Un'altra vita

di Heda_Lexa
(/viewuser.php?uid=1009203)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


CAPITOLO 1


Il vento le scompigliava i capelli e le provocava brividi su tutto il corpo. Il viso per una volta non era contratto dalla rabbia, ma disteso e sorridente. I suoi occhi erano chiusi e la sua mente vagava lontano, oltre lo spazio e il tempo, in quei luoghi dove niente avrebbe potuto farle più del male. Aprì gli occhi. La città di Seattle si estendeva sotto di lei in tutta la sua magnificenza, con gli imponenti grattaceli, le piazze e i parchi. Le macchine sfrecciavano a tutta velocità, ma nessun suono arrivava fino a lei. Nel suo piccolo angolo di paradiso il silenzio regnava sovrano. Ci andava ogni volta che sentiva di non riuscire più a reggere il peso di quella vita, ogni volta che la solitudine la schiacciava e le ricordava che era sola al mondo. Oggi era uno di quei giorni. La rabbia era tornata e la voglia di combatterla e di essere una persona migliore no. Guardò l’ora. Era passato da molto l’ora di pranzo e sarebbe dovuta essere a casa già da un po’. Casa. Quella non era proprio la parola giusta per definire il luogo in cui viveva; di certo era molto migliore rispetto alle sistemazioni precedenti, ma non era una casa. Si alzò in piedi, prese il suo casco tra le mani e prima di indossarlo lesse per l’ennesima volta le parole che vi erano scritte sul retro: “ Sei tu il mio re..”. le lacrime iniziarono a pigiare per uscire, ma oggi non aveva neanche la forza di piangere. Si infilò il casco cacciando via tutti i ricordi ad esso legati e accese la moto disturbando il silenzio di quel posto magico. Sfrecciò per le strade di Seattle e in poco più di mezz’ora si trovò di fronte al cancello di quella che da sette mesi era diventata casa sua.  Lo aprì, entrò, parcheggiò la moto e si incamminò verso il giardino che in quel momento era pieno di bambini che giocavano e che cercavano l’attenzione di una coppia. Già, era arrivata un’altra coppia. Avrebbe studiato ogni bambino, cercando quello meno difettoso e poi se lo sarebbero portato a casa, lasciando gli altri nello sconforto e a domandarsi cosa ci fosse di sbagliato in loro. Perché non io? Lei se lo era domandato molte volte negli anni, ma alla fine aveva smesso. Aveva smesso di provarci, aveva smesso di cercare di essere perfetta per farsi notare da una stupida coppia perché lei non lo era, era imperfetta, scontrosa, arrabbiata e nessuno avrebbe mai scelto una bambina difettosa. Alla fine era cresciuta e nessuno decide di adottare un’adolescente. Tra poco però sarebbe stata libera, avrebbe compiuto diciotto anni tra otto mesi e se ne sarebbe potuta andare per sempre, avrebbe potuto lasciarsi alle spalle gli istituti, le case famiglie e avrebbe potuto ricominciare. Il suo flusso di pensieri fu interrotto dall’impatto tra un minuscolo corpicino e le sue ginocchia.
“Lexaaaa!!” la piccola continuava a stringere Lexa nel suo abbraccio.
“Ciao Alice.. hai intenzione di lasciarmi o vuoi rimanere così fino a domani?” disse la ragazza mentre scompigliava i capelli alla piccola peste.
“ Giovanna e Luca si sono un po’ arrabbiati quando non sei tornata per pranzo. Volevano che fossimo tutti presenti all’arrivo dei nuovi genitori… pensi che abbia una possibilità questa volta?” Lexa guardò la piccola che intanto si era staccata dalle sue gambe e le sorrise dolcemente.
“Sai che non amo questo genere di eventi… spero davvero che sia la tua occasione.” Lo sperava davvero, voleva che qualcuno portasse via quei bambini come nessuno aveva fatto con lei. Non che lì si stesse male. Giovanna, Luca, Maria e Claudio si prendevano cura di loro in maniera impeccabile e cercavano di non fargli mancare nulla; ma niente poteva eguagliare il calore e l’amore di una vera famiglia. Vide Giovanna avvicinarsi insieme alla coppia e il suo sguardo tornò subito scuro.
“Lexa mi stavo preoccupando… ti avevamo detto di tornare per pranzo.”
Non rispose.
“Comunque loro sono Kate e Leo, staranno con noi per qualche giorno.”
Lexa li squadrò da capo a piedi, erano entrambi sulla trentina, lui era molto affascinante, un po’ robusto, ma ben piazzato, con la barba abbastanza curata e i capelli beo ordinati. Lei era una donna bellissima, con le sue forme, capelli lunghi e biondi e gli occhi celesti. Quando incrociò lo sguardo della donna provò una sensazione strana, come se si potesse fidare di quella sconosciuta.
“Piacere, io sono Kate e lui è mio marito Leo..”
Lexa la fissò, poi decise di ignorare la mano tesa della donna e si allontanò, si sedette al tavolo poco lontano e si accese una sigaretta, mentre si sentiva addosso lo sguardo della donna.
 
