
Quello non era affatto cambiato quindi. La madre era una rispettabile avvocatessa di successo, sempre indaffarata di lavoro, una donna molto elegante e gentile ma sempre impegnata e ciò aveva causato il divorzio dei genitori di Hayato. Il padre dopo ciò aveva deciso di tornare in America dalla propria famiglia, non sopportando più il Giappone e le sue regole, e mi chiedevo quanto Hayato soffrisse di ciò, e ogni quanto vedesse il padre.
“Vuoi bere qualcosa?” domandò di colpo. Mi stupì quella gentilezza.
“Oh si, grazie.”
“Bene allora vattelo a prendere” e mi liquidò così mentre se ne andava al piano di sopra con un ghigno di divertimento stampato in faccia. Era il solito demonio.
Ignorai però quel suo modo di fare e mi servii davvero da solo. Aprendo il frigo trovai tanto cibo, la maggior parte delle quali schifezze da konbini e cibi precotti. Probabilmente in assenza della madre erano costretti a cucinare cose del genere, un pò mi dispiaceva. Non tanto per Hayato, in fondo era grande, ma Kou come viveva? Era felice di una casa così vuota?
Portai con me la piccola bottiglia d’acqua e salii al piano di sopra. Sapevo perfettamente dove fosse la sua stanza, non avrei potuto dimenticarlo: l’ultima porta del corridoio, sulla sinistra.
Feci per entrarvi e ciò che mi si palesò davanti fu l’inferno. Quella non era affatto una stanza ma un cumulo di robaccia gettata a caso ovunque: riviste, dvd, libri e console sparve sul pavimento così come vestiti e divisa gettati su una sedia a marcire. Guardai tale scena con disgusto.
“Seriamente e tu inviti gente qui?”
Hayato gettò le buste con i dvd sul letto, già sommerso di altre cose. “Non invito mai nessuno qui.”
Possibile? La cosa mi stupì non poco. Quindi ero l’unico che conoscevo quella stanza e il suo stato pietoso. “Come ti è venuto in mente di invitarmi qui...”
“Non morirai. Sposta la roba e siediti.”
La faceva facile lui. Trovai un posto decente per accomodarmi, ma non trovandolo, fui costretto a farmi largo tra tutta quella roba e nel spostare diverse riviste ne beccai una davvero strana, dal titolo: ‘Il buco della sua ciambella è troppo piccolo”.
 
...
 
Fissai la rivista per non so quanto, osservando con sgomento il disegno di due natiche con davanti una ciambella. Non riuscii più a trattenermi a quel punto. “Che diavolo è questa?!” esclamai mostrandogliela.
Hayato non parve stupito che avessi trovato quell’oggetto, afferrò la rivista e ne rise “E’ una rivista tutorial, informa un pò sul sesso tra uomini. Perché ti sconvolge tanto?”
“PERCHÉ MI SCONVOLGE TANTO?”
“Non urlare, non sono sordo.”
E iniziò a sfogliarla molto divertito del suo contenuto. Non riuscivo proprio ad immaginare che diamine di indicazioni potessero esserci dentro, ero pietrificato. “Gettala subito!” lo esortai.
“Scherzi? Mi serve per la pratica.”
Sbiancai. Pratica di cosa... “Brutto pervertito gay!” e mi lanciai contro di lui per strappargliela di mano, ma, stranamente Hayato andò a prevedere i miei movimenti e sollevò la rivista in mano tenendola lontana da me.
Non pensandoci affatto alle mie azioni, piuttosto che lanciarmi contro la rivista ero praticamente finito contro Hayato, e lui mi fissò sogghignando. “Ti sconvolgono così tanto i miei gusti?”
“Smettila con questa storia dell’omosessuale, non lo sei.”
Hayato lasciò cadere la rivista a terra, liberò anche l’altra mano e mi afferrò per le spalle stringendomi forte. Avvicinò il suo viso al mio, molto lentamente senza smettere di sorridere con un certo divertimento, cominciai ad avere molto paura, così chiusi gli occhi.
Un pizzico, e di conseguenza un forte dolore alla guancia. Hayato mi stava tirando una guancia fino a farla diventare rossa “Baaaka. Temi che possa saltarti addosso? Allora un pò credi che io sia gay.”
Lo guardai furioso, “Lasciami idiota!” e mi liberai dalla sua mano.
Hayato sorrise, così spontaneamente che divenne un sorriso davvero sincero che svanì in pochissimo tempo e tornò alla sua solita espressione inesistente. Perché si nascondeva così?
Andò vicino alla tv, spostò un pò di roba, sistemando anche il registratore per dvd “Vediamo di non perdere altro tempo” disse e inserì il primo disco.
Mi domandai com’è che dalla persona a cui piaceva scherzare si trasformasse di colpo nel principe che non voleva mostrare di essere spontaneo, e che sapeva ridere. Non ci pensai più, presi posto accanto a lui e servendomi di un quadernino cominciai ad annotare tutto quello che avrei visto.
Si susseguirono tutta una serie di film, video, e materiale horror che non avevo mai visto in vita mai e dovetti sorbire in una sola giornata. Più si andava avanti e più cresceva la mia paura, al punto che ormai stavo più spesso con gli occhi coperti che a guardare, invece Hayato, era completamente a suo agio e sembrava conoscere la maggior parte di quei film.
Dopo un altra oretta terminò anche l’ennesimo film e Hayato tirò fuori il dvd accedendo la luce.
“Ti prego dimmi che era l’ultimo...”
Mi mostrò l’ennesimo dvd con sopra raffigurato l’ennesimo mostro, e mi sorrise divertito. Ero stanco, e non mi divertivo per nulla diversamente da qualcun altro. E passò altro tempo, un altra ora a raccogliere informazioni tra un sussulto e l’altro, e Hayato che se la rideva di gusto vedendo le mie mille espressioni spaventate. Addirittura arrivai a coprirmi la faccia con un cuscino pescato a caso in mezzo tra tutta quella confusione, con sopra raffigurato un orsetto. Perché aveva certa roba.
Dopo ben tre ore di film, non stop, Hayato uscì di casa per andare al konbini e tornò con qualche schifezza da mangiare, insieme a qualche bibita gasata. Apprezzai il gesto, ma non lo espressi a voce. Notai però che era completamente diverso da come si comportava di solito, allora anche lui poteva diventare normale se lo voleva.
“Il prossimo è l’esorcista” indicò il nuovo dvd.
“Oh no..”
Scoppiò a ridere infilando il disco nell’apparecchio “Sei sempre stato un fifone, identico a quando eri bambino” si fece scappare ad un certo punto dandomi le spalle mentre azionava play.
“Come?” Hayato si accorse di cosa si era lasciato sfuggire e si zittì di colpo tornando accanto a me, e il viso lo nascose sotto la bionda chioma mangiando delle patatine per tenere la bocca occupata. “Tu allora non hai dimenticato ogni cosa” osservai ripensando alle sue parole, “in effetti si ho sempre avuto paura..”
“Taci!” mi zittì.
Lo guardai molto confuso che improvvisamente il suo sono fosse diventato così cupo.
“Non interpretare male. Io ricordo di te, non potrò mai dimenticare di aver dovuto sopportare ogni tua stranezza, così tutta quella cazzo di euforia che mi propinavi tutti i giorni, o il fatto che ti presentassi qui e mi costringessi a fare cose che odiavo. Questo non lo dimenticherò sicuramente.” E sollevò il viso e mi fissò glaciale, mostrandomi un disprezzo mai visto prima.
“Che cazzo ti ho fatto per farti parlare così eh?”
Hayato si alzò in piedi “Tutto quanto!” sbottò.
Quelle parole furono una pugnalata nel petto. Aveva detto ‘tutto quanto’, e io che da sempre, fin da piccolo, avevo creduto che amasse la mia compagnia, che avesse piacere di fare le cose insieme e invece... la verità era ben diversa. Aveva sempre disprezzato ogni cosa.
Mi alzai anch’io, e lasciai che tutto il mio dispiacere si celasse dietro una maschera di rabbia che gli servii in tutta risposta. Non volli nemmeno rispondere alle sue parole, semplicemente raccolsi le mie cose e feci per andarmene via ma non tentò di fermarmi.
All’improvviso era andato tutto a puttane. Era stato un pomeriggio quasi divertente, per un momento avevo rivisto lo stesso Hayato di quando eravamo bambini, lo stesso che insieme a me sapeva ridere ma sentendolo parlare così, significava che tutti quei sorrisi erano stati solo una bugia. Tutto falso.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***




CAPITOLO 7

“Che pessima atmosfera..” commentò Oija osservandoci.
Seduti su due sedie, senza guardarci in faccia, c’eravamo io e Hayato con la stessa faccia imbronciata. Dopo l’accaduto non avevo nemmeno più lavorato insieme, di conseguenza non avevamo portato a termine il nostro semplice compito.
“Beh non importa se non siete riusciti a fare nulla. Io e Oija-san abbiamo raccolto abbastanza materiale, e penso che per il progetto basterà” cercò di alleviare la situazione Wasashi.
Oija trattenne una risata nel vederci entrambi in quello stato “Sarei curioso di sapere cos’è successo.”
Iku gli pestò un piede per zittirlo “Allora che ne dite di leggere il nostro resoconto?” e ci consegnò un foglio. Sia io che Hayato allungammo una mano per afferrare il foglio ma ci fermammo a metà strada, accorgendoci che anche quello ci saremmo dovuti contendere.
“E’ inutile che un cagasotto legga il resoconto” sputò come al solito veleno.
Trattenni dei tic di rabbia “Tranquillo non è un problema.”
“Oh ma davvero? Ho paura che tu possa fartela addosso, Akìo (nome femminile)” e ghignò.
Lo odiavo con tutto il mio cuore, con ogni parte del mio corpo, ogni cellula “Fottiti!” e fregandomene afferrai il foglio dalle mani di Iku, correndo anche il rischio di strapparlo.
“Vedi? Sei un incompetente, per poco non rompevi il foglio.”
“Taci!” lo zittii.
Tutto questo accadde sotto gli occhi basiti di Oija e Wasashi che non seppero come porre rimedio alla situazione se non commentarla. “Scommetto che tra poco a Nomura esploderanno le vene del collo” osservò Oija sempre più coinvolto nella cosa.
“Distruggeranno il foglio di questo passo!”
Hayato mi rubò di mano il resoconto e iniziò a leggerne il contenuto mentre con una SOLA mano era riuscito a tenermi lontano da lui spingendomi via. “Ti ammazzo lo giuro! Principe dei miei stivali!”
“Ma sta zitto. Hai la stessa forza di un bambina di due anni.”
Oija si accomodò e continuò a fissare la scena. “E io che credevo di annoiarmi in questo gruppo” rise.
“Ora bastaaaa!” urlò Iku attirando l’attenzione dei presenti.
Non mi aspettavo affatto che potesse gridare in quel modo, spaventò persino Hayato, anzi parve solo molto stupito che quel moccioso avesse una voce. “Seduti tutti e due. Subito!” Senza farcelo ripetere ci mettemmo a sedere. Era incredibile che fosse riuscito a fermare quella situazione, e lo stesso Oija ne rimase colpito. “Nessuno dei due leggerà nulla! Smettetela di comportarvi da bambini.”
“Non è colpa mia!” cercai di replicare.
Hayato ridacchiò sotto i baffi “E’ sempre colpa tua, non sai stare al tuo posto.”
Iku di tutta risposta colpì il principe con un libro proprio sulla testa. Hayato gridò dal dolore, e si tastò la testa dolorante e stupito per quel gesto, ma così anche noi. Improvvisamente Iku Wasashi aveva cambiato atteggiamento, un aurea spaventosa, molto simile a quella di Hiroto lo investì facendolo trasformare da dolce ragazzo con gli occhiali ad un maniaco pronto ad uccidere.
“Nessuno più parlerà, sono stato chiaro?” espresse con una voce lenta e meno acuta. Oija si spostò da lui sempre più impaurito. “Ora leggerà prima Nomura-kun, e poi passerà il foglio a Maeda-san.. chiaro?!”
Annuimmo tutti, compreso Oija perplesso quanto lo ero io.
Quello fu l’unico modo affinché si potesse ristabilire un pò di ordine, e secondo i suoi ordini incominciai a leggerne il contenuto trovando che il lavoro svolto fosse davvero impeccabile. Erano stati bravi. “Ben fatto Wasashi!” commentai entusiasta.
Iku tornò improvvisamente normale, sistemò i piccoli occhiali e mi sorrise imbarazzato. Cos’era quella repentina trasformazione? “Davvero? Ne sono felice. Credo che possa andare bene.”
Passai come da accordo il foglio ad Hayato, anche se molto a malincuore e con lo stesso atteggiamento il principe afferrò il foglio leggendone il contenuto con estrema attenzione. Ero proprio curioso di sentire che giudizio avrebbe tirato fuori. Forse uno dei soliti pungenti.
“E’ perfetto.” Commentò semplicemente.
Lo fissai basito “Seriamente?” aggiunsi che mostrasse una simile faccia da schiaffi.
Iku saltò di gioia e sfoderò un mega sorriso “Hai visto Oija-san! Abbiamo fatto un ottimo lavoro.”
“S-sì.. che bello...” commentò Oija ancora stravolto dall’episodio di prima.
E dopo quel piccolo teatrino portammo tutto dalla presidentessa che ne rimase molto soddisfatta, quasi commossa che il suo gruppo cuscino avesse lavorato così bene insieme. Poi Maiko si rivolse a me “Spero non ci siamo stati grossi problemi tra di voi” sorrise.
“Ah-ah-ah certo che no.”
“Pfui” fece Hayato sarcastico e gli pestai un piede senza darlo a vedere, questo trattenne un grido e si morse il labbro abbozzando un sorriso tirato.
“Oh sono davvero contenta! Allora perché insieme non vi occupate anche dell’amministrazione quel giorno?” propose la ragazza inaspettatamente.
In coro esclamammo: “EH?”
“Ma sì. Gli altri gruppi si sono rivelati una banda di incompetenti, sopratutto quello con Yoshida...” quello stupido, pensai nella mia testa con disprezzo, “perciò, vorrei che qualcuno quel giorno mi desse una mano con l’organizzazione generale, ecc.. e voi mi sembrate le persone ideali.”
Oija rise, ma ricevette subito una gomitata da Wasashi.
“Presidentessa, credo ci siano persone migliori di noi quattro..” cercai di dire.
“No! Anzi, mettere Maeda fuori dall’aula quel giorno sarà meglio di un cartellone pubblicitario e avremo sicuramente un boom di visite” rise nel pensarci. Non potevo crederci che l’avesse detto sul serio. “Allora siete d’accordo con me?” domandò infine.
“Presidentessa io..” cominciai a dire.
“Io ci sto!” mi fermò Oija, “Trovo che questo gruppo sia una bomba e faremo sicuramente un buon lavoro”.
Come? Cosa? Tutti e tre, io, Hayato e Iku lo fissammo basiti che avesse detto una cosa del genere. E su quelle parole la presidentessa si illuminò “Allora è deciso! Grazie ragazzi, davvero!” e mi strinse le mani in segno di profonda gratitudine. Com’è che la situazione era degenerata fino a quel punto?
Una volta fuori dalla classe Iku esplose “Sei forse uscito di testa?! Io non voglio farlo.”
Sentirglielo dire mi fece un pò rimanere male; il mio pessimo comportamento di prima aveva suscitato un tale disgusto in quel ragazzo che adesso non voleva più averci a che fare con noi.
“Qual'è il problema? Io trovo che abbiamo fatto davvero un ottimo lavoro, e aiutare la presidentessa ci sarà sicuramente bene la media scolastica.”
Cominciai a pensare che Oija l’avesse fatto solo per il bene della sua di media.
“Beh non so cosa voi vogliate fare ma io me ne vado adesso, a mai più” si intromise Hayato con tutte le intenzioni di andarsene ma fu fermato da Oija che gli si parò davanti. Hayato allora lo guardò in cagnesco, infastidito che qualcuno gli avesse sbarrato la strada. “Levati puzzone..”
“No! Resta con noi dai. Non so cosa sia esattamente successo con Nomura, ma ti assicuro che non finirai più a lavorare da solo con lui. Non vuoi anche tu guadagnarti dei punti extra?”
“Non mi servono, idiota.”
Oija parve confuso. Sospirai che non se ne fosse reso conto, allora per chiarire la cosa intervenne Iku porgendogli una mano sulla spalla, “Oija-san lo so che tu durante le lezioni dormi sempre... ma devi sapere che Maeda-san è uno dei più bravi di tutto l’istituto.”
“COSAAAAA?”
Hayato sogghignò per quella reazione, “Quindi ora posso andarmene?”
Odiavo quella storia, non potevo credere che quel maledetto bastardo fosse davvero uno dei più intelligenti in quella stupida scuola e saperlo, o sentirselo dire chissà quanto accresceva il suo ego.
“Quindi adesso non avremo nessuno che attiri le ragazze nell’aula...” osservò sconfortato Oija.
Iku poi mi fissò attentamente. “Tranquillo basteremo anche noi” disse poi, “basterà indossare dei costumi che richiamino il tema, tipo io potrei vestirmi da zombie, e tu magari da troll..”
Oija parve disgustato “Perché io da orribile troll?”
Iku poi mi venne vicino e con la mano mi tirò indietro i capelli, la cosa mi sorprese, ritrovandomi a pochi metri il suo visetto vispo “E Nomura-kun credo che sarà un dracula davvero affascinante” sorrise.
“Eh?”
Un affascinante cosa?!
“Funzionerà vedrete! Mia madre è truccatrice, non sarà difficile renderci davvero orribili.”
Lo notai solo in quel momento che Hayato era ancora lì e si era voltato a sentire le parole del piccolo quattrocchi, e per un semplice istante incontrai i suoi occhi, in un espressione diversa da prima; improvvisamente la rabbia e quel modo scontroso scomparvero lasciando posto a chissà cosa. Tutto ciò però durò molto poco, Hayato si voltò dandoci le spalle e andò via.
“Hayato..” dissi con un filo di voce.
 
 
E giunse, finalmente, il giorno del festival scolastico!
Quel giorno era odiato dalla maggior parte degli studenti, anche perché da due anni a questa parte la scuola in quel particolare giorno registrava un vero e proprio boom di visite, e il motivo è facile da intuire. La scuola non aveva mai ricevuto così tante entrate, o così tante registrazioni all’anno accademico nuovo da parte di ragazze come in quegli anni, tutto a causa del principe.
Per il resto, se si voleva escludere quel piccolo, innocuo dettaglio, tutta la festa era organizzata davvero bene, con un budget anche abbastanza alto, e le classi organizzavano sempre qualcosa di molto divertente.
“Ok branco di capre! Sistematevi ai vostri posti, e di deve dare volantinaggio scenda nel cortile!” gridò la presidentessa con un enorme megafono.
“Maiko-san è proprio necessario il megafono? Ti sentiamo” osservò un nostro compagno, nonché suo personale assistente, ovvero Ueda Tadashi.
“Cosa?!” gli gridò nelle orecchie stonandolo.
Tutta quella scena era a dir poco assurda, ma non ebbi tempo da perdere in certe cose. Avevo già i miei problemi, e cioè diventare un vampiro che fosse spaventoso e che riuscisse ad attirare persone.
Come promesso, quel giorno Iku trascinò sua madre a scuola chiedendole di truccarmi. Iniziò prima da Oija, che divenne sul serio un orribile troll delle caverne. Davvero spaventoso! Seppe modificargli il naso rendendolo grosso e bitorzoluto, e lo vestì di stracci, riempiendolo di peli su petto, mani e piedi.
“E’ fantastico!” commentò Iku guardandolo.
“Ma sono orribile!” si auto giudicò Oija specchiandosi, non gli piaceva proprio l’idea di diventare ancora più trasandato del normale. Eppure dovevo ammettere che era il personaggio perfetto per lui.
Poi toccò a me, Iku aveva trovato il costume perfetto per il conte Dracula: pantaloni neri stretti, una camicia di altri tempi con il colletto della camicia ampio e con un pò di pizzo con tanto di maniche gonfie, come era di moda a quei tempi.
“Manca il mantello” osservai.
Iku sorrise in maniera strana, “Oh non ti servirà.” Con quel commento iniziai ad avere paura, ma per scappare era troppo tardi, fui catturato da madre e figlio e portato nell’aula adibita a spogliatoio e cominciarono a trafficare sulla mia faccia.
Ero spaventato, e temevo che una volta finito deludessi le loro aspettative. In fondo mi ero prestato perché volevo sul serio aiutare, ma non ero certo Hayato.
La mamma di Iku diede un ultimo ritocco con le dita, e mi sorrise dolcemente indicandomi dove fosse lo specchio ma non avevo certo intenzione di specchiarmi, ero impaurito a morte.
“Akii!” nell’aula piombò Yoshida. Lo fissai sconvolto che fosse travestito da mostro, e quest’ultimo nel vedermi spalancò la bocca come un ebete, “e tu chi sei..?”
“Sono io idiota!”
A seguirlo fu Iku per accertarsi del risultato e nel vedermi arrossì, felice come una pasqua e saltellò ovunque orgoglio per qualcosa. “Sei fantastico Aki-chan!” Da quand’è che mi chiamava così...
“Sono ridicolo conciato così..” Yoshida ancora a bocca aperta scosse la testa.
Iku in tutta risposta mi portò lo specchio piazzandomelo davanti, “Allora giudica da solo. Ottimo lavoro mamma!” e fece segno di ok con la donna, che ricambiò il gesto.
Era il momento, dovevo guardarmi e lo feci con tanta paura ma ciò che mi trovai davanti era un altra persona. Quella persona non potevo essere io... il costume mi calzava a pennello, i lunghi pantaloni neri fasciavano gambe e cosce rendendole quasi muscolose, e la camicia in qualche modo rendeva più larghe le mie spalle, così come il torace mi parve più grosso. In fine viso e capelli, erano stati letteralmente trasformati, la madre aveva reso il mio incarnato molto più chiaro del normale mettendo in risalto zigomi che non credevo di possedere, e gli occhi erano stati marcati con un pò di nero per mettere in risalto i miei occhi giallo-verdi. Chissà perché Iku aveva voluto che non indossassi lenti a contatto, strano.
I capelli, che di solito, portavo sempre in modo disordinato furono portati all’indietro con un pò di gel e parvero luccicare sotto tutta quella luce. Ero stranamente bello.
“Allora eeeh?” mi esortò Iku, “Farai un figurone ne sono sicuro!” e andò a mettere a posto lo specchio, tirando via di lì anche Yoshida che nel frattempo non aveva smesso di fissarmi come un ebete. “Indossa i denti finti e colorati anche le mani, noi ti aspettiamo qui fuori!”
E mi lasciarono completamente solo per sistemare le ultime cose. Era così incredibile che qualcuno avesse fiducia in me, o che vi vedesse del valore perché io non mi sentivo affatto così, e sentivo che la persona dello specchio non ero io ma solo frutto di un make-up che aveva sistemato un disastro.
Mi resi conto di avere le mani che tremavano, ero così agitato quindi? Improvvisamente mi pentii di essermi fatto conciare in quel modo, e nacque in me la voglia di scappare via.
Fu in quel momento però che la porta si aprì nuovamente. “Si sto venendo sto sistemando i denti.”
“Quindi ti sei davvero fatto conciare come un idiota?” Riconobbi la voce di Hayato e mi voltai a guardarlo, e me lo trovai davanti vestito da zombie. Non riuscii a credere che fosse bello anche con sangue e brandelli di carne che gli si staccavano da viso e collo.
Ero seriamente confuso di vederlo li, “Che ci fai qui?”
Cominciò a girare per l’aula guardandosi intorno e toccando un pò tutto, a partire dai pennelli e ad alcune maschere buttate li a caso, “Uno stupido quattrocchi ha insistito tanto quindi ho ceduto” e mi fissò sorridendo.
Che quella fosse una bugia o meno, era tornato e di colpo la mia paura svanì, sapendo che non sarei stato solo a fare quella cosa, e che potevo cedere a lui quel mio fardello. Lui era sicuramente più adatto di me. Tornai a respirare e mi appoggiai alla parete dietro di me “Non sono mai stato tanto felice di vederti conciato da morto” e cominciai a ridere sfogando l’ansia che avevo.
Hayato sogghignò divertito “Buono a sentirlo.”
Improvvisamente ebbi di nuovo voglia di fare quella cosa, sistemai denti e mani e mi diedi un ultima occhiata allo specchio e sentii che potevo farlo, che tanto la giornata sarebbe passata in fretta e che nessuno avrebbe notato la mia presenza se Hayato era li con me.
“Allora vieni andiamo” gli dissi andando verso la porta.
“Aspetta idiota, non crederai che mi faccia fare concorrenza da te..”
“Cosa?” lo guardai confuso e poi tutto accadde velocemente. Hayato afferrò chissà da dove un tovagliolo, mi bloccò la fuga con una mano e mi passò quell’affare in faccia rovinando il duro lavoro della mamma di Iku. Finito col viso passò ai capelli e li arruffò a caso facendomi anche male, in quel tentativo andai anche a sbattere contro la porta e la maniglia mi si conficcò nelle costole facendomi annaspare. Aveva improvvisamente rovinato ogni cosa, tutto il lavoro di Iku e di sua madre era andato a puttane. Terminò il suo operato con delle forbici tagliando e distruggendo la camicia in alcuni punti senza ferirmi per fortuna e non potei fare nulla, era troppo forte rispetto a me.
Mi lasciò andare controllando di aver fatto un ottimo lavoro e ne parve soddisfatto. Trattenni le lacrime, più che per me ero dispiaciuto per gli altri. “Perché... PERCHÉ L’HAI FATTO BASTARDO?!”
“Non uscire così, rimettiti la divisa” e mise via le forbici lasciandomi in quell’aula.
Scivolai a terra senza parole. Completamente basito mi strinsi contro le ginocchia con lacrime che non riuscii più a trattenere, perché voleva sempre ferirmi, che cosa gli avevo fatto!
“Tutto quanto!” e risuonarono quelle parole nella mia testa.
Ero stato così sgradevole, una tale maledizione nella sua vita che meritavo tutto quel suo odio. Quel ragazzo non era mai stato mio amico, e mai lo sarebbe più stato perché lo odiavo con tutto me stesso, e fu allora che strinsi i pugni. Non potevo permettere che vincesse così, non avrei permesso che mandasse in fumo tutti gli sforzi degli altri, anch’io avrei fatto la mia parte e avrei partecipato.
Mi rimisi in piedi cercando di sistemare quel guaio ma da dove cominciare? Controllai per prima cosa i danni fatti al trucco e notai che il nero intorno agli occhi era sbavato ma non era male, sembravano occhiate ancora più marcate così intensificai tutto quel nero e aggiunsi altro bianco qua e là per rendermi ancora più cadaverico, e cominciai a giocare col rosso e con la carta. Abbozzai uno squarcio sulla guancia, pieno di sangue e altro rosso picchiettai attorno alla bocca.
Poi passai ai vestiti e finii di strappare tutto aggiungendo dello sporco e altro rosso ovunque, mi tolsi anche una scarpa e mi disegnai una bella ferita anche lì, così come lasciai completamente imbrattate le mani. E in fine osservai i capelli, li riempii di un pò di polvere e una ciocca la sporcai di sangue lasciando che fossero arruffati e sporchi di gel.
Hayato aveva voluto giocare a quel gioco e non mi sarei tirato indietro. Lo avrei affrontato allo stesso modo, sarei stato lo zombie migliore e me l’avrebbe pagata per tutto quanto!
“Eh? Come sarebbe a dire che Aki-chan non è qui. Accidenti!”
Spalancai la porta della piccola aula e mi mostrai, avevo così tanta rabbia in corpo che quel giorno avrei fatto qualsiasi cosa per battere il principe e fargliela pagare.
Nel vedermi, Iku, Oija e la mamma del ragazzo sbiancarono notando che avevo completamente stravolto il mio look. Poi fissai con rabbia Hayato, che parve impallidire un pò non aspettandoselo ma poi sfoderò un sorriso di puro divertimento.
Oija fischiettò “Wow lo avete reso uno zombie alla fine.”
Iku mi venne incontro perplesso “Aki-chan ma che cosa hai combinato? Perché ora sei uno zombie?”
Mi rattristò molto leggere la sua evidente delusione, ma che potevo dirgli... “E’ stata colpa mia. Volevo tagliare via un filo e ho distrutto la camicia, ho dovuto quindi fare altro.”
Non avrei fatto la spia. Non mi sarei abbassato al suo stesso livello, anzi, l’avrei battuto al suo stesso gioco e glielo avrei dimostrato.
Iku sospirò e mi sistemò la manica della camicia completamente strappata, sorridendomi “Fa del tuo meglio Aki-chan!”, fui contento di non avergli dato troppo dispiacere.
Andai accanto ad Hayato, piazzandomi davanti all’ingresso dell’aula horror ignorandolo completamente, la rabbia che provavo era tale che qualsiasi cosa avessi potuto dire non mi avrebbe fatto calmare.
“Non ti arrendi mai tu, eh?” fu la domanda a bassa voce di Hayato e mi passò davanti per andare da Iku. Per un momento pensai di essermelo addirittura sognato ma non fu così, e la dimostrazione fu vedere il suo solito ghigno di divertimento. Ok, voleva giocare? Avremmo giocato!
Finalmente le porte del festival aprirono, e un ondata di persone, senza precedenti invase cortile e tutto l’edificio, e in maggioranza erano giovani.
Il cibo che fu servito, venduto e le attrazioni proposte furono letteralmente prese d’assalto, e tutti parvero divertirsi a partire dagli stessi studenti che se ne occupavano, che così avevano modo di poter interagire con nuove persone.
Quel genere di cose però, non erano proprio il mio ideale ma cominciai a fare il mio lavoro, cercando di attirare più persone possibili verso la nostra attrazione, e sebbene ci riuscissi con qualcuno, la stra-grande maggioranza veniva adescata per la presenza di Hayato, che batteva di gran lunga il lavoro mio e del povero Oija, anche se quest’ultimo tutto faceva tranne che lavorare. Passava tutto il suo tempo a farsi selfie, e messaggiare così irritato gli tirai via il cellulare. “Ehi!”
“Sequestrato fino alla fine del festival” gli dissi mostrandogli che lo mettevo in tasca.
Sbuffò “Chi me l’ha fatto fare...” e finalmente cominciò anch’egli ad impegnarsi.
Ciò che maggiormente mi stupì però fu Hayato, e l’atteggiamento che assunse per tutto il giorno. Sfoderò una gentilezza talmente inquietante che mi fece accapponare la pelle, e ogni tanto si voltava verso di me con un ghigno di vittoria spaventoso. Ovviamente le ragazze invece apprezzavano molto, e nella nostra aula horror ci fu talmente tanta gente che si creò una lunga fila fuori la porta.
“Che diamine succede qui?” comparve il professore di educazione fisica, e lo chiese a me vedendo il caos che c’era fuori l'aula.
“Credo che possa capirlo da solo” e indicai Hayato che accanto alla porta faceva divertire le ragazze.
“C’era da aspettarselo.. chi ha avuto la sana idee di metterlo proprio in mezzo al corridoio?”
Iku sussultò nel sentire quella domanda e si nascose. Poverino, le sue intenzioni erano state delle migliori, non poteva certo aspettarsi una simile ondata.
La cosa andò avanti per ore, e sia io che Oija cercammo di aiutare come potevamo, dando addirittura il cambio dentro ai nostri compagni stanchi. Ma tutto fu un successo, soprattutto l’attrazione principale.
A fine giornata eravamo talmente stravolti che ci lasciammo cadere a terra, anche se eravamo ancora nel bel mezzo del corridoio. Oija era più distrutto di me ma fu chiamato ancora una volta nell’aula perché c’era bisogno di un troll, mentre Hayato fu mandato fuori perché si era creato troppo caos nei corridoi.
Ero solo, e mi crogiolai di quel silenzio e di quella tranquillità. Quanto mi era mancata.
“Non ci credo! Sei uno zombie hahaha” una risata attirò la mia attenzione, e davanti a me mi trovai Kuro.
Non mi aspettai di vederlo li, era esattamente l’ultima persona al mondo che mi sarei aspettato venisse al nostro festival, ma forse l’aveva invitato Yoshida.
“Se cerchi Yoshida è ancora dentro” dissi in fretta.
Kuro guardò verso l’aula tutta tappezzata di nero “Oh capisco. E tu non lavori?”
“Avevo altri compiti oggi.”
Rise “Quindi è questa la famosa aula di cui tutti hanno parlato tutto il giorno. Hayato è stato qui vero?”
Perché lo chiedeva così improvvisamente? “E’ nel cortile. Perché lo cerchi?”
Kuro fece spallucce “Chiedevo giusto per... l’hai fatto tu questo costume?”
Ben in verità sì, avevo sistemato tutto da solo ma come potevo spiegargli l’incidente che era successo? Mi rimisi allora in piedi e annuii, ero così stanco che non avevo nemmeno più la forza di parlare con qualcuno e adesso quel Kuro mi faceva tutte quelle domande.
Lo guardai però più attentamente e notai che dall’ultima volta aveva i capelli un pò più lunghi, rispetto a quando li aveva completamente rasati ora c’era qualcosa che si poteva chiamare chioma e stava spuntando, e aveva dipinto tutto di un blu strong. Perché si conciava in quel modo. Notai anche gli orecchini, stavolta molto piccoli, che portava ai lobi. E sebbene quel colore di capelli fosse strano, si sposava magnificamente con i suoi occhi verdi, e pensai che forse lui faceva tutto ciò per apparire perché se lo poteva permettere, non era affatto un brutto ragazzo.
“Quindi adesso hai finito, sei libero.”
“Tecnicamente sì.”
Kuro sorrise soddisfatto della risposta, “Allora visto che Yoshida è ancora impegnato perché non mi fai fare tu un giro eh?” Come? Lo guardai basito.
“Ma scusa aspettalo!” Non fui ascoltato e afferrandomi per un braccio cominciò a trascinarmi via da lì, dove credeva di portarmi, ero ancora conciato da zombie e non avevo voglia di andarmene a zonzo, soprattutto con lui. Non sapevo nemmeno chi diamine fosse! “Lasciami Kuro!” continuai a dire.
E lì, mentre venivo portato via una mano afferrò il braccio che avevo ancora libero tirandomi da dietro e bloccando Kuro allo stesso tempo, quella sensazione fu così familiare che non ebbi bisogno di capire chi fosse. Era Hayato.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***




CAPITOLO 8


“Dove te lo porti se non ha ancora finito di lavorare. Eh Kuro?”
Hayato nella sua domanda apparentemente innocua riservò un tono molto cupo, accompagnato da un occhiataccia rivolta verso l’altro ragazzo davanti a me. Allora Kuro mi lasciò andare e rise. Quel ragazzo aveva un problema o semplicemente amava prendersi gioco di chiunque?
“Sono sorpreso. Hanno trasformato anche te in uno zombie hahaha, ma come ti hanno convinto.”
Hayato si morse un labbro, “Non sono affari tuoi!” C’era una strana atmosfera lì. Quei due sembravano conoscersi, e anche bene, ma non in senso positivo e già dalla festa di beneficenza avevo letto dell’astio tra i due. Mi domandai il perché. “Muoviti idiota, Iku sta cercando entrambi” e mi tirò via.
E mentre ci allontanavamo gettai un ultima occhiata verso Kuro che mi salutò con un cenno di mano, e lo stesso sorriso di sempre stampato in viso. Gli amici di Yoshida erano davvero strani, pensai.
Hayato mi lasciò andare, ma non mi portò davanti all’aula horror, bensì nella piccina accanto adibita da spogliatoio dove poche ore prima aveva distrutto il mio costume e, ricordandomene, mi salì nuova rabbia. “Quindi? Dov’è Iku?” chiesi bieco immaginando una sua ennesima bugia.
Il principe chiuse la porta “Devo farti i miei complimenti, sebbene io ti abbia conciato male sei riuscito comunque ad elaborare qualcosa per uscire da qui.” E cominciò a battere le mani in segno di scherno.
“Verme.. che cazzo ti ho fatto! Non avevi alcun motivo per distruggerlo, non ti apparteneva!”
“Il vestito non di sicuro.”
Non ne potevo davvero più. Volevo pestarlo, volevo rovinare quel viso che tanto amavano tutti e rovinare quel suo ego mostruoso.
“Ci hai provato Nomura, ma contro di me non puoi vincere. Che tu sia vestito da Dracula, o da chiunque altro non ti si noterebbe mai..” e non gli diedi più modo di dire altro. La rabbia era esplosa, mi scagliai contro di lui dandogli un pugno in pieno viso, e lo colpii, il mio desiderio fu esaudito.
Hayato barcollò a terra confuso, si tastò la guancia e con uno sguardo feroce rispose al mio attacco, si scagliò su di me e dimostrò una forza tale da sopraffarmi tant'è che fui colpito anch’io in viso e schiacciato sotto di lui. Lo odiavo così tanto che continuai a difendermi con graffi e spintoni cercando di rovesciare la situazione ma fu inutile, Hayato mi bloccò entrambe le mani a terra facendomi male.
“Seriamente?” commentò la mia debolezza, “Non puoi battermi idiota, non puoi farlo” e sogghignò nel dirlo dimostrando di esserci riuscito ancora una volta. Ora mi aveva ferito anche fisicamente.
“Io.. non ho bisogno di batterti! Per me non sei nulla, mi fai ASSOLUTAMENTE SCHIFO!”
E in quel momento l’espressione di Hayato da cagnesca si trasformò, il sorriso divertito di poco fa era svanito lasciando posto ad un espressione colpita di chi non si aspettava simili parole. Mi fece più paura di prima non capendo che diamine fosse successo, e poi come se nulla fosse successo o come se si fosse dimenticato di avercela con me mi lasciò andare.
Restai molto colpito che bastasse dirgli una cosa del genere per placarlo, mi misi a sedere e lo fissai cercando di capire e non ne ebbi il tempo perché Hayato, inginocchiato davanti a me mi afferrò per il mento, avvicinò il suo viso a me nascondendo gli occhi sotto la folta frangia. Non sta per farlo, non può!, continuavo a dirmi in quel momento ma ero talmente sopraffatto dalla sorpresa che ogni muscolo del corpo non reagiva e lo lasciai fare. Lasciai che mi desse quel bacio inaspettato. Come se solo il gesto non bastasse a stupirmi di più fu che infilò la sua lurida lingua nella mia bocca, costringendomi a ricambiare ma cercai a quel punto di cacciarlo via, lo spinsi ancora e ancora ma afferrò entrambe le mie mani stringendole e tenendole ferme. Chiusi gli occhi, non potevo credere che stese succedendo, non poteva essere reale.
Poi però un lampo di genio! Misi tutte le forze che avevo, mi concentrai bene e gli morsi la lingua per fermarlo e Hayato sussultò staccandosi da me.
“Che cazzo fai?” esclamò dolorante davanti a me.
Mi pulii la bocca, ma a poco sarebbe servito, sentivo ancora il suo sapore dentro di me. “Questo dovrei chiederlo io a te, brutto idiota!”
Hayato non parve arrabbiato per quel morso, piuttosto molto imbarazzato e teneva la testa incassata nelle spalle. Non lo avevo mai visto così. “Era un bacio, niente di che.”
“Te lo avevo detto che non voglio sottostare ai tuoi hobby!!”
Ignorò completamente le mie parole, sembrò rimuginare su qualcosa roteando gli occhi verso l’alto. “Devi fare pratica di baci fattelo dire, ma il morso è stato un tocco di classe” esordì così con ironia.
Non riuscivo proprio a capirci più nulla, prima era furioso con me, poi serio e ora di nuovo divertito. Fino a poco fa ce le stavamo dando, e stavo persino subendo ma era bastato un non nulla e si era fermato facendo una cosa completamente a caso.
Hayato si passò una mano sulla guancia “Anche il tuo pugno non era male. Volevi rovinarmi il viso?”
“C’ho provato.”
Ridacchiò, “Devi impegnarti di più.” Si alzò in piedi ripulendosi i pantaloni sebbene questi fossero già logori per tutto il trucco da zombie. Andò davanti allo specchio, controllò i danni al viso così come diede un occhiata anche alla lingua. Ero così stordito che non seppi più che fare, volevo solo andare via di li così mi rimisi in piedi anch’io con tutte le intenzioni di lasciarlo da solo.
“Non capisco... perché mi odi così tanto. Che ti ho fatto?” gli rivolsi ancora una volta quella domanda.
Anni fa mi ero chiesto la stesa cosa ed ero stato trattato come adesso, senza un apparente motivo. Volevo davvero sapere cosa gli avessi fatto per suscitargli certi comportamenti.
Hayato si fece nuovamente buio. “Smettila di chiedere sempre la stessa cosa.”
Mi chiusi nelle spalle sentendomi dire di nuovo la stessa risposta. Dovevo rinunciarvi, dovevo smetterla e lasciare semplicemente che sfogasse tutta la rabbia che provava nei miei confronti. Strinsi i pugni nel pensare una cosa del genere, io ero sempre stato corretto con lui.
“Se hai dei problemi non sfogarli sugli altri, sono stufo di questo tuo fare lunatico.” Dissi semplicemente e me ne andai di li sbattendo la porta alle mie spalle.
Ero così frastornato che ripensando al bacio sentii tanto caldo, il cuore a mille. Che situazione di disagio! Ed era tutta colpa sua, di quel dannatissimo ragazzo.
 
//
 
La nostra aula fu quella che più aveva successo in tutto il festival scolastico, e quando ci fu comunicato tutti quanti esultarono orgogliosi di un simile risultato. Addirittura la presidentessa si commosse e Ueda – il suo fidato assistente – fu costretto a porgerle un tovagliolino.
Tutto mi sembrò esagerato ma nel profondo ero anch’io molto felice che tutto fosse andato alla grande, e che tutti quanti fossero contenti e uniti come lo erano in quel momento. Per la prima volta in due anni ebbi come l’impressione di vivere quel sogno scolastico che ormai avevo accantonato da tempo.
“Favolosoo! Tutti mi hanno fatto i complimenti per quanto sono stato bravo” disse Yoshida poggiandosi al mio banco, e ricambiai quella sua felicità con un sorriso. Com’è che improvvisamente riuscivo ad esternare così facilmente un mio stato d’animo? Di solito ero sempre così burbero.
“Il merito è stato di tutti” aggiunse Iku radioso. Già era di tutti quanti per davvero e avremmo tutti avuto crediti extra per gli esami dell’ultimo anno. Ovviamente ad esserne particolarmente happy fu Oija che non smetteva di saltellare ovunque come un folletto, ma la sua gioia era giustificata in fondo.
“Sono davvero rimasto stupito che alla fine il principe abbia partecipato” osservò Yoshida mettendo quel discorso in mezzo. Non avevo proprio voglia di sentirne parlare, il sorriso sparì dal mio volto.
“Sono d’accordo” commentò Iku “inizialmente si era rifiutato di fare lo zombie, se ne era andato ma poi il pomeriggio prima si è presentato nell’aula dei costumi, non ha chiesto esplicitamente di voler partecipare, mi ha solo mostrato il suo costume già pronto da zombie.”
Quella era una novità. Sentire che era stato Hayato stesso a ripensarci mi stupì molto, cosa lo avesse spinto a decidere di partecipare era un mistero, in fondo a lui i crediti non servivano e non aveva bisogno di farsi vedere in giro. Che avesse partecipato per noia o solamente per prendermi in giro?
Yoshida rise “Beh secondo me lo zombie migliore era sicuramente Aki, non c’è dubbio!”
Lo guardai stranito, “Ma che dici...”
“No, davvero! Eri molto più realistico e non ce lo vedo molto uno zombie col le fattezze di principe. E sono convinto che se fossi uscito di li nelle vesti di dracula, avresti attirato tu le ragazze, non certo lui.”
“Sono d’accordissimo! E’ stato un vero peccato.”
L’osservazione di Yoshida fu davvero strana, secondo lui io come zombie avevo funzionato meglio quando poi a stare al centro dell’attenzione era stato sempre e solo Hayato, mettendo tutti noi in secondo piano. Tuttavia, secondo Yoshida forse da dracula sarebbe andata diversamente? “...avresti attirato tu le ragazze, non certo lui.”, aveva detto, eppure lo trovavo così poco credibile.
“Aspetta idiota, non crederai che mi faccia fare concorrenza da te..”, le parole di Hayato quel giorno. Forse aveva distrutto tutto per paura di perdere il suo primato, ma non era da lui non credere in ciò che era, e non potevo immaginare che mi vedesse seriamente come una minaccia. C’era una sola spiegazione logica quindi. A tutto non c’era altra spiegazione.


Quel giorno di pieno autunno cominciò a piovere pesantemente, ma poco mi importò, non sarei tornato a casa tanto presto, se non prima di aver fatto una cosa importante. E mentre mi recavo come al solito nella piccola biblioteca abbandonata sperai con tutto me stesso che Hayato fosse li, così come l’avevo sempre beccato negli ultimi tempi.
Aprii quella porta con il cuore in gola, e l’ansia mista a paura che ci fosse davvero cosicché dovessi davvero affrontarlo. Ne ero davvero convinto?
Come avevo immaginato lo trovai li, seduto al solito tavolo, immerso nella lettura di un libro scelto probabilmente a caso dagli scaffali. Era davvero bello quando se ne stava buono immerso in una cosa che amava, non aveva l’aria del solito principe bensì del bambino che era sempre stato mio amico e che non era molto simpatico agli altri, ma a me era sempre piaciuto così com’era.
Hayato si accorse della mia presenza e mutò il suo sguardo sereno nella solita maschera imbronciata che ormai aveva perennemente addosso, ogni singolo giorno. Chiuse il libro e si alzò. “Complimenti, hai rovinato la mia lettura” disse e raccolse le sue cose in fretta.
“Sai mi hanno detto che come zombie non ero male” attirai la sua attenzione e si fermò, mi fissò molto confuso che stessi tirando in ballo quella conversazione, “e che come dracula avrei sicuramente attirato più ragazze di te, tu che ne pensi?”
“Che vuoi me ne importi” fece per andarsene.
Non ero mai stato particolarmente sveglio su certe cose, anzi ero addirittura lento a capire ma ormai mi ero convinto di una cosa. “Hayato sei innamorato di me?”
Il ragazzo si bloccò di colpo, sbiancò di fronte alle mie parole e improvvisamente tutto ebbe senso. Ero però un pò incredulo che la ragione di tutto fosse davvero quella, sembrava surreale ma tutto divenne improvvisamente vero dato che sul viso di Hayato comparvero due bozze rosse, e la faccia imbarazzata di chi era stato beccato. Vederlo così, in un espressione mai vista prima mi fece pensare quanto fosse carino.
“Sono proprio uno stupido. E da quando? Non credo sia una cosa recente..”
Mi zittì piazzando una mano davanti alla mia bocca. “Taci!”
Irritato che ancora nascondesse la cosa spostai via la sua mano, “Dimmi la cazzo di verità!” lo vidi indietreggiare preso alla sprovvista. Fece una lunga pausa, roteò gli occhi e poi finalmente cominciò a parlare.
“S-seconda elementare.” Balbetto a stento nell’imbarazzo generale.
Stavolta sbiancai io, “BASTARDO IO CON TE DIVIDEVO LETTO E BAGNO AI TEMPI!” gridai furioso che quella storia andasse avanti da allora.
Hayato con una faccia da poker mai vista commentò: “Si lo so, ed è stato fantastico” sogghignò felice. Ero veramente senza parole. Non riuscivo a credere che stesse succedendo. Non solo ero io quello che aveva scoperto quella assurda verità ma dovevo anche essere preso in giro.
“Quindi sei gay per colpa mia?”
“Colpa tua? Che intendi... io non sono gay.”
Come poteva dirlo! “Ti piace un ragazzo, qualche dubbio me lo farei...”
“Ho provato ultimamente a farmi piacere qualche altro ragazzo “ sospirò nel dirlo “e negli anni diverse ragazze, ma nessuno di loro mi piaceva davvero, non mi suscitavano niente.” Wow, ero così speciale? “A quanto pare sei l’unico” finì così e quell’ultima parola fece capitolare il mio cuore. Me ne spaventai, non potevo emozionarmi per una cosa del genere.
“D’accordo allora...” iniziai a dire attirando la sua attenzione, “se lo vuoi davvero uscirò con te.” Hayato inarcò un sopracciglio sentendo le mie parole per nulla convinto della cosa, e la cosa mi preoccupò facendomi anche un pò irritare. “Che problema c’è adesso?!” lo esortai.
“Nulla. Vuoi uscire con me, e per quale motivo, tu mi odi.”
“...Per me non sei nulla, mi fai ASSOLUTAMENTE SCHIFO!” avevo detto così quel pomeriggio, preso dalla rabbia e la frustrazione. Io lo odiavo davvero però? Cercai dentro di me quale sentimento provassi nel trovarmelo sempre davanti, e si c’era irritazione ma anche il forte desiderio che un giorno potesse tutto ritornare come prima, ed ecco il motivo per cui ero li adesso.
“Io non ti odio affatto. Vorrei farlo ma non ci riesco mai per davvero.”
Sul volto di Hayato comparve un sorriso di compiacimento “Sei un idiota, ti stai gettando in una cosa più grande di te e sono convinto che scapperai in meno di un giorno.”
“Eh? Per chi mi hai preso!”
La mano di Hayato circondò il mio collo in una carezza leggera e avvicinò il suo volto al mio, sempre più vicino all’orecchio “A me non importa però, fin tanto che posso averti” sussurrò con tono sensuale, e una brivido cominciò a scorrere lungo tutto il mio corpo. Ebbi di nuovo quella strana sensazione di caldo. E detto ciò mi baciò nuovamente, come era già successo il giorno prima, e stavolta sebbene ne fossi nuovamente stupito, e un pò a disagio lo lasciai fare permettendogli anche di infilarci la lingua. Assaporai quel dolce sapore che aveva. Quel profumo inconfondibile. Era assurdo tutto ciò, avevo seriamente accettato di uscire con un ragazzo e questo era il principe. Che cosa avrei fatto?



SPAZIO AUTRICE:
Sì, ho deciso di pubblicarne uno al giorno finchè posso visto che oggi ho finito di scrivere il capitolo numero 28 e qui siamo parecchio indietro.
Spero che la storia stia piacendo anche se cresce un po' lentamente ma da qui in poi avremo una svolta importante tra i due personaggi e vedremo un po' come Aki gestirà questa decisione.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Angolo autrice: Credo di aver appena finito di scrivere uno dei capitoli più belli della storia solo che ci vorrà ancora un po' affinché io possa pubblicarlo visto quanto sono indietro con le pubblicazioni ma ce la sto mettendo tutta per essere costante e mantenere la mia parola di pubblicare tutti i giorni, salvo qualche imprevisto come ieri. Vi auguro una buona lettura!


CAPITOLO 9


Driii, driii. Spensi la sveglia dandole un colpo secco, molto irritato che avesse disturbato il mio sonno. Stranamente quella notte avevo dormito una vera favola, mai come prima, e sembrava mi fossi tolto un peso da dosso dal ieri ad oggi e la cosa mi fece ricordare di Hayato e di ciò che gli avevo detto: “Se lo vuoi davvero uscirò con te.” Che cazzo mi era preso. Tuttavia ci pensai più lucidamente, potevo uscire con lui, in fondo non sarebbe stato nulla di strano, saremmo semplicemente tornati come quando eravamo bambini, ci saremmo solo frequentati di più e la cosa mi suscitò una strana felicità. Hayato era di nuovo mio amico, e non riuscivo a crederci.
“Oh tesoro sei già sveglio” osservò la mamma col bucato in mano.
“Sì, oggi prima delle lezioni il professore di educazione fisica vuole farci fare qualche extra. Secondo lui siamo troppo delle schiappe.”
Il vero motivo non era quello, bensì si era stancato di tutto il pubblico che c’era sempre, così aveva concordato con tutti gli altri professori di spostare le sue ore prima dell’inizio delle lezioni. Nemmeno in un anime si sarebbe potuto assistere a qualcosa del genere.
“Allora vado a prepararti la colazione e un bento” sorrise come suo solito. Aveva un po' di timore tuttavia, quale mamma brucia continuamente il cibo dei propri figli?
Al piano di sotto beccai Mei già sveglia, tutta intenta a guardare i suoi cartoni preferiti, e osservai quali fossero e ciò che vi trovai fu un anime ambiguo.
“Mei che stai guardando di grazia...?”
Indicò con l’indice i personaggi “Junjou romantica!”
Sbiancai che la mia dolce sorellina stesse seriamente guardando una cosa del genere, immediatamente allora afferrai il telecomando per cambiare canale ma non funzionava! “Accidenti perché non va?!”
“Mei-chan vuole vedere questo!” si lamentò la bambina.
Ridacchiai nervoso, “Ma non fa per te, lo capisci vero?” Poi fui distratto da una scena dell’anime nella quale i due protagonisti si scambiavano effusioni e baci senza alcun ritegno. La cosa mi sconvolse da morire, io non potevo seriamente fare cose del genere con Hayato. No, no, e poi no!
“Tesoro la colazione è pronta!” ci chiamò la mamma dalla cucina.
Nel frattempo mi ero rannicchiato a terra preoccupato a morte, disgustato oltre ogni modo “Improvvisamente mi si è chiuso lo stomaco..”
“Ahahah i fratellone si è messo a terra!”
Dovevo togliermi quell’idea dalla testa. Quei maledetti yaoi che trasmettevano in tv non rispecchiavano la realtà, esageravano come faceva un qualsiasi dannato anime giapponese e preoccuparsi era inutile perché sebbene avessi detto di voler uscire con Hayato, le cose sarebbero andate diversamente. In fondo aveva detto di essere innamorato di me dalla seconda elementare e non aveva mai cercato di fare nulla, avevamo condiviso ogni cosa senza alcun problema quindi sarebbe andata bene.
“Si, posso farcela!” esclamai per darmi la carica.
“Oh davvero? A fare cosa?”
Quella voce fu un fulmine a ciel sereno e mi fece sussultare, della serie parli del diavolo e sbuca. Eppure di cosa mi meravigliavo, eravamo vicini di casa e studenti della stessa scuola, era ovvio che lo incrociassi.
Mi voltai verso di lui a guardarlo, e la visione che mi si palesò davanti fu di un modello per riviste, indossava tutti i giorni la divisa eppure quel giorno gli illuminava ancora di più il viso, e metteva in evidenza lo spettacolare fisico che aveva, e i capelli sembravano così morbidi e lucenti alla luce del sole. Mi diedi improvvisamente dello stupido! Era sempre lo stesso, perché mi mettevo a guardare certe cose?
Ero così a disagio, dovevo comportarmi naturalmente eppure la nostra quotidianità fino a quel momento erano stati continui litigi. Come cambiare quella routine. “Buongiorno” abbozzai un sorriso tirato.
Hayato fissò la mia espressione disgustato “Risparmiatelo sei orribile” tagliò corto e cominciò a camminare. Ero da un po' che me lo chiedevo ma due persone che escono insieme com’è che si comportano? Pensai a qualcosa, ad esperienze passate per poi arrivare alla conclusione che nella mia vita non ero mai uscito con nessuno, e ora mi ritrovo in una pseudo/quasi relazione con un ragazzo.
Prendemmo entrambi la metro, nel più completo silenzio e il che mi parve molto strano. Hayato era il solito, mi ignorò per tutto il tempo e quando ci fu l'occasione di un posto libero non ci pensò due volte ad prenderselo lasciando me in piedi. Era così che si comportava qualcuno che finalmente dopo anni di agoniato amore si comportava con la persona che gli piaceva?!
Beh, tanto male, sempre meglio che vivere quelle scene alla junjou romantica. Se quello sarebbe stato il nostro modo di uscire insieme non mi sarebbe dispiaciuto, pensai. Potevo tranquillizzarmi.
Hayato all’improvviso spalancò una mano e lo fissai confuso. “Che c’è?”
“Sembra pesare la borsa... dalla a me.”
Me lo chiese con fare apatico, senza alcuna gentilezza dipinta sul volto e che lo avesse fatto mi stupì molto. Tuttavia apprezzai quel gesto di improvvisa carineria così annuii e gli sorrisi, “Grazie!” Hayato in tutta risposta annuì non mostrandomi la sua espressione tenendola celata sotto i capelli. Era carino quando non era un completo stronzo.
“Kyaaaaah!” Urlò agghiacciante rovinò quel bel momento.
Sia io che Hayato ci girammo a guardare, e notammo immediatamente due ragazzi che importunavano delle ragazze e una di queste era Saori, vestita della sua divisa scolastica. Assurdo!
“Ma che gonne corte! La vostra scuola vi permette certe cose?” osservò uno dei mostri con la bava alla bocca toccando la gonna dell’amica di Saori, e la poverella gridò ancora.
“Perché nessuno interviene” mi morsi il labbro con la rabbia che cresceva. Se nessuno interveniva l’avrei fatto io a questo punto. Tuttavia non mi fu concesso di andarci perché Hayato afferrò la mia mano e incontrai un paio di occhi glaciali che mi osservavano. “Lasciami Hayato..”
“Sta buono qua” disse e pensai quanto fosse codardo come tutti gli altri. Poi però mi affidò entrambe le borse, e molto lentamente andò dal gruppetto in fondo al vagone e in neppure cinque minuti chiese ai tipi di smetterla, questi gli risero in faccia e in tutta risposta Hayato colpì uno dei due nello stomaco con la stessa cattiveria che lo contraddistingueva. Era assurdamente straordinario! L’altro, completamente spaventato, aiutò l’amico dolorante a rimettersi in piedi e scesero alla prima fermata.
Tutto era finito così com’era cominciato, nel giro di due minuti massimo. Ero rimasto a bocca aperta, ma felice che fosse intervenuto per fermarli. Allora mi avvicinai a lui e alle due ragazze ancora spaventate, “Wow sei stato straordinario” commentai euforico.
“Taci idiota” e afferrò la sua borsa, com’è che il suo umore era così precipitato.
“Hayato grazie! Se non fosse stato per te.. quei due..” cercò di dire Saori.
E li Hayato fece una cosa che spiazzò tutti, cercò di consolare la ragazza e le accarezzò la testa, una carezza così spontanea e dolce che suscitò in me delle reazioni contrastanti. Ero sicuramente contento che le avesse aiutate, ma perché di quel gesto, era così necessario toccarla?
“Oi sveglia Aki, dobbiamo scendere” disse Hayato schioccando le dita davanti ai miei occhi, e tornai alla realtà. Cosa ero andato a pensare, perché mi ero fissato su un dettaglio del genere. Era da yaoi!
Le due ragazze scesero insieme a noi, avevano bisogno di riprendersi così le facemmo sedere su quelle panchine della stazione e presi loro dell’acqua. “Oh grazie Aki, sei sempre così gentile.”
“E’ stato così spaventoso!” commentò l’altra ragazza, molto piccina. Viso tondo, minuto, capelli corti castani e occhi neri sottili dal bel taglio. Era carina quanto lo era Saori, osservai.
Hayato se ne stava davanti a loro con me le mani in tasca, seccato di dover ancora fare il galantuomo. Lo osservai, e non capii proprio come gli fosse venuto un gesto come quello di prima, che gli era preso. A pensarci però, un pò potevo capirlo. Saori era sicuramente carina, e aveva suscitato in lui quella voglia di proteggere la bella donzella in pericolo. Ridacchiai a tal pensiero.
Perché non aveva semplicemente scelto di uscire con una ragazza piuttosto che fissarsi con me? Non avevo qualità particolare, nè bellezza, e non ero sicuramente una ragazza da proteggere, allora perché.
“Sei un idiota!” esclamò a quel punto Hayato, “Ti ostini ad andartene in giro con gonne così corte, poi non lamentarti che qualcuno ti importuni.”
Saori fece broncio, “Ma sono così carine!”
“Allora la prossima volta spiegalo così anche ai tuoi stupratori, baka!” poi rivolse la sua attenzione a me, “Ora possiamo andare per quanto mi riguarda.”
“Ah.. ok.” E lasciammo li le ragazze, ma prima di farlo salutai entrambe. Incredibile che in nemmeno un ora da quando ero uscito di casa potessero già essere successe certe cose, era assurdo. A quanto pare stare entrambi insieme era una sorta di calamita per fatti strani. “Hayato.. “
“Non farlo più” mi interruppe voltandosi molto irritato, “non pensare mai più di immischiarti in una cosa del genere, soprattutto quando non ci sono.” Un sussulto al cuore, lo sentivo che batteva forte nel petto. Sebbene mi sfidasse con il suo solito broncio aveva detto qualcosa di davvero dolce, dovevo dire qualcosa anch’io, dire che non l’avrei fatto più ma non ebbi la forza e Hayato in tutta risposta mi venne incontro e cominciò a tirarmi le guance. “Idiota sei sempre il solito” commentò sempre più irritato.
La guancia quando la lasciò andare si gonfiò e divenne tutta rossa. Lo guardai molto male ma Hayato ignorò le mie occhiatacce e proseguì dritto verso la scuola.
Uscire con qualcuno significava quindi che l’altro si preoccupava per te. Tale pensiero mi riempì il cuore di una strana gioia, ero sicuro che le cose sarebbero andate bene tra di noi.
 
//
 
Servì a poco l’idea del professore. Qualcuno aveva fatto girare la notizia che le nostre lezioni di educazione fisica erano state spostate, e di conseguenza la stessa ondata di persone si presentò anche a quell’ora. Dovevo ammettere che non mollavano quelle ragazze, erano da ammirare.
“Ci siamo svegliati tutti a quest’ora per nulla” commentò seccato Oija stiracchiandosi.
Non era l’unico a pensarla così. Tutti quanti ci sentivamo fiacchi, e la voglia di fare esercizio fisico a quell’ora non piaceva a nessuno eccetto Yoshida che era carico come sempre, e stava già correndo sul posto per fare riscaldamento.
Si udirono delle grida quando Hayato uscì dallo spogliatoio, vestito in tuta e i capelli raccolti con un elastico. Ci mancava solo quello spettacolo...
“Maeda-san è così figo!” gridò una dal bordo del campo e fu guardata malissimo dal professore, tuttavia la ragazza ignorò la cosa e continuò ad agitarsi accanto alle amiche.
Hayato gettò un occhiata verso la platea di spettatrici e sorrise, la cosa fece svenire quasi buona parte del gruppo a bordo campo. In fondo era anche lui che fomentava quella loro ossessione. Perché si divertiva così tanto ad essere guardato, che gusto ci provava non capivo e poi, chissà cosa avrebbero pensato tutte quelle ochette nel sapere che il loro idolo stava uscendo già con qualcuno, provai una strana voglia nel volerglielo dire ma desistetti perché quella cosa non doveva sapersi in giro. Eravamo due ragazzi.
“Nomura!” gridò il professore e me lo trovai davanti, “Sei ancora con la testa tra le nuvole?”
“Ehmm no professore...”
Mi fissò con aria severa, perché se la prendeva con me se il suo piano non aveva funzionato. “30 giri del campo, scattare!” Accidenti, quanto odiavo quei suoi metodi da esercito.
Iku e Oija ridacchiarono vedendo la mia faccia afflitta, e molto tristemente cominciai a correre dovendo addirittura farmi largo tra la folla. Una corsa che sarebbe potuto durare poco divenne un impresa e tutto perché quelle ragazze non volevano andare via, e rimasero li per tutto il tempo a guardare Hayato intento a fare il salto in alto insieme agli altri. Era bravo però, dovetti ammetterlo, e mi chiedevo se ci fosse qualcosa in cui facesse schifo da sembrare quanto meno umano.
Distratto nel guardare altro inciampai come un sacco di patate sotto gli occhi di tutti. Mi rialzai completamente sporco di terreno e con un ginocchio sbucciato. Che umiliazione, pensai mentre le ragazze mi fissavano ammutolite. Probabilmente pensavano che patetico quel ragazzo, che vergogna.
“Su rialzati idiota” e mi fu sventolata davanti una mano ed era proprio quella di Hayato.
“Il principe!” squittì una ragazza lì, “Che gentile!”, disse un altra osservando la scena.
Io però fissai la cosa senza alcun piacere, non avevo bisogno di essere sempre raccattato o aiutato, quel suo dannato modo di fare mi faceva sentire ancora più debole di quanto non lo fossi già. Ok, che uscivamo insieme ma non doveva per forza comportarsi così, mi irritava.
Senza accettare quella mano mi rialzai, e un dolore acuto mi trafisse, avevo il ginocchio messo male e Hayato se ne accorse fissando la cosa. Io però non vi diedi peso e mi feci largo per continuare a correre. Trenta giri dovevo fare e li avrei fatti, anche se mi fossi sbucciato qualsiasi altra parte del corpo.
Se quelle ragazze potevano vantare di essere ostinate, lo potevo fare anch’io e non mi sarei fatto vedere debole davanti a nessuno, chiunque esso fosse. Questo ero io, e l’avrei dimostrato.
Terminò finalmente la lezione, così come la mia estenuante corsa di dolore e il professore ci mandò tutti alle docce complimentandosi con tutti noi per il buon lavoro svolto.
“Ti serve qualcosa Aki?” mi domandò Yoshida vedendomi seduto a terra.
Scossi la testa, avevo il fiatone ma stavo bene “Va avanti ti raggiungo subito.”
E Yoshida si avviò prima di me lasciando che potessi riposarmi. Ero fiero di me, di aver comunque continuato sebbene mi facesse male il ginocchio. Mi venne da sorridere come un ebete e poi un asciugamano tirato con estrema violenza mi arrivò in faccia oscurando tutto.
“Pulisci quel sangue idiota” disse Hayato.
Spostai l’asciugamano, ancora una volta era stato carino con me. Lo strinsi, non sapendo cosa dire o come giustificare il fatto di averlo ignorato prima, per orgoglio non avevo accettato il suo aiuto.
“Mi dispiace...” borbottai pulendo il ginocchio.
Hayato sbuffò “Non mi aspettavo che sarebbe stato facile, lo sapevo dall’inizio” cominciò a dire mettendo in mezzo tutt’altro discorso e lo fissai confuso, e lui in tutta risposta mi sorrise celando un ombra di profonda amarezza, e detto ciò se ne andò verso lo spogliatoio.
Il motivo di quella sua espressione ero io? L’avevo ferito in qualche modo? Mi chiedevo cosa intendesse dicendo così, che cosa pretendeva che facessi. Tutta quella storia era così nuova per me, e principalmente perché di mezzo c’era lui con cui non era sempre facile andare d’accordo. Quindi cosa mi chiedeva.
Dolorante e ancora stanco mi trascinai fino allo spogliatoio, dal quale uscirono molti miei compagni già puliti e con le loro divise addosso. Incontrai anche Iku che ne stava uscendo e mi salutò, feci lo stesso.
Una volta dentro cercai Hayato con lo sguardo e lo trovai accanto agli armadietti che si stava togliendo la maglietta mostrando un fisico asciutto e scolpito, davvero perfetto. Incredibile, ma ammetterlo mi costò davvero tanto, non mi stupiva affatto che mezzo mondo gli sbavasse dietro, era davvero bello e ne rimasi talmente incantato che lo fissai come un allocco per un pò, fin quando Hayato non si accorse della mia presenza rivolgendomi un occhiata gelida e indossando subito la camicia.
“Non volevo davvero rifiutare il tuo aiuto prima.. davvero.”
Chiuse l’armadietto, “Non sono offeso per quello.” E allora per cosa, dimmelo ti prego, avrei voluto dirgli ma non lo feci. Ero così a disagio, sentivo che il cuore mi sarebbe esploso da un momento all’altro. “Però toglimi una curiosità, quando hai detto che saresti uscito con me che razza idea avevi in testa? Che concetto hai di relazione.”
“Che concetto ho?” ci pensai un pò e mi tornò in mente la scena del programma di quella mattina. No, no non era così una vera relazione vero? Non poteva essere.
Hayato sospirò seccato e si accomodò su una panca, “Probabilmente dovrò insegnartelo come funziona.”
“Funziona cosa?!” Sogghignò e si alzò. Mi venne incontro, affascinante e profumato di sapone e mi costrinse ad indietreggiare finendo inesorabilmente contro la parete dello spogliatoio. Bloccò ogni mia fuga con le mani, chiudendomi ai lati e mi fissò intensamente negli occhi. Sentivo di nuovo caldo.
“Hayato non farlo siamo a scuola!” lo spinsi via con una mano e la bloccò.
“Sai quanto me ne importa” e prepotentemente mi rubò un altro bacio, faceva sempre così senza neppure chiedermi se a me andava bene o meno. Non ero contrario, non baciava male anzi, ma era tutto così strano. Di solito baciare qualcuno doveva far provare qualcosa ma io non sentivo nulla, non percepivo alcun sentimento che potesse avvicinarsi all’amore. Perché.
Hayato si spostò da me e mi guardò annoiato, “Sei una frana anche a baciare.”
“Grazie eh.. è normale non ho mai baciato nessuno” mi tappai la bocca, cosa avevo ammesso!
Super imbarazzato sperai che non avesse capito ciò che avevo detto ma era troppo tardi, Hayato iniziò a sorridere compiaciuto della cosa e si avvicinò di nuovo a me, sensuale come sempre. “Eh? Quindi sono il tuo primo bacio giusto?” si crogiolò al suono di quel pensiero.
A quel punto lo spinsi via, adirato che mi stesse prendendo in giro ancora una volta. “Va a diavolo Hayato, e io che ci sto pure a queste cose!”
“Perché te la prendi tanto? Non c’è nulla di male, anzi” e lo fissai mentre lo diceva, “questa cosa mi rende estremamente felice” e sfoderò di nuovo lo stesso imbarazzo del giorno prima in biblioteca. Certe volte poteva tirare fuori delle espressioni davvero adorabili.
Non dissi più nulla, imbarazzato quanto lo era lui. Che situazione strana era quella, era felice per una cosa del genere, poi lo fece di nuovo e mi tirò una guancia facendomi molto male. La lasciò andare subito, lo fissai sconvolto che l’avesse fatto di nuovo in una sola giornata. “Era un espressione orribile” osservò severo.
“E’ la mia faccia!”
Hayato ridacchiò e si allontanò da me andando a raccogliere le proprie cose, “Ci stavo pensando già da ieri a questa cosa, ma credo proprio che dovremmo avere il nostro primo appuntamento in questi giorni.”
“A-a..appuntamento?”
Inarcò un sopracciglio, “Non ho detto di spogliarti eh...”
“Lo so! Idiota.. ma siamo due ragazzi, non credo che funzioni così.”
“Ah no? E dimmi un pò che dovremmo fare?”
La domanda che mi ero posto tutto il giorno, che diavolo avremmo fatto dal quel giorno in poi. Parlare di appuntamenti era strano, e nella mia mente li avevo sempre immaginati molto romantici, l'occasione perfetta per tenersi per mano, baciarci e altre cose. Quello almeno era sempre stato il mio immaginario di un appuntamento, e pensare di doverne fare uno con Hayato sapeva tanto di una barzelletta.
“Andiamo alla sala giochi allora!” proposi tirando fuori una cosa a caso.
Piombò il silenzio.
“La sala giochi.. seriamente?” Hayato parve molto disgustato della mia proposta.
“Ma tutti ci vanno e poi ricordo che tu eri molto bravo” ridacchiai nervoso.
Hayato mi fissò stupito per qualcosa forse colpito dal fatto che ricordassi una cosa simile, “E va bene, vada per la sala giochi. Ci andiamo dopo la scuola?” Annuii soddisfatto che si fosse arrivati ad un accordo, e sebbene lui non sembrasse pienamente convinto abbozzò un sorriso anche se molto lieve. Si avvicinò di nuovo, tirando fuori dalla borsa il cellulare e me lo lanciò. Non capii cosa dovessi farci, “Segnaci il tuo numero.”
“Come?”
“Usciamo insieme è ovvio che abbia il tuo numero, no? Idiota.” Giusto non era sbagliata come idea così glielo segnai, sarei stato di nuovo tra i suoi contatti, che strana sensazione di felicità mista ad ansia. “Dammi il tuo”.
Tirai fuori il mio telefono e incredibilmente Hayato lo afferrò cominciando a trafficarci e in meno di pochi secondo salvò il suo numero e l’indirizzo email restituendomi l’apparecchio. Una volta tornato indietro gli diedi un occhiata e notai con quale nome si era registrato: Amore.
“CHE DIAVOLO E’ QUESTO NOME?!” scattai imbarazzato di averlo anche solo letto nella mente.
“Preferivi tesoro o vita mia?”
Tirò fuori la lingua facendomi una smorfia e scappò via di li portandosi via le cose. Che pessimo modo di scherzare, e con quale coraggio aveva scritto una simile cosa. Guardai quel nome ancora una volta, e spontaneamente mi venne da sorridere anche se non gli avrei mai mostrato quanto quello scherzo mi avesse fatto in realtà divertire.


