Yu Yu Hakusho Rebirth: il secondo Torneo delle Tenebre di SephAndNike production (/viewuser.php?uid=55641)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - wanted! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3- wanted 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4- justice? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 1 *** Un nuovo inizio ***
cap1
L’isola era da tempo immemore un ammasso di soli
ricordi.
Nell’aria che si respirava si poteva percepire, ancora, il
metallico odore di
sangue. Gli stessi alberi ne erano impregnati, e i fiori sembravano
aver preso
coloriti mai visti prima.
Dove ancora tutto era solo cenere, si ricominciarono a
sentire delle voci in lontananza.
“Che i lavori abbiano inizio”
I grandi mostri metallici ricoprirono metà
dell’isola e,
insieme, ruggirono e emisero fumi densi dal colore grigio.
Ormai mancava poco tempo. Davvero poco.
Capitolo 1
“Un nuovo inizio”
Alla fine dello scorso torneo delle arti marziali nere, e
del grande torneo del Makai, tutti iniziarono a cercare un modo per
vivere in
tranquillità, lontani da qualsiasi guerra.
Yusuke e Kuwabara tentavano, disperatamente,
di trovare lavoro in un ufficio di
assicurazioni, Kurama era stato preso come sottosegretario
nell’ufficio del
padre, Hiei , dopo aver abbandonato Mokuro e il suo gruppo, vagabondava
fra le
dimensioni occupandosi degli umani dispersi o i demoni infiltrati nel
mondo
degli uomini.
La tranquillità, quasi paragonabile alla noia, presto si
sarebbe spezzata. Tutti loro da tempo ormai percepivano una sensazione
strana
proveniente da ovest. Un eco lontano che li richiamava tutti a rapporto.
Un giorno che sarebbe venuto molto presto.
Ore 16:10. Dal grande ufficio della Minamino corporation si
iniziò a sentire un lontano echeggiar di passi. Una valanga
di lavoratori si
stava precipitando all’uscita, quasi sfondando le porte.
Ma mentre quelli, uniformemente, si avviarono alle porte, il
primo ad uscire fu un ragazzo dai lunghi capelli rossi, vestito in
giacca e
cravatta, che portava in mano una valigetta ventiquattrore di pelle
nera.
Shuichi, questo è il suo nome, pareva aver fretta di tornare
a casa. L’ansia che pervadeva i suoi occhi e il sudore che
gli rigava la fronte
erano la prova della sua preoccupazione.
Girò al primo angolo e si fiondò dentro una
farmacia.
“ desidera qualcosa signore?”
…
Senza nemmeno riprendere fiato ne calma, rimise il
portafoglio di nella valigetta e riprese a correre.
Lasciava che gli alberi gli sfrecciassero accanto, non degnò
nemmeno ai semafori un minimo di attenzione.
Se qualcuno lo avesse incidentalmente tamponato
probabilmente non si
sarebbe comunque fermato. Aveva una missione da compiere. Un medicinale
da
portare alla madre.
Superato l’ennesimo semaforo rosso, ed essersi sorbito le
lamentele, incrociò il giornalaio scontrando la spalla con
un individuo.
Essendosi accorto del colpo si voltò e gridò:
“Mi scusi!”
Ma appena si accorse dell’individuo rallentò i
propri passi
fino a fermarsi completamente.
Aveva, per errore, scontrato una ragazza dai lunghi capelli,
quasi arrivavano alle ginocchia, di un color nero corvino con forti
riflessi
blu. Il corpo longilineo, armonioso anche se con poche forme, vestita
come una
normale ragazza di tokyo.
Si voltò incrociando il suo sguardo gli sorrise e mosse le
labbra per dire “non fa niente”.
Fu allora che Kurama notò gli occhi: la
profondità
dell’oceano e un senso di infinito cadere si rifletteva nelle
sue pupille. Un
segno sulla guancia, che lo confondeva dall’essere un
tatuaggio o una cicatrice
di vecchia data, lo mise in allerta.
Iniziava a percepire una sorte di brivido freddo partirgli
dalla punta dei piedi fino ai capelli.
Quasi istintivamente si accarezzò la rosa che aveva nei
capelli, provando a tornare sui propri passi.
Finché, quella sensazione di brivido, divenne vera e propria
aria fredda e, improvvisamente, tutto attorno a sé parve
congelarsi.
Il suo fiato creava minuscole nuvolette bianche e le persone
parevano immobilizzate.
E’ un campo d’energia
spirituale di elevata potenza, pensò Kurama,
voltandosi di scatto, alla
ricerca di una risposta a quel mutamento improvviso, e notò
che l’unica persona
che riusciva ancora a muoversi era la strana ragazza.
Anzi, sembrava che avesse creato lei stessa quel
cambiamento. Fu allora che Kurama sfilò la rosa e si
preparò.
Qualsiasi cosa fosse accaduta si sarebbe trovato preparato.
Fissò la ragazza, ancora di spalle che continuava a
camminare per la strada,
quando percepì una flebile energia proveniente da nord.
C’era qualcun altro che continuava a muoversi.
C’era
qualcuno che, come lui e la ragazza, notava il cambiamento e continuava
a
camminare come nulla.
E proprio da dove guardava, sbucò un demone dalle forme
serpentesche, che strisciava tra le gambe degli umani pronto ad
attaccare la
preda giusta.
Indossava solo vesti logori e le squame erano insanguinate.
Probabilmente, come pensò Kurama, il passaggio per il mondo
degli umani gli
doveva essere costato molto. Sia dal punto di vista fisico che
spirituale.
Annusava cercando disperatamente energia e sangue. Pareva
sperduto.
E’
solo un demone inferiore. Sarà meglio levarlo di mezzo, pensò
Kurama, ma appena provò a trasformare la sua rosa in frusta,
la ragazza dai
lunghi capelli anticipò ogni sua mossa.
Allungò la mano destra facendo comparire attorno ad essa
delle preoccupanti nubi nere, che si condensarono e unirono,
risucchiate come
dal palmo, per poi formare una spada dalla lunghezza spropositata, nera
ed
evanescente.
Era circondata da vapori neri che creavano a loro volta
delle bolle liquide, come fatte di petrolio.
“Ma quella è…”
Impugnata saldamente l’arma, la ragazza scattò
rapida tra le
persone, arrivando faccia a faccia col demone al quale, senza dare un
secondo
di più, staccò la testa senza un minimo di
esitazione. Non ebbe il tempo di
sibilare che il corpo si disciolse in nubi nere.
Accadde tutto in meno di un istante: non ci fu sangue, non
ci furono più tracce.
“…la mefistohara.”
La ragazza strinse l’elsa e il fumo e le bolle di petrolio
tornarono, risucchiate, nella mano.
Si voltò e fissò Kurama: il segno sulla sua
guancia pulsava
di vita e gli occhi erano divenuti neri come gli abissi più
profondi.
Gli sorrise con carineria, poi si levò dal suolo una bolla
di fumo nero che la inghiottì. Quando la nuvola scura si fu
dileguata, anche la
ragazza era sparita.
In un attimo tutti tornarono a camminare, come niente. Le
lancette dell’orologio puntavano ancora lo stesso orario.
Ma Kurama non poteva negare ciò che aveva visto con i suoi
occhi, nonostante tutti gli altri sembrassero ignari.
Non riusciva ad essere calmo e fermo come al solito: da quel
che sapeva quell’arma veniva utilizzata dagli sciamani e
raramente i demoni
erano dotati di tale potere. Un potere che tempo addietro era stato
bandito e
temuto, perché capace di portare solo morte e distruzione, e
perché utilizzato
unicamente da persone straordinariamente temibili..
Ma allora come mai non aveva percepito nemmeno un minimo di
energia? Ora che sapeva, come poteva garantire la propria salvezza?
Rimise la rosa al suo posto e raccolse la tranquillità
rimasta per tornare di fretta a casa.
Quel volto però lo ossessionava: chi era quella ragazza?
Cosa
ci faceva una creatura così potente nel mondo umano? E
soprattutto,
rappresentava un pericolo?
Intanto nell’ufficio d’assicurazioni Mishiku
Tawara, Yusuke
Urameshi e Kazuma Kuwabara erano intenti a lavarsi le mani nel bagno
degli
uomini. Entrambi fissavano la loro immagine riflessa nello specchio,
quasi non
riconoscendosi.
“Sembro un dannato pinguino con questo vestito da
capoufficio.”
Fece Yusuke, cercando di allargare il nodo della cravatta,
di un colore giallo-oro.
“Meglio pinguino che barbone ,se permetti.”
Rispose Kuwabara sistemandosi con l’acqua il ciuffo rosso
pensando a quanto la giacca gli stesse divinamente.
Guardandosi e rimettendosi a posto le ultime cose, uscirono
dal bagno pronti a rientrare nell’ufficio del capo.
Ma quel mondo così cementato, pieno di documenti
d’archiviazione e monotonia parevano esser molto lontani
dalla mente di Yusuke.
Lui non voleva essere rinchiuso, era un animale libero.
Quella restrizione e quel luogo non facevano parte di quel che era, e
tutto
sembrava aver preso un colore grigiastro come quello della costrizione.
Il pensiero di una vita spesa a quel modo era troppo triste.
Anche se non era più un detective, veniva comunque
richiamato nel mondo dei
demoni, eppure non gli bastava.
Da tempo ormai non combatteva. Da tempo i suoi poteri
demoniaci inquieti reclamavano la vita.
Quando i suoi pensieri si soffermarono sull’immagine ansiosa
di lui barbuto mentre vedeva una partita di calcio con Keiko che badava
ai nove
figli, di cui quattro gemelli, dall’angolo del corridoio
vicino alla segreteria
esplose un fascio di luce e comparve dal nulla una ragazza dai capelli
azzurri.
“Botan?!?”
Esclamò Kuwabara, incredulo, guardandosi attorno sperando
che nessuno vedesse quell’apparizione.
“salve ragazzi!” fece la ragazza, salutandoli,
avvicinandosi
a loro vestita come una segretaria d’ufficio “ era
da tempo che non ci
vedevamo”
“Già, ma non per colpa nostra, direi”
Contraddì Yusuke,
quasi sbuffando per ripicca.
In effetti di tempo ne era passato e non essendo più un
detective era raro ricevere le convocazioni da parte di Koenma.
Tutto sembrava essere diventato parte di un passato molto
remoto. Persino nello sguardo di Botan si poteva notare una certa
malinconia.
“Ma dai, non stiamo qui a discutere! Usciamo, ho una
richiesta molto speciale per voi, ragazzi” Riprese Botan, col
suo solito
sorriso smagliante.
“Di che si tratta?” domandò Kuwabara.
“Non ci crederete: abbiamo una missione
d’emergenza. Koenma
ha chiesto il vostro aiuto”
…
“ e quindi tu vuoi farmi credere che per mesi non vi siete
accorti di due forze troppo potenti qui nel regno degli
umani?” Fece allibito
Yusuke, sbottonandosi giacca e camicia allentando la cravatta.
“Esatto. Purtroppo non riusciamo ancora a capacitarci come
possa essere successo una cosa del genere. Sarebbe un punto a nostro
sfavore se
si venisse a sapere che creature del genere se ne vanno in giro senza
permesso
qui sulla Terra. Il re Enma non ne sarebbe felice e di sicuro
chiuderebbe
definitivamente i varchi dimensionali, mandando a monte il patto fatto
da te,
Mukuro e Yomi. Il nostro terrore è quello di un complotto:
magari c’è qualcuno
dall’altra parte che vuole sfondare il vostro regno”
“Ma scusa e nella possibilità che queste siano
creature
semplicemente disperse qui, voi li uccidereste lo stesso?”
Chiese Kuwabara, facendo cenno alla cameriera di portargli
un altro frappe alla fragola e banana.
“Non li avremmo uccisi comunque. Ma finchè sono
qui e non
sappiamo chi siano nessuno ci darà la sicurezza di chi ci
troviamo davanti.
