The Life We Built

di SabrinaPK
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


‘Papààà! Andiamooo.’ piagnucolò Alexis a pochi metri di distanza dal marciapiede. ‘Sei così lentooo!’

‘Arrivo tesoro— arrivo.’ Richard Castle percorse gli ultimi metri per raggiungere la bambina avvicinandosi all’ingresso della libreria. Logicamente, non aveva senso. Le gambe non erano nemmeno la metà delle sue, ma era velocissima! Rimpiangeva l’energia della gioventù. E poi, nonostante vivesse in una città frenetica come New York, Rick non aveva mai avvertito l’esigenza di precipitarsi da un posto all’altro. Più veloce andava, più si perdeva l’occasione di osservare qualcosa di interessante, o di vivere fino in fondo lo scenario intorno a lui— e chi non avrebbe voluto farlo? Evidentemente, la sua bambina di cinque anni.

‘Adesso, tesoro, ricorda— di cosa abbiamo parlato prima?’ le chiese mentre la osservava spingere la porta pesante. Ovviamente il suo corpicino di venti chili non avrebbe mai potuto spostarla, ma questo non l’aveva fermata dal provarci.

Alexis lasciò la maniglia e abbassò le braccia lungo il suo vestito color melanzana. Quando lo guardò, vide il suo petto sollevarsi e abbassarsi un po’ più velocemente del normale a causa della battaglia contro la porta. ’Solo un libro.’

Le sorrise mentre la spingeva. ‘Esatto; quindi sarà meglio che sia uno buono.’

Di solito, a Rick non piaceva fare shopping nelle grandi catene di librerie come quella in cui stavano per entrare. Sì, continuavano a mandargli gli assegni delle percentuali per posta e non rifiutava mai una sessione d’autografi quando lo richiedevano, ma sembravano così impersonali. I negozi come quello non erano più solo dei titoli in una mensola. Avevano giochi, videogiochi e altri oggetti posti alla fine dei corridoi per attirare sia bambini che adulti.

Se avesse dovuto scegliere, Rick avrebbe preferito dei negozi più piccoli, più indipendenti, dove il proprietario si rapportava con molti, se non tutti, dei suoi clienti abituali. Gli piaceva l’atmosfera tranquilla per dare un’occhiata tra i corridoi e scegliere i titoli che sembravano interessanti—quelli di cui non aveva mai sentito parlare— il che, considerando di essere un esperto nel mercato librario, voleva dire qualcosa. Sfortunatamente, quei negozi non erano molto forniti di libri per bambini, e ciò spiegava perché si trovassero lì in una domenica pomeriggio.

‘Quindi a cosa pensavi, tesoro? Una storia divertente? Magari un’altra sulla famiglia degli orsi?’

Alexis sospirò e trascinò il dito lungo lo scaffale di una serie di libri dedicati all’Italia. ‘No. Preferirei una letteratura più seria.’

L’uomo trattene un sorriso. Come Alexis fosse diventata così seria e quasi adulta quando i suoi genitori erano tutt’altro che responsabili non l’avrebbe mai capito, ma non poteva dire di esserne dispiaciuto; la adorava. Adorava che potessero avere delle conversazioni che sarebbero potute sembrare adatte per qualcuno di tre o quattro anni più grande. Adorava il fatto che avesse bypassato la fase dei libri per bambini e che fosse passata a quella che aveva appena definito— letteratura seria. Ovviamente, data la sua età, cercava ancora di restringere il campo ai libri adatti ad una scuola elementare, ma ogni tanto lo sorprendeva con qualcosa di completamente fuori dal comune.

‘Okay, allora dovrai guardarti intorno.’

Lei lo guardò con i suoi occhi color ghiaccio e sorrise enormemente. ‘Lo saprò quando lo troverò!’

Con gli occhi che scorrevano da una parte all’altra lungo i titoli dei libri di diverse dimensioni, Kate Beckett sentì un leggero dolore cominciare a formarsi dietro gli occhi. Sì, stava decisamente diventando strabica. È quello che succede quando si fissa lo stesso scaffale per più di dieci minuti. Prese uno dei titoli alla fine della mensola, lo rigirò tra le mani per esaminare il retro e corrucciò la fronte.

In realtà, nonostante ci fossero più di venticinque libri diversi sull’argomento, sapeva che avrebbero detto più o meno tutti le stesse cose. Quanti modi diversi c’erano per dire “avrai le voglie, i tuoi piedi si gonfieranno e la tua pancia crescerà finché non ti sembrerà di esplodere?’’ Anche se ogni libro aveva una prospettiva diversa della gravidanza, non avrebbe avuto molto tempo per leggerli tutti. Non che volesse farlo— il solo pensiero di aprire il classico Cosa aspettarsi quando si aspetta le faceva venire le palpitazioni.

Un passo alla volta, Kate— era ciò che si era ripromessa.

Okay, decise che avrebbe sicuramente preso il libro Cosa aspettarsi e poi un altro ancora. Beh, magari altri due. Quello che trovò sembrava più un libro da consultazione che da narrativa, perciò avrebbe potuto essere utile. Ma quale sarebbe stato il terzo?

Incastrando i due libri già scelti sotto un braccio, Kate ne prese uno dalla copertina di colore rosa pallido e lo aprì per leggere l’indice. Il primo capitolo intitolato “Congratulazioni; sei incinta!’’ sembrava prendersi gioco di lei. Un felice augurio colorato di rosa non rappresentava le stesse sensazioni che le pulsavano nel petto. Se avesse trovato un libro con la copertina nera che avrebbe suonato una marcia funebre una volta aperto, l’avrebbe fatta sentire molto più a suo agio. Ahimè, dubitava che quel libro fosse in stampa.

Con uno sbuffo, ripose il libro rosa sullo scaffale e ne scelse invece uno di colore giallo intitolato L’unico libro sulla gravidanza di cui avrai bisogno, che sembrò convincerla abbastanza. Anche in quel caso, dubitava che potesse rispondere ad ogni sua singola domanda— ad ogni sua curiosità. Come avrebbe potuto?

Dio, odiava quella situazione. Odiava prendere dei consigli sulla gravidanza da un libro— cioè, dei libri. Era orribile e impersonale. Il libro non poteva parlare. Il libro non poteva tenerla per mano quando piangeva. Il libro non avrebbe potuto accompagnarla in sala parto e dirle che sarebbe andato tutto bene. 

Kate sentì le lacrime farsi strada negli occhi e si morse fortemente il labbro inferiore in un vano tentativo di placarle. Non avrebbe pianto da Barnes & Noble; non l’avrebbe fatto. Una volta a casa si sarebbe rannicchiata nel letto con i suoi nuovi acquisti e avrebbe pianto quanto voleva, ma prima doveva uscire da lì.

Reggendo i tre libri con il braccio sinistro, Kate si voltò e s’incamminò verso le casse, ma alcuni palloncini svolazzanti catturarono la sua attenzione. La sezione per bambini. Beh, avrebbe potuto dare una sbirciatina, no? Era permesso.

Avanzando lungo il corridoio di mensole piene di giochi e articoli per bambini, Kate sentì di nuovo quello strano peso nel petto e prese un lungo respiro. Sapeva di non avere davvero il fiato corto, ma era solo ciò che l’ansia le faceva provare. Momenti come quello le facevano sentire talmente tanto la mancanza di sua madre che tutto il corpo cominciava a farle male—dalla punta dei piedi fino alle radici dei capelli. Erano passati appena quattro mesi dal funerale e la ferita era ancora abbastanza aperta, ma questo? Avere un bambino. Avere un bambino a diciannove anni senza sua madre—non era esattamente come Kate voleva che andasse la sua vita.

Quando una lacrima le scappò dagli occhi senza controllo, la asciugò immediatamente e si schiarì la voce. Era tutto okay; sarebbe andato tutto bene. Aveva un piano e finché ne sarebbe stata convinta sarebbe andato tutto bene. Beh, o almeno sarebbe andato tutto bene tra trentatré settimane; lei doveva solo arrivarci.

Quando superò quei due mucchi di palloncini che delimitavano la sezione dei bambini, si pentì immediatamente della sua decisone. Quell’area della libreria era piena di madri, padri e dei loro balbettanti e sorridenti figli. Quando una donna le passò accanto e le rivolse un sorriso gentile, Kate sentì le orecchie arrossarsi per l’imbarazzo. Riuscivano a vederlo? Potevano dirlo? Avevano capito che non era una madre dedita come loro?

Provò a sopprimere il brivido che al ricordo le percorse la schiena, ma non ci riuscì. Seduta nella sua camera buia a digitare “opzioni aborto” nella barra di ricerca, aveva esaminato le pagine per ore e ore, leggendo di metodi e di esperienze personali finché non aveva—letteralmente—vomitato nel cestino vicino al letto. Aveva preso l’autobus non una, ma tre volte per andare al consultorio e aspettare fuori sul marciapiede per farsi coraggio ad entrare. L’aveva fatto la terza volta e aveva anche aspettato per venti minuti vicino ad altre donne, chiedendosi se fossero lì per il suo stesso motivo, ma alla fine non era riuscita ad andare avanti; solo… non poteva.

Non aveva pianificato di tornare a casa per le vacanze di Pasqua, ma il pensiero di avere una seria— e terrificante— conversazione con un dottore che non aveva mai visto o con cui non aveva mai parlato sarebbe valso la pena del viaggio di ritorno. Certo, aveva cominciato a piangere trenta secondi prima della visita, ma il dottore era stato davvero gentile con lei. Kate aveva lasciato l’edificio sentendosi leggermente meglio e con un volantino sull’adozione stretto contro il petto. 

Ma in quel momento, stando in piedi nell’area dei bambini, non era più convinta di aver fatto la scelta giusta. Magari avrebbe dovuto farla finita prima; forse sarebbe stata la strada migliore. Era sicuramente quella più semplice—almeno fisicamente. Ma quando vide una donna coccolare il suo bambino, Kate fece un cenno con la testa e strinse i libri contro il petto. Sì, il suo bambino— maschio o femmina— avrebbe reso una madre molto felice; solo che quella madre non sarebbe stata lei.

Sapendo che uscire da quel luogo pieno di piccoli esserini alti poco più di un metro sarebbe stata la cosa migliore da fare, Kate si voltò per andarsene, ma venne quasi travolta da due gemelli di tre anni che correvano verso la sua direzione. Strinse i libri contro il petto mentre i due si volatilizzavano passandole accanto. La loro madre apparentemente arrabbiata li seguì un momento dopo, rivolgendole una leggera scusa.

Inconsciamente, la mano destra di Kate si posò dritta sulla pancia mentre ringraziava silenziosamente che dentro il suo utero stesse crescendo un solo bambino. Curiosamente, durante la prima ecografia non aveva nemmeno pensato alla possibilità che la sua gravidanza avrebbe potuto comportare dei gemelli. Perché avrebbe dovuto? Non era a conoscenza di nessun caso di gemelli nella sua famiglia e lei era talmente giovane che sarebbe stato statisticamente improbabile, anche se non impossibile. Ad ogni modo, ne era grata.

Mentre continuava ad avanzare verso l’ingresso pieno di palloncini, la mano di Kate restò ferma sulla piccola protuberanza sotto il cardigan. Il suo stomaco era finalmente “scoppiato” qualche settimana prima. Era capitato proprio quando il suo dottore l’aveva avvertita che sarebbe successo— una sera era andata a letto con la pancia che non aveva niente di diverso da quella che aveva quando mangiava un abbondante piatto di pasta e il mattino dopo si era svegliata con una piccola, ma decisamente presente, protuberanza. Chiunque non la conoscesse bene probabilmente non ci avrebbe nemmeno fatto caso; era ancora abbastanza piccola da essere coperta da molti strati di vestiti, ma quel momento stava quasi arrivando al termine.

Con il passare del tempo sapeva che la pancia sarebbe cresciuta nel periodo troppo vicino all’estate per continuare ad indossare felpe o cardigan. Per non parlare del fatto che i pantaloni stavano cominciando a diventare ogni giorno sempre più stretti. Già non poteva più indossare alcuni dei suoi jeans più comodi e sapeva che in questione di settimane avrebbe dovuto—con l’aiuto di Dio—acquistare alcuni abiti premaman.

Non le importava della pancia, in realtà. Beh, non ne era entusiasta, ma una pancia in crescita voleva dire che il suo bambino stava crescendo bene e sano, il che era la cosa più importante. Ciò che la preoccupava era che più grossa diventava, meno avrebbe potuto nascondere la gravidanza a suo padre, e quella non era di certo una conversazione che avrebbe voluto affrontare presto.

‘Kate!’

Era quasi arrivata all’uscita dell'area dei bambini quando si congelò sul posto come se dell’azoto liquido le fosse stato iniettato nelle vene.

Merda. Oh merda.

Se la bambina che correva verso di lei aveva visto l’espressione terrorizzata sul viso di Kate, non lo diede a vedere. La salutò semplicemente con la mano, con la coda di cavallo arancione che svolazzava dietro di lei.

Oh Dio. Oh Dio. Se Alexis era lì allora— oh Dio— voleva dire che anche suo padre era lì. Suo padre, il padre… oh Dio, non era assolutamente pronta per questo.

Forse—okay—forse non era niente. Forse Alexis stava passando la giornata con sua nonna. Forse la sua madre sconosciuta era in città e—

Oh no. Era lì. Stava girando l’angolo degli scaffali dei libri di Harry Potter mentre sorrideva con i suoi occhi blu brillanti e con il ciuffo che gli ricadeva sulla fronte. Il suo cuore perse un battito al ricordo dell’ultima volta in cui l’aveva visto, addormentato in un caos di lenzuola e coperte sul suo letto, completamente inconscio del fatto che si fosse velocemente rivestita pronta per schizzare fuori dal suo appartamento. In quel momento aveva pensato che non l’avrebbe più rivisto. E poi… beh, le cose si erano complicate. Non aveva ancora deciso come coinvolgere Rick nella gravidanza o se l’avrebbe coinvolto. Magari, se fosse stata fortunata nei prossimi minuti, avrebbe ancora avuto la possibilità di decidere.

‘Alexis! C—ciao.’ Kate riuscì finalmente ad abbozzare un sorriso mentre teneva ancora stretti i libri con il braccio, per essere sicura che fosse esposto solo il bordo, limitando le probabilità che il padre o la figlia vedessero i titoli.

Alexis continuò a correre spedita verso Kate e la abbracciò dai fianchi talmente stretta quasi da farle perdere l’equilibrio. Alexis e i suoi caldi abbracci; certe cose non cambiavano mai. Nonostante avessero passato a malapena una dozzina di giorni insieme in tre settimane, Kate sentiva di aver legato molto con la bambina. Beh, chiaramente anche Alexis lo credeva dato il modo in cui le sue braccia l’avevano avvolta. Durante le sue precedenti esperienze come babysitter Kate avrebbe voluto strapparsi i capelli; pronta a scappare ancora prima di cominciare, ma non con Alexis. Aveva anche detto a sua madre, durante quella che sarebbe purtroppo diventata una delle loro ultime conversazioni, di quanto sarebbe stata triste quando il suo periodo da babysitter sarebbe finito.

Un momento dopo il padre della bambina si posizionò di fronte a Kate e lei sentì il suo intero viso prendere fuoco. Cavolo, eccolo lì, a sorridere e a fissarla gentilmente. La situazione sarebbe stata già abbastanza strana se fossero solo andati a letto insieme e lei fosse scappata subito dopo, ma questo? Oh Dio. Che incubo!

‘Kate. È bello rivederti. Alexis ha chiesto di te. Immagino che il tuo semestre sia finito adesso—com’è andata?’

Kate per poco non scoppiò a ridere. Com’era andato il suo secondo semestre al college? Quello prima di avere un crollo emotivo a causa della morte di sua madre e poi, proprio quando pensava di aver preso una posizione e di poter sopravvivere ai suoi quattro esami, di ritrovarsi davanti al piccolo segno positivo del test di gravidanza. Oh sì, era andato alla grande. Il fatto che il voto più basso che aveva ottenuto fosse stata una C era un vero miracolo.

‘Oh, uhm, bene credo.’

Alexis lasciò finalmente la presa su Kate e si aggrappò di nuovo alla gamba del padre. L’uomo posò le mani sulle spalle della bambina infilando due dita sotto le ascelle, facendola ridere. ‘E resterai in città per l’estate?’ chiese. Lei annuì in risposta e lui sorrise. ‘Ottimo!’

‘Potremmo passare del tempo insieme!’ suggerì Alexis.

Suo padre abbassò cautamente lo sguardo. ’Sono sicuro che Kate sarà molto impegnata quest’estate. Probabilmente ha un lavoro e forse anche dei compiti da fare.’

Nonostante Kate avesse annuito in segno di riconoscimento, entrò internamente nel panico. Giusto. Un lavoro. Doveva decisamente trovarne uno, ma avrebbe dovuto dire al suo principale della gravidanza? Tecnicamente non avrebbero dovuto discriminare, ma sospettava che qualcuno l’avrebbe fatto. E che tipo di lavoro avrebbe potuto fare? In passato, aveva lavorato in un bar preparando caffè e panini, ma quell’ambiente sarebbe stato stretto, dubitava che sarebbe riuscita a passare tra gli utensili della cucina e gli altri impiegati una volta diventata più grossa. Magari avrebbe potuto cercare dei lavori da commessa, ma sarebbero stati abbastanza flessibili da poterle permettere di frequentare i corsi estivi che voleva? Avrebbe dovuto informarsi.

Eliminando questi pensieri dalla mente, Kate spostò continuamente lo sguardo dal padre alla figlia. Doveva scappare da quell’incontro il più velocemente possibile in modo da evitare che scoprissero il suo segreto. Ma allo stesso tempo, non voleva essere scortese o troppo ovvia, così formulò la sua fuga in una sorta di scusa. ‘Beh, non voglio rubarvi altro tempo, sono sicura che—‘

‘Cosa leggi?’ la piccola mano di Alexis afferrò il libro in cima al gruppo sotto al suo braccio. Si era talmente distratta a pensare a quale lavoro avrebbe potuto trovare una diciannovenne incinta da dimenticarsi di tenere i libri stretti al petto. Avendo distolto l’attenzione, quando Alexis afferrò il libro riuscì a tirarlo abbastanza da farlo cadere a terra, seguito immediatamente dagli altri due.

‘Oh!’ sospirò Kate nello stesso momento in cui l’uomo rimproverò la figlia.

‘Alexis!’

‘Mi dispiace.’ disse immediatamente la bambina dai capelli rossi.

Kate scosse la testa e si accovacciò per raccoglierli. Il movimento veloce le fece scivolare i capelli davanti al viso, così si tirò indietro per raccoglierli con le mani. ‘Va tutto bene; è stato un incidente, posso…prenderli’ la voce di Kate si affievolì quando la mano dell’uomo si posò sopra la copertina di Cosa aspettarsi quando si aspetta. Per la seconda volta in cinque minuti il sangue le si raggelò nelle vene. 

Merda.

Se Rick prendeva il libro avrebbe potuto facilmente leggere il titolo e ciò avrebbe comportato una lunga spiegazione. Ma era tutto a posto, forse non l’avr—

Merda.

Sollevò lo sguardo verso di lui e vide che la sua espressione non era più serena o allegra, ma stava diventando pallida a vista d’occhio. Oh Dio. Oh Dio. Oh Dio. Non stava andando affatto bene.

Schiarendosi la voce, Kate prese velocemente gli altri due libri tra le braccia in modo che la bambina non potesse vederli— almeno avrebbe potuto risparmiarsi quell’imbarazzo. Alzandosi in piedi, l’uomo la imitò, nonostante le sue guance non avessero ancora ripreso colore.

‘Alexis.’ la chiamò distrattamente, indicando con ancora il libro in mano l’area oltre i palloncini. ‘Perché non vai a guardare lì?’

Lei lo guardò arricciando il naso. ‘I libri per bambini?’

‘Alexis.’ Il suo tono era duro, ma anche allarmato, e ciò portò la bambina a sospirare un ‘va bene’, prima di dirigersi verso i cosiddetti ‘’libri per bambini’’ sbattendo i piedi contro il pavimento più forte del necessario.

Senza nemmeno aspettare che lui dicesse qualcosa, lei allungò le braccia e afferrò il libro dalla sua mano mormorando un lieve ‘grazie’. Proprio mentre stava per passargli accanto nella vana speranza che non avesse collegato il tutto, la fermò chiamandola gentilmente per nome.

Storse il naso e per trenta secondi si rifiutò di incontrare il suo sguardo, ma alla fine lo fece. Lui deglutì sonoramente e le chiese in un tono appena udibile, ‘Dobbiamo parlare in privato?’

Un leggero squittio le scappò dalle labbra e desiderò più di qualsiasi cosa scomparire immediatamente—evaporare nell’aria. O meglio, saltare dentro una macchina del tempo, tornare indietro di cinque mesi e non lasciare mai il fianco di sua madre quel pomeriggio del 9 Gennaio. In quel modo, niente di tutto ciò sarebbe mai accaduto. Purtroppo, non avrebbe potuto fare niente del genere, perciò strinse semplicemente i libri contro il petto e annuì. ‘Uhm sì. Probabile.’

Rick fece un passo indietro mentre lei arrossiva vistosamente. La sua espressione passò dallo shock al terrore passandosi una mano tra i capelli. ‘Gesù!’

‘Mi dispiace.’ Kate non era sicura del perché avesse sentito il bisogno di scusarsi, ma sapeva che le lacrime che le avevano appena riempito gli occhi erano frutto di un misto tra imbarazzo e rimorso. Quando cominciarono a scorrerle lungo le guance scosse la testa e si scusò di nuovo ‘Mi dispiace tanto.’

Presumibilmente cercando di limitare i danni in modo che nessun passante si chiedesse perché un uomo quasi sulla trentina avesse fatto piangere una ragazzina nel bel mezzo di Barnes & Noble, le si avvicinò e provò a calmarla. ‘No, non piangere. Va tutto bene.’

‘No che non va bene.’ singhiozzò. Proprio come aveva temuto quella mattina del 9 Gennaio, niente nella sua vita sarebbe più andato “bene”.

Con un braccio intorno alle spalle la guidò via dal corridoio e in mezzo a due larghi scaffali di libri. Poi le porse un fazzoletto dalla tasca. ‘Senti, uhm, Alexis va a letto alle otto quindi…vuoi venire a casa mia verso le 20:30 così possiamo, uhm, parlare?’

Kate rimase in silenzio, ma annuì pressando il fazzoletto sulle le guance con le dita tremolanti.

‘Okay, Kate; ci vediamo più tardi.’

E poi, con un saluto sussurrato, s’incamminò verso la sezione dei bambini lasciando Kate nella stessa condizione in cui si era ritrovata negli ultimi quattro mesi: sola.













Angolo:
Ciao a tutti!
Sono tornata alla carica con una nuova storia. Contenti? :D
Spero siate pronti per questa nuova avventura che, almeno stavolta, sono riuscita a completare del tutto prima della pubblicazione. La storia è composta da 20 capitoli + epilogo ed è in inglese. Perciò, come al solito, vi metterò a fondo pagina il link della versione originale per chiunque volesse leggerla per intero.
Detto questo, ringrazio enormemente l'autrice skygirl55 (se volete leggere altri suoi lavori, cercatela perchè è davvero bravissima) per avermi permesso di tradurla e pubblicarla.
Fatemi sapere cosa ne pensate, a presto! 


Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Seduta nel salotto del suo appartamento, Kate divorò gli ultimi resti di riso e verdure dal piatto, aggrappandosi al tavolo talmente forte da far diventare le dita quasi bianche, sforzandosi di mandare giù il boccone. Una volta ingoiato, fece una smorfia e prese il bicchiere di latte mezzo pieno di fronte a lei. Stava per portarlo alle labbra quando sentì dei crampi allo stomaco e ci ripensò. Invece, si alzò in piedi e si diresse in cucina per prendere una lattina di Ginger Ale dal frigorifero.

Chi se ne frega, pensò quando la aprì. Sapeva di aver bisogno di latte per il calcio e che le bevande gassate non erano proprio indicate per la sua dieta, ma un bicchiere in meno non avrebbe di certo fatto male a lei o al bambino. Dopo aver mandato giù a forza il suo pasto aveva proprio bisogno di qualcosa di frizzante per sistemare lo stomaco; così magari tutto quel cibo sarebbe rimasto lì.

Non che non le fosse piaciuta la cena—le era piaciuto molto il pollo che aveva cucinato alla piastra il giorno prima, ma a giudicare dai nervi di quella sera anche una barretta di cioccolato le avrebbe causato un senso di vomito. Per farla breve: era in preda al panico. Ogni cellula del suo corpo urlava, le diceva di scappare e nascondersi— di andare ovunque o di fare qualsiasi altra cosa tranne che andare all’appartamento di Rick. Voleva rannicchiarsi sotto le coperte e piangere come una bambina; non voleva affrontare la situazione, ma non aveva scelta. Aveva diciannove anni e non poteva essere più classificata come una bambina sotto ogni aspetto— legale o qualunque altro. Dopotutto, la vita che cresceva dentro di lei indicava che era ciò che di più lontano ci si potesse aspettare da un bambina.

Dopo un altro sorso di soda, Kate prese un lungo e profondo respiro dal naso e tornò verso il tavolino per raccogliere i piatti vuoti, i tovaglioli e il contenitore del riso avanzato. Grazie a Dio aveva già deciso di mangiare gli avanzi, dato che non avrebbe avuto la pazienza—o lo stomaco— per cucinare, e saltare la cena non era più un’opzione per lei.

Loro—per loro. Avrebbe dovuto parlare, almeno per i prossimi mesi, al plurale.

Le sue abitudini alimentari non erano mai state particolarmente scorrette, ma durante il primo semestre al college non avrebbe potuto pensare di definirle “sane”. Crescendo, aveva sempre mangiato dei pasti completi preparati da uno o da entrambi i suoi genitori. Ovviamente, mangiava qualche dolce di tanto in tanto (chi non lo faceva?), ma le insalate verdi con poco condimento costituivano il suo pranzo di tutti i giorni, mentre le cene includevano sempre molte verdure. Nel suo primo semestre a Stanford, le insalate c’erano ancora— solo di quantità minore e spesso arricchite da crocchette di pollo e patatine. E birra; c’era decisamente della birra.

Una volta tornata a scuola per il secondo semestre, l’appetito di Kate si era ridotto al minimo. Riusciva generalmente a resistere con un solo pasto al giorno e con uno o due piccoli snack qua e là. Nel momento in cui aveva scoperto di essere incinta aveva cominciato a cambiare la sua alimentazione— anche durante le due settimane in cui l’aborto era ancora un’opzione valida. Aveva sostituito gli snack delle patatine con della frutta e aveva rimpiazzato la carne in scatola con del pollo grigliato o dei legumi, in base a quello che aveva a disposizione. Quando i suoi amici la prendevano in giro lei non gli dava importanza, cercava solo di limitare il più possibile il suo aumento di peso; non aveva detto a nessuno la verità tranne che alla sua compagna di stanza.

Una volta finito il semestre, Kate era tornata a casa pensando che mangiare in modo più salutare sarebbe stato più semplice. Sì, la tentazione di fermarsi in uno dei quattro milioni di fast food presenti per le strade di New York era davvero irrefrenabile, e immaginava che cucinare da sola sarebbe stato molto più faticoso, ma ne sarebbe sicuramente valsa la pena. Si sarebbe sentita meglio a preparare da sola i suoi pasti e, come omaggio aggiuntivo, non sarebbe stata male come quando aveva ceduto alla sua debolezza per gli anelli di cipolla (evidentemente al bambino non piacevano le cose fritte). Purtroppo, non era quello il caso.

Visto che suo padre passava la maggior parte del tempo a bere, non era certo in grado di aiutarla a fare la spesa o a cucinare. Se mangiava, lo faceva in uno di quei bar in cui si rintanava. Nelle rare occasioni in cui mangiava a casa, si arrangiava con le cene surgelate. Apparentemente, con l’alcol ancora in circolo, non trovava il suo cibo genuino molto invitante, il che le andava bene. Per quanto le dispiacesse, voleva anche dire che non avrebbe dovuto cucinare più della quantità che avrebbe mangiato, il che era una cosa positiva— se così poteva definirla.

Una volta riordinata la cucina, Kate guardò l’orologio sopra il fornello e sospirò. Erano le sette meno un quarto, e ciò voleva dire che aveva ancora un’ora prima di dover uscire per andare da Rick. Un’ora per stressarsi. Un’ora per ossessionarsi. Un’ora per preoccuparsi di cosa avrebbe potuto dirle quando sarebbero rimasti soli e di come avrebbe potuto sfogare la sua delusione e la sua rabbia.

Uscendo dalla cucina, Kate si diresse verso il divano e accese la televisione. Suo padre non era in casa e, in tutta onestà, non le importava nemmeno dove fosse. Poteva trascinarsi a casa a qualunque ora volesse; lei non sarebbe andata a cercarlo di nuovo. Aveva già abbastanza problemi di cui occuparsi. Tipo se il padre del suo bambino la odiasse più di chiunque altro sulla faccia della Terra.

Pensava che la televisione sarebbe stata una buona distrazione, ma non c’era nemmeno vicino. Invece di una stupida e spensierata commedia o di un film per famiglie, aveva inavvertitamente cambiato canale in un film romantico. La coppia sullo schermo si baciava e ci dava dentro sopra un enorme letto coperto da lenzuola bianche; Kate spense immediatamente. L’ultima volta che l’aveva fatto… aveva provato a non pensarci più, in realtà.

Dio. Incinta del padre della bambina a cui aveva fatto da babysitter. Poteva essere più cliché di così?

In effetti, in quei film, non era sempre l’uomo più grande a sedurre la ragazzina per poi approfittarsi di lei? Beh, a Kate non era successo questo. Semmai, era accaduto il contrario, ma non era stato pianificato; era semplicemente successo durante la foga del momento.


Morta. Tua madre è morta. È morta.

Con ogni passo sul pavimento, Kate sentiva rimbombare queste parole nella sua mente. Erano passati tre giorni, ma ancora non le sembrava vero. Sua madre era solo uscita per occuparsi di un caso o per andare al lavoro. Sarebbe tornata presto. Sarebbe tornata aprendo la porta di casa, con un sorriso sulle labbra, i capelli disordinati a causa del vento, e avrebbe detto “Ragazzi, devo raccontarvi una storia!’’

Ma non era stato così. Sua madre se n’era andata e non sarebbe più tornata. Il dolore al petto era talmente forte che Kate riusciva a malapena a sopportarlo. Ogni momento di ogni giorno sentiva il suo corpo prendere fuoco. Non aveva idea che avrebbe dovuto sopportare un tale dolore fisico senza avere bisogno di un ospedale, ma era solo il lutto che la stava distruggendo, non una malattia.                

Molto peggio— se possibile— era la costante folla di vicini e parenti davanti alla porta d’ingresso. Suo padre doveva fare il padrone di casa—non aveva altra scelta che stare lì e accettare le loro condoglianze—ma lei non doveva restare per forza. Poteva andarsene, e per questo si era ritrovata a camminare verso l’appartamento dei Castle quel mercoledì pomeriggio.

Non avrebbe dovuto andarci quella settimana— glielo aveva detto Rick quando lo aveva chiamato lunedì mattina per spiegargli il motivo per cui non avrebbe potuto badare ad Alexis quel giorno. Non era rimasta sorpresa quando lo scrittore le aveva offerto gentilmente le sue scuse e le sue condoglianze. Sembrava sincero, anche se in quel momento era troppo scossa per capirlo. Avrebbe dovuto badare ad Alexis lunedì, martedì e mercoledì; gli ultimi giorni prima di tornare in California per il semestre di primavera. Almeno così avrebbe potuto concludere la sua esperienza da babysitter e quella bambina dai capelli arancioni brillanti avrebbe potuto distrarla da quella carica di emozioni che l’aveva sopraffatta, anche se solo per poco. 

Arrivata alla porta del loft non aveva sentito quella familiare gioia o eccitazione che aveva provato durante le sue precedenti visite. Non aveva sentito niente. Il buco vuoto nel suo petto le stava impedendo di provare qualsiasi emozione, eccetto per una disperata tristezza, e aveva paura che questo non sarebbe cambiato per molto tempo.

‘Kate… cosa ci fai qui? Non ti aspettavo…’

‘Lo so.’ Kate annuì quando lo scrittore aprì la porta. ‘Volevo solo uscire di casa e ho pensato che passare del tempo con Alexis mi avrebbe distratta. Va bene per te?’

‘Certo, assolutamente— entra.’ Lo scrittore fece un passo indietro e allungò un braccio per prenderle il cappotto. ‘Mi dispiace molto per tua madre.’

Kate si voltò e accettò le condoglianze con un ‘grazie’. Quando sollevò lo sguardo verso i suoi caldi occhi blu, pensò a quanto fosse diverso Rick dalla persona che si era immaginata prima del loro incontro. Era molto più giovane, ovviamente, ma anche più gentile, divertente, e molto più coi piedi per terra di quanto suggerisse il suo appellativo da scrittore di best seller.

A Novembre di quell’anno, sua madre l’aveva chiamata entusiasta chiedendole se voleva fare da babysitter alla bambina del famoso scrittore Richard Castle durante le vacanze di Natale. La risposta di Kate era stata una risata seguita dalla domanda ‘Chi?’. Evidentemente, la madre di Kate conosceva una signora che viveva nel palazzo di Castle. La donna aveva una figlia di soli due anni più grande di Kate che di solito faceva da babysitter alla figlia di Castle, ma che a causa di un incidente sugli scii, non avrebbe potuto badare alla bambina con una gamba e la caviglia rotte; così, Johanna aveva pensato di prendere due piccioni con una fava. Essendo sempre in cerca di soldi extra, Kate aveva accettato l’incarico, ma una volta arrivata a casa Castle, ogni pregiudizio che aveva avuto su quella famiglia era immediatamente svanito.

Quando aveva scoperto di dover badare alla bambina di cinque anni per permettere al padre scrittore di rintanarsi nel suo ufficio e rispettare la scadenza del suo ultimo libro, si aspettava di incontrare un uomo che aveva avuto una bambina un po’ avanti negli anni— uno con un serio e magari frustrato atteggiamento da artista che non tollerava le attività piene di risate dei bambini. Invece, una volta aperta la porta del loft, si era ritrovata faccia a faccia con un giovane e bellissimo uomo dagli occhi blu che indossava una tuta laser tag. Dopo alcune brevi presentazioni, le aveva chiesto se volesse unirsi a loro, e le visite successive erano andate proprio in maniera molto simile. 

Più lo conosceva, più Kate capiva che Rick era un gentile, responsabile e fantastico padre. Sì, magari a volte un po’ immaturo e infantile—abbastanza bizzarro dato che aveva sette anni più di lei ed era anche un genitore— ma era tutto per puro divertimento. Inoltre, il suo talento e la sua conoscenza erano ben riflessi in sua figlia, che sembrava molto più grande per la sua età in quasi tutti gli aspetti.

Kate aveva adorato passare il tempo con i Castle, per questo era andata a cercarli in quella settimana devastante. Se qualcuno aveva la possibilità di farla sorridere, quelli erano loro.

‘Alexis; Kate è qui!’ Il padre chiamò la figlia al secondo piano. Lei raggiunse la cima delle scale, che scese con cautela spostando continuamente lo sguardo dalla ragazza a suo padre. Quando raggiunse l’ultimo scalino, Rick si inginocchiò davanti a lei per guardarla. ‘Ricordi cosa ti ho detto l’altro giorno su Kate?’

‘Che la sua mamma è morta e che non sarebbe venuta per stare con me.’

‘Esatto, perciò cerca di essere molto gentile con lei, okay?’

La bambina annuì e allungò un braccio per prendere la mano di Kate. ‘Andiamo a giocare con le Barbie— ti faccio scegliere quella che vuoi.’

Prima che venisse trascinata su per le scale, Rick le fermò, guardò Kate e disse ‘Se senti il bisogno di dover andare via, dimmelo, okay?’

Kate lo ringraziò con un sussurro prima di raggiungere la bambina ormai impaziente.

                                                                                 XXXXXXXX

Mentre preparava la cena per la famiglia (macaroni and cheese con dei pezzetti di hot-dog— cibo consolatorio) il petto di Kate si alleggerì del dieci per cento—cosa che avrebbe creduto impossibile quella mattina. Dopo aver giocato con le Barbie, Alexis le aveva pettinato i capelli e poi avevano costruito un castello di lego mentre lei le raccontava di quanto non vedesse l’ora di tornare a scuola la settimana successiva. Nonostante non avesse voglia di parlare dell’argomento, data la sua paura di tornare in California e di dover spiegare a tutti i suoi amici cos’era accaduto, apprezzava l’ottimismo della bambina.

Proprio mentre stava per impiattare la cena di Alexis, udì delle urla provenire dallo studio di Rick. Non era la prima volta e non era neanche così sorprendente dato che i “muri” del suo ufficio erano costituiti solo da mensole piene di libri e cianfrusaglie, ma era di gran lunga imbarazzante, soprattutto quando lo scrittore urlò  ‘Maledizione, Meredith, non puoi farlo!’. Anche se Kate era entrata da poco nella vita dei Castle, sapeva che Meredith era la madre di Alexis—l’ex moglie dello scrittore— e che avevano divorziato non meno di un anno prima.

’Sono felice che se ne sia andata.’ sussurrò la piccola testa rossa quando Kate le porse il piatto con un cucchiaio.

Senza pensarci, Kate mormorò ‘Hmm?’

Alexis la guardò. ‘Mia mamma— sono felice che se ne sia andata.’

L’agonia della sua perdita bruciava ancora nel petto, ma Kate sospirò. ‘Non dovresti dire queste cose, Alexis.’

La bambina prese una cucchiaiata di maccheroni e fece spallucce. ‘Lei e papà litigavano così tanto che mi faceva male il pancino.’

Kate strinse le labbra e la guardò. Che cosa triste e terribile da sperimentare per una persona così piccola; anche se conosceva molto bene Alexis, lei non era l’unica ad aver provato quel tipo di emozioni. ‘Mi dispiace sentirlo. I miei genitori non litigavano molto, ma quando lo facevano…’ Kate scosse la testa al ricordo degli eventi che l’avevano turbata, anche quando era un’adolescente. ‘Lo capisco, ma sei molto fortunata ad avere ancora una mamma che ti vuole tanto bene.’

Alexis prese un pezzo di hot-dog e alzò lo sguardo. ‘Lei non mi vuole bene.’ disse, non preoccupandosi di chiudere la bocca mentre masticava. ‘Ama di più se stessa— è quello che dice papà.’

Quando alcune lacrime minacciarono di scorrerle giù per le guance, Kate si voltò e tentò di pulire le pentole usate nel lavello. ’Ti vuole bene, Alexis; ne sono sicura.’

                                                                                XXXXXXXX

Rick non aveva lasciato il suo ufficio per tutta la sera, il che era strano. Di solito, mangiava insieme a loro, lui e Alexis giocavano per venti muniti e poi tornava nel suo studio per continuare a scrivere mentre Kate cominciava a preparare la bambina per la sua routine serale. Durante il periodo trascorso insieme ai Castle, Rick aveva saltato la cena solo una volta, ma anche in quel caso era uscito per dare la buonanotte alla figlia. Quella sera non l’aveva fatto e Kate non poté fare a meno di chiedersi se la precedente conversazione telefonica fosse uno dei motivi.

Non volendo andarsene senza salutarlo, si avvicinò cautamente allo studio e bussò allo stipite della porta. Lo scrittore, che si trovava di fronte alla finestra, con un bicchiere di scotch in mano, si voltò e le rivolse un lieve sorriso.

‘Ho messo gli avanzi della cena in frigo se dovesse venirti fame dopo.’

‘Grazie—per tutto. Sei stata incredibile in questi ultimi mesi. Il tuo, ehm, il tuo ultimo assegno è lì sulla scrivania.’

Avanzò lentamente, prese il piccolo pezzo di carta rettangolare, lo piegò a metà e lo infilò nella tasca posteriore dei jeans. Rick era stato più che generoso a pagarla per il suo tempo—quasi in modo scioccante. Diciamo che avrebbe avuto ancora dei soldi da parte per la fine del semestre, il che era più di quanto si aspettasse di guadagnare da qualsiasi lavoro invernale.

‘Alexis è davvero una bambina bravissima.’

Lui annuì e bevve un altro sorso di scotch. ‘Sì che lo è.’

Quando si voltò di nuovo verso la finestra, Kate gli chiese delicatamente ’Stai bene?’

Lui lasciò andare una risata mista ad un sospiro e s’incamminò verso il divanetto del suo studio. Invece di sedersi sui cuscini, poggiò tutto il peso su un bracciolo e incastrò il bicchiere tra le gambe. ‘Credo che dovrei essere io a chiederlo a te.’

Lei fece due passi avanti. ‘Beh, è chiaro che io non sto per niente bene. Tu come stai?’

‘Non vuoi davvero sentir parlare di me.’

‘L’ho chiesto io.’

Bevve un lungo sorso dal bicchiere svuotandolo completamente, fatta eccezione per il ghiaccio, e lo posò sul tavolino vicino al divano. Guardandola, poi disse ‘La mamma di Alexis, Meredith, aveva promesso di venirla a trovare per Natale, ma non si è presentata. Poi, voleva che le mandassi Alexis per Capodanno, ma ha annullato due giorni dopo—come ricorderai.’

Kate annuì; all’inizio non aveva in programma di lavorare il primo lunedì e martedì dell’anno nuovo finché Rick non l’aveva chiamata per chiederle se poteva venire, cosa che aveva fatto felicemente. Al momento, non aveva una spiegazione plausibile, né Alexis glielo aveva spiegato.

‘Poco dopo,’ continuò Rick, ‘ha detto ad Alexis che sarebbe venuta a trovarla alla fine del mese, ma— sorpresa, sorpresa,— mi ha chiamato questa sera per rimandare di nuovo e io…’ scosse la testa e volse lo sguardo verso la finestra. ‘Cosa dovrei dire ad Alexis?’

Con ancora la conversazione con la bambina fresca nella mente, Kate gli disse ‘Mentile.’

La testa dello scrittore si voltò bruscamente verso di lei. ‘Scusami?’

Kate avanzò in modo da raggiungere l’uomo. Capiva la sua delusione, e in qualsiasi situazione normale non avrebbe mai incoraggiato un genitore a mentire al proprio figlio, ma quella non era una situazione normale. ‘Alexis è intelligente e molto perspicace. Questa sera mi ha detto che non crede che sua madre le voglia bene, e non è una cosa che dovrebbe pensare una bambina di cinque anni. Dille la verità quando sarà più grande, ma adesso? Inventa una scusa, anche se sono sicura che non vuoi farlo.’

Rick si passò le dita sulla fronte e poi le posizionò su entrambi i lati del viso. ‘Vorrei non doverlo fare.’

’Neanche io.’

Kate non era sicura di cosa l’avesse spinta a farlo— forse l’espressione triste di Rick che aveva rimpiazzato quella infantile. Forse il fuoco che bruciava nella sua cassa toracica che stava tornando a tutta forza. Forse era impazzita dopo la morte di sua madre, ma qualunque ragione fosse, Kate s’inclinò e posò le labbra sulla guancia di Rick. Abbastanza sorpreso, Rick si voltò nella sua direzione e proprio mentre stava per chiedere ‘Cos—‘ lei pressò le labbra contro le sue. All’inizio il bacio fu esitante, ma poi le dita di Rick, ancora fredde per aver tenuto il bicchiere, le accarezzarono la mandibola attirandola a sé.

Una volta separati, Rick la fissò con gli occhi spalancati per qualche secondo e poi disse ‘Kate io—‘

Ma lei lo zittì prima di riprendere a baciarlo e di cominciare a lavorare sui bottoni della sua camicia a quadri. Un momento dopo, le sue mani le accarezzarono i fianchi ed entrambi caddero sul divano senza pensarci due volte.


Stupida. Era stata stupida. Non aveva mai avuto un rapporto occasionale in tutta la sua vita (anche perché, in tutta onestà, non ne aveva mai avuto l’occasione anche con tre anni di attività sessuale alle spalle) e aveva scelto proprio quel momento per tuffarsi di testa in uno. Col senno di poi, maledì temporaneamente la pazzia derivata dal lutto per la morte di sua madre, ma quella non era certamente una scusa.

Non appena fuori dalla metropolitana, Kate si appoggiò contro un palo e si inclinò leggermente in avanti, credendo di essere sul punto di vomitare. Aprì la bocca e sentì lo stomaco rotolare, ma riuscì a trattenersi—anche se a malapena. Dio, che disastro. Tutto considerato, aveva avuto un trimestre tranquillo. Solo alcune mattine era capitato che le avesse passate piegata vicino al wc del bagno, ma per il resto era andato tutto liscio—fisicamente parlando. Dal punto di vista emotivo era un’altra storia.

Kate era sicura di aver passato più tempo a piangere durante le prime diciassette settimane che in tutta la sua vita messa insieme— e raddoppiata. Tra la morte di sua madre, la scoperta della gravidanza e tutto quello che era accaduto dopo, per farla breve, era a pezzi. Aveva provato a rimettersi in carreggiata, e anche se sapeva che sarebbe stato difficile, sapeva anche di dover necessariamente parlare con Rick; era parte del fare la cosa giusta.

Fino a quella mattina, Kate era ancora incerta su come o se dirglielo. La sua compagna di stanza—l’unica amica che sapeva della gravidanza (soprattutto perché tenergliela nascosta sarebbe stato praticamente impossibile)— le aveva chiesto più volte del padre. Kate l’aveva liquidato come qualcuno con cui non avrebbe avuto niente a che fare, ma la sua amica aveva continuato ad insistere. L’aveva incoraggiata a parlare con il padre, così non sarebbe rimasta sola per tutta la gravidanza.

Durante gli ultimi isolati che la separavano dal loft di Castle in Broome Street, Kate ripassò a mente ciò che avrebbe dovuto dire. Era pronta a dirgli che non doveva preoccuparsi; non aveva mai avuto l’intenzione di cercarlo per qualche tipo di supporto o di diffondere la notizia ai media. Infatti, non voleva niente di tutto ciò, perché il suo bambino—cioè, il loro bambino—sarebbe stato dato in adozione. Tra ventitré settimane avrebbero potuto voltare pagina e dimenticare l’accaduto.


‘Vieni, entra.’ disse Rick quando aprì la porta dell’appartamento, non preoccupandosi di dare un ulteriore saluto. Kate non poteva biasimarlo; non si meritava alcun tipo di frivolezza.

Entrò in casa e lo guardò. Aveva i capelli disordinati e drizzati in aria—era ovvio che ci avesse passato le mani in mezzo molte volte durante le ultime ore. Anche i suoi occhi erano più stanchi del solito, e la sua postura tesa. Le indicò di sedersi sul divano e, quando cominciò ad avvicinarsi, le chiese ‘Posso offrirti qualcosa da bere?’

’Scotch on the rocks? Scherzo.’ Fece una battuta provando a smorzare l’aria soffocante. Ad ogni modo non funzionò, tanto che lo scrittore imprecò e si coprì la bocca con la mano.

‘Dio; non hai nemmeno l’età per bere!’

‘Grazie.’ esclamò prima di lasciarsi cadere sul divano. L’aveva fatta sentire come una babysitter di sedici anni appena uscita dai corridoi del liceo. A parte questo, era comunque maggiorenne e, in effetti, la loro differenza d’età di quasi sette anni e mezzo non era poi così sbagliata. Sì, in quel momento si trovavano in due fasi diverse delle loro vite, ma se invece avessero avuto ventinove e trentasei anni? Non ci sarebbe stato alcun problema.

Lo scrittore imprecò di nuovo. ‘Merda. Mi dispiace; non avrei dovuto dirlo. Ricominciamo da capo.’ Non si sedette sul divano accanto a lei, ma sul tavolino di fronte in modo da ritrovarsi faccia a faccia. Prese un lungo respiro e s’inclinò in avanti poggiando i gomiti sulle cosce. ‘Sei incinta?’

’Sì.’

‘Ed è mio?’

Lei fece un cenno con la testa. ‘Non potrebbe essere di nessun altro.’ Prima di Rick, l’ultima volta in cui era andata a letto con qualcuno era stato a Novembre, giusto prima di rompere con il suo fidanzato Rogan per essere stato uno stronzo egoista. E, dopo il suo lutto, non era più stata con nessun altro.

Lo scrittore scosse la testa, cercando ancora di capire cosa stesse accadendo. ‘Avevi detto che prendevi la pillola.’

Kate strinse fortemente le labbra. A difesa di Rick, per quanto quella notte fosse stata precipitosa, le aveva chiesto del suo metodo contraccettivo e lei era stata onesta con lui. ‘Infatti, ma ho dimenticato di prenderla quando abbiamo saputo di mia madre. L’ho presa il giorno dopo l’accaduto e pensavo che non fosse importante, ma immagino sia quando è cominciato tutto. Mi dispiace.’ Sì, la gravidanza era stata colpa sua—non solo aveva iniziato lei, ma era anche stata negligente riguardo al suo metodo contraccettivo.

Lui scosse la testa. ‘No, non è… non è stata colpa tua. Queste cose capitano.’ Si guardarono per circa trenta secondi prima che Rick decidesse di alzarsi e di posizionarsi di fronte al divano, con una mano sul fianco, e l’altra in mezzo ai capelli. ‘Wow, uhm… Non so nemmeno cosa dire.’

Kate prese un bel respiro e giunse le mani in grembo; era arrivato il momento di fare il suo discorso. ‘Non devi dire niente. Puoi anche dimenticare di averlo scoperto, se vuoi. La darò in adozione.’

‘La? Adozione?!’ farfugliò.

Kate reagì inizialmente alla sua prima domanda, un leggero rossore cominciò a formarsi sulle guance. Posò le mani giunte sulla pancia e confessò ‘Non so se è femmina.’

‘Ma…in adozione?’

Lei annuì con la testa. Per quanto tumultuosi fossero i suoi sentimenti, era ancora convinta della sua decisione. ‘Sembra la cosa più intelligente da fare. Ho appena finito il primo anno di college, non posso… non posso diventare madre—non ora. Non sarebbe giusto per lei. Voglio dire, ero quasi sul punto di non portarla avanti ma adesso—‘

‘Cos—tu—ah!’ la interruppe Rick con un serie di suoni sconnessi. Alla fine, riordinò i pensieri e disse ‘Avresti abortito senza nemmeno dirmelo?!’

Lei sollevò lo sguardo, decisa. ‘È il mio corpo, Rick.’

‘Ma non pensi che avevo il diritto— non volevi dirmelo neanche adesso!’

Lei sollevò semplicemente le spalle. ‘Non avevo ancora deciso.’


Rick riusciva a malapena a pensare. Non riusciva a capire. Il suo mondo stava girando, tutto stava girando e—Dio—non era nemmeno ubriaco. Era…una follia.

Una notte con Kate aveva avuto come conseguenza un bambino—okay, avrebbe potuto affrontarlo. Era adulto; poteva affrontare le conseguenze delle sue azioni—per quanto scioccanti fossero, ma questo! Il solo fatto di aver scoperto della gravidanza per puro caso e poi, oltre allo shock, scoprire che lei stava quasi per abortire senza nemmeno dirglielo? Era sconvolto!

Camminò avanti e indietro vicino al tavolino e si voltò a guardarla, pronto a urlare, a strillare, ma poi i suoi occhi si posarono su di lei. Sembrava così…piccola.

Si ricordò di quando aveva diciannove anni—fortunatamente non era passato molto tempo. Era un vero e proprio idiota a quei tempi. Come fosse riuscito a pubblicare un libro solo un anno dopo, non l’avrebbe mai saputo. Tutto ciò che voleva era fare il buffone, non frequentare le lezioni, trovare una bellissima ragazza con cui pomiciare e andare a bere insieme ai suoi amici. Se a quei tempi fosse venuto a sapere che sarebbe diventato padre? Dio, non voleva nemmeno pensarci. Sarebbe stato un disastro. Avrebbe incoraggiato la ragazza ad abortire? Non ne era certo, ma sapeva che il suo mondo sarebbe stato stravolto. Dubitava che sarebbe riuscito a prendere una decisone o, realisticamente, a fare qualsiasi altra cosa oltre a bere e andare nel panico.

Kate era molto più matura di quanto fosse stato lui alla sua età—quello era più che ovvio. E poi il destino era stato infame con lei. Sua madre era stata uccisa nemmeno cinque mesi prima e probabilmente si stava ancora riprendendo dall’evento quando aveva scoperto di essere incinta. Sì, forse aveva fatto qualche sbaglio, ma non poteva giudicarla così duramente, perché non era sicuro di cosa avrebbe fatto lui al suo posto.

Mentre se ne stava seduta lì a guardarlo, le sue braccia avvolsero delicatamente la pancia in crescita, sembrava un po’ spaventata, ma sicura di sé. Stava facendo ciò che riteneva più giusto per il suo bambino; stava cercando di dargli la possibilità di vivere una bella vita e non poteva incolparla per questo. Ma comunque… non era solo il suo bambino, era il loro bambino e quella era una cosa che avrebbe dovuto considerare attentamente.

Rick fece un passo avanti e si sedette sul divano vicino a Kate. ‘Scusa se ti ho aggredito in quel modo ma è tutto… molto inaspettato.’ Quando lei annuì, lui continuò. ‘Perciò, l’adozione…hai trovato una coppia?’

‘Oh no.’ replicò subito. ‘Quando ci ho pensato all’inizio, avevo una coppia in mente. Una donna che conoscevo perché lavorava con mia madre—lei e suo marito avevano provato ad adottare, ma avevano difficoltà a trovare un bambino. Pensavo di chiedere a loro, ma quando sono tornata in città ho scoperto che l’avevano finalmente trovato, perciò non avrebbe funzionato. Ho chiamato alcune agenzie e ho fissato degli appuntamenti per questa settimana. Io—‘

‘No.’ La parola gli scappò dalle labbra senza controllo, ma non poteva dire di esserne dispiaciuto. Il suo cuore aveva preso la decisione mentre il suo cervello stava ancora rimuginando. Il loro bambino—il suo bambino. Non poteva poteva essere affidato a chiunque.

‘Cosa?’

‘La prenderò io—lo prenderò. Il bambino.’

I suoi occhi si spalancarono. ’T-tu vuoi il bambino?’

‘Sì, certo che voglio il bambino. È mio figlio; pensavi che non l’avrei voluto?’ Alexis non era stata pianificata e lui aveva deciso comunque di tenerla. Cavolo, aveva dovuto lottare per tenerla con sé dopo che la madre aveva deciso di trasferirsi in California. Avrebbe fatto la stessa cosa con questo bambino, se necessario.

Quando Rick vide le lacrime fare capolino negli occhi di Kate, si sentì immediatamente in colpa, ma prima che potesse scusarsi lei disse ‘Non stavo cercando di offenderti—mi dispiace, ma non so come come gestire tutto questo, capisci? Non so cosa devo fare. Sei mesi fa mi sentivo ancora una ragazzina e adesso mia madre è morta, mio padre potrebbe esserlo pure e il pensiero di diventare madre è solo—troppo.’

Rick prese immediatamente una scatola di fazzoletti dal bancone della cucina e glielo poggiò sulle gambe. Non essendo sicuro di quale fosse la cosa giusta da fare, le posò gentilmente una mano sulla parte alta della schiena. Quando non la vide scostarsi, la accarezzò disegnando dei delicati movimenti circolari. Poi, quando il cervello assimilò le sue parole, qualcosa lo colpì. ‘Aspetta. Cosa dicevi di tuo padre?’

Lei si soffiò il naso nel fazzoletto. ‘Lui…non sta reagendo molto bene. Sta…bevendo. Tanto.’

‘Cosa intendi per tanto?’

Lei diresse i suoi occhi rossi nella sua direzione. ‘Non l’ho visto sobrio da quando sono tornata a c—casa.’ ammise, con voce spezzata. 

Il cuore di Rick gli si strinse nel petto. ‘Dio…Kate mi dispiace.’ Che cosa terribile. Non solo stava affrontando il dolore della perdita e la gravidanza, ma stava facendo la maggior parte delle cose da sola se suo padre stava affogando i suoi dispiaceri nella bottiglia. Adesso si sentiva ancora peggio per lei.

’Già.’ sospirò e prese un nuovo fazzoletto dalla scatola prima di lasciarsi andare contro lo schienale del divano. In quella posizione, Rick riuscì a quasi a vedere la rotondità nella parte bassa della pancia e il suo cuore fece un balzo. Il suo bambino—il suo bambino era lì dentro.

‘Sta bene? Il bambino?’

Per la prima volta da quando era arrivata, Kate gli rivolse un piccolo sorriso. ‘Mmhm. Per ora bene. Ho un altro appuntamento giovedì se vuoi—‘

’Sì. Grazie.’

Rise emettendo un sospiro, presumibilmente dopo la sua risposta entusiasta. ‘Okay.’

‘E tu stai bene?’

Lei annuì. ‘Esausta, ma bene credo. Adesso che sta crescendo riesco quasi a sentirla muovere; è strano.’

Rick mormorò. ‘Ricordo quando Meredith l’ha detto per Alexis. Posso?’ chiese, posando gli occhi sulla pancia e poi di nuovo su di lei.

Le sue guance arrossirono. ‘Oh…se vuoi. Non c’è ancora molto.’ Con un fazzoletto appallottolato nella mano, sollevò il bordo della maglietta per esporre la pancia.

La mano di Rick copriva interamente la parte gonfia. Anche se non riusciva a sentire alcun calcio o movimento, poteva comunque sentire la sensazione di una forte vita sotto la sua pelle. Alzando lo sguardo, la vide osservare la sua mano, e si sentì triste. Se lei avesse proseguito con la normale adozione, avrebbe potuto non rivedere più il suo bambino dopo averci rinunciato, ma non era ciò che Rick voleva; assolutamente no. Era pronto a prendersi le sue responsabilità per il bene del bambino, ma da uomo cresciuto senza un padre, non avrebbe mai desiderato la stessa cosa per nessuno dei suoi figli.

‘Vorrei che fossi presente nella vita del bambino. So che hai la scuola e non voglio assolutamente portarti via la tua educazione—so quant’è importante—ma vorrei che conoscesse sua madre.’

Kate incontrò i suoi occhi e rimase in silenzio per qualche minuto prima di dire ‘Credo che vada bene.’ Dopo un po’ aggiunse ’Scusa se non te l’ho detto prima.’

Lui scosse la testa. ‘Non preoccuparti; eri spaventata—lo capisco.’

Una risata di scherno le scappò dalle labbra. ’Spaventata. Certo. Direi più terrorizzata.’

’Terrorizzata? Perché?’

Si allontanò leggermente e abbassò la maglia. Posò gli occhi sul grembo, poi di nuovo su di lui e disse ‘Beh…dovrà pur uscire prima o poi.’

Rick sorrise. ‘Oh. Quello. Andrà bene.’ disse con un gesto noncurante della mano.

Lei lo guardò, incredula. ‘Disse l’uomo che non dovrà spingere un cocomero fuori da un buco grande quanto una narice.’

Lui rise di nuovo. ‘Touché.’ Poi, allungò una mano e la posò sul suo braccio, promettendole ‘Andrà tutto bene, Kate; lo affronteremo insieme.’










Angolo:
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built 
Grazie mille per la fantastica accoglienza di questa storia. Fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto! 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Camminando lungo i marciapiedi di New York, Kate si mordicchiò il labbro inferiore per tutto il tempo. Era sicura che una cicatrice sarebbe spuntata a breve—se non l’aveva già fatto—ma non le importava. Nonostante stesse già strangolando la cinghia della borsa, non riusciva a non abbandonare la sua ansia repressa.

Non importava quanto fosse sicura della sua decisione, ogni appuntamento con l’ostetrica le provocava sempre un vortice di incertezza e ansia. La visita avrebbe dovuto essere positiva— il suo bambino stava crescendo bene, gli esami del sangue erano a posto e non aveva più avuto alcuna nausea a parte un leggero accumulo di stanchezza, che era perfettamente normale— ma la facevano tutte innervosire.      

