La ragazza caduta dal cielo

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La breccia ***
Capitolo 2: *** La sconosciuta ***
Capitolo 3: *** Odio nei suoi occhi ***
Capitolo 4: *** Compassione ***
Capitolo 5: *** Lena Luthor Dru-Zod ***
Capitolo 6: *** Piccoli passi ***
Capitolo 7: *** Un punto d’incontro ***
Capitolo 8: *** Biscotti ***
Capitolo 9: *** Il colore dei suoi occhi ***
Capitolo 10: *** Linda Danvers ***
Capitolo 11: *** L’accordo ***
Capitolo 12: *** Sacrificare la regina ***
Capitolo 13: *** Lividi ***
Capitolo 14: *** Comprendere ***
Capitolo 15: *** Ricominciare ***
Capitolo 16: *** Destinate ***
Capitolo 17: *** La trappola ***
Capitolo 18: *** El mayarah ***



Capitolo 1
*** La breccia ***


La ragazza caduta dal cielo

 

 

La breccia

 

Kara sorvolò National City con un sorriso sulle labbra, aveva sventato una rapina quella mattina e, visto che aveva tempo, era persino andata a far visita ad un ricovero di cani, lasciandosi fotografare mentre coccolava alcuni di essi, conscia che un po’ di pubblicità avrebbe giovato a quegli animali soli.

Quando atterrò al DEO era di ottimo umore e sorrise raggiungendo Winn, al lavoro alla sua solita postazione.

“Buongiorno.” Gli disse e il ragazzo si voltò con un sorriso.

“Giorno.” Rispose. Un tonfo fece voltare entrambi. Mon-El era saltato, poco elegantemente, sul balcone dell’edificio.

“Dobbiamo lavorare sull’atterraggio.” Fece notare e lui sorrise, annuendo.

“Potremmo lavorarci questa sera?” Chiese.

Kara si strinse nelle spalle, malgrado ci provassero finivano per avere poco tempo assieme, lei aveva delle ricerche da fare in quanto reporter, oppure delle missioni da portare a termine come Supergirl e lui lavorava al bar quasi ogni sera.

“Se non succede niente nel frattempo…” Gli rispose con una piccola smorfia. Il giovane la imitò, non era stato molto contento quando lei aveva riavuto il lavoro da reporter. Era convinto che gli impegni di Supergirl erano più che sufficienti a tenerla occupata e, a suo dire, erano decisamente più importanti.

“Buongiorno.” Alex, nella sua uniforme nera, le mani sui fianchi, si fece avanti, gettando appena uno sguardo a Mon-El, se lo sopportava era solo per amore di Kara e si vedeva. Il fatto che fosse stato la causa dell’invasione daxamite di qualche mese prima non aveva migliorato l’opinione della maggiore delle Danvers. Kara sospirò, avrebbe voluto che Alex vedesse il buono che lei vedeva in lui, il potenziale che possedeva…

“Niente da segnalare?” Chiese, la maggiore delle Danvers, e Winn scosse la testa.

“Nulla fuori dalla norma, sono stati segnalati due incidenti, questa notte, ma se n’è occupata l’unità-alieni della polizia.”

“Sì, Maggie me l’ha detto questa mattina.” Rispose la donna osservando i due rapporti che il giovane aveva mandato sullo schermo davanti a loro.

“Maggie, eh?” Chiese Kara appoggiandosi al tavolo con un sorriso sornione sulle labbra. Alex arrossì immediatamente, perdendo in un solo istante la sua aria professionale.

“Ehm… sì… ci siamo viste per colazione.” Ammise, dopo essersi guardata attorno e aver visto che nessuno badava a loro.

“Oh!” Esclamò allora Kara, con un sorriso sempre più ampio sulle labbra. “Quando le dirai che ti piace?” Chiese poi, ammirando il colorito di Alex virare al rosso pomodoro.

“Non credo proprio…”

“L’hai accettato, l’hai detto a me… non ti rimane che chiudere la cosa dicendolo a lei. Non vedo l’ora di farti da testimone di nozze.” La punzecchiò ancora Kara e Alex le diede un piccolo colpo sul braccio.

“Smettila!” Le impose, facendola ridere.

“Andrà tutto bene.” Disse allora lei, guardandola con un sorriso dolce. “Sarebbe sciocca a non vedere quanto è magnifica la mia sorellona.” Alex alzò uno sguardo timido su di lei, le guance ancora soffuse di rosso.

“Credi davvero che…?”

“Sì e se ti rifiuta faccio come in quel film con Uma Thurman… in cui l’ex fidanzata era una super e…”

“Oh, no, meglio di no.” La interruppe Alex, sgranando gli occhi alla sola idea. Kara ridacchiò, poi alzò la testa perché un allarme aveva attirato la sua attenzione.

“Cosa succede?” Chiese subito J’onn, comparendo da una sala laterale.

Winn pigiò rapido sulla sua tastiera.

“Una breccia…?” Disse, esitante.

“Dove?” Domandò, incalzante, il direttore del DEO.

“Su National City.” Rispose lui, sempre digitando.

“Su National City? Cosa significa?” Intervenne Kara, perplessa.

Da quando avevano avuto la prova dell’esistenza di mondi paralleli, grazie a Barry, avevano reso i loro satelliti sensibili al genere di variazione d’onde che si generava alla creazione delle brecce, ma questa era la prima volta che ne veniva individuata una.

“Ventimila metri sopra la città.”

È passato qualcosa?” Domandò Alex, la mano istintivamente posata sulla pistola al suo fianco.

“Sì, un oggetto non identificato e sta cadendo sulla città.”

“Vado.” Disse solo la kryptoniana ed era già sparita.

Kara si alzò nel cielo mattutino della città, usando la sua super-vista per identificare l’oggetto.

“Di cosa si tratta? Un missile? Una bomba?” Domandò nel suo auricolare, Alex, la voce tesa.

“No…” Sbatté gli occhi e poi capì. Senza attendere ancora si lanciò verso la piccola massa che stava cadendo al massimo della velocità, verso la città.

Kara comprese che avevano indugiato troppo, strinse i pugni che teneva davanti al viso e accelerò ancora, gettandosi, poi in picchiata, all’inseguimento del corpo in caduta.

 

“Sta volando velocissima.” Segnalò Winn che controllava i dati sul monitor.

“Eccola!” Mon-El indicò lo schermo che mostrava il video di una delle telecamere posizionate su di un palazzo abbastanza lontano da mostrare l’intera scena. “Non ce la farà…” Disse il giovane e Alex fece una smorfia alla mancanza di fiducia tipica del giovane.

“Puoi farcela, Supergirl!” Disse con veemenza, nell’auricolare.

 

Kara toccò il corpo con la punta delle dita, mentre sfrecciavano, entrambi, a folle velocità verso il suolo. Strinse i denti ed esigette dal suo corpo ancora uno sforzo, afferrò il nero corpo ed eseguì una piroetta posando un piede e un ginocchio a terra e creando un piccolo cratere attorno a sé.

È stato epico!” Urlò Winn nel suo auricolare e lei sorrise. Poi i suoi occhi si abbassarono sul fagotto che teneva tra le braccia. Lasciò un poco la presa e vide, per la prima volta, la persona che aveva salvato.

Aveva i capelli neri e la pelle bianca, le labbra rosse, ma a colpire Kara fu il rivolo di sangue che scendeva lungo la sua guancia. Con i raggi-X osservò il corpo della donna, mentre con il super-udito ascoltò il suo cuore: il battito era leggerissimo e i polmoni sembravano rifiutarsi di riempirsi d’aria.

Con profondo orrore Kara comprese che stava stringendo tra le braccia una donna morente.

 

Alex, come tutti alla postazione del DEO, osservava Kara immobile che stringeva tra le braccia un corpo umano: una ragazza a giudicare dai lunghi capelli neri. La minore delle Danvers era ancora nella stessa posizione di prima, sembrava rapita o molto concentrata.

Supergirl, rapporto.” Chiese, perché iniziava a preoccuparsi, cos’aveva rubato tutta l’attenzione di Kara?

 

“Sta morendo.” Rispose alla sorella e poi sussultò, reagendo. Con una rapida spinta si lanciò verso il cielo. “Sto arrivando!” Comunicò, pochi istanti dopo atterrò al DEO e portò il corpo della donna fino all’infermeria, ancora avvolto in un mantello nero il cui tessuto assomigliava al suo.

Alex stava già preparando tutta la strumentazione. Kara  posò il corpo sul lettino per poi torturarsi la mani, agitata. Non riusciva a smettere di ascoltare quel battito così debole, terrorizzata all’idea che se si fosse distratta, anche solo per un istante, avrebbe potuto spegnersi.

“Chi è?” Chiese Mon-El arrivando accanto a lei e mettendole una mano attorno ai fianchi. Kara scosse la testa, infastidita. Non che non fosse curiosa, ma quello solo era un dettaglio: la ragazza stava morendo!

Un gruppo di medici arrivò correndo e Kara si fece da parte, mentre Alex si preparava a monitorare i segni vitali della giovane. La ragazza scostò il mantello per sistemare gli elettrodi sul petto della sconosciuta, ma prima di farlo fece un balzo indietro, sorpresa.

“Cosa succede?” Chiese J’onn che seguiva la scena con le braccia incrociate.

Kara sbiancò, Alex aveva portato al mano alla pistola e osservava pallida il corpo della donna. Vi erano poche cose che potevano spaventare a quel modo Alex e, di certo, il corpo di una donna in fin di vita non erano tra queste.

“Lei…” Alex scosse la testa, mentre i medici, pallidi quanto lei fissavano la sconosciuta con orrore.

J’onn si fece avanti deciso e così Kara. Sul volto di entrambi apparve lo sconcerto quando infine capirono.

 “Abbiamo un codice Black.” Affermò J’onn. Winn sgranò gli occhi e poi iniziò a digitare sul computer, sigillando la struttura.

Kara la bocca spalancata osservava la donna sconvolta.

“Bene… almeno ora sappiamo di cosa ha bisogno.” Affermò infine Alex e con un gesto ai medici tornò ad occuparsi della ragazza caduta dal cielo.

 

 

 

Note: Una misteriosa ragazza è caduta dal cielo, Kara è riuscita a salvarla prendendola al volo, letteralmente, ma ora sembra che la situazione si sia un poco complicata… cos’è che ha creato tanta sorpresa al DEO, cosa c’è sul petto della giovane di cui ancora non sappiamo il nome?

 

Nuova storia! Ed è una long bella lunga!

Il mondo non è quello che conosciamo, come dovreste già aver notato o come noterete in seguito, ci sono delle piccole discrepanze e alcune differenze sostanziali, una per tutte: Mon-El non se ne andato dalla Terra dopo l’invasione daxamite. Quindi, se rimarcherete delle piccole difformità rispetto a ciò che è canon nella serie non preoccupatevi, è voluto. ;-)

 

All’inizio della terza stagione di Supergirl mancano ancora un po’ di giorni, perché non passarli in compagnia di questa storia? Sappiate che è già stata interamente scritta, non vi rimane che commentare per farmi sapere cosa ne pensate e ai 5 commenti io pubblicherò un nuovo capitolo! ;-)

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Capitolo 2
*** La sconosciuta ***


La sconosciuta

 

Con un elegante atterraggio, Superman fece il suo ingresso al DEO.

Kal!” Lo salutò Kara andandogli incontro e abbracciandolo. “Mi spiace vederti solo in occasioni simili e non volevo disturbarti, ma…”

“Hai fatto bene. Dov’è?” Sul suo volto vi era una nota di tensione.

“In una cella di contenimento.” Rispose subito J’onn raggiungendoli e stringendo la mano al supereroe.

“Si sta riprendendo in fretta.” Aggiunse Alex, facendo a Clark un cenno di saluto e un piccolo sorriso.

“Avete idee più precise di chi sia o di cosa voglia?” Domandò Superman, osservando da uno schermo il video della donna stesa su di un lettino.

“No, non risulta nei nostri archivi.” Spiegò Winn.

“E neppure in quelli della Fortezza.” Aggiunse Kara.

“Ma questo non deve stupirci, è comparsa da una breccia quindi potrebbe non esistere nel nostro mondo.” Ci tenne a precisare Winn e sorrise, arrossendo quando ebbe un cenno di assenso dal suo eroe.

J’onn.” Disse poi l’uomo e gli tese una scatolina. “Quello che mi avevi chiesto.”

“Molto bene, mi dispiace aver dovuto…”

“No, la minaccia è troppo grave per essere sottovalutata.” Lo interruppe Superman e i due uomini si annuirono. Kara fece una smorfia verso la scatolina e incrociò le braccia.

“Potrebbe non essere affatto una minaccia.” Tutti gli occhi si appuntarono su di lei che si strinse nelle spalle. “Non ha ancora fatto nulla per meritare la nostra ostilità.” Spiegò.

“Kara…” Iniziò Clark.

“Non ci fare caso, l’ha salvata e ora è convinta che deve essere per forza buona.” Intervenne Alex dando un piccolo colpetto alla spalla della sorella che fece una smorfia.

“Non mi piace giudicare una persona solo…”

“Allora dov’è la kryptoniana pazza e assassina?” Domandò Mon-El entrando con il solito sgraziato tonfo. Kara fece ruotare gli occhi e li fissò su di lui, infastidita.

“Non sappiamo nulla di lei!” Fece notare al daxamite e a tutti i presenti. Mon-El aprì le braccia e fece uno dei suoi sorrisi.

“Salvo che porta sul petto lo stemma della famiglia Zod!” Kara storse il naso infastidita, senza poter replicare.

Superman si voltò e le posò una mano sulla spalla.

“Tieni aperta la mente ad ogni possibilità, hai ragione, non dobbiamo giudicarla solo perché porta un’insegna che conosciamo come nemica, ma non lasciarti neppure ingannare. Mi fido del tuo giudizio, se avrai bisogno di me non hai che da chiamare.” Kara sorrise e lui la imitò, salutò gli altri e poi se ne andò.

“Io dico che è cattiva.” Affermò allora Mon-El. “Qualcuno vuole scommettere?” Disse poi con voce forte guardandosi attorno con un sorriso divertito.

Mon-El!” Lo riprese lei, ma il giovane le fece l’occhiolino e si diresse verso gli agenti che si stavano già raccogliendo per fare le loro puntate.

Idiot…” Alex si bloccò e Kara roteò gli occhi.

“Sta solo giocando, non è serio.” Lo giustificò, come faceva sempre. Alex incrociò le braccia, ma non disse nulla di più.

“Agente Danvers, carica un’arma con questa. Sarà una tua responsabilità.” Affermò allora J’onn tendendole la piccola scatola in piombo.

“Sì, signore.” Rispose lei, improvvisamente formale, prendendo quel pesante fardello e lanciando uno sguardo a Kara che di nuovo aveva una smorfia sulle labbra.

“Spero proprio che non ce ne sia bisogno.” Mormorò e, Alex, passandole accanto, le posò una rassicurante mano sulla spalla, poi con un piccolo sorriso si allontanò per eseguire l’ordine ricevuto.

“Quando si sveglierà?” Chiese allora Kara, osservando la figura stesa in una delle celle dei piani inferiori.

“I medici dicono che si sta riprendendo in fretta, ma era messa molto male, ci vorranno ore, forse giorni.” Winn si strinse nelle spalle, incerto.

Kara sospirò poi annuì e si preparò ad una normale giornata di lavoro alla CatCo.

Nel tardo pomeriggio passò di nuovo al DEO, ma la situazione era invariata, i parametri vitali della sconosciuta miglioravano, ma non era ancora sveglia. Winn monitorava la città in allerta per eventuali altre brecce, ma nulla aveva turbato la tranquilla giornata di sole di National City.

Arrivò la sera e poi la notte, Kara, all’esterno della cella di vetro osservava il soffitto di cemento, sospesa a mezzaria lanciando in alto una pallina e riprendendola al volo, la testa appoggiata al braccio.

“Kara, sei qui!” La voce di Mon-El le riportò alla mente il loro appuntamento e con una smorfia di dispiacere tornò a terra.

“Scusa… mi sono dimenticata!” Ammise e il ragazzo fece una smorfia.

“Era la mia unica serata libera di tutta la settimana.” Si lamentò e lei si sentì terribilmente in colpa. Era così impaziente che la ragazza si svegliasse che le era sembrato potesse succedere da un’istante all’altro, quindi, perché non attendere lì?

“Lo so, volevo aspettare che si svegliasse.” Cercò di spiegarsi e lui sospirò.

“Capisco…” Affermò, ma non era molto convinto.

“Mi farò perdonare!” Disse lei e lui annuì.

“Va bene.” Le rispose soltanto. “Vieni a casa con me, almeno?”

Kara ruotò lo sguardo verso il vetro e il corpo addormentato, sormontato dalle potenti lampade solari, esitando.

“Ti dispiace se rimango ancora un po’?” Chiese e Mon-El si strinse nelle spalle.

“Come vuoi.” Disse, ma prima di andarsene lanciò a sua volta uno sguardo verso la sconosciuta. “Mi piace sempre di meno.” Affermò e, prima che lei potesse protestare, si allontanò con passo deciso.

Kara sbuffò, non voleva litigare con Mon-El, ma la ragazza sarebbe stata confusa e di certo svegliarsi in una cella non era il massimo, se avesse visto un viso amichevole tutto sarebbe stato più facile e lei voleva che le cose andassero bene.

Si avvicinò al vetro e osservò il viso pallido e dalle linee decise della donna. Kara si sorprese a desiderare che aprisse gli occhi, anche solo per poterne vedere il colore, qualcosa le diceva che in essi avrebbe potuto leggere la verità su di lei. Il suo sguardo scivolò lungo l’uniforme della donna, un’aderente completo, molto simile a quello di Kal, anche se dal colore nero, così come il mantello. Lo stemma era nero su nero, in rilievo sul petto. Non c’erano dubbi, quello era un classico abito kryptoniano.

“Da dove vieni?” Mormorò piano, ma la donna non rispose, il suo respiro rimase leggero e il suo battito lento e regolare. Kara sospirò, poi si risistemò a mezzaria, le braccia dietro la testa, pensosa.

 

Alex entrò al DEO dopo una bella nottata di sonno, sorrise a Winn che era già al suo posto.

“Niente da segnalare?”

“No.” Sbadigliò lui. “La bella addormentata dorme e così Kara.” Allo sguardo perplesso di Alex, Winn ruotò la telecamera puntata sulla cella e mostrò Kara, avvolta nel proprio mantello rosso che dormiva, ondeggiando piano nell’aria.

È rimasta lì, tutta la notte?” Chiese stupita, la maggiore delle Danvers.

“Sì.” Confermò Winn. Alex fece una piccola smorfia.

“La sta prendendo troppo a cuore.” Rimarcò e Winn si strinse nelle spalle.

“Forse ha ragione, dopo tutto, e la ragazza non è malvagia.”

“Forse, ma forse no.” Intervenne J’onn. “E Supergirl non dovrebbe dormire lì.” Lanciò un’occhiata ad Alex che annuì decisa.

 

La svegliò una mano posata delicatamente sulla sua spalla.

“Ancora un minuto…” Mugugnò nel sonno.

“Kara.” La chiamò allora Alex e lei aprì gli occhi. Il suo letto era alto o sua sorella era molto bassa?

Il pensiero buffo le schiarì la mente e lei ricordò dove fosse.

“Oh…” Disse, lasciandosi cadere a terra. Gli occhi che correvano verso la sconosciuta, ancora immobile. “Non avrei dovuto addormentarmi.” Ammise con una faccia colpevole e Alex sorrise.

“Vai a casa e poi a lavoro, se cambierà qualcosa sarai la prima a saperlo.”

“Ma…”

“Niente ma, Kara.” La bloccò lei e le indicò la porta. “Doccia, colazione e poi CatCo.” Ricapitolò per lei e Kara annuì con un ultimo sguardo verso la sua nuova misteriosa fissazione.

Arrivò in ufficio e Snapper la intercettò subito dandole del lavoro da fare. Kara portò i documenti su cui doveva fare dei controlli incrociati sulla sua scrivania e iniziò la lenta analisi, i suoi occhi però, continuavano a sfuggire verso il cellulare, tesa alla sola possibilità che Alex la chiamasse.

Danvers!” Scattò sulla sedia fissando il capo redattore con aria colpevole. “Quanto ci vuole per un lavoro così semplice?”

“Ho quasi finito.” Disse, sistemandosi gli occhiali, le guance leggermente rosse dalla vergogna. Proprio in quel momento ricevette un messaggio e con un balzo afferrò il cellulare per poi fare una smorfia insoddisfatta, era solo Mon-El.

“Vediamo di togliere quel quasi!” La rimbrottò l’uomo, fulminandola con lo sguardo. Lei annuì e non appena fu sola i suoi occhi e le sue mani accelerarono confrontando i dati a super-velocità. Le sembrò un po’ ingiusto rispetto ai suoi colleghi, ma due minuti dopo aveva finito. Si alzò soddisfatta e portò il lavoro alla scrivania dell’uomo.

“Ecco…” La sua testa si voltò, mentre il suo super-udito l’avvisava che da qualche parte in città una sirena stava suonando. “Devo andare.” Disse, senza aspettare ulteriori commenti.

Pochi istanti ed era all’inseguimento di un furgone blindato che era appena stato dirottato. Lo fermò bruciando i pneumatici con la vista calorifera, poi spalancò la porta, sorrise alla raffica di proiettili che si infranse sul suo corpo e afferrò i due malviventi all’interno impacchettandoli per l’arrivo della polizia.

“Grazie, Supergirl!” Le disse un poliziotto prendendo in custodia i due uomini. Lei sorrise soddisfatta, pronta a tornare alla CatCo, per finire la giornata di lavoro.

Il telefono suonò e lei se lo portò all’orecchio, mentre rientrava nel suo ufficio, la mente distratta nell’osservare Snapper che le lanciava una delle sue occhiate piene di disapprovazione.

È sveglia.” Nella sua mente ci fu un attimo di vuoto, come se non credesse possibile che quello che aspettava da ore fosse infine successo, poi fu attraversata da un brivido d’eccitazione.

“Arrivo!” Disse con entusiasmo facendo un rapido dietro front. Questa volta non vide la seconda occhiataccia di Snapper, la sua mente era troppo sovraeccitata. Non appena fu fuori si lanciò nel cielo e in pochi istanti atterrò al DEO.

“Eccomi!” Esclamò. Alex si voltò e le fece cenno di raggiungerla. Lei, Winn e J’onn fissavano lo schermo che mostrava la cella. Kara fissò perplessa la figura immobile. “A me sembra che non sia cambiato nulla.” Disse con un tono deluso.

“Sta fingendo.” Spiegò J’onn. “Il suo respiro ha avuto una breve fluttuazione e così il suo battito cardiaco, poi è tornato quello di prima.”

“Magari…” Iniziò Kara, ma il direttore scosse la testa.

È stata addestrata: sa come comportarsi in caso di cattura ed ha i tuoi poteri. Ha valutato la situazione in un tempo brevissimo, poi ha deciso di darsi un momento per riflettere e, magari, continuando a fingersi svenuta sperava di ottenere un’occasione utile alla fuga.”

“Nessuno può controllare il proprio battito cardiaco!” Fece notare Kara.

“Io posso farlo.” Rimarcò Alex. “E anche J’onn, è solo questione di addestramento e concentrazione.”

“Puoi farlo?” Kara sgranò gli occhi, stupefatta, a volte dimenticava che sua sorella aveva passato anni ad essere addestrata e non solo nel corpo a corpo o nell’uso delle armi.

“Il punto è che sta fingendo.” Tornò a dire J’onn.

“Sarà confusa e spaventata. Vado a parlarle.” Affermò decisa, Kara, e quando il marziano annuì, sorrise soddisfatta e si diresse alle scale, scendendo i due piani necessari ad arrivare alle celle di contenimento.

Le celle erano tutte vuote, se non quella occupata dalla donna. Prese un respiro, intrecciò le dita e si fece avanti.

“Ehm…” Mormorò e si rese conto che non aveva idea di cosa dire. Si schiarì la voce e riprovò. “Ciao… lo so che sei spaventata e… lo sarei anche io, non è mai piacevole svegliarsi sotto a delle lampade solari e di certo ritrovarsi in un posto sconosciuto non è confortante. Soprattutto se questo posto è una cella.” Kara allungo il collo cercando di scorgere una differenza sul volto della donna, ma non vide nulla. “Vediamo… io sono Kara Zor-El e questo è il pianeta Terra, sei sbucata nel cielo, ma non in modo carino, cioè, non volavi, ma cadevi e ho dovuto prenderti al volo!” Sorrise. “Davvero, dico sempre a Mon-El che deve migliorare l’atterraggio, ma il tuo rischiava di essere un…”

“Smettila.” Il tono fu secco, deciso. La donna spalancò gli occhi e si alzò in piedi, fissandola.

Kara fece un passo indietro, mai, in tutta la sua vita, era stata fissata con tanto odio da occhi così profondamente espressivi.

La sconosciuta alzò il pugno e lo infranse sulla parete, senza ottenere nulla.

“Aspetta… non…” Kara alzò le mani cercando un modo per calmare la donna.

“Taci, El, qualsiasi cosa esca dalla tua bocca è menzogna e falsità.”

“Ehi, non è vero!” Questa volta Kara si offese, alzò il mento fissandola con orgoglio. “Io non mento e, soprattutto, non ti conosco, quindi non credo tu possa permetterti di darmi della bugiarda.”

Sul viso della donna vi fu una smorfia che forse avrebbe potuto passare per un sorriso sarcastico.

“Non mi conosci?” Domandò lei. “Credi davvero di potermi raggirare ancora una volta? Credi davvero di poter giocare con me creando questa nuova farsa?”

“Non so di cosa tu stia parlando, io non so chi sei e non voglio raggirare proprio nessuno.” Kara incrociò le braccia chiedendosi com’era possibile che la conversazione fosse così diversa da come se l’era immaginata.

“Porti sul petto quel simbolo di terrore e sofferenza, come se fosse un distintivo. Non sei diversa da Kal, anzi, sei ancora peggiore, ora lo so.” Negli occhi della sconosciuta brillava il fuoco. Kara non si mosse questa volta, mentre la vista calorifera della donna si infrangeva, inutile, sulla parete trasparente.

“Non funzionerà, ho testato io stessa queste celle.” Spiegò, scuotendo la testa, amareggiata. Sobbalzò quando un secondo pugno si abbatté sulla parete.

“Io ti ucciderò, Kara Zor-El!”

 

 

 

Note: Dunque ecco qua, la sconosciuta è kryptoniana, sul petto porta niente di meno che il simbolo del terribile generale Zod e la sua prima conversazione con Kara non promette nulla di buono.

Ancora non abbiamo scoperto con precisione chi sia e di certo adesso dobbiamo chiederci perché detesti così veementemente Kara…

Come reagirà la nostra Supergirl a questo odio? Smetterà di difendere la sconosciuta dal sospetto che tutti portano su di lei interpretando il simbolo che veste come una minaccia?

Insomma, un po’ di risposte per nuove domande.

 

Cosa ne pensate di tutto ciò? La storia continua ad intrigarvi? Fatemi sapere ogni vostra idea e impressione!

Il seguito sapete come ottenerlo! ;-)

Ciao ciao

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Capitolo 3
*** Odio nei suoi occhi ***


Odio nei suoi occhi

 

Winn voltò la testa investito dal profumo di caffè e da quello di qualche misterioso dolciume.

“Buongiorno!” Disse con un ampio sorriso occhieggiando desideroso quello che Kara teneva tra le mani.

“Ciao, Winn. No, non solo per te.” Precisò subito e lui fece una smorfia.

“Credi davvero di convincerla a parlarti se le porti tutte queste cose buone?” Le chiese allora con una punta di invidia nella voce. Kara si strinse nelle spalle e scese fino alle celle.

“Buongiorno!” Disse, eccedendo un poco nel tono, ma sperando di non suonare troppo tesa. “Ti ho portato la colazione, questa volta dei dolcetti direttamente dal Sud della Turchia, visto che mi hanno detto che hai lasciato lì la colazione salata che ti avevo preso a Berlino…” La donna non si mosse dalla sua posizione, le gambe elegantemente accavallate, la schiena rigida e il volto rivolto alla parete bianca del fondo della cella.

Kara consegnò il cibo ad una guardia e poi incrociò le gambe e si sollevò a mezzaria osservando la donna.

“Mi piacerebbe sapere il tuo nome.” Affermò. “E… ai piani alti vorrebbero sapere perché sei qui. Pensano che tu sia un pericolo e, beh, minacciarmi non è stata proprio una buona idea.” Fece una smorfia ricordando la violenta passione con la quale le era stata promessa la morte.

 

“Ehi, Winn, dov’è Kara?” Chiese Mon-El arrivando dalla palestra, leggermente sudato. “Aveva detto che ci saremmo visti per un po’ di allenamento. È stata fermata da una missione o…” Si interruppe perché i suoi occhi corsero allo schermo. “Non ci credo.” Disse con tono secco. “Quanti giorni sono che ci prova?”

“Kara è fatta così, lo sai…” Tentò Winn.

“Dieci giorni? Undici? Passa tutto il suo tempo libero a chiacchierare nel vuoto con quella donna di cui non sa nulla!” Sbraitò.

“Cosa succede qui?” Intervenne J’onn, attirato dal tono del daxamite.

“Perché le lasci passare tutto quel tempo nella zona di contenimento?” Domandò allora il ragazzo. J’onn si accigliò.

“Non sono io che decido del tempo libero di Supergirl e il suo metodo non convenzionale potrebbe avere successo lì dove tecniche più classiche non hanno funzionato.” Sia J’onn che Alex avevano passato ore con la prigioniera senza ottenere neppure uno sguardo.

“Non avete provato tutte le classiche tecniche di interrogatorio.” Fece notare lui e questa volta il viso di J’onn si fece duro.

“Tutte quelle che non prevedono la tortura.” Rimarcò. “Perché noi non torturiamo i prigionieri, meno che mai quelli che non hanno fatto nulla.”

“Ha minacciato di morte Kara! E Alex non si è fermata quando si è trattato di ritrovare suo padre.” Non cedette Mon-El.

“La situazione è completamente diversa.” J’onn aveva messo le mani ai fianchi e fissava il ragazzo, più basso di lui, con occhi scuri.

Il daxamite scosse le testa e poi se ne andò, furioso. Winn fece una piccola smorfia, poi ruotò di nuovo la sedia continuando a fare il suo lavoro.

 

“Va bene, ora devo andare. Direi che è stato bello chiacchierare con te, ma si può definire solo come soliloquio quindi… a domani.” Si alzò, esitò ancora un istante e poi sospirando andò al lavoro.

Quando, quel tardo pomeriggio rientrò al DEO ricevette brutte notizie. La prigioniera, non solo, si era rifiutata di mangiare le leccornie portate da Kara, ma aveva rifiutato il cibo che fino a quel momento aveva mangiato.

Tre giorni dopo, quando Kara entrò nella stanza la sconosciuta era stesa, le lampade solari di nuovo accese.

“Non puoi smettere di mangiare!” Le disse Kara appoggiando la mano al vetro. “Andiamo!” Strinse i pugni abbassando lo sguardo. Si sentiva sconfitta, mai, nessuno, si era comportato in quel modo con lei, era impotente e questo la terrorizzava. “Non voglio vederti morire…” Mormorò piano.

“Lo so, l’ho compreso, ti piace avermi qui, come un tuo giocattolo, fingere una vita che non ti appartiene, giocare, come i bambini con le tazzine di the e le bambole.” La sua voce era debole, arrochita dalla privazione di cibo. “Ma ho smesso di giocare il tuo gioco. Morirò sapendo che è l’ultimo dispetto che posso farti. Mi hai tolto tutto quello che amavo, ti toglierò il piacere di giocare con me.” Con un solo sguardò fulminò le lampade solari, le uniche a sostenere il suo fisico.

“Smettila! Ti ho presa al volo, mentre cadevi da quella breccia nel cielo! Non voglio giocare con te, voglio solo aiutarti!”

Per la prima volta dalla loro prima discussione la donna ruotò gli occhi su di lei e sembrò costarle una certa fatica.

“Cos’hai detto?” Domandò.

“Voglio aiutarti.” Ripeté lei, ma la sconosciuta scosse la testa, forse la mancanza di cibo aveva indebolito anche la sua tenacia. Kara cercò di riflettere, era la prima volta che sembravano avvicinarsi ad una vera conversazione, non voleva rovinare tutto.

“Breccia, hai detto breccia.” Disse la donna e lei annuì.

“Sì, sì! Si è aperta una breccia nel cielo sopra National City e ne sei uscita tu, ma…”

“No… no…”

“Sì, Winn l’ha rilevata e io sono volata da te, ti ho afferrata ed eri in fin di vita, non so per quale ragione tu abbia deciso di aprire uno strappo tra le dimensioni, ma di certo noi kryptoniani non siamo abbastanza veloci e deve averti richiesto una dose d’energia immensa…” Si interruppe, la donna la fissava senza parole, per la prima volta non vi era odio, ma solo confusione nel suo sguardo.

“Non è possibile.” Disse ancora e Kara poté solo annuire ancora, confermando ciò che diceva. “Mi stai mentendo.” Affermò alla fine la donna e Kara vide il suo volto chiudersi di nuovo.

“No, no! Ti sto dicendo la verità! Se solo tu mi ascoltassi!”

La donna si voltò di nuovo, dandole la schiena e Kara frustrata diede un pugno al vetro.

“Kara.” La richiamò Alex, che doveva essere corsa da loro non appena aveva sentito su cosa verteva la conversazione, dopo tutto Kara aveva promesso di non fornire nessun dettaglio utile alla donna.

“Non vuole credermi!” Disse esasperata. “Si ucciderà solo perché è una dannata testarda!”

“Non puoi salvare tutti.” Le ricordò sua sorella.

Il pugno della ragazza si chiuse, ancora premuto sul vetro.

“Non ti lascerò morire.” Affermò decisa e poi si voltò, andandosene e passando accanto ad Alex con rabbia.

 

Alex la osservò andare via, i pugni chiusi, le spalle irrigidite dalla rabbia. Non per la prima volta si ritrovò a pensare che Kara stava prendendo quella faccenda troppo a cuore e non andava bene.

“Che piano hai? Morire, davvero? Krypton non ha perso già troppi figli?” Alex scosse la testa e si voltò sicura che non avrebbe ricevuto risposta, ma fu sorpresa.

“Che parte hai in questa farsa? Ti lascia fare l’amica premurosa?” La maggiore delle Danvers si voltò, fissando quel volto stanco e chiaramente affamato. Forse Kara aveva creato una possibilità e stava a lei coglierla. Ricordò la reazione della donna all’affermazione di sua sorella riguardo alla breccia e pensò di tentare in quella direzione, tanto ormai, il danno era fatto e l’informazione era stata consegnata.

“Kara è mia sorella, la proteggerò sempre, non so come funziona nel tuo mondo, ma nel mio questa è una cosa che non cambierà mai.” A quelle parole vide negli occhi della donna un dubbio. La fame l’aveva resa fragile. “Perché te ne sai andata dal tuo mondo? Perché ti sei quasi uccisa per farlo? Da chi o cosa fuggi?”

“Io non fuggo da nessuno!” La risposta giunse con forza e rabbia. “Io sono Lena Dru-Zod e non sono fuggita, mai, davanti a niente!” Alex non sorrise, perché sapeva quanto fosse delicato il momento, ma fu soddisfatta del risultato, avevano un nome, finalmente.

Dru-Zod: il generale di Krypton.”

“Mio padre non è mai stato un generale.” La corresse lei e poi scosse la testa. “Perché fingi di non sapere?” Domandò. Si era tirata su dal lettino, ma si appoggiava ad esso, come se le mancassero le forze.