Potrebbero essere assassini o peggio.”
“E noi in tutto questo che c’entriamo?”
sfidò Yusuke,
diventato quasi suscettibile.
“Ovvio no? Siete gli unici a conoscere questa
città meglio
di chiunque altro. Gli unici ad avere una forza in grado di catturarli.
Se
riuscirete nell’intento avrete un lauto compenso”.
Ci furono dei secondi di silenzio dopo quell’affermazione:
negli occhi di Kuwabara c’era un noto brillìo,
mentre Yusuke già era intento a
levarsi giacca e camicia.
“devo quindi dedurne che avete accettato?”
Yusuke sbuffò illuminando poi il volto di un sorriso quasi
beffardo: “ In fin dei conti siamo i più forti
guerrieri di tutte le
dimensioni, cara mia.”
…
Dalle parti del Hanayashiki
Amusement Park, l’ombra fuggente di Hiei sfrecciava
d’albero in albero,
sorvegliando e guardando dall’alto ogni famigliola, ogni
turista, ogni stupido
essere umano.
Nella sua testa ormai,
però,
regnava il vuoto. Aveva perso la voglia persino di sorvegliarli e/o
salvarli.
Quindi lasciava passare
l’apatia e
la noia come una cosa di tutti i giorni. Tanto stanco da anche veder
raramente
Kurama e gli altri.
Sentiva dentro di
sé la
conclusione di un esistenza vuota, ormai finita.
“Uff…”
sbuffava, rintanatosi sopra
i rami di un albero di pesco in piena fioritura. L’ombra e i
petali che
volteggiavano, l’aria fresca di una primavera alle porte.
Tutto era così
momentaneamente
meraviglioso che quasi si sentì trasportato verso una calma
interiore.
Forse quella
tranquillità non gli
dava poi così tanto fastidio, come pensava.
Finché non
sentì un qualcosa
cascare dall’altro lato dell’albero, tanto da
smuovere le fronde facendo cadere
decine e decine di petali al suolo.
Non poteva essere un uccello,
non
avrebbe fatto tutto quel casino. Così si voltò di
scatto a vedere dietro
l’altra parte del tronco.
Invece di trovarci un gatto o
un
qualche animale, lì stesa su un ramo stava una ragazza.
Quasi stranito, Hiei rimase al
riparo per non farsi notare, osservando ogni suo movimento e ogni
dettaglio
fisico.
Era buffa: i suoi capelli, di
un
color rosso vivo, erano corti ed erano sistemati col gel verso
l’alto, davanti
aveva una frangetta non uniforme di color biondo, e
dall’attaccatura dietro dei
capelli partiva una lunghissima treccia come altre due, più
corte, che portava
ai lati del volto.
Il volto non riusciva bene a
distinguerlo, ma doveva avere degli occhi color dell’oro, o
almeno così gli
sembrava. Doveva avere un fisico atletico, scattante, ma non per questo
armonioso e con molte forme, dato anche il seno abbondante.
Aveva un quaderno di piccole
dimensioni, forse un moleskine, sul quale stava scribacchiando.
No, guardando meglio stava
disegnando. Improvvisamente poggiò la matita in un incavo
del ramo e si voltò
di scatto, incrociando direttamente lo sguardo di Hiei.
Lui, spaventato, non
reagì
scappando, come al suo solito, si sentiva pietrificato.
“Avevi intenzione di
spiarmi
ancora per molto?”. La voce della ragazza era ferma,
tranquilla.
Hiei non rispose. Anzi non
sapeva
proprio come rispondere.
“oltre a essere uno
spione sei
anche muto.”
“NON SONO
MUTO!” rispose
innervosito Hiei, mostrando un leggero imbarazzo.
“allora ce
l’hai la voce quando
vuoi. Bene, almeno non dovrò intrattenermi con un mezzo
incapace.”
La ragazza si voltò
e lo fissò
negli occhi porgendogli la mano.
“Piacere di
conoscerti, compagno
d’albero”
In un primo momento Hiei aveva
quasi rifiutato quella mano, ma quella ragazza aveva un sorriso
così sincero
che gli sembrò brutto non rispondere alla cortesia.
Imbarazzato, guardando da
un’altra
parte, portò in avanti la mano destra, che la ragazza
strinse.
Nello stesso momento in cui le
mani entrarono in contatto Hiei percepì qualcosa di molto
strano: la mano
pareva essere scottante, ma non riusciva a levarla, come incollata.
Sentiva un crescente dolore di
bruciatura sia sul palmo che sul dorso e, all’apice della
sopportazione, fissò
la ragazza: nei
suoi occhi parevano
riflettersi un altro paio di occhi simil felino, e il suo intero corpo
era
pervaso di un energia spirituale potentissima e ardente di color bianco.
Era lucente e allo stesso
tempo
malevolo e spaventoso.
Quando riuscì
staccò la mano da
quella della ragazza, perdendo per un attimo l’equilibrio.
“E’
successo qualcosa?” fece lei,
sorridendogli, come se non fosse accaduto nulla.
E Hiei capì.
“Tu non sei
umana.”
La ragazza sgranò
gli occhi e il
sorriso sul suo volto si spense in un soffio.
“Che
c’è? Ti disturba il fatto che
ci sia una della tua stessa razza?”
Velocemente nella testa di
Hiei
apparve un unico pensiero: catturarla. Una così non poteva
andarsene a zonzo
per il mondo degli umani, col suo occhio vedeva che non portava il
marchio del
permesso di soggiorno. Così , senza nemmeno risponderle, si
buttò su di lei per
catturarla e lei, di rimando, balzò a un ramo più
alto, scendendo velocemente
sul ciglio della strada, correndo.
“Tsk!
Dannazione”
Balzò
giù dall’albero e prese a
inseguirla.
“Oltre che forte
questa qui è pure
veloce. Non sarà facile prenderla”
…
“Scusate il ritardo.
Abbiamo avuto
piccoli problemi con la borsa dell’acqua calda.”
Appena entrato nel bar, Kurama
si
sistemò i capelli: affascinante, bellissimo, alla moda, intelligente e misterioso.
Le donne che lo
guardavano svenivano al suo passaggio.
“KURAMAAAAAAAAAAAAAA!”
Kuwabara balzò
dalla sedia
precipitandosi al suo collo, abbracciandolo con tutta la forza dei suoi
muscoli.
“maledetto volpino
quanto tempo
che non ci vedevamo. Te e quel dannatissimo ufficio”
Arrossito da cotanta
leggerezza
nell’abbracciarlo, Kurama non riprese fiato, quasi soffocato
da tutta quella
malinconia.
Poco più in
là Yusuke aveva un
lungo sorriso su tutta la faccia, il sorriso che si ha quando si
è davvero felici
mentre Botan pareva avere gli occhi lucidi.
“Che accoglienza
ragazzi, sono
passati solo pochi mesi.”
“Beh ma anche un
corno che ne sono
passati pochi. Il telefono non basta, Kurama.”
Rispose Yusuke, avvicinandosi
per
dargli una pacca sulla spalla.
“ ma a parte i
convenevoli, cosa è
successo? Che c’è di così
urgente?”
Botan, ripresasi dal minuscolo
momento di commozione, prese dalla borsetta che portava con se una
serie di
fogli plastificati.
In essi c’erano dei
grafici, bozze
di disegni e foto sfocate in ombra.
“QUESTO è
il nostro problema.”
I tre si avvicinarono
prendendo i
fogli in mano, leggendo e scrutando i dettagli delle foto:
c’erano solo delle
ombre indefinite.
“dovreste cambiare
fotografo” fece
ironico Yusuke, ributtando i fogli sul tavolino.
In effetti su quelle tre foto
c’era solo una luna e un ombra davanti, confusa dai contorni
degli alberi,
nella seconda in un parco su una banchina erano stati fotografati
controluce
due persone di spalle e nella terza un occhio tutto mosso.
“Non è
facile fotografare dei
demoni in movimento in una città affollata come questa.
E’ difficile per noi
riuscire a identificarli, anche perché i nostri fotografi
ecco…”
Botan riprese fiato.
“…sono
tutti stati uccisi. E
questi sono gli unici reperti che abbiamo per identificarli.”
Ci fu un attimo di silenzio.
Capirono tutti che individui del genere erano di una
pericolosità inaudita,
tanto da eliminare qualsiasi prova della loro esistenza.
“non hanno documenti
qui a Tokyo,
non sono schedati nel mondo dei demoni. Nulla di nulla. Sembrano essere
inesistenti”
Proseguì Botan,
mostrando loro gli
schedari del Makai e di coloro che l’avevano abbandonato o
che erano morti.
“l’unica
cosa che sappiamo è che
sono degli assassini e ladri professionisti. Non possiamo dirvi di
certezza
quanto, ma hanno rubato la metà quasi esatta del tesoro
interno del Makai e
Ningenkai.”
“ E con furti di
così grande
valore non vi siete minimamente mossi?”
Accusò Kurama,
scosso da una
leggera inquietudine, facendo sobbalzare Botan dalla sua calma.
“Abbiamo avuto dei
problemi più
grandi che badare a qualche ladruncolo. Il fatto è che si
sono arricchiti ad
una velocità impressionante e sono sfuggiti a qualsiasi
sicurezza.”
“In poche parole noi
dobbiamo
trovare degli efferati assassini, ladri professionisti e rapidi come
ombre qui
a Tokyo? Perfetto. Tutt’a un tratto pensavo di
annoiarmi.”
Fece Yusuke, sbruffone come
suo
solito.
“Se qualcuno
disturba la
MIA città allora dovrà
pagarla”
Kuwabara si levò la
giacca
sbottonandosi la camicia. Brillava sul petto una S. (sorvolate su
questo nelle
vostre recensioni… nda – Seph)
“E NESSUNO POTRA
IMPEDIRMI DI
SALVARLA!!”
“Fammi
indovinare” fece Yusuke “
da quanto tempo aspettavi di fare una scena del genere?”
“da
sempre” sorrise
innocentemente, riabbottonandosi la camicia.
“direi di partire
alla ricerca fin
da subito. Non sono tranquillo nel pensare che due efferati killer si
aggirino
da queste parti.”
Disse Kurama, uscendo in
fretta
dal bar seguito dagli altri.
“Dividerci sarebbe
la cosa
migliore…ma….”
Kurama guardò
dall’altro ciglio
della strada: lì vedeva una piccola ombra nera correre a
velocità
impressionante.
“…quello
non è Hiei?!?”. Anche gli
altri aguzzarono la vista: sì era proprio lui, correva
dietro un’altra persona
più in là, in una rapidità che solo
loro riuscivano a vedere.
“SEGUIAMOLO!”
_______________________________________________________
Seph: da quanto volevamo mettere questa storia su internet!! Roba che
va avanti dalla terza media! Ehi, non linciateci con le recensioni...
Nike: in effetti ormai la muffa avanza rapidamente sotto le mie acselle
sudate...ma lasciando da parte il puzzo ecco qua una NUEVA AVVENTURA!!!
Alla faccia...sta venendo completamente diverso dalla prima stesura ve?
Seph: e chi se la ricorda la prima stesura.... non ha l'aria
di una cosa molto intelligente manco adesso, ma noi lo amiamo per
quello che è, è il nostro bambino! (oddio, Seph,
rinsavisci...). Comunque (rinsavita) questa storia mi mancava da
morire...
Nike: già...pure a me. Le mie mutande mi hanno ricordato che
era ora di dargli una spolverata. beh ma signori signore bimbi belli e
bimbi brutti e quelli che fanno i rutti siamo solo all'inizio!!
...ehm....seph? non credi che iniziamo a sembrare un po' pazze? secondo
me non recensirà nessuno per la demenzialità
delle autrici.
