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di ROW99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio passato, il tuo presente ***
Capitolo 2: *** Una compatibilità matematicente perfetta ***
Capitolo 3: *** Notti insonni e colazioni bruciate ***
Capitolo 4: *** Giudizio divino ***
Capitolo 5: *** Attacco e difesa ***
Capitolo 6: *** Primo impatto con la squadra ***
Capitolo 7: *** Mi perdoni? ***
Capitolo 8: *** Qualcuno in casa mia ***
Capitolo 9: *** A short, sharp shock ***
Capitolo 10: *** Heart attack ***
Capitolo 11: *** In noctem ***
Capitolo 12: *** Il filo sottile che mi lega a te ***
Capitolo 13: *** Sospesi sul baratro ***
Capitolo 14: *** Buon Minaho Natale! ***
Capitolo 15: *** Qualcosa in meno in me ***
Capitolo 16: *** Abilitazione alla riabilitazione? ***
Capitolo 17: *** Ristoranti da... incubo ***
Capitolo 18: *** Una visita inaspettata ***
Capitolo 19: *** Vuoi fumare? ***
Capitolo 20: *** Preciso e potente ***
Capitolo 21: *** Non farlo mai più... ***
Capitolo 22: *** Oltre il danno, la beffa ***
Capitolo 23: *** Muro e barriera ***
Capitolo 24: *** Un passo dopo l'altro ***
Capitolo 25: *** Sorgi guerriero vindice ***
Capitolo 26: *** Torna subito indietro ***
Capitolo 27: *** Colpa ***
Capitolo 28: *** Tempesta e impeto ***
Capitolo 29: *** Ciuffi e orsacchiotti ***
Capitolo 30: *** Masterchef-Minaho ***
Capitolo 31: *** Fluff moments, welcome back! ***
Capitolo 32: *** Democrazia o demagogia? ***
Capitolo 33: *** Di coraggio e giustizia ***
Capitolo 34: *** Fever ***
Capitolo 35: *** Manabe, detto carino ***
Capitolo 36: *** Lo spavento è pronto in tavola ***
Capitolo 37: *** Cena a sopresa ***
Capitolo 38: *** Caccia al colpevole ***
Capitolo 39: *** Tre desideri e una lettera ***
Capitolo 40: *** Un piano...per prepararsi al piano! ***
Capitolo 41: *** Si aprono le danze ***
Capitolo 42: *** Chi non beve in compagnia... ***
Capitolo 43: *** Tribunale ***
Capitolo 44: *** Sotto pressione ***
Capitolo 45: *** Impatto ***
Capitolo 46: *** Dalla notte ti proteggerò ***
Capitolo 47: *** Fuori, alla luce del sole ***
Capitolo 48: *** A casa! ***
Capitolo 49: *** Giorno di pioggia ***
Capitolo 50: *** Tosse ***
Capitolo 51: *** Little trouble ***
Capitolo 52: *** Buttato fuori ***
Capitolo 53: *** Amici in visita ***
Capitolo 54: *** Spirito guerriero ***
Capitolo 55: *** Quando il vero salta fuori ***
Capitolo 56: *** Atto d'accusa, promessa di perdono ***
Capitolo 57: *** Folla ***
Capitolo 58: *** Alla sbarra ***
Capitolo 59: *** Guerra di testimoni ***
Capitolo 60: *** Un anomalo verdetto ***
Capitolo 61: *** Un nuovo cammino ***
Capitolo 62: *** Verso un nuovo Sole ***



Capitolo 1
*** Il mio passato, il tuo presente ***


If God had a name what would it be?
And would you call it to his face?
If you were faced with Him in all his glory
What would you ask if you had just one question?

Solo.
Sempre solo. Costantemente solo.
La pioggia ha battuto le strade di questa grande città per giorni, prima di sfumare in un’ umidità diffusa. L’asfalto sta sputando tutto il calore di questa terribile estate che si è ormai avviata irrimediabilmente alla fine. Un ragazzo cammina lungo il fiume, le mani nelle tasche per combattere il freddo che inizia a insinuarsi sotto i vestiti quando si abbassa la guardia, come le mani di un amante impaziente.
Il ragazzo si ferma vicino a una roccia e vi si appoggia, ignorando l’umidità che gli inzuppa i pantaloni. Le mani abbassano il cappuccio della felpa rivelando un cespuglio di capelli arancioni ben disposti in ciuffi simmetrici. Alcune gocce scivolano lungo il suo viso scavato, e no, non è colpa dell’umidità.

Minaho Kazuto, il primo della scuola.
Minaho Kazuto, il maniaco delle investigazioni.
Solo.

Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente. Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima dell’incidente che gli porterà via il padre, vi era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato. La morte aveva abbracciato la sua vita e quella di sua madre, che se ne era volata in cielo su un pavimento piastrellato, imbottita di idromorfone e ansiolitici, mentre un bambino piangeva con la testa coperta da un cuscino per non sentire quei singulti, quei respiri sempre più flebili e quella voce che spegnendosi chiamava il nome del padre, non il suo.
Oramai solo era stato accolto per pietà da una cugina della madre, che chiamava Zia ma vedeva forse due volte alla settimana. L’unico affetto che aveva conosciuto era quello delle svogliate babysitter economiche che lo dovevano sorvegliare fino al compimento dei quattordici anni, ovvero due anni prima, momento dal quale aveva preso a vivere da solo in un appartamentino di poche pretese.
Un ragazzo di quindici anni a vivere da solo. Poteva denunciarla a quella strega, ma stava bene nella sua solitudine domestica e finché aveva un affitto pagato mensilmente e una spesa fatta e consegnata due volte alla settimana non vedeva il perché di imporre la sua presenza a chi lo aveva sempre vissuto come un peso.
A scuola tutti lo scansavano come se avesse la peste, perché ne avevano paura. Minaho sapeva leggere dentro alle persone una maniera assai inquietante. Interpretava un movimento, l’inclinazione del sopracciglio, un movimento del labbro e ne forniva una precisa giustificazione. Lo aveva imparato dal padre, in quei pochi anni che aveva vissuto in piena felicità. L’Uomo era un grande investigatore.
Nessuno voleva stare accanto ad un ragazzo come Minaho. Troppo strano. Troppo solo. Troppo secchione.
Era appena iniziato un altro anno scolastico. I suoi corsi sarebbero cambiati, la sua fama no. Come se non bastasse ci pensó il professore di storia a presentarlo ai nuovi compagni come “primo della scuola! Ottimo allievo! Sono certo che diventerete buoni amici!”.
Gli sguardi degli “amici” dicevano tutto su quello che già pensavano di lui. Corse rapidamente con gli occhi sulla classe e il suo spirito analitico afferrò subito i principali tipi. La simpaticona (falsissima e ipocrita, a giudicare dal movimento ciclico della mano che copriva il sorriso finto), il teppista, il vagabondo, la stramba, il secchione….
Cosa cosa cosa???? Il secchione??
Lo sguardo di Minaho era andato a posarsi su un ragazzo dai capelli lilla che gli aveva lanciato un sorriso strano. La sua mente allenata non era riuscito a catalogarlo fra i sorrisi che che conosceva bene: l’interessato, l’ipocrita, il pietoso, lo sprezzante…
Che fosse… che fosse autentico? No…. Impossibile!
La lezione trascorse abbastanza rapida, e non ci volle molto all’arancione per scordare lo strano sorriso.

Dopo una settimana di lezioni la situazione andava di male in peggio. Incredibile a dirsi, ma non aveva scambiato una singola parola con nessuno. NESSUNO. La sfilza di massimi voti che aveva preso non aveva affatto aiutato, tra l’altro. Lo ignoravano con arte e maestria, pensò. Solo quello strano ragazzo lilla continuava a fissarlo. Lo vedeva con la coda dell’occhio quando lui pensava che non lo avesse notato. Perché non riusciva a capirne il perché? Lo mandava completamente in tilt.
Fu quel giorno che la sua vita subì l’ennesimo, immeritato scossone. Era il suo sedicesimo compleanno e non si aspettava, ovviamente, nessun augurio, ma sperava che almeno quel giorno la sfortuna lo lasciasse in pace.
Svoltó nel vialetto di casa, infilò le chiavi nella toppa e giró.
La porta non si aprì.
Riprovó ancora tre volte imprecando a bassa voce, prima di dirigersi imbufalito verso la porta sul retro. Barricata anche questa. Sembrava che le serrature fossero state cambiate. Stava chiedendosi come fosse possibile quando vide un biglietto sullo zerbino, mezzo pestato dato che non lo aveva affatto notato prima.
“MINAHO, CARO, SONO LA ZIA.
  OGGI HAI SEDICI ANNI. SAI QUANTO TI VOGLIA BENE, MA HO GIÀ SOSTENUTO TANTE SPESE IN MEMORIA DI TUA MADRE. SEI CRESCIUTO BENE. SONO CERTO CHE TROVERAI UN BEL POSTO DOVE VIVERE. TI HO LASCIATO QUALCHE BANCONOTA NELLA BUCHETTA DELLE LETTERE, QUANDO BASTA PER UN PAIO DI MESI D’AFFITTO, FINO A CHE NON TROVERAI UN BUON LAVORO PER LE TUE SPESUCCE.
PASSA A TROVARCI PRESTO!
LA ZIA”
Senza parole. Così si sentiva Minaho. La strega lo aveva appena sbattuto fuori di casa. Un minorenne da solo, senza un posto dove stare e con quattro soldi per pulirsi la coscienza. Cosa lo tratteneva dall’andare dalla polizia e denunciarla? Forse la poca voglia di lottare che gli rimaneva. Come poteva dimostrare le sue ragioni? La donna aveva tutti i documenti sul suo affidamento  e lui non poteva dimostrare nulla senza andare a supplicare i servizi sociali. Per cosa poi? Finire i pochi anni che gli rimanevano prima della maggiore età in un maledetto orfanotrofio? Infinitamente meglio cavarsela da solo, tanto ci era abituato, e chissà se l’avrebbe vista, la maggiore età…
Sì mosse stizzito verso il cancello mentre sentiva la rabbia montare. Non che fosse più solo di prima, la donna non era niente per lui, ma come diavolo avrebbe fatto a trovare un posto dove dormire in mezza giornata?
Era così furioso che sbatté violentemente il piede contro il gradino d’ingresso della casa, finendo solo per farsi un male tremendo.
Sbatté con violenza il cancello e si sedette sul marciapiede con le lacrime agli occhi per il dolore al piede e l’umore più che disperato.
-Pure la pioggia? Grazie!- urló sarcastico mentre le prime gocce d’acqua gli bagnavano i capelli.
Non seppe mai quanto rimase seduto sotto l’acqua con la testa tra le mani. Il piede gli pulsava e non riuscì a trattenere una lacrima. Nel suo cuore voleva solo un amico, gli bastava una persona sola per andare avanti, ma così non ce la faceva proprio più!
Non dovette passare molto tempo in quella posizione però, perché era ancora quasi asciutto quando sentí una mano appoggiarsi sulla sua spalla destra.
-Ehm… Ciao!
Minaho alzò gli occhi e spalancò la bocca dallo stupore. Era quel ragazzo dai capelli lilla che frequentava il suo stesso corso! Cosa ci faceva li con quello strano sorriso preoccupato stampato in faccia?
-Co… cosa… Ciao… cioè… cosa ci fai tu qui?
-Niente … abito dalla parte opposta della strada e non ho potuto fare a meno di vedere la scena… non so cosa tu abbia letto su quel biglietto, ma sembravi sconvolto… Minaho, vero?
Cosa? Il ragazzo si era interessato al suo nome? (non che ci volesse tanto, bastava seguire gli appelli in classe, ma lui non aveva degnato di interesse il nome di nessuno, quindi non aveva idea di come il lilla si chiamasse).
-Sì. .. Minaho kazuto… e tu sei…
-Manabe, Manabe jinichirou, piacere! Mi domandavo proprio perché non rivolgessi la parola a nessuno, a scuola…. Ma in realtà posso immaginarlo. Anche io non sto simpatico a tanti, sai?
E così dicendo fece un’espressione così buffa che Minaho non poté fare a meno di increspare le labbra in un sorriso mezzo paralizzato, ma spontaneo.
-ma… perché sei qui? Ti bagnerai, e con me perdi solo tempo, mi odiano tutti come puoi immaginare.
-Sul bagnarmi non preoccuparti… piuttosto… perché credi che la genti ti odi? Io non ti odio! Anzi,  ritengo che una probabilità accettabile sia che tu possa risultare simpatico al… diciamo… 57 per cento delle persone? Sai.. razionalizzando il numero di persone che incontriamo ogni giorno, le più recenti statistiche di psicologia dei rapporti…
L’arancione ascoltava sbalordito questo fiume di commenti. Cosa voleva questo qui da lui?
-... ed ecco come ho stimato il tuo coefficiente di simpatia! Ma cosa sto dicendo? La matematica mi fa sempre parlare a vanvera… perdonami…
-Tranquillo …. Le scienze piacciono tanto anche a me … soprattutto mi piace scrutare gli altri, capirne la mente e il corpo.
Cosa stava dicendo? Perché parlava a un quasi sconosciuto in mezzo a una strada? Sarà forse quel sorriso… strano? Quello sguardo che non lo lasciava un istante?
-Comunque arriviamo al dunque… non puoi rimanere qui fuori!- esclamò Manabe
-e dove vuoi che vada?... Sono appena stato messo alla porta, se te lo stai chiedendo…  non ho idea di dove andare ancora.
-Vieni dentro da me, no? – esclamò il lilla come se la cosa fosse sottintesa fin dall’inizio del discorso.
-Cos… cosa? Da t… te? No… meglio di no…. Io do solo fastidio alle persone…
-Ma che dici! L’ho visto subito che sei simpatico! È una settimana che ti scruto ma… a dire il vero di solito nemmeno io piaccio alle persone sai… non ho avuto il coraggio di parlarti prima….
-Io… s…simpatico?
Minaho sentiva rivolgersi quel termine per la prima volta nella sua vita. Era spiazzato oltre ogni umana misura.
-Ed inoltre,- perseguí Manabe- non penso tu sia in grado di andare lontano ora come ora…
Minaho non capí cosa intendesse, ma appena fece per alzarsi una tremenda fitta al piede lo riportó alla realtà dei fatti. Per ora non poteva camminare molto.
-Vieni, andiamo dentro. Ti asciughi e poi diamo un occhiata a quel piede… lo sai che adoro le scienze no? Di medicina ci capisco…
Minaho era sconvolto. Si lasciò sorreggere fino alla porta dell’abitazione di fronte, quindi si sedette mentre il lilla apriva la porta.
-Anche io vivo solo sai? Appena ho potuto mi sono liberato dell’assillo continuo dei miei… così pressanti! Non so se mi vogliano veramente bene sai? Non è che siano lontani comunque… giusto un paio di quartieri da qui.
Minaho aveva i denti stretti per il dolore, Ma non poté non notare come il lilla parlasse a cuor leggero e sorridendo di argomenti così tristi.
Manabe fece sedere L’arancione su un divano e come un fulmine sparí sulle scale, per tornare dopo un istante con dei vestiti asciutti.
-Tieni!  Abbiamo la stessa taglia! Splendido no? Mettiti questi prima che ti venga un raffreddore e togliti la scarpa, torno subito con del ghiaccio per il piede.
Minaho fece appena in tempo ad accennare un “Ma…” che Manabe era già sparito di nuovo.
Prese in mano i vestiti del lilla. Profumavano di sapone ed erano… ecco… leggermente pucciosi?
Si diede del pollo da solo e si cambió la maglietta. Si accorse solo allora di essere gelato.
Manabe tornó dalla cucina con un sacchetto di ghiaccio mentre L’arancione si sfilava le scarpe con un sospiro di sollievo e si infilava i pantaloni asciutti. Quando vide il lilla diventó rosso come un peperone.
-Ma… ma cosa guardi? Potevi girarti no?- Minaho aveva fatto una faccia così buffa che Manabe scoppió a ridere.
-Tranquillo amico! Non ho visto nulla di compromettente, inoltre la distanza è di circa due metri e l’inclinazione della porta di 30 gradi… ne segue che…
Un mezzo sorriso seguito da un gemito di dolore dell’arancione spezzarono a metà la frase. Il lilla si grattó la nuca.
-Perdonami… dimenticavo che stai soffrendo. .. Quando parlo il mondo si fa molto lontano a volte…
Così dicendo Manabe prese un cuscino, vi fece appoggiare all’arancione il piede e gli diede il ghiaccio. Minaho non trattenne un leggero mugugno di dolore quando lo mise sulla contusione.
Dopo cinque minuti stavamo parlando a raffica. A Minaho sembrava impossibile di non riuscire a frenare le parole. Stava facendo uscire anni di solitudine con quel ragazzo così simpatico, e lui ascoltava.
Sapeva ascoltare e sdrammatizzare, ma anche raccontare, nonostante una certa tendenza a cacciare dati e numeri nelle frasi.
Senza volerlo si resero conto che era calata la sera. Parlavano da almeno tre ore! Una cosa mai vista per entrambi.
-ok… forse è meglio se preparo qualcosa da mangiare, tu OVVIAMENTE sei mio ospite.
Manabe aveva calcato così buffamente la parola ovviamente che Minaho non seppe rifiutare, anche perché non aveva idea di dove andare… e poi… quel ragazzo gli piaceva davvero. Non si era mai trovato così con qualcuno dopo la morte del padre.
-ok… sei davvero gentile a farmi… a farmi restare. Lascia almeno che ti aiuti a cucinare!
Appena provó ad alzarsi L’arancione gridó di dolore. Qualcosa non andava. Il dolore aveva risalito la caviglia e si irradiava nel polpaccio.
Manabe lo spinse di nuovo a sedere.
-ma come… una botta dovrebbe essersi già fatta dimenticare…- disse guardando il sacchetto di ghiaccio oramai sciolto.- lascia che ti dia un’occhiata.
Il lilla toccó delicatamente la caviglia del ragazzo. Non bisognava essere appassionati di medicina per capire il problema.
-Minaho, hai una contrattura dovuta alla botta. Niente di rotto ma non esiste che tu ti muova per un po’.
-Ma come faccio… devo cercare una casa…
-Lascia stare. Starai da me un paio di giorni ok?
Ok, adesso la situazione iniziava a farsi imbarazzante, pensò l’arancione strabuzzando gli occhi.





Angolo dell’autore in prova:….
Buonsalve a tutti! Questa è la prima storia che pubblico dalla mia iscrizione… non sono tanto pratico dei personaggi ancora, spero di non aver fatto pasticci inenarrabili! (Già capire come funziona l’html ha richiesto due ore di potenti scleri)…
Ebbene, questo è il primo angolino dell’autore aggiunto mezz’ora dopo la pubblicazione, appena mi sono reso felicemente conto di averlo dimenticato preso dalla foga di aver dominato il malefico codice html…
Grazie a tutti coloro che leggeranno, e spero avranno la bontà di non uccidere la mia misera personcina… almeno non subito, no? :)

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Capitolo 2
*** Una compatibilità matematicente perfetta ***


I'm very well acquainted, too, with matters mathematical,
I understand equations, both the simple and quadratical,
About binomial theorem I'm teeming with a lot o' news,
With many cheerful facts about the square of the hypotenuse!

I'm very good at integral and differential calculus;
I know the scientific names of beings animalculous:
In short, in matters vegetable, animal, and mineral,
I am the very model of a modern Major-General!


Minaho sedeva su un comodo divano addossato alla parete e rifletteva, mentre aspettava che il suo nuovo amico (ma poteva esporsi a chiamarlo così?) finisse di preparare la cena per entrambi.
La situazione era precipitata in un vortice che aveva completamente impallato il suo proverbiale intuito. Prima la cacciata da casa, poi la pioggia, tutti quei maledetti ricordi che ballano in mente, il dolore al piede…

E poi lui. Manabe. La sua mano sulla spalla, la sua voce dolce, l’invito a casa sua e lo sfogo. Aveva sputato fuori tutto il dolore che si portava dentro, l’aveva espulso per qualche ora mentre parlava con il lilla.
Erano anni che non parlava così tanto. Aveva sempre sognato un momento simile, un amico, ma era paralizzato dal timore che sarebbe stato difficile, che nessuno avrebbe sopportato la sua tristezza e il suo dolore.

Con Manabe invece era così semplice… non aveva nemmeno sentito il bisogno di piangersi addosso, di essere negativo. Con quel ragazzo la risata era scontata. Era ironico senza essere sarcastico, sapeva sempre cosa dire per alleggerire la discussione eppure ascoltava come mai nessuno prima aveva fatto con lui.

Prese il mento tra indice e pollice e rifletté, come suo padre gli aveva insegnato, ma proprio non riusciva ad analizzare quel ragazzo.  Si… sembrava anche lui solo, forse per quella sua aria da secchione e per quei continui sproloqui sulla fisica quantistica e la matematica applicata, ma continuava a non capire… soprattutto non afferrava la ragione di questo interesse per lui!

-Ehi Minaho! E’ pronta la pappa!! Riesci a trascinare le tue fragili membra fino alla tavola oppure devo servirti su un vassoio il cibo in salotto?

Minaho cercò di soffocare un sorriso.

-Sei ben imprudente a parlarmi così, sai? Ci sono motivi se a scuola mi temono tutti!- disse con accento volutamente ironico. Come diavolo faceva a sentirsi già a suo agio con lui?

-Ho capito…. Aaaarrivo….- Manabe spalancò la porta con un calcio. Tra le mani aveva un vassoio grande ne più ne meno come il ponte di volo di una di quelle portaerei che Minaho aveva visto sul libro di storia, orgoglio dell’impero nella seconda guerra mondiale. Sul vassoio una ciotola di riso grossa come un catino, zuppa e un bel po’ di polpette di riso e pesce.

-Cosa. È. Quella. COSA???? -Minaho spalancò gli occhi allibito.
-Il minimo per uno che ha la faccia di non mangiare da almeno due giorni.-rispose sornione il lilla.

In effetti Minaho aveva visto per l’ultima volta un pasto decente a cena, quarantotto ore prima. La zietta non aveva fatto la spesa questa settimana, a dimostrazione del fatto che premeditasse di mettere l’arancione alla porta.

-Ooook… accetterò giusto per non offendere un ragazzo sconosciuto, forse maniaco, che mi minaccia con il suo grembiulino sporco di curry!-
Minaho fece una faccia particolarmente brigantesca, omaggio della casa al suo nuovo amico.

Si fissarono qualche secondo e scoppiarono a ridere di gusto, mentre Manabe prendeva posto vicino all’arancione.
Mangiarono a sazietà chiacchierando di tutto e di tutti. Minaho si stupì di come Manabe riusciva ad intuire cose, nella psiche dei loro compagni, che prima credeva fossero appannaggio unicamente della sua mente investigativa.
Alla fine del pasto Manabe propose di guardare un film.

-Minaho, scegli tu … i DVD sono sotto la televisione… io vado a prenderti un pigiama!

-Pure!- pensò l’arancione,  ma del resto non poteva certo andare a letto con la felpa prestatagli da Manabe, ne tantomeno con la divisa scolastica umida di pioggia.
Si alzò a fatica e zoppicò fino alla televisione … ovviamente la videoteca del lilla comprendeva una serie spaventosa di documentari , ma per fortuna trovò qualcosa di interessante. Un film sulla vita di un grande scienziato italiano, Enrico Fermi. Dedusse in pochi istanti che Manabe doveva avere un gusto speciale per i film stranieri ( ne individuò altri sette) e che doveva avere più cura della casa di quanta ne avesse lui. Il pianale era stato spolverato da poco, forse in mattinata?
Manabe tornó con un pigiama azzurro. (-menomale, niente abnorme pucciosità!- fu il pensiero di Minaho). L’arancione si voltò verso di lui e fece un passo verso il divano. Improvvisamente una fitta al piede ben più forte delle altre lo fece sbiancare. Dovette perdere conoscenza per un secondo, perché sentì qualcosa che lo afferrava e si ritrovò … tra le braccia di Manabe!

Minaho arrossì come un pomodoro e si ritrasse, anche se non c’era niente di ambiguo in quell’abbraccio. Il lilla lo stava solo sostenendo per le spalle.
-Ohi Minaho… stai attento … qualcosa mi dice che quel piede non va affatto bene, vero?
Manabe sorresse l’amico fino al divano e lo fece sedere.

-Rilassa il muscolo, provo a scioglierti la contrattura.
Era incredibile come, tra le tante capacità del lilla, ci fosse anche un incredibile talento medico. Massaggiò certi punti, allungò certi muscoli e, tempo dieci minuti, L’arancione poté appoggiare il piede a terra senza quasi provare dolore.

Minaho era sempre più stupito della sintonia che provava per quel ragazzo. Non aveva mai permesso a nessuno di toccarlo così, nemmeno ai dottori.

-Mhhh… vedo che hai scelto uno dei miei film preferiti!- esclamò Manabe- Fermi è stato un grande… forse il più grande fisico nucleare di tutti i tempi. Ma era anche così solo… è scappato dal suo paese a causa della dittatura,  e potrà tornarci solo dopo anni… inoltre ha avuto un ruolo determinante nella scoperta della bomba…. Sai a cosa mi riferisco. Deve essere stato terribile convivere con un peso così sulla coscienza. Lui voleva che le sue scoperte fornissero energia a scuole e ospedali, non distruggessero città… poveretto.

Manabe parlava come se potesse capire lo scienziato meglio di chiunque altro. Forse era per questo che capiva così bene anche lui, pensò Minaho.

Il film piacque molto ad entrambi, nonostante la fatica fatta dal lilla per spiegare all’amico che NON si trattava di un giallo, e non bisognava cercare di capire perché Fermi non aveva ancora rapito e seviziato nessuno.
Chiacchierando Manabe accompagnó L’arancione al piano di sopra e gli mostró la sua stanza. Piccola e confortevole. Il lilla non poté non notare che l’altro si era oscurato in volto.

-Ehi, Minaho, qualcosa non va?
-Cos… NO! Niente niente non ti… non ti preoccupare… pensavo a una cosa.
-Mhhh. .. oook… - Manabe non era affatto convinto di quello che aveva detto Minaho, ma fece finta di nulla. -Allora… se hai bisogno di qualcosa, mi trovi nella stanza a fianco ok? Buona notte amico mio. – e così dicendo il lilla toccó la spalla destra di Minaho.

L’arancione sforzó un sorriso e si voltó salutando, ma non poté evitare che il lilla notasse una lacrima sul suo viso, riflessa nello specchio.





Secondo angolino dell’autore (sempre più) in prova:
Ribuonsalve… devo ammettere che per uno come me che vuole buttarsi nel magico mondo della psicologia questa coppia è stimolante…
Man mano che prendo confidenza con i personaggi (il mio avvicinamento alla “letteratura” giapponese e a questi personaggi in particolare è avvenuto sotto minaccia di una turba di fanciulle inferocite) spero di migliorare per incontrare meglio i gusti di tutte/i voi che avete molta più esperienza…
Questo capitolo, come il primo, ha più che altro lo scopo di chiarificare antefatto e nascita del rapporto, nonchè cercare di caratterizzare i personaggi (forse un po Ooc, spero non troppo.. . procedendo dovrebbero “rientrare nelle righe”). Dal prossimo capitolo le cose si faranno più movimentate!
Grazie a tutti/e coloro che leggeranno e a chi vorrà farmi sapere cosa ne pensa e magari darmi qualche dritta… e scusate lo sclero!
Ps: come avrete notato, ogni capitolo è introdotto da un accenno ad una canzone (la prima dà addirittura il titolo alla fic)… per chi volesse ascoltare durante la lettura, questa volta ho scelto un’aria da operetta (major general’s song di A. Sullivan) che mi sembrava rispecchiasse bene la multiforme cultura scientifica del nostro amico lilla!

ROW99

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Capitolo 3
*** Notti insonni e colazioni bruciate ***


« When it was dark now there's light
 Where there was pain now's there's joy
 Where there was weakness I found my strength
 All in the eyes of a boy »

Tutto si poteva dire di Manabe Jinichirou, tranne che avesse passato una nottata tranquilla. Appena si era infilato sotto alle coperte aveva creduto di poter dormire… il giorno dopo non sarebbe stato leggero. Bisognava andare a scuola, preparare colazione e pranzo per due persone, aiutare Minaho a trovare una casa…
Al sopraggiungere di questo pensiero qualcosa scattò dentro Manabe, qualcosa che lo fece sentire strano e un po’ egoista. Era davvero sicuro di volersi separare da quel ragazzo strano che aveva appena conosciuto? Sin da quando lo aveva visto ne aveva avvertito la vibrazione, una forza sepolta da qualcosa che i suoi calcoli e la sua matematica non riuscivano a spiegare. Voleva davvero tornare solo, a scappare quotidianamente dalle attenzioni soffocanti dei suoi genitori? Voleva separarsi da una persona che aveva appena conosciuto ma che lo faceva stare bene?
Sentì un senso di oppressione all’altezza dello stomaco. Chissà se L’arancione sarebbe stato disposto a rimanere suo amico… chissà se era sembrato abbastanza interessante, se era stato sufficientemente cortese con lui.
Era immerso in questi pensieri quando il cellulare lo informò che era passata la mezzanotte. Se non si fosse sforzato di dormire il giorno dopo a scuola non sarebbe stato abbastanza sveglio da seguire le lezioni, e sapeva bene cosa pensavano i suoi genitori di un voto inferiore al massimo, possibilmente con lode.

Mise il cellulare in silenzioso e impostó la sveglia sulle sette, quindi si rintanò sotto le coperte e chiuse gli occhi. Appena il marasma dei suoi pensieri si fu zittito i suoi sensi iniziarono ad assopirsi. Sarà una lunga giornata domani…

Era solo, circondato da un’oscurità liquida. Camminava ma non capiva Dove andasse. Cosa sono queste voci? Cosa significa questo vento che lo spinge a terra?
Qualcuno gli toccava la spalla, qualcuno lo trascinava con sé a terra….

Manabe si svegliò di soprassalto. Aveva la manica impigliata nella testiera del letto… ecco cosa lo aveva afferrato! Sorrise tra sé del passato spavento. La sveglia del telefono segnava le due e quaranta. Stava per rimettersi a dormire quando senti qualcosa che la paura gli aveva fatto ignorare prima.
Qualcuno piangeva? Ma chi? Era da solo in casa, no….
-MINAHO!  -Si ricordò tutto di colpo e per poco rotolò giù dal letto. Accese la luce nel corridoio e si fiondò nella camera a fianco spalancando la porta.

-EHI!! P… perché… perché sei entrato? -Minaho era seduto sul letto, il volto rigato di lacrime rosso per la vergogna.
- Come perché? Stai piangendo!! Cosa succede? Ti senti male? Devo chiamare qualcuno? Dimmelo ti prego!- Il lilla era sinceramente preoccupato.
-No… lascia… non voglio che tu mi veda così. Torna. .. torna a dormire. Io… ho solo mal di pancia ecco!
Manabe sospirò e si sedette vicino all’arancione appoggiandogli una mano sulla spalla.
-Minaho, sei troppo intelligente per pensare che me la beva…- la voce del lilla era bassa e dolce. -Sappiamo entrambi che qualcosa non va. Vuoi parlarmene? Non c’è niente di male nel piangere.
Minaho sembrava spaventato. Il suo cervello stava valutando alla velocità della luce ipotesi e possibili conseguenze di ogni sua azione. Se fosse sembrato patetico agli occhi di Manabe avrebbe preso a disprezzarlo? Lo avrebbe preso in giro di sicuro.
Fu allora che avvenne qualcosa di incredibile. Per la prima volta nella sua vita, Minaho Kazuto mise a tacere la sua mente deduttiva. Avrebbe parlato. Basta silenzi, basta reticenze, il lilla non se lo meritava dopo tutto quello che era successo.
-Ecco… vedi… è difficile da spiegare… È stato così bello oggi con te! Non ero mai stato così felice. Ho paura che domani tornerà tutto come prima!- Minaho soffocò un singhiozzo.
La gola di Manabe si chiuse per un istante. Come è possibile che anche lui stesse pensando alle stesse cose che lo avevano tormentato solo poco prima?
-Ma… ma no Minaho… dipende tutto da te! Sei forte, no?
-Non… non mi riferisco alla scuola o a mia zia… sono anni che convivo con il disinteresse dei miei parenti e con le antipatie degli altri…
-E allora che cos’è che ti spaventa?- Manabe non capiva, al massimo intuiva qualcosa ma non voleva illudersi.
-Non voglio perderti! Sei il mio unico amico!!- L’arancione proruppe in una vera e propria crisi di pianto che spiazzó completamente il lilla, cosa che aumentó ancora di più l’agitazione dell’altro.
-Perdonami!! Perdonami! Non dovevo dire così…. Non volevo… forse non ti ritieni nemmeno mio amico e guarda in che situazione ti ho messo…- Le lacrime fluivano continue, ma ora il ragazzo più che spaventato sembrava vergognoso.
-Minaho, ascolta! -Il lilla alzò di colpo il tono di voce. L’arancione strinse gli occhi come se si aspettasse un insulto. -Io SONO tuo amico! Capito? Gli amici non si lasciano nel bisogno!
L’arancione rimase spiazzato. Il pianto gli si strozzò in gola.
-D… davvero siamo amici?
-Amici.

La mattina dopo entrambi avevano delle occhiaie da far paura alla loro ultrassettantenne prof di chimica, soprannominata con epicità “L’eterna”, ma nonostante tutto erano felici. Minaho per la prima volta si svegliava al calduccio in un letto sapendo che qualcuno lo aspettava di sotto, Manabe aveva avuto certe ideuzze mentre preparava la colazione e non vedeva l’ora di dar loro seguito.

La colazione preparata in fretta e furia risultò leggermente bruciaticcia  (-Guarda manabe!  Carbonella per il camino! Almeno pranzeremo al calduccio !- esclamò Minaho sornione reggendo tra due dita un pancake nero come la pece e duro come la pietra) ma chiacchierando nessuno dei due ebbe il tempo di lamentarsi troppo.
Si vestirono e si fiondarono in strada, prendendo al volo l’ultimo autobus diretto a scuola, affollato oltre ogni umana decenza e caldo come un forno per la fusione della ghisa. Manabe, Schiacciato contro le portiere dalla mole immane di una signora sulla quarantina, non poté fare a meno di vedere che L’arancione se la rideva sotto i baffi.
La mattinata scolastica fu nella norma, se si esclude lo scambio di posti tra il compagno di banco di Manabe (ben contento di spostarsi) e Minaho, che ora se ne stava ben felice al primo banco.

Alla fine delle noiose lezioni giornaliere Manabe propose di mangiare un panino fuori scuola, così da risparmiarsi il bis con l’esperienza altamente formativa dell’autobus e potersene poi tornare a casa con più calma.
Si sedettero ad un tavolino di un baretto in centro e pranzarono li, tra orridi arredi e panini bollenti. Fu allora che il lilla prese l’iniziativa.
-Ascolta Minaho… pensavo… ci vorrà del tempo prima che tu possa trovare una nuova casa, e ora come ora non puoi permetterti un albergo a lungo… perché non rimani da me? Puoi passare da tua zia, ritirare le tue cose che erano nel tuo appartamento e portare tutto da me… lo spazio c’è! Così non rischi nemmeno di restare indietro con lo studio…-aggiunse poi a mo’ di giustificazione.
Minaho spalancò gli occhi.
-Davvero? Davvero posso rimanere con te qualche giorno?... Pardon… volevo dire DA te! -L’arancione arrossí.
-E certo! Anzi sarà meglio muoversi se vuoi recuperare tutto e portarlo in casa prima di stasera.-
-Ma Manabe, non ne parli con i tuoi? Del resto la casa te la pagano loro…
-Ehm… ma io… io gliel’ho già chiesto, ovvio! Sono più che felici di farti stare da me…
-Mmhh… Ok… -Minaho si grattò il mento. Qualcosa non gli tornava. Non capiva cosa, ma era certo che il lilla stesse nascondendo qualcosa.
Nonostante i dubbi Minaho effettuò il trasloco. La zia fu ben lieta di liberarsi anche dei pochi scatoloni del nipote. In tutto vennero scambiate qualcosa come dieci parole. Mezz’ora dopo L’arancione sistemava biancheria in un cassetto nella sua “nuova stanza”.
Passó una settimana e la vita procedeva tranquilla. Ora che Minaho aveva qualcuno accanto tutta la sua personalità prima soffocata era potuta emergere come non mai. Anche Manabe sembrava più a suo agio. Parlavano di tutto, scoprendo di avere molte cose in comune, a partire dall’ironia amara e dall’amore per lo studio (se li avessero sentiti a scuola mentre parlavano dell’ultimo giallo uscito o dell’ultima equazione risolta probabilmente li avrebbero isolati ancora di più!)

Nonostante questo clima idilliaco però a Minaho qualcosa non tornava. Aveva notato che Manabe non parlava quasi mai al telefono con i genitori, segno inequivocabile di brutti rapporti, e le poche volte che chiamava stava bene attento ad evitare il padre, e non parlava mai di lui.
L’idea che qualcosa stesse bollendo in pentola si rafforzó un pomeriggio, quando notó che Manabe parlava al telefono a voce più alta del solito, negando qualcosa con tono veemente e andando avanti e indietro nel corridoio come un invasato.
-No! Vi dico di no! Non so che voci abbiate sentito, ma qui non sta succedendo assolutamente niente! NIENTE!!
Perché stava litigando? A che voci si riferiva?
Fece un mezzo sorriso. Avrebbe investigato, ovvio!

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Capitolo 4
*** Giudizio divino ***


Dies irae, dies illa,
solvet saeclum in favilla
teste david cum Sibylla.
Quantus tremor est futurus
Quando judex est venturus
Cuncta stricte discussurus!

Una giornata intera di appostamenti può comportare molti rischi, ma anche dare grandi soddisfazioni… La mattina seguente, il primo giorno della sia seconda settimana a casa di Manabe, Minaho poteva dire di avere alcune fondamentali certezze.

1)    Manabe era decisamente preoccupato per qualcosa, e buona parte della sua preoccupazione veniva da quelle telefonate che riceveva almeno tre volte al giorno… si capiva da come si teneva lontano dal telefono, nel timore di trovarci un messaggio o peggio, un avviso di chiamata.
2)    Aveva buone ragioni per dedurre che Manabe parlasse al telefono con i genitori. Aveva sentito l’amico urlare “Mamma!” più volte nelle conversazioni più accese. Niente di strano, in fondo. Manabe non parlava mai dei suoi genitori, ma questo era per L’arancione una prova fondamentale che il rapporto presentasse dei problemi.
3)    Era evidente che le telefonate vertevano su una qualche bugia che Manabe doveva aver detto tempo prima ai suoi genitori… non faceva altro che negare e supplicare che gli credessero, dunque non dovevano più avere molta fiducia in lui!
Poste queste tre condizioni, Minaho non riusciva proprio a capire quale fosse la causa di tanto panico nell’amico.
Aveva pensato che i genitori del lilla non gradissero la sua presenza, ma Manabe non faceva che confermargli che sapevano tutto e che andava tutto bene… stava iniziando ad andare in tilt. Era certo che bastava afferrare il capo del filo per sciogliere tutto il gomitolo, ma l’appiglio proprio gli sfuggiva.

Manabe entró in cucina in quel momento. Aveva in mano il telefono ed era impegnato in una conversazione ancora più accesa degli standard abituali.
-Insomma! Dovete lasciarmi stare! Vi prego! Non succederà nulla, nessuno dirà o penserà nulla! Vi ripeto che non so quali voci abbiate sentito, ma la questione è già chiusa!
Il lilla sbatté il telefono sul tavolo. (-la situazione sta peggiorando! Non aveva mai chiuso la chiamata di colpo!- pensó Minaho).

-Perdonami Minaho,  questioni da poco… piuttosto, oggi che facciamo di bello? Non abbiamo scuola!
-Mhhh… perché non andiamo a mangiare qualcosa al parco, sulla collina della città? Conosco un posto dove fanno dei panini a cinque stelle, e potremo giocare a calcio! -L’arancione sorrise. Si sarebbero divertiti e avrebbe portato per un po’ l’amico lontano dal maledetto telefono.
-Perché no? L’idea non mi dispiace per niente sai? Però bisogna assolutamente che io vada a comprare una palla da calcio, quella che ho ha avuto un brutto incontro con un labrador in astinenza. -il lilla sorrise sornione. Avevano da poco scoperto di essere bravini dietro una palla. A dire il vero Minaho giocava spesso da solo quando era piccolo, portandosi il pallone al campetto. Manabe invece non aveva mai avuto occasione, ma si vergognava di dirlo all’amico, così il giorno della loro prima sfida si era procurato di straforo una palla che era durata ben poco, grazie al migliore amico dell’uomo che risiedeva nella ciclopica cuccia nel cortile del vicino.
-Facciamo così, Manabe… tu vai a comprare una palla, intanto io preparo le borse. Verso le dieci partiamo, ok?
-Va bene… esco un attimo per comprare la palla allora! Non bruciare la casa in mia assenza! La probabilità di un disastro è inferiore al dieci per cento, puoi farcela!- E cosí dicendo tirò un ciuffo all’amico che lo inseguí nel corridoio minacciando vendetta e sadismo.

Manabe era uscito da pochi minuti. L’arancione era salito in camera e aveva messo sul letto due piccoli borsoni, iniziando ad infilarci dentro una maglietta pulita, calze e scarpe, pantaloncini sportivi…quanto serviva per una partita di calcio a due sull’erba.
Stava mettendo il deodorante nel suo borsone quando il campanello trilló al piano di sotto. Perché Manabe era già tornato?
-Avrà di sicuro dimenticato i soldi!- pensò L’arancione.  -Arrivo!!!-
Corse di sotto e iniziò ad armeggiare con la porta. Perché il lilla doveva scegliere una serratura così difficile da aprire anche dall’interno???

Finalmente la porta si spalancò mentre Minaho tirava fuori il suo sorriso più brigantesco.
-Manabe! Già di ritor….
L’arancione sbiancò. Non c’era il suo amico dietro a quella porta. C’erano due adulti, un uomo e una donna. Lui era alto e ben vestito, lei sembrava una donna potente a giudicare da come si muoveva con sicurezza al fianco del compagno.
-Siamo i genitori di Manabe. Tu devi essere Minaho Kazuto vero?



Prima avevano perquisito la casa come due cani da tartufo, ignorando completamente il ragazzo spaventato che li seguiva, poi lo avevano spinto a sedersi in salotto, di fronte a loro. La mente di Minaho non riusciva ad elaborare niente. Non capiva più nulla.
I due adulti avevano iniziato un lungo discorso divagante, su quanto fosse importante la reputazione per chi faceva come loro carriera diplomatica, su quanto le voci corressero… Minaho aveva iniziato ad intuire.
Giravano voci, dicevano, che insinuavano che il loro unico figlio, che già gli dava troppi problemi con le sue pretese di indipendenza, avesse preso in casa uno sconosciuto… e si sa, le voci corrono!
Minaho aveva il cuore a mille. Quei due parlavano come se non si trattasse di lui, come se raccontassero il fatto ad un estraneo.
A quanto pare qualcuno insinuava che lui si fosse introdotto proditoriamente in casa del lilla, che lo avesse ingannato, costretto, o peggio! Che avessero un rapporto, una love story “squallida e ridicola” per usare le parole dei genitori del lilla.

L’arancione avrebbe voluto prima sprofondare, poi reagire, difendersi da quelle accuse, da quel disprezzo mascherato di pietà e prudenza, ma era come paralizzato. Sentiva di voler piangere, ma sarebbe stato il colpo di grazia. Era completamente bloccato, come se si aspettasse di essere messo alla porta da un momento all’altro, di nuovo in strada, di nuovo solo.
I due adulti continuavano a parlare, a divagare e poi a colpire ancora, come il serpente che gira intorno alla preda e morde più volte piagando la carne e inoculando un veleno paralizzante. Minaho sentiva la pressione calare, il panico salire. Non ascoltava più le parole, percepiva solo dei concetti sputati come bocconi velenosi. “Rispetto”, “reputazione”, “capisci vero?”, “responsabilità”….
L’Uomo ora era in piedi, la voce pacata ma lo sguardo gelido. Lo sovrastava. La donna parlava in sottofondo. Minaho non ce la faceva più. Sentì una fitta al petto e si afflosciò sul divano con un gemito, ma mentre tutto si faceva scuro riuscì ad intuire il rumore di una porta che sbatteva, una palla che rimbalzava, qualcosa che si rompeva e una voce, di solito pacata, che ruggiva -FUORI!!-


-Quante scintille, quanti lampi di luce davanti ai miei occhi!- Minaho apriva la bocca per parlare ma non usciva nessun suono. Sentiva una voce che lo trascinava verso di sé, qualcosa che lo forzava e gli occhi che rimanevano ostinatamente chiusi. Il dolore al petto si era fatto più forte.

Di punto in bianco Minaho riguadagnó la lucidità. Ricordava vagamente cosa fosse successo. Aprí lentamente gli occhi. Era steso su un divano. Qualcuno gli teneva la mano.
-M…M…Manabe?- sussurrò con un filo di voce. Il lilla era seduto su una sedia di fianco a lui e gli reggeva la mano. Aveva gli occhi rossi e i capelli arruffati.
-Minaho… ti  sei svegliato! Ho avuto così paura!  -Manabe lo abbracciò. L’arancione sentì alcune lacrime calde scivolargli sul collo. -penso… penso che tu abbia avuto un attacco di panico… non ti riuscivo a svegliare… sei rimasto svenuto per quasi dieci minuti…
L’arancione trasalì. Dieci minuti? Era rimasto svenuto cosí tanto?
-T… tranquillo Manabe… sto bene vedi?
-Grazie al cielo … se avessi saputo che sarebbero venuti non ti avrei mai lasciato da solo! Sono stato un idiota …. -Manabe si prese il volto tra le mani
-Lascia… lascia stare Manabe. Avevo intuito che qualcosa non andasse con i tuoi. Lo stupido sono…. sono stato io a non capire che la causa dei tuoi problemi ero io. Penso che sia ora… che me ne vada.
-NO! -L’urlo di Manabe fu così acuto che l’arancione si spaventò.
-Perdonami… perdonami! E’ solo che… non voglio che i miei genitori mi rovinino ancora la vita! Non voglio che ci separino! -Il lilla era sull’orlo delle lacrime.
Minaho era a sua volta commosso. Erano tanti anni che non era più importante per qualcuno. Anche lui sentiva salire la nausea al pensiero di non vedere più il lilla.
-Mi hanno tolto l’infanzia, mi hanno tolto la libertà, ma adesso basta! Non mi toglieranno anche te! No, no e no! -Manabe tremava e gli occhiali gli scivolarono sul naso.
-Manabe, sono  i tuoi genitori… la casa è pagata da loro, hanno il diritto di mettermi alla porta! Siamo… siamo minorenni…
-No! E’ vero che la casa è loro, ma io ho richiesto al tribunale minorile l’emancipazione… se solo si decidessero a darmela , non potrebbero più avere potere su di me. E’ per questo che sono riuscito a mandarli via. Se… se riferissi al tribunale che mi fanno pressioni andrebbe a loro sfavore nella causa.
-Ma ti metterebbero alla porta… e distruggeresti il rapporto con loro. Non puoi fare questo per una persona che fino a dieci giorni fa era quasi una sconosciuta. Non esiste.- L’arancione era deciso a mostrarsi forte per proteggere l’unica persona che gli voleva veramente bene.
-Ma… ma allora… allora non mi vuoi più come amico? Lo sapevo, sono un incapace! Ho detto qualcosa di sbagliato senza dubbio! Non sono stato abbastanza gentile… sono un fallimento totale! Mi faccio schifo e mi fa schifo anche la matematica! -Manabe scoppiò definitivamente a piangere come una fontana.

Minaho era allibito. Il lilla era stato fino ad allora quello forte… come aveva fatto a non accorgersi di quanto fosse sotto pressione? Anche lui aveva tanta insicurezza dentro, ma l’arancione non era stato in grado di coglierla.
D’impulso si alzò seduto e abbracciò l’amico.
-Non dirlo nemmeno per scherzo. Io sarò sempre tuo amico! Volevo solo proteggerti... -Minaho faticava a spiegare.
-S… scusami. Non… non sospetto della… della tua amicizia… è che c’è qualcosa dentro di me che pensa sempre che le cose vadano nel… nel modo peggiore possibile.- Manabe si stava calmando e piangeva piano.
-Sistemeremo tutto, vedrai… però non voglio che le cose tra te e i tuoi crollino per colpa mia… promettimi che se qualcosa dovesse succedere, che se i tuoi facessero qualunque manovra contro di te me lo dirai subito, d’ora in poi.-Minaho teneva il lilla per le spalle.
-S.. Si … te lo prometto! -Il lilla tirò su col naso e abbozzò un mezzo sorriso.
-E ora… se non erro noi si voleva andare al parco, no?- Minaho picchiettò scherzoso sulla spalla dell’amico.
-Sì, ma…
-Niente ma, gambe in spalla!
(-oggi sarò io quello forte, per te amico!- pensò l’arancione.)

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Capitolo 5
*** Attacco e difesa ***


You make me blow
But I cover up, won’t let it show
So I’m putting my defenses up
Cause i don’t wanna fall in love
If I ever did that, I think I’d have a heart attack
I think I’d have a heart attack
I think I’d have a heart attack.

Minaho e Manabe, dopo essersi caricati in spalla i borsoni, avevano preso il primo autobus ed avevano raggiunto in pochi minuti la collina.
Il parco, dedicato alla fortuna dell’imperatore, si estendeva per tutta l’estensione del piccolo polmone verde della città, permettendo il mantenimento di alcuni campi da tennis, un campo da calcio e un’attrezzata area picnic.
Durante il viaggio nessuno dei due era voluto tornare sull’argomento genitori di Manabe, ed avevano invece preferito parlare di scuola, calcio e professori. Si erano fermati per comprare qualche panino ai gusti improponibili e si erano fondati a spazzolarselo sull’erba.  Era ancora presto e mancava più di un’ora a mezzogiorno, ma volevano essere ben sazi per la partita che li aspettava.

Era una giornata di settembre particolarmente calda. Ovviamente il lilla, incrociando previsioni e statistiche, aveva stimato con certezza la presenza di un venticello leggero e la possibilità  (intorno al 18 per cento) che la temperatura si tenesse al di sotto dei ventotto gradi, ottime condizioni per giocare a calcio.
Ebbero la fortuna di trovare il campetto sgombro e di poter quindi organizzare uno splendido, devastante uno contro uno senza esclusione di colpi. Dopo nemmeno mezz’ora il lilla era già sfiatato. Non era abituato ai ritmi di Minaho.
-Però! Sei bravo! – L’amico sembrava ancora pieno di energie
-Mooooodestamente… quando ero piccolo venivo spesso qui a giocare da solo! -Minaho sorrideva sornione.
L’arancione si sedette sull’erba al fianco dell’amico e gli mise una mano su una spalla. Stettero qualche minuto a guardare una donnina minuscola che teneva al guinzaglio due belve tre volte più grosse di lei interrogandosi sulle leggi della fisica che sembravano essere state tutte infrante, quindi si rialzarono.
-Rivincita?
-Rivincita!

Manabe correva verso i due alberi che avevano eletto a porta. Era riuscito miracolosamente a sottrarre la palla all’amico (-probabilità al settanta per cento che se la sia fatta prendere apposta- pensò il lilla). “scartó” abilmente una buca e si preparò al tiro.
In quello stesso istante un tuffo al cuore gli mozzó il fiato. Rimase li con la gamba a mezz’aria qualche secondo, poi si sedette a terra pesantemente. Era da un po’ che aveva questo fastidio, ma mai così di colpo… di solito era annunciato da una precedente sensazione di ansia, da un leggero sudore freddo… il suo dottore aveva parlato di stress, di stati angosciosi, nei quali lui si rivedeva perfettamente dunque non aveva mai fatto più di tanto caso alla cosa.
-Ehi Manabe? Qualcosa non va? -Il lilla si avvicinò  all’amico. -Perché non hai tirato? Ti fa male qualcosa?
-Ehi? …. Ehm… no niente di che… un crampo, ecco! Ho un piccolo crampo alla gamba destra…. Niente di che, non temere! -E cosí dicendo il lilla finse di tenersi la gamba simulando fastidio.
-Mh… forse abbiamo esagerato- disse Minaho che, dopo aver tolto la scarpa all’amico, gli stava massaggiando dolcemente il piede e il polpaccio. – Va meglio così? Rilassa il muscolo Manabe, altrimenti non riesco a sciogliertelo. (Strano- pensò- non sembra affatto che stia avendo un crampo!-).
-Niente di che… è solo poco esercizio! -Il lilla sorrise all’indirizzo dell’amico.
-Mh… ti credo. Riesci a camminare? Sarà meglio andare a casa così puoi stenderti e rilassare le gambe…
-Ma no… sto meglio… adesso cambiamoci che ti porto a fare un giro in centro, devo assolutamente farti vedere il museo della scienza! Lo hanno aperto da poco ed è… fantastico!- Il lilla era quasi sognante. Minaho sorrise.

Si cambiarono (nonostante il gigantesco ragno che aveva preso dimora nel borsone dell‘arancione, cosa che lo spinse a fuggire nell’area picnic con solo i pantaloncini e un calzino addosso) e si incamminarono fuori dal parco. Minaho teneva d’occhio l’amico. Inizialmente aveva notato che portava periodicamente la mano al petto, ma poi sembrava essere tornato tutto a posto.
Passarono uno splendido pomeriggio al museo delle scienze, e se non fosse stato che Manabe risolveva equazioni e giochetti di logica prima ancora che l’arancione avesse finito di leggere i dati di sicuro avrebbe potuto anche lui dare sfoggio delle sue capacità deduttive. Aveva avuto paura di perdere l’esercizio, ma da quando stava a casa del lilla le sue capacità erano più brillanti che mai.

-Hey Minaho, visto quanto è interessante il decadimento beta? -Il lilla era a dir poco innamorato di quel posto. Alcuni da piccoli vedono i loro miti nei supereroi, altri nei genitori… Manabe aveva sempre visto i suoi nei grandi della scienza. Desiderava essere come Einstein, Fermi o Heisenberg, e di notte sognava di scoprire sempre qualcosa di nuovo, di avere il suo nome sui libri!
Quando uscirono dal grande complesso era ormai mezzo pomeriggio, e pensarono di tornarsene a casa. Bisognava pensare alla cena… e poi Minaho continuava a scrutare l’amico, alla ricerca di segnali di allarme alla gamba e al petto. Manabe iniziava a sentirsi a disagio!

Davanti alla porta di casa Minaho ebbe uno spiacevole brivido ripensando al suo incontro con i genitori dell’amico, ma lo scacció scrollando le spalle. -I problemi vanno risolti uno alla volta- pensò, e ora le priorità erano altre.
Appena entrati insistette per far stendere Manabe sul divano, con la scusa del crampo.
-Questa sera cucino io!- l’arancione sfoderó un sorriso a trentaquattro denti. -Prega per te di avere uno stomaco robusto!
Manabe voleva alzarsi, ma Minaho non volle sentire ragioni.
Mentre l’amico armeggiava ai fornelli il lilla rifletteva sulla situazione generale. Non era particolarmente spaventato dal dolore al petto. Aveva fiducia nel suo dottore e credeva fosse solo stress. Era invece molto più preoccupato da cosa i suoi genitori avrebbero architettato. L’udienza per vagliare la sua richiesta di emancipazione era prevista fra un mese, ed era certo che i suoi non sarebbero rimasti con le mani in mano. Era da solo contro due diplomatici esperti, senza nessun avvocato se non la sua stessa ragione e la sua maturità.
Scacció questi pensieri appena l’amico entrò in salotto con il vassoio della cena e non ci pensò più per tutta la sera. Era impossibile preoccuparsi parlando con Minaho.

Il giorno seguente, a scuola, i ragazzi si dovettero impegnare per un difficile test di letteratura straniera, così che nessuno dei due si accorse dei cartelloni appesi alle porte di ogni classe. Se ne avvidero al momento di uscire.
-Mh… il club di calcio della scuola cerca riserve? E se ci provassimo?-Minaho sembrava più scherzoso che serio, ma Manabe pareva riflettere profondamente.
-Ci  sarà un provino da sostenere… io non sono al tuo livello, dubito di avere qualche possibilità.
-Almeno proviamoci! Sembra divertente! Ti prometto che se non passeremo entrambi io ritireró la candidatura, non mi importa nulla di giocare senza di te. -Minaho prese la mano del lilla.
-Va bene… massì dai! Proviamoci! -Manabe sembrava più convinto. -Qui dice che dobbiamo presentarci alla sede del club oggi pomeriggio alle quattro e mezza… facciamo in tempo a tornare a casa per pranzo e prendere le borse.
- Grazie!!! -Minaho abbracció l’amico -Vedrai che ci divertiremo. E’ l’occasione per svagarsi un po’ e per studiare qualche altro nostro simile!
Il lilla rise di gusto.
-Minaho! Non cambi proprio mai eh?

Il pomeriggio si annunciava abbastanza piovigginoso, tanto da far temere ai due ragazzi di aver fatto un viaggio a vuoto, ma arrivati alla porta del club di calcio della scuola si resero conto che niente avrebbe potuto impedire lo svolgimento dei provini. La loro scuola teneva troppo al buon nome dei suoi club, dunque un poco di fango non avrebbe di certo cambiato le carte in tavola.
Manabe, già in ansia di suo per la sua scarsa familiarità con il gioco del calcio, non poté che sentirsi mancare quando si rese conto che si erano presentati solo lui e Minaho! Evidentemente non era stato un grande anno per le iscrizioni.
-Minaho... Io me ne vado!!!- Il lilla sussurró i suoi timori all’orecchio dell’amico.
-Eddai… che ti costa… sarai bravissimo, te lo assicuro!!
-Probabilità al sette per cento… che la fortuna mi assista!

Il provino prevedeva una semplice serie di tiri in porta,  manovre e “duelli” uno contro uno con i giocatori della squadra. Minaho se la cavava niente male, lo stesso non si poteva dire del lilla che arrancava per il campo sporco di fango cercando di non cadere.
Minaho si era messo il cuore in pace. Manabe non sarebbe passato, e di conseguenza nemmeno lui avrebbe accettato un eventuale posto in squadra. O con il suo amico o niente. Non aveva voglia di farsi isolare di nuovo, e non poteva tollerare di lasciare che Manabe venisse messo all’angolo.
      Ultima parte del provino: due contro due, attacco e difesa.
      Minaho e Manabe si trovarono di fronte due giganteschi attaccanti. (-Fine della corsa… per entrambi- pensò l’arancione). Immediatamente subirono il primo goal, poi un secondo ed  un terzo. Minaho riusciva a malapena a contrastare un ragazzo per volta, e i due se ne approfittavano per organizzare sortite con rapidi passaggi di palla che spiazzavano l’arancione.
       In tutto questo Manabe se ne stava indietro a coprire malamente la porta. Si sentiva inutile e incapace. Non riusciva nemmeno a pararsi davanti all’avversario a causa della paura di    essere travolto. Eppure Minaho ce la stava mettendo tutta… non poteva essere da meno, L’arancione meritava di giocare in quella squadra e lui avrebbe fatto di tutto per regalargli quella possibilità.

     Il lilla si piazzó davanti alla porta sopprimendo la paura e inquadró bene gli avversari. Non era un buon calciatore,  forse… ma poteva usare i numeri! Il suo cervello iniziò a processare   i dati. Velocità, inclinazione dei passaggi, muscoli e piede d’appoggio degli avversari…

-Minaho!! Passerà a destra!
-Eh? – l’arancione non capiva.
-A destra! L’attaccante riceverà il passaggio e scatterà alla tua destra!
Minaho non ci pensò neanche su. Sentiva di doversi fidare. Si buttò a destra e… si ritrovò la palla tra i piedi. Scattò a sua volta e fece comodamente goal nella porta vuota.
-Evvai!! Manabe sei un genio!!! -L’arancione abbraccio il lilla che divenne rosso come un peperone.
-Ma dai… ma… ho … ho solo usato la testa visto che i piedi non funzionano…
In quel momento arrivó lo stop dell’allenatore. Il test era finito.
-Bene. Ho preso la mia decisione. Minaho Kazuto, avvicinati. Sei in squadra.
L’arancione sorrise, poi guardò Manabe e gli fece un occhiolino complice.
-Mister! La ringrazio per l’offerta, ma purtroppo… purtroppo senza Manabe non me la sento di giocare. La ringrazio ancora. -L’arancione si inchinó con rispetto.
-Aspetta aspetta aspetta! E chi ha detto che il tuo amico sarebbe rimasto fuori? Ho visto come ha diretto quell’azione! Ha bisogno di allenamento, ma sono certo che diventerà un grande regista difensivo.
I due ragazzi si guardarono un istante, poi scoppiarono a ridere felici e si diedero il cinque.
-Grazie!! Grazie mille allenatore!
-Bene… benissimo. Benvenuti in squadra, ragazzi! Il mio nome è Mamoru Endou.

-     ……..

-CHE COSA???!?!?

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Capitolo 6
*** Primo impatto con la squadra ***


You are, enemy
You are my hated enemy
I am enemy
Number one rated enemy
I'm labeled enemy
I am your mortal enemy
My actions enemy
Make me your bitter enemy

Mamoru Endou. Il famoso Mamoru Endou, capitano della gloriosa nazionale giapponese che un decennio prima aveva vinto il mondiale!
Anche Manabe, che non seguiva molto il calcio, lo conosceva di fama. Minaho invece ricordava le sue partite con una punta di amarezza. Erano state le sue ultime serate felici quelle, davanti alla televisione sulle ginocchia del padre.
Come era stato possibile che nessuno dei due (e soprattutto Minaho, che viveva per raccogliere dati e notizie) si fosse reso conto di chi avevano davanti? Da quanto tempo il mister si era trasferito alla loro scuola?

Era con questi pensieri in testa che i due ragazzi tornarono a casa quella sera, e furono questi i discorsi che animarono la loro cena. L’entusiasmo era tale che Manabe non si era affatto reso conto di quanto parlare di calcio iniziasse a piacergli. In fondo aveva appena dimostrato che poteva usare la matematica anche in campo no? Dunque non poteva essere un brutto sport!

Andarono avanti fino a notte a parlare quasi senza riprendere fiato, inframmezzando le loro riflessioni con le mosse di una lunga partita a Risiko, gioco adorato dal lilla.
Manabe non aveva avuto dolori al petto per tutta la giornata. Che fosse segno che la stress andava scemando? Il fatto che i suoi genitori non si fossero più fatti sentire dal giorno prima di certo aveva contribuito al miglioramento generale dell’umore.

A letto presero subito sonno. Il giorno dopo non solo avrebbero avuto il compito in classe di lingue, ma anche il loro primo allenamento! Se da un lato la maggior preoccupazione di Manabe era quella di essere troppo sotto il livello degli altri, per Minaho la paura di non essere accettato nel gruppo era mitigata solo dalla certezza che, se poteva avere l’amico al suo fianco, il resto del mondo poteva anche ignorarlo a vita.

Si svegliarono all’alba per un ripasso dell’ultimo minuto, conclusosi con il lancio del vocabolario da parte dell‘arancione, quindi fecero una abbondante colazione a base di pane e marmellata. Avevano ancora una decina di minuti per lavarsi, vestirsi e prendere l’autobus. Almeno per quella mattina sarebbero stati puntuali!

Il test si rivelò più facile del previsto, con grande gioia di entrambi, e al suonare dell’ultima campanella erano già in strada per la sede del club, nel grande stadio dalla parte opposta del campus. L’enorme struttura era stata costruita con i finanziamenti che la scuola aveva ottenuto in grande quantità dopo la vittoria della squadra dell’allenatore Endou ai mondiali di dieci anni prima.
Minaho e Manabe, nell’entrare nella sala del club, non si aspettavano di certo di trovare la squadra al completo! Rimasero paralizzati sulla porta come due baccalà, finché il mister non gli fece cenno di entrare e di piazzarsi vicino a lui.
-Ragazzi, è un piacere presentarvi i nostri due nuovi membri! Minaho Kazuto e Manabe Jinichirou, che hanno sostenuto il provino ieri pomeriggio e l’hanno superato con successo!
I due ragazzi erano spaventati, ma si accorsero con sollievo che quasi nessuno li guardava con sospetto, anzi gli sorridevano. In particolare un ragazzo castano, che scoprirono chiamarsi Matsukaze Tenma ed essere il capitano. Invece, tra tanti sorrisi, due sguardi erano più dubbiosi. Un ragazzo castano con i capelli lunghi, che avevano visto in panchina il giorno precedente e che doveva essere il famoso Shindou Takuto, l’unico membro della squadra che conoscevano di fama essendo uno studente modello, e un ragazzo Moro e alto che li fissava freddamente appoggiato alla porta.

Manabe aveva la spiacevole sensazione che lo sguardo di Shindou fosse riferito nello specifico a lui. Il giorno prima gli era parso di sentire che contestava la scelta del mister di prendere in squadra un quasi principiante come lui.
-E ora a cambiarsi ragazzi! Allenamento al fiume! -L’allenatore sfoderó un sorriso a trentadue denti.
-Perché proprio al fiume, quando hai a disposizione uno stadio simile? -pensò Manabe, ma si lasciò condurre agli spogliatoi maschili senza opporre resistenza. Oramai era in gioco e doveva darci dentro senza esitazioni.


Il campo al fiume era niente più che una striscia di prato delimitata dall’acqua da un lato e dalla scarpata dell’argine dall’altro.  Vi erano due semplici porte ed alcune panchine a lato. Manabe non capiva proprio cosa ci fosse di così speciale mentre lo scrutava con occhio clinico.
-Ehi, Manabe vero? Vedo che il nostro campo ti interessa particolarmente!
A parlare era stato il ragazzo castano che al loro arrivo gli aveva rivolto quello splendido sorriso, Matsukaze Tenma. Gli si era avvicinato in silenzio e ora sorrideva con calore alla sua destra.
-Eh…Cos… Ahi,  sei tu. Si… il mio nome è Manabe Jinichirou, ed è vero, questo campo mi incuriosisce. Non capisco… perché avendo a disposizione una struttura come quella della scuola preferite venire in questo posto? Non fraintendere… mi piace… però è strano comunque!
-Vedi Manabe… a volte certi posti hanno un valore  che si nasconde agli occhi.
-Che si nasconde… agli occhi? Cosa intendi?
-Intendo dire che a volte il cuore vede cose invisibili allo sguardo. Su questo campo si allenava il mister al tempo della vecchia nazionale… su questo campo abbiamo combattuto per prepararci alle sfide del torneo cammino imperiale di qualche mese fa… significa molto per tutti noi. -Tenma sembrava entusiasta, aveva una gioia davvero contagiosa.
-Io… io credo di avere capito sai? Anche io … anche io conosco un posto simile. Un giorno magari te ne parlerò. -Manabe fece un piccolo sorriso. -E ora… andiamo ad allenarci!

L’allenamento del giorno, dopo il riscaldamento, consisteva in una partita simulata. Manabe e Minaho si trovarono divisi. (-Dovete imparare a conoscervi meglio, per farlo non c’è niente di più adatto di una bella sfida !- Aveva detto l’allenatore. Manabe non aveva potuto evitare di pensare che vi fosse qualcosa di più del semplice calcio, dietro a quel “conoscervi meglio”… che l’allenatore avesse qualcosa in mente?)

La partita inizió con il calcio di inizio della squadra del lilla. L’azione si sviluppó con rapidi passaggi ma finí per schiantarsi contro la difesa avversaria. Minaho rubò palla.
-Bravo Minaho!! -Tenma era visibilmente emozionato.
Si andò avanti per un po’ fra attacchi e respinte da ambo le parti. Tutti ci davano dentro. Solo Manabe non aveva ancora toccato palla, aveva di nuovo quella spiacevole sensazione di paura ed inadeguatezza.
-Manabe! Buttati! Vedrai che non succederà niente di male! -L’allenatore lo invitava sorridendo, ma era più facile a dirsi che a farsi.

Proprio non ce la faceva. Ogni volta che un avversario si muoveva verso di lui inevitabilmente si paralizzava. Di sicuro inoltre lo sguardo freddo di Shindou non aiutava a gestire l’ansia, e nemmeno quello di sincera preoccupazione di Tenma.
-Concentrati Manabe! Guarda gli avversari! So che puoi farcela!
Minaho lo stava incoraggiando dall’altra metà del campo. Possibile che tutti fossero così convinti delle sue capacità quando invece lui si sentiva come un salmone che risale le cascate del Niagara? (Ed un salmone lilla, per giunta!)

La partita finí con un perfetto pareggio. 2 a 2. I ragazzi tornarono a scuola e si infilarono negli spogliatoi chiacchierando e ridendo del più e del meno. Solo Manabe sembrava pensieroso. Si sentiva sulle spalle gli sguardi di Shindou.

Uscendo per tornare a casa insieme a Minaho venne raggiunto proprio dal castano in questione. Lo guardava in modo così freddo e analitico… ma era diverso dallo sguardo di Minaho. L’arancione ti scrutava dentro, ma il suo perenne sorriso sornione e la sua pazienza facevano sperare che vedesse più bene che male dentro le persone, mentre lo sguardo di Shindou era spietato nella sua razionalità.
-Ascoltami, Manabe.
-S… Sì? Dimmi… e intanto scusa se la mia prestazione non è stata all’altez…
-Così non va.
-Cosa… cosa intendi Shindou?
-Mi riferisco al fatto che non sei in grado di giocare a calcio.

Gelo. Manabe tremava leggermente e si vergognava come un cane. Sperava che non glielo dicesse in modo così crudo, ma in fondo se lo aspettava. Minaho era allibito, Shindou impassibile.
Di punto in bianco il silenzio si ruppe e Minaho si scosse dallo stupore.
-Bhe, senti, non trovi che potevi essere più gentile con lui? Non è bello offendere le persone! – Il ragazzo aveva inconsciamente spinto Manabe dietro di sé come per difenderlo.
-Ho detto le cose come stanno. Non è in grado di giocare in questa squadra. E’ un dato di fatto.
-Ma come ti… -L’arancione ribolliva di rabbia e fece per muovere un passo verso il castano
-Fermati Minaho,  ti prego! Ha ragione… ha completamente ragione. -Manabe lo aveva afferrato per la manica.
-Ma… ma non è vero! Ti ha deliberatamente insultato!
-No… lo sapevo di non essere in grado. Non so perché sia entrato in squadra, e non so perché il mister mi abbia preso… è stato tutto un errore… anche pensare di essere buono in qualcosa, presumo . -Manabe stringeva i pugni, lo sguardo fisso al suolo. Una lacrima gli rigava le guance.
-Manabe! …. Sei contento,  emerito idiota? Sei contento si o no? Hai ferito una persona! Era questo che volevi? Ma sai che ti dico, hai ferito la persona sbagliata, perché si da il caso che sia il mio migliore amico!! -Minaho sventolava il pugno sotto il naso del castano, che lo fissava gelido. Shindou si voltó e se andò senza proferire parola.

Minaho, mugugnando e imprecando sottovoce, portò Manabe a casa. Il lilla si era calmato ma rimaneva in totale silenzio. Arrivati a casa si chiuse in camera e non volle saperne di uscire, nemmeno per la cena nonostante le suppliche di Minaho.
-Veramente Min, sto bene! Sono solo molto stanco… penso che andrò a letto presto!
La voce forzatamente allegra di Manabe metteva Minaho in agitazione e faceva salire in lui una rabbia furiosa nei confronti di Shindou. Odiava chi giudicava gli altri. Lo aveva provato troppe volte sulla sua pelle.


Il giorno dopo, alla fine delle lezioni. Minaho diede una pacca sulle spalle dell’amico.
-Andiamo! Vedrai che oggi sarà tutto già risolto! -L’arancione fece un occhiolino complice all’amico che sorrise debolmente.
-No… no. Oggi non verrò. Mi spiace… mi spiace Min, ma proprio non me la sento. Ho mal di pancia…
-Ma… Manabe…
L’arancione non aveva nemmeno iniziato a parlare che il lilla, con la cartella in spalla, era sparito nel corridoio.

Minaho entrò nella sala del club come un uragano. Erano già arrivati solo Tenma, Tsurugi (questo era il nome del moro), Kirino, Kariya e… Shindou.
L’arancione marció attraverso la sala e si piantò davanti al castano, guardandolo con astio.
-Vedo che sei da solo. Il tuo amico si è ritirato? In effetti era la cosa migliore che potesse fare.
Minaho, di solito pallido, era rosso fuoco. C’era da stupirsi che non emanasse fiamme dagli occhi.
-Ehi ragazzi che succede? Perché Manabe non è venuto con te Minaho? -Tenma si era avvicinato sorridendo come al solito.
-Vuoi sapere che è successo?? Davvero? Diglielo tu Shindou, digli come hai insultato Manabe!
-Cosa? Insultato? Ragazzi. .. Cosa avete combinato? Shindou hai detto qualcosa per errore? Può succedere se si è un po’ arrabbiati… - Tenma era preoccupato, e Minaho non poté fare a meno di provare simpatia per lui.
-Ho solo detto che è inetto a giocare a calcio. Non è in grado di rimanere in squadra, lo avete visto tutti. È chiaro.
-Ma… Ma io ti….- Minaho fece per mollare un cazzotto al castano, quando un paio di robuste braccia lo bloccarono. Era Tsurugi.
-Minaho, non alzare le mani, i problemi non si risolvono così. E tu Shindou, non ti sembra di avere esagerato? -La vice del moro era pacata e fredda.

Tenma in tutto ciò era terrorizzato, e Kariya spaventosamente eccitato.
-Volete darvele? Finalmente qualcosa di interessante!
-Taci Kariya, non è il momento! -Kirino tappó con la mano la bocca al suo irrequieto amico.
Minaho era stato forzatamente messo a sedere su una panca mentre Tsurugi lo teneva fermo.
-Ma lo vuoi capire che è fragile? Lo vuoi capire che si sente inadeguato? Io odio chi fa soffrire le persone! Non mi importa del tuo talento, non mi importa del tuo genio o del tuo benedetto virtuoso! -L’arancione era furioso.
-Il calcio non accetta debolezze. O sei forte dentro, o non sopravvivi. – Come faceva Shindou a essere così calmo?
-Shindou -Questa volta era Kirino a parlare. -non so cosa ti sia preso, ma non è assolutamente così che la pensi e lo so benissimo! Perché noi non eravamo forse fragili quando avevamo paura di perdere il nostro sport per colpa del quinto settore? Non abbiamo pianto entrambi tante volte?
-Era diverso! Noi non eravamo stupidi ragazzini presuntuosi! Noi amavamo il calcio!

Minaho era disgustato.
-Ma cosa ne sarai tu? Cosa ne sai? Sono stato io a convincerlo a fare questo provino, e sai perché? Perché è solo come una cane, dannazione! Perché sta male! Perché i suoi genitori lo odiano, e perché gente spocchiosa come te lo insulta da quando aveva cinque anni!!
Per un istante la corazza di Shindou si incrinó.
-Lui… è… solo?
-Perché credi che si comporti così? -Minaho era un po’ più calmo ora- non è il tipo da entrare in un club solo per darsi delle arie! La verità è che nessuno in questa maledetta scuola si è mai accorta di  lui, di che persona splendida sia in realtà!

Shindou era come fulminato. Di colpo gli passarono davanti agli occhi gli anni in cui i suoi ricchi genitori lo costringevano a rimanere prigioniero in casa, la rabbia, la solitudine… ricordava il suo incontro con il suo migliore amico, Kirino, così diverso da lui… perché Minaho glielo ricordava così tanto? Una lacrima rigó il suo viso.
-Io… io ho sbagliato. Ero così fissato sulle mie idee, così convinto di fare il bene della squadra che sono stato cieco e crudele. Perdonami, Minaho!

Ora era l’ex capitano a piangere. Minaho era stupito… la sua rabbia stava scemando. Non seppe dire come, ma si ritrovó a mettergli una mano sulla spalla.
-Per quanto mi riguarda, scuse accettate. Capisco che volessi fare il bene della squadra… ma ti prego, parla a Manabe! Odio vederlo stare male… solo tu puoi risolvere questa cosa! – L’arancione chinó il capo in segno di rispetto.
-Sì… credo… credo di dovergli delle scuse. Posso… posso venire a casa con te dopo l’allenamento? Gli parlerò oggi stesso se me lo permetti.
-Io… io ti ringrazio Shindou. Anche io ti avevo giudicato male in fondo. Ammettere un piccolo errore dimostra che sei una buona persona. -L’arancione fece un piccolo sorriso.

-Ebbene? Se è quasi tutto risolto, forse è il caso che andiate subito! Vi esento dagli allenamenti, ma badate… solo per oggi!
L’allenatore era entrato senza che nessuno lo sentisse, presi come erano dalla lite tra i due compagni, e aveva sentito tutto. Ora sorrideva e faceva l’occhiolino ai due ragazzi.
-Mister! Mister… Grazie … prometto che non succederà più niente di simile! -Shindou fece un piccolo inchino.
-Di nulla, di nulla! La vostra amicizia ne uscirà rinforzata, e questo vale più di ogni allenamento! Ora però andate… Ah Shindou… per la cronaca… capisco i tuoi timori, ma ti assicuro che quel ragazzo ha delle capacità nascoste, non l’ho preso così per fare. -Endou sorrise rassicurante.

-Bene… allora andiamo! – L’arancione era felice. Tutto si sarebbe risolto.
-Sì… andiamo.

Si incamminarono verso casa, chiacchierando. Minaho dovette ammettere che Shindou sembrava davvero simpatico in fondo, ed era davvero pentito.
Che avessero trovato un nuovo amico?

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Capitolo 7
*** Mi perdoni? ***


Conte (in tono supplichevole)
Contessa, perdono.
Contessa
Più docile io sono,
E dico di sì.

Senza l’autobus, il tragitto dalla scuola alla casa di Manabe richiedeva quasi mezz’ora, attraversando il centro cittadino fino al quartiere di villette dove risiedeva il lilla. Il sole pomeridiano scaldava ancora a sufficienza e non tirava vento, il tempo perfetto per una passeggiata.

Pian piano l’imbarazzo tra Minaho e Shindou era venuto meno, ma non l’agitazione. Il castano era decisamente dispiaciuto. Sapeva che le sfide affrontate, le battaglie combattute contro il quinto settore prima e l’Eldorado poi lo avevano fatto crescere, ma temeva che gli avessero indurito il cuore. È vero che anche con Tenma, al suo arrivo alla Raimon, era stato duro, ma la situazione era molto diversa e il calcio in pericolo. Inoltre erano bastati pochi giorni perché tutto si accomodasse, e non vi era mai stato bisogno di aggredire il capitano.
Perché allora si era comportato così con Manabe? Cosa lo aveva spinto ad essere così duro, così aggressivo? Credeva di avere letto in lui la falsità, la superbia?

-Come mi sono ridotto, ho sentenziato un giudizio in dieci minuti, solo perché l’ho visto in difficoltà in campo! -Pensò, sentendosi ancora di più in colpa.

Minaho aveva cercato di rassicurarlo.
-In fondo pensavi al bene della squadra no? Se sei sotto stress è comprensibile compiere errori, ma vedrai, Manabe è una persona fantastica, si risolverà tutto e non ci penseremo più.
L’arancione era certo che l’amico avrebbe perdonato il castano, e più si avvicinavano a casa lungo il viale alberato più se ne sentiva convinto.

-Eccoci qua! -Minaho fece un sorriso incoraggiante a Shindou mentre apriva il cancelletto con le chiavi che il lilla aveva fatto fare apposta per lui dopo il suo trasferimento a casa sua.  -Mi raccomando le scarpe, è un maniaco della pulizia e ho già rischiato la vita più volte per una macchiolina di fango sul parquet...
Il castano sorrise. Forse li aveva davvero giudicati male… sembravano simpatici.

Entrati nell’ingresso notarono dubito l’assenza del lilla. Minaho, con il suo occhio clinico, notó l’assenza di piatti nel lavello e di odor di cucina e facendo due più due dedusse che l’amico non aveva pranzato.
-Vieni con me, vedrai che lo troveremo in camera sua, al piano di sopra.

Dopo essersi tolti le scarpe salirono le scale e piano piano si avvicinarono alla porta della stanza del lilla. Minaho fece cenno a Shindou di aspettare a parlare.
-Ehiehi Man, so che sei li dentro!
Nella stanza qualcosa si mosse e si sentì un oggetto cadere.
-Minaho!! Perché… perché sei già a casa? Hanno annullato l’allenamento?

La voce del lilla era agitata, come se l’avessero colto di sorpresa. Shindou non poté fare a meno di notare una leggera incrinatura… sperava che non stesse piangendo, non voleva credere di averlo ferito così, ma allo stesso tempo ora aveva la riprova che il lilla ci teneva davvero al calcio.
-Man, sono successe alcune cose interessanti sai? Ho una sorpresa per te! -L’arancione aveva sfoderato la sua voce più dolce.
Shindou adesso rivedeva davvero Kirino in Minaho. Quante volte l’amico lo aveva tirato fuori da una stanza chiusa a chiave quando litigava con i genitori?
-Per favore Minaho, ho bisogno di stare un po’ da solo, non mi sento bene… prometto che dopo esco…
(-dio, sta piangendo davvero!- Shindou ebbe una fitta di sensi di colpa).

