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di Jenny of Oldstones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Al Black Snow ***
Capitolo 3: *** Fragranze Mescolate ***
Capitolo 4: *** Profumo di dolci, Natale e di te ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

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Prologo

 

Iris fissava da cinque minuti buoni con aria corrucciata l'entrata di un piccolo pub, il "Black Snow", dove spesso era solita uscire con la sua compagnia di amici.
Era accogliente e piuttosto tranquillo per essere un locale principalmente frequentato da ragazzi, ed ad Iris piaceva proprio per quella sua caratteristica, oltre a quell'aria vagamente country che si respirava. Ma quella sera, proprio quella sera, c'era qualcun altro che occupava quel bel posticino, e l'aveva notato perché quando aveva parcheggiato, non troppo lontano dalla loro meta, aveva notato alcune auto di sua conoscenza, e quella cosa non le piaceva affatto: infatti, Iris sapeva benissimo che se le persone che credeva che fossero erano lì dentro, la bella serata che sperava di passare si sarebbe tramutata in un vero e proprio incubo.
D'altro canto, quando si viveva in una minuscola cittadina come quella, dove c'erano sì e no un paio di locali - e uno dei quali più che altro frequentato da vecchietti che giocano a carte -, si doveva ingoiare il boccone amaro e condividere gli stessi spazi con persone con cui non si andava d'accordo.

Sentiva lo sguardo di Meredith che la fissava insistentemente da quando di botto si era fermata a uccidere con lo sguardo il pub.
«  Allora... Credi che prima o poi entreremo? » Domandò Meredith, con il suo solito tono di voce petulante. Iris strinse le labbra e l'ignorò bellamente.
Meredith non le piaceva granché, perché era noiosa, logorroica e soprattutto le aveva soffiato il ragazzo che le piaceva da sotto il naso, sapendo perfettamente che era interessata a lui.
In realtà, fin da quando l'aveva conosciuta, Iris sapeva che non sarebbe mai potuta andare troppo d'accordo con Meredith, e che alla fine il loro rapporto sarebbe stato piuttosto ipocrita, ma aveva sperato che prima o poi la bella bionda che ancora la fissava, potesse cambiare ( invano ).

Si prese pochissimi secondi per osservare la ragazza. C'era da dire che sebbene Meredith peccasse di slealtà, aveva anche molti pregi: qualche volta l'aveva aiutata e le aveva fatto conoscere tante persone a cui si era affezionata, ed era anche piuttosto bella. Aveva dei bei capelli biondi e ricci, degli occhi grandi e color cioccolato, un nasino grazioso che s'intonava col viso piccolo e ovale e delle labbra molto carnose e rosee. Era anche alta e slanciata, con ogni forma al punto giusto ( Iris non poteva fare a meno di invidiarle il seno abbondante ); era talmente perfetta che aveva iniziato da poco a fare qualche sfilata, che le avrebbe fornito degli agganci con le più grosse e famose aziende di moda, un giorno. Meredith non faceva che vantarsene;

"Presto me ne andrò da questo buco di paese, dove ci sono solo neve, freddo e noia mortale!" Erano state le sue prime parole fin già dal primo giorno di lavoro, e spesso e volentieri le ripeteva, aumentando ogni volta i modi di fare spocchiosi.

« ... ed entrerò da sola! Ma insomma, mi stai ascoltando? » Ovviamente Iris non aveva sentito nemmeno una parola dell'irritante sproloquiare della bionda, e senza degnarla di attenzioni, si diresse a testa alta verso l'entrata del pub, seguita da tutti gli amici.

« Si prospetta una serata interessante! » Esclamò Simon, il suo migliore amico.
Iris si lasciò sfuggire un sorrisetto, mentre Simon la prendeva sottobraccio.
« Vorrei tanto avere il tuo entusiasmo, Sim. » Gli rispose la ragazza.

*

 

 

Quella sera Zsadist aveva un diavolo per capello. Chi lo conosceva almeno un po', poteva sicuramente affermare che non era una cosa che capitasse di rado; a dirla tutta, Zsadist era perennemente incazzato.
D'altro canto, quando si viene cresciuti da un padre drogato e violento, da una madre quasi sempre attaccata al collo della bottiglia del più scadente dei vini sul mercato e da un fratello stronzo nel cervello, c'è ben poco da essere allegri.
Fin da quando si era messo alla guida del suo pick up mezzo scassato per passare a prendere Kate e raggiungere il resto degli amici al "Black Snow", non aveva fatto altro che indossare la sua tipica espressione corrucciata, rispondendo con snervanti monosillabi o grugniti.

« Ok » sospirò Kate. « Che ha combinato Chris? » chiese stringendo la mano di Zsadist, in quel momento sul cambio dell'auto.
Zsadist stette zitto per qualche secondo, scrutando la strada davanti a sé con un cipiglio minaccioso. Dopodiché abbassò il finestrino dal suo lato, tirò fuori una sigaretta dal pacchetto di Marlboro rosse che aveva precedentemente abbandonato sul cruscotto e dopo essersela portata alle labbra, l'accesse con un accendino da pochi centesimi, sicuramente rubato a qualcuno. L'aria gelida che entrava dal finestrino appena aperto lambì i loro corpi, ma nessuno dei due se ne curò. Kate attendeva una risposta, fissandolo insistentemente con aria vagamente preoccupata, e Zsadist probabilmente sperava che Kate si dimenticasse della domanda che gli aveva posto pochi minuti prima, anche se sapeva che una volta che la sua amica dai capelli rosa chewing gum si metteva in testa qualcosa, era pressoché impossibile farla demordere. Così, sbuffando aria dalle narici, si decise a soddisfare la sua curiosità.

« L'hanno di nuovo sbattuto dentro » Grugnì, gettando insieme alle parole degli sbuffi di fumo che andava velocemente affievolendosi. « L'hanno beccato mentre rapinava un negozio con una pistola finta. » Continuò poi, prendendo l'ultima boccata di fumo prima di gettare il mozzicone fuori dal finestrino, senza però richiuderlo.
Kate sospirò per la seconda volta, quella sera, e sfregò l'indice e il medio della mano destra su una tempia, chiudendo gli occhi per qualche istante.

« È un idiota. » disse poi, riaprendo gli occhi verde/castani dal taglio leggermente a mandorla.
« È un coglione.
» La corresse lui, voltandosi brevemente a guardarla con un sopracciglio inarcato in un'espressione sarcastica.
« Quanto starà? » Chiese poi la ragazza, specchiandosi negli occhi ambrati di Zsadist, che però distolse immediatamente lo sguardo, riportandolo sulla strada.
« Penso qualche mese. Cinque, se si comporta bene. » Rispose lui, atono.
« Beh, stasera si beve! » Esclamò Kate, sbuffando e Zsadist sfoderò un sorriso sghembo privo di allegria.
Arrivati in prossimità di un parcheggio quasi completamente pieno, fece un paio di rapide manovre e fermò la macchina tra il muro di un palazzo e una bella macchina nera e sportiva, sicuramente molto costosa. Si slacciò la cintura, immediatamente imitato dall'amica, spense il motore con un semplice mezzo giro di chiavi e scese dal pick up, sbattendo la portiera di malagrazia e chiudendolo. Si cacciò le chiavi in una tasca del giubbotto di pelle, e s'incamminò verso l'unico locale che frequentavano qualche sera a settimana.
Quando furono ormai prossimi all'entrata del "Black Snow", si tastò le tasche posteriori dei jeans scuri e dall'aria vissuta in cerca del pacchetto di sigarette, ma si ricordò di averle lasciate sul cruscotto del pick up e imprecando a gran voce, fece per tornare al parcheggio.

« Vuoi che t'accompagni? » Gli chiese Kate, con aria divertita e tono falsamente dolce.
Zsadist, in tutta risposta, le voltò le spalle cominciando ad incamminarsi e le rifilò un dito medio, scatenandole una risatina. L'ultima cosa che sentì fu la voce squillante della ragazza che gli comunicava che Bob le aveva mandato un messaggio con su scritto che li aspettavano dentro.

 

*

 

« Ah cavoli! » Esclamò Iris, portandosi una mano alla fronte. « Ho dimenticato il cellulare in macchina. » Farfugliò, frugando nella piccola pochette nera con la cerniera dorata, tirandone fuori un mazzo di chiavi.
« Torno subito. » Si congedò dagli amici, ignorando Lukas che le chideva se volesse essere accompagnata. Fece una piccola corsetta, non appena fu sparita dal campo visivo degli altri, al solo scopo di allontanarsi il più possibile dal ragazzo moro: ci mancava solo che la sua sbadataggine gli fornisse l'occasione di rimanere da solo con lei per provarci in qualche maniera!
Ad un certo punto, però, si ritrovò ad inciampare, le scarpe col tacco né troppo alte né troppo basse avevano slittato sull'asfalto ghiacciato. Rendendosi rapidamente conto di non aver alcun appiglio a cui reggersi per poter evitare la caduta, serrò le palpebre e si preparò a fare i conti con l'imminente impatto di schiena sul suolo tutt'altro che morbido.
Dovette prendersi un istante prima di rendersi conto che sì, aveva sbattuto contro qualcosa, ma questo qualcosa era fresco e asciutto. Un odore di tabacco, boschi e dopobarba le invase le narici, facendole sussultare il cuore nel petto; Il suo sguardo incrociò dei pezzi d'ambra incastonati in un viso decisamente bello e virile, ed era stata sorretta da braccia apparentemente forti e muscolose.
« Stai bene, rossa? » Le domandò il ragazzo che l'aveva salvata dalla botta che avrebbe potuto prendere. La sua voce era profonda e roca, e l'alito caldo che le aveva sfiorato il viso, decisamente troppo vicino a quello di lui, le fece salire dei brividi lungo la schiena.

« Zsadist..? Sì, sto bene » balbettò Iris, senza interrompere il contatto visivo con il ragazzo. « Ti ringrazio. » Sussurrò arrossendo ed allontanandosi dal piacevole torpore che Zsadist emanava.
Lui si limitò a scrollare le spalle, distogliendo lo sguardo dal suo per spostarlo sulle guance rosse di Iris. Ghignò appena, voltandole le spalle e aprendo la portiera del pick up, afferrando le Marlboro sul cruscotto. Quando ebbe richiuso la vettura, seguì i movimenti di Iris, molto simili a quelli che aveva compiuto lui. Aveva sbloccato la bella macchina sportiva pigiando un dito su di una piccola chiave telecomandata e aveva spalancato una delle portiere anteriori piegandosi per poter entrare con la testa e metà busto sotto al tettuccio dell'auto. In questo modo, Zsadist poté appurare che Iris era dotata di un gran bel paio di gambe, sebbene non fossero lunghe quanto quelle di Kate e coperte da un paio di collant scuri.