“Credi davvero possibile che sia tutto un enorme complotto? Il tuo deve essere un mondo triste.” Il pugno della donna si strinse. “Capisco perché te ne sei andata.” Aggiunse Alex e vide le fiamme bruciare nei suoi occhi, rabbia, mista a qualcos’altro, colpa forse? Era durata solo un istante e non ne era sicura.

“Vattene via e lasciami morire in pace.” Disse soltanto la donna, voltandosi.

Alex annuì, ora aveva un nome, era già qualcosa.

Quando tornò al centro operativo Kara stava camminando avanti e indietro, la fronte corrucciata e le labbra strette in una linea sottile.

“Non posso permettere che muoia!” Affermò nel vederla arrivare. “Dobbiamo pensare a qualcosa, qualsiasi cosa che possa… è così dannatamente testarda!” Dichiarò allora.

“Quando sverrà non potrà opporsi ai raggi solari, le faremo una flebo e starà meglio, non permetteremo che muoia.” La rassicurò Alex.

“Non è questo il punto, vuole morire, è chiaro, e io non capisco perché…”

“Si è arresa.” Intervenne Mon-El, stringendosi nelle spalle, con una punta di disprezzo nella voce.

“Niente affatto.” Lo zittì J’onn, prima che Kara potesse parlare. “Si crede prigioniera di forze ostili ed esercita un controllo sull’unica cosa sul quale può farlo: la sua vita. Ho visto molti marziani verdi reagire allo stesso modo nei campi dei bianchi. Arrendersi alla morte può essere un estremo atto di coraggio e dignità.” Il suo tono era freddo, lontano, come se i suoi occhi vedessero immagini a loro impossibili da immaginare.

Kara si morse il labbro, incapace di accettare la sua impotenza e la realtà presentata da J’onn.

“Non mi crede…” Mormorò ancora. “Nel suo mondo devo essere davvero orribile. Mi odia così tanto…”

Alex le posò una mano sulla spalla stringendola un poco.

“Non prenderti colpe che non hai.”

“Se solo potesse credermi… se solo riuscissi a darle una prova irrefutabile…” Alzò la testa sorpresa, perché Winn aveva appena emesso un piccolo urletto. “Cosa…?”

“Una prova irrefutabile! Noi abbiamo una prova irrefutabile!”

“E cioè?” Domandò Mon-El, incrociando le braccia, scettico.

“Ha detto che suo padre è Zod, ma non il generale Zod.” Gli occhi di Kara brillarono cogliendo l’idea del ragazzo.

“Una prova irrefutabile di come il suo mondo sia diverso dal nostro.” Esclamò.

“Esatto!” Confermò il giovane.

“Possiamo?” Intervenne però Alex, ruotando lo sguardo su J’onn che aveva alzato un sopracciglio. Gli occhi di Kara si allargarono, mentre fissava con uno sguardo pieno di speranza il marziano.

“Va bene a questo punto non possiamo fare altro.” Acconsentì lui e Winn e Kara si diedero il cinque, mentre Alex annuiva, l’unico insoddisfatto era Mon-El.

Un agente corse dal direttore e gli consegnò un messaggio, il marziano rifletté qualche istante poi annuì.

“Devo occuparmi di una faccenda… Alex, sei al comando.” Dichiarò. Poi spiccò il volo.

“A me non sembra una buona idea mostrare ad un nostro nemico le azioni del peggior avversario che tuo cugino ha dovuto affrontare.” Fece notare, Mon-El, ora che il direttore non era più presente.

“Lei non è una nemica.” Lo contraddisse però Kara, mentre prendeva uno degli schermi che gli indicava Winn, dirigendosi verso le scale.

Il suo viso tornò ad essere teso nell’entrare nell’ampia stanza bianca sulla quale erano affacciate le celle. La sconosciuta… Lena, si corresse Kara, era seduta a gambe incrociate, gli occhi chiusi, come se fosse in meditazione, ma la sua schiena era curva ed era chiaro che era senza forze.

“Lena…?” Provò, leggermente tesa all’idea di chiamarla con il suo nome. La donna aprì gli occhi e la fissò con quel solito lampo d’odio.

“Non chiamarmi così, hai perso quel diritto.” Le disse subito.

“Devi vedere una cosa, la prova che questo non è il tuo mondo e che io non ho le colpe che tu mi affibbi.” Spiegò allora Kara, cercando di non badare alla piccola fitta delusa che aveva sentito nel cuore al brusco ordine della donna.

“Non c’è niente che tu possa dire o fare per farmi cambiare idea, ho creduto alle tue menzogne una volta e non ho intenzione di…” Si fermò, perché Kara aveva acceso lo schermo e ora su di esso vi era il volto di Zod.

Kara strinse le mani una contro l’altra, sul viso della donna ora le espressioni non erano più celate da una maschera: sorpresa, venata da gioia e poi incredulità e sconcerto.

“No, non è possibile, mio padre era un uomo di scienza, un uomo buono.”

“Ne sono convinta, ma su questa Terra, in questa realtà, il generale Zod era un uomo dedito alla guerra. Ha tentato di conquistare il pianeta per noi kryptoniani senza badare alle vite umane che avrebbe distrutto nel farlo.” Lena scuoteva la testa alle parole di Kara, ma era chiaro, dalle lacrime che scorrevano sulle sue guance che aveva raggiunto il punto di rottura. Kara spense il video e guardò la donna accasciarsi al suolo. “Mi dispiace…” Mormorò.

“C’è qualcosa che non va.” Mormorò nel suo auricolare Winn. “Il suo battito cardiaco…”

Kara sgranò gli occhi, rendendosi conto che il cuore della donna si era fermato.

“Apri la cella!” Urlò, posando la mano sul vetro rinforzato, incapace di raggiungere la donna.

“Non posso, è un codice Black.” In quel momento nella stanza entrarono un gruppo di agenti in uniforme tattiche, le armi spianate, guidati da Alex.

“Alex! Servono dei medici, non dei soldati!” Le disse Kara concitata, mentre osservava con orrore la donna ancora immobile, il cuore fermo.

“Potrebbe essere una trappola.” Affermò allora Alex, la pistola ben stretta nel pugno. Kara non aveva bisogno di avvicinarsi per sentire che tipo di proiettile caricasse l’arma di Alex: il solo proiettile capace di uccidere un kryptoniano.

“Una trappola?” Chiese, furiosa. “Sta male! Apri la porta Winn!” Nel vedere che nessuno faceva niente guardò di nuovo la sorella. “Per favore!” Chiese con urgenza. Alex fece una smorfia poi annuì.

Winn, apri.”

“Ma…”

“Ora.” Ordinò perentoriamente la maggiore delle Danvers, mentre con un gesto della mano schierava i suoi uomini a ventaglio, pronti a fare fuoco.

La cella si aprì e Kara si fiondò dentro.

“Va tutto bene…” Mormorò, ma gli occhi della donna si aprirono di scatto e Kara fu colpita. Cadde all’indietro sbattendo contro la parete della cella, sentì la testa girare e prima che riuscisse a riprendersi fu afferrata e trascinata fuori.

Attorno a loro gli agenti del DEO facevano fuoco, ma la donna si faceva scudo di lei e i proiettili erano inutili su entrambe. Vide Alex alzare la propria arma e fare una smorfia, non poteva sparare, non con Kara così vicina al bersaglio, non quando la sua pistola era carica di ben altro che piombo.

La prigioniera passò tra gli agenti senza colpirli, semplicemente ignorandoli, trascinandosi dietro con facilità una Kara ancora scombussolata, fino a raggiungere il piano superiore, dopo tutto non era così debole come aveva fatto credere.

Winn stava digitando in fretta sulla tastiera cercando di sigillare il complesso, ma con un singolo raggio calorifero la donna disattivò il computer.

“Dove credi di andartene con la mia ragazza?” Mon-El si frappose tra la sconosciuta e la libertà.

“Davvero?” Chiese la donna, fissandolo perplessa.

“Non ti conviene metterti contro di me.” Le disse lui un sorriso arrogante sul volto. “Lascia andare Kara.” Disse ancora il giovane, stringendo i pugni.

“Lasciami passare.” Comandò, però, la fuggitiva, per niente intimorita.

“Lei è mia e non ti permetterò di portarla via.” Il daxamite si fece avanti. Con un singolo colpo la donna lo rovesciò indietro, mandandolo gambe all’aria a sbattere contro il muro di cemento.

“Un daxamite? Dove hai trovato un daxamite? E come puoi sopportarne uno così spaccone, idiota e maschilista?” Nel suo tono era presente tutto il suo disprezzo che provava, fece una smorfia, poi la afferrò e si lanciò verso il cielo.

 

 

 

 

Note: Abbiamo un nome, finalmente! Ma le cose continuano a non andare bene, malgrado tutti i tentativi sembra che Lena non sia capace di credere a Kara. Con un piccolo trucco, fingendosi più debole di quello che era, è riuscita a creare la giusta occasione e ora sta fuggendo, con sé, però si trascina Kara… Dove vuole andare, cosa vuole fare? E Kara, saprà reagire?

Quando conosceremo infine la sua storia?

 

Ho preparato questa piccola cosa per voi. Così che abbiate un’idea di come appare Lena in costume kryptoniano. Ovviamente il disegno non è mio e quindi appartiene all’artista originale, mio è solo lo scarso photoshop. Altra precisazione, lo stemma sul petto di Lena è quello di Faora Hu-Ul e non quello di Zod… fatemela passare. ;-)

 

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Capitolo 4
*** Compassione ***


Compassione

 

Kara scosse la testa cercando di riprendersi, stavano volando sopra National City e non aveva idea di quali o quanti danni la donna avrebbe potuto fare, doveva reagire. Si agitò, cercando di ruotare su se stessa nell’aria per liberarsi, ma non ci riuscì, si era raramente sentita così impotente. Prese un profondo respiro e si calmò era ora di finirla. Ricordando gli insegnamenti di Alex smise di opporre resistenza alla presa e invece la assecondò. Non vi era sopra, sotto o di lato quando si volava. Così si rovesciò indietro, sbilanciò il volo della donna e si liberò da lei, per poi fronteggiarla.

“Smettila di essere così testarda. Non hai fatto del male a nessuno al DEO, se si esclude Mon-El e me… quindi smettila di…” La donna le si scaraventò contro attaccandola con una serie di colpi che lei parò con difficoltà. Era veloce, agguerrita e sorprendentemente agile, soprattutto per qualcuno che sembrava in fin di vita solo qualche istante prima era evidente che li aveva ingannati in qualche modo. “Perché non…” Tentò di dire e così non vide il diretto che la raggiunse al petto scaraventandola lontano.

Kara colpì un’enorme insegna fissata sopra ad un palazzo, prima che potesse rimettersi in piedi la donna era di nuovo su di lei. I colpi erano precisi, ma Kara li evitò, questa volta rimanendo concentrata, parò e schivò cercando di trovare una soluzione a quella lotta che non implicasse una sconfitta per lei o la sua avversaria.

“Attaccami!” Ringhiò la donna, con occhi rabbiosi.

“No.” Dichiarò lei, saltando di lato quando Lena usò la vista calorifera.

“Mi hai preso tutto! Perché ora vuoi privarmi anche del mio dolore fingendo che non esista?” Quell’affermazione la lasciò senza parole, vi era così tanta sofferenza sul volto della sconosciuta, non più odio, ma un reale e profondo dolore.

“Io… mi dispiace, ma non sono la donna che credi.” Con un urlo la sua avversaria le fu di nuovo addosso, insieme colpirono un palazzo, Kara si ritrovò con il corpo schiacciato dal peso della sconosciuta che la colpiva e a lei non rimase che proteggersi con le braccia.

J’onn sta arrivando.” La avvisò Alex nel suo auricolare, ma fu un altro rumore ad attirare la sua attenzione: un cigolio. Abbassò quanto bastava la sua difesa per spingere la sua vista fino al palazzo vicino, lì dove l’enorme insegna che aveva colpito poco prima, iniziava ad inclinarsi.

Distrarsi le fu fatale, la sua avversaria la colpì con forza e per un istante la sua mente si annebbiò.

“L’insegna…” Biascicò, pronta a ricevere un secondo pugno, quello che l’avrebbe mandata a dormire.

Il colpo però non giunse. Kara cercò di schiarirsi i pensieri, mentre il suo sguardo si posava sulla donna che si era fermata, fissando lontano. Poi gli occhi chiari di Lena furono di nuovo su di lei, la fissò, per un lungo istante, scrutandola con profondo sgomento.

“Devo… l’insegna…” Kara ancora confusa cercò di tirarsi a sedere, l’insegna stava per cadere e lei sentiva la voce del pubblico ignaro che guardava loro e non l’enorme pericolo che pendeva sulle loro teste.

Lena la lasciò andare poi volò via. Kara si alzò in piedi, la testa le girava, uscì dal palazzo sventrato in tempo per vedere l’ultimo cavo che teneva l’insegna cedere. Quel palazzo era lontano, terribilmente lontano… Si lanciò in volo, perché avrebbe tentato comunque, perché fallire non era pensabile.

L’insegna era a pochi metri dalla folla, ormai urlante, quando si bloccò sostenuta da una figura elegante, i capelli neri sciolti al vento, il mantello altrettanto nero che fluttuava alle sue spalle. Kara respirò, il sollievo che scioglieva il grumo di paura: lei non ce l’avrebbe fatta in tempo, ma Lena sì.

L’insegna fu adagiata a terra, innocua. Kara atterrò poco distante osservando con occhi cauti la donna, chiedendosi cosa sarebbe successo ora.

“Non hai mentito…” Le disse Lena senza guardarla.

“No.” Le rispose, cercando di capire cosa fosse cambiato. “Quindi adesso mi credi?” Osò chiedere, speranzosa.

“Sì.” Ammise la donna, con una certa difficiltà.

“Avrei preferito non fare a pugni con te, ma se avessi saputo che sarebbe bastato quello lo avrei fatto prima.”

“Non è stata solo la lotta… anche se la donna che conosco io non avrebbe, di certo, evitato di colpirmi.”

“Cosa, allora?”

“La compassione. Lei non avrebbe mai, mai e poi mai, pensato di dover salvare degli innocenti. Non si sarebbe esposta in quel mondo distraendosi solo per quelli che reputa essere delle mosche da schiacciare, esseri inferiori da sfruttare, con cui divertirsi e nulla di più.”

J’onn atterrò poco distante e Kara alzò la mano per fermarlo. La giovane voltò la testa e sgranò gli occhi nel vedere il marziano.

“Un marziano verde?” Domandò, senza davvero aspettarsi una risposta. “Sono…” Si interruppe e la guardò. Kara vide lo sforzo che le costò non mostrare il solito odio, ma apprezzò il fatto che la donna ora ci provasse. “Immagino che non sono crudeli e terribili come quelli che conosco…”

“No, non lo sono, J’onn è l’ultimo della sua specie, i marziani bianchi hanno distrutto il suo popolo.” Spiegò, felice anche solo di poter parlare con lei senza che fossero lanciate accuse.

Supergirl.” La ammonì J’onn, facendo un passo verso di loro.

“Non dovrei darti informazioni sensibili.” Spiegò e dicendo ‘sensibili’ agitò le mani formando delle virgolette. La donna sbatté gli occhi, aprì la bocca e fu scaraventata lontana.

Mon-El!” Urlò Kara, sconvolta da quell’atto insensato, Lena era stata colpita a tradimento, mentre parlavano pacificamente!

“L’ho stesa!” Notò il giovane con aria compiaciuta. “Potrete ringraziarmi dopo, ora possiamo riportala nella cella.”

“Perché devi sempre essere così?” Chiese allora Kara, poi volando raggiunse la donna e la sollevò con delicatezza tra le braccia. Era svenuta. Lanciò al daxamite uno sguardo pieno di biasimo prima di volare via tenendo la giovane al sicuro.

Quando Lena riaprì gli occhi Alex posò la mano sulla fondina, ma Kara le lanciò uno sguardo di ammonimento e invece sorrise.

“Mi dispiace per Mon-El… credeva che tu fossi ancora una minaccia.”

È un idiota.” Intervenne Alex.

“Non è un idiota! È solo impulsivo… e voleva proteggermi…” Incominciò Kara, poi si rese conto del pubblico che aveva e arrossì. “Quello che voglio dire è che mi dispiace e che nessuno ti attaccherà di nuovo.”

“A meno che tu non ridiventi una minaccia.” Chiarì Alex e Kara fece roteare gli occhi.

Lena si sollevò a sedere sul lettino guardandosi attorno con interesse.

“Non sono più nella cella.” Rimarcò.

“No.” Kara sorrise soddisfatta, si era battuta per quello ed era felice di vedere che la giovane lo aveva subito notato.

“Sciocco da parte vostra.” Aggiunse però la donna e le spalle di Kara si afflosciarono.

È stata una sua idea.” La tradì Alex, con un piccolo ghigno sul viso. La donna non aggiunse nulla, i suoi occhi si muovevano attorno a lei, ma non si puntavano mai su Kara.

“Hai salvato tutte quelle persone, rinunciando a sconfiggermi, non sei malvagia.” Affermò allora lei, sentendosi di dover difendere la sua opinione.

Rimasero in silenzio per qualche istante, tutte e tre, poi Alex sembrò spazientirsi.

“Ormai il gioco dei segreti non ha più senso, dicci: perché sei qua?”

Lena abbassò il volto fissandosi le mani, poi guardò l’agente con sguardo fermo.

“Ho tentato di alterare il passato.” Ammise e Kara aprì la bocca in un’oh sorpreso. Questo spiegava tutto. “La velocità da raggiungere è elevata, persino per noi kryptoniani, ho ridotto l’attrito dell’aria raggiungendo una certa quota d’altezza così da incrementare la mia velocità, e poi… ho volato.”

“Ti sei quasi uccisa.” Rimarcò Kara, immaginando l’immenso sforzo necessario. Solo Barry era riuscito in una simile impresa e lui era più veloce di lei, per quanto non lo avrebbe mai ammesso in sua presenza.

“E ho fallito.” La interruppe lei. “Non avevo riflettuto sulla possibilità di creare una frattura, non nello spazio-tempo, ma fra le dimensioni… io…” La donna scosse la testa. “Ho fallito.” Ripeté di nuovo.

Alex lanciò a Kara un’occhiata che le impedì di chiedere altro.

“Posso contare sul fatto che te ne starai buona sotto la lampada solare?” Domandò Alex e quando la donna annuì, spinse Kara fuori dalla stanza dell’infermeria.

“Avevo altre domande!” Sibilò Kara.

“Lo so, ma devi lasciarle del tempo e dello spazio, va bene?”

“Ma…”

“Niente ma.” Le disse secca la sorella. “Immaginati nella sua posizione: ideare una missione disperata, al limite del suicidio e ritrovarti in un altro mondo, rimanere prigioniera per giorni per poi scoprire di aver fallito, deve essere, come minimo, scombussolata. Dalle del tempo per accettare la sua nuova situazione.”

“Va bene…” Accettò Kara, suo malgrado sorpresa dalle parola di Alex. Non aveva pensato a quanto Lena dovesse essere sconvolta, sembrava così controllata, malgrado tutto.

“Ottimo, su vai.” Le diede una piccola spinta verso il centro di controllo.

“Come va qua?” Domandò allora Kara, rassegnata, osservando Winn e vari tecnici con la testa nei computer.

“Male.” Disse Winn, uscendo da sotto una piattaforma. “Malissimo! Non so come sia riuscita a fare una cosa simile… se lo ha fatto apposta allora è una specie di genio e se non lo ha fatto apposta allora non giocare mai d’azzardo contro di lei!”

“Di cosa stai parlando?” Domandò, Kara, perplessa.

“Un solo colpo, un solo velocissimo colpo, nel pieno dell’azione, con i proiettili che le sibilavano accanto e te come ostaggio ed è riuscita a surriscaldare uno dei nodi chiave dei computer del DEO e, a cascata, a surriscaldarli tutti.” Il tono del ragazzo fluttuava tra il disperato e l’ammirato.

“Riuscirai a sistemare il problema, no?” Chiese lei, un po’ persa da quelle spiegazioni.

“Sistemare? Ha fuso tre dei nostri quattro server!” Esclamò. “Abbiamo perso una quantità folle di dati, ci vorranno mesi per riparare al danno fatto.”

“Oh…” Commentò con una piccola smorfia.

“Ma almeno, ora so che c’è un punto debole nel sistema e posso eliminarlo.” Fece notare Winn, stringendosi nelle spalle e poi infilandosi di nuovo sotto alla piattaforma informatica.

Un allarme iniziò a suonare e Winn uscì di nuovo con aria preoccupata, raggiunse uno dei pochi schermi accesi e fece una smorfia.

“No, no, no, non adesso!”

“Cosa succede?” Chiese Kara, cercando di capire la natura dell’emergenza.

“Nulla di preoccupante, di solito, ma con tre server ancora fuori uso…” Il ragazzo digitava rapido sulla tastiera.

“Agente Schott, cosa sta succedendo?” Domandò J’onn, questa volta.

“Il solito attacco alla base spaziale.” Disse in fretta il giovane. Alex incrociò le braccia sistemandosi vicino a Kara.

“Di cosa sta parlando?” Mormorò, Kara, alla sorella.

“Ci sono un paio di alieni che almeno una volta al mese tentano di prendere il controllo della base spaziale internazionale. Sono abili, ma per Winn è una specie di gioco fermarli.”

“Perché la base internazionale?” Chiese lei, stupita e Alex la guardò incredula.

“Perché credi che esista? È la nostra base più avanzata, controlla ogni arrivo e uscita dal nostro pianeta.”

“Davvero?” Chiese Kara senza parole.

“Come credi che facciamo, altrimenti, ad avere il controllo dello spazio attorno al nostro sistema Terra-Luna?” Domandò Alex scuotendo la testa. “Credo di avertene parlato, ma dovevi essere distratta mentre facevamo le lezioni sul DEO e le sue differenti installazioni.” Kara fece una smorfia. Quelle lezioni erano una noia mortale e, doveva ammetterlo, non aveva ascoltato quasi una sola parola di quello che Alex le aveva detto.

“Non ce la faccio, signore!” Ammise Winn, iniziando a sudare, le mani che si muovevano rapide sulla tastiera, gli occhi fissi sullo schermo. “Sono troppo veloci e io non ho la potenza di calcolo dei quattro server combinati.”

“Non sono loro ad essere troppo veloci, siete voi ad essere troppo lenti.” Kara si voltò, così come J’onn e Alex, solo Winn rimase concentrato sul suo lavoro. Lena guardava solo J’onn era chiaro che in pochi minuti aveva individuato chi era al comando.

“Vorrei che ritornasse nel luogo a cui è stata confinata.” Le disse subito il marziano, ma la donna fece invece un passo avanti. Alex portò la mano al fianco, pronta ad estrarre la pistola.

“Posso essere d’aiuto, dopo tutto è quello che faccio costantemente nel mio mondo.” Propose invece lei, senza fare altri movimenti. “Non mi sembra che ve la stiate cavando bene.” Lanciò uno sguardo ai computer e fece una smorfia. “Hanno bypassato i primi due strati di firewall e puntano all’hardware, presto avranno il controllo dei sistemi principali della base.” Kara la guardò ammirata, come aveva fatto a capire al volo la situazione solo guardando le righe di comandi che Winn stava creando? Per lei erano solo lettere e numeri.

“Agente Schott?” Chiese J’onn, ignorandola.

“Ha ragione.” Ammise il giovane. “Non riesco ad essere abbastanza veloce.” Ripeté.

“Posso farlo a una velocità di molto superiore.” Fece notare la donna poi lanciò un’occhiata. “E lei anche, perché non la state lasciando lavorare?” Kara arrossì.

“Ehm… io non me ne intendo molto di computer…”

Lena distolse lo sguardo da lei, come se anche solo riferirsi alla sua persona le fosse costato.

“Signore! Abbiamo perso il controllo delle comunicazioni, presto otterranno l’accesso ai motori e potranno fare qualsiasi cosa.” Avvisò un agente, la voce tesa.

J’onn…” Iniziò Kara, ma l’uomo non la lasciò finire.

“Va bene.” Accettò, secco. Lena non attese oltre, scelse una postazione vuota e iniziò a digitare. Winn e gli agenti tolsero le mani dalle tastiere, ora le righe sullo schermo erano appena visibili.

“Se non ti dispiace.” Affermò la donna lanciandole un’occhiata. “Due mani in più potrebbero essere utili.” Un agente si alzò e lasciò il posto alla supereroina.

“Come ti dicevo io…”

“Dovrai solo digitare quello che ti dico.” Le disse, decisa, Lena. “Ora, scrivi.” Iniziò a dettarle una lunga serie di numeri e lettere la sua voce le arrivava chiara nelle orecchie, ma le era evidente che stava parlando a una velocità che solo lei o suo cugino avrebbero potuto comprendere. Era come quando si muoveva a super-velocità: tutti i suoi sensi acceleravano per aiutarla nel movimenti e il suo cervello di adeguava, permettendole di agire e pensare senza difficoltà. Ora, le sue dita scorrevano sulla tastiera rapidissime, eppure lei aveva l’impressione di digitare normalmente e le sembrava perfino che Lena dettasse con calma.

“Che mi venga un colpo…” Borbottò Winn, gli occhi sgranati.

“Riesci a capire cosa stanno facendo?” Chiese J’onn, malgrado fosse veloce, non lo era quanto le due kryptoniane.

“Io… no.” Ammise Winn.

“Abbiamo di nuovo accesso alle comunicazioni!” Li informò un agente, con un tono stupito.

“Qualsiasi cosa stiano facendo, funziona.” Affermò allora Winn, mentre controllava i dati.

“Fatto.” Affermò, Lena, di nuovo in tono normale. Kara alzò le mani dalla tastiera e vide i loro due schermi completare ciò che loro avevano già digitato, un po’ in ritardo.

“Agente Schott?” Chiese con voce grave J’onn.

“Un attimo…” Il ragazzo lesse le ultime linee di programmazione e poi annuì. “L’attacco è stato completamente bloccato.” Affermò, esterrefatto. Lena guardò il marziano e, per la prima volta, sulle sue labbra apparve un’aria divertita.

“Il sistema di difesa della base non è male, ma ho scritto alcuni algoritmi che potrebbero migliorarlo, la prossima volta non dovrete fare altro che osservare gli intrusi sbattere la testa contro un muro.” Kara che le era vicinissima non poté fare a meno di ammirare quel cambiamento sul suo volto, per la prima volta sembrava soddisfatta, per la prima volta non vi era tensione agli angoli della sua bocca od odio nei suoi occhi.

“È stato grandioso!” Esultò, allora, alzando le braccia al cielo. “Non avevo mai lavorato in questo modo!”

“No?” Chiese sorpresa Lena e, di nuovo, nel suo sguardo non ci fu altro che sincera sorpresa.

“No, potrà anche essere super, ma non può fare tutto, altrimenti noi a cosa serviamo?” Chiese Winn, tra l’offeso e l’esaltato, mentre tornava a guardare le linee di programma. “Questo passaggio è… geniale!” Affermò affascinato. “Così elegante e semplice…” Continuò perso nella sua contemplazione.

“Bene. Devo ringraziarla, ma non creda di aver conquistato la mia fiducia.” J’onn le aveva puntato un dito contro e la fissava, serio.

“Non ci contavo, infatti.” Rispose lei, con tono sempre un po’ divertito. “Il danno era mio, mi è sembrato giusto fare del mio meglio per ripararlo.”

“Ora le sarei grato se tornasse in infermeria e lì rimanesse, miss Dru-Zod” A quelle parole la donna si alzò dalla postazione, il mantello che ondeggiava leggero alle sue spalle.

Dru-Zod è il mio nome kryptoniano, ormai sono abituata a essere chiamata con il nome della mia famiglia adottiva, i Luthor. Potete chiamarmi Lena Luthor.”

 

 

 

 

 

Note: Lena ha dovuto aprire gli occhi e finalmente ha accettato che quello non è il suo mondo, ma una dimensione diversa e questo grazie alla compassione, qualcosa che, evidentemente, la Kara del suo mondo non ha. Questo l’ha portata a rivalutare il suo atteggiamento e si è subito dimostrata utile, di certo, grazie alle sue prodezze al computer, ha già conquistato Winn. Ma soprattutto… ora abbiamo anche il suo nome umano!! Chi lo avrebbe mai detto: Lena è una Luthor? ;-)

Come reagiranno i nostri eroi ad una nuova simile informazione? Lena finirà di nuovo nelle celle del DEO?

 

Di nuovo devo chiedervi indulgenza per le fuffe che mi sono inventata riguardo ai sistemi informati e all’attacco degli hacker… dirò di peggio nel prossimo capitolo, clemenza, ragazze, è solo un po’ di bla bla ai fini di trama, di certo non meno logico o possibile di quello che ci propinano nel telefilm. ;-)

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Capitolo 5
*** Lena Luthor Dru-Zod ***


Lena Luthor Dru-Zod

 

“Lena Luthor Dru-Zod?” Chiese scioccato Winn, parlando a bassa voce.

“Così ha detto…” Confermò Kara lanciando un’occhiata alla donna sdraiata su di un lettino dell’infermeria, le lampade UV che la illuminavano, Alex si muoveva attorno a lei, con la solita calma professionale.

È una specie di mix letale: incarna i due peggiori nemici che Superman abbia mai avuto sulla Terra. Forte!” Nel vedere il suo sguardo accigliato si corresse. “Terribile…” Kara sospirò.

“Il fatto è che proviene da un’altra realtà, una realtà di cui non sappiamo nulla… qua non esiste una figlia di Zod, non che io sappia almeno, e il generale era un amico di famiglia prima che le cose si guastassero, quindi lo saprei.”

“Credi sia stata creata in una provetta e geneticamente programmata per essere perfetta?” Domandò lui, gli occhi che brillavano. Kara non rispose, ma vide Alex raggiungere la porta e far loro un gesto deciso perché la raggiungessero.

“Lo sapete che sente tutto quello che dite, vero?” Kara arrossì un poco, era facile dimenticarsi che anche la donna aveva i suoi stessi poteri.

“Può dire all’agente Schott che mi dispiace deluderlo, ma sono stata concepita nel metodo tradizionale a Krypton e non ho nessuna miglioria genetica.” La voce calma e leggermente divertita di Lena raggiunse le due sorelle e il ragazzo. Lei arrossì ancora un poco, Winn, invece, diventava rosso come un pomodoro e se ne andava via, quasi correndo.

Mentre la donna eseguiva tutta una serie di test, Kara si era cambiata e ora indossava gli abiti da Danvers, così le fu naturale portare la mano al viso e sistemarsi gli occhiali con imbarazzo.

Alex sorrise, divertita, e poi le indicò di entrare.

“Miss Luthor mi ha detto che è pronta a raccontarci la sua storia.” Affermò e Kara ammirò il modo naturale con cui disse qual nome tanto odiato.

Nel vederla Lena sbatté gli occhi, come se fosse sorpresa dal suo aspetto e Kara si passò le mani sui fianchi, sistemandosi il cardigan azzurro che indossava aperto sulla camicia bianca.

“Ehm…” Disse, arrossendo di nuovo. “Questa sono io quando non sono… Supergirl.” Fece un piccolo sorriso, mentre la donna la guardava in un modo penetrante che la mise un po’ in agitazione, anche se era un miglioramento rispetto a quando vi era solo odio nei suoi occhi.

“Capisco.” Disse. “I nostri mondi sono molto diversi.” Affermò poi, come se fosse una spiegazione.

“Ecco, vorremmo sapere qualcosa di più riguardo a questo.” Intervenne Alex.

Lena annuì.

“Mi sembra giusto.” Sembrò prendersi qualche istante per racimolare le idee o forse semplicemente per trovare un punto d’inizio, poi annuì e si mise a raccontare. “Il mio pianeta, Krypton, stava morendo. Mio padre, Dru-Zod, era uno scienziato e aveva ricevuto l’ordine dai generali El di trovare un pianeta adatto alla vita per i loro figli.” Prese un profondo respiro e continuò. “Lo fece, ma il pianeta prescelto aveva una particolarità, il suo sole giallo avrebbe dato ai kryptoniani poteri inimmaginabili. Lo disse ai generali che ne furono felici, i loro figli sarebbero stati degli dei nella loro nuova casa. Quella comprensione preoccupò mio padre: conosceva l’indole degli El, la maggiore, Kara…” Il suo sguardo si appuntò su di lei. “Era crudele e spietata, anche a quella tenera età, cosa avrebbe fatto se avesse posseduto poteri tanto grandi? Così, di nascosto, creò una terza navicella e vi mise me. Spedendomi lontana da lui e lontana dal pericolo fin sulla Terra. All’interno posò un cristallo contenente tutte le informazioni che mi sarebbero servite e il mio dovere: proteggere la Terra, a ogni costo, mantenendola libera dalla supremazia degli El.” Abbassò gli occhi rimanendo in silenzio, Kara pensò che avesse finito, ma non era così. “Fui trovata dai Luthor, Lillian e Lionel che avevano già un figlio, Lex. Mi accolsero adottandomi e rendendomi una di loro. Con il loro amore e il loro affetto mi diedero un’infanzia felice, ma, come me, cresceva anche Kal El. Sulle prime pensai che mio padre si fosse sbagliato, che gli El si erano mescolati tra gli umani senza creare problemi, poi sorse Superman, il suo mantello rosso e il suo costume blu divennero simbolo di terrore e io inizia a combatterlo. Era una lotta dura, ma riuscivo a mantenere l’equilibrio e a proteggere gli umani. Avevo perso il mio padre adottivo per una malattia, ma accanto a me c’era LexKal El se lo prese uccidendolo davanti ai miei occhi.” Di nuovo rimase in silenzio. Kara vide i pugni della donna sbiancare, mentre lei li stringeva. “Poi è arrivata lei.” I suoi occhi si fissarono su di lei penetranti e Kara sentì un brivido attraversarla. “Lei era più forte, più veloce e più scaltra di Superman. Mi ha ingannato e battuto e…” Abbassò lo sguardo. “Ha ucciso mia madre. L’unica che era ancora al mio fianco.” Il silenzio divenne assordante dopo quella frase e Kara dovette riempirlo.

“Così hai deciso di salvarla.” La donna annuì.

“Il viaggio nel tempo è pura teoria… ma se avessi volato abbastanza in fretta allora avrei aperto una breccia nello spazio tempo e mi sarei trovata nel passato. Sapete già che ho scelto di volare a ventimila metri d’altezza dove l’aria è rarefatta e avrei potuto evitarne l’attrito, consideravo poi che, se fossi svenuta per lo sforzo, ventimila metri di caduta mi sarebbero bastati per rinvenire in tempo. Ho sbagliato due volte: non ho infranto il continuum spazio-temporale e, se non ci fossi stata tu, sarei morta.” L’ammissione sembrò costarle. Raccontare la sua storia aveva riportato sul suo volto uno sguardo cupo che ora alzò fissandolo su di lei. Per un istante vi fu dell’odio in quegli occhi che potevano essere così espressivi o così indecifrabili, ma poi passò. “Devo tornare a casa.” Disse e il suo tono conteneva una supplica alla quale Kara non poté e non volle resistere.

“Farò tutto il necessario per aiutarti.” Assicurò. “Tornerai a casa.”

“Non sarà così facile.” Ritorse la donna, poi fece una smorfia. “Distruggere il vostro sistema informatico per impedirvi di tracciare la mia posizione sembrava la scelta migliore in quel momento, ma ora…” Si fermò e Alex corrugò la fronte.

“Non hai solo fermato l’attacco alla base spaziale, non è vero?”

Sul viso della donna si disegnò una sorrisetto divertito e riapparve la donna sicura di sé che aveva fermato l’attacco informatico.

“Potrei aver, accidentalmente, verificato la presenza di dati registrati al mio arrivo.”

“Come si può accidentalmente verificare qualcosa?” Domandò Alex, alzando un sopracciglio.