Seph: benvenuta nel mio mondo. Ora non resta che pubblicare ed
incorciare le dita. Comunque tanto per la cronaca, siamo pazze come
sembriamo, ma questo non si è mai rivelato essere un difetto
^^ Un grazie anticipato a tutti quelli che recensiranno! Un bacio da
Sephirah! (ecchissenefrega! ndVoi)
Nike: right right right! Un grazionissimo paciocchissimo e un bafone
sul pancione a tutti da Nike ( mamma mia sembro un
teletubbies...talmente mielosa da far venire le carie)
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - wanted! ***
Capitlo2
Capitolo
2°
“WANTED!”
La folla si
riversava sulle strade metropolitane come enormi greggi di pecore. Il
chiacchiericcio era un rumore di sottofondo continuo, accompagnato
dalle
macchine, squilli dei cellulari e suoni di clacson.
Il grande
minestrone quotidiano della metropoli, che quasi facilitava
l’accesso dei
demoni e lasciava difficoltà nel riconoscimento.
Superato la
via
commerciale e le marmaglie di ragazzine, mentre quelle ridacchiavano
mangiando
gelato, Hiei si sentiva quasi sperduto. Aveva perso di vista quella
ragazza, e
in quella confusione gli fu impossibile riconoscerla.
“sta
trattenendo
l’energia…dannazione”
Riflettè
per un
secondo Hiei, quando ogni attimo la portava sempre più
lontana.
“JAGAN!”
Si
aprì sotto la
benda il terzo occhio, facendo trasparire una lieve luce bulbare di
color verde
brillante.
E
lì iniziò a
vedere tutto in un tempo diverso: come rallentati, ognuno nel proprio
spazio
preciso e conciso dalle coincidenze e tutti contornati dalle proprie
energie
spirituali fragili e deboli, come solo gli umani avevano.
Fra tutti i
colori grigiastri, là dove tutto svaniva nel buio
risplendeva la figura di un
ombra nera dai luminosi occhi dorati, che correva guardandosi alle
spalle.
“Trovata.”
Fece
tra sé e sé, riprendendo a correre, stavolta con
una meta precisa con
l’immagine di ciò che doveva prendere.
Corse senza
mai
trovare il tempo di respirare, corse senza un minimo di stanchezza.
Balzò sugli
edifici, mantenendo il passo vedendola correre lì, a pari
distanza, più in
basso sulla strada.
Girò
verso il
cantiere del nuovo quartiere ad ovest, dove tutto era in costruzione:
un posto
perfetto dove catturarla senza farsi notare.
Infatti lei
voltò
alla destra, ritrovandosi in una zona chiusa dai muri di cemento tutto
lasciato
in mano agli operai, che in quel momento non lavoravano.
“Sei
veloce. E,
credimi, fartelo dire da uno come è quasi un
complimento”
Disse Hiei,
sceso
a terra chiudendo l’unica uscita dalla quale sarebbe potuta
scappare. La
ragazza si guardava attorno, cercando un’uscita ma i muri
erano alti e iniziava
a percepire un certo panico che dimezzava le sue forze.
“Complimento,
tsk. credi che sia così facile prendermi? Tu non hai la
benché minima idea di
chi ti trovi davanti.”
Sbeffeggiò
la
ragazza, nascondendo la palese paura che la imperversava. Raccolse la
calma
attorno a sé e dischiuse gli occhi. Il respiro divenne
forte, soffiava fra le
strade, e tutto tornò immobile.
Ora erano
solo
lei e il demone dai capelli all’insù.
STIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Fu come un
violento suono a fischio, che frenò la folle corsa di
Kurama, Yusuke e
Kuwabara. Era un suono assordante, trapanava il cervello e rendeva le
gambe
molli.
“Qualcuno
ha
appena creato un campo dimensionale qui nella
città.” Balbettò in
difficoltà
Kurama, incitando con un movimento della testa ad andare avanti e non
fermarsi.
Ma
più loro
camminavano, più il suono diventava fastidioso, e il resto
delle persone in
città li guardavano stupefatti: loro, in fin dei conti, non
sentivano niente.
Avanzavano
dando
forza alle gambe ma più cercavano di muoversi,
più le energie spirituali e
demoniache andavano a perdersi, come risucchiate. Non potevano neanche
a
provare a pensare di utilizzare le proprie energie che,essendo potenti,
avrebbero infastidito la quiete e la salute delle persone attorno a
loro.
“Sbrighiamoci,
non sopporterò ancora per molto di non poter usare la mia
energia demoniaca”
Fece Kurama,
cercando di prendere velocità, trascinandosi dietro Botan
che non riusciva
quasi più a smuovere un passo.
Arrossì
nel
sentire la sua mano prendere la propria, e quasi sperò che
non la lasciasse
più.
Hiei si
sentiva
pietrificato, spaventato e anche felice. Una minuscola particella di
felicità
nel vedere che tutta quella noia aveva appena ricevuto una scossa
più grande di
quanto potesse mai immaginare.
Lì
davanti ai
suoi occhi, si ergeva la figura di una ragazza dalla forza inaspettata
e
potente e risvegliò in lui forze ormai quasi del tutto
dimenticate.
Quel senso di
sfida che non ricordava da tempo, di fronte a una sfidante
probabilmente sua
pari.
“Non
mi lasci
altra scelta che usare le maniere forti, donna.”
Fece Hiei,
buttando via la veste nera, restando in canottiera e pantaloni.
Sguainò la
spada dal suo fodero e si mise in posizione, attendendo una prima mossa.
La ragazza,
per
risposta, allungò il braccio in avanti, con un movimento
morbido, come se
stesse accarezzando qualcosa.
E quel
qualcosa
apparve un secondo dopo nella sua mano destra: un lungo arco, dalla
manifattura
eccellente, dalle punte contornate da lunghi nastri rossi e bianchi,
che
svolazzavano al vento.
Lì,
alla fine,
splendevano alla luce due lame ricurve con incise parole che Hiei
riuscì a
leggere.
Hillua.
Forgiato da Merkel. Bandito da
Mokuro. Arma sterminatrice di demoni.
“Sei
una
sterminatrice di demoni?”
Gridò
Hiei,
muovendosi di tre passi verso destra.
“non
sono così
stupida da uccidere i miei simili, se questi non
m’intralciano la strada.
Quest’arma che vedi ha semplicemente vissuto e visto le
più cruente battaglie
ed era stata sigillata. Sei fortunato di poterla vedere nel suo
utilizzo”
Come per
tenderlo, ella puntò Hiei, e con la mano destra
tirò la freccia che, però, Hiei
non vedeva.
Scoccò
il colpo e
Hiei pensò ad uno scherzo. Non aveva lanciato
alcunché. Finchè all’improvviso,
senza che se ne accorgesse, si ritrovò una freccia
conficcata nella milza.
Una freccia
di
color petrolio completamente circondata da potenti fiamme bianche.
“c…che
cos?”
Neanche il
tempo
di riprendersi che già ne era partita un’altra e
ad una velocità tale che era impossibile
vederle ma Hiei, questa volta, non si fece trovare impreparato.
Scattò a destra
e a sinistra per farle perdere la mira, ma era tenace e ogni freccia
riusciva
sempre ad arrivargli vicino fin troppo vicino.
Quando
però la
vicinanza di Hiei iniziava a essere pericolosa abbassò il braccio destro, impugnando
con entrambi le
mani il centro dell’arco.
“ora”
pensò
dentro di sé Hiei, attaccandola con un fendente. Ma la lama
non toccò nemmeno
il petto della donna che la stessa l’aveva afferrata con la
mano.
Dal palmo non
usciva nemmeno una goccia del suo sangue, anzi scivolavano in terra
veloci
gocce di metallo fuso.
Stava, con il
solo tocco, sciogliendo la sua spada, come fosse burro. Hiei ebbe un
secondo
per riflettere cosa fare: fissava quegli occhi e più li
guardava più notava la
duplicità dell’iride, come se
qualcos’altro fosse là dentro. E lo osservava,
beffardamente.
Quasi
ammaliato,
in quei pochi secondi, lanciò un pugno nel pieno stomaco
della ragazza, che
abbandonò la presa della lama.
“colpi
bassi
persino nei confronti di una donna. Vedo che non ti fai troppi
problemi”
Sorrise la
ragazza, massaggiandosi lo stomaco.
“che
siano donne,
bambini o anziani a me non interessa. Chi mi sifda rimane pur sempre un
mio
avversario”
“noto
con piacere
che la pensiamo entrambi allo stesso modo. Mi sarebbe piaciuto
conoscerti
meglio, Hiei Jaganshi.”
Non fu
sbigottito
nel sentire il proprio nome. Da quando lavorava per Mokuro era
conosciuto
ovunque e, se prima la sua fama era quello di ladro, ora era ad uno
stadio più
alto, più rispettato e, allo stesso tempo, temuto.
Dentro di
sé
sorrise nel pensare che ormai chiunque lo conosceva.
Lanciò
lontano la
spada ed evocò le fiamme oscure che circondarono il suo
corpo. Non si fece
problemi a volerla eliminare, partendo all’attacco.
Lei rimase
immobile, con i suoi occhi penetranti e l’arco basso. Non
rispose, non si
posizionò. Il suo volto sembrava velato di un accenno di
tristezza, ma Hiei non
gli badò e le si scaraventò addosso.
Ma arrivato
lì
davanti sbattè contro qualcosa di duro, come se un muro di
cemento dividesse
lui e la donna, facendolo sbalzare a metri di distanza, gridando come
un pazzo.
“HIEI!!!
SIAMO
QUA! HIEI!!”
Gridava a
gran
voce Kurama, mentre Kuwabara si avvicinò alla bolla che
aveva creato attorno
alla ragazza che, da dentro, sbraitava, spingeva e attaccava come una
forsennata.
“Mi
dispiace,
gattina, da lì non si esce. Solo io kazuma kuwabara scelgo
quando e dove voglio
lasciarti uscire”
Dall’interno
la
smorfia della ragazza divenne furiosa e lanciava pugni e calci
all’impazzata.
“prima
o poi ti
stancherai” fece Yusuke battendo col dito sulla superficie
“ e quando accadrà
non ci farai altro che un favore, carina:”
Mentre i due
tenevano sotto controllo il Kekkai creato da Kuwabara, sopra uno dei
muri in
costruzione riappare Hiei col naso gocciolante di sangue.
“Ah,
Hiei! Allora
ci sei ancora!”
Esultò
Kurama
quando Hiei scese lì al suo fianco.
“Non
avevo
chiesto io il vostro aiuto. Me la sarei cavata da solo e poi,
indoviniamo un
po’ di chi è stata la stupenda idea del kekkai?
Del pel di carota immagino”
“Senti
tappetto
se non fosse per me a quest’ora questa criminale ti avrebbe
conciato per le
feste. Ringraziami una buona volta invece di darmi
contro,TAPPETTO.”
“Manco
scannato”
“a
parte ciò”
continuò Yusuke “è un piacere rivederti
Hiei. Come al solito i nostri incontri
sono casuali. Non ti andava più di lavorare nel
makai?”
Hiei,
asciugatosi
il naso goccioloso, lo fissò negli occhi: “ Quel
che scelgo di fare non è affar
tuo, Yusuke.”
“carino
e
simpatico come sempre” ridacchiò Yusuke, notando
con piacere che l’amico, anche
dopo tutto quel tempo, era rimasto lo stesso.
Botan
intanto,
stando vicina alla ragazza, appuntò sul suo block notes le
varie informazioni
sul suo fisico, notando che la sagoma nera di una delle fotografie
sembrava
combaciarle alla perfezione.
“Levatemi
una
curiosità” fece Kuwabara, aguzzando lo sguardo
prima su Hiei e poi sulla
ragazza
“per
caso voi due
andate dallo stesso giardiniere, coi capelli a cespuglio che vi
ritrovate?”
“GUARDATI
QUELLA SPECIE
DI CAROTA CHE C’HAI SULLA TESTA, INVECE”
Gridarono
all’unisono i demoni tirati in ballo, percependo un palpabile
imbarazzo prima
che il silenzio li inondasse.