 
 
“Potrebbe parlarmi un po’ di Lexa?” chiese Kate a Giovanna.
“Lexa è arrivata qui sei mesi fa, è una ragazza molto difficile, ha vissuto quasi tutta la vita in case famiglie o famiglie affidatarie. Non sappiamo di preciso cosa le sia successo. I suoi genitori morirono in un incidente d’auto quando lei aveva poco più di due anni. quando è arrivata qui parlava poco ed era davvero difficile gestirla, poi con il tempo ha capito che non ci doveva trattare con ostilità, che non siamo noi il nemico. Si è aperta un po’, soprattutto con i ragazzi. Li aiuta e cerca di proteggerli più che può. È una brava ragazza…ha solo avuto una vita difficile.”
“Capisco.. grazie- le due donne si fissarono per qualche istante- forse sarebbe meglio se tornassimo in albergo, è stata una lunga giornata.”
“Certo, vi faccio accompagnare da Claudio…. Bambini salutate Kate e Leo, torneranno domani mattina.”
Tutti i bimbi corsero per dare un bacio della buonanotte ai due, poi si diressero verso le loro camere.
 
Kate e Leo arrivarono in hotel dopo poco, ringraziarono Claudio e si diressero verso la loro camera. Non appena la porta fu chiusa Kate disse:
“Leo..”
“Si-la interruppe il marito- si si si.”  I due sorrisero e si abbracciarono stretti.
“abbiamo trovato la nostra bambina.” Disse Kate mentre le lacrime scendevano sul suo viso.
“è stata lei a trovare noi.” Rispose Leo.
 
 
Passarono tre giorni e Lexa si sentiva sempre più osservata da quella strana coppia. A breve avrebbero dovuto comunicare quale bambino volessero adottare e lei non vedeva l’ora che succedesse. Le mettevano inquietudine e questo non le piaceva affatto.
Dopo una giornata passata con amicizie poco raccomandabili decise di tornare a casa nella speranza che i due fossero già tornati in albergo. Quando arrivò pensò che la fortuna fosse dalla sua parte, poiché non c’era traccia di loro, ma quando si sentì chiamare dallo studio e si trovò tutti e quattro i responsabili della struttura davanti pensò che forse tanto fortunata non era stata.
“Lexa siediti per favore.” Le disse Maria, e lei obbedì, incapace di rispondere.
“andrò dritta al punto Lexa- disse Giovanna- ti abbiamo chiamato qui per informarti che tra quattro giorni partirai per l’Oregon, Kate e Leo hanno deciso di adottarti.”
Lexa spalancò la bocca, tutto si sarebbe potuta aspettare tranne che quello.
“No” fu l’unica parola che riuscì a dire.
“Lexa è la tua opportunità per avere una famiglia. Finalmente hanno scelto te. Dovresti essere contenta.”
“No”
“Lexa ti prego non rendere le cose difficili.” Intervenne Luca.
“No!-  si era alzata e aveva iniziato a urlare- tra poco me ne sarei potuta andare, avrei potuto finalmente iniziare a costruire la mia vita ! Non voglio una famiglia, non più! Ho una vita qui, degli amici e dovrei lasciare tutto nel giro di quattro giorni! Non posso andarmene … Costia è qui…” l’ultima frase fu quasi un sussurro.
“Lo so Lexa e per questo mi dispiace- Giovanna aveva oltrepassato la scrivania e aveva preso le mani di Lexa tra le sue- domani verranno a firmare i documenti e se vorrai potrai passare del tempo con loro. So che è difficile da accettare, ma per una volta hanno scelto te. Hanno scelto te. Dovresti essere felice di questo.. hai comunque quattro giorni per salutare chi devi salutare. Puoi essere veramente felice. Cogli questa opportunità.”  Lexa fissò quella donna che aveva fatto così tanto per lei in quei mesi e si lasciò sfuggire un sorriso, poi, senza parlare, si diresse in camera.
 