Quella visita in particolare, come di consueto, era una di quelle noiose. Non doveva fare alcuna ecografia, perciò la dottoressa avrebbe solo dovuto misurare la grandezza della pancia, revisionare le analisi del sangue e chiederle se aveva qualche domanda. L’appuntamento sarebbe finito lì se non fosse stato per la presenza di Rick. Avendo precedentemente spiegato che il padre non sarebbe stato coinvolto, Kate era stata costretta a cambiare versione della storia con una battuta ’Sorpresa! Il padre biologico avrà la custodia del bambino quando nascerà.’, che aveva reso il clima imbarazzante per alcuni minuti.

In realtà, non era stata la presenza di Rick a renderla nervosa—non del tutto, almeno. Sì, aveva dovuto spiegare la loro situazione, ma lui non aveva avuto problemi, aveva persino rifilato qualche sua battuta nel mezzo.

Più che altro, l’aveva turbata il solo fatto di doversi recare al reparto di ostetricia e ginecologia. Aveva visto tutte quelle altre donne nella sala d’aspetto a vari stadi diversi della gravidanza. La maggior parte di loro parlava con il proprio partner. Quelle da sole leggevano una rivista o un libro, ma ognuna aveva un nonsochè di raggiante; un’indescrivibile felicità.

Dopo essersi seduta sulla sedia leggermente scomoda della sala d’attesa, Kate aveva cominciato ad immaginare cosa stesse accadendo in quel momento nelle loro menti. Alcune stavano probabilmente decidendo i nomi—una sicuramente, dato che Kate aveva visto il libro che teneva in mano. Altre stavano probabilmente pensando ai colori da dare alla stanza, o se avessero dovuto decorarla con gli animali del circo o della fattoria. Pensavano probabilmente al loro prossimo incontro con i genitori, fratelli o gli altri membri della famiglia, durante il quale avrebbero entusiasticamente riferito le novità riguardo al bambino o magari al giorno del parto.

L’unica cosa che Kate aveva in comune con quelle donne era il conto alla rovescia. Poteva esattamente stimare quanti giorni mancavano alla data del parto. Sentiva quando la gravidanza sarebbe finita; il momento in cui avrebbe dato il suo bambino ad un’altra famiglia. O, grazie al recente sviluppo, a suo padre.

Sapeva che era per il suo bene; sapeva che era la cosa giusta da fare. Come avrebbe potuto prendersi cura e crescere un bambino da sola? In quel caso, avrebbe dovuto mettere da parte i suoi progetti di continuare la scuola. Avrebbe dovuto cercarsi un lavoro a tempo pieno—forse anche due—e poi sarebbe riuscita a malapena a mantenere l’asilo; non avrebbe avuto modo di pagare un appartamento—anche se fuori Manhattan. Se, per qualche miracolo, suo padre le avesse permesso di restare con lui, le spese per il bambino sarebbero comunque state un problema e la scuola sarebbe stata ancora un lontano ricordo.

Dare il bambino in adozione era il modo migliore per entrambi di avere una possibilità. Lei sarebbe tornata all'università, si sarebbe laureata e avrebbe continuato con la sua vita, mentre il bambino sarebbe rimasto con suo padre, che aveva già una carriera affermata e, a giudicare dal suo appartamento, un discreto conto in banca. In più, come bonus, sembrava che lui fosse abbastanza ostinato da coinvolgerla nella vita del bambino—ne avevano parlato di nuovo mentre aspettavano di entrare in ambulatorio. Dal modo in cui Rick ne parlava, sembrava che non volesse solo mandarle delle foto ogni mese—voleva che andasse a trovarla, che passasse del tempo con tutti loro, il che, sinceramente, era molto di più di quanto aveva sperato.

Adesso che il loro piano era (quasi) organizzato, Kate sapeva che avrebbero dovuto dirlo ad entrambe le loro famiglie. Mentre camminavano lungo una affollata via di Manhattan, la sua ansia fece di nuovo capolino costringendola ad accelerare il passo per stare dietro al suo accompagnatore. ‘Cosa gli diremo?’ chiese una volta che ebbero attraversato la strada.

‘A chi?’

‘A tutti—alla tua famiglia, alla mia.’ chiarì.

Lui sollevò appena le spalle. ‘La verità, suppongo. Tu avrai il bambino; io lo adotterò.’

‘Non credo ci sia il bisogno di adottarla; è tua.’ gli ricordò Kate gentilmente.

’Sì, giusto. Avrò la sua piena custodia.’ Si passò una mano sotto il mento e rallentò il passò, chiaramente immerso nei suoi pensieri. ‘Parlerò con i miei avvocati per vedere come funziona legalmente e—merda, aspetta.’ Si fermò talmente all’improvviso che lei non si accorse di aver continuato a camminare per un altro paio di metri prima di tornare indietro mentre lui la guardava, pensieroso. ‘Il bambino nascerà ad Ottobre…ma tu sarai tornata a Stanford…’

‘Oh, no. Scusa.’ Si era talmente concentrata su cosa fare con il bambino da essersi completamente dimenticata di informarlo di quella parte del suo piano prestabilito. ‘Quando ho scoperto di essere incinta, ho deciso di trasferirmi in una scuola a Manhattan, pensando che sarebbe stato più pratico. Seguirò qualche lezione alla NYU quest’estate, ma mi prenderò tutto il semestre autunnale di pausa; non sarebbe molto sensato rituffarsi in mezzo a tutto con la data del parto che incombe. Ne ho parlato con i consulenti universitari e mi stanno aiutando a risolvere tutto.’

Quando era tornata a casa per le vacanze di Pasqua, aveva realizzato che la decisione di trasferirsi sarebbe effettivamente stata una benedizione per più motivi. L’aveva sentito biascicare più volte al telefono, ma non aveva capito quanto fosse grave finché non l’aveva visto di persona. Non poteva tornare al college dall’altra parte del paese quando suo padre stava peggiorando così tanto a New York; doveva restare a casa con lui nella speranza di mantenere intatto quel che rimaneva della sua famiglia. 

Assumendo che le avrebbe parlato anche dopo aver scoperto di essere incinta a diciannove anni.

Rick riprese a camminare e Kate rimase al passo. ‘Quindi avrai il bambino qui, in città?’

’Sì.’

‘Okay bene allora troveremo una soluzione.’

Una risata triste scappò dalle labbra di Kate alla sua affermazione. ’Troveremo una soluzione? Non credo che questo sia come immaginavi che andasse la tua vita, Rick.’

Lui le si posizionò davanti così che dovettero fermarsi al prossimo angolo. ‘Non ti mentirò, Kate; non era assolutamente il mio piano, ma lo era avere più figli. Adoro i bambini e ne ho sempre voluto più di uno, perciò, per quanto folle possa essere, ne sono felice.’

La mano di Kate si posò sulla pancia e mormorò ‘Parla per te.’ Quando lui inarcò un sopracciglio, si scusò e aggiunse ‘È solo che…è comunque difficile.’              

‘Lo capisco. Vuoi che resti con te quando lo dirai a tuo padre?’

Kate trattenne il respiro. Sarebbe stata davvero una pessima idea. Se suo padre fosse stato ubriaco, le avrebbe urlato. Se fosse riuscita a trovarlo sobrio, probabilmente avrebbe urlato comunque. Lei stessa non avrebbe voluto partecipare alla conversazione, quindi non c’era alcuna possibilità che avrebbe reso partecipe Rick. ‘Oh no—Dio no. Non finirebbe bene.’

‘Sei sicura? Non è un problema.’

Lei scosse la testa e lui accettò la sua risposta. Poi disse ‘Vorrei che fossi presente quando lo diremo a mia madre e ad Alexis.’

Kate non sperava di partecipare, ma avendoglielo chiesto l’avrebbe fatto. Perfetto, pensò, niente di meglio che conoscere delle nuove persone per la prima volta e dare loro la deludente notizia. ‘E tuo padre?’ chiese, volendo togliersi tutti i parenti in una volta, se possibile.

’Non ho mai conosciuto mio padre.’

’Tu—oh.’ Oh cavolo. Le mani di Kate si aggrapparono fortemente alla pancia quando revisionò a mente la gravità della situazione. Rick era cresciuto senza un padre, ecco perché non voleva che suo figlio crescesse senza di lui—e, molto probabilmente, perché aveva insistito che lei facesse parte della vita del bambino, così il loro figlio, o figlia, non avrebbe avuto il suo stesso destino.

‘Mi dispiace.’

‘Grazie.’ disse. ‘Perciò…a domani sera per la grande notizia? Preparerò la cena.’

Lei annuì con la testa. ‘Va bene; ci sarò.’


‘Allora, Richard, vuoi dirmi cosa sta succedendo o devo cominciare a farti delle domande?’

Rick spostò lo sguardo dall’insalata che stava preparando per osservare sua madre agitare l’ormai quasi vuoto bicchiere di vino a soli pochi metri di distanza. ’Non so a cosa ti riferisci, mamma.’

‘Oh davvero? Beh, oltre ad essere particolarmente strano il fatto che tu mi abbia invitata a cena questa sera, hai chiesto ad Alexis di aggiungere un posto a tavola, ma non ci hai ancora detto chi ci raggiungerà. Non credevi che l’avrei trovato sospetto?’

‘Abbiamo un ospite; è una sorpresa.’ spiegò semplicemente.

‘Una sorpresa maschile o femminile?’

‘Non vedo come possa essere rilevante.’

‘Quindi è femminile.’ concluse sua madre. ‘Ha un nome?’

‘Kate.’

‘E dove abbiamo conosciuto Kate?’

‘Uhm…’ Rick balbettò, non volendo uscire subito l’argomento babysitter. ‘È, uhm, parte della storia.’

La donna mormorò dentro il bicchiere. ‘Sarà meglio che sia buona, figliolo.’

‘Non ne hai idea.’ borbottò con un sospiro.

Erano passati sei giorni e ancora non era sicuro che fosse vero. Erano stati dal medico, lui e Kate gli avevano spiegato il loro piano, ma sembrava ancora così surreale. Stava per avere un altro bambino, il che, nella maggior parte delle circostanze, sarebbe stato fantastico, ma in quel caso si sentiva come racchiuso in una nube di rimorso, delusione e un enorme buco nero d’incertezza.

Mai, neanche per un secondo, Rick aveva ripensato alla decisione di prendere il bambino da Kate. Anche se avesse partorito, l’avesse posato tra le sue braccia e avesse lasciato l’ospedale per non rivederli mai più, sarebbe stato ancora convinto che era la cosa giusta. Certo, sperava più di qualsiasi altra cosa che non finisse così; il loro bambino si meritava una madre nella sua vita anche quando sarebbe spuntata una volta ogni tanto come quella di Alexis. Rick sperava in almeno due visite al mese, ma non voleva tenere troppo alte le speranze.

Sarebbe stato difficile, molto difficile, e se sua madre non era disposta ad aiutarlo sapeva che assumere una tata sarebbe stata una possibilità, ma solo per i primi mesi. Una volta che il piccolo avrebbe cominciato a dormire tutta la notte non gli sarebbe dispiaciuto restare solo loro tre. Aveva ancora quattro mesi per finire l’ultimo libro e poi avrebbe detto a Gina di doversi prendere una pausa per la sua famiglia. Non l’avrebbe presa bene, specialmente se la seconda entrata in scena di Derrick Storm sarebbe andata bene come la prima, ma doveva farlo; la sua famiglia veniva per prima.

Proprio mentre Rick prendeva la casseruola dal forno, sentì suonare il campanello. Sua madre era talmente su di giri che si precipitò verso la porta, con un nuovo bicchiere di vino che le si versò sulla mano, per conoscere la loro ospite. Rick udì a distanza i loro saluti e pregò che sua madre non fosse troppo insopportabile. Una volta che tutto il cibo venne posizionato sul piano della cucina per raffreddarsi, si tolse i guanti da forno e si diresse di corsa verso l’ingresso.

‘Kate, ciao. Questa è mia madre, Martha.’

‘Oh, sì, sì, abbiamo già fatto le presentazioni.’ disse Martha guardando la timida ragazza e suo figlio. Poi, dopo solo un momento, disse ‘Beh, non c’è motivo di rimandare l’inevitabile. Direi…che è incinta e che è tuo.’

Kate quasi soffocò con la saliva mentre Rick si pizzicava la gobba del naso. Oh sì, sua madre doveva scegliere proprio quel momento per essere super perspicace. Certo. ‘Mamma…’

Martha guardò attentamente la ragazza. ’Ti prego dimmi che hai almeno diciotto anni?’

‘Ne ho diciannove.’ rispose Kate con un sospiro.

La donna rise. ‘C’eri quasi, tesoro.’ disse al figlio prima di dargli una pacca sul braccio con la mano libera.

‘Mamma, ti prego. Non è facile; non renderlo ancora più complicato.’

Lei sollevò appena le spalle prima di prendere un altro sorso di vino. ‘Perciò, come vi siete conosciuti? Alla firma di uno dei tuoi libri?’

‘Facevo da babysitter ad Alexis.’ ammise Kate prima che Richard potesse fermarla o indorare la pillola.

Sua madre si voltò verso di lui, disapprovando. ‘Oh, Richard.’

Irritato, le rispose prontamente ‘Oh sì mamma, giudicami per i miei sbagli—sappiamo tutti che tu non ne hai fatto nemmeno uno…almeno non negli ultimi tre minuti.’

Prima che la donna potesse rispondere, dalla cucina udirono una lieve voce chiedere ‘Perché siete tutti lì?’

‘Stiamo solo salutando Kate, tesoro.’ spiegò semplicemente tornando in cucina.

Quando la bambina avvistò la sua babysitter, le corse incontro e la abbracciò dai fianchi. ‘Yay! Kate è qui per cena!’

Kate s’inclinò in avanti e accarezzò i capelli della bambina. ‘È bello vederti, Alexis.’

‘Alexis, tesoro, vieni qui.’ disse Rick. Quando la piccola testa rossa lasciò andare Kate, Rick s’inginocchiò alla sua altezza e la prese per mano. ‘Questo potrebbe essere un po’ difficile per te da capire al momento, ma stiamo facendo questa cena per festeggiare, perché Kate e io avremo un bambino—tu diventerai una sorella maggiore.’

Gli occhi blu della bambina si spostarono da suo padre a Kate, e poi di nuovo su suo padre. ‘Pensavo che solo le mamme e i papà potessero avere dei bambini.’

’Sì, è vero, ma anche altre persone possono avere un bambino insieme. Come Kate e io; siamo solo buoni amici.’

Alexis guardò di nuovo la ragazza con entrambe le mani poggiate sulla pancia. ‘Kate non diventerà la mia nuova mamma?’

‘No, tesoro; non lo diventerà.’

Alexis lasciò la mano di suo padre e avanzò curiosamente verso Kate. Osservò il punto sotto le mani della ragazza e poi la guardò. ‘È il bambino? Lo senti muoversi?’

‘A volte,’ disse Kate, ‘ma solo un poco perché è ancora molto piccolo.’

‘Posso sentirlo?’

Lei scosse la testa. ‘Puoi provare, ma probabilmente non puoi ancora. Quando crescerà te lo farò sentire.’

Quando Alexis sollevò la mano per poggiarla sullo stomaco di Kate, Rick si alzò e le chiese cautamente ‘Hai altre domande?’ pregando silenziosamente che non fosse “come ha fatto il bambino ad arrivare nella pancia di Kate’’, dato che non avevano ancora toccato l’argomento “come si fanno i bambini”.

Alexis si voltò e chiese a suo padre di punto in bianco ‘Il bambino è stato un incidente?’

Sorpreso, il suo tono risultò quasi come un rimprovero. ‘Alexis—cosa te lo fa dire?’

La bambina fece spallucce. ‘Josie mi ha detto che il suo fratellino è stato un incidente.’

Ancora una volta, Rick s’inginocchio per incontrare gli occhi della figlia. ‘Non è una cosa carina da dire per nessuno. Non previsto sarebbe un modo migliore per descriverlo, e, sì, il bambino non è stato previsto.’

La bambina annuì, anche se aggrottò le sopracciglia poco prima di porre la sua prossima domanda. ‘Avrò un fratello o una sorella?’

‘Non lo sappiamo ancora.’

Lei annuì. ‘Okay, se potete ancora scegliere, potete scegliere un fratellino? Così non devo condividere i miei giocattoli.’

Rick borbottò, non sapendo a quale parte della sua affermazione reagire per prima. ‘Alexis, tesoro, sai che è gentile condividere le cose e che dovresti…ma non ha importanza—il tuo fratellino o sorellina avrà sei anni meno di te; dubito che dovrai condividere molte cose.’

La bambina sollevò le spalle. ‘Okay.’ Con ciò, si allontanò per prendere posto a tavola. ‘Possiamo mangiare adesso? Ho fame.’


Tutto considerato, la cena fu abbastanza tranquilla. Alexis non sembrava interessata a parlare del bambino, raccontando invece delle storie riguardo alla scuola. Rick non vi aveva badato molto; era solo sollevato che non l’avesse presa male o che non avesse fatto domande che li avrebbe messi in una posizione imbarazzante. Sapeva che il motivo era soprattutto dovuto alla sua età; se fosse stata leggermente più grande e avesse frequentato la scuola con dei compagni più grandi, avrebbe dovuto spiegarsi meglio.

Quando Alexis dopo cena andò a giocare con i lego, i tre adulti si ritrovarono in cucina a raccogliere gli avanzi mentre Kate aiutava a caricare la lavastoviglie, anche se Rick le aveva detto di non farlo.

‘Hai avuto fortuna, tesoro.’ disse sua madre quando finì l’ultima goccia di vino. ‘Ma dovresti comunque prepararti una risposta per quando chiederà inevitabilmente com’è finito il bambino nella pancia di Kate.’

‘Grazie.’ rispose lui in tono più sarcastico che di gratitudine. ’Sto cercando di non pensarci, in realtà.’

‘Ma lo farà e,’ aggiunse voltandosi verso Kate ‘poi chiederà anche come dovrà uscire, quindi dovresti avere una risposta anche tu.’

Gli occhi di Kate si spalancarono e guardò Rick per un po’ di aiuto. ‘Devo…dirle la verità?’

‘Con dettagli limitati, ma sì.’ confermò.

’Neanch’io voglio sapere i dettagli.’ mormorò e lui le rivolse uno sguardo comprensivo.

‘Perciò, caro, hai qualche altra sorpresa per me prima che me ne vada?’

Gli occhi di Rick cercarono quelli di Kate e poi appoggiò i gomiti sul bancone della cucina per parlare con la madre. ’Solo una. Kate, ehm, Kate voleva dare il bambino in adozione, quindi lei parteciperà al minimo in questa…situazione.’

Gli occhi di Martha si spalancarono e posò il calice di vino sul bancone. ‘Oh. Capisco.’

‘Mi dispiace.’ aggiunse Kate timidamente.

Martha girò intorno al bancone e prese la ragazza per mano. ‘Non scusarti, cara. Siamo nel ventunesimo secolo; le donne hanno il diritto di scegliere quello che vogliono. Oh, cara, non agitarti.’ abbracciò la ragazza, che sembrava sull’orlo delle lacrime.

’Sono felice per entrambi. Più nipotini da amare, no? E se hai qualsiasi domanda—sono sicura che tua madre ti—che c’è?’ chiese quando adocchiò suo figlio gesticolare per dirle di smetterla.

‘Mia madre è morta.’

‘O-oh…oh cara.’ Martha si portò una mano al petto e fece un passo indietro. Dopo un momento, la sua espressione cambiò. ‘Aspetta—ora ricordo. Sei la babysitter a cui è morta improvvisamente la madre poco dopo Natale, vero? Oh cara, mi dispiace tanto.’ la strinse di nuovo in un abbraccio quando Kate confermò con un cenno.

Sciogliendo l’abbraccio, Martha le tenne una mano poggiata sul braccio, stringendolo delicatamente. ‘In questo caso, puoi chiedermi quello che vuoi—qualsiasi cosa. Non ho niente da nascondere.’

‘Dice sul serio.’ s’intromise Rick, trattenendo un brivido dovuto a dei ricordi spiacevoli.

‘Grazie.’ disse Kate, guardandoli a turno. ‘Lo apprezzo molto.’











Angolo:
Grazie mille a tutti per leggere e commentare questa nuova storia. Fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto! <3
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


‘Non volevo saperlo, sai?’

‘Hmm?’ mormorò Rick quando si voltò a guardare la ragazza dalla pancia tonda. Ovviamente, in quella posizione nel lettino d’ambulatorio la pancia non era molto visibile, ma era decisamente diventata più prominente durante le ultime quattro settimane, da quando aveva scoperto del loro bambino.

‘Non volevo sapere il sesso,’ chiarì Kate, ‘ma mentre facevo ricerche per l’adozione era sottinteso che avrei dovuto farlo; le persone vogliono sapere cosa avranno, immagino.’

Rick ascoltò attentamente le sue parole. Non aveva mai preso in considerazione l’adozione in vita sua; non ce n’era stato motivo dato che Alexis era nata poco dopo che lui avesse finito il college, ma immaginava che alcune coppie volessero adottare un genere piuttosto che l’altro. Ad ogni modo, gli sembrava strano. Quando uno ha un bambino nel modo naturale scegliere il sesso non è mai opzione, fa parte dell’eccitazione.

‘Posso chiederti perché?’

Lei sollevò le spalle e si voltò dall’altro lato, guardando lo schermo nero della macchina delle ecografie. ’Nessuna ragione in particolare, in realtà. Pensavo che dato che ci avrei rinunciato, meno dettagli avevo, meglio era.’

Rick non poté fare a meno di accigliarsi. Sì, Kate avrebbe rinunciato al bambino, ma era pur sempre suo figlio. Non avrebbe potuto immaginare di non sapere niente. Non poteva nemmeno immaginare di voler dare via suo figlio, quindi forse non si trovava in una posizione abbastanza neutra da poter giudicare. Invece, disse ‘Non è troppo tardi.’ Certo, erano seduti in un angusto ambulatorio dello studio ostetrico della città, ma non erano lì solo per sapere il sesso; avrebbero ancora potuto chiedere di non saperlo. Lui voleva saperlo, ma sentiva che anche lei aveva il diritto di dire la sua.

Kate scosse la testa e lo rassicurò ‘Oh no—tu vuoi, quindi va bene.’

‘È una bella idea aspettare, ma sono troppo impaziente.’ Infatti, se la memoria non lo ingannava, durante le quindici settimane in cui aveva saputo della gravidanza di Meredith aveva passato il tempo a graffiare i muri prima di scoprirlo. Era colpa dello scrittore che c’era in lui—doveva sapere i dettagli di ogni storia, specialmente della propria. E poi, c’era anche il lato pratico. ‘Vedrai che saperlo renderà tutto molto più semplice—arredare la stanza, comprare i vestiti e tutto il resto. E—oh’ s’interruppe immediatamente quando un’infermiera affacciò la testa nella stanza.

‘Scusate, la dottoressa avrà qualche minuto di ritardo.’

’Nessun problema.’ rispose Rick. L’infermiera sorrise e uscì.

Rick si appoggiò contro lo schienale della sedia, facendola scricchiolare sotto il suo peso. Era chiaramente riservata ai mariti, fidanzati o partner delle donne incinte—quindi, un predominante numero di uomini—ma non era molto più grande delle sedie della sala d’attesa. Rick era un uomo robusto, ma lontano dall’uomo più robusto che era stato in quella stanza, pensò; era già un miracolo che la sedia non si fosse rotta.

Trovò anche che la stanza fosse abbastanza riscaldata. Immaginò fosse per la comodità delle donne incinte che avrebbero avuto presto la maggior parte della pancia esposta all’aria, ma per un uomo faceva molto caldo. Si asciugò alcune gocce di sudore dalla fronte con la mano. Forse, nonostante il calore, non era proprio la stanza ad essere la causa della sua sudorazione, piuttosto i suoi nervi e l’ansia. Per la maggior parte erano di quelli buoni—non vedeva l’ora di sapere se il loro bambino fosse un lui o una lei—ma erano presenti anche quelli non troppo buoni, dovuti agli argomenti che avrebbe voluto discutere con Kate quel giorno.

Essendo passato più di mezzo decennio da quando era diventato padre per la prima volta, Rick aveva fatto alcune ricerche su internet riguardo a delle nuove teorie sull’educazione infantile. Durante la lettura, aveva trovato una dozzina di articoli riguardanti i benefici dell’allattamento al seno. Certo, era sempre stato importante, ma evidentemente negli ultimi anni le donne avevano cominciato ad abbandonare quest’usanza, e molti degli articoli volevano provare a ricondurle all’allattamento naturale grazie ai benefici sia per la madre che per il bambino.

Contando il fatto che lei inizialmente volesse dare il bambino in adozione subito dopo la nascita, Rick non era sicuro dell’opinione di Kate al riguardo, ma pensava che durante il loro tempo da soli nella sala d’aspetto dell’ambulatorio sarebbe stato un buon momento per uscire l’argomento.

‘Posso chiederti una cosa? Hai tutto il diritto di dire di no e non mi aspetto una risposta subito—puoi pensarci tutto il tempo che vuoi…cioè, per altre venti settimane, ma: cosa ne penseresti di allattare al seno? Solo per un po’.’

‘Oh.’ Kate si sollevò leggermente dal lettino reclinato. ‘Uhm. Credo di non averci mai pensato.’

Lui annuì dato che lo aveva sospettato. ‘Dovrebbe essere molto benefico. Meredith ha allattato Alexis solo per pochi giorni, perché—beh, è una lunga storia—ma in teoria il bambino dovrebbe venire allattato al seno per mesi. Non mi aspetto che tu lo faccia,’ aggiunse frettolosamente quando i suoi occhi si spalancarono ‘assolutamente, e ti prego sappi che se dirai di no, non te lo rinfaccerò. Ma pensavo solo che…’

Prese un bel respiro profondo prima di esporre il piano che aveva cominciato a formarsi nella sua mente nell’ultima settima. ‘Tu partorirai la prima settimana di Ottobre e il semestre non comincerà prima di Gennaio. Anche se volessi frequentare qualche lezione in inverno, queste non inizierebbero fino a dopo il Ringraziamento, giusto? Quindi, stiamo approssimativamente parlando di otto settimane. So che logisticamente potrebbe essere un po’ difficile, ma saresti più che benvenuta a stare nel loft con me—con noi. O, lo sai, non devi farlo per forza. Potresti stare a casa e usare un tiralatte e poi mandarcelo se questo ti fa sentire più a tuo agio. O…potresti mettere della verza nel reggiseno e tutto andrebbe bene comunque.’ disse per completare il suo sproloquio.

Il viso di Kate si contorse in un’espressione di pura confusione. ‘Perché…dovrei mettere della verza nel reggiseno?’

‘Oh—interrompe il flusso di latte. Sembra strano, lo so, ma è quello che ha fatto Meredith e ha funzionato.’

Lei arricciò il naso. ‘È stranissimo.’

Lui rise. ‘Lo so, vero? Chi avrebbe mai pensato che della verza avrebbe potuto farlo? È così—oh.’ smise di parlare quando una donna dal camice bianco da laboratorio entrò nella stanza scusandosi.

’Salve, salve, mi dispiace. Sono Stephanie e tu devi essere Kate.’ la dottoressa le strinse la mano prima di voltarsi verso Rick. ‘E lei deve essere il padre, immagino.’

‘Esatto. Sono Rick Castle.’

Il suo viso si illuminò. ‘Lo scrittore? Oh! Ho adorato il suo ultimo libro!’

Lui scosse gentilmente la testa. ‘Grazie; molto gentile.’

La donna ridacchiò contenta. ‘Non ho mai visitato il bambino di una celebrità. Che emozione.’

Mentre la donna preparava l’ecografia, Kate osservò Rick e chiese, ‘Succede spesso?’

‘Essere riconosciuto?’ chiese; lei annuì. ‘No, non sempre.’ Accadeva ogni tanto, ma soprattutto per strada o nei negozi. Solo una volta era capitato in una situazione medica—mentre era dal dentista—ma fortunatamente quel giorno la paziente era Alexis.

Quando la macchina fu pronta, Stephanie sollevò la maglia di Kate e le spalmò una grossa quantità di gel sulla pancia. Poi, posò la sonda sulla la parte bassa dell’addome per localizzare il bambino. Un momento dopo, il suono di un battito continuo riempì la stanza. ‘Perfetto; il battito cardiaco sembra buono.’

In perfetto equilibrio sul bordo della sedia scricchiolante, Rick strinse le mani tra le ginocchia e fissò con stupore la figura sgranata sullo schermo. Eccolo o eccola lì, con braccia e gambe in movimento. Non si sarebbe mai stancato di ascoltare il battito; se avesse potuto registrarlo e riascoltarlo mentre scriveva l’avrebbe fatto. Era sempre rassicurante.

‘Allora, vediamo—abbiamo tutte le dita delle mani e dei piedi e…volete sapere il sesso, giusto?’ chiese Stephanie; Kate annuì confermando e la dottoressa girò lo schermo mormorando. ‘Hmm, vediamo se riusciamo a prendere un’angolazione diversa.’ Spostò la sonda verso il fianco di Kate, e poi disse, ‘Ah, perfetto. Direi che è una sana femminuccia.’

‘Femmina?’ chiese Kate mentre il cuore di Rick gli balzava nel petto. Una femmina! Quindi definirla una “lei” era stato azzeccato!

‘Uh huh. Guardate—potete vedere tra le gambe e, beh, non c’è niente di extra.’ aggiunse con un sorriso. ‘Adesso scattiamo qualche istantanea per ricordo, okay?’


‘Un’altra femmina.’ sospirò Rick una volta saliti in ascensore. Allungò un braccio e schiacciò il bottone per il piano terra, con un sorriso ancora stampato in faccia.

‘Felice?’ chiese Kate. ‘O deluso?’

‘Oh—felice; felicissimo.’ promise. ‘In realtà, non m’importava, ma va bene. So come gestire le bambine e ho ancora delle cose di Alexis di quando era piccola; è tutto a posto.’

Lei annuì. ‘Bene, e, uhm, prima siamo stati interrotti, ma vorrei che sapessi che penserò alla cosa dell’allattamento al seno.’

Lui fece un cenno con il capo ‘Grazie, Kate; lo apprezzo molto.’

Lei fece spallucce e accennò un sorriso. ’Sarebbe un’alternativa migliore a mettere dell’insalata nel reggiseno.’

Lui scoppiò a ridere. ‘Non credo che della semplice lattuga funzioni; solo la verza.’

Dopo aver raggiunto il piano terra, Kate porse a Rick una delle istantanee dell’ecografia e lui la ringraziò. Passò il dito sopra il bordo dell’immagine sgranata, e poi la guardò dicendo ‘Scommetto che tuo padre ne sarà entusiasta, no? Una nipotina da viziare e…’

La sua voce si affievolì quando Kate si voltò per evitare il suo sguardo; il cuore di Rick affondò. Aveva chiesto a Kate come suo padre avesse preso la notizia e lei gli aveva risposto ‘Oh, bene,’ ma poi aveva immediatamente cambiato discorso. Si era distratto e non aveva indagato più a fondo, ma adesso aveva capito che quella affermazione era falsa.

‘Non gliel’hai ancora detto?’

Rifiutandosi ancora di guardarlo, gli disse ‘È solo che non ho trovato il momento giusto.’

‘Kate.’

Incrociò le braccia al petto e rispose con leggerezza. ‘E cosa dovrei fare? Non se lo ricorderebbe anche se glielo dicessi.’

Rick resistette all’impulso di fare una smorfia. Un commento come quello significava che la situazione di suo padre non era migliorata, il che era davvero spiacevole. ‘La mia offerta è ancora valida—verrò con te.’

‘No. No io…lo farò con questa.’ disse, mostrandogli la copia dell’ecografia.

‘Sei sicura? Perché se dovessi cambiare idea e vorresti che io—‘

‘No. No.’ La sua voce si fece sempre più ferma. ‘Lo farò; lo prometto.’


Quando Kate tornò a casa dopo la visita per l’ecografia, arrivò alla conclusione che non avrebbe detto a suo padre della gravidanza. Se non altro, ci aveva pensato moltissimo. Gliel’avrebbe detto quel weekend…forse. Ma, sul serio—perché doveva dirglielo per forza? Non era che andasse in giro per casa nascondendosi dietro le piante o indossando vestiti tre volte più larghi della sua taglia. Si vestiva in modo normale—indossava jeans premaman! Solo che suo padre era troppo ubriaco per notarlo.

Aprì la porta dell’appartamento, facendo a malapena un passo avanti, si fermò immediatamente e imprecò. A pochi metri dalla porta, oltre alle sue scarpe lanciate a casaccio sul pavimento, c’era una pozza liquida. Non sembrava vomito, anche se non sarebbe stata la prima volta. Sembrava troppo chiara per esserlo, perciò pensò si trattasse di urina o di qualche tipo di liquore; sperò immediatamente che fosse la seconda.

Con un sospiro, Kate appese la borsa nell’attaccapanni vicino la porta e si diresse in cucina per prendere i prodotti per la pulizia. Purtroppo, non era una situazione poco frequente. Puliva spesso i suoi disastri una o due volte a settimana—e quello accadeva solo per gli incidenti più seri. Il disordine generale di bottiglie, lattine e piatti sporchi lasciati in giro per casa era continuo.            

Con una bottiglia di smacchiatore spray in una mano e un rotolo di carta assorbente nell’altra, Kate tornò all’ingresso e si inginocchiò sul pavimento per cominciare a pulire. Quando provò a inclinarsi in avanti, si ritrovò molto limitata dal piccolo essere che stava crescendo dentro di lei. Imprecando contro se stessa, si sedette poggiando tutto il peso sul fianco sinistro e si avvicinò al disastro, in modo da potersi quindi allungare e pulire da una prospettiva laterale e non direttamente da sopra la pancia.

Alcuni minuti dopo, il pavimento venne più che pulito e capì che il liquido versato non era altro che tequila. Kate si alzò con la bottiglia di spray in mano stretta nella mano sinistra—cosa che era già abbastanza difficile—ma poi si ricordò che il rotolo di carta e il mucchio di fazzoletti usati erano ancora sul pavimento. Con la frustrazione che le scorreva ancora in corpo, riportò la bottiglia di spray in cucina e poi tornò sulla scena del crimine per raccogliere i fazzoletti puliti e usati con molta più difficoltà di quanta non ne avesse già.

Ora con la rabbia mista alla frustrazione, si diresse in cucina e lanciò violentemente i fazzoletti sporchi nella spazzatura. Era ridicolo. Non solo era stanca di pulire i casini di suo padre, ma presto sarebbe stata troppo incinta per poterlo fare!       

Sentì le guance ardere dalla rabbia, così fece due respiri profondi anche solo per calmare il battito cardiaco. Prese una bottiglia d’acqua dal frigo, bevve qualche sorso, e poi tornò all’ingresso per prendere l’immagine della radiografia dalla borsa. Era una buona idea rivelare la notizia a suo padre mentre era in quello stato? Probabilmente no, ma lo avrebbe fatto comunque.

Salì in camera di suo padre e lo trovò addormentato non sul letto, ma sul pavimento con la bottiglia di tequila ancora stretta in mano. Lasciandosi scappare un frustrato gemito misto ad un grugnito e un urlo, Kate tornò in cucina e prese la caffettiera da sotto il bancone. Mentre aspettava che il caffè fosse pronto, passeggiò per tutta la cucina proprio come avrebbe fatto un leone in gabbia poco prima della sua cena.

Cinque minuti dopo, con una tazza di caffè in mano, Kate tornò in camera di suo padre e accese tutte le luci. ‘Alzati papà. Forza, alzati.’ Lui brontolò, ma non fece alcun segno di alzarsi finché lei non gli colpì i piedi con la punta della scarpa.

‘K’tie? Cossa ffai?’ farfugliò quando si sollevò. Guardò curiosamente la bottiglia di tequila nella sua mano e poi la posò sul pavimento. Cadde, ma fortunatamente era troppo vuota per rovesciare il liquido.

‘Dobbiamo parlare di una cosa. Adesso. Qui.’ gli porse la tazza, ma lui la rifiutò.

’No, no— non ne ho bisogno. ’to bene.’

‘No che non stai bene. Non stai bene da mesi.’ esclamò. Lui prese la bottiglia e la sollevò di fronte al viso, guardandovi dentro con un occhio. Quando provò a condurla verso le labbra, lei allungò un braccio e la afferrò; lui piagnucolò. ‘Basta papà; guardami. O almeno guarda questa.’ gli mise l’ecografia davanti al viso.

Usando il letto come leva, l’uomo si sollevò sulle ginocchia e poi in piedi. Oscillando, poggiò una mano sul materasso e guardò l’immagine con uno sguardo perplesso. ‘Coss coss’è?’

’Sono incinta, papà. Di almeno ventuno settimane.’

Jim traballò, emise un forte rutto, e poi si sedette sul letto. Strizzò più volte le palpebre prima di farfugliare ‘Tu…inc’nta?

’Sì, vedi?’ Sollevò le braccia e si posizionò di profilo in modo che lui potesse vedere la pancia. Indossava dei jeans premaman e una camicetta verde che pur non essendo stretta, era abbastanza attillata intorno al giro vita da permettere di mostrare la pancia, specialmente dato che il suo addome era sempre stato piatto. ‘Ho smesso di nasconderlo ma tu hai continuato a non notarlo. Sono passate settimane e tu non te ne sei accorto, papà. Sai quant’è triste questa cosa?’

‘Mi… mi dispiasce, K’atie. Mi dispiasssce.’

Ignorò la scusa che non significava niente, proprio come le altre che le rifilava le mattine in cui usciva dalla camera da letto per poi ritrovarsi a pulire il suo macello. ’Non ha più importanza ormai. Adesso lo sai.’ Dopo aver lasciato la tazza di caffè sul comodino, Kate prese la bottiglia vuota di tequila e si voltò per lasciare la stanza, ma suo padre la fermò—o almeno ci provò.

Allungò un braccio per prenderle la mano ma quando lei si allontanò, lui cadde dal letto atterrando sulle ginocchia. Per più volte provò pateticamente a rimettersi in piedi, ma quando ci riuscì fece due passi verso di lei, allungando un braccio, e parlò con un tono più alto del dovuto. ‘Asp asp asp’tta - Katie. Come—com’è suscesso?’     

Lei emise un leggero sbuffo ironico. ‘Non credo che tu voglia che te lo spieghi.’

Quando si voltò, la fermò di nuovo. ‘ ‘spetta—è qualcuno della scuola?’

Lei prese un respiro profondo e posò le mani sui fianchi, sostenendo la bottiglia di tequila nella cavità tra il pollice e l’indice. ’No. No, è Rick Castle. Ho fatto da babysitter a sua figlia durante le vacanze di Natale. E, sì, ci sono andata a letto.’ aggiunse quando vide la ruga d'espressione formatasi tra le sopracciglia di suo padre. ‘È stato tre giorni dopo la morte della mamma. Entrambi eravamo distrutti ed è…successo. Lui lo sa e la prenderà lui.’

‘…prenderà…lui…’ ripeté suo padre notevolmente confuso.

‘Il bambino è una femmina.’

‘Lui prenderà la tua bambina?!’ chiese nella sua voce più limpida udita finora.

Lei scosse la testa e lo corresse immediatamente, realizzando di avergli dato un’impressione sbagliata. ’No—sarò io ad affidargliela. Stavo per darla in adozione, ma Rick vuole tenerla e dovrebbe averla; è lui il padre.’

Jim fece mezzo passo all’indietro. ‘Ma io non… tu non la vuoi?’

Kate gli rivolse un’espressione impassibile. ‘Io voglio il meglio per lei—per entrambe. Io devo finire la scuola, e lei ha bisogno di una casa stabile.’

Gli occhi di Jim cercarono i suoi svariate volte prima di alzarsi e dire a bassa voce ‘Ma… io potrei aiuta’ti.’

’Tu?!’ Per quanto crudele fosse, Kate rise. ‘Non riesci ad aiutare nemmeno te stesso.’

Quand’era stata l’ultima volta che era andato al lavoro? Oh, già, aveva preso un periodo di pausa per il lutto, il che si era velocemente trasformato in lui che beveva qualsiasi risparmio che avevano accumulato nel corso degli anni. Di come fosse riuscito a pagare le bollette e ad avere ancora la corrente, non ne era sicura, ma ciò non voleva dire che sarebbe stato improvvisamente capace di aiutarla a crescere sua figlia. Inoltre, non l’avrebbe mai fatto avvicinare alla bambina in quello stato—non sarebbe stato sicuro.

Per concludere la loro conversazione, disse ‘È la cosa migliore. Sono sicura che Rick ti lascerà vederla se vuoi. È molto gentile—molto più gentile di quanto mi meriti.’

Si voltò per andarsene, ma ancora una volta suo padre la fermò, chiedendole ‘K’tie. Stai bene?’

Lei rispose con un semplice ’No.’ prima di uscire dalla camera da letto e sbattere la porta dietro di sé.










Angolo:
Grazie mille a tutti per leggere e commentare. Fatemi sapere cosa ne pensate, che tanto non vi mordo :D
A presto con un nuovo aggiornamento!
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il mattino dopo che Kate aveva informato suo padre della gravidanza, si svegliò trovandolo in cucina ad aspettare di prepararle la colazione prima che il suo turno di lavoro cominciasse alle undici. Era sbalordita. Anche se le mani gli tremavano ed aveva fatto cadere a terra una delle uova, era riuscito a prepararle una colazione accettabile mentre le spiegava che aveva intenzione di voltare pagina. Avrebbe smesso di bere, sarebbe tornato al lavoro, e avrebbe provato a riaggiustare tutto quello che aveva distrutto. Disse anche che se lei aveva ancora intenzione di affidare la bambina al padre non l’avrebbe fermata, ma voleva che avesse almeno un’altra alternativa.

Kate rispose semplicemente ‘Voglio davvero che tu stia meglio, papà.’ e poi lo baciò sulla guancia prima di andare a fare la doccia e cambiarsi per andare al lavoro.

Nonostante apprezzasse il sentimentalismo, Kate dubitava che suo padre sarebbe riuscito a cambiare in meglio dalla mattina alla sera. Voleva che si rimettesse sulla giusta strada, ma l’alcolismo non era una battaglia semplice da vincere. Anche se avesse fatto un miracoloso recupero, il che era molto incerto, non avrebbe comunque cambiato idea riguardo alla bambina. L’aveva promesso a Rick e non avrebbe revocato la sua decisione; era sempre la cosa giusta da fare.

Quel giorno, durante uno dei momenti più tranquilli tra il servire cibo e bevande ai clienti, Kate ripensò a suo padre. Guardò l’orologio e si chiese se avesse già cominciato a bere—e in quel caso, quanto. Rimase estremamente scettica sul fatto che sarebbe riuscito a resistere alla crisi d’astinenza. Quando tornò a casa, scoprì che ci era riuscito—ma quella non era necessariamente una buona cosa. Madido di sudore, si era rannicchiato sul freddo pavimento del bagno, alternando dei gemiti di dolore con del vomito. Nel suo stato, non poteva fare molto per aiutarlo oltre che a portargli dell’acqua e delle pezze bagnate per il viso.

Due giorni dopo, il peggio era passato, e lei fu contenta di avere la prima cena con suo padre sobrio da quando se n’era andata per tornare a Stanford. Le chiese della gravidanza, di come si sentiva, e se pensava che Rick sarebbe stato un ottimo padre per sua figlia. In quell’ultimo punto, sorrise e confermò senza alcuna esitazione. La sua prima figlia era fantastica e Kate non aveva dubbi che la seconda sarebbe cresciuta allo stesso modo.

Durante la cena Jim suggerì anche che forse sarebbe stato meglio lasciarsi la morte di Johanna alle spalle e di eliminare alcuni dei suoi averi, per metterli in un deposito, darli in beneficenza o buttarli. Fino ad allora, nessuna delle sue cose era stata toccata. Le loro foto di famiglia erano ancora sulle mensole, la sua felpa era ancora appesa allo schienale del divano e persino il suo spazzolino da denti era rimasto al suo posto in bagno. Kate concordò e decisero che ci avrebbero lavorato il mattino seguente, dato che il turno di Kate non sarebbe cominciato prima delle quattro.

Nonostante avesse inizialmente temuto il peggio, pensando che sarebbe stato terribilmente triste, Kate fu sorpresa di vedere che la loro mattinata non era andata come aveva pensato. Era sempre triste—non c’era alcun modo per cui non potesse esserlo—ma meglio di quanto si era aspettata. Infatti, mentre mettevano via i vestiti dall’armadio, Kate e suo padre condivisero qualche ricordo felice su Johanna, per la prima volta dalla sua morte. Prima di andare, raggrupparono un po’ di cose, ma non più di scarpe e vestiti. Jim disse che ci avrebbe pensato lui mentre lei era via, così Kate andò al lavoro senza altri pensieri.

Cinque ore dopo, tornò a casa trovando suo padre svenuto sul pavimento della camera da letto con una bottiglia vuota di vodka accanto. Come piccolo spiraglio, era almeno riuscito a mettere i vestiti nei sacchi per la beneficenza prima di sbronzarsi. Il mattino dopo non si scusò nemmeno, ma si rintanò in un bar lasciando Kate ad occuparsi da sola delle cose rimaste.

Quel giorno, quando si sedette sul pavimento del corridoio, prendendo le cose di sua madre del loro unico sgabuzzino, con le lacrime che le scorrevano lungo il viso, Kate ripercorse nuovamente l’unica via verso il buco nero del dolore. Le mancava tanto sua madre—tantissimo. Non solo non era più presente per rivolgerle delle domande riguardo alla gravidanza, o anche solo per un abbraccio e per dirle che sarebbe andato tutto bene, ma Johanna non avrebbe mai conosciuto sua nipote; non ne avrebbe mai saputo niente. Anche se Kate si fosse sposata e avesse avuto altri bambini, loro non avrebbero mai conosciuto la loro nonna materna. Nella sua condizione ad alto tasso di ormoni, quel pensiero quasi rese Kate triste tanto quanto quello di sapere che non avrebbe più potuto parlarle di nuovo.     

Mentre trascinava i sacchi dell’immondizia verso il bidone solo per scoprire che non riusciva a sollevarli e che avrebbe dovuto aspettare qualcuno di passaggio per aiutarla, maledì suo padre. Non meno di una settimana prima le aveva promesso che sarebbe stato bene—le aveva promesso che avrebbe cambiato tutto, ma l’aveva di nuovo tradita; ancora una volta l’aveva lasciata da sola a raccogliere i pezzi.

Quella sera, dopo aver raccolto insieme le ultime cose di sua madre che aveva intenzione di donare, Kate non si preoccupò nemmeno di cenare. Sapeva che era sbagliato, ma in quel momento non le importava. Si trascinò a malapena sul letto, tirò le lenzuola al di sopra della testa e pianse.

Faceva male—molto, molto male. Il suo cuore, il suo petto, la sua anima. Tutto faceva male dalla morte di sua madre. Persino la bambina dentro la sua pancia non era in grado di allietare il dolore che le squarciava il petto.

Mentre stava sdraiata al buio, Kate prese una decisione. Non poteva più soffrire in quel modo—non sarebbe riuscita ad affrontarlo. Sua madre era morta; il dolore causato da suo padre era ancora in corso. Non poteva più lasciarsi avvicinare da nessuno, perché non sarebbe riuscita a sopportare il dolore.

Dare via la sua bambina era decisamente la giusta decisione da prendere. Rick e Alexis avrebbero amato la piccola più di quanto lei sarebbe stata capace. Avrebbe comunque potuto essere presente ai margini—mandando biglietti di compleanno, regali di Natale. Le avrebbe fatto visita e, una volta cresciuta, sarebbero potute andare a pranzo insieme ogni tanto. Un weekend al mese, almeno. Ma doveva stare lontana da tutti—persino da sua figlia—perché un’altra sofferenza come quella avrebbe potuto distruggere il suo cuore per sempre.


‘Oh ciao, cara. Grazie per aver accettato d’incontrarmi!’ Martha salutò Kate con un abbraccio prima di sedersi al piccolo tavolo della caffetteria per il loro brunch. Con la pancia sempre più tonda, Kate dovette impiegare un paio di manovre per sedersi, ma quando ci riuscì sollevò lo sguardo e Martha le rivolse un sorriso. ‘Come ti senti?’

‘Uhm, enorme.’ rispose con un piccolo sorriso.

‘Stai benissimo, comunque. Dirò sicuramente a Rick che hai un ottimo colorito. Era preoccupato per te, sai?’

Kate evitò il suo sguardo e sussurrò. ‘Oh.’

‘Ha detto che non hai risposto alle sue chiamate.’

Era vero, non l’aveva fatto. In effetti, non parlava con Rick dal giorno in cui avevano scoperto che il bambino sarebbe stato una femmina, ed era stato più di un mese fa. Nonostante avesse molte ragioni per non farlo, nessuna di queste era abbastanza valida. Le sue due lezioni estive erano cominciate, e l’avevano tenuta occupata. Tra le ore al lavoro e quelle all’università non aveva avuto molto tempo libero. Quello che aveva lo passava a pulire l’appartamento, a pulire i disastri di suo padre.

Sapeva che era scortese non richiamare Rick, soprattutto da quando aveva cominciato a chiamarla giornalmente dimostrandosi preoccupato, ma non sapeva cosa dirgli. Non era cambiato niente a suo avviso—la loro bambina stava bene e stava ancora “bollendo in pentola”, come aveva scherzato lui in uno dei messaggi. I piani non erano cambiati—intendeva ancora dargli la bambina subito dopo la nascita, perciò che senso aveva chiamarlo? Non dovevano per forza essere amici; non sarebbero stati una famiglia.

Quando Martha l’aveva raggiunta al bar dove lavorava, Kate era rimasta sorpresa. All’inizio, pensava che l’incontro fosse avvenuto per caso perché Martha aveva mantenuto la conversazione in un piano abbastanza neutro, ma quando aveva cominciato a pressarla per ottenere più informazioni e a chiederle in continuazione se volesse prendere un tè o andare a pranzo insieme, aveva capito che la donna era stata mandata come spia—o era comunque probabile. Alla fine, aveva accettato di incontrarla per un brunch dato che Martha Rodgers, come suo figlio, non era altro che insistente.

‘Quando lo chiami digli di non preoccuparsi; non ho lasciato la città e il piano è ancora in atto. Potrà prendere la bambina la prima settimana di Ottobre proprio come avevamo stabilito.’

Martha le rivolse un’espressione accigliata, probabilmente perché aveva fatto sembrare sua figlia come un oggetto, ma prima che potesse parlare arrivò il cameriere a prendere le ordinazioni. Kate scelse una colazione completa con uova, toast e bacon, mentre Martha optò per del porridge con della frutta fresca. Dopo che il cameriere portò loro due bicchieri di succo d’arancia, Martha continuò.

‘Ti starai probabilmente chiedendo perché ti abbia invitata a colazione. Potrebbe sembrare strano visto che ci conosciamo appena, ma mi stavo, almeno in parte, chiedendo come la stessi vivendo—se avessi delle domande, dato che tua madre non è più con noi. Pensavo che non ti saresti mai fatta avanti da sola, e perché avresti dovuto? Sono praticamente un’estranea, perciò ho pensato che avrei potuto invitarti io.’

Kate diede un sorso al succo d’arancia e sorrise dolcemente. ‘È molto gentile da parte tua Martha, ma sto bene. Tutte le mie domande hanno avuto una risposta grazie ai libri—o al mio dottore.’

Martha annuì. ‘Bene; mi fa piacere sentirlo. In questo modo posso arrivare al secondo motivo per cui ti ho invitata oggi; vorrei raccontarti una storia. Oh, non ho il talento di mio figlio, ma riesco a raccontarne una o due.’

‘Okay.’ disse Kate, appoggiandosi allo schienale della sedia, curiosa di sapere quale sarebbe stata la storia della donna.

’So cosa vuol dire essere incinta da sola—molto bene. Ho passato solo una notte con il padre di Richard; non sapevo nemmeno il suo nome, ma abbiamo vissuto e amato una vita insieme in sole poche brevi ore. Un mese dopo mi sono ritrovata, beh, in una situazione simile.’

Kate si sentì arrossire al ricordo del momento in cui l’aveva scoperto. Aveva cominciato ad avere nausee—terribili—ma aveva dato la colpa al cibo dalla mensa del college. Il suo appetito si era ridotto quasi a niente da quando era tornata, aveva anche problemi a dormire, e per questo si sentiva sempre stanca e aveva continui mal di testa. Dopo le lezioni del mattino si era recata in un drug store appena fuori dal campus, con l’intenzione di ricomprare gli analgesici, ma presto si era ritrovata a girovagare tra i reparti solo per avere qualcosa da fare. Mentre camminava, una donna le era passata bruscamente accanto facendole colpire con il cestino uno scaffale e facendo cadere delle scatole poggiate sopra. Dopo essersi abbassata per rimediare alla situazione, si era accorta che entrambe le scatole contenevano dei test di gravidanza, ed era stata immediatamente presa dalla paura.

Il suo ciclo era in ritardo—molto in ritardo—ma non gli aveva dato importanza. Aveva vissuto un trauma ed era stressata per l’inizio della scuola—ovvio che il ciclo fosse incasinato. Ma aveva fatto sesso—sesso senza preservativo pensando che il suo metodo contraccettivo sarebbe bastato. Lo era stato in passato, ma poi si era ricordata di quella pillola mancante…

Comprare quel test di gravidanza le era sembrato come andare verso la cassa per chiedere una dose di cocaina. Anche se il commesso l’aveva guardata a malapena quando aveva passato la scatola sotto lo scanner, sapeva che le sue orecchie erano diventate rosse e poteva sentire il sangue scorrere nelle vene. Incinta—avrebbe potuto esserlo, ma no—no. Non era incinta; era solo stressata.

Ma poi, quando si era seduta nella stanza del suo dormitorio da sola, il test era risultato positivo. Aveva immerso la faccia in cuscino e aveva pianto per quelle che erano sembrate ore, non sapendo cosa fare, dove andare, o come reagire sapendo che la sua vita, per la seconda volta in quell’anno, sarebbe cambiata per sempre.

‘A quei tempi’ Martha continuò, ‘quasi trent’anni fa, il mondo non sarebbe stato così gentile con una donna single incinta. Fortunatamente, vivevo in città—e nei teatri, quindi non venivo giudicata…anche se trovare dei ruoli era abbastanza complicato.’ aggiunse proprio mentre il cameriere serviva loro il cibo.

‘Hai mai pensato di non tenerlo?’ chiese Kate a bassa voce.

Martha la guardò, decisa. ‘No. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma sapevo anche che le cose capitano per un motivo. Era mio, nel bene o nel male, e sapevo che—oh, cara mi dispiace; non volevo farti agitare!’

Kate scosse rapidamente la testa quando delle lacrime le caddero lungo le guance senza controllo. Il labbro inferiore le tremò sapendo che non ci sarebbe stato modo di fermarlo; il ricordo era troppo insistente. ’No, no è che… dopo aver scoperto di essere incinta sono andata al c-consultorio.’ confessò balbettando.

Martha allungò un braccio da sopra il tavolo e prese la mano di Kate tra le sue. ‘Oh, cara, va tutto bene.’

Scosse di nuovo la testa. ‘Io…ci sono andata due volte prima di farmi coraggio ad entrare. Avevo preso un appuntamento e parlato con un’infermiera—non te lo fanno fare al momento; c’è un periodo di attesa. E io…non potevo tornarci—non potevo.’

‘Oh tesoro, va tutto bene. Ecco..prendi questi.’ disse, mettendole davanti il piccolo pacco di tovaglioli sopra il tavolo.

Kate ne prese uno e si soffiò il naso. ‘Non…non ci avevo nemmeno pensato—non avevo pensato a Rick; questa è la parte peggiore e mi sento in colpa—molto in colpa!’

‘Ma non devi. Lui non è arrabbiato con te; sa quanto eri spaventata—lo so anch’io.’

Quando si asciugò gli occhi, ripensò al momento in cui si era ritrovata sotto il getto della doccia nel bagno del dormitorio che le aveva fatto decidere di non tornare indietro ‘Io…ho solo pensato che avrebbe potuto rendere qualcuno—avrebbe potuto far parte di una famiglia e io non potevo…non potevo. Mi dispiace; mi dispiace tanto.’

‘Non scusarti; non c’è motivo.’

Kate sollevò lo sguardo, supplicandola con gli occhi iniettati di sangue. ‘Non dirlo a Rick, ti prego—ti prego non dirgli quanto ci sono andata vicina.’

Martha le rivolse un sorriso rassicurante. ‘Il tuo segreto è al sicuro con me.’

Kate prese un nuovo fazzoletto e lo pressò sulla guancia. ‘Sento come se stessi già rovinando tutto e lei non è nemmeno qui.’

‘Non è così.’

‘Ma la sto dando via e…a volte…a volte mi chiedo se sia la cosa giusta da fare.’

Le parole piene di emozione sorpresero Kate nel momento in cui le uscirono dalla bocca. Ovviamente sapeva che era la cosa giusta da fare, sia perché non avrebbe potuto darle la vita che si meritava, sia perché aveva paura di non essere capace di fare la madre. Ma c’erano delle volte—soprattutto quando vedeva delle famiglie per strada—in cui si chiedeva se si sarebbe mai pentita della decisione, sperando di aver tenuto la bambina per sé.

La donna le strinse la mano. ’Tesoro, non la stai mandando su Marte. So che Richard vuole che tu sia coinvolta fin quanto ti senti a tuo agio. Non devi decidere adesso. Tenere mio figlio era la cosa giusta da fare per me—non me ne pento, ma è stato difficile, molto difficile. Per qualche miracolo sono riuscita a crescere un uomo incredibile che è un fantastico padre e che adora già la tua bambina, quindi non devi preoccuparti per lei.’

Nonostante la nuova serie di lacrime, Kate annuì. ‘Okay.’

‘Okay.’ ripeté Martha. ‘Adesso che ne dici parlare di qualcos’altro?’

‘Okay.’ Si prese qualche minuto per calmarsi e asciugare tutte lacrime prima di bere un sorso della sua spremuta e sforzandosi di pensare a qualcosa di cui parlare. Come se si trattasse di una scoperta recente, un argomento della gravidanza le balzò in mente. ‘I tuoi, uhm…i tuoi piedi si sono gonfiati quando eri incinta?’

Martha lasciò andare una risata. ‘Oh mio Dio sì—sembravano due prosciutti!’

Nonostante il dolore, Kate sorrise. ‘Credo che i miei stiano cominciando ad assomigliare a delle salsicce. Alla fine del turno riesco a malapena a togliermi le scarpe!’

La donna aggrottò la fronte quando sollevò lo sguardo. ’Ne hai parlato con il tuo medico? Potrebbe non volere che tu stia così tanto in piedi se si stanno gonfiando.’

‘No, non ci avevo pensato.’ Onestamente credeva che fosse un’esperienza normale della gravidanza.

‘Dovresti chiamarlo e chiederglielo.’

Kate fece un cenno di assenso con la testa. ‘Grazie.’

Martha le strinse di nuovo la mano. ‘Quando vuoi, cara.’


Quando Kate tornò a casa dopo la sua crisi emotiva, ma anche dal sostanzialmente positivo brunch con la madre di Rick, fu sorpresa di trovare suo padre seduto vicino al tavolo della cucina, con una tazza di caffè tra le mani tremolanti. Avendo passato la maggior parte delle mattinate via da casa, la sua presenza era molto inaspettata, ma la seconda sorpresa di Kate arrivò quando le passò un volantino lungo il tavolo.

‘Cos’è?’ chiese pensierosa, prendendo il foglio di carta. Abbassò lo sguardo sulle immagini a colori del volantino Riabilitazione Seconde Possibilità e poi lo porse di nuovo a suo padre, con un sopracciglio inarcato.