La demone non
pronunciò una parola e sentì le gambe farsi
sempre più deboli, tanto che crollò
su se stessa, lasciando ciondolare la testa sulle spalle.
Percepiva le
forze evaporare e volare via nel cielo e, quando chiuse gli occhi,
tutto per
lei divenne oscuro.
…
Senza la
minima
consapevolezza di quante ore erano passate, riaprì
lentamente le palpebre.
Quel poco che
riusciva a distinguere era la sagoma di un ragazzo, poggiato con la
schiena al
muro, che dormiva, abbracciato a una spada.
Riprendendosi
a
ogni respiro riconobbe davanti a sé il demone Hiei jaganshi.
Alzò
lo sguardo,
spaesata, e capì di trovarsi in una camera da letto dalle
pareti di un color
verde muschio: c’era una scrivania con un computer acceso,
una minuscola
libreria riempita disordinatamente di giornaletti e manga e, ifnine,
accessori
e macchine per l’esercizio fisico sistemati qua è
là sopra delle apposite
mensole o appoggiati agli angoli della camera.
Non era poi
di
così grandi dimensioni eppure ci entrava tutto alla
perfezione.
Provò
ad alzarsi,
anche se stanca, ma si accorse di essere stata completamente incatenata
ed ogni
catena aveva attaccati sopra talismani, amuleti e pergamene mistiche
pervase da
mostruose forze distruttrici. Un movimento sbagliato e si sarebbero
attivati
tutti, eliminandola.
Non potendo
far
ricorso alla propria energia si abbandonò alla sconfitta,
sbuffando.
“brutto
sentirsi
in trappola dopo anni di libertà, vero?” fece
Hiei, mantenendo la stessa
posizione statuaria.
“Dovresti
saperlo
meglio di chiunque altro. Il tuo finto sarcasmo puoi anche
tenertelo” Rispose
lei.
“Se
non accetti
nemmeno una parola da chi è più esperto di te
allora sei più scema di quanto
credessi. Ti ho sopravvalutato.”
“O
forse”
contraddì la demone “ non hai minimamente pensato
che nella posizione in cui mi
trovo, accettare parole simili, soprattutto da uno come te, possano
ispirarmi
solo che odio?”
“Alle
volte,
allora, escono delle cose intelligenti da quella bocca.”
“La
libertà ti da
il dono di conoscere il mondo e un’intelligenza non
catalogabile”
Attimo di
silenzio.
“…come
mai mi hai
seguito? Cosa volete da me”
“Non
riesci a
trovare da sola la risposta giusta?”
“So
com’è la mia
fedina penale ma qui, in questo mondo, non ho fatto del male a nessuno.
Non è
di mio interesse”
“Ti
rigiro la
domanda allora” Hiei spalancò gli occhi e la
guardò fisso: “ che ci fa una
demone del tuo livello in una dimensione tanto noiosa?”
La demone non
aveva l’aspetto crudele e vendicativo di chi ha tanto potere
e ne usufruisce
senza mezze misure anzi il suo volto era velato da una profonda
tristezza.
“Mai
venuta
voglia di sentirti tranquilla? A proprio agio? Sembra che nessuno
riesca a
capire come sia l’unico modo, quello, di sopravvivere nel
Makai. Nessuno sembra
riuscire a capirti e ti prendono per una sterminatrice. Non ho mai
fatto nulla
per puro divertimento. Il mio è sempre stato spirito di
sopravvivenza” Sembrava
stesse piangendo nel provare a spiegare la propria innocenza, Hiei lo
comprese,
ma non potev smuoversi dal suo incarico.
Pensava che
più
le avrebbe dato ascolto più si sarebbe lasciato andare,
donandole la libertà.
Così richiuse gli occhi, estraniò la presenza
della ragazza, attendendo il
ritorno dei compagni.
“spirito
di
sopravvivenza o meno sta tranquilla che tra poco non sarai sola. La tua
amica
ti farà compagnia”
“Che
cosa?!?”
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3- wanted 2 ***
Capitolo 3
“Wanted parte
seconda”
“Dovrebbe essere
questo”.
Yusuke abbassò
la cartina,
guardando a destra e a sinistra le vie poco illuminate che circondavano
la
piazzetta, che sembrava essere stata costruita all’insegna
della decadenza: i
condomini che circondavano lo spiazzo erano fatiscenti, i muri
scrostati, i
tetti con parecchie tegole di meno. Non c’erano piante sui
balconi e pochi
panni stesi su fili ciondolanti. Le finestre avevano i vetri rotti e le
persiane sfondate, un lampione stradale illuminava ad intermittenza con
un
ronzio, un altro era definitivamente spento. Spazzatura a terra,
panchine
rotte, la fontana al centro non funzionava. E sul fondo della pietra
usurata
dal tempo c’erano solamente i corpicini stecchiti di quelli
che un tempo dovevano
esser pesciolini.
“Wow, questo
posto è davvero
squallido. I palazzi sembrano curvi sotto il peso della miseria. Sento
le
piante piangere” disse Kurama, con una nota di amarezza che
rendeva quel luogo
ancora più triste.
“Perché
tutta un tratto
Kurama mi sembra Legolas? L’elfo biondo…quello
lì”
“Eeeh
Kuwabara” sospirò
Yusuke “ quando capirai che dire belle frasi fini a se stesse
ha il suo fascino
principesco e romanzesco?”
Senza perdere altro tempo
contemplando quel luogo, Kurama li condusse alla casa in questione:
NUMERO
314 PIANO 2 interno
C.
Era, forse, il condominio
meno squallido all’esterno, ma mai giudicare un libro dalla
copertina, né un
palazzo dall’intonaco.
Mentre varcavano la porta
del
condominio prendendo la scala dell’interno C, non dissero
nulla. C’era solo il
respiro nervoso di Botan che percepiva nell’aria quel senso
di squallore ed
abbandono che fa quasi paura.
“Tutto
bene?” le domandò
Kurama, preoccupato per il suo respiro irregolare.
“Sto bene, sto
benissimo. E’
solo che questo posto mette angoscia.”
“Capisco, ma
ricorda che non
tutto può essere luminoso. Se non ci fosse degradazione non
potremmo apprezzare
la bellezza”.
Ogni parola era come una
pacca sulla spalla, ogni frase un abbraccio. E Botan non
poté fare a meno di
notare quello sfarfallio nello stomaco.
Sotterrando le belle frasi
del volpino, Kuwabara arrivò per primo alla porta
dell’abitazione. Bussò tre
volte, senza ricevere risposta.
“Starà
cenando…” bisbigliò
Botan all’orecchio di Yusuke.
“Che sia
impegnata o meno se
non risponde io entro sfondando la porta” rispose il ragazzo
sistemandosi i
capelli.
“Se procederemo
con la forza
attireremo le attenzioni dei vicini. Lasciate fare a me”
Kurama bussò
altre tre volte
prendendo fiato.
“Ci scusi per il
disturbo,
siamo la compagnia del gas…”
“LA COMPAGNIA
DEL GAS?!” fece
Kuwabara, sbigottito, prima che Botan gli tappasse la bocca e Yusuke
gli diede
una gomitata nello stomaco.
“…abbiamo
avuto una
segnalazione di perdita. Possiamo controllare la sua cucina?”
Improvvisamente la porta si
aprì
di qualche centimetro appena, ma ancora sigillata dalla catenella
interna che
la teneva socchiusa.
Lì, nel poco
spazio aperto,
si intravedeva il volto di una ragazza.
“Scusate il
ritardo, non
avevo sentito. Desidera?”
“Buonasera
signorina, abbiamo
ricevuto un…”
E in quel momento in cui
intrecciò il proprio sguardo con quello della ragazza,
tornò il vento gelido.
La sensazione di brivido su
tutto il corpo che rende il sangue di ferro e le ossa di vetro.
Fissò quegli
occhi, riconoscendo il segno sulla guancia.
Anche la ragazza parve
profondamente turbata nel vedere lo sguardo di Kurama.
“Mi dispiace,
avrà sbagliato
condominio”
“no,
no aspetti un attimo!!”
Ma la ragazza richiuse
impietosa la porta con un colpo sordo.
“Come mai ha
reagito così?”
domandò Botan, offesa.
“Io questa
ragazza l’ho già
vista”
“Motivo in
più per entrare,
non credi?” Yusuke si scrocchiò le mani.
“NO!
Così la faremo…”
Yusuke mollò un
pungo alla
porta, quasi disintegrandola, varcandola col braccio ancora teso.
Diede una rapida occhiata
alla casa vuota, notando la finestra principale sulla sinistra
completamente
spalancata.
“…scappare.”
“Gran bella idea,
Yu. Ora
dovremo anche inseguirla, e non ti dico quanto mi vada” fece
Kuwabara,
osservando la casa.
L’appartamento
era minuscolo,
una monocamera con bagno e piano cottura, e non c’era quasi
per niente mobilia:
solo un materasso spazioso e incavato, con le lenzuola candide, una
cassettiera
piena di vestiti straripanti, riposti in disordine, una televisione,
una pila
di libri in un angolo disposta meticolosamente di fianco ad una di cd e
dvd ben
ordinati e una console Playstation. Il piano cottura era tenuto ben
pulito, il
frigorifero era tappezzato di post-it scarabocchiati. Kurama si
avvicinò
appena. Sembravano disegni. Disegni dai tratti di penna pesanti e
calcati.
Sembravano sagome umane, ma erano deformi.
La
finestra dava su un piccolo terrazzo con
una ringhiera di ferro malridotta, con un paio di vasi di piante
vivaci,
l’unica nota di colore nell’appartamento.
“Mi sarei
aspettato tutt’altra
bicocca” fece Kuwabara. “Con quello che hanno
rubato potevano prendere di
meglio”
“Probabilmente
pensavano che
sistemate in un quartiere così poco frequentato nessuno le
avrebbe mai notate.
Comunque è strano che non abbiano approfittato dei loro
tesori per comprare
almeno mobili migliori.” Osservò Kurama, guardando
fuori dalla finestra
spalancata.
“Direi che
sarebbe molto più
interessante notare questo” disse Yusuke alzando una borsa da
campeggio,
situata accanto alla porta della camera da letto “ce ne
stanno altre due, di
borse. Si direbbe che se ne stessero andando via.”
“Lei di sicuro ci
è riuscita.
E’ andata, partita se n’è ITA! Non si
riesce nemmeno a percepire la sua
energia…” rispose Kuwabara accostatosi alla
finestra.
“Io la
sento” Kurama si voltò
guardando i compagni “Riesco a percepire esattamente la sua
presenza. Non
chiedetemi come. Sento solo come se un filo ghiacciato legato attorno
al mio
corpo mi stesse trasportando verso un punto ben preciso.”
Ci fu del silenzio fra i
ragazzi, non sapendo che tipo di contatto avessero avuto i due prima di
allora,
ma preferirono non domandare. Avendo la completa fiducia nei confronti
di
Kurama, gli fecero cenno di andare e loro l’avrebbero seguito.
…
Dopo nemmeno dieci minuti
di
corsa erano arrivati in un garage abbandonato, non troppo lontano dalla
casa
della stessa ragazza.
Nascosti dietro una
macchina
bruciata, un volskwagen, osservavano attentamente i movimenti della
ragazza.
Si guardava intorno
agitata,
correndo silenziosamente fra le macchine e i motorini parcheggiati,
come se
stesse cercando qualcosa d’importante.
“Che sta
facendo?” bisbigliò
Yusuke a Kuwabara, che sbirciava dalla macchina cercando di non farsi
vedere.
“Sembra stia
cercando
qualcosa.”
Anche Kurama si
affacciò,
cercando di mantenere il respiro regolare e calmo: quella sensazione di
gelo
non lo lasciava andare. Iniziava a sentire il suo corpo freddo e gli
formicolavano le dita.
“Aspettate!”
esclamò
sussurrando Kuwabara. “Si è fermata.”