L’arancione appoggió il palmo della mano sulla porta e accostò l’orecchio al legno, quindi afferrò il pomello della porta.
-Eddai Man… solo qualche minuto! Ti prometto che la sorpresa che ti ho portato ti lascerà senza parole! Tipregotipregotiprego!!
Dall’interno della camera si sentì un leggero sospiro.
-Uff! Perché non riesco a resistere quando fai la vocetta pucciosa? E va bene… entra pure. -Il lilla si arrese.
-Evvai! -Minaho aprì la porta ed entrò nella stanza, facendo cenno a Shindou di seguirlo in silenzio. Il lilla era steso sul letto voltato dalla parte del muro. Shindou ebbe la certezza che avesse pianto.

Minaho si buttò sul letto e abbracció da dietro l’amico mettendogli una mano sugli occhi.
-Ma… Min che cosa stai facendo? Lasciami andare! -Il lilla protestó debolmente.
-Ssst! Lascia fare a me!
L’arancione tiró a sedere l’amico.
-E uno… e due… e tre!
Minaho tolse la mano dagli occhi del lilla. Shindou intanto si era piazzato di fronte al letto, imbarazzato in maniera spaventosa e rosso come un peperone.

Manabe aveva gli occhi rossi. Come vide il castano sobbalzó di paura e inconsciamente si coprì la faccia con il braccio.
-Shindou… Che… che ci fa lui qui? Cosa lo hai costretto a fare Minaho!? Gli ho già dato abbastanza fastidio non ti pare?
Il lilla cercava di darsi un contegno e di nascondere le lacrime.
-Manabe, Minaho non mi ha costretto a venire. L’ho fatto di mia volontà.

Il castano aveva deciso di prendere la questione in mano. La sua risolutezza che veniva fuori nei momenti più drammatici faceva da contraltare alla sua sensibilità. Era una delle cose che Kirino amava di lui.
-Io… io mi sono ritirato, ho sbagliato qualcos’altro? Vi ho fatto perdere tempo vero? Mi… mi dispiace! Credimi non volevo… -Il lilla sembrava nel panico.
Minaho in tutto questo non smetteva di tenergli la mano, Shindou iniziava a capire il valore di chi si trovava davanti.
-No. Non sono qui per offenderti ancora. Sono qui per chiederti scusa. Sono stato cattivo e cieco, potrai mai perdonarmi?
Shindou chinó il capo vergognoso. Aveva quasi urlato le ultime parole da quanto si vergognava.

-Io… perdonare te? E per… per cosa? Hai solo detto a tutti la verità.
-No, non è vero. Le sfide, le battaglie che ho combattuto dovevano insegnarmi a riconoscere la bontà nelle persone, invece che cogliere questa lezione sono stato diffidente e offensivo, non ricordando che il calcio è prima di tutto amicizia.
Shindou si era fatto coraggio e si era avvicinato al lilla. Il ragazzo tremava.

-Se dunque c’è qualcuno che ha fatto perdere tempo a tutti -continuó il castano- quello sono io. Posso solo sperare di non averti ferito così tanto da averti fatto passare la voglia di giocare con noi… vorrei davvero essere tuo amico, sai? Minaho mi ha detto che persona fantastica sei.
Manabe era paralizzato. Davvero quel ragazzo era venuto a chiedergli scusa? Davvero voleva essere suo amico?
-Io… -L’emozione fu decisamente troppa. Il lilla si rimise a piangere come una fontana.

Shindou si fece coraggio e si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla. Anche lui sentiva le lacrime premere per uscire.
Si sedette sul letto, dalla parte opposta rispetto all’arancione e tiró fuori dalla tasca un piccolo involto.
-Ehi, ti va se ci mangiamo tutti e tre un bel biscotto?
Minaho era stupito. Doveva averli comprati al bar della scuola nel breve lasso di tempo in cui lui era andato a prendere il borsone. Quel ragazzo gli piaceva sempre più.
Manabe alzò lo sguardo e si asciugó le lacrime.

-Perdonami, Shindou… scusami. .. Sto facendo… sto facendo una figura indegna… È che. .. Non avrei mai creduto che tu volessi… che tu volessi uno come me come amico! Certo… continuerò a giocare con voi! E cercherò di migliorare, lo prometto!
-Allora… allora accetti le mie scuse? Mi perdoni? -Il castano ci sperava tantissimo.
-Non sono mai stato arrabbiato con te, solo con me stesso e con la mia inadeguatezza. Scuse… scuse accettate. -Il lilla abbozzó un sorriso e prese la mano di Shindou.
-Ti ringrazio con tutto il cuore, ma ti prego, non pensare mai di essere inadeguato. In campo siamo tutti uguali, non permetteró più a nessuno di umiliarti!
Minaho era entusiasta. -E ora che tutto si è sistemato, pappiamoci quei biscotti!
Tutti e tre scoppiarono a ridere, mentre Shindou distribuiva i dolcetti.


-Shindou…- Manabe stava masticando un biscotto al cioccolato. -scusa se ho pianto… a volte non riesco a trattenermi…
-Non ti preoccupare, succede anche a me… piango spesso, sai? -Shindou fece un sorriso un po’ vergognoso all’indirizzo del lilla.

Parlarono insieme per un’oretta,  mangiando i dolcetti e imparando a conoscersi meglio, quindi Minaho propose di uscire a mangiare un panino. Nessuno dei tre aveva pranzato.

La città era illuminata da uno dei più bei tramonti dell’anno quando i tre, dopo mangiato, si sedettero sul prato dell’argine, davanti al campo al fiume dove avevano fatto in tempo a salutare i compagni che finivano di allenarsi. Tutti erano stati entusiasti di sapere che Manabe sarebbe tornato con loro dal giorno seguente. Il lilla ricevette un buffetto sulla spalla anche da Kariya e Tsurugi!
Minaho era raggiante e Manabe sembrava avere recuperato un poco di autostima. La serata prometteva bene. Avevano invitato Shindou e il suo migliore amico Kirino a cena, per mettere definitivamente una pietra sopra a tutto e cementare meglio la nuova amicizia.

Fu proprio mentre Manabe impiattava la tempura in cucina che ebbe una nuova,  violenta fitta al petto che gli mozzó il fiato e gli fece cadere di mano un vassoio che si infranse a terra con un rumore secco e violento.
-Manabe! Che è successo? -La voce dell‘arancione risuonó dalla cucina.
-Nulla nulla! Sono stato solo sbadato. Sono un tale pasticcione! -Il lilla rise mentre si massaggiava il petto. Qualcosa non ne voleva sapere di funzionare li dentro, ma non era il momento di pensarci,  si preparava una bella cena!

La serata proseguì davanti alla televisione  ( dopo che Shindou aveva fatto onore al fritto con la terza porzione, cosa che per Manabe valse molto di più di mille scuse) per finire oltre la mezzanotte, quando il lilla e l’arancione accompagnarono in strada la coppia di amici, dandosi appuntamento per il giorno dopo.

-E’ stata una bella serata, vero Manabe?
-Sì…e… Minaho, grazie di tutto.
L’arancione tiró all’amico un ciuffo lilla. -E di cosa?’
-Minaho, inizia a scappare!


Angolo della discussione post – storia che neanche porta a porta…:
Buonsalve a tutti, lettori e recensori! Grazie mille per la voglia con cui continuate a leggere questa storiella eheheh…
Stavolta trovare la canzone è stato un incubo… ho dovuto ripiegare su Mozart, ma vedere Shindou che chiama Manabe “contessa” richiede una certa mente perversa… che forse potrei anche avere, chissà!
Perdonate se questo capitolo è un po’ troppo narrativo… non temete, dal prossimo molte cose inizieranno a mettersi in moto!
A presto!
ROW99


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Capitolo 8
*** Qualcuno in casa mia ***


With Cat-Like Tread
Upon our prey we steal
In silence dread
Our cautious way we feel
No sound at all
We never speak a word
A fly's foot-fall
Would be distinctly heard

Era passata una settimana dal ritorno in squadra di Manabe e non era passato giorno senza che ci fossero almeno tre ore buone di allenamento. Minaho e il lilla avevano così potuto scoprire le gioie di un allenatore che ritiene cinque ore ininterrotte di tempesta un motivo non sufficiente a sospendere gli allenamenti giornalieri! (-Ehi… ma sono già dieci minuti che non piove! Cosa volete che sia un po’ di fanghiglia?)

Pian piano i due ragazzi si erano ben integrati nella squadra, e anche Manabe iniziava ad affrontare i contrasti con meno timore. Le sue capacità di regista difensivo iniziavano lentamente ad emergere ed avevano fatto di lui il perno della difesa della squadra, che oramai si basava sui suoi calcoli e sulle sue previsioni per impostare ogni manovra.

Tutto sembrava andare decisamente bene, nonostante quel fastidioso doloretto al petto che ogni tanto si faceva sentire con una certa violenza, tanto che Manabe iniziava a valutare una nuova visita, tanto per andare sul sicuro.

Il pomeriggio del primo di ottobre, uno splendido lunedì di sole che sembrava quasi estivo, a scuola si sarebbe tenuta la prima partita ufficiale della stagione, valida per le qualificazioni ai campionati regionali. Minaho ovviamente non stava nella pelle, mentre Manabe avrebbe decisamente preferito passare la giornata sotto le coperte abbracciato al suo libro preferito. Tutto piuttosto che essere messo in ridicolo davanti ad uno stadio pieno!

-Buooongiorno a queeesto gioooorno che si sveglia oggi con teeee !! -L’entusiasmo dell‘arancione, mentre preparava la colazione, era… palpabile.
-Minaho!!! Lasciami dormire… fino a domani!! -Il lilla piagnucoló sprofondando sotto le coperte.
L’arancione fece irruzione in camera da letto con un vassoio coperto di paste farcite, latte fumante e dolcetti vari.
-Eddai dormiglione… ti ho portato i biscotti allo zenzero! Lo so che sono i tuoi preferiti! -La voce di Minaho era splendidamente delinquenziale.
(-Teppista! Ricattatore! -Pensò il lilla) -E va bene!! Adesso mi sveglio…

Il ragazzo si tiró su a sedere, si sgranchí e si defiló in bagno a lavarsi, mentre l’arancione iniziava a mangiare. Due minuti dopo erano seduti entrambi sul letto del lilla a divorare la colazione.

-Prima o poi dovremo renderci conto di avere un tavolo, lo sai vero? -Manabe minacciò l’amico con un cornetto al cioccolato.
-Sì ma… così è più divertente! -Minaho avvicinò pericolosamente un biscotto alla marmellata al copriletto dell’amico, che da bravo fanatico della pulizia sentì la pressione finire sotto i piedi.

Dopo colazione fu il tempo di preparare i borsoni e le cartelle, quindi si incamminarono verso la fermata del bus, che per loro grande fortuna passó senza ritardo esagerato.

La mattinata trascorse senza particolari problemi, eccezion fatta per un bel massimo voto di Manabe nel test della settimana precedente (-secchione! -fu il commento dell’ex compagno di banco del lilla, immediatamente falciato da uno sguardo omicida di Minaho).

Il momento di prepararsi alla partita era arrivato. Non avrebbero dovuto affrontare chissà quale avversario… si trattava della Eito Gakuen, squadra eccezionalmente scarsa ma della quale avevano un brutto ricordo dal campionato precedente. Era contro di loro che Shindou aveva segnato il primo gol della rivoluzione contro il quinto settore, spinto dalla tenacia di Tenma.
Manabe ebbe un conato di vomito al pensiero che quella maledetta scuola per secchioni sarebbe stata la sua, se non avesse anche lui iniziato una personale ribellione contro i genitori. Se le cose non fossero andate così… niente Minaho, niente calcio, niente vita da solo! Non riusciva nemmeno a pensarci.

Nello spogliatoio l’allenatore fece un discorso tranquillo ma pieno di voglia di vincere. Tutti erano eccitati per l’inizio di una nuova avventura, e anche se Manabe era così agitato da faticare anche ad infilare un calzino, in fondo in fondo anche lui sentiva di potercela fare.
Minaho intanto era perplesso. Fissava con insistenza Kirino. Il ragazzo aveva un vistoso occhio nero, che aveva giustificato con l’incontro poco piacevole con la mensola di camera sua.

Le squadre scesero in campo tra gli applausi. (-Non avrei mai immaginato che questa struttura facesse così paura se piena di gente! -Pensò Manabe) e si disposero in formazione in attesa del fischio di inizio.
Il lilla era stretto tra Kirino, a sinistra, e Minaho, alla sua destra. Nonostante fosse la prima partita l’allenatore gli aveva affidato il ruolo di perno della difesa. Manabe  pensò che quell’uomo fosse pazzo, oppure un genio, chissà!

Il fischio arrivò come un fulmine a ciel sereno. Tutti i giocatori scattarono in avanti iniziando a darsi battaglia. Non erano passati nemmeno cinque minuti che Shindou aveva già sfondato la fragile difesa degli avversari e insaccato la prima rete.
-Evvai! Shindou sei un grande! -Minaho fece un sorriso a trentadue denti.
Manabe non poteva che essere felice. Ancora non aveva dovuto fare molto e sperava di poter andare avanti così ancora a lungo!
Come a voler infrangere immediatamente le sue speranze, l’attacco avversario riuscì a superare la metà campo portandosi pericolosamente vicino alla sua area. Manabe era paralizzato. Non sentiva nemmeno le urla dell’allenatore.

Fu in un istante.  Guardò Minaho,  il suo migliore amico che lo fissava sorridendo, guardò Shindou che ora gli dava fiducia… non poteva deludere chi credeva in lui, dopo tutta la fatica che aveva fatto per ottenere qualcosa dalla sua nuova vita.

Di colpo la sua mente si sbloccó. Inizió a elaborare dati e a disegnare grafici in aria con le dita. Gli servirono pochi secondi per leggere tra le righe della banale strategia avversaria e impartire le giuste direttive. Un secondo dopo Kirino aveva la palla.
Fu un lampo. Pochi passaggi e la palla fu di Tsurugi, ancora un istante ed avevano segnato.

Lo stadio esplose in un boato. Manabe si riscosse da quella sorta di trance in cui era caduto solo per vedere i suoi compagni esultare e correre verso di lui.
-E’ solo grazie a te se abbiamo segnato!
-Bravo Manabe!
Anche Tsurugi, l’artefice materiale del goal, gli sorrise dall’altra metà del campo. Non gli sembrava vero. Sugli spalti qualcuno salmodiava il suo nome.

La partita riprese con più forza, e il primo tempo si chiuse sul due a zero.
A bordo campo Endou si complimentó con i giocatori e la manager distribuí le bottigliette d’acqua. Manabe aveva un gran sorriso stampato sulle labbra.
-Ehi, hai visto che non ci voleva nulla? Lo sapevo che potevi farcela! -Minaho sorrise all’amico.
Shindou, che in tutto ciò era rimasto in disparte, si avvicinò al lilla e gli mise una mano sulla spalla.
-Bravo. È stata una bellissima azione, ora sono sicuro che questa squadra è il posto giusto per te. – Il castano fece l’occhiolino.
Queste parole valsero per Manabe più di tutte le altre. Se era vero che era servito alla squadra, se era vero che lo apprezzavano, voleva dire che forse anche lui aveva qualche capacità, no?

La partita riprese, al termine della pausa, con una nuova azione di attacco della Eito. Manabe oramai ne aveva interpretato le elementari tattiche, e intuiva come gli avversari non sarebbero stati in grado di modificarle.
-Ecco cosa significa stare troppo sui libri e non allenarsi! -Esclamò, ridendo insieme a Minaho che si era reso conto di quanto quella frase suonasse strana detta da lui.

Respinto il nuovo attacco il lilla prese il coraggio a due mani e si rivolse all’allenatore.
-Mister! Chiedo il permesso di riorganizzare le marcature!
Endou sorrise. -Permesso accordato Manabe, mi affido a te!-

Una scarica di adrenalina scosse il lilla. Ora la responsabilità era sua.
-Kirino! Marca sempre l’attaccante di destra! Qualunque cosa accada non spostarti mai oltre i 35 gradi rispetto alla tua attuale posizione!
Il rosa sorrise ed annuì, mostrandogli il pollice.
-Minaho! Sempre sulla loro punta! Rimani in asse con i suoi movimenti e affrontalo quando supera i due terzi del campo!
Anche L’arancione fece segno di aver capito.
Con le nuove disposizioni della difesa la strategia d’attacco della Eito venne completamente sconvolta. Nemmeno più una sola azione riusciva a passare oltre la difesa della Raimon, e gli avversari erano allibiti.

In breve tempo, liberi dall’ansia della difesa, Shindou, Tenma e Tsurugi dilagarono nella metà campo avversaria e insaccarono altri tre goal, portando la partita a chiudersi su un poco onorevole cinque a zero!
Lo stadio esplose in deliri di gioia. Il primo turno di qualificazioni era superato.
-Manabe! Ti faccio i miei complimenti, questa vittoria la dobbiamo a te! -Endou era raggiante e sorrideva all’indirizzo del lilla.
-Io… io … vi ringrazio… non è stato… niente di che…

Manabe era letteralmente sommerso dai compagni, e in particolare da uno scatenato Minaho che, perso ogni contegno da detective, lo abbracciava istericamente.
-Hai visto? Hai visto? E tu che non volevi nemmeno venire!! Sei stato così bravo!!
Fu un dopopartita memorabile, e i ragazzi si avviarono agli spogliatoi pieni di gioia.

Mentre si cambiavano però qualcosa doveva guastare la felicità del lilla. L’ennesima fitta al petto.
-Mh. .. Da quando… da quando così… di colpo? -Boccheggió, sperando che nessuno lo avesse sentito.
-Man, va tutto bene? Hai un colorito strano… -l’arancione gli mise una mano sulla spalla.
-Sì… si… tutto bene! Non sono abituato a tante emozioni così… tutte insieme! -Il lilla sorrise e fece l’occhiolino all’amico.
-Mh… sarà! Però è meglio andare a casa ora… siamo stanchi e per me tu hai bisogno di zuccheri… ti vedo davvero pallido.

Salutati i compagni e l’allenatore i due ragazzi si incamminarono verso casa. Era un tramonto molto bello quello che rosseggiava alle spalle della scuola. Si preannunciava una serata tiepida.
Parlando del più e del meno e discutendo della partita con entusiasmo, i due ragazzi finirono per svoltare nel viale di casa senza quasi rendersene conto. Arrivati al cancello però qualcosa li fece trasalire.

La porta era aperta.

-Min, non possiamo averla lasciata aperta noi! Ricordo benissimo di averla chiusa a doppia mandata!- Il lilla era spaventato.
-Non possono essere… i tuoi genitori? -Nella voce di Minaho si avvertiva una punta di agitazione.
-Non è possibile… sono in viaggio di lavoro e non torneranno prima di domenica…

Parlando i due si erano avvicinati alla porta, e ora esitavano ad entrare.
-Man, stai dietro di me. -L’arancione si mise davanti all’amico.
Spalancarono la porta di colpo ed entrarono nell’ingresso. In casa tutto era silenzioso. Aguzzarono l’udito alla ricerca di un qualsivoglia suono, di uno scricchiolio o di un bisbiglio… niente.
Entrare nel salotto fu un fulmine a cielo sereno. Non c’era un oggetto al suo posto. I cassetti aperti, il contenuto lanciato all’aria, le tende strappate e i mobili ribaltato o trascinati per scoprire i muri. I quadri a terra, tolti forse per cercare una cassaforte. Erano stati dei ladri. La cosa incredibile era che la porta non era stata scassinata, ma aperta con la chiave di emergenza che il lilla teneva ben nascosta sotto un pesante vaso, al centro del giardino. Come avevano fatto a trovarla? Sembrava fossero andati a colpo sicuro…

Manabe sbiancó. La situazione al piano di sopra era, se possibile, anche peggiore. Minaho invece si preoccupò per prima cosa di controllare che fossero soli in casa, quindi si avvicinò al telefono.
-Pronto? Polizia del distretto? Siamo…..
-No!! -Manabe gli strappó la cornetta di mano e chiuse la chiamata. -Non… non possiamo!
-Ma… Manabe… guardati intorno…
-Se sporgiamo denuncia chiameranno i miei genitori… gli daremo una scusa per farmi chiudere casa, riportarmi da loro e separarci! -Il lilla era sotto shock, sull’orlo delle lacrime.
Minaho era allibito.
-Io… io… perdonami Manabe, non capisco come abbia fatto a non pensarci.
-Tranquillo… -Il lilla gli prese la mano. -Ora… ora cerchiamo di capire cosa hanno rubato.

Ispezionarono la casa da cima a fondo. Incredibilmente ritrovarono quasi tutti i soldi nascosti nel cuscino del divano, uno dei pochi posti che i ladri non avevano frugato. Invece erano stato rubati molti suppellettili, i loro portafogli, un computer e l’argenteria. Manabe era nel panico. Quella roba era di suo padre!

Minaho aveva scoperto che avevano portato via, insieme al suo portafoglio, la foto del padre che portava sempre con sé. Ne rimase distrutto, più che dalla perdita di qualunque altra cosa.
-Ti prometto che la ritroveremo Min…Magari l’hanno buttata in mezzo a tutto questo marasma… guarda! Li ci sono i miei documenti, vuole dire che hanno frugato nei portafogli!
Il lilla cercava di confortare l’amico, che a sua volta rimuginava su come risolvere la situazione.

Si fece l’ora di cena. Avevano messo a posto la casa al meglio delle loro possibilità, e per fortuna la foto del padre dell‘arancione era saltata fuori da sotto il divano. Quei maledetti l’avevano appallottolata. Manabe l’aveva messa sotto la sua enciclopedia matematica più pesante mentre l’arancione si asciugava una lacrima. Quella foto era tutta la gioia del suo passato.
Manabe portò in sala il vassoio con la cena. Minaho rimuginava da due ore ormai sul furto. Era certo che chiunque fosse stato dovesse aver lasciato una traccia. Il padre gli aveva insegnato che ogni gomitolo aveva sempre un filo, magari nascosto, ma che se afferrato avrebbe potuto sciogliere la matassa.


-Mamma mia che mal di testa! Ho le meningi in fiamme...eppure… eppure ci deve essere una soluzione… ne sono più che certo!-Minaho si teneva la testa dolorante.
Il lilla si mise alle sue spalle e iniziò a massaggiargli dolcemente le tempie.  Minaho sospirò di sollievo.
-Ascoltami Min… lascia stare… ti esaurirai su questa storia! Qualunque cosa sia successa… oramai è andata.

L’arancione però non voleva arrendersi. Qualcosa non gli tornava… sentiva qualcosa dentro il suo cervello che gli indicava la strada, ma non riusciva a inquadrare bene quella vocetta.
-Senti Min, sei una contrattura unica- disse il lilla che non aveva mai smesso di massaggiargli le tempie e la fronte cercando di alleviargli il dolore- Andiamo a dormire… hai bisogno di rilassare la testa…
-Aspetta… dammi solo un minuto…

La cosa più strana era di certo la faccenda della chiave nascosta… i ladri si erano mossi come se sapessero Dove cercare, ma chi oltre a loro sapeva del vaso e del nascondiglio?
L’arancione chiuse gli occhi e si rilassó sotto il tocco dell’amico. Dopo nemmeno trenta secondi scattò in piedi.
-Eureka! Ho la mia pista!

Il lilla, che aveva fatto un salto indietro terrorizzato, lo fissava incredulo.
-E… e quale sarebbe?
Minaho sorrise, prendendosi il mento tra le dita.
-Ma è ovvio! L’occhio di Kirino, no?
Manabe spalancò gli occhi e la bocca.

-Cooooosa???????

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Capitolo 9
*** A short, sharp shock ***


Il tempo passa, la vita si ripete
Corsi e ricorsi, tornano le storie
Fatti e misfatti, oggi come ieri
Solo i sogni, i sentimenti
Poveracci, prepotenti
 
Ed i vigliacchi in cerca di un padrone
Con la paura come vocazione
E ti distrugge, ordina e protegge
Forze oscure, spaventose
Su ogni cosa, su ogni legge

Manabe era seduto sul divano del salotto, lo sguardo allibito fisso sul suo amico arancione, che marciava avanti e indietro nella sala tenendosi il mento tra le dita.

Cosa significava che L’occhio di Kirino era la soluzione di tutto? Quale rapporto poteva esistere tra l’occhio nero del compagno di squadra reduce da un incontro – scontro con la mensola sopra il proprio letto e i ladri che gli avevano svaligiato casa?

-Min… io proprio non ti capisco! Capisco che sei sotto shock, lo sono anche io… ma proprio non vedo come…
-Manabe! Ma è chiarissimo! -L’arancione sembrava ben sicuro di sé.
-Chiarissimo cosa? -Il lilla si prese la testa tra le mani. -A me non è chiaro ancora molto… anzi direi che sono in piena confusione! – concluse sconsolato.

L’arancione sorrise e si piazzó davanti a lui appoggiandogli una mano sulla spalla.
-Ascoltami bene Manabe… provo a spiegarti. Sei d’accordo con me sul fatto che chiunque sia stato a compiere il furto doveva conoscere la posizione della chiave di scorta?
-Certo, ma… -Il lilla provava a seguire l’amico.
-Bene. La prima domanda che dobbiamo porre, posta questa fondamentale condizione, è “chi poteva, oltre noi, conoscere la posizione della chiave suddetta?”

Minaho fissava l’amico e parlava con dolcezza. Sapeva che un ragionamento deve sempre essere spiegato chiaramente, altrimenti si rivela inutile come tutte le stupide nozioni fini a sé stesse che si studiano a scuola. È inutile imparare senza capire!

-Mh… oltre a me e te nessuno sa dell’esistenza di quella chiave… l’ho fatta fare all’insaputa dei miei. -Il lilla si sforzava di collaborare.
Minaho sorrise.
-Ovvio. I tuoi inoltre non trarrebbero nessun vantaggio dal rubare in casa tua, no? -L’arancione cercava di sdrammatizzare. Al lilla, che si figurava gli impeccabili genitori mentre svaligiavano casa, scappò un mezzo sorriso.
-Dobbiamo tenere conto, però, che non solo chi ha ricevuto da te l’informazione della sua presenza poteva essere a conoscenza della chiave. Qualcuno potrebbe averla vista per caso. Mi segui?
Il lilla strizzava gli occhi cercando di capire.
-Sì… si, ti seguo.

-Tu hai detto che prima di conoscere me, nessuno aveva mai messo piede in casa tua eccezion fatta per i tuoi genitori… dunque possiamo restringere il campo di indagine alle ultime settimane.
L’arancione iniziava a scaldarsi. Quando parlava di investigazioni si faceva sempre prendere dall’entusiasmo.

-Solo due persone hanno frequentato questa casa oltre a me. Shindou e Kirino, quando sono venuti a cena l’altra sera, no?
-Sì… certo… ma… ma come puoi sospettare di loro? È assurdo! -Il lilla scosse la testa con forza.

L’arancione sorrise e si sedette vicino all’amico. Gli mise il braccio intorno alle spalle e riprese a parlare.
-Infatti non sospetterei mai di loro! È qui che ho avuto l’intuizione geniale… non riuscivo a trovare niente che collegasse i nostri amici al furto… poi l’illuminazione!
L’arancione disegnò un arco in aria con la mano. Era decisamente soddisfatto del suo ragionamento.
-Dunque… andiamo per ordine. La chiave di emergenza è stata tirata fuori quando… ehm… qualcuno ha dimenticato in casa il mazzo “ufficiale”, se non sbaglio…
Il lilla arrossì. Quel giorno aveva avuto troppe emozioni, e la memoria gli aveva fatto cilecca. Al momento di entrare in casa con gli amici aveva dovuto ricorrere alla chiave di emergenza.
-Certo… ma… continuo a non capire cosa colleghi i nostri amici al furto…
Minaho scosse la testa.

-Mentre recuperavi la chiave da sotto il vaso, come potrai ben ricordare Shindou era  insieme a me dalla parte opposta del cortile. Stavamo parlando, e posso escludere categoricamente che abbia visto qualcosa. Dunque…
Minaho calcó con decisione la sospensione. Il lilla era ancora più in confusione.
-Dunque Kirino solamente, che era con te, poteva avere  visto la posizione della chiave.
-Ma Min, ti rendi conto di cosa stai dicendo? -Manabe era scioccato.
-Ssst! -Minaho mise un dito sulla bocca dell’amico. -Te l’ho già detto! Non sto accusando Kirino! Ora finisci di ascoltare…

Il lilla si sedette più comodo e cercò di fare ordine tra i suoi pensieri. Minaho riprese a spiegare.
-Ieri ho notato perfettamente l’occhio nero di Kirino, e ne ho sentito la scusa. Quando con molta nonchalance ne ho parlato con Shindou, lui mi ha assicurato che nella camera del suo migliore amico non esiste l’ombra di una mensola. Ne segue che Kirino sta mentendo.
-Ma… ok ma… cosa significa?

Il lilla stava iniziando a vedere una luce. Forse intuiva cosa l’amico aveva individuato.
-Allora… fermo restando che si tratta di una semplice congettura logica… ma non sarebbe possibile che Kirino, unico conoscitore della posizione della chiave, sia stato minacciato da qualcuno cui non stiamo molto simpatici? Quel qualcuno potrebbe averlo costretto a parlare, e quindi averci giocato questo orrido scherzetto!

Manabe ora era completamente fuso. Si… il ragionamento filava in linea teorica… ma sembrava così assurdo! Non poteva essere andata in modo così incredibile!
In effetti era pieno di persone a cui non stavano “simpatici”. Minaho in particolare conosceva i bulletti di quella scuola meglio di chiunque altro, ma arrivare dalle offese e gli spintoni fino ad un furto il passo sembrava lungo…

-Ascoltami, Man. Se è andata così bisogna assolutamente andare a parlare con Kirino. Solo lui può dirci la verità. Se troviamo i responsabili poi ci inventeremo qualcosa… sarebbe già un primo passo!
-Hai ragione ma… se ci stessimo sbagliando? Non voglio offendere Kirino!
Il lilla era un esperto di insulti gratuiti, visti quanti ne aveva ricevuti. Non voleva mettere l’amico in difficoltà.
-Stai tranquillo. Gli parleremo in privato, domani, dopo gli allenamenti. Nessuno lo saprà oltre noi tre. -disse Minaho con voce pacata.

Il giorno seguente, agli allenamenti, Manabe iniziava effettivamente a notare un comportamento anomalo da parte di Kirino che il giorno precedente non aveva notato. Sembrava sfuggente, faticava a sostenere il suo sguardo.
-Forse sono le parole di Minaho che mi hanno influenzato… però in effetti… -pensava il lilla.

Kirino stesso doveva essersi reso conto di essere osservato, perché evitava gli sguardi e si teneva a distanza. Addirittura faticava ad eseguire bene gli ordini di Manabe nelle manovre difensive.
Decisi a vederci chiaro, i due amici decisero di aspettare Kirino fuori dagli spogliatoi e parlargli in privato per non metterlo in difficoltà.

Il rosa uscì pochi minuti dopo i due amici, il borsone in spalla. L’occhio aveva cambiato colore passando dal nero al viola scuro, ancora più evidente del giorno prima.
Appena vide Minaho e Manabe ebbe un fremito, ma si affrettò a nasconderlo e stiró un difficile sorriso accelerando il passo.

-Ehi Kirino, scusa, potremmo parlare un minuto? -Minaho aveva sfoderato la sua voce più pacifica.
-Ehm… cosa… a dire il vero vado di fretta…
Manabe corse verso il rosa e gli appoggió la mano sulla spalla.
-Aspetta Kirino, ti prenderemo un solo minuto… abbiamo bisogno del tuo aiuto, ti prego!
Kirino sospiró e si fermò voltandosi lentamente verso i due amici. Sembrava molto agitato.
-O… ok… ditemi tutto!
Minaho si avvicinò sorridendo.
-Ascoltaci Kirino…

In pochi minuti i due amici avevano raccontato al rosa del furto, della storia della chiave e della loro intuizione. Kirino era decisamente atterrito.
-Io… io… cosa…
Farfugliava parole senza senso, mentre Minaho cercava di tranquillizzarlo.
-Kirino tranquillo! Sappiamo che tu non hai niente a che fare con tutto questo… è solo che… ecco, se qualcuno ti ha fatto qualcosa, a prescindere dal furto, dovresti parlarcene… non possiamo accettare che qualcuno ti minacci per causa nostra!

Kirino aveva cercato di negare in tutti i modi, ma era così agitato che non seppe dare nessuna spiegazione valida. Alla fine cedette scoppiando a piangere.
-Mi… mi hanno visto con voi… vi prego…. Mi hanno costretto! Io non volevo… vi scongiuro!
Il lilla abbracció dolcemente Kirino.
-Non avere paura Kirino… stai tranquillo… -la voce di Manabe era dolcissima. -Dicci chi è stato… dicci chi ti ha fatto questo!
Tra le lacrime il rosa biascicava parole a caso, inframmezzandole con singhiozzi e richieste di perdono. Era sotto shock.
-Io… io non ce la faccio!! Vi prego… dicono che mi picchiano se parlo… dicono che sembro una femmina… vi prego, ho paura!!

Minaho era perplesso. Non conveniva di certo forzare Kirino ora. Non volevano che soffrisse.
-Tranquillo… tranquillo… Ne parleremo domani se desideri… vieni a casa nostra, vedrai che troveremo una soluzione. Non permetteremo che ti facciano nulla!
Il rosa strinse i denti e annuì.
-Va… Va bene… in fondo… in fondo ve lo devo…è tutta colpa mia!
Il lilla prese la mano del rosa.
-Non è vero Kirino… non è colpa tua. Ricorda… nella vita può succedere di tutto. Basta solo cercare nel cuore, e troverai la forza per opporti ad ogni sventura.

Kirino si asciugó le lacrime. Quelle parole gli ricordavano quelle di Shindou… trovare la forza, questa è la strada.
Gli amici rincuorarono ancora il rosa e gli dissero di non preoccuparsi di nulla, quindi lo salutarono allegramente e gli diedero appuntamento per il giorno dopo.

Tornando a casa rifletterono a lungo sul discorso appena concluso. Si dissero che comunque andassero le cose le priorità erano due: difendere Kirino e non coinvolgere la polizia, e di conseguenza i genitori del lilla che avrebbero potuto usare il pretesto del furto per togliergli la casa.
Quel pomeriggio lo passarono così, tra una congettura e l’altra senza arrivare a capo di nulla ma molto speranzosi per il giorno dopo.
-Vedrai Man, andrà tutto a posto. Te lo prometto. – L’arancione fece un occhiolino all’amico.

Era quasi l’ora di andare a letto quando arrivò il messaggio di Kirino.

“Manabe, ho pensato molto alle tue parole. Bisogna trovare la forza, ricordi? Io ho fatto il disastro, io devo riparare. Ho chiamato la polizia e fatto tutti i nomi.”


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Capitolo 10
*** Heart attack ***


"Cominciai a sognare anch'io insieme a loro
poi l'anima d'improvviso prese il volo"

Da ragazzo spiare i ragazzi giocare
Al ritmo balordo del tuo cuore malato
E ti viene la voglia di uscire e provare
Che cosa ti manca per correre al prato
E ti tieni la voglia, e rimani a pensare
Come diavolo fanno a riprendere fiato

Da uomo avvertire il tempo sprecato
A farti narrare la vita dagli occhi
E mai poter bere alla coppa d'un fiato ma
A piccoli sorsi interrotti
E mai poter bere alla coppa d'un fiato ma
A piccoli sorsi interrotti


Si avvicinava l’alba.

Manabe e Minaho non riuscivano a ricordare l’ordine in cui le cose erano successe. Sapevano solo di essere in strada. Da soli.

Un poliziotto aveva bussato alla loro porta, una macchina nera nel vialetto. Rumore… voci…
I genitori di Manabe erano stati avvertiti subito e si erano precipitati a casa del lilla. Avevano trovato il ragazzo affranto sul divano. Minaho al suo fianco.

-Forza, alzati. Stasera questa storia finisce, si torna a casa! -Il padre del lilla lo aveva afferrato per il braccio strattonandolo.  Manabe era in confusione. Qualcosa dentro di lui cercava di opporsi ma non capiva nemmeno bene cosa stesse succedendo intorno a lui… gli faceva male il petto.
-Lo lasci subito! Non vede che è sotto shock? -Un’altra mano sul suo braccio… questa volta un tocco gentile.
-Sparisci! Lascia in pace nostro figlio e non farti più vedere! -L’Uomo spinse Via Minaho e tiró in piedi il lilla.
-So ben io come trattare certa gentaglia! -L’adulto si rivolgeva alla moglie. -Forza, portalo in macchina. Arrivo subito.

La donna prese Manabe artigliandogli la spalla e fece per portarlo fuori dalla stanza. Il lilla si sentiva debole… il petto lo stava facendo impazzire.
Voleva solo chiudere gli occhi e dormire. Fu però nel dare un ultimo sguardo alla stanza che incroció gli occhi di Minaho. Non stava piangendo… era qualcosa di diverso. Paura. Un terrore animalesco, antico e bestiale. Non aveva mai visto degli occhi più disperati.

E il padre… il padre sorrideva, con quella sua solita aria di superiorità! Quanto lo odiava… quanto odiava quel loro essere sempre così insensibili. Sorrideva, incredibile no? Sorrideva perché stava umiliando il suo migliore amico, sorrideva perché lo stava riportando sotto il suo controllo, sorrideva consapevole di distruggergli la vita.
Sorrideva.

Uno schiocco fulmineo, un rumore sordo. Era libero.
Manabe Jinichirou, il ragazzo più dolce del mondo che non avrebbe fatto male a una mosca, aveva steso la madre con un ceffone. Ci sarebbe stato di che scrivere una storia di dark Humour di quelle che piacevano tanto a Minaho, pensó.

La donna, tramortita, aveva lasciato il braccio del lilla che scattò come un fulmine. Spinse il padre, prese la mano dell’arancione e si buttò fuori dalla porta nel freddo delle tre del mattino.
Corsero, corsero senza parlare per minuti, forse ore. Si fermarono solo quando furono al campo al fiume, sedendosi sull’erba senza fiato. Minaho guardò l’amico. Il lilla era immobile, gli occhi fissi nel vuoto.

-Man…
Manabe si teneva la mano destra sul petto. Nelle orecchie gli pulsava un battito irregolare.
-E’ finita.
-Ma… Manabe…
-Tu dico che è finita!!! -Il lilla aggredí Minaho con tutta la rabbia che portava dentro.
L’arancione si ritrasse. Una lacrima gli rigava il viso.

-E’ finita! Chiusa! Andata! È finita, maledetta la mia vita e quando ti ho incontrato!!!
Il lilla urlava come un ossesso. Sputava tutto il veleno che aveva in corpo, tutta la rabbia verso il mondo.
-Io… io non… scusa!! Perdonami!!!! -L’arancione scoppiò in un pianto disperato. Si sentiva colpevole di tutto.

Il guscio di furia del lilla si ruppe come una bambola di cristallo nella tempesta, e la lucidità lo colpì come un fulmine.
-Dio… cosa ho fatto…
Si avvicinò all’arancione che singhiozzava a faccia in giù sull’erba e gli sfioró la schiena.
-Minaho… Min… guardami… Io… io non so cosa mi sia preso… ti prego guardami!
L’arancione continuava a piangere, scosso dai singhiozzi. Il lilla lo abbracció e lo attrasse a se, facendo combaciare il suo torace con la schiena dell’amico.

-Non… non pensavi davvero… non pensavi davvero quelle… quelle cose vero? Ti prego… dimmi che non ti ho fatto così tanto male! -L’arancione aveva il fiato mozzato dal pianto.
-No! Non le ho pensate nemmeno per un minuto, nemmeno per un secondo! Io non so cosa… cosa mi sia preso… Sono così arrabbiato!
L’arancione iniziò a calmarsi mentre il lilla gli accarezzava i capelli.
-Anche… anche io sono arrabbiato… non solo non sono stato capace di difenderti, ma ho… ho anche creduto per un attimo che… che tu volessi andartene.
-Io non ti lascerò mai, Min, mai, lo giuro su quello che mi resta da vivere, che sia un’ora o diecimila anni.
-B… banzai? -L’arancione sorrise debolmente fra le lacrime.
-Sì Min, banzai. (*)


Il sole ora aveva superato la linea dell’orizzonte. Dovevano essere quasi le sei del mattino. L’erba dell’argine era umida di rugiada.

I due ragazzi dovevano essersi addormentati qualche minuto, perché si ritrovarono abbracciati.
-Man… ehi Man… è ora di alzarsi… dobbiamo trovare un posto dove andare… -L’arancione scosse il lilla delicatamente.
-Cos.. Cosa… devo essermi addormentato… Ciao Min, andiamo a scuola? -Il lilla fece un leggero sorriso.
-Mh… vista la corrente situazione… forse conviene fare buca, no?
Entrambi scoppiarono a ridere. Era dal giorno prima che non avevano un attimo di leggerezza.
-I grandi Manabe e Minaho che fanno buca! Orrore e raccapriccio! -Il lilla rideva rideva a crepapelle.

Purtroppo ci volle molto poco per rendersi conto della realtà della situazione. Erano soli, non sapevano dove andare e temevano che i genitori del lilla mandassero la polizia a riprenderselo.

-Ascolta Man… e se chiedessimo a Tenma di appoggiarci a casa sua per oggi? Aspettiamo che si calmino le acque, poi potremmo andare da mia zia… non è una regina della simpatia, ma suo marito è un valido avvocato. Forse c’è una piccola speranza che in nome del ricordo di mia madre, e dietro a promessa di non infastidirla mai più, ci aiuti a ottenere subito la tua emancipazione…
L’arancione cercava da una parte di ragionare con criterio, dall’altra di rassicurare l’amico. Aveva un’ultima arma di ricatto nei confronti di sua zia… la minaccia di denunciarla per averlo messo fuori di casa. Anche se il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo… l’orfanotrofio. Non disse nulla al lilla di tutto ciò. Era certo che altrimenti non gli avrebbe permesso di provare.

-Min… Sì, credo sia una buona idea… non riesco a pensare a nulla ora… Va bene. Andiamo da Tenma. -Il lilla sorrise all’amico.
Minaho gli fece un occhiolino e gli allungó la mano per aiutarlo ad alzarsi. Il lilla la afferrò e si issó in piedi.

Tempo un istante e la fitta più forte che avesse mai avuto gli mozzó il fiato. Sembrava che il cuore dovesse spezzarsi in due. Minaho, che intanto si era avviato sulle scale dell’argine, corse verso di lui.
-Manabe! Oddio Manabe che hai? – l’arancione gli passò un braccio intorno alla vita per sorreggerlo.
-Non… non è…  non è niente… niente… giuro…
Gli fischiavano le orecchie. Sentiva goccie di sudore gelato corrergli lungo la schiena e il battito impazzito che gli pulsava nelle vene. Aveva la vista annebbiata. Gli girava la testa… si accasció al suolo.

-Man!! Rispondimi Man!! -L’arancione cercava di sbottonargli la camicia ma le mani gli tremavano troppo.
Il lilla muoveva le labbra ma ne usciva solo un rantolo soffocato. Tutto sopra di lui girava rapidamente.
-Aiuto!! Qualcuno venga ad aiutarmi!! -L’arancione urlava a gola spiegata. A quell’ora quasi nessuno passava in strada.

Manabe ora sentiva caldo. La sensazione delle dita dell’amico che gli palpavano la gola… il polso…

Un’uomo scese precipitosamente le scale dell’argine e buttò a terra una valigetta. Quindi si chinó sul lilla.
-Mi aiuti!! Mi aiuti!!! Il mio amico sta male!! -L’arancione piangeva. Si rifiutava di lasciare la mano del lilla.
-Prendi questo! -L’adulto lanciò un telefono ai piedi di Minaho. – chiama immediatamente un ambulanza!
-Un’ambulanza? Un’ambulanza? Cosa succede? La prego mi dica come sta!!
-Zitto e chiamala subito!! Non puoi perdere nemmeno un istante!! Il tuo amico sta morendo.

Morendo? Il lilla si sentiva così… bene. Un grande tepore lo avvolgeva. Perché Minaho… o l’ombra che aveva la forma di Minaho... urlava? Perché… perché lo sentiva parlare di ambulanza? Lui stava… stava morendo? Impossibile!
Una sirena suonava in lontananza. Il lilla girò la testa verso l’amico.
-M… Min….
Tepore e silenzio. Pace. Tutto si fece buio.


Angolino molto drammatico manco fosse una telenovelas spagnola…:
Ciao a tutti! Grazie a chi legge e a chi recensisce questo pastrocchietto!
Le cose iniziano a farsi un filino tragiche? Quando De Andrè scende in campo significa disperazione imminente? Non temete… non sono trooooppo cattivo… lascio sempre acceso un lumicino di speranza eheheheh.
Ci avviamo verso una fase cruciale della storia… le cose iniziano a farsi complicate eh? ;)
Piccola nota (*)… l’espressione banzai, alla lettera traducibile come “diecimila anni (di vita)” è tipica dell’estremo oriente non solo giapponese… ed indica incoraggiamento e auguri di una vita quasi eterna. il mio sadismo in questa storia è infinito.

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Capitolo 11
*** In noctem ***


From the highest spire of contentment
My fortune is thrown;
And fear and grief and pain for my deserts
Are my hopes, since hope is gone.

Hark! you shadows that in darkness dwell,
Learn to contemn light
Happy, happy they that in hell
Feel not the world's despite.


Sirene, sirene, sirene.

Minaho ricordava solo il suono delle sirene.

Quando aveva chiamato il soccorso, sforzandosi di scandire bene le parole tra i singhiozzi (e stando bene attento a non pronunciare la parola morte… sentiva di dover vomitare) gli avevano detto che c’era un’ambulanza a due isolati di distanza, sarebbero arrivati subito.

Furono i due minuti più lunghi della vita dell‘arancione. Non lasciò nemmeno per un secondo la mano del lilla riverso a terra. Lo  sentiva sempre più freddo…
-Ragazzo, forse dovresti venire vicino a me… - L’Uomo che aveva soccorso Manabe cercava dolcemente di allontanare l’arancione dal corpo esanime del lilla.
-No!! No!! Io non… io non lo lascio!!
-Ragazzo… io ci ho provato…
-L’ambulanza sta arrivando! Tieni duro… tieni duro Man ti prego!! – Minaho piangeva a dirotto.

-Ascoltami… - La voce dell’uomo era incrinata. – Tu… tu non hai nessuna colpa… lui… lui non poteva farcela. Se ne è andato dicendo il tuo nome… ti guarderà da lassù. Il tuo amico ti aspetterà nel cielo.
-No!!! Non puoi essere morto!!! Avevi promesso che non mi avresti mai lasciato!! Avevi promesso!!! -Minaho non sentiva nulla, non vedeva nulla. L’erba gli entrava in bocca mentre gridava riverso a terra, prendendo a pugni le foglie secche.

-Non… non è stata colpa sua, ragazzo… devi essere forte… lui non ti vorrebbe vedere così… ti prego, farai piangere anche me! -L’uomo si voltó per asciugarsi furtivamente una lacrima.
-Perché non sono morto io al posto tuo!! Perché Dio non si è preso la mia inutile vita al posto della tua!! -Minaho aveva una mano sanguinante. Continuava a mordersela.

Non avrebbe più rivisto gli occhi di Manabe, non ne avrebbe più ascoltato la voce calcolare le probabilità di qualcosa, non avrebbe più fatto colazione insieme a lui, il suo banco sarebbe rimasto vuoto e presto sarebbe stato occupato da un altro ragazzo.
Non poteva sopportare di vedere intorno a sé alberi, le panchine, le scale dell’argine… tutte cose che per anni sarebbero invecchiate lì  incuranti del tempo che passava, vedendo bambini divenire adulti e poi anziani, mentre Manabe sarebbe rimasto un ragazzo per sempre. Non avrebbe mai preso la patente, non avrebbe mai sentito il peso di un bambino sulle ginocchia… Minaho voleva solo buttarsi nel fiume e andarsene con lui.

L’ambulanza arrivò dopo minuti che sembrarono ore. L’uomo spiegò in poche parole al paramedico cosa fosse successo. Il dottore chinó la testa.

Minaho non voleva lasciare il corpo dell’amico. L’unico modo per poterlo spostare fu promettergli che avrebbe potuto salire sul mezzo per tenere la mano del suo amico fino all’ospedale.
Minaho era certo di aver sentito la parola “obitorio” uscire dalla bocca di qualcuno. Vomitó nell’erba. Quasi si stupì che Manabe non gli sorreggesse la fronte come… come quella sera che erano usciti per festeggiare e lui aveva bevuto quel maledetto drink… inizió a piangere ancora più forte di prima.

Il corpo di Manabe fu sollevato con dolcezza ed adagiato su una barella a ruote. I suoi capelli lilla gli ricaddero mollemente sulla fronte, e Minaho glieli sistemó con delicatezza. Sembrava così… sereno.
La barella fu issata sul mezzo. L’infermiere fece salire Minaho sfiorandogli una spalla con un gesto leggero. Conosceva troppo bene il dolore di chi perdeva un amico, un padre, un fratello, ma non aveva mai visto due occhi come quelli di quel ragazzo… due pozzi verdi pieni di una disperazione sconsolata.

Il paramedico prese un telo e fece gesto di coprire il lilla.
-No!! -L’arancione scattò. -Vi… vi prego… non… non copritelo!
Il paramedico sospiró e sfioró la mano di Minaho. Rimise il telo dove lo aveva preso.

Minaho teneva stretta la mano dell’amico, fredda come il marmo.
-Man… sarai sempre il mio migliore amico! Sarai sempre la cosa più bella… più bella della mia vita!! -L’arancione bagnava di lacrime la manica della felpa e la mano dell’amico.
Chiuse gli occhi e cercó di trattenere la nausea. Gli girava la testa e il suo subconscio gli dava, chissà perché, strane fitte alla mano destra.

Le lacrime scorrevano copiose. L’arancione non credeva di poterne avere così tante. Riuscì a smettere di iperventilare e riprese un minimo di equilibrio, mentre la mano continuava a pulsare.
Aspetta… la mano a pulsare?

Minaho si fissò con sguardo vacuo il polso. La mano reggeva quella di Manabe.

Una stretta alla mano.

Un’altra.

Una stretta al cuore.


-Ehi!! Ehi!!! Minaho tempestava di pugni il portello dell’ambulanza. -Aiuto!! Aiutatemi!!

L’ambulanza inchiodó a bordo strada. Il paramedico spalancò il portellone.
-Ragazzo… sei sotto shock. Vieni, ti do un tranquillante…
-Mi ha stretto la mano!! Mi ha stretto la maledettissima mano!!! -Minaho urlava come non aveva mai urlato prima.
-Cosa? Non è possibile… lui se ne è andato, ragazzo… so che è difficile…
-Vi dico che mi ha stretto la mano!!! Vi supplico! Vi imploro!! Fate qualcosa!! -Minaho era in ginocchio e tirava il dottore per il camice piangendo a dirotto.

Il paramedico ebbe una stretta al cuore… si ricordò di quando aveva iniziato a lavorare… credeva di poter salvare tutti allora. La sera del suo primo decesso in ambulanza era tornato a casa in lacrime.
Sapeva che quel ragazzo steso sulla barella non c’era più, ma… cosa gli costava accendere un attimo l’ecografo cardiaco? Quel povero ragazzo lo stava supplicando…

Il dottore aveva scoperto il petto del lilla e vi aveva applicato degli elettrodi.
-Ascolta… io lo faccio per te… ma non… non aspettarti… ecco, hai capito…

Minaho aveva il cuore in gola. Si mordeva il labbro con così tanta violenza da farlo sanguinare.
Il paramedico disse una preghiera silenziosa e accese la macchina.
Sul monitor comparve una linea piatta, accompagnata da uno sgradevole suono continuo.

La speranza a cui Minaho si era aggrappato si sgretoló in un minuto. Era troppo intelligente per non capire cosa quel suono significasse. Fu come se qualcuno gli pugnalasse il cuore.
Il medico tiró su col naso. Forse non avrebbe dovuto illudere quel ragazzo…

Bip.
Calò un silenzio assoluto.

Bip.
Minaho liberó il labbro dal morso. Una goccia di sangue gli coló sul mento.

Bip.
Il medico lasció cadere il foglio che aveva in mano.

Bip. Bip. Bip. Bip.

Sul monitor comparve una minuscola increspatura, poi un’altra, poi un’altra ancora e così via ad intervalli deboli ma regolari.
Minaho fissò il dottore con uno sguardo che trasudava speranza.

Il medico si era fiondato sui macchinari premendo alcuni pulsanti, quindi si era chinato sul petto del lilla prendendogli dolcemente il polso.
-Dio del cielo… non è possibile… è stato in arresto quasi cinque minuti…
Minaho sentí il ritmo respiratorio aumentare. Il lilla aveva mosso un dito.

Un altro infermiere entró di corsa e mise un respiratore sul viso di Manabe.
-E’ stabile… è debole ma stabile! Non torna in arresto… non è un riflesso elettrico, sta battendo davvero! Non ho mai visto in vita mia una cosa così!

Minaho credeva di essere in un sogno. Un’ondata di calore lo scosse dalle piante dei piedi alle punte dei capelli.
Vedeva il respiratore sul viso dell’amico appannarsi… stava respirando!!
-Ragazzo – il medico gli mise una mano sulla spalla. -Io sono uno scienziato, e come tale ti dico che quello che qui sta accadendo è fuori dalla mia comprensione. Ricordiamoci bene di questo momento. Quando ne parleremo, racconteremo di un miracolo.

In ospedale gli dissero che Manabe aveva avuto un grosso infarto. Parlarono di malformazioni cardiache congenite… di malattie rare. Gli dissero anche che il lilla aveva solo una possibilità su cento di passare la notte.
Minaho non sentiva nulla. Sapeva solo che il suo amico era vivo, vivo! Era un guerriero, sapeva che ce l’avrebbe fatta.


Il lilla fu portato in terapia intensiva, nel reparto di cardiologia. Minaho seguiva la barella con il cuore in gola. Avrebbe voluto urlare “più piano! Più delicati!” Ma si tratteneva. Non sapeva come fosse possibile ma il suo cuore era in festa, nonostante le poche possibilità. Fatto il miracolo, sentiva che ne sarebbe arrivato un altro.
Il dottore dell’ambulanza si era fatto dare il cambio. Voleva continuare a seguire quel ragazzo lilla così speciale e il suo amico che gli aveva fatto ricordare le emozioni degli inizi, che credeva di avere dimenticato.

-Ehi, ragazzo… - si avvicinò all’arancione che si era seduto al capezzale dell’amico, in una stanza che risuonava del rumore delle macchine. – il mio nome è Konoe… sono un cardiologo anche se sembro giovane. Posso sedermi?.
-Certo… certo dottore… si sieda. Io… io mi chiamo Minaho… Minaho Kazuto.

Il dottore prese una seggiola e vi si sedette.
-Kazuto, eh? Mi piace, significa “persona armoniosa”…
-Già… piaceva anche a mio padre… -l’arancione fece un debole sorriso.

-Beh… Minaho. Quello che è successo oggi è incredibile. Devi essere magico.
-Io… Io non sono niente. È Manabe quello forte… è Manabe che mi ha sempre aiutato. -Minaho accarezzava la mano del lilla.
-Sarà, ragazzo… ma non ci sono spiegazioni logiche per quello che abbiamo visto su quell’ambulanza. Qualunque filo ti leghi al cuore di quel ragazzo, sappi che lo ha tenuto stretto quando cadeva nel buio, e lo ha fatto rimanere qui.

Minaho sentí la voce del lilla risuonare nella mente.
“Staremo insieme per sempre!”

-Beh… -il dottore gli mise una mano sulla spalla. – Anche io vorrei avere un amico speciale come te, Minaho Kazuto.

E così dicendo uscì dalla stanza per andare a consultarsi con i colleghi.

Angolino tragico e devastato:
Buonsalve! Grazie a tutti i lettori e i recensori! Non mi esprimo sul capitolo… la mia malvagità parla da sola eheheheh…
La canzone che ho scelto stavolta è “Flow my tears”, un’antica aria di J. Dowland considerata tra le più tristi e dolenti che siano mai state scritte. Da lì è tratta la famosa “pavana delle lacrime” che nessun chitarrista non ha mai suonato almeno una volta nella sua vita…
Che dire… buona lettura e grazie ancora a tutti!
ROW99

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Capitolo 12
*** Il filo sottile che mi lega a te ***


Why God, why God do I gotta suffer?
Pain in my heart carry burdens full of struggle
Why God, why God do I gotta bleed?
Every stone thrown at you restin' at my feet
Why God, why God do I gotta suffer?

L’ospedale era un ambiente asettico, nei toni del bianco. Le pareti coperte di quadri scadenti e le piante in vaso nei corridoi cercavano di creare un’atmosfera di serenità, ma non potevano nascondere l’odore di disinfettante che impregnava  i vestiti di tutti e il rumore sordo delle macchine. Ogni macchina una vita, ogni macchina un filo che trattiene un’anima quasi perduta.

Minaho fissava i medici e gli infermieri passare come ombre leggere fuori dalla porta della stanza. Il rumore dei loro passi creava una strana armonia.

Il ragazzo non si era mai mosso dalla sedia. Aveva i crampi alla mano da quanto l’aveva tenuta stretta a quella di Manabe e non aveva toccato cibo per non lasciare l’amico nemmeno un secondo.
La stanchezza non esisteva, la fame non esisteva, il dolore non esisteva. Non aveva permesso che gli medicassero il labbro che si era ferito e nemmeno i morsi che si era inflitto sulla mano. Qualunque distrazione avrebbe potuto farlo crollare, lo sentiva.

A mezzogiorno il dottor konoe gli portò un vassoio con un po’ di riso e del succo di frutta.
-Tieni, devi mangiare qualcosa o non potrai essere utile in caso di necessità! -Il dottore sorrise all’arancione. Sapeva per esperienza che l’unico modo che aveva per farlo mangiare era convincerlo che così avrebbe aiutato l’amico oltre a sé stesso.
Minaho fissò il cibo e si rese conto di essere digiuno dal pranzo del giorno prima. Tutto ciò che era successo gli aveva fatto dimenticare ogni bisogno. Prese un po’ di riso e lo masticó lentamente.

Il dottore osservò la cartella clinica del lilla. Quel ragazzo era davvero messo male.
Quando si voltó verso l’arancione, vide che stava piangendo.  Non un pianto disperato, non un pianto isterico. Semplicemente qualche lacrima che come cristallo gli bagnava le guance.
-Minaho, devi essere forte.- Il dottore gli mise in mano il bicchiere con il succo. -Sai che lui potrebbe sentirti? A volte le persone in coma sono più coscienti di quanto sembri … anzi sono sicuro che ti sta sentendo benissimo!
Minaho ebbe un sussulto. Un lampo di luce gli baluginó negli occhi.
-Dice… dice davvero che può sentirmi?
-Ne sono certo. Ma adesso mangia però, oppure quando si sveglierà sarai troppo debole per portarlo a casa in braccio come un bravo principe azzurro! -Il dottore fece l’occhiolino all’arancione.

Minaho sorrise debolmente e riprese a mangiare. Uscendo, il dottore pregò chiunque ci fosse in cielo di salvare quel ragazzo. Non era mai stato particolarmente religioso e sapeva che il paziente aveva così poche possibilità di farcela che forse anche solo sperare era una bestemmia… ma era certo che se davvero qualcosa regge i fili di questo mondo, non avrebbe permesso che Minaho restasse solo. Quel ragazzo lo aveva commosso.

Nel tardo pomeriggio la notizia si era diffusa e la squadra al completo corse in ospedale, tanto che dovettero entrare in piccoli gruppi da quanti erano.
Tutti cercavano di fare forza all’arancione, ma nessuno riusciva a credere che sarebbe andato tutto a posto. Si odiavano per questo, ma quello che avevano sentito dire ai dottori nel corridoio era impresso nelle loro menti …
Minaho era troppo intelligente per non accorgersi del loro imbarazzo e ne soffrì, ma sapeva che non avevano colpa-
I più sconvolti erano Tenma, che piangeva come una fontana e aveva portato il suo pallone preferito, quello che gli aveva salvato la vita da piccolo, per regalarlo al lilla e Kirino, che si dava la colpa di tutto ed era totalmente sotto shock, sorretto dalle braccia di Shindou.

Minaho non era arrabbiato con lui, per nulla. Era furioso con sé stesso, con la sua stupidità. Se avesse fatto più attenzione, se non avesse avuto bisogno di darsi aria da detective preso dalla sua smania di inseguire misteri, tutto questo non sarebbe successo. Era certo che la malattia del lilla fosse degenerata per lo stress e se ne attribuiva tutta la colpa.

Purtroppo si fece sera ed avvenne quello che temeva. Nonostante tutto l’appoggio e i tentativi del dottor Konoe e degli infermieri del reparto, tutti commossi dalla storia di quei due ragazzi, Minaho fu messo alla porta. Non era parente del lilla e non poteva restare per la notte.
-Coraggio… ti prometto che domattina alle sette sarò già qui e ti farò entrare con me… -il medico cercava di fare forza all’arancione.
Minaho era terrorizzato. Nella sua mente analitica percepiva qualcosa... qualche angolo recondito del suo cervello aveva capito che a scanso di miracoli quella sarebbe stata la sua ultima volta con Manabe. Voleva stare con lui.

Non ci fu niente da fare e si minacciò di chiamare la sicurezza. Konoe geló con lo sguardo il suo insensibile superiore, ma in fondo sapeva che quell’uomo faceva solo il suo dovere.
-Minaho, vieni a casa mia! Abito in un appartamento qui vicino, nel condominio di mia zia.... così domattina potremo subito essere qui… lei sarebbe felicissima di ospitarti… e anche io! -Tenma prese la mano di Minaho e si sforzó di avere una voce allegra.
L’arancione odiava l’idea di stare delle ore lontano da Manabe, ma sapeva di non poter fare altrimenti.
-G...Grazie Tenma… sei un amico.
Il castano abbracció Minaho.

La casa del castano era davvero vicina all’ospedale. Se ne vedevano le luci dalla finestra del secondo piano, dove c’erano le camere da letto.
Minaho non aveva la forza di parlare. Si limitò a ringraziare ancora Tenma e sua zia e poi si mise a letto ancora tutto vestito, con le scarpe ai piedi e la foto del padre stretta tra le mani.

Rumori come di tempesta, urla… ma chi sta urlando?
Minaho si sente congelare. Le sue mani non riescono ad afferrare niente nel buio, nonostante le muova freneticamente. Poi di colpo fiamme, fiamme altissime come solo nel cuore dell’inferno possono essere. Minaho sente la voce di Manabe, sente che lo chiama e chiede aiuto, piange e lo implora.
Minaho corre verso la voce ma non capisce dove stia andando. Qualcosa di simile a rami in fiamme gli strappa i vestiti, il terreno è bollente e cede ad ogni passo. E poi quelle urla…
-Minaho!! Aiutami! Non voglio!  Non voglio!!

L’arancione si svegliò urlando, coperto di sudore gelato. Qualcuno lo aveva spogliato. Ora indossava un pigiama morbido ed era scalzo.
-Minaho, che ti succede? Un incubo? -Tenma apparve nella stanza dal nulla.

-E… e tu… come hai fatto ad entrare? -Minaho era ancora terrorizzato.
-A dire il vero sono sempre stato qui… mentre salivo le scale ti sentivo parlare nel sonno, e ho pensato che dopo… Dopo i fatti di oggi, chissà cosa avresti sognato… magari se avessi avuto un incubo avresti voluto avere qualcuno vicino a te … Scusa se sono stato importuno! -Tenma era agitato e rosso di vergogna.

-No… non… non scusarti Tenma.. è stato davvero gentile… da parte tua. -Minaho si stava calmando pian piano. -Se desideri… se desideri puoi andare anche a letto… dormire sul tappeto non deve essere comodo… non voglio darti… darti fastidio…
-Min… posso chiamarti così? Penso che Manabe ne sarebbe felice… Min… preferirei restare qui con te, se non è un problema…
Minaho fece un piccolo sorriso forzato. Ora era tutto chiaro.
-Tenma, puoi chiamarmi come desideri, mi fa solo piacere… ma credimi, non mi ammazzeró. Di pure a chi ti ha detto di controllarmi che non mi lascerò andare. Non finché Manabe è in vita.

Tenma arrossí di vergogna.
-Ma… Minaho… io…
-Lascia stare, so come funzionano queste cose.
Il castano gli prese d’impeto la mano.
-Ti prego! Non lo faccio perché me lo hanno chiesto… ti prego fammi rimanere con te! Non voglio. .. Non voglio che i miei amici soffrano….
Minaho sorrise ancora. Quel ragazzo era limpido come una sorgente di montagna. Non era capace di mentire… gli piaceva.

-Va bene… se le cose stanno così… però vieni su. Il letto è a due piazze, non ti lascerò dormire a terra.
Tenma sorrise debolmente e salí sul letto.
-Min… Sii forte, ce la farà.


La mattina seguente Minaho si svegliò alle sei e mezza, con un orrido sapore in bocca. Non capiva dove fosse… poi il ricordo del giorno prima lo investì di colpo e gli mozzó il respiro.
Si girò di colpo. Tenma non c’era. Scese dal letto e corse alla porta. Sentí dal ballatoio Tenma parlare con la zia.

-Minaho, ben svegliato!
-Tenma… come sta? -L’arancione si sentiva come se l’aria non riuscisse ad espandere i polmoni.
-Min…
Minaho sentiva una spada penetrare tra le costole.

-E’ ancora tra noi. Ha passato la notte.
La punta della spada si allontanò di colpo e Minaho si riempí i polmoni di ossigeno. Saltò addosso a Tenma e lo abbracció con foga.
-Grazie!! Grazie Tenma!
Il castano era imbarazzatissimo.
-Eddai… Min… io non… io non ho fatto niente…
-Forza!! Devo correre da lui! Tenma scusami da parte mia con i professori, te ne prego!
L’arancione era agitatissimo.

Tenma sorrise.
-Minaho… tranquillo. Ci stanno aspettando. Vengo con te… la zia mi fa rimanere a casa da scuola, così posso darti sostegno. Ora però vatti a vestire o non ci faranno nemmeno entrare!
Minaho si guardò e si rese conto di essere in pigiama. Corse in camera come un fulmine.

Durante la breve camminata verso l’ospedale un terribile sospetto si era impadronito del cuore dell‘arancione. Di sicuro l’ospedale aveva avvertito i genitori del lilla. Non lo avrebbero fatto avvicinare… il suo amico avrebbe lottato, e forse se ne sarebbe andato, senza di lui!
Tenma aveva visto Minaho rabbuiarsi. Soffriva così tanto per quel ragazzo… lui era fatto così. Gli amici erano tutta la sua vita, l’unica cosa più importante del calcio.

Erano nemmeno le sette quando arrivarono all’accettazione.  Il dottor Konoe li aspettava.
-Dottore! Ci… ci sono i suoi genitori, vero? Avranno… avranno dato disposizione di non farmi entrare! -Minaho non riuscì a fermare un singhiozzo.
Il medico si avvicinò al ragazzo e gli sorrise.

-Minaho Kazuto… in questo ospedale un medico è in grossi guai.
L’arancione non capiva… cosa significava quella frase sibillina?

-Pensa! Un dottore del reparto di cardiologia ha commesso un reato gravissimo. Ha ricoverato un ragazzo molto malato.
-Un… un reato? E… e perché?
-Perché questi ragazzo ha un amico speciale che lo tiene in vita. Il dottore scellerato non ha detto nulla ai genitori del ragazzo, perché un altro ragazzo dai capelli castani, di nome Shindou, gli ha detto quanto quei genitori siano cattivi. Il dottore ha falsificato gli atti del suo paziente. Se lo scoprissero perderebbe il lavoro, forse andrebbe in prigione, ma il dottore sa di essere prima di tutto responsabile della vita del suo paziente. A quel dottore non gliene importa nulla della prigione, quel dottore sa che senza il suo amico quel bel ragazzo lilla muore, e il dottore vuole a tutti i costi tenerlo in vita.

Minaho era allibito. Corse ad abbracciare il medico, così davanti a tutti, piangendo a dirotto.
-Dottore!!! Grazie! Grazie con tutta l’anima!!!
-Ssst!!! Se ci scoprono siamo nei guai!! -Konoe mise la mano sulla bocca dell‘arancione,  però sorridendo.

La camera di Manabe era identica al giorno precedente. Il ragazzo riposava sereno e il monitor pulsava in maniera debole ma regolare.
-Ha passato la notte -Il dottore parlava con voce colma di speranza- le possibilità di farcela sono ancora pochissime, ma possiamo rivederle al rialzo. Diciamo una su dieci.
Minaho ebbe una fitta al cuore, ma allo stesso tempo sorrise. Quello era proprio un discorso matematico che sarebbe piaciuto a Manabe. Sperava potesse sentirlo dal lettino.

-Ora… ora cosa dobbiamo fare dottore?
-Aspettare. Se resiste ancora fino a domani, avremo la certezza che il cuore non tende ad arrestarsi ancora, e potremo valutare di operarlo. La sua malformazione al cuore è gravissima, ma possiamo provare a sistemarla. Se ci riuscissimo… se ci riuscissimo avrebbe qualche speranza in più.

Minaho si aggrappó a quelle parole come ad un’ancora di salvezza. Doveva solo aiutare Manabe a superare un altro giorno.

-Vedrai Man, ce la faremo. Insieme.

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Capitolo 13
*** Sospesi sul baratro ***


A moment continuing for miles
Stars lay overhead your everywhere
Don't need anything as much
So shed on a thread stranded in air
When you get to far to touch
I'm a a ship sailing
And the seas are rough

L’arancione trascorse la giornata in uno stato di ansia crescente. Le ore scorrevano con una lentezza assassina, e la sedia su cui si costringeva dalla mattina presto era scomoda e dura.
Per provare a placare l’ansia fissava l’orologio a muro. Immaginava che ogni ora passata aumentasse le speranze per Manabe, e se lui fosse rimasto su quella sedia, se non si fosse arreso, l’orologio non si sarebbe fermato.

Tenma andava da una parte all’altra senza posa. Portava qualcosa da mangiare all’amico, faceva una carezza al lilla bisbigliandogli una parola gentile, parlava con tutti i dottori di quegli argomenti che Minaho non avrebbe sopportato perché gli ricordavano quante poche fossero le speranze, correva in farmacia a comprare delle vitamine per l’arancione, che a parere del dottore era debole e provato… Minaho gli era infinitamente riconoscente. Si ripromise di sdebitarsi appena tutto fosse tornato a posto… se lo fosse…

Nel pomeriggio ci fu una vera e propria processione di membri della squadra che portarono qualcosa per il lilla. Kirino il suo ciondolo portafortuna, Shindou un mazzetto di fiori, Tsurugi un libro di scienze…
-Voglio che quando si sveglia, abbia qualcosa da fare di divertente. -Il moro si sforzava di mantenere la sua freddezza, ma Minaho lo adoró per il gesto.

All’ora dei saluti l’arancione tornó a casa di Tenma, che si era offerto di ospitarlo fino a che la questione non si fosse chiusa… in un modo o nell’altro.
Minaho non faceva altro che pensare a Manabe, a quanto fosse diventato importante per lui, a quanto la sua vita dipendesse da quel ragazzo.
-Papà, mamma… vi prego… aiutatelo a farcela…

La notte passò. L’arancione si stupì di quanto insensibile possa essere il corpo. La sua vita stava crollando, ma nonostante questo doveva dormire, doveva mangiare. Era qualcosa che disprezzava fortemente.
Quando all’alba seppe che Manabe era ancora vivo, si rese conto quanto la sua esistenza fosse appesa a un filo. Se prima o poi la risposta non fosse stata più quella, quel filo si sarebbe di certo spezzato.
“Insieme per sempre…”

In ospedale l’equipe di dottori non faceva altro che stupirsi. Quel ragazzo lilla stava superando tutte le loro aspettative e contraddicendo tutti i loro studi. Rimaneva attaccato alla vita con le unghie e con i denti.

-Ciao Minaho. -Il dottor Konoe vide arrivare l’arancione accompagnato da Tenma. -Ho appena finito di parlare con i miei colleghi… credimi, la discussione è stata complessa.
Minaho ascoltava con il cuore in gola.
-Ho rischiato grosso mettendo sul piatto tutta la verità. Sapevo di potermi fidare… lavoro con queste persone da anni, so di che pasta sono fatti! -Così dicendo guardò il gruppetto. -E poi, a dire il vero… qui siamo tutti commossi. Abbiamo visto che non lo lasci mai solo… abbiamo visto i vostri amici… Insomma, è deciso. Ci sottoporremo ad un grande rischio ad agire senza la firma dei suoi genitori… ma siamo pronti ad operare il tuo amico.

Minaho sentí esplodere dentro di sé una gioia che aveva dimenticato negli ultimi giorni. Intervento significava salvezza, seppure con così poche speranze…
-Però… però non voglio darti false speranze. È un intervento ad altissimo rischio… le possibilità che riesca sono davvero pochissime. Del resto, se non operiamo…
-No! -Minaho non riuscì a trattenere un urlo.- Non lo dica!! La prego...
Konoe abbassò la testa.
-Quando… quando lo… porterete in sala operatoria?
Alla fine del nostro turno… l’intervento è lungo e dovremo esserci tutti, in modo da darci il cambio e diminuire la possibilità di fare errori. Lo porteremo in sala dopo pranzo.

Minaho fu scosso dal tremore. Dopo pranzo… sarebbero state le sue ultime ore con il lilla? Aveva un presentimento che faticava ad interpretare.
-Va… Va bene… ora se non vi dispiace però… vorrei stare con lui… ecco…
Konoe sorrise.

La stanza era fredda. Minaho chiuse la finestra, quindi si sedette sulla solita sedia e prese la mano del lilla. Alcune lacrime gli rigavano il volto.
-Ascolta, Man… sai… oggi è un grande giorno… ti opereranno! Ci pensi? Starai… starai bene… dopo… Sì starai bene!!!
L’arancione scoppiò a piangere sul petto dell’amico esanime.
-Ti prego Man non mi lasciare!!! Ho bisogno di te!! Ti supplico!!

L’arancione strinse un patto con chiunque ci fosse lassù, nel cielo.
-Ti prego… salva Manabe, e porterò un’icona sulla vetta del monte Fuji… il punto più vicino al cielo che conosca… e ti ringrazieró ogni singolo giorno della mia stupida vita.
Quella che poteva sembrare una promessa ingenua invece richiedeva una grande forza di  volontà. Salire a piedi sul monte Fuji significava camminare per decine di Kilometri nel bosco, rischiando di cadere, di perdersi e di farsi male.
-Qualunque cosa per te, Man.

Arrivò l’ora di pranzo. Minaho non era uscito dalla stanza nemmeno un istante.

Tenma entrò con un vassoio e lo appoggió sul tavolo. L’arancione era di spalle, seduto sulla solita sedia.
-Ecco… ti ho portato qualcosa da mangiare! Ma… Min… che hai?

L’arancione tremava aggrappato alla sedia. Le nocche delle dita erano bianche dallo sforzo di stringere il legno, i denti stretti sul labbro.
-Ehi ehi… non avere paura! Sono certo che… sono certo che andrà tutto benissimo, vedrai! Ci pensi? Forse… forse tra poco potrai parlare con Manabe!

Tenma si sforzava di sembrare allegro e fiducioso, ma quello che gli avevano detto i medici poco prima non gli era piaciuto per nulla…
Il castano si avvicinò all’amico e iniziò a massaggiargli le spalle. L’arancione si rilassó lentamente.
-Tenma… ho così paura!
-Anche io, Min… anche io. Però Manabe vorrebbe che fossimo allegri e fiduciosi, ne sono certo. Penso… penso che nemmeno lui veda l’ora di svegliarsi e parlare con te!
I due ragazzi sorrisero debolmente. In quell’istante un infermiere entrava in stanza.
-Ragazzi…è ora.

Manabe fu intubato e gli fu inserita un’altra flebo. Un respiratore fu posto sul suo viso e fu completamente spogliato. Il dottor Konoe teneva la mano sulla spalla di Minaho.
-Vedrai… questi sono i migliori dottori del paese… combatteremo fino a che non ti avremo ridato il tuo amico!
Minaho abbracció il medico.
-Grazie… mi fido di voi… e di Manabe.

Tenma e Minaho aspettavano notizie da più di cinque ore. Nel frattempo erano arrivati Shindou e Kirino, con un biglietto di tutti gli altri membri della squadra e dell'allenatore Endou. Il rosa aveva voluto aspettare notizie, e non aveva faticato a convincere Shindou che, del resto, non sarebbe stato di certo in pace fino a che non avesse saputo qualcosa di preciso sulle condizioni del suo nuovo compagno di squadra.
La paura di Minaho era tale che gli sembrava di sentire il bisturi tagliare la sua carne, invece di quella del lilla. Quanto avrebbe pagato per essere lui al posto dell’amico! Perché nessuno veniva a dare informazioni?

Ci vollero altre due ore perché un dottore uscisse. Minaho vide i suoi guanti sporchi di sangue e dovette mordersi il labbro sano fino a farlo sanguinare per non cadere a terra in lacrime.
-Come… come procede dottore? -Tenma prese in mano la situazione.
-Abbiamo avuto molte complicazioni… una grave emorragia… non avevamo abbastanza sangue…
Minaho cadde sulle ginocchia, gli occhi fissi a terra e le mani sullo stomaco.
-… ma siamo riusciti a stabilizzarlo. Le fasi preliminari sono state un successo. Ora inizia la procedura vera e propria. Appena avremo fatto progressi ve lo comunicheremo.
L’arancione si accasció a terra. Ridendo di sollievo.

Tic… Tac… Tic… Tac…
L’orologio scandiva implacabile le ore. Tenma aveva supplicato tanto che aveva praticamente costretto Minaho a mangiare qualcosa. Era riuscito a tenere nello stomaco solo un pezzetto di toast e mezzo bicchiere di latte. Kirino gli teneva la mano.

Si fecero le dieci, poi le undici, poi scoccó la mezzanotte. Nessuna notizia ancora. Nei fumi dell’ansia,  Minaho si chiedeva cosa stessero facendo i genitori del lilla. Di sicuro avevano chiamato i loro avvocati, ma sperava che non avessero fatto lo stesso con la polizia. Già avergli nascosto il ricovero del figlio era un reato estremamente grave.

Le tre di notte. Shindou faticava a rimanere in piedi, Kirino e Tenma barcollavano, ma nessuno di loro voleva cedere. Il giorno dopo ci sarebbero stati parecchi banchi vuoti a scuola.
Minaho fu bombardato dai messaggi della squadra. Non aveva la forza per leggerli con attenzione, ma pensare che fossero tutti svegli ad aspettare con lui lo commosse.

Le quattro del mattino, poi le cinque e le sei. Il sole iniziava a sorgere. Minaho era stupito dalla resistenza dei dottori in sala, che nonostante i cambi non dormivano da quasi due giorni.
Alle nove l’ospedale iniziò a popolarsi. Shindou era crollato sulle ginocchia di Kirino e Tenma si era appena svegliato. Si era addormentato un paio d’ore e Minaho lo aveva lasciato riposare.
Una luce scattò e le porte della sala operatoria si aprirono. L’arancione saltò in piedi con il cuore in gola.

Il dottor konoe uscì dalla sala. Aveva i capelli inzuppati di sudore sotto la cuffia, gli occhi rossi e le spalle curve.
-Minaho…
L’arancione ricordò le parole di un poeta italiano che aveva studiato a scuola, che dicevano parafrasando: “Prendi tutte le tue forze e mettile di guardia al cuore”. Ora avrebbe saputo. Ora si decidevano due destini. Quello di Manabe e il suo.

-Il tuo amico ha un cuore speciale. Qualcuno da lassù lo deve avere benedetto. L’intervento è pienamente riuscito. La malformazione è corretta per sempre… Manabe è fuori pericolo.
Minaho tacque, immobile. Il suo cervello si spense.
Poi fu un istante. Un brivido di gelo seguito da una potente ondata di calore ed energia gli scosse tutto il corpo. L’arancione saltò addosso al medico coprendolo di benedizioni e abbracciandolo istericamente.
-Ehi ehi! Io non ho fatto proprio nulla… è lui quello forte! Si vede che voleva restare con te!

Tenma, Shindou e Kirino si riebbero dalla stanchezza e dalla sorpresa e corsero addosso all’amico. Si abbracciarono saltando di gioia.
-Dottore! Quando si sveglierà Manabe? Quanto sono felice!! -Minaho piangeva, ma di gioia.
-Non avere fretta Minaho… è vero, grazie all’intervento si risveglierà dal coma, ma i farmaci lo faranno riposare almeno fino a domani… poi potrai parlargli, te lo prometto.

L’arancione non stava nella pelle dalla gioia. Avrebbe cantato, ballato ed esultato se il minimo di senso logico che gli rimaneva non gli avesse fatto notare che si trovavano in un ospedale!
Gli dissero che Manabe doveva riposare, e che per quel giorno sarebbe stato meglio se non fossero rimasti troppo in camera. Il tempo di un saluto, e poi a casa a riposare. Oramai il lilla era fuori pericolo dunque potevano rilassarsi.
Minaho annuì. Seguì la barella fino alla stanza di ricovero e si avvicinò al suo amico.
-Ehi Manabe. .. Sono. .. Sono così felice! -Una lacrima cadde sul braccio del ragazzo addormentato. Minaho gli sfioró dolcemente con le dita la cicatrice. I dottori avevano fatto un capolavoro, il taglio era piccolo e sottile.
-A… a domani amico mio… Non vedo l’ora di… di parlare con te e dirti… dirti quanto mi sei mancato!