“Un ossimoro con cui dovrai scendere a patti, a meno che tu non voglia riportarmi in cella.” Le due donne si guardarono per un istante, poi Alex fece roteare gli occhi e Lena sorrise di nuovo un po’.

Kara non era abituata ad essere esclusa dalla conversazione, ma Lena difficilmente si rivolgeva a lei preferendo parlare con sua sorella e così rimase in silenzio, ascoltando.

“E la tua accidentale verifica ti ha portato a cosa?” Domandò infine Alex.

“Ci vorranno mesi per recuperare i dati andati persi.”

“Se sono persi, com’è possibile riaverli?” Intervenne per la prima volta Kara.

“Persi è un termine errato, durante il surriscaldamento a catena dei server, il sistema è programmato per spezzare ogni informazione in piccoli pacchetti di byte di dati e inviarlo in qualsiasi hardware capace di stoccarlo. Una specie di esplosione di dati in uscita.”

“Vuoi dire che ci sono informazioni segrete sparse per…”

“Per tutto il mondo.” Confermò la donna. “Ma i pacchetti dati sono insignificanti da soli.” Assicurò.

“Oh…” Kara era stupefatta, quella donna conosceva i loro sistemi meglio di lei che lavorava al DEO da due anni, ormai.

“Come conosci queste cose?” Domandò Alex. “Non puoi aver scoperto tutto questo, mentre fermavi l’attacco degli hacker alieni.”

“L’ho dedotto dalle parole dell’agente Schott, dal modo in cui stavano lavorando i tecnici alle piattaforme e, più semplicemente, perché è così che sono strutturati la maggior parte dei sistemi come il vostro.” Spiegò ancora Lena. Era decisamente a suo agio con l’informatica.

Rimasero in silenzio, fino a quando la donna non sospirò e alzò il viso su Kara, anche se sfuggiva il suo sguardo.

“Ora, mi piacerebbe sentire la tua di storia.”

Kara prese una sedia e si sedette, poi incominciò a raccontare di come era entrata in una navicella per proteggere e crescere suo cugino e di come, anni di permanenza nella Zona Fantasma, avessero cambiato il suo destino.

Rivangare il passato aveva sempre un brutto effetto sul suo umore, la rendeva triste e malinconica, Alex che lo sapeva molto bene, guardava la sorella preoccupata, ma Kara non tralasciò nulla, né la minaccia del generale Zod, che voleva assoggettare la Terra, né quella rappresentata dai Luthor, pazzi assassini, pronti a tutto pur di uccidere lei e suo cugino assieme a tutti gli alieni presenti sul pianeta. Lena non le interruppe né obiettò ascoltando con attenzione ogni parola che lei disse. Alla fine annuì piano.

“Quindi, anche su questa Terra dovremmo essere nemici.”

“Difendiamo gli stessi principi, lottiamo per le stesse cose. Non accetto l’idea che siano solo i nostri cognomi a definirci.” Affermò allora con passione Kara. “Potremmo essere alleate, potremmo lavorare assieme. Fino a quando non potrai tornare a casa.”

“Come ho già detto al marziano, sarò felice di esservi d’aiuto e di lavorare con la vostra organizzazione.” Affermò lei, guardando Alex, poi i suoi occhi si fissarono su Kara. “Lavorerò con loro, ma non con te.”

“Perché?” Chiese lei, sorpresa da quella decisa e ferma presa di posizione.

La donna fece un sorriso amaro.

“Perché quando ti guardo vedo lei.”

 

***

 

Kara era seduta al bancone del bar e sorseggiava pensierosa la sua gasosa.

“Tutto bene, dolcezza?” Domandò Mon-El con aria accattivante, sedendosi accanto a lei con un sorriso. “Ti ho vista qua tutta sola e mi sono chiesto se ti andava un po’ di compagnia…” Le fece l’occhiolino e Kara sorrise un poco.

“Si tratta di Lena…” Disse e il sorriso sparì dalle labbra del daxamite.

“Ancora lei?” Domandò, frustrato. “Quando sono arrivato io ho dovuto quasi morire per avere la tua attenzione! Lei non ha fatto nulla se non picchiarti e tu non fai altro che pensare a lei.” L’accusò e Kara sgranò gli occhi, sentendo la rabbia salire.

“Ti ricordo che anche tu mi hai aggredito quando ti sei svegliato e, visto che ci tieni a mettere i puntini sulle i, lei lo ha fatto perché pensava fossi la stessa donna che ha ucciso sua madre davanti ai suoi occhi! Tu, solo perché ti sei svegliato spaventato!” Mon-El aprì la bocca e la richiuse i pugni stretti. “Non voglio litigare con te.” Disse alla fine Kara.

“Forse è meglio se torno al lavoro.” Rispose lui con un sospiro e, quando lei annuì, tornò dietro al bancone.

Era sul punto di andarsene quando sentì sua sorella ridere, si voltò sorpresa e la osservò mentre parlava con la detective dell’unità-alieni. Kara non poté fare a meno di vedere come i suoi occhi brillavano e sentire come il suo cuore accelerava quando Maggie si avvicinava a lei oppure sorrideva guardandola. Era così evidente che ne era innamorata. Per la prima volta nella serata Kara sorrise e al contempo provò un po’ di paura per la sorella. Se Maggie l’avesse respinta di certo… si bloccò, gli occhi spalancati. Alex si era piegata in avanti e aveva lasciato sulle labbra di Maggie un leggero bacio e ora la guardava interrogativa. I loro cuori battevano veloci quasi all’unisono.

Un istante in cui i loro occhi si intrecciarono poi Alex chiuse di nuovo le distanze tra loro due, baciando Maggie con molta più decisione.

“Qualcuno ha trovato il coraggio di fare la prima mossa.” Commentò J’onn, sedendosi accanto a lei, un sorriso sulle labbra. “Erano settimane che la ragazza dominava i suoi pensieri, persino io iniziavo a trovare le fossette adorabili.” Le fece un altro sorriso, nel chiaro intento di farle capire che scherzava. Kara sorrise a sua volta, era felice per Alex perché sua sorella meritava tutta la gioia del mondo.

Mon-El posò una birra davanti al marziano, poi una seconda gasosa davanti a lei, con un limone a forma di cuore. Quando lei alzò lo sguardo su di lui il daxamite le sorrise e lei lo imitò.

“Ehi!” Disse Alex arrivando da loro, gli occhi che brillavano come non mai.

“Qualcuno ha appena fatto qualcosa di estremamente folle e coraggioso?” Le domandò in maniera retorica Kara e la ragazza iniziò ad arrossire e a ridacchiare come un’adolescente.

“Sì.” Le rispose. “Lena aveva ragione.” Aggiunse lasciando Kara a fissarla sorpresa. “Oh, oggi mi ha detto che nel suo mondo io sono una stronza assassina, ma Maggie è altrettanto stronza e assassina e ci amiamo. Mi ha dato il coraggio di osare.” Si strinse nelle spalle, afferrò la giacca che aveva lasciato sullo sgabello accanto a lei e poi se ne andò raggiungendo Maggie che la aspettava alla porta del bar, un sorriso, con le immancabili fossette sul volto, non appena i loro occhi si incontrarono di nuovo.

J’onn le lanciò un’occhiata, ma lei non disse nulla. Lena Luthor era con loro da alcuni giorni e sembrava aver trovato in fretta un posto e un equilibrio all’interno della base. Andava d’accordo con tutti, persino con quelli, come Alex, che conosceva come nemici, nel suo mondo. Con tutti tranne che con lei, con lei non parlava, non la guardava neppure a dire la verità. Era frustrante!

“Dalle del tempo.” Mormorò J’onn accanto a lei e Kara sbuffò, forse il marziano non poteva leggerle nella mente, ma di certo la conosceva abbastanza bene da saper interpretare i suoi stati d’animo.

 

“Cosa significa: non ce la facciamo?” Domandò la donna, mentre osservava la città illuminata dalle luci notturne. I due scienziati alle sue spalle si lanciarono un’occhiata terrorizzata.

“Era… era lei ad essere… noi non riusciamo a capire come…” La voce dell’uomo che parlava soffocò in un rantolo, mentre la donna lo sollevava da terra stringendogli il collo con rabbia.

“Non. Voglio. Sentire. Scuse!” Scandì, stringendo sempre un po’ di più, osservando il viso dell’uomo passare dal rosso al bianco fino al cinereo. Un ghignò apparve sul suo volto, conscia che presto l’uomo sarebbe diventato blu per la mancanza di ossigeno, le gambe che ora si agitavano inutilmente, avrebbero scalciato più forte e poi si sarebbero fermate per sempre.

“Ci riusciremo, troveremo un modo.” Intervenne, quasi balbettando, il secondo scienziato. Con una smorfia lei lasciò l’uomo che stringeva e lo gettò a terra, con disprezzo.

“Fatelo e in fretta.” Sibilò, poi sparì lasciando i due scienziati da soli.

 

 

 

Note: Finalmente abbiamo un’idea precisa di cos’è successo nel mondo di Lena e di cosa l’abbia spinta al folle tentativo di spezzare il continuum spazio-temporale. Piccolo saltello in avanti e scopriamo che Lena ha trovato un suo posto al DEO, ma continua a tenere Kara lontana. Come biasimarla?

Alex intanto, grazie a Lena, si è lanciata e le cose con Maggie sono andate bene.

E poi… un piccolo paragrafo finale ci presenta qualcuno… chi sarà mai? Cosa vuole dai due scienziati? Di certo non sembra una donna accomodante…

 

Allora: chiedo ufficialmente scusa a tutti coloro che se ne intendono di informatica e che saranno morti nel leggere il mio escamotage per bloccare Lena in questa dimensione. Già sapevo che non aveva senso nella realtà, ma mi è stato confermato da DarkJessy94. (Jessica, grazie per aver tentato di migliorare la cosa o quanto meno di farmela capire… anche se è stato inutile. Ops…)

Questa dovrebbe essere l’ultima volta in cui vi chiedo comprensione… speriamo! ;-)

Godetevi la storia.

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Capitolo 6
*** Piccoli passi ***


Piccoli passi

 

Kara entrò al DEO e i suoi occhi si soffermarono, come sempre, su Lena che, sistemata in un angolo della stanza, stava lavorando con Winn. I due parlottavano tra di loro, discutendo di qualche elemento tecnico di cui lei non capiva nulla. E come ogni giorno, negli ultimi sette giorni, ne ammirò da lontano l’eleganza e la bellezza. Non indossava più l’aderente tuta di chiara fattura kryptoniana, ma abiti severi e raffinati, tailleur, gonne strette e lunghe, camicie e giacche, non l’aveva più vista neppure con i capelli sciolti, ora per la maggior parte delle volte portava semplici o elaborati chignon e alte code di cavallo.

La sua identità terrestre non era qualcosa di banale come reporter, ma niente di meno che CEO della Luthor Corporation e aveva due lauree conseguite, contemporaneamente al MIT. Winn era rimasto conquistato dopo due minuti di scambi e J’onn aveva presto ceduto dandole un posto come tecnico all’interno del DEO. La donna era cordiale e simpatica, a volte Kara poteva sentirla ridere assieme a Winn, cordiale e simpatica con tutti, tranne che con lei. Non che fosse ostile, ma quando la vedeva si irrigidiva e diventava improvvisamente molto silenziosa, tanto che Kara aveva smesso di cercare di avvicinarla.

“Ciao, sorellina.” La salutò Alex, un caffè fumante tra le mani e l’aria pronta per la giornata.

“Ciao…” Disse lei, mogia e la donna corrugò la fronte.

“Dimmi, va tutto bene con Mon-El?” Domandò incrociando le braccia, ma evitando di usare uno dei nomignoli con cui di solito apostrofava il daxamite.

“Ecco… non lo vedo da un po’, sono stata molto impegnata e lui lavora al bar… ma sì, tutto bene…” Di nuovo l’espressione di Alex si fece corrucciata. Kara continuava a non accorgersene, gli occhi fissi su Lena.

“Perché vuoi a tutti i costi che sia tua amica?” Le chiese allora la sorella, cambiando completamente soggetto.

“Non voglio che sia mia amica! È solo che… non lo so, abbiamo così tanto in comune, potremmo parlare di Krypton e potremmo parlare dei nostri poteri, potremmo lavorare assieme, sarebbe bello avere qualcuno con cui fare squadra.”

Mon-El non ti basta? Per quanto non mi piaccia condividete molte cose, tra cui lo stesso sistema solare e poteri similari.” Se Kara non fosse stata così distratta sarebbe rimasta stupita di sentire simili parole da parte di Alex.

“Lui non lavora bene in squadra, riesce sempre a fare qualche pasticcio è impulsivo e non ascolta mai.” Disse allora Kara, frustrata e un piccolo sorriso soddisfatto subito nascosto, brillò sulle labbra di Alex.

“Cosa ti fa pensare che con Lena sarebbe diverso?” Chiese, però, senza infierire sul giovane.

“Perché… non lo so…” Ammise infine Kara.

“Dalle del tempo, lascia che impari a conoscerti, ha perso tutto ciò che amava a causa di qualcuno che ha il tuo stesso volto… è comprensibile che abbia difficoltà a lavorare al tuo fianco, no?” Kara fece una smorfia, alle parole di Alex era stufa di sentirsi dire che doveva darle dello spazio e del tempo.

Era brava con le persone, ma non riusciva a capire Lena. A volte la guardava con occhi strani, come se ricercasse qualcosa in lei e l’istante dopo era l’odio a vincere nel suo sguardo chiaro dalle sfumature verdi.

Un allarme risuonò nella stanza, Winn arrivò correndo e lesse i dati che il computer gli comunicava.

“Una rapina, sulla settima.” Annunciò spegnendo l’allarme. “Nulla di preoccupante.” Aggiunse. Kara lanciò uno sguardo verso Lena che non la guardava e poi si lanciò verso l’esterno andando ad occuparsi dei rapinatori.

 

Kara consegnò l’articolo a Snapper e poi lasciò la CatCo, salutando James che era ancora impegnato alla sua scrivania. Scese in strada e spiccò il volo, atterrando poco dopo al DEO. Avrebbe potuto andare a casa, non c’erano emergenze e Alex non era al lavoro, eppure vi si recò lo stesso.

“Signora.” La salutò un agente, nel vederla. “Tutto è sotto controllo.” Ci tenne a dirle, anche lui perplesso per la sua presenza.

“Bene.” Disse solo lei, guardandosi attorno. Sapeva chi cercava, che volesse ammetterlo o no.

Lei non era nella stanza principale dell’edificio, e quando chiese al tecnico al comando della squadra notturna che lavorava per ripristinare i server, l’uomo le disse che era nei suoi alloggi.

Kara esitò, era chiaro che Lena non voleva parlarle o vederla, lo aveva reso evidente durante tutta la settimana, di certo non poteva andare a bussare alla sua porta senza una buona ragione. Il suo udito si concentrò e lei sentì il battito regolare e calmo della donna. Arrossì rendendosi conto di quanto fosse sconveniente quello che aveva fatto, però poi udì la voce di Lillian Luthor e sobbalzò. I suoi occhi si sgranarono quando sentì che Lena piangeva. Senza riflettere raggiunse la porta e bussò. Il pianto si interruppe di netto e quando la porta si aprì il volto di Lena era composto e perfetto come sempre.

“Ehm…” Kara si rese conto che non aveva la più pallida idea di cosa dire. “Ti andrebbe di… fare un giro?” Disse, rendendosi subito conto di quanto fosse stupida la sua domanda.

“Un giro?” Domandò lei e alzò un sopracciglio. “Il vostro direttore mi ha chiesto di rimanere alla base. Ovviamente siamo tutti consapevoli che potrei andarmene quando voglio, ma mi sembra… intelligente, comportarmi in maniera educata con coloro che mi ospitano e che posseggono un modo per rimandarmi a casa.”

“Certo.” Kara si diede dell’idiota. Fece un passo indietro, chiedendosi perché fosse lì e perché fosse sempre così impulsiva, poi ricordò una cosa. “Ehm… volevo ringraziarti.”

“Per cosa?” Domandò allora Lena.

“Per quello che hai detto ad Alex.” Spiegò.

“Sì, mi ha informato che lei e la detective hanno mosso passi importanti nella loro relazione.” Kara sbuffò.

“Ovviamente!” Disse voltandosi e allontanandosi.

“Cosa significa questo?” La richiamò però la donna e Kara, che sentiva la collera salire si voltò a fissarla.

“Ovviamente avete parlato, ovviamente lei ti ha confidato i segreti del suo cuore! Winn ormai non parla d’altro di quanto tu sia geniale, J’onn ti ha concesso il suo rispetto e James è entusiasta perché gli hai migliorato l’armatura solo con me non parli!”

“Non è vero, evito con tutte le mie forze anche il daxamite.” Il viso di Lena era serio.

“Non dovevo venire.” Disse Kara voltandosi di nuovo.

“Non so perché sei venuta, infatti.” Ritorse lei, come se non potesse lasciarla semplicemente andare via. Kara si voltò di nuovo.

“Perché piangevi e non sopportavo l’idea che fosse per colpa di Lillian Luthor!” Sbottò Kara e la donna accusò il colpo, facendo un passo indietro.

“Nessuno ti ha detto che origliare è estremamente sgarbato?” Le domandò.

“È sgarbato anche odiare una persona che non ti ha fatto niente e vuole solo la tua amicizia.” Precisò Kara, il dito puntato contro Lena, pronta alla sua replica tagliente, ma la donna abbassò il viso, distogliendo lo sguardo da lei.

“Non ti odio.” Mormorò, così piano che Kara lo udì solo grazie al suo super-udito.

“Sì che mi odi, lo leggo nei tuo occhi.” Lena scosse la testa.

“Sarebbe più facile se ti odiassi, ma… non è così. Tutti qua ti vogliono bene ed è impossibile non vedere lo sguardo d’affetto e d’orgoglio che tutti hanno per te. Quando parli con Alex io rivedo il mio rapporto con Lex, il modo in cui ci prendevamo in giro e il modo in cui lui era sempre pronto a proteggermi, malgrado fossi io quella con la pelle d’acciaio e… J’onn, sembra severo e intransigente, ma quando si parla di te assume quello sguardo paterno che io vedevo negli occhi di mio padre. I tuoi amici… sono quelli, invece che non ho mai potuto avere, ma che ho sempre desiderato.” Lena scosse ancora la testa, Kara la guardava, la bocca spalancata, ma la donna non aveva ancora finito. “Guardo il viso della donna che ho chiamato madre che si difende alla sbarra e vedo una donna intelligente, sì, ma fredda e arrogante. Ha il volto di mia madre, la sua eleganza, ma è così profondamente diversa, Lillian era dolce, gentile e quando sorrideva era con il cuore e non con il cinico sarcasmo che vedo sul volto di questa estranea.”

“Non posso immaginare quanto sia difficile…” Tentò Kara, ma Lena alzò la mano, interrompendola.

“E poi vedo te. Tu che sei attorniata da tutto questo amore e che lo meriti. Ho visto il modo in cui mi hai salvato, ho letto delle tue missioni, dei tuoi sacrifici per questo mondo… sei così diversa dalla mia Kara eppure…” Per un istante Kara sobbalzò nel sentire quel possessivo vicino al suo nome, era qualcosa di più di un semplice indicare la differenza tra lei e l’altra Kara. “Eppure incarni tutto quello che lei avrebbe potuto essere e questo… questo è troppo difficile da sopportare.”

“Perché?” Domandò piano Kara. Lena esitò, fu solo un istante, i suoi occhi si soffermarono su Kara e poi scivolarono via.

“Perché un giorno dovrò ucciderla e non posso permettermi di esitare.” Disse.

Kara rimase in silenzio questa volta, soffermandosi per la prima volta su quel pensiero.

“Volevi andare indietro nel tempo per salvare tua madre o uccidere lei?” Chiese e la ragazza non distolse lo sguardo da lei.

“Perché fermarmi a salvare mia madre quando potevo evitare tutte le morti causate da lei, direttamente o indirettamente? So dov’è atterrata e quando, un’informazione che non è stato facile ottenere.”

“L’avresti uccisa quando era una bambina?” Kara la fissava scioccata.

“Sì.” Rispose la donna, la mascella stretta in una morsa, lo sguardo duro e freddo.

“Sono contenta che tu non sia riuscita nel tuo intento.” Affermò allora lei.

“Perché?”

“Perché sei una persona buona e un gesto simile non ti avrebbe resa diversa dalla donna che odi tanto.”

“Non sai chi sono io, non mi conosci, non sai cosa ho fatto durante tutti questi anni, per sopravvivere, per permettere alla Terra di vivere libera dal dominio degli El.”

“Di certo non hai fatto nulla per farti conoscere.” Sbottò Kara. “Ma quando hai dovuto scegliere tra la tua vendetta e salvare degli innocenti hai salvato loro. Per me questo conta.”

Lena scosse la testa, aveva incrociato le braccia ora e le stringeva contro il corpo, come se dovesse proteggersi da quelle parole.

“Non sai tutto…” Mormorò la donna.

“Dammene la possibilità allora. Parlami. Hai detto che hai sempre desiderato avere degli amici io non chiedo di meglio che essere tra di essi.” Kara sorrise, cercando di catturare lo sguardo di Lena. “Insieme possiamo trovare un modo per riportarti a casa e liberare il tuo mondo dalle copie malefiche di me e Kal, senza doverle uccidere.”

Gli occhi di Lena brillavano ora, lucidi.

“Kara…” Mormorò e poi sbatté le palpebre, come se dire il suo nome fosse stato già troppo. “Credo di doverci pensare…”

“Sì, certo, tutti mi hanno detto di lasciarti del tempo…” Arrossì nel rendersi conto di aver appena ammesso di aver chiesto a tutti di lei. “Ehm… insomma, non sono brava con la pazienza, ma posso… posso aspettare e darti tutto il tempo che vuoi per… decidere…” Un piccolo sorriso si aprì sulle labbra della donna, un sorriso divertito, uno di quelli che di solito riservava agli altri e non a lei, uno di quelli che da giorni desiderava vedersi offrire. Arrossì e sorrise di gioia. “Tutto il tempo che ti serve!” Fece qualche passo indietro continuando a guardarla. Andò a sbattere contro la porta e piegò l’acciaio con cui era fatta. Arrossì di nuovo, questa volta per un motivo diverso. “Ops.” Disse, poi si voltò e andò via, cercando di evitare di fare altre pessime figure.

Mon-El la stava aspettando, seduto sul divano leggeva, mentre in cucina vi era un invitante profumino.

“Kara!” Disse nel vederla. “Anzi: principessa, prego.” Le indicò il tavolo apparecchiato per due, una candela e un fiore a decorare il centro.

“Tutto questo per me?” Domandò e il giovane sorrise.

“Siamo stati un po’ lontani ultimamente, volevo solo che sapessi che voglio e posso occuparmi di te.” Disse fiero il ragazzo, ripetendo parole che si era evidentemente preparato.

“Lena mi ha parlato!” Esultò lei e il ragazzo fece una smorfia.

“Potremmo non parlare di lei, per una volta?”

“Sì, certo, scusa.” Disse lei, ancora visibilmente sovraeccitata e non per la sorpresa di Mon-El.

“Bene.” Il giovane ritrovò il sorriso e le spostò la sedia. “Questa sera sarò un vero gentiluomo.” Precisò e Kara gli sorrise, sedendosi.

“Il profumino è ottimo.” Assicurò.

“Aspetta che ti faccia assaggiare!” Le disse fiero il giovane daxamite e lei annuì, la mente che ripensava a quello che lei e Lena si erano dette. L’indomani avrebbe portato al DEO delle ciambelle, chissà se lei ne avrebbe presa una…

 

Il mattino dopo Lena prese una ciambella ricoperta di glassa al cioccolato.

Gao’se.” Disse e Kara quasi si strozzò con la ciambella che aveva infilato quasi per metà in bocca. Lena le aveva parlato in kryptoniano. La parola Gao’se poteva assumere molti significati, dal semplice grazie al più complesso ti ringrazio per il tempo che hai dedicato a me o ancora ti sono grato per aver pensato a me. Ma Lena aveva usato la giusta intonazione rendendolo un grazie semplice e distratto, ma non per questo meno perfetto. Sentire la sua lingua priva dell’accento terrestre che macchiava quella usata da Kal o da Winn le fece salire le lacrime agli occhi. Lena era voltata e non vide la sua reazione, troppo presa a sbocconcellare la sua ciambella, mentre rifletteva su un algoritmo propostole da Winn. Alex le posò gentilmente una mano sulla spalla e le sorrise, mentre lei cercava di venire a capo delle sue emozioni, per la prima volta comprese anche un’altra cosa, il particolare e indefinito accento che, senza che lei se ne accorgesse, l’aveva colpita nel modo di parlare di Lena, proveniva da Krypton.

“Lena…” Domandò e la donna si voltò sorpresa, Kara si schiarì la gola allontanando le lacrime. “Quanti anni avevi quando sei stata messa nella navicella?” La giovane sbatté le palpebre, sorpresa dalla domanda o forse di vedere i suoi occhi lucidi.

“Dieci anni.” Disse e Kara sentì una morsa allo stomaco, non era sicura se fosse piacevole o spiacevole quella sensazione.

“Significa che… Kal aveva solo pochi mesi quando è stato messo nella navicella, lui conosce Krypton solo grazie alla Fortezza, ma…” Gli occhi della donna brillarono.

“Tu ne avevi quattro…” Disse, come se fosse una verità di cui improvvisamente dubitava.

“No.” Dichiarò allora lei, il cuore che batteva veloce. “Io ne avevo undici.”

“Vuoi dire che ti ricordi nel nostro pianeta natale?” Lena aveva abbandonato quell’espressione guardinga e fece un passo verso di lei.

“Oh, sì!” Affermò Kara, aveva paura di sentirsi respingere ancora e al contempo non poteva fare a meno di sperare. “E tu anche?” Chiese, perché aveva bisogno di sentire la donna dirlo.

“Sì.” Confermò Lena.

Le due kryptoniane si guardarono, improvvisamente le loro menti erano pieni di ricordi da condividere, di cose da domandare, di raffronti da fare, eppure rimasero in silenzio, come se temessero di venire deluse, come se, ora che era possibile condividere i ricordi, come avevano tanto spesso desiderato, ne avessero paura.

“Sarebbe bello…” Iniziò Kara.

“Discuterne.” Concluse Lena. Sulle loro labbra apparve un sorriso. “Ma potrebbero essere due mondi diversi.” Le ricordò la Luthor abbassando il capo, forse cercando di proteggersi dagli stessi sentimenti che ora riempivano il cuore di Kara: speranza, desiderio, gioia.

“Sì.” Concordò Kara e sorrise, perché era tutta la vita che desiderava qualcosa di simile e Lena aveva deciso, forse, che il suo riservo verso di lei poteva essere messo da parte quando in gioco vi era qualcosa di così importante per entrambe.

 

 

 

Note: E un piccolo passo è stato fatto! Kara non è una donna paziente, lo sappiamo, questa volta, però, la sua impulsività sembra aver portato dei frutti.

Lena abbandonerà la sua fredda decisione di starle lontano? Finalmente sembra che ciò sia possibile.

 

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, sembra che le cose possano solo migliorare… sarà così?

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Capitolo 7
*** Un punto d’incontro ***


Un punto d’incontro

 

Kara sorrise per tutta la giornata persino mentre Snapper le diceva che il suo articolo era illeggibile, le sue fonti inaffidabili e le sue ricerche insufficienti.

Quando, quella sera, tornò al DEO era percorsa da un profondo senso di aspettativa, ma era anche tesa. Si guardò attorno e individuò subito Winn intento a lavorare.

“Ehi Winn!” Salutò facendo un cenno agli altri agenti. Lui agitò la mano, ma non alzò lo sguardo dal computer. Kara si accigliò. “Cosa stai facendo?” Chiese avvicinandosi.

“Oh, sei un genio!” Affermò allora il ragazzo.

“Come…?” A quel punto Lena atterrò con eleganza sul pavimento. Indossava uno dei completi eleganti con i quali ormai sembrava sempre abbigliata. La donna alzò le mani sistemandosi i capelli che erano sfuggiti dallo chignon il suo sguardo si illuminò nel vederla e poi si accigliò, ma il cambiamento era stato così rapido che Kara non era sicura di averlo visto.

“Kara.” Disse, poi tese a Winn un tablet. “I dati arrivano più in fretta?” Domandò Lena al ragazzo che annuì.

“Il tuo software funziona perfettamente, sei geniale.” Gli occhi di Winn brillavano felici.

“Io non avrei mai pensato di installarlo direttamente nei satelliti, quindi il genio sei tu.” Assicurò lei con un sorriso sulle labbra. Kara osservò la scena con una punta di fastidio, non era gelosa di Winn e, di certo, non era gelosa di Lena! Ma… le dava fastidio che tutti si dessero così tanto da fare per rimandarla a casa. Kara si vergognò per quel pensiero, dopo tutto lei aveva promesso di aiutarla e non stava facendo nulla al riguardo.

“Posso aiutarvi in qualche modo?” Chiese ed entrambi si voltarono a guardarla, quasi sorpresi che lei fosse ancora lì.

“Grazie… ma, poco fa è passato Mon-El, ti cercava, credo.” Le disse Winn, mentre il suo sguardo tornava ai dati sul computer. “Non credo sia possibile incrementare ancora la ricerca di dati, ma potremmo migliorarne la selezione e puntare alle stringhe che…”

Kara abbassò il capo allontanandosi.

Volò a casa e trovò il daxamite, non gli disse nulla, sapeva che non avrebbe apprezzato, così rimase in silenzio, finse di divertirsi alle sue battute e cercò di non distrarsi troppo mentre lui gli parlava della sua giornata.

Passò un’intera settimana. Kara arrivava al DEO piena di speranze e trovava Lena profondamente impegnata in qualcosa, qualsiasi cosa. Una volta lavorava con Winn, l’altra era impegnata a studiare la pistola aliena di Alex, con Alex che la fissava apprensiva, il giorno dopo era nella piccola palestra della base e Kara non si sentì di disturbarla, e quello dopo ancora aiutava nel laboratorio di chimica.

 

“Quella donna è un genio!” Winn si sporse sul tavolo prendendo la birra posata da Mon-El. “Grazie.” Disse per poi continuare entusiasta. “È riuscita a migliorare quasi ogni pezzo dell’attrezzatura del DEO!”

“Di chi stiamo parlando?” Chiese Maggie sedendosi accanto ad Alex.

“La nuova cotta di Winn.” Le rispose la donna e il ragazzo fece una faccia imbarazzata.

“Non è la mia nuova cotta! È solo che lavorare con lei è un sogno, appena si presenta un problema lei lo risolve, basta che dico due parole e… voilà.” Fece un sorriso, mentre Kara sbuffava.

“Credevo che fosse la nuova cotta di Kara…” Affermò la donna confusa, avevano già parlato di Lena l’ultima volta che erano stati tutti al bar e sembrava che Maggie fosse giunta a conclusioni profondamente sbagliate. La kryptoniana arrossì violentemente e Mon-El lanciò un’occhiata perplessa alla detective. “Cotta platonica, ovviamente.” Fece l’occhiolino al giovane e poi guardò divertita Kara che si soffocò con la sua gasosa.

“Non è la mia cotta!” Precisò non appena riuscì di nuovo a respirare.

“Certo che no…” Alex e Maggie si guardarono divertite.

“Non è la mia cotta. Voglio solo parlarle!”

“Da kryptoniana a kryptoniana?” Domandò Maggie e tutti attorno al tavolo rimasero in teso silenzio.

“Cosa? Ehm… no!” Kara agitò la mano, rossa in viso, questa volta per un motivo diverso.

“Bene, questa era la conferma che mi serviva.” Maggie sorseggiò un po’ della sua birra, ignorando le facce attonite puntate su di lei. “Oh, andiamo!” Disse alla fine. “Lavoro per l’unità-alieni e so riconoscere un alieno quando lo vedo… e poi, quegli occhiali non sono, di certo, un travestimento degno di nota.”

“Hanno sempre funzionato.” Ci tenne a precisare Kara. Alex prese la mano della sua ragazza e la portò via, il suo viso era teso e preoccupato, era chiaro che temeva la conversazione che sarebbe seguita. Kara fece una smorfia, sperando che Maggie comprendesse il perché Alex le avesse nascosto quella verità.

“Quindi… quello che volevo dire è che sarebbe bello se Lena potesse andarsene in giro più liberamente invece che rimanere confinata al DEO.” Riprese a parlare Winn.

“Stai scherzando? Io sono rimasto rinchiuso per mesi prima che mi fosse permesso uscire. E il mio cognome non era Dru-Zod!” Mon-El si sedette accanto alla giovane kryptoniana, una smorfia sul viso. “Persino su Daxam era conosciuto come un uomo inflessibile e pericoloso.”

Kara si morse il labbro trattenendosi dal dire quello che si diceva su Krypton della famiglia reale daxamite. Inflessibile e pericoloso erano complimenti al confronto.

“Lei è diversa.” Ci tenne però a precisare. “Anzi, suo padre era diverso, non è lo stesso Zod che abbiamo conosciuto noi.”

“Questo è quello che dice lei.” Le fece notare il giovane. Winn lanciò uno sguardo a James, notando immediatamente il modo in cui Kara si era irrigidita. Mon-El, invece, sembrava ignaro della tensione che aveva creato nella giovane, troppo preso nell’esprimere la sua opinione. “Devi fare attenzione, potrebbe essere qua solo per studiare te e il DEO, trovare le vostre debolezze e poi…”

“Non essere ridicolo.” Alex si sedette dall’altro lato di Kara e lanciò al giovane uno sguardo duro, mentre lo zittiva.

“Va tutto bene con Maggie?” Chiese allora Kara, grata ad Alex come poche volte in vita sua.

“Sì, lei capisce.” Sul volto di Alex si aprì un sorriso e le sue guance si soffusero di rosa, come succedeva spesso quando parlava o pensava alla giovane detective. “È dovuta andare via perché l’hanno chiamata per un caso, ma mi ha chiesto di salutarvi.” Precisò.

Pochi minuti dopo la conversazione era di nuovo avviata, ma su temi meno scottanti e la serata si terminò meglio di quello che Kara aveva pensato.

 

***

 

Era stata una pessima giornata, Snapper era stato più caustico del solito e l’avvocato di Lillian Luthor era stato molto abile in aula, malgrado le prove schiaccianti contro la sua accusata c’era il rischio che avesse insinuato nella giuria un ragionevole dubbio. Kara atterrò al DEO con uno sbuffo, sperando che sua sorella fosse lì, pronta a rimontarle il morale. I tecnici ai computer le fecero dei cenni di saluto a cui lei rispose, ma di sua sorella non c’era traccia e neppure di Winn. Con una smorfia immaginò che il ragazzo fosse fuori con il Guardiano. Malgrado avesse tentato di mettere le cose a posto con James la infastidiva ancora che rischiasse la sua vita in maniera tanto sciocca e che mettesse a rischio anche Winn era inaccettabile. La giornata non sembrava voler migliorare, forse, la serata programmata per loro due da Mon-El le avrebbe risollevato il morale. Il giovane si stava davvero impegnando nella loro relazione e lei non voleva sembrare ingrata arrivando tardi.

Fece qualche passo e poi tornò indietro, guardando meglio nella stanza che aveva appena oltrepassato. Si avvicinò curiosa e poi sobbalzò quando si rese conto di chi si trattava.

Lena alzò lo sguardo dalla scacchiera e, come faceva sempre quando la vedeva di sorpresa, i suoi occhi si allargarono in un modo strano, poi la donna riportò l’attenzione sul tavolino.

“Scusa, non volevo disturbarti…”

“Non disturbi, come vedi, gioco da sola.” Affermò subito la donna appoggiandosi alla poltrona e guardandola interrogativa.