A quella frase tutti
guardarono oltre la macchina: la videro lì, chinata a terra,
con le braccia
tese e le mani che tracciavano contorti simboli sul pavimento. Rimaneva
con gli
occhi chiusi e sembrava balbettasse qualcosa. Più rimanevano
a guardarla, più
sembrava che attorno a loro il garage stesse mutando forma: le macchine
parevano sciogliersi, i muri come se si ripiegassero su se stessi e
tutto
circondato da un alone oscuro e indefinito.
“Sta creando un
varco!!
FERMIAMOLA!!!” Urlò Yusuke, quando persino il
pavimento sembrava sciogliersi
sotto i suoi piedi per portarlo giù nelle
profondità della terra.
Il primo a scattare in
avanti
fu Kurama, seguito poi da Kuwabara e Yusuke mentre Botan aveva preso il
suo
remo e fluttuava sopra le loro teste.
Accortasi del rumore, la
ragazza si voltò di scatto, ma non ebbe il tempo di reagire,
e si ritrovò
addosso i due ragazzi.
“KEKKAI!”
Gridò Kuwabara,
creando una rete di fili spirituali, che si intrecciarono attorno al
corpo
della ragazza, costringendola in un’angusta bolla trasparente.
Lei sgranò gli
occhi, il
respiro le si fece corto. Colpì con violenza il confine del
suo Kekkai, e presa
dal panico cominciò ad urlare.
“Noo!
Noo!” gridò finché non
sentì raschiare la gola “Vi prego, lasciatemi
andare! Vi scongiuro!” Piangeva e
urlava, con quegli occhi improvvisamente divenuti bui mentre il segno
sul viso
pulsava come un cuore agitato. I ragazzi rimasero impietriti ad
osservarla,
scambiandosi sguardi interrogativi.
“Tu!”
gridò disperata la
ragazza, rivolgendosi a Kurama “ Ti prego, ti scongiuro
lasciami libera! Non ho
fatto del male a nessuno, mai! Vi prego…devo
andare…ho promesso di tornare…vi
scongiuro, lasciatemi!”
Kurama sentì una
morsa
stringergli il cuore: piangeva disperata, senza ritegno, chiedeva
aiuto, come
una bestia in trappola.
Ma continuava a guardarlo,
imprecando, disperandosi. Lo guardava, con quegli occhi scuri.
“Devo
andare…l’ho promesso…ve
ne prego…”
Mormorava solo quelle
parole,
le scivolavano sulle labbra ormai come una nenia, mentre il suo sguardo
si
perdeva nel vuoto, scostandosi da quello di Kurama, mentre si rendeva
conto che
non l’avrebbero lasciata andare.
Per un attimo tutti si
chiesero se una ragazza del genere potesse essere capace di assassini
feroci e
di furti. Ma era lei, per forza, ne erano sicuri. Eppure quel silenzio.
Perché
quel silenzio? Quell’inquietudine?
“Portiamola
dall’altra.”
Mormorò a voce bassa Yusuke, cercando di non guardare gli
occhi di quella
ragazza: riflettevano un senso di angoscia e dolore, chiedevano
pietà senza
vergogna e misura.
Senza aggiungere altro
aprirono il varco per il mondo degli spiriti, lacerando lo spazio e il
tempo in
un piccolo circolo d’aria, e sparirono nella luce azzurra del
portale, non
lasciando alcuna traccia della loro presenza in quel garage.
__________________________
NIKE:
Parto col dire che questo capitolo è venuto DIVINAMENTE!
alla faccia di chi
dice il contrario ( cioè nessuno MUAHAHAHA) a parte questo
chissà cosa
nascondono queste famose ladre...
SEPH:
e chi ci dice che scriviamo male verrà obliterato
(’nevvero) uao sapete? Quello
che dice la ragazza verso la fine, che deve tornare…
l’ho scritto io, ma mica
mi ricordo che volevo dire!! (mi verrà in mente….)
NIKE:
ah
beh io ricordo TUTTO. la mia mente superiore rimembra le origini
dell'universo
stesso. le fondamenta della ragione...Aspè
però...tu chi sei
SEPH:
la solita fomentata… bu bu! Vabbé insomma
commentate numerosi! (più numerosi!)
ciaooooo
NIKE:
ecco appunto...i miei neuroni rallentano causa febbra,..a parte
ciò non temete
signori e signore molto presto saprete cosa accadrà...mi
raccomando COMMENTATE
E RECENSITE
|
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Capitolo 4 *** capitolo 4- justice? ***
Capitolo 4
Capitolo 4
“Justice?”
“C…come
avete fatto a saper…”
“Un mio amico
conosce bene le piante” interruppe Hiei,
guardando fuori dalla finestra “ha creato un infuso di semi
demoniaci che ti
abbiamo fatto bere mentre dormivi. Ci hai detto tutto quello che
volevamo
sapere.”
La ragazza parve
improvvisamente più turbata di prima:
aveva parlato? E in quel caso cosa gli aveva detto?
Terrorizzata
dall’aver detto cose fin troppo
personali, cercò di cambiare discorso, ma in effetti
in una situazione come quella fare salotto le sembrava troppo da sceme,
così
rimase in silenzio a pensare.
Cosa avevano fatto alla sua
compagna? Come poteva
scappare? Le domande si affollavano nella sua testa scontrandosi l’un l’altra,
in un turbinio di agitazione che era meglio
controllare.
“prendi
fiato” diceva a se stessa “ conta fino a
dieci. Respira
profondamente”
“Tranquilla,
non dovrai aspettare
molto.
Al primo
segno dei miei servitori dovrò portarti nel mondo degli
spiriti” Disse Hiei,
alzandosi da terra, accostandosi alla ragazza.
“Ammetto che
quasi mi dispiace doverti lasciare alle
autorità di quei poveri imbecilli.”
“Se è
un modo carino di trattare con me stai proprio
sbagliando, caro.” Rispose acidamente, sogghignando.
“Carino?
È un aggettivo che non esiste nel mio
vocabolario. Se avessi voluto ti avrei già ucciso in quel
vicolo.” Fece
poi Hiei, con un volto quasi malevolo. La ragazza
però sapeva il fatto suo e lo sfidò, guardandolo.
“E
perché non l’hai fatto se ne hai avuto
l’occasione?”
STIING!
Prima che potesse
rispondere nella testa di Hiei
echeggiò una rapida sensazione simile al
pizzicorìo. Era il segnale.
“Dobbiamo
andare”
“Eh? Cosa?”
Senza nemmeno il tempo di
pensare, Hiei sguainò la
spada e tagliò un punto vuoto della camera.
Lì dove prima
c’era il vuoto, si era come creata una
spaccatura, una lunga cicatrice aperta verticalmente dalla quale usciva
una
luce accecante.
Tanta fu la sorpresa che la
ragazza fece un gridolino
sommesso, prima che quella stessa luce catturasse il suo sguardo e il
suo
corpo, portandola al di là della dimensione terrena.
…
Il viaggio durò
pochi secondi nei quali le uniche cose
percepibili erano un lontano scroscio dell’acqua e la
sensazione di essere
completamente snodabile.
In un istante la luce si
trasformò in colori, il vuoto
in forma e il tempo tornò a camminare di paro passo con lo
spazio.
L’enorme
struttura del mondo degli spiriti si ergeva
in tutta la sua imponenza, lì oltre le nuvole dove non
esisteva ne il giorno ne
la notte, ne il susseguirsi delle stagioni.
Ove tutto era silenzio e un turbinio di echi e voci melodiose.
Il limbo non era poi
così male, pensò la ragazza alla
vista di quello splendore, mentre veniva portata da Hiei
all’interno dello
stesso edificio.
Dagli
enormi portoni uscì una voce
robotica: “ Hiei jaganshi,
caso numero 89904. Permesso
d’entrata accettato.”
Dall’interno si
sentì un forte frastuono e velocemente
i portoni si aprirono, cigolando. Entrando nel palazzo degli spiriti la
prima
cosa che riuscivi a notare erano il grande affollamento di demoni
catalogatori
che sfrecciavano da una parte all’altra con pile di fogli, in
secondo piano poi
sulla destra una sorta di sala d’attesa completa di divani,
dalle dimensioni
gigantesche.
L’interno
sembrava fatto di piastrelle riflettenti il
cielo e le nuvole in movimento, tanto da farti sembrare di camminare
nel nulla.
I colonnati avevano ricamate i simboli
dell’aldilà, e appesi un po’ ovunque
enormi luminari di fuochi fatui scoppiettanti.
Hiei, conoscendo il posto,
non fece caso al solito
fracasso di quei segretari stressati e perennemente ipereccitati
e si mosse tranquillamente verso un muro apparentemente vuoto.
Poggiò la mano
su una delle mattonelle con le nuvole e
si accese una luce azzurra. Il muro si aprì in due con un
suono simile a un
campanello ed entrò, portando dentro anche la ragazza.
Lì dentro i muri
erano fatti di cristallo ma appena
l’ascensore si mosse, tutto divenne buio.
“Non avevo mai
creduto che il mondo degli spiriti
fosse così.”
Disse pacata la ragazza,
meravigliata da quel luogo
nuovo, facendole dimenticare il triste destino al quale andava incontro.
“Io lo trovo solo
un ammasso di fogli e formichine
fastidiose, non è poi così bello.”
TITON!
Lo stesso campanello di
prima e il muro si aprì
nuovamente. Ora si apriva una stanza con colonnati ai lati e al centro
un lungo
tappeto rosso ricamato in fili intrecciati d’oro e
d’argento che continuavano a
intrecciarsi fra di
loro, come fossero vivi.
Il soffitto aveva una enorme
vetrata circolare con simboli sacri e la parola
“giustizia” scritta in tutte le
lingue esistenti. Ma tutto in quella stanza pareva vivo: le crepe
marmoree dei
muri, la vetrata sul soffitto, il pavimento. Tutto era talmente intriso
di
energia spirituale che l’ambiente stesso respirava e si
evolveva.
Vita. Pura e nuova vita.
In fondo alla stanza,
però, stava una lunga scrivania
d’ebano con un enorme
poltrona dello stesso tessuto
del tappeto, con ornamenti d’orati intorno allo schienale e
alle gambe della
stessa.
Anche se in lontananza, la
ragazza distinse cinque
sagome di cui una fin troppo familiare.
“Dannazione”
pensò.
…
Alla vista di Hiei, Yusuke
e compagni si sentirono
sollevati. Il loro compito era terminato e le due ladre erano state
catturate.
“Però
in effetti” pensò Kurama guardando i compagni
parlare fra di loro
“è stato tutto troppo improvviso e
semplice. Qualcosa non mi
convince.”
Appena Kuwabara
creò un unico kekkai
nel quale rinchiudere entrambe le ragazze, tutte e due si guardarono
distrutte
e abbattute.
Non si dissero niente, non
si toccarono: rimasero
ansimanti a guardarsi, come se si stessero scusando a vicenda.
“Il piccolo Enma non è
ancora arrivato?” chiese Hiei, con una gran voglia di
andarsene il prima
possibile.
“Ci hanno detto
che sarebbe arrivato a minuti” Rispose
Yusuke guardandosi attorno.
“Io sono sempre
stato qui”
La voce proveniva
dall’enorme poltrona girata.
“…ma
solo non esattamente come preferivate che fossi.”
La poltrona si
girò di botto: lì seduto c’era
sì Koenma, i
vestiti e i capelli erano quelli. Ma il corpo era
stato completamente prosciugato dal sangue e le ossa parevano sparite.
C’era la pelle
moscia bianca cadaverica e tutti gli
organi cadenti sparsi non
più composti. E su
quel volto ormai senza teschio c’era un lungo sorriso gommoso
da far
accapponare la pelle.
Botan gridò con
tutto il fiato che aveva in gola.
“Bentornati a
casa ragazzi”
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
cap5 yuyu
ci sono problemi con l'html, non riesco a toglierli O.o me li rimette comunque... uffa (perdono)
Capitolo 5°
“L’invito
della morte”
“Che
c’è? Non avete mai visto
un morto?”