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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


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CAPITOLO 10


La situazione era leggermente diversa da come io o Hayato l’avevamo immaginata, e soprattutto quest’ultimo aveva intorno a se un alone di rabbia che cresceva sempre di più.
Era stata colpa mia, in classe prima dell’ultima ora mi ero fatto scappare che sarei andato alla sala giochi davanti a Yoshida e Iku, e ora entrambi si erano auto invitati. Che stupido ero stato. Conseguenza di tutto ciò era che adesso invece di essere in due davanti alla sala giochi, ne eravamo in cinque, visto che Iku aveva trascinato nella cosa anche Oija, molto felice di essere li.
“Ehmm che ne dite entriamo?” domandai in generale e mi rivolsi in particolar modo verso Hayato, e le rughe sulla fronte si fecero ancora più profonde, mi fissò con odio e non rispose.
“Non ci vengo da una vita!” esclamò Iku facendo selfie a caso, addirittura in uno trascinò tutti i presenti e Hayato in quella foto comparve di lato con lo sguardo di chi voleva uccidere qualcuno. Per quella situazione l’avrei pagata sicuramente.
Yoshida mi afferrò all’improvviso, “Mi spieghi perché Maeda è ancora una volta insieme a te?” sussurrò confuso.
Divenni rosso come un peperone, come gli spiegavo che ora uscivamo insieme, che avrebbe pensato di tutta quella storia così strana, con che occhi mi avrebbe guardato! “Ci stiamo frequentando...”
“Oh ma è fantastico! Siete tornati amici.”
“Ah-ah-ah si una cosa del genere...” Per fortuna era un completo idiota e non avrebbe mai nemmeno immaginato una cosa del genere, ero salvo. Ancora una volta fissai Hayato e con aria tenebrosa seguì Iku e Oija dentro la sala. Cercai allora di andargli vicino, volevo sistemare quel suo umore nero chiedendo almeno scusa. “Mi dispiace davvero!”
“Risparmiatelo. Non hai invitato anche il professore? Forse gli sarebbe piaciuto.”
Chiuse subito la conversazione con quell’ironia terrificante. Quella storia non si sarebbe risolta tanto presto, e dovevo trovare il modo di sbarazzarmi degli altri tre se non volevo problemi. Aaah, com’era difficile uscire con qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era una persona così burbera. Improvvisamente cominciai a capire che quello sarebbe stato un pomeriggio molto lungo.
I ragazzi subito assaltarono i vari giochi offerti dal posto, Oija e Yoshida si sfidarono in un gioco di scii, poi un altro di macchine mentre Iku si diede a giochi solitari. Restammo fuori da tutto ciò io e Hayato, e più di una volta lo invitai a giocare con me a qualcosa ma rispose sempre con un sonoro: “Con te è come non giocare.”
Ma se pensava che fossi una schiappa allora perché aveva accettato di venire, perché cambiava idea così facilmente, non riuscivo proprio a capirlo.
“Aki dai vieni a giocare con me!” fui catturato da Yoshida, e fregandomene delle occhiatacce di Hayato mi diedi al divertimento, anche se avrei perso quasi ad ogni cosa, e infatti fu così. Yoshida esultò come un bambinone.
“Wow sei una schiappa” commentò Oija divertito.
“Taci..” che speravo. Ad un certo punto vidi Iku guardare altrove e mi domandavo cosa stesse guardando in maniera così seria. Gli andai vicino “Allora ci facciamo una partita?” sorrisi.
“Sai credo che Hayato-san si stia annoiando molto” osservò e con l’indice indicò davanti se. Ciò che mi si presentò davanti non fu affatto l’immagine di un ragazzo annoiato, bensì del solito farfallone circondato da ragazze. Da dove diamine era sbucate tutte quelle tipe eh?
Era un qualcosa di incredibile. Hayato se ne stava seduto sulla sua poltroncina e c’erano quattro o più ragazze a parlargli, alcune delle quali gli si erano anche sedute accanto. Una di queste si era aggrappata al suo braccio, e la cosa mi urtò non poco, odiavo con tutto me stesso quando si comportavano in quel modo e quell’idiota non faceva neppure nulla per cacciarle via, anzi, con loro sfoderò il suo sorriso migliore dimostrandosi il solito falso.
“Non credi che dovremmo aiutarlo?” domandò ancora Iku preoccupato.
“Tsk, non credo affatto che abbia bisogno di aiuto. Coraggio andiamo” e lo trascinai via di li.
Ero arrabbiato, non aveva fatto altro che trattarmi male, solo perché erano venuti anche loro e mi dicevo meno male che erano venuti o avrei dovuto sopportare tutto ciò da solo. Era così innamorato che non si faceva alcuno scrupolo a fare il playboy a manca e destra. Che irritazione!
Costrinsi Iku a giocare con me ad un gioco con le pistole, e nel farlo non mi resi nemmeno conto che con estrema precisione riuscii ad abbattere tutti i mostri del gioco uccidendo per sbaglio anche il personaggio di Iku.
“Aki-chan stai bene? Sembri furioso.”
Osservai lo schermo seccato che la partita fosse già finita così tirai fuori un altra moneta, “Non essere codardo e gioca!” e cominciai a sparare di nuovo ignorando completamente che Iku stesse giocando con me.
Quello fu però il modo giusto per sfogare la rabbia che provavo. Ognuno di quei mostri per me aveva la faccia di Hayato, ognuno con una sua diversa espressione, ed era così bello abbatterle tutte.
Senza che me ne rendessi conto ero arrivato a tipo livello 50, battendo ogni record già registrato nel gioco, e nei casi di pericolo ero riuscito persino a salvare il personaggio di Iku mandandolo avanti insieme a me.
“Ehmm Aki-chan..” cercò di dire il poverello, ma ero troppo preso per rendermi conto del gruppo di persone che si era fatto intorno a noi, colpiti che qualcuno fosse riuscito a raggiungere un simile record.
Io continuai a sparare ovunque, senza mai sprecare colpi e centrando sempre ogni mostro con estrema maestria e man mano che la rabbia scemava mi resi conto che sotto gli stimoli giusto potevo anch’io essere perfetto come Hayato, anche se io non volevo affatto esserlo!
Arrivai ad un certo punto al livello 87, stupendo sempre di più i presenti e la gente aumentava facendomi commenti del tipo: “Questo ragazzo fa paura!”, “Deve essere un tiratore o qualcosa del genere”.
Non ero nulla del genere ma solo un ragazzo molto incazzato.
“Ehi ma state ancora giocando a questo gioco?” domandò Yoshida raggiungendoci, e restando di sasso davanti al risultato riportato sullo schermo, “Livello 87?! Come?”
Iku lo fissò con disperazione “Ti prego aiutami.. non ne posso più!” si lamentò.
“Wow figo, vai Aki!” mi fomentò invece Oija.
Yoshida allora cercò di avvicinarsi a me, cautamente notando l’espressione famelica che avevo stampato in faccia. “Ehmm Aki che stai facendo?” domandò.
“Non lo vedi? Distruggo gli zombie.”
“Si lo vedo, ma vedi.. stai giocando da un pò a questo gioco e Iku sembra stanco.”
Sparai l’ennesimo colpo “Si lo so, ecco perché gli sto parando il culo.” Yoshida rimase spiazzato di avere davanti a se una simile versione di me e non sapeva proprio come comportarsi così molto cautamente cercò di togliermi la pistola di mano e ci riuscì facendomi morire nel gioco. “Ehi!” tuonai.
“Grazie al cielo!” esultò Iku.
“Che ti è preso eh? E dov’è finito il principe, è da un pò che non lo vedo in giro.”
Non riuscii a nascondere il mio disgusto e con un tono basso gli spiegai: “Probabilmente con qualche ragazza.”
“Eh? Ragazza? E dove diavolo l’ha beccata qui dentro se in maggioranza ci sono solo ragazzi”. Il solo pensarci mi faceva di nuovo ribollire il sangue nelle vene. Mi ero messo a giocare per non pensarci ma era servito a ben poco, poi inaspettatamente Yoshida mi afferrò per un braccio “Andiamo a cercarlo su. Iku, voi aspettare fuori vi raggiungiamo subito.”
Iku annuì e spinse fuori Oija, che aveva ancora voglia di giocare ma gli fu impedito.
Yoshida nel frattempo mi trascinò in giro per sala guardandosi intorno e non mi lasciò andare, forse temeva che potessi incollarmi di nuovo vicino a qualche gioco. Quanto doveva essere strana la visione di due ragazzi in quello stato, e improvvisamente mi tornò in mente Hayato, al fatto che avrebbe tanto voluto un appuntamento con me e io gli avevo detto di no, non proprio letteralmente ma avevo rimpiazzato quella sua richiesta con la sala giochi e vi avevo buttato dentro altre persone. Forse l’unico che avrebbe dovuto arrabbiarsi non ero io, ma lui.
Una mano afferrò la mia spalla, e dalla presa sicura e forte capii perfettamente chi fosse.
“Mi spiegate dove ve ne andate mano nella mano eh?” voltandomi a guardarlo mi trovai davanti un ragazzo minaccioso, mai vista un espressione così spaventosa.
Yoshida allora mi lasciò andare “Oh ti abbiamo trovato! Dov’eri finito? Ho dovuto tirare via Aki da un gioco.”
Hayato inarcò un sopracciglio, molto confuso per ciò che stava dicendo, “Un gioco?” Ero davvero imbarazzato di essermi così lasciato andare, che vergogna!
Una volta fuori dalla sala Iku raccontò tutto ad Hayato, della mezz’ora passata a giocare e degli 87 livelli raggiunti battendo ogni record precedente, e del fatto che fossi stato spaventoso per tutto il tempo.
Non seppi che dire per giustificare la cosa. “Mi dispiace Iku!” e mi inchinai davvero dispiaciuto. Avevo perso il controllo, non sapevo nemmeno io spiegare cosa diavolo fosse successo dentro di me.
“Non preoccuparti Aki-chan, in fondo è stato divertente.”
Hayato mi fissò senza più dire una parola e incrociò le braccia davanti al petto, cercai di non incrociare i suoi occhi o avrebbe capito qualcosa che non volevo. La verità è che mi ero irritato ancora una volta senza un apparente motivo, solo perché l’avevo visto circondato come al solito da oche.
“Sono già le sette, che dite torniamo a casa?” propose Yoshida guardandolo l’orario.
Tutti acconsentimmo, in fondo andarsene in giro dopo la scuola era davvero stancante e anch’io non vedevo l’ora di tornare a casa mia per potermi riposare. Da un po' di tempo sentivo che tutte le mie forze venivano portare via da qualcosa, poi pensandoci capii che non era un qualcosa ma qualcuno.
Iku e Oija presero un altra strada per tornare, e Yoshida ci accompagnò per metà tragitto continuando a parlare di cose a caso riempendoci la testa di parole, e l’umore di Hayato peggiorava sempre di più.
Nel salutare Yoshida ne fummo entrambi sollevati, e al tempo stesso stremati. “Quanto parla quel tipo” osservò Hayato basito che qualcuno potesse non sputare mai a terra.
“Già, per fortuna a scuola è sempre mezzo addormentato...”
“Te li scegli tutti tu gli amici strani” proseguì.
Già, ora che ci pensavo avevo sempre attirato gente molto stramba e lui era uno di questi, tuttavia lo guardai attentamente e mi resi conto che non era più il bambino di un tempo. Prima parlava molto poco, ora invece se doveva dire la sua lo faceva eccome anche se il più delle volte sputava solo veleno.
“Non era in programma che si auto invitassero anche loro, giuro” volli chiarire.
Hayato mi camminava accanto, “Si, me l’hai già detto.” Non c’era alcun modo per cambiare le cose, una volta che si sbagliava con lui era per sempre, dannazione. “Mi devi un appuntamento, lo sai vero?”
“Eh?”
“Non fare quella faccia da ebete. Ho sopportato per tutto il pomeriggio quel Yoshida e tutte quelle ragazze che continuavano a chiedermi una foto, il minimo che adesso puoi fare è uscire davvero con me.”
Mi sorprese sentire che aveva dovuto sopportare anche tutte quelle ragazze, quindi non si stava affatto divertendo come credevo. “Hayato.. per sfizio ma dov’eri quando siamo venuti a cercarti?”
“Nel bagno a nascondermi.” Quella risposta così schietta e con quel tono così apatico mi fece ridere. Io mi ero fatto un film per tutto il pomeriggio, avevo visto solo quello che era in apparenza senza capirci nulla.
Hayato mi guardò male, “Che cazzo ti ridi.”
“D’accordo, ti devo un appuntamento per davvero.” La risposta di Hayato fu del tutto inaspettata, si avvicinò senza che me ne accorgessi e agguantò la mia mano stringendola forte. La cosa mi fece sobbalzare, lo fissai spaventato “Che fai?!”
“Che lagna che sei.. che cosa ti sembra che sia?” e mi mostrò le nostre mani unite.
“Ma siamo per strada!”
Hayato sorrise divertito per il mio disagio, “E allora?”
Se anche l’avessi spinto via l’avrebbe fatto di nuovo giusto? Eppure, per qualche strana ragione quel contatto, il solo fatto di stringergli la mano non mi ripugnò affatto anzi mi rese stranamente felice. Era ciò che significava stare con qualcuno? Per me era tutto così nuovo, tanto da averne paura, mentre Hayato sembrava così calmo e composto, e qualsiasi cosa facesse sembrava perfettamente come muoversi. Chissà a quante ragazze prima di me aveva già stretto la mano per essere così disinvolto, e quel mio dubbio mi rese stranamente triste.
Dovevo sentirmi un stupido per pensieri di quel tipo. Eravamo entrambi ragazzi, e lui era il principe! Era ovvio che avesse avuto altre ragazze, e che ci fosse uscito insieme o che magari ci avesse fatto... non riuscii nemmeno a finire di formulare quel pensiero. Non potevo credere che lui avesse già..
Lo guardai, lo scrutai con attenzione cercando una risposta che in realtà non volevo. Non avevo mai nemmeno immaginato cose del genere sul suo conto e ora, da un giorno all’altro mi frullavano per la testa solo pensieri strani, dovuti forse a quella curiosa situazione in cui mi ero gettato senza pensarci due volte.  Eppure, nonostante il profondo imbarazzo sentivo che quel contatto non mi dispiaceva affatto, anzi...

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Capitolo 12
*** Capitolo 10.5 ***


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CAPITOLO 10.5

Di solito Hayato era sempre silenzioso e sembrava non divertirsi mai. Anzi, certe volte sembrava addirittura annoiato di avermi intorno, e sebbene avessi questa sensazione insistevo a voler andare a casa sua. Ogni volta che veniva ad aprire la porta di casa mi propinava sempre la solita espressione apatica, per nulla sorpreso di vedermi li e mi invitava ad entrare con molta poca voglia.
“Vedo che sei solo anche oggi” notai mentre mi toglievo le scarpe.
“La mamma ha portato Kou dal pediatra e papà rientrerà tra un pò.” Avevo sempre trovato la casa di Hayato molto fredda. Non doveva essere facile con due genitori dai lavori così importanti, non mi sorprendeva affatto che lui fosse così, conseguenza di quel contesto familiare. “Che sei venuto a fare?” domandò.
Gli mostrai allora il motivo per cui ero andato a trovarlo: un piccolo gioco per console che volevo assolutamente provare con lui. Gli sorrisi, piazzandogli davanti la custodia. “Proviamolo dai!”
“Dovresti comprarti una console invece di scroccare la mia.”
Ridacchiai dandomi un colpetto “Beccato!”
Hayato mi fissò e non ebbe alcuna reazione, piuttosto mi guidò alla sua stanza invitandomi a sedermi dove capitava. Notai subito la piccola catasta di libri e riviste poggiate sul letto rifatto, e ognuno dei quali riguardava argomentati completamenti diversi. Chissà cos’è che veramente gli piaceva.
“Aspetta qui vado a prendere qualcosa da bere e mangiare” disse e sparì.
Sembrava odiare quelle mie improvvise visite eppure una volta dentro casa sua mi offriva sempre cose deliziose da mangiare, e faceva sempre ciò che gli propinavo di fare. Forse era quello il motivo per cui non mi ero ancora arreso, il fatto stesso che lui in fondo sembrasse starci.
Tornò in camera con un vassoio con sopra due succhi di frutta, con accanto due piattini con delle fette di torta. Tale visione suscitò in me euforia e lo aiutai a sistemare tutto a terra accanto alla piccola console che avevo già acceso, l’aspetto di quel vassoio era davvero invitante.
“L’ha comprata tua madre?” domandai.
“Si, sa che è la tua preferita.”
Sorrisi a quel pensiero che avesse avuto tanta premura sebbene la vedessi pochissimo. “Ringraziala ovviamente.” E ne addentai il primo boccone. Fu estasi. “E’ deliziosa!” Hayato non mangiò la sua, piuttosto mi guardò serio mentre mi crogiolavo di tale delizia dimenticandomi completamente del motivo per cui ero andato da lui. Dovevo sembrargli davvero uno stupido, eppure non facevo nulla per essere diverso o per dimostrargli di non essere così frivolo. Dentro di me avevo sempre sognato il giorno in cui Hayato mi avrebbe sorriso, dimostrandomi anche lui che aveva piacere della mia compagnia e che eravamo davvero buoni amici. Quel giorno lo aspettavo da troppo ormai.
Fu in quel momento che il pollice di Hayato sfiorò il contorno della mia bocca. Quel gesto mi riportò alla realtà e mi lasciò un pò perplesso, non aveva mai fatto nulla del genere prima. Lo guardai confuso, dimenticandomi della torta.
Hayato mi scrutava attentamente, strofinò il pollice sulla mia pelle e poi ritirò la mano “Impara a mangiare, baka, avevi la panna ovunque.”
Sorrisi “Perdonami. Anche la mamma dice che sono un vero disastro.”
“Lo sei.”
Hayato andò ad accendere la console dandomi le spalle. Ero sempre stato affascinato dalla sua schiena, così perfetta e amavo l'attaccatura dei capelli, e come questi cadevano morbidi sul collo in piccole onde. Avrebbe potuto avere qualsiasi cosa se avesse voluto. Era intelligente, bello e se solo avesse avuto un carattere più socievole sarebbe stato sicuramente circondato da amici ma così facendo nemmeno mi avrebbe notato. Tale pensiero mi incupì un pò, e ringraziai in parte che fosse così burbero. Ringraziai che fosse così.
“Allora giochiamo?” domandò voltandosi.
“Eh? Sì giochiamo!”
Sì, magari non mi avrebbe mai sorriso o dimostrato che apprezzava la mia compagnia ma andava bene così. Finché mi apriva la porta, finché accendeva la sua console solo per me mi andava bene che le cose stessero in quel mondo, perché sebbene in apparenza Hayato potesse sembrare di ghiaccio, in realtà era davvero gentile. Una gentilezza velata di cui potevo godere soltanto io.

Spazio dell'autrice: mi dispiace che questo sia soltanto un capitolo di ricordi ma da qui in poi ce ne saranno parecchi e ci spiegheranno un po' come sono stati Aki e Hayato ai tempi della loro amicizia, prima del loro litigio. Mi dispiace anche di aver saltato la pubblicazione di ieri ma ho avuto da fare e questi giorni saranno un po' pesanti perchè sto organizzando il mio compleanno e devo ancora comprare un sacco di cose ma sicuramente domani mattina riuscirò a pubblicare l'undicesimo.

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


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CAPITOLO 11

Era davvero strano come le cose fossero andate a finire. In poco più di due o tre giorni, mi ero ritrovato ad uscire con qualcuno e questo qualcuno non era una splendida ragazza del mio liceo o magari una tipa conosciuta a qualche uscita di gruppo, come spesso avevo immaginato. Il mio raazzo era Hayato, mio vecchio amico d’infanzia, la stessa persona con cui battibeccavo giorni fa, anche se questo piccolo dettaglio non era cambiato affatto.
“Sei un vero disastro”, disse porgendomi un tovagliolo per asciugare il disastro che avevo causato. Ero ancora molto agitato, e al minimo gesto di Hayato sussultavo come un giocattolo a molla. Non amavo che cercasse di baciarmi, o di sfiorarmi, soprattutto se eravamo a scuola ma a lui questo sembrava non importare affatto, e lo aveva dimostrato per la millesima volta cercando di avvicinarsi troppo e come risultato tutto il bento mi era caduto di mano finendo rovinosamente suoi miei pantaloni.
Cercai di strofinare via quel disastro ma fu inutile. Hayato allora irritato mi strappò di mano il tovagliolo “Lascia, sei un incapace.”
“E’ stata colpa tua! Hai cercato di nuovo di toccarmi.”
Hayato mi fissò con sufficienza, “La colpa è tua che scappi come un imbecille.”
A sentirlo quello sbagliato ero io, ma non era così. Cosa pretendeva? Era tutto così dannatamente nuovo, non sapevo neppure come comportarmi. Passavamo del tempo insieme ma non come comuni compagni di scuola, e appena iniziavo ad immaginare cosa stesse pensando ecco che mi veniva l’ansia.
“Lascia perdere” lo allontanai, “non verrà via la macchia.”
Hayato allora si rimise a sedere accanto a me afferrando il suo bento e mangiandone un boccone, e con sorpresa me ne offrì una parte. Di cosa mi stupivo, era ovvio che non mi lasciasse digiuno, allora con le bacchette mangiai un pò del suo pranzo.
“Oggi non c’è nessuno a casa mia perché non fai un salto?”
Tale domandò mi fece andare il boccone di traverso e fui costretto a tossire forte. “COME SCUSA?!”
Hayato continuò col suo fare serio, era assurdo che facesse sul serio “Hai sentito.”
“Assolutamente no! Sei troppo pericoloso e mi faresti qualche strana cosa gay.”
Non riuscivo minimamente ad immaginare come funzionasse tra due maschi e non volevo saperlo. Era troppo presto, e se pure fosse trascorso un anno non glielo avrei permesso.
Hayato sospirò “Credi che ti salterei addosso?”
“Non lo faresti?”
Ci fissammo in silenzio. “Certo che sì” questa fu la sua risposta, e me la propinò senza alcun risentimento.
Poggiai la testa sulle ginocchia in preda alla disperazione all’idea che facesse sul serio, “Usciamo insieme da nemmeno tre giorni, dammi tregua ti prego!” “Baka scherzavo. Non farei nulla. Se reagisci così quando mi avvicino non riesco ad immaginare cosa faresti se provassi a toccarti sul serio.” Che cosa diavolo intendeva col toccarmi sul serio?
Quella situazione era surreale. Era incredibile che improvvisamente mi trovassi a tenere in piedi certe conversazioni, e proprio con lui. Eppure Hayato sembrava così a suo agio, beh in fondo era lui quello innamorato da anni.
Una volta in aula me ne tornai al mio posto aspettando che quella giornata finisse. Quello era il primo giorno che pranzavo con Hayato, ed era anche la prima volta che non vedevo in giro la carica delle sue fans, chissà come se ne era liberato.
“Oh sei tornato” comparve Yoshida rimettendosi al suo posto.
“Yoshida senti” mi girai verso di lui, avevo mente piena di domande “tu hai mai fatto sesso?”
Yoshida sussultò e mi guardò spiazzato per quella domanda così improvvisa. “Ehmm.. Aki.. perché questa domanda così diretta?”
“Niente, credo che tu l’abbia già fatto per questo.” Yoshida parve sudare per quella conversazione, mi ricordava un pò me dieci minuti fa mentre parlavo con Hayato. Anch’io quindi potevo mettere a disagio qualcuno, eppure non ci riuscivo con chi volevo.
“Davvero? Ti do questa impressione?”
Annuii “Hai mai praticato il sesso anale?”
Yoshida allora perse completamente il suo colorito e mi tappò la bocca per impedire che facessi altre domande. “Che ti prende oggi eh? Ti sei svegliato con la voglia di saperne di più riguardo queste cose?” bisbigliò a bassa voce guardandosi in giro furtivamente.
Mi liberai dalla sua presa irritato per quell’atteggiamento, “Piantala idiota. Se non vuoi dirmelo va bene.”
“Non è questo.. ma davvero non ne capisco di ses...anal...” non riuscì a terminare la frase per l’imbarazzo. E mi resi conto di aver chiesto consiglio alla persona sbagliata.
Dovevo smetterla di pensare al sesso, non ero pronto ad una cosa del genere, figuriamoci se avessi dovuto farlo con Hayato. Era fuori questione che glielo permettessi.
“Aki” tornò alla carica Yoshida, “ti sei trovato la ragazza?” La domanda mi paralizzò. “Ho notato che oggi non c’eri in classe per pranzo, con chi te la sei svignata eh?”
“Ero in giro da solo in verità” smorzai immediatamente ogni sua fantasia, e parve deluso della cosa.
Cosa potevo raccontargli di ciò che stava succedendo nella mia vita, parlargli di Hayato significava ammettere che tutte le voci che giravano riguardo il principe erano vere, e non volevo essere messo in mezzo. E pensando a ciò, in quei tre giorni avevo notato che più nessuno aveva detto una sola parola alle spalle di Hayato, e la cosa mi rincuorò, mi domandai allora se non avessi accettato di uscire con lui solo per tirarlo fuori da quella situazione. In fondo fin dall’inizio tutta quella storia della sua omosessualità mi aveva parecchio spaventato, e il solo pensiero che potesse andarsene in giro con altri ragazzi mi aveva messo di cattivo umore. Nella mia mente comparve un immagine strana: Hayato accompagnato da qualcuno che non fossi io, un altro ragazzo che lui avesse potuto amare o che avesse voluto toccare al posto mio, solo al pensiero di ciò mi venne uno strano nodo alla stomaco. Non riuscivo più a capirmi.
Le lezioni terminarono, e tutto ciò che volevo era tornarmene a casa per cambiarmi innanzitutto e per riposare un pò. Erano giorni che la mia testa viaggiava troppo di fantasia, e mi sentivo sempre sulle spine, come mai era successo negli ultimi anni.
“Ehi Aki!” mi chiamò Yoshida rincorrendomi lungo il corridoio, “Torniamo a casa insieme?”
Feci spallucce e gli sorrisi, la cosa non mi dispiaceva. Ormai mi ero abbastanza abituato a quel nuovo livello della nostra amicizia, così come iniziavo a trovare sempre più piacevole la sua voce. Sentivo che qualcosa era iniziato a cambiare dentro di me, che mi stavo aprendo al mondo ed era così strano che tutto stesse succedendo così all’improvviso. A cosa era dovuto tutto ciò.
Sia io che Yoshida ci rendemmo conto del piccolo gruppetto che cercava il principe senza alcuna speranza, mi chiedevo anch’io dove fosse finito. Possibile che se ne fosse andato a casa senza dire una parola? Poco male, avrei avuto per una volta un pò di pace e la cosa mi consolò.
Vicino all'ingresso mi cambiai le scarpe, con calma e aspettai anche Yoshida poi quest’ultimo nel rimettersi in piedi sgranando gli occhi dopo aver visto qualcosa e con una mano tremolante indicò alle mie spalle. “Incredibile..” farfugliò.
Non capii il motivo di quel suo delirare, così mi voltai di conseguenza per dare un occhiata e la scena che mi si parò davanti aveva dell’incredibile, tanto da spiazzarmi. Proprio poco fuori dall'edificio c’erano Hayato, e una ragazza che riconobbi essere Saori che gli sorrideva, e senza aspettarmelo si avvicinò abbastanza da stampargli un bacio sulla guancia, arrossendo leggermente e l’altro che ricambiava con un sorriso cordiale.
Il cuore mi si fermò nel petto come se fosse stato gelato di colpo. Ogni mio pensiero lucido svanì di colpo, così come si oscurò tutto davanti a me, e una sola parola mi riempiva la testa in quel momento: bugiardo.
Bugiardo, bugiardo, bugiardo!
“Quella è Saori..” commentò più sorpreso di me Yoshida a bocca aperta.
Non ebbi il coraggio di guardare altro, feci dietro front per andarmene di li, senza dirlo a Yoshida e quest’ultimo sorpreso mi chiamò per fermarmi, ma fu inutile e fu costretto a seguirmi ovunque fossi diretto.
Mi chiedevo perché fossi così sconvolto della cosa, dovevo esserne contento, in fondo era come diceva Yoshida. Se qualcun altro avesse visto Hayato con Saori avrebbe pensato la stessa cosa, le voci riguardo lui e il suo essere gay erano false. Ma li se c’era qualcosa di falso era proprio Hayato. Che mi aspettavo però, un tipo del genere e di bel aspetto non poteva sul serio innamorarsi di un altro ragazzo, e sicuramente non di me. Aveva fatto tutte quelle cose solo per farmela pagare ancora una volta e io c’ero cascato in pieno, credendogli. Avevo permesso a quel bastardo di baciarmi.
Mi rifugiai senza rendermene conto nella vecchia biblioteca abbandonata, e Yoshida si sorprese che fossi arrivato fin li, “Quindi è qui che sparisci quando io sono agli allenamenti.”
“Sì.”
Yoshida si guardò in giro mentre io cercavo di far ripartire la mia mente. Dovevo ricompormi o anche Yoshida avrebbe certamente capito qualcosa, non potevo sul serio essere così scosso da una cosa del genere. Hayato non mi piaceva, non ero gay, ero così scosso solo perché mi aveva detto una bugia.
“Spiegamelo Aki” mi si parò davanti Yoshida, “per quale motivo sei scappato via?”
Era estremante serio nel chiederlo, e la cosa non mi piacque. “N-non sono scappato.”
“Credi sul serio che sia un idiota eh?” Non lo credevo ma cosa potevo dirgli. “Immagino tu non sia rimasto sconvolto per aver visto quei due insieme, vero?”
Lo ero? Dentro di me c’era così tanta confusione che non sapevo più che fare. Mi strinsi nelle spalle senza sapere cosa dire, o come giustificare quella mia reazione così illogica. Persino me stesso aspettava che trovassi una spiegazione a tutto ciò. Che cosa mi aveva tanto sconvolto?
“Aki?”
“Lasciami in pace!” esplosi in fine.
Avevo gridato senza volerlo e non era ciò che veramente volevo. Guardai Yoshida, e sul suo volto si dipinse una smorfia di disappunto, era la prima volta che mi guardava così freddamente. Avevo esagerato, non era colpa sua, quindi perché me la prendevo con lui.
“Beh io vado ci si sente.”
Il mio unico amico stava andando via per colpa mia. Non volevo che accadesse! E così, ancora una volta il mio corpo agì da solo fermandolo, “Aspetta! Perdonami. Non volevo urlarti contro, davvero.”
Yoshida si liberò dalla mia presa e con rabbia esplose anche lui: “Qual’è il tuo problema eh?! Sembri calmo all’apparenza e poi fai così? Non so proprio chi tu sia realmente.”
“Mi dispiace...”
“Non basta. Voglio sapere piuttosto cosa ti ha fatto gridare così, che cosa hai visto di così sconvolgente?”
Dovevo dirgli la verità? Arrivato a questo punto rischiavo già di perdere l’unico amico che avevo, quindi che differenza avrebbe fatto se mi avesse odiata dopo aver saputo che uscivo con un ragazzo. Eppure avevo paura, il terrore di vedere con che occhi mi avrebbe guardato.
“Hayato...”
Yoshida inarcò un sopracciglio, “Il principe?”, parve confuso.
“Ricordi ieri, quando siamo andati alla sala giochi... secondo te perché c’era anche lui?”
“Ehmm” si toccò la guancia con le dita “perché siete stati amici d’infanzia e adesso ci state riprovando.”
Beh si stava un pò avvicinando “Ecco non è proprio così, vedi io e lui...”
Il mio amico parve rifletterci, aspettando che concludessi la frase ma poi guardandomi in faccia parve captare la risposta che stava cercando e sgranò di occhi, stupefatto di quella rivelazione. “CAZZO STATE INSIEME?!”
“Shhhh! Vuoi che lo senta tutta la scuola?”
Yoshida mi afferrò per le spalle “Com’è successo? Da quando e perché?! Accidenti no, da quando ti piacciono i ragazzi, non ti credevo omosessuale! Aaaah che diamine succede!” delirò.
“Mi dispiace Yoshida...”
Yoshida si ricompose “E per cosa?”
“Devo farti schifo...”
Un colpetto mi arrivò sulla fronte, “Idiota. Non mi fai schifo, che dici. Sono soltanto sorpreso di questa cosa, e ovviamente devi darmi tempo di elaborare la cosa ma non potresti mai farmi schifo” mi sorrise.
Ero seriamente colpito che la sua risposta alla mia rivelazione fossero state quelle gentili parole, che mi stesse prendendo in giro? Fu una possibilità che scartai, Yoshida era limpido come l’acqua, non mi avrebbe mai mentito.
“Cazzo due amici d’infanzia che adesso stanno insieme, sembrate un anime!” ridacchiò per sdrammatizzare.
In tutta risposta sorrisi anch’io pensandoci, “Perdonami per prima.”
“Basta con le scuse idiota” mi diede un altro colpetto, “Ora capisco, sei scappato via perché hai visto Saori dare un bacio ad Hayato. Mi dispiace.”
“No ti sbagli! Non è per quello.” Non lo era?
Yoshida parve confuso, “Ah no? Comunque credo che non ti stia tradendo, Saori non mi sembra proprio il suo tipo sapendo quanto quella ragazza può essere insopportabile.”
“Non mi interessa davvero ah-ah-ah, non voglio più parlare di questa storia.”
“Ma come... io voglio sapere! Aki praticamente stai col ragazzo più desiderato dell’universo.” Mi seguì mentre uscivo dalla biblioteca. Sentendo la sua affermazione, sapere di essere forse l’unico ad aver fatto breccia nel cuore gelido di Hayato non mi fece sentire meglio, anzi, nella mia mente frullavano ancora più domande del tipo: perché proprio io?
Dovetti raccontare ogni cosa a Yoshida, spiegargli come le cose stavano e cosa era accaduto negli ultimi tempi. Alla fine del mio racconto Yoshida era ancora più spiazzato di prima.
“Fammi capire bene è lui che vuole stare con teee?!”
“Shhh!”
“Assurdo.. il ragazzo più ammirato da tutti è in realtà cotto da anni del suo amico d'infanzia” osservò guardandomi da capo a piedi, “e non capisco nemmeno cosa ci abbia visto...”
“Piantala! Ad ogni modo questa è la verità ma giurami che non ne farai parola con nessuno. Non voglio finire anch’io sulla bocca di tutti ed essere chiamato finocchio.”
“Non capisco, che ti chiamino o meno così sei comunque gay se stai con lui.”
Strinsi i pugni “Non lo sono! Cioè, sì esco con lui ma non ci ho fatto nulla.”
Yoshida sogghignò divertito, “Perché che cosa vorresti farci eeeh, sporcaccione.”
Mi partì spontaneo, lo spinsi via in malo modo irritato per quel suo scherzare “E’ una cosa seria!”
“Ahahah perdonami, ma è troppo divertente tutta questa storia. Il principe è innamorato da sempre di te, a tua insaputa eri amico di un ragazzino che ti ha sempre guardato con occhioni a cuoricino” e imitò la cosa.
“Non mi guardava affatto così!”
“Ah no? L’hai mai osservato veramente? Magari non te ne sei mai accorto essendo interessato ad altro.”
Impossibile che non mi fossi mai accorto di qualche strano atteggiamento di Hayato. Eravamo sempre insieme, a scuola e dopo, ed era sempre stato semplicemente il mio amico. Non aveva mai tentato di fare nulla, non mi avrebbe mai tradito in quel modo approfittandosene. “No, non è così...”
“Mh, se lo dici tu. Fin’ora mi hai detto ciò che prova lui, ma tu perché hai detto così? Dici di non essere gay, e che non ne sei innamorato quindi perché ci stai insieme?”
“Voglio evitare che girino brutte cose su di lui.”
...
...
Yoshida mi fissò, “Ah- ah-ah e intelligentemente tu hai pensato di uscirci insieme per mettere a tacere quelle voci. Ma sei un genio davvero!”
“Non avevo scelta! Quell’idiota voleva andarsene in giro a cercarsi dei ragazzi con cui fare sesso.”
“Questo è stupido e anche crudele, quel ragazzo ti ama!”
“Si può sapere che fai? Da che parte stai?”
Yoshida mise le mani davanti “Dalla tua ovviamente, ma il principe prima o poi vorrà di più e cosa farai quando ti chiederà per esempio di.. si insomma.. di...” non riuscì a finire la frase e sbiancò.
Di conseguenza anche a me venne meno il respiro pensando a ciò che immaginava. Ci ritrovammo entrambi ad immaginare una possibilità, una cosa che non avevo valutato.
“Assolutamente no!” sbottai imbarazzato a morte.
“Idiota e perché hai detto di si? Cosa credi che voglia farci con te eh?!”
Non avevo idea di come funzionasse l’amore o le relazioni, o cosa esattamente provasse Hayato riguardo me. Quella domanda non me l’ero mai posta, nemmeno perché avesse scelto me. Da quando avevo scoperto dei sentimenti di Hayato si erano susseguiti tutta una seria di episodi che mi aveva impedito di pensare lucidamente riguardo la scelta che avevo fatto. Era giusta per Hayato? E per me stesso?
A quel punto squillò un cellulare, era il mio. Lo tirai fuori dalla tasca e lessi il nome sul display, così fece anche Yoshida e ne rimase basito quando lesse Amore. Mimò di strapparsi i capelli “Vi chiamate anche amore! Siamo a livelli gravi!”
“Shh sta zitto non parlare! Pronto?”
- Dove diavolo sei? –
Sembra irritato dal tono di voce, dov’era finito tutto il buon umore che aveva con Saori, eh? “Mi sono trattenuto un attimo con Yoshida a scuola, perché?”
Yoshida si spaventò “Non mettermi in mezzo!” bisbigliò. Lo ignorai.
- Ti sto aspettando da una vita. Muoviti andiamo a casa. –
“A casa?”
- Sei diventato completamente scemo nel giro di un ora? Si a casa, datti una mossa! – e attaccò. Era sempre gentile come suo solito.
“Certo che se questo ragazzo è innamorato di te allora io sono Brad Pitt...”
Rimisi il telefono a posto, e il commento di Yoshida non mi era affatto sfuggito. Piuttosto mi chiedevo perché mi stesse aspettando per tornare a casa, cosa aveva in mente. “Mi dispiace ma devo andare.”
Yoshida capì e non disse nulla, lo lasciai indietro correndo da Hayato. Non capivo perché avessi tutta quella fretta di raggiungerlo; il cuore che mi tamburellava nel petto per l’ansia di sapere cosa volesse.
Mi ritrovai nuovamente all’ingresso e lo vidi poggiato agli armadietti con le mani in tasca, alto e bello, come solo il principe poteva essere e i folti capelli biondi parvero un pò più scuri del solito quasi cenere ma gli occhi brillarono di luce quando mi videro. Entrambi i nostri sguardi si incrociarono in un momento quasi di shoujo manga, poi la sua espressione mutò in cagnesco, mi venne incontro e mi tirò per una guancia.
“Quanto volevi farmi ancora aspettare eh?”
Mi liberai dolorante “Ahi che male! Bastardo!”
“Su, andiamo voglio passare prima in un posto.”
E ora cosa diavolo avrà in mente?!
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12

Con mia sorpresa fui trascinato davanti un cinema, nel cuore del pomeriggio. Perchè. Di tutte le cose strane che potevano essermi successe quella le batteva tutte.
Hayato, senza alcun motivo apparente aveva deciso di trascinarmi in giro e il famoso posto di cui aveva parlato era un cinema in pieno centro. Ci ritrovammo come due idioti davanti l’enorme edificio.
“Ehmm perché diavolo siamo qui?”
Hayato con fare tranquillo, e le mani in tasca mi osservò “Guardiamo un film, mi sembra ovvio.” Un silenzio imbarazzante ci avvolse. Era incredibile che l’avesse detto seriamente.
“SONO LE 5 DEL POMERIGGIO!”
“C’è un particolare orario per andare al cinema?”
Mi calmai “Beh no.. ma..”
“Quindi non c’è problema.”
E si avviò non curante della mia reazione verso il botteghino per la compera dei biglietti. Aveva deciso tutto da solo, senza neppure chiedermi che ne pensavo o che diavolo di film volessi vedere. Lamentarmi sarebbe servito a poco, non avrei mai vinto contro di lui e poi gli avevo promesso un appuntamento per l’ultimo mio disastro, decisi allora di lasciar perdere e assecondarlo.
“Due biglietti” disse alla signora dietro lo sportello. Mi preparai a per pagare la mia parte ma fui fermato da Hayato che mi bloccò la mano e mi fissò gelido, manco gli avessi ammazzo il cane e mi terrorizzò.
“Per quale film?” domandò ancora la donna.
Hayato senza timori indicò una locandina in alto “Love is the way.”
“Eh?!”
La donna lo fissò turbata e poi lanciò un occhiata anche a me, notando probabilmente che il suo accompagnatore era un ragazzo. Doveva trovare molto bizzarra la cosa, che due ragazzi andassero a vedere un film del genere. Ma perché diavolo aveva scelto quello! “Ehii io non voglio vederlo” borbottai.
“Non mi interessa. Oggi si fa come dico io.” Tagliò corto severo.
Comprati i biglietti, Hayato si accertò anche che avessi di che mangiare in sala e comprò un pò di tutto riempiendomi di cose. Pagò tutto lui, rifiutò che pagassi la mia parte e ogni volta che ci provavo mi lanciava occhiate da serial killer. Aveva proprio uno strano modo di occuparsi della persona che amava.. un momento, no, no, no, quello sì era un appuntamento ma non in quel senso. Eravamo due semplici amici al cinema, e stavolta aveva offerto lui, così, per gentilezza.
Nella sala come c’era da aspettarsi c’erano pochissime persone, per lo più coppiette e ragazze in gruppo. Non conoscevo nemmeno il film, né avevo visto il trailer, mi chiedevo però se ad Hayato piacesse quel genere.
Prendemmo posto in una fila centrale completamente vuota, che strana sensazione trovarsi in un cinema quasi vuoto, ma la cosa non sembrava turbare Hayato.
“Mi spieghi perché hai scelto questo film?” domandai ancora.
“Per creare atmosfera.”
“Seriamente Hayato!”
Mi fissò serio “Sono serio infatti.”
Mi veniva di arrendermi. Ogni cosa che faceva era assurda, e priva di senso. Parlava di atmosfera, ma cosa sperava! Che vedendo due che limonano mi lasciassi andare con lui? Non esisteva, non saremmo finiti a fare roba da manga yaoi, poteva scordarselo!
Il film cominciò poco dopo e come mi aspettavo si susseguì una storia banale, smielata con due amanti destinati a separarsi per via della guerra che fece piangere buona parte del pubblico femminile. Io invece sentivo che da un momento all’altro avrei vomitato tutti i popcorn, insieme alla coca-cola. Hayato invece se ne stava attento con lo sguardo fisso sullo schermo, silenzioso e calmo come non mai, sembrava addirittura preso.
- Ti ho sempre amato Naomi!
- James...
A chi poteva piacere certa roba dannazione!, pensai dentro di me. Mi guardai un pò in giro, e alle mie spalle notai una coppietta che si stava baciando, ma proprio a darci dentro e la cosa mi sconvolse. Tornai allora dritto, mi avvicinai ad Hayato per fargli notare la cosa disgustosa.
“Ehi questi due dietro di noi ci stanno dando dentro..” bisbigliai.
“Si, lo so e beati loro.”
Lo guardai male, ricominciava. “Piantala di fare così mi dai sui nervi!” barbottai ancora con un filo di voce.
Hayato roteò gli occhi verso di me “E’ un appuntamento questo quindi cerca di impegnarti un pò.”
“Cosa pensi che dovrei fare!”
Senza chiedermelo Hayato mi afferrò la mano e la strinse, quel gesto mi spiazzò e il cuore sussultò come spesso stava accadendo negli ultimi tempi. Non poteva fare così, non poteva pretendere che ci saremmo comportarti come le normali coppie, perché tutto ciò era assolutamente strano.
“Lasciami Hayato...”
“Non ne ho intenzione.”
- Non capisco perché mi ami così tanto James? Sono solo una serva.
- E’ difficile spiegarlo ma ti ho amato dal primo momento che i miei occhi ti hanno vista, da sempre.

Quelle parole mi colpirono come una freccia scagliata dritta nel petto. Era ciò che avrei voluto chiedere ad Hayato, perché... perché lottava, perché si impegnava così tanto per me. Ero lo stesso ragazzo che a suo tempo l’aveva mandato al diavolo, che nell’ultimo periodo gli aveva detto le peggior cose, eppure, eccolo qui che mi stringeva la mano trasmettendomi quello che era il suo tepore.
Il film andò avanti così, con Hayato che ogni tanto mi lasciava andare per prendere una manciata di popcorn, e poi mi richiedeva di stringergliela. Dopo un pò avevo anche smesso di lamentarmene.
- James noooo! Ti prego non lasciarmi. Resta vivo!
- N-naomi... sorridi ti prego, la guerra... è finita.
- Sta’ zitto non parlare! Non mi lasciare. Non importa se questo mondo finirà, se questa guerra avrà fine o meno mi basta solo che tu sia qui con me!
- E invece no... io voglio che tu viva in un mondo in pace, anche se non ti vedrò più.

Era banale, una trama così scontata da farmi vomitare eppure, l’amore dei due personaggi rappresentava perfettamente ciò che avrei voluto per me. Un amore vero, passionale, che mi facesse battere forte il cuore. Un amore capace di darmi una ragione per svegliarmi ogni mattina, come lo era stato per James. Ma quel tipo di amore esisteva? Non era solo una cosa che si vedeva nei film? Non potevo pretendere di vivere una cosa del genere, ogni aspettativa avuta negli anni precedenti era svanita e quindi chi ero per sognare nuovamente. Pensavo ciò, eppure accanto a me c’era Hayato e rivedevo in lui lo stesso bambino del passato. Lo stesso che rendeva le mie giornate piene e mi dava un motivo per immaginare sempre cosa fare, solo perché pensavo di farle insieme a lui. Si, a suo tempo lui era stata la ragione che mi faceva uscire di casa. E ora?
“Sveglia bel addormentato il film è finito” mi fu sventolata una mano davanti.
“Eh?”
Hayato mi scrutò seccato “Complimenti, ti sei addormentato.”
“Seriamente?! Scusamiiii!”
Sospirò nel sentire le scuse, si passò una mano nei capelli e mi ordinò di alzare il culo. Come avevo potuto. Mi ero addormentato e io che pensavo di essermi goduto tutto il film, e invece... che pessima figura, ora gli dovevo l’ennesimo appuntamento.
Usciti dal cinema Hayato gettò i sacchetti vuoti dei popcorn nell’immondizia, “Sai pensavo che sarebbe andata meglio, ma mi sbagliavo” parve sconfitto.
“Perdonami! Dai andiamo dove vuoi, verrò.”
“No, non ne ho voglia. Che mi aspettavo, sei il solito idiota.”
Eh? “Io? E tu?” Hayato mi guardò confuso e un pò irritato, “Mi trascini qui senza chiedermi che cosa voglio, e mi costringi a vedere un film che non avrei mai scelto di vedere. E’ ovvio che mi sia annoiato.”
“Se te lo avessi chiesto avresti sicuramente detto ‘no, andiamo alla sala giochi con i miei amichetti yuppi’”, cercò di imitare la mia voce rendendola più stridula e ridicola.
“Io non parlo così!”
“Si, parli come un gallina!” Ci scrutammo con rabbia, digrignando i denti, quasi sul punto di darcele nuovamente ma evitammo, anzi a evitare fu Hayato se si ricompose sbuffando, “Ne ho abbastanza, voglio solo andarmene a casa” concluse infine.
“Per una volta sono d’accordo con te.”
Fu in quel momento che un terza persona comparve in quella che era una già una situazione drammatica. Come se la giornata non potesse andare peggio.
“Hayato?” era la voce di una donna, e la riconobbi era Saori.
Mi stupì trovarmela lì, ancora, non bastava che l’avessi già vista prima... e mi tornò in mente la scena del suo bacio sulla guancia ad Hayato, e il modo in cui quest’ultimo l’aveva guardata con tenerezza. Provai di nuovo lo stesso nodo allo stomaco.
“Che coincidenza beccarti qui” disse sorridente venendoci incontro con la sua divisa scolastica. Indossava una gonna rossa troppo corta per i miei gusti, mettendo troppo in risalto le sue belle gambe. Era inutile negare quanto Saori fosse una bella ragazza, sicuramente appetibile per Hayato se non fosse stato così fissato con me. “Oh ma ci sei anche tu Aki, ciao! Come stai?” mi sorrise carinamente.
“C-ciao Saori...”
Hayato mi scrutò in maniera gelida, al solito, “Che ci fai qui?”
“Oh beh, dovevo comprare un regalino per mia madre e poi dovrei raggiungere una mia amica. Voi invece? Ve ne andate alla sala giochi? L’altro giorno Yoshida mi ha detto del vostro spassoso pomeriggio” ridacchiò e quel ricordo suscito in Hayato un aria tenebrosa.
“Ah-ah-ah si spassosa...” cercai di darle corda e di contenere il pessimo umore di Hayato.
“Sono contenta di vedervi di nuovo insieme! Davvero” osservò molto contenta.
Avevo cambiato idea riguardo quella ragazza eppure non so perché, la sua sola presenza, era capace di irritarmi quel giorno. Non me ne spiegavo il motivo.
“Dici sempre assurdità” le rispose Hayato. Lei ridacchiò spostandosi una ciocca di capelli ma questa le rimase impigliata nei piccoli orecchini che portava ai lobi, Hayato notò la cosa e molto delicatamente portò la sua mano accanto al volto di lei per aiutarla. Quel gesto fermò nuovamente il mio cuore, così come tutto intorno a me rallentò di dieci volte, e nel vedere quella scena, in cui entrambi erano così vicini da potersi sfiorare con le labbra, la rabbia mi assalì. Una sola parola mi tornava in mente di nuovo...
Bugiardo. Bugiardo. Bugiardo.
“Grazie!” disse lei una volta libera e Hayato si allontanò.
“Bene, allora ciao” si congedò così Hayato spronandomi ad andarcene ma io ero impietrito e lo notò, mi osservò un grosso punto interrogativo stampato in viso “Che diavolo hai adesso?”
“Nulla...”
“Beh allora io vado, ci vediamo in giro ragazzi ciao!” e ci salutò entrambi correndo via, e lasciando dietro di lei la scia un profumo molto dolce, che riuscì a colpire anche me. Era troppo perfetta.
Improvvisamente, ancora assorto nei miei pensieri, mi fu tirata una guancia come sempre faceva Hayato e il dolore mi riportò alla realtà esclamando: “Ahio!”
“Non solo ti sei addormentato nel cinema, adesso ti sei anche sconnesso dalla realtà. Che problemi hai?”
Tu sei il mio problema, avrei voluto dirgli ma non lo feci. Non capivo cosa succedeva, ma ogni volta che vedevo Saori vicino ad Hayato cominciavano a frullarmi per la testa strani pensieri che non riuscivo a controllare. Stavo seriamente impazzendo. “Possiamo andare a casa adesso?” domandai.
Hayato sospirò rassegnato, “Si, certo.”
Il tragitto verso casa fu silenzioso, Hayato aveva sicuramente notato il mio malumore ma non fece domande. Mi camminava accanto e ogni tanto guardava il cellulare, anche in metro le cose non furono diverse, con lui davanti che mi scrutava dall’alto, e io che faticosamente cercavo un punto da fissare per distrarmene.
La mia irritazione era dovuta esattamente a cosa? Al film che Hayato aveva deciso di farmi vedere con la forza? Alle parole di Yoshida riguardo la mia scelta di uscirci insieme? O davvero ero arrabbiato per il rapporto tra Saori e Hayato? La confusione era tale che l’unico mio desiderio era tornare a casa e dormire.
A poche fermate dalla nostra si liberò un posto accanto al mio e Hayato lo occupò. Le nostre spalle si incontrarono, percepii chiaramente la sua presenza e un nodo allo stomaco mi fece stare male. Ero agitato.
“Sai, mi chiedo ancora perché tu abbia scelto di stare con me se non è ciò che vuoi.” Iniziò improvvisamente a dire attirando la mia attenzione, allora sollevai il viso per guardarlo e incontrai due occhioni blu molto bui.
“C-cosa?”
“Si, insomma è chiaro che io non ti piaccio affatto, preferiresti la compagnia di chiunque, persino dello spazzino sotto casa ma non certo la mia. Allora perché me l’hai proposto?”
Non potevo dirgli il vero motivo. Non potevo dirgli che l’avevo fatto solamente per evitare che altre voci girassero sul suo conto, o che non volevo che andasse dietro a gente estranea per certe cose.
C’era una sola cosa che potevo dire. “Perdonami... sono stato pessimo in questi giorni.”
Non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, ero troppo imbarazzato “Tu sei sempre pessimo, è inutile scusarsi” e sbuffò guardando davanti a se annoiato, “ok, il cinema è stato un cazzo di fallimento, da oggi in poi dimmelo ciò che ti piace almeno eviteremo certi problemi.. quella sciocca di Saoti tsk.”
“Saori?”
Lo fissai confuso, che c’entrava adesso quella ragazza. “Pensavo che avesse qualche esperienza in appuntamenti e mi ha consigliato di portare la ‘mia bella’ al cinema a guardare un film romantico. La scema...”
Una lampadina mi si accese in testa e collegai un pò di cose, al fatto che stessero parlando fuori la scuola. Quindi era stata lei a dirgli di portarmi al cinema, a pensarci, una cosa del genere non sarebbe mai venuta in mente ad Hayato, lui odiava quei posti, così come quel genere di film.
Ridacchiai sotto i baffi “Sei così idiota da chiederle consiglio?”
Hayato trovò di poco gusto che stessi ridacchiando “Infatti non lo farò più, è stato un fallimento.”
“Scusami eh, ma con tutto il corteo di ragazze che ti stanno dietro non sei mai andato ad un appuntamento?” Quella domanda così spontanea da parte mia ebbe una reazione strana su Hayato, parve sbiancare, mi fissò sorpreso della domanda e arrossì leggermente. Possibile? “NON SEI MAI ANDATO A NESSUNO APPUNTAMENTO? Eh? Seriamente?!”
Hayato mi tappò la bocca “Sta’ zitto idiota.”
Mi liberai “Ma questo è uno scoop!!” scoppiai a ridere. Per la prima volta Hayato Maeda non mi sembrò più così sovrumano, così speciale. Quella sua tenera reazione mi dimostrò invece che non eravamo affatto diversi, che pensavano alle stesse cose sebbene in forma diversa e che era stata la prima volta per entrambi: il nostro primo appuntamento.
“Anche per me è stato il primo appuntamento sai? Eh si è stato un fallimento” risi.
“Lo so che era il tuo primo appuntamento chi vuoi ti corteggi...” commentò pungente per ritrovare se stesso.
Gli toccai la spalla “Tu, mio caro” e Hayato si allontanò ancora più indispettito, e lo trovai estremamente a disagio e vulnerabile in quel momento, era quello il lato di Hayato che avevo sempre amato e che mostrava poco: la sua parte più mansueta, quel ragazzino nascosto.
Improvvisamente la mia irritazione era svanita, così come ogni pensiero che mi frullava per la testa. Era bastato semplicemente parlaci, ridere un pò, e insultarci come sempre facevamo. Si era tornati normali insomma, e le parole di Yoshida non ebbero più peso, noi non eravamo quel tipo di coppia, e sebbene io non fossi convinto di ciò che stavo facendo non mi pentivo di aver scelto di stare con Hayato, perché stavo bene. Era solo l’inizio dopotutto, e serviva del tempo per conoscerci di nuovo affinché le cose funzionino e tale pensiero mi rincuorò, facendomi immaginare che magari il secondo appuntamento sarebbe andato meglio del primo.

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13

La mamma quella domenica aveva scelto di fare un pò di shopping, e aveva trascinato con se sia me che la piccola Mei.
Io mi annoiavo, e non che avessi di meglio da fare a casa. Ma andare in giro con la mamma a sedici anni era davvero strano, e nei negozi mi sentivo molto osservato, e soprattutto deriso dalle commesse quando la mamma mi costringeva a provare capi che mai avrei scelto da solo.
“Piantala! Ti rendi conto che mezzo negozio ci sta guardando?” la sgridai.
“E allora? Dai prova questi pantaloni, secondo me ti staranno benissimo” e me li mostrò per la terza volta. Arreso, li afferrai in maniera rude e mi rifugiai nello spogliatoio assecondando i suoi ordini. Prima o poi quella mattinata di inferno sarebbe finita.
Mi guardai allo specchio una volta indossati, mi stavano malissimo e di cosa mi stupivo? Fu in quel momento che da fuori la porta sentii la vocina di mamma dire qualcosa: “Oh Hayato-kun anche tu qui?”
What?! Hayato era davvero lì? Senza esitazione piombai fuori dal camerino fregandomene di avere i pantaloni slacciati, e con mio stupore me lo trovai davvero davanti, bellissimo come sempre, vestito in jeans, maglietta e camicia a quadretti aperta e un maglioncino legato in vita. “Hayato!” esclamai.
Aveva i folti capelli biondi nascosti da un capello nero di stoffa che gli fasciava la testa e metteva in evidenza solo gli occhi, e notai allora che ai lobi aveva degli orecchini. Li aveva sempre avuti quei cosi ai lobi?
Ovviamente intorno a lui c’era mezzo negozio che sbavava, e improvvisamente diventammo la principale attrazione del posto. “Hai i pantaloni aperti, baka” e indicò la cosa con l’indice e lo fece severamente.
Repentino li chiusi, e continuai a fissarlo imbarazzato per la situazione.
“Che strano, non ci incontriamo mai nel quartiere sebbene siamo vicini, e dove ci becchiamo? In un centro commerciale in centro” ridacchiò mamma, in maniera imbarazzante.
“Già, che stranezza” e Hayato sfoderò un sorriso splendente, più luminoso di tutti le lucine presenti in quel negozio, e di conseguenza metà del genere femminile li presente ebbe un capogiro. Persino mamma arrossì, la guardai disgustato per la cosa.
“Oh!” rise ancora la donna.
“Dacci un taglio vecchia!” la sgridai per farla ricomporre.
Hayato allora sogghignò come suo solito, divertito probabilmente di tutta la scena e mi scrutò attentamente da capo a piedi, “Non ti sta per nulla bene sappilo”, disse e voltò le spalle per andar via, mostrandomi le sue larghe spalle e la sua camminata da modello di passerelle. Come poteva qualcuno essere così perfetto.
“Quanto è cresciuto santo cielo. E’ diventato proprio un bel ragazzo!” commentò la mamma.
“Tsk, un pallone gonfiato...” borbottai invece io.
Di solito nei weekend non ci sentivamo mai, o nessuno dei due aveva ancora proposto qualcosa di particolare da fare insieme in quei giorni e incontrarlo lontano dalla scuola, senza divisa era molto raro. Vederlo vestito così mi aveva fatto un certo effetto, mi aveva stranito e non ne capivo il perché.
Lo seguii con gli occhi mentre se ne andava in giro per il negozio, seguito da due commesse che bisticciavano su chi dovesse servirlo. Seriamente, ma si rendeva conto di ciò che creava ovunque andasse? Fu allora che incrociai i suoi occhi, ci fissammo di sfuggita e imbarazzato distolsi lo sguardo incredulo che mi avesse guardato anche lui. Perché. Che imbarazzo!
“Secondo te la mamma lavorerà ancora ad orari improponibili?” domandò mia madre guardandolo, “Non deve essere facile dover vivere praticamente da solo.”
“Non è solo, con lui c’è Kou.”
“Poveri” questo fu il suo commento e andò alla cassa con Mei ordinandomi di rivestirmi.
Non capivo quel commento di mia madre, il perché di quel ‘poveri’. Non erano orfani, e certamente non erano i primi giapponesi a non avere i genitori sempre presenti nella loro vita. Il padre di Hayato era in America, e se voleva vederlo doveva semplicemente andarlo a trovare, e sua madre sicuramente la vedeva a fine giornata per cena. Quindi? Perché poveri, non capivo.
Feci per tornare al camerino, e tutto accadde inaspettatamente: una mano mi afferrò da dietro cingendomi i fianchi e fui spinto dentro bruscamente, rischiando quasi di finire contro la parete interna del camerino. Che cosa era improvvisamente successo? La mano che mi aveva spinto era sparita e al suo posto, nascosto con me in quello stretto camerino c’era proprio lui, Hayato. Lo fissai esterrefatto per quel gesto. “Sei impazzito?!”
“Ho pensato che ti servisse aiuto per toglierli” e guardò divertito i miei pantaloni.
Mi scoppiò un incendio in viso, e provai puro sgomento che stesse alludendo al volermi togliere i pantaloni. Sperai che stesse scherzando come suo solito. “Idiota! Mia madre è lì fuori così come mezzo negozio!”
“Lo so” e fece occhiolino, si avvicinò minacciosamente bloccandomi alla parete parando le sue grosse braccia al muro, e mi guardò intensamente “volevo solo salutarti come si deve, tutto qui” e avvicinò il suo viso al mio e io non feci nulla, spiazzato di ciò che stava accadendo lo lasciai fare tutto ciò che voleva e gli permisi di baciarmi in un posto del genere. Un bacio che fu delicato, non prepotente. Hayato appoggiò in maniera dolce le sue labbra alle mie, un contatto che seppe di miele quasi, un sapore così buono mai l’avevo provato prima.
Cercai di richiamarlo, più volte ma le sue labbra mi tenevano inchiodato “Ho detto basta!” e lo cacciai via riprendendo fiato e pulendomi la bocca. Hayato mi fissò, scrutandomi con una espressione indecifrabile ma eccitata. “Persino in questi posti!”
“Se ti chiedessi di venire da me non verresti, quindi che scelta ho?”
Come? “Ah quindi la colpa è mia!?”
Hayato sorrise divertito, “E’ sempre tua la colpa.”
Lo cacciai fuori in malo modo fregandomene che cercasse di resistere, così facendo potei cambiarmi in pace. Era uno stupido, faceva sempre cose che odiavo da morire. Dava a me la colpa di non poter fare certe cose, quando poi sapevo bene che a casa sua avrebbe fatto anche peggio e non avevo proprio il coraggio di immaginare cosa. Quindi sopportare qualche bacio non era nulla, l’importante era che non facesse certe cose in giro come aveva fatto in quel momento.
Uscii dal camerino irritato come non mai, e non guardai davanti a me e l’impatto fu inevitabile. Mi scontrai con qualcuno, e quando misi a fuoco di chi si trattasse notai che era un ragazzo che finì a terra insieme ai capi che stava portando in giro con se. “Oh perdonami non ti ho visto!” lo aiutai come potei.
Il ragazzo si rialzò lentamente, ancora stordito e nel frattempo lo aiutai raccogliendo le sue cose. In quel momento alle mie spalle ricomparve Hayato che osservò la scena “Che stai facendo?” domandò strafottente come al solito con un viso inespressivo.
“Vattene via” gli dissi mentre raccoglievo tutto da terra.
Allora Hayato sospirò e si chinò ad aiutare il ragazzo a rimettersi in piedi, “Ehi tutto bene?” gli domandò con una strana gentilezza, era raro che il principe fosse così premuroso con qualcuno di sesso maschile.
“Si sì, mi dispiace sono stato molto sbadato non volevo urtarti davvero!”
E quel tipo non si era nemmeno accorto di star chiedendo scusa alla persona sbagliata. Allora andai dritto da loro, gli piazzai davanti la sua roba e il ragazzo dai grossi occhioni verdi mi fissò confuso, “Figurati, è stata anche colpa mia” e sorrisi forzatamente.
“Oh.. quindi ho urtato te! Perdonami, non volevo!” e fece un inchino profondo.
L’essere educati andava bene ma quello sembrava davvero eccessivo, lo fissai senza sapere che fare. Allora Hayato, senza preavviso spinse la mia testa giù facendomi inchinare di conseguenza, “Si scusa anche lui. Andiamo ora?”
“Idiota!” sbottai.
Il ragazzo fissò entrambi ma si soffermò di più su Hayato, sebbene in maniera impercettibile ma io lo notai. Vidi una curiosità strana, uno scrutare attento che avevo già visto da parte delle ochette che di solito ronzavano intorno a lui, ma chissà, forse me lo stavo solo immaginando. Il giovane allora salutò frettolosamente e scappò via portando con se i suoi vestiti. Un presentimento strano percepii da quella situazione ma lasciai correre.
 
 
Il lunedì seguente raccontai dell’accaduto a Yoshida. Ormai era diventato assolutamente normale parlare con lui di ciò che accadeva tra me e Hayato, sebbene la cosa lo turbasse non poco.
“Fammi capire.. avete limonato nel camerino di un negozio con tua madre nei paraggi?!” Annuii seccato, il solo ricordo mi metteva addosso un senso di irritazione. Principalmente perchè il principe faceva sempre tutto ciò che voleva senza mai rispettare ciò che io volevo. “Non so cosa mi sconvolge di più, se la nonchalance con cui mi racconti certe cose o il principe così arrapato!”
“E’ una cosa seria!”
Yoshida sorseggiò il proprio latte, “Infatti lo dico seriamente. E’ veramente pazzo di te per fare una cosa del genere e rischiare di essere visto, chissà che cosa ci troverà in te.”
Gli lanciai un occhiataccia “Ancora con questa storia?”
In tutta risposta sollevò le mani in segno di resa “Perdono. Ma davvero, sono sconvolto. E perchè tu non gli dici chiaramente che certe cose non vuoi farle in pubblico?”
“Perchè mi chiederebbe di andare da lui.”
Yoshida divenne bianco “Ti prego... ti supplico.. se dovesse accadere non raccontarmi certi dettagli.”
Capii immediatamente l’allusione e scattai in piedi “Idiota non succederà mai!”
Mi fissò con un espressione strana come se non credesse affatto alle mie parole. Che credeva, non avrei certo permesso ad Hayato di farmi qualcosa. “Beh, io ho finito che dici torniamo in classe?” propose gettando nella pattumiera il cartone del latte.
“Sì”
Allora lasciammo quel tranquillo posticino trovato lontano dal caos che sempre regnava in classe, e infatti al ritorno sentimmo da lontano il solito vociare, solo che quella mattina ci fu una novità e fu vedere una persona già vista in precedenza che se ne stava ferma fuori dalla porta, intento a spiarvi all’interno osservando probabilmente qualcuno in particolare. Lo riconobbi, era il ragazzo del centro commerciale di quella domenica e mi stupì molto vederlo, vestito della mia stessa divisa e proprio davanti alla mia classe.
“Ehi tutto bene?” domandò Yoshida vedendomi imbambolato.
“Ehm si, senti puoi andare avanti? Credo di aver dimenticato una cosa.”
Yoshida mi scrutò, e cercai di far reggere quella scusa. Per fortuna non aggiunse altro e andò dritto in aula superando il ragazzo, per un breve istante anche il mio amico si era fermato a guardarlo ma lasciando correre. Che cosa dovevo fare? Chiedergli chi fosse o cosa ci facessi li? O tornarmene in aula come se nulla fosse?
Le possibilità erano certamente tante ma ero troppo preso dalla curiosità per fregarmene, così mi feci avanti, mi avvicinai abbastanza e gli sfiorai la spalla per attirare la sua attenzione. Il ragazzo in tutta risposta sussultò, e la cosa mi sorprese, non era mia intenzione procurare una simile reazione.
“Scusami non volevo spaventarti” sorrisi sperando che si ricordasse di me.
Il giovane si ricompose, si sistemò la giacca e distolse lo sguardo. Trovai strana una simile reazione e pensai che non si ricordasse di me ma poi mi stupì rispondendo, “Tranquillo.”
“Ehm non so se ti ricordi di me ma ci siamo scontrati al centro commerciale proprio ieri. Che strana coincidenza vederti qui, nella mia stessa scuola” abbozzai una risata. Era difficile parlare con quel tipo.
“Si, ricordo.”
Ad ogni mia frase rispondeva con una o due parole al massimo, era davvero irritante. “Ti chiedo ancora scusa per esserti venuto addosso, di solito sono più attento quando cammino. Comunque piacere sono Aki Nomura.”
“Si, lo so chi sei.”
La risposta mi spiazzò un pò, “Sai chi sono?” inarcai un sopracciglio confuso.
“Beh si, so chi sei ma non credo tu abbia alcun ricordo di me o meglio non direttamente.”
Dentro di me morivo dalla voglia di prenderlo e scuoterlo per farlo parlare di più. Non poteva uscirsene così e smettere di dare spiegazioni, ma la cosa che più di tutte mi irritava era che guardava continuamente dentro l’aula fregandosene altamente che fossi li davanti a lui. Pensai per tutto il tempo che avesse qualcosa che non andava.
“Stai cercando qualcuno? Vedo che guardi sempre dentro l’aula” tagliai corto. E il giovane sussultò ancora spiazzato che glielo avessi chiesto così, a bruciapelo, e la sua reazione mi lasciò ancora più perplesso di quanto non fossi: divenne color pomodoro e scappò via senza dire più nulla. Non cercai di fermarlo, né di capire che cosa gli avessi chiesto di così strano, lasciai semplicemente perdere e me ne tornai in aula come se nulla fosse dimenticandomi di quell’episodio.
Quella sera capii che non poteva esserci fine al peggio, e me ne resi conto quando arrivò un messaggio da Hayato. Eppure di solito dopo la scuola non ci sentivamo mai, mi chiedevo cosa volesse.
- Sei a casa? – faceva così il messaggio.
Avevo il timore di rispondere, ma dire una bugia mi avrebbe fatto stare troppo male così affrontai la cosa sperando che non si trattasse di una sua insolita richiesta.
- Esci un attimo di casa. –
Erano le dieci passate che cosa poteva volere. La cosa che mi rincuorava è che voleva vedermi fuori casa, quindi non c’era pericolo che facesse qualcosa di strano o che altro, quindi mi sentii in qualche modo rincuorato, anche se sentivo il cuore che batteva a mille nel petto e cioè senza un motivo apparente. Indossai rapidamente qualcosa di decente, mi catapultai al piano di sotto dove c’erano la mamma e Mei, ma senza dare spiegazioni indossai le scarpe per uscire.
“Aki dove vai?”
“Torno subito sta tranquilla!” e non aggiunsi altro chiudendo la porta alle mie spalle e lo vidi.
Hayato era in piedi accanto al cancello di casa mia vestito di una semplice tuta nera, il cappuccio in testa e teneva in una mano una busta. Nel vedermi fece un cenno di mano abbozzando ad un ciao, molto apatico. “Hai idea di che ore siano? Che vuoi?”
Senza troppi problemi mi mollò la busta tra le mani. La guardai confuso, e poi rivolsi il mio sguardo dubbioso verso di lui in cerca di una spiegazione. “Aprila no?” fece semplicemente.
Allora ubbidendo ne guardai il contenuto e con mio stupore vi trovai tante tipologie di dolcetti vari, e la cosa che più mi stupì fu nel constatare che si trattavano di snack che io amavo particolarmente. I miei dubbi allora aumentarono, sebbene una piccola risposta cominciò a palesarsi.
“Non capisco.. che significa?”
“Kou aveva voglia di gelato così sono andato al konbini qui vicino, e così mentre giravo ho visto quei cosi che ti piacciono tanto.” L’aveva fatto. Aveva fatto un gesto carino nei mie riguardi e il mio cuore ebbe un capitombolo, non tanto per il gesto ma perché si era ricordato una cosa di tanto tempo fa. Improvvisamente mi sembrò di riavere davanti agli occhi lo stesso Hayato di una volta, quello che mi conosceva perfettamente.
Non sapendo che dire ne presi uno dalla busta e glielo offrii “Piacevano anche a te o sbaglio?” sorrisi.
Hayato sgranò gli occhi per il mio gesto e calò lo sguardo nascondendosi “Sei il solito stupido.”
“Eh? Che ho fatto adesso?” E bruscamente afferrò il mio polso tirandomi a se, mi afferrò il viso tra le mani tenendolo fermo in un gesto che parve quasi una dolce carezza e mi strappò un bacio proprio davanti casa mia. Un bacio delicato, che durò molto poco e piuttosto che pensare al dove ci trovassimo in quel momento mi domandai perché fosse durato così poco, quando poi tornai in me mi diedi dello stupido per aver pensato una cosa del genere. “Idiota! Ti ho già detto di non farlo in mezzo alla strada!”
“Nei camerini no, per strada no, dimmi tu dove allora” sbuffò esasperato.
“Da nessuna parte ecco dove!”
Parve irritato dalla mia risposta “Oh piantala con ‘sta storia del trattenuto, ti comporti da ragazzina!” e l’aveva detto, aveva osato paragonarmi ad una ragazza e ciò mi fece pensare che mi vedesse davvero in quel modo. Il suo modo di fare, il fatto che volesse sempre pagare lui o che di punto in bianco mi portasse regalini davanti casa non mi faceva sentire per nulla come un uomo, bensì una delle tante oche che lo corteggiavano.
“Io non sono una fottuta ragazza! E non sopporto che tu mi tratti in questo modo anzi sai che ti dico? Non lo voglio il tuo stupido regalo” e in malo modo restituii la busta sbattendogliela contro. Per quel getto ne rimase interdetto, forse perché non si aspettava una simile reazione ma ero troppo arrabbiato per pensare lucidamente alla mia reazione così esagerata e me ne tornai in casa lasciandolo solo.
Tornai in camera mia senza neppure curarmi delle domande mia madre e mi chiusi la porta alle spalle, fu solo a quel punto che un po’ di lucidità tornò in me e mi domandai cosa mi avesse fatto tanto arrabbiare. Pensai che fosse dovuto all’insieme di cose accadute, a quella relazione che non accettavo del tutto o alla continua pressione che sentivo da parte di Hayato. Dentro di me desideravo solamente che quei suoi sentimenti svanissero, che smettesse di amarmi perché non ero pronto per ciò, non sentivo la stessa cosa e un po’ il senso di colpa, ma anche la paura mi portavano a reagire in quel modo.
Mi lasciai scivolare lungo la porta e seduto a terra mi rannicchiai pensando a cosa avrei dovuto fare. Come avrei dovuto affrontare Hayato dopo quella scenata. In cosa mi ero cacciato?


Il giorno dopo la mia voglia di andare a scuola era pari a zero, e avevo una forte paura di uscire di casa. Se lo avessi incontrato, non avrei saputo come guardarlo in faccio o che dirgli.
La sera prima lui non si era fatto sentire, né con messaggi né con telefonate e forse, ma anche giustamente, era a sua volta arrabbiato nei miei confronti. Quel pensiero mi fece sentire in colpa, pensai addirittura di dover chiedere scusa per una reazione che tuttavia credevo giustificata da parte mia se solo lui si fosse messo, anche solo per un istante, nei miei panni. E invece no, era partito in quarta con baci, appuntamenti, regali e quanto altro senza pensare minimamente che tutto ciò potesse farmi reagire male, quindi che pretendeva. Sì, a pensarci non dovevo sentirmi in colpa, in fondo non avevo fatto nulla di male ed ero io la vittima. Ciò mi diede la forza di uscire di casa e affrontare la giornata che mi aspettava.
Per fortuna non lo beccai né per strada, né in metro, forse era uscito prima di casa o magari aveva fatto tardi. Tanto male, per una volta qualche kami era dalla mia parte e la cosa mi rese più sereno.
Arrivai a scuola puntuale, ebbi tutto il tempo di aspettare Yoshida nell’ingresso, e con lui mi recai in aula prendendo posto. Continuai a sperare con tutto me stesso che Hayato avesse saltato la scuola ma così non fu, e ogni mia speranza morì quando lo vidi entrare in aula con la sua aurea così perfetta, da dio sceso in terra. Era assurdo quanto spiccasse rispetto ad un qualunque giapponese. Senza rendermene conto lo stavo fissando, e senza aspettarmelo gettò una rapida occhiata verso di me, i nostri occhi si incontrarono e poi stupendomi distolse lo sguardo ignorandomi. Eh? Cos’era adesso quell’atteggiamento da offeso? La cosa ebbe il potere di irritarmi ancora di più, così feci lo stesso e lo ignorai per tutto il resto della giornata.
Per tutto il giorno capitarono altri episodi in cui fummo costretti ad incontrarci o ci furono altri sguardi che finirono sempre nello stesso modo, uno dei due roteava la testa dall’altra parte e se ne andava. La cosa ad un certo punto però cominciò ad irritare Yoshida.
“Ora basta! Si può sapere che cazzo avete tu e quello? Cos’è avete litigato?”
Portai del riso alla bocca facendo finta di nulla “Non so di cosa tu stia parlando.”
“Oh mi credi così stupido? E’ tutto il giorno che non fate che guardavi ma entrambi fate finta di niente facendo gli offesi. Andiamo su, chi è che ha fatto incazzare l’altro e perché?”
Possibile che fosse così palese? “Niente davvero, lasciare perdere.”
Yoshida si lasciò cadere contro lo schienale della sedie sospirando “Aaah, quindi è così? La vostra relazione è già finita.”
“Piantala di scherzare!” Yoshida si stupì della mia reazione così furiosa e si zittì. Ero davvero nervoso, più di quanto credessi, e pensare che pensavo di essermi calmato ma non era così. “M-mi dispiace...” borbottai.
“Cavolo Aki ti vedo sconvolto, è successo davvero qualcosa di grave?”
No, ma non me la sentivo di raccontargli anche di ciò. Sapeva già quanto combattuto fossi dentro, e un suo consiglio non mi sarebbe servito perché dovevo prima mettere pace con me stesso e capire come affrontare la cosa. Come volevo risolverla? Certo, non si poteva continuare in quel modo e forse dovevo parlare chiaro e tondo con Hayato, dirgli che non ero pronto per ciò ma chissà come l’avrebbe presa.
Dopo scuola decisi di affrontare la cosa così dissi a Yoshida di tornare a casa perché dovevo aspettare Hayato per parlarci. Se ne ero convinto? Assolutamente no. Una parte di me diceva di non farlo, mentre l’altra parte, quella più razionale mi diceva che era giusto e che dovevo lasciarlo libero di stare con qualcuno che davvero potesse amarlo come meritava. Io non ero fatto per lui.
Qualcuno che potesse davvero amarlo.

Hayato. Chi mai avrebbe potuto amarlo davvero? Sicuramente ci sarebbero state tantissime ragazze disposte a dargli ciò che cercava e pensando a ciò una visione mi si palesò davanti occhi: Hayato a letto con qualcuno che non fossi io, Hayato che baciava qualcun altro. Mi stava bene? Improvvisamente un nodo allo stomaco mi fece ricascare nel dubbio, nell’incertezza che credevo di aver scongiurato cercando di fare la cosa giusta. Mi domandavo perché fossi così strano, che cosa volevo davvero era un mistero.
Fu in quel momento che lo vidi uscire dall’edificio, era ora, pensai. Cercai dentro di me il coraggio di andargli incontro, e di uscire fuori dal mio nascondiglio ma non ne ebbi il tempo. Senza alcun preavviso un altra figura inseguì nel cortile Hayato fermandolo per un braccio e vidi che era il ragazzo del giorno prima, lo stesso che in maniera bizzarra si era messo appostato fuori dall’aula.
Vidi le labbra del ragazzo mimare qualcosa, ma ero troppo lontano per capire cosa dicesse. Non c’era da preoccuparsi, tanto Hayato lo avrebbe snobbato facilmente pensai ma non fu così, in tutta risposta quell’idiota fissò l’altro attentamente e lo seguì di nuovo dentro la scuola. Che diavolo stava facendo?!
Non ci pensai due volte a seguirli a mia volta, stando attento però a non essere visto. Un po’ di senso c’era però, quel ragazzo si era comportato in maniera strana dal primo momento che ci eravamo scontrati, e anche quella volta non aveva minimamente mostrato interesse nei miei confronti bensì aveva subito puntato Hayato.
Il ragazzo lo portò di un aula vuota visto che ormai tutte le lezioni erano finite. Cercai di mantenermi lontano dalla porta ma volli sbirciare un pò all’interno e li vidi l’uno di fronte all’altro, abbastanza lontani, il ragazzo che tamburellava le dita su un banco in fondo alla stanza e Hayato che lo scrutava stando fermo.
“Allora? Perché siamo qui? Potevamo parlare anche di sotto.”
Il tono di Hayato era severo come al solito e questo mi rincuorò un po’ per qualche strano motivo. Mi vergognai di me stesso, me ne stavo nascosto ad origliare una conversazione che non mi riguardava, eppure ero li contro ogni mio principio.
Il ragazzo parve titubante ma poi raccolse coraggio e guardò Hayato dritto negli occhi mostrando due grossi occhioni verdi, davvero belli. “So che a stento ti ricordi di me immagino.”
“Ti sbagli, so chi sei. Allora che vuoi?”
L’altro parve sconvolto per l’atteggiamento così freddo di Hayato. Beh se lo conosceva di cosa si stupiva? Chiunque lo conoscesse da anni sapeva quanto fosse antipatico con tutti i maschi. Eccetto me..
Perché ancora un pensiero così stupido!
“Hayato..” lo chiamò per nome e la cosa mi stupì.
“Senti ho già cose che mi ronzano per la testa, se possiamo tagliare corto mi faresti un grosso piacere.” Il tono divenne ancora più gelido così come la sua espressione, assunse un atteggiamento completamente distaccato mettendo le mani in tasca e guardando ovunque tranne che il suo interlocutore. Perché faceva così?
L’altro però non aggiunse altro e parve intimorito, sembrò voler dire qualcosa ma gli morirono le parole in gola. Allora Hayato schioccò la lingua seccato e fece per andarsene ma fu allora che il ragazzo lo trattenne per la giaccia, gli afferrò il retro della divisa e con la testa china verso terra e pronunciò a chiare lettere: “So che ti sembrerà strano ma ti prego esci con me!” urlò.