‘Faranno un incontro tra due settimane—il primo di Agosto. È un programma di otto settimane, perciò dovrei tornare giusto in tempo per quando avrai la bambina. Fino ad allora, dovrei andare agli incontri degli Alcolisti Anonimi—almeno due volte al giorno—e fare tutto quello che posso per non…non…’

‘Finire svenuto in una pozza del tuo stesso vomito?’ finì per lui. Il commento era stato cattivo e lo sapeva; almeno aveva fatto lo sforzo di prendere il volantino. Magari si era davvero iscritto alla riabilitazione. O forse stava solo facendo delle promesse vane, e in quel caso non era sicura di riuscire a sopportarlo.

Gli occhi rossi di Jim si riempirono di lacrime e cominciò a fissare la tazza di caffè con un po’ troppo interesse. ‘So che questi mesi sono stati duri per te, molto duri, e voglio tanto essere qui per te, Katie. Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare tutto questo da sola, ma prima devo aiutare me stesso; l’ho capito solo ora.’

‘Bene.’ disse e lo credeva davvero. Voleva che stesse meglio. Dio, avrebbe voluto più di qualsiasi cosa non perdere sua madre, suo padre, e la sua bambina tutti nello stesso anno. Ma comunque, non era sicura di riuscire a mantenere alte le sue speranze. Erano già passati per la fase della sobrietà—anche se non con una riabilitazione professionale—e non aveva funzionato.

‘Tu…credi che starai bene qui da sola? Forse dovresti andare a stare da tua zia?’

Kate fece una smorfia e si voltò. Non era sicura cosa odiasse di più della sua proposta: rimanere intrappolata a Long Island o in una casa con sua zia, la quale avrebbe potuto essere molto complicata da gestire in un giorno. ’No, starò bene. Se succede qualcosa con la bambina chiamerò Rick.’

Prima del brunch di quella mattina, non aveva intenzione di parlare di nuovo con Rick fino alla sua prossima visita ostetrica ad Agosto, ma l’incontro con sua madre aveva cambiato le cose. Rick e la sua famiglia si preoccupavano molto per lei ed era stato scortese da parte sua chiuderli fuori, nonostante fosse il suo disperato tentativo di costruire un muro. Avrebbero cresciuto sua figlia e dato che avrebbero mantenuto i rapporti, sarebbe stato necessario essere almeno gentile con loro; non aveva motivo per non esserlo.

‘Vorrei conoscerlo prima di andare, se credi sia possibile. Poco preavviso, lo so…’

Kate per poco non rise. Contando tutte le volte in cui si era offerto volontario per essere presente quando avrebbe detto a suo padre della bambina, dubitava che lo scrittore avrebbe rifiutato di incontrarlo. ‘Credo che a lui farebbe piacere. Probabilmente vorrà farti conoscere tutta la famiglia.’

Jim si strinse nelle spalle. ‘Immagino che vada bene. Magari lasciamo passare un giorno un due per far fermare questi tremori.’ Subito dopo, Jim si alzò dalla sedia e avanzò verso di lei. ‘Proverò tutto quello che è in mio potere per riuscire ad uscirne, Katie; non voglio essere così—non ho mai voluto questo per me…o per te.’

Gli rivolse un piccolo sorriso. ‘Grazie papà; lo apprezzo molto.’

Lui la avvolse in un abbraccio e la strinse a sé. ’Ti voglio bene, Katie.’

Lei ricambiò, nonostante la pancia. ’Anch’io, papà.’











Angolo:
Grazie mille per continuare a leggere e commentare. Fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto! <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Il primo mercoledì di Agosto, Kate si ritrovò seduta al tavolo della cucina del loft di Castle circondata da un libro, due quaderni, alcune penne, un evidenziatore e un enorme bicchiere d’acqua. Stava per raggiungere il limite della pazzia, pensava che se avesse letto un’altra frase dal libro Economia il suo cervello sarebbe esploso, e in effetti c’era vicino—molto vicino. Il suo secondo e ultimo esame estivo sarebbe stato il pomeriggio seguente e doveva necessariamente passarlo.

Sì, l’Economia non sarebbe stata probabilmente il suo campo di studi, ma doveva comunque studiarla bene, specialmente da quando la sua media aveva subito un crollo nel primo semestre. Sapeva di aver preso una A all’esame d’Inglese e di essere nella fascia A/B per quello Economia, ma questo significava che avrebbe dovuto fare molto bene l’ultimo esame—per quanto frustrante fosse, dato che non sarebbe sicuramente rientrata nel suo futuro.

A Stanford era stata accettata alla facoltà di legge. I suoi genitori erano avvocati, era cresciuta intorno alle leggi, perciò diventare avvocato sembrava più che naturale; non ne aveva mai dubitato. Poi, sua madre era stata uccisa ed era rimasta incinta, mandando il suo mondo in un vortice. Si era trasferita alla NYU senza un’idea precisa, sapendo che avrebbe dovuto decidere una volta ricominciate le lezioni di Gennaio. In quel momento, stava solo cercando di arrivare alla fine dell’ultimo trimestre di gravidanza. Aveva in mente alcuni percorsi di studio, ma il parto era decisamente il suo primo obiettivo.

Con un sospiro, poggiò il dito sul libro di Economia per controllare un paragrafo solo per sentire la sensazione di qualcuno che la osservava. Le volteggiava intorno, più precisamente. La stessa persona che aveva “casualmente” fatto continui viaggi tra il suo studio e la cucina per qualche drink o snack, ma che riusciva a vedere attraverso le mensole meglio dei buchi del formaggio svizzero.

Onestamente, non sapeva come fosse finita in quella situazione. Aveva solo accettato per far smettere Rick di pressarla fastidiosamente. Era diventato assillante.

Da quando aveva scoperto che Kate avrebbe vissuto da sola le ultime otto settimane della gravidanza, mentre suo padre sarebbe stato in riabilitazione, era diventato incredibilmente iperprotettivo. Ma insomma! Anche suo padre si preoccupava per lei, ma non era così insopportabile. Rick, invece, aveva insistito per controllarla più volte al giorno, portandole la spesa e del cibo già pronto, e accompagnandola e riprendendola al lavoro, se necessario. Quando suo padre si era lasciato sfuggire che la dottoressa le aveva sconsigliato di continuare il suo lavoro di cameriera a causa delle caviglie gonfie, era stata l’ultima goccia.

‘Dovresti venire a stare da noi.’ aveva detto.

Kate aveva rifiutato. Lo chiamava una volta al giorno per tranquillizzarlo—bene. Accettava che le portasse la spesa direttamente a casa—certo, perché no? Ma stare nella camera degli ospiti di Rick? Era assurdo. Non era fatta di vetro; non c’era bisogno che la monitorasse ogni secondo.

Nemmeno pochi giorni dopo le aveva fatto una nuova proposta. Per continuare a “lavorare” senza dover stare in piedi, avrebbe potuto semplicemente riprendere a fare da babysitter ad Alexis. Certo, Rick non aveva un bisogno disperato di tempo ininterrotto per finire il suo libro, ma le aveva spiegato che una volta arrivata la bambina non avrebbe più potuto scrivere—almeno per i primi mesi—così voleva portarsi avanti il più possibile.

Nonostante fosse del tutto convinta che il suo suggerimento era, almeno in parte, un piano, Kate aveva accettato e da quando suo padre se n’era andato aveva cominciato a trascorrere molto tempo al loft. Anche se erano passati solo due giorni, tornava a casa sua ogni sera e intendeva continuare a farlo. Non sarebbe rimasta al loft; era assurdo.

‘Se hai qualcosa da dire, dovresti dirla.’ esclamò Kate, non spostando lo sguardo dai libri.

Quel pomeriggio Rick aveva mandato Alexis da sua nonna perché lei aveva bisogno di studiare. La bambina non sarebbe tornata fino all’ora di cena, il che diede a Kate alcune ore in più di studio ininterrotto. Poi, pensava di ripassare la mattina dopo prima dell’esame.

‘Non è una cosa da dire, in realtà. Pensavo solo…beh. Guarda.’

Lo scrittore la raggiunse e posò un libro sopra il suo testo di Economia. Era più piccolo, con la copertina bianca e un’iscrizione rossa. In fondo, poté vedere un piccolo cartoncino blu con la lettera A, un cartoncino rosa con la lettera B e uno giallo con la lettera C.

‘Cos’è?’ chiese con moderata seccatura.

‘Un libro dei nomi.’

‘Questo lo vedo.’

‘Pensavo che avremmo potuto dare un’occhiata.’

Lei sospirò, prese il libro e lo fece scivolare il più lontano possibile. ’Sto studiando adesso.’

‘Lo so, ma…non vuoi fare una pausa?’ si sedette sulla sedia accanto a lei, poggiò il gomito sul tavolo e la testa sul palmo della mano, sbattendo le palpebre.

‘Ho appena fatto una pausa.’ gli disse, ormai sull’orlo dell’irritazione.

‘Era per fare pipì.’

Kate picchiettò il tappo dell’evidenziatore contro il quaderno. ‘E dovrò farla di nuovo tra otto minuti.’

‘È…stranamente molto preciso.’

Lei guardò il suo viso corrucciato e disse semplicemente. ‘Allora dì a tua figlia di smettere di usare la mia vescica come trampolino.’

Era una cosa inspiegabile. Quando era in piedi e camminava non era così male, ma ogni volta che si sedeva e provava a concentrarsi su qualcosa—come scrivere o leggere un libro—la bambina nella pancia cominciava a muoversi come se fosse in euforia da zuccheri. La vescica di Kate era diventata una sua fonte d’intrattenimento. In più di un’occasione, dopo un colpo di tallone o una gomitata in quel punto, l’aveva fatta scappare verso il bagno, terrorizzata di non riuscire ad arrivare in tempo. Era una di quelle cose, senza ombra di dubbio, che le piaceva meno della gravidanza. Quella e l’acidità di stomaco.

Invece di alzarsi dal tavolo dopo aver ignorato il suo suggerimento riguardo al libro, Rick rimase seduto con il mento poggiato contro il pugno, fissandola. Kate provò ad ignorarlo—davvero. Provò con tutte le sue forze a concentrarsi sui suoi libri e a continuare a leggere un paragrafo che avrebbe fatto sembrare interessante persino guardare un quadro asciugarsi.

Alla fine, sull’orlo di una crisi, mise giù l’evidenziatore, si voltò verso di lui ed esclamò, ‘Sul serio!’

Lui si tirò indietro e sollevò le mani, con i palmi ben aperti, in segno di innocenza. ‘Non ho detto niente.’

’No, ma mi stai fissando ed è inquietante.’

Lui annuì con un cenno della testa. ‘Va bene, dimmi solo quando farai la prossima pausa così tornerò.’

‘No che non lo farai. Gironzolerai per la cucina proprio come hai fatto fino ad ora e poi, quando ti annoierai, mi chiederai se ho finito—ogni cinque minuti finché non ti lancerò contro il libro.’ borbottò. Lui accennò un sorriso e lei sospirò. ‘Di nuovo, come riesci a scrivere per una scadenza?’

‘Magia.’

‘Ovviamente.’ Spostandosi le ciocche di capelli dal viso, si voltò sulla sedia per guardarlo in faccia. ’Sì—il libro dei nomi. Cosa dicevi?’

Lui lo prese e lo fece scivolare verso di lei. ‘Pensavo solo che avremmo potuto cominciare a parlare di qualche nome.’

Kate abbassò gli occhi sul libro e sentì improvvisamente la temperatura della stanza aumentare di dieci gradi. Raccogliendosi i capelli in uno chignon e legandoli con un elastico che teneva al polso, spostò di nuovo lo sguardo sul suo quaderno degli appunti. ‘Puoi scegliere il nome che vuoi—è tua.’

‘È nostra.’ la corresse immediatamente. ‘Non vuoi avere un’opinione?’

‘Non ho bisogno di un’opinione.’

‘Ma io la voglio. Dai. Faremo una lista, butteremo giù qualche scelta.’ allungò un braccio per prendere una delle sue penne e, senza chiedere il permesso, strappare un foglio dal retro del suo quaderno. Aprendo il libro come se anche lui avesse un esame il giorno dopo, disse ‘Abbiamo meno di dieci settimane e potrebbe volerci un po’.’

Disegnò una linea in mezzo al foglio e distinse ciascuna colonna scrivendo “Primo” e “Secondo”. ‘Vuoi solo un primo e un secondo nome, vero? Perché credo che troppi nomi siano esagerati. Voglio dire, stavo quasi per farlo quando ho cambiato il mio, ma poi ho detto, no—lo sto già complicando abbastanza.’

‘Hai cambiato nome?’ chiese Kate, abbandonando momentaneamente la sua posizione comoda a causa del commento inaspettato.

Lo scrittore annuì. ‘Quando avevo la tua età, in effetti. Volevo un nome più commerciale e creativo di Richard Alexander Rodgers, così sono diventato Richard Edgar Castle. ‘ Portando di nuovo l’attenzione sul libro, cominciò a sfogliare le pagine. ‘Quindi, cosa facciamo? Le diamo il nome di una nonna o di qualche prozia, magari? Meredith voleva farlo con Alexis, ma così il suo nome sarebbe stato Irma, ed era davvero brutto; non potevo farle questo.’

‘Johanna.’ le scappò dalle labbra in un appena udibile sussurro. Non ci aveva pensato all’inizio, ma il discorso di Rick di voler chiamare la bambina in onore di qualche membro della famiglia le aveva fatto venire l’idea. Sua madre non avrebbe mai conosciuto sua nipote, ma forse il nome avrebbe potuto continuare a vivere tramite lei. Era anche, in minima parte, un piccolo omaggio al suo concepimento—anche se, pensandoci meglio, qualcosa le diceva che non avrebbero dovuto dirglielo.

Sollevò lo sguardo e Kate lo vide osservarla curiosamente. ‘Vorrei che il secondo nome fosse Johanna, se per te va bene.’

‘Il nome di tua madre, giusto?’ chiese Rick; Kate annuì. Lui sorrise. ‘Consideralo fatto. Adesso che ne dici di decidere il primo nome?’

Lei scosse la testa e tornò sui suoi libri. ’Scegli tu.’ Se era abbastanza generoso da accettare la sua proposta, si meritava una piena scelta; era giusto.

Lo scrittore sbuffò. ‘E scegliere accidentalmente un nome che odi? Non se ne parla.’ Anche non guardandolo, lo sentì sfogliare le pagine del libro. ‘Vediamo, qui c’è…Hannah o Olivia…Isabella, Sarah.’

‘No.’ rispose dopo aver immaginato la combinazione di ciascuno con Johanna. ‘Forse non dovrebbe avere due nomi che finiscono per “a”.’

‘Ottimo punto! Questo restringe il campo.’ Dopo un intero minuto sfogliando pagine, suggerì ‘Elisabeth? È un classico.’

‘Okay.’ concordò. Elizabeth Johanna suonava bene.

‘No, voglio che ti piaccia davvero. Emily è un’opzione. Alexis—ops, già usato.’ sorrise. Quando sollevò lo sguardo, vide che aveva già scritto una mezza dozzina di nomi; tre erano già cancellati. ‘Ma dobbiamo anche pensare al soprannome—è importante.’

Sentì il petto improvvisamente più leggero e gli sorrise. ‘Disse l’uomo il cui soprannome potrebbe essere Dick*.’

Lui la guardò, infastidito. ‘Ah-ah, ecco perché mi faccio chiamare Rick.’

‘Certo.’ Poi, dopo una lieve sensazione opprimente sulla parte bassa della pancia, Kate saltò giù dalla sedia e girò intorno al tavolo. Era troppo fare pipì ogni otto minuti—presto sarebbero diventati cinque.

Mentre la osservava correre, Rick si lasciò andare contro lo schienale della sedia. ’Sai, è divertente, nessuno ha mai—‘

‘Ah!’ urlò Kate, coprendosi la pancia con le braccia. Cavolo—cos’era stato? Improvvisamente, l’irrigidimento della pancia, che lei aveva attribuito alla vescica piena, si era trasformato in un dolore insopportabile.

Rick le fu accanto in un istante. ‘Che succede?’

‘Non lo so.’ provò a fare un passo verso il tavolo, allungando un braccio per afferrare lo schienale della sedia più vicina. ‘Pensavo di dover fare pipì e poi la pancia—ah!’ urlò quando arrivò di nuovo il dolore. Quella volta, una pressione diversa si era diffusa su tutta la pancia. Oh Dio, oh Dio—la bambina! Era in travaglio? Era solo di trentuno settimane! Era troppo presto per il travaglio!

Rick, che aveva evidentemente avuto un sospetto simile, chiese, ‘È la bambina?’

Kate scosse la testa e si appoggiò sempre di più alla sedia con un braccio mentre accarezzava la pancia con movimenti circolari. Prese alcuni respiri profondi e si concentrò sul basso ventre. Il dolore era passato—beh, quasi. Forse era solo un po’ di gas o la vescica che si ribellava per essere utilizzata come tamburo.

’No, è tutto okay. Sto bene. È stato solo—ah!’ urlò per la terza volta quasi cadendo a terra sulle ginocchia. Rick la prese immediatamente tra le braccia reggendola con un braccio sulla schiena e l’altro sul fianco; proprio sotto la pancia.

‘Okay; basta.—andiamo in ospedale.’ decise.

Le lacrime riempirono gli occhi di Kate per la paura di quello che l’ospedale avrebbe potuto dirle. La sua bambina era in pericolo? Sotto stress? Avrebbe partorito una bambina prematura? Rick l’avrebbe tenuta comunque anche se avesse avuto problemi di salute?

‘Mi dispiace; mi dispiace tanto.’ balbettò trascinandosi verso l’ingresso, non ancora sicura di cosa si stesse scusando.     

‘Va tutto bene, Kate, fa' solo dei respiri profondi; andrà tutto bene.’


‘Mi sento davvero stupida.’

Rick la guardò mentre si apprestavano ad uscire dal pronto soccorso dell’ospedale verso le trafficate vie di Manhattan. Fortunatamente si erano subito occupati di Kate pensando che ci fosse qualcosa che non andava con la bambina, perciò la loro visita era stata relativamente breve. Erano passate poche ore e adesso si trovavano proprio nel bel mezzo dell’ora di punta, con i marciapiedi stracolmi di gente.

‘Non dovresti; abbiamo fatto la cosa giusta.’

‘Ma Braxton Hicks!’ esclamò, facendo ondeggiare le mani in aria con frustrazione. ‘Avevo pure letto a riguardo.’

‘Ma non le avevi mai sentite.’

‘Ma io solo…e poi quello stagista—ugh!’ grugnì e sbatté i piedi sul pavimento più di quanto fosse necessario.

Rick fece una smorfia di fronte alla menzione dello studente di medicina che non aveva ancora perfezionato le sue tecniche. Aveva riso quando la diagnosi era risultata essere le contrazioni di Braxton Hicks, come se non fossero abbastanza gravi, ma mentre prendeva le informazioni per il ricovero, aveva scambiato Rick per suo padre, e aveva chiesto l’età di Kate più volte dato che erano usciti talmente in fretta da non aver portato il suo documento d’identità. Evidentemente, credeva che fosse minorenne.

’Già, fortunatamente gli faranno ripetere l’anno.’

‘Come puoi sembrare mio padre?! Se si ripresenta per far nascere la bambina, ce ne andiamo.’

Anche se lo scrittore sorrise alla sua affermazione, non poteva dire di non essere d’accordo. ‘Mi sembra giusto.’ Era già stato accusato di non preoccuparsi del benessere della sua bambina non ancora nata, sarebbe stato abbastanza turbato di essere considerato anche padre di una sedicenne. Aveva ventisette anni, cavolo! Sarebbe stato fisicamente impossible.

‘Non riesco a credere di aver perso più di tre ore di studio per questo!’

‘Kate, poteva essere una cosa seria.’ disse. Lei evitò il suo sguardo. ‘Almeno adesso lo sai per la prossima volta. Hai sentito il dottore—probabilmente le avvertirai ancora, e una vescica piena è una delle cause.’

‘Perciò capiterà sempre—perfetto.’ borbottò.

Senza nemmeno pensarci, Rick allungò un braccio e posò gentilmente la mano sulla sua schiena. ‘Beh spero per il tuo bene che non sia così. Andiamo, torniamo a casa così preparo la cena. Te la porterò persino sul divano se continui ancora ad insistere di voler studiare.’

Lei gli rivolse un’occhiataccia. ‘Primo, devo studiare; l’esame è domani. Secondo, non c’è bisogno che tu mi faccia da cameriere; vado a casa.’

Rick si fermò in mezzo alla strada con la bocca spalancata. Voleva andare andare a casa? In un appartamento vuoto?! Doveva passare sul suo cadavere! ‘Non andrai a casa per nessun motivo. Il dottore ha detto che devi rilassarti, e non ci riuscirai se devi cucinare la cena da sola, pulire, e stressarti per l’esame. No; stanotte resterai al loft.’

‘No.’ scosse la testa, passandogli accanto per dirigersi verso l’angolo della strada. ‘Assolutamente no. Non ho bisogno di stare con te, Rick; sto benissimo da sola.’

‘So che non hai bisogno di stare con noi, ma non vuoi? Andiamo—servizio cucina, un bagno caldo nella mia Jacuzzi—e—aggiungerò anche un massaggio ai piedi come omaggio della casa.’

Lei alzò gli occhi al cielo. ‘Adesso stai diventando pazzo.’

‘Non lo sono! Pensala così: se tra qualche anno tu e tuo marito, o il tuo compagno, deciderete di avere un bambino, lui vorrebbe coccolarti—vorrebbe assicurasi che tu abbia tutto ciò di cui avrai bisogno e che tu sia sempre a tuo agio.’

Lasciò andare un’esclamazione incredula. ‘Mi farebbe impazzire!’

‘No invece, perché lui amerebbe te e tu ameresti lui.’ spiegò Rick. La sua espressione si addolcì—quasi al punto da sembrare imbarazzata—e lui si schiarì la voce, provando a liberarsi dalle emozioni. Si era preso cura di Meredith quando era nella stessa situazione—anche se non così spontaneamente. Se fosse stato nella stessa situazione con Kate, sarebbe stato felice di preoccuparsi inutilmente, se non per ragioni che lei non immaginava nemmeno.

‘Io…non ho comunque bisogno che tu ti prenda cura di me.’

‘Va bene—allora fallo per me. Mi preoccuperei tutta la notte se non fossimo nello stesso appartamento e in questo modo potresti svegliarmi anche all’una di notte, se dovessi aver bisogno.’ le offrì come contro-argomentazione.

Lei lo guardò scettica ma poi, dopo un minuto, cedette. ‘Va bene—ma solo per stanotte!’

Un sorriso da mille watt si fece strada sul volto di Rick; non avrebbe potuto essere più sollevato. ‘Eccellente.’    


Più tardi, quella sera, Kate si sdraiò sul fianco rannicchiata nel letto della camera degli ospiti del loft di Castle. Indossava una maglietta extralarge e dei leggins che le aderivano alla perfezione sulla pancia. Con la testa poggiata sull’angolo del cuscino, si strinse fortemente intorno alla pancia mentre le lacrime le scorrevano lungo le guance.

Ovviamente, sapeva che era sbagliato. Le contrazioni di Braxton Hicks erano al cento per cento normali e per niente pericolose—né per lei né per sua figlia. Ma non lo sapeva durante quei dodici minuti pieni di stress di corsa in taxi. Non sapeva che mentre Rick la aiutava a entrare al pronto soccorso e a chiedere assistenza, la sua voce si era riempita di panico. Non capiva come quello studente di medicina avesse potuto posizionare una sonda ad ultrasuoni sulla sua pancia. Non capiva più niente finché non aveva visto la sua bambina perfettamente sana agitare le braccia come se stesse salutando i propri genitori.

Kate aveva passato i tre mesi precedenti ad allontanarsi da tutti, credendo che fosse la cosa migliore. Non voleva che nessuno entrasse; non voleva che nessuno le stesse vicino. Se fosse stata lontana dalle persone, non sarebbe rimasta ferita, ma era davvero possibile? Soprattutto se considerava l’essere che cresceva dentro di lei.

La bambina era parte di Kate come il suo stesso cuore. Entrambi vivevano dentro di lei; entrambi l’avevano aiutata ad andare avanti nei momenti più bui. Come poteva pensare di poter essere capace di smettere di amare la sua stessa figlia? Era semplicemente impossibile.

In quel momento, mentre aspettavano che il battito si sentisse attraverso l’ecografia, Kate aveva realizzato che se avesse perso la bambina ne sarebbe rimasta devastata. Aveva passato le ultime ventisei settimane a pensare a lei ogni minuto di ogni giorno. Voleva tenerla tra le braccia; voleva conoscerla.

Non voleva lasciarla andare.

In quel preciso istante tutti i piani e le buone intenzioni di Kate andarono in fumo. Non aveva idea di come avrebbe fatto. Aveva paura di far arrabbiare Rick o, al minimo, turbarlo, ma sapeva di non avere scelta. Non poteva abbandonare sua figlia; la amava troppo.

‘Hey, volevo solo—che è successo?’ il leggero tono di Rick si convertì immediatamente in uno pieno di preoccupazione. Entrò nella stanza e le si inginocchiò accanto, sollevando una mano per coprire la sua, poggiata sulla pancia. ‘È tutto okay? Le contrazioni sono tornate?’

Lei sospirò. ‘No, no; va tutto bene. Si sono fermate.’

‘Allora perché piangi?’

Lei scosse la testa, incapace di spiegare il tutto in una frase che fosse più breve di uno dei suoi romanzi. Si sollevò leggermente e allungò una mano per prendere un fazzoletto. Una volta asciugate le guance, posò le mani in grembo e disse semplicemente, ‘Oggi è stato spaventoso.’

Rick si sedette accanto alle sue gambe incrociate. ‘Lo so.’

‘Pensavo ci fosse qualcosa che non andava. E se ci fosse stata io—‘ si fermò quando il labbro inferiore cominciò a tremarle. Alcune lacrime le scesero lungo le guance e scosse la testa, nascondendo di nuovo il viso in un fazzoletto.

‘Hey, è tutto a posto.’ provò a confortarla, non realizzando che la sua gentilezza la stava facendo sentire ancora peggio. ‘Lei sta bene; è sana.’

‘Mi dispiace tanto.’

‘Perché? Non hai fatto niente di male. Essere spaventati è normale—anch’io ero spaventato. E—‘

‘Rick.’ lo interruppe e si asciugò il naso prima di espirare. ‘Voglio tenerla.’

Tutta la preoccupazione sparì dalla faccia di Rick , che si trasformò in un’espressione scioccata. ‘Cosa?’ sospirò.

Kate circondò la pancia con le braccia e la strinse forte. ‘Mi dispiace, ma non credo di poter rinunciare a lei. Pensavo di poterlo fare, ma poi oggi è successo questo e…so che devo trovare la mia strada. Non so come, ma non posso lasciarla andare.’

Lui si allontanò leggermente mentre il suo viso si contorceva in un’espressione di dolore. ‘Kate. Io non voglio non vedere mia figlia.’

‘Oh no.’ Kate allungò immediatamente le mani, toccandogli il braccio con le dita. Non era assolutamente ciò che intendeva! Non avrebbe potuto crescere sua figlia da sola al cento per cento. ’Non è… io solo…possiamo condividerla?’

Un respiro sollevato scappò dalle labbra dello scrittore e le strinse forte la mano. ’Sì—certo. Certo, Kate. Ha bisogno di entrambi i genitori.’

Kate annuì, tra un sorriso e qualche lacrima. Mentre tirava su con il naso, scosse la testa. ‘Non ho idea di come andrà.’

‘Va tutto bene; non dobbiamo decidere stasera.’ la rassicurò. Poi, sorridendo leggermente, aggiunse, ‘Tra l’altro, devi riposare; hai un esame domani.’

Nonostante tutto, Kate rise. A quel punto, non le importava di non superare il test; era solo molto sollevata per la salute di sua figlia.

Alzandosi in piedi, Rick scosse ripetutamente la testa, incoraggiando Kate a sdraiarsi sui cuscini. Le rimboccò il lenzuolo e le strinse una spalla, augurandole la buonanotte e aggiungendo ‘Non preoccuparti, Kate; troveremo il modo.’










Angolo:
Grazie mille per le recensioni e per continuare a leggere.
A presto! <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


‘Papà,’ lo chiamò Alexis prendendo il cucchiaio poggiato sul bancone, ‘perché mi lasci mangiare il gelato per cena?’ Senza nemmeno aspettare una risposta, affondò il metallo curvo nella ciotola quasi piena di fronte a lei, prendendo insieme un po’ di vaniglia e un po’ di cioccolato.

Rick si sedette al bancone vicino alla sua bambina, con una simile ciotola di gelato in una mano. ’In teoria, è gelato e frutta.’ disse riferendosi alla sua banana split. Beh, una versione più ricca. Aveva tagliato una banana in entrambe le loro ciotole e le aveva riempite con vaniglia e cioccolato prima di aggiungere un pizzico di panna montata. ‘Ma perché lo chiedi? Ti stai lamentando? Perché la finirei volentieri—‘

‘Nooo!’ urlò, circondando in maniera protettiva la sua ciotola. Leccò via tutta la panna montata dal cucchiaio prima di darci di nuovo dentro; quel boccone aveva sia il gelato alla vaniglia che un pezzo di banana.

Lui le fece l’occhiolino. ‘Come pensavo.’ Di solito, Rick non permetteva alla figlia di mangiare alcun dolce prima dei pasti. Più raro era che il pasto fosse composto da soli dolci, ma quella era una situazione unica: la stava corrompendo. Cioè, non corrompendo nel vero senso della parola, ma la stava decisamente adulando.

Negli ultimi mesi, Rick aveva provato a leggere il più possibile sui migliori modi per introdurre un fratello ad un figlio unico. Non voleva che Alexis si arrabbiasse, ingelosisse o pensasse che le volesse meno bene, perché non era vero. Ad ogni modo, la sua vita sarebbe cambiata; era inevitabile. Dato che Alexis sapeva prendersi cura di se stessa, per non parlare dei suoi snack, e che sapeva intrattenersi da sola per un po’ di tempo, la sua attenzione si sarebbe inevitabilmente spostata di più sulla nuova bambina—almeno per i primi mesi—e per questo voleva essere sicuro che reagisse bene ai cambiamenti e che sapesse che le voleva molto bene.

‘Tesoro, volevo parlarti di Kate e della bambina.’

‘La bambina è pronta ad uscire?’

‘No, lo sarà tra sei settimane.’

Alexis grugnì. ‘È una vita!’

Dillo a Kate, pensò, ricordando come la ragazza avesse avuto un attacco di panico mentre guardavano uno dei video al corso pre-parto. ‘Passeranno in fretta, lo prometto, ma volevo parlartene perché a partire da questa settimana Kate si trasferirà da noi e dopo che la bambina sarà nata continuerà a stare qui.’

‘Per sempre?’

Rick per poco non rise. Era una delle cose più divertenti vedere il mondo attraverso gli occhi di sua figlia. La maggior parte delle volte, il suo tempo era suddiviso in due categorie: subito o per sempre; c’era poco spazio tra i due. ‘Beh, non lo sappiamo ancora, ma almeno per il resto dell’anno.’

Dopo le contrazioni di Braxton Hicks e il conseguente crollo emotivo, Rick aveva suggerito di prendersi qualche giorno per riprendersi dallo shock. Poi, avrebbero potuto sedersi e avere una conversazione razionale e realistica sulla loro situazione; Kate aveva accettato e il weekend successivo, mentre Alexis era con sua nonna, lo fecero.

Rick le aveva spiegato le sue idee per le prossime settimane e i mesi della loro vita. Se dovevano occuparsi insieme della bambina, avrebbe avuto senso farlo sotto lo stesso tetto. Una volta cresciuta, avrebbero potuto accordarsi per alternare le settimane o i giorni ciascuno, ma farlo con una neonata non avrebbe avuto senso—soprattutto se Kate aveva intenzione di allattare per un certo periodo di tempo. Dopo aver confessato di essere “leggermente terrorizzata” di dover restare sola con la bambina per le prime settimane, Kate aveva accettato.

Una volta organizzato il tutto, si erano concentrati sul lato pratico. Fortunatamente il loft di Rick aveva quattro camere da letto, ma una non era ancora completa e veniva usata come magazzino. Lui era davvero felice di finirla, ma sapeva che non sarebbe arrivato in tempo per la nascita della bambina. E poi, come aveva già spiegato a Kate, avrebbe voluto averla nella stanza con sé durante le prime settimane almeno per limitare le interruzioni del sonno per le poppate notturne. Kate si era mostrata d’accordo al condividere la camera degli ospiti con la culla finché la stanza non sarebbe stata finita.

Dopo aver deciso quegli importanti punti, Rick aveva fatto la sua ultima proposta: perché aspettare dopo la nascita della bambina per trasferirsi al loft? Avrebbe avuto senso se avesse cominciato subito a vivere con loro, soprattutto da quando suo padre era entrato in riabilitazione, lasciandola sola nell’appartamento. Kate aveva tirato fuori una dozzina di scuse, tra cui quella di non voler “approfittare della sua ospitalità”, ma alla fine aveva accettato: si sarebbe trasferita al loft immediatamente, e sarebbe rimasta per tutto l’autunno e l’inverno; la prima settimana di Gennaio, prima di tornare a scuola, avrebbero rivalutato la situazione.

Alexis prese un’altra cucchiaiata di gelato, un po’ del quale le colò sul mento. Suo padre le porse un tovagliolo e, mentre si puliva, gli chiese ‘Devo condividere la mia stanza con la bambina?’

Lui scosse la testa. ‘Assolutamente no. Kate e la bambina condivideranno la camera degli ospiti finché non finiremo la stanza libera, così ognuno avrà il suo spazio.’

‘Okay.’

Mangiarono in silenzio per qualche minuto prima che Rick aggiungesse ‘Voglio solo essere sicuro che tu stia bene con tutti questi cambiamenti, specialmente con Kate che vive con noi.’

‘Mi piace Kate; è simpatica ed è brava a fare le trecce.’

Rick le sorrise; se solo la vita potesse essere sempre decisa con così tanta facilità. ’Sì, lo è. Hai altre domande?’

Alexis posò il cucchiaio nella ciotola mezza vuota e sollevò lo sguardo al di là del bancone. ’Sì, ma non so se dovrei farla.’

Rick allungò un braccio e le spinse indietro i capelli dalla spalla. Dandole una leggera carezza, la rassicurò. ‘Puoi sempre chiedermi qualsiasi cosa, tesoro.’

Lei sollevò lo sguardo, ancora attenta. ‘Okay… un bambino si fa con il sesso? O puoi averlo in un altro modo?’

La bocca di Rick si spalancò facendo uscire un grugnito. Sesso? Sesso?! Perché la parola “sesso” era appena uscita dalla bocca della sua bambina di cinque anni?! ‘Cos—Alexis, dove l’hai sentito?’

‘In campeggio.’ disse, riferendosi alla mezza giornata di campeggio organizzata dall’asilo lo scorso luglio. ‘Ho detto “mio papà avrà un bambino”, e un mio amico ha detto, ‘no, le mamme hanno i bambini e li fanno con il sesso.”’

Rick si trattenne dall’emettere un gemito; quel momento non era decisamente nei manuali per i ruoli da genitori.

Ne avevano parlato un po’ di tempo fa. Come sua madre aveva predetto, Alexis aveva chiesto da dove provenissero i bambini, e lui le aveva spiegato che quando una mamma e un papà mettevano insieme un loro pezzo ciascuno per poi essere messi al sicuro nella pancia della mamma, il bambino avrebbe potuto crescere e diventare abbastanza forte per uscire e fare parte del mondo. Ovviamente, aveva chiesto anche come quei pezzi arrivassero dentro la mamma, ma era riuscito a prevenire la sua curiosità dicendo ‘In un modo speciale che scoprirai quando sarai più grande.’ Dopo quella volta, aveva solo chiesto riguardo alla bambina— ad esempio su come respirasse o mangiasse. Erano semplici domande a cui rispondere; ma quella non lo era.

Prese un respiro profondo e considerò la sua risposta prima di parlare. Il fatto era che la bambina in questione conosceva la parola sesso, ma non il meccanismo che implicava. Dalla prospettiva di Alexis, “sesso” era un concetto astratto come la “speleologia” o “l’orticoltura”. Era una semplice parola di cui non conosceva la definizione dentro o fuori dal contesto. Ad ogni modo, decise che avrebbe dovuto comunque spiegare il minimo ed evitare la questione al meglio che poteva.

‘Per rispondere alla tua domanda: puoi avere un bambino in molti modi. Puoi adottarlo o a volte un dottore aiuta a mettere il bambino dentro la pancia della mamma in modo che possa diventare grande e forte, ma, sì, il sesso è uno di questi modi.’

Alexis sospirò. ‘Stai per dirmi che lo capirò quando sarò più grande, vero?’

Lui le sorrise. ’Sì, esatto. Il sesso è una cosa che fanno gli adulti—è un modo per dimostrare quanto ami l’altra persona.’

Lei arricciò il naso. ‘Non puoi dirglielo e basta?’

Lasciò andare un forte sospiro. ’Sì, anche questo andrebbe bene.’

La bambina tornò di nuovo alla sua ciotola e mescolò un po’ di gelato sciolto. Poi, non guardandolo, chiese ‘Tu ami Kate?’

Oh, beh, quella era una bella domanda. La risposta onesta e semplice era: no. Francamente, non la conosceva così bene da amarla. Si preoccupava per lei, ovviamente, non solo perché portava in grembo sua figlia. Era stata molto gentile con lui e Alexis mentre le faceva da babysitter durante le vacanze di Natale. Era divertente e spensierata, proprio come avrebbe dovuto essere una ragazza di diciannove anni. Poi, le era capitata una cosa incredibilmente tragica e aveva perso tutto.

Rick l’aveva sentita ridere solo una o due volte dalla morte di sua madre. Sorrideva, ma era sempre diffidente, trattenuta. Non sembrava felice ed era molto più chiusa emotivamente di qualsiasi altra ragazza della sua età. Era dispiaciuto per lei, lo era davvero; sapeva che se fosse stato nei suoi panni non sarebbe riuscito a reagire meglio, ma sperava che sarebbe riuscita ad aprirsi e ad essere felice con la loro figlia. Forse le cose sarebbero cambiate per tutti.

Abbassando lo sguardo su sua figlia, Rick le diede l’unica risposta che avrebbe potuto dare in quella situazione. ’Sì.’ Avendole spiegato che i bambini venivano fatti con amore, dire di no le avrebbe creato un po’ di confusione. Inoltre, una bambina di cinque anni non capiva le complessità dell’amore adulto e la sottile linea che c’era tra l’amicizia e il romanticismo.

‘Ok.’

‘Ma Alexis’ continuò prima che lei potesse tornare al suo gelato, ‘Questa non è una cosa di cui dovresti parlare con i tuoi amici. Il sesso è una cosa che gli adulti fanno in privato. Non c’è niente di cui vergognarsi—è del tutto normale—ma non è educato discuterne in pubblico. Lo capisci?’ L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che sua figlia cominciasse a diffondere parole inappropriate in classe quando avrebbe cominciato l’asilo tra qualche giorno.

‘Mmhmm.’

‘Bene. C’è qualcos’altro che vorresti chiedere?’

Ci pensò un momento prima di chiedere ‘Posso avere dei pretzel con il gelato?’

Rick sorrise; evidentemente la loro discussione seria era finita. ‘Certo tesoro; arrivano subito.’


Uscendo dalla doccia, Kate afferrò l’asciugamano appesa al gancio lì vicino e, nel frattempo, diede un’occhiata di sfuggita alla sua silhouette nello specchio parzialmente appannato; rise. La pancia era più grossa che mai—e sembrava che continuasse ad allargarsi ogni ora. Con solo cinque settimane mancanti alla data del termine, aveva perfettamente senso. Ma la sua immagine riflessa a volte era quasi scioccante; non si era mai immaginata così grossa. L’aumento di dieci chili era nella norma. Ma era sempre più pesante di quanto fosse mai stata e ciò l’aveva colta di sorpresa—soprattutto da quando tutto quel peso era concentrato in un punto preciso.

Si strizzò i capelli in un’asciugamano e poi fece il meglio che poté per avvolgerli e posizionarli sopra la testa. Era passato tanto tempo da quando si piegava in avanti per avvolgere i capelli in quel modo—il modo più semplice. Non aveva un “giro vita” da mesi! Subito dopo, prese la biancheria intima che aveva lasciato vicino al lavandino. Quando barcollò per infilarsi le mutandine, alzò gli occhi al cielo; sì, erano i momenti meno affascinanti della gravidanza. In realtà, non poteva lamentarsi. Non doveva restare a riposo a letto come alcune delle altre donne del corso pre-parto—era davvero grata per quello.

Mentre indossava il reggiseno e si asciugava il collo e il viso con un’asciugamano pulita, ripensò ai suoi progetti per la serata. Era passata una settimana da quando si era trasferita da Rick ed era stato…beh, interessante. I primi giorni erano stati pieni zeppi di attività divertenti che, seppur piacevoli, l’avevano fatta stancare rapidamente. Alla fine Kate aveva dovuto dire a Rick che, anche se apprezzava i suoi sforzi, lei voleva solo un po’ di tranquillità. Lui aveva scherzato suggerendole di leggere uno dei suoi libri, ma lei aveva pensato che tutto sommato non era una cattiva idea. Due giorni dopo, aveva finito il primo libro ed era già a buon punto del secondo.                   

In realtà, Kate non aveva pensato molto alla carriera di Rick. Sapeva che era uno scrittore, perché aveva visto i suoi libri sparsi per casa. Se la memoria non la ingannava, sua madre ne aveva persino letti due, ma non sapeva nemmeno di che genere fossero finché non aveva preso in mano il primo. Aveva cominciato a leggerlo con un po’ di scetticismo, ma si era trovata presto coinvolta nella storia; l’aveva adorato. Rick era uno scrittore eccellente, che descriveva fantastici—se non a volte spaventosi—dettagli e scene che aveva intenzione di leggere prima che la bambina arrivasse.

Con il viso e il collo asciutto, Kate prese l’asciugamano per togliere un po’ di condensa dallo specchio. Quando riuscì a vedere la sua immagine più chiaramente, avvertì qualcosa di strano sulla pancia. Guardò giù, ma non riuscì a vedere niente perché si trovava nella parte bassa. Avvicinandosi allo specchio, riuscì quasi a individuare il punto e, una volta riconosciuto, sospirò.

La bambina! Era la bambina! Riusciva a vedere la bambina—cioè, il piede della bambina—che pressava contro l’interno della pancia.

Presa dal delirio, Kate schizzò fuori dal bagno con addosso nient’altro che la biancheria intima e un’asciugamano avvolta intorno ai capelli gocciolanti. Corse il più veloce che poté verso la cima delle scale prima di urlare ‘Rick! Alexis! Venite a vedere!’ Afferrò il corrimano e provò a scendere mentre padre e figlia la raggiungevano dal salotto, con un’espressione perplessa.       

‘Che succede?’ chiese Rick, con un tono che indicava preoccupazione.

‘Dove sono i tuoi vestiti?’ chiese Alexis.

Kate rise; aveva completamente dimenticato non essere vestita. ‘Scusate, non volevo che ve lo perdeste!’

‘Perdere cosa?’

Indicò il punto proprio sotto l’ombelico. ‘Guardate. Riuscite ancora a vederlo?’ Sperava che la sua corsa non avesse fatto muovere la bambina; non pensava di averlo fatto, ma era difficile esserne certi dato che non riusciva a vederla.

Rick fece un passo avanti ed analizzò il punto prima che il suo viso si illuminasse. ‘Oh!’

Alexis corrucciò la fronte e lo fissò. ‘Cos’è quello?’

‘È il piede della bambina. Guarda.’ disse Rick, indicando il punto. Kate fece un passo avanti in modo che gli venisse più facile. ‘È a testa in giù, ma questo è il tallone e queste sono le dita.’

‘Strano!’ esclamò Alexis e tutti risero.

La bambina aveva già scalciato prima, ma mai in quel modo. Alexis si era trovata intorno solo due volte per sentirla muovere. La prima volta si era spaventata; la seconda aveva solo detto ‘molto bello’.

Kate si spostò sul divano dove poté reclinarsi e permettere loro di avere una visuale migliore del piede.

‘Riesci a sentirlo?’ chiese Alexis, poggiando gentilmente il dito contro il tallone.

‘Uh huh, solo un po’. Io—oh!’ Kate sospirò quando la bambina si mosse improvvisamente. Evidentemente, stava trascinando di nuovo il piede verso la parte centrale. Kate si chiese se stesse dando loro di proposito una dimostrazione.

‘Che sta succedendo?’ chiese Alexis, un po’ preoccupata.

‘L’hai fatta emozionare, tesoro.’ disse Rick, dandole una pacca sulla schiena.

‘Sta nuotando lì dentro?’

‘Beh, più o meno.’ rispose Kate, pensando che il liquido amniotico potesse contare come vero e proprio liquido e che quei movimenti potessero essere interpretati come mosse di nuoto.

‘Ti sembra strano?’

’Sì, sento come un solletico interno.’

Nel momento in cui il movimento si fermò, Alexis esclamò ‘Faglielo fare di nuovo!’

Kate sorrise. ‘Non credo di poter farle fare niente.’ Se avesse potuto, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata non “farla” stabilire nella sua vescica mentre cercava di dormire. Eppure, non era possibile. Avvolgendo le braccia intorno alla pancia, Kate pensò che la piccola si fosse spostata al centro vicino al fianco destro, così pressò una mano su quel punto. ‘Ma possiamo provare. Forza piccola; mostraci un trucchetto. Oh!’ Kate sospirò di fronte alla nuova nuova sporgenza—un gomito, pensò.

’Sì, è decisamente una ginnasta.’ dichiarò Rick.

Quando la bambina colpì ancora una volta la pancia di Kate, Alexis chiese, ‘Sta cercando di uscire?’

‘No, no si sta solo girando intorno, cerca di trovare una posizione comoda.’

‘Dovrà dare calci per uscire?’

Rick e Kate si scambiarono uno sguardo divertito. ‘Come in un film di Karate.’ scherzò Rick.

’No, non dovrà dare calci.’ chiarì Kate.

‘E allora…come farà ad uscire?’

Kate prese un lungo respiro e guardò Rick in cerca di assistenza. Si aspettava quella domanda—si era preparata, in realtà, ma non era arrivata fino a quel momento. Pensava che Rick gliene avesse parlato quando l’aveva avvertita della sua spiegazione riguardo a come vengono fatti i bambini, così avrebbero raccontato la stessa versione nel caso Alexis avesse chiesto di nuovo, ma evidentemente non l’aveva fatto.

Rick allungò una mano per prendere il braccio di Alexis e avvicinarla. ‘Vedi, tesoro, quando la bambina diventerà troppo grande per stare dentro la pancia, Kate entrerà in travaglio e questo significa che il suo corpo l’aiuterà a fare uscire la bambina.’ Indicò la pancia tonda di Kate. ‘I muscoli della pancia l’aiuteranno a spingerla fuori.’

Gli occhi di Alexis si spostarono su suo padre. ‘Dall’ombelico?’

Rick scosse la testa. ‘No, tra le gambe; fuori dalla vagina.’

Kate provò a trattenere il respiro mentre seguiva il processo della spiegazione attraverso le espressioni facciali della bambina. In entrambi i libri c’era una sezione dedicata alla spiegazione della gravidanza agli altri bambini della famiglia. Aveva dato un’occhiata solo per semplice curiosità e sembrava che Rick stesse seguendo il piano suggerito: essere onesto e usare la terminologia anatomica, ma senza dare troppi dettagli da farli spaventare o preoccupare.

Quando Alexis guardò di nuovo la pancia di Kate, la sua bocca si aprì formando una O. ‘La bambina verrà fuori da dove fa pipì? Non ci passa.’

Kate si trattenne dal brontolare; non c’era bisogno che glielo ricordasse!

‘No, non da dove fa pipì, lì vicino.’ le spiegò il padre.

Alexis si voltò per guardare Kate. ‘Farà male?’

Ricordando che urlare ‘Estremamente!’ avrebbe potuto essere inserito nella categoria del “potenzialmente spaventoso”, Kate rispose con un semplice ’Sì, purtroppo.’

‘Ma,’ intervenne Rick ‘i dottori la aiuteranno il più possibile a mettersi a suo agio, perché potrebbero volerci alcune ore per far uscire la bambina.’

’Spero non rimanga incastrata.’ disse Alexis a Kate, che sbuffò ‘Anch’io.’

Restarono in silenzio per qualche minuto prima che, senza fretta, Alexis inclinasse la testa e cominciasse a fissare attentamente le mutandine a strisce verdi e rosa di Kate, precisamente nel punto dove s’incontravano le gambe.

‘Alexis—no!’ Rick le afferrò il braccio e la fece tornare in posizione eretta. ’Smettila! Che stai facendo?’

‘Sto cercando di vedere la bambina.’

Nonostante la confusione e l’imbarazzo della situazione, Kate non riuscì a trattenersi dal ridere. Quando Rick le rivolse uno sguardo pietoso, si coprì immediatamente la bocca con la mano. Forse stare seduta in casa Castle con solo la biancheria intima non era la decisione migliore, ma in quel momento era troppo eccitata dai movimenti nella pancia per importargliene.

‘Cos—no. Primo, non si mette la testa tra le gambe delle altre persone—non è educato. Secondo, non puoi vederla da lì.’

La bambina corrucciò le sopracciglia. ‘Ma tu hai detto che uscirà da lì!’

Mentre Kate rideva, il padre della bambina si trovò in difficoltà. ‘Beh sì—alla fine, ma adesso è ancora al sicuro nella pancia.’

Alexis annuì come se tutto avesse improvvisamente acquistato un senso. ‘Giusto—sennò potrebbe scivolare via.’ Poi, dopo qualche secondo, chiese ‘Quando sarà pronta, posso vederla uscire?’

‘No, tesoro.’ Rick le afferrò il braccio e le diede una carezza. ‘È troppo pericoloso—i dottori non vogliono nessuno nel caso ci fosse qualche problema.’

Troppo pericoloso? Più che altro raccapricciante, pensò Kate. Dopo aver visto quei due video alla lezione del corso pre-parto, se non avesse dovuto essere necessariamente presente per la nascita, se ne sarebbe decisamente tirata fuori.

Gli occhi di Alexis si riempirono di preoccupazione mentre guardava Kate. ‘Resterà sola?’

‘Oh no. Ci sarò io con lei.’ spiegò Rick. ‘Ma saremo solo io, Kate e i dottori. Tu potrai venire dopo che sarà nata.’

Alexis ci pensò. ‘E…posso tenerla in braccio, vero?’

Rick le diede un colpetto sul naso con il dito. ‘Certo che puoi.’

Fece spallucce felicemente. ‘Okay.’ Subito dopo, tornò a giocare sul pavimento.

Kate si sforzò per sollevarsi dalla posizione comoda che aveva assunto sul divano finché Rick non allungò un braccio per aiutarla ad alzarsi. ‘Grazie.’ disse. ‘Immagino che la serata non sia andata come previsto.’

Lui sorrise. ‘No, ma quando succede? È stato bello vedere il suo piedino, comunque.’

Gli occhi di Kate s’illuminarono. ‘Lo so! Probabilmente lo rivedremo di nuovo. Forse.’

Lui ricambiò il sorriso. ‘Lo spero.’











Angolo:
Grazie mille a tutti per continuare a leggere e commentare. Chiedo scusa a coloro a cui non ho potuto rispondere la scorsa volta.
Ci vediamo presto! 
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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


‘Bu-ah-ongiorno.’ disse Rick sbadigliando e uscendo dalla camera da letto. Mentre provava ad inarcare e a stiracchiarsi la schiena, guardò la ragazza dalla enorme pancia sdraiata sul divano. ‘Ti sei alzata presto.’

‘Non riuscivo a dormire. Non riuscivo a trovare una posizione comoda. Deprimente.’ rispose Kate.

Lui sorrise. ‘Preparo la colazione.’

Una risata ironica le scappò dalle labbra. ‘Non so nemmeno se riesco a mangiare. Scommetto che i suoi piedi sono dentro il mio stomaco. Inoltre, più mangio, più enorme divento.’

‘Kate…’ accennò una risatina perché stava cominciando a diventare melodrammatica, ma era molto dispiaciuto per lei. Il suo supplizio aveva cominciato ad aumentare nell’ultima settimana, dopo essere ufficialmente entrata nella “sempre scomoda” fase della gravidanza.

‘Sono seria!’

’Ne sono sicuro. Che ne dici di cominciare con due uova strapazzate?’

Lei sospirò. ‘Okay.’

Rick sbadigliò di nuovo e si diresse in cucina per cominciare la sua perfetta routine mattutina. Da quando Alexis aveva cominciato l’asilo, le mattine erano sempre le stesse. Si alzava e cominciava a preparare la colazione prima di svegliare Alexis. Anche se non era costretta a farlo, Kate si alzava e mangiava insieme a loro prima che la bambina si preparasse per la scuola, per poi essere accompagnata da Rick o da entrambi. La settimana precedente, Kate aveva insistito per camminare non solo fino alla scuola di Alexis, ma anche qualche isolato in più durante il tragitto di ritorno sperando di indurre il travaglio.

Quando Kate si trascinò in cucina un momento dopo, più stanca del solito, Rick le passò un bicchiere di succo d’arancia con un sorriso. ‘Forse oggi dovresti evitare di accompagnare Alexis a scuola e tornare a letto.’

Lei borbottò da dentro il bicchiere. ‘Non so se posso. Non riesco mai a trovare una posizione comoda. Se continua così, il travaglio mi farà morire.’

Lui scosse la testa. ‘No, non lo farà.’ Lasciò un attimo la cucina per avvicinarsi alle scale e chiamare sua figlia. Aspettò finché non la sentì rispondere brontolando, prima di scendere al piano di sotto. Quando si voltò, vide Kate poggiata pesantemente contro il bancone, così inclinò la testa per guardarla. Sembrava davvero avvilita, ma la trovava adorabile—non che gliel’avrebbe mai detto.

In teoria, a Rick piaceva avere Kate intorno. Più stava insieme a loro, più usciva fuori dal suo guscio. Rideva quando giocavano ai giochi di famiglia. Lo prendeva spesso in giro. E, dopo alcune settimane insieme, sembrava finalmente molto più rilassata. In un primo momento, quando suo padre stava per uscire dalla riabilitazione, era tornata al suo stato cupo e introverso, ma dopo aver visto quanto fosse felice e impegnato per mantenere la sobrietà, era tornata al suo atteggiamento allegro.

‘Woah… sei ENORME.’ commentò Alexis quando scese in cucina due minuti dopo.

‘ALEXIS!’ la rimproverò il padre mentre Kate lasciava andare un sospiro pietoso.

‘Non urlarle contro. Ha ragione. Guardami!’ disse la ragazza indicandosi la pancia.

Nonostante non volesse dirlo ad alta voce, Rick non poteva che essere d’accordo. Era impossibile, ma sembrava più grossa della notte precedente. Forse perché la pancia si era abbassata—lo aveva sicuramente fatto rispetto alla settimana scorsa, ma era una cosa buona; significava che la loro bambina sarebbe arrivata presto. ‘Ci siamo quasi, Kate.’

‘Otto giorni. Come dovrei resistere per otto giorni? Mi romperà le costole prima di allora.’ disse, accarezzandosi la parte alta della pancia.

‘Non credo.’

‘Sembra così. Dio, la mia schiena, i miei piedi, tutto.’ si trascinò di nuovo in salotto mentre Rick continuava a preparare le uova. Fu solo quando sentì sua figlia chiedere ‘Cosa stai facendo?’ che andò ad investigare. Lì trovò Kate inginocchiata sul tappeto con il petto, le spalle e la testa rivolti contro il divano. Era una posizione strana, ma non si azzardò a chiederle niente.

‘Sto cercando una posizione che non mi faccia male.’

Alexis arricciò il naso guardando suo padre e poi di nuovo Kate. ‘Ed è questa?’

Kate sollevò le spalle in segno di indifferenza. ‘Eh. Meglio per la mia schiena. Male per le mia ginocchia.’ Si tirò sù in modo da posare tutto il peso sui talloni. Poggiando le mani sui cuscini del divano per fare leva, provò ad alzarsi, ma non ci riuscì. Fece un altro tentativo, ma cadde di nuovo sulle ginocchia. ‘Cacchio! Rick…’

’Sì, aspetta; fammi posare questa spatola.’ Dopo aver posato l’oggetto sul bancone, le corse accanto vicino al divano. Secondo i suoi calcoli, quella era la terza volta che rimaneva incastrata in una posizione da cui doveva aiutarla. Tutto considerato, non era poi tanto male. In realtà, la parte più difficile era non scoppiarle a ridere in faccia; di solito questo gli faceva guadagnare una manata sul braccio.            

‘Okay.’ si inclinò dietro di lei e le avvolse le braccia intorno alla vita, tra il seno e la pancia. ‘Conto fino a tre…’ disse in modo che potessero alzarsi insieme. ‘1…2….3!’

Rick la sollevò e Kate grugnì finché non sentirono il rumore di uno schizzo. La rossa fu la prima a reagire.

‘Papà! Le hai fatto fare pipì!’

Mentre Kate stringeva forte la pancia e gemeva ‘Oh Dio, oh mio Dio.’ Rick le spiegò con calma, ’No, non ha fatto pipì; le si sono rotte le acque.’

‘Le cosa?’

‘La bambina—la bambina è pronta a uscire.’ spiegò più semplicemente mentre aiutava Kate a sedersi sul divano.

‘Quindi ha fatto pipì la bambina?’

‘Cos-no. Tesoro, va’ a spegnere il fornello e torna con dei tovaglioli. Io chiamo la nonna per dirle di stare con te.’

‘Non sarà sveglia a quest’ora!’ gli fece notare Alexis mentre correva in cucina per fare come suo padre le aveva ordinato.

Rick ci pensò un attimo e realizzò che aveva ragione. ‘Beh…dovrà svegliarsi.’

‘Mio padre.’ mormorò Kate continuando a tenere le braccia strette intorno alla pancia. ‘Chiama mio padre.’

‘Okay. Sì.’ disse lo scrittore. ‘Li chiamo entrambi.’


Quando Rick tornò nella stanza dell’ospedale dopo una rapida visita al bagno, aprì la porta lentamente e sporse la testa all’interno prima di entrare del tutto. Quando vide lo sguardo di puro amore e gioia riflesso sul volto di Kate, il suo cuore fece un balzo probabilmente per la decima volta in quell’ultima ora. Era così felice—lo erano entrambi; era stato incredibile.

Quella giornata era stata riempita da un turbine di emozioni. Erano arrivati in ospedale prima delle otto e Kate era stata immediatamente visitata e collegata ai monitor. Essendo dilatata di soli pochi centimetri, Rick pensava che avrebbero avuto davanti una lunga giornata d’attesa, ma Kate aveva scelto proprio quel momento per avere un totale esaurimento sull’impossibilità di partorire, ed era immediatamente scoppiata a piangere lasciando Rick a consolarla e dicendole che sarebbe andato tutto bene.

Mentre le contrazioni proseguivano e il dottore si preparava a somministrarle l’epidurale, che era parte del piano di nascita, la ragazza aveva cominciato ad agitarsi dopo aver visto l’ago che avrebbe utilizzato. Avevano letto a riguardo, ovviamente, ma quando le era stato chiesto di mettersi in posizione aveva visto il panico riflesso nei suoi occhi e aveva cambiato idea dicendo che il dolore non era poi “così male”, nonostante avesse strizzato dolosamente la mano di Rick ad ogni contrazione.

Nel primo pomeriggio, dopo aver determinato che Kate non aveva fatto abbastanza progressi naturalmente, i dottori avevano dovuto somministrarle una piccola dose di medicinale che avrebbe aiutato la dilatazione, ma che aveva invece aperto definitivamente gli argini. Così, alle 16:31, la loro rosa, urlante, bambina di due chili e ottocento era finalmente venuta al mondo. Rick se n’era innamorato immediatamente.