Il piccolo gruppo di ragazzi uscì dall’ospedale. Il clima era di colpo leggero, allegro.
-Che ne dite se prima di andare a riposare ci facessimo tutti un bel gelato? -Tenma voleva festeggiare.
Si sedettero al tavolino di una gelateria famosa più per la quantità che per la qualità ed ordinarono. Mentre mangiava il suo gelato fragola e limone, Minaho ebbe un’intuizione.

-Ragazzi… ho avuto un’idea! Andiamo pure a riposare… ma dovete assolutamente svegliarmi per mezzogiorno… ho delle commissioni in centro da fare!




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Capitolo 14
*** Buon Minaho Natale! ***


'Twas the night before Christmas, when all thro' the house
Not a creature was stirring, not even a mouse;
The stockings were hung by the chimney with care,
In hopes that St. Nicholas soon would be there.

La sveglia trilló allegramente.
Minaho saltò giù dal letto come un fulmine. Aveva dormito pochissimo ma si sentiva già fresco e riposato.
Camminó silenziosamente fino alla porta dell’appartamento di Tenma per non svegliare i suoi amici, quindi si infilò le scarpe e uscì di corsa nel tiepido sole del primo autunno.

Aveva del lavoro da fare.

Mentre camminava nel viale che conduceva alla casa del lilla, si sentiva il cuore in tumulto. Quante cose erano successe da quando lo aveva conosciuto! Quanta… gioia. Aveva provato emozioni nuove e ne aveva provate ancora di vecchie che credeva dimenticate.

Arrivato al cancelletto si rese conto di quanta voglia aveva di tornare in quella casa con Manabe. Non pensò ai genitori del lilla, non pensò all’intervento. Voleva solo stare insieme al suo amico.
Ora che la vita del lilla era fuori pericolo sarebbe tornato tutto come prima. L’arancione ne era certo.
Si guardò intorno con circospezione, quindi entrò in casa con la chiave di scorta.

Nessuno si muoveva. Era solo.
Sapeva che di certo i genitori di Manabe avevano perquisito la casa e mosso stuoli di avvocati, ma sperava ancora che non avessero denunciato la scomparsa del figlio alla polizia. Avrebbero messo a rischio la loro causa per riportarlo sotto il loro controllo se il tribunale avesse saputo che erano perennemente in conflitto.

Minaho salí in camera e trovò quello che cercava. Saltò di gioia..  Era certo che i genitori del lilla non avrebbero frugato troppo a fondo la sua stanza… ne erano schifati come erano schifati da lui stesso.
Afferrò il pacchetto con i soldi che gli aveva dato la zia il giorno del suo primo incontro con Manabe. Sentì frusciare in mano le banconote fino ad allora nascoste fra due cassetti. Se le avesse dovute impiegare per vivere sarebbero state una miseria, ma impiegate per fare acquisti. .. erano una bella sommetta.

L’arancione fece per uscire in corridoio e scendere le scale, ma una forza lo trascinò verso camera di Manabe.
Entrò con un sospiro. Tutte le cose del lilla erano ancora lì. Quel posto profumava di lui.
Si infilò sotto la maglietta l’album di foto che il lilla teneva sempre sotto il cuscino e mise in tasca la fascia che usava per legarsi i capelli dopo la doccia (-Minaho! Non prendermi in giro… io odio i capelli infeltriti!-). Pensò che al lilla avrebbe fatto piacere averli con sé al suo risveglio.
Diede un’ultimo saluto alla casa pensando che presto l’avrebbe rivista con l’amico al suo fianco e si precipitó in centro, i capelli spettinati e il cuore pieno di gioia. Aveva degli acquisti da fare.

Quel pomeriggio Minaho tornó a casa di Tenma con una strana luce negli occhi.
Gli amici si erano svegliati da poco quando lo videro salire le scale con due borse grandi come il sacco di Babbo Natale la sera della vigilia. L’arancione sorrise sornione e si trascinò in camera, le borse al seguito, sbuffando di fatica.

Dopo cena i quattro amici si sedettero sul pavimento a giocare a Risiko, bevendo un succo di frutta in onore di Manabe e della sua guarigione. Fu a metà partita che Minaho si alzò in piedi guardandoli tra il serio e il divertito.
-Aspettatemi qui, torno subito.
I tre si guardarono sorpresi senza riuscire a proferire parola. Tempo un minuto e l’arancione era già ritornato. Aveva con sé tre pacchetti avvolti in carta luccicante.
-Hanno anticipato Natale? -Shindou rideva allegramente.
-No signori miei, è arrivato di meglio, questo è Minaho Natale! O Babbo Kazuto se preferite… ma suona meglio Minaho Natale, credo…
L’arancione si era portato la mano al mento come faceva sempre quando si interrogava su qualcosa.

Gli altri tre erano sbalorditi. Cosa stava succedendo?
-Vedete… quando mia zia mi ha sbattuto fuori di casa (già  Tenma, non tutte le zie sono uguali!) mi sono ritrovato con dei soldi da parte… qualcosa mi diceva che prima o poi avrei avuto un’idea geniale su come impiegarli! Ed ecco la cosa migliore da farsi… fare un bel regalo a tutti voi, che siete sempre stati così vicini a me e Manabe… è stato davvero importante… non ce l’avrei mai fatta altrimenti.

L’arancione sorrise ai tre amici e distribuí un pacchetto a testa. I ragazzi non si raccapezzavano.
-Ma… Min… non dovevi spendere i tuoi soldi per… per noi… -Tenma balbettava parole a raffica.
Minaho sorrise sornione.
-Cosa c’è di più bello del fare regali agli amici? E poi… ognuno di voi ha fatto qualcosa di grande per noi. Tu Kirino hai avuto la forza di dirci la verità, anche se poi le cose sono precipitate… non è stata colpa tua. Tu Shindou hai dato a Manabe la forza di giocare… non lo ammetterebbe mai, ma senza le tue parole di quel pomeriggio ora sarebbe uscito dal club e non avrebbe tanti nuovi amici.
Il rosa e il castano farfugliavano scuse e giustificazioni. Minaho con un sorriso e un buffetto li mise a tacere.
-Tu Tenma… non ci sono parole per dire quello che hai fatto. Non solo mi hai ospitato, ma mi hai sostenuto come un fratello. Te ne sarò grato per sempre! E ora su… spacchettate! -L’arancione saltellava intorno agli amici.

I tre amici erano titubanti, ma la gioia di Minaho era contagiosa.
Shindou trovò nel suo pacchetto il più bel quaderno di musica che avesse mai visto. Rilegato in pelle con incise a fuoco le sue iniziali e la scritta “compositore” in lettere gotiche.
-Come… come hai saputo che scrivo musica? -Il castano era sbalordito.
-Non immagini quante cose possa spifferare un Kirino agitato… -L’arancione fece l’occhiolino al rosa, che arrossì.
Kirino stesso era incredulo. Nel suo pacco aveva trovato un bellissimo ciondolo a forma di fulmine, in argento smaltato.
-Ma… Ma ti sarà costato una fortuna… non posso accettare! – Il rosa porse l’oggetto a Minaho.
-Oh no… tu lo accetterai se non vuoi che a scuola compaiano volantini con scritto “Shindou e Kirino/si bacian sotto un pino…”

I due ragazzi risero e arrossirono come peperoni. Inutile chiedersi come lo avesse scoperto. L’arancione era un detective, no?
Infine Tenma. Nel suo pacco c’era il più bel pallone che avesse mai visto.
-Non ho dimenticato che il tuo lo hai regalato a Manabe… è stato un bellissimo gesto. -L’arancione accarezzò la spalla del castano che lo fissava a bocca aperta.
Nonostante tutti i tentativi e le proteste, Minaho rifiutò categoricamente di riprendersi gli oggetti. Continuava a ripetere che non c’era spesa sufficiente per amici così. Alla fine furono costretti ad accettare tutto, ringraziando commossi l’arancione.
-E non avete visto niente… ho qualcosa in serbo anche per il nostro Manabe, che si è divertito a farci spaventare così!


La serata passò in tranquillità e allegria, e a mezzanotte tutti e quattro si infilarono a letto emozionati. Shindou e Kirino avevano ottenuto il persmesso di dormire da Tenma e di saltare scuola un’ultima volta.
Minaho non riusciva a dormire al pensiero che il giorno dopo Manabe si sarebbe svegliato!
Si girava e rigirava nel letto cercando di prendere sonno, ma ogni volta che chiudeva gli occhi temeva di risvegliarsi nell’incubo … temeva che fosse tutto un sogno.
Si avvolse intorno alla mano la fascia del lilla e la portò al cuore, addormentandosi infine così.

La mattina seguente l’agitazione era palpabile. Si respirava un clima di catena di montaggio, tra Shindou che litigava con Kirino per la doccia (arrivando ad accordarsi su un molto imbarazzante… insieme), Tenma che imburrava pane a raffica non rendendosi conto che dieci fette a testa fossero un po’ troppe e Minaho che cantava a gola spiegata una romanzetta sdolcinata trovata nell’mp3 di Shindou.
Dopo una decisamente abbondante colazione i quattro ragazzi si fiondarono all’ospedale, travolgendo gli infermieri a guardia del reparto di cardiologia. Il dottor Konoe li aspettava con un colossale sorriso sulle labbra.

-Dottore!! Come sta? È… è sveglio? -A Minaho tremava la voce. Aveva paura di rimanere deluso.
-Prima di rispondere a questa domanda, vorrei che venissi con me. Potrai trovare da solo la tua risposta.
Minaho rimase perplesso, ma il sorriso del medico lo faceva ben sperare. Inizió a seguirlo lungo il corridoio verso la porta della stanza del lilla.

Arrivato a metà tragitto una voce che conosceva fin troppo bene gli invase il cuore.
-Ma… insomma… vi prego… voglio… voglio solo andare da lui! Non… non mi sento affatto debole!
L’arancione si immobilizzó.
-È sveglio da tre ore, e non si è nemmeno chiesto dove fosse e cosa ci facesse qui...non fa altro che chiedere di te! Sarà meglio che tu vada o le infermiere saranno costrette a sedarlo per impedirgli di darsela a gambe! -Il dottore rise allegramente.
Gli occhi dell’arancione si illuminarono, e mentre si precipitava dall’amico Konoe non poté fare a meno di pensare a quanto lo stimava. Non li avrebbe mai dimenticati.

Arrivato sulla porta Minaho esitò. Gli sembrava tutto troppo bello per essere vero, e poi aveva paura di agitare Manabe… appoggió lentamente la mano sulla maniglia e la girò deciso.

Aprì la porta come si coglie un fiore, con la stessa trepidante cura. Dentro si respirava profumo di bucato.
Il lilla era seduto sul letto, e fissava fuori dalla finestra. A Minaho si sciolse il cuore. Era tutto vero!!
L’arancione si avvicinò lentamente alle spalle dell’amico. Dopo tutto quello che era successo aveva quasi paura di parlare, come se bastasse un niente, un soffio di vento a portarlo via.
Lentamente, Minaho posò le mani sugli occhi del lilla, che sussultó.

-M… Minaho. .. Sei venuto…
Il ragazzo si girò verso l’arancione. Si fissarono negli occhi per un lungo, interminabile istante.
Fu un secondo. Entrambi scattarono all’unisono trovandosi abbracciati.
-Io… io credevo che non ti avrei rivisto più! È stato così terribile! -Minaho piangeva.
-Min… amico mio… non so… non posso… -Il lilla faticava a spiegarsi, il cuore in tumulto.

Si tennero stretti per un tempo lunghissimo. Minaho sentiva il cuore dell’altro battere di un battito sano, coraggioso. Ringraziò il cielo.
-Man… quante cose ho da raccontarti! Ora però stenditi. .. Sei debole… devi riposare.
L’arancione aiutò l’amico a distendersi, quindi gli alzò lo schienale del lettino in modo che fosse quasi seduto.

Parlarono per più di un’ora, raccontandosi l’un l’altro. Minaho fece uscire tutto il suo dolore e la sua paura, il lilla lo ascoltò e lo tranquillizzó.
-Sai… sai Min… quando ho chiuso gli occhi… stavo andando in un posto così bello! Era caldo… luminoso… però il mio cuore era pesante. Sentivo… sentivo che qualcosa mi faceva soffrire. Poi di colpo ho visto te. Mi tenevi… mi tenevi la mano, non è vero?
L’arancione ricordò del tragitto in ambulanza.
-Sì. .. Si. Ti tenevo la mano.
-Ecco… sei tu che mi hai trattenuto. Mi hai salvato. Ti devo la vita…

I due ragazzi si abbracciarono ancora. Minaho non voleva essere un eroe, non gli importava niente di avere la riconoscenza di qualcuno. Voleva solo stare con il suo amico per sempre.
Dopo aver salutato Shindou, Kirino e Tenma, arrivò l’ora per il lilla di fare i conti con… la furia regalosa di Minaho.
-Mentre tu mi facevi impazzire di preoccupazione… -Chiosó l’arancione sornione- mi sono permesso di… prenderti qualche regaluccio. Uno per ogni qualità del mio migliore amico.
Minaho aprì una borsa piena di pacchetti. Il lilla era allibito.

-Cosa… cosa hai fatto… quanto avrai speso! Non… non dovevi!
- E tu non dovevi giocarci questo scherzetto… sai, se le cose fossero andate in modo diverso, in un modo o nell’altro sarei venuto con te.
Il lilla rimase scioccato.
-Non dirlo nemmeno per scherzo! Io non… non avrei mai voluto che tu ti togliessi la vita! I morti… i morti sanno aspettare.
-Beh.. vuol dire che mi avresti tirato due ceffoni appena arrivato lassù! Io non ti lascio.

Il lilla era a metà tra il basito e il commosso, ma decise di sdrammatizzare… per fortuna erano ancora tutti lì!
-Ebbene… vediamo questi pacchetti pericolosi!
L’arancione non aspettava altro. Sorrise sornione e estrasse il primo pacchetto dalla borsa.
-Pacchetto numero 1: Prima qualità di Manabe. Il mio migliore amico è un genio!
Minaho passò il pesante pacco all’amico, che lo aprì lentamente senza rovinare la carta. Minaho amava anche la sua precisione… era così tenero!
-O… mio… Dio…

Dal pacco venne fuori la più grande, completa e assoluta storia della matematica che fosse mai stata scritta. Due volumi rilegati e rinforzati, con una carta bianchissima e soprattutto strapieni di… formule!
Manabe era allibito. Da un mese a quella parte faceva la corte a quei libri, ma il costo era proibitivo, assolutamente troppo alto per lui.
-Come… come lo hai saputo? È troppo… non dovevi spendere quella cifra esagerata!
-Man… sei un libro aperto per me, sono un detective! E poi… e poi ogni mattina andando a scuola ti attaccavi alla vetrina di quella libreria come un cagnolino al sacchetto dei biscottini… diciamo che ho intuito, ecco! -Minaho sorrise con espressione brigantesca. -E ora non perdiamo tempo! Pacchetto numero 2: Seconda qualità di Manabe, il mio migliore amico è il miglior regista difensivo della storia del calcio studentesco!

Manabe aprì il morbido pacco avvolto in carta velina. Ne spuntò fuori una bellissima tuta sportiva, in materiale traspirante e fresco, con lo stemma della squadra sul petto.
-Ho chiesto all’allenatore Endou di accompagnarmi dal sarto che fa le divise della squadra… volevo che avesse il nostro simbolo! -Minaho toccó lo stemma.
-È. .. è bellissima Min… io non ho parole!
-Ne ho io… terzo e ultimo pacchetto! Terza qualità di Manabe: il mio migliore amico è… è come mio fratello. Ti voglio tanto bene Man, come non ne ho mai voluto a nessuno. -Una lacrima rigó il viso dell‘arancione.

Nel piccolo pacchetto c’era una scatolina. Manabe la aprì con delicatezza. Dentro un bellissimo bracciale. Il lilla aguzzó la vista… vi era inciso sopra “Manabe e Minaho, amici per sempre”.
-Ne ho preso uno uguale anche per me… spero che non ti vergognerai a portarlo… -Minaho era improvvisamente arrossito.
-È… è la cosa più bella che qualcuno… che qualcuno abbia fatto per me in tutta la mia vita! Min… non mi vergognerei mai! Anzi, aspetta!
Il lilla si infilò il bracciale.
-È davvero bello… bellissimo.

I due ragazzi si guardarono. Forse ci si potrebbe aspettare un pianto liberatorio, un altro commovente abbraccio… e invece no, scoppiarono a ridere come non mai. La paura era finita, era tornata la gioia.

Angolino della tragedia scampata:
Ciao a tutti… scusate il ritardo… di solito pubblico ogni giorno, ma scopro adesso che ieri per qualche strano motivo non si è caricato il capitolo… avrò fatto qualche pasticcio senza ombra di dubbio!
Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto
ROW99

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Capitolo 15
*** Qualcosa in meno in me ***


Look at me I'm trying
Every day I fall down
Make mistakes, get back up
Try again, next time that, see me
I'm walking I'm walking I'm walking
I'm walking I'm walking I'm walking

Minaho rimase in ospedale fino a sera tardi. Manabe si era fatto raccontare tutti i fatti degli ultimi due giorni, ed era rimasto incredibilmente stupito e felice quando l’arancione gli aveva raccontato di come i suoi genitori fossero rimasti all’oscuro di tutto.
-Per fortuna si è risolto tutto in pochi giorni… ogni giorno in più aumenta il pericolo che decidano di chiamare la polizia. -Concluse Minaho, il mento tra le dita.

Il lilla era molto curioso di sapere cosa fosse successo di interessante, ma qualcosa gli oscurava lo sguardo. Minaho si era accorto di qualcosa di strano, ma non capiva proprio cosa potesse esserne la causa.
-Allora ragazzi! -Il dottore entrò in camera sorridendo. -Vi siete ritrovati vedo! Minaho, vuoi portare a casa il tuo principe azzurro già stasera? Se promettete di stare attenti alle medicazioni della cicatrice …
L’arancione faceva i salti di gioia. Sarebbero tornati davvero a casa? Gli sembrava incredibile.
Manabe sembrava molto felice, ma di colpo quell’ombra attraversò di nuovo il suo sguardo. Abbassò gli occhi.

-E va bene… ecco i fogli di dimissione firmati da me. Presentateli in accettazione e potrete andare… e badate di non farvi più vedere qui dentro, se non per venire a salutarmi! -Il dottore appoggió sul tavolo un plico di fogli. In quel momento un’infermiera entrò di corsa. Un anziano signore stava poco bene.
-Perdonatemi ragazzi… è un uomo molto debole, ma vi prometto che aiuteremo anche lui! Ora scappo… intanto preparate le vostre cose. Verrò a salutarvi in accettazione. -E cosí dicendo Konoe uscì dalla stanza.

Minaho sorrise dietro al dottore. Era davvero grato a quell’uomo incredibile.
-Benissimo Man! Ora riposa… in dieci minuti raccolgo tutte le tue cose e poi siamo pronti ad andare!
-Andare… -di nuovo quell’ombra negli occhi del lilla.
-Man… qualcosa non va? Ti vedo strano…
Il lilla sorrise. -Niente di che… non preoccuparti.-

Dopo nemmeno un quarto d’ora l’arancione aveva raccolto in un borsone tutti gli oggetti del lilla e i regali che gli avevano fatto.
-Siamo pronti Man! Ci credi? Se stiamo attenti a non farci vedere possiamo anche tornare a casa tua… i tuoi non dovrebbero sospettare nulla per ora!
Così dicendo Minaho si era avvicinato al letto porgendo la mano al lilla per aiutarlo ad alzarsi. Manabe non l’afferró.

-Io… scusami Min… non ci riesco.
Minaho non capiva… -Sei ancora troppo debole? Aspetta… vengo ad aiutarti. Mettimi le braccia intorno al collo… -E cosí dicendo prese la mano dell’amico.
-No… no… io non… io non posso… perdonami.

Adesso l’arancione iniziava a preoccuparsi seriamente. Cosa stava succedendo?
-Man! Cosa ti succede? Ti senti forse male? Devo chiamare il dottore? -Il ragazzo era davvero spaventato.
-No… no Min. Non… non ti hanno detto nulla vero? -Il lilla fece un sorriso sforzato, aveva una grande tristezza negli occhi.
-Ma… cosa avrebbero dovuto dirmi? È successo qualcosa?

-Min… - il lilla faticava a parlare
-Cosa? Dimmi tutto Manabe, non avere paura… sono qui con te… - l’arancione accarezzava la mano dell’amico.
-Io… io credevo che lo sapessi. .. L’intervento è andato a buon fine ma… sai… a volte succede. ..
-succede cosa, Man? Non farmi spaventare così…
-Ecco… non sapevo come dirtelo… ho cosí tanta paura di deluderti…ho… ho una gamba paralizzata.

Era calato il silenzio. Minaho era rimasto a bocca aperta, senza sapere bene cosa dire. Il lilla tratteneva qualche piccolo singhiozzo.
-Man…
L’arancione corse ad abbracciare l’amico. Manabe rimase sorpreso per un istante, poi ricambió l’abbraccio piangendo.
-E perché avevi paura di deludermi? A me non importa nulla di come sei fuori… io voglio bene a quello che sei dentro! Però… però è terribile… come faremo per il calcio?
-Io… io non lo so. So solo che mi sono svegliato così. -Il lilla era molto triste. Più gli infermieri cercavano di dirgli quanto fosse fortunato, più lui rimpiangeva quello che aveva perso.
-Non avere paura. .. troveremo una soluzione! -Minaho prese la mano del lilla. -Insieme la troveremo senza dubbio.

La gamba immobile era la sinistra. Minaho aiutò l’amico a scendere dal letto, a vestirsi e ad alzarsi, quindi gli passò una stampella.
-Min… odio questo oggetto già da adesso, dannazione!! -Il lilla si guardò le gambe sconsolato.
-E invece dovrai imparare a usarlo, se non vuoi che ti porti in giro in braccio davanti a tutti! -L’arancione sorrise all’amico. Il lilla scoppiò a ridere.

Manabe doveva ancora prendere confidenza con la sua nuova situazione, e Minaho non lo lasciò per un secondo mentre avanzava un po’ insicuro lungo il corridoio asettico del reparto di cardiologia.
-Mamma mia quanto sono brutti! -Minaho guardava disgustato gli orridi quadri d’arte pseudo-moderna che infestavano le pareti.
-Già… da infarto! -Rispose Manabe sarcastico. Scoppiarono a ridere.

L’accettazione aveva sede nella prima palazzina che si incrociava entrando dai grandi cancelli dell’ospedale. Grandi cartelli ricordavano di presentarsi li prima di recarsi alla ricerca dei propri cari nel labirinto di corridoi della struttura. Era una semplice architettura in legno e vetro, niente più che un piccolo palazzo a due piani.
I due ragazzi presentarono all’impiegata i fogli di dimissione. Lei li accettó sorridendo.

-E con questo per ora i rischi di guai con i tuoi sono messi da parte… -Minaho sorrise all’amico che intanto litigava con la propria stampella, la quale proprio non voleva saperne di fare il suo dovere.
Il dottore li aspettava davanti al cancello. Minaho non aveva mai notato quanto fosse bianco il suo camice che contrastava con gli occhi nerissimi. Emanava una strana luce, un’aura positiva.
-Dottore! -Minaho corse ad abbracciare il medico. -Grazie di tutto! Non la dimenticherò mai!!
-Spera di dimenticarmi invece! Il mio reparto non è un bel posto dove stare! -Il medico rise. -A parte gli scherzi… venite a trovarmi presto! E comunque ci rivedremo a breve per la prima visita di controllo di Manabe.
Anche il lilla ringrazió il dottore con tutto Il cuore.  Era ora di andare.

Manabe percorse il viale che conduceva a casa sua con il cuore in gola. Aveva paura di avere brutte sorprese, e sapeva chi accusare dei suoi timori… i genitori.
Minaho gli aveva assicurato che non si erano fatti sentire, e che se fossero rimasti nascosti e attenti a non farsi notare troppo nel quartiere non avrebbero mai saputo che erano tornati.

Manabe prese dunque il coraggio a due mani, e percorso il vialetto fiorito infilò la chiave nella toppa. La serratura scattò e l’uscio si aprì sul familiare salotto.
-È tutto… è tutto come lo abbiamo lasciato, vedi? Nessuno è entrato qui. -Minaho sorrise all’amico.
Manabe era felice di essere tornato. La casa era il simbolo della sua libertà. Amava il divano sbiadito ( lo aveva trovato in soffitta!) e la piccola cucina che aveva riempito di libri, comprati nel tentativo di imparare a cucinare. Lui era fatto così… appena voleva scoprire qualcosa di nuovo comprava un libro.

-E ora… sul divano, forza! Non sei abituato a forzare così una sola gamba… a preparare qualcosa da mangiare ci penso io! -L’arancione si legò dietro la schiena il grembiule da cucina, provocando un irrefrenabile ridarella nell’amico.
-Ehi! TI faccio ridere? -Minaho fece il finto offeso.
-Sc… scusa ahahahahah ma non avevo mai visto un gufetto arancione in grembiule da cuoco! -Il lilla fece una faccia spaventosamente da schiaffi.
-Ah. Ah. Ah.- fece Minaho sarcastico. -Ha parlato il mio fiorellino lilla preferito!
Era tornato tutto come ai vecchi tempi. Manabe ne fu entusiasta.

Il pranzo fu accettabile… nonostante il pollo fosse andato a fuoco un paio di volte. I due ragazzi si sedettero sul divano per consumarlo.
-E pace se cadrà un po’ di salsa sulla stoffa… se qualcosa mi ha insegnato questa esperienza, è a curare solo le cose davvero importanti… come te!
Minaho arrossí come un peperone.

Quella sera, appena Manabe fu uscito in cortile per innaffiare le piante, Minaho stando bene attento a non farsi sentire prese il telefono e chiamò l’ospedale.
-Vorrei parlare con il dottor konoe, se possibile.
-Glielo faccio chiamare subito. -La voce della receptionist era cortese.

Minaho aspettò in linea meno di due minuti, osservandosi le punte dei piedi. Era un po’ agitato. Finalmente una voce rispose.
-Pronto?
-Dottore! Sono Minaho… la disturbo? Ho bisogno di farle una domanda…
-Dimmi tutto ragazzo… anche se penso di sapere cosa mi chiederai. Te l’ho letto negli occhi oggi, quando non me ne hai parlato per non farti sentire da Manabe. Vuoi sapere se ci sono speranze per la sua gamba.

L’arancione era allibito. Non era lui il detective???
-Dottore… ma… come…
-Credimi, gli occhi delle persone dicono tante cose a chi li sa ascoltare. E poi… ho una certa esperienza, ricordalo! -Il dottore rise. -Comunque… riguardo alla gamba di Manabe… si, c’è una piccola possibilità, ma è tutto da vedersi.
Minaho fece un saltello di gioia. -Evvai!!-
-Ehi ehi… frena l’entusiasmo… sono solo supposizioni mie e dell’equipe che lo ha seguito. Vedi… il problema dipende dal fatto che quando era in arresto per molti minuti il suo cervello non ha ricevuto abbastanza sangue… è già un miracolo che non abbia subito altri danni oltre la gamba…
Minaho inorridì al ricordo di quel giorno. Aveva avuto una tale paura che non l’avrebbe mai potuta dimenticare.

-Però… però mentre operavamo, abbiamo visto che i suoi nervi ricevono ancora una seppur minima risposta elettrica. Pensiamo che… pian piano… magari con l’esercizio… pensiamo che possa riprendere l’uso della gamba. Non fraintendere… non sarà facile né veloce… ma crediamo sia possibile.
L’arancione si aggrappó a quelle parole. Per lui Manabe era sempre Manabe, gamba o non gamba, ma sapeva quanto soffrisse il lilla per la sua condizione.
-Aiutalo, portalo a fare esercizio e soprattutto tienilo su di morale… fra due settimane alla visita valuteremo se ha fatto progressi.
-Grazie dottore… farò sicuramente così!  Le dovrebbero fare un monumento!! -Minaho era grato al medico con tutto il cuore.
-A me? No… dovrebbe farlo a te, e alla medicina! Ora devo scappare… ho molte visite. Ci vediamo presto… e state tranquilli… il peggio è decisamente passato.

Minaho ringraziò ancora il medico e chiuse la chiamata.
-Min…
L’arancione raggeló. Si voltó lentamente e alle sue spalle vide il lilla, con un paio di forbici da giardiniere in una mano e l’altro braccio appoggiato alla stampella.
-Tu… Man… hai… hai sentito tutto?
-Tutto. -Il lilla guardava fisso a terra.

-Non… non credere. .. -Minaho era imbarazzatissimo – non credere che l’abbia… che l’abbia fatto per me… a me vai bene come sei! È che ti vedo così triste…
Il lilla guardò negli occhi l’amico. La stanza sembrava diventata improvvisamente piccola e Minaho si sentiva soffocare.
-Ti ringrazio. Ti ringrazio con tutto me stesso.
L’arancione impallidí. -Ma come, non sei arrabbiato?-
-E di cosa? -Il lilla scoppiò a ridere.- di avermi dato una speranza? Hai avuto il coraggio di chiedere quello che io non avevo avuto la forza di osare. .. e mi hai portato la più bella notizia in assoluto! -Manabe abbracció Minaho, ancora scioccato.

L’arancione si riebbe.
-Beeeene… sai cosa significa? -Il lilla notó una punta di ironia nel suo sguardo. -Che da oggi pomeriggio… allenamento!!

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Capitolo 16
*** Abilitazione alla riabilitazione? ***


Revive all my fears
Revive wasted tears
Revive void within
Revive once again. . .
Reach for the sky
Touch the sky
Revive a hope
For mankind

-Insomma Min, è proprio necessaria questa cosa? Non è proprio una posizione comoda… non credi?

Il salotto era stato stravolto. I mobili addossati alle pareti per sgombrare il centro della stanza e il divano spostato indietro, verso la porta della cucina.
Il lilla era steso sul divano suddetto con le gambe sulle ginocchia dell’amico.

-Il dottore ha detto che devo farti fare esercizio… ed esercizio farai! -L’arancione piegò ancora la gamba dell’amico con forse un po’ troppa energia.

-Ammettilo… ammettilo che è solo un tuo becero trucco per vedermi senza pantaloni, pervertito! -Il lilla fece una faccia molto ma molto offesa. I due ragazzi scoppiarono a ridere.
-Per questo non avevo bisogno di farti fare riabilitazione… il mondo intero sa che dormi in mutande, Man! -L’arancione lanciò la sua frecciata con voce calma e pacata. Il lilla divenne rosso fuoco.
-Tu… tu… delinquente assatanato, mi spii mentre dormo dunque!
L’arancione sorrise sornione.  -Non sai quante cose si scoprono a guardarti mentre dormi… sei così tenero Manabe-chan!
Il lilla cercò di afferrare un ciuffo di capelli dell’amico ridendo, ma quello si sottrasse con incredibile agilità finendo poi per fargli il solletico senza pietà.

-Ora basta fare gli scemi dai … in fondo questa è una cosa seria! Prima sistemiamo la tua gamba, prima torneremo a giocare a calcio insieme! -L’arancione diede una pacca all’amico.
-Insieme… speriamo che sia presto… ho… ho paura Min. Paura di rimanere per sempre così. -Il lilla si oscuró un istante, fissando la stoffa del divano.
L’arancione gli sorrise dolcemente. -Non pensarci Man, vedrai che ce la faremo.

Manabe sospirò. Sperava davvero di poter tornare a usare presto la gamba, ma aveva così paura… gli sembrava di avere qualcosa di artificiale al posto dell’arto,  un peso che non rispondeva ai suoi comandi. Però… però a volte gli sembrava di sentire come un leggero prurito… aveva un briciolo di speranza.

-Senti nulla se faccio così Man? -L’arancione stava muovendo dolcemente la caviglia dell’amico. -Ti sembra di percepire qualcosa?
-Ehm… no. Ad essere sincero no… -Il lilla era depresso.

Minaho era certo che prima o poi qualcosa si sarebbe mosso. Provó a muovere il ginocchio e i muscoli del polpaccio. Ancora niente.
-Min… lascia stare… non… non penso sia ancora ora. Non sento proprio. .. Ahi!

Il lilla si fermò e Minaho smise di toccarlo. Rimasero immobili qualche secondo.
-Ho… ho sentito qualcosa, ne sono sicuro. Una fitta alla caviglia! -Manabe era agitato ma ora aveva una piccola speranza in più che gli prudeva nel cuore.
-Ti… ti ricordi dove ti stavo  toccando? -Minaho guardava Manabe con occhi colmi di speranza.
-No… no maledizione! Non stavo guardando…
Minaho iniziò a massaggiare dolcemente il piede dell’amico. – Concentrati… fai uno sforzo!
-Non sento nulla, dannazione… mi sarò sognato tutto…

Il lilla si concentrò fissando la stanza. La sua collezione di film sotto la televisione, la porta della cucina, il borsone di Minaho a terra vicino alla porta… una scarica di adrenalina gli risalí la gamba facendolo trasalire.
-Min… ho sentito di nuovo qualcosa… stavolta più forte! -La voce di Manabe era eccitata.
L’arancione sorrise all’amico. -Bene… sappiamo che hai sensibilità al piede almeno… possiamo lavorarci su! Vediamo un po’… - l’arancione lesse alcune righe dal libro che aveva di fianco. Ovviamente non poteva mancare, nella biblioteca di scienze del suo amico, un bel libro di riabilitazione medica! Lo aveva pescato nello scaffale più alto, dietro a “Studi applicati sul bosone di Higgs, una sinossi storica breve” (in 7895 pagine).

-Qui dice che devo farti fare esercizi di allungamento del muscolo una volta che abbiamo trovato un accenno di sensibilità… te la senti o sei stanco?
-No… non sono stanco! Proviamoci… non so quanto potrò andare avanti con una gamba bloccata e il mio migliore amico che mi fa violenza tutti i giorni! -Il due ragazzi risero di gusto.
-Allora… concentrati bene… ho bisogno che provi a muovere le dita.
-Ah! Tu la fai semplice… ho più controllo sulla mia vita di quanto ne abbia sul mio piede… e questo ti dovrebbe dare un’idea della situazione, no? Ogni movimento è faticoso… Ahia! Si…nel piede ho decisamente sensibilità… questo è un crampo… -il lilla strinse i denti, non sapendo se essere felice o piangere per il dolore.

Minaho rise. -Aspetta Man, ti aiuto io… rilassa il piede, vedrai che passa subito…-L’arancione iniziò delicatamente a massaggiarlo cercando di sciogliergli la contrattura e calmargli il dolore.
Manabe sospirò di sollievo mentre il muscolo si rilassava. Per fortuna il dolore era sparito.
-Certo che se fossi bravo a Risiko quanto lo sei a fare massaggi non ti batterei inevitabilmente ogni volta!
Minaho lo guardò storto. -Stai rischiando grosso Man, ma proprio grosso… non farmi approfittare della tua condizione per segregarti in camera tua con come unico cibo i miei pancake carbonizzati!
-Non sia mai! Le probabilità di digerirli sono al quattro per cento!-Rise Manabe.

-Va bene… per oggi direi di fermarci. Non vorrei che ti venisse un’altra contrattura. Sei bravo! Vedrai che faremo progressi in breve… ora riposa qualche minuto, più tardi andiamo a farci un giro, così vediamo se appoggiando il piede a terra senti qualcosa… -L’arancione sorrise all’amico lilla, che ricambió.

Manabe fissava il soffitto dell’appartamento mentre sentiva l’amico trafficare in cucina. Sperava si stesse limitando a dei panini… la sua cucina era devastante, anche se si sarebbe cucito la bocca piuttosto che dirglielo. (-Probabilmente lo sa già… è un detective del resto, no?- pensò.)
Mentre scrutava una macchiolina di umido (regalo della perdita che aveva avuto in bagno prima di conoscere Minaho e che gli era costata cara, visti i prezzi degli idraulici) si chiedeva quanto tempo sarebbe stato necessario a riprendere l’uso della gamba… sempre ammesso che tornasse come prima!
Ignoró queste paure e si concentrò sul pomeriggio… chissà dove lo avrebbe portato Minaho… sapeva che adesso che si era messo in testa di rimetterlo in piedi, non si sarebbe arreso fino a che la sua gamba non fosse tornata normale. Poteva aspettarsi di tutto… ma gli voleva davvero bene per quello che stava facendo per lui.

Mentre era immerso in questi pensieri, una testa arancione spuntò dalla cucina.
-Ho fatto i panini per oggi pomeriggio… (-Grazie al cielo! -Pensò Manabe.) ma se vuoi mangiarne uno ti consiglio di sbrigati. .. altrimenti non potrai entrare subito in acqua. Ti porto in piscina!



Minaho camminava a fianco dell’amico verso il centro città stando bene attento ad adattarsi al suo passo. Non voleva che il lilla pensasse che lo rallentava.
Si felicitava da solo del suo colpo di genio. Tutti i medici erano concordi che per la riabilitazione non ci fosse niente di meglio degli esercizi in acqua! Inoltre sperava di fare qualcosa di divertente con l’amico… era la loro prima uscita dopo il ricovero e voleva che si svagasse.

La piscina comunale era situata in un vasto complesso vetrato, sempre inondato di luce. Era un ambiente molto allegro… Minaho ci andava da piccolo, quando il padre gli aveva insegnato a nuotare.
Nella stessa struttura trovavano posto una piscina olimpionica, una più piccola adatta a chi non fosse nuotatore esperto e alcuni ambulatori che sfruttavano le acque termali che raggiungevano la città dalle pendici dei monti. Tutto era impregnato da un forte odore di cloro e zolfo.

Minaho pagò due ingressi evitando agevolmente le proteste del lilla che non voleva fargli spendere un solo centesimo, quindi tappó la bocca al suo amico e lo trascinò quasi di peso negli spogliatoi.

-Ragazzi… scusate ragazzi! -Un inserviente li raggiunse di corsa sulla porta. -Non so come dirvelo ma… vedete… le regole sulla sicurezza… insomma… ecco…
-Si spieghi, non sia imbarazzato. -Manabe odiava impietosire le persone.
-Ecco… non potete entrare con quella. -L’Uomo indicò la stampella del lilla.

Effettivamente dovevano pensarci… un oggetto interamente metallico di quella lunghezza… avevano già sentito di incidenti avvenuti anche con cose impensabili.
-Ma… Ma come farà a camminare? Non vede che il mio amico…
-Non preoccuparti Min -Il lilla interruppe Minaho. -Ce la possiamo fare. Il signore ha ragione… le regole sulla sicurezza devono essere rispettate. Tenga. -Manabe diede la stampella all’inserviente.
-Grazie ragazzo, perdonami se l’ho dovuto fare. All’uscita potrai ritirarla senza nessun problema… scusa ancora.
L’uomo sembrava sinceramente imbarazzato. Manabe gli sorrise mentre si allontanava.

-Bene… ci mancava anche questa! -Minaho sospirò buffa mente facendo ridere l’amico. -Vuol dire che dovrò farti io da stampella umana! Eccellenza, mi metta il braccio intorno alle spalle e si regga a me!
Minaho aiutò l’amico a sedersi sulla panchina e a cambiarsi. Tempo cinque minuti ed erano pronti. Si assicurarono quindi di aver chiuso bene gli armadietti (dovettero riaprirli due volte… la prima perché il lilla aveva rischiato di chiuderci dentro anche la chiave, la seconda perché arrivati alla porta un certo gufetto arancione si rese conto che entrare in piscina in costume e con le scarpe ai piedi non fosse proprio la cosa più conveniente da fare.).

-Olimpionica o piscina normale Man? -L’arancione guardò l’amico.
-Direi… normale. Mi vergogno di farmi vedere da troppa gente così…
Infatti il lilla non riusciva a liberarsi dal pensiero che lo stessero guardando tutti. Si sentiva decisamente in agitazione… e se la piscina lo spaventava così, figuriamoci quando il giorno dopo sarebbero dovuti tornare a scuola!
-Man, non devi avere paura. Non hai proprio niente che non va, e se qualcuno si azzardasse a darti problemi non preoccuparti, sarà troppo impegnato a riattaccarsi i denti per infastidirti di nuovo! -L’arancione sorrise innocentemente all’indirizzo del lilla, che gli prese la mano.
-Grazie.

Fatta la doccia entrarono in acqua. Era decisamente calda, quasi troppo.
-Benissimo Man, forza, iniziare a muoversi! -Minaho era partito immediatamente con il programma di riabilitazione. Il lilla sospiró.
-Sento che non tornerò a casa intero… ma non ti fermi proprio mai Min? -I due ragazzi risero.

Ci volle circa un’oretta perché il lilla si adattasse alla nuova sensibilità data dell’acqua. Alcuni movimenti erano decisamente più facili, altri molto più difficili.
-Come va? -L’arancione sembrava molto soddisfatto.
-Bene… abbastanza bene direi! Inizio proprio a sentire il piede e la caviglia. È un inizio, no? -Il lilla sorrideva. -Il problema ora è usare i muscoli… Anca e ginocchio non li sento proprio, la caviglia è bloccata anche se la sento e muovere le dita mi fa decisamente male!
-Non preoccuparti… è comunque un inizio. È meglio concentrarsi sul quello che abbiamo guadagnato oggi, piuttosto che cercare di bruciare le tappe. Dici che muovere le dita ti fa male?
-Già… è come cercare di forzare un movimento che… che il mio fisico rifiuta, ecco! Però qualche piccolo movimento riesco a farlo, per quanto mi faccia male..

L’arancione sorrise. -Ma è un’ottima notizia! Un bellissimo traguardo, Man! Vieni con me, vediamo la situazione.
Minaho portò Manabe fuori dall’acqua e lo mise a sedere su una panca.
-Fammi vedere un po’… la caviglia è proprio bloccata eh? Vabbè. .. Ci lavoreremo… le dita?
Manabe provó a fare un minimo movimento.
-Ahia! Fa…fa male… fuori dall’acqua fa ancora più male… forse mi ero illuso troppo presto… -il lilla si rattristó, mentre una lacrima di dolore gli sfuggiva dall’occhio.

-Non devi arrenderti! Ci sei riuscito prima… ci riuscirai anche adesso… è normale che ti faccia male, il muscolo è contratto e non lo usi da giorni. .. Hai appena ripreso sensibilità, non è un buon traguardo? Aspetta… ti aiuto io. Dimmi quando fa troppo male, ok?
L’arancione prese il piede dell’amico e iniziò con estrema delicatezza a muovergli le dita. Il lilla stringeva i denti dal dolore. Perché gli faceva così male?
-Ahia… Min fermiamoci un istante per favore… mi fa davvero molto male.
-sei bravissimo Man… stai andando benissimo! Riposa un istante ora… ce la farai senza dubbio!

Il lilla sorrise debolmente mentre l’arancione gli massaggiava dolcemente il muscolo dolorante. -Va meglio ora?
-Sì. .. Si grazie... Ora lasciami riprendere fiato un istante… credimi, non è piacevole affatto! -Il lilla si concentrò con tutte le sue forze sulla finestra che aveva davanti, affacciata su un bellissimo giardino tradizionale che isolava la struttura dalla strada, quasi coperta dagli alberi.

-Ok… riproviamo.
Il lilla si stupì. Il dolore era decisamente diminuito e resistette per molto più tempo. Dopo ogni pausa la sua resistenza aumentava, e di conseguenza anche la sua capacità di effettuare il movimento da solo.
Minaho era entusiasta come un bambino che avesse scoperto che il mondo era fatto di zucchero. Non gli sembrava vero di avere avuto un piccolo risultato già il primo giorno. Allora il dottore diceva il vero! Manabe avrebbe recuperato la gamba!

Ci volle circa un’altra oretta di esercizi perché il dolore cessasse e il lilla fosse in grado di muovere il muscolo da solo, ma alla fine aveva ripreso completo controllo del piede. Non che gli servisse molto senza il resto della gamba… ma adesso anche lui era fiducioso!
-Ottimo, ottimo… sei così bravo Man! -Minaho era entusiasta mentre accompagnava l’amico negli spogliatoi e lo aiutava a vestirsi. -Questa sera ti porto a cena fuori! Dobbiamo festeggiare!

Il lilla non voleva che Minaho spendesse altri soldi per lui… ma non voleva spegnere il suo entusiasmo, era così tenero…poi pensò alla sua cucina, unica alternativa per la cena.

-E ristorante sia, Min!

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Capitolo 17
*** Ristoranti da... incubo ***


Starless night will cover day
In the veiling of the sun
We will walk in bitter rain

But in dreams
(But in dreams)
I still hear your name
And in dreams
(And in dreams)
We will meet again

When the seas and mountains fall
And we come to end of days
In the dark I hear a call
Calling me there
I will go there
And back again

-Che posticino… curioso! -Pensò per l’ennesima volta Manabe mentre cercava disperatamente di evitare che una cameriera un po ’ troppo discinta gli rovesciasse in testa una pentola piena di trippa al sugo.
-Ti piace? -Me lo ha consigliato Kariya al telefono .. Io non sono molto pratico di questa parte della città… -L’arancione era seduto dalla parte opposta del tavolo con sguardo preoccupato.
(-Kariya? Non avevo dubbi!) Ehm… si Min… molto… molto pittoresco, ecco! Pittoresco e… colorito? -La voce del lilla era leggermente imbarazzata mentre sperava che l’impalcatura che reggeva il suo sorriso di circostanza non franasse .

Il locale era sotto il livello della strada. Uno stanzone fumoso illuminato da lampadacce polverose che sembravano risalire all’occupazione della Corea, e nella penombra stormi di cameriere (e camerieri!) procaci che si destreggiavano fra i tavoli… se si potevano definire tavoli quei pianali laidi e bisunti. (-Che orrida bettola! -Aveva pensato Manabe entrando.)

-Se pensi che sia troppo alla buona possiamo cambiare posto Man… non so se ho fatto bene a fidarmi di Kariya quando ha detto che era un posto “adatto alla nostra raffinata personalità”…
Il lilla rise. Si sarebbe vendicato del verde quanto prima.
-No… non preoccuparti Min… senti che… ehm… che delizioso profumino di… bleargh… cucina! (-Ma cosa stanno bollendo, topi ripieni di amianto?)
Dalle cucine infatti, situate non vicino ma si potrebbe quasi dire “dentro” i bagni, emanava un terribile miasma portatore di malattia. Il fatto di non aver visto cadaveri sul pavimento non consolava il lilla, pensò che si fossero sciolti!

Il menu prevedeva quanto di più pesante la cucina internazionale poteva offrire. Si partiva da ravioli di fegato galleggianti in un sugaccio che sembrava fango per arrivare ad arrosti talmente duri da lasciare Il sospetto che fossero stati  ripescati dal Titanic. Manabe non osava immaginare che sorprese avrebbero riservato la pasta al ragù e l’insalata che aveva ordinato.

Minaho invece era molto più distratto dall’evitare che le gocce di umidità che precipitavano dal soffitto accompagnate da discrete quantità di intonaco gli speziassero ulteriormente la pietanza franandogli nel piatto. Quell’antipasto di pesce urlava pietà agli dei del cielo già di suo. Iniziava ad avere seri dubbi sull’affidabilità di Kariya.

Un cameriere barbuto, sudato come la mano di un politico davanti ad una cartella esattoriale, scaricó con un mezzo grugnito le pietanze  (se così le si poteva chiamare) davanti a Manabe.
-Ehm… ottimo! Delizioso… -Il lilla sorrideva all’amico mentre cercava di ingoiare una forchettata di una pasta così scotta che si sarebbe potuto apprezzare di più usando un cucchiaio, impastata di un sugo unticcio basato sulla carne di qualche bestia indefinibile.
 L’arancione non sembrava del tutto convinto, ma sorrise di rimando al lilla.

Manabe fissò l’insalata. Non aveva avuto mai l’impressione di trovarsi in un territorio sconosciuto come ora. Quella ciotola nascondeva insidie letali. Le foglie si erano oramai arrese al peso dell’esistenza ed erano defunte probabilmente da mesi a giudicare da come erano mosce e flaccide, mentre l’olio e il sale erano stati evidentemente dosati con il bilancino da gioielliere.
Sputó il primo boccone nel tovagliolo. Forse non era una natura morta, ma di certo era in avanzato stato di decomposizione.

-Man, qualcosa non va? Non credere… nemmeno questo pesce si può proprio dire… delizioso. Sa di cuoio ammuffito…
Il lilla rise a vedere l’amico più in difficoltà di lui.
-Vieni con me, ti porto io in un posto decente!
-E… e il conto? -L’arancione era spaesato.
-Il conto? Qui sono loro a dover pagare a noi le cure necessarie a riprenderci da questo incubo! Comunque sia … lascio qualcosa sotto il piatto  Così non potranno lamentarsi, sempre ammesso che riescano a scollare la banconota dall’untume del tavolo!

Minaho rise mentre si dirigevano a grandi passi verso la porta. Fendettero il fronte delle cameriere semisvestite (anche grazie alla stampella di Manabe) e si trovarono di colpo fuori. Respirarono a pieni polmoni.
-Finalmente! Aria pulita! -Il lilla sorrise a Minaho. -Ricordami che devo dire due paroline a Kariya quando lo vedo!

I due ragazzi si diressero verso il parco. Minaho notó come il lilla avesse già preso una certa confidenza con la stampella… faticava a stargli dietro!  
La città era un’unica pozza di rosso acceso sotto la luce del tramonto. L’aria di ottobre era fresca e asciutta… avevano ancora un’oretta buona di luce, forse anche più tenendo conto che si preannunciava una serata limpida e luminosa. La luna era quasi piena.

Si sedettero ai tavoli di un localino ai piedi della collinetta del prato e ordinarono due piatti di pasta. Era decisamente un altro mondo.
-Finalmente del cibo decente! Perdonami per averti portato in quella bettola! -Minaho rise. In fondo la situazione era decisamente buffa. Come si poteva essere di cattivo umore dopo una giornata che aveva riacceso così tante speranze?

I due ragazzi parlarono a lungo, toccando tanti argomenti, ma soffermandosi a lungo sulla scuola. Manabe aveva paura che lo avrebbero preso in giro. I suoi compagni di classe non erano paragonabili ai suoi amici della squadra.
-Si devono solo azzardare. Quella stampella può avere molteplici usi, sai? -Minaho sembrava più serio del solito. Il lilla sorrise… era così protettivo!
-Beh… probabilità al 97 per cento che mi prendano in giro. Del resto ci siamo abituati. -Il lilla sospirò.

Minaho fissava il sole che tramontava dietro la collina. La sera gli metteva sempre malinconia e si trovava a sperare che arrivasse presto la mattina. Quelle sí che erano ore che gli piacevano! Quando la mente è fresca, il sole alto e la città brulica di vita.
-Senti Man, ti va di andare al campo al fiume?

Manabe era colpito. Perché quella frase messa così a caso? E perché Minaho sembrava agitato?
-Ma… Va. .. va bene Min… ma c’è un motivo particolare?
L’arancione arrossí e chinó la testa. Manabe capí che era agitato. Quando era sotto stress muoveva sempre i pollici facendoli ruotare l’uno intorno all’altro.
-Bhe… ecco…
-Parla Min, non ti preoccupare! -Manabe sorrise.

L’arancione ingoió la saliva.Non sapeva come dirlo.
-Ecco...io… quel posto… -Il ragazzo, di solito pallido, era diventato rosso fuoco.
-Insomma Min… mi fai spaventare! Se ho detto qualcosa che ti ha agitato… -Il lilla prese la mano dell’amico.
-No… non ti preoccupare… è che ho paura di sembrarti ridicolo, solo questo. -L’arancione sospirò. -Vedi… da quando è successo… l’incidente… proprio lì… ecco… io quel posto lo sogno ogni notte Man!! Sogno che tu stai male e… stai male e… -L’arancione iniziò a singhiozzare in silenzio. Manabe capí.

-O Min… mi dispiace così tanto! Non immaginavo che tu avessi subito un trauma simile… -il lilla abbracció l’amico che prese a piangere sulla sua spalla. -Ma vedi? Va tutto bene adesso… sto bene e non c’è più pericolo, ne ora ne mai più… vedi che va tutto bene? -Il lilla parlava con il suo tono di voce più dolce mentre accarezzava i capelli di Minaho.
-Lo… lo so… ma… ma è così vero, capisci? Mi… mi fa così paura!
-Ma… Ma perché vuoi andare lì allora? Non voglio che tu stia male! -Manabe stringeva con forza a sé il ragazzo arancione.
-È che… che ho pensato che forse… forse se vengo con te in quel posto e ci stiamo un po’ insieme… e vedo che non succede niente… magari gli incubi finiranno, ecco! Sono così… così infantile!-L’arancione tiró su col naso.

-No, cosa dici… non sei affatto infantile! -Il lilla accarezzava la mano di Minaho. -Anzi… sai che hai avuto una bellissima idea? Cancelliamo quel brutto ricordo e sostituiamolo con uno nuovo! Magari io che ti faccio rotolare sull’erba come un sacco di patate ad esempio! -Il lilla fece l’occhiolino a Minaho, che sorrise tra le lacrime.


-Man… io non so se ce la faccio!
L’arancione sentiva le gambe farsi pesanti man mano che si avvicinavano al campo.
-Fatti forza Min! Approfittiamo di questo ultimi minuti di luce… e poi guarda quanta gente che passeggia… sarà facile se lo facciamo insieme, vedrai. Vuoi darmi la mano?
L’arancione trattenne un singhiozzo e afferrò la mano dell’amico.

Erano sul bordo dell’argine. Presto lo avrebbero passato e avrebbero visto il campo sotto di loro. Manabe sentiva la mano dell’amico rinforzare la stretta. Il ragazzo tremava. Delicatamente lo strinse più vicino a sé.
-Se hai paura o ti senti male dimmelo… ti porto a casa, ok? -Manabe sorrise all’arancione.
-Grazie… Grazie Man. Proviamo… devo provarci.

Fu un istante. Passarono l’orlo dell’argine con un salto e corsero giù fino a ritrovarsi ai piedi delle scale di pietra. Il fiume scorreva tranquillo. Alcuni bambini giocavano lì vicino.
-Ecco… è proprio qui che è successo… quando… quando ti sei sentito male sono sceso di corsa… tu  eri steso qui. -L’arancione sentiva il cuore in tumulto e un accenno di nausea salire alla gola al ricordo di quel giorno maledetto.
Il lilla sorrise all’amico. -È qui che mi vedi nel sogno?
-S… si… sei steso, e qualcuno mi porta via… c’è come una mano invisibile che mi tira via da te! -L’arancione si teneva lo stomaco.

-Mh… caaapisco…. Ci penso io. -Il lilla sorrise sornione. -Vieni qua!!
Manabe era scattato come un fulmine, gettando a terra la stampella e tuffandosi addosso ad un Minaho incredulo. Rotolarono sull’erba. A Manabe faceva male il piede, ma pensò che fosse più un buon segno che altro!

-Ora, -Manabe sovrastava l’amico steso a terra bloccandogli i polsi. -hai dieci secondi… se non ti liberi prima ti farò rimpiangere di esserti scelto un amico fuori di testa come me!
Minaho era allibito. Provó a muoversi ma era bloccato sia dall’incredulità sia dalla presa ferrea di Manabe.
-Tre… due… e uno! Preparati Min… solletico!!

Il ragazzo lilla si avventó sull’amico e iniziò a fargli il solletico ovunque fosse possibile.
-Ahahahah basta!!! Mi arrendo!! Mi arrendo!! – Minaho rideva come un matto.
I due ragazzi erano rossi in faccia e accaldati. Si sedettero sull’erba ridendo di cuore.

-Allora… allora Min, che ne pensi di questo nuovo ricordo? -Il lilla sorrise sornione.
-Lo vuoi sapere davvero?
L’arancione abbracció l’amico buttandolo lungo disteso sull’erba.
-Grazie.

Quella notte Manabe dormí ben poco. Voleva ascoltare con attenzione i movimenti di Minaho. Se si fosse svegliato in preda a un incubo sarebbe corso subito da lui... Si era accampato sul tappeto fuori dalla sua porta!

Nella stanza tutto taceva… non seppe nemmeno lui come fosse successo, ma doveva aver ceduto al sonno. Quando si svegliò il sole era già sorto e il telefono segnava le nove del mattino. Manabe si alzò e si stiracchió.
-Chissà se Min ha avuto incubi… dannazione a me e al mio sonno! -Il ragazzo si batté sul viso i palmi delle mani.
Aprì dolcemente la porta della camera dell‘arancione ed entrò, avvicinandosi al letto.

Minaho dormiva beato,  con un bel sorriso sulle labbra.

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Capitolo 18
*** Una visita inaspettata ***


A new life
What I wouldn't give to have a new life
One thing I have learned as I go through life
Nothing is for free along the way
A new start
That's the thing I need to give me new heart
Half a chance in life to find a new part
Just a simple roll that I can play
A new hope
Something to convince me to renue hope
A new day


Le due settimane successive passarono senza notizie dai genitori di Manabe. Il fatto che nessuno si fosse fatto vivo li tranquillizzava, ma allo stesso tempo gli metteva una grossa pulce nell’orecchio.  Avevano paura di brutte sorprese.

Manabe faceva esercizio tutti i giorni con l’aiuto di Minaho, e aveva recuperato mobilità. Ora riusciva a fare piccoli movimenti con la caviglia, ma non potevano azzardare nemmeno un passo senza la stampella. Il ginocchio non avrebbe retto e sarebbe caduto.

Si annunciava una splendida mattina di ottobre. L’aria era tiepida e il sole brillava. I giornali avevano parlato di qualcosa come “l’autunno più caldo degli ultimi cinquant’anni”… ciò si rifletteva nella possibilità di uscire con solo una felpa indosso e di giocare a calcio senza paura di infangarsi o prendere il raffreddore.

Quella mattina Manabe si sentiva particolarmente positivo. L’arancione avrebbe avuto la seconda partita di campionato e lui sarebbe stato in panchina, con il permesso speciale dell’allenatore che non voleva si perdesse nemmeno un incontro.
-Altrimenti come farai a leggere le tattiche dei nostri avversari quando tornerai? Vedrai…forse già alla prossima partita sarai dei nostri! -Aveva detto.
Il giorno seguente inoltre avrebbe avuto la prima visita di controllo in ospedale. Sperava in una risposta positiva riguardo alla gamba… non ne poteva più di quella stampella!

-Ehi Man,- L’arancione camminava di fianco all’amico nei corridoi della scuola, diretti al campo. -Non trovi che questa mattina la lezione di chimica sia stata particolarmente interessante? Non credevo che esistessero così tante proteine!  A casa mi leggi qualcosa a riguardo?
Manabe sorrise.  Sapeva che faceva di tutto per non farlo annoiare nei lunghi pomeriggi sul divano, mentre faceva i suoi esercizi.
-Certo… certo che leggeremo qualcosa insieme… è un argomento così bello!

Parlando avevano raggiunto la struttura dello stadio. Manabe entrò con Minaho nello spogliatoio e chiaccheró con i suoi compagni mentre aspettava che l’arancione si cambiasse.  Aveva portato la tuta che Minaho gli aveva regalato in ospedale e l’aveva indossata per lui.
-Mi raccomando Min, dai il massimo in campo! -Il lilla gli fece l’occhiolino. Minaho sorrise, ma ebbe una fitta di tristezza quando pensó che Manabe non sarebbe stato con lui. Per fortuna che era in panchina… era sicuro che la sua voce lo avrebbe guidato, e poi cosí poteva tenerlo sott’occhio… non voleva che si sforzasse troppo.

La partita andò benissimo. Nonostante un inizio non proprio fortunato (avevano preso un goal, ma più per distrazione di Minaho stesso che per reale superiorità dell’attacco avversario) si erano immediatamente rimessi in pista. L'arancione seguiva le indicazioni che l’amico gli dava dalla panchina e riuscì a bloccare vari attacchi. Il risultato finale fu un bel 3 a 1.

Mentre i ragazzi tornavano festeggiando nello spogliatoio, Minaho guardò l’allenatore portandosi la mano al mento. Quell’uomo aveva capito che Manabe poteva essere utile alla squadra anche dalla panchina. Non solo era un genio, ma aveva anche un grande cuore. Riusciva sempre a coniugare l’utilità della squadra con la tutela dei suoi ragazzi… per il lilla era davvero importante sentirsi ancora parte del gruppo. Gli ricordava che sarebbe tornato a giocare, presto o tardi.

Nello spogliatoio i ragazzi parlavano animatamente e con gioia della vittoria. Tutto sommato, non era stata una partita facile e la difesa aveva dovuto darsi da fare. Ne era prova il povero Kirino, che si era preso tanti di quei pestoni dall'attacco avversario da lacrimare di dolore. Nemmeno questo però aveva placato il suo entusiasmo, e mentre lasciava che Shindou, preoccupato ed in ginocchio davanti a lui, gli massaggiasse i piedi nudi continuava a sorridere, inframmezzando risate a gemiti di sollievo. -Fiuuuu... ora va molto megli Shin. Ti ringrazio- Il rosa sospirò di sollievo. -Non ringraziarmi e rilassati. Hai gli archi plantari tesi come corde di violino. Vuoi i crampi?- Shindou rise.

Shindou si avvicinò a Manabe e gli prese la mano. -Grazie, Il tuo aiuto in difesa è stato fondamentale!
Il lilla arrossí vistosamente. -Ma. .. ma cosa dici… non è niente di che… dalla panchina si vede bene il gioco…
-Ehi… volevo dirti una cosa a nome della squadra, se posso.
Manabe sembrava perplesso. -Va… va bene Shindou.. dimmi tutto.
-Ecco… ieri abbiamo avuto una discussione con l’allenatore. Abbiamo deciso di non convocare i provini per nessuna riserva. Lui ha detto che non ne vale la pena perché presto la tua gamba sarà a posto… e noi abbiamo accettato volentieri. Ti aspettiamo tutti con ansia, Manabe.
Il lilla era commosso. Adesso aveva un motivo in più per fare esercizio e tornare a giocare.  Tutti gli davano fiducia… non poteva deluderli, e doveva fare in fretta!


A cena uscirono tutti  a festeggiare con la squadra. Avevano scelto un ristorante in centro molto alla buona, ma pulito e carino. Ordinarono delle pizze.
-Certo che pizze buone come quelle che fanno in Italia qui non le trovi! -Ryoma rideva rideva a bocca piena.

Tutti erano felici. Kariya alzò pure un filino il gomito, attirando le ire del rosa. Tutti sapevano che nonostante le loro continue liti in realtà si volessero molto bene, e il rosa non intendeva permettergli di farsi del male per causa della sua leggerezza.
Shindou e Kirino si appartarono in bagno a metà serata. Minaho sapeva, gli altri ipotizzavano… risate e parole affettuose corsero da un capo all’altro del tavolo mentre tutti si scambiavano occhiate sornione.

Dopo cena uscirono alla luce della luna. Si salutarono sull’argine e si diedero appuntamento per il giorno dopo, mentre Manabe inforcava la sua stampella. Era l’ennesima serata tiepida di un autunno strano, e la luna brillava alta nel cielo avvolta in un manto di stelle come una ragazzina che si stringe attorno al collo la sciarpa preferita, imbevuta del suo profumo.

Manabe e Minaho erano pensierosi e parlarono poco per tutto il tragitto fino a casa.  Il lilla era preoccupato per la visita del giorno seguente, l’arancione per la situazione generale. Il silenzio dei genitori di Manabe lo impensieriva.

Entrati in casa si abbandonarono sul divano. L’arancione si buttò sull’amico e si abbandonò sul suo petto.
-Man… sei pronto per domani?
-Io… -al lilla tremava la voce. -Io credo di sì. Abbiamo… abbiamo fatto del nostro meglio, no?
L’arancione sorrise. -Sì, hai fatto un bel lavoro… non ho mai visto una volontà come la tua. Incontrarti è stata la cosa più bella della mia vita, Man.
-Anche per me... non ce l’avrei mai fatta senza di te. -Il lilla prese la mano di Minaho e gli fece l’occhiolino.



La mattina seguente, l’ospedale vide entrare nel suo grande cancello una curiosa spedizione.

Dal momento che la visita di controllo del lilla era stata segnata per la mattina, i due ragazzi erano stati costretti a rinunciare ad andare a scuola. Minaho voleva che l’amico fosse calmo e riposato, dunque non prese nemmeno in considerazione di uscire in anticipo dalle lezioni. La scuola era troppo lontana. Si può dunque immaginare quale fu la sorpresa dei ragazzi quando si trovarono davanti alla porta di casa, alle otto di mattina… Kariya Masaki!!

-E… e tu… e tu che ci fai qui? -Minaho era allibito.
-Bhe… ecco… vedi…

Il lilla apparve alle spalle dell’amico. Anche lui era in confusione. Kariya era così distaccato di solito! Cosa ci faceva li?
-Ciao Kariya! Non sei a scuola… cosa è successo?
-Come… come cercavo di dire… ecco! Vorrei venire con voi in ospedale!
Silenzio. I due ragazzi si guardarono basiti.

-Ma… sei sicuro Kariya? E come mai? -Il lilla sorrise un po’ imbarazzato.
-Sì... Il motivo è… ehm… sí! Il motivo è che non volevo fare il compito di matematica! Così ho pensato di venire con voi… magari potreste avere bisogno di aiuto, no? -Il verde si mangiava le parole.
Manabe sorrise con tenerezza. -Allora ti ringrazio… vieni pure, mi fa piacere passare del tempo con te, e credo sia la stessa cosa anche per Minaho! Vero Min?
-Eh?… Sì certo! Sono felice anche io! -L’arancione si era affrettato a sorridere, ma non riusciva a capire… qualcosa nella sua mente investigativa gli lasciava qualche dubbio. Era convinto che Kariya non la raccontasse giusta...

L’impiegata dell’accettazione sorrise quando vide i tre ragazzi. Si ricordava di Minaho. In ospedale le notizie viaggiano  in fretta, come in una vera e propria piccola città isolata, con le sue regole e le sue leggende. I due amici erano una di queste.
-Scala B,  secondo piano!

I tre presero l’ascensore per evitare a Manabe le scale e percorsero un lungo corridoio finestrato. Erano soli nella saletta d’attesa del dottore. L’ultima signora anziana infatti era entrata proprio mentre loro si sedevano ad aspettare.

Kariya continuava a giocherellare con le mani senza riuscire a fermarsi. Teneva lo sguardo fisso a terra e sembrava nervoso. Minaho ebbe come l’impressione che dovesse dire qualcosa fin da quando si era presentato alla loro porta, ma qualcosa evidentemente lo frenava. -E se fossi io? -pensò.
-Ragazzi… posso lasciarvi da soli un minuto? Ho una sete… vado al bar a comprare una bibita… vi dispiace?
Una scintilla brilló negli occhi di kariya. Minaho capí di aver fatto centro.
-No Min, non ti preoccupare! Tanto ci sarà un po’ da aspettare… noi non ci muoviamo da qui! -Il lilla sorrise all’amico.

Minaho si allontanò saltellando, curiosissimo di scoprire cosa Kariya stesse nascondendo. Qualcosa gli diceva di aver fatto la scelta giusta.

Appena l’arancione fu fuori portata uditiva Kariya iniziò ad agitarsi. Si avvicinò al lilla senza però riuscire ad iniziare un discorso.
-Ehm… si Kariya? Qualcosa non va? -Manabe era perplesso.
Il verde sforzó uno dei suoi soliti sorrisi strafottenti ma con ben poco successo. Si sedette sulla sedia vicina a quella di Manabe.

-Senti… senti Manabe, volevo... -La voce di Kariya era sforzata. -… ecco… c’è una cosa che volevo dirti…
Il lilla era davvero sconvolto. Non avrebbe mai creduto che Kariya potesse essere preso in un momento di difficoltà simile. Sembrava sempre così sicuro e sprezzante!
-Dimmi… dimmi senza problemi!

-Ecco… ci tenevo che sapessi che ti capisco. - il verde abbassò lo sguardo.
-Mi… mi capisci? -Il lilla non capiva.
-Sì, ti capisco. Vedi… anche io non ho avuto genitori come tutti gli altri bambini quando ero piccolo… sono. … sono cresciuto in orfanotrofio. Volevo… volevo che sapessi che se hai bisogno di qualcosa. .. ecco… puoi contare su di me. -Il verde aveva buttato fuori tutto d’un fiato. -Ecco! L’ho detto!

Il lilla sorrise. Sapeva quanta fatica fosse costato per uno come Kariya dire una cosa simile. Era commosso.
-Grazie… Grazie Kariya! -Manabe abbracció il ragazzo verde che rimase come paralizzato.
-Ehi ehi!! Non prenderti troppa confidenza! -Kariya di sforzó di rimanere serio e distaccato.
-Va bene… va bene Kariya! -Il lilla si strinse ancora di più al verde che sospirò sconsolato… prima di ricambiare l’abbraccio.


Pochi minuti dopo il ritorno di Minaho (che dallo sguardo dei due amici capí subito essere successo qualcosa di importante!) il dottor Konoe, salutando i due amici, li invitò ad entrare.
-Vedi che c’è un vostro compagno! Che piacere di conoscerti! Vuoi entrare anche tu?
-Dai Kariya… vieni! Mi avrebbe davvero piacere… -Manabe fece due irresistibili occhi da cucciolo. Minaho rise vedendo Kariya sbuffare ed unirsi a loro.

-Allora… vedo che avete fatto progressi!
Il dottore colpiva con un martelletto la caviglia di Manabe, osservando i piccoli scatti che ne conseguivano. Il lilla sorrideva imbarazzato seduto sul lettino.
-Abbiamo recuperato l’uso del piede ed iniziamo a muovere la caviglia… è un ottimo inizio, sapete? Tenendo conto che sono passati solo quindici giorni, possiamo sperare di recuperare la piena funzionalità in breve tempo… un recupero davvero eccezionale! -Il dottore era impressionato.

Minaho si tratteneva a fatica dal fare i salti di gioia, e anche Kariya sotto la sua scorza sarcastica faticava a trattenere un piccolo sorriso. Manabe chiese al dottore cosa dovesse fare nelle settimane successive.
-Mh… direi di lavorare sul ginocchio. Pian piano dovrai riprendere a muoverlo… poi potremmo pensare a qualche seduta di riabilitazione per far recuperare forza ai muscoli, anche se vedo che ti sei tenuto allenato! Non hai perso tono muscolare.
-E’ stato Minaho ad aiutarmi… è tutto merito suo! -Il lilla guardò l’amico che arrossí come un peperone.

Prima di lasciare andare i ragazzi il dottore controlló la ferita dell’intervento. La cicatrice si era schiarita e ora quasi non si vedeva. Il chirurgo aveva fatto un capolavoro.
-Bene… ottimo ragazzi! Direi che ci si rivede fra due settimane… continuate così, e per Natale potremmo avere raggiunto il nostro risultato… anche se poi ci vorrà tempo per riprendere bene l’uso dell’arto,  dunque non ti spaventare. -Il dottore strinse la spalla del lilla.
I ragazzi ringraziarono Konoe e uscirono dirigendosi verso l’accettazione. Minaho vide che sia Manabe che Kariya sorridevano… ed era un occhiolino quello che aveva visto? Tutto era moooolto interessante!


Di ritorno a casa chiaccherarono di tutto.
-Ehi Kariya… grazie per essere venuto con noi oggi… ti va di venire a cena? -Il lilla sorrise al verde.
-No… non ho tempo! Purtroppo, con mia grande disperazione, devo studiare! Vi ringrazio… e su con la vita Enrico Toti!

Minaho rimase perplesso, ma Manabe colse l’allusione al famoso eroe italiano che aveva lanciato la sua stampella contro il nemico. Rise di gusto.
-Aspetta… Kariya!

I due ragazzi non avevano nemmeno fatto in tempo a salutarlo, che il verde era sparito come un fulmine, così come era venuto.

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Capitolo 19
*** Vuoi fumare? ***


Baby, I got it
What you need
Do you know I got it
All I'm askin'
Is for a little respect
 when you get home (just a little bit)

I giorni passavano e ottobre si avviava alla fine. Le piogge si erano intensificate anche se le temperature rimanevano più che tiepide, e le serate invitavano a rimanere in casa davanti ad un buon libro o ad un film interessante.

Minaho continuava a seguire Manabe giorno per giorno. Il lilla faceva tutti gli esercizi, ma i progressi erano lenti. Non che la cosa li preoccupasse (il dottore li aveva avvertiti che sarebbe servito molto tempo per recuperare il ginocchio) ma per Manabe era davvero frustrante. L'arancione aveva vinto con la squadra la terza partita e ora si avvicinava la semifinale del girone regionale. Voleva tantissimo partecipare alla finale, ma questo significava essere in piedi prima di Natale… sembrava impossibile.

Inoltre faticava sempre di più a nascondere a Minaho il suo ultimo cruccio. Le prese in giro a scuola si erano intensificate, soprattutto grazie all’arrivo in classe di un nuovo”amico”. Era costui una sorta di avanzo di galera che sembrava pescato da Guantanamo, con il quoziente intellettivo di un tubo di stagno, ma “fighetto” oltre ogni umana decenza e dunque preda dello sfrenato desiderio di chiunque. Le ragazze volevano averlo per sé, i ragazzi sfruttare la sua prepotenza per emergere, anche a costo di strisciare ai suoi piedi.

Inutile dire che Manabe e Minaho non volevano avere niente a che fare con questa faccenda. Erano abituati a stare da soli, potevano permettersi di ignorarlo ed essere ignorati.
Il curioso soggetto però (Kitama era il suo nome) sembrava essersi da subito molto interessato ai due ragazzi. Aveva capito che si proteggevano a vicenda e dunque, individuato l’elemento a suo parere più debole, aspettava che l’altro si allontanasse per attaccare.


-Di’, storpio! Il fidanzatino non è con te adesso, eh? Perché non ti avvicini così ti posso dire cosa penso degli sfigati come voi?
Manabe era terrorizzato da quel pazzo e dalla sua banda. Cercava di non allontanarsi mai da Minaho, ma se questo succedeva si faceva forza e tratteneva le lacrime. Non voleva farsi vedere debole.
Da un paio di giorni aveva iniziato anche a prenderle. La prima volta lo aveva aspettato fuori dal bagno e gli aveva dato uno schiaffo, la seconda invece gli aveva teso un agguato davanti alla biblioteca. Minaho era agli allenamenti e il lilla si era trovato con le spalle al muro. Per fortuna i pugni allo stomaco non lasciano lividi, pensò.

Manabe non avrebbe mai permesso a Minaho di scoprire cosa stava succedendo. Sapeva che l’amico si sarebbe lanciato a difenderlo, ma cosa poteva fare da solo contro quell’animale e la sua banda? No, non era proprio possibile. Doveva stare attento a tenerlo fuori.


-Ehi, scemo! Sei ancora in giro? La vuoi capire che non voglio vederti davanti a me? Togliti di mezzo zoppo!
Era comparso da dietro una colonna, percorrendo il corridoio a grandi passi, seguito da due scagnozzi del suo codazzo. Manabe arretró alzando le mani come a difendersi il petto. Una nuvola di fumo si alzava dalla sigaretta che aveva in bocca, stretta fra  denti.

-Io… io… non…
-Ma sentitelo come piagnucola! Dove hai lasciato l’amichetto? Uno di questi giorni vorrei fargli assaggiare due ceffoni, sai? Proprio non capite cosa serva per essere uomini, in questa scuola!!
Manabe tremava. Una scossa fai adrenalina gli percorse il corpo come un fulmine.
-Non ti azzardare a parlare di Minaho, idiota!

Il lilla si rese conto in un secondo di cosa avesse fatto. Si morse violentemente la lingua. Perché aveva parlato senza pensare? Quando gli toccavano Minaho non riusciva più a contenersi… ora era davvero nei guai.
Inizió ad indietreggiare stringendo i denti. Kitama era rimasto inizialmente stupito, poi aveva iniziato a farsi crescere sulle labbra un sorriso sarcastico e cattivo.
-Bene. Bene. Bene! Credo di averti giudicato male, sai? Non sei affatto un debole… sei proprio un idiota!! Uno scemo inutile!! Sai contro chi ti sei messo? Lo sai?

Il ragazzo urlava avvicinandosi a Manabe a grandi passi. Perché in quel dannato corridoio non passava nessuno? Afferrò il lilla per il colletto della camicia. Manabe stava per piangere.
-Piangi pure! Sei proprio una femminuccia! Vieni… vieni con me!- Kitama gli diede un pugno su una spalla facendolo gemere di dolore, quindi incredibilmente lo attrasse a sé. Manabe poteva sentire il puzzo di fumo che gli impregnava la divisa.
-Ecco… sediamoci qui! -Costrinse il lilla a sedersi su una sedia e gli si piazzó al fianco. -Che ne dici di fumarci una sigaretta?
-Io… lasciatemi!! Lasciatemi andare!! -Il lilla non riusciva più a trattenere le lacrime.
-Non vuoi? Non sei abbastanza uomo da fumare neanche una semplice sigaretta? Idiota! Vuol dire che dovrò insegnarti io! -Il ragazzo rise sguaiatamente, quindi diede un pugno nello stomaco al lilla che si piegò trattenendo i conati.

Kitama mandò uno sguardo di dominazione ai suoi “amici” che se la ridevano (assai spaventati a dire il vero) e afferrò una mano del lilla aprendogli con violenza le dita.
-Oh! Ma che bella manina! Non sei abituato a fare a pugni o sbaglio?
Manabe non vedeva più nulla a causa delle lacrime. Aveva una paura folle.
-Adesso ci penso io a farti diventare uomo!

Kitama su tolse lentamente la sigaretta dalla bocca. La tenne tra le dita fissandola con aria di superiorità, quindi la sventoló davanti alla faccia dei suoi stupidi scherani. Dovevano vedere. Lo avrebbero temuto e rispettato ancora di più.
Increspó le labbra in un accenno di sorriso cattivo e accennó un movimento con le sopracciglia. Per un attimo sembrava che non dovesse succedere nulla, poi si mosse con la rapidità di un gatto. Premette con forza la sigaretta sul palmo della mano di Manabe, tenendola schiacciata contro la sua pelle mentre il lilla urlava di dolore.
-Visto? Adesso sai fumare! -Kitama rise. Diede uno schiaffo a Manabe e se ne andò ridendo, seguito dai suo scagnozzi, lasciando il lilla in terra a piangere.

-Ora come faccio a tornare a casa, maledizione? -Il lilla era in bagno, appoggiato ad un lavandino. Aveva il viso arrossato per lo schiaffo e bagnato di lacrime. I capelli spettinati gli ricadevano sugli occhi in ciuffi sparsi.
Aveva vomitato. Il pugno che aveva ricevuto allo stomaco era davvero forte. Sperava di non avere lividi evidenti… anche se il principale problema sarebbe stato nascondere la mano.
Aveva un’ustione grossa come una moneta in mezzo al palmo che gli bruciava da impazzire. L’acqua del rubinetto del bagno non gli dava nessun sollievo. Si fasció la mano con un fazzoletto e si avviò zoppicante verso l’uscita, reggendosi alla stampella.


-Ehi Min, sono  a casa! -Il lilla si era tranquillizzato ed era riuscito a far sparire ogni accenno di dolore dalla voce.  -Cosa si mangia di buono?
Quel giorno Minaho infatti lo aspettava a casa. Manabe si era trattenuto a scuola un’oretta in più per aiutare un professore con certi incartamenti. -Non l’avesse mai fatto, dannazione! -Pensò tra sé e sé.
-Sei fortunato! Ho bruciato il pesce! Ci hanno appena portato la pizza… -Nella voce del lilla si notava l’amara delusione per la rovina del suo pranzo. Manabe sorrise. Non sapeva cucinare, ma si impegnava tanto…
-Ottimo… oggi ho bisogno di digerire… sai… ancora devo finire di metabolizzare i tuoi bucatini di tre giorni fa! -Il lilla aveva una splendida faccia da schiaffi.
-Stai rischiando grosso Manabe… ma tanto! Guardia che ci metto un attimo a ripescare il pesce dal bidone… sempre ammesso che riesca a staccarlo dalla teglia… stai attento! -L’arancione lo minacciò con il pentolino. Scoppiarono a ridere.

-Beh… allora arrivo, vado un attimo a sciacquarmi le mani e sono da te!
Il lilla si mosse verso il bagno allegramente, prima di sentire una stretta alla spalla.
-Manabe. -La voce di Minaho era serissima.
-Ehm… si? Che hai Min?
-Fammi vedere la mano.

Il lilla sbiancó. Dannazione, lo aveva visto!
-Min… scusa Min ora ho bisogno di andare in bagno…
-Fammi vedere la mano!! -Minaho urló, ma si pentí subito. -Scusa… scusa Man. Lascia che ti guardi la mano, per favore.