"Uscire con un vestito a novembre in una delle città più fottutamente fredde del fottuto mondo... Donne! - Pensò Zsadist, senza però distogliere lo sguardo dalle gambe della ragazza. "Peccato che con quel cappotto non si noti altro" pensò ancora, contraddicendo il pensiero che aveva avuto poco prima.
Quando Iris si voltò e lo beccò a fissarla, sussultò e arrossì di nuovo, e si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prendendo a fissarsi le punte dei piedi e stringendo forte la pochette.

« Pensavo che te ne fossi già andato. » Bofonchiò senza guardarlo. Zsadist sorrise involontariamente; aveva tutta l'aria di una bambina.
Indossò subito l'espressione indifferente che lo contraddistingueva e la raggiunse in pochi passi, afferrando nel frattempo una sigaretta e accendendola subito. Prese un'ampia boccata e espirò lentamente il fumo dalle narici. « Non penso sia una buona idea lasciare da sola una ragazza da sola, di sabato sera, vicino ad un locale dove un sacco di stronzi si ubriacano e fanno gli scemi. » Le disse semplicemente.
In teoria, leggendo l'espressione perplessa di Iris, non si sarebbe dovuto davvero preoccupare per lei, visto che non si erano mai nemmeno scambiati mezza parola, se non per litigare. Lui non sapeva nulla di lei e decisamente lei non sapeva nulla di lui. Perché allora porsi il problema di proteggerla da qualche eventuale malintenzionato? Zsadist stesso non sapeva darsi una risposta, ma mise semplicemente a tacere il cervello.

« Ma tu non mi sopporti! » Constatò lei, spostando i lunghi boccoli rossi su di una sola spalla. Zsadist si voltò a guardarla e abbassò lo sguardo di parecchio -  indugiando un istante di troppo sul collo bianco di Iris, lasciato in parte scoperto dalla lunga chioma rossa -, notando quanto fosse minuta in confronto a lui. Gli superava la spalla, ma aveva i tacchi, quindi se l'immaginò ancora più piccola.
« No, semplicemente non mi piace la maggior parte delle persone con cui esci. E visto che quando ci capita di scazzare, tu li difendi sempre, scazzo anche con te. Niente di personale. » Era di sicuro il discorso più lungo che avesse fatto in tutto il giorno; perfino Kate non gli aveva cavato che poche parole.
« Beh, ma sono miei amici, è normale che li difen.. » Aveva cominciato a parlare indispettita, Iris, ma non poté finire la frase che dovette afferrare il fazzolettino di seta ripiegato con cura in una tasca del suo elegante cappotto bianco perla, per portarselo davanti a labbra e naso e così liberare due piccoli starnuti di fila. Sbatté le palpebre un paio di volte, ripiegò il fazzoletto e mosse il naso piccolo e all'insù come fosse un coniglietto.
Zsadist a quella vista non poté fare a meno di soffocare una risata -  assurdo che gli facesse quell'effetto! -, e aprendo per l'ennesima volta il suo pick up, tirò fuori una sciarpa nera molto semplice e gliel'avvolse intorno al collo. Iris sgranò gli occhi e fece per protestare, ma Zsadist l'aveva esortata a seguirlo, minacciandola di lasciarla lì da sola. La rossa allora, gli si affiancò e silenziosamente raggiunsero il "Black Snow". In piedi vicino all'entrata e nascondendosi dalle ampie vetrate del locale, stettero un po' senza sapere bene cosa dire ( ammesso che ci fosse effettivamente bisogno di dire qualcosa ), fino a quando Iris non balbettò dei ringraziamenti: di nuovo per averla afferrata prima che cascasse e per la sciarpa, che si affrettò a sfilare in modo da restituirgliela.
Zsadist la prese, osservano il pezzo di stoffa, finché non la posò di nuovo sulle spalle delle ragazza, e per l'ennesima volta in quella strana serata, stupì lei e sé stesso.
« Dopo dovrai tornare alla macchina e prenderai freddo » si giustificò. « Tienila tu. Se ce ne sarà occasione me la restituirai. » E senza attendere una risposta, entrò nel pub.

Iris attese giusto qualche attimo, prima di entrare a sua volta: prima aveva voluto affondare il naso in quella particolare fragranza di tabacco, boschi e dopobarba che emanava la sciarpa, pensando all'ambra degli occhi del suo proprietario.

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Capitolo 2
*** Al Black Snow ***


Al Black Snow

Al Black Snow

 

« Ma quanto c'hai messo, lumaca?! » Fu così che l'accolse Simon, rivolgendole uno dei suoi sorrisoni a trentadue denti e facendole cenno di sedersi accanto a sé.
Iris esitò a rispondere: di certo conoscendo la bassa considerazione che i suoi amici avevano di Zsadist ( e ampiamente ricambiata da quest'ultimo ), le avrebbero fatto storie se avessero saputo che aveva intrattenuto con lui una "conversazione" - o magari trattandosi di Simon e Naomi avrebbe semplicemente dovuto sopportare stupide battute maliziose.

Certo, magari il suo imbarazzo e la silenziosità del ragazzo non avevano contribuito a intavolare un discorso brillante o quantomeno sensato, ma se pensava al suo timbro di voce così piacevole, le risalivano i brividi che l'avevano assalita fino a poco prima. Non sapeva per quale motivo l'avesse così bruscamente rivalutato, ma decise che per il momento si sarebbe tenuta la cosa per sé.

« Oh, ho ricevuto una chiamata da mia zia. »

« E la sciarpa... È nuova? »

Oh, loro sapevano. Quella domanda apparentemente innocente di Naomi aveva centrato il punto.
Se per gli altri la sua era sembrata una scusa convincente, per i suoi migliori amici non lo era affatto; non gli erano sfuggiti né l'attimo di esitazione e né lo sguardo che aveva tenuto basso fingendo di leggere il menù rilegato in finta pelle nera del "BlackSnow".

« No.. L'ho trovata in fondo all'armadio. Chissà da quanto tempo stava lì! » Rispose sfoderando un sorriso nervoso ed evitando di alzare lo sguardo dal menù che aveva preso a stringere spasmodicamente.
« Mh, fingeremo di crederti... Anche se è strano che tu non l'avessi, prima. » Asserì Simon, rivolgendole un'occhiata divertita.

« Cosa vi porto, ragazzi? » Domandò Amy, la cameriera tutta curve del pub, che si era avvicinata stringendo tra le mani un bloc notes piuttosto spiegazzato e una penna blu.

Meredith ordinò - letteralmente - un cocktail particolarmente forte, sebbene sapessero che non reggesse bene l'alcool e che si sarebbe ritrovata già parecchio brilla solo a metà bicchiere.
Lukas, Naomi e Michael  ordinarono rispettivamente altri due cocktails e un paio di chupiti.

« E per Simon e Iris la solita cioccolata bollente in tazza grande con panna montata, scaglie di cocco e una spruzzata di cacao, giusto? » Ammiccò Amy, tutta presa a segnare le ordinazioni sul bloc notes.
« Ormai non abbiamo più segreti per te, dolcezza! » Le rispose Simon, in un goffo quanto vano tentativo di abbordaggio; infatti Amy si limitò  ad alzare gli occhi al cielo, tirargli un buffetto sul naso ed allontanarsi ancheggiando verso un altro tavolo.

« Ah, mi fa impazzire » mormorò Simon, sognante. « Non mi laverò mai più il naso »

Meredith gli lanciò un'occhiata disgustata, prima di ritornare ad annoiare un Michael dall'aria esasperata con il suo sproloquio su di una modella "assolutamente indecente" che divideva il camerino con lei.
Michael emise un sospiro seccato, prima di voltarsi verso la bionda e interromperla con un "se è così zoccola dammi il suo numero che ci facciamo una chiacchierata possibilmente a casa sua, ma ti prego ora smettila di assillarmi! " Meredith boccheggiò per qualche secondo, oltraggiata, prima di voltarsi verso Lukas e intraprendere  un dibattito su quest'ultimo a proposito della "maleducazione di certa gente".
Lukas si limitava ad annuire distrattamente, spulciando i post di chissà quale social sul cellulare.

Michael intanto, incrociò le braccia sul tavolo e ci si poggiò con la testa, sbadigliando rumorosamente. Prima che i suoi occhi scomparissero dal suo campo visivo, Iris gli rivolse un sorriso bonario, ampiamente ricambiato dal ragazzone dalla pelle scura.

Mentre Naomi e Simon intavolavano una conversazione sull'ultima stagione di una serie TV di cui andavano matti, Iris fece vagare lo sguardo verso gli altri tavoli.
C'era parecchia gente quella sera: un paio di coppiette intente a scambiarsi effusioni, uno di ragazze civettuole, che bevevano alcolici sebbene non fosse sicura che avessero l'età giusta per poterlo consumare, e tanti altri occupati da gruppi misti come il suo, dove c'era chi rideva, chi s'annoiava, chi chiacchierava e chi ancora stava ordinando qualcosa da bere o da mangiare.
Uno di questi - s'accorse con un tuffo al cuore -, era Zsadist, che dopo aver riferito a Chris ( un altro cameriere ) cosa avrebbe desiderato, si voltò verso la finestra a guardare il paesaggio con aria assorta.

I capelli dal colore particolare, di un bianco albino, erano tutti scompigliati e si coloravano del giallo intenso delle luci del "Black Snow". Gli occhi grandi e ambrati come quelli di un lupo erano fissi su un punto non precisato ed avevano un'aria malinconica.
Si prese un momento per osservare il profilo del ragazzo, anche se essendo praticamente ai lati opposti del locale, non poteva cogliere chissà quale dettaglio.

La linea dura della mascella gli dava quel tocco di virilità che ad Iris piaceva nei ragazzi; la mandibola pareva serrata, come se stesse stringendo i denti per non scoppiare in una sorta di furia animalesca a cui Iris aveva assistito una volta, quando l'aveva visto fare a botte con un paio di ragazzi, mesi addietro. Le labbra avevano un taglio sottile, ma non troppo ed erano contornate da un po' di barbetta incolta, ed Iris con un moto di imbarazzo, si chiese se le ragazze che aveva baciato avessero sofferto il solletico nel sentire quei peli sfiorarle il viso.
Salì più su e incontrò il naso di normale grandezza, dritto, forse appena un po' troppo lungo. Le guance erano leggermente incavate e gli zigomi né troppo alti né troppo bassi. Gli occhi  erano ornati da lunghe ciglia scure, come le sopracciglia, una delle quali divisa da un piercing di metallo grigio.
La fronte era semi coperta da ciocche di capelli candidi, che le venne voglia di toccare per saggiarne la morbidezza.
Notò che anche il suo corpo, o almeno la parte non celata dal tavolo, appariva in tensione: a partire dalle spalle larghe, la schiena leggermente ricurva, le braccia conserte sulla superficie di legno e le mani strette a pugno.

