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Kara sorvolò National City con un
sorriso sulle labbra, aveva sventato una rapina quella mattina e, visto che
aveva tempo, era persino andata a far visita ad un ricovero di cani,
lasciandosi fotografare mentre coccolava alcuni di essi, conscia che un po’ di
pubblicità avrebbe giovato a quegli animali soli.
Quando atterrò al DEO era di ottimo
umore e sorrise raggiungendo Winn, al lavoro alla sua
solita postazione.
“Buongiorno.” Gli disse e il ragazzo
si voltò con un sorriso.
“Giorno.” Rispose. Un tonfo fece
voltare entrambi. Mon-El era saltato, poco
elegantemente, sul balcone dell’edificio.
“Dobbiamo lavorare sull’atterraggio.”
Fece notare e lui sorrise, annuendo.
“Potremmo lavorarci questa sera?”
Chiese.
Kara si strinse nelle spalle,
malgrado ci provassero finivano per avere poco tempo assieme, lei aveva delle
ricerche da fare in quanto reporter, oppure delle missioni da portare a termine
come Supergirl e lui lavorava al bar quasi ogni sera.
“Se non succede niente nel frattempo…”
Gli rispose con una piccola smorfia. Il giovane la imitò, non era stato molto
contento quando lei aveva riavuto il lavoro da reporter. Era convinto che gli
impegni di Supergirl erano più che sufficienti a
tenerla occupata e, a suo dire, erano decisamente più importanti.
“Buongiorno.” Alex, nella sua
uniforme nera, le mani sui fianchi, si fece avanti, gettando appena uno sguardo
a Mon-El, se lo sopportava era solo per amore di Kara
e si vedeva. Il fatto che fosse stato la causa dell’invasione daxamite di qualche mese prima non aveva migliorato
l’opinione della maggiore delle Danvers. Kara
sospirò, avrebbe voluto che Alex vedesse il buono che lei vedeva in lui, il
potenziale che possedeva…
“Niente da segnalare?” Chiese, la
maggiore delle Danvers, e Winn
scosse la testa.
“Nulla fuori dalla norma, sono stati
segnalati due incidenti, questa notte, ma se n’è occupata l’unità-alieni della
polizia.”
“Sì, Maggie me l’ha detto questa
mattina.” Rispose la donna osservando i due rapporti che il giovane aveva
mandato sullo schermo davanti a loro.
“Maggie, eh?” Chiese Kara
appoggiandosi al tavolo con un sorriso sornione sulle labbra. Alex arrossì
immediatamente, perdendo in un solo istante la sua aria professionale.
“Ehm… sì… ci siamo viste per
colazione.” Ammise, dopo essersi guardata attorno e aver visto che nessuno
badava a loro.
“Oh!” Esclamò allora Kara, con un
sorriso sempre più ampio sulle labbra. “Quando le dirai che ti piace?” Chiese
poi, ammirando il colorito di Alex virare al rosso pomodoro.
“Non credo proprio…”
“L’hai accettato, l’hai detto a me…
non ti rimane che chiudere la cosa dicendolo a lei. Non vedo l’ora di farti da
testimone di nozze.” La punzecchiò ancora Kara e Alex le diede un piccolo colpo
sul braccio.
“Smettila!” Le impose, facendola ridere.
“Andrà tutto bene.” Disse allora lei,
guardandola con un sorriso dolce. “Sarebbe sciocca a non vedere quanto è
magnifica la mia sorellona.” Alex alzò uno sguardo timido su di lei, le guance
ancora soffuse di rosso.
“Credi davvero che…?”
“Sì e se ti rifiuta faccio come in
quel film con Uma Thurman… in cui l’ex fidanzata era
una super e…”
“Oh, no, meglio di no.” La interruppe
Alex, sgranando gli occhi alla sola idea. Kara ridacchiò, poi alzò la testa
perché un allarme aveva attirato la sua attenzione.
“Cosa succede?” Chiese subito J’onn, comparendo da una sala laterale.
Winn pigiò rapido sulla sua tastiera.
“Una breccia…?” Disse, esitante.
“Dove?” Domandò, incalzante, il
direttore del DEO.
“Su National City.” Rispose lui,
sempre digitando.
“Su National City? Cosa significa?”
Intervenne Kara, perplessa.
Da quando avevano avuto la prova dell’esistenza
di mondi paralleli, grazie a Barry, avevano reso i loro satelliti sensibili al
genere di variazione d’onde che si generava alla creazione delle brecce, ma
questa era la prima volta che ne veniva individuata una.
“Ventimila metri sopra la città.”
“È passato qualcosa?” Domandò Alex, la
mano istintivamente posata sulla pistola al suo fianco.
“Sì, un oggetto non identificato e
sta cadendo sulla città.”
“Vado.” Disse solo la kryptoniana ed era già sparita.
Kara si alzò nel cielo mattutino
della città, usando la sua super-vista per identificare l’oggetto.
“Di cosa si tratta? Un missile? Una bomba?” Domandò nel suo auricolare, Alex, la
voce tesa.
“No…” Sbatté gli occhi e poi capì.
Senza attendere ancora si lanciò verso la piccola massa che stava cadendo al
massimo della velocità, verso la città.
Kara comprese che avevano indugiato
troppo, strinse i pugni che teneva davanti al viso e accelerò ancora,
gettandosi, poi in picchiata, all’inseguimento del corpo in caduta.
“Sta volando velocissima.” Segnalò Winn che controllava i dati sul monitor.
“Eccola!” Mon-El
indicò lo schermo che mostrava il video di una delle telecamere posizionate su
di un palazzo abbastanza lontano da mostrare l’intera scena. “Non ce la farà…”
Disse il giovane e Alex fece una smorfia alla mancanza di fiducia tipica del
giovane.
“Puoi farcela, Supergirl!”
Disse con veemenza, nell’auricolare.
Kara toccò il corpo con la punta
delle dita, mentre sfrecciavano, entrambi, a folle velocità verso il suolo.
Strinse i denti ed esigette dal suo corpo ancora uno sforzo, afferrò il nero
corpo ed eseguì una piroetta posando un piede e un ginocchio a terra e creando
un piccolo cratere attorno a sé.
“È stato epico!”
Urlò Winn nel suo auricolare e lei sorrise. Poi i
suoi occhi si abbassarono sul fagotto che teneva tra le braccia. Lasciò un poco
la presa e vide, per la prima volta, la persona che aveva salvato.
Aveva i capelli neri e la pelle
bianca, le labbra rosse, ma a colpire Kara fu il rivolo di sangue che scendeva
lungo la sua guancia. Con i raggi-X osservò il corpo della donna, mentre con il
super-udito ascoltò il suo cuore: il battito era leggerissimo e i polmoni sembravano
rifiutarsi di riempirsi d’aria.
Con profondo orrore Kara comprese che
stava stringendo tra le braccia una donna morente.
Alex, come tutti alla postazione del
DEO, osservava Kara immobile che stringeva tra le braccia un corpo umano: una
ragazza a giudicare dai lunghi capelli neri. La minore delle Danvers era ancora nella stessa posizione di prima,
sembrava rapita o molto concentrata.
“Supergirl,
rapporto.” Chiese, perché iniziava a preoccuparsi, cos’aveva rubato tutta l’attenzione
di Kara?
“Sta morendo.” Rispose alla sorella e
poi sussultò, reagendo. Con una rapida spinta si lanciò verso il cielo. “Sto
arrivando!” Comunicò, pochi istanti dopo atterrò al DEO e portò il corpo della
donna fino all’infermeria, ancora avvolto in un mantello nero il cui tessuto assomigliava
al suo.
Alex stava già preparando tutta la
strumentazione. Karaposò il corpo sul
lettino per poi torturarsi la mani, agitata. Non riusciva a smettere di
ascoltare quel battito così debole, terrorizzata all’idea che se si fosse
distratta, anche solo per un istante, avrebbe potuto spegnersi.
“Chi è?” Chiese Mon-El
arrivando accanto a lei e mettendole una mano attorno ai fianchi. Kara scosse
la testa, infastidita. Non che non fosse curiosa, ma quello solo era un
dettaglio: la ragazza stava morendo!
Un gruppo di medici arrivò correndo e
Kara si fece da parte, mentre Alex si preparava a monitorare i segni vitali della
giovane. La ragazza scostò il mantello per sistemare gli elettrodi sul petto
della sconosciuta, ma prima di farlo fece un balzo indietro, sorpresa.
“Cosa succede?” Chiese J’onn che seguiva la scena con le braccia incrociate.
Kara sbiancò, Alex aveva portato al
mano alla pistola e osservava pallida il corpo della donna. Vi erano poche cose
che potevano spaventare a quel modo Alex e, di certo, il corpo di una donna in
fin di vita non erano tra queste.
“Lei…” Alex scosse la testa, mentre i
medici, pallidi quanto lei fissavano la sconosciuta con orrore.
J’onn si fece avanti deciso e così Kara.
Sul volto di entrambi apparve lo sconcerto quando infine capirono.
“Abbiamo un codice Black.” Affermò J’onn. Winn sgranò gli occhi e
poi iniziò a digitare sul computer, sigillando la struttura.
Kara la bocca spalancata osservava la
donna sconvolta.
“Bene… almeno ora sappiamo di cosa ha
bisogno.” Affermò infine Alex e con un gesto ai medici tornò ad occuparsi della
ragazza caduta dal cielo.
Note: Una
misteriosa ragazza è caduta dal cielo, Kara è riuscita a salvarla prendendola
al volo, letteralmente, ma ora sembra che la situazione si sia un poco
complicata… cos’è che ha creato tanta sorpresa al DEO, cosa c’è sul petto della
giovane di cui ancora non sappiamo il nome?
Nuova storia!
Ed è una long bella lunga!
Il mondo non
è quello che conosciamo, come dovreste già aver notato o come noterete in
seguito, ci sono delle piccole discrepanze e alcune differenze sostanziali, una
per tutte: Mon-El non se ne andato dalla Terra dopo l’invasione
daxamite. Quindi, se rimarcherete delle piccole difformità
rispetto a ciò che è canon nella serie non
preoccupatevi, è voluto. ;-)
All’inizio
della terza stagione di Supergirl mancano ancora un
po’ di giorni, perché non passarli in compagnia di questa storia? Sappiate che
è già stata interamente scritta, non vi rimane che commentare per farmi sapere
cosa ne pensate e ai 5 commenti io pubblicherò un nuovo capitolo! ;-)
Con un elegante atterraggio, Superman
fece il suo ingresso al DEO.
“Kal!” Lo
salutò Kara andandogli incontro e abbracciandolo. “Mi spiace vederti solo in
occasioni simili e non volevo disturbarti, ma…”
“Hai fatto bene. Dov’è?” Sul suo volto
vi era una nota di tensione.
“In una cella di contenimento.”
Rispose subito J’onn raggiungendoli e stringendo la
mano al supereroe.
“Si sta riprendendo in fretta.”
Aggiunse Alex, facendo a Clark un cenno di saluto e un piccolo sorriso.
“Avete idee più precise di chi sia o
di cosa voglia?” Domandò Superman, osservando da uno schermo il video della
donna stesa su di un lettino.
“No, non risulta nei nostri archivi.”
Spiegò Winn.
“E neppure in quelli della Fortezza.”
Aggiunse Kara.
“Ma questo non deve stupirci, è
comparsa da una breccia quindi potrebbe non esistere nel nostro mondo.” Ci
tenne a precisare Winn e sorrise, arrossendo quando
ebbe un cenno di assenso dal suo eroe.
“J’onn.”
Disse poi l’uomo e gli tese una scatolina. “Quello che mi avevi chiesto.”
“Molto bene, mi dispiace aver
dovuto…”
“No, la minaccia è troppo grave per
essere sottovalutata.” Lo interruppe Superman e i due uomini si annuirono. Kara
fece una smorfia verso la scatolina e incrociò le braccia.
“Potrebbe non essere affatto una
minaccia.” Tutti gli occhi si appuntarono su di lei che si strinse nelle
spalle. “Non ha ancora fatto nulla per meritare la nostra ostilità.” Spiegò.
“Kara…” Iniziò Clark.
“Non ci fare caso, l’ha salvata e ora
è convinta che deve essere per forza buona.” Intervenne Alex dando un piccolo
colpetto alla spalla della sorella che fece una smorfia.
“Non mi piace giudicare una persona
solo…”
“Allora dov’è la kryptoniana
pazza e assassina?” Domandò Mon-El entrando con il
solito sgraziato tonfo. Kara fece ruotare gli occhi e li fissò su di lui,
infastidita.
“Non sappiamo nulla di lei!” Fece
notare al daxamite e a tutti i presenti. Mon-El aprì le braccia e fece uno dei suoi sorrisi.
“Salvo che porta sul petto lo stemma
della famiglia Zod!” Kara storse il naso infastidita,
senza poter replicare.
Superman si voltò e le posò una mano
sulla spalla.
“Tieni aperta la mente ad ogni
possibilità, hai ragione, non dobbiamo giudicarla solo perché porta un’insegna
che conosciamo come nemica, ma non lasciarti neppure ingannare. Mi fido del tuo
giudizio, se avrai bisogno di me non hai che da chiamare.” Kara sorrise e lui
la imitò, salutò gli altri e poi se ne andò.
“Io dico che è cattiva.” Affermò
allora Mon-El. “Qualcuno vuole scommettere?” Disse
poi con voce forte guardandosi attorno con un sorriso divertito.
“Mon-El!”
Lo riprese lei, ma il giovane le fece l’occhiolino e si diresse verso gli
agenti che si stavano già raccogliendo per fare le loro puntate.
“Idiot…”
Alex si bloccò e Kara roteò gli occhi.
“Sta solo giocando, non è serio.” Lo giustificò,
come faceva sempre. Alex incrociò le braccia, ma non disse nulla di più.
“Agente Danvers,
carica un’arma con questa. Sarà una tua responsabilità.” Affermò allora J’onn tendendole la piccola scatola in piombo.
“Sì, signore.” Rispose lei, improvvisamente
formale, prendendo quel pesante fardello e lanciando uno sguardo a Kara che di
nuovo aveva una smorfia sulle labbra.
“Spero proprio che non ce ne sia
bisogno.” Mormorò e, Alex, passandole accanto, le posò una rassicurante mano
sulla spalla, poi con un piccolo sorriso si allontanò per eseguire l’ordine
ricevuto.
“Quando si sveglierà?” Chiese allora
Kara, osservando la figura stesa in una delle celle dei piani inferiori.
“I medici dicono che si sta
riprendendo in fretta, ma era messa molto male, ci vorranno ore, forse giorni.”
Winn si strinse nelle spalle, incerto.
Kara sospirò poi annuì e si preparò
ad una normale giornata di lavoro alla CatCo.
Nel tardo pomeriggio passò di nuovo
al DEO, ma la situazione era invariata, i parametri vitali della sconosciuta
miglioravano, ma non era ancora sveglia. Winn
monitorava la città in allerta per eventuali altre brecce, ma nulla aveva
turbato la tranquilla giornata di sole di National City.
Arrivò la sera e poi la notte, Kara,
all’esterno della cella di vetro osservava il soffitto di cemento, sospesa a
mezzaria lanciando in alto una pallina e riprendendola al volo, la testa
appoggiata al braccio.
“Kara, sei qui!” La voce di Mon-El le riportò alla mente il loro appuntamento e con una
smorfia di dispiacere tornò a terra.
“Scusa… mi sono dimenticata!” Ammise
e il ragazzo fece una smorfia.
“Era la mia unica serata libera di
tutta la settimana.” Si lamentò e lei si sentì terribilmente in colpa. Era così
impaziente che la ragazza si svegliasse che le era sembrato potesse succedere
da un’istante all’altro, quindi, perché non attendere lì?
“Lo so, volevo aspettare che si
svegliasse.” Cercò di spiegarsi e lui sospirò.
“Capisco…” Affermò, ma non era molto
convinto.
“Mi farò perdonare!” Disse lei e lui
annuì.
“Va bene.” Le rispose soltanto.
“Vieni a casa con me, almeno?”
Kara ruotò lo sguardo verso il vetro
e il corpo addormentato, sormontato dalle potenti lampade solari, esitando.
“Ti dispiace se rimango ancora un
po’?” Chiese e Mon-El si strinse nelle spalle.
“Come vuoi.” Disse, ma prima di
andarsene lanciò a sua volta uno sguardo verso la sconosciuta. “Mi piace sempre
di meno.” Affermò e, prima che lei potesse protestare, si allontanò con passo
deciso.
Kara sbuffò, non voleva litigare con Mon-El, ma la ragazza sarebbe stata confusa e di certo
svegliarsi in una cella non era il massimo, se avesse visto un viso amichevole
tutto sarebbe stato più facile e lei voleva che le cose andassero bene.
Si avvicinò al vetro e osservò il
viso pallido e dalle linee decise della donna. Kara si sorprese a desiderare
che aprisse gli occhi, anche solo per poterne vedere il colore, qualcosa le
diceva che in essi avrebbe potuto leggere la verità su di lei. Il suo sguardo
scivolò lungo l’uniforme della donna, un’aderente completo, molto simile a
quello di Kal, anche se dal colore nero, così come il
mantello. Lo stemma era nero su nero, in rilievo sul petto. Non c’erano dubbi,
quello era un classico abito kryptoniano.
“Da dove vieni?” Mormorò piano, ma la
donna non rispose, il suo respiro rimase leggero e il suo battito lento e
regolare. Kara sospirò, poi si risistemò a mezzaria, le braccia dietro la
testa, pensosa.
Alex entrò al DEO dopo una bella
nottata di sonno, sorrise a Winn che era già al suo
posto.
“Niente da segnalare?”
“No.” Sbadigliò lui. “La bella
addormentata dorme e così Kara.” Allo sguardo perplesso di Alex, Winn ruotò la telecamera puntata sulla cella e mostrò Kara,
avvolta nel proprio mantello rosso che dormiva, ondeggiando piano nell’aria.
“È rimasta lì, tutta la notte?” Chiese stupita,
la maggiore delle Danvers.
“Sì.” Confermò Winn.
Alex fece una piccola smorfia.
“La sta prendendo troppo a cuore.”
Rimarcò e Winn si strinse nelle spalle.
“Forse ha ragione, dopo tutto, e la
ragazza non è malvagia.”
“Forse, ma forse no.” Intervenne J’onn. “E Supergirl non dovrebbe
dormire lì.” Lanciò un’occhiata ad Alex che annuì decisa.
La svegliò una mano posata
delicatamente sulla sua spalla.
“Ancora un minuto…” Mugugnò nel
sonno.
“Kara.” La chiamò allora Alex e lei
aprì gli occhi. Il suo letto era alto o sua sorella era molto bassa?
Il pensiero buffo le schiarì la mente
e lei ricordò dove fosse.
“Oh…” Disse, lasciandosi cadere a
terra. Gli occhi che correvano verso la sconosciuta, ancora immobile. “Non
avrei dovuto addormentarmi.” Ammise con una faccia colpevole e Alex sorrise.
“Vai a casa e poi a lavoro, se
cambierà qualcosa sarai la prima a saperlo.”
“Ma…”
“Niente ma, Kara.” La bloccò lei e le
indicò la porta. “Doccia, colazione e poi CatCo.”
Ricapitolò per lei e Kara annuì con un ultimo sguardo verso la sua nuova
misteriosa fissazione.
Arrivò in ufficio e Snapper la intercettò subito dandole del lavoro da fare.
Kara portò i documenti su cui doveva fare dei controlli incrociati sulla sua
scrivania e iniziò la lenta analisi, i suoi occhi però, continuavano a sfuggire
verso il cellulare, tesa alla sola possibilità che Alex la chiamasse.
“Danvers!”
Scattò sulla sedia fissando il capo redattore con aria colpevole. “Quanto ci
vuole per un lavoro così semplice?”
“Ho quasi finito.” Disse,
sistemandosi gli occhiali, le guance leggermente rosse dalla vergogna. Proprio
in quel momento ricevette un messaggio e con un balzo afferrò il cellulare per
poi fare una smorfia insoddisfatta, era solo Mon-El.
“Vediamo di togliere quel quasi!” La
rimbrottò l’uomo, fulminandola con lo sguardo. Lei annuì e non appena fu sola i
suoi occhi e le sue mani accelerarono confrontando i dati a super-velocità. Le
sembrò un po’ ingiusto rispetto ai suoi colleghi, ma due minuti dopo aveva
finito. Si alzò soddisfatta e portò il lavoro alla scrivania dell’uomo.
“Ecco…” La sua testa si voltò, mentre
il suo super-udito l’avvisava che da qualche parte in città una sirena stava
suonando. “Devo andare.” Disse, senza aspettare ulteriori commenti.
Pochi istanti ed era all’inseguimento
di un furgone blindato che era appena stato dirottato. Lo fermò bruciando i
pneumatici con la vista calorifera, poi spalancò la
porta, sorrise alla raffica di proiettili che si infranse sul suo corpo e
afferrò i due malviventi all’interno impacchettandoli per l’arrivo della
polizia.
“Grazie, Supergirl!”
Le disse un poliziotto prendendo in custodia i due uomini. Lei sorrise
soddisfatta, pronta a tornare alla CatCo, per finire
la giornata di lavoro.
Il telefono suonò e lei se lo portò
all’orecchio, mentre rientrava nel suo ufficio, la mente distratta
nell’osservare Snapper che le lanciava una delle sue
occhiate piene di disapprovazione.
“È sveglia.”
Nella sua mente ci fu un attimo di vuoto, come se non credesse possibile che
quello che aspettava da ore fosse infine successo, poi fu attraversata da un
brivido d’eccitazione.
“Arrivo!” Disse con entusiasmo
facendo un rapido dietro front. Questa volta non vide la seconda occhiataccia
di Snapper, la sua mente era troppo sovraeccitata.
Non appena fu fuori si lanciò nel cielo e in pochi istanti atterrò al DEO.
“Eccomi!” Esclamò. Alex si voltò e le
fece cenno di raggiungerla. Lei, Winn e J’onn fissavano lo schermo che mostrava la cella. Kara
fissò perplessa la figura immobile. “A me sembra che non sia cambiato nulla.”
Disse con un tono deluso.
“Sta fingendo.” Spiegò J’onn. “Il suo respiro ha avuto una breve fluttuazione e
così il suo battito cardiaco, poi è tornato quello di prima.”
“Magari…” Iniziò Kara, ma il
direttore scosse la testa.
“È stata addestrata: sa come
comportarsi in caso di cattura ed ha i tuoi poteri. Ha valutato la situazione
in un tempo brevissimo, poi ha deciso di darsi un momento per riflettere e,
magari, continuando a fingersi svenuta sperava di ottenere un’occasione utile
alla fuga.”
“Nessuno può controllare il proprio
battito cardiaco!” Fece notare Kara.
“Io posso farlo.” Rimarcò Alex. “E
anche J’onn, è solo questione di addestramento e
concentrazione.”
“Puoi farlo?” Kara sgranò gli occhi,
stupefatta, a volte dimenticava che sua sorella aveva passato anni ad essere
addestrata e non solo nel corpo a corpo o nell’uso delle armi.
“Il punto è che sta fingendo.” Tornò
a dire J’onn.
“Sarà confusa e spaventata. Vado a
parlarle.” Affermò decisa, Kara, e quando il marziano annuì, sorrise
soddisfatta e si diresse alle scale, scendendo i due piani necessari ad
arrivare alle celle di contenimento.
Le celle erano tutte vuote, se non
quella occupata dalla donna. Prese un respiro, intrecciò le dita e si fece
avanti.
“Ehm…” Mormorò e si rese conto che
non aveva idea di cosa dire. Si schiarì la voce e riprovò. “Ciao… lo so che sei
spaventata e… lo sarei anche io, non è mai piacevole svegliarsi sotto a delle
lampade solari e di certo ritrovarsi in un posto sconosciuto non è confortante.
Soprattutto se questo posto è una cella.” Kara allungo il collo cercando di
scorgere una differenza sul volto della donna, ma non vide nulla. “Vediamo… io
sono Kara Zor-El e questo è il pianeta Terra, sei
sbucata nel cielo, ma non in modo carino, cioè, non volavi, ma cadevi e ho
dovuto prenderti al volo!” Sorrise. “Davvero, dico sempre a Mon-El
che deve migliorare l’atterraggio, ma il tuo rischiava di essere un…”
“Smettila.” Il tono fu secco, deciso.
La donna spalancò gli occhi e si alzò in piedi, fissandola.
Kara fece un passo indietro, mai, in
tutta la sua vita, era stata fissata con tanto odio da occhi così profondamente
espressivi.
La sconosciuta alzò il pugno e lo
infranse sulla parete, senza ottenere nulla.
“Aspetta… non…” Kara alzò le mani
cercando un modo per calmare la donna.
“Taci, El,
qualsiasi cosa esca dalla tua bocca è menzogna e falsità.”
“Ehi, non è vero!” Questa volta Kara
si offese, alzò il mento fissandola con orgoglio. “Io non mento e, soprattutto,
non ti conosco, quindi non credo tu possa permetterti di darmi della bugiarda.”
Sul viso della donna vi fu una
smorfia che forse avrebbe potuto passare per un sorriso sarcastico.
“Non mi conosci?” Domandò lei. “Credi
davvero di potermi raggirare ancora una volta? Credi davvero di poter giocare
con me creando questa nuova farsa?”
“Non so di cosa tu stia parlando, io
non so chi sei e non voglio raggirare proprio nessuno.” Kara incrociò le
braccia chiedendosi com’era possibile che la conversazione fosse così diversa
da come se l’era immaginata.
“Porti sul petto quel simbolo di
terrore e sofferenza, come se fosse un distintivo. Non sei diversa da Kal, anzi, sei ancora peggiore, ora lo so.” Negli occhi
della sconosciuta brillava il fuoco. Kara non si mosse questa volta, mentre la
vista calorifera della donna si infrangeva, inutile,
sulla parete trasparente.
“Non funzionerà, ho testato io stessa
queste celle.” Spiegò, scuotendo la testa, amareggiata. Sobbalzò quando un
secondo pugno si abbatté sulla parete.
“Io ti ucciderò, Kara Zor-El!”
Note: Dunque ecco qua, la
sconosciuta è kryptoniana, sul petto porta niente di
meno che il simbolo del terribile generale Zod e la
sua prima conversazione con Kara non promette nulla di buono.
Ancora non abbiamo scoperto
con precisione chi sia e di certo adesso dobbiamo chiederci perché detesti così
veementemente Kara…
Come reagirà la nostra
Supergirl a questo odio? Smetterà di difendere la sconosciuta dal sospetto che
tutti portano su di lei interpretando il simbolo che veste come una minaccia?
Insomma, un po’ di risposte
per nuove domande.
Cosa ne pensate di tutto ciò?
La storia continua ad intrigarvi? Fatemi sapere ogni vostra idea e impressione!
Winn voltò la testa investito dal profumo
di caffè e da quello di qualche misterioso dolciume.
“Buongiorno!” Disse con un ampio
sorriso occhieggiando desideroso quello che Kara teneva tra le mani.
“Ciao, Winn.
No, non solo per te.” Precisò subito e lui fece una smorfia.
“Credi davvero di convincerla a
parlarti se le porti tutte queste cose buone?” Le chiese allora con una punta
di invidia nella voce. Kara si strinse nelle spalle e scese fino alle celle.
“Buongiorno!” Disse, eccedendo un
poco nel tono, ma sperando di non suonare troppo tesa. “Ti ho portato la
colazione, questa volta dei dolcetti direttamente dal Sud della Turchia, visto
che mi hanno detto che hai lasciato lì la colazione salata che ti avevo preso a
Berlino…” La donna non si mosse dalla sua posizione, le gambe elegantemente
accavallate, la schiena rigida e il volto rivolto alla parete bianca del fondo
della cella.
Kara consegnò il cibo ad una guardia
e poi incrociò le gambe e si sollevò a mezzaria osservando la donna.
“Mi piacerebbe sapere il tuo nome.”
Affermò. “E… ai piani alti vorrebbero sapere perché sei qui. Pensano che tu sia
un pericolo e, beh, minacciarmi non è stata proprio una buona idea.” Fece una
smorfia ricordando la violenta passione con la quale le era stata promessa la
morte.
“Ehi, Winn,
dov’è Kara?” Chiese Mon-El arrivando dalla palestra,
leggermente sudato. “Aveva detto che ci saremmo visti per un po’ di
allenamento. È
stata fermata da una missione o…” Si interruppe perché i suoi occhi corsero
allo schermo. “Non ci credo.” Disse con tono secco. “Quanti giorni sono che ci
prova?”
“Kara è fatta così, lo sai…” Tentò Winn.
“Dieci giorni? Undici? Passa tutto il
suo tempo libero a chiacchierare nel vuoto con quella donna di cui non sa
nulla!” Sbraitò.
“Cosa succede qui?” Intervenne J’onn, attirato dal tono del daxamite.
“Perché le lasci passare tutto quel
tempo nella zona di contenimento?” Domandò allora il ragazzo. J’onn si accigliò.
“Non sono io che decido del tempo
libero di Supergirl e il suo metodo non convenzionale
potrebbe avere successo lì dove tecniche più classiche non hanno funzionato.”
Sia J’onn che Alex avevano passato ore con la
prigioniera senza ottenere neppure uno sguardo.
“Non avete provato tutte le classiche
tecniche di interrogatorio.” Fece notare lui e questa volta il viso di J’onn si fece duro.
“Tutte quelle che non prevedono la
tortura.” Rimarcò. “Perché noi non torturiamo i prigionieri, meno che mai
quelli che non hanno fatto nulla.”
“Ha minacciato di morte Kara! E Alex
non si è fermata quando si è trattato di ritrovare suo padre.” Non cedette Mon-El.
“La situazione è completamente
diversa.” J’onn aveva messo le mani ai fianchi e fissava
il ragazzo, più basso di lui, con occhi scuri.
Il daxamite
scosse le testa e poi se ne andò, furioso. Winn fece
una piccola smorfia, poi ruotò di nuovo la sedia continuando a fare il suo
lavoro.
“Va bene, ora devo andare. Direi che
è stato bello chiacchierare con te, ma si può definire solo come soliloquio
quindi… a domani.” Si alzò, esitò ancora un istante e poi sospirando andò al
lavoro.
Quando, quel tardo pomeriggio rientrò
al DEO ricevette brutte notizie. La prigioniera, non solo, si era rifiutata di
mangiare le leccornie portate da Kara, ma aveva rifiutato il cibo che fino a
quel momento aveva mangiato.
Tre giorni dopo, quando Kara entrò
nella stanza la sconosciuta era stesa, le lampade solari di nuovo accese.
“Non puoi smettere di mangiare!” Le
disse Kara appoggiando la mano al vetro. “Andiamo!” Strinse i pugni abbassando
lo sguardo. Si sentiva sconfitta, mai, nessuno, si era comportato in quel modo
con lei, era impotente e questo la terrorizzava. “Non voglio vederti morire…”
Mormorò piano.
“Lo so, l’ho compreso, ti piace
avermi qui, come un tuo giocattolo, fingere una vita che non ti appartiene,
giocare, come i bambini con le tazzine di the e le bambole.” La sua voce era
debole, arrochita dalla privazione di cibo. “Ma ho smesso di giocare il tuo
gioco. Morirò sapendo che è l’ultimo dispetto che posso farti. Mi hai tolto
tutto quello che amavo, ti toglierò il piacere di giocare con me.” Con un solo
sguardò fulminò le lampade solari, le uniche a sostenere il suo fisico.
“Smettila! Ti ho presa al volo, mentre
cadevi da quella breccia nel cielo! Non voglio giocare con te, voglio solo
aiutarti!”
Per la prima volta dalla loro prima
discussione la donna ruotò gli occhi su di lei e sembrò costarle una certa
fatica.
“Cos’hai detto?” Domandò.
“Voglio aiutarti.” Ripeté lei, ma la
sconosciuta scosse la testa, forse la mancanza di cibo aveva indebolito anche
la sua tenacia. Kara cercò di riflettere, era la prima volta che sembravano
avvicinarsi ad una vera conversazione, non voleva rovinare tutto.
“Breccia, hai detto breccia.” Disse
la donna e lei annuì.
“Sì, sì! Si è aperta una breccia nel
cielo sopra National City e ne sei uscita tu, ma…”
“No… no…”
“Sì, Winn
l’ha rilevata e io sono volata da te, ti ho afferrata ed eri in fin di vita,
non so per quale ragione tu abbia deciso di aprire uno strappo tra le
dimensioni, ma di certo noi kryptoniani non siamo
abbastanza veloci e deve averti richiesto una dose d’energia immensa…” Si
interruppe, la donna la fissava senza parole, per la prima volta non vi era
odio, ma solo confusione nel suo sguardo.
“Non è possibile.” Disse ancora e
Kara poté solo annuire ancora, confermando ciò che diceva. “Mi stai mentendo.”
Affermò alla fine la donna e Kara vide il suo volto chiudersi di nuovo.
“No, no! Ti sto dicendo la verità! Se
solo tu mi ascoltassi!”
La donna si voltò di nuovo, dandole
la schiena e Kara frustrata diede un pugno al vetro.
“Kara.” La richiamò Alex, che doveva
essere corsa da loro non appena aveva sentito su cosa verteva la conversazione,
dopo tutto Kara aveva promesso di non fornire nessun dettaglio utile alla
donna.
“Non vuole credermi!” Disse
esasperata. “Si ucciderà solo perché è una dannata testarda!”
“Non puoi salvare tutti.” Le ricordò
sua sorella.
Il pugno della ragazza si chiuse,
ancora premuto sul vetro.
“Non ti lascerò morire.” Affermò
decisa e poi si voltò, andandosene e passando accanto ad Alex con rabbia.
Alex la osservò andare via, i pugni
chiusi, le spalle irrigidite dalla rabbia. Non per la prima volta si ritrovò a
pensare che Kara stava prendendo quella faccenda troppo a cuore e non andava
bene.
“Che piano hai? Morire, davvero?
Krypton non ha perso già troppi figli?” Alex scosse la testa e si voltò sicura
che non avrebbe ricevuto risposta, ma fu sorpresa.
“Che parte hai in questa farsa? Ti
lascia fare l’amica premurosa?” La maggiore delle Danvers
si voltò, fissando quel volto stanco e chiaramente affamato. Forse Kara aveva
creato una possibilità e stava a lei coglierla. Ricordò la reazione della donna
all’affermazione di sua sorella riguardo alla breccia e pensò di tentare in
quella direzione, tanto ormai, il danno era fatto e l’informazione era stata
consegnata.
“Kara è mia sorella, la proteggerò
sempre, non so come funziona nel tuo mondo, ma nel mio questa è una cosa che
non cambierà mai.” A quelle parole vide negli occhi della donna un dubbio. La
fame l’aveva resa fragile. “Perché te ne sai andata dal tuo mondo? Perché ti
sei quasi uccisa per farlo? Da chi o cosa fuggi?”
“Io non fuggo da nessuno!” La
risposta giunse con forza e rabbia. “Io sono Lena Dru-Zod
e non sono fuggita, mai, davanti a niente!” Alex non sorrise, perché sapeva
quanto fosse delicato il momento, ma fu soddisfatta del risultato, avevano un
nome, finalmente.
“Dru-Zod:
il generale di Krypton.”
“Mio padre non è mai stato un generale.”
La corresse lei e poi scosse la testa. “Perché fingi di non sapere?” Domandò.
Si era tirata su dal lettino, ma si appoggiava ad esso, come se le mancassero
le forze.
“Credi davvero possibile che sia
tutto un enorme complotto? Il tuo deve essere un mondo triste.” Il pugno della
donna si strinse. “Capisco perché te ne sei andata.” Aggiunse Alex e vide le
fiamme bruciare nei suoi occhi, rabbia, mista a qualcos’altro, colpa forse? Era
durata solo un istante e non ne era sicura.
“Vattene via e lasciami morire in
pace.” Disse soltanto la donna, voltandosi.
Alex annuì, ora aveva un nome, era
già qualcosa.
Quando tornò al centro operativo Kara
stava camminando avanti e indietro, la fronte corrucciata e le labbra strette
in una linea sottile.
“Non posso permettere che muoia!”
Affermò nel vederla arrivare. “Dobbiamo pensare a qualcosa, qualsiasi cosa che
possa… è così dannatamente testarda!” Dichiarò allora.
“Quando sverrà non potrà opporsi ai
raggi solari, le faremo una flebo e starà meglio, non permetteremo che muoia.”
La rassicurò Alex.