Il lilla era confuso. Si sentiva con le spalle al muro.
Non reagì mentre Minaho gli apriva dolcemente le dita sgranando tanto d’occhi.
-Manabe, chi ti ha fatto questo? CHI È CHE SI È AZZARDATO A FARTI QUESTO???
L’arancione era furente. Manabe non lo aveva mai visto cosí.
-Min… lascia stare… è stato un incidente…
-Un incidente? UN INCIDENTE??? Chi è stato!! Devi dirmelo!!- L’arancione si fermò. Un lampo gli aveva attraversato lo sguardo. -È… è stato Kitama vero? Ho notato come ti guarda, quel maledetto bastardo! È stato lui!

Manabe abbassò gli occhi.
-Aveva ragione quindi! È stato quel troglodita! Giuro che lo ammazzo! LO AMMAZZO!! Ma… Manabe… che hai? – L’arancione si calmó di colpo. Il lilla stava piangendo.
-Ti… ti prego non… non andare da lui! Ti picchierà… ti scongiuro!! Non voglio che tu vada!! Ti farà del male!!
Minaho sospirò abbracciando Manabe e attraendolo a sé. -Man… non posso lasciarlo impunito. Tranquillo. .. Adesso sto qui con te, ma non è finita qui, lo giuro su mio padre.

Manabe sospirava di sollievo mentre le dita dell’arancione gli spalmavano una pomata sull’ustione con la maggior delicatezza possibile. -Grazie… non… non ne potevo più….
-Vedrai che domani sarà già cicatrizzata… non è grave per fortuna. – Minaho soffiava delicatamente sulla mano dell’amico.
Manabe era decisamente preoccupato. Aveva paura che Minaho progettasse qualcosa di pericoloso. Non voleva che si facesse picchiare per lui. Da domani sarebbe stato ben attento a non incrociare Kitama nemmeno con lo sguardo.

Minaho non riusciva a dormire. Come si era permesso quell’animale di toccare Manabe? Ma la verità era che non era arrabbiato con Kitama, ma con sé stesso. Non aveva capito nulla, non si era accorto di nulla. Era un investigatore fallito e un pessimo amico. Senti una lacrima rigargli la guancia.
Non aveva intenzione di lasciare che Kitama la passasse liscia, a costo di farsi picchiare. Doveva escogitare qualcosa. Conosceva quel tipo di persona. Fanno tanto i coraggiosi, ma appena sono soli si comportano come bambini impauriti. Dio quanto li odiava quelli come lui… era stato il padre a trasmettergli il senso della giustizia.

-Ora riposa, Manabe… -parlò come se il lilla, che ronfava felice nella stanza a fianco, potesse sentirlo. -Domani ci penserò io a difenderti… non mi farò mai più cogliere di sorpresa. Te lo prometto!

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Capitolo 20
*** Preciso e potente ***


Squilli, echeggi la tromba guerriera,
chiami all'armi,
alle pugne, all'assalto:
fia domani la nostra bandiera
di quei merli piantata sull'alto.
No, giammai non sorrise vittoria
di più liete speranze finor!
Ivi l'util ci aspetta e la gloria,
ivi opimi la preda e l'onore,
Ivi opimi la preda e l'onor!

La mattina seguente Minaho avrebbe voluto che Manabe rimanesse a casa, ma il lilla si oppose con tutte le sue forze.
-Min…se pensa che abbia paura se la prenderà ancora di più con me… non posso non venire!

L’arancione aveva sospirato, ma in fondo condivideva il parere di Manabe. Sarebbe stato come darla vinta a Kitama… però era preoccupato al pensiero che quell’essere potesse azzardarsi a toccare di nuovo l’amico.


Si incamminarono verso la scuola come ogni giorno, stando però attenti a prendere l’autobus precedente a quello che prendevano di solito, così da arrivare prima in classe e non rischiare di fare brutti incontri nel corridoio. Classe significava professore, e per quanto vagabondo e ipocrita fosse, professore significava protezione. Se fosse scoppiata una rissa in mezzo ai banchi non poteva di certo chiudere gli  occhi no?

Manabe ora stava meglio. L’ustione non gli faceva più tanto male, e un comodo cerotto aveva sostituito la benda bianca che Minaho gli aveva fatto tenere la sera precedente. Non aveva nemmeno lividi evidenti… mentre lo picchiavano era riuscito a proteggere le parti delicate.


Al loro arrivo in classe non c’era quasi nessuno. Le lezioni iniziarono in orario e precedettero stancamente, mentre Minaho scagliava sguardi di fuoco a destra e a manca come un animale che protegge i suoi cuccioli. Non si allontanò dal lilla un istante per tutta la prima metà della mattinata, scontandolo fino al campo per gli allenamenti pomeridiani. Una volta arrivati li sarebbero stati al sicuro, lontani dagli sguardi di Kitama e dei suoi “amici” che li avevano fissati ridacchiando per tutta la mattina.

Il pomeriggio si prometteva tiepido, e l’allenatore propose quindi di andare ad allenarsi al fiume. Tutti accettarono entusiasti.
-Meglio… saremo ancora più lontani da qui e da quei bifolchi! -Minaho fece l’occhiolino a Manabe, che sorrise.

-Bene ragazzi, attacco contro difesa! -Tenma organizzava la squadra con voce squillante. Era solo l’ennesima partitella di allenamento ma tutti gioirono.
-Finalmente un po’ d’azione!  -Rise Kirino.

Il gioco procedeva fluido, interrotto solo occasionalmente da qualche ordine dell’allenatore o dai consigli di Manabe, che in panchina poteva dare il massimo nella gestione della difesa.  
-Presa! -Ryoma aveva rubato la palla ad uno sconvolto Shindou.-Adesso segno!
Minaho rise. L’azione del ragazzo era bella ma prevedibile. Si sarebbe mosso a destra… facile da bloccare. Si preparò a scattare.

Fu in quell’istante che qualcosa di interessante attrasse il suo sguardo. Sul grande ponte che attraversava il fiume poco oltre il campo passava, solo e con le mani in tasca, Kitama.
Minaho elaborò subito l’informazione. Stava andando a casa? Di certo non era una casualità… sapeva che abitava poco lontano. Gliel’aveva detto un professore al quale aveva rifilato una bufala a base di compiti da fare insieme. Figuriamoci! Ma tanto i professori non avevano idea di chi frequentasse… solo la prof di lingua aveva una certa simpatia per lui e Manabe, dunque nessun problema.

-Attento Minaho! Ti sei fatto superare! – Shindou riprese l’arancione.
Minaho si riscosse dai suoi pensieri accorgendosi di essere stato dribblato da Ryoma. Facile… non si era neanche mosso!
-Scusa Shindou, ero distratto. Non succederà più! -Minaho alzò la mano in segno di scusa e riprese a correre. Aveva un sacco di pensieri che gli frullavano in testa… e qualche idea che aspettava di uscire.

-Bravi ragazzi! Bella sfida! Domani lavoreremo a qualche nuova tattica ok? -Endou sorrise alla squadra. Anche Tenma sembrava fiero dei risultati e l’incontentabile Shindou aveva uno sguardo splendidamente soddisfatto.

Minaho e Manabe si incamminarono verso casa con tranquillità. Avevano tutto il tempo di prenderla lunga e farsi una bella passeggiata lungo il fiume prima che fosse ora di andare a casa per decidere cosa mangiare a cena.
-Min… qualcosa non va? Mi sembri pensieroso… -Il lilla sorrise all’indirizzo dell’amico. Lo vedeva strano… come se stesse riflettendo su qualcosa.
-Eh?... ehm… no Man, sono solo stanco! -Minaho sorrise. -Non preoccuparti… vedrai che con un bicchiere di latte e una bella doccia tornerò quello di sempre!
Manabe lo guardò dubbioso. -Mh.. oook…

Il fiume scorreva placido attraverso la città. Era abbastanza grande a tratti, fino ad un’ampiezza di 15/20 metri, ma le sue acque erano sempre tranquillissime e tiepide, poco profonde e adatte al nuoto.
Seguendo le anse di quel serpente argentato si poteva godere delle bellezze della città come da nessun’altra prospettiva. Il fiume costeggiava infatti il quartiere dei negozi, con le sue botteghe tradizionali e i ristoranti, finendo per accarezzare il cuore finanziario della cittadina con i suoi pochi grattacieli. Corteggiando poi dolcemente il parco, si spingeva fino al campo e al complesso scolastico nei quartieri residenziali.

Minaho e Manabe lo avevano costeggiato fino a dove possibile, poi si erano allontanati lungo un piccolo viale alberato che conduceva alla strada principale. Da lì erano bastati quindici minuti per arrivare a casa del lilla.

I due ragazzi erano entrati, quindi immediatamente Minaho si era precipitato a fare la doccia lasciando Manabe con i suoi dubbi a preparare qualcosa da mangiare. Il lilla si stupì che non gli avesse imposto di andarsi a riposare sul divano come faceva sempre… qualcosa doveva davvero bollire in pentola.

Quando andarono a letto però Manabe si era rappresentata ormai calmato, e il giorno dopo non aveva più dubbi che tutto si fosse sistemato da solo. Minaho fu normale tutto il giorno, a parte qualche insolito momento di stasi durante gli allenamenti. In serata era comunque tutto passato, a giudicare da come si divertirono insieme giocando a carte.
-Man, domani non penso di venire agli allenamenti. Devo andare in un posto.

Minaho aveva interrotto il gioco con la faccia di chi avesse ragionato a lungo sulle sue parole. Manabe alzò la testa dalle carte.
-Come mai Min? È successo qualcosa per caso?
-No, tranquillo… -Minaho sorrise. -Solo che devo assolutamente… devo assolutamente andare a comprare… a comprare i calzini, ecco! Sono a corto di biancheria…
Il lilla contrasse le sopracciglia. Non ci credeva minimamente. L’arancione era un fanatico dell’igiene e il suo cassetto straripava di biancheria pulita pronta all’uso. Non gliela contava giusta, ne era certo.

-Mh… ma scusa Min, se hai bisogno urgentissimo di biancheria puoi servirti dal mio cassetto… e poi proprio nell’ora dell’allenamento?
L’arancione era evidentemente in difficoltà. -Ecco… ehm… vedi… è che… devo assolutamente andare! Ci sono i saldi, dobbiamo economizzare … sai che ora come ora non abbiamo entrate!

Manabe non capiva più nulla. Le argomentazioni di Minaho erano evidentemente assurde, ma odiava l’idea di metterlo in difficoltà.  In fondo se aveva qualcosa da nascondere chi era lui per intromettersi ? Erano così poche le cose che non condividevano, che pensò dovesse essere senza dubbio qualcosa di importante. Era certo che poi gliene avrebbe parlato.
-Va bene Min… qualunque cosa sia però… mi raccomando, attento!
L’arancione sapeva che il lilla non gli aveva creduto, ma era certo che appena avesse fatto quello che doveva fare avrebbe capito.
-Tranquillo Man. Io sto sempre attento.

Molte cose quella sera avevano fatto aumentare i dubbi del lilla. Minaho aveva passato la serata stranamente pensieroso, e strani lampi gli attraversavano lo sguardo. A Manabe preoccupava soprattutto un gesto inconsueto che gli aveva visto fare più volte, sovrappensiero. Si accarezzava in maniera inquietante il pugno destro.


La mattinata scolastica, tutto sommato, andò benone. Minaho era stranamente eccitato, anche più del solito, e rispondeva agli sguardi di Kitama con sorrisi pieni di sicurezza. Manabe era pervaso da una strana sensazione. La presenza dell’amico al suo fianco lo rassicurava ma percepiva che qualcosa sarebbe successo da lì a poco.

Dopo le lezioni la squadra tutta unita si mosse verso il campo al fiume. Solo Minaho faceva eccezione. Alla fine della mattinata aveva infatti salutato il lilla dandogli appuntamento per dopo gli allenamenti.
Manabe continuava a sentirsi agitato mentre osservava il gioco dalla panchina. Qualcosa gli diceva che l’arancione si stava mettendo nei guai. Cercò di concentrarsi sulla partitella che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi e pregó di non avere brutte sorprese.

Minaho camminava con le mani in tasca lungo una strada tappezzata di piccole botteghe. Davanti a lui il ponte. Si sedette su una panchina incrociando le gambe.
-Sta arrivando. Manabe… per te.
Si fasció la mano con un fazzoletto di stoffa.

Manabe era davvero preso dall’azione in corso. Quando pensava alla matematica, e specialmente al binomio matematica – calcio, il cervello gli si accendeva di un’energia nuova. Aveva già dato indicazioni a Kirino ed ora si accingeva ad osservare il risultato.
Il rosa scattò fulmineo prendendo la palla dai piedi di Tenma, che rimase con un palmo di naso. -Ottimo!- urlarono quasi all’unisono Endou e Manabe.

Fu Kariya a notare qualcosa di strano.
-Ehi ragazzi! Guardate! Qualcuno se le sta dando sul ponte!!

Il gioco si fermò. Tutti guardarono in alto. Effettivamente era vero, qualcuno si stava picchiando sul ponte. Apparentemente si trattava di due ragazzi. Uno di loro era particolarmente alto e sembrava il più rabbioso. Colpiva dovunque senza nessuna strategia, come un animale feroce. L’altro, invece, nonostante tutti i colpi che incassava in tutto il corpo aveva tattica e precisione. Ogni volta che colpiva faceva barcollare il suo avversario.
Manabe fissava la scena con occhi stralunati. Sul ponte non c’era nessuno che potesse separarli. I ragazzi della squadra parlottavano tra loro chiedendosi cosa stesse succedendo.
Ora il ragazzo più massiccio sembrava davvero furioso. Una scarica dei suoi pugni raggiunse l’altro in pieno viso. Manabe pensò che gli dovesse aver rotto il naso o uno zigomo a giudicare da come il ragazzo si era accasciato. L’altro, approfittando del momento, iniziò a coprirlo di calci. Tutti si agitarono. Chissà perché ma parteggiavano per il ragazzo di media statura.

In un secondo il grande cadde a terra. Manabe immaginó che l’altro dovesse essere riuscito ad afferrargli la gamba e a farlo sbilanciare. Tutti esultarono. Dopo mezzo minuto eccoli di nuovo in piedi. La furia del grande era scatenata e totale.
-Dio, lo sta ammazzando!! -Kirino si sentiva mancare. Il ragazzo più piccolo cercava di coprirsi il volto ma l’altro lo stava massacrando di botte. Calci, pugni, non c’era una parte del corpo che non venisse letteralmente sommersa di colpi.

Fu un lampo.

Il piccolo scattò come un fulmine. Furono solo tre colpi, di precisione assoluta. Il primo pugno colpì il grande alla spalla, facendolo sbilanciare e aprendo uno spiraglio. Il secondo, diretto alle parti basse, lo fece piegare in due. Il terzo non fu un pugno, bensì un potente e precisissimo schiaffo. Qualcosa di meno doloroso, ma molto più umiliante. La testa del grande si girò di novanta gradi a causa del colpo preso in pieno volto. Il ragazzo cadde, quindi si rialzó tenendosi il viso e fuggì a gambe levate.


Non seppero mai perché, ma tutti i ragazzi della squadra di ritrovarono ad esultare. Qualcosa nel modo di battersi del grande glielo aveva fatto percepire come malvagio, feroce.
Solo Manabe era rimasto impassibile, nonostante avesse osservato tutto con apprensione. Qualcosa lo preoccupava.

Il ragazzo vincitore barcolló fino al bordo del ponte. Si era accorto del suo “pubblico”? Alzò una mano in segno di vittoria… sembrava fissare qualcosa o qualcuno in particolare… vicino alle panchine.
Rimase qualche secondo così, le braccia aperte come in croce, ad abbracciare un cielo che sembrava così vicino, quindi si accasció, cadendo all’indietro come un petalo di ciliegio.

I ragazzi urlarono preoccupati. Kirino abbracció Shindou e Tenma si rifugiò tra le braccia di Tsurugi.
Manabe era come paralizzato. Aveva notato una cosa che lo aveva sconvolto.
Quando il ragazzo si era avvicinato al parapetto, qualcosa aveva brillato sotto la luce calda del primo pomeriggio.

Un ciuffo arancione.

-Minaho!!

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Capitolo 21
*** Non farlo mai più... ***


This is my fight song
Take back my life song
Prove I'm alright song
My power's turned on
Starting right now I'll be strong

Manabe era a terra. Si era alzato proiettandosi in avanti senza nemmeno ricordarsi della sua stampella, ed era malamente caduto.

Si tiró in piedi con la forza della disperazione e, afferrato l’oggetto, si mise a correre verso le scale dell’argine, seguito da Shindou e Tenma che avevano intuito cosa fosse successo.
-Maledetti scalini… sono troppo ripidi! -Il lilla rischiava di inciampare ad ogni passo e cadere pericolosamente all’indietro ma non gli importava, voleva raggiungere il ponte il prima possibile.

-Aspetta, appoggiati a me, ti aiuto io. -Shindou gli aveva messo una mano sulla spalla.
Manabe si aggrappó al suo collo e insieme si issarono sul parapetto dell’argine. Il ponte era molto vicino a loro, ma Shindou continuò a sorreggere il lilla. Aveva paura che l’agitazione lo spingesse a mettersi in pericolo.

-Minaho!!  -Il lilla corse sul ponte verso il ragazzo steso al suolo. -Minaho!! Rispondimi!!

Manabe si chinó sul corpo esanime dell’amico. Era coperto di graffi e lividi, e aveva le mani tagliate in più punti. Sembrava svenuto.
-Min! Min dannazione rispondimi!! Svegliati… ti prego svegliati…
Shindou e Tenma si erano avvicinati e osservavano la scena con il cuore in gola. Non avevano idea di cosa fosse successo. Perché Minaho aveva fatto a botte con quel ragazzone?

-Minaho… ti supplico… non puoi lasciarmi così dopo questa enorme cazzata!! È tutta colpa mia! È… colpa… mia!!! -Il lilla piangeva.
-N…n…non credo… non credo proprio…

L’arancione aveva aperto gli occhi. Sembrava facesse una grandissima fatica a parlare, ma sorrideva sornione!
Manabe rimase come paralizzato.
-M… Minaho…? -bisbiglió con un filo di voce.
-Sì… si… lo so… lo so come mi chiamo! -Il respiro dell’arancione era spezzato.
-Ma… Ma io ti… questa non te la faccio passare liscia!! Lo giuro!!! -Di certo era difficile prendere il lilla sul serio, a giudicare da come abbracciava piangendo l’amico che intanto era riuscito a tirarsi a sedere. Shindou e Tenma sospirarono di sollievo.

-E… e perché?… Quel… quel cretino ci… ci penserà due volte prima di avvicinarsi ancora ancora a te! -Minaho sorrideva soddisfatto dietro alla maschera di sangue che gli copriva il volto.
Manabe era sconvolto. Si sentiva responsabile.
-Ma… guarda come ti sei ridotto!! Ti avevo detto che… che non dovevi farlo!! -Il lilla continuava a piangere contro il petto dell’amico.
-Ma no… sono solo… sono solo due lividi e qualche graffio! Niente… niente di che! -L’arancione sorrideva. Il dolore era grande ma non insopportabile, era anche riuscito a normalizzare il respiro. -Su Man… smetti di piangere… va tutto bene.

Minaho o accarezzava i capelli dell’amico. Manabe intanto era completamente sconvolto. Aveva tirato fuori un fazzoletto e cercava di pulire il sangue dal volto dell’arancione, che però gli fermò la mano con delicatezza. -Non ti preoccupare… adesso vado a sciacquarmi, è solo un graffietto vedrai…
Minaho non aveva previsto che si sarebbe sentito in colpa. Sapeva di rischiare e sapeva che Manabe si sarebbe preoccupato, ma quegli occhi spaventati lo facevano soffrire più delle sue strigliate.

In quel momento faceva la sua apparizione sul ponte l’allenatore con il resto della squadra, in piena confusione e spaventati.
-Cosa… non voglio sapere cosa sia successo qui! Minaho! Che ti è successo?

La voce dell’allenatore era calma ma seria. Non sembrava arrabbiato, ma decisamente preoccupato e confuso.
-Mister… io… -Minaho non sapeva come spiegarsi, e la voce gli tremava.
-Lascia… lascia stare. Non è il caso di sforzarti ora. Manabe, portalo a casa… domani però mi aspetto che mi raccontate tutto. Vi conosco e so che se avete fatto questo ci deve essere un motivo serio e valido, ma cercate di capirmi, il mio compito è di proteggervi. -Endou li guardò serio. -Avete bisogno che qualcuno vi accompagni? Shindou! Vai con loro…
-Eh… certo! -Shindou si scosse dalla confusione dei suoi pensieri e corse vicino a Manabe.
-Bene… state attenti ragazzi. Domani vi aspetto per discutere di quello che è successo.

Manabe non era ancora riuscito a frenare le lacrime. Endou gli fece un sorriso di incoraggiamento. Sapeva che i suoi ragazzi non avrebbero mai fatto una cosa del genere se non per un motivo estremamente grave. Voleva vederci chiaro.

Rimasti soli, Manabe e Shindou aiutarono Minaho ad alzarsi in piedi. Aveva forti dolori ad un ginocchio e temeva di essersi rotto un piede.
-Appoggiati a noi Min… andiamo a casa.

I due ragazzi si misero uno a destra e uno a sinistra dell’arancione e gli fecero girare le braccia intorno alle loro spalle, sostenendolo. Procedevano estremamente piano e ad ogni passo il piede di Minaho gli lanciava fitte di dolore.
-No… così non possiamo procedere. Gli fa troppo male… Aspettami qui Manabe, torno subito. -Shindou corse a prendere il cellulare nel borsone e si appartó dietro alcuni alberi. Pochi minuti dopo ne uscì con un sorriso  -Fatto… ora dobbiamo solo aspettare.

Non erano passati nemmeno dieci minuti che una colossale limousine aveva accostato davanti a loro. Manabe era allibito.
-Uao! Questa sì che è una macchina! Da dove salta fuori Shindou? -Minaho aveva spalancato gli occhi come un bambino, dimenticandosi del dolore.
-Ecco… -Il castano era arrossito. – I miei sono molto ricchi, anche se odio che gli altri lo sappiano… sapeste quanto mi hanno preso in giro da piccolo! In passato ho avuto un rapporto difficile con loro, ma ora è andato tutto a posto… sono contenti che io mi sia fatto nuovi amici…
Manabe abbracció Shindou.

 -Sei un ragazzo speciale. Grazie.


I due ragazzi, aiutati dall’autista nella sua linda divisa di servizio, fecero stendere Minaho sul sedile posteriore della vettura. Shindou e Kirino si sedettero davanti a lui.
Il lilla teneva la mano dell’amico. -Tieni duro Min… a casa starai più comodo, ok?
Shindou disse all’autista l’indirizzo dei due amici e la macchina si mise dolcemente in moto. L’uomo stava molto attento a non prendere buche e a non fare frenate brusche. Minaho rise. Chissà che ansia, avere un ferito in auto!

Dopo dieci minuti erano arrivati. L’autista aiutò i due ragazzi a portare dentro Minaho e ad adagiarlo sul divano, quindi si inchinó e se ne andò dopo aver salutato i ragazzi. Minaho sembrava vergognarsi molto della situazione.
-Uff…. Vi dico che sto bene! -Si lamentó debolmente. In fondo gli piaceva essere al centro delle attenzioni del lilla!
Manabe sorrise e fece cenno di dargli uno schiaffone se non avesse taciuto. Shindou rise di gusto.

Manabe era sparito in bagno ed era ricomparso con una cassetta del pronto soccorso. L’aveva appoggiata sul pavimento e aveva iniziato a tirare fuori cerotti e disinfettante.
-Min… perdonami… brucerà un po’! Anche se dopo la paura che mi hai fatto prendere un po’ di dolore te lo meriteresti! -Il lilla passava un batuffolo imbevuto di disinfettante sul viso dell’amico. Per fortuna dopo averlo ripulito si erano accorti che aveva pochi graffi. Il naso non era rotto e il sangue evidentemente non doveva essere solo il suo!
L’arancione ridacchió. Era stato attento a non fare troppo male a Kitama, non voleva abbassarsi al suo livello, però aveva assetato alcune discrete “carezze”!

Minaho si accorse solo allora che Shindou si era abbandonato sulla poltrona bianco come uno straccio.
-Scusate… scusate ma il sangue mi fa troppo senso! -Il castano si lamentó amaramente.  Minaho e Manabe risero allegramente. -Non avere paura Shindou… non è niente di grave… abbiamo quasi finito!

Dopo aver ripulito per bene il volto e le mani di Minaho e aver applicato qualche cerotto sui graffi, Manabe si rivolse al castano.
-Shindou… avrei bisogno del tuo aiuto per favore! -Il lilla sorrise al castano.
-Certo… dimmi tutto… ora il sangue è sparito per fortuna! -Il castano era rosso di vergogna.
-Tieni ben ferma la gamba di Minaho… devo togliergli la scarpa e verificare che il piede non sia rotto.

Shindou ubbidí come meglio poteva. Manabe tolse la scarpa all’amico e gli tastó dolcemente il piede. Per fortuna niente di rotto. Anche il ginocchio era a posto.
-Ragazzi… ve lo aveva detto che non era niente di che… Ahia! -Minaho sorrise stringendo i denti. Il piede gli aveva dato una fitta.
-Sarà meglio che vada a prendere del ghiaccio… ringrazia che sei ferito, Min! Con la paura che mi hai fatto prendere mi ci vorranno giorni e giorni per riprendermi! -Manabe sorrideva ma l’arancione si sentì ancora più in colpa.

Dopo un’oretta Shindou decise di tornare al campo per informare i compagni e il mister dello stato di Minaho. -Per qualunque cosa chiamami Manabe… arrivo in un istante!
Il lilla abbracció Shindou. -Grazie di tutto Shin… Kirino è davvero fortunato.


Manabe era triste. Non è che fosse arrabbiato con Minaho. Sapeva che voleva solo difenderlo, ma aveva avuto così paura… il pensiero che il suo amico avesse rischiato ferite molto gravi lo faceva sentire male.
Minaho aveva notato la sofferenza dell’amico, e se ne sentiva responsabile.
-Man… Man, vieni un minuto vicino a me?
Il lilla tiró su col naso. Si mise a sedere vicino all’arancione e abbracció le ginocchia, guardando fisso nel vuoto.

-Man… mi dispiace così tanto! Io non… non volevo farti soffrire… solo che non resistevo! Non riuscivo a tollerare quello che quell’essere ti aveva fatto!
-Lo so… lo so ma… se ti perdessi non so cosa farei Min. Sei la mia ancora… la mia forza! Non fare mai più una cosa del genere a mia insaputa , ti imploro!
Minaho sospirò. -Ti giuro su mio padre che non farò mai più niente di simile. Sei troppo importante per me… troppo. D’ora in poi le cose le risolveremo insieme, ok?
-Su… su tuo… padre? -Il lilla sapeva cosa quel giuramento significasse per l’arancione.
-Su mio padre, Man, lo giuro.

Il lilla abbracció di slancio Minaho, facendolo gemere di dolore. -Grazie Min! Grazie!
-Mi… mi perdoni? – L’arancione fece due splendidi occhi da cucciolo.
-Ahimè… lo sai che sono troppo buono! -Il lilla rise. -Ti perdono...

Quella sera nessuno dei due pensò più agli avvenimenti del pomeriggio… avevano una partita a carte da finire! Niente di meglio per festeggiare un piccolo lieto fine per una giornata così movimentata!

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Capitolo 22
*** Oltre il danno, la beffa ***


Oh hold me in your arms tonight
I can be your hero baby
I can kiss away the pain
I will stand by you forever
You can take my breath away
Would you swear that you'll always be mine

La mattina seguente Minaho si svegliò tutto dolorante. Aveva i muscoli indolenziti, il collo irrigidito e gli facevano male le braccia. I postumi dello scontro con Kitama si facevano sentire… se non altro era contento di non avere il viso tumefatto. Non l’avrebbe mai ammesso, ma si sarebbe vergognato tanto a farsi vedere coperto di lividi. Ringraziò il cielo che gli aveva regalato solo qualche graffio.

Fece per alzarsi, ma come inarcó la schiena una fitta di dolore lo fece gemere. -Maledizione! –
Piano piano riuscì a mettersi seduto sul letto. Si fissó le mani. Per loro non si poteva dire quello che aveva detto per il viso… erano coperte di tagli chiusi da cerotti colorati (Made in scorte mediche di Manabe).
L’arancione sospirò e si alzò in piedi con esasperante lentezza. Le ginocchia erano come irrigidite e ad ogni passo il piede gli mandava fitte di dolore.


-Ehm… Min? Perché ho come il sospetto che qualcosa non vada? -Manabe sorrise all’amico mentre friggeva due fette di pancetta per colazione. Minaho era appena entrato trascinandosi fino alla sua sedia.
-Mh… -mugugnó,-mi fa male tutto…
Manabe sospirò. -Così impari a fare a botte! -Disse con voce seria.

Minaho abbasso gli occhi. Il lilla pensò di essere stato troppo duro… il suo amico si sentiva ancora in colpa per aver agito d’impulso facendolo preoccupare. Provó un moto di tenerezza nei confronti dell‘arancione… in fondo era unico. Non aveva esitato un istante a mettersi in pericolo per proteggere il lilla.
-Scusa Min… -Il lilla aveva addolcito la voce. -Non volevo essere duro. Vuoi che chiami il dottore? Intanto sarà meglio che ti prenda un antidolorifico e del ghiaccio per il piede…

-No… no Man, meglio lasciare da parte il dottore… mi… mi vergogno, ecco! – Minaho era arrossito di colpo. Manabe rise.
-E va bene… comunque non devi vergognarti, eroe! Vuol dire che oggi staremo a casa a riposarci… tanto oramai non passa settimana senza una nostra assenza! -I due ragazzi risero. Minaho strinse i denti, il collo gli faceva male se rideva.
-Mh… possibile? -Il lilla sorrideva. Si era messo alle spalle dell’amico e gli stava massaggiando dolcemente il collo. – Da quando ci conosciamo abbiamo accumulato più assenze da scuola che in tutto il resto della nostra carriera… sarà un segno!

Minaho si sentiva pervaso da una strana gioia, come sempre quando era con l’amico. Sospirò di sollievo mentre sentiva i muscoli sciogliersi sotto il tocco di Manabe.
-Abbiamo diritto di prenderci il nostro pezzetto di normalità, no? E poi in effetti hai ragione… non voglio vedere Kitama nemmeno da lontano oggi. Stiamo a casa.
Fu deciso quindi di lasciare perdere la scuola. Sarebbero andati agli allenamenti nel pomeriggio per parlare con il mister Endou, ma la mattina si sarebbero riposati.


-Forza Min… a letto! Ti porto la colazione in camera. Hai bisogno di riposo… -Il lilla si legò il grembiule da cucina dietro alla schiena sorridendo. Minaho provó debolmente a protestare.
-Ma… Ma non sono così…
-Sssst! A letto Min! -Il lilla sorrise sornione. -Dammi cinque minuti e sono da te con la pappa e qualcosa di bello da fare!
Minaho sospirò e se ne tornó allegramente in camera. In fondo era contento di avere le attenzioni di Manabe. Si stese sul letto e rilassó tutti i muscoli.


-Eccellenza! È pronta la colazione! E…. pancetta e uova! Vai di Stati Uniti! -Manabe fece irruzione in camera con un bellissimo vassoio fumante tra le mani. Minaho si  tiró a sedere con l’acquolina in bocca.
-Vieni Man… sai che se parli di cibo mi commuovo! -I ragazzi risero.
Manabe si sedette in fondo al letto e appoggió il vassoio in precario equilibrio sulle coperte. La quantità di cibo era davvero sorprendente. Il lilla si era superato!  La pancetta era gradevolmente dorata e si accompagnava a un bel piattone di uova strapazzate.

Mangiarono chiacchierando allegramente di scuola e calcio, soffermandosi appena sul discorso “rissa”.
-Min… comunque non ti facevo così abile a dar pugni, sai? -Il lilla muoveva l’indice con la bocca piena di pancetta.
-Bhe... Sono contro la violenza,  preferisco il ragionamento e la deduzione… ma diciamo che ho imparato a difendermi presto… potenza dei corsi di autodifesa! -L’arancione si ricordava che era stata una spesa importante… aveva risparmiato mesi per iscriversi a quel corso, due anni prima.

I due ragazzi risero fino alle lacrime quando Minaho raccontò di come fosse caduto rovinosamente alla prima lezione trascinando con sé l’istruttore. Diciamo che ci era voluto un po’ per recuperare pienamente il controllo del suo fisico!
Il ragazzo arancione però, nonostante l’allegria,  non riusciva a togliersi dalla mente una preoccupazione. Doveva sbrigarsi a rimettersi pienamente in piedi… Manabe si stava sforzando troppo e aveva paura che questo potesse avere ripercussioni sulla sua gamba.

-Man… lascia stare il vassoio e i piatti… ci penso io a portarli in cucina dopo… non pensi che dovresti riposare anche tu? La tua gamba…
Il lilla sorrise. -Tranquillo Min… adesso mi siedo un po’ qui con te. Piuttosto… come va il piede? Oggi forse sarebbe il caso che tu non ti allenassi…
-No Man.. no ti preoccupare… va tutto molto meglio oggi! -L’arancione fece l’occhiolino a Manabe.

In realtà non andava affatto bene, ma l’arancione non aveva nessuna intenzione di ammetterlo. Il giorno dopo avevano la semifinale del girone regionale e mai e poi mai ai sarebbe fatto lasciare in panchina. Aveva promesso a sé stesso che avrebbe vinto per Manabe, come buon auspicio per la sua guarigione in tempo per giocare la finale. Non sarebbe stata qualche fitta al piede a fermarlo.

La mattinata passó tranquilla. I muscoli di Minaho andavano molto meglio quando saltò giù dal letto per andare a pranzare con l’ottima pastasciutta di Manabe. (-Come diavolo fa ad essere un cuoco così bravo? -L’arancione sospirò pensando al suo pollo arrosto che riposava nel bidone della cucina dalla cena del giorno precedente.)
I due ragazzi sapevano che avrebbero dovuto spiegare all’allenatore cosa fosse successo il giorno precedente, ma non erano troppo preoccupati. Potevano giustificare tutto, ed Endou sapeva capire quando qualcuno era sincero. Manabe era certo che Minaho non avrebbe ricevuto punizioni.

Fu con questo spirito che si incamminarono verso la fermata del l’autobus che li avrebbe condotti al campo al fiume. Quel giorno la squadra si era data appuntamento direttamente li per una grande partita di allenamento in vista della semifinale, organizzata in collaborazione tra Endou e Tenma, che aveva messo tutto il suo impegno nella divisione della squadra in due compagini equilibrate.

I ragazzi si cambiarono e si disposero in campo. Insieme a Minaho erano Shindou, Kirino, Tenma stesso e Ryoma. In porta giocava Shinsuke. La squadra avversaria contava tutti gli altri ragazzi.
La sfida si preannunciava difficile. Manabe però non capiva perché Endou non li avesse ancora interrogati sui fatti di ieri… era molto strano.

Il lilla trovò risposta alle sue domande quando il mister si sedette alla sia sinistra, in panchina.
-Allora Manabe… dimmi tutto. Quello che è successo ieri ha di sicuro una motivazione. Non può essere altrimenti… vi conosco.

Manabe era sorpreso. Il mister chiedeva a lui… significava che aveva capito che sotto la sua scorza di forza e coraggio Minaho aveva delle fragilità nascoste,  e non voleva metterlo sotto stress. Quell’uomo era speciale.
Il lilla sospirò e iniziò a raccontare senza omettere nulla. Le umiliazioni che aveva subito, la violenza… la rabbia di Minaho. Il mister lo guardava con dolcezza, ma in certi punti del racconto, in corrispondenza dei momenti più umilianti, nei suoi occhi baluginava il fuoco dell’indignazione.
-Sapevo… sapevo che doveva esserci una ragione per tutto questo. Minaho! -L’allenatore chiamò l’arancione in panchina, facendo continuare il gioco agli altri. -Minaho… Manabe mi ha detto tutto.
-Mister… io…
-Minaho, non ti puniró, non avere paura.

L’arancione rimase a bocca aperta. Cosa significava tutto quel discorso? Non... Non voleva punirlo?
-Ascoltami. -Endou continuò, -La violenza è sempre la soluzione sbagliata, sempre! D’ora in poi promettimi che parlerai con Manabe, e soprattutto con me, o con un tuo insegnante prima di fare qualsiasi follia, ok?
-Sì… sí, lo prometto. .. perdonatemi vi prego! -L’arancione abbassò gli occhi e guardò a terra, chinando il capo.
-Tranquillo Minaho. Per questa volta è chiusa qui. Manabe mi ha detto i motivi del fattaccio… ammetto che anche io alla vostra età avrei rischiato di lasciarmi prendere la mano! -Endou fece un sorriso simpatico all’indirizzo di Minaho, che sembrò tranquillizzarsi. -Ora torna in campo… domani abbiamo una partita da vincere!


La partita riprese. Minaho aveva il cuore più leggero e si sentiva felice,  ma forse fu proprio la minor preoccupazione a fargli sentire di più i messaggi che il suo corpo gli mandava. Il piede non sembrava reggere molto bene le sollecitazioni. Ogni azione gli lanciava fitte più forti. Decise di non farci caso.

Manabe aveva notato dalla panchina che qualcosa nei dati di Minaho non tornava…  la sua velocità era calata del ventuno per cento, i riflessi del diciassette… Chiamò Shindou.
-Dimmi Manabe… cosa devo fare?
-Lascia stare le tattiche Shin… È un’altra la cosa che vorrei chiederti. -Il lilla sorrise al castano. -Puoi tenere d’occhio Minaho per favore? Le sue prestazioni sono calate… non vorrei che gli facesse male qualcosa e il suo orgoglio gli impedisce di dircelo, ecco!
Shindou sorrise. Tipico di Minaho nascondere il dolore… da quel punto di vista assomigliava a Tenma!
-Va bene Manabe, ci penso io… lasciami osservare qualche azione e poi ti riferiró le mie conclusioni. -Il castano fece l’occhiolino al lilla.

La partita riprese con più impegno da parte di entrambe le squadre. La semifinale sarebbe stata difficile e  tutti volevano dare il massimo per prepararsi al meglio. Minaho stava mettendo nel gioco un’energia incredibile!

Shindou, che lo osservava, iniziò a notare in effetti qualcosa di strano. L’arancione teneva un piede sollevato e sembrava soffrire molto in certe azioni dove doveva impiegarlo nel dribbling o per fare perno.
Le azioni si susseguivano senza tregua. L’attacco avversario non riusciva a farsi strada verso la porta, ma questo significava un superlavoro per la difesa. Shindou iniziava ad essere sicuro che ci fosse qualcosa che non andava con Minaho. Gli sembrava sempre più sofferente.

-Manabe! Ascolta… -Il castano si accostò alla panchina per riferire a Manabe le sue conclusioni riguardo Minaho… ma proprio in quell’istante Tsurugi riuscì a rubare palla a Tenma, e dribblato Kirino si lanciò verso la porta difesa da Shinsuke. Il ragazzo era atterrito. Sapeva che non era ancora abbastanza forte per parare la sua Stoccata Invertita.
Minaho si trovò come unico ostacolo lungo il percorso del moro, che gli sorrise determinato. Negli ultimi minuti le fitte si erano acutizzate sempre più, ma Minaho ora sapeva di essere L’unica speranza per salvare la porta. Era il momento di provare quello a cui stava lavorando da giorni nei momenti di solitudine… era il momento di mostrare a Manabe la sorpresa che aveva preparato per lui!

-Imitazione istantanea!

Minaho venne avvolto da una sorta di bolla temporale e imitó alla perfezione le mosse del moro, riuscendo ad anticiparlo e a rubare palla!
La squadra era entusiasta.

-Vai Min! Una nuova supertecnica! -Manabe era scattato in piedi, gli brillavano gli occhi.
-Grande!! -Tenma era commosso.
Minaho sorrise arrossendo… aveva funzionato!!
L’arancione guardò Tsurugi che lo fissava soddisfatto, quindi si preparò per avanzare palla al piede verso l’area avversaria.

-Arriv… ARGH!
Minaho aveva sentito un preoccupante scricchiolio a livello del piede e subito dopo una terribile fitta lancinante. Cadde a terra seduto tenendosi la gamba.
-Min! che è successo?? -Manabe corse in campo seguito dall’allenatore e dal resto della  squadra.

-Ecco… - La voce dell’arancione era incrinata dal dolore.  Gli lacrimavano gli occhi anche se si sforzava di sorridere. -Temo… temo di essermi fatto male!

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Capitolo 23
*** Muro e barriera ***


Per pietà, bell'idol mio,
non mi dir ch'io sono ingrato;
infelice e sventurato
abbastanza il Ciel mi fa.
Se fedele a te son io,
se mi struggo ai tuoi bei lumi,
sallo amor, lo sanno i Numi
il mio core, il tuo lo sa.

Quando Minaho era caduto a terra il gioco si era fermato. Shindou aveva guardato Manabe sconvolto. Non immaginava che sarebbe successo così di colpo.

L’arancione sorrideva di un sorriso sforzato. Non aveva idea di cosa si fosse fatto, ma le fitte che a intervalli regolari gli trapanavano il cervello non promettevano bene. Era pallido e aveva sentito la vista offuscarsi, ma si era fatto forza per rimanere lucido e tenersi seduto.

-Minaho! Cosa ti è successo? Non ho visto niente di strano… qualcuno ti è venuto addosso? -Endou si era inginocchiato davanti all’arancione.
-N… no… no mister… ho… ho sentito una fitta e… -La voce gli si ruppe. Ci mancava solo che si mettesse a piangere, pensò.
Manabe sospirò preoccupato  -Mister… dell’incidente di ieri aveva strani dolori al piede, ma non aveva nulla di rotto e…

-Manabe! Come hai potuto permettere che giocasse in queste condizioni? E se si fosse rotto qualcosa? E se non potesse più giocare? -Tsurugi fissava severo il lilla. Manabe sbiancó.
-Io… io… -Gli tremava il labbro. Minaho sapeva perfettamente cosa significava… era tutta colpa sua e ora Manabe si stava prendendo la colpa… stava per piangere per causa sua.
-No!

Tutti si votarono verso Minaho, che si sforzó di parlare chiaramente nonostante il dolore lancinante.
-No… lui non c’entra! Sono stato io a mentirgli! Gli ho detto che stavo bene, ma lui non voleva che giocassi! Vi prego,  non prendetevela con lui per una mia decisione idiota!
Manabe guardò Minaho stroppicciandosi gli occhi per nascondere le lacrime che stavano per spuntare. Si era preso la colpa…
-Ho comunque… ho comunque delle responsabilità, ragazzi. Se… se io fossi stato più… più attento avrei capito che non era in… in condizione di giocare. Chiedo… chiedo perdono a tutti voi! -Manabe abbassò lo sguardo stringendo i pugni.

-Insomma ragazzi! Basta parlare… non è il momento di parlare di colpe… non è colpa di nessuno dei due. Manabe non poteva immaginare,  e Minaho non voleva farci preoccupare. È stato impulsivo, ma non lo ha fatto con una cattiva intenzione, è ovvio! -Endou era intervenuto per fermare la discussione. -Ora ci sono altre priorità… Tenma, Shindou, aiutate Minaho a sedersi in panchina. Manabe, vai nel bagagliaio della mia macchina, troverai una cassetta di pronto soccorso. State con lui e dategli una mano, poi valuteremo se chiamare un dottore.

I tre ragazzi annuirono e si misero in moto. Shindou e Tenma sorressero Minaho fino alla panchina e lo aiutarono a sedersi, mentre Manabe recuperava la cassetta di pronto soccorso.
-Non… non vi dovete preoccupare affatto amici… non è niente… niente di… -La voce dell‘arancione si incrinó e la frase si spense in un gemito di dolore.
Manabe appoggió a terra la cassetta di pronto soccorso e la aprì. -Mamma mia, questa roba risalirà ai dinosauri! Ma il mister non ha mai fatto rifornimento di medicine da quando giocava lui, nella Raimon?
I ragazzi risero, compreso Minaho.
-
Bene… adesso devo farti un po’ male… devo toglierti la scarpa. -Manabe sospirò preoccupato.
-Ehi Min, tienimi la mano, ok? -Tenma sorrise e prese la mano dell’arancione. Manabe armeggió con i lacci della scarpa e l’allargó il più possibile, ma nonostante tutte le premure Minaho gemette di dolore.
-Scusami Min… scusa! -Manabe accarezzò la mano dell’amico. -È andata… sei stato bravissimo!

Cinque minuti dopo Manabe aveva individuato il problema. (-Grazie al cielo ho comprato tutti quei libri di medicina, pensó!)
-Allora Min… ho due belle notizie e una cattiva notizia… quale vuoi sentire prima?
-Mh… dammene una bella… -Minaho sospirò sconsolato. -Ne ho bisogno!
Manabe sorrise. -Bene… la prima bella notizia è che non hai una frattura.

I ragazzi esultarono. -Splendido!- Anche Minaho rise di sollievo.
-La seconda bella notizia è che il piede è a posto. Il dolore che senti è dovuto alla slogatura e alla grande contrattura. Si risolve con massaggi e riposo, in un paio di giorni, massimo tre o quattro.
-E… e allora la brutta? -Minaho era perplesso.
-Bhe… la brutta è che non esiste che tu domani possa giocare la partita. Rischieresti di non poter più giocare a calcio se lo fai.


L’allenamento era finito in una desolante amarezza. Dopo l’incidente Minaho si era chiuso nel silenzio e non aveva più alzato gli occhi da terra. Manabe gli aveva tenuto un braccio intorno alle spalle per tutto il tempo… non lo aveva mai viso così disperato da quando era stato in ospedale.

-Ehi… ehi Min… Minaho Kazuto? Terra chiama Minaho? Ti va di comprare del gelato per questa sera? Ci guardiamo il tuo film preferito! E poi sai che ti dico? Vengo a dormire in camera da te, e se ti va parliamo anche tutta la notte! -Manabe sorrideva all’amico e gli accarezzava i capelli.

Minaho non rispondeva. Aveva stretto la mano del lilla, ma non si azzardava nemmeno ad alzare gli occhi per perdersi nei suoi. Sapeva che avrebbe pianto, ne era certo.
Il ritorno a casa fu difficile. -Sembriamo due invalidi di guerra! – Manabe si era reso conto della particolarità della situazione. Lui si reggeva ad una stampella con una gamba mezza paralizzata, ma a sua volta sorreggeva un ragazzo alto come lui che saltellava su una gamba sola. In strada si voltavano a guardarli!

Minaho continuava a rimanere muto. Non lo guardava e non parlava. L’unico rumore che emetteva era qualche piccolo gemito quando il piede fasciato sbatteva contro l’altra gamba per errore.

Arrivati a casa Manabe mise Minaho sul divano e, preso il telefono, ordinò due pizze e una sontuosa porzione di patate fritte. Per finire telefonò in pasticceria e si fece mandare una bella torta gelato “con glassa arancione”.


-Eddai Min… qualcosa devi pure mangiare… ci sono tutte le cose che ti piacciono di più… vuoi che ti tagli la pizza? Un cuscino? Hai freddo? -Manabe era nel panico. Minaho non era mai stato in silenzio per ore, soprattutto con lui.
L’arancione sospirò e chiuse gli occhi, facendo cenno di no con la mano.
-Minaho… ma perché? In fondo è solo una partita… una partita sola… è colpa mia se non vuoi più parlarmi? Ti prego… dimmelo se ho fatto qualcosa io!  Non… non riesco a capire… non…

Manabe singhiozzava piano. Non voleva piangere… -Perché piango sempre?  Sono un debole, solo un debole… - pensò.
Minaho si accorse subito che il lilla soffriva. Ecco, questo era il iimite invalicabile. Se la sarebbe fatta tagliare la gamba pur di non vederlo stare male. Alzò gli occhi.
-Man…
Il lilla tiró su col naso e lo guardò. -S..sí Min? – I suoi occhi brillavano di speranza.

-Scusa… sono stato egoista. È che… che non immagini nemmeno quanto quella partita fosse importante per me… Doveva essere il tuo regalo… volevo vincere per portarti in finale, così avresti potuto giocare con noi e vincere il girone insieme… la tua gamba va… va meglio ed io ero… ero sicuro che… -Minaho scoppiò a piangere.  Non  seppe nemmeno se la colpa fosse della rabbia, della frustrazione o del dispiacere di aver fatto star male Manabe, ma si ritrovò in lacrime.

-O Min… -Il lilla lo abbracció e lo strinse a sé. -Sfogati… sfogati fino in fondo… io sono qui con te…
L’arancione stringeva la maglia dell’amico mentre gli bagnava il petto di lacrime. Dopo il ricovero di Manabe si era ripromesso di non piangere mai più di fronte all’amico, e invece non ci era riuscito… non ce la faceva più a sopportare tutto quello che gli stava capitando.

-I…io… io volevo. .. Volevo solo… Man… io… per te… -Minaho farfugliava frasi sconnesse.
-Respira Min… respira con me. -Il lilla accarezzava i capelli dell’amico. -Non ti devi preoccupare… sono certo che senza di te sarà molto più difficile vincere domani, ma vedrai che i nostri compagni ci riusciranno… invece se tu giocassi e… e ti facessi male… non potrei sopportare di non poter giocare più a calcio con te! Tutto… tutto l’impegno che ci sto mettendo per… per recuperare la gamba… ho così voglia di giocare con te Min!

Il respiro dell‘arancione si stava normalizzando. Manabe riusciva sempre a farlo sentire bene… la sua voce… il suo profumo…
-Scusa… scusa Man… sono stato un egoista…
Manabe sorrise. -No Min… non sei egoista… sei solo troppo buono.


La serata procedette decisamente meglio di come era iniziata. Minaho mangiò di gusto dopo essersi sfogato, e Manabe gli dedicò tutte le attenzioni del mondo.
-Ho deciso Min, domani vado a comprare una macchina per fare il gelato e poi inizio a viziarti in una maniera indegna!
I due ragazzi risero. Minaho stava molto meglio grazie a ghiaccio e pomata, e si era rassegnato a non poter giocare.

-Guarda il lato positivo Min… potremo lavorare insieme sulla riabilitazione domani! Ora sono più che mai convinto che per la finale la gamba sarà a posto e giocheremo insieme!
Questa motivazione serví a consolare l’arancione più di ogni altra. Niente lo rendeva più felice di pensare a quando avrebbero di nuovo inseguito una palla insieme, senza preoccupazioni.
Quando fu ora di andare a letto, Minaho afferrò Manabe per il colletto del pigiama.
-Man! Mi hai fatto una promessa!

Manabe lo guardò perplesso… a cosa si riferiva?
-Eddai… lo so che ti ricordi… ti preeeego! -L’arancione sfoderó gli occhioni da cucciolo.
Manabe si ricordò di colpo. -Ti avevo promesso che avrei dormito con te, se non sbaglio! Volo a prendere coperta e cuscino!


Passarono tutta la notte a parlare. Minaho non avrebbe mai detto che Manabe fosse così bravo a raccontare storie di paura! Sotto alle lenzuola, illuminando il piccolo antro con una torcia, il lilla gli aveva parlato di spiriti e creature dei boschi, di diavoli e fuochi fatui. Manabe non ne aveva mai abbastanza. Amava il brivido che si provava… da piccolo suo padre gli raccontava delle bellissime storie. Non se le ricordava bene, ma si ricordava il viso serio ma buffo dell'uomo… dio quanto era bravo Manabe! Sembrava… sembrava papà.


Andarono avanti così per ore, nonostante qualche piccolo… incidente. (Verso le due un gufo aveva scambiato il davanzale per un trespolo e aveva lanciato il suo “allegro” grido alla luna. Due secondi dopo, chissà perché, un ragazzo arancione e un ragazzo lilla si nascondevano sotto il letto.)
Il sole stava per sorgere quando decisero di fermarsi. Manabe non riuscì nemmeno ad allestirsi il letto sul tappeto. Si addormentó abbracciato all’amico, stretti in un letto ad una sola piazza, semisepolti tra i lenzuoli.

La mattina dopo, al risveglio, arrossirono come peperoni, prima di scoppiare a ridere!

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Capitolo 24
*** Un passo dopo l'altro ***


Saggio guerriero antico
mai non ferisce in fretta:
esamina il nemico,
il suo vantaggio aspetta,
e gli impeti dell'ira
cauto frenando va.
Muove la destra e il piede,
finge, s'avanza e cede,
fin che il momento arriva
che vincitor lo fa.

Il giorno seguente era una bellissima domenica di sole. Il tempo perfetto per giocare a calcio.

Siccome la mattina non avevano l’impegno della scuola, Minaho e Manabe se la presero comoda. Negli occhi dell’arancione si leggeva ancora una nota di delusione all’idea di non poter giocare il pomeriggio, ma l’idea di starsene in panchina insieme a Manabe lo consolava un po’.

-Sarà una partita molto difficile… ho sentito parlare bene dei nostri avversari. -Il lilla sorrise a Minaho.
-Temo di sì… -L’arancione sospirò e abbassò lo sguardo.

Manabe gli accarezzò una mano. -Eddai Min… promesso che la finale la giocheremo insieme! Già oggi sento di poter fare qualche piccolo movimento in più… tra poco cammineró senza stampella, vedrai.
L’arancione sorrise debolmente. Manabe era troppo dolce quando gli parlava così… non riusciva a stare male se aveva l’amico vicino.

-Ho fatto una deduzione prima, Man. Posso esprimertela?
-Certo Min! Dimmi tutto!
Minaho si prese il mento tra le dita e fissò l’amico. -Penso che i tuoi genitori abbiano saputo qualcosa a riguardo della tua pratica di emancipazione. Non voglio darti false speranze… ma altrimenti perché sparire nel nulla? Non vorrei che i loro avvocati gli abbiano detto di tenere un basso profilo… segno che non sono più tanto sicuri di vincere!
Il lilla spalancò gli occhi  -Magari!! Sarebbe una bellissima notizia! Potremmo stare per sempre in questa casa senza pericoli! Potremmo… -La voce del lilla si incrinó.

-Man, che succede? -Minaho era perplesso.
-Niente… è che… scusa, non dovevo dire “potremmo”. Tu dovrai andare a cercare una casa, no…? Del resto prima o poi doveva… Doveva succedere.
Minaho scrutó l’amico che si era fatto di colpo scuro in volto e sorrise.
-E chi ti ha detto che io voglia lasciare questo nido pieno di cibo delizioso?

Il lilla si immobilizzó. -Vuoi… vuoi davvero restare con me?
Minaho sorrise sornione e gli fece l’occhiolino. -Sì, voglio rimanere con te… però dovremo trovarci un lavoretto, i soldi non sono infiniti…
Manabe saltò addosso all’amico abbracciandolo. -Ma… Ma è bellissimo!! Non saremo mai più soli… sarà come avere un fratello!!
L’arancione sorrise. -Più che un fratello… tu sei una parte di me.


Per pranzo andarono in paninoteca. Volevano festeggiare l’arrivo del giorno delle semifinali, inoltre era a due porte da casa loro, cosa ottima dato che Minaho non riusciva ad appoggiare il piede a terra.

-Ho mangiato troppo… sono abituato alla tua cucina.. che è un po’ più leggera! -Minaho sospirò guardando il lilla. Il pranzo era stato decisamente abbondante e piacevole.
-Bhe… se è per questo la tua lo è ancora di più, tenendo conto che due volte su tre buttiamo il cibo e andiamo a letto con un sacchetto di patatine e un bicchiere d’acqua nella pancia! -Il lilla rise. Minaho fece una faccia estremamente offesa, quindi lanciò la bottiglietta vuota dell’acqua in faccia all’amico.
-Chi di offesa ferisce, di minerale perisce. È la legge della vita Man!
Il lilla era completamente spettinato e i capelli gli ricadevano sugli occhi in ciuffi vaporosi. Scoppiarono a ridere in contemporanea.


-Man, sei pronto? Allora, sei pronto?

Minaho era appostato davanti alla porta da dieci minuti. Mancavano ancora due ore all’inizio della partita, ma non voleva tardare nemmeno di un istante.
-Min! insomma… vuoi che venga allo stadio in mutande? Dammi un istante! -Il lilla protestó dalla camera da letto.
-La verità è che saresti già pronto, se non perdersi tempo ad abbinare alla perfezione capelli, mutande, pantaloni e calzini! -Minaho ribattè in tono sarcastico.
-Senti chi parla, carotino! Io non occupo il bagno per ore per pettinarmi la mattina!
-Infatti… tu lo occupi per darti il balsamo! Pensi che io non abbia intuito il trucco dei tuoi capelli morbidosi come la faccia di Shinsuke?

Un rumore sordo provenne da dietro la porta chiusa. -Minaho Kazuto, non avrai abbastanza tempo per pentirti della tua curiosità, quando mi troverai a infilare puntine da disegno nel tuo materasso!
I due ragazzi risero. Quei loro finti battibecchi erano un modo di avvicinarsi ancora di più.


Mezz’ora dopo erano allo stadio, con un netto anticipo. Manabe non era riuscito ad impedire all’arancione di correre nonostante il dolore. Arrivò rosso in faccia e mezzo lacrimante, ma decisamente felice… al piede c’era tempo di pensare, ora aveva altre priorità!

La struttura era strapiena… se avessero vinto la finale sarebbe stata giocata nello stadio cittadino, che era ancora più capiente.
I due ragazzi presero posto in panchina dopo essersi cambiati. La divisa li faceva sentire partecipi anche se non potevano giocare.
Tutta la squadra, allenatore compreso, si era raccomandata che stessero attenti alla partita. -Con voi due in panchina… avremo la migliore strategia difensiva di sempre! -Aveva detto Endou sorridendo.
Manabe e Minaho risero. L’allenatore sapeva quanto gli costasse non giocare e cercava di farli sentire utili e partecipi.


-Ehi Man, non trovi che sia molto buffo? Non sono passati nemmeno due mesi… Ehi Kirino!! Più a destra la prossima volta… ho notato che il loro attaccante passa sempre da lì!... dicevo… non sono passati nemmeno due mesi da quando ci siamo conosciuti, e sono successe tante cose quante ne accadono in una vita intera. Senza di te probabilmente non sarei qui.
-Nemmeno io Min… nemmeno io. Sarei morto quella notte, solo come un cane.
-E io sarei andato in cielo con le vene aperte, temo. Non avevo nessuno al mondo, lo sai.

Manabe sospirò. Gli faceva molto più male pensare all’immagine di Minaho senza vita, che pensare a sé stesso morto in ospedale.
-Niente di questo è successo Min, e mai dovrà accadere ormai… ci siamo trovati, no? -Il lilla sorrise. Si diedero un fugace abbraccio.
-Mh… temo che dovremo fare del nostro meglio oggi Man… la partita sembra difficile.
-Già… dividiamoci i compiti.  Tu pensi a studiare la loro difesa, io penso al loro attacco.
I due ragazzi si sorrisero e si misero al lavoro.


Il primo tempo finí sull’1 a 1. Dopo aver preso un goal la squadra si era scossa, e guidata dalle indicazioni di Minaho e Manabe e dalla determinazione di Tenma era riuscita a pareggiare.
-Bravissimi tutti! Ora attenti… di sicuro nel secondo tempo i nostri avversari cambieranno strategia.. sanno che abbiamo capito come si muovono. -Endou era perplesso. Cosa dovevano aspettarsi adesso?

-Beh… credo di sapere cosa fare. -Manabe sorrise sistemandosi gli occhiali.

Tutta la squadra aveva il fiato sospeso. Come aveva fatto ad intuire… come era possibile?
-Dicci Manabe… non tenerci sulle spine! -Tenma sembrava eccitato.
-Ecco… dovete mettervi tutti in attacco. E quando dico tutti… intendo anche il portiere.

-Anche… il… -Shindou era allibito. -Ma è una follia! Non possiamo!
Tutti parlavano uno sopra l’altro. Nessuno capiva.
-Silenzio ragazzi! Fate… fate come dice. Credetemi, è la cosa migliore. -Endou sorrise.
-Abbiate fiducia… io e Minaho li abbiamo studiati bene. Faremo goal… subito dopo potrete tornare alle vostre posizioni normali, e saremo in vantaggio!


La squadra tornó in campo. I ragazzi erano confusi e preoccupati, ma volevano fidarsi dei loro amici e dell’allenatore.
Shinsuke era ancora in porta,  mentre tutti e dieci gli altri erano disposti in una lunga fila ai limiti della loro metà campo.
-Incredibile! La Raimon adotta una nuova formazione! Cosa ci aspetta?? -Lo speaker era emozionato, il pubblico ancora di più.


Il gioco riprese. Manabe fissò Shinsuke.
-Al mio segnale…
Il portiere annuì sorridendo.
La squadra avversaria marció nella metà campo della Raimon svuotata dai giocatori. Non capivano cosa stesse succedendo. Perché li avevano fatto passare così?

-Tre…

Il lilla iniziò a contare a voce alta.

-Due…

Shinsuke si preparò. L’attaccante avversario caricó il tiro. Sembrava volesse usare una supertecnica!

-Uno! Vai Shinsuke!

Il portiere scattò uscendo dalla porta. L’attaccante avversario rimase paralizzato. Quella sorta di coniglietto gli aveva scippato la palla dai piedi!
-Evvai!! Tua Tenma! -Shinsuke effettuò un lungo passaggio in altezza. Tenma prese palla e travolse il portiere avversario. Era goal. Lo stadio esplose in un boato di gioia.

I ragazzi della squadra erano entusiasti. -Come… come avete fatto? -Shindou era perplesso.
-Niente di che… -Manabe sorrise e Minaho si grattó il mento. -Abbiamo solo notato che i nostri avversari sono privi di una buona difesa. .. Quella che hanno sale troppo, supera addirittura la metà campo! Così li abbiamo attirati in una trappola… come avete potuto vedere, Tenma ha avuto campo libero davanti a sé!
Endou sorrideva felice. Tutti erano sconvolti dalla genialità dei loro amici. Tenma addirittura non sapeva chi abbracciare prima… nonostante la paura di fare male a Minaho.


La partita era praticamente chiusa. La difesa della Raimon, gestita dal lilla, era insuperabile. Si tornó negli spogliatoi sul 2 a 1.
-Abbiamo vinto!! Siamo in finale!!!- Kirino abbracció Shindou davanti a tutti, mentre Shinsuke e Tenma facevano i salti di gioia. Anche Tsurugi sembrava entusiasta! -È stato tutto merito vostro…
Manabe e Minaho sorrisero. -Niente di che… siete stati tutti bravissimi! Grandi!!

La serata, poi, fu splendida. Mai dire la parola “sushi” in presenza di Kariya.. Il ragazzo conosceva i migliori ristoranti (-oltre che i peggiori! – pensò Manabe con ironia.) della città. Brindarono alla finale. Ora erano davvero vicini al campionato nazionale!



-Man… Man,  ti prego… possiamo fermarci… un istante?
Manabe sospirò. Era la terza pausa nel tragitto verso casa. Il sole era oramai tramontato del tutto.
-Ti avevo detto di non correre così prima… vedi che adesso il piede ti fa molto più male? Non si sforzano le contratture! -La voce del lilla era pacata ma allegra. Si sedette vicino all’amico.
-Lo so… scuuuuusa!! -L’arancione fece un sorrisone a Manabe che scoppiò a ridere. -È che ho i piedi in fiamme, davvero! Ho le dita in avaria...
-E va bene… fermiamoci un po’… vuoi che ti faccia un massaggio ai piedi? Altrimenti ho un’aspirina…
-No… odio prendere farmaci. Vada per il massaggio ma fai... fai presto... ho... ho i crampi!
L'arancione strinse i denti. Manabe sorrise scuotendo la testa e gli mise dolcemente le gambe sulle sue. -Tieni duro... vediamo di spegnere queste fiamme prima che i tuoi poveri piedi vadano a fuoco! Sono preziosi per la squadra, sai?
L'arancione sorrise e inarcò la schiena per il dolore mentre Manabe gli toglieva le scarpe ed i calzini. -Min! Le tue povere dita!
Le dita del ragazzo in preda ai crampi erano arricciate e accavallate l'una all'altra. Manabe prese tra le mani i piedi dell'amico. Erano bollenti e i cuscinetti delle dita erano rosso fuoco. Manabe sussultò. Conosceva ogni centimetro di pelle di Minaho, piedi compresi, e sapeva che le piante dei piedi del suo amico erano solo leggermente rosa. Poichè a casa stavano quasi sempre a piedi nudi, lo aveva visto scalzo migliaia di volte... era ancora abbastanza caldo, e in genere in casa non portavano i calzini. Era un bel sollievo per entrambi, dopo un allenamento, camminare a piedi nudi su un bel pavimento fresco. Quando guardavano un film, le gambe intrecciate sul divano, aveva avuto modo di osservare per bene le sue piante dei piedi. Minaho aveva dei bei piedi, muscolosi ma proporzionati, dalla pelle morbida e curata, e non era la prima volta che gli massaggiava i piedi... guardando la tv, alle volte semplicemente glieli prendeva delicatamente e iniziava a massaggiargli le piante dei piedi con i pollici, mentre Minaho si rilassava e gemeva di piacere. Doveva stare patendo le pene dell'inferno. Indviduò immediatamente il muscolo contratto e vi fece pressione con i pollici, disegnando movimenti circolari sotto le piante dei piedi dell'amico che gemette di sollievo, mentre allo stesso tempo gli soffiava dolcemente sotto i piedi per rinfrescarglieli. -Min, rilassa le piante dei piedi... lascia andare le dita! Sei tutto in tensione... ecco, cosi! Lascia che ti aiuti a rilassarti...
-Ci... ci sto provando, Man... Ahhhhhhhh!!! -Minaho fece un immenso sospiro di sollievo. Manabe aveva trovato un punto magico, sul cuscinetto dell'alluce. Le dita dei piedi di Minaho si rilassarono di colpo mentre il lilla si precipitava a tirarle leggermente e a massaggiarne le basi, rimettendole dolcemente al loro posto. Minaho gemeva piano di sollievo. -Man... come... come va laggiù? Cosa... cosa vedi? Mi sembri preoccupato... qualcosa non va? Come... come sono i piedi sotto?
Manabe smise per un attimo di soffiare. -Due bistecche, Min. Hai i polpastrelli in avaria. Abbiamo bisogno di acqua, ti serve un pediluvio. Qui stai andando a fuoco...

Ci vollero dieci minuti buoni di massaggio per dare un minimo di sollievo a Minaho, ma la contrattura era davvero forte e la temperatura era aumentata ancora, insieme al bruciore ai piedi del povero Minaho. Manabe era riuscito a diminuire un poco la tensione che l'arancione sentiva sotto i piedi, ma i muscoli erano ancora rigidi e doloranti.
-Man... fanno male...
-Lo so Min. Tranquillo... a casa ti aiuterò a trovare sollievo, costi quel che costi.

Ci volle un’altra mezz’ora per arrivare a casa. Far rimettere le scarpe a Minaho era impensabile, così decisero che sarebbe tornato a casa a piedi scalzi, camminando sull'erba. Mentre facevano gli ultimi metri verso casa, con Minaho che camminava dolorante, le scarpe con dentro i calzini in mano, Manabe non perdeva di vista nemmeno per un secondo i suoi piedi nudi. A giudicare da come saltellava, il suo amico stava camminando sui carboni ardenti. Era preoccupato soprattutto per i suoi polpastrelli, accesi come braci ardenti. Gli mise una mano sulla spalla e lo spinse delicatamente, assicurandosi che immergesse i piedi in una piccola pozza di fango fresco. Immediatamente un piccolo filo di fumo si alzò dalle sue dita dei piedi. Minaho sussultò e gemette di sollievo.
-Ahhhhhh... M... Man...
Manabe sorrise. -Tranquillo Min... per una volta non farò caso al pavimento sporco. I tuoi piedi sono più importanti. E ora, forza! Spingi bene quelle dita nel fango! Voglio vederti immergerle tutte!

Appena entrati Minaho si gettò sul divano mentre il lilla si precipitava a riempire un catino d'acqua.
-Un pediluvio!! presto, togliti i calzini!! devi fare un pediluvio!! Acqua!! Acqua per i tuoi piedi!!
-Man... brucia!!! Brucia!!! AHI!! UHI!!! AHI!!! UHI!!! Ti prego, fai presto!!! I piedi mi vanno arrosto!!! AHI!! UHI!! AHI!!! UHI!!! Brucia!!!! -Minaho armeggiava disperatamente con i calzini, urlando di dolore. Quando finalmente riuscì a strapparseli dai piedi li gettò a terra, muovendo freneticamente le dita dei piedi nudi nel tentativo di rinfrescare lo spazio tra le dita e raffreddare le piante dei piedi, cercando disperatamente di calmarsi i bruciori. Si afferrò i piedi ed iniziò a soffiarci sotto. Quando vide che aveva le piante in fiamme, urlò di preoccupazione.
-Le mie piante!! Man!! Le mie piante dei piedi!! Acqua!! Acqua, per pieta!! Dammi dell'acqua!!
-Resisti Min!! Resisti!!- Manabe corse in salotto con il catino tra le mani. -Ok Min... i pompieri sono arrivati! i piedi nell'acqua, presto!!! Datti sollievo!!!
Minaho obbedì e immerse precipitosamente i piedi nel catino. Immediatamente urlò e gemette di sollievo. -AHHHHHH.... ahhhhhhh.... ahhhhhh.... fiuuuuuu!! Man... senti anche tu questo fischio? Fsssssssss... sono i miei piedi in fiamme che si stanno spegnendo... che... che sollievo... -Minaho sventagliò le dita dei piedi per raffreddare gli spazi tra le dita, quindi mosse lentamente le dita dei piedi con un gemito. -Ahhhh... che sollievo ai piedi! Ho... ho di nuovo il controllo delle mie dita dei piedi...
Manabe rise, prendendo delicatamente tra le mani i piedi scalzi di Minaho, iniziando a soffiargli aria fresca sotto i piedi e guardandogli le piante. Sotto i piedi dell'arancione la situazione si stava normalizzando. Anche se aveva ancora i polpastrelli, i cuscinetti delle dita dei piedi e i talloni fortememte arrossati, le piante dei piedi di Minaho stavano tornando pallide come sempre. Il lilla sospirò di sollievo. -Fammi vedere i piedi... fiuuuu!! Molto meno rossi, grazie a Dio. Abbiamo spento le fiamme. Come ti senti? Come senti i piedi? Bruciano molto? Vado a prendere della pomata rinfrescante da spalmarti sotto i piedi e tra le dita... tieni duro.
-B...bruciano ancora un po'...
Manabe scosse la testa, preoccupato. -Aspetta Min... ho un'idea.-
Manabe si sedette sul divano a fianco dell'arancione, che si stava sventolando con le mani per dare aria ai piedi doloranti, si slacciò le scarpe e se le tolse. Quindi si levò i calzini e li buttò per terra accanto a quelli di Minaho, alzando le gambe e sistemandole sul divano.
-Ok Min... proviamo così. -Manabe allungò le gambe verso l'amico. -Appoggia le tue piante dei piedi contro le mie. Equilibriamo la temperatura.-.
Minaho sembrava titubante. Non voleva fare male al suo amico, ma il bruciore era troppo forte. Mugolando di dolore appoggiò le piante dei piedi contro quelle di Manabe, intrecciando leggermente le dita con le sue. Ebbe subito un piccolo fremito di sollievo... la pelle di Manabe era fresca e morbida. Guardò i loro piedi... quelli di Manabe erano leggermente più piccoli dei suoi, ma il lilla si era assicirato di sistemarsi in modo da rinfrescare tutte le zone più arrossate di Minaho. L'arancione non riuscì a trattenere un gran gemito di sollievo, rilassando le spalle e chiudendo gli occhi. Manabe, per dargli più sollievo, aveva iniziato a usare le dita per massaggiargli le piante dei piedi. Minaho ringraziò mentalmente i piedi di Manabe, e il calcio che glieli aveva resi così flessibili e forti. Desideroso di ricambiare piacere e sollievo, aveva iniziato a sua volta a usare le dita per massaggiare i piedi a Manabe. In poco tempo gemevano entrambi di sollievo, massaggiandosi i piedi a vicenda.
-Ehi… ehiehiehi Min… riesci a trascinanti fino al letto? -Il lilla bisbigliava all’orecchio dell’amico che era crollato sul divano.
-Mh… cos… -Minaho mugugnó nel dormiveglia.
-Sigh… ho già capito! -Il lilla sospirò sorridendo.

Manabe prese dolcemente l’amico tra le braccia e lo portò sul letto. (-Ma quanto… pesi… Min?) Gli rimboccó le coperte e gli sistemó i capelli, quindi si voltó per uscire. Aveva già rassicurato i compagni di squadra sulla sua condizione di salute mandando sul gruppo della sqyadra uno scatto delle sue piante dei piedi, che andavano molto meglio ed erano tornate pallide come sempre.
Era già sulla porta quando sentì un bisbiglio nel buio, proveniente dal letto.

-Ti… ti voglio bene.

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Capitolo 25
*** Sorgi guerriero vindice ***



Oh man, what a world, the things I hear
If I could act on my revenge, then, oh, would I?
Some kill, some steal, some break your heart

La notte passò rapida come era venuta, in un sospiro, appannando appena i vetri del cielo. In un istante, o forse due, sembrò arrivare la mattina.

-Dai Min… eddai… dobbiamo andare! Purtroppo abbiamo scuola… -Il lilla stava scuotendo l’amico per le spalle, ma Minaho non sembrava avere intenzione di svegliarsi.
-Mh… brh…. C… cosa vuoi Man? -L’arancione si accucció più profondamente sotto alle coperte. -Lasciami dormire… ti preeeego…
Manabe rise. -Non esiste Min! Fooorza!
L’arancione si tiró le coperte sul naso e riprese beatamente a ronfare, in spregio a quanto detto dal lilla.

Manabe si prese il mento tra le mani, in un gesto che ricordava particolarmente Minaho. -Mh… a mali estremi…

Il lilla prese la coperta e le diede un violento strattone. L’amico spalancò gli occhi di colpo. -Man… mi hai tolto la coperta vero?
-Sì. -Il lilla sorrise sornione.
-E… e io dunque sono…
-Sì carotino, sei in mutande. Per l’esattezza sto osservando dei bellissimi orsacchiotti rosa.

L’arancione balzò in piedi come una molla. -Manabe Jinichirou! Cosa… cosa guardi? Sono… sono le ultime mutande pulite che mi erano rimaste, sono stato costretto!
-Mh… -Il lilla sorrise sarcastico. -Dunque anche quelle di ieri, con i gattini gialli…
Minaho sbiancó,, quindi arrossí come un fuoco d’artificio.
-Tu… tu… tu.. I miei… i miei boxer. .. Cosa. ..
-Ahhh!  Capisco Min! -Il lilla era spietato. -Anche quelle di due giorni fa, con i cuoricini rossi erano tra le ultime! Ora è tutto chiaro!

Minaho saltò addosso all’amico e gli tappó la bocca buttandolo sul letto. Risero di gusto. -E va bene… vado a lavarmi. -L’arancione si arrese.
-Bravo…- il lilla gli prese le guance. L’arancione fece una faccia offesa.
-E comunque… -Minaho si diresse verso la porta. -E comunque erano carine!


I ragazzi fecero colazione in pochi minuti. Adesso Minaho era ben sveglio e come suo solito si era lanciato in lunghe deduzioni su come Manabe, a suo dire, avesse fatto a cuocere così bene la pancetta o ad abbrustolire il pane. Il lilla sorrideva di quei complimenti venati di bonaria invidia.

-Oggi abbiamo inglese... che noia! -Minaho odiava le lingue straniere. Strano per uno che voleva fare il detective.
-Ma Min… se hai dieci anche li! Di cosa ti lamenti! -Il lilla rise dando un buffetto sul braccio dell’amico.
-Il fatto di andare bene non vuol dire che una materia mi debba piacere… purtroppo! -Minaho sospirò sconsolato.
-Vabbè… non ti preoccupare… un’ora passa in fretta, poi abbiamo matematica! -Il lilla sospirò sognante.
-Ceeeerto… peccato che quello che la prof fa adesso tu lo facessi a due anni… -Minaho sorrise all’amico, che arrossí.



La giornata scolastica iniziò subito con una bella notizia… sciopero degli autobus, una cosa che in Giappone avviene ogni morte di papa.

-Che gioia! -Manabe sorrise sarcastico. -Forza… dobbiamo sbrigarci!
I due ragazzi, come potevano fra cerotti, stampelle e doloretti vari, si fiondarono lungo la via principale verso la scuola. La città si stava svegliando. I bottegai alzavano le serrande e uomini e donne ben vestiti si avviavano al lavoro.
Si respirava odore di colazione provenire dai bar e dai locali, insieme al l’odore acre dell’inchiostro. Le edicole stavano ricevendo ed esponendo i giornali del giorno.

La scuola, con i suoi cancelli e il suo vialetto costeggiato da ciliegi vigorosi, apriva le sue porte ai due ragazzi. Erano riusciti ad arrivare in orario, e molti studenti ancora di attardavano in cortile o nei corridoi a chiacchierare e scambiarsi libri e quaderni.
Minaho e Manabe entrarono in classe quando ancora non c’era quasi nessuno e si sedettero ai loro banchi estraendo dallo zaino i libri della prima ora.
-Con cosa si inizia già, Min?
-Mh… chimica credo… non male.


La lezione fu molto strana. Manabe fu felice di vedere che l’insopportabile Kitama era ancora più pesto di quando immaginasse. Di certo la sua spocchia aveva avuto un bel colpo! Nonostante questo però il lilla non riusciva a non pensare che tutti stessero guardando Minaho.
Il professore stesso, inoltre, era sembrato molto stupito di vedere l’arancione. Era uscito subito per tornare pochi minuti dopo, e lo aveva poi osservato imbarazzato per tutta la mattina. Minaho, da parte sua, sembrava non essersi accorto di nulla, e si stupì quando alla fine della lezione fu chiamato fuori dalla porta.

Manabe era perplesso… cosa stava succedendo? Minaho gli sorrideva e gli diceva di stare tranquillo, che di sicuro erano questioni di segreteria… ma lui non sapeva se crederci davvero. Con la coda dell’occhio aveva visto qualcosa che non gli era piaciuto… la preside aspettava dietro la porta.


Passò qualche minuto. Kitama, un occhio nero semichiuso e l’altro iniettato d’odio, lo guardava sorridendo cattivo. Qualcosa non andava… perché Minaho non tornava?
La porta si aprì di colpo. Minaho rientrò accompagnato dal professore dell’ora successiva. Marció attraverso la classe e afferrò i suoi libri, cacciandoli nello zaino. Aveva gli occhi iniettati di sangue e un colorito arrossato.  Manabe sentiva che respirava in maniera esageratamente rapida.

-Ma… Ma cosa stai facendo Min? Perché… perché metti via tutto? -La voce del lilla tremava
-Manabe, me ne devo andare.
-Co… cosa? E dove, di grazia?? Che…
Minaho strinse i pugni. Manabe mi era convinto che si trattenesse dall’urlare, o forse dal piangere… non riusciva a capire. L’arancione prese la mano dell’amico. -Se ti fa male lo ammazzo. Stagli… stagli lontano.

Manabe era sconvolto e confuso. Guardò spaventato l’amico, che sospirò prima di infilarsi la felpa e uscire dalla classe senza voltarsi indietro.


I professori delle ore seguenti non proferirono parola su quanto accaduto, preoccupando ancora di più il lilla che ormai non sapeva più cosa pensare. Aveva mandato un messaggio a Minaho a ricreazione, aveva provato a telefonargli e a telefonare a casa… nessuno rispondeva. Iniziava ad essere davvero spaventato.

Finalmente le lezioni giusero a conclusione. Manabe si precipitó nel corridoio… voleva correre a casa il prima possibile, aveva un brutto presentimento. Doveva essere successo qualcosa.
Era preso da questi pensieri quando sentì qualcuno afferrarlo per il colletto della camicia. Era Kitama.

-Ehilá, storpio!- Le botte prese da Minaho gli avevano fatto gonfiare una guancia, e ora aveva una voce ridicola e cattiva. -Il tuo amichetto ha avuto quello che si meritava, non trovi?
-Cos… cosa stai dicendo? Parla! A cosa ti riferisci?
-Al fatto che lo hanno espulso da scuola… mi ha picchiato, sai? Ho rischiato di morire!


Manabe era sconvolto. Non aveva mai odiato qualcuno così intensamente… falso, spia, malvagio e codardo, questo era Kitama.
-Tu… hai… tu lo hai denunciato?
Kitama sorrise sarcastico. Valeva più di mille risposte.

Manabe scattò in un istante. Afferrò la gola del ragazzo e lo schiantó contro il muro. Non pensava di avere così tanta forza… miracoli dell’adrenalina. Gli teneva il gomito sotto la gola e la mano sinistra a pugno contro la bocca dello stomaco.
-Tu! Feccia schifosa!! Ti dovrei ammazzare di botte, ma sai cosa c’è? Che so che gli idioti come te sono solo dei ridicoli, stupidi, inutili codardi, e non ne varrebbe la pena!

Kitama, per la prima volta nella sua vita, sembrava preso di sorpresa e spaventato. Nemmeno i suoi “amici” nel corridoio si azzardavano ad intervenire. In fondo godevano a vederlo per una volta umiliato.
Manabe lo fissò con gelido disprezzo. -Ringrazia il cielo che non ti faccio ingoiare la tua stessa lingua. -Il lilla sputó in faccia al ragazzo. -E ora sparisci dalla mia vista e dalla mia vita!