Zsadist era oggettivamente un bel ragazzo, lo sapeva già, ma non aveva mai realmente fatto caso a quanto alla vista fosse effettivamente gradevole. S'era fermata solo all'apparente caratteraccio ed ai noiosi e screditanti pettegolezzi di Meredith e di qualche adulto del paese riguardo alla sua sgradevole situazione famigliare ( anche se non aveva mai prestato troppa attenzione ).

Venne riscossa dai suoi pensieri da Amy, che portò al loro tavolo su di un vassoio nero di plastica le loro ordinazioni , posando davanti a ognuno di loro la bevanda richiesta con movimenti meccanici, come se fosse evidentemente abituata.
Com'era arrivata sparì nuovamente tra i tavoli, rivolgendogli un sorriso e intimandoli di richiamarla per qualsiasi cosa, ma non prima di abbandonare lo scontrino sul tavolo.

Iris e Simon si fiondarono immediatamente sulle cioccolate, scottandosi la lingua ma traendo un immediato beneficio dal calore avvolgente che invase le loro membra ancora vagamente intorpidite dal freddo esterno.
Meredith e Lukas presero una lunga sorsata dalle cannucce nere nel grosso bicchiere ricolmo di liquido colorato, mentre Michael si scolava velocemente i due shottini, tornando poi a sonnecchiare.

Naomi, prima di prendere un piccolo sorso dal suo cocktail, le si avvicinò nuovamente e, attenta a farsi sentire unicamente da lei e Simon, le disse: « sicura che nel tuo ritardo non c'entri nessun ragazzo entrato poco prima di te e a cui hai fatto la radiografia fino a un momento fa? »

Iris quasi si strozzò con la cioccolata, ma per sua fortuna Tom ( il proprietario del "Black Snow" ), li raggiunse al loro tavolo salutandoli e scambiando qualche convenevole.

« Vi ringrazio di essere venuti » disse sorridente. Poi rivolse il suo sguardo alla rossa. « Iris, pronta a cantare? Vorrei qualcosa di leggero, questa sera »

Iris s'alzò di scatto dalla sedia e si limitò ad annuire, seguendolo poi sul piccolo palchetto sul lato destro rispetto al bancone del bar.

« Buona fortuna! » Le augurò Tom, per poi lasciarla lì da sola.

Le luci si spensero, solo una bianca era puntata su di lei, che afferrò una vecchia chitarra sistemata artisticamente insieme a tanti altri strumenti musicali proprio sul palco.
Si sedette su di un piccolo sgabello, pizzicò le corde della chitarra, facendo uscire le prime note di " Hope I don't fall in love with you" di Tom Waits e chiuse gli occhi, iniziando a cantare.

 

*

 

Zsadist si stava gustando la sua birra, partecipando di tanto in tanto alle chiacchiere dei suoi amici, quando d'un tratto la musica alla radio cessò ed una voce dolce e melodiosa invase il locale.
Le luci s'erano spente, tranne una, sotto la quale ci scovò una lunga chioma rossa come un tramonto estivo che scivolava sulla schiena esile della bella ragazza a cui aveva prestato la sciarpa.

« Well I hope that I don't fall in love with you
'Cause falling in love just makes me blue,
Well the music plays and you display
Your heart for me to see,
I had a beer and now I hear you
Calling out for me.
And I hope that I don't fall in love with you. »

Decisamente Zsadist, non aveva mai visto tante cose belle nella sua vita.
Le poche carezze che aveva ricevuto da sua madre, le ricordava stento, come le ninne nanne che cantava a lui e suo fratello quando il suo vecchio già russava da ore, troppo conciato per sentire alcunché.
Ancor meno ricordava quella volta più unica che rara, in cui suo padre ormai sul letto di morte, gli chiese scusa in lacrime, pregandolo di non diventare mai come lui.

Non ricordava di aver mai passeggiato o di aver fatto una vacanza con la sua famiglia; non ricordava di aver mai ricevuto un regalo di compleanno, di aver mai scritto una letterina a babbo Natale.
Non ricordava di aver dato il suo primo bacio per amore, o di aver fatto sesso non solo per soddisfare i suoi bassi istinti.

Ecco, Zsadist quindi, poteva affermare di non aver mai visto - o vissuto - tante cose belle, ma vedere Iris su quel palco fu di certo la cosa migliore della sua vita, fino a quel momento; sentire la sua voce, la seconda; incrociare i suoi occhi da lontano, la terza.

« Well the room is crowded, people everywhere
And I wonder, should I offer you a chair?
Well if you sit down with this old clown,
Take that frown and break it,
Before the evening's gone away
I think that we could make it,
And I hope that I don't fall in love with you. »

L'albino distolse un minuto lo sguardo da Iris, per posarlo sui presenti in sala: quasi tutti erano fissi sulla rossa, che rivolgeva dolci sorrisi a tutti, specialmente quando qualcuno s'azzardava a canticchiare qualche parola assieme a lei.
Kate sembrava stupita, e sorrideva mimando le strofe della canzone e ticchettando le unghie mezze mangiucchiate sul tavolo, tenendo il tempo.
Era abbastanza sicuro che ai suoi amici facesse schifo quel genere di musica, eppure Bob aveva smesso di fare lo scemo -  evento assolutamente storico -, Caroline aveva finito di fargli le fusa nel tentativo di farsi portare da qualche parte per farsi sbattere, Thomas guardava Iris con fin troppo interesse e per finire Shawn, aveva poggiato il mento sul dorso delle mani incrociate, puntellandosi con i gomiti sul tavolino, ed aveva socchiuso gli occhi.

Guardò ancora in giro e vide due degli amici di Iris stretti in un abbraccio, mentre la guardavano come due genitori orgogliosi.
Un altro aveva seppellito il viso tra le braccia, e sembrava essere scivolato in uno sonno profondo; la bionda svampita che si portavano sempre appresso aveva la tipica espressione disgustata di quando si pestano escrementi di cane abbandonati per strada e sai che ci dovrai camminare fin quando non potrai tornare a casa e ti toccherà pure pulirle.
Ma lo sguardo che l'infastidì di più, era quello di Lukas, che fissava Iris con un desiderio malcelato impresso nelle iridi azzurrognole; sguardo che, notò, era molto simile ad un paio di altri ragazzi sconosciuti.
Gli venne la strana voglia di afferrarlo per il bavero del pullover glicine da frocetto e scagliare così tanti pugni su quel visetto perfettino da renderlo irriconoscibile.

« Well the night does funny things inside a man
These old Tom-cat feelings you don't understand,
Well I turn around to look at you,
You light a cigarette,
I wish I have the guts to bum one,
but we've never met
And I hope that I don't fall in love with you. »

Era vero che la notte faceva cose strane dentro agli uomini. A Zsadist sicuramente sì, perché altrimenti non si sarebbe spiegato la malsana voglia di rapirla da quel palco, da tutti quegli occhi fissi su di lei, perfino - realizzò, sentendosi egoista - da amici e famiglia.
Desiderava solo poter avere una dimora lontano da lì, per portarla via con sé e bearsi ogni giorno della sua voce, dei suoi occhi, del suo corpo, della lieve fragranza di fiori che emanava. Sapeva che era impossibile, e tuttavia non riusciva a cacciarsi dalla mente quella meravigliosa utopia.
Si scolò rapidamente la birra e ne ordinò un'altra, assieme a un bicchierino di whiskey, che gli vennero immediatamente recapitata da Amy, insieme allo scontrino.
Sorseggiando la birra, ricominciò a guardare Iris, che ogni tanto guardava verso di lui e gli parve che in quei momenti le guance le si arrossassero.
Quando i loro sguardi s'incrociarono per l'ennesima volta, Zsadist le sorrise e gli si agitò qualcosa nello stomaco quando la rossa lo ricambiò, donandogliene uno che scopriva i denti bianchi e perfetti.

« I can see that you are lonesome just like me,
And it being late, you'd like some company,
Well I turn around to look at you,
And you look back at me,
the guy you're with has up and split,
The chair next to you's free,
and I hope that you don't fall in love with me. »

Quando lei si mise a guardare altrove, non potendo trascurare le altre persone del locale per rimanere a fissarsi con lui, il sorriso di Zsadist si spense immediatamente, e le iridi ambrate tornarono ad incupirsi.
Se fossero stati i protagonisti di quella canzone, se fosse stato lui il cantante, sarebbe stato completamente d'accordo con l'ultima frase dell'ultima strofa.
Si capiva a prima vista che Iris era pura e delicata tanto quanto il fiore che aveva per nome, mentre lui... Lui era solo un rovo spinato. Non poteva far altro che far impigliare il povero malcapitato che ci camminava sopra, strappare la stoffa dei pantaloni della vittima fino a ridurla a brandelli e ferirne la pelle, bagnandosi di sangue.

Doveva starle alla larga.

Non doveva più avere nessun tipo di contatto con lei, non gli fregava nemmeno di riprendersi la sciarpa, anche se pensò che fosse meglio che lei non avesse niente di suo. Non si conoscevano se non superficialmente, non si erano mai baciati, non si erano mai frequentati, non c'era assolutamente nulla di cui preoccuparsi.
Doveva solamente ignorarla come aveva fatto da sempre, fino a quella sera.

Non poteva permettere che soffocasse nella merda dove viveva arrancando lui ogni giorno. Se fossero diventati amici ( o ancora peggio, se conoscendosi fosse scoccata la scintilla? ), prima o poi Iris avrebbe dovuto fare i conti con l'ambiente che lo circondava e questo gli faceva venire un senso di nausea opprimente.

« Now it's closing time, the music's fading out
last call for drink, I'll have to another stout.
Well I turn around to look at you,
You're nowhere to be found,
I search the place for you lost face,
guess I'll have another round.
And I think that I just fell in love with you. »

Non aveva nessun motivo per volerla proteggere da quella parte di mondo schifoso, non aveva mai creduto alle cazzate come il colpo di fulmine, tanto meno all'amore in sé.

Non sapeva Perché agiva in quel modo, non se lo chiese e non si diede nessuna risposta, così finendo la birra e buttando giù in un sol sorso il bicchierino di whiskey, s'alzò dalla sedia, s'avvicinò al bancone del bar e porgendo a Tom gli scontrini, pagò la sua parte.
Ignorando lo sguardo confuso di Kate e degli altri amici, recuperò la sua giacca e percorse ad ampie falcate il percorso dal tavolo all'uscita, e sparì inghiottito dal gelo e dal buio, senza scoprire come finisse la canzone.