I giorni erano passati in fretta e tra poche ore l’aereo sarebbe partito per portare Lexa nella sua nuova casa.  Aveva deciso di non passare del tempo con la sua nuova famiglia, voleva stare da sola. Aveva salutato tutti i suoi amici, anche se lei li considerava più conoscenti con cui sballarsi ogni tanto, e tutte le sue “amiche”. Almeno aveva potuto fare dell’ottimo sesso di addio. Le valigie erano pronte e stava imballando tutto ciò che avrebbero spedito. Prese il casco tra le mani, identico al suo se non per la scritta sul retro: “..ed io la tua regina” lo fissò per diversi minuti, poi si decise di andare a salutare l’unica persona che meritava il suo addio.
 
 
Si ritrovò davanti ad una lapide curata, piena di fiori e di ghirlande. Costia era molto amata, tutti le volevano bene. Si avvicinò e posò il mazzo di rose che aveva comprato poco prima.
“So che è molto che non vengo e mi dispiace, ma senza di te tutto è stato più difficile. Le giornate erano vuote, come lo ero io.. e lo sono ancora. Tu sei stata la mia salvezza, mi hai amato come nessuno aveva mai fatto in vita mia e mi hai sempre spronato ad essere una persona migliore. Senza di te non riesco ad esselo, o forse non mi interessa, non lo so. – Lexa si prese qualche minuto per osservare la tomba in silenzio, ripensando a tutti i momenti passati con la sua amata Costia- in ogni caso sono venuta a dirti che me ne sto andando. Una coppia a deciso di adottarmi.. parto oggi. So che ti ho delusa.. da quando sei morta sono tornata ad essere la persona che ero prima di incontrarti, o forse anche peggiore, ma forse andarmene mi farà bene. Potrò costruire una nuova vita lontana da tutti gli sbagli che ho commesso…. Non credo tornerò più a Seattle quindi temo che questo sia il nostro ultimo incontro. Non ti dimenticherò.. sarai sempre nel mio cuore. Ti amo.” Le lacrime iniziarono a uscire e Lexa non riusciva più a sopportare il dolore che si era formato nel suo petto, così diede un bacio alla lapide e se ne andò senza più voltarsi indietro. Arrivata a casa trovò tutti ad aspettarla. Tutti i bambini la salutarono e la riempirono di baci.
“Sono felice che abbiano scelto te Lexa” le disse Alice nell’orecchio.
“Ricordati che questo non vuol dire niente.. tu sei perfetta così come sei e prima o poi arriverà una famiglia anche per te… non perdere mai la speranza.” Strinse forte a sé la piccola, poi si alzò e abbracciò Luca, Maria, Claudio e Giovanna. Non si dissero niente, si limitarono a guardarsi. I loro sguardi valevano più di mille parole. Lexa montò in macchina e questa volta si girò e guardò indietro fino a quando la casa non era più visibile. Tirò un forte sospiro. Non sapeva cosa l’avrebbe aspettata, ma di sicuro sarebbe stato meglio del passato. Le era stata data una seconda possibilità e non l’avrebbe sprecata. Le era stata donata un’altra vita.
 
 
Salve a tutti! So che ho un’altra storia in corso, ma avevo questa idea in testa e non riuscivo proprio a liberarmene. Nei prossimi giorni cercherò di aggiornare anche l’altra.
 Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, se vi va lasciate una recensione con i vostri pareri, così da capire se è di vostro interesse e se vale la pena continuare a scriverla.
May we meet again!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
 