Manabe molló la presa. Kitama si rese conto di essere circondato. I suoi sgherri non si muovevano, e molti altri ragazzi erano accorsi accorsi a vedere la scena parteggiando per Manabe. Col tempo si erano resi conto di chi fosse il grande, che si faceva sempre più prepotente e violento.
Kitama lanciò alla folla uno sguardo imbevuto d’odio e corse via, sparendo alla loro vista.


Manabe aveva preso un taxi per arrivare a casa. Il bus era lento, e lui con la sia stampella ci avrebbe messo ancora più tempo.
Appena entrato nel vialetto capí subito che qualcosa non andava. La luce del salotto era spenta e non si sentiva nessun rumore. Entrò in casa… nessuno in vista.
Corse in tutte le stanze in preda all’ansia prima di sedersi sconsolato sul divano. Perché Minaho non  c’era? Perché non rispondeva al telefono?

Fu allora che vide qualcosa sul tavolino. Un biglietto. Lo afferrò e lo lesse immediatamente. Era scritto nella bella calligrafia di Minaho, e bagnato di piccole chiazze rotonde… lacrime.


“Manabe, amico mio.
Come vedi tutto è precipitato più in fretta, più velocemente di quanto avremmo mai potuto immaginare.

Questa mattina mi hanno espulso da scuola. È solo l’ennesimo colpo di una vita dolorosa, avrei potuto reggerlo… ma non quello che ne segue.
La preside ha cercato i miei genitori, ovviamente non trovandoli. È venuto fuori tutto, Man. Vogliono mettermi in orfanotrofio… mia zia non mi riprende in casa, ovviamente.
Non posso permetterlo, capisci? Se mi trovassero qui sarebbe la fine anche per te e per la tua causa di emancipazione. È ora che me ne vada.

Man, sei stato la cosa più bella della mia vita, e voglio che sappia che non è colpa tua. Non è mai stata colpa tua… quello che hai fatto per me è incredibile.
Un grande poeta diceva “alta è la notte”… la notte della mia vita non è mai finita. Credevo di avere assaggiato il sapore dell’alba,  ma evidentemente non era destino. Io non so cosa ci sia in cielo, cosa ci guardi da lassù, ma sappi che l’unica cosa che mi fa soffrire, ora che arriva per me l’ora dell’ultimo rimpianto, è sapere che ti lascerò da solo.

Se un giorno potrai perdonarmi, forse ti ricorderai di me come di un debole, ma un debole che ti ha voluto bene come ad un fratello.
Ti guarderò sempre. Ti guarderò nei tramonti, ti guarderò dalle nubi scure cariche di pioggia e dalla foschia dell’autunno che profuma il bosco. Ti guarderò nel Sole e ricorderò il tuo sorriso, ti guarderò nei fiori del monte e crederò di accarezzare i tuoi capelli. I morti non hanno rimpianti, ricordi? Me lo dicesti tu. Spero che sia vero… è che se non possono avere rimpianti, possano però avere ricordi. Io ti ricorderò sempre e ti aspetterò lassù.

Tuo Min.”


Manabe era sconvolto, distrutto, annientato
Non sapeva chi chiamare, a chi chiedere aiuto. Sentí le lacrime premere per uscire e la nausea sconvolgergli lo stomaco.

No.

No. Basta essere deboli. Manabe si riscosse per la forza del dolore e della paura. Doveva correre. Forse non era troppo tardi. Doveva correre.


-Minaho… sto arrivando. Dio, dammi solo qualche istante ancora…

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Capitolo 26
*** Torna subito indietro ***


Suicidio!... - In questi
fieri momenti
tu sol mi resti,
e il cor mi tenti.
Ultima voce
del mio destino,
ultima croce
del mio cammin.

Manabe correva al massimo della velocità che gli permetteva la stampella. La strada era ancora piena di ragazzi e bambini che tornavano da scuola, e un tiepido sole scaldava la città.

Il lilla teneva ancora stretto in pugno il foglietto che Minaho gli aveva fatto trovare, coperto di parole, al suo ritorno da scuola. Non era possibile fraintendere cosa l’amico intendesse con “andarsene”. Era qualcosa di troppo orribile perché Manabe potesse anche solo immaginarlo.
Sapeva dove andare. Si era mosso a colpo sicuro… qualcosa lo guidava. Del resto aveva una sola possibilità. Se avesse sbagliato… ma poteva anche essere già troppo tardi. Ricacció indietro le lacrime e la nausea.

Correva. Correva e inciampava sui suoi stessi passi e sulla stampella, cadendo e poi rialzandosi ogni volta. Doveva arrivare a destinazione subito, o qualcosa si sarebbe spezzato per sempre.

Il rumore della città che pranzava lasciò il posto al dolce suono del fiume. Il ponte brillava sotto la luce della tarda mattinata come un diamante d’acciaio.  Manabe avvistó l’argine.
Attraversò la strada con il cuore in gola e superò la china. Lasció che il suo sguardo corresse per il campo… non c’era nessuno in giro a quell’ora,  e si sentiva lo scrosciare placido dell’acqua impegnare l’aria.

Lo vide.

Era di spalle, seduto a gambe incrociate davanti all’acqua, la testa ripiegata sul petto.
Manabe senti una fitta di sollievo.  Non era troppo tardi.

Corse giù per le scale finendo per cadere e sbattere il ginocchio. Ignoró il dolore e si rialzó immediatamente trascinandosi verso il ragazzo seduto.
-Minaho!! Minaho!! Qualsiasi cosa tu stia facendo, fermati subito! -La voce del lilla era rotta dall’angoscia e dalla mancanza di fiato.

L’arancione non si voltó. Manabe vide che la testa tremava leggermente, come se stesse piangendo.
-Min… Minaho… aspetta… Aspettami… -Il lilla cadde sull’erba di fianco all’amico, senza più fiato e in preda ai crampi. -Cosa… cosa vuoi…
L’arancione respirava piano. Perché non  alzava gli occhi?
-Min… insomma… perché… perché non mi guardi… ho avuto così paura…

Manabe prese la mano dell’amico. Era freddo. Con l’altra mano gli accarezzava dolcemente i capelli. -Minaho… perché sei così gelido… guardami…
L’arancione alzò gli occhi e fissò Manabe. Il suo sguardo era disperato, vuoto.
-
Man… Man… non… non dovevi vedere questa… questa scena…

Il lilla sentiva qualcosa colargli sul polso che reggeva la mano di Minaho. Abbassò gli occhi lentamente. In cuore pregava di non vedere quello che temeva…

Sangue.

Sangue rosso che scolava lentamente da un grosso taglio preciso sul polso dell’arancione.

Manabe si immobilizzó. Aprì la bocca senza pronunciare parola né emettere nessun suono. Non poteva essere vero.
-P…per…perdonami. -Minaho sussurrò con un filo di voce mentre lentamente si appoggiava a terra. -P… perdonami…

Manabe non sentiva più niente. Gli sembrava di essere dentro una campana di vetro. Sentiva solo un suono. L’urlo,  lo stridio violento e selvaggio di un’anima che si alza dal corpo per raggiungere il cielo.
Davanti agli occhi del lilla passò tutta la sua vita. La sua solitudine, la sua lotta continua per essere amato, il suo dolore… e poi questo.

-Tutta la mia vita… una sequenza di fallimenti… -pensò.
Non aveva saputo proteggere l’unica cosa che amava, e ora avrebbe vissuto con un rimorso in più, con una ferita sanguinante in più nel cuore. Se solo fosse corso più veloce… se fosse uscito prima da scuola, se non avesse riletto due volte quel biglietto che gli sembrava troppo assurdo per essere vero… aveva fallito ancora. La vita si era vendicata, la vita gli aveva fatto capire che sarebbe sempre stato un’ombra di passaggio in un mondo lontano.

-No.

Se un Dio esiste, qualunque sia il suo nome, mostrò al mondo di essere padrone del destino degli uomini. Manabe sentiva qualcosa dentro, qualcosa di nuovo. Non avrebbe più accettato il dolore. Avrebbe combattuto, anche solo contro il mondo, non si sarebbe mai arreso. Mai.

Si tolse la camicia rimanendo in maglietta e la strappò con i denti ricavandone un qualcosa di simile a una striscia. La legò con forza sul polso di Minaho. Si sfiló quindi il bracciale che gli aveva regalato l’arancione quando era stato in ospedale. Guardandolo per un istante ebbe una fitta di dolore, ma si riprese subito.
Strinse il bracciale all’altezza del gomito dell’amico al massimo possibile. Non era un laccio emostatico, ma sperava che potesse rallentare il flusso del sangue.
Mise due dita sotto la mandibola di Minaho. Il battito, debolissimo, si percepiva ancora.

-M…Man… -Il lilla si immobilizzó. Prese tra le mani il viso dell’arancione. Era sveglio? Poteva sentirlo?
-Minaho!!! Minaho!! Mi  senti??
-S.. Si… scu… scusa… -La voce dell’arancione era poco più di un sussurro. Non riusciva a tenere gli occhi aperti.
-Ssst! Silenzio… non parlare…. Pensa solo a tenere duro! Ci penso io… ce la farai… ce la farai… -Il lilla non capiva se lo diceva a Minaho o a sé stesso.

Manabe passò delicatamente un braccio sotto la schiena di Minaho e lo sollevò adagiandoselo sulle spalle. Non sapeva nemmeno lui come facesse ad avere una forza simile… era come con Kitama, poco prima.
-Tieni… duro… adesso… andrà tutto.. Bene…

Il lilla, puntando la stampella sotto l’ascella e reggendola nell’incavo del braccio in un modo che nemmeno lui avrebbe creduto possibile, passo dopo passo risaliva l’argine.
Arrivato in strada ebbe solo la forza di chiamare aiuto, poi cadde, riuscendo a malapena a fare scudo con il suo corpo a Minaho.
Rimase più di un minuto sotto il corpo dell’arancione. Sentiva il suo respiro debole… sentiva che cercava di dirgli qualcosa… forse voleva dire che gli dispiaceva?

-Ragazzo! Ragazzo, cosa succede? -Un uomo anziano aveva parcheggiato la sua piccola utilitaria e si era precipitato dai due. Li aveva visti con la coda dell’occhio ed aveva immediatamente inchiodato.
-Io… lui… a… aiuto… -Manabe era stremato.

Il signore non fece domande. Issó sulle spalle Minaho e lo adagió sul sedile posteriore della piccola macchina, quindi corse ad aiutare Manabe ad alzarsi. Gli porse la stampella e lo sorresse fino alla macchina.
-Io… grazie. -Il lilla lacrimava.
-Lascia stare… non so cosa sia successo, ma qualunque cosa sia dobbiamo muoverci. L’ospedale è troppo lontano… non ce la farebbe… Dove diavolo posso portarvi!! -L’uomo era nervoso e preoccupato. Si torceva le mani.

-Io… io ho un’idea! Ci porti… ci porti alla scuola … siamo della… siamo della Raimon… C’è una buona infermieria… ed è l’unico posto vicino… -Il lilla riusciva a ragionare solo grazie alla sua volontà assoluta di salvare l’amico.
L’uomo non fece domande. Ripartí spingendo al massimo la sua macchinetta e superò vari limiti di velocità. Tempo cinque minuti ed erano a scuola.

Manabe vide dal finestrino l’allenatore.  -Mister! Mister!!! Ci aiuti la prego!
Endou era sconvolto. Cosa stava succedendo ora? Perché Manabe urlava? Quando vide un uomo anziano estrarre dalla macchina un corpo esanime ebbe una stretta al cuore. Riconobbe Minaho.
-Portatelo dentro! Corro a chiamare la dottoressa!


Avvenne tutto in pochi minuti.

Minaho fu steso sul lettino dell’infermeria e la dottoressa della scuola gli suturò e fasció il taglio.
-Non avere paura… per poco, ma è salvo. Penso… penso che sia merito di questo laccio emostatico improvvisato. Chiunque l’abbia messo è stato bravo. -La donna sorrise debolmente a Manabe che si torceva le mani su una sedia.

Il lilla sospirò di sollievo… era arrivato in tempo dunque! La dottoressa aveva detto che Minaho aveva perso molto sangue, ma gli aveva fatto una trasfusione. Ora il ragazzo stava riposando, ma non era in coma e si sarebbe svegliato presto.
Dopo aver salutato Manabe che lo aveva ringraziato fino alle lacrime il signore anziano se ne era andato come era venuto… -Forse è un angelo. -Pensò il lilla.

Endou, sconvolto, si era fatto raccontare tutto dopo aver permesso a Manabe di prendere fiato ed averlo costretto a bere una camomilla. Camminava avanti e indietro per l’anticamera dell’ambulatorio gesticolando e insultando la preside e i professori. Manabe non lo aveva mai sentito imprecare. .. Era strano.

-Come hanno potuto!  Maledetto idioti, stupidi ipocriti! Se pensassero alle conseguenze delle loro azioni… maledetti!
Ovviamente il soggetto della sfuriata erano quegli insegnanti che avevano espulso l’arancione senza nemmeno sentire le sue ragioni. Endou odiava le ingiustizie. -Mi farò sentire… mi farò licenziare se serve, ma lo riammetteranno a scuola, lo giuro sul mio onore!! Guarda cosa gli hanno fatto… orfanotrofio! Non esiste!! Non è possibile!! Troveremo una soluzione… dobbiamo trovarla!

Nel frattempo Manabe sospirava, la testa tra le mani. Vide la dottoressa uscire dalla stanza.
-Dottoressa!! Dottoressa… la prego… posso entrare con lui? Non… non voglio che stia da solo…
-A dire il vero… sarebbe meglio…
Gli occhi di Manabe si riempirono di lacrime.
-Oh! Al diavolo le procedure! Entra pure… è meglio che tu sia con lui quando si sveglierà. -La donna guardò Manabe con determinazione. Il lilla si inchinó in segno di rispetto e la ringraziò con voce rotta.


Erano passate quasi tre ore. La squadra aveva saputo cosa era successo e uno ad uno erano passati per salutare Minaho… ma solo Manabe era rimasto ogni istante di fianco a lui, tenendogli la mano. Gli aveva parlato a lungo, come se fosse stato sveglio. Il suo cuore si era riempito di gioia quando aveva visto il respiro rinforzarsi e un minimo di colore tornare pian piano sulle guance dell’amico.

-Min… io… io non so perché tu abbia fatto una cosa così… Dio… non dormirò più la notte con il terrore che tu possa… che tu possa rifarlo! Perché… perché lo hai fatto??
Il lilla aveva il cuore a mille. Si sentiva pieno d’angoscia.
Sospirò e abbassò il capo appoggiandosi al petto dell’amico. Sí abbandonò in quell’abbraccio respirando il profumo di arancio del bagnoschiuma di Minaho mentre gli accarezzava i capelli. Chiuse gli occhi.

-M… Man?
Il lilla si riscosse immediatamente. Alzò lo sguardo, gli occhi velati di lacrime. Il suo cuore esultó quando si tuffó nell’oceano verde degli occhi dell’amico.
-Man… Dove siamo? Cosa… cosa è successo? -Minaho sospirò debolmente.  Sembrava che avesse ricordato di colpo tutto.
-Min … oh Min…. -Manabe piangeva
-Scusami. Io…

Il lilla gli chiuse la bocca con la mano. -Non parlare, abbracciami… amico mio.

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Capitolo 27
*** Colpa ***


Why can't you see this boat is sinking
(this boat is sinking this boat is sinking)
Let's go down to the water's edge
And we can cast away those doubts
Some things are better left unsaid
But they still turn me inside out
Turning inside out turning inside out
Tell me...
Why
Tell me...
Why

Quando furono passate un paio d’ore dal risveglio di Minaho, e si andava oramai verso metà pomeriggio, l’allenatore Endou propose ai ragazzi di riportarli a casa in macchina. Non era possibile altrimenti, visto che Minaho era ancora troppo debole per camminare.

-Per quanto riguarda la questione orfanotrofio… non preoccupatevene per ora. Mi presenterò in commissariato e rilasceró una dichiarazione in vostro favore. Ho degli amici dei tempi della scuola lì… non mi piace usare le amicizie per ottenere favori,  ma stavolta il gioco vale la candela. Così guadagneremo tempo. Poi tornerò a scuola, seguirò gli allenamenti e a fine giornata passerò in presidenza a parlare con la preside. Quella donna non è cattiva, spero di farle capire come stanno le cose. Vedrete… troveremo una soluzione a tutto.

Manabe si fidava dell’allenatore, e comunque non potevano fare altrimenti.  Del resto ora gli interessava solo del suo amico, che se ne stava sul lettino mangiando un panino al prosciutto. Aveva perso abbastanza sangue e doveva riprendersi.

-Minaho, te la senti di andare? Ti sorreggo fino alla macchina… -Il lilla inforcó la stampella.
-Certo… certo. Andiamo a casa.

Minaho si sedette, quindi fece per alzarsi. Come appoggió piede a terra gli credettero le gambe e cadde in ginocchio.
-Sc… scusatemi… non… non ce la faccio…
-Manabe, per favore, vai ad aprire la portiera della macchina. È parcheggiata sul retro… quella rossa, ricordi? A lui ci penso io… -Endou sorrise al ragazzo lilla, che corse ad obbedire all’ordine.

-Bene… Ti prendo in braccio! Mettimi le braccia intorno al collo… ti tengo stretto, ok? -L’allenatore fece l’occhiolino a Minaho e lo sollevò delicatamente. -Ti fa male qualcosa? Va bene così?
-Sì. .. va bene… -Minaho si strinse all’allenatore.

Deposto Minaho sul sedile posteriore Endou si mise alla guida. Tempo dieci minuti ed erano davanti a casa del lilla.
Manabe aiutò il mister a portare dentro l’amico e a distenderlo sul divano, quindi si sedette finalmente sulla poltrona. Non aveva ancora avuto tempo di rendersi conto di quanto fosse stanco.

-Bene ragazzi… io vado allora, non c’è tempo da perdere. Questa sera passerò a portarvi qualcosa da mangiare e a dirvi tutti gli sviluppi, ok? -Endou sorrise ai due ragazzi.
-Ma… non si deve disturbare… -Manabe fece per alzarsi. -Cucineró… Cucineró io qualcosa…
-No Manabe, devi riposarti anche tu, e stare insieme a Minaho. Penso… penso che abbiate delle cose da dirvi. Un’altra cosa… puoi darmi del tu senza problemi. -Il mister sorrise.
-Io… la ringrazio… ehm… ti ringrazio! -Manabe sorrise debolmente. -A dopo allora… non preoccuparti, ci penso io a Min…

L’allenatore sorrise. Quei ragazzi gli piacevano. Uscì di casa determinato a farsi valere.


Minaho era sul divano, preso dai suoi pensieri. Come gli era passato per la mente di cercare di uccidersi? Era davvero così debole, o così disperato, da non tenere conto del dolore di Manabe? Leggeva la paura nei suoi occhi. Questa volta gli aveva fatto male davvero. Era una ferita che non sapeva guarire.
-M…Min… ti ho… ti ho portato del latte… b… bevilo tutto… devi riprendere le forze. -Il lilla si sforzava di sorridere.

-Grazie… grazie Man… adesso lo bevo, promesso.-Minaho sentiva il trauma dell’amico. Il senso di colpa gli scavava lo stomaco come un pugnale spuntato.
Mentre guardava Manabe salire le scale, lento e fragile sulla sua stampella, la schiena ricurva, per andare a prendergli una coperta. Aveva già visto quel tipo di fisicità nelle foto dei profughi di guerra. Il fisico che faticava a sostenere il peso dell’anima. Le lacrime gli invasero gli occhi.


-Man… Man, io…
-Per… per favore, non voglio parlare Min, non adesso.
-Io. .. -Minaho si mordeva le labbra.
-Perdonami, sto male. Non badare a me.


Per tutto il pomeriggio l’arancione aveva seguito con gli occhi l’amico. Vedeva che gli tremavano le mani e che era pallido. Non era mai successo che non gli volesse parlare.  Era tutta colpa sua… voleva sparire, voleva buttarsi a terra e piangere, ma a cosa sarebbe servito?

Manabe da parte suo stava malissimo. Sentiva come una palla di cannone nello stomaco e un coltello infilato nel petto. Aveva gli occhi offuscati dalle lacrime e sentiva dentro di sé che non sarebbe più stato bene. Aveva paura. Una paura folle, una paura terribile. Davanti agli occhi gli passava continuamente la scena di Minaho riverso al suolo, di Minaho sporco di sangue, la sua voce che gli diceva addio… non se ne sarebbe liberato più.
Voleva solo chiudersi in camera a piangere, ma non poteva lasciare Minaho. Sentiva che se lo avesse perso di vista sarebbe successo di nuovo, lo sentiva…


A sera l’allenatore suonò il campanello come promesso. Manabe lo fece entrare e lui scaricò sul tavolo della cucina una grande quantità di pacchetti. -Mia moglie ha cucinato qualcosina… non è la cuoca migliore del mondo, ma ci mette tanto impegno. .. -Endou arrossí.
-Grazie… è davvero troppo… siete troppo gentili… -Manabe sorrise debolmente. Gli tremava il labbro.

-Ehi, Manabe… sei arrabbiato con lui, non è vero? -Endou si sedette e mise la mano su braccio del lilla. Sospirò.
-Io… io…
-Non devi tenere tutto dentro. A volte le cose devono crollare per tornare come prima, anzi più belle di prima. -L’allenatore aveva chiuso con noncuranza la porta della cucina. -Se devi dire qualcosa, fallo.

-È che… è che… è stato così egoista!! -Manabe era rosso in volto e lacrimava. -Perché?  Perché mi ha fatto questo? Come farò ora… vivrò nel terrore che ci riprovi… che…
-Manabe… non è stata colpa sua… a volte. .. a volte ci sono cose che si fanno perché si è accecati da qualcosa… credo che ci sia qualcosa di profondo sotto. Dovete… dovete parlarne tra voi. -Endou accarezzava la mano del lilla per tranquilizzarlo.
-Io… lo so… è… è che ho così paura di perderlo, allenatore Endou!!! -Manabe respirava rapidamente, in preda all’angoscia.

-Manabe… quello che dentro di lui si è rotto è qualcosa di serio, credo. Comunque… comunque penso che essere ancora tra noi gli faccia capire le conseguenze del suo gesto, che preso dal dolore non aveva considerato. Io non penso che lo rifaccia… anzi ne sono certo.

Manabe stringeva i pugni. Dentro di lui bruciava una rabbia incredibile alimentata dall’ansia e dal terrore. Avrebbe voluto credere alle parole del mister, ma sapeva di non potercela ancora fare.
-Comunque, Manabe… i miei amici della polizia mi hanno detto che per qualche giorno chiuderanno un occhio… ma dobbiamo trovare una soluzione definitiva. Ho un’idea, ma non posso parlartene ancora, è una cosa così assurda… però ci proverò. Tu non preoccuparti. Domani ritieniti libero da scuola e allenamenti… Minaho deve riprendersi. Ho parlato con la preside e non hai idea di quanto si sia sentita in colpa. Mi ha detto di riferirvi che le dispiace, che non immaginava e che potete rimanere a casa finché…

-Finché? FINCHÉ? Cosa vuole quella donna? Se non fosse stata così idiota da credere a Kitama non… -Manabe urlava. Endou lo interruppe.
-Parla piano Manabe… Lei sa di avere sbagliato, credimi. Domani ti porterò altre notizie, e ti assicuro che saranno buone, come è vero che mi chiamo Mamoru Endou.


L’allenatore era uscito da una decina di minuti. Manabe era seduto sulla sedia della cucina, la testa tra le mani.
Non sapeva cosa pensare. Sapeva solo che era spaventato,  angosciato e dolorante. Aveva un gran bisogno di abbracciare Minaho, di tenerlo stretto, di dirgli che gli volta bene… eppure qualcosa lo fermava, qualcosa di forte. Un misto di rabbia, di orgoglio e di sofferenza.


Cenarono in perfetto silenzio, sul divano. Manabe percepiva il senso di colpa dell’arancione, mentre Minaho, che intanto era in preda al mal di testa, non sapeva come dire all’amico quanto gli dispiacesse.
Sembrava che nessuno dei due volesse iniziare a parlare. E pensare che avevano così bisogno l’uno dell’altro…

-Man…
-Non parlare Minaho. Non è il momento.
-Ma…
-No! Non ho nessuna voglia di parlare con te! Non ne ho voglia!!

Manabe si alzò di scatto. Aveva il viso rosso e i capelli spettinati. Teneva i pugni stretti sul tavolo e lanciava sguardi di odio dagli occhi. -Tu non hai idea!! Non hai idea di cosa significhi tutto questo per me!! Tu non mi vuoi bene!!!

Minaho fu trafitto da quell’ultima frase come da un ferro rovente. Sentí di perdere un battito.
-M… Man… io…
Non fece in tempo a costruire una frase, che Manabe era già corso via dal salotto. Minaho sentí la porta della sua stanza sbattere con violenza e qualcosa che sembrava decisamente un urlo soffocato. Il senso di colpa lo divorava.


L’arancione provó a guardare un po’ di televisione, ma gli esplodeva la testa e si sentiva estremamente debole. O forse era il senso di colpa…
Decise di spegnere la luce e di provare a dormire. Si distese con un sospiro e chiuse gli occhi.

Passarono dieci minuti, poi venti, poi un’ora.  Non riusciva a dormire. Il polso gli pulsava e aveva il cuore pesante. Riaccese la luce. In fondo alla testa sentiva un rumore ovattato. Temeva che Manabe stesse piangendo, di sopra da solo.

Basta. Doveva andare da lui.

Provó ad alzarsi, ma non poteva farcela. Scivoló a terra e fece appello a tutte le sue forze. Si trascinò fino alle scale, e poi si issó gradino per gradino aiutandosi con le mani e le ginocchia. Gli sembrava di scalare l’Everest e sentiva il cuore accellerare. Aveva il fiato mozzo e sentiva pulsare la testa.

Alla fine si ritrovò di sopra. Ci volle poco a trascinarsi fino alla porta del lilla ed appoggiarvisi.
Era impossibile sbagliare, Manabe stava piangendo disperatamente.
Minaho ebbe un tuffo al cuore. Appoggió la mano sulla maniglia, indeciso se aprire o meno la porta.

-Minaho!! Perché!! Razza di idiota… perché mi… mi… mi hai fatto questo!! Io… io non voglio perderti… non voglio!!! Io… dio aiutami… io… -Manabe singhiozzava disperato. -Perché non mi vuoi bene… perché non capisci… non capisci… che… sei la mia vita!!

Minaho si sentí morire. Non aveva mai avuto la percezione del suo errore come in quel momento. Si allontanò dalla porta e si trascinò fino alle scale. Non poteva fare nulla, se non pregare. Manabe non avrebbe accettato nemmeno di vederlo.

Poco dopo era di nuovo sul divano. Si addormentó stringendo al petto la maglietta di Manabe, inzuppandola di lacrime.

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Capitolo 28
*** Tempesta e impeto ***


And I need you like a heart needs a beat
But it's nothin new

Manabe si svegliò fradicio di sudore. Aveva dormito pochissimo, facendo sogni orribili. Sentiva la testa in fiamme.

Si trascinò giù dal letto, si fece la doccia senza nessuna voglia e scese le scale per preparare la colazione… per lui e per Minaho.
Quando spalancò le tende del salotto e aprì la grande portafinestra che dava sul cortile l’arancione dormiva ancora. Manabe era arrabbiato fino alla punta dei capelli, ma al vederlo ebbe un brivido nel cuore. Gli mancava… voleva abbracciarlo? Strinse i denti e si diresse in cucina.


-Dannazione! -Manabe imprecó mentre il secondo uovo gli cadeva per terra. Era così nervoso che non riusciva a fare nemmeno un’azione così semplice senza farsi prendere dall’ansia.
Pulì il pavimento mentre imprecava sotto voce. Non si sentiva affatto bene. Dove era finita la sua rabbia? Perché si sentiva arrabbiato sí, ma con sé stesso?

Riprese a friggere la pancetta finendo per scottarsi le dita con l’olio bollente. Pianse di frustrazione mentre teneva la mano sotto il getto del rubinetto. Senza Minaho si sentiva vuoto. Non ce la faceva più, aveva bisogno del suo amico.

-Man…

Manabe si paralizzó. Si era svegliato… si girò lentamente, il cuore in gola.
Minaho era lì. Pallido come un fantasma, il polso fasciato, si appoggiava sofferente allo stipite della porta. Con le mani si reggeva come poteva al legno, mentre cercava di non cadere.
-M…Min…

Fu un istante. Il lilla corse ad afferrare Minaho proprio mentre cedeva e si accasciava . Caddero in ginocchio abbracciati.
-Man… io…
-Sssst… non parlare Min, non parlare… sei debole… oddio quanto sono stato stupido… io non ricordavo quanto avessi… quanto avessi bisogno di te, dei tuoi abbracci… -Il lilla piangeva tenendo l’amico stretto a sé, con la testa contro la sua spalla.

Manabe sentiva il cuore di Minaho battere contro il suo petto, ed ebbe l’impressione di ricevere da quel battito tutta la sicurezza che la paura gli aveva strappato. Accarezzava dolcemente i capelli dell’arancione e inspirava il suo profumo. Era davvero lì con lui. Non era un’allucinazione.
-Min.. aggrappati a me. -Il lilla prese in braccio l’amico che si raggomitoló contro il suo petto… sembrava leggero ora. Lentamente, sostenendosi alla stampella, lo portò in salotto e lo adagió sul divano. Gli accomodó dei cuscini sotto la testa e gli sorrise.
-Ehi… vado a prenderti qualcosa da mangiare ok?
Si voltó e fece un passo, quando sentì una mano serrarsi sul suo polso.

-No… Man… ti prego… puoi rimanere qui con me? Ti… ti prego…
Manabe ebbe una stretta al cuore. Si sedette vicino all’arancione e gli prese le mani. -Sono qui con te… sono qui con te. Dammi solo un istante, almeno un bicchiere di latte lo devi bere. Torno in un solo secondo.

Minaho sospirò affermativamente. Manabe si precipitó in cucina, mise su un vassoio tutto quello che gli capitava sotto mano e tornó alla massima velocità consentitagli dalla gamba in salotto, appoggiando la colazione sul tavolino.
-Eccomi… eccomi qui.

-Man… ascolta… devo dirti una cosa. -Minaho abbassò gli occhi.
-Min, non devi se non vuoi… non… non devi.
-No, devo farlo. -Minaho si tiró a sedere. Altrimenti… altrimenti non… non mi darò più pace.
Manabe sorrise dolcemente all’amico. Prese una fettina di pane, ci mise sopra un pezzetto di pancetta e gliela porse. -Ti ascolto, però mangia, altrimenti ti imboccheró io con l’imbuto!
Minaho ridacchió, quindi diede un morso al panino improvvisato. Prese fiato prima di parlare.

-Ecco… volevo che sapessi che sono un idiota.

Manabe si immobilizzó. -C… cosa stai dicendo… non d… devi dire così!
-No, sono proprio un emerito idiota. Sono un dannato egoista, debole, codardo e stupido… ti capisco se pensi che io non ti voglia bene.

Manabe ebbe un tuffo al cuore. Quelle parole gli erano uscite senza che se ne accorgesse, spinte da una rabbia selvaggia e da una paura folle. Se ne pentiva più che di ogni altra cosa.
-No… Min… io… io non volevo…
-No, tu non volevi, tu dovevi. Paradossalmente…-Minaho fece una pausa per masticare.- paradossalmente dovevi farlo, per farmi capire fino in fondo i miei errori… ora so quanto sono stato egoista.

Manabe era allibito. Non sapeva cosa pensare… non voleva che Minaho gli chiedesse scusa… bastava solo che gli promettesse che non lo avrebbe lasciato solo…
-Min… io… la verità è che anche io sono un egoista. Invece di capire il tuo dolore, invece di starti vicino sono… sono stato così cattivo e… e… -Manabe scoppiò a piangere.
Minaho lo attrasse a sé con delicatezza e gli scostó i capelli dagli occhi. -Man… tutto quello che è successo è solo colpa mia, solo e unicamente colpa mia!
Il lilla lo fissò fra le lacrime. Aveva tanto bisogno di rifugiarsi fra le sue braccia… non era stato in pace con lui per un giorno, e già si sentiva morire dentro.

-Ho avuto… ho avuto così paura Min! C’era… c’era il sangue e… e tu eri freddo e bianco… e… e poi… -Il lilla piangeva disperato. Non aveva mai provato così tanto dolore e gioia insieme.
-Manabe, Non succederà più, mai più. Te lo prometto su quello che vuoi. Sulla mia vita, sulla memoria dei miei genitori… te lo giuro su tutto quello che abbiamo di più caro. Ho capito quanto fossi stupido e cieco. Non ti lascerò mai, mai e poi mai. -Minaho parlava con voce dolcissima mentre accarezzava il castano e gli massaggiava dolcemente le tempie. -Ora respira… calmati. Ho tanta voglia di ridere con te… di essere felice…
Manabe tiró su col naso. -P… prometti… davvero?
-Sì. -Minaho sorrise. – A patto che tu faccia lo stesso giuramento, però…

Manabe sorrise tra le lacrime che ancora gli rigavano il volto. -Lo prometto.



Finirono di fare colazione insieme. Manabe era tutto spettinato e aveva il viso coperto di chiazze rosse. Piangendo gli si erano dilatati i capillari.
-Sembro un puffo… -Il lilla sospirò sconsolato.
-Io ti trovo molto carino!- Minaho sorrise sornione.
-M… Min… non prenderti gioco di me… potrei farti il solletico…
-Eh no! Non infierirai su un ferito! -L’arancione fece un sorrisetto ironico. -E comunque conosco un metodo infallibile per far sparire quelle macchioline… portami del ghiaccio.

Manabe non era proprio sicuro di fidarsi della scienza medica dell’amico, ma decise di accontentarlo. Minaho, che intanto si era seduto (dopo colazione si sentiva molto più in forze.), estrasse alcuni cubetti dai loro stampi.
-Vieni qui vicino a me… chiudi gli occhi e rilassati.

Manabe era sempre meno convinto di potersi fidare… si preparò al peggio.
L’arancione iniziò a massaggiargli il viso con il ghiaccio, stando attento a non fargli male. Il lilla credette di  essersi appisolato, perché gli sembrò passassero pochi secondi prima che l’amico sorridente dicesse -Finito!-
Manabe aprì gli occhi e si guardò riflesso nello specchio del tavolino. I segni erano spariti.

-Incredibile… come hai fatto!?
-È… è una cosa che mi aveva insegnato papà… quando da piccolo piangevo perché avevo… avevo paura a dormire la notte senza di lui. -L’arancione arrossí. -Il ghiaccio… il ghiaccio fa contrarre i capillari, e dunque il colore rosso sparisce. Intelligente, no?
Manabe sorrise. Era davvero semplice… perché non ci era arrivato da solo?


Nella mattinata i rapporti tra i due ragazzi tornarono quelli di sempre. Minaho si sentiva più forte e non provava più dolore. I tagli si erano cicatrizzati, ma comunque  Manabe non gli permise di alzarsi se non dopo un sostanzioso pasto proteico.
-Come stai… ti senti ancora debole? Riesci a stare in piedi? -Il lilla era preoccupato.
-Tranquillo Man… tranquillo. Ora va decisamente meglio.
L’arancione non aveva nemmeno più vertigini e giramenti di testa. Aveva recuperato buona parte delle energie perdute e aveva anzi molta voglia di uscire di casa e respirare un po’ di aria fresca.


Manabe aveva raccontato a Minaho della conversazione avuta con l’allenatore, e l’arancione si era tranquillizzato molto sapendo che per ora non sarebbe finito in orfanotrofio. Avevano fiducia nelle parole di Endou, e sapevano che se gli aveva promesso una soluzione, si potevano assolutamente fidare.
-Vedrai Min.. Si sistemerà tutto. Dobbiamo solo rimanere uniti, io e te.
Minaho si sentiva felice. Gli sembrava di avere rimosso un velo che gli copriva gli occhi.

-Forse… forse è vero Man che quando si rischia di morire ci si rendo conto di cosa… di cosa realmente conti nella vita. Nel mio caso quella cosa sei tu.
Manabe tratteneva le lacrime. Ma di felicità questa volta. Anche per lui era lo stesso, anche per lui Minaho significava tutto. Non poteva non pensare a come quel fulmine arancione gli avesse cambiato la vita. Erano diventati una cosa sola, insieme. Erano qualcosa di più bello quando stavano vicini.


I ragazzi passarono il pomeriggio a parlare di tante cose. Minaho raccontò a Manabe episodi della sua vita che teneva gelosamente dentro il cuore da anni, mentre il lilla sfogó finalmente la sua insicurezza e la sua paura di essere lasciato solo.

-Penso… penso che dipenda dai tuoi, Man. Hai paura che gli altri ti abbandonino perché pensi che… che nessuno potrebbe volerti mai bene, vero?
Il lilla abbassò la testa.
-Lo sapevo… io non sbaglio mai! Bhe… una cosa posso dirtela. -Minaho fece una carezza sulla guancia dell’amico. -Previsione sbagliata.

Il lilla non fece in tempo a spalancare la bocca dallo stupore che Minaho gli era già saltato addosso facendogli il solletico. Rotolarono a terra in un gomitolo di gambe, braccia, ciuffi bicolori e stampelle.
-Ahahah Minaho mi vendicheró! Giuro che mi vendicheró!- Il lilla era in preda ad un attacco di risa irrefrenabili mentre l’arancione ansimava felice.
-Prima dovrai liberarti dal mio dolce peso! -Minaho si buttò a peso morto sul petto del lilla. -Guarda come sono carino e fedele… sembro un Labrador!
-Mh… -Manabe faticava a parlare sotto il peso dell’amico. -Un labrador? Direi piuttosto un Carlino arancione! –

Minaho rise, facendo il finto offeso.
-È così eh? Stai a vedere come abbaia, questo bellissimo, e sottolineo bellissimo Carlino! -Così dicendo l’arancione si lanciò nella sua personale interpretazione delle più becere canzoni della Disney.
Manabe gli tappó la bocca con la mano. -Pietà, tutto ma non la Sirenetta!
Minaho rise. -E allora vediamo un po’ come te la cavi se ti faccio… grattini nella pancia!

Il lilla faticava decisamente a contenersi… non resisteva al solletico…e scalciava come un matto.
-Ehi! -Minaho si immobilizzó.

-Oddio Min ti ho fatto male? -Il lilla era spaventato. -Ti ho dato un calcio… perdonami! Ma… Ma perché mi guardi così?

Minaho sembrava prima allibito, poi entusiasta.
-M…Man…

Manabe non capiva.
-Oddio… oddio cosa ti ho fatto? Riesci a muovere la schiena? Ti senti male?
L’arancione sorrise radioso.

-Man… la tua gamba!!!

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Capitolo 29
*** Ciuffi e orsacchiotti ***


(And I) ride the winds of a brand new day
High where mountain's stand
Found my hope and pride again
Rebirth of a man


Manabe e Minaho erano immobili.
Entrambi a terra, l’arancione sulla pancia del lilla, sembravano incapaci di dire qualsiasi cosa.

-M.. Man… hai… hai visto… hai mosso… la… -Minaho era incredulo.
-Io… -Il lilla chiuse gli occhi, come se avesse paura di fallire. -Io… non so se…

L’arancione scese dalla pancia dell’amico e lo sollevò, aiutandolo a sedersi sul divano. -Man… tu puoi… prova…
Manabe strinse i denti. Era agitato. Non si decideva a trovare il coraggio… poi di colpo si decise. Si concentrò e… mosse la gamba.

Minaho esplose di gioia come un fuoco di artificio. -È un miracolo! Un miracolo!! Un miracolo!!!
Manabe non si raccapezzava… non si aspettava che succedesse così di colpo! Riusciva a sentire tutti i muscoli… -che sensazione strana!-pensò.
-Ma è fantastico!! Man hai… hai recuperato la gamba!! È… così bello che… che… -Minaho scoppiò di nuovo a piangere.

Manabe sorrise e lo abbracció. -Nemmeno… nemmeno io ci credo… fino a poco fa… non… oddio Minaho non lo so! Non lo so come ma è successo! Dici… dici che potremo di nuovo giocare a calcio?
Minaho tiró su col naso e sorrise. -Sì… certo che sì!  Giocheremo insieme la finale Man!! Come sono felice!! -L’arancione saltava di gioia.
Il lilla si sentiva come nuovo. Non si ricordava più la sensazione che si prova facendo cose semplici ma importanti come piegare una gamba… era splendido. Fece per alzarsi... e ricadde riverso sul divano.

-Man!! Stai attento… non sei più abituato… è normale! -Minaho si era precipitato vicino a lui e gli aveva preso la mano. -Vieni… ti aiuto io! Proviamo a fare qualche passo.
L’arancione aiutò l’amico a mettergli il braccio intorno alle spalle, quindi lo sostenne mentre provava a camminare.
-È… è bellissimo Min! Sono così contento di essermi… di essermi liberato di quell’affare! Il lilla indicò la stampella.
-Vedrai… vedrai che in pochi giorni potrai tornare a correre come prima! Ci pensi Man? Tutto come prima!!

I due ragazzi erano così entusiasti che non si resero conto che ogni residua freddezza era sparita. Del resto Minaho era così felice che si rese conto di quanto fosse stato assurdo immaginare di togliersi la vita. Non ci voleva nemmeno più pensare e mai più si sarebbe lasciato andare, lo promise a sé stesso.


Dopo nemmeno mezz’ora di delicati esercizi Manabe riusciva non solo a stare in piedi senza stampella, ma addirittura a camminare, anche se lentamente e con qualche doloretto.
-Non ti preoccupare Man… pensa che quei muscoli sono fermi da settimane… domani starai benone! -Minaho sorrise all’amico.
-Speriamo… -Il lilla lo guardò speranzoso. -Piuttosto… ordiniamo immediatamente qualche quintale di sushi da asporto… oggi si festeggia!


Minaho fissò il soffitto del salotto. Prima o poi avrebbe dovuto convincere il lilla a ripulire quella dannata macchia di umido… ma non ora, era pieno da scoppiare!

Avevano mangiato così tanto da fare quasi indigestione, e ora si erano trasferiti sul divano per una bella maratona dei loro film preferiti. Quella notte erano certi che non avrebbero dormito… troppe cose da dirsi! Troppe previsioni da fare!
Passata ormai la mezzanotte si infilarono in camera del lilla e si costruirono una tenda con le coperte.

-Man… mi sembra di essere tornato bambino! Quanto mi piaceva nascondermi… adoravo i giochi come questo!

Il lilla rise. Minaho sembrava proprio un bimbo, con i suoi ciuffi arancioni che spuntavano sopra le orecchie e gli occhi luccicanti di felicità.
-Non trovi che siamo un po’ troppo cresciuti per giocare agli indiani? -Il lilla fece una finta faccia seria. -Dovremmo essere già a nanna! Domani si va a scuola!
Manabe si morse la lingua. -Dannata boccaccia! -pensò.

Minaho si era oscurato. Aveva abbassato la testa e si fissava i piedi.
-Min… perdonami! Sono uno stupido… non ho pensato a quello che dicevo! Io non… non volevo…
Minaho guardò Manabe. Era agitatissimo e rosso come un pomodoro.

-Lascia… lascia stare Man. Non fa niente. Tanto… tanto io non ci voglio tornare in quel posto, ecco!
Manabe sospirò. -Min… vedrai che Endou troverà una soluzione. C’è lo ha promesso… ti fidi di lui? – Così dicendo il lilla abbracció Minaho e lo attrasse a sé.
-Io… io credo di si…
-E allora non starci male. Quegli stupidi capiranno che errore hanno fatto. -Il lilla accarezzava i capelli di  Minaho. -E comunque io domani a scuola non ci vado… se non vogliono te, non avranno nemmeno bisogno di me!
Minaho sorrise commosso. -Io… io ti ringrazio tanto Man… ma penso che dovresti andare. Così… così nessuno avrà nulla da dire, e… e poi magari vedi Endou che ti dà qualche notizia!

Manabe non aveva smesso di accarezzargli dolcemente i capelli e arricciargli i ciuffi. -Mh… forse hai ragione… però se ti dovessi sentire solo… anche un solo istante… mi chiami e vengo a casa. Prometti!
-Man… io prometto… però anche tu credimi. Non farò mai, mai e mai più una sciocchezza quando non ci sei. Fidati di me.

Manabe era stupito. Minaho aveva davvero la stoffa del grande investigatore. Aveva capito subito quale fosse la sua vera preoccupazione.
-Io… grazie Min. Sì, mi fido di te perché so che mi vuoi bene.

I due ragazzi si abbracciarono. -E ora… che ne dici di fare una gara di  storie paurose?



-Man… posso farti una domanda? -Minaho era steso di fianco all’amico, le braccia incrociate dietro la nuca.
-Probabilità al 100 per 100 che ti risponda, Min!
L’arancione ridacchió. -Oook… ascolta… non è per prenderti in giro, mi incuriosisce davvero. Perché dormi con un orsacchiotto lilla?

Manabe sbiancó,, quindi divenne rosso come un  peperone.
-Eh… cos… ma come…
-Man… sono un detective, non vorresti sapere come trovo le mie informazioni, credimi!

Manabe sospirò, però sorrideva. -E… e va bene… io… -Si alzò e prese da una mensola un’orsetto dello stesso colore dei suoi capelli. -Io… ti presento Pat.
Minaho si tiró a sedere e si prese il mento tra le dita. -Pat? Interessante…
-Ecco… lui… il fatto è che. ..
-Man, -Minaho interruppe l’amico. -Guarda che non sei obbligato a dirmelo… era così per ridere… -L’arancione aveva notato l’agitazione del lilla.
-No… non… non ti preoccupare. .. è che per me lui è molto importante… me lo hanno regalato i miei genitori quando ero piccolo… avevo imparato a contare fino a cento, e una sera papà e tornato a casa con lui… io…
Gli occhi del lilla si inumidirono.

Minaho sospirò. -La realtà è che ti mancano, vero? Gli vuoi bene, e ci stai male per questa situazione.
-Io… -A Manabe tremava il labbro. -Io… ecco… sí, mi mancano da morire… mi mancano ogni giorno.
-Oh Man… Man vieni qui… -Minaho prese le mani del lilla e gli sorrise. -Lo sai? Io sono sicuro che si sistemerà tutto!

Il lilla lo guardò speranzoso. -Dici… dici davvero? Io… io ci terrei così tanto… non… non voglio che i miei genitori smettano di volermi bene… anche… anche se non so se me ne… se me ne vogliono più….
-Non dire queste cose nemmeno per scherzo! -L’arancione strinse a sé il lilla. -I genitori ti vogliono bene per sempre… Anche i miei genitori da lassù continuano a volermi bene, sai? Magari… magari sbagliano nei modi, ma credimi, ti vorranno bene sempre.
Manabe sorrise debolmente. I due ragazzi si abbracciarono.



La mattina seguente si svegliarono di buon’ora.

-Min… ma possibile che la notte scalci in questa maniera? Ho la schiena a pezzi…
-Senti chi parla! -Minaho rise. -Tu dormi come un panda!
-Qualcosa contro i panda? Sono pucciosi! E poi… e poi mica ti ho detto io di dormire nel mio letto!
-Mh… sicuro? -Minaho sorrise sornione. -Vorrà dire che la prossima volta che per il troppo cibo sognerai di essere inseguito dalla figlia dell’esorcista e ti sveglierai urlando io non sarò lì a consolarti…
Manabe arrossí.
-E vogliamo parlare dell’attacco di malinconia delle quattro e mezza?
-M… ma tu non dormi mai? -Il lilla era imbarazzatissimo.

-Non cercare di cambiare discorso… diceeevo… L’attacco di malinconia delle quattro e mezza, quando mi hai abbracciato e hai iniziato a succhiare il pollice?
Manabe a questo punto andò direttamente nel pallone. -Ma… io… ehm… guarda che…
-E ti dirò di più. ..

Il lilla cercò inutilmente di zittire l’amico lasciandoli un cuscino, che l’arancione schivó agevolmente.
-Non ci sarebbe stato nessun problema se quello non fosse stato… il MIO pollice!
Il lilla sbiancó di colpo, facendo due occhi buffissimi e imbarazzatissimi. Minaho scoppiò a ridere e gli diede un buffetto sui capelli. -Eddai Man… eri tenerissimo!

Manabe crollò sulla poltrona, ma poi si mise a ridere pure lui.



Dopo aver come al solito litigato per scherzo sulla doccia (-Manabe!! Quanto ci vuole ancora? Sto per deporre un uovo!) i due ragazzi scesero a prepararsi una bella colazione. I viveri in casa non mancavano, anche grazie alle scorte di avanzi della cena della moglie del mister di due giorni prima, che ancora gli invadevano il frigorifero.

-Man… quei dolcetti sono tossici… sanno di pesce… non so come faccia il mister a mangiarli!
-Questioni domestiche. – Il lilla rise. -Credo che gestire una mogliettina come quella non sia tanto facile nemmeno per Endou… deve avere un caratterino!!
-Qualcosa mi dice che quelle bombe chimiche finiranno a fare un incontro del terzo tipo con il mio pesce di due giorni fa… nella pattumiera!

Manabe sorrise sornione. Scoperchió il bidone e vi svuotó il vassoio.



Il lilla era ancora sconvolto dal recupero della gamba. Quella mattina camminava quasi normalmente, e aveva ripreso completamente sensibilità! Il giorno dopo aveva la visita dal dottore… chissà come sarebbe stato stupito!

Minaho, di par suo, era più felice che mai. Quella mattina aveva sbandato i polsi. Le cicatrici erano più piccole del previsto e non gli facevano male. Ringraziò il cielo di non avere mai avuto la barba, e quindi di non sapere usare bene un rasoio.

I due ragazzi erano così entusiasti che quasi non si contenevano. Chiacchieravano, scherzavano e saltavano. La loro gioia non si spense nemmeno quando Manabe riuscì chissà come a rovesciarsi su un piede il latte bollente. La sua felicità non si incrinó, anche se scoprì il valore dei piselli surgelati come rimedio di emergenza per le ustioni!


Quando il lilla se ne uscì per andare a scuola, Minaho iniziò a programmare la sua giornata. Si era sentito triste al pensiero di non poter andare con il lilla, ma aveva scacciato il pensiero e aveva deciso di dedicarsi a preparare una sorpresa… ci avrebbe messo tutto il suo impegno!

-Vedrai Man… ti piacerà!

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Capitolo 30
*** Masterchef-Minaho ***


Don Giovanni

Ah, che piatto saporito!

Leporello


(Ah, che barbaro appetito!
Che bocconi da gigante!
Mi par proprio di svenir. )

Don Giovanni


(Nel veder i miei bocconi
gli par proprio di svenir!)


Manabe era arrivato a scuola in orario. Si sedette al  suo banco ed estrasse i libri dallo zaino.
 
La classe era ancora vuota, i suoi compagni preferivano rimanere in corridoio fino all’ultimo, mentre lui amava il silenzio di quelle ore mattutine. Inoltre era triste e anche leggermente preoccupato per Minaho, da solo in casa.

Sospirò quando si rese conto che, per quel giorno, il banco vicino al suo sarebbe rimasto vuoto. Si prospettava una mattinata lunga e noiosa, da passare in silenzio e senza nessuno con cui ridere o condividere qualcosa. Non vedeva l’ora che suonasse la campanella dell’ultima lezione per tornare a casa… era così triste che non gli importava nemmeno di avere due ore di fila di matematica!


-Ehi… Buongiorno  Manabe…
Il lilla si voltó. La professoressa di inglese era entrata in classe e gli si era avvicinata. -Volevo dirti che il consiglio d’istituto ha parlato di quello che è successo… domani è convocata una seduta per decidere il da farsi. Se vuoi venire a testimoniare sei ben accetto… per quanto mi riguarda, il mio voto sarà per riammetterlo.
Manabe sorrise... Quella era una delle poche insegnanti che stimava. -Grazie… grazie professoressa… cercherò di esserci.


La mattinata era stata lunga. Spesso e volentieri il lilla si era voltato col sorriso sulle labbra per dire qualcosa a Minaho salvo rimanere deluso alla vista del suo banco vuoto. Il suono dell’ultima campanella fu una vera liberazione.

Manabe prese l’autobus ed arrivò a casa alla solita ora… anzi prima. Non si era accorto di avere quasi corso nonostante la gamba fosse ancora un po’ debole.

Aprì il cancelletto ed entrò in cortile. -Cos’è questo odore di bruciato?- Pensò.

Vide una colonna di fumo nero uscire dalla finestra della cucina. Stava per sfondare la porta terrorizzato dall’idea che fosse scoppiato un incendio e Minaho non riuscisse ad uscire, quando vide qualcosa che ben conosceva emergere dal fumo denso e oleoso. Un ragazzo pallido con tanto di ciuffetti arancioni.

-Oddio.. oddio Minaho, cosa sta succedendo qui?  -Il lilla era allibito.
-Ehm… soooorpresa! Ti ho preparato un buon… ehm… bel pranzetto! È tutta questa mattina che ci lavoro… mi sono tenuto occupato così! Sei felice?
Manabe sbiancó, portandosi istintivamente la mano sullo stomaco. -Un… un pranzo? Ehm… che… che bella idea! -Nella voce del lilla di percepiva il terrore. -E… e questo fumo?
L’arancione arrossí imbarazzato portandosi la mano destra dietro la nuca. -Penso… penso sia quello che rimane dei miei peperoni al forno che si innalza verso il cielo… nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma no?

Manabe sospirò sconsolato. Si sforzó di sorridere e lasciò che l’amico lo conducesse in salotto. Il tavolino davanti al divano era stato apparecchiato con attenzione per i dettagli. Addirittura c’era un vasetto di lillà!
-Mh… con cosa iniziamo? -Manabe si preparò al peggio.
-Carpaccio di salmone affumicato, ricetta modificata da me! Ho aggiunto un paio di cosette… tutte innovazioni del Minaho – pensiero.


Detto fatto. L’arancione saltelló in cucina e tornó con un vassoio. Manabe sorrise. Almeno il pesce non cercava di fuggire dal piatto…
Prese una forchetta e si portò alla bocca un bel pezzo di pesce. Chiuse le palpebre e mandò giù.

 Spalancò gli occhi e si immobilizzó.

-N… non … non ti piace? Lo sapevo… non dovevo fare questa cosa… non sarò mai bravo come te… scusami Man, vado ad ordinare una pizza… -Minaho era depresso. Sembrava che anche i capelli gli si fossero abbassati.
-No… aspetta… questo pesce…
L’arancione si voltó verso Manabe.
-Questo pesce è delizioso! Come hai fatto!?

Minaho sembrava commosso. Era così felice!
-Ecco… ho solo aggiunto un paio di cosette… che ho trovato in quel libro là. -E cosí dicendo indicò un volume rosso aperto sul divano.
Manabe osservò il testo. -Questo non è uno dei miei libri Man… da dove viene?
L’arancione sembrava imbarazzato. -Ecco… ehm… lo sono andato a prendere in biblioteca.

Manabe sbiancó. -Cosa? Ma è dall’altra parte della città, e non ci sono autobus che vadano da quella parte vicino a casa nostra!
-Infatti… sono andato… ehm… a piedi.

Manabe ricadde sulla poltrona. -Tu… tu hai… Minaho! Sei un pazzo! Sei ancora debole, come ti è venuta in mente una cretinata simile??
Il lilla sembrava decisamente agitato. L’arancione, da par suo, si vergognava ed aveva abbassato il capo.
-Man… p…perdonami Man… io… io volevo solo farti felice!

Manabe sospirò e sorrise. -Sei uno scemo. Ma sei lo scemo più dolce del mondo… vieni qua!
Minaho si tuffó addosso all’amico. Si abbracciarono ridendo.
-Però non pensare mai più di fare una cosa del genere senza dirmelo… chissà quanto hai faticato, sono quasi dieci kilometri tra andata e ritorno!
Minaho rise. -In effetti il mio fisico non ha gradito così tanto… a giudicare dalle vesciche che mi sono venute!
Manabe lo minacciò con l’indice teso. -Che ti serva di lezione! Il dolore è educativo sai? -finí l’ultima forchettata del suo piatto. -Mh… vabbè… vai a prendere cerotti e pomata, ti faccio una medicazione.


Il pranzo era stato decisamente eccezionale. Manabe si stupì del miglioramento dell’amico. Il pesce era stato seguito da una zuppa di cereali gustosa e fresca e da un ottimo pollo arrosto morbido e succoso.

-Mamma mia quanto sono sazio… era tutto così buono!
-Minaho era entusiasta. Non gli sembrava vero di essere stato capace di preparare qualcosa di commestibile… e soprattutto era felice di avere fatto un regalo al suo migliore amico.
-Man.. Sei pronto per oggi pomeriggio? Hai la visita in ospedale, ricordi?
-Certo… certo che sono pronto. Oggi la gamba va molto meglio… adesso la sento quasi normale… sono così emozionato!
-Sono certo… -Minaho prese la mano dell’amico. -… che il dottore dirà che puoi tornare ad allenarti… sarà bellissimo! Sarà tutto come prima…
Manabe sorrise. -Meglio di prima, Min.


La visita si sarebbe tenuta nel solito ambulatorio in ospedale. Manabe e Minaho aspettavano nel corridoio inondato di luce chiacchierando per sfogare l’agitazione… speravano davvero in una buona notizia.

Manabe aveva lasciato a casa la stampella per la prima volta… era stato faticoso e ora aveva i muscoli in preda ai crampi, ma si sentiva di nuovo quello di prima e ne era entusiasta.
-Bravissimo… bravissimo Man… ma non ti sarai sforzato troppo? -Minaho sorrise all’amico mentre gli massaggiava dolcemente il polpaccio.
-No… ne… ne avevo bisogno. Ora… ora mi sento meglio!

Minaho era felice, soprattutto perché sapeva che quello a cui Manabe si riferiva era più uno star bene a livello psicologico piuttosto che fisico. Avevamo sognato tanto questo momento… erano ad un passo solo dal risultato.


-Manabe Jinichirou! -La voce squillante di una giovane infermiera risuonó per il corridoio.
Minaho scattò in piedi prima ancora di Manabe, eccitato più che mai.
-M…Man… è… è il momento della verità… sei pronto?
-S… sí… sono pronto. Andiamo.

I due ragazzi percorsero il corridoio con il cuore in gola. Manabe era agitatissimo e gli tremavano le spalle.
-Man… tranquillo. .. prendi la mia mano, ok? -L’arancione sorrise porgendo la mano aperta. Manabe la prese e la strinse con forza.

Entrarono nello studio accolti da un gran sorriso del loro vecchio amico, il dottor Konoe. Il giovane uomo, appena vide il lilla reggersi in piedi senza stampella, rimase senza parole.
-Manabe! Che cosa è successo? Come… come è possibile?
Il lilla arrossí. -Io non… non lo so… stavamo scherzando tra noi… e di colpo…

Il dottore ascoltava assorto. Appena Manabe e Minaho, parlando a turno, ebbero finito di raccontargli i fatti si alzò da dietro la sua grande scrivania e, dopo aver fatto spogliare Manabe e averlo fatto sedere sul lettino, iniziò a visitarlo.
Verificò la tonicità di tutti i muscoli, mosse la caviglia, flesse il ginocchio e lo palpó praticamente ovunque.
-Incredibile. ..  davvero incredibile! E dire che manca più di un mese e mezzo a Natale. .. che risultato eccezionale!

Manabe era rosso come un peperone. Non pensava di aver fatto niente di speciale… però era così contento che di sicuro non si sarebbe messo a contestare le parole del dottore!
Per concludere il medico controlló il cuore del lilla. Andava tutto bene… non c’era più traccia del difetto cardiaco, e non si sarebbe ripresentato più.
-Che dire ragazzi… non avevo mai visto niente di simile, continuate a stupirmi!
-Dottore… Man… Man potrà tornare a giocare a calcio? -Minaho aveva il cuore in gola.

Il dottore sorrise. -Se lo desidera, anche subito.

I due ragazzi esplosero in una risata liberatoria e si abbracciarono. Ce l’avevano fatta!
-Obbiettivo raggiunto Man! Che bella notizia… sono così… così felice! -Una lacrima scese sul viso di Minaho.
Manabe da parte sua era completamente allibito e incredulo. Non gli sembrava ancora vero… era troppo bello per essere vero!

Dopo aver ringraziato infinitamente il dottore e averlo invitato a pranzo a casa loro per le feste di Natale, invito che l’uomo accettó ridendo, i due ragazzi si precipitarono a casa senza fermarsi un istante.
-Man… abbiamo ancora qualche ora di luce ed è una giornata molto calda… ti va…
-Sì Min… mi va, mi va! Vado subito a prendere il pallone!

Manabe e Minaho pensarono di andare al campo al fiume, ma decisero all’ultimo di andare al parco sulla collina. Era più tranquillo e avevano bisogno di vedere quel posto… era lì che avevano iniziato a giocare insieme.

Il parco era pieno di gente, ma i campi da calcio erano liberi. Poterono entrare subito e giocare per oltre due ore, fino al tramonto.
Manabe riprese subito l’abitudine al gioco. Minaho ne fu entusiasta. Si divertirono un mondo, e quando si sedettero su una panchina per cambiarsi non riuscivano a smettere di ridere e chiacchierare. Quanto avevano sognato quel momento!

-Man… credo… credo che questa sera dovremmo festeggiare! È… è decisamente un nuovo inizio!
Manabe sorrise e guardò negli occhi l’amico.

-Certo… certo, dobbiamo festeggiare… però rimaniamo a casa. Vorrei che mi prepararsi tu qualcosa di buono, sai?

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Capitolo 31
*** Fluff moments, welcome back! ***


Dove sono i bei momenti
Di dolcezza e di piacer,
Dove andaro i giuramenti
Di quel labbro menzogner?
Perché mai, se in pianti e in pene
Per me tutto si cangiò,
La memoria di quel bene
dal mio sen non trapassò?

I ragazzi cenarono in salotto, chiacchierando del più e del meno.

Manabe non sapeva se dire o meno a Minaho dell’incontro a scuola, il giorno dopo… lui sarebbe andato, ma non sapeva se voleva che l’arancione si esponesse. Si doveva discutere della sua espulsione, e non aveva assolutamente la certezza che sarebbe finita bene… perché portarlo se fosse servito solo a farlo soffrire? Del resto aveva però il diritto di difendersi… doveva assolutamente parlargli.

-Min… ascolta… devo dirti una cosa.

L’arancione spalancò gli occhi e sorrise, infilandosi in bocca una cucchiaiata di gelato. -Vai Man dimmi tutto! Non aver paura…
Il lilla non trovava le parole. Voleva essere chiaro ma delicato… -maledizione quanto è difficile! -Pensò.

-Ecco… diciamo che questa mattina a scuola ho parlato con la prof di inglese… -Manabe parlava cercando di sembrare tranquillo mentre Minaho ascoltava con un sorriso. -Mi ha detto… mi ha detto che domani ci sarà una riunione del consiglio scolastico per decidere se confermare o meno la tua espulsione.

Manabe sospirò… gli era costato arrivare fino in fondo alla frase. Minaho sbiancó di colpo, lasciando cadere il cucchiaio.
-E… e… cosa… cosa pensi che diranno… Man?
-Ecco… io… io credo che… -Il lilla si torturava una ciocca di capelli. -La prof di inglese ha detto che voterà per farti tornare… anche il mister è nel consiglio… la preside poi… forse… io non…
Minaho fece cenno di smettere con la mano. Non voleva far agitare Manabe, anche se aveva il cuore in tumulto. -Lascia stare Man… non possiamo sapere come andrà. Dimentichi che nel consiglio ci sono anche quattro studenti, quattro genitori e un altro insegnante… non possiamo fare previsioni con così pochi dati... -L’arancione si rabbuió.

Manabe si sentì stringere il cuore. Dovevano riammetterlo… altrimenti tempo pochi giorni e sarebbero venuti a prenderlo… lo avrebbero messo in orfanotrofio? Non voleva nemmeno immaginare… forse lo avrebbero costretto a tornare da sua zia, ma se lei non lo avesse voluto…
Scacció questi pensieri. Avevano una possibilità, avrebbero combattuto.

-Ascolta… ascolta Min, qualunque… qualunque cosa succeda, noi non ci separaremo mai, mai! Capito? Io non ti lascio portare via da me… non lo permetteró. Te lo prometto, ok?
Minaho sorrise debolmente. -G… grazie amico… io non… non saprei come fare… non ho paura dell’orfanotrofio… è che non voglio allontanarmi da te nemmeno un istante, capisci?
Manabe sorrise e gli prese la mano. -Non puoi parlare di queste cose Min… inutile avere paura, e sai perché? Le probabilità sono alla zero per cento… l’equazione non ha soluzioni… insomma, è impossibile!


La serata trascorse quindi su un binario più leggero, anche se Minaho si sentiva come chi sta per subire un’intervento non pericoloso, ma di certo doloroso.
-Mi… mi sembra di dover andare dal dentista, Man! Hai presente… hai presente quel disagio ansioso che ti viene la sera prima? Quando sai che solo una notte ti divide dalle tue paure?
Manabe sorrise. Conosceva alla perfezione quella sensazione.

-Non avere paura… puoi stare a casa se vuoi… vado io a difenderti, e dovranno passare sul mio cadavere per separarci! -Manabe sembrava risoluto come non mai. Era ora di tirare le somme della sua vita. Voleva essere un amico migliore e più coraggioso.
Minaho sospirò. -Io… io penso che verrò Man… ne ho bisogno. Voglio che mi guardino in faccia, che ci guardino. Non lascerò ancora che la vita mi colpisca alle spalle, voglio guardarla negli occhi.

Un bel film contribuì ad alleggerire l’armosfera. Era la serata thriller, niente di meglio per uno come Minaho!
-Ehi… Man…
-Mh? -Il lilla mugugnó assorto, preso dal film avvincente.
-Sai? Riguardo all’assassino…
Manabe si riscosse di colpo guardando spaventato l’amico. -No… no!
-Ecco… penso che…
-Minaho Kazuto fermati immediatamente!
-Penso che sia… -L’arancione sorrise sornione. -Il camer…

-Stooooop! -Il lilla si lanciò addosso all’amico e gli tappó la bocca. -Ti supplico! Almeno questo film lasciamelo finire! Ti scongiuro! Dopo dieci minuti mi sveli subito il finale! -Manabe finse di piagnucolare.  Minaho rise.
-Che ci posso fare… sono un detective!
-Mh… -Manabe gli fece il verso imitando il suo modo di portare la mano al mento. -Come interpreta il mio detective il fatto che questa sera col cavolo che viene a dormire in camera mia se si azzarda a spoilerare?
I due ragazzi scoppiarono a ridere.  

-E va bene Man… non ti dirò nulla… ci tengo troppo alla tua favola della buonanotte e al nostro accampamento di coperte! -Minaho finse di mettere il broncio.
Manabe, che intanto si era portato alle sue spalle, appoggió la testa sulla sua schiena. -Non vedo l’ora di andare a nanna sai? Se non fosse che questo film è così bello sarei già nel mondo dei sogni… è stata una lunga giornata!
Minaho sorrise. -Sei tenerissimo Manabe – chan, ma devi proprio dormirmi addosso? Peeeesi!
Il lilla mugugnó. -Eddai… i tuoi capelli sono così soffici… e poi profumi di pulito come un cuscino morbidoso!

L’arancione arrossí. -Mpf… devi proprio arricciarmi i ciuffi, vero?
-Sì. .. Sei antistress! Ho la testa che mi scoppia… troppe emozioni in un solo giorno! Però sono felice… tanto.
Minaho sorrise. -Vuoi che vada a prenderti un’aspirina?
-Mh… no… preferisco evitare, mi danno sempre mal di pancia i farmaci. E poi tu sei molto più antidolorifico… sei così soffice!

Minaho arrossí vistosamente. -Cos… come… io sarei… uffa! Sei troppo puccioso, poi vedi che non riesco mai a dirti di no!
L’arancione fingeva di aver messo su il broncio, ma in realtà ridacchiava. Aveva fatto accoccolare Manabe contro il suo petto e gli aveva tolto gli occhiali. -Dovresti riposare di più… ti sei stancato tanto in questi giorni.

Manabe mugugnó qualche parola di scusa che suonava tanto come un “ti voglio così bene… “, mentre Minaho lo stringeva di più a sé. L’arancione iniziò dolcemente a massaggiargli le tempie con le dita… si stupì da quanto lo sentí contratto. Per forza aveva mal di testa…-Va meglio così? Rilassati… cerco di darti un po’ di sollievo.
Manabe sussurrò qualcosa. Aveva chiuso gli occhi.

Alla fine del film, Minaho si accorse che l’amico dormiva profondamente con la testa contro la sua spalla. Si sentiva tutto dolorante, visto che lo teneva stretto da qualcosa come un’ora, ma era così dolce… lo prese delicatamente in braccio e lo portò in camera, adagiandolo sul letto. Gli rimboccó le coperte e gli fece un gran sorriso. Manabe si svegliò per un istante. Guardava nel vuoto e teneva la mano di Minaho.

-P… papà… mi vuoi di nuovo… bene…

Minaho ebbe una stretta al cuore. Manabe era tornato a dormire profondamente.
Il ragazzo arancione sospirò.
-E va bene… questa notte dormirò sul tappeto!


Quando la mattina dopo Manabe si svegliò, non si ricordava affatto di come avesse fatto ad arrivare nel letto… notó solo che il mal di testa era sparito. Dalla finestra socchiusa filtrava una bella luce mattutina e si sentivano gli uccelli salutare il Sole.
Sbadiglió, si stiró e fece per uscire dal letto… da quando il tappeto era così alto e morbido?
-Manabe… potresti per… cortesia… togliere… i piedi… dalla… mia… pancia? -Minaho ansimava. -Ma quanto… pesi??

Il lilla fece un salto terrorizzato con tanto di gridolino poco virile. -Oddio!!
Manabe atterró sul letto, portandosi le mani al petto e ansimando. -E tu cosa… cosa… perché sei sul mio tappeto??
-Ieri sera ti sei appisolato addosso a me… ti ho portato nel letto…

Il lilla arrossí. -Ma… Ma perché sei rimasto qui vicino? Potevi… potevi andare in camera, oppure venire nel letto con me…
Minaho rise. Non voleva metterlo in imbarazzo, per cui non gli disse di cosa aveva bofonchiato nel sonno. -Avevi bisogno di dormire bene stanotte, Man… il letto è piccolo e io ti avrei dato fastidio. Però non volevo lasciarti solo… e così eccomi qua! Hai un tappeto davvero comodo, sai?
Manabe scoppiò a ridere. -Grazie, Min! Sei così premuroso!

Minaho prese la sovraccoperta e se la mise sulla testa, ad imitazione di San Giuseppe. -Lo sai… ho un’anima santa!
Il lilla gli tiró un cuscino ridendo. -Forza… a far colazione! Devo andare a scuola, io!

Minaho si oscuró di botto.

-Scusa Min… non dovevo dirlo. E comunque… e comunque oggi questa situazione si risolverà positivamente, te lo prometto! -Manabe abbracció l’amico.
Minaho sorrise. Sarebbe stata una giornata impegnativa e decisiva. Era pronto.


I due ragazzi fecero colazione rapidamente, subito dopo la doccia. Non fecero nemmeno in tempo a litigarsi l’ultimo biscotto al cioccolato che era già ora di prepararsi.

-Allora Min… facciamo così. Questa mattina riposati… oggi dovrai essere preparato e fresco. Il consiglio si riunirà verso le tre, quindi hai tutto il tempo di organizzarti. Io ti aspetto a scuola… ci incontriamo fuori dalla classe alla fine delle lezioni e quando è ora  andiamo a dar battaglia! Ci stai? -Manabe fece l’occhiolino all’amico.

Minaho sospirò. Era agitatissimo… da quel giorno dipendeva una grossa fetta del loro futuro insieme. Se fosse andata male… non voleva nemmeno immaginare le conseguenze per lui e per Manabe.
Nonostante tutto doveva essere forte. Lo aveva promesso all’amico e a sé stesso. Qualunque cosa fosse successa,  qualunque fosse stato il verdetto, sarebbe andato avanti nella sua lotta. Non gli avrebbero mai portato via Manabe.

Il lilla, da par suo, ostentava sicurezza ma era nel panico. Avrebbe voluto avere vicino i suoi genitori… loro erano diplomatici, avrebbero saputo cosa dire e cosa fare. Lui invece… cos’era lui? Un secchione asociale. Nonostante dal giorno dell’ingresso di Minaho nella sua vita avesse imparato a credere in sé e a non dare per scontato che gli altri lo avrebbero lasciato solo, era ancora fragile.
Quel giorno però era troppo importante. Il lilla apparteneva a quella categoria di persone timide e timorose, che però messe di fronte a un pericolo che minaccia chi amano, o a un’ingiustizia, prendono la situazione tra le mani e la reggono come i migliori leader, nonostante la paura e il dolore.

Non era forte come Minaho, ma forse lo era in modo diverso. Coraggioso, attivo, con un forte senso del dovere l’arancione, stoico, resiliente, determinato ed eroico lui. In comune avevano l’odio per le ingiustizie e la grande capacità logica e riflessiva. Insieme erano dinamite, lo sapevano.

-Min… insieme?
-Insieme Man. Andiamo insieme a darci dentro!

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Capitolo 32
*** Democrazia o demagogia? ***


When you're alone at night
Does it feel all right
And does your heart feel content
Lord knows I hope it might
On every corner you turn
There's a heartache
Well, love's a challenge

Minaho salutò Manabe con la mano mentre lo vedeva allontanarsi verso la fermata del bus. Nascose i suoi timori, voleva sorridere.
Rientrò in casa chiudendosi la porta alle spalle, ma aprendo immediatamente la portafinestra del salotto che dava sul cortile. Si sentiva soffocare al pensiero di quante ore aveva davanti. Era fatto così… si agitava quando doveva aspettare qualcosa di importante senza poter fare nulla.

La sera prima si era sentito sicuro. Sarebbe apparso davanti al consiglio portando le sue ragioni, affrontando gli sguardi dei suoi detrattori insieme a Manabe, ma ora ogni sua certezza era venuta meno. Cosa avrebbe detto? Come avrebbe retto la tensione senza scoppiare a piangere, o peggio insultare qualcuno? Riusciva quasi a immaginare nella sua mente il momento del verdetto, lo sguardo triste di Manabe, il sorriso beffardo di Kitama e il vociare confuso dei consiglieri…

Immaginó l’orfanotrofio. Corridoi bianchi illuminati da una luce ipocrita, bambini piccoli che corrono e lui solo, un ragazzo fuori posto. Cinque anni… cinque anni ancora per arrivare a ventuno, la soglia della maggiore età nel suo paese. Cinque anni senza poter vedere Manabe se non nei rari momenti di visita, cinque anni di vergogna e di solitudine, tenendo conto che mai e poi mai sua zia lo avrebbe ripreso in casa.

Provó con tutte le sue forze a scacciare questi pensieri. Contestualmente si rese conto di quanto la situazione fosse ridicola. La sua felicità appesa al giudizio di perfetti sconosciuti, incaricati di dirigere una scuola superiore. E tutto per cosa?
Si sedette sul divano e accese la televisione. I telegiornali della mattina erano insulsi, come sempre. Un furto, una festa, un attentato in occidente…
-la solita iniezione di ottimismo mattutino! -pensò sarcastico.

Chiuse gli occhi.

Immaginó di volare. Sognava di alzarsi al di sopra dei tetti e di vedere scorrere sotto di lui la vita della città… poteva quasi sentire i profumi. Il pane caldo, le cucine dei ristoranti che cuocevano il riso, i fiori del parco… le voci si mischiavano in una sinfonia infinita e trascinante. Voci  felici, voci disperate, voci affacendate. Vedeva Manabe seduto al suo banco girarsi i pollici e fissare con dolore il suo banco vuoto. Non si ricordava… perché non era lì? Forse. .. forse era morto? Sì… doveva essere morto… vaghi ricordi al campo al fiume… sangue..

Voleva toccare Manabe. Voleva parlargli… gli sembrava così triste… vide che teneva stretta in pugno una loro foto insieme. Una lacrima gli rigó il volto.
Fece per correre verso di lui, per atterrare nel banco accanto al suo, ma una forza lo tratteneva. Qualcosa lo tirava indietro,  qualcosa lo allacciava ai polsi, alle caviglie. Manabe piangeva e lui era trascinato sempre più nel buio… nel buio…

Sì svegliò di soprassalto, sudato fradicio. La televisione trasmetteva programma di cucina. Si portò le mani al petto e sentì il cuore battere a mille… aveva avuto un incubo.
-Dannata subconscio! -Minaho rise tranquillizzato. -Beh… mi spiace, ma questa volta hai fallito! Sono salvo, vivo e vegeto e ben sicuro che non succederà mai più niente di simile!
Si stiracchió. Aveva bisogno di riposarsi… quanto aveva dormito?

-Per le mutande rosa della preside! -L’orologio segnava l’una e tre quarti. Doveva ancora prepararsi, e la sudata lo costringeva a rifare la doccia… era tardissimo.

Corse in bagno lanciando nel tragitto vestiti a destra e a manca, e si lavó con l’acqua quasi fredda rabbrividendo, quindi, con solo un’asciugamano stretto attorno ai fianchi, si lanciò verso camera sua.
-Ma porc….. !! -Si trattenne a fatica dall’imprecare . In curva aveva preso in pieno lo spigolo della cassettiera.

Si massaggió lacrimando il piede dolorante. Era dannatamente tardi… tardissimo!
Iniziò a scavare nell’armadio, lanciando sul letto pantaloni e mutande, calzini e magliette. Non aveva tempo… Dove diavolo era la divisa?

Finalmente la trovò. Manabe l’aveva lavata e stirata per lui… Doveva assolutamente ringraziarlo. Sapeva quanto odiasse quei lavoretti.
Lanciò via l’asciugamano, infilò la biancheria e i pantaloni stando bene attento a non stropicciarli, quindi con estrema cura indossò la camicia inamidata e la giacca della divisa. Allacció i bottoni dorati uno ad uno e si sistemó il colletto… non lo aveva mai sentito così stretto.

Si osservò allo specchio. Il colore scuro della divisa dal taglio militare risultava con il suo colorito pallido e gli occhi verdi. Prese un pettine e iniziò a ravvivare i capelli  arancioni. Non si era mai considerato bello, ma da quando aveva conosciuto Manabe aveva imparato ad apprezzarsi di più.
Il tempo di lavarsi ancora una volta i denti e di darsi una spruzzata di profumo ed era pronto ad uscire di casa.

Mentre si richiedeva la porta alle spalle pensó a cosa lo aspettava. Con che occhi avrebbe rivisto quel cortile? Con che umore varcato quella porta?

Il tragitto fu più rapido del previsto, e l’arancione riuscì ad essere a scuola in orario.
Varcó il cancello con il cuore in gola. Il cortile pullulava di ragazzi e Minaho si sentiva osservato. Come se tutti sapessero… si vergognava.

Percorse a passo svelto il corridoio che conduceva alla sua classe. Perché Manabe non era lí ad aspettarlo? Perché non lo vedeva?

Guardò nella stanza. Nessuno.

L’ansia aumentò a dismisura… mancavano solo dieci minuti.. poi cinque… il lilla continuava a non vedersi. Minaho appoggió i palmi delle mani contro la porta e chiuse gli occhi. Respirava accelleratamente e sentiva la testa dolergli… perché era solo? Perché Manabe non si vedeva?

-Ehi… Min, che hai?
L’arancione si voltó con il cuore in gola. Manabe era lì che gli sorrideva.
-M..Man… dove…
-Scusa … ero andato a prendere una bottiglietta d’acqua… -Il lilla sventoló una minerale. -Pensavo che avresti potuto avere sete più tardi… ma che hai? Perché… perché piangi? Min qualcuno ti ha fatto qualcosa? Dimmelo… dimmi che hai!
Manabe corse dell’amico e lo abbracció. Minaho tiró su col naso.
-Scusa… scusa Man… è che… è che non so se sono pronto… non ti ho… non ti ho visto e ho… ho avuto paura…

Manabe capí. -Scusa Min… avrei dovuto aspettarti prima di assentarmi un attimo. Ora sono qui con te, vedi? Dai… vieni qui…
Il lilla sorrise stringendosi al petto Minaho. L’arancione si asciugó le lacrime e fece un debole sorriso.
-Ok… ci sono. Penso che… penso che sia ora di andare.


Il consiglio si riuniva in aula magna. I due ragazzi fecero il loro ingresso nella sala inondata di luce e presero posto intorno al grande tavolo. Avevano riservato loro i due posti più centrali… sarebbero stati sotto gli occhi di tutti. Minaho sentí un brivido percorrergli la schiena.
Pochi minuti dopo entrò il mister accompagnato da un ragazzo con i capelli neri. Manabe era sicuro di averlo già visto da qualche parte… ma non aveva idea di dove. Endou li salutò con un cenno della mano e una pacca sulle spalle. Era la prima volta che lo vedevano in divisa… non sembrava il tipo da cravatta.

Il momento era giunto. Entrò la preside. Dietro di lei il resto del consiglio. La prof di inglese sorrise ai due ragazzi, mentre gli altri due insegnanti non sapevano nemmeno chi fossero… non erano del loro corso. I rappresentanti degli studenti presero posto tutti tronfi nelle loro divise, simbolo di un potere ipocrita ottenuto più con promesse di elargizioni che per meriti nei confronti della scuola, e per finire, in abiti civili ma eleganti, i genitori.