“Non è questo il punto, vuole morire,
è chiaro, e io non capisco perché…”
“Si è arresa.” Intervenne Mon-El, stringendosi nelle spalle, con una punta di
disprezzo nella voce.
“Niente affatto.” Lo zittì J’onn, prima che Kara potesse parlare. “Si crede
prigioniera di forze ostili ed esercita un controllo sull’unica cosa sul quale
può farlo: la sua vita. Ho visto molti marziani verdi reagire allo stesso modo
nei campi dei bianchi. Arrendersi alla morte può essere un estremo atto di
coraggio e dignità.” Il suo tono era freddo, lontano, come se i suoi occhi
vedessero immagini a loro impossibili da immaginare.
Kara si morse il labbro, incapace di
accettare la sua impotenza e la realtà presentata da J’onn.
“Non mi crede…” Mormorò ancora. “Nel
suo mondo devo essere davvero orribile. Mi odia così tanto…”
Alex le posò una mano sulla spalla
stringendola un poco.
“Non prenderti colpe che non hai.”
“Se solo potesse credermi… se solo
riuscissi a darle una prova irrefutabile…” Alzò la testa sorpresa, perché Winn aveva appena emesso un piccolo urletto. “Cosa…?”
“Una prova irrefutabile! Noi abbiamo
una prova irrefutabile!”
“E cioè?” Domandò Mon-El,
incrociando le braccia, scettico.
“Ha detto che suo padre è Zod, ma non il generale Zod.” Gli
occhi di Kara brillarono cogliendo l’idea del ragazzo.
“Una prova irrefutabile di come il
suo mondo sia diverso dal nostro.” Esclamò.
“Esatto!” Confermò il giovane.
“Possiamo?” Intervenne però Alex, ruotando
lo sguardo su J’onn che aveva alzato un sopracciglio.
Gli occhi di Kara si allargarono, mentre fissava con uno sguardo pieno di
speranza il marziano.
“Va bene a questo punto non possiamo
fare altro.” Acconsentì lui e Winn e Kara si diedero
il cinque, mentre Alex annuiva, l’unico insoddisfatto era Mon-El.
Un agente corse dal direttore e gli
consegnò un messaggio, il marziano rifletté qualche istante poi annuì.
“Devo occuparmi di una faccenda…
Alex, sei al comando.” Dichiarò. Poi spiccò il volo.
“A me non sembra una buona idea
mostrare ad un nostro nemico le azioni del peggior avversario che tuo cugino ha
dovuto affrontare.” Fece notare, Mon-El, ora che il
direttore non era più presente.
“Lei non è una nemica.” Lo
contraddisse però Kara, mentre prendeva uno degli schermi che gli indicava Winn, dirigendosi verso le scale.
Il suo viso tornò ad essere teso
nell’entrare nell’ampia stanza bianca sulla quale erano affacciate le celle. La
sconosciuta… Lena, si corresse Kara, era seduta a gambe incrociate, gli occhi
chiusi, come se fosse in meditazione, ma la sua schiena era curva ed era chiaro
che era senza forze.
“Lena…?” Provò, leggermente tesa
all’idea di chiamarla con il suo nome. La donna aprì gli occhi e la fissò con
quel solito lampo d’odio.
“Non chiamarmi così, hai perso quel
diritto.” Le disse subito.
“Devi vedere una cosa, la prova che
questo non è il tuo mondo e che io non ho le colpe che tu mi affibbi.” Spiegò
allora Kara, cercando di non badare alla piccola fitta delusa che aveva sentito
nel cuore al brusco ordine della donna.
“Non c’è niente che tu possa dire o
fare per farmi cambiare idea, ho creduto alle tue menzogne una volta e non ho
intenzione di…” Si fermò, perché Kara aveva acceso lo schermo e ora su di esso
vi era il volto di Zod.
Kara strinse le mani una contro
l’altra, sul viso della donna ora le espressioni non erano più celate da una
maschera: sorpresa, venata da gioia e poi incredulità e sconcerto.
“No, non è possibile, mio padre era
un uomo di scienza, un uomo buono.”
“Ne sono convinta, ma su questa
Terra, in questa realtà, il generale Zod era un uomo
dedito alla guerra. Ha tentato di conquistare il pianeta per noi kryptoniani senza badare alle vite umane che avrebbe
distrutto nel farlo.” Lena scuoteva la testa alle parole di Kara, ma era
chiaro, dalle lacrime che scorrevano sulle sue guance che aveva raggiunto il
punto di rottura. Kara spense il video e guardò la donna accasciarsi al suolo.
“Mi dispiace…” Mormorò.
“C’è qualcosa che non va.” Mormorò nel suo auricolare Winn. “Il suo battito cardiaco…”
Kara sgranò gli occhi, rendendosi
conto che il cuore della donna si era fermato.
“Apri la cella!” Urlò, posando la
mano sul vetro rinforzato, incapace di raggiungere la donna.
“Non posso, è un codice Black.”
In quel momento nella stanza entrarono un gruppo di agenti in uniforme
tattiche, le armi spianate, guidati da Alex.
“Alex!
Servono dei medici, non dei soldati!” Le disse Kara concitata, mentre osservava
con orrore la donna ancora immobile, il cuore fermo.
“Potrebbe
essere una trappola.” Affermò allora Alex, la pistola ben stretta nel pugno.
Kara non aveva bisogno di avvicinarsi per sentire che tipo di proiettile
caricasse l’arma di Alex: il solo proiettile capace di uccidere un kryptoniano.
“Una
trappola?” Chiese, furiosa. “Sta male! Apri la porta Winn!”
Nel vedere che nessuno faceva niente guardò di nuovo la sorella. “Per favore!”
Chiese con urgenza. Alex fece una smorfia poi annuì.
“Winn, apri.”
“Ma…”
“Ora.”
Ordinò perentoriamente la maggiore delle Danvers,
mentre con un gesto della mano schierava i suoi uomini a ventaglio, pronti a
fare fuoco.
La
cella si aprì e Kara si fiondò dentro.
“Va
tutto bene…” Mormorò, ma gli occhi della donna si aprirono di scatto e Kara fu
colpita. Cadde all’indietro sbattendo contro la parete della cella, sentì la
testa girare e prima che riuscisse a riprendersi fu afferrata e trascinata
fuori.
Attorno
a loro gli agenti del DEO facevano fuoco, ma la donna si faceva scudo di lei e
i proiettili erano inutili su entrambe. Vide Alex alzare la propria arma e fare
una smorfia, non poteva sparare, non con Kara così vicina al bersaglio, non
quando la sua pistola era carica di ben altro che piombo.
La
prigioniera passò tra gli agenti senza colpirli, semplicemente ignorandoli,
trascinandosi dietro con facilità una Kara ancora scombussolata, fino a
raggiungere il piano superiore, dopo tutto non era così debole come aveva fatto
credere.
Winn stava digitando in fretta sulla
tastiera cercando di sigillare il complesso, ma con un singolo raggio calorifero
la donna disattivò il computer.
“Dove
credi di andartene con la mia ragazza?” Mon-El si
frappose tra la sconosciuta e la libertà.
“Davvero?”
Chiese la donna, fissandolo perplessa.
“Non
ti conviene metterti contro di me.” Le disse lui un sorriso arrogante sul
volto. “Lascia andare Kara.” Disse ancora il giovane, stringendo i pugni.
“Lasciami
passare.” Comandò, però, la fuggitiva, per niente intimorita.
“Lei
è mia e non ti permetterò di portarla via.” Il daxamite
si fece avanti. Con un singolo colpo la donna lo rovesciò indietro, mandandolo
gambe all’aria a sbattere contro il muro di cemento.
“Un
daxamite? Dove hai trovato un daxamite?
E come puoi sopportarne uno così spaccone, idiota e maschilista?” Nel suo tono
era presente tutto il suo disprezzo che provava, fece una smorfia, poi la
afferrò e si lanciò verso il cielo.
Note: Abbiamo
un nome, finalmente! Ma le cose continuano a non andare bene, malgrado tutti i
tentativi sembra che Lena non sia capace di credere a Kara. Con un piccolo
trucco, fingendosi più debole di quello che era, è riuscita a creare la giusta
occasione e ora sta fuggendo, con sé, però si trascina Kara… Dove vuole andare,
cosa vuole fare? E Kara, saprà reagire?
Quando
conosceremo infine la sua storia?
Ho preparato
questa piccola cosa per voi. Così che abbiate un’idea di come appare Lena in
costume kryptoniano. Ovviamente il disegno non è mio
e quindi appartiene all’artista originale, mio è solo lo scarso photoshop. Altra precisazione, lo stemma sul petto di Lena
è quello di FaoraHu-Ul e
non quello di Zod… fatemela passare. ;-)
Kara
scosse la testa cercando di riprendersi, stavano volando sopra National City e
non aveva idea di quali o quanti danni la donna avrebbe potuto fare, doveva
reagire. Si agitò,
cercando di ruotare su se stessa nell’aria per liberarsi, ma non ci riuscì, si
era raramente sentita così impotente. Prese un profondo respiro e si calmò era
ora di finirla. Ricordando gli insegnamenti di Alex smise di opporre resistenza
alla presa e invece la assecondò. Non vi era sopra, sotto o di lato quando si
volava. Così si rovesciò indietro, sbilanciò il volo della donna e si liberò da
lei, per poi fronteggiarla.
“Smettila di essere così testarda.
Non hai fatto del male a nessuno al DEO, se si esclude Mon-El
e me… quindi smettila di…” La donna le si scaraventò contro attaccandola con
una serie di colpi che lei parò con difficoltà. Era veloce, agguerrita e
sorprendentemente agile, soprattutto per qualcuno che sembrava in fin di vita
solo qualche istante prima era evidente che li aveva ingannati in qualche modo.
“Perché non…” Tentò di dire e così non vide il diretto che la raggiunse al
petto scaraventandola lontano.
Kara colpì un’enorme insegna fissata
sopra ad un palazzo, prima che potesse rimettersi in piedi la donna era di
nuovo su di lei. I colpi erano precisi, ma Kara li evitò, questa volta
rimanendo concentrata, parò e schivò cercando di trovare una soluzione a quella
lotta che non implicasse una sconfitta per lei o la sua avversaria.
“Attaccami!” Ringhiò la donna, con
occhi rabbiosi.
“No.” Dichiarò lei, saltando di lato
quando Lena usò la vista calorifera.
“Mi hai preso tutto! Perché ora vuoi
privarmi anche del mio dolore fingendo che non esista?” Quell’affermazione la
lasciò senza parole, vi era così tanta sofferenza sul volto della sconosciuta,
non più odio, ma un reale e profondo dolore.
“Io… mi dispiace, ma non sono la
donna che credi.” Con un urlo la sua avversaria le fu di nuovo addosso, insieme
colpirono un palazzo, Kara si ritrovò con il corpo schiacciato dal peso della
sconosciuta che la colpiva e a lei non rimase che proteggersi con le braccia.
“J’onn sta arrivando.” La avvisò Alex nel suo auricolare,
ma fu un altro rumore ad attirare la sua attenzione: un cigolio. Abbassò quanto
bastava la sua difesa per spingere la sua vista fino al palazzo vicino, lì dove
l’enorme insegna che aveva colpito poco prima, iniziava ad inclinarsi.
Distrarsi le fu fatale, la sua
avversaria la colpì con forza e per un istante la sua mente si annebbiò.
“L’insegna…” Biascicò, pronta a
ricevere un secondo pugno, quello che l’avrebbe mandata a dormire.
Il colpo però non giunse. Kara cercò
di schiarirsi i pensieri, mentre il suo sguardo si posava sulla donna che si
era fermata, fissando lontano. Poi gli occhi chiari di Lena furono di nuovo su
di lei, la fissò, per un lungo istante, scrutandola con profondo sgomento.
“Devo… l’insegna…” Kara ancora
confusa cercò di tirarsi a sedere, l’insegna stava per cadere e lei sentiva la
voce del pubblico ignaro che guardava loro e non l’enorme pericolo che pendeva
sulle loro teste.
Lena la lasciò andare poi volò via.
Kara si alzò in piedi, la testa le girava, uscì dal palazzo sventrato in tempo
per vedere l’ultimo cavo che teneva l’insegna cedere. Quel palazzo era lontano,
terribilmente lontano… Si lanciò in volo, perché avrebbe tentato comunque,
perché fallire non era pensabile.
L’insegna era a pochi metri dalla
folla, ormai urlante, quando si bloccò sostenuta da una figura elegante, i
capelli neri sciolti al vento, il mantello altrettanto nero che fluttuava alle
sue spalle. Kara respirò, il sollievo che scioglieva il grumo di paura: lei non
ce l’avrebbe fatta in tempo, ma Lena sì.
L’insegna fu adagiata a terra,
innocua. Kara atterrò poco distante osservando con occhi cauti la donna,
chiedendosi cosa sarebbe successo ora.
“Non hai mentito…” Le disse Lena
senza guardarla.
“No.” Le rispose, cercando di capire
cosa fosse cambiato. “Quindi adesso mi credi?” Osò chiedere, speranzosa.
“Sì.” Ammise la donna, con una certa difficiltà.
“Avrei preferito non fare a pugni con
te, ma se avessi saputo che sarebbe bastato quello lo avrei fatto prima.”
“Non è stata solo la lotta… anche se
la donna che conosco io non avrebbe, di certo, evitato di colpirmi.”
“Cosa, allora?”
“La compassione. Lei non avrebbe mai, mai e poi mai, pensato di dover salvare degli
innocenti. Non si sarebbe esposta in quel mondo distraendosi solo per quelli
che reputa essere delle mosche da schiacciare, esseri inferiori da sfruttare,
con cui divertirsi e nulla di più.”
J’onn atterrò poco distante e Kara alzò la
mano per fermarlo. La giovane voltò la testa e sgranò gli occhi nel vedere il
marziano.
“Un marziano verde?” Domandò, senza
davvero aspettarsi una risposta. “Sono…” Si interruppe e la guardò. Kara vide
lo sforzo che le costò non mostrare il solito odio, ma apprezzò il fatto che la
donna ora ci provasse. “Immagino che non sono crudeli e terribili come quelli
che conosco…”
“No, non lo sono, J’onn
è l’ultimo della sua specie, i marziani bianchi hanno distrutto il suo popolo.”
Spiegò, felice anche solo di poter parlare con lei senza che fossero lanciate
accuse.
“Supergirl.”
La ammonì J’onn, facendo un passo verso di loro.
“Non dovrei darti informazioni
sensibili.” Spiegò e dicendo ‘sensibili’ agitò le mani formando delle
virgolette. La donna sbatté gli occhi, aprì la bocca e fu scaraventata lontana.
“Mon-El!”
Urlò Kara, sconvolta da quell’atto insensato, Lena era stata colpita a
tradimento, mentre parlavano pacificamente!
“L’ho stesa!” Notò il giovane con
aria compiaciuta. “Potrete ringraziarmi dopo, ora possiamo riportala nella
cella.”
“Perché devi sempre essere così?”
Chiese allora Kara, poi volando raggiunse la donna e la sollevò con delicatezza
tra le braccia. Era svenuta. Lanciò al daxamite uno
sguardo pieno di biasimo prima di volare via tenendo la giovane al sicuro.
Quando Lena riaprì gli occhi Alex
posò la mano sulla fondina, ma Kara le lanciò uno sguardo di ammonimento e
invece sorrise.
“Mi dispiace per Mon-El…
credeva che tu fossi ancora una minaccia.”
“È un idiota.” Intervenne Alex.
“Non è un idiota! È solo impulsivo… e voleva
proteggermi…” Incominciò Kara, poi si rese conto del pubblico che aveva e
arrossì. “Quello che voglio dire è che mi dispiace e che nessuno ti attaccherà
di nuovo.”
“A meno che tu non ridiventi una
minaccia.” Chiarì Alex e Kara fece roteare gli occhi.
Lena si sollevò a sedere sul lettino
guardandosi attorno con interesse.
“Non sono più nella cella.” Rimarcò.
“No.” Kara sorrise soddisfatta, si
era battuta per quello ed era felice di vedere che la giovane lo aveva subito
notato.
“Sciocco da parte vostra.” Aggiunse
però la donna e le spalle di Kara si afflosciarono.
“È stata una sua idea.” La tradì Alex,
con un piccolo ghigno sul viso. La donna non aggiunse nulla, i suoi occhi si
muovevano attorno a lei, ma non si puntavano mai su Kara.
“Hai salvato tutte quelle persone,
rinunciando a sconfiggermi, non sei malvagia.” Affermò allora lei, sentendosi
di dover difendere la sua opinione.
Rimasero in silenzio per qualche
istante, tutte e tre, poi Alex sembrò spazientirsi.
“Ormai il gioco dei segreti non ha
più senso, dicci: perché sei qua?”
Lena abbassò il volto fissandosi le
mani, poi guardò l’agente con sguardo fermo.
“Ho tentato di alterare il passato.”
Ammise e Kara aprì la bocca in un’oh sorpreso. Questo spiegava tutto. “La
velocità da raggiungere è elevata, persino per noi kryptoniani,
ho ridotto l’attrito dell’aria raggiungendo una certa quota d’altezza così da
incrementare la mia velocità, e poi… ho volato.”
“Ti sei quasi uccisa.” Rimarcò Kara,
immaginando l’immenso sforzo necessario. Solo Barry era riuscito in una simile
impresa e lui era più veloce di lei, per quanto non lo avrebbe mai ammesso in
sua presenza.
“E ho fallito.” La interruppe lei.
“Non avevo riflettuto sulla possibilità di creare una frattura, non nello
spazio-tempo, ma fra le dimensioni… io…” La donna scosse la testa. “Ho
fallito.” Ripeté di nuovo.
Alex lanciò a Kara un’occhiata che le
impedì di chiedere altro.
“Posso contare sul fatto che te ne
starai buona sotto la lampada solare?” Domandò Alex e quando la donna annuì,
spinse Kara fuori dalla stanza dell’infermeria.
“Avevo altre domande!” Sibilò Kara.
“Lo so, ma devi lasciarle del tempo e
dello spazio, va bene?”
“Ma…”
“Niente ma.” Le disse secca la
sorella. “Immaginati nella sua posizione: ideare una missione disperata, al
limite del suicidio e ritrovarti in un altro mondo, rimanere prigioniera per
giorni per poi scoprire di aver fallito, deve essere, come minimo,
scombussolata. Dalle del tempo per accettare la sua nuova situazione.”
“Va bene…” Accettò Kara, suo malgrado
sorpresa dalle parola di Alex. Non aveva pensato a quanto Lena dovesse essere
sconvolta, sembrava così controllata, malgrado tutto.
“Ottimo, su vai.” Le diede una
piccola spinta verso il centro di controllo.
“Come va qua?” Domandò allora Kara,
rassegnata, osservando Winn e vari tecnici con la
testa nei computer.
“Male.” Disse Winn,
uscendo da sotto una piattaforma. “Malissimo! Non so come sia riuscita a fare
una cosa simile… se lo ha fatto apposta allora è una specie di genio e se non
lo ha fatto apposta allora non giocare mai d’azzardo contro di lei!”
“Di cosa stai parlando?” Domandò,
Kara, perplessa.
“Un solo colpo, un solo velocissimo
colpo, nel pieno dell’azione, con i proiettili che le sibilavano accanto e te
come ostaggio ed è riuscita a surriscaldare uno dei nodi chiave dei computer
del DEO e, a cascata, a surriscaldarli tutti.” Il tono del ragazzo fluttuava
tra il disperato e l’ammirato.
“Riuscirai a sistemare il problema,
no?” Chiese lei, un po’ persa da quelle spiegazioni.
“Sistemare? Ha fuso tre dei nostri
quattro server!” Esclamò. “Abbiamo perso una quantità folle di dati, ci
vorranno mesi per riparare al danno fatto.”
“Oh…” Commentò con una piccola
smorfia.
“Ma almeno, ora so che c’è un punto
debole nel sistema e posso eliminarlo.” Fece notare Winn,
stringendosi nelle spalle e poi infilandosi di nuovo sotto alla piattaforma
informatica.
Un allarme iniziò a suonare e Winn uscì di nuovo con aria preoccupata, raggiunse uno dei
pochi schermi accesi e fece una smorfia.
“No, no, no, non adesso!”
“Cosa succede?” Chiese Kara, cercando
di capire la natura dell’emergenza.
“Nulla di preoccupante, di solito, ma
con tre server ancora fuori uso…” Il ragazzo digitava rapido sulla tastiera.
“Agente Schott,
cosa sta succedendo?” Domandò J’onn, questa volta.
“Il solito attacco alla base
spaziale.” Disse in fretta il giovane. Alex incrociò le braccia sistemandosi
vicino a Kara.
“Di cosa sta parlando?” Mormorò,
Kara, alla sorella.
“Ci sono un paio di alieni che almeno
una volta al mese tentano di prendere il controllo della base spaziale
internazionale. Sono abili, ma per Winn è una specie
di gioco fermarli.”
“Perché la base internazionale?”
Chiese lei, stupita e Alex la guardò incredula.
“Perché credi che esista? È la nostra base più avanzata,
controlla ogni arrivo e uscita dal nostro pianeta.”
“Davvero?” Chiese Kara senza parole.
“Come credi che facciamo, altrimenti,
ad avere il controllo dello spazio attorno al nostro sistema Terra-Luna?”
Domandò Alex scuotendo la testa. “Credo di avertene parlato, ma dovevi essere
distratta mentre facevamo le lezioni sul DEO e le sue differenti
installazioni.” Kara fece una smorfia. Quelle lezioni erano una noia mortale e,
doveva ammetterlo, non aveva ascoltato quasi una sola parola di quello che Alex
le aveva detto.
“Non ce la faccio, signore!” Ammise Winn, iniziando a sudare, le mani che si muovevano rapide
sulla tastiera, gli occhi fissi sullo schermo. “Sono troppo veloci e io non ho
la potenza di calcolo dei quattro server combinati.”
“Non sono loro ad essere troppo
veloci, siete voi ad essere troppo lenti.” Kara si voltò, così come J’onn e Alex, solo Winn rimase
concentrato sul suo lavoro. Lena guardava solo J’onn
era chiaro che in pochi minuti aveva individuato chi era al comando.
“Vorrei che ritornasse nel luogo a
cui è stata confinata.” Le disse subito il marziano, ma la donna fece invece un
passo avanti. Alex portò la mano al fianco, pronta ad estrarre la pistola.
“Posso
essere d’aiuto, dopo tutto è quello che faccio costantemente nel mio mondo.”
Propose invece lei, senza fare altri movimenti. “Non mi sembra che ve la stiate
cavando bene.” Lanciò uno sguardo ai computer e fece una smorfia. “Hanno
bypassato i primi due strati di firewall e puntano all’hardware, presto avranno
il controllo dei sistemi principali della base.” Kara la guardò ammirata, come
aveva fatto a capire al volo la situazione solo guardando le righe di comandi
che Winn stava creando? Per lei erano solo lettere e
numeri.
“Agente
Schott?” Chiese J’onn,
ignorandola.
“Ha ragione.” Ammise il giovane. “Non
riesco ad essere abbastanza veloce.” Ripeté.
“Posso
farlo a una velocità di molto superiore.” Fece notare la donna poi lanciò
un’occhiata. “E lei anche, perché non la state lasciando lavorare?” Kara
arrossì.
“Ehm…
io non me ne intendo molto di computer…”
Lena
distolse lo sguardo da lei, come se anche solo riferirsi alla sua persona le
fosse costato.
“Signore!
Abbiamo perso il controllo delle comunicazioni, presto otterranno l’accesso ai
motori e potranno fare qualsiasi cosa.” Avvisò un agente, la voce tesa.
“J’onn…” Iniziò Kara, ma l’uomo non la lasciò finire.
“Va
bene.” Accettò, secco. Lena non attese oltre, scelse una postazione vuota e
iniziò a digitare. Winn e gli agenti tolsero le mani
dalle tastiere, ora le righe sullo schermo erano appena visibili.
“Se
non ti dispiace.” Affermò la donna lanciandole un’occhiata. “Due mani in più
potrebbero essere utili.” Un agente si alzò e lasciò il posto alla supereroina.
“Come
ti dicevo io…”
“Dovrai
solo digitare quello che ti dico.” Le disse, decisa, Lena. “Ora, scrivi.”
Iniziò a dettarle una lunga serie di numeri e lettere la sua voce le arrivava
chiara nelle orecchie, ma le era evidente che stava parlando a una velocità che
solo lei o suo cugino avrebbero potuto comprendere. Era come quando si muoveva
a super-velocità: tutti i suoi sensi acceleravano per aiutarla nel movimenti e
il suo cervello di adeguava, permettendole di agire e pensare senza difficoltà.
Ora, le sue dita scorrevano sulla tastiera rapidissime, eppure lei aveva l’impressione
di digitare normalmente e le sembrava perfino che Lena dettasse con calma.
“Che
mi venga un colpo…” Borbottò Winn, gli occhi
sgranati.
“Riesci
a capire cosa stanno facendo?” Chiese J’onn, malgrado
fosse veloce, non lo era quanto le due kryptoniane.
“Io…
no.” Ammise Winn.
“Abbiamo
di nuovo accesso alle comunicazioni!” Li informò un agente, con un tono
stupito.
“Qualsiasi
cosa stiano facendo, funziona.” Affermò allora Winn,
mentre controllava i dati.
“Fatto.”
Affermò, Lena, di nuovo in tono normale. Kara alzò le mani dalla tastiera e
vide i loro due schermi completare ciò che loro avevano già digitato, un po’ in
ritardo.
“Agente
Schott?” Chiese con voce grave J’onn.
“Un
attimo…” Il ragazzo lesse le ultime linee di programmazione e poi annuì. “L’attacco
è stato completamente bloccato.” Affermò, esterrefatto. Lena guardò il marziano
e, per la prima volta, sulle sue labbra apparve un’aria divertita.
“Il
sistema di difesa della base non è male, ma ho scritto alcuni algoritmi che
potrebbero migliorarlo, la prossima volta non dovrete fare altro che osservare
gli intrusi sbattere la testa contro un muro.” Kara che le era vicinissima non
poté fare a meno di ammirare quel cambiamento sul suo volto, per la prima volta
sembrava soddisfatta, per la prima volta non vi era tensione agli angoli della
sua bocca od odio nei suoi occhi.
“È
stato grandioso!” Esultò, allora, alzando le braccia al cielo. “Non avevo mai
lavorato in questo modo!”
“No?”
Chiese sorpresa Lena e, di nuovo, nel suo sguardo non ci fu altro che sincera
sorpresa.
“No,
potrà anche essere super, ma non può fare tutto, altrimenti noi a cosa
serviamo?” Chiese Winn, tra l’offeso e l’esaltato,
mentre tornava a guardare le linee di programma. “Questo passaggio è… geniale!”
Affermò affascinato. “Così elegante e semplice…” Continuò perso nella sua
contemplazione.
“Bene.
Devo ringraziarla, ma non creda di aver conquistato la mia fiducia.” J’onn le aveva puntato un dito contro e la fissava, serio.
“Non
ci contavo, infatti.” Rispose lei, con tono sempre un po’ divertito. “Il danno
era mio, mi è sembrato giusto fare del mio meglio per ripararlo.”
“Ora
le sarei grato se tornasse in infermeria e lì rimanesse, miss Dru-Zod” A quelle parole la donna si alzò dalla postazione,
il mantello che ondeggiava leggero alle sue spalle.
“Dru-Zod è il mio nome kryptoniano,
ormai sono abituata a essere chiamata con il nome della mia famiglia adottiva,
i Luthor. Potete chiamarmi Lena Luthor.”
Note: Lena ha
dovuto aprire gli occhi e finalmente ha accettato che quello non è il suo
mondo, ma una dimensione diversa e questo grazie alla compassione, qualcosa
che, evidentemente, la Kara del suo mondo non ha. Questo l’ha portata a
rivalutare il suo atteggiamento e si è subito dimostrata utile, di certo, grazie
alle sue prodezze al computer, ha già conquistato Winn.
Ma soprattutto… ora abbiamo anche il suo nome umano!! Chi lo avrebbe mai detto:
Lena è una Luthor? ;-)
Come
reagiranno i nostri eroi ad una nuova simile informazione? Lena finirà di nuovo
nelle celle del DEO?
Di nuovo devo
chiedervi indulgenza per le fuffe che mi sono
inventata riguardo ai sistemi informati e all’attacco degli hacker… dirò di
peggio nel prossimo capitolo, clemenza, ragazze, è solo un po’ di bla bla ai
fini di trama, di certo non meno logico o possibile di quello che ci propinano
nel telefilm. ;-)
“Lena LuthorDru-Zod?” Chiese scioccato Winn,
parlando a bassa voce.
“Così ha detto…” Confermò Kara
lanciando un’occhiata alla donna sdraiata su di un lettino dell’infermeria, le
lampade UV che la illuminavano, Alex si muoveva attorno a lei, con la solita
calma professionale.
“È una specie di mix letale: incarna i
due peggiori nemici che Superman abbia mai avuto sulla Terra. Forte!” Nel
vedere il suo sguardo accigliato si corresse. “Terribile…” Kara sospirò.
“Il fatto è che proviene da un’altra
realtà, una realtà di cui non sappiamo nulla… qua non esiste una figlia di Zod, non che io sappia almeno, e il generale era un amico
di famiglia prima che le cose si guastassero, quindi lo saprei.”
“Credi
sia stata creata in una provetta e geneticamente programmata per essere
perfetta?” Domandò lui, gli occhi che brillavano. Kara non rispose, ma vide
Alex raggiungere la porta e far loro un gesto deciso perché la raggiungessero.
“Lo
sapete che sente tutto quello che dite, vero?” Kara arrossì un poco, era facile
dimenticarsi che anche la donna aveva i suoi stessi poteri.
“Può
dire all’agente Schott che mi dispiace deluderlo, ma
sono stata concepita nel metodo tradizionale a Krypton e non ho nessuna
miglioria genetica.” La voce calma e leggermente divertita di Lena raggiunse le
due sorelle e il ragazzo. Lei arrossì ancora un poco, Winn,
invece, diventava rosso come un pomodoro e se ne andava via, quasi correndo.
Mentre
la donna eseguiva tutta una serie di test, Kara si era cambiata e ora indossava
gli abiti da Danvers, così le fu naturale portare la
mano al viso e sistemarsi gli occhiali con imbarazzo.
Alex
sorrise, divertita, e poi le indicò di entrare.
“Miss
Luthor mi ha detto che è pronta a raccontarci la sua
storia.” Affermò e Kara ammirò il modo naturale con cui disse qual nome tanto
odiato.
Nel
vederla Lena sbatté gli occhi, come se fosse sorpresa dal suo aspetto e Kara si
passò le mani sui fianchi, sistemandosi il cardigan azzurro che indossava
aperto sulla camicia bianca.
“Ehm…”
Disse, arrossendo di nuovo. “Questa sono io quando non sono… Supergirl.” Fece un piccolo sorriso, mentre la donna la
guardava in un modo penetrante che la mise un po’ in agitazione, anche se era
un miglioramento rispetto a quando vi era solo odio nei suoi occhi.
“Capisco.”
Disse. “I nostri mondi sono molto diversi.” Affermò poi, come se fosse una
spiegazione.
“Ecco,
vorremmo sapere qualcosa di più riguardo a questo.” Intervenne Alex.
Lena
annuì.
“Mi
sembra giusto.” Sembrò prendersi qualche istante per racimolare le idee o forse
semplicemente per trovare un punto d’inizio, poi annuì e si mise a raccontare. “Il mio pianeta, Krypton, stava
morendo. Mio padre, Dru-Zod, era uno scienziato e
aveva ricevuto l’ordine dai generali El di trovare un
pianeta adatto alla vita per i loro figli.” Prese un profondo respiro e
continuò. “Lo fece, ma il pianeta prescelto aveva una particolarità, il suo
sole giallo avrebbe dato ai kryptoniani poteri
inimmaginabili. Lo disse ai generali che ne furono felici, i loro figli
sarebbero stati degli dei nella loro nuova casa. Quella comprensione preoccupò
mio padre: conosceva l’indole degli El, la maggiore,
Kara…” Il suo sguardo si appuntò su di lei. “Era crudele e spietata, anche a
quella tenera età, cosa avrebbe fatto se avesse posseduto poteri tanto grandi?
Così, di nascosto, creò una terza navicella e vi mise me. Spedendomi lontana da
lui e lontana dal pericolo fin sulla Terra. All’interno posò un cristallo
contenente tutte le informazioni che mi sarebbero servite e il mio dovere:
proteggere la Terra, a ogni costo, mantenendola libera dalla supremazia degli El.” Abbassò gli occhi rimanendo in silenzio, Kara pensò
che avesse finito, ma non era così. “Fui trovata dai Luthor,
Lillian e Lionel che avevano già un figlio, Lex. Mi accolsero adottandomi e rendendomi una di loro. Con
il loro amore e il loro affetto mi diedero un’infanzia felice, ma, come me,
cresceva anche KalEl.
Sulle prime pensai che mio padre si fosse sbagliato, che gli El si erano mescolati tra gli umani senza creare problemi,
poi sorse Superman, il suo mantello rosso e il suo costume blu divennero
simbolo di terrore e io inizia a combatterlo. Era una lotta dura, ma riuscivo a
mantenere l’equilibrio e a proteggere gli umani. Avevo perso il mio padre
adottivo per una malattia, ma accanto a me c’era Lex…
KalEl se lo prese
uccidendolo davanti ai miei occhi.” Di nuovo rimase in silenzio. Kara vide i
pugni della donna sbiancare, mentre lei li stringeva. “Poi è arrivata lei.” I suoi occhi si fissarono su di
lei penetranti e Kara sentì un brivido attraversarla. “Lei era più forte, più veloce e più scaltra di Superman. Mi ha
ingannato e battuto e…” Abbassò lo sguardo. “Ha ucciso mia madre. L’unica che
era ancora al mio fianco.” Il silenzio divenne assordante dopo quella frase e
Kara dovette riempirlo.
“Così hai deciso di salvarla.” La
donna annuì.
“Il viaggio nel tempo è pura teoria…
ma se avessi volato abbastanza in fretta allora avrei aperto una breccia nello
spazio tempo e mi sarei trovata nel passato. Sapete già che ho scelto di volare
a ventimila metri d’altezza dove l’aria è rarefatta e avrei potuto evitarne
l’attrito, consideravo poi che, se fossi svenuta per lo sforzo, ventimila metri
di caduta mi sarebbero bastati per rinvenire in tempo. Ho sbagliato due volte:
non ho infranto il continuum spazio-temporale e, se non ci fossi stata tu,
sarei morta.” L’ammissione sembrò costarle. Raccontare la sua storia aveva
riportato sul suo volto uno sguardo cupo che ora alzò fissandolo su di lei. Per
un istante vi fu dell’odio in quegli occhi che potevano essere così espressivi
o così indecifrabili, ma poi passò. “Devo tornare a casa.” Disse e il suo tono
conteneva una supplica alla quale Kara non poté e non volle resistere.
“Farò tutto il necessario per
aiutarti.” Assicurò. “Tornerai a casa.”
“Non sarà così facile.” Ritorse la
donna, poi fece una smorfia. “Distruggere il vostro sistema informatico per
impedirvi di tracciare la mia posizione sembrava la scelta migliore in quel
momento, ma ora…” Si fermò e Alex corrugò la fronte.
“Non hai solo fermato l’attacco alla
base spaziale, non è vero?”
Sul viso della donna si disegnò una
sorrisetto divertito e riapparve la donna sicura di sé che aveva fermato
l’attacco informatico.
“Potrei aver, accidentalmente,
verificato la presenza di dati registrati al mio arrivo.”
“Come si può accidentalmente
verificare qualcosa?” Domandò Alex, alzando un sopracciglio.
“Un ossimoro con cui dovrai scendere
a patti, a meno che tu non voglia riportarmi in cella.” Le due donne si
guardarono per un istante, poi Alex fece roteare gli occhi e Lena sorrise di
nuovo un po’.
Kara non era abituata ad essere
esclusa dalla conversazione, ma Lena difficilmente si rivolgeva a lei
preferendo parlare con sua sorella e così rimase in silenzio, ascoltando.
“E la tua accidentale verifica ti ha
portato a cosa?” Domandò infine Alex.
“Ci vorranno mesi per recuperare i
dati andati persi.”
“Se sono persi, com’è possibile
riaverli?” Intervenne per la prima volta Kara.