“Cercavo mia sorella.” Si spiegò.

È uscita poco fa, la detective è passata a prenderla.”

“Oh… Maggie.” Annuì Kara, fece un passo per andarsene poi però tornò nella stanza. “Sai, potremmo parlare.” Propose.

“Credevo che avessimo deciso per darci del tempo…”

Kara alzò la mano e si sistemò gli occhiali con imbarazzo.

“Lo so.” Disse. Le sorrise scusandosi implicitamente per la sua impazienza. “Il fatto è che Kal era troppo piccolo quando ha lasciato Krypton e poi è sempre impegnato a salvare la Terra e… mi piacerebbe parlare con qualcuno che può condividere la mia perdita…”

“Mi sembrava che il Daxamite avesse proprio questa funzione.” Rispose Lena, per la prima volta Kara notò un lampo di fastidio nei suoi occhi e non diretto a lei. La donna accavallò le gambe e la guardò.

“Ehm…” Kara arrossì. “Lui...” Si sistemò gli occhiali. “Lui e io siamo molto diversi e poi Daxam non è Krypton.”

“Poco ma sicuro.” Affermò Lena con una smorfia sulle labbra.

“Oh, anche tu pensi che i daxamiti…” Lena scoppiò a ridere nel vedere il suo imbarazzo e Kara sbatté le palpebre sorpresa, mentre un sorriso spontaneo le nasceva sul volto.

“I daxamiti erano degli schiavisti e degli arroganti xenofobi, papà ne parla sempre come della peggiore razza nell’universo, dopo i Dominatori, ovviamente.” Sorrise divertita, poi i suoi occhi si abbassarono mentre veniva colpita da un pensiero. “Mi manca, ero abituata a chiacchierare con lui… o meglio, con i sui ricordi racchiusi nel cristallo.”

“Mi dispiace.” Mormorò Kara e la donna sospirò.

“Non dipende da te, nulla è dipeso da te.”

Kara non disse nulla, temeva di rovinare quel momento. Lena rimase a fissarla qualche istante poi indicò la scacchiera.

“Sai giocare?” Chiese e Kara sorrise.

“Su Krypton c’era un gioco simile.”

Derten-duk.” Mormorò la donna e Kara sentì il cuore riempirsi di gioia, mentre i suoi occhi brillavano.

“Giocavo sempre con mio padre, ma non ho mai provato con gli scacchi.”

“Posso insegnarti.” Disse allora Lena, indicandole il divano libero davanti di fronte alla scacchiera. “Basta cambiare qualche regola umana ed è quasi lo stesso gioco. Se ti va…”

“Sì.” Assentì lei, si sfilò la giacca e la posò di lato sedendosi al posto che le era stato indicato.

 

J’onn entrò al DEO con il solito passo deciso, degli agenti erano impegnati in una missione delicata in Paraguay e lui avrebbe supervisionato l’azione da lì. Una risata attirò la sua attenzione. Era tardi e non era normale che Kara fosse ancora alla base. Che fosse con Mon-El? Era un psichico e per quanto non infrangesse mai la privacy delle persone che lo circondavano e non potesse leggere nella mente della kryptoniana era abbastanza vecchio e conosceva Kara abbastanza bene da saper decifrare certe emozioni ed era quasi sicuro che Kara non avrebbe riso così con il giovane daxamite accanto. Poi udì una seconda risata, più bassa, controllata, ma altrettanto genuina.

Non avrebbe mai permesso a una Luthor-Zod di rimanere nella sua base lontana da una cella se non avesse creduto nella sua bontà. Si avvicinò alla porta socchiusa e gettò uno sguardo all’interno, le due ragazze stavano giocando a scacchi. J’onn sorrise soddisfatto, era da parecchio che non vedeva un simile sorriso illuminare il volto di Kara.

 

“Scacco!” Disse, Kara, fiduciosa, mangiando la regina con un alfiere e Lena sorrise. Si allungò e mosse la sua torre colpendo il re di Kara.

“Scacco matto.” Replicò con voce divertita. Kara fece una smorfia poi si lasciò cadere indietro sulla sedia.

“Forse mio padre mi lasciava vincere…” Commentò.

“Credo fosse il caso, sì.” I suoi occhi brillarono di divertimento quando vide lo sguardo scioccato di Kara a quell’affermazione. Rise e Kara la imitò scuotendo la testa.

“Va bene, mi arrendo, hai vinto.” Si sfilò gli occhiali passandosi la mano sul volto e poi posandoli sul tavolo quando alzò lo sguardo gli occhi di Lena la fissavano, un’espressione indecifrabile sul volto.

“Rimettili, per favore.” Chiese con tono fermo. Kara sorpresa da quel repentino cambiamento guardò gli occhiali sul tavolo, li prese e li indossò.

“Scusa non…”

“Lei non li portava e, senza, siete troppo simili.” Cercò di spiegarsi Lena scuotendo la testa come se cercasse di allontanare qualcosa di brutto dalla mente.

“Mi dispiace non volevo…”

“No, sono io a dispiacermi.” La donna si alzò. “È tardi, credo sia ora che io vada a dormire.” Affermò e Kara annuì, la donna fece qualche passo poi tornò a voltarsi verso di lei.

“Non dipende da te.” Affermò. “Mi ha fatto piacere ricordare Krypton e anche giocare agli scacchi.” Le sorrise e Kara cercò il suo sguardo.

“Vorrai dire stracciarmi agli scacchi.” Disse e vide negli occhi di Lena passare quel brillio divertito che li illuminava rendendoli ancora più belli.

“Ecco, sì, era quello a cui pensavo.” Assentì la donna facendola ridere. “Buona notte, Kara.”

“Buona notte.” Disse allora lei e la donna se ne andò.

Kara sorrise: la giornata era stata pessima, ma la serata si era rivelata ottima. La serata… si batté la mano sulla fronte, si era completamente dimenticata dell’appuntamento con Mon-El!

 

“Non capisco perché la cosa ti disturbi tanto.” La ragazza, sdraiata scompostamente sul divano, stringeva il braccio attorno alla compagna, mentre guardava con aria divertita la sua interlocutrice.

“Non sono affari tuoi i miei perché.” I suoi occhi si fissarono su di lei e la ragazza trangugiò a vuoto. Sapeva cosa potesse farle la donna se si irritava e, malgrado potesse permettersi certe libertà, era evidente che quel soggetto era sensibile.

“Ma certo, perdonami.” Lo sguardo fisso su di lei scivolò via e lei respirò, rilassandosi un poco.

“Posso andare a spaccare il culo a qualche altro scienziato se vuoi.” Propose la sua compagna tirandosi a sedere e afferrando una delle birre sul tavolino basso. “Magari sbattere in prigione i loro famigliari per incentivarli a lavorare meglio…”

“Non sembra funzionare questa volta…” Mormorò pensierosa la donna. Le due ragazze si guardarono perplesse. Non l’avevano mai vista così ossessionata da qualcosa.

“Riusciremo…”

“Non fare promesse che non puoi mantenere.” Di nuovo quegli occhi penetranti si fissarono su di lei. “Ho appena osservato un uomo cadere da molto in alto, anche lui, due settimane fa, ha fatto l’errore di farmi una promessa.” Al ricordo le labbra della giovane si inarcarono un poco in un sorriso sadico.

“Dobbiamo affrontare il problema da un’altra prospettiva.” Tentò di nuovo lei.

“Sono aperta a nuove idee.” Per qualche ragione lei rabbrividì, quelle parole apparentemente innocue  sembravano troppo a delle minacce e lei conosceva da tutta la vita la ragazza, sapeva che le sue minacce non erano mai a vuoto. Lanciò uno sguardo alla compagna e la donna le annuì.

“Abbiamo pensato a una cosa…”

 

 

 

 

Note: Grandi cose! Va beh, non proprio grandissime… ma Maggie ora sa e Kara e Lena hanno passato un po’ di tempo da sole. Non tutto è stato perfetto, ma di certo è stato un momento di piacevole calma, un altro primo passo.

Poi… ci risiamo con le figure misteriose, che ora sono diventate tre… chi saranno mai? Idee un po’ più chiare sulla loro identità? E, sui loro progetti?

Fatemi sapere! Sono curiosa di conoscere le vostre ipotesi.

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Capitolo 8
*** Biscotti ***


Biscotti

 

Mon-El schivò il colpo e saltò di lato, poi colpì, abbattendo il bersaglio.

“Sì!” Urlò alzando le mani al cielo vittorioso e un colpo lo raggiunse il pieno petto gettandolo a terra.

“Mai distrarsi.” Gli ricordò Kara tendendogli la mano e aiutandolo a rialzarsi, mentre lui faceva una smorfia di dolore.

“Ma sto migliorando, vero?” Domandò con aria infantile.

“Assolutamente sì.” Lo rassicurò lei e lui la prese tra le braccia attirandola a sé per un bacio.

“Disturbo?” Domandò una voce decisa. Kara alzò il viso verso la porta posta in alto e nel vedere Lena si mosse rapida, sfuggendo all’abbraccio di Mon-El e indossando gli occhiali.

“No.” Assicurò. “Hai bisogno di aiuto?”

“In realtà disturbi, ci stavamo allenando.” Intervenne il daxamite, afferrando un asciugamano.

“Ah, non sapevo che ti servissero lezioni anche per baciare. Ricordo che, su Krypton, dicevano avessi varie schiave con le quali giocare, principe.” Il sarcasmo era penetrante nel suo tono e il titolo suonava beffardo sulle sue labbra. Mon-El strinse i pugni, mentre il suo viso si irrigidiva.

“Avevamo finito.” Intervenne rapida, Kara, cercando di spezzare la tensione che si era creata, si avvicinò al ragazzo e gli diede un bacio sulla guancia poi con passo rapido salì le scale raggiungendo la donna.

Lena e Mon-El si incontravano raramente, ma se succedeva vi erano sempre scintille tra di loro.

“Ti serviva il mio aiuto?” Domandò di nuovo, mentre la seguiva.

“No, ma detesto vederti sprecare tempo con il daxamite.” Kara sgranò gli occhi e Lena sorrise. “Sto scherzando, più o meno.” Spiegò e lei arrossì un poco senza neanche sapere il perché. “Non mi serve il tuo aiuto, ma hai detto che ti mancano gli na-kuki, Winn non è ancora arrivato, quindi avevo del tempo libero e ho pensato che sarebbe stato gentile prepararteli viste tutte le ciambelle che mi porti.”

“Gli na-kuki?” Domandò, la bocca aperta. “Come…? Voglio dire… non ci sono le spezie giuste sulla Terra e i bacchi di Sensan e…”

“Va bene… non sono proprio dei na-kuki, ma si avvicinano al sapore che ricordo.” Lena sorrise. “Quando sono arrivata sulla Terra ero terrorizzata, tutto era così… intenso. Gli odori erano troppo forti, i suoni mi assordavano, persino i miei vestiti erano troppo ruvidi contro la mia pelle terribilmente sensibile… e poi c’erano i sapori. Non riuscivo a mangiare senza stare male…” La donna aveva gli occhi persi nel vuoto e Kara non poté far a meno di ricordare che Lena non aveva avuto un cugino grande e capace di comprendere i suoi poteri e di guidarla, in pochi giorni, verso un controllo dei suoi sensi. I Danvers, amici di lunga data di Kal e profondamente comprensivi dei suoi problemi l’avevano aiutata per il resto, come la super-forza, con pazienza e grazie alla pittura. “Così.” Si riscosse la donna. “Un giorno, ero dai Luthor da un paio di settimane ed ero ridotta in un angolo di una stanza buia, Lex decise che doveva fare qualcosa e si mise a suonare per me. La musica catturò tutta la mia attenzione, permettendomi di concentrarmi solo su quello. Suonò per me per ore e ore, fino a quando le dita non gli fecero troppo male.” Lena sorrise al ricordo e Kara non poté fare a meno di imitarla. “Poi mi portò in cucina e insieme ci mettemmo a sperimentare, assaggiai di tutto, il cuoco non era molto contento, ma Lillian lo mandò via e ci lasciò giocare.”

“Imparasti a controllare i tuoi sensi?”

“Non fu facile e non fu immediato, ma quel giorno scoprii che non era impossibile, e scoprii anche come, mescolando alcuni ingredienti, potessi arrivare al sapore dei na-kuki.” Mentre parlavano la donna l’aveva condotta nella mensa della base. Kara ispirò il profumo nell’aria e rimase stupefatta nel riconoscere l’aroma.

“Prego.” Le disse Lena indicandole una sedia. La mensa era vuota, gli agenti mangiavano solo due pasti al giorno, come tutti gli umani. Kara era rimasta stupita nel vedere le porzioni assolutamente normali che mangiava Lena, ma poi aveva scoperto che mangiava sei volte al giorno, dando al suo corpo l’apporto calorico che Kara assorbiva mangiando in triplo ad ogni pasto.

Si sedette e Lena scomparve nella cucina, per poi tornare, qualche minuto dopo, con un teglia tra le mani e un sorriso sulle labbra. Li posò sul tavolo e la guardò incoraggiante.

Kara rimase immobile, per la prima volta non era sicura di poter mangiare.

“Va tutto bene?” Domandò dopo un istante Lena e la sua voce era dolce e comprensiva. Kara alzò gli occhi e non poté trattenere le lacrime che scivolarono sul suo volto.

“Perdonami.” Disse cercando di smettere, ma impossibilitata a farlo.

“Non c’è nulla di cui vergognarsi, io ho pianto quando ho visto, di nuovo, Rao in un telescopio.” La rassicurò la donna, poi non disse più nulla lasciando che la ragazza piangesse per la semplice gioia di sentire il profumo dei biscotti che mangiava da bambina, a casa, quando sua madre prendeva un giorno di pausa dal suo lavoro di giudice e insieme cucinavano quei piccoli dolcetti che lei amava tanto.

Quando riuscì a smettere e poté finalmente mangiarne uno, scoprì che la ragazza non aveva mentito, erano proprio come i deliziosi na-kuki che preparava sua madre.

“Mi dispiace…” Disse, dopo aver mangiato quasi tutta la teglia, perché Lena mangiava così piano e lei non riusciva proprio a resistere.

“Te l’ho detto, non c’è nulla di cui dispiacersi.” Kara sorrise timidamente e Lena abbassò lo sguardo. “Stavo pensando…”

“Sì?” Domandò allora Kara, un brivido di aspettativa che le agitava lo stomaco.

“In qualsiasi momento il computer potrebbe ricostituire i dati sulla frequenza del mio mondo e allora non ci vorrà molto per ricalibrare il congegno datoti da Cisco Ramon e aprire una breccia.” Kara evitò di riflettere troppo sul grumo di tristezza che si formò immediatamente nel suo cuore a quella prospettiva e rimase in silenzio, aspettando che la donna finisse di parlare. “Sarebbe bello approfittare del tempo che ci rimane. Non avevo mai pensato che potesse essere qualcosa di possibile parlare di Krypton con qualcuno di reale, di vero, ma tu sei qui e…” Abbassò il capo. “Lo so che ti ho detto certe cose e che ti ho tenuta a distanza, ma… ormai che i giorni sono contati…”

“Mi piacerebbe moltissimo.” La interruppe lei. Lena alzò lo sguardo e la fissò, fu un lungo sguardo, in cui Kara poté notare il suo turbamento. Non per la prima volta si chiese se la donna le avesse detto tutto o se le tenesse nascosto qualcosa, qualcosa di importante… ma voleva fidarsi quindi sorrise e la ragazza annuì.

“Stasera?” Chiese e Kara annuì decisa.

“Stasera.” Confermò.

 

“E di cosa parlate?” Alex osservava la sorella curiosa.

“Di Krypton, lei aveva dieci anni quando lo ha lasciato, è folle quante cose conosce che anche io conosco, poesie, filastrocche per bambini, giochi, musiche, opere letterarie, spettacoli…” Kara sorrise estasiata poi ricordò una cosa e si mise a frugare nella borsa estraendo poi un piccolo pezzo di carta. “Guarda!” Disse alla sorella. Alex prese il foglio riconoscendo subito la scrittura kryptoniana.

“Ehm… illuminami?” Chiese perché non era ferrata quanto Winn nella scrittura aliena.

“Mi ha scritto: buongiorno!” Kara quasi saltellava dalla gioia.

“Oh… fantastico…” Nel vedere la perplessità di Alex, Kara si riprese il foglio con uno smorfia e allora la sorella sorrise. “Sono contenta che tu abbia trovato qualcuno con cui condividere i ricordi del tuo pianeta. So che con Clark non avete mai molto tempo.” Kara ritrovò immediatamente il sorriso.

“Non è solo questione di tempo, Kal possiede una cultura terrestre, è cresciuto qui, lei ed io…” Scosse la testa, come se fosse troppo quello che provava. “L’altro giorno.” Riprese in fretta. “Abbiamo scoperto che siamo andate, tutte e due, alla prima di uno spettacolo al Centro Culturale di Argo City. Capisci? Lo stesso spettacolo!” Gli occhi di Kara brillavano estatici. “Lena è stata alle Cascate di Fuoco due volte con suo padre, io una sola volta, ma lei non ha visto i pesci-serpenti che nuotano in esse, io sì! E… i pianeti che ha visitato, alcuni li ho visti anche io e ricorda, come ricordo io, l’alba su Durkan, uno spettacolo di colori violacei nel cielo che è impossibile dimenticare.”

“Ho capito.” Sorrise Alex, appoggiandosi al tavolo. “E poi ti lascia bigliettini con dei buongiorno?”

“Sì!” Esclamò lei. “Assieme a un sacchetto di na-kuki appena sfornati. Ma quelli li ho già mangiati.” Affermò, senza nessuna colpa sul viso.

Alex osservò lo sguardo di Kara illuminarsi ancora e si voltò giusto in tempo per vedere Lena entrare. Kara doveva aver riconosciuto il suo battito cardiaco o il suo profumo. La maggiore delle Danvers corrugò la fronte e la sua preoccupazione accrebbe quando vide gli occhi della Luthor brillare nel vedere la ragazza.

Quando Kara se ne andò alla CatCo, Alex si avvicinò a Lena.

“Posso parlarti un attimo?” Domandò e la donna annuì, consegnando a Winn il tablet su cui stava lavorando.

“Di cosa si tratta?” Domandò, perplessa nel vedere Alex che la conduceva in una stanza isolata e chiudeva la porta. “Sono nei guai, agente?” Aggiunse con un sorriso divertito.

“Non lo so… dimmelo tu.” Lena si fece subito seria nel sentire il tono grave di Alex.

“Non capisco…” Iniziò, ma la maggiore delle Danvers la interruppe.

“Kara.” Disse e Lena scosse la testa.

“Kara? Non…” Si interruppe e abbassò il volto.

“Voglio solo che non si illuda. Conosco Kara e non l’ho mai vista guardare qualcuno come lei guarda te e non è solo per la faccenda della condivisione di ricordi, è qualcosa di più.”

“Io…” Alex alzò la mano fermandola.

“Non mentire. Come ho visto lei, ho visto te. So quello che provi.”

“Non volevo questo. L’ho tenuta lontana, ma…” Provò a dire Lena.

“Lo so, è testarda.” Finì per lei Alex con un sorriso triste.

“Non è solo questo.” Disse però la giovane, poi scosse di nuovo la testa. “Lei…” Lena strinse la mascella, incapace di proseguire o forse semplicemente impedendosi di dire qualcosa.

 “Lei è la mia sorellina.” Chiarì la ragazza. “Tu mi piaci e, oh mio dio, saresti mille volte migliore di quell’idiota di un principe daxamite, ma questo non cambia il fatto che so che ci stai nascondendo qualcosa e che presto te ne andrai. Non voglio che Kara soffra, per nessuna di queste due ragioni.”

Lena incrociò le braccia quasi cercasse di darsi del conforto, poi sospirò.

“Neanche io voglio che soffra.”

“Molto bene.” Alex la guardò con compassione. “Perché non…”

Lena alzò lo sguardo e la fissò con durezza ora.

“Non posso arrendermi, non posso lasciare che il mio mondo cada tra le mani degli El. Anche se questo significa rinunciare a… a qualcosa che potrebbe essere importante.” Alex annuì, capiva e ammirava la donna per quella decisione ora più che mai.

“Sai, Mon-El è stato messo davanti ad una scelta simile…”

“Fammi indovinare: ha scelto la soluzione più egoistica facendola passare per quella più eroica?”

Un piccolo sorriso apparve sul viso delle due donne.

“Non avrei saputo dirlo meglio.” Confermò Alex.

“Credi che Kara smetterà, un giorno, di chiudere gli occhi e capirà che merita qualcuno che l’ami più di se stesso? Qualcuno che non solo sappia farla ridere, ma sappia stare accanto a lei quando soffre?” La voce di Lena era leggermente spezzata. Alex non la guardò, rispettando la sua sofferenza.

“Io sarò sempre qui per lei.” Assicurò Alex, non era la risposta che Lena voleva, ma era tutto ciò che Alex poteva promettere.

 

 

 

Note: Dalle ciambelle ai biscotti… più che una storia è un viaggio gastronomico! XD

Cosa ne dite di questo capitolo? Kara e Lena hanno rotto gli indugi e ormai sono diventate amiche. Ovviamente Alex ha visto ben al di là di questa facciata d’amicizia e ha colto i sintomi di qualcosa di più, intervenendo subito per il bene di entrambe… la uccidiamo? ;-)

Cosa c’è nei non detti di Lena? Ormai sia Alex che Kara si sono rese conto che qualcosa c’è… ma cosa?

Idee? Fatemi sapere!

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Capitolo 9
*** Il colore dei suoi occhi ***


Il colore dei suoi occhi

 

La porta si aprì e Kara si voltò con trepidazione, ma ad entrare nel bar furono solo due alieni dalla pelle bronzea.

“Arriverà.” Le disse Winn. “Mi ha detto che esiste un posto simile anche nella sua National City, quindi non può perdersi.”

Kara annuì, Lena era finalmente libera di uscire dal DEO e volevano festeggiare tutti assieme.

La porta si aprì di nuovo e la giovane kryptoniana si voltò per poi fare una faccia delusa nel vedere Alex e Maggie.

Poneva tante speranze in quella serata… voleva che tutto fosse perfetto non solo perché era la prima sera che Lena passava lontano dalla base, ma anche perché sentiva che la donna si stava allontanando da lei, come se si preparasse al distacco e al suo dovere, lasciandola indietro. Kara non si era resa conto di quanto aspettasse le loro partite a scacchi e le loro conversazioni che ormai toccavano ogni argomento, tranne Mon-El, fino a quando non erano diventate sempre meno frequenti. Lena si scusava, ma era stanco o impegnata in qualche progetto e Kara non poteva fare altro che tornare a casa e cercare di apprezzare la conversazione di Mon-El o meglio, cercare di sopportare il ragazzo mentre parlava di sé e della sua giornata.

Ma quella sera, quella sera tutto sarebbe andato perfettamente bene e Lena le avrebbe sorriso di nuovo, come faceva prima.

“Ciao, Kara.” La salutò Maggie, mentre Alex si era diretta al bancone per aggiungere due birre al loro tavolo. “Sei bellissima stasera.” La complimentò e Kara arrossì un poco. Aveva voluto indossare qualcosa di un po’ più carino rispetto al solito, quindi aveva scelto un vestito di un vivace giallo, smanicato la cui gonna le arrivava un poco sopra al ginocchio chiuso in vita da una stretta cintura.

“Occasione speciale!” Intervenne Winn, sorridendo e poi mostrò la sua cravatta, facendo ridere Maggie.

“Ma tu sei sempre vestito formale.”

“Ehi, questa è speciale!” Allungò la cravatta e Maggie scosse la testa notando le piccole spade laser che decoravano la cravatta blu.

“Perdonami, hai ragione.”

Alex arrivò a salvare la fidanzata, portando con sé le due birre.

“Allora, dov’è Lena?” Chiese e Kara si voltò, perché la porta si era, ancora una volta, aperta. I suoi occhi brillarono e un ampio sorriso si formò sulle sue labbra quando finalmente poté posare lo sguardo su Lena.

“Mi spieghi come fa ad avere abiti così costosi?” Bisbigliò Maggie, notando il soprabito che la donna sfilò mostrando camicia e gonna neri, il tutto firmato e con un costo pari a un paio di suoi stipendi.

“Uno dei primi giorni in cui le ho dato accesso a internet, ha violato il conto di un’azienda offshore dei Luthor. Dice che, dopo tutto, non sta rubando, essendo lei una Luthor.” La risposta di Winn fece sgranare gli occhi a tutti e il ragazzo si strinse nelle spalle. “Credevate davvero che il DEO potesse pagare per tutti gli abiti che ha indossato da quando è qui?” Alex inclinò la testa, dovendo ammettere che il giovane non aveva tutti i torti.

Kara non sentì una sola parola: Lena era bellissima e lei era felice di poterla vedere di nuovo e non solo di sfuggita.

“Ciao.” Le disse, un poco emozionata.

“Kara.” La salutò lei, poi fece il giro del tavolo e si sedette accanto ad Alex. Kara sentì una piccola fitta di delusione, ma la soppresse in fretta sorridendo a Mon-El che portò un altro giro di ordinazioni e, passando, le rubò un bacio. Kara arrossì, non per il bacio, ma per lo sguardo di Lena che scivolò su di loro nascondendo con fatica il fastidio.

Prima di quanto Kara pensasse Maggie e Alex si ritrovarono a giocare a biliardo contro James e Winn. Lena si era proposta di giocare assieme a Winn, ma dopo una partita le due ragazze l’avevano squalificata, perché Lena si era dimostrata capace di usare la rapidità, la precisione e la forza datele dal sole giallo, assieme ad una mente allenata ad eseguire calcoli ben più complessi della semplice trigonometria del biliardo e aveva facilmente colmato le mancanze di Winn distruggendo, in un solo turno, le due donne.

“Come hai imparato ad essere così precisa?” Le chiese Kara, contenta che Lena ora fosse sola con lei al tavolo e ignorando le occhiate che rivolgeva loro Mon-El.

“La musica.” Le rispose la ragazza. “Mi hai detto che tu hai imparato a gestire la tua forza grazie alla pittura che ti ha richiesto pazienza e precisione, io ho appreso con la musica, il pianoforte richiede pressioni precise e ben dosate.”

“La musica, ma certo, avrei potuto provare, ma non credo di essere portata, a casa, mia madre, mi aveva portato a fare delle lezioni di flauto. Ricordo ancora la faccia del maestro mentre si scusava con mia madre affermando che tra i miei molti talenti non vi era, probabilmente, la musica.” Sorrise a quel ricordo e la donna sorrise a sua volta.

“Io non so dipingere, sono profondamente negata, una volta ho disegnato Lillian e Lex pensava avessi disegnato Zolfo, il vecchio cane di famiglia.” Kara ebbe una fugace, ma precisa immagine di Lillian Luthor dipinta come un cane e si morse le labbra, per poi scoppiare a ridere.

“Pagherei per vedere quel disegno!” Affermò e Lena fece una faccia offesa.

“Non posso essere perfetta in tutto.” Si giustificò.

“Oh, è difficile da credere. Perché a me sembri proprio perfetta in tutto.” Alle sue parole il volto di Lena cambiò, i suoi occhi sembrarono addolcirsi schiarendosi all’improvviso e assumendo quel azzurro pulito di un cielo dopo il temporale. “Wow.” Mormorò Kara incapace di comprendere perché il suo cuore avesse accelerato, ma decisa a non distogliere lo sguardo da un simile spettacolo.

Lena le si avvicinò, lentamente, sembrava che vi fosse qualche forza invisibile che le piegasse inesorabilmente una verso l’altra. Poi la donna sobbalzò, si alzò in piedi e scappò via.

“Lena?” Chiamò Kara, riscuotendosi, sorpresa. Si alzò e Alex le si parò davanti.

“Ci penso io a lei.” Intervenne, Kara scosse la testa e fece un passo avanti, ma si ritrovò la mano di Mon-El sul braccio.

“Cosa succede?” Chiese il giovane e la kryptoniana sbatté le palpebre, ancora più confusa. Voleva andare da Lena, lo desiderava ardentemente era amicizia quella? I suoi occhi si posarono su Alex che le fece un piccolo sorriso triste, come se lei sapesse, come se capisse. Ma cosa?

“La troverò.” Assicurò, poi fece un cenno a Maggie che afferrò la giacca e la seguì fuori dal locale.

“Kara, devo capire cosa sta succedendo tra te e quella.” Dichiarò Mon-El.

“Non sta succedendo nulla e, quella, ha un nome, che conosci benissimo.” Non riuscì a nascondere il fastidio nel suo tono e il viso del daxamite si fece immediatamente triste.

“Capisco che lei è kryptoniana e io no, lo capisco, ma… credo di aver dimostrato di meritare il tuo amore e il tuo rispetto.” Kara si sentì immediatamente colpevole.

“Ma certo!” Confermò e Mon-El sorrise prendendole le mani e stringendole un poco.

“Allora vieni a casa con me stasera.” Gli occhi di Kara corsero verso la porta, il suo corpo fremeva per inseguire Lena, ma non poteva…

“Va bene.” Rispose e il giovane sorrise soddisfatto per poi darle un bacio.

“Aspettami qua, vado a dire che oggi esco prima.” Kara annuì al ragazzo e lui si allontanò. James e Winn le si avvicinarono, entrambi indossavano già la loro giacca.

“Andate via anche voi?” Domandò Kara, la voce colorata di tristezza.

“Sì… ehm…” Winn lanciò uno sguardo a James che intervenne.

“Pensavamo di fare un giro, sai, per assicurarci che tutto vada bene in città.”

“Capisco…” Annuì, senza aggiungere altro. Persino l’idea di loro due in giro a rischiare la vita non la riscosse dai suoi pensieri tristi.

“Stai bene?” Domandò allora Winn, guardandola preoccupato.

“Sì… sì.” Assicurò, sforzando un sorriso.

“Kara.” James le posò una mano sulla spalla e strinse un poco attirando il suo sguardo. “Non accontentarti solo perché è più facile.”

“Cosa…?” Chiese confusa.

“Di che colore sono gli occhi di Lena?” Domandò a bruciapelo Winn.

“A volte sono azzurri come un cielo terso dopo una tempesta, altre di un verde talmente chiaro da sembrare acqua come quel prato che ho visto su Trent, ma non proprio, altre ancora sono quasi grigi, ma un grigio liquido e limpido… non lo so.” Rispose, lo sguardo perso.

“E quelli di Mon-El?” Kara tornò a guardare Winn e corrugò la fronte.

“Azzurri?” Chiese, indecisa e perplessa.

“Fatto, Kara!” Mon-El arrivò e le passò una mano attorno ai fianchi, stringendola un poco.

“Riflettici.” Intervenne il giovane fotografo, poi lasciò andare la sua spalla e le sorrise.

“Ciao ragazzi!” Disse allora Mon-El, mentre i due gli sorridevano e se ne andavano.

“Pronta per andare a casa?” Chiese il daxamite, guardandola con un sorriso.

Erano vicini, tanto vicini, e Kara si concentrò sui suoi occhi, erano belli, azzurri, ma anche un poco grigi… non lo aveva mai davvero notato, non le era mai davvero sembrato importante…

“Io… non ne sono sicura.” Mormorò.

 

Era così difficile! Perché doveva essere così difficile?

Lena si alzò in volo spingendosi in alto nel cielo, incapace di sopportare il grumo di dolore che cresceva nel suo petto.

Osservò la città e le sue luci, così, di notte, poteva quasi fingere che fosse il suo mondo, la sua casa. Eppure non lo era.

Strinse i pungi sentendosi male, sentendosi un’egoista perché, ormai, non desiderava più che quei maledetti dati tornassero nei computer del DEO, ormai aveva solo più un desiderio ed era rimanere lì. Quanto sarebbe stato facile arrendersi? Quanto sarebbe stato comodo, dimenticarsi del suo mondo ed eleggere questo a casa? Qui avrebbe potuto essere d’aiuto e, specchiandosi negli occhi di Kara, desiderando le sue labbra come mai prima, sapeva che qui avrebbe potuto essere felice.

Eppure non poteva, non poteva perché sarebbe stato un tradimento al suo mondo, al suo dovere, al suo scopo nella vita. Avrebbe tradito suo fratello, sua madre e il suo genitore kryptoniano che aveva riposto in lei la sua fiducia e le sue speranze, avrebbe tradito l’intero genere umano almeno quello che apparteneva alla sua dimensione.

Rao! Perché non era più egoista? Perché non riusciva a pensare un po’ di più alla sua di felicità?

Scosse la testa e volò fino al carcere in cui sapeva essere detenuta Lillian Luthor con i raggi-X individuò la donna oltre le pareti di cemento e la osservò muoversi elegantemente, avanti e indietro nella sua cella, ascoltò il suo cuore e chiuse gli occhi, come faceva abitualmente, assicurandosi che stesse bene.

Questo mondo non era perfetto, Lillian Luthor ne era un esempio, sapeva bene che, quella, non era sua madre, la donna che le aveva dato amore e affetto, comprensione e sostegno, ma rimase lì per un lungo momento in silenzio calmando la propria mente e il proprio cuore grazie a quel suono così familiare.

Quando si sentì meglio si allontanò da lì, tornando in città, i suoi occhi, però, furono attratti dal grande edificio della Luthor Corporation. Spinta da un desiderio un po’ infantile atterrò sul balcone del suo ufficio, o almeno, di quello che sarebbe stato il suo ufficio se quello fosse stato il suo mondo. Fu sul punto di entrare, ma poi si trattenne, sapeva che, se lo avesse fatto, l’illusione si sarebbe spezzata, alla parete non ci sarebbe stato il dipinto che aveva personalmente scelto, non ci sarebbero state le plumerie sul tavolino e l’odore sarebbe stato semplicemente sbagliato. Lì, invece, con la città, quasi identica, ai suoi piedi, avrebbe potuto fingere di essere a casa, avrebbe potuto fingere che suo fratello era ancora vivo e così sua madre, avrebbe persino potuto fingere di non aver mai incontrato lei. Quel pensiero le fece attorcigliare il ventre. Kara, così diversa eppure così simile: stesso viso, stesso corpo, stesso profumo, ma occhi così diversi e animo così gentile. Il suo corpo si appoggiò alla balaustra, mentre la sua mente traditrice le riportava certe immagini alla mente, immagini che credeva di aver cancellato, immagini che ora si mescolavano formando un quadro sbagliato eppure tremendamente persistente.

Era stata ad un passo dal compiere un orribile sbaglio quella sera. Aveva tentato di starle lontana, aveva tentato ed era riuscita a vederla di meno, a parlarle di meno, anche se le faceva male vedere il suo sguardo deluso. Detestava provare quei sentimenti eppure non riusciva più a provare odio quando la ragazza compariva davanti a lei, com’era possibile quando sul suo viso vi era quel piccolo sorriso titubante o quell’espressione gioiosa quando scopriva qualcosa che entrambe ricordavano di casa?

Presto sarebbe tutto finito, presto sarebbe tornata a casa e avrebbe posto fine al dominio degli El, in un modo o in un altro. Il suo pugno si strinse: no, non poteva arrendersi.

Sorrise scuotendo la testa quando due occhi blu come il mare di Tukantet le apparvero in mente. Oh, quanto avrebbe voluto poter essere un po’ più simile all’idiota principe daxamite… abbandonare il suo mondo, la sua gente, alla tirannia con qualche ridicola scusa, solo per poter rimanere lì e continuare a vedere quegli splendidi occhi illuminarsi per lei.

Un piccolo tonfo accanto a lei la fece sobbalzare, era così persa nei pensieri che aveva abbassato la guardia. Si voltò e riconobbe senza difficoltà il costume rosso e blu di Supergirl.