Manabe rabbrividí. Aveva visto l’ultima cosa che avrebbe voluto vedere… il padre di Kitama. Non aveva idea del fatto che fosse consigliere, ma sapeva che era un uomo ricco, quasi più ricco del padre di Shindou. Inoltre aveva fama di essere superbo e prepotente quanto il terribile figlio.
L’uomo, vestito con una giacca pesante di foggia antica impreziosita da gemelli dorati e da una cravatta di raso, osservò freddamente Minaho. L’arancione si sentì male. Sapeva riconoscere quando una persona emanava carisma… sarebbe stato un bel problema.


Il dibattito era in corso da quasi mezz’ora. La preside aveva prima esposto i fatti così come le erano stati riferiti, quindi aveva proseguito citando il provvedimento preso nei confronti di Minaho (qui il padre di Kitama espresse con gli occhi il suo spietato consenso) e infine citando le testimonianze contrarie che le erano giunte, tali da giustificare la necessità di sottoporre il caso al consiglio. Del resto si trattava di un’espulsione, non una semplice sospensione!

I professori erano in assoluto i più partecipi al dibattito, forse timorosi di passare per vagabondi. I rappresentanti degli studenti non seguivano quasi per nulla la discussione e i genitori sembravano divisi. Il padre di Kitama e una donna sostenevano la colpevolezza di Minaho, due signore invece la sua innocenza.

L'arancione, da par suo, sudava freddo. Ripercorrere quei momenti era stato doloroso, e sentiva tutti gli sguardi su di lui. Sentiva la schiena fradicia e gli sembrò di respirare male.

-Insomma! La situazione è palese! -Il padre di di Kitama aveva di nuovo prevalso sulle altre voci. -Mio figlio è stato ferito seriamente da questo… da questo animale!
-Moderi i termini! -Endou era scattato in piedi. -Lei forse non sa cosa fa suo figlio la mattina, in questa scuola!
-Mio figlio? Mio figlio ha perso un dente! Mio figlio è andato in ospedale! Potrei denunciarvi tutti! Potrei farvi chiudere! Voi non sapete chi sono io!!!

La preside scattò in piedi a sua volta. -Non vi sembra di esagerare? La invito a rispettare di più chi fa il suo lavoro! Dovreste sapere cosa significa questa parola, dato che possedete un’azienda fra le più grandi del paese!
Minaho era terrorizzato… sentiva che la testa gli girava. Manabe gli teneva la mano e cercava di rassicurarlo.
-Ed è proprio per questo… -L’uomo si era alzato in piedi minaccioso. -Ed è proprio per questo che avrei dovuto iscrivere mio figlio ad una scuola migliore! Una scuola decente! Noi saremo sempre una spanna sopra di voi!

Gli insegnanti erano scandalizzati. La situazione stava degenerando e anche i rappresentanti degli studenti ora si facevano sentire.
-Noi… -Il padre di Kitama si avvicinò minaccioso a Minaho. Manabe gli si paró davanti. -Noi non dovevamo mai prendere contatti con questa ridicola scuola! Un’istituto dove si permette a gente simile… -Indicò Minaho con violenza. L’arancione era atterrito. Si teneva il petto. -Dove si permette a gente simile di frequentare i corsi! Un orfano figlio di genitori degeneri non poteva che diventare un violento! Siete pazzi a sostenere le ragioni di gente simile!

Manabe era allibito. Fece gesto di scagliarsi contro l’adulto quando sentì una mano trattenerlo.
-M… Man… non…
Minaho cadde a terra.

-Oddio Min! Minaho! Rispondimi! -Il lilla sorreggeva la testa dell’amico in preda al panico.
-Guardi cosa ha fatto, idiota! -Endou era corso verso i due ragazzi. -Non temere Manabe… è solo svenuto… è stato lo stress… vieni, portiamolo un attimo fuori.
Il mister e Manabe portarono fuori Minaho svenuto proprio mentre la preside riprendeva quasi urlando il padre di Kitama. -Lei ha passato ogni limite! Taccia finalmente oppure la sbatto fuori! Questa è ancora la mia scuola!


Il corridoio era fresco e luminoso.
-M… Man.. allenatore… che… che è successo? -L’arancione, adagiato su alcuni cappotti, si era appena ripreso.
-Minaho… sei svenuto. Stai tranquillo… adesso va tutto bene. -Endou gli sorrise.
-Io… io ho avuto… così paura… perdonatemi! -Minaho si sentiva in colpa è si vergognava.
-Non devi sentirti in colpa Min… quell’uomo lo avrei picchiato, giuro! Come ti senti? Vado a prenderti qualcosa di caldo? Una camomilla? Una bibita? -Manabe era preoccupato e teneva stretta la mano dell’amico.
-No….Non serve Man… sto già molto meglio. Purtroppo però temo… temo che il verdetto sia già deciso! Quell’uomo è così potente…
Manabe voleva fare di no con la testa, voleva rassicurare Minaho, ma la verità era che anche lui in fonda ormai nutriva poche speranze.

-Fermi.

L’allenatore si era avvicinato sorridendo.
-Ragazzi… è tutt’altro che finita, abbiate fiducia. Abbiamo un’arma segreta!

Minaho e Manabe lo fissarono increduli.
-Un… un’arma segreta???

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Capitolo 33
*** Di coraggio e giustizia ***


Battles are fought by those with the courage to believe
They are won by those who find the heart
Find a heart to share
This heart that fills the soul will point the way to victory
If there's a fight then I'll be there, I'll be there


I due ragazzi proprio non capivano cosa intendesse il mister parlando di “arma segreta”. Cosa aveva in mente per modificare un verdetto che sembrava già deciso? Per quanto antipatico e superbo, il padre di Kitama era un uomo potente. Metà dei finanziamenti della scuola venivano dalle sue tasche… non potevano permettersi di perderli.

-Fidatevi… possiamo ancora averla vinta. Manabe… vieni qui per favore... fammi vedere la mano… ok! Perfetto!
Il lilla non capiva assolutamente cosa stesse succedendo. Che il mister fosse impazzito? Lo stress gioca brutti scherzi.

Minaho, da parte suo, se ne rimaneva seduto con sguardo curioso. Era più forte di lui… non resisteva davanti a un bel mistero.
-Mister… ci aiuti… ci aiuti a capire. Arma… segreta?
Endou sorrise.
-Segretissima! Vedete… dovete sapere che, il giorno in cui Kitama ha picchiato Manabe…


Il gruppetto rientrò in sala accolto dal rumoreggiare dell’assemblea.  A quanto pareva, il clima non si era affatto rasserenato. L’unica differenza sostanziale era che la preside, oramai schierata, aveva costretto il padre di Kitama a retrocedere dalle posizioni conquistate in mezzo alla sala e rifugiarsi al suo posto, dal quale continuava a lanciare ingiurie e minacce.

Quando videro rientrare i due ragazzi accompagnati dell’allenatore, la preside,  la prof di inglese e le due signore rappresentanti dei genitori sorrisero. Erano contenti di vedere che l’arancione stesse bene.
-Va bene… temo… temo che sia ora di passare al verdetto.

La preside sembrava amareggiata. Sapeva che non avevano abbastanza voti per salvare Minaho. Gli studenti erano succubi di Kitama e avrebbero votato contro , due genitori su quattro e due professori su quattro avrebbero fatto lo stesso… anche se lei si fosse schierata votando,  in spregio alla tradizione che la voleva imparziale, mancava un maledettissimo voto al pareggio… in caso di parità il suo voto valeva per due, ma così era tutto inutile.

Il padre del bulletto sorrideva soddisfatto, dopo aver lanciato uno sguardo di disprezzo a Minaho.
-Ottimo!  Possiamo chiudere questa pagliacciata! Vot…

-Aspettate!

Endou si era alzato tenendo una mano sulla spalla del ragazzino misterioso che era entrato con lui. Manabe e Minaho si resero conto che non aveva mai aperto bocca… perché il mister lo aveva portato con sé?
-Aspettate… prima chiedo il permesso di sottoporre al parere del consiglio un’ultima testimonianza.. Sarà davvero breve e non vi ruberà tempo, cari colleghi, ma penso che si rivelerà fondamentale per capire dove sta la ragione…
Il padre di Kitama si morse la lingua. -Protesto! Il tempo della discussione è…
-Silenzio! -La preside lo interruppe con un sorriso speranzoso. -Permesso accordato. Parli, allenatore.

Endou sorrise. -Non sarò io a parlare… ma il mio giovane amico Kobe.
Il ragazzino tremava come una foglia. Il mister gli diede una pacca sulla spalla e gli fece l’occhiolino. -Kobe… ci racconti dov’eri una settimana fa, dopo le lezioni?

Il ragazzo deglutí rumorosamente. -Ecco… io… io stavo passando per il corridoio della biblioteca. Ero appena uscito dai bagni.
Endou sorrise ancora. -E… ricordi cosa hai visto?
Il padre di Kitama lo fulminó con lo sguardo. Cosa diavolo stava succedendo?
-Io… io ho visto Kitama… ho visto Kitama con alcuni suoi amici… e… e ho visto quel ragazzino con i capelli lilla… da solo… credo si chiami Manabe, vero?

Manabe spalancò gli occhi, Minaho la bocca. Stava succedendo qualcosa di notevole, se lo sentivano.
-Cosa facevano? Te lo ricordi? -Il mister era incalzante, ma la sua voce dolce.
-Man... Manabe era appena uscito dalla… dalla biblioteca mentre il gruppetto. .. Con Kitama… camminavano nel senso opposto al suo.
Endou strinse i pugni in un malcelato gesto di trionfo. Minaho ridacchió.

-Quando… quando il ragazzo lilla ha provato ad allontanarsi lo hanno… lo hanno seguito e aggredito a parole… io mi sono nascosto dietro la porta del bagno… è stato spaventoso!
-Che idiozie sono queste!  Rifatti gli occhiali, cretino! -Il padre di Kitama era scattato in piedi.
-Chiuda quella boccaccia abbaiante o la sbatto fuori! -La preside aveva perso ogni ritegno e si era fatta prendere dall’entusiasmo.  Iniziava ad intuire. Il padre di Kitama si sedette mugugnando, gli occhi fiammeggianti.

-Vai avanti Kobe… non avere paura. Siamo tutti dalla tua parte. Poi… cosa hai visto?

Ora tutti prendevano dalle labbra del ragazzino.
-Ecco… io ero nascosto… non ho visto tanto… ma sentivo grida e colpi… quando mi sono sporto un attimo ho visto Kitama che… che lo prendeva a pugni… e poi un urlo molto più forte… penso che gli abbia fatto qualcosa di molto doloroso… poi… poi sono scappato! Perdonatemi!! Non c’è la facevo più! -Il ragazzino si sedette e nascose la testa tra le mani.
-Tranquillo Kobe… va tutto bene. Sei stato davvero coraggioso… potresti avere salvato un tuo compagno. Colleghi del consiglio! Cosa pensate ora di tutto ciò? -Endou aveva una voce stranamente tonante… Manabe se ne stupì.

I consiglieri erano stupiti e perplessi. Le certezze di alcuni iniziarono a incrinarsi.
-Che prove avete a sostegno di queste idiozie? Sono menzogne! Spergiuri!! -Il padre di Kitama sembrava un cacciabombardiere in picchiata. Era furibondo.
Endou sorrise placido. -Manabe… puoi venire un istante qui? Ci vorrà un secondo…
Manabe si scosse stupito. Cosa… cosa voleva il mister da lui? Strinse forte la mano di Minaho.
-Vai Man… qualunque cosa sia… fidiamoci del mister.

Manabe sorrise debolmente e si alzò, piazzandosi vicino ad Endou, nel mezzo della sala.
-Volete le prove? Eccovele qua! -L’allenatore prese dolcemente il braccio di Manabe e gli fece aprire la mano, alzandola così che tutti potessero vederla. Sulla pelle del palmo spiccava una grossa cicatrice di forma inequivocabile. Ustione.
Si alzò un brusio sconvolto. Il padre di Kitama era rimasto senza parole. Ricadde sulla sedia come un sacco di patate.

-Ecco le prove che volevate… mi sembrano fin troppo evidenti, così come è evidente quanto questo ragazzo abbia sofferto. Sappiamo tutti che Minaho ha sbagliato, ma ora io vi chiedo, cosa doveva fare? Cosa fareste voi… -e così dicendo fece correre lo sguardo sulla tavolata- se il vostro migliore amico, la persona a cui tenete di più al mondo, venisse malmenata in questo modo? Kitama avrebbe inoltre potuto rifiutare la lotta, sottrarvisi, ma ha invece scelto di ingaggiarla picchiando e mirando al danno altrui. In ciò non è meno colpevole di Minaho. Chiedetevi ora però quale sia stata la motivazione di tutto ciò! Chi ha colpito per difendere, chi per umiliare! Chi ha sacrificato sé stesso per un altro, chi ha usato la sua forza per ferire!
Endou era rosso in volto. L’assemblea era ammutolita e Minaho era commosso.

Il padre di Kitama, invece, era sconvolto.  Sembrava che qualcosa di grosso stesse avvenendo dentro di lui, a giudicare dagli occhi vitrei e dalla respirazione accelerata. Stringeva i pugni… sembrava deluso, più che arrabbiato.

-Bene. .. bene. Ora… ora molte cose sono chiarite. Procediamo… procediamo a votare. -La preside si alzò in piedi. -Chi vuole che la punizione di Minaho sia cancellata e che sia riammesso a scuola? Esprimetevi… ora.
Sembrò per un attimo che la sala stessa sospirasse. Le mani scattarono quasi all’unisono verso l’alto.
-Approvato… all’unanimità.


Nel corridoio Manabe e Minaho non avevano ancora smesso di abbracciarsi, ridendo e piangendo.
Avevano ringraziato fino alle lacrime Kobe, che era diventato rosso e aveva portato la mano alla nuca.
-Io… io sono sempre stato uno… uno pauroso… ma… ma questa volta non potevo stare zitto. La… la verità è che io non… non ho  mai avuto tanti amici… e voi due siete tutto quello che… che io avrei voluto essere. Ve… ve lo dovevo, capite?
Manabe era commosso. Abbracció il ragazzino. -Non più… non più. Ora hai due amici. Due amici strani, ma che non dimenticheranno mai il tuo coraggio. Vediamoci qualche volta, sei un ragazzo interessante!

Kobe arrossí ancora di più, sorrise e strinse le mani dei due ragazzi, prima di fuggire nel corridoio mugugnando un -A…. A domani!

Poi fu il turno del mister, letteralmente sommerso di abbracci e ringraziamenti.
-Ragazzi… Ragazzi… vi avevo detto che.. che avevo un’arma segreta! Quando… quando quel ragazzo è venuto da… da me quasi per caso… ho capito che avrebbe avuto il coraggio necessario. L’ho capito al primo sguardo!

Minaho era ancora incredulo… il primo tassello si era messo al suo posto! Certo… rimaneva ancora il problema dell’orfanorofio e quello dei genitori del lilla… ma una cosa su tre si era risolta per il meglio.
-Mister… se non fosse stato per lei…
-No. Non è stato merito mio, ma vostro. Vostro e di Kobe… comunque non temete, sto lavorando a qualcosa anche per la questione orfanotrofio, ma sono in alto mare ancora e non posso farvi promesse. Abbiate solo fiducia… cercherò di non deludervi. E ora… che ne dite di un bel gelato con la squadra? Oggi ci alleneremo sulle nuove tattiche per la finale… è ora che Manabe torni a osservare il gioco… dal campo!


Gioia.
Questa era la parola che poteva descrivere quel pomeriggio. Manabe e Minaho abbracciarono i loro compagni di squadra commossi… tutti avevano fatto il tifo per loro, fuori dalla porta!
Minaho si fece prestare un cambio di biancheria e una divisa di riserva da Shindou e si lanció nell’allenamento. A Manabe invece non sembrava vero di poter tornare a giocare…

L’allenamento tattico in panchina era servito. Ecco cosa progettava l’allenatore! Non aveva mai letto così chiaramente il gioco. Ogni mossa, ogni azione erano un libro aperto per lui e Minaho.
I due ragazzi si coordinavano alla perfezione l’uno con l’altro. Erano fatti per giocare insieme.

Dopo l’allenamento la squadra, Endou in testa, si diresse alla gelateria all’angolo. Bisognava festeggiare!
-Ci voleva proprio! -Minaho sorrideva dietro a una bella coppa arancio e lampone.
-Min… come puoi tradire la cioccolata! Oggi dobbiamo festeggiare con il dolce! -Manabe sorrise aggrendo il suo cono fondente e nocciola.
L’arancione gli fece l’occhiolino  -Guarda bene… in questo gelato ci siamo noi due, Manabe-chan!

Il lilla osservò i colori… poi l’amico… poi i suoi capelli che gli cadevano davanti agli occhiali… capí di colpo, esplodendo in una risata entusiasta.

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Capitolo 34
*** Fever ***


Never know how much I love you, never know how much I care
When you put your arms around me, I get a fever that's so hard to bear
You give me fever - when you kiss me, fever when you hold me tight
Fever - in the the morning, fever all through the night.


-A domani ragazzi! Preparatevi… la finale è tra meno di due settimane!

L’allenatore Endou salutò con la mano la squadra. Gli allenamenti erano stati spossanti, e la sosta in gelateria non era stata certo sufficiente a far riprendere i ragazzi! Tutti non vedevano l’ora di andarsene a riposare.

Minaho e Manabe salutarono i compagni all’incrocio davanti alla scuola e imboccarono la strada di casa. Era un pomeriggio molto luminoso e tiepido.La città era in piena attività e i ragazzi erano pieni di gioia.
-Min… Min ci credi che è tutto andato per il meglio? Non… non mi sembra vero!

Manabe saltellava come un bambino. L’arancione rise… era raro vedere il suo amico, di solito così serio, comportarsi così. Anche lui era emozionato… però non si sentiva proprio di correre e saltare. Aveva freddo…
-Ehi Manabe, ma la temperatura è… è scesa di colpo o sbaglio? Che… che venga a piovere?
Il lilla guardò il cielo stupito. Non c’era l’ombra di una nuvola…-Mh… non credo Min… a me poi sembra che sia una giornata molto tiepida! Si potrebbe quasi stare in maglietta…

Minaho lo guardò dubbioso. Perché allora lui si sentiva congelare, e gli facevano così male i muscoli? Non si sentiva quasi più le gambe dalle ginocchia in giù…
Manabe fissò l’amico. L’arancione era molto pallido e si stringeva nella felpa.
-Ehi… ehi Min ma va tutto bene? Hai… hai un aspetto strano… prima non lo avevo notato…
-Io? No… perché dovrei… dovrei avere un aspetto strano? -L’arancione sorrise. La verità era che si sentiva molto debole… ma perché?

Il lilla si avvicinò all’amico e lo osservò con occhio clinico. Gli prese il polso e gli guardò delicatamente la pupilla… Minaho sentiva sonnolenza… che cosa gli stava succedendo?
L’arancione stava quasi per fermare Manabe e riprendere il cammino quando… il lilla, senza preavviso, gli appoggió le labbra sulla fronte. Solo uno sfioramento leggero, ma Minaho arrossí come un peperone.
-Ma cos… Man… che… che…
Manabe sorrise. -Min… hai la febbre! Ma come mai… hai preso freddo per caso?
L’arancione sospirò. Si era ricordato della doccia fredda della mattinata. -Dannata fretta! – pensò.


Minaho raccontò tutto a Manabe che lo riprese dolcemente, ma poi gli sorrise.
-Tieni, mettiti questa e poi vieni vicino a me.
Il lilla si tolse la felpa e la diede all’amico.
-Ma… Ma così prenderai freddo… -Minaho provó a rifiutare.
-Sst… sono solo pochi minuti! -Manabe chiuse con un dito la bocca all’amico. -Taxi!!

Un veicolo si fermò a bordo strada. Manabe pregò silenziosamente di avere abbastanza soldi… era uscito con il portafogli semivuoto.

Il lilla fece sedere l’amico e gli accarezzò una guancia, quindi riferì l’indirizzo all’autista che parta velocità sostenuta.
-Man… guarda che… che sto più che bene! -L’arancione sorrise scosso dai brividi. Odiava l’influenza, ma sapeva per esperienza che la sapeva combattere bene. Gli bastavano un paio di giorni per liberarsene del tutto.
-Non metto in dubbio… ma pensi che saresti riuscito a tornare a casa a piedi? Da come tremi dubito che tu te li senta più, i piedi… e io non sarei riuscito a portarti in braccio per così tanta strada! -Manabe sorrise all’amico cercando di sdrammatizzare.
Minaho dovette arrendersi all’evidenza… e comunque erano ormai arrivati.


-Sono quindici yen. -L’autista si accomodó gli occhiali.
-Ma… Ma non è possibile! È troppo poco!  -Manabe non capiva. -Ricontrolli… non voglio approfittare della sua buona fede…
L’uomo sorrise. -Porta dentro il tuo amico, ha bisogno di riposo… quando faccio servizio ambulanza tariffa dimezzata!
Manabe non fece in tempo a ringraziare quel buffo ometto che era già sparito dietro l’angolo, lasciandolo sul marciapiede con un palmo di naso.


Il lilla portò dentro Minaho, che al calduccio di casa si sentì subito meglio.
-Aspetta qui e mettiti comodo sul divano… vado a prendere il termometro e qualche coperta.
Tempo due minuti e Minaho era infagottato come un involtino in due trapunte, i piedi in un catino pieno di acqua calda. Dalla mole di coperte spuntava una testa arancione decisamente contrariata con in bocca un termometro azzurro.

-Beeene… fai vedere… dai! Pensavo peggio! Trentotto e cinque… per fortuna non è troppo alta. -Manabe sorrise. -Vedrai che presto starai meglio.
Minaho non si sentiva poi così male… anche se “sentire” era un concetto relativo. Aveva così freddo che non gli sembrava più di avere mani e piedi.

-Mh… vediamo…-Manabe si sistemó gli occhiali sul naso mentre con la mano sinistra reggeva uno dei suoi libri di medicina. -Allora… adesso ti prendo un’aspirina per abbassare la febbre... Le coperte le hai… dobbiamo scaldarti le estremità. Hai freddo a mani e piedi?
Minaho sorrise depresso. -Perché, ho ancora delle estremità?
-Simpaticone! -Manabe ridacchió. -Dammi le mani…  
Il lilla prese le mani dell’amico. Erano gelide. -Minaho, ma quanto sei freddo? Aspetta… - Il ragazzo iniziò a massaggiargliele. -così va meglio?
Minaho sorrise. -Molto meglio!


-Tieni Min… prendi questa. -Il lilla porse all’amico una pasticca e un bicchiere d’acqua. -Non è niente di che… semplice Tachipirina per farti passare la febbre. -Manabe sapeva che l’amico non aveva un bel rapporto con le medicine dopo la morte della madre.
-Mh… di cosa sa? -La voce lamentosa di Minaho non riusciva a nascondere la sua ansia.  Aveva visto la madre spegnersi davanti a lui imbottita di antidepressivi… non riusciva a pensare alle medicine senza ricordare quel trauma.

-Sa… sa di medicina, ma la devi buttare giù… ci vuole poco Min… dai… poi starai meglio, te lo giuro! -Manabe gli sorrise incoraggiante.
-Io… io non la prendo quella cosa Man! -Minaho mise il broncio. Manabe non riuscì a non intenerirsi.
-Mh… ci penso io! Aspetta un secondo…

Manabe volò in cucina e tornó dopo pochi minuti con qualcosa stretto nel pugno. -Guarda qua cosa ho portato!
Il ragazzo aprì il palmo. Aveva preso una caramella gommosa all’arancio, che sapeva essere un punto debole del suo migliore amico.
-Prendi la medicina… e poi ti mangi questa per rifarti la bocca, ok? -Manabe fece l’occhiolino all’amico.
Minaho bofonchió qualcosa… ma due minuti dopo stava succhiando la sua caramella. Il lilla sorrise dolcemente.


Tempo nemmeno mezz’ora e la medicina aveva fatto effetto. La febbre si era abbassata fin quasi a sparire e Minaho si era addormentato. Ora russava felice sul divano.
Manabe gli appoggió la mano sulla fronte e sentì che era sudato. -Ovvio… la temperatura scende… -pensò.
L’amico si era scoperto muovendosi nel sonno… evidentemente sentiva caldo. Manabe pensò di cambiarlo, non voleva che il sudore gli si gelasse addosso.
Salì in camera e prese un pigiama dal cassetto dell’amico. Non poté evitare di far cadere gli occhi sulla parete. Minaho aveva appeso una loro foto insieme che aveva fatto stampare in grande formato. Il lilla sorrise.

-Min… scusa se ti muovo… continua pure a riposare. Ti cambio i vestiti.
L’arancione bofonchió qualcosa nel sonno. Manabe gli sbottonó la divisa e gliela  sfiló dolcemente, quindi fece lo stesso con camicia e pantaloni.
-Minaho… perdonami… cercherò di non guardare… -Il lilla ridacchió. Prese un asciugamano e tamponó dolcemente il petto dell’amico, quindi gli infilò la maglietta del pigiama e i pantaloncini. Con la mano gli scostó un ciuffo arancione dalla fronte e gliela asciugó con un fazzoletto.
-Ora va meglio… riposa Min, ne hai bisogno.


Quando Minaho si svegliò si sentiva molto meglio. Il freddo era sparito, e così i dolori muscolari. Ringraziò mentalmente Manabe per averlo costretto a prendere la medicina… aveva bisogno di stare bene per il giorno dopo, doveva tornare a scuola!
Si accorse di essere in pigiama. Arrossí al pensiero di Manabe che lo spogliava… si pentí di aver ceduto al sonno, ma poi non poté fare a meno di ridere pensando al lilla che, tutto vergognoso, gli toglieva i pantaloni.
Si alzò in piedi stiracchiandosi e si diresse verso la cucina… aveva fame!

-Man… ehi Man, ho visto che mi hai cambiato… grazie. Però non vorrei che la vista dei miei bellissimi pettorali ti avesse troppo sconvolto… sai com’è… -Minaho ridacchió.
Manabe era di spalle intento a cucinare. Si voltó di colpo con un gran sorriso.

-Ehi… Min! Che bello che stai meglio! Guarda che non è stato… ho dovuto… ecco… non volevo che ti si raffreddasse il sudore addosso! E poi non ho guardato … insomma… i tuoi muscoli, ecco!
Il ragazzo era arrossito. Minaho rise guardandolo con affetto. -Sta di fatto che la mia bellezza ti ha stregato! Del resto so di essere troooppo fascinoso!
Manabe lo fissò ironico. -Ah.Ah.Ah… che simpatica canaglia! Invece di prenderti gioco del tuo povero migliore amico vatti a preparare per la cena… ti vedo affamato! E non stare scalzo… prendi freddo!
Minaho fece ironicamente il verso all’amico. -Va bene mamma! Vado a mettermi i calzini mamma! È pronta la cena mamma?

Manabe gli lanció una fetta di pane come un freesbee. Minaho la afferrò agevolmente e le diede un morso. Scoppiarono a ridere in contemporanea.


I due ragazzi si sedettero al tavolo con una discreta voglia di spazzolarsi qualunque cosa si trovasse nel raggio di un kilometro.
-Ho una fame! -Minaho era commosso di fronte all’abbondanza della tavolata. -Tu non sai quanto ti adoro…

Manabe sorrise e gli fece l’occhiolino. -Mangia… devi riprenderti! Mi ci sono impegnato in questa cena, sai? È la nostra cena della vittoria! Ho fatto anche le polpette di pesce che ti piacciono tanto…
Minaho non se lo fece dire due volte. Fece onore alla cena dell’amico e poi si buttò con lui sul divano a guardare la televisione.
-Man… grazie per tutto quello che hai fatto per me oggi. Ti voglio bene. Vieni qui… devo contagiarti!

Minaho abbracció strettissimo Manabe che scoppiò a ridere.
-Mh… non penso che tu sia infettivo, sai? Altrimenti non starei qui vicino a te! Ti avrei già chiuso in camera con come unico contatto con l’esterno un buco nella porta! -Il lilla fece una faccia buffissima.

Passarono una serata tranquilla. La febbre non era risalita… doveva essersi trattato di una semplice sfebbrata dovuta più allo stress che ad altro. Manabe ne fu molto contento… l’amico ne aveva già passate troppe.
Per sicurezza comunque decise di rimanere con lui tutta la notte. Si infilarono insieme sotto le coperte ridendo.

-Man… questa notte cercherò di non scalciare… scusa per l’altra sera…
Manabe lo abbracció. -Ma va… io dicevo per ridere… sei tenerissimo quando dormi, stai tranquillo e rilassati il più possibile, ne hai bisogno. Aspetta… ti faccio un massaggio al collo.
Minaho non lo avrebbe mai ammesso, ma adorava le attenzioni del suo amico. Si addormentó dolcemente sotto il suo tocco, con il sorriso sulle labbra.


-Min! Ehi min, che succede?
Manabe si era svegliato di soprassalto sentendo l’amico urlare. Aveva acceso la lucetta sul comodino e aveva afferrato gli occhiali, senza i quali vedeva poco e niente.

Minaho era pallido e sudato. Stava tremando.
-Hai fatto un brutto sogno? -Il lilla gli prese la mano.
Minaho annuì con la testa, un po’ imbarazzato.
-Capisco… mi dispiace… ma non ti preoccupare, è lo stress che si scioglie… in realtà è un segno buono. Vuole dire che stai buttando fuori tutta la paura di questi giorni, sai?
-Io… scusa Man… scusa se ti ho disturbato.
-Nessun disturbo Min… basta che tu stia bene. Vuoi che tenga accesa la luce?

L’arancione fece cenno di no con la testa. -Non… non ti preoccupare, ce la faccio. -Sì sforzó di sorridere.
Il lilla non era tanto sicuro che il suo amico stesse dicendo la verità, ma lo accontentó. Spense la luce e si voltó verso la porta. -Min… abbracciami se vuoi. Io sono qui, e non devi avere paura di niente perché ti difenderó!


Passò qualche minuto.  Minaho si pentí di aver chiesto a Manabe di spegnere la luce… vedeva un sacco di ombre spaventose…anche se in realtà si trattava solo dei mobili, del lampadario e delle luci della strada che filtravano attraverso le tende.
Aveva sognato un essere che si nascondeva nel buio… qualcosa che doveva aver visto in un film horror, poco tempo prima. Rimpianse amaramente le sue scelte televisive… iniziava a sentire il cuore battere forte.


-Man… Man sei sveglio?
Il lilla mugugnó nel sonno, quindi si svegliò. -Mh… Min… dimmi… non… non riesci a dormire vero?
-Io… in realtà.. sí... -Minaho si vergognó della voce infantile che gli era uscita… ma come era possibile che appena sentita la voce del suo amico il suo timore fosse sparito?
-Cosa possiamo fare? Vuoi una camomilla? Vado a fartela… -Il lilla sbadiglió.
-No… non ti devi alzare… sei stanco… scusa per tutto il disturbo che ti do! -Minaho era davvero imbarazzato.
-Nessun… nessun disturbo Min. Vorrei aiutarti… -Il lilla sbadiglió ancora. – vorrei aiutarti ma non so come…

Minaho si fissava i pollici. -Ecco… ecco una cosa ci sarebbe…

-Dimmi… dimmi tutto, non aver paura.
-Io… posso… ecco… posso toccarti i capelli? È una cosa che mi rilassa tantissimo…

Manabe rimase un attimo senza parole. I suoi capelli erano off limits! Ne sapeva qualcosa l’arancione, costretto ad aspettare ore per il bagno, visto che fra shampoo, balsamo e pettine ci impiegava un’era geologica.
Minaho si accorse della sua esitazione. -Vabbè… scusami… non dovevo chiedertelo… notte…
Il lilla sospirò e si rimise disteso… prendendo la mano dell’amico e appoggiandosela sui capelli.

-Solo perché sei tu… e sono circostanze eccezionali, ed io ho eccezionalmente sonno!
Minaho sorrise. -Grazie!! Ti devo un favore… e ti voglio bene.
L’arancione giocherelló una decina di minuti con i ciuffi dell’amico, quindi si addormentó come un sasso. Manabe si voltó dalla sua parte e gli mise un braccio intorno alle spalle.
 
Vedendo il suo sorriso beato pensò che ne fosse valsa la pena.

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Capitolo 35
*** Manabe, detto carino ***


O Dio del cielo,
se fossi una rondinella,
O Dio del cielo,
se fossi una rondinella,
vorrei volare,
vorrei volare
vorrei volare
in braccio alla mia bella.

Prendi la secchia
e portalo alla fontana,
là c'è il tuo amore
là c'è il tuo amore
là c'è il tuo amore
che alla fontana aspetta.

Manabe rifletteva.
Adesso toccava a lui non riuscire a dormire… il sonno era sparito.

Mentre accarezzava con estrema delicatezza i capelli dell’amico che ronfava beato, lasciava che la sua mente spaziasse agli ultimi giorni e a quelli che ancora lì aspettavano.

Il tempo stringeva. Bisognava risolvere il problema di Minaho e dell’orfanotrofio… ma non aveva assolutamente idea di come fare. La sua unica speranza era riposta nelle parole dell’allenatore e nel suo “progetto segreto”.
Del resto non poteva immaginare il suo amico in orfanotrofio. È vero, non aveva i genitori, ma forse era ancora più “adulto” di lui… e poi era troppo fragile. La reclusione, la vergogna e il dolore lo avrebbero spento lentamente.
Non voleva vederlo per due ore alla settimana, non voleva smettere di stare con lui… per la prima volta ammise a sé stesso che desiderava vivere insieme a lui. Non era amore, ne era certo… ma qualcosa di diverso… o forse no?

Vedeva l’amico come tante cose. Poteva essere un fratello, poteva essere un padre, e più spesso poteva essere semplicemente il suo migliore amico. Gli piaceva come suonava l’espressione “migliore amico”… era quello che aveva sempre desiderato.

Ricordava quanto aveva sofferto da piccolo. .. quanto aveva pianto in camera sua perché nessuno lo voleva come amico. Si sentiva così solo… quando poi era entrato in crisi con i suoi genitori tutto era crollato.
Guardava dalla finestra gli altri ragazzini giocare nel parco sotto casa dei suoi e desiderava con tutto il cuore essere con loro, ma loro non lo invitavano mai. Nessuno si ricordava mai di Manabe Jinichirou.

Poi… poi era arrivato Minaho.

Quando lo aveva visto aveva provato qualcosa di nuovo. Gli sembrava così buono… non sapeva spiegarsi il perché. Dovette tirare fuori tutto il suo coraggio per avvicinarlo,  quel giorno sotto la pioggia… e poi il miracolo.
Minaho era la sua ancora di salvezza. Quando si sentiva solo, o triste, bastava che gli parlasse, che lo chiamasse e lui subito era lì, lì per abbracciarlo, per dirgli che andava tutto bene, per farlo ridere con le sue trovate.

Sospirò. Era davvero tardi… molto tardi. Per fortuna il giorno successivo le lezioni sarebbero finite in anticipo a causa di alcuni consigli docenti… sapeva che si sarebbe appisolato sul banco altrimenti!
Si accoccoló contro il petto di Minaho e inspiró il suo profumo. Arancio… il suo preferito. Chiuse gli occhi.


La mattina seguente, come da previsione, si alzarono tardi! Volarono in bagno e trangugiarono alcune fette di pane con la marmellata. Non avevano tempo da perdere… Minaho tornava a scuola quel giorno.
-Non trovi che così staresti meglio?
Manabe infilò il pettine nei capelli dell’amico e glieli sistemó.

-Man… tanto non c’è niente da fare… i miei capelli sono autonomi, torneranno al loro stato naturale fra pochi istanti…
Detto fatto. I ciuffi si raddrizzarono da soli. Manabe sospirò ridendo.

-Mh… -Minaho si portò la mano al mento. -Piuttosto… hai i pantaloni storti!
Ill lilla arrossí di botto. -Dannata fretta!
-Guarda che sei carino uguale… tanto carino!

Manabe fissò l’amico con sguardo omicida. -Min… stai attento… la mia vendetta potrebbe essere terribile…
L’arancione sorrise sornione. -Sarà… ma tu continui ad essere caaaaarino!

Manabe puntò l’indice contro il petto dell’amico fingendo di essere estremamente arrabbiato.  -Stai attento… non tirare troppo la corda…
-Oh Man… che indice carino che hai! -L’arancione scoppiò a ridere mentre Manabe si metteva sconsolato le mani tra i capelli.

-Min… ultimo avvertimento… prima che la mia furia si abbastanza su di te… stiamo facendo tardi!
Minaho gli fece l’occhiolino.
-Hai ragione… meglio arrivare in anticipo… anche se sei carin…. Ahia!!

Manabe, impassibile, gli aveva assestato un pestone letale. -Io ti avevo avvertito… ti avevo avvertito..
Il lilla poté finalmente abbottonarsi la camicia mentre l’amico saltellava per la stanza guaendo come un cane ferito. -Ahhh… che pace… non trovi anche tu che il silenzio sia adorabile? -Il lilla sorrise sarcastico.

-Manabe… questa me la paghi… non potrai… ahia… non potrai più camminare senza. .. ahia! Senza temere la mia tremenda vendetta! Per poco… ahia! Per poco non mi azzoppi!
Manabe sbuffó ironico. -Che tragico il mio amicone! È stata solo una carezza di affetto e comprensione… nient’altro!  E poi non ho nemmeno le scarpe… cosa potrò mai averti fatto!

Minaho mise il broncio. -Violento… io volevo solo essere simpatico e amichevole… sei così carin… AHIA!!!
-Manabe due, Minaho zero. -Il lilla aveva colpito per la seconda volta. -Ne ho pronto un terzo se desideri!

Minaho piagnucolava buffamente. -E va bene… me ne vado… persona rustica e poco tollerante!
Il ragazzo arancione zoppicó fuori dalla stanza mentre Manabe ridacchiava sotto i baffi. -Finalmente posso finire di prepararmi… Dove ho messo la giacca… vediamo…


Al lilla ci volevo solo cinque minuti per finire i suoi preparativi. Scese le scale tutto allegro, lo zaino sulle spalle.
-Min! Io sono pronto… andiamo?

L’arancione era in cucina, seduto sul pavimento e intento a tenersi una busta di surgelati premuta sul piede.
-Vattene… Vattene e lasciami qui! Solo con le mie colpe e i miei rimpianti! -L’arancione si portò teatralmente la mano alla fronte. Manabe scoppiò a ridere.

-Vieni qua teppista… oppure ti porto a scuola in braccio!
-Magari! Sei così carin… non ci provare!
Manabe aveva alzato minacciosamente la gamba destra. Minaho si ritrasse.
-Tu ti rendi conto che se mi dai un pestone con quelle scarpe mentre io sono scalzo me lo rompi, il piede, vero?

Il lilla rise. -Allora se vuoi uno scapaccione non hai che da chiedere… oppure preferisci il solletico?
Scoppiarono a ridere entrambi.

-Ma ascolta Man… per curiosità… perché non vuoi che ti dica che sei carino?
Manabe sorrise sornione.
-Io non sono carino. .. Io sono carinissimo!!


Minaho e Manabe fecero il loro ingresso trionfale in classe in perfetto orario.

All’arancione non sembrava vero di tornarsene al suo banco… quella stessa scuola che aveva tanto odiato ora gli sembrava un posto bellissimo dove passare il suo tempo insieme al lilla… aveva il gusto dolce della vittoria!
A ricreazione decisero di fare un salto in biblioteca… volevano cercare un buon libro di biologia per integrare gli appunti della mattina.
Proprio mentre erano seduti al tavolo Shindou fece il suo ingresso in sala.

-Ehilá Ciao ragazzi! Vi ho cercato dappertutto! Il mister… il mister vuole parlarvi in privato dopo gli allenamenti… mi ha detto di riferirvelo.

Il castano sembrava senza fiato. Doveva aver corso per mezza scuola per trovarli.
-Vieni Shindou… siediti con noi e prendi un sorso d’acqua. -Manabe porse all’amico la bottigliietta.
Il castano sorrise e si sedette con loro. Passarono il resto della ricreazione a parlare di calcio e della finale… erano tutti carichi ed emozionati.

Al momento di rientrare in classe si diedero appuntamento alla sala del club per gli allenamenti e si separarono. Minaho non riusciva a togliersi dalla testa le parole del castano…  cosa poteva volere da loro l’allenatore?
-Man… dici… dici che Endou ha qualche notizia positiva per noi?
Il lilla si sistemó gli occhiali sul naso. -Io… io lo spero proprio! Altrimenti perché farci chiamare così?

I due ragazzi si sorrisero fiduciosi. Avevano grandi aspettative… e una grande paura di venire delusi. Allo stesso tempo la loro fiducia in Endou era totale.


Il resto delle lezioni passò con grandissima lentezza. Manabe e Minaho non vedevano l’ora di fiondarsi agli allenamenti e la curiosità gli faceva sembrare lo scorrere delle lancette come qualcosa di lento e insopportabile. Da come fissavano l’orologio sembrava che volessero mangiarlo con gli occhi!

Finalmente la desiderata campanella suonò. Era ora! Corsero fuori nel corridoio pieno di ragazzi. Chi raccoglieva lo zaino, chi chiacchierava… la luce inondava il corridoio.
Corsero alla sede del club e si fiondarono dentro… erano i primi! Mentre aspettavano ebbero modo di fare altre ipotesi… ma proprio non trovavano capo alla faccenda. Di sicuro Endou aveva in mente qualcosa di grosso… o almeno lo speravano.


Quando Endou arrivó si limitò a sorridergli, e così fece per tutta la partita di allenamento. Nessun segno, nulla che facesse pensare a qualcosa di strano o diverso dal solito.
-Man… pensi che… pensi che ci siamo illusi troppo presto?
Manabe sorrise cercando di incoraggiare l’amico. -Dobbiamo avere fiducia… ho un buon presentimento, sai?
Minaho ingoió i suoi timori. Doveva fidarsi.


Alla fine dell’allenamento i due ragazzi si cambiarono. L’ansia era decisamente calata… erano stanchissimi!
-Ehi Minaho! Cos’è quel livido che hai sul piede? -Kirino si era chinato davanti all’amico, preoccupato.
-Ehm… nieeeeente… colpa… colpa dello zaino! Mi è  caduto e…
Manabe rise sotto i baffi.


Fu quando ormai si erano dimenticati del motivo per cui erano stati così in agitazione che il mister li prese da parte.

-Ragazzi… devo parlarvi.

Minaho si illuminó. -Ha… ha delle notizie su… sulla questione… ecco… ha capito a cosa mi riferisco…
Manabe prese la mano dell’amico… ci speravano tanto…
-Sì. Ho delle notizie… ma non posso parlarvene qui. Vi va bene se questa sera venite a cenare a casa mia? Vi presenterò mia moglie… e vi dirò tutto.

Minaho e Manabe si guardarono allibiti. Andare a cena da Endou?
-Va… va bene allenatore… lei è troppo gentile… -Minaho balbettava.
Endou rise. -Aspetta di sentire la cucina di mia moglie e ti pentirai di queste tue parole! Ma comunque… a parte gli scherzi… penso che sia ora di rivelarvi alcune cose, a tavola si parla meglio… più in tranquillità. Ci sono notizie abbastanza dire da digerire… ma penso che alcune cose vi interesseranno. -Fece l’occhiolino ai ragazzi.
-Rivelarci… alcune cose… sí! Ci saremo! -Manabe si inchinó. -Grazie mille allenatore!

Endou sorrise e gli appoggió la mano sulla spalla. -Ottimo! Allora vi aspetto per le sette… state tranquilli, quello che vi dirò potrebbe essere la soluzione a Buona parte dei nostri problemi.

Minaho spalancò gli occhi speranzoso.
-D… davvero??

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Capitolo 36
*** Lo spavento è pronto in tavola ***


Viva il vino spumeggiante
Nel bicchiere scintillante,
Come il riso dell’amante
Mite infonde il giubilo!…

L’invito del mister era stato come un fulmine a ciel sereno.

Minaho e Manabe, tornando a casa dagli allenamenti, non smettevano un istante di parlare e di fare ipotesi di tutti i tipi. Endou aveva promesso che gli avrebbe parlato di una possibile soluzione ai loro problemi… chissà cosa aveva in mente! Conoscendolo, bisognava aspettarsi qualcosa di grosso, di molto grosso!

-Man… secondo me ha trovato un avvocato amico suo che polverizzerà quelli dei  tuoi genitori! -Minaho sorrideva entusiasta.
-Ma no… o forse sì? Non ne ho idea! -Manabe allargò le braccia con un sospiro. Erano davvero in alto mare!
-E se… e se avesse parlato direttamente con i tuoi genitori?
-No… -Man scosse la testa. -Impossibile! Non lo avrebbero nemmeno ascoltato, è assolutamente certo.


Parlando e facendo congetture i due ragazzi si erano ritrovati in pieno centro. L’aria del primo pomeriggio profumava di foglie secche e di caffè caldo, mentre un allegro vociare proveniva dai bar sulla strada dove si attardavano gli impiegati in pausa reticenti a tornare al lavoro.
-Senti Man… compriamo qualcosa per stasera? Che ne so.. Un dolce?
-È una bellissima idea! Anche perché… -Manabe si sistemó gli occhiali sul naso. -Anche perché… meglio prevenirci. Sai… la cucina della moglie del mister…
Minaho fece una faccia disgustata. -Non farmela ricordare… non oso pensare a cosa troveremo in tavola questa sera!
Entrambi scoppiarono a ridere, mentre entravano nella migliore pasticceria della zona.


-Mh… Min, che ne pensi di un panettone? Il panettone fa sempre allegria!
Minaho sospirò ridacchiando. -Man… il panettone si mangia a Natale… siamo alla fine di ottobre… non trovi sia un po’ prestino?
Il lilla fece una faccia perplessa. -Bhe… in effetti… tu cosa proponi?
-Io? Fammici pensare… -Minaho si portò la mano al mento. -Biscotti? Fanno troppo pomeriggio tra amici… torta gelato? Arriverebbe liquida… torta alla crema? Troppo a rischio allergie… e se prendessimo una bella crostata?
A Manabe si illuminarono gli occhi.
-Sei un genio!!


Due minuti dopo un ragazzo lilla e uno arancione uscivano dal negozio con in mano un.pacchetto profumato. Crostata more e lamponi, la loro preferita!
-Allora… abbiamo tutto il tempo di riposarci un paio d’ore prima di prepararci per uscire… sei stanco Min? -Manabe aprì il cancelletto di casa.
L’arancione sorrise. -No… non particolarmente… tu? Oggi in allenamento hai sforzato molto… vuoi che ti prepari qualcosa di caldo? La tua gamba è ancora debole…

Manabe lo guardò sornione. -Debole? Ne sei proprio sicuro? Questa mattina non mi sembrava così debole! -Il lilla scoppiò a ridere, memore del pestone tirato al suo migliore amico.
Minaho fece una faccia buffissima fingendo di essere offeso. -Ehi! Guarda che mi hai fatto male… potevi rompermi il piede, ecco!
-O povero piccino… vuoi che ti dia un bacino? Le possibilità sono del settanta per cento, sai?
-Manabe… -I due ragazzi erano entrati e Minaho aveva chiuso la porta… a chiave. -Inizia a scappare!

Il lilla sparí su per le scale come una scheggia impazzita, seguito a ruota dell’amico che rideva come un matto. Adorava quando facevano un po’ i bambini… gli sembrava di risarcire Manabe per tutte le volte che, da piccolo, non era stato accettato o era stato escluso dai giochi dei suoi coetanei.

-Guarda che ti prendo… anche se ti sei nascosto! -Minaho si aggirava di stanza in stanza con fare furbesco.
Silenzio… dove si era cacciato il suo amico? Entrò in camera sua.
-Maaaaaaaan? Dove sei? Ti devo fare i grattini! Vieni fuori, piccolo panda coccolone!
Manabe, che intanto se ne stava appostato sotto il letto e il cui campo visivo non andava oltre i piedi dell’arancione, faticava a non tradirsi per colpa della ridarella… e del rossore! Panda coccolone?
 Aspettò che l’amico fosse voltato di spalle, quindi uscì dal suo nascondiglio e gli saltò addosso. Minaho si sbilanció pericolosamente finendo a pancia all’aria sul letto. Manabe lo bloccò.

-E ora chi comanda? Eh, Carotino? -Il lilla sorrideva trionfante.
-E va bene… mi arrendo! Non sono pronto per tattiche di guerriglia da esperto della giungla!
Scoppiarono a ridere. -Ascolta Man… ti va di vedere un film mentre aspettiamo? Shindou mi ha detto che danno un bell’horror fra dieci minuti!

Il lilla sorrise. -Ci sto!


I due ragazzi passarono l’ora seguente a sgranocchiare patatine sul divano, godendosi la trasmissione. Era un film inquietante, con una certa dose di sangue… Manabe non era impressionato (sapeva ben riconoscere la finzione cinematografica!) mentre Minaho non sembrava troppo a suo agio…

-Ehi Min, guarda che se hai paura cambiamo canale…
-N… no tranquillo! Io non ho… non ho mai paura!!
Il lilla lo fissò perplesso. -Mh… sarà…

Fuori dalle finestre il sole incominciava a tramontare e le ombre si allungavano dolcemente sulla casa. Avevano ancora più di un’ora di luce prima del buio.

Sullo schermo correvano le immagini di un turpe omicidio. Minaho non lo avrebbe mai ammesso, ma quella cosa lo inquietava… lui voleva fare il detective, era vero, ma si immaginava sulle scene del crimine dopo il crimine stesso, non durante, come spettatore!
Si strinse le ginocchia al petto ritirando le gambe sul divano… aveva paura che qualcosa lo afferrasse. -Quanto sono infantile! -Pensò.

Manabe ridacchiava tra sé e sé. Troppo intelligente per non leggere negli occhi dell’amico il suo disagio, aspettava un suo cenno di cedimento per intervenire.
Minaho, da parte sua, cercava di dissimulare il terrore che provava. Malediceva la sua debolezza e soprattutto la scelta di guardare un film del genere! Per fortuna che Manabe era  vicino a lui…

-Min… ho bisogno di andare in bagno... torno tra due minuti… Aspettami!
Sbam. Come non detto! All’arancione si geló il sangue nelle vene… da solo no! Assolutamente no! Eppure il suo orgoglio non voleva cedere…


Il lilla, sorridendo sornione, si alzò e si diresse verso le scale… la paura del suo amico era palpabile. Minaho aveva gli occhi fissi e quasi tremava, ma non aveva nessuna intenzione di cedere! Ne andava della sua reputazione…
Sentì i passi del lilla allontanarsi. Si sforzó di pensare a cose allegre, di non concentrarsi sul film, ma il buio che avanzava lo faceva impazzire di angoscia. Temeva di sentire una mano afferrargli la spalla, o peggio…

La televisione stava trasmettendo una scena apparentemente calma… la protagonista tranquilla nella sua camera… ma ecco inquadrato l’armadio.  Il buio si percepisce fra le ante socchiuse… un rumore simile a un gemito e la luce che inizia ad andare e venire…

-Arghh!

Minaho sentí qualcosa appoggiarsi sulla sua gola. Qualcosa di simile a una lama di metallo gelido… una mano gli toccó la spalla…
Il ragazzo urló con tutto il fiato che aveva in corpo. Cadde a terra gridando e tenendosi la testa nascosta tra le braccia, implorando pietà.

-Ehi!

Minaho urló ancora più forte, stava piangendo.

-Ehi! Min sono io!

Il lilla si tolse dalla faccia il passamontagna che aveva recuperato in fondo a un cassetto e sventoló il suo “coltello” … nient’altro che un mestolo da cucina!
-Perdonami… non potevo resistere!! Sei troppo buffo!!

Minaho però non rideva. Continuava a piangere accucciato ai piedi del divano coprendosi il viso con le mani e respirando in maniera irregolare.
Il lilla si inginocchió davanti a lui. -Ehi… scusami… volevo solo farti uno scherzo… io non… non è che volessi…
Minaho tiró su col naso. -P…perché… perché lo hai… io… io mi… -Riprese a singhiozzare.

Manabe si sentiva in colpa… effettivamente ci era andato giù pesante, e poi non aveva tenuto conto del fatto che la paura dell’amico avesse radici più profonde… nei suoi ricordi della morte dei genitori.
-Senti… sono stato un cretino, ok? Non… non avrei dovuto fare una cosa così stupida. Ti prego… guardami… -Il lilla scostó le mani dal viso dell’amico. -È tutta colpa mia! Solo colpa mia… chiedimi qualunque cosa… voglio farmi perdonare…

Minaho si strinse al petto dell’amico, senza parlare. Si sentiva ridicolo, ma non aveva potuto trattenersi… pensò a Manabe ed ebbe anche lui un piccolo senso di colpa. Non voleva farlo sentire colpevole.
-Lascia stare… devo essere sembrato così buffo! Scusa… scusa tu per questa scenata da bambino piccolo…

-Min… -Manabe strinse a sé l’amico. -Non sei sembrato affatto buffo… mi hai stretto il cuore… sono stato sciocco a farti uno scherzo del genere. Non sei infantile… con tutto quello che hai passato… avrai dovuto pensarci… e invece… -Il lilla sospirò. -Aspetta, ho un idea! Guarda guarda cosa ti permetto di fare…
Manabe si mise carponi vicino all’amico e chinó la testa. -Vai… ti lascio giocare con i miei capelli finché vuoi… spero che apprezzerai il sacrificio!

Minaho si intenerí come neve al sole… non poté trattenersi dal sorridere. Come poteva tenere il broncio a Manabe… era impossibile! Impossibile… e poi non era colpa sua… gli aveva solo fatto uno scherzo…

-E va bene… perdono accordato! Preparati però… qualcosa mi dice che questa sera andrai da Endou con un bel paio di treccine!


Per fortuna Minaho si era limitato a scherzare… il lilla non avrebbe retto alla vergogna di un taglio di capelli “treccioso”… sarebbe sembrato una piccola Heidi incrociata geneticamente con Camilla, la mucca lilla…
Questi erano i pensieri del ragazzo mentre si dirigeva, con Minaho al suo fianco completamente ristabilito dallo spavento e sorridente come non mai, verso la casa dell’allenatore.

Si erano fatti una bella doccia e avevano indossato i loro vestiti più belli… non immaginavano che tipo fosse la moglie del mister… meglio essere eleganti e profumati! In mano Manabe reggeva il pacchetto con la crostata, mentre Minaho un mazzolino di fiori comprato al volo all’angolo del viale… era stata un’idea dell’ultimo minuto.

-Sembriamo due allegri sposini! -Minaho ridacchió.
-Già…  speriamo che nessuno ci veda conciati così… -il lilla si allentó il nodo del farfallino che gli stava quasi opprimendo la gola. -altrimenti domani lo saprà tutta la scuola!


La casa dell’allenatore era in una palazzina vicino al campo al fiume. Niente di speciale in quanto a dimensioni, ma molto carina e con un bel cortile.
-Man… io suono… sei pronto?
-Prontissimo! -Manabe gli fece l’occhiolino.

Suonarono al campanello e si fecero riconoscere. La voce dell’allenatore sembrava imbarazzata…
-Ehm… Ciao ragazzi! Venite pure… mia moglie ci… ci ha preparato il suo famoso sushi… è già quasi in tavola!

Minaho e Manabe ringraziarono felici. Fecero per entrare nel vialetto quando la voce dell’allenatore proveniente dal citofono li fece tornare un istante indietro.

-E… a riguardo della cena… una preghiera mentre salite le scale forse aiuterebbe… io sto già implorando il cielo da ore, circa da quando lei ha acceso il fornello sotto alla pentola del riso!

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Capitolo 37
*** Cena a sopresa ***


Viva la pa-pa-pappa
Col po-po-po-po-po-po-pomodoro
Ah viva la pa-pa-pappa
Che è un capo-po-po-po-polavoro
Viva la pa-pappa pa-ppa
Col po-po-pomodor!


La casa del mister era arredata palesemente da una donna.

Ovunque immagini di gatti. Gatti ovunque, e una tappezzeria nei toni del rosa accompagnavano lo sguardo su un mobilio tradizionale, tipico delle abitazioni dei quartieri benestanti.

Manabe e Minaho entrarono nel piccolo ingresso e vennero accolti dal mister, in tuta sportiva, e da quella che doveva essere sue moglie. Una bellissima ragazza in verità. Disse di chiamarsi Natsumi e di essere stata compagna di scuola dell’allenatore.
I ragazzi salutarono con garbo. Gli sembrava una ragazza simpatica… non poteva essere una cuoca così letale, no?

Dopo essersi tolti le scarpe Manabe e Minaho seguirono Endou nel salotto.
-Sediamoci un po’ qui ragazzi… mentre Natsumi prepara la tavola vorrei che mi raccontaste qualcosa in più di voi! Adesso che ci penso… non mi avete mai raccontato di come vi siate conosciuti!
-Bhe… mister. .. vede… -Minaho non sapeva come iniziare.
-Ecco, è una storia lunga…


Mentre i ragazzi raccontavano di come si fossero conosciuti e poi fossero diventati inseparabili il mister ascoltava interessato con il mento appoggiato sulla mano destra, annuendo e sorridendo.
-Sapete che è una bellissima storia? Che fortuna che avete avuto a trovarvi, quindi!
Minaho sorrise. -Non so cosa avrei fatto senza di lui…
-E io senza di lui… -Manabe sospirò.
-E dire che ne avete passate tante… vedrete che risolveremo tutto! La mia idea si sta concretizzando. -Il mister gli fece l’occhiolino. -È proprio di questo che vorrei parlarvi questa sera… sapete, è una cosa grossa. Molto grossa.

Manabe e Minaho spalancarono gli occhi… cosa aveva in mente l’allenatore?

-Allora… per il mio piano c’è un requisito fondamentale. Manabe deve ottenere la sua emancipazione.
Il lilla sussultó. Da quanto tempo non sentiva i genitori? Il processo… non sapeva nemmeno quando sarebbe stata convocata la sua udienza!
-Ma… mister… io… -Il lilla balbettava.
-Non temere… ho alcune notizie che…


-È in tavola! -La voce squillante di Natsumi risuonó nel salotto. Endou sorrise.
-Bene… vuol dire che dovremo parlarne dopo cena! Mia moglie non ama aspettare…
-Endou! Mi farai sembrare una strega! -La ragazza lo riprese dalla cucina. Manabe e Minaho risero.
-Naaaa… sei solo molto pericolosa! Andiamo a mangiare… spero che la cena sia di vostro gradimento!


I due ragazzi si sedettero al capo opposto del tavolo rispetto al mister e alla moglie. Il clima della cucina era familiare e caldo, e la cena li aspettava già in tavola. C’era di tutto. Pesce, riso in grande quantità e fritture… Manabe si leccó i baffi, mentre Minaho gli sussurrava all’orecchio  -Scommetto che i tuoi sono più buoni!- Facendogli l’occhiolino.

Natsumi insistette per fare personalmente i piatti… o forse sarebbe stato meglio dire le montagne, vista la quantità di cibo che riversó davanti a ciascun commensale.
-Dei ragazzi giovani e forti come voi devono mangiare molto! Mica come Endou,  che invece deve tenersi leggero!
-Guarda… -L’allenatore sorrise- che non ho nemmeno dieci anni più di loro. .. Non mi trattare da anziano!
La ragazza rise e gli diede un buffetto sulla testa.


Il cibo era… letale.
Al primo boccone Minaho ebbe un mezzo conato di vomito, ma la sua estrema forza di volontà gli permise di ingoiare sorridendo. A giudicare dagli occhi con cui lo aveva guardato, il mister aveva apprezzato il gesto.
Manabe da par suo armeggiava con il farfallino come se allargare la gola potesse rendere il cibo più tollerabile… era qualcosa di devastante.

Il pesce sapeva di cuoio, ma la cosa peggiore era il riso. Già al momento di scoperchiare la pentola una nube tossica aveva investito il ficus alle loro spalle facendogli  piegare le foglie come morte, ma Il sapore… il sapore era l’arma definitiva.  

Colla liquida versata in bocca sarebbe stata più buona e commestibile. Come era possibile che sapesse di cavolo avariato? Minaho e Manabe non riuscivano o a spiegarselo.
Ogni boccone poteva essere l’ultimo. Il rischio di vomitare tutto era alle porte, e i due ragazzi non si spiegavano come potesse il mister vivere così…

La frittura poco ci mancava che fuggisse dal piatto in preda alla fregola. Cruda dentro, unta e bisunta fuori.
-Ci vuole arte per questa cucina degli orrori… -pensò Minaho.

-Bene! È l’ora del dolce! Spero che la cena sia stata di vostro gradimento… -Chiosó Natsumi.
Endou guardò supplicante i due ragazzi.
-Ehm… sí certo! Ottima! Gusto incredibili! Eccellenti! -Manabe fece un sorriso di circostanza.
-Sì.. gusti che mai avrei immaginato potessero essere tirati fuori da del povero pesce innoc… ahia! -Manabe aveva pestato un piede all’amico. -Cioè… ehm… tutto ottimo! -Sorrisone dell’arancione.

-Per fortuna il dolce lo avete portato voi! -Il mister sussurrò ai ragazzi. -Abbiamo così qualche speranza di sopravvivere…
Minaho e Manabe risero, mentre Natsumi si fiondava in cucina a prendere la crostata.


Mentre finivano di sgranocchiare la loro fetta di torta,  Manabe e Minaho tornarono a interrogarsi su cosa li aspettasse. Non volevano fare pressione sul mister, ma non resistevano più alla curiosità!

-Bene! -Endou si alzò in piedi con un sorriso. -Se volete tornare con me in salotto… abbiamo un discorso da finire, no? Natsumi verrà con noi appena finito di lavare i piatti… sapete, è una maniaca dell’ordine!
La ragazza gli lanciò un mestolo, che lui agevolmente schivó. -Endou!

Ridendo come matti Manabe e Minaho seguirono il mister in salotto, riaccomodandosi nelle posizioni di poco prima.
-Dove eravamo rimasti… -Il mister si grattó il mento.
-Ci stava parlando del fatto che… che Manabe deve ottenere l’emancipazione perché il suo… il suo piano funzioni. -Minaho sorrise agitato.

-Esatto! Adesso ricordo! Allora… vedete… la mia idea è molto, molto pazza! Tenete a mente che abbiamo due priorità. La prima, impedire che Minaho vada in orfanotrofio. La seconda, trovare un sistema che faccia sí che nessuno possa più infastidirvi, e che Manabe mantenga la sua casa…
I due ragazzi arrossirono. Il mister aveva capito che volevano vivere sotto lo stesso tetto! Annuirono emozionati.

Il mister lasciò passare qualche secondo, poi riprese.
-Tenetevi forte. .. Sto per svelarvi la mia idea! -Fece l’occhiolino ai ragazzi. -Ecco, il piano è questo. Cercheremo di ottenere che il tribunale mi affidi Minaho nominando suo tutore, quindi…

Sbam. La tazza di tè che Minaho stava sorseggiando cadde per terra. Non si ruppe,  ma inzuppó la moquette, i pantaloni e le calze del ragazzo.

-Oddio! Mi… mi perdoni… io… io non… -Minaho si riscosse agitato come non mai.
Endou rise. -Lascia stare… è solo acqua! Non dovevo essere così brusco, temo! Vuoi andare a sciacquarti?
Minaho fece cenno di no con la testa… era in confusione. Manabe gli prese la mano. Anche lui era sconvolto, ma vedeva una scintilla di ragione in quel piano apparentemente folle. -Vada… vada avanti la prego!

Endou annuì. -Bene… dicevamo… se il tribunale mi rendesse tutore di Minaho, poi non dovremmo fare altro che ottenere l’emancipazione per te, Manabe… a quel punto… sarebbe tutto a posto! Per la casa… per la casa ci inventeremo qualcosa in un secondo momento.

Manabe credeva di essere in un sogno. Sembrava tutto così assurdo… Minaho invece era direttamente fuso.
-Ma… Ma come… io non so nemmeno quando avrò la perizia psicologica e poi l’udienza in tribunale per l’emancipazione… -Il lilla era confuso.
-Questo non è un problema… era la notizia che volevo darvi! I miei amici della polizia mi hanno detto che la tua perizia è fissata per domenica… e sai che, per legge, l’udienza deve avvenire nella settimana successiva. Domani dovresti trovare la convocazione ufficiale nella buchetta delle lettere!

Manabe a questo punto era direttamente partito per altri lidi. -Cos… davvero? Ma… oddio…
Endou sorrise e gli toccó la spalla. -È il momento che tanto aspettavi no? Sei un guerriero si o no? Lotta! Lottiamo insieme! -Gli occhi del mister brillavano.

-Io… io credo di si… anzi! Sì! -Manabe strinse i pugni. -Sì… sono pronto!
-Scusate ma… manca un requisito fondamentale… -Minaho era mogio. -Mia… mia zia è la mia tutrice… lei mi… mi odia e non… non mi lascerà mai andare…
-Mh… devo parlare con questa donna! È imperativo. -Endou sorrise. -Non avere paura, la spunteremo.



Buona parte della serata fu passata a cercare di convincere Minaho che tutto stesse avvenendo realmente… era incredibile, assurdo!
Quando si giunse ai saluti e ci si diede appuntamento per il giorno dopo a scuola, il ragazzo arancione stava appena prendendo realmente coscienza dei fatti.

-Man… dimmi… dimmi che non sto sognando…
Manabe aveva il viso rigato di lacrime.

-No… non stiamo sognando. Stiamo andando a prenderci la nostra vita insieme.

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Capitolo 38
*** Caccia al colpevole ***


Dieci poveri negretti
se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.



Nel tragitto per tornare a casa Manabe e Minaho parlarono fittamente del piano del mister.
Erano così eccitati e increduli che quasi non capivano se si trattasse di un sogno o meno… sembrava un piano così assurdo!  Però… però aveva il suo senso.

Entrando in casa Manabe realizzò di colpo le difficoltà che fino ad allora aveva rinchiuso in un angolo della sua mente, preso dalla gioia e dall’eccitazione. Prima fra tutte la sua perizia psicologica, che avrebbe dovuto dimostrare che era maturo e pronto ad essere emancipato dai genitori.  Del resto si trattava di dichiarare adulto un ragazzo di sedici anni…
Poi, passato questo scoglio, bisognava affrontare il processo. Avrebbe rivisto il suoi genitori… e i loro avvocati, mentre lui era solo a difendere la sua causa.

Infine… infine il problema di Minaho. La zia aveva in mano i documenti del suo affido, e anche se lo aveva scaricato in strada, Manabe era certo che continuasse a percepire gli assegni del suo mantenimento. Non lo avrebbe mai lasciato andare.



-Min… penso che alla fine sia… sia tutto molto difficile.  Forse ci conviene pensare a qualcosa… di più semplice, ecco…
Manabe era steso sul letto vicino all’amico, le mani dietro la nuca, e fissava il soffitto.

L’arancione si voltó verso di lui. -Man… ma cosa dici? Dobbiamo lottare… non abbiamo scelta! Vuoi… vuoi che ci separino? Non… non vuoi rimanere con me?
Il lilla sospirò. -Sei tutto per me… non vorrei mai lasciarti andare, ma forse dovremmo provare con strade più semplici… con idee meno pazze…
-E quali Man? Tu… tu oggettivamente vedi altre… altre soluzioni possibili? Lo so… lo si che è qualcosa di incredibile, ma dobbiamo provarci… dobbiamo!

Il lilla era triste. Si chiese dove fosse finito tutto il  suo entusiasmo… ora era pieno di angoscia, e non era certo di saperne la causa reale.
-Min… ho così paura… sono così tanto angosciato… ti rendi conto che se sbagliamo anche una sola mossa sarà tutto finito? Tutto… oddio non voglio…

Minaho soffriva a sentire parlare così Manabe. Sapeva bene quali fossero i rischi… anche lui si rendeva conto di quanto fosse difficile… ma doveva provarci.
-Man… io non so cosa… cosa dirti… cosa vorresti fare?
Il lilla sospirò. -Forse… forse dovremmo aspettare altro tempo… forse è troppo presto…

Minaho si girò dalla parte opposta. -Io… tu la pensi così… capisco.


Silenzio.

Per alcuni minuti non parlarono. Manabe fissava il soffitto con il cuore pieno di angoscia, mentre Minaho non si muoveva.
Il lilla aveva bisogno di fermarsi… di fermare il cervello. Aveva mal di testa, angoscia che gli premeva sul petto… decise di andare a prepararsi una camomilla. Temeva una notte insonne.

-Min… scendo a fare qualcosa di caldo da bere… magari una camomilla. Ne vuoi? Te ne porto una bella tazza…

Nessuna riposta.

-Ehi? Min? Ci sei? -Manabe toccó la spalla dell’amico che se ne stava in posizione e fetale, le mani sul viso, rivolto sul lato esterno.

Un singhiozzo.
Un altro. Manabe si scosse.

-Min? Min ma stai piangendo? È… è colpa mia? Ho detto qualcosa… qualcosa che non dovevo dire? Dimmelo ti prego…
L’arancione non rispose. Il lilla gli passò le dita fra i capelli con delicatezza. -Che… che hai? Non stai bene? Io… se è colpa mia…

-No… non è… non è colpa tua. ..-Le parole di Minaho erano spezzate dai singhiozzi.  Il lilla non era convinto che stesse dicendo la verità. -Tu. .. Tu non c'entri… non… io… -Il ragazzo tremava.
-Minaho… -Il lilla gli scostó le mani dal viso. -Non ti credo… devo aver detto qualcosa! Qualcosa che ti ha sconvolto.. amico mio… ti prego…

L’arancione lo guardò tra le lacrime.
-T… tu… tu non lascerai che mi… che portino in… in orfanotrofio vero? Hai… hai ragione… bisognerebbe aspettare… ma ho paura… ho paura che se aspettiamo. .. domani. .. o dopodomani…  vengano qui e mi… mi… -Il ragazzo respirava acceleratamente, divenendo viola dall’agitazione, poi pallidissimo. Si portò le mani al petto.
Manabe spalancò gli occhi. Aveva capito… era colpa del suo discorso sulla necessità di aspettare… come aveva potuto essere così stupido? Ogni giorno poteva essere quello in cui sarebbero venuti a prenderlo… e lui parlava di aspettare…

-Sono un dannato idiota! -Il lilla urló come se parlasse tra sé e sé. -Min… Oddio Min stai avendo un attacco di panico… devi respirare! Respira ti prego…
L’arancione si sentiva soffocare. Aveva gli occhi terrorizzati. Afferrò la manica di Manabe guardandolo spaventato.
-Min! Guardami! Guardami! -Il lilla prese il volto dell’amico tra le mani. -Respiriamo insieme, ok? Respira con me!

Manabe mise il palmo della mano sulla pancia dell’amico e, premendo dolcemente, lo aiutò a normalizzare il respiro. Minaho riprese colore. Ricadde sul letto con il volto rigato di lacrime. -Sono… sono ridicolo… sono così ridicolo! -Riprese a piangere sommessamente.
Manabe lo afferrò e lo strinse a sé,  senza parlare. Minaho rimase un istante senza parole, smettendo di piangere.

-Colpa mia.
-Ma… no… cosa…
-Sst… dovevo pensarci prima di parlare e dire cazzate. Perdonami… domani ci lanciamo in battaglia e ci prendiamo la nostra vita. E al diavolo gli avvocati! Al diavolo tua zia! Devono solo lasciarci in pace… noi… noi non facciamo male a nessuno.
L’arancione tiró su col naso e si strinse contro il petto di Manabe.

-E… Min, una cosa.
-S… sí?
Il lilla gli asciugó una lacrima col dito. -Finché sei in questa casa non lascerò che nessuno, nessuno ti porti via da me.


Quanto può essere difficile la vita. Manabe rifletteva, non riuscendo a dormire.
Ci aveva messo tanto a far addormentare Minaho. Il ragazzo era così sconvolto… aveva paura che facesse un incubo. Gli teneva la mano nel sonno e gli accarezzava la fronte… sperava che bastasse a calmarlo.

La mattina dopo avrebbe insistito perché restasse a casa da scuola. Non poteva rischiare che avesse un crollo in classe… magari poteva anche rimanere con lui, anzi era meglio, lo avrebbe fatto di sicuro.
Non lo avrebbe mai confessato al suo amico, Ma Manabe si era figurato la scena dell’arrivo degli agenti sociali decine di volte , nei suoi incubi e nei momenti di paura. Il campanello che suona, una macchina nera davanti al cancello… Minaho che piange, lui che piange… non credeva che gli amici di Endou potessero rimandare questo orrore ancora per molto.

Crollò proprio quando aveva ormai rinunciato a provare a dormire, sprofondando in un sonno agitato.

La mattina seguente al suo risveglio vide che Minaho si era già alzato.
Scese le scale rabbrividendo a contatto con il pavimento freddo. Il clima autunnale iniziava a farsi sentire, e le foglie cadute riempivano le strade come coriandoli tristi.

L’arancione era in cucina, gli occhi rossi e i capelli spettinati. Sedeva al tavolo con in mano una tazza di latte caldo.
Manabe gli si avvicinò. -Min… torna a letto… stamattina stiamo a casa.
Minaho lo guardò sorridendo debolmente. -Man…
-Dimmi…
-Non credevo che ci si potesse sentire soli anche in mezzo alla gente.


Il lilla percepiva la paura dell’amico. Rimuginare su come farlo rilassare un po’, ma non trovava nessuna soluzione.
-Mh… potrei portarlo a giocare a calcio… no, meglio di no. -Pensava tra sé e sé, grattandosi il mento.
E poi… idea!
-Min! Ehi Min… ho un’idea per tirarti su di morale! Aspetta… devo uscire un secondo… tra nemmeno cinque minuti sono a casa... Aspettami!


Manabe uscì di casa preso dalla sua idea geniale lasciando Minaho senza parole.
-M… ma… Min… sei… sei in… in pigiama…


Il lilla, il portafogli in mano, correva a perdifiato verso l’angolo della strada. Era entusiasta della sua idea! Letteralmente entusiasta… tanto entusiasta da stupirsi quando finalmente si rese conto che qualcosa non andava. Aveva freddo alla pancia, e avvertiva dolore ai piedi… -e che… -Sì fermò.
Manabe ebbe un mezzo attacco di panico quando si rese conto della causa di tutto i suoi disturbi… addosso aveva solo la camicia e i pantaloni del pigiama di cotone, ed era scalzo!

Il lilla si sentì mancare… pensò alla strada più rapida per precipitarsi a casa… poi gli venne in mente l’immagine di Minaho al tavolo e dei suoi occhi rossi…
-Oh… al diavolo! -Il ragazzo si rimise a correre verso la sua meta.


Il commesso della grande libreria all’angolo era convinto di essere un uomo incapace di stupirsi.
Non si era stupito quando aveva avuto il posto da bibliotecario che aveva sempre desiderato, non si era stupito quando aveva scoperto che una libreria immensa come quella potesse sopravvivere fuori dal centro cittadino, in un tranquillo quartiere residenziale  fatto di scuole e case tradizionali… ma non poté evitare di stupirsi quando vide entrare un ragazzo dai capelli lilla, tutto spettinato e trafelato, con gli occhi color persona illuminati da una strana luce… ma soprattutto in pigiama e a piedi nudi!

-Ehm… sí? Desidera? -L’Uomo sorrise sconvolto.


Manabe spalancò la porta di casa ed entrò come un turbine. -Min!! Ehi Min sono a casa!!

L’arancione era ancora sconvolto. Non poté non sorridere debolmente quando vide il suo amico con tutti i capelli arruffati nel suo pigiama lilla.
-Guarda… guarda cosa ti ho portato! -Il lilla appoggió sul tavolo un sacchetto di plastica rigonfio.

-Man… che cosa… oddio quanto sei buffo! -L’arancione scoppiò definitivamente a ridere. Manabe ne fu entusiasta… se avesse saputo sarebbe uscito in mutande!
-Minaho! Ti sfido! -Il lilla aprì la borsa e ne tiró fuori un libro non particolarmente grande. -Sai cos’è questo? È uno dei più bei gialli che siano mai stato scritti... è dieci piccoli indiani di Agatha Christie!

L’arancione spalancò gli occhi interessato. Aveva sentito parlare di quel libro, ma non aveva mai avuto occasione di leggerlo.
-Bello… anzi splendido ma… cosa vuoi che… ehm…
-Bhe… ecco la mia idea geniale per tirare su di morale il mio amico dectective! Se… se riesci, in un’ora, a individuare l’assassino senza leggere gli ultimi capitoli… ti permetteró di esprimere tre desideri! Ci stai?

A Minaho si illuminarono gli occhi… Manabe aveva avuto una splendida idea!!
-Man… considerati ai miei ordini!! Tra pochi minuti saprò chi è l’assassino!
-Mh… vedremo! -Il lilla gli fece l’occhiolino.


Tempo mezzo minuto e l’arancione, preso il suo taccuino, si era immerso nella lettura sulla poltrona, vicino alla grande porta finestra.
Manabe sorrise entusiasta. Era riuscito a tirarlo su di morale… ringraziò il cielo per l’idea che aveva avuto… aveva fatto tornare Minaho quello di sempre, e anche lui ora si sentiva più determinato.

Sapeva che avrebbero affrontato tante difficoltà, ma per la prima volta la soluzione a tutti i loro problemi gli sembrava a portata di mano.
Si diresse in cucina… aveva un’ora di tempo per preparare una torta… sempre ammesso che Minaho non trovasse prima la soluzione!

Sorrise guardando l’amico.
-Insieme è una bellissima parola, Min.

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Capitolo 39
*** Tre desideri e una lettera ***


I have become a direct
I have become a current
I have become a direct
I have become insurgent
I will be the power surge
Shock to the system
Electrified, amplified
Shock to the system


La ciambella cuoceva lentamente nel forno riempiendo la casa con il suo profumo di arancio e vaniglia. Manabe era molto soddisfatto… tenendo anche in conto un paio d’ore perché si raffreddasse, a mezzogiorno sarebbe stata pronta per la tavola.

Mentre lavava le ciotole che aveva usato per l’impasto,  il lilla osservava Minaho con la coda dell’occhio.  L’amico aveva preso un sacco di appunti e ora stava sfogliando il libro con fare distratto, come se riflettesse su qualcosa.
Gli occhi dell’arancione brillavano. Doveva essere vicino alla soluzione.


Manabe era così felice di essere riuscito a tirare Minaho su di morale con la sua idea della sfida che quasi non si rese conto del tempo che passava. Salvò la torta per un pelo!
Erano passati quaranta minuti dall’inizio della prova, e Minaho si alzò in piedi.

-Eureka!! Ci sono!!

L’arancione saltelló verso l’amico e gli mise il libro tra le mani. Manabe sorrideva.
-Mh… vediamo un po’…


Manabe era stupito. Sapeva benissimo quanto il suo amico fosse geniale,  ma non avrebbe mai immaginato fino a questo punto…
Minaho aveva sciorinato nomi, deduzioni e dimostrazioni per dieci minuti. Aveva capito subito che l’assassino doveva essere, paradossalmente, un cadavere… ovvero qualcuno che fingeva di essere morto.
Da li, in poco tempo, aveva ricostruito moventi e procedure. In quattro e quattr’otto l’assassino era scoperto. Il capitolo finale non poté, quando lo sfogliarono insieme, che confermare la tesi dell’arancione.

-Evvai!! Ce l’ho fatta!! Ci sono riuscito!!! -Minaho saltava per la stanza dimentico della sua precedente malinconia. Amava fare indagini, e quel lavoretto gli aveva sollevato l’umore in maniera incredibile. -Adesso ho diritto a tre desideri! Vero? Lo hai promesso…
Manabe sorrise arruffandogli i capelli. -Esatto… abbi pietà di me però! Non maltrattarmi troppo!

L’arancione sorrise sornione. -So che lo hai fatto per me… non infieriró, prometto!


Manabe rideva tra sé e sé mentre spalmava un numero importante di fette di pane con la marmellata all’arancio adorata dal suo amico. Il primo desiderio dell’arancione era stato “fammi mangiare quanti dolci voglio fino all'ora di pranzo.”
Il lilla sapeva che poche cose facevano perdere a Minaho il suo equilibrio… e una fra quelle erano i dolcetti. Ne andava ghiotto.

Portando il vassoio in salotto fece in tempo a notare che l’amico si era sistemato sul divano. Si andò a sedere al suo fianco, prendendo una bellla fetta di pane e addentandola.
-Ehi Man… -Minaho masticava beato la sua colazione speciale. -Ho pensato al secondo desiderio…
-Davvero? Mh… devo preoccuparmi! -Il lilla sorrise.
-Naaa… non temere… è una cosa seeeemplice semplice!
Manabe socchiuse gli occhi. -Dimmi tutto…

L’arancione sorrise.  – Vorrei che mi raccontassi di… di quando eri piccolo.


Il lilla era spaesato. Raccontargli la sua infanzia? E perché voleva saperne di più? Non aveva fatto niente di interessante… aveva avuto un’infanzia triste.
-Min… ma… io… -Sospirò. -E va bene… cosa vuoi sapere esattamente?
-Ecco… -Minaho ci pensò su. -Raccontami… Raccontami di quando sei nato.