“Persi è un termine errato, durante
il surriscaldamento a catena dei server, il sistema è programmato per spezzare
ogni informazione in piccoli pacchetti di byte di dati e inviarlo in qualsiasi
hardware capace di stoccarlo. Una specie di esplosione di dati in uscita.”
“Vuoi dire che ci sono informazioni
segrete sparse per…”
“Per tutto il mondo.” Confermò la
donna. “Ma i pacchetti dati sono insignificanti da soli.” Assicurò.
“Oh…” Kara era stupefatta, quella
donna conosceva i loro sistemi meglio di lei che lavorava al DEO da due anni,
ormai.
“Come conosci queste cose?” Domandò
Alex. “Non puoi aver scoperto tutto questo, mentre fermavi l’attacco degli
hacker alieni.”
“L’ho dedotto dalle parole
dell’agente Schott, dal modo in cui stavano lavorando
i tecnici alle piattaforme e, più semplicemente, perché è così che sono
strutturati la maggior parte dei sistemi come il vostro.” Spiegò ancora Lena.
Era decisamente a suo agio con l’informatica.
Rimasero in silenzio, fino a quando
la donna non sospirò e alzò il viso su Kara, anche se sfuggiva il suo sguardo.
“Ora, mi piacerebbe sentire la tua di
storia.”
Kara prese una sedia e si sedette,
poi incominciò a raccontare di come era entrata in una navicella per proteggere
e crescere suo cugino e di come, anni di permanenza nella Zona Fantasma,
avessero cambiato il suo destino.
Rivangare il passato aveva sempre un
brutto effetto sul suo umore, la rendeva triste e malinconica, Alex che lo
sapeva molto bene, guardava la sorella preoccupata, ma Kara non tralasciò
nulla, né la minaccia del generale Zod, che voleva
assoggettare la Terra, né quella rappresentata dai Luthor,
pazzi assassini, pronti a tutto pur di uccidere lei e suo cugino assieme a
tutti gli alieni presenti sul pianeta. Lena non le interruppe né obiettò
ascoltando con attenzione ogni parola che lei disse. Alla fine annuì piano.
“Quindi, anche su questa Terra dovremmo
essere nemici.”
“Difendiamo gli stessi principi,
lottiamo per le stesse cose. Non accetto l’idea che siano solo i nostri cognomi
a definirci.” Affermò allora con passione Kara. “Potremmo essere alleate,
potremmo lavorare assieme. Fino a quando non potrai tornare a casa.”
“Come ho già detto al marziano, sarò
felice di esservi d’aiuto e di lavorare con la vostra organizzazione.” Affermò
lei, guardando Alex, poi i suoi occhi si fissarono su Kara. “Lavorerò con loro,
ma non con te.”
“Perché?” Chiese lei, sorpresa da
quella decisa e ferma presa di posizione.
La donna fece un sorriso amaro.
“Perché quando ti guardo vedo lei.”
***
Kara era seduta al bancone del bar e
sorseggiava pensierosa la sua gasosa.
“Tutto bene, dolcezza?” Domandò Mon-El con aria accattivante, sedendosi accanto a lei con
un sorriso. “Ti ho vista qua tutta sola e mi sono chiesto se ti andava un po’
di compagnia…” Le fece l’occhiolino e Kara sorrise un poco.
“Si tratta di Lena…” Disse e il
sorriso sparì dalle labbra del daxamite.
“Ancora lei?” Domandò, frustrato.
“Quando sono arrivato io ho dovuto quasi morire per avere la tua attenzione!
Lei non ha fatto nulla se non picchiarti e tu non fai altro che pensare a lei.”
L’accusò e Kara sgranò gli occhi, sentendo la rabbia salire.
“Ti ricordo che anche tu mi hai
aggredito quando ti sei svegliato e, visto che ci tieni a mettere i puntini
sulle i, lei lo ha fatto perché pensava fossi la stessa donna che ha ucciso sua
madre davanti ai suoi occhi! Tu, solo perché ti sei svegliato spaventato!” Mon-El aprì la bocca e la richiuse i pugni stretti. “Non
voglio litigare con te.” Disse alla fine Kara.
“Forse è meglio se torno al lavoro.”
Rispose lui con un sospiro e, quando lei annuì, tornò dietro al bancone.
Era sul punto di andarsene quando
sentì sua sorella ridere, si voltò sorpresa e la osservò mentre parlava con la
detective dell’unità-alieni. Kara non poté fare a meno di vedere come i suoi
occhi brillavano e sentire come il suo cuore accelerava quando Maggie si
avvicinava a lei oppure sorrideva guardandola. Era così evidente che ne era
innamorata. Per la prima volta nella serata Kara sorrise e al contempo provò un
po’ di paura per la sorella. Se Maggie l’avesse respinta di certo… si bloccò,
gli occhi spalancati. Alex si era piegata in avanti e aveva lasciato sulle
labbra di Maggie un leggero bacio e ora la guardava interrogativa. I loro cuori
battevano veloci quasi all’unisono.
Un istante in cui i loro occhi si
intrecciarono poi Alex chiuse di nuovo le distanze tra loro due, baciando
Maggie con molta più decisione.
“Qualcuno ha trovato il coraggio di
fare la prima mossa.” Commentò J’onn, sedendosi
accanto a lei, un sorriso sulle labbra. “Erano settimane che la ragazza
dominava i suoi pensieri, persino io iniziavo a trovare le fossette adorabili.”
Le fece un altro sorriso, nel chiaro intento di farle capire che scherzava.
Kara sorrise a sua volta, era felice per Alex perché sua sorella meritava tutta
la gioia del mondo.
Mon-El posò una birra davanti al marziano,
poi una seconda gasosa davanti a lei, con un limone a forma di cuore. Quando
lei alzò lo sguardo su di lui il daxamite le sorrise
e lei lo imitò.
“Ehi!” Disse Alex arrivando da loro,
gli occhi che brillavano come non mai.
“Qualcuno ha appena fatto qualcosa di
estremamente folle e coraggioso?” Le domandò in maniera retorica Kara e la
ragazza iniziò ad arrossire e a ridacchiare come un’adolescente.
“Sì.” Le rispose. “Lena aveva
ragione.” Aggiunse lasciando Kara a fissarla sorpresa. “Oh, oggi mi ha detto
che nel suo mondo io sono una stronza assassina, ma Maggie è altrettanto
stronza e assassina e ci amiamo. Mi ha dato il coraggio di osare.” Si strinse
nelle spalle, afferrò la giacca che aveva lasciato sullo sgabello accanto a lei
e poi se ne andò raggiungendo Maggie che la aspettava alla porta del bar, un
sorriso, con le immancabili fossette sul volto, non appena i loro occhi si
incontrarono di nuovo.
J’onn le lanciò un’occhiata, ma lei non
disse nulla. Lena Luthor era con loro da alcuni
giorni e sembrava aver trovato in fretta un posto e un equilibrio all’interno
della base. Andava d’accordo con tutti, persino con quelli, come Alex, che
conosceva come nemici, nel suo mondo. Con tutti tranne che con lei, con lei non
parlava, non la guardava neppure a dire la verità. Era frustrante!
“Dalle del tempo.” Mormorò J’onn accanto a lei e Kara sbuffò, forse il marziano non
poteva leggerle nella mente, ma di certo la conosceva abbastanza bene da saper
interpretare i suoi stati d’animo.
“Cosa significa: non ce la facciamo?”
Domandò la donna, mentre osservava la città illuminata dalle luci notturne. I
due scienziati alle sue spalle si lanciarono un’occhiata terrorizzata.
“Era… era lei ad essere… noi non
riusciamo a capire come…” La voce dell’uomo che parlava soffocò in un rantolo,
mentre la donna lo sollevava da terra stringendogli il collo con rabbia.
“Non. Voglio. Sentire. Scuse!”
Scandì, stringendo sempre un po’ di più, osservando il viso dell’uomo passare
dal rosso al bianco fino al cinereo. Un ghignò apparve sul suo volto, conscia
che presto l’uomo sarebbe diventato blu per la mancanza di ossigeno, le gambe
che ora si agitavano inutilmente, avrebbero scalciato più forte e poi si
sarebbero fermate per sempre.
“Ci riusciremo, troveremo un modo.”
Intervenne, quasi balbettando, il secondo scienziato. Con una smorfia lei
lasciò l’uomo che stringeva e lo gettò a terra, con disprezzo.
“Fatelo e in fretta.” Sibilò, poi
sparì lasciando i due scienziati da soli.
Note: Finalmente abbiamo un’idea precisa di cos’è
successo nel mondo di Lena e di cosa l’abbia spinta al folle tentativo di
spezzare il continuum spazio-temporale. Piccolo saltello in avanti e scopriamo
che Lena ha trovato un suo posto al DEO, ma continua a tenere Kara lontana.
Come biasimarla?
Alex intanto, grazie a Lena, si è lanciata e le cose con
Maggie sono andate bene.
E poi… un piccolo paragrafo finale ci presenta qualcuno…
chi sarà mai? Cosa vuole dai due scienziati? Di certo non sembra una donna
accomodante…
Allora: chiedo ufficialmente scusa a tutti coloro che se
ne intendono di informatica e che saranno morti nel leggere il mio escamotage
per bloccare Lena in questa dimensione. Già sapevo che non aveva senso nella
realtà, ma mi è stato confermato da DarkJessy94. (Jessica, grazie per aver
tentato di migliorare la cosa o quanto meno di farmela capire… anche se è stato
inutile. Ops…)
Questa dovrebbe essere l’ultima volta in cui vi chiedo
comprensione… speriamo! ;-)
Kara entrò al DEO e i suoi occhi si
soffermarono, come sempre, su Lena che, sistemata in un angolo della stanza,
stava lavorando con Winn. I due parlottavano tra di
loro, discutendo di qualche elemento tecnico di cui lei non capiva nulla. E
come ogni giorno, negli ultimi sette giorni, ne ammirò da lontano l’eleganza e
la bellezza. Non indossava più l’aderente tuta di chiara fattura kryptoniana, ma abiti severi e raffinati, tailleur, gonne
strette e lunghe, camicie e giacche, non l’aveva più vista neppure con i
capelli sciolti, ora per la maggior parte delle volte portava semplici o
elaborati chignon e alte code di cavallo.
La sua identità terrestre non era
qualcosa di banale come reporter, ma niente di meno che CEO della Luthor Corporation e aveva due lauree conseguite,
contemporaneamente al MIT. Winn era rimasto
conquistato dopo due minuti di scambi e J’onn aveva
presto ceduto dandole un posto come tecnico all’interno del DEO. La donna era
cordiale e simpatica, a volte Kara poteva sentirla ridere assieme a Winn, cordiale e simpatica con tutti, tranne che con lei.
Non che fosse ostile, ma quando la vedeva si irrigidiva e diventava
improvvisamente molto silenziosa, tanto che Kara aveva smesso di cercare di
avvicinarla.
“Ciao, sorellina.” La salutò Alex, un
caffè fumante tra le mani e l’aria pronta per la giornata.
“Ciao…” Disse lei, mogia e la donna
corrugò la fronte.
“Dimmi, va tutto bene con Mon-El?” Domandò incrociando le braccia, ma evitando di
usare uno dei nomignoli con cui di solito apostrofava il daxamite.
“Ecco… non lo vedo da un po’, sono
stata molto impegnata e lui lavora al bar… ma sì, tutto bene…” Di nuovo
l’espressione di Alex si fece corrucciata. Kara continuava a non accorgersene,
gli occhi fissi su Lena.
“Perché vuoi a tutti i costi che sia
tua amica?” Le chiese allora la sorella, cambiando completamente soggetto.
“Non voglio che sia mia amica! È solo che… non lo so, abbiamo così
tanto in comune, potremmo parlare di Krypton e potremmo parlare dei nostri
poteri, potremmo lavorare assieme, sarebbe bello avere qualcuno con cui fare
squadra.”
“Mon-El non
ti basta? Per quanto non mi piaccia condividete molte cose, tra cui lo stesso
sistema solare e poteri similari.” Se Kara non fosse stata così distratta
sarebbe rimasta stupita di sentire simili parole da parte di Alex.
“Lui non lavora bene in squadra,
riesce sempre a fare qualche pasticcio è impulsivo e non ascolta mai.” Disse
allora Kara, frustrata e un piccolo sorriso soddisfatto subito nascosto, brillò
sulle labbra di Alex.
“Cosa ti fa pensare che con Lena
sarebbe diverso?” Chiese, però, senza infierire sul giovane.
“Perché… non lo so…” Ammise infine
Kara.
“Dalle del tempo, lascia che impari a
conoscerti, ha perso tutto ciò che amava a causa di qualcuno che ha il tuo
stesso volto… è comprensibile che abbia difficoltà a lavorare al tuo fianco,
no?” Kara fece una smorfia, alle parole di Alex era stufa di sentirsi dire che
doveva darle dello spazio e del tempo.
Era brava con le persone, ma non
riusciva a capire Lena. A volte la guardava con occhi strani, come se
ricercasse qualcosa in lei e l’istante dopo era l’odio a vincere nel suo sguardo
chiaro dalle sfumature verdi.
Un allarme risuonò nella stanza, Winn arrivò correndo e lesse i dati che il computer gli
comunicava.
“Una rapina, sulla settima.” Annunciò
spegnendo l’allarme. “Nulla di preoccupante.” Aggiunse. Kara lanciò uno sguardo
verso Lena che non la guardava e poi si lanciò verso l’esterno andando ad
occuparsi dei rapinatori.
Kara
consegnò l’articolo a Snapper e poi lasciò la CatCo, salutando James che era ancora impegnato alla sua
scrivania. Scese in strada e spiccò il volo, atterrando poco dopo al DEO.
Avrebbe potuto andare a casa, non c’erano emergenze e Alex non era al lavoro,
eppure vi si recò lo stesso.
“Signora.”
La salutò un agente, nel vederla. “Tutto è sotto controllo.” Ci tenne a dirle,
anche lui perplesso per la sua presenza.
“Bene.”
Disse solo lei, guardandosi attorno. Sapeva chi cercava, che volesse ammetterlo
o no.
Lei
non era nella stanza principale dell’edificio, e quando chiese al tecnico al
comando della squadra notturna che lavorava per ripristinare i server, l’uomo
le disse che era nei suoi alloggi.
Kara
esitò, era chiaro che Lena non voleva parlarle o vederla, lo aveva reso
evidente durante tutta la settimana, di certo non poteva andare a bussare alla
sua porta senza una buona ragione. Il suo udito si concentrò e lei sentì il
battito regolare e calmo della donna. Arrossì rendendosi conto di quanto fosse
sconveniente quello che aveva fatto, però poi udì la voce di LillianLuthor e sobbalzò. I suoi
occhi si sgranarono quando sentì che Lena piangeva. Senza riflettere raggiunse
la porta e bussò. Il pianto si interruppe di netto e quando la porta si aprì il
volto di Lena era composto e perfetto come sempre.
“Ehm…”
Kara si rese conto che non aveva la più pallida idea di cosa dire. “Ti andrebbe
di… fare un giro?” Disse, rendendosi subito conto di quanto fosse stupida la
sua domanda.
“Un
giro?” Domandò lei e alzò un sopracciglio. “Il vostro direttore mi ha chiesto
di rimanere alla base. Ovviamente siamo tutti consapevoli che potrei andarmene
quando voglio, ma mi sembra… intelligente, comportarmi in maniera educata con
coloro che mi ospitano e che posseggono un modo per rimandarmi a casa.”
“Certo.”
Kara si diede dell’idiota. Fece un passo indietro, chiedendosi perché fosse lì
e perché fosse sempre così impulsiva, poi ricordò una cosa. “Ehm… volevo
ringraziarti.”
“Per
cosa?” Domandò allora Lena.
“Per
quello che hai detto ad Alex.” Spiegò.
“Sì,
mi ha informato che lei e la detective hanno mosso passi importanti nella loro
relazione.” Kara sbuffò.
“Ovviamente!”
Disse voltandosi e allontanandosi.
“Cosa
significa questo?” La richiamò però la donna e Kara, che sentiva la collera
salire si voltò a fissarla.
“Ovviamente
avete parlato, ovviamente lei ti ha confidato i segreti del suo cuore! Winn ormai non parla d’altro di quanto tu sia geniale, J’onn ti ha concesso il suo rispetto e James è entusiasta
perché gli hai migliorato l’armatura solo con me non parli!”
“Non
è vero, evito con tutte le mie forze anche il daxamite.”
Il viso di Lena era serio.
“Non
dovevo venire.” Disse Kara voltandosi di nuovo.
“Non
so perché sei venuta, infatti.” Ritorse lei, come se non potesse lasciarla
semplicemente andare via. Kara si voltò di nuovo.
“Perché
piangevi e non sopportavo l’idea che fosse per colpa di LillianLuthor!” Sbottò Kara e la donna accusò il colpo, facendo
un passo indietro.
“Nessuno
ti ha detto che origliare è estremamente sgarbato?” Le domandò.
“È
sgarbato anche odiare una persona che non ti ha fatto niente e vuole solo la
tua amicizia.” Precisò Kara, il dito puntato contro Lena, pronta alla sua replica
tagliente, ma la donna abbassò il viso, distogliendo lo sguardo da lei.
“Non
ti odio.” Mormorò, così piano che Kara lo udì solo grazie al suo super-udito.
“Sì
che mi odi, lo leggo nei tuo occhi.” Lena scosse la testa.
“Sarebbe
più facile se ti odiassi, ma… non è così. Tutti qua ti vogliono bene ed è
impossibile non vedere lo sguardo d’affetto e d’orgoglio che tutti hanno per
te. Quando parli con Alex io rivedo il mio rapporto con Lex,
il modo in cui ci prendevamo in giro e il modo in cui lui era sempre pronto a
proteggermi, malgrado fossi io quella con la pelle d’acciaio e… J’onn, sembra severo e intransigente, ma quando si parla di
te assume quello sguardo paterno che io vedevo negli occhi di mio padre. I tuoi
amici… sono quelli, invece che non ho mai potuto avere, ma che ho sempre
desiderato.” Lena scosse ancora la testa, Kara la guardava, la bocca
spalancata, ma la donna non aveva ancora finito. “Guardo il viso della donna
che ho chiamato madre che si difende alla sbarra e vedo una donna intelligente,
sì, ma fredda e arrogante. Ha il volto di mia madre, la sua eleganza, ma è così
profondamente diversa, Lillian era dolce, gentile e
quando sorrideva era con il cuore e non con il cinico sarcasmo che vedo sul
volto di questa estranea.”
“Non
posso immaginare quanto sia difficile…” Tentò Kara, ma Lena alzò la mano,
interrompendola.
“E
poi vedo te. Tu che sei attorniata da tutto questo amore e che lo meriti. Ho
visto il modo in cui mi hai salvato, ho letto delle tue missioni, dei tuoi
sacrifici per questo mondo… sei così diversa dalla mia Kara eppure…” Per un
istante Kara sobbalzò nel sentire quel possessivo vicino al suo nome, era
qualcosa di più di un semplice indicare la differenza tra lei e l’altra Kara.
“Eppure incarni tutto quello che lei avrebbe potuto essere e questo… questo è
troppo difficile da sopportare.”
“Perché?”
Domandò piano Kara. Lena esitò, fu solo un istante, i suoi occhi si
soffermarono su Kara e poi scivolarono via.
“Perché
un giorno dovrò ucciderla e non posso permettermi di esitare.” Disse.
Kara
rimase in silenzio questa volta, soffermandosi per la prima volta su quel
pensiero.
“Volevi
andare indietro nel tempo per salvare tua madre o uccidere lei?” Chiese e la
ragazza non distolse lo sguardo da lei.
“Perché
fermarmi a salvare mia madre quando potevo evitare tutte le morti causate da
lei, direttamente o indirettamente? So dov’è atterrata e quando,
un’informazione che non è stato facile ottenere.”
“L’avresti
uccisa quando era una bambina?” Kara la fissava scioccata.
“Sì.”
Rispose la donna, la mascella stretta in una morsa, lo sguardo duro e freddo.
“Sono
contenta che tu non sia riuscita nel tuo intento.” Affermò allora lei.
“Perché?”
“Perché
sei una persona buona e un gesto simile non ti avrebbe resa diversa dalla donna
che odi tanto.”
“Non
sai chi sono io, non mi conosci, non sai cosa ho fatto durante tutti questi
anni, per sopravvivere, per permettere alla Terra di vivere libera dal dominio
degli El.”
“Di
certo non hai fatto nulla per farti conoscere.” Sbottò Kara. “Ma quando hai
dovuto scegliere tra la tua vendetta e salvare degli innocenti hai salvato
loro. Per me questo conta.”
Lena
scosse la testa, aveva incrociato le braccia ora e le stringeva contro il
corpo, come se dovesse proteggersi da quelle parole.
“Non
sai tutto…” Mormorò la donna.
“Dammene
la possibilità allora. Parlami. Hai detto che hai sempre desiderato avere degli
amici io non chiedo di meglio che essere tra di essi.” Kara sorrise, cercando
di catturare lo sguardo di Lena. “Insieme possiamo trovare un modo per
riportarti a casa e liberare il tuo mondo dalle copie malefiche di me e Kal, senza doverle uccidere.”
Gli
occhi di Lena brillavano ora, lucidi.
“Kara…”
Mormorò e poi sbatté le palpebre, come se dire il suo nome fosse stato già
troppo. “Credo di doverci pensare…”
“Sì,
certo, tutti mi hanno detto di lasciarti del tempo…” Arrossì nel rendersi conto
di aver appena ammesso di aver chiesto a tutti di lei. “Ehm… insomma, non sono
brava con la pazienza, ma posso… posso aspettare e darti tutto il tempo che
vuoi per… decidere…” Un piccolo sorriso si aprì sulle labbra della donna, un
sorriso divertito, uno di quelli che di solito riservava agli altri e non a
lei, uno di quelli che da giorni desiderava vedersi offrire. Arrossì e sorrise
di gioia. “Tutto il tempo che ti serve!” Fece qualche passo indietro
continuando a guardarla. Andò a sbattere contro la porta e piegò l’acciaio con
cui era fatta. Arrossì di nuovo, questa volta per un motivo diverso. “Ops.” Disse, poi si voltò e andò via, cercando di evitare
di fare altre pessime figure.
Mon-El la stava aspettando,
seduto sul divano leggeva, mentre in cucina vi era un invitante profumino.
“Kara!”
Disse nel vederla. “Anzi: principessa, prego.” Le indicò il tavolo
apparecchiato per due, una candela e un fiore a decorare il centro.
“Tutto
questo per me?” Domandò e il giovane sorrise.
“Siamo
stati un po’ lontani ultimamente, volevo solo che sapessi che voglio e posso
occuparmi di te.” Disse fiero il ragazzo, ripetendo parole che si era
evidentemente preparato.
“Lena
mi ha parlato!” Esultò lei e il ragazzo fece una smorfia.
“Potremmo
non parlare di lei, per una volta?”
“Sì,
certo, scusa.” Disse lei, ancora visibilmente sovraeccitata e non per la
sorpresa di Mon-El.
“Bene.”
Il giovane ritrovò il sorriso e le spostò la sedia. “Questa sera sarò un vero
gentiluomo.” Precisò e Kara gli sorrise, sedendosi.
“Il
profumino è ottimo.” Assicurò.
“Aspetta
che ti faccia assaggiare!” Le disse fiero il giovane daxamite
e lei annuì, la mente che ripensava a quello che lei e Lena si erano dette.
L’indomani avrebbe portato al DEO delle ciambelle, chissà se lei ne avrebbe
presa una…
Il
mattino dopo Lena prese una ciambella ricoperta di glassa al cioccolato.
“Gao’se.” Disse e Kara quasi si strozzò con la ciambella che
aveva infilato quasi per metà in bocca. Lena le aveva parlato in kryptoniano. La parola Gao’se
poteva assumere molti significati, dal semplice grazie al più complesso ti
ringrazio per il tempo che hai dedicato a me o ancora ti sono grato per aver
pensato a me. Ma Lena aveva usato la giusta intonazione rendendolo un grazie
semplice e distratto, ma non per questo meno perfetto. Sentire la sua lingua
priva dell’accento terrestre che macchiava quella usata da Kal
o da Winn le fece salire le lacrime agli occhi. Lena
era voltata e non vide la sua reazione, troppo presa a sbocconcellare la sua
ciambella, mentre rifletteva su un algoritmo propostole da Winn.
Alex le posò gentilmente una mano sulla spalla e le sorrise, mentre lei cercava
di venire a capo delle sue emozioni, per la prima volta comprese anche un’altra
cosa, il particolare e indefinito accento che, senza che lei se ne accorgesse,
l’aveva colpita nel modo di parlare di Lena, proveniva da Krypton.
“Lena…”
Domandò e la donna si voltò sorpresa, Kara si schiarì la gola allontanando le
lacrime. “Quanti anni avevi quando sei stata messa nella navicella?” La giovane
sbatté le palpebre, sorpresa dalla domanda o forse di vedere i suoi occhi
lucidi.
“Dieci
anni.” Disse e Kara sentì una morsa allo stomaco, non era sicura se fosse
piacevole o spiacevole quella sensazione.
“Significa
che… Kal aveva solo pochi mesi quando è stato messo
nella navicella, lui conosce Krypton solo grazie alla Fortezza, ma…” Gli occhi
della donna brillarono.
“Tu
ne avevi quattro…” Disse, come se fosse una verità di cui improvvisamente
dubitava.
“No.”
Dichiarò allora lei, il cuore che batteva veloce. “Io ne avevo undici.”
“Vuoi
dire che ti ricordi nel nostro pianeta natale?” Lena aveva abbandonato
quell’espressione guardinga e fece un passo verso di lei.
“Oh,
sì!” Affermò Kara, aveva paura di sentirsi respingere ancora e al contempo non
poteva fare a meno di sperare. “E tu anche?” Chiese, perché aveva bisogno di
sentire la donna dirlo.
“Sì.”
Confermò Lena.
Le
due kryptoniane si guardarono, improvvisamente le
loro menti erano pieni di ricordi da condividere, di cose da domandare, di
raffronti da fare, eppure rimasero in silenzio, come se temessero di venire
deluse, come se, ora che era possibile condividere i ricordi, come avevano
tanto spesso desiderato, ne avessero paura.
“Sarebbe
bello…” Iniziò Kara.
“Discuterne.”
Concluse Lena. Sulle loro labbra apparve un sorriso. “Ma potrebbero essere due
mondi diversi.” Le ricordò la Luthor abbassando il
capo, forse cercando di proteggersi dagli stessi sentimenti che ora riempivano
il cuore di Kara: speranza, desiderio, gioia.
“Sì.”
Concordò Kara e sorrise, perché era tutta la vita che desiderava qualcosa di
simile e Lena aveva deciso, forse, che il suo riservo verso di lei poteva
essere messo da parte quando in gioco vi era qualcosa di così importante per
entrambe.
Note: E un piccolo passo è
stato fatto! Kara non è una donna paziente, lo sappiamo, questa volta, però, la
sua impulsività sembra aver portato dei frutti.
Lena abbandonerà la sua fredda
decisione di starle lontano? Finalmente sembra che ciò sia possibile.
Fatemi sapere cosa ne pensate
di questo capitolo, sembra che le cose possano solo migliorare… sarà così?
Kara
sorrise per tutta la giornata persino mentre Snapper
le diceva che il suo articolo era illeggibile, le sue fonti inaffidabili e le
sue ricerche insufficienti.
Quando, quella sera, tornò al DEO era
percorsa da un profondo senso di aspettativa, ma era anche tesa. Si guardò
attorno e individuò subito Winn intento a lavorare.
“Ehi
Winn!” Salutò facendo un cenno agli altri agenti. Lui
agitò la mano, ma non alzò lo sguardo dal computer. Kara si accigliò. “Cosa
stai facendo?” Chiese avvicinandosi.
“Oh,
sei un genio!” Affermò allora il ragazzo.
“Come…?”
A quel punto Lena atterrò con eleganza sul pavimento. Indossava uno dei
completi eleganti con i quali ormai sembrava sempre abbigliata. La donna alzò
le mani sistemandosi i capelli che erano sfuggiti dallo chignon il suo sguardo
si illuminò nel vederla e poi si accigliò, ma il cambiamento era stato così
rapido che Kara non era sicura di averlo visto.
“Kara.”
Disse, poi tese a Winn un tablet.
“I dati arrivano più in fretta?” Domandò Lena al ragazzo che annuì.
“Il
tuo software funziona perfettamente, sei geniale.” Gli occhi di Winn brillavano felici.
“Io
non avrei mai pensato di installarlo direttamente nei satelliti, quindi il
genio sei tu.” Assicurò lei con un sorriso sulle labbra. Kara osservò la scena
con una punta di fastidio, non era gelosa di Winn e,
di certo, non era gelosa di Lena! Ma… le dava fastidio che tutti si dessero
così tanto da fare per rimandarla a casa. Kara si vergognò per quel pensiero,
dopo tutto lei aveva promesso di aiutarla e non stava facendo nulla al
riguardo.
“Posso
aiutarvi in qualche modo?” Chiese ed entrambi si voltarono a guardarla, quasi
sorpresi che lei fosse ancora lì.
“Grazie…
ma, poco fa è passato Mon-El, ti cercava, credo.” Le
disse Winn, mentre il suo sguardo tornava ai dati sul
computer. “Non credo sia possibile incrementare ancora la ricerca di dati, ma
potremmo migliorarne la selezione e puntare alle stringhe che…”
Kara
abbassò il capo allontanandosi.
Volò
a casa e trovò il daxamite, non gli disse nulla,
sapeva che non avrebbe apprezzato, così rimase in silenzio, finse di divertirsi
alle sue battute e cercò di non distrarsi troppo mentre lui gli parlava della
sua giornata.
Passò
un’intera settimana. Kara arrivava al DEO piena di speranze e trovava Lena
profondamente impegnata in qualcosa, qualsiasi cosa. Una volta lavorava con Winn, l’altra era impegnata a studiare la pistola aliena di
Alex, con Alex che la fissava apprensiva, il giorno dopo era nella piccola
palestra della base e Kara non si sentì di disturbarla, e quello dopo ancora
aiutava nel laboratorio di chimica.
“Quella donna è un genio!” Winn si sporse sul tavolo prendendo la birra posata da Mon-El. “Grazie.” Disse per poi continuare entusiasta. “È riuscita a migliorare quasi ogni
pezzo dell’attrezzatura del DEO!”
“Di chi stiamo parlando?” Chiese
Maggie sedendosi accanto ad Alex.
“La nuova cotta di Winn.” Le rispose la donna e il ragazzo fece una faccia
imbarazzata.
“Non è la mia nuova cotta! È solo che lavorare con lei è un
sogno, appena si presenta un problema lei lo risolve, basta che dico due parole
e… voilà.” Fece un sorriso, mentre Kara sbuffava.
“Credevo che fosse la nuova cotta di
Kara…” Affermò la donna confusa, avevano già parlato di Lena l’ultima volta che
erano stati tutti al bar e sembrava che Maggie fosse giunta a conclusioni
profondamente sbagliate. La kryptoniana arrossì
violentemente e Mon-El lanciò un’occhiata perplessa
alla detective. “Cotta platonica, ovviamente.” Fece l’occhiolino al giovane e
poi guardò divertita Kara che si soffocò con la sua gasosa.
“Non è la mia cotta!” Precisò non
appena riuscì di nuovo a respirare.
“Certo che no…” Alex e Maggie si
guardarono divertite.
“Non è la mia cotta. Voglio solo
parlarle!”
“Da kryptoniana
a kryptoniana?” Domandò Maggie e tutti attorno al
tavolo rimasero in teso silenzio.
“Cosa? Ehm… no!” Kara agitò la mano,
rossa in viso, questa volta per un motivo diverso.
“Bene, questa era la conferma che mi
serviva.” Maggie sorseggiò un po’ della sua birra, ignorando le facce attonite
puntate su di lei. “Oh, andiamo!” Disse alla fine. “Lavoro per l’unità-alieni e
so riconoscere un alieno quando lo vedo… e poi, quegli occhiali non sono, di
certo, un travestimento degno di nota.”
“Hanno sempre funzionato.” Ci tenne a
precisare Kara. Alex prese la mano della sua ragazza e la portò via, il suo
viso era teso e preoccupato, era chiaro che temeva la conversazione che sarebbe
seguita. Kara fece una smorfia, sperando che Maggie comprendesse il perché Alex
le avesse nascosto quella verità.
“Quindi… quello che volevo dire è che
sarebbe bello se Lena potesse andarsene in giro più liberamente invece che
rimanere confinata al DEO.” Riprese a parlare Winn.
“Stai scherzando? Io sono rimasto
rinchiuso per mesi prima che mi fosse permesso uscire. E il mio cognome non era
Dru-Zod!” Mon-El si sedette
accanto alla giovane kryptoniana, una smorfia sul
viso. “Persino su Daxam era conosciuto come un uomo
inflessibile e pericoloso.”
Kara si morse il labbro trattenendosi
dal dire quello che si diceva su Krypton della famiglia reale daxamite. Inflessibile e pericoloso erano complimenti al
confronto.
“Lei è diversa.” Ci tenne però a
precisare. “Anzi, suo padre era diverso, non è lo stesso Zod
che abbiamo conosciuto noi.”
“Questo è quello che dice lei.” Le
fece notare il giovane. Winn lanciò uno sguardo a
James, notando immediatamente il modo in cui Kara si era irrigidita. Mon-El, invece, sembrava ignaro della tensione che aveva
creato nella giovane, troppo preso nell’esprimere la sua opinione. “Devi fare
attenzione, potrebbe essere qua solo per studiare te e il DEO, trovare le
vostre debolezze e poi…”
“Non essere ridicolo.” Alex si
sedette dall’altro lato di Kara e lanciò al giovane uno sguardo duro, mentre lo
zittiva.
“Va tutto bene con Maggie?” Chiese
allora Kara, grata ad Alex come poche volte in vita sua.
“Sì, lei capisce.” Sul volto di Alex
si aprì un sorriso e le sue guance si soffusero di rosa, come succedeva spesso
quando parlava o pensava alla giovane detective. “È dovuta andare via perché l’hanno
chiamata per un caso, ma mi ha chiesto di salutarvi.” Precisò.
Pochi minuti dopo la conversazione
era di nuovo avviata, ma su temi meno scottanti e la serata si terminò meglio
di quello che Kara aveva pensato.
***
Era stata una pessima giornata, Snapper era stato più caustico del solito e l’avvocato di LillianLuthor era stato molto
abile in aula, malgrado le prove schiaccianti contro la sua accusata c’era il
rischio che avesse insinuato nella giuria un ragionevole dubbio. Kara atterrò
al DEO con uno sbuffo, sperando che sua sorella fosse lì, pronta a rimontarle
il morale. I tecnici ai computer le fecero dei cenni di saluto a cui lei
rispose, ma di sua sorella non c’era traccia e neppure di Winn.
Con una smorfia immaginò che il ragazzo fosse fuori con il Guardiano. Malgrado
avesse tentato di mettere le cose a posto con James la infastidiva ancora che
rischiasse la sua vita in maniera tanto sciocca e che mettesse a rischio anche Winn era inaccettabile. La giornata non sembrava voler
migliorare, forse, la serata programmata per loro due da Mon-El
le avrebbe risollevato il morale. Il giovane si stava davvero impegnando nella
loro relazione e lei non voleva sembrare ingrata arrivando tardi.
Fece qualche passo e poi tornò
indietro, guardando meglio nella stanza che aveva appena oltrepassato. Si
avvicinò curiosa e poi sobbalzò quando si rese conto di chi si trattava.
Lena alzò lo sguardo dalla scacchiera
e, come faceva sempre quando la vedeva di sorpresa, i suoi occhi si allargarono
in un modo strano, poi la donna riportò l’attenzione sul tavolino.
“Scusa, non volevo disturbarti…”
“Non disturbi, come vedi, gioco da
sola.” Affermò subito la donna appoggiandosi alla poltrona e guardandola
interrogativa.
“Cercavo mia sorella.” Si spiegò.
“È uscita poco fa, la detective è
passata a prenderla.”
“Oh… Maggie.” Annuì Kara, fece un
passo per andarsene poi però tornò nella stanza. “Sai, potremmo parlare.”
Propose.
“Credevo che avessimo deciso per
darci del tempo…”
Kara alzò la mano e si sistemò gli
occhiali con imbarazzo.