“Kara…” Disse, il volto della donna era leggermente in ombra, ma non era difficile leggere la tensione nel suo corpo e sentire il cuore della giovane battere rapido. “Come hai fatto a trovarmi?” Chiese, il cuore che imitava quello della ragazza accelerando a sua volta.

“Ha importanza?” Le chiese Kara, la voce profonda, come se fosse emozionata, mentre faceva un passo avanti, verso di lei.

“Non…” Scosse la testa. “Quello che è successo al bar… io…” Scosse la testa, era difficile pensare, ragionare, con la ragazza che, inesorabile, si avvicinava a lei e, con la sola forza del pensiero, sembrava averla inchiodata al balcone. “Non ti ho detto tutta la verità su di lei.” Ammise, conscia che doveva parlare, doveva farlo subito, doveva fermare Kara dal compiere un errore, un errore al quale lei, adesso, non sarebbe riuscita a sottrarsi.

“Cosa non mi hai detto?” Chiese la ragazza e la sua voce ebbe un fremito che la fece rabbrividire.

“Io…” Lena si morse il labbro, trattenendo le emozioni, trattenendo le lacrime. “Io l’ho amata.”

Kara si fermò, per un lungo, infinito istante rimase immobile a fissarla, poi usò la sua velocità, inchiodandola contro il balcone e affondando le labbra sulla sua bocca in un bacio pieno di desiderio.

Lena si perse, assaporando con passione le labbra della giovane, così uguali a quelle di lei da farla piangere. Sì, aveva la sua risposta, anche il loro sapore era lo stesso. Lacrime calde scesero lungo il suo volto, mentre lei si perdeva in quel bacio. Un bacio pieno di colpa e di desiderio, di bisogno e di sofferenza.

Perché questa Kara non poteva essere la sua Kara? Perché lei aveva dovuto innamorarsi di un mostro per poi scoprire che esisteva una versione di questa stessa persona assolutamente perfetta anche nelle sue imperfezioni?

Kara la afferrò per il bacino, sollevandola e girandosi, fino a che la sua schiena non sbatté con forza contro la parete dell’edificio, le mani della donna strapparono la sua camicia dai pantaloni andando ad accarezzare la pelle così esposta. Lena annaspò sorpresa da quel tocco così poco gentile. Questo non era quello che si era immaginata…

 

La ragazza separò le labbra da quelle di Lena affondando i denti nel suo collo, dio quanto le era mancata questa pelle bianca, questo profumo, questo sapore. Morse quel collo perfetto, marchiando quel corpo che le apparteneva. Lena lo aveva ammesso: l’amava!

I suoi occhi brillarono di soddisfazione. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Come poteva essere diversamente? Lei era Kara Zor-El!

Sorrise, ora doveva solo riportarla a casa.

 

 

 

 

Note: Ahhhhhhhhh cos’è appena successo??

Oh, lo so, l’idea “tagliare un capitolo sul più bello” è appena stata ridefinita e immagino che il vostro desiderio più immediato sia quello di uccidermi… ma, trattenete le scuri, altrimenti la storia non finirà mai! ;-)

Finalmente abbiamo avuto il punto di vista di Lena e di conseguenza abbiamo scoperto il suo segreto, quello che non ha detto a Kara e a nessuno in questa dimensione, quello che l’ha spinta a tenersi lontana da questa versione della donna che ha amato…

Ora si è lasciata andare tra le braccia di Kara… ma che Kara è questa?

 

Fatemi sapere tutto quello che avete sul cuore, sono pronta! L’improvvisa svolta vi ha sorprese? Avete idee su quello che succederà ora a Lena, a Kara, a questa dimensione?

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Capitolo 10
*** Linda Danvers ***


Linda Danvers

 

Alex, con Maggie al fianco, entrò al DEO e fermò il primo agente, chiedendogli se aveva visto Lena. L’uomo scosse la testa e la maggiore delle Danvers sospirò

“Dove credi che possa essere se non è qui?” Le domandò Maggie.

“Potrebbe essere ovunque… conosce questa città, malgrado non sia il suo mondo, anzi, conosce l’intera Terra, per quello che ne sappiamo ora potrebbe essere su di una spiaggia a lanciare sassi o, persino, sulla Luna se ha preso un bel respiro…” Alex la guardò sconsolata e Maggie le sorrise.

“Non è così male come sembra, tornerà qua, prima o poi e potrai parlarle.”

“Per dirle cosa?” Domandò l’agente. “Di smettere di guardare Kara come se fosse il sole stesso? Di non farla più ridere, di non farla più emozionare? Semplicemente, di non amare più mia sorella?”

“Alex, sappiamo entrambe che non è così semplice…”

“L’amore è mai semplice?” Chiese allora la ragazza, sospirando. Non voleva prendersela con Maggie, ma quella situazione era davvero difficile e, ora che aveva visto Kara a due passi dal baciare Lena, non poteva più fingere che non fosse un amore reciproco, inespresso certo, persino ignorato, da Kara, ma pur sempre amore.

“Hai ragione, l’amore non è mai semplice.” Ammise Maggie, poi le prese le mani attirando il suo sguardo. “Allora perché hai chiesto a Lena di farsi da parte? Sappiamo entrambe che non è perché pensi che non sia la persona giusta per lei o perché pensi che Mon-El valga il tuo intervento.”

“Questa storia spezzerà il cuore di Kara, per questo ho cercato di…”

“Proteggerla.” Concluse Maggie. Sorridendole con quell’aria piena di comprensione e di tristezza.

“Spezzerà anche il cuore di Lena.” Aggiunse Alex.

“Oh… credo che il suo cuore sia già stato spezzato…” Maggie si strinse nelle spalle quando Alex la guardò interrogativa. “Solo una sensazione.” Ammise.

Un allarme risuonò nel centro di comando e un agente accorse, poi dopo aver dato una rapida lettura spense l’allarme allontanandosi, di nuovo rilassato. Alex corrugò la fronte.

“Di cosa si trattava?” Domandò e l’agente rispose prontamente.

“Il portale nella Fortezza della Solitudine. Lo monitoriamo dall’invasione daxamite. Superman si è tenuto impegnato in questi ultimi giorni.” Sorrise.

“Cosa significa?” Insistette Alex.

“Ci sono state…” L’uomo digitò sul computer, verificando il dato e poi continuò. “Sette aperture.”

“Sette?” Domandò sorpresa lei.

È impossibile che Superman abbia usato il portale per la Zona Fantasma così spesso negli ultimi…?”

“Cinque giorni.”  Rispose prontamente l’uomo, iniziando ad essere un poco preoccupato.

“Avete avvisato il direttore?”

“Ehm… no, signora… si tratta di un segnale che consideriamo di routine e…”

“Chiamate J’onn, subito.” Impose Alex, prendendo il cellulare.

“C’è qualcosa che non va?” Le chiese allora Maggie, preoccupata nel vedere la sua tensione.

“Non lo so, ma non mi piace.”

Winn rispose quasi subito e Alex lo richiamò immediatamente alla base. Quella questione andava risolta, e subito. Digitò il numero di sua sorella e poi esitò. Avrebbe dovuto allarmarla forse per nulla?

Guardò l’ora e fece una smorfia, Lois l’avrebbe uccisa se l’avesse svegliata per niente telefonando a Clark… ma, meglio la collera di Lois per un falso allarme che la possibilità che i suoi timori fossero veri.

 

Kara era seduta ad un tavolino, da sola. Mon-El la osservò pensieroso. Era sicuro che stesse bene, la serata non era andata male, malgrado la fastidiosa presenza di quella Luthor Dru-Zod. I suoi pensieri si discostarono subito dai sentimenti della ragazza per concentrarsi sui propri. Gli dava fastidio il mondo in cui le due kryptoniane si guardavano, ma dopo tutto quello che aveva fatto per Kara di certo lei non lo avrebbe lasciato. Insomma, aveva rinunciato alla corona di re di un intero pianeta per lei!

Sbuffò, asciugando un bicchiere e posandolo al suo posto, per poi servire un alieno con una buffa cresta blu.

La porta si aprì ed entrò Maggie. Mon-El la fissò perplesso, era sicuro che fosse con Alex…

La ragazza andò dritta da Kara e le parlò rapidamente, la giovane scattò in piedi e si allontanò decisa.

“Ehi!” La richiamò lui, ma Kara era già uscita dal bar, muovendosi a super-velocità. “Cosa sta succedendo?” Domandò alla detective, con aria aggressiva. La donna lo fissò, mentre sul volto le si disegnava uno sguardo pieno di divertito sarcasmo.

“Oh… la ragazza d’acciaio, ha trovato altro acciaio a cui aggrapparsi…” Gli fece l’occhiolino e lui le afferrò il braccio furioso, trattenendo a stento la sua forza.

“Che cosa significherebbe questo?” Maggie abbassò lo sguardo sulla sua mano e poi alzò il viso fissandolo, fino a quando lui non lasciò la presa.

“Significa che un daxamite, idiota, incapace, dall’aspetto e dal carattere di un adolescente, non può rivaleggiare con una kryptoniana estremamente intelligente, bella e dall’animo nobile.” Ghignò nel vedere ogni parola colpire il giovane.

“Non è vero, menti!” Ringhiò Mon-El.

“Vuoi sapere cosa sta succedendo? Ho dato questo indirizzo a Kara… lì è corsa, perché lì si trova Lena, vacci anche tu e vedrai con i tuoi occhi.” Prese un tovagliolo e vi scrisse sopra un indirizzo poi se ne andò, sulle labbra lo stesso sorriso pieno di divertito sarcasmo con cui aveva parlato.

Mon-El afferrò il foglietto e lo strinse tra le dita, Maggie raggiunse la porta e si voltò di nuovo a guardarlo.

“Un paio di balzi e potresti guardarle mentre si baciano…” Gli fece un occhiolino e uscì dal bar, scomparendo nella notte.

“Maledizione!” Ringhiò uscendo a sua volta, furioso.

 

“Alex!” Kara atterrò, guardandosi attorno preoccupata, fino a quando non vide sua sorella uscire dall’ombra, un’espressione ansiosa sul volto.

“Kara, meno male hai ricevuto il messaggio di Maggie, non potevo chiamarti, non ero sicura…”

“Cosa sta succedendo? Dov’è Lena?” Chiese lei, il cuore che batteva rapido a causa della paura.

Aveva indossato il costume di Supergirl in un solo istante, volando più rapida che potesse per raggiungere quel posto in cui, secondo il messaggio di Maggie, Lena era nei guai e Alex la stava aspettando.

“Voltati.” Le ordinò la donna e Kara fu sorpresa dal suo tono, Alex non usava mai un tono simile, neppure quando era molto agitata, neppure con gli agenti che comandava al DEO. “Per favore.” Chiese la ragazza e Kara obbedì. Sentì le mani della donna scostarle i capelli dal collo e fu percorsa da un brivido.

“Cosa stai facendo?” Le domandò girando la testa e osservando perplessa quello che Alex teneva tra le mani.

“Si tratta di un prototipo, ma dovrebbe permetterti di individuare Lena.” Kara annuì subito, senza chiedere altro, si fidava di Alex. “Ecco, aiutami a…” Kara sollevò i capelli mentre quella specie di collare si chiudeva attorno al suo collo.

“Perché dovrei aver bisogno di questo aggeggio per individuare Lena?” Chiese, mentre faceva una smorfia al contatto del freddo metallo.

“Oh… beh…” Con un clic il collare si chiuse.

È un po’ stretto.” Comunicò.

“Stretto? Sarà l’ultimo dei tuoi problemi.” Kara si voltò fissando la sorella, il cui tono era cambiato di nuovo, diventando pieno di freddo sarcasmo.

“Cosa…?” Domandò alzando le mani e chiudendole sul collare, lo avrebbe tolto, subito.

“Non sai da quanto tempo io desideri fare una cosa simile! Oh, certo, non sei… lei, ma andrà bene lo stesso.” Kara tirò, ma malgrado lo sforzo il metallo non si ruppe.

“Chi sei, tu?” Chiese e la donna rise.

“Alex Danvers.” Affermò, mentre estraeva dalla tasca un telecomando. “E ora, Kara Zor-El, farai tutto quello che ti dico.”

La donna premette sul pulsante mentre lei si lanciava in avanti e il dolore fu atroce. Kara si accasciò a terra, le mani attorno al collo, incapaci di togliere quel collare che ora risplendeva di verde.

“Perché…?” Riuscì a domandare.

“Oh… perché è divertente, perché è da quando ho trovato questo giocattolo in una bunker di Lex Luthor che voglio provarlo e perché sono sicura che alla mia Kara piacerà il regalino… o forse no.” Kara rantolò cercando di rimanere cosciente, mentre Alex ridacchiava. Non riusciva a pensare, non riusciva a comprendere, sapeva soltanto che Lena doveva essere in grave pericolo e lei non riusciva a muoversi.

“Quasi mi fai pena…” Le disse la donna continuando a guardarla, ma nei suoi occhi non vi era traccia di nessuna pietà. “Questa è un’altra cosa che desideravo fare da tempo.” Alex, o almeno, quella donna con il viso e la voce di Alex, alzò il pugno e poi lo abbatté sul suo volto, facendola precipitare nel buio.

 

Lena sentì i denti della donna incidere con forza la sua pelle e sobbalzò, non poteva essere… si strappò dal bacio e sollevò il viso della donna che aveva baciato fino ad un istante prima, permettendo alle luci della città di illuminare i suoi occhi e il suo viso.

Vi era desiderio in essi, passione, ma anche qualcosa di…

Un sorriso si aprì sul viso di Kara, un sorriso divertito, un sorriso… malvagio.

“Credevi davvero che ti avrei permesso di andartene? Credevi davvero che avrei permesso a un’altra me di toccarti?” Le domandò.

Il gelo si impossessò del corpo di Lena.

“Linda?” Domandò ed eccola comparire nei suoi occhi quella stilla di follia, di odio, di malvagità, quella che aveva dominato i suoi occhi mentre uccideva sua madre, colpevole vi aver scoperto la sua vera identità e di aver mostrato a Lena la sua natura malvagia. “Cosa le hai fatto?” Chiese, mentre spingeva via la donna, disgustata dall’idea di averla baciata di nuovo, disgustava di aver provato piacere nel sentire le sue mani toccare il proprio corpo.

“Io? Nulla.” Assicurò la ragazza, cercando di riavvicinarsi. Lena strinse il pugno e si scagliò su di lei, ma Linda fu più veloce e la colpì mandandola a infrangersi contro la parete di vetro e a rotolare in quello che avrebbe potuto essere il suo ufficio.

“Lo sai che sei più debole di me.” Le ricordò. “Sei solo la figlia di uno scienziato, era mio padre ad essere un generale, io sono nata per combattere.” Rise, nel vedere il suo volto bianco di paura. Non erano mai stati i pugni il suo forte, non che non sapesse combattere, aveva passato anni ad allenare mente e corpo a ogni tipo di combattimento, ma quando doveva affrontare lei… era come se fosse solo una donna, dal cuore spezzato.

“Uccidimi, ma lascia questa dimensione in pace.”

“Ucciderti?” Domandò lei e sembrò veramente sorpresa. “Io ti amo!” Affermò e Lena provò solo disgusto nel sentire quelle parole sulle sue labbra. “Ti riporterò a casa e staremo assieme, come prima.” Sorrise, un sorriso che non era neppure lontanamente simile a quello della Kara di questa realtà.

“Prima che tu uccidessi mia madre? Prima che io scoprissi che eri la mente dietro alla maggior parte dei massacri compiuti da tuo cugino?”

“Oh, andiamo, non negare che ti piacevo.” Sorrise. “Lo hai ammesso, pochi minuti fa: amavi Linda Danvers.” Le ricordò e Lena strinse di nuovo i pugni, forse non poteva vincere, non così, ma questo non significava che non avrebbe potuto provare e morire nel tentativo, sarebbe stato comunque un sollievo e una vittoria.

Linda sorrise.

“Oh, no, no, no. Non ci pensare neppure. Tu, ora, farai esattamente quello che ti dico, altrimenti le cose finiranno male… mi hanno detto che ti sei fatta degli amici qua.” Lena impallidì di nuovo.

“Hai detto che mi ami, è così che lo dimostri? Minacciandomi?” La donna inclinò la testa, pensosa.

“Non hai tutti i torti… non voglio iniziare la nostra nuova storia ferendo i tuoi sentimenti, so bene che hai un debole per questa specie inferiore.” Roteò gli occhi con divertimento. “Ora vieni con me, senza lottare e tutto andrà per il meglio.”

Lena esitò, per un breve istante pensò ancora alla ribellione, poi abbassò il capo sconfitta e quasi sentì il sorriso soddisfatto che compariva sulle labbra della giovane. Aveva vinto, vinceva sempre.

 

Winn alla sua postazione digitava rapido, J’onn fissava Alex che, il telefono incolato all’orecchio, cercava di contattare Kara.

“Non risponde.” Disse per l’ennesima volta.

“Chiama Mon-El.” Suggerì allora Maggie e Alex fece una smorfia, ma poi obbedì.

Mon-El!” Esclamò, per la prima volta felice di sentire la sua voce. “Dov’è Kara?”

“Kara? È con quella…” Alex corrugò la fronte nel sentire il tono del giovane. “Schifosa traditrice di una Luthor!” Sputò alla fine il daxamite.

“Senti, Kara è in pericolo! Così come Lena, ma non riusciamo a…”

“In pericolo? Le ho viste!” Il tono del giovane si spezzò in un singhiozzò e Alex tremò, spaventata che il peggio fosse già successo. “Erano avvinghiate, Kara, la mia Kara, avvinghiata a quella schifosa…”

“Di cosa diavolo stai parlando?” Alex sbatté gli occhi, si era aspettata di tutto, ma non quello.

“Sto parlando di Lena e Kara che si baciavano sul balcone della Luthor Corporation.” Ora il giovane piangeva. “La mia Kara! Quella donna, quell’arrogante kryponiana, deve averla corrotta, perché lei non mi avrebbe mai fatto una cosa simile, non dopo quello che io ho fatto per lei!”

“Hai visto mia sorella baciare Lena Luthor e te ne sei andato via?” Domandò Alex, completamente sconvolta dalla cosa. Quell’uomo non aveva neanche un briciolo di orgoglio?

“Cosa avrei dovuto fare? Kara mi avrebbe lasciato se mi avesse visto!”

“Tesoro, concentrati.” Le disse Maggie mentre lei si preparava a dire a Mon-El cosa pensava di lui.

Alex scosse la testa e tornò a quello che importava.

Luthor Corporation hai detto?”

“Sì.” Piagnucolò il ragazzo. “La mia…” Alex riagganciò, aveva ascoltato troppo, ancora una parola e sarebbe scoppiata.

“Dobbiamo avvertirle.” Guardò verso J’onn che annuì. Rapido il suo corpo si trasformò, mentre già si lanciava verso il cielo.

“Come procede la tua idea?”

“L’idea di Lena, intendi?” Chiese Winn continuando a digitare.

“La tua idea basata su quella di Lena.” Si corresse lei alzando gli occhi al cielo.

“Bene. I dati della Fortezza che mi sta inviando Superman, mi hanno permesso di avere un’idea precisa delle frequenze da cercare.”

“Non avevi detto che con i kryptoniani era impossibile?” Domandò allora Maggie.

“Impossibile perché loro vibrano a frequenze uniche per cui analizzando Lena non eravamo riusciti a dedurne la frequenza della sua Terra, ma, dalla Fortezza, o meglio, dal portale della Fortezza, sono passate anche due umane e la loro frequenza, rapportata alla nostra è calcolabile.”

“E quindi rintracciabile.” Concluse Alex.

“Esatto ancora pochi minuti e potrò dirvi dove si trovano le nostre due intruse.” Assicurò Winn, soddisfatto.

Un tonfo e J’onn fu di nuovo Hank Henkshaw.

“Non c’erano, ma vi erano evidenti segni di lotta.” Alex si morse il labbro preoccupata.

“Dobbiamo trovarle, Winn, subito.”

 

 

 

 

Note: Le cose si fanno intricate e pericolose. Kara si è lasciata attirare in una trappola, fidandosi prima di Maggie e poi di Alex, ma non delle sue Alex e Maggie. Lena, invece, si è resa conto dell’errore che stava commettendo, ma ha dovuto piegarsi alla minaccia di quella crudele Kara.

Ma chi è questa Kara, questa Linda Davers? Di certo è astuta, spiava questa dimensione da cinque giorni e ha presto capito con quale leva piegare Lena all’obbedienza ed è anche malvagia, ma questo già lo sospettavamo.

Le due Alex, intanto, stanno attuando ognuna un piano preciso. La malvagia ha catturato Kara, la nostra ha trovato, assieme al DEO, un modo per rintracciare le intruse… insomma, ragazze, si balla!

 

La situazione è tutto meno che rosea… come andrà a finire? Idee, pensieri, riflessioni? Fatemi sapere!

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Capitolo 11
*** L’accordo ***


L’accordo

 

Un bruciore improvviso la fece rinvenire. Kara aprì gli occhi e ricevette un secondo deciso schiaffo. La sua testa ruotò con violenza e lei gemette di dolore.

“Bentornata.” Le disse Alex, non la sua Alex ricordò una parte della sua mente che riusciva a rimanere a galla malgrado il dolore.

“Smettila!” Richiese una seconda voce. Questa volta il cuore di Kara accelerò, mentre il suo sguardo si focalizzava su una figura elegante, poco distante da lei.

“Lena…” Riuscì a chiamare.

“Andrà tutto bene.” Le disse la donna e una seconda figura entrò nel suo raggio visivo, ridotto dal dolore, Kara si vide mentre metteva una mano attorno al fianco di Lena e sbatté gli occhi confusa.

“Dovevi proprio farlo, non è vero?” Domandò la donna con il suo stesso viso, con il suo stesso costume, persino con la sua stessa voce. Improvvisamente pensò a Bizarro e poi scosse la testa, sapeva che non era quello il punto, ma non riusciva a concentrarsi.

“Pensavo che ti avrebbe fatto piacere.” Assicurò Alex e meno di un battito di ciglia dopo la donna che assomigliava a lei, la sollevò da terra trattenendola per il collo con una sola mano.

“Cosa ti avevo chiesto?” Domandò con voce quasi annoiata, gli occhi attenti che seguivano Maggie che si stava muovendo in avanti. “Non ti muovere se non vuoi che le spezzi il collo e poi faccia lo stesso con te.” Maggie si fermò, ma era chiaro che non era contenta.

“Dovevo seguire i loro movimenti, tenermi nascosta e avvisarti non appena Lena usciva da sola.”

“Esattamente. Allora perché ora mi ritrovo con Superman a guardia del portale e un marziano verde sulle mie tracce?” La domanda era retorica, ma Alex rispose comunque.

“Perché ho catturato la tua copia mettendoli in allarme. Ho fatto un errore.” Ammise e la donna la lasciò cadere di nuovo a terra.

“Bene, ora andiamo avanti.”

Kara notò lo sguardo della donna fissarsi su di lei, mentre si avvicinava. Per un istante si chiese perché non fosse affetta dalla kryptonite, poi ricordò l’acciaio che rivestiva il collare, doveva in qualche modo schermare la kryptonite verso l’esterno e, invece, colpire lei a contatto con la pelle.

La donna la sollevò in piedi, in maniera brusca.

“Cosa dovrei farne di te…”

“Hai detto che non le sarebbe successo nulla di male.” Intervenne Lena.

Kara tornò a guardarla, era diversa: l’abito in disordine, lo chignon scompigliato, il trucco era leggermente sbavato, il suo soprabito strappato in alcuni punti… tutto faceva pensare che avesse lottato, ma sul suo viso vi era un’espressione che raccontava qualcosa di diverso.

Si era arresa. Comprese infine Kara.

“Lena…” Tentò di chiamare ancora, ma ricevette un deciso pugno nel ventre che le fece lacrimare gli occhi.

“Non pronunciare il suo nome in quel modo, lei non è tua, non lo è mai stata e non lo sarà mai.”

“Linda!” Lena posò una mano sul braccio della donna e Kara vide di nuovo qualcosa brillare nei suoi occhi. “Hai detto che non l’avresti ferita e quel collare va già oltre la tua promessa.”

“Non l’ho messo io il collare …” Le ricordò la donna e poi si voltò accarezzando il viso di Lena che non si sottrasse, malgrado stringesse la mascella con forza. “Va bene, va bene.” Kara cadde di nuovo a terra, incapace di sostenersi sulle proprie gambe.

“Grazie.” Kara soffrì più per quel tono dismesso in Lena che per la kryptonite e i colpi. Non era il suo corpo a sanguinare questa volta, ma il suo cuore.

“Alex, Maggie, tenete Lena sotto sorveglianza, se tentasse di scappare o di fare qualche follia uccidete la ragazza. Sei veloce, tesoro mio, ma un solo click su quel telecomando e questa mezza cartuccia muore.” Lo disse con gli occhi fissi su Lena che annuì impercettibilmente. “Molto bene, io mi occuperò dei vostri casini, ho un segugio di Marte da sistemare e un El da sfidare, anche se dubito saranno all’altezza…” Tornò a guardarla con un ghigno divertito e poi sparì.

Per un lungo momento le quattro donne rimasero in silenzio. Kara cercava lo sguardo di Lena, ma la donna era persa nei suoi pensieri.

“Ne è valsa la pena?” Spezzò il silenzio, Maggie.

“Oh, sì.” Kara fu stupita dal tono goduto di Alex e anche Lena, perché il suo sguardo si fissò sulle due donne.

“Cosa state pianificando?” Domandò, secca, forse si era arresa a quella terribile versione di Kara, ma non sembrava intenzionata a cedere anche alle due donne.

“Cosa stiamo pianificando?” Ritorse Maggie, divertita, e Alex la raggiunse, baciandola.

“Divertente quello che hai fatto all’idiota.” Le disse mordendosi il labbro.

“Non era programmato, lo so, ma avevo troppa voglia di cancellare quel sorriso da deficiente che si porta sempre dietro e quell’aria da coglione che spaccia per dolcezza.”

“Cosa avete fatto a Mon-El?” Chiese Lena, stringendo i pugni e facendo un passo verso di loro. Alex alzò subito la mano, mostrando il piccolo telecomando che controllava il collare.

“Attenzione, Luthor, non ti piacerà vedere il collare di tuo fratello fare del male a questa tenera e dolce versione di Linda.”

Kara sollevò il capo, non riusciva a seguire granché della conversazione, ma la voce di Lena la risvegliava dal dolore.

“Mi dispiace.” Mormorò e la donna la guardò sorpresa.

“Tu non hai nessuna colpa!” Le assicurò, ma lei scosse la testa, anche se così si procurò una fitta di dolore ulteriore che risalì fino al centro dei suoi occhi.

“Io… mi sono lasciata prendere come una stupida…”

“Sì, si può dire così, si è fatta mettere il collare come un bravo animaletto scodinzolante e solo perché le ho assicurato che così ti avrebbe trovata e salvata da un fantomatico e mai specificato pericolo. Dio, è così ingenua che fa quasi pena.” Spiegò Alex.

Lena non distolse gli occhi da lei, sul suo viso vi era un’espressione colpevole e triste.

“Mi dispiace, ma farò in modo che non ti faccia del male.” Assicurò. Kara avrebbe voluto urlare, lo vedeva di nuovo nei suoi occhi, quella resa, e comprese. Finalmente i pezzetti così ovvi davanti a lei si collegarono. Quella era la Kara del mondo di Lena ed era venuta a riprendersela. Perché non lo sapeva, ma quello che era chiaro è che Lena aveva stretto un qualche tipo di accordo, probabilmente si era arresa in cambio della sicurezza di Kara e forse dell’intero mondo.

“Non ci crederai per davvero?” Intervenne Alex e Maggie ghignò.

“La ucciderà nell’istante stesso in cui avrai passato il portale. Oh, non personalmente, ha promesso, ma lo farà fare a noi.” Dichiarò Maggie, senza il minimo dubbio. “E poi…”

“Ha scoperto un modo per viaggiare tra le dimensioni, credi davvero che si fermerà ad un solo mondo?” Concluse Alex. Sembravano due strumenti in perfetta sintonia, come se avessero provato il pezzo.

“Ma… noi avremmo qualcosa da proporti.” Concluse Maggie.

“Non mi fido di voi.” Sbottò Lena. “Non farò nessun accordo, non vi starò neppure ad ascoltare.”

“Oh, invece lo farai.” Alex mosse il dito e Kara si ritrovò a gemere per il dolore.

“Smettila!” La voce di Lena funzionò da ancora, mentre il dolore diminuiva e lei riusciva in qualche modo a rimanere cosciente. “Va bene, vi ascolto.” Ringhiò la donna.

“Sei sempre stata la nostra spina nel fianco, hai sempre evitato lo scontro aperto, malgrado tu non ti sia mai tirata indietro dallo sporcarti le mani. Sei sempre stata troppo intelligente, ma c’è una cosa alla quale non hai pensato.” Alex guardò Maggie che estrasse dalla giacca un piccolo cilindro di piombo.

“A volte non è con la forza che si vince, ma con la debolezza.” Maggie agitò la fialetta tra le dita e sorrise.

“Quella è…” Lena era impallidita.

“Sì, un altro regalino dal tuo defunto fratello, un genio, se non si fosse fatto tanti scrupoli nel timore di ferirti probabilmente avreste vinto, voi due assieme.” Alex fece l’occhiolino a Lena che però sembrava incapace di distogliere lo sguardo dal contenuto della mano di Maggie.

Kara non capiva, cosa avrebbe potuto contenere di peggiore del collare che portava lei?

“Non riuscirò mai a farglielo prendere, credete che non abbia tentato?” Domandò Lena e le due donne sorrisero.

“Oh, chi ha detto che deve prenderlo lei?”

“Perché?” Lena, come sempre aveva afferrato al volo la questione che a Kara ancora sfuggiva, ma il suo tono non le piacque per niente.

“Lena, riuscirò a… non fare nulla di…” Il dolore fu di nuovo intenso e le tolse il respiro oscurandole la vista.

“Fatti un favore: stai zitta.” Le suggerì Maggie.

“Dicevamo.” Riprese Alex.

Kara si rilassò tra le braccia di Lena che ora la stringeva. Il dolore non era diminuito di molto, ma era confortante averla accanto.

“Lei dovrebbe morire, ma, io e Maggie potremmo risparmiarla se tu farai questo piccolo sacrificio.”

“Cosa ne guadagnereste voi? Linda sarà furiosa, probabilmente vi ucciderà.” Lena la strinse un po’ di più tra le braccia, come se volesse alleviare la sua sofferenza, ma non sapesse come.

“Linda non lo saprà mai, io ti consegnerò questa e tu la userai con lei presente, non potrà fare nulla e non potrà immaginare che siamo state noi a dartela.” Spiegò Maggie.

“Senti, Luthor, sai bene, quanto noi che Linda disprezza la debolezza. Il piano è semplice, torniamo tutte nel nostro mondo, io e Maggie affermiamo che abbiamo ucciso la sciocchina qua a terra e tu puoi prendere il composto. Linda non avrà più nessun interesse per questo mondo e, se sei fortunata neppure per te e, forse, ti lascerà morire in pace.”

“E voi, cosa ci guadagnate?” Domandò allora Lena. Le due donne si guardarono, quella domanda poteva solo significare che Lena stava cedendo.

“Tu sei il suo peggior nemico, che lei lo ammetta o no. Non avrebbe mai promesso di lasciare questo mondo in pace se tu non l’avessi già resa debole. E noi, non vogliamo che lei sia debole.”

Persino Kara, semi accecata dal dolore comprese che non era tutta la verità.

“E?” Domandò infatti Lena.

“Nulla, questo è tutto.”

“Non farò nulla se non siete assolutamente sincere con me.” Decretò lei e le due donne si guardarono di nuovo.

“Ebbene…” Iniziò Maggie.

“Ci piacerebbe tanto spezzarle il cuore.” Concluse Alex, un ampio sorriso, pieno di crudeltà sulle labbra. “Le siamo fedeli perché è la più forte, ma questo non significa che non sia piacevole immaginare quanto soffrirebbe se la sua… come ti ha definita? ‘Dolce metà’ viene squalificata in un modo simile.”

Dopo un lungo istante Lena tese la mano. Kara non era sicura se fosse solo una sua impressione, ma le pareva quasi che la mano di Lena avesse tremato.

“Lo farò.” Assicurò e sul viso delle donne apparve un sorriso soddisfatto. “Ma lei vivrà, voglio la vostra parola.”

“Affare fatto.” Acconsentì subito Alex e Maggie annuì.

“Parola di scout.”

La fialetta passò di mano e Lena la fece sparire nella sua giacca.

 

Alex entrò nella cabina di pilotaggio e osservò la distesa di ghiaccio che stavano sorvolando.

“Dieci minuti all’atterraggio.” Affermò l’uomo ai comandi del velivolo.

“Molto bene.” Rispose e poi tornò nell’hangar. Maggie stava indossando un paracadute, mentre James verificava la sua attrezzatura insieme ad una squadra completa del DEO.

“Dieci minuti.” Comunicò e poi andò a infilarsi a sua volta un paracadute.

“Andrà tutto bene.” Le mormorò Maggie stringendole per un istante il braccio e sorridendole. “La troveremo.”

Alex annuì. Clark stava lottando là sotto, mentre J’onn era in un letto dell’infermeria, incontrare da solo la Kara dell’altra dimensione era stato un disastro. Non rimaneva che Superman a bloccare la sua via di fuga.

“Ci siete quasi.” La voce di Winn nell’auricolare precedette di qualche istante quella del pilota che annunciava l’abbassamento della rampa. “Rilevo quattro kryptoniani e due umani.” Aggiunse il giovane, seduto al suo computer alla base del DEO.

“Ricevuto.” Rispose Alex, mentre si incamminava verso la rampa, ormai completamente abbassata.

Il vento, ora, sibilava nelle loro orecchie, protette dai caschi, raggelando l’aria, malgrado le tute termiche.

La luce divenne verde e gli agenti del DEO iniziarono a lanciarsi, fino a quando non fu il turno di Alex. Respirò a fondo, sfiorando la pistola assicurata al suo fianco, quasi sentendo il peso di quel proiettile di kryptonite e poi si lanciò nel gelido cielo sopra la Fortezza della Solitudine.

Chiuse le braccia, scendendo a folle velocità, sapeva che era un tuffo pericoloso, ma il cielo non apparteneva a loro, non quando vi era almeno una kryptoniana ostile che li aspettava. Accanto a lei sfrecciò una figura in rosso e blu. Clark o l’Ostile? Non lo sapeva e non poté rifletterci perché il paracadute si aprì e lei fu tirata violentemente verso l’alto. Pochi metri e toccò il suolo, rotolò attutendo la caduta e poi si tirò in piedi.

Si sfiorò il casco e attivò il visore notturno, mentre con l’altra mano estraeva l’arma.

Le apparvero subito i dati di cui necessitava, la squadra era tutta a terra e si stava muovendo verso il punto di raccolta, la Fortezza era davanti a loro, al suo interno il loro obbiettivo primario: sua sorella.

Iniziò a camminare, ignorando il freddo e la paura, ignorando il cielo che si tingeva di violente strisce rosse mentre i due kryptoniani si affrontavano in una battaglia senza esclusione di colpi.

Una volta che la squadra fu raggruppata camminarono in gruppo, rapidi e silenziosi, fino a quando non furono all’interno, da qualche istante la lotta nel cielo si era fatta silenziosa, un pessimo segno, perché Clark non si era fatto sentire il che poteva significare solo una cosa: aveva perso.

 

Lena strinse la fialetta nel pugno infilato nella tasca della giacca.

Non poteva fidarsi di Alex e Maggie, lì dentro poteva esserci qualsiasi cosa, ma doveva rischiare, doveva perché se avevano detto una cosa vera era che Linda avrebbe ucciso la dolce ragazza che aveva conosciuto negli ultimi mesi, la ragazza che le aveva mostrato quello che avrebbe potuto essere la sua vita se fosse nata in una dimensione differente, la ragazza che con la sua dolcezza l’aveva spinta ad amare di nuovo.