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14

“So che ti sembrerà strano ma ti prego esci con me!”
Qualcuno che possa amarlo davvero. Qualcuno che lo meriti davvero perché io non posso.
Mai avrei creduto che quel momento arrivasse tanto velocemente, eppure quella che avevo sentito era proprio una dichiarazione d’amore, chiara e concisa, la stessa che da me Hayato non avrebbe mai sentito.
Cominciai stranamente a sudare, le mani divennero fredde però e ogni mio muscolo si irrigidì nella dolorosa attesa di una risposta da parte sua. Se volevo lasciarlo libero allora perché ero così agitato.
“Come hai detto?” chiese per conferma Hayato.
Il ragazzo lo lasciò andare, “Mi dispiace... mi dispiace davvero tanto ma non riesco più a nasconderlo, non dopo averti incontrato faccia a faccia in quel centro commerciale. Ti ho sempre amato, SEMPRE!” scandì bene la parola, “Anche al dojo, non facevo che guardati da lontano, so bene che questa cosa è strana e ho anche cercato di convincere me stesso che è sbagliato ma io... non posso più reprimere ciò che provo!”
“Hikaru...”
“Ti prego!” lo zittì, “Non devi rispondermi adesso, ti prego di pensarci bene e di non odiarmi dopo questo, l’ultima cosa che voglio è che tu possa odiarmi.” Mi sembrò così disperato.
“Non ti odio tranquillo” Quindi quel ragazzo si chiamava Hikaru e aveva frequentato il dojo a suo tempo, l’ennesima persona di cui non avevo memoria eppure Hayato sembrava conoscerlo così bene. L’atteggiamento schivo di prima era completamente svanito lasciando posto ad un grosso dispiacere che gli si leggeva in faccia. “Ma non posso ricambiare i tuoi sentimenti quindi è inutile illuderti o farti aspettare”
Hikaru lo fissò sorpreso per quella risposta così repentina, mi parve quasi sul punto di piangere.
“Ho già qualcuno a cui tengo.”
Il cuore sussultò nel petto al suono di quelle parole. Era impossibile, non dopo il modo in cui lo avevo trattato, non dopo tutti i miei no, come poteva ancora dire una cosa del genere credendoci così tanto, non aveva senso. Eppure erano state proprio quelle le parole, a quel punto non volli più ascoltare altro, volevo evitare di vedere la reazione o l’espressione di delusione sul volto di quel ragazzino perché non lo meritava. Per me nessuno meritava di essere ferito, non se provava un amore così sincero eppure era lo stesso modo in cui avevo trattato Hayato non avendo rispetto dei suoi sentimenti. Ero stato pessimo.
Tornai a casa pensando a lungo, e le gambe piuttosto che condurmi verso la mia abitazioni si fermarono proprio davanti alla sua. Dentro di me un mix di emozioni che non sapevo spiegare, non era ancora amore quello che provavo e dovevo essere sincero verso Hayato, ma di certo tenevo a lui o meglio avevo sempre tenuto a lui fin da piccoli quindi anche quel tipo di affetto si poteva definire amore? Mi chiedevo se sarei mai stato degno di ricevere il suo amore e se sarei stato capace di ricambiare un giorno. Non ero pronto a lasciarlo andare, non volevo che nessun altro me lo portasse via dopotutto.
Aspettai per non so quando davanti casa sua, sapevo che non c’era nessuno dentro e restai li, aspettando che tornasse da un momento all’altro, seduto davanti alla porta. Ero completamente assorto nei miei pensieri, il cuore sottosopra ma la voglia di vederlo era tanta. Davvero tanta..
“Oi..EHI STUPIDO!” e un calcio mi fece sussultare scivolando di lato, “Che fai ti addormenti per strada come i barboni adesso?”
Era lui, si proprio lui e mi resi conto di essermi appisolato davanti casa sua, così imbarazzato a morte mi rimisi in piedi ricomponendomi, mi resi conto subito che era abbastanza tardi. Com’è che ci aveva messo così tanto a tornare a casa? “Dove diavolo eri? Ti sto aspettando da ore!”
Hayato ignorò la mia domanda e aprì la porta di casa entrandovi, visto che mi ignorava lo seguii a ruota dentro finché non mi avesse rivolto la parola. “Hayato!”
Lo vidi poggiare a terra la borsa e togliersi la giacca “Lasciami in pace e tornatene a casa.”
“No! Dobbiamo parlare lo sai.”
Si accomodò sul divano nel piccolo salotto sulla destra e mi scrutò freddo, “Parlare? E di cosa? Torna quando il ciclo ti sarà passato visto che hai qualche problema con la rabbia.”
Ancora con quella storia della ragazza! Sapevo che non saremmo arrivati a nulla, se entrambi avessimo continuato con quel modo di fare saremmo finiti col litigare ancora.
“M-mi dispiace...” dissi prima a bassissima voce quasi impercettibile.
Hayato inarcò il sopracciglio confuso, “Come prego? Che hai detto?” e mostrò l’orecchio.
“HO DETTO SCUSA VA BENE?! BRUTTO IDIOTA!”
Piombò il silenzio. Ero incredulo di averlo detto sul serio, e di aver come sempre usato un tono per nulla carino ma ero imbarazzato, ero andato contro il mio orgoglio per lui e nemmeno se ne era reso conto. Mi sentii sprofondare, mai avrei voluto che qualcuno vedesse quel lato di me, quella parte vulnerabile o emotiva che in quel momento stava venendo fuori, perché solo lui era capace di farmi arrabbiare così tanto.
“Mi hai sul serio chiesto scusa?” Mostrò una faccia da ebete e pensai al diavolo!
“Come non detto fottiti me ne vado!”
Hayato allora mi afferrò per la mano fermandomi, mi resi conto di essere allora in pericolo. “Baaka” disse e mostrò un sorriso così sereno e divertito che il mio cuore ebbe un altro capitombolo. “Mi hai aspettato tutto questo tempo solo per chiedermi scusa?”
“Ora non vantartene capito?”
Mi strinse senza preavviso a se, petto contro schiena e sentii la sua presenza, così come il suo inconfondibile profumo dolce, “Troppo tardi” rispose mentre lo sentii respirare profondamente sulla mia spalla.
Hikaru si era dichiarato a lui e lo aveva respinto solo perché pensava continuamente a me, i suoi sentimenti erano più veri di quanto credessi e cominciai a pensare di potermi davvero fidare di lui, ma al tempo stesso sapere che era serio nei miei confronti mi fece capire che non potevo prenderlo in giro, non potevo prendere quei suoi sentimenti e deriderli, né farlo soffrire, se fossi stato una persona migliore avrei dovuto lasciato libero ma essendo egoista e sicuramente molto peggio di lui volevo che continuasse ad amarmi, e che nessuno me lo portasse via perché mi piaceva essere abbracciato e baciato da lui anche se l’avrei continuato a negare.
Poi tornai alla realtà e mi resi conto di ciò che stava accadendo “Di grazia che stai facendo?” Hayato ignorò completamente la mia domanda, e la mia irritazione e continuò ad accarezzarmi i fianchi cercando un modo per infilarvici sotto. “Hayato!”
“Abbiamo fatto pace no? Ora posso toccarti di nuovo.”
“Non ho mai detto che puoi spogliarmi! Lasciami andaree!” cercai di liberarmi, di scappare da quella sua presa. Senza volerlo avevo abbassato la guardia, ero entrato nella tana del lupo e se non fossi scappato in tempo mi avrebbe divorato completamente.
Hayato ignorò il fatto che volessi scappare e cominciò a baciarmi il collo, lentamente, leccandolo e un brivido mi percorse tutto il corpo poi mi morse dolcemente l’orecchio e altri spasmi, per poco non mi partì un urlo.
“Lo so che sei spaventato ma non ti farò nulla finché non vorrai.”
“Eh? Che significa questo! Lasciami allora!”
“Non andrò fino in fondo ma non ti lascerò andare ora che sei mio.”
Con la coda dell’occhio lessi nei suoi occhi una strana determinazione che mi fece tanta paura e senza preavviso fui sollevato da terra, da dietro, e lasciato cadere a pochi passi da dove ero sul divano del salone. La cosa mi lasciò senza parole, e sapere di essere sul divano fece salire ancora più l’allarme dentro di me.
Non ebbi il tempo di pensare a tante cose, né di immaginare cosa sarebbe potuto accadere che Hayato mi sovrastò, mettendosi seduto su di me per bloccarmi e mi fissò in maniera troppo sensuale per un ragazzino di appena sedici anni. Dove aveva tenuto nascosto tutto quel sex appeal?
“Sul serio Hayato cominci a farmi paura!”
Il corpo non rispondeva più, ero pietrificato, intrappolato da quegli occhi azzurri così belli e accattivanti. Era ipnotico e cominciai a capire perché tutti gli sbavassero dietro così tanto, chissà quante avrebbero voluto trovarsi al mio posto mentre il mio unico desiderio era filarmela via.
Hayato ricominciò a toccarmi, stavolta mirò ai pantaloni e cominciò a passarvi le dita in cerca della lampo. La cosa mi fece sudare freddo e immediatamente portai le mani lì per impedirglielo, e in tutta risposta Hayato afferrò le mie mani e le bloccò ai lati del mio volto avvicinandosi ancora più pericolosamente al mio viso. Era così vicino da potermi specchiare nei suoi occhi e poi lo fece, cominciò a baciarmi molto passionalmente infilando la sua lingua nella mia bocca.
Immaginai di provare disgusto per un tale atto ma non fu così. Fui letteralmente catturato da quel bacio così profondo, e rispetto agli altri fu molto più seducente del solito tanto che avvertii uno strano calore nelle parti basse. Capii immediatamente che tutto ciò doveva finire all’istante prima che fosse troppo tardi così raccolsi tutte le mie forze, tutta l’energia che avevo e lo spinsi via in malo modo riuscendo finalmente a rimettermi in piedi.
Come prima reazione mi pulii la bocca e lo fissai in cagnesco “Maledizione ti avevo detto di fermarti!”
Hayato si mise a sedere come se nulla fosse, “Non sembrava dispiacerti però.”
“Come? Ma se ho cercato di scappare tutto il tempo!”
Con un occhiata indecifrabile sfoderò un sorriso di soddisfazione “E dimmi piccolo ipocrita quello come lo spieghi?”, con l’indice puntò qualcosa in basso, lo seguii con lo sguardo e mi osservai, in basso e notai con mio sconcerto che nei pantaloni era visibile una chiara erezione. Impossibile! Ma era successo, mi ero eccitato per un solo bacio e per giunta con un ragazzo.
La cosa mi sconvolse più di quanto pensassi al punto che mi morirono le parole in gola. “Tranquillo non sei il solo, non devi sentirti in imbarazzo. Guarda un po’” e mi maledissi per averlo fatto.
Sollevai lo sguardo su lui e lo trovai a gambe divaricate mostrandomi con fare compiaciuto che era nelle mie stesse condizioni, la cosa però non mi disgustò affatto, anzi non fece che aumentare il calore che già sentivo dentro, così come lo strano desiderio che provavo di soddisfarlo. “Quando ancora faremo questo gioco del tira e molla? Quand’è che accetterai che anche tu mi vuoi eh?”
“I-io.. ecco..”
“Sono a casaa!” si chiuse la porta dell’ingresso e Hayato sbuffò seccato della cosa.
Capii subito che si trattava del suo fratellino Kou, e non volevo che mi vedesse in quello stato. Il panico mi assalì e Hayato se ne accorse, mi indicò con la mano le scale e scappai via di lì.
Che imbarazzo! Che vergogna! Mi rinchiusi nel bagno in attesa che quella sensazione svanisse da sola, ma la mia mente non faceva che ripercorrere tutto quello che era successo. Il modo in cui mi aveva guardato, le sue carezze e la sfrontatezza con cui parlava di quelle cose non facevano che far tornare l’erezione. Ero gay anch’io quindi? O c’era una spiegazione più logica a tutto ciò?
Passai in quel bagno il quarto d’ora più lungo di tutta la mia vita e quando finalmente ne fui fuori trovai Hayato che cercava di tenere lontano Kou dalla sua roba cacciandolo via con un piede mentre il bambino senza arrendersi cercava di evitare l’arto gettandosi contro il fratello più grande. Fu una scena davvero epica, ma il mio unico desiderio fu di riprendere il famoso principe così posato che perdeva le staffe con un bambino.
“Ti ho detto no Kou. Piantala!”
“Perchèèè uffà fammi giocare un po’ con la tua roba baka!” Pronunciò quel baka con lo stesso tono del fratello maggiore e la cosa non mi stupì, erano fratelli dopotutto. Finalmente il più piccino si accorse della mia presenza e mi fissò stranito, in maniera quasi disgustata mettendomi molto a disagio. “Che ci fa lo sfigato qui?” e mi indicò con sufficienza.
“Ehi!” tuonai nervoso “Dovresti portare più rispetto verso le persone più grandi di te, non credi?”
“Non vedo nessuno a cui debba il mio rispetto francamente” tagliò corto con sufficienza e lasciò il salone in direzione delle scale dandomi le spalle.
Ero sotto shock che un bambino di quanti anni, forse otto o nove anni, usasse già un tono così freddo e maleducato. Nel guardarlo attentamente notai una certa somiglianza con il comportamento che Hayato aveva avuto un passato con quasi tutti i nostri compagni di classe.
“Perdonalo, non ha tanti amici” si intromise Hayato.
“Chissà a chi somiglia eh.”
Hayato fece finta di non sentire e andò dritto in cucina. Non mi sbagliavo affatto, erano identici e forse quel loro comportamento così schivo, burbero era dovuto al fatto che avevano sempre vissuto da soli, senza conoscere il calore di una famiglia che li aspettasse a casa.
Erano quasi le otto e mi domandavo quand’è che la loro mamma avrebbe fatto ritorno, si stava facendo piuttosto tardi e non sembravano per nulla preoccupati. Era giusto chiederglielo? Era inopportuno?
“Vuoi cenare qui?” domandò di colpo stupendomi. Non mi aveva mai invitato per davvero a cena da lui, di solito da bambini ero sempre stato io a restare contro la sua volontà, quel gesto mi rese molto felice ma mi irritò anche un po’. Forse l’aveva fatto solo perché adesso ero il suo diciamo ragazzo, mentre come amico non me l’avrebbe mai neppure domandato.
“Credo che mia madre mi stia aspettando e abbia già cucinato anche per me.”
“Ah, capisco..”
Quella sua risposta sembrò celare una certa delusione ma seppe nasconderla e lo vidi trafficare con degli avanzi presi dal frigo, e insieme a ciò mise a riscaldare un po’ di riso.
“Tua madre torna tardi?”
“Mia madre è fuori per lavoro, tornerà la settimana prossima.”
Quindi ipotizzando erano soli da un po’ guardando lo stato in cui versava il frigo, ma il resto, tutta la casa era splendente, e probabilmente avevano qualche donna delle pulizie che si occupava di tutto.
Sua madre era via, e suo padre in America. Se non ci fosse stato Kou lì probabilmente Hayato avrebbe passato ogni singolo giorno completamente solo, e chissà se non era già successo. Il pensiero di saperlo da solo mi strinse lo stomaco in una morsa che mi procurò una sensazione poco piacevole.
D’impulso gli andai incontro bloccandogli la mano “Venite a cena da me dai!” sorrisi.
Piombò un imbarazzante silenzio e la mia euforia sparì di colpo davanti agli occhi gelidi di Hayato che mi fissava seccato, “Mia madre è via da tre giorni non siamo stati ancora abbandonati, baaaka!” e mi diede un pizzicotto sulla guancia con una certa forza.
“Idiota volevo solo essere gentile!” borbottai cercando di liberarmi.
“No, tu hai provato pena per me è diverso.”
Mi liberai finalmente allontanandomi “Ti sbagli! Non ho bisogno di provare pena per chiedere a qualcuno di venire a cena da me, ma si tratta di essere gentili. Mia madre avrà già cucinato qualcosa e visto che non posso rimanere potete venire tutte e due da me.”
Pensai di non riuscirci, di non essere capace di tenergli testa perché francamente parlando lui era molto più forte di me sotto tanti aspetti, e sembrava sempre così irraggiungibile eppure, contro ogni mia aspettativa, dopo nemmeno un quarto d’ora ci ritrovammo tutti e tre: io, Hayato e Kou nell’ingresso di casa mia e mia madre nel trovarsi davanti ospiti parve seriamente sotto shock, non tanto perché fossero i nostri vecchi vicini ma perché avevo portato finalmente un amico a casa dopo secoli.
“Perdoni il disturbo” si inchinò Hayato con educazione davanti a mia madre e questa arrossì per l’imbarazzo.
Si sarebbe sicuramente ripetuta la stessa scena del centro commerciale.
“Oh cielo Hayato-kun non devi essere così formale con me lo sai!” ridacchiò lei come una scema, “Ko-chan indossa pure le ciabattine di Mei, penso ti vadano bene.”
Kou la guardò stranito ripetendo il nomignolo che aveva appena sentito ma Hayato gli diede una gomitata invitandolo a non commentare la cosa. In quel momento pensai che sarebbe stata una lunga serata.
La mamma ci sapeva fare però, seppe mettere quei due a loro agio facendoli accomodare a tavola non come estranei bensì come ulteriori membri della famiglia. Addirittura cominciò a tirare le guance di Kou facendolo irritare tantissimo, più volte lo vidi diventare rosso dalla rabbia cercando di trattenersi sotto le occhiatacce del fratello. Hayato invece si comportava egregiamente, recitando perfettamente la parte del principe educato e di buone maniere quale era, conquistando ancora di più la mamma per i suoi modi.
Mei invece cercava di intrattenere l’unico bambino presente ma senza successo, “Allora lo guardi Doraemon?” domandò ingenuamente la mia sorellina.
“No è da bambini.”
“Appunto, tu sei un bambino” gli rise in faccia. Kou arrossì indispettito e le tirò un codino facendole male, ma senza che dovetti intervenire Mei seppe rispondere con un morso sul braccio. E la cosa mi fece ridere tanto.
“Quindi vostra madre è di nuovo in viaggio per lavoro.”
“Sì, signora. Tornerà la settimana prossima e finalmente starà un po’ a casa.”
“Non deve essere facile cucinare da solo per te e Kou, se ti serve qualcosa non farti problemi e venite qui quanto volete, sarete sempre i benvenuti.”
“La ringrazio molto.”
Sì, era tutto perfetto. La cena proseguì serena e in certe momenti Hayato si fece anche scappare qualche risata nel momento stesso in cui Mei disse una delle sue sciocchezze. Pensai di aver fatto bene ad averli portati a casa, e mi si riempì il cuore di rivederlo di nuovo sotto il mio tetto dopo così tanto tempo, sembrava non essere cambiato nulla sebbene ormai non fossimo lì come amici bensì come uscenti/fidanzati. A tal pensiero mi venne da fissare la mamma, chiedendomi come l’avrebbe presa se avesse saputo la verità, ne sarebbe stata disgustata? Impressionata? Che reazioni avrebbero mai potuto avere le persone davanti a tale notizia.
Molto più tardi Kou e Hayato andarono via e li accompagnai io stesso alla porta per salutarli, ma il più piccolo dei due mi ignorò facendomi la linguaccia scappando via.
“Lo odio...” borbottai irritato.
Hayato sghignazzò divertito “Gli sei simpatico non ti preoccupare.”
“Oh bene, se questo lo chiami essergli simpatici.”
“Io e Kou abbiamo gusti molto simili, non mi stupirebbe scoprire che gli piaci.”
Quell’affermazione mi lasciò senza parole facendomi sbiancare “Non dirle certe cose... ti prego.”
Hayato scoppiò a ridere, una risata spontanea che fece battere il mio cuore più forte. Non doveva fare così, non doveva mostrarmi questi suoi lati così belli o sarei stato ancora più confuso di quanto non lo fossi già.
Pensando a tutt’altro avevo completamente abbassato la guardia e Hayato ne approfittò afferrandomi bruscamente per il colletto della camicia e tirandomi verso di lui per baciarmi. Lo faceva sempre! Se ne fregava continuamente di dove fossimo eppure non volli respingerlo e lo lasciai fare permettendogli ancora una volta di toccare le mie labbra con le sue in un bacio veloce.
“Buona notte” pronunciò una volta distaccatosi da me, e io completamente intontito non ebbi che dire, lo fissai con sguardo assente e la cosa lo fece ridacchiare compiaciuto, e andò via.
Amore o non amore, provavo sicuramente dell’affetto per quel ragazzo. Qualcosa a cui non sapevo ancora dare un nome, ma sicuramente era un sentimento profondo o il mio cuore non avrebbe iniziato a battere così forte, o non avrei permesso a nessun altro di baciarmi come invece gli lasciavo fare. Ma era troppo presto, ero un inetto in certe cose, completamente ignorante in tal materia e i ricordi del passato non fecero che spegnere quella sensazione. Un tempo ero stato convinto di essere innamorato di qualcuno, avevo dato tutto me stesso con la speranza di poterle stare vicino e invece.. ero stato schiacciato, respinto, e da ciò avevo imparato che l’amore non sempre premia, che non sempre è corrisposto e una simile sensazione di delusione mai più l’avrei voluta rivivere. Mi chiedevo quindi se con Hayato sarebbe stato lo stesso? Un tempo gli era bastato così poco per ferirmi, era stato così cattivo con me e ora improvvisamente era dolce e premuroso. Sarebbe durato?

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15

Uscii di casa molto presto quella mattina, ero più sveglio del solito e stranamente di buon umore. Che in qualche modo dipendesse dal fatto che Hayato aveva cenato a casa mia la sera prima? Se anche fosse stato quello il motivo non potei fare a meno di notare che sentirmi così allegro mi faceva bene e mi permetteva di affrontare il nuovo giorno in maniera molto più positiva.
Con stupore notai che anche Hayato e Kou erano appena usciti di casa, e mi notarono. “Yo” salutai con un cenno di mano appena distinto.
Hayato dal canto suo afferrò Kou per la mano e lo trascinò faticosamente verso di me “Ehi” fece lui.
“Accompagni Kou a scuola oggi?”
“Già, oggi mi tocca accompagnare la peste” e lo guardò truce, il bambino in tutta risposta gli fece la linguaccia e tentò ancora una volta di liberare la propria mano da quella del fratello, senza riuscirci, “sei uscito presto oggi” notò anche lui.”
“Beh sì, mi sono svegliato stranamente pieno di energie” sorrisi.
Hayato sfoderò una smorfia, sembrò molto stanco, “Sono felice per te.”
“Vuoi che... insomma che... beh...”
“Vuoi accompagnarmi?” sogghignò felice.
Perché avevo preso una tale iniziativa così improvvisamente. Era vero che quella mattina ero particolarmente di buon umore, ma volevo seriamente cominciarono sin dalle sette del mattino a stare insieme a lui?
“Sì...” la mia mente mi diceva una cosa eppure il mio corpo faceva tutt’altro.
Di punto in bianco Hayato non parve più stanco, e una nuova energia sembrò farlo riprendere e quel sorrisetto soddisfatto lo ebbe per tutto il tragitto fin quando non arrivammo fuori alla scuola di Kou, lasciandolo li.
Per tutta la strada non avevamo fatto che parlare del più e del meno, come due buoni amici, tirando fuori qualsiasi argomento possibile, anche le cose più stupide e stranamente quella mattina riuscii a lasciarmi andare un po’ di più, a ridere come avevo fatto un tempo quando ero insieme a lui. Anche Hayato era più loquace del solito, e spesso metteva stesso lui in mezzo dei discorsi, o degli argomenti generali. Sembrava tutto tornato come un tempo, anzi forse anche meglio di prima, era la versione 2.0 della nostra amicizia. Ma poi un pensiero tamburellò nella mia testa e mi diceva di svegliarmi, altro che amicizia, quello era semplicemente il mio modo di vederci insieme ma per lui, per Hayato io ero molto di più e non aveva mai pensato a me come ad un amico e forse il fatto che adesso mi stesse a sentire e amasse passare del tempo con me era solo perché ero il ragazzo di cui era innamorato.
Se non mi avesse amato avrebbe comunque passato del tempo con me?
Quel pensiero mi fece improvvisamente cambiare umore, e di conseguenza espressione, cosa che notò immediatamente Hayato osservandomi attentamente. “A che stai pensando improvvisamente?” chiese infatti.
“Eh? Oh no niente di particolare davvero ahahah” ridacchiai nervoso.
Dovevo smetterla di pensarci, vivermela alla leggere e non chiedermi cose di cui non avrei mai ricevuto risposta. Hayato mi amava, ed era stranamente tornato tutto come prima, questo doveva bastarmi. Era una cosa che io avevo accettato di mia spontanea volontà di stare con lui, ed ero felice.
“Beh dopo la scuola c’è un posto in cui vorrei andare, che dici vieni con me?” propose di punto in bianco squadrandomi attentamente con serietà. Le mani nelle tasche e i suoi occhi azzurri fissi su di me, attento e pronto per la mia riposta.
“Un posto? Spero che non sia qualche hotel o cose del genere...”
Parve seccato “Mi hai sul serio preso per un pervertito? E poi non siamo nemmeno maggiorenni, anche volendo non potrei portartici. Anche se l’idea non è male” pensò ad alta voce sorridendo.
“Lo sapevo! Sei un pervertito!”
Hayato rise “Fidati ti piacerà”, e sorrise facendomi sciogliere.
“Va bene”, come diamine poteva avere un sorriso tanto bello, capace di triplicare la bellezza di quel viso. Era ovvio che chiunque ci provasse con lui, era scontato che ovunque andasse non passasse inosservato.
E io? Come poteva amarmi se ero solo un anonimo ragazzo di sedici anni senza nessun tratto particolare. Ero anonimo, niente di speciale che mi rendesse affascinante.



Durante la pausa pranzo dissi ogni cosa a Yoshida, gli parlai della cena del giorno prima, della confessione di Hikaru e del fatto che avessimo chiarito e che tutto fosse addirittura migliorato rispetto a prima. Gli accennai anche riguardo al fatto che Hayato mi avesse chiesto di nuovo di uscire con lui quel pomeriggio.
Yoshida mi ascoltò con attenzione mandando giù il proprio succo di frutta insieme al pranzo che si era portato da casa mentre io non avevo ancora toccato nulla tra un racconto e l’altro.
“Wow in mezza serata è successo tutto ciò?” osservò con fare annoiato Yoshida.
Lo guardai male “Se ti annoia così tanto me ne andrò dentro a mangiare” e feci per alzarmi, ma mi fermò.
“Sto scherzando! Ma sono stupito che tu sia andato a chiedergli scusa, cosa è cambiato improvvisamente? Sembravi abbastanza arrabbiato ieri, oppure è stato vedere che un altro ragazzo ci provava col tuo ragazzo che ti ha spinto a riprendertelo?”
“Lui non è il mio ragazzo!” puntualizzai.
“Certo... e io sono Brad Pitt” mi fissò seccato, “seriamente Aki, quand’è che ammetterai a te stesso che è da quando quel ragazzo si è dichiarato che non fai che parlare di lui? Dovresti essere felice, e viverti la cosa in maniera serena visto che hai trovato una persona che ti vuole bene.”
“Sei un po’ troppo di parte tu..” notai nervoso.
Yoshida ridacchiò “Voglio solo vederti contento in verità e da come ne parli il principe non sembra farti nulla di male, anzi, al suo posto ti avrei già mandato al diavolo.”
“Grazie mille eh..”
“Digli che ti piace, diglielo Aki.”
Come la faceva facile lui. “Ma io non so ancora se ciò che provo per lui è lo stesso che prova per me, l’ho sempre visto solo come un amico per tutto questo tempo e l’ho anche odiato così tanto.”
“Beh chiarisciti le idee oggi pomeriggio e poi digli quello che provi, parlagli della confusione che hai nella testa e vedrai che ti aiuterà a capire stesso lui.”
Lo fissai stupito delle sue parole “Sei diventato un consulente di coppie all’improvviso?”
“Faccio del mio meglio come amico” e fece l’occhiolino.
E ci riusciva bene. Non provava disgusto nel sentirmi parlare di tutta quella storia, e c’era sempre stato nonostante io l’avessi sempre tenuto alla larga. Vedeva qualcosa in me che io francamente non vedevo, non trovavo una spiegazione al perché qualcuno volesse passare del tempo con me, non me lo spiegavo proprio.
“In questi giorni ti va se... beh se... andiamo alla sala giochi?” dissi improvvisamente con molto imbarazzo.
Quella domanda così di getto lasciò sorpreso Yoshida, o forse lo era per il fatto che per una volta fossi stato io ad invitarlo da qualche parte. Sfoderò un sorrisone e il viso si colorò di allegria, “Certo!” asserì.
Fin dall’inizio la mia idea di scuola era sempre stata da manga, da storiella raccontata e riempita di romanzo ma la verità delle cose è ben diversa. Iniziavo a capire che non era facile adeguarsi, o conoscere delle persone ma con un po’ di pazienza e la giusta dose di volontà si potevano incontrare persone straordinarie e Yoshida, senza che me ne fossi mai reso conto, era una di questa persone per me
Terminate le lezioni Hayato mi aspettò fuori dall’aula e stranamente quel giorno si era sbarazzato del solito corteo di ragazze che lo seguivano sempre ovunque. Come aveva fatto, mi ero chiesto ma lasciai perdere. Nel vedermi sorrise “Allora andiamo?” domandò.
“S—sì..”
Era così strano. Eravamo già stati ad un appuntamento ma stavolta c’era qualcosa di diverso, e c’era un po’ più di ansia del solito che mi faceva contorcere lo stomaco e sudare, ero davvero teso.
Lasciammo l’edificio e il cortile della scuola, prendemmo la metro e ci portò nel centro città in meno di dieci minuti. Ero proprio curioso di sapere dov’è che mi stesse portando, e lo capii molto presto quando lessi l’enorme scritta dinanzi ai cancelli dello zoo. Che diamine di posto aveva scelto stavolta. L’ennesimo posto che gli era stato suggerito da Saori forse? Perché mi aveva portato in posto da coppiette etero... improvvisamente cominciai ad avere qualche ripensamento nell’andare con lui e rallentai il passo.
Hayato lo notò e si fermò a guardarmi “Che hai?”
“L’hai fatto di nuovo...”
Inarcò un sopracciglio confuso “Fatto cosa?” e si guardò intorno, “Oh credi che voglia portarti allo zoo?” scoppiò a ridere rumorosamente mettendomi a disagio. Non capivo. “Ti sbagli non siamo diretti li ma più avanti” e indicò il continuò del parco dove era stato costruito lo zoo.
Improvvisamente ogni strana idea che mi ero fatto svanì, e ripresi ad essere curioso di sapere che posto fosse. Lo seguii allora, ripresi a camminare accanto a lui e Hayato non aggiunse più nulla.
Ci addentrammo nel parco, dove vi erano bambini e altre persone che vi perdevano tempo o che vi erano di passaggio, come magari lo eravamo noi. Continuammo a camminare, poi Hayato si fermò dinanzi una siepe e ne spostò alcuni rami rivelando un passaggio tra gli arbusti.
“Entra” mi invitò ad infilarmici.
Ebbi qualche esitazione ma ebbi fiducia in lui, ed entrai. Mi feci strada tra gli arbusti, notai un piccolo sentiero di terreno che si apriva tra i fitti alberi e proseguiva per alcuni metri. Hayato mi raggiunse subito, mi guardò e riprese a camminare afferrandomi la mano per tenermi accanto a se. Li poteva farlo perché c’eravamo solo noi due, eppure sapere che eravamo soli non mi turbò affatto, stavo bene.
Camminammo ancora un pò e poi la fitta rete di alberi cominciò a diminuire e la stradina si aprì su un immenso prato inglese pieno di fiori gialli che brillavano sotto la luce del tramonto diventando come tante candele accese infiammando ogni cosa.
Era uno spettacolo incredibile, era come vedere un manto di fuoco che non bruciava e il sole era dinanzi a noi pronto a lasciare il posto alla notte colorando tutto il paesaggio di sfumature tra il rosso e l’arancio. Intorno a noi non c’era nessuno, eravamo i soli a godere di quello spettacolo e istintivamente, piuttosto che crogiolarmi di quella vista guardai Hayato, ne osservai il profilo perfetto e illuminato di quelle tonalità di rosso e nei suoi occhi il riflesso del sole che ne faceva brillare le iridi e i biondi capelli come oro.
Mi resi conto che il vero spettacolo non era quel posto ma lui e il cuore prese a battermi forte nel petto. Desiderai che quel momento non finisse mai e una strana felicità mi riempi ogni cellula del corpo, facendomi ringraziare che quel ragazzo mi amasse così tanto. Ero davvero fortunato.
“Allora ti piace?”
La domanda mi riportò alla realtà e distolsi lo sguardo, super imbarazzato di averlo fissato così a lungo. Sperai che non se ne fosse accorto. “Si, è davvero bello qui. Ma come fai a conoscere questo posto?”
“Ci venivo spesso durante le medie in questo parco e girando un po’ lo trovai.”
Il periodo delle medie? Era stato allora che ci eravamo divisi, in cui ogni cosa era finita. Non avevo mai dimenticato il momento stesso in cui mi aveva detto tutte quelle cose orribili, e quanto ci fossi rimasto male. A pensarci, era passato davvero tanto tempo ed ora tutto era diverso. Involontariamente, senza che me ne rendessi conto, il mio corpo si era ancora una volta mosso da solo e la mia mano aveva cercato la sua afferrandola. I miei battiti era sempre più forti e sperai che non li sentisse.
Hayato fissò le nostre mani, sorpreso e poi mi guardò “Aki?”
“Oggi va bene.”
Mi lasciò la mano e mi afferrò il viso, lo strinse tra le sue mani e avvicinò sempre di più il suo viso al mio. Poggiò la sua fronte alla mia e chiuse gli occhi, feci lo stesso e mi abbandonai a quel momento così dolce. Era incredibile che Hayato potesse avere delle mani tanto morbide e calde, o che potesse avere dei gesti tanto dolci nei miei riguardi.
Portai le mani sulle sue e riaprii gli occhi lentamente incontrando i suoi occhi, mi ci specchiai e l’imbarazzo era completamente svanito. C’era solo il mio cuore che batteva sempre più forte, e il respiro diventato più lento e profondo. Lo fissavo aspettando la prossima mossa, lasciandomi ancora avvolgere da quelle mani e le accarezzai senza rendermene conto.
“Aki” pronunciò dolcemente il mio nome quasi in sussurro. Avvicinò il suo volto al mio, mi sfiorò le labbra dolcemente e se ne distaccò, mi guardò ancora e i nostri respiri si incontrarono. Notai che anche lui era agitato, e sentivo il suono di battiti ma non erano i miei.
Si avvicinò ancora una volta e finalmente mi baciò profondamente, tanto da togliermi il respiro, ma in quel momento era ciò che volevo anche io. Le sue mani mi tennero stretto a se, tenendo il mio volto premuto contro il suo e lo lasciai fare. Era una bella sensazione, e baciava davvero bene.
Le nostre lingue si fusero insieme, giocando insieme, cercandosi e inseguendosi. Yoshida forse aveva ragione, i sentimenti che un tempo avevo provato per Hayato erano stati sicuramente di amicizia ma ora c’era qualcosa di diverso. Non sapevo se chiamarlo amore o meno, ma provavo qualcosa per lui, era chiaro.

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Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


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CAPITOLO 16

Ero completamente assente in quel momento, non mi ero nemmeno reso conto che avevamo cambiato location e ci eravamo rifugiati in un fast-food per mangiare qualcosa visto che si era fatto tardi.
Ci eravamo baciati, e io l’avevo voluto quanto lui. Non lo avevo respinto, che mi era preso mi chiedevo. Era cambiato ogni cosa nel giro di una mezza giornata, e ora improvvisamente gli avevo permesso con tanta facilità di potermi toccare.
“Ordino due menù normali, se per te va bene” comparve improvvisamente Hayato.
Lo fissai da ebete senza proferire una parola. Ero ancora mezzo sconvolto per ciò che era successo, altro che motel, se in quel prato Hayato avesse tentato di farmi qualcosa, probabilmente gli avrei consentito anche di fare altro. A tal pensiero l’imbarazzo mi assalì e calai il viso per nascondermi. Hayato seppe stupirmi ancora, portò la propria mano sulla mia testa e l’accarezzò “Che hai?”
“Nulla ma è imbarazzante dopo quello...” borbottai guardando a terra.
“Si lo è ma ci abitueremo a queste cose.” Cercava di rassicurarmi. Era davvero dolce e io un completo disastro, pensai allora a quanto dovesse essere difficile per lui sopportare uno come me che non sapeva cosa voleva davvero e non gli dava alcuna certezza. “Resta qui, vado a prendere le ordinazioni.”
La sua mano abbandonò la mia testa e ne sentii la mancanza, istintivamente sollevai la testa per cercarlo, per dirgli qualcosa e rassicurare anche lui “Hayato aspett-“ ma nel farlo urtai contro qualcuno, ancora, “Mi dispiace!” dissi immediatamente e poi il tempo rallentò di colpo.
“Tranquillo nemmeno io ti ho visto... Aki Nomura?”
Quanto sfortunato potevo essere. Quanta gente dovevo aver ucciso in una vita precedente per avere tutte le sfortune questa, eppure eccola lì, la stessa persona che un tempo aveva spezzato il mio cuore e che era stata il mio primo amore.
“Mayu..” borbottai incredulo. Ebbi la sensazione che tutto il tempo si fosse fermato in quel momento, o addirittura l’impressione di avere davanti un fantasma, eppure era lei. Non più la ragazzina di quei giorni, colei che mi aveva rifiutato, ora davanti a me c'era una ragazza alta, sempre bellissima come allora vestita della sua divisa scolastica, i lunghi capelli tinti di color rame che le scendevano vaporosi lungo le spalle in modo disordinato e le incorniciavano il piccolo e ovale viso facendola sembrare una bambola. Gli zigomi più scavati, le guance sempre rosee, le labbra a cuoricino colorate col trucco e due occhioni grossi color verde bottiglia.
Lo stupore di lei terminò subito e sfoderò un ampio sorriso “Che sorpresa incontrarti qui. E’ passato davvero tanto tempo” disse con una voce dolce come il miele. Faceva così male trovarmela davanti, mi riportò alla mente quei giorni tristi, il suo rifiuto e al conseguente litigio con Hayato.
Cominciai a sudare per l’agitazione ed ero in ansia che potesse arrivare da un momento all’altro Hayato.
“Già, davvero tanto tempo...” lei era stata innamorata di Hayato, pensai.
“Che scuola frequenti? Credevo che avresti scelto quella del nostro vecchio istituto delle medie e invece non è stato così.”
“Ho scelto un altro istituto.”
Avevo un tono molto cupo senza rendermene conto sembravo freddo, ma era ovvio che lo fossi. Mi ero illuso così a lungo, avevo creduto così tanto che fosse quella giusta e poi crack, tutto si era spezzato. Ma ora non era solo quel ricordo a far male, quanto piuttosto l’idea di lei che per tutto il tempo mi era stata vicina solo per arrivare ad Hayato.
“Capisco” sorrise ancora e pregavo dentro di me che la smettesse, “sei diventato davvero alto Aki, sono davvero colpita ma il tuo viso è sempre lo stesso, per questo subito ti ho riconosciuto.”
Sempre lo stesso eh. Sempre una nullità per te, pensai. “Tu invece sei completamente diversa.
“Davvero?” ridacchiò, “Forse è per la tinta che ho fatto ma anche io sono sempre la stessa, se mi guardi bene” e si avvicinò un pò indicandomi con l’indice il viso, “vedi?”
Indietreggiai timoroso “Si... hai ragione.”
Continuò a sorridere “Beh, sei qui da solo o con i tuoi amici di scuola? Io sono qui con quelle ragazze” e indicò dall’altra parte del fast – food e notai altre tre ragazze che ridacchiavo ad un tavolo.
Che cosa dovevo dirle? Dovevo ammettere che ero li proprio con Hayato? No. Non volevo farlo.
“Sono solo oggi.”
Mayu ne parve sorpresa ma non disse nulla “Capisco, beh allora è stato bello rivederti, ci si vede in giro” e mi salutò con un cenno di mano. Così come era apparsa sarebbe di nuovo svanita dalla mia vita, era sempre la stesa storia, ero una nullità per lei, solo una delle tante comparse dei suoi ricordi delle medie.
“Si ciao.”
Poi però Mayu si fermò di colpo, ancora di spalle e si girò a guardarmi e lo fece in maniera seria. Fece dietro-front per tornare da me, perché. “Senti ehm, che ne dici se ci scambiamo i numeri di telefono? Sarebbe bello sentirsi e vedersi come a quei tempi.”
Cos’è che mi aveva appena chiesto? La richiesta mi spiazzò davvero tanto e smisi di pensare con lucidità. La stessa Mayucchan di quei tempi mi aveva chiesto il numero e aveva preso lei l’iniziativa!
“V-va bene..” e tirai fuori il telefono consegnandoglielo.
Osservai Mayu mentre soddisfatta digitava il suo numero con attenzione. Un tempo avrei dato qualsiasi cosa per il suo numero di cellulare e ora improvvisamente, in un squallido fast-food, stava accadendo. Era surreale, e non riuscii a pensare a niente di sensato da dire. Mi dimenticai completamente di Hayato.
“Fatto” e mi restituì l’apparecchio con un sorriso, “mandami un messaggio così salvo il tuo, ciao Aki.” E stavolta fu un saluto definitivo, la vidi tornare dalla sue amiche e la guardai andare via. Aveva ancora delle gambe bellissime, una schiena dritta e dei fianchi da modella. Era ancora perfetta ai miei occhi.
Me lo ero sognato ad occhi aperti? Cosa era appena accaduto? Quella non poteva essere la stessa Mayu di quei tempi, non quella stessa ragazza che a suo tempo mi aveva rifiutato. Quella di ora sembrava aver rimosso tutto, e pareva ricordarsi solo dei bei tempi in cui eravamo stati amici di classe. Aveva chiesto il mio numero, l’aveva fatto lei perché voleva sentirmi ancora. Che strano.
“Che fai in piedi come una statua, baka?” mi arrivò un pizzicotto sulla guancia e tornai in me.
Era tornato Hayato con il nostro cibo “Ahi!” esclamai e mi lasciò andare poggiando tutto sul tavolo. Dovevo dirglielo? Parlagli di quella ragazza?
Non farlo. E’ pericoloso. Una voce diceva così nella mi testa, Mayu era stata il motivo per cui io ed Hayato avevamo litigato tempo addietro e non volevo che succedesse più, non ora che eravamo amici... e mi tornò alla mente il bacio di prima, al parco e alle emozioni provate. Che mi prendeva di punto in bianco, provai una sensazione di rimpianto, io volevo che Hayato ci fosse nella mia vita ma non ero convinto di volerlo come ragazzo, non ero ancora pronto per ricambiare i suoi sentimenti.
“Che succede? Sei di nuovo assente.”
Lo guardai, dovevo avere un espressione terribile “Mi dispiace...”
Hayato parve distaccato e continuò a sorseggiare la sua coca-cola “Puoi dirmi tutto quello che ti passa per la testa, io ti ascolterò” disse guardando altrove con un lieve rossore sulle guancia.
Lo fissai ancora colpito che mi avesse offerto tra virgolette una spalla, o meglio un confidente ma non potevo dirgli di Mayu, avevo troppa paura per farlo e il solo pensiero di saperlo di nuovo lontano da me creava una voragine. Non volevo che tornasse ad odiarmi.
“Niente, sono solo confuso ma sto bene” e Hayato mi guardò attentamente, “questo appuntamento è andato sicuramente meglio dell’altro, ne sono contento!” sorrisi ripensando al suo bel gesto.
Hayato non si aspettò simile parole e sgranò di occhi allontanando la cannuccia dalla bocca ma non disse altro, calò il capo nascondendo gli occhi e metà viso sotto i capelli e tornò a bere la propria bibita.
Era strano passare una giornata in modo pacifico insieme a lui, considerato che spesso e volentieri non facevamo altro che litigare.
Finito di mangiare, dividemmo il conto – così volli io – e imboccammo la strada per tornare a casa. Era piacevole parlare del più e del meno, era bello stare in sua compagnia. Eppure qualcosa mi disturbava, mi domandai se non fosse stato l’incontro con Mayu.
“Che hai?” a quel punto Hayato si parò davanti a me chiaramente seccato da qualcosa.
Il suo improvviso cambio di umore mi paralizzò, stava tornando lo stronzo di sempre, me lo sentivo. “In che senso? Non ho nulla. Che ti prende” ridacchiai nervoso.
“Non sei mai tanto carino con me, e non sorrideresti così tanto se non ci fosse qualcosa che non va.”
Ancora una volta il dubbio mi assalì, mi domandai se fosse opportuno parlargli chiaramente di tutti i miei dubbi, e accennare alla storia di Mayu ma davvero, non volevo rovinare quel bel momento. Eppure il consiglio di Yoshida era stato di essere sincero per una volta, ma volevo farlo? Ero pronto?
“Ti sbagli, se tu che credi che io sia sempre e solo arrabbiato ma so anche sorridere.”
Hayato non parve credermi “Sarà... beh allora ci vediamo domani a scuola.”
Senza accorgermene eravamo arrivati dinanzi alle nostre case, dove praticamente tutto era iniziato tra noi, e dove una sera, così di punto in bianco mi aveva baciato fregandosene delle conseguenze o della possibilità che potessi odiarlo ancora di più. Lui aveva rischiato, si era buttato di getto in quella storia e si era preso ciò voleva. Un po’ lo ammiravo, io da parte mia non sapevo nemmeno cosa volevo davvero, se stare con lui perché lo rivolevo come amico o perché sarebbe nato un qualche sentimento diverso.
“Buona notte” dissi semplicemente e Hayato mi salutò con un cenno di mano. Ci lanciammo ancora un occhiata, imbarazzati su cosa fare ma nessuno dei due ebbe il coraggio di fare altro, per la prima volta Hayato non cercò di baciarmi e mi parve molto strano, lo vidi andare via e rientrare in casa. Provai un senso di delusione.
 

“Tutto questo è davvero strano...” osservò Yoshida molto a disagio. Lo guardai senza capire, e feci spallucce tornando a mangiare il mio bento e dopo di me anche Hayato ne afferrò un pezzo. Era la prima volta che veniva a pranzo con me, non che me l’avesse chiesto, si era semplicemente appostato alla porta dell’aula aspettando che io e Yoshida ne uscissimo per seguirmi. “Magari se le ragazze mi vedono col Principe inizieranno ad inseguire anche me!” sognò ad alta voce.
“Io non ci conterei” commentò Hayato senza neppure guardarlo in faccia, ma semplicemente concentrato verso il suo pranzo. Era carino che fosse lì con me, ma era molto freddo e antipatico con Yoshida come lo era a suo tempo con tutti i nostri compagni delle medie.
Yoshida ignorò quel commento acido e continuò a rivolgersi verso di me e cominciò a sussurrare qualcosa “Che succede eh? Da oggi in poi pranzerà sempre con te o cosa?” parve seccato.
“Non saprei sinceramente, oggi si è auto invitato non è colpa mia.”
“Non voglio essere il terzo in comodo!” sussurrò gridando disperato.
“Guardate che vi sento comunque” arrivò come commento alle nostre spalle, e improvvisamente ci sentimmo come sorpresi di un furto. Ci voltammo a guardarlo, e lo trovammo li che ci fissava mentre masticava con aria apatica come sempre.
“Quel ragazzo inizia a farmi paura” osservò Yoshida preoccupato, “sembra voglia uccidermi!”
“Ma che stronzate dici!”
“Forse dovrei lasciarvi soli” e cercò di alzarsi dal prato ma glielo impedii afferrandolo per un braccio e riportandolo bruscamente a terra facendogli perdere l’equilibrio.
“Non abbandonarmi!” lo sgridai, “Tutto questo è strano per me.”
“Questo dovrei dirlo io” si massaggiò il sedere.
Lo ignorai per quel commento del tutto inopportuno e rivolsi nuovamente la mia attenzione verso Hayato. Stava ancora pranzando, ignorandoci magari, o forse stava ancora ascoltando tutto fregandosene. Chissà se intuiva che Yoshida sapesse, magari nemmeno gli importava visto quanto fosse tranquillo nel baciarmi in pubblico. Per me ciò che pensava continuava ad essere un mistero.
“Beh Principe che mi dici, verrai alla manifestazione che si terrà al dojo?” ridacchiò Yoshida mettendo un discorso puramente a caso di cui neppure io avevo sentito parlare.
Hayato lo fissò severo e Yoshida sudò freddo senza più dire nulla. “Che manifestazione?” domandai io.
“Non te l’ho ancora detto? Questo sabato ci saranno delle gare, a cui parteciperò anch’io ma ci saranno anche tante dimostrazioni come la scorsa volta per trovare nuovi iscritti, perché non vieni? Ci saranno tutti: Saori, Hiroto, Kuro.”
“Oh si mi farebbe molto piacere!”
E arrivò la solita tirata di guancia da parte di Hayato, stavolta più forte del solito “Ehi bakaa, io sono qui eh” mi disse avvicinando la propria bocca al mio viso, verso l’orecchio.
Che avevo fatto di male. Mi lasciò andare dopo pochi secondi e rivolse la sua attenzione verso Yoshida, ma non ebbe l’aria di chi voleva uccidere qualcuno, anzi, sembrava volerlo studiare attentamente e Yoshida continuò a sentirsi a disagio non sapendo dove guardare.
“Che diamine Hayato! Smettila mi fai male!”
“Capirai, l’intento è proprio quello.”
Mi innervosì quel commento acido “Come? Fottiti bastardo.”
Sfoderò un ghigno come al solito “Che diavolo ci vai a fare al dojo se non hai mai fatto sport? Non ne capisci neppure nulla, sembreresti solo uno stupido.”
“Uno stupido?!” scattai in piedi sempre più nervoso “Sparisci! Ti odio quanto fai così, non hai che brutte parole che ti escono da quella cazzo di bocca, va al diavolo!”
Hayato si alzò di conseguenza ripulendosi i pantaloni, con aria calma, ma sempre con fare bieco mi rise in faccia in maniera cattiva “Mi odi eh? Eppure chi è che ieri ha detto ‘oh sto davvero bene con te’” emulò la mia vocina rendendola stridula, tutto questo davanti a Yoshida, “sei un tantino ipocrita idiota... addio ad entrambi” così disse, e sparì dandoci le spalle.
“Si va al diavolo! Nemmeno ti volevamo qui!”
Tornai a sedermi incazzato nero, mangiai per il nervoso e divorai tutto in pochi secondi sotto gli occhi basiti di Yoshida che aveva assistito a tutta quella scenata.
“Ehm non volevo farvi litigare, ovviamente l’invito era anche per lui se non si è capito...”
“Lascia perdere, è solo uno stupido.”
Yoshida mi fissò “Più che altro mi è sembrato una ragazzetta isterica in preda alla gelosia.”
“Gelosia?”
“Sei cieco?!” urlò basito, “Quel ragazzo per tutto il tempo non ha fatto che fulminarmi con lo sguardo, ed è esploso non appena ti ho invitato a venire alla manifestazione, mi sembra palese no?”
“Non mi interessa.”
Quella sua osservazione mi fece aprire gli occhi, ma se anche fosse non giustificava quel suo assurdo carattere. Non poteva essere così bipolare, non poteva passare dalla gentilezza, a poi dirmi di tutto e di più in maniera isterica, lo faceva sempre e non sopportavo quella parte di lui.
Per tutto il resto della giornata non ci rivolgemmo più la parola, tornò dal suo corteo e diede del suo meglio per far starnazzare quelle oche, addirittura permise ad una di loro di toccargli i capelli. Quel fottuto bastardo aveva permesso a quelle lecchine di toccarlo, e la vista di ciò mi irritò ancora di più sapendo che lo stava facendo di proposito per farmi esplodere, ma semplicemente continuai ad ignorarlo guardando altrove.
Improvvisamente però il mio cellulare vibrò, e non aspettavo nessuna chiamata o messaggio visto che tutte le persone che conoscevo nemmeno mi contattavano per telefono. Lo presi dalla tasca e guardai il display ed era un numero anonimo che mi mandava un messaggio. Incuriosito e confuso ne aprii il contenuto e lo lessi:
Ciao, so bene che forse sembrerà inopportuno, e magari strano visto che non ci vediamo da anni ma volevo chiederti se questo venerdì sei libero.
Ah, sono Mayu comunque se non si era capito, sono riuscita a trovare il tuo numero. Fammi sapere.”

Ero paralizzato per lo stupore. Come diamine aveva fatto a trovare il mio numero, e perché di punto in bianco mi mandava un messaggio dopo secoli che non ci vedevamo. Mi sembrò strano, e l’ansia mi assalì. Voleva vedermi questo venerdì, senza una ragione apparente e la sorpresa fu tale che non mi permise nemmeno di risponderle, non ne ebbi il coraggio così ignorai il messaggio. Non volevo altre illusioni, avevo già troppi pensieri per la testa in quel momento.
Dopo la scuola tornai a casa con Yoshida, prendemmo un gelato insieme e poi dritti verso le nostre abitazioni. Ci separammo tipo qualche metro prima di casa mia, lo vidi svoltare l’angolo. Ero stanco, e l’unica cosa che volevo era rientrare per lasciarmi cadere sul letto. Quella giornata era stata pesante.
“Sono a casa” dissi chiudendo la porta alle mie spalle.
Mia madre sbucò dalla cucina con un piatto che stava asciugando “Oh bentornato tesoro, hai fatto tardi.”
Tardi? “No, ho solo preso un gelato con un amico.”
“Capisco tesoro, ma non è bello far aspettare un ospite se lo inviti qui.”
Ospite? Quale invito? “Cosa mamma?” la guardai confuso.
Lei mi sorrise e mi indicò di sopra “C’è Hayato-kun in camera tua, va da lui, vi porto qualcosa tra poco ma se vuole restare per cena va bene comunque.”
Quel maledetto figlio di puttana! Chi diamine l’aveva invitato, ero ancora furioso con lui e in quel momento non avevo proprio voglia di litigarci ancora o di vedere quella sua faccia da poker.
Salii al piano di sopra con tutte le intenzioni di sbatterlo fuori, e se avesse detto altro lo avrei seriamente mandato a quel paese, mi irritava troppo quel ragazzo.
Spalancai la porta di camera mia e lo trovai sdraiato sul mio letto intento a leggere uno dei miei tanti fumetti, altri invece erano sparsi sul pavimento e sul letto. Cos’è era a casa sua?!
“Vattene non ho voglia di vederti.”
Hayato smise di leggere e si mise a sedere “Leggi solo immondizia” disse così a caso e i nervi esplosero.
“Vattene! Sparisci da casa mia!”
“Non credo che lo farò, tua madre mi ha invitato per cena, non potevo dirle di no, ti pare?” sogghignò.
Era incredibile che si stesse comportando in quel modo. Sembrava un altra persone rispetto al giorno prima, dove erano finite tutte quelle premute e le nostre normali chiacchierate. Dove.
“Perché. Perché fai così! Ti diverti così tanto a farmi incazzare eh?!”
Hayato si sollevò, e balzò giù dal letto rimettendosi in piedi. Mi venne abbastanza vicino da afferrarmi il viso, lo sollevò costringendomi a guardarlo negli occhi.
“Sono io quello incazzato qui, in verità” rispose severo senza più alcuno scherzo.
“Perché mai? Che ti ho fatto...”
Respirò profondamente chiudendo gli occhi per un secondo, per poi riaprirli “Andresti ovunque se a proporlo fosse quel ragazzo, ma quando si tratta di me sei sempre sulle spine, mai a tuo agio e nemmeno quando eravamo piccoli ti ho mai visto così sereno in mia presenza, sembravi perennemente in ansia.”
“Cosa?” Non scherzava, era serio. Quella era la vera ragione di quella sua sfuriata, ma era una motivazione sciocca. “La colpa non è mia..” borbottai a bassa voce.
“Come?”
“Se sono sempre in ansia la colpa non è mia! Yoshida da me non pretende nulla, non mi ha ferito e non oserebbe mai trattarmi come fai tu. Invece con te è tutto diverso, tu non mi vedi come un amico e quindi non so come comportarmi, non so come reagiresti ad ogni mia parola o gesto, magari ti arrabbieresti ancora come fai sempre quindi non darmi la colpa se con te sono così!”
Hayato mi fissò colpito, e spalancò leggermente gli occhi. “Siamo un vero disastro” commentò.
“Concordo.”
Hayato sospirò e si toccò i capelli grattandosi la nuca “Credo che tu abbia dimenticato un tassello fondamentale di tutta questa storia, non sono io quello poco chiaro qui ma tu. Ti ho già detto che sono innamorato di te da sempre, quindi non potrei mai odiarti anche se volessi.”
Di punto in bianco l’aveva ridetto, aveva di nuovo tirato in ballo quella storia del suo amore e mi sorprese la serietà e la semplicità che usava per dirlo, come se stesse parlando del tempo. Era convinto dei suoi sentimenti, sapeva perfettamente cosa voleva e lì non era lui che confondeva me, ma forse ero io, col mio fare poco chiaro che lo portavo a comportarsi in quel modo.
“Mi dispiace per oggi, davvero” dissi allora non sapendo come rispondere.
“Anche a me.”
Portai gli occhi su di lui sorpreso che mi avesse risposto con delle scuse, erano le prime da quando lo conoscevo ed ebbero chissà perché più valore dei sentimenti che mi aveva appena rivelato. Di solito lui era una persona abbastanza orgogliosa, che mai ammetteva di aver sbagliato e quindi delle scuse erano rare da ricevere, ma questa volta lui lo aveva fatto e solo perché voleva fare pace con me. Lo voleva davvero.
Non seppi dove guardare, fissarlo negli occhi era troppo per me ed ero in imbarazzo.
“Ora sta diventando imbarazzante” dissi smorzando la cosa.
Hayato sorrise “Lo so. Che ne dici se rimedio così?” afferrò la mia guancia e avvicinò il mio viso verso di lui per baciarmi. Improvvisamente l’imbarazzo svanì, riempito da quel bacio tanto dolce. Baciava davvero bene.
Mi resi conto della situazione e così, ripresa la lucidità, lo respinsi ma dolcemente “Non qui.”
Hayato capì e sorrise “D’accordo. Allora adesso vado, ci vediamo domani.”
Perché doveva andare via adesso, non gli avevo detto di andarsene. Ma prima l’ho fatto.
Era ancora ciò che volevo dentro di me? Vederlo darmi le spalle, procinto ad aprire la porta mi venne d'istinto fermarlo e lo bloccai per la maglia tenendo stretto tra le dita un lembo della sua maglia.
“Mamma ormai avrà cucinato anche per te quindi resta.”
Era ciò che davvero volevo in quel momento, che non andasse via da me.

Note: Da qui in poi iniziano dei capitoli che ho trovato meravigliosi riguardo questa storia, e la relazione dei due protagonisti. E' vero che sono impegnata tra studio e palestra, ma vorrei comunque trovare il tempo anche per loro, in modo da entrare nel vivo della trama.

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Capitolo 19
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17

Alla fine la faccenda si era risolta, e potei dare l’ok a Yoshida per quella famosa manifestazione, e piuttosto che andarci da solo come spettatore chiesi ad Hayato di venire con me, che accettò a malincuore.
“Non potevi inventarti una scusa qualsiasi per non andare?” continuò a borbottare seccato.
“Nessuno ti ha costretto a venire. E comunque voglio vedere la gara di Yoshida.”
Hayato non parve felice, ma mi seguì comunque fino al suo vecchio dojo. E come l’altra volta brulicava di persone, c’era un via e vai assurdo: tra visitatori e atleti, c’era un caos infernale e trovare qualche faccia amica non sarebbe stato affatto facile, così mandai un messaggio a Yoshida.
Alcuni ragazzi in kimono riconobbero Hayato e gli si catapultarono addosso per salutarlo, in tutta risposta quest’ultimo li snobbò con sufficienza facendo finta di non vederli. I ragazzi vi rimasero molto male. Era sempre il solito, non ci sapeva proprio fare col prossimo.
“Ehi potresti almeno dire semplicemente ciao se qualcuno ti saluta” lo rimproverai.
“Non sono persone che io voglio salutare sinceramente. Allora dove diavolo è il tuo amico?”
Cominciai a sperare che quella giornata passasse velocemente, che enorme sbaglio avevo fatto nel portarlo con me. Si sarebbe comportato in quel modo tutto il giorno, lo sapevo già.
“Non ci credo... Hayato e Aki!” una voce squittì alle nostre spalle, era quella di Saori. Bella, nella sua divisa da staff e i capelli rossi raccolti in una coda di cavallo.
“Ciao Saori” le sorrisi.
“Ciao, sono felice di vederti qui. Immagino tu sia venuto per Yoshida e la sua gara.”
“Esatto” ridacchiai imbarazzato.
Saori poi spostò la sua attenzione su Hayato e divenne un po’ più seria, “E tu perché sei qui eh? Quando ti invito io nemmeno rispondi al cellulare.”
“Non l’ho sentito.”
Saori lo fissò seccata “Si.. certo, raccontalo a qualcun altro” e sospirò arresa, “beh, venite con me vi porto dagli altri, saranno felici di vedervi.”
La seguimmo come ci disse di fare, e ci portò all’interno del dojo dove c’erano tantissimi ragazzi in kimono – grandi e piccoli – pronti a dare spettacolo. Quella scena mi ricordò di quando un tempo ero sempre li, a guardare Hayato e i suoi allentamenti, era bravo e mi domandai improvvisamente perchè avesse smesso di fare uno sport che ricordavo amava così tanto. Senza volerlo lo stavo fissando e se ne accorse.
“Smettila” disse secco e guardai istintivamente altrove. Che disagio era.
Ci portò fin dentro lo spogliatoio maschile, e ci trovammo davanti ragazzi e bambini intenti a cambiarsi che si videro di colpo davanti una ragazza che spalancò le porte urlando: “Ragazzi guardate chi c’è!”, tutti li dentro rimasero di sasso, alcuni istintivamente si nascosero o si coprirono le parti scoperte. Altri rimasero immobili come statue senza sapere cosa dire.
Saori invece non si fece problemi e ci fece strada fin dentro, andando dritta verso Yoshida.
“Puoi smetterla di entrare nello spogliatoio maschile in questo modo? E’ imbarazzante” osservò Yoshida, e nel vedermi gli brillarono gli occhi “Aki! Sei arrivato” poi notò alla mia destra Hayato e cambiò espressione mostrandone una disgustata “Principe...”
“Yoshida” rispose Hayato con un ghigno.
Abbozzai un sorriso per smorzare quella tensione “Allora... sei pronto per la gara?”
Yoshida cambiò espressione, tornò il solito rivolgendomi di nuovo la sua attenzione “Oh si! Vedrai che vincerò alla grande!”
“E abbiamo davanti chi perderà invece...” commentò velenoso Hayato raccogliendo l’ennesima occhiataccia da parte di Yoshida. Immaginai che quella sarebbe una lunga giornata e improvvisamente mi sentii stanco.
“Saori esci di qui!” gridò un altro ragazzo nello spogliatoio e dopo innumerevoli sgridate la ragazza lasciò la stanza con un broncio in viso.
“Sempre la solita...” osservò Yoshida.
Più conoscevo quella ragazza e più apprezzavo il suo modo di fare, era spavalda e faceva solo ciò che davvero voleva fregandosene delle conseguenza o di ciò che avrebbe potuto pensare la gente. Avrei voluto essere come lei, più determinato e spigliato nelle cose che facevo ma ero uno stupido.
Lasciammo Yoshida e tutti gli altri alle loro cose, nel frattempo io e Hayato raggiungemmo Saori fuori dallo spogliatoio e con mia sorpresa la trovammo in compagnia di Kuro. Mi sorprese vederlo li, e ancora di più notare che non si era più tinto i capelli di strani colori ma semplicemente li aveva lasciati neri.
Kuro notò la nostra presenza e ne sembrò sorpreso, mi domandai perché. “Voi qui?”
Hayato si fece improvvisamente serio e proseguì dritto nel sentire la domanda dell’altro, lo ignorò senza neppure rivolgergli uno sguardo oltrepassandolo. “Andiamo Aki muoviti!” furono le sue uniche parole.
Non sapendo che fare obbedii e gli corsi dietro, gettai però una rapida occhiata verso Kuro e lessi nella sua espressione tanta rabbia mista ad amarezza. Che cosa avevano quei due che non andava, sembrava che avessero qualche vecchio astio che continuavano a portarsi dietro, ma l’impressione che mi diede e che fosse solo Hayato a mantenere il punto mentre Kuro sembrava in qualche modo soffrirne, o era un impressione.
Raggiunsi Hayato che in tanto aveva preso posto nel dojo conservandomi dello spazio accanto a lui. Mi accomodai alla sua destra e continuava a ronzarmi nella testa sempre la stessa domanda: hai litigato anche con quel Kuro?
Erano tante le cose che avrei voluto chiedergli, ricordavo poco e male tutto ciò che facevamo da piccoli. Era passato tanto tempo, e oltre che concentrarmi su Hayato, di quei tempi non ricordavo neppure che ci fossero persone del dojo molto vicine a lui. Non vi avevo mai prestato particolare attenzione sinceramente.
“Smettila di fissarmi è snervante” mi rimproverò improvvisamente guardando davanti a se, poi però chinò leggermente il capo per lanciarmi una rapida occhiata. Istintivamente distolsi lo sguardo e lo portai verso le mie mani poggiate sulle gambe, che mi prendeva, non stavo facendo nulla di male.
Perso nei miei pensieri, e completamente a disagio mi persi buona parte delle gare, così le dimostrazione ma tornai finalmente lucido quando tra il pubblicò si sentì chiaro e tondo il nome Yoshida, e notai che era la madre che gridava per incoraggiarlo. Era dunque arrivato il suo turno.
Fece il suo ingresso, accolto dagli applausi e dai suoi compagni schierati a bordo campo. Yoshida era maestoso e possente con indosso il kimono, e fiero mostrava la propria cintura marrone. Era forse la prima volta che lo vedevo fare sul serio, sapevo che era forte ma non avevo mai assistito ad una sua gara, non sapevo nemmeno come funzionasse sinceramente.
“Prenderà la cintura nera se vince questa gara?” domandai completamente ignorante.
“Non credo, forse diventerà 3° kyu o qualcosa del genere.”
Non capii nulla di ciò che stava dicendo “Ah davvero.. e tu Hayato, cos’eri ai tempi?”
Vidi la sua espressione mutare farsi più cupa per quella domanda, calò lo sguardo nascondendolo ed esitò un po’ a rispondere. Che cosa gli avevo chiesto di tanto sbagliato?
“Non lo ricordo più ormai.”
Quella risposta mi spiazzò ancora di più. Era possibile? Lui aveva amato così tanto quello sport, ricordavo che aveva passato intere giornate ad allenarsi e io c’ero sempre stato proprio per spronarlo ancora di più. Era strano quindi che non ricordasse neppure a che cintura fosse arrivato a quei tempi.
Forse insistere non era la cosa migliore, non mi avrebbe risposto visto che sembrava volermi liquidare con una risposta buttata li così. Lasciai quindi perdere, ero stanco di dover sempre stare dietro la sua testa.
E poi partì un boato enorme, senza rendermene conto Yoshida aveva già messo a terra il suo avversario in poche mosse e l’incontro si era concluso presto sotto gli applausi di familiari, visitatori e allievi del dojo. Era il momento trionfante di Yoshida, e se lo meritava tutto.
Finita la manifestazione cercai quanto prima di andare dal mio amico per fargli i complimenti ma c’era davvero tanta gente e mi domandai dove dovessi cercarlo.
“Possiamo andarcene adesso?” domandò Hayato a quel punto.
“Aspetta! Voglio almeno complimentarmi con Yoshida. E’ stato davvero forte!” sorrisi ripensandoci.
Hayato si trattenne dal mostrarmi una smorfia di disappunto “Allora io me ne vado” e senza dire altro mi lasciò li completamente da solo, fece dietro front e si avviò verso l’uscita. Ancora una volta avevo forse detto qualcosa di sbagliato? Vallo a capire quel ragazzo.
“Aki!”
Riconobbi la voce alle mie spalle, era quella Yoshida radioso come non mai. Mi catapultai verso di lui contento per il suo successo “Sei stato davvero forte!” dissi sincero.
“Hai visto? L’ho messo subito a terra” e si toccò il muscolo del braccio vantandosene ma ci stava tutto, poi notò qualcosa e divenne serio “Sei rimasto da solo? Dov’è il Principe?”
“Ah.. è andato via.”
“Meglio così, è un guastafeste quello lì, staremo meglio” e sorrise. Per una volta aveva ragione, Hayato non sarebbe mai dovuto venire quel giorno perché non era una giornata dedicata a lui ma al mio amico che aveva dato il meglio di se, e Yoshida diversamente da Hayato mi faceva sentire sereno e non sulle spine. Mi circondò col suo enorme braccione “Andiamo dagli altri!”
Raggiungemmo Saori e Hiroto, quest’ultimo in kimono come Yoshida e nel vedermi non mutò la sua espressione da becchino, mi salì l’ansia vederlo fissarmi in quel modo. “Yo” disse con voce cupa e bassa.
“C-ciao...”
Saori mi fissò e notò ciò che speravo non notasse, “E Hayato dov’è?”
“Il Principe è andato a casa, dimenticalo” rispose al posto mio Yoshida.
“Ma come... credevo sarebbe rimasto ancora un po’. E ora che ci penso anche Kuro è sparito, mah..” Anche l’espressione di Saori parve incupirsi, ma perché. Che diavolo avevano tutti quel giorno.
Kuro non c’era, e nemmeno Hayato e ripensando al loro incontro di quella mattina mi domandai se non si fossero incontrati per caso da qualche parte, tale pensiero mi rese nuovamente ansioso.
“Andiamo a mangiare qualcosa!” propose Yoshida.
“Ehm dovrei andare in bagno...” dissi separandomi dal suo braccio, sotto gli occhi sorpresi di quest’ultimo che non aggiunse nulla se non un normale consenso.
Mi domandai cosa stessi facendo. Perché improvvisamente avevo detto quella balla enorme per andare via, cosa speravo di trovare allontanandomi? Sebbene una parte di me pensasse lucidamente, c’era un altra parte che mi diceva vai, cercalo, non è ancora andato via. Dentro di me sentivo che Hayato non era davvero andato via dal dojo e quella sensazione mi portò a girare in lungo e largo per trovarlo ma passati cinque minuti iniziai a considerarmi pazzo, era meglio tornare indietro e non pensarci più.
“Lasciami in pace!” gridò una voce molto familiare. Era chiaramente Hayato, ma da dove proveniva? Ero all’esterno dell’edificio e c’era un po’ di gente, ma quella frase l’avevo sentita chiaramente, così mi guardai intorno e notai qualcuno alle spalle dell’edificio, all’ombra di un albero, era davvero lui. Possibile che avessi avuto ragione? Era davvero rimasto, e stranamente ne fui felice ma nel momento stesso in cui cercai di avvicinarmi notai che non era solo ma c’era Kuro con lui, proprio come avevo previsto, così mi nascosi.
“Lasciarti in pace? Ti rendi come di come ti comporti?”
Meno male che c’era anche qualcun altro che glielo faceva notare. “Non mi interessa ora vattene!” Il tono di Hayato era alterato, più del normale. Lo odiava sul serio quel ragazzo.
“No! Ora tu mi ascolti bene e starai zitto!” Kuro alzò la voce più di lui e sbirciai un po’ nel momento stesso in cui sentii un tonfo contro la parete dell’edificio, e la scena che vidi su Hayato messo con le spalle al muso dalla presenza enorme di Kuro che lo fissava dritto negli occhi in maniera torva.
Il cuore mi morì nel petto, dovevo intervenire? Cosa dovevo fare? Hayato è forte, non devo preoccuparmi. Era ciò che mi ripetevo eppure quel Kuro sembrava sovrastarlo ed era riuscito a zittirlo.
“Ti sono sempre stato accanto, sempre... anche dopo l’incidente, credevo che noi fossimo amici e invece... sei stato solo un bastardo!” Sgranai gli occhi. Di che incidente parlava? Vidi Hayato spostare lo sguardo altrove, sembrò non voler incrociare quello dell’altro ragazzo, e sembrò a disagio. Era davvero Hayato in quel momento, mi sembrò un altra persona, era fragile e vulnerabile in quel momento.
“Non siamo mai stati amici, lo sai.”
Kuro si fece ancora più buio “Ah no?!” tuonò sbattendo un altro pugno contro la parete, “Allora dimmi perché hai fatto quello che hai fatto eh? Ti piace prendere in giro la gente? Sei un bastardo fino a questo punto?!” Continuavo a non capire di cosa stessero parlando ma la mia teoria di prima non era così sbagliata, Hayato non voleva averci nulla a che fare ed era Kuro ad essere arrabbiato per qualcosa nei suoi confronti. E forse, proprio come era successo con me, Hayato aveva fatto qualcosa di sbagliato rovinando la loro amicizia. “Rispondimi dannazione!”
Hayato però esitò e parve triste, lessi un dispiacere enorme nei suoi occhi. Era assurdo che potesse avere anche quel lato di se, così indifeso tanto che istintivamente mi sarebbe venuto di abbracciarlo ma sapevo che era lui ad aver fatto qualcosa a quel ragazzo quindi mi spettava difenderlo? C’entravo qualcosa?
“Non volevo farti del male” e queste furono le uniche parole di Hayato dette con un filo di voce, e fece per andarsene di li spostando la mano dell’altro. Era tutto finito quindi, pensai.
Hayato diede le spalle a Kuro per andarsene, e quest’ultimo sembrò essersi arreso ma non fu così. Tutto accadde molto, molto rapidamente. Afferrò Hayato per un braccio, lo spinse di nuovo contro il muro prendendolo di sorpresa, tanto che Hayato lo fissò basito e Kuro lo fissò serio in volto. “Io non mi sono arreso con te” e con la punta delle dita sollevò il mento di Hayato avvicinandosi a lui lentamente.
Improvvisamente mi fu lampante cosa stesse per accadere e il mio corpo agì d’istinto così come la rabbia che mi ribollì nel sangue nel vedere quella scena.
“Hayato!!” mi parai davanti a loro con cuore che batteva a mille nel petto, e la consapevolezza di ciò che stavo facendo. Ero per la prima volta convinto che fosse la cosa giusta, perché Hayato non amava altri che me e il fatto che Kuro stesse per baciarlo non mi andava proprio giù.
Apparendo dal nulla, entrambi restarono di sasso e Kuro si fermò a guardarmi basito di vedermi li, così come anche Hayato che allontanò l’altro spingendolo via con una mano liberandosi.
“Kyo?” mi osservò Kuro incredulo, poi portò il suo sguardo verso Hayato e sgranò gli occhi nel vedere l’espressione divertita di Hayato che non aveva altri occhi per me in quel momento.
Mi avvicinai a loro, tirai Hayato per un braccio portandolo lontano da lui “Il mio nome è Aki” lo corressi con tono secco, e poco amichevolmente lo fulminai con lo sguardo. Improvvisamente avevo completamente rivalutato la situazione, così come avevo corretto la mia interpretazione di prima ma non avrei permesso a nessuno di mettere le mani su Hayato.
Hayato si stupì del mio gesto e restò alle mie spalle senza dire una parola. Guardai ancora un po’ Kuro negli occhi, e poi così come ero comparso portai via con me Hayato lasciando l’altro li da solo.
Sapevo già che me ne sarei immediatamente pentito ma in quel momento avevo l’adrenalina che mi scorreva nelle vene, così come il cuore non smetteva di battere forte ma era una bella sensazione, mi sentivo meglio, il pensiero di averlo di nuovo con me e lontano dal raggio d’azione di Kuro mi restituì serenità.
Ci allontanammo quanto bastò da Kuro, chissà perché non tornai indietro da tutti gli altri. Ero ancora abbastanza arrabbiata per ciò che avevo visto, e una volta lontani e fermi, lo lasciai andare. Dovevo ritrovare la calma, far si di tornare quello di sempre.
“Aki io...” cominciò a dire Hayato.
Mi voltai a guardarlo furioso “Che cazzo stavi facendo con quello?” Hayato non reagì al mio tono così aggressivo, anzi, calò lo sguardo per sfuggire al mio. Perché. Perché non tornava il solito di sempre, non mi piaceva in quello stato. Quello che conoscevo era sfrontato, pieno di se e colui che voleva sempre avere l’ultima parola. Invece ora, sembrava un altro. “Cos’è sei diventato muto all’improvviso?!”
“Non è come pensi, tra me e Kuro non stava succedendo nulla.”
Seriamente? “Credi che io sia stupido? Quello stava chiaramente per baciarti e se non fossi intervenuto avresti lasciato che succedesse!” ero iperattivo, andavo avanti e indietro, fuori di me dalla rabbia, “Accidente Hayato e ti permetti di giudicare me!”
“Perdonami.”
Non ne potevo più del suo modo di fare così, preso ancora dalla rabbia, mi gettai contro di lui per fargli male e senza fare resistenza Hayato finì a terra sotto al mio peso. “Smettila di fare così! Smettila! Tu sei un bastardo menefreghista... allora perché fai quella faccia così triste!”
Hayato mi fissò basito di quella mia reazione “Aki...”
“Ti odio fottuto bastardo!” caricai il pugno, volevo sul serio colpirlo? Eppure il pugno partì da solo ma Hayato fu in grado di fermarlo, non ero abbastanza forte per sovrastarlo eppure a quel Kuro era bastato così poco per metterlo con le spalle al muro. Odiavo tutto ciò. Rilassai il pugno, ancora stretto nella mano di Hayato, e abbassai lo sguardo smettendo di guardarlo in faccia. “Perché gli hai permesso di farlo...” non volevo piangere, non davanti a lui, non di nuovo. Erano già troppo le volte in cui mi aveva fatto male, e questa era solo l’ennesima.
Tutta la rabbia di prima svanì di colpo lasciando posto solo a tanta amarezza, quel bacio non c’era stato, eppure faceva male lo stesso. Forse lo era scoprire che ci fosse qualcuno così preso da Hayato, e che quest’ultimo stesso non lo avesse cacciato con aveva fatto con Hikaru.
Hayato notò quanto abbattuto fossi e come le mie ultime parole fossero state pronunciare con meno volume. Così, si mise a sedere e me lo trovai faccia a faccia. “Non c’è nulla tra me e Kuro, Aki. Davvero.”
Le sue parole furono dette con serietà, sapevo che erano vere ma era comunque strana come sensazione. Avevo visto che c’era una minaccia, che qualcuno era pronto a portarmelo via e constatare che poteva esserci quella possibilità improvvisamente ricominciai a rimangiarmi tutto. Non era vero che volevo che fosse libero, volevo che stesse solo con me, come aveva sempre fatto.
Ascoltai le sue parole trattenendo le lacrime ma sentivo chiaramente di avere gli occhi lucidi. Non volevo che mi vedesse, così lasciai cadere la testa contro la sua spalla e restai in quel modo per un po’. Hayato in tutta risposta mi accarezzò la testa e con l’altra mano mi strinse a se.
Restammo così un bel po’, senza curarci che qualcuno potesse passare di li e vederci così conciati.