« Zsad, dove cazzo vai?! » Gridò Kate, raggiungendolo con una breve corsetta.

« A casa. Scusa Katie, fatti accompagnare da Shawn. »

« Ma perché così di botto? Cos'è successo? » Gli domandò, spalancando gli occhi.

« Niente. Non è successo niente. » Zsadist allora fece per andarsene, ma Kate l'afferrò per un braccio. Si voltò per dirgliene quattro, irritato dal modo di fare insistente dell'amica, ma le parole gli morirono in bocca quando incontrò la figura infreddolita di Iris, qualche metro più lontana da loro, che li guardava con un malcelato imbarazzo.
Si morse la lingua, per evitare di salutarla e il suo sguardo si addolcì.

Kate, notando il repentino cambiamento d'umore del ragazzo, si girò ed emise uno sciocco verso sorpreso.

« Scusate se vi interrompo.. » Mormorò avvicinandosi di qualche passo.
La guardò mentre evitava di guardarlo negli occhi ed esibiva un sorriso nervoso, sfregandosi le braccia con le mani.
Fu tentato di stringerla per smetterla di farla tremare, ma incrociò le braccia e strinse le mani a pugno, impiantando le unghie nei palmi.
« Ti è caduto questo. » Disse poi, rivolgendosi a Kate e porgendole un braccialetto colorato.

Kate lo indossava sempre, ma era un po' dimagrita e tendeva a scivolargli qualche volta. Si ricordava di averglielo regalato lui stesso, quando erano più piccoli.

« Ti ringrazio.. Iris? » Esclamò Kate sorridendole a trentadue denti.
Iris si limitò ad annuire, inclinando leggermente la testa verso sinistra e ricambiando il sorriso con uno più debole ma ugualmente caloroso.
« Allora buona serata... » Fece poi, congedandosi.

Kate ricambiò l'augurio e tornò a concentrarsi su di lui, ma poco prima che potesse dire alcunché, venne interrotta da Iris: « Zsadist? » Lo chiamò, con la mano già sulla porta del "Black Snow".
I due si voltarono a guardarla nuovamente.

« Se guidi... fai attenzione. Le strade si sono ghiacciate di nuovo. » E prima che uno Zsadist sorpreso potesse avere il tempo di rispondere, li abbandonò fuori, proprio come aveva fatto lui con lei ore prima.

Kate assistette alla scena, con l'aria di chi aveva compreso molto più di quanto non avessero potuto fare Iris e Zsadist.

« Capisco. » Disse poi, dopo un momento di silenzio. Sorrise amaramente e tornò anche lei verso il "Black Snow".
« Ci vediamo domani, Zsad! » Lo salutò.

Zsadist in tutta risposta, se ne tornò verso il parcheggio, accendendosi una sigaretta, senza guardarsi indietro, senza capire che cosa gli accadeva nella pancia, senza volerlo sapere, senza sentire l'ultimo pezzo della canzone.

"And I think that I just fell in love with you..."

 

Spazio Autrice:

ciao a tutti! Mi spiace di non aver scritto nessuna nota personale, ma ho preferito lasciare il prologo così com'era e rimediare qui.
Non ho molto da dire, a parte che spero che abbiate apprezzato questi primi due capitoli e che spero che mi farete sapere cosa ne pensate. Specialmente, avrei tanto bisogno di qualcuno che sappia farmi una critica costruttiva, dicendomi se ci sono errori grammaticali o se la lettura  
è abbastanza scorrevole o troppo ripetitiva.. È il mio primo esperimento serio e ci tengo che sia quantomeno buono xD

Grazie per avermi letta fino a qui, ci sentiamo ( spero! ) al prossimo capitolo!

Baci.

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Capitolo 3
*** Fragranze Mescolate ***


Fragranze Mescolate - Capitolo 2

Fragranze Mescolate

 

« Tesoro, sei strana ultimamente. » La voce di Diane, la zia di Iris, interruppe le note del pianoforte a coda che la ragazza stava suonando. "Claire de Lune" di Debussy.
Era uno dei suoi pezzi preferiti, e si rilassava tanto quando lo suonava. Inoltre suonare tendeva a cacciarle via i pensieri dalla mente, di qualsiasi natura fossero.

« Tu dici? » Domandò quasi senza interesse Iris, riprendendo a suonare da dove s'era interrotta.

Effettivamente dopo quella sera al "Black Snow" si riscopriva spesso distratta, sovrappensiero.
Simon, Naomi e gli altri non avevano fatto domande quella sera, perché troppo sorpresi dall'averla sentita cantare in pubblico per la prima volta. Aveva dovuto spiegargli che Tom il proprietario e sua zia erano amici di lunga data, e che era stato a pranzo da loro un paio di giorni prima, così l'aveva sentita strimpellare al piano ed aveva voluto assolutamente che provasse ad intrattenere i suoi clienti.

« Se la cosa piacesse, potresti cantare qualche sera a settimana. Oh, ed avrai una paga, naturalmente! » Erano state queste le ultime parole di Tom, e lei di fronte al suo entusiasmo fanciullesco, non aveva potuto fare a meno di accettare.
Alla fine dopo "Hope I don't fall in love with you" aveva cantato altre canzoni, e qualche volta veniva affiancata da qualcuno con la voce, piuttosto che da qualche strumento musicale; talvolta, dallo stesso Tom che scoprì essere un ottimo sassofonista.
Nel suo piccolo comunque, aveva riscosso un certo "successo", la sua musica era piaciuta a tanti e così aveva accettato la proposta di Tom di andare a lavorare lì.

« Sai, dopo che hai suonato da Tommy pensavo che mi avresti raccontato qualcosa su come fosse andata... Eri così nervosa e impaziente di andare! » Spiegò Diane, sorseggiando con calma la sua tazza di the.

Iris sospirò, e smise definitivamente di suonare, alzandosi dallo sgabellino per andare a sedersi compostamente sulla poltrona di fronte a quella di sua zia.

« Del the, cara? » Le domandò, con le mani già pronte a sorreggere la teiera per versare del the nelle costose tazze di ceramica Wedgwood, bianche e blu con motivi floreali.
Iris annuì, sapendo cosa volesse dire: molto spesso, fin da quando era bambina, quando sua zia la esortava a bere del the in sua compagnia nella "stanza della musica", era perché aveva voglia di parlare o meglio ancora, di far parlare lei, di farla sfogare.
D'altro canto nessuno poteva conoscerla meglio di zia Diane che se l'era cresciuta dopo la morte di sua cognata, nonché madre di Iris. Suo fratello, il padre, invece s'era inizialmente allontanato dalla vita domestica - e quindi dalla figlia - perché troppo addolorato per la perdita.
Ma anche quando si era fidanzato con una donna dieci anni più giovane, non era tornato a vivere con la figlia, perché ormai troppo preso dal suo lavoro e da altre faccende.
Così Diane era diventata la sua unica figura genitoriale e lei d'altro canto, era felice così.

« Sai, fin da piccola i tuoi genitori hanno voluto che tu imparassi a suonare diversi strumenti musicali. Era una cosa che almeno ti teneva impegnata e non ti faceva annoiare, visto che eri cagionevole di salute... » prese a raccontarle, mentre Iris faceva sciogliere una zolletta di zucchero nella sua tazza. « Quando poi tua madre si ammalò hai preso a suonarle il violino o il piano tutti i giorni, per cercare di alleviare il suo senso di tristezza. E quando morì, cominciasti a suonare ogni volta che avevi tanti pensieri o che venivi sopraffatta da emozioni troppo intense... Ed è un'abitudine che nel tempo non è cambiata. »

Diane le sorrise, sorreggendo una tempia con la mano sinistra. Iris rispose con un sorriso carico di mestizia, abbandonandosi contro lo schienale della soffice poltrona ed abbandonandosi ai ricordi della sua infanzia.

Ricordava la dolce voce di sua madre quando le cantava le ninne nanne prima di andare a dormire, o le fiabe che suo padre le leggeva mentre lei sedeva sulle sue ginocchia.
Se si sforzava un po' poteva anche ricordare i profumi dei suoi genitori: lavanda la sua mamma, costoso dopobarba il suo papà.
Riaprì gli occhi, scacciando dalla sua memoria l'immagine di sua madre immobilizzata a letto dalla malattia, e rilasciando un altro, rumoroso sospiro.

« L'altra sera al "Black Snow" c'era anche un gruppo di ragazzi del paese, con cui di solito non parliamo nemmeno. » Fece Iris, voltandosi verso le grandi finestre per guardare la neve che scendeva lenta e inesorabile, mentre carezzava con l'indice la ceramica che stringeva tra le mani. « Ho avuto una piccola, insignificante conversazione con un ragazzo di questo gruppo, e da allora mi sento un po' strana. Ho addirittura pensato che mi sentissi così perché lui mi piace, ma è impossibile, no? Insomma... Prima d'ora avevo solo avuto dei brevi scontri con lui, quando Michael o Lukas se la prendevano con qualcuno del suo gruppo e viceversa, ma... » si fermò per riprendere fiato, accorgendosi di aver parlato di fretta. « Insomma, praticamente si è trattato di dieci parole messe in croce. È stupido! È come uno stupido romanzo rosa! » Concluse, aggrottando le sopracciglia e mettendo su una specie di broncio.

Diane in tutta risposta, si lasciò andare in una risatina. Pensava che al "Black Snow" fosse successo qualcosa di grave o preoccupante, le sembrava l'unica spiegazione logica per il mutismo della nipote. S'era preoccupata per niente, ma dopotutto era felice così.

« Sai, potrebbe che anche se avete parlato poco, tu sia rimasta affascinata dal suo modo di porsi nei tuoi confronti, o magari semplicemente dal suo aspetto fisico... Piuttosto di', è un bel ragazzo? » Le ammiccò la donna, prendendola bonariamente per i fondelli.

Iris arrossì, mentre improvvisamente il profilo di Zsadist le appariva nella mente. 

« Sì, è oggettivamente un bel ragazzo.. »
« Tesoro, non devi pensarci così tanto. È abbastanza normale che ti abbia fatto un certo effetto se è così di bell'aspetto. Di chi si tratta, comunque? Lo conosco? »

Iris finì il suo the, perdendosi poi nell'osservare i fondi che avevano assunto una curiosa forma di ali. Pensò che avrebbe dovuto chiedere a Naomi, che s'interessava di Tasseomanzia ( o tarocchi e vari rami della "magia" e predizioni del futuro ) se avesse qualche significato particolare.