Era davvero felice—del tutto euforico. Aveva pianto insieme a Kate mentre tagliava il cordone e guardava la bambina poggiata sul petto della madre. Si era inclinato verso Kate e l’aveva baciata sulla guancia e sulla fronte. Avrebbe voluto baciarla sulle labbra—sembrava una reazione naturale—ma si era trattenuto, non volendo metterla a disagio. Quando, un minuto dopo, lei l’aveva guardato con gli occhi spalancati e gioiosi per dire “È davvero qui”, si era innamorato anche di Kate. Aveva appena messo al mondo la sua bambina e ciò la rendeva straordinaria.

Un’ora dopo sembrava che fossero tutti in costante attività. Le infermiere avevano fatto il bagno alla piccola e l’avevano restituita con un cappellino, un pannolino e una coperta. Lo staff continuava a controllare Kate, essendo inizialmente preoccupati della pressione sanguigna, che era poi diminuita da sola, così da lasciare in pace la nuova famiglia. Una volta arrivato il turno di Rick per prenderla in braccio era scoppiato a piangere ancora una volta, sprizzando amore da tutti i pori; era perfetta.

Oltre all’infermiera che l’aveva visitata quarantacinque minuti prima, erano quasi sempre rimasti soli. Rick aveva chiamato la famiglia per informarli che stavano tutti bene e che lui e Kate avevano fatto i turni per tenerla, esprimendo la loro adorazione e meraviglia.

In quello momento, mentre si apprestava ad entrare nella stanza, Rick guardò Kate seduta sul letto con i piedi poggiati sul materasso, le ginocchia alzate e la bambina in fasce in grembo. Non avrebbe quasi voluto interrompere il loro bellissimo momento insieme, ma un’infermiera in corridoio gli aveva ricordato di un altro compito importante che avrebbero dovuto svolgere il prima possibile.

‘Dobbiamo ancora scegliere un nome, sai…’

Kate lo osservò avvicinarsi. Abbassò gli occhi sulla bambina e fece spallucce. ‘Non lo so…’

Lui la raggiunse vicino al letto e guardò la neonata dagli occhi scuri, che aveva cominciato ad osservare il mondo intorno a sé praticamente dal momento in cui era arrivata. ‘Eravamo indecisi tra Emily o Elizabeth.’ le ricordò.

Kate ci pensò sù e accarezzò dolcemente il punto d’incontro tra il berretto rosa e la sua fronte. ‘Credo…credo che sia una Emily.’

Rick sorrise; era il nome che preferiva. ‘Okay. Vado a dirglielo.’

‘Rick.’

Si voltò a guardarla. ’Sì?’

‘Grazie per essere rimasto con me.’

Nel suo quasi esausto e mezzo euforico delirio, accennò una lieve risata. ‘Dove altro avrei potuto essere?’ Per Rick, non c’era gioia più grande che assistere alla nascita dei suoi figli. Se l’avesse persa a causa di circostanze inevitabili, ne sarebbe rimasto distrutto. Dopo averle rivolto un altro sorriso, uscì dalla stanza per consegnare il modulo completo alle infermiere.


Quando fu di nuovo sola con sua figlia—con Emily— Kate abbassò lo sguardo con stupore. Erano passate alcune ore, ma non riusciva ancora a crederci; era davvero lì—finalmente! Sì, il travaglio era stato difficile—per non dire doloroso—ma ne era valsa la pena quando aveva sentito il pianto di Emily; il momento in cui era stata posata sul suo petto. L’aveva amata incondizionatamente dal primo momento in cui l’aveva vista.

‘Emily.’ disse Kate mentre distendeva le gambe e posizionava quel bozzolo di coperte nell’incavo del braccio sinistro. ’Ti piace il tuo nome? Lo spero. Credo ti stia bene. Emily. Ti chiameremo Em per abbreviare. Io—oh.’ Si sorprese quando la bambina cominciò a piangere. Oh, cazzo—stava piangendo. Non aveva avuto molto a che fare con il pianto. L’ultima volta che l’aveva fatto si trovava già in braccio a Rick e lui era riuscito a calmarla subito.

‘È tutto okay, Emily; è tutto okay. Cavolo, forse non ti piace il tuo nome!’ Grugnì quando con dei colpetti sul sederino non fece altro che farla piangere più forte. Oh, forse non era un buon inizio. Non sapeva nemmeno come far smettere di piangere la sua bambina!

Kate fece un respiro profondo e ricordò a se stessa di non entrare nel panico. Poi guardò la bocca aperta e il viso rosso di sua figlia e si sentì orribile. ‘Magari potessi dirmi cosa c’è che non va.’ disse per quello che pensò essere il primo di una lunga serie di pianti del suo primo anno di vita. Proprio mentre stava per scendere dal letto e provare a camminare con la bambina in braccio, un’idea la colpì: forse aveva fame!

Quando l’infermiera l’aveva visitata non più di un’ora prima, Emily non sembrava volersi attaccare al seno. Le aveva detto che era assolutamente normale e che avrebbero riprovato dopo un po’. Rick le aveva accarezzato il braccio e le aveva detto che andava tutto bene e lei gli aveva rivolto un piccolo sorriso, anche se leggermente delusa. Avrebbe davvero voluto dar da mangiare alla sua bambina. Inoltre, desiderava un po’ di sollievo sui seni pesanti, ma l’infermiera aveva detto che avrebbero potuto anche usare un tiralatte in caso di necessità.

Sperando che fosse la pancia vuota a causare il pianto di Emily, Kate sollevò il braccio sinistro per metterla in posizione. Fortunatamente, si attaccò al secondo tentativo; Kate per poco non pianse dalla gioia. Così accarezzò il fianco della bambina e le sussurrò parole dolci per incoraggiarla.

‘Kate, volevo controllare se—oh. Cazzo!’ Kate sollevò lo sguardo verso l’uomo e lo vide girarsi velocemente verso la porta. ‘Scusa, non—scusa.’

‘È tutto okay, Rick.’

Lui cominciò a voltarsi lentamente, così lo incoraggiò. ‘Andiamo—non ci sarà modo di evitare che tu mi veda senza maglietta nelle prossime settimane; non importa.’ Stava solo cercando di essere realista. Se rimaneva ad aiutarla con la bambina come aveva promesso, avrebbe inevitabilmente visto i suoi seni. Non le importava molto; non era mai stata particolarmente pudica. E poi, il momento del parto aveva effettivamente eliminato le sue ultime tracce di modestia.

Rick le si avvicinò, anche se ancora lentamente. ‘Si è attaccata questa volta?’

‘Mmmhm.’ mormorò Kate in risposta, incastrando il pollice in una delle piccole dita di Emily. Quando Rick la raggiunse, lei lo guardò sorridendo.

‘Sembra affamata.’ osservò. ‘Nascere è un duro lavoro.’

Kate rise. ‘Anche partorire.’

’Touché.’ disse per poi mostrarle il pezzo di carta che aveva in mano. ‘Volevo solo che confermassi lo spelling di tutto prima di renderlo ufficiale.’

Kate lesse il nome che lui aveva scritto, ma scosse la testa. ‘Beckett-Castle è troppo lungo; metti solo Castle.’

‘Sei sicura?’

‘Mmmhm.’ confermò senza pensarci.

Lui sorrise e posò una mano sulla testa della bambina. ‘Okay, Emily Johanna Castle; è deciso.’

‘Emily Johanna Castle.’ Kate ripeté il nome, adorandone sempre di più il suono. ‘Credo che—oh cavolo; sto gocciolando.’ Fece una smorfia quando si accorse che il lato destro della vestaglia si stava bagnando. Non le importava della macchia, ma più del fatto che Emily stesse perdendo del latte.

‘Oh, uh, cosa posso fare? Fazzoletto?’ offrì Rick, afferrando rapidamente la scatola vicina al letto.

Kate scosse la testa e usò un dito per staccare la bocca di Emily come le era stato insegnato; la bambina protestò a malapena. ‘No, voglio solo cambiarla di posto. Puoi aiutarmi con questa vestaglia?’

Rick posò il certificato di nascita sul comodino insieme alla scatola di fazzoletti e si precipitò ad assistere Kate. L’aiutò a uscire il braccio destro dalla manica mentre posizionava la vestaglia sulla spalla sinistra, per mantenerla coperta il più possibile. Una volta che la bambina cominciò a mangiare dall’altro lato, Kate guardò Rick ed emise una piccola risata. ‘Diventerà sempre meno strano—credo.’

‘Lo spero!’

Lo scrittore si sedette ai piedi del letto e le osservò con uno sguardo adorante. ‘È bellissimo, vero?’

Kate mormorò ‘Intendi il fatto che io stia allattando o che lei sia qui?’

‘Tutto.’

‘Lo so.’ disse accarezzando i piedi della bambina. ‘È difficile credere che questa mattina fosse dentro di me e che adesso è fuori.’

‘Scommetto che le tue costole ne saranno felici.’

Kate rise e annuì. ‘Lo sono davvero!’

’Toc toc!’

Il loro momento venne interrotto un secondo dopo dalle due teste rosse che apparirono dalla porta. Rick fece un balzo e bloccò loro la visuale sulla bambina. ‘Oh, ciao—aspettate. Restate lì un sec—‘

‘Va tutto bene, Rick.’ lo interruppe Kate. Lui si voltò e le rivolse uno sguardo interrogativo, ma lei scosse la testa. ‘Sul serio. Mezzo staff dell’ospedale ha visto la mia vagina; va bene.’ Era vero, almeno una dozzina di dottori e infermiere l’avevano vista nuda, quindi perché smettere proprio ora? Erano una famiglia, dopotutto.

‘Okay allora. Vieni tesoro. Voglio farti conoscere Emily.’

Nel frattempo sua madre esclamò, ‘Emily? Oh! È bellissimo!’ Rick la raggiunse e prese sua figlia da sotto le ascelle. La condusse vicino al letto e la fece inginocchiare sul bordo del materasso supportando ancora la maggior parte del suo peso. In quel modo, sarebbe stata abbastanza alta da poter vedere la bambina.

Alexis la osservò in silenzio prima di chiedere, ‘Sta mangiando? L’ho fatto anch’io così?’

’Solo per poco.’ rispose suo padre.

‘Posso tenerla?’

‘Non adesso. Non vogliamo interromperla perché adesso ha fame. Perché non le tocchi la gamba—dolce e gentile.’

Seguendo le istruzioni del padre, Alexis allungò un dito e accarezzò leggermente il ginocchio scoperto come se un’azione del genere avrebbe potuto causare un’esplosione. Quando non accadde nulla di catastrofico, la accarezzò di nuovo.

Nel frattempo, Martha si era avvicinata al fianco di Kate per osservare la sua seconda nipotina. Le sorrise e le diede una pacca sulla spalla. ‘Sei stata brava, cara; è bellissima.’

‘Grazie Martha.’ rispose Kate.

Poco dopo, la donna si rivolse alla nipote più grande. ‘Bene, l’hai vista. Adesso è ora di andare a letto.’

‘Cosa? No!’ protestò Alexis. ‘Siamo appena arrivate!’

‘Ma domani c’è scuola.’ le ricordò suo padre prima di guardare attentamente la donna al suo fianco.

Martha sollevò le mani in segno di difesa. ‘Cosa dovevo fare? Si rifiutava di andare a letto finché non avrebbe visto la sua sorellina, ma adesso l’abbiamo vista, perciò è ora della nanna per te, signorina!’

‘Ma non l’ho ancora presa in braccio!’

Capendo che sarebbero arrivate altre lamentele, Rick s’inginocchiò per guardare sua figlia. ‘Mi dispiace, tesoro, ma la bambina ha bisogno di mangiare. Tu non vuoi essere interrotta quando mangi, vero? Ma ascolta—quando tornerai a casa da scuola domani, probabilmente noi saremo già lì e ti prometto che potrai tenerla, okay?’

Alexis annuì, anche se riluttante. ‘Va beeene.’

Solo dopo alcuni minuti che le due rosse se ne furono andate, Kate notò che la pressione esercitata da Emily stava cominciando a diminuire, così spostò la bambina dal seno e rimise la vestaglia al suo posto. ‘Credo abbia finito adesso.’

‘Perfetto.’ disse Rick, prendendola dalle braccia di Kate e posizionandola sulla sua spalla dove cominciò a darle dei colpetti sulla schiena. ‘Primo pasto andato.’

Kate lo guardò con non poco stupore. Non era per niente titubante o sconvolto. Ciò non la sorprese dato che era la sua seconda volta, ma era comunque impressionata—e sollevata. ‘Grazie a Dio tu sei bravo in questo.’

Lui sorrise. ‘Ci arriverai presto anche tu—te lo assicuro.’

‘Lo spero.’ disse Kate, posando le mani in grembo. Alla fine, incastrando il labbro inferiore tra i denti, confessò ‘Non veglio essere una cattiva madre.’

’Impossibile.’ affermò. ‘Sarai fantastica, Kate; lo so per certo.’












Angolo:
Grazie a tutti per continuare a leggere e commentare. Mi scuso di nuovo per non aver risposto alle recensioni, spero capiate.
Ci vediamo presto!
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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


'Ed eccoci qui—questo è il corridoio e tra un secondo vedrai la nostra porta d’ingresso; è rossa.’

‘Rick,’ disse la voce tagliente della sua accompagnatrice ’sta ancora dormendo.’

Lo scrittore gettò un’occhiata alla carrozzina e fece spallucce. Non era strano che Emily si fosse addormentata durante il tragitto dall’ospedale, ma ciò non aveva fermato Rick dal farle fare un tour del palazzo. ’Sta ascoltando inconsciamente.’ spiegò. Kate alzò gli occhi al cielo.

Rick passò davanti alla carrozzina in modo da poter gestire le borse e infilare la chiave nella serratura. La porta si aprì non appena udirono dei piedi sbattere contro il parquet. L’uomo sorrise; nessuno poteva negare che la sua bambina più grande non fosse eccitata per la sua sorellina. ‘E adesso comincia la festa di benvenuto.’ disse rivolgendosi più a Kate. Entrò in casa e aprì del tutto la porta, posando a terra la borsa di Kate e afferrando di nuovo la carrozzina, in modo da non doverla tenere e camminare allo stesso tempo. Lei diceva di stare bene e di non provare alcun dolore nel camminare dalla macchina all’ascensore, ma lui voleva comunque essere super protettivo.

Girando intorno al salotto vide Alexis aspettare impazientemente a soli pochi metri, con sua nonna che la teneva ferma con una decisa stretta sulla spalla. Rick immaginò che fosse per non farla correre verso la porta, e per questo apprezzò. ‘Bene, eccoli qui.’

Il padre di Kate le aveva già fatto visita quel giorno, prima che lasciassero l’ospedale. Si era entusiasmato alla vista della sua nipotina e l’aveva tenuta in braccio per più di mezz’ora, guardandola attentamente. Rick non poteva biasimarlo; anche lui si era innamorato di Emily. Era anche felice di vedere Jim raggiante come non l’aveva mai visto. Sembrava che la post-riabilitazione stesse andando bene e Rick sperava che avrebbe continuato così—per il loro bene.

‘Ha un fiocco rosa in testa.’ osservò Alexis.

Rick mormorò. ‘Era tuo, Alexis.’

‘Davvero?’

Annuì prima di voltarsi e guardare Kate. Le indicò la camera da letto che avrebbero condiviso per i primi mesi di vita di Emily e disse ‘Va’ a fare una doccia; io comincio a sistemare.’

‘Sei sicuro?’ chiese lei, esitante.

Lui per poco non scoppiò a ridere. Non aveva fatto altro che sentirla lamentare di come si fosse pentita di non essersi lavata i capelli il giorno prima. Avrebbe potuto fare una doccia quel pomeriggio in ospedale, ma dopo aver scoperto che stava per essere dimessa aveva preferito tornare a casa; Rick non poteva biasimarla. ‘Certo, Kate. Vai—goditela.’

Lei gli rivolse un sorriso sollevato prima di dirigersi lentamente verso la camera da letto, con entrambe le mani poggiate sulla pancia ancora un po’ rotonda.

Una volta scomparsa, Rick si voltò verso le due teste rosse per vedere come sua figlia si fosse avvicinata alla carrozzina. ‘Posso tenerla adesso?’ chiese.

Rick lottò disperatamente con la tentazione di stuzzicarla e prolungare la sua prima importante tenuta in braccio un po’ più a lungo. Stando alle parole di sua madre, Alexis era furiosa per essere dovuta andare a scuola quel giorno. Credeva che le sorelle maggiori avessero diritto ad un giorno di vacanza. Si era anche offerta volontaria per cambiare tutti i pannolini, ma ovviamente sua madre non aveva ceduto e l’aveva spedita dritta all’asilo, perciò non poteva essere così crudele con lei.

’Sì, puoi.’

Gli occhi della bambina s’illuminarono. ‘Sul serio?’

‘Certo; avevo detto che per prima cosa avresti potuto tenerla quando saremmo tornati a casa.’

Alexis esultò lanciando i pugni in aria. ’Sìììì!’

Rick indicò il divano. ‘Va’ a sederti.’ Guardando la bambina correva via, Rick guidò la carrozzina di Emily vicino al tavolino prima di voltarsi verso la figlia. Controllò che fosse seduta al centro prima di prendere due cuscini e posizionarli uno sulle sue gambe e l’altro come supporto per il braccio destro.

Lei lo guardò, pensando che fosse diventato pazzo. ‘A cosa servono?’

‘È più pensante di quanto credi, tesoro.’ Rick si preoccupò di prenderla dalla carrozzina. La tirò sù come un professionista prima di voltarsi con il suo corpicino di due chili bilanciato tra le sue grandi mani. ‘Adesso dovrai stare molto attenta con la testa, ma andrai benissimo.’ Subito dopo, posò la bambina sulle gambe di Alexis, assicurandosi che le sue braccia si trovassero sotto la testa della piccola come supporto.

Alexis osservò la bambina con non poco stupore. Tracciò il contorno della sua guancia cicciottella con il dito e poi l’orlo della maglietta a strisce rosa e gialle che indossava. ‘Ciao Emily. Sono tua sorella Alexis. Quando crescerai, ti farò le trecce ai capelli.’

Il cuore di Rick balzò per l’emozione. Sapeva che con quasi sei anni di differenza sarebbe stato improbabile che Alexis ed Emily diventassero migliori amiche, ma sperava che si sarebbero volute bene proprio come sorelle. Da figlio unico, era un rapporto che gli era mancato, ed era contento del fatto che sua figlia potesse sperimentarlo. ‘Sei molto dolce tesoro; fammi fare una foto.’

Dopo aver recuperato la fotocamera dalla borsa dell’ospedale, Rick aggiunse alla preesistente dozzina di foto della sua nuova bambina alcuni scatti di Emily e Alexis insieme. Poi, mise giù la fotocamera e si sedette sul divano accanto a loro. Chiese ad Alexis se avesse finito con Emily, ma lei disse di no, così prese una delle piccole mani della bambina tra le sue.

’Sarà sempre così silenziosa?’chiese.

Rick sorrise. ‘No, decisamente no. Sta solo dormendo. I bambini dormono tantissimo.’

‘Perché?’

‘Perché devono crescere ed è più facile crescere quando stai dormendo.’

‘E perché?’

Rick si passò una mano sulla nuca. ‘Beh, perché crescere è un duro lavoro. È difficile concentrarsi sulla crescita se stai guardando la televisione o giocando con i tuoi amici o leggendo un libro.’

Alexis ridacchiò. ‘Papà, sei sciocco—Emily non sa ancora leggere.’

L’uomo sospirò drammaticamente. ’Non sa farlo? Oh no. Forse abbiamo preso un modello sbagliato; immagino che dovremmo riportarla indietro.’ finse di prendere la bambina, ma Alexis spinse via la sua mano.

’No! Dobbiamo tenerla o Kate ci resterà male.’

Rick annuì. ‘È vero, Kate ci resterebbe molto male e anche io. Dobbiamo solo insegnare a Emily a leggere. Le leggerai delle storie, vero?’

Alexis annuì entusiasta. ‘Uh huh, ma prima devo migliorare.’

Rick rise sotto i baffi stupito dalla bambina che aveva già innalzato il suo livello di lettura grazie alla sua professione e al suo diligente lavoro. ‘E io so che lo farai.’


Uscendo dalla doccia, Kate allungò un braccio per afferrare la morbida asciugamano grigia appesa al gancio. Strizzò le punte dei capelli e si asciugò l’acqua dal viso prima di procedere con il resto del corpo. Quando arrivò alla pancia, si fermò. Beh, di certo non si aspettava di sembrare ancora incinta una volta che la bambina fosse uscita fuori—anche se erano passate meno di ventiquattro ore. I dottori le avevano assicurato che la dimensione del suo utero si era già ridotta—ecco perché le era stata data la possibilità di andarsene il giorno subito dopo la nascita, preferendo passare la convalescenza a casa. Cioè, in casa di Rick.

La situazione le sembrava ancora strana—molto strana. Si trovava nel bagno di Rick, ad usare gli asciugamani di Rick, davanti allo specchio di Rick. Il suo disagio era una delle ragioni per cui aveva resistito tanto all’idea di trasferirsi nella camera da letto principale dopo la nascita di Emily. Credeva che fosse una pessima idea. Sì, il ragionamento di Rick aveva senso, ma stava dimenticando un fatto importante: non erano ufficialmente una coppia, eppure avrebbero dovuto condividere il letto e uno spazio ridotto.

Lo capiva—davvero. La bambina si sarebbe svegliata molte volte durante la notte e nelle prime settimane (se non di più), e sarebbe stato sfiancante. Dato che avrebbe dovuto allattare, si sentiva responsabile per la metà delle svegliate notturne, ma Rick l’aveva rassicurata. Se la bambina avesse avuto bisogno di essere cambiata o vomitare su entrambi, avrebbe probabilmente avuto bisogno di assistenza e lui sarebbe stato lì. Inoltre, nel caso fosse successo qualcosa di inaspettato, avrebbe dovuto scendere le scale e raggiungerlo dalla camera degli ospiti; in quel modo le sarebbe stato accanto. ‘Credimi—ci sono già passato ed è la cosa migliore.’ aveva detto.

Alla fine si era fidata della sua esperienza, anche se era rimasta molto scettica riguardo alla sua concezione di tempo. Rick pensava di far durare la loro coabitazione almeno per i primi due mesi, ma a lei sembrava ridicolo. Una settima o due? Certo, ma dubitava che fosse necessario più di un mese—assumendo che avrebbe continuato ad allattare. E se avessero dovuto cambiare il suo latte con quello in polvere? Allora con piacere; sarebbe stata felice di condividere i suoi compiti notturni.

L’analisi della pancia venne interrotta da un leggero colpo sulla porta, che venne immediatamente seguito dal suono della voce di Rick. ‘Kate? Scusami; ho sentito l’acqua chiudersi e ho visto che hai lasciato la tua borsa con il cambio in soggiorno. Posso passartela?’

Prese velocemente l’asciugamano e se l’avvolse intorno prima di dire ’Sì, entra.’

La porta si aprì un momento dopo, ma comparve solo il braccio di Rick con la borsa. Quando la posò sul pavimento, tornò indietro e la richiuse. Kate lo ringraziò prima di prendere la sua nuova scorta di prodotti materni, inclusa la crema per il seno e degli slip speciali post-parto con un’imbottitura assorbente già incorporata che, doveva ammettere, le erano molto d’aiuto in quello stato.

Dieci minuti dopo, quando indossò dei vestiti più comodi, Kate entrò in camera da letto e quasi si sorprese al vedere Rick aspettarla seduto sul letto. ‘Dov’è Emily? chiese.

‘Mia madre sta badando a lei mentre parliamo. Ti senti meglio?’

Lei annuì e si diresse verso il comò che era stato temporaneamente convertito nel suo armadio. Lì, prese un paio di calzini e si sedette ai piedi del letto per indossarli. Senza pensare, accavallò le gambe una sull’altra, ma avvertì un leggero tiro.

Vedendola sussultare, Rick entrò immediatamente in azione. ‘Aspetta, faccio io. Stai bene?’

Lei annuì e gli porse un piede, anche se si sentiva un po’ stupida. ‘Credo di essermi mossa troppo velocemente. Non pensavo ci mettesse tanto cicatrizzare.’

‘Kate, una persona è appena uscita da te.’

Lei sorrise. ‘Lo so, ma pensavo che non avendo avuto bisogno di punti sarei stata bene.’

‘Beh, devi solo prendertela con calma.’ le ricordò quando le infilò entrambe le calze. ‘Posso fare qualcos’altro? Vuoi che vada al supermercato a comprare altre creme?’

‘Oh…’ disse mentre arrossiva ‘no, non c’è bisogno.’

Lui le rivolse uno sguardo serio. ‘Kate, va tutto bene. Ci sono già passato, ricordi? Posso sopportare tutto, perché, credimi, tu ed io sperimenteremo più fluidi corporei di quanto credi.’

Lei rise. ‘Grazie per la lezione di realtà.’

Lui le fece l’occhiolino. ’Nessun problema. Perché non ti riposi un po’ mentre io preparo la cena? Sono sicuro che Emily avrà presto fame, ma per adesso è con mia madre. Rilassati.’

Kate annuì e s’infilò sotto le coperte, sapendo che aveva ragione; la doccia l’aveva fatta stancare più del solito. Inoltre, aveva bisogno di riposare ogni volta che poteva, perché chi poteva sapere cosa sarebbe successo quella notte? Emily si era svegliata già due volte la sera precedente, ma forse solo perché non si era propriamente addormentata fino a dopo le nove per poi “risvegliarsi” alle cinque e mezza. Poggiando la testa sul cuscino, l’ultimo pensiero di Kate prima di addormentarsi fu che forse avrebbe potuto davvero farcela in quella nuova esperienza della maternità.


Con le lacrime che le scorrevano lungo le guance, Kate era seduta al centro del letto matrimoniale di Rick a gambe incrociate. Alla sua sinistra c’era una scatola di kleenex, alla sua destra una pila di fazzoletti usati, e proprio di fronte a lei era sdraiata la sua bambina, avvolta in una coperta gialla, apparentemente soddisfatta dopo l’ultima poppata. Emily era appagata; Kate era ridotta uno straccio.

Si sentiva stupida; non c’era alcuna ragione di piangere. Aveva allattato con successo e cambiato Emily tutta da sola mentre Rick puliva la cucina e si assicurava che Alexis fosse pronta per andare a dormire. La serata doveva essere una “vittoria”, ma poi erano venute giù le lacrime. In realtà, sapeva che, almeno in parte, era dovuto allo squilibrio ormonale che stava attraversando, ma quello non era l’unico motivo; non c’era nemmeno vicino.

‘Hey come sta—che succede?’ Il tono di Rick cambiò nell’esatto momento in cui mise piede nella stanza.

Kate sollevò lo sguardo, con gli occhi stanchi a causa delle lacrime, e scosse la testa proprio mentre alcune gocce le cadevano dal mento. ‘Niente.’

‘Chiaramente non è niente.’ Rick la raggiunse e prese Emily in braccio. Le posò un bacio sulla testa e la mise nella culla posizionata al lato del letto di Kate. Quando la bambina fu al sicuro, si sedette sul letto nella sua stessa posizione e aspettò che Kate gli spiegasse le sue preoccupazioni.

‘È solo che…’ cominciò con uno squittio. ‘Le ho dato da mangiare e le ho cambiato il pannolino e, sai, la stavo osservando da tutti gli angoli come al solito. Le stavo tenendo uno dei piedini e guardando le piccole dita e io…ho pensato, “Oh mio Dio, stavo per darla v-v-via.”’ balbettò quando altre lacrime le caddero sul viso.

Orribile. Si sentiva una persona orribile. Più di una persona orribile—una madre orribile.

Emily era così pura e perfetta. Aveva dieci piccole dita delle mani e dei piedi e delle bellissime fossette sulle ginocchia. Il fatto di aver quasi interrotto la gravidanza era una cosa troppo cruda da processare, ma poi aveva pensato di dare la bambina ad una famiglia estranea che, sì, l’avrebbe amata, ma lei non ne avrebbe avuto la possibilità, e quello era un pensiero orribile.

Rick le posò gentilmente una mano sul ginocchio. ‘Ma non l’hai fatto.’

Lei sollevò lo sguardo con gli occhi ancora umidi. ‘Ma lo avrei fatto. Come potevo pensarlo?’

’Stavi facendo ciò credevi giusto per lei, ma sai cosa credo io?’ Si fermò un momento quando Kate scosse la testa. ‘Non penso che saresti andata fino in fondo. Quando i dottori te l’avrebbero messa tra le braccia sarebbe stata fatta; avresti cambiato idea.’

Quell’affermazione non la fece sentire meglio—anzi, la fece stare anche peggio. ‘Ma avrei spezzato il cuore di quelle persone. Gliel’avrei promessa solo per poi tenerla io? È terribile!’

‘Kate!’ grugnì, strattonandole leggermente il ginocchio. ’Smetti di rimuginare su decisioni che non hai preso. Hai scelto di tenerla; hai scelto di restare nella sua vita ed è tutto ciò che conta.’

Kate tirò su con il naso e si asciugò le guance mentre dava di nuovo uno sguardo alla culla. Riusciva a malapena a vedere Emily dalla sua posizione. Il cuore le si strinse nel petto. ‘La amo così tanto. Sembra impossibile, ma è vero.’

‘Fidati, lo capisco. Mi sentivo alla stesso modo. Cioè, mi sento allo stesso modo.’ si corresse con un sorriso.

Kate annuì quando l’imbarazzo le ripiombò addosso. Sollevò le spalla e raccolse la pila dei fazzoletti usati. ‘Che stupida…sto piangendo per i suoi piedi.’

‘Non sei stupida. Sei una madre—puoi piangere per qualsiasi cosa tu voglia.’

Lei rise e lo ringraziò. Dopo essersi alzata dal letto—con calma—buttò i fazzoletti nel cestino e disfò il letto per riposare. ‘Grazie Rick.’

Lui sorrise, s’inclinò sul letto e la baciò sulla testa. ‘Quando vuoi.’











Angolo:
Scusatemi tanto, dovevo pubblicare ieri ma ero stanchissima. Grazie mille per continuare a leggere e commentare e grazie a coloro che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite.
Ci vediamo presto! 
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


‘Oh mio Dio.’ borbottò Kate mentre apriva la porta del loft con il fianco, trafficando con le chiavi e le tre buste della spesa che trasportava. ’Non so cosa stia succedendo là fuori—c’è la luna piena o qualcosa del genere? Perché la gente è proprio—‘

Kate ammutolì nel momento in cui mise piede in soggiorno. Stava per raccontare quanto fossero stati scortesi i passanti sul marciapiede e di quella donna pazza che l'aveva preseguitata al supermercato per aver preso l’ultimo casco di banane mature dallo scaffale, ma la storia le morì sulle labbra alla vista che si ritrovò di fronte. Alexis era seduta sul divano vicino ad una donna dai capelli castano ramato che Kate non aveva mai visto prima. Cosa più allarmante, quella sconosciuta stava tenendo in braccio la sua bambina. Le buste della spesa le caddero immediatamente sul pavimento.

‘Cos—chi è lei?’

‘Oh mio Dio!’ esclamò la donna in un tono nasale che Kate non trovò affatto piacevole. Si voltò verso lo studio e urlò ‘Ricky! Quando dicevi che era giovane non avevi specificato che fosse così giovane.’

‘Kate compirà vent’anni la prossima settimana; faremo una cena speciale.’ intervenne Alexis, più per la mortificazione di Kate.

La donna rise come se stesse assistendo ad una commedia. ‘Venti? Sul serio? Avevi appositamente omesso questa parte, Ricky.’

‘Non era importante, te lo assicuro.’ disse l’uomo entrando nella stanza. Con la sua presenza, Kate riguadagnò un po’ di autorità e avanzò di due passi. Voltandosi nella sua direzione, Rick fece le presentazioni. ‘Kate lei è Meredith; Meredith, Kate.’

Oh, quella era Meredith; la madre di Alexis ed ex moglie di Rick. Beh, l’immagine stava cominciando ad acquistare un senso—ma solo un po’. Sì, alcuni giorni aveva ancora la mente annebbiata da tutte le cose nuove della maternità (fortunatamente, dopo cinque settimane, la loro routine si era stabilizzata e le cose erano diventate molto più semplici), ma si sarebbe sicuramente ricordata se Rick le avesse accennato che la sua ex moglie sarebbe venuta in città. Forse se l’era dimenticato a causa della mancanza di sonno.

‘È, uhm, venuta per vedere Alexis?’ chiese Kate.

‘No,’ disse Meredith mentre gettava uno sguardo alla neonata. Poi, guardò sua figlia e sorrise. ‘Cioè, sì certo, ma dato che non smetteva di dire quanto fosse carina la sua sorellina ho deciso di venire di persona! È molto carina.’ Meredith cullò la bambina per qualche secondo prima di guardare Kate, la bambina, e poi di nuovo Kate. ‘Credo abbia i tuoi occhi.’

Kate resistette all’impulso di rispondere ‘Lo so.’, dato che era già stato comprovato da tutti i loro parenti. Avvicinandosi al divano, s’inclinò dicendo ‘La prendo io ora.’

‘Non essere sciocca; stiamo bene—non vorrai svegliarla, cara.’

Kate resistette all’impulso di sbraitarle contro. Si era rivolta a lei come se la considerasse sciocca—sciocca e non molto più grande di Alexis. Ridicolo! Era madre da cinque settimane—certo che riusciva a prendere la sua bambina dalle braccia di qualcun altro senza svegliarla. Anche se Emily si fosse agitata, sarebbe tornata a dormire dopo qualche secondo accucciata contro il suo petto.

‘Alexis, per favore aiuta Kate con la spesa.’ chiese Rick alla figlia. La bambina si alzò e raggiunse Kate, che sembrava aver messo radici sul pavimento. Infatti, non si mosse e non respirò finché non sentì Alexis esclamare, ‘Ooh questa è pesante.’

‘Oh! Scusa!’ si voltò per raggiungerla e prendere tutte e tre le buste. ‘Le ho prese, aiutami solo con lo sportello del frigo.’ Dirigendosi in cucina, Kate riuscì ancora a sentire Rick parlare con la sua ex dalla stanza accanto.

‘Quanto ha di nuovo?’

‘Cinque settimane e due giorni.’

‘Ed è ancora così piccola! Pensavo che avresti usato quel costoso latte in polvere, Ricky.’

‘In realtà Kate sta ancora allattando.’

‘Oh.’

Kate riuscì a percepire il giudizio nel tono della donna e sentì i muscoli dello stomaco contrarsi. Non c’era assolutamente niente di sbagliato nelle misure di Emily; così le aveva detto il pediatra durante la visita del primo mese. Stava crescendo ad un ritmo normale e non c’era niente di cui preoccuparsi.

Come se il tono di Meredith non fosse abbastanza, quando uscì dalla cucina un momento dopo, la donna si alzò e le chiese ‘Hai considerato qualche supplemento?’

Resistendo al desiderio di rispondere a denti stretti, Kate disse, ‘Non ce n’è bisogno. Ha già preso un chilo; era solo piccola. È nata una settimana in anticipo.’ aggiunse alla fine, come se facesse qualche differenza. Quella donna avrebbe comunque espresso tutti i livelli di pregiudizi possibili e non importava cosa Kate avrebbe detto.

‘È già troppo grande per la tutina rosa che ho scelto per lei, mamma.’ aggiunse Alexis.

‘Oh beh. Errore mio.’ Con un mal celato roteamento di occhi, Meredith posò Emily tra le braccia del padre senza troppe cerimonie prima di dirigersi con disinvoltura verso l’ingresso. Lì, Kate vide un piccolo trolley nero che non aveva inizialmente notato a causa dello shock. La donna prese il manico e si diresse verso la camera da letto alla sua destra. ‘Ora…dove posso mettere i bagagli per stanotte? In camera tua, Ricky?’

‘Ehm, no.’ Rick la fermò giusto prima che entrasse. ‘Kate e la bambina sono nella mia camera. Tu puoi, ehm, prendere quella degli ospiti, immagino.’   

Alexis le corse incontro e la prese per mano. ‘Possiamo fare un pigiama-party mamma!’

Meredith le strinse la mano in risposta. ‘Certo, tesoro. Perché non mi aiuti a disfare la valigia?’

Una volta che madre e figlia sparirono su per le scale, Kate rivolse a Rick uno sguardo inceneritore. Lui cominciò subito a scusarsi.

‘Mi dispiace tanto! Si è presentata all’improvviso un quarto d’ora fa—non avevo idea che sarebbe venuta.’

Kate girò intorno al divano e prese la bambina dalle sue braccia. Dirigendosi verso la sedia a dondolo, disse ‘Va bene.’ Cos’altro avrebbe dovuto dire? Era l’appartamento di Rick; poteva avere quanti ospiti voleva.

‘È ovvio che non va bene ma…Meredith è fatta così—è quello che fa.’

Kate rivolse di nuovo un’occhiata all’uomo seduto sul divano con le mani a coprirsi il viso. La sua irritazione si trasformò in pietà. Era ovvio che lui non voleva quella situazione e, dalle poche storie che aveva sentito, Meredith poteva essere davvero pesante.

‘L’ultima volta che è venuta è stato a Giugno. Mi ha chiamato poco prima di prendere l’aereo. È rimasta tre giorni—nel mio letto, mentre io ho dormito sul divano. Era qui solo per un’audizione, ha malapena passato del tempo con Alexis. Le ho parlato una sola volta da allora. Ho menzionato la bambina solo perché sapevo che Alexis gliene avrebbe parlato e farglielo sapere in quel modo sarebbe stato molto peggio. Mi dispiace; ho provato a tenerti fuori da tutto questo…’ si fermò per indicare le scale, ‘casino.’

‘Va tutto bene.’ disse Kate, stavolta pensandolo davvero. Sembrava che Rick fosse solo una vittima della situazione. ‘Ha detto quanto resterà?’

‘No—ma dubito che sarà più di qualche giorno, soprattutto se è venuta solo per ficcanasare sulla bambina.’

Kate inarcò un sopracciglio. ‘Non vorrà passare del tempo con Alexis?’

Rick lasciò andare una risata amara e si alzò dal divano. ‘Credimi—è meglio che non lo faccia.’


Il mattino seguente Kate si svegliò trovando il letto vuoto, il che era strano. Di solito si svegliava prima di Rick—sempre che Emily non li svegliasse contemporaneamente. Lei era solo più in armonia con i lamenti e i grugniti della piccola, mentre per svegliare lo scrittore serviva un intero pianto.

Kate sbadigliò, inarcò la schiena per stiracchiarsi e sdraiarsi a pancia in sù, guardando il soffitto. La notte precedente era stata, beh, meno che ideale. Meredith aveva insistito per andare a cena fuori con il suo ex marito e sua figlia. Rick l’aveva invitata all'inizio—cosa che aveva irritato la donna—ma Kate aveva gentilmente rifiutato; lei ed Emily avrebbero passato una tranquilla serata in casa—e così era stato. Una volta tornati, non si era azzardata nemmeno a lasciare la camera da letto solo per non trovarsi di nuovo davanti le occhiatacce di Meredith. Era andata a letto poco dopo l’ultima poppata di Emily e non si era svegliata finché Rick non era entrato in camera qualche ora dopo. Le aveva chiesto se stesse bene e lei aveva annuito prima di tornare a dormire.

Sollevandosi dal materasso, gettò un’occhiata alla culla per vedere che Emily stava ancora dormendo. L'ultima poppata era stata intorno alle quattro, quindi non era una sorpresa. In effetti era una fortuna, perché significava che avrebbe potuto fare colazione in pace e godersela prima che la bambina si svegliasse e cominciasse a piangere per il primo pasto della sua giornata.

Kate si allontanò dalla bambina e sgusciò fuori dalle lenzuola. Dopo tutto, la maternità non era poi così male. Anzi, era molto piacevole. Sfiancante oltre ogni convinzione fino al punto in cui continuava a chiedersi come riuscisse ancora a resistere in uno stato da zombie, ma ne valeva decisamente la pena. Ogni balbettio, ogni mezzo sorriso, ogni volta che le dita di Emily afferravano quelle di Kate ne valeva la pena—un milione di volte. L’amava così tanto e, tutto considerato, stava andando straordinariamente bene—anche se non sarebbe stata la stessa cosa senza Rick.

Era un padre meraviglioso, senza ombra di dubbio. Oltre ogni immaginazione. Era rimasta un po’ scettica riguardo alla coabitazione e su quanto avrebbe potuto aiutarla durante le poppate notturne, ma la sua assistenza si era rivelata fondamentale. Saltava giù dal letto quando Emily cominciava a piangere, e la metteva tra le sue braccia quando assumeva la posizione. Subito dopo, la prendeva per farle fare il ruttino così che Kate non dovesse alzarsi dal letto. La cosa più incredibile era che a lui non sembrava nemmeno importare. Era sempre esausto e tirava avanti solo grazie al caffè—soprattutto durante le prime settimane, ma non aveva mai detto di essere stanco o di volere una notte di pausa, anche se lei glielo aveva proposto più volte.

Formavano una grande squadra. Si erano conosciuti bene prima del concepimento di Emily, ma la situazione era migliorata durante i mesi della gravidanza e fare i genitori non era mai sembrato strano o forzato, ma per lo più naturale. L’ora della pappa, il bagnetto, i giochi— era tutto in armonia.

Più tempo passava con Rick, più era grata della sua presenza non solo per il suo enorme aiuto, o per la comodità di avere qualcuno intorno che sapesse esattamente cosa stesse succedendo, ma anche perché era una persona con cui condividere la sua gioia. Quando Emily aveva fatto il suo primo vero sorriso la settimana precedente, era quasi scoppiata in lacrime, ma il braccio di Rick era rimasto ancorato alle sue spalle mentre cercava di far sorridere Emily ancora una volta; quello era stato uno dei suoi momenti preferiti. Cioè, uno oltre a quello in cui Emily aveva fatto pipì addosso a suo padre; quello era stato divertente.

Dirigendosi in cucina, Kate abbassò lo sguardo e notò una macchia al centro della maglietta di Stanford che prima non c’era. Era sicuramente un rigurgito, ma non riusciva a ricordare quando fosse successo…o l’ultima volta che aveva lavato quella maglietta. Arricciando il naso, Kate prese un tovagliolo, lo bagnò con un po’ d’acqua e cominciò a strofinare.

Rimase in quella posizione per più di un minuto finchè non sentì il rumore di passi sulle scale. Pensando fosse Alexis, sollevò lo sguardo mostrando un sorriso che svanì nell’esatto istante in cui capì di chi si trattava davvero. Meredith scese le scale con un abbigliamento abbastanza assurdo per essere la prima settimana di Novembre: una canotta, sotto la quale non portava chiaramente alcun reggiseno, e dei pantaloncini che avrebbero potuto benissimo essere delle mutande provocanti che coprivano solo il sedere. Kate resistette all’impulso di imprecare.

‘Oh, buongiorno.’ disse Meredith allegramente. Prima che Kate potesse balbettare un saluto, la donna indicò la sua maglietta. ‘Hai un fratello o una sorella che sono andati a Stanford?’

‘Ci andavo io. L’anno scorso.’ rispose Kate.

La donna ridacchiò mentre prendeva una banana. ‘Errore mio. Hai dovuto rimandare la partenza o…stai prendendo lezioni via mail o qualcosa del genere?’

Lezioni via mail?! Cos’era? Il 1920? ‘No, mi sono trasferita alla NYU; ricomincerò a Gennaio.’

‘Bene.’

Avendone abbastanza dell’atteggiamento altezzoso della donna, Kate decise di lanciare una sottile frecciatina a suo favore. ‘Allora, uh, credo che Rick abbia detto che sei un’attrice—hai fatto qualcosa che potrei aver visto?’ Immaginò che il suo curriculum includesse solo alcune comparse in scene di rapina come Donna in un Caffè #2 o Vittima di Omicidio in vasca da bagno.

’No se non hai fatto una capatina nei teatri di Los Angeles mentre eri all’università—faccio soprattutto teatro.’ spiegò Meredith, con il naso rivolto all'insù.

‘Ah…’

Fortunatamente, Rick scese le scale un momento dopo e le salutò entrambe gentilmente. Stava per raggiungere la caffettiera quando Meredith lo bloccò dicendo ‘Oh lascia che la prenda io per te, Ricky. Hai dormito bene?’

Rick annuì. ‘Ah, sì abbastanza. Em si è svegliata solo due volte, quindi sì.’

Gli occhi di Meredith si spalancarono. ‘Due volte? Allora non l’ho sentita—grazie a Dio per questi muri spessi.’ Rise allegramente prima di porgere a Rick la sua tazza e accarezzarlo sul braccio. ‘Ecco qui, tesoro.’

Mentre assisteva alle tremende, se non leggermente patetiche, effusioni della donna, Kate sentì lo stomaco contrarsi e realizzò che—cavolo—era gelosa. Gelosa dell’ex moglie di Rick! Che incubo!

Lei e Rick non erano una coppia. Avevano solo fatto sesso una volta più di un anno prima e da allora tra di loro c’era stato nient’altro che familiarità. Vero, condividevano la camera da letto, ma raramente avevano delle conversazioni profonde e significative. La maggior parte del tempo insieme lo passavano a dormire o a prendersi cura della loro figlia! Sì, condividevano qualche storia ogni tanto, ma niente di natura intima. E poi, non aveva un valido motivo per essere gelosa. Era sicuramente la mancanza di sonno. Sì, doveva essere quella; la mente le stava facendo dei brutti scherzi.

‘Bene,’ cominciò Meredith quando le effusioni al braccio di Rick non portarono ad alcun ritorno di affetto, ‘Alexis e io abbiamo una giornata impegnativa davanti, perciò vado a prepararmi. Ci si vede.’

Kate si voltò solo quando la donna uscì dalla cucina, lasciando che la pressione sanguigna si abbassasse il più possibile. ‘Dunque,’ iniziò il discorso passando accanto a Rick per riempire la sua tazza di caffè, ‘Meredith sembra simpatica.’

Rick per poco non sbuffò nella tazza. ‘Oh no. Non lo è. Io…le dirò che può stare solo per un’altra notte.’

Kate si voltò di nuovo per vederlo osservarla con un’espressione curiosa. Sollevando la tazza per nascondere parzialmente la bocca disse ‘Non devi farlo per me.’ Voleva di nuovo vedere Meredith girovagare per casa mezza nuda? Certo che no, ma era la madre di Alexis, e se qualcuno capiva quanto fosse importante avere una madre accanto, quella era lei.

’No, lo faccio per tutti noi.’ sospirò Rick pesantemente, posando la tazza e sollevando lo sguardo sul il soffitto per un minuto prima di confessare. ‘Ha avuto una storia con il regista di una commedia a cui stava lavorando due anni fa.’

Kate trattenne il respiro. Beh, era interessante, ma non molto sorprendente. Pensava che avessero divorziato perché le liti erano diventate sempre più frequenti, ma una relazione aveva certamente causato una fine più infelice—soprattutto per Rick.

Come se avesse udito i suoi pensieri, continuò ‘Quella è stata la ragione del nostro divorzio, ma il nostro rapporto non è mai stato perfetto. Se non fosse stato per Alexis…beh, non importa. Poco dopo aver scoperto la relazione, Meredith ha fatto le valigie e se n’è andata—trasferita in California senza pensarci due volte.’

Kate riprese improvvisamente a respirare, anche se per una ragione del tutto diversa. ‘Ha lasciato Alexis?’ Pensò alla bambina che dormiva pacificamente in camera da letto e il cuore le si spezzò per l’agonia. Come aveva potuto abbandonare sua figlia? Era una cosa inconcepibile. Neanche una questione di vita o di morte avrebbe potuto tenerla lontana da Emily. Cavolo—si sentiva triste persino quando non la vedeva per più di tre ore!

’Sì, ha lasciato Alexis. C’è stato un periodo in cui ha lottato per la custodia. Le dissi che non avrebbe avuto speranze e lei si è arresa poco dopo. Da allora ha visto Alexis solo qualche volta. Diventare madre non era mai stato nei suoi piani.’

‘Mi dispiace.’ disse Kate dolcemente.

Rick scosse la testa. ’Non essere dispiaciuta; stiamo meglio senza di lei, per quanto possa essere triste. Comunque—il punto è che devo impormi. Meredith non può più entrare e uscire da questa casa a suo piacimento. Lei, Alexis, e io non siamo più una famiglia. Siamo—tu, io, Emily, Alexis, mia madre e tuo padre. Un po’ inusuale, ma siamo tutti una famiglia grazie a Emily ed è così che deve essere.’

Le sue parole la commossero. Erano proprio come lui li aveva descritti: una famiglia inusuale. Ma di cui era fiera di far parte. ‘Grazie per averlo detto.’

‘È vero. E—oh.’ Rick sorrise quando udì un pianto arrivare dalla camera da letto. ‘Il dovere chiama. Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa.’

Kate annuì, abbandonò la tazza sul bancone e andò ad occuparsi della figlia.











Angolo:
Buonasera a tutti! Grazie mille per i commenti e la comprensione che mi dimostrate ogni volta. Non sarei niente senza di voi.
Fatemi sapere cosa ne pensate. 
Ci vediamo presto!
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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Rick tornò a casa posando le chiavi sul mobile vicino alla porta e dirigendosi poi in cucina per prendere la terza tazza di caffè della giornata. Magari avrebbe potuto aggiungere un po' di whisky irlandese; era la vigilia di Natale, dopotutto.

Quello era, senza ombra di dubbio, il suo periodo dell’anno preferito sin da quando era bambino. Il primo di Dicembre aveva cominciato a prendere scatole su scatole di decorazioni dal ripostiglio, tutto sotto l’occhio scettico di Kate. Le aveva chiesto cosa ci fosse che non andava e lei aveva risposto che non aveva idea che sarebbe stata costretta a vivere nel villaggio di Babbo Natale, ma Rick sapeva che c’era qualcos’altro sotto. Solo qualche giorno dopo gli aveva confessato di non avere molto spirito natalizio perchè sarebbe stato il primo Natale senza sua madre. Rick si sentiva triste per lei, sul serio, e le aveva assicurato che avrebbe potuto tirarsi fuori da qualsiasi attività, ma le aveva anche ricordato che era il primo Natale di Emily e che—anche se non l’avrebbe ricordato—voleva renderlo speciale. Lentamente, ma inesorabilmente, Kate aveva cambiato idea e, nonostante lui sapesse che pensava spesso alla madre—soprattutto quando percepiva uno sguardo distante nei suoi occhi—aveva placato il suo desiderio di avere una foto di Emily insieme a Babbo Natale e di decorare gli alberi (sì, ovvio che ne avevano più di uno) tutti e quattro insieme.

Dato che Alexis si stava rimettendo da un’influenza e che volevano limitare i contatti con la bambina il più possibile, Martha si era offerta volontaria di passare la maggior parte del tempo con lei a creare decorazioni natalizie e visto che Rick sperava di scrivere un po’, era stato felice di accompagnarla a casa della nonna poco dopo l’ora di colazione. Si era preso un po’ di tempo prima di tornare a casa, godendosi l’aria frizzantina di Dicembre e a osservare felicemente le decorazioni festive; amava davvero lo spirito della festa.

Dopo alcuni sorsi di caffè, decise di mettersi a lavoro per paura di non poter poi giocare con le sue figurine di Babbo Natale. Prima, però, doveva togliersi la felpa; fuori la temperatura era molto bassa, ma il loft era caldo e confortevole, più che altro per la salute di Emily. Cominciò a togliersi la felpa dirigendosi verso la camera da letto senza pensarci una seconda volta. Dopo aver varcato la soglia, si fermò immediatamente scioccato dall’immagine che si ritrovò di fronte: Kate in piedi completamente nuda davanti allo specchio dell’armadio.

‘Io—ah—cazzo—cavolo! Scusa!’ balbettò, voltandosi velocemente.

Diamine—perché non aveva pensato di controllare dove fosse prima di entrare nella camera che ancora condividevano? Erano passati tre mesi senza alcuno strano incidente e adesso aveva eliminato il loro record in un colpo solo. Non era notevole il fatto che ce l’avessero fatta per così tanto tempo?

A causa dell’allattamento, Rick vedeva di sfuggita i seni di Kate almeno una volta al giorno da quando era nata Emily. Ogni volta faceva del suo meglio per non guardare più a lungo di quanto avrebbe dovuto; e ovviamente evitava anche di fissarla inebetito. Sì, c’era stata quella volta in cui lei aveva avuto paura che il condotto del latte si fosse otturato, così lui le aveva gentilmente retto uno specchio in modo che potesse controllare finché non gli aveva inavvertitamente schizzato un po’ di latte in faccia. Ma entrambi avevano trovato la situazione divertente. E a parte quell’altra volta in cui era entrata in bagno con lui dentro (il che era stata interamente colpa sua per non avere chiuso a chiave la porta!), non avevano avuto altri incidenti imbarazzanti.

Fino alla vigilia di Natale. Merda.

‘Va tutto bene, Rick.’

‘No—non va bene. Avrei dovuto…volevo solo…Mi dispiace.’

‘È tutto a posto.’ ripeté in tono più convincente. ‘Ho addosso l’accappatoio ora; puoi girarti. Non mi sembra di essere così orribile.’

‘Cos—n-no.’ balbettò di nuovo, stavolta aprendo gli occhi e ruotando il busto. Quando vide che aveva davvero indossato l’accappatoio grigio di spugna, si voltò interamente per guardarla. ‘Non sei orrenda; sei bellissima.’ Okay, non che avesse dato un’occhiata da vicino, ma era comunque riuscito a vedere i suoi seni sodi e la leggera curva della pancia e dei fianchi. Non c’erano più gli angoli taglienti delle anche sporgenti e le scapole esposte della loro prima—e unica—notte insieme, ma non gli importava; il suo corpo era più femminile e bello che mai.

A giudicare dalla sua risata ironica, Kate non era d’accordo. ‘Eccetto per le smagliature.’

‘Io non ne ho viste.’

‘…perché hai guardato per mezzo secondo.’

‘Allora fammi vedere di nuovo.’

Whoa—cosa? Quella frase era appena uscita dalla sua bocca? Le aveva chiesto di vederla nuda di nuovo? A giudicare dal sangue che stava scorrendo a sud del suo corpo: sì, lo aveva fatto.

Sostenne il suo sguardo per almeno trenta secondi prima di aprire l’accappatoio sul fianco destro e indicare la pelle in quel punto. Rick si avvicinò e abbassò lo sguardo, ma non vide niente di fuori dall’ordinario, così scosse la testa. ‘Non si vedono neanche.’

Kate aprì l’accappatoio per intero e indicò le sinuose e ondulate linee che sporgevano proprio sotto l’ombelico. ‘Queste sì.’

Erano più scure della pelle e Rick riuscì a vederle, ma non pensava che fossero poi così disgustose. ‘Probabilmente svaniranno, ma non ha importanza.’ Senza pensare, allungò una mano e posizionò le dita sulla punta delle smagliature. Kate sollevò lo sguardo mentre il suo pollice cominciava ad accarezzare delicatamente il fianco. ‘Hai fatto una cosa incredibile e questo è il risultato. Dovresti andarne fiera.’

‘Oh…’ Kate emise un piccolo, vago, gemito quando Rick le si posizionò dietro e la guidò davanti allo specchio. Sentendosi un po’ sfacciato dopo che non si era tirata indietro dal suo tocco,  le strinse il fianco sinistro con la mano e posò l'altra sul bacino finché le dita non si fermarono sotto il suo seno. La sentì trattenere il respiro e all’improvviso capì che lei lo voleva tanto quanto lui.

Era strano, sul serio. Undici settimane nello stesso letto e non aveva mai pensato a lei in senso intimo. A essere onesti, a causa della mancanza di sonno, non aveva più pensato a niente di intimo. Adesso, dopo tutto, mentre fissava i suoi occhi scuri allo specchio, si ricordò della notte in cui avevano concepito Emily.

Se Rick aveva detto di essere sorpreso quando Kate aveva cominciato a baciarlo, aveva mentito; era sbalordito. Non aveva mai pensato di baciarla. Perché avrebbe dovuto? Era una ragazzina e la babysitter di Alexis. Ma erano entrambi tristi, e lui anche un po’ brillo, e ovviamente pensava che lei fosse bellissima, anche se molto giovane. Ad ogni modo, lei lo aveva baciato eliminando qualsiasi sua possibilità di protesta, e ricambiare era sembrata improvvisamente la cosa più facile da fare, finché non si erano ritrovati mezzi nudi in camera da letto. Il mattino seguente non era pentito delle sue azioni; era stata una bella notte.

Mentre le accarezzava il seno con la mano sinistra, Rick abbassò la testa in modo da poggiare le labbra sul punto delicato dove il collo di Kate incontrava la sua spalla. La baciò lentamente e mordicchiò leggermente la pelle, la massaggiò con la lingua, e la baciò di nuovo. La ragazza si lasciò andare contro di lui con un gemito.

‘Hai accompagnato Alexis?’ chiese; poteva percepire il desiderio nel tono della sua voce.

‘Mmhmm.’

‘Emily sta dormendo.’

‘Ma davvero?’ chiese retoricamente. Era il momento perfetto. Mentre continuava a baciarla sul collo, Rick usò le mani per far scivolare l’accappatoio, lasciandola nuda ancora una volta. Quando la mano destra si posizionò di nuovo sul seno, la sinistra le circondò la vita, attirandola più vicino. Cominciò a spostarsi dal collo alla mandibola, raggiungendo quasi le labbra, quando lei lo fermò.

‘Aspetta io…’ Sembrava insicura, così fece un passo indietro staccandosi dal suo abbraccio. ‘Non so se dovremmo. Voglio dire, non credo sia la cosa giusta, non adesso che devo ricominciare l’università.’

Rick fece un respiro profondo dal naso; era difficile per lui pensare chiaramente con lei nuda davanti, ma credeva di capirla. Non pensava di avere il tempo per una relazione, ma andava bene così; neanche lui era sicuro di volerla, ma voleva lei. ‘Perciò, solo una storia di una notte? Lo faremo ogni Natale.’

Lei inarcò un sopracciglio. ‘Perché…è quello che vorrebbe Gesù?’

Lui sorrise mentre la afferrava per i fianchi, avvicinandola e facendola voltare per farla sedere sul materasso. ‘No, come regalo. Orgasmi a Natale.’ Prima di darle la possibilità di rispondere, Rick annullò la distanza tra di loro e le coprì la bocca con la sua. Lei non esitò a ricambiare, inarcandosi contro di lui mentre si aggrappava al suo collo e gli infilava la lingua in bocca. Dio, era incredibile.

Dopo alcuni secondi, le loro labbra si separarono e lei gli rivolse un piccolo sorriso provocante che gli fece scappare gemito. Quando allungò una mano per disfare il letto, si fermò e sussultò leggermente.

‘Oh, Rick—non ho ancora ricominciato con la pillola.’

‘Ho i preservativi.’ la rassicurò. ‘Emily non ha bisogno di un fratellino così presto.’

‘Oh Dio.’ grugnì e chiuse gli occhi. ‘Decisamente no.’

Le rivolse un sorriso e la fece di nuovo sdraiare sul materasso, raggiungendola un momento dopo. Continuando a baciarla, la sua mano scese lungo la pancia e s’infilò tra le sue gambe, ma quando la toccò lei lo spinse via esitante. ‘Che c’è?’

’È solo che…i dottori mi hanno dato il via libera settimane fa, lo so, ma hanno detto che la prima volta—‘

La interruppe con un casto bacio sulle labbra. ‘Non preoccuparti, Kate; ti prometto che starò attento.’ Dopo averle rivolto un sorriso rassicurante, cominciò a baciarla sul collo, sul petto e giù lungo tutto il corpo, volendo essere sicuro che sarebbe stata una giornata da ricordare.