Note autore: I prossimi due capitoli sono degli extra che raccontano un po' degli eventi passati, ma che riguardano Hayato principalmente. Finalmente scopriremo qualche segreto che il nostro principe ci tiene nascosto.

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Capitolo 20
*** Capitolo 17. extra prima parte ***


CAPITOLO EXTRA

Le giornate erano tutte uguali, non c’era più quel qualcosa che mi facesse avere voglia di uscire di casa, forse l’unica cosa che in quei giorni mi rendeva ancora felice era il judo, al quale avevo dedicato buona parte del mio tempo e della mia vita fino a quel momento.
“Maeda cosa fai?!” gridò il maestro riprendendomi su una mancata presa e il mio avversario si fermò, “Ti rendi conto che questo tipo di presa si insegna ai ragazzini di appena quattro anni? Che cazzo ti prende oggi!”
“Chiedo scusa, sensei.”
“Va' a riposare, riproveremo tra un po’.”

Era la terza volta in due giorni che venivo mandato a bordo campo per un mio errore. Eppure fisicamente stavo bene, ero nel pieno delle mie forza ma sembrava proprio che di testa non ci fossi.
“Hayato!” mi fu lanciata una bottiglia d’acqua e l’afferrai, “Sta tranquillo ti rifarai dopo!”
Era comparso Kuro, il mio compagno e amico di Judo, ormai erano anni che tentava di relazionarsi a me e sebbene non lo cacciassi non gli avevo mai prestato molta attenzione. Sapevo poco e nulla di lui, ma era un ottimo atleta e la sua quantità di vittorie erano quasi pari alle mie.
Mi accomodai a terra, al limite del dojo e sorseggiai un po’ di acqua. Kuro mi seguì e si accomodò accanto a me, “Il maestro ha detto che devo anch’io migliorare una presa, non sei l’unico che rimprovera.”
“Non ho bisogno che tu mi dica questo.”

Kuro mi zittì “Davvero? Sembri così giù in quei giorni per questo.”
“Tsk” non sopportavo la pietà delle persone, non sopportavo quel suo modo di fare, così presi le mie cose e me ne andai. Visto che non ero in forma per il maestro a cosa serviva restare. Mi sentii chiamare da Kuro da lontano ma lo ignorai, anche se non ero veramente arrabbiato con lui.

Sulla strada verso casa ebbi modo di pensare a cosa stesse andando così male, al perché nel judo stessi facendo così schifo poi però la risposta mi fu palese quando lungo la strada vidi in lontananza una figura fin troppo familiare che teneva per mano la sua sorellina: Aki Nomura. Lo fissai con ira. La colpa era tutta sua.
Anche il giorno dopo fui messo al tappeto dal mio avversario e ancora una volta il maestro gridò qualcosa che ignorai. Mi ordinò di riprovare ma mi rifiutai e uscii fuori dal dojo andando dritto verso lo spogliatoio, almeno li nessuno mi avrebbe più detto cosa dovevo o non dovevo fare, o che facevo schifo.
“Fai davvero schifo fattelo dire” e comparve davanti a me Saori.
La guardai seccato “E’ lo spogliatoio dei maschi.”
“Sai quanto me ne può fregare” ridacchiò e venne a sedersi sulla panca accanto alla mia, “che hai? Ti vedo praticamente assente da alcuni giorni, e non ho più visto Aki in palestra. Avete per caso litigato?”
Lo aveva notato. “Nulla del genere!”

“Ha forse la febbre?”
La fissai furioso, ma non volevo prendermela davvero con lei “Fatti gli affari tuoi e vattene cretina!” avevo gridato, e senza volerlo avevo anche usato parole poco carine. Saori si fece buia in volto, non aggiunse altro e andò via chiudendo la porta dietro di se. Che cazzo avevo fatto.
Sapevo del perché della mia rabbia, e del perché fossi così assente. Ripensavo giorno dopo giorno ad Aki, mi mancava la sua voce, la sua presenza e quel suo sorriso, ma odiavo al tempo stesso quel suo modo di fare così affabile. Volevo che sorridesse e cercasse solo me invece no, aveva scelto quella Mayu al posto mio. Quello stupido!
Mi calmai e una volta passata la rabbia lasciai la palestra, ma proprio fuori dalla stanza vi trovai Kuro senza divisa col suo borsone pronto per andare via. “Oggi tu vieni con me!” mi ordinò e mi prese per mano.

Misteriosamente lo lasciai fare, non opposi resistenza e lo seguii ovunque volesse andare ma non ci misi molto a capire che mi aveva trascinato a casa sua. Mi fece accomodare, e togliere le scarpe “Poggia il borsone li, ah comunque non c’è nessuno in casa quindi puoi stare più sciolto.”
Annuii togliendomi le scarpe. Non avevo voglia di stare a casa sua, ma non feci nulla e volli vedere fino in fondo cosa voleva propormi ma non si trattò di nessuna ramanzina. “Ti va di giocare ai videogiochi?”
“Eh? Ah.. ok..” incredulo di quella proposta lo assecondai e continuai ad aspettare finché non fosse arrivata la solita morale ma non giunse mai e quel pomeriggio trascorse tra le tante partite che io vinsi e lui perse.
Quando si fece abbastanza tardi Kuro mi accompagnò fino a fuori il suo condominio e ancora nulla, non aveva voluto dirmi nulla, semplicemente aveva rispettato i miei spazi rimanendo in silenzio e giocando con me.
“Mi sono divertito un sacco anche se ho perso sempre” ridacchiò mostrando i suoi bianchi denti, “ma la prossima volta di sicuro ti batterò!”
“La prossima volta?”
Kuro mi poggiò una mano sulla spalla “Certo! Ora sai dove vivo quindi vieni ogni tanto così giochiamo ancora o magari facciamo qualcosa che piaccia anche a te, si legge lontano un miglio che odi i videogiochi.”
Era incredibile. Era la prima persona che notava qualcosa di me così facilmente eppure sapevo sempre fingere, eppure lui lo aveva notato.
Per tutte le volte che lo avevo ignorato, o lasciato solo ci si aspetterebbe tutt’altro eppure lui non aveva rinunciato, bensì tentava comunque di essere mio amico. Che stupido, pensai e senza accorgermene sorrisi lievemente e la cosa stupì non poco Kuro che fissò la cosa manco avesse visto un fantasma.

“Hai sorriso a me!” Il fatto che me lo avesse fatto notare ad alta voce mi fece sprofondare dall’imbarazzo così me ne andai, e lo lasciai per l’ennesima volta da solo. “Ci vediamo domani al dojo!” lo sentii gridare alle mie spalle.
Che prendeva a quel tipo?


 
Hayato Maeda, 14 anni
Non era una cosa così strana che fuori dal dojo ci fosse uno stormo di ragazzine di varie età, e principalmente della mia scuola. Era da circa due o tre anni che la platea si era riempita di spettatori ogni qual volta fosse il mio turno di allenarmi e col tempo avevo un po’ dimenticato la sua assenza. Sembrava essere tornato tutto normale, io stesso sembravo essere tornato quello di sempre.
“Perfetto Maeda!” gridò il mio maestro mentre mettevo a terra il mio avversario.
Mi rimisi in piedi tirando i capelli grondanti di sudore all’indietro, erano cresciuti molto rispetto a prima e li avevo lasciati così perché trovavo che mi stessero meglio, anche per era stato Kuro stesso a dirmi di fare così.
“Sei fantastico Maeda-kun!!” si udì dalla platea.

Andai al bordo del dojo in cerca di acqua e mi fu offerta da una mano. “Dovresti smetterla di essere così splendido in mezzo al campo o le farai morire tutte di ammirazione!” disse Kuro divertito parandosi davanti a me. Lo fissai senza rispondere e accettai l’acqua. “Maeda il bello del dojo della prefettura xxx” ridacchiò prendendomi in giro.
“Smettila non è divertente.”
“Si che lo è ahahah!”
Kuro non era cambiato affatto. Diversamente me era molto più estroverso, e fisicamente era cambiato tanto negli ultimi due anni. Era diventato molto alto, aveva tagliato i capelli molto corti e iniziato con bizzarre tinte, ora aveva sperimentato un blu elettrico e si era fatto i buchi alle orecchie. Chissà perché amava conciarsi così. “Tu madre non ti sgrida per come ti combini?” domandai ad alta voce.
“Si, lo fa eccome ma questo sono io e nessuno può dirmi di non fare una cosa al mio corpo!” fece occhiolino.
“Che schifo..”
Kuro fece una strana smorfia “Hayato!” Le cose erano migliorate davvero tanto e rispetto a prima avevo cercato di aprirmi di più. Avevo capito di non poter fare più affidamento solo sulla stessa persona, anche se spesso guardando il limite del dojo mi sembrava ancora di vederlo li seduto pronto ad incitarmi. Ecco perché le parole di tutte quelle ragazzine non erano la stessa cosa. “Hayato ci sei?”
“Eh? Ah si...”
“Allora andiamo?”
Annuii e lo seguii verso lo spogliatoio. Dovevo smetterla di pensare sempre alle stesse cose o sarei impazzito.
Era da un po’ che dopo gli allenamenti andavo spesso in centro per un gelato o qualcos altro da mangiare, e poi dritti verso l’appartamento di Kuro per fare qualcosa insieme. Ormai era diventata un abitudine.
Kuro non perdeva la sua abitudine di giocare ai videogiochi nelle salette apposite e io ero costretto a seguirlo, sebbene sapesse che amavo solo leggere. “Dai prova tu!” mi disse e mi pagò una partita, così tentai, fu in quel momento che tre ragazze ci passarono accanto guardandoci e ridacchiarono tra loro. “Aumentano sempre di più.”

Lo guardai “Cosa?”
“Le ragazze che ti sbavano dietro. E’ strano, per me sei sempre lo stesso ma per loro devi essere davvero bello.” Io non ero affatto bello. Non mi reputavo così ma solo diverso rispetto al comune giapponese e ogni qual volta che qualcuno mi fissava percepivo la diversità che vi era tra me e il resto dei ragazzi della mia età. “Ehi mi faresti compagnia mentre compro alcune maglie carine che ho visto ieri?”

Mi colse di sorpresa parandosi di nuovo davanti a me a pochi centimetri dal mio viso. Era impossibile dirgli di no così annuii e lo seguii fino al centro commerciale li vicino. Mi accomodai su uno dei divanetti e aspettai che si provasse delle maglie, ma mentre me ne stavo seduto per conto mio mi si avvicinò una ragazzina delle medie.
“Ehmm ciao...” disse timidamente completamente rossa in viso, “per caso sei un modello o qualcosa del genere?”
Che cavolo prendeva a tutte. Che domanda idiota era quella. “No, perché?”
“Ecco io e le mie amiche” indicò un gruppetto in lontananza “ti abbiamo visto nella sala giochi e abbiamo pensato che fossi un modello delle riviste perché sei davvero carino e alla mia amica piacerebbe avere il tuo numero.”
Alla tua amica o a te? Perché le ragazze non sono mai sincere. Che noia, e quel modo di fare mi riportò alla mente qualcosa, una scena già vissuta qualche anno prima quando mi si dichiarò Mayu.

- Maeda-kun tu.. m-mi piaci molto. Ti prego esci con me! –
Era incredibile che ricordassi ancora lo snervante suono della voce di quella ragazzina. Era assurdo. Eppure quella che mi trovavo adesso davanti, in qualche modo me la ricordava moltissimo e la odiavo. Lo stesso rossore sulle guance, lo stesso modo timido di fare, e pensare che a quell’idiota di Aki piacevano tipe del genere!
“Pff credi sul serio che uno come me possa dare il numero a una come te?” La ragazza si paralizzò di colpo. “Mi dispiace carina, ma non sei abbastanza per me.”
L’intento era di volerle far male e infatti quest’ultima corse via chiedendomi scusa, con un tono di voce che mi fece capire chiaramente che stava trattenendo le lacrime. Avevo ancora una volta infranto il cuore a qualcuno eppure la cosa non mi faceva sentire meglio, sentivo il cuore sottosopra, come trafitto da mille aghi.

 - Sei un verme! Non sei umano, non provi nulla e hai fatto del male a quella ragazza come fai del male a chiunque! -
Faceva ancora così male quel ricordo. Rammentavo perfettamente l’espressione furiosa con cui mi aveva detto quelle parole, come a volermi ferire eppure ero sempre stato suo amico.
Improvvisamente mi mancò l’aria, avevo bisogno di uscire di li perché ovunque guardassi c’erano che momenti di quei giorni che credevo di aver rimosso. Volevo dimenticare ma era impossibile.
Fuori dal negozio andò meglio, respirai a fondo per ritrovare la calma ma mi sentii ancora una volta abbandonato. Aveva promesso di stare con me, veniva sempre lui a cercarmi, preferiva me a chiunque altro come aveva potuto scegliere lei. Come! Maledizione!

“Hayato? Stai bene?” Kuro mi aveva raggiunto e una volta visto il mio viso sgranò gli occhi, mi resi conto a mia volta di star piangendo. Me ne vergognai molto di star frignando come un bambino ma Kuro non me lo fece pesare e in tutta risposta, senza dire una sola parola saltò verso di me abbracciandomi. “Va tutto bene, ci sono io qui.”
Il suo abbraccio era caldo, la sua spalla era grande e morbida così come il tocco della sua mano sulla mia nuca era gentile. Nonostante ciò però continuavo a pensare a qualcun altro.


Primavera, Hayato Maeda 15 anni
“Che ve ne sembra di questa eh?” uno dei miei compagni di Dojo quel giorno aveva deciso di portare una rivista un po’ spinta e di mostrarla vantandosene a tutti noi. Ovviamente quasi tutti ne furono incuriositi e cominciarono a fare commenti spinti a loro volta sulle modelle di quel giornaletto. Anche io, così come Kuro ci avvicinammo per guardare ma nel vedere donnette mezze nude non provavo nulla se non disgusto verso ognuna di loro. Kuro invece parve più incuriosito, e restò un po’ più a lungo con gli altri a guardare. “Questa sembra rifatta!” commentò uno.
“Lo saranno tutte evidentemente” rise Kuro restituendo il giornaletto.

“Eeeh Kuro te ne vai di già?”
Kuro li guardò e sorrise “No, ma non mi interessano certe cose” e mi raggiunse a bordo campo sedendosi accanto a me. “Sai, sei quello che tutte vorrebbero e che ha più ragazze che gli vanno dietro, eppure non ti fermi a guardarne una. Persino quel giornaletto hai snobbato, sei assurdo!”
“Non mi interessa quella roba.”

Kuro scoppiò a ridere “Sei sempre il solito!”
“Perché tu non hai continuato a leggerlo allora?”
“Beh lo trovo patetico guardarle su un pezzo di carta no?” Infondo aveva un po’ di ragione, e mi venne da sorridere e la cosa colpì ancora una volta Kuro. Ormai succedeva spesso che ogni qual volta che sorridevo o magari ridevo ad una sua battuta lo vedevo diventare color pomodoro. Forse ancora non si era abituato a vedermi sorridere. “S-senti Hayato, dopo vorresti con me a fare un giro in centro?”
“Certo” la mia rapida risposta lo fece diventare ancora più paonazzo. Era carino però, era completamente diverso da come potevo essere io e mi andava più che bene che una persona come lui stesse insieme a me, mi faceva bene.

“Voglio portarti in un posto!” sorrise spalancando tutta la bocca.
Non capii cosa avesse in mente ma lo lasciai fare e dopo gli allenamenti mi sequestrò trascinandomi, come sempre faceva nel centro della cittadina, forse voleva mostrarmi l’ennesima sala giochi o qualche altro maid cafè strano. Ma non sembrò essere così. Percorremmo tutt’altra strada rispetto alla solita e ci addentrammo in una via più stretta e secondaria, e cominciai a chiedermi se sapesse dove stava andando.

“Kuro ma dove stiamo andando?” cominciavo ad essere preoccupato. Kuro si fermò di colpo dinanzi a me e si girò a guardarmi e con il palmo della mano indicò in alto un insegna e mi invitò a leggere: “Vecchi libri: compra e vendita.” Gli occhi mi si illuminarono nel vedere che si trattava di una libreria e in preda all’euforia di un bambino mi catapultai dinanzi al negozio godendo della vista delle file e file di libri che si vedevano dalla vetrina. Poi mi ricordai che lui, Kuro, in verità odiava abbastanza leggere, ma allora perché eravamo li? Lo guardai senza capire.
Kuro si grattò la nuca timidamente “Beh mi hai sempre seguito nei posti che io amavo quindi oggi è il tuo turno.”
Lo diceva come se fosse uno scherzo quello, come se fosse una cosa da nulla ma il solo fatto che si fosse ricordato di una cosa che amavo rendeva il tutto molto più speciale. Era ormai da anni che lui si preoccupava per me senza mai chiedermi nulla in cambio, semplicemente voleva dimostrarmi di essere mio amico.

“Grazie” dovevo smetterla di pensare al passato e dimenticare. Non potevo più vivere come facevo un tempo, e di persone speciale ne avrei trovate altre. Magari Aki non lo avrei dimenticato facilmente, ma dovevo trovare un modo per lasciare andare tutto e ricominciare davvero. Kuro mi stava dando una mano senza sapere del perché dei miei tanti silenzi o quale fosse la verità che mi portavo dentro.
Gli sorrisi come forse non avevo mai fatto prima, sentii addirittura le guance contrarsi ma fu un sorriso sincero. Avevo seriamente apprezzo quel gesto, e volevo che lo capisse.

Kuro mi fissò paralizzato che gli stessi sorridendo in quel modo, e potevo capirlo e come sempre faceva arrossì come un bambino, il che mi fece addirittura ridacchiare. Poi tutto accadde molto velocemente, in quella stradina secondaria dove non vi era nessuno eccetto noi due: Kuro venne verso di me, afferrò con la mano il mio polso e avvicinò abbastanza il suo viso almeno per strapparmi un bacio. Kuro mi stava sul serio baciando.
Non fu un bacio particolare, sembrò quello di un ragazzetto alle prime armi e a parte la sensazione di umido non sentii particolarmente qualcosa, nè piacere, nè disgusto. Potevo respingerlo, dirgli che cazzo stesse combinando visto che eravamo entrambi maschi, potevo fare qualsiasi cosa ma scelsi piuttosto di assecondare la cosa, di avvolgere le mie braccia intorno sul suo collo e permettergli di continuare e quel piccolo bacio si trasformò in un profondo e lungo bacio dove le nostre lingue cominciarono a danzare insieme.

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Capitolo 21
*** Capitolo 17. extra seconda parte ***


CAPITOLO EXTRA

I nostri baci divennero sempre più frequenti e ne approfittavano ovunque, qualsiasi fosse il posto appartato dove potessimo stare insieme da soli. E più che volerlo io, era Kuro che mi cercava come poteva provando continuamente l’impulso di spogliarmi e più di una volta mi era capitato di fermarlo. Andava troppo di fretta.
“Kuro mhh...” mugugnai mentre mi stava baciando, “Kuro!” lo spinsi via mentre ancora una volta tentava di toccarmi sotto la maglietta. Lo cacciai via e Kuro, ancora intontito, mi fissò cupo, “Lo fai sempre dannazione...”

“Scusa è solo che hai un bel fisico e vorrei vederlo.”
Sussultai nel sentirglielo dire “Ti rendi conto di quanto sia strano sentirselo dire da un maschio?”
Kuro rise “Si, hai ragione ma perché dopo gli allenamenti non vieni da me? Potremmo giocare a qualcosa.”
Lo scrutai attentamente “L’ultima volta che sono venuto da te siamo finiti sul letto a pomiciare.”

Kuro si lasciò cadere sul pavimento della palestra sconfitto “Che c’è di male?”
Non sapevo bene come chiamare ciò che stavamo facendo, o meglio ciò che io volevo farne della mia amicizia con Kuro se si poteva ancora definire così. “Nulla” risposi, “verrò, ma prima devo passare un attimo a casa.”

Kuro si illuminò di colpo e si rimise in piedi, mi sorrise e si avvicinò di nuovo per strapparmi un bacio ma stavolta me lo diede sulla guancia, in maniera molto dolce. “Grande!” esclamò contento.
Era radioso, da quando tutto ciò era accaduto non ci eravamo posti domande, nè avevamo chiarito le cose, semplicemente avevamo permesso che accadesse ancora, e dopo ancora e ancora senza mai smetterla, senza mai fermarci a pensare cosa stessimo facendo o dove volessimo arrivare.
Dopo gli allenamenti salutai Kuro, gli dissi che sarei passato dopo e che nel frattempo sarei andando a prendere Kou per riportarlo a casa visto che la mamma sarebbe tornata tardi. Feci tutta la strada da solo, e una volta arrivato alla scuola di mio fratello lo prelevai per tornare a casa ma quando andai a voltarmi per imboccare la strada di casa mi ritrovai davanti proprio Aki, mano nella mano con sua sorella Mei.
Mi fissò come se davanti a lui ci fosse un fantasma o forse il mostro più spaventoso che avesse mai visto. Possibile che fossimo arrivati a tutto ciò dopo anni e anni di amicizia?
Mi passò accanto ignorandomi completamente e fu peggio di qualsiasi insulto. Perché. Era bastato dirgli quelle poche cose per spezzare ogni cosa, gli era bastato così poco per non capire quanto in realtà volessi che restasse con me.

“Fratellone andiamo?” mi diede una scrollava Kou ma ero completamente assente. Riportai mio fratello a casa, mi accertai che potesse mangiare e che non avesse bisogno di altro e uscii di casa perché avevo bisogno di stare da solo e venni anche meno alla promessa fatta a Kuro. Non mi presentai mai a casa sua e tantissimi furono i messaggi che mi mandò, ma li ignorai tutti continuando a dondolarmi su quell’altalena tutto da solo.
I miei sentimenti per Aki erano qualcosa di doloroso, e andavano oltre l’amicizia. Ormai ne ero certo da un po’ di tempo, addirittura da quando ero bambino e purtroppo nessun altro avrebbe fatto sì che quei sentimenti svanissero. Mi dispiaceva per Kuro, mi sentivo una merda ma avevo preso in giro me stesso e anche lui. Cosa stavo combinando.
Mi assentai per quasi due settimane dagli allenamenti e spesso Kuro mi chiamò per sapere che fine avessi fatto, addirittura venne anche a cercarmi a casa ma dissi a Kou di dire che non c’ero, e passate le due settimane Kuro sembrò essersi arreso completamente.

Dovetti tornare al dojo, quel giorno avevo una gara ed ero mancato agli allenamenti più importanti, chissà quante me ne avrebbe dette il maestro. Dovevo andarci però anche se non avevo proprio lo spirito di un vincitore.
Al centro mi accolse Saori che fu sorpresa di vedermi “Hayato! Ma che fine hai fatto?”
“Sono stato poco bene.”
Non parve credermi fino infondo ma lasciò perdere, “Non fare la gara oggi, non sei in forma.”
“Mi sto preparando da mesi, non posso tirarmi indietro” abbozzai un sorriso e andai verso lo spogliatoio.
Il dojo era sempre pieno di gente, la maggior parte genitori che venivano a vedere i propri figli ma dei miei genitori non vi era mai l’ombra: mia madre sempre troppo impegnata e mio padre in America, e quindi chi mi restava.

Guardai verso le persone e mi parve di vedere il volto di Aki ma fu un allucinazione.
- Sono sicuro che diventerai molto presto cintura nera! – sentii nelle orecchie il suono delle sue parole. Tutte le volte che mi aveva spronato senza che glielo avessi mai chiesto, spesso anche sembrando seccato della cosa ma lui non si era mai dato per vinto ed era venuto ad ogni mia gara per essermi di supporto. C’era sempre stato.
“Maeda!” mi richiamò il maestro, “Va a prepararti stiamo per cominciare.”
Non ero moralmente pronto, e fisicamente mi sentivo a pezzi ma dovevo farlo. Dovevo almeno portare avanti l’unica cosa che amassi davvero oltre Aki, e cioè il Judo per cui avevo tanto sofferto.
Andai velocemente nello spogliatoio e da li vidi uscire Kuro e nel vedermi se ne stupì, sembrò quasi cercare di dirmi qualcosa ma non lo fece e gli passai accanto senza neppure rivolgergli la parola. Mi sentivo un verme, e Kuro non cercò di fermarmi, restò fermo e mi lasciò passare.

Ciò che accadde dopo fu un susseguirsi di momenti dolorosi. Ebbi problemi nello stretching, sentivo che le gambe non erano al massimo delle loro possibilità ed ebbi quasi la tentazione di lasciar perdere e di tornare a casa ma mi diedi una lunga occhiata allo specchio dicendomi che dovevo farlo!
Andai verso il dojo, attraversai l’enorme sala per avvicinarmi al campo mentre dall’altra parte usciva il mio avversario, ma non vi prestai attenzione. Piuttosto i miei occhi erano sempre puntati verso le persone li presenti, e il mio cuore che sperava sempre di scorgere il suo viso.

- La mamma mi dice sempre di chiudere gli occhi e di respirare profondamente quando ho l’ansia. Potresti farlo anche tu prima di una gara, vedrai ti sarà utile! -
Come potevo pensare ancora a quelle parole e ricordarmi di quel sorriso.

“In posizione!” gridò il maestro e mi piazzai nel cerchio. Non sentivo la pressione della gara, non sentivo nulla, nè vedevo davanti ai miei occhi il mio avversario. Potevo davvero batterlo? “Via!”
Di ciò che accade dopo ricordo poco e nulla solo un dolore enorme, e di aver effettuato una presa in maniera sbagliata. Sentii qualcosa nella spalla staccarsi, fu questa la sensazione che ebbi e subito dopo ero a terra che mi tenevo quella parte del corpo trattenendomi dall’urlare e furono costretti a bloccare tutto l’incontro.
“Chiamate un medico!” sentivo solo urlare da qualcuno, “Credo debba andare in ospedale!”

Fui soccorso dal maestro e dal altre persone che mi aiutarono a rimettermi in piedi per controllare cosa mi fossi fatto, ma ogni qual volta tentavano di toccarmi le spalle partiva un mio grido straziante.
“Hayato!” sentii più volte gridare, e notai Kuro tra le altre persone, che veniva fermato da Saori per lasciar lavorare tutti gli altri. Lessi nelle sua espressione una profonda preoccupazione, e mi sentii ancor peggio nel vedere cosa avessi fatto a quel ragazzo che non meritava uno come me. Ero il peggio del peggio e forse meritavo ciò che stava accadendo.

Pochi mesi dopo, con la speranza che mi era stata data dai medici di riuscire a tornare a praticare Judo, non vi riuscii mai. Non riuscivo più ad effettuare alcune prese, e provavo sempre dolore. Improvvisamente mi era stata portata via un altra cosa che amavo, e sebbene il maestro avesse cercato in tutti i modi di venirmi incontro per aiutarmi nella ripresa capimmo entrambi che non potevamo fare nulla.
“Quindi hai deciso definitamente di lasciare?” mi domandò quel giorno conoscendo già la risposta.
“Sì, non riuscirei a stare al bordo del Dojo a guardare mentre gli altri si allenano.”
Il maestro parve davvero dispiaciuto “Si, hai ragione Maeda ma potresti anche restare e insegnare le basi ai bambini.” Lo guardai in modo tale che capisse che non era ciò che volevo e non insistette più, sospirò “Capisco.”
Non dissi a nessun altro della mia decisione, semplicemente sparii dalla circolazione senza più farmi vedere da quelle parti. Evitai quel luogo, fonte di tanto dolore, cercando in ogni modo di riprendere la piena funzionalità della spalla e mia madre pagò anche i migliori specialisti ma senza successo. Solo uno di loro accennò ad un operazione che avrebbe potuto ridarmi la piena funzionalità, ma era sempre un 50% di possibile successo quindi avevo lasciato perdere continuando a vivere la vita di tutti i giorni. Persi interesse verso lo studio, verso possibili amici anche una volta entrato alle superiori e lasciai che mi vedessero come un Principe distaccato e splendido, al di sopra di tutto e tutti, tanto più niente mi interessava davvero a quel punto.

Eccetto.
“Nomura” pronunciai il suo nome colpito che avesse fatto addirittura tardi il primo giorno di scuola alle superiori.
Come sempre mi rivolse un occhiata sorpresa, mi fissò con quei suoi occhioni color erba e mi aspettai che ricominciasse ad ignorarmi ma non fu così e dopo così tanti anni scandì di nuovo il mio cognome.

“Maeda.”
Lo pronunciò in maniera distaccata e con un velo di attrito ma quel poco fu capace di far battere il mio cuore quanto bastasse per farmi rendere conto che anche se avevo perso ciò che più amavo non ero così pronto a lasciar andare Aki, non finché avesse ancora detto il mio nome.
Non avrei rinunciato a lui.

Note autrice: Perdonate l'assenza ma sto preparando un esame, e visto che oggi ho un po' di tempo, ho deciso di pubblicare entrambi gli extra riguardanti Hayato e il periodo trascorso lontano da Aki dopo la famosa discussione. Finalmente entriamo da qui in poi nel vivo della storia, da questi due capitoli possiamo notare che c'è qualcosa che Hayato non ha detto al suo amico, non solo riguardo la situazione con Kuro ma anche il VERO motivo che l'ha spinto a lasciare di colpo il judo.
Spero che la storia stia piacendo, IKIGAI nasce dal nulla e non mi aspettavo che avrebbe avuto così tanti dettagli e dei profili psicologici così particolari, specialmente riguardo i protagonisti.

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Capitolo 22
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18

“Sisi mi dispiace davvero tanto Yoshida... davvero ma mia madre voleva che tornassi a casa!” cercai una giustificazione plausibile al perché fossi andato via dalla palestra senza più tornare dal bagno. Che umiliazione, ed ero il peggiore degli amici. “Giuro che mi farò perdonare! Ti offrirò un pranzo intero giuro!”
Fu una telefonata davvero stancante ma alla fine Yoshida sembrò accettare la cosa e smise di insultarmi, una volta riattacco sentii che avevo perso dieci anni di salute in un solo giorno.
Mi dondolai avanti e indietro sull’altalena cercando di riprendere le forze quanto più potei, poi qualcosa di freddo e bagnato mi fu avvicinato alla fronte, e quando sollevai il viso a guardare di cosa si trattasse vi trovai Hayato con una bibita fresca dal distributore. Accettai quel gesto carinamente, “Grazie” abbozzai a bassa voce.
“Si è arrabbiato molto Yoshida?”
“No, cioè non molto ma lunedì dovrò offrirgli il pranzo” sospirai immaginando la mia paghetta sprecata per una cosa del genere. Mi domandai anche del perché fossimo finiti in quel parchetto, ma infondo era stato meglio così, non c’era Kuro e questo mi rendeva più sereno.
“Allora ne parliamo?” cominciò a dire Hayato tornando a usare il suo solito tono di scherno “Hai dato di matto perché io sono tuo ecc..?”
Mi prese alla sprovvista e sentii le guance diventare di fuoco. “Che diamine vai blaterando?!”
Ghignò “Mi avresti tirato via di lì solo per aiutarmi? Mmh non me la bevo” avvicinò il viso al mio chinandosi “Ammettilo che anche tu sei pazzo di me.”
“Sei completamente fuori strada!” spinsi via il suo viso con una mano.
Hayato continuò a scrutarmi con le mani in tasca e calciò una pietra lontano da noi, “Vieni a casa mia” disse di punto in bianco rendendo il tutto ancora più strano.
“PERCHÉ DIAVOLO TI VIENE DI DIRE UNA COSA DEL GENERE ADESSO!”
“Ho voglia di stringerti ma non posso farlo in mezzo alla strada e a casa mia non c’è nessuno.”
Quando parlava di stringermi intendeva tutt altro e ormai lo avevo capito, mi tornò alla mente l’esperienza dell’ultima volta sul divano e un brivido di paura mi assalì. Chissà quali cose perverse voleva farmi.
“No grazie non voglio.”
Mi fissò scocciato di sentire sempre la stessa risposta “Che palla che sei.. allora andrò da Kuro, sicuramente lui vorrà venire a casa mia” mi diede le spalle.
Scattai in piedi, e forse fui troppo sciocco nel lasciarmi raggirare in quel modo, ma ero ancora abbastanza nervoso per ciò che avevo visto prima quindi ero un po’ giustificato. “Smettila non è divertente!” esclamai stringendo i pugni.
Hayato si voltò a guardarmi dritto in faccia e osservò la mia reazione in maniera seria “Ho detto la verità, sei tu che hai voluto portarmi via da lì quindi ora scegli: cosa vuoi che facciamo?”
Tanto prima o poi saremmo comunque arrivati a tutto ciò, anche Yoshida mi aveva avvertito e scegliendo di volerlo accanto a me, e di assecondare i suoi sentimenti sapevo che prima o poi quelle cose me le avrebbe chieste.
“D’accordo... andiamo da te.”
Hayato scoppiò a ridere “E non dirlo non quella faccia così afflitta non voglio mica violentarti!” Non riusciva proprio ad immaginare come potessi sentirmi, quanto fosse tutto confuso nella mia mente. Tenevo a lui, non riuscivo a capire se fosse amore o meno, se avessi mai potuto ricambiare quei sentimenti e vedere che invece qualcun altro ci riusciva così facilmente mi aveva fatto arrabbiare. “Allora vieni?” notai che si era già allontanato e lo seguii. Possibile che fosse arrivato il giorno?
Proprio come aveva detto a casa sua non c’era nessuna, mi domandai dove fosse stato sbarcato Kou. Mi ritrovai sulla soglia di casa la porta di casa aperta, e Hayato davanti a me che era già dentro intento a togliersi le scarpe.
Non avevo il coraggio di entrare sapendo cosa sarebbe potuto accadere e quando Hayato si accorse della mia esitazione parve seccato della cosa, “Piantala e vieni dentro non ti farò nulla.”
“Davvero?”
Hayato annuì “Si, davvero.”
Potevo credergli per davvero? Abbassare la guardia con lui non era mai una cosa buona ma entrare in casa non mi avrebbe ucciso così lo seguii dentro superandolo con l’intenzione di togliermi le scarpe a mia volta, e fui colto di sorpresa. Hayato chiuse alle sue spalle la porta e mi catturò da dietro in un grosso braccio stringandomi a lui, le sue lunghe braccia mi circondarono e la sua testa affondò sulla mia spalla.
“Sei un fottuto bugiardo!”
“Avevo detto che volevo stringerti.” Avvertivo il calore del suo corpo contro il mio, quell’abbraccio non fu spiacevole anzi mi piacque anche abbastanza e non volevo nè cacciarlo, nè che smettesse. C’era qualcosa che davvero non andava nemmeno in me. “Hai davvero così paura di stare tra le mie braccia?”
Si era accorto del mio tremore. Che cosa stavo facendo, era Hayato dopotutto, non uno qualsiasi. E avevo davvero paura di lui? Scavai affondo dentro di me in cerca di una risposta e una volta trovata girai il viso, appena, per poterlo vedere bene dritto negli occhi e quest’ultimo se ne stupì per la mia espressione seria.
“Io non ho paura, so che posso fidarmi di te.”
Sgranò gli occhi nel sentirselo dire e restò per qualche secondo senza parole per poi sorridere contento della cosa. Vederlo così mi fece stare bene e improvvisamente ogni mio tremore era svanito, sentivo solo il corpo diventare più caldo e il cuore tamburellare nel petto. Era una sensazione piacevole.
Sapevo bene cosa sarebbe accaduto di li in poi eppure non sentivo il bisogno di scappare via. Hayato aveva ragione, c’era stata una ragione per cui avevo impedito a Kuro di baciarlo e non era stato semplicemente perché avessi visto lui in difficoltà ma perché stava facendo male a me.
Forse i nostri sentimenti non era di eguale misura, Hayato sicuramente aveva avuto più tempo di me per farli crescere e per trovare tutte le risposte, ma sicuramente anch’io tenevo a lui, come amico, compagno di scuola, vicino, fratello e forse anche come fidanzato. Non mi era certamente indifferente.
“Vieni andiamo in camera mia” mi lasciò andare e prese la mia mano nella sua invitandomi a seguirlo. Il cuore a quel punto cominciò a battere sempre più forte, sembrò volermi uscire dal petto da un momento all’altro e sentii la mente completamente svuotata da qualsiasi pensiero. Era surreale che stesse accadendo per davvero.
Mi condusse alla sua stanza, ne aprì la porta e fu il primo ad entrarvi guardandomi dritto negli occhi e invitandomi a fare lo stesso. Continuò a stringermi la mano, forte e notai che la sua era tremendamente fredda e avvertivo un leggero tremore ma non capii da chi dei due provenisse. Forse ero semplicemente io.
Mi fu davanti rubandomi un altro bacio, profondo e sensuale, si insinuò nella mia bocca dolcemente catturandomi la lingua in un gioco a rincorrersi. Fu intenso e bello, così come il suo dolce sapore. Chiusi occhi lasciandomi andare e vivendo quella sensazione, era la prima volta che in un nostro bacio mi arrendevo completamente e Hayato se ne accorse, tanto che afferrò il mio viso tra le mani rendendo il bacio più forte e legandosi a me anche con tutto il corpo. Portò una mano sul mio fianco e cominciò a scorrerla lungo il retro della schiena in un gesto sensuale che mi fece provare un brivido.
“Hayato...” sussurrai staccandomi da lui, “i-io non so come si fa.. cioè e-ecco...”
Non volevo che mi giudicasse uno sfigato ma dovevo dirgli la verità visto che da me si aspettava così tanto. Chissà da quanto tempo desiderava toccarmi in quel modo. E se lo avessi deluso?
Hayato mi fissò senza dire una parola, afferrò la mia mano e la strinse forte e notai di nuovo quel tremore. Lo guardai sorpreso che non fossi io quello che in realtà stava tremando, ma era lui.
Hayato sorrise imbarazzato “In verità nemmeno io so cosa si fa.”
“Vuoi dire che è la p-prima volta anche p-per te?”
Annuì imbarazzato guardando da un altra parte. Ero sorpreso, era così bello, tanto che avrei giurato che ne avesse eccome di esperienza alle spalle ma aveva già detto prima che non era mai stato neppure ad un appuntamento quindi ci stava che non fosse nemmeno mai arrivato al sodo con qualcuno. Mi resi conto delle stupidaggini che stavo pensando e scossi la testa per mandare via quei pensieri strani.
Hayato mi cinse di nuovo i fianchi con le mani e riprese a baciarmi, e senza darlo a vedere mi portò fino al suo letto. D’istinto mi chinai per sedermici e Hayato mi seguì sovrastandomi e portandomi a stendermi sotto di lui. La sua gamba tra le mie, le sue mani che mi premevano le spalle contro il letto e la sua bocca che mi baciava sensualmente per poi passare al collo e scendere fino al colletto della maglietta.
Provai un brivido e spalancai gli occhi chiedendomi cosa fosse quella strana e nuova sensazione.
“Hayato aspetta!”
Ma sembrò non ascoltare e cominciò a infilare le sue mani sotto la maglietta toccandomi i fianchi e l’addome, sollevò la maglia e osservò ciò aveva davanti con uno sguardo così intenso che ne ebbi paura, sembrava in trans.
Provai vergogna in quel momento, a lui sopra di me che mi guardava come se fossi un quadro.
“Idiota è imbarazzante smettila!” dissi con la voce tremante.
Hayato portò il suo sguardo verso il mio viso finalmente e parve sentirmi “Sei davvero magro” osservò.
“Perdonami se sono troppo rinsecchito per i tuoi gusti” e cercai di sistemare la maglia per coprirmi ma Hayato me lo impedì sollevandola di nuovo verso l’alto e tornò a fissarmi il corpo.
“Voglio vederti.”
E cominciò a tastarmi la pancia e il petto con le labbra accarezzando dolcemente ogni parte di essa con la lingua e baciandomi ovunque, fu molto erotico e la vista di lui che lo faceva mi infuocò moltissimo. Sentivo caldo nei pantaloni, e non poteva trattarsi già di un erezione.
A quel punto Hayato si sollevò per togliersi la maglia e lasciò cadere alle sue spalle e mostrò a me un corpo asciutto, rifinito nella sua muscolatura e la pelle bianca e pulita come quella di una bambola di porcellana. Lo trovai perfetto, e divenni rosso nel guardarlo, era illegale la sua bellezza e improvvisamente mi ricordai di quanto io fossi invece insignificante, comune, e non bello come poteva esserlo lui.
Hayato tornò giù e avvicinò il viso al mio, faccia contro faccia, “A cosa stai pensando eh?”
“Niente mi chiedevo cos’è che ti piaccia tanto di me, non sono bello nè ho altre qualità.”
Mi guardò e inarcò un sopracciglio “Sul serio ti vengono certi complessi proprio in questi momenti?”
“Fottiti!”
Hayato si staccò da me e si mise quasi a sedere su di me senza poggiare il bacino “Sei uno stupido Aki. La bellezza non è così importante come credi e non devi saper fare chissà cosa per piacermi.”
“Quindi stai ammettendo che sono una nullità?!”
Mi strappò un bacio all’improvviso e mi fissò dritto negli occhi con particolare intensità “Sto dicendo che per me sei bello così come sei.”
Le guance mi divennero di fuoco. Non poteva averlo detto sul serio. “Smettila!”
“Di fare?”
“Così... ti preferisco quando fai lo stronzo almeno so come devo reagire...”
Hayato scoppiò a ridere vendendo il mio evidente disagio, “Allora da vero stronzo farò ciò che voglio.”
“Eh?”
Non ebbi tempo neppure di capire a cosa si riferisse che mi sbottonò rapido i pantaloni e vi infilò una mano dentro toccando il mio membro da sopra le mutande. Fu una cosa improvvisa, e sussultai per quel gesto ma poi cominciai ad apprezzare che stesse massaggiando per poi prenderlo direttamente nella sua mano e, quelle che prima erano delle mani fredde, ora improvvisamente erano calde.
Il mio respiro si fece più profondo, più lungo sotto le carezza di Hayato e poi tutto parve rallentare. Mi sfilò via i pantaloni, li gettò via dal letto e riprese a porre le sue attenzioni verso di me, concentrato come non lo avevo mai visto ma anche sorpreso di vedermi così scoperto. Era imbarazzante, ma non era la prima volta che mi spogliavo davanti a lui, solo che stavolta era tutto diverso e più che fare il bagno insieme li si trattava di qualcosa che mai avrei sognato di fare insieme a lui.
Prese a baciarmi l’inguine per poi scendere più giù e capii dove volesse arrivare, istintivamente cercai di fermarlo con le mani tenendogli la testa lontana da quella zona. “No Hayato! Non lì...”
Mi ignorò e riuscì a catturare con la bocca il mio membro e un lungo spasmo mi fece sussultare. Strinsi con le mani le lenzuola del suo letto e guardai dritto davanti a me assaporando quella nuova sensazione a me sconosciuta, era bella, eccitante e il calore della sua bocca erano qualcosa di indescrivibile.
Hayato mi stava facendo una cosa del genere, era assurdo. Portai lo sguardo verso di lui e guardare quella scena, lui che avvolgeva la sua bocca intorno a me, gli occhi chiusi e le lunghe ciglia bionde che si vedevano perfettamente così come le bionde ciocche che si muovevano sulla fronte. Non vi pensai e mi venne di accarezzargli la fronte con la punta delle dita, volevo toccarlo anch’io ma poi un altro spasmo e senza rendermene conto avevo iniziato a gemere, prima lentamente poi più forte.
“Hayato.. ah...ferma- ti... ah!”
Non ci volle molto affinché venissi e lo feci nella sua bocca, quando si staccò da me notavo che si leccava il labbro inferiore ancora sporco del mio seme. Ero sconvolto e ancora eccitato allo stesso tempo, non potevo credere che potesse essere tanto sexy da sudato, i capelli portati all’indietro per vedere meglio e il torso nudo.
“Non è male” asserì.
Divenni nuovamente paonazzo “Non posso crederci che tu l’abbia sul serio ingoiato!”
“Perché ti sconvolge tanto, sembrava piacerti e anche parecchio poco fa.”
Si riferì ai miei gemiti e fu ulteriormente imbarazzante, tant’è che coprii il mio viso con le mani affinché potessi nascondermi e sparire da li all’istante ma Hayato mi prese le mani e mi scoprì il volto, avvicinò il suo al mio e con un dolce sorriso quanto sensuale “Fammi sentire ancora la tua voce.”
Lo fissai e il cuore smise di battere. Per la prima volta mi sentii completamente pronto a lasciarmi andare, lo volevo anch’io, desideravo che mi toccasse e che fosse lui a farlo.
“Hayato io..” feci per circondargli il collo con le braccia ma un rumore di porta che si apriva ci fece tornare alla realtà.
“Sono a casa! Haya chi c’è con te?” sentimmo una voce da giù e riconobbi essere la madre.
Hayato si voltò in direzione della parola con fare seccato “Tsk, non torna mai così presto.” Mi resi conto della situazione in cui mi trovavo e partì il panico, sobbalzai giù dal letto e così anche Hayato che sempre in maniera molto seccata raccolse la maglietta e la indossò velocemente, per poi guardarmi “Rivestiti, le andrò incontro io.”
“Hayato aspetta!” mi lasciò solo nella sua camera.
Improvvisamente era tornata la lucidità, mi guardai intorno, osservai il letto sfatto e i miei pantaloni gettati a terra. Che cazzo stavamo facendo! Se non fosse arrivata la madre di Hayato saremmo davvero andati fino infondo? Ero sorpreso di me stesso, che fossi stato così arrendevole e di essermi ancora una volta eccitato sotto le sue mani.
Con che faccia avrei guardato la madre, cosa le avrei detto, bastava guardarmi in viso per capire cosa era appena accaduto. Cercai di riprendere il controllo di me stesso, mi diedi dei schiaffetti sulle guance per riprendermi e respirai profondamente. Comportati normalmente, mi dissi da solo e lasciai la stanza per andare al piano di sotto ma nel frattempo sentivo già le loro voci.
“Quindi Kou è al doposcuola.”
“Sì, andrò a prenderlo più tardi.”
Dalle scale intravidi la figura della madre di Hayato, completamente diversa da lui e molto più simile nei tratti al fratellino, che possedeva molte più somiglianze con la razza giapponese rispetto ad Hayato.
Ricordavo la madre di Hayato come una persona molto riservata e severa, non ricordo di averla mai vista ridere o fare qualcosa che non fosse lavorare. Era sempre stata sola, non si era mai risposata, nè aveva mai portato a casa dei fidanzati, avevo immaginato che non ne avesse alcun interesse eppure era una bellissima domanda per la sua età. Lunghi capelli neri raccolti in un chignone morbido dietro la nuca, il viso minuto e ovale, labbra sottili truccate di rosso e gli occhi a mandorla sempre neri. Era abbastanza alta, magra e indossava sempre completi da lavoro fatti di giacca e pantaloni o con gonna. Una vera donna in carriera.
“Che cosa vuoi per cena?” si rese finalmente conto della mia presenza guardando verso la rampa di scale e ne parve sorpresa rimanendovi quasi a bocca aperta, “Aki Nomura?”
Hayato si voltò a guardarmi “Si, è venuto a trovarmi oggi pomeriggio.”
“Salve” salutai con un accenno di inchino cercando di essere il più formale possibile, ero sulle spine e mi sudavano le mani manco mi trovassi dinanzi all’imperatore giapponese.
“Ma questa è proprio una sorpresa, ero convinta che non vi parlaste più da anni.”
Tagliente come al solito il suo commento ma ci stava, chiunque se la sarebbe posta come domanda. “Beh io...”
“Aki e io mangiamo qualcosa fuori quindi non prenotare anche per me.”
La madre parve ancora più sorpresa dell’intervento del figlio, lo squadrò da capo a piedi con un velo di preoccupazione in viso ma non ebbe modo di dire altro che il telefono cominciò a suonare e fu distratta da ciò. A quel punto Hayato mi fece cenno con la testa di seguirlo verso la porta, indossammo le scarpe e scappammo letteralmente via. Il che mi fece sentire molto meglio.
“Non credi che se la prenderà se andiamo via così?”
“Era una telefonata di lavoro, probabilmente durerà parecchio e si sarà anche dimenticata di noi.”
Annuii “Dovresti cenare con la tua famiglia.”
Hayato mi fissò confuso “E perché? Mia madre non cucina come fa la tua, tutto quello che fa è prenotare in un ristorante per me e Kou quando c’è e chiama un taxi per farci portare al ristorante, così facendo ha tutto il tempo di prepararsi per domani e anticiparsi il lavoro. In parole povere non ci vuole in giro.”
Era la prima volta che Hayato mi raccontava qualcosa di personale in merito alla sua famiglia e alle sue abitudini, nemmeno da piccolo si era mai aperto con me. Qualcosa era davvero cambiato.
“Mi dispiace...” non seppi che altro dire in quel momento.
“E perché mai” Hayato mise le mani in tasca e guardo in alto “non è nulla di cui dispiacersi, mia madre è una donna forte, che va dritta per la sua strada e so che ci vuole bene ma so anche che non sarà mai la madre amorevole che mi farà trovare un pasto caldo a casa. Non è proprio come la tua, insomma” ridacchiò.
Aveva ragione, le nostre famiglie erano completamente diverse e spesso mi lamentavo anche troppo delle attenzioni della mia, trovandole esagerate, ma chissà come ci si doveva sentire a non riceverle affatto.
“Allora dove andiamo a mangiare?” cercai di cambiare discorso con quella domanda.
“Mmh, ramen?”
Sorrisi per quella idea “Ma sì.”
Hayato mi circondò col braccio e avvicinò la sua bocca al mio orecchio, il tutto in maniera molto veloce senza nemmeno farmene rendere conto. “Sarà per la prossima volta...” sussurrò e mi guardò dritto negli occhi annuendo a prima e immediatamente divenni paonazzo tirandomene via dalla sua prese e coprendomi l’orecchio destro.
“Ci stai ancora pensando baka!”
“Ovvio, come farò a dormire stanotte al pensiero di te che gemi a causa mia.”
“Piantala di dire queste cose imbarazzanti!” cercai di zittirlo coprendogli la bocca ma Hayato mi fermò scoppiando a ridere. Mi prendeva in giro come al solito, ma vi lessi solo un genuino modo di fare che mi piacque molto. Se quello era il vero Hayato allora poteva affermare che sì, mi piaceva molto e volevo che le cose restassero in quel modo per sempre. Mi era mancato, e averlo di nuovo nella mia vita mi faceva davvero bene.

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Capitolo 23
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO 19

Quando tornai a scuola quel lunedì decisi dire tutto ciò che era capitato a Yoshida, anche perché una spiegazione sincera gliela dovevo e così feci durante la pausa a metà mattinata. Mi ascoltò con attenzione, inizialmente con un po’ di broncio stampato in faccia ma poi la sua espressione si trasformò in vero e proprio stupore per poi sbiancare non appena arrivai a raccontare della faccenda di Kuro, senza però accennare a ciò che era successo con Hayato a casa sua. Non mi sembrava il caso di parlare anche di quello.
“Kuro è gay?!” gridò e attirò l’attenzione di diverse ragazze che passavano per il corridoio. Si zittì subito, si guardò le spalle con fare furtivo e si avvicinò di nuovo a me preoccupato “Dannazione c’è rimasto qualcuno di etero qui?”
“Non è questo il problema stupido.”
“E il problema sarebbe che anche Kuro vorrebbe farsi la tua anima gemella?”
Lo colpii con un pugno alla spalla e squittì dal dolore, “Piantala di scherzare idiota! E’ una cosa seria, e volevo chiedere a te se ne sapessi qualcosa al riguardo.”
“Che vuoi che ne sappia io. Sono arrivato al dojo quando il principe era già andato via.”
“E’ vero...”
Notò la mia delusione “Non puoi semplicemente chiedere a lui?”
“No, mi direbbe qualche bugia conoscendolo” mi lamentai irritato della cosa.
Yoshida parve riflettere su qualcosa “Ma quindi se il principe è innamorato di te, ed è stato Kuro a cercare di baciarlo questo significa che è un tuo rivale in amore!” scoppiò a ridere, “Siete in un cazzo di triangolo!”
Partì un altro colpo e si zittì “Non siamo in nessun triangolo!”
“Oh si che c’è, se questo fosse un qualche manga yaoi del cazzo voi sareste la coppia principale, e Kuro la minaccia alla vostra love story.” Spiegò seriamente come se credesse sul serio in ciò che stava dicendo, e pensò ancora ad alta voce “Ora che ci penso però manca il rivale del principe...”
“Hai finito?”
Sospirai che la stesse prendendo così sullo scherzo, era snervante ma allora stesso tempo aveva detto più o meno la mia stessa cosa, pensava anche lui che Kuro fosse preso da Hayato, il che doveva preoccuparmi davvero?
“Aki dobbiamo trovarti un altro spasimante così anche il principe dovrà lottare per te!”
“Piantala! Mi pento di averti detto tutto, e per fortuna non ti ho detto il resto-” mi tappai la bocca.
Yoshida cessò di scherzare e si fece improvvisamente serio, “C’è altro?”
Scossi la testa “No, niente!”
“Andiamo, siamo amici e dovresti dirmi ogni cosa o sarò incazzato con te di avermi dato buca per sempre” sorrise bieco dandomi una sorta di ultimatum.
“Prometti di non impazzire?” lo scrutai attentamente, per vedere se fosse davvero pronto a sentire proprio tutto ciò che era successo e continuò a fissarmi con lo sguardo di un ebete. Ero sul serio convinto di ciò che stavo facendo? “Sono quasi andato a letto con Hayato.” Piombò un imbarazzante silenzio in quel momento, e Yoshida sembrò essersi bloccato di colpo. Continuò ad avere in viso un sorriso idiota e continuava a guardarmi. “Ok ora mi fai paura...” dissi.
“AKIIIIIII!” esplose infine afferrandomi per le spalle, mi fece paura seriamente “SEI ANDATO A LETTO CON IL PRINCIPE E TU COSI’ ME LO DICI? CHE CAZZO MI VIENI A DIRE!”
“HO DETTO QUASI IDIOTA!” scandii bene il quasi.
“Che significa quasi!? Non si fa QUASI sesso con qualcuno, o succede o non succede. E poi non avevi detto che non saresti mai arrivato a quel punto?!”
“Significa che non me l’ha infilato va bene?”
Yoshida cambiò colore e divenne tipo viola “Infilato...? SEI ANCHE QUELLO PASSIVO?! OH MERDA!” si voltò dal lato opposto cercando di riprendere fiato, e si toccò il petto per darsi una calmata.
“Mi spieghi cos’è che ti sconvolge tanto? Non è successo nulla.”
Tornò verso di me, più calmo, mi cinse di nuovo le spalle e mi fissò serio ma con un leggero sudore che gli colava dalla fronte. “Allora Aki, non so quanto tu ne sappia di sesso gay ma chi sta sotto lo prende lì!”
“Si, lo so, l’ho immaginato.”
“E A TE STA BENE?!”
Ci pensai su, “Credo sia stata l’ultima cosa a cui io abbia pensato in quel momento” feci una pausa e mi liberai dalle sue mani, “non c’ho pensato bene, sono andato a casa sua e sono finito sul suo letto, mentirei se ti dicessi che non mi è piaciuto. Io voglio bene ad Hayato, è mio amico e ciò che sento mi confonde in questo momento ma non ho provato disgusto per ciò che ho fatto.”
Mi accorsi che Yoshida era completamente andato, assente. “Non posso crederci...” commentò.
“Fottiti Yoshida” feci per andarmene, irritato che la stesse prendendo in quel modo ma mi trattenne per un braccio.
“Perdonami se sono un po’ scioccato, ma non è facile sentire certe cose e dette anche con tanta disinvoltura. Non ti facevo così libertino su certe cose, in particolare sul sesso gay.”
“E’ sempre sesso, gay o non gay. Avresti reagito allo stesso modo se lo avessi fatto con una ragazza?”
“Beh no, ma è diverso...”
“Non cambia assolutamente nulla.”
Yoshida deglutì a fatica “Mi dispiace.”
Feci spallucce “Tranquillo, non mi hai offeso. Ma arrivato a questo punto sono molto confuso, io voglio bene ad Hayato ma non credo di provare gli stessi sentimenti che lui sente per me. Mi guarda come se fossi la cosa più bella che abbia mai visto, e io invece non ho fatto altro che chiudere gli occhi per non vedere. Non credo di dover continuare tutto questo eppure se penso a quel Kuro mi incazzo da morire.”
Guardai Yoshida e vidi che stava sorridendo, non ne capii il motivo “Questo non significa forse che ti piace?”
“Eh?”
“Sei intervenuto per fermare Kuro e se non ti importasse del principe in quel senso non credo che l’avresti fatto.”
Spalancai gli occhi davanti a tale verità, io avevo reagito quindi per gelosia in quel momento? “Io sarei innamorato di Hayato...”
“Beh non amore amore magari, ma sicuramente non lo guardi come guarderesti me e spero che tu non lo faccia mai” asserì con un po’ di ironia alla fine e mi sorrise ancora, “sono contento che tu abbia trovato qualcuno che ti vuole bene, un po’ ti invidio.” Avevo una persona che mi voleva bene, quel pensiero mi riempì il cuore di uno strano tepore e il pensiero che quella persona fosse Hayato non fece che rendere più intenso quel calore che sentivo nel petto. Yoshida se ne accorse e ridacchiò tra se poggiandosi alla parete del corridoio. “Va da lui” disse alla fine.
Lo guardai, incredulo che avesse colto quale fosse il mio desiderio in quel momento e con un sorriso di imbarazzo lo salutai correndo via. Volevo vedere Hayato, volevo che mi baciasse ancora e che mi dicesse che ero l’unico per lui come ormai faceva da un po’ di tempo, quelle stesse parole che mi facevano stare così bene.
Andai a percorrere tutti i lunghi corridoi alla sua ricerca, e sapevo bene dove trovarlo durante l’intervallo, sicuramente nella biblioteca abbandonata così mi diressi proprio li. Hayato mi piaceva, era presto per chiamarlo amore ma sicuramente non mi era indifferente e volevo che la cosa crescesse sempre di più.
Svoltai l’angolo di un altro corridoio e qualcosa mi andò a sbattere contro ma non mi fece male, aveva un buon profumo di fuori ed era stato un impatto morbido.
“Perdonami! Oh... Aki?”
Quando misi a fuoco di chi fosse quella piccola e squittente voce mi resi conto che era proprio quella di Mayucchan, che diversamente dal giorno del nostro incontro indossava una divisa scolastica diversa, stavolta aveva quella della mia scuola.
“Mayu..?”
Restai senza parole di trovarla li, nei corridoi della mia scuola e di nuovo compagni dello stesso istituto. Provai una stretta al cuore, e improvvisamente ricordi dolorosi mi riportarono alla mente quei giorni orribili.
Sulle sue guance comparve un lieve rossore di imbarazzo, portava i capelli ramati legati in due grosse trecce che le scendevano lungo il petto e la divisa le stava dannatamente bene mostrando le sue sottili gambe.
“Non ci credo! Che strano rivederti in così poco tempo.”
“Mayu... che ci fai qui?” era l’unica domanda che avevo in testa.
“Beh, abbiamo cambiato casa qualche giorno fa e andare tutti i giorni alla vecchia scuola era troppo lontano visto che ci siamo trasferiti qui in periferia, allora ho pensato di sceglierne una più vicina.”
Quante dannate coincidenze potevano esserci. Nella nostra prefettura c’erano tantissime scuole, e lei aveva scelto proprio la mia, non che pensassi che mi avesse seguito ma era tutto dannatamente strano.
Come dovevo reagire, c’era anche Hayato nella mia stessa scuola e sapevo bene che lei aveva sempre avuto un debole per lui, sarebbe di nuovo successo lo stesso disastro e ciò che non volevo era che un altro provasse a baciarlo.
“Aki, tutto bene?”
“Eh? Sì certo!”
Mi si avvicinò “Sembri un po’ pallido, per caso non ti senti bene?” senza che me ne rendessi conto si avvicinò abbastanza da poggiare la sua delicata e piccola mano sulla mia guancia, e quel tocco fu dolce e morbido. “Dovresti andare in infermeria se non stai bene.”
“S-sto bene... davvero...”
Un tempo chissà che avrei pagato per quel gesto, ma non ero il ragazzo che le piaceva. Provai un senso di vuoto in quel momento, la stessa angoscia di quel tempo e il cuore appesantito da un sentimento che non era più amore nei suoi confronti ma qualcosa che non sapevo definire.
Un altra mano afferrò quella di Mayu allontanandola dalla mia guancia e quest’ultima se ne sorprese facendo diversi passi indietro, la terza persona che era apparsa mi si parò davanti spingendo via la mia interlocutrice. Era proprio Hayato, apparso dal nulla
Vidi Mayu toccarsi il polso dolorante, guardai quella scena con un nodo in gola ma non seppi che dire. Guardai allora Hayato, trovai davanti i suoi occhi che mi fissavano in cagnesco e in maniera fredda come aveva fatto un tempo.
L’ultima persona che avrei voluto li in quel momento, sperai davvero che Mayu non si rendesse conto di chi aveva davanti ma non ebbi neppure il tempo di pensare a tutto ciò che fui trascinato via senza dire una parola lasciando la povera Mayu dietro di noi, le lanciai un ultima occhiata e notai che ci fissava sconvolta e spaventata.
Hayato mi gettò letteralmente all’interno della biblioteca chiudendola. Era furioso, eppure io non avevo fatto nulla di male, anzi era proprio lui che io stavo cercando e avevo beccato per puro caso lei.
“Hayato ascolta io...”
“Taci!” mi catturò il viso e mi baciò con impeto togliendomi il respiro, mi costrinse a indietreggiare e trovai come appoggio uno dei tanti tavoli di quella piccola biblioteca. Che gli prendeva, perché faceva così, allora lo respinsi ma lui non si spostò e continuò ad infilare la sua lingua nella mia bocca con prepotenza.
“Hay...ho.. detto BASTA!” riuscii finalmente a liberarmi riprendendo fiato, “Che cazzo fai, sei impazzito!”
“Io? Ti trovo che amoreggi per i corridoi con una troietta qualsiasi!”
Non aveva quindi riconosciuto che quella fosse Mayu? Possibile? “Amoreggiando? Ti sbagli, io stavo cercando te.”
L’espressione di Hayato non cambiava, era furioso “Tsk. Fottuto bastardo, adesso lo ripeterò una volta sola e spero di essere chiaro” mi si avvicinò abbastanza da catturarmi il colletto della camicia e mi tirò verso di se con forza, ebbi addirittura paura che volesse farmi del male, “tu sei mio! Non lascerò che tu vada in giro con nessun altro eccetto me, e taglierò le mani a chiunque tenti di toccarti quindi non farmi arrivare a tanto!”
Era completamente impazzito, mi mancò l’aria tanto che stava stringendo e quando cominciai a respirare più faticosamente parve rendersene conto e mi lasciò andare. Che cazzo, pensai. Che fine aveva fatto il dolce Hayato del giorno prima, quello che mi accarezzava e mi trattava così dolcemente?
“Calmati adesso, che diavolo stai dicendo.”
“Chi era quella ragazza?”
Non volevo dirgli la verità, avevo troppa paura per farlo. Se ora era arrabbiato nell’averla semplicemente vista insieme a me non riuscivo ad immaginare cosa avrebbe detto o fatto se avesse saputo che era Mayu.
“Un ragazza qualsiasi.” Nel dirlo sembrò quasi che stessi per piangere, ma diciamo che era il senso di colpa a rendere la mia voce bassa e quasi titubante. Non volevo mentirgli ma un po’ ero anch’io possessivo, desideravo che non si incontrassero più perché Hayato doveva stare con me e non con lei. Avevo quella paura, nonostante Hayato mi stesse facendo una scenata evidente di gelosia quindi cosa temevo? “Non voglio litigare per una cosa del genere” aggiunsi.
“Allora non farlo più, non lasciare che nessun altro ti tocchi eccetto me” e Hayato sembrò tornare se stesso, la sua espressione si rilasso e mi accarezzò il viso nello stesso punto dove lo aveva fatto quella ragazza e ciò che percepii fu completamente differente, sentivo una morsa nello stomaco quando a farlo era Hayato e sentivo il cuore che batteva più forte. Era quindi l’amore quello?
Istintivamente, senza pensarci neppure, toccai quella mano e poggiai la mia sopra e la cosa stupì Hayato che mi fissò con gli occhi sgranati.
“Stavo cercando te al dire il vero” ammisi.
“Me?”
“Hayato io credo che tu mi piaccia davvero”, era incredibile che quelle parole mi fossero davvero uscite fuori, e che lo avessi ammesso con tanta facilità. Non provavo imbarazzo, ed era completamente diverso dai tempi in cui mi ero dichiarato a Mayu, ora sembrava tutto mettersi a posto ogni tassello di quegli anni. “Mi dispiace non essere mai stato chiaro al riguardo ma non sapevo nulla di tutto ciò, cosa significasse avere qualcuno che mi vuole bene e che pensa a me in quel senso, è tutto strano e avevo solo bisogno di tempo ma nel frattempo ho fatto soffrire te e ti ho fatto spesso arrabbiare mi dispiace.”
Ammisi quelle cose senza riuscire a guardarlo in faccia, ma non appena finii feci per guardarlo, sollevai lo sguardo su di lui e il cuore mi si fermò. Ciò che ebbi davanti mi lasciò senza fiato, Hayato era arrossito per la prima volta da quando lo conoscevo e fissava in basso confuso, imbarazzato. Avevo messo a disagio il principe, il ragazzo più distaccato del mondo che non aveva mai mostrato alcuna emozione da quando lo conoscevo. Sembrava un altra persona.
“Hai detto che io ti piaccio?” ripeté.
“Sì, esatto.”
Hayato finalmente mi guardò negli occhi e lo trovai davvero adorabile tutto rosso in viso “Piaccio in quel senso o come ti può piacere un gelato?!” si avvicinò in maniera quasi isterica.
“In quel senso.. dannazione!” mi spinsi in avanti e gli strappai un bacio, magari così lo avrebbe capito. Era la prima volta che osavo tanto, addirittura baciarlo così. “Ora lo capisci idiota?!” Distaccandomi da lui lo trovai completamente paralizzato per ciò che avevo appena fatto, sembrava quasi pietrificato e aveva gli occhi sgranati. “Mi fai preoccupare così..” osservai.
Non ebbi il tempo di dire altro che Hayato mi catturò nuovamente impadronendosi delle mie labbra in maniera famelica, catturandole completamente quasi a volerne lasciare la firma per dire al mondo che adesso appartenevo solamente a lui. Mi andava bene però.
Mi lasciò andare e si strinse contro di me in un profondo abbraccio affondando il viso nella mia spalla, e sentivo il suo cuore battere forte contro il mio petto o forse era il mio?
“Ce ne hai messo di tempo baka” disse ridacchiando felice come non mai.
Ogni paura di prima era stranamente svanita così come le incertezze avute in quelle settimane. Io gli volevo bene, desideravo stare con lui in ogni modo possibile e volevo che lui avesse quelle attenzioni solo con me e con nessun altro. Saremmo stati bene insieme.