Manabe continuava a non capire. Perché? Ovviamente per raccontargli quelle cose doveva basarsi sui racconti dei suoi genitori…
-Ehm… ok. Va bene, ti racconterò di quando sono nato… ovvero ti riferiró quello che mi hanno detto a riguardo.

Minaho si avvicinò all’amico e si strinse contro il suo petto. Inizió a fissarlo curioso. Manabe prese fiato ed iniziò.


-Allora… sono nato la notte del venticinque di agosto di sedici anni fa… i miei genitori si erano sposati da poco, dopo essersi conosciuti sul lavoro, in ambasciata. Mi hanno sempre detto di avermi desiderato tanto… ma capirai che non ne sono più così sicuro. -Manabe si oscuró un istante.
L’arancione gli prese la mano. -Non soffermarti su quello che ti fa male… non devi, Man…
Manabe sorrise debolmente. -Grazie Min… allora… stavamo dicendo… -Prese fiato. -Alla nascita ero abbastanza piccino, e papà… e papà era molto felice che avessi i suoi stessi capelli, sai? -Il lilla sospirò ancora. -Mi hanno portato a casa subito… dicevano che mangiavo come un lupo! Mamma non aveva abbastanza latte a volte…

Minaho sorrise immaginando il suo amico da piccolo. -Vai… vai avanti Man!
-Dunque… -il lilla riprese. -appena ho compiuto tre anni i miei hanno iniziato a litigare… mamma voleva mandarmi in un asilo privato, papà voleva prendere un precettore in casa. Io ancora ero troppo piccolo per pensarci però… mi sarebbe andato bene tutto, credo…  sai? Sapevo già leggere e scrivere, e anche contare e fare piccole operazioni! Papà… papà mi aveva insegnato tante cose.

L’arancione pensò a suo padre… anche lui aveva imparato tante cose così. Gli mancava terribilmente.

-Poi… -Il lilla abbassò gli occhi. -Poi ho iniziato a capire che la scuola era un posto spaventoso. Pensa cosa potesse significare per un bambino vedere che nessuno vuole parlare con lui… che nessuno lo considera nient’altro che un fenomeno da baraccone.
-Man… non parlare di cose che ti fanno male, non volevo…

-No. Non ti preoccupare, non è troppo doloroso parlarne ora che ho te… -Il lilla sorrise all’amico. -Solo che vedi… non era facile. La mattina stavo malissimo, vomitavo e avevo sempre mal di pancia per la paura e il disagio che mi dava la scuola, poi tornavo a casa e i miei genitori non… non erano mai contenti… non facevo mai abbastanza per loro… mai.

Minaho abbracció l’amico. -Scusa Man, non dovevo farti parlare di queste cose. Speravo che raccontando questa storia ricordassi cose felici… non ti avrei mai costretto se… se avessi saputo…
Manabe gli accarezzò i capelli. -Va tutto bene, non temere. È che non ho avuto un’infanzia molto interessante Min… mi spiace.
L’arancione sorrise. -Sei un ragazzo speciale, sai?


Minaho, mentre si avvicinava l’ora di pranzo, rimuginava su cosa chiedere all’amico come terzo e ultimo desiderio. Fu il brontolio della sua pancia a dargli l’idea… nonostante fosse già in piena digestione per la colazione “speciale” consumata insieme al suo amico!
-Ehi Man… ho avuto l’illuminazione riguardo al terzo desiderio!

Manabe, che stava sistemando i piatti sulla tavola, sorrise radioso. -Vai! Spara!
-Ecco… -Minaho si sentiva un bimbo goloso, ma non poteva non ridacchiare dentro di sé. -Man… mi fai il caramello?
Manabe si immobilizzó, poi scoppiò spudoratamente a ridere.

-Oh Min… sei un inguaribile golosone!! E va bene… prendi lo zucchero dall’armadio, che io metto su la pentola…


Tempo nemmeno dieci minuti e lo zucchero profumato, ormai liquido, stava bollendo nel pentolino. Minaho si laccava i baffi.
-Man… ho sentito il rumore della moto del postino, vado a dare un’occhiata!
Manabe annuì sorridendo.

L’arancione si alzò e corse fuori. In un minuto era già tornato con alcune buste che sistemó sul tavolo in una bella pila.
 -Allora… che cosa abbiamo di bello? -Manabe era intento a rigirare con il mestolo il liquido morbido e profumato.

-Vediamo… -Minaho iniziò ad aprire le buste. -Questa è pubblicità… niente… a meno che non ti interessi un paio di pinne! Questa è una promozione per una palestra… dunque niente di che… questa è di un’associazione di carità… magari possiamo mandare qualche yen… e infine…
Manabe fischiettava allegro.
-E infine… -Minaho si prese il mento tra le dita. -Una… una convocazione del tribunale minorile! Oddio!

Manabe urló. Era scattato alle parole dell’amico e si era rovesciato il caramello sulle dita.
-Dannazione!! -Minaho scattò in piedi, si precipitó ad afferrare i posti dell’amico e gli tenne le mani aperte sotto il getto dell’acqua fredda. Manabe sospirò di sollievo.
-Stai attento Man! Rischi di farti male davvero…

-Io… io… oddio… quella busta…
Minaho prese la lettera rimasta sul tavolo. -La… la apriamo?
Manabe sospirò. -Credo… credo di sì.


“Gentile Manabe Jinichirou.
Il tribunale minorile della prefettura, presa visione della Sua richiesta di emancipazione pervenuta a questa corte, richiede la sua presenza presso il Palazzo di giustizia per la domenica ventura allo scopo di sottoporLa alla perizia psicologica necessaria ad aprire il processo stesso.
Confidando nella sua collaborazione la salutiamo cordialmente.
Ufficio relazioni con il pubblico della prefettura.”


Dunque Endou aveva ragione… la perizia era stata fissata. Manabe ebbe per la prima volta la percezione di essere nell’occhio del ciclone.
-Min… oddio Min…
-Man… stai tranquillo… -L’arancione stava massaggiando le mani dell’amico con una pomata per calmargli il bruciore. -andrà… andrà tutto bene, lo sai vero?

-Io… io credo di si… Ahi! -Manabe strinse i denti. Minaho aveva premuto un po’ troppo su una scottatura. -È che… che vedere questa cosa scritta sulla carta fa un certo effetto, sai?
Minaho sorrise. -Lo sai che io sono con te.


Pranzarono in maniera abbastanza allegra nonostante l’ansia. Manabe aveva deciso di lottare, dunque era consapevole che prima o poi quella lettera sarebbe arrivata ed era pronto ad affrontare il destino.
-Man… che ne dici… ci finiamo il caramello che abbiamo salvato? -Minaho sorrise all’amico.
-Mh… -Manabe si fissò le mani arrossate. -E va bene… finiamo in dolcezza!

Tempo nemmeno cinque minuti e … c’era una pentola in meno e due ragazzi felici in più!

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Capitolo 40
*** Un piano...per prepararsi al piano! ***


I been thinking sitting on a pole.
I'm getting sick of doing what I'm told.
Just me and the mirror and my brain.
But that was when I got an idea.
Came like a gun and shot in my ear.


I giorni che separavano l’arrivo della lettera dalla perizia psicologica di Manabe trascorsero con estrema lentezza, e vennero vissuti dal lilla con ansia crescente.
A scuola ascoltava a malapena e agli allenamenti sembrava apatico e disinteressato. Guardava perennemente in basso e i suoi occhi erano sempre velati di angoscia.

Minaho non riusciva più a vederlo così. Arrivati alla mattina del sabato, quando cioè la situazione era all’apice del suo sviluppo, l’arancione vide il suo amico così triste e depresso che si rese conto di dover fare qualcosa… ma cosa?
Era certo che Manabe non avesse dormito. Lo aveva sentito rigirarsi nel letto tutta la notte senza pace, alternando momenti di requie a sospiri e addirittura singhiozzi. Aveva pensato di andare da lui, ma alla fine aveva preferito rimanersene in camera. Non era certo che il suo amico avesse voglia di parlare.


Quella mattina, a scuola, l’arancione rimuginava su come fare a dare un po ’ di coraggio al lilla. Rischiò addirittura di venire cacciato fuori dalla classe tanto era distratto e preso dai suoi pensieri.
Non aveva idee… o almeno nulla di efficace. Sospirò tenendosi la testa. Aveva bisogno di un consiglio, di un aiuto…ma come fare?


Suonò la campanella della ricreazione. Manabe si immerse nella lettura e come da alcuni giorni a quella parte non volle parlare con nessuno. Minaho era angosciato. Doveva inventarsi subito qualcosa.
-Man…  scusa Man…
-Dimmi.
-Vado un istante in bagno… torno tra cinque minuti.
Il lilla annuì sorridendo debolmente. Aveva gli occhi rossi e i capelli in disordine… sembrava un rifugiato di guerra.


Minaho correva per il corridoio diretto verso la classe di Shindou. Aveva poco tempo, ma doveva assolutamente parlare con lui. Con la sua serietà e la sua maturità era la persona migliore per aiutarlo a trovare una soluzione.

Entrò nella classe come un turbine e si guardò intorno. Era un’aula luminosa, che si affacciava sul parco della scuola e dalle cui finestre si vedeva lo stadio. Shindou era seduto al suo banco, intento a ripassare matematica.
-Ehi… Shindou, posso disturbarti?
Il castano alzò gli occhi dal libro cercando lo sguardo di chi lo stava chiamando. Appena vide Minaho sorrise e gli fece cenno di sedersi vicino a lui.
-Certo! Nessun disturbo… vieni qua e dimmi tutto.

L’arancione si sedette sospirando e fissò Shindou. Il castano capí subito che qualcosa non andava, e a giudicare da quello che aveva visto in allenamento, credeva anche di sapere cosa.
-È… è per Manabe, vero?


Minaho raccontò tutta la situazione all’amico. Shindou si stupì enormemente scoprendo i piano di Endou e spalancò gli occhi sorridendo. Era felice per i due ragazzi, ma capiva le difficoltà e i rischi. Era un piano molto pericoloso.
L’arancione spiegò a Shindou perché lo era andato a cercare. Il castano sospirò. -Sei davvero un buon ragazzo, Minaho.


Nonostante tutto il loro impegno comune, dopo dieci minuti avevano una sola certezza. Bisognava fare qualcosa.
-Mh… -Shindou rifletteva. -Se… se gli regalassimo un bel libro?
-Temo che non cambierebbe molto le cose… in questi giorni non studia nemmeno… lui che è un genio… sono così preoccupato Shin… non puoi immaginare quanto! -Minaho era decisamente giù di morale.
-Capisco…-Il castano sospirò. -Allora… fammi pensare…idea! Una festa! Questa sera!

Minaho spalancò gli occhi. -Una festa? Come… cosa…
Shindou si alzò in piedi entusiasta. -Ma certo! Una festa per Manabe, stasera, con tutti i nostri compagni! E soprattutto… deve essere una sorpresa!


L’arancione era spiazzato. Era una splendida idea! Geniale!
-Shin… sarebbe un sogno! Ma… Ma come facciamo? Non ho un posto dove organizzare… né… né il denaro per pagare… -Minaho abbassò gli occhi.
Shindou gli mise una mano sulla spalla.
-Non temere… ho io la soluzione. Dove? A casa mia! Sai che i miei sono ricchi… la casa è enorme e mamma e papà sono fuori fino a dopodomani… è perfetto! Per i soldi poi non ti preoccupare… penso io a cibo, bevande, inviti e decorazioni! Oddio sarà così eccitante preparare tutto in poche ore! Dobbiamo farlo assolutamente!

Minaho non si raccapezzava. Shindou era eccitato come un bambino… non lo aveva mai visto così! Ma in fondo… in fondo questo suo aspetto gli piaceva!

-Shin… non esiste che tu spenda il tuo denaro per noi, a prescindere da quanto i tuoi genitori poss… -Minaho si trovò la mano del castano sulla bocca.
-Tranquillo! Ci divertiremo tutti… e poi… e poi anche a me manca il Manabe di sempre, sai?
Minaho sorrise. -Shin… oh Shin io…


Niente da fare. L’arancione si lasciò trascinare dall’entusiasmo del castano e alla fine decise di buttarsi nell’impresa. -Shindou… ti sarò grato finché vivo!! Ti restituiró tutto, giuro… piano piano ti rimborseró di ogni spesa.
-Non dirlo neanche per scherzo! -Shindou fece il finto offeso. -Io non voglio un centesimo! Sarà il mio regalo per voi! E poi ti ripeto, ci divertiremo tutti… sarà una bellissima serata, vedrai.
Minaho non poté non abbracciare l’amico. -Grazie.


-Bene! -Shindou si avviò alla porta con Minaho. -Dobbiamo metterci in moto. Io vado da Kirino e gli dico di pensare alle bibite, tu vai da Tenma e digli di pensare alle decorazioni! Ci troviamo fuori scuola e ci organizziamo, ok? Sono certo che ci aiuteranno volentieri… lavorare tutti insieme è l’unico modo che abbiamo di farcela con i tempi… e mi raccomando! Acqua in bocca con Manabe! -Il castano fece l’occhiolino all’amico.
Minaho annuì determinato. -E va bene… diamoci dentro!


Convincere Kirino fu semplice. Accettò felice. Con Tenma invece la principale difficoltà fu… farlo smettere di saltellare entusiasta per spiegargli il suo compito!
Si diedero appuntamento fuori scuola, alla fine delle lezioni. Nessuno di loro sarebbe andato agli allenamenti (con l’appoggio del mister, debitamente informato dal castano e ben felice di essere d’aiuto) ma era fondamentale che Manabe ci andasse, allo scopo di guadagnare tempo.

-Ci penso io a inventarmi qualcosa… non temete! -Endou li aveva rassicurati. Infatti, a metà dell’ultima ora di lezione, Endou entrò in classe e chiese di parlare con Manabe. Il lilla si sentì convocare con urgenza “per provare una nuova fondamentale tattica” e non poté rifiutare. Minaho sospirò di sollievo.
A quel punto fu sufficiente inventare un mal di pancia imprevisto per avere la scusa per andarsene prima dell’inizio degli allenamenti. Minaho salutò Manabe e sparí nel corridoio, pronto a mettere in atto il suo piano. Per quanto riguardava l’assenza degli altri membri, Endou aveva assicurato che avrebbe inventato una scusa.


Davanti al cancello della scuola si tenne un gran consiglio. Shindou, già arrivato quando Minaho si era presentato, aveva già istruito Kirino su cosa acquistare nello specifico. Succhi, bibite, alcuni alcolici leggeri e stuzzichini in quantità.
-Alla cena ci penso io… non abbiate paura! -Il castano sorrise.
Per quanto riguardava Tenma, gli fu chiesto di comprare una buona scorta di festoni, l’occorrente per scrivere cartelloni, palloncini, candele e decorazioni varie. Il ragazzo sapeva esattamente dove andare… vicino a casa sua c’era un negozio più che fornito.

-Minaho… -Shindou si rivolse all’arancione. -Tu penserai prima di tutto agli inviti… poi ovviamente dipenderà da te trovare una scusa per portare Manabe a casa mia senza che sospetti nulla… ed infine già che ci sei e conosci i suoi gusti, che ne dici di pensare alla musica? Siamo ancora in tempo a scaricare quello che gli piace… e se non lo troviamo, lo suoneró io al pianoforte.
Minaho annuì felice. -Certo… farò tutto al meglio!

-Un’ultima cosa ragazzi! -Shindou alzò la mano per richiedere la parola nel gruppetto in preda all’eccitazione. -Penso che dovremmo anche pensare ad un regalo… qualcosa di buon auspicio che lo faccia davvero felice!
L’arancione era sconvolto dalla generosità dei suoi amici. -Shindou… spenderesti un patrimonio… non puoi fare una cosa simile…
Il castano lo fissò dubbioso. -E perché no? A cosa servono i soldi se non a fare felici i propri amici? Sarà una bellissima serata e ci divertiremo fino all’alba, cosa possiamo chiedere di più? -Sorrise allegro.
Minaho pensò che prima o poi avrebbe dovuto trovare un modo di ringraziarlo davvero.


-Ottimo! -Il castano sospirò felice. -È tutto a posto… per quanto riguarda le spese dite di mettere tutto sul conto di casa Shindou… i miei genitori sono conosciuti in tutta la città e non avrete problemi. -Il ragazzo era arrossito. Si sentiva a disagio a parlare dei soldi dei suoi genitori, per quanto fossero persone abbastanza alla mano e non particolarmente snob.
Il piano era pronto a scattare, e Minaho aveva gli occhi lucidi dalla gioia e dalla riconoscenza. Aveva fatto bene a rivolgersi a Shindou… era certo che sarebbe andato tutto per il meglio.



Alle tre del pomeriggio, quando mancava ancora un’ora al ritorno a casa di Manabe dagli allenamenti, buona parte del lavoro era fatto.
Kirino aveva scritto agli amici che le bevande e gli stuzzichini erano a posto. Aveva comprato di tutto e di più approfittando di un ottimo sconto al supermercato e aveva fatto spedire tutto a casa di Shindou… ci sarebbe voluto un furgone intero! Per quanto riguardava Tenma, aveva a sua volta comunicato che decorazioni e simili erano pronti. Minaho aveva mandato tutti gli inviti, ricevendo solo risposte entusiaste e positive… ci sarebbero stati tutti… era commosso.

Shindou aveva assicurato che tutto era pronto per la cena. Gli impianti stereo erano stati preparati nella grande veranda e la musica preferita di Manabe scaricata… non mancava nulla, se non la scelta del regalo.
-Min… hai qualche idea? -La voce di Shindou risuonava allegra dal cellulare dell’arancione, che si grattava il mento perplesso.
-Mh… sai che è difficile? Manabe si vergogna a dirmi che cosa desidera… ha paura di sembrare infantile… però forse un’ideuzza ce l’ho!
-Davvero? Splendido! Dimmi tutto… abbiamo tempo ancora…
-Ecco… -Minaho sorrise sé e sé. – Ascoltami bene…


Minaho aspettava con ansia crescente il ritorno di Manabe. Ogni minuto il suo timore di tradirsi e fare fallire tutto aumentava  di più.
Era stato bene attento a non lasciare tracce dubbie. Aveva addirittura cancellato la cronologia del cellulare nel timore che il lilla notasse che aveva cercato e scaricato la sua musica preferita pensando così a qualche strano inghippo.

Quando sentì l'amico girare la chiave nella serratura aveva il cuore letteralmente a mille. Il salotto era inondato di luce dalla grande portafinestra e lui aveva anche tirato le tende per rendere l’ambiente ancora più fresco e luminoso. Tutto doveva essere perfetto.


Manabe entrò in casa silenziosamente. Aveva gli occhi rossi… possibile che avesse pianto ancora? Minaho si sentì stringere il cuore.
-Ciao… Ciao Min… passato il mal di pancia? -Il lilla si sforzó di sembrare tranquillo.
-Sì… sí grazie! Forse era solo un po’ di stress… tu tutto ok?
-Eh? Ah… si… diciamo di sì. -Il lilla sospirò.


Minaho era spaventato. Non pensava che Manabe arrivasse a questi livelli di depressione e paura… quasi non alzava gli occhi da terra e si teneva le mani sulla pancia.
-Ascolta Man…
-Sì?  -La voce del lilla era quasi spezzata.
-Ecco… questa sera prima di cena dobbiamo assolutamente andare in un posto.

-Min… -Il lilla si prese la testa tra le mani. -Io… Io stasera non me la sento proprio di uscire. Non ho mai avuto un mal di testa simile… ho il collo irrigidito e la testa che mi scoppia… penso che andrò a dormire.

-Perfetto!- Pensò Minaho. -E… e ora cosa mi invento??

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Capitolo 41
*** Si aprono le danze ***


I hurt myself today
To see if I still feel
I focus on the pain
The only thing that's real

Minaho se ne stava abbacchiato sul divano, le mani sulle ginocchia. Era quasi ora di andare alla festa ma…

Appena rientrato dagli allenamenti Manabe si era fatto la doccia e poi si era chiuso in camera. Non aveva praticamente nemmeno rivolto la parola all’amico, anzi sembrava più che altro desideroso di non sentire né vedere proprio nessuno.

L’arancione era nel panico. Tutto il suo piano andava a rotoli se non riusciva a portare Manabe a casa di Shindou… che cosa poteva inventarsi? Il lilla non lo guardava nemmeno in faccia…
Sì alzò deciso a provarci. Percorse a grandi passi il salotto luminoso e aggredí le scale con piglio deciso, alleggerendo il passo solo in prossimità della porta della camera del suo amico.


-Ehi… Man… posso… posso entrare?

Nessuna risposta, solo un sospiro scocciato.

L’arancione prese il coraggio a due mani e aprì lentamente la porta, entrando in camera di Manabe.

Il lilla era steso sul letto e fissava il soffitto, le mani dietro la nuca. La stanza era in ordine come al solito, ma non vi era traccia della gioia che di solito la riempiva. Niente libri aperti, niente fogli mezzi scritti… niente vestiti buttati qua e là.
-Cosa… cosa vuoi Minaho? Non sono dell’umore giusto… non voglio litigare con te, ti prego…. lasciami solo, ok? -Il lilla si  giró verso il muro.
-Man… -Minaho decise di sfidare la pazienza del ragazzo. -Man, ascolta, lo so che hai paura….

-Lo sai? Ma davvero?? Tu sai cosa sto passando? No che non lo sai! Non ne hai proprio idea! Ma sai che ti dico? Dovresti averne, dato che buona parte di questa situazione è legata a te! -Il lilla aveva alzato la voce senza nemmeno accorgersene.
Minaho si irrigidí, smettendo di avanzare. -È… così che la pensi? Pensi che sia colpa mia…

Nessuna risposta.


Minaho era corso via. Fuori dalla stanza, fuori dall’eco di parole troppo taglienti per non farlo sanguinare.

Lui poteva capire tutto. Lo stress, il dolore… ma la colpa non la poteva reggere. Non ancora… non ancora colpa sua, come quando non era riuscito ad impedire la morte dei suoi genitori.
Una lacrima gli corse lungo il viso. Spalancò la porta e fuggì nel tramonto.


-Tenma, sistema lì quei palloncini… di fianco al tavolo delle bibite se riesci! -Shindou, in piedi su una scaletta e intento ad appendere un cartello disegnato con la scritta “Amici per sempre”, stava supervisionando gli ultimi preparativi. Tra meno di un’ora sarebbero arrivati tutti… erano emozionati. Fortunatamente Tenma, Kirino e Kariya, debitamente informato e ben lieto di partecipare alla sorpresa  (-E va bene. .. Lo so che non è uno scherzo ma una festa… però queste cose mi eccitano! Che posso farci?-) erano accorsi in aiuto del castano.
-Ok! Piuttosto… quando Kirino torna dalla mansarda chiediamogli di spostare un poco lo stereo… è proprio davanti al buffet! -Tenma rise, e Shindou con lui.

In quel momento suonò il campanello.

-Vado io! -Shindou saltò giù dalla scaletta sorridendo. Chi poteva essere in anticipo?
Il castano corse alla porta perdendo solo qualche secondo per infilarsi le scarpe. Il giorno prima aveva piovuto e non voleva infangarsi. Percorse il vialetto e… vide Minaho, sconvolto e da solo.

-Ma… Min ma che… Manabe dov’è? È troppo presto poi… ma… oddio Minaho che hai?
Il ragazzo arancione era crollato in ginocchio tenendosi la testa tra le mani. Piangeva.


Cinque minuti dopo l’arancione era seduto su una poltrona, circondato dagli amici.
Piangeva a dirotto ed era stato estremamente difficile cavargli fuori un racconto comprensibile, ma bene o male i fatto erano chiari a tutti. Minaho era in uno stato così pietoso che anche Kariya non aveva potuto mantenere a lungo la sua aria sprezzante… addirittura gli teneva una mano sulla spalla!

-Oh Min… che pasticcio… -Tenma sospirava.
-Non doveva dirti quelle cose! -Shindou sembrava alterato. -Non è stato affatto…
-No… -Minaho singhiozzó più forte. -Non… non dategli la colpa… lui… lui è così… lui è così triste! Io… -Il pianto inghiottí la fine della frase.

-Non è giusto! Comunque non è giusto!!! Se ci penso mi viene una rabbia… adesso basta! Lasciate fare a me!! -Kariya scattò in piedi.
Un istante dopo era calato lo stupore. Il verde si era lanciato fuori dalla porta, e nessuno aveva idea di cosa avesse in mente.



Manabe, sul suo letto, aveva il cuore in subbuglio.

Perché aveva offeso Minaho? Perché continuava a distruggere tutto quello che creava? Si odiava. Gli venne una grandissima voglia di sbattere la testa contro il muro.
Del resto però sentiva bruciargli ancora la rabbia, che alimentata dalla fiamma dell’orgoglio gli impediva qualsiasi azione. Aveva sentito chiudersi la porta… Minaho era uscito? Cosa era che gli impediva di correre da lui?

Sospirò stringendosi i capelli nei pugni chiusi. La testa gli faceva meno male, ma ora era sopraggiunta la nausea… la nausea del conflitto interiore. Il suo senso di colpa contro il suo orgoglio.
-Certo che sono stato proprio cattivo però… -ripensó a come aveva aggredito l’amico. -Dio… stavolta ho fatto… ho fatto proprio un pasticcio…

Lo scontro nel suo cuore stava per essere vinto dal senso di colpa. Era molto vicino allo scattare in piedi per correre a cercare Minaho. La goccia che fece traboccare il vaso fu il ricordo di cosa era successo, l’ultima volta che Minaho era uscito di casa sconvolto…

Strinse i denti. Non voleva nemmeno ricordare certe cose. Scese dal letto e fece per correre di sotto. In quel preciso istante suonò il campanello.

Manabe si precipitó ad aprire. -Min! Sei torn…
-Certo che sei proprio un deficiente! -La voce di Kariya travolse il lilla. Il sorriso lasciò il posto all’incredulitá e allo stupore.
-E… e tu cosa….

-Manabe Jinichirou! Sai da dove vengo? Vengo dalla casa di Shindou! E sai perché? Perché in casa di Shindou, e per l’esattezza sul divano del salotto, c’è quello che credevo fosse il tuo migliore amico che piange tutte le sue lacrime! Pensi che se lo meritasse?? Hai idea di quanto tu lo abbia ferito, dannazione??

Manabe era letteralmente spiazzato da quel fiume di parole urlate. -L… lui è… piange… io… io non…
Kariya lo fulminó con lo sguardo. -Hai mezzo minuto per vestirti. Stai al mio passo, non ti aspetterò se rimani indietro.


Pochi minuti dopo Manabe, con il cuore in tumulto, correva verso casa di Shindou insieme a Kariya.
Il verde in fondo non era affatto arrabbiato. Sapeva però che doveva smuovere Manabe a tutti i costi,  e aveva ottenuto pienamente il suo scopo a giudicare dall’angoscia con cui il lilla accellerava il passo nella luce del tramonto.

Arrivati al cancello lo afferrò per una spalla.
-Ascoltami bene, Manabe! Tu ora vai dentro e sistemi tutto! Guai a te se non tornate amici come prima!
Il lilla annuì. -Io… certo.

-Ah… un’ultima cosa. -Kariya lo fermò. -Io so cosa voglia dire avere problemi con i genitori, lo sai. Quando mi hanno abbandonato, ho trovato la forza di andare avanti nei miei amici.. compreso quella bambola rosa di Kirino! Non lasciatelo scappare Manabe… né oggi né mai.

Il lilla sospirò. In un istante, prese in mano tutte le sue forze, marció determinato verso la porta di casa. Kariya, alle sue spalle, sorrise.


Manabe entrò come un fulmine travolgendo Shindou. Era così sconvolto che nessuno ebbe il coraggio di dirgli nulla, se non di seguirli.
-Vieni… è di qua.
Manabe si lasciò condurre nel salotto. Entrando lo vide subito, seduto sul divano e completamente sconvolto.

-M… Min…

L’arancione alzò gli occhi. Quando vide l’amico si affrettò ad asciugarsi le lacrime e sforzarsi di sorridere. Manabe ebbe una fitta di senso di colpa… lui lo aveva offeso e accusato e ora il suo amico si preoccupava di sorridergli dolcemente? Si sentì un verme.

-Oddio… oddio Man! Cosa… io … non guardarmi. … io … non devi vedermi così…

Manabe si buttò in ginocchio davanti a lui e gli abbracció le gambe. -Dio mio… perdonami! Perdonami! Sono stato un mostro… un mostro schifoso! Picchiami, sputami addosso ma lasciami essere… lasciami essere ancora tuo amico, ti scongiuro!
Minaho era come paralizzato. -Ma… Man… che cosa… che cosa dici…
-No! È la verità!  Io… io non so perché ho detto quella cosa mostruosa… io non la penso! Non l’ho mai pensata nemmeno per un istante! Te lo giuro sulla mia vita… ti prego! Credimi!

Il lilla era in piena agitazione. Non aveva ancora alzato gli occhi da terra e bagnava di lacrime i pantaloni dell’amico.
-Man… io… io non ho mai pensato che tu… che tu davvero… insomma… oddio le parole… perdonami… ecco…

Manabe alzò gli occhi e li lasciò immergersi nel suo sguardo. Il viola e il verde delle loro iridi si mischiarono. -Posso abbracciarti?
Minaho sorrise. -Tienimi stretto tutta la vita.


Gli amici, che avevano assistito a tutta la scena, fecero irruzione in salotto con un vassoio di pasticcini e una bottiglia di succo.

-Evviva!! Avete visto che si è risolto tutto? Ne ero certo! Cielo come sono felice!! -Tenma faceva letteralmente i salti di gioia.
-Manabe.. Hai fatto la cosa giusta. Si può sbagliare, l’importante è riconoscerlo e chiedere scusa. Poi… poi è giusto che torni tutto come prima. -Shindou sorrise al lilla.

Kariya non parlò. Si limitò a fare a Manabe un leggero, piccolo occhiolino.


-Ma… ragazzi… scusate… nessuno si ricorda per cosa siamo qui? -Minaho si era asciugato le lacrime e ora sorrideva felice.
-Giusto! Ormai dovrebbero…

Suonò il campanello. -Eccoli!- esclamò Shindou che corse con Kirino ad aprire. Manabe non capiva.
-Cos…

-Ehi Man… capisco che sei accecato dalla mia bellezza… -Minaho sorrise sornione. -Ma… che ne dici di guardarti intorno?
Manabe non capiva… è vero, per l’emozione non aveva fatto caso per nulla alla casa ma cosa mai…


Palloncini.

Festoni.

Cibo.

La squadra al completo che faceva irruzione nella grande sala.

Un cartellone lilla e arancione con scritto a lettere colorate “Amici per sempre:”.


Minaho ridacchió. Manabe spalancò la bocca allibito.
-O…o mio… o mio dio!!

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Capitolo 42
*** Chi non beve in compagnia... ***


ALFREDO
Libiam ne' lieti calici
Che la bellezza infiora,
E la fuggevol ora
S'inebri a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
Che suscita l'amore,
Poiché quell'occhio al core
Onnipotente va.
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
TUTTI
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
VIOLETTA
Tra voi saprò dividere
Il tempo mio giocondo;
Tutto è follia nel mondo
Ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
È il gaudio dell'amore;
È un fior che nasce e muore,
Né più si può goder.
Godiam c'invita un fervido
Accento lusinghier.
TUTTI
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.




Manabe era paralizzato sul posto, incapace di fare qualsiasi movimento  o di pronunciare qualsiasi parola che non fosse un buffo suono simile a un “ciuf!”
Minaho, da parte sua, rideva di gusto. Mise la mano sulla spalla del suo amico e gli sorrise dolcemente. -Ecco… questo era il motivo per cui volevo chiederti di uscire stasera.

-Io… ma… -Manabe si sentiva decisamente colpevole. -Se… se avessi saputo… ma anche se non avessi saputo… ho sbagliato comunque… oddio che caos che ho in testa! -Il lilla cadde seduto sul divano.

L ‘arancione si sedette sulle sue gambe. -Questa è la sorpresa che tutti noi ti facciamo per farti capire quanto ti vogliamo bene… e che non devi avere paura per domani, andrà tutto per il meglio!
Manabe era commosso. -Io… amici miei… Min… -Lo sguardo di Manabe passava rapidamente sui volti dei suoi compagni di squadra e su quello del suo migliore amico. -Voi… voi siete stati così… così carini nonostante io fossi stato così antipatico… voi…
Il lilla dava l’impressione di stare per crollare in lacrime.

-Eh no! Man stasera non serve piangere! Dobbiamo essere felici! -Minaho abbracció allegramente il suo amico che ridacchió.
-E cosí sia… allegria allora! -Shindou rifiló in mano al lilla un bicchiere di succo di pesca e un bombolone.


La stanza risuonava di musica e allegria.
I ragazzi parlavano fittamente e rumorosamente, Kirino azzardava un lento con Shindou (mentre Kariya prendeva la mira, da dietro un tavolo, e scagliava in faccia al rosa un pasticcino alla crema usando il cucchiaio come catapulta) e Tenma si divertiva a fare giochini stupidi con le mani di Tsurugi che fingeva di essere scocciato.
-Ehi Man… -Minaho sussurrò all’orecchio dell’amico. -Mi sa che qui sta nascendo una nuova coppietta!
Manabe guardò il moro intento a ripulire con un dito una macchia di crema dalla guancia del capitano. Annuì sorridendo. -Già… e ti dirò che sono molto carini insieme… aspettiamoci qualsiasi cosa!

-È pronto in tavola! -Shindou, di ritorno dalla cucina, aveva dato l’annuncio con voce forse eccessivamente pacata, così che nessuno lo degnó di un minimo di attenzione.
Il castano, determinato, si sedette al pianoforte e attaccò, con discreta violenza, il tema della quinta di Beethoven. Metà dei ragazzi fecero un salto spaventato, l’altra metà ammutolí immediatamente.

-Beeeene…. Sono felice di avere ottenuto la vostra attenzione con metodi non violenti! -Shindou sorrise. -Come dicevo… si mangia!!!

Un vociare allegro accompagnò il passaggio del gruppo in sala da pranzo. Manabe fu fatto accomodare a capotavola,  nonostante la sua timidezza che lo fece diventare rosso come un pomodoro maturo. Minaho, che aveva preso posto alla sua destra, si mise il tovagliolo sulle gambe e osservò quasi commosso la quantità di cibi deliziosi che venivano portati a flusso continuo dalla cucina, da parte di camerieri impeccabili nelle loro uniformi. Shindou era evidentemente a disagio, ma non poteva fare altrimenti… per fortuna dopo cena il personale sarebbe andato a casa, e lui avrebbe potuto smettere di sentirsi così in imbarazzo!

La cena fu ottima, nonostante il tentativo di qualcuno di far affogare un certo ragazzino rosa nella zuppiera… (leggasi Kariya, costretto alla fuga inseguito da una furia inzuppata di brodo per tutta la casa).
Primi, secondi, contorni a non finire si susseguivano da più di un’ora quando finalmente giunse il momento del dessert. Una torta a sette strati che fu posta al centro del tavolo, proprio davanti a Manabe.

-Oddio… non si capisce dove finisca la torta e inizi il lampadario… -Manabe era emozionato.
-Forza Man! Tagliala… è giusto che lo faccia tu! Questa è la tua festa! -Shindou gli porse un coltello. Le pile di piattini erano già in tavola, pronte a essere utilizzate.

Il lilla sorrise. Essere al centro dell’attenzione lo metteva in agitazione e gli faceva piacere insieme. Inizió a tagliare la torta in fette importanti per dimensioni e ricchezza.
-Evvai! -Minaho batteva le mani come un bambino. Manabe pensò che fosse dolcissimo quando era felice.


La torta era buonissima, a giudicare da come Tenma ci si era tuffato imbiancandosi di panna tutto il naso. Shinsuke, che invece faticava a raggiungere il tavolo, si era dovuto adattare ad una scandalosa condivisione con Kariya, che mentre lo teneva sulle ginocchia permettendogli di mangiare allo stesso tempo lo tormentava con la forchetta, ridendo allegramente delle smorfie del piccoletto.

Minaho pensò bene di fare il bis… e poi il tris… e sarebbe andato avanti, se Shindou non gli avesse rammentato che aveva uno stomaco solo, e che distrutto quello la sua vita sarebbe stata molto più impegnativa!

Manabe, che aveva superato l’imbarazzo, si alzò con il bicchiere in mano, facendo correre lo sguardo sui suoi amici.
-Grazie… grazie a tutti ragazzi! Grazie a te, Shindou… immagino che… che tutto ciò ti sia costato un occhio della testa! Grazie a te Min… e scusami ancora. Io senza di te non sono niente.
I ragazzi chiamati in causa arrossirono.


-Ora… -Manabe continuò. -Ecco… io non so esattamente cosa dire. Domani sarà una giornata difficile… però voglio avere fiducia! Fiducia… perché so che siete con me! Vorrei solo, dopo che tutto questo starà finito… che potessimo continuare a giocare insieme! E… e vedrete… vedrete che sarà così!- Il lilla trangugió d’un fiato il contenuto del bicchiere, tornando a sedersi tra gli applausi.
Tutti erano entusiasti… e qualcuno (leggasi sempre Kariya) iniziava anche ad essere un po’ brillo… Kirino non sembrava troppo contento!

-Masaki… se non lasci subito quella bottiglia io giuro che ti liscio le penne come un tornado!
-E… eddai… Kirino… io… mi sto solo. .. divertendo un po’!
Il rosa sospirò esasperato.


Dopo cena fu il turno dei giochi di società. Gare di indovinelli, tornei di resistenza e chi più ne ha più ne metta. La musica preferita di Manabe risuonava rallegrando la stanza… Tenma e Tsurugi erano andati in bagno… da circa mezz’ora.

L’eccitazione arrivó alle stelle quando Kirino fece il suo ingresso in sala… vestito da donna.
-Punizione… ho perso una partita a carte contro Kariya… come diavolo fa a giocare così bene anche da brillo?? -Il rosa cercò di giustificarsi mentre tre quarti dei ragazzi in sala cercavano di trattenersi dal ridere a crepapelle.


-Ehi Man… -Minaho si era avvicinato silenziosamente all’amico, seduto sul divano.
-Dimmi… dimmi tutto Min.
-Ecco… -L’arancione si tormentava un ciuffo di capelli con le dita. -Io… io volevo dirti che domani vorrei essere con te, in quella stanza, sai?

A Manabe si illuminarono gli occhi. Era perfettamente a conoscenza del terrore che Minaho aveva per tribunali, psicologi e simili… tutte conseguenze del trauma che aveva subito da piccolo.  Ricordava ancora tutti quei dottori che cercavano di nascondergli la verità… i giudici… lui lo aveva capito subito che mamma e papà erano andati in cielo. Non aveva parlato per settimane.

-Io.. Io non so come ringraziarti, Min. Se lo desideri verrai con me… verrai con me. Non avere paura però… ora anche io credo che andrà tutto bene!
I due ragazzi si sorrisero felici e si presero la mano. Quella di Minaho era calda e delicata, ma la stretta salda. Manabe si sentì rassicurato.
-Ehi Min… sai che hai le mani morbide? Si vede che in casa è qualcun altro che lavora! -Il lilla sorrise sornione.
-Che simpatico il mio amicone Man! Guarda che a me non servono mica le mani… io lavoro di cervello! -L’arancione diede un buffetto sulla fronte al suo amico.


-Silenzio in sala, prego! -Shindou alzò la mano con fare solenne. -È il momento!
Minaho fece un saltello di gioia. -Evviva! Non stavo più nella pelle dalla voglia!
Manabe non capiva… a cosa si riferivano?

-Vedi Manabe… -il castano sorrise. -Abbiamo pensato che… che la festa non fosse completa senza una piccola sorpresa finale, a memoria di questa bella serata e per dimostrarti quanto sei speciale e quanto ti vogliamo bene!
Il lilla era allibito. E ora cosa doveva aspettarsi? Proprio non capiva…

-Luci! -Shindou batté le mani e tutte le luci si spensero. Un gran brusio riempì la sala.
Manabe, preso dallo spavento e dall’emozione, inciampó in una sedia… qualcuno lo afferrò prima che cadesse. Minaho, o almeno ne era convinto… anche se la buio lo sentiva sotto le dita…avrebbe riconosciuto il suo viso tra mille.
-G… grazie Min! Non… sono proprio un pasticcione!

In quell’istante le luci si riaccesero di colpo. Manabe ne fu quasi accecato e per qualche istante socchiuse gli occhi. Quando li spalancò vide un pacco sul tavolo… come cavolo era comparso?
-Forza… forza Man, aprilo! È il regalo di noi tutti per te! Lo abbiamo fatto insieme… anche se l’idea è di Minaho… -Shindou era arrossito. Il lilla non sapeva che fare… era come paralizzato.

Alla fine prese il coraggio a due mani e si avvicinò al tavolo… prese il pacco e iniziò a scartarlo lentamente, staccando lo scotch con delicatezza. Minaho pensò che fosse estremamente carino il modo con cui lo faceva.
Dalla carta uscì una scatola… Manabe la aprí.

-O… oddio!!


Dalla scatola era saltato fuori un computer.
Ultimo modello, prestazioni eccellenti, solido e funzionale… un sogno. Manabe ne aveva estremo bisogno, ma pensava che fosse destinato a rimanere un semplice desiderio… non avrebbe mai avuto abbastanza soldi!
-Non… non è… oddio ragazzi…

Shindou sorrise. -Ci ho fatto installare tutti i programmi più recenti per chi lavora con la matematica… dovrebbe essere quello che ti serviva, no?
Il lilla aveva la bocca aperta, ma non emetteva suono. Fissava gli amici senza riuscire a muovere un muscolo.
-Man! Hai ingoiato la lingua? Vieni qua! -Minaho spalancò le braccia. Il lilla ci si tuffó dentro. -Forza!  Abbraccio di gruppo ragazzi!

Un istante dopo Manabe era stretto come un salsicciotto nel bel mezzo di una torma di ragazzi entusiasti. Si sentiva sull’orlo delle lacrime da quando era felice.
-Oddio… ragazzi… è stata la serata più bella della mia vita!


Dopo un paio d’ore (e una camomilla per Kariya, che aveva quasi vomitato anche le budella) i ragazzi si avviarono alle rispettive case. Erano ancora eccitati e felici.
Manabe ringraziò tutti fino all’inverosimile. Si sentì fare una marea di auguri e di raccomandazioni di riposarsi bene… il giorno dopo sarebbe iniziata la battaglia.

-Min… non ti ringrazieró mai abbastanza per… per quello che hai fatto per me! -Il lilla prese le mani dell’amico. -Però… promettimi una cosa! La prossima volta che la mia stupidità farà sí che io ti tratti male… tirami uno schiaffo!
Minaho rise a crepapelle e gli diede un buffetto sulla schiena. -preso!
Il lilla rimase un po’ stupito, ma poi iniziò ad inseguire l’amico fino a casa.


-Notte Man… -Minaho si stringeva all’amico nel letto della camera del lilla.
-Notte Min… domani si combatte! -Il ragazzo adesso era davvero determinato.
-Sì… si combatte, tu ed io insieme.


Si addormentarono abbracciati, certi che sarebbe andato tutto bene.

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Capitolo 43
*** Tribunale ***


I have come that you may drive out the evil which is in me
All that I have done before the lords of eternity
Since I came forth from the womb
Let me be cleansed by fire
Let no evil lay talon or claw upon me
Let my heart not be devoured
Necrosaeropagus



Mattina.

Una splendida mattina, per essere precisi. Questo sognava Minaho per il giorno in cui il suo amico avrebbe dato battaglia al mondo, pronto a prendersi la sua libertà. E invece…

-Iniziamo bene… -L’arancione fissava la strada dalla finestra. Pioveva a dirotto ed era ancora buio nonostante fossero le sei del mattino. Il rumore della pioggia ricordava quello di una mitragliatrice, tanto era forte.
Minaho sospirò e si avvicinò al letto sul quale ancora dormiva beato Manabe. Era ancora presto per svegliarlo… lui invece non aveva resistito. Si era dovuto alzare… non ce la faceva più a stare nel letto.

Il lilla dormiva con un bel sorriso sulle labbra. Minaho gli fece una leggera carezza. Perché sentiva di dover piangere? Era uno strano miscuglio di tristezza e gioia quella che gli invadeva il cuore.


Paste alla marmellata, succo di pesca, caffè, un panino con il prosciutto, due muffin… Minaho saliva le scale schiacciato dal grande vassoio che portava tra le mani, terrorizzato all’idea di far cadere tutto.
Si era impegnato tantissimo per preparare quella colazione, e si erano fatte le sette. Un timido sole aveva rotto la coltre di nubi notturne e pioveva di meno. Era ora di svegliare Manabe, visto che la sua udienza era fissata per le dieci del mattino. Bisognava lavarsi, vestirsi e recarsi al tribunale, dall’altra parte della città.


-Ehi… ehi Man… mi senti? -Minaho fece passare delicatamente le dita tra i capelli dell’amico. -Mi dispiace svegliarti ma… così avrai il tempo di prepararti bene, no?
Il lilla mugugnó e fece un buffo versetto da panda. Minaho ridacchió.
-E va bene… a mali estremi…

L’arancione prese il cornetto e lo piazzó esattamente sotto il naso dell’amico. Manabe aprì gli occhi di colpo. -B… Buongiorno Min!
Minaho fece il finto offeso. -Ma come! Ignori le dolci maniere del tuo migliore amico e ti svegli subito davanti al vile richiamo del cibo?
Il lilla sorrise. -Già… ho fame, sai?
Minaho gli diede un buffetto sulla fronte. -E allora… Buon appetito!


Ci volle circa un’ora perché il lilla mangiasse, si facesse la doccia e si vestisse. Erano le otto quando Minaho si trovò sul divano insieme a lui, a ripassare orari e a raccogliere idee.
La tensione del lilla era palpabile.

-Min… sai che penso di stare per svenire?
Minaho spalancò gli occhi e afferrò l’amico per le spalle. -Non ti azzardare! Se ti fai male… non voglio pensarci!
Il lilla rise debolmente. Adorava Minaho anche per il suo essere così premuroso. -E va bene… non crolleró, contento? Però ho così paura… penso che mi farò una camomilla per il mal di pancia. -Manabe fece per alzarsi.

-Aspetta! -Minaho lo bloccò. -Ci penso io… metti che ti scotti… o che ti cada la tazza e ti ferisci… rimani qui!
Manabe rise ancora più forte. -Min… ma lo sai che mi sa che ci sia qualcuno ancora più agitato di me qui? Eddai… stai tranquillo… vedrai che andrà tutto bene.
Minaho sorrise sornione. -Mh… comunque vado io! Non si è mai abbastanza sicuri…


Due minuti dopo Minaho tornó in salotto con due belle tazze calde. Il lilla sorrise. Il liquido dolce era proprio quello che ci voleva per tranquillizzarsi un po’… non potevano permettersi errori.
-E ora… -Minaho fece sistemare Manabe davanti a se appoggiandogli le mani sulle spalle. Il lilla ebbe una piccola fitta di dolore. Strinse i denti.

-M…Min… scusa…è che…
Il lilla lo guardò sorridendo. -È che ti fa male il collo da ieri, ma non lo dici perché vuoi fare il forte e il coraggioso.
Manabe era stupito. -Ma… cosa. ..
-Sono o non sono un detective? Non farti domande… piuttosto togliti la maglietta, che ti faccio un massaggio per scioglierti i muscoli.


-Manabe, al prossimo verso equivoco che fai chiamo la polizia! -Minaho sorrideva nonostante si fingesse scandalizzato.
-E che devo farci… sei bravo a fare i massaggi, sai?
-Mpf… Sarà… comunque sia cerca di rilassarti di più… le tue povere spalle chiedono pietà…

Manabe sospirò di sollievo. Era dal giorno prima che quei muscoli lo facevano impazzire e finalmente li sentiva rilassarsi sotto le dita di Minaho. Gemette mentre il suo amico gli scioglieva una contrattura al collo.
-Quanto cavolo somatizzi lo stress… povero… va meglio così? -Minaho passò a massaggiargli dolcemente le tempie.
Il lilla mugoló affermativamente. -Dio mio che sollievo… non ne potevo più… grazie Min.
L’arancione sorrise. -Detective e medico… che bel binomio, eh?
Manabe gli diede.un buffetto sui capelli. -Ti voglio bene, sai?


Uscirono di casa che stava smettendo di piovere.
-Che fortuna Man… il bus passa tra quasi dieci minuti…così non ci inzupperemo!
Il lilla gli diede un cinque. Si sentiva carico… miracoli dell’adrenalina!


L’autobus passò con alcuni minuti di ritardo (vissuti da Minaho con vero terrore!) ma poi recuperó il tempo perduto. Manabe, seduto a fianco del suo amico, rifletteva.
Guardava i passeggeri e pensava che, in fondo, nessun uomo sa mai la lotta che ciascuno dei suoi simili combatte in silenzio ogni giorno. Nessuno sapeva del suo dolore, ma niente lo poteva assicurare che anche queste persone, queste donne e questi uomini, non stessero combattendo lotte grandi come la sua.

Quanti di loro potevano essere soli? Forse quella ragazza triste con il telefono stretto tra le dita? Quanti di loro senza casa, come quel signore vestito di stracci che si nascondeva in fondo al bus? Quanti sofferenti nel corpo e nello spirito? Quanti di loro feriti dalla vita?
Per un attimo, si sentì meno solo.


Capolinea.

Il palazzo del tribunale della prefettura sorgeva in un quartiere simile a quello di Manabe e Minaho, dalla parte opposta della città.
Era un palazzo immenso, sproporzionato nel suo sembrare un’astronave calata nel bel mezzo della città. In stile razionalista, era costituito da un colossale corpo centrale a forma di nave stilizzata, feroce nella secca potenza del suo sperone, dal quale si dipartivano due imponenti colonnati a sottolineare altrettanti corridoi, simili a braccia che si aprivano verso la città.


Dopo aver passato i controlli all’ingresso,  aiutati da un soldato falla faccia gentile, Minaho e Manabe si ritrovarono nell’atrio della struttura.
Era una grande stanza a tripla altezza, illuminata dalle pareti vetrate che facevano sembrare tutto più pulito, giusto e imponente. Al centro, in corrispondenza dell’accettazione, un altare recava incisi i nomi degli uomini d’ogni tempo morti per la giustizia. Al di sopra una vittoria alata, nelle vesti della legge, reggeva una bilancia.

-La legge… è uguale per tutti. -Manabe si ritrovò a sussurrare, colpito dalla solennità del luogo.


-Bene… ragazzi, corridoio B, in fondo… vicino alla parete vetrata. Quando è ora vi chiameremo noi. Lo psicologo non è ancora arrivato.
Minaho guardò l’orologio. Infatti era presto… mancava mezz’ora.
-E va bene… vieni Man… andiamo a sederci ok?
-Andiamo… -Il lilla era decisamente agitato.


Il corridoio sembrava non finire mai. I due ragazzi camminavano lungo la grande parete vetrata da cui si poteva osservare il parco. Finalmente giunsero davanti alla porta su cui capeggiava la scritta :”Dottor Mizuki, Psicologo”. Si sedettero in attesa. Vicino a loro c’era solo un uomo, immobile. Non leggeva il giornale, non parlava al cellulare né sembrava interessarsi di nulla in particolare… Minaho si chiese cosa ci facesse lì.

-Man… Man, sei pronto?
-Io… -Il lilla tremava vistosamente.-Io penso proprio di no, ma comunque dobbiamo farlo!  Dobbiamo…
Minaho sorrise dolcemente. -Io e te insieme. Spero… spero che mi facciano entrare con te.
-Ma… Min… la tua paura di questi posti… non posso chiederti una cosa così! -Il lilla si ritrasse. -Andró da solo.
Minaho gli prese la mano. -Infatti non me lo stai chiedendo… sono io che voglio farlo! Man… non ti lascio! Non ti lascerò mai… ce lo siamo promessi, ricordi?
Il lilla lasciò che una lacrima gli solcasse la guancia. Abbracció il suo amico.


La mezz’ora era abbondantemente passata, ma nessuno ancora si vedeva. Minaho aveva provato in tutti i modi a tranquillizzare Manabe, ma l’unico modo che aveva dato qualche risultato era stato tenerlo stretto a sé, senza lasciarlo nemmeno un secondo. Manabe si sentiva sicuro tra le sue braccia.
L’uomo vicino a loro non smetteva di fissarli. Inizialmente Minaho si era sentito a disagio, ma poi aveva pensato che in fondo non gli importava proprio nulla di cosa pensasse la gente. Prima Manabe, poi qualunque altra cosa.

Fu in un secondo che avvenne. L’uomo si alzò e si schiarí la voce. Aveva i capelli argentei ben pettinati e gli occhiali cerchiati in ferro… sembrava un politico d’altri tempi.
Si diresse verso la porta e… la aprì.  Lo studio era vuoto… Minaho pensò che fosse ovvio, lo psicologo non era ancora arrivato!
Un istante dopo la voce del misterioso signore risuonava per il corridoio.


-Manabe Jinichirou, vero? Sono il dottor Mizuki, vieni pure dentro… dobbiamo parlare un po’ insieme, se non sbaglio.

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Capitolo 44
*** Sotto pressione ***


All these precious moments
That we carved in stone
Are only memories after all


Manabe e Minaho erano paralizzati sulle sedie, fissando con sguardo vuoto la porta nel bel mezzo della quale si stagliava, alto e sorridente, l‘uomo che aveva per quasi mezz’ora atteso insieme a loro l’arrivo dello psicologo.

-Cosa… ma come… -Manabe era più che sconvolto. Non era possibile… lo psicologo era quel signore? E allora perché li aveva osservati di nascosto per tutto quello tempo?
Minaho, da parte sua, si sentì crollare il mondo addosso. Se è vero che quello era lo psicologo, doveva essersi appostato vicino a loro per osservarli senza essere visto… del resto aveva un senso! Così aveva visto Manabe per quello che era, e non per quello che sarebbe voluto sembrare davanti a una scrivania, nello studio. Perché era stato così stupido? Doveva capirlo… e ora era troppo tardi.


-Dunque? Ragazzo non avere paura… vieni dentro forza! -Il dottore sorrise. -E… anche tu. -Indicò Minaho.
-I…io…
I ragazzi si alzarono ed entrarono nello studio a testa bassa. Minaho era nel panico. Li aveva visti… fragili e disperati, confessarsi le proprie paure tenendosi stretti su una sedia… di sicuro non avrebbe reputato Manabe un ragazzo maturo, ed era tutta colpa sua!

Entrati, i due ragazzi si sedettero, ed anche il dottore prese posto dietro alla scrivania. Si tolse il cappotto e rivelò un camice bianco… ora non c’erano più dubbi.


-Bene… tu devo essere Manabe vero? -Il dottore si rivolse al lilla. Nelle mani aveva un fascicolo che comprendeva anche delle foto del ragazzo. -E… con chi ho il piacere di parlare oltre a te?
Minaho si immobilizzó. -Io… io… mi chiamo Minaho Kazuto, e sono il suo migliore amico. -Aveva buttato fuori tutto d’un fiato e fu preso dal terrore di avere detto già qualcosa di sbagliato.

Il dottore si sistemó gli occhiali sugli occhi e lo scrutó. Passarono istanti lunghi come ore prima che sorridesse all’arancione. -Va bene… piacere di conoscerti. -Gli porse la mano.
Minaho la strinse e si stupì di quanto la sua stretta fosse sicura e gentile allo stesso tempo. Gli trasmise l’impressione di essere un uomo equilibrato.
-Allora… vediamo un poco… -Il dottore iniziò a sfogliare il fascicolo che teneva tra le mani. -Manabe Jinichirou, raccontami della tua vita.


Il lilla era in grande imbarazzo.
Parlava da quasi dieci minuti, ma ancora non riusciva ad apparire né tranquillo né tantomeno sicuro di sé. Il suo cervello cercava disperatamente di leggere negli occhi del medico un cenno, un indizio su cosa dire per soddisfare le aspettative che tutti avevano su di lui… per ora si limitava a raccontare e raccontarsi come poteva. Non aveva ancora toccato l’argomento genitori né tantomeno quello Minaho, ma il dottore non sembrava farci troppo caso. Ascoltava attentamente, sorridendo gentilmente e facendo piccoli cenni di interesse con le mani e gli occhi.

-Ed ecco perché… perché non stavo bene a scuola. Nessuno mi voleva come amico… -Il lilla si oscuró.
Il dottore sospirò e sorrise. -Ascoltami Manabe… vorrei chiederti una cosa.
-Mi… mi dica dottore… -Il lilla era già nel panico.

Il medico si sistemó il colletto del camice. -Dimmi… come ti sentivi quando uno dei tuoi compagni, all’asilo o a scuola, ti offendeva o ti lasciava solo?
Il lilla tremava. -Io… ecco… mi… mi sentivo in colpa… tantissimo… sempre in colpa.

Minaho temeva che Manabe iniziasse a piangere. Se fosse successo, a quel paese pudori e dottori, lo avrebbe abbracciato e tranquillizzato. Non sopportava più di vederlo stare così male per colpa della pressione cui era sottoposto.

-Lo immaginavo. -Il medico sorrise e parlò in tono pacato. -Vedi… io penso che tu abbia sempre avuto la tendenza a ripetere con i tuoi coetanei quello che succedeva nella tua famiglia. I tuoi genitori… loro non erano mai contenti di te, vero? Credevi che volessero sempre di più… vero?
Manabe si lasciò sfuggire un singhiozzo..-G… già… -Sì vergognó del tono lamentoso che gli era uscito.

-Ecco… -Il dottore gli diede un buffetto su una mano. -Vedi? È per questo… tu pensi sempre che gli altri, qualunque cosa tu faccia, non siano contenti di te! Che comunque vada ti disprezzeranno… e che tu non potrai mai essere come loro, anche se lo desidereresti tanto…
Minaho si stupì della voce gentile che il medico usava. Era una persona buona, non c’erano dubbi.

Manabe annuì a testa bassa. Si sentiva sconvolto, soprattutto perché il medico aveva fatto venire a galla qualcosa che negava a sé stesso da anni.
-Ora.. Ora se puoi continua a raccontare. Vorrei che mi parlassi dei tuoi genitori, e di come la situazione è arrivata a questo punto. -Il dottore continuò. -E ascolta… se hai bisogno di piangere non trattenerti… non influenzerà il mio giudizio, anzi… sai? Le persone più forti sono proprio quelle che piangono! Chi non piange è vuoto dentro…

L’uomo parlava con la voce di un nonno gentile. Manabe gliene fu grato… anche perché non ce la faceva più a trattenere le lacrime.
-I… i miei genitori… io non so se mi vogliono più bene… anzi… io credo di no! -Il lilla nascose il viso nell’incavo del gomito singhiozzando.


Il racconto proseguì per quasi mezz’ora, anche perché Manabe, in lacrime, impiegava molto più tempo a mettere insieme frasi e argomenti. Minaho in tutto questo tempo non aveva mai smesso di tenergli una mano sulla spalla.
-Capisco… -Il dottore sospirò. -Dunque tu vuoi l’emancipazione perché non sopporti più le pressioni dei tuoi genitori… e vorresti lasciarteli alle spalle.
-NO! -Manabe urló, poi si morse immediatamente la lingua… di male in peggio, pensò… ora anche gli scatti isterici… -Mi… mi… loro…
-Forza… dillo! Buttato fuori… butta fuori tutto ragazzo! -Il dottore gli prese una mano.

-Loro… loro mi mancano tanto!! Mi mancano ogni minuto della mia vita! Non voglio che non mi… rivolgano… più la… la parola… io… io non voglio che mamma e papà smettano di volermi bene!!

Il lilla a questo punto piangeva disperato. Minaho lo abbracció. -Dottore… scusi, devo farlo… spero che lei non pensi male, ma devo.
-No… no fai pure… questa cosa è fondamentale… -Il dottore non sembrava scandalizzato. Minaho però non aveva il tempo di pensare alle sue frasi  sibilline.


Il lilla, aggrappato alla felpa dell’amico che si stava inzuppando di lacrime, iniziò a normalizzare il respiro mentre Minaho gli passava ritmicamente le dita tra i capelli sussurrandogli all’orecchio di stare tranquillo. Pian piano si riprese.
-Mi… mi perdoni! Io… io non volevo. .. è stato più forte di… di me… -Manabe si vergognava tantissimo.
-Non ti preoccupare. -Il dottore sorrise ancora. -È stata colpa mia… ma la domanda che ti ho fatto mi serviva a capire tante cose. È importante, anche se non sembra, che tu voglia avere ancora un bel rapporto con i tuoi genitori, credimi… il contrario sarebbe stato un problema.

Minaho sospirò di sollievo tra sé e sé. Per fortuna non avevano compromesso tutto.
-Ora… per conludere vorrei che mi parlassi di questo bel ragazzo qua! Come siete diventati amici? Mi hai detto poco fai dei tuoi problemi nei rapporti… -Il dottore si predispose all’ascolto con un sorriso.


Manabe raccontò per filo e per segno, interrotto solo da qualche singhiozzo, la storia della sua amicizia con Minaho iniziata da poche settimane ma già così profonda come nessun’altra. Non aveva più paura di parlare… sentiva di dover dire tutta la verità.
Il dottore si stupì molto al racconto del ricovero del lilla e dello scontro con Kitama. Manabe giurò di averlo visto lanciare uno sguardo di ammirazione a Minaho.

-E… ecco… la scuola ha cercato di espellere Minaho per colpa di quella rissa. Se penso che… per colpa mia… ha… ha tentato il suicidio… io…

Minaho scattò sulla sedia. Il dottore si immobilizzó. Manabe si sentì crollare il mondo addosso. -Oddio… ho… ho combinato un disastro.


Inutile dire che il dottore pretese di farsi raccontare per filo e per segno tutta la storia. Nessun particolare fu tralasciato nonostante il dolore che provocava a Manabe ricordare quei fatti. Minaho si teneva la testa tra le mani… era finita. Il dottore non avrebbe lasciato passare sotto silenzio questa storia. Manabe non poteva essere dichiarato maturo se era stato coinvolto in un tentato suicidio.


Alla fine calò un grande silenzio. Il dottore sospirò. -Abbiamo finito.
Manabe ebbe un tuffo al cuore. -Io… noi… cosa… cosa succederà ora?
-Nulla. -Il dottore era di spalle, le mani dietro la schiena. -Ti do il mio consenso. Il processo si può aprire.


Manabe e Minaho erano spiazzati. -C… cosa? Ma… noi credevamo che… la storia del…
-Del tentativo di suicidio? -Il medico si voltó verso di loro sorridendo. -Pensavate che mai e poi mai vi avrei concesso il mio supporto, vero? Bhe… di certo è una cosa seria, gravissima. Ma… Ma è anche il segno di quanto vi vogliate bene. Manabe ha affrontato i suoi mostri, i blocchi della sua psiche, e ti ha salvato. Questa è la prova di maturità che dimostra che in lui qualcosa è cambiato.

Manabe era commosso… non poteva essere vero… non poteva…
-Inoltre… inoltre ho visto come ti tiene la mano sulla spalla… come ti consola quando soffri. Penso che questo ragazzo, simbolo della lotta che hai deciso di intraprendere contro le tue paure, sia la chiave di tutto. Vi do il mio consenso a procedere, ma a due condizioni.
-Dottore… dica… tutto quello che… che desidera! Le siamo… le siamo così riconoscenti! -Il lilla piangeva di gioia.

-Prima condizione! -Il dottore sorrise. -Devi cercare di recuperare il rapporto con i tuoi genitori … voglio che la prossima volta che ci parleremo, dopo il processo, siate tornati a volervi bene.
-Io… io ci proverò con tutto me stesso dottore… lo giuro! -Il lilla tremava di emozione.
-Bene…ora la seconda condizione. Voglio che tu, nei limiti del giusto e del possibile, rimanga vicino a Minaho. Lui può aiutarti a superare tutte le tue paure… ed è l’amico che hai sempre desiderato, no?
Minaho abbracció Manabe. -Non lo lascerò un secondo! Anche… anche lui mi ha salvato.


Tornando a casa i due ragazzi quasi volavano. Non gli sembrava vero… il primo passo era fatto! Si erano separati dal dottore ringraziandolo fino alle lacrime. Lui li aveva rassicurati. Era certo che sarebbe andato tutto bene.

Imboccarono il viale di casa chiacchierando allegramente di tutto quello che era successo. Minaho sembrava incontenibile e Manabe non era da meno! Meglio di così non poteva andare… era stata dura, ma ce l’avevano fatta!


-Bene! Il prossimo passo è l’udienza. .. dovrebbe essere domenica prossima, no? -Minaho sorrise.
-Sì… così ha detto il dottore… saranno i sette giorni più lunghi della mia vita! -Manabe sospirò.
-Dai Man… pensa che il giorno dopo c’è la finale! Non sei contento?
-Certo. .. certo che lo sono. Ma… e quelli chi sono?

Una macchina nera era parcheggiata davanti al cancello. Al suo interno un uomo vestito di scuro e una donna sulla trentina.
-Ma… cosa… non capisco…


Endou stava lavando i piatti. Natsumi lo aveva particolarmente messo alla prova quel giorno, con un pranzo a base di carne dura come la pietra.
Squilló il cellulare e l’allenatore si affrettò ad asciugarsi la mano per rispondere. Sul display compariva il nome di Manabe.
-Ehi… Manabe! Com’è andata la perizia? Ti serve il mio aiuto per…


-Mister! -Il tono del lilla era terrorizzato. -La supplico venga subito! Stanno portando via Minaho!

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Capitolo 45
*** Impatto ***


You're never alone in the world
You're never alone in the world
You believe in each and everyone of us
You're never alone in the world



Era a successo tutto in pochi istanti.

Quando Minaho e Manabe avevano percorso i pochi metri che li separavano dal vialetto di casa i due occupanti della macchina nera li avevano fermati. Manabe aveva subito avuto un brutto presentimento… se lo sentiva sulla pelle.
La donna aveva estratto una foto dell’arancione. -Tu sei Minaho Kazuto, vero?
Il ragazzo era sbiancato, incapace di dire alcunché. Manabe gli si era parato davanti.

La donna sorrise come se avesse ricevuto una risposta affermativa e fece un cenno al suo collega.
-Sai perché siamo qui, immagino… non è una cosa piacevole, purtroppo, ma c’è una legge…

Minaho ebbe la conferma di tutti i suoi timori. Un terrore folle si impossessó di lui. Urló e iniziò a correre verso la porta di casa. Manabe non aveva ancora capito… non voleva capire.
La donna sospirò e si voltó verso il collega. -Prendilo.


L’uomo aveva afferrato Minaho da sotto le ascelle e lo aveva trascinato fino alla macchina, mentre l’arancione urlava e scalciava. -Perdonami ragazzo, devo farlo.
Manabe assistette senza poter fare nulla a quella scena assurda. Riuscì solo a prendere in mano il telefono per chiamare il mister… fino a che l’occhio non gli cadde sulla portiera del suv nero.
Orfanotrofio della prefettura.
Il mondo crollò in un istante.


Fu tutto incredibilmente rapido.
Minaho fu caricato in macchina in lacrime come un bambino piccolo, mentre la donna diceva qualcosa che Manabe non capiva. Era come paralizzato, fuso. Senti che gli veniva messo in mano un foglio.
La macchina partí alzando un polverone frammisto alle prime foglie secche dell’autunno.  Manabe guardò la testa arancio del suo migliore amico allontanarsi in un fiato, il palmo della sua mano sul vetro… e gli occhi. Manabe senti il cuore trafitto da quello sguardo… era come fuoco, come ghiaccio. Un pozzo nero di disperazione e terrore.

Il lilla rimase solo in strada, paralizzato a fissare l’asfalto caldo e le foglie cadute dai rami dei platani, incapace di capire… incapace di accettare.
Rimase così a lungo… forse per un’ora. Seduto sul bordo del marciapiede, la testa fra le mani. Non piangeva… non sapeva nemmeno cosa significasse provare dolore ormai… non aveva più un cuore. Glielo avevano portato via. Sentí una mano appoggiarsi sulla sua spalla.

-Manabe…

Il lilla alzò gli occhi. Era l’allenatore, corso immediatamente in loro aiuto. Era giunto troppo tardi… ma non avrebbe potuto fare comunque molto.
-M…mister… è… è successo qualcosa… credo. -La voce di Manabe era priva di espressione. Sentiva la testa girare.
Endou prese dolcemente la busta che il lilla teneva in mano. Non era stata aperta… il ragazzo non si era nemmeno reso conto di averla. La aprì e la lesse a voce bassa.

“Il tribunale minorile della prefettura comunica, a scopo di semplice presa visione, a voi accompagnatore/collega/presente in loco del minore Minaho Kazuto, che è stata emessa nei suoi confronti un’ordinanza di recupero affinché sia ospitato in un orfanotrofio alla luce della sua minore età. Da tempo risulta egli non essere più domiciliato presso la sua tutrice legale, dunque ogni diritto sul suo affidamento è da ritenersi decaduto. Si rimanda ad altra sede la discussione riguardante la denuncia per negligenza che è stata depositata nei riguardi della ex-tutrice legale del minore stesso.
Cordiali saluti,
Ufficio prefettizio per la tutela dei minori.”


Endou sospirò. Rimesse la lettera due volte… di colpo gli si illuminarono gli occhi.
-M… Manabe… guardami.

Il lilla piangeva.  Non si era nemmeno reso conto di avere iniziato, ma ora non riusciva più a smettere. Si buttò tra le braccia dell’allenatore.
-L… lui… io… perché!! Perché lo hanno portato via! Io… io non voglio!

Endou accarezzava dolcemente i capelli del lilla. -Man… Ascoltami… Ascoltami! Non piangere… abbiamo una bellissima notizia!  Una splendida notizia!
Manabe non capiva. Come poteva parlare di splendida notizia? Avevano portato via Minaho! Glielo avevano portato via… forse per sempre. -No…

-Aspetta!  Lascia che ti legga la lettera! Guarda… sua zia non è più la sua tutrice legale! Sai che significa??
Manabe smise di piangere. Guardò il mister con gli occhi velati di lacrime.
-Vuol dire che…
-Che possiamo farlo uscire… se otterremo che io diventi il suo nuovo tutore!


Freddo.
Freddo intenso.
Minaho aveva faticato a capire dove fosse. Credeva di essere svenuto… o sedato, non lo sapeva.

Lo stanzone era buio, gelido. Era disteso tra coperte bianche inamidate, addosso un pigiama che odorava di disinfettante. Sentiva rumori intorno a lui. Rumori striscianti, rumori velati, freddi.
Era in una camerata. Un ragazzo solo tra tanti bambini piccoli… in un posto così si sentiva davvero un tremendo dolore, pensò il ragazzo. Quanti orfani… quante morti nascondevano quelle mura? Quante famiglie spezzate… come la sua.
Non aveva mangiato… in compenso aveva vomitato. Sentiva di avere la febbre e tremava in preda alla nausea. Aveva visto tanti visi passargli davanti,  sfocati e indefiniti. Dottori… psicologi?

Voleva dormire. Dormire e non svegliarsi più.

Solo… solo e imprigionato nel suo stesso corpo. Nessuno… nessuno con cui parlare… lunghi anni chiuso li dentro? Vedendo Manabe solo un’ora, o meno alla settimana, in occasione delle visite? Forse… forse il lilla si sarebbe dimenticato di lui!
Scacció subito questo pensiero. Manabe… Manabe sarebbe venuto a salvarlo… a salvarlo…

Pianse tutte le sue lacrime. Pianse disperatamente, lui solo tra bambini che avevano dimenticato cosa significasse piangere, travolti da un dolore che non può essere descritto con le parole delle lingue degli uomini.
Se c’è un inferno in terra, quello è l’orfanotrofio. Scrigno di mancanze, sigillo di storie spezzate. Dal ventre dell’orfanotrofio, come dall’albero senza radici, partoriscono frutti deboli, malati. Quanta solitudine tra quelle mura… quanti ricordi che sbiadiscono. Bambini che ogni giorno perdono un pezzo, vedono scolorire i visi dei genitori, perdersi le loro voci come bruma al mattino. La traccia delle carezze sulla loro pelle si raffredda, i baci affettuosi sostituiti da quelli di pietà.


-Ragazzo… ragazzo, per favore… devi mangiare.
Una donna in camice bianco teneva un cucchiaio sotto il naso dell’arancione.
Minaho ci vedeva doppio da quanto era debole… Doveva essere mattina a giudicare dal sole che filtrava dalle imposte. Non ricordava di essere crollato addormentato….

-Ti prego. ..

La bocca del ragazzo rimase serrata. La donna sospirò e si allontanò con il vassoio.



Endou camminava a passo svelto per le strade del centro. Manabe, che non vedeva nemmeno dove poggiava i piedi, si teneva stretto alla sua mano.
La notte era stata terribile, ma di domenica non avrebbero potuto fare nulla… Manabe era stato costretto ad aspettare.
Aveva pianto per ore quando si era reso conto di essere solo in casa, tra gli oggetti di Minaho e il suo profumo.


Il giorno dopo, di mattina presto, Endou si era presentato alla sua porta.
Aveva detto qualcosa a riguardo di uno psicologo che lo aveva aiutato in passato… voleva chiedere immediatamente l’affidamento dell’arancione, dunque bisognava sbrigarsi. Aveva fatto una telefonata a Natsumi per avvertirla e lei aveva promesso che li avrebbe sostenuti.
-Vedrai Manabe… è un dottore davvero bravo… inoltre è molto conosciuto in città perché è davvero un buon uomo… se garantirà per noi, ottenere l’affidamento di Minaho sarà molto più semplice, te lo prometto.

Manabe si aggrappó a quella speranza. Ancora faticava a rendersi conto di cosa stesse succedendo… qualunque cosa gli andava bene pur di fare uscire Minaho da lí.
-Dice.. dice che ci vorrà molto? -La voce del lilla era spezzata.
-Io… non so… spero di no. Vedrai che fra pochi giorni sarà tutto finito. Non aver paura.


Lo studio del medico era in pieno centro, vicino ad un grande tempio tradizionale e al quartiere commerciale. Si trovava in uno stabile moderno, dalle pareti vetrate sulle quali si rifletteva il sole della mezza mattinata.
Entrando il mister sorrise a Manabe. -Dai… non piangere. Vedrai che usciremo di qui con una bella notizia in mano!
Il lilla si asciugó le lacrime con la manica.


La porta di ingresso immetteva su un raffinato salottino d'attesa illuminato dalle grandi pareti vetrate. Non c’era nessuno.
-Bene… il dottore sta per arrivare. Gli ho scritto un messaggio… ha detto di sederci qui ed aspettare.  Sai… lavora anche in un altro posto, e gli spostamenti sono lunghi…

Manabe sospirò. Prese un giornale dalla pila di fianco alla sua sedia… una rivista di sport. Inizió a sfogliarla meccanicamente.

Trascorsero una decina di minuti prima che la porta si aprisse ed entrasse un uomo alto. Endou si alzò e corse a stringergli la mano.
-Manabe… ti presento il grande dottore di cui ti parlavo!
Manabe era allibito.

-Ecco… -L’uomo si tolse il cappello scoprendo la capigliatura candida perfettamente pettinata. -Penso che noi due ci si sia già conosciuti… dov’è il tuo amico, Manabe? Ieri mattina mi ero raccomandato che rimaneste sempre insieme!


Minaho era in bagno, riverso sul lavandino.
Gli girava tutto, e la testa gli pulsava da impazzire… non toccava cibo da quarantotto ore e aveva la pressione sotto i piedi.
Nonostante ciò continuava a rifiutare il cibo… era convinto che finché non avesse ceduto quel posto non lo avrebbe potuto inghiottire. Senti alle sue spalle il rumore di uno sciacquone tirato.

Cadde sulle ginocchia.

-Manabe… aiutami ti prego…


Il lilla non poteva crederci… quel dottore era lo psicologo che lo aveva ascoltato, insieme a Minaho, la mattina precedente!
Anche Endou era incredibilmente stupito… ma capiva quanto fosse positiva la cosa.

-Dottore… dunque crede che sia possibile ottenere l’affidamento di Manabe in tempi brevi?
-Ecco… non posso garantire la brevità di pratiche che dipendono dalla struttura e non da me… però se lo desiderate domani mattina verrò con voi. Inizieremo subito le procedure… credo che sia molto importante che sia lei a parlare con loro.

Endou annuì. Manabe si sentì andare a fuoco il petto. Aspettare ancora un giorno? Minaho era lì dentro da solo! Non poteva più accettarlo…
Ill dottore dovette leggere qualcosa nei suoi occhi, perché gli sorrise dolcemente e gli prese la mano.

-Non devi avere paura, Manabe.

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Capitolo 46
*** Dalla notte ti proteggerò ***


I have faith
that you are safe
On your last stop
you said

the bright warm light
will bring you home
did you lie my dear
did you lie?

The day is dark
I’m all alone
if you are there
just let me know

When the ashes arise
the light shall fall
will you find me
oh will you find me

When the sky is dead
and forever gone
will you find me
oh will you find me...



Un’altra notte.

Minaho guardava la luna scendere lentamente dalla finestra della camerata. Aveva pianto tutte le sue lacrime, mentre  i bambini nei letti vicini dormivano già da ore.

Non mangiava da tre giorni. Oramai non riusciva più ad alzarsi in piedi e la vista era sfocata, ma non soffriva più fisicamente… la nausea era passata, il suo posto preso da un immenso vuoto. Perché Manabe non gli telefonava… certamente non poteva sapere che la struttura non accettava contatti con l’esterno al di fuori dei parenti, nei giorni non destinati alle visite.
Era riuscito a dormire per mezz’ora, e aveva sognato di essere a casa. Quando si era svegliato il dolore lo aveva travolto ancora più forte. Quel cuscino che abbracciava,  per quanto sforzasse l’immaginazione, non sarebbe mai stato Manabe.

Si accorse di sentirsi sporco. Non amava i bagni di quel posto… li usava solo di notte, per non incontrare nessuno. Pensò che forse una doccia lo avrebbe rilassato.
Si alzò a fatica e si trascinò in bagno, aprendo l’acqua calda mentre si spogliava.

Non aveva calcolato il fatto che il calore del vapore non sarebbe stato il meglio per la sua pressione bassa, e così si ritrovò sul pavimento della doccia… era svenuto ancora. Si sentiva morire, ma rifiutava ancora il cibo. Meglio morto che accettare tutto quello, pensava.
Cinque minuti dopo, sfregandosi i capelli con un asciugamano, si trascinó di nuovo verso il letto. Le coperte erano già fredde… una culla mortale, pensó.



Manabe non riusciva a dormire.
-Come può un profumo svenire in così poco tempo… -Erano passati solo due giorni, e la casa senza l’arancione stava cambiando aspetto .

Manabe, di solito fanatico dell’ordine, non avrebbe mai pensato di trovarsi a rimpiangere le carte di merendina sui divani, i tappeti con gli angoli piegati e i calzini sparsi per la casa… ironia della sorte, pensò.

Si portò le mani alle tempie… era stanco, estremamente stanco. Il senso di impotenza lo stava divorando… quando quel pomeriggio l’orfanotrofio gli aveva impedito di parlare con Minaho gli era sembrato che una lama gli perforasse lo stomaco.
Si aggrappava alla speranza che il mister gli aveva dato… il giorno dopo forse avrebbe visto il suo amico. Con quel pensiero e una felpa di Minaho stretta tra le braccia, riuscì finalmente a cadere in un sonno agitato e senza sogni.



Dovevano essere le tre, o forse le quattro.  Minaho aveva perso la cognizione del tempo… non vedeva l’ora che fosse l’alba,  ma in fondo per cosa? I suoi giorni non avevano più scopo…
Sì girò di nuovo nel letto voltandosi verso la finestra. Un gufo cantava di fuori, alla luce della luna. Una nuova lacrima scese sulla guancia dell’arancione… stava per rimettersi a piangere quando sentì qualcosa tirarlo per la maglietta.

-S… scusa…

Spaventato si voltó di colpo.
Un bambino… molto piccolo, forse sui cinque anni, terrorizzato dal suo movimento improvviso, piangeva con tra le braccia un orsacchiotto di pezza.

-Cos… -Minaho si asciugó in fretta le lacrime con la manica del pigiama. -Cosa vuoi? Chi sei tu?
Non voleva che la voce suonasse burbera, ma l’agitazione la fece suonare tale. Il bambino sconosciuto prese a singhiozzare più forte.

-Scusa… ho fatto un… un brutto sogno… tu sei grande… ho paura... tanta paura…
-E allora? Cosa vuoi da me? Vattene dalla mamma!
Il bambino emise un piccolo gemito. Minaho ricordò dove si trovasse e si rese conto della bestialità che aveva appena detto. Fu colpito da una fitta di senso di colpa.

Il piccolo tremava come una foglia, scosso dalle lacrime, con l’orsacchiotto a penzoloni. Minaho sospirò… pensò a sé stesso da piccolo, in lacrime vicino al corpo della madre… pensò a Manabe. Loro sapevano cosa significasse non avere una mamma pronta a consolarti, un papà che ti stringe tra le braccia…
-Io… senti… maledizione a me e al mio buon cuore! -L’arancione scostó le coperte. -Vieni qui…

Il bambino smise di piangere di colpo. Alle lacrime si sostituì un sorriso radioso. Si arrampicó sul letto e si sistemó sul bordo… come avesse paura di disturbare.
Nei minuti seguenti Minaho percepì la sua paura. Non riusciva ancora a dormire?