La mano fuori dal finestrino. Il vento che si scontrava con essa e che le scompigliava i capelli. Il suo rumore sovrastava quello della musica.  Lexa osservava il paesaggio che stava cambiando drasticamente. Le case diminuivano, i campi aumentavano. Leo la osservava dallo specchietto retrovisore mentre stringeva la mano di Kate. Durante il viaggio in aereo si era messa le cuffie e non aveva rivolto la parola a nessuno.
La macchina arrivò davanti al cancello di casa e Lexa rimase meravigliata; da quanto era grande sembrava una villa. Non appena scese dall’auto si guardò attorno. Leo scaricò i bagagli e Kate si avvicinò alla ragazza un po’ titubante.
“Lexa vieni ti mostriamo la tua camera e poi ti facciamo vedere il resto della casa.”
Lexa la ignorò. Si incamminò verso il giardino dietro la casa sfiorando con le dita tutti i diversi tipi di fiori che erano stati piantati. Quando vide la bellezza di quel posto rimase meravigliata per la seconda volta: un’enorme piscina si trovava al centro del giardino e poco più in la vi era un gazebo in legno con un tavolino e un piccolo piano cottura. Lexa si sedette e si accese una sigaretta cercando di calmare il battito irregolare del suo cuore. Quando finì la sigaretta si alzò e, pendendo un profondo respiro, si diresse verso la casa. Entrò e trovò Kate e Leo ad aspettarla.
“Ho fatto un giro fuori… spero non sia un problema.” Disse cercando di mantenere il suo tono distaccato, anche se dentro di lei la paura stava prendendo il sopravento. Non sapeva come comportarsi, non voleva dare loro troppa confidenza, non voleva rimanere delusa un’altra volta.
“Nessun problema Lexa, questa ora è casa tua puoi fare ciò che vuoi.” Disse Leo.
I tre si incamminarono su per le scale ed entrarono in quella che sarebbe diventata la camera di Lexa. Vi era un letto matrimoniale, due grandi armadi, una scrivania e un piccolo comodino.
“Non l’abbiamo ancora arredata per bene perché non sapevamo con chi saremmo tornati quindi… puoi scegliere te come sistemarla.” Kate la fissò per un istante poi, non ricevendo risposta dalla ragazza fece segno al marito e uscì dalla stanza. Quando erano sull’uscio la voce di Lexa li fece fermare.
“Grazie…- era solo un piccolo sussurro- è molto bella.” Un sorriso si disegnò sul volto dei neo genitori che si diressero in cucina.
Lexa osservò attentamente la camera e iniziò a sfare le valige che Leo le aveva gentilmente portato.
Non aveva mai avuto una stanza tutta per se e il mix di emozioni che sentiva dentro le fecero tremare le mani mentre sistemava alcuni oggetti sulla scrivania. Prese un profondo respiro e cercò di calmarsi.
 
 
La cena fu molto silenziosa. Ogni tanto Leo e Kate cercavano di fare un po’ di conversazione ma le risposte di Lexa erano quasi sempre monosillabi. Non appena ebbe finito si alzò per sparecchiare ma la donna la bloccò subito.
“Non ti preoccupare Lexa ci penso io. “ la ragazza annuì imbarazzata e aspettò che Kate finisse di sistemare.
“Noi guardiamo un po’ di televisione, ti vuoi unire a noi?” Kate la guardava speranzosa.
“Ti ringrazio ma è stata una giornata pesante, credo che andrò a letto.”
“Oh ok- la delusione era visibile sul suo volto- va bene non ti preoccupare. Domani mattina ti va di andare a fare un giro in centro? “
“mmm…-Lexa era titubante – io la mattina vado a correre, ma.. ecco… dopo certo.”
“Certo quando torni dalla tua corsa andiamo.” i tre si diedero la buona notte e Lexa si diresse nella sua camera.
Addormentarsi fu un impresa quella sera, il cervello di Lexa sembrava non volersi spengere.
 
 
“No…lasciami stare… vattene….. aiuto.. aiutatemi… ahhhh” Lexa si svegliò di soprassalto urlando. Era madida di sudore e il suo respiro era irregolare. Da quanto era agitata non si era accorta che  Leo e Kate stavano bussando alla sua porta già da qualche minuto.
“Lexa apri la porta”
“Lexa stai bene ? Lexa?”
Entrambi ripetevano queste frasi a oltranza e cercavano di aprire la porta chiusa a chiave.
“Sto bene…andate via.” Stava cercando di regolarizzare il respiro, ma l’incessante rumore alla porta non l’aiutava affatto.
“Lexa ti prego apri la porta.” Disse Kate con un tono pieno di paura.
“Ho detto che sto bene! Lasciatemi stare!”
Quando senti il rumore di passi che si allontanavano si accasciò sul letto e forti singhiozzi scossero il suo corpo.
Guardò l’ora: 5.30. Si alzò dal letto e andò in bagno. Si tolse il pigiama, ormai tutto bagnato di sudore e si infilò sotto la doccia. La spugna grattava il suo corpo sempre più forte.
Mentre si rivestiva notò i segni della spugna che si mescolavano a quelli che aveva ormai da tempo.
Si allontanò dallo specchio e indossò i suoi vestiti sportivi, uscì di casa e iniziò a correre.
 