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Capitolo 24
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20

Dichiararmi non era stato poi così difficile come credevo, e le cose non erano nemmeno cambiate così tanto, anzi, Hayato continuava a prendermi in giro come aveva sempre fatto ma ogni tanto allentava la presa e spesso mi sfiorava dolcemente anche solo per spostarmi un ciuffo di capelli fuori posto.
Le settimane trascorsero velocemente e non passò molto prima che Hayato cominciò a mettere bocca anche sui miei risultati scolastici. Mi prendeva in ostaggio a casa sua per farmi studiare, e come professore era davvero il diavolo!
“Te l’ho detto già tre volte che questa formula non va applicata così. Idiota!” tuonò dandomi un quaderno in testa come se stesse punendo un cane col giornale.
Lo guardai con un occhiataccia “Ci stiamo lavorando da due ore dammi tregua!”
“Non hai tempo, domani c’è la verifica e cosa ci scriverai eh? Cazzate ecco cosa.”
E questo sarebbe il ragazzo con cui sto? Ero l’unico ad essere trattato così male, non faceva che chiamarmi idiota e mi insultava quando sbagliavo qualche calcolo. “Non siamo tutti geni in matematica!” sbottai esasperato e mollai la penna sul tavolo arrendendomi completamente.
“Non si tratta di essere geni o meno, semplicemente non ti impegni abbastanza.”
Disse ciò e lasciò la sedia andando verso il lavello della cucina e lo guardai mentre riempì una teglia da tè per prepararne un po’. Erano settimane che lo guardavo ed ero arrivato alla conclusione che non c’era cosa che non sapesse fare e mi chiedevo come facesse ad essere così dannatamente perfetto. Non era assurdo che volessero tutti o essere lui o uscirci insieme. Ciò che però mi stupiva continuamente era come facesse a stare con qualcuno che era il suo esatto opposto, ero una vera frana in ogni cosa e non facevo che farlo arrabbiare per qualsiasi cosa. Come faceva ad amarmi ancora?
“Hayato senti io..” Hayato si voltò a guardarmi mentre iniziai a parlare ma proprio in quel momento un cellulare cominciò a squillare ma non era il mio bensì il suo, l’oggetto era poggiato sul tavolo accanto a me e vidi Hayato avvicinarsi per vedere chi fosse e nel leggere il nome della chiamata persa sembrò sgranare gli occhi anche se solo per un secondo. “Chi è?” domandai.
“Nessuno hanno sbagliato numero.”
E ripose il cellulare nella tasca tornando a preparare il tè, ma in quel momento mi sembrò come se avesse voluto evitare di dirmi qualcosa ma non sapevo proprio cosa. Hayato non era un bugiardo, almeno era ciò che credevo ma non volevo farmi film in testa senza motivo.
Il lunedì seguente uscii di casa molto presto e andai come ormai era mia abitudine a chiamare Hayato, ma quando lo feci non nessuno aprì la porta. Che stesse dormendo ancora? Inarcai un sopracciglio, era raro per lui non svegliarsi, così provai a chiamarlo e il cellulare squillava.
- Hey – rispose la sua voce, profonda come sempre alla cornetta.
“Sono fuori casa tua. Che stai facendo? Faremo tardi.”
Ci fu una lunga pausa. – Scusami Aki ma oggi non verrò, ci vediamo direttamente domani. –
“Eh? In che senso oggi non vieni. Hayato!” Non ebbi il tempo di fare domande che riattaccò, così preso da un po’ di rabbia ricominciare a bussare al campanello di casa ma niente, tentai allora ancora col cellulare e dopo vari squilli fatti a vuoto rispose la segreteria dicendomi che quel numero non era più raggiungibile. “Fottuto bastardo..” osservai il suo numero pieno di rabbia.
Non poteva fare così, non poteva lasciarmi così senza una risposta. Al diavolo tutto! Cercai nella rubrica il numero della madre di Hayato e sperai che fosse ancora quello. Hayato mi conosceva bene, non mi arrendevo facilmente e non poteva scaricarmi in quel modo.
- Pronto? -
“Oh salve signora Maeda, sono Aki Nomura l’amico di Hayato.”
- Aki-kun? Cosa c’è? –
Ero davvero fortunato, quel numero funzionava ancora. “Ecco vede non riesco a rintracciare Hayato, mi saprebbe dire dove si trova? A casa non c'è nessuno e sono un po’ preoccupato.”
- Oh non te l’ha detto? Oggi arrivava suo padre dagli Stati Uniti e penso sia andato a prenderlo. – Cosa? Il padre di Hayato era in Giappone?
A sentire quella notizia restai un po’ perplesso e mi tornarono alla mente le volte in cui era stato via tanto tempo per andare a trovare il padre. In quei lunghi periodi mi ero sentito così solo senza lui, e quando tornava non mi raccontava mai nulla. Di suo padre sapevo poco e nulla e non capivo perché tenesse per se una parte della sua vita.
“La ringrazio molto signora.”
- Figurati Aki-kun. Ascolta se riesci a sentirlo puoi dirgli di tornare a casa stasera? –
C’era addirittura la possibilità che non tornasse a casa? “Si lo farò signora.”
- Grazie mille Aki-kun. A presto. –
Continuarono ad affiorare diversi ricordi, tutte le volte che Hayato aveva parlato in inglese dicendo cose che io a quei tempi non potevo capire e che ora ricordavo a stento. Aveva un caratteraccio, si teneva tutto dentro e non mostrava mai i suoi veri sentimenti, persino dichiararsi era stato una faticaccia ed ero stato io a tirargli tutto fuori altrimenti non mi avrebbe mai detto niente. Quell’idiota...
La mia decisione fu rapida e decisi di non andare a scuola quel giorno e cominciai a percorrere la strada opposta in direzione del centro, dove si trovava l'aeroporto con la speranza di trovarlo lì.
Ero uno sciocco, magari si erano già spostati e andavo lì inutilmente. Eppure dentro di me sentivo che dovevo andare, che qualcosa mi stava spingendo a correre sempre più velocemente per arrivare il più velocemente possibile e trovarlo.
Il cuore mi batteva a mille, e mi sudavano le mani. Contavo alla rovescia le fermate della metro che mancavano per arrivare a destinazione e guardavo fisso il tabellone delle fermate affinché il tempo passasse più velocemente e finalmente arrivai, mi sembrò un viaggio interminabile.
In vita mia non avevo mai preso l’aereo e quel luogo mi sembrò immenso, pieno di gente che sbucava da ovunque e soprattutto c’erano tanti stranieri, molti che addirittura avevano i colori di Hayato ma nessuno di questi era lui. Mi resi conto allora che non bastava semplicemente avere i capelli biondi per essere come lui, no, Hayato era speciale per altro.
Mi fermai un momento e spontaneamente mi venne da chiedermi: “Accidenti e adesso come lo trovo!”
Ero stato avventato e non avevo pensato a tanti dettagli, che cosa credevo? Che fosse come stare alla stazione della metro? Lì c’era un casino di gente che andava e veniva e trovarlo sarebbe stato difficile oltre la possibilità che se ne fosse già andato.
Una mano mi toccò la spalla, il gesto mi fece pensare che potesse essere lui così mi voltai con un sorriso stampato in viso “Hayato...” mi spensi quando notai che non era lui, bensì un uomo adulto chiaramente straniero visti i folti capelli biondi e la sua tenuta da turista.
“Hi boy! You know where is the station?”
Cominciò a parlare in inglese, a chiedermi tantissime cose e mi piazzò davanti anche una cartina comprata probabilmente al momento ma non capivo una cippa di quello che diceva. Ero una capra nelle lingue e cercai in tutti modi di spiegargli che non capivo assolutamente niente ma continuò a riempirmi la testa di domande su domande, e si avvicinò sempre di più.
Che qualcuno mi aiuti!, mi venne quasi da piangere in quel momento.
“I’m sorry Mister, my friend doesn’t speak english” una voce familiare comparve dal nulla, e sebbene avesse parlato in un altra lingua la riconobbi immediatamente.
Aprii gli occhi per guardare e trovai davanti a me Hayato che si era messo in mezzo tra me e quel signore allontanandolo. Finalmente il turista parve comprendere che non parlavo affatto la sua lingua e sembrò dispiaciuto ma riprese immediatamente a fare domande ma questa volta ad Hayato.
Lo osservai mente dialogava perfettamente con quel tizio senza alcun problema e in quel momento mi sembrò egli stesso uno straniero a tutti gli effetti. Non ci avevo mai pensato davvero a quanto lui fosse differente da me a quante cose lui avesse dentro di se rispetto a me, era sul serio speciale.
Il turista finalmente lasciò andare Hayato, lo ringraziò con un inchino e se ne andò felice.
“Mio dio Hayato mi hai salvato. Grazie!” respirai profondamente.
Fu in quel momento che Hayato si voltò veloce e mi fulminò con un occhiata che mi lasciò paralizzato “Che cazzo ci fai qua? Ti ho detto che non sarei venuto a scuola.”
“Che cazzo ci faccio qua mi chiedi? E’ ovvio sono venuto a vedere che diavolo avevi! Se non fosse stato per tua madre avrei pensato che ti fossi ucciso da qualche parte.”
Hayato si morse il labbro “Quella vecchia” pensò alla mamma e la maledisse probabilmente.
“Non prendertela con lei anzi è stata anche troppo gentile. Potevi dirmelo che oggi arriva tuo padre dagli Stati Uniti, ti avrei accompagnato.”
“Non mi serviva la tua compagnia per vedere mio padre.”
Preso dalla rabbia gli calpestai un piede con tutta forza che avevo volendo fargli male e ci riuscii, saltellò dal dolore e mi guardò furioso “Sei impazzito?” urlò.
“Sei un idiota! Come non detto me ne torno a casa.”
Gli diedi le spalle e cominciai a camminare e come immaginai mi seguì a ruota come un cagnolino ma non per fermarmi anzi, continuò a punzecchiarmi “Se te ne vai in giro da solo sarai fermato da qualcun altro che parla inglese e visto che sei una capra nelle lingue andrai in panico.”
“Va al diavolo me la caverò, non ho bisogno di te e tu non hai bisogno di me a quanto pare. E io che mi sono anche preoccupato per te, che idiota che sono...” borbottai a me stesso.
Nel sentirlo Hayato mi afferrò il polso per farmi fermare “Eri preoccupato?” domandò sorpreso.
Non capii di cosa si stupì in verità, e nemmeno perché avesse quella faccia sorpresa. “Mi sembra ovvio idiota. Improvvisamente vengo a sapere che non vieni a scuola e non so il perché, mi credi di ghiaccio?”
Hayato sfoderò un sorrisetto compiaciuto “Eri preoccupato per il tuo ragazzo eh?”
Divenni paonazzo nel sentirgli dire una cosa del genere “R-ragazzo? Smettila!” si avvicinò abbastanza da sfiorarmi la mano e stringerla a se, avvicinò poi il suo viso alla mia guancia in cerca dell’orecchio. Tutto ciò non fece altro che farmi venire i brividi. “Smettila c’è gente qui!”
“Non me ne frega niente.”
Mi baciò la testa in maniera molto discreta e sebbene intorno a noi ci fossero tantissime persone che camminavano non fregò neppure a me di essere visto. Avevo il cuore a mille e una strana sensazione di farfalle nello stomaco. Da un pò di tempo ero diventato tutto così davvero strano.
“Hayacchan!”
Fummo colti davvero di sorpresa, dal nulla era comparso un uomo adulto che catturò Hayato in un grosso abbraccio, lì per lì pensai che fosse un qualche pervertito ma non era così.
“Accidenti vecchio lasciami andare!” si dimenò Hayato da quella presa, sembrava conoscere quel signore e guardandolo meglio notai una certa somiglianza tra i due. Non poteva che essere il padre!
Rimasi di sasso, improvvisamente capii da chi Hayato avesse preso il suo aspetto. Suo padre era un uomo bellissimo, alto e robusto, spalle larghe e una folta chioma bionda che portava tirata di lato e il viso incorniciato da una barba bionda che luccicava come se fossero gioielli d’oro. E gli occhi, erano gli stessi di Hayato, la stessa forma e il colore era identico. Mi sembrò quasi di vedere Hayato tra qualche anno e non potei fare a meno di arrossire davanti a tanto spettacolo.
“You are so bad!” disse l’uomo verso il figlio lasciandolo andare, ovviamente parlava inglese, di cosa mi stupivo. Ma questo avrebbe significato non capirci assolutamente nulla.
“Stupid old man” rispose Hayato schivo come sempre.
L’uomo a quel punto notò la mia presenza e mi lanciò un occhiata incuriosita e mi sorrise, “Who is this boy? Your friend?” domandò al figlio indicandomi. Non era difficile capire cosa gli stesse chiedendo.
“Yes, he’s my friend Aki” Hayato si avvicinò a me “Aki questo è mio padre Michael Hobbs” e indicò l’uomo che nel frattempo si era avvicinato abbastanza per cingermi la mano da vero galantuomo. Molto spaesato per quell’usanza gliela strinsi e abbozzai un sorriso.
“Piacere mio signore” dissi in giapponese ma chissà se mi capiva.
“Il piacere è mio Aki” mi sorrise e improvvisamente aveva risposto in giapponese. Ne rimasi sorpreso e il mio stupore fu tale che fece partire una grossa risata in Michael e il figlio lo esortò a smetterla. Ero veramente in imbarazzo.
“Mio padre parla perfettamente giapponese, è vissuto qui anni prima di tornare in America.” Spiegò Hayato brevemente, “Ti capisce e come, vero vecchio?” lo fulminò con un occhiata.
“Oh yes, scusami se prima ho parlato inglese ma è un fatto di abitudine. Bene, che ne dite se andiamo a fare colazione insieme visto che siamo qui?”
Il padre di Hayato mi aveva seriamente invitato a stare con loro? Il mio stupore fu enorme ma la felicità era ancora di più, quell’uomo mi piaceva e sprigionava allegria da ogni poro a differenza di Hayato che sembrava quasi seccato dall’atteggiamento del padre ma rassegnato lo lasciò fare.
“Non dovresti prima andare in albergo per sistemarti?” domandò Hayato.
Michael lo fissò serio “Sta’ tranquillo prenderò una stanza dopo la colazione” ridacchiò per chissà cosa, e munito della sua valigia cominciò a camminare spronandoci a seguirlo.
“Sei venuto ancora una volta senza aver prenotato una stanza? Sei sempre il solito!” lo rimproverò Hayato. Mi piaceva sempre di più suo padre!
“Hayacchan dovresti vivere più serenamente, vero piccolo Aki?” si rivolse a me in cerca di consenso, mi trovai davanti il suo ampio sorriso e mi sembrò quasi di avere di fronte Hayato invecchiato. Era una strana sensazione quella eppure così piacevole.
“Credo di sì..” balbettai con un po’ di voce e Michael parve quasi deluso del mio poco entusiasmo.
“Cos’è, i ragazzini di qui sono tutti depressi o cosa? Vi farò riprendere un po’” sorrise ancora. Che cosa intendeva per farci riprendere un po’?
Per colazione Michael ci portò in un costoso caffè del centro, ordino una mega colazione mischiando sia dolce che salato e ci costrinse ad assaggiare strana roba che non avevo mai mangiato, ma Hayato sembrava perfettamente a suo agio gradendo anche quel bacon arrostito, mentre io dovetti reprimere la voglia di vomitare, ma trovai di buon gusto il cappuccino e i pancakes al cioccolato.
Il padre di Hayato pagò tutto di tasca sua non volendo accettare che dei ragazzini pagassero la loro parte, fu un gesto davvero gentile e quella mattina non finì certamente così; Micheal ci trascinò un po’ in giro per la città, entro proprio nelle vesti di un turista e cominciammo a girare un po’ ovunque e spese altri soldi inutilmente per farci fare cose che facevamo praticamente tutti i giorni.
Prenotò prima una saletta al karaoke, cantò praticamente solo lui dando il meglio di se sebbene fosse molto stonato, e per tutto il tempo Hayato non fece che vergognarsi di quello spettacolo. Io lo trovai molto divertente e più di una volta mi trascinò a cantare con lui.
Dopo il karaoke ci portò al Ueno Park, chissà come trovò il laghetto e non poté farsi scappare l’occasione di prenotare una barca costringendoci a seguirlo. Una volta sopra Hayato cominciò a sbottare, divenne completamente verde dalla nausea ma il padre continuò la remata ignorando che il figlio soffrisse il mal di mare. Avevo appena scoperto una nuova cosa di Hayato e mi venne da ridere.
Per tutta la giornata non feci che ridere in loro compagnia. Avevano un rapporto strano, non sembravano affatto padre e figlio ma due amici che battibeccava per ogni cosa. Sembravano un po’ io e lui e la cosa mi fece capire che Hayato era così solo con le persone più vicine a lui, mostrando chi fosse veramente.
Si fece presto pomeriggio. “Aaah mi sono proprio divertito un mondo, ma credo che ora sia arrivato il momento di trovarmi una camera in qualche hotel e per voi credo sia arrivata l’ora di tornare a casa dalle vostre mamme.”
Hayato era distrutto e lo ero anch’io. “Sicuro che non ti serva una mano?” chiese il figlio.
Michael scosse la testa “Sta’ tranquillo, sono un adulto dopotutto e poi devi accompagnare Aki a casa.”
Nel sentirmi nominare pensai che forse era arrivato il momento per me di andare per lasciarli un po’ soli, per tutto il giorno non ci avevo pensato ed ero stato il terzo in comodo.
“Allora ci sentiamo domani” Hayato gli sorrise tenendo le mani in tasca.
“Si a domani Harry” disse.
Harry? Nel sentire quel nome mi domandai con chi stesse parlando, non certo con Hayato.
Lasciammo Michael dinanzi ad un albergo a cinque stelle e non ce ne andammo fin quando non lo vedemmo sparire dietro la grossa porta, a quel punto sentii Hayato sospirare. “Vieni torniamo a casa” mi incitò a camminare.
“Hayato mi dispiace, ho interferito nella giornata tra te e tuo padre e adesso sei costretto a tornare a causa mia..” mi strinsi nelle spalle, non volevo rovinargli una cosa così importante.
Hayato si voltò a guardarmi, mi scrutò seriamente e poi sbuffò seccato “Che diavolo dici” rispose però e mi sorprese, “quel vecchio è fatto così, anzi è stato più contento lui in questo modo, ama passare il tempo con i mocciosi come noi e comportarsi da padre di famiglia.”
“Si ma...”
“Sono contento” attirò la mia attenzione dicendo così e fece in modo che smettessi di guardarmi i piedi, trovai il coraggio di guardarlo in faccia ma non ne incontrai lo sguardo che nel frattempo aveva nascosto sotto i capelli biondi, “sono contento di averti potuto presentare a lui.”
Quella confessione fece battere più forte il mio cuore e un ondata di calore arrivò fino alle guance, perché improvvisamente diceva certe cose! Dannazione. "S-sì sono contento anch’io..” non seppi che altro dire.
“Bene! Visto che siamo qui che ne dici di cenare fuori da soli?” mi afferrò la mano e cominciò a trascinarmi lungo il marciapiede radioso come un bimbo a natale. Aveva in viso un sorriso sincero, lo avevo mai visto così contento prima?
“Hayato senti una cosa, perché prima tuo padre ti ha chiamato Harry?”
“Oh beh perché Harry è il mio nome all’anagrafe.”Cosa? Mi fermai di colpo per la notizia shock, Hayato notò la mia faccia piena di stupore e rise “Traumatico?”
“Significa che non ti chiami Hayato?!”
“Beh sì, è il nome che ha sempre usato mia madre per chiamarmi e vivendo in Giappone porto il suo cognome ma il mio nome è Harry Maeda Hobbs.”
“Cazzo hai il doppio cognome!” esclamai ancora più sorpreso.
Hayato mostrò un aria seccata “E’ normale, sono per metà americano e ho la cittadinanza anche li. Per i giapponesi è troppo difficile il mio vero cognome quindi uso quello della mamma e Hayato è il nome del padre di mia madre morto tanti anni fa, a lei piaceva e per aiutarmi nell’integrazione ha fatto in modo che diventasse il mio nome effettivo, Harry non lo uso mai.”
Improvvisamente mi resi conto di non sapere assolutamente di lui, per tutti questi anni lo avevo chiamato con un nome che non era neppure il suo. “Ma cazzo perché non me l’hai mai detto?! Ti ho sempre chiamato Hayato convinto che fosse il tuo nome.”
“Ma è il mio nome. Per te sono Hayato o Harry?”
“Beh.. sei Hayato.”
Mi strappò un bacio sulla guancia avvicinando il suo viso al mio “Allora sono solo Hayato.”
Lo odiavo quando faceva così ma l’irritazione sparì di colpo subito dopo quel bacio innocente, e il modo sexy che aveva usato nel pronunciare il suo nome. Sapeva farci, ed era pericoloso per me.
Quel giorno avevo imparato nuove cose che non conoscevo di lui, e sentivo di aver compiuto un altro passo in più nel suo mondo. Diversamente da un tempo sentivo che si stava aprendo mostrandomi chi era, ogni parte di lui e ne ero davvero felice.

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Capitolo 25
*** Capitolo 20.5 ***


CAPITOLO 20.5

Aki Nomura, estate dei suoi 10 anni.

“Hayatooo!” urlai nel vederlo camminare per strada. Tutto mi aspettatavo ma non di rivederlo dopo così tanto tempo, e la gioia fu immensa, tanto che mi precipitai verso di lui prendendolo di sorpresa. Gli saltai addosso e lo abbracciai da dietro, la sua reazione fu puro vero sgomento.
“Ma chi è!” urlò e quando si rese conto che ero io sgranò gli occhi “Aki! Lasciami stupido...!”
Obbedii e gli sorrisi ancora più felice che fosse davvero lui “Sei tornato!”
Hayato abbassò lo sguardo senza guardarmi direttamente negli occhi “Sì, ieri.”
“Eh? E perché non sei venuto a chiamarmi? Lo sai che non vedevo l’ora di rivederti!”
“Ho avuto delle cose da sistemare.”
Era sempre così evasivo. Non amava parlare di se ed era stato via due mesi senza mai rispondere ad una mia singola mail, ma non vi avevo dato peso immaginando che stesse trascorrendo delle belle giornate col padre. “Allora?”
Hayato inarcò un sopracciglio “Allora cosa?”
“Com’erano gli Stati Uniti?” Non arrivò risposta, come al solito, così cercai di far nascere la conversazione in altro modo. “Sai mio padre invece è tornato a casa per tutto il periodo estivo, e siamo andati spesso al mare e Mei ha imparato a stare a galla, ma ogni tanto affogava ahaha”
“Nemmeno tu sai nuotare baka.”
Era vero “Non puntualizzare ogni volta!”
Hayato sembrò tornare del suo solito umore, e cercò e rispondere a ciò che gli dicevo. Forse sentiva già la mancanza del padre, o forse non si era ancora abituato a stare di nuovo in Giappone quindi gli serviva solo tempo.
Lo trascinai nel solito parchetto dove di solito andavamo per perdere tempo, mi arrampicai sullo scivolo e mi andai a sedere proprio li sopra mentre Hayato da giù mi guardava.
“Quindi hai imparato l’americano?” domandai curioso.
“Lo parlo già bene da quando sono piccolo, lo sai.”
“Deve essere figo conoscere più lingue ed essere metà americano, sai certe volte ti invidio.”
Non parve capirmi, “Mi invidi?”
“Sì, sei speciale” ridacchiai nel dirlo, “hai una storia che puoi raccontare, non sei uno qualunque, e certamente non passi inosservato tra tutti i nostri compagni e poi parli due lingue! E’ figo!”
Lo vidi fare una strana smorfia con la bocca “Tu trovi che io sia speciale...”
“Certo!” Hayato sollevò di nuovi i suoi occhi azzurri verso di me mi fissò sorpreso, la smorfia sparì. “Sei la persona più speciale che esiste per me, sei mio amico!”
“Amico...” calò di nuovo lo sguardo  a terra.
“Ho detto qualcosa che non va? Ehi!” scivolai giù per raggiungerlo, con la paura nel cuore che si fosse messo improvvisamente a piangere. Gli andai vicino e lo scrollai per le spalle “Che hai Hayato?”
E in quel momento fece una cosa che non aveva mai fatto. Era sempre stato freddo, distaccato e mai aveva apertamente espresso se mi volesse bene o meno, ma quel giorno prese e mi abbracciò. Si strinse a me avvolgendomi con le sue braccia e affondò la testa nella mia spalla.
La cosa mi spiazzò completamente e pensai sul serio che avesse la febbre o qualche parassita nel corpo.
“Ehi.. Hayato! Sul serio mi stai facendo preoccupare adesso!”
I missed you so much.”
Quelle furono le sue uniche parole in quel momento e le borbottò con la voce resa ovattata dalla mia spalla. “Eh? Non ho capito che cosa hai detto. Non parlare lingue che non conosco! Ti odio!”
Quel giorno non capii affatto quelle parole, e col tempo neppure mi interrogai più sul loro significato ma dal modo in cui Hayato mi strinse per la prima volta, e dal dolce suono di quelle parole potei immaginare che fossi speciale anche per lui in qualche modo.

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Capitolo 26
*** Capitolo 21 ***


CAPITOLO 21

“Sei quasi terrificante devi credermi” osservò Yoshida quel giorno durante la pausa pranzo.
Addentai il panino comprato alla caffetteria, ero di buon umore quindi nessun commento avrebbe rovinato quella giornata. “Perché dici questo?” borbottai col boccone in bocca.
“Mastica prima di parlare...” fui rimproverato da Yoshida, “beh sembri molto felice, nell’ultimo mese ti ho visto molto più vivace e voglioso di voler venire a scuola, immagino che sia merito del principe.”
“Tra me e Hayato va alla grande! Facciamo un sacco di cose insieme, usciamo a cena, giochiamo insieme, e certe volte passiamo i pomeriggi nella biblioteca di quartiere, mi sta aiutando anche nello studio e vado molto meglio in tutte le materie!”
“Smettila di vantarti... vorrei avere anch’io il mio principe personale, ti tratta come una principessa.” Scoppiai a ridere, quel commento non riuscì a smuovere l’allegria che provavo. Andava davvero tutto bene, Hayato si comportava molto bene con me e non aveva più preteso cose strane, aveva anche smesso di baciarmi in pubblico e così facendo la mia ansia era nettamente diminuita.
“E sul fronte sessuale?” continuò ancora Yoshida, “Non mi hai più raccontato o chiesto nulla, quindi immagino che non ci siano stati ulteriori progressi.”
Diedi un altro morso al panino e in quel momento la mia espressione divenne più seria “Cosa ti fa pensare che non ci siano stati progressi in quel senso?”
Yoshida sorrise sfoderando un ghigno “Saresti già venuto a piangere da me se avesse provato a farti qualcosa, conoscendoti.”
Quel commento seppe irritarmi e d’istinto gli calpestai il piede sotto al banco, Yoshida balbettò dolorante ma non si arrabbiò, “Non ti riguarda” feci l’offeso.
“Lo sapevo! Il principe non ti ha più fatto nulla ahahah” scoppiò a ridere.
“Taci! Hayato si sta comportando davvero bene con me e credo che stia aspettando, sa bene che ho bisogno di più tempo per arrivare a quel punto. E’ solo gentile.”
Yoshida mi fissò inarcando un sopracciglio “Gentile.. chi?”
“Hayato.”
“AHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHA” Yoshida esplose in una fragorosa risata raccogliendo l’attenzione dei nostri compagni, arrivò addirittura a piangere dalle risate, si mantenne la pancia e continuò per un pò. Fu vano il mio tentativo di fermarlo. “Non farmi ridere. Il principe è la persona più prima donna che io conosca, e sapendo i suoi precedenti starà sicuramente preparando un agguato.”
“Agguato?”
“Si, forse vuole creare la giusta atmosfera e sta aspettando che la madre e il fratellino siano fuori dai piedi per un pò così da preparare un letto di petali di rose, le candele e dello champagne. Una cosa da vero principe insomma.”
Lo fissai nauseato “Tu guardi troppi film fattelo dire...”
Yoshida si avvicinò di più con uno strano fuoco negli occhi “Magari vorrà anche darti un mazzo di rose, da vero gentiluomo e poi ti scorterà nella sua stanza chiedendoti di essere la tua prima volta. Oh vedrai sarà super romantico.”
Mi passò la voglia di mangiare dopo quella fantasia “Non potevi semplicemente essere disgustato dalla mia relazione, credo che tu l’abbia presa troppo a cuore...”
“Siete la mia coppia preferita!” scodinzolò felice.
“Piantala...”
Un ombra ci investì, sollevammo un po’ lo sguardo e dal nulla era sbucato Hayato, bello e alto come sempre nella sua divisa scolastica ma con l’umore di una donna con le sue cose. “Vedo che vi divertite sempre un sacco” commentò bieco trattenendo l’irritazione. Yoshida sbiancò immediatamente, si allontanò da me e tornò a sedersi in maniera composta sulla sua sedia.
“Dov’eri?” domandai invece io facendo finta di nulla.
“Ho aiutato un professore. Hey se hai finito di mangiare perché non vieni un attimo con me?” con la mano indicò verso la porta, che cosa voleva improvvisamente.
“Ehm si ho finito” lanciai un occhiata verso Yoshida e osservai che se la rideva sotto i baffi mimando con la bocca l’espressione ‘agguato’. Era un vero idiota!
Seguii Hayato fin fuori dall’aula e si fermò non poco lontano, in corridoio. Si guardò un attimo in giro poi rivolse tutta la sua attenzione su di me, mi scrutò con un occhiata seria davvero preoccupante.
“Questo fine settimana hai da fare?”
Quello sguardo serio per chiedermi una cosa del genere? Mi venne quasi da ridere, ma era carino. “No, sono liberissimo!” sorrisi.
“Bene. Questo fine settimana mia madre porterà Kou a Hiroshima dal padre, e resterà li anche per lavoro tre giorni quindi ho pensato che potresti restare a dormire da me.”
Improvvisamente tutte le frasi idiote di Yoshida mi ronzarono per la testa, rimbombarono come un coro fastidioso nel mio cervello e di conseguenza si accese una spia di allarme!
“D-dormire da te?” domandai per chiarezza.
“Sì, dormire da me, mi scoccio di stare da solo.”
Si avvicinò minaccioso invadendo il mio spazio vitale, accidenti odiavo ammettere che Yoshida aveva ragione! Hayato aveva semplicemente aspettato l’occasione giusta!
“Se ti senti solo perché non vieni a dormire da me? La mamma ne sarà felice e anche Mei e poi io non sai cucinare, che cosa mangeremo da te ahahah siamo uno peggio dell’altro.” L’espressione di Hayato mutò in puro odio nei miei confronti, un aurea sempre più tetra lo avvolse così come tutta il buon umore di quegli ultimi giorni era sparito. Parò una mano contro il muro alle mie spalle e il tonfo mi fece sussultare dallo spavento. “H-Hayato?”
“Dimmi la verità idiota, non vuoi venire perché hai paura che possa farti qualcosa?” La mia faccia parlò da sola e Hayato si toccò la fronte sconfitto, e indietreggiò “Per chi mi hai preso! Per un malato?”
“Ehi sei tu quello che pensa sempre a quello non certo io, è ovvio che io abbia paura visto quello che è successo le altre volte che sono stato solo con te!” Mi resi conto troppo tardi di aver un po’ esagerato ma ormai avevo detto ciò che pensavo. Hayato era sempre più buio in volto e una smorfia strana si dipinse sul suo volto “E-ecco io non volevo dire...”
“No lascia stare hai reso l’idea, sono un mostro visto che voglio costringerti a fare cose che non vuoi.”
“Non intendevo quello!”
Hayato non mi ascoltò più e fece dietro front verso l’aula lasciandomi lì come un cretino, e non potevo certamente portare quella discussione in classe così aspettai che finissero tutte le lezioni, gli avrei parlato con calma tornando a casa ma quando lo aspettai all’ingresso mi passò davanti senza nemmeno guardarmi in faccia e mi ignorò per tutto il tragitto. Io dietro di lui.
“Hayato ascolta io..!”
“Non voglio parlare con te oggi, lasciami in pace” disse ciò ed entrò in casa.
Possibile che una cosa così stupida potesse incrinare così tanto il suo umore? Era assurdo. Tentai in vano quel pomeriggio di mandargli messaggi, e le chiamate erano senza risposta. Allora tentai direttamente a casa sua ma nessuno aprì la porta.
“Accidenti ora stai esagerando!” urlai sotto casa sua ma chissà se poteva sentirmi.
Ogni volta che si trattava di sesso finivamo col litigare. La pensavamo diversamente, lui era già pronto mentre io no e non perché dovevo farlo con lui ma perché in generale sentivo che era troppo presto, avevo solo sedici anni dopotutto, che fretta c’era?!
Senza accorgermene me ne andai girando a vuoto, pieno di rabbia e maledicendo Hayato per quei suoi ormoni fuori controllo. Che gli costava aspettare un po’ di più, se mi amava doveva rispettare anche la mia decisione e invece no, ogni tanto mi proponeva strane cose, scuse per tenermi a casa sua da solo e saltarmi addosso. Quel porco. Pensai dentro di me.
“Cazzo fatti una fottuta sega!” esclamai esasperato da tutti quei pensieri.
“Chi è che devi farti una sega?” Che vergogna ero stato sentito da qualcuno, ma ancor peggio avevo urlato quella cosa in mezzo alla strada. Quando andai a vedere chi mi avesse sentito mi trovai davanti proprio Kuro, l’ultima persona al mondo che avrei voluto incontrare in quel momento. “Ciao Akìo.”
Lo fissai bieco “Ancora con questa Akìo...”
Kuro ridacchiò “Lo so come ti chiami, ti prendo solo in giro. Che ci fai in giro da solo?”
“Potrei farti la stessa domanda.”
Mi mostrò il borsone che portava dietro la schiena “Torno dal dojo, ora tocca a te.”
“Niente, faccio una passeggiata.”
Non avevo certo intenzione di raccontargli di Hayato, era l’ultima persona che doveva saperne qualcosa, visto cosa quel Kuro provava per lui. Dentro di me avevo ancora un sacco di domande senza risposta riguardo quel giorno, del perché Hayato si fosse dimostrato tanto mansueto e perché Kuro avesse cercato di fare una cosa del genere.
“Beh se non hai nulla da fare vuoi venire a prendere un succo con me? Nemmeno io ho voglia di tornare a casa in questo momento.”
Non volevo stare in sua compagnia, ero ancora arrabbiato e il ricordo di lui che aveva tentato di baciare Hayato mi rendeva ancora più nervoso ma se c’era la possibilità di saperne di più mi andava bene passare un po’ di tempo con lui.
“Va bene” mi convinsi ad andare con lui.
Kuro era davvero un personaggio strano, non sapevo mai come comportarmi nei suoi confronti e dopo l’accaduto non avevo più avuto modo di vederlo.
Mi portò dinanzi ad un chiosco e comprò due frullati di frutta, senza neppure chiedermi se mi piacesse la cosa e me la offrì.
“Quanto ti devo?”
Parò una mano davanti a me “Lascia stare i soldi, dobbiamo parlare un po’.”
Improvvisamente si fece serio in volto, qualcosa mi diceva che avremmo cominciato a parlare di Hayato e la cosa non mi piaceva affatto, anzi mi dava già fastidio.
Prendemmo posto su una panchina nel parchetto vicino al chiosco di bibite, in giro c’erano bambini e coppiette che volevano trascorrere un pomeriggio in tranquillità. Anche avrei voluto trascorrere un pomeriggio del genere ma da un po’ di tempo la mia vita era diventata un uragano di eventi incontrollati.
Guardai con la coda dell’occhio Kuro, se ne stava serio a sorseggiare la sua bibita al mango e fissava il vuoto con i suoi grossi occhioni neri. Sembrava nascondere un velo di tristezza.
“Sai, quella volta sono rimasto molto colpito nel vederti, ma in generale da quando ti ho incontrato non avevo proprio immaginato che fossi intimo amico di Hayato.”
Aveva iniziato subito senza girarci troppo intorno. “Siamo vicini di casa.”
“Forse lo conosci meglio tu che io, allora.”
Non capivo proprio a cosa volesse arrivare, volevo però sapere tutto, il perché del suo interesse verso Hayato e perché quella volta aveva tentato di baciarlo. Cosa dovevo fare? Chiederlo sfacciatamente? “Siete amici?” domandai in fine.
Kuro nel sentire quella domanda sussultò e mi guardò colpito che avessi chiesto ciò. Ero serio, volevo sapere sebbene quella verità mi facesse paura. Kuro abbozzò un sorriso molto tirato “Si, lo eravamo almeno io credo. Hayato non è una persona facile da capire, e stare al suo fianco è ancora più difficile, non permette a nessuno di entrare nella sua testa.”
“So di cosa parli, anche io non so dirti se mi abbia mai considerato suo amico.”
“Eppure non sembra sai. Hayato non ascolta nessuno eppure tutte le volte che l’ho visto ultimamente era sempre in tua compagnia. Quando mai qualcuno lo avrebbe convinto a rimettere piede al dojo” ridacchiò nervoso.
Sembrava parlare di quelle due volte che era venuto, ma io là non c’entravo nulla. Avevo cercato sì di convincerlo ma non ci ero riuscito e avevamo sempre finito col litigarci.
“Io non ho convinto nessuno, è Hayato che ha scelto di venire.”
Kuro mi scrutò con attenzione “Ha scelto eh.” Quel suo sguardo indagatore cominciava a mettermi a disagio, l’atmosfera sembrava star cambiando improvvisamente e tutt’intorno a noi non c’era più nessuno. L’aria tranquilla a calorosa di prima sembrava aver lasciato posto ad un atmosfera molto più pesante. “Hayato non mi ha mai parlato dei suoi amici, anzi a giudicare da come si comportava non credo ne abbia mai avuti prima.”
Lo osservai cercando di capire dove volesse arrivare.
“A suo tempo non mi sono fatto troppe domande, ero piccolo e ho lasciato sempre correre senza voler indagare oltre ma negli ultimi tempi ho notato delle cose che prima non avevo proprio visto.
Devi sapere anche tu queste cose adesso, penso che tu sia interessato a saperle” mostrai maggior attenzione e lo guardai fisso negli occhi, “tu sai il motivo per cui Hayato ha lasciato il judo?”
“No, non ne ho idea.”
Kuro si alzò in piedi lasciando la sua bevanda sulla panchina, mi si parò davanti grosso e sempre più cupo in viso, cominciò a farmi quasi pausa. Mi guardava con uno sguardo glaciale. “Sei tu.” Disse in fine.
Un freddo intenso gelò ogni parte del mio corpo, sembrò quasi che avessi smesso di respirare in quel momento e tutto perché aveva detto ciò con una faccia così buia da farmi credere sul serio che fosse vero.
Abbozzai allora una risata “Io? Ma se nemmeno eravamo più amici in quel periodo.”
Kuro non sembrò assecondare la mia risata nervosa “Aveva quattordici anni in quel periodo, doveva affrontare una gara importante quel giorno e tutta una serie di cose sono successe prima, ma c'è una cosa che ricordo perfettamente: Hayato era sempre molto giù di morale.”
Cercai di fare mente locale, quando Hayato aveva quattordici anni avevamo già litigato per la storia di Mayu e non ci parlavamo da tempo. Possibile che che pensasse a me anche in quel periodo? Avevo il terrore di sentire il resto.
“Non voglio renderla troppo lunga ma Hayato non ha lasciato il judo perché si era stancato, fu costretto e tutto perché in quel periodo ebbe un brutto incidente durante una gara importante che gli ha lussato permanentemente la spalla sinistra.”
Cosa?
Nel sentirlo dire tutto sembrò rallentare e in mente mi tornò l’immagine di Hayato, possibile che non avessi mai notato una cosa del genere? Andavamo nella stessa scuola, facevamo entrambi educazione fisica insieme e non avevo mai notato che avesse grossi problemi con la spalla.
Mi alzai in piedi di scatto “Stai mentendo!” gli andai incontro.
Kuro era impassibile in quel momento, distaccato e cupo, “Mento? Gli hai mai fatto questa domanda, del perché abbia mollato tutto? La ragione per cui ha perso ogni cosa sei tu.”
No, no, no, non ero io.
“Era distratto quel giorno, non prestò attenzione a nulla e sembrava completamente assente in ogni movimento. Ultimamente ho notato che invece sembra molto più sereno, quasi felice e improvvisamente sbuca un ragazzino che non ho mai visto prima ma nel sentir parlare Saori tu eri sempre con lui al dojo, eri suo amico a quei tempi vero? Sei stato tu ad ammazzare il suo futuro di atleta!”
L’unico ricordo che avevo di Hayato in quel periodo erano solo alcuni sporadici momenti in cui ci incontravamo per strada tornando a casa, ma nemmeno in quei momenti ci eravamo mai rivolti la parola. Ma non ricordavo di lui con un braccio fasciato o niente.
Kuro innervosito che non dessi segni di risposta mi afferrò per il colletto della divisa e mi strinse forte, a volermi quasi far male. “Sembri un idiota con questa faccia da ebete! E’ assurdo che uno come te abbia potuto tanto influenzare Hayato in questi anni. Sei solo una sciagura per lui, non fai altro che ferirlo e per colpa tua non sarà mai felice!”
Chi era lui per dire una cosa del genere? Afferrai le sue mani per diminuire la sua presa, non avrei permesso a nessuno di parlare così di me e Hayato, lui non sapeva niente.
Kuro si stupì che stessi avendo una reazione e ne fu ancora più sorpreso quando mi guardò in faccia, ero seriamente furioso anch’io.
“Tu non sai nulla... non sai niente di me e Hayato!”
“E cosa c’è da sapere eh? Credi sul serio che sia felice avendo te accanto? Gli hai portato via l’unica cosa che amasse davvero fare!”
“Non so se è felice o meno ma finché non sarà lui a dirmi che è colpa mia io non ti crederò. Io sono l’unico di cui ha bisogno!”
Kuro non ragionò più, mi spinse via in malo modo e finii a terra cadendo di sedere, l’impatto non fu delicato e con la schiena andai a sbattere contro il ferro della panchina. Il dolore fu molto simile ad un ago conficcato con sforza nelle carni e una scarica di dolore mi percorse tutto il corpo.
Non mi sarei mai fatto vedere in difficoltà da Kuro, così ricambiai quella sua occhiata cagnesca.


Note autrice: Mi dispiace di avervi fatto aspettare ma sto rallentando volontariamente le pubblicazioni perchè sto recuperando la distanza con quelli che ho scritto (che sono una trentina). Da qui in poi iniziano quelli che secondo me sono i capitoli centrali della prima parte di questa storia, e anche i più belli. Godeteveli tutti <3

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Capitolo 27
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO 22

In quei due giorni avevo cercato di contattare Hayato svariare volte ma le sue uniche parole erano state va al diavolo, quindi, dopo l’ennesimo insulto avevo deciso di lasciarlo perdere. Tanto prima o poi gli sarebbe passata e sarebbe tornato strisciando.
Riposi il cellulare in maniera nervosa, odiavo quando si comportava da bambino.
“Sei ancora arrabbiato con il principe?” Yoshida notò il mio pessimo umore, “Possibile possibile che litighiate sempre?” ridacchiò accarezzandomi la testa in un gesto di amicizia.
“Non è colpa mia.”
Yoshida si guardò in giro in cerca di Saori che stava tardando. Eravamo entrambi in centro città aspettando lei e Hiroto per fare un giro insieme.
“Colpa tua o no, avete idee troppo divergenti su ogni cosa. Ogni tanto potresti anche accontentarlo, altrimenti vedrai che si stancherà di te e andrà da qualcun altro.”
Quella frase seppe peggiore il mio umore, mi tornò improvvisamente alla mente la discussione con Kuro e ripensai a come quell’idiota avesse osato dirmi certe bugie riguardo Hayato. “Yoshida ascolta...” attirai la sua attenzione “sai per caso il motivo che ha spinto Hayato a lasciare il judo?” solo lui poteva dirmi la verità.
Yoshida parve confuso “No, mi sono trasferito qui dopo che se n’era già andato. Perché non lo chiedi a lui?”
“No, non importa.”
Yoshida era arrivato da qualche anno e Hayato non frequentava il dojo da quando aveva tipo quattordici/quindici anni. Più o meno come aveva detto Kuro ma possibile che non sapessi nulla di un suo presunto infortunio? L’avrei sicuramente notato.
“Oh eccoli!” Yoshida indicò i nostri due amici e sventolò una mano per indicare la nostra presenza.
In lontananza vidi arrivare solo Saori, raggiante e carina come sempre, “Ciao ragazzi! Siamo soli?”
Yoshida parve confuso “E Hiroto?”
“Doveva vedersi con Kuro, non capisco proprio perché non si siano uniti a noi.” Una ragione potevo dargliela io. Sarebbe stato assurdo uscire tutti insieme dopo quello che era successo, dentro di me ero felice che non ci fossero né Hayato né Kuro. “E Hayato?” domandò ancora Saori.
Yoshida mi guardò cercando una spiegazione alla sa assenza “Beh...”
“E’ rimasto a casa”, tagliai corto.
Saori non parve convinta della mia spiegazione “Che peccato. Avrei voluto che ci fossero tutti.”
Lei non sapeva nulla della situazione di merda che stavo vivendo, da una parte c’era Hayato che mi assillava con le sue richieste e la sua fretta di voler passare al dunque e dall’altra Kuro che mi rinfacciava la colpa per qualcosa di non vero. In tutto questo settimane fa era ricomparsa anche Miyu e dovevo fare in modo che nemmeno quest’ultima incontrasse Hayato o mi sarei trovato davanti a due minacce. Accettando di stare con Hayato non avevo idea di quanto sarebbe stato difficile, o che avrei potuto incontrare e scontrarmi con potenziali rivali. Era tutto così assurdo da sembrare un fottuto manga.
Maledizione. Sia dannato Hayato e tutto ciò che lo circonda!, dissi dentro di me.
“Yoshida ma che cos’ha Aki?” borbottarono alle mie spalle i due.
“Non farmi questa domanda ti prego..”
Non era il momento di pensarci, così andai verso di loro “Allora che facciamo?”
“Beh io vorrei un bel gelato che ne dite?” propose l’unica ragazza ad entrambi. No che avessi particolare voglia di qualcosa, ma un gelato andava più che bene e dopo una rapida occhiata verso Yoshida annuimmo in accordo per quella idea e Saori ne fu felice.
Saori scelse la gelateria più popolata dalle ragazze di tutta la città, dove sia sedie che tavoli erano coordinati alle pareti rosa del locale e la cosa disgustò sia me che Yoshida.
“Ho quasi vergogna ad ordinare qualcosa qui dentro...” commentò il mio amico.
La cameriera ci salutò con un ampio sorrisone nella sua bella divisa da lolita lilla e rosa “Che vi porto bei ragazzi?” e mostrò il suo dispositivo per le ordinazioni.
“Acqua” risposi secco e ancora irritato in generale.
La cameriera sembrò quasi affaticata nel sorridere, leggeva un aurea molto tetra da parte mia e così se ne accorse anche Yoshida che intervenne immediatamente “Io prenderò un Hello Kitty Ice Cream!”
“Certamente signore!”
“Hai appena perso 10 punti di virilità con quel gelato” osservai a braccia incrociate contro il petto.
“Sempre meglio della tua stupida acqua!”
Saori scoppiò a ridere nel vederci in quel battibecco ridicolo “Vi adoro ragazzi! Allora io prenderò lo stesso che ha preso lui” e indicò Yoshida e la cameriera segnato tutto andò via, “Allora Aki mi dirai perché sei così di cattivo umore oggi o devo provare ad indovinare?” Fui colto alla sprovvista e le guance mi divennero di fuoco, di conseguenza guardai altrove per non incontrare il suo sguardo così accattivante. “Hai litigato con Hayato?” domandò finalmente.
“Wow Saori legge nella mente” commentò Yoshida sorpreso.
Saori rise “Ma no, semplicemente conosco abbastanza Hayato da capire certe cose. Se non avessero litigato sarebbe qui anche lui e invece non c’è e tu sei di cattivo umore.”
“Saori devo chiederti una cosa...” La conversazione cambiò completamente e capì dal mio sguardo che volevo farle una domanda un po’ più importante del semplice spiegare perché fossi arrabbiato. “Hayato ha avuto qualche incidente tanto tempo fa? E’ per questo che ha lasciato il dojo?”
Saori sgranò gli occhi per un secondo e poi tornò normale “Cosa te lo fa pensare?”
“Dimmi solo se è vero o no!” avevo alzato la voce e me ne pentii immediatamente, “Scusa...”
Yoshida e la ragazza si scambiarono una strana occhiata in quel momento. “Non credo di dover essere io a darti questa risposta ma vedo che è un pensiero che ti tormenta molto quindi te lo dirò: sì, si è lussato la spalla qualche anno fa durante una gara molto importante.”
No.
“Tutti ci eravamo accorti che non era lui quel giorno, non era pronto mentalmente anche se fisicamente sembrava in forma. Era altrove e per una piccola distrazione si è fatto molto male, da quel momento non è più riuscito a praticare judo a livello agonistico, ha lasciato poco dopo.”
No.
NO.
Yoshida parve sorpreso quanto me per quel racconto ma il mio non era stupore, quanto invece paura che le parole di Kuro fossero vere. Hayato non praticava più il judo a causa mia?
“Aki?” mi chiamò Yoshida vedendo la mia faccia completamente sbiancata.
“Hayato non vuole che si sappia, infatti siamo in pochi a saperlo e ti prego di non ricordarglielo, per lui dev’essere ancora molto doloroso ricordare ciò.”
E io lo avevo trascinato nell’unico luogo dove non avrebbe voluto mettere piede. Aveva assistito alle dimostrazioni, aveva visto Yoshida fare ciò che un tempo faceva lui, chissà quanto male doveva avergli fatto. Eppure da fuori non mostrava alcuna emozione, come al solito si teneva tutto dentro quell’idiota!
Mi alzai in piedi spostando la sedia “Scusatemi ragazzi ma devo fare una cosa” dissi velocemente.
Saori si paralizzò “Aki no!”
Ma fu troppo tardi e corsi via dal locale. Avevo sentito le sue parole, potevo ben immaginare che non ne volesse sentire più parlare ma Hayato non doveva essere lasciato da solo, non poteva sempre tenersi tutto dentro. A quei tempi nemmeno ci parlavamo più quindi aveva affrontato tutto da solo. Nel rifletterci mi tornarono in mente tutte le volte che ero stato con lui alle sue gare, solo ad una ero mancato e fu proprio quella dell’incidente a quanto pare. “E’ colpa tua!” No, no, no!
Arrivai dinanzi a casa sua più presto del previsto. Ora che avevo corso come un pazzo che cosa speravo di fare? Non potevo certamente entrare in casa sua e dirgli: ehi senti, è per caso colpa mia quello che ti è successo durante la tua ultima gara di judo? Mi avrebbe ucciso di botte. Quindi cosa ci facevo lì.
“Sei tornato” una voce raccolse la mia completa attenzione e proveniva dalle mie spalle. Mi voltai di scatto e vi trovai proprio Hayato con una busta in mano di ritorno da chissà dove. Era lui, alto e bello, gli occhi di un blu intenso puntati su di me, che mi scrutava con attenzione ma con un velo di rabbia. “Hai una faccia orribile, che ti è successo” chiese quasi con disgusto andando verso la porta superandomi.
“Dove sei andato?” domandai guardando la busta che aveva in mano.
“Sono andato al ristorante qui vicino per pranzo e mi sono portato qualcosa per cena.”
Giusto era il weekend e lui era solo in casa.
“..ogni tanto potresti anche accontentarlo, altrimenti vedrai che si stancherà di te e andrà da qualcun altro.” Le parole di Yoshida erano vere, non facevo altro che scappare e ponevo Hayato in un profondo limbo di attesa.
“Aki?” Smisi di pensare completamente e mi gettai con tutto il corpo contro di lui stringendolo in un abbraccio che magari non avrebbe voluto in quel momento. Ero orribile come persona ed era vero che tutto era colpa mia. Per colpa mia avevo fatto soffrire una persona a me cara e senza volerlo lo facevo ancora. “Aki che diavolo ti prende... oh merda mi hai tradito con qualcuno.”
Abbozzai un sorriso nascondendomi contro il suo petto “Idiota.”
“Allora mi spieghi perché adesso sei qui?”
Sollevai il viso per guardarlo, sentivo le guance in fiamme e il cuore battere forte. In quel momento ed ogni pensiero lucido era del tutto svanito. Anche le preoccupazioni erano sparite tenendolo stretto a me, sembrava essere una medicina istantanea. “Posso restare qui con te?” domandai guardandolo in faccia.
Hayato parve spaesato in quel momento, sorpreso della mia faccia e arrossì senza accorgersene. Distolse lo sguardo smettendo di guardarmi e lo nascose sotto i capelli, “Baka” disse solamente e portò un mano sulla mia testa accarezzandola con un tocco molto rude.
Quel gesto era diverso da quello di Yoshida, sentivo uno strano calore dove lui mi toccava. Era quella la differenza che correva tra l'amicizia e l'amore.


“Hai avvertito tua madre?”
Tornai in cucina dopo aver parlato al telefono con lei “Sì, le ho detto che resto a dormire da te.”
Osservai Hayato alle prese con i fornelli mentre munito di mestolo cercava di abbozzare qualcosa di commestibile, e seguiva da vero chef una ricetta dal cellulare.
Mi avvicinai per guardare meglio cosa stesse facendo e l’odore era leggermente nauseante. “Sai almeno cosa stai facendo?”
“Credo, ma questa roba è troppo difficile da fare.”
Osservai le porzioni del ristorante che aveva portato a casa “Quella roba non basta per due?”
“Non credo.”
“Io non mangio molto comunque, lascia perdere i fornelli.”
Hayato mi ascoltò, spense tutto e ci mettemmo in camera sua. Mangiammo quel poco cibo che c’era, accompagnandolo con del riso rimasto in casa. Decidemmo di guardare un film, ma questa volta nessun horror ma qualcosa sul genere d’azione che interessò ad entrambi e più volte durante il film sussultammo presi dalle scene, commentando le decisioni dei personaggi e ci divertimmo ad ipotizzare un finale.
Mi divertii davvero tanto, ero a mio agio e dentro di me non capivo che cosa temevo. Se non ero pronto Hayato non avrebbe mai fatto nulla, non c’era nessun altra persona al mondo che tenesse a me come lui e più mi crogiolavo di quell’idea più mi sentivo fortunato che lui avesse scelto me. Kuro sicuramente gli voleva bene, anche quel ragazzo di nome Hikaru e in passato c’era stata anche Mayu ma Hayato non aveva scelto nessuno di loro, bensì me. Ero io l’unico per davvero.
“Non credevo che fosse così avvincente questo film, speriamo ne facciano un seguito” commentò Hayato togliendo il dvd e spegnendo il televisore, “Hai ancora fame?” si rivolse a me.
Non era la fame che avevo in quel momento, sentivo la mente svuotata e le farfalle nello stomaco e più lui mi dava attenzioni più quella sensazione aumentava, come aumentava il desiderio di volerlo sfiorare.
Lasciai il piatto e gli hashi sul pavimento e gattonai verso di lui, sotto lo sguardo confuso di Hayato. Senza che se ne rendesse conto portai la mano dietro al suo collo e spinsi il suo capo verso il mio e sfiorai le sue labbra. Era la prima volta che ero io stesso a desiderare una cosa del genere.
“Ok ora mi stai facendo seriamente paura” e mi tappò la bocca con una mano “che diamine ti prende adesso? Fino a due giorni fa non riuscivi nemmeno a guardarmi in faccia e ora ti presenti qui, mi abbracci, mi chiedi di restare per la notte e mi baci?”
“Hayato perché hai scelto proprio me?”
Hayato mi fissò perplesso per quella domanda “Eh?”
“So che ci sono tante persone a cui piaci tanto, molte di queste sono nettamente migliori me in tutto e sicuramente ti avrebbero fatto aspettare meno. Io non ho fatto altro che ferirti in questi anni, e nemmeno adesso riesco a darti quello che vuoi quindi perché ancora mi aspetti, perché ancora mi vuoi.”
“E’ una domanda sciocca questa” Mi morsi la lingua per quella risposta e feci sprofondare la testa nelle spalle tornando a sedere sul pavimento, “non puoi chiedermi questo adesso.”
“Lascia stare, ho detto una cosa stupida” ridacchiai cercando di fare altro, e cominciai a ripulire il macello che avevamo fatto mangiando lì ma Hayato mi fermò afferrando la mia mano e costringendomi a guardarlo. I miei occhi incontrarono con i suoi.
Portò la mia mano al suo viso e la baciò dolcemente come un principe avrebbe fatto con la sua bella principessa, e il mio cuore ebbe un capitombolo.
“Sei l’unico che mi abbia mai capito, l’unico a non avermi mai chiesto di sorridere per forza. Il solo che non se ne importava di quante volte lo guardassi male, c’eri sempre e restavi con me anche se non ero il più simpatico dei bambini. Sei stato mio amico quando nessuno avrebbe voluto esserlo, e mi hai voluto bene anche se ero diverso da chiunque altro." Stava sul serio parlando del passato, del nostro passato. Pensavo di essere l’unico a ricordare quelle cose, e per tutta la vita avevo creduto di aver inutilmente tentato di stargli vicino e invece ricordava ogni cosa anche lui e mi stava finalmente dicendo quello che pensava. “Perciò non chiedermi perché io ti ami, è sempre stato così da che ne ho memoria. Sei il solo che io voglia.”
Era prima volta che diceva di amarmi, non lo aveva ancora mai detto prima.
“Va bene” dissi.
Hayato mi guardò male “Va bene? Io ti dico tutto questo e tu rispondi con un va bene?”
“Intendo dire va bene, sono pronto anch’io adesso” e lo guardai dritto negli occhi sperando che capisse. Sentivo i miei occhi pronti a piangere da un momento all’altro ma trattenni le lacrime nella speranza di conservare ancora un briciolo di orgoglio.
“Vuoi dire che vuoi...”
Con la mano sfiorai io la sua guancia accarezzandone la pelle liscia e perfetta, sembrava di toccare la seta. Era perfetto da ogni punto di vista, era assurdo. Mi avvicinai a lui “Potevi dirmelo prima quel ti amo” sorrisi.
Mi strinse tra le sue braccia e io feci lo stesso intorno al suo collo, viso contro viso. “Pensavo fosse palese, idiota.”

 Note autore: Perdonate l'attesa ma è stata una settimana davvero piena. Mi sono dovuta dividere tra feste di lauree (tra cui quella del mio ragazzo), lavoro, palestra e studio. Non so nemmeno io come faccio a fare tutto senza impazzire.
Ma tornando a Ikigai devo premettere che le pubblicazioni rallenteranno ancora di più visto che non riesco ad andare avanti nella scrittura e non per mancanza di voglia o idee, bensì perchè non ho mai tempo per sedermi alla scrivania. Spero però che questi capitoli vi piacciano, il 34esimo sarà l'ultimo della prima parte e fino ad allora succederà un po' di tutto. Le cose cambieranno parecchio andando avanti quindi godetevi questa pace.

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Capitolo 28
*** Capitolo 23 ***


-- QUESTO CAPITOLO CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --

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CAPITOLO 23

Nella vita accadono cose molto strane. Di base tutti sogniamo e desideriamo le stesse cose, di essere felici e di trovare il vero amore ma di solito la nostra immaginazione va ben oltre quello che realmente accade, e spesso succede l’imprevedibile.
Quando ero bambino avevo un amico, il mio migliore amico o almeno così io lo consideravo. Vi ho trascorso insieme le elementari e ogni singolo giorno della mia vita condividendo con lui ciò che amavo, e ciò che più odiavo poi però per qualche ragione tutto si è spezzato e ricordo ancora perfettamente quel giorno, quando mi disse che per lui ero uno stupido e dal quel momento tutto il mondo intorno a me cominciò ad essere grigio e smisi di credere che potesse esistere l’amicizia e l’amore stesso.
Come cambiano le cose da un momento all’altro. Il giorno prima sei da solo, non hai nessuno che ti assilli per cose riguardante l’amore e un attimo dopo ti trovi sdraiato sul letto dello stesso ragazzo che un tempo chiamavi amico.
Hayato mi depose dolcemente sul letto, mi sovrastò con il suo corpo infilandosi tra le mie gambe e mi costrinse quasi a tenerle aperte. Ci baciammo appassionatamente per un bel po’, le nostre lingue erano fuse in una danza e i nostri respiri sembravano quasi sincronizzati.
Nell’aria sembrava esserci solo il rumore dei nostri battiti, percepivo quelli di Hayato, sempre più veloci e forti. Si sentiva come me.
“Sei sicuro di volerlo davvero?” mi domandò ancora una volta Hayato sollevando la testa da me.
Gli sfiorai la guancia in una dolce carezza, sembrava essere già sudato e ancora non avevamo fatto niente. Era forse l’ansia?
“Si va bene”
La paura di quei giorni era svanita completamente, ora c’era solo una piacevole ansia del non sapere come sarebbe stato e cercai di assecondare Hayato meglio che potei. Mi baciava e io cercavo di andargli dietro, ma non sapevo proprio dove mettere le mani o da dove cominciare.
Hayato però mi sollevò la maglia e cominciò ad accarezzandomi la pelle dolcemente arrivando sino al petto, dove vi trovò i capezzoli e cominciò a giocarci. Prima delicatamente poi li strinse, e un gemito quasi di piacere mi fece sussultare.
Stavolta nessuno ci avrebbe interrotti, c’eravamo solo noi due e nessun altro. Potevo lasciarmi alle spalle la storia dell’incidente e vivere semplicemente il momento.
Portai le mani verso la lampo di Hayato e la abbassai, Hayato se ne accorse e mi guardo perplesso “Aki?”
“Voglio toccarti anch’io.”
Spaesato, e imbarazzato a morte Hayato si spostò permettendomi di mettermi a sedere davanti a lui. Avevo visto Hayato nudo innumerevoli volte da piccolo, ma ora era tutto così diverso e osservare la sua intimità così eccitata era qualcosa di nuovo ma più che imbarazzo mi sentii stranamente lusingato che si sentisse in quel modo stando con me.
“Smettila di fissarlo è inquietante.”
Mi resi conto di star perdendo tempo a guardare il suo fallo, “Hayato ricordi l’ultima volta che abbiamo fatto il bagno insieme?”
“Mh credo quando avevamo tipo sei o sette anni.”
“Dimmi la verità quando hai iniziato a fare strani pensieri su di me” lo guardai serio ma anche indispettito che mi avesse visto tante volte nudo con quella sua fantasia in testa su di me.
Hayato fece una smorfia strana “Perché vuoi sapere questo adesso?!”
“Andiamo dimmelo!”
Hayato mi sovrastò e mi fece stendere di nuovo “Non è importante adesso non credi?” e premette la sua chiara erezione contro la mia facendomi intuire che quello non era proprio il momento.
Cominciò a baciarmi il collo e a premere contro di me il proprio membro facendo su e giù, una strana sensazione mi invase e cominciai a sentire molto caldo, un calore che proveniva dalle parti basse.
Portò la sua mano verso i miei pantaloni e me li sbottonò tirando fuori il mio membro e lo toccò come l’altra volta. La sensazione fu assolutamente piacevole e lo lasciai fare, mai in vita avrei creduto di arrivare a fare una cosa del genere proprio con lui.
Hayato portò di nuovo il suo viso davanti al mio e mi guardò dritto negli occhi, potei specchiarmi in quelle iridi così blu e mi sembrò per un momento di affogare nel mare. Mi fece venire, fu molto imbarazzante e nascosi il viso dietro le mani ma lui me le spostò e tornò a baciarmi. Durante ciò, con la mano ancora sporca del mio sperma, cominciò a massaggiare il mio retto e vi infilò un dito.
“Hayato aspetta...!” cercai di fermarlo, la sensazione era molto strana. Era un misto di piacere, ma provavo anche un po’ di dolore per quell’improvvisa intrusione.
Hayato non mi ascoltò e infilò un altro dito facendomi sussultare “Cerca di rilassarti sei tutto contratto qui” e andò a premere in un punto facendomi gemere di piacere. Per essere uno che non aveva ancora fatto mai sesso sembrava fin troppo esperto. Io rispetto a lui non sapevo nemmeno dove mettere le mani, così strinsi le lenzuola con le dita. “Dimmi quando non ti fa più male.”
Facevo respiri molto lunghi, ogni tanto gemevo sotto il suo tocco e cominciò a piacermi sempre di più. Era bello, le sue dita si muovevano dentro di me e la mia erezione era di nuovo evidente.
Hayato capì dai miei gemiti che il dolore era diminuito così si liberò della biancheria intima e si infilò tra le mia gambe premendo il proprio fallo contro la mia apertura. Prima di entrare mi guardò in viso e mi sorrise “Non ci posso credere” disse come un bambino in estasi e arrossato in viso per il caldo e l’eccitazione.
La visione di lui così coinvolto fece battere più forte il mio cuore, e istintivamente lo accarezzai. Non avevo più dubbi al riguardo, lo volevo anch’io, desideravo ogni cosa di lui ed era sempre stato così ma a suo tempo non lo avevo capito quanto fosse in realtà importante per me.
Cominciò a penetrarmi lentamente infilando la punta e un dolore allucinante mi invase “Hayato!”
“Rilassati Aki o ti farai male”, era una parola ma cercai di ascoltarlo “respira lentamente.”
Cercai di fare come diceva e andò meglio, diede poi una spinta secca e fu dentro completamente. Cominciò a spingere, prima lentamente poi andando più velocemente, ogni affondo era un agonia mista a piacere specialmente quando cominciò ad accarezzarmi anche il membro. Fu una sensazione fantastica! Provavo un misto di sensazioni strane, nel trovarmi li tra le sue braccia dopo così tanti anni passati divisi, ora però eravamo qualcosa di diverso rispetto a prima. Affondo dopo affondo cominciai a gemere, e il respiro mi si fece sempre più profondo e lungo e Hayato capì che poteva osare di più.
Provavo dolore ma c’era anche un altra sensazione e senza rendermene conto mi aggrappai con le braccia intorno al suo collo stringendolo a me, desiderando che quel momento non finisse subito. Avrei voluto restare in quel modo ancora per molto, molto tempo.
 

Dormii davvero profondamente quella notte, fu piacevole e sentivo ogni parte del corpo completamente rilassata, ed era andato via qualsiasi dubbio o preoccupazione di quei giorni. Era strano che tutto si fosse chiarito velocemente ed ora ero li, sdraiato e intontito. Li per li quando riaprii gli occhi mi domandai dove fossi finito poi mi ricordai velocemente di ciò che era accaduto quando accanto a me trovai Hayato nudo e addormentato, col torace scoperto e il suo viso angelico assopito.
La mia reazione in quel momento fu di puro imbarazzo, non riuscivo proprio ad immaginare come avrei dovuto guardarlo dopo ciò che avevamo fatto. Ero andato a letto con Hayato, lo avevo fatto per davvero ed ero davvero sorpreso di quanto mi fosse piaciuto. Pensai immediatamente che dovevo alzarmi, volevo farmi una doccia e non volevo certo farmi trovare nudo accanto a lui. Sarebbe stato ancora più imbarazzante, così feci per alzarmi ma non appena fui in piedi e andai a muovere qualche passo il corpo non rispose affatto ai comandi e crollai a terra cadendo di sedere.
“Ahio” dissi massaggiandomi la schiena.
Non potevo credere di essere tutto un dolore eppure era così, schiena e sedere erano andati e improvvisamente il ricordo stupendo della notte prima divenne più nitido.
“Hayato fa male! Smettila!” avevo gridato diverse volte.
“Se tu la smettessi di contrarre tutto qui sotto! Magari riuscirei a infilarlo.”
La mia mente aveva completamente rimosso il dettaglio di com’era andata realmente, delle urla tremende che avevo cacciato e delle diverse volte che lo avevo colpito per allontanarlo. Come avevo fatto a pensare che fosse stato tutto perfetto, come aveva fatto il mio cervello a convincersene.
“Che ci fai seduto a terra?”
Guardai in alto e trovai il viso di Hayato – con i folti capelli biondi in disordine – affacciato da sopra il letto. Lo guardai intontito che potesse essere così bello anche appena sveglio, ma poi mi ricordai di ciò che era accaduto e rivolsi lo sguardo altrove preso dall’imbarazzo.
“Sono caduto mentre cercavo di andare in bagno.”
“Ti fa molto male li?” Non potevo credere che avesse già capito tutto, e lo guardai allarmato con un vistoso rossore in viso, lui invece continuò ad osservarmi come se nulla fosse “Allora?”
Tentai di rimettermi in piedi e ci riuscii “E’ tutta colpa tua idiota! Ti ho detto dieci volte di fermarti ma non mi ha ascoltato, ti odio!” e chiusi la porta del bagno alle mie spalle.
Avevo reagito in quel modo ma era una bugia, e me ne resi conto quando vidi me stesso riflesso nello specchio. Avevo il viso rosso come un pomodoro e diversi segni sul corpo, maledizione com’ero conciato.
Restai in bagno quanto? Penso quasi un oretta buona e sapevo bene che prima o poi sarei dovuto uscire da li, ma Hayato non venne mai a bussare così preso dalla curiosità di cosa stesse facendo uscii e raccolsi i miei vestiti per vestirmi. Notai che Hayato non era più in camera, pensai allora che fosse di sotto, e nel chiedermelo sentivo anche un misterioso profumo, forse era odore di cibo così, affamato e stanco, mi catapultai al piano di sotto per raggiungerlo e lo trovai in cucina che preparava la tavola per una piccola colazione.
“Sei uscito a fare compere?” domandai vedendolo cacciare fuori delle brioche e del latte al cioccolato.
Hayato si accorse di me e mi fissò “Ho pensato che avessi fame e in casa non ho nulla.” Che gesto carino pensai e il cuore mi partì a raffica, era davvero dolce certe volte dovevo ammetterlo ed ero molto fortunato. “Anche perché ti ho stancato parecchio visto che non riuscivi nemmeno a stare in piedi prima” disse con un sorrisetto compiaciuto.
Improvvisamente quel dolce gesto sparì “Bastardo...” lo fissai male e Hayato ridacchiò divertito della cosa ignorandomi e addentando la sua brioche.
Lo ignorai e decisi di mettermi a mangiare qualcosa, un po’ era vero che mi sentivo completamente distrutto ma non per colpa sua, questo era assodato. La schiena mi faceva male ma non poteva essere a causa sua e più ci pensavo più mi tornavano in mente le scene della notte prima facendomi ribollire guance e corpo. Dovevo eliminare quel ricordo!
Con la coda dell’occhio non facevo che guardarlo, indossava una maglietta nera a maniche lunghe che gli calzava a pennello mettendo in risalto il suo ampio torace e le spalle. Risaltavano i capelli biondi, per non parlare degli occhi. Lo odiavo da morire per quell’aspetto.
“Se devi dirmi qualcosa smettila di fissarmi idiota.”
Sussultai, se ne era accorto quindi. “Ecco.. sono sconvolto, sei così a tuo agio dopo che...”
Mi fissò incuriosito “Dopo che?”
“Beh.. ecco.. noi...NON FARMELO DIRE IDIOTA!”
“Dopo che abbiamo fatto sesso?”
Lo aveva detto e non potevo crederci che ne parlasse con tanta tranquillità e che sul suo viso non vi fosse alcun segno di disagio. Sussultai, e mi alzai per andarmene di li perché non avrei retto quella conversazione. Volevo solo nascondermi.
“Lascia perdere ti prego!” urlai e lo dissi tenendo il viso basso.
Hayato non mi permise però di scappare via stavolta e mi catturò per un braccio fermando la mia fuga e mi tirò a se, mi ritrovai faccia a faccia col suo viso serio. “Smettila di scappare via.”
“Non ci riesco. Non riesco nemmeno a guardarti in faccia oggi, è tutto così strano per me.” Confessai finalmente tenendo sempre gli occhi bassi e guardando il suo collo piuttosto che la faccia.
“Credi che io non sia agitato?”
“No che non lo sei! Tu sapevi cosa fare stanotte mentre io sentivo il panico crescere e anche ora è così.”
Lo sentii sospirare “Non sembravi così preso dal panico in verità” commentò con una punta di veleno.
“Piantala!”
Ridacchiò e posò la sua mano sul mio mento per tirarmi su il viso e guardarmi “Ero preoccupato anch’io e quando ho visto che non riuscivi nemmeno a stare in piedi oggi mi sono sentito in colpa. Per me è stato bellissimo ma credo che per te non sia stato lo stesso e mi dispiace.”
Era ciò che aveva pensato mentre io ero sotto la doccia? “Perché ti scusi. Non è colpa tua.”
“Sono così felice Aki” e mi tirò a se catturandomi in un abbraccio, assaporai il suo buonissimo profumo. L’imbarazzo sparì grazie al suono di quelle parole, ero felice anch’io di sentirglielo dire ma non avrei mai avuto il coraggio di ammettere quanto anche per me tutto fosse stato speciale. Era stato doloroso sì, ma anche bellissimo e l’avrei rifatto altre cento volte. Ero felice di stare con lui, così anch'io mi strinsi tra le sue braccia godendomi quel momento perfetto.


Note autrice: Oh e finalmente siamo arrivati al capitolo bollente. E' stato atteso, voluto e sofferto. Sofferto perchè ricordo che ci vollero diversi giorni per scriverlo, non è mai facile descrivere certe scene e non perchè ne abbia vergogna ma perchè non so proprio come funzioni tra due uomini quindi mi baso per lo più sui contenuti yaoi che ho letto e visto.
Ripeto le pubblicazioni non avranno date precise, potrà capitare (come in questo caso) che riuscirò a postarne due a distanza di poco, mentre altre volte i tempi saranno più lunghi. Mi scuso in anticipo ma la colpa è delle cose che ho da fare.
Detto questo ringrazio chi legge e segue la storia, chi si ferma per un commentino e chi invece se lo tiene per se. Per me vedere il contatore delle visite salire significa che qualcuno ha aperto questa pagina per darci almeno una sbirciata e sono già felice di questo. Grazie.

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Capitolo 29
*** Capitolo 24 ***


CAPITOLO 24

“Avrei voglia di pasta” disse Hayato e lo trovai imbambolato davanti al reparto di pasta e udon, sembrava come incantato dall’immagine di un gustoso piatto di pasta italiano appena preparato.
Ci pensai io a riportarlo alla realtà strappandogli di mano il pacco di pasta “Non sappiamo cucinare quindi prendi ciò che ci serve e basta.”
Hayato mi fissò cupo, quasi indispettito dal mio tono autoritario “Non sei per niente carino” e sbadigliò.
“Non devo essere carino infatti!”
Era incredibile come da semplice teenager fossi passato a convivere con Hayato e ora mi trovavo pure costretto a fare la spesa con lui, o saremmo morti di fame in quello che sarebbe stato un lungo weekend.
Tuttavia la mia agitazione sembrava essere sparita, anche grazie al fatto che Hayato si comportava come al solito attirando l’attenzione di mezzo supermercato.
Diverse volte gli avevo lanciato uno sguardo e avevo trovato diverse donne e ragazzine che lo fissavano intensamente borbottando qualcosa tra di loro. Quella scena si ripeteva ovunque ormai e Hayato non sembrava nemmeno accorgersene, anzi, se ne stava in piedi e impalato a fissare quale salsa di pomodoro comprare, ancora con l’idea di cucinare una pasta che nessuno dei due sapeva fare.
Mi avvicinai ancora più irritato. “Ehi Nomura qui dice che si prepara in dieci minuti” commentò mostrandomi il barattolo di salsa.
Glielo strappai di mano “Abbiamo già una lista, quindi cerca questa roba” e gli piazzai il foglio tra le mani e lo spinsi via da quello scaffale, non solo perché ero stufo che se ne stesse a guardare quella roba ma volevo anche privare quelle donne del loro spettacolo mattutino.
Una volta mandato il principe in missione udon mi concentrai su ciò che dovevo fare, e non potevo credere di essere già esausto solo per una semplice spesa. Sì, quei giorni sarebbero trascorsi davvero lentamente e mi maledissi da solo nel momento stesso in cui avevo deciso di andarci.
Il corpo mi faceva abbastanza male e dovevo quasi limitare ogni mia azione, manco fossi un vecchietto pieno di acciacchi. Anche quello era tutto colpa di Hayato.
Mi chinai per prendere delle salse e nuove fitte si fecero sentire, mi sentii sconfitto e chinai la testa in segno di resa sentendo ogni parte del mio corpo andare a fuoco. Perché lo avevo fatto.
Improvvisamente però mi fu piazzato davanti agli occhi un pacco di biscotti al cioccolato e la cosa mi lasciò stupito li per li, “Questi sono i tuoi preferiti vero? Che dici li prendiamo?”
Mi voltai a guardare Hayato con questo pacco di biscotti in mano, mi sorprese vedere che ricordava ancora una cosa tanto vecchia. Quei biscotti li mangiavo da bambino e lui se ne ricordava.
Volevo nascondere quel sentimento di felicità che provavo, o meglio non riuscivo nemmeno ad esternarlo più di tanto per la vergogna, così lo guardai e basta ma Hayato si accorse del mio disagio, non aggiunse altro e mise i biscotti nel carrello tornandosene nell’altro reparto.
Mi dispiaceva, mi comportavo davvero male e non riuscivo ad essere pienamente sincero con me stesso ma era tutto così nuovo per me. Lui era praticamente il mio ragazzo, il mio primo amore e avevamo fatto sesso. Troppe cose insieme, e ciò mi impediva di essere sincero. Accidenti, mi dissi.
Mi diedi una bella scrollata e tornai a concentrarmi sulla spesa per il pranzo e così continuai a girare alla ricerca di alcune verdure e quando le trovai, e mi avvicinai per prenderle un altra mano mi sorprese e si posò quasi sulla mia. Una mano delicata e piccola, un tocco caldo e dolce. Mi voltai a guardare di chi fosse quella piccola mano e mi sorprese che si trattasse proprio di Mayu, così come lei si stupì di vedermi li davanti a se.
“Aki-chan” esordì con stupore tirando via la mano velocemente.
“Mayu...” Non sembrò neppure in grado di guardarmi in faccia in quel momento e piombò un silenzio quasi imbarazzante. “Mayu io...”
“Mi dispiace!” squittì veloce lasciandomi sorpreso che si stesse inchinando, “Non volevo metterti in difficoltà quella volta, mi dispiace che il tuo amico si sia arrabbiato con te ma davvero non volevo trattenerti così tanto.”
Si stava sul serio scusando per quella volta, ma non doveva. L’unico che forse doveva scusarsi ero io, strinsi i pugni pensandoci su “No dispiace a me, quella volta ti ho mollato li così e non dovevo” sorrisi.
Mayu mi osservò sorpresa di ricevere delle scuse e arrossì stranamente. Quella ragazza era stata la mia prima cotto così come la mia prima delusione, e pensarci adesso con Hayato accanto a me, non faceva più così male, anzi cominciavo a vedere tutto sotto un altro punto di vista e non le portavo più nemmeno rancore. Magari potevamo sul serio ritornare ad essere amici, come era successo con Hayato negli ultimi tempi. Quel pensiero mi mise stranamente di buon umore.
“Sono contenta che sia tutto a posto. Allora... sei venuto anche tu a fare spese per il pranzo?”
Annuii “Si, sai sono venuto a comprare qualcosina o penso che rimarrò digiuno oggi” ridacchiai ripensando a quanto facesse schifo anche Hayato nel cucinare.
“Sei hai problemi chiamami, potrei aiutarti in qualche modo” ricambiò con un sorriso sincero.
“Lo farò, allora ci becchiamo a scuola?”
Mayu annuì contenta “Ciao Aki-chan” e mi salutò con un cenno di mano sparendo in un altro settore.
Le cose avevano preso a sistemarsi da sole, e improvvisamente la scuola era diventata molto più piacevole da vivere. Avevo un amico come Yoshida, e c’era Hayato ora accanto a me e poi sembrava tutto sistemato con Mayu, sembrava che il tempo avesse ripreso a scorrere a colori regalandomi delle belle giornate. Mi resi conto di avere un sorriso da ebete stampato in faccia e non mi accorsi neppure che era tornato.
“Perché hai quella faccia da ebete?”
Sussultai per quella domanda e tutto il mio corpo percepì una scossa “Mi hai spaventato maledetto!”
“Idiota... comunque ho preso ciò che mancava, credo che possiamo pure andare a pagare no?”
“Ah, si.”
Mi domandai se dovessi dirgli di Mayu, a pensarci quella ragazza aveva avuto una bella cotta per lui a suo tempo e ciò la rendeva una mia rivale? Ma erano passati diversi anni da quel periodo e tante cose erano cambiate, noi stessi eravamo cambiati a pensarci. E poi Hayato non l’avrebbe mai ricambiata perché era innamorato di me, quindi non c’era nulla di male a dirgli la verità, no? Eppure avevo paura. Il timore che Mayu potesse sul serio essere una minaccia per me. Fu per causa sua se tanto tempo fa io e Hayato avevamo litigato. Non volevo che tutto tornasse a come quando ci odiavamo a morte.
“Ti fa male qualcosa?” domandò improvvisamente Hayato mentre percorrevamo la strada di ritorno insieme, con le buste della spesa in mano.
“No... sto bene.”
“Stai pensando a qualcosa però o sbaglio? Di solito ti lamenti continuamente e non smetti di parlare.”
Andai a storcere il naso “Io non mi lamento!”
Hayato mi derise “Certo che no. Allora vuoi dirmi che ti frulla per la testa?”
Magari potevo dirglielo cautamente. “Hayato, tu ti ricordi quanto tempo è passato da quel giorno? Io me lo ricordo bene il giorno del nostro litigio, e ciò che mi dicesti. Mi ricordo di te che avevi rifiutato Mayu-chan, e la cosa mi ferì molto a suo tempo perché mi piaceva davvero tanto e tu che ne avevi la possibilità non ci sei uscito insieme” ridacchiai per smorzare la tensione che sentivo.
“Perché improvvisamente tiri fuori questa storia. E’ roba vecchia.”
Strinsi i pugni attorno le buste, nemmeno lui voleva parlarne. “Già, penso sempre a cose stupide... beh muoviti o non mangeremo mai!” e aumentai il passo verso casa con l’intento di volermi lasciare indietro anche quella conversazione.
Mayu era stata innamorata di Hayato, ma lui a quei tempi già provava qualcosa per me. Sapevo ciò eppure non riuscivo a togliermi di dosso un disagio che non mi lasciava stare. Mi sentivo quasi soffocato da una confusione che avevo nella testa ma che non volevo mostrargli.
Aprii per primo la porta di casa “Abbiamo preso tutta questa roba e ora la bella domanda è riusciremo a farci qualcosa?” ridacchiai poggiando le buste sul tavolo della cucina. Hayato non aveva più detto nulla da quando avevo aperto quel discorso, se ne stava in silenzio a guardarmi e la cosa mi metteva agitazione addosso, “magari possiamo trovare qualche ricetta su internet che dici?”
Hayato si era improvvisamente avvicinato, serio e bello come sempre e mi strappò il cellulare dalle mani impadronendosi prepotentemente delle mie labbra in un lungo e profondo bacio con la lingua. Lo lasciai fare, ma poi mi resi conto che non ero il solo ad essere strano e lo cacciai via liberandomi dalla sua presa.
Lo guardai confuso che avesse fatto improvvisamente ciò ma non proferì parola “Perché Hayato? Che hai?”
“Io? Questo devi dirmelo tu cosa ti prendere improvvisamente, sei tu quello che di colpo tira fuori storie passate e si mette a parlare di una persona che io avevo persino rimosso.”
Si riferiva chiaramente a Mayu. Maledizione a me e alla mia boccaccia, era chiaramente nervoso. “Ma no, era giusto per parlare un po’ niente di più” abbozzai un sorriso.
“E allora parla di altro!” gridò all’improvviso. Mi lasciò sorpresa quella sua reazione, e lo avevo già visto così furioso prima, ogni qual volta era stato geloso di qualcuno o qualcosa. “Credi che io abbia bei ricordi di quel periodo? Quello è stato il momento in cui ho perso ogni speranza di poterti avere e la causa fu di quella maledetta Mayu che tu tanto adoravi!”
“Hayato...”
“Io ricordo perfettamente quanto lei ti piacesse, è stata il tuo primo amore e non lo sono stato io. Quando scoprii che era lei la ragazza che avevi scelto non riuscii a dormire per notti intere ed ero furioso con me stesso perché non ero una dolce ragazzina come lei, ma ero un ragazzo e questo mi faceva rabbia perché non potevo competere!”
Aveva contratto i muscoli e sollevato le spalle incassando il collo, sembrava sul serio a disagio nel dirmi una cosa del genere ma più che disagio vedevo chiaramente un dolore nascosto nel ricordare certi avvenimenti. Mi resi conto allora che era vero, non ero stato l’unico a soffrire quella volta, ma era stato per tutti e due un periodo orribile sebbene per motivi diversi.
Mi resi conto di aver agito senza pensare, e dolcemente gli accarezzai il viso con la mano per impedirgli di dire altro. Hayato si sorprese di quel gesto e sgranò gli occhi fissandomi.
“Mi dispiace di averti fatto tanto male” dissi con un filo di voce nascondendogli il viso. Cercai di mettermi nei suoi panni, e chissà cosa aveva provato. Era un ragazzino innamorato del suo migliore amico, e non solo non poteva dichiararsi ma aveva convissuto con quei sentimenti in maniera nascosta restandomi accanto. Al posto suo non avrei avuto la sua stessa forza, visto che era bastato un semplice rifiuto da parte di una ragazza a farmi star male.
“Non dovevo tirare fuori questa storia, mi dispiace tanto Hayato.”
Hayato rilassò mascella e fronte, toccò la mia mano con la sua “Non importa, è passato.”
Lo era ed era incredibile come tutti quegli avvenimenti ci avessero in qualche modo segnato. Ripensai alle parole di Kuro, aveva detto che era colpa mia di tutto il male che era successo ad Hayato, e sebbene volessi convincermi che non fosse così non riuscivo a togliermi l’angosciante sensazione che fosse tutto vero e senza accorgermene avevo portato il mio sguardo verso la sua spalla sinistra.
Volevo chiederglielo, ma se fosse stato vero come avrei convissuto con quel peso? Non potevo essere stato io la causa di tanto dolore, non lo accettavo.