Linda atterrò con fragore all’interno della Fortezza, aveva il labbro spaccato e si teneva un braccio con sofferenza, ma sul suo viso vi era un ghigno soddisfatto.

“Niente male per essere un uomo.” Commentò. “Direi che ci siamo divertite abbastanza, è ora di tornare a casa.”

“Ferma!” Urlò una voce e Lena si voltò osservando Alex, una pistola in pugno, che si faceva avanti, l’aria determinata. “Non andrai da nessuna parte.” Dichiarò. “Non con mia sorella o Lena.”

Vi fu un momento di silenzio, poi Linda scoppiò a ridere, mentre Kara accasciata a terra, con la kryptonite al collo, mugugnò ad Alex di andare via.

“Siete stati veloci…” Commentò, senza alcuna paura la donna, mentre drizzava la schiena con una piccola smorfia di dolore.

“Lena, prendi Kara e vieni verso di me.” Ordinò Alex.

“Alex, non posso.” Mormorò lei, mentre dalle colonne spuntava una seconda Alex che, invece di stringere una pistola, teneva stretto il telecomando del collare.

“Una sola mossa e la tua sorellina muore.”

Lena si guardò attorno, sentiva gli agenti del DEO schierarsi attorno a loro. Ma nessuno di loro avrebbe potuto salvare la situazione, nessuno di loro poteva essere rapido quanto Linda.

“Se premi quel pulsante la tua padrona muore.” Le rispose la maggiore delle Danvers, gli occhi fissi sulla sua preda.

Era come osservare uno strano specchio, qualcosa di distorto eppure stranamente bilanciato.

“Stallo alla messicana.” Dissero in coro le due Maggie, mentre si puntavano le pistole, gli occhi che si allacciavano.

Pezzi identici su di una scacchiera, pezzi identici ma dai colori diversi.

Gli scacchi, certo… a volte bisognava sacrificare la regina, per ottenere la vittoria.

Lena strinse la fiala nel pugno e capì quello che doveva fare.

 

 

 

 

Note: Lena ha avuto un’interessante chiacchierata con le due Evil Alex e Maggie, ma soprattutto ha ottenuto una misteriosa fialetta… cosa conterrà? E, più importante, cosa pensa di farne Lena? Che significa sacrificare la regina?

Una cosa è sicura, la situazione è tesissima, un solo errore e Linda Danvers potrebbe ucciderli tutti, anche se ferita. Siamo alla resa dei conti?

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Capitolo 12
*** Sacrificare la regina ***


Sacrificare la regina

 

Lena guardò verso Kara, la ragazza aveva uno sguardo appannato, la prolungata esposizione al collare di kryptonite la stava uccidendo. Doveva risolvere la situazione. Lanciò uno sguardo verso Alex, l’Alex che teneva il telecomando, la donna crudele e spietata con cui aveva stretto un accordo e la vide impercettibilmente annuire.

“Cos’hai lì?” Domandò Linda, fredda e crudele come mai avrebbe potuto essere la Kara di quella dimensione, gli occhi fissi sulla donna che aveva portato lì il DEO. “Un proiettile di Kryptonite? Uno solo? Dovrai essere precisa e… veloce…” Lena sapeva che stava giocando, lei adorava giocare con le sue vittime, come un gatto con il topo.

Doveva permettere ad Alex di mettere a frutto quell’unico colpo, doveva distrarre la ragazza: doveva sacrificare la regina. Con deliberata lentezza estrasse la fialetta dalla tasca e l’alzò. Tutti gli occhi si fissarono su di lei.

“Cos’è quella?” Domandò subito Linda facendo un passo verso di lei. Lena guardò Alex, questa volta quella con la pistola, e la ragazza capì al volo quello che le chiedeva.

“Un regalo di Lex.” Affermò.

Agli occhi umani tutto si svolse troppo rapidamente, un secondo prima Lena reggeva la fialetta immobile e Linda era una salda minaccia davanti al portale, l’istante dopo Lena era a terra, scossa dagli spasimi mentre la kryptoniana la stringeva tra le braccia.

Alex colpì in anticipo, sparando il colpo prima ancora che Linda si muovesse. Quando la donna strinse Lena tra le braccia il proiettile giunse a segno.

Per Lena, invece, tutto fu più lento e chiaro.

Sollevò il braccio e si portò il liquido alle labbra. Mentre Linda si lanciava verso di lei, veloce come solo una kryptoniana sotto il sole giallo poteva essere, Alex sparava e Kara, a terra, tendeva la mano in un inutile tentativo di fermarla.

Trangugiò e sentì il suo corpo sussultare, poi iniziarono le convulsioni e lei sarebbe caduta a terra se Linda non l’avesse afferrata, un istante prima che il proiettile la colpisse al torace.

Lena non poté fare a meno di chiedersi cosa diavolo avesse ingurgitato, perché quella non era la formula di Lex.

Alex e Maggie le avevano mentito, ma non importava. Scivolò a terra, perché Linda ora non poteva più sorreggerla e io suoi occhi si incrociarono con quelli lucidi di Kara.

Sorrise, poi la sua mente si chiuse.

 

Kara annaspò tentando di alzarsi, poi rinunciò e invece strisciò verso Lena. Un violento innalzamento del dolore la fece gemere, bloccandola sul posto.

“Molto bene, ora che ho la tua attenzione, Alex.” Disse la donna che era sua sorella, ma in una versione da incubo. “Hai steso la mia Kara, io posso uccidere la tua. Facciamo così: io me ne vado con lei e Maggie e tu ti tieni la tua Kara e Lena o almeno quello che rimane di lei. Non sono sicura che si sveglierà mai, credo di aver… pasticciato con la formula di suo fratello.”

Lei digrignò i denti, ma non poté fare nulla, invece sentì la voce di sua sorella acconsentire.

Pochi minuti e il portale si aprì, vi fu un lampo e poi attorno a lei vi furono solo più gli agenti del DEO.

“Lena…” Disse cercando con lo sguardo il corpo della donna. James stava effettuando un vigoroso massaggio cardiaco e i suoi occhi si riempirono di lacrime.

“Andrà tutto bene.” Le mormorò Alex, sganciandole con delicatezza quel maledetto collare.

Il sollievo fu immenso, riuscì ad alzarsi, prima sulle ginocchia e poi, barcollando, a dirigersi verso Lena.

“Cos’ha preso?” Le domandò Alex. Mentre James non smetteva di spingere sul suo petto, la fronte imperlata di sudore, malgrado il freddo della Fortezza.

“Io… non lo so… qualcosa, qualcosa creato da suo fratello e datole da Alex e Maggie. Non… voi, le altre.”

Sua sorella le annuì, ma i suoi occhi erano preoccupati e la fissavano attenti.

Kara prese la mano di Lena e la strinse.

“Svegliati!” Ordinò, la voce roca. “Non ti permetterò di morire per me.” Sentiva la forza lentamente tornare, ci avrebbe messo del tempo a sentirsi bene davvero, ma strinse i pugni, poi guardò James.

“Spostati.”

“Non sei ancora abbastanza in forze per…” Intervenne Alex.

“Spostati!” Disse con più decisione Kara e il giovane obbedì, poi la kryptoniana abbatté un pugno sul petto di Lena. “Svegliati!” Urlò.

Nulla, con rabbia, gli occhi che bruciavano di lacrime, abbatté un altro pugno sul torace della giovane.

“Ho detto svegliati!” Impose e poi si accasciò a terra quando un leggero battito sfiorò le sue orecchie, leggero, ma regolare.

Alex posò le dita sul collo della kryptoniana e annuì.

“Abbiamo un battito.” Annunciò.

Kara si fece aiutare da Alex che la aiutò a stendersi sul blocco di ghiaccio lasciando che il sole le restituisse la sua forza, accanto a lei fu sistemata Lena e poi, una mezzora dopo, anche Kal, trovato nella distesa di ghiaccio, in condizioni critiche, ma ancora vivo. Chiuse gli occhi e si lasciò andare.

 

***

 

Le sembrava che il tempo si fosse riavvolto. Certo, ora non era davanti alla parete di una cella, ma osservava lo stesso il corpo di Lena, giacere immobile, privo di coscienza, aspettando che si svegliasse.

Aveva bisogno di sapere che stava bene, aveva bisogno di vedere i suoi occhi chiari aprirsi e di sentire ancora la sua voce. Aveva bisogno di capire, capire quello che aveva fatto e perché, di capire cosa le aveva nascosto, perché niente di quella storia aveva senso, non le importava quello che Mon-El aveva giurato di aver visto, abbracciandola con sollievo quando aveva scoperto che non era lei la Kara con Lena sul balcone della Luthor Corporation, voleva solo che si svegliasse, ma il sole non sembrava avere nessun effetto benefico su di lei.

Alex le fece un cenno da fuori della stanza e lei si alzò per poi uscire e guardare la donna, speranzosa, ma il viso di Alex era teso e preoccupato.

“Abbiamo eseguito ulteriori analisi sulla fiala e sul sangue di Lena.”

“E?” Domandò, sempre più spaventata.

“Non riuscivamo a comprendere quello che era perché emette radiazioni che non abbiamo mai visto prima… ma, grazie a Clark e al computer della Fortezza siamo giunti ad una risposta.”

“Avanti Alex, dimmi cos’ha che non va!” Sua sorella sospirò e poi annuì.

“La maggior parte del liquido era composto da kryptonite blu.”

Kryptonite blu?” Domandò lei perplessa, conosceva la rossa e ovviamente la verde, persino quella argento portata dai daxamiti, ma cosa faceva la blu?

“Sì, non siamo sicuri di quello che fa, ma sembrerebbe aver neutralizzato i poteri di Lena rendendola… umana.” Kara sbatté gli occhi poi scosse la testa.

“Questo non spiega perché non si sveglia.”

“Perché ho detto: la maggior parte. Il resto del composto era kryptonite verde, immagino si tratti dell’aggiunta fatta dalla mia doppelgänger. Il suo organismo è sotto attacco radioattivo mentre è incapace di difendersi a causa della kryptonite verde… è come affrontare un virus senza difese immunitarie.”

“Cosa… cosa posso fare?” Domandò, spaventata per quello che Alex stava implicitamente dicendo.

“Nulla, ma noi abbiamo iniziato subito un classico trattamento contro l’avvelenamento da radiazioni, trattandola da umana, cosa che, fino ad ora non abbiamo fatto.”

“Quindi starà bene?” Alex sospirò.

“Non lo so, non ne sappiamo abbastanza per azzardare previsioni, ma faremo tutto il possibile perché si risvegli.” Le assicurò, posandole una mano sulla spalla, cercando di infonderle il coraggio che vedeva mancare nei suoi occhi. “Stalle vicino, sono sicura che la tua presenza l’aiuterà.”

“Non lo so… lei odia la Kara del suo mondo e credo che mi sopporti appena…”

“Non essere ridicola.” La tagliò di netto Alex. “Lei…” Si interruppe e scosse la testa. “Stai con lei.”

Kara annuì e poi tornò nella stanza osservando i medici e le infermiere che si affaccendavano attorno alla donna, togliendo le inutili lampade solari e inserendo flebo di soluzioni nella suo organismo. Con un po’ di timore le prese la mano e poi la strinse.

“Svegliati… per favore…” Chiese piano e poi rimase in silenzio, osservando il lento alzarsi a abbassarsi del suo petto e ascoltando il leggero battito del suo cuore.

 

***

 

Quando aprì gli occhi dovette sbatterli più volte prima di dare un senso alla massa sospesa in aria: un corpo avvolto in un mantello rosso, i capelli biondi che ricadevano verso il basso vinti dalla gravità. Il suo cuore prese a battere veloce, si sentiva debole, tremendamente debole e sentiva tutto attutito, non riusciva a comprendere chi vi fosse attorno a lei, quante persone e quali persone.

La ragazza ricadde a terra gli occhi sgranati.

“Lena! Sei sveglia!” Disse facendo un passo verso di lei, ma fermandosi di netto nel vedere, probabilmente, la paura nel suo sguardo.

“Sono io… Kara… ehm… quella gentile?” L’espressione della giovane era tirata, stanca, ma evidentemente sincera. La osservò per un lungo istante, poi si rilassò, almeno in parte.

“Sei tu…” Mormorò.

“Sì, sono io. Solo io.” Aggiunse e Lena sollevò lo sguardo nel sentire il suo tono di rammarico. Sulle labbra della ragazza comparve subito un sorriso e lei non fu più sicura di quello che aveva visto o sentito. Era lenta, tanto lenta, di solito coglieva ogni sfumatura di un viso e ogni emozione, aiutata non solo dalla super-velocità, ma anche dal super-udito, invece adesso non sentiva il cuore della donna.

“Cosa mi è successo?” Domandò e nel chiederlo ricordò.

“Hai preso quella fialetta e l’hai bevuta.” Le ricordò la donna, ma lei ormai sapeva.

“Ho sacrificato la regina…” Mormorò e Kara la fissò preoccupata.

“Come ti senti? Vuoi che chiami Alex o i medici?”

“Sono… sorda, cieca, ovattata, come se nulla avesse più intensità e tutto fosse spento.” Disse, mentre una lacrima scendeva lungo il suo viso.

“Mi… mi dispiace.” Kara abbassò il volto, si sentiva colpevole, sapeva cosa la donna provasse, ma se lei, quando aveva perso i suoi poteri, aveva avuto la speranza di riaverli, Lena… Lena li aveva persi per sempre.

“Ho scelto da sola.” Affermò allora la donna, alzando lo sguardo verso il soffitto. “Cos’è successo dopo che ho…”

“Alex… la cattiva, ha usato me e il telecomando contro la possibilità di andarsene con la sua Kara. Sono sparite nel portale che Winn ora ha bloccato, da lì non potranno più passare.” Spiegò la giovane e lei annuì.

“Era ferita, non è vero?” Domandò ancora e Kara abbassò il capo.

“Sì, era svenuta. Alex, la mia Alex, le ha sparato un proiettile nel torace.”

Kara le spiegò come fosse stata avvelenata anche dalla kryptonite verde e Lena comprese il perché il composto di suo fratello le avesse fatto così tanto male quando lui si era assicurato che non creasse danni collaterali, se non l’annullamento dei poteri.

Dopo rimasero in silenzio fino a quando Kara non sospirò.

“Chiedimelo.” Le disse allora lei, riabbassando lo sguardo sulla ragazza.

Mon-El mi ha detto che… e poi lei ti ha definito la sua...”

“Sì.” La fermò lei, era troppo difficile da sentire, non voleva, non dalle sue labbra.

“Sì?” Domandò la giovane, confusa.

“Non è qualcosa che amo raccontare, non è qualcosa a cui voglio ripensare, ma ormai credo sia giusto che tu sappia la verità.” Ammise e fu difficile vedere gli occhi della giovane sfuggire i suoi, ma aveva incominciato e doveva finire. “Superman era un flagello per il mio mondo, ma non faceva mai cose davvero orrende… si divertiva, faceva lo spaccone, terrorizzava le persone, certo, ma riuscivamo a contenerlo, a limitare le sue azioni. Poi iniziò ad agire diversamente, in maniera più astuta, più precisa, più dannosa, anche se sottile. Non ci volle molto prima di capire che ora c’era una mente ben più pericolosa a guidarlo.” Sospirò, ricordando quei giorni. “Grazie a questa nuova guida Superman riuscì ad uccidere Lex. Ero… disperata, avevo perso mio fratello.” Alzò gli occhi e incrociò quelli azzurri e lucidi di Kara, poteva capire il suo dolore, lei aveva Alex. “Ma continuai a respirare e a battermi, anche per lui, con tecniche sempre più complesse e giochi sempre più sofisticati, riuscii a contrastare Superman e a credere di poterlo fermare per sempre. Poi arrivò lei.” Malgrado non possedesse più i suoi poteri sentì Kara trattenere il respiro. “Ero il CEO della Luthor Corporation e il mio dipartimento delle risorse umane mi assegnò una nuova segretaria. Bionda, occhi azzurri… mi colpì subito con quel sorriso accattivate, si presentò come Linda Danvers e io… io ci cascai. Ero così concentrata sul mio doppio lavoro che lei fu una ventata di aria fresca. Decisa, risoluta, forte, sapeva quello che voleva e non esitò a farmelo capire.” Kara ora era rossa in volto e fissava il pavimento come se fosse la cosa più interessante del mondo. “Mi innamorai di lei e, nel suo modo malato, lei si innamorò di me, cadendo nella sua stessa rete. Ma compì un errore, mia madre non era accecata dall’amore e capì che qualcosa non andava, indagò e scoprì la verità sulla sua identità.”

“Per questo fu…” Tentò Kara, ma non riuscì a finire la frase e lei annuì.

“Sì. Fu uccisa davanti ai miei occhi. Linda mi disse che nessuno poteva dividerci, che eravamo destinate a stare assieme e a dominare sugli umani. Le sfuggii.” Sospirò e scosse la testa. “Il resto lo sai: decisi di cambiare il corso degli eventi cercando di volare abbastanza veloce da spezzare il muro dello spazio-tempo, ma fallii.”

“E arrivasti qua.” Kara cercò il suo sguardo. “Io… sono felice che tu sia qui. So che non sarò mai… ma… sei importante per me e…” Lena lesse parole inespresse in quegli occhi, lesse sentimenti confusi che però stavano prendendo forma sempre più decisa, come se Kara stesse decidendo di dirle qualcosa di importante. Qualcosa che, però, non poteva accadere, meno che mai dopo quello che era successo.

“Ora sai la verità.” La interruppe, ma sapeva che doveva dirle di più, doveva chiudere quella faccenda, doveva spezzare qualsiasi cosa si stesse formando tra di loro. “Ora sai perché mi era così difficile starti accanto, mi ricordavi troppo lei eppure eri così diversa: timida dove lei era sfacciata, timorosa dove lei era decisa, impulsiva dove lei era pianificatrice, ingenua dove lei era astuta, dolce dove lei era passionale.” Vide le parole colpire la giovane, le aveva poste in un modo in cui era evidente cosa lei preferisse. “Si è rivelata un mostro, certo, ma io l’ho amata e il te rivedevo lei, la piccola parte che mi ha mostrato quando si nascondeva sotto il nome di Danvers. Eppure, ancora una volta, tu non sei lei.”

“Capisco.” Kara aveva abbassato il volto, il suo viso era pallido ora.

“Essere venuta qui è stato un errore. Un errore a cui credevo di poter rimediare, ma ora che sono privata dei miei poteri, so che non potrò mai. Voglio che tu capisca bene questa cosa.” La ragazza si alzò, sorpresa.

“Il tuo piano era ancora quello di tornare indietro nel tempo?” Domandò, stupita.

“Non ho mai affermato il contrario.”

“Ma… noi…” Kara scosse la testa. “Cancelleresti anche i miei ricordi di te, ogni cosa che abbiamo condiviso e quello che… provo…”

“Non ha davvero importanza.” Le rispose, secca, e vide la ragazza sussultare. Kara la guardò per un lungo istante e poi annuì.

“Ho capito.” Affermò. “Credo che… ti lascerò riposare.” Aggiunse prima di uscire e andarsene.

 

 

 

 

Note: Lena è riuscita a sfruttare l’unico punto debole di Linda Danvers, se stessa, ma per farlo ha sacrificato i suoi poteri ed è quasi morta. Per poi svegliarsi accanto a Kara, una Kara pronta a dirle cose importanti che lei non ha potuto e voluto sentire…

Abbiamo scoperto com’è nato l’amore tra Evil Kara e Lena, un inganno, una finzione della quale anche la truffatrice è caduta vittima, un amore che ha causato la morte di Lillian.

E ora?

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Capitolo 13
*** Lividi ***


Lividi

 

“Sei stata crudele.” Alex stava controllando una delle sacche di soluzione che ancora stava assumendo.

“Lo so, era necessario.”

“Perché? Ora non…”

“Non c’è alcuno futuro per me e lei. Nessuno. Credevo che fossimo d’accordo su questo punto.”

“Certo, prima, quando le nascondevi cose, quando sapevamo che saresti dovuta presto partire per una missione probabilmente suicida.” Alex sbuffò, esasperata, guardandola.

“Cos’è cambiato?” Domandò Lena.

“Non avrai mai più i tuoi poteri, questo è quello che dicono le analisi.” Alex fu schietta, dura, ma i suoi occhi non lasciarono quelli della ragazza.

“Ti ha forse fermato, una sola volta, nella tua vita?” La domanda a bruciapelo fece cambiare drasticamente faccia ad Alex. La donna abbassò lo sguardo e poi scosse la testa.

“No.” Ammise.

“Lo immaginavo, così come non ha fermato mio fratello o mia madre.”

“Per questo sei stata così crudele…” Comprese infine Alex. “Lo sai che non ti avrebbe lasciato partire senza i poteri, avrebbe voluto proteggerti, a meno che…”

“A meno che io non avessi spezzato ogni suo sentimento verso di me.”

Rimasero in silenzio. Alex verificò la sua cartella e sistemò alcuni nuovi dati, poi sospirò.

“Lo sai che non basterà?”

“Basterà. Le analisi stanno migliorando, quel composto mi sarebbe stato fatale se l’avessi inoculato in vena, ma avendolo preso per via orale, sono ancora qui. Presto starò di nuovo bene e allora, nessuno potrà impedirmi di andarmene a casa e continuare la mia lotta. Perché quello è il mio posto.”

“E poco importa se lascerai qui il tuo cuore?” La domanda secca di Alex le fece stringere la mascella.

“Il mio cuore…” Scosse la testa. “Mi ha solo e sempre tradito.”

“Parlerò con Kara, cercherò di convincerla a lasciarti andare, quando sarai pronta.”

“Grazie.”

“Non mi ringraziare.” Rispose secca Alex. “Ho detto: quando sarai pronta. Dovrai avere un piano, un piano d’acciaio per battere i tuoi Super e allora, solo allora ti lascerò andare.”

“Alex, non puoi…”

“Sì che posso.” Rispose dura lei. “Perché sei mia amica e non ti permetterò di sacrificarti, non questa volta. Hai a disposizione le risorse e il personale di tutto il DEO e hai la tua brillante seppur stupida mente. Trova un piano a prova di Super e io ti permetterò di usare il dispositivo di Cisco.”

Alex si voltò, senza aspettare che lei obbiettasse e se ne andò.

 

***

 

“Perché è così potente? Più potente di te, di Kara, di Superman?” Chiese Winn.

Erano entrambi al lavoro da ormai tre mesi e nessuno dei due riusciva a venire a capo del problema, qualsiasi piano aveva delle falle evidenti e Alex era una maga nel scovarle e rispedire i progetti al mittente.

“Perché non si è mai trattenuta, in nulla. Io, Kara e suo cugino, ci siamo sempre trattenuti consciamente e inconsciamente, nel timore di ferire le persone accanto a noi. Cosa succederebbe se dormendo tirassimo un pugno al nostro compagno? Lo uccideremmo. Cosa succederebbe se durante una discussione con un collega di lavoro i nostri occhi brillassero di potere? Lo uccideremmo in un battito di ciglia e via discorrendo. Lei non ha mai avuto simili timori, perché non le è mai interessato davvero proteggere quelli che le stanno accanto. Possiede il controllo dei suoi poteri, certo, ma li usa al pieno della sua forza perché così li ha sempre usati.” Il giovane annuì.

Kara, che osservava e ascoltava notò lo sguardo del ragazzo cadere su di lei.

“Ehi, Kara, vieni a vedere.” La chiamò, ma lei scosse la testa.

“Scusa, ehm… un’altra volta, sono impegnata a…” Mentre parlava Lena si era voltata a guardarla. Il suo gomito urtò la tazza di Winn, e lei si piegò per afferrarla, una smorfia di dolore sul volto, rovesciandosi sulla mano il liquido bollente. Kara sgranò gli occhi e si mosse rapida, a super-velocità afferrò la tazza e prese la mano della donna tra le dita per poi soffiarci sopra con il suo soffio raggelante.

Il suo corpo rallentò e lei osservò il piccolissimo strato di ghiaccio di caffè congelato, la pelle di Lena era intatta, e non c’era neanche una minima chiazza rossa. Kara passò le dita sul suo palmo eliminando il ghiaccio.

Winn, dovresti smetterla di mettere le tue bevande calde in posti dove potrebbero rovesciarsi e…” Lena quasi strappò la mano dalla sua presa.

“Va bene, avrei dovuto fare più attenzione. Grazie.” Concluse e i suoi occhi non la guardavano.

“Cosa non va?” Domandò però lei, senza lasciarsi mettere da parte.

“Non c’è nulla che non va…” Trasalì di dolore quando Kara appoggiò la mano sul suo fianco.

“Chiamo Alex, devi essere visitata da un medico, subito!” Si agitò lei, tirando indietro la mano, sorpresa, non immaginava che fosse così sofferente, aveva mostrato dolore solo nel movimento improvviso e brusco, ma era chiaro che soffriva e lo nascondeva molto bene.

“Non ho bisogno di nessun medico, è solo un livido.”

“Un livido?”

“Sì, ho sbattuto. Sono goffa, senza poteri, e sono fragile.” Disse quelle parole guardandola negli occhi, decisa. “Come qualsiasi altro umano. Me la caverò, devo solo abituarmi.”

“A me non sembri affatto goffa.” Intervenne Winn. “Sei sempre la donna più elegante che io abbia mai visto.” Le sorrise gentile.

“Ti ringrazio, Winn, ora torniamo al quell’idea sulla Zona Fantasma.”

Kara se ne andò, un senso di profonda impotenza e un sordo dolore che lei stessa non riusciva a comprendere.

“Ciao, Kara!” Mon-El arrivò da una stanza laterale un sorriso felice sulle labbra. “Vieni a vedere il mio costume: è magnifico!”

“Non sono sicura di avere tempo adesso…” Mormorò, lanciando uno sguardo verso Winn e Lena, di nuovo impegnati in una fitta conversazione. Lena, però, teneva la mano stretta nel secondo pugno, come se… forse il caffè non l’aveva bruciata, ma il suo tocco sì.

“Oh, sì che hai tempo!” Affermò Mon-El prendendole la mano e tirandola lontana.

“Va bene.” Accettò, ma non poté trattenersi dal guardare di nuovo Lena e di vedere i suoi occhi brillare verso di lei o forse solo verso lo schermo posto alle sue spalle…

 

“Lei cosa?” Domandò sconvolta Kara. Alex si strinse nelle spalle.

“Non puoi biasimarla.”

“Certo che posso!” Kara si alzò dal divano di casa sua iniziando ad andare avanti e indietro nella stanza. “Le hanno sparato addosso?!” Ripeté le parole di Alex come se non potesse crederci.

“Indossava il suo costume, quindi… lo sai che il tessuto kryptoniano è molto meglio di un giubbotto antiproiettile.” La kryptoniana guardò la sorella come se fosse pazza.

“Le hanno sparato addosso! Ha due costole rotte e finge che non sia nulla!”

“Non finge che non sia nulla, è venuta da me, le ho fatto una radiografia e le ho fasciato il busto, presto starà bene.”

“Sì, perché è successo un mese fa e nessuno me lo ha detto.” Kara fissò la sorella con rabbia. “Nessuno mi ha detto che se ne va in giro a catturare criminali e a mettersi nei guai.”

“Mi ha chiesto di non dirtelo.” Spiegò Alex, senza scomporsi. “È un suo diritto, è quello che fa, quello che suo padre le ha chiesto di fare, quello per cui ha lavorato tutta la vita.”

“Non è una scusa, James…”

“James lo fa perché vuole essere degno di te. Perché ha bisogno di mostrare che anche lui può essere un eroe, il Guardiano gli permette di convivere con il suo ego. Lena lo fa perché è parte di lei, esattamente come lo è per te. Difendere gli innocenti, servire la giustizia è parte di voi.” Kara scosse la testa, ma non riuscì ad obbiettare. “E poi la aiuta a dormire.”

“Cosa vorresti dire?”

“Non dovrei parlarne con te…” Mormorò Alex, ma poi sospirò e si spiegò. “Non dorme bene, troppo… silenzio. Le ho dato delle pillole, ma non vuole prenderle. L’unica cosa che la fa dormire è spremere dal suo corpo ogni energia e poi crollare nel letto esausta e dormire fino a quando la sveglia non suona e lei può vestirsi e andare al DEO per lavorare a qualche altro progetto con Winn, nascondendo i lividi sotto al trucco e il dolore sotto ad un sorriso.”

“Io… io non lo sapevo.” Ammise Kara e poi si lasciò di nuovo cadere sul divano.

Le sorelle rimasero in silenzio, a lungo, poi Kara alzò il viso guardando Alex.

“Credi che dovrei aiutarla con il suo piano originale? Andare indietro nel tempo e cambiare le cose?”

Alex corrugò la fronte.

“E come pensi di poterla aiutare?”

“Non lo so, ma potrei chiedere a Barry. Lui mi ha detto che non può più farlo, ma questo non significa che non potrei chiedergli delle cose e, lui è un amico, mi aiuterebbe a capire.”

“No. Non credo che viaggiare nel tempo sia la soluzione giusta.” Rispose Alex, dopo averci pensato per un lungo istante.

“Non voglio che Lena pensi di essere imprigionata qui, non voglio che soffra ancora per colpa mia, che stia lontano da casa solo perché a causa di un mio errore ha dovuto rinunciare ai suoi poteri.”

“Oh, Kara…” Alex le prese le mani e le strinse.

“Vorrei che pensasse a questo mondo come casa sua, ma…”

“Non può, lo sai, non prima di aver compiuto il suo dovere nella sua dimensione.”

Kara annuì piano. Detestava quella verità, ma non poteva negarla, lei non avrebbe potuto fare diversamente era anche per questo che lei l’amav… Si interruppe, scuotendo la testa, bloccando quel pensiero, impedendo alla sua stessa mente di formularlo. Aveva creduto, per un momento aveva creduto che… ma si era sbagliata.

 

“Ehi Kara!” Mon-El spuntò dalla porta della stanza. La ragazza si alzò e lo raggiunse fuori. Non voleva che la sua voce disturbasse Lena, anche se nel suo stato dubitava che qualcosa potesse davvero disturbarla.

“Cosa succede?” Chiese e lui fece una faccia colpevole.

“Ecco… non ti arrabbiare, ma ho finito i tuoi biscotti.” Kara sbatté le palpebre riconoscendo solo in quel momento la scatola che il giovane teneva tra le mani sulla quale vi era scritto: Kara; in caratteri kryptoniani. Vedere la scrittura decisa e precisa di Lena le fece salire le lacrime agli occhi.

“Oh… ehi… mi dispiace, te ne comprerò degli altri…” Provò il daxamite.

“Non importa.” Disse solo lei, allontanandosi da lui. Entrò nella piccola palestra e strinse i pugni, fino a quando non riuscì più a trattenersi e, le lacrime agli occhi, iniziò a colpire e colpire e colpire ancora, sbriciolando il blocco di cemento, polverizzandolo.

“Non ti chiederò se va tutto bene, perché è chiaro che non è così…” La voce di Maggie la fece fermare, aveva il fiato corto, qualcosa a cui non era abituata. “Stavo cercando tua sorella.” Spiegò lei, ma non sembrò avere nessuna intenzione di andarsene.

“Era in sala operativa.” Disse, senza voltarsi.

“Ehm… da quant’è che sei qui?” Chiese allora la detective, scendendo le scale fino a lei.

“Un’oretta… credo…” Infilò la mano in tasca ed estrasse l’orologio erano tre ore che prendeva a pugni il cemento. “Oh…” Disse soltanto.

“Kara, riuscirà a riprendersi, vedrai.” Le mormorò la donna con dolcezza e Kara sentì gli occhi riempirsi di nuovo di lacrime. Si voltò disperata.

“E se non fosse così? E se non si svegliasse mai più?” Maggie aprì le braccia e la attirò in un abbraccio lasciandola piangere. Quando i singhiozzi smisero di sconquassarle il petto la giovane la scostò un poco da sé e le sorrise.

“Quando si sveglierà dovrai dirle quello che provi per lei.” Decretò e Kara si morse il labbro.

“Le voglio bene…” Mormorò, ma Maggie le sollevò il mento.

“Davvero?” Chiese e poi le sorrise, dolce e triste al contempo.

Kara abbassò il capo, mentre ripensava a Lena che cadeva sul pavimento della Fortezza della Solitudine e ai suoi occhi che cercavano i suoi, mentre le sue labbra sorridevano come se… come se lei fosse tutto.

E il suo cuore non si era forse fermato quando quello di Lena non batteva più?

Era stata una sciocca e, non appena Lena si fosse svegliata, le avrebbe detto quello che provava.

Maggie aveva ragione.

 

Ma si era sbagliata.

Alex la fissava intensamente, cercando, probabilmente, di capire cosa passasse nella sua testa.

“Hai ragione.” Ammise. “Ha il diritto di fare ciò che crede giusto… anche se io vorrei che non lo facesse.”

È stata addestrata a lottare e ha il suo costume, non si farà troppo male… è una Luthor dopo tutto.” Alex le fece l’occhiolino e le strappò un sorriso.

“Vorrei che me lo avesse detto.” Sussurrò però e il sorriso sfuggì dalle sue labbra. “Vorrei che mi parlasse di nuovo. So che non può essere…” Scosse la testa, non aveva detto ad Alex quello che provava, ma Alex era sua sorella e sapeva, certo che sapeva. “Vorrei che fossimo amiche che le cose tornassero ad essere com’erano prima che lei arrivasse.”

Alex annuì poi schioccò le dita.

“Sai cosa? Faremo una bella serata al bar e vedremo di rimettere assieme i pezzi, cosa ne dici?”

“Non so se Lena vorrà…”

“Ci penso io a quello.” Alex sorrise e poi indicò le pizze dimenticate sul tavolo. “Ora, cosa ne dici se mangiamo?”

 

 

 

Note: La vita è ricominciata, ma le cose non sono come prima. Lena priva di poteri passa il suo tempo a combattere il piccolo crimine, perché è l’unica cosa che può fare ora e perché altrimenti non riesce a dormire, e poi lavora con Winn a un piano per distruggere gli El.

Alex la sta trattenendo perché, anche lei, non vuole perdere un’amica, ma Kara? Kara è stata messa da parte e ha dovuto nascondere nel proprio cuore i sentimenti che era pronta ad esprimere.

Potrà una serata al bar cambiare questa situazione? Lena si lascerà convincere a raggiungere il gruppo di amici quando sa che così incontrerà Kara al di fuori del DEO? Non sembra probabile, ma, ancora una volta, dobbiamo affidarci ad Alex, se ha detto che ci pensava lei allora, ci penserà lei. ;-)

 

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Capitolo 14
*** Comprendere ***


Comprendere

 

Dal bar provenivano i soliti rumori, chiacchiere, risate, brindisi. Lena esitò. Non sapeva neppure perché era venuta. Alex aveva insistito, certo, ma sapeva che non era una buona idea. Fu sul punto di girarsi quando una mano si posò sulla sua spalla.

“Ciao, Lena.” Sobbalzò, era così fastidioso! Non era abituata ad essere sorpresa, a non sentire le persone avvicinarsi. “Scusa, non volevo spaventarti.”

“Buonasera, James.” Rispose lei, evitando di negare l’evidenza, ma incapace di ammettere quella debolezza.

“Entriamo?” Le domandò il ragazzo e Lena si trovò obbligata a seguirlo, altrimenti avrebbe fatto la figura della stupida e lei, era pur sempre una Luthor, non poteva avere paura di…

Si rilassò quando vide il sorriso accogliente di Alex e Winn che agitò la mano verso. Maggie, invece era voltata e stava già ordinando delle birre in più. Si sedette, sorridendo, anche quando la fitta al fianco le tolse il respiro.