Improvvisò un percorso e si diresse nel centro della piccola città. La musica nelle orecchie e il battito regolare del suo cuore erano l’unica cosa che sentiva. Superò  negozi, case e ristoranti fino ad arrivare ad un parco enorme. Prese il sentiero del parco e si ritrovò sommersa da alberi e fiori, corse accanto ad un ruscello che si immetteva in un piccolo laghetto e osservò le panchine e i giochi per i bambini. Quando stava per ritornare sulla strada principale vide un gruppo di ragazzi che correvano verso di lei: quattro ragazze e un ragazzo. Li sorpassò senza degnarli troppo e continuò il suo percorso. Dopo un’oretta di corsa decise di tornare verso casa, ma prima si fermò a un bar per fare colazione. Non appena entrò vide il gruppo di ragazzi che correvano prima nel parco seduti ad un tavolo con altri ragazzi. Ordinò la sua colazione e andò a sedersi molto distante dal loro.
 
 
“Ragazzi quella è la ragazza che correva nel prato.” Disse Raven.
“Eh si… credo che sia lei la ragazza che Kate e Leo hanno adottato.” Disse O’.
“Si molto probabile.” Rispose Clarke.
“che dite andiamo a salutarla?” Jasper guardò gli altri in attesa di una risposta.
“Non penso sia una buona idea- continuò Clarke- ieri doveva esserci la festa a sorpresa per il nuovo arrivato, ma come sapete tutti Kate e Leo hanno chiamando dicendo ai nostri genitori di non fare niente. Mia madre mi ha detto che al telefono Kate le ha raccontato che è una ragazza un po’ difficile. Dovremmo prima darle il tempo di abituarsi a questo nuovo ambiente.”
“Mi chiedo con che coraggio abbiano deciso di adottare un’adolescente di 17 anni.” disse O’.
“Se è quello che si sentivano.”
 
 
Nel frattempo Lexa finì la sua colazione e se ne andò. Arrivò a casa, si fece una doccia e quando scese in cucina trovò Kate pronta che l’aspettava.
“Che dici se prima di visitare un po’ la città facciamo colazione insieme?”
“L’ho già fatta.” rispose secca Lexa.
La mattinata passò abbastanza tranquilla, Kate fece vedere a Lexa la piccola cittadina, la portò a scuola a fare l’iscrizione e poi fecero qualche giro per i negozi dove la donna, dopo molta insistenza, riuscì a comprare qualche vestito alla ragazza.
Mentre uscivano dall’ultimo negozio le due incontrarono i ragazzi che Lexa aveva visto al bar.
“Ciao ragazzi” disse Kate tutta sorridente.
“ehilà Kate” tutti i ragazzi la salutarono.
“Vorrei presentarvi Lexa… Lexa loro sono i figli di tutti gli amici miei e di Leo. Hanno la tua età e sono sicura che andrete molto d’accordo. Una di queste sere potete venire a cena da noi, così vi conoscete un po’ meglio.”
“Molto volentieri.” Rispose qualcuno.
“Bene, allora in questi giorni chiamerò i vostri genitori.. ora noi andiamo. Ciao ragazzi fate i bravi.”
“ciao Kate” tutti salutarono la donna e qualcuno fece un cenno a Lexa per gentilezza.
La giornata passò abbastanza tranquilla, Lexa si fece un bagno in piscina, poi nel tardo pomeriggio si mise a sistemare la sua camera, cercando di dargli un tocco un po’ personale. Per l’ora di cena Leo rientrò da lavoro e il pasto venne consumato come la sera precedente.
La settimana stava giungendo al termine e i due neo genitori si sentivano sempre distanti da Lexa. non erano riusciti a fare un minimo di progresso, nonostante cercassero di passare più tempo possibile con lei.
La domenica sera il giardino fu riempito da un sacco di gente. Lexa non si aspettava che gli amici di Kate e Leo fossero così numerosi. Erano stati apparecchiati due tavoli: uno per i “grandi” e l’altro per i ragazzi.
Lexa dopo dieci minuti non si ricordava neanche mezzo nome, non che le importasse molto in ogni caso.
Mentre aspettava che la cena fosse pronta si sedette al suo posto e si accese una sigaretta.
“Fumare fa male…” disse una donna di colore che si avvicinò a lei.
Lexa la guardò storto e continuò a fumare la sua sigaretta.
“ prima credo di averti detto il mio nome ma non che lavoro faccio. Sono l’insegnante di calcio alla scuola che tu inizierai a frequentare tra poco. Kate e Leo mi hanno detto che giocavi a calcio nella tua vecchia scuola e che eri molto brava. Potresti fare il provino a settembre. Sempre se riesci ad avere il fiato.” disse facendole l'occhiolino.
“Indra vieni un secondo” qualcuno chiamava la donna.
“mi reclamano.. spero tanto di vederti al provino allora.”Indra fece un dolce sorriso a Lexa e si diresse a vedere il motivo per cui era stata chiamata. 
Dopo pochi minuti tutti si misero a tavola e i ragazzi cercarono di mettere a proprio agio Lexa.
“Allora Lexa ti spiego un po’ come è formato il nostro gruppo- iniziò Anya- considera che di extra ci siamo solo io e Lincoln ahaha. Praticamente tutti i loro genitori erano amici dalle medie o asilo non mi ricordo. Hanno figliato tutti nel solito anno più o meno- tutti si misero a ridere, ma Lexa rimase impassibile- e quindi anche loro sono diventati amici. Io e Lincoln siamo bocciati quindi siamo finiti a seguire i corsi con questi pischelli. Io ora sto con Raven e Lincoln con Octavia. Poi abbiamo Harper che sta con Monty e Jasper con Maya. Di single abbiamo Clarke, Wells e Bellamy, il fratello di O’ che però va all’università. Poi a scuola ci sono un mucchio di single quindi tranquilla.”
“Non sto cercando nessuno in questo momento.” Disse Lexa fredda.
“Oh, va beh, era per dire.” Anya cercò di spostare l’attenzione da qualche altra parte e fortunatamente Leo si alzò in piedi richiedendo l’attenzione di tutti.
“Scusate un attimo… io e Kate vorremmo dire due parole. Innanzitutto grazie a tutti di essere qui. È bello sapere di poter sempre contare su di voi. Poi vorrei ringraziare Lexa. trovarti non è stato facile, ma appena ti abbiamo visto io e mia moglie abbiamo capito che stavamo solo aspettando te. Speriamo con tutto il cuore di essere i genitori che ti meriti e siamo sicuri che ti troverai bene con i tuoi nuovi amici.”
Lexa non fece finire di parlare Leo che si alzò e si diresse verso la casa lasciando tutti ammutoliti. Si fermò sul terrazzo a fumare una sigaretta, poi si chiuse in camera con la speranza di riuscire a dormire almeno qualche ora.
 