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Capitolo 30
*** Capitolo 25 ***


CAPITOLO 25

Il nostro tentativo di preparare un semplice pranzo sfumò miseramente. Riuscimmo a bruciare persino degli udon così fummo quasi costretti ad andare dalla mia mamma per mangiare qualcosa visto che stavamo letteralmente morendo di fame.
Mia madre da parte sua non si stupì di trovarci entrambi dinanzi alla sua porta e se la rise di gusto, e la cosa non fece che farmi sentire ancora più inetto di quanto non fossi già mentre Hayato sembrava assolutamente tranquillo riguardo ciò, cercava solo disperatamente qualcosa da mettere sotto i denti.
“Sareste dovuti venire subito a mangiare qui” disse invitandoci a sedere, e notai che c’era Mei, che si illuminò nel vedermi e mi corse incontro per un caloroso abbraccio. Ricambiai contento di vederla.
“Credevo di poterci riuscire” commentai ancora preso dalla vergogna.
Mei poi passò ad Hayato e lo abbracciò come se nulla fosse, come se fosse uno di famiglia e quest'ultimo la lasciò fare.
“Quando mai ha saputo cucinare tu eh?” osservò la mamma e aveva ragione purtroppo.
“Muoio di fame!” mi lasciai cadere sulla sedia e presero posto anche Mei e Hayato. La piccola sembrava folgorata da quel bel principe appena entrato dalla porta e volle cambiare posto per sedersi accanto a lui. Hayato però non ne sembrò dispiaciuto e non fece altro che sorriderle, aiutandola anche a pranzare come un vero principe delle fiabe sfoderando un sorriso talmente luminoso da lasciare basite sia la mamma che Mei. Perché doveva sempre fare così?
“Quando torna tua madre Hayato?”
“Lunedì pomeriggio. Spero non sia un problema se Aki resta a dormire da me in questi due giorni.”
“Figurati, anzi magari lo farai studiare un po’ visto quanto sei bravo tu in ogni materia hahah”.
“Mamma...” e doveva sempre buttarla li, specificare quanto fossi mediocre nei miei voti mentre Hayato era perfetto in ogni cosa. Mi domandai se ci fosse qualcosa che non sapesse fare? Doveva addirittura trovare noioso essere tanto perfetto, non c’era quella soddisfazione nel riuscire in qualcosa e non c’era quella sensazione del posso farcela perché tanto ci sarebbe riuscito a prescindere anche senza farsi forza. Doveva essere noioso tutto ciò.
Notai che Hayato mi stava guardando e sorrise nel vedere quanto fossi indispettito dalle parole di mia madre, la cosa mi imbarazzò molto e mi voltai per guardare altrove. Non era la prima volta che mi fissava in quel modo, così facendo chiunque avrebbe capito che stavamo insieme. Che idiota.
Fu in quel momento che proprio il mio cellulare cominciò a squillare disturbando la conversazione, e chiedendo scusa mi spostai un po’ per vedere chi fosse.
“Pronto?”
- Oh ma allora sei vivo! – riconobbi la voce, era Yoshida che usò un velo di sarcasmo nella sua risposta.
“Scusa se non mi sono fatto sentire ma ero da Hayato ieri.”
- Ho paura di chiederti che cosa abbiate fatto... –
Non potevo raccontargli nel dettaglio tutto, e dirgli che avevamo fatto sesso. Era imbarazzante per la mia mascolinità visto il ruolo che avevo ricoperto. A pensarci la cosa mi metteva ancora a disagio.
“Tranquillo non è successo nulla” bravo bugiardo, “ma starò da lui fino a lunedì, visto che la madre torna quel giorno. Tu che mi dici?”
- Ti ho chiamato per chiederti un piccolo favore per oggi pomeriggio...”
Restai a telefono con Yoshida per una buona mezz’ora e lo lasciai parlare, mi raccontò di una tipa del dojo che aveva conosciuto e che trovava molto carina e che finalmente era riuscito ad invitare per un appuntamento. Fin qui ero contento per lui, poi erano cominciate le richieste assurde e sebbene gli avessi detto no diverse volte, alla fine non ero riuscito proprio a rifiutarmi visto il favore che gli dovevo.
“NO.”
Tuonò severo e buio Hayato quando poco dopo gli raccontai della telefonata. Nel frattempo aveva perso tempo a giocare con Mei che se ne stava seduta sul pavimento del salotto a giocare con i suoi giocattoli.
“Non ho potuto dirgli di no, gli devo già un favore!”
Mei gli parò davanti un altro giocattolo e lui lo afferrò “Ti rendi conto che ha organizzato il suo appuntamento solo perché ha detto di conoscermi? E adesso mi stai chiedendo di andare a questo appuntamento a quattro insieme al suo amico?”
Avvicinai le mani in segno di supplica “Ti prego! Recita come fai sempre e il pomeriggio passerà in fretta.”
“Sei incredibile... sei un totale idiota.” Gli stavo chiedendo qualcosa di assurdo e dentro di me non sentivo di star sbagliando totalmente, lo stavo facendo per un amico e Hayato doveva solo fingere come aveva sempre fatto a scuola con quelle quattro oche. “Ti va davvero bene che io esca con un altra?” fu questa la domanda.
“C-come?”
Hayato mi fissò serio con i suoi bellissimi occhi azzurri “E’ questo che mi stai chiedendo di fare idiota, di uscire con un altra per farlo contento. Se ti sta bene per me non c’è problema, anzi magari questa tipa potrebbe rivelarsi anche più interessante di te, chissà.”
Strinsi i pugni per la rabbia e mi morsi il labbro inferiore senza darlo vedere. Mi rendeva nervoso quando cominciava con i suoi scherzi, e odiavo quel modo di fare, diventava antipatico.
“Si mi sta bene!”
Lo dissi in maniera avventata senza nemmeno pensarci attentamente e lo avevo fatto solo perché Hayato si era messo a scherzare, e aveva usato quel suo stupido tono di sfida.
Hayato notando la cosa rispose allo stesso modo, era iniziata l’ennesima sfida a chi ce l’avesse più grosso ma non sarei stato io a cedere. Tanto sapevo bene come la pensava e quanto morisse di amore per me, sarebbe tornato a fine giornata lagnandosi di quanto si fosse annoiato, lo conoscevo.
 
 
Raggiungemmo il centro della città pochi minuti dopo, Hayato prima di andare si era voluto cambiare e aveva deciso di indossare un completo casual ma alla moda che gli faceva risaltare i perfetti tratti del viso e che metteva in luce il fisico che aveva. Lo aveva fatto solo per farmi arrabbiare ancora di più, ma in tutta risposta non aveva fatto altro che ignorarlo.
Andando verso il centro non avevamo fatto altro che litigare indirettamente lanciandoci delle frecciatine, e quando in lontananza vidi Yoshida ringraziai il cielo. Sarebbe finita presto quella mia tortura. Il mio amico però quando vide Hayato rimase a bocca aperta. “Ma non ti avevo detto di farlo vestire da modello!”
“Ha fatto tutto da solo in verità...” commentai seccato.
Hayato si passò una mano tra i capelli proprio a voler attirare l’attenzione della gente intorno e ci riuscì, sembrava uno di quei diamanti luccicanti e la cosa mi irritò moltissimo.
Yoshida mi tirò a se e cominciò a bisbigliare qualcosa “Se anche la mia ragazza si innamora di lui me la paghi!”
“Ehi non è colpa mia se sta facendo lo splendido!”
Yoshida lanciò un’altra occhiata verso Hayato “Sembrate di cattivo umore, avete litigato?”
“Nulla del genere. Allora dove sono le tue amiche?”
“Oh giusto! Tranquillo Aki non dovrai tornartene a casa da solo, ho chiesto a Mina di portare un altra amica così non ti sentirai solo.”
Sgranai gli occhi per quella rivelazione, “Cosa?”
Non fui l’unico a recepire quella novità, Hayato subito si piazzò davanti a Yoshida con un sorriso terrificante stampato in faccia “Yoshida-san ma che CAZZO stai combinando?” e lo afferrò per il colletto della camicia.
Immediatamente intervenni per fermarlo, e tutta quella faccenda stava diventando ancora più strada, mi resi conto che stavamo dando spettacolo.
“Hayato smettila. Non ho intenzione di venire anch’io!”
“Oh ma stai sicuro che tu te ne torni a casa, non permetterò una cosa del genere.”
Yoshida nel frattempo era diventato bianco come un lenzuolo mentre ascoltava quella imbarazzante discussione.
La risposta di Hayato non mi piacque affatto. Odiavo quel suo modo di fare, voleva sempre comportarsi da capo e imporre regole che io non volevo seguire. “Non sei tu che puoi dirmi cosa fare!”
“Sta zitto idiota, è per colpa tua se dobbiamo partecipare a questa pagliacciata!” A quel punto Hayato lasciò andare Yoshida e cominciò ad urlarmi contro, aveva cambiato il suo bersaglio. “Ora ce ne andiamo a casa” fece per tirarmi via ma io opposi resistenza. Doveva smetterla di fare così.
Tirai via la mano dalla sua presa e lo guardai furioso, Hayato ne rimase sorpreso ma in viso aveva stampato un espressione cagnesca. “Non sei il mio capo, e io non farò tutto quello che vuoi tu!”
“Ragazzi su calmatevi” cercò di intervenire Yoshida.
Tu sta’ zitto” rispondemmo in coro verso di lui.
Era incredibile come potessero cambiare in fretta le cose. Ieri sera eravamo li ad abbracciarci, e darci baci affettuosi e ora ci stavamo scannando per una sciocchezza. Non riuscivo nemmeno a capire perché avesse preso a male tutta quella situazione, ma una cosa era sicura: si stava comportando da bambinone.
“Questo sarò un lungo pomeriggio...” commentò in fine Yoshida osservando tutta la situazione.

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Capitolo 31
*** Capitolo 26 ***


CAPITOLO 26

Quel pomeriggio sarebbe finito molto male. Dovevo far ricorso a tutta la mia pazienza per non andare li e uccidere Hayato che faceva di tutto per farmi innervosire, e ci riusciva alla grande.
Yoshida aveva notato il mio pessimo umore e cercava di smorzare la tensione chiedendo alla sua amica Mina a cosa volesse giocare. Chissà come, eravamo stati trascinati in una stupida sala giochi.
“Yoshida-kun vorrei provare quel gioco lì!” squittì la ragazzetta afferrando il braccio di Yoshida e in tutta risposta quest’ultimo divenne rosso come un pomodoro.
Lanciai un altra occhiata verso Hayato e lo trovai tutto contento che se ne stava con un altra tipa accanto ad un gioco qualsiasi. Odiava le sale giochi eppure stava recitando perfettamente la parte del principe, e la ragazza sembrava apprezzare molto la cosa sorridendo come un ebete. Quel maledetto.
Nel frattempo a me era andata anche peggio. Altro che terza amica, la cara Mina si era portata con se il fratello, un ragazzo esile e molto timido che se ne stava per le sue preferendo il silenzio piuttosto che chiacchierare un po’ con me. Questa mia situazione non aveva fatto che ridere ancora di più Hayato che gongolava alla grande dentro di se. Sarebbe stato un pomeriggio eterno quello.
Feci un respiro profondo e tentai ancora una volta con un approccio amichevole. “Allora ti chiami Yuya vero?” cercai di iniziare una conversazione ma il ragazzo a stento sollevò lo sguardo dal cellulare per guardarmi. Ero così disgustoso? Quell’atteggiamento fece morire ogni mia voglia di parlarci. “Non vuoi giocare proprio a nulla? Tua sorella e Yoshida sono andati lì vedi?” e indica alle nostre spalle.
Yuya parve seguire la direzione da me indicata ma tornò con la testa sul cellulare poco dopo.
Mi chiedevo una cosa: come mai tutti i tipi strani dovevano capitare proprio a me? E da lontano dovevo anche sorbirmi le risatine che Hayato e quella tipa. Non erano posizionati assai lontano da dove ero, per questo sapevo che lo stava facendo di proposito. Ne fui certo quando mi fulminò con un occhiata di scherno. A quel punto avevo raggiunto il punto di non ritorno e al diavolo tutto! Mi misi in piedi e mi parai proprio davanti a Yuya facendogli ombra, il ragazzo mi parve anche abbastanza confuso.
“Lo so che sei troppo impegnato a non interagire con il tuo prossimo ma oggi tu mi farai compagnia o giuro che questo tuo cellulare me lo metto sotto i piedi e lo faccio diventare coriandoli. Ok?” sorrisi gentilmente per smorzare il tono aggressivo appena usato.
Yuya sbiancò e mi fissò incredulo che gli avessi preso il cellulare con prepotenza mettendomelo in tasca. Lo vidi smarrito, cercava probabilmente la sorella per chiederle aiuto ma non gli diedi il tempo di fare nulla. Lo afferrai per un braccio e in malo modo lo tirai via da quel divanetto trascinandolo accanto ad un gioco qualsiasi e costringendolo praticamente a giocarci. Inizialmente non voleva neppure sedersi il poveretto. “Seduto!” Tuonai severo e il ragazzo obbedì come un bravo cucciolo.
Mi sentii stranamente meglio sebbene stessi sbagliando a prendermela con quel ragazzo ma facendo così riuscii a distrarmi un po’ e potei giocare a qualcosa finalmente. Passarono così due orette li dentro, mentre Yoshida cercava di conquistare la sua bella, e Hayato faceva il cretino.
Poco dopo decidemmo di andare a mangiare in un piccolo locale proposto sempre da Mina, chissà perché Yoshida le dava tutta questa libertà di decidere dove andare. Non era certo il capo gruppo, ma la lasciammo fare visto che molti di noi nemmeno si parlavano.
Una volta nel locale ordinammo del sushi e qualcosa di fritto, ma il principe volle mantenere la sua parte del perfetto ragazzo e ordinò tutte cose leggere quando poi a casa mangiava come una fogna. Falso!
“Non avrei mai creduto che tu potessi conoscere Hayato Maeda” commentò Mina osservando Hayato.
“Oh beh veniamo dallo stesso dojo siamo amici da anni... vero princ- ehm Maeda-san?”
Hayato lo fissò prima cupo e poi sfoderò un falsissimo sorriso di complicità “Certo Yoshida-kun, siamo amicissimi da secoli!” sorrise nel dirlo e ci fece rabbrividire.
“Hayato-kun è davvero dolcissimo!” commentò l’altra oca e da quando aveva iniziato a chiamarlo per nome? La cosa mi irritò ancora di più ma cercai di non darlo a vedere.
Mina rispetto all’altra ochetta sembrava una normalissima ragazza della nostra stessa età, era molto minuta però ma molto carina nel complesso. Aveva occhi e capelli neri, niente di particolare ma armoniosa nel complesso. Non riuscivo a credere che quello fosse il tipo di ragazza che piaceva al mio amico. Beh, io ero l’ultima persona che poteva dare un giudizio visto che di ragazze non ne capivo assolutamente niente, e da quando Hayato era riapparso nella mia vita probabilmente nessuna più si sarebbe avvicinata visto come aveva reagito l’ultima volta in presenza di Mayu.
Yuya nel frattempo se ne stava incollato al suo piatto di sushi e quella serata sarebbe trascorsa così, pensai, fin quando Mina non si accorse della mia presenza.
“Frequenti anche tu il corso di judo?” domandò improvvisamente.
“No, non ho mai fatto judo in vita mia.”
Ne parve sorpresa “Oh scusami, pensavo di si. Hai il corpo di un ragazzo che pratica sport per questo ho chiesto, è vero Fukako?” chiese l’appoggio dell’altra tipa che dovette un attimo distrarsi dal principe.
“Beh sì, è messo bene.”
Mi stavamo facendo qualche sorta di complimento? Me ne resi conto quando notai l’espressione seccata di Hayato che per un attimo era stato eclissato. Ne approfittai dunque. “Non ho mai fatto sport ma me lo dicono spesso, credo sia genetica ahahah” commentai da idiota ma almeno avevo trovato il modo di fargliela pagare per tutte le frecciatine di quel pomeriggio.
“Peccato che la genetica non faccia miracoli per tutti” commentò il principe acidamente.
Lo fissai schifato che si fosse intromesso e Yoshida fu il primo a rendersi conto di cosa stava per accadere.
“Dopo chi vuole andare al karaoke?” domandò per cambiare argomento.
A quel punto Hayato pose fine alla farsa e si sollevò buio come non mai “Al diavolo tutto, io me ne vado a casa” disse semplicemente e lasciò il ristorante senza aggiungere altro.
Era incredibile che avesse improvvisamente mostrato la sua faccia a gente estranea. Di solito era una persona che ci teneva a mostrarsi carino e gentile col prossimo, e ora invece aveva deciso il contrario. A quel punto guardai Yoshida, quest'ultimo capì che lo avrei seguito ma non disse nulla e mi fece cenno con la mano di andare sebbene fossi super mortificato per tutta quella situazione creata da entrambi.
Con la mano gli simulai un ‘perdonami ti prego’ e con la bocca mimò ‘sparisci, su.’ Non lo avrei mai ringraziato abbastanza per tutta quella pazienza nei miei confronti, era un vero amico.
Uscii dal locale con la paura che se ne fosse già andato, il cuore mi tamburellava contro lo sterno e mi domandai com’è che improvvisamente la mia rabbia fosse andata via.
Più che il suo atteggiamento, erano stati i suoi modi gentili ad innervosirmi soprattutto se rivolti verso un altra persona che non fossi io, poi quando aveva mostrato la sua vera faccia e quella Fukako avevo sentito una sensazione di sollievo.
Mi guardai in giro e trovai Hayato seduto su una panchina poco più avanti dal locale. Che ci faceva ancora li.. Mi avvicinai cautamente ma in modo che mi sentisse. “Sei uno stupido” dissi.
Hayato sollevò la testa per guardarmi e mi bagnai nei suoi occhi blu che mi fissarono con veleno in quel momento. “Voglio tornare a casa.”
“E perché sei ancora qui fuori?”
“Non posso andarmene senza di te, idiota” lo disse con un lieve rossore sulle guance andando contro il suo orgoglio. Era rimasto per me.
Lo stava facendo di nuovo. Voleva abbattere ogni mia difesa, voleva farmi dimenticare il motivo per cui ero arrabbiato con lui facendo così ma non doveva riuscirci. “Fottiti. Prima mi dici tutte quelle cose e poi fai così, sei bipolare o cosa?! Non posso stare insieme a qualcuno che diventa improvvisamente un altro.”
Hayato si rimise in piedi e me lo trovai faccia a faccia “Credi che io mi arrabbi per nulla? Ti rendi conto che mi hai chiesto di uscire con un altra davanti al mio ragazzo? Sei stato tu a chiedermelo eppure eri l’unico arrabbiato che le stessi così appiccicato. Metti pace nella sua testa idiota!”
Improvvisamente mi costrinse a pensarci su, alla richiesta assurdo che gli avevo fatto e in effetti, avevo fatto una cosa sbagliata. Avevo chiesto una cosa assurda e proprio a lui. Si era comportato di conseguenza e aveva adempiuto al suo compito, l’unico che si era arrabbiato ed era artefice della richiesta ero io, quindi sì, ero stato incoerente.
“Ora non fare quella faccia afflitta” aggiunse vedendo la mia espressione pensierosa.
“Ho messo in difficoltà tutti oggi, sono stato uno stupido!”
Hayato poggiò una mano sulla mia testa e cominciò a premere costringendomi ad abbassare la testa e continuò a fare pressione ripetutamente per scuotermi il cervello “Sì, hai fatto una cazzata delle tue.”
Non sapevo che altro aggiungere perché chiedergli scusa era troppo banale. Avevo assecondato Yoshida per ricambiare un favore senza valutare ciò che stavo facendo e avevo costretto tutti a dover affrontare quell’assurda situazione. Com’è che certe volte il cervello nemmeno mi funzionava?
Strinsi gli occhi sperando che quel momento di puro imbarazzo svanisse velocemente e che Hayato continuasse a premere sulla mia testa in eterno perché non avevo il coraggio di guardarlo in faccia, ma così come aveva iniziato smise e dovetti sollevare la testa e nel guardarlo in faccia trovai finalmente un sorriso sincero dipinto sul suo bellissimo viso. Ne rimasi folgorato.
“Sono il peggiore...”
“Si lo sei, baaka” ridacchiò nel dire l’ultima parola e mi sollevò il viso aiutandosi con le dita della mano “ma non saresti tu se non fossi così sciocco.”
“Questa cosa non mi consola sai, è comunque un insulto...” Hayato scoppiò a ridere. Era da un po’ che ci pensavo. Da quando avevo scelto di ricambiare i suoi sentimenti Hayato era diventato molto più onesto con me e con se stesso, e aveva cominciato a ridere quando l’occasione lo richiedeva e ciò mi rendeva felice ma al tempo stesso mi preoccupava. Se le altre persone si fossero accorte di quanto Hayato fosse così bello mentre sorrideva avrei dovuto combattere con mezzo Giappone per tenerlo con me, per questo motivo preferivo nascondere a tutti che lui potesse sorridere in quel modo.
“Sono stanco e ho fame, possiamo andare a casa ora o mi tiri fuori qualche altra sorpresa?”
Gli sorrisi “Andiamo a casa.”
Tornando a casa Hayato fece una cosa nuova, mi sfiorò le dita della mano e le afferrò cercando di non dare a vedere che mi stesse tenendo per mano e fu una sensazione piacevole, lo lasciai fare, sebbene non potessimo spingerci a tanto per strada ma così come lo stava facendo andava bene mantenendo una distanza ravvicinata e senza congiungere completamente le nostre mani. Volevo che lo facesse e speravo che una volta a casa sua ci saremmo potuti godere ancora del tempo da soli come la notte scorsa, e il solo pensiero di ciò fece battere forte il mio cuore.
 

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Capitolo 32
*** Capitolo 27 ***


CAPITOLO 27

Il weekend finì molto velocemente e senza rendermene conto si era tornati a lunedì. Tornare a scuola significava tornare alla routine di tutti i giorni, ognuno a casa propria e di nuovo semplici vicini di casa, ma come potevo far finta di nulla e tornarmene a casa così come se nulla fosse accaduto. Anche solo guardare mia madre avrebbe significato provare un senso di colpa disumano: ‘ciao mamma, hai presente quel ragazzo, sì proprio il nostro vicino di casa con il quale ero solito giocare? Beh in un solo weekend ci sono andato a letto diverse volte e abbiamo trascorso tre giorni da veri sposini.’ Quel pensiero mi diede un senso di repulsione misto a senso di colpa, pensai a tutto ciò mentre ero immerso nella vasca con tutto l’intento di farmi un bel bagno rilassante prima di uscire, ma la situazione aveva preso un inspiegabile piega strana.
“Principe dei miei stivali mi spieghi perché sei nella vasca con me?” non potei fare a meno di sentirmi a disagio sebbene negli ultimi giorni ci avessi vissuto praticamente insieme e la scena di lui nudo doveva ormai essere qualcosa di già risaputo, ma il mio corpo provava strane emozioni quando se lo trovava davanti senza vestiti.
“Dovevi fare il bagno quindi mi sono aggregato.”
Ero un dannato pervertito gay anch’io. Però ero giustificato, cioè spiegatemi come si fa a non reagire dinanzi ad una vista del genere: Hayato era seduto dinanzi a me, le ginocchia uscivano fuori dall’acqua calda a causa del poco spazio e se ne stava col torace esposto e le braccia - definite da fasci di muscoli – poggiate sui bordi della vasca, i capelli biondi bagnati e gettati all’indietro e gli occhi blu che luccicavano. Sembrava l’immagine di una qualche rivista di play boy eppure quel ragazzo era reale! Maledzione!, pensai dentro di me e cercai di tenere lontano ogni pensiero impuro ma lui lo rendeva molto difficile e in tutta risposta il principe sbadigliò ancora assonnato e gli strofinò un occhio con il dorso della mano. Sembrava un bambino.
“Non ho il coraggio di guardare in faccia mia madre... con che coraggio mi farò vedere a casa...” mi coprii la faccia con entrambe le mani e cercai di mettere in ordine i pensieri e la rassegnazione di quello che ormai era il mio presente.
“Non pensavi a tua madre stanotte.” Mi urtò il sul commento e in tutta riposta gli tirai un calcio sott’acqua colpendolo dritto nella coscia. Hayato sussultò spaventato, “Perdono, perdono, perdono!”
“E’ una cosa seria! Mi hai corrotto.. fino a tre giorni fa ero un ragazzo normale e adesso mi trovo a fare il bagno con te!”
Hayato sogghignò e si sporse in avanti verso di me sempre più umido e bagnato, cazzo! “Pensala così, ma fino a tre giorni fa eri un comune sfigato e ora sei nella vasca più desiderata del Giappone” e mostrò il suo ego.
Sapevo che avrebbe detto una delle sue stupidaggini e lo guardai male facendo sollevare ancora di più gli angoli di quel suo sorriso compiaciuto.
“A volte mi chiedo se tu faccia sul serio o meno... mi spaventi.”
Fece spallucce “Chissà. Allora Aki-chan posso insaponarti i capelli?” e aveva afferrato chissà da dove il flacone di shampoo mostrandomelo con un aria particolarmente felice. La mia reazione fu opposta, lo fissai sgranando gli occhi e le guance mi divennero di fuoco. Immediatamente volli uscire da quella vasca e partì il panico, tra lui che mi teneva giù nell’acqua cercando di aiutarmi e io che cercavo di scappare dalla sua presa, cosa che non riuscii a fare. Accidenti a lui...
 
 
Erano appena le otto e mezza eppure ero già stremato, quel ragazzo riusciva a togliermi tutte le energie e ora dovevo tornare a casa mia per prepararmi per la scuola. Non riuscivo a credere che fosse solo l’inizio di un’altra lunga settimana, non riuscivo proprio ad immaginare cosa mi sarebbe capitato.
Aprii la porta cercando di non essere sentito ma fu troppo tardi, dal nulla sbucò Mei con una fetta di pane in bocca e si mise a correre venendomi incontro, si incollò alle gambe come un polpo.
“E’ tornato il fratelloneee!”
“Mei dai fammi entrare almeno” cercai di scollarmela da dosso e come pensai, a seguirla c’era anche la mamma intenta ad asciugare dei piattini per la colazione.
“Oh sei tornato finalmente.”
Annuii “Sì, sono a casa ma devo andare a cambiarmi.”
“E Hayato-kun? Non fa colazione con noi?”
Il suono di quel nome mi irritò ricordando l’episodio nella vasca “No, se ne sta a casa sua almeno questa volta” dissi ciò e sparii di sopra. Ero finalmente tornato alle mie cose, al mio letto e alla mia stanza. Sembrava tutto diverso intorno a me ma ero io quello che era un po’ cambiato, cioè a conti fatti non c’era nulla di diverso eppure non riuscivo a togliermi dalla testa quella sensazione. Non riuscivo a smettere di pensare che fino alla settimana scorsa ero un ragazzo normale che si faceva gli affari suoi, anzi no, c’era già Hayato con me ma ancora non mi ero reso conto di cosa volesse dire stare con qualcuno per davvero. Mi sentivo stranamente più maturo. In SOLI tre giorni?!
Mi gettai sul letto stranamente stanco, ma in realtà ero contento anche se non lo davo a vedere. Mi voltai verso la mia stanza e notai che era tutto come lo avevo lasciato, sì, ero io ad essere diverso e andava bene così perché era stata una mia scelta e non me ne ero pentito affatto.
Mi cambiai velocemente indossando i vestiti della divisa, e dopo una rapida colazione e diverse domande da parte di mia madre riuscii a scappare via, un po’ in ritardo come al solito.
Una volta fuori trovai una scena un po’ nuova ad aspettarmi: c’era Hayato fermo accanto all’ingresso del mio giardino, indossava la sua divisa. Bello come un modello di qualche magazine. Era incredibile che non solo avevo il ragazzo, ma era anche il più figo per davvero e istintivamente immaginai che faccia avrebbero fatto quelle oche delle sue ammiratrici se lo avessero saputo. Purtroppo però doveva restare un segreto e quella soddisfazione non me la sarei mai tolta.
Lo raggiunsi “Potresti smetterla di farmi sentire come una di quelle ragazzine da shoujo manga? E’ nauseante e nuoce a quel poco di virilità che ancora mi rimane.”
Hayato lasciò il muretto sul quale si era appoggiato e prese a camminare insieme a me “Quand’è che avrei intaccato la sua virilità eh?” ridacchiò.
Lo fulminai con lo sguardo rammentando dei dolori che ancora avevo “SUL SERIO?”
“Okay scusa, scusa. Allora pranziamo insieme oggi?”
“Non farò altro che vedere te tutto il giorno, tutti i giorni da ora in poi è così?”
Hayato mi fissò severo “Mi pare ovvio.”
Perché ci provavo? Lui nemmeno ci pensava che magari avrei voluto raccogliere dei momenti per stare da solo. Ormai tutte le mie giornate erano piene di lui, mattina, pomeriggio o notte che fosse non importava. Era ovunque! Me lo ritrovavo nei pensieri, nella realtà e la notte nel mio letto.
“Certe volte mi fai paura...”
Hayato rise e mise le mani in tasca “Non è questa la reazione che vorrei ma va bene lo stesso.”
Era piacevole riuscire a conversare così naturalmente. Non c’erano più silenzi imbarazzanti tra di noi, e un po’ attraverso le prese in giro e i suoi momenti di dolcezza riuscivo a godermi quegli attimi. Si, magari non avevo più troppo tempo da passare da solo ma ero contento così. Ovviamente non sarei andato a dirglielo, questo avrebbe solo fatto crescere di più il suo ego.
“Secondo te Yoshida è arrabbiato con me? Non lo sento da quel pomeriggio e non risponde ai miei messaggi.”
“Che te ne frega” sbuffò seccato.
“E’ una cosa seria Hayato!”
Hayato guardò dinanzi a se e parve vedere qualcosa “Beh puoi chiederglielo di persona” sorrise divertito.
Aveva visto davvero qualcosa o meglio qualcuno, e quando mi girai a guardare nella stessa direzione trovai Yoshida pallido e con un aurea nera che lo circondava. Era terrificante e si avvicinò in maniera ancora più spaventosa afferrandomi, e circondandomi con il suo enorme braccio.
In tutto ciò Hayato si spostò semplicemente e rimase li a gustarsi la scena palesemente divertito.
“A-k-i” scandì ogni lettera del mio nome con una voce bassa e piena di risentimento.
“B-buongiorno..” sorrisi cercando di sforzarmi ma quella presa mi preoccupava, mi girai verso Hayato bisbigliandogli di aiutarmi ma in tutta risposta scosse la testa e incrociò le braccia contro il petto continuando ad osservare tutto ciò. Cos’era il cinema?
Yoshida avvicinò pericolosamente il suo lugubre viso al mio. “Per colpa tua Mina non mi ha più chiamato. Per colpa tua ho perso la donna della mia vita!!” e cominciò a scuotermi per le braccia.
“Hai mai pensato che forse è scappata perché ti ha guardato bene in faccia?” si intromise cattivo Hayato.
Yoshida gli lanciò un occhiataccia e l’altro rispose con una risata di scherno. Bene, si prospettava proprio una bella mattina.
“Forse ha avuto da fare no?” cercai un modo di tranquillizzarlo e fui immediatamente fulminato da un occhiata glaciale, “Come non detto...”
“Ti ricordo che hai avuto 300 favori da parte mia e ORA mi devi almeno il tuo aiuto visto il casino che avete creato la scorsa volta tu e il tuo fidanzatino.”
Pronunciò ogni singola parola quasi con il tono di una minaccia, mi voltai nuovamente verso Hayato in maniera più disperata “E-e tu non dici nulla? C’eri pure tu quel giorno!”
“Amico tuo, problema tuo” rispose sollevando una mano in segno di distacco. Lo odiavo!
Yoshida si strinse di più a me “Allora Aki-chan mi aiuterai? Veeero?”
“Aiutatemi...”
Aspettammo la pausa pranzo affinché Yoshida potesse spiegarci ogni cosa, e decidemmo di farlo lontano da orecchie indiscrete visto che c’ero immischiato anch’io in tutta quella faccenda.
La cosa che più mi stupì fu che Hayato restò tutto il tempo con noi beccandosi tutte le occhiatacce possibili da Yoshida che non ne poteva più della sua presenza.
“Ma possibile che ti segua come un cane ovunque!” urlò ad un certo punto preso dall’esasperazione.
Hayato in tutta risposta addentò il suo panino comprato alla caffetteria e tirò fuori tutta la sua altezzosità “Smettila di urlare o mi rovini il pranzo.”
“ECCO PERCHE’ LO ODIO!” mi gridò contro Yoshida sempre più stremato.
“Su su cerchiamo di calmarci tutti su. Tu smettila di fare così” diventai più duro nel rivolgermi ad Hayato che sembrava divertirsi un mondo a rendere di cattivo umore Yoshida.
“Io non sto facendo nulla, è il tuo amico che sta dando di matto per una che nemmeno stava insieme a lui.”
Lo fissai truce “Sarai il prossimo ad essere scaricato se non smetti di puntualizzare la cosa” lo minacciai e finalmente qualcosa sembrò scalfire quella sua orribile corazza dorata da principe e Hayato mi osservò abbassando un po’ la cresta, addentò il suo panino restando in silenzio. Sorrisi soddisfatto della cosa ma mi resi conto di non aver affatto vinto, e me ne accorsi da un sorrisetto nascosto che Hayato cercò di non dare a vedere.
Tornai dunque al povero Yoshida “Allora, che cosa è successo precisamente dopo che noi due siamo andati via? Avete avuto grossi problemi?”
Yoshida si calmò un po’ e cominciò finalmente a parlare “In verità no. Dopo che voi siete andati via l’unica che ha dato di matto è stata Fukoka ma solo perché era andato via il principe.” Quella notizia mi irritò e suscitò in Hayato una sonora risata che spensi con una gomitata. “Dopodiché abbiamo lasciato il locale, e mentre Yuya ha accompagnato Fukoka a casa io e Mina siamo rimasti a fare un giro. Sembrava tutto perfetto fino a quando..” e nascose il viso tra le mani simulando un pianto.
“Cazzo hai fatto qualcosa di sconveniente” commentò Hayato a quel punto.
“Sconveniente? Cos- eh?! Davvero?!”
Yoshida sollevò il viso sempre più contrito “Ho cercato di rubarle un bacio e lei in tutta risposta mi ha dato uno schiaffo ed è scappata via. Sono il peggioreeee!” e tornò a disperarsi nascondendo il viso tra le mani.
“Incredibile, è un vero idiota” tornò a puntualizzare Hayato.
“E’ così grave quello che ha fatto? Non capisco. Sembrava divertirsi molto con lui.”
Hayato sospirò e si toccò la fronte “Come si vede che non avete alcuna esperienza di ragazze” osservò.
“Ehi!”
“Le ragazze giapponesi sono molto timide rispetto alle straniere, qui se solo osi sfiorarle con un dito danno di matto. Figuriamoci tentare di baciarle al primo appuntamento, è andato troppo di fretta e il risultato è stato che lei è scappata via impaurita.”
Yoshida sollevò il viso “Esatto! Principe-sama la prego mi dia il suo sapere!” afferrò entrambe le mani di Hayato che in tutta risposta si liberò disgustato tornando a rivolgersi a me.
“Per questo il tuo amico è un idiota.”
Inarcai un sopracciglio dopo tutta quella spiegazione, qualcosa non mi tornava. “La differenza con le ragazze straniere eh.. e tu che diamine ne sai?”
Hayato sussultò “S-sono stato all’estero idiota!”
“Già. L’estero.”
Yoshida si mise in mezzo “Devo riconquistarla assolutamente! Ho sbagliato e devo chiederle scusa solo così Mina mi perdonerà e diventare la mia ragazza. Giusto?!”
“Faresti prima a cercarne un altra-”
Tappai la boccaccia di Hayato con una mano “Esatto. Devi fare questo e vedrai che vorrà di nuovo parlare con te. Si è solo spaventata, nulla di grave” e sotto le mani sentii Hayato borbottare qualcosa di indecifrabile ma l’espressione seccata che aveva ne riassumeva un po’ il senso.
“Vi prego aiutatemi! Non ho nessun altro” e Yoshida si prostrò in un inchino perfetto.
Non avrei mai potuto dirgli di no. Non dopo tutto quello che aveva fatto per me, e il modo gentile che aveva usato per accettare la mia di relazione. Era il minimo che potessi fare per un amico dopotutto.
Gli sorrisi “Certo!” e Hayato continuò a borbottare cose senza senso riguardo tutta quella faccenda.


Note autrice: Mi dispiace dell'attesa ma sono stati giorni di caos tra tutti gli impegni che avevo. Scrivo questa nota solo per avvisarvi che dopo il capitolo 28 ci saranno tre capitoli speciali sul primo incontro tra Aki e Hayato, mentre verso Natale ne uscirà un altro (sempre speciale) a tema festività.
Detto questo vi ringrazio dei commenti, delle visualizzazioni, insomma di tutto! Al prossimo aggiornamento <3

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Capitolo 33
*** Capitolo 28 ***


CAPITOLO 28

Cominciò praticamente la missione “lovey-dovey” per Yoshida, e con essa anche una tragedia senza fine fatta di lamentele da parte di Hayato che ci perseguitava ovunque andassimo senza smetterla mai di chiedermi di tornare a casa perché non ne poteva più.
Io dovevo aiutare Yoshida e Hayato faceva di tutto per renderlo difficile fino a quando non fui costretto a dargli qualcosa da fare o avrebbe rotto le palle in eterno e così, nelle nostre giornate di appostamento, gli portavo sempre qualche libro nuovo preso alla biblioteca da fargli leggere.
Erano passati tre giorni da quando io e Yoshida avevamo deciso di osservare da lontano Mina e capire un po’ che tipo fosse per elaborare una strategia adatta per conquistarla visto che la prima volta l’attacco a sorpresa di Yoshida non aveva a funzionato.
“Non credevo che mi sarei trasformato in uno stalker a sedici anni...” osservai la scena davanti a me quasi spaventato che quella fosse la realtà dei fatti. C’era Yoshida con un piccolo binocolo che osservava da dietro un albero una ragazza in lontananza in compagnia delle sue amiche, e mentre Yoshida faceva ciò, alla sua destra appoggiato all’albero c’era Hayato intento a leggere il suo bel libro.
“Ehi!” attirai la loro attenzione finalmente “Questo è illegale e moralmente sbagliato, che stiamo facendo qui dietro e perché hai un binocolo con te?” glielo tolsi di mano.
“Credevo che ci avrebbe aiutato nell’analisi di Mina.”
“Fidati quello ti aiuterà per andare in prigione invece” commentò Hayato intromettendosi come sempre.
Lo guardammo entrambi e tornammo a noi, “Ho detto che ti avrei aiutato ma sono passati diversi giorni e ancora non hai fatto nulla. Vacci a parlare e basta! Chiedile scusa per l’altra volta.”
Yoshida tornò a coprirsi il volto e simulò un pianto, ancora. “E se non bastasse? Non riuscirei a superare l’ennesimo rifiuto. La amo troppo!”
Dovevo ancora ben capire cosa ci trovasse in quella ragazza. “Ora basta!” lo tirai via da quell’albero allontanandolo da una posizione scomoda, e di conseguenza anche Hayato lasciò il suo posto chiudendo il libro e seguendoci lontano da li.
“Se vuoi conquistarla non è questo il modo giusto di farlo. Va da lei e parlarci!”
Yoshida si morse il labbro “Tu la fai facile..” cominciò a dire quasi come stesse per piangere, “io non sono carino e gentile come lo sei tu, e non ho nemmeno la bellezza e i modi di fare del principe. Non ho nessuna speranza con quella ragazza, visto che già la prima volta ho fatto un casino.”
Era insicuro quindi? Mi sorprese scoprire che anche una persona come lui, sempre positiva ed energetica, potesse avere un crollo.
“Sei gentile anche tu Yoshida.” Attirai la sua piena attenzione e mi fissò senza capire inizialmente cosa volessi dire, in tutta risposta per quella sua reazione spaesata gli sorrisi e mi resi conto di aver attirato anche l’attenzione di Hayato a pochi metri da noi. Mi avvicinai allora al mio amico e poggiai una mano sulla sua spalla. “Hai più qualità di quanto credi. Sai al posto tuo non so come avrei reagito nel sapere che un mio amico esce con un altro ragazzo, ma tu sei stato gentile e non mi hai giudicato. E non lo hai fatto nemmeno quando volevo tenerti lontano, sei stato un buon amico senza chiedere mai nulla in cambio. Tu credi che io sia carino? Ho più difetti di quanto pensi e anche quello li dietro di te” e indicai Hayato.
“Ehi!” borbottò alle mie spalle.
“Ma il punto è questo, che nessuno è perfetto e piuttosto che fare il conteggio delle cose che non hai dovresti guardare invece ciò che ti valorizza. Sei una persona solare, gentile e altruista verso il prossimo e Mina apprezzerà di sicuro tutto questo se tu glielo mostrerai.”
Yoshida aveva spalancato gli occhi. Era la prima volta che gli parlavo in quel modo, e aprivo il mio cuore rivelandogli quanto in realtà fosse una persona speciale per me, e forse se ne era accorto.
“Aki...”
A quel punto si avvicinò anche Hayato “Parlale o potresti rimpiangere di non averlo fatto” aggiunse anche lui e mi rivolse un occhiata accompagnata da uno strano sorrisetto.
Yoshida parve quasi commosso per quelle parole “Ragazzi... io davvero non so che dire...”
Ridacchiai “Scemo. A noi non devi dire niente, ma Mina è li che aspetta le tue scuse.”
Improvvisamente una botta di energia colpì in pieno Yoshida che raddrizzò schiena e gonfiò il petto, recuperando anche colorito e quella grande vitalità che lo caratterizzava. Si fece finalmente avanti per parlare con la ragazza che amava ma proprio mentre era sul punto di andarci si fermò di colpo, guardò davanti a se ruotando la testa prima verso destra e poi verso sinistra e a quel puntò si girò verso di noi con un espressione seria.
“NON CI SONO PIU’!” esclamò spaventato.
Corsi verso di lui dando un occhiata “Cosa? Sono già andate via?”
Yoshida tornò improvvisamente nel suo baratro di disperazione e si rannicchiò su se stesso. Hayato mi affiancò per dare una controllata e appurò che non erano più nei paraggi. “Wow ha già perso la sua occasione.” Asserì osservando cosa era accaduto.
“No! Cerchiamole su, non possono essere andate lontane. Dividiamoci: Hayato controlla tutta l’area di sinistra, io andrò dritto mentre tu Yoshida controlla a destra, ci terremo aggiornati tramite i cellulari.”
“Oh no” si lamentò Hayato e si beccò una gomitata da parte mia.
Yoshida si riprese un po' e piagnucolò il mio nome come un bambino ferito. Cercai di rincuorarlo con un sorriso “La troveremo” e ci dividemmo così come era stato deciso.
Cominciai a correre in lungo e largo senza una meta. Sembravo uno stupido ed era incredibile che mi stessi ammazzando a correre per trovare una ragazza che nemmeno era la fidanzata di Yoshida, mi stavo spingendo anche troppo oltre e la mia mente lo stava gridando ma non le diedi ascolto.
Mi guardai intorno più e più volte in cerca del viso minuto di Mina ma niente, e ogni tanto controllavo il cellulare sperando che gli altri avessero avuto più fortuna ma ancora niente. Forse erano andate via per davvero. Stavo per arrendermi, avevo deciso di fermare anche gli altri e di lasciar perdere per quella giornata. Ero sul punto di farlo quando qualcosa mi balzò agli occhi non poco lontano dal fiume che attraversava quel parchetto. Non lontano da dove ero io vidi che si ergeva un piccolo ponte e su di esso c’era qualcuno, mi resi conto di aver trovato ciò che cercavo.
La mia gioia fu però subito spazzata via da un grido disperato che proveniva proprio da li.
“QUALCUNO CI AIUTI!”
Aveva gridato così una delle amiche di Mina e mi resi conto immediatamente di cosa stessero facendo. Notai che una di loro pendeva dal ponte, mentre altre due tentavano di tirarla su senza riuscirci.
Quella scena mi seccò la bocca e bloccò ogni mio pensiero, normalmente si doveva chiamare aiuto ma li non c’era nessuno e se fossi tornato indietro lei sarebbe caduta sbattendo la testa, così presi l’unica decisione giusta in quel momento e corsi nella loro direzione, più veloce che potevo.
“Aiutooo!” gridò ancora la stessa ragazza di prima andando avanti e indietro sul ponte mentre altre due tentavano di tenere su l’amica ma inutilmente.
“Resisti Mina! Non lasciare le nostre mani!” diceva un’altra e la ragazza continuava a pendere su di un fiume che era quasi del tutto asciutto quindi praticamente sarebbe atterrata su del fango duro.
Mi avvicinai rapido con fiato sempre più corto e mi maledissi per quella poca resistenza. “SPOSTATEVI!” gridai loro e immediatamente le sostituii afferrando con entrambe le mani le braccia di Mina, nel disperato tentativo di tirarla su. E come avevo immaginato nemmeno io ero abbastanza forte da riuscirci e Mina cominciò tirarmi verso il basso.
La sporgenza del ponte era in pietra e sentivo che la pelle cominciava bruciare per la trazione che stava esercitando la mia presa per tenere su Mina. Faceva dannatamente male!
“Chiamate qualcuno presto!” gridai disperato.
Una delle ragazze mi sentì e corse via dal ponte in cerca di qualcuno nei paraggi, mentre le altre due cercarono di aiutarmi e disperatamente tentarono di tirarla su ma le loro braccia ormai non arrivavano più all’amica sempre più in basso e io con il busto sempre più in sporgenza. Rischiavo di seguirla nella caduta.
Mi ritrovai faccia a faccia il volto grondante di lacrime della povera Mina che mi fissava disperata, senza più voce per gridare. Sembrava sotto shock e mi chiedeva con i suoi occhi di non mollare la presa ma ero ormai arrivato al limite, sentivo la pelle strapparsi.
Hayato, pensai mentre tutto quel dolore mi attraversava il corpo. Avevo in testa il suo viso e cosa mi avrebbe detto in un momento del genere, chiamandomi probabilmente debole e stupido. Cercai allora di accumulare le ultime forze e di tirarla su in una volta sola ma nel momento stesso in cui tentai di farlo una delle mani cedette, e restai legato a lei a stento con una e vidi tutta la scena. Una scena che non dimenticherò più.
Praticamente la mano non rispose più ai miei ordini e Mina si allontanò da me cominciando la sua caduta verso il basso. Mentre lei cadeva io la fissavo, osservavo il mio soccorso fallito e mi domandai perché fossi stato così stupido da non cercare aiuto. Che stupido ero stato e istintivamente chiusi gli occhi per non guardare più ciò che avevo fatto e vi fu il tonfo.
“Minaa!” gridarono in coro le due amiche. Avevo ucciso una persona? Avevo ucciso la ragazza di Yoshida e ora come lo avrei affrontato, ero proprio un pessimo amico dopotutto. “State bene?!” gridò un altra.
Fu allora che riaprii gli occhi e guardai nuovamente verso il basso sporgendomi e la scena che vidi fu praticamente da fiaba cavalleresca. Era incredibile!
Non so come, non so quando ma era apparso Yoshida e si era gettato per prenderla al volo ma il risultato era stato ben diverso dalla sua idea originaria e si era ritrovato tramortito in pieno dal peso di Mina e ora lui era sdraiato a terra e sporco di fango mentre la ragazza era sopra di lui e si muoveva.
Temetti che ad essere ferito fosse lui ma non fu così, Yoshida mosse le gambe e poi aprì gli occhi sorridendo a Mina che poverina, lo guardò incredula di una simile cosa. Scoppiò a piangere come una bimba e Yoshida in tutta risposta le accarezzò la testa dicendole qualcosa che non capii.
Sorrisi davanti a tale scena. Era un finale perfetto e Yoshida si era rivelato per ciò che era realmente, un eroe.
Mi staccai dal cornicione del ponte e controllai i graffi riportati e notai che era principalmente un gomito a farmi male, il destro, e infatti dopo una prima analisi notai che avevo dei graffi che sanguinavano. Era un dolore che però avrei potuto sopportare, mi dissi. Era andato tutto bene.
“Sei ferito? Vuoi un po’ d’acqua?” mi venne vicino una delle due ragazze, amiche di Mina e la ignorai li per li. Ero ancora molto scosso da ciò che era accaduto.
“Aki!”
Solo il suono di quella voce però seppe restituirmi un po’ di lucidità, e fu l’unico viso che riuscii a mettere a fuoco in quel momento. Quando vidi Hayato alla base del ponte, sudato e con l’affanno, gridare il mio nome sentii dentro di me la voglia irrefrenabile di gettarmi contro di lui e lasciarmi avvolgere dal suo abbraccio. Avevo avuto così tanta paura poco fa.
Era affiancato dalla stessa ragazza di prima che era corsa a chiedere aiuto e subito ci raggiunsero sul ponte. Hayato mi si avvicinò rapido e con gesto brusco mi controllò prima il viso e poi il braccio per osservare i graffi. “Stai bene?! La ragazza ha detto che stavi cercando di tirare su una sua amica.”
“Va tutto bene, Yoshida l’ha presa al volo. Letteralmente” ridacchiai.
Hayato mi fissò preoccupato “Dobbiamo disinfettare i tuoi graffi e anche quei due devono essere visitati” asserì dopo aver dato una sbirciata giù dal ponte notando che Yoshida e Mina si erano rimessi in piedi senza problemi ma erano ricoperti di fango e la ragazza continuava a piangere.
Si avvicinò di nuovo una delle amiche di Mina “Ecco io avrei dei tovaglioli per pulire il taglio” disse.
Hayato non la guardò nemmeno “Ok andranno bene. Tu non scappare!” e mi afferrò per il colletto.
La ragazza a quel punto, mentre era intenta a passargli i tovaglioli recuperati nella borsa, si fermò di colpo e cominciò a fissare Hayato sgranando prima gli occhi e poi portò una mano davanti alla bocca per nascondere lo stupore ma era troppo evidente. Osservai meglio quella ragazza, non mi ero affatto accorto di chi si trattasse, era Mayu.
“Ma tu sei Hayato Maeda...” scandì chiaramente il suo nome e fu come una pugnalata nel petto. L’ultima cosa che volevo era che quei due si incontrassero e senza rendermene conto era appena successo.
Hayato si girò appena per guardarla, non riconoscendola poi però parve prestare maggiore attenzione e prima o poi avrebbe unito i puntini. “Non posso crederti sei Hayato! Ma è meraviglio Aki-chan, siete ancora amici dopo tutto questo tempo!” sorrise mostrando le sue gote rosee.
Fu allora che Hayato ebbe l’illuminazione e sgranò gli occhi quasi terrorizzato di avere davanti un fantasma.
“Mayu Shinohara?” scandì quel nome quasi con un filo di voce e improvvisamente un ombra attraversò lo splendido viso di Hayato rendendolo cupo.
Mayu gli sorrise “E’ da tanto che non ci vediamo. Non sei cambiato affatto, sei sempre bellissimo” a quel puntò lo superò e col tovagliolo stretto in mano afferrò dolcemente il mio braccio per asciugarmi il sangue “è un brutto taglio Aki-chan ma passerà. Sei stato davvero coraggioso prima” mi sorrise.
Hayato non ce la fece più a quel punto e mi tirò via afferrandomi per un braccio, una rabbia smisurata in viso tanto da arrivare a digrignare i denti per trattenersi. Miyu invece rimase molto confusa per quel gesto.
“Hayato...” dissi cercando di calmarlo.
“L’altra volta pure...” ebbi un sussulto e sapevo perfettamente a quale volta si stesse riferendo, il terrore cominciò ad invadermi e nel tentativo di dire qualcosa restai invece in silenzio in preda al panico “anche l’altra volta era lei...” disse tenendo il viso nascosto sotto i capelli e stringendo i pugni contro le cosce.
Avevo sbagliato a tenergli nascosto quella cosa? Forse si, dal suo punto di vista, ma se solo avessi avuto la forza in quel momento di dirgli che avevo avuto paura dal primo momento che l’avevo incontrata. La stessa paura che stavo provando in quel momento e cioè che tutto potesse andare improvvisamente a rotoli.
“Mayu! Yoshida-san e Mina-chan stanno benissimo per fortuna!” fu l’altra ragazza in lontananza a rompere quel silenzio e quella tensione. Mayu come se non fosse accaduto nulla corse verso la sua amica.
“Hayato” mi rivolsi a lui con l’intento di sfiorargli la mano ma lui la ritirò bruscamente cacciandomi e finalmente mi mostrò il suo viso, sul quale c’era disegnata una maschera di rabbia e disperazione.
“Non toccarmi!” gridò infatti.
“Hayato aspetta! Non è come pensi!”
Ma fu inutile, Hayato cominciò ad allontanarsi da me e prese la strada per andare via da lì e neppure una volta di girò indietro. Allora, l’unica che potevo fare era corrergli dietro, fermarlo e spiegargli tutto per bene. Dirgli che era stato uno stupito malinteso e che l’unico per me era solo lui. Non ne ebbi però modo, infatti Yoshida mi fermò notando il sangue che scorreva dal gomito e tutto divenne offuscato. Non perché stessi svenendo, o stessi male fisicamente ma perché non c’era più Hayato con me e ciò che avevo temuto era in realtà accaduto e di nuovo, ancora una volta mi era stato portato via.
Hayato.


Note autrice: Sotto consiglio di una persona che mi farebbe piacere chiamare amico, ho scelto di aprire una pagina su facebook riguardo le mie storie e gli aggiornamenti in generale. E' anche un modo per parlare, e conoscersi in qualche modo.
Pagina Ufficiale
E' ancora da allestire, infatti al momento fa un po' ca***re.

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Capitolo 34
*** SPECIALE: I finally found you ***


SPECIALE PARTE 1: I finally found you

Hayato Maeda, 7 anni.

La mamma diceva che dovevo smetterla di stare da solo, e che dovevo provare a socializzare ma nel momento stesso in cui mi guardavo intorno non vedevo altro che bambini stupidi, con hobby altrettanto idioti da provocare in me noia.
Sempre la mamma mi costringeva ad uscire di casa dopo la scuola per socializzare e quindi mi vedevo costretto a trascorrere ore da solo nel parchetto vicino casa, al fine di farle credere che mi mettessi a giocare con altri bambini quando poi non era vero.
Volevo convincermi ad non essere io il problema ma il resto del mondo che si perdeva nelle banalità. Non mi piaceva giocare con la palla, o ai videogiochi. Preferivo di gran lunga sfogliare libri e leggere le mie fiabe preferite, specialmente quelle che mi portava papà di ritorno dai suoi viaggi. Il problema non ero io, mi dicevo.
“C’è di nuovo quel bambino strano” sentii una voce dirlo e un paio di occhi mi erano puntati addosso.
“La mamma dice che è un incrocio. Come i cani.”
Irritante. Erano solo ignoranti, come i loro genitori e non sapevano nemmeno quanto fosse stupido asserire che qualcuno è un incrocio. Tuttavia anche se volevo negarlo a me stesso, lo ero. La mamma non si rendeva conto che il problema non era semplicemente per il mio carattere ma anche perché ero diverso fuori.
“Ha gli occhi blu. Fa impressione!” commentò un altro.
“Oi!” esclamai non sopportando più quei commenti e feci sussultare quel branco di marmocchi “Vi sento.”
“Accidenti ci ha sentiti!” bisbigliarono tra di loro e corsero via spaventati.
Mettevo così paura? La verità era che mi sentivo tremendamente solo e per quanto ci provassi a far finta che le storie del mio libro fossero reali, o provassi ad immaginarmi altrove, restavo comunque bloccato li, dove nessuno mi trovava simpatico o aveva voglia di parlarmi. Solo perché ero diverso. Perché ero un incrocio.
Chiusi gli occhi assaporando quel venticello fresco, era fine primavera in quel periodo, e cercai di scacciare l’amare sensazione di prima per tornare a fregarmene di tutto e tutti. Fu allora che qualcosa sfiorò la mia gamba, mentre me ne stavo ancora seduto sul prato non lontano dal campetto da calcio di sterrato. Aprii gli occhi e notai che un pallone era rotolato fino a me e pensai che fossero tornati quei mocciosi insopportabili. Che saccatura pensai. Si avvicinò invece un bambino che non avevo mai visto, era sudaticcio e sporco di terreno. Aveva i capelli neri, schiacciati e arruffati sulla fronte e gli occhi di un verde-giallognolo.
Nel vedermi mi fissò prima per un po’ poi sorrise mostrandomi che gli mancano almeno due dentini “Scusami non volevo colpirti” disse semplicemente e si riprese la palla allontanandosi.
Quella fu la prima volta che vidi Aki. Un bambino che non aveva nulla di speciale, anzi era come tutti gli altri. Nulla che potesse suscitare il mio interesse.


I giorni si susseguivano uguali durante quella estate e finita la scuola il tempo che passavo nel parchetto vicino casa aumentò, così come anche la mia noia ma c’era qualcosa di nuovo e inaspettato. C’era qualcuno che potevo addirittura definire più strano di me ed era quel bambino col pallone, sempre sporco di terriccio, che cercava ad ogni costo di giocare con gli altri senza mai trovare il coraggio di chiederlo direttamente e per questo motivo se ne stava in disparte a giocare da solo, improvvisava un canestro immaginario e tirava calci a vuoto gettando ogni tanto un occhiata verso l’altro gruppetto di bambini.
E’ stupido o cosa? Perché non chiede semplicemente ‘posso giocare con voi?’
Quella storia andava avanti già da un mese e gli altri bambini continuarono ad ignorarlo, ma non ci riuscivano quando si trattava di me, non riuscivano proprio a smetterla di fare commenti inopportuni e mi vedevo sempre costretto a rispondere a tono: “Oi avete qualche problema?”
I bambini spaventati correvano sempre via impauriti per la mia faccia. Tutti eccetto uno, che ormai sapeva bene quale fosse la routine e aveva memorizzato chi fossi rivolgendomi ogni tanto delle occhiate.
Non so se siano peggio quegli stupidi e i loro commenti o quel bambino con le sue occhiate.
Passarono altri giorni e si ripeteva sempre la stessa storia, ma un giorno quel bambino si presentò senza il suo pallone e sembrò quasi voler parlare con gli altri bambini, era sul punto di farlo ma come mi aspettai non lo fece e indietreggiò cominciando a disegnare cose a caso sul terreno con un bastoncino.
E’ un vero sfigato... pensai in quel momento, era peggio degli altri.
Quel giorno stesso cominciò a piovere e ciò significava che la mia agonia sarebbe finita prima, era il pretesto giusto per tornare a casa mi dicevo sempre e dentro di me speravo sempre che piovesse per tutto il mese. Tuttavia quella volta cominciò a piovere molto forte e dovetti rimane li dov’ero e aspettare che smettesse, quindi la mia salvezza si era trasformata comunque in una condanna.
Me ne resi conto solo dopo un po’ di non essere solo sotto quell’albero, ero troppo occupato ad osservare il cielo per rendermi conto che il bambino sfigato si era anche lui riparato li sotto. Mi meravigliò che fosse rimasto anche lui e pensai che forse abitava troppo lontano per correre a casa.
“Accidenti non ci voleva proprio questa pioggia, uffi” sbuffò seccato mentre guardava le gocce scendere dal cielo. Perché improvvisamente mi stava parlando? Non rivolgeva a nessuno la parola.
Decisi di ignorarlo come facevo con tutti e tornai al mio libro nell’attesa che smettesse di piovere, ma non trovai pace visto che il mio vicino cominciò ad avvicinarsi per guardare di cosa si trattava.
“Oi” pronunciai e lui sussultò allontanandosi “che problemi hai?”
“Scusami! Non volevo darti fastidio ma ero curioso.”
Inarcai un sopracciglio “Curioso?”
“Sì! Te ne stai sempre a leggere invece di stare con gli altri e ho pensato che deve essere molto interessante quel libro perché quando lo leggi sei felice e non hai più il broncio.”
Sorpreso? Lo ero. Rilassai la fronte e la mascella, abbassi un po’ la guardia nel sentirgli dire una cosa del genere. Era forse la prima persona che aveva notato una cosa del genere, e che avesse effettivamente visto il mio smisurato amore verso la lettura, un amore che non nascondevo ma non amavo mostrare al mondo.
“Sai a me piacciono molto i manga! Quali leggi?” sorrise mostrandomi la sua dentatura piena di buchi.
“Non leggo quegli stupidi fumetti.”
Parve deluso della mia risposta. Era quello che volevo, io odiavo le persone come lui e pensavo che fosse uno sfigato, una nullità che non era neppure capace di chiedere a dei bambini se poteva giocare con loro.
Si rannicchiò, porto le ginocchia contro il petto e se le strinse “Mi dispiace di averti offeso” disse.
“Offeso?”
“Si, beh, sembra che quello che dico offenda le persone” ridacchiò mascherando un po’ di amarezza, “anche i miei compagni di classe mi trovavano petulante e appiccicoso, non volevo offenderti quindi ti chiedo scusa.”
Voleva forse farmi capire che era uno sfigato anche a scuola? Assurdo. Non ci voleva tanto a mettere a posto una persona, o a farsi rispettare e io lo sapevo bene. Venivo chiamato incrocio, alieno e in tanti altri modi ma mi ero stancato di quei nomignoli e avevo iniziato a ribellarmi. Forse avrei dovuto dirgli di fare lo stesso? Ma questo avrebbe significato iniziare una conversazione, e dargli corda. Non volevo questo perché non volevo averci nulla a che fare con un bambino così.
“Leggo alcuni capitoli nei magazine.”
Che mi prendeva?
Il bambino mi fissò sollevando la testa dalle ginocchia e sembrò illuminarsi “Davvero?! E cosa leggi? A me piace moltissimo XXX trovo che il suo protagonista sia davvero fighissimo!” sorrise.
“Ti piace quello più idiota del gruppo.. assurdo.” Si spense di colpo nuovamente, sembrò quasi come se lo avessi rimproverato e la cosa mi fece quasi sorridere ma lo nascosi. Era un bambino sempliciotto che si lasciava facilmente condizionare dalle parole del prossimo e questo lo avevo capito.
Non so cosa mi prese. Di solito odiavo parlare così tanto con qualcuno che era il mio opposto, e quel che poi scoprii chiamarsi Aki non era un granché nemmeno nelle conversazioni, eppure anche quando smise di piovere restai li ancora un po’ a rispondere come potevo alle sue innumerevoli domande.
Dovevo essere impazzito sul serio.


Trascorsero quanti? Forse due mesi e la scuola ricominciò presto e le giornate calde furono portate presto via da un autunno molto più freddo del solito. Me ne rendevo sempre conto dall’albero in giardino che aveva iniziato a perdere le sue foglie prematuramente.
Sarebbe stato un autunno come al solito, normalissimo ma sentivo che da un po’ di tempo nella mia vita era iniziata una tempesta che non potevo controllare o evitare.
Quella mattina uscii presto di casa per andare a scuola, salutai la mamma per correre via ed evitare la solita tortura ma quando chiusi la porta alle mie spalle fu inevitabile come ogni mattina.
“Oh Hayato buongiorno!” e mi ritrovai Aki a pochi metri dalla porta che mi aspettava per andare a scuola insieme come ormai ogni giorno da un po’ di tempo.
Nel trovarmelo tutti i giorni davanti non era certo un buon giorno, ma più cercavo di trattarlo male e di cacciarlo più lui restava. Era stupido sul serio.
“’giorno” risposi già seccato di primo mattino con un filo di voce.
Quella storia sarebbe andata avanti per sempre?
Era chiaro che mi ero condannato con le mie mani e solo dopo avevo scoperto un po’ di cose riguardo quel bambino strano. Prima di tutto si era trasferito da poco in città con la sua famiglia, ecco perché se ne stava sempre da solo. Ma aveva anche problemi a relazionarsi con gli altri ad eccezione di me. Sembravo essere l’unico che non lo rendeva nervoso e quando iniziava a parlare lo faceva a raffica senza darmi tregua.
Secondo: da quel poco che avevo ascoltato dei suoi lunghi monologhi anche lui viveva da solo con la madre visto che il padre era rimasto per lavoro ad Osaka e li raggiungeva ogni tanto quando le ferie lo permettevano. Un po’ la mia situazione, e lo sentii quasi un po’ vicino, ma immediatamente mi diedi una svegliata, mi obbligai a smetterla di fare così e non me lo sarei più scrollato di dosso visto che era diventato non solo un mio compagno di classe ma viveva anche accanto a me.
Una persecuzione!
“Hayato che ne dici se oggi pomeriggio andiamo a giocare nel parchetto?” propose.
Che saccatura pensai. “Devo studiare oggi.”
“Eeeeh ancora? Ma sei il più bravo della classe a cosa ti serve studiare così tanto” si lamentò con una voce resa più acuta e snervante del solito. Faceva sempre così.
“Dovresti farlo anche tu visto che sei quello più indietro invece.”
Si sentì colpito e affondato, fece crollare il capo in avanti. Bastava così poco per cambiargli l’umore, era un libro aperto. Non era nemmeno così divertente capire ogni sua emozione, non c’era stimolo, era così banale da farmi rabbia. E le giornate trascorrevano così, con il mio umore sempre messo alla prova dai suoi continui tentativi di incollarsi addosso proponendomi di fare tutte cose che odiavo. Non lo capiva proprio che le mie erano tutte scuse per allontanarlo.
Non so come dopo la scuola riuscii a filarmela verso casa da solo, feci in modo di non farmi trovare e finalmente ebbi due secondi di pace. Una volta rientrato mi gettai sul letto, mi sentivo stanco come se avessi corso una lunga maratona ed era incredibile che fosse solo uno stupido bambino a mettere così a dura prova la mia mente. Devo liberarmene in qualche modo.
“Hayato sei a casa?” entrò in camera la mamma e notò che me ne stavo gettato sul letto come un sacco di patate, non lo trovò di suo gradimento “Se non hai da studiare esci di qui e va a giocare con gli altri bambini, lo sai che odio vederti qui da solo.”
“Devo studiare.”
La mamma ebbe un tic di rabbia “Non mentire. Sono tua madre e so che ti anticipi tutti i compiti in un solo giorno quindi ora... ESCI DA QUI!”
Il mondo intero mi era contro, mia madre compresa. Tutto l’universo voleva che io me ne stessi fuori casa a fare lo stupido con una palla invece che preferire un me sempre sui libri ma per fortuna ero riuscivo a portarmene uno dietro di nascosto.
Il pensiero di dover andare in quel parchetto dove c’era Aki mi fece venire un nodo lo stomaco, e improvvisamente l’idea di scappare di casa e farmi una nuova vita con una madre normale fu più allentante.
Camminai molto lentamente sperando che passasse più tempo nel tragitto tra me e il parchetto, ma trascorsero appena cinque minuti. Era inevitabile dovevo soffrire li.
Una volta arrivato notai una scena nuova e ne rimasi sorpreso, c’era Aki che stava finalmente parlando con altri bambini, alcuni dei quali era persino nostri compagni di scuola. Mi avvicinai abbastanza per ascoltarne la conversazione e capire come avesse trovato il coraggio.
“Tu non sei quello che se ne sta sempre insieme all’incrocio?”
Sentire quella parola mi paralizzò. Ero io l’incrocio, e mi ferì sentirmi chiamare ancora così. Non avevano ancora imparato la lezione, erano degli ignoranti.
“Incrocio?” sentii Aki confuso per quella parola.
Un altro bambino gli si avvicinò “Sì, quel bambino che sta nella nostra classe e che fa paura. E’ così strano, ha gli occhi troppo chiari e i capelli bianchi. Sembra un alieno.”
Succedeva sempre. Non importava che io mi sforzassi di uscire di casa o meno, o che ci provassi a parlare con gli altri bambini, per loro ero diverso, un alieno. Tutto ciò mi faceva rabbia, tanto che non volli più ascoltare altro, e feci per tornarmene a casa.
“Ah intendete Hayato!” finalmente parve arrivarci. Sei proprio un stupido dopotutto. “Ma Hayato non è un alieno” lo sentii dire “è solo un gran brontolone ma una volta che ci parli è simpatico e poi...” mi fermai a sentire che altra stupidaggine stesse per aggiungere “e poi trovo che i suoi occhi siano davvero belli.”
Mi voltai dopo averlo sentito. Cosa?
Penso ancora che sia uno stupido, vero? Non aveva detto nulla di che dopotutto.
“Dovreste smetterla di chiamare le persone con nomignoli è da veri maleducati!” li rimproverò. E gli altri bambini furono sbigottiti, quella piccola furia cominciò a fargli una lavata di capo costringendoli ad andarsene.
E’ uno stupido, continuavo a ripetermi.
“Accidenti sono rimasto di nuovo da solo!” gridò dopo essersi accorto di aver fatto scappare tutti e lasciò cadere la sua palla a terra come in segno di resa.
Fu allora che mi feci avanti raccogliendola e attirando finalmente la sua attenzione, e Aki restò sorpreso di trovarmi li “Questa palla è sgonfia” osservai per dire qualcosa. Mi sentivo un po’ in imbarazzo, dovevo ammettere o meno di aver ascoltato tutto o no? Preferii non dire nulla. Infatti neppure lui mi disse niente e lasciammo entrambi perdere quella faccenda.
Aki mi sorrise “Hai finito i compiti presto! Meno male.”
Mi aveva sul serio creduto quella mattina “S-sì” non riuscii a guardarlo in faccia.
Cominciai a pensare che forse più che stupido era solo molto ingenuo, tanto da credere troppo nelle persone.
“... io trovo che i suoi occhi siano davvero belli.”
Quelle parole erano state così banali eppure risuonavano ancora nella mie mente. Forse perché era la prima volta che qualcuno di diverso dalla mia famiglia non mi diceva che ero strano.
“Allora possiamo giocare un po’ con la palla.. ah a te non piace è vero” si rabbuiò.
Guardai la sua espressione che aveva improvvisamente perso i suoi colori mostrandomi un viso triste e non mi piacque, visto che dovevo essere solo io quello dei due che non sorrideva mai.
“Giochiamo.”
Aki fu colpito dalla mia improvvisa proposta, e che volessi giocare. Immediatamente come un il sole che torna dopo la tempesta mi sorrise contento per quella semplice parola.
In quel momento pensai che era molto più piacevole quando sorrideva in quel modo.

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Note autrice: Vorrei chiarire una cosa, qui Hayato ha solamente sette anni ed è davvero troppo assurdo pensare che si sia innamorato di Aki a quell'età. Semplicemente, in ciò che ho scritto, volevo lasciar intendere come alcuni incontri siano SPECIALI fin da subito. Siamo attratti da persone che non penseremmo mai di conoscere, magari l'altro è troppo diverso da noi e poi BOOM ci si ritrova a parlare, a stare insieme, a creare un rapporto. Nel caso di Hayato il suo amore non era ancora tale, ma da queste prime righe è stato piantato il seme di qualcosa di più grande.

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Capitolo 35
*** SPECIALE: I finally found you 2 ***


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SPECIALE PARTE 2: I finally found you


Hayato Maeda, 8 anni.
Da quando Aki era diventato mio amico per forza di cose, anche la mamma cominciò a darmi un po’ di tregua vedendo che passavo molto tempo insieme ad un altra persona. Lentamente mi stavo allontanando da quello che ero, leggevo molto meno e aveva iniziato a comprare degli stupidi manga.
Ogni volta che mettevo piede in fumetteria mi ponevo sempre la stessa domanda: che ci faccio qui? E puntualmente pensavo ad Aki e a quanto sarebbe stato contento di vedere il nuovo volume della nostra serie preferita. Il pensiero del suo sorriso riusciva sempre a fare battere il mio cuore più forte.
Era passato già un anno da quando era entrato a far parte della mia vita e quei giorni erano letteralmente volati. Con la sua sola presenza creava un uragano impedendomi anche solo di pensare con logica alle cose. Era strano, ma al tempo stesso bello.
“Incredibile hai il nuovo volume! Ma è appena uscito come fai già ad averlo?”
Tutto il suo piccolo viso si illuminò per una cosa così banale, e sulle sua guance apparve il solito rossore. Perchè aveva sempre il viso rosso? “Se vuoi te lo presto.”
Sollevò gli occhi per guardarmi “Eh? Ma lo hai appena comprato...”
“L’ho letto già tre volte quindi puoi prenderlo.”
Sfoderò ancora una volta un ampio sorriso mostrandomi tutta la sua contentezza “Grazie Hayato! Te lo riporterò appena finito.” Ma sapevo che questo non sarebbe mai accaduto.
Aki era smemorato, e meno che non gli ricordassi di fare le cose non riusciva mai prefissarsi di restituirmi qualcosa ma non mi interessava, quel manga lo avevo giusto sfogliato un po’ e basta.
“Ragazzi posso entrare?” dal nulla sbucò la mamma di Aki. Non era la prima volta che la vedevo, era una donna gentile e premurosa al contrario della mia che era più fredda nei gesti, non che fosse una cattiva madre. “Vi ho portato la merenda. Hayato-kun spero ti piaccia la torta di mele.”
Annuii un po’ a disagio non essendo abituato a certe premure.
“Mamma mamma! Guarda Hayato cosa mi ha portato!” mostrò fiero il nuovo fumetto alla madre.
“Oh Aki un altro? Hai restituito gli altri?”
Aki parve pensarci e sbiancò “Ops.. mi dispiace Hayato...” si voltò a guardarmi sul punto di piangere.
“Tranquillo.”
E Aki venne rimproverato dalla madre. Erano un duo strano, una famiglia amorevole e se Aki era così doveva essere per via della madre, e di tutte quelle troppe premure. Non faceva che rimproverarlo, ma a volte mi era anche capitato di vederli al mattino scambiarsi lunghi abbracci quasi come se la madre non volesse lasciarlo andare per nulla al mondo. Una tale dimostrazione di affetto mi aveva addirittura infastidito.
“Hayato-kun tua madre tornerà tardi anche oggi?”
“Sì, ha una causa importante.”
Aki mi si parò davanti con una strana scintilla negli occhi “Mamma può dormire qui con me? A casa è sempre da solo e non va bene!”
Cosa?! Che diamine gli saltava in mente all’improvviso. “Beh se ad Hayato non dispiace e alla madre sta bene per me può anche rimanere” e mi investì con lo stesso sorriso del figlio. Dall’imbarazzo sentii le guance diventare di fuoco, quella famiglia aveva sul serio qualcosa che non andava.
Non volevo restare, ma fui convinto ancora una volta contro la mia volontà, dopo la lunga insistenza di Aki.
“Bene. Dormiremo nello stesso letto come due fratellini” ridacchiò felice.
“Oi...”
Corse dall’altra parte della stanza “Potremo giocare ai videogiochi tutta la notte e dopo magari giocare a qualcos’altro. Che ti piacerebbe Hayato?” mi guardò con un tale entusiasmo da farmi paura.
“Non sarebbe più appropriato se dormissi su un futon?”
Il suo solito sorriso sparì “Perché? Non vuoi dormire insieme a me?”
Mi guardò improvvisamente come un cane bastonato e la cosa mi mise a disagio tanto che non riuscii più a guardarlo in faccia, così distolsi lo guardo. “Beh sono un ospite.. un estraneo.”
“Ma cosa dici stupido ahahah tu sei mio amico non sei un estraneo!”
Amico.
“La mamma avrà già preparato il bagno quindi facciamo anche quello insieme. Sarà divertente!”
Per lui ero un amico quindi, mi vedeva così e mi chiedevo se anche lui per me fosse un amico dopo tutto questo tempo passato insieme. Non ci avevo mai davvero pensato seriamente, non avendo mai avuto amici.
Poi di colpo da quella riflessione tornai alla realtà perché mi era parso di sentire un altra cosa strana.
“Bagno... insieme... SEI IMPAZZITO?!” esclamai e per la prima volta avevo usato un po’ più di voce perdendo per un momento il controllo di me stesso e la colpa era sua.
“Sì, ho sempre sognato di farlo con un mio amico!” e sorrise contento della cosa.
Mi arresi. Non c’era modo di contraddirlo e se lo avessi fatto temevo che quel sorriso sarebbe sparito, così scontento della situazione, fui trascinato con lui in bagno e contro ogni probabilità mi ritrovai nella sua stessa vasca a giocare con paperelle di gomma e a buttarci la schiuma addosso. Fu divertente, dovetti ammetterlo, poi la madre ci rimproverò per tutto il baccano e filammo a letto.
Mi prestò uno dei suoi improbabili pigiami con sopra dei supereroi e mi invitò ad infilarmi nel letto insieme a lui, e lo feci, mi sentivo tremendamente stanco dopo una giornata passata dietro la sua testa.
“Perché sorridi sempre... non ti fa male la faccia?” chiedi vedendolo contento anche sdraiato.
“La mamma dice che sorridere fa bene e ti rende più forte quindi io lo faccio sempre così da poter crescere grande e grosso come i miei eroi dei fumetti” che spiegazione stupida pensai, “dovresti farlo anche più spesso, Hayato.”
“Io?”
“Sì, hai un bellissimo sorriso e dovresti mostrarlo di più” mi guardò con quei suoi grossi occhioni verdi e gli luccicarono nel dirlo, lo pensava davvero e lo potevo chiaramente vedere.
Era la seconda volta che diceva una cosa del genere, ed era sempre l’unico a trovare che io fossi bello nel mio modo di sorridere. Non provava noia nello stare con me. Era proprio pazzo.
Mi strinsi nelle coperte per nascondere il volto “Buona notte” dissi solamente.
“Eh?! Ma ti addormenti di già? Hayato!”
Lo ignorai perché non sapevo come ricambiare un simile complimenti ma anche perché sentivo di essere diventato tutto rosso e non volevo mostrargli il mio volto, era troppo imbarazzante.
Dormii stranamente bene quella notte, sebbene diverse volte mi ero ritrovato un piede addosso ma a parte alcuni inconvenienti la notte passò serena e il tepore di quel letto mi fece dormire serenamente senza incubi o sogni strani. Quando il mattino dopo aprii gli occhi mi sembrò quasi casa mia quella stanza, ebbi una sensazione di familiarità che fino a quel momento non avevo mai avvertito con nessuno luogo.
Gettai allora un occhiata verso il mio compagno di letto e lo trovai spaparanzato con la pancia all’aria, i capelli neri disordinati e quelle dannate guance sempre un po’ arrossate. Aveva un viso così piccolo, e la pelle sembrava essere molto delicata. Mi accorsi in quel momento di non averlo mai guardato attentamente, mai abbastanza da rendermi conto che aveva delle ciglia belle folte e che aveva delle mani davvero piccole.
Non lo avevo mai guardato bene.
Fu un momento interminabile ma piacevole. Non volli svegliarlo e lo lasciai dormire in modo tale che potessi guardarlo ancora un po’ perché mi faceva stare bene. Mi calmava l’anima il suo viso assopito e il cuore mi si riempì di un dolce tepore. Che sensazione strana, pensai. Ero diventato pazzo anch’io.