Kate sentì Emily cominciare a piangere, ma non riuscì a muoversi. Era sdraiata a faccia in giù sul materasso, con un braccio disteso lungo il fianco e l’altro sopra la testa, sentendosi come disossata. Rick aveva decisamente compiuto la sua promessa di “Orgasmi a Natale”—più volte, in realtà.

Quando si era svegliata quella mattina non avrebbe mai pensato che la giornata avrebbe preso una piega simile. Dopo aver bevuto il suo caffè, aveva allattato e cambiato Emily, sedendosi poi sul pavimento per dedicarsi ai loro importanti “grattini sul pancino”. Dopo averla messa a letto per il riposino, aveva deciso di cambiarsi gli abiti per metterli nel cesto della lavanderia, ma il suo riflesso nello specchio l’aveva fatta fermare. Si era improvvisamente resa conto delle curve e delle smagliature finché Rick non era entrato e, con poche parole, l’aveva fatta sentire bellissima e desiderata.

Sdraiata sul letto mentre la portava all’orgasmo ancora e ancora, Kate capì improvvisamente perché le sue amiche fossero sempre entusiaste del fatto di uscire con uomini più grandi. Il ragazzo più “maturo” con cui era stata era solo di tre anni più grande; lei aveva diciotto anni e lui ventuno e a quel tempo lo trovava abbastanza grande. Storceva il naso alle amiche che uscivano con uomini di venticinque anni o poco più, ma adesso le capiva—le capiva davvero.

Riguardo al sesso e ai piccoli dettagli di un corpo femminile, i suoi quattro precedenti fidanzati ne erano del tutto all’oscuro—o non ci provavano nemmeno. Invece Rick sembrava entusiasta di procurarle piacere. In più, era divertente e facile stargli vicino. Quando aveva cominciato ad accarezzarle i seni e aveva finito per espellere un po’ di latte, si era sentita imbarazzata, ma lui aveva aveva fatto una battuta e aveva leccato via il latte per poi continuare a baciarla. L’aveva fatta rilassare e, come risultato, fatto godere il momento ancora di più.

Mentre il pianto di Emily persisteva, Rick le posò delicatamente una mano sulla schiena e lei borbottò, ‘Non riesco nemmeno a muovermi.’

‘Prego.’ scherzò. Poco dopo sentì il letto muoversi e lui alzarsi. Pensando che fosse l’unica cosa che potesse fare, Kate rotolò su un fianco, anche se con un grosso sforzo. Dio, sarebbe riuscita a stare di nuovo in piedi?

‘Qualcuno ha fame, mamma.’ disse Rick quando ritornò con la piccola.

Quando riaprì gli occhi lo vide fermo accanto al letto ancora nudo. Lasciò scappare una risata e allungò le braccia per prendere la bambina; grazie a Dio Emily riusciva a mangiare anche da sdraiata.

‘Hai bisogno di qualcosa?’

‘No; stiamo bene.’ mormorò Kate mentre metteva la bambina nella giusta posizione.

‘Okay, allora io vado a fare una doccia veloce.’

‘Rick.’ lo fermò prima che entrasse in bagno. ‘Grazie per, uhm, i regali.’ disse quando un leggero rossore si fece strada sulle sue guance.

Lo scrittore le fece l’occhiolino. ‘Non c’è di che.’


‘Oggi è stata una bella giornata, vero?’

Kate posò lo sguardo sull’uomo che era appena entrato in camera da letto. Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, si strinse nell’accappatoio e si sedette ai piedi del letto. ’Sarei un Grinch se dicessi che il Natale non è una bella festa, perciò è una domanda a trabocchetto.’ Dopo averle mostrato un’espressione implorante, lei continuò ‘No, è stato…è stato il meglio che avrei potuto avere senza i miei genitori qui.’

Lui annuì e le si sedette accanto. ‘Mi fa piacere. Sono felice che tuo padre abbia deciso di venire.’

Lei gli offrì un piccolo sorriso. ‘Anch’io.’ Jim aveva esitato—molto—ad aggiungersi al Natale della famiglia Castle, anche se Kate gli aveva assicurato che sarebbe stato più che benvenuto. Alla fine, il prospetto di trascorrere del tempo con Emily l’aveva convinto, ma sembrava che se la stesse passando bene. Kate era molto felice che fosse venuto—non solo perché significava che non avrebbe passato le feste da solo, ma anche perché avrebbe avuto un alleato quando le celebrazioni sarebbero diventate un po’…sopra le righe.

’So che ti preoccupi per lui. Non guardarmi così,’ intercettò il suo sguardo, le pupille si dilatarono, ‘vedevo la tua espressione ogni volta che mia madre si riempiva il bicchiere con il vino…o con lo zabaione. Non devi preoccuparti così tanto; sta andando bene.’

Kate incastrò il labbro inferiore tra i denti. L’aveva beccata al cento per cento. Aveva il terrore che suo padre ricadesse nel vortice, soprattutto da quando era sobrio da cinque mesi pieni. Jim aveva detto di stare bene e che stare intorno alle persone che bevevano alcool era parte del processo di riabilitazione. ‘Lo so. So che sta andando agli incontri, seguendo il programma e facendo tutto quello che deve fare.’

‘Ma sei comunque preoccupata. Lo capisco. Vedrai che andrà sempre meglio.’ Rick annuì.

‘Lo spero.’

Lo scrittore rimase in silenzio per qualche minuto finché un inaspettato sorriso non gli spuntò sul viso. ‘Mi è davvero piaciuto vederlo con Emily. È innamorato di lei.’

Kate sorrise. ‘Non lo siamo tutti?’ Ma sapeva che lui aveva ragione. Suo padre si era illuminato come se non avesse visto mai niente di più bello. Ogni volta che andavano a fargli visita, Jim non voleva mai rimetterla nella carrozzina e chiedeva sempre quando l’avrebbe rivista. Era davvero incantato.

‘Mi sembra giusto, ma lo è davvero.’

Ripensando a quel giorno quando Jim aveva insistito per nascondere Emily in mezzo a della carta da regalo e dei nastri per una cartolina post-natalizia, Kate avvertì dei brividi sotto la pelle. ‘Credo che lei lo abbia salvato.’ confessò a bassa voce. Quando Rick inarcò curioso un sopracciglio, lei continuò, ‘Io…non so cosa sarebbe successo—non so dove sarebbe adesso, sicuramente non qui—sobrio a parlare con noi—perché credo avrebbe impiegato molto di più a uscire da quel buco nero se non fosse stato per lei. Gli ha dato una ragione per disintossicarsi.’ Kate pensava spesso al momento nella camera da letto di suo padre, quando gli aveva rivelato della gravidanza e quando le cose avevano cominciato a cambiare. In quel periodo, era troppo esausta per credere che sarebbe davvero cambiato, eppure si era impegnato al meglio e non si era più guardato indietro.

‘Lo vedo. Forse sarei sfacciato se dicessi che ha salvato un po’ anche te.’

Kate prese un respiro profondo e voltò la testa nella sua direzione. ‘Che vuoi dire?’

Lui si avvicinò e posò una mano sulle sue. Non sapeva se accettarla, ma decise di non muoversi per aspettare la sua spiegazione.

’Hai idea di quanto eri triste quando ci siamo rincontrati? Sorridevi appena, non ridevi mai. Eri una persona del tutto diversa da quella che faceva da babysitter ad Alexis. So il motivo—o almeno credo di saperlo—ma mi fa piacere vedere che non è più così. Sorridi e ridi insieme a noi; sembri felice.’

Cavolo, sembrava che lo scrittore ci avesse preso due volte quella sera. ’Sono felice e…hai ragione. Tra mia madre e mio padre non ce la facevo più; faceva troppo male. Non volevo più amare nessun altro, ma poi…’ la voce le si affievolì quando abbassò lo sguardo sulla bambina addormentata nella culla. ‘Sarebbe stato impossibile non amarla.’

‘Assolutamente impossibile.’

‘E Alexis…e te e tua madre.’ continuò Kate, non volendo lasciare fuori nessuno, perché voleva bene a tutti come una famiglia.

‘Wow non impazzire troppo adesso—mia madre sarebbe su di giri.’ scherzò Rick.

La ragazza sorrise dolcemente, ma poi inarcò un sopracciglio quando ripensò alla promessa che aveva fatto a se stessa quell’estate: non amare più nessuno per evitare di essere ferita. Rick aveva ragione; Emily l’aveva salvata da quel destino. Amava la sua bambina e sapeva che prima o poi si sarebbe innamorata di nuovo nella vita, ma ci sarebbe voluto del tempo—e l’uomo giusto.

‘Io…non credo di essere ancora pronta ad innamorarmi di qualcuno e, probabilmente, non lo sarò per un po’. Ma sono felice. E non…vedo l’ora che sia il prossimo Natale quando Emily potrà capire come scartare i regali. Almeno un po’.’ aggiunse storcendo il naso.

Rick annuì. ’Sì, non avvertono lo spirito del Natale fino ai tre anni, ma aprire i regali? Strappare la carta sarà divertente l’anno prossimo.’

Kate sorrise. ‘Non vedo l’ora.’

Alzandosi dal letto, Rick aprì le braccia e scosse la testa. ‘Abbraccio natalizio?’ Quando lei non si mosse, lui la incoraggiò, ‘Andiamo, coccole gratis, niente legami.’

Nonostante non volesse incoraggiare niente di troppo intimo dopo la loro notte insieme, Kate si alzò e accettò il suo abbraccio. Posizionò la testa sotto il suo mento e si appoggiò contro di lui, godendosi, anche se per poco, la forza delle sue braccia intorno alle spalle. ‘Grazie Rick.’

La strinse dolcemente. ‘Quando vuoi, Kate.’











Angolo:
Grazie mille a tutti per continuare a leggere e commentare, e scusate (di nuovo) se non riesco a rispondere.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Ci vediamo presto! <3
Link originale:https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


‘Grazie mille, papà.’ disse Kate una volta entrata nell’appartamento di suo padre spingendo la carrozzina con la mano destra mentre teneva la borsa dei pannolini nella spalla e uno zaino nella mano sinistra. ’Ti ringrazio moltissimo—gli esami mi stanno davvero rompendo il tu sai cosa.’ concluse Kate con la sua perfetta frase non volgare. Negli ultimi mesi lei e Rick avevano fatto del loro meglio per non imprecare vicino a Emily. Anche se aveva ancora pochi mesi, non volevano che la sua prima parola fosse una di cinque lettere.

Jim prese la carrozzina e la guidò in soggiorno per posarla vicino al tavolino e cominciare a fare il solletico sul pancino della bambina; Emily ridacchiò e gli rivolse un gran sorriso appiccicoso. ’Sai che non ci sono problemi, tesoro. Non ho mai problemi a passare del tempo con la mia nipotina preferita.’

Kate annuì; lo sapeva benissimo dato che si offriva spesso volontario per badare a lei le sere in cui doveva studiare o fare i compiti. Ma lei accettava raramente. Voleva passare più tempo possibile con Emily e per questo rimandava i compiti a quando si sarebbe addormentata, anche se significava studiare fino a notte fonda. ’Sì, lo so, papà. Comunque, uhm, qui ci sono dei pannolini, un cambio di vestiti e un biberon nel caso si agitasse troppo.’

Dopo avergli passato la borsa dei pannolini, Kate si sistemò lo zaino sulle spalle. Per qualche straordinario miracolo stava ancora allattando Emily, anche se non direttamente. Sapendo che sarebbe stato meglio per la piccola, Kate voleva assolutamente allattarla per i primi sei mesi, ma tra le scuola e i vari corsi non le era sempre possibile, perciò doveva usare il tiralatte e conservarlo per le occasioni come quella. Per lo più, il supplemento veniva usato quelle poche notti a settimana in cui Rick era responsabile della poppata delle due.

Il primo dell’anno, Kate e Emily si erano trasferite al secondo piano nelle loro rispettive camere (e, nel caso di Emily, appena rinnovata). Essendo in piani diversi, Rick non partecipava più tanto quando Emily si svegliava affamata dopo essersi addormentata. Nonostante ci fosse rimasto male all’inizio e avesse continuato volontariamente ad aiutarla, Kate gli aveva assicurato che era la cosa giusta fare; era la fase successiva della loro vita. Certo, dopo aver ricominciato l’università e aver capito quanto fosse esausta tra i compiti e la bambina, aveva accettato l’aiuto di Rick, ma provando comunque a non approfittare della sua generosità.

‘E non preoccuparti per l’università,’ disse Jim dopo aver preso la borsa dei pannolini e averla poggiata sul pavimento, vicino al tavolino. ‘Devi ancora riabituarti.’

’Sono passate sette settimane.’

‘Ma sei stata in pausa per quasi nove mesi.’

Kate annuì. Nonostante fosse tecnicamente vero, non aveva nemmeno passato quei nove mesi sdraiata su una spiaggia dei Caraibi. Aveva seguito le lezioni estive—in più mentre era incinta, lavorava e si prendeva cura di Emily ventiquattro ore su ventiquattro. Il che, secondo suo padre, non era esattamente entusiasmante dal punto vista psicologico—non come tutte le lezioni che avrebbe dovuto seguire per prendere la laurea in diritto penale. ‘Comunque, ti ringrazio. Rick ha detto che verrà a prenderla dopo la riunione, perciò verso le cinque e mezza.’

Prima che Kate potesse fare un altro passo verso la porta, suo padre disse ‘Rick. Come sta Rick?’

Kate resistette all’impulso di grugnire, sapendo che stava usando quel tono—lo stesso che usava sempre quando le parlava del padre di Emily. Sapendo che avrebbe significato l’inizio di una conversazione per cui non era preparata, provò a dare una risposta disinvolta. ‘Bene…è impegnato a lavorare al suo prossimo libro mentre si prende cura di qualcuno che richiede continuamente la sua attenzione.’

Suo padre annuì e prese Emily dalla carrozzina. Posizionandola su un fianco, seguì la figlia verso la porta. ‘E voi non siete ancora…’

Il tono di Kate divenne impaziente. ‘Papà, ne abbiamo già parlato…’ In effetti, ne avevano parlato talmente tante volte che aveva pure perso il conto.

Jim scosse la testa e la guardò. ‘Lo so, lo so, ma non credi che Emily vorrebbe che i suoi genitori stessero insieme?’

Ah, stavolta aveva puntato sul senso di colpa. Non abboccando, Kate incrociò le braccia al petto. ’Sicuro e in un mondo ideale lo saremmo ma…non succederà, per ora. Rick e io siamo in fasi diverse delle nostre vite; non avrebbe senso—o non funzionerebbe, probabilmente.’ spiegò per la ventesima volta.

‘Ma vivete insieme e sembra che ti importi di lui, almeno un po’.’

‘Certo che m’importa di lui. È il padre di Emily—terrò sempre a lui.’

‘Anche lui tiene a te, almeno da quello che ho visto.’

Kate avvertì un formicolio sulla nuca al ricordo di come Rick si fosse “occupato” di lei durante la vigilia di Natale, ma ovviamente questo suo padre non lo sapeva—non che dovesse saperlo. Era stata solo una cosa di una notte che entrambi avrebbero ricordato con affetto, ma ciò non significava necessariamente che avrebbero iniziato una relazione—o che una ipotetica relazione sarebbe stata il loro primo pensiero. Ad ogni modo, era stata una bella serata e non provava vergogna ad ammettere di ripensarci ogni tanto.

‘Non sto dicendo di essere contraria all’idea, ma non è nei piani al momento. E, chi lo sa? Probabilmente lui troverà qualcun’altra mentre io sarò impegnata all’università e poi…’ Kate si schiarì la voce ed eliminò dalla mente l’immagine di un Rick sorridente con una bionda qualsiasi. ‘Beh, comunque, devo andare in biblioteca. Grazie di nuovo papà! Ciao Em!’ Senza pensarci due volte s’inclinò, baciò la figlia sulla testa e uscì dalla porta.


Due giorni dopo, un sabato pomeriggio, Kate era seduta sul divano a ripiegare la biancheria mentre Emily era sdraiata sul suo tappetino a qualche metro di distanza mostrando un enorme interesse per le sue dita dei piedi, balbettando e sbavando su di essi. Dopo aver passato la maggior parte della settimana a memorizzare il linguaggio tecnico legale, apprezzava la semplicità di ripiegare le magliette e i boxer di Rick. (Come parte del loro accordo di convivenza, si erano divisi i compiti: lei avrebbe fatto il bucato se lui avesse pulito tutti i bagni.) Anche se in alcuni momenti si pentiva della decisione di aver continuato un corso così impegnativo, con tutti gli esami e i compiti che le venivano assegnati, aveva fiducia nella scelta che aveva fatto.

Rinunciare al suo sogno di diventare avvocato—cosa di cui entrambi i suoi genitori erano entusiasti— era stato difficile per Kate, ma alla luce dell’omicidio di sua madre—un caso rimasto irrisolto—sentiva che il suo cuore non apparteneva più a quel destino. Non voleva essere un’altra familiare della vittima per sentirsi come si sentivano lei e suo padre: confusa e senza una degna chiusura. Perciò, poco dopo Natale, aveva annunciato di voler completare il corso di Giustizia Criminale per poi entrare all’accademia di polizia.

In un primo momento suo padre era rimasto sorpreso, ma pochi giorni dopo aveva cominciato a mostrare la sua preoccupazione. Essere una poliziotta significava essere esposta a numerosi rischi. Era sicuramente più pericoloso che fare l’avvocato e, come lui le aveva ricordato, era anche una mamma. Kate l’aveva apprezzato, ma alla fine era riuscita a tranquillizzarlo. Stava immaginando lo scenario peggiore e, anche se era una cosa con cui avevano già avuto familiarità, non era sicuro che fosse la realtà. Invece, aveva scelto di concentrarsi sulle cose buone: su quanto avrebbe aiutato le persone. Alla fine, era riuscita a guadagnarsi il supporto di suo padre e di Rick, anche se quest’ultimo era sempre stato entusiasta della sua decisione.

Certo, il sogno di diventare membro del corpo di polizia sarebbe stato ancora molto lontano. Doveva prima rimettersi in pari con lo studio ed essere sicura di avere abbastanza crediti per laurearsi in due anni. Poi, avrebbe pensato all’accademia e a quello che sarebbe arrivato in seguito.

Dopo aver posato sul letto di Rick la biancheria pulita da sistemare, Kate uscì dalla camera da letto quando sentì ‘Ohh piedini? Sono anche il mio snack preferito.’ e alzò gli occhi al cielo di fronte all’immagine dello scrittore inginocchiato che faceva finta di mordicchiare i piedi della bambina mentre lei gli sorrideva e gli poggiava le mani sul viso.

‘La passeggiata ti ha ispirato?’ gli chiese. Aveva portato Alexis a giocare da una compagna di classe e le aveva detto che al ritorno avrebbe fatto una passeggiata per trovare un po’ d’ispirazione o qualcosa che lo aiutasse con il suo blocco.

Posò un bacio sulla pianta del piede di Emily e si alzò in piedi. ‘Eh. Non proprio. Magari mi verrà qualcosa dopo.’

Mentre Rick si dirigeva in cucina, Kate tornò al secondo round di biancheria da sistemare: quella di Emily. Per qualche strano motivo, piegare magliette, pantaloni e tutine non le pesava. Riusciva a sorridere di fronte a ogni piccolo pezzo di stoffa e a meravigliarsi di quanto fosse cresciuta la sua piccola in cinque mesi. Sì, oscillava ancora tra il sessanta per cento di peso e altezza, ma stava crescendo bene, perciò né loro né i dottori erano preoccupati.

‘Cosa…cos’è questo?’

‘Hmm?’ chiese Kate, voltando la testa verso la cucina. Rick si trovava vicino al bancone, con un volantino stretto in mano. Lo sollevò per mostrarglielo e lesse l’intestazione.

‘Semestre a Kiev?’

Kate annuì e fece spallucce. ‘Oh sì, ho preso alcune cose ieri dopo aver consegnato il compito.’

Con il volantino ancora tra le mani, Rick si avvicinò allo schienale del divano. ‘Vuoi andare in Ucraina?’

Lei sollevò le spalle. ‘Non necessariamente lì, ma ho sempre pensato di studiare all’estero. Non ne sono ancora sicura, comunque. Ho solo preso il volantino da una bacheca, ma non gli ho dato molta importanza. Sarà fino alla prossima primavera quindi ho ancora tempo, ma—‘

‘Dovresti andarci.’

Il tono tagliente di Rick prese Kate alla sprovvista, la quale rimase imbambolata con un paio di leggins da bambina in mano. Vide Rick posare di nuovo il volantino sul bancone e poi dirigersi vicino il tappetino dove Emily era ancora sdraiata. ‘Non preoccuparti per Em; saremo qui quando tornerai.’

‘Rick,’ cominciò Kate esitante, ma lui prese in braccio la bambina e la poggiò sul fianco. Lei cominciò ad agitarsi, ma lui la ignorò.

’No, sul serio—fa’ l’esperienza se è quello che vuoi. A Kiev, in Spagna o in Africa—ovunque tu voglia andare.’ Con ciò, portò Emily con sé nel suo ufficio e sparì dietro gli scaffali della libreria.

La mano di Kate ricadde pesantemente sul suo grembo mentre ripensava alla scena a cui aveva appena assistito. Rick stava reagendo come se lei avesse già deciso di andare—il che non era proprio il caso. Ci stava ancora pensando, valutando i pro e contro e pensando a cosa avrebbe significato per la sua vita un semestre all’estero. Non avrebbe mai fatto le valigie per andarsene senza—

Oh.

Un pensiero la colpì in pieno quando realizzò il motivo. Rick, l’uomo che aveva visto la madre della sua prima figlia fare le valigie e andare via senza guardarsi indietro, aveva chiaramente paura che la storia si sarebbe ripetuta; aveva paura che anche la madre della sua seconda figlia avrebbe fatto le valigie e l’avrebbe lasciato a raccogliere i pezzi, a spiegare alla loro bambina perché la mamma non sarebbe stata lì a rimboccarle le coperte o perché non la chiamasse per dirle ciao solo perché era lunedì.

Kate si sentì come travolta da un’onda—una marea che le bagnava momentaneamente i piedi per poi arrivare fin sopra la testa. In quel momento, anche se nel suo nuovo stato di maternità, Kate si sentì come se stesse camminando in equilibrio su una corda tra i giorni spensierati della giovinezza e la piena responsabilità di essere un’adulta.

In classe non si sentiva molto diversa dagli altri compagni e c’erano giorni in cui le piaceva fare finta di non esserlo davvero. Le piaceva fare finta di essere priva di responsabilità per andare insieme a loro alle feste o agli incontri di poesia del venerdì sera, ma non poteva. Doveva tornare a casa per mettere a letto sua figlia e restarle vicina nel caso si spaventasse o le venisse fame.

Più di una volta, quel semestre, dei compagni di corso o dei nuovi amici l’avevano invitata a uscire e lei era stata costretta a rifiutare. All’inizio provava un po’ di dispiacere, ma mai risentimento. Uno sguardo agli occhi scuri di Emily le dava la certezza che la maternità non era una cosa che aveva scelto volontariamente, ma una cosa a cui non avrebbe mai rinunciato per nulla al mondo.

Seduta sul divano dell’appartamento di Rick, Kate capì una volta per tutte che i suoi giorni da ragazza spensierata erano finiti. Era adulta; doveva prendere decisioni adulte. Le decisioni adulte non potevano essere prese solo tenendo conto dei suoi desideri, ma dovevano basarsi sulle necessità delle persone che dipendevano da lei—come sua figlia.

Non studiare all’estero sarebbe stato deludente. Sarebbe stata un’esperienza di vita e culturale che le sarebbe mancata, ma non doveva lasciar scappare via la sua vita. Sapeva che una cosa le sarebbe sicuramente mancata: stare sedici settimane senza tenere, baciare o coccolare la sua bambina. Il suo cuore perse un battito al solo pensiero. Dio, certe volte era persino difficile seguire due lezioni consecutive senza vedere Emily. Tutte quelle settimane le avrebbero spezzato il cuore!

E poi c’era Rick. Come poteva chiedergli di occuparsi da solo della bambina per quattro mesi? Aveva scelto di mantenere i suoi diritti genitoriali su Emily, di non rinunciarci, quindi doveva essere presente per sua figlia; era il suo obbligo di madre, e quello veniva prima di qualsiasi suo desiderio.

Alzandosi dal divano, Kate s’incamminò verso lo studio di Rick, in modo da mettere le cose in chiaro. Lo trovò con Emily ancora in braccio mentre con la mano destra cercava qualcosa sul fondo del cassetto della scrivania. ‘Non sono lei, lo sai.’

Rick non la guardò nemmeno. ‘Scusami?’

‘Meredith; non sono Meredith.’


Rick sentì improvvisamente il viso prendere fuoco per il senso di colpa. ‘Io—oh, Dio—no, non volevo insinuare che tu lo fossi.’ Era pienamente consapevole delle differenze tra Kate e Meredith—e ne era grato. In pochi mesi Kate aveva dimostrato almeno una dozzina di volte di essere più amorevole, affettuosa, attenta e concentrata su sua figlia di quanto lo fosse Meredith. Erano lontane anni luce.

Kate scosse la testa ed entrò nella stanza. ‘Lo so, volevo solo che lo sapessi. Non sono come lei. Non lascerò Emily per vederla solo due volte l’anno; non potrei.’

Rick deglutì sonoramente e sistemò Emily sul fianco. ‘Questo lo so.’ Lo sapeva—sapeva che Kate non era inaffidabile, anche se parte di lui aveva paura che potesse andare via da un momento all’altro. Era così giovane—ancora all’università. Un semestre all’estero non era proprio la sua paura, ma ci andava incredibilmente vicino. Se lo avesse fatto, sapeva che avrebbe fatto l’impossibile per provare a mettersi in contatto con loro, ma stando letteralmente in un paese diverso i collegamenti sarebbero stati limitati. Aveva anche paura, per quanto irrazionale, che un giorno non molto lontano avrebbe trovato un uomo con cui iniziare una nuova famiglia—una famiglia al completo—e lui sarebbe rimasto solo con due bellissime bambine senza una madre.

Kate raggiunse Rick alla scrivania e passò un dito tra i capelli scuri di Emily. La bambina allungò le mani alla ricerca della madre e Kate incastrò il pollice tra le sue dita. La agitò leggermente e s’inclinò per baciarle la mano. Poi guardò di nuovo Rick e disse ‘Non so come abbia fatto Meredith. Solo il pensiero di passare una notte lontana da lei mi fa stare male. Non la lascerei né per la California…né per Kiev.’

‘Ma se è quello che vuoi…’

‘Quello che voglio è essere qui per mia figlia e darle quello di cui ha bisogno. È la cosa più importante per me. Ha bisogno di me qui; potrò visitare Kiev un’altra volta.’

Rick deglutì mentre lei sosteneva il suo sguardo. Gli occhi erano fermi e la sua voce forte e chiara; credeva davvero in quello diceva, ma aveva ancora paura che si sarebbe pentita di non essere partita e, grazie alla sua ex moglie, sapeva benissimo la negatività che comportava il rimorso. ‘Potresti sempre andarci per una settimana o due—tra un semestre e l’altro.’

Lei accennò un sorriso. ‘Stai cercando di liberarti di me?’

Lui rilasciò un lungo sospiro. ‘Ah, no—no era solo per dire. E, uhm, aspetta un secondo.’ Le passò velocemente la bambina in modo da poter usare entrambe le mani per rovistare nel cassetto di prima. Quando trovò le due buste sotto altri fogli di carta e fazzoletti usati, le prese e gliele porse.

‘Cosa sono?’ chiese Kate, rivoltando le buste nella mano.

‘Conti bancari—per te e per Emily. Puoi usare i soldi per andare a Kiev o dove vuoi.’

Kate strappò la linguetta di una delle buste, prese il foglio conservato all’interno e le pupille le si allargarono a dismisura. Era stato generoso—anche troppo forse—ma quel semestre non stava lavorando soprattutto per sua richiesta; voleva che Emily passasse più tempo possibile con la madre prima che compiesse un anno come gli altri importanti anni formativi.

‘Rick, io…non so nemmeno cosa dire. Sono senza parole.’

Lui sollevò le spalle. ‘Non preoccuparti.’

Lei lo guardò, con gli occhi ancora spalancati. ’No io…non posso accettarlo. Emily è una cosa—è tua—ma io? Non è giusto.’

‘Certo che lo è. Volevo, ehm, dartelo a Natale, ma poi mi è sembrato un po’ ridicolo.’ Ovviamente, a giudicare dalla sua espressione scioccata. ‘Pensavo solo, sai, che non stai lavorando, ma ti stai prendendo cura di Emily, quindi—‘

‘Quindi cosa? Sto ancora facendo da babysitter?’ ribatté.

‘Cos—no!’ rispose lui immediatamente, il che era difficile considerando quanto si fosse spinto in là. ‘Dio, no Kate. Io…cazzo-‘

‘Linguaggio!’

‘Scusa! Cavolo, aspetta.’

Posò delicatamente la bambina nel box all’angolo del suo ufficio e afferrò Kate per il gomito, guidandola di nuovo in salotto nel caso imprecasse di nuovo. Poi, dopo un profondo respiro, provò a spiegare. ’Non volevo offenderti, davvero. Volevo solo fare qualcosa di carino per te; te lo meriti e, siamo onesti—ho i più soldi di quanti me ne servano.’

Il suo tentativo di fare una battuta fallì quando lei scosse la testa, porgendogli di nuovo la busta. ‘Non posso accettare questi soldi. Mi stai facendo vivere gratis in casa tua ed è già tanto.’

Riprese in mano le buste, anche se riluttante. ‘Kate, sei la madre di mia figlia; non ti farò pagare l’affitto.’

‘Ad ogni modo, è uhm, più generoso di quanto sia necessario, quindi non posso accettare. Infatti, uhm, comincerò a cercare un lavoro per l’estate. Allora avrò finito di allattare, perciò sarà più facile per tutti badare a Emily e—‘

‘No, Dio no.’ Rick fece un passo indietro e si passò una mano tra i capelli. Dio, quella giornata aveva preso una piega che non si aspettava. Voleva solo scrivere un po’, ma adesso Kate era sull’orlo delle lacrime per colpa sua. ‘Kate, ascolta, ti prego—non voglio che tu lo faccia. Emily è ancora piccola e ti adora. Ha bisogno di te. Non ti senti a tuo agio prendendo i soldi? Va bene; non prenderli, ma così entriamo in un vicolo cieco, perché tu hai bisogno di soldi, ovviamente, ma non vuoi assumere qualcuno che badi a lei in modo che tu possa andare a lavoro. Se è per un tirocinio, per qualcosa che ti aiuterà nella carriera è un conto, ma fare la cameriera? O la commessa? Mi dispiace ma non lo accetto.’

Kate si asciugò una lacrima. ‘Non è che non voglio prendermi cura di Emily—lo voglio. Voglio essere presente sempre, ma non è realistico. Prima o poi dovrò trovare un lavoro, che sia come commessa o poliziotta.’

Rick scosse la mano. ‘No, questo lo capisco, e affronteremo questo discorso quando arriverà il momento, ma io sto parlando di adesso—questa primavera e quest’estate—prima che Emily compia un anno.’

‘Quindi…cosa proponi?’

‘Una collaborazione.’ disse. Lei sbatté le palpebre e un’altra lacrima le scivolò dall’occhio. Il suo cuore perse un battito; odiava renderla triste, ma voleva provare a rimediare a ciò che aveva fatto. ‘Prima che Emily nascesse, avevamo deciso di fare insieme i genitori, e voglio che sia ancora così. È vero, non siamo genitori nel vero significato del termine perché non siamo una coppia, ma questo non vuol dire che non possiamo comportarci come tali. Se fossimo una coppia, non mi aspetterei che scegliessi un lavoro saltuario per comprare i libri o il caffè tra una lezione e l’altra o mentre sei in biblioteca. Se vuoi stare qui per Emily, allora fallo, e io mi occuperò di tutto il resto.’

‘Solo…’ cominciò Kate. ‘Non voglio sentirmi come un’impiegata.’

Il suo commento lo ferì in un punto dov’era sicuro che avrebbe fatto male. ‘Kate—ti ho mai fatta sentire così?’

‘No.’

‘E allora perché dovrebbe cambiare adesso?’ Lei fece spallucce, così lui continuò. ‘Tu hai qualche suggerimento? Cosa vuoi fare?’

Posizionò le mani di fronte a sé e lo guardò con lo sguardo assente. ‘Non lo so. Sento che questa era la conversazione che sapevo sarebbe arrivata e che temevo perché non ero sicura di cosa dire. La verità è che non so cosa voglio. Cioè, non ho mai visto la mia vita fare una svolta così. Non che non ne sia contenta, è solo che…è strano. Non so quali siano le regole. Tipo, quanto tempo resterò nella tua camera degli ospiti? E io ed Emily riusciremo mai a vivere per conto nostro? Tu e io avremo la custodia condivisa quando la terremo una settimana ciascuno?’

Rick alzò una mano. ‘Credo che tu stia pensando troppo velocemente, Kate.’

‘Davvero? chiese. ‘Quanto credi che durerà questa sistemazione?’

‘Onestamente? Non ci ho pensato.’ Era vero, non l’aveva fatto. Emily era ancora molto piccola e il pensiero di vivere separati era incomprensibile, per non dire poco pratico. Li vedeva ancora a vivere insieme quando Emily avrebbe avuto l’età di Alexis o sarebbe diventata più grande? Beh, forse no, ma ci sarebbero voluti altri dieci anni, se non di più. ‘Ma non stiamo parlando di anni ancora molto lontani, Kate? Non avresti vissuto da sola neanche all’università. Voglio dire, non saresti rimasta con tuo padre, ma avresti avuto delle coinquiline, giusto?’

Lei sollevò le spalle. ’Sì, credo.’

Lui sorrise. ‘Perfetto. Allora pensa a me e Alexis come tuoi coinquilini. Condividiamo gli spazi comuni come la cucina e il salotto, le faccende e abbiamo tutti camere separate; è perfetto.’

Lei lo guardò ancora scettica, così lui continuò. ‘La cosa più importante è essere tutti qui per Emily.’

Kate si avvicinò al divano e si sedette. ’Certo, sì. Cioè, è un po’ strano ma okay. Almeno per i prossimi due anni.’

‘Perfetto!’ sorrise.

Lo guardò per qualche secondo, con uno sguardo vuoto, prima di stringere le labbra e aggrottare la fronte. Lui inarcò un sopracciglio e lei disse ‘Che ne dici di un prestito?’

‘Cosa?’

‘Un prestito.’ ripeté, con voce più chiara. ‘Potrebbe essere la soluzione migliore per noi. Hai ragione—devo ancora fare spese che potrei ricoprire con un lavoro da cameriera o da commessa, ma devo anche comprare le cose per Emily e tu non sarai sempre con noi, perciò che ne dici di un prestito? Io terrò il conto di tutti i soldi che spenderò in questi anni e quando avrò un lavoro ti ripagherò tutte le mie spese e metà delle sue. Può funzionare?’

‘Assolutamente.’ disse, porgendole di nuovo le buste. Lei le prese ringraziandolo gentilmente. Dopo un momento aggiunse. ‘Dimmi di nuovo come siamo arrivati a questo punto?’

Voleva fare una battuta, ma diventò piuttosto serio quando Kate rispose fiaccamente ‘Pensavi che volessi passare un semestre a Kiev.’

‘Oh. Giusto. Quello.’ Rick le si sedette accanto. ‘Puoi ancora viaggiare, sai. Sei ancora giovane.’

Lei lo guardò con la coda dell’occhio. ‘Perché tu sei vecchio.’

‘Compirò trent’anni il mese prossimo.’

’Ti regalerò un bastone.’

‘Grazie.’ sorrise.

Gettò un’occhiata alle buste, rigirandole tra le mani prima di dire ‘Scusa se mi sono arrabbiata prima. So che non volevi offendermi e che è stato dolce da parte tua, ma non posso accettare i soldi senza farti avere la certezza che te li ridarò.’

Lui annuì, sapendo che non gli importava assolutamente del fatto che lo ripagasse. Tutto quello che importava era la sua felicità e, per quanto lo riguardava, avrebbe potuto usare comunque i soldi per ciò che avrebbe ritenuto opportuno. ‘Va bene.’

‘Quindi, uhm, siamo partner?’ sollevò lo sguardo, speranzosa.

Rick allungò un braccio e posò una mano sul sua spalla. ’Sì, Kate—partner. Sempre.’

 

Fine prima parte











Angolo:
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire la storia e a commentare, soprattutto ora che siamo arrivati al primo traguardo.
Fatemi sapere cosa ne pensate. A presto!
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Seconda parte
 

‘Eccola qui—Agente Kate Beckett! Aspetta, ferma; fammi fare una foto!’

‘Papà.’ grugnì Kate, abbassando la testa quando arrossì. ‘Basta.’

‘Andiamo, Katie—fammi vivere un momento da padre orgoglioso.’ Jim sollevò la macchina fotografica e la implorò di fargli un sorriso, così Kate si arrese controvoglia e posò per lui, rivolgendogli un sorriso mentre sorreggeva il diploma vicino al petto. Un momento dopo, la sua posa statuaria venne interrotta da un piccolo essere che sfrecciò verso di lei e che si aggrappò alla sua gamba.

‘Mamma! Mamma!’

Con un sorriso, Kate abbassò lo sguardo sulla piccola bambina dai capelli castani, che ricambiò il suo sguardo con un’espressione altrettanto gioiosa. Si chinò e passò le mani tra le trecce morbide della bambina, ormai quasi del tutto disfatte dopo il duro lavoro della sorella maggiore. ‘Ciao, Emily. Sei scappata da papà?’

‘No.’ rispose la bambina prima di abbracciare di nuovo la gamba di Kate.

Un momento dopo, il resto della famiglia raggiunse il corridoio dell’auditorio: un uomo alto dai capelli castani, seguito da due donne dai capelli rossi di statura molto più bassa. Kate li salutò con un sorriso e li ringraziò per essere venuti a vederla alla cerimonia di diploma all’accademia di polizia.       

‘Come se avessimo potuto essere da qualche altra parte.’ rispose semplicemente Rick, allungando un braccio per accarezzarle una spalla.

Kate non poteva assolutamente mettere in discussione la sua affermazione. Nei tre anni precedenti non aveva fatto altro che supportarla e incoraggiarla durante i corsi universitari e durante il suo tempo all’accademia di polizia. Non poteva nemmeno esprimere quanto fosse grata di averlo accanto, a sostenerla come amico e per aver fatto parte della sua vita oltre ogni significato possibile.

Senza ombra di dubbio, gli ultimi tre anni della sua vita erano stati pieni di momenti belli e brutti. Dalla perdita improvvisa della madre allo scoprire di essere incinta, dopo quella che avrebbe dovuto solo essere una notte e via. Dalla convinzione di lasciare che un’altra famiglia adottasse la sua bambina al cambiare totalmente idea e decidere di crescerla insieme all’uomo che credeva di non rivedere mai più. Dalle poppate in piena notte ai bagnetti pieni delle risate gioiose di sua figlia. Dai viaggi terrificanti al pronto soccorso con una bambina febbricitante infagottata alle coccole serali e alla gioia delle sue prime parole e dei suoi primi passi.

Ogni tappa era stata condivisa con l’uomo che Kate orgogliosamente chiamava amico. La loro relazione era sfociata in qualcos’altro? Beh, c’erano giorni in cui poteva definirla complicata, ma l’amicizia sarebbe sempre stata presente ed era stata proprio quell’amicizia ad aiutarla a superare quei momenti in cui era convinta di non poter scrivere un altro saggio, o studiare per un altro esame, o memorizzare un altro pezzo del codice penale.

‘Siamo tutti orgogliosi di te, cara. E devo dire che quest’uniforme ti sta a pennello.’ commentò Martha riguardo alla nuova divisa blu della ragazza.

Kate fece un cenno con la testa. ‘Grazie, Martha.’

‘In braccio, mamma!’ disse Emily, sollevandosi in punta di piedi e allungando le braccia.

‘Come si dice, Emily?’ chiese Kate.

‘In braccio per favore, mamma!’

Annuendo alla richiesta più educata, Kate porse il diploma a suo padre prima di chinarsi e prendere in braccio la bambina. La strinse forte e posò due baci sulla sua guancia, stentando a credere che la cerimonia del diploma fosse avvenuta proprio il giorno prima del suo terzo compleanno. Rispetto al grande schema dell’universo, tre anni non sembravano poi così tanti, ma per loro i cambiamenti erano stati incredibili.

Chiudendo gli occhi riusciva ancora a ricordare vivamente il momento in cui le era stata messa tra le braccia e l’amore che aveva provato in quell'istante. In tre anni, quell’amore era solo diventato più forte con Emily che cresceva per diventare una bambina solare e curiosa, se non birichina, che aveva ereditato eguali caratteristiche da entrambi i genitori. I capelli castani e il naso li aveva presi dalla madre, ma il sorriso era tutto di Rick. La tendenza ad infastidire la sorella e di mettersi nei pasticci l’aveva sicuramente ereditata dal padre, ma la testardaggine che aveva cominciato a mostrare era sicuramente opera di sua madre. Sembrava che l’unica cosa che non avesse ereditato da entrambi fosse la statura, perché—almeno in quel momento—era molto più bassa della norma.

‘Sei orgogliosa della mamma, vero Emily?’ chiese Rick.

Emily annuì e allungò una mano per toccare il bordo del cappello della madre. Kate l’aiutò a prenderlo e a posizionarlo sulla sua testa, essendo troppo grande per le sue piccole mani. Essendo anche la testa molto piccola, il cappello le scivolò in mezzo agli occhi, ma questo non la fermò dal spostare la testa all’indietro, guardare la famiglia intorno a lei per esclamare ‘Il mio cappello.’

Tutti risero. Martha fece un passo avanti e posò una mano sui suoi leggins marroni esclamando ‘Ma tesoro, non si abbina con il tuo outfit.’

’Sì invece.’ replicò Emily e il gruppo rise di nuovo.

‘Andiamo a mangiare adesso?’ chiese Alexis dandosi delle pacche sulla pancia con entrambe le mani. ‘Sto morendo di fame.’

’Certo tesoro. Dobbiamo solo—‘

‘Devo fare pipì!’ lo interruppe Emily, cominciando ad agitarsi tra le braccia della madre.

‘—trovare un bagno prima.’ concluse Rick con un sorriso.

Alexis roteò gli occhi. ‘Deve fare sempre pipì.’

‘A essere onesti,’ disse Rick mentre cominciava ad incamminarsi verso i bagni ‘anche tu facevi così dopo esserti abituata al vasino.’


Grazie alla combinazione tra una povera scelta di ristoranti e una serata piovosa newyorkese, la cena si era prolungata più del dovuto. Entrambe le bambine erano diventate irascibili prima che venisse servito loro il cibo, e durante il viaggio di ritorno in metro Emily si era addormentata tra le braccia del padre, costringendolo a portarla in braccio per qualche isolato fino all’appartamento. Una volta dentro, l’aveva trasferita tra le braccia di Kate senza svegliarla e lei si era occupata di prepararla per la notte.

Avendo ereditato l’abitudine del padre di dormire come un sasso, Kate non era rimasta sorpresa quando non si era svegliata mentre saliva le scale, la spogliava e le metteva il pigiama. Non poteva nemmeno contare le volte in cui l'aveva fatto mentre giocava o guardava un film insieme a suo padre o a sua sorella; ma non le importava. Più grande e indipendente diventava, più Kate vedeva la sua bambina allontanarsi. Presto si sarebbe vergognata di cose come darle un bacio o un abbraccio in pubblico e Kate pensava a quel momento con grande angoscia. Per quanto amasse vedere la sua bambina crescere e sbocciare, le sere prima dei suoi compleanni sperava che Emily rimanesse piccola per sempre.

Dopo averle dato un bacio sulla fronte, Kate uscì dalla stanza interamente decorata di rosa e giallo e andò in corridoio per dirigersi verso la sua camera. Una volta dentro, si tolse il vestito blu e lo appese nell’armadio prima di infilarsi una felpa con la cerniera e dei pantaloni del pigiama a strisce blu e viola. Proprio mentre stava per legarsi i capelli in uno chignon, realizzò di essersi dimenticata di accendere l’abat-jour di Emily. Quando rientrò nella sua stanza per rimediare, udì un lieve ‘Mamma?’

Kate accese la lampada e si sedette sul bordo del letto, accanto alla bambina dagli occhi scuri che la osservava da sotto le palpebre pesanti. ‘Dovresti dormire.’ disse sussurrando.

‘Non sono stanca.’

Kate resistette all’impulso di ridere quando Emily sbadigliò e gli occhi le si chiusero di nuovo. ‘Davvero? Io credo di sì.’

‘No.’

‘Mmhmm. Che ne dici di leggere qualcosa per farti addormentare?’ allungò un braccio e le passò una mano tra i capelli mentre cominciava a recitare a memoria una delle favole del Dr. Seuss—una delle caratteristiche che aveva acquisito con la maternità. Ovviamente, Kate parlò a malapena per due minuti prima che il respiro di Emily cominciasse a placarsi, cosa che si aspettava. La baciò di nuovo sulla testa e disse ’Ti voglio bene, Emily.’, per poi uscire dalla stanza ancora una volta.

Nel corridoio, Kate si sorprese al trovare Alexis gironzolare fuori dalla stanza, poggiata contro lo stipite della porta come se la stesse aspettando. Senza pensarci, le chiese ‘Stai andando a letto, tesoro?’

’Sì. Volevo solo dirti grazie per avermi fatto sedere vicino a te a cena.’

‘Oh. Certo. Di niente.’ disse Kate balbettando di fronte a quel commento inusuale. Quando Alexis non rientrò in camera, intuì che aveva qualcos’altro in mente, così le chiese ‘Volevi chiedermi qualcosa?’

Alexis abbassò lo sguardo e tracciò le linee del parquet con il piede coperto dal calzino prima di chiedere ‘Dopo la cerimonia, mentre eri in bagno con Emily, stavo guardando le pareti… e c’era una scritta che diceva “Ricordate i nostri fratelli caduti.”’ Si fermò per guardare Kate. ‘Vuol dire che sono morti?’

Kate trattenne il respiro; beh, la conversazione non aveva preso la direzione che si aspettava. ’Sì.’

Alexis si staccò dal muro e fece un passo avanti. ’So che i poliziotti usano pistole e cose del genere, ma pensavo che le sparatorie avvenissero solo nei film…o nei libri di papà.’

‘Sai che non dovresti leggerli.’ le ricordò.

‘Lo so.’

Kate emise un lungo sospiro, inginocchiandosi per ritrovarsi allo stesso livello della bambina. Più grande diventava, più sembrava che Alexis diventasse saggia, perciò non avrebbe dovuto sorprenderla che fosse preoccupata per lei. Non avevano parlato molto della sua carriera oltre alle cose basilari, ma non la sorprese che Alexis avesse fatto ricerche sugli aspetti più dettagliati del lavoro. Apprezzava il suo interessamento, ma come figura genitoriale voleva anche essere sicura che la bambina non si stressasse inutilmente.

‘Alexis, ascolta, la vita non è come nei film o come nei libri di tuo padre. Sono stata addestrata per quattro mesi e imparerò molto di più sul campo nei prossimi mesi. Non devi preoccuparti per me.’

‘Ma potrebbero spararti.’

Non volendo mentire, Kate annuì. ‘È vero, ma è estremamente raro che succeda. Quindi non voglio che ti preoccupi, okay?’

Lei annuì, anche se Kate non ne era del tutto convinta. Quando le sorrise, Alexis ricambiò e fece un passo avanti per circondarle il collo con le braccia. ’Ti voglio bene, Kate.’

Kate ricambiò l’abbraccio. ’Ti voglio bene anch’io, tesoro. Buonanotte.’

Mentre osservava la piccola testa rossa sparire nella sua camera, sentì un turbine di emozioni nel petto. Senza ombra di dubbio, il suo rapporto con Alexis era diventato molto più stretto negli gli ultimi tre anni—non che si lamentasse; non avrebbe potuto amarla di più neanche se fosse stata sua figlia.

Considerando il fatto che stava facendo da madre a Emily, includere Alexis sembrava solo naturale—soprattutto da quando il loro rapporto era cominciato in un modo simile, con Kate come tata. Durante la prima estate di Emily, Kate non aveva cercato un lavoro soprattutto per richiesta di Rick, il che non solo le aveva lasciato abbastanza tempo per prendersi cura della sua bambina, ma anche per stare con Alexis: disegnavano, giocavano a Monopoli o preparava loro semplicemente il pranzo. In quel periodo, era ancora affascinata dalla sua sorellina, quindi non aveva avuto problemi ad aiutarla a preparare le pappe per la bambina o a partecipare a dei giochi per neonati.

Quando verso la fine dell’estate sua madre aveva di nuovo annullato i programmi per farle visita, Kate le aveva suggerito qualche attività da fare solo loro due insieme per provare ad alleviare il dolore. In effetti, da quando Meredith era spuntata all’improvviso tre anni prima per giudicare le sue capacità di madre, Kate aveva rivisto la donna solo una volta l’anno. E a parte quella volta in cui Rick, contro il suo buonsenso, aveva permesso ad Alexis di viaggiare da sola in aereo verso la California per passare tre giorni con la madre e che era finita in lacrime, Kate sapeva che quegli incontri erano solo per Alexis e Meredith. Ad ogni modo, sentiva che la bambina avesse bisogno di una figura materna, così non ci aveva pensato due volte.

Quando si trattava di discussioni più serie, lasciava che se ne occupasse Rick, anche se a lui non sembrava importare il suo intervento. Infatti, capitava spesso che glielo chiedesse, soprattutto quando bisognava prendere un’importante decisione. Kate non ricordava quante volte si erano seduti sul divano e avevano analizzato i pro e contro della situazione, ma per lei era comunque una sorpresa, in particolare quando credeva che lo scrittore stesse facendo un grande sforzo nel proteggere le sue figlie da un’esposizione eccessiva nei confronti delle donne con cui sembrava avere una relazione semi-seria.

Con entrambe le bambine al sicuro nelle loro camere, Kate scese le scale trovando Rick in cucina intento a versarsi un bicchiere di scotch. Quando sollevò lo sguardo, le indicò la bottiglia. ‘Posso tentarti?’

Lei lasciò andare una risata. ‘Ho bevuto due bicchieri di vino a cena.’

Rick fece spallucce come se la sua risposta non avesse rilevanza. ‘E stiamo festeggiando.’

Anche se avevano praticamente già festeggiato due volte quel weekend, Kate scosse la testa. ‘Solo un pochino.’ Nonostante non avesse problemi a bere del vino a cena, o anche a dividere una birra con Rick la sera, cercava sempre di andarci piano con i liquori, soprattutto da quando la visione di suo padre ubriaco le era rimasta impressa nella mente. Jim era sobrio da tre anni, ma sapeva che il tic al ginocchio gli sarebbe probabilmente rimasto per sempre.

Quando Rick le porse un bicchierino di liquore ambrato lo seguì verso il divano, dove gli raccontò della conversazione avuta con sua figlia. 'Alexis ha paura che potrebbero spararmi sul lavoro.'

Il sopracciglio di Rick s’inarcò. ‘L’ha detto lei?’

Kate fece spallucce. ‘Era implicito.’

Lo scrittore bevve un sorso del suo drink e annuì mentre appoggiava la schiena contro il divano. ‘Beh, mentirei se dicessi che non sarei preoccupato anch’io.’

La ragazza si schiarì la voce e posò il bicchiere di scotch sul bordo del tavolino. ‘Rick, ne abbiamo già parlato.’ Molte volte, in effetti.

‘Lo so, lo so. Sei stata addestrata bene e indosserai un giubbotto antiproiettile come parte dell’uniforme ma…non posso fare a meno di preoccuparmi lo stesso.’

Lei sbuffò, prese di nuovo il bicchiere e lo svuotò. ‘Allora tu e mio padre dovrete formare un gruppo di sostegno, perché comincerò a lavorare lunedì.’                      
Rick annuì di fronte al suo suggerimento brillante. ‘Gliene parlerò domani.’

Kate scosse la testa, ma poi cominciò a mordersi il labbro quando iniziò a pensare alle cose da fare per il terzo compleanno di Emily. Tutto sommato, sarebbe stata una festa per pochi intimi e niente di esagerato come aveva inizialmente pensato suo padre. Ci sarebbe stata solo la famiglia Castle, e il padre di Kate li avrebbe raggiunti per la torta e il gelato prima di andare allo zoo, così che Emily potesse vedere i suoi animali preferiti del momento: i pinguini.

‘Riesci a credere che domani Em compirà tre anni?’

Rick mormorò ’Neanche un po’. È davvero fantastica, non trovi?’

Kate sorrise. ‘Decisamente.’ Poi, sorridendo a se stessa, scosse la testa. ‘Sono come…stupidamente innamorata di lei e di tutto quello che fa. Non credo che avrò molti amici al distretto, perché sarò una di quelle mamme che parlano solo dei figli.’

L’espressione di Rick era l'esatto riflesso della sua, sorridente più che mai. ‘Non vedo quale sia il problema.’ Poi, allungò un braccio e le posò una mano sul ginocchio. ‘Siamo stati bravi.’

Kate posò la mano sopra la sua. ‘Sì, è vero, anche se ci sono stati dei momenti in cui credevo che non ce l’avremmo fatta.’

Rick aggrottò la fronte in un’espressione scettica. ’Nah, davvero? Quando?’

‘Di recente? Quando la nostra nostra bambina correva per tutta la cucina nuda facendo pipì dappertutto.’

Rick rise sonoramente. ‘Cosa? No. È una cosa normale per abituare al vasino.’

Kate inarcò un sopracciglio. ’Sul serio? Perché se ricordo bene eri tu quello che strillava “No—oh Dio no, prendila!”’ Rick era un assiduo sostenitore della scuola di pensiero di “rimozione del pannolino in un solo weekend”. Lei era molto più scettica, ma aveva comunque accettato di provare il primo weekend caldo di Maggio. Alla fine, era stato un successone, ma Rick aveva faticato molto più di quanto avesse fatto Kate.

‘No, quella eri tu.’ la indicò con un sorrisetto stampato in faccia.

Lei borbottò. ‘Mmm, non credo.’

Le strattonò leggermente la gamba prima di bere un altro sorso del suo drink per finirlo. ‘Qualche altra volta?’

Kate ripassò a mente il suo rullino fotografico, cercando tra i ricordi i momenti in cui avevano assistito a qualche incidente. ‘Quando è malata; non riesco a sopportare quando sta male.’

‘Oh sì…il mio è quando si è rotta il braccio.’

Kate per poco non trasalì al ricordo dello scorso Febbraio. Era a lezione quando Rick aveva portato le bambine a giocare con la neve al parco non molto lontano dall’appartamento. Stavano giocando quando Emily si era allontanata per andare alla ricerca di neve fresca da raccogliere. Era arrivata sul marciapiede e prima che Rick potesse richiamarla, un gruppo di ragazzi le era passato accanto correndo facendole perdere l’equilibrio.

Era stato un'incidente, ma era caduta contro la panchina di ferro del parco proprio in modo da farle rompere l’osso dell’avambraccio. Per il senso di colpa, Rick l’aveva chiamata piangendo dallo studio del medico. Il cuore le si era spezzato per lui. Non avrebbe potuto fare niente per prevenire la caduta; era stato un incidente, ma sapeva che sarebbe stato arrabbiato con se stesso per le quattro settimane in cui Emily avrebbe dovuto tenere il gesso.

‘È forte.’ gli ricordò Kate.

Lui la guardò dolcemente ‘Proprio come la sua mamma.’


Rick interpretò il rossore delle sue guance come un senso di orgoglio. Kate era una delle donne più forti che avesse mai incontrato. Eccelleva sia all’università che come mamma, ed essere una figura materna per la sua figlia più grande e un’amica per lui era già abbastanza fantastico, ma tutta quella grazia e gentilezza la portavano su un altro livello. Non poteva essere più fiero di averla come madre della sua già forte, indipendente, ma ugualmente dolce e incredibile figlia.

Nonostante il suo percorso universitario non fosse stato eccellente, Kate aveva poi continuato con un estenuante addestramento di sedici settimane all’accademia di polizia, che l’aveva resa psicologicamente distrutta e che le aveva provocato spesso dei graffi e lividi. Non importava quanto stanca fosse, l’attenzione per sua figlia non mancava mai.

‘Sono davvero fiero di te, Kate—prima diplomata della classe; sei incredibile.’

Il rossore sulle sue guance s’intensificò. ‘Rick…’

Senza pensarci, spostò la mano dalla gamba sotto il suo mento per far sì che lo guardasse. ‘Sono serio. Sarai una fantastica poliziotta e, in futuro, una fantastica detective.’

Sbatté lentamente le palpebre. ‘Grazie.’

‘Sempre.’

S’inclinò per posarle le labbra sulla guancia come aveva già fatto tante volte, ma quella volta indugiò per qualche millisecondo in più, strofinando il naso contro l’attaccatura dei capelli finché non si staccò, con ancora la mano sotto il suo mento. Guardandola, si ricordò di quanto fosse bella quando aveva attraversato il palco per ritirare il diploma. Tutto quello che mostrava sotto il cappello erano solo i bordi delle guance e la pienezza delle labbra, ma, Dio, era davvero bellissima. Anche in quel momento, seduta lì vicino a lui con una felpa e i capelli legati, era da mozzare il fiato. Quando era diventata così bella? La vedeva ogni giorno, ma a volte non si rendeva conto di quanto fosse splendida finché, come in quel momento, non incontrava i suoi occhi.

Quando ogni facoltà di raziocinio lo abbandonò, Rick s’inclinò per baciarla di nuovo. Le labbra rimasero ferme più a lungo, finché non le spostò sul punto proprio vicino all’angolo della sua bocca. Lei si avvicinò, un piccolo gemito le scappò dalle labbra, e Rick sentì il suo corpo rabbrividire. Proprio mentre considerava se baciarla o meno sulle labbra, lei voltò la testa e fece esattamente ciò che lui aveva pensato. Ricambiò il bacio, schiudendo le labbra e spostando la mano sul suo fianco.

Quando si staccarono, Kate si tirò indietro e lo guardò esitante. Allungò una mano e gli passò le dita tra i capelli prima di catturare il lobo dell’orecchio tra il pollice e l’indice. Le pupille si dilatarono e quando lei annuì lentamente, Rick sentì l’intero corpo prendere fuoco. Dio, non avrebbe voluto altro in quel momento. Non volendo perdere un altro secondo, attirò il suo corpo a sé facendo scontrare le loro labbra.

Ogni volta che finivano a letto insieme, Rick si chiedeva sempre se fosse la cosa giusta. Era nel loro migliore interesse? Nell’interesse della loro famiglia? Ogni volta, quando si svegliava il mattino dopo promettendosi che sarebbe stata l’ultima, non lo era mai. Come un orologio svizzero, in quei periodi dell’anno in cui erano entrambi single, finivano sul letto di Rick o, in occasione più rare, nel suo; era il loro accordo da quando Emily era stata concepita.

Mentre allungava le mani lungo tutto il suo corpo e la prendeva in braccio per condurla in camera da letto, Rick sperò per la prima volta che quella non fosse l’ultima—che fosse la loro prima volta; la volta in cui avrebbero aperto le porte alla loro relazione traballante.

Voleva che stessero insieme—voleva che fossero una famiglia unita—ma il tempo non era mai stato dalla loro parte. Kate era così giovane. I sette anni di differenza erano serviti molto più di quando andava ancora all’università, mentre si apprestava a diventare una donna a tutti gli effetti. Era pronta a prendere il mondo per le corna e vedere dove l’avrebbe portata. Voleva esplorare e fare esperienze, e lui non l’avrebbe mai trattenuta. Ma, dopotutto, sperava che quella volta fosse quella definitiva, perché era completamente, perdutamente, e indubbiamente innamorato di lei.