« Hai presente quella famiglia che ha quella specie di baita in mezzo al bosco a ovest? » domandò la rossa, guardandola negli occhi per captare le emozioni che sarebbero scaturite quando avrebbe capito a chi si stesse riferendo.
« Sì » rispose semplicemente la zia, senza fare una piega.
« Ecco, si tratta del figlio minore, Zsadist. » disse sommessamente.
Diane sorrise placidamente. Poi, sorprendentemente, dopo qualche attimo rise.
« Immagina se vi conosceste e vi innamoraste. Sareste i nuovi Romeo e Giulietta! »

Iris mise su un broncio severo: non di rado le capitava di venir presa in giro dalla donna di fronte a lei, per questioni che aveva sempre ritenuto serie o quasi, ma Diane faceva sembrare tutto molto più semplice o addirittura inesistente e dopotutto era una sua qualità che apprezzava, nonostante il senso di stupidità che dopo prendeva il sopravvento.

« Comunque » fece poi, ancora scossa da qualche risatina. « Non vedo per quale motivo dovresti pensarci su così tanto. L'hai detto tu, è una cosa stupida! E poi se anche un giorno il destino unisse le vostre strade, che male ci sarebbe? » Diane si alzò, riponendo tazze e teiera sul bel vassoio che richiamava la stessa fantasia dei recipienti. Si avvicinò alla porta spalancata per uscire dalla stanza, e scomparve dal suo campo visivo.

« Non si giudicano i libri dalla copertina, ricorda! » Fu l'ultima cosa che le urlò per il corridoio.

Iris guardò l'orologio a pendolo appeso sulla parete di fronte al piano forte: segnava le cinque e mezzo.

Non fece in tempo a pensare che di lì a poco sarebbe arrivato Simon, che il campanello suonò e si precipitò immediatamente ad aprire la porta.
Il viso sorridente del suo migliore amico le apparve subito; gli gettò le braccia al collo e Simon subito la strinse tra le sue braccia, girando su stessi come se non si vedessero da anni.

- Buonasera signora Connery! - Salutò educatamente Simon.
- Caro! Posso offrirti qualcosa di caldo da bere? Caffè, the, cioccolata...? -  Lo accolse Diane, cominciando a snocciolare il "menu" della casa.
- Un po' d'acqua è sufficiente, signora.. Muoio di sete! - Rispose, togliendosi cappotto, sciarpa, guanti, cappello e scarponcini.
- Subito in arrivo! -

Si diressero verso la cucina e Iris provvide a riempire un bel bicchiere d'acqua fresca, che il ragazzo scolò in fretta.

- Ne vuoi ancora? - Chiese Iris.

- No, sono apposto, grazie. Andiamo su? -

In tutta risposta Iris ripose l'acqua in frigorifero, sciacquò il bicchiere e fece strada verso camera sua, al piano superiore.
Scambiarono qualche chiacchiera, finché non arrivarono in camera.

Simon si buttò di pesò sul lettone a due piazze, infilandosi sotto le calde e pesanti coperte. Iris lo raggiunse subito dopo aver messo il DVD de "Il Re Leone", accoccolandosi a lui e prendendo da un cassetto le "scorte d'emergenza": barrette di cioccolato, bibite super caloriche, pop corn e patatine al formaggio.

- Diamoci dentro! - Esclamarono all'unisono, e sempre insieme, pigiarono il tasto "play" sul telecomando, dando inizio ad uno dei loro soliti pomeriggi di dolce far nulla, a base di pane e Disney.

 

*

 

Era da un po' che Zsadist stava sdraiato sulla neve, fumando spinelli e perdendosi nel guardare i piccoli fiocchi bianchi che si posavano un po' ovunque.
Ogni parte di sé era rilassata e gli occhi ambrati ed arrossati erano fissi sul cielo bianco ormai da diverso tempo.
Non pensava a niente di particolare, si limitava a farsi trascinare dalle canzoni dei Pink Floyd che risuonavano nel nulla di quel luogo dalla sua cassa portatile collegata al cellulare.
Era il suo "posto segreto", nonché preferito. Si trovava poco fuori dal piccolo paese, ed era uno spiazzo in mezzo al bosco circondato dagli alberi.
Non distava nemmeno troppo da casa sua.

L'aveva scoperto da bambino, in una delle innumerevoli volte in cui scappava dalla triste e violenta routine domestica.
Era stato fortunato perché, in quel suo posticino, aveva trovato anche un piccolo capanno abbandonato e c'erano un lettino, una poltrona malandata di fronte ad un piccolo camino, una vecchia TV non funzionante, mobilia rotta e polverosa e un bagnetto.
Col passare degli anni l'aveva personalizzata, portando qualche cosa di suo, facendo graffiti sui muri e pulendola di tanto in tanto.
Tutto lì, niente di speciale, ma da piccolo gli era parsa come la villa più bella, e tutto sommato, anche adesso la pensava allo stesso modo.

Non aveva mai portato nessuno in quel posto, se non Kate. Se da bambini ci stavano per giocare, crescendo ci andavano quando volevano bere, fumare, sfogarsi, sfociando alcune volte nel sesso.

Ecco, in quel momento avrebbe volentieri fatto sesso.

In realtà, era da giorni che si trovava addosso una voglia strana, che non riusciva a soddisfare, nemmeno quando, la sera del "Black Snow", si era ritrovato verso tarda notte Caroline sotto il portico di casa e avevano fatto di tutto per tutta la notte.

Per un attimo gli passarono per la mente una fluente chioma rossa e dolci occhi blu, ma scosse la testa si alzò da terra, scrollandosi di dosso la neve e avvertendo solo in quel momento un brivido di freddo.

Decise di entrare nel capanno. Prese qualche ciocco di legno che aveva spaccato del tempo prima e li mise nel caminetto; afferrò poi l'accendino e un legnetto piatto che prese fuoco quasi subito a contatto con la fiammella, e lo appoggiò sulla legna.

Si tolse il cappotto e si avvolse in una coperta di lana, prendendo una bottiglia di vodka liscia da una credenza e buttandosi di malagrazia sulla poltrona. Era indeciso se farsi raggiungere o meno da Kate, e giochicchiava col cellulare, prendendo di tanto in tanto una sorsata di liquore dal collo della bottiglia. Alla fine, complici la stanchezza, l'erba, l'alcool e il dolce tepore del fuocherello, non scrisse a Kate, ma scivolò rapidamente in un sonno senza sogni.

Quando si risvegliò erano almeno le quattro del mattino, e capì di aver dormito almeno una decina d'ore non appena controllò la schermata del telefono che si era perso tra le sue gambe.

- Merda - Mormorò con la voce ancora impastata dal sonno, guardando la valanga di messaggi e chiamate perse di Kate, Thomas e Shawn. Ce n'erano persino di Bob ( che fino a quel momento aveva dubitato sapesse usare un telefono ) e di sua madre.

- Merda! - Esclamò poi, con più vigore, quando s'accorse che la bottiglia di Vodka gli era cascata, rendendo il vecchio pavimento di legno tutto appiccicoso.

Sbuffò sonoramente, portandosi le mani sulla testa, stringendo i capelli tra le dita e nascondendo gli occhi con i palmi.
Aveva un gran mal di testa, non si era portato analgesici e le sue membra erano così pesanti e intorpidite dal freddo che non aveva la forza di alzarsi e salire sul pick up per tornarsene a casa.

Si sforzò per riaccendere il fuoco nel camino, compiendo le stesse mosse di quel pomeriggio. Prese uno straccio e pulì alla bell'e meglio il pavimento impiastricciato di vodka. Spostò poi la poltrona in un angolo, avvicinò il lettino verso l'unica fonte di calore presente in quel capanno e si distese sul letto.

Digitò il numero di Kate, e dopo appena due squilli sentì la voce alterata dell'amica.

« Mi spieghi dove cazzo sei?! »

Sentì le voci degli amici che chiedevano "ma è Zsad?" e sbiascicò che si trovava nel suo solito posto.

« Sei una testa di cazzo, una enorme testa di cazzo, sei il monumento vivente delle teste di cazzo! »

Zsadist in tutta risposta si limitò a sbadigliare sonoramente, prima di annunciarle che sarebbe rimasto lì ancora per qualche ora e che si sarebbe fatto sentire lui.
Poi, ignorando gli strepiti e le grida di Kate, chiuse la telefonata, mise il silenzioso abbandonando il cellulare sul pavimento e si rimise a dormire.

 

*

Intorno alle sette del mattino, Iris si svegliò, di buonumore dopo giorni.
Doveva ringraziare la chiacchierata con sua zia del giorno prima se adesso si sentiva così allegra, ma specialmente Simon che dopo aver intonato con lei - o meglio, stonato - "Il cerchio della vita", "Hakuna Matata", o anche "Il mondo è mio" quando dopo "Il Re Leone" s'erano messi a guardare "Aladdin" , l'aveva sollevata con i suoi infiniti sorrisi e la sua perenne allegria.

Quando poi s'era congedato, dopo aver cenato assieme a lei e a zia Diane, l'aveva baciata sulla fronte, scompigliato i capelli e si era fatto promettere che si sarebbero incontrati anche il pomeriggio seguente. Lei aveva accettato di buon grado, e l'aveva guardato scomparire nel buio, diretto al suo appartamento.

Si sentiva talmente pimpante che quando scoprì che fuori brillava il sole, annunciando una giornata un po' più calda e piacevole, non aveva potuto fare a meno di volare in bagno a prepararsi per fare una passeggiata nel bosco. 

S'accorse che Diane ancora dormiva, e chiese gentilmente alla donna delle pulizie di lasciarle detto che sarebbe uscita a fare due passi e che sarebbe senz'altro tornata intorno a mezzogiorno.
S'avvolse la sciarpa di Zsadist attorno al collo, tirò sulla testa il cappuccio del giubbotto ed uscì di casa.

Una volta in marcia, buttò uno sguardo sul display del cellulare, che segnava le otto e un quarto. Sorridendo soddisfatta, continuò a camminare, inoltrandosi del boschetto a ovest, canticchiando di tanto in tanto.
Quando si rese conto di dove l'avevano portata i piedi, decise di tenersi ben lontana dalla zona in cui sapeva ci fosse la casa di Zsadist, ed andò più a nord di quanto avrebbe dovuto.

Arrivò in una radura circondata da alberi sempreverdi ricolmi di neve e sorridendo come una bambina, s'avvicinò ad un fiumiciattolo completamente ghiacciato.
Provò a posarci sopra un piede per vedere se reggesse e quando fu certa che il ghiaccio non avrebbe ceduto sotto al suo peso, cominciò a camminarci sopra, scivolando di tanto in tanto ma senza mai cadere. D'un tratto però, poggiò i piedi su un punto meno stabile e il ghiaccio si ruppe, facendola impantanare nell'acqua freddissima, che le provocò fitte di dolore intenso su tutte le gambe.