Non c’erano dubbi
quella
fosse la voce di Koenma, ma la bocca di quel pasticcio di pelle e
organi non
sembrava essersi mossa.
“Chi
sei?” domandò Kuwabara,
schifato all’idea che quello potesse essere Koenma.
“Pff..AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH”
l’ammasso di carne ebbe degli spasmi, facendo dei rumori
orrendi e flaccidi.
Botan svenne cadendo a terra.
“BOTAN!”
Esclamò Yusuke
cercando di farla riprendere, sollevandola dal pavimento.
“Poveriiiinaaaa.
AHAHAHAHAHAH!”
“Ti ripeto la
stessa domanda”
fece poi Kurama, tirando fuori la sua rosa dai capelli “ cosa
diamine sei tu?
Tu non sei AFFATTO koenma.”
“uuuh, la piccola
volpe
argentata si sta innervosendo, che pauuura.”
Kurama trasformò
la rosa nella
sua frusta, senza dire una parola: al primo cenno, alla prima mossa
falsa
sarebbe scattato e l’avrebbe fatto fuori. Come lui anche Hiei
e Kuabara si
misero in posizione d’attacco.
“Non sappiamo chi
sei” fece
poi Yusuke, riadagiando Botan “ma se non rispondi quella
lingua te la
ritroverai dove so io.”
“Ah beh, visto
che siete così
impazienti di avere delle risposte…SEGUITEMI!”
L’ammasso di
pelle si sciolse
a terra in un liquido melmoso di color rosa pallido, iniziando a
spargersi per
tutta la stanza. Pochi secondi dopo le mura, il soffitto, e il
pavimento ne
furono ricoperti.
“Cosa diamine sta
succedendo?” fece la ragazza dai capelli rossi.
Apparve
un punto bianco al centro della vetrata sul soffitto, che
guizzando in basso a destra, cominciò a disegnare un
pentacolo, mentre altri
punti rossi disegnavano lettere arcaiche accanto ad ogni punta. Si
sentì il
rumore di qualcosa che si squarciava e
al centro della stella apparve un occhio dalla forma
stilizzata,
completamente viola.
Yusuke
sentì qualcosa di simile ad un soffio freddo sfiorargli il
collo, e poi avvertì il pavimento sparire sotto di lui. La
melma prese vita e
li avvolse tutti nell’oscurità. Il ragazzo chiuse
gli occhi mentre si sentiva
vorticare sempre più velocemente e la nausea lo assaliva.
Sentiva, però,
accanto a sé, gli altri sei.
Il
vorticare terminò lentamente, ma la sensazione di vuoto
sotto i
piedi non cessò. Yusuke
si impose di
aprire gli occhi, ma quel che ne ebbe non fu molto diverso da prima: la
più
totale oscurità. Si
guardò intorno, ma
non vedeva Kuwabara ne nessun altro, tuttavia sentiva il respiro
affannoso di
ognuno di loro al suo fianco.
Davanti
a loro apparve una strana persona con un cappuccio sulla
testa, vestito completamente di nero. Quando cominciò a
parlare la sua voce roca
come sembrava provenire da ogni angolo della sala.
“Benvenuti,
messeri. Vediamo se ci siete tutti: Yusuke Urameshi,
Hiei Jaganshi, Kazuma Kuwabara, Youko Kurama, la traghettatrice Botan
e…”
Prese
fiato creando un suono acuto e graffiante.
“…Hikaru Torue e Alex
Acheron”
“COME
FAI A SAPERE I NOSTRI NOMI?” in quel buio echeggiò
la voce
della ragazza dai capelli rossi. Sebbene Yusuke né nessun
altro vedesse gli
altri, le voci erano riconoscibili.
“Come?
Io so tutto di voi. Secolo dopo secolo ho acquisito la
conoscenza e le storie di molte persone esistite in tempi remoti, e le
storie
di quelli che vivono in questo frammento di tempo che voi chiamate
presente. E
anche le vostre, naturalmente. Cosa credevate, di riuscire a
nascondervi per
sempre, come scarafaggi? Guardate in quale faccenda vi siete
cacciate!”
“Brutto
lurido figlio di putt…” digrignò la
ragazza dai capelli
rossi.
“Dove
ci troviamo?” domandò poi Kurama, mantenendo la
calma in
quel buio pesto che opprimeva.
“Domande,
domande, domande. Non sai fare altro, Kurama. Domande
per avere o dare spiegazioni. Si vede che la tua acutezza e la tua
lucidità qui
non servono a molto: siete in una falla dello spazio. Un punto vuoto,
una
singolarità, chiamatelo come più vi aggrada. Qui
io posso parlarvi e voi non potrete
fare altro che ascoltare finché IO non deciderò
di rilasciarvi. Chiare le
regole del gioco?”
Prese
nuovamente fiato.
“Non
ho fatto tutto questo solo per una semplice chiacchierata,
volevo rendervi nota una novella più che importante:
l’isola della roccia
pendente è stata ristrutturata. Siete stati invitati a
partecipare al nuovo
torneo delle tenebre.”
Silenzio.
“ANCORA?!?!?”
esclamò Kuwabara.
“Non
ho intenzione di partecipare di nuovo. E’ solo un modo come
un altro per ammazzare la gente” rispose Kurama con freddezza.
“SACCENTE!
Fai silenzio, mi infastidisci! Credi di sapere tutto,
invece sbagli, anche su questo sbagli, Kurama. Vedete, avete tutti un
conto in
sospeso con me, da anni, ormai. Io sono Rainov.”
A
quel nome sia Kurama e Hiei che alle due ragazze si bloccò
il
respiro e il cuore iniziò a battere all’impazzata
“Rainov…
Rainov… Rai… e chiccazzo è
Rainov?!”
“Rainov
è l’entità demoniaca superiore che
domina tutti i piani e
le dimensioni, Kuwabara” rispose Kurama
“è la massima figura di potenza oscura
mai esistita. Non se ne parlava più da tempo ormai, tutti
pensavamo fosse stato
eliminato da Yakumo secoli fa nella lotta della conquista degli
inferi.”
“E
invece io sono qui. E’ vero, il mio spirito e il mio corpo
hanno dormito per lungo tempo, quando Yakumo impose il suo potere negli
inferi.
Ma quell’imbecille ha scordato chi è il vero
padrone dell’oscurità, e io sono
stato ripagato da voi, che l’avete eliminato.”
“E
noi, in tutto questo, che abbiamo fatto?” sbottò
Yusuke.
“Voi
avete eliminato Yakumo, e devo ringraziarvi. Ma siete sempre
stati d’intralcio sia nella dimensione umana che in quella
demoniaca. Ebbene io
voglio creare una dimensione unica fra gli inferi, il Makai, e il mondo
degli
umani. Un unico, grande piano dimensionale, senza più
confini”
“La
tua è follia!” gridò Hiei, cercando di
tirar fuori quel poco
coraggio che si sentiva ancora addosso.
“E
perché mai? L’universo così
com’è ora, frammentato, fluisce nel
tempo nell’ordine, nella pace, tutto è fermo.
Inutile. Invece… invece il caos genera
vita, movimento, cambiamenti imprevedibili, e non ci sarà
più rischio
d’annoiarsi”
“Tu
sei pazzo!” fece la ragazza dai capelli corvini.
“Alex,
proprio tu mi fai questi discorsi? Tu che con le tue amiche
mi avete liberato dal mio sonno? Non ricordi cosa accadde? Ricordi cosa
è
rimasto qui da me?”
Cadde
il silenzio.
“Siete
state voi?” fece Yusuke guardando nel vuoto, sentendo la
presenza delle due.
“Per
errore. Giocavano con poteri troppo grandi, senza prestare
attenzione. E per questo la colpa per avermi risvegliato è
loro. Divertente non
trovate? Ho dato io l’ordine della loro cattura sul tavolo di
lord koenma, sono
io che ho organizzato di nuovo il torneo per eliminare gli ultimi
guerrieri in
grado di ostacolare il mio progetto. Sarà bellissimo! Tutti
contro tutti eppure
tutti combatterete per il fine ultimo di fermarmi. Non è
meraviglioso? Un unico
ideale che deve essere pagato con il sangue.”
Rise,
un suono acuto e raschiante, folle, poi riprese fiato.
“Quando
vincerò il torneo e tutti gli oppositori maggiori saranno
stati eliminati, darò il via al mio progetto. Qui si gioca
con le mie regole, e
non potete fare altro che accettare, chi prova a fuggire o abbandona la
lotta
muore. Vi do solo tre mesi di preparazione, né un giorno di
più né uno di meno.
Preparatevi bene, perché tutti sono animati dallo stesso
bisogno di
sconfiggermi, e non cadranno facilmente. A tre mesi esatti di distanza
da
questo giorno vi attendo al porto, quando il sole si
macchierà di rosso. E per
quel che vale… buona fortuna”
Ci
fu un ultima risata stridula, accompagnata dallo stesso respiro
pesante, e poi il silenzio.
Il
buio si dissolse e la melma scomparve con esso.
Per
qualche secondo nessuno riuscì a dire una parola. Un filo di
terrore legava tutti i presenti in quella stanza, e tutti loro avevano
le gambe
tremanti e il sudore freddo rigava i loro volti.
Erano
stati davanti a una sorta di dio, erano stati resi partecipi
di un progetto folle al quale non potevano sicuramente sfuggire.
“Non
so cosa dire ne pensare” balbettò Yusuke, facendo
riaffiorare
agitazione e paura.
“Yusuke”
disse poi Hiei ancora con lo sguardo fisso e spaventato
“è fuori dalla nostra portata una situazione come
questa. Ammettiamolo. Per
troppo tempo non abbiamo combattuto, troppo tempo non abbiamo avuto una
situazione così…”
“…drammatica?”
completò la frase la ragazza dai capelli corvini,
che piangeva senza fare un suono.
“Vi
rendete conto che non possiamo tirarci indietro, vero?” disse
poi Kurama, guardando i compagni.
“Questa
guerra che sta per scatenarsi non verrà per la supremazia
di uno su tutti, ma per il caos assoluto”
Dette
quelle parole Yusuke aveva quasi del tutto abbandonato quel
senso di sicurezza che lasciava i suoi piedi ancorati a terra, il
pericolo era
talmente grande che dubitò di ogni sua forza.
“Va
bene, non è una situazione promettente”
La
ragazza dai capelli corvini si alzò da dentro la sua bolla,
asciugandosi in fretta le lacrime
“Ma
qui siamo tutti coinvolti, in prima persona. Lasciarlo fare
significa spianargli la strada. Io di sicuro non rimango qui con le
mani mano,
e anche se questo probabilmente non farà molta differenza.
Mi assumo la
responsabilità di quel che è successo. Non vi
conosco, non so se vi tirerete
indietro, ma io farò questa cosa con o senza il vostro
aiuto. Solo che senza
sarà più difficile”
“E
poi…” aggiunse l’altra ragazza dai
capelli rossi “…anche se
morissimo nell’impresa, cos’è poi la
morte se non un’altra tappa della vita?
Almeno sapremo di aver combattuto per qualcosa che ritenevamo
giusto.”
Quelle
parole dette da delle complete sconosciute furono come una
secchiata d’acqua gelida e un morbido abbraccio: il primo per
svegliarli dal
torpore e dal terrore e il secondo per rinvigorirli e incoraggiarli. La
miscela
giusta che ridiede coraggio e forza a tutti loro.
“Però
per fare tutto questo dovreste,ecco, farci uscire da qui”
disse la ragazza con i capelli lunghi, facendo roteare gli occhi
arrossati.
Entrambe
sorrisero timidamente, facendo notare che erano ancora
rinchiuse nel kekkai.
Kuwabara
si buttò a capofitto per levarglielo ma Hiei lo
frenò.
“Siamo
sicuri che possiamo fidarci?” fece il demone gelidamente.