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Capitolo 36
*** SPECIALE: I finally found you 3 ***


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SPECIALE PARTE 3: I finally found you


Hayato Maeda, 9 anni
E’ sempre strano quanto il tempo sfugga dalle mani, scorre inesorabile e si cambia con esso. Mi rendevo sempre più conto di non essere più quello di prima, qualcosa in me cominciava ad essere diverso. Ero diventato stranamente più propenso nel fare cose che avevo sempre odiato, e avevo iniziato a trovare quasi divertente la sua compagnia. Mi arresi all’idea di essere completamente impazzito, come quella volta che accettai misteriosamente di andare in campagna con Aki e suoi. Una cosa che un tempo non avrei mai fatto.
Era una bella domenica di primavera quando Aki mi portò con se per quella scampagnata con i suoi, e con noi c’era anche la piccola Mei che non mi si scrollava di dosso, non che il fratello maggiore fosse da meno. Arrivavano quasi a litigare per chi doveva sedersi accanto a me, come due stupidi insomma ma li lasciavo stare e cercavo di non immischiarmi più di tanto.
Col tempo cominciai a conoscere anche suo padre, un uomo giovane e bello, tremendamente simile al figlio e cominciai a capire da chi Aki avesse preso i suoi occhioni verdi, ma non era solo nell’aspetto che si somigliavano, anche suo padre era un bambinone. Amava inventare ogni possibile scherzo per la moglie, prendendola in giro e facendo spesso il buffone mantenendo lo stesso sorriso del figlio. Tutta quella allegria non faceva che creare un famiglia armoniosa e allegra, molto diversa dalla mia che aveva iniziato a cadere a pezzi. Ormai il mio papà era sempre più lontano da casa e da tutti noi.
“Hayato guarda! Ho trovato una lucertola” e improvvisamente, da che ero sommerso da pensieri mi ritrovai invece investito da Aki che mi puntava in faccia una lucertola appena catturata.
“Bleah toglimela dalla faccia” e lo spinsi via disgustato.
Aki osservò l’animale e parve deluso “Credevo che ti sarebbe piaciuta..”
“Non vado dietro a certe cose, lo sai.”
Aki sorrise “Si lo so. Allo vieni con me!” e di colpo mi afferrò la mano costringendomi a seguirlo.
Lo faceva spesso. Senza pensarci mi prendeva la mano e la teneva stretta forse con la paura che potessi andarmene, chissà. Sta di fatto che ogni volta che lo faceva sentivo uno strano tepore dove lui mi stringeva e il cuore batteva un po’ più forte. Avevo cominciato a trovare piacevoli quelle stupide cose, ero impazzito e mi chiedevo se fossi l’unico a vederla in quel modo.
“Ecco!” Mi lasciò andare. Fui portato davanti ad una distesa immensa e senza fine di fiori gialli, e c’era così tanto verde che mi sembrò di essere accanto all’oceano. Il sole riscaldava tutto illuminando i petali dei fiori, e nel in tutto quel verde c’era un fiumiciattolo piccolino che brillava come un diamante. “Ti piace? Qui puoi leggere in tranquillità, sono sicuro che questa cosa ti piace molto di più.”
Lo fissai stupito che avesse avuto un simile pensiero ma io non gli avevo chiesto questo. Forse respingendolo prima ci era rimasto male e ora tentava di rimediare. Ero il solito, non riuscivo mai ad essere diverso da come ero e per quel motivo molto spesso spegnevo il suo sorriso.
“Aki.. pensi che io sia noioso?”
“Noioso?” mi fissò non capendo.
Strinsi i pugni e sollevai le spalle tentando di nascondervi il collo e la testa ma senza riuscirci, ero a disagio “Si insomma noioso...” mantenni lo sguardo basso, puntato a terra e senza accorgermene mi ritrovai di nuovo una lucertola sotto al naso che mi fece sussultare dallo spavento. Lo guardai senza parole e col respiro accelerato, che diamine gli prendeva!
“Ahahahah per niente! Sei uno spasso vedi?” rise per un po’ e il viso gli si illuminò.
Irritato dallo scherzo gli tirai una guancia con due dita fino a farlo pregare di fermarmi “Idiota” dissi mentre Aki mi pregava di non farlo, e cominciai anch’io a trovare divertente tutto ciò e gli sorrisi. Se la metteva in quel modo avrei giocato con le stesse armi fino a farlo arrendere, così cominciai a toccarlo per fargli il solletico e riprese a ridere supplicandomi di fermarmi. “Chiedi perdono per la lucertola su!”
“Ok ok ok chiedo scusa ahahah ma basta!” Tenerlo così vicino e stretto a me fece di nuovo sussultare il mio cuore, quella sensazioni mi portò a lasciarlo andare, ero confuso, e Aki si accorse probabilmente della mia espressione mutata improvvisamente. “Hayato?”
Che mi prendeva? Mi sentivo così strano ogni volta che gli ero vicino.
“Aki-chan!”
E apparve completamente dal nulla un altro bambino, vestito in salopette un po’ sporca di terriccio, era scalzo e aveva i capelli rossi e folti in disordine. Chi diamine era adesso quel tipo?
“Mamoru!” rispose di conseguenza Aki correndogli incontro e allontanandosi da me. Era la prima volta che vedevo Aki rivolgersi amichevolmente con qualcun altro che non fossi io.
“Da quanto tempo Mamoru! Vieni ti presento un mio amico” gli prese il braccio e lo portò verso di me. Stava facendo la stessa cosa che aveva fatto poco fa con me. Stava toccando un altro allo stesso modo.
Quella visione cominciò ad irritarmi e la faccia di quel bambino anche, era una nullità!
“Mamoru questo è Hayato, un mio nuovo amico, l’ho conosciuto appena mi sono trasferito.” Il ragazzino mi rivolse un occhiata e sorrise mostrandomi un viso che non aveva niente di carino, eppure faceva la stessa cosa che faceva sempre Aki. “Hayato lui è Mamoru, è mio amico da tantissimo tempo.”
“Ti ricordi? Ci vedevamo praticamente tutti i giorni, era bellissimo” ridacchiò quello sgorbio.
Aki si girò a guardarlo e avevo già capito cosa stava per fare, lo faceva sempre e rivolse a quel bambino lo stesso identico sorriso che faceva sempre a me da quando lo avevo conosciuto.
Non farlo.
“Come ti trovi in città?” continuò a dire quel Mamoru.
Smettila di parlaci.
“Benone! Specialmente da quando ho Hayato va tutto alla grande. Ah lo sai? Hayato è bravissimo nel judo, è un vero campione rispetto a me che sono una frana in tutto” ridacchiò.
Smettila di mostrargli quella faccia.
“Sei sempre il solito Aki-chan ahaha”
Lo feci senza più pensarci lucidamente e con un gesto brusco diedi uno spintone a Mamoru che non aspettandoselo cadde all’indietro.
Quando mi resi conto di ciò che avevo fatto era troppo tardi e guardai la scena di quel bambino confuso, mi osservai le mani e non potevo credere che fossi stato davvero io.
“Hayato ma che fai?!” esclamò Aki correndo da Mamoru e accertandosi che stesse bene, “Ti sei fatto male? Scusalo non voleva spingerti.”
“Va tutto bene, sto benone” ridacchiò ancora stupito di essersi trovato a terra e si fece aiutare nel rimettersi in piedi. Quando Aki lo toccò per aiutarlo la rabbia che già sentivo dentro non fece che aumentare e capii che dovevo andarmene di li prima di fare qualcos’altro.
Fu allora che digrignai i denti per controllarmi e scappai via lasciando entrambi senza una spiegazione e mentre correvo via sentii da lontano Aki urlare “Hayato!!” ma non mi voltai a guardarlo.
C’era davvero qualcosa che non andava in me, e l’idea che fossi diverso da un po’ di tempo era reale. Mi domandavo cosa mi fosse preso, era la prima regola del judo di non usare mai la propria forza su qualcun altro senza un valido motivo e ora mi ero permesso di spingere quel bambino senza una motivazione.
Mi ero arrabbiato ma perché, e immediatamente mi tornò in mente la scena di Aki che sorrideva e toccava qualcun altro che non fossi io.
Non sono forse io il suo unico amico, in fondo è lui che lo ripete in continuazione e mi sta sempre incollato, poi improvvisamente ne sbuca un altro e smette di pensare a me.
“Quello stupido” pensai ad alta voce.
Quella rabbia mi faceva così male al petto da non sopportarlo. Volevo solo andarmene a casa.
“Hayato!”
Fui sorpreso da quella vocina così familiare.
“Corri davvero veloce accidenti” e ansimò esausto, “che hai? Non ti senti bene per caso? Perché sei corso via” e fece per sfiorarmi il viso e quell’improvviso gesto mi fece reagire di conseguenza respingendolo allontanando quella mano da me, “Hayato?”
“Non toccarmi!”
Sul volto di Aki si dipinse tanta preoccupazione per me “Hayato che hai?”
“Niente. Voglio solo restare da solo.”
Non volevo dire ciò perché avrebbe significato che Aki era libero di tornare da quel Mamoru e non era ciò che volevo. Desideravo che stesse solamente con me e nessun altro e mi domandai da quando fossi diventato così egoista, da quando la sua compagnia mi era diventata così indispensabile.
“E’ per qualcosa che ho detto? Hai ragione.. ho detto del judo a qualcuno che non conosci mi dispiace.”
Ti sbagli.
Il suo visino si spense in una smorfia di dispiacere e improvvisamente ero stato io a spegnere quel suo sorriso così luminoso.
Non fare così. Vederlo in quello stato mi fece ancora più male della rabbia stessa e di colpo la sentii andare via. Vederlo così era capace anche di cambiare il mio umore e di rendermi di nuovo me stesso.
Sapevo come fargli tornare il sorriso, conoscevo ormai mille modi per cambiare il suo umore, come avevo già detto una volta per me Aki era un libro aperto, facile da sfogliare eppure così difficile allo stesso tempo da mandarmi sempre più spesso nel pallone facendomi provare emozioni strane.
“Hayato?”
“Domenica ho un gara... verresti a vedermi?”
Che diavolo stavo dicendo. Eppure aspettavo una sua reazione, scrutavo il suo viso – che nel frattempo era quasi sul punto di piangere – e ora avvolto nel più totale stupore per quella mia improvvisa e sciocca domanda. Non lo avrei biasimato se mi avesse chiamato pazzo, tuttavia però accadde ciò che avevo sperato e la sua bocca si distese in un ampio e solare sorriso quasi di commozione. Gli occhi gli brillarono diventando dello stesso colore di un bel prato illuminato da sole, e le guance assunsero una tonalità così rossa da ricordarmi una rosa appena sbocciata.
“Davvero vuoi che venga? Davvero?!”
Annuii “S-sì..”
Rise come se stesse aspettando quella richiesta da una vita e vederlo così allegro mi fece capire che volevo quel sorriso tutto per me. Era lui stesso che mi faceva bene, ormai non ricordavo più nemmeno com’erano le mie giornate prima visto che quasi buona parte del mio tempo lo passavo con lui o pensando a cosa mi avrebbe proposto.
Non sapevo proprio come chiamare quel sentimento che sentivo ma era bello e presi la decisione di non volerlo più accantonare, anzi, iniziai a capire che era una bella sensazione e accettai tutto ciò.
Ah e comunque poco dopo quel episodio fui costretto a scusarmi con Mamoru contro la mia volontà e Aki era dietro di me, a mo’ di poliziotto, che vegliava sulla situazione osservando come lo facevo.
“Mi dispiace di averti spinto a terra, sorry” espressi quelle scuse con un tono robotico e privo di sentimento e Aki mi diede una colpo alla testa rimproverandomi.
“Fallo bene stupido!” gli lanciai un occhiataccia.
Mamoru però non se ne curò più di tanto, sorrise e mi disse che non era affatto arrabbiato. A quanto pare solo Aki riusciva a capire quando ero sincero o meno, il che mi fece capire che nessun altro al mondo poteva capirmi se non lui e sorrisi per quel pensiero. Lui era speciale, e lo era stato fin dall’inizio.

Note autrice: Qui finiscono i tre speciali riguardo il primo incontro tra Aki e Hayato. Tra qualche giorno invece partirà lo speciale di Natale quindi preparatevi. Seguimi sulla Pagina Ufficiale

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Capitolo 37
*** Speciale Christmas! ***


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Speciale Christmas!


Dalla finestra potevo vedere che aveva iniziato a nevicare. Cadevano lenti e fitti dei fiocchi, e molto presto tutta la nostra prefettura si sarebbe tinta di bianco. Stava arrivando il Natale.
“Sei il solito stupido!” sentii gridare e andandomi a girare verso il resto della classe notai Mina che se la prendeva con Yoshida e quest’ultimo era sulla difensiva.
“Non è colpa mia se hanno deciso di fare la settimana bianca proprio in quei giorni!”
“Sei uno sciocco. Non voglio più vederti!”
E la ragazza lasciò la nostra aula furiosa. La scena non mi colpì più di tanto, non era la prima volta che li vedevo litigare, quindi non stupì che se ne fosse andata in quel modo.
Yoshida tornò a sedersi sconfitto, e osservai la sua espressione afflitta senza dire nulla poi fu lui stesso ad accorgersi della mia presenza. “Credevo fossi andato a mangiare. Dov’è il principe?”
“Hayato è a casa con la febbre in questi giorni.”
“Che fortuna. Hai una rottura in meno a cui badare.” Lo sentii sospirare.
“Che voleva Mina? Perché era così arrabbiata?”
Yoshida si sollevò per sedersi meglio, “Se la prende con me quando poi io non c’entro niente! I miei genitori hanno deciso di andare in montagna proprio nei giorni di natale e a causa di questo non potremo passarlo insieme. Cosa posso farci io eh?!!”
“Nulla.”
“Aaah avere la ragazza è un noia mortale. Non fanno che brontolare, si lamentano sempre. Dimmi anche stare con un ragazzo è così? Credo di no, noi non ci lamentiamo mai.”
Ripensai ad Hayato e mi tornarono in mente diverse occasioni in cui mi era sembrato una ragazza: “Ogni volta che ti fai la doccia lasci un macello. Va a pulire idiota!”
“Credimi non c’è alcuna differenza” ridacchiai.
Yoshida sospirò “Ora devo anche andarle a prendere un regalo, ma di sicuro si lamenterà anche di quello.”
“Regalo?”
Il mio amico mi fissò “Si Aki, Natale è una festa che si trascorre con chi si ama e quindi quel giorno dovrai passarlo con Hayato, farete qualcosa di romantico e vi scambierete dei regali. Immagina che cosa poetica se lui ti dicesse che ti ama sotto l’albero gigante che c’è in centro.”
Usò un tono ironico per deridermi.
“Idiota. Queste cose le fanno le coppie etero noi non possiamo farci vedere in pubblico e poi non siamo proprio tipi da fare certe cose. Anzi credo che non ci faremo neppure dei regali, siamo maschi dopotutto.”
Yoshida mi rise in faccia per quella mia uscita e si accasciò con la testa sul banco nascondendosi. Mi sentivo continuamente preso in giro e trovavo la cosa molto irritante.
Fu in quel momento che apparve dal nulla Oija seguito a ruota da Iku che stava divorando con avidità un panino preso alla caffetteria. Entrambi afferrarono delle sedie e si avvicinarono a noi.
“Perché ride?” domandò Oija guardando Yoshida.
“Perché è uno stupido.”
Iku mi offrì un po’ del suo pranzo ma rifiutai ringraziandolo. “Yoshida tu hai già pensato cosa regalare a Mina? Io sono indeciso su cosa prendere, conosco molto poco Saori e magari potresti darmi delle idee.”
Si parlava ancora di regali. Yoshida sentendosi chiamato sollevò la testa e guardò il nostro amico facendo spallucce “Saori è complicata, regalale un diamante e di sicuro la renderai felice.”
“Eeh? Per chi mi hai preso? Non ho i soldi nemmeno per prenderle un peluche.”
Intervenni a quel punto: “Portala da qualche parte? Sono convinto che se le dedicherai un po’ tempo lo apprezzerà comunque.” Yoshida nel sentirmi dire ciò sorrise prendendomi ancora in giro e gli lanciai un occhiataccia.
Oija parve pensarci “Non è una cattiva idea. Non stiamo da molto insieme, magari portarla da qualche parte sarebbe anche il modo per conoscerci meglio.”
“Propongo un bel love hotel per conoscersi meglio” intervenne ironico Yoshida.
“Sei senza speranze...” commentai a quel suo intervento così triste.
Quella lunga mattinata a scuola passò lentamente, mentre fuori dalla finestra continuava a nevicare. L’argomento continuò ad essere cosa fare a Natale, e notai con sempre più attenzione che in giro non si parlava di altro. Non me ne ero mai reso conto, eppure ovunque mi voltassi c’erano coppiette che pianificavano il loro Natale insieme. Nel constatare ciò mi accorsi che io non avevo affatto riflettuto riguardo ciò, e se anche ci provavo non riuscivo proprio a vedere del romantico tra me e Hayato. Cosa potevano mai fare due ragazzi? Non certo andarsene in giro mano nella mano come tutti.
Tornando a casa decisi di passare per un konbini e comprai del dolcetti al cioccolato. Visto che Hayato stava male, ero solito passare tutti i giorno dopo la scuola per andarlo a trovare e quel giorno decisi di portargli anche qualcosa di buono da fargli mangiare sperando che stesse meglio.
Ad aprirmi la porta di casa fu Kou che stava uscendo per il suo doposcuola. Mi lanciò un occhiata di sufficienza dicendomi che Hayato era in camera sua e andò via chiamandomi idiota. Restavo sempre sconvolto dal poco rispetto che quel moccioso portava verso una persona più grande di lui, e non riuscivo proprio a crederci che somigliasse così tanto al fratello sotto quell’aspetto.
Salii rapidamente le scale e mi affacciai alla stanza di Hayato trovandolo a letto, indossava il suo pigiama blu scuro e lo vidi tutto intento nella lettura di uno dei suoi libri. A terra e sul letto ce ne erano molti altri, chissà quanti che aveva riletti in quel giorni di noia.
Nel vedermi chiuse il libro e mi scrutò attentamente con quei suoi occhi blu così penetranti. Gli mostrai allora la busta che avevo con me, “Ti ho portato i tuoi dolci preferiti.” Mi avvicinai per darglieli e come un bambino curioso scartò la confezione per mangiarne qualcuno, osservai la cosa mentre mi liberavo dal cappotto e dalla giacca della divisa. “Ti senti meglio?”
“La febbre è scesa finalmente ma continuo a sentirmi di merda. Com’è andata a scuola?”
“Normale, ha nevicato tanto però quindi molte attività sono state sospese. Ho preso degli appunti come hai chiesto, dopo te li lascio sulla scrivania.”
Hayato mi guardò “I tuoi appunti sono pessimi.”
Sorrisi seccato “Scusami se non sono un genio come qualcun altro in questa stanza.”
Hayato ridacchiò mentre mangiava un altro dolcetto e mi fece cenno di sedermi sul letto. Feci come diceva e nel sedermi fui afferrato senza preavviso da dietro, mi strinse a lui e sentii il suo respiro sul mio collo. Il cuore cominciò a battermi forte nel petto.
“Non ti manco? Non noti che manca qualcuno con te ogni giorno?”
“C-che dici.. io ti vedo comunque tutti i giorni...” ero imbarazzato a morte. Mi diede un bacio sulla nuca e provai un brivido lungo la schiena. Era così sensuale da mandare in confusione ogni mio pensiero logico, e dove mi toccava cominciava a bruciare così tanto. “Oggi tutti non hanno fatto che parlare di Natale, è stato abbastanza noioso” cominciai improvvisamente a dire mentre ero avvolto dal suo abbraccio.
“Giusto, tra un po' è Natale. Vuoi fare qualcosa di particolare quel giorno?”
Sgranai gli occhi per quella domanda e di scatto mi voltai a guardarlo “In che senso? Vuoi andare da qualche parte per Natale?”
“Beh si, è il primo Natale che trascorriamo insieme come coppia e credo che starò molto meglio tra una settimana. Dimmi se c’è qualcosa che ti piacerebbe fare.”
Ero tremendamente a disagio. Avevo cercato di convincermi che noi non saremmo arrivati a fare certe cose, che non potevamo perché eravamo entrambi maschi eppure quel suo interesse per la cosa mi diede un senso di tepore che non riuscivo a capire.
“Aki?”
“E non è strano visto che siamo due ragazzi?” cominciai a dire nascondendo il viso sotto i capelli, “Non è strano se usciamo insieme per Natale? Non possiamo tenerci per mano in pubblico o baciarci, che senso ha farlo se non possiamo essere una normale coppia.”
In tutta risposta Hayato mi fissò in silenzio scrutandomi serio poi di colpo mi afferrò la guancia, e cominciò a tirarla facendomi male. “Sei uno stupido. Pensi troppo a queste cose, chi se ne frega cos’è normale e cosa non lo è. Tu vuoi trascorrere quel giorno con me?”
“S-sì!”
“Allora è deciso e non voglio più sentire pensieri così stupidi” e mi strappò un rapido bacio sulle labbra.
Hayato aveva la capacità di rendere tutto così semplice. I miei pensieri più cupi venivano così facilmente sostituiti da positività, e dall’idea che tutto andava bene e così me ne convinsi.
Verso sera tornai a casa mia lasciandolo riposare visto che la febbre era di nuovo salita. Dopo cena, e aver fatto un bagno caldo cominciai ad interrogarmi sulla questione che era stata all’ordine del giorno: visto che anch’io avrei trascorso il Natale col mio mio ragazzo dovevo anche pensare ad un regalo da fargli e assodato quel pensiero cominciò a prendermi lo sconforto. Che diamine gli regalo?!
Due giorni dopo Hayato tornò a scuola anche se continuava a portare la mascherina, e girava per strada completamente avvolto da uno sciarpone di lana per tenersi al caldo.
“Detesto questo freddo” commentò sulla strada per la scuola.
“Forse dovevi restare un altro po’ a letto.”
Mi guardò con sufficienza “Per colpa degli appunti disastrosi di qualcuno non posso più farlo”, mi sentii stranamente il colpa perché era vero, ero un vero disastro.
Il ritorno di Hayato a scuola fu per tutte le ragazze un regalo di Natale anticipato. Il solito corteo si piazzò nuovamente fuori dalla classe, e molte non poterono fare a meno di chiedergli come stesse. Altre invece gli avevano portato dei regalini per la guarigione. Era una scena sempre così assurda.
Yoshida entrando in classe notò il suo ritorno e nel sistemarsi al suo posto commento’: “Il principe si è ripreso quindi”.
“Sì anche se ha ancora un brutto raffreddore.”
Il mio amico si accorse subito delle diverse riviste che avevo portato con me da casa, e strizzò gli occhi incredulo per ciò che aveva appena visto. “Sbaglio o quelle sono riviste per consigli su regali di natale? Che carino vuoi farmi un pensierino aww” all’improvviso mi si incollò addosso come una cozza allo scoglio.
“Lasciami stupido non è per te!”
Gli spiegai brevemente che i miei piani per natale erano cambiati, che Hayato mi aveva proposto di uscire insieme. Yoshida ascoltò tutto con attenzione spiegandogli che a quel punto dovevo pensare anche ad un regalo da fargli.
“Basterebbe che tu ti mettessi un fiocco in testa, scommetterei non so quanto che il principe ne sarebbe super felice.”
“Un fiocco? Smettila di dire sciocchezze.”
Yoshida si lasciò cadere sconfitto sul mio banco “Perché ho un amico così stupido...” lo guardai male e dopo poco tornò a sedere in maniera più composta “hai trovato qualcosa che possa piacergli?”
“No, tutto quello che piace a me, a lui non interessa e a parte i libri Hayato non ha molti interessi.”
“Regalagli un libro allora.”
Sospirai “Non ne capisco molto e potrei regalargli qualcosa che ha già o qualcosa che non gli interessa.”
“Allora rinuncia, non fargli nulla visto che è così problematico.”
La faceva facile lui ma io dovevo almeno fargli qualcosa, un pensierino semplice ma che fosse speciale ma cosa. A consolarmi era il pensiero che mancava ancora un po’ alla vigilia ma tale convincimento passò subito quando giorno dopo giorno la data del nostro appuntamento si avvicinava sempre di più.


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Capitolo 38
*** Speciale Christmas! - seconda parte ***


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Speciale Christmas!
- seconda parte


Per strada si sentiva la classica atmosfera natalizia, ovunque vi erano luci e fiocchi, e non lontano dalle strade principali era stato montato il classico albero di natale. Ormai la vigilia era alle porte e io non sapevo ancora cosa regalargli.
Decisi allora di trascorrere molti più pomeriggi con lui e con diverse scuse lo trascinai per negozi con l’intento di capire cosa gli potesse piacere ma fu inutile. Ogni volta che Hayato sembrava interessato a qualcosa immediatamente sminuiva tutto dicendo: “Che idiozia.” E così ero sempre punto e da capo.
Eravamo in uno degli starbucks della città, e me ne stavo afflitto al mio posto mentre intorno a me c’erano coppiette felici che se la spassavano. Mi chiedevo come facessero le persone a sapere tanto dell’altro. Io conoscevo Hayato da anni eppure in quelle settimane mi ero accorto di non conoscerlo affatto, non sapevo quali erano i suoi gusti in fatto di cibo e vestiti, né cosa amasse in particolare a parte leggere, né come amasse passare il tempo senza di me tra i piedi.
Hayato tornò da me con in mano due cioccolate calde e nel vedermi così afflitto inarcò il sopracciglio.
“Mi spieghi perché sei sempre li a sospirare? Se volevi tornare a casa potevi dirmelo prima.”
“Non è questo...” come potevo dirgli che avevo problemi nel capirlo.
Dentro di me desideravo ardentemente conoscere cosa che gli frullava per la testa ma era troppo chiedere un potere del genere.
“Allora smettila, quella tua brutta faccia mi rovina la cioccolata.”
Si mise a sedere di fronte a me e cominciò a sorseggiare la sua cioccolata. A guardarlo da fuori sarebbe sembrato il figlio di una buona famiglia e in effetti lo era, a livello economico stava bene. Per chi non lo conosceva da vicino sarebbe anche sembrato un ragazzo educato e socievole, invece era l’esatto opposto. Non era per nulla gentile, spesso i suoi commenti erano cattivi e non faceva che prendermi in giro continuamente a parte quei rari momenti in cui si ricordava di amarmi.
Continuai a fissarlo fisso in cerca di un idea e Hayato notò si essere insistentemente fissato, a quel punto preso dall’esasperazione esplose. “Smettila! E’ inquietante.”
“Senti un po’ ma quali sono i nostri programmi per Natale? Non ne abbiamo più parlato.”
Sorseggiò ancora la sua bevanda in assoluta tranquillità anche dopo quella domanda. “Tranquillo ho già pensato a tutto. Cerca di vestirti carino quel giorno, per una volta.”
“Che significa per una volta?!”
Hayato rise “Quello che ho detto, vestiti bene.”
 
 
17:00 p.m.
E il giorno di Natale arrivò e con esso anche l’incubo di non aver ancora trovato nulla di carino da fargli come regalo. Quel giorno cominciò con il delirio, con me che correvo per tutta casa in maniera isterica alla ricerca di una soluzione per il mio problema e dopo diverso casino, e lamenti apparve la mamma sulla porta del salone di casa.
“Si può sapere cos’hai da lamentarti tanto?” Vedendola mi partì la disperazione e mi lanciai contro di lei in cerca di conforto. La mamma ne restò basita e ricambiò stringendomi a se ma era molto confusa. “Si può sapere che ti prende? E’ successo qualcosa di grave?”
“Mamma come fai a scegliere cosa regalare a papà? Come fai a sapere sempre cosa fargli per renderlo felice?”
“Regali?” rise nel sentirmi parlare di ciò, “A chi devi fare un regalo eh? E’ una persona speciale per te? Se lo è non è importante cosa gli prendi ma l’amore che ci metti nel farlo tesoro mio.”
“L’amore che ci metto...” Improvvisamente si accese una lampadina e mi fu chiaro cosa fare ma dovevo muovermi! Lasciai andare la mamma e corsi verso la porta, ma prima di uscire tornai indietro da lei e le diedi un bacio sulla guancia “Grazie, sei una grande!” le dissi e corsi fuori.
Avevo il tempo contato visto che il nostro appuntamento era verso le sette di sera e avevo meno di due ore per trovare il regalo adatto e mettere in atto l’idea che mi era venuta. Dovevo sbrigarmi.

17:14 p.m.
Era da una settimana che Aki si comportava in maniera strana e un po’ riuscivo a comprendere il perché. Era sempre il solito stupido, si faceva prendere dal panico da cose insignificanti. Era solo un appuntamento, nulla di speciale eppure per lui sembrava sempre una passeggiata verso il patibolo.
Mi chiedevo quand’è che anche per lui sarebbe stato normale stare insieme. Quand’è che avrei potuto toccarlo senza sentirlo tremare tra le mie braccia. Eppure dovevo reputarmi fortunato perché un po’ le cose erano cambiate e dovevo essere grato almeno di ciò.
Me ne stavo sdraiato sul letto, ogni tanto guardavo l’orologio aspettando con ansia di vederlo e l’idea di trascorrere il Natale insieme a lui mi rendeva di buon umore. Il solito tepore mi avvolgeva il cuore, e nella mente non facevo che immaginare il rossore delle sue guance e quel suo solito sorriso spontaneo.
Drrrin, era la suoneria dei messaggi. Allungai la mano per afferrare l’oggetto dal comodino e un po’ sperai che fosse lui ma strabuzzai gli occhi quando lessi un altro nome.
- Ho bisogno di vederti. Ci vediamo alla solita caffetteria. –
Sospirai seccato per quella scocciatura che non ci voleva proprio, tuttavia molto a malincuore dovetti muovermi e considerando quanto mancava ancora per il nostro appuntamento pensai di andare un attimo e di mettere le cose in chiaro una volta per tutte.

17:30 p.m.
Girai a vuoto per diversi negozi senza alcun successo e cominciò a prendermi lo sconforto. Giurai a me stesso di non arrivare ma più così sotto a una festività per organizzare un regalo.
Più guardavo l’orologio e più vedevo le lancette correre, tutto sembrava essermi contro e rischiavo anche di non fare in tempo a tornare a casa per cambiarmi.
Mi fermai su una panchina preso dall’angoscia che non sarei riuscito a combinare nulla così mi lasciai cadere con la schiena contro il ferro freddo del mio posto a sedere, e guardai verso l’alto notando un cielo bianco. Il che presagiva neve, visto anche il freddo che faceva.
“Aki?”
Sussultai nel sentire il mio nome e mi ritrovai davanti Saori insieme ad Oija. Le ultime persone che speravo di vedere li in quel momento. “Ciao ragazzi” dissi con un filo di voce.
I ragazzi mi si avvicinarono mano nella mano “Che ci fai qui da solo?” domandò Saori stupita.
“Sono venuto per comprare una cosa ma non la trovo.”
Oija notò il mio sconforto e mi diede una pacca sulla spalla, “Dicci che ti serve, magari possiamo aiutarti.”
“Già, dicci tutto!”
Li guardai entrambi e sorrisi ringraziando che fossero li in quel momento di sconforto.
 
18:00 p.m.
La caffetteria indicata da Kuro era vicina al centro. Normalmente non avrei mai accettato di vederlo sapendo quanto Aki non volesse ciò, ma era Natale e a suo tempo Kuro era stato un amico caro, un po’ mi dispiaceva trattarlo così freddamente.
Una volta dentro lo trovai già seduto con la sua tazza di caffè sul tavolo. Indossava un maglioncino rosso a collo alto, i soliti orecchini neri ai lobi e da un po’ di tempo aveva lasciato crescere i capelli.
Kuro si accorse subito del mio arrivo visto che ogni tanto guardava verso l’ingresso, e nel vederli arrossì lievemente scattando in piedi.
“Non credevo che saresti venuto davvero” fece stupito di vedermi per davvero, “siediti.”
“Non sono qui per restare. Sono solo venuto per sapere cos’è che vuoi.”
Kuro nel sentirmi parlare così si morse il labbro in cerca di qualcosa da dire, notai che guardava la sedia accanto alla sua e dopo un po’ tirò fuori un pacco colorato con sopra un grosso fiocco.
“Lo so bene che da me non vuoi nulla del genere ma volevo comunque augurarti Buon Natale.”
Mi offrì un dono, e sconvolto della cosa lo accettai anche se un po’ spaesato non sapendo che dire. “Kuro.. lo sai bene che non posso accettarlo, sarebbe come prenderti ancora in giro” feci per ridarglielo. Tuttavia Kuro mise le mani davanti e mi fermò.
“Non pretendo nulla, anzi, l’ho fatto solo perché sapevo che ti sarebbe piaciuto quindi aprilo.”
Lo ascoltai, e sebbene a malincuore e dispiaciuto, lo scartai, ne aprii la scatola trovando al suo interno un libro. Lo afferrai per guardare meglio di cosa si trattasse e notai con stupore che era l’originale di uno dei miei classici preferiti. L’edizione originale, e nel constare ciò e quanto caro dovesse essere quel dono lo guardai ad occhi spalancati. “Tempo fa mi dicesti che avresti sempre voluto averlo nella tua libreria, e settimane fa mi è capitato di trovarlo per caso così ho deciso di prendertelo. Non voglio un grazie, nè che tu ricambi semplicemente volevo che tu lo avessi tutto qui.”
“Grazie Kuro, è molto bello davvero.”
Abbozzai un sorriso molto amaro sapendo quanto fossi stato spregevole nei suoi confronti.
 
18:20
Oija e Saori furono di grande aiuto e grazie a loro riuscii a trovare il posto che cercavo e fui in grado di comprare il regalo per Hayato. Finalmente l’ansia svanì lasciando posto alla speranza che andasse bene.
“Devi portarli a casa?” domandò Saori incuriosita di ciò che avevo comprato.
“Nono, devo darli ad una persona. Comunque non so come ringraziarvi ragazzi, senza di voi non sarei mai riuscito a trovare questo posto.”
I ragazzi si lanciarono un occhiata felice e mi rivolsero un sorriso. “E di cosa, vuoi che ti accompagniamo alla stazione?” fece Oija gentilmente.
“Oh no, da qui in poi sono a posto. Divertitevi per il vostro appuntamento!”
Salutai entrambi e corsi via visto che ormai si era fatto tardi e dovevo assolutamente tornare a casa per cambiarmi. Non potevo credere di essermi ridotto così all’ultimo, ero davvero il peggiore ma almeno tenevo stretto a me un regalo speciale che in qualche modo avrebbe sciolto la fredda corazza di Hayato.
Corsi con tutto il fiato che avevo per fare prima e pensai di farcela. Quando arrivai alla stazione per prendere il treno notai tuttavia sulla banchina, non molto lontano da dove ero, un bambino molto piccolo (forse aveva tre o quattro anni) che si aggirava da solo andando avanti e indietro. Spesso si avvicinava pericolosamente ai binari e così capendo che era tutto solo mi avvicinai a lui.
“Ehi ciao” feci per attirare la sua attenzione per non spaventarlo. Il piccolo che stava guardando inizialmente i binari del treno si voltò verso di me e un po’ confuso mi ignorò all’inizio, “Sei qui da solo?” feci ancora.
“No sto aspettando la mamma.”
“E dov’è la mamma?”
Il bambino a quel punto non rispose e parve un po’ spaesato guardandosi intorno. Era proprio come aveva pensato, quel bambino si era perso, così gettando ancora una volta una rapida occhiata all’orario mi rassegnai all’idea che avrei sicuramente fatto tardi, ma quel bambino non poteva restare da solo così molto gentilmente gli chiesi se voleva che lo aiutassi a cercare la mamma e il piccolo rispose di si. Mi diede la mano e insieme lasciammo la stazione.


Note autrice: Buon Natale a tutti! Spero abbiate passato delle piacevoli giornate. Io le ho trascorse in maniera serena, e ho avuto poco tempo per scrivere ma le idee sono tutte nella mia testa. In questi giorni pubblicherò l'ultima parte dello speciale di Natale e per il resto dei capitoli ci vedremo direttamente nel 2018, penso.
Ringrazio chi ha sempre commentato le mie storie, chi le segue, chi almeno apre la pagina per darci una sbirciata e chi ha deciso di seguirmi sulla Pagina Ufficiale. Spesso non ho tempo di rispondere ai commenti, ma li leggo tutti e non sapete quanto mi riempano il cuore di voglia di fare, di continuare. Sono una persona che non crede in se stessa, do per scontato che tutto ciò che scrivo è una cacca ma a quanto pare, quello che scrivo non è così brutto come penso. Quindi grazie davvero.

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Capitolo 39
*** Speciale Christmas! - terza parte ***


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Speciale Christmas!
- terza parte


Ascoltate questa cover mentre leggete il capitolo. In questi giorni io e mio fratello ci siamo incollati alla tv per Kingdom Hearts CLICK!

18:50
Ero riuscito a tornare a casa in tempo per cambiarmi. Prima di tornare avevo preso un caffè con Kuro, avevamo parlato un po’ in generale come vecchi amici. Lui lo sapeva bene che non potevo dargli di più e stranamente sembrava essersi rassegnato a tale idea.
Per l’occasione avevo indossato una semplice felpa grigia mettendoci su un giubbino sportivo nero che avevo preferito tenere aperto. Sistemai in bagno i capelli lasciandoli un po’ scombinati ma al tempo stesso sistemati sulla fronte e le orecchie. All’idea di uscire con Aki mi anticipai un po’ non potendo più aspettare e uscii di casa per andarlo a chiamare.
Prima di lasciare casa avevo anche portato con me il suo regalo, avevo fatto confezionare un grazioso pacchetto. Mi chiedevo se gli sarebbe piaciuto.
Bussai alla sua porta e ad aprire fu la madre. “Oh Hayato ciao!”
“Salve signora, c’è Aki?”
La donna parve pensierosa e guardò verso il basso, “Ehm è uscito qualche ora fa ma ancora non è tornato. Aveva un appuntamento con qualcuno perché è uscito per comprare una cosa.”
“Comprare una cosa?”
Ero confuso. Sapeva bene dell’orario del nostro appuntamento ed era uscito comunque, immaginai allora che la persona di cui parlava la madre fosse Yoshida e mi salì un po’ di rabbia a tal pensiero.
Salutai la madre e mi allontanai dalla sua casa cercando sul cellulare il numero di quel suo amico. Forse sapeva qualcosa, o forse erano insieme. Avrei ammazzato Aki questa volta!
- Pronto? –
“Yoshida sono Hayato.”
Sentii un casino assurdo dopo aver pronunciato il mio nome. – Principe?! Come fai ad avere il mio numero!” –
“Me l’ha dato Aki mesi fa.”
- Quel cretino... cosa vuoi?” –
“Dov’è Aki? La madre ha detto che doveva vedersi con qualcuno ma oggi aveva appuntamento solo con me.”
Ci fu un silenzio. – Guarda che io non l’ho sentito oggi, sicuro che non sia venuto da te? –
“Vengo da casa mia idiota!”
- Ehi calmati! –
Cominciai ad avvertire un po’ di preoccupazione così decisi di chiudere la chiamata senza aggiungere altro, senza neppure salutarlo e composi rapidamente il nome di Aki per vedere dove fosse finito ma quando cominciò a bussare subito dopo partì il messaggio di segreteria. Il suo numero era irraggiungibile, ma dove diavolo era finito?!
 
19:15
La batteria del mio cellulare era andata visto quanto lo avevo usato per cercare un posto dove comprare il regalo di Hayato. Non potevo nemmeno avvertirlo ed ero ancora in compagnia del bambino di nome Yousuke.
Lo accompagnai alla centrale di polizia più vicina denunciando il suo smarrimento, da quel momento se ne sarebbero occupati loro. Tuttavia il bambino non voleva restare da solo così restare con lui fin quando non sarebbe apparsa la madre.
Mi sentivo così male. Probabilmente Hayato era venuto a casa mia e non mi aveva trovato. La mamma non sapeva che dovevamo vederci, nè che ero uscito per prendere il regalo proprio a lui. Quella vigilia stava prendendo una strana piega e il tempo scorreva rapidamente. Con la testa ero altrove e immaginavo la cena che avremmo fatto insieme, e poi la nostra bella passeggiata.
“La mamma non verrà più?” chiese il piccolo un po’ sconfortato.
“Certo che sì, sta arrivando.”
In quel momento sentii un chiaro brontolio provenire dalla pancia del bambino, chissà da quanto girava da solo. Così chiesi all’agente se avesse qualcosa da mangiare ma rispose di no, e con me non avevo altri soldi visto che sarei dovuto tornare a casa ma non ci ero riuscito.
Guardai il piccolo pacchetto che avevo appoggiato su una sedia non lontano da noi e sebbene a malincuore dovetti farlo, aprii la confezione che tanto avevo faticato a cercare.
“Ti piacciono i panini dolci?” domandai.
Yousuke parve non capire all’inizio poi quando gliene offrii uno si illuminò e cominciò a divorarlo. Con serenità gliene offri altri due fin quando non si saziò e poco dopo si assopì poggiando la sua piccola testolina sulle mie gambe.
Passò altro tempo, ore che parvero interminabili e molto presto si fecero le dieci passate. Arrivai al punto di pensare che la madre di quel bambino non sarebbe mai arrivata poi dal nulla la porta della centrale di polizia si spalancò ed entrò una donna sudata, il trucco sbavato, i capelli in disordine, che guardò dritto nella mia direzione e quando vide il bambino addormentato su di me scoppiò a piangere.
“Yousuke!” gridò forte gettandosi su di lui svegliandolo, la donna poi si rivolse a me “Grazie, grazie, grazie!!”
Le sorrisi e mi lasciai riscaldare dall’amore di quella donna verso il suo bambino. Dal suo aspetto potevo affermare che non aveva mai smesso di cercarlo da quando lo aveva perso, ed ero felice di averla aiutata ma arrivato a quel punto era il momento di andare così lasciai presto il posto e iniziai di nuovo a correre verso la stazione sperando di poter ancora raggiungere Hayato.
Tutto era andato diversamente da come avevo pensato. Del regalo di Hayato mi restava un solo panino dolce e la confezione era tutta aperta. Ormai erano le dieci passate ed ero anche vestito male. Avevo combinato ancora una volta un disastro e ne ero consapevole, dovevo una spiegazione ad Hayato e chissà come avrebbe reagito.
Più correvo e più potevo notare intorno a me che tutti stavano festeggiando la vigilia. Le luci abbracciavano la città, e aveva persino cominciato a nevicare in maniera molto lieve. Molto presto sarebbe stato natale e io non ero insieme a lui, a tal pensiero il cuore mi faceva male, soprattutto sapere che era ignaro di dove fossi finito.
Arrivai finalmente alla stazione, in quel momento l’orologio segnò le undici. Che mi sbrigavo a fare, ormai era tardi per il nostro appuntamento. I progetti che Hayato aveva fatto erano sfumati ore fa e mi dispiacque così tanto.
Avevo sbagliato tutto fin dall’inizio, ero riuscito a fare ogni cosa persino ad aiutare un bambino ma non ero stato capace di stare insieme a lui quel giorno. “Mi dispiace Hayato...” dissi tra me stringendo contro il petto quello che ormai non era più un regalo.
“Quante volte sentirò ancora questo – mi dispiace Hayato – prima che tu smetta di fare disastri?”
Un sogno, un allucinazione? Era possibile o forse era semplicemente un miracolo di Natale perché quando alzai lo sguardo, davanti ai miei occhi c’era proprio lui con le gote arrossate dal freddo e con in mano un pacchetto giallo.
Era impossibile ma lui era proprio lì davanti ai miei occhi in carne ed ossa e non era arrabbiato ma mi sorrideva.
“H-hayato...” borbottai, “Hayato!” mi gettai letteralmente verso di lui lasciandomi catturare dalle sue ampie braccia. Mi strinse a se accarezzandomi la testa dolcemente.
“Per un momento ho pensato che te la fossi svignata per non passare il Natale con me.”
Mi strinsi a lui “Idiota. Sono successe tantissime cose e ho fatto tardi.”
“Ma dove sei finito? Mi sono preoccupato moltissimo.”
Mi separai da lui un momento. Ero indeciso se darglielo o meno, ma ormai il danno era fatto e trovando il giusto coraggio allungai la mano per offrirgli il mio pacchetto mezzo aperto. “D-doveva essere più bella la confezione ma sono successe delle cose ed ora è così, spero ti piaccia!”
Hayato perplesso del gesto improvviso afferrò il pacchetto non capendo di cosa si trattasse. Vi infilò la mano dentro per estrarne il contenuto e quando lo fece sgranò gli occhi come se avesse visto un fantasma.
“So che non è granché ma davvero non sapevo cosa prenderti, ma non ho trovato nulla. A noi non piacciono le stesse cose dopotutto ma poi mi sono ricordato di quella volta che da piccoli sono riuscito a farti piacere una cosa che piaceva anche a me” indicai il panino dolce con la mano “questa è l’unica cosa che piace ad entrambi.”
Hayato li per li non ebbe nessuna reazione, restava zitto e aveva nascosto il viso sotto la lunga frangia e teneva stretto nella mano quel misero panino. Mi ero sbagliato, la mamma aveva parlato di amore ma non era bastato.
“Hayato mi dispiace di aver rovinato tutto...”
Fu in quel momento che Hayato morse il panino e dopo aver ingoiato il primo boccone sollevò finalmente il viso a guardarmi, sfoderò un ampio sorriso a trentadue denti che fu più splendente di qualsiasi diamante esistente. La faccia gli si illuminò sorprendentemente e il cuore mi partì a raffica.
“Ma dove diavolo l’hai trovato visto che ormai sono fuori produzione!” esclamò ridendo.
Mi sciolsi come neve al sole nel vederlo così divertito della cosa, e lessi nella sua reazione così tanto stupore che mi ricordò all’improvviso un bambino piccolo. Ero felice che almeno un po’ avesse apprezzato la cosa.
“Storia lunga anche questa” cominciai a dire, “dovevano esserne di più all’inizio, mi dispiace che ne sia solo uno ma io-“
A quel punto Hayato mi catturò nuovamente nelle sue braccia stringendomi forte a se, petto contro petto e sentivo forte anche i battiti del suo cuore. I nostri occhi si incontrarono e per un momento fui capace di leggere i sentimenti di Hayato, che in quel momento erano molto simili ai miei. Finalmente erano allo stesso livello.
Il tempo sembrò fermo, e tutto il freddo che avevo sentito fino a quel momento era svanito lasciando posto solamente ad una calda sensazione di tepore che sembrava abbracciare entrambi.
Hayato si separò appena da me per guardarmi in faccia “Credo che ormai sia tardi per la nostra cena.”
“Avevi prenotato in qualche posto?”
“Sì ma ormai è tardi, ma forse non è troppo tardi per l’altro posto” e detto ciò mi catturò la mano costringendomi a seguirlo chissà dove.
Attraversammo mezza città mano nella mano, ma nessuno sembrò curarsi di noi. Erano tutti troppo impegnati a fare altro, e anch’io cominciai a lasciarmi andare godendomi tutto ciò. La sua mano era stranamente calda, quando di solito non lo era mai e mi teneva stretto quasi come se avesse paura che scappassi di nuovo.
Non mi resi conto di quanto camminammo, ma quando i piedi iniziarono a farmi male mi resi conto che stavamo girando da un po’ e finalmente dopo lungo vagabondare arrivammo alla famosa destinazione.
Hayato si fermò davanti a me e sorrise “Anch’io mi sono chiesto cos’è che ti sarebbe piaciuto fare, e conoscendoti avresti odiato qualsiasi luogo smielato da coppiette così ho pensato ad altro ed eccoci qua.”
Mi mostrò con la mano quale spettacolo guardare, si spostò per lasciarmi la visuale libera e non appena la sua figura sparì, davanti a me si aprì un incantevole viale alberato completamente illuminato da tante luci colorate di blu e bianco che rendevano il posto quasi fatato. Sollevai la testa e ovunque non c’erano che luci, quasi a voler simulare un cielo stellato. Intorno a noi non c’era nessuno, c’eravamo solo noi in quella distesa incantevole di luci e rami spogli. La neve continuava a cadere e non faceva altro che rendere quello spettacolo ancora più magico di quanto non fosse già.
Era da settimane che vedevo addobbi natalizi ovunque, e certamente quello non era il primo viale alberato che vedevo conciato in quel modo ma chissà perché, forse il fatto che fosse disabitato o che Hayato avesse pensato a quanto amassi simili scenari mi riempì il cuore di una gioia indescrivibile.
“E’ bellissimo” dissi senza rendermi conto di star sorridendo da un po’.
Inaspettatamente Hayato tirò fuori qualcosa dalla tasca e senza farmi capire di cosa si trattasse me lo piazzò in testa. Qualcosa di caldo mi avvolge il capo e riconobbi di cosa si trattava toccandolo e percependone la lana. Allora guardai Hayato in modo confuso senza capire.
“Buon Natale Aki” trovai davanti a me un Hayato felice, “questo è il tuo regalo.” Tirai via quel capellino e me lo rigirai tra le mani per guardarlo meglio e notai che non era affatto cucito bene, anzi c’erano diversi buchi qua e là e molte maglie erano larghe. Capii allora che non era affatto comprato ma era fatto a mano, sconvolto di quella rivelazione lo guardai ad occhi spalancati. Hayato capì che finalmente avevo colto la cosa, e me lo rimise in testa. “Non avresti accettato nulla di costoso quindi ho scelto di fare una cosa del genere.”
“Ma da quando sai fare cose del genere?”
“Diciamo che con la febbre ho avuto molto tempo per imparare.”
Con ciò cominciai a collegare diverse cose. Rammentai di alcune riviste curiose sul cucito. Ripensandoci lui stava preparando ciò da quasi molto prima che io iniziassi a cercare il suo regalo, ancora una volta questo dimostrava quanto i suoi sentimento fossero dieci, no, mille volte più forti dei miei. Aveva pensato che non avrei accettato nulla di comprato e aveva ragione così mi aveva fatto lui stesso qualcosa.
“Hayato grazie, davvero” sollevai il viso per guardarlo e istintivamente, quasi senza pensarci rilassai tutto il viso in un ampio sorriso in modo che potesse percepire quanto ero felice di quel dono. Sperai che lo capisse.
Hayato da parte sua sgranò gli occhi stranamente, forse avevo fatto qualche faccia strana e immediatamente me ne vergognai. Dovevo essere orribile in quel momento, ero conciato male e non mi ero nemmeno cambiato. Era proprio il mio stato peggiore quello, tuttavia però, Hayato se ne fregò di come potessi apparire e catturò il mio viso tra le mani tirandolo a se e baciandomi passionalmente. Immediatamente sentii il suo sapore, il suo tipico e buonissimo profumo così particolare. Mai in vita mia avrei scommesso che sarei finito a festeggiare la vigilia con lui, e non come coppia. All’inizio avevo negato a me stesso i miei sentimenti, avevo cercato di convincermi che non era amore e che non ero gay. Avevo pensato a tante cose stupide senza rendermi conto che quel sentimento che provavo andava oltre ciò che era l’apparenza e il razionale. Lui era stato speciale ancor prima che me rendessi conto davvero, mentre Hayato aveva colto tutto ciò molto prima di me e mi aveva insegnato la gioia dell’amore.
“Hayato grazie, non solo per questo spettacolo e il regalo ma per ogni cosa. Sei stato paziente e buono con me, mentre io spesso sono stato insopportabile.”
“Aki..”
Hayato mi fissò stupito che stessi dicendo certe cose ma era ciò che sentivo dentro e finalmente riuscivo a formularlo a parole.
“Sono felice di essere qui con te oggi.”
Non era un ti amo, nè una dichiarazione da manuale e pregai che fosse quanto meno abbastanza per fargli capire ciò che sentivo, e che non era l’unico a sentirsi così. Hayato in tutta risposta mi strinse la mano, e mi guardò dritto negli occhi mostrandomi un sorriso sereno. Intorno a lui c’erano migliaia di luci blu che non facevano che sposarsi e far brillare ancora di più il blu delle sue iridi. Era bello da morire, ma non solo. Era la mia persona speciale.
Improvvisamente Hayato si avvicinò al mio orecchio e in un sussurrò mi disse la solita frase, quella che spesso aveva ammesso con tanta facilità ma che era rigonfia di sentimenti che aveva tenuto segreti per anni.
Ti amo.”
A quel punto mi sciolsi completamente. Ero sul serio felice di essere lì con lui, che quell’anno si fosse dimostrato così speciale da regalarmi proprio Hayato. Dentro di me l’unico desiderio che avevo per l’anno nuovo era di restare ancora così, e che i nostri sentimenti potessero rafforzarsi ancora di più. Magari anch’io un giorno avrei trovato il coraggio di dichiarargli quanto lo amavo, anche se forse lui lo sapeva già.


Note autrice: Alla fine di ogni anno si fa un po' il resoconto di tutto quello che ci è successo, e io di solito lo faccio. Normalmente sono una persona abbastanza romantica, ma non in senso amoroso, bensì sono molto attaccata alle tradizioni, ai ricordi, ai gesti, e alle parole. Tengo a piccole cose che per molti sono banali o si danno per scontato, e quindi ogni anno porta via con se uno scrigno di quelli che sono stati momenti unici. Da questa piattaforma mi porto dietro sicuramente tanti complimenti, tante belle parole spese verso una passione che in adolescenza mi ha aiutato a superare un periodo brutto. Scrivere mi ha aiutato a crescere, ma anche a scappare dalla realtà quando ne avevo bisogno, e se ancora oggi sono seduta qui a riempire fogli bianchi non è solo per chi mi segue ma soprattutto per me stessa. Ovviamente ringrazio tutti, in particolare chi ha sempre commentato e ha voluto spendere due parole per me. Grazie davvero, e vi auguro un buon 2018, che possa essere sereno per tutti <3


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Capitolo 40
*** Capitolo 29 ***


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CAPITOLO 29


Le ragazze e Mayu ci accompagnarono al pronto soccorso, visto comunque l’incidente appena accaduto ma dopo un primo accertamento appurarono che non avevo nulla di slogato, così fui lasciato libero con una piccola fasciatura lungo il braccio.
Una volta fuori dalla saletta del medico cercai Yoshida con lo sguardo e lo trovai “Aki allora? Stai bene?” notò la mia espressione persa nel vuoto, “Che cosa è successo?”, capì tutto al volo.
“Devo andare da Hayato adesso, non giudicarmi.”
Sembrò capire ancora una volta tutto, mi sorrise dandomi una pacca sulla spalla dicendomi di andare e di non farmi problemi. Lo ringraziai, era davvero un amico e non lo meritavo.
Lasciato l’ospedale cercai di non beccare Mayu e le altre. Sgattaiolai di nascosto fuori e lasciandomi l’episodio spaventoso del parco alle spalle il mio unico obiettivo era vedere Hayato. Mentre correvo per strada cominciò anche a piovere, ci mancava solo quel tempaccio e come conseguenza capelli e vestiti cominciarono a riempirsi d’acqua ma non sentivo niente, nè freddo nè quella sensazione di bagnato. Pensavo solamente a lui e alla paura tremenda che avevo di perderlo di nuovo. Improvvisamente mi tornarono alla mente tutti i momenti trascorsi insieme nell’ultimo mese: le litigate, le sue carezze, i suoi baci e il suo modo smisurato di amarmi.
Nel pensarci mi resi conto che non meritavo ciò che avevo. Ero pessimo e non avevo cura di chi mi amava. Mi fermai di colpo nel pensarci e mi strinsi nelle spalle impedendo a me stesso di piangere perché non era proprio il momento ma sentivo nel cuore una voragine che si faceva sempre più grande man mano che il tempo passava e il petto mi faceva tanto male.
Hayato.
Era davvero amore quello che provavo per Hayato ed era così difficile da ammettere a parole. Era così dura viverlo e stargli dietro perché i suoi sentimenti erano tre volte i miei, molto più sinceri e mi sentivo sporco, per nulla degno di meritarlo. E ora aveva scoperto la faccenda di Mayu.
Senza rendermene conto ero arrivato davanti a casa sua e la pioggia continuava a venire giù, sempre più fitta e i capelli mi si erano incollati sulla fronte ma non mi importava. Nulla importava più ormai.
Mi avvicinai rapido alla sua porta e ignorando il campanello cominciai a battere i pugni sulla porta nella speranza che mi riconoscesse, che capisse che ero io.
Continuai così per almeno dieci o quindici minuti, fin quando le mani iniziarono a farmi male per tutti quei ripetuti colpi ma da dentro nessuna risposta. Era davvero tutto finito, di nuovo.
“Perciò non chiedermi perché io ti ami, è sempre stato così da che ne ho memoria. Sei il solo che io voglia.”
“Hayato ti prego...”
Parlavo da solo ormai. Stavo impazzendo o meglio sarei impazzito presto senza vederlo.
Quante cose cambiano in poco tempo, fino a poco più di un mese fa era la persona che detestavo e che meno volevo vedere in giro per tutto quello che mi aveva detto in passato, ma ora era tutto diverso.
“Hayato ti prego!” gridai ancora battendo i pugni contro la porta senza mai smetterla. Sentivo dolore ma nulla eguagliava la fitta che veniva dal petto. Fu a quel punto la porta di aprì, e sulla soglia di casa comparve proprio lui, non più in divisa ma vestiva con una semplice tuta e una t-shirt. Mi guardò con tanta freddezza, occhi glaciali erano rivolti verso di me.
“Smettila di disturbare il vicinato” disse con una voce severa e buia.
“Hayato...” Mi stupì vederlo, non credevo possibile che mi avrebbe aperto così la porta ma se così non fosse stato sarei rimasto li anche tutta la sera finché non l’avesse fatto. “Hayato dobbiamo parlare!” cercai di entrare ma Hayato parò un braccio tra me e l’ingresso impedendomelo in maniera brusca, “Hayato?”
“Vattene.”
“Eh?”
I suoi occhi erano puntati su di me ed erano freddi come il ghiaccio, il viso cupo e la mascella serrata. “Mi hai sentito bene. Vattene. Non voglio vederti” scandì ogni frase con un tono basso e minaccioso.
“Non è come pensi! Ho scoperto anch’io da poco che lei si è trasferita nella nostra scuola e per sbaglio l’ho beccata nei corridoi. Devi credermi!”
“Non mi importa più.”
La pioggia continuò a cadere sul mio viso mentre ascoltavo quelle dure parole e guardavo un Hayato che non era più lui, sembrava un altra persona, lo stesso che tanti anni fa mi ferì dicendo cose orribili e che pose fine alla nostra amicizia. Sentivo che stava per fare la stessa cosa e non ero pronto per questo.
“Ti prego... non dire cose di cui poi ti pentirai.. Io sto con te adesso, sono il tuo ragazzo. Devi fidarti di me!”
Hayato si mosse e sperai che facesse qualcosa che non fosse il semplice fissare “Vattene da qui” e nulla più, disse ciò e chiuse la porta davanti a me lasciandomi così senza dire altro. Senza insulti, o una spiegazione.
Digrignai i denti per la rabbia e non gli avrei permesso di fare la stessa cosa di tanti anni fa così ricominciai a battere i pugni sulla porta senza sosta. “Non mi importa! Non me ne frega nulla se tu vuoi ascoltare o meno ma io non ti permetterò di sparire di nuovo, hai capito?!” gridai con tutto me stesso, “Non lo permetterò..”
Potevo davvero fare qualcosa per impedirglielo? Ne avevo la forza? Probabilmente Hayato era già rientrato dentro e si era chiuso in camera sua per non sentire più la mia voce. E invece molto tempo dopo venni a sapere che in realtà Hayato era rimasto per tutto quel tempo dietro la porta, schiena contro legno e aveva ascoltato ogni singola parola senza muovere un muscolo.
Non lo avrei permesso eppure ero sotto alla pioggia da solo e non avevo concluso nulla. Hayato era sparito nuovamente, come quella volta aveva ripreso ad odiarmi.
Mi strinsi nelle spalle, gli occhi di rigonfi di lacrime che non avrei permesso di far uscire perché non sarebbe andata come quella volta. Sollevai il viso e guardai dritto verso la porta con l’espressione di chi avrebbe voluto abbattere anche il legno per raggiungere chi desiderava ma non ero invincibile e dovevo accantonare quell’assurdità, ma di sicuro gli avrei dimostrato che non era come pensava.
Tornai a casa allora, sconfitto ma non arreso e dopo essermi fatto un bagno caldo tentai ancora una volta di mandare un messaggio ad Hayato o di chiamarlo ma diceva sempre che non era raggiungibile e restai non so quanto steso sul letto a guardare lo schermo del cellulare, e a fissare quel nome ‘Amore’ che lui stesso fino a qualche settimana aveva inserito nel mio apparecchio.
Improvvisamente era tutto finito di nuovo e i momenti, le cose che aveva fatto sembravano già appartenere ad un passato che sarebbe diventato solo un malinconico ricordo.
No. Non volevo ciò, non volevo rivivere la stessa situazione perché ora era tutto diverso, e io ero diverso. Hayato si sbagliava a non ascoltarmi e non poteva partire in quarta, decisi allora di lasciarlo stare per quella notte e domani stesso gli avrei parlato per risolvere la faccenda. In fondo stavamo sempre a litigare e avremmo fatto pace come sempre.


“Che significa è già uscito di casa?!” esclamai sorpreso della notizia.
Kou, il fratellino di Hayato, se ne stava impalato e privo di emozioni a fissarmi con sufficienza come se stesse parlando con un povero idiota. Era lo stesso atteggiamento del fratello, incredibile.
“E’ come ti ho detto, è uscito molto presto questa mattina.” Possibile che fosse uscito prima di casa per evitarmi? “A giudicare dalla faccia da cretino che hai, immagino che Hayato l’abbia fatto per evitarti.”
Il marmocchio aveva messo il dito nella piaga dandomi una pugnalata dritta nel petto. Odiavo quel bambino, era antipatico ma non volevo essere denunciato per percosse così oltre ad un occhiataccia lo lasciai perdere e scappai via senza dire nulla. Avevo già i miei problemi a cui badare.
Hayato era ancora arrabbiato quindi, pensai mentre correvo per andare a scuola e sentivo dentro crescere la preoccupazione che in realtà tutto ciò non si sarebbe aggiustato come invece avevo sperato la sera prima.
Cosa avrei fatto se quella situazione non fosse migliorata?
Nulla, sarebbe tornato tutto come prima.
Scossi la testa scacciando via quell’angosciante sensazione di nodo allo stomaco che cominciava a divorarmi.
Arrivai a scuola più in fretta del previsto, proprio quando ormai quasi buona parte degli studenti erano già dentro, e mi accorsi che era inutile cercarlo nel cortile perché lui era già in classe. Allo mi affrettai a cambiarmi le scarpe e andai dritto verso l’aula con la paura nel cuore, ma anche il forte desiderio di vedere il suo volto e quando varcai la porta dell’aula lo trovai seduto al suo posto, bello come sempre, ma spento e se ne stava per le sue con il viso tenuto su dalla mano a fissare il vuoto.
Finalmente si accorse della mia presenza e ruotò appena la testa per guardarmi ma la sua espressione non mutò minimamente, anzi, mi sembrò quasi che avesse gli occhi completamente spenti e non connessi con la realtà e tornò immediatamente a fissare il vuoto ignorandomi
Si comportava come un bambino! Allora presi coraggio, l’intenzione era di dirgliene quattro per quel comportamento assurdo ma volevo principalmente chiarire quindi la ramanzina l’avrei lasciata a dopo. Purtroppo però proprio in quel momento entrò il professore e fui costretto a rinunciare al mio piano, dal mio posto continuai però a guardarlo da lontano ma nulla cambiò. Tutta la giornata la passò nella più completa apatia e ad un certo punto delle lezioni si alzò, disse al professore di non sentirsi bene e sparì per andare in infermeria.
Yoshida si voltò a guardarmi “Ma che ha il principe?”
“Vorrei saperlo anch’io.” Quando finalmente arrivò la pausa pranzo potei scappare fuori dall’aula e nel farlo non guardai nemmeno davanti, tanto che andai a finire dritto contro qualcuno. “Mi dispiace...” rimasi di sasso nel vedere chi era la persona che avevo urtato, “Kuro?”
Kuro si massaggiò la spalla dolorante “Oh sei tu Akìo. E’ un po’ che non ci si vede eh?” ghignò divertito. Alludeva sicuramente al nostro ultimo incontro e alle cose orribili che mi aveva detto, lo fissai con disprezzo.
“Che ci fai qui? Questa non è la tua scuola”
Si toccò la giacca azzurra che portava, per attirare la mia attenzione mi mostrò il logo che vi era stampato sopra “Che ti sembra questo? Mh” non capivo, “visto che sei un pericolo per Hayato ho deciso di fare il trasferimento visto che non siamo neppure a metà anno e poi questa è una delle scuola migliori di tutta la prefettura.”
Trasferimento? “Cosa? Lascia in pace Hayato!”
Si avvicinò grosso e imponente per intimorirmi e sogghignò ancora guardandomi dall’alto in basso “Altrimenti? Credi sul serio di essere nella posizione di dirlo, tu feccia?” pronunciò l’ultima parola con disgusto. Da quando Kuro mi odiava così tanto, che avesse capito che tra me e Hayato c’era qualcosa?
Vero! Non avevo tempo da perdere con lui, dovevo andare da Hayato per parlargli così allontanai il mio sguardo da Kuro e corsi via, un po’ intimorito da quel confronto e dalla notizia che si era trasferito nella nostra scuola. Questo significava che non c’era Mayu in giro che poteva confedero Hayato, ma ora c’era anche Kuro che invece faceva paura a me per quella volta al dojo e quel mancato bacio. Mi fermai nel corridoio con una strana sensazione di perdita, per qualcosa che però non avevo ancora perso.
Quando raggiunsi l’infermeria e vi entrai notai con dispiacere che Hayato non c’era più e la mia angoscia divenne vero terrore che potesse incontrare Kuro, come era capitato a me e li la sensazione di voler piangere ricominciò. Perché era così doloroso stare con qualcuno, perché Hayato lo rendeva così complicato?
Sentii ancora una volta quel nodo allo stomaco ma stavolta era vero e proprio dolore e una fitta mi trafisse l'addome facendomi sussultare. Emotivamente potevo star così male, ma il corpo?
Pensai a dove potesse essere andato e sicuramente non era in caffetteria, così corsi invece verso la piccola biblioteca abbandonata all’ultimo piano e nemmeno li lo trovai.
“Cazzo ma come può essere sparito nel nulla!” diedi un pugno alla porta sempre più irritato.
Il dolore allo stomaco aumentava nel frattempo, strano, fui costretto a fermarmi e mi strinsi il ventre nella speranza che andasse via. Forse era un po’ di influenza dovuta alla pioggia del giorno prima e non me ne curai andando avanti e indietro senza sapere dove cercare.
Mi accorsi di non sapere niente, di non avere idea di dove poter trovare Hayato. Ci pensai ancora, poi un fulmine a ciel sereno mi investì e ripensai a cosa gli piacesse fare nel tempo libero, soprattutto quando era di cattivo umore e così corsi lungo tutti i corridoi, abbandonai l’edificio raggiungendo il cortile sul retro, quello che dava sui campi sportivi dove però c’era anche uno spazio pieno di verde e con alcuni giardinetti.
Hayato sicuramente era li a leggere!
“Aki!” fui sorpreso da Yoshida mentre ero intento ad andare verso quella parte verde e mi fermai, anche perché il dolore allo stomaco diventava sempre più forte. Yoshida mi raggiunse e con lui c’era Mina, piccola e  carina, “dove te ne vai di bello? Perché non vieni a pranzo con noi? Volevo farvi conoscere.”
Mina mi sorrise “Ciao Aki-kun”.
“Non posso adesso, devo fare una cosa...”
Yoshida mi osservò attentamente e si fece buio “Aki sei un po’ pallido, stai bene?” fece per toccarmi la fronte ma il lo evitai indietreggiando.
“Deve essere un po’ di febbre ma nulla di che, ieri sono arrivato a casa bagnato ahaha” ridacchiai per finta. Mi sentivo di merda ma volevo andare via di li e ogni tanto gettavo un occhiata verso quell’area verde immaginando Hayato disteso a terra con i suoi libri intorno a se. Una visione che mi diede pace, chissà come, e il dolore che diventava sempre più forte improvvisamente sparì come sparì ogni preoccupazione per Kuro e per tutto il resto.
Improvvisamente non sentivo più niente e l’ultima immagina che ebbi fu di Hayato.
“Aki! Aki! Oi che hai?!” gridava la voce di Yoshida ma io non sentivo più nulla ormai. Volevo solo che tutti mi lasciassero in pace perché mi sentivo così stanco.

Note autrice:
Mi dispiace di essere mancata per un po' ma ho dato l'esame in questi giorni ed è andato bene, subito dopo mi sono concessa un po' di riposo prima di ricominciare. Ma tornando alla storia, si riprende da dove ci eravamo lasciati prima dei due speciali e ritroviamo Hayato incazzato nero, e Aki disperato.
Tra qualche capitolo finirà la prima parte di questa storia, con un bel botto diciamo, e non so quando posterò la seconda parte. Abbiate pazienza perchè nel frattempo ne sto scrivendo anche un'altra, della quale inizierò a postare qualche spoiler sulla Pagina Ufficiale.

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Capitolo 41
*** Capitolo 30 ***


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CAPITOLO 30


Nei miei ricordi Hayato è sempre stato riservato e all’inizio era difficile persino farlo parlare. Sembrava sempre annoiato di ciò che gli proponevo ma non si è mai rifiutato e in silenzio restava insieme a me. C’era sempre, in qualsiasi cosa stupida gli proponessi di fare. Lo faceva per amore?
Per me era un amico, un caro amico anche se forse è stato speciale fin dall’inizio. Trovavo che fosse perfetto in ogni cosa che faceva e volevo diventare una persona capace di stargli accanto perché io non lo ero, non ero perfetto e credevo di non poterlo mai raggiungere, ma lui non ha mai preteso nulla. E io da stupido, non ho fatto che ferirlo per anni, con ogni mia parola e gesto non ho avuto cura di lui.
Mi sentivo stranamente più leggero e riposato, riaprii gli occhi come se avessi dormito per giorni e giorni e quando guardai il soffitto mi resi conto di non essere nella mia stanza. Dov’ero? Cercai di mettere a fuoco l'ambiente circostante, mi guardai in giro e riconobbi una flebo attaccata al mio braccio. Ero in ospedale quindi, ecco cos’era quell’odore strano e quella sensazione di freddo.
“Aki sei sveglio! Grazie al cielo” e mia madre mi prese la mano. Aveva il viso pallido, struccato, i capelli in disordine.
La guardai non capendo quella sua faccia così spaventata “Mamma? Cosa è successo?”
Mi accarezzò il viso con le sue mani gentili “Sei svenuto a scuola e mi hanno chiamata dicendomi che non sapevano cosa avevi. Poi però il medico ha detto che si trattava di un attacco di appendicite così ti hanno dovuto operare immediatamente.”
Appendicite? Feci mente locale e ricordare di quel tremendo dolore allo stomaco, e forse non era stato proprio lo stomaco a farmi male ma ero stato così impegnato a cercare Hayato da aver lasciato tutto il resto dietro di me. Che sciocco ero stato, e ora mi sentivo così senza forze.
“Mamma ho sete” le dissi constatando che avevo la bocca secca.
“Oh certo tesoro vado a prenderti un po’ d’acqua alla caffetteria, tu riposa” e mi diede una bacio sulla guancia, era davvero premurosa e le sue coccole mi avevano sempre fatto star bene. Ero felice che ci fosse lei li con me poi però mentre era sul punto di uscire dalla stanza si voltò a guardarmi, “il tuo amico è nella sala di attesa, vuoi vederlo? E’ rimasto qui tutto il tempo.”
Yoshida? “Si fallo venire, devo ringraziarlo chissà che spavento si è preso” e pensai a quanto avesse gridato il mio nome, poverino. Non facevo che causargli problemi.
La mamma sparì dietro la porta.
Non ero riuscito a trovare Hayato e ora ero anche in ospedale. Era davvero tutto finito quindi. A tal pensiero mi rannicchiai su un lato pensando che quel dolore al petto faceva anche più male dell’appendice appena operata. Pensai che però fosse giusto, e che Kuro aveva ragione, forse dovevo davvero lasciarlo libero di essere amato da qualcuno che meritava i suoi sentimenti perché io non andavo bene. Non facevo che ferirlo, ed erano state molte più le volte in cui era stato arrabbiato che felice. Non gli facevo bene quindi.
Non mi accorsi che la porta era stata aperta e mi voltai per accogliere Yoshida cercando di sembrare quanto più normale possibile ma quando mi girai verso la porta mi accorsi che l’amico di cui parlava la mamma non era affatto Yoshida ma era Hayato che entrò chiudendo la porta dietro di se.
Lo guardai incredulo che fosse davvero lui e per un momento pensai di essermi nuovamente addormentato. Forse stavo sognando di averlo trovato.
Non sembrava più furioso come il giorno prima ma sul volto aveva una espressione indecifrabile come sempre, che non riuscii a capire e mi mise nella condizione di non sapere cosa dire. C’erano però tante cose che volevo dirgli, come sempre ma quando me lo trovavo davanti non mi funzionava il cervello.
“Ti fa male?” cominciò lui una conversazione.
Mi misi a sedere poggiando la schiena contro il cuscino “No, non fa tanto male...”
Che brutta sensazione, non mi piaceva che ci fosse tutta quella distanza. “Ok, allora ci vediamo” e così tentò nuovamente di andarsene, di sparire.
“Aspetta!” e si fermò prima di aprire la porta “Non andartene ti prego. Resta”
Lasciò il pomello della porta e si voltò a guardarmi, mi fissò in cagnesco, quell’espressione mi fece sussultare. Non era la prima volta che mi guardava così.
"Sono stanco Aki, non ce la faccio più a correrti dietro e ora mi dici resta? Mi hai preso per un vero stupido?” e diversamente da prima nel chiamarsi stupido mi mostrò un sorriso triste di chi stava soffrendo e a quel punto avrei voluto staccare la flebo, correre da lui ma non potevo.
“Ti sbagli! Non dare per scontato che io non provi niente.”
“Allora dimostramelo perché io non ce la faccio più, sono stanco di dover aver timore di qualcosa che è successo otto anni fa.”
Si riferiva a Mayu, lo sapevo. Era stata lei a turbarlo così tanto, e io mi sentivo esattamente come lui riguardo Kuro. Sentivamo le stesse cose.
Raccolsi allora tutta la mia calma e lo guardai dritto negli occhi, dovevo dargli una certezza quindi e lo feci smettendola con i giochetti e finendola di dire a me stesso che non capivo.
“Mayu non è niente per me adesso. Ti prego non andare via di nuovo, resta con me” e più tentavo di voler essere serio più fallivo, perché pronunciai quella frase con tutte le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento. Cominciarono ad uscire tutte e non riuscii a fermarle “Dannazione perché sto piangendo” mi strofinai gli occhi per fermarle “quanto sono patetico, scusami...” ridacchiai nervoso.
Non mi sarei sorpreso se Hayato di punto in bianco avesse deciso di farla finita con me, perché anch’io mi sarei scocciato al posto suo di uno come me. Ero un disastro. Ma Hayato inaspettatamente mi avvicinò e si mise a sedere accanto a me avvicinando il suo viso al mio e dandomi un bacio sulla fronte e le lacrime di conseguenza di fermarono, così come il mio corpo smise di vivere per un intero secondo. Solo il cuore mi batteva forte nel petto, e ogni altro pensiero ora era confuso.
Lo guardai, era di nuovo vicino a me e mi fissava con quegli occhi così belli, mi ci persi dentro e poi si chinò verso di me poggiando la testa contro il mio petto abbracciandomi stretto ma non forte, per non farmi male e sentii tutto il suo calore e quel profumo buonissimo che apparteneva solo a lui.
“Non farlo più... non stare più male ti prego..” borbottò contro il mio petto con voce bassa.
Gli accarezzai i capelli, così morbidi e lo lasciai stare, stretto a me in quel modo, incurante che la mamma potesse tornare da un momento all’altro o che chiunque altro potesse vederci. Ero felice che fosse di nuovo tra le mie braccia e che mi parlasse, volevo che quel momento fosse infinito.
“Va bene te lo prometto” dissi sorridendo finalmente dopo una giornata infinita e continuai a passare la mano tra i suoi capelli, mentre la pancia mi faceva male, ma mi crogiolavo del suo abbraccio e di quel buono, buonissimo profumo di fiori.