“Lo so.” Disse. Le sorrise scusandosi
implicitamente per la sua impazienza. “Il fatto è che Kal
era troppo piccolo quando ha lasciato Krypton e poi è sempre impegnato a
salvare la Terra e… mi piacerebbe parlare con qualcuno che può condividere la
mia perdita…”
“Mi sembrava che il Daxamite avesse proprio questa funzione.” Rispose Lena, per
la prima volta Kara notò un lampo di fastidio nei suoi occhi e non diretto a
lei. La donna accavallò le gambe e la guardò.
“Ehm…” Kara arrossì. “Lui...” Si
sistemò gli occhiali. “Lui e io siamo molto diversi e poi Daxam
non è Krypton.”
“Poco ma sicuro.” Affermò Lena con
una smorfia sulle labbra.
“Oh, anche tu pensi che i daxamiti…” Lena scoppiò a ridere nel vedere il suo
imbarazzo e Kara sbatté le palpebre sorpresa, mentre un sorriso spontaneo le
nasceva sul volto.
“I daxamiti
erano degli schiavisti e degli arroganti xenofobi, papà ne parla sempre come
della peggiore razza nell’universo, dopo i Dominatori, ovviamente.” Sorrise
divertita, poi i suoi occhi si abbassarono mentre veniva colpita da un
pensiero. “Mi manca, ero abituata a chiacchierare con lui… o meglio, con i sui
ricordi racchiusi nel cristallo.”
“Mi dispiace.” Mormorò Kara e la
donna sospirò.
“Non dipende da te, nulla è dipeso da
te.”
Kara non disse nulla, temeva di
rovinare quel momento. Lena rimase a fissarla qualche istante poi indicò la
scacchiera.
“Sai giocare?” Chiese e Kara sorrise.
“Su Krypton c’era un gioco simile.”
“Derten-duk.”
Mormorò la donna e Kara sentì il cuore riempirsi di gioia, mentre i suoi occhi
brillavano.
“Giocavo sempre con mio padre, ma non
ho mai provato con gli scacchi.”
“Posso insegnarti.” Disse allora
Lena, indicandole il divano libero davanti di fronte alla scacchiera. “Basta
cambiare qualche regola umana ed è quasi lo stesso gioco. Se ti va…”
“Sì.” Assentì lei, si sfilò la giacca
e la posò di lato sedendosi al posto che le era stato indicato.
J’onn entrò al DEO con il solito passo
deciso, degli agenti erano impegnati in una missione delicata in Paraguay e lui
avrebbe supervisionato l’azione da lì. Una risata attirò la sua attenzione. Era
tardi e non era normale che Kara fosse ancora alla base. Che fosse con Mon-El? Era un psichico e per quanto non infrangesse mai la
privacy delle persone che lo circondavano e non potesse leggere nella mente
della kryptoniana era abbastanza vecchio e conosceva
Kara abbastanza bene da saper decifrare certe emozioni ed era quasi sicuro che
Kara non avrebbe riso così con il giovane daxamite
accanto. Poi udì una seconda risata, più bassa, controllata, ma altrettanto
genuina.
Non avrebbe mai permesso a una Luthor-Zod di rimanere nella sua base lontana da una cella
se non avesse creduto nella sua bontà. Si avvicinò alla porta socchiusa e gettò
uno sguardo all’interno, le due ragazze stavano giocando a scacchi. J’onn sorrise soddisfatto, era da parecchio che non vedeva
un simile sorriso illuminare il volto di Kara.
“Scacco!” Disse, Kara, fiduciosa,
mangiando la regina con un alfiere e Lena sorrise. Si allungò e mosse la sua
torre colpendo il re di Kara.
“Scacco matto.” Replicò con voce
divertita. Kara fece una smorfia poi si lasciò cadere indietro sulla sedia.
“Forse mio padre mi lasciava
vincere…” Commentò.
“Credo fosse il caso, sì.” I suoi
occhi brillarono di divertimento quando vide lo sguardo scioccato di Kara a
quell’affermazione. Rise e Kara la imitò scuotendo la testa.
“Va bene, mi arrendo, hai vinto.” Si
sfilò gli occhiali passandosi la mano sul volto e poi posandoli sul tavolo
quando alzò lo sguardo gli occhi di Lena la fissavano, un’espressione
indecifrabile sul volto.
“Rimettili, per favore.” Chiese con
tono fermo. Kara sorpresa da quel repentino cambiamento guardò gli occhiali sul
tavolo, li prese e li indossò.
“Scusa non…”
“Lei non li portava e, senza, siete
troppo simili.” Cercò di spiegarsi Lena scuotendo la testa come se cercasse di
allontanare qualcosa di brutto dalla mente.
“Mi dispiace non volevo…”
“No, sono io a dispiacermi.” La donna
si alzò. “È
tardi, credo sia ora che io vada a dormire.” Affermò e Kara annuì, la donna
fece qualche passo poi tornò a voltarsi verso di lei.
“Non dipende da te.” Affermò. “Mi ha
fatto piacere ricordare Krypton e anche giocare agli scacchi.” Le sorrise e
Kara cercò il suo sguardo.
“Vorrai dire stracciarmi agli
scacchi.” Disse e vide negli occhi di Lena passare quel brillio divertito che
li illuminava rendendoli ancora più belli.
“Ecco, sì, era quello a cui pensavo.”
Assentì la donna facendola ridere. “Buona notte, Kara.”
“Buona notte.” Disse allora lei e la
donna se ne andò.
Kara sorrise: la giornata era stata
pessima, ma la serata si era rivelata ottima. La serata… si batté la mano sulla
fronte, si era completamente dimenticata dell’appuntamento con Mon-El!
“Non capisco perché la cosa ti
disturbi tanto.” La ragazza, sdraiata scompostamente sul divano, stringeva il
braccio attorno alla compagna, mentre guardava con aria divertita la sua
interlocutrice.
“Non sono affari tuoi i miei perché.”
I suoi occhi si fissarono su di lei e la ragazza trangugiò a vuoto. Sapeva cosa
potesse farle la donna se si irritava e, malgrado potesse permettersi certe
libertà, era evidente che quel soggetto era sensibile.
“Ma certo, perdonami.” Lo sguardo
fisso su di lei scivolò via e lei respirò, rilassandosi un poco.
“Posso andare a spaccare il culo a
qualche altro scienziato se vuoi.” Propose la sua compagna tirandosi a sedere e
afferrando una delle birre sul tavolino basso. “Magari sbattere in prigione i
loro famigliari per incentivarli a lavorare meglio…”
“Non sembra funzionare questa volta…”
Mormorò pensierosa la donna. Le due ragazze si guardarono perplesse. Non
l’avevano mai vista così ossessionata da qualcosa.
“Riusciremo…”
“Non fare promesse che non puoi
mantenere.” Di nuovo quegli occhi penetranti si fissarono su di lei. “Ho appena
osservato un uomo cadere da molto in alto, anche lui, due settimane fa, ha
fatto l’errore di farmi una promessa.” Al ricordo le labbra della giovane si
inarcarono un poco in un sorriso sadico.
“Dobbiamo affrontare il problema da
un’altra prospettiva.” Tentò di nuovo lei.
“Sono aperta a nuove idee.” Per
qualche ragione lei rabbrividì, quelle parole apparentemente innocuesembravano troppo a delle minacce e lei
conosceva da tutta la vita la ragazza, sapeva che le sue minacce non erano mai
a vuoto. Lanciò uno sguardo alla compagna e la donna le annuì.
“Abbiamo pensato a una cosa…”
Note: Grandi cose! Va beh, non
proprio grandissime… ma Maggie ora sa e Kara e Lena hanno passato un po’ di
tempo da sole. Non tutto è stato perfetto, ma di certo è stato un momento di
piacevole calma, un altro primo passo.
Poi… ci risiamo con le figure
misteriose, che ora sono diventate tre… chi saranno mai? Idee un po’ più chiare
sulla loro identità? E, sui loro progetti?
Fatemi sapere! Sono curiosa di
conoscere le vostre ipotesi.
Mon-El schivò il colpo e saltò di lato, poi
colpì, abbattendo il bersaglio.
“Sì!” Urlò alzando le mani al cielo
vittorioso e un colpo lo raggiunse il pieno petto gettandolo a terra.
“Mai distrarsi.” Gli ricordò Kara
tendendogli la mano e aiutandolo a rialzarsi, mentre lui faceva una smorfia di
dolore.
“Ma sto migliorando, vero?” Domandò
con aria infantile.
“Assolutamente sì.” Lo rassicurò lei
e lui la prese tra le braccia attirandola a sé per un bacio.
“Disturbo?” Domandò una voce decisa.
Kara alzò il viso verso la porta posta in alto e nel vedere Lena si mosse
rapida, sfuggendo all’abbraccio di Mon-El e
indossando gli occhiali.
“No.” Assicurò. “Hai bisogno di
aiuto?”
“In realtà disturbi, ci stavamo
allenando.” Intervenne il daxamite, afferrando un
asciugamano.
“Ah, non sapevo che ti servissero
lezioni anche per baciare. Ricordo che, su Krypton, dicevano avessi varie
schiave con le quali giocare, principe.” Il sarcasmo era penetrante nel suo
tono e il titolo suonava beffardo sulle sue labbra. Mon-El
strinse i pugni, mentre il suo viso si irrigidiva.
“Avevamo finito.” Intervenne rapida,
Kara, cercando di spezzare la tensione che si era creata, si avvicinò al
ragazzo e gli diede un bacio sulla guancia poi con passo rapido salì le scale
raggiungendo la donna.
Lena e Mon-El
si incontravano raramente, ma se succedeva vi erano sempre scintille tra di
loro.
“Ti serviva il mio aiuto?” Domandò di
nuovo, mentre la seguiva.
“No, ma detesto vederti sprecare
tempo con il daxamite.” Kara sgranò gli occhi e Lena
sorrise. “Sto scherzando, più o meno.” Spiegò e lei arrossì un poco senza
neanche sapere il perché. “Non mi serve il tuo aiuto, ma hai detto che ti
mancano gli na-kuki, Winn
non è ancora arrivato, quindi avevo del tempo libero e ho pensato che sarebbe
stato gentile prepararteli viste tutte le ciambelle che mi porti.”
“Gli na-kuki?”
Domandò, la bocca aperta. “Come…? Voglio dire… non ci sono le spezie giuste
sulla Terra e i bacchi di Sensan e…”
“Va bene… non sono proprio dei na-kuki, ma si avvicinano al sapore che ricordo.” Lena
sorrise. “Quando sono arrivata sulla Terra ero terrorizzata, tutto era così…
intenso. Gli odori erano troppo forti, i suoni mi assordavano, persino i miei
vestiti erano troppo ruvidi contro la mia pelle terribilmente sensibile… e poi
c’erano i sapori. Non riuscivo a mangiare senza stare male…” La donna aveva gli
occhi persi nel vuoto e Kara non poté far a meno di ricordare che Lena non
aveva avuto un cugino grande e capace di comprendere i suoi poteri e di
guidarla, in pochi giorni, verso un controllo dei suoi sensi. I Danvers, amici di lunga data di Kal
e profondamente comprensivi dei suoi problemi l’avevano aiutata per il resto,
come la super-forza, con pazienza e grazie alla pittura. “Così.” Si riscosse la
donna. “Un giorno, ero dai Luthor da un paio di
settimane ed ero ridotta in un angolo di una stanza buia, Lex
decise che doveva fare qualcosa e si mise a suonare per me. La musica catturò
tutta la mia attenzione, permettendomi di concentrarmi solo su quello. Suonò
per me per ore e ore, fino a quando le dita non gli fecero troppo male.” Lena
sorrise al ricordo e Kara non poté fare a meno di imitarla. “Poi mi portò in
cucina e insieme ci mettemmo a sperimentare, assaggiai di tutto, il cuoco non
era molto contento, ma Lillian lo mandò via e ci
lasciò giocare.”
“Imparasti a controllare i tuoi
sensi?”
“Non fu facile e non fu immediato, ma
quel giorno scoprii che non era impossibile, e scoprii anche come, mescolando
alcuni ingredienti, potessi arrivare al sapore dei na-kuki.”
Mentre parlavano la donna l’aveva condotta nella mensa della base. Kara ispirò
il profumo nell’aria e rimase stupefatta nel riconoscere l’aroma.
“Prego.” Le disse Lena indicandole
una sedia. La mensa era vuota, gli agenti mangiavano solo due pasti al giorno,
come tutti gli umani. Kara era rimasta stupita nel vedere le porzioni
assolutamente normali che mangiava Lena, ma poi aveva scoperto che mangiava sei
volte al giorno, dando al suo corpo l’apporto calorico che Kara assorbiva
mangiando in triplo ad ogni pasto.
Si sedette e Lena scomparve nella
cucina, per poi tornare, qualche minuto dopo, con un teglia tra le mani e un
sorriso sulle labbra. Li posò sul tavolo e la guardò incoraggiante.
Kara rimase immobile, per la prima
volta non era sicura di poter mangiare.
“Va tutto bene?” Domandò dopo un
istante Lena e la sua voce era dolce e comprensiva. Kara alzò gli occhi e non
poté trattenere le lacrime che scivolarono sul suo volto.
“Perdonami.” Disse cercando di
smettere, ma impossibilitata a farlo.
“Non c’è nulla di cui vergognarsi, io
ho pianto quando ho visto, di nuovo, Rao in un
telescopio.” La rassicurò la donna, poi non disse più nulla lasciando che la
ragazza piangesse per la semplice gioia di sentire il profumo dei biscotti che
mangiava da bambina, a casa, quando sua madre prendeva un giorno di pausa dal
suo lavoro di giudice e insieme cucinavano quei piccoli dolcetti che lei amava
tanto.
Quando riuscì a smettere e poté
finalmente mangiarne uno, scoprì che la ragazza non aveva mentito, erano
proprio come i deliziosi na-kuki che preparava sua
madre.
“Mi dispiace…” Disse, dopo aver
mangiato quasi tutta la teglia, perché Lena mangiava così piano e lei non
riusciva proprio a resistere.
“Te l’ho detto, non c’è nulla di cui
dispiacersi.” Kara sorrise timidamente e Lena abbassò lo sguardo. “Stavo
pensando…”
“Sì?” Domandò allora Kara, un brivido
di aspettativa che le agitava lo stomaco.
“In qualsiasi momento il computer
potrebbe ricostituire i dati sulla frequenza del mio mondo e allora non ci
vorrà molto per ricalibrare il congegno datoti da Cisco Ramon e aprire una
breccia.” Kara evitò di riflettere troppo sul grumo di tristezza che si formò
immediatamente nel suo cuore a quella prospettiva e rimase in silenzio,
aspettando che la donna finisse di parlare. “Sarebbe bello approfittare del
tempo che ci rimane. Non avevo mai pensato che potesse essere qualcosa di
possibile parlare di Krypton con qualcuno di reale, di vero, ma tu sei qui e…”
Abbassò il capo. “Lo so che ti ho detto certe cose e che ti ho tenuta a distanza,
ma… ormai che i giorni sono contati…”
“Mi piacerebbe moltissimo.” La
interruppe lei. Lena alzò lo sguardo e la fissò, fu un lungo sguardo, in cui
Kara poté notare il suo turbamento. Non per la prima volta si chiese se la
donna le avesse detto tutto o se le tenesse nascosto qualcosa, qualcosa di
importante… ma voleva fidarsi quindi sorrise e la ragazza annuì.
“Stasera?” Chiese e Kara annuì
decisa.
“Stasera.” Confermò.
“E di cosa parlate?” Alex osservava
la sorella curiosa.
“Di Krypton, lei aveva dieci anni
quando lo ha lasciato, è folle quante cose conosce che anche io conosco,
poesie, filastrocche per bambini, giochi, musiche, opere letterarie,
spettacoli…” Kara sorrise estasiata poi ricordò una cosa e si mise a frugare
nella borsa estraendo poi un piccolo pezzo di carta. “Guarda!” Disse alla
sorella. Alex prese il foglio riconoscendo subito la scrittura kryptoniana.
“Ehm… illuminami?” Chiese perché non
era ferrata quanto Winn nella scrittura aliena.
“Mi ha scritto: buongiorno!” Kara
quasi saltellava dalla gioia.
“Oh… fantastico…” Nel vedere la
perplessità di Alex, Kara si riprese il foglio con uno smorfia e allora la
sorella sorrise. “Sono contenta che tu abbia trovato qualcuno con cui
condividere i ricordi del tuo pianeta. So che con Clark non avete mai molto
tempo.” Kara ritrovò immediatamente il sorriso.
“Non è solo questione di tempo, Kal possiede una cultura terrestre, è cresciuto qui, lei ed
io…” Scosse la testa, come se fosse troppo quello che provava. “L’altro
giorno.” Riprese in fretta. “Abbiamo scoperto che siamo andate, tutte e due,
alla prima di uno spettacolo al Centro Culturale di Argo City. Capisci? Lo
stesso spettacolo!” Gli occhi di Kara brillavano estatici. “Lena
è stata alle Cascate di
Fuoco due volte con suo padre, io una sola volta, ma lei non ha visto i
pesci-serpenti che nuotano in esse, io sì! E… i pianeti che ha visitato, alcuni
li ho visti anche io e ricorda, come ricordo io, l’alba su Durkan,
uno spettacolo di colori violacei nel cielo che è impossibile dimenticare.”
“Ho capito.” Sorrise Alex,
appoggiandosi al tavolo. “E poi ti lascia bigliettini con dei buongiorno?”
“Sì!” Esclamò lei. “Assieme a un
sacchetto di na-kuki appena sfornati. Ma quelli li ho
già mangiati.” Affermò, senza nessuna colpa sul viso.
Alex osservò lo sguardo di Kara
illuminarsi ancora e si voltò giusto in tempo per vedere Lena entrare. Kara
doveva aver riconosciuto il suo battito cardiaco o il suo profumo. La maggiore
delle Danvers corrugò la fronte e la sua
preoccupazione accrebbe quando vide gli occhi della Luthor
brillare nel vedere la ragazza.
Quando Kara se ne andò alla CatCo, Alex si avvicinò a Lena.
“Posso parlarti un attimo?” Domandò e
la donna annuì, consegnando a Winn il tablet su cui stava lavorando.
“Di cosa si tratta?” Domandò,
perplessa nel vedere Alex che la conduceva in una stanza isolata e chiudeva la
porta. “Sono nei guai, agente?” Aggiunse con un sorriso divertito.
“Non lo so… dimmelo tu.” Lena si fece
subito seria nel sentire il tono grave di Alex.
“Non capisco…” Iniziò, ma la maggiore
delle Danvers la interruppe.
“Kara.” Disse e Lena scosse la testa.
“Kara? Non…” Si interruppe e abbassò
il volto.
“Voglio solo che non si illuda.
Conosco Kara e non l’ho mai vista guardare qualcuno come lei guarda te e non è
solo per la faccenda della condivisione di ricordi, è qualcosa di più.”
“Io…” Alex alzò la mano fermandola.
“Non mentire. Come ho visto lei, ho
visto te. So quello che provi.”
“Non volevo questo. L’ho tenuta
lontana, ma…” Provò a dire Lena.
“Lo so, è testarda.” Finì per lei
Alex con un sorriso triste.
“Non è solo questo.” Disse però la
giovane, poi scosse di nuovo la testa. “Lei…” Lena strinse la mascella,
incapace di proseguire o forse semplicemente impedendosi di dire qualcosa.
“Lei è la mia sorellina.” Chiarì la ragazza.
“Tu mi piaci e, oh mio dio, saresti mille volte migliore di quell’idiota di un
principe daxamite, ma questo non cambia il fatto che
so che ci stai nascondendo qualcosa e che presto te ne andrai. Non voglio che Kara
soffra, per nessuna di queste due ragioni.”
Lena incrociò le braccia quasi
cercasse di darsi del conforto, poi sospirò.
“Neanche io voglio che soffra.”
“Molto bene.” Alex la guardò con
compassione. “Perché non…”
Lena alzò lo sguardo e la fissò con
durezza ora.
“Non posso arrendermi, non posso
lasciare che il mio mondo cada tra le mani degli El.
Anche se questo significa rinunciare a… a qualcosa che potrebbe essere
importante.” Alex annuì, capiva e ammirava la donna per quella decisione ora
più che mai.
“Sai, Mon-El
è stato messo davanti ad una scelta simile…”
“Fammi indovinare: ha scelto la
soluzione più egoistica facendola passare per quella più eroica?”
Un piccolo sorriso apparve sul viso
delle due donne.
“Non avrei saputo dirlo meglio.”
Confermò Alex.
“Credi che Kara smetterà, un giorno,
di chiudere gli occhi e capirà che merita qualcuno che l’ami più di se stesso?
Qualcuno che non solo sappia farla ridere, ma sappia stare accanto a lei quando
soffre?” La voce di Lena era leggermente spezzata. Alex non la guardò,
rispettando la sua sofferenza.
“Io sarò sempre qui per lei.”
Assicurò Alex, non era la risposta che Lena voleva, ma era tutto ciò che Alex
poteva promettere.
Note: Dalle ciambelle ai
biscotti… più che una storia è un viaggio gastronomico! XD
Cosa ne dite di questo
capitolo? Kara e Lena hanno rotto gli indugi e ormai sono diventate amiche.
Ovviamente Alex ha visto ben al di là di questa facciata d’amicizia e ha colto
i sintomi di qualcosa di più, intervenendo subito per il bene di entrambe… la
uccidiamo? ;-)
Cosa c’è nei non detti di
Lena? Ormai sia Alex che Kara si sono rese conto che qualcosa c’è… ma cosa?
La porta si aprì e Kara si voltò con
trepidazione, ma ad entrare nel bar furono solo due alieni dalla pelle bronzea.
“Arriverà.” Le disse Winn. “Mi ha detto che esiste un posto simile anche nella
sua National City, quindi non può perdersi.”
Kara annuì, Lena era finalmente
libera di uscire dal DEO e volevano festeggiare tutti assieme.
La porta si aprì di nuovo e la
giovane kryptoniana si voltò per poi fare una faccia
delusa nel vedere Alex e Maggie.
Poneva tante speranze in quella serata…
voleva che tutto fosse perfetto non solo perché era la prima sera che Lena
passava lontano dalla base, ma anche perché sentiva che la donna si stava
allontanando da lei, come se si preparasse al distacco e al suo dovere,
lasciandola indietro. Kara non si era resa conto di quanto aspettasse le loro
partite a scacchi e le loro conversazioni che ormai toccavano ogni argomento,
tranne Mon-El, fino a quando non erano diventate
sempre meno frequenti. Lena si scusava, ma era stanco o impegnata in qualche progetto
e Kara non poteva fare altro che tornare a casa e cercare di apprezzare la
conversazione di Mon-El o meglio, cercare di
sopportare il ragazzo mentre parlava di sé e della sua giornata.
Ma quella sera, quella sera tutto
sarebbe andato perfettamente bene e Lena le avrebbe sorriso di nuovo, come
faceva prima.
“Ciao, Kara.” La salutò Maggie,
mentre Alex si era diretta al bancone per aggiungere due birre al loro tavolo.
“Sei bellissima stasera.” La complimentò e Kara arrossì un poco. Aveva voluto
indossare qualcosa di un po’ più carino rispetto al solito, quindi aveva scelto
un vestito di un vivace giallo, smanicato la cui gonna le arrivava un poco
sopra al ginocchio chiuso in vita da una stretta cintura.
“Occasione speciale!” Intervenne Winn, sorridendo e poi mostrò la sua cravatta, facendo
ridere Maggie.
“Ma tu sei sempre vestito formale.”
“Ehi, questa è speciale!” Allungò la
cravatta e Maggie scosse la testa notando le piccole spade laser che decoravano
la cravatta blu.
“Perdonami, hai ragione.”
Alex arrivò a salvare la fidanzata,
portando con sé le due birre.
“Allora, dov’è Lena?” Chiese e Kara
si voltò, perché la porta si era, ancora una volta, aperta. I suoi occhi
brillarono e un ampio sorriso si formò sulle sue labbra quando finalmente poté
posare lo sguardo su Lena.
“Mi spieghi come fa ad avere abiti
così costosi?” Bisbigliò Maggie, notando il soprabito che la donna sfilò
mostrando camicia e gonna neri, il tutto firmato e con un costo pari a un paio
di suoi stipendi.
“Uno dei primi giorni in cui le ho
dato accesso a internet, ha violato il conto di un’azienda offshore dei Luthor. Dice che, dopo tutto, non sta rubando, essendo lei
una Luthor.” La risposta di Winn
fece sgranare gli occhi a tutti e il ragazzo si strinse nelle spalle.
“Credevate davvero che il DEO potesse pagare per tutti gli abiti che ha
indossato da quando è qui?” Alex inclinò la testa, dovendo ammettere che il
giovane non aveva tutti i torti.
Kara non sentì una sola parola: Lena
era bellissima e lei era felice di poterla vedere di nuovo e non solo di
sfuggita.
“Ciao.” Le disse, un poco emozionata.
“Kara.” La salutò lei, poi fece il
giro del tavolo e si sedette accanto ad Alex. Kara sentì una piccola fitta di
delusione, ma la soppresse in fretta sorridendo a Mon-El
che portò un altro giro di ordinazioni e, passando, le rubò un bacio. Kara
arrossì, non per il bacio, ma per lo sguardo di Lena che scivolò su di loro
nascondendo con fatica il fastidio.
Prima di quanto Kara pensasse Maggie
e Alex si ritrovarono a giocare a biliardo contro James e Winn.
Lena si era proposta di giocare assieme a Winn, ma
dopo una partita le due ragazze l’avevano squalificata, perché Lena si era
dimostrata capace di usare la rapidità, la precisione e la forza datele dal
sole giallo, assieme ad una mente allenata ad eseguire calcoli ben più
complessi della semplice trigonometria del biliardo e aveva facilmente colmato
le mancanze di Winn distruggendo, in un solo turno,
le due donne.
“Come hai imparato ad essere così
precisa?” Le chiese Kara, contenta che Lena ora fosse sola con lei al tavolo e
ignorando le occhiate che rivolgeva loro Mon-El.
“La musica.” Le rispose la ragazza.
“Mi hai detto che tu hai imparato a gestire la tua forza grazie alla pittura
che ti ha richiesto pazienza e precisione, io ho appreso con la musica, il
pianoforte richiede pressioni precise e ben dosate.”
“La musica, ma certo, avrei potuto
provare, ma non credo di essere portata, a casa, mia madre, mi aveva portato a
fare delle lezioni di flauto. Ricordo ancora la faccia del maestro mentre si
scusava con mia madre affermando che tra i miei molti talenti non vi era,
probabilmente, la musica.” Sorrise a quel ricordo e la donna sorrise a sua
volta.
“Io non so dipingere, sono
profondamente negata, una volta ho disegnato Lillian
e Lex pensava avessi disegnato Zolfo, il vecchio cane
di famiglia.” Kara ebbe una fugace, ma precisa immagine di LillianLuthor dipinta come un cane e si morse le labbra, per
poi scoppiare a ridere.
“Pagherei per vedere quel disegno!”
Affermò e Lena fece una faccia offesa.
“Non posso essere perfetta in tutto.”
Si giustificò.
“Oh, è difficile da credere. Perché a
me sembri proprio perfetta in tutto.” Alle sue parole il volto di Lena cambiò,
i suoi occhi sembrarono addolcirsi schiarendosi all’improvviso e assumendo quel
azzurro pulito di un cielo dopo il temporale. “Wow.” Mormorò Kara incapace di
comprendere perché il suo cuore avesse accelerato, ma decisa a non distogliere
lo sguardo da un simile spettacolo.
Lena le si avvicinò, lentamente,
sembrava che vi fosse qualche forza invisibile che le piegasse inesorabilmente
una verso l’altra. Poi la donna sobbalzò, si alzò in piedi e scappò via.
“Lena?” Chiamò Kara, riscuotendosi,
sorpresa. Si alzò e Alex le si parò davanti.
“Ci penso io a lei.” Intervenne, Kara
scosse la testa e fece un passo avanti, ma si ritrovò la mano di Mon-El sul braccio.
“Cosa succede?” Chiese il giovane e
la kryptoniana sbatté le palpebre, ancora più
confusa. Voleva andare da Lena, lo desiderava ardentemente era amicizia quella?
I suoi occhi si posarono su Alex che le fece un piccolo sorriso triste, come se
lei sapesse, come se capisse. Ma cosa?
“La troverò.” Assicurò, poi fece un
cenno a Maggie che afferrò la giacca e la seguì fuori dal locale.
“Kara, devo capire cosa sta
succedendo tra te e quella.” Dichiarò Mon-El.
“Non sta succedendo nulla e, quella,
ha un nome, che conosci benissimo.” Non riuscì a nascondere il fastidio nel suo
tono e il viso del daxamite si fece immediatamente
triste.
“Capisco che lei è kryptoniana e io no, lo capisco, ma… credo di aver dimostrato
di meritare il tuo amore e il tuo rispetto.” Kara si sentì immediatamente
colpevole.
“Ma certo!” Confermò e Mon-El sorrise prendendole le mani e stringendole un poco.
“Allora vieni a casa con me stasera.”
Gli occhi di Kara corsero verso la porta, il suo corpo fremeva per inseguire
Lena, ma non poteva…
“Va bene.” Rispose e il giovane
sorrise soddisfatto per poi darle un bacio.
“Aspettami qua, vado a dire che oggi
esco prima.” Kara annuì al ragazzo e lui si allontanò. James e Winn le si avvicinarono, entrambi indossavano già la loro
giacca.
“Andate via anche voi?” Domandò Kara,
la voce colorata di tristezza.
“Sì… ehm…” Winn
lanciò uno sguardo a James che intervenne.
“Pensavamo di fare un giro, sai, per
assicurarci che tutto vada bene in città.”
“Capisco…” Annuì, senza aggiungere
altro. Persino l’idea di loro due in giro a rischiare la vita non la riscosse
dai suoi pensieri tristi.
“Stai bene?” Domandò allora Winn, guardandola preoccupato.
“Sì… sì.” Assicurò, sforzando un
sorriso.
“Kara.” James le posò una mano sulla
spalla e strinse un poco attirando il suo sguardo. “Non accontentarti solo
perché è più facile.”
“Cosa…?” Chiese confusa.
“Di che colore sono gli occhi di
Lena?” Domandò a bruciapelo Winn.
“A volte sono azzurri come un cielo
terso dopo una tempesta, altre di un verde talmente chiaro da sembrare acqua come
quel prato che ho visto su Trent, ma non proprio,
altre ancora sono quasi grigi, ma un grigio liquido e limpido… non lo so.”
Rispose, lo sguardo perso.
“E quelli di Mon-El?”
Kara tornò a guardare Winn e corrugò la fronte.
“Azzurri?” Chiese, indecisa e
perplessa.
“Fatto, Kara!” Mon-El
arrivò e le passò una mano attorno ai fianchi, stringendola un poco.
“Riflettici.” Intervenne il giovane
fotografo, poi lasciò andare la sua spalla e le sorrise.
“Ciao ragazzi!” Disse allora Mon-El, mentre i due gli sorridevano e se ne andavano.
“Pronta per andare a casa?” Chiese il
daxamite, guardandola con un sorriso.
Erano vicini, tanto vicini, e Kara si
concentrò sui suoi occhi, erano belli, azzurri, ma anche un poco grigi… non lo
aveva mai davvero notato, non le era mai davvero sembrato importante…
“Io… non ne sono sicura.” Mormorò.
Era così difficile! Perché doveva
essere così difficile?
Lena si alzò in volo spingendosi in
alto nel cielo, incapace di sopportare il grumo di dolore che cresceva nel suo
petto.
Osservò la città e le sue luci, così,
di notte, poteva quasi fingere che fosse il suo mondo, la sua casa. Eppure non
lo era.
Strinse i pungi sentendosi male,
sentendosi un’egoista perché, ormai, non desiderava più che quei maledetti dati
tornassero nei computer del DEO, ormai aveva solo più un desiderio ed era
rimanere lì. Quanto sarebbe stato facile arrendersi? Quanto sarebbe stato
comodo, dimenticarsi del suo mondo ed eleggere questo a casa? Qui avrebbe potuto
essere d’aiuto e, specchiandosi negli occhi di Kara, desiderando le sue labbra
come mai prima, sapeva che qui avrebbe potuto essere felice.
Eppure non poteva, non poteva perché
sarebbe stato un tradimento al suo mondo, al suo dovere, al suo scopo nella
vita. Avrebbe tradito suo fratello, sua madre e il suo genitore kryptoniano che aveva riposto in lei la sua fiducia e le
sue speranze, avrebbe tradito l’intero genere umano almeno quello che
apparteneva alla sua dimensione.
Rao! Perché non era più egoista? Perché
non riusciva a pensare un po’ di più alla sua di felicità?
Scosse la testa e volò fino al
carcere in cui sapeva essere detenuta LillianLuthor con i raggi-X individuò la donna oltre le pareti di
cemento e la osservò muoversi elegantemente, avanti e indietro nella sua cella,
ascoltò il suo cuore e chiuse gli occhi, come faceva abitualmente,
assicurandosi che stesse bene.
Questo mondo non era perfetto, LillianLuthor ne era un esempio,
sapeva bene che, quella, non era sua madre, la donna che le aveva dato amore e
affetto, comprensione e sostegno, ma rimase lì per un lungo momento in silenzio
calmando la propria mente e il proprio cuore grazie a quel suono così familiare.
Quando si sentì meglio si allontanò
da lì, tornando in città, i suoi occhi, però, furono attratti dal grande
edificio della Luthor Corporation. Spinta da un
desiderio un po’ infantile atterrò sul balcone del suo ufficio, o almeno, di
quello che sarebbe stato il suo ufficio se quello fosse stato il suo mondo. Fu
sul punto di entrare, ma poi si trattenne, sapeva che, se lo avesse fatto,
l’illusione si sarebbe spezzata, alla parete non ci sarebbe stato il dipinto
che aveva personalmente scelto, non ci sarebbero state le plumerie
sul tavolino e l’odore sarebbe stato semplicemente sbagliato. Lì, invece, con
la città, quasi identica, ai suoi piedi, avrebbe potuto fingere di essere a
casa, avrebbe potuto fingere che suo fratello era ancora vivo e così sua madre,
avrebbe persino potuto fingere di non aver mai incontrato lei. Quel pensiero le fece attorcigliare il ventre. Kara, così
diversa eppure così simile: stesso viso, stesso corpo, stesso profumo, ma occhi
così diversi e animo così gentile. Il suo corpo si appoggiò alla balaustra,
mentre la sua mente traditrice le riportava certe immagini alla mente, immagini
che credeva di aver cancellato, immagini che ora si mescolavano formando un
quadro sbagliato eppure tremendamente persistente.
Era stata ad un passo dal compiere un
orribile sbaglio quella sera. Aveva tentato di starle lontana, aveva tentato ed
era riuscita a vederla di meno, a parlarle di meno, anche se le faceva male
vedere il suo sguardo deluso. Detestava provare quei sentimenti eppure non
riusciva più a provare odio quando la ragazza compariva davanti a lei, com’era
possibile quando sul suo viso vi era quel piccolo sorriso titubante o
quell’espressione gioiosa quando scopriva qualcosa che entrambe ricordavano di
casa?
Presto sarebbe tutto finito, presto
sarebbe tornata a casa e avrebbe posto fine al dominio degli El, in un modo o in un altro. Il suo pugno si strinse: no,
non poteva arrendersi.
Sorrise scuotendo la testa quando due
occhi blu come il mare di Tukantet le apparvero in
mente. Oh, quanto avrebbe voluto poter essere un po’ più simile all’idiota
principe daxamite… abbandonare il suo mondo, la sua
gente, alla tirannia con qualche ridicola scusa, solo per poter rimanere lì e
continuare a vedere quegli splendidi occhi illuminarsi per lei.
Un piccolo tonfo accanto a lei la
fece sobbalzare, era così persa nei pensieri che aveva abbassato la guardia. Si
voltò e riconobbe senza difficoltà il costume rosso e blu di Supergirl.
“Kara…” Disse, il volto della donna
era leggermente in ombra, ma non era difficile leggere la tensione nel suo
corpo e sentire il cuore della giovane battere rapido. “Come hai fatto a
trovarmi?” Chiese, il cuore che imitava quello della ragazza accelerando a sua
volta.
“Ha importanza?” Le chiese Kara, la
voce profonda, come se fosse emozionata, mentre faceva un passo avanti, verso
di lei.