Winn la coinvolse subito in una discussione leggera e così le due donne, mentre James seguiva la conversazione intervenendo come arbitro della contesa presto creatasi. Dopo tutto non era stata un’idea così malvagia venire al bar e, per una notte, rilassarsi in un modo diverso che semplicemente dando pugni a degli sciocchi criminali che si aggiravano per le strade buie di National City.

“Ehi, siete qua!” Mon-El, appena entrato nel locale, si fece avanti con un ampio sorriso sulle labbra. “Non ci credo che passiate qua il mio unico giorno libero!” Esclamò. Lena sentì la tensione salire, tutto il benessere che aveva provato scomparì quando si voltò e incontrò lo sguardo altrettanto teso di Kara.

“Kara! Credevo che saresti stata impegnata oggi!” Affermò Alex, ma anche senza i suoi superpoteri, Lena capì che le due sorelle le avevano teso un agguato, si alzò pronta ad andarsene, ma Maggie le appoggiò una mano sul braccio.

“Non hai neppure finito la tua birra.” Affermò, con un sorriso.

“Non vorrai darmela vinta così facilmente?” Intervenne Winn e James annuì. Lena capì che tutti a quel tavolo avevano previsto l’arrivo di Kara e la sua reazione.

“Il prossimo giro offro io!” Affermò il daxamite e poi lanciò un piccolo sorriso a Lena.

La donna sbatté gli occhi sorpresa, ma si sedette di nuovo sulla sua sedia e annuì.

“Ciao…” Mormorò Kara sedendosi al tavolo, mentre Mon-El si avvicinava al bancone. “Come stai?” Chiese poi a lei dopo alcuni minuti, mentre Winn e Maggie si erano persi in una discussione e Alex rideva.

Era timida, titubante, incerta, poteva vederlo nel modo in cui sfuggiva i suoi occhi, nel modo in cui sorrideva e nel modo in cui si sistemava gli occhiali.

“Bene.” Replicò.

“Ok…” Le rispose la giovane, poi aprì la bocca per dire altro, ma Mon-El posò una serie di bicchierini sul tavolo e una bottiglia di rhum.

“Ragazzi, oggi ci si diverte!” Esclamò, entusiasta.

“Non credo sia una buona idea, a differenza tua, noi non reggiamo molto bene l’alcool.” Affermò Alex, ma Maggie stava già riempiendo i bicchieri e propose un brindisi.

“Ad Alex, sexy anche quando è una spietata stronza!” Dichiarò, facendo ridere tutti. Lena non poté fare a meno di sorridere e poi vuotò il bicchiere che le era stato offerto. Al secondo brindisi sentì la sua tensione sciogliersi e al terzo rideva con Winn e James.

“Ehm… forse non dovresti…” Provò Kara, quando lei si versò un quarto bicchiere.

“Oh, tesoro, io reggo magnificamente l’alcool!” Assicurò e ridacchiò quando vide Kara arrossire.

Al quinto la stanza girava in maniera molto buffa.

 

Kara si morse il labbro, Lena era evidentemente ubriaca e lei non aveva idea di cosa fare.

“Ora la porto a casa, non ti preoccupare.” Affermò Alex, seguendo il suo sguardo. Lena stava giocando a biliardo e, per qualche strana ragione, anche da ubriaca fradicia e senza poteri riusciva a mettere tutte le palle in buca. Maggie aveva un’aria piuttosto afflitta.

“Non era così che avevo immaginato la serata.” Ammise e Alex si strinse nelle spalle.

“Poteva andare peggio…” La consolò. “Poteva…”

Non finì la frase perché entrambe sentirono Mon-El fare una battuta stupida su Kara e videro Lena sferrargli un pugno sul naso. Entrambe si lanciarono in avanti, mentre il daxamite, che, nella sorpresa era caduto dallo sgabello, si tirava in piedi con lo sguardo pieno di animosità. Lena lo afferrò per il bavaro.

“Non parlare di lei in quel modo, lei non è tua!” Sbottò la donna.

“Ehi, ehi, ehi, va tutto bene.” Maggie si lanciò tra loro due, mentre James allontanava Lena.

“Non va bene per niente! Mi ha dato un pugno!” Esclamò Mon-El, stringendosi il naso.

“Smettila, non ha potuto farti male.” Fece notare Alex.

“Di certo ha ferito il suo orgoglio.” Le rispose Maggie, trattenendo un sorriso.

Lena si allontanò da James, afferrò il cappotto e si diresse verso la porta, l’andatura perfetta di sempre.

“Quella donna ha nel sangue la perfezione.” Commentò Winn, sempre ammirato.

Alex guardò Kara che la seguiva con lo sguardo e le fece un cenno deciso.

“Portala a casa.”

“Non vorrà…” Iniziò lei, ma Alex la interruppe.

“Sei l’unica che può… obbligarla.” Fece una piccola smorfia, ma poi si strinse nelle spalle. “Portala a casa e assicurati che non faccia sciocchezze.” A quel pensiero Kara sbiancò, poi uscì di corsa.

“Comunque mi ha fatto male.” Piagnucolò Mon-El.

 

Rao quanto faceva male! Non era stata un’idea brillante dare un pugno ad un daxamite, ma dopo tutto non era stata neppure un’idea brillante bere tutto quell’alcool.

Due braccia forti si strinsero attorno a lei sollevandola verso il cielo. Lena sentì la testa girare, ma non poté fare a meno di sentirsi al sicuro.

“Ti porto a casa.” Decretò Kara, dando alla frase un tono fermo e deciso. Non che Lena si sarebbe lamentata, la terra girava un po’ troppo sotto i suoi piedi ed era leggermente inquietante che non sentisse più male al fianco.

Il pugno invece bruciava ancora.

“Ti fa male?” Chiese Kara, aveva un tono strano, un tono che non le aveva mai sentito. Scrutò il suo viso alla ricerca di risposte, ma la donna fissava davanti a sé e non le concesse di incrociare i suoi occhi.

È stato stupido dare un pugno a Mon-El.” Ammise.

“Sì, è stato stupido, irrazionale e ingiusto!” Sbottò la donna e Lena capì, infine, che era arrabbiata.

“Ti concedo lo stupido e l’irrazionale, ma non l’ingiusto. Si è definito il tuo braccio destro e ha commentato con: e come fa un’eroina a vincere senza il braccio forte?”

“Ha appena appreso quel modo di dire. Non voleva essere irrispettoso nei miei confronti…” Tentò di dirle Kara, ma lei sentiva di nuovo la stessa furia di prima.

“Chi è lui per credere di esserti indispensabile? Nulla, nulla di più di un patetico essere che vive nella tua ombra e che tu, nella tua masochistica bontà, hai deciso di amare!”

“Non hai nessun diritto di giudicare chi io ami o no! E non hai nessun diritto di giudicare me e le mie azioni! Tu non mi conosci! Non hai mai voluto e non lo hai mai fatto. Non sono altro che una patetica brutta copia della tua Kara e, poco importa che lei sia un’assassina senza scrupoli, non vorrai mai conoscermi. Quindi, smettila. Sono abbastanza grande da difendermi da sola e, fidati, non sarà certo Mon-El e le sue stupide battute, a farmi del male.” Kara la posò sul bancone dell’appartamento in cui abitava fuori dal DEO. Il suo viso era bianco, le sue labbra strette, il tono della sua voce evidentemente alterato, eppure la depose con delicatezza. Perché lei era così.

Lena sentì una lacrima bruciarle gli occhi.

“Mi dispiace.” Ammise e Kara scosse la testa, forse aveva esaurito le parole o semplicemente aspettava che lei dicesse di più. “Non avrei dovuto bere questa sera e non avrei dovuto colpire Mon-El, ma non mi pento di quello, mi pento di quello che ti ho detto, non volevo dire che la tua bontà è qualcosa di meno che magnifica e unica e ammirabile.” Le si avvicinò. Kara la guardava con occhi tesi, ancora ferita, ancora scossa per la rabbia provata. “Non sei una brutta copia della Kara che ho conosciuto, oh, ti giuro su Rao, su Krypton, sull’intera mia famiglia kryptoniana e terrestre che tu, Kara Danvers, sei perfetta. Ti giuro che se potessi tornerei indietro solo per scegliere te, sempre e solo te.” Aveva appoggiato la mano sul petto di Kara e così poté sentire il cuore della giovane battere rapido sotto le sue dita.

“Hai detto… mi hai fatto credere che…”

“Lo so, è meglio che tra noi non succeda nulla, è già così difficile… e io me ne andrò, perché prima o poi me ne andrò Kara, e probabilmente mi farò uccidere e non voglio, non posso, fare qualcosa di simile se… se tu…”

“Se ti amassi…” Mormorò la ragazza e Lena sentì il cuore batterle veloce nel petto. La mano le bruciava e iniziava anche a sentire di nuovo il dolore al fianco eppure l’unica cosa che contava era quel cuore che batteva veloce sotto le sue dita e quegli occhi fissi nei suoi.

“Ma non è così.” Affermò decisa. Kara la guardò per un lungo istante, senza lasciare la stretta delicata attorno ai suoi fianchi.

“No, non è così.” Confermò la giovane, fu solo un sussurro, ma Lena lo sentì risuonare nella sua testa e nel suo cuore, fermandolo quasi.

“Esatto.” Riuscì a dire, ma ora era il cuore a farle male. “Esatto.” Mormorò ancora, poi si sollevò sulle punte dei piedi e sfiorò la bocca di Kara in un bacio leggero. “È sciocco pensare che io sia destinata a trovarti ed amarti in ogni realtà, non è vero?” Domandò, poi lasciò andare la ragazza, si girò ed entrò in casa sua.

L’ombra di Kara non si mosse dal balcone, ma lei non si voltò, non poteva, non doveva.

 

Atterrò davanti al bar ed entrò, si sentiva confusa, profondamente combattuta e sconvolta.

Quando entrò vide Mon-El con un sacchetto di ghiaccio sul naso che osservava James e Winn giocare a biliardo.

“Ehi…” Le venne incontro Alex. “Cos’è successo?” Le chiese, notando subito la sua espressione.

“Lei… Credo che sia innamorata di me.”

“Oh…” Mormorò Alex. “Te lo ha detto?” Chiese sua sorella.

“Dov’è Maggie?” Domandò invece lei.

È dovuta andare al commissariato, un problema con un caso che segue.” Spiegò rapidamente Alex. “Kara…” Tentò poi di tornare sul soggetto che più le premeva.

“No. Non me lo ha detto, ma mi ha baciato.” Rispose anticipando la sorella.

“Ok… questo spiega il tuo sguardo vitreo.” Affermò, con tono leggermente divertito, Alex.

“Cosa?” Kara si voltò a fissarla, non riusciva a capirla. “Non riesco a capirla.” Disse dando voce ai suoi pensieri. Alex la guardò per un momento, poi sospirò.

“Non è facile la sua situazione, lo comprendi?”

“Io pensavo che lei fosse innamorata della mia gemella cattiva e che io fossi solo una pallida e sfocata imitazione.”

“Oh, Kara, avrai anche i super-poteri, ma a volte sei più cieca di una talpa. È evidente che si è presa una cotta, bella forte, per te!”

“E allora perché continua a spingermi via?” Chiese esasperata.

“Perché è l’unico modo che ha per salvarti.”

“Non voglio essere salvata, non ho bisogno di essere salvata.” Sbottò, di nuovo arrabbiata.

“Kara…” La richiamò sua sorella. “Lei non vuole che tu lasci questo mondo per seguirla nel suo e sa che lo faresti se… se tra voi ci fosse spazio per l’amore. Non quando sa che significherà farsi uccidere, perché sono mesi che lei e Winn riflettono e non hanno tirato fuori un solo piano decente.”

“Non voglio che muoia.” Mormorò sentendo la rabbia svanire. Erano le stesse cose che le aveva detto Lena.

“Lo so, neppure io lo voglio, ma deve essere libera di scegliere la sua strada, lo sai e lo sa anche lei.”

Rimasero in silenzio, era lo stesso discorso che avevano già fatto: libero arbitrio, diritto di scegliere la propria strada e il proprio destino. Come poteva Kara opporvisi quando vi credeva così fermamente?

“Potrei trattenerla qua per sempre…” Si lasciò sfuggire alzando gli occhi pieni di lacrime sulla sorella.

“Sì, potresti, ma non sarebbe giusto.” Di nuovo il silenzio.

“Credi che… se glielo chiedessi lei…”

“Lei direbbe di sì, perché ti ama e non vuole lasciarti.” Kara annuì piano alle parole di sua sorella.

Forse, ora, capiva ed era la peggior comprensione del mondo.

L’anno prima Mon-El aveva dovuto fare la stessa scelta e aveva deciso di restare, ma lei lo aveva lasciato libero di scegliere, perché era giusto così. Ora però, fare la cosa giusta era tremendamente difficile e, se avesse potuto baciare ancora la ragazza, sarebbe stato semplicemente impossibile.

Ora capiva e fece male.

 

 

 

 

 

Note: L’alcool aiuta sempre, in questo caso ci ha regalato un bel pugno sul naso a mon-El! Le piccole gioie… perché altri motivi di gioire non sembra che ne abbiamo. Sì, ora Kara ha finalmente capito che Lena è innamorata di lei e Lena si è sciolta un poco però… però siamo sempre nello stesso punto. Non possono stare assieme, non possono perché tra di loro vi è il destino e il dovere. Due muri difficili da abbattere.

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Capitolo 15
*** Ricominciare ***


Ricominciare

 

Non appena Lena vide entrare Mon-El al DEO si alzò dalla sedia e gli si avvicinò, il ragazzo la fissò con aria bellicosa.

 “Seguimi.” Disse però lei, dirigendosi verso la palestra che sapeva essere vuota, senza neanche assicurarsi che la seguisse.

“Non mi prenderò un altro cazzotto senza…”

“Mi dispiace.” Lo interruppe secca Lena e lui sgranò gli occhi sorpreso.

“Davvero?” Chiese.

“Non lo ripeterò.” Chiarì subito lei e il daxamite sorrise.

“Ok, bene, grazie. Perché volevo solo scherzare e di certo non mi aspettavo un simile pugno sul naso.”

“Lo so, stavi scherzando, lo fai sempre, Kara è la tua ragazza e se lei ama le tue battute va bene così.” Dichiarò lei tutto d’un fiato come se le costasse notevole fatica.

Mon-El sbatté le palpebre, era stupito, molto.

“Aspetta… non lo sai? Non te lo ha detto?” Chiese e Lena lo guardò stranita, di cosa stava parlando?

“Cosa dovrei sapere?” Domandò a sua volta e il giovane si passò la mano sul volto, davvero sorpreso.

“Sono mesi ormai… Da quanto c’è stato quel piccolo incidente in cui hai perso i poteri ecc. ecc.?” Domandò con la solita insensibilità.

“Tre mesi.” Rispose secca, cercando di non desiderare di colpirlo ancora. La mano le faceva ancora male, anche se Alex le aveva fatto una lastra e aveva detto che non c’era nulla di rotto, fare un bis sarebbe stato molto stupido anche se soddisfacente.

“Bene, allora sono tre mesi che io e Kara non stiamo più assieme.”

Mon-El avrebbe potuto dire molte cose, avrebbe persino potuto colpirla, ma nulla, nulla avrebbe potuto rivaleggiare con quell’affermazione. Lena lo fissò per un lungo istante, il giovane si strinse nelle spalle.

“Qualcosa sul fatto che fossi un buon amico che non avrebbe mai smesso di volermi bene e di esserci per me, ma… niente di più.” Spiegò.

Mon-El la fissava con aria divertita, persino un po’ sarcastica, come se fosse felice che fosse lui per una volta ad aver zittito lei, ma Lena non riuscì a dire nulla. Kara, ancora una volta, aveva dimostrato di essere più decisa e sicura dei suoi sentimenti di quanto lei avesse potuto immaginare.

Quando tornò da Winn, Kara stava scherzando con il ragazzo.

“Buongiorno.” Le disse, abbassando lo sguardo, le guance soffuse di rosa. Come poteva essere così decisa, così veemente, così pronta a lottare per ciò che credeva e poi l’istante dopo arrossire ed essere così terribilmente adorabile?

“Buongiorno.” Riuscì a risponderle.

“Ho portato le ciambelle… spero che ti piaceranno.” Sorrise timidamente e poi si lanciò nel cielo.

“Perché Kara ha preso solo ciambelle con la glassa al cioccolato?” Si lamentò Winn e Lena non poté impedirsi di sorridere.

 

Kara stava lavorando alla CatCo, l’articolo stava venendo bene ed era piuttosto soddisfatta.

“Ciao, Kara, hai un momento?”

“Certo.” James le indicò il suo ufficio e chiuse la porta dietro di lei, Kara lo guardò perplessa, la segretezza poteva capirla, ma la preoccupazione sul viso del ragazzo no.

È successo qualcosa?” Gli chiese.

“Non ancora.” Rispose il giovane enigmatico.

James si sedette sulla scrivania e la fissò incapace di decidere da dove cominciare.

“James?” Lo incitò lei e il ragazzo annuì.

“Certo… mi ha chiamato Winn, voleva che sapessi che… Lena.” Kara scattò in piedi.

“Cosa le è successo? Sta bene? Si è fatta del male?” James alzò le mani fermandola.

“No, no, sta bene!” Le assicurò.

“E allora perché mi hai fatto spaventare in questo modo!” Lo sgridò lei, scuotendo la testa.

“Lena ha violato la stanza dei reperti per accedere allo scomparto C.R.01.” Spiegò lui e la ragazza si sedette di nuovo.

J’onn lo sa?”

“Sì. È stato lui ha chiedere a Winn di tenere sotto particolare sorveglianza il congegno di Cisco.” James si strinse nelle spalle. “Non sarebbe neppure riuscito a scoprirlo se non fosse stato per questo eccesso di zelo. Lo sappiamo tutti quanto è brava.”

“Già…”

“Vuole tornare a casa.” Disse allora il giovane e Kara alzò lo sguardo su di lui.

Lo sapeva, eppure non poteva accettarlo.

“Ho bisogno ancora di… solo un po’ di tempo…” Lui le annuì, comprensivo, ma il suo volto preoccupato non cambiò.

Kara si alzò e se ne andò tentando di tornare al suo articolo, ma era difficile. Poteva accettare di lasciarla andare, ma se fosse semplicemente sparita dalla sua vita così come vi era entrata?

Aveva bisogno di dirle addio.

Quella sera tornò al DEO. Alex era ancora impegnata in laboratorio per delle analisi e le fece un cenno, tornando subito a lavorare. J’onn era occupato in qualche missione e Winn era in libera uscita.

Molto probabilmente Lena era a casa sua. Le sue orecchie, però, le portarono un suono preciso, che riconobbe immediatamente. Non esitò e raggiunse la stanzetta in cui tanto spesso aveva chiacchierato con Lena.

La ragazza era seduta sulla poltrona che aveva sempre preferito e stava sistemando i pezzi sulla scacchiera facendo quel particolare rumore che aveva riconosciuto.

I loro occhi si incrociarono ed entrambe seppero che quello era solo un modo, come un altro, per iniziare una conversazione. Tra loro, dopo tutto, quella era sempre stata la parte difficile.

Kara si sedette in silenzio e Lena fece la prima mossa, muovendo un pedone.

Giocarono tre partite che Lena vinse con facilità. Nessuna delle due parlò, fino a quando Kara non vide il suo re sconfitto per la terza volta e si lasciò cadere sul divanetto.

“Non voglio che tu te ne vada senza salutare.” Disse. Non era più confusa, triste o arrabbiata, era solo… stanca.

“Non lo farò.” Mormorò Lena.

“Allora perché hai…”

“Avevo bisogno di essere sicura che funzionasse.” Affermò, senza la minima sorpresa.

“Sapevi che lo avrei scoperto.” Comprese Kara e Lena annuì.

Winn è acuto, molto intelligente, ma ci sono ancora dei trucchetti che posso insegnargli.” Si guardarono. Entrambe avevano molte cose da dire, ma sembrava che non sapessero decidersi.

“Ti permetterò di partire. Quando sarai pronta non farò nulla per ostacolarti, lo prometto.” Disse infine Kara, era difficile fare quella promessa, ma doveva perché così avrebbe vincolato anche se stessa.

“Grazie.” Le rispose.

Kara cercò il suo sguardo, era difficile, rimanere lì, immobili in silenzio, lontane. Quando tutto ciò che voleva era…

Supergirl, abbiamo un’emergenza!”

Kara quasi sobbalzò nel sentire il suo auricolare attivarsi e la voce dell’agente del DEO di guardia che le parlava.

“Arrivo.” Disse e Lena abbassò lo sguardo, mentre lei si alzava. “Devo… devo andare.” Mormorò.

“Lo so.” Le disse la donna. Kara annuì e poi uscì dalla stanza, sfilandosi gli occhiali, fece un passo e tornò indietro

“Non sparirai, vero?” Chiese e, per la prima volta, Lena le sorrise.

“No, promesso.”

Il mattino dopo Lena le consegnò un sacchetto pieno di biscotti kryptoniani. Kara arrossì e sorrise.

“Ci ho messo un’ora.” Confessò. “Mi mancano i miei poteri.” Ammise, ma il sorriso sulle sue labbra eliminò il rammarico nella sua voce.

La donna fu sul punto di andarsene quando Kara la richiamò.

“Ehm… Lena?”

“Sì?” Le domandò la giovane Luthor.

“Grazie… lo so che il tuo tempo è prezioso e…”

“Non ti preoccupare, ora mangio solo due volte al giorno risparmiando molto tempo.” Le sorrise, divertita dalla sua espressione.

“Oh, stai scherzando!” Comprese lei e Lena rise.

“In realtà non proprio.” I loro occhi si allacciarono in uno sguardo un po’ troppo lungo, poi Lena distolse i suoi. “Buona giornata, Kara.”

E fu una buona giornata, ogni volta che Snapper le lanciava un’occhiataccia lei si mangiava un biscotto, finirono presto, ma le lasciarono un sorriso sulle labbra e un caldo senso di casa nel cuore.

I pensieri tristi, le paure e i timori per il futuro se ne andarono e lei tornò al DEO con la ferma decisione di ottenere altri di quei deliziosi biscotti.

“Lena!” Disse trovandola impegnata in un laboratorio. La donna alzò lo sguardo sorpresa. “Ciao.”

“Va tutto bene?” Le chiese subito lei, preoccupata.

“Sì. Certo, perché dovrebbe andare male?” Lena si rilassò sulla sedia guardandola divertita e Kara provò un’intima scossa. Lei sapeva quello che la ragazza provava e Lena sapeva che lei sapeva. La donna, però, invece di essere in imbarazzo sembrava…

Era strano essere guardate in quel modo, era frustrante sì, ma anche, sorprendentemente, eccitante.

Kara arrossì al pensiero e vide Lena sorridere un po’ di più, lo sguardo che si faceva ancora più intenso, se si fosse morsa le labbra… ma non lo fece e Kara si schiarì la gola, riprendendo il controllo.

“Volevo chiederti la ricetta per quei biscotti. Sono una frana in cucina, ma devo imparare a farli!”

“Non se ne parla neppure.” Affermò, però, la donna, sorprendendola.

“Ma…” Tentò di protestare lei.

“Sono l’unica che può offriti un simile…” Si interruppe, sorrise e, consapevolmente, finì la frase. “Piacere.” Kara trangugiò a vuoto, arrossì e poi annuì.

“Ehm… ehm… capisco.” Ruotò su se stessa e se ne andò. Ritirata strategica suggerì la sua mente, fuga precipitosa strepitò il suo cuore. Cosa diavolo stava facendo Lena? Perché il suo atteggiamento era così drasticamente cambiato? Ok, l’aveva baciata la sera prima, ma era stato solo uno sfiorarsi,  il sugellare un: mai; di certo non era stato un: forse; e neppure un: domani ti guarderò come se fossi un pasticcino prelibato!

Arrossì ancora e fu sicura che persino le sue orecchie erano rosse.

“Kara, viene ad allenarti con me?” Le chiese Mon-El. “Stai bene?” Le domandò il ragazzo, perplesso nel vedere il suo viso.

Da quando si erano lasciati era diventato più attento, per quanto ciò fosse assurdo… come se l’essere solo suo amico lo rendesse, finalmente, più sensibile al suo umore, mentre quando lei era la sua ragazza dava per scontato che dovesse essere felice e spensierata perché aveva lui accanto. Non era stato semplice lasciarlo, non perché provasse dei sentimenti seri per lui, ma perché il giovane aveva strepitano, urlato e poi pianto. L’aveva riempita di regali e poi l’aveva supplicata di riprenderselo. Si era gettato sulle donne, cercando di farla ingelosire e poi l’aveva verbalmente aggredita rinfacciandole tutto quello che lui aveva fatto per lei. Alle fine, però, dopo qualche settimana si era calmato, avevano parlato seriamente, come adulti e lui aveva accettato la sua decisione. Piano, piano erano diventati di nuovo amici e ora Kara apprezzava il tempo passato con lui, la sua leggerezza nel vedere le cose. Il suo spensierato menefreghismo era stato dannoso nella loro storia, ma poteva essere rilassante in un’amicizia.

“Credo che… devo…”

“Oh, Kara, solo una cosa.” La fermò il giovane dal volare via. “Cosa buffissima!” Affermò ancora lui e lei si chiese quale altra espressione umana avesse scoperto. Era ormai un anno che era sulla Terra e ancora si ritrovava a dire sciocchezze, era lento ad imparare, la sua educazione da principe doveva aver avuto lacune enormi.

“Oggi ho scoperto che Lena non sapeva che non eravamo più una coppia!” Kara sgranò gli occhi, sorpresa. “Già! Pensavo glielo avessi detto tu o qualcuno, insomma… comunque, voleva chiedermi scusa per la faccenda del pugno ed è uscita fuori questa cosa. Non è assurdo?” Chiese, Kara però non lo ascoltava più. Ecco il tassello che le mancava. Ecco quello che aveva cambiato l’atteggiamento di Lena.

Ma, in realtà, cosa cambiava? Lena non voleva che tra loro ci fosse qualcosa… e Kara lo aveva accettato, allora perché la guardava in quel modo e le parlava in quel modo?

 

Lena si guardò allo specchio e sospirò, doveva smetterla… eppure era difficile adesso. Mon-El era stato sempre una specie di scudo tra lei e Kara. Un pensiero che la teneva lontano. Kara non doveva provare davvero sentimenti per lei altrimenti non avrebbe potuto stare con un idiota simile… ma, sapere che lo aveva lasciato, mesi prima, mentre lei era in coma con una possibilità su dieci di risvegliarsi… cambiava tutto.

Lei non era pronta a quel cambiamento e lo era fin troppo. Flirtare con Kara era sembrato così giusto, vederla arrossire così soddisfacente… avrebbe voluto scoprire cosa significava baciare quelle labbra per davvero, era sicura che sarebbero state dolci e morbide, diverse, oh, sì, così diverse da quelle di Linda.

Scacciò quel pensiero dalla mente inondandosi il viso con l’acqua fredda, ma non funzionò, così indossò il suo costume nero, a cui aveva tolto il mantello ora che non volava più, e uscì in strada a combattere il crimine minore, come un qualsiasi vigilantes… meglio prendere qualche pugno che pensare a Kara in quel modo.

 

La doccia fredda non era bastata. Kara indossò il suo costume e uscì nella notte, era sicura che la sua mente si sarebbe schiarita se avesse potuto occuparsi di qualcosa di più semplice, come qualche ladruncolo o persino qualche vandalo. Sì, doveva solo smetterla di pensare a Lena che diceva: piacere. E il prima possibile.

 

 

 

Note: Quel fantastico pugno che ci ha fatto tanto piacere si è dimostrato più importante di quello che potevamo pensare. Sorpresa! Kara ha lasciato mon-El mesi fa, perché è ovvio che una volta compreso quello che provava per Lena non ci fosse più spazio per il daxamite.

Dunque eccoci qua. Lena poteva anche avere delle solide convinzioni, ma ora che ha scoperto questo piccolo dettaglio non può fare a meno di addolcire il suo atteggiamento verso Kara e da quello a flirtare, tra loro due, si sa, il passo è breve. Ma, Kara ha ragione, nulla è davvero cambiato...

Questo disgelo che tanto aspettavamo, è un bene o un male?

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Capitolo 16
*** Destinate ***


Destinate

 

Doveva ammettere che era adrenalinico sapere di poter ricevere un colpo mortale in qualsiasi momento. Lena schivò il pugno, ruotò su se stessa e gettò l’uomo a terra, voltandosi subito dopo pronta ad affrontare quello che impugnava il coltello.

“Ci mancava solo un altro maledetto vigilantes!” Sbottò il criminale. Lanciandosi in avanti e tentando di colpirla. Lena evitò il primo affondo e poi la seconda spazzata verso il suo ventre. Quando l’uomo saltò in avanti frappose il braccio, contando sul tessuto nero che lo ricopriva. La lama strisciò contro di lei senza intaccare minimamente la sua pelle e, mentre il criminale sgranava gli occhi sorpreso, lei lo colpì mandandolo al tappeto.

Con una smorfia si portò la mano al fianco. Non provava quasi più dolore, ma uno degli avversari era riuscita a colpirla e di certo non era stato piacevole. Estrasse le fascette che gli aveva dato Alex e le passò ai polsi e alle caviglie dei due uomini a terra accanto ai quali sistemò i due pacchi di droga che si stavano scambiando. Poi prese il cellulare e mandò un messaggio a Maggie con l’indirizzo e la natura del reato. Sapeva che la donna avrebbe mandato una pattuglia anche se lo spaccio non era il suo abito.

Quando sentì le sirene della polizia si allontanò scomparendo nella notte.

Risalì una scala antiincendio e raggiunse un buon punto di osservazione, inserendo nell’orecchio l’apparecchiatura d’ascolto che aveva miniaturizzato e potenziato, per supplire al suo super-udito. James la stava supplicando di fargliene uno uguale.

Chiuse gli occhi e lasciò che fosse il suo udito a dirle quando e dove intervenire. Chiudere gli occhi però le portò alla mente uno sguardo dolce, timido e tremendamente seducente.

Era stata la migliore e la peggiore settimana di sempre. Si era ripromessa di non flirtare più, di mantenere un tono normale e amichevole, ma non appena Kara entrava nella stanza in cui si trovava lei non riusciva a smettere di guardarla e… c’era stato quel momento in cui Kara l’aveva aiutata a prendere un oggetto posto in alto e, invece di, semplicemente, volare e prenderglielo l’aveva afferrata delicatamente per i fianchi fino a farle raggiungere quel, ormai consegnato alla storia, contatore geiger. Il tutto era durato solo pochi secondi, ma a lei erano sembrati interi lunghissimi minuti e se si concentrava riusciva ancora a percepire le mani di Kara forti, sicure e al contempo delicate sui suoi fianchi e il suo respiro che le sfiorava l’orecchio.

Kara poteva arrossire anche soltanto ad uno sguardo, ma era riuscita a togliere il respiro a lei con estrema facilità.

Lena prese un profondo respiro e cercò di concentrarsi sul presente. Lei e Winn avevano, finalmente, un piano attuabile ed erano quasi alla fine del loro progetto, presto lei sarebbe tornata a casa con una trappola dimensionale, che avrebbe proiettato i due El direttamente nella Zona Fantasma. Come riuscire a farli essere entrambi nello stesso punto era qualcosa a cui non era ancora riuscita a dare risposta, ma non poteva indugiare ancora, per quanto lo desiderasse ogni giorno un po’ di più, anzi, proprio per quello, non c’era più tempo per gli indugi, doveva andarsene e compiere il suo dovere.

Quante volte si era ripetuta quelle stesse parole ormai? E perché iniziavano ad essere prive di quella forza che avevano posseduto per tutta la sua vita?

Un urlo nella notte la fece sobbalzare, rapida si lasciò scivolare lungo la scale di ferro e iniziò a correre verso il vicolo in cui doveva esserci l’aggressione. Sentì numerosi voci e si preparò ad uno scontro interessante.

Quando giunse nel vicolo trovò quattro uomini che ne picchiavano un quinto.

“Lasciatelo andare.” Disse, le mani suoi fianchi, l’aria pronta a sistemare la faccenda.

Tre degli aggressori si voltarono verso di lei che sorrise. Non si era sbagliata, sarebbe stato uno scontro interessante.

“Lasciatelo andare.” Gli uomini fecero un passo indietro e Lena voltò il capo trovandosi a guardare Kara nel costume da Supergirl, l’aria decisa, un sorriso sulle labbra, ma gli occhi che brillavano di sfida. Era bella e Lena fece una smorfia nel capire che nemmeno il simbolo sul suo petto riusciva più a impedirle di avere certi pensieri. Ormai Kara non era più Linda e non lo era più da tempo.

Distrarsi non fu una buona idea. Un uomo estrasse una pistola e fece fuoco. Kara si gettò in avanti e bloccò il proiettile diretto alla vittima del pestaggio, mentre i malviventi correvano via. Un altro proiettile fu esploso, questa volta diretto verso di lei.

Lena vide Kara ruotare su se stessa, vide i suoi occhi sgranarsi come se tutto avvenisse al rallentatore e sorrise mentre, come era abituata a fare, allungava la mano per fermare il proiettile che lento si dirigeva verso di lei.

“Lena!” Proruppe la giovane afferrandola e sollevandola in cielo, mentre frugava il suo corpo alla ricerca di una ferita. Ma lei era esterrefatta. Lentamente aprì la mano e mostrò il piccolo proiettile che teneva stretto.

“Lo hai… lo hai preso al volo?” Domandò Kara, rimarcando l’evidenza. La mano di Lena era leggermente arrossata, ma la sua pelle era intatta. Kara la posò sul balcone di casa sua, lo sguardo che si apriva in un enorme sorriso. “Sono tornati! Hai di nuovo i tuoi poteri!” Disse, con la gioia sul volto.

Lena sbatté le palpebre, sconvolta da una simile possibilità. Si concentrò, non aveva il super-udito e non si sentiva più forte o più veloce, ma, quella manifestazione doveva essere un segno che stavano tornando, forse il suo corpo si era lentamente disintossicato dalla kryptonite blu, forse le sue cellule morendo e ricreandosi se n’erano liberate e lei avrebbe riavuto in dietro i suoi poteri…

“Non…” Tentò di dire, ma era tutto talmente inaspettato e Kara era lì, davanti a lei, con gli occhi che brillavano di gioia…

È magnifico! Lo sapevo che sarebbero tornati! Va beh, non è che lo sapessi, sapessi, ma è la notizia migliore che io abbia mai ricevuto! Dovremmo tenere quel proiettile e…” Kara si bloccò conscia, solo adesso dello sguardo di Lena.

I loro occhi si intrecciarono, fu solo un istante poi lei si lanciò in avanti, afferrò il viso di Kara e la baciò.

Non riuscì a pensare che era dolce e morbido esattamente come aveva immaginato, perché il suo cuore prese a battere troppo forte e le braccia che Kara strinse attorno a lei erano troppo e troppo intenso era  il turbinio delle sue emozioni. Troppo, troppo, troppo, come la prima volta che era arrivata sulla Terra, ma in tutto quel troppo vi erano state le note di suo fratello, mentre ora vi era lei, un solido corpo a cui lei si aggrappò.

Lena affondò le mani in quella massa di capelli biondi, lasciando che la ragazza la sollevasse per portarla all’interno dell’appartamento. Kara la appoggiò al muro e fu così delicata, anche nel desiderio, anche nella passione. Lena sentì una lacrima scivolarle lungo il viso e Kara dovette sentirla a sua volta perché si separò da lei con gli occhi sgranati.

“Non va bene? Ti ho fatto male?” Domandò, tesa. Lena posò le mani sul suo volto e oh, lo sapeva che avrebbe dovuto fermarsi, lo sapeva ogni fibra del suo corpo, ma quello stesso corpo la tradì e lei accarezzò il viso della giovane e scosse la testa.