 
Il bar era stracolmo di gente come sempre.
“Non è stata molto carina ad andarsene mentre Leo parlava.” Disse Maya mentre sorseggiava il suo drink.
“Penso che per lei sia difficile essere qui. Non ha mai avuto una famiglia e probabilmente a Seattle aveva degli amici. Lasciare tutto là non deve essere stato facile.” Cercò di difenderla Clarke.
“La paladina della giustizia è tornata ahahahh “ tutti risero alla battuta di Raven.
“Non sono la paladina della giustizia.. io osservo. Inoltre è la realtà dei fatti. Vivere in famiglie affidatarie e case famiglia non deve essere facile. Non possiamo giudicarla se non sappiamo quello che ha passato. In ogni caso mi sembra una ragazza a posto. Dobbiamo impegnarci tutti per farla entrare nel nostro gruppo.”
Tutti annuirono alle parole di Clarke.
“Spero solo che non faccia soffrire Kate e Leo… sono brave persone.” Disse Lincoln.
“Lo spero anche io.” Disse Clarke. 


Salve a tutti. scusate per il ritardo nell'aggiornare. per ora le cose non si sono smosse più di tanto, ma vediamo già una Clarke pronta a difendere Lexa. spero che il capitolo vi sia piaciuto.
May we meet again.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
Correre. Correre. Correre.
La corsa era diventata l’unica cosa che tranquillizzava Lexa in quella che era diventata la sua nuova vita.
Non sapeva cosa voleva dire vivere in una famiglia, quindi non riusciva a relazionarsi con Kate e Leo. Non aveva più visto nessuno dei ragazzi dalla sera della cena e sinceramente un po’ le dispiaceva. C’era la ragazza bionda, Clarke, che decisamente aveva attirato la sua attenzione.
Finita la sua corsa mattutina rientrò in casa e si fece la doccia.  Come ogni giorno trovò Kate che preparava la colazione.
“Lexa sono arrivati i pacchi che erano stati spediti da Seattle. Sono dietro nel garage.”
“Oh..okay grazie.”
“oggi dobbiamo andare a scuola a fare le iscrizioni, poi mi ha chiamata Raven, stasera vanno al Grounders, un pub in centro dopo cena. Vuoi andare anche tu?”
“mmm… ci penso.”
“Okay, in ogni caso qualcuno passa di qui prima di andare quindi puoi decidere anche stasera.”
“Va bene.”
Lexa finì la sua colazione in silenzio e poi andò in garage a prendere le sue cose.
La sua moto era al centro del garage, bella come sempre. Amava la sua moto. Quando sfrecciava lungo le strade con quella le sembrava di essere invincibile. Prese i due caschi poggiati sopra e li portò in camera sua. Fece avanti e indietro sulle scale per un paio di volte, portando nella sua camera la sua chitarra e altri suoi oggetti personali.
Una volta sistemato tutto prese il suo casco e uscì.
 