Dandosi ripetutamente della stupida, uscì rapidamente dall'acqua, ritrovandosi inzuppata fino alle ginocchia.

« Cosa... stai facendo? » domandò una voce familiare.

Iris si girò di scatto e si ritrovò davanti il viso di Zsadist, non troppo distante dal proprio, e sopraffatto da un'espressione di malcelato ma bonario scherno.

« Credo che sia un po' troppo freddo fuori per bagnarsi i piedi nel fiume... Ma se ti piace così... » La prese in giro, ridendo della faccia imbronciata di Iris.

Notò con un tuffo al cuore che portava la sua sciarpa, ma non disse nulla e non infierì oltre perché la ragazza tremava da capo a piedi.

« S - s - simpatico! » Ruggì la rossa, battendo i denti.

« Vieni con me, così ti asciughi e ti scaldi » La invitò Zsadist, scacciando il pensiero di come avrebbe voluto scaldarla.

Iris si limitò ad annuire ed a seguirlo a testa bassa, stupendosi un poco quando si accorse che la stava conducendo verso una piccola baracca.

Notando lo sguardo interrogativo della ragazza, Zsadist sogghignò.

« Se te lo stai chiedendo, no, non vivo qui. È solo una sorta di rifugio... Avanti. » Disse, aprendo la porta e facendole segno di precederlo.

Iris si guardò un po' intorno, sfregandosi le braccia con le mani, mentre Zsadist tirava fuori un paio di pantaloni di tuta e un asciugamano.
Li posò sul letto, poi si avvicinò al camino e ravvivò le fiamme.

Iris lo guardò mentre faceva tutti questi movimenti, e un po' arrossì dandosi di nuovo della stupida per aver accettato senza esitazioni di seguirlo, neanche avessero avuto chissà quale confidenza.

Si riscosse dai suoi pensieri quando Zsadist le si avvicinò, porgendole l'indumento e l'asciugamano.

« Se non hai fretta di tornartene a casa, possiamo mettere la tua roba vicino al fuoco e aspettare che s'asciugano. Nel frattempo puoi mettere questi. Non ho trovato niente di più piccolo. » Disse, mentre si dirigeva verso la porta. « Io aspetto qua fuori che ti cambi. » E senza aggiungere altro né aspettare che Iris accettasse o altro, si chiuse la porta dietro le spalle.

Iris si limitò a sospirare, cominciando ad abituarsi ai modi di fare imperiosi e bruschi del ragazzo.

Era già la seconda volta che la lasciava impalata a fissare una porta dietro la quale s'era andato a nascondere, pensò togliendosi giubbotto, stivaletti, collant e jeans.
Con un brivido di freddo, si infilò velocemente i pantaloni che purtroppo, le andavano decisamente enormi. Fortunatamente erano elasticizzati e fece uno stretto nodo con i fili scuri che fuoriuscivano dal due buchetti posti sulla vita della tuta.

Aprì la porta e Zsadist la guardò da capo a piedi.
Si sarebbe aspettata di tutto, tranne che il ragazzo le ridesse in faccia.

Avrebbe voluto mantenere un cipiglio severo, ma la risata di Zsadist era meravigliosa e contagiosa, gli occhi ambra socchiusi parevano più chiari ed il suo viso era ancora più bello e luminoso.
Si morse il labbro inferiore, ammirandolo ancora un po', ma poi si unì alla risata, sebbene in modo più posato del ragazzo, che era caduto in ginocchio sulle scalette di legno che portavano alla casupola.

Quando smise di ridere, massaggiandosi la mascella, si giustificò dicendole che era da quando l'aveva vista fare l'equilibrista sul fiumiciattolo che si tratteneva.

« L'espressione che avevi quando sei caduta nell'acqua era impagabile » Ridacchiò ancora, chiudendo la porticina e facendola accomodare sul lettino. « Sembravi un cartone animato. »

Lei gli rivolse una linguaccia, accettando di buon grado la coperta di lana che le porgeva e posandosela sulle gambe.

« Comunque, ti ringrazio di nuovo. Sta diventando un vizio ormai. » Borbottò Iris, giocherellando con i capelli intrecciati lateralmente. « Comunque... è da tanto che sei qui? » Domandò, per fare conversazione.

« Da ieri pomeriggio. Ma non è da ieri che conosco questo posto, ormai sono anni che ogni tanto vengo qui. »  rispose, stendendo alla meglio i vestiti e gli stivali di lei davanti al fuocherello.

Le raccontò di come aveva scovato il posto e di come, avanti negli anni, avesse apportato delle migliorie. Lei gli disse che si trovava lì perché aveva voglia di fare una passeggiata e che aveva voluto camminare sul fiume ghiacciato perché era una cosa che faceva spesso da piccola e lui le rispose scherzando che crescendo evidentemente l'acqua ghiacciata non riusciva più a reggerla come una volta, e dopo quell'affermazione avevano intrapreso una battaglia a cuscinate, da cui Iris era uscita vittoriosa.

Così, ridendo, scherzando e chiacchierando, le ore erano passate e gettando uno sguardo all'orologio appeso a un chiodo poco più sopra del camino, videro che si erano fatte le undici e mezzo.

Iris si alzò dal letto e tastò i suoi indumenti, notando che ormai erano abbastanza asciutti perché potesse indossarli.

« Ehm... Dovrei rimetterli. » Fece Iris, grattandosi il mento con l'indice sinistro.

« Fai pure! » Le disse lui ghignando, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza.

Iris si fece bordeaux, e balbettò delle scuse, chiedendogli gentilmente di uscire. Zsadist rise e uscì, aspettandola sotto il  piccolo portico.

Certo, si era detto che dopo quella piacevole mattinata avrebbe mantenuto fede alle promesse fatte a se stesso di tenersela lontana quella famosa sera al "Black Snow", ma non era un santo. Difatti, diede una sbirciata alla finestrella sporca, e poté constatare che la rossa oltre ad avere delle belle gambe possedeva anche un bel didietro.

Deglutendo, riportò lo sguardo all'ambiente circostante e rientrò quando Iris gli aprì la porta.
Così spense il fuoco, mise al loro posto i pantaloni che le aveva prestato e si mise il cappotto, imitato da Iris.

« Ti porto a casa. Ho la macchina qua dietro. »

E chiudendo la porta con le chiavi che aveva trovato in uno dei cassetti quando era piccolo, si avviò verso l'auto, accendendosi una sigaretta.

Iris lo seguì, salendo e allacciandosi la cintura.

Raggiunsero la villetta della ragazza in pochi minuti, chiacchierando di tanto in tanto.

Quando lui si fermò, vide che Iris si sfilava la sciarpa e gliela porgeva. Lui indugiò qualche istante prima di afferrarla, e poi la poggiò sul cruscotto.

« Allora ciao, Zsadist... E grazie ancora. » Mormorò Iris, sorridendo timidamente.

Lui annuì semplicemente e stettero lì a fissarsi per qualche secondo. Poi Zsadist distolse lo sguardo e lo volse sulla strada dinanzi a se.

D'un tratto avvertì un contatto morbido e caldo sulla guancia destra: un bacio. Ma quando si girò verso Iris con un'espressione sorpresa, lei aveva già aperto la portiera ed era scesa, richiudendola velocemente e correndo verso il vialetto di casa.

Si sfiorò la guancia leggermente ispida di barba e prese la sciarpa. La annusò: il suo odore era mischiato a quello di lei.

Sospirando rumorosamente e portandosi una mano sulla fronte, ricambiò un "ciao, Rossa" che sentì solo lui.

Tenersela lontana sarebbe stato più difficile del previsto, pensò mentre ripartiva verso casa propria.

 

 

 

 

Spazio Autrice:

 

Buongiorno a tutti! Spero di non aver deluso quei pochi che mi seguono e mi scuso se questo capitolo si è fatto attendere più di quanto in realtà meriterebbe xD
Sono stata molto impegnata in questi giorni, e questo capitolo l'ho scritto stanotte, finendo intorno alle tre. Lo posto ora perché ieri non avevo proprio più voglia di rivisitarlo e di aggiungere il mio commento.

Comunque.

In questo capitolo scopriamo che Simon e Iris hanno un rapporto molto stretto, più che con Naomi, nonostante siano un trio.
Scopriamo che anche Zsadist e Kate hanno un tipo di rapporto molto - diciamo - "confidenziale", anche se in modo piuttosto diverso rispetto a quello di Iris e Simon.
Vediamo che Zsadist e Iris passano delle ore insieme, giocando e parlando, e nonostante non abbia scritto nel dettaglio le conversazioni che hanno avuto e le cose che hanno fatto, state certi che mi rifarò nei prossimi capitoli!

Come ultima cosa, voglio ringraziare tanto Fanny93 e nomiraii che hanno messo la mia storia tra le seguite. Sono commossa, non avevo notato che qualcuno avesse salvato "You Found Me"! ç-ç

Bacioni anche a tutti quelli che si limitano a leggere, comunque. Mi fa piacere scovare sempre una persona in più!

A presto!

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Capitolo 4
*** Profumo di dolci, Natale e di te ***


Profumo di dolci, Natale e di te

Profumo di dolci, Natale e di te

 

 


 

 

L'aria natalizia si respirava ovunque, tutti gli anni.
Le luminarie stavano appese tra un tetto e l'altro, sui balconi, addobbavano i grossi alberi, illuminavano il paese conferendo un'atmosfera magica.
Le ghirlande erano fissate su ogni porta, i vialetti delle villette erano perfettamente spalati e i giardini pieni zeppi di luci bianche o colorate.
I negozietti stavano aperti fino a tardi, musica natalizia risuonava per tutte le vie, cori di persone di ogni età intonavano canti popolari, chioschi all'aperto vendevano caramelle, canditi, dolciumi delle più svariate forme, perfino salumi, formaggi e frittelle dolci o salate; nell'aria aleggiava un piacevole profumo di calore, cibo e felicità.

Iris adorava il Natale, e adorava il suo paesello nel periodo di Natale, nonché le persone, i regali, gli addobbi, perfino la tradizione irrinunciabile di zia Diane di presenziare alla messa della Vigilia.
In realtà quell'anno, la sua euforia non era dovuta solamente alle festività: era un'allegria che le faceva nascere sorrisi dal nulla, che le faceva perdere lo sguardo nel vuoto, che le solleticava la pancia, il cuore e che le portava tanta energia e voglia di fare.
Infatti, nonostante fossero decisamente in ritardo con i preparativi, lei e Diane erano tutte prese da drappi e festoni colorati con i quali stavano riempiendo l'ampio salone di casa.