-Guarda qua cosa mi doveva capitare… -Minaho sospirò. -Senti… vieni qua.
L’arancione prese la mano del bimbo e se la mise intorno al collo. Il piccolo sorrise.
-Non lasciarmi mai e riposa… se si avvicina un mostro ci penso io. -Minaho sussurrava dolcemente nell’orecchio del bambino.
Il piccolo sorrise beato, stretto al suo orsacchiotto e al collo del suo nuovo amico grande e forte.

-Ti… ti voglio bene, papà.


Manabe si svegliò con un grande senso di ansia concentrato come un macigno sullo stomaco. Non aveva dormito affatto bene, come dimostrava il sapore acre che aveva sulla lingua.

Si lavó e scese in cucina, forzandosi a buttare giù un paio di fette di pane e una tazza di latte. Gli sembrava di dover vomitare.
Il lilla aspettava il suono del campanello con il cuore in gola. Endou gli aveva promesso che sarebbe passato a prenderlo insieme al dottore, per andare subito da Minaho.

Minaho… non sentire la sua voce per tre giorni era stato come morire. Chissà come stava ora… chissà se lo odiava per non avergli telefonato. Il lilla si asciugó una lacrima e tiró su col naso. Sentiva il rumore di una macchina che accostava… era ora di andare.


-Amico! Ehi… amico! Perché non ti svegli… ho paura! Ho paura!
Minaho sentiva un grande caldo. Qualcosa di liquido… caldo e liquido. Un peso sullo stomaco… un peso che lo opprimeva. Si sentiva immerso in morbide coperte, avvolto da un profumo… il profumo di Manabe.
-Ti… ti prego… ti prego svegliati! Non lasciarmi solo…

L’arancione aprì lentamente gli occhi. Si sentiva malissimo. Era steso sul letto e sul suo stomaco stava seduto il bimbo che aveva accolto nel suo letto.
-Cosa… cosa…

-Amico! Ti sei svegliato… ho avuto tanta paura! Eri bianco… non ti svegliavi…
Minaho sorrise debolmente. -Non avere paura… sono ancora qui…
Il piccolo sorrise radioso e si buttò tra le braccia dell’arancione, accucciandosi contro il suo petto. Minaho arrossí… in fondo sentiva empatia per quel bimbo. Sembrava molto più intelligente e maturo della sua età… sapeva che gli orfani dovevano crescere presto.

-Sai? Mi piaci tanto… sei buono come il mio papà. -Il piccolo tremava. Minaho lo coprí con la coperta.
L’arancione si sentiva in imbarazzo… non stava facendo niente di speciale a suo parere, ma quel bambino era così dolce…
-Non… pensi che sia ora di… di andare a mangiare qualcosa? Devi fare una bella colazione se vuoi giocare con i tuoi amichetti dopo… devi essere in forze! -L’arancione sorrise. Si sentiva così debole… era l’alba del terzo giorno senza cibo.

-Io non ho amici.


La frase era caduta come un fulmine tra i due ragazzi. Manabe sentì una stretta al cuore. -E… e perché non… non dovresti avere amici?
-Dicono che sono strano… ma io non sono strano… è che faccio i sogni brutti,  a volte… e perché sogno mamma e papà che mi parlano e mi dicono che sono bravo… e loro dicono che sono pazzo… ma io non so cosa significhi essere una persona pazza! Deve essere come quelli che si vedono in TV, quelli con le mutande in testa…
Minaho non poté non ridere. -Ma dai… non sei strano! Non credere alle cose cattive che ti dicono… ehm… scusa, non ti ho chiesto il tuo nome…
-Mi chiamo Rex!

-Rex? Che bel nome… è straniero,  sai? In una lingua tanto antica significa “re”! È un nome proprio bello. Comunque… ti dicevo… lascia stare chi ti dice cose cattive! Io sono sicuro che tu senti davvero i tuoi genitori! Anche io… anche io a volte parlo con i miei. -Minaho sorrise dolcemente al bimbo.
-Ecco… se lo dice il mio fratellone allora è vero di sicuro!

Minaho spalancò la bocca. -Come… come mi hai chiamato…

-Fratellone! Ho deciso che sarai il mio fratellone sai? Sei il mio unico amico…
L’arancione era commosso. -Va… va bene, fratellino. Ora però vai a mangiare… altrimenti non ti farò più venire nel mio letto!
Il bimbo sorrise e scappò nel corridoio… non prima di aver dato un bacino sulla guancia ad un imbarazzatissimo Minaho!


Passarono venti minuti prima che Rex tornasse… con un panino in mano.
-Fratellone! Ti ho parlato un panino al prosciutto… anche i ragazzi grandi come te devono mangiare!
Minaho arrossí… come faceva a spiegare al bambino il concetto di “sciopero della fame”? Del resto prima o poi doveva cedere… non voleva morire. Non finché non avesse perso anche l’ultima speranza di tornare a casa.

Prese il panino e lo morse con gusto.


-Fratellone… lo sai che i tuoi capelli mi piacciono tanto? -Il bimbo arricciava con le dita un ciuffo dell’arancione.
Minaho sospirò fintamente scocciato. -Non sei l’unico a dirlo… vedrai che presto ti presenterò un nuovo amico… una persona molto importante per me.

Una donna entrò nella camerata. Teneva in mano un foglio e sembrava molto assonnata.
-Minaho Kazuto? Devi venire con me. Hai una visita.


Minaho si vestì in preda al l’agitazione. Forse… forse era arrivato il salvataggio!
Percorse il corridoio con il cuore in gola. La sala delle visite era vicino al giardino, illuminata da luminose pareti vetrate.

Manabe era lì.

L’arancione corse ad abbracciarlo piangendo. Manabe non riusciva a parlare… riuscì a malapena a spiegare il perché delle telefonate non fatte… poi scoppiò anche lui a piangere, ma di gioia.
-Dottore. .. mister… ci siete… ci siete anche voi… -Minaho sorrise debolmente ai due uomini.

Il dottore gli fece l’occhiolino ed Endou gli rispose con un sorriso ancora più grande.


-Sì. .. Ci siamo tutti. Ti tireremo fuori, promesso.

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Capitolo 47
*** Fuori, alla luce del sole ***


“Marching onward, marching onward
Marching to that lovely tune
Marching onward, marching onward
Happy as a bird in June

Sliding onward, sliding onward
Listen to that rag
Hop and skip now do that slow, oh
Do that slow drag

Dance slowly, prance slowly
Now you hear that pretty rag
Dance slowly, prance slowly
Now you do the real slow drag

Waltz slowly, waltz slowly
Listen to the ragtime
Hop and skip
Now do the slow, oh, do the slow drag”


Mentre Manabe rimaneva nella sala delle visite con Minaho e l’allenatore, il dottore era andato a parlare con la direttrice della struttura. La avrebbe avvertita del fatto che un uomo desiderava intraprendere un percorso di affido, e che di quell’uomo ci si poteva fidare.

Il lilla era nel pallone dalla gioia. Minaho gli era mancato così tanto… abbracciarlo, sentire il suo profumo e le sue mani sulle spalle… non poteva più vivere senza quelle sensazioni.
L’arancione, da parte sua, aveva accolto l’amico come un salvatore. Se era vero che il piano di Endou aveva una piccola possibilità di andare in porto… voleva dire che le cose potevano ancora sistemarsi, per quanto fosse difficile.


La porta si aprì ed entrò il dottore accompagnato da una donna di mezza età.

-Ecco… ecco il ragazzo che vorrebbe l’affidamento di Minaho Kazuto. Come vede, nonostante non abbia nemmeno trent’anni, è maturo e in salute. Inoltre ha già una buonissima moglie che lo aspetta a casa… sono una famiglia molto affidabile, garantisco io per loro.
-Non fatico a crederlo, Mizuki… non fatico a crederlo.  -La donna, vista da vicino, sembrava più giovane. Aveva un viso abbastanza rassicurante anche se sembrava una donna forte. -del resto da quando lavori con noi tanti bambini hanno potuto trovare una famiglia… i tuoi consigli e le tue perizie sono estremamente validi. I problemi sono tanti, però… innanzitutto di matrice legale. La precedente tutrice legale del ragazzo è stata denunciata per negligenza… inoltre lui è appena arrivato da noi… non lo conosciamo quasi per nulla. Si rifiuta di mangiare da quando è arrivato…

Manabe trasalí. -Minaho… è vero? Dannazione non avevo notato quanto fossi pallido!  Siediti subito!
Minaho sorrise. -Tranquillo… stamattina ho fatto colazione. È… è una lunga storia.


L’arancione aspettava con ansia insieme a Manabe che succedesse qualcosa. Endou aveva iniziato a parlare con la direttrice che ne stava vagliando l’affidabilità insieme al dottore… il momento era importante.
Fu allora che l’arancione lo vide. Il piccolo Rex, nascosto dietro la porta.
-Ehi! Ehi Rex! Fratellino! Vieni qua… vieni! Ti presento una persona speciale!

Manabe non capiva… un bambino era appena saltato sulle ginocchia di Minaho! Lo guardò sconvolto… cosa significava?
-Vedi Man… è una lunga storia anche questa…


Il lilla aveva ascoltato prima dubbioso, poi stupito ed infine divertito il racconto del suo migliore amico. Quel bambino sembrava davvero speciale… non si stupiva affatto che avesse legato con Minaho.
-Sei il migliore amico del mio nuovo fratellone? Che bello! Sono tanto felice di conoscerti!
Rex, senza farsi scrupoli, si buttò tra le braccia di Manabe. -Ti voglio già bene! – Il lilla arrossí come un pomodoro maturo e inizialmente rimase come paralizzato, ma come si poteva resistere a quel bimbo? Lo strinse a sé. -Anche io sono tanto felice di conoscerti, sai?

Un minuto dopo ogni timore di Rex per Manabe era sparito. Parlava come se lo conoscesse da sempre e raccontava di tutto. Il lilla si stupiva della capacità di comprensione, del linguaggio e della maturità di quel bambino… sembrava un ragazzo come loro!
-Vedi Man… Rex ha deciso che io diventassi il suo nuovo fratellone… ma anche tu sei un po’ mio fratello… quindi sai che significa?
-Che ora ho due nuovi fratelloni! -Rex, ancora sulle ginocchia di Manabe, giocava felice con i suoi occhiali mettendoseli sul naso e provocando risate irrefrenabili da parte dei due ragazzi.

-E va bene… vada per fratellone! -Manabe fece il solletico a Rex. -E adesso… che ne dici di andare a prenderci qualcosa da mangiare? Abbiamo tanta fame, ma non sappiamo ancora a chi chiedere per un panino…
Rex si illuminò. -Ci penso io! La cuoca è mia amica… tra cinque minuti sarò tornato con i panini! -Sparí ridendo nel corridoio.

Minaho non capiva.  -Man… ma… perché lo hai mandato via? Non ho fame…
Il lilla rise. -Min… devo parlarti. Quando… quanto tu uscirai di qui… che ne sarà di lui? Se ti si affeziona troppo… sarà dura per lui separarsi da te. Lo sai… lo sai vero?

L’arancione sbiancó. -Io… io non ci avevo pensato! È così solo Man… hai visto come è… come è speciale. Non ha amici… mi ricorda tanto noi due. Se… se noi lo lasciamo solo, come farà? Oddio che disastro…
Il lilla sospirò. -Min… non so proprio come fare. Bisogna… bisogna parlarne con il mister. Di sicuro potrà darci una mano, e un buon consiglio.


Quando Endou uscì dall’ufficio della direttrice e rientrò nella sala delle visite, sorrideva come non mai e portava con sé ottime notizie. Trovò Minaho e Manabe intenti… a mangiarsi un panino. Rex glieli aveva portati poco prima di venire quasi trascinato via da quella che doveva essere la sua maestra…
-Temo che la prima elementare sia un dramma anche per lui! -Minaho aveva sorriso amaramente.

Dopo aver superato l’iniziale stupore, Endou aveva fatto alcune domande ai due ragazzi, che gli avevano raccontato tutta la storia di Rex e della loro paura. Endou li aveva ascoltati come solo lui sapeva fare. La storia lo aveva commosso.
-C’è… c’è una sola cosa fa fare, temo.

-Cosa… cosa possiamo fare? Ce lo dica mister… quel bambino se lo merita… ci impegneremo al massimo per aiutarlo! -Manabe e Minaho erano a loro volta commossi.
-Io… io devo adottarlo.


Manabe pensò che così tanti colpi di scena in un solo giorno fossero decisamente troppi.
-Coooosa? Lei vuole… vuole adottare quel bimbo? Così? Senza pensarci nemmeno su? O cielo…
Anche Minaho era sconvolto.  Solo Endou poteva pensare una cosa del genere!

-Bhe… è un gesto che prima o poi avrei dovuto fare. Sapete… Natsumi e io ci pensavamo da tempo, ad adottare un bambino. Lei… lei non può avere figli, sapete? O forse… o forse la colpa è mia. I dottori hanno detto che le possibilità di concepire sono bassissime, e lei ci sta male ogni giorno… io le ho promesso che continueremo a provarci, ma lei… lei ha davvero tanta paura. Così… così pensavamo di fare qualcosa per un orfano, intanto… e questa è proprio una coincidenza da cogliere al volo!
-Ma… mister… qui non si parla di un semplice affidamento, come quello che vuole ottenere per Minaho… qui non si tratta di diventare tutore legale! Qui… qui si parla di adozione! -Lei… lei si sente davvero pronto per un passo simile? -Manabe era pallido.
Endou sorrise debolmente. -Io… io penso di sì… anche Natsumi ci sosterrà, credetemi. Ora la chiamo…


Due minuti dopo Endou rientrò in sala. -Lei… lei è felice fino alle lacrime. Ragazzi… come tutte le cose assurde, per farla andare in porto bisogna farla senza pensarci troppo! Io mi butto… mi butto!
Endou si lanciò di nuovo verso l’ufficio della direttrice. Minaho e Manabe rimasero a bocca aperta… l’allenatore non smetteva mai di stupirli. Scoppiarono a ridere.


L’attesa fu estenuante. Endou rimase chiuso nell’ufficio per quasi due ore, e quando ne uscì accompagnato dalla direttrice erano quasi le undici del mattino. La donna sorrideva.
-Ragazzi… certe cose succedono solo una volta nella vita credo… siete stati voi a convincere il signor Endou a fare richiesta per l’adozione di Rex?
Minaho sorrise. -Quel bambino è speciale.
La donna sospirò. -Lo sappiamo… per questo siamo stupiti. Non aveva mai legato con nessuno… deve avere trovato in voi qualcosa di unico.


Quando la direttrice fu tornata in ufficio, Endou prese da parte Minaho e Manabe.
-Ragazzi… l’emozione di prima mi ha fatto dimenticare di darvi una grande notizia! Minaho… da oggi sono il tuo nuovo tutore legale!
L’arancione si sentì mancare dalla gioia. Ce l’avevano fatta!!!
-E… questo significa che… che…
-Che torniamo a casa, Min! -Manabe abbracció l’amico.

Minaho si lasciò scappare un grido di gioia. Non gli sembrava vero… quei tre giorni erano stati i più lunghi della sua vita. Sarebbe stato fantastico tornare a casa… con Manabe.
Stava per correre a fare le valigie quando fu preso da un dubbio bruciante.

-Allenatore…
-Dimmi Minaho.
-Ecco… che le hanno detto a proposito di Rex?
Endou sorrise. -Posso… posso adottarlo, ma per questioni di sicurezza oggi pomeriggio un ispettore deve venire a casa mia e di Natsumi. Domani… domani potrò portarlo a casa, se tutto va bene.
Minaho e Manabe si diedero il cinque. -Evvai!

Minaho sospirò sorreggendosi alla sedia. -Però… però Man… se questa sera Rex avesse un incubo come l’altra notte… io non sarei con lui a consolarlo! Io… io penso di dover rimanere qui ancora una notte. Dimmi… dimmi che non ti arrabbierai per questo. .. Per favore…
Manabe sorrise dolcemente. -Dio quanto sei buono Min… ti voglio bene proprio per questo. Rimani pure… dormirò felice sapendo che domattina presto tornerai a casa da me… magari in tempo per fare colazione insieme!
L’arancione sorrise e fece l’occhiolino al suo amico. -Promesso!



Quella sera, tre ragazzi faticarono ad addormentarsi.

Endou, che aveva ricevuto l’ispettore dell’orfanotrofio insieme al piccolo Rex (che si era subito innamorato di lui… -I miei fratelloni hanno detto che sei tanto buono! Posso chiamarti papà?) e da lui aveva avuto la certezza che l’adozione gli sarebbe stata concessa, rifletteva su come la sua vita sarebbe cambiata il giorno dopo, mentre Natsumi dormiva al suo fianco.

Manabe, steso sul letto dell’arancione, pensava a quando, la sera dopo, si sarebbero nascosti sotto i lenzuoli con una torcia, a raccontarsi storie dell’orrore e a ridere insieme come veri fratelli.

Minaho, per l’ultima notte tra le coperte dell’orfanotrofio (dopo una bella cena!) stringeva a sé il piccolo Rex che si era addormentato giocando con i suoi capelli. Pensava agli altri bambini della struttura… quanto dolore doveva ancora attraversare quelle sale! Ma finché ci fossero state persone buone come il dottor Mizuki e la direttrice, ci sarebbe stata speranza per tutti… per tutti.

Il giorno dopo sarebbe stato speciale per tutti e tre. Sarebbe stato felice, dopo tanta sfortuna e tanta paura.
Tutti e tre su chiedevano se fossero pronti.

Minaho pensò che la guerra non era ancora finita, ma la battaglia era vinta.

Manabe pensò che era ora di mostrare al mondo, a Minaho e a sé stesso che anche lui poteva lottare per quello in cui credeva.

Endou pensò che, per la prima volta nei suoi venticinque anni di vita, l’età adulta bussava alla sua porta.


Tre ragazzi, tre sogni che si mischiano nella densa notte che separa il dolore della gioia.
Tre albe diverse che annunciano una vittoria.
Tre cuori che meritano un giorno di pace.
Si addormentarono sorridendo… il giorno dopo li attendeva a braccia aperte.

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Capitolo 48
*** A casa! ***


It's almost night, I should be sleeping.
But the moon's so bright, as if it's praying with me.
Round and round, I walk in circles aimlessly.
Where could you be?

The purple skies were so inviting
When we used to fly.
But the excitement slowly fades away.
Feels like there's nothing I wanna do.
Not without you.


L’alba.

Una delle più belle albe di quello strano autunno. Il sole sorgeva immergendo ogni cosa in una luce tiepida e accogliente, mentre gli uccelli alzavano al nuovo giorno il loro canto di gioia.
Manabe si svegliò riposato come non gli succedeva da giorni. Il mal di testa era sparito, i riflessi pronti, la mente fresca. Scese dal letto come un fulmine e si fece una bella doccia calda.

Anche quel giorno aspettava con ansia l’arrivo di Endou… ma questa volta sarebbe stata una bella attesa. Dovevano andare a prendere Minaho… per riportarlo a casa!
Diede un morso a una fetta di torta al cioccolato che aveva preparato la sera prima. Era aromatizzata all’arancio e vaniglia, come piaceva a Minaho. Osservò la casa… non avrebbe mai detto che troppo ordine potesse metterlo a disagio. Non vedeva l’ora di riprendere a lottare contro le briciole, i libri e la biancheria del suo amico.

Sorseggió lentamente il suo succo di pesca mentre sfogliava distrattamente una rivista di calcio… mancava così poco alla finale della fase eliminatoria… lui e Minaho avrebbero giocato insieme!
Rumore di un’automobile che accosta davanti al cancelletto.
-Finalmente! Arrivo Min, tieni duro!


Minaho si era svegliato con una strana gioia in corpo. Era rimasto ancora qualche minuto immobile nel letto però… Rex dormiva ancora, stretto al suo braccio e con la testa sul suo petto. Chissà cosa stava sognando… l’arancione pensò che assomigliasse a Manabe. Forse il modo di parlare. .. o il sorriso. Sì, doveva trattarsi del sorriso…
-C…ciao fratellone… hai dormito bene? -Mentre era immerso nei suoi pensieri, Minaho fu svegliato dalla voce del bambino. Sorrise.  -Sì…sí grazie, e tu? Hai passato una bella notte?
-Certo! Ho sognato mamma e papà, sai? Hanno… hanno detto che posso rimanere con voi… che loro continueranno a volermi bene da lassù anche se ora avrò un nuovo papà… e una nuova mamma.

L’arancione sospirò. Era ingiusto che un bambino di pochi anni fosse costretto a fare simili ragionamenti. Gli passò la mano tra i capelli. -Andiamo a fare la doccia, ok? Poi… poi si preparano le valigie!


Endou guidava con il cuore in gola. Stava davvero per diventare padre… lui, che fino a poco tempo prima andava ancora a scuola! Eppure si sentiva davvero pronto… aspettavano da tanto questo momento…
Sul sedile posteriore Manabe tremava. L’agitazione era forte per entrambi mentre si avvicinavano alla grande struttura dell’orfanotrofio e parcheggiavano l’auto sotto una palma, vicino all’ingresso principale.

-Mister… è pronto?
-Pronto… e tu? Pronto a rivedere Minaho?
-Certo… certo che sono pronto!


Entrarono insieme dalla grande porta d’ingresso e si ritrovarono nell’atrio luminoso. Ora si trattava solo di andare dalla direttrice e firmare qualche documento… il momento era quasi giunto.
Trovarono la donna seduta alla scrivania intenta a leggere dei fogli, gli occhiali ben calcati sul naso.

-Signor Endou! Che bello vederla così presto questa mattina! Si vede proprio che abbiamo fatto bene a concederle questa procedura accelerata… del resto il dottor Mizuki non sbaglia mai!
Endou arrossí un poco. -Ecco… io…sa... l’emozione…
-La capisco perfettamente! Ora però ci aspetta una trafila di noiosi documenti da esaminare e firmare… magari se intanto il ragazzo vuole andare dai suoi amici… ci vorrà una buona oretta, e lui qui si annoierebbe! -La donna fece l’occhiolino a Manabe, che non se lo fece ripetere due volte.  Sorrise all'allenatore e corse fuori verso la camerata di Minaho.

Il corridoio era più lungo di quanto Manabe ricordasse, o forse era colpa dell’emozione… chissà. Quando arrivò davanti alla porta traboccava di felicità,, che non poté che aumentare quando sentì la voce del suo amico provenire dalla stanza!
-Cavolo… Dove ho messo le mutande…

Manabe ridacchió… Minaho era disordinato come suo solito. Spalancò la porta.
-Ehila… si può? Guardate un po’ chi è venuto a trovarvi!
-Fratellone! -Il piccolo Rex corse in braccio al lilla che gli fece fare due giravolte in aria.

-Ohoh come siamo agitati oggi! Dimmi… hai aiutato Minaho a fare la borsa? Ti confido un segreto… dimentica sempre tutto!
-Ehi! -L’arancione rise. -Bada a come parli… guarda che ti sento!
Rex scoppiò a ridere. -Siete così buffi! Quando sarò a casa dai miei nuovi genitori mi verrete a trovare spesso, vero? -Gli occhi del piccolo supplicavano.
-Certo! -Il lilla sorrise. -Anzi… perché non vieni tu a passare qualche pomeriggio da noi? Ti prepareró delle torte buonissime!

Il bambino abbracció il lilla. Gli arrivava a mala pena alla vita…il ragazzo gli passò le mani tra i capelli. -Sei proprio speciale… speciale.


-Min… quante volte te lo devo dire… metti prima le maglie e i pantaloni, poi mutande e calzini, oppure nel borsone si mischierà tutto! -Il lilla diede un buffetto sulla nuca dell’amico.
-Va beeeene mamma! -L’arancione ridacchió.
-E bravo il mio simpaticone… scherza scherza, poi vedrai quando il borsone esploderà in macchina lanciando biancheria addosso a tutti!

Il piccolo Rex,  che aveva raccolto le sue cose in perfetto ordine nel suo zainetto, si mise a piegare i pantaloni di Minaho. -Guarda fratellone… mi ha insegnato la maestra! Ti aiuto io!
L’arancione rise. -Grazie… sei davvero gentile, sai?
-Tranquillo fratellone… è divertente! Piuttosto… posso farti una domanda? È una cosa segreta… -Il bambino tiró Minaho per la manica.

-Ehi… tranquillo… Manabe può sentire, no? Lui è o non è nostro fratello? -L’arancione rise.  -Dimmi tutto senza problemi.
Il bambino sorrise… sembrava imbarazzato. -Prometti che non ti arrabbi.
Minaho fece una faccia fintamente severa. -Mh… prometto!

-Ecco… -Rex si girava i pollici. -Dove… Dove sono la tua mamma e il tuo papà? Non mi hai mai parlato di loro… questa notte ho sentito che li chiamavi…
Minaho sbiancó. -Io…io…
-Vieni Rex, ti porto a vedere una cosa speciale… andiamo a vedere la macchina del tuo nuovo papà!- Manabe prese la mano del piccolo.- Ci sediamo un po’ e ti faccio giocare con i miei occhiali… Min deve finire di fare la valigia sai…

L’arancione sospirò. -Aspettate… aspettate.  Rex… vieni qua.

Il bambino corse tra le braccia di Minaho, che lo fece sedere sul letto vicino a sé. Manabe si sistemó al suo fianco.
-Ecco… -Minaho sembrava in difficoltà.-Vedi… non ti ho mai parlato di mamma e papà perché… perché… ecco… loro sono in cielo.
Il piccolo spalancò la bocca. -Come… come i miei genitori…

Minaho sorrise triste. -Già… sono tutti lassù in cielo. Ma questo non vuole dire che… che non ci guardino e ci vogliano bene, sai? Anche io li sento tante volte quando dormo… loro sono sempre con noi.
Rex non rideva. -Fratellone… scusa se ti ho chiesto dei tuoi genitori… non volevo farti piangere!! -Il bambino si era accorto di una lacrima sul viso dell’arancione. -Sono stato cattivo! Non… non volevo…. farti… piangere!!
Minaho sorrise tra le lacrime. -No… piango perché sono tanto felice di averti conosciuto, sai? Non sono triste… non lo sono. Vieni qua! Vieni…

Il bambino tuffó il viso nel petto dell’arancione. Minaho lo abbracció sussurrandogli dolcemente di stare tranquillo.
Manabe sorrise… prima di unirsi all’abbraccio.


-Bene! Vedo che vi volete già tanto bene, voi! -La direttrice era entrata a sorpresa nella stanza seguita dal mister. Entrambi sfoggiavano sorridi radiosi. -E ora… che ne direste di andare tutti insieme a casa?


Endou non finiva più di ringraziare, Manabe non finiva più di ringraziare… la direttrice non si era mai sentita così sommersa di gratitudine. In fondo lei faceva solo il suo dovere… però cui metteva tutta l’anima per farlo.
Era contenta di aver trovato una casa per quel piccolo bimbo speciale… temeva che sarebbe diventato grande tra le mura di quella struttura. Certo… le difficoltà non erano finite, ma si poteva dire di aver fatto un grande passo avanti!

Sorrise mentre salutava il gruppetto che si avviava verso una macchina rossa, nel parcheggio. Aveva fatto il suo dovere… eppure sentiva di essere più ricca dentro, nonostante tutto.


-Bene ragazzi… eccovi a casa! -Endou aveva accostato davanti al cancello di casa di Manabe. -Se non vi serve nulla porterei Rex a  casa… Natsumi non fa altro che parlare di lui da ieri pomeriggio!
Manabe e Minaho sorrisero. -Grazie mister! Grazie di tutto! -Salutato Rex, scesero dalla macchina. Endou ripartí salutandoli con la mano.


Casa.
Finalmente a casa! Minaho si lanciò sul divano a tuffo. -Man… quattro giorni e mi sembra di non entrare qui da mesi… non sai quanto mi sei mancato.
-Anche… anche tu… la prima notte ho pianto… sono sempre una femminuccia, nonostante tutto.
Minaho sorrise. -Guarda che ho pianto anche io… e pure la seconda,  ah già! Anche la terza… non ti preoccupare… piangere è normale.
Manabe sospirò. -Ti voglio bene. E ora… che ne dici di un bel panino?


I due ragazzi pranzarono raccontandosi di tutto. Erano felici come delle pasque. Minaho raccontò di quanto triste sia l’’orfanotrofio… di quanto dolore e quando speranza vi convivano dentro. Manabe da parte sua raccontò dell’incredibile coincidenza del dottor Mizuki e dei giorni in cui era rimasto solo.

Il pomeriggio passò come un fulmine tra un racconto e una partita a carte, un gioco di società e una storia di paura. In pochi istanti era già ora di andare a letto!
-Bene Man… è stata una giornatona, sono molto stanco, ho bisogno di coccole e sappi che dormirò con te.
Manabe ridacchió. Tipico di Minaho… mettere insieme tante informazioni per nascondere il suo vero obiettivo!  -E va bene… mio letto o tuo letto?

In quel momento suonò il telefono fisso.

-Oddio… chi può essere a quest’ora?  -Nella voce di Manabe si percepiva l’angoscia. Erano passate le undici!
V… vai a rispondere Man… preghiamo che non… che non siano i tuoi genitori!


Il lilla corse al telefono con il cuore in gola. Alzò la cornetta e…

-Allenatore Endou! Santo cielo che paura! Che… che cosa le serve?
Minaho sospirò di sollievo… niente di grave pareva.
-Certo… certo. Capisco… aspetti, le passo Min…
L’arancione corse al telefono e prese la cornetta. -P…pronto?

-Minaho! -La voce di Endou era spaventata. -Minaho… non riusciamo a fare addormentare Rex! Piange… piange in continuazione… io non capisco… dice che ci vuole bene e che la colpa non è nostra… Natsumi è terrorizzata! Non so cosa fare… non capisco!
Minaho si sentiva stringere il cuore. -Me… me lo può passare mister? Ci parlo io…
Endou non se lo fece ripetere. Appena seppe chi era al telefono, il piccolo si precipitó ad afferrare la cornetta. Piangeva a dirotto.


-F… fratellone… io… io ho tanta paura!  Ho… ho tanta… tanta paura… ci… ci sono i mostri! Ho… ho paura…
Minaho capi subito. -Rex scusa… passa un attimo il telefono all’allenatore… ti prometto che andrà tutto bene ok? Te lo prometto! -Scandí bene le parole.

-Minaho… oddio… hai capito cosa gli sta succedendo? -La voce di Endou era rotta dall’angoscia. Faceva impressione sentirlo così.
-Mister… per caso gli avete fatto fare un sonnellino?
-Ecco… sí… noi… noi pensavamo che dopo la merenda… è ancora piccolo…
-Vede… -Minaho sospirò. -Penso che abbia avuto un incubo… ne fa di terribili. Deve… deve avete avuto qualche trauma da piccolo. Me lo ripassi per favore…

Di nuovo la voce spaventata del piccolo. -F… fratellone…
-Rex… hai avuto un incubo, vero? Cosa… cosa pensi che ti farebbe stare tranquillo ora? Vuoi che ti racconti una favola?
-Fratellone… ecco… io vorrei…


Due minuti dopo, Endou aveva ancora la cornetta.
-Io… io non so che dire… è davvero un disturbo troppo grande per voi… Natsumi ha paura che non riposiate abbastanza… non so se possiamo chiedervi tanto…
L’arancione sorrise a Manabe, che gli fece segno di ok con la mano.
-Non si preoccupi… per lui questo e altro… fate come desidera… poverino, deve essere terrorizzato! Portatelo… Portatelo da noi.


Tempo nemmeno un quarto d’ora e la macchina del mister aveva accostato davanti al cancello di Manabe. I ragazzi, in pigiama, uscirono nel vialetto. La portiera si aprì e un piccolo bambino in lacrime corse tra le braccia dell’arancione.
-Scusa… scusatemi… e scusa anche tu Rex… non… non sono un buon padre.
-No… sei… sei meraviglioso papà! Scusa… è solo per stanotte… di solito non faccio così tanti brutti sogni… prometto!
Il mister sorrise debolmente. -G… grazie… sei dolce. Allora buona nanna! E scusate ancora…


Cinque minuti dopo, un letto da una piazza e mezzo si trovava invaso da ben tre persone.
-Man... Sei felice? Sembriamo proprio una famigliola!
Il lilla rise. -Sst… sta già dormendo credo!
Ed era vero… il piccolo Rex si era addormentato, stretto tra le braccia dei suoi nuovi amici.

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Capitolo 49
*** Giorno di pioggia ***


'Cause baby, when you're gone
All it does is rain, rain, rain down on me



-Ehi! Fratelloni? Sveglia!  Il sole è già alto!

Un bambino dai capelli castani e con gli occhi color ambra se ne stava in piedi su un letto. Sullo stesso letto, semisepolti dalle coperte, un ragazzo lilla e uno arancione ronfavano beati come panda in piena fase digestiva.

-Ehi… voi ragazzi grandi non dovete andare a scuola? -Il piccolo si tuffó addosso a Minaho, che borbottava assonnato.
-Mpf… cos.. un minuto….
-Ma… sono già le otto… fratellone…

Minaho scattò come una molla, finendo per travolgere Rex. -Coooooosa? La sveglia! Perché non ha suonato? Aiuto! -Il ragazzo era estremamente buffo, rosso come un pomodoro e con i capelli arruffati sparati di qua e di là.
-Man! Svegliati, svegliati razza di micio in letargo! Siamo in un ritardo assassino!

Il lilla si riscosse dal sonno. -Min… che… che ore sono…
-Sigh… le 8 e un quarto!
Manabe scattò proprio come aveva fatto Minaho. Rex si trovò di nuovo a gambe all’aria, e fu solo grazie all’arancione che lo afferrò al volo se non cadde dal letto!

-Aiuto… e come facciamo ora? La… la scuola è già iniziata… anche correndo non arriveremmo prima delle nove passate…
Rex saltò addosso a Manabe e gli diede un bacino sulla guancia. -Fratellone. .. Io ho un’idea, sai?
-D… davvero?

-Certo! Rimanete a casa con me!

Minaho e Manabe si guardarono… prima di scoppiare a ridere ed abbracciare il loro fratellino.


Alla fine avevano deciso di seguire il consiglio di Rex… se consiglio si poteva definire! Telefonarono ad Endou e gli dissero che il bambino sarebbe rimasto con loro fino allora di pranzo, quindi corsero a fare colazione.
Inutile dire che passarono una splendida mattinata. Manabe preparò una torta di ciliegie e dei pancake, mentre Minaho si fiondava in videoteca a fare scorta di film per sé e Manabe e cartoni animati per Rex. Si installarono sul divano con in mano una ciotola di salatini… e così passarono la loro mattinata, con un bambino felice stretto tra di loro e tanta, tanta voglia di volersi bene.
A pranzo ordinarono qualcosa dal ristorante all’angolo e si rimpinzarono come non mai. Nonostante la gioia però… Minaho notó che qualcosa non andava in Rex.
Il bambino sembrava agitato nonostante si sforzasse di sorridere sempre… e più il tempo passava, più sembrava in ansia. Minaho non poté non notare la paura nei suoi occhi quando Endou venne a prenderlo. Non capiva cosa non andasse… era certo che Endou e Natsumi piacessero molto al piccolo, che li descriceva con affetto e tenerezza.. Allora perché quello sguardo? Perché la paura?


-Min, avresti mai detto che sarebbe scoppiata una tempesta simile? È vero che era nuvoloso, ma così…-Manabe si stringeva all’amico, tremando di freddo sul divano. Erano le tre del pomeriggio.
-Già… per fortuna in TV hanno detto che fra poche ore dovrebbe smettere, e prima del tramonto uscirà il sole… in effetti fa abbastanza freddino! -L’arancione si scaldó le mani con la coperta che teneva sulle ginocchia.

Stavano guardando un film interessante. Parlava di guerra… i film storici erano tra i loro preferiti.
-Man… che ne pensi di un biscotto al cioccolato? -L’arancione, dopo aver ricevuto un segno di assenso dell’amico, si alzò e si diresse verso la cucina. In quel momento squilló il telefono.

-Vado io Min… non ti preoccupare! -Manabe si alzò stiracchiandosi e prese la cornetta.

-Manabe! -Di nuovo la voce di Endou… il lilla ebbe il presentimento che le cose con Rex non andassero ancora bene.
-Mister… mister che succede? Rex ha fatto un altro brutto sogno?
Minaho si era avvicinato di corsa, un vassoio in mano, appena aveva sentito che si  trattava del mister il cuore gli era balzato in gola.
-Manabe… io… io sono un pessimo padre! Faccio pena… Rex… Rex è… -La voce dell’allenatore era rotta dal pianto.
-Allenatore! Parli.. parli la prego! Cos’è successo?

Endou singhiozzó. -Lui… lui è scappato!

Il vassoio cadde sul tappeto, mentre Minaho sbiancava.


Due minuti dopo, Manabe cercava di consolare Minaho che piangeva come una fontana, seduto sul divano, con la maglietta umida del succo che si era rovesciato addosso.
-È… è tutta colpa… mia… mia! Io… avevo capito che… qualcosa non andava ma… ma non sono… non gli ho chiesto… oddio è colpa mia!
Il lilla teneva la mano di Minaho e cercava di consolarlo. Aveva capito quanto si fosse affezionato a quel bambino. Gli permetteva di sentirsi importante per qualcuno… lo faceva diventare protettivo. -Proprio come con me… -pensò Manabe.

-Ascolta Min… sai quanto è maturo e intelligente Rex… figurati se si mette in pericolo…
-Ma… Ma. .. Fuori piove! Ci sono i fulmini… avrà paura… sarà tutto solo!
Manabe sorrise dolcemente. Sapeva bene quanto fosse premuroso Minaho con le persone alle quali voleva bene. Però purtroppo aveva ragione… un bambino di cinque anni… solo nel mezzo della tempesta…
-Min, lo vado a cercare. Ti giuro che lo riporteró a casa… te lo giuro.


Endou aveva girato in macchina tutto il quartiere… Dove poteva essere quel bambino? A casa Natsumi stava impazzendo di angoscia, e lui non era da meno. Si sentiva così incapace… forse non era pronto a fare il padre.
Il vento ululava tra le chiome degli alberi. Erano le tre e mezza, eppure sembrava notte. Una spessa coltre di nubi copriva il Sole.
-Dove sei… dove sei…


Manabe e Minaho erano imbacuccati nei loro impermeabili. Stavano pattugliando il parco. L’arancione continuava a piangere, mentre sul suo viso le lacrime si mischiavano alla pioggia. Aveva i capelli schiacciati sulla fronte a causa dell’acqua, mentre gli occhiali di Manabe erano così appannati da impedirgli completamente la vista oltre pochi passi da sé.
-Rex! Dove sei! Rex! -Le urla si perdevano nella vastità del parco sulla collina. Nessuno intorno a loro.

L’idea di cercarlo lì era stata di Manabe. Il parco, estendendosi nel bel mezzo della città, collegava quasi perfettamente il quartiere di Endou con quello del lilla. Anche Minaho era convinto che fosse la strada giusta… qualcosa gli diceva che il bambino stesse cercando di tornare da loro.
-Rex! Vieni fuori… ti… prego… -Minaho aveva la voce rotta dal pianto. Il vento urlava… urlava e gemeva. Eppure… eppure perché gli sembrava di sentire qualcosa…

-…uto!

-Man! Man! Ho sentito qualcosa! -Il lilla si aggrappó  alla manica dell’impermeabile dell’amico. Manabe si concentrò.

-Aiuto!
Questa volta avevano sentito entrambi! -Rex!! Rex dive sei!!!
Fu allora che Minaho ebbe un terribile sospetto. -Man… Man il canale!

Nel mezzo del parco infatti passava un piccolo canale, usato per ossigenare la zona ed irrigare il parco stesso. Niente di che… era profondo poco più di un metro e largo due, massimo tre metri, ma con una forte pioggia poteva diventare un piccolo torrente, e rischiava di essere letale per un bimbo incapace di nuotare.
Corsero sul ponticello che intersecava il canale a metà del suo corso e guardarono in basso… Rex era lì. Doveva essere scivolato dall’argine, e ora si teneva aggrappato con le mani ad una sporgenza dall’argine stesso, immerso nell’acqua fino alle cosce.

-Fratelloni! Aiuto! Io… io non riesco più a… tenermi…
-No!! -Minaho urló mentre il bambino lasciava la presa e veniva trascinato via dell’acqua. La sua piccola testa scompariva a tratti sotto il pelo dell’acqua fangosa.

L’arancione cadde in ginocchio urlando. Era totalmente nel panico, incapace di muovere un muscolo. Non vide dunque Manabe intento a lanciare a terra l’impermeabile… non vide Manabe correre lungo l’argine… non vide Manabe togliersi le scarpe e soprattutto… non vide Manabe buttarsi in acqua.

Dal ponte, Minaho vide il suo amico farsi strada nel canale, contrastando la tumultuosità delle acqua, verso il punto dove Rex era sparito. Lo vide immergersi… e riemergere tenendo il piccolo tra le braccia.  
Fu allora che l’arancione si sbloccó. Con un grido corse verso l’argine proprio mentre Manabe lo risaliva con il bambino in braccio.

Manabe mise in terra Rex, che corse ad abbracciare Minaho.  L’arancione cadde in ginocchio stringendoselo al petto e piangendo.
-Non… non farlo mai più!  
-Scusa… scusa… -Il piccolo si strinse al petto dell’arancione.


Manabe tremava.

L’acqua era gelida, e continuava a piovere. Era impregnato d’acqua e fango e si sentiva svenire per lo sforzo. Minaho lo sorrise fino a casa, cercando di scaldarlo con il suo corpo. Rex si stringeva a loro impaurito.
Arrivati a casa l’arancione aiutò il lilla a togliersi i vestiti zuppi d’acqua e gli preparò un bagno caldo… non voleva che si ammalasse.

-G… grazie Min… va… va tutto bene, giuro. -Manabe continuava a tremare, ma sorrideva.
-Man, non dimenticherò mai quello che...Quello che hai fatto per me! Sei… sei un eroe.. Il mio eroe preferito. -Minaho abbracció ancora l’amico.


Rex, per tutta la serata, non si staccò un istante da Manabe.
Si sentiva terribilmente in colpa, e temeva di aver perso per sempre l’affetto del suo fratellone.
-S… scusa se… per colpa mia… tu…tu ti sei bagnato…e… e rischi di stare male… e sei quasi svenuto… e capisco se non mi vuoi più bene, sai…
Manabe sospirò. -Vieni immediatamente qui.

Il bambino si avvicinò tremando, lo sguardo rivolto a terra. Manabe gli prese le spalle e… lo sollevò da terra mettendoselo sulle ginocchia. -Non dire mai più una cosa del genere… io e Minaho ti vorremo sempre, sempre bene! Sei il nostro fratellino! -E cosí facendo iniziò a fargli il solletico.
Rex scoppiò a ridere mentre guardava felice Manabe. -Siete così buoni…


Quella sera, davanti ad una tavola imbandita, due ragazzi si trovarono a fissare un bambino intento a mangiare come un lupo.
Endou era stato avvertito e aveva acconsentito a lasciarlo a casa di Minaho e Manabe, non senza una fitta di delusione. Sentiva di non essere il padre di cui quel bambino aveva bisogno.

-Ma… Rex… adesso che è tutto a posto… mi dici perché sei scappato? -Minaho era preoccupato.
-Ecco… io … io voglio bene ai miei nuovi genitori… però… però senza di voi ho paura… ho sempre paura! Papà è andato a lavorare, mamma a fare la spesa… io gli avevo assicurato che sarei stato bene anche da solo per una ventina di minuti, ma poi… i tuoni… ho avuto tanta paura!

Manabe era intenerito. -Poverino…
Anche Minaho sorrise al piccolo, ma non poteva non essere preoccupato. Bisognava affrontare e risolvere quei timori, prima o poi…


La mattina dopo era tornato il sole, e le temperature si erano alzate. Minaho si svegliò allegro e pieno di energie.
Lui e Manabe, lavati e vestiti, prepararono una bella colazione per loro e per Rex. Lo avrebbero portato da Endou prima di andare a scuola… la strada era la stessa.

L’arancione, nonostante la sua allegria e il buonumore, aveva però notato che qualcosa di strano  stava avvenendo in Manabe. Sorrideva ma era pallido, e sembrava avere poco equilibrio.

-Mh… sarà meglio che ti tenga d’occhio, amico mio…

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Capitolo 50
*** Tosse ***


I'm waiting for this cough syrup to come down,
Life's too short to even care at all
I'm coming up now



-Man, questa tosse non mi piace… sicuro che non vuoi una caramella?

Minaho, seduto di fianco al suo migliore amico sul sedile duro dell’autobus, gli diede alcune delicate pacche sulla schiena.
-No… no Min… lascia stare… il bagno di ieri mi ha lasciato solo un po’ di mal di gola… niente di che!  -Manabe sorrise. Minaho lo osservò dubbioso. -E va bene...

Quella mattina il sole faceva brillare le strade, ancora  umide dopo l’acquazzone del giorno prima. Con un simile caldo, si sarebbero asciugate in poche ore. La città si era svegliata come una testuggine che esce dal riparo del suo guscio.

Arrivati a scuola, Manabe e Minaho si accomodarono nei loro soliti banchi e tirarono fuori libri e quaderni. Li aspettava una verifica di matematica, due ore di pesantissima chimica… sarebbe stata una mattinata impegnativa.
Come se non bastasse, il lilla era sempre più pallido, e di conseguenza Minaho sempre più preoccupato… temeva che stesse incubando qualche malattia.


-Bene ragazzi! Il compito è questo… auguri, e guai a chi cercasse di fare il furbo!
La prof di matematica si sedette alla cattedra e mise mano al plico di fogli che ancora doveva finire di leggere e firmare. La classe si gettò nel compito con vivo terrore.

Minaho rise tra sé guardando il foglio. Il solito. .. un compito apparentemente impossibile, che a una seconda lettura risultava tutt’altro che complesso. Niente di nuovo. Da quando aveva conosciuto Manabe inoltre le sue già notevoli capacità nella matematica erano migliorate ancora… e chissene se i compagni trovano qualcosa da dire… lui aveva sempre aiutato chi chiedeva consiglio, e aveva tutto il diritto di dare il massimo.

Si accinse con tranquillità al lavoro. Un equazione qua, un limite là… procedeva spedito… allora cosa c’era di strano… cosa lo agitava?
Manabe non scriveva. Assurdo… Manabe, campione nazionale alle gare di calcolo complesso, nettamente più esperto della stessa professoressa, fissava il foglio con sguardo vuoto e si teneva la fronte. Qualcosa non andava.

Minaho non poté togliersi questo senso di ansia di dosso per tutta l’ora… anzi aumentó quando si rese conto che lui consegnava con largo anticipo un compito fitto di appunti e soluzioni,  mentre Manabe aspettava ancora per dare infine un  semplice foglio con qualcosa scarabocchiato sopra, tornandosene poi al posto barcollando. C’era decisamente qualcosa di strano nel modo in cui si teneva la testa e respirava con la bocca.

Ora seguente… chimica. Il professore entrò con il suo solito passo pendente a sinistra e si accomodó in cattedra. Era un ometto dagli occhiali cerchiati di metallo, apparentemente molto timido ma tutto sommato buono.
-Salve ragazzi… spero che abbiate svolto tutti i vostri compiti a casa. Oggi interrogo… sapete che inizia il secondo giro di interrogazioni, no? Vediamo un po’…

L’uomo preso il registro e lo aprì, calcandosi sugli occhi gli occhialini.

-Non Manabe… non Manabe… ti prego non Manabe…-Minaho stringeva i pugni. Non era così pronto… a causa dell’incidente con Rex aveva potuto studiare solo un’oretta dopo cena, ma il suo amico stava poco bene… Doveva salvarlo. Alzò la mano di scatto. -Prof, se accetta volont…
-Manabe Jinichirou! Vieni alla lavagna!

Minaho lasciò cadere il braccio sul banco e si morse la lingua.
-Minaho Kazuto, tranquillo, ti ho visto. Oggi sento Manabe, ma domani se lo desideri…
Il professore sospirò. Minaho sforzó un sorriso di circostanza mentre mezza classe borbottava… -Secchione! Lecchino! -L’arancione non gli diede importanza. .. sapeva che alla fine se fosse andato volontario quella banda di ipocriti sarebbe stata zitta per decenza. Faceva comodo a tutti.

Manabe si alzò a fatica dal banco. Era pallido come uno straccio. Si sistemó vicino alla cattedra mentre Minaho lo fissava angosciato.
-Benissimo… dimmi, Manabe… cosa si intende per Oogonio?
-Dunque… l’oogonio è… è una cellula diploide… che… che… -Manabe ansimava vistosamente.
-Manabe, ti senti bene? -Il professore si accomodó gli occhiali sul naso.
-Certo! Niente… niente di che… dicevo… l’oogonio è una cellula diploide che si… si divide per mitosi originando… un ovocita primario il quale… -Il lilla si fermò tenendosi il petto, sconvolto da un colpo di tosse.

-Manabe, se ti senti poco bene rimandiamo a domani… sei uno studente eccellente… non sarà un problema per una volta.- L’uomo sembrava preoccupato.
Manabe alzò la mano come a fermare il discorso, quindi riprese. -L’ovocita primario attende anni in fase … di Meiosi 1… prima di… di… -Manabe sbiancó.
-Manabe! Il professore scattò in piedi, in contemporanea anche Minaho faceva lo stesso.

Il lilla cadde a terra, privo di sensi.



Caldo… caldo che risale dai piedi lungo le gambe… un dolore strano, soffuso, alla testa… una mano calda e una fredda.
Manabe aprì lentamente gli occhi su un cielo bianco. No… nessun cielo. Era il soffitto di una stanza. Girò lentamente la testa… era disteso. Minaho, seduto su una sedia vicino a lui, si fissava le mani.
-M…Min…  dove… dove… sono…

L’arancione alzò la testa di scatto. -Man!! Oddio Man!! Ti sei svegliato. .. Sei rimasto privo di sensi per quasi dieci minuti… oddio è stato terribile! Perché… perché sei venuto a scuola? La dottoressa dice che… che hai quaranta di febbre! È… è altissima! Come… oddio… che paura…
Manabe non capí molto da quel fiume di parole. Si sentiva il petto pesante come non mai… la testa gli faceva male, e il naso era chiuso.
-Io… scusami… non credevo…
-Sssst…  non parlare… sei debole. Adesso la dottoressa viene a visitarti bene, poi ti porto a casa… andiamo a casa.


Il lilla si ridistese e chiuse gli occhi. -Min… scusa ancora… dopo… dopo mi… mi farò perdonare giuro… io non credevo di stare così… male. Prima… prima era molto più sopportabile… dio, ho la testa in fiamme…
Minaho sorrise. -Non preoccuparti… non preoccuparti. Ho… ho solo avuto paura, ecco… so che non è colpa tua. È stato il bagno gelato di ieri… aspetta.

L’arancione bagnó un fazzoletto, lo strizzó e lo mise sulla fronte dell’amico. -Dove ti fa male?
-Mi sembra che mi stiano trapanando la fronte… deve essere colpa della febbre, credo…
Minaho si soffió sulle mani per scaldarle. -Man, chiudi gli occhi e rilassa completamente la fronte…ti faccio un massaggio… magari ti dà un minimo di sollievo.
Appoggió le dita delicatamente sulle tempie dell’amico e iniziò a massaggiarlo con dolcezza. Era bollente. Gli scostó un ciuffo di capelli per massaggiargli la fronte. Sentí i muscoli contratti sciogliersi lentamente sotto alle sue dita. Manabe sospirò di sollievo.

-Ascolta… non vorrei che… insomma… è una cosa grave… -Minaho aveva il terrore  di rivivere i momenti del ricovero di Manabe… si sentiva mancare a solo pensiero.
In quel momento entrò la dottoressa. -Bene… vedo che sei sveglio! Non sapevi di avere la febbre così alta? Hai commesso una grave imprudenza!
Manabe arrossí. -Io… io non immaginavo, davvero…

La donna sorrise. -E va bene… ti credo. Ora però devo visitarti… togliti la maglietta per favore e siediti sul lettino.
Manabe fece per spogliarsi, ma ebbe un capogiro. Minaho lo sorresse e lo aiutò a togliersi la maglietta… era davvero debole.
-Dunque. .. vediamo un po’…


Minaho era nel panico.
La dottoressa stava visitando Manabe da dieci minuti. Gli aveva preso il polso, la pressione, misurato l’ossigeno e ascoltato i polmoni… la tosse del ragazzo peggiorata a vista d’occhio e la donna non sembrava affatto tranquilla.

-Mh… mi dispiace, non ho belle notizie…
No… non un'altra volta… Minaho cadde in ginocchio, scoppiando a piangere. La tensione era esplosa di colpo.
-No!! No!! Non morire!! Non morire non morire non morire!!! Non voglio!! -Era una crisi di panico in piena regola. La donna era rimasta come paralizzata.
-Ehi… ehi!!! Minaho Kazuto!! Respira! Respira, su… stai tranquillo! -La donna lo prese per le spalle e gli diede alcuni colpetti sulle guancie. Minaho aveva il respiro accelerato. -Tranquillo… non morirà nessuno! Manabe non morirà! È solo una polmonite… è pesante, è vero, ma non morirà assolutamente… credimi!

Minaho smise di piangere di colpo. -Una… polmonite?

-Sì… una polmonite. È grave, certo… ma abbiamo gli antibiotici… non c’è pericolo,  te lo assicuro. Non esiste alcuna possibilità che muoia, stanne certo!
Minaho si vergognó di colpo della scenata che aveva fatto. Gli era passata davanti una parte terribile della sua vita… tutta la sua logica e il suo intuito erano stati incapaci di frenare il suo cuore.
-Io… io… scusatemi. Sono stato ridicolo e infantile.

La dottoressa sorrise e gli mise in mano un bicchiere d’acqua e zucchero. -No… non sei stato infantile. So cosa hai passato… è colpa mia, dovevo subito dirti che non c’era pericolo. Scusami… bevi questo, hai bisogno di liquidi.
In tutto ciò Manabe era rimasto pensieroso sul lettino, un po’ perché si sentiva malissimo e un po’ perché si sentiva in colpa… doveva starsene a letto, quella mattina.

-Bene!- La dottoressa si tolse i guanti. -Vi firmo il foglio di uscita… Minaho, riportalo a casa… mettilo a letto e fallo riposare. Questa è la prescrizione dell’antibiotico che deve prendere… ve ne do un paio di scatole, vedrete che basteranno. Prendine una al mattino, una a pranzo e una a cena e vedrai che in tre o quattro giorni il peggio sarà passato. Se dovessi sentirti male, o se dovessi faticare a respirare chiamate subito il vostro dottore… per sicurezza vi do anche il mio numero. E…Minaho, stai calmo, non succederà nulla, credimi.


I ragazzi, dopo aver ringraziato, si avviarono all’uscita.  Ovviamente Manabe non poteva camminare, e si dovette far portare a casa da Endou, chiamato per l’occasione e precipitatosi subito.
-Ragazzi… sapeste quanto mi sento in colpa… è stato per salvare Rex… non doveva succedere.
-Mister… non si preoccupi! -Manabe si sforzó di parlare normalmente. -Non… non è niente di grave, in fondo. Rex… come sta?
Endou sorrise. -Bhe… meglio, credo. Stamattina non ha pianto… mi ha anche chiamato papà… e ha detto a Natsumi che è una mamma bellissima! -Minaho e Manabe scoppiarono a ridere felici. -Ottimo!


Dieci minuti dopo erano davanti a casa di Manabe. Endou li salutò e tornó a casa dopo essersi raccomandato che stessero attenti e che lo chiamassero in caso di bisogno, mentre Minaho prendeva dolcemente in braccio l’amico.
-Vieni Man… tieniti al mio collo.
L’arancione portò Manabe a letto e lo coprì ben bene. -Adesso vado a prenderti il pigiama… -Manabe non fece in tempo a fermarlo che era già tornato. Guarda! Azzurro… starà benissimo con i tuoi capelli!
Il lilla rise. -Oddio… temo che tu debba spogliarmi!


All’ora di pranzo Minaho insistette affinché l’amico mandasse giù un brodino. Manabe, da parte sua, non si dovette sforzare troppo. Di solito, nonostante la febbre, non perdeva mai del tutto l’appetito.
-Bravo Man… la febbre?
-Trentanove e mezzo…
-Allora… tachipirina! Non sentirò obiezioni! -L’arancione corse a prendere la pastiglia e costrinse l’amico a ingoiare. -Vedrai… così la febbre scenderà.

-Ascolta Min… ho un brutto presentimento su una cosa…
-Dimmi Man.
-Ecco… tra tre giorni abbiamo il processo per l’emancipazione! Come… come cavolo facciamo??

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Capitolo 51
*** Little trouble ***


Era un grosso problema.
Un enorme problema.


Mancavano solo tre giorni all’udienza, dove sarebbero stati presenti gli agguerritissimi genitori di Manabe con i loro avvocati, e il lilla era a letto con una brutta polmonite. Le speranze che tornasse in pista in così poco tempo erano al lumicino.
Come se non bastasse, i fatto degli ultimi giorni gli avevano fatto perdere di vista una necessità fondamentale. Trovare persone d’accordo a testimoniare!
Il mister Endou aveva già accettato, ma chi altri sarebbe stato pronto a sostenere davanti a un tribunale che Manabe era degno di essere considerato adulto?


-Min… Min siamo perduti… è tutta colpa mia… ho rovinato tutto! -Il lilla si mise le mani tra i capelli, prima di venire sconvolto da un attacco di tosse violento.
-Man! Non sforzarti… non sforzarti. Non è colpa tua… non è colpa tua assolutamente! E poi abbi fiducia… troveremo una soluzione, la troveremo senza dubbio. Fammi pensare…
Manabe sospirò mentre il suo amico si portava la mano al mento e rifletteva. -Ci sono!

-Cosa… cosa hai pensato Min?
-Bhe… che ne dici del dottore che ti ha operato? Mi era sembrato una persona affidabile!
Manabe spalancò gli occhi. -Ma… Ma è un’ottima idea! Sei un genio! Dobbiamo andare subito a chiam…- La frase del lilla fu spezzata da una scarica di colpi di tosse estremamente violenti.
-Man! Non devi alzare la voce… vedi poi cosa succede… aspetta, ti prendo un bicchiere d’acqua. -L’arancione si diresse verso la cucina con passo leggero.


Il resto del pomeriggio passò nell’incertezza più totale. Non avevano idea di chi convocare a testimoniare… e Manabe non stava affatto meglio.
-Ahhh… pe’ quanfo ancofa defo stae in ‘uesta posisione? -Manabe, a bocca spalancata, si teneva a una spalla dell’amico che, con l’ausilio di una piccola torcia, gli stava scrutando la gola.
-Man… porta pazienza… ho quasi fatto! Siamo messi maluccio eh? Hai le tonsille coperte di ulcere… Evvai! -L’arancione ricadde a sedere sul divano sospirando. Manabe ridacchió. -Mica è colpa mia!
-Non ho idea di come farai a guarire in soli due giorni Man… preghiamo in un miracolo.


-Eddai… qualcosa devi pur mangiare! -L’arancione sventolava un cucchiaio sotto il naso dell’amico. -Ti ho fatto il risotto al curry che ti piace tanto…
-Scusa Min… mi fa troppo male ingoiare.
L’arancione sospirò. -Mh… proviamo con un brodino? Oppure ti faccio una zuppa…
Manabe sorrise. Non riusciva a deluderlo. -Dai… e va bene. Proviamo questo buonissimo risotto! Mh… buono! Sai che sei sempre più bravo? -Il lilla cercò di nascondere il dolore.

Gli occhi dell’arancione si illuminarono.  -D…davvero? Grazie! Ci… ci tengo tanto a te…
-Lo so… è lo stesso per me Min. Piuttosto… è rischioso che tu stia tanto vicino a me… non voglio contagiarti…
-Stop! -Minaho mise un dito sulla bocca del lilla. -Non ti lascerò solo un singolo istante finché non sarai guarito! Non sento ragioni!
Manabe sorrise, sospirando rassegnato.


Minaho avrebbe voluto dormire in camera con Manabe, ma il lilla fu a sua volta irremovibile. Troppo rischioso, aveva detto. L’arancione aveva dovuto, a malincuore, dargli ragione.
Steso sul suo letto rifletteva sulla difficoltà che di punto in bianco era sorta, l’ennesima.
-E ora? Domani devo assolutamente trovare una soluzione… -pensò, le mani dietro la nuca, fissando il soffitto.
A intervalli quasi regolari il silenzio della notte era rotto dai colpi di tosse di Manabe. Quanto lo angosciava quel suono… ripensó alle parole della dottoressa, che gli aveva assicurato che non ci fosse pericolo, e cercò di calmarsi.  Aveva comunque deciso di rimanere sveglio, per ogni evenienza. Avrebbe dormito il giorno dopo un paio d’ore, dopo colazione.

Pensó a Rex. Avevano chiamato a casa di Endou prima di andare a letto, per salutarlo. Era la sua prima notte a casa del mister… gli aveva promesso che avrebbe cercato di farcela. Quel bambino era straordinariamente maturo per la sua età.
Le coperte erano calde… così calde. Non si era reso conto di quanto fosse stanco. Se avesse chiuso gli occhi un minuto, per riposare la testa, non sarebbe successo nulla…


Minaho si svegliò di colpo. -Dannazione… mi sono addormentato! -Prese in mano il cellulare… le quattro e mezza di mattina. -Ho dormito quasi tutta la notte. .. Presto sorgerà il sole. Cavolo… dannata stanchezza!
Minaho fece per stendertsi di nuovo quando udì qualcosa, come un rumore in sottofondo. Inizió a chiedersi perché si fosse svegliato di colpo… non aveva fatto brutti sogni. Doveva… Doveva aver sentito qualcosa.
Tese le orecchie e ascoltò con attenzione. Come un rumore di passi.
-Dio… per pietà i ladri no! No… non anche questa…

L’arancione si alzò in silenzio e si avvicinò alla porta. Prese in mano un libro, il più pesante che trovò sulla scrivania. Non era di certo un arma, ma non aveva altro.
Mentre appoggiava l’orecchio sulla porta sentì che i passi si avvicinavano. Deboli… strascicati. Ricordò il film sugli zombi che aveva visto due giorni prima e rise della sua autosuggestionabilità. Mise la mano sulla maniglia… e spalancò la porta.

-Manabe!!
Il lilla cadde tra le braccia dell’amico. Era bianco. Spaventosamente bianco. Boccheggiava e un fischio inquietante sottolineava ogni respiro.
-Man! Man che hai?? Oddio!! Oddio che hai??
Manabe non era privo di sensi, ma dalla sua bocca aperta non usciva suono. Solo le braccia dell’arancione lo trattenevano dal cadere a terra.

Minaho lo prese in braccio e lo distese sul suo letto. -Manabe! Manabe! Dio è colpa mia… mi sono addormentato maledizione… che hai? Perché non parli Man!!
-A… a… aiutami…
Sbam.
Minaho si paralizzó.
Mai. Mai Manabe gli aveva chiesto aiuto. Nemmeno quando stava per morire, nemmeno quando si trascinava su una sola gamba. Mai. Andò nel panico.

-Manabe! Devo chiamare un’ambulanza? Man rispondimi!! -L’arancione sorreggeva la testa dell’amico e gli sfregava la fronte con le dita. Era spaventosamente pallido e scottava.
-N… non… non… -Manabe emetteva strani suoni gutturali dalla gola. -Non… riesco… a… a… respirare…
Minaho andò nel panico più totale. -Come?? Come non riesci a respirare!!? Oddio!! E adesso che faccio!! Che faccio!!

Una scossa di adrenalina lo attraversò. Afferrò il cellulare e compose il numero del soccorso. In due minuti, con una chiarezza che stupì anche lui, aveva spiegato lo stato dei fatti. La voce spaventata dell’infermiera del Call Center lo terrorizzó ancora di più.
-Cercate di resistere… tra cinque minuti L’ambulanza sarà da voi.
Minaho benedisse mentalmente il fatto di abitare a pochi isolati dell’ospedale. -Man… tieni duro! Tieni duro ti prego…

Il lilla aveva gli occhi lucidi. L’arancione gli sbottonó la camicia del pigiama e gli scoprì il petto appoggiandovi sopra l’orecchio. Sentí un gorgoglio agghiacciante. -Man… calmati… cerca di fare entrare aria nei polmoni!!
Minaho era nel panico. Non sapeva nemmeno fare una respirazione artificiale, cavolo! -Maledetto me e quando a scuola ho rinunciato al corso di pronto soccorso…

L’angoscia era tale che non si rese nemmeno conto dell’arrivo dei dottori. Al suono del campanello corse ad aprire la porta, permettendo l’ingresso ad una serie quasi infinita di paramedici.


Gli eventi successivi erano stati confusi.
Minaho era seduto in un corridoio di ospedale, reparto di pneumologia.
Un dottore uscì dalla porta della stanza dove Manabe, in barella e con una maschera di ossigeno in faccia, era stato portato.
-Tu sei il ragazzo che ci ha chiamati, vero? Sei stato bravo.

Minaho era angosciato. -Dottore… Non morirà, vero? La supplico mi dica che non morirà!!
Il dottore si sedette. -No, non morirà, non temere.
L’arancione sentì un pugno allo stomaco. L’angoscia si sciolse di colpo.
-Ecco… la brutta polmonite che il tuo amico ha contratto gli ha provocato un versamento di liquido in un polmone. Per quello non respirava… comunque non temere. È una cosa davvero grave, ma ora è in ospedale, non corre più nessun rischio. Se ti può tranquillizzare sappi che non dovremo nemmeno operarlo… pensiamo che l’edema si riassorbirà senza problemi da solo con gli antibiotici. Certo… dovremo tenerlo ricoverato tre o quattro giorni, ma poi ti prometto che tornerà come nuovo! Credimi, non gli succederà nulla.

Minaho fissava il vuoto. Certo, sapere che Manabe era al sicuro era la cosa più importante ma… così il processo era definitivamente un capitolo chiuso. Ringraziò il dottore con voce atona. -Quando… quando posso parlare con lui?
-Bhe… il dottore era dubbioso. -Penso che sia meglio che questa notte riposi. Lo abbiamo dovuto sedare… dormirà almeno fino a mezzogiorno. Vai a scuola… quando uscirai vedrai che sarà sveglio e potrai parlarci.
Minaho represse un singhiozzo. -Posso… posso almeno salutarlo?
-Bhe… non so se…
-La prego! Solo un istante… solo un brevissimo istante! -Minaho prese un lembo del camice del medico.
-E va bene… -Il dottore sospirò. -Un secondo solo, però…


La stanza era bianca. Minaho odiava la freddezza di quegli ambienti.
Manabe dormiva sereno. Gli avevano tolto il respiratore per sostituirlo con uno più piccolo e leggero, e aveva una flebo di fianco al letto. Minaho si avvicinò.
-Man… Man, hai sentito? Non è una cosa… una cosa grave… solo qualche giorno. -L’arancione si sentiva a disagio. -Io… io devo andare, ma quando ti sveglierai domani sarò di nuovo qui, promesso… stai attento eh… attento… ti… ti prego…
Minaho dovette uscire. Non voleva scoppiare in lacrime.


Tornato a casa si rese conto che il sole stava sorgendo. Inutile tornare a letto… anche volendo non sarebbe riuscito a dormire.
Si fece una doccia senza troppa voglia e mangiò un pezzetto di pane. Aveva lo stomaco chiuso. Mentre si metteva la divisa ebbe la spiacevole sensazione di essere ammalato. La ignoró. Si  sentiva male per colpa della maledettissima ansia.

Prese l’autobus. La scuola sembrava più lontana senza Manabe seduto al suo fianco… non ricordava nemmeno più che fino a pochi mesi prima faceva quel tragitto sempre così, in silenzio e guardando il mondo con dolore.
Cercó di consolarsi pensando che Manabe era al sicuro e che era questione di pochi giorni… Doveva sfoggiare un finto sorriso in classe… davanti ai compagni.
Ipocriti. Non li odiava nemmeno più… aveva smesso di farlo quando aveva scoperto che amare è più degno di odiare. Piuttosto li ignorava.


Entrò in classe.
-E via… diamoci dentro… sono solo poche ore…

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Capitolo 52
*** Buttato fuori ***


I see those tears in your eyes
I feel so helpless inside
Oh love, there's no need to hide
Just let me love you when your heart is tired
Cold hands, red eyes


-Dunque, come si può dedurre dal PowerPoint, l’arte barocca in Italia si caratterizza, dopo il concilio di Trento, per…
Il professore di storia dell’arte andava avanti imperterrito da quasi un’ora… e ne aveva un’altra davanti a sé. Minaho non aveva voglia di alzare gli occhi dal banco, figurarsi ascoltare.
-… una estrema ricchezza di decorazione, opulenza e magnificità. Nello stesso periodo, l’interesse crescente…

L’arancione sentiva le palpebre farsi pesanti. Chissà come si doveva stare bene nel letto a quell’ora. .. Non aveva chiuso occhio a parte le due ore di sonno prima del ricovero di Manabe, e si sentiva distrutto. Sentí una grande pace impossessarsi di lui e perse la cognizione del tempo.

-MINAHO KAZUTO!

Minaho si svegliò di scatto, agghiacciato. -S… sí? D…dica professore…
-Immagino che saprai dirmi la principale differenza tra architettura gotica e barocca, vero? Ne ho appena parlato.

L’arancione sbiancó. -E… ecco… io…
-Tu stavi dormendo. -Il professore lo fissava con rabbia. -Non pensi sia il caso di andare a letto prima la sera? Da te non me lo sarei mai aspettato! Perdere tempo a fare baldoria invece di studiare, e questi sono i risultati! Tu e quel tuo amico…
-COSA STA INSINUANDO? -Minaho non era riuscito a trattenersi e la voce si era alzata. Era decisamente un grido. Si morse la lingua.

-Bene bene… -L’insegnante era impassibile. -Che ne pensi di andare a farti un giretto? E bada bene, non voglio vederti rientrare questa mattina. Passa pure in presidenza. Arrivederci!
Minaho si alzò dal banco tenendo gli occhi bassi. Fu scosso da un singhiozzo che non riuscì a reprimere.
-Piangere non servirà a nulla! Forse è ora di crescere, ragazzo mio. Fuori!

L’arancione prese lo zaino con mani tremanti e corse fuori dall’aula… troppo silenziosa perché non risuonasse in sottofondo la voce di chi, ridacchiando, sussurrava -Piagnucolone! Sei proprio un debole, Minaho!


Non aveva intenzione di piangere.
Cercó di camminare per il corridoio a testa alta, ma si sentiva sporco. Non era mai stato sbattuto fuori e gli sembrava che tutti sapessero e giudicassero… senza Manabe si sentiva vulnerabile.

Si infilò in un bagno. Aveva bisogno di un cantuccio per calmarsi… solo cinque minuti, pensò.


La preside si stupì quando vide un ragazzo pallido, con gli occhi rossi e i capelli arancioni spettinati entrare silenziosamente nel suo ufficio. Dove lo aveva già visto? Si ricordò di colpo… era il ragazzo che aveva picchiato un bullo per difendere il suo migliore amico! Le avevano anticipato che si era beccato una sanzione disciplinare…

-Salve! Minaho, vero? Sei sconvolto… perché non ti siedi e mi racconti un po’ cos’è successo? Sono sicura che ci sarà una spiegazione.
L’arancione era esitante, ma alla fine si lasciò andare e raccontò tutto. Non solo dell’incidente in classe, ma anche di Manabe, dell’orfanotrofio… non sapeva perché. Non si rendeva nemmeno conto di stare dicendo cose che non avevano nessun rapporto con il motivo per cui era lì. Sembrava che le parole gli uscissero dalla bocca senza che lui potesse fermarle.
La donna, da parte sua, lo ascoltava con attenzione e non sembrava far cenno di essere stufa o di volerlo interrompere. Aveva addirittura mandato via una segretaria dicendo di tornare l’ora seguente.

-Bhe… mi sembra di capire che la situazione sia stata… come dire… movimentata, negli ultimi giorni. Come… come hai detto che si chiama il tuo amico?
-M… Manabe Jinichirou, signora.
-Manabe… capisco. -La donna sorrise. -Sai… anche io avevo una cara amica quando avevo la tua età. Lei… lei però non c’è più. Mi manca ogni giorno. Ogni giorno.

L’arancione spalancò gli occhi. -Anche… lei…
-So cosa si prova quando rischiamo di perdere le persone cui vogliamo bene. Non temere, parlerò io con il tuo professore… lui non sapeva,  altrimenti non avrebbe reagito così. Comunque sia… forse è meglio se per oggi torni a casa. Non fraintendere, non ti sto sospendendo… lo dico solo perché penso che tu possa essere più utile vicino al tuo amico, piuttosto che qui a girarti i pollici.
Minaho abbozzó un sorriso speranzoso. -Lei… lei crede?
-Credo, credo! E ora vai a farti un bel sonno… mi pare d’aver capito che per l’ora di pranzo devi essere in ospedale, no? Hai ancora qualche ora… vai su! A domani!

La donna sorrise. L’arancione, un po’ frastornato, ringraziò balbettando e uscì con il cuore in gola.


Minaho passò il resto della mattinata a letto.
Dopo essere tornato a casa si era reso conto di quanto fosse distrutto, e da li il passo verso camera sua era stato breve. Aveva fatto appena in tempo a puntare la sveglia su mezzogiorno.

Lo svegliò uno squillo quando mancavano ancora dieci minuti al suono della sveglia. L’arancione si alzò e si precipitó a rispondere. Ora si sentiva molto meglio. Chi poteva chiamarlo a quell’ora?  Aveva il terrore che fosse l’ospedale… prese in mano la cornetta.

-Pronto, Minaho?
L’arancione tiró un sospiro di sollievo. Era la voce di Endou.

-Ma… allenatore… come fa a sapere che sono a casa…
Nella cornetta la voce del mister ridacchió. -Mi ha avvertito la preside… so tutto, non temere. Piuttosto ho un altro problema…
-Dica pure mister… se posso aiutare lo faccio volentieri…

-Ecco… -La voce dell’uomo era leggermente imbarazzata. -Dopo gli ultimi avvenimenti Rex sta molto meglio e non ha più problemi a dormire da noi… però ha sentito me e Natsumi, poco fa, parlare della polmonite di Manabe… come puoi immaginare, sveglio com’è, ha capito subito che il bagno imprevisto dell’altro giorno era la causa principale… adesso piange come una fontana, dice che è colpa sua e che non gli vorrete più bene… non riusciamo a calmarlo… non è che potresti portarlo con te da Manabe? Ha promesso che non darà nessun fastidio… ha così paura che non vogliate più vederlo…
Minaho sospirò. -Certo… nessun problema. Se lo porta qui da me… io tra dieci minuti mi preparo per andare in ospedale.
Il mister sospirò a sua volta. -Grazie… scusatemi davvero per la situazione. Non fa che parlare di voi… Il pensiero di perdervi è un po’ troppo, per lui.
Minaho ridacchió. -Capisco… non si preoccupi, ci pensiamo noi a lui!


Dieci minuti dopo la macchina del mister accostava davanti al cancelletto e un Minaho già vestito e pronto sorrideva all’insegna del bambino che ne scendeva.
Il bambino in questione, con gli occhi rossi, sembrava quasi spaventato dell’arancione. Camminava piano e tirava su col naso.

-Eddai Rex… non vieni a salutare il tuo fratellone?
Il bambino o su immobilizzó un istante, sembrò tentennare… quindi corse a tuffarsi tra le braccia di Minaho, nascondendo il volto nelle pieghe della sua felpa e stringendosi a lui. Piangeva.

-Fratellone… Man non è… non è … vero? Vero? Ti prego…
Minaho sospirò. -Tranquillo… Man starà bene! Non è affatto arrabbiato con te… non vede l’ora di vederti, ne sono sicuro. Andiamo? -L’arancione sorrise.
Rex smise per un istante di piangere. -V… va bene… andiamo…


Minaho prese la mano del bambino e con lui si incamminó verso l’ospedale.  Rex continuava imperterrito a non parlare, e l’arancione non sapeva che fare per tranquillizzarlo.
-Ehi Rex! Ti stai divertendo a casa del tuo nuovo papà? Pensavo… e se quando Manabe esce di ospedale andassimo tutti insieme a fare un picnic al parco? Cosa ne dici? Ti va?
-Mh… ok… -Il bambino non alzava la faccia da terra. Minaho sospirò.


Camminarono ancora una decina di minuti. Man mano che si avvicinavano l’agitazione del bambino sembrava aumentare.
-Fratellone…
Minaho spalancò gli occhi. Finalmente… che Rex avesse deciso di riprendere a parlare?
-Se Manabe muore è colpa mia. Significa che devo morire anche io.


L’arancione si fermò di botto, dopo aver avuto un tuffo al cuore.

-Rex… -La voce gli uscì come strozzata. Si girò verso il bambino fissandolo con occhi vuoti. Passò un istante lungo come una vita… Minaho alzò leggermente la mano come per portarla al mento… quindi tiró un ceffone al bambino.
Rex cadde in ginocchio per il colpo. Gli occhi gli si riempirono di lacrime.

L’arancione si fissava la mano come instupidito. -Cosa…- si riebbe di colpo quando vide il bambino in lacrime.
-Io… io non volevo!! Non so cosa mi sia preso!! Perdonami ti supplico!! -Prese in braccio il bambino che iniziò a singhiozzare con il viso affondato nell’incavo del suo collo. -Non… non ero in me… ti prego. .. perdonami…
-Scusa. -Il bambino strinse i pugni. -Non… non dovevo dire quella cosa… ma… ma mi hanno detto… mi… mi hanno detto…

Minaho stringeva a sé il bambino. -Cosa… cosa è successo? Chi ti ha detto quelle cose brutte? Chi è stato?
-Sono… sono stati i miei sogni… i miei sogni…
Minaho capí immediatamente. Ovviamente… il senso di colpa aveva dovuto far aumentare in maniera incredibile gli incubi del bambino. Come aveva fatto a non rendersene conto?

-Rex… fratellino… non devi dare ascolto a quelle voci! Non… non sono assolutamente vere! Manabe non è in pericolo, non morirà! Mi credi? Te lo prometto… lo sai che io mantengo sempre le promesse no? Qualunque… qualunque cosa viva nei tuoi sogni, non devi permetterle di dirti cosa fare… sei forte, non arrenderti! Sono… sono solo brutti sogni. Non pensare mai, nemmeno per un momento, di dover pagare tu per quello che è stato solo un incidente, ok?

Il bambino tiró su col naso.
-O…ok… fratellone.


L’ospedale era quello di sempre. Freddo e meccanico, con i suoi lunghi corridoi luminosi e le piante in vaso.

Minaho, tenendo per mano il bambino, raggiunse la guardiola delle infermiere del reparto di Manabe. Era orario di visite, e alcune persone camminavano per il corridoio entrando e uscendo dalle varie stanze.

-Salve dottore… potrebbe indicarci la stanza di Manabe Jinichirou, per favore? -Minaho sorrise.
-Certamente ragazzi… camera 34, poco dopo le macchinette del caffè… si è svegliato già da un paio d’ore.
-Grazie mille! Ma… non ci dà una mascherina? Non avete paura che qualcuno possa venire contagiato? -L’arancione non pensava a sé, ma a Rex.
-Non temete… -Il dottore sorrise. -La forma di polmonite che ha il ragazzo è estremamente poco contagiosa, non correte pericoli particolari. Sentito piccolo? -L’uomo si rivolse direttamente a Rex. -Stai attento a non farti tossire in faccia… ma per il resto puoi dargli anche un bacino se vuoi! Sei suo fratello vero?
Minaho fece per precisare, ma Rex lo anticipó. -Sì! Lui è il mio fratellone!

Minaho sorrise. Perché parlare oltre?  


-Vieni Rex! Andiamo a trovare il nostro caro Man!
Il bambino sorrise. -Non vedo l’ora!

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Capitolo 53
*** Amici in visita ***


All I'm sayin' is if you don't love me no more then lie, lie
Lie, Lie


Minaho, con al seguito un bambino fin troppo agitato, aprì la porta della stanza numero 34.

Il lilla, steso sul lettino in posizione quasi seduta, fissava la porta e vide subito entrare il suo amico. Sorrise e gli si illuminarono gli occhi.
-Ehila? Man? Guarda un po’ chi ti ho portato!
-Rex! -Il lilla stese le braccia mentre il bambino correva a gettarvisi dentro. -Quanto mi sei mancato! Avevi voglia di vedermi? Spero che non ti annoierai in questo posto così freddo…

Minaho sorrise mentre il bambino uggiolava felice, le mani tra i capelli del lilla. -Mh… hai un bel colorito Man! Come ti senti oggi?
-Meglio… meglio. Scusa se ti ho fatto spaventare stanotte… non ti mentiró, ho avuto paura. Ora però va tutto bene, no? La febbre si è abbassata molto e respiro decisamente meglio!
-Fiuu.. Sono contento! -Minaho ricadde su una poltroncina. -Non hai idea… ho avuto così paura…
Manabe sospirò. -Mi… mi spiace tanto, sai? Però… però sono così felice che siate qui! Rex! Sei stato bene dal mister? Oh… sono così contento che tu sia venuto!