“credo
che dopo un discorso come quello, tappetto” rispose
Kuwabara tendendo le braccia in avanti con le mani ben spalancate
“ ci possiamo
fidare alla grande.”
In
un POFF sonoro il kekkai, gli amuleti e quant’altro
sparì e le
ragazze poterono nuovamente respirare l’ossigeno.
“Fidarsi
di due donne, tsk.!”
“Sempre
il solito, tu.” Ridacchiò Kurama.
“Beh
mi sembra doveroso allora presentarci come si deve” Yusuke
prese l’iniziativa e allungò il braccio porgendo
la mano destra.
“Piacere
di conoscervi, io sono Yusuke Urameshi. Quello con la
zazzera rossa è Shuichi Minamino, alias Kurama, il tappetto
scorbutico è Hiei
jaganshi e quel pel di carota con la faccia da scemo è
Kazuma Kuwabara!”
“EHI!!!!!”
esclamarono all’unisono i tre tirati in ballo,
imbarazzatissimi. Le due ragazza non poterono trattenere una risatina.
Quella
dai capelli corvini rispose allungando anche lei il braccio
destro.
“Molto
onorate. Io sono Alex Acheron, e la mia compagna qui si
chiama…”
“Hikaru
Torue. Molto piacere.”
Aggiunse
subito l’altra, sorridendo al ragazzo, al quale non
strinse la mano.
“Beh
pare che se prima dovevamo essere rivali ora dovremo
collaborare.”
“Già
siamo partiti con il piede sbagliato, Urameshi” rispose
Hikaru buttando poi un occhiata Hiei.
“Sì
ma come la mettiamo che la squadra è formata da cinque? Noi
siamo sei!”
Esclamò
Kuwabara, improvvisamente fomentato.
“Semplice:
tu ci farai da ruota di scorta.”
Fece
secco Hiei.
“ETTEPAREVA!
Sempre io. Beh meglio di niente nel caso in cui
qualche TAPPETTO si faccia male ecco che entrerà in scena il
famosissimo,
acclamatissimo Kazuma Kuwabara, muahahahahah!”
(oddio… ndSeph)
Hikaru
e Alex ridacchiarono, e Kurama, incrociando i loro sguardi,
fece roteare un dito accanto alla tempia con un mezzo sorriso
rassegnato, per
far intendere che Kuwabara era davvero matto come dava a vedere.
“So
che la domanda può sembrare un po’ stupida, ma
cosa bisogna
portarsi dietro?” domandò Alex, portandosi un dito
alle labbra in un gesto
esagerato di riflessione. Stava cercando di non dar a vedere quanto
ancora
fosse spaventata.
“Il
minimo indispensabile, al resto ci penseranno quelli
dell’hotel, se mi ricordo bene” rispose Kurama,
informato come sempre.
“Tsk!”
sbottò Hiei.
“Non
è problema tuo, Hiei. Indossi sempre e solo due
tenute!!”scherzò Kuwabara.
La
risposta del demone fu quella di illuminare il terzo occhio da
sotto la benda tramutando il suo volto in un ghigno diabolico.
“Questo…non….dovevi….DIRLO!”
“Lasciateli
perdere, ragazze” calmò Kurama, un po’
impacciato
“Fanno sempre così, temo che dovrete farci
l’abitudine, perché qui è di
norma”
In
quella stanza, dopo avvenimenti concatenati, si era formata una
nuova squadra. Sebbene sembrava fosse l’ultimo capitolo della
loro vita, uno
spiraglio di luce aveva illuminato quei volti che da tempo attendevano
un
segnale.
Il
richiamo di una nuova avventura.
Pareva
che il destino avesse scelto con quali pedoni giocare le
proprie mosse.
Il
tempo stava passando. I giorni volarono. Il sangue e il sudore
cadeva a ogni secondo. L’isola li attendeva. L’aria
era tesa. Arrivò il
tramonto rosso sangue.
In
tutto ciò Botan era stata abbandonata lì nella
stanza finchè
non si risvegliò da sola, quando il bidello serale le
passò sopra con l’aurora
d’agostino 105.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6°
“A new beginning”
L’enorme barca era ferma al porto da pochi minuti. Era
apparsa da un cumulo di nebbia di dimensioni gigantesche.
Aveva un aspetto spettrale, come i vecchi velieri pirateschi che si
vedono nei film.
Lì al porto dei simpatici demonietti vestiti con luridi
stracci sgualciti e sporchi e con le teste completamente fasciate,
lasciando lo spazio solo per gli occhi, prendevano le valigie e le
mettevano all’interno dell’imbarcazione. Non
capendo molto di quel che dicevano, sembrava farfugliassero continue
imprecazioni al signore e ai passeggeri.
Arrivate al porto, Alex e Hikaru si sentirono in imbarazzo nel notare
che le loro valigie erano il doppio più grosse di quelle
degli altri.
“Forse ci siamo portate troppi vestiti. E la roba per farmi i
capelli in effetti potevo risparmiarmela” disse Alex.
“Parla per te, io mi sono portata molti dvd.”
Rispose petulante Hikaru, quasi sgridandola.
“Eccerto! Tu vieni costretta a partecipare ad un torneo
sanguinario e ti porti i film da vedere!”
“Beh, se si tratta di mortal kombat, street fighter, fight
club e kill bill, aiutano a fomentarsi.”
“Evvai… proprio adatti, sangue e budella che
schizzano, non sia mai che ci scordiamo quello che ci attende. A
proposito, riesci a credere che potremmo non tornare vive?”
“EDDAI! Stavo cercando di pensare ad
altro…”
“Beh, allora pensa a questo: nella nostra immensa sciagura
saremo sventurate assieme a degli sconosciuti molto
carini…” aggiunse Alex inarcando le sopracciglia.
A quella parola Hikaru arrossì tutta d’un botto.
“Ma sempre lì vai a parare tu?”
gridò imbarazzata la rossa, diventata dello stesso colore
dei capelli.
“beh io almeno un po’ di senso femminile ce
l’ho ancora. Da quanto tempo è che non guardi un
uomo, Hikaru?”
Un improvviso tic all’occhio sinistro di Hikaru era segno che
non aveva una risposta a quella domanda: avrebbe preferito qualsiasi
altro tipo di argomento, ma NON quello.
Prima che potesse risponderle a tono dalla foresta uscirono fuori Hiei,
Kurama e Yusuke.
“’sera ragazze! Quanto tempo” disse
quest’ultimo con un sorriso largo da un orecchio
all’altro.
Appena misero piede sulla banchina del porto, tutti gli altri ospiti
del torneo si voltarono.
I loro nomi e la loro fama li avevano preceduti, e un chiacchiericcio
continuo si espanse in tutto il porto.
“Non credo che riusciremo a passare inosservati”
notò Kurama, facendo finta di non ascoltare il brusio.
“eeeeh già” sospirò Yusuke
“ la nostra fama ci precede”
Un lungo suono di tromba.
“passeggeri, un momento di attenzione, prego: fra qualche
minuto la nave sarà pronta a salpare.”
“CHE COSA?!?! DI GIA?!?” Hikaru, improvvisamente
agitata, corse verso uno dei diavoletti trascinandosi dietro la valigia
enorme e quello, che non la degnava di attenzioni, si prese da
quest’ultima un calcio nel didietro tanto da farlo volare
nell’acqua.
“Non pare molto tranquilla, la signorina Torue.”
Disse Kurama, rivolto ad Alex.
“Sarebbe meglio che la chiamassi Hikaru d’ora in
poi, lei non… ehm… sopporta essere chiamata per
cognome.” Rispose lei.
“Perché?” chiese Kurama.
“Aah boh”
“Dannati vermetti schifosi” Digrignò
Hikaru, dopo aver convinto con la forza un altro dei diavoletti a
mettere la propria valigia nella nave.
“In tutto ciò il –capelli-a-cannolo- non
si è ancora fatto vivo.” Bofonchiò
Hiei, scocciato, stringendo i nodi della sua sacca da viaggio.
All’improvviso il gruppo si zittì: si percepiva
un’aura maligna così potente da dare il
voltastomaco. Tutti scattarono in posizione di combattimento,quando
sentirono la voce di Kuwabara alle loro spalle.
“Bella ragazzi, che vi prende?”
“sei tu? Ma quella energia maligna di chi poteva
essere…”sbiascicò Hiei.
“uh? Non ti seguo, di che cosa state parlando?”
Kuwabara iniziava a sentirsi confuso.
“Abbiamo percepito un’aura malvagia potentissima e
poi sei apparso tu…” spiegò Kurama
controllando che Kuwabara non portasse con sé qualcosa di
nuovo.
“Io? Naaah, vi starete sbagliando, ragazzi. Ho potenziato la
mia energia, questo è vero, ma ho dedicato le mie attenzioni
in questi mesi ad utilizzare i miei poteri più per curare,
creare kekkai, creare spade animate e beh sì quella roba
lì, intendo.”
“Sintetizzando quello che hai detto: roba inutile.”
“SEMPRE TU, TAPPETTO!!!”
“Comunicazione di servizio a tutti i passeggeri: direzionarsi
verso la banchina. La nave è pronta a salpare.”
Dopo aver sentito il messaggio i sei corsero verso la banchina,
mettendosi in coda per entrare.
Arrivati al tetto della nave, poterono godere di un attimo di
tranquillità per guardare il mare, scambiandosi qualche
chiacchierata tranquilla, riprendendo le forze dormendo sopra una delle
sdraio sistemate qua e là oppure occupare il tempo con un
attività non poco piacevole, che faceva Hikaru.
“BLUUUUUUUUUURGH!”
E vomitò fuori dalla balaustra.
“Carote…perché carote? Non ho mangiato
carote.”
Secondo conato.
…
Alex si riavviò i capelli con insistenza per
l’ennesima volta. Era sporta sul mare, osservava incantata le
onde infrangersi contro la linea di galleggiamento del traghetto.
Ascoltava il silenzio, e si godeva quella pace sul suo viso, dove il
segno scuro le dava tregua e aveva smesso di bruciare.
Qualcuno le si avvicinò con discrezione, vicino ma non
troppo, e si mise con lei a contemplare la bellezza delle acque.
Rimasero in silenzio, senza dire nulla, senza nemmeno muoversi, ma la
zazzera rossa che sbatteva nel vento tradiva
l’identità dell’uomo misterioso al suo
fianco. Alex si fece scappare un sorriso.
“Non stavi dall’altra parte del
traghetto?”
“Do fastidio?” rispose lui.
“No, mi domandavo solo perché fossi venuto
qui”
“Hikaru vomita. Non è uno spettacolo che mi
interessi”
Alex scoppiò a ridere. Aveva una bella risata, forse un
po’ sguaiata, ma spontanea.
“Sì, soffre il mal di mare”
Calò di nuovo il silenzio. Kurama distolse lo sguardo dalle
onde e lo portò sul viso di Alex, nascosto dai capelli.
“Perché avete cominciato a rubare?”
Lei ricambiò il suo sguardo con un sorriso beffardo.
“Ognuna di noi ha i suoi buoni motivi”
“E quali sono i tuoi?”
“Perché ti interessa?”
“Sono curioso”
“Curioso?”
“Detesto non sapere le cose”
Alex sorrise, ma non era amichevole.
“Mi teneva la testa occupata”
“Ti distraeva?”
“Sì”
“Da cosa?”
“Sei noioso”
“E’ solo una domanda”
“Sono fatti miei”
Kurama fu preso alla sprovvista dall’improvvisa, ostentata
ostilità della ragazza, ma subito le rispose con un sorriso
delicato.
“Un giorno mi risponderai”
“Non credo proprio”
“Non c’è nessuna
possibilità?”
“No. Posso fare una domanda io?”
“Prego”
“Perché sei così gentile? Tu a me non
stai simpatico”
“Ti trovo interessante”
Alex sollevò gli occhi al cielo. “Insopportabile.
E che cosa c’è di interessante?”