Poco dopo l’una, Kate si svegliò rannicchiata nel letto di Rick. Aprì gli occhi lentamente e riuscì a malapena a vedere la figura dell’uomo che le dormiva accanto. Aveva un braccio bloccato sotto la testa, sdraiato su un fianco rivolto verso di lei. I capelli erano disordinati e dal modo in cui arricciava le labbra sembrava che stesse sorridendo. Anche Kate sorrise, e quando vide la mano di Rick accanto alla sua sopra il lenzuolo il suo cuore fece un balzo.

Oh Dio; era innamorata di lui.

I suoi sentimenti per lui erano sfociati lentamente nel corso degli anni mentre costruivano insieme una famiglia. L’aveva amato prima come padre di sua figlia, poi come amico, e adesso come qualcosa di più. Se doveva essere onesta con se stessa, il suo amore per lui aveva cominciato a crescere da un po’ di tempo, ma si rifiutava ad ammetterlo a causa della sua paura di essere innamorata di chiunque. Essere innamorata di Rick? Cavolo, era terribile.

Gli ostacoli tra di loro erano tanti—tantissimi. Se si fossero imbarcati in una relazione solo per vedere quattro cuori spezzati ne sarebbe uscita distrutta. No, non potevano prenderla alla leggera; lei doveva impegnarsi in tutto e per tutto, ma come avrebbe potuto farlo con lui? In meno di quarantott’ore avrebbe cominciato una nuova carriera.

Con un sospiro, Kate scese lentamente dal letto e andò alla ricerca della biancheria intima, della felpa e dei pantaloni del pigiama che erano stati lanciati alla rinfusa in camera da letto. Poi, dopo essersi rivestita, uscì silenziosamente dalla stanza, accese le luci e salì le scale in punta di piedi.

Era stata colpa sua; avrebbe dovuto fermarlo.

Sì, aveva detto quella frase…oh, almeno una dozzina di volte negli ultimi tre anni. Lei e Rick finivano spesso a letto insieme, ma era colpa di entrambi. Anche se, come le sue amiche le facevano notare, chi poteva biasimarla? Vivevano letteralmente nella stessa casa e, beh, il sesso era fantastico.

L’ultima volta era stata più o meno dieci mesi prima, quando il loro regalo natalizio stava pericolosamente cominciando a diventare una tradizione. Ovviamente, come lei gli aveva fatto notare durante una doccia insieme, gli orgasmi erano il regalo più semplice da fare ad un uomo che non si vergognava ad acquistare qualsiasi nuovo tipo di cianfrusaglia al mercatino natalizio. Avevano giurato che sarebbe stato solo per quell’occasione fin quando, per qualche motivo, una settimana dopo, non avevano dato il benvenuto all’anno nuovo nello stesso modo.

Da allora erano riusciti a tenere le mani a posto, il che era sia la cosa migliore ma anche la più sfortunata, perché durante l’ultimo stressante semestre di università Kate avrebbe potuto usufruire di Rick e delle sue talentuose—

No. Non doveva pensare al padre di sua figlia in quel modo. Non era un partner occasionale; era parte della sua vera e poco tradizionale famiglia. Era solo enormemente grata per il suo diploma e per il compleanno di Emily. I suoi sentimenti sarebbero svaniti.


Non erano svaniti.

Il mattino seguente, mentre Kate gironzolava intorno alla macchina del caffè, aspettando che finisse di prepararsi, era stata praticamente colta di sorpresa dalla sensazione di due forti braccia intorno al busto. L’uomo dietro di lei la baciò sulla guancia e le sussurrò ‘Buon anniversario del giorno in cui hai dato la vita a nostra figlia.’ Poi, la sorprese con un regalo.

Non era una cosa insolita per Rick; sin dal primo compleanno di Emily l’aveva sempre sorpresa con un piccolo pensierino. La prima volta con i biglietti del concerto che desiderava. La seconda, con un nuovo computer per l’università dato che il suo stava praticamente morendo (all’inizio aveva rifiutato perché credeva che fosse eccessivo, ma lui non aveva voluto riprenderselo). Per il terzo compleanno di Emily, invece, le aveva regalato una collana con un ciondolo opale, la gemma appartenente al mese di nascita di Emily.

Sbalordita dal suo gesto, Kate lo ringraziò con un abbraccio e un veloce bacio sulle labbra prima di scomparire su per le scale con il suo caffè per svegliare le bambine.

Nel corso della giornata, mentre celebravano il compleanno e creavano dei nuovi gioiosi ricordi allo zoo, Kate continuò a sentirsi devastata dalle emozioni. Erano una famiglia, una vera e propria famiglia. Poteva essere così facile—anche con un solo occhiolino e uno sfioramento di dita. Lei e Rick avrebbero potuto stare insieme in tutti i sensi del mondo, amare le loro bambine, ed essere felici—molto felici, ma non poteva lasciare che ciò accadesse; non era il momento giusto.

Neanche il giorno prima Kate aveva giurato di dedicarsi a proteggere i cittadini di New York City. Era la carriera che desiderava e in cui aveva scelto di impegnarsi. I primi mesi sarebbero stati difficili—tutti i suoi insegnanti l’avevano avvertita. Quei primi mesi avrebbero creato le basi per la sua futura carriera e lei voleva che fossero sul livello più alto. Una volta stabilizzata, dopo aver provato a se stessa di essere una brava agente, avrebbe potuto concentrarsi di nuovo sulla sua vita privata. Per allora forse lei e Rick avrebbero potuto avere un’occasione, ma per il momento doveva chiudere a chiave i suoi sentimenti ancora una volta; era la cosa giusta da fare.










Angolo:
Buonasera a tutti!
Chiedo scusa per il ritardo, so che qualcuno mi aveva chiesto se una volta finita la prima parte mi sarei presa una pausa, ma diciamo che non era mia intenzione. A causa di un impegno dell'ultimo minuto mi è stato impossibile pubblicare mercoledì, ragione per cui ho deciso di rimandare tutto a questa sera e fare le cose per bene, 
Ad ogni modo, grazie mille per continuare a leggere e commentare. Prima o poi arriverà il giorno in cui riuscirò a sedermi tranquillamente per un po' e rispondervi.
Fatemi sapere cosa ne pensate. A presto!
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built                    

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


‘Dio, scusami; scusami tanto!’

Rick sollevò lo sguardo quando vide Kate dirigersi verso di lui, stringendo forte la cinghia della enorme tracolla che portava sulla spalla. Aveva schivato per miracolo una donna che portava a spasso il suo barboncino e si era fermata proprio davanti a loro, ansimando un sospiro e un’altra scusa. ‘Mi dispiace, scusa tanto.’

Mentre la bambina al suo fianco esclamava un gioioso ‘Mamma!’, lo scrittore riuscì solo ad emettere un sospiro sfinito dicendo ‘Va tutto bene, Kate.’

In realtà, non andava affatto bene, ma quale altra scelta aveva? Era tutto parte della loro nuova realtà—una realtà che lui—okay, lo ammetteva—non voleva accettare perchè non aveva alcun senso. Ma quale scelta aveva? Lei era stata davvero insistente e non aveva cambiato idea; Kate Beckett riusciva ad essere davvero ostinata.

L’aveva sorpreso senza alcun avvertimento o indicazione di quello che sarebbe accaduto. Una settimana dopo il terzo compleanno di Emily si era avvicinata a lui e gli aveva detto ‘Mi trasferisco tra una settimana.’, e lui era quasi crollato sulle ginocchia per lo shock. Evidentemente, una compagna di corso dell’accademia cercava una terza coinquilina con cui dividere l’affitto del suo appartamento a So-Ho, e Kate si era offerta volontaria per prendere la stanza. Da uomo che aveva costruito la sua carriera come scrittore, le successive esclamazioni di Rick erano state l’antitesi dell’eloquenza, cercando di balbettare una risposta e chiedendosi come mai, all’improvviso, dopo tre anni, stesse lasciando il loft.

Kate gli aveva spiegato che a causa dei requisiti richiesti come recluta dalla polizia di New York, avrebbe dovuto lavorare in più turni, entrando e uscendo a tutte le ore del giorno e della notte in base al carico di lavoro. Aveva paura che una routine del genere avrebbe potuto turbare le vite di Rick, Emily e Alexis. Per questo avrebbe avuto più senso se fosse andata a vivere per conto suo—cioè, con altre ragazze che avrebbero avuto un orario ugualmente variabile.

Rick aveva provato immediatamente, e più volte nel corso degli ultimi giorni, a parlarle per dire che non li avrebbe infastiditi. Quando lei aveva insistito, aveva ribadito che qualche intoppo sarebbe valso la pena se Kate fosse rimasta al loft, ma la decisione era ormai stata presa, e ciò significava che avrebbero dovuto discutere della, come la chiamava lei, “Situazione di Emily.”

Aveva proposto di improvvisare per qualche settimana finché non si sarebbe sistemata, ma il piano generale prevedeva che ogni volta che Kate ne avrebbe avuto la possibilità—almeno un paio di volte a settimana—sarebbe andata a prendere Emily da Rick per passare del tempo insieme. Se i suoi turni l'avrebbero permesso, avrebbe potuto tenere Emily per la notte.

Dire che Rick era rimasto stroncato dai suoi piani sarebbe stato un errore. All’inizio era rimasto sorpreso, ma una volta passato lo shock, era rimasto ferito e quasi devastato. Cos’era andato storto? Cos’era successo? Non aveva mai minimamente pensato di lasciarli o di dividere la loro famiglia, nemmeno durante l’accademia. Sembrava amare la loro famiglia tanto quanto lui, quindi perché aveva cambiato idea all’improvviso?

Per rigirare il dito nella piaga, Rick aveva cominciato a pensare di rivelarle i suoi veri sentimenti. Era stressata e si stava adattando al nuovo lavoro—lo capiva, e sapeva che non era il momento giusto. Pensava di uscire l’argomento durante le vacanze—usare la gioia del Natale per dirle che l’amava e che voleva che stessero insieme—insieme per davvero—ma quando lei aveva dato un bacio alle ragazze ed era uscita dalla porta con due valigie in mano, Rick aveva capito che la sua opportunità era svanita. Per quanto il suo cuore fosse spezzato, doveva essere forte per le sue bambine confuse e deluse.

Così quella era la loro vita da cinque settimane. Kate vedeva Emily solo tre volte a settimana, lasciando a lui il compito di dover confortare la bambina che piangeva perché voleva accanto la sua mamma. Nel frattempo, la sua figlia più grande sembrava voler mostrare una faccia coraggiosa, ma sapeva che era rimasta ferita, soprattutto da quando aveva fatto visita a Kate solo due volte in tutto il mese.

Tra tutte le cose accadute, il comportamento di Kate nei confronti di Alexis era quello che lo faceva arrabbiare di più. Certo, non era intenzionalmente cattiva con lei e durante una delle visite avevano pure riso fino alle lacrime, ma dal modo in cui si era comportata per tre anni Rick pensava che—oh, forse era stato quello il suo errore.

Da quello che aveva visto, Kate aveva trattato Alexis proprio come Emily. Cercava di dare a entrambe uguali attenzioni, soprattutto da quando Emily era cresciuta ed era diventata più indipendente. Basandosi su quelle osservazioni, immaginava che Kate amasse Alexis come se fosse sua, ma non riteneva che le sue visite fossero una priorità. Forse stava esagerando; erano ancora le prime settimane di lavoro. Le cose potevano ancora cambiare, ma se non fosse stato così, aveva paura che Alexis avrebbe perso un’altra figura materna.

’Non pensavo che sbattere dentro il tizio che ho arrestato avrebbe richiesto così tanto tempo.’ disse Kate mentre continuava ad avanzare verso il palazzo, con Rick ed Emily alle calcagna.

‘Beh, almeno provi a tenere le nostre strade sicure.’ disse, con il tono ancora esausto.

Da uomo paziente qual era, era raro per Rick ritrovarsi al limite come in quel momento, ma essere costretto ad intrattenere una bambina per più di trentacinque minuti in una strada congelata aveva ridotto di molto la sua pazienza. Emily aveva prestato attenzione solo per primi minuti di ‘I Spy” e si era stancata delle sue storie solo dopo altri cinque. Aveva cominciato ad avere fame, e non c’era molto che lui avesse potuto fare dato che non aveva portato dei giocattoli o degli snack in più, pensando che sarebbe solo venuta a prenderla.

Per quanto lo desiderasse, non poteva biasimare Kate per il ritardo. Non aveva perso la cognizione del tempo mentre era fuori con gli amici al centro commerciale. Era in ritardo perché stava concludendo il suo lavoro—il suo nobile lavoro da funzionario della pubblica amministrazione—ed essere arrabbiato per questo sarebbe stato ingiusto. Certo, era più facile a dirsi che a farsi.

‘Comunque, mi dispiace di averti fatto perdere tempo.’ gli disse Kate. Poi, li guidò verso il pianerottolo dell’appartamento al primo piano che condivideva con altre due poliziotte. Sbloccò le tre serrature ed entrò. Rick lasciò per la prima volta la mano di Emily in modo da poter posare la borsa piena con le cose della bambina a terra.

‘Kristie e Sasha sono qui?’ chiese, riferendosi alle sue coinquiline.

‘Kristie è al lavoro e non ho idea di dove sia Sasha.’

‘Mamma guarda.’ disse Emily, prendendo il cartoncino colorato blu piegato dalla tasca frontale della borsa. Lo porse alla ragazza, che lo prese mostrando un esagerato sussulto di stupore.

‘Oh, Emily, l’hai fatto per me? È bellissimo. Andiamo, appendiamolo sul frigo.’

Mentre Kate si dirigeva verso l’angusta cucina, Rick si guardò intorno osservando lo spazio e combattendo contro l’impulso di fare una smorfia. Chiamarlo un macello catastrofico sarebbe stato riduttivo. Riusciva a vedere solo il quaranta per cento del pavimento; il resto era coperto da scatole, pile di vestiti (puliti o sporchi—non riusciva a dirlo) e altre cianfrusaglie. E la cucina era anche peggio; il bancone era pieno di piatti sporchi e di contenitori di cibo d’asporto. Da come si presentava lo spazio comune, aveva il terrore di come sarebbero state le camere da letto.

Da quando era nata Emily, Rick non si era più sentito l’unico adulto della loro relazione fino a quel momento. Kate lavorava molte ore in una professione difficile ed era ammirabile; anche le sue coinquiline. E se fossero state solo loro, non avrebbe avuto nulla da ridire—Dio solo sapeva come aveva fatto lui a vivere in stati peggiori durante i suoi anni al college—ma non era quello il caso. Emily si meritava di meglio, anche se dover ricordare a Kate di pulire la casa lo faceva sentire come il genitore che non avrebbe mai voluto essere.

‘Uhm, Kate,’ cominciò Rick esitante.

Lei si voltò, con un dolce sorriso sul viso, e gli occhi si posarono immediatamente sulla borsa appesa nell’incavo del suo braccio. ‘Oh, scusa; la prendo io.’

Quando gliela porse, lui scosse la testa. ‘No, va bene, uhm, volevo solo vedere cosa avreste fatto voi ragazze stasera. Tipo, uhm,’ si spostò quando Emily gli passò accanto correndo verso il soggiorno, ‘riordinare un po’?’

Kate alzò gli occhi al cielo. ‘Oh, sì, la cucina è sporca, vero? È soprattutto colpa di Sasha—giuro che quella ragazza non ha mai visto un bidone della spazzatura. La mia camera è pulita, ed è dove stiamo io ed Emily di solito.’

‘Oh, uhm, certo.’ Quando avvertì un leggero fruscio alle sue spalle, Rick si voltò per vedere cosa stesse facendo la bambina. La vide accovacciata vicino al divano, sul quale vi era un’enorme quantità di fogli. Lei ne prese un po’ e li buttò a terra. Ovviamente, un po’ di disordine un più non avrebbe fatto alcuna differenza, ma non voleva comunque che scompigliasse troppo l’appartamento. ‘Emily, che stai facendo?’

’Niente.’ rispose la bambina, accovacciandosi per prendere altri oggetti. Quella volta non prese dei fogli di carta, ma la maniglia nera di un oggetto metallico stretto tra le sue piccole mani. La reazione di Rick fu immediata.

‘Emily! No!’

Fece praticamente un balzo dalla cucina a dove si trovava Emily in un millisecondo. Afferrò la bambina dal fianco e le spinse via l’oggetto dalla mani, facendolo atterrare sul divano. Lì poté vedere che non si trattava di una pistola come aveva temuto, ma di un taser—non che fosse tanto meglio.

A causa del movimento brusco, Emily cominciò a piangere, ma la furia e la paura avevano momentaneamente annebbiato la mente di Rick, che ignorò i suoi singhiozzi. La prese appena con un braccio intorno ai fianchi, voltandosi immediatamente per guardare Kate e urlare ‘C’è una pistola qui!’

Gli occhi della poliziotta si spalancarono. ‘Cosa?’ Mentre correva verso il divano, Emily allungò un braccio e balbettò ‘Mamma’ tra le lacrime, ma Kate, come Rick, era troppo concentrata sull’oggetto abbandonato sul divano.

‘Oh Dio—deve essere di Sasha.’ prese immediatamente l’arma, scaricò la cartuccia e la posò sullo scaffale più alto della libreria, abbastanza alto da non poter essere raggiunto da piccole mani. Si voltò e disse ’Scusa Rick.’

Ruotando il braccio in modo che Emily si ritrovasse attaccata al suo petto così da poter allacciargli le gambe intorno al busto, Rick si rifiutò di accettare la scusa di Kate. Invece, scoppiò ‘Era nelle mani di Emily! Cristo! Cos’altro c’è qui intorno?’

‘Niente; è tutto a posto.’

’Tutto a posto?’ ribatté prima di scuotere la testa. ’Spero che tu non lo creda davvero.’ Prima che cominciasse il primo giorno in accademia, lei e Rick si erano seduti a discutere un piano per la sicurezza delle armi in casa. Kate non avrebbe introdotto, se possibile, alcuna arma pericolosa nell’appartamento dove sarebbe stata accessibile a tutti. E se tale arma fosse tornata a casa con lei, sarebbe stata immediatamente inserita nella cassaforte vicino alla porta, per tenere tutti al sicuro. Era stata lei ad aver avuto l’idea, per questo era rimasto sorpreso dalla sua mancanza di preoccupazione in quel momento.           

Emettendo un sonoro sospiro, Rick si voltò e tornò in cucina dove era stata abbandonata la borsa di Emily. ‘Mi dispiace, Kate, ma Emily non può restare qui stanotte.’

‘Cos—no! No, va bene. Metterò il taser in cassaforte insieme alla mia pistola e Sasha può—‘

‘Emily stava toccando quel taser, Kate. Cosa sarebbe successo se avesse premuto il grilletto e le fosse finito sul piede? O se avesse colpito noi?’

‘Ma—‘

‘E se non fosse stato un taser? Se fosse stata una vera pistola? O lo spray al peperoncino? C’è niente del genere qui intorno? Magari sotto il divano?’

‘Io non—‘

‘Guarda, lo capisco.’ sospirò, addolcendo il tono al primo segno di umidità negli occhi di Kate. ’State tutte lavorando come pazze e tenere la casa pulita non è la vostra priorità. Per il disordine posso passarci sopra, ma questo? Mi dispiace; la sicurezza di Emily viene prima di tutto.’ Rick posò le labbra sulla testa della bambina ancora in lacrime prima di chinarsi a prendere la borsa. Un momento dopo, sentì le dita di Kate infilzarsi nel suo braccio.

’No—no ti prego! Ti prego!’ urlò con la voce che diventava sempre più disperata e impanicata mentre le lacrime le scorrevano lungo le guance. ‘Mi dispiace tanto; scusami. Non sapevo che fosse lì e io—io—ti prego! Ti prego non portarmela via! Sono passati giorni e io—ti prego! P-per favore.’

‘Okay, okay.’ Rick sospirò, posando a terra la borsa per sollevare il braccio e attirare Kate più vicino. Riuscì a passare Emily tra le braccia di sua madre, così avvolse in un abbraccio le due ragazze in lacrime, baciandole sulla testa e accarezzandole sulla schiena per qualche minuto finché i pianti non si calmarono.

‘Perché non vieni con noi, Kate? Preparerò la cena e tu puoi restare per mettere Emily a letto.’ le offrì.

Kate lo guardò con gli occhi arrossati e scosse la testa. ‘Non dovrei.’

‘Perché no?’ chiese seriamente. Poi, allungando una mano, le asciugò una lacrima con il pollice. ‘Andiamo. Cibo gratis—non puoi rifiutare, giusto?’

Mantenne il suo sguardo per qualche secondo, ma poi annuì. ‘Okay.’


Uscendo dalla stanza, ora che la bambina si era finalmente addormentata, Kate poggiò la schiena contro il muro ed emise sospiro esausto. Il petto era ancora stretto in una morsa e sembrava che lo stomaco volesse risalirle lungo la gola e schizzare fuori sul pavimento in qualsiasi momento, ma almeno Emily si era addormentata e aveva avuto tutto sommato una bella serata. La stessa cosa non si poteva dire per Kate.

Nonostante ci fossero alcuni momenti in cui s’interrogava sul fatto di essere un bravo genitore, non era mai stata neanche una volta completamente convinta di essere una cattiva madre—fin quando Rick non aveva tolto un’arma pericolosa dalle mani della loro bambina di tre anni. Anche se con l’adrenalina del momento aveva provato a non dargli troppa importanza, vedere il terrore riflesso negli occhi di Rick era stato sconvolgente, ma non devastante come quando stava per dirigersi verso la porta insieme a Emily e pensando per un momento che non l’avrebbe rivista mai più perché lei, e solo lei, aveva fallito miseramente.

Da poliziotta, passava le giornate a proteggere e servire i cittadini di New York, ma come poteva farlo se non riusciva nemmeno a proteggere la sua stessa figlia? Se Rick non fosse intervenuto immediatamente come aveva davvero fatto—diavolo, se se ne fosse andato invece di vedere cosa stesse facendo Emily—Emily sarebbe rimasta gravemente ferita. In un secondo la sua bambina sarebbe morta e lei non se lo sarebbe mai perdonato.

Con le braccia avvolte intorno al busto, Kate scese le scale e trovò Rick in cucina. Dio, Rick. Come poteva guardarlo di nuovo negli occhi? Come poteva fidarsi di nuovo di lei? Se la situazione avesse visto i ruoli invertiti, sapeva che sarebbe stata furiosa con lui, infatti si aspettava lo stesso trattamento. Non poteva dire niente per difendersi; poteva solo offrirgli un’altra scusa.

‘Mi dispiace per oggi. Mi dispiace per non aver fatto un buon lavoro nel pulire l’appartamento, scusa per come ho reagito. Avevi ragione di non permettere a Emily di restare con me.’

‘Non voglio tenerla lontana da te, Kate.’ le spiegò dolcemente.

‘Ma dovresti farlo.’ dedusse, trattenendo un sussulto mentre il suo cuore si frammentava in tanti piccoli pezzi. Aveva ragione; non si meritava Emily nella sua vita se non riusciva a garantire la sua sicurezza. Quando una lacrima le scappò dagli occhi, Kate si sedette su uno degli sgabelli del bancone. ‘Sono una madre terribile.’

‘Oh dai, questo non è assolutamente vero.’ assicurò Rick inclinandosi sul bancone proprio accanto a lei.

Sollevò lo sguardo mentre le lacrime continuavano a scorrerle lungo le guance. ‘Ho messo in pericolo nostra figlia oggi; non dovresti più permettermi di vederla.’

Lui sbuffò e si sedette sullo sgabello vicino a lei. ‘Adesso stai facendo un po’ la melodrammatica—hai mai passato del tempo con mia madre?’ Il suo intento di farla ridere fallì quando lei non rispose. ‘Kate, ascolta, so che moriresti prima che possa succedere qualcosa di brutto a Emily. Quello che è successo oggi è stato un incidente che, sì, avrebbe potuto essere terribile, ma non lo è stato. Se posso dire: credo che forse il problema non sei tu, ma la situazione.’

Kate sbatté le palpebre. ‘In che senso?’

‘Vivi insieme a due ragazze fresche di scuola che non hanno alcun interesse per nessuno tranne che per loro stesse. Che importa se lasciano per sbaglio un taser sul pavimento? Loro non premeranno accidentalmente il grilletto. Non pensano alla bambina che potrebbe gironzolare in quello spazio. Credo che la soluzione qui sia ovvia; devi tornare a casa.’

‘Oh no.’ disse, alzandosi dallo sgabello e dirigendosi verso l’ingresso. ‘No, io…verrò a vedere Emily qui. La metterò a letto le sere in cui non lavoro e così potrò vedere anche Alexis. Se per te va bene, intendo.’

Rick sospirò e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. ‘Kate puoi venire quando vuoi, ma…sei sicura che sia quello che vuoi?’

Era quello che voleva? No. Quello che voleva era tornare a casa in tempo e pensare di più a sua figlia piuttosto che a fare la carina con le sue coinquiline. Quello che voleva era far tornare indietro l’orologio di cinque settimane e parlare a Rick dei suoi sentimenti invece di fuggire. Quello che voleva era non essere sempre sopraffatta dalla paura ogni volta che guardava sua figlia e pensare a quanto stesse rovinando tutto.

‘Va tutto bene, Rick. È la cosa migliore. Avevamo detto che avremmo visto come sarebbe andata questa nuova sistemazione e al momento non sta funzionando. Dobbiamo…faremo così per un po’ e vedremo come andranno le cose.’

Dirigendosi verso la porta, Kate prese la giacca dall’attaccapanni e la indossò. Prima che potesse avanzare verso l’uscita, Rick la fermò chiamando il suo nome e chiedendole ‘Sicura di stare bene?’

‘Che vuoi dire?’

Lui sollevò leggermente le spalle. ‘Sembri stanca e stressata—anche da prima dell’incidente con Emily. Dalla settimana scorsa.’

Lei forzò un sorriso. ‘Certo che sono stressata, Rick. Ho un lavoro nuovo e impegnativo, ma, uhm…andrà bene, lo sai.’

’Sai che se dovessi aver bisogno—‘

‘Sto bene, Rick.’ lo interruppe, sapendo che altre parole gentili avrebbero fatto riaffiorare il fiume di lacrime. ‘Ti farò sapere quando avrò la prossima serata libera.’ Poi, con quella sola frase, uscì dalla porta senza guardarsi indietro.











Angolo:
Buonasera a tutti!
Vi ringrazio di nuovo per leggere, commentare e, soprattutto, per la comprensione.
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo che mi ha fatta piangere alla prima lettura. Questi due mi hanno resa troppo sentimentale.
A presto!
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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


‘Dov’è? Dov’è Emily?’

Dal corridoio dove si trovava, con il cesto della lavanderia incastrato sotto un braccio, Rick spalancò gli occhi alla vista di Kate. Non era stata tanto la sua presenza improvvisa nel loft a sorprenderlo, ma il tono frenetico con la sua espressione spaventata.

‘Kate?’

Lo raggiunse e lo afferrò per la camicia a quadri. ‘Sta bene? Dov’è?’

‘Emily sta dormendo. Che succede?’

‘Sta bene?!’

Rick posò il cesto della lavanderia a terra e la guardò più attentamente. Ovviamente qualcosa l’aveva spaventata, ma non riusciva a pensare a cosa potesse essere. ’Sì…perché non dovrebbe? Che succede?’

La stretta di Kate sulla maglietta si allentò e fece un passo indietro. ‘Ho ricevuto un messaggio in segreteria dall’ufficio del pediatra che parlava della febbre alta di Emily e che avremmo dovuto portarla in ospedale se fosse peggiorata.’

‘Perché avrebbe..oh!’ grugnì Rick quando ricordò il motivo. ‘Scommetto che è stata quell’infermiera…’

‘Quale infermiera? Che è successo?’

Rick scosse la testa in silenzio per dirle che la situazione non era affatto così urgente. ‘Em si è lamentata di avere dolore all’orecchio per tutta la sera e ieri notte ha dormito malissimo, così stamattina l’ho portata dal pediatra pensando che potesse essere un’infezione, cosa che è. Mentre aspettavamo per la ricetta, l’infermiera è venuta a darmi un foglio con le istruzioni per la cura da fare a casa e ha cominciato a trattarmi come un imbecille.’

Rick brontolò al ricordo, che continuava ad infastidirlo. Era già abbastanza che dubitasse delle sue abilità nel prendersi cura di sua figlia, ma credeva che non fosse capace nemmeno di leggere e seguire delle semplici istruzioni! ‘Evidentemente non aveva mai visto un padre prendersi cura di un bambino malato in vita sua perché ha detto tutte quelle cose ridicole riguardo al farla idratare continuamente e di portarla in ospedale se la temperatura fosse salita troppo. Forse sono stato un po’ scortese quando le ho detto che saremmo stati bene; avrà chiamato per ricordarmelo e avrà scambiato i numeri sulla cartella—ironico, dato il modo in cui mi ha trattato.’ aggiunse con un roteamento di occhi.

Kate aggrottò la fronte. ‘Emily ha un’infezione all’orecchio? Perché non me l’hai detto?’

Lui fece spallucce. ‘Non ero sicuro se fossi in servizio o meno e poi me lo sono dimenticato. Non è niente di grave; la febbre era appena sotto il trentasette. Il dottore ha detto che si rimetterà tra un paio di giorni e che non deve andare a scuola.’

Kate posò entrambe le mani sul petto e barcollò leggermente sul posto. ‘Oh Dio pensavo stesse davvero male.’

Rick allungò una mano e afferrò il suo braccio per stabilizzarla. ‘Scusa, l’infermiera non avrebbe dovuto chiamarti.’

Lei scosse la testa e si coprì la bocca con una mano. ‘È tutto a posto, ero solo preoccupata.’

Rick le offrì un sorriso gentile e annuì con la testa. ‘Lo immagino; perché non vai a controllarla? Io metto queste cose a lavare così poi possiamo parlarne meglio…a meno che non hai del lavoro da fare.’

Lei scosse la testa. ‘Non fino alle sette.’


‘Sta ancora dormendo?’

’S-sì.’ rispose Kate quando mise piede sul primo gradino. Rick aggrottò immediatamente la fronte.

‘Hey, cosa sono quelle lacrime?’

Kate scosse la testa e il labbro inferiore cominciò a tremarle. Consapevole che non ci fosse un altro modo per fermarle, si portò a malapena le mani sul viso per provare a nasconderle. Un momento dopo, sentì le sue braccia avvolgerla e stringerla contro il petto, accarezzandola dolcemente mentre piangeva contro la sua spalla.

In parte, le lacrime erano un sollievo che Emily non fosse davvero gravemente malata, ma quella non era l’unica ragione. Stava andando tutto all’aria da quando si era trasferita.

‘Mi dispiace; mi dispiace tanto.’

‘Per cosa?’ chiese Rick dolcemente. ‘Per esserti preoccupata per Emily? Non c’è motivo di scusarsi per questo, Kate.’

‘Lei stava male e avrei dovuto essere qui. Sono sua madre e io non c’ero.’

‘Non puoi esserci per ogni raffreddore, Kate; tu stai là fuori a lavorare per una cosa importante e non dovresti abbatterti per questo.’

Staccandosi dal suo abbraccio, Kate scosse la testa, rifiutando qualsiasi altro suo tentativo di conforto; non se lo meritava. ‘Sono testarda.’ tirò su con il naso. ‘Volevo stare lontana, dicevo a me stessa che vi avrei sconvolto con i miei turni impossibili, ma non è tutta la verità. Stavo…mi stavo immergendo totalmente nel lavoro, trattandolo come se fosse la cosa più importante, ma non lo è e ho dimenticato che è ciò che mi rende una terribile-‘

La interruppe con ‘Non dirlo neanche perché non è vero.’

‘Ma è vero!’ esclamò lei. Si sentiva una madre terribile per la seconda volta in un mese. Almeno quella volta non aveva messo in pericolo Emily, ma non era stata presente quando la sua bambina stava male e voleva probabilmente essere coccolata. Dio, le mancava così tanto coccolare Emily da stare male. L’aveva abbracciata a malapena qualche volta da quando si era trasferita e le mancavano i suoi abbracci. Le mancavano tantissimo.

Le mancava tenerla stretta a sé finché non si addormentava. Le mancava pettinare i capelli di Alexis in un due lunghe code arancioni. Le mancava sedersi sul divano accanto a Rick e il modo in cui lui allungava un braccio e le solleticava il piede solo per infastidirla. Avrebbe potuto ancora averlo, ma aveva deciso di rinunciarci per dedicarsi ad un lavoro che, doveva ammettere, stava andando bene, ma che non avrebbe mai potuto rimpiazzare la cosa principale di cui aveva più bisogno: la sua famiglia.

‘Kate,’ cominciò Rick, poggiandole una mano sulla spalla, ‘voler fare carriera non ti rende una madre terribile. Significa che stai cercando di costruire un futuro per te e per Emily, Ma sai, puoi ancora costruirlo senza lavorare ottanta ore a settimana.’

‘Sessantacinque.’ lo corresse.

‘Ad ogni modo—più di quaranta.’

Kate lo fissò per qualche secondo e poi spostò gli occhi sul salotto. Non l’aveva notato prima a causa della frenesia, ma aveva già le scatole delle decorazioni di Natale in giro per la casa in attesa di essere aperte. Natale; si sarebbe persa un Natale con la famiglia Castle solo perché era stupida e cocciuta. Non voleva vivere lontano da loro e pregò silenziosamente che la sua occasione per rimettere le cose a posto non fosse sfumata.

‘Rick?’

’Sì?’

Voltò la testa per incontrare di nuovo i suoi occhi e gli chiese ‘Posso tornare a vivere qui?’

Un sorriso si fece immediatamente strada sul suo volto. ‘Credevo che non l’avresti mai chiesto.’


‘Papà?’

Senza nemmeno sollevare lo sguardo dalla tastiera, Rick riusciva a percepire il sorriso smielato della figlia maggiore inciso su tutto il suo viso. ’Sì?’

’Stavo pensando—se prendessi qualcosa dalla mia calza, tecnicamente, non starei—‘

‘Alexis.’ Sollevò lo sguardo e la vide sorridergli innocentemente dall’altro lato della scrivania. ’Ne abbiamo già discusso un’ora fa. Hai aspettato fino ad ora, che ti costa un altro po’ di tempo?’

La bambina piagnucolò. ‘E se il lavoro di Kate si prolungasse fino a tardi?’

Rick sospirò e controllò l’ora sul computer; erano da poco passate le quattro. Il turno di Kate sarebbe finito alle cinque, il che significava che non sarebbe tornata prima di un’ora e mezza. Forse anche di più perché era un giorno festivo. Posando di nuovo gli occhi sulla bambina, decise di fare un accordo. ‘Facciamo così—se non sarà qui quando avrai finito di mangiare, potrai aprire i regali nella tua calza. Che ne dici?’

‘Okay.’ disse, anche se chiaramente riluttante.

Rick scosse la testa mentre la guardava uscire dall’ufficio e tornare dove lei ed Emily stavano giocando con la casa di Barbie. In realtà, non poteva essere arrabbiato per la sua impazienza. Aveva già aspettato otto ore in più di quanto facesse normalmente per aprire i regali. Anzi, era molto sorpreso.

Una settimana prima, Kate gli aveva detto di essere stata assegnata ai turni della vigilia e della mattina di Natale. Naturalmente, Rick ne era rimasto deluso e le aveva chiesto se potesse tirarsi indietro o fare cambio con qualcun altro, ma non poteva. Aveva appena cominciato da due mesi; non aveva la possibilità di cambiare i suoi turni così facilmente, soprattutto durante una festa come il Natale. Razionalmente lo capiva, ma non riusciva a non mostrare quanto fosse giù di morale.

Da quando Kate era tornata a vivere insieme a loro, le cose stavano andando benissimo. C’era voluta solo una settimana per ritrovare il loro ritmo familiare e poi tutto era tornato al proprio posto. Le bambine sembravano felici; Kate sembrava decisamente più felice. Anche Rick lo era. Voleva che trascorressero un bel Natale in famiglia, e fu allora che l’idea lo colpì—l’avrebbero semplicemente rimandato!

Kate aveva immediatamente rifiutato l’idea. Negare alle bambine la mattina di Natale non era necessario, per non dire crudele. Lui, le bambine, sua madre e suo padre avrebbero avuto la mattina di Natale come previsto e a lei sarebbe andata bene così; gli aveva solo chiesto di fare molte foto.

Nonostante avesse insistito che non le importava perdersi la celebrazione, Rick non era d’accordo. Erano una famiglia e come tale dovevano celebrare la più importante festa di famiglia insieme. Nella sua mente, la soluzione era semplice: avrebbero posticipato la celebrazione di un giorno. Emily non avrebbe capito la differenza e non credeva che ai loro genitori sarebbe importato; restava da convincere solo Alexis.

Comprensibilmente, la bambina era stata un po’ riluttante, ma aveva concordato con il fatto che un Natale senza Kate non sarebbe stato lo stesso, così aveva accettato di posticiparlo, ma non per un intero giorno. Voleva aprire i regali quella sera, quando Kate avrebbe finito di lavorare, e Rick aveva accettato. Dopo aver valutato le opzioni, Rick aveva deciso anche di non dirlo a Kate in modo da farle una sorpresa quando sarebbe tornata a casa.

Dopo altri venti minuti di lavoro sul suo prossimo libro, Rick andò in cucina a preparare la cena per tutti. Per la grande cena in famiglia era rimasto al piano originario di organizzarla il ventisei Dicembre, che sembrava la cosa più sensata. Il padre di Kate era venuto a fare visita alle bambine quella mattina, e sua madre aveva portato nel pomeriggio un contenitore di zabaione.

Aveva appena messo di fronte alle bambine due piatti di spaghetti, carote e piselli quando la porta si aprì e Alexis si fiondò verso quella direzione. ‘Regali! Regali! Possiamo aprire i regali adesso!’

Dopo che avrai mangiato.’ le ricordò suo padre.

Le spalle di Alexis crollarono di nuovo. ‘Noooo.’

‘Le bambine che si lamentano non avranno i biscotti di Natale per dessert.’

Alexis grugnì, ma non disse nient’altro mentre tornava sulla sua sedia, infilzando una carota con la forchetta.

‘Che…succede?’ chiese Kate a bassa voce guardando l’albero ancora pieno di regali e poi il trio seduto a tavola.

‘Abbiamo posticipato il Natale per te, mamma.’ sintetizzò Emily.

‘Io…sul serio?’ chiese direttamente a Rick.

Lui accennò un sorriso e le indicò di sedersi al suo solito posto a tavola. ‘Vieni a mangiare mentre è caldo; i regali possono aspettare qualche altro minuto.’


Poco dopo le nove, quella sera, Rick scese le scale trovando Kate in piedi in cucina, rigirandosi tra le dita un bicchiere d’acqua. Trattenne uno sbadiglio mentre il suo piede poggiava sull’ultimo gradino. Mettere a letto Emily quella sera era stato stranamente difficile. Era sempre stata brava a infilarsi sotto le coperte, ad ascoltare una storia e ad addormentarsi velocemente, ma quella sera era stata una lotta anche a causa dei quindici minuti extra con i suoi nuovi giocattoli. Aveva pianto finché Rick non le aveva letto due storie, ma aveva comunque resistito al sonno fino alla fine. Per quanto volesse essere arrabbiato, non poteva; la sua faccia da cucciolo abbandonato era troppo adorabile.

‘Beh, sarai felice di sapere che Emily si alzerà “presto”’ ripeté imitando le virgolette ‘domani mattina per giocare con i suoi nuovi giocattoli.’

Kate sorrise dolcemente. ‘Davvero?’

Lui fece spallucce. ‘Ha detto così. Dubito comunque che scenderà prima delle sette.’

Kate annuì e fece tintinnare le dita contro il bicchiere. ‘Non dovevi farlo, sai—aspettarmi per aprire i regali.’

Lui non era d’accordo, ma non lo disse. Invece, disse solo ‘Ma volevo farlo e Alexis era d’accordo: non sarebbe stato Natale senza noi tutti insieme. Hey.’ la raggiunse quando lei si voltò per nascondere il labbro tremante. ‘Non volevo farti piangere.’

Lei scosse la testa e si asciugò le lacrime. ‘Non è questo, è che…immagino che non avere mia madre qui sia molto più difficile quest’anno.’

Rick sospirò mentre infilava una mano nella tasca dei jeans. Oh, beh; aveva un senso. In effetti, sembrava molto più silenziosa e più introversa degli anni precedenti. ’Mi dispiace.’ disse, sapendo di non poter fare altro.

Lei gli mostrò un sorriso forzato e lo guardò. ‘È stupido.’

‘Mai.’

Kate abbassò le mani finché non agguantò i gomiti. ‘Più Emily diventa grande più vedo pezzi di mia madre in lei…saranno probabilmente gli stessi che ho io e di cui non mi rendo conto, ma a volte mi rende triste perché mamma non la conoscerà mai.’

Rick allungò una mano e le accarezzò un braccio; conosceva bene quei sentimenti. Quando Alexis era più piccola, notava che sua madre stravedeva per lei e sapeva che non avrebbe mai avuto un nonno che l’avrebbe viziata. Era strano che lui non avesse mai avuto particolari problemi riguardo alla mancanza di una figura paterna, ma una volta nata Alexis aveva paura che lei l’avrebbe avvertita. Ovviamente, la situazione di Kate era diversa visto che lui non aveva mai conosciuto suo padre, mentre l’assenza di sua madre si avvertiva pesantemente.

Vedendo una lacrima scivolarle sul viso, Rick decise di fare qualcosa per farla stare meglio; far sparire il dolore, anche se per poco. Non aveva niente da offrirle se non una storia che avrebbe potuto strapparle un sorriso, ma sempre meglio di niente. ‘Non so se questo potrà farti stare meglio, ma ho un video fatto stamattina che potrebbe piacerti. È tuo padre che gattona sul pavimento con Emily sulla schiena che finge di essere un cowboy che distribuisce i regali di Natale nei ranch.’

Kate emise una risata inaspettata. ‘Cosa? Perché?’

‘Non ne ho idea.’ rispose onestamente. ‘Credo sia a causa del cartone animato che abbiamo visto l’altro giorno con quegli animali, ma chissà per quale ragione vuole andare in un ranch.’

‘Mi fa davvero sentire meglio, Rick; grazie.’

Lui le sorrise. ‘Allora forza; guardiamolo.’

‘Magari domani? Sono un po’ stanca.’

Lui annuì. ‘Certo, ti sei svegliata presto e hai avuto una lunga giornata.’

Lei annuì, prese il suo bicchiere, ma poi lo posò di nuovo, guardandolo attentamente. ‘So che probabilmente, uhm, vorrai continuare la nostra tradizione di regali di Natale ma non credo di poterlo fare al momento; mi dispiace.’

Rick aggrottò immediatamente la fronte non avendo colto la sua allusione, ma un momento dopo, quando l’idea lo colpì, il suo viso arrossì. Oh, merda; pensava che si aspettasse del sesso. Il pensiero non gli era nemmeno passato di mente, in realtà—cioè, non quel giorno, comunque.

Ci aveva pensato qualche giorno prima mentre si lavava i denti. Stava ripassando a mente il programma natalizio quando il sorriso luminoso di Kate gli attraversò la mente e ripensò alla loro così detta “tradizione”; la tradizione che era cominciata l’anno in cui era nata Emily. In quel momento aveva pensato che essendo di nuovo single a Natale sarebbero finiti tra le lenzuola, ma non si aspettava alcun tipo di intimità, soprattutto da quando lei si era immersa di nuovo nel suo lutto.

‘Oh, Kate, no. Io non…voglio dire…non preoccuparti.’ disse dopo qualche difficoltà. Con un sorriso forzato, le offrì ‘Vuoi vedere se c’è qualche film di Natale in tivù o vuoi solo andare a letto?’

‘A letto, credo.’ avanzò leggermente, lo baciò sulla guancia e disse ‘Grazie per questo Natale stupendo.’

‘Di niente, Kate; dormi bene.’

Quando sparì su per le scale, Rick andò in salotto per ripulire l’esplosione di carta strappata e le scatole ormai vuote dei nuovi giocattoli. Accartocciò la carta e fece del suo meglio per riordinare il tutto, ma sembrava un lavoro infinito. Forse aveva esagerato un po’ quell’anno, ma non voleva che nessuna delle due bambine rimanesse delusa. Ricordava benissimo i Natali di quando era piccolo, quando i soldi scarseggiavano e sua madre riusciva solo a comprargli dei nuovi vestiti e ogni tanto qualche pensierino. Oh, Martha organizzava sempre qualche attività teatrale e lui non si era mai sentito triste il giorno di Natale, ma a volte era difficile tornare a scuola per sentire tutti i doni che avevano ricevuto i suoi amici e non avrebbe mai voluto far passare questo alle sue figlie—non da quando era abbastanza fortunato da poterselo permettere.      

Trascinando il sacco dell’immondizia in corridoio, Rick vide il bicchiere d’acqua di Kate abbandonato sul bancone. Pensando che magari lo avrebbe voluto, abbandonò il sacco, prese il bicchiere e salì le scale. Camminò in punta di piedi verso la camera di Kate e trovò la porta socchiusa, cosa che faceva sempre nel caso Emily l’avesse chiamata durante la notte. Aprendola leggermente, vide che Kate era rannicchiata su un fianco dal lato opposto della porta.

Provando ad essere il più furtivo possibile, il che era difficile a giudicare del suo enorme piede, Rick entrò nella stanza con l’intento di poggiare il bicchiere sul comodino. Era quasi riuscito nel suo intento quando realizzò che lei era ancora sveglia e che stava piangendo. Si maledì e provò a dare una veloce spiegazione. ‘Scusa,’ sussurrò ‘non volevo disturbarti; pensavo che avresti voluto l’acqua.’

Rick posò il bicchiere vicino alla sveglia e si voltò per lasciare la stanza, ma poi sentì la mano di Kate afferrare la sua, così si fermò.

‘Puoi…puoi stare con me un minuto?’

Le strinse leggermente la mano. ‘Resterò tutto il tempo che vuoi.’ Poi, senza aspettare un ulteriore invito, si sdraiò sul letto e la abbracciò da dietro. Lei accettò il suo braccio sotto il petto e si strinse a lui. Posò un bacio sulla sua spalla e la tenne stretta anche dopo che si fu addormenta.











Angolo:
Buonasera a tutti!
Vi ringrazio moltissimo per continuare a leggere e commentare e grazie mille a tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto!
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Scendendo dalla macchina proprio di fronte al Roosvelt Park, Kate si aggiustò la cintura sui fianchi e guardò il suo partner, l’agente Ramirez, che le rivolse un cenno fiducioso. Erano ancora di pattuglia quando erano stati chiamati in una scena del crimine per controllare la folla lì intorno. Evidentemente qualcuno aveva provato a rapire un bambino al parco e alcuni dei presenti avevano cominciato a insospettirsi.

’Sai cosa fare, Beckett?’ chiese Ramirez mentre aspettavano che il traffico diminuisse, in modo da poter attraversare.

Kate annuì. ’Sì, signore.’ Era stata assegnata all’agente Ramirez dopo Capodanno—a malapena da quattro settimane. Sentiva di star imparando molto da lui, ma capiva anche che non aveva la pazienza per una recluta in erba come lei. Non era mai scortese, ma sembrava infastidito dalle domande che gli rivolgeva quando non conosceva i protocolli. Peggio, sembrava irritato quando citava le cose che aveva imparato in accademia. ‘Le strade non sono come le aule di una scuola, Beckett.’ le aveva detto almeno una dozzina di volte. Ma ad ogni modo, apprezzava che lui non avesse scrupoli; era così che imparava.

Nonostante tutto, credeva che i primi quattro mesi come agente di polizia fossero andati bene. Veniva elogiata durante le valutazioni mensili e la lista di cose in cui avrebbe dovuto migliorare era sempre molto corta. Certo, da quando si era trasferita di nuovo con la sua famiglia non portava più a casa il lavoro extra di quando viveva da sola, ma ne valeva la pena per stare di più insieme a Rick e alle bambine.

Quando raggiunsero il marciapiede al lato del parco, Kate intravide delle altalene oltre la staccionata e il suo cuore fece un balzo. Lei e Rick avevano portato le bambine in quel parco molte volte lo scorso anno e avevano creato dei bellissimi ricordi. Il suo stomaco si contorse al pensiero di Emily o Alexis come vittima di rapimento o di un tentato rapimento; la sola idea la faceva stare male.

Dio, cosa c’era di male nel mondo? Chi potrebbe mai fare del male a un bambino? Purtroppo, i predatori violenti esistevano ovunque e quello era uno dei motivi per cui ringraziava di avere il distintivo sulla giacca. Era una delle poche persone che aveva effettivamente il potere di fare qualcosa; di tenere tutti al sicuro.

‘Ora chiederemo ai detective che stanno ispezionando la scena dove vogliono che andiamo, ma probabilmente vorranno farci recintare l’area—forse anche chiudere una delle entrate del parco.’

‘Okay.’ Kate annuì. Girando l’angolo diede un’occhiata alle persone accalcate lì vicino finché, dietro alcuni uomini in divisa, non notò una volante della polizia. Avvicinandosi, Kate riuscì a distinguere due piccole bambine sedute sul cofano aperto del veicolo, ma la più grande aveva i capelli rossi.

Oh Dio.

Il cuore smise immediatamente di battere. No, certo che no. Non poteva essere…ma il parco era molto vicino al loro appartamento e—oh Dio.

Kate piantò i piedi sul pavimento e provò a guardare più attentamente attraverso la folla. La bambina più grande indossava una giacca verde e aveva i capelli pettinati in due codine. Accanto a lei, una bambina più piccola, dai capelli castani, era aggrappata al suo petto. Indossava una giacca rosa con dei brillanti bottoni gialli.

Oh Dio.

La ragazza, ormai terrorizzata, cominciò a farsi strada tra la gente quando Ramirez le urlò ‘Beckett, che diavolo stai—‘

’Sono le mie bambine!’ urlò in risposta. ‘Le mie bambine!’

Quando riuscì finalmente a districarsi nella folla, Kate sorpassò la minuscola barriera costruita dagli uomini già sulla scena e si fiondò dritta verso la macchina. Prima che uno di loro potesse chiederle qualcosa, lei richiamò l’attenzione delle bambine. Al suono della sua voce Emily scoppiò in lacrime, correndo verso la ragazza che si era ormai accasciata sulle ginocchia.

Kate la afferrò al volo, prendendole il viso tra le mani e baciandola sulle guance. ‘Emily, Emily, stai bene? Alexis?’ guardò la bambina dai capelli rossi, che si avvicinò lentamente.

‘Stiamo bene, non ci ha prese.’

Quella affermazione le fece quasi vomitare il contenuto dello stomaco sul marciapiede, ma riuscì a trattenersi. L’orrore che provava era ancora molto forte, ma la furia continuava ad aumentare. Chi era quel tizio e cosa aveva fatto alle sue piccole, innocenti bambine?

‘Che succede qui, agente?’

Kate si alzò per rispondere, ma Emily strillò e le si aggrappò al collo talmente forte quasi da toglierle il respiro, così le diede un leggero colpo sul sederino per prenderla in braccio; le gambe di Emily si allacciarono immediatamente intorno al suo busto in modo da permetterle di voltarsi e rispondere al detective. ‘Loro sono le mie bambine.’

‘E il suo nome è?’

‘Agente Kate Beckett. Sono stata chiamata sulla scena con l’agente Ramirez; non sapevo che loro fossero…coinvolte.’

Il detective la guardò, abbassò gli occhi sul taccuino e poi annuì.

Momentaneamente soddisfatto, permise a Kate di voltarsi di nuovo verso Alexis, allungando una mano per accarezzarle delicatamente il viso. ’Sicura di stare bene? Dov’è tuo padre?’

Alexis indicò oltre le altalene. ‘La polizia l’ha portato lì.’

Gli occhi di Kate misero in rassegna l’area finché non individuarono tre persone a qualche metro di distanza. Erano oscurati dagli alberi e dalle attrazioni del parco giochi, ma riuscì a intravedere il profilo di Rick dietro un agente in uniforme e un terzo uomo che Kate pensò fosse il detective. L’agente stava indicando l’altro lato della strada, annuendo, per poi voltarsi di nuovo verso Rick. Da ciò, Kate poté solo supporre che l’uomo che aveva tentato di rapire sua figlia era scappato.

Prima che la rabbia potesse prendere il sopravvento, venne distratta da Emily che cercava di abbracciarla con molta più forza, così si voltò, in modo da poter baciarla e strofinare il naso contro la sua testa. ‘Va tutto bene, tesoro; la mamma è qui.’ Chiuse gli occhi e la strinse forte, ringraziando silenziosamente l’universo, ma rifiutandosi anche di pensare a come sarebbe potuta finire male.

Quando era uscita per andare al lavoro quella mattina, era già molto in ritardo a causa dell’asciugacapelli che aveva mandato in cortocircuito l’impianto del bagno, costringendola così a schizzare fuori di casa senza poter prima entrare nella stanza di sua figlia per darle un bacio. Non poteva farlo con Alexis; la ragazza non dormiva abbastanza pesantemente, ma Emily sì ed era diventata un'abitudine che mancava raramente da quando era tornata al loft. Quella mattina era stata troppo frettolosa, e se fosse successo qualcosa alla sua bambina non se lo sarebbe mai perdonata.

Quando il pianto di Emily si calmò, Kate portò di nuovo l’attenzione sulla ragazzina, che si teneva i gomiti tra le mani. Non conoscendo la storia, non sapeva ancora quanto Alexis fosse stata coinvolta, ma sapeva anche che non c’era motivo per cui dovesse restare sola, senza essere confortata. Spostando leggermente Emily in modo da reggerla con un solo braccio, allungò la mano sinistra e disse ‘Hey, Alexis, vieni qui.’ Pur non proferendo parola, Alexis poggiò tutto il peso contro Kate, cosa che la portò ad accarezzarle la schiena e parte del braccio.

‘Beckett?’

Il momento venne interrotto un minuto dopo dall’arrivo del suo partner. Si voltò verso di lui con entrambe le bambine strette contro il suo petto e si scusò ‘Mi dispiace.’

Ramirez scosse la testa, offrendole per la prima volta dopo mesi un sorriso gentile. ‘Non preoccuparti. Ho chiamato la centrale e gli ho spiegato la situazione; hai il resto della giornata libera.’

Kate annuì. ‘Grazie mille.’

Ramirez abbassò lo sguardo su Alexis e poi di nuovo su Kate. ‘Ho due maschi quindi, credimi, lo capisco. Buona serata a te e alla tua famiglia, Beckett.’

Kate lo ringraziò di nuovo e si voltò verso Alexis con l’intenzione di chiederle cosa fosse successo, ma venne interrotta quando sentì ‘Kate! Oh, grazie a Dio ti hanno trovata!’

Si voltò verso l’uomo che correva nella sua direzione, chiedendogli ‘Cosa? Di che stai parlando?’

‘Ho detto al detective che eri in servizio e che avrebbe chiamato la centrale per scoprire dov’eri.’

Kate scosse la testa. ‘No, no, sono stata chiamata sulla scena per caso. Che è successo?’

Il viso di Rick arrossì per il rimorso. ‘Oh Kate mi dispiace moltissimo—è tutta colpa mia.’

‘Non è colpa tua, papà.’ affermò Alexis, lasciando la presa su Kate per dirigersi verso suo padre, il quale si chinò per baciarla sulla testa prima stringerla a sé.

‘Okay, signor Castle, vorremmo prendere la dichiarazione di sua figlia adesso se-‘ L’uomo esile che Kate aveva visto insieme a Rick in fondo al parco si fermò quando, una volta sollevato lo sguardo dal suo taccuino, la vide davanti a sé. Aggrottò la fronte e le chiese ‘Cosa fa qui, agente?’

‘Oh no, lei è Kate Beckett.’ si affrettò a spiegare Rick. ‘Si ricorda—le ho detto che lavorava in polizia.’

L’uomo annuì con limitato interesse. ‘Lei è la madre?’ le chiese. Quando Kate confermò con un cenno lui fece le sue presentazioni, anche se con tono irritato. ‘Detective Franklin. Vorrei cominciare a parlare con…Emily, giusto? La più piccola.’

’Sì, è Emily.’ confermò Rick.

Kate provò a staccare la bambina dalla sua posizione, ma qualsiasi tentativo di farle allentare la presa la fece solo urlare e aggrapparsi ancora più forte. Alla fine, Kate guardò il detective e disse ‘È davvero necessario? È molto spaventata.’

‘Le dico io cos’è successo.’ s’intromise Alexis prima che potesse dire un’altra parola. ‘Stavamo salendo sullo scivolo e pensavo che Emily fosse dietro di me, ma quando mi sono girata lei non c’era. C’era un cucciolo ed Emily adora i cuccioli. Sono scesa e le sono andata incontro, ma poi ho visto l’uomo afferrare il braccio di Emily così ho urlato e sono corsa verso di loro, poi gli ho dato un morso sul braccio e lui ha lasciato perdere.’ Voltandosi verso suo padre disse ‘Scusa papà.’

Rick s’inginocchiò e la strinse tra le braccia. ‘No, Alexis—non scusarti; sei stata molto brava e hai salvato tua sorella.’

Dopo aver ascoltato i dettagli, Kate abbracciò Emily ancora più forte e le accarezzò dolcemente la schiena. Poteva sentire le ginocchia cominciare a tremare al pensiero che qualcuno—una persona terribile, orribile, malata—avesse potuto usare un cucciolo per attirare una bambina. La cosa peggiore era che Emily era un obiettivo perfetto. Amava così tanto i cuccioli che quando li vedeva si dimenticava della sua stessa sicurezza. L’avevano beccata più volte a correre da sola per i marciapiedi solo per andare ad accarezzare un cane.

Facendo del suo meglio per controllare le emozioni, Kate si schiarì la voce e si voltò verso il detective Franklin, che stava scarabocchiando qualcosa sul taccuino. ‘Non l’avete trovato?’

‘No, è scappato. Un agente del canile ha trovato il cucciolo che girovagava non molto distante da qui, ma abbiamo una buona descrizione da alcuni testimoni.’

‘Controllerete le telecamere di sicurezza delle strade vicine?’

Il detective Franklin alzò gli occhi al cielo. ‘Sì, agente, sappiamo come fare il nostro lavoro.’

Kate si sentì arrossire. All’improvviso aveva di nuovo diciannove anni, seduta nel salotto dell’appartamento dei suoi genitori mentre il detective Raglan spiegava a lei e a suo padre che avrebbero cercato l’uomo che aveva tolto la vita a sua madre, ma che non avrebbero dovuto tenere alte le loro aspettative, visto che in situazioni del genere non c’era sempre una soluzione. Sarebbe successa la stessa cosa se Emily fosse stata rapita? Sarebbe scappato e non sarebbe mai stato trovato solo per poter attirare un altro bambino in futuro? ‘Scusi, signore, ma queste sono le mie bambine; sto solo cercando di tenerle al sicuro.’

Il detective Franklin non parlò, ma scrisse altre due cose sul taccuino. Quando alzò lo sguardo, si rivolse a Rick. ‘Potremmo non aver bisogno di parlare con la più piccola; probabilmente abbiamo già abbastanza, ma ho il suo contatto. Vi faremo sapere se lo troviamo.’

‘Siamo liberi di andare allora?’ chiese Rick, ma detective li liquidò con un gesto noncurante della mano incamminandosi verso il suo partner dall’altro lato del veicolo.

Voltandosi verso Kate, le chiese ‘Devi tornare a lavoro?’

Lei scosse la testa. ’No; andiamo a casa.’


‘Okay, Emily, tesoro, devi allentare un po’ la presa così mamma può togliersi la cintura.’ disse Kate provando slacciarla da sotto le gambe di Emily, ma fu inutile; non c’era molto che potesse fare con la bambina aggrappata a lei. Kate non aveva problemi a consolare sua figlia; infatti, non vedeva l’ora di sedersi sul divano e coccolarla, ma prima doveva cambiarsi. I quattro isolati dal parco al loft erano valsi due volte la distanza con i venti chili di Emily in più da trasportare. E a peggiorare le cose, il sole l’aveva fatta sudare, nonostante fossero ancora gli ultimi giorni di Gennaio. Doveva almeno togliersi la cintura e il giubbotto antiproiettile, ma avrebbe voluto cambiarsi dalla testa ai piedi.