La musica nelle orecchie sovrastava il rombo del motore. La velocità aumentava e Lexa si sentiva sempre più viva. Parecchie volte si voltò, poiché le sembrava che un altro corpo si stesse stringendo a lei per paura della velocità. Ma era solo un’illusione.  Era sempre un’illusione.
 
La moto andava, sembrava avere vita proprio; passò per le strade di campagna, strade sconosciute e strade trafficate. Si sentiva libera. Libera come lo era stata un tempo troppo lontano ormai. Libera come lo era stata quando aveva incontrato Costia. Forse qualcosa stava veramente cambiando dentro di lei.
 
 
Tornò a casa nel pomeriggio inoltrato. Kate uscì di  corsa di casa.
“Lexa dove sei stata?!- il terrore disegnato sul suo volto- pensavo ti fosse successo qualcosa!”
“Sto bene, ero andata a fare un giro.”
“Devi avvertirmi quando fai queste cose. Dovevi tornare per pranzo. Mi sono spaventata tantissimo.” Kate abbracciò stretta Lexa non appena scese dalla moto. In un primo momento la ragazza rimase immobile, incapace di capire come comportarsi, poi si lasciò andare e ricambiò l’abbraccio.
“Scusami Kate… è che io sono abituata a non rendere conto a nessuno se non a me stessa. Mi dispiace. La prossima volta farò più attenzione.”
Un enorme sorriso si aprì sul volto di Kate che abbracciò nuovamente Lexa e le diede un bacio.
“Stai tranquilla. È tutto a posto…ora forza, sbrigati che dobbiamo andare a scuola.”
Le due si staccarono e per la prima volta Kate sebtì di aver fatto un passo avanti. Forse nel cuore di sua figlia si era aperto un piccolo varco che avrebbe segnato l’inizio di un bellissimo rapporto.
 
Kate e Lexa andarono a scuola, dove la ragazza consegnò i fogli per il trasferimento dalla sua vecchia scuola a quella e si iscrisse ai corsi extra. Quando tornarono a casa trovarono Leo che preparava la cena e Lexa si rifugiò in camera sua.
 
“Oggi Lexa mi ha chiesto scusa per non essere tornata a pranzo. E mi ha permesso di abbracciarla.”
Leo strinse a sé la moglie.
“Ha solo bisogno di tempo. Sono sicuro che ha un grande cuore e tanto amore da donare alle persone. L’episodio di oggi ne è la conferma.”
 
La cena passò tranquilla, Lexa parlò un po’raccontando qualche aneddoto accaduto nella sua vecchia scuola e la cosa rese molto felice i due neo genitori. Finita la cena Lexa tornò nella sua camera.
 