Mi resi conto presto di essere finito nelle mani di un dottore che credeva di avere a che fare con un bambino di appena sette anni. Mi parlava come se stessi per farmela addosso.
“I punti sono a posto, penso che già domani potrai tornare a casa. Sei contento piccino?” e mi toccò in naso sorridendomi come un idiota. Lo guardai spaesato e non sapendo che faccia fargli.
“La ringrazio molto dottore” mi madre si inchinò in segno di gratitudine “lei e il suo staff avete fatto un lavoro eccellente!” e il dottore si crogiolò di quei complimenti cacciando il petto in fuori per vantarsi.
Non vedevo l’ora di tornarmene a casa e di lasciare quel posto di matti.
“Deve restare comunque a riposo finché i punti non saranno ben guariti e caduti, capito giovanotto?” mi sorrise. Volevo che la smettesse di parlarmi come si fa a un cane o a un bambino di un anno.
“Sì signore...” risposi seccato.
E due giorni dopo tornai a casa e la mia routine tornò ad essere quella di sempre, solo rinchiuso tra quattro mura senza saper cosa fare. Potevo solo immaginare cosa stesse succedendo a scuola con Kuro in libertà e Hayato da solo senza di me.
“Non farlo più... non stare più male ti prego..” , sorrisi ripensando alle sue parole. Mi ritrovai con la testa tra le nuvole mentre me ne stavo con le braccia poggiate al davanzale della finestra.
Si era tutto sistemato, ne ero molto felice e Hayato era tornato quello di sempre ma senza poter uscire di casa non lo avrei visto spesso e questo mi dava grande noia.
Nel tardo pomeriggio piombò mamma in camera piena di entusiasmo come sempre “Tesoro sono venuti a trovarti i tuoi amici!” esclamò facendomi rimanere di sasso.
“Amici? Quali amici?!” era troppo tardi per chiedere una cosa del genere.
Dal nulla fecero la loro comparsa in ordine: Hayato, Yoshida, Saori che chissà come aveva saputo del mio incidente a scuola (le notizie viaggiavano troppo veloci) e poi c’erano Iku e Oija. Perché?
Hayato aveva l’aria molto seccata ed era sul punto di sbottare, lo guardai e cercai di tranquillizzarlo con un sorriso tirato. “R-ragazzi.. che ci fate tutti qui?”
“Che domande sono? Abbiamo saputo che sei bloccato a letto per una settimana e non potevamo non venirti a trovare” intervenne Saori vestita della sua divisa super sgambata e tale visione non passò inosservata agli occhi di Oija che cominciò a spalancare la bocca. Iku gliela chiuse, “puoi mangiare dei mochi vero?” e mi mostrò una scatola che aveva portato.
Indietreggiai spaventato “C-credo di si..” sorrisi.
Hayato la fermò “Non può mangiare cose troppo pesanti, porta via quei mochi.”
Saori gli lanciò un occhiataccia “Sei un vero sciupa-feste lo sai?”
“Meglio, ora sparisci!”
Yoshida sospirò seccato che Hayato non andasse d’accordo con nessuno, li ignorò e mi venne vicino “Stai bene quindi, ne sono felice” sorrise.
“Si, non è stata una cosa grave. Mi dispiace di averti fatto venire un colpo quel giorno” mi rattristai.
Yoshida mi accarezzò la testa “Tranquillo è tutto passato, ma mi devi l’ennesimo favore, per colpa tua quel giorno ho perso l’occasione di poter pranzare con Mina” e la sua presa si strinse di più intorno alla mia testa e il suo sorriso divenne spaventoso.
“O-ok.. ti devo un favore...” tremai.
“Per il resto spero tu ti riprenda presto” e si allontanò.
Quello era un mio amico, wow. Faceva sul serio paura.
“Aki-chan tornerai la settimana prossima a scuola vero?” domandò Iku sistemandosi gli occhiali.
Annuii “Si, per la settimana prossima potrò già tornare.”
Oija si mise a sedere sul mio letto, e tale confidenza irritò Hayato che schioccò la lingua. Perché doveva reagire a quel modo, pensai “Vedessi che novità abbiamo in classe” cominciò a dire.
“Oija no!” intervenne Hayato per fermarlo.
Tutti lo guardarono non capendo perché di quella proibizione, Oija tuttavia fece spallucce e tornò a guardarmi “In classe è arrivato un tipo davvero strano, ti giuro. Ha i capelli completamente neri, e porta gli orecchini ai lobi e va in giro con una divisa conciata davvero in maniera particolare. E’ buffissimo” rise.
Un ragazzo strano dai capelli neri? Improvvisamente tale descrizione combaciò con Kuro e immediatamente guardai Hayato che nel frattempo aveva abbassato la testa, perché non aveva detto nulla a tal proposito.
“Ok! Basta così per oggi, Aki ha bisogno di riposare e qui dentro siamo in troppi” intervenne Yoshida invitando tutti ad andarsene, ma Saori e Oija non ne furono contenti e prima di scappare via Saori corse da me per un rapido abbraccio e sparirono tutti dietro la porta. L’unico che era rimasto era Hayato.
Lo guardai in cerca di una spiegazione ma non sarebbe arrivata.
“Beh? Volevi tenermelo nascosto..”
Hayato mi guardò con una aria abbattuta “Non volevo darti un inutile preoccupazione.”
“Non mi preoccupo tranquillo.” Ero un bugiardo, si che ero preoccupato sapendo Kuro nella nostra stessa classe. Senza di me non sapevo cosa avrebbe potuto fare per avvicinare Hayato e chissà se era già successo in quei due giorni che non ero andato a scuola. Non volevo mostrarmi pensieroso così mi tirai su e abbozzai un sorriso giusto per non dargli preoccupazioni. “Sai un mochi lo mangerei volentieri tu no?”
Hayato si era avvicinato senza che me ne accorgessi “Cosa ti preoccupa? Io lo capisco se c’è qualcosa che non va.”
Era vero, non ero mai riuscito a fingere con lui. Perché era così facile leggermi dentro? “Niente davvero sto bene, ma sono solo preoccupato che Kuro possa farti qualcosa come quella volta.”
“Con Kuro è tutto chiarito ormai, non è una minaccia perciò dimenticalo.”
Avrei voluto saperne di più, sapere cos’è che avevano chiarito e perché Hayato non me ne voleva parlare? Kuro era chiaramente innamorato di Hayato. Che un tempo ci fosse stato qualcosa tra loro? Da una parte non volevo saperlo perché faceva male scoprire che c’era stato un’altra persona speciale per lui.
Portai il mio sguardo verso la spalla di Hayato chiedendomi se fosse vera la storia dell’incidente. Se davvero ero stato io la causa di quell'episodio o se c’era stato. Ma pensandoci su, una cosa così importante Hayato di sicuro me l’avrebbe detta no? Potevo stare tranquillo, se Hayato diceva che andava tutto bene allora era così.


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Capitolo 42
*** Capitolo 31 ***


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CAPITOLO 31


La mia condanna di reclusione terminò dopo una settimana e il lunedì seguente tornai nuovamente operativo, sebbene ancora un po’ dolorante ma potevo di nuovo muovermi in libertà e fui contento di tornare alla vita di sempre.
Quando aprii la porta di casa e trovai Hayato ad aspettarmi mi accorsi che sarebbe stata una buona giornata e gli andai incontro con un sorprendente sorriso stampato in faccia.
“Buongiorno!” ero felice di ritornare a scuola e di fare il tragitto con lui.
“Non correre idiota sei appena guarito” e la faccia di rimprovero di Hayato spense immediatamente ogni mio entusiasmo “e non urlare di primo mattino, ho mal di testa.”
Come non detto. Quello non sarebbe mai stato il principe azzurro sorridente delle fiabe, ma era il burbero Hayato di sempre che visto il mio miglioramento di salute era tornato acido come sempre.
“Sai le persone normali rispondono con un buongiorno non con un rimprovero... sei impossibile” lo rimproverai che avesse già spento ogni mia gioia con quell'atteggiamento.
Hayato mi fissò seccato “Sai com’è, mentre tu poltrivi a casa io sono andato a scuola ogni giorno e oggi è un giorno come un altro non certo bello come lo vedi tu. Quindi togliti quell’irritante sorriso dalla faccia.”
E lui era il ragazzo che diceva di amarmi, nessuno mi avrebbe invidiato dopo aver passato un solo giorno con il vero Hayato, anzi sarebbe scappato a gambe levate. Ero l’unico pazzo che lo sopportava.
Era chiaramente di cattivo umore e me ne resi conto dalla piccola rughetta che si gli formava tra le sopracciglia, ma come fare per migliorargli la giornata? Ci pensai un po’ ma poi ci arrivai.
“Hayato...” attirai la sua attenzione quando fece per voltarsi a guardarmi mi avvicinai poggiando una mano sulla sua spalla e gli diedi un bacio innocente sulla guancia, piccolo e rapido e tornai al mio posto “dai non essere di cattivo umore, sorridi” e gli mostrai come fare indicando la mia bocca.
Hayato sgranò gli occhi per quell’attacco improvviso e la reazione fu tutt altro che scontata, arrossì come non mai e nascose il viso sotto i capelli, allora mi incamminai soddisfatto di ciò che avevo fatto.
“Muoviti Hayato!” lo chiamai visto che era rimasto indietro.
Mi raggiunse immediatamente e quel senso di irritazione era svanito dal suo volto “Lo sai vero che quel bacio non basterà vista l’astinenza che ho” mi sussurrò nell’orecchio con una voce bassa e sensuale.
Immediatamente mi allontanai coprendomi l’orecchio, che era appena diventato di fuoco come il resto del mio viso e lo guardai incredulo che avesse sul serio detto una cosa del genere. Assurdo.
Hayato mi guardò con un ghigno di divertimento e come sempre aveva avuto l’ultima parola e riprese a camminare mentre tutto il mio corpo e la mia mente erano sottosopra. Vinceva sempre lui.
Così come mi ero aspettato, in classe trovai Kuro, già circondato da alcuni dei miei compagni e notai che si era già integrato bene perché se la rideva e non sembrava a disagio. Un po’ invidiavo quella sua sicurezza.
“Smettila di fissarlo” mi rimproverò Hayato superandomi per prendere posto al suo banco.
“Non si è mai avvicinato a te, giusto?”
Hayato mi fissò annoiato di quella domanda già ripetuta troppe volte ma continuavo ad avere una strana sensazione dentro, che non sapevo spiegarmi.
“Non mi ha mai rivolto la parola, lo giuro. Contento?”
Non mi avrebbe mai mentito lo sapevo quindi dovevo cercare di tranquillizzare me stesso ma fu in quel momento che guardando per un istante nella direzione di Kuro notai che mi stava lanciando un occhiata divertita e non ne capii il motivo, poi tornò a dare la sua attenzione ai ragazzi vicino a lui. C’era qualcosa che non andava. E in quel preciso momento due grosse braccia mi avvolsero da dietro catturandomi.
“Bentornato!” esclamò Yoshida prendendomi sorpresa e mi lasciò andare subito dopo, aveva un aria stranamente felice per essere primo mattino.
“Yoshida? Sembri felice...”
Yoshida mi sorrise mostrando la sua dentatura “Dici?”
“Sta uscendo con quella ragazza stramba quanto lui, ergo il sesso l’ha reso ancora più stupido” intervenne Hayato dando una spiegazione al tutto in maniera poco carina e Yoshida si irritò senza perdere il suo sorrisone.
“Perché Principe-san devi sempre essere antipatico?” cercò di essere carino.
Hayato lo guardò con sufficienza “Perché sei un idiota.”
“Cosa?!”
Mi toccai la fronte già stanco di quel battibecco mattutino “Vi prego... sono appena tornato e già mi fa male la testa. Ma è vero quindi, stai uscendo con Mina?” mi rivolsi al mio amico curioso.
Yoshida mi fece il segno di vittoria mostrandomi la mano “Oh yes! Qualche volta dobbiamo uscire a quattro. Sarà divertentissimo e poi magari anche fuori per cena tutti insieme!”
“Ennesima idea stupida dell’diota” osservò Hayato alle sue spalle e Yoshida gli rivolse un occhiataccia, “rifletti, vuoi davvero presentarci come coppia alla tua ragazza? Scapperebbe di nuovo.”
Pensai dentro di me 'addirittura?' Però a pensarci bene come l’avrebbe presa il resto del mondo a sapere che eravamo una coppia? Sicuramente non bene e con naturalezza come aveva fatto Yoshida quando gliene parlai. Non ci avevo mai pensato attentamente ma la nostra relazione doveva rimanere segreta, persino mia madre pensava che Hayato fosse solo un amico e invece era tutt’altro.
“Aki” mi riprese Hayato notando il mio smarrimento.
“Ha ragione, non possiamo dirglielo” ridacchiai nervoso non sapendo che altro dire.
Diversamente da Yoshida che poteva presentare Mina a tutti come sua ragazza, e tenerle la mano quando voleva, io tutto ciò non potevo farlo perché ero un ragazzo. E quindi i nostri sentimenti erano meno veri? Un giorno come sarebbe andata a finire tutta quella faccenda. Mi chiedevo se Hayato ci avesse mai pensato.
Terminate le lezioni trovai un po’ di tempo per me stesso, ne avevo approfittato mentre Yoshida e Hayato erano andati alla caffetteria per comprare qualcosa. Quei due litigavano sempre, ma qualcosa era cambiato e lo avvertivo. Hayato in qualche modo lo aveva accettato come mio amico.
Rifrugandomi nella mia biblioteca abbandonata continuai a pensare a ciò che era accaduto con Yoshida, a lui insieme a Mina e provai una sensazione simile all’invidia. Non importava come la si vedesse, la loro relazione era alla luce del sole e Yoshida poteva rivendicare Mina come sua mentre io non potevo, non avrei mai presentato alla mia famiglia Hayato come mio ragazzo e un giorno non sarebbe cambiato nulla da ora. Eravamo forse destinati a non avere un futuro insieme perché eravamo entrambi maschi?
Mi lasciai cullare dal silenzio di quel posto, era sempre così piaceole passarci del tempo anche se da un momento all’altro sarebbero tornati i due mostri. Ci pensai un po’, ed era li che tutto era cominciato, da quando avevo incrociato Hayato con i suoi libri tutto era cambiato e la mia vita scolastica aveva cominciato ad essere diversa in qualche modo. Ero più felice, e più socievole rispetto a prima. Chissà forse era stato destino incontrarsi li.
La porta della piccola stanza di aprì e mi fece ridere l’idea di vederli ancora discutere.
“Ce ne avete messo di tempo per tornare” sorrisi tra me e me alzandomi dal mio posto. Ma quando guardai verso la porta mi accorsi che non erano affatto loro.
“Aki-chan” pronunciò Mayu il mio nome mentre attraversava la porta. Non potevo crederci che fosse ancora lei, non di nuovo! La mia paura fu immediata, il pensiero che da un momento all’altro potesse tornare Hayato mi fece scorrere un brivido freddo lungo la schiena e così senza dire una parola feci per andarmene di li superandola a testa bassa raccogliendo le mie cose. Tuttavia Mayu non mi rese facile la cosa e con la mano mi bloccò la fuga “Aspetta ti prego!” Mi voltai a guardarla con il terrore addosso, mi guardavo continuamente le spalle e non sapevo proprio che scusa inventarmi per correre via, “Non ti vedo da quel giorno e ho saputo che hai avuto un attacco di appendicite la settimana scorsa. Stai bene?”
Parve sinceramente preoccupata e non riuscii a risponderle male.
“S-sto bene... è stata una sciocchezza.”
Mayu allora allungò la sua mano toccandomi una guancia e quel contatto mi fece trasalire, perché faceva così, perché l’universo non faceva altro che rendere tutto complicato.
“Sembri ancora così pallido Aki.”
Dovevo dunque porre io fine a tutto ciò e le toccai la mano portandola via dal mio viso, “Perdonami ma devo andare adesso, ci vediamo.” Fui quasi cupo nel dirlo e usai un tono per nulla amichevole così come il modo maleducato che usai nel lasciarla li da sola senza aggiungere altro.
Non ero stato un uomo ma un codardo ma lo avevo fatto pensando ad Hayato, alla paura che avevo che potesse di nuovo odiarmi e per quel motivo dovevo tenermi alla lontana da lei anche se Mayu non voleva far altro che essermi amica.
Lasciai quel luogo a falcate per allontanarmi il più possibile da tutte le mie paure. Ero tornato a scuola e tra Kuro, il pensiero di non poter essere una coppia alla luce del giorno e Mayu, dovevo ammettere che era difficile sopportare tutto ciò.
“Che ci fai sulle scale come una statua?” e me lo trovai davanti con un espressione incuriosita. Lo feci senza pensare, e sapendo che nessun altro era li a parte noi, mi lanciai verso Hayato stringendomi a lui. Tutto era così difficile e ciò di cui avevo bisogno era sapere che almeno lui era ancora reale e che sarebbe andato tutto bene, che le cose sarebbero diventate normali tra noi e che non eravamo strani.
“Non ti senti bene?” mi scrollò per le spalle staccandomi da se.
“Sto bene... senti Hayato perché oggi non usciamo un po’ da soli?” sorrisi.
Hayato restò stupito della mia proposta e mi guardò confuso “Cos’è tutta questa iniziativa all’improvviso?”
“Beh.. non stiamo insieme da un po’ quindi.”
“Ma se ti ho visto tutti i giorni da quando sei uscito dall’ospedale...” commentò acido.
Improvvisamente seppe distruggere tutta la mia voglia così feci per andarmene “Lascia perdere allora, come non detto” e la sua mano mi fermò.
“Se lo vuoi così tanto per me va bene” sorrise mostrandomi il suo viso illuminato da quel sorriso.
Fui felice che avesse detto di sì, in qualche modo volevo allontanarmi dalla scuola e passare un po’ di tempo altrove in modo che più nulla e nessuno mi facesse sentire così preoccupato.
Finite le lezioni prendemmo la decisione di andarcene in giro per negozi, senza una meta precisa e di mangiare del cibo da strada giusto per mettere qualcosa sotto i denti e Hayato da vero galantuomo mi offrì una porzione di takoyaki, giusto perché gli sembravo troppo sciupato.
“Continui ad offrirmi roba ma non sono una ragazza” osservai non apprezzando a pieno quel gesto.
“Mangia e sta’ zitto” e ne addentò anche lui uno.
Lo guardai con la coda dell’occhio mentre masticava il suo boccone. Aveva un profilo perfetto, i capelli gli cadevano ondulati e morbidi sulla fronte, così bello da essere surreale ed era seduto accanto a me su una panchina qualsiasi. Fu in quel momento che sollevando lo sguardo e guardandomi in giro notai che diverse persone avevano o rallentato il passo o si erano proprio fermate a fissarlo.
Ma che cazzo prende alla gente!, poi osservai Hayato e capii che era lui il centro della loro attenzione e preso da un improvviso senso di irritazione non ci pensai due volte a tirarlo via da quella panchina, lo trascinai lontano senza sapere però dove andare poi l’idea.
“Karaoke? Mi hai sul serio trascinato in questo posto?” commentò mentre si guardava in giro disgustato.
Ripresi fiato dopo quella camminata lunga “Perché non ti piace? Io non ci sono mai stato, ma dicono che sia davvero molto divertente!”
“Sei stonato come una campana come può essere divertente sentirti cantare?” e con poche semplici parole mi pugnalò dritto nel petto ed entrò dentro tenendo le mani in tasca.
Certe volte mi trattenevo di urlargli contro di andare al diavolo, per mantenere la calma mi dicevo che in fondo era vero. Lo avevo portato li solo per tenerlo alla larga dalle strade e dagli sguardi della gente e il karaoke mi era sembrato l’unico luogo appartato possibile.
Andai a sbattere contro la schiena di Hayato che si era fermato di colpo “Ehi ma quello non è Oija?” mi domandò indicando verso l’esterno di un palazzo accanto a quello del karaoke e in effetti era proprio lui, come non riconoscere un capellone.
“Che ci farà qui da solo?” mi domandai anch’io.
Poi lo shock! Io e Hayato sbiancammo quando notammo dall’edificio accanto al nostro uscì Saori, con in mano alcune buste, e Oija da vero galantuomo gliele prese per aiutarla. Quella scena aveva qualcosa di surreale e per un istante pensai di star sognando.
“Ma cosa significa...” gettai un’occhiata verso Hayato e quest’ultimo era impallidito dallo sgomento, senza aggiungere altro fece dietro fronte ignorando la cosa, ma lo fermai “Dove vai?!”
“Ignorali ti prego!”
“Ma cosa dici! Sono nostri amici.”
“Sono tuoi amici non miei!” mi gridò addosso.
Gli lanciai un occhiataccia per quel suo solito modo di fare da eremita delle montagne, così ignorando cosa volesse fare, lo lasciai li e andai dritto verso i miei amici e in un cenno di saluto gridai un sonoro: “Ciao ragazzi!” sventolando una mano.
Saori e Oija mi videro arrivare e sussultarono spaventati, le buste finirono a terra e vidi i due ragazzi andare nel panico al punto da scontrarsi nel tentativo di raccogliere ciò che era finito a terra. Restai basito da quella reazione e mi morì il sorriso che avevo dipinto in viso.
Hayato mi raggiunse divertito della scena “Sei ancora in tempo per scappare.”
“Taci. Ehi ragazzi tutto bene?” mi avvicinai a loro cercando di dimenticare la scena appena accaduta, Saori però continuò a comportarsi in maniera strana e non riuscì a guardarmi dritto negli occhi.
“Ragazzi..! Non mi aspettavo di beccarvi proprio qui... e oggi...” sottolineò le ultime due parole.
“Stavamo andando al karaoke in verità. Nemmeno io mi aspettavo di vedervi qui e insieme per giunta” ridacchiai per smorzare quel disagio evidente.
Oija in tanto se ne stava rannicchiato a terra ancora intendo nel raccogliere tutte le buste, allora Hayato gli si avvicinò e lo fissò con apatia dall’alto in basso e il povero ragazzo sussultò intimorito rimettendosi in piedi, allontanandosi dall’occhiataccia del principe.
“Ho raccolto tutto ecco a te” e restituì tutto alla proprietaria.
Saori gli sorrise imbarazzata “Oh grazie, beh è stato bello vedervi tutti ma ora devo scappare. Ciao Hayato” e corse via come un fulmine lasciandoci li come degli idiota, e Oija parve triste nel vederla scappare via.
“Da quand’è che uscite insieme?” osservò Hayato divertito da tutto ciò.
Oija sussultò ancora e iniziò a sudare “C-cosa? Noi.. non.. ecco...”
Guardai Hayato in maniera confusa, come faceva ad ipotizzare una cosa del genere? “Potevi anche dirle di non scappare via, non siamo così stupidi.”
“Non è come pensi!” esclamò Oija raccogliendo un po’ di coraggio.
Hayato iniziò ad irritarsi “Ah no? Conosco Saori da una vita e riesco a riconoscere quando esce con qualcuno, inizia a comportarsi in modo strano.”
“Oija ma è fantastico! Sono felice per entrambi” commentai andandogli incontro.
Oija parve rattristarsi “Vi sbagliate... io e lei non siamo...” divenne improvvisamente buio in volto.
In una settimana mi ero perso parecchie cose e ora c’era anche quella novità ma Oija era tutt’altro che felice e volevo capire perché.
Hayato era andato a comprare delle bibite alle macchinette. Avevo portato Oija via da quel marciapiede, si era un po’ ripreso da tutta la sfilza di emozioni di prima, sembrava essere tornato se stesso anche se era molto difficile da capire visto che i capelli gli cadevano disordinati sul viso nascondendolo. Era sempre il solito trasandato ed ero molto sorpreso che lui e Saori uscissero insieme.
Hayato tornò con tre lattine e ne offrì una anche al nostro amico “Grazie” rispose.
“Allora? Ci vuoi spiegare che succede?” lo incitai.
“Ecco, ricordi quella volta che siamo venuti a trovarti dopo l’operazione?” annuii ricordando di quella volta, “E’ successo allora che ho visto Saori, era davvero bellissima ma vedendo quanto ci tenesse a te ho pensato che fosse la tua fidanzato o qualcosa del genere.”
“Cosa?!” esclamò Hayato irritato e cercai di farlo tacere zittendolo con una mano.
“Dopo che ce ne siamo andati da casa sua ho pensato che non l’avrei mai più rivista e nei giorni a seguire ero molto triste, continuavo a pensare ad una persona che nemmeno conoscevo e che avevo visto una sola volta” ne parlava con una tale dolcezza che mi riscaldò il cuore “poi però un giorno ho accompagnato Yoshida al dojo, visto che tu non c’eri, ed è stato li che l’ho rivista. Era bellissima come sempre, solare e così gentile con tutti. Sembrerà stupido ma ne sono innamorato a prima vista” sembrò imbarazzato nel dirlo.
“Non è stupido” intervenne subito dopo Hayato, in maniera seria senza guardarlo e Oija lo fissò stupito.
Lo ero anch’io, non era solito consolare o appoggiare qualcuno eppure aveva detto una cosa del genere. Pensai allora che si stesse riferendo anche a se stesso nei miei confronti.
“Lei è così bella però, mentre io sono... sono io. Ho cercato di avvicinarla attraverso Yoshida, mi sono presentato e abbiamo iniziato a parlare ma lei mi vede come un amico, come un nuovo conoscente e spesso se ci becchiamo in giro beviamo un caffè insieme o mi trascina per negozi come avete visto prima ma nulla di più.”
“Scusa ma dille ciò che provi!” commentai.
“Lei può avere di meglio. Che se ne fa di un tipo sciatto come me” si rabbuiò di nuovo.
Mi pianse il cuore nel vederlo così giù, che cosa potevo fare allora?
“Le hai chiesto un appuntamento?” domandai con un idea in mente, Oija scosse la testa con un espressione molto triste in volto “Allora devi solo chiederglielo! Vedrai che accetterà e se le mostrerai come sei fatto, sono sicuro che comincerà anche lei a guardarti in modo diverso.”
“Oi rallenta” mi riproverò Hayato ma lo ignorò.
“Saori è una brava ragazza, aprile il tuo cuore e vedrai che anche lei ti noterà!” sorrisi. Ero veramente convinto delle mie parole, e se potevo aiutare anche lui oltre che Yoshida mi avrebbe fatto piacere.
Per un istante sembrò che non avessi affatto convinto Oija ma poi quest’ultimo parve rifletterci su, e si aprì sul suo volto coperto dai lunghi capelli un grosso sorriso, sollevò anche le spalle e la testa e mi guardò.
“Hai ragione! Devo provarci!” esclamò dopo aver ritrovato un po’ di fiducia.
Hayato mi si avvicinò all’orecchio “Sarà colpa tua se questo tipo riceverà un grosso due di picche.”
Quella frase mi fece un po’ riflettere, forse avevo fatto qualcosa di troppo e dato false speranze a Oija ma a mia discolpa lo avevo fatto solo perché non ce la facevo a vederlo con quell’aria così triste. Era un bravo ragazzo, anche simpatico, e forse mostrando questi lati di se Saori lo avrebbe notato. Ci credevo davvero
Restammo ancora un po’ con lui dandogli dei consigli, beh io mentre Hayato se ne stava in disparte con l’aria sempre più annoiata, ogni tanto lo vedevo anche sbadigliare ma lo ignorai e continuai a dargli dei consigli, sebbene non sapessi che pesci prendere per piacere ad una ragazza. In cosa mi ero cacciato.


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Capitolo 43
*** Capitolo 32 ***


Capitolo [32]

Cominciava a far freddo, e fui quasi costretto a tirar fuori giubbino e cappello. Era un pomeriggio come tanti, indossai giusto qualcosa di comodo per stare in giro. Mi osservai allo specchio per controllare come mi stava il cappello di lanetta blu scuro che avevo deciso di indossare.
“Sembro un cretino” commentai da solo ed eliminai l’elemento di disturbo.
Una volta lasciata casa aspettai che anche Hayato fosse pronto e mi avvicinai al suo giardino, aspettando al freddo, controllando che non fosse assai tardi. Era incredibile che fosse andata a finire in quel modo.
Ripensai al giorno prima, a quando poco dopo le lezioni eravamo stati placcati da Oija, che con fare quasi supplicante, ci aveva chiesto di uscire insieme a lui e Saori e di organizzare un gruppetto per andare tutti insieme al luna park. Preso dalla pena, e dalla sua supplica così disperata, avevo accettato senza ribattere.
“Fa dannatamente freddo” disse Hayato avvicinandosi a me. Aveva indossato qualcosa di molto casual, e portava un giubbino sportivo sui toni del grigio e del blu, e aveva indossato un berretto sportivo tenendo la visiera all’indietro lasciando la frangia bionda gli cadeva morbida sulla fronte e ai lati sulle orecchie, notai anche che aveva il naso già rosso per il freddo e si soffiava sulle mani per riscaldarsi.
“Dobbiamo andare solo al luna park, cos’è questo abbigliamento” osservai irritato.
Hayato sogghignò “Hai paura che qualcuno ci provi vedendomi così?”
“Figurati. Comunque andiamo che siamo già in ritardo.”
Ci incamminammo l’uno accanto all’altro.
“Non credo che questo sia il clima ideale per andare sulle giostre. Dovevi rifiutare”
Lo osservai bieco “E’ un favore che ci ha chiesto!”
“Hai troppi amici che ti chiedono un favore, questa cosa inizia a seccarmi.”
“Oija è anche amico tuo!”
Hayato mi scrutò serio per quella mia reazione, “Io non ho bisogno di amici e non ne voglio.”
Mi rattristava sempre notare quanto Hayato fosse ancora chiuso col prossimo. Non provava alcun interesse negli altri, non ci provava nemmeno ad aprirsi un po’ di più ed io non potevo essere l’unica persona a lui vicina, anche se quella sembrava la sua intenzione.
Fin da bambino mi ero sempre chiesto del perché di quella sua chiusura verso il prossimo, e del perché invece con me fosse tutto diverso. Era così con me solo per amore? Mi rattristava sapere che nella sua vita non c’era nessun altro a parte me. Piuttosto che provare gioia a quel pensiero, e alla mia posizione così speciale pensavo che era tutto così strano. Eppure alcune volte lo avevo visto parlare con Saori e chiederle consiglio, e un altra volta ancora lo avevo visto dibattere con Kuro. Ma anche con quest’ultimo era una faccenda più complicata di come sembrava, anche se continuavo a chiedermi cos’era successo tra quei due e se erano stati amici come lo eravamo io e Hayato.
Ma noi non siamo solo amici adesso. Quel pensiero mi attraversò la mente come un fulmine e il cuore ebbe un sussulto. Era tutto così diverso, eppure allo stesso tempo non era cambiato niente. Hayato camminava silenzioso accanto a me, guardando davanti a se e io gli stavo vicino come era successo tante volte. Agli occhi delle persone sembravano solo una coppia di amici, pensai, e quel pensiero mi rese triste stranamente. Ricominciai a pensare a cose tristi, al fatto che io volessi di più, gridare al mondo intero che tra di noi non c’era solo amicizia ma non potevo, eravamo entrambi ragazzi e mi chiedevo se anche Hayato si rendesse conto di quanto fosse complicata la cosa.
Raggiungemmo velocemente il luna park scelto da Saori per quella uscita di gruppo, e fu davvero insolito constatare che il tema di quel posto era il rosa ed Hello Kitty. Hayato nel vedere tutto quel tema così appariscente cercò di fare dietro front per andarsene ma lo fermai afferrandolo per la giacca.
“Lasciami!” urlò.
“Non puoi andartene! Stanno per arrivare tutti.”
“Prova a fermarmi allora!” e continuò a tirare mentre io tentavo di tenerlo fermo. Come al solito stavamo mostrando una delle nostre scenate davanti a tutti quei gruppi di ragazze che cominciarono a rallentare non appena si accorsero che il ragazzo che urlava era davvero bello. Si cominciò a formare una preoccupante folla di occhietti languidi. “Dobbiamo aiutare Oija!”
“Se la risolva da solo questa faccenda!”
“Oh siete già qui!” esclamò una voce familiare, ed entrambi ci voltammo a guardare verso di essa.
Erano appena arrivati Yoshida e con lui c’era la sua ragazza Mina, piccola e rossa in viso per il freddo. “Ciao ragazzi” salutò anche lei.
Hayato li guardò senza dire una parola ma aveva smesso con i suoi tentativi di scappare.
“Non ci credo, ma è bellissimo questo luna park!”
Commentò Mina osservando l’ingresso del luogo pieno di fiocchi, fiori e personaggi colorati di rosa e altri colori troppo vivaci. Si avvicinò un po’ per scattare delle foto, e Yoshida le sorrise per ricambiare il suo entusiasmo. Poi però si avvicinò a me afferrandomi per una spalla.
“Che diavolo è questo posto?!” domandò preoccupato e sudato.
“L’ha scelto Saori io non ne so niente...”
Hayato rise “La tua ragazza sembra felice, Yoshida-kun” osservò la ragazzina che se ne andava in giro salterellando e scattando foto a raffica.
“Spero che non mi chieda di fare delle foto con qualche strano personaggio rosa” si coprì il volto simulando lacrime finte.
Fu in quel momento che Mina gli andò incontro e gli scoprì il volto mostrando al suo ragazzo l’ampio sorriso che aveva, “Dopo facciamo una foto con Hello Kitty” gli sorrise.
“Ecco... io...”
Mina lo lasciò andare e ignorò la sua risposta, Yoshida ci guardò spaventato a morte.
“Sai, credo che dopotutto questa giornata sarà divertente” osservò Hayato mostrandosi divertito dell’evidente sofferenza di Yoshida, trascinato via dalla sua ragazza.
Arrivarono in ordine prima Oija e per ultima Saori, che chiese scusa del ritardo ma giustificò ciò con dei bento che aveva preparato per tutti noi. Un pensiero gentile, che apprezzammo ma l’unico che ne rimase talmente colpito da arrossire fu lo stesso Oija che non riuscì a dirle nulla.
Inaspettatamente c’era più gente di quanto credessi in quel posto, e all’ingresso fui spintonato dalla folla qua e là. Hayato allora, vedendomi in difficoltà mi afferrò la mano e mi tirò a se. Lo guardai colpito di tanta premura “Grazie” dissi con un filo di voce.
“Sta’ più attento baka.”
Per fortuna c’era tanta gente quindi nessuno si rese conto che mi teneva per mano e avrei voluto che ciò potesse continuare ancora ma dopo un po’ Hayato mi lasciò andare non appena fummo al sicuro, in uno spazio più aperto e fu allora che notai Yoshida, che teneva ancora stretta a se Mina. Invidiai profondamente che loro potessero mostrarsi alla luce del sole, mentre per noi tutto era diverso, a vederci da fuori sembravano due semplici amici che erano usciti in gruppo. Mi rattristò quella verità.
Non ci avevo mai pensato attentamente prima, visto che per settimane il mio chiodo fisso era stato come tenerlo lontano da me mentre ora non volevo separarmene in alcun modo e volevo quasi sbandierare ai quattro venti la nostra relazione. Non mi importava più di quella storia dell’omosessualità.
“Allora che giostra volete provare per prima?” si voltò verso di noi Saori sorridente.
Oija balbettò qualcosa di incomprensibile davanti a lei e quest’ultima fece fatica a capire cosa stesse dicendo.
“Quella” rispose secco Hayato indicando la grossa montagna russa rosa accanto a noi.
Sussultai per quella proposta “Sei impazzito?!” esclamai.
“Cos’è hai paura?” mi punzecchiò deridendomi.
“No!”
E subito dopo mi ritrovai sul primo vagone, ad urlare credendo di morire per ogni discesa. Accanto a me invece c’era Hayato che se la rideva divertito da quella giostra. Era la prima volta che lo avevo visto proporre qualcosa che gli piacesse ed era una novità anche per me constatare che aveva un debole per cose che facessero salire tanto l’adrenalina.
Una volta giù, io e Yoshida dovemmo sederci un attimo per riprenderci. Il mio povero amico aveva dovuto trattenersi dall’urlare per non sembrare un fifone con la sua ragazza, ma il suo viso pallido ne era prova e Mina tanto carinamente gli andò a prendere qualcosa da bere.
Ero seduta su una panchina qualunque, Saori e Oija erano spariti, Yoshida respirava profondamente aspettando la sua ragazza mentre io feci un bel respiro profondo. Hayato se ne stava in piedi davanti a me e si guardava in giro scrutando l’ambiente circostante.
“Andiamo datti una mossa che voglio provare un’altra giostra” e ne indicò un altra super pericolosa in fondo a tutto. Alla vista delle curve della nuova attrazione sbiancai.
“Vacci da solo!”
“Perché? Non c’è gusto se ci vado da solo.”
“Maledetto vuoi ridere di me per questo mi vuoi insieme a te..” lo guardai male e Hayato sorrise sfoderando un ghigno di divertimento. Il solito insomma.
Improvvisamente mi si avvicinò “Vuoi qualcosa da bere?” propose.
“No sto bene... grazie.”
Annuì e si allontanò portando nuovamente la sua attenzione altrove. Hayato era molto carino con me, lo dimostrava spesso di tenerci ma diversamente da una coppia normale noi non potevamo farci vedere in simili atti sdolcinati come tenerci per mano e vederlo portarmi dell’acqua sarebbe sembrato strano agli occhi di chiunque.
Mina fece ritorno e portò con se anche qualche snack che offrì anche a noi con un sorriso. Era davvero gentile, vederla prendersi cura di Yoshida mi fece venire un nodo allo stomaco. Io non potevo comportarmi allo stesso modo, anche se Hayato mi era davanti non potevo strappargli un bacio o stringermi a lui quando volevo come magari era concesso a lei.
Odiavo quella sensazione. Non eravamo mostri, sentivo anch’io il diritto di poter fare ciò che volevo, ma tale pensiero mi riportò ai giorni in cui avevo offeso Hayato per la sua omosessualità, a quando anch’io vedevo strane certe cose.
Tornarono anche Oija e Saori, quest’ultima aveva in mano dello zucchero filato rosa e se lo gustava contenta ridendo con il suo accompagnatore. Ricomposto il gruppo ci gettammo su altri giochi vari, la giornata proseguì molto velocemente e scacciai via ogni brutto pensiero lasciandomi andare per fare di quel giorno un prezioso ricordo insieme ad Hayato.
Hayato si divertì più di quanto avessi sperato, si gettava senza esitazione sulle giostre più pericolose e mi trascinava con lui con la forza ridendo per tutto il percorso un po’ di me e un po’ per l’attrazione. Diverse volte ci dividemmo anche dagli altri, riuscii a trascinarlo anche sulle tazzine e imbarazzato a morte restò per tutto il tragitto con le braccia incrociate e il capo basso incassato nelle spalle.
“Ti stai vendicando per prima eh?” mi rimproverò.
“Esattamente” scoppiai a ridere divertito della situazione e facendo girare la nostra tazza.
Dopo diverse ore ci concedemmo anche noi qualcosa da mangiare. Morivo di fame e lo stomaco aveva iniziato a brontolare, così entrambi facemmo la fila per gustare degli hotdog fumanti che profumavano di buono e quando riuscimmo comprarli ci gettammo su una panchina per mangiare in santa pace.
“Come fa a piacerti la mostarda. E’ orribile!” osservai mentre lo vedevo mangiare.
“Quando mai ne hai capito di cibo tu.”
Ci punzecchiammo come sempre, ma tra una battuta e l’altra trascorremmo davvero una piacevole giornata, lasciando spazio alle due coppiette e regalando del tempo anche a noi. Mi tranquillizzai un po’, magari da fuori potevamo sembrare amici ma non era importante ciò che vedeva la gente ma ciò che provavo io e sapevo che Hayato era il mio ragazzo.
Le dita di Hayato mi sfiorarono improvvisamente la bocca facendomi sussultare, il cuore cominciò a battermi forte. Lo fissai colpito di una cosa del genere. “Avevi della salsa sul viso maiale.”
Ridacchiai “Sono il solito eh?”
“Il solito stupido.”
Dando un occhiata intorno a noi notai in lontananza che Oija era sempre da solo con Saori e quest’ultima sembrava molto contenta della sua compagnia. Ero contento, ma lo sarei stato ancora di più se quei due fossero riusciti a stare insieme come coppia. Oltre ciò, a rendermi felice era che potevo passare del tempo con Hayato e quella giornata così come era iniziata volò, ci dimenticammo che era un luna park a tema Hello Kitty e riuscimmo a divertirci. Fu tutto diverso, Hayato era più aperto, rideva, mi prendeva in giro ma al tempo stesso mi toccava, cercava la mia mano e ogni scusa era buona per sfiorarmi per sentire che ero accanto a lui.
Hayato riattaccò la chiamata mettendo via il cellulare e mi fissò, “Yoshida vuole andarsene e portare Mina da qualche parte per mangiare. Resteremo solo noi e Oija con Saori.”
“Credo sia meglio lasciarli da soli.”
Annuì e parve contento di quella idea, “Tu cosa vuoi fare? Ce ne andiamo anche noi?”
Ci pensai un po’. Il parco era davvero bello di notte, e ogni giostra cominciava a brillare rendendo il tutto ancora più suggestivo. “C’è una giostra che ancora non abbiamo fatto!” aggiunsi.
Hayato confuso non capì a cosa mi stessi riferendo fin quando non lo trascinai dinanzi a quest’ultima, spalancò gli occhi nel ritrovarci un enorme ruota panoramica illuminata di rosa e bianco.
Senza indugiare oltre e senza una fila chilometrica riuscimmo a salire su una cabina delle tante e cominciò il nostro ultimo giro. Quella era la conclusione perfetta di un giorno perfetto e sperai dentro di me di averne ancora altri così.
Seduto di fronte a me c’era Hayato che guardava fisso fuori dai vetri della cabina, lo sguardo fisso su nulla di particolare ma quegli occhi azzurri erano capaci di brillare anche nella penombra di quella piccola cabina di metallo.
“Chissà se Oija ha combinato qualcosa con Saori” cominciò a dire di punto in bianco guardandomi e improvvisamente tornai alla realtà, dopo aver girato a vuoto nei miei pensieri.
“Chissà. Ma credo che a Saori possa piacere un tipo come Oija.”
“Tu dici? Non lo vedo proprio il suo tipo.”
Ridacchiai, “Perché sai qual’è il suo tipo? Nemmeno Mina ce la vedevo con Yoshida eppure guardali.”
“Già hai ragione. Certa gente si accontenta.”
I battiti del mio cuore erano diventati più pesanti e li sentivo suonare ripetutamente contro lo sterno. Quella sensazione era strana ma piacevole e mi succedeva solamente quando davanti a me c’era lui. Portai la mano al petto per sentirne ogni pulsazione e assaporare quel tepore.
“Cos’è quel sorriso?” mi domandò all’improvviso.
“Nulla. Sono solo felice.”
“Per Oija e Saori? Beh forse si dovremmo essere contenti per loro.”
“No. Sono felice di essere qui insieme a te.” Hayato riportò i suoi occhi su di me, li sgranò sorpreso della mia ammissione e della mia espressione così intensa. Ero sorpreso anch'io di me stesso, ma era tutto così perfetto che non avrei voluto essere da nessun altra parte se non con lui e ora più che mai mi rendevo conto di quanto ci tenessi. “Quando ti sei arrabbiato per la storia di Mayu ho avuto paura. Ho temuto che tutto tornasse come prima, ho avuto paura di non poterti parlare più e in quel momento mi sono accorto che in tutti questi anni mi sono sentito molto solo perché con me non c’eri tu.”
Improvvisamente avevo il disperato bisogno di dirgli tutto ciò. Volevo che capisse che non era il solo, che non lottava contro un amore a senso unico.
Hayato mostrò un sottile sorriso “Non ricordarmi di quel periodo... è stato uno dei più brutti che abbia mai vissuto. Non facevo che chiedermi com’è che fossimo arrivati a litigare per una terza persona.”
“Hayato...”
“Aki io ti amavo anche a quei tempi e quando scoprii che a piacerti era quella ragazza sentii il cuore andare in pezzi. Mi chiedevo perché invece di me tu avessi scelto lei, cos’è che aveva di speciale. Quando lei mi si dichiarò colsi l’occasione di farle del male e fui al tempo stesso felice che lei non fosse presa da te.”
“Ti ho fatto soffrire davvero tanto..”
Hayato scosse la testa “Al contrario. Mi hai permesso di capire cosa fosse l’amore e ora che sei mio non ho più bisogno di ricordare di quel periodo.”
Quante volte ancora sarebbe stato lui ad aprirsi così tanto? Quand’è che anch’io sarei riuscivo ad essere così sincero. Sentivo una strana rabbia ribollirmi nelle vene per la mia incapacità di essere completamente onesto. Così feci l’unica cosa che potevo fare visto che tutte le parole mi erano morte dentro. Mi alzai dal mio posto e inaspettatamente mi misi a sedere accanto a lui, Hayato fu colto di sorpresa, ma continuai ad avvicinarmi abbastanza da riuscire a poggiare la testa sulla sua spalla e a stringergli la mano. Chiusi gli occhi lasciandomi andare alle emozioni, crogiolandomi del suo buon profumo.
“Dopo posso restare a dormire da te?” domandai con un filo di voce.
Sentii Hayato sussultare nel sentirmelo chiedere ma poi tornò calmo “Certo.”
Non capivo più nulla, nè perché avessi avuto tanti dubbi prima ma ora era tutto così chiaro. Nel stringere la sua mano sentivo ogni emozione invadermi tutto il corpo, lui era mio, come io ero sempre stato suo. Forse non mi era mai stato davvero chiaro prima ma ora sì, ero profondamente innamorato di Hayato.


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Capitolo 44
*** Capitolo 33 ***


Capitolo [33]

La testa aveva smesso di pensare. Il mio corpo era leggero. Il cuore batteva come un tamburo nel petto facendomi capire che ero ancora vivo, tutto in me funzionava perfettamente ma le mie sensazioni erano strane così come ciò che percepivo era come ovattato. Tutto ciò era dovuto alle carezze, ai baci di Hayato.
Dolcemente mi toccava la pelle nuda, la sfiorava seguendone i contorni e mi baciava nei punti più strani, come l’interno coscia e poi mi guardava con quello sguardo pieno di desiderio. Quegli occhi erano capaci di sciogliere ogni cosa dentro di me e ogni volta che mi guardava in quel modo sentivo l’impulso di gettarmi sempre di più verso di lui e di lasciarmi andare.
“Dimmi se ti fa male” disse con una voce molto profonda.
Qualsiasi cosa sarebbe andata bene, anche il dolore più straziante. Finché ero avvolto nelle sue braccia, finché potevo sentire il suo profumo, ogni cosa andava bene perché ero insieme a lui.
Facemmo l’amore quella notte, tornammo dal luna park e andai a casa sua. Incuranti che ci fosse Kou addormentato in una delle stanze e nel più totale silenzio ci abbandonammo l’uno all’altro con l’estremo bisogno di sfiorarci e di sentirci a vicenda.
Non fece male. Hayato fu delicato, mi preparò prima della penetrazione e quando iniziò a muoversi ogni affondò fu intenso e profondo, dandomi piacere. Quando si avvicinava per baciarmi ecco che quella sensazione di piacere aumentava, desideravo solo che tutto ciò non finisse mai.
Quando finimmo ci lasciammo cadere entrambi in un sonno profondo, io avvolto nelle sue braccia e il torace di Hayato contro il mio. Quel contatto era così piacevole, prima di chiudere gli occhi dimenticai che ero a casa sua e che chiunque avrebbe potuto beccarci. Dimenticai ogni cosa, ogni pensiero strano, ogni dubbio e mi lasciai riscaldare dal suo tepore, felice che lui mi amasse così tanto. Dentro di me volevo passare altre cento notti così, ogni giorno e per sempre.
Quando le prime luci iniziarono a filtrare dalla finestra fui sveglio, e nell’aprire gli occhi notai che Hayato non era più accanto a me. Ancora stordito, cercai di mettere ordine a ciò che era successo e nel ritrovarmi nudo nel suo letto mi ricordai di ciò che avevamo fatto quella notte e della giornata al luna park. In quel momento mi venne da sorridere, le guance le sentii infiammarsi. Ero davvero felice, il sapore di quella felicità era così dolce da farmi saltare giù dal letto indossando di corsa i pantaloni e andando dritto verso il bagno adiacente alla sua camera (avevo intravisto la luce da sotto la porta).
Spostai di poco la porta per fargli una sorpresa, volevo saltargli addosso e fargli venire un colpo ma quando la porta fu abbastanza aperta per intravedervi dentro la scena che mi si parò davanti fu tutt’altro che spiacevole. C’era Hayato, piegato in due sul lavandino e si teneva con una mano la spalla stringendo forte.
Davanti a quella scena improvvisamente mi tornarono alla mentre le parole di Kuro, al fatto dell’incidente.
“Non voglio renderla troppo lunga ma Hayato non ha lasciato il judo perché si era stancato, fu costretto e tutto perché in quel periodo ebbe un brutto incidente durante una gara importante che gli ha lussato permanentemente la spalla sinistra.”
Improvvisamente cominciai a credere che fosse tutto vero, ogni cosa. Osservai ancora un po’ Hayato e dalla vetrinetta sul lavandino tirò fuori una pomata e cominciò a passarla sulla spalla e con un espressione afflitta si guardò allo specchio. Aveva un aria così vuota in quel momento, tutte le risate del giorno prima e la dolcezza della notte prima erano svaniti e ora c’erano di nuovo lo stesso ragazzo dall’espressione spenta.
Lasciai il mio nascondiglio, tornai a letto chiudendomi la porta dietro, silenziosamente, perché improvvisamente ogni voglia di scherzare era svanita. L’unica cosa che volevo era sapere la verità.
Mi rivestii in fretta e quando Hayato uscì dal bagno restò sorpreso che fossi quasi già pronto “Oh credevo che stessi ancora dormendo” uscì a petto nudo e il mio sguardo era rivolto solo verso la sua spalla, l’odore acre della crema che aveva usato era ancora percettibile. Non sapevo cosa dire.
“Dovrei andare a casa prima che Kou si faccia delle idee sbagliate.”
Hayato mi accarezzò la testa “Dovresti almeno fare colazione”, fu in quel momento che non accettai quel tocco e senza rendermene conto indietreggiai spaventato, allora Hayato sgranò gli occhi per quella mia reazione così improvvisa, ma non riuscivo proprio a fare finta di nulla.
“Perdonami ma devo andare adesso, ci sentiamo più tardi” dissi con un filo di voce e oltrepassai lui e la porta della sua stanza per tornare a casa mia.
Mi dispiaceva, ma la gioia di prima si era trasformata in angoscia e avevo il bisogno di sapere. Se avessi chiesto ad Hayato probabilmente non mi avrebbe mai detto nulla, visto che me lo nascondeva dal modo in cui si era medicato di nascosto così una volta fuori da casa sua decisi di andare al dojo e cercare Saori.
Dentro di me saliva l’angoscia di una verità scomoda che non volevo sapere, ma che dovevo conosce a tutti i costi. Speravo che le parole di Kuro fossero solo bugie, ma da come avevo capito quel ragazzo provava davvero qualcosa per Hayato e forse lo aveva fatto solo per separarci.
Era davvero presto, probabilmente non avrei nemmeno trovato Saori ma dovevo almeno tentare. Una volta lì gli uccellini cinguettavano felici, faceva abbastanza freddo e in giro non c’era praticamente nessuno.
Mi guardai in giro alla ricerca di una faccia amica ma nulla, avevo scelto il momento sbagliato. Appurato di essere da solo mi rassegnai all’idea di non sapere e feci per tornare indietro.
“Aki Nomura.”
Una bassa e cupa voce pronunciò il mio nome e nel girarmi verso la direzione da cui proveniva vidi Hiroto, il ragazzo becchino, che spesso avevo incontrato insieme a Kuro e Saori. Mi fissò, senza nessuna particolare emozione, mentre in mano teneva una scopa. Era davvero strano quel ragazzo.
“C-ciao” feci per essere cordiale.
Hiroto poggiò la scopa contro un albero e mi si avvicinò lentamente, i capelli gli coprivano metà volto e il viso era pallido come sempre. “Cosa ci fai così presto qui?”
“Speravo di trovarci Saori ma credo sia ancora presto.”
Hiroto guardò in giro “Immagino di sì. Posso aiutarti io?”
Sorrisi “Non ti preoccupare, la chiamerò più tardi. Allora ci vediamo in giro.”
Volevo solo andarmene di li in quel momento ma proprio mentre ero sul punto di farlo ecco che Hiroto cominciò a parlare alle mie spalle.
“Sai non abbiamo mai avuto davvero modo di farci una chiacchierata noi due. Che ne dici vuoi fermarti un po’?”
Mi voltai a guardarlo con un grosso punto interrogativo in viso, chiedendomi cos’è che voleva da me. Ma ingenuamente acconsentii e lo seguii sul retro del dojo, lontano dall’entrata principale e senza che glielo avessi chiesto mi offrì una tazza di tè che versò andando a posare scopa e paletta.
Ero sulle spine, confuso del perché mi fossi trattenuto con quel ragazzo così strano. Non avevo neppure il coraggio di guardarlo in faccia e ogni volta che incrociavo il suo sguardo lo distoglievo presto preso dalla paura.
“Accomodati pure” mi disse invitandomi a sedere su quella che era una sporgenza di legno della palestra che si apriva su un piccolo giardino sul retro, “spero ti piaccia, abbiamo solo questo tipo di tè qui. Dicono che aiuti nella ripresa muscolare.”
“Va benissimo, davvero!” sorrisi. Hiroto mi fissò attentamente ancora una volta e in tutta risposta puntai lo sguardo sulla tazza che stringevo tra le mani ancora fumante. “Allora? Di cosa vuoi parlarmi?”
“Non girerò intorno alla cosa quindi te lo chiederò direttamente: tu stai insieme ad Hayato?” Il tempo si fermò di colpo, così come il mio cuore nell’udire quella domanda così schietta. Sconvolto, lo guardai senza sapere cosa dire esattamente. La domanda che mi ponevo era come facesse a saperlo. “Non devi avere paura. Non ho intenzione di rivelare la vostra relazione a nessuno, e poi mi sono sempre accorto di come Hayato ti guardava. Anche tanti anni fa, durante e dopo ogni gara non faceva che gettare un occhio verso il pubblico e in particolare verso un ragazzino che lo incitava.”
Ero io quel bambino.
“Come fai a sapere che sto con lui?”
“Intuito?” abbozzò quasi un sorriso tirato e sorseggiò il suo tè, “Diciamo che Hayato sembra essere sereno da quando è tornato qui con te.”
Era l’ennesima persona che mi diceva la stessa cosa.
“Che intendi dire da quando è tornato?”
“Tu sai vero.”
Sbiancai e il terrore di quella verità era sempre più reale. La mia testa mi diceva di fermarmi, di non andare oltre, che sapere avrebbe solo complicato ogni cosa. Tutto ciò che era perfetto adesso sarebbe diventato difficile.
“Che cosa so di preciso?” Hiroto mi guardò intensamente. “Hayato ha avuto un incidente alla spalla durante una gara e da quel giorno non ha più gareggiato. E’ tutto vero allora...”
Hiroto guardò davanti a se con tranquillità, “Hayato avrebbe potuto continuare come insegnante per bambini, il maestro lo avrebbe accettato sicuramente ma quello non era il suo sogno. Voleva la cintura nera, voleva gareggiare a livello olimpico ma da come so la spalla non è mai tornata a posto e per non soffrire ulteriormente se ne andò senza dire nulla a nessuno di noi.”
Ascoltai ogni parola con l’angoscia nel cuore.
“Vedi Hayato è sempre stato introverso, ma credo che tu lo sappia meglio di chiunque altro. Probabilmente tu eri l’unica persona che guardava con una particolare luce negli occhi, e oltre al judo per lui non esisteva altro che te. Non so precisamente cosa sia successo ma di colpo cambiò, divenne cupo e più silenzioso, cominciò a peggiorare nello sport e il giorno della gara sbagliò una presa importante.”
Sentirgli raccontare tutta la storia mi fece quasi rivivere quei momenti. Immaginai Hayato devastato per il nostro litigio, per la storia di Mayu, la stessa sofferenza che avevo provato io ma conoscendo i sentimenti che provava già per me immaginai quanto dovesse aver sofferto a causa mia tanto da costargli una spalla.
“E’ colpa mia... è questo che vuoi dire in pratica.”
Hiroto mi fissò serio, “Credi che lo sia? Hayato non ti darà mai la colpa di tutto ciò, perché credo che sia profondamente innamorato di te.”
“Ma se non fosse cambiato non avrebbe mai sbagliato quella presa..” avevo lo sguardo fisso nel vuoto, davanti a me non c’era più il giardino, nè Hiroto, ma semplicemente la figura di Hayato riversata a terra che si teneva una spalla dolorante e con lui nessuno, non c’ero io. Fino a quel momento non avevo mai sentito un dolore tale trafiggermi il petto, ma sentii davvero ogni parte di me venir meno.
Hiroto notò che avevo iniziato tremare e prese un lungo respiro prima di parlare.
“Le cose accadono e basta. Sarebbe potuta andare diversamente questo è ovvio, ma ormai è andata così.”
“Quindi... non potrà mai più praticarlo? Mai?”
Hiroto mi fissò buio e scosse la testa.
Il mio peggior timore si era avverato. Lo avevo ferito, ci ero riuscito in tutti i modi possibili e lo avevo fatto senza rendermene conto. Non gli ero stato accanto quando ne aveva avuto bisogno, lo avevo dato per scontato, avevo ignorato i suoi evidenti sentimenti e tutti eccetto me ne sapevano più a riguardo. Ero il peggiore e mi resi conto di quanto potevo nuocere. Io non ero giusto, non andavo bene per Hayato e non lo meritavo come credevo. Non dovevo pretendere di amarlo perché a causa mia si era autodistrutto.
“P-perdonami ma adesso devo andare...” dissi con un filo di voce, ancora perso nei miei pensieri.
“Stai bene?”
Annuii ma non stavo bene, l’unica cosa che volevo era però andarmene da quel posto. Se fossi restato ancora due minuti avrei rivisto davanti a me la faccia di Hayato sofferente e non avevo la forza di sopportarlo ulteriormente. Quindi senza aggiungere altro imboccai la strada di ritorno, e appena fuori dal campo visivo di Hiroto cominciai a correre, senza un motivo, volevo dimenticare ogni cosa. Perché avevo voluto sapere? Cosa ci avevo guadagnato? Il presentimento che avevo sempre avuto si era trasformato in una verità tagliente.



Un cellulare cominciò a squillare.
- Cosa vuoi Hiroto? Spero sia una cosa importante.
“Mi devi un favore. Ti ho appena risolto un grosso problema, Kuro.”
- Racconta.


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Capitolo 45
*** Capitolo 34 ***


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Capitolo [34] ULTIMO CAPITOLO DELLA PRIMA PARTE

Tornai a casa tardi quel giorno, camminai non so quanto, preso da pensieri angoscianti e da un senso di colpa mai provato. Sapere di aver causato problemi ad Hayato era peggio dell’attacco di appendicite che avevo avuto settimane fa. Mi sentivo sempre peggio più ci ripensavo e dentro di me dovevo ammettere che Kuro aveva racconto la verità. Ciò non fece altro che peggiorare il mio stato d’animo.
Per tutto il giorno ignorai i messaggi e le sue chiamate, vedere il suo nome segnato sul display del cellulare fu un colpo al cuore e l’impulso di ascoltare la sua voce era forte, ma se ripensavo a ciò che aveva dovuto passare, al perché me lo tenesse nascosto, allora quella voglia andava via. Riflettendoci su capivo perfettamente che era colpa mia, proprio perché Hayato non me ne avevo mai parlato. Ogni volta che si era tirato fuori l’argomento judo era sempre stato evasivo e io senza alcuna delicatezza lo avevo trascinato nell’unico luogo che lo faceva soffrire. Nel pensarci, mi salì la rabbia e tirai un pugno al primo muro che avevo davanti, nel farlo mi resi conto della cosa stupida che avevo fatto e le nocche della mano iniziarono a perdere qualche gocce di sangue ma nessuno dolore fisico era pari a quello che provavo dentro.
Io amavo Hayato, volevo stare con lui ma allora perché non facevo che ferirlo. Non potevo in alcun modo cancellare il passato, volevo eliminare tutta la faccenda di Mayu e del suo incidente. Se tutto ciò non fosse accaduto i fatti si sarebbero svolti diversamente, avremmo continuato a stare insieme e ci saremmo messi insieme molto prima, Hayato avrebbe vinto la cintura nera e io sarei stato li per festeggiarlo.
Sono davvero la sua sciagura.
Fu un pensiero che mi balenò nella testa all’improvviso e mi fece sgranare gli occhi. Cominciai a rendermi conto che se non fossi mai comparso nella sua vita non avrebbe mai sofferto a causa mia. Ero io la causa di tutto, del suo dolore.
Ancora una vibrazione del cellulare e lessi l’ennesimo messaggio: - Dove sei finito? A casa non ci sei. –
Mi veniva da piangere. Mi stavo ancora comportando male e non rispondendo lo stavo facendo preoccupare ma come avrei potuto guardarlo in faccia ora che sapevo ogni cosa. Come saremmo andati avanti.
Non sapendo dove andare decisi di recarmi dall’unica persona con cui potevo parlare e che reputavo un amico. Quando lo chiamai per dirgli che avevo bisogno di lui non ci mise molto a raggiungermi nel parchetto di giochi dove mi ero nascosto per aspettarlo.
Yoshida arrivò in meno di dieci minuto col fiatone e lo vidi smarrito mentre si guardava in giro per trovarmi. Gli feci cenno per fargli capire dove fossi e mi raggiunse con una faccia molto preoccupata.
“Aki...” cercò di riprendere fiato per la corsa, “che cosa è successo? Stai bene?!”
Lo guardai e non riuscii più a trattenermi, sentii gli occhi annebbiarsi e le lacrime cominciarono ad uscire come un fiume in piena. Come un bimbo cominciai a piangere senza proferire parola.
Yoshida shockato della cosa e non sapendo che fare mi si avvicinò, si chinò verso di me per guardarmi meglio e mi afferrò per le spalle dicendomi di non piangere. Pensai che lo facesse per controllare che non fossi ferito, poi con molta premura mi cinse il capo per simulare un abbraccio e mi lasciò piangere su di lui.
Passò un altro po’ di tempo e Yoshida tornò con una bottiglia d’acqua offrendomela. Si accomodò sull’altalena accanto alla mia, mi guardò ancora con aria preoccupata.
“Va meglio?”
Annuii “Mi dispiace... sono un vero disastro.”
“Accidenti Aki vuoi dirmi che succede? Hai litigato col principe?”
Scossi la testa. Sentivo gli occhi gonfi e ancora lucidi, “Non posso più stare con lui.”
Yoshida sgranò gli occhi sorpreso “Cosa? In che senso non puoi più stare insieme a lui?” si rimise in piedi e mi diede una scrollata per incitarmi a parlare.
Non ebbi nemmeno la forza di guardarlo in faccia e lo sguardo mi cadde nel vuoto. “Non posso e basta, ma non riesco... non riesco a trovare le parole per dirglielo.”
“Ma come... eppure ieri vi ho visto andare d’amore e d’accordo. Ha fatto qualcosa che non doveva? Se è così lo uccido!”
“Non ha fatto niente di sbagliato, ma io sì. Non posso ricambiare i suoi sentimenti, non sono adatto a stare insieme a lui e non ce la faccio più.”
Sorrisi amaramente nel dirlo e Yoshida sbiancò, “Aki... non sembri convinto nel dirlo.”
“Lo sono invece... credimi, però devi aiutarmi a trovare le parole per dirglielo.”
Yoshida fece un sospiro e mi si avvicinò di nuovo cingendomi una spalla, “Ti aiuterò se è questo che davvero vuoi, ma dimmi la verità, è successo qualcosa?”
“No nulla. Ho sbagliato ad accettare di stare con lui tutto qui.”
Yoshida fu ancora una volta un amico. Mi invitò ad andare da lui, mi offrì della cioccolata calda per farmi riprendere (visto che avevo passato intere ore al freddo), ci accomodammo entrambi in camera sua e passammo ore a parlare sul come si dicesse a qualcuno di volerla far finita. Più sentivo Yoshida improvvisare un discorso, più lo stomaco mi si chiudeva all’idea di dover ripetere quelle parole a lui.
Mi chiedevo se fosse la cosa giusta da fare. Continuavo a darmi del pazzo, che quella non era una tragedia eppure dentro di me provavo un senso di sconfitta, ero afflitto. Ero l’unico che non voleva il male di Hayato, volevo vederlo sempre sorridere come al luna park e se la ragione del suo benessere ero io, ero anche la causa delle sue sofferenze e del suo turbamento. Sparire dalla sua vita forse era meglio visto che non riuscivo nemmeno a dirgli che lo amavo.
“Hai l’aria così abbattuta Aki.”
Guardai continuamente fuori dalla finestra “Sto bene. Credo...”
Yoshida si accomodò accanto a me, ma continuai ad ignorare tutto ciò che mi circondava. Guardavo davanti a me con lo sguardo spento, notai di non essere più in grado di mettere a fuoco nulla e il petto continuava a farmi male per qualche strano motivo.
“Aki ascolta, so bene che le mie parole non serviranno a nulla, visto che non conosco nemmeno il motivo della tua decisione ma non dovresti farlo. Non deve essere un solo ostacolo a bloccarti, e se si tratta di paura non devi lasciare che questa si impadronisca di te. Tu ami Hayato no?”
Mi pose quella domanda così ovvia che risposi quasi senza pensarci, “Si che lo amo.”
“Quindi? Vuoi sul serio lasciarlo andare?”
Strinsi i pugni nel sentirmi dire cose che sapevo benissimo. Lasciarlo significava che non sarebbe più stato mio, mi avrebbe odiato sicuramente e non avrei mai più potuto ascoltare la sua voce, assaporare i suoi baci, le sue carezze, e il suo calore quando premeva il suo corpo contro il mio.
Senza accorgermene sentivo di nuovo gli occhi lucidi “E’ proprio perché lo amo che devo farlo Yoshida. Quindi t-ti prego..d-dimmi come farlo..” le parole mi morivano in gola a causa di nuove lacrime che non riuscii a trattenere e ancora ricominciai a piangere come uno sciocco. Yoshida fu allora costretto a cingermi una spalla e a tirarmi verso di se per consolarmi da bravo amico. Non fece più domande però.


Tornai in tarda serata a casa, dopo quasi un intero pomeriggio di lacrime. Mi sentivo stanco, avevo mal di testa e sentivo gli occhi rossi e gonfi a causa delle lacrime. L’unica cosa che volevo era fare un bel bagno caldo, rilassarmi e andare dritto a letto per ritrovare le forze con cui affrontare Hayato il giorno dopo.
Fu però in quel momento, che nella penombra della strada, riconobbi una sagoma fin troppo familiare che se ne stava in attesa fuori casa mia. Era proprio lui, Hayato, che ora mi stava fissando con sguardo serio. Forse era furioso per il mio silenzio, per le chiamate senza risposte, ma certamente non mi aspettavo di trovarmelo di fronte tanto presto. Così decisi di andare avanti facendo finta di nulla e lo superai senza guardarlo.
“Ciao eh” disse con tono seccato.
Mi paralizzai stringendo il ferro del cancello che dava al mio giardino, “C-ciao..”
“Quindi? Mi dai una spiegazione o devo prendermela con la forza?” mi staccò la mano dal cancello e si impadronì delle chiavi per impedirmi la fuga, “Mi dai una spiegazione alle chiamate senza risposta, che dici?”
“Sono stato un po’ con Yoshida oggi...”
Hayato mi scrutò attentamente aspettando che io proseguissi ma non mi uscì altro. Mi sentivo a disagio, e non riuscivo ad affrontare quegli occhi così intensi, così me ne stavo li a guardare da tutt altra parte.
“Eri da Yoshida e non potevi rispondere alle mie chiamate? Ero preoccupato idiota e poi mi sa tanto di bugia questa. Quindi dimmi la verità prima che mi incazzi sul serio.”
Serrai la mascella nel sentire quelle parole. “Bugia eh? Io non ti ho mai raccontato bugie, anzi, qui l’unico ad averle sempre dette sei solamente tu.”
“Cosa? Di cosa stai parlando?”
Finalmente, preso da una nuova rabbia, lo guardai dritto negli occhi anche con un velo di disperazione che mi affliggeva per quella verità svelata. “La tua spalla! Perché non mi hai mai detto dell’incidente!”
Hayato si paralizzò dallo stupore e si fece ancora più buio in volto, sembrò quasi sudare freddo. Cercò le parole e in maniera cauta rispose: “Come lo hai saputo?”
“Non ha importanza! Ciò però non toglie che lo sapessero tutti tranne me.”
Hayato mise le mani in tasca “Infatti non dovevi saperlo. Se trovo chi te l’ha detto lo uccido!”
“Perché? E’ una cosa importante. Non fai che tenermi nascoste le cose: prima la questione con Kuro, poi l’arrivo di tuo padre e adesso questo. Dici di amarvi eppure non fai che tenermi distante dal tuo mondo!”
“Non lo faccio.”
“Si invece!” gridai stranamente, “E io non ce la faccio più a vivere con questa angoscia. Sono stanco di scoprire cose nuove ogni giorno, cose per altro mi fanno solo male.” A quel punto lo guardai dritto negli occhi con la stessa tristezza che avevo del cuore, “Non puoi gareggiare a causa mia? Dimmi la verità. E’ per questo che non volevi dirmi niente, perché sono la causa del tuo infortunio.”
Hayato si sorprese delle mie parole e immediatamente mi strinse per le spalle dandomi una scrollata “Che cazzo dici. Questo non ha nulla a che fare con te! E poi è successo così tanto tempo fa che nemmeno capisco che importanza abbia adesso una cosa del genere.”
“Ne ha invece. Tu amavi il judo e ora non puoi più praticarlo per colpa mia e di quella maledetta discussione di allora. Mi dispiace...”
Hayato mi diede un altra scrollata costringendomi a guardarlo in faccia, e lo trovai a un palmo da me “Ascoltami bene! Non dire mai più questo, tu NON sei la ragione del mio infortunio. E’ stato un incidente, poteva capitare a chiunque e ora sono qui davanti a te, non sono morto per questo e la mia vita è andata avanti comunque.”
“Io non so se posso ancora continuare Hayato...”
Mi lasciò andare nel sentire ciò e quasi come un fulmine mi si attaccò addosso costringendomi a baciarlo, mi prese con la forza e mi catturò con le sue forti braccia quasi col terrore che potessi svanire da un momento all’altro. “Smettila di dire queste stronzate!” Lo lasciai fare perché volevo che mi toccasse ancora, che mi impedisse di fare ciò che avevo deciso di fare. Volevo che mi convincesse che non era mai successo nulla, che le sue parole fossero vere che non era colpa mia. Volevo davvero crederci per non separarmi da lui. Afferrò il mio viso tra le mani e lo guardò quasi con aria disperata “Perché non dici più nulla?”
Sfiorai quelle mani così fredde e le allontanai da me lasciandole andare, chinai lo sguardo verso l’asfalto perché non avevo più il coraggio di guardarlo in faccia. Ero un dannato codardo, volevo nascondere gli occhi lucidi che avevo, il dolore che sentivo. E se lo avessi guardato non sarei più riuscito a dire ciò che volevo dire.
“Mi dispiace davvero tanto... ma non posso.”
“Che significa questo adesso? Ti sei già pentito di tutto e quindi stai trovando una scusa per scappare?”
Va bene che lui la pensi così no? “Io n-non posso ricam..” mi sollevò il viso di forza costringendomi a guardarlo.
“Guardarmi negli occhi se devi dirmi che stai per lasciarmi. Abbi almeno le palle di fare questo.” Mi guardò con odio, i suoi occhi così dolci erano diventati bui come la notte.
“Mi dispiace di averti solo illuso.”
Avevo la voce così sottile che a stento sarebbe stata udita da lui, ma volevo che fosse chiaro che non ero indeciso su ciò, volevo che fosse chiaro che non me ne sarei pentito. Hayato allora in tutta risposta rise, stranamente, e poi scoppiò letteralmente a ridere lasciandomi senza parole.
“E’ incredibile.” Disse tra una risata e l’altra, “Ieri sera eri nel mio letto e ti sei lasciato scopare come se nulla fosse, e oggi vieni qui a dirmi che mi hai illuso? Sul serio?” si toccò la fronte scuotendo la testa. Mi aspettavo quella reazione, sapevo che avrebbe usato parole dure così lo lasciai fare trattenendo ogni emozioni e mantenendo compostezza, anche se dentro stavo morendo. “Mi hai detto che ti piaccio o sbaglio? L’hai detto come lo dici a qualsiasi stupida oca, come quella Miyu? No, davvero spiegamelo perché tutto questo sa di assurdo e mi sorprende anche che io sia ancora qui a cercare una spiegazione da uno come te.”
“Io...”
Sollevò la mano per zittirmi e la sua espressione divenne sempre più cagnesca “Non farlo. Non aggiungere altro, è tutto chiaro. Complimenti Nomura almeno potrai vantarti di esserti fatto scopare il culo e non sarai più un completo sfigato” disse ciò con tono bieco e mi lasciò solo, andando verso casa sua. Mi voltai a guardarlo per l’ultima volta, da quel momento in poi non sarebbe più stato mio e quell’espressione così distaccata e severa nei miei confronti sarebbe stata l’unica che avrei visto d’ora in poi.
Hayato mi lanciò un ultima occhiata e si chiuse il cancello alle spalle. Ci ero riuscivo, avevo messo fine a tutto, ma ciò che provai fu solamente vuoto. Ogni cosa sembrò perdere di significato, il perché fossi li, il perché stessi di nuovo piangendo come uno stupido e il perché non potessi semplicemente stare insieme a lui.
Lui credeva che il mio non era stato amore, che non avevo mai provato nulla ma se solo avesse sentito tutto ciò che avevo ascoltato allora anche lui avrebbe provato le mie stesse paure. Io ero la ragione delle sue gioie, della sua rabbia e anche delle sue sofferenze, da quando gli avevo rivolto la parola per la prima volta non avevo fatto altro che distruggerlo lentamente. Il suo amore per me lo stava lentamente distruggendo.


Finita la prima parte! Spero che fin qui la storia vi sia piaciuta. Non è stato facile portarla avanti con i vari impegni, spesso ho dovuto rileggere interi capitoli per riprenderne il filo.
Riguardo la seconda parte sarà presto postata ma a parte, in modo da non essere troppo lunga. Magari qualche nuovo lettore potrebbe spaventarsi vedendo 1732 capitoli ahahah.
Grazie a chi ha SEMPRE recensito facendomi compagnia in questi mesi, grazie a chi ha letto in silenzio o a chi semplicemente ha letto le prime righe perdendo un po' del suo tempo. GRAZIE <3
Roje

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