“In una ragazza che ruba grandi tesori e vive in una
monocamera con le pareti scalcinate? È tutto molto
intrigante”
“Quella è casa mia, lo è sempre stata.
Mi piace così com’è”
“E perché?”
“Perché è il mio posto”
“Ci sono possibilità che tu diventi meno
enigmatica?”
“Nemmeno una”
Risero entrambi.
“Ok” continuò Kurama. “Ultima
domanda”
“E che palle!”
“Ultima, giuro”
“Ok, ma poi basta”
“Perché hai risposto alle mie domande?”
Alex lo fissò, sorpresa, con i suoi occhi celesti. Il
ragazzo proseguì.
“Non mi conosci, siamo stati avversari, rappresentiamo una
minaccia l’uno per l’altra. Perché mi
hai risposto?”
“Magari ho mentito”
“O magari no”
Alex si imbronciò. “Parlare con te è
faticoso, lo sai? Vado a vedere come sta Hikaru”
La ragazza si voltò, frustando con i capelli il viso di
Kurama, che le rispose ridendo.
Quando lei gli si allontanò, quel senso di freddo allo
stomaco si dissolse. Il ragazzo si domandò se quella
sensazione fosse comune anche agli altri, quando le si avvicinavano, o
se accadesse solo a lui. Continuò a guardare Alex camminare
di schiena sul legno sporco del traghetto, con i capelli lunghi e neri
che volavano nel vento, poi lei si girò di nuovo verso di
lui e gridò con le mani chiuse a coppa attorno alla bocca,
per farsi sentire.
“Anche io odio non sapere le cose! Ecco perché ti
ho risposto! Adesso sei obbligato a rispondere sinceramente a tutte le
domande che ti farò!”
…
Nell’arco di un ora e mezza i nostri protagonisti arrivarono
a destinazione. Li aspettava Koenma al porto, esultante. Lì
con lui c’era anche Botan che sorrideva e lanciava urla di
gaudio.
Appena scesi Koenma ordinò a uno dei suoi tanti servitori di
caricarsi le valigie dei ragazzi e di portarle nella camera a loro
designata, poi, con grandi sorrisi, mostrò loro la strada
per l’hotel, incamminandosi.
“Andato bene il viaggio? Qualche intoppo?”
“Diciamo che uno di noi se ne è liberato, degli
intoppi.” Scherzò Yusuke, riferendosi a Hikaru che
aveva ancora il volto di un anomalo color grigio topo bagnato.
“Ah beh, mi dispiace. Comunque vi farà piacere
sapere che sono stati invitati anche Enki, Yomi, il figlio e Mukuro
come partecipanti al torneo.”
A quel nome Hiei sobbalzò. Perché tanta
agitazione? Del resto era il suo capo fino a poco tempo fa.
“Si vede che Rainov non scherzava affatto a proposito di
partecipanti validi, ha davvero intenzione di eliminare
tutti” disse Kurama preoccupato.
“Veramente temo” aggiunse Alex. “Che non
scherzasse su nulla, quello stronzo”
“pare proprio di sì ragazzi, la situazione
è più delicata di quanto pensassimo. MA BASTA
PENSARCI ORA!! GODIAMOCI LA LUSSURIA DEL NUOVO HOTEL!!!”
Esultò Koenma.
E in effetti ce n’era da rimanere sorpresi: era grande,
immenso, altissimo e tutto completamente illuminato da lucette.
Sembrava ricoperto di pagliette. Il nuovo hotel aveva oltre 300 stanze,
30 sale da pranzo, sale da divertimento, piste da ballo, discoteche,
piscine, palestre, campi. Tutto ciò che si poteva desiderare
era concentrato in un unico grandissimo hotel.
Appena entrati dalle porte scorrevoli tutti i camerieri, rigorosamente
diavoletti vestiti da pinguino, si inchinarono per dare il benvenuto,
riprendendo poi i propri lavori.
Senza nemmeno un po’ d’attesa, un piccolo
sgorbietto alla reception diede a koenma due chiavi completamente
rivestite d’oro con due piccoli zaffiri incastonati.
Sopra quelle chiavi, incise verticalmente, si notavano le parole
“Urameshi team”.
Tutto era stato studiato nei minimi particolari affinché la
perfezione stessa non fosse poi così perfetta. (?!)
Preso l’ascensore, uno dei tanti, salirono al quinto piano.
Aperte le porte davanti ai loro occhi si propagavano tre corridoi
ampissimi: uno a destra, uno a sinistra e uno dritto per dritto.
Il pavimento di un parquet lussuoso, i quadri appesi su ogni muro, le
pareti dipinte a mano: tutto era così splendido da lasciarti
a bocca asciutta.
Arrivati alla prima delle camere, la 38 A, Koenma infilò la
chiave e girò tre volte.
“Spero che vi piaccia!” sorrise il principe degli
spiriti.
Aprì la porta.
Solo poche parole: era enorme.
Aveva una stanza da ritrovo con un tavolo rotondo al centro di cinque
sedie, lì vicino all’entrata, invece, due lunghi
divani dall’aspetto molto comodo di color rosso erano posti
l’uno di fronte l’altro, divisi da un tavolino
basso in mezzo. Incastonato nel muro c’era un enorme
televisore con dvd incorporato e lì vicino grandi librerie
di fumetti, riviste di moda e sport,libri su libri e una collezione
invidiabile di film.
Da quell’enorme salotto/sala di ritrovo, al lato, si poteva
andare direttamente alla terrazza, che dava sulla foresta, che
collegava due delle stanze.
Tutte e tre le camere da letto erano munite di un bagno iper
accessoriato e molto spazioso.
E in una stanza leggermente più piccola una cucina con tutto
il necessario e una dispensa e un frigorifero pieni da scoppiare.
Gli schiavetti portarono le valigie dentro e chiusero la porta alle
loro spalle.
“OH MIO DIO!” esultarono all’unisono
Alex, Yusuke e Hikaru sorprendendosi di ogni cosa della stanza.
Più che una camera pareva una casa vera e propria. Erano
ANCORA più felici e scioccati.
“Felice che vi sia piaciuta! Vado un attimo di sotto a
sistemare alcune faccende: kuwabara e Botan seguitemi. Vi
mostrerò la stanza in cui starete!” fece Koenma ri
aprendo la porta salutando gli altri, come fecero anche Kuwabara e
Botan poco dopo.
Quando la porta si chiuse Hikaru e Yusuke si sbragarono sul divano,
mormorando: “la vita ora è bella” mentre
Alex e Kurama visitarono velocemente le camere da letto.
“BENE!” esclamò Alex, dopo essere uscita
da una delle stanze.
“ci sono due letti matrimoniali ed un singolo. Io e Hikaru ne
prenotiamo uno…”
“Io prenoto il letto singolo.” Interruppe Hiei,
andando con la sua borsa verso la stanza.
“Non puoi decidere tu per noi!” esclamò
Kurama, terrorizzato all’idea di dormire con Yusuke nello
stesso letto.
“Oh invece sì che posso: vedete ho ancora un
minimo di dignità, non sono mica un pervertito. E poi non mi
viene e verrà MAI in mente nemmeno per
l’anticamera del cervello di dormire con uno di
voi.”
E detto questo chiuse la porta della camera singola alle sue spalle,
chiudendocisi dentro.
“Si direbbe” fece Yusuke “ che io e te
dormiremo insieme eh Kurama? Tutti belli
abbracciati…”
Kurama a momenti rigurgitò.
“…PENSA ALLE COCCOLE!!” (oh
gesù)
“D…devo…” balbettò
kurama diventato di un altro colore “ a…andare in
bagno”
…
Dopo che Kurama si riprese dai brutti pensieri i cinque iniziarono a
sistemare le proprie cose negli armadi.
Yusuke, dopo aver finito, si accomodò su uno dei divani,
accendendo la televisione.
Kurama e Alex notarono sul tavolo rotondo che c’era un foglio
con tutte le squadre e i partecipanti del torneo, con tanto di date e
orari dei futuri combattimenti.
Nell’osservarlo notarono che le squadre erano davvero tante,
e in molte di esse c’erano dei nomi che già
conoscevano: enki, jin, touya, mukuro, shigure…
“Noi combatteremo domani.” Fece Kurama dopo aver
trovato il nome della loro squadra.
“Contro il team della scuola di Cao Pi…non li
conosco per niente.” Disse Alex, che in effetti non sapeva
praticamente nulla sulla maggior parte di quei combattenti.
Al che Kurama, con un dolce sorriso sulla faccia, si arrese e le
spiegò la provenienza e i membri di molti di questi.
Nel frattempo Hikaru guardava il panorama fuori sul terrazzo,
pensierosa.
“SONO TORNATOOOO!” Koenma spalancò la
porta con uno sbam, tutto contento, con il volto illuminato da un
grande sorriso.
“Ho appena lasciato botan e Kuwabara a sistemarsi e sono
stato informato che la vostra battaglia si terrà domani alle
dieci del mattino in punto. Sarete tra i primi a scendere in
campo.”
Nessuno se lo stava cagando di pezza: recepirono il messaggio
mugugnando e poi tornarono a fare le loro cose.
Quasi rattristato del completo menefreghismo nei suoi confronti
uscì sul terrazzo.
Magari potrò parlare un po’ con questa ragazza.
“Tu dovresti essere Hikaru torue giusto?” fece
Koenma, sorridendole.
“E tu dovresti essere il piccolo enma. La prima volta che ti
ho visto eri un ammasso di pelle morta.”
“Eh…ehm…mi dispiace che il nostro primo
incontro sia stato così “tremendo”, ma
quello lì non ero io.”
“Questo lo vedo”
Koenma si sentiva come imbarazzato davanti a quella ragazza dagli occhi
così grandi ma così affilati.
Doveva riprendere la conversazione, doveva parlarle. Faceva pur parte
della squadra e aveva il bisogno di informarsi.
“beh ti piace qui? Quanti anni hai? Da dove vieni? Che tipo
di poteri adoperi?”
Hikaru ridacchiò
“sei così agitato che non ti accorgi di fare
domande tutte differenti una dietro l’altra. Stia tranquillo,
non mordo mica.”
E su quel volto si accese il sorriso, accompagnato da una risata.
Koenma si sentì più calmo ora che quella demone
era contenta, e rise anche lui.
“a parte ciò posso rispondere solo alla prima
delle vostre domande. Questo posto è magnifico, ha un vento
così…” una piccola folata di vento le
spostò i capelli dalla fronte, lasciando intravedere uno
strano segno. “…romantico e poetico.”
In quella frazione di tempo koenma notò sotto quella
frangetta qualcosa che aveva già visto.
Ma non era sicuro della sua supposizione.
“Posso chiederti cos’hai lì sotto la
frangetta?”
“Cosa? Questa?” Hikaru prese la frangetta con la
mano e la alzò. Là sotto c’era una
lunga cicatrice verticale molto evidente. Accostatosi a Hikaru, la
osservò: là, sotto la pelle della cicatrice,
c’era uno strano bozzo che si muoveva leggermente appena si
spostava un minimo.
Non aveva più dubbi.
“Hikaru…” Koenma aveva un leggero tono
spaventato, che però mascherava alla perfezione.
“sai che cos’è quella cosa che hai sulla
fronte?”
“cos’altro può essere se non una
cicatrice? Me la fecero tanti anni fa. Per la precisione fu un dottore
a farmela. Aveva una strana spada ora che ricordo.”
“Hikaru quella non è una semplice cicatrice. Prova
a toccarla.”
Per la prima volta nella sua vita diede importanza a quel brutto segno
che da sempre aveva tentato di nascondere con i capelli. Per la prima
volta provò a toccarla e lì, sotto la pelle,
c’era qualcosa di simil molliccio che si muoveva.
Un bozzo.
“OH MIO DIO!!! CHE COS’E’?!?!?!”
“hikaru…quello è uno jagan.”
“Un….CHEEEE?!?!?!”
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