Din don.
“Arrivo.” Urlò Kate dalla cucina, mentre si dirigeva verso la porta di casa.
“Entra Clarke.” Disse la donna salutando la ragazza e dandole un bacio sulla guancia.
“Come stai?”
“Tutto bene, grazie Kate. Questo te lo manda mamma- disse Clarke passando una busta a Kate- e poi volevo sapere se alla fine Lexa veniva stasera.”
“Non lo so.. è andata in camera sua dopo cena. Se vuoi salire e vedere se è pronta vai pure.”
“okay.”
Non fece in tempo a finire la frase che Lexa scese le scale ed entrò in salotto.
“Oh eccola qui..- disse Kate- sono felice tu abbia deciso di andare con loro. Sono sicura che ti divertirai.”
Clarke era rimasta imbambolata dalla bellezza di Lexa. la camicia bianca che aveva indossato le fasciava il corpo, mettendo in risalto i suoi muscoli, e i pantaloni baige attillati avevano lo stesso effetto sulle sue gambe.
“Ehm si andiamo..” disse Clarke cercando di darsi un contegno.
Le due montarono in macchina e il viaggio fu piuttosto silenzioso. Quando arrivarono gli altri erano già lì e avevano preso un tavolo.
“Ciao ragazzi.” Disse Clarke mentre si avvicinava al tavolo, riservando un saluto speciale a Nylah.
“Lexa questa è Nylah, una nostra amica di scuola.”
Le due si scambiarono una stretta di mano, poi presero posto a sedere. Clarke in mezzo a Nylah e Lexa.
“Allora Lexa, parlaci un po’ di te.” Disse O’.
“ehmm- Lexa non voleva essere nuovamente scortese, così cercò di essere più gentile possibile- non c’è molto da dire. Ho vissuto tutta la vita a Seattle. Gioco a calcio e suono qualche strumento musicale… amo andare in moto e poi… non so.”
“Anche noi giochiamo a calcio.- disse Raven- io sono portiere, O’ è attaccante, Clarke e Harper centrocampiste e Nylah e Anya difensori. Te che ruolo hai ?”
“attaccante.”
Un grande boato di approvazione si levò dal loro tavolo.
“ci serve proprio un attaccante. Ontari è stata buttata fuori dalla squadra…”
“finalmente!!” urlò qualcuno.
“…così quest’anno siamo senza un secondo attaccante forte. Tu ci faresti comodo sai.” Concluse Clarke.
“Non so se farò il provino.. quest’anno non ho preso parte al campionato.”
“come mai?” chiese Anya.
“Storia lunga.”
“secondo me dovresti farlo… provare non costa niente.”
“Potrei..ci penserò.”
La musica si alzò nel locale e tutte le coppiette si alzarono e andarono a ballare.
Nylah chiese a Clarke di seguirla in pista ma questa rifiutò rimanendo al tavolo con Lexa.
“Non ti piace ballare?”
“Non particolarmente”
“come mai?”
“un tempo amavo ballare- disse Lexa distogliendo lo sguardo da quello di Clarke- ma forse più perché sapevo che la persona che ballava al mio fianco lo amava.” Un sorriso malinconico tagliò il voltò di Lexa.
“Anche io amo molto ballare. Potresti farlo per me.” Clarke tese la mano a lexa ma questa rifiutò.
“Non te la prendere Clarke, ma non sono proprio dell’umore stasera.”
“Tranquilla Lexa.. so che è difficile per te ambientarti qui, ma puoi contare su di me..noi. Se vuoi possiamo andare a correre insieme la mattina. Posso portarti a fare un giro in questa piccolissima città.”
“Volentieri Clarke. Mi farebbe molto piacere.”
Le due si scambiarono un sorriso sincero.
"quali strumenti sai suonare?" chiese Clarke per rompere il silenzio.
"La batteria, la chitarra e il pianoforte."
"Wow.. io so suonare la chitarra, mi ha insegnato mio padre... potremmo esercitarci insieme.. io seguo il corso extra di musica.
"Pure io.. mi sono iscritta oggi."
"perfetto!! così avremo anche più tempo per conoscerci" Clarke sorrise a Lexa, poi gli altri le raggiunsero al tavolo e la serata passò tranquilla.
 
La macchina si fermò davanti al cancello della casa di Lexa.
“Spero tu ti sia divertita stasera.” Disse Clarke.
“si, sono stata bene… sembrate simpatici.” Una leggera risata contagiò entrambe.
“Ogni tanto lo siamo.” Disse Clarke continuando a ridere.
“Grazie del passaggio.. Buonanotte.”
“Buonanotte.. ci vediamo domani mattina.”
Lexa fece per scendere dalla macchina quando si girò nuovamente verso Clarke.
“Posso farti una domanda?”
“Certo, dimmi.”
“tu e Nylah state insieme?”
“oh- Clarke sorrise- no.. siamo state insieme per un periodo, ma io non provavo quello che lei provava per me.. non ha funzionato, ma ci siamo lasciate pacificamente. Lei è stata molto comprensiva, così abbiamo deciso di rimanere amiche.”
“Capisco… scusa se sono stata invadente.”
“Vai tranquilla.. come mai questa curiosità?”
“Oh niente, avevo solo notato qualcosa tra voi due.. ora vado. Buonanotte.”
Lexa uscì di fretta dalla macchina senza dare a Clarke il tempo di replicare mentre un piccolo sorriso soddisfatto le  spuntava sul volto.


Salve a tutti.
questo è un capitolo di passaggio, Clarke e Lexa iniziano a conscersi e sembra che siano interessate l'una all'altra. 
spero vi sia piaciuto.
May we meet again.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3705609