‘Emily.’ la chiamò Kate, scuotendole la gamba per farla rispondere.

’No.’ disse Emily, affondando ancora di più il viso nel suo collo.

’Solo due minuti e poi ti riprendo in braccio, te lo prometto.’ posizionando le mani sui suoi fianchi, Kate provò a spingerla via, ma la fece solo innervosire e ricominciare a piangere.

‘Noo!’

‘Em, dai.’ disse Rick, raggiungendole. Per la maggior parte del tragitto aveva tenuto stretta la mano di Alexis ed era rimasto stranamente silenzioso. Kate aveva percepito il senso di colpa stampato su tutto il suo viso, ma non voleva discuterne davanti alle bambine. ‘Ti tengo io mentre mamma si cambia.’

Quando la prese per i fianchi, Emily emise un grido e i singhiozzi aumentarono. Si rifiutò di incrociare gli occhi di Kate, così fece subito un passo indietro. Leggermente frustrata, Kate provò a slacciare le braccia dal suo collo, ma per essere così piccola stava applicando una forza incredibile.

‘Emily, tesoro, andiamo. So che sei spaventata, ma stai diventando irragionevole. Devi fare la bambina grande per due minuti e ti prometto che poi ci faremo le coccole per tutto il tempo che vuoi.’

‘Andiamo, Emily.’ disse Alexis, allungando una mano per toccare la gamba della sorella. ‘Puoi aggrapparti a me.’

Per fortuna, il suggerimento funzionò ed Emily poggiò i piedi a terra per aggrapparsi immediatamente alla sorella. Mentre Alexis le accarezzava la schiena, Kate prese subito la pistola di servizio e il taser dalla fondina per metterli in cassaforte. Poi slacciò la cintura di cuoio contenente la torcia, le manette e uno spray al peperoncino per posarla sopra l’appendiabiti. Alla fine si tolse la giacca dell’uniforme, restando solo con una maglietta grigia.

Riuscì a fare tutto in meno di due minuti, il che era un bene dato che Emily era più che pronta a tornare tra le braccia della madre. Voltandosi verso Rick disse, ‘Vado su per provare a cambiarmi.’

Lui annuì e avanzò verso di loro, poggiando una mano al centro della schiena di Emily. ‘Mi dispiace moltissimo per quello che è successo oggi, tesoro. Sono felice che tu stia bene e ti voglio tanto bene.’

L’unica risposta di Emily al contatto di suo padre fu immergere di nuovo il viso nel collo della madre. Kate vide la delusione farsi strada sul viso di Rick e le si spezzò il cuore. Nonostante Emily cercasse lei sempre quando era malata o in cerca di conforto, era anche una cocca di papà proprio come Alexis. Vederli giocare insieme sembrava come assistere ad una vera magia, solo suo padre riusciva a farla sorridere e ridere in quel modo. Sapeva che avrebbero recuperato quel rapporto, ma aveva paura che ci sarebbero voluti giorni.

Non volendo che Rick rimanesse troppo ferito, allungò una mano, gli accarezzò il bicipite e gli offrì un sorriso gentile. Sapeva che avrebbero dovuto parlarne quella sera, ma per il momento era il massimo che poteva fare. Quando incontrò i suoi occhi, dopo qualche secondo, si voltò e salì al secondo piano con la bambina.


Osservando Kate e Emily scomparire al piano di sopra, Rick resistette all’impulso di cedere alle lacrime. Dire che si sentiva sopraffatto dal senso di colpa sarebbe stato poco. Era devastato. Avrebbe dovuto prendersi cura delle bambine; avrebbe dovuto tenerle d’occhio, al sicuro, e aveva fallito.

Un rumore in cucina lo distrasse dai suoi pensieri. Voltò la testa e, quando vide Alexis prendere una bottiglietta d’acqua dal frigo, il suo cuore fece un balzo.

Alexis. La sua bellissima, brillante, gentile, coraggiosa bambina quel giorno era andata oltre i suoi doveri di sorella. Nonostante si fosse ritrovata in una situazione del genere, non poteva che esserne fiero per come era riuscita a gestirla. Nonostante i suoi difetti di padre, lei era cresciuta ed era diventata una persona meravigliosa.

‘Vieni qui Alexis.’ disse mentre si dirigeva in cucina. Allungò una mano per prendere la sua, avvicinandola a sé quando si chinò alla sua altezza. ‘Voglio solo dirti che sono fiero di te, tesoro; molto fiero. Quello che hai fatto oggi è stato incredibilmente coraggioso.’

Alexis fece spallucce. ‘Non è stato spaventoso; non ci ho nemmeno pensato.’

‘Ad ogni modo, sei stata molto coraggiosa e mi dispiace averti messo in questa situazione.’

Lei posizionò la mano sulla spalla del padre, ‘Non devi dispiacerti, papà. Come potevi sapere che lui fosse lì?’

Non avrebbe potuto. Lo sapeva. Giorni come quello gli facevano venire voglia di tenere strette le sue figlie tra le braccia e di metterle sotto una campana di vetro solo per precauzione, ma sapeva che non avrebbe potuto farlo. Doveva permettergli di crescere e fiorire, cosa che non avrebbero potuto fare se le avesse tenute troppo strette. In ogni caso, sarebbero rimasti lontani dal parco per un po’.

‘Comunque, sono molto fiero. E possiamo mangiare quello che vuoi per cena, Alexis—qualsiasi cosa.’

‘Pizza e patatine?’ chiese speranzosa la piccola rossa.

Rick sorrise. ‘Certo; quello che vuoi.’


Mezz’ora dopo, prima di ordinare la cena, Rick si avventurò per la prima volta verso il secondo piano da quando erano tornati a casa. Non voleva infastidire Emily dato che la sua presenza non era chiaramente gradita, ma voleva chiedere a Kate prima di ordinare. Controllò prima nella sua camera, ma era vuota, così attraversò il corridoio e le trovò insieme sul pavimento della stanza di Emily. Kate era seduta con la schiena poggiata contro il letto e le gambe distese. Emily era sdraiata perpendicolarmente, con la testa sul suo grembo mentre la madre le leggeva un libro. Rick bussò alla porta; Kate sollevò immediatamente lo sguardo.

‘Sto ordinando la pizza da Little Nick. Tu vuoi un’insalata o qualcos’altro?’

Kate scosse la testa. ‘La pizza va bene. Prendi anche qualcos’altro?’

‘Patatine fritte.’

Kate sorrise. ‘Un pasto salutare, quindi.’

Lui le rivolse un sorriso. ‘Certo. Emily sta dormendo?’

Kate infilò un dito tra i capelli della bambina. ’No, è solo sdraiata. Em, vuoi che papà si sieda con te per un minuto mentre vado in bagno?’

‘No.’

‘Beh, lo faremo comunque.’ disse rivolgendo a Rick uno sguardo severo. Lui si sedette sul pavimento vicino alle gambe di Emily mentre Kate provava ad alzarsi. Per fortuna la bambina non protestò, ma non fece nemmeno alcuno sforzo di muoversi dopo che sua madre le ebbe poggiato la testa sul tappeto. Poi Kate porse il libro a Rick prima di uscire dalla stanza.

‘Emily, tesoro, mi dispiace molto per quello che è successo oggi. Sono sicuro che eri molto spaventata.’

’Sì.’ disse flebilmente.

‘Non devi preoccuparti; sei al sicuro adesso.’

Emily si sedette, tirò su con il naso, e si sdraiò di nuovo in modo da poggiare la testa sulle gambe di Rick. Anche se non aveva detto una parola o non l’aveva nemmeno degnato di uno sguardo, era il segno più positivo che aveva ricevuto dall’incidente, così lo interpretò come una piccola vittoria, accarezzandole il braccio finché Kate non fece ritorno.


Kate sospirò quando raggiunse le scale. Non erano nemmeno le nove, ma si sentiva esausta. Emily si era finalmente addormentata dopo la loro routine serale, ma aveva cominciato a piangere quando lei aveva provato a lasciare la stanza. Alla fine, aveva deciso di sedersi ai piedi del letto, ma aveva paura che avrebbe avuto degli incubi e che non sarebbe riuscita a dormire a lungo. Per una cosa o l’altra, sapeva che lei e Rick avrebbero dovuto parlarne prima o poi.

Non vedendolo né in cucina né in salotto, controllò nel suo ufficio, ma era vuoto. Da lì, però, udì dei lievi rumori provenire dalla camera da letto. Se stava piangendo, non c’era bisogno di immaginare il perché. Era stata una brutta giornata per tutti, ma Emily aveva rifiutato la sua buonanotte e il suo bacio, e sapeva che per lui quella era stata l’ultima goccia.

Avvicinandosi alla porta aperta, Kate rimase in disparte per un secondo, osservandolo asciugarsi le lacrime e il naso con un fazzoletto. Era davvero un brav’uomo e un buon padre. Odiava vederlo soffrire, soprattutto da quando quella situazione non era altro che il prodotto della crudeltà di qualcun altro e di una terribile sfortuna. Quando gettò il fazzoletto, lei entrò nella stanza rivelando la sua presenza. Lui la guardò leggermente spaventato.

‘Oh—ciao. Uhm, Emily si è addormentata tranquillamente?’

Kate fece spallucce. ‘Finalmente è crollata, ma non credo che lo sarà per molto.’ Emily di solito aveva il sonno profondo, ma era anche suscettibile ai fattori esterni. In effetti, dopo quella volta in cui aveva visto un cartone animato con Alexis che, nonostante tutto, era risultato troppo spaventoso per una bambina così piccola, aveva avuto gli incubi per oltre una settimana. Kate aveva paura che l’incidente avrebbe avuto delle conseguenze simili—se non peggiori.

Rick annuì e poi la guardò, colpevole. ‘Kate, mi dispiace davvero, davvero tanto. Non posso nemmeno cominciare a dire quanto sono dispiaciuto. Sarai furiosa con me.’

Lei attraversò la stanza e si sedette sul letto accanto a lui. ‘Per niente, Rick; non è stata colpa tua.’

’Sì, invece!’ insistette. ‘Mi sono distratto due minuti—due minuti. Una madre mi stava chiedendo dei miei libri e io stavo parlando con lei…le ho viste vicino allo scivolo e…e quando mi sono voltato, ho letteralmente detto “Ha visto per caso dove sono andate le mie figlie?” poi ho sentito Alexis urlare e—Dio—avrei potuto perderle!’

Kate si avvicinò a lui e posò una mano sulla sua. ‘Ma non è successo.’

Lui la guardò con gli occhi arrossati. ‘Ma avrei potuto e poi non sarei più stato capace di vivere.’

Kate fece un respiro profondo e gli strinse la mano. ‘Rick, ascoltami. Sei un padre fantastico. Non avrei potuto chiedere un uomo migliore come padre di mia figlia, ma non puoi struggerti per questo. Non potrai controllarle ogni secondo di ogni giorno per il resto delle loro vite. E le bambine stanno bene.’

Lui emise un sospiro incredulo. ‘Alexis non sta bene. So che mostra il suo lato coraggioso, ma credo sia molto più spaventata di quanto lascia credere. Ed Emily? Emily mi odia.’

‘Non ti odia; non potrebbe.’

‘Oh no, hai ragione—peggio; è terrorizzata da me.’

‘Non lo è.’

’Sì, invece!’ insistette. ‘E chi può biasimarla?’ Si portò una mano alla bocca. ‘Quando ho sentito Alexis urlare, mi sono messo a correre. Non credo di aver mai corso più veloce in tutta la mia vita, ma credevo che le fosse capitato qualcosa—che fosse caduta dallo scivolo e che si fosse fatta male, ma quando l’ho raggiunta ho visto che stava mordendo il braccio di quell’uomo. Quella scena—quel momento.’ Scosse la testa e prese un bel respiro. ‘Non lo dimenticherò mai.’

‘L’hai visto in faccia?’ chiese lei a bassa voce.

Lui fece spallucce. ’Solo per poco. Aveva gli occhiali da sole e un cappello; era bianco. È tutto quello che posso dirti. Mi sono solo concentrato su Emily e Alexis per portarle via il più velocemente possibile. L’aveva già lasciato andare quando sono arrivato, ma le ho prese entrambe e sono corso di nuovo con loro verso il parco giochi. Ecco perché Emily mi odia—l’ho spaventata. Non voleva nemmeno che la consolassi; si è aggrappata solo ad Alexis.’

Il livello d’insicurezza nel suo tono di voce la fece rabbrividire. Ragionandoci, non aveva assolutamente senso. ‘Vedi, è solo questo—l’hai spaventata. Probabilmente non aveva idea che quell’uomo stesse cercando di rapirla; era troppo distratta dal cane. Lo supererà; ha solo bisogno di un po’ di tempo.’

‘E se non lo facesse?’

Lei scosse la testa. ‘Lo farà.’

Emise un sospiro esausto e si coprì il viso con le mani. ‘Dio, Kate, continuo a pensarci. E se Alexis non avesse notato che Emily non era più dietro di lei? Se non fosse arrivata in tempo? Emily sarebbe…sarebbe…’

‘Rick.’ Kate girò intorno al letto e si sedette vicino a lui in modo da potergli avvolgere le braccia intorno alle spalle. ’Smettila. Smetti di pensarci. Lo so—ho pensato anch’io a tutti questi terribili scenari, ma tu stai diventando pazzo. Emily sta bene; quell’uomo non l’ha ferita. E nemmeno Alexis.’

‘Mi dispiace, Kate. Mi dispiace tanto.’

Kate lo zittì e lo attirò contro il suo petto, sdraiandosi sul materasso in modo che potessero rannicchiarsi insieme. Lo cullò e gli posò un bacio sulla fronte. Rimasero in quella posizione per alcuni minuti finché Rick non si sollevò per guardarla negli occhi. Riusciva a vederlo; il dolore. Stava cercando un po’ di conforto, una conferma, e lei non aveva problemi a dargli tutto ciò di cui aveva bisogno.

Fece scorrere le mani dalle sue orecchie fino alla mascella, accarezzandogli le guance con i pollici. Annuì prima di sollevare la testa e incollare le labbra alle sue. La sua risposta fu immediata, portando le mani bramose sul suo petto e avvicinando i loro corpi. Ci vollero solo pochi minuti prima che le mani cominciassero a vagare sotto i vestiti, ma a lei non importava; voleva essere confortata tanto quanto lui e, nella sua mente, non c’era persona migliore con cui farlo.











Angolo:
Buonasera a tutti e scusatemi tanto per il ritardo, purtroppo ho avuto un piccolo problema tecnico.
Vi ringrazio enormemente per continuare a leggere e commentare e, vi prego, fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo.
Ci vediamo presto!
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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Sdraiata supina sul letto matrimoniale di Rick, Kate teneva gli occhi chiusi, ma non aveva alcuna intenzione di dormire; la mente era ancora occupata dagli eventi della giornata. Più che altro, era preoccupata per Emily. Quella sera la sua bambina allegra e chiacchierona era stata più strana del solito, pronunciando appena dieci parole e addentando non più di due bocconi della sua cena. Era ovvio, certo. Aveva avuto una giornata spaventosa; persino Kate non aveva avuto appetito. Purtroppo, era preoccupata che la mattina seguente non sarebbe cambiata molto.

L’altra persona per cui si preoccupava era Rick. Anche lui le era sembrato strano, forse a causa della combinazione tra il senso di colpa per l’incidente e lo stress per come sua figlia lo stava trattando. Purtroppo, non c’era molto che potesse fare per lui oltre che confortarlo e promettergli che ciò che era successo non era accaduto per colpa sua e che Emily gli voleva ancora bene.

Aprendo gli occhi, Kate si voltò sul lato sinistro in modo da ritrovarsi al centro del letto e guardare l’uomo accanto a sé. Dormiva sdraiato sulla schiena, con il lenzuolo che gli copriva il petto nudo e le labbra leggermente incurvate. Un’espressione simile le attraversò il viso quando osservò le sue palpebre tremare; beh, almeno era riuscita a renderlo un po’ più felice.

Per usare un eufemismo, i sentimenti di Kate nei confronti di Rick erano molto complicati, e lo erano stati sin dalla sera della cerimonia del diploma in accademia, quando aveva ammesso a se stessa di esserne innamorata. Quei sentimenti erano una delle ragioni per cui aveva deciso di andarsene e provare a vivere per conto suo, ma c’erano molti altri motivi che l’avevano spinta a tornare. Vivere senza Rick era triste, troppo silenzioso, e per niente divertente. Le illuminava la giornata, la faceva sorridere, e la faceva sentire a casa.

Al momento, la sua paura più grande era che lui non potesse ricambiarla. Sì, negli anni c’erano state altre volte in cui si erano “rotolati tra le lenzuola”, il che voleva dire che era decisamente attratto da lei, ma ne era innamorato? Era felice con quella situazione e non si aspettava niente di più? Considerando quello che provava per lui, sarebbe stato devastante, ma l’espressione che aveva visto sul suo viso quando era tornata a casa con le valigie, le aveva assicurato che non era quello il caso; era euforico.

Da quel momento, erano entrati in una situazione di stallo. Ogni tanto la abbracciava o le si sedeva vicino sul divano e le poggiava un braccio intorno alle spalle, ma non l’aveva mai baciata fino a poche ore prima, quando avevano fatto sesso. Non riusciva a smettere di chiedersi se l’avesse fatto perché l’aveva ferito quando se n’era andata, ignorando le sue suppliche di restare. Qualunque motivo fosse, sperava che quella sera potesse dare loro un’opportunità per ricominciare e, magari, avviare un cammino verso la direzione giusta; il cammino per diventare una famiglia ufficiale.

Solo dopo pochi secondi in cui ebbe richiuso gli occhi, Kate sentì un rumore provenire dal salotto. Spalancò gli occhi e si mise ad ascoltare, chiedendosi se fosse solo un rumore di assestamento o un rumore esterno, ma poi lo sentì di nuovo: il suono di piccoli piedi che camminavano sul parquet.

Sollevandosi dal materasso, avvicinò il lenzuolo al petto e sbirciò tra gli scaffali della libreria. Dalla giusta prospettiva, riuscì a vedere attraverso le mensole della camera da letto e quelle dello studio solo un fascio di luce proveniente dal salotto. Mentre lo fissava, una chioma rossa attraversò lo spazio e lei strinse fortemente le labbra. Quindi, Alexis era andata a letto, ma adesso era sveglia; non ne era sorpresa, ma significava che lei e Rick si trovavano in una situazione alquanto imbarazzante.

Provando a sedersi, Kate scosse il petto di Rick con la mano prima che lui grugnisse in risposta. ‘Alexis è sveglia.’ gli sussurrò.

‘Hmm?’

‘Alexis. Ho intravisto dei capelli rossi dalla libreria.’

Lui annuì con ancora gli occhi chiusi. ‘Mmm no. Probabilmente è una delle parrucche che mia madre ha lasciato qui e che ha preso vita.’

‘Rick!’ accennò una mezza risata. Lui non disse niente, ma un sorriso si fece strada sul suo viso. Kate s’inclinò e posò le labbra sulla sua guancia prima di sussurrare ‘Mettiti i pantaloni prima che tua figlia venga qui.’

Seguendo le sue stesse istruzioni, Kate si rivestì legandosi i capelli in uno chignon all’altezza del collo per non far sembrare che avesse appena fatto sesso (non che Alexis sarebbe riuscita a cogliere un dettaglio del genere—o almeno sperava). Una volta resasi presentabile, Kate uscì dalla camera da letto e avanzò verso la bambina seduta sul divano, che sfogliava uno dei suoi libri.

‘Non riesci a dormire, Alexis?’

La bambina posò lo sguardo su Kate. ‘No.’

Un momento dopo, Rick fece il suo ingresso nella stanza e si sedette sul divano vicino alla figlia mentre Kate prese posto sul tavolino. ‘Vuoi parlarne?’ chiese Rick.

Alexis lasciò cadere il libro sul cuscino del divano. Intrecciò le mani tra le gambe e guardò suo padre esitante. ‘Credo…Forse oggi è stato un po’ spaventoso e ho fatto un brutto sogno. E sono preoccupata per Emily; era così silenziosa a cena che non ha mangiato le patatine—lei adora le patatine!’

Rick le rivolse un piccolo sorriso e le posò gentilmente una mano sulla spalla. ‘Sei davvero una bravissima sorella, Alexis, ma non devi preoccuparti per Emily; quello è il nostro lavoro.’

Lei annuì. ‘Okay.’

‘Vuoi che ti riaccompagni a letto?’ si offrì Kate.

‘In realtà, ho un’idea.’ s’intromise Rick. ‘Che ne dite di dormire nel letto grande? Tutti insieme. In questo modo saremo lì nel caso doveste svegliarvi e faceste un brutto sogno.’

‘Okay.’ disse Alexis prima di scendere dal divano e dirigersi verso la camera da letto.

Rick prese il libro che aveva lasciato sul cuscino, lo posò sul tavolino e si voltò verso Kate. ‘Per te va bene?’

‘Oh, uhm, certo; sembra la cosa migliore, ma, uhm.’ abbassò la voce e si avvicinò a lui. ‘Non dovremmo prima cambiare le lenzuola?’

Rick ci pensò per un momento e poi fece spallucce. ‘Forse?’

Considerando cosa avevano fatto nemmeno due ore prima, Kate concluse ‘Io cambio le lenzuola.’

Lui annuì. ‘Io prendo Emily.’

Mentre Rick si dirigeva verso le scale, Kate tornò in camera da letto trovando Alexis seduta sopra il piumone in attesa che arrivasse il resto della famiglia. Chiese alla bambina di spostarsi, tirando via le lenzuola e cambiandole come se fossero qualcosa che li avrebbe aiutati a tenerli al caldo e comodi. Per fortuna, Alexis abboccò e la aiutò persino a cambiare le federe dei cuscini.

‘Sono davvero felice che tu sia una poliziotta, Kate.’ sussurrò la bambina mentre lei sistemava le lenzuola pulite. Si fermò un attimo e sollevò lo sguardo, con espressione curiosa. ‘Così puoi catturare i cattivi e loro non potranno fare del male ai bambini come Emily.’

Kate raggiunse Alexis e la avvolse in un abbraccio. ’Ne sono felice anch’io.’ Quella era la ragione per cui era diventata una poliziotta. Certo, anche catturare gli assassini in modo che le altre famiglie non soffrissero come lei e suo padre era un valido motivo, ma tenere i bambini come Emily e Alexis al sicuro era di certo un nobile obiettivo; un obiettivo che era felice di compiere.

Quando Kate finì con le lenzuola, Rick tornò in camera da letto con una Emily addormentata rannicchiata contro il suo petto. La posò sul lato del letto di Kate, così gli altri poterono sdraiarsi. Kate si rannicchiò contro la figlia, baciandola sulla testa e aspirando il confortante aroma del suo shampoo. Sollevò lo sguardo per vedere Rick accarezzare gentilmente il braccio di Alexis, che cercava di riaddormentarsi. I loro occhi s’incontrarono e si scambiarono un sorriso.


Sbattendo il pugno contro la scrivania, Rick Castle rimase fermo a fissare il pavimento facendo dei respiri profondi dal naso. Le mani erano sudate, il cuore batteva all’impazzata, e riusciva a malapena a vedere. Capitava spesso, purtroppo, dopo una conversazione con la sua ex moglie Meredith. Quella volta, però, era andata molto peggio.

Quella mattina, quando il padre di Kate aveva chiamato e chiesto se poteva passare, Rick gli aveva suggerito di portare le bambine a prendere un gelato non solo perché sarebbe stato l’ultimo giorno caldo prima che la temperatura tornasse sotto i dieci gradi, ma anche perché voleva provare a chiamare la sua ex e raccontarle dell’incidente del giorno prima senza alcun rischio di essere sentito da delle piccole orecchie. Emily sembrava stare meglio. Aveva pianto due volte durante la notte, ma non si era mai svegliata del tutto. Nonostante fosse stata più silenziosa del solito, aveva mangiato la maggior parte della colazione, il che aveva reso Rick meno preoccupato e gli aveva fatto pensare che il gelato sarebbe stata una buona idea.

Una volta usciti Rick aveva intenzione di chiamare Meredith, ma era stato interrotto dalla chiamata di un’assistente sociale, che avrebbe voluto controllare Emily e Alexis. Rick le aveva spiegato che mentre la figlia più grande stava reagendo meglio di quanto si aspettasse, Emily aveva qualche difficoltà. Dopo averle raccontato della mancanza di appetito e di dialogo, l’assistente sociale gli aveva suggerito di venire e di parlare con un terapista, che, aveva assicurato a Rick, era del tutto normale dopo un incidente del genere. Non vedendo altra via d’uscita, Rick aveva accettato e aveva preso appuntamento per il giorno dopo.

Nonostante fosse preoccupato del fatto che Emily avrebbe parlato con un terapista (anche se in sua presenza), la sua ansia evaporò durante la conversazione con Meredith e venne immediatamente rimpiazzata dalla rabbia. Quella rabbia rimase per circa venticinque minuti dopo che ebbe riattaccato, finché Kate non entrò nello studio chiedendogli subito ‘Che è successo?’

Lui la guardò. ‘Dove sono le bambine?’

‘Papà le ha portate in un negozio di animali; io sono tornata per andare in bagno. Che succede?’ ripeté dopo quella breve spiegazione.

Rick si allontanò dalla scrivania, scuotendo leggermente la testa. Non sapeva se parlare con la madre della bambina che era appena stata presa di mira dalla crudeltà e dai commenti insensibili di Meredith. Aveva provato a liquidare la questione con un ‘niente; solo una brutta discussione con Meredith.’

Lei si avvicinò e gli poggiò una mano sul braccio. ‘Rick, stai tremando; questo non è niente.’

Lui scosse la testa. ‘Io, ehm, l’ho chiamata per dirle cos’è successo—pensavo fosse giusto che glielo dicessi e, uhm, lei ha detto delle cose.’

‘Quali cose?’

‘Cose poco gentili. Solo per—‘

‘Rick.’ interruppe la sua protesta. ’Ti prego, dimmelo.’

Con un sospiro disse ‘Lei…le ho detto cos’è successo con Emily e che dovrebbe essere orgogliosa di Alexis per come ha affrontato la situazione e Meredith…la sua risposta è stata una cosa del tipo “Perciò mi stai dicendo che mia figlia è stata quasi ferita per colpa di quell’altra.”’ Rick smise di parlare nel momento in cui Kate voltò la testa. ‘L’ha chiamata così, Kate. E io ero…furioso. Le ho detto che Emily è la sorella di Alexis e che deve avere più rispetto, ma lei mi ha solo riso in faccia dicendo che sono sorellastre e…beh, non c’è bisogno che tu senta il resto.’

Era già abbastanza sconvolta. Non c’era bisogno che le dicesse che l’aveva definita “la ragazzina che aveva ingravidato” e che pensava che stesse approfittando della sua generosità. Alla fine della conversazione l’aveva maledetta, cosa di cui non andava fiero, ma nella sua mente, dopo aver insultato la donna che amava, Meredith aveva superato il limite.

‘Mi dispiace, Kate.’

‘Non esserlo; non hai detto tu quelle cose.’ precisò.

Lui fece spallucce. Era vero, ma si sentiva in parte responsabile, anche se non ne aveva motivo. ‘Comunque, ehm, ecco perché non volevo dirtelo.’

Kate lo sorprese avvolgendogli le braccia intorno alle spalle. Lui la circondò dal busto e la strinse a sé, poggiando il mento sulla sua spalla. ‘Sono felice che tu me l’abbia detto.’ disse. ‘Non avresti dovuto affrontarla da solo.’

La strinse un po’ più forte. ‘Grazie.’

Kate sciolse l’abbraccio e gli rivolse un piccolo sorriso. Prima che potessero dire qualcos’altro, udirono il rumore della porta aprirsi lasciando spazio a suo padre e alle bambine. Così uscirono dallo studio e si diressero in salotto dove videro Alexis togliersi il cappotto e il padre di Kate che cercava di fare lo stesso, anche se con una bambina di tre anni appesa al collo come sciarpa.

‘Che è successo?’ chiese Rick.

‘Oh, niente di terribile. Emily non voleva vedere i cuccioli; tutto qui.’ disse Jim, accarezzando la schiena della bambina.

‘Ha cominciato a piangere quando uno le ha leccato la mano e abbiamo dovuto andarcene.’ continuò Alexis senza giri di parole.

Rick scambiò uno sguardo con Kate. Okay, forse era un bene che avesse preso l’appuntamento con il terapista per il giorno dopo.

’Scusa papà.’ Kate li raggiunse, prese Emily dalle braccia del padre e la strinse forte.

L’uomo sorrise. ‘Niente di cui preoccuparsi; mi fa piacere che abbiamo mangiato il gelato.’

‘Grazie Jim.’ disse Rick prima di salutare l’uomo. Poi, si avvicinò a Kate e avvolse le braccia intorno a lei e alle loro figlie. Quando adocchiò il suo sguardo insicuro, provò a sorriderle per confortarla, ma non era sicuro di esserci riuscito. Come poteva convincerla che andava tutto bene quando lui stesso non ne era sicuro?


Kate diede un’occhiata all’orologio finché non vide Rick scendere dalle scale. Erano da poco passate le otto; era impressionante. ’Si è già addormentata?’

Lui fece un gesto con la mano. ‘Del tutto.’

‘Wow. La terapia ha aiutato così tanto in una sola seduta?’ chiese Kate.

Rick sollevò le spalle. ‘Non lo so. Ne dubito, ma se si è svegliata due volte ieri e l’altro ieri forse adesso è solo esausta.’

‘Abbastanza esausta da dormire tutta la notte?’ chiese Kate speranzosa.

Rick sollevò la mano e incrociò le dita. ‘Lo spero.’ Subito dopo, si sedette sul divano accanto a lei. Kate gli si avvicinò e poggiò la testa sulla sua spalla. Da quando si svegliava ogni notte insieme a Emily non era più estranea alla stanchezza. Almeno quel pomeriggio era andata meglio del previsto.

Nonostante l’iniziale preoccupazione, Kate era grata che Rick avesse prese un appuntamento con il terapista, soprattutto dopo la seconda notte di sonno interrotto. Aveva concluso il turno in tempo per raggiungerli allo studio in centro. Il terapista e l’assistente sociale avevano portato Emily in una stanza e le avevano dato qualche giocattolo per intrattenerla mentre parlavano; i genitori avrebbero guardato dallo specchio unidirezionale.

La prima domanda del terapista era stata se Emily avesse capito cos’era successo. Lei aveva detto ’Sì. Un uomo ha cercato di portarmi via da mamma e papà.’ Kate aveva sentito le lacrime farsi strada negli occhi, così si era portata una mano alla bocca. Per fortuna, Rick l’aveva abbracciata poco dopo.

Mentre la conversazione continuava, era diventato chiaro che Emily non avesse capito subito che l’uomo stava cercando di portarla via dai suoi genitori; l’aveva capito solo dopo. In quel momento, lui le aveva promesso di mostrarle i fratelli e le sorelle del cucciolo e lei aveva accettato di andare con lui perché amava i cuccioli. Ma era stata l’esclamazione ‘Ma non mi piaceranno più; lo prometto!’ a portare Kate ad affondare il viso nel petto di Rick e a realizzare la tragedia nell’affermazione di sua figlia.

Alla fine, era stato permesso a entrambi di raggiungere Emily dove avrebbero potuto parlare un altro po’ con il terapista. L’assistente sociale, poi, aveva raccomandato almeno due sessioni a settimana per almeno un mese, così avrebbero rivalutato la situazione. A causa del continuo stress, il terapista aveva rassicurato Kate sul fatto che quel regime non era fuori dall’ordinario e che non si aspettava che Emily avesse delle ripercussioni a lungo termine dopo il tentato rapimento. Ma da madre Kate continuava comunque a preoccuparsi. Avrebbe fatto di tutto per Emily, ma la situazione era fuori dal suo controllo. Emily aveva solo bisogno di tempo.

Come se avesse letto i suoi pensieri, Rick disse ‘Starà bene, lo sai.’

Kate posò una mano sul suo ginocchio. ‘Lo spero. È che mi rende triste—il modo in cui ha detto di aver paura di amare i cuccioli.’

‘Le prenderemo un cane.’

Kate sollevò la testa e gli rivolse uno sguardo scettico. ‘Non credo sia una buona idea al momento.’

‘Magari tra qualche mese?’ suggerì.

Kate fece spallucce. ‘Vedremo.’

‘D’accordo.’

Gli rivolse un mezzo sorriso e gli accarezzò il ginocchio prima di alzarsi dal divano, finché Rick non la fermò afferrandola per il gomito.

‘Aspetta, solo un secondo—noi, uhm, non abbiamo parlato di quello che è successo due notti fa.’

Leggermente confusa, Kate aggrottò la fronte, ma dal suo sguardo fisso capì che si stava riferendo alle loro attività in camera da letto. Con un leggero rossore sulle guance, spostò alcune ciocche di capelli dietro le orecchie. ‘Oh. No, è vero.’ Non che l’avessero mai fatto, in realtà. Andavano a letto insieme, si scambiavano alcuni sguardi per qualche giorno e poi tornavano alla loro situazione di co-genitori e coinquilini asessuati come erano prima dell’incidente.

‘È stato, uhm, bello.’

Gli occhi si spalancarono; bello non era esattamente la descrizione che preferiva riguardo al sesso—e certamente non era come avrebbe descritto il loro rapporto. ‘Bello, Rick?’

Lui scosse la testa e si corresse con un ‘Fantastico; davvero fantastico.’

Quello sembrava più accurato. Rivolgendogli un sorriso, gli disse ‘È, uh, così che di solito va con noi, no?’

Lui le si avvicinò. ‘Esatto! Perciò pensavo che magari potremmo…vedere come va. Nessuno dei due sta vedendo qualcuno, vero? Perciò…vediamo e basta.’

Aveva ragione sul fatto che lei fosse single (certo—perché quando aveva il tempo di uscire con qualcuno tra un lavoro di sessanta ore alla settimana e badare alle bambine o occuparsi delle faccende di casa?), ma dal modo in cui l’aveva proposto era sembrato così…occasionale, e non era sicura che fosse quello che desiderava. Voleva che stessero insieme, ma come una famiglia—il che aveva poco di occasionale.

’Non ne sono sicura. Voglio dire, non voglio che le cose diventino troppo strane—per le bambine.’ Per le bambine o per loro stessi. Non voleva andarsene di nuovo e se lei e Rick si fossero imbarcati in qualcosa di non troppo serio magari non avrebbero potuto funzionare per molte ragioni, incluso il disinteresse o la semplice mancanza di comunicazione. Se la loro relazione intima sarebbe implosa, aveva paura che non sarebbe mai riuscita a superarlo e così—probabilmente sia lei che Emily—avrebbero dovuto cambiare casa.

Lo sguardo di Rick rimase serio. ‘Non permetteremo che questo accada. Saremo del tutto aperti e onesti l’uno con l’altro e se qualcosa dovesse cambiare possiamo riferircelo. Pensavo solo che…tutto considerato, possiamo usarlo come divertimento o come anti-stress.’

Kate per poco non scoppiò a ridere. Anti-stress? Sì, avrebbe potuto usare un po’ di anti-stress—ogni tanto. Ma quella non era una situazione da prendere alla leggera. Posò lo sguardo su Rick mentre lui la guardava speranzoso e con un sorriso eccitato che non vedeva da giorni. Forse non intendeva davvero trattare la loro relazione con sufficienza, ma più come un periodo di prova per essere sicuro che sarebbero riusciti a gestire di qualcosa di duraturo. Era esattamente ciò che voleva (per non parlare dell’anti-stress che sarebbe arrivato come conseguenza), così decise di accettare.

‘Okay.’

‘Okay.’ ripeté Rick prima di inclinarsi e baciarla.

Lei rispose al bacio prima di strofinare il naso contro il suo, dandogli un colpo sul braccio e alzandosi dal divano. Quando gli girò intorno, lui si alzò subito dopo e la seguì finché non si diresse verso le scale e le chiese ‘Dove stai andando?’

Lei si voltò. ‘Uhm…a dormire?’

‘Ma…non abbiamo…noi…pensavo…’ balbettò, indicando prima il divano e poi la camera da letto.

Kate emise un sospiro. ‘Oh, volevi fare sesso adesso?’

‘Era l’idea generale, sì.’

Lei scosse la testa. ‘Scusa, ma adesso ho solo bisogno di un’intera notte di sonno. E ho il turno domani mattina presto. Ma poi,’ disse, avanzando leggermente e accarezzandogli il petto con le dita ‘avrò due giorni di riposo.’

Lui grugnì. ‘Fantastico.’

‘Ma,’ lo mise in guardia ‘abbiamo sempre due bambine, quindi questa casa non diventerà una sorta di…non so, covo del sesso.’

Rick scoppiò a ridere. ‘Covo del sesso? Che pensieri perversi mi stai nascondendo, Kate Beckett?’

Alla sua allusione, sentì il corpo andare in fiamme. ’Nessuno…’

‘Hmm, lo vedremo.’ Poi la baciò. Nel frattempo, le posò le mani sulle spalle e la fece ruotare in modo da invertire le posizioni, così che lui si ritrovasse vicino alle scale.

Lei lo guardò confusa. ‘Che stai facendo?’

‘Devi alzarti presto domani, perciò scambieremo le camere; terrò io a bada la piccola stanotte.’

La ragazza sollevò le spalle. ‘Non dev—‘

Lui la interruppe con un bacio. ‘Buonanotte, Kate; dormi bene.’











Angolo:
Buonasera a tutti!
Vi ringrazio moltissimo per continuare a leggere e commentare. Godiamoci questi ultimi capitoli perchè siamo quasi alla fine.
Ci vediamo presto e scusatemi (di nuovo) se non riesco a rispondervi.
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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Kate aprì la porta del loft trattenendo uno sbadiglio. Aveva ventitré anni ed era stanca alle otto e mezza di sera. Certo, era sveglia da più di sedici ore e quella giornata era stata incredibilmente piena ed estenuante, ma mentre la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze della sua età stava per cominciare il venerdì sera, lei non vedeva l’ora di mettersi il pigiama, magari guardare un’ora di televisione e andare a letto. E poi, la maggior parte di loro non era genitore di una bambina di tre anni.

Togliendosi la giacca, la appese nell’attaccapanni vicino alla porta. Quando la manica le passò vicino al viso riuscì chiaramente ad avvertire l’odore di sigaretta e fece una smorfia. Il pub che i suoi colleghi avevano scelto per andare a cena dopo il turno era un locale per non fumatori, ma una volta usciti due dei colleghi avevano acceso una sigaretta mentre lei era ancora lì a parlare con il resto del gruppo. Avrebbe fatto prendere aria al cappotto, ma era preoccupata per l’odore dei capelli; preferì comunque non lavarli quella sera prima di andare a letto.

Con un sospiro, Kate afferrò una ciocca e se la mise sotto il naso. Non credeva di puzzare di fumo, ma decise di controllare anche dall’altro lato. Stava ancora cercando di capirlo quando Rick apparve in corridoio, con un’espressione austera. Essendo occupata in altro, Kate all’inizio non la notò, ma chiese solo ‘Come stanno le bambine? Sono andate a letto senza storie?’

‘Dove sei stata?’ chiese con tono impaziente.

Rendendosi conto della sua espressione, aggrottò la fronte, preoccupata che non avesse visto il suo messaggio. ‘Ti ho mandato un messaggio per dirti che facevo tardi, non l’hai visto?’

‘L’ho visto. Immagino che tu non sia in ritardo a causa del lavoro.’

Lei scosse la testa. ‘Sono andata a mangiare un boccone con dei colleghi dopo il turno.’ Avrebbe dovuto dirglielo nel messaggio? Forse, ma in quel momento di debolezza aveva deciso di essere egoista. Nei precedenti undici mesi, da quando aveva cominciato l’accademia, non poteva nemmeno contare sulle dita di una mano le volte in cui si era ricavata del tempo per se stessa. Ogni volta che poteva cenava a casa con la sua famiglia o, se il turno finiva troppo tardi, tornava in tempo per mettere Emily a letto. In quei giorni in cui era andata a lavoro più tardi aveva preparato la colazione per entrambe le bambine, aiutato Rick a impacchettare i loro pranzi e a portarle a scuola. Era al cento per cento dedita alla famiglia—e si godeva ogni minuto. Non avrebbe mai rinunciato a del tempo con Emily o Alexis per nulla al mondo, ma quella sera i suoi colleghi erano stati insistenti, così aveva accettato.

Era stata una lunga giornata, cominciata con un pedone investito e poi con un gruppo di ladri che l’aveva costretta a inseguire un sospettato a tutta velocità per almeno due isolati. Mentre cercava di trattenerlo, lui le aveva dato alcune gomitate, una delle quali l’aveva appena sfiorata sulla mandibola. Non aveva subito alcun danno oltre a dei piccoli graffi, ma era stata comunque una giornata stressante, perciò aveva deciso di trascorrere un’ora libera con i suoi colleghi bevendo una birra. Certo, non credeva che quell’ora si sarebbe prolungata a due ore e mezza…ma ormai non poteva fare più niente.

‘Un boccone.’ ripeté lui con tono piatto.

’Sì, un boccone.’

‘Chi era quel tizio che ti ha riaccompagnata a casa?’

Kate si fermò in mezzo alle scale e si voltò a guardarlo. ‘Come…come fai sapere che qualcuno mi ha riaccompagnata a casa?’ Quando Rick non rispose, emise una mezza risata di puro shock e frustrazione. ‘Chi sei: mio padre? Guardi fuori dalla finestra mentre sono davanti al portone?’

‘No, ero nel mio ufficio ed è capitato che stessi guardando la strada proprio in quel momento.’

Kate inarcò scetticamente un sopracciglio. Avrebbe potuto essere vero, ma sembrava schifosamente fatto apposta. Ad ogni modo, l’alternativa sarebbe stata che stesse guardando fuori dalla finestra aspettando che tornasse, ma non sembrava il suo caso, così decise di dargli il beneficio del dubbio. ‘Oh.’

‘Chi era quello, Kate?’

Lei fece spallucce. ‘Uno dell’anti-rapina—Marcus. Non gli avevo mai parlato prima, ma ci siamo seduti vicini a cena, mi ha chiesto se poteva riaccompagnarmi a casa e io ho accettato. Perché fai così?’

Lui sollevò le mani in aria ed emise un suono indefinibile. ‘Perché noi…noi siamo…’

Incrociò le braccia al petto e posò tutto il peso su una gamba, osservandolo. Oh, beh, ecco la spiegazione per il suo comportamento; era geloso. Era interessante visto che la loro relazione non era per niente ufficiale e non lo era stata nemmeno dal suo inizio tre mesi prima.

Da fine Gennaio, Kate e Rick condividevano lo stesso letto tre volte a settimana. Soprattutto la sera, quando le bambine erano già a letto. In alcune occasioni capitava anche durante le mattine del weekend, quando nessuno doveva andare a lavoro o a scuola. A volte finivano anche a ridere mentre si dirigevano verso l’enorme doccia di Rick per cominciare la giornata. Non avevano mai parlato di essere più di quanto erano in quel momento: due persone che si godevano la reciproca compagnia.

‘Cosa? Cosa siamo, Rick? L’ultima volta che l’ho sentito stavamo solo “alleviando lo stress.”’

Lui le mostrò un’espressione incredula. ‘Non è…non stavo…Credevo avessi capito che questo è…pensavo lo volessi!’

‘Non so nemmeno cosa “questo” sia!’ rispose, alzando leggermente la voce.

‘Una famiglia! Abbiamo una famiglia.’ spiegò. Poi cominciò a elencare con le dita. ‘Abbiamo una figlia nostra e un’altra che ti considera una madre molto più di quanto sia mai stata la sua. Tu, io, Alexis ed Emily; siamo una famiglia.’

Kate lo guardò, respirando velocemente. Quello che aveva detto era vero; non poteva negarlo. Nei mesi successivi all’incidente tutti e quattro si erano riavvicinati, erano diventati più forti. Le prime settimane erano state difficili, ma la terapia aveva aiutato molto e a Marzo Emily era tornata ad essere la felice, chiacchierona e allegra bambina di sempre. Da quel momento non c’erano più state domande su quanto si amassero o su quanto fossero uniti. Sì, lei e Rick dormivano ancora separati la maggior parte delle notti e facevano sempre attenzione a non mostrare particolare intimità di fronte alle bambine, anche se lo sorprendeva spesso a fissarla con sguardo adorante almeno una volta al giorno, se non di più. Se guardavano un film, si sedevano sempre vicini toccandosi le mani, se non intrecciate del tutto. Erano una famiglia in tutti i sensi, tranne che in quello ufficiale.

Dopo alcuni minuti di silenzio, Rick avanzò in modo da ritrovarsi di fronte a lei. ’Siamo incredibili insieme e siamo felici. Tu sei felice, giusto?’

’Sì.’ confermò in tono severo.

‘Okay, allora facciamo un tentativo. Lo dobbiamo alle nostre bambine. Vorrei che fossimo esclusivi.’

‘Okay.’

‘Io—‘ s’interruppe e la fissò ‘Oh. Non pensavo che avresti accettato così velocemente.’

Kate per poco non scoppiò a ridere. ‘Come non potrei?’ Si sollevò in punta di piedi e gli circondò le spalle con le braccia. Aveva detto quello che sperava di sentirgli dire da mesi—anni, forse. Non c’erano dubbi nella sua mente su quello che provava per lui, per la loro famiglia. Quella relazione non avrebbe potuto avere altro che un’inizio poco tradizionale, ma dopo quattro anni insieme avevano costruito un’amicizia come una storia d’amore. Era l’unica persona che conosceva su cui avrebbe potuto fare affidamento senza esitazione. Era l’uomo con cui rideva, piangeva, e tutto il resto. Era il padre di sua figlia e aveva ragione: dovevano provare sul serio ed essere una vera famiglia per loro stessi e le bambine.

‘Oh Kate.’ sospirò immergendo il viso nel suo collo e avvicinandola a sé.

Dopo alcuni minuti, Kate sciolse l’abbraccio e gli diede un bacio sulla guancia. Accarezzandogli la mandibola, lo rassicurò ‘Era solo una cena con degli amici e mi dispiace di non essere stata chiara nel messaggio. Per quanto riguarda Marcus, ci provava con me, ma io non ho mai pensato di fare niente. Cos’è quella faccia?’ chiese quando lo vide aggrottare la fronte.

‘È solo che…a volte mi preoccupo di essere troppo vecchio per te…’

Di fronte a quel commento assurdo accennò una mezza risata. ‘Troppo vecchio?’

Lui fece spallucce. ’Sì o troppo…non so…’

‘Rick. Non sei nemmeno vicino a quello che…’ Scosse la testa. Dio, come poteva spiegarglielo? Come poteva anche solo descrivergli cosa lui significava per lei e cosa aveva significato il fatto che l’avesse accolta in casa sua accettando di crescere la loro figlia insieme? ‘Rick, non sono stata con nessun altro da quando abbiamo concepito Emily.’

Lui fece un passo indietro ed emise un sospiro sorpreso. ‘Cos…ma io pensavo…non stavi frequentando qualcuno?’

Lei fece spallucce e scosse la testa. ’Sì, ma niente di serio.’ Qualche drink o una cena qui e là. Un appuntamento al cinema che si era concluso con un bacio che non sembrava giusto. Parlare davanti ad un caffè e realizzare quanto fossero diverse le loro priorità. ‘Uscire per un appuntamento non riguarda solo me, ma noi—Emily ed io. Non volevo che le cose diventassero serie con un ragazzo che sarebbe rimasto terrorizzato dalla mia bambina.’

Lui la guardò scettico. ‘Eri cosciente di essere al college vero?’

Kate rise. ’Sì, la maggior parte dei ragazzi scappava quando lo scoprivano. Il resto sapevo che mi sparlava dietro. Ma dopo il diploma? Quando mai ho avuto il tempo di respirare e uscire per un appuntamento?’

Lui sollevò le spalle imbarazzato. ‘Giusto.’

Lei avanzò di nuovo verso di lui e gli accarezzò dolcemente la guancia. ‘Non essere triste…è stato un bene per me e per il mio carattere chiuso. E poi, non sarebbe stato il momento giusto allora.’

Ripensando a quando Emily era ancora una neonata, non ci sarebbe stata alcuna possibilità di imbarcarsi in una relazione seria con lui—o con nessun altro. Non era emotivamente matura per stare con un uomo come Rick. Doveva finire il college e trovare la sua strada come adulta. Doveva scoprire chi fosse e cosa volesse dalla vita. Una volta riuscitaci, sarebbe stata pronta a trovare un partner con cui condividerla, ma la cosa più incredibile era che lei lo aveva già. Credeva davvero che se avessero provato a stare insieme prima che si diplomasse all’Accademia non avrebbe funzionato, ma adesso avevano una vera opportunità.

Kate gli rivolse un sorriso e lo baciò per ricordargli che era felice di essere lì con lui, in quel momento.

Rick ricambiò e strofinò il naso contro il suo prima di aprire gli occhi, guardandola con esitazione e dicendo ‘Ti amo?’

Il modo in cui la sua voce si affievolì fece sembrare quell’affermazione una domanda, così gli chiese ‘Perché non ne sembri sicuro?’

’No, ne sono sicuro—molto sicuro. È solo che… non volevo che accadesse così presto.’

‘Viviamo insieme da più di tre anni.’ gli ricordò.

‘Lo so, ma—‘

Lo interruppe incollando di nuovo le labbra alle sue. ‘Ti amo anch’io.’

Lui sorrise e le posò le mani sui fianchi. ‘Davvero?’

’Sì.’

Facendo un passo avanti, avvicinò le labbra al suo orecchio e le sussurrò ‘Allora provalo.’


Steso sul letto, praticamente in delirio dopo l’annebbiamento mentale da post-coito, Rick sollevò una mano e accarezzò il braccio della donna distesa accanto a lui. Aveva un gentile sorriso sul volto mentre lo osservava con quegli occhi color miele e brillanti di pura adorazione. Dio, era totalmente innamorato di lei.

Di lei—di loro—della loro famiglia.

Già; l’avrebbero fatta funzionare questa volta. Ci avevano provato per quattro anni, più o meno, ma adesso l’avrebbero fatto insieme; erano impegnati ufficialmente e sarebbe stata una relazione che sarebbe andata lontano—ne era sicuro.

Alcuni mesi prima, quando lei aveva deciso di andarsene senza preavviso, era rimasto ferito—molto ferito. Avevano trascorso una notte splendida—una notte che credeva li avrebbe condotti verso una vera relazione—e all’improvviso lei aveva fatto le valige usando una scusa che definirla debole sarebbe stato poco. Rick non poteva fare a meno di pensare che quelle due cose fossero collegate, magari pensava che fare l’amore con lui era stato uno sbaglio, e per questo il suo cuore si era spezzato.

Anche quando era tornata, alcune settimane dopo, credeva ancora che la loro occasione fosse andata persa per sempre, ma poi, la notte di Natale, gli aveva chiesto di restare con lei. Mentre la teneva stretta aveva capito che c’era ancora speranza; avevano ancora una possibilità—una possibilità che era cresciuta settimana dopo settimana fino al giorno in cui era cambiato tutto.

Il modo in cui Kate l’aveva sostenuto dopo il tentato rapimento di Emily aveva significato molto. Era riuscita a convincerlo che l’incidente non era accaduto per colpa sua, anche quando lui non voleva sentir ragioni. Gli aveva rivolto dei piccoli sorrisi e delle gentili carezze per ricordargli che non avrebbe affrontato il futuro tutto da solo e sapeva che quello sarebbe stato l’inizio del loro tempo insieme. Ma il suo cuore era ancora incerto, per questo aveva proposto il ‘“sesso come anti-stress” per vedere se avrebbero funzionato come coppia, senza doversi impegnare sul serio. Anche se, in realtà, lui si stava impegnando già da un bel po’—da più di un anno.

Quando Kate si alzò dal materasso e si diresse—nuda—verso il bagno, voltandosi solo per rivolgergli un ghigno, il cuore di Rick fece un balzo. Era così bella e incredibile; lo ispirava ogni singolo giorno. Gli faceva desiderare di essere un uomo migliore e ci provava davvero, anche se commetteva ancora qualche errore.

Con il cervello pieno di pensieri, un solo commento gli rimbalzava ancora nella testa. Non sono stata con nessun altro da quando abbiamo concepito Emily. Cavolo. Com’era possibile? Erano passati più di quattro anni e lei era stata solo con lui?

Nello stesso periodo lui aveva…oh, beh, ora che ci pensava era stato con solo tre donne inclusa Kate. Una di quelle storie era praticamente stata un disastro sin dall’inizio; l’altra era finita quando lei gli aveva detto di non essere interessata a diventare la matrigna di due bambine. Tutto considerato, la confessione di Kate non avrebbe dovuto sorprenderlo tanto—eccetto per il fatto che lui aveva trent’anni e lei frequentava ancora al college.

Quando tornò dal bagno un minuto dopo, Kate s’infilò di nuovo sotto le lenzuola, avvicinandosi a lui e baciandolo. Quando studiò la sua espressione, gli chiese ‘Che c’è?’

‘Niente, solo…non riesco ancora a credere che non sei stata con nessun altro oltre me. Come hai resistito?’

‘Che intendi dire?’

Lui si sollevò poggiando il peso sul gomito. ‘Beh, sono…un po’ più di quattro anni senza sesso.’

La sua espressione divenne incredula. ‘Senza sesso? Uhm, abbiamo fatto sesso.’

‘Non così tanto.’

La ragazza corrucciò le labbra e poi mormorò ‘Mmm no. Sono state un bel paio di volte.’

Ripensando al tempo trascorso insieme, Rick revisionò a mente i loro incontri intimi. C’erano state le loro tradizioni natalizie e poi quella settimana negli Hamptons durante la prima estate di Emily. Oh, e quando aveva rotto con Gina la prima volta…e dopo aver rotto con Gina la seconda volta. Okay—forse aveva ragione. ‘Comunque…’

Lei scosse piano la testa. ‘Non era solo sesso per me, Rick. Il parto ha cambiato il modo in cui mi sentivo, il modo in cui vedevo corpo, e diventare madre ha cambiato il tipo di relazione che cercavo. Non volevo un piacere temporaneo—volevo una connessione e un’intimità che non avrei potuto avere con chiunque. E…’ si fermò un secondo e un piccolo sorriso le spuntò sulle labbra. ‘Forse, in fondo, da qualche parte, speravo che ci saremmo messi insieme per davvero.’

Di fronte al suo commento, Rick si mise seduto e sussultò. ‘Hai appena insinuato che eravamo destinati?’

La fronte le si aggrottò. ‘L’ho fatto?’

Il suo sorriso si allargò. ‘L’hai fatto! Oh! Vedi? Non sono il solo che pensa a queste cose!’ Anche lui credeva che i poteri cosmici l’avessero condotta da lui una volta, due volte…una dozzina di volte. Ma in generale, una confessione del genere avrebbe comportato un’alzata di occhi dalla sua metà più logica.

‘Davvero?’ chiese, mantenendo il suo scetticismo.

La sua mente stava tenendo conto di tutte le possibilità. ‘Kate! Oh sì, tu non lo vedi? Questo spiega tutto!’         

Lei sorrise. ‘Sei davvero eccitato.’

‘Dovresti esserlo anche tu! Pensa a tutti i pezzi dell’universo che si sono allineati per far sì che questo accadesse: la mia babysitter che si rompe la gamba, tua madre che conosceva sua madre, tu che arrivi a prendere il suo posto…’

‘La morte di mia madre.’ intervenne Kate.

Il sorriso di Rick si spense. Il suo tono sembrava più come se stesse constatando un fatto che triste, ma si sentiva comunque in colpa per aver insinuato di aver trovato la felicità a causa della morte di Johanna Beckett; non sarebbe mai dovuta andare così. ‘Kate…’

Lei scosse la testa. ‘No, è un pezzo del puzzle. Se non fosse morta, non sarei mai venuta a letto con te; non avremmo mai avuto Emily.’

‘…e noi non saremmo qui.’ concluse; lei annuì. Per quanto triste fosse, era anche vero. Se Johanna non fosse morta, Kate sarebbe tornata a Stanford a Gennaio e loro non si sarebbero rivisti mai più. Da persona che credeva nel potere dell’universo, Rick immaginò che esistesse uno scenario in cui lei sarebbe tornata per fare da babysitter ad Alexis quell’estate, in cui si sarebbero conosciuti meglio, ma sapeva anche che sarebbe stato improbabile. Per quanto triste fosse, la madre di Kate doveva venire a mancare per scatenare quella catena di eventi che li avrebbe portati alla felicità di quel momento.

‘A volte anche le tragedie ci riservano qualcosa di meraviglioso.’ mormorò. Il loro amore, la loro famiglia, era tutto fantastico. Emily era un dono e un pezzo di vita senza il quale non avrebbe potuto vivere.

Dopo un lungo respiro, Kate si sdraiò e si accucciò contro il corpo di Rick. Poggiò la testa sul suo petto e un braccio sulla sua pancia. Lui la circondò con le braccia e la tenne stretta dandole un bacio sulla testa. Riusciva soltanto a immaginare quali fossero i suoi pensieri, visto che la felicità che stava vivendo era un diretto risultato del dolore che aveva sofferto dopo la morte di sua madre; non era certo una cosa da prendere alla leggera.

‘Cosa penserebbe di tutto questo?’ chiese Rick.

‘Mia madre?’

‘Mmhmm.’

‘Oh.’ Rimase in silenzio per un po’ prima di continuare. ‘Credo che lo troverebbe divertente. Adesso, almeno. Quattro anni fa, non credo. Mi avrebbe fatta sedere e mi avrebbe illustrato i pro e i contro, ma non avrebbe urlato o strillato; era sempre più calma di mio padre. Ma penserebbe che è stato divertente il modo in cui è accaduto tutto.’ Sollevò la testa dal suo petto abbastanza da riuscire a guardarlo. ‘E le saresti sicuramente piaciuto.’

‘Davvero?’ le chiese con una mezza risata.

‘Oh sì. Ti avrebbe adorato, Rick.’

Lui sollevò la testa e la baciò. ‘Mi dispiace di essere riuscito a parlarle solo quella volta al telefono.’

Lei sospirò e si sdraiò di nuovo su di lui. ‘Anche a me.’


In un raro sabato pomeriggio libero, Kate era seduta sul letto che era ancora tecnicamente suo, ma sul quale dormiva solo le sere in cui faceva tardi e non voleva svegliare Rick quando rincasava. Intorno a lei c’erano pile di vestiti di Emily e delle ceste di plastica vuote. Aveva passato mezz’ora a prenderli e riordinarli in tre categorie: quelli da tenere, da donare e da buttare. La maggior parte erano finiti nei primi due.

Stava ancora ripiegando i vestiti “da tenere” quando udì il rumore di un respiro estraneo proveniente da fuori. Visto che Rick ed Emily erano usciti a sbrigare delle commissioni più di un’ora fa, sapeva che poteva esserci solo una persona, ma non era molto sicura del motivo. Continuò a sistemare ancora per qualche minuto, chiedendosi se la ragazzina sarebbe venuta di sua spontanea volontà, ma quando non lo fece alla fine Kate disse ‘Se hai intenzione di restare lì tutto il tempo, tanto vale che vieni ad aiutarmi.’

La testa rossa apparve dalla porta e rimase lì in imbarazzo per qualche secondo prima di avanzare verso il letto dove era seduta Kate, in attesa di istruzioni. La ragazza le indicò la cesta con i capi “da donare” e le disse di piegarli e di sistemarli in una delle borse accanto al letto.

‘Perché?’ chiese Alexis.

‘Beh, questi sono i vestiti che a Emily non entrano più. Molti non sono stati usati—ed erano molto costosi, grazie a tua nonna—così li doneremo alle famiglie con i bambini che non sono fortunate come noi.’