“Non…” Scosse la testa. “Quello che è
successo al bar… io…” Scosse la testa, era difficile pensare, ragionare, con la
ragazza che, inesorabile, si avvicinava a lei e, con la sola forza del
pensiero, sembrava averla inchiodata al balcone. “Non ti ho detto tutta la
verità su di lei.” Ammise, conscia
che doveva parlare, doveva farlo subito, doveva fermare Kara dal compiere un
errore, un errore al quale lei, adesso, non sarebbe riuscita a sottrarsi.
“Cosa non mi hai detto?” Chiese la
ragazza e la sua voce ebbe un fremito che la fece rabbrividire.
“Io…” Lena si morse il labbro,
trattenendo le emozioni, trattenendo le lacrime. “Io l’ho amata.”
Kara si fermò, per un lungo, infinito
istante rimase immobile a fissarla, poi usò la sua velocità, inchiodandola
contro il balcone e affondando le labbra sulla sua bocca in un bacio pieno di
desiderio.
Lena si perse, assaporando con
passione le labbra della giovane, così uguali a quelle di lei da farla piangere. Sì, aveva la sua risposta, anche il loro
sapore era lo stesso. Lacrime calde scesero lungo il suo volto, mentre lei si
perdeva in quel bacio. Un bacio pieno di colpa e di desiderio, di bisogno e di
sofferenza.
Perché questa Kara non poteva essere
la sua Kara? Perché lei aveva dovuto innamorarsi di un mostro per poi scoprire
che esisteva una versione di questa stessa persona assolutamente perfetta anche
nelle sue imperfezioni?
Kara la afferrò per il bacino,
sollevandola e girandosi, fino a che la sua schiena non sbatté con forza contro
la parete dell’edificio, le mani della donna strapparono la sua camicia dai
pantaloni andando ad accarezzare la pelle così esposta. Lena annaspò sorpresa
da quel tocco così poco gentile. Questo non era quello che si era immaginata…
La ragazza separò le labbra da quelle
di Lena affondando i denti nel suo collo, dio quanto le era mancata questa
pelle bianca, questo profumo, questo sapore. Morse quel collo perfetto,
marchiando quel corpo che le apparteneva. Lena lo aveva ammesso: l’amava!
I suoi occhi brillarono di
soddisfazione. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Come poteva essere
diversamente? Lei era Kara Zor-El!
Sorrise, ora doveva solo riportarla a
casa.
Note: Ahhhhhhhhh
cos’è appena successo??
Oh, lo so, l’idea “tagliare un
capitolo sul più bello” è appena stata ridefinita e immagino che il vostro
desiderio più immediato sia quello di uccidermi… ma, trattenete le scuri,
altrimenti la storia non finirà mai! ;-)
Finalmente abbiamo avuto il
punto di vista di Lena e di conseguenza abbiamo scoperto il suo segreto, quello
che non ha detto a Kara e a nessuno in questa dimensione, quello che l’ha
spinta a tenersi lontana da questa versione della donna che ha amato…
Ora si è lasciata andare tra
le braccia di Kara… ma che Kara è questa?
Fatemi sapere tutto quello che
avete sul cuore, sono pronta! L’improvvisa svolta vi ha sorprese? Avete idee su
quello che succederà ora a Lena, a Kara, a questa dimensione?
Alex, con Maggie al fianco, entrò al
DEO e fermò il primo agente, chiedendogli se aveva visto Lena. L’uomo scosse la
testa e la maggiore delle Danvers sospirò
“Dove credi che possa essere se non è
qui?” Le domandò Maggie.
“Potrebbe essere ovunque… conosce
questa città, malgrado non sia il suo mondo, anzi, conosce l’intera Terra, per
quello che ne sappiamo ora potrebbe essere su di una spiaggia a lanciare sassi
o, persino, sulla Luna se ha preso un bel respiro…” Alex la guardò sconsolata e
Maggie le sorrise.
“Non è così male come sembra, tornerà
qua, prima o poi e potrai parlarle.”
“Per dirle cosa?” Domandò l’agente.
“Di smettere di guardare Kara come se fosse il sole stesso? Di non farla più
ridere, di non farla più emozionare? Semplicemente, di non amare più mia
sorella?”
“Alex, sappiamo entrambe che non è
così semplice…”
“L’amore è mai semplice?” Chiese
allora la ragazza, sospirando. Non voleva prendersela con Maggie, ma quella
situazione era davvero difficile e, ora che aveva visto Kara a due passi dal
baciare Lena, non poteva più fingere che non fosse un amore reciproco,
inespresso certo, persino ignorato, da Kara, ma pur sempre amore.
“Hai ragione, l’amore non è mai
semplice.” Ammise Maggie, poi le prese le mani attirando il suo sguardo.
“Allora perché hai chiesto a Lena di farsi da parte? Sappiamo entrambe che non
è perché pensi che non sia la persona giusta per lei o perché pensi che Mon-El valga il tuo intervento.”
“Questa storia spezzerà il cuore di
Kara, per questo ho cercato di…”
“Proteggerla.” Concluse Maggie. Sorridendole
con quell’aria piena di comprensione e di tristezza.
“Spezzerà anche il cuore di Lena.”
Aggiunse Alex.
“Oh… credo che il suo cuore sia già
stato spezzato…” Maggie si strinse nelle spalle quando Alex la guardò
interrogativa. “Solo una sensazione.” Ammise.
Un allarme risuonò nel centro di
comando e un agente accorse, poi dopo aver dato una rapida lettura spense
l’allarme allontanandosi, di nuovo rilassato. Alex corrugò la fronte.
“Di cosa si trattava?” Domandò e
l’agente rispose prontamente.
“Il portale nella Fortezza della
Solitudine. Lo monitoriamo dall’invasione daxamite.
Superman si è tenuto impegnato in questi ultimi giorni.” Sorrise.
“Cosa significa?” Insistette Alex.
“Ci sono state…” L’uomo digitò sul
computer, verificando il dato e poi continuò. “Sette aperture.”
“Sette?” Domandò sorpresa lei.
“È impossibile che Superman abbia usato
il portale per la Zona Fantasma così spesso negli ultimi…?”
“Cinque giorni.”Rispose prontamente l’uomo, iniziando ad
essere un poco preoccupato.
“Avete avvisato il direttore?”
“Ehm… no, signora… si tratta di un
segnale che consideriamo di routine e…”
“Chiamate J’onn,
subito.” Impose Alex, prendendo il cellulare.
“C’è qualcosa che non va?” Le chiese
allora Maggie, preoccupata nel vedere la sua tensione.
“Non lo so, ma non mi piace.”
Winn rispose quasi subito e Alex lo
richiamò immediatamente alla base. Quella questione andava risolta, e subito.
Digitò il numero di sua sorella e poi esitò. Avrebbe dovuto allarmarla forse
per nulla?
Guardò l’ora e fece una smorfia, Lois
l’avrebbe uccisa se l’avesse svegliata per niente telefonando a Clark… ma,
meglio la collera di Lois per un falso allarme che la possibilità che i suoi
timori fossero veri.
Kara era seduta ad un tavolino, da
sola. Mon-El la osservò pensieroso. Era sicuro che
stesse bene, la serata non era andata male, malgrado la fastidiosa presenza di
quella LuthorDru-Zod. I
suoi pensieri si discostarono subito dai sentimenti della ragazza per
concentrarsi sui propri. Gli dava fastidio il mondo in cui le due kryptoniane si guardavano, ma dopo tutto quello che aveva
fatto per Kara di certo lei non lo avrebbe lasciato. Insomma, aveva rinunciato
alla corona di re di un intero pianeta per lei!
Sbuffò, asciugando un bicchiere e
posandolo al suo posto, per poi servire un alieno con una buffa cresta blu.
La porta si aprì ed entrò Maggie. Mon-El la fissò perplesso, era sicuro che fosse con Alex…
La ragazza andò dritta da Kara e le
parlò rapidamente, la giovane scattò in piedi e si allontanò decisa.
“Ehi!” La richiamò lui, ma Kara era
già uscita dal bar, muovendosi a super-velocità. “Cosa sta succedendo?” Domandò
alla detective, con aria aggressiva. La donna lo fissò, mentre sul volto le si
disegnava uno sguardo pieno di divertito sarcasmo.
“Oh… la ragazza d’acciaio, ha trovato
altro acciaio a cui aggrapparsi…” Gli fece l’occhiolino e lui le afferrò il
braccio furioso, trattenendo a stento la sua forza.
“Che cosa significherebbe questo?”
Maggie abbassò lo sguardo sulla sua mano e poi alzò il viso fissandolo, fino a
quando lui non lasciò la presa.
“Significa che un daxamite,
idiota, incapace, dall’aspetto e dal carattere di un adolescente, non può
rivaleggiare con una kryptoniana estremamente
intelligente, bella e dall’animo nobile.” Ghignò nel vedere ogni parola colpire
il giovane.
“Non è vero, menti!” Ringhiò Mon-El.
“Vuoi sapere cosa sta succedendo? Ho
dato questo indirizzo a Kara… lì è corsa, perché lì si trova Lena, vacci anche
tu e vedrai con i tuoi occhi.” Prese un tovagliolo e vi scrisse sopra un
indirizzo poi se ne andò, sulle labbra lo stesso sorriso pieno di divertito
sarcasmo con cui aveva parlato.
Mon-El afferrò il foglietto e lo strinse
tra le dita, Maggie raggiunse la porta e si voltò di nuovo a guardarlo.
“Un paio di balzi e potresti
guardarle mentre si baciano…” Gli fece un occhiolino e uscì dal bar,
scomparendo nella notte.
“Maledizione!” Ringhiò uscendo a sua
volta, furioso.
“Alex!” Kara atterrò, guardandosi
attorno preoccupata, fino a quando non vide sua sorella uscire dall’ombra, un’espressione
ansiosa sul volto.
“Kara, meno male hai ricevuto il
messaggio di Maggie, non potevo chiamarti, non ero sicura…”
“Cosa sta succedendo? Dov’è Lena?”
Chiese lei, il cuore che batteva rapido a causa della paura.
Aveva indossato il costume di Supergirl in un solo istante, volando più rapida che
potesse per raggiungere quel posto in cui, secondo il messaggio di Maggie, Lena
era nei guai e Alex la stava aspettando.
“Voltati.” Le ordinò la donna e Kara
fu sorpresa dal suo tono, Alex non usava mai un tono simile, neppure quando era
molto agitata, neppure con gli agenti che comandava al DEO. “Per favore.” Chiese
la ragazza e Kara obbedì. Sentì le mani della donna scostarle i capelli dal
collo e fu percorsa da un brivido.
“Cosa stai facendo?” Le domandò
girando la testa e osservando perplessa quello che Alex teneva tra le mani.
“Si tratta di un prototipo, ma
dovrebbe permetterti di individuare Lena.” Kara annuì subito, senza chiedere
altro, si fidava di Alex. “Ecco, aiutami a…” Kara sollevò i capelli mentre
quella specie di collare si chiudeva attorno al suo collo.
“Perché dovrei aver bisogno di questo
aggeggio per individuare Lena?” Chiese, mentre faceva una smorfia al contatto
del freddo metallo.
“Oh… beh…” Con un clic il collare si
chiuse.
“È un po’ stretto.” Comunicò.
“Stretto? Sarà l’ultimo dei tuoi
problemi.” Kara si voltò fissando la sorella, il cui tono era cambiato di
nuovo, diventando pieno di freddo sarcasmo.
“Cosa…?” Domandò alzando le mani e
chiudendole sul collare, lo avrebbe tolto, subito.
“Non sai da quanto tempo io desideri
fare una cosa simile! Oh, certo, non sei… lei,
ma andrà bene lo stesso.” Kara tirò, ma malgrado lo sforzo il metallo non si
ruppe.
“Chi sei, tu?” Chiese e la donna
rise.
“Alex Danvers.”
Affermò, mentre estraeva dalla tasca un telecomando. “E ora, Kara Zor-El, farai tutto quello che ti dico.”
La donna premette sul pulsante mentre
lei si lanciava in avanti e il dolore fu atroce. Kara si accasciò a terra, le
mani attorno al collo, incapaci di togliere quel collare che ora risplendeva di
verde.
“Perché…?” Riuscì a domandare.
“Oh… perché è divertente, perché è da
quando ho trovato questo giocattolo in una bunker di LexLuthor che voglio provarlo e perché sono sicura che
alla mia Kara piacerà il regalino… o forse no.” Kara rantolò cercando di
rimanere cosciente, mentre Alex ridacchiava. Non riusciva a pensare, non
riusciva a comprendere, sapeva soltanto che Lena doveva essere in grave
pericolo e lei non riusciva a muoversi.
“Quasi mi fai pena…” Le disse la
donna continuando a guardarla, ma nei suoi occhi non vi era traccia di nessuna
pietà. “Questa è un’altra cosa che desideravo fare da tempo.” Alex, o almeno,
quella donna con il viso e la voce di Alex, alzò il pugno e poi lo abbatté sul
suo volto, facendola precipitare nel buio.
Lena sentì i denti della donna incidere
con forza la sua pelle e sobbalzò, non poteva essere… si strappò dal bacio e
sollevò il viso della donna che aveva baciato fino ad un istante prima,
permettendo alle luci della città di illuminare i suoi occhi e il suo viso.
Vi era desiderio in essi, passione,
ma anche qualcosa di…
Un sorriso si aprì sul viso di Kara,
un sorriso divertito, un sorriso… malvagio.
“Credevi davvero che ti avrei
permesso di andartene? Credevi davvero che avrei permesso a un’altra me di
toccarti?” Le domandò.
Il gelo si impossessò del corpo di
Lena.
“Linda?” Domandò ed eccola comparire
nei suoi occhi quella stilla di follia, di odio, di malvagità, quella che aveva
dominato i suoi occhi mentre uccideva sua madre, colpevole vi aver scoperto la
sua vera identità e di aver mostrato a Lena la sua natura malvagia. “Cosa le
hai fatto?” Chiese, mentre spingeva via la donna, disgustata dall’idea di
averla baciata di nuovo, disgustava di aver provato piacere nel sentire le sue
mani toccare il proprio corpo.
“Io? Nulla.” Assicurò la ragazza,
cercando di riavvicinarsi. Lena strinse il pugno e si scagliò su di lei, ma Linda
fu più veloce e la colpì mandandola a infrangersi contro la parete di vetro e a
rotolare in quello che avrebbe potuto essere il suo ufficio.
“Lo sai che sei più debole di me.” Le
ricordò. “Sei solo la figlia di uno scienziato, era mio padre ad essere un
generale, io sono nata per combattere.” Rise, nel vedere il suo volto bianco di
paura. Non erano mai stati i pugni il suo forte, non che non sapesse
combattere, aveva passato anni ad allenare mente e corpo a ogni tipo di
combattimento, ma quando doveva affrontare lei…
era come se fosse solo una donna, dal cuore spezzato.
“Uccidimi, ma lascia questa
dimensione in pace.”
“Ucciderti?” Domandò lei e sembrò
veramente sorpresa. “Io ti amo!” Affermò e Lena provò solo disgusto nel sentire
quelle parole sulle sue labbra. “Ti riporterò a casa e staremo assieme, come
prima.” Sorrise, un sorriso che non era neppure lontanamente simile a quello
della Kara di questa realtà.
“Prima che tu uccidessi mia madre?
Prima che io scoprissi che eri la mente dietro alla maggior parte dei massacri
compiuti da tuo cugino?”
“Oh, andiamo, non negare che ti
piacevo.” Sorrise. “Lo hai ammesso, pochi minuti fa: amavi Linda Danvers.” Le ricordò e Lena strinse di nuovo i pugni, forse
non poteva vincere, non così, ma questo non significava che non avrebbe potuto
provare e morire nel tentativo, sarebbe stato comunque un sollievo e una
vittoria.
Linda sorrise.
“Oh, no, no, no. Non ci pensare
neppure. Tu, ora, farai esattamente quello che ti dico, altrimenti le cose
finiranno male… mi hanno detto che ti sei fatta degli amici qua.” Lena
impallidì di nuovo.
“Hai detto che mi ami, è così che lo
dimostri? Minacciandomi?” La donna inclinò la testa, pensosa.
“Non hai tutti i torti… non voglio
iniziare la nostra nuova storia ferendo i tuoi sentimenti, so bene che hai un
debole per questa specie inferiore.” Roteò gli occhi con divertimento. “Ora
vieni con me, senza lottare e tutto andrà per il meglio.”
Lena esitò, per un breve istante
pensò ancora alla ribellione, poi abbassò il capo sconfitta e quasi sentì il
sorriso soddisfatto che compariva sulle labbra della giovane. Aveva vinto,
vinceva sempre.
Winn alla sua postazione digitava rapido,
J’onn fissava Alex che, il telefono incolato
all’orecchio, cercava di contattare Kara.
“Non risponde.” Disse per l’ennesima
volta.
“Chiama Mon-El.”
Suggerì allora Maggie e Alex fece una smorfia, ma poi obbedì.
“Mon-El!”
Esclamò, per la prima volta felice di sentire la sua voce. “Dov’è Kara?”
“Kara? È con quella…”
Alex corrugò la fronte nel sentire il tono del giovane. “Schifosa traditrice di una Luthor!”
Sputò alla fine il daxamite.
“Senti, Kara è in pericolo! Così come
Lena, ma non riusciamo a…”
“In pericolo? Le ho viste!” Il tono del giovane si spezzò in un singhiozzò e Alex tremò,
spaventata che il peggio fosse già successo. “Erano avvinghiate, Kara, la mia Kara, avvinghiata a quella schifosa…”
“Di cosa diavolo stai parlando?” Alex
sbatté gli occhi, si era aspettata di tutto, ma non quello.
“Sto parlando di Lena e Kara che si baciavano sul balcone della Luthor Corporation.” Ora il giovane piangeva. “La
mia Kara! Quella donna, quell’arrogante kryponiana,
deve averla corrotta, perché lei non mi avrebbe mai fatto una cosa simile, non
dopo quello che io ho fatto per lei!”
“Hai visto mia sorella baciare Lena Luthor e te ne sei andato via?” Domandò Alex, completamente
sconvolta dalla cosa. Quell’uomo non aveva neanche un briciolo di orgoglio?
“Cosa avrei dovuto fare? Kara mi avrebbe lasciato se mi avesse visto!”
“Tesoro, concentrati.” Le disse
Maggie mentre lei si preparava a dire a Mon-El cosa
pensava di lui.
Alex scosse la testa e tornò a quello
che importava.
“Luthor
Corporation hai detto?”
“Sì.”
Piagnucolò il ragazzo. “La mia…” Alex
riagganciò, aveva ascoltato troppo, ancora una parola e sarebbe scoppiata.
“Dobbiamo avvertirle.” Guardò verso J’onn che annuì. Rapido il suo corpo si trasformò, mentre
già si lanciava verso il cielo.
“Come procede la tua idea?”
“L’idea di Lena, intendi?” Chiese Winn continuando a digitare.
“La tua idea basata su quella di
Lena.” Si corresse lei alzando gli occhi al cielo.
“Bene. I dati della Fortezza che mi
sta inviando Superman, mi hanno permesso di avere un’idea precisa delle
frequenze da cercare.”
“Non avevi detto che con i kryptoniani era impossibile?” Domandò allora Maggie.
“Impossibile perché loro vibrano a
frequenze uniche per cui analizzando Lena non eravamo riusciti a dedurne la
frequenza della sua Terra, ma, dalla Fortezza, o meglio, dal portale della
Fortezza, sono passate anche due umane e la loro frequenza, rapportata alla
nostra è calcolabile.”
“E quindi rintracciabile.” Concluse
Alex.
“Esatto ancora pochi minuti e potrò
dirvi dove si trovano le nostre due intruse.” Assicurò Winn,
soddisfatto.
Un tonfo e J’onn
fu di nuovo Hank Henkshaw.
“Non c’erano, ma vi erano evidenti
segni di lotta.” Alex si morse il labbro preoccupata.
“Dobbiamo trovarle, Winn, subito.”
Note: Le cose si fanno
intricate e pericolose. Kara si è lasciata attirare in una trappola, fidandosi prima
di Maggie e poi di Alex, ma non delle sue Alex e Maggie. Lena, invece, si è
resa conto dell’errore che stava commettendo, ma ha dovuto piegarsi alla minaccia
di quella crudele Kara.
Ma chi è questa Kara, questa
Linda Davers? Di certo è astuta, spiava questa
dimensione da cinque giorni e ha presto capito con quale leva piegare Lena all’obbedienza
ed è anche malvagia, ma questo già lo sospettavamo.
Le due Alex, intanto, stanno
attuando ognuna un piano preciso. La malvagia ha catturato Kara, la nostra ha
trovato, assieme al DEO, un modo per rintracciare le intruse… insomma, ragazze,
si balla!
La situazione è tutto meno che
rosea… come andrà a finire? Idee, pensieri, riflessioni? Fatemi sapere!
Un bruciore improvviso la fece
rinvenire. Kara aprì gli occhi e ricevette un secondo deciso schiaffo. La sua
testa ruotò con violenza e lei gemette di dolore.
“Bentornata.” Le disse Alex, non la
sua Alex ricordò una parte della sua mente che riusciva a rimanere a galla
malgrado il dolore.
“Smettila!” Richiese una seconda
voce. Questa volta il cuore di Kara accelerò, mentre il suo sguardo si
focalizzava su una figura elegante, poco distante da lei.
“Lena…” Riuscì a chiamare.
“Andrà tutto bene.” Le disse la donna
e una seconda figura entrò nel suo raggio visivo, ridotto dal dolore, Kara si
vide mentre metteva una mano attorno al fianco di Lena e sbatté gli occhi
confusa.
“Dovevi proprio farlo, non è vero?”
Domandò la donna con il suo stesso viso, con il suo stesso costume, persino con
la sua stessa voce. Improvvisamente pensò a Bizarro e
poi scosse la testa, sapeva che non era quello il punto, ma non riusciva a
concentrarsi.
“Pensavo che ti avrebbe fatto
piacere.” Assicurò Alex e meno di un battito di ciglia dopo la donna che
assomigliava a lei, la sollevò da terra trattenendola per il collo con una sola
mano.
“Cosa ti avevo chiesto?” Domandò con
voce quasi annoiata, gli occhi attenti che seguivano Maggie che si stava
muovendo in avanti. “Non ti muovere se non vuoi che le spezzi il collo e poi
faccia lo stesso con te.” Maggie si fermò, ma era chiaro che non era contenta.
“Dovevo seguire i loro movimenti,
tenermi nascosta e avvisarti non appena Lena usciva da sola.”
“Esattamente. Allora perché ora mi
ritrovo con Superman a guardia del portale e un marziano verde sulle mie tracce?”
La domanda era retorica, ma Alex rispose comunque.
“Perché ho catturato la tua copia
mettendoli in allarme. Ho fatto un errore.” Ammise e la donna la lasciò cadere
di nuovo a terra.
“Bene, ora andiamo avanti.”
Kara notò lo sguardo della donna
fissarsi su di lei, mentre si avvicinava. Per un istante si chiese perché non
fosse affetta dalla kryptonite, poi ricordò l’acciaio
che rivestiva il collare, doveva in qualche modo schermare la kryptonite verso l’esterno e, invece, colpire lei a
contatto con la pelle.
La donna la sollevò in piedi, in
maniera brusca.
“Cosa dovrei farne di te…”
“Hai detto che non le sarebbe
successo nulla di male.” Intervenne Lena.
Kara tornò a guardarla, era diversa:
l’abito in disordine, lo chignon scompigliato, il trucco era leggermente
sbavato, il suo soprabito strappato in alcuni punti… tutto faceva pensare che
avesse lottato, ma sul suo viso vi era un’espressione che raccontava qualcosa
di diverso.
Si era arresa. Comprese infine Kara.
“Lena…” Tentò di chiamare ancora, ma
ricevette un deciso pugno nel ventre che le fece lacrimare gli occhi.
“Non pronunciare il suo nome in quel
modo, lei non è tua, non lo è mai stata e non lo sarà mai.”
“Linda!” Lena posò una mano sul
braccio della donna e Kara vide di nuovo qualcosa brillare nei suoi occhi. “Hai
detto che non l’avresti ferita e quel collare va già oltre la tua promessa.”
“Non l’ho messo io il collare …” Le
ricordò la donna e poi si voltò accarezzando il viso di Lena che non si
sottrasse, malgrado stringesse la mascella con forza. “Va bene, va bene.” Kara
cadde di nuovo a terra, incapace di sostenersi sulle proprie gambe.
“Grazie.” Kara soffrì più per quel
tono dismesso in Lena che per la kryptonite e i
colpi. Non era il suo corpo a sanguinare questa volta, ma il suo cuore.
“Alex, Maggie, tenete Lena sotto
sorveglianza, se tentasse di scappare o di fare qualche follia uccidete la
ragazza. Sei veloce, tesoro mio, ma un solo click su quel telecomando e questa
mezza cartuccia muore.” Lo disse con gli occhi fissi su Lena che annuì impercettibilmente.
“Molto bene, io mi occuperò dei vostri casini, ho un segugio di Marte da sistemare
e un El da sfidare, anche se dubito saranno
all’altezza…” Tornò a guardarla con un ghigno divertito e poi sparì.
Per un lungo momento le quattro donne
rimasero in silenzio. Kara cercava lo sguardo di Lena, ma la donna era persa
nei suoi pensieri.
“Ne è valsa la pena?” Spezzò il
silenzio, Maggie.
“Oh, sì.” Kara fu stupita dal tono
goduto di Alex e anche Lena, perché il suo sguardo si fissò sulle due donne.
“Cosa state pianificando?” Domandò,
secca, forse si era arresa a quella terribile versione di Kara, ma non sembrava
intenzionata a cedere anche alle due donne.
“Cosa stiamo pianificando?” Ritorse
Maggie, divertita, e Alex la raggiunse, baciandola.
“Divertente quello che hai fatto
all’idiota.” Le disse mordendosi il labbro.
“Non era programmato, lo so, ma avevo
troppa voglia di cancellare quel sorriso da deficiente che si porta sempre
dietro e quell’aria da coglione che spaccia per dolcezza.”
“Cosa avete fatto a Mon-El?” Chiese Lena, stringendo i pugni e facendo un passo
verso di loro. Alex alzò subito la mano, mostrando il piccolo telecomando che
controllava il collare.
“Attenzione, Luthor,
non ti piacerà vedere il collare di tuo fratello fare del male a questa tenera
e dolce versione di Linda.”
Kara sollevò il capo, non riusciva a
seguire granché della conversazione, ma la voce di Lena la risvegliava dal
dolore.
“Mi dispiace.” Mormorò e la donna la
guardò sorpresa.
“Tu non hai nessuna colpa!” Le
assicurò, ma lei scosse la testa, anche se così si procurò una fitta di dolore
ulteriore che risalì fino al centro dei suoi occhi.
“Io… mi sono lasciata prendere come
una stupida…”
“Sì, si può dire così, si è fatta
mettere il collare come un bravo animaletto scodinzolante e solo perché le ho
assicurato che così ti avrebbe trovata e salvata da un fantomatico e mai
specificato pericolo. Dio, è così ingenua che fa quasi pena.” Spiegò Alex.
Lena non distolse gli occhi da lei,
sul suo viso vi era un’espressione colpevole e triste.
“Mi dispiace, ma farò in modo che non
ti faccia del male.” Assicurò. Kara avrebbe voluto urlare, lo vedeva di nuovo
nei suoi occhi, quella resa, e comprese. Finalmente i pezzetti così ovvi
davanti a lei si collegarono. Quella era la Kara del mondo di Lena ed era
venuta a riprendersela. Perché non lo sapeva, ma quello che era chiaro è che
Lena aveva stretto un qualche tipo di accordo, probabilmente si era arresa in
cambio della sicurezza di Kara e forse dell’intero mondo.
“Non ci crederai per davvero?” Intervenne
Alex e Maggie ghignò.
“La ucciderà nell’istante stesso in
cui avrai passato il portale. Oh, non personalmente, ha promesso, ma lo farà
fare a noi.” Dichiarò Maggie, senza il minimo dubbio. “E poi…”
“Ha scoperto un modo per viaggiare
tra le dimensioni, credi davvero che si fermerà ad un solo mondo?” Concluse
Alex. Sembravano due strumenti in perfetta sintonia, come se avessero provato
il pezzo.
“Ma… noi avremmo qualcosa da
proporti.” Concluse Maggie.
“Non mi fido di voi.” Sbottò Lena.
“Non farò nessun accordo, non vi starò neppure ad ascoltare.”
“Oh, invece lo farai.” Alex mosse il
dito e Kara si ritrovò a gemere per il dolore.
“Smettila!” La voce di Lena funzionò
da ancora, mentre il dolore diminuiva e lei riusciva in qualche modo a rimanere
cosciente. “Va bene, vi ascolto.” Ringhiò la donna.
“Sei sempre stata la nostra spina nel
fianco, hai sempre evitato lo scontro aperto, malgrado tu non ti sia mai tirata
indietro dallo sporcarti le mani. Sei sempre stata troppo intelligente, ma c’è
una cosa alla quale non hai pensato.” Alex guardò Maggie che estrasse dalla
giacca un piccolo cilindro di piombo.
“A volte non è con la forza che si
vince, ma con la debolezza.” Maggie agitò la fialetta tra le dita e sorrise.
“Quella è…” Lena era impallidita.
“Sì, un altro regalino dal tuo
defunto fratello, un genio, se non si fosse fatto tanti scrupoli nel timore di
ferirti probabilmente avreste vinto, voi due assieme.” Alex fece l’occhiolino a
Lena che però sembrava incapace di distogliere lo sguardo dal contenuto della
mano di Maggie.
Kara non capiva, cosa avrebbe potuto
contenere di peggiore del collare che portava lei?
“Non riuscirò mai a farglielo
prendere, credete che non abbia tentato?” Domandò Lena e le due donne sorrisero.
“Oh, chi ha detto che deve prenderlo
lei?”
“Perché?” Lena, come sempre aveva
afferrato al volo la questione che a Kara ancora sfuggiva, ma il suo tono non
le piacque per niente.
“Lena, riuscirò a… non fare nulla
di…” Il dolore fu di nuovo intenso e le tolse il respiro oscurandole la vista.
“Fatti un favore: stai zitta.” Le
suggerì Maggie.
“Dicevamo.” Riprese Alex.
Kara si rilassò tra le braccia di
Lena che ora la stringeva. Il dolore non era diminuito di molto, ma era
confortante averla accanto.
“Lei dovrebbe morire, ma, io e Maggie
potremmo risparmiarla se tu farai questo piccolo sacrificio.”
“Cosa ne guadagnereste voi? Linda
sarà furiosa, probabilmente vi ucciderà.” Lena la strinse un po’ di più tra le
braccia, come se volesse alleviare la sua sofferenza, ma non sapesse come.
“Linda non lo saprà mai, io ti
consegnerò questa e tu la userai con lei presente, non potrà fare nulla e non
potrà immaginare che siamo state noi a dartela.” Spiegò Maggie.
“Senti, Luthor,
sai bene, quanto noi che Linda disprezza la debolezza. Il piano è semplice,
torniamo tutte nel nostro mondo, io e Maggie affermiamo che abbiamo ucciso la
sciocchina qua a terra e tu puoi prendere il composto. Linda non avrà più nessun
interesse per questo mondo e, se sei fortunata neppure per te e, forse, ti
lascerà morire in pace.”
“E voi, cosa ci guadagnate?” Domandò
allora Lena. Le due donne si guardarono, quella domanda poteva solo significare
che Lena stava cedendo.
“Tu sei il suo peggior nemico, che
lei lo ammetta o no. Non avrebbe mai promesso di lasciare questo mondo in pace se
tu non l’avessi già resa debole. E noi, non vogliamo che lei sia debole.”
Persino Kara, semi accecata dal
dolore comprese che non era tutta la verità.
“E?” Domandò infatti Lena.
“Nulla, questo è tutto.”
“Non farò nulla se non siete
assolutamente sincere con me.” Decretò lei e le due donne si guardarono di
nuovo.
“Ebbene…” Iniziò Maggie.
“Ci piacerebbe tanto spezzarle il
cuore.” Concluse Alex, un ampio sorriso, pieno di crudeltà sulle labbra. “Le
siamo fedeli perché è la più forte, ma questo non significa che non sia
piacevole immaginare quanto soffrirebbe se la sua… come ti ha definita? ‘Dolce
metà’ viene squalificata in un modo simile.”
Dopo un lungo istante Lena tese la
mano. Kara non era sicura se fosse solo una sua impressione, ma le pareva quasi
che la mano di Lena avesse tremato.
“Lo farò.” Assicurò e sul viso delle
donne apparve un sorriso soddisfatto. “Ma lei vivrà, voglio la vostra parola.”
“Affare fatto.” Acconsentì subito
Alex e Maggie annuì.
“Parola di scout.”
La fialetta passò di mano e Lena la
fece sparire nella sua giacca.
Alex entrò nella cabina di pilotaggio
e osservò la distesa di ghiaccio che stavano sorvolando.
“Dieci minuti all’atterraggio.”
Affermò l’uomo ai comandi del velivolo.
“Molto bene.” Rispose e poi tornò
nell’hangar. Maggie stava indossando un paracadute, mentre James verificava la
sua attrezzatura insieme ad una squadra completa del DEO.
“Dieci minuti.” Comunicò e poi andò a
infilarsi a sua volta un paracadute.
“Andrà tutto bene.” Le mormorò Maggie
stringendole per un istante il braccio e sorridendole. “La troveremo.”
Alex annuì. Clark stava lottando là
sotto, mentre J’onn era in un letto dell’infermeria,
incontrare da solo la Kara dell’altra dimensione era stato un disastro. Non
rimaneva che Superman a bloccare la sua via di fuga.
“Ci siete quasi.” La voce di Winn nell’auricolare precedette di
qualche istante quella del pilota che annunciava l’abbassamento della rampa. “Rilevo quattro kryptoniani
e due umani.” Aggiunse il giovane, seduto al suo computer alla base del
DEO.
“Ricevuto.” Rispose Alex, mentre si
incamminava verso la rampa, ormai completamente abbassata.
Il vento, ora, sibilava nelle loro
orecchie, protette dai caschi, raggelando l’aria, malgrado le tute termiche.
La luce divenne verde e gli agenti
del DEO iniziarono a lanciarsi, fino a quando non fu il turno di Alex. Respirò
a fondo, sfiorando la pistola assicurata al suo fianco, quasi sentendo il peso
di quel proiettile di kryptonite e poi si lanciò nel
gelido cielo sopra la Fortezza della Solitudine.
Chiuse le braccia, scendendo a folle velocità,
sapeva che era un tuffo pericoloso, ma il cielo non apparteneva a loro, non
quando vi era almeno una kryptoniana ostile che li
aspettava. Accanto a lei sfrecciò una figura in rosso e blu. Clark o l’Ostile?
Non lo sapeva e non poté rifletterci perché il paracadute si aprì e lei fu tirata
violentemente verso l’alto. Pochi metri e toccò il suolo, rotolò attutendo la
caduta e poi si tirò in piedi.
Si sfiorò il casco e attivò il visore
notturno, mentre con l’altra mano estraeva l’arma.
Le apparvero subito i dati di cui
necessitava, la squadra era tutta a terra e si stava muovendo verso il punto di
raccolta, la Fortezza era davanti a loro, al suo interno il loro obbiettivo
primario: sua sorella.
Iniziò a camminare, ignorando il
freddo e la paura, ignorando il cielo che si tingeva di violente strisce rosse
mentre i due kryptoniani si affrontavano in una
battaglia senza esclusione di colpi.
Una volta che la squadra fu raggruppata
camminarono in gruppo, rapidi e silenziosi, fino a quando non furono
all’interno, da qualche istante la lotta nel cielo si era fatta silenziosa, un
pessimo segno, perché Clark non si era fatto sentire il che poteva significare
solo una cosa: aveva perso.
Lena strinse la fialetta nel pugno infilato
nella tasca della giacca.
Non poteva fidarsi di Alex e Maggie,
lì dentro poteva esserci qualsiasi cosa, ma doveva rischiare, doveva perché se
avevano detto una cosa vera era che Linda avrebbe ucciso la dolce ragazza che
aveva conosciuto negli ultimi mesi, la ragazza che le aveva mostrato quello che
avrebbe potuto essere la sua vita se fosse nata in una dimensione differente,
la ragazza che con la sua dolcezza l’aveva spinta ad amare di nuovo.
Linda atterrò con fragore all’interno
della Fortezza, aveva il labbro spaccato e si teneva un braccio con sofferenza,
ma sul suo viso vi era un ghigno soddisfatto.