« E in cima la stella! A te l'onore, tesoro! » Proruppe Diane, porgendole una stella di cristallo.
Iris la prese, tutta emozionata, e sfilandosi le pantofole salì su una sedia e posò la stella in cima all'albero. Dopo essersi assicurata che non cadesse, scese dalla sedia ed accettò l'abbraccio di sua zia, tutta presa ad osservare il loro capolavoro.

« Adoro il Natale! » Esclamarono all'unisono.

Ci volle un po', ma quando finirono di addobbare Iris e sua zia si misero a chiacchierare amabilmente del più e del meno, mentre mettevano su il the. Stavano decidendo cosa preparare per il cenone di Natale, quando d'un tratto suonò il campanello.

« Dev'essere Lukas » disse Iris, avviandosi verso la porta. « Gli avevo promesso che gli avrei passato gli appunti di... » Ma si bloccò di colpo, una volta che si trovò davanti a un bell'uomo, alto e distinto, con una zazzera rossa, grandi occhi marroni e un mucchio di  lentiggini sparse su tutto il viso.

« Papà! »

 

*

 

« Zsad... » Un gemito strozzato echeggiò nel silenzio di una buia camera da letto, interrotto solo da sospiri languidi; era l'intenso segnale che decretava la fine di un passionale amplesso.

Zsadist uscì frettolosamente dal corpo di Kate, buttandosi di schiena sul materasso e accendendosi una sigaretta.
Lei, come di consueto, non si offese per l'indifferenza di Zsadist, né pretese le classiche coccole dopo sesso. Dopotutto, sapeva perfettamente che erano solo amici che cercavano una valvola di sfogo.

« Come mai oggi hai accettato di farlo qui? » Chiese Kate, incantata a guardare i ghirigori di fumo della sigaretta.

« Perché mi andava. »

Non era una bugia, ma nemmeno la verità: in realtà da quando Iris aveva messo piede nel suo rifugio, non riusciva a portarci Kate per fare quel tipo di cose, e dirla tutta, evitava di portarcela proprio.

«Ultimamente mi sembra che tu non sia del tutto sincero con me... che mi nascondi qualcosa. - Confessò Kate, con una punta d'incertezza nella voce.

Zsadist spense la sigaretta nel posacenere, si alzò dal letto mostrando il fisico nudo e statuario, e fece per vestirsi.
Anche Kate, si alzò incurante della sua nudità, e gli afferrò il polso mentre era intento a raccogliere i suoi pantaloni da terra.

« Lo so che non stiamo insieme, ma penso di essere una tua buona amica. Perché non ti confidi con me? »

Zsadist si scostò delicatamente e prese ad infilarsi i boxer e i pantaloni.

« Parlami » continuò. « ti posso consigliare. » Le sue parole suonavano come una supplica.

Zsadist terminò di vestirsi, chiuso nel suo ostinato mutismo; ma dopo un po' si sedette e scrocchiò le dita delle mani, vizio che aveva quand'era nervoso, e dopo un po' cominciò a parlare.

« C'è una ragazza. »

Kate chiuse gli occhi, sentendo l'ansia attanagliarle le membra.

Quello per Zsadist non era proprio amore: erano sempre stati solo loro due contro il resto del mondo, fino a quando crescendo non si erano aggiunti gli altri amici - amici che tutt'ora facevano parte del gruppo -, le varie scappatelle di lui e le storielle di lei.
Ma erano comunque solo loro, da tutta la vita. Lei si confidava solo con lui, e anche Zsadist, anche se poco in un modo tutto suo.
E crescendo avevano trovato nel sesso, nel rifugiarsi l'uno nelle braccia dell'altro, come una sorta di sfiatatoio, anche se entrambi tenevano ben lontani la fisicità e l'amicizia.

Quindi sì, lei era effettivamente gelosa, ma tra le sue maggiori preoccupazioni c'era quella di venire messa da parte dal suo migliore amico e rimanere con quello spazio vuoto nel cuore che - sapeva per certo -, nessuno avrebbe saputo riempire così bene come faceva Zsadist.

« Mhh... credo di sapere di chi stai parlando! » Esclamò fingendo allegria.

L'albino non si stupì più di tanto perché sapeva che Kate era in grado di capirlo più di chiunque altro al mondo, ma s'infastidì leggermente senza darlo a vedere, perché sebbene si trattasse di lei, lo seccava l'idea che fosse così evidente.

« Parliamo di Iris, giusto? Mi sembra una brava ragazza. » Disse Kate, osservandolo di sottecchi.

« È proprio per questo! » Sbottò Zsadist. « Se fosse una delle solite non mi sentirei minimamente in colpa nel farmi una scopata, sanno quello che cerco e il più delle volte lo cercano anche loro. Ma con lei è diverso! »
« Che cosa è diverso? » Domandò incuriosita e sì, anche preoccupata.
« Lei è... dolce. È delicata. Fin da subito l'ho vista come un qualcosa da proteggere, perfino da me stesso. Lo sai come sono quando ottengo qualcosa e poi mi stufo e me ne disfo. Ma con lei... il solo pensiero di essere la causa di una sua sofferenza mi fa stare davvero di merda. »

Sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli di quell'insolito bianco.

« È diversa. » Ripeté. « Non mi è mai successa una cosa così. » Ammise subito dopo.

Kate si sedette affianco a lui sul letto sfatto e ancora tiepido, e gli prese il volto tra le mani, in modo da farsi guardare dritto negli occhi.

« Tu sei diverso. » Gli rivelò la rosa, marcando sul pronome. » Lo Zsadist che conoscevo se ne sarebbe sbattuto. Forse dovresti provare... » E si sentì ipocrita Kate, perché una piccola e infida parte di sé, sperava che si stufasse davvero e presto di Iris.

Zsadist non disse nulla, si limitò a staccarsi dall'amica, a salutarla con un cenno del capo e ad andarsene da casa della ragazza, che si rannicchiò sotto le coperte.
Il giovane tornò a casa, che distava davvero poco da quella di Kate, infatti non si era preso la briga di prendere l'auto.

Salutò la madre intenta a guardare una soap opera in televisione, circondata da bottiglie di birra. Cercò di non far caso alla donna e, passato da camera propria per prendersi un cambio, se ne andò in bagno per buttarsi sotto la doccia.
Sì insaponò e sciacquò frettolosamente, per poi uscire ed asciugarsi altrettanto di corsa.

La conversazione avuta con Kate l'aveva scombussolato.
Provarci?
Gli sembrava assurdo. Seppur piacevole.

Con i capelli ancora leggermente umidi, fece per uscire di casa.

« Zsadist. » Lo chiamò Mariah, sua madre. « Prendimi un pacchetto di sigarette. » Ordinò, con voce sbiascicante e arrochita.
Zsadist trafficò nelle tasche del giubbotto e posò un pacchetto dei suoi sul tavolino accanto al divano sul quale sua madre era comodamente stravaccata, e senza dire niente né ricevendo ringraziamenti, uscì di nuovo.  
Entrò in auto e andò al rifugio. Durante il tragitto ascoltò tre o quattro canzoni che passavano in radio a volume assordante. Tutto pur di non ascoltare i propri pensieri.

Una volta arrivato nel suo posticino, per poco non andava a sbattere contro un albero quando notò Iris seduta sulle scalette malandate che portavano nel piccolo portico della casupola, avvolta da una coperta azzurra, con un libro in mano e gli auricolari nelle orecchie.
Andò a parcheggiare sul retro, e scese con trepidazione.

Si sentì molto stupido.
Le mani avevano preso a sudargli e il suo battito cardiaco era aumentato già dal momento in cui l'aveva intravista.

C'erano un paio di scalette anche sul retro della casetta e le salì con un'unica falcata, con in testa l'obiettivo di rimanere a guardarla almeno un po', prima di uscire allo scoperto. Dalla sua posizione non riusciva a vedere granché, ma un sorriso intenerito non poté fare a meno di sorgergli sulle labbra quando vide Iris sbuffare mentre riportava una ciocca di capelli fiammeggianti dietro un orecchio ( e si domandò quante volte avesse ripetuto quel gesto per spazientirla in quel modo ). Il suo viso era contratto in un'adorabile smorfia corrucciata; sembrava che quello che stava leggendo l'innervosisse.
Si fece un sacco di domande in quei cinque minuti di breve osservazione: si chiese se era il tipo di persona che si emozionava quando leggeva o vedeva qualcosa di triste, se reggesse un libro con una mano mentre con l'altra si abbracciasse perché aveva freddo, se potesse desiderare che uno come lui la intrappolasse tra le braccia per poterla scaldare.
Troppe domande, troppi "se", ma Zsadist non pretendeva nessuna risposta; il solo vederla lì, a casa sua, magari proprio mentre lo stava aspettando, gli fece sentire un insolito calore nel petto.

Un calore che desiderò non l'abbandonasse mai.

 

*

 

Iris stava leggendo "Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban". O meglio, lo stava rileggendo per la centesima volta. Era arrivata al punto in cui Peter Minus veniva smascherato e si scopriva che i genitori di Harry li aveva condannati proprio lui, e non il ricercato Sirius Black.
Certamente sapeva come andavano gli avvenimenti, ma non poteva fare a meno di innervosirsi ogni volta che leggeva quei capitoli.
Nelle orecchie suonava "Let it Be" dei Beatles.
Era talmente concentrata che ci mise qualche istante a rendersi conto degli stivali neri che erano apparsi accanto a lei. E della persona che li calzava, d'altro canto.

Subito staccò gli auricolari dalle orecchie e si alzò di scatto, lasciando che la coperta scivolasse per terra.
« Zsadist! » Esclamò sorpresa.
« Proprio lui! » Scherzò l'albino.
« Sono mortificata, mi dispiace... A casa è un macello e non sapevo dove andare per starmene un po' da sola... »
Zsadist sorrise ancora mentre la sentiva balbettare delle scuse e la guardava torturarsi le mani, a testa china.
« Pare che sia arrivato nel momento sbagliato. Ti lascio le chiavi e vado a farmi un giro, se vuoi. » Le propose, porgendole le chiavi del rifugio.
« Assolutamente no! Sono io che dovrei andare... » e si chinò per infilare in fretta e furia la coperta e il libro nella grossa borsa. Se la caricò su una spalla e lo salutò, rossa di imbarazzo.