Alexis annuì soddisfatta della risposta e cominciò a fare ciò che Kate le aveva ordinato. ’Sono tantissimi.’

‘Questo perché non mi sono mai sbarazzata dei suoi completi da neonata quando è cresciuta; ero troppo impegnata con la scuola. Li mettevo tutti nelle scatole, ma adesso li sto ricontrollando per vedere quali donare e quali tenere.’

La bambina sollevò una maglietta rosa coperta da margherite bianche che Emily aveva indossato quando aveva uno o due anni. ’Terrai alcune di queste cose?’

Kate sollevò lo sguardo e scosse la testa. ’Quella no. Quelle dal colore neutro potranno essere usate per un altro bambino.’

Gli occhi di Alexis si spalancarono. ‘Avrai un altro bambino?’

‘No! No.’ esclamò. Decisamente no. Non voleva che la storia si ripetesse, era passata alla spirale invece che alle pillole contraccettive dopo aver smesso di allattare. ‘Ma potrei averne un altro un giorno.’

Magari con Rick come partner e, anche se amava moltissimo Alexis ed Emily, non poteva escludere di volere un altro bambino in futuro—uno che sarebbe stato pianificato e di cui avrebbe potuto godersi la gravidanza.

‘Oh.’

Continuarono a sistemare e ripiegare per un altro intero minuto finché Kate non le chiese ‘Quindi, perché stavi gironzolando fuori dalla mia porta?’

‘Oh io…non stavo,’ provò a spiegarsi Alexis in tutta fretta. Kate le rivolse uno sguardo tagliente e lei cedette ‘forse sì.’

‘Che succede? Dai, siamo amiche. Puoi dirmi qualunque cosa.’

Alexis smise di piegare i vestiti e la guardò. ’Te ne andrai di nuovo?’

Kate rimase con le braccia sospese a mezz’aria con una tutina gialla tra le mani, pronta per essere messa nella cesta. Il tono timido della bambina le provocò un tuffo al cuore, così le chiese ‘Cosa?’

‘Vedo che tu e papà vi baciate adesso. So che è cambiato qualcosa, perciò stavo solo…voglio solo sapere se te ne andrai di nuovo.’

Il cuore di Kate si frantumò quando avvertì il senso di colpa invaderla. Dio, cosa aveva fatto? Non aveva preso in considerazione i sentimenti di Alexis—o la sua situazione con Meredith— quando si era trasferita; era stata una madre terribile e doveva mettere le cose in chiaro—immediatamente.

Spostando un mucchio di vestiti, Kate allungò un braccio e chiamò la bambina a sé. ‘Vieni qui, Alexis. Io amo sia te che Emily, lo sai vero?’ Aspettò che lei annuisse prima di continuare.

‘Quando me ne sono andata lo scorso autunno non è stato per colpa tua o per colpa di Emily. Io… c’erano cose che sono difficili da capire alla tua età, ma io pensavo di fare la cosa giusta. Pensavo che a causa di tutte quelle ore in cui lavoravo avrei turbato i ritmi tuoi e di tua sorella, ma mi sbagliavo. Ho sbagliato ad andarmene e mi dispiace molto per questo, ecco perché sono tornata. E hai ragione—le cose tra me e tuo padre sono cambiate e questo cambiamento è decisamente un bene per noi.’

Le settimane dopo aver deciso di essere una coppia esclusiva, Rick e Kate avevano smesso di nascondere la loro intimità alle bambine. Si scambiavano baci e abbracci. Si dicevano ‘’ti amo’’ liberamente. Si coccolavano a vicenda sul divano e non provavano vergogna ad uscire dalla stessa camera al mattino. Rick le aveva chiesto se credeva fosse meglio un annuncio ufficiale, ma alla fine ci avevano ripensato perché Emily era troppo piccola per capire e Alexis era ancora in una fase intermedia, ma sapevano che avrebbe capito la differenza.

Nonostante fosse ancora una bambina, Alexis era molto matura e osservatrice per la sua età. Era dolce, gentile e sensibile, e per questo non avrebbe voluto altro che prometterle che lei e Rick avrebbero vissuto felici e contenti. Purtroppo, era una realtà che non poteva garantirle. Così, dopo un lungo respiro, si preparò a rispondere alla sua domanda in modo diretto.

‘Hai quasi dieci anni e non ti mentirò. Come con la tua mamma, la relazione che io e tuo padre abbiamo potrebbe non funzionare. Non vogliamo che questo accada. Vogliamo essere una famiglia, ma ti prometto che se dovesse succedere qualcosa, io sarò sempre qui per te.’

Per quanto avesse voluto dire ’Ti prometto che non andrò mai in California e che non ti chiamerò solo una volta al mese’, non poteva. La conversazione non riguardava Alexis e Meredith; riguardava loro due. Dal quando si era trasferita al loft, Kate aveva ufficiosamente preso la posizione di ruolo femminile per la bambina, per quanto difficile fosse come ragazza di diciannove anni incinta. Ora, quasi quattro anni dopo, era passata dall’essere un modello ad essere una figura materna. Sarebbe stata quella a cui Alexis si sarebbe rivolta quando avrebbe raggiunto la pubertà, quando avrebbe cominciato a uscire, e tutte le altre tappe del suo cammino. Non importava cosa sarebbe successo tra lei e Rick. Sapeva che non l’avrebbe abbandonata come aveva fatto sua madre; sarebbe stato impossibile.

‘Okay.’ Alexis annuì.

La avvolse in un abbraccio e la baciò sulla testa. ’Sai una cosa? Posso sistemare queste cose più tardi. Che ne dici se tu ed io andassimo a farci le unghie?’

Il viso della bambina s’illuminò. ‘Posso mettere lo smalto con i brillantini?’

Kate rise. ‘Puoi mettere quello che vuoi. Fammi solo prendere la borsa.’

Alexis schizzò fuori dalla stanza e Kate la seguì subito dopo, dando un ultimo sguardo a quei mucchi di vestiti rimasti sul letto. Forse avrebbe dovuto tenere alcuni indumenti più femminili; avere una terza bambina non sarebbe stato male—neanche un po’.











Angolo:
Buonasera a tutti!
Vi ringrazio sempre moltissimo per continuare a leggere e commentare. Vi ricordo che mancano solo due capitoli + epilogo.
Ci vediamo presto!
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Seduta sull’asse di legno della veranda, Kate osservava le onde avvicinarsi al bagnasciuga. Nonostante fosse ancora pomeriggio, la brezza che le smuoveva la coda di cavallo non era particolarmente fresca; l’umidità della giornata stava cominciando a farsi sentire. Anche se le previsioni per Agosto prevedevano un clima più fresco—solo intorno ai trenta gradi—la brezza marina rendeva le giornate abbastanza piacevoli. Almeno finché non diventava troppo caldo per le bambine costringendole a tornare dentro per stare con l’aria condizionata.

Con le dita che tamburellavano contro la tazza di caffè che aveva poggiato sulla ringhiera, Kate passò in rassegna la spiaggia. Aveva visto una coppia fare jogging e dei bambini giocare nel giardino di una casa lì vicino, ma oltre quello la via era rimasta tranquilla. Anche se erano passati due mesi, era ancora difficile per lei credere che quella vista fosse di loro proprietà e non in affitto. Cioè, di proprietà di Rick, ma lui ne parlava sempre al plurale.

Alcuni mesi prima Martha aveva portato le bambine a fare shopping per aggiungere qualcosa al loro guardaroba estivo, mentre Kate aveva deciso di trascorrere una domenica mattina qualunque a gironzolare per l’appartamento. Stava ancora leggendo il giornale quando tre fogli di carta le scivolarono davanti al viso. ‘Ti ricordi di questo posto?’ aveva chiesto lo scrittore.

L’aveva riconosciuta immediatamente come la casa che avevano affittato per una settimana tre anni prima, quando Emily era ancora una neonata.

Con gli occhi tremanti di entusiasmo e una leggera punta di malizia, Rick le aveva spiegato che il proprietario stava andando in bancarotta e che aveva messo la casa sul mercato ad un prezzo molto più basso del suo valore. Aveva fatto un’offerta e stava cercando di ottenere la sua benedizione perché, secondo lui, ‘doveva essere nostra.’

Era rimasta sorpresa dalla sua proposta inaspettata, ma più ci pensava, più le piaceva come idea. Quella settimana negli Hamptons era stata una delle migliori della sua vita. Rick le aveva proposto di concedersi un piccolo capriccio per aver completato con successo il suo primo semestre di ritorno all’università. Avrebbe voluto seguire altri due corsi estivi per recuperare il semestre che aveva mancato, ma prima che iniziassero le lezioni Rick l’aveva convinta di aver bisogno di una vacanza, così erano partiti tutti insieme per gli Hamptons.

Il primo giorno nella casa era stato quasi magico. Emily aveva avuto la sua prima esperienza con la sabbia e immerso i piedini nell’oceano. Nonostante all’inizio fosse diffidente, aveva poi cominciato a schizzare l’acqua da tutte le parti. Nel frattempo, Kate non era rimasta indifferente di fronte all’uomo a torso nudo che giocava con la bambina dai capelli rossi a costruire castelli di sabbia. Quella sera, dopo aver messo a letto le bambine, era entrato in camera sua con uno sguardo inequivocabile dicendo ‘ciò che accade negli Hamptons resta negli Hamptons.’ Avevano trascorso le cinque sere successive a divertirsi, per non parlare del sesso avventuroso.

Dopo la fine della vacanza Kate aveva ripensato spesso a quel periodo, e questo prima di accettare facilmente la sua decisione di comprare la casa—certo, finché non aveva visto il prezzo di listino. Nonostante Rick avesse insistito che sette milioni di dollari erano un vero affare per una casa sulla spiaggia di proprietà, a Kate non era per poco venuta una crisi. Lui aveva sorriso di fronte alla sua drammatica reazione, ma l’aveva baciata dicendole di non preoccuparsi; avrebbero potuto mantenerla.

La vendita era stata conclusa ad una velocità allarmante e la seconda settimana di Giugno tutta la famiglia—inclusi la madre di Rick e il padre di Kate—si era messa in viaggio verso gli Hamptons per trascorrere la prima notte nella nuova casa. Rick voleva che tutti si divertissero anche fuori dalla casa, il che significava che avrebbero potuto restare lì tutto il tempo che desideravano. Le bambine avevano esultato, Martha aveva cominciato subito a elaborare un piano per ridecorare, e Kate riusciva a malapena a stare in piedi per vedere com’erano felici tutti insieme—come una famiglia.

A causa dei turni a lavoro, Kate non avrebbe potuto trascorrervi molto tempo come tutti gli altri. Rick e le bambine, e persino suo padre, avrebbero passato lì un lungo weekend, ma il suo lavoro non permetteva un tale lusso. Anche con un weekend di ferie, non avrebbe avuto senso guidare fino agli Hamptons e tornare in città per così poco tempo. Ma per fortuna aveva ancora alcuni giorni arretrati per l’estate che le avrebbero permesso di trascorrere un weekend lungo e un’intera settimana insieme a loro, sapendo che le bambine non avrebbero avuto scuola e che avrebbero organizzato qualcosa in famiglia. Quando udì uno strano rumore provenire dalla cucina, Kate si voltò per vedere Rick che frugava nel frigorifero. Quella mattina aveva fatto una nuotata in piscina e poi una doccia veloce, così pensò che stesse cercando qualcosa da mangiare per il post-allenamento, che sarebbe stato sicuramente poco salutare. Ma, come lui teneva sempre a precisare, gli uomini belli e ricchi come lui non dovevano preoccuparsi dei loro addominali scolpiti. Kate non poteva lamentarsi; non aveva problemi con il suo fisico.

In quel momento esatto la casa era libera da bambini. Nemmeno un’ora prima Martha e il suo fidanzato Georg le avevano portate a fare una gita in un paesino vicino Long Island. All’inizio non voleva che andassero con quel Georg. Un uomo che descriveva la sua carriera come “vendo delle cose” non era certo una persona di cui fidarsi ciecamente e Martha lo conosceva solo da sei settimane, anche se li aveva sorpresi tutti con il loro fidanzamento. Rick aveva capito la sua esitazione riguardo alle bambine, ma alla fine aveva acconsentito perché sapeva che sua madre non gli avrebbe mai permesso di fargli del male. Ad ogni modo, la preoccupazione non l’avrebbe abbandonata finché non sarebbero stati di nuovo tutti sotto lo stesso tetto.

Entrando in casa, trovò il suo fidanzato seduto al bancone di fronte ad una busta di patatine Cheetos e una confezione di salame. Sforzandosi di non fare una smorfia davanti all’abbinamento, si avvicinò e lo baciò sulla tempia prima di girare intorno al bancone per riempirsi la tazza di caffè. ‘Hai fatto una bella doccia?’

’Sarebbe stata più bella insieme a te.’

Lei rise e si voltò, poggiando la schiena contro il tavolo. ‘Mi dispiace essermela persa allora.’

Leccandosi via le briciole dalle dita, le si avvicinò lentamente. ‘Potremmo ancora farla, sai.’

‘Oh davvero?’ sussurrò quando le sue mani la afferrarono per i fianchi per poi spostarsi sul fondoschiena. Lui annuì posandole le labbra sul collo. ‘Ma, vedi, stavo per passare l’aspirapolvere e caricare una lavatrice. Magari anche tagliare l’erba del—oh!’ sussultò quando le sue labbra le succhiarono l'incavo del collo. ‘Prato.’

Rick fece un passo indietro e la guardò, abbastanza incredulo. ‘Davvero?’

Lei fece spallucce prima di sorridere. ‘Voglio dire, potrei farle, ma potrei fare anche qualcos’altro.’

Con una rapida mossa la sollevò in modo da farle intrecciare le gambe intorno al bacino; lei sospirò. ‘Bene.’ disse allora lui prima di baciarla.


Kate mormorò accucciandosi contro il suo partner. ‘Mmm forse non avresti dovuto comprare questa casa; ci fa eccitare troppo.’

Lui sorrise. ‘Lo dici come se fosse una cosa brutta.’

’Solo se vogliamo concludere qualcosa.’

’Nah—le vacanze non sono fatte per concludere le cose. Sono fatte per dormire…e per il sesso.’

Lei rise, dandogli un bacio e alzandosi dal letto. Non stava scherzando del tutto riguardo alla lavatrice; doveva cambiare le lenzuola in entrambi i letti delle bambine e, adesso, anche nel loro.

Mentre raccoglieva i vestiti e cominciava a rivestirsi, notò che Rick la stava fissando in modo strano. La osservava spesso quando era nuda—non che la infastidisse—ma questa volta c’era qualcosa di diverso. Qualcosa di più incerto ed esitante; c’era sotto qualcosa. ‘Qualcosa non va?’

‘Perché dovrebbe esserci?’

Lei fece spallucce. ‘Non lo so, hai una faccia strana.’

Lui fece finta di sussultare. ‘E io che pensavo che mi trovassi irresistibile.’

Kate gli rivolse uno sguardo serio. ‘Rick.’

Lo scrittore mise giù le gambe dal letto e si sedette, guardandola. ‘È solo che…mi chiedevo cosa avessi intenzione di fare oggi.’

‘Caricherò un giro di lavatrice e poi penso che…andrò a leggere un po’ in spiaggia. Perché? Volevi fare qualcosa?’

‘No, no. Io, uhm, in realtà potrei suggerirti una cosa da leggere.’

Intrigata, si raccolse i capelli in una coda disordinata e li legò con uno degli elastici poggiati sul suo comodino. ‘Okay…?’

Dopo essersi alzato dal letto, afferrò i boxer. ‘È di sotto; l’ho messo sul bancone per te.’

Lei aggrottò la fronte mentre lo osservava rivestirsi. ‘Okay…perché sei così strano?’

‘Non lo sono.’

’Sì che lo sei.’

’Solo…dagli un’occhiata. È dentro un raccoglitore blu.’

Lei scosse la testa, assimilando lentamente le sue parole. ‘È qualcosa che hai scritto?’

’Sì,’ disse quando uscì dalla stanza ‘fammi sapere che ne pensi.’


Nikki Heat #1

Kate osservò la copertina del raccoglitore blu con non poca confusione. Nikki, forse, era il personaggio protagonista del nuovo libro di Rick, ma non riusciva a spiegarsi il perché avesse reagito in modo così strano. Aveva un nuovo personaggio, e allora? Di norma ne sarebbe stato entusiasta e ne avrebbe parlato fino allo sfinimento, soprattutto se era un personaggio cattivo. Quindi perché non aveva mai sentito nominare Nikki Heat? Togliendosi quel pensiero dalla testa per immergersi nella lettura, Kate affondò i piedi nella sabbia e aprì il raccoglitore per dare inizio alla storia.

Il primo capitolo iniziava con la descrizione di una stanza da ospedale, fredda, con pareti di calcestruzzo e le luci al neon sul soffitto. Il cuore di Nikki batteva all’impazzata quando entrò nella stanza, illuminata dal lampeggiare delle luci. Si asciugò i palmi sudati lungo i jeans e maledisse il suo battito accelerato; non era nervosa, era pronta. Prese la pistola, ne sentì il peso sulla mano per qualche secondo e rimosse la sicura per prendere la mira e sparare sei proiettili. Cinque colpirono il centro esatto del bersaglio; il sesto sfiorò appena il bordo dell’ovale. Da dietro, Nikki udì ‘Congratulazioni, agente Heat; ha passato la qualifica per le armi.’

Kate avvertì dei brividi risalirle lungo la spina dorsale. La scena che aveva appena letto l’aveva vissuta in ogni singolo dettaglio, fatta eccezione per il fatto che lei aveva sparato solo cinque proiettili; il sesto era rimasto incastrato nel tamburo. Attraverso la scrittura Rick aveva vividamente rappresentato il giorno in cui aveva ricevuto la qualifica per le armi—un giorno che lei gli aveva descritto orgogliosamente dopo avergli mostrato il certificato.

Cosa stava succedendo?

Kate osservò il raccoglitore con rinnovato interesse, continuando a leggere la storia di Nikki. Venne immediatamente introdotta ad alcuni colleghi della protagonista, tutti freschi diplomati dell’accademia, e si immerse in uno dei suoi primi giorni di servizio nel corpo di polizia. Alla fine del secondo capitolo, Nikki si trovava da sola, nel suo appartamento, a fissare la fotografia della sua defunta madre. Sperava in silenzio di riuscire a superare in fretta il periodo di addestramento così da conseguire il suo vero obiettivo: trovare l’assassino di sua madre.

Aspetta—cosa?

Kate voltò la testa per guardare in direzione della casa, quasi aspettandosi di trovare Rick sulla veranda che sorreggeva uno striscione con la scritta “Ti ho beccata!”, ma non riuscì a vederlo da nessuna parte. Portando di nuovo l’attenzione sul raccoglitore, provò a processare ciò che stava accadendo. Anche se il nome del personaggio la faceva sembrare una poliziotta sotto copertura per le operazioni della buon costume, sembrava ricalcare un suo fantastico profilo, nonostante in quel momento non sapesse se essere lusingata del fatto che lui tenesse tanto a lei da dedicarle un personaggio o arrabbiata per aver rubato dei pezzi della sua vita senza chiederle il permesso.

Decidendo di leggere più a fondo prima di prendere una decisione, voltò di nuovo pagina e dopo nemmeno poche pagine si ritrovò innamorata della storia. Rick aveva descritto Nikki con passione e gentilezza. La faceva sembrare tosta come se indossasse una tuta da super eroe invece di una uniforme nera e un distintivo d’argento. Nonostante ci fossero chiare differenze tra lei e Nikki (tra cui l’inclinazione di Nikki ad avere molte storie da una notte e via, cosa che Kate certamente non aveva), si sentiva comunque onorata e, allo stesso tempo, imbarazzata; se non fosse stata ancora sicura dei sentimenti di Rick, quella storia le avrebbe chiarito tutti i dubbi.

Al quinto capitolo, Kate pensò di non poter essere più innamorata di quel libro finché non arrivò un nuovo personaggio: Jameson Rook. Dalla sola descrizione, capì che era l’alter ego di Rick; Jameson era alto, aveva i capelli castani ed era descritto come un uomo rudemente affascinante. Anche lui era uno scrittore—un giornalista, per la precisione—che scriveva un articolo sulle reclute della polizia e sul loro primo anno di lavoro. Il capo di Nikki le aveva ordinato di farsi seguire e intervistare da Rook. Ovviamente, Nikki ne era furiosa, ma la tensione sessuale era palpabile e, da lettrice, Kate non vedeva l’ora che finissero insieme.

Non volendo più leggere oltre senza parlare prima con l’autore di cosa stesse passando per quella sua pazza—e presumibilmente brillante—testa, Kate si alzò dalla sedia sdraio e camminò sulla sabbia fino a raggiungere la casa, con la storia di Nikki Heat incastrata sotto un braccio. Lo cercò dappertutto finché non lo trovò nascosto in camera da letto, con un’espressione esitante sul viso.

Lasciò cadere il raccoglitore ai piedi del letto e indicandolo disse ’Spiegami.’

Rick si mise seduto e s’inclinò in avanti, poggiando i gomiti sulle gambe. ‘Ti è piaciuto?’

’Spiegami.’

Sentì la delusione farsi strada sul suo volto, così poggiò di nuovo la schiena contro il cuscino. ‘Non ti è piaciuto.’

‘RICK!’  Kate rise nonostante la frustrazione. ’Spiegami!’

Lui s’inclinò di nuovo in avanti. ‘Okay, allora… C’ho lavorato ogni tanto per più di un anno. Prendevo da anni appunti su un personaggio basato su di te. All’inizio avrebbe dovuto essere una madre giovane, ma sembrava troppo simile alla nostra situazione. Poi, quando ho sentito le tue storie dell’accademia la mia mente ha fatto click. Sai quanto mi pressa Gina con Derrick Storm, e mi piace scrivere di Derrick, ma adoro anche scrivere di Nikki perché adoro te.’

Sorpresa, Kate si sedette sul bordo del letto, proprio vicino alle sue gambe. Aveva confermato i suoi sospetti, anche se con quelle parole lo trovava ancora difficile da credere. ‘Hai basato un personaggio su di me?’

’Sì.’ sorrise.

‘Senza dirmelo?’

Il suo sorriso scomparve. ‘Beh, io…no, ma sei arrabbiata? Perché vedi, la cosa è che volevo solo—‘

Kate s’inclinò e lo interruppe con un bacio. ‘Ti amo.’

‘Cos—davvero?’

Lei sorrise di fronte al suo tono sorpreso. ‘Certo.’ Come non poteva? Neanche in altre dieci vite avrebbe potuto immaginare qualcuno che scrivesse delle cose così incredibili su di lei. Rick era già un uomo fantastico, un padre devoto, un amante attento e uno zelante fidanzato, ma questo? Era solo la punta dell’iceberg.

Emise un sospiro di sollievo. ‘E io che pensavo che ti saresti arrabbiata.’

‘Lo sono, un pochino.’ disse, visto che non era esattamente entusiasta riguardo all’uso dell’omicidio di sua madre. ‘Ma sono più onorata e sorpresa perché…’ prese il raccoglitore e lo poggiò tra le sue gambe ‘è bellissimo.’

Lui ricoprì con le mani l’intera superficie della copertina. ‘Lo credi davvero?’

’Sì. Cioè, ho letto solo cinque capitoli ma leggerò sicuramente il resto; non voglio fermarmi.’

‘Quindi va bene se lo mando alla Black Pawn?’

Lei annuì. ’Sì—certo. Dovrebbero leggerlo tutti perché è incredibile, proprio come te.’


‘Okay, tesoro, sei tutta imbacuccata. Posso portarti qualcos’altro?’ chiese Rick mentre guardava il suo piccolo angelo dai capelli castani. Lei scosse la testa, così la baciò sulla fronte prima di infilarsi di nuovo sotto il lenzuolo. Proprio mentre stava per alzarsi dal letto, la sua piccola manina gli afferrò il gomito.

‘Papà?’

’Sì?’

‘Possiamo restare qui per sempre?’

Lui le sorrise. ‘No, tesoro, non possiamo restare qui per sempre. Dobbiamo tornare a casa quando ricomincerai la scuola, perché non vuoi impiegare quattro ore di macchina solo per andare in città, vero?’

Emily ci pensò su. ‘Potrei non andare a scuola.’

Rick infilò le dita sotto le sue ascelle e lei sghignazzò. ‘Non puoi saltare la scuola, sciocchina. Ma sai che ti dico? Ormai questa casa è nostra, perciò potremo venire qui spesso—tipo nei weekend di vacanza o durante le assemblee degli insegnati quando non avrai lezioni. Che te ne pare?’

Emily annuì.

‘Perfetto. Ora prova a dormire. Ti voglio bene.’

‘Anch’io, papà.’ rispose chiudendo gli occhi.

Rick spense l’abat-jour prima di uscire dalla stanza e attraversare il corridoio per controllare la figlia più grande. La porta era ancora aperta, così sbirciò dentro. Era in piedi di fronte allo specchio intenta a togliersi gli orecchini. ‘Come va la scottatura, tesoro?’

Lei fece una smorfia prima di sollevare i capelli e voltarsi di schiena in modo che lui potesse vedere il laccio della maglietta del pigiama legato sulla parte alta della schiena. Aveva messo la crema sul collo e sulle spalle, ma non sulla schiena perché la maglietta che aveva indossato quella mattina era senza maniche. Purtroppo, le asole erano talmente larghe da aver permesso al sole di penetrare anche la stoffa. Rick non poteva biasimarla; neanche lui aveva pensato di mettere la protezione solare anche sotto la maglietta.

‘Beh adesso hai le macchie di un leopardo.’

‘Grazie.’ disse con notevole sarcasmo.

‘Vuoi che ti metta lo spray?’ le chiese riferendosi allo spray anestetizzante e rigenerante che avevano portato per ogni evenienza.

Alexis scosse la testa. ‘L’ha già fatto Kate.’

Lui annuì, così le si avvicinò e la baciò sulla testa. ‘Okay. Buonanotte, tesoro; ti voglio bene.’

‘Anch’io.’

Uscendo dalla stanza, Rick percorse il corridoio fino alla camera da letto principale, dove Kate stava cambiando le lenzuola. ‘Em è a letto; Alexis ci andrà tra poco—cavolo, la sua schiena sembra combinata male.’

Kate lo guardò con espressione preoccupata. ‘Lo so, vero? Mi dispiace per lei; spero non abbia problemi a dormire.’

Lui annuì con un cenno dirigendosi verso il balcone, ma Kate lo fermò prima che potesse fare un altro passo. ‘No, non farlo. Tua madre e Georg sono nella vasca.’

‘Oh Dio.’ esclamò Rick portandosi una mano sulla fronte. Ovviamente il balcone della camera da letto principale si affacciava proprio sulla veranda, ma, certo, meglio che fosse la loro che una di quelle bambine, se doveva scegliere tra chi traumatizzare. Non era sicuro di poter riuscire mai a capire perché sua madre non provasse alcuna vergogna riguardo ai suoi atteggiamenti intimi—soprattutto di fronte a due bambine che non sapevano ancora cosa fosse il sesso (grazie a Dio). Lui e Kate riuscivano a trattenersi in pubblico, perché lei non poteva fare lo stesso? Oh. Giusto. Perché era Martha Rodgers, si rispose da solo. ‘Di nuovo, perché ho lasciato che venisse?’

Lei lo guardò, ancora occupata a sistemare i cuscini. ‘Non si è tipo invitata da sola?’

‘E quando non lo fa?’

Si voltò e la vide sorridere mentre saliva sul letto per prendere il raccoglitore di Nikki Heat dal comodino. Il suo cuore fece un balzo dalla gioia. La sua musa, la sua ispirazione stava leggendo il libro che, a detta sua, le stava piacendo da morire. La sua opinione contava molto più di quanto potesse esprimere. Non importava se la prima stampa avesse venduto dieci copie o dieci mila; a Kate piaceva ed era tutto ciò che importava.

Osservandola con sguardo adorante, Rick non poté fare a meno di sentire un’immensa sensazione di completezza. Già; quella era la sua famiglia. Due bellissime bambine che dormivano in fondo al corridoio. Un’incredibile donna accanto a lui. E—purtroppo—una madre che se la stava spassando al piano di sotto. Era la famiglia che aveva sempre desiderato.

Non l’aveva realizzato durante la settimana che avevano trascorso in quella casa anni prima. In quel periodo Kate era solo una ragazza bellissima e sexy con cui si trovava bene, quindi perché non avere un po’ di divertimento sotto le lenzuola? Ma adesso erano entrambi più maturi ed era cambiato tutto. Vedeva attraverso i suoi occhi che dei pasti salutari dovevano avere la precedenza sulle patatine fritte per cena e che, nonostante il laser tag fosse un’attività divertente da fare nel weekend, doveva prima essere sicuro che Alexis avesse finito i compiti per la scuola e non gareggiare con lui per la dominazione del mondo.

Ripensandoci avrebbe potuto dire che la maturità acquisita grazie alla convivenza con Kate era stata uno dei motivi per cui lui e Gina non avevano funzionato. Certo, la relazione era stata travagliata sin dall’inizio a causa del suo disinteresse per le bambine, ma non avrebbero dovuto rimettersi insieme dopo aver rotto la prima volta. Soprattutto da quando l’aveva beccata a tradirlo—per rigirare il dito nella piaga—con un altro scrittore della Black Pawn.

Col senno di poi, il modo in cui Kate l’aveva confortato dopo essere tornato a casa quella sera era stato il vero inizio della loro relazione. Aveva detto cose meravigliose su di lui, che era un uomo e un padre fantastico, gli aveva assicurato che i motivi di Gina di tradirlo erano del tutto infondati e che qualsiasi donna sarebbe stata fortunata ad averlo come fidanzato.

Era stato allora che l’aveva baciata e l’aveva condotta nel suo letto. Il mattino dopo si era sentito in colpa, come se l’avesse usata in un momento di vulnerabilità, ma lei aveva insistito dicendo che non le importava.

Vedendo se stesso attraverso i suoi occhi aveva cominciato a nutrire dei sentimenti per lei, ma era stato solo a Natale che aveva capito quanto si stesse innamorando. Svegliarsi e ritrovarla rannicchiata contro di lui, con lo spirito natalizio nell’aria, aveva capito di volere lei e nessun’altra.

Certo, non era mai stato tutto così semplice e c’erano volte in cui era come stare sulle montagne russe. Questo li aveva portati a prendersi un anno per solidificare la loro relazione, ma ne era valsa la pena. Lei era straordinaria e quella sera, mentre la guardava con quel piccolo sorriso che gli si formò sulle labbra, capì che un giorno si sarebbero sposati per stare insieme tutta la vita.

E non vedeva l’ora.










Angolo:
Buonasera a tutti!
Vi ringrazio come al solito per continuare a leggere e commentare. Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo.
Ci vediamo la settimana prossima con l'ultimo capitolo!
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Kate si svegliò sbadigliando sonoramente e aprendo gli occhi per guardare l’orologio. Le 5:25—cinque minuti al suono della sveglia. Prese un bel respiro e si stiracchio la schiena pensando alla giornata da affrontare.

Era il quarto compleanno di Emily ed era stata fortunata ad avere il turno la mattina presto. Ciò significava che non avrebbe potuto svegliare la sua bambina augurandole buon compleanno, il che era triste, ma sarebbe tornata in tempo la sera per la loro cena di rito a base di macaroni&cheese e torta di carote, che per ragioni che nessuno riusciva a comprendere era la preferita di Emily.

Con un piccolo sorriso sul volto, si strofinò gli occhi con una mano. Quattro anni—era difficile credere che Emily fosse nella sua vita da soli quattro anni. Sembrava impossibile ricordare un momento senza di lei, senza la sua risata ad illuminare la stanza, senza il suo piccolo corpicino rannicchiato contro il suo. Ora andava all’asilo, presto sarebbe andata in prima elementare e poi—no, non doveva pensarci o avrebbe pianto ancora prima di scendere dal letto.

Si sollevò per mettersi seduta, ma quando fu sul punto di mettere i piedi a terra la stanza venne riempita da una sorprendente quantità di luce. Sbattendo le palpebre, si voltò verso il suo compagno per vedere anche lui seduto. ‘Buongiorno, bellissima madre della mia bambina.’

‘C—ciao.’ balbettò. Erano rari i giorni in cui Rick si alzava prima di lei—soprattuto quando aveva il turno la mattina presto. Di solito brontolava e grugniva per l’allarme delle 6:45 che metteva per far alzare le bambine e prepararle per la scuola. Kate gli ricordava spesso che andando a letto prima dell’una avrebbe avuto meno difficoltà ad alzarsi presto, ma secondo lui riusciva a scrivere meglio solo dopo le undici. Nonostante lo trovasse ridicolo, la accettava come bizzarra caratteristica per avere una relazione con uno scrittore.

Rick s’inclinò e le posò un bacio sul collo. ‘Vuoi il tuo regalo?’

Oh, quindi era quello il motivo per cui si era alzato così presto. Voleva darle un regalo prima che andasse via, invece di aspettare il suo ritorno. Era…dolce, ma anche stupido dato che non lo riteneva affatto necessario. ‘Sai che non devi per forza farmi regali; è il compleanno di Emily.’

‘Non sono d’accordo. Tu ed Emily condividete il compleanno; non sarebbe qui senza di te.’

Anche se era tecnicamente vero, non poteva prendersi il cento per cento del merito dell’esistenza di Emily. ‘Anche tu hai avuto una piccola parte, sai.’

‘Sottolinea la piccola parte—tu hai fatto tutto il duro lavoro. Vuoi il tuo regalo o no?’

Kate sorrise e si voltò a guardarlo, incrociando le gambe. ‘Okay.’ Ma sì, sarebbe potuta arrivare un po’ più tardi per un suo regalo.

Rick prese dal cassetto del suo comodino una piccola scatolina blu quadrata racchiusa perfettamente nella sua mano. Una scatola da gioielleria, pensò. L’anno prima le aveva regalato una bellissima collana, così pensò immediatamente che fossero degli orecchini abbinati, che sarebbero entrati in una scatola di quelle dimensioni. Con un sorriso, gli prese la scatolina dalle mani e la aprì. Il sorriso si trasformò in un’espressione sorpresa quando gli occhi ricaddero sul solitario contenuto all’interno. ‘Oh, Rick…’ disse.

Lui le si avvicinò, prese l’anello e afferrò la sua mano sinistra. Gentilmente, infilò il piccolo cerchio di metallo al dito dove, sorprendentemente, entrò alla perfezione. ‘Pensavo che’ cominciò, tenendole la mano tra le sue ‘ora che Emily ha quattro anni, forse è il momento di completare ufficialmente la nostra famiglia.’

Kate lo guardò con le lacrime agli occhi, le emozioni le riempivano il petto e pressavano contro i polmoni. Quel dolce, fantastico, incredibile uomo voleva sposarla. Non poteva dire di esserne sbalordita; si era riferito a loro come una famiglia sempre più spesso negli ultimi sei mesi, ma quella proposta era stata inaspettata. Di solito riusciva ad essere molto sopra le righe e, infatti, si aspettava quasi di trovarlo con un elicottero o un manifesto.

‘Completare la nostra famiglia.’ ripeté. Sembrava una strana proposta, perché non sentiva che la loro famiglia fosse del tutto completa—o, almeno, non voleva che lo fosse. ‘Non vuoi provare ad avere un maschio?’

Rick lasciò andare una sorta di sospiro misto ad un sussulto mentre si avvicinava e la avvolgeva tra le braccia. Respirando pesantemente contro il suo collo, le disse ‘Dio Kate, ti amo!’

Lei lo strinse forte. ‘Ti amo anch’io.’

Le baciò la spalla più volte prima di spostarsi sul collo, dove posò finalmente le labbra tenendola stretta per qualche altro minuto. Quando si tirò indietro, le accarezzò le guance con i pollici e disse ‘Quindi…è un sì?’

Non resistendo alla tentazione di punzecchiarlo, posò lo sguardo sulla sua mano e fece spallucce. ‘Beh, l’anello è già al mio dito, quindi…’ Rise di fronte alla sua espressione depressa prima di baciarlo di nuovo. ‘Certo che è un sì. Come potrei non volerti sposare?’ Il padre della sua bambina. Il suo migliore amico. La persona su cui avrebbe potuto fare affidamento senza alcun dubbio. Non sposarlo sarebbe stato incomprensibile.

Rick la baciò ancora e ancora, facendola sdraiare sul materasso e coprendola interamente con il suo corpo. Kate piagnucolò quando un minuto dopo la sveglia cominciò a suonare, andando a tentoni per spegnerla. ‘Ohh, vorrei davvero non dover andare a lavorare stamattina.’

Rick la baciò sul mento. ‘Non andarci.’

‘Non posso non andarci.’

Le afferrò i seni con le mani. ‘Mm sì che puoi.’

‘Rick!’ grugnì, dandogli un colpo nelle costole così che la liberasse. ‘Non posso non andare a lavoro, ma festeggeremo sicuramente dopo.’ Riluttante, si alzò dal letto e si diresse verso il bagno, voltandosi solo per chiedergli ‘Alle bambine lo diciamo dopo la scuola?’

‘Oh, beh, Alexis lo sa già.’ confessò Rick. ‘Gliene ho parlato qualche settimana fa.’

Kate si voltò, ormai intrigata. ‘Cos’ha detto?’

Lui sorrise lievemente. ‘È scoppiata a piangere—lacrime di gioia—e poi mi ha chiesto perché ci ho messo così tanto.’

Kate emise un piccola risata e il sorriso sul suo volto si ampliò. ‘Mi sembra giusto. Sono felice che ne sia eccitata.’

’Ne è entusiasta. Ti vuole bene, lo sai.’

‘Anch’io le voglio bene.’ affermò.


‘Mamma è a casa! Mamma! Mamma! Guarda cosa ho ricevuto!’

Kate aveva messo a malapena un piede nell’appartamento quando venne ricevuta da un’euforica bambina, la quale si fermò di fronte a lei tirando la maglietta dall’orlo in modo che potesse mostrarle l’etichetta. Sembrava una normale etichetta adesiva larga un paio di centimetri, ma sopra aveva scritto ‘Buon Compleanno’ e le lettere erano circondate da delle stelle di plastica, che Kate immaginò avesse applicato lei stessa.

‘È bellissima, tesoro. Vieni qui.’

Prese in braccio la bambina e la poggiò su un fianco, anche se stava diventando sempre più difficile. Le diede un bacio sulla guancia e la tenne stretta a sé per qualche secondo. ‘Buon compleanno, Emily. Ti voglio tanto bene.’

Emily avvolse le braccia intorno al collo della madre e chiese ‘Posso avere i miei regali adesso?’

Kate sorrise. ‘Credo che dovrai aspettare dopo cena.’

La bambina sospirò drammaticamente. ‘È quello che ha detto anche papà.’

Dopo averle dato un altro bacio sulla guancia, la mise di nuovo a terra per farla correre in salotto mentre lei si diresse in cucina per salutare finalmente il suo promesso sposo. Promesso sposo. Sembrava ancora strana come parola, ma la rendeva felice.

‘Oh, hey. eccoti qui. Com’è andata la giornata?’

‘Oh, è stata noiosa. Non è successo niente di eclatante—almeno non da quando mi sono svegliata stamattina.’ lo punzecchiò felicemente.

Lo scrittore inarcò le sopracciglia prima di tirarla a sé per un bacio. Aprì la bocca per parlare, ma quando le afferrò la mano sinistra corrucciò la fronte. ‘Dov’è l’anello?’

‘Oh.’ rise un po’ imbarazzata. Infilò una mano dentro la giacca dell’uniforme e prese la catenina sulla quale era appeso. ‘È un po’ appariscente da indossare mentre sono di pattuglia—non che mi lamenti.’ disse. In realtà, quando le aveva mostrato l’anello quella mattina era troppo scioccata e assonnata per capire quanto fosse grosso. Dopo averlo osservato attentamente, aveva deciso che sarebbe stato meglio non indossarlo durante il lavoro per evitare di danneggiarlo.

‘Comprensibile. Forse dovrei prendere un anello meno scintillante da mettere tutti i giorni?’

‘È sia folle che non necessario.’ disse prima di baciarlo. ‘Dov’è Alexis?’

Lui corrucciò la fronte. ‘Oh…era molto strana. È tornata a casa ed è andata dritta in camera sua sbattendo la porta. Le ho chiesto se stesse bene, ma ha detto che era tutto okay e che sarebbe scesa per la cena. Forse non si sente bene?’

Kate per poco non scoppiò a ridere di fronte all’innocenza di quella affermazione. ‘O forse è entrata nella fase della pre-adolescenza.’

Lui scosse la testa. ‘È ancora troppo presto.’

‘Non credo, amore; compierà dieci anni tra qualche settimana.’ gli ricordò Kate. Quando l’espressione di Rick tramutò in preoccupazione, lei gli accarezzò il braccio. ‘Vado a vedere se mi dice cosa c’è che non va.’

Mentre saliva le scale, Kate tolse l’anello dalla catenina e lo infilò al dito. Lo guardò, con un piccolo sorriso sul volto e lo strinse contro il petto. C’erano tante di quelle cose che non vedeva l’ora di sperimentare. Non solo la preparazione del matrimonio o l’evento stesso, che sarebbe stato eccitante e gioioso, ma anche tutto il resto. Avrebbero solidificato la loro vita insieme, la loro famiglia. Sarebbe diventata una moglie e, per quanto folle sembrasse alla sua età, non vedeva l’ora. Molti dei suoi coetanei stavano ancora cominciando ad intraprendere delle relazioni serie. Alcuni erano già sposati, altri volevano concentrarsi sulla loro carriera, ma lei con la sua famiglia già pronta avrebbe potuto avere il meglio in entrambe le cose; era la realizzazione di un sogno che non sapeva di avere.

Fermandosi di fronte alla porta di Alexis, Kate picchiettò leggermente sul legno con la mano destra. ‘Alexis?’

La porta si aprì un minuto dopo. ‘È ora di cena?’

‘Non ancora. Pensavo che prima volessi parlare.’

Alexis face un passo indietro e fece cadere le braccia lungo i fianchi. ’Di cosa?’

Kate fece spallucce. ‘Dillo tu a me.’

‘Sto bene.’ disse, incamminandosi verso il letto e sedendosi sul bordo. Kate fece due passi avanti e aspettò pazientemente che la bambina continuasse. ’Tranne per il fatto che oggi si prendevano gioco di me.’

‘Chi?’

‘Le ragazze della mia classe.’

Kate annuì e si sedette accanto a lei. Questo spiegava perché si stesse nascondendo e si rifiutasse di dire a suo padre cosa stava succedendo. ‘Capisco. E cosa dicevano?’

‘Loro…dicono che sembro una bambina piccola.’

‘Una bambina piccola?’ chiese confusa.

‘Perché non mi trucco e non metto il lucida labbra.’

Kate spalancò gli occhi colta di sorpresa. In quarta elementare? La scuola era cambiata così tanto in quattordici anni? Lei non si truccava mai alle elementari—non che sua madre glielo avrebbe mai permesso, anche se avesse voluto, ma ricordava che nemmeno le sue amiche si truccavano. ‘Tutte le ragazze della tua classe si truccano?’

’No.’

Beh, quello era un sollievo. Kate allungò un braccio e le passò una mano lungo i capelli. ‘Alexis, sei solo in quarta elementare, non hai bisogno del trucco. Devi solo essere una ragazzina.’ le ricordò.

‘Ma ridevano alle mie spalle!’ insistette, chiaramente ferita.

‘Lo so ed è stato scortese da parte loro, ma lascia che ti chieda una cosa: se non fosse per quelle ragazze, vorresti truccarti?’

Alexis corrucciò il naso. ‘Sembra volerci un sacco di tempo.’

Kate non poté fare a meno di ridere. ‘Infatti e, sai, non tutte le donne lo fanno. Io non lo metto sempre.’ Nonostante si truccasse soprattutto per andare a lavoro, cercava sempre di evitare di mettere più di alcune passate di mascara, e quando andava al college non ci badava nemmeno.

‘Ma tu sei già bellissima.’ puntualizzò Alexis.

‘Anche tu.’ le ricordò Kate senza esitare. L’espressione di Alexis rimase incredula, così Kate decise di cambiare argomento. ‘Posso mostrarti una cosa che potrebbe farti sentire meglio?’ Quando Alexis annuì, Kate le mostrò la mano sinistra posandola sul ginocchio della bambina, così che l’anello fosse del tutto esposto. Il viso le s’illuminò per l’emozione e prese la mano di Kate tra le sue in modo da esaminarlo più da vicino.      

‘Oh! Papà non voleva farmelo vedere! È così luccicante!’

’Sì, lo è.’

Dopo aver esaminato l’anello da tutti gli angoli, Alexis le gettò le braccia al collo e disse ’Ne sono davvero felice.’

Kate la baciò sulla testa. ‘Anch’io, tesoro. Ora andiamo a mangiare.’


‘Emily vieni qui un secondo.’ disse Rick tentando di riunire tutta la famiglia in salotto. Emily era rimasta in piedi davanti allo studio con l’acquolina in bocca in attesa di prendere la borsa piena di regali impacchettati visibili dalla sua scrivania. Le aveva proibito di entrare nello studio per evitare che li aprisse tutti prima del tempo, ma ciò non l’aveva fermata dallo stare in piedi—letteralmente—davanti alla porta dello spazio proibito a fissarli.

Il viso della bambina s’illuminò. ‘Regali!’

’No, non ancora tesoro, anche se questo potrebbe esserlo.’ aggiunse di fronte alla sua espressione delusa. Quando Kate si sedette sul divano accanto a lui, Rick le prese la mano sinistra e la posizionò sul suo ginocchio. ‘Mamma e papà si sposeranno; ci sarà un matrimonio—sai cos’è vero? Ti ricordi quando la nonna si è sposata e tu hai fatto da damigella?’ disse, riferendosi alle nozze svoltesi appena un mese prima. In vero stile Martha Rodgers, l’evento era stato più una fuga d’amore, ma si era comunque assicurata che entrambe le bambine avessero un vestito per l’occasione—grazie alla sua carta di credito.

‘Potrò mettere un bel vestito?’ chiese Emily con un sorriso speranzoso.

Rick annuì. ’Sì, tesoro. Anche la mamma avrà un bel vestito, e anche Alexis.’

La ragazzina si sedette accanto alla sorella e le posò un braccio intorno alle spalle. ‘Saremo una famiglia, Em.’ disse mentre le dita di Rick si drizzavano con orgoglio.

’Siamo già una famiglia.’ disse Emily saggiamente. ‘Posso avere i miei regali adesso?’

‘Okay, sì, puoi-‘ Rick venne interrotto dall'esultanza di Emily, la quale corse in direzione dello studio cominciando a rovistare dentro la grande borsa. Era troppo grande da portare per lei, ma ciò non la fermò dal trascinarla per qualche metro finché non si arrese e vi si gettò a capofitto, strappando via tutta la carta e tutti i fiocchi.             


‘Beh, direi che è stato un successone.’ esclamò Rick mentre raccoglieva un pezzo di carta regalo da sotto il tavolino. La passò a Kate, che aveva ancora il sacco della spazzatura tra le mani.

‘Già, avrebbe giocato con quei giocattoli fino a mezzanotte se gliel’avessimo permesso.’

‘Che c’è?’ chiese quando vide il suo sorriso trasformarsi in un broncio. ‘Triste che sia più grande di un anno?’

‘Un po’, ma no. Forse sono solo un po’ delusa perché non era molto eccitata per il matrimonio. Magari non l’ha capito?’

Lui annuì. ‘Esatto. Pensaci: dal suo punto di vista, non sta cambiando niente. Non capisce il legame del matrimonio. L’unica differenza è che non dormirai più nella stanza in fondo al corridoio, anche se ormai lo fai piuttosto raramente.’

‘Ottimo punto.’ disse Kate. ‘E immagino che sarà entusiasta quando le mostreremo il vestito che indosserà.’

‘Assolutamente.’

Kate annuì chiudendo il sacco e posizionandolo vicino alla porta, così che il prossimo che avrebbe lasciato l’appartamento sarebbe andato a buttarlo. ‘Adesso dobbiamo dirlo ai nostri genitori.’

Rick fece una smorfia. ‘Oh, sì, riguardo a questo…’

La sua bocca si spalancò. ‘Sul serio? Ero l’unica a non sapere che stavi per fare la proposta?’

‘Emily non lo sapeva.’

‘Rick!’ esclamò come mezzo rimprovero.

Lui la raggiunse e pressò le labbra contro le sue. ‘Scusa, tesoro. Ho portato mia madre con me a scegliere l’anello e ho dovuto chiedere il permesso a tuo padre.’

Un’espressione sorpresa si fece strada sul suo volto. ’Tu…hai chiesto il permesso di mio padre?’

‘Certo.’ rispose Rick. Anche se non credeva di essere un uomo all’antica, c’erano alcune usanze da dover rispettare. Qualcuno avrebbe potuto dire che chiedere la mano al padre della sposa fosse un’usanza un po’ arcaica, ma Rick pensava che fosse la cosa più rispettosa da fare. Era persino nervoso durante la telefonata a Jim, ma l’uomo era stato gentile dicendo che non avrebbe potuto immaginare un uomo migliore per la sua unica figlia.

‘Perciò,’ continuò Rick mentre si dirigevano in cucina, ‘quando vuoi farlo? Vuoi fare una fuga questo weekend? Perché io ci sto.’

Lei scosse la testa. ‘No, voglio decisamente un matrimonio—piccolo, intimo, ma un matrimonio.’

‘La casa negli Hamptons?’ suggerì.

Ci pensò un momento ma poi scosse la testa. ‘No, così dovremmo aspettare fino all’estate.’

‘Allora quando pensavi?’

‘Febbraio o Marzo se riusciamo a trovare un posto.’

Rick non poté fare altro che ridere alla sua proposta innocente. ’Tesoro, credo sia fantastico, ma se credi di poter trovare una location disponibile a Manhattan tra cinque mesi, sei pazza.’

Kate inarcò un sopracciglio, fece un passò indietro e si portò le mani al petto. ‘Oh davvero? Richard Castle non ha un amico per questo?’ chiese, punzecchiandolo con la frase che utilizzava spesso quando doveva procurarsi qualcosa di misterioso.

Lui annuì. In realtà non aveva pensato di usare uno dei favori in sospeso, ma era di certo una possibilità. ‘Forse. Potrei fare qualche chiamata, ma hai ragione, non voglio aspettare fino all’estate. Non vedo l’ora di sposarti.’

Alzandosi in punta di piedi, lo baciò sulle labbra e gli sussurrò. ‘Anch’io.’











Angolo:
Buonasera a tutti!
Vi ringrazio enormemente per tutte le recensioni ricevute in questo periodo e mi scuso enormemente se non sono ancora riuscita a rispondervi. Grazie mille anche a chi ha solamente letto arrivando fino alla fine.
Ci vediamo mercoledì con l'epilogo.
A presto!
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built 

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


‘Beh, è stato fantastico, ragazzi; grazie mille a tutti.’ Gli occhi di Kate passarono in rassegna l’intera tavola guardando ognuno dei suoi figli—beh, tre dei figli che avevano partecipato alla cena del loro anniversario. Erano passati sei mesi da quando Alexis e suo marito si erano trasferiti a Chicago a causa del suo lavoro. Nonostante si fossero salutati tramite Skype prima della cena, Kate sapeva che suo marito era ancora triste per la partenza della sua figlia più grande—e che sentivano entrambi la mancanza della piccola Kayla. Vederla mandare un bacio tramite video non era la stessa cosa che coccolarla da vicino.

‘Beh, in realtà c’è ancora qualcos’altro.’ disse Caroline, la più piccola del gruppo, mentre faceva scivolare sul tavolo una busta per i suoi genitori. Rick la prese, sollevò la linguetta e mostrò a Kate il contenuto: un buono per il loro ristorante preferito della città. ‘Avevamo bisogno di un piano B prima che la cena che abbiamo preparato ci avvelenasse tutti.’

‘No.’ intervenne Emily rivolgendo un’occhiataccia alla sorella più piccola. ‘Volevamo solo regalarvi una bella cena tutta per voi.’

‘Beh grazie.’ disse Rick, sorridendo a tutti. ‘Onestamente non ci aspettavamo alcun gran regalo fino all’anno prossimo. Vi avverto—cominciate a pensarci da adesso.’

Kate alzò gli occhi al cielo. Sì, il prossimo anno sarebbe stato il loro venticinquesimo anniversario di matrimonio, ma non era necessario che i ragazzi facessero niente di esagerato; solo qualcosa di semplice. Considerando che suo marito era un re nel fare regali, Kate era già ansiosa su cosa avrebbe dovuto comprargli, nonostante avesse ancora trecentosessantaquattro giorni per scoprirlo.

‘Beh, non preoccupatevi per i piatti; ci pensiamo noi.’

‘Grazie!’ Il ragazzo che adesso preferiva essere chiamato James, invece di Jimmy, si sedette di nuovo sulla sua sedia.

Caroline gli diede una manata sulla pancia. ‘Non far fare alla mamma tutti i piatti; qual’è il tuo problema?!’

‘Hey! Non picchiarmi!’

‘Ragazzi, basta!’

Kate guardò suo marito, il quale le mostrò un sorriso. ‘Certe cose non cambiano mai.’ commentò a bassa voce.

’No.’ rispose lui.

La maggior parte delle volte i ragazzi andavano d’accordo e non litigavano mai, ma essendo quasi coetanei Caroline e James tendevano sempre a battibeccare, anche se raramente la situazione andava oltre un generale litigio tra fratelli. Ad ogni modo, dato che vivevano entrambi ancora in casa, Kate e Rick ogni tanto erano costretti a intervenire, nonostante fossero entrambi legalmente adulti.

Kate si alzò da tavola per togliere il suo piatto e quello di suo marito quando Emily la fermò. ‘In realtà, io ho un’altra cosa per voi.’ Si alzò dalla sedia e girò intorno al tavolo per raggiungere la donna alla quale assomigliava in tutto e per tutto.

‘Aspetta,’ disse James con una piccola nota di panico ‘dovevamo anche fargli un regalo ciascuno?’

Emily tranquillizzò il fratello. ‘No, no è solo una cosa mia. Vi avrei portato qualcosa…ma è troppo grande da impacchettare.’

Rick strofinò allegramente le mani. ‘Fantastico—vuol dire che è davvero un bel regalo!’

Emily emise una piccola risata. ‘In realtà, uhm, non è ancora arrivato.’

Le spalle di Rick si afflosciarono e Kate rise. Guardando sua figlia, la redarguì ‘Oh Emily, non punzecchiare tuo padre in questo modo.’

Emily giunse le mani al petto, guardò suo marito Craig, che le sorrise, e poi di nuovo sua madre. ‘Non arriverà prima di ventiquattro settimane…’

Kate colse immediatamente l’allusione e portò entrambe la mani alla bocca mentre sussultava. ‘O-oh! Oh Emily! Sei…oh ma credevo che steste aspettando.’ disse, riferendosi al fatto che fossero sposati da meno di un anno e che li avessero inizialmente informati di voler andare avanti con le loro carriere prima di creare una famiglia.

Emily rise e sollevò le spalle. ‘Infatti.’

‘Oh! Oh mio Dio!’ esclamò Kate, guardandosi indietro per vedere Rick con le lacrime agli occhi, orgoglioso, mentre Caroline batteva felicemente le mani e James sembrava confuso come sempre. Con le emozioni che la divoravano, Kate attirò la donna incinta in un abbraccio mozza fiato.

Anche se non avrebbe mai scelto un preferito tra il suo quartetto di figli, Emily era quella a cui era più legata solo per il fatto che erano molto simili. Essendo la più giovane, Caroline era più uno spirito libero e sperava di poter iniziare una carriera nel teatro come sua nonna. E anche se James sembrava un’esatta copia di suo padre, non era per niente simile a lui, eccetto per lo stesso gusto per la letteratura; James era sempre silenzioso e amava leggere, perciò il fatto che stesse provando ad ottenere un dottorato per diventare professore non li aveva sorpresi.

Emily era cresciuta con la stessa passione, ardore e coraggio della madre. Quando mischiava il tutto con un po’ di senso dell’umorismo ereditato dal padre, diventava una ragazzina benvoluta da tutti. Dopo il tentato rapimento da bambina, Rick e Kate avevano sperato di poterla allontanare da tutte le cose negative del mondo, ma ovviamente non sarebbe stato realistico, e più grande diventava più sembrava che la vita di Emily avrebbe rispecchiato quella di Kate in entrambi i lati positivi e negativi.

Uno sfortunato incidente durante l’ultimo anno di liceo aveva tagliato i ponti con la loro vita mondana e spezzato i loro cuori. Ma Emily era riuscita a superare l’avversità con nuova determinazione e a concentrarsi sul suo futuro: voleva diventare procuratore distrettuale cominciando una carriera simile a quella della nonna che non aveva mai conosciuto.

L’unica cosa che Rick e Kate desideravano di più per i loro figli era che trovassero la felicità. Dopo aver visto che Emily stava intraprendendo il suo stesso cammino emotivamente chiuso dei primi anni al college Kate si era preoccupata, ma poi, durante i primi mesi di università, aveva cominciato a parlare del suo compagno di studio Craig e aveva avuto l’impressione che il ragazzo fosse un tipo silenzioso e sempre con gli occhi sui libri, ma che guardava Emily come se fosse il sole stesso. Ovviamente, avevano impiegato un altro intero anno per mettersi insieme, ma quando accadde Kate era entusiasta di vedere negli occhi di sua figlia la stessa luce che aveva avuto quando lei e Rick si erano fidanzati ufficialmente.

Emily fece un giro per abbracciare i suoi fratelli, suo padre e poi di nuovo sua madre prima di mandare indietro alcune lacrime e dire ’Mi fa piacere che siamo riusciti a sorprendervi.’

‘Siamo scioccati!’ intervenne Rick. ‘Ed entusiasti, ovviamente. A meno che non avete intenzione di trasferirvi anche voi a Chicago.’

‘Decisamente no.’ gli assicurò Craig.

‘A proposito—sono sicuro che anche Alexis resterà sorpresa.’

‘Oh, lei lo sa già.’ confessò Emily.

‘Cosa?!’ esclamò Rick, chiaramente offeso.

Emily fece spallucce. ‘Dovevo dirlo a qualcuno. E poi, le ho fatto qualche domanda sulla gravidanza.’

‘Cos-‘ balbettò Kate, prendendo la stesso ruolo di “offesa” di suo marito. ‘Puoi fare a me le domande sulla gravidanza!’

‘Adesso sì, ma volevo mantenere la situazione tranquilla e tu non riesci a nascondere niente a papà e lui non riesce mai a tenere le cose per sé.’

‘Hey!’ protestò lo scrittore.

‘È vero.’ disse Caroline mentre tutti ridevano.

‘Beh, comunque, siamo molto, molto felici per te, Emily.’ assicurò Kate. ’Ti vogliamo tanto bene.’

Emily strinse la madre in un abbraccio. ‘Vi vogliamo bene anche noi.



Fine.











Angolo:
Buonasera!
Siamo arrivati al capolinea e devo ammettere che questa storia mi mancherà molto. Non è certamente una storia che ha ricalcato per filo e per segno le caratteristiche della serie, ma mi è piciuto sperimentare qualcosa di diverso. Sono felice di averla tradotta perchè mi aveva colpita sin da subito e sono contenta di avervela proposta. A questo punto, vorrei ringraziare coloro che mi hanno accompagnata in questo viaggio commentando ogni capitolo o anche solo leggendo e anche chi ha inserito la storia tra le seguite e le preferite. Infine, un enorme grazie all'autrice che se lo merita tutto.
Non so ancora cosa farò dopo, ma se deciderò di tradurre qualcos'altro ve ne accorgerete.
A presto e un bacione a tutti!
Link originale: https://www.fanfiction.net/s/12209667/1/The-Life-We-Built 

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