“Niente male per essere un uomo.”
Commentò. “Direi che ci siamo divertite abbastanza, è ora di tornare a casa.”
“Ferma!” Urlò una voce e Lena si
voltò osservando Alex, una pistola in pugno, che si faceva avanti, l’aria
determinata. “Non andrai da nessuna parte.” Dichiarò. “Non con mia sorella o
Lena.”
Vi fu un momento di silenzio, poi Linda
scoppiò a ridere, mentre Kara accasciata a terra, con la kryptonite
al collo, mugugnò ad Alex di andare via.
“Siete stati veloci…” Commentò, senza
alcuna paura la donna, mentre drizzava la schiena con una piccola smorfia di
dolore.
“Lena, prendi Kara e vieni verso di
me.” Ordinò Alex.
“Alex, non posso.” Mormorò lei,
mentre dalle colonne spuntava una seconda Alex che, invece di stringere una
pistola, teneva stretto il telecomando del collare.
“Una sola mossa e la tua sorellina
muore.”
Lena si guardò attorno, sentiva gli
agenti del DEO schierarsi attorno a loro. Ma nessuno di loro avrebbe potuto
salvare la situazione, nessuno di loro poteva essere rapido quanto Linda.
“Se premi quel pulsante la tua
padrona muore.” Le rispose la maggiore delle Danvers,
gli occhi fissi sulla sua preda.
Era come osservare uno strano
specchio, qualcosa di distorto eppure stranamente bilanciato.
“Stallo alla messicana.” Dissero in
coro le due Maggie, mentre si puntavano le pistole, gli occhi che si allacciavano.
Pezzi identici su di una scacchiera,
pezzi identici ma dai colori diversi.
Gli scacchi, certo… a volte bisognava
sacrificare la regina, per ottenere la vittoria.
Lena strinse la fiala nel pugno e
capì quello che doveva fare.
Note: Lena ha avuto un’interessante
chiacchierata con le due Evil Alex e Maggie, ma
soprattutto ha ottenuto una misteriosa fialetta… cosa conterrà? E, più
importante, cosa pensa di farne Lena? Che significa sacrificare la regina?
Una cosa è sicura, la
situazione è tesissima, un solo errore e Linda Danvers
potrebbe ucciderli tutti, anche se ferita. Siamo alla resa dei conti?
Lena guardò verso Kara, la ragazza
aveva uno sguardo appannato, la prolungata esposizione al collare di kryptonite la stava uccidendo. Doveva risolvere la
situazione. Lanciò uno sguardo verso Alex, l’Alex che teneva il telecomando, la
donna crudele e spietata con cui aveva stretto un accordo e la vide
impercettibilmente annuire.
“Cos’hai lì?” Domandò Linda, fredda e
crudele come mai avrebbe potuto essere la Kara di quella dimensione, gli occhi
fissi sulla donna che aveva portato lì il DEO. “Un proiettile di Kryptonite? Uno solo? Dovrai essere precisa e… veloce…”
Lena sapeva che stava giocando, lei adorava giocare con le sue vittime, come un
gatto con il topo.
Doveva permettere ad Alex di mettere
a frutto quell’unico colpo, doveva distrarre la ragazza: doveva sacrificare la
regina. Con deliberata lentezza estrasse la fialetta dalla tasca e l’alzò.
Tutti gli occhi si fissarono su di lei.
“Cos’è quella?” Domandò subito Linda
facendo un passo verso di lei. Lena guardò Alex, questa volta quella con la
pistola, e la ragazza capì al volo quello che le chiedeva.
“Un regalo di Lex.”
Affermò.
Agli occhi umani tutto si svolse
troppo rapidamente, un secondo prima Lena reggeva la fialetta immobile e Linda
era una salda minaccia davanti al portale, l’istante dopo Lena era a terra,
scossa dagli spasimi mentre la kryptoniana la
stringeva tra le braccia.
Alex colpì in anticipo, sparando il
colpo prima ancora che Linda si muovesse. Quando la donna strinse Lena tra le
braccia il proiettile giunse a segno.
Per Lena, invece, tutto fu più lento
e chiaro.
Sollevò il braccio e si portò il
liquido alle labbra. Mentre Linda si lanciava verso di lei, veloce come solo
una kryptoniana sotto il sole giallo poteva essere,
Alex sparava e Kara, a terra, tendeva la mano in un inutile tentativo di
fermarla.
Trangugiò e sentì il suo corpo
sussultare, poi iniziarono le convulsioni e lei sarebbe caduta a terra se Linda
non l’avesse afferrata, un istante prima che il proiettile la colpisse al
torace.
Lena non poté fare a meno di
chiedersi cosa diavolo avesse ingurgitato, perché quella non era la formula di Lex.
Alex e Maggie le avevano mentito, ma
non importava. Scivolò a terra, perché Linda ora non poteva più sorreggerla e
io suoi occhi si incrociarono con quelli lucidi di Kara.
Sorrise, poi la sua mente si chiuse.
Kara annaspò tentando di alzarsi, poi
rinunciò e invece strisciò verso Lena. Un violento innalzamento del dolore la
fece gemere, bloccandola sul posto.
“Molto bene, ora che ho la tua
attenzione, Alex.” Disse la donna che era sua sorella, ma in una versione da
incubo. “Hai steso la mia Kara, io posso uccidere la tua. Facciamo così: io me
ne vado con lei e Maggie e tu ti tieni la tua Kara e Lena o almeno quello che
rimane di lei. Non sono sicura che si sveglierà mai, credo di aver… pasticciato
con la formula di suo fratello.”
Lei digrignò i denti, ma non poté
fare nulla, invece sentì la voce di sua sorella acconsentire.
Pochi minuti e il portale si aprì, vi
fu un lampo e poi attorno a lei vi furono solo più gli agenti del DEO.
“Lena…” Disse cercando con lo sguardo
il corpo della donna. James stava effettuando un vigoroso massaggio cardiaco e
i suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Andrà tutto bene.” Le mormorò Alex,
sganciandole con delicatezza quel maledetto collare.
Il sollievo fu immenso, riuscì ad
alzarsi, prima sulle ginocchia e poi, barcollando, a dirigersi verso Lena.
“Cos’ha preso?” Le domandò Alex.
Mentre James non smetteva di spingere sul suo petto, la fronte imperlata di
sudore, malgrado il freddo della Fortezza.
“Io… non lo so… qualcosa, qualcosa
creato da suo fratello e datole da Alex e Maggie. Non… voi, le altre.”
Sua sorella le annuì, ma i suoi occhi
erano preoccupati e la fissavano attenti.
Kara prese la mano di Lena e la
strinse.
“Svegliati!” Ordinò, la voce roca.
“Non ti permetterò di morire per me.” Sentiva la forza lentamente tornare, ci
avrebbe messo del tempo a sentirsi bene davvero, ma strinse i pugni, poi guardò
James.
“Spostati.”
“Non sei ancora abbastanza in forze
per…” Intervenne Alex.
“Spostati!” Disse con più decisione
Kara e il giovane obbedì, poi la kryptoniana abbatté
un pugno sul petto di Lena. “Svegliati!” Urlò.
Nulla, con rabbia, gli occhi che
bruciavano di lacrime, abbatté un altro pugno sul torace della giovane.
“Ho detto svegliati!” Impose e poi si
accasciò a terra quando un leggero battito sfiorò le sue orecchie, leggero, ma
regolare.
Alex posò le dita sul collo della kryptoniana e annuì.
“Abbiamo un battito.” Annunciò.
Kara si fece aiutare da Alex che la
aiutò a stendersi sul blocco di ghiaccio lasciando che il sole le restituisse
la sua forza, accanto a lei fu sistemata Lena e poi, una mezzora dopo, anche Kal, trovato nella distesa di ghiaccio, in condizioni
critiche, ma ancora vivo. Chiuse gli occhi e si lasciò andare.
***
Le sembrava che il tempo si fosse
riavvolto. Certo, ora non era davanti alla parete di una cella, ma osservava lo
stesso il corpo di Lena, giacere immobile, privo di coscienza, aspettando che
si svegliasse.
Aveva bisogno di sapere che stava
bene, aveva bisogno di vedere i suoi occhi chiari aprirsi e di sentire ancora
la sua voce. Aveva bisogno di capire, capire quello che aveva fatto e perché,
di capire cosa le aveva nascosto, perché niente di quella storia aveva senso,
non le importava quello che Mon-El aveva giurato di
aver visto, abbracciandola con sollievo quando aveva scoperto che non era lei
la Kara con Lena sul balcone della Luthor Corporation,
voleva solo che si svegliasse, ma il sole non sembrava avere nessun effetto
benefico su di lei.
Alex le fece un cenno da fuori della
stanza e lei si alzò per poi uscire e guardare la donna, speranzosa, ma il viso
di Alex era teso e preoccupato.
“Abbiamo eseguito ulteriori analisi
sulla fiala e sul sangue di Lena.”
“E?” Domandò, sempre più spaventata.
“Non riuscivamo a comprendere quello
che era perché emette radiazioni che non abbiamo mai visto prima… ma, grazie a
Clark e al computer della Fortezza siamo giunti ad una risposta.”
“Avanti Alex, dimmi cos’ha che non
va!” Sua sorella sospirò e poi annuì.
“La maggior parte del liquido era
composto da kryptonite blu.”
“Kryptonite
blu?” Domandò lei perplessa, conosceva la rossa e ovviamente la verde, persino
quella argento portata dai daxamiti, ma cosa faceva
la blu?
“Sì, non siamo sicuri di quello che
fa, ma sembrerebbe aver neutralizzato i poteri di Lena rendendola… umana.” Kara
sbatté gli occhi poi scosse la testa.
“Questo non spiega perché non si
sveglia.”
“Perché ho detto: la maggior parte.
Il resto del composto era kryptonite verde, immagino
si tratti dell’aggiunta fatta dalla mia doppelgänger.
Il suo organismo è sotto attacco radioattivo mentre è incapace di difendersi a
causa della kryptonite verde… è come affrontare un
virus senza difese immunitarie.”
“Cosa… cosa posso fare?” Domandò,
spaventata per quello che Alex stava implicitamente dicendo.
“Nulla, ma noi abbiamo iniziato
subito un classico trattamento contro l’avvelenamento da radiazioni,
trattandola da umana, cosa che, fino ad ora non abbiamo fatto.”
“Quindi starà bene?” Alex sospirò.
“Non lo so, non ne sappiamo
abbastanza per azzardare previsioni, ma faremo tutto il possibile perché si
risvegli.” Le assicurò, posandole una mano sulla spalla, cercando di infonderle
il coraggio che vedeva mancare nei suoi occhi. “Stalle vicino, sono sicura che
la tua presenza l’aiuterà.”
“Non lo so… lei odia la Kara del suo
mondo e credo che mi sopporti appena…”
“Non essere ridicola.” La tagliò di
netto Alex. “Lei…” Si interruppe e scosse la testa. “Stai con lei.”
Kara annuì e poi tornò nella stanza
osservando i medici e le infermiere che si affaccendavano attorno alla donna,
togliendo le inutili lampade solari e inserendo flebo di soluzioni nella suo
organismo. Con un po’ di timore le prese la mano e poi la strinse.
“Svegliati… per favore…” Chiese piano
e poi rimase in silenzio, osservando il lento alzarsi a abbassarsi del suo
petto e ascoltando il leggero battito del suo cuore.
***
Quando aprì gli occhi dovette
sbatterli più volte prima di dare un senso alla massa sospesa in aria: un corpo
avvolto in un mantello rosso, i capelli biondi che ricadevano verso il basso
vinti dalla gravità. Il suo cuore prese a battere veloce, si sentiva debole,
tremendamente debole e sentiva tutto attutito, non riusciva a comprendere chi
vi fosse attorno a lei, quante persone e quali persone.
La ragazza ricadde a terra gli occhi
sgranati.
“Lena! Sei sveglia!” Disse facendo un
passo verso di lei, ma fermandosi di netto nel vedere, probabilmente, la paura
nel suo sguardo.
“Sono io… Kara… ehm… quella gentile?”
L’espressione della giovane era tirata, stanca, ma evidentemente sincera. La
osservò per un lungo istante, poi si rilassò, almeno in parte.
“Sei tu…” Mormorò.
“Sì, sono io. Solo io.” Aggiunse e
Lena sollevò lo sguardo nel sentire il suo tono di rammarico. Sulle labbra
della ragazza comparve subito un sorriso e lei non fu più sicura di quello che
aveva visto o sentito. Era lenta, tanto lenta, di solito coglieva ogni
sfumatura di un viso e ogni emozione, aiutata non solo dalla super-velocità, ma
anche dal super-udito, invece adesso non sentiva il cuore della donna.
“Cosa mi è successo?” Domandò e nel
chiederlo ricordò.
“Hai preso quella fialetta e l’hai
bevuta.” Le ricordò la donna, ma lei ormai sapeva.
“Ho sacrificato la regina…” Mormorò e
Kara la fissò preoccupata.
“Come ti senti? Vuoi che chiami Alex
o i medici?”
“Sono… sorda, cieca, ovattata, come
se nulla avesse più intensità e tutto fosse spento.” Disse, mentre una lacrima
scendeva lungo il suo viso.
“Mi… mi dispiace.” Kara abbassò il
volto, si sentiva colpevole, sapeva cosa la donna provasse, ma se lei, quando
aveva perso i suoi poteri, aveva avuto la speranza di riaverli, Lena… Lena li
aveva persi per sempre.
“Ho scelto da sola.” Affermò allora
la donna, alzando lo sguardo verso il soffitto. “Cos’è successo dopo che ho…”
“Alex… la cattiva, ha usato me e il
telecomando contro la possibilità di andarsene con la sua Kara. Sono sparite
nel portale che Winn ora ha bloccato, da lì non
potranno più passare.” Spiegò la giovane e lei annuì.
“Era ferita, non è vero?” Domandò
ancora e Kara abbassò il capo.
“Sì, era svenuta. Alex, la mia Alex,
le ha sparato un proiettile nel torace.”
Kara le spiegò come fosse stata avvelenata
anche dalla kryptonite verde e Lena comprese il
perché il composto di suo fratello le avesse fatto così tanto male quando lui
si era assicurato che non creasse danni collaterali, se non l’annullamento dei
poteri.
Dopo rimasero in silenzio fino a quando
Kara non sospirò.
“Chiedimelo.” Le disse allora lei,
riabbassando lo sguardo sulla ragazza.
“Mon-El mi
ha detto che… e poi lei ti ha definito la sua...”
“Sì.” La fermò lei, era troppo
difficile da sentire, non voleva, non dalle sue labbra.
“Sì?” Domandò la giovane, confusa.
“Non è qualcosa che amo raccontare,
non è qualcosa a cui voglio ripensare, ma ormai credo sia giusto che tu sappia
la verità.” Ammise e fu difficile vedere gli occhi della giovane sfuggire i
suoi, ma aveva incominciato e doveva finire. “Superman era un flagello per il
mio mondo, ma non faceva mai cose davvero orrende… si divertiva, faceva lo
spaccone, terrorizzava le persone, certo, ma riuscivamo a contenerlo, a
limitare le sue azioni. Poi iniziò ad agire diversamente, in maniera più
astuta, più precisa, più dannosa, anche se sottile. Non ci volle molto prima di
capire che ora c’era una mente ben più pericolosa a guidarlo.” Sospirò,
ricordando quei giorni. “Grazie a questa nuova guida Superman riuscì ad
uccidere Lex. Ero… disperata, avevo perso mio
fratello.” Alzò gli occhi e incrociò quelli azzurri e lucidi di Kara, poteva
capire il suo dolore, lei aveva Alex. “Ma continuai a respirare e a battermi,
anche per lui, con tecniche sempre più complesse e giochi sempre più
sofisticati, riuscii a contrastare Superman e a credere di poterlo fermare per
sempre. Poi arrivò lei.” Malgrado non
possedesse più i suoi poteri sentì Kara trattenere il respiro. “Ero il CEO
della Luthor Corporation e il mio dipartimento delle
risorse umane mi assegnò una nuova segretaria. Bionda, occhi azzurri… mi colpì
subito con quel sorriso accattivate, si presentò come Linda Danvers
e io… io ci cascai. Ero così concentrata sul mio doppio lavoro che lei fu una
ventata di aria fresca. Decisa, risoluta, forte, sapeva quello che voleva e non
esitò a farmelo capire.” Kara ora era rossa in volto e fissava il pavimento
come se fosse la cosa più interessante del mondo. “Mi innamorai di lei e, nel
suo modo malato, lei si innamorò di me, cadendo nella sua stessa rete. Ma compì
un errore, mia madre non era accecata dall’amore e capì che qualcosa non
andava, indagò e scoprì la verità sulla sua identità.”
“Per questo fu…” Tentò Kara, ma non
riuscì a finire la frase e lei annuì.
“Sì. Fu uccisa davanti ai miei occhi.
Linda mi disse che nessuno poteva dividerci, che eravamo destinate a stare
assieme e a dominare sugli umani. Le sfuggii.” Sospirò e scosse la testa. “Il
resto lo sai: decisi di cambiare il corso degli eventi cercando di volare
abbastanza veloce da spezzare il muro dello spazio-tempo, ma fallii.”
“E arrivasti qua.” Kara cercò il suo
sguardo. “Io… sono felice che tu sia qui. So che non sarò mai… ma… sei
importante per me e…” Lena lesse parole inespresse in quegli occhi, lesse
sentimenti confusi che però stavano prendendo forma sempre più decisa, come se
Kara stesse decidendo di dirle qualcosa di importante. Qualcosa che, però, non
poteva accadere, meno che mai dopo quello che era successo.
“Ora sai la verità.” La interruppe,
ma sapeva che doveva dirle di più, doveva chiudere quella faccenda, doveva
spezzare qualsiasi cosa si stesse formando tra di loro. “Ora sai perché mi era
così difficile starti accanto, mi ricordavi troppo lei eppure eri così diversa:
timida dove lei era sfacciata, timorosa dove lei era decisa, impulsiva dove lei
era pianificatrice, ingenua dove lei era astuta, dolce dove lei era
passionale.” Vide le parole colpire la giovane, le aveva poste in un modo in
cui era evidente cosa lei preferisse. “Si è rivelata un mostro, certo, ma io
l’ho amata e il te rivedevo lei, la piccola parte che mi ha mostrato quando si
nascondeva sotto il nome di Danvers. Eppure, ancora
una volta, tu non sei lei.”
“Capisco.” Kara aveva abbassato il
volto, il suo viso era pallido ora.
“Essere venuta qui è stato un errore.
Un errore a cui credevo di poter rimediare, ma ora che sono privata dei miei
poteri, so che non potrò mai. Voglio che tu capisca bene questa cosa.” La
ragazza si alzò, sorpresa.
“Il tuo piano era ancora quello di
tornare indietro nel tempo?” Domandò, stupita.
“Non ho mai affermato il contrario.”
“Ma… noi…” Kara scosse la testa.
“Cancelleresti anche i miei ricordi di te, ogni cosa che abbiamo condiviso e
quello che… provo…”
“Non ha davvero importanza.” Le
rispose, secca, e vide la ragazza sussultare. Kara la guardò per un lungo
istante e poi annuì.
“Ho capito.” Affermò. “Credo che… ti
lascerò riposare.” Aggiunse prima di uscire e andarsene.
Note: Lena è riuscita a
sfruttare l’unico punto debole di Linda Danvers, se
stessa, ma per farlo ha sacrificato i suoi poteri ed è quasi morta. Per poi
svegliarsi accanto a Kara, una Kara pronta a dirle cose importanti che lei non ha
potuto e voluto sentire…
Abbiamo scoperto com’è nato l’amore
tra Evil Kara e Lena, un inganno, una finzione della
quale anche la truffatrice è caduta vittima, un amore che ha causato la morte
di Lillian.
“Sei stata crudele.” Alex stava
controllando una delle sacche di soluzione che ancora stava assumendo.
“Lo so, era necessario.”
“Perché? Ora non…”
“Non c’è alcuno futuro per me e lei.
Nessuno. Credevo che fossimo d’accordo su questo punto.”
“Certo, prima, quando le nascondevi
cose, quando sapevamo che saresti dovuta presto partire per una missione
probabilmente suicida.” Alex sbuffò, esasperata, guardandola.
“Cos’è cambiato?” Domandò Lena.
“Non avrai mai più i tuoi poteri,
questo è quello che dicono le analisi.” Alex fu schietta, dura, ma i suoi occhi
non lasciarono quelli della ragazza.
“Ti ha forse fermato, una sola volta,
nella tua vita?” La domanda a bruciapelo fece cambiare drasticamente faccia ad
Alex. La donna abbassò lo sguardo e poi scosse la testa.
“No.” Ammise.
“Lo immaginavo, così come non ha
fermato mio fratello o mia madre.”
“Per questo sei stata così crudele…”
Comprese infine Alex. “Lo sai che non ti avrebbe lasciato partire senza i
poteri, avrebbe voluto proteggerti, a meno che…”
“A meno che io non avessi spezzato
ogni suo sentimento verso di me.”
Rimasero in silenzio. Alex verificò
la sua cartella e sistemò alcuni nuovi dati, poi sospirò.
“Lo sai che non basterà?”
“Basterà. Le analisi stanno
migliorando, quel composto mi sarebbe stato fatale se l’avessi inoculato in
vena, ma avendolo preso per via orale, sono ancora qui. Presto starò di nuovo
bene e allora, nessuno potrà impedirmi di andarmene a casa e continuare la mia
lotta. Perché quello è il mio posto.”
“E poco importa se lascerai qui il
tuo cuore?” La domanda secca di Alex le fece stringere la mascella.
“Il mio cuore…” Scosse la testa. “Mi
ha solo e sempre tradito.”
“Parlerò con Kara, cercherò di
convincerla a lasciarti andare, quando sarai pronta.”
“Grazie.”
“Non mi ringraziare.” Rispose secca
Alex. “Ho detto: quando sarai pronta. Dovrai avere un piano, un piano d’acciaio
per battere i tuoi Super e allora, solo allora ti lascerò andare.”
“Alex, non puoi…”
“Sì che posso.” Rispose dura lei.
“Perché sei mia amica e non ti permetterò di sacrificarti, non questa volta.
Hai a disposizione le risorse e il personale di tutto il DEO e hai la tua
brillante seppur stupida mente. Trova un piano a prova di Super e io ti
permetterò di usare il dispositivo di Cisco.”
Alex si voltò, senza aspettare che
lei obbiettasse e se ne andò.
***
“Perché è così potente? Più potente
di te, di Kara, di Superman?” Chiese Winn.
Erano entrambi al lavoro da ormai tre
mesi e nessuno dei due riusciva a venire a capo del problema, qualsiasi piano
aveva delle falle evidenti e Alex era una maga nel scovarle e rispedire i
progetti al mittente.
“Perché non si è mai trattenuta, in
nulla. Io, Kara e suo cugino, ci siamo sempre trattenuti consciamente e
inconsciamente, nel timore di ferire le persone accanto a noi. Cosa
succederebbe se dormendo tirassimo un pugno al nostro compagno? Lo uccideremmo.
Cosa succederebbe se durante una discussione con un collega di lavoro i nostri
occhi brillassero di potere? Lo uccideremmo in un battito di ciglia e via
discorrendo. Lei non ha mai avuto simili timori, perché non le è mai
interessato davvero proteggere quelli che le stanno accanto. Possiede il
controllo dei suoi poteri, certo, ma li usa al pieno della sua forza perché
così li ha sempre usati.” Il giovane annuì.
Kara, che osservava e ascoltava notò
lo sguardo del ragazzo cadere su di lei.
“Ehi, Kara, vieni a vedere.” La
chiamò, ma lei scosse la testa.
“Scusa, ehm… un’altra volta, sono
impegnata a…” Mentre parlava Lena si era voltata a guardarla. Il suo gomito
urtò la tazza di Winn, e lei si piegò per afferrarla,
una smorfia di dolore sul volto, rovesciandosi sulla mano il liquido bollente.
Kara sgranò gli occhi e si mosse rapida, a super-velocità afferrò la tazza e
prese la mano della donna tra le dita per poi soffiarci sopra con il suo soffio
raggelante.
Il suo corpo rallentò e lei osservò
il piccolissimo strato di ghiaccio di caffè congelato, la pelle di Lena era
intatta, e non c’era neanche una minima chiazza rossa. Kara passò le dita sul
suo palmo eliminando il ghiaccio.
“Winn,
dovresti smetterla di mettere le tue bevande calde in posti dove potrebbero
rovesciarsi e…” Lena quasi strappò la mano dalla sua presa.
“Va bene, avrei dovuto fare più
attenzione. Grazie.” Concluse e i suoi occhi non la guardavano.
“Cosa non va?” Domandò però lei,
senza lasciarsi mettere da parte.
“Non c’è nulla che non va…” Trasalì
di dolore quando Kara appoggiò la mano sul suo fianco.
“Chiamo Alex, devi essere visitata da
un medico, subito!” Si agitò lei, tirando indietro la mano, sorpresa, non
immaginava che fosse così sofferente, aveva mostrato dolore solo nel movimento
improvviso e brusco, ma era chiaro che soffriva e lo nascondeva molto bene.
“Non ho bisogno di nessun medico, è
solo un livido.”
“Un livido?”
“Sì, ho sbattuto. Sono goffa, senza
poteri, e sono fragile.” Disse quelle parole guardandola negli occhi, decisa.
“Come qualsiasi altro umano. Me la caverò, devo solo abituarmi.”
“A me non sembri affatto goffa.”
Intervenne Winn. “Sei sempre la donna più elegante
che io abbia mai visto.” Le sorrise gentile.
“Ti ringrazio, Winn,
ora torniamo al quell’idea sulla Zona Fantasma.”
Kara se ne andò, un senso di profonda
impotenza e un sordo dolore che lei stessa non riusciva a comprendere.
“Ciao, Kara!” Mon-El
arrivò da una stanza laterale un sorriso felice sulle labbra. “Vieni a vedere
il mio costume: è magnifico!”
“Non sono sicura di avere tempo
adesso…” Mormorò, lanciando uno sguardo verso Winn e
Lena, di nuovo impegnati in una fitta conversazione. Lena, però, teneva la mano
stretta nel secondo pugno, come se… forse il caffè non l’aveva bruciata, ma il
suo tocco sì.
“Oh, sì che hai tempo!” Affermò Mon-El prendendole la mano e tirandola lontana.
“Va bene.” Accettò, ma non poté
trattenersi dal guardare di nuovo Lena e di vedere i suoi occhi brillare verso di
lei o forse solo verso lo schermo posto alle sue spalle…
“Lei cosa?” Domandò sconvolta Kara.
Alex si strinse nelle spalle.
“Non puoi biasimarla.”
“Certo che posso!” Kara si alzò dal
divano di casa sua iniziando ad andare avanti e indietro nella stanza. “Le
hanno sparato addosso?!” Ripeté le parole di Alex come se non potesse crederci.
“Indossava il suo costume, quindi… lo
sai che il tessuto kryptoniano è molto meglio di un
giubbotto antiproiettile.” La kryptoniana guardò la
sorella come se fosse pazza.
“Le hanno sparato addosso! Ha due
costole rotte e finge che non sia nulla!”
“Non finge che non sia nulla, è
venuta da me, le ho fatto una radiografia e le ho fasciato il busto, presto
starà bene.”
“Sì, perché è successo un mese fa e
nessuno me lo ha detto.” Kara fissò la sorella con rabbia. “Nessuno mi ha detto
che se ne va in giro a catturare criminali e a mettersi nei guai.”
“Mi ha chiesto di non dirtelo.”
Spiegò Alex, senza scomporsi. “È un suo diritto, è quello che fa, quello che suo padre
le ha chiesto di fare, quello per cui ha lavorato tutta la vita.”
“Non è una scusa, James…”
“James lo fa perché vuole essere
degno di te. Perché ha bisogno di mostrare che anche lui può essere un eroe, il
Guardiano gli permette di convivere con il suo ego. Lena lo fa perché è parte
di lei, esattamente come lo è per te. Difendere gli innocenti, servire la
giustizia è parte di voi.” Kara scosse la testa, ma non riuscì ad obbiettare.
“E poi la aiuta a dormire.”
“Cosa vorresti dire?”
“Non dovrei parlarne con te…” Mormorò
Alex, ma poi sospirò e si spiegò. “Non dorme bene, troppo… silenzio. Le ho dato
delle pillole, ma non vuole prenderle. L’unica cosa che la fa dormire è
spremere dal suo corpo ogni energia e poi crollare nel letto esausta e dormire
fino a quando la sveglia non suona e lei può vestirsi e andare al DEO per
lavorare a qualche altro progetto con Winn,
nascondendo i lividi sotto al trucco e il dolore sotto ad un sorriso.”
“Io… io non lo sapevo.” Ammise Kara e
poi si lasciò di nuovo cadere sul divano.
Le sorelle rimasero in silenzio, a
lungo, poi Kara alzò il viso guardando Alex.
“Credi che dovrei aiutarla con il suo
piano originale? Andare indietro nel tempo e cambiare le cose?”
Alex corrugò la fronte.
“E come pensi di poterla aiutare?”
“Non lo so, ma potrei chiedere a
Barry. Lui mi ha detto che non può più farlo, ma questo non significa che non
potrei chiedergli delle cose e, lui è un amico, mi aiuterebbe a capire.”
“No. Non credo che viaggiare nel
tempo sia la soluzione giusta.” Rispose Alex, dopo averci pensato per un lungo
istante.
“Non voglio che Lena pensi di essere
imprigionata qui, non voglio che soffra ancora per colpa mia, che stia lontano
da casa solo perché a causa di un mio errore ha dovuto rinunciare ai suoi
poteri.”
“Oh, Kara…” Alex le prese le mani e le
strinse.
“Vorrei che pensasse a questo mondo
come casa sua, ma…”
“Non può, lo sai, non prima di aver
compiuto il suo dovere nella sua dimensione.”
Kara annuì piano. Detestava quella
verità, ma non poteva negarla, lei non avrebbe potuto fare diversamente era
anche per questo che lei l’amav… Si interruppe,
scuotendo la testa, bloccando quel pensiero, impedendo alla sua stessa mente di
formularlo. Aveva creduto, per un momento aveva creduto che… ma si era
sbagliata.
“Ehi Kara!” Mon-El spuntò dalla porta della
stanza. La ragazza si alzò e lo raggiunse fuori. Non voleva che la sua voce
disturbasse Lena, anche se nel suo stato dubitava che qualcosa potesse davvero
disturbarla.
“Cosa succede?” Chiese e lui fece una faccia colpevole.
“Ecco… non ti arrabbiare, ma ho finito i tuoi biscotti.” Kara sbatté le
palpebre riconoscendo solo in quel momento la scatola che il giovane teneva tra
le mani sulla quale vi era scritto: Kara; in caratteri kryptoniani.
Vedere la scrittura decisa e precisa di Lena le fece salire le lacrime agli
occhi.
“Oh… ehi… mi dispiace, te ne comprerò degli altri…” Provò il daxamite.
“Non importa.” Disse solo lei, allontanandosi da lui. Entrò nella piccola
palestra e strinse i pugni, fino a quando non riuscì più a trattenersi e, le
lacrime agli occhi, iniziò a colpire e colpire e colpire ancora, sbriciolando
il blocco di cemento, polverizzandolo.
“Non ti chiederò se va tutto bene, perché è chiaro che non è così…” La
voce di Maggie la fece fermare, aveva il fiato corto, qualcosa a cui non era
abituata. “Stavo cercando tua sorella.” Spiegò lei, ma non sembrò avere nessuna
intenzione di andarsene.
“Era in sala operativa.” Disse, senza voltarsi.
“Ehm… da quant’è che sei qui?” Chiese allora la detective, scendendo le
scale fino a lei.
“Un’oretta… credo…” Infilò la mano in tasca ed estrasse l’orologio erano
tre ore che prendeva a pugni il cemento. “Oh…” Disse soltanto.
“Kara, riuscirà a riprendersi, vedrai.” Le mormorò la donna con dolcezza
e Kara sentì gli occhi riempirsi di nuovo di lacrime. Si voltò disperata.
“E se non fosse così? E se non si svegliasse mai più?” Maggie aprì le
braccia e la attirò in un abbraccio lasciandola piangere. Quando i singhiozzi
smisero di sconquassarle il petto la giovane la scostò un poco da sé e le
sorrise.
“Quando si sveglierà dovrai dirle quello che provi per lei.” Decretò e
Kara si morse il labbro.
“Le voglio bene…” Mormorò, ma Maggie le sollevò il mento.
“Davvero?” Chiese e poi le sorrise, dolce e triste al contempo.
Kara abbassò il capo, mentre ripensava a Lena che cadeva sul pavimento
della Fortezza della Solitudine e ai suoi occhi che cercavano i suoi, mentre le
sue labbra sorridevano come se… come se lei fosse tutto.
E il suo cuore non si era forse fermato quando quello di Lena non batteva
più?
Era stata una sciocca e, non appena Lena si fosse svegliata, le avrebbe
detto quello che provava.
Maggie aveva ragione.
Ma si era sbagliata.
Alex la fissava intensamente,
cercando, probabilmente, di capire cosa passasse nella sua testa.
“Hai ragione.” Ammise. “Ha il diritto
di fare ciò che crede giusto… anche se io vorrei che non lo facesse.”
“È stata addestrata a lottare e ha il
suo costume, non si farà troppo male… è una Luthor
dopo tutto.” Alex le fece l’occhiolino e le strappò un sorriso.
“Vorrei che me lo avesse detto.”
Sussurrò però e il sorriso sfuggì dalle sue labbra. “Vorrei che mi parlasse di
nuovo. So che non può essere…” Scosse la testa, non aveva detto ad Alex quello
che provava, ma Alex era sua sorella e sapeva, certo che sapeva. “Vorrei che
fossimo amiche che le cose tornassero ad essere com’erano prima che lei arrivasse.”
Alex annuì poi schioccò le dita.
“Sai cosa? Faremo una bella serata al
bar e vedremo di rimettere assieme i pezzi, cosa ne dici?”
“Non so se Lena vorrà…”
“Ci penso io a quello.” Alex sorrise
e poi indicò le pizze dimenticate sul tavolo. “Ora, cosa ne dici se mangiamo?”
Note: La vita è ricominciata,
ma le cose non sono come prima. Lena priva di poteri passa il suo tempo a
combattere il piccolo crimine, perché è l’unica cosa che può fare ora e perché
altrimenti non riesce a dormire, e poi lavora con Winn
a un piano per distruggere gli El.
Alex la sta trattenendo
perché, anche lei, non vuole perdere un’amica, ma Kara? Kara è stata messa da
parte e ha dovuto nascondere nel proprio cuore i sentimenti che era pronta ad
esprimere.
Potrà una serata al bar
cambiare questa situazione? Lena si lascerà convincere a raggiungere il gruppo
di amici quando sa che così incontrerà Kara al di fuori del DEO? Non sembra
probabile, ma, ancora una volta, dobbiamo affidarci ad Alex, se ha detto che ci
pensava lei allora, ci penserà lei. ;-)
Dal bar provenivano i soliti rumori,
chiacchiere, risate, brindisi. Lena esitò. Non sapeva neppure perché era
venuta. Alex aveva insistito, certo, ma sapeva che non era una buona idea. Fu
sul punto di girarsi quando una mano si posò sulla sua spalla.
“Ciao, Lena.” Sobbalzò, era così
fastidioso! Non era abituata ad essere sorpresa, a non sentire le persone
avvicinarsi. “Scusa, non volevo spaventarti.”
“Buonasera, James.” Rispose lei,
evitando di negare l’evidenza, ma incapace di ammettere quella debolezza.
“Entriamo?” Le domandò il ragazzo e
Lena si trovò obbligata a seguirlo, altrimenti avrebbe fatto la figura della
stupida e lei, era pur sempre una Luthor, non poteva
avere paura di…
Si rilassò quando vide il sorriso
accogliente di Alex e Winn che agitò la mano verso.
Maggie, invece era voltata e stava già ordinando delle birre in più. Si
sedette, sorridendo, anche quando la fitta al fianco le tolse il respiro.
Winn la coinvolse subito in una
discussione leggera e così le due donne, mentre James seguiva la conversazione
intervenendo come arbitro della contesa presto creatasi. Dopo tutto non era
stata un’idea così malvagia venire al bar e, per una notte, rilassarsi in un
modo diverso che semplicemente dando pugni a degli sciocchi criminali che si
aggiravano per le strade buie di National City.