Zsadist ebbe un tuffo al cuore, appena la vide fare dei passi per allontanarsi da casa, da lui. Con appena due - tre falcate la raggiunse e la agguantò per un polso. Lei si girò verso di lui, con le labbra leggermente schiuse. E fu proprio lì che lo sguardo di Zsadist si posò. La gola gli si seccò e le parole gli morirono in bocca. Dentro di sé c'era un tumulto di emozioni, dovute anche alla conversazione con Kate: una parte l'intimava di provarci, di non fare il rammollito; un'altra invece lo faceva tirare indietro, perché non era proprio il caso di farle conoscere la merda che c'era nella sua vita.

E un'altra ancora avrebbe semplicemente desiderato di farsi guardare ancora da quei grandi occhi blu, di stringerle le mani bianche, delicate e fredde e di sentirla canticchiare sdraiati davanti al focolare.

Le lasciò immediatamente il braccio, infilando le mani nelle tasche della giacca e cercò di mettere su una frase di senso compiuto.
Che fare? Chiederle di non tornare più o invitarla dentro?
Fare finta di non averci mai parlato, ignorarla, oppure provare a instaurare un rapporto con lei?

« Iris... » cominciò. « Se vuoi vado a prendere qualcosa di caldo al bar e lo porto qui. Nel frattempo te ne stai dentro e ti accendo il fuoco, stai congelando. »
La ragazza parve un po' sorpresa dalla proposta, ma qualche secondo dopo le sue labbra si stirarono in un sorriso timido e felice ed accettò: "solo a patto che mi lasci pagare la mia parte".
Bisticciarono un po' a questo proposito, poi gli chiese di portale la sua solita cioccolata bollente in tazza grande con panna montata, scaglie di cocco e una spruzzata di cacao.
« Tempo di fare due passi verso il pick up e avrò già dimenticato tutto. » Borbottò Zsadist, grattandosi il mento.
Iris ridacchiò. « Basta che tu dica a Amy o a chiunque altro ci sia che vuoi una cioccolata calda per me, e ti serviranno subito la cosa giusta. »

Zsadist annuì e una volta entrati a casa accese frettolosamente il fuoco nel camino, che cominciò a scoppiettare allegramente.
Fece per uscire, salutando Iris, ma poi si voltò improvvisamente.

« Iris? »
Zsadist ghignò.
« Stavolta vedi di non giocare con il fiume ghiacciato, sei troppo pesante perché ti reg.. » Ma non poté finire la frase che dovette fuggire, perché Iris gli aveva tirato addosso un piccolo cuscino rosso, che andò contro la porta producendo un leggerissimo tonfo.

L'albino scoppiò a ridere e salì sul pick up.
Alla fine aveva deciso di stare insieme alla ragazza, di farla entrare nel suo rifugio un'altra volta, di farla entrare perfino nel suo cuore spinoso.

Guidò a cuor leggero, felice di poter passare qualche ora con lei.

 

*

 

« Jessie è incinta, Diane, e io voglio che lei e Iris leghino. Voglio portarla via da questo paesino sperduto. » Dichiarò Lex, il padre di Iris.
« E non pensi a Iris, non è vero?! Non pensi che lei sia più felice qui?! » Gridò Diane, con le guance rosse e le narici che si dilatavano come se fosse un toro sbuffante.
« Dovrà venire, volente o nolente. In città c'è una scuola perfetta che l'aiuterà ad entrare in università, dopodiché diventerà un'imprenditrice di successo e dirigerà l'azienda al posto mio... O almeno finché il figlio che aspetto da Jessie non sarà diventato grande abbastanza da dirigerla lui stesso. »
« Sei un egoista! non pensi a quello che desidera Iris! E dopo che tuo figlio sarà diventato grande hai anche intenzione di toglierle l'azienda! E Alex?! Lui l'hai dimenticato? »

Lex serrò le labbra così tanto che divennero due linee sottilissime, quasi inesistenti.

« Alexander ha dimostrato di avere una vena fin troppo ribelle per poter essere un uomo d'affari. E d'altro canto Iris è una donna, non verrà mai presa sul serio quanto un uomo. »

Diane spalancò la bocca, indignata. Livida di rabbia, si alzò di scatto dalla poltrona, rovesciando la tazza di the sul tavolino per il movimento brusco, e Lex si alzò a sua volta, fronteggiandola.

« Vai fuori da casa mia, Lex, non ti voglio mai più vedere. Sei stato una delusione per me, per la povera Katherine, lo sei stato per Alex, ora non ti lascerò rovinare anche Iris! Fuori! »

L'uomo sembrava quasi che stesse per protestare, ma poi si avviò a testa alta verso l'uscita, agguantando il cappotto dall'aspetto costoso e uscendo immediatamente, sbattendosi la porta dietro le spalle.

Diane pianse per il nervoso, crollando sulla poltrona e reggendosi il viso con le mani a coppa. Si asciugò gli occhi dopo poco, tossicchiò e cercò di darsi un contegno. Era decisa più che mai a proteggere la sua nipotina da quell'idiota del fratello, e l'avrebbe fatto a qualsiasi costo, con qualsiasi mezzo.
Non avrebbe lasciato che Iris perdesse quella dolcezza e freschezza che la contraddistingueva, non dopo che si era finalmente ripresa dal lutto della madre, non ora che aveva ripreso ad uscire e a divertirsi con gli amici, non ora che suonava e cantava e rideva, non ora che, anche se inconsapevolmente, aveva trovato l'amore.

 

*

 

« Ma dai! Ma è da bambini! » Proruppe Zsadist incredulo, sgranocchiando patatine nel mentre.
« Non è da bambini! La Disney è per qualsiasi età, e ti dirò di più: quando muore Mufasa, piango ancora. » Poi scoppiò a ridere, quando incrociò gli occhi strabuzzati del ragazzo.
« Questo è uno dei miei più grandi segreti, solo Simon lo sa! Quindi tu devi mantenerlo. »
Zsadist annuì, promettendole che non avrebbe aperto bocca. Poi però si rabbuiò, mentre Iris gli raccontava di quanto Simon la prendesse in giro ogni volta.

« Tu e questo... Simon. State insieme? » Domandò, quando Iris finì il discorso.
« Oh, no! » Esclamò la rossa, sorridendo. « Siamo un po' come fratello e sorella. Praticamente ci conosciamo da quando indossavamo i pannolini. »
Zsadist non poté fare a meno di sentirsi sollevato davanti a quella dichiarazione, ma tuttavia non si era scordato che, quella sera del BlackSnow, c'era qualcun altro del gruppo della ragazza che le aveva puntato gli occhi addosso.

« E che mi dici di quell'altro? Quello spilungone. »
« Michael? »
« No, lui mi piace, lo rispetto. E picchia bene. »
« Allora Lukas, per forza. E la violenza è sbagliata. »
« Suppongo di sì. » Disse Zsadist, ma senza specificare a quale affermazione della ragazza si riferisse. "Anche il nome è da finocchio", pensò Zsadist, ghignando.

Iris sospirò, spalmando la faccia sul materasso.

« Credo di piacergli, ed è un po' appiccicoso, diciamo. E fastidioso. Gli voglio bene ma, non penso che starei mai con lui. » Spiegò Iris.
Zsadist si irrigidì, e la rossa notò immediatamente la sua mascella serrata.

« Appiccicoso e fastidioso in che senso? » Le chiese.
« Beh, nulla di che. Tipo carezze a abbracci non richiesti, parole dolci e... » Ma venne interrotta dal cinguettio del cellulare, segno che le era arrivato un messaggio. Sbloccò il telefono e tirò giù la barra, leggendo il mittente e il messaggio.
« ...E messaggi dolci ma altrettanto indesiderati. » Concluse, mostrandogli il telefono.

"Sono stato felice di vederti, oggi, anche se per poco. Sei bellissima in azzurro, sai? Quando usciamo un po', io e te? Stavo pensando che potremmo andare a...". Il resto del messaggio non si leggeva, perché troppo lungo, e Iris non aveva voglia di visualizzarlo, ma ciò che Zsadist aveva letto gli era bastato e avanzato per fargli prudere le mani.
Sapeva perfettamente che non aveva alcun diritto di sentirsi geloso, ma non poteva fare a meno di provare quello spiacevole sentimento. E Dio solo sapeva quando avrebbe voluto spaccare la faccia a quel damerino.

« Non so proprio come dirgli che non fa per me. Mi dispiacerebbe ferirlo. » Asserì la ragazza.

Zsadist grugnì.

« Se non lo capisce con le buone, fammelo sapere. Glielo farò capire io che non c'è trippa per gatti. » Brontolò in tutta risposta.
Iris arrossì, ridendo leggermente, e poi gli rivolse uno sguardo dolce, inclinando la testa.
« Ti ripeto che la violenza è sbagliata. » Disse in tono carezzevole.
Zsadist desiderò baciare le sue belle labbra rosse e piene, ma non lo fece. Anche solo quella sua ultima affermazione gli faceva capire quanto diversi fossero. Lui affrontava le situazioni a suon di pugni, a lei bastava fare uno di quei suoi teneri sorrisi e chi avrebbe potuto dirle di no? Lui di certo non ce l'avrebbe fatta.

Sospirò rumorosamente e le prese una mano, carezzandone il dorso con il pollice. Lei ricambiò la stretta immediatamente, e posò la testa sulla spalla sinistra del ragazzo, che avvolse a sua volta le sue piccole spalle con un braccio.
Non sapevano come avessero fatto a ritrovarsi in quella situazione, ma poco importava. Stavano bene.

Stettero semplicemente in silenzio, abbracciati, mano nella mano a guardare le fiamme arancioni, ascoltando i crepitii del fuoco e i propri respiri, sentendo i loro profumi mischiarsi e aleggiare nell'ambiente finché Iris non sarebbe dovuta tornare a casa.
Ma anche se fuori il cielo era già buio, l'orologio segnava solo le cinque e mezzo del pomeriggio, ed in quel piccolo alone di calore e felicità, non dovevano ancora preoccuparsi di nulla.

 

 

 

Spazio Autrice:

ciao a tutti! Scusate il ritardo ma ho avuto qualche problemino che non starò a raccontare per annoiarvi.
Bene! In questo capitolo ci sono un po' di avvenimenti. Il papà di Iris, intenzionato a portarla via dal paesello e il suo avvicinamento con Zsadist. Il loro rapporto verrà stroncato sul nascere o zia Diane farà in modo di convincere Lex a lasciarle Iris?
Chissà!
Ringrazio come al solito tutti coloro che leggono "You Found Me" e dedico questo capitolo a Fanny93, come promesso.
Spero di non aver fatto troppi errori, nel caso segnalatemelo! Appena trovo un po' di tempo sistemerò qualcosina anche nei capitoli precedenti.
Buona serata a tutti e grazie per avermi letta fin qui.

Baci, Night :*

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