“Sei… perfetta.” Le mormorò e Kara arrossì, mentre sorrideva, per poi, con la sua solita delicata timidezza sfiorarle il naso con il proprio.

“Tu sei perfetta.” Le rispose, per poi chiudere gli occhi e baciarla di nuovo, esitante.

Lena lasciò che sfiorasse la sua bocca con lentezza, lasciò che le mani della donna accarezzassero i suoi fianchi, come se ci fosse tutto il tempo del mondo. Non volle metterle fretta, non volle imporre i propri tempi, il suo desiderio. Perché Kara era speciale e voleva scoprire ogni cosa di lei, anche quella.

Voleva sapere come, Kara, avrebbe fatto l’amore con lei.

La donna riaprì gli occhi fissandoli nel suoi, appoggiò la fronte alla sua, mentre le sue mani trovavano senza difficoltà la chiusura del costume. Le sue dita esitarono cercando il permesso nei suoi occhi. Lena sfiorò le sue labbra in un bacio, un consenso che la giovane comprese, perché in pochi minuti il nero abito con lo stemma dei Zod sul petto fu a terra assieme a quello blu e rosso degli El.

La sua pelle era morbida sotto alle sue dita, uguale a quella di lei, ma non vi era nulla in Kara che potesse ricordarle la donna, mai Linda l’aveva accarezzata con tanta reverenziale ammirazione, mai aveva dedicato tutta la sua attenzione a lei, ad ogni suo gesto, respiro, ansimo. Smise di fare paragoni sciocchi quando le labbra di Kara si posarono sul suo seno e lei dovette aggrapparsi alle sue spalle.

La ragazza era stata timida prima, ma nel suo letto non lo fu affatto, oh, era delicata e titubante, ma non esitò a esplorare con curiosità e passione ogni piccola parte di lei, baciando, mordicchiando, assaporando con la lingua e le labbra ogni punto che scatenava in lei una reazione favorevole. Alla fine arrivò lì dove Lena ormai la aspettava. Le sue dita la sfiorarono delicatamente, accarezzando le sue gambe, fino a giungere tra le sue cosce. Trattenne il respiro, come mai aveva fatto, chiuse gli occhi e ansimò quando le mani di Kara finalmente la toccarono e poi, più sicure, grazie alla sua reazione, la penetrarono.

Gemette questa volta, incapace di resistere. I capelli di Kara ricadevano attorno al suo viso. Lena aprì gli occhi cercando di calmare il proprio cuore e il piacere, conscia che non sarebbe durato a lungo se non avesse trovato qualcosa con cui distrarsi, e si ritrovò a specchiarsi negli occhi di Kara.

Occhi blu, fissi sul suo volto. Kara la guardava con uno sguardo pieno di meraviglia, come se lei, lei, fosse la cosa più bella del mondo. Lei.

Lena si morse il labbro e poi spinse la testa indietro, spinse il bacino contro Kara e iniziò ad ondeggiare, gli occhi chiusi, lasciò che il piacere la sommergesse, piccoli gemiti le sfuggirono dalle labbra. Kara rabbrividì sopra di lei e Lena capì, con un tuffo al cuore, che il proprio piacere era stato troppo per Kara, la dolce, innocente e meravigliosa Kara. Senza indugiare oltre spinse con più velocità il corpo contro la mano di Kara e in pochi istanti fu attraversata da un intenso piacere che la fece gemere un po’ più forte contro la spalla di Kara.

Baciò la ragazza con foga, incapace di trattenersi questa volta, affondando la propria bocca nella sua con un bisogno che non sapeva di provare fino a quando non era sfuggito dalla sua bocca.

Pianse, pianse lacrime calde e silenziose, continuando a baciarla, tentando in ogni modo di imprimersi la ragazza nella memoria e nella mente, coscia che il suo cuore era irrimediabilmente perso da tempo.

Conscia che non cambiava nulla.

“Lena…” Mormorò molto più avanti nella notte, la ragazza, accoccolata accanto a lei.

Shhh.” Soffiò lei sulle sue labbra.

Quella notte non cambiava nulla, non poteva cambiare nulla, lo sapevano entrambe.

La baciò con dolcezza, accarezzandole il viso.

“Questo è un addio?” Domandò però Kara, incapace di resistere.

“Sì.” Ammise lei, perché, ora lo sapeva, non poteva rimandare ulteriormente, altrimenti avrebbe ceduto e sarebbe rimasta.

“Potresti…” Di nuovo Lena le appoggiò la mano sulle labbra.

Shhh.” Ripeté con dolcezza e rammarico. Kara prese le sue dita e le baciò, dolcemente, delicatamente, così com’era lei.

“Posso venire con te?” Domandò in un sussurro. Lena sorrise, mentre il suo cuore faceva male.

“No.” Rispose e non ebbe bisogno di dirle che il suo mondo aveva bisogno di lei. “Hai promesso di…”

“Lo so.” La interruppe Kara con un po’ troppa rabbia nella voce.

“Era per questo che non volevo che succedesse…”

“Lo so.” Ripeté questa volta con rassegnazione.

“Malgrado lo desiderassi con tutta me stessa.” Le sussurrò nell’orecchio. Kara rabbrividì a quelle parole e la sua pelle si increspò nel sentire il respiro di Lena sfiorarla. “Non parliamo di domani, va bene?” Le domandò e Kara le accarezzò il viso per poi baciarla.

Era più triste quel bacio, forse più disperato, così come il modo in cui fecero l’amore questa volta, con disperata necessità, entrambe consapevoli che ogni minuto le allontanava una dall’altra fino a quando tutto sarebbe finito. Fino a quando lei avrebbe detto addio a quel mondo e a quella Kara per tornare nel suo e mettere in atto un piano folle e disperato.

Fecero l’amore e Lena desiderò che quella notte non finisse mai.

Ma l’alba arrivò e con essa la realtà. Lena protrasse la loro notte fino a quando poté, osservando il viso di Kara illuminarsi pian piano, il sole che accarezzava i suoi capelli facendoli assomigliare all’oro. Non avevano dormito neppure un istante e Kara sembrava voler ignorare il sole che ormai le faceva risplendere gli occhi, per continuare a guardarla.

“Dobbiamo andare.” Le mormorò Lena. “Devo andare.” Aggiunse poi e vide il viso di Kara farsi scuro. “Hai…”

“Promesso.” L’anticipò lei. “Questo non significa che deve piacermi. I tuoi poteri stanno tornando, potresti aspettare ancora un poco… potresti tornare di là più forte, più…” Con un bacio Lena fermò quel fiume di parole.

“Non posso, un solo altro bacio e non avrò più la forza di andarmene.” Kara non attese un solo istante prima di chiuderla in un abbraccio e baciarla, con tutta la forza e la passione con cui il suo cuore batteva.

Non le chiese di restare, non poteva, ma i suoi occhi non nascondevano il suo desiderio.

Fu difficile uscire dal letto, ma quando ci riuscì la ragazza la accompagnò nella doccia e fece di nuovo l’amore con lei. Lena pianse di nuovo, ma nascose il viso nella spalla di Kara e le impedì di vedere il suo dolore, mentre l’acqua cancellava le tracce sul suo volto.

La portò al DEO volando. Nessuno fece commenti, i loro visi erano più che eloquenti.

Alex si morse il labbro.

“Quindi ci siamo?” Domandò e Lena annuì. Kara aveva la mascella rigida, gli occhi scuri, ma non protestò.

J’onn fu informato e il dispositivo di Cisco fu portato nel centro operativo. Lena osservò le persone attorno a lei. James e Maggie erano arrivati di corsa per salutarla e persino Mon-El era venuto. Winn aveva un’aria tesa e preoccupata e continuava a verificare i suoi calcoli. Alex alternava sguardi preoccupati da lei a Kara. J’onn le posò una mano sulla spalla e la ringraziò per quello che aveva fatto per il DEO, poi tutti, a turno, la abbracciarono. Kara rimase in disparte, in silenzio.

“Vi ringrazio.” Disse alla fine lei. “Siete riusciti a darmi una seconda casa, io che dopo averne perse due credevo fosse impossibile.” Ammise e ottenne dei sorrisi e degli sguardi incoraggianti. Probabilmente avrebbe dovuto dire che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe sconfitto i suoi El e chissà, avrebbe potuto tornare. Ma tutti, lì, avrebbero saputo che era una menzogna, così non lo disse, invece sorrise, fino a che i suoi occhi non si soffermarono su Kara. Ignorando il pubblico, la raggiunse e la strinse tra le braccia. La ragazza era rigida contro di lei.

“In ogni realtà, io e te, siamo destinate ad amarci.” Le mormorò e sentì il corpo della ragazza ammorbidirsi contro di lei. “Ti amo, Kara Danvers.” Disse ancora, la baciò per un lungo istante, poi si voltò e annuì a Winn. Era ora di tornare a casa.

 

 

 

 

Note: Cosa mi resta da dire? Tutto è successo e nulla è cambiato.

Lena sta partendo, diretta verso una missione praticamente suicida, e Kara la sta lasciando andare perché così ha promesso.

Il destino le ha volute assieme, ma il futuro si preparava a separarle… e ora che è successo, cosa accadrà alle nostre ragazze e al loro amore?

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Capitolo 17
*** La trappola ***


La trappola

 

La luce nella stanza tornò normale. La breccia si era richiusa. Winn, teneva ancora in mano il piccolo dispositivo. James, le mani ai fianchi, aveva perso il sorriso che aveva finto prima e così Maggie. J’onn le braccia incrociate non disse nulla, andandosene, mentre Alex si voltò verso di lei, lo sguardo preoccupato.

Lena non c’era più.

I pugni di Kara tremarono da tanto li stringeva.

“Riaprilo.” Ordinò a Winn che alzò lo sguardo fissandola, quasi spaventato.

“Non posso…” Disse e Kara fece un passo avanti, minacciosa.

“Apri di nuovo quel maledetto portale!” Quasi urlò.

“Kara.” La chiamò Alex e lei le lanciò uno sguardo di rabbia.

“No, non mi importa, devo…”

“Lei sapeva che avresti voluto seguirla. Ha bloccato il dispositivo, non si aprirà più per quel mondo.” Spiegò. “Mi ha chiesto di darti questo.” Aggiunse poi, consegnandole un piccolo foglio ripiegato.

Kara lo prese veloce, lo dispiegò e riconobbe subito l’elegante scrittura di Lena che aveva tracciato i simboli kryptoniani. I suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre leggeva la ricetta dei na-kuki.

Un addio, il più dolce a cui Lena aveva potuto pensare.

Kara strinse il piccolo foglio tra le dita, poi alzò il pugno, ignorando i richiami di sua sorella e spiccò il volo, sparendo nel cielo.

Eppure neanche lì, con il mondo intero ai suoi piedi, con il cielo infinito e senza confini alla sua portata, riuscì a respirare meglio. Vi era un peso, un peso doloroso che opprimeva il suo petto. Per un istante pensò di seguire l’esempio di Lena, di volare così veloce da spezzare il muro dello spazio-tempo, tornare indietro era così allettante, avrebbe potuto configgere Linda qua, a casa sua, avrebbe potuto evitare di farsi catturare come una sciocca e di farsi usare come un indifeso ostaggio. Tante cose avrebbe potuto fare, se solo… eppure sapeva che non era quella la via da seguire. Barry aveva sofferto troppo per un errore simile.

Sentiva il sole riempirla di forza, una forza inutile che non avrebbe potuto salvare Lena, non lì.

Strinse le mani contro il petto cercando di far smettere la sofferenza, le sue dita si aggrapparono al tessuto del suo costume, a quella S che non era solo una S, ma era molto di più. La sua mente traditrice le ricordò il respiro di Lena, le sue labbra che sfioravano il suo orecchio. In ogni dimensione erano destinate a stare assieme, ma non in questa, non in…

I suoi pensieri si interruppero. Abbassò lo sguardo sul suo simbolo e sgranò gli occhi, come se l’entità dell’idea fosse troppo grande perché la sua mente potesse afferrarla così in fretta.

Kara esitò ancora un istante, poi si lanciò verso il DEO con tutta la velocità che le permetteva il suo corpo.

 

La breccia si chiuse alle sue spalle e lei osservò la città davanti a lei. National City era cambiata da quando era partita, ormai molti mesi prima. Il perpetuo brusio della città era quasi inesistente, i palazzi mostravano gravi danni, le strade erano ingombrate da rottami di auto e da rifiuti. La città sembra essere stata il teatro di una guerra. Lena si addentrò tra le strade quasi deserte, osservando i pochi passanti costeggiare i muri con passi frettolosi e gli occhi pieni di paura. Mentre camminava verso la sua meta, uno dei suoi pochi rifugi ancora attivi, vide spesso l’emblema degli El inciso con il fuoco nelle pareti. Qualcuno, e Lena non aveva dubbi di chi fosse l’autore, aveva deciso di marchiare la città.

Era evidente che la donna si era scatenata sfogando la sua rabbia contro l’indifesa città.

Lena strinse il piccolo congegno che teneva nel pugno, l’unica arma che poteva usare contro i due El: la trappola dimensionale che lei e Winn avevano preparato, ma, per ovvie ragioni, mai testato.

La notte prima, mentre Kara la guardava accarezzandole la schiena, incapace di dormire, incapace di parlare, incapace di lasciarla andare, aveva capito cosa doveva fare.

Vi era solo una cosa che avrebbe fatto accorrere Linda, una sola cosa la distraeva abbastanza e le faceva abbassare la guardia: lei. Aveva funzionato una volta, avrebbe funzionato ancora, perché Kara non riusciva a staccare gli occhi da lei, così come Linda non era mai stata capace di farlo, anche con tutta la sua perversità, anche con tutta la sua crudeltà, non riusciva a impedirsi di amarla.

Entrò nel suo rifugio e si preparò. National City era la casa di Linda, ma lei doveva attirare Superman e sapeva perfettamente dove e da chi andare.

Indossò una parrucca rossa, si sistemò delle protesi per cambiare la conformazione del suo viso e si truccò in maniera completamente diversa dal solito, indossò jeans e una maglietta della Coca Cola, poi, infilò degli occhiali da sole. Alla fine si osservò allo specchio e annuì soddisfatta. Due ore di lavoro la ripagarono con uno sguardo quasi irriconoscibile persino da se stessa.

Rapidamente preparò uno zaino e dei documenti falsi, ringraziando suo fratello e sua madre per aver pensato anche a quello, chi lo avrebbe mai detto che un giorno avrebbe potuto perdere i suoi poteri e non poter più volare? A quanto pare, il detto che i Luthor erano sempre pronti ad ogni evenienza non era affatto un’esagerazione.

Controllò, un’ultima volta di avere tutto e poi uscì di nuovo in strada, prese un taxi, uno dei pochi che giravano per la città, e si fece portare alla stazione dei treni.

Si rese subito conto che qualcosa bolliva in pentola, come aveva immaginato dovevano aver rilevato l’apertura della breccia e stavano setacciando la città. Il suo taxi fu fermato due volte da due diversi gruppi di alieni che però, dopo averla guardata, la lasciarono passare. Lena, in entrambi le occasioni, fu grata di aver perso tutte quelle ore nel travestimento, ma ringraziò Rao quando, alla stazione, incontrò Maggie. La detective stava coordinando un gruppo di agenti, Lena non esitò, passandole accanto e guardando direttamente nella sua direzione, lo sguardo della donna passò su di lei e poi scivolò via, su un altro viaggiatore.

Il viaggio in treno fu  più tranquillo, cinque ore e fu alla sua prima destinazione, la città era piccola, ma non tanto da non avere un aeroporto. Comprò un biglietto e aspettò che il suo volo fosse chiamato.

Rao, quanto le mancavano i suoi poteri. Malgrado la speranza di riottenerli ora fosse concreta, non era più riuscita ad averne nessuna manifestazione, né dei super-sensi, né delle altre abilità kryptoniane, non che importasse per davvero, ora come ora, anzi, la sua debolezza avrebbe aiutato.

Quando arrivò a destinazione era notte ed era perfetto così, dopo tutto, la persona che cercava era, decisamente, notturna.

Mezzora dopo era seduta su una poltrona, dietro ad una scrivania, aveva tolto la parrucca e le protesi, tornando ad essere Lena Luthor. Quando la luce dell’ufficio fu accesa, la trappola che aveva improvvisato scattò e l’uomo si ritrovò a dibattersi, inutilmente, dentro ad una rete di sottilissimi fili d’acciaio.

“Ciao, Bruce.” Disse e sorrise nel vedere il viso scuro e furioso dell’uomo. Non era abituato a farsi sorprendere, era lui a sorprendere gli altri, volando qua e là con ali finte, vestito di nero e con una maschera sul volto, un pipistrello: cosa poteva esserci di più diverso dagli El? Eppure…

“Cosa, vuoi, Lena?” Domandò con voce aspra e Lena sorrise di nuovo.

“Ho bisogno che Clark venga a salvarti.”

“Non ci contare.”

“Oh, verrà, verrà, sei l’unico vero amico che abbia mai avuto: entrambi pronti a spaccare teste e a fare i bulli…” L’uomo digrignò i denti, mentre Lena scattava una foto e scriveva un rapido messaggio che poi inviò.

“Non ci vorrà molto.” Assicurò e non ci volle molto. La parete dietro di lei fu fatta a pezzi e Lena si ritrovò ad osservare Superman in tutta la sua terribile furia.

“Tu?!” Esclamò, sorpreso.

“Io…” Commentò lei e poi sorrise, mentre l’uomo spezzava la rete che tratteneva il terribile Batman e afferrava lei tra le braccia.

“Non ho idea di quello che avresti voluto fare, ma è stato un terribile errore.” Con un solo fluido gesto la lanciò giù dal palazzo.

Lena chiuse gli occhi, sapeva che lo avrebbe fatto, eppure cadere verso il basso preda della gravità era qualcosa di terrificante. Due braccia forti l’afferrarono quando ormai era a pochi metri da terra.

“Dunque è vero, sei senza poteri.” Superman la guardò e forse vi fu della pena nei suoi occhi. “Tuo fratello era un mostro.” Rimarcò e lei digrignò i denti.

“Tu sei il mostro che lo ha spinto a dover studiare simili orrori, tu e tua cugina.”

“Non parlare così di lei.” Le disse l’uomo. “Se non fosse per Linda tu saresti morta da tempo, ti protegge e, a modo suo, ti rispetta.”

Lena si morse la lingua per non dirle quello che pensava della donna, non doveva farlo arrabbiare più del necessario.

Superman la portò sul tetto del Daily Planet e la lasciò cadere a terra.

“Da qui non puoi andare da nessuna parte. Lei verrà a prenderti.” L’uomo alzò il pugno e Lena pensò in fretta, non doveva lasciarlo andare via.

“Come sta’?” Chiese e lasciò trapelare un po’ di preoccupazione nella sua voce. Il giovane era crudele, ma non astuto, ci cascò. La guardò per un lungo istante prima di parlare.

“Adesso sta bene, ma quando è arrivata… oh, quel proiettile era tremendo, pura kryptonite verde infissa nel suo corpo, un tormento e, anche quando gliel’hanno tolto, il suo sangue ne era infetto. Ha sofferto per settimane prima di riuscire a liberarsene del tutto. Non sarà bello quello che farà alla donna che le ha sparato.” Assicurò con un ghigno divertito.

“Cos’ha fatto a National City? Non è da lei distruggere una città.”

“Perché all’improvviso vuoi chiacchierare?” Domandò finalmente sospettoso il ragazzo.

“Non voglio chiacchierare, sto per incontrarla e voglio sapere cosa le passa per la testa e quanto in fretta morirò o quanto soffrirò.”

“Non ti ucciderà.” Assicurò il giovane stringendosi nelle spalle. “Ti ama o qualcosa di simile.”

“Come tu amavi Lois?” Gli occhi del ragazzo d’acciaio brillarono di fuoco, era pronto ad ucciderla seduta stante.

“Tu non sai niente! Non pronunciare il suo nome!” Le intimò.

“Perché? Sei stato tu ad ucciderla.” Gli ricordò e l’uomo diede un pugno nell’impotente globo simbolo del famoso giornale, sfondando il metallo dorato come se fosse burro.

“Non parlare di lei!” Ordinò di nuovo e Lena si strinse nelle spalle.

“Come vuoi, non che sia stata una perdita, non vi era esempio peggiore per gli umani di quella giornalista corrotta e con una propensione per le notizie montate.”

Superman la afferrò per gli abiti e la sollevò fino a quando i loro occhi non furono sullo stesso livello.

“Lo sai che posso spezzarti il collo solo respirando?” Domandò la voce bassa e vibrante, contenente un mondo intero di minacce.

“Fallo, Kal, e ti spellerò con le mie stesse mani.” Suo malgrado, Lena, rabbrividì nel sentire la voce di Kara… no, di Linda, si corresse.

“Si è permessa di…”

“Mettila giù.” Lo interruppe la donna e il giovane obbedì, lasciandola cadere di nuovo a terra.

“Voglio che soffra per quello che ha detto.” Esigette però, non volendo cedere completamente.

“Oh, smettila di fare il bambino. Lois aveva la lingua troppo lunga, un giorno ti sei stufato e le hai fatto un buco in fronte, smettila di piangerti addosso.”

Lena infilò la mano in tasca. Era il momento? Erano abbastanza vicini?

“Non parlare a me di fare il bambino, quando tu hai distrutto mezza città solo perché facevi i capricci!” Ritorse Superman e la ragazza gli si avvicinò con aria combattiva.

“Potrei zittirti anche con un braccio dietro alla schiena, quindi fai molta attenzione a quello che dici, cugino.” Sibilò.

“Ehi, non litigate per colpa mia.” Lena fece un passo verso di loro, la mano chiusa sul piccolo meccanismo.

“Con te farò i conti dopo.” Assicurò Linda, voltandosi poi di nuovo verso Kal. “Come hai fatto a catturarla?” Domandò.

“Catturarla?” Chiese lui, ghignando. “Non ha poteri e ha avuto la faccia tosta di prendere Bruce per invitarmi a raggiungerla, non so cosa volesse.” Lena fece due passi avanti, veloce. Adesso o mai più. Gli occhi di Linda si stavano sgranando, mentre comprendeva che quella era una trappola.

Era vicina, sperò che bastasse e premette sul pulsante.

Aveva paura della Zona Fantasma, del buio vuoto ed eterno che vi regnava, ma sacrificarsi significava salvare il suo intero pianeta e quanto era facile quel passo in confronto a quello di lasciare Kara? E poi avrebbe avuto i suoi ricordi, avrebbe potuto ricordare i dolci baci di Kara e la sua pelle vellutata, i suoi occhi pieni di stupore e d’amore…

Vide i due El sgranare gli occhi, lesse il terrore nelle loro pupille e poi la luce scomparve.

Lena strinse il pugno con più forza: aveva compiuto un azzardo ed aveva fallito. Quel piccolo dispositivo non aveva sufficienza potenza per aprire e mantenere aperto un portale per la Zona Fantasma, anche solo per quei due o tre secondi necessari a prendere tutti loro.

Winn lo aveva temuto, ma lei era sicura che potesse funzionare, perché aveva fatto ogni calcolo possibile e perché era l’unica speranza per il suo mondo.

Ma, di nuovo, aveva fallito.

“Bene, bene, bene.” Mormorò Linda, osservandola. “Sembra che, qualsiasi cosa tu avessi programmato, sia appena fallita.”

Lena fece un passo indietro, il suo cuore iniziò a battere veloce. Non aveva nessun luogo dove andare, non poteva fuggire, non poteva neppure lottare.

Era finita.

“Arrenditi.” Le suggerì la ragazza con un maligno sorriso sulle labbra.

Lena fece un secondo passo indietro, ma la donna, questa volta, la seguì avvicinandosi a lei poi, nel cielo saettò una figura e il cuore di Lena prese a battere molto più veloce.

Accanto a lei atterrò Kara, una copia mille volte più spendente della donna davanti a lei.

“Chi abbiamo qui?” Domandò Linda, un lampo di malvagità che brillava nei suoi occhi. “Ti hanno tolto il collare? E ora come faranno a portarti fuori a fare la pipì?” La prese in giro e poi la colpì di sorpresa, mandandola a rotolare lontano.

Lena strinse i pugni, non doveva andare così! Kara non doveva venire, si era assicurata che non riuscisse a seguirla!

“Piccola stupida, è stata una pessima idea venire da sola!” Linda afferrò per il costume la versione più brillante di se stessa e la sollevò, pronta a darle un altro pugno.

“Chi ti dice che io sia sola?” Domandò però Kara, un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Lena corrugò la fronte e l’istante dopo una seconda figura si posò sul tetto, poi una terza, una quarta e una quinta. Lena smise di contare a dieci, ma dovevano essere almeno trenta.

Trenta Kara, con costumi leggermente diversi, tagli di capelli diversi, ma lo stesso sguardo deciso e gli stessi pugni chiusi.

Lena sorrise e incrociò gli occhi della donna che amava.

La giovane aveva un ampio sorriso sulle labbra e, quando parlò tutto il suo viso brillò d’orgoglio e amore.

“In ogni dimensione c’è una Kara pronta a lottare per te.”

 

 

 

 

Note: Allora, chi dice che sono cattiva o che mi odia deve cambiare idea, perché questo capitolo poteva finire qualche riga più in su e allora sì che sarebbe stato brutto! Ma oggi sono gentile e vi ho regalato una fine dolce.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto perché, ragazze, era il penultimo.

Il prossimo sarà l’epilogo con il quale si concluderà la storia.

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Capitolo 18
*** El mayarah ***


El mayarah

 

Kara stava mangiando un buonissimo involtino di carne che Lena aveva portato da un lussuoso ristorante del centro, chiuse gli occhi assaporandone la bontà quando due labbra si posarono sulla sua guancia. Riaprì gli occhi e arrossì.

Lena era vicinissima, ora. Lena la guardava con un sorriso delicato. Lena le chiedeva il permesso di baciarla ancora.

L’involtino di carne era nulla rispetto alle labbra di Lena finalmente premute sulle sue.

Una luce la fece sobbalzare, spinse Lena dietro alle sue spalle e si preparò a lottare.

Ma i suoi occhi si sgranarono quando riconobbe Cisco e… se stessa.

“Cosa… chi…?” Tentò di dire. Confusa.

La ragazza che era lei, terribilmente strano guardarsi in uno specchio che si muoveva diversamente e che aveva occhi così… disperati, fece un passo avanti.

“Ho bisogno di te.” Affermò. “Devo salvare Lena.” Sentì le mani della giovane Luthor, a cui aveva dato il suo primo bacio, stringersi sulla sua spalla, si voltò e la fissò senza sapere cosa dire.

“Vai.” Le mormorò la donna. “Sarò qui ad aspettarti.” Assicurò poi, lasciandole un piccolo bacio sulla guancia.

 

***

 

Non è una parola!” Urlò Winn e lei alzò il dito.

“Certo che è una parola!”

“Ti assicuro che non vuol dire proprio nulla.” Si impuntò il giovane e Kara fu sul punto di replicare quando due mani scivolarono sulle sue spalle e un respiro caldo le sfiorò l’orecchio.

“Devo andare.” Le mormorò la donna e Kara provò il solito brivido di piacere nell’udire Lena parlarle in maniera così intima.

“Di già?” Chiese, alzandosi dal tavolo nel quale lei e Winn stavano protraendo all’infinito una partita di scarabeo che Lena, Alex, Maggie e James avevano abbandonato da tempo per chiacchierare tranquillamente sul divano.

“Domani ho quel meeting con la Desenport quindi…” La baciò dolcemente,  poi una luce illuminò il salotto di casa sua e tutti balzarono in piedi. Kara si protese in avanti pronta ad affrontare qualsiasi minaccia, quando riconobbe il sorriso amichevole di Cisco e… due di lei. Tre… sei… dieci… donne estremamente simili a lei… era davvero strano.

“Lena. Devo salvarla e ho bisogno di te.” Affermò una di esse, quella con gli occhi più… angosciati.

Guardò verso Lena e poi verso Alex.

“Fai attenzione.” Mormorò la giovane Luthor e Alex annuì.

 

***

 

Linda si lanciò verso il cielo, tentando di sfuggire, imitata subito da Kal, ma le loro avversarie erano troppe e decisamente agguerrite. La lotta fu violenta nel cielo, ma fu anche sorprendentemente rapida. Pochi minuti di fuoco, ghiaccio e pugni e i due El si ritrovarono in ginocchio sul tetto dal quale erano partiti.

Lena non riusciva a crederci.

“Com’è possibile? Come ti è venuto in mente di…?” Chiese, guardando la Kara che sapeva essere la donna che amava, ormai non avrebbe potuto confonderla nemmeno tra cento versioni.

“Oh, non è stato così difficile dopo tutto sono una El.” Sorrise e furono in molte ad imitarla. Lena era abituata a cosa sorprendenti, ma una trentina di Kara che sorrideva verso di lei era comunque difficile da reggere.

El mayarah.” Mormorò, ricordando l’antico motto della famiglia El. Un motto che non aveva mai capito, prima di conoscere quella Kara.

“Più forti insieme.” Annuì la ragazza. Si era avvicinata a lei e ora le prese la mano portandosela al petto. Lì, sul simbolo che aveva odiato e che ora grazie a quella donna amava. “Non è solo un modo di dire, un motto vuoto di senso.” Aggiunse con orgoglio. “Tutte loro non hanno esitato quando ho chiesto aiuto per te.”

Lena arrossì un poco, mentre la ragazza la guardava con quegli occhi dolci e profondamente innamorati.

“Ehi, se non la baci tu, fai spazio!” Urlò una Kara, evidentemente una versione più intraprendente della donna che arrossì violentemente tra le sue braccia. Lena rise e poi chiuse le distanze incollando la propria bocca a quella di Kara in un bacio pieno di sollievo.

Quando si separarono e si voltarono di nuovo verso la folla di kryptoniane bionde e dagli occhi azzurri, Lena non ebbe difficoltà a identificare tra le tante ragazze quelle che in Lena, probabilmente, vedevano solo una cara amica.

Non poté fare a meno di sorridere e si morse il labbro pensando alle Lena che non conosceva, ma che sapeva si stavano struggendo per un bacio desiderato e al contempo temuto.

Il suo sguardo si incupì quando incontrò gli occhi di Linda, fissi con odio su Kara.

“Cosa hai pensato di fare con loro?” Chiese alla ragazza indicando i due El inginocchiati, il viso della donna si fece serio.

“L’unico posto in cui possono stare è lo stesso in cui pensavi di mandarli. Posso avere la trappola che avete costruito tu e Winn?”

“Non ha funzionato.” Disse e provò un brivido all’idea del contrario. In quel momento sarebbe stata nella Zona Fantasma e non lì accanto a Kara.

“Oh…” La ragazza fece una piccola faccia colpevole e Lena notò una serie di visi altrettanto colpevoli nella folla di Supegirl.

Corrugò la fronte e incrociò le braccia.

“Sì?” Chiese e Kara arrossì ancora un poco.

“Il fatto è che…”

“Ho bloccato il segnale impedendo al marchingegno di collegarsi con le frequenze della Zona Fantasma e aprire un portale, individuando, al contempo, la tua posizione.” Intervenne una ragazza identica a Kara, ma vestita di un costume interamente blu, privo di mantello e che portava i capelli corti, indossando ancora gli occhiali, anche se una versione decisamente tecnologica.

“Ecco, sì, un’idea brillante se ci pensi e non ti arrabbi, saremo anche in trentaquattro, ma non avevamo idea di dove fossi, Cisco può aprire brecce dove vuole, ma non riesce a localizzare qualcuno se non ha un indirizzo preciso, così abbiamo atteso che usassi la trappola, bloccato il segnale prima che vi portasse via e siamo volate qui, devi capire che…” Lena le posò una mano sulle labbra fermando il fiotto di parole di Kara.

“Grazie.” Disse soltanto, poi estrasse dalla tasca il congegno e lo consegnò alla giovane che se lo rigirò tra le mani compiaciuta, borbottando piano. Una Kara scienziata… interessante. Colse lo sguardo preoccupato di Kara e le sorrise. Doveva essere strano essere gelose di se stesse...

“Ecco fatto.” Concluse la donna. “Quando vuoi dirigilo su di loro e saranno gli unici ad andarsene, ho corretto l’angolo, non un’esplosione, ma un fascio.” Spiegò e Lena annuì, sorpresa e impressionata. Era una modifica che lei e Winn avevano dovuto escludere visto che necessitavano di potenza e non di precisione, ma ne conosceva la complessità ed effettuarla in così poco tempo era ammirevole.

Prese il congegno e si diresse dai due El. Con un profondo respiro guardò la donna di cui si era innamorata cercando sul suo volto qualcosa, qualsiasi cosa che la spingesse a decidere per lei un destino diverso. Ma non trovò nulla, vi era solo rabbia, furia e malvagità. Lena aveva visto National City, anche solo per quella colpa meritava la punizione più grave.

“Non sono un giudice di Krypton e vorrei che vi fosse ancora un sistema giudiziario capace di processarti, ma sono kryptoniana e conosco il nostro codice e attraverso di esso vi giudico.” Prese un profondo respiro e legò il proprio sguardo a quello di Linda, per l’ultima volta. “Kara Zor-El ho pesato le tue azioni e le tue colpe. La Zona Fantasma è l’unico posto in cui potrai riflettere sui tuoi peccati ed espiare le tue colpe” Le disse. “E lo stesso vale per te, Kal El.”

“Non lo farai.” Assicurò arrogante Linda. “Non lo farai perché non posso credere che tu preferisca quella… nullità, incapace di fare il lavoro da sola.”

“Lo farò Linda e non per vendetta, ma per giustizia.” Il suo viso era grave, serio. “Ti ho amata quando conoscevo solo una piccola parte di te, per la donna che sei realmente provo solo profondo dolore e dispiacere, perché so, guardando lei e guardando tutte loro, che potevi essere una donna migliore.”

Linda si agitò nella ferrea stretta delle due donne che la tenevano, inutilmente. Era ora di porre fine a quella storia, una volta per tutte. Fece un cenno alle ragazze che tenevano i due prigionieri, poi premette il pulsante, le due figure furono illuminate e poi, semplicemente, sparirono.

Lena osservò lo spazio vuoto e fu invasa da un senso di pace e di libertà, si era aspettata un vuoto, un senso di smarrimento, persino della tristezza, non quei sentimenti che non sapeva di poter provare un giorno.

Era finita, tutto era finito e lei era… libera. Con sollievo si rese conto che era sciolta dalla promessa fatta al padre e alla Terra, il pianeta che l’aveva accolta, era libera di seguire una nuova strada, una strada che avrebbe deciso lei.

Una mano scivolò delicatamente nella sua e Lena si voltò ad osservare gli occhi pieni di gioia e di soddisfazione di Kara. Gioia, sollievo, amore.

Lena sorrise e, per la prima volta, permise a se stessa e al suo cuore di accettare quella nuova meravigliosa verità: qualsiasi fosse la strada che avrebbe intrapreso non l’avrebbe percorsa da sola.

 

 

 

 

Note: Ed eccoci alla fine. Il futuro non è più precluso alle nostre ragazze, ora sta a loro decidere come viverlo, sta a loro tracciare un nuovo destino che, però, continuerà a vederle assieme, perché, lo sapete… niente può dividerle.

 

Spero che questa storia vi sia piaciuta e spero che vi abbia fatto compagnia in attesa che la terza stagione di Supergirl cominci.

Vi ringrazio tutte per averla seguita e per averla commentata, mi ha fatto molto piacere conoscere le vostre impressioni e scoprire cosa vi colpiva di più. Sarò un disco rotto, ma non importa: grazie!

A presto? Chi lo sa… speriamo!

Ciao ciao

 

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