“Ehi, siete qua!” Mon-El,
appena entrato nel locale, si fece avanti con un ampio sorriso sulle labbra. “Non
ci credo che passiate qua il mio unico giorno libero!” Esclamò. Lena sentì la
tensione salire, tutto il benessere che aveva provato scomparì quando si voltò
e incontrò lo sguardo altrettanto teso di Kara.
“Kara! Credevo che saresti stata
impegnata oggi!” Affermò Alex, ma anche senza i suoi superpoteri, Lena capì che
le due sorelle le avevano teso un agguato, si alzò pronta ad andarsene, ma
Maggie le appoggiò una mano sul braccio.
“Non hai neppure finito la tua
birra.” Affermò, con un sorriso.
“Non vorrai darmela vinta così facilmente?”
Intervenne Winn e James annuì. Lena capì che tutti a
quel tavolo avevano previsto l’arrivo di Kara e la sua reazione.
“Il prossimo giro offro io!” Affermò
il daxamite e poi lanciò un piccolo sorriso a Lena.
La donna sbatté gli occhi sorpresa,
ma si sedette di nuovo sulla sua sedia e annuì.
“Ciao…” Mormorò Kara sedendosi al
tavolo, mentre Mon-El si avvicinava al bancone. “Come
stai?” Chiese poi a lei dopo alcuni minuti, mentre Winn
e Maggie si erano persi in una discussione e Alex rideva.
Era timida, titubante, incerta,
poteva vederlo nel modo in cui sfuggiva i suoi occhi, nel modo in cui sorrideva
e nel modo in cui si sistemava gli occhiali.
“Bene.” Replicò.
“Ok…” Le rispose la giovane, poi aprì
la bocca per dire altro, ma Mon-El posò una serie di
bicchierini sul tavolo e una bottiglia di rhum.
“Ragazzi, oggi ci si diverte!”
Esclamò, entusiasta.
“Non credo sia una buona idea, a
differenza tua, noi non reggiamo molto bene l’alcool.” Affermò Alex, ma Maggie
stava già riempiendo i bicchieri e propose un brindisi.
“Ad Alex, sexy anche quando è una spietata
stronza!” Dichiarò, facendo ridere tutti. Lena non poté fare a meno di
sorridere e poi vuotò il bicchiere che le era stato offerto. Al secondo
brindisi sentì la sua tensione sciogliersi e al terzo rideva con Winn e James.
“Ehm… forse non dovresti…” Provò
Kara, quando lei si versò un quarto bicchiere.
“Oh, tesoro, io reggo magnificamente
l’alcool!” Assicurò e ridacchiò quando vide Kara arrossire.
Al quinto la stanza girava in maniera
molto buffa.
Kara si morse il labbro, Lena era
evidentemente ubriaca e lei non aveva idea di cosa fare.
“Ora la porto a casa, non ti
preoccupare.” Affermò Alex, seguendo il suo sguardo. Lena stava giocando a
biliardo e, per qualche strana ragione, anche da ubriaca fradicia e senza
poteri riusciva a mettere tutte le palle in buca. Maggie aveva un’aria
piuttosto afflitta.
“Non era così che avevo immaginato la
serata.” Ammise e Alex si strinse nelle spalle.
“Poteva andare peggio…” La consolò.
“Poteva…”
Non finì la frase perché entrambe
sentirono Mon-El fare una battuta stupida su Kara e
videro Lena sferrargli un pugno sul naso. Entrambe si lanciarono in avanti,
mentre il daxamite, che, nella sorpresa era caduto
dallo sgabello, si tirava in piedi con lo sguardo pieno di animosità. Lena lo
afferrò per il bavaro.
“Non parlare di lei in quel modo, lei
non è tua!” Sbottò la donna.
“Ehi, ehi, ehi, va tutto bene.”
Maggie si lanciò tra loro due, mentre James allontanava Lena.
“Non va bene per niente! Mi ha dato
un pugno!” Esclamò Mon-El, stringendosi il naso.
“Smettila, non ha potuto farti male.”
Fece notare Alex.
“Di certo ha ferito il suo orgoglio.”
Le rispose Maggie, trattenendo un sorriso.
Lena si allontanò da James, afferrò
il cappotto e si diresse verso la porta, l’andatura perfetta di sempre.
“Quella donna ha nel sangue la
perfezione.” Commentò Winn, sempre ammirato.
Alex guardò Kara che la seguiva con
lo sguardo e le fece un cenno deciso.
“Portala a casa.”
“Non vorrà…” Iniziò lei, ma Alex la
interruppe.
“Sei l’unica che può… obbligarla.”
Fece una piccola smorfia, ma poi si strinse nelle spalle. “Portala a casa e
assicurati che non faccia sciocchezze.” A quel pensiero Kara sbiancò, poi uscì
di corsa.
“Comunque mi ha fatto male.”
Piagnucolò Mon-El.
Rao quanto faceva male! Non era stata
un’idea brillante dare un pugno ad un daxamite, ma
dopo tutto non era stata neppure un’idea brillante bere tutto quell’alcool.
Due braccia forti si strinsero
attorno a lei sollevandola verso il cielo. Lena sentì la testa girare, ma non
poté fare a meno di sentirsi al sicuro.
“Ti porto a casa.” Decretò Kara, dando
alla frase un tono fermo e deciso. Non che Lena si sarebbe lamentata, la terra
girava un po’ troppo sotto i suoi piedi ed era leggermente inquietante che non
sentisse più male al fianco.
Il pugno invece bruciava ancora.
“Ti fa male?” Chiese Kara, aveva un
tono strano, un tono che non le aveva mai sentito. Scrutò il suo viso alla
ricerca di risposte, ma la donna fissava davanti a sé e non le concesse di
incrociare i suoi occhi.
“È stato stupido dare un pugno a Mon-El.” Ammise.
“Sì, è stato stupido, irrazionale e
ingiusto!” Sbottò la donna e Lena capì, infine, che era arrabbiata.
“Ti concedo lo stupido e
l’irrazionale, ma non l’ingiusto. Si è definito il tuo braccio destro e ha
commentato con: e come fa un’eroina a vincere senza il braccio forte?”
“Ha appena appreso quel modo di dire.
Non voleva essere irrispettoso nei miei confronti…” Tentò di dirle Kara, ma lei
sentiva di nuovo la stessa furia di prima.
“Chi è lui per credere di esserti indispensabile?
Nulla, nulla di più di un patetico essere che vive nella tua ombra e che tu,
nella tua masochistica bontà, hai deciso di amare!”
“Non hai nessun diritto di giudicare
chi io ami o no! E non hai nessun diritto di giudicare me e le mie azioni! Tu
non mi conosci! Non hai mai voluto e non lo hai mai fatto. Non sono altro che
una patetica brutta copia della tua Kara e, poco importa che lei sia
un’assassina senza scrupoli, non vorrai mai conoscermi. Quindi, smettila. Sono
abbastanza grande da difendermi da sola e, fidati, non sarà certo Mon-El e le sue stupide battute, a farmi del male.” Kara la
posò sul bancone dell’appartamento in cui abitava fuori dal DEO. Il suo viso
era bianco, le sue labbra strette, il tono della sua voce evidentemente alterato,
eppure la depose con delicatezza. Perché lei era così.
Lena sentì una lacrima bruciarle gli
occhi.
“Mi dispiace.” Ammise e Kara scosse
la testa, forse aveva esaurito le parole o semplicemente aspettava che lei
dicesse di più. “Non avrei dovuto bere questa sera e non avrei dovuto colpire Mon-El, ma non mi pento di quello, mi pento di quello che
ti ho detto, non volevo dire che la tua bontà è qualcosa di meno che magnifica
e unica e ammirabile.” Le si avvicinò. Kara la guardava con occhi tesi, ancora
ferita, ancora scossa per la rabbia provata. “Non sei una brutta copia della
Kara che ho conosciuto, oh, ti giuro su Rao, su
Krypton, sull’intera mia famiglia kryptoniana e
terrestre che tu, Kara Danvers, sei perfetta. Ti
giuro che se potessi tornerei indietro solo per scegliere te, sempre e solo
te.” Aveva appoggiato la mano sul petto di Kara e così poté sentire il cuore
della giovane battere rapido sotto le sue dita.
“Hai detto… mi hai fatto credere
che…”
“Lo so, è meglio che tra noi non
succeda nulla, è già così difficile… e io me ne andrò, perché prima o poi me ne
andrò Kara, e probabilmente mi farò uccidere e non voglio, non posso, fare
qualcosa di simile se… se tu…”
“Se ti amassi…” Mormorò la ragazza e
Lena sentì il cuore batterle veloce nel petto. La mano le bruciava e iniziava
anche a sentire di nuovo il dolore al fianco eppure l’unica cosa che contava
era quel cuore che batteva veloce sotto le sue dita e quegli occhi fissi nei
suoi.
“Ma non è così.” Affermò decisa. Kara
la guardò per un lungo istante, senza lasciare la stretta delicata attorno ai
suoi fianchi.
“No, non è così.” Confermò la
giovane, fu solo un sussurro, ma Lena lo sentì risuonare nella sua testa e nel
suo cuore, fermandolo quasi.
“Esatto.” Riuscì a dire, ma ora era
il cuore a farle male. “Esatto.” Mormorò ancora, poi si sollevò sulle punte dei
piedi e sfiorò la bocca di Kara in un bacio leggero. “È sciocco pensare che io sia destinata
a trovarti ed amarti in ogni realtà, non è vero?” Domandò, poi lasciò andare la
ragazza, si girò ed entrò in casa sua.
L’ombra di Kara non si mosse dal
balcone, ma lei non si voltò, non poteva, non doveva.
Atterrò davanti al bar ed entrò, si
sentiva confusa, profondamente combattuta e sconvolta.
Quando entrò vide Mon-El
con un sacchetto di ghiaccio sul naso che osservava James e Winn
giocare a biliardo.
“Ehi…” Le venne incontro Alex. “Cos’è
successo?” Le chiese, notando subito la sua espressione.
“Lei… Credo che sia innamorata di
me.”
“Oh…” Mormorò Alex. “Te lo ha detto?”
Chiese sua sorella.
“Dov’è Maggie?” Domandò invece lei.
“È dovuta andare al commissariato, un
problema con un caso che segue.” Spiegò rapidamente Alex. “Kara…” Tentò poi di
tornare sul soggetto che più le premeva.
“No. Non me lo ha detto, ma mi ha
baciato.” Rispose anticipando la sorella.
“Ok… questo spiega il tuo sguardo
vitreo.” Affermò, con tono leggermente divertito, Alex.
“Cosa?” Kara si voltò a fissarla, non
riusciva a capirla. “Non riesco a capirla.” Disse dando voce ai suoi pensieri.
Alex la guardò per un momento, poi sospirò.
“Non è facile la sua situazione, lo
comprendi?”
“Io pensavo che lei fosse innamorata
della mia gemella cattiva e che io fossi solo una pallida e sfocata
imitazione.”
“Oh, Kara, avrai anche i
super-poteri, ma a volte sei più cieca di una talpa. È evidente che si è presa una cotta,
bella forte, per te!”
“E allora perché continua a spingermi
via?” Chiese esasperata.
“Perché è l’unico modo che ha per
salvarti.”
“Non voglio essere salvata, non ho
bisogno di essere salvata.” Sbottò, di nuovo arrabbiata.
“Kara…” La richiamò sua sorella. “Lei
non vuole che tu lasci questo mondo per seguirla nel suo e sa che lo faresti
se… se tra voi ci fosse spazio per l’amore. Non quando sa che significherà
farsi uccidere, perché sono mesi che lei e Winn
riflettono e non hanno tirato fuori un solo piano decente.”
“Non voglio che muoia.” Mormorò
sentendo la rabbia svanire. Erano le stesse cose che le aveva detto Lena.
“Lo so, neppure io lo voglio, ma deve
essere libera di scegliere la sua strada, lo sai e lo sa anche lei.”
Rimasero in silenzio, era lo stesso
discorso che avevano già fatto: libero arbitrio, diritto di scegliere la
propria strada e il proprio destino. Come poteva Kara opporvisi quando vi
credeva così fermamente?
“Potrei trattenerla qua per sempre…”
Si lasciò sfuggire alzando gli occhi pieni di lacrime sulla sorella.
“Sì, potresti, ma non sarebbe
giusto.” Di nuovo il silenzio.
“Credi che… se glielo chiedessi lei…”
“Lei direbbe di sì, perché ti ama e
non vuole lasciarti.” Kara annuì piano alle parole di sua sorella.
Forse, ora, capiva ed era la peggior
comprensione del mondo.
L’anno prima Mon-El
aveva dovuto fare la stessa scelta e aveva deciso di restare, ma lei lo aveva
lasciato libero di scegliere, perché era giusto così. Ora però, fare la cosa
giusta era tremendamente difficile e, se avesse potuto baciare ancora la
ragazza, sarebbe stato semplicemente impossibile.
Ora capiva e fece male.
Note: L’alcool
aiuta sempre, in questo caso ci ha regalato un bel pugno sul naso a mon-El! Le piccole gioie… perché altri motivi di gioire non
sembra che ne abbiamo. Sì, ora Kara ha finalmente capito che Lena è innamorata
di lei e Lena si è sciolta un poco però… però siamo sempre nello stesso punto.
Non possono stare assieme, non possono perché tra di loro vi è il destino e il
dovere. Due muri difficili da abbattere.
Non appena Lena vide entrare Mon-El al DEO si alzò dalla sedia e gli si avvicinò, il
ragazzo la fissò con aria bellicosa.
“Seguimi.” Disse però lei, dirigendosi verso
la palestra che sapeva essere vuota, senza neanche assicurarsi che la seguisse.
“Non mi prenderò un altro cazzotto
senza…”
“Mi dispiace.” Lo interruppe secca
Lena e lui sgranò gli occhi sorpreso.
“Davvero?” Chiese.
“Non lo ripeterò.” Chiarì subito lei
e il daxamite sorrise.
“Ok, bene, grazie. Perché volevo solo
scherzare e di certo non mi aspettavo un simile pugno sul naso.”
“Lo so, stavi scherzando, lo fai
sempre, Kara è la tua ragazza e se lei ama le tue battute va bene così.”
Dichiarò lei tutto d’un fiato come se le costasse notevole fatica.
Mon-El sbatté le palpebre, era stupito,
molto.
“Aspetta… non lo sai? Non te lo ha
detto?” Chiese e Lena lo guardò stranita, di cosa stava parlando?
“Cosa dovrei sapere?” Domandò a sua
volta e il giovane si passò la mano sul volto, davvero sorpreso.
“Sono mesi ormai… Da quanto c’è stato
quel piccolo incidente in cui hai perso i poteri ecc. ecc.?” Domandò con la
solita insensibilità.
“Tre mesi.” Rispose secca, cercando
di non desiderare di colpirlo ancora. La mano le faceva ancora male, anche se
Alex le aveva fatto una lastra e aveva detto che non c’era nulla di rotto, fare
un bis sarebbe stato molto stupido anche se soddisfacente.
“Bene, allora sono tre mesi che io e
Kara non stiamo più assieme.”
Mon-El avrebbe potuto dire molte cose,
avrebbe persino potuto colpirla, ma nulla, nulla avrebbe potuto rivaleggiare
con quell’affermazione. Lena lo fissò per un lungo istante, il giovane si
strinse nelle spalle.
“Qualcosa sul fatto che fossi un buon
amico che non avrebbe mai smesso di volermi bene e di esserci per me, ma…
niente di più.” Spiegò.
Mon-El la fissava con aria divertita,
persino un po’ sarcastica, come se fosse felice che fosse lui per una volta ad
aver zittito lei, ma Lena non riuscì a dire nulla. Kara, ancora una volta,
aveva dimostrato di essere più decisa e sicura dei suoi sentimenti di quanto
lei avesse potuto immaginare.
Quando tornò da Winn,
Kara stava scherzando con il ragazzo.
“Buongiorno.” Le disse, abbassando lo
sguardo, le guance soffuse di rosa. Come poteva essere così decisa, così
veemente, così pronta a lottare per ciò che credeva e poi l’istante dopo
arrossire ed essere così terribilmente adorabile?
“Buongiorno.” Riuscì a risponderle.
“Ho portato le ciambelle… spero che
ti piaceranno.” Sorrise timidamente e poi si lanciò nel cielo.
“Perché Kara ha preso solo ciambelle
con la glassa al cioccolato?” Si lamentò Winn e Lena
non poté impedirsi di sorridere.
Kara stava lavorando alla CatCo, l’articolo stava venendo bene ed era piuttosto
soddisfatta.
“Ciao, Kara, hai un momento?”
“Certo.” James le indicò il suo
ufficio e chiuse la porta dietro di lei, Kara lo guardò perplessa, la
segretezza poteva capirla, ma la preoccupazione sul viso del ragazzo no.
“È successo qualcosa?” Gli chiese.
“Non ancora.” Rispose il giovane
enigmatico.
James si sedette sulla scrivania e la
fissò incapace di decidere da dove cominciare.
“James?” Lo incitò lei e il ragazzo
annuì.
“Certo… mi ha chiamato Winn, voleva che sapessi che… Lena.” Kara scattò in piedi.
“Cosa le è successo? Sta bene? Si è
fatta del male?” James alzò le mani fermandola.
“No, no, sta bene!” Le assicurò.
“E allora perché mi hai fatto
spaventare in questo modo!” Lo sgridò lei, scuotendo la testa.
“Lena ha violato la stanza dei
reperti per accedere allo scomparto C.R.01.” Spiegò lui e la ragazza si sedette
di nuovo.
“J’onn lo
sa?”
“Sì. È stato lui ha chiedere a Winn di tenere sotto particolare sorveglianza il congegno
di Cisco.” James si strinse nelle spalle. “Non sarebbe neppure riuscito a
scoprirlo se non fosse stato per questo eccesso di zelo. Lo sappiamo tutti
quanto è brava.”
“Già…”
“Vuole tornare a casa.” Disse allora
il giovane e Kara alzò lo sguardo su di lui.
Lo sapeva, eppure non poteva
accettarlo.
“Ho bisogno ancora di… solo un po’ di
tempo…” Lui le annuì, comprensivo, ma il suo volto preoccupato non cambiò.
Kara si alzò e se ne andò tentando di
tornare al suo articolo, ma era difficile. Poteva accettare di lasciarla
andare, ma se fosse semplicemente sparita dalla sua vita così come vi era
entrata?
Aveva bisogno di dirle addio.
Quella sera tornò al DEO. Alex era
ancora impegnata in laboratorio per delle analisi e le fece un cenno, tornando
subito a lavorare. J’onn era occupato in qualche
missione e Winn era in libera uscita.
Molto probabilmente Lena era a casa
sua. Le sue orecchie, però, le portarono un suono preciso, che riconobbe
immediatamente. Non esitò e raggiunse la stanzetta in cui tanto spesso aveva
chiacchierato con Lena.
La ragazza era seduta sulla poltrona
che aveva sempre preferito e stava sistemando i pezzi sulla scacchiera facendo
quel particolare rumore che aveva riconosciuto.
I loro occhi si incrociarono ed
entrambe seppero che quello era solo un modo, come un altro, per iniziare una
conversazione. Tra loro, dopo tutto, quella era sempre stata la parte
difficile.
Kara si sedette in silenzio e Lena
fece la prima mossa, muovendo un pedone.
Giocarono tre partite che Lena vinse
con facilità. Nessuna delle due parlò, fino a quando Kara non vide il suo re
sconfitto per la terza volta e si lasciò cadere sul divanetto.
“Non voglio che tu te ne vada senza
salutare.” Disse. Non era più confusa, triste o arrabbiata, era solo… stanca.
“Non lo farò.” Mormorò Lena.
“Allora perché hai…”
“Avevo bisogno di essere sicura che
funzionasse.” Affermò, senza la minima sorpresa.
“Sapevi che lo avrei scoperto.”
Comprese Kara e Lena annuì.
“Winn è
acuto, molto intelligente, ma ci sono ancora dei trucchetti che posso
insegnargli.” Si guardarono. Entrambe avevano molte cose da dire, ma sembrava
che non sapessero decidersi.
“Ti permetterò di partire. Quando
sarai pronta non farò nulla per ostacolarti, lo prometto.” Disse infine Kara,
era difficile fare quella promessa, ma doveva perché così avrebbe vincolato
anche se stessa.
“Grazie.” Le rispose.
Kara cercò il suo sguardo, era
difficile, rimanere lì, immobili in silenzio, lontane. Quando tutto ciò che
voleva era…
“Supergirl, abbiamo un’emergenza!”
Kara quasi sobbalzò nel sentire il
suo auricolare attivarsi e la voce dell’agente del DEO di guardia che le
parlava.
“Arrivo.” Disse e Lena abbassò lo
sguardo, mentre lei si alzava. “Devo… devo andare.” Mormorò.
“Lo so.” Le disse la donna. Kara
annuì e poi uscì dalla stanza, sfilandosi gli occhiali, fece un passo e tornò
indietro
“Non sparirai, vero?” Chiese e, per
la prima volta, Lena le sorrise.
“No, promesso.”
Il mattino dopo Lena le consegnò un
sacchetto pieno di biscotti kryptoniani. Kara arrossì
e sorrise.
“Ci ho messo un’ora.” Confessò. “Mi
mancano i miei poteri.” Ammise, ma il sorriso sulle sue labbra eliminò il
rammarico nella sua voce.
La donna fu sul punto di andarsene
quando Kara la richiamò.
“Ehm… Lena?”
“Sì?” Le domandò la giovane Luthor.
“Grazie… lo so che il tuo tempo è
prezioso e…”
“Non ti preoccupare, ora mangio solo
due volte al giorno risparmiando molto tempo.” Le sorrise, divertita dalla sua
espressione.
“Oh, stai scherzando!” Comprese lei e
Lena rise.
“In realtà non proprio.” I loro occhi
si allacciarono in uno sguardo un po’ troppo lungo, poi Lena distolse i suoi.
“Buona giornata, Kara.”
E fu una buona giornata, ogni volta
che Snapper le lanciava un’occhiataccia lei si
mangiava un biscotto, finirono presto, ma le lasciarono un sorriso sulle labbra
e un caldo senso di casa nel cuore.
I pensieri tristi, le paure e i
timori per il futuro se ne andarono e lei tornò al DEO con la ferma decisione
di ottenere altri di quei deliziosi biscotti.
“Lena!” Disse trovandola impegnata in
un laboratorio. La donna alzò lo sguardo sorpresa. “Ciao.”
“Va tutto bene?” Le chiese subito
lei, preoccupata.
“Sì. Certo, perché dovrebbe andare
male?” Lena si rilassò sulla sedia guardandola divertita e Kara provò un’intima
scossa. Lei sapeva quello che la ragazza provava e Lena sapeva che lei sapeva.
La donna, però, invece di essere in imbarazzo sembrava…
Era strano essere guardate in quel
modo, era frustrante sì, ma anche, sorprendentemente, eccitante.
Kara arrossì al pensiero e vide Lena
sorridere un po’ di più, lo sguardo che si faceva ancora più intenso, se si
fosse morsa le labbra… ma non lo fece e Kara si schiarì la gola, riprendendo il
controllo.
“Volevo chiederti la ricetta per quei
biscotti. Sono una frana in cucina, ma devo imparare a farli!”
“Non se ne parla neppure.” Affermò,
però, la donna, sorprendendola.
“Ma…” Tentò di protestare lei.
“Sono l’unica che può offriti un
simile…” Si interruppe, sorrise e, consapevolmente, finì la frase. “Piacere.”
Kara trangugiò a vuoto, arrossì e poi annuì.
“Ehm… ehm… capisco.” Ruotò su se
stessa e se ne andò. Ritirata strategica suggerì la sua mente, fuga precipitosa
strepitò il suo cuore. Cosa diavolo stava facendo Lena? Perché il suo
atteggiamento era così drasticamente cambiato? Ok, l’aveva baciata la sera
prima, ma era stato solo uno sfiorarsi,il sugellare un: mai; di certo non era stato un: forse; e neppure un:
domani ti guarderò come se fossi un pasticcino prelibato!
Arrossì ancora e fu sicura che
persino le sue orecchie erano rosse.
“Kara, viene ad allenarti con me?” Le
chiese Mon-El. “Stai bene?” Le domandò il ragazzo,
perplesso nel vedere il suo viso.
Da quando si erano lasciati era
diventato più attento, per quanto ciò fosse assurdo… come se l’essere solo suo
amico lo rendesse, finalmente, più sensibile al suo umore, mentre quando lei
era la sua ragazza dava per scontato che dovesse essere felice e spensierata
perché aveva lui accanto. Non era stato semplice lasciarlo, non perché provasse
dei sentimenti seri per lui, ma perché il giovane aveva strepitano, urlato e
poi pianto. L’aveva riempita di regali e poi l’aveva supplicata di
riprenderselo. Si era gettato sulle donne, cercando di farla ingelosire e poi
l’aveva verbalmente aggredita rinfacciandole tutto quello che lui aveva fatto
per lei. Alle fine, però, dopo qualche settimana si era calmato, avevano
parlato seriamente, come adulti e lui aveva accettato la sua decisione. Piano,
piano erano diventati di nuovo amici e ora Kara apprezzava il tempo passato con
lui, la sua leggerezza nel vedere le cose. Il suo spensierato menefreghismo era
stato dannoso nella loro storia, ma poteva essere rilassante in un’amicizia.
“Credo che… devo…”
“Oh, Kara, solo una cosa.” La fermò
il giovane dal volare via. “Cosa buffissima!” Affermò ancora lui e lei si
chiese quale altra espressione umana avesse scoperto. Era ormai un anno che era
sulla Terra e ancora si ritrovava a dire sciocchezze, era lento ad imparare, la
sua educazione da principe doveva aver avuto lacune enormi.
“Oggi ho scoperto che Lena non sapeva
che non eravamo più una coppia!” Kara sgranò gli occhi, sorpresa. “Già! Pensavo
glielo avessi detto tu o qualcuno, insomma… comunque, voleva chiedermi scusa
per la faccenda del pugno ed è uscita fuori questa cosa. Non è assurdo?” Chiese,
Kara però non lo ascoltava più. Ecco il tassello che le mancava. Ecco quello
che aveva cambiato l’atteggiamento di Lena.
Ma, in realtà, cosa cambiava? Lena
non voleva che tra loro ci fosse qualcosa… e Kara lo aveva accettato, allora
perché la guardava in quel modo e le parlava in quel modo?
Lena si guardò allo specchio e
sospirò, doveva smetterla… eppure era difficile adesso. Mon-El
era stato sempre una specie di scudo tra lei e Kara. Un pensiero che la teneva
lontano. Kara non doveva provare davvero sentimenti per lei altrimenti non
avrebbe potuto stare con un idiota simile… ma, sapere che lo aveva lasciato,
mesi prima, mentre lei era in coma con una possibilità su dieci di
risvegliarsi… cambiava tutto.
Lei non era pronta a quel cambiamento
e lo era fin troppo. Flirtare con Kara era sembrato così giusto, vederla
arrossire così soddisfacente… avrebbe voluto scoprire cosa significava baciare
quelle labbra per davvero, era sicura che sarebbero state dolci e morbide,
diverse, oh, sì, così diverse da quelle di Linda.
Scacciò quel pensiero dalla mente
inondandosi il viso con l’acqua fredda, ma non funzionò, così indossò il suo
costume nero, a cui aveva tolto il mantello ora che non volava più, e uscì in
strada a combattere il crimine minore, come un qualsiasi vigilantes… meglio
prendere qualche pugno che pensare a Kara in quel modo.
La doccia fredda non era bastata.
Kara indossò il suo costume e uscì nella notte, era sicura che la sua mente si
sarebbe schiarita se avesse potuto occuparsi di qualcosa di più semplice, come
qualche ladruncolo o persino qualche vandalo. Sì, doveva solo smetterla di
pensare a Lena che diceva: piacere. E il prima possibile.
Note: Quel fantastico pugno che ci ha fatto tanto piacere
si è dimostrato più importante di quello che potevamo pensare. Sorpresa! Kara
ha lasciato mon-El mesi fa, perché è ovvio che una
volta compreso quello che provava per Lena non ci fosse più spazio per il daxamite.
Dunque eccoci qua. Lena poteva anche avere delle solide
convinzioni, ma ora che ha scoperto questo piccolo dettaglio non può fare a
meno di addolcire il suo atteggiamento verso Kara e da quello a flirtare, tra
loro due, si sa, il passo è breve. Ma, Kara ha ragione, nulla è davvero
cambiato...
Questo disgelo che tanto aspettavamo, è un bene o un
male?
Doveva ammettere che era adrenalinico
sapere di poter ricevere un colpo mortale in qualsiasi momento. Lena schivò il
pugno, ruotò su se stessa e gettò l’uomo a terra, voltandosi subito dopo pronta
ad affrontare quello che impugnava il coltello.
“Ci mancava solo un altro maledetto
vigilantes!” Sbottò il criminale. Lanciandosi in avanti e tentando di colpirla.
Lena evitò il primo affondo e poi la seconda spazzata verso il suo ventre.
Quando l’uomo saltò in avanti frappose il braccio, contando sul tessuto nero
che lo ricopriva. La lama strisciò contro di lei senza intaccare minimamente la
sua pelle e, mentre il criminale sgranava gli occhi sorpreso, lei lo colpì
mandandolo al tappeto.
Con una smorfia si portò la mano al
fianco. Non provava quasi più dolore, ma uno degli avversari era riuscita a
colpirla e di certo non era stato piacevole. Estrasse le fascette che gli aveva
dato Alex e le passò ai polsi e alle caviglie dei due uomini a terra accanto ai
quali sistemò i due pacchi di droga che si stavano scambiando. Poi prese il
cellulare e mandò un messaggio a Maggie con l’indirizzo e la natura del reato.
Sapeva che la donna avrebbe mandato una pattuglia anche se lo spaccio non era
il suo abito.
Quando sentì le sirene della polizia
si allontanò scomparendo nella notte.
Risalì una scala antiincendio e
raggiunse un buon punto di osservazione, inserendo nell’orecchio
l’apparecchiatura d’ascolto che aveva miniaturizzato e potenziato, per supplire
al suo super-udito. James la stava supplicando di fargliene uno uguale.
Chiuse gli occhi e lasciò che fosse
il suo udito a dirle quando e dove intervenire. Chiudere gli occhi però le portò
alla mente uno sguardo dolce, timido e tremendamente seducente.
Era stata la migliore e la peggiore
settimana di sempre. Si era ripromessa di non flirtare più, di mantenere un
tono normale e amichevole, ma non appena Kara entrava nella stanza in cui si
trovava lei non riusciva a smettere di guardarla e… c’era stato quel momento in
cui Kara l’aveva aiutata a prendere un oggetto posto in alto e, invece di,
semplicemente, volare e prenderglielo l’aveva afferrata delicatamente per i
fianchi fino a farle raggiungere quel, ormai consegnato alla storia, contatore
geiger. Il tutto era durato solo pochi secondi, ma a lei erano sembrati interi
lunghissimi minuti e se si concentrava riusciva ancora a percepire le mani di
Kara forti, sicure e al contempo delicate sui suoi fianchi e il suo respiro che
le sfiorava l’orecchio.
Kara poteva arrossire anche soltanto
ad uno sguardo, ma era riuscita a togliere il respiro a lei con estrema
facilità.
Lena prese un profondo respiro e
cercò di concentrarsi sul presente. Lei e Winn
avevano, finalmente, un piano attuabile ed erano quasi alla fine del loro
progetto, presto lei sarebbe tornata a casa con una trappola dimensionale, che
avrebbe proiettato i due El direttamente nella Zona
Fantasma. Come riuscire a farli essere entrambi nello stesso punto era qualcosa
a cui non era ancora riuscita a dare risposta, ma non poteva indugiare ancora,
per quanto lo desiderasse ogni giorno un po’ di più, anzi, proprio per quello,
non c’era più tempo per gli indugi, doveva andarsene e compiere il suo dovere.
Quante volte si era ripetuta quelle
stesse parole ormai? E perché iniziavano ad essere prive di quella forza che
avevano posseduto per tutta la sua vita?
Un urlo nella notte la fece
sobbalzare, rapida si lasciò scivolare lungo la scale di ferro e iniziò a
correre verso il vicolo in cui doveva esserci l’aggressione. Sentì numerosi
voci e si preparò ad uno scontro interessante.
Quando giunse nel vicolo trovò
quattro uomini che ne picchiavano un quinto.
“Lasciatelo andare.” Disse, le mani
suoi fianchi, l’aria pronta a sistemare la faccenda.
Tre degli aggressori si voltarono
verso di lei che sorrise. Non si era sbagliata, sarebbe stato uno scontro
interessante.
“Lasciatelo andare.” Gli uomini
fecero un passo indietro e Lena voltò il capo trovandosi a guardare Kara nel
costume da Supergirl, l’aria decisa, un sorriso sulle
labbra, ma gli occhi che brillavano di sfida. Era bella e Lena fece una smorfia
nel capire che nemmeno il simbolo sul suo petto riusciva più a impedirle di
avere certi pensieri. Ormai Kara non era più Linda e non lo era più da tempo.
Distrarsi non fu una buona idea. Un
uomo estrasse una pistola e fece fuoco. Kara si gettò in avanti e bloccò il
proiettile diretto alla vittima del pestaggio, mentre i malviventi correvano
via. Un altro proiettile fu esploso, questa volta diretto verso di lei.
Lena vide Kara ruotare su se stessa,
vide i suoi occhi sgranarsi come se tutto avvenisse al rallentatore e sorrise
mentre, come era abituata a fare, allungava la mano per fermare il proiettile
che lento si dirigeva verso di lei.
“Lena!” Proruppe la giovane
afferrandola e sollevandola in cielo, mentre frugava il suo corpo alla ricerca
di una ferita. Ma lei era esterrefatta. Lentamente aprì la mano e mostrò il
piccolo proiettile che teneva stretto.
“Lo hai… lo hai preso al volo?”
Domandò Kara, rimarcando l’evidenza. La mano di Lena era leggermente arrossata,
ma la sua pelle era intatta. Kara la posò sul balcone di casa sua, lo sguardo
che si apriva in un enorme sorriso. “Sono tornati! Hai di nuovo i tuoi poteri!”
Disse, con la gioia sul volto.
Lena sbatté le palpebre, sconvolta da
una simile possibilità. Si concentrò, non aveva il super-udito e non si sentiva
più forte o più veloce, ma, quella manifestazione doveva essere un segno che
stavano tornando, forse il suo corpo si era lentamente disintossicato dalla kryptonite blu, forse le sue cellule morendo e ricreandosi
se n’erano liberate e lei avrebbe riavuto in dietro i suoi poteri…
“Non…” Tentò di dire, ma era tutto
talmente inaspettato e Kara era lì, davanti a lei, con gli occhi che brillavano
di gioia…
“È magnifico! Lo sapevo che sarebbero
tornati! Va beh, non è che lo sapessi, sapessi, ma è la notizia migliore che io
abbia mai ricevuto! Dovremmo tenere quel proiettile e…” Kara si bloccò conscia,
solo adesso dello sguardo di Lena.
I loro occhi si intrecciarono, fu
solo un istante poi lei si lanciò in avanti, afferrò il viso di Kara e la
baciò.
Non riuscì a pensare che era dolce e
morbido esattamente come aveva immaginato, perché il suo cuore prese a battere
troppo forte e le braccia che Kara strinse attorno a lei erano troppo e troppo
intenso erail turbinio delle sue
emozioni. Troppo, troppo, troppo, come la prima volta che era arrivata sulla
Terra, ma in tutto quel troppo vi erano state le note di suo fratello, mentre
ora vi era lei, un solido corpo a cui lei si aggrappò.
Lena affondò le mani in quella massa
di capelli biondi, lasciando che la ragazza la sollevasse per portarla
all’interno dell’appartamento. Kara la appoggiò al muro e fu così delicata,
anche nel desiderio, anche nella passione. Lena sentì una lacrima scivolarle
lungo il viso e Kara dovette sentirla a sua volta perché si separò da lei con
gli occhi sgranati.
“Non va bene? Ti ho fatto male?”
Domandò, tesa. Lena posò le mani sul suo volto e oh, lo sapeva che avrebbe
dovuto fermarsi, lo sapeva ogni fibra del suo corpo, ma quello stesso corpo la
tradì e lei accarezzò il viso della giovane e scosse la testa.
“Sei… perfetta.” Le mormorò e Kara
arrossì, mentre sorrideva, per poi, con la sua solita delicata timidezza
sfiorarle il naso con il proprio.
“Tu sei perfetta.” Le rispose, per
poi chiudere gli occhi e baciarla di nuovo, esitante.
Lena lasciò che sfiorasse la sua
bocca con lentezza, lasciò che le mani della donna accarezzassero i suoi
fianchi, come se ci fosse tutto il tempo del mondo. Non volle metterle fretta,
non volle imporre i propri tempi, il suo desiderio. Perché Kara era speciale e
voleva scoprire ogni cosa di lei, anche quella.
Voleva sapere come, Kara, avrebbe
fatto l’amore con lei.
La donna riaprì gli occhi fissandoli
nel suoi, appoggiò la fronte alla sua, mentre le sue mani trovavano senza
difficoltà la chiusura del costume. Le sue dita esitarono cercando il permesso
nei suoi occhi. Lena sfiorò le sue labbra in un bacio, un consenso che la
giovane comprese, perché in pochi minuti il nero abito con lo stemma dei Zod sul petto fu a terra assieme a quello blu e rosso degli
El.
La sua pelle era morbida sotto alle
sue dita, uguale a quella di lei, ma
non vi era nulla in Kara che potesse ricordarle la donna, mai Linda l’aveva
accarezzata con tanta reverenziale ammirazione, mai aveva dedicato tutta la sua
attenzione a lei, ad ogni suo gesto, respiro, ansimo. Smise di fare paragoni
sciocchi quando le labbra di Kara si posarono sul suo seno e lei dovette
aggrapparsi alle sue spalle.
La ragazza era stata timida prima, ma
nel suo letto non lo fu affatto, oh, era delicata e titubante, ma non esitò a
esplorare con curiosità e passione ogni piccola parte di lei, baciando,
mordicchiando, assaporando con la lingua e le labbra ogni punto che scatenava
in lei una reazione favorevole. Alla fine arrivò lì dove Lena ormai la
aspettava. Le sue dita la sfiorarono delicatamente, accarezzando le sue gambe,
fino a giungere tra le sue cosce. Trattenne il respiro, come mai aveva fatto,
chiuse gli occhi e ansimò quando le mani di Kara finalmente la toccarono e poi,
più sicure, grazie alla sua reazione, la penetrarono.
Gemette questa volta, incapace di
resistere. I capelli di Kara ricadevano attorno al suo viso. Lena aprì gli
occhi cercando di calmare il proprio cuore e il piacere, conscia che non
sarebbe durato a lungo se non avesse trovato qualcosa con cui distrarsi, e si
ritrovò a specchiarsi negli occhi di Kara.
Occhi blu, fissi sul suo volto. Kara
la guardava con uno sguardo pieno di meraviglia, come se lei, lei, fosse la
cosa più bella del mondo. Lei.
Lena si morse il labbro e poi spinse
la testa indietro, spinse il bacino contro Kara e iniziò ad ondeggiare, gli
occhi chiusi, lasciò che il piacere la sommergesse, piccoli gemiti le
sfuggirono dalle labbra. Kara rabbrividì sopra di lei e Lena capì, con un tuffo
al cuore, che il proprio piacere era stato troppo per Kara, la dolce, innocente
e meravigliosa Kara. Senza indugiare oltre spinse con più velocità il corpo
contro la mano di Kara e in pochi istanti fu attraversata da un intenso piacere
che la fece gemere un po’ più forte contro la spalla di Kara.
Baciò la ragazza con foga, incapace
di trattenersi questa volta, affondando la propria bocca nella sua con un
bisogno che non sapeva di provare fino a quando non era sfuggito dalla sua
bocca.
Pianse, pianse lacrime calde e
silenziose, continuando a baciarla, tentando in ogni modo di imprimersi la
ragazza nella memoria e nella mente, coscia che il suo cuore era irrimediabilmente
perso da tempo.
Conscia che non cambiava nulla.
“Lena…” Mormorò molto più avanti
nella notte, la ragazza, accoccolata accanto a lei.
“Shhh.”
Soffiò lei sulle sue labbra.
Quella notte non cambiava nulla, non
poteva cambiare nulla, lo sapevano entrambe.
La baciò con dolcezza, accarezzandole
il viso.
“Questo è un addio?” Domandò però
Kara, incapace di resistere.
“Sì.” Ammise lei, perché, ora lo
sapeva, non poteva rimandare ulteriormente, altrimenti avrebbe ceduto e sarebbe
rimasta.
“Potresti…” Di nuovo Lena le appoggiò
la mano sulle labbra.
“Shhh.”
Ripeté con dolcezza e rammarico. Kara prese le sue dita e le baciò, dolcemente,
delicatamente, così com’era lei.
“Posso venire con te?” Domandò in un
sussurro. Lena sorrise, mentre il suo cuore faceva male.
“No.” Rispose e non ebbe bisogno di
dirle che il suo mondo aveva bisogno di lei. “Hai promesso di…”
“Lo so.” La interruppe Kara con un
po’ troppa rabbia nella voce.
“Era per questo che non volevo che
succedesse…”
“Lo so.” Ripeté questa volta con
rassegnazione.
“Malgrado lo desiderassi con tutta me
stessa.” Le sussurrò nell’orecchio. Kara rabbrividì a quelle parole e la sua
pelle si increspò nel sentire il respiro di Lena sfiorarla. “Non parliamo di
domani, va bene?” Le domandò e Kara le accarezzò il viso per poi baciarla.
Era più triste quel bacio, forse più
disperato, così come il modo in cui fecero l’amore questa volta, con disperata
necessità, entrambe consapevoli che ogni minuto le allontanava una dall’altra
fino a quando tutto sarebbe finito. Fino a quando lei avrebbe detto addio a
quel mondo e a quella Kara per tornare nel suo e mettere in atto un piano folle
e disperato.
Fecero l’amore e Lena desiderò che
quella notte non finisse mai.
Ma l’alba arrivò e con essa la
realtà. Lena protrasse la loro notte fino a quando poté, osservando il viso di
Kara illuminarsi pian piano, il sole che accarezzava i suoi capelli facendoli
assomigliare all’oro. Non avevano dormito neppure un istante e Kara sembrava
voler ignorare il sole che ormai le faceva risplendere gli occhi, per
continuare a guardarla.
“Dobbiamo andare.” Le mormorò Lena.
“Devo andare.” Aggiunse poi e vide il viso di Kara farsi scuro. “Hai…”
“Promesso.” L’anticipò lei. “Questo
non significa che deve piacermi. I tuoi poteri stanno tornando, potresti
aspettare ancora un poco… potresti tornare di là più forte, più…” Con un bacio
Lena fermò quel fiume di parole.
“Non posso, un solo altro bacio e non
avrò più la forza di andarmene.” Kara non attese un solo istante prima di
chiuderla in un abbraccio e baciarla, con tutta la forza e la passione con cui
il suo cuore batteva.
Non le chiese di restare, non poteva,
ma i suoi occhi non nascondevano il suo desiderio.
Fu difficile uscire dal letto, ma
quando ci riuscì la ragazza la accompagnò nella doccia e fece di nuovo l’amore
con lei. Lena pianse di nuovo, ma nascose il viso nella spalla di Kara e le
impedì di vedere il suo dolore, mentre l’acqua cancellava le tracce sul suo
volto.
La portò al DEO volando. Nessuno fece
commenti, i loro visi erano più che eloquenti.
Alex si morse il labbro.
“Quindi ci siamo?” Domandò e Lena
annuì. Kara aveva la mascella rigida, gli occhi scuri, ma non protestò.
J’onn fu informato e il dispositivo di
Cisco fu portato nel centro operativo. Lena osservò le persone attorno a lei.
James e Maggie erano arrivati di corsa per salutarla e persino Mon-El era venuto. Winn aveva
un’aria tesa e preoccupata e continuava a verificare i suoi calcoli. Alex
alternava sguardi preoccupati da lei a Kara. J’onn le
posò una mano sulla spalla e la ringraziò per quello che aveva fatto per il
DEO, poi tutti, a turno, la abbracciarono. Kara rimase in disparte, in
silenzio.
“Vi ringrazio.” Disse alla fine lei.
“Siete riusciti a darmi una seconda casa, io che dopo averne perse due credevo
fosse impossibile.” Ammise e ottenne dei sorrisi e degli sguardi incoraggianti.
Probabilmente avrebbe dovuto dire che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe
sconfitto i suoi El e chissà, avrebbe potuto tornare.
Ma tutti, lì, avrebbero saputo che era una menzogna, così non lo disse, invece
sorrise, fino a che i suoi occhi non si soffermarono su Kara. Ignorando il
pubblico, la raggiunse e la strinse tra le braccia. La ragazza era rigida
contro di lei.
“In ogni realtà, io e te, siamo
destinate ad amarci.” Le mormorò e sentì il corpo della ragazza ammorbidirsi
contro di lei. “Ti amo, Kara Danvers.” Disse ancora,
la baciò per un lungo istante, poi si voltò e annuì a Winn.
Era ora di tornare a casa.
Note: Cosa mi resta da dire?
Tutto è successo e nulla è cambiato.
Lena sta partendo, diretta
verso una missione praticamente suicida, e Kara la sta lasciando andare perché
così ha promesso.
Il destino le ha volute
assieme, ma il futuro si preparava a separarle… e ora che è successo, cosa accadrà
alle nostre ragazze e al loro amore?
La luce nella stanza tornò normale.
La breccia si era richiusa. Winn, teneva ancora in
mano il piccolo dispositivo. James, le mani ai fianchi, aveva perso il sorriso
che aveva finto prima e così Maggie. J’onn le braccia
incrociate non disse nulla, andandosene, mentre Alex si voltò verso di lei, lo
sguardo preoccupato.
Lena non c’era più.
I pugni di Kara tremarono da tanto li
stringeva.
“Riaprilo.” Ordinò a Winn che alzò lo sguardo fissandola, quasi spaventato.
“Non posso…” Disse e Kara fece un
passo avanti, minacciosa.
“Apri di nuovo quel maledetto
portale!” Quasi urlò.
“Kara.” La chiamò Alex e lei le
lanciò uno sguardo di rabbia.
“No, non mi importa, devo…”
“Lei sapeva che avresti voluto
seguirla. Ha bloccato il dispositivo, non si aprirà più per quel mondo.”
Spiegò. “Mi ha chiesto di darti questo.” Aggiunse poi, consegnandole un piccolo
foglio ripiegato.
Kara lo prese veloce, lo dispiegò e
riconobbe subito l’elegante scrittura di Lena che aveva tracciato i simboli kryptoniani. I suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre
leggeva la ricetta dei na-kuki.
Un addio, il più dolce a cui Lena
aveva potuto pensare.
Kara strinse il piccolo foglio tra le
dita, poi alzò il pugno, ignorando i richiami di sua sorella e spiccò il volo,
sparendo nel cielo.
Eppure neanche lì, con il mondo intero
ai suoi piedi, con il cielo infinito e senza confini alla sua portata, riuscì a
respirare meglio. Vi era un peso, un peso doloroso che opprimeva il suo petto.
Per un istante pensò di seguire l’esempio di Lena, di volare così veloce da
spezzare il muro dello spazio-tempo, tornare indietro era così allettante,
avrebbe potuto configgere Linda qua, a casa sua, avrebbe potuto evitare di
farsi catturare come una sciocca e di farsi usare come un indifeso ostaggio.
Tante cose avrebbe potuto fare, se solo… eppure sapeva che non era quella la
via da seguire. Barry aveva sofferto troppo per un errore simile.
Sentiva il sole riempirla di forza,
una forza inutile che non avrebbe potuto salvare Lena, non lì.
Strinse le mani contro il petto
cercando di far smettere la sofferenza, le sue dita si aggrapparono al tessuto
del suo costume, a quella S che non era solo una S, ma era molto di più. La sua
mente traditrice le ricordò il respiro di Lena, le sue labbra che sfioravano il
suo orecchio. In ogni dimensione erano destinate a stare assieme, ma non in
questa, non in…
I suoi pensieri si interruppero.
Abbassò lo sguardo sul suo simbolo e sgranò gli occhi, come se l’entità
dell’idea fosse troppo grande perché la sua mente potesse afferrarla così in
fretta.
Kara esitò ancora un istante, poi si lanciò
verso il DEO con tutta la velocità che le permetteva il suo corpo.
La breccia si chiuse alle sue spalle
e lei osservò la città davanti a lei. National City era cambiata da quando era
partita, ormai molti mesi prima. Il perpetuo brusio della città era quasi
inesistente, i palazzi mostravano gravi danni, le strade erano ingombrate da
rottami di auto e da rifiuti. La città sembra essere stata il teatro di una
guerra. Lena si addentrò tra le strade quasi deserte, osservando i pochi passanti
costeggiare i muri con passi frettolosi e gli occhi pieni di paura. Mentre
camminava verso la sua meta, uno dei suoi pochi rifugi ancora attivi, vide
spesso l’emblema degli El inciso con il fuoco nelle
pareti. Qualcuno, e Lena non aveva dubbi di chi fosse l’autore, aveva deciso di
marchiare la città.
Era evidente che la donna si era
scatenata sfogando la sua rabbia contro l’indifesa città.
Lena strinse il piccolo congegno che
teneva nel pugno, l’unica arma che poteva usare contro i due El: la trappola dimensionale che lei e Winn
avevano preparato, ma, per ovvie ragioni, mai testato.
La notte prima, mentre Kara la
guardava accarezzandole la schiena, incapace di dormire, incapace di parlare,
incapace di lasciarla andare, aveva capito cosa doveva fare.
Vi era solo una cosa che avrebbe fatto
accorrere Linda, una sola cosa la distraeva abbastanza e le faceva abbassare la
guardia: lei. Aveva funzionato una volta, avrebbe funzionato ancora, perché
Kara non riusciva a staccare gli occhi da lei, così come Linda non era mai
stata capace di farlo, anche con tutta la sua perversità, anche con tutta la
sua crudeltà, non riusciva a impedirsi di amarla.
Entrò nel suo rifugio e si preparò.
National City era la casa di Linda, ma lei doveva attirare Superman e sapeva
perfettamente dove e da chi andare.
Indossò una parrucca rossa, si
sistemò delle protesi per cambiare la conformazione del suo viso e si truccò in
maniera completamente diversa dal solito, indossò jeans e una maglietta della
Coca Cola, poi, infilò degli occhiali da sole. Alla fine si osservò allo
specchio e annuì soddisfatta. Due ore di lavoro la ripagarono con uno sguardo
quasi irriconoscibile persino da se stessa.
Rapidamente preparò uno zaino e dei
documenti falsi, ringraziando suo fratello e sua madre per aver pensato anche a
quello, chi lo avrebbe mai detto che un giorno avrebbe potuto perdere i suoi
poteri e non poter più volare? A quanto pare, il detto che i Luthor erano sempre pronti ad ogni evenienza non era
affatto un’esagerazione.
Controllò, un’ultima volta di avere
tutto e poi uscì di nuovo in strada, prese un taxi, uno dei pochi che giravano
per la città, e si fece portare alla stazione dei treni.
Si rese subito conto che qualcosa
bolliva in pentola, come aveva immaginato dovevano aver rilevato l’apertura
della breccia e stavano setacciando la città. Il suo taxi fu fermato due volte
da due diversi gruppi di alieni che però, dopo averla guardata, la lasciarono
passare. Lena, in entrambi le occasioni, fu grata di aver perso tutte quelle
ore nel travestimento, ma ringraziò Rao quando, alla
stazione, incontrò Maggie. La detective stava coordinando un gruppo di agenti,
Lena non esitò, passandole accanto e guardando direttamente nella sua
direzione, lo sguardo della donna passò su di lei e poi scivolò via, su un
altro viaggiatore.
Il viaggio in treno fupiù tranquillo, cinque ore e fu alla sua
prima destinazione, la città era piccola, ma non tanto da non avere un
aeroporto. Comprò un biglietto e aspettò che il suo volo fosse chiamato.
Rao, quanto le mancavano i suoi poteri.
Malgrado la speranza di riottenerli ora fosse concreta, non era più riuscita ad
averne nessuna manifestazione, né dei super-sensi, né delle altre abilità kryptoniane, non che importasse per davvero, ora come ora,
anzi, la sua debolezza avrebbe aiutato.
Quando arrivò a destinazione era
notte ed era perfetto così, dopo tutto, la persona che cercava era,
decisamente, notturna.
Mezzora dopo era seduta su una
poltrona, dietro ad una scrivania, aveva tolto la parrucca e le protesi,
tornando ad essere Lena Luthor. Quando la luce dell’ufficio
fu accesa, la trappola che aveva improvvisato scattò e l’uomo si ritrovò a
dibattersi, inutilmente, dentro ad una rete di sottilissimi fili d’acciaio.
“Ciao, Bruce.” Disse e sorrise nel
vedere il viso scuro e furioso dell’uomo. Non era abituato a farsi sorprendere,
era lui a sorprendere gli altri, volando qua e là con ali finte, vestito di
nero e con una maschera sul volto, un pipistrello: cosa poteva esserci di più
diverso dagli El? Eppure…
“Cosa, vuoi, Lena?” Domandò con voce
aspra e Lena sorrise di nuovo.
“Ho bisogno che Clark venga a
salvarti.”
“Non ci contare.”
“Oh, verrà, verrà, sei l’unico vero
amico che abbia mai avuto: entrambi pronti a spaccare teste e a fare i bulli…”
L’uomo digrignò i denti, mentre Lena scattava una foto e scriveva un rapido
messaggio che poi inviò.
“Non ci vorrà molto.” Assicurò e non
ci volle molto. La parete dietro di lei fu fatta a pezzi e Lena si ritrovò ad
osservare Superman in tutta la sua terribile furia.
“Tu?!” Esclamò, sorpreso.
“Io…” Commentò lei e poi sorrise, mentre
l’uomo spezzava la rete che tratteneva il terribile Batman e afferrava lei tra
le braccia.
“Non ho idea di quello che avresti
voluto fare, ma è stato un terribile errore.” Con un solo fluido gesto la
lanciò giù dal palazzo.
Lena chiuse gli occhi, sapeva che lo
avrebbe fatto, eppure cadere verso il basso preda della gravità era qualcosa di
terrificante. Due braccia forti l’afferrarono quando ormai era a pochi metri da
terra.
“Dunque è vero, sei senza poteri.”
Superman la guardò e forse vi fu della pena nei suoi occhi. “Tuo fratello era
un mostro.” Rimarcò e lei digrignò i denti.
“Tu sei il mostro che lo ha spinto a
dover studiare simili orrori, tu e tua cugina.”
“Non parlare così di lei.” Le disse
l’uomo. “Se non fosse per Linda tu saresti morta da tempo, ti protegge e, a
modo suo, ti rispetta.”
Lena si morse la lingua per non dirle
quello che pensava della donna, non doveva farlo arrabbiare più del necessario.
Superman la portò sul tetto del Daily Planet e la lasciò cadere a terra.
“Da qui non puoi andare da nessuna
parte. Lei verrà a prenderti.” L’uomo alzò il pugno e Lena pensò in fretta, non
doveva lasciarlo andare via.
“Come sta’?” Chiese e lasciò
trapelare un po’ di preoccupazione nella sua voce. Il giovane era crudele, ma
non astuto, ci cascò. La guardò per un lungo istante prima di parlare.
“Adesso sta bene, ma quando è
arrivata… oh, quel proiettile era tremendo, pura kryptonite
verde infissa nel suo corpo, un tormento e, anche quando gliel’hanno tolto, il
suo sangue ne era infetto. Ha sofferto per settimane prima di riuscire a
liberarsene del tutto. Non sarà bello quello che farà alla donna che le ha
sparato.” Assicurò con un ghigno divertito.
“Cos’ha fatto a National City? Non è
da lei distruggere una città.”
“Perché all’improvviso vuoi
chiacchierare?” Domandò finalmente sospettoso il ragazzo.
“Non voglio chiacchierare, sto per
incontrarla e voglio sapere cosa le passa per la testa e quanto in fretta
morirò o quanto soffrirò.”
“Non ti ucciderà.” Assicurò il
giovane stringendosi nelle spalle. “Ti ama o qualcosa di simile.”
“Come tu amavi Lois?” Gli occhi del
ragazzo d’acciaio brillarono di fuoco, era pronto ad ucciderla seduta stante.
“Tu non sai niente! Non pronunciare
il suo nome!” Le intimò.
“Perché? Sei stato tu ad ucciderla.”
Gli ricordò e l’uomo diede un pugno nell’impotente globo simbolo del famoso
giornale, sfondando il metallo dorato come se fosse burro.
“Non parlare di lei!” Ordinò di nuovo
e Lena si strinse nelle spalle.
“Come vuoi, non che sia stata una
perdita, non vi era esempio peggiore per gli umani di quella giornalista
corrotta e con una propensione per le notizie montate.”
Superman la afferrò per gli abiti e
la sollevò fino a quando i loro occhi non furono sullo stesso livello.
“Lo sai che posso spezzarti il collo
solo respirando?” Domandò la voce bassa e vibrante, contenente un mondo intero
di minacce.
“Fallo, Kal,
e ti spellerò con le mie stesse mani.” Suo malgrado, Lena, rabbrividì nel
sentire la voce di Kara… no, di Linda, si corresse.
“Si è permessa di…”
“Mettila giù.” Lo interruppe la donna
e il giovane obbedì, lasciandola cadere di nuovo a terra.
“Voglio che soffra per quello che ha
detto.” Esigette però, non volendo cedere completamente.
“Oh, smettila di fare il bambino. Lois
aveva la lingua troppo lunga, un giorno ti sei stufato e le hai fatto un buco
in fronte, smettila di piangerti addosso.”
Lena infilò la mano in tasca. Era il
momento? Erano abbastanza vicini?
“Non parlare a me di fare il bambino,
quando tu hai distrutto mezza città solo perché facevi i capricci!” Ritorse
Superman e la ragazza gli si avvicinò con aria combattiva.
“Potrei zittirti anche con un braccio
dietro alla schiena, quindi fai molta attenzione a quello che dici, cugino.”
Sibilò.
“Ehi, non litigate per colpa mia.”
Lena fece un passo verso di loro, la mano chiusa sul piccolo meccanismo.
“Con te farò i conti dopo.” Assicurò
Linda, voltandosi poi di nuovo verso Kal. “Come hai fatto a catturarla?”
Domandò.
“Catturarla?” Chiese lui, ghignando.
“Non ha poteri e ha avuto la faccia tosta di prendere Bruce per invitarmi a
raggiungerla, non so cosa volesse.” Lena fece due passi avanti, veloce. Adesso
o mai più. Gli occhi di Linda si stavano sgranando, mentre comprendeva che
quella era una trappola.
Era vicina, sperò che bastasse e
premette sul pulsante.
Aveva paura della Zona Fantasma, del
buio vuoto ed eterno che vi regnava, ma sacrificarsi significava salvare il suo
intero pianeta e quanto era facile quel passo in confronto a quello di lasciare
Kara? E poi avrebbe avuto i suoi ricordi, avrebbe potuto ricordare i dolci baci
di Kara e la sua pelle vellutata, i suoi occhi pieni di stupore e d’amore…
Vide i due El
sgranare gli occhi, lesse il terrore nelle loro pupille e poi la luce
scomparve.
Lena strinse il pugno con più forza:
aveva compiuto un azzardo ed aveva fallito. Quel piccolo dispositivo non aveva
sufficienza potenza per aprire e mantenere aperto un portale per la Zona
Fantasma, anche solo per quei due o tre secondi necessari a prendere tutti
loro.
Winn lo aveva temuto, ma lei era sicura
che potesse funzionare, perché aveva fatto ogni calcolo possibile e perché era
l’unica speranza per il suo mondo.
Ma, di nuovo, aveva fallito.
“Bene, bene, bene.” Mormorò Linda,
osservandola. “Sembra che, qualsiasi cosa tu avessi programmato, sia appena
fallita.”
Lena fece un passo indietro, il suo
cuore iniziò a battere veloce. Non aveva nessun luogo dove andare, non poteva
fuggire, non poteva neppure lottare.
Era finita.
“Arrenditi.” Le suggerì la ragazza
con un maligno sorriso sulle labbra.
Lena fece un secondo passo indietro,
ma la donna, questa volta, la seguì avvicinandosi a lei poi, nel cielo saettò
una figura e il cuore di Lena prese a battere molto più veloce.
Accanto a lei atterrò Kara, una copia
mille volte più spendente della donna davanti a lei.
“Chi abbiamo qui?” Domandò Linda, un
lampo di malvagità che brillava nei suoi occhi. “Ti hanno tolto il collare? E
ora come faranno a portarti fuori a fare la pipì?” La prese in giro e poi la
colpì di sorpresa, mandandola a rotolare lontano.
Lena strinse i pugni, non doveva
andare così! Kara non doveva venire, si era assicurata che non riuscisse a
seguirla!
“Piccola stupida, è stata una pessima
idea venire da sola!” Linda afferrò per il costume la versione più brillante di
se stessa e la sollevò, pronta a darle un altro pugno.
“Chi ti dice che io sia sola?”
Domandò però Kara, un sorriso soddisfatto sulle labbra.
Lena corrugò la fronte e l’istante
dopo una seconda figura si posò sul tetto, poi una terza, una quarta e una
quinta. Lena smise di contare a dieci, ma dovevano essere almeno trenta.
Trenta Kara, con costumi leggermente
diversi, tagli di capelli diversi, ma lo stesso sguardo deciso e gli stessi
pugni chiusi.
Lena sorrise e incrociò gli occhi
della donna che amava.
La giovane aveva un ampio sorriso sulle
labbra e, quando parlò tutto il suo viso brillò d’orgoglio e amore.
“In ogni dimensione c’è una Kara
pronta a lottare per te.”
Note: Allora, chi dice che
sono cattiva o che mi odia deve cambiare idea, perché questo capitolo poteva
finire qualche riga più in su e allora sì che sarebbe stato brutto! Ma oggi
sono gentile e vi ho regalato una fine dolce.
Spero che questo capitolo vi
sia piaciuto perché, ragazze, era il penultimo.
Il prossimo sarà l’epilogo con
il quale si concluderà la storia.
Kara stava mangiando un buonissimo involtino di carne che Lena aveva
portato da un lussuoso ristorante del centro, chiuse gli occhi assaporandone la
bontà quando due labbra si posarono sulla sua guancia. Riaprì gli occhi e
arrossì.
Lena era vicinissima, ora. Lena la guardava con un sorriso delicato.
Lena le chiedeva il permesso di baciarla ancora.
L’involtino di carne era nulla rispetto alle labbra di Lena finalmente
premute sulle sue.
Una luce la fece sobbalzare, spinse Lena dietro alle sue spalle e si
preparò a lottare.
Ma i suoi occhi si sgranarono quando riconobbe Cisco e… se stessa.
“Cosa… chi…?” Tentò di dire. Confusa.
La ragazza che era lei, terribilmente strano guardarsi in uno specchio
che si muoveva diversamente e che aveva occhi così… disperati, fece un passo
avanti.
“Ho bisogno di te.” Affermò. “Devo salvare Lena.” Sentì le mani della
giovane Luthor, a cui aveva dato il suo primo bacio,
stringersi sulla sua spalla, si voltò e la fissò senza sapere cosa dire.
“Vai.” Le mormorò la donna. “Sarò qui ad aspettarti.” Assicurò poi,
lasciandole un piccolo bacio sulla guancia.
***
“Non è
una parola!” Urlò Winn e lei alzò il dito.
“Certo che è una parola!”
“Ti assicuro che non vuol dire proprio nulla.” Si impuntò il giovane e
Kara fu sul punto di replicare quando due mani scivolarono sulle sue spalle e
un respiro caldo le sfiorò l’orecchio.
“Devo andare.” Le mormorò la donna e Kara provò il solito brivido di
piacere nell’udire Lena parlarle in maniera così intima.
“Di già?” Chiese, alzandosi dal tavolo nel quale lei e Winn stavano protraendo all’infinito una partita di
scarabeo che Lena, Alex, Maggie e James avevano abbandonato da tempo per
chiacchierare tranquillamente sul divano.
“Domani ho quel meeting con la Desenport
quindi…” La baciò dolcemente,poi una
luce illuminò il salotto di casa sua e tutti balzarono in piedi. Kara si
protese in avanti pronta ad affrontare qualsiasi minaccia, quando riconobbe il
sorriso amichevole di Cisco e… due di lei. Tre… sei… dieci… donne estremamente
simili a lei… era davvero strano.
“Lena. Devo salvarla e ho bisogno di te.” Affermò una di esse, quella
con gli occhi più… angosciati.
Guardò verso Lena e poi verso Alex.
“Fai attenzione.” Mormorò la giovane Luthor
e Alex annuì.
***
Linda si lanciò verso il cielo, tentando di
sfuggire, imitata subito da Kal, ma le loro
avversarie erano troppe e decisamente agguerrite. La lotta fu violenta nel
cielo, ma fu anche sorprendentemente rapida. Pochi minuti di fuoco, ghiaccio e
pugni e i due El si ritrovarono in ginocchio sul
tetto dal quale erano partiti.
Lena non riusciva a crederci.
“Com’è possibile? Come ti è venuto in mente
di…?” Chiese, guardando la Kara che sapeva essere la donna che amava, ormai non
avrebbe potuto confonderla nemmeno tra cento versioni.
“Oh, non è stato così difficile dopo tutto
sono una El.” Sorrise e furono in molte ad imitarla.
Lena era abituata a cosa sorprendenti, ma una trentina di Kara che sorrideva
verso di lei era comunque difficile da reggere.
“Elmayarah.” Mormorò, ricordando l’antico motto della famiglia
El. Un motto che non aveva mai capito, prima di
conoscere quella Kara.
“Più forti insieme.” Annuì la ragazza. Si era
avvicinata a lei e ora le prese la mano portandosela al petto. Lì, sul simbolo
che aveva odiato e che ora grazie a quella donna amava. “Non è solo un modo di
dire, un motto vuoto di senso.” Aggiunse con orgoglio. “Tutte loro non hanno
esitato quando ho chiesto aiuto per te.”
Lena arrossì un poco, mentre la ragazza la
guardava con quegli occhi dolci e profondamente innamorati.
“Ehi, se non la baci tu, fai spazio!” Urlò una
Kara, evidentemente una versione più intraprendente della donna che arrossì
violentemente tra le sue braccia. Lena rise e poi chiuse le distanze incollando
la propria bocca a quella di Kara in un bacio pieno di sollievo.
Quando si separarono e si voltarono di nuovo
verso la folla di kryptoniane bionde e dagli occhi
azzurri, Lena non ebbe difficoltà a identificare tra le tante ragazze quelle
che in Lena, probabilmente, vedevano solo una cara amica.
Non poté fare a meno di sorridere e si morse
il labbro pensando alle Lena che non conosceva, ma che sapeva si stavano
struggendo per un bacio desiderato e al contempo temuto.
Il suo sguardo si incupì quando incontrò gli
occhi di Linda, fissi con odio su Kara.
“Cosa hai pensato di fare con loro?” Chiese
alla ragazza indicando i due El inginocchiati, il
viso della donna si fece serio.
“L’unico posto in cui possono stare è lo
stesso in cui pensavi di mandarli. Posso avere la trappola che avete costruito
tu e Winn?”
“Non ha funzionato.” Disse e provò un brivido
all’idea del contrario. In quel momento sarebbe stata nella Zona Fantasma e non
lì accanto a Kara.
“Oh…” La ragazza fece una piccola faccia
colpevole e Lena notò una serie di visi altrettanto colpevoli nella folla di Supegirl.
Corrugò la fronte e incrociò le braccia.
“Sì?” Chiese e Kara arrossì ancora un poco.
“Il fatto è che…”
“Ho bloccato il segnale impedendo al
marchingegno di collegarsi con le frequenze della Zona Fantasma e aprire un
portale, individuando, al contempo, la tua posizione.” Intervenne una ragazza
identica a Kara, ma vestita di un costume interamente blu, privo di mantello e
che portava i capelli corti, indossando ancora gli occhiali, anche se una
versione decisamente tecnologica.
“Ecco, sì, un’idea brillante se ci pensi e non
ti arrabbi, saremo anche in trentaquattro, ma non avevamo idea di dove fossi,
Cisco può aprire brecce dove vuole, ma non riesce a localizzare qualcuno se non
ha un indirizzo preciso, così abbiamo atteso che usassi la trappola, bloccato
il segnale prima che vi portasse via e siamo volate qui, devi capire che…” Lena
le posò una mano sulle labbra fermando il fiotto di parole di Kara.
“Grazie.” Disse soltanto, poi estrasse dalla
tasca il congegno e lo consegnò alla giovane che se lo rigirò tra le mani
compiaciuta, borbottando piano. Una Kara scienziata… interessante. Colse lo
sguardo preoccupato di Kara e le sorrise. Doveva essere strano essere gelose di
se stesse...
“Ecco fatto.” Concluse la donna. “Quando vuoi
dirigilo su di loro e saranno gli unici ad andarsene, ho corretto l’angolo, non
un’esplosione, ma un fascio.” Spiegò e Lena annuì, sorpresa e impressionata.
Era una modifica che lei e Winn avevano dovuto
escludere visto che necessitavano di potenza e non di precisione, ma ne
conosceva la complessità ed effettuarla in così poco tempo era ammirevole.
Prese il congegno e si diresse dai due El. Con un profondo respiro guardò la donna di cui si era
innamorata cercando sul suo volto qualcosa, qualsiasi cosa che la spingesse a
decidere per lei un destino diverso. Ma non trovò nulla, vi era solo rabbia,
furia e malvagità. Lena aveva visto National City, anche solo per quella colpa
meritava la punizione più grave.
“Non sono un giudice di Krypton e vorrei che
vi fosse ancora un sistema giudiziario capace di processarti, ma sono kryptoniana e conosco il nostro codice e attraverso di esso
vi giudico.” Prese un profondo respiro e legò il proprio sguardo a quello di
Linda, per l’ultima volta. “Kara Zor-El ho pesato le
tue azioni e le tue colpe. La Zona Fantasma è l’unico posto in cui potrai
riflettere sui tuoi peccati ed espiare le tue colpe” Le disse. “E lo stesso
vale per te, KalEl.”
“Non lo farai.” Assicurò arrogante Linda. “Non
lo farai perché non posso credere che tu preferisca quella… nullità, incapace
di fare il lavoro da sola.”
“Lo farò Linda e non per vendetta, ma per
giustizia.” Il suo viso era grave, serio. “Ti ho amata quando conoscevo solo
una piccola parte di te, per la donna che sei realmente provo solo profondo
dolore e dispiacere, perché so, guardando lei e guardando tutte loro, che
potevi essere una donna migliore.”
Linda si agitò nella ferrea stretta delle due
donne che la tenevano, inutilmente. Era ora di porre fine a quella storia, una
volta per tutte. Fece un cenno alle ragazze che tenevano i due prigionieri, poi
premette il pulsante, le due figure furono illuminate e poi, semplicemente,
sparirono.
Lena osservò lo spazio vuoto e fu invasa da un
senso di pace e di libertà, si era aspettata un vuoto, un senso di smarrimento,
persino della tristezza, non quei sentimenti che non sapeva di poter provare un
giorno.
Era finita, tutto era finito e lei era…
libera. Con sollievo si rese conto che era sciolta dalla promessa fatta al
padre e alla Terra, il pianeta che l’aveva accolta, era libera di seguire una
nuova strada, una strada che avrebbe deciso lei.
Una mano scivolò delicatamente nella sua e
Lena si voltò ad osservare gli occhi pieni di gioia e di soddisfazione di Kara.
Gioia, sollievo, amore.
Lena sorrise e, per la prima volta, permise a
se stessa e al suo cuore di accettare quella nuova meravigliosa verità:
qualsiasi fosse la strada che avrebbe intrapreso non l’avrebbe percorsa da
sola.
Note: Ed eccoci alla fine. Il
futuro non è più precluso alle nostre ragazze, ora sta a loro decidere come
viverlo, sta a loro tracciare un nuovo destino che, però, continuerà a vederle
assieme, perché, lo sapete… niente può dividerle.
Spero che questa storia vi sia
piaciuta e spero che vi abbia fatto compagnia in attesa che la terza stagione
di Supergirl cominci.
Vi ringrazio tutte per averla
seguita e per averla commentata, mi ha fatto molto piacere conoscere le vostre
impressioni e scoprire cosa vi colpiva di più. Sarò un disco rotto, ma non
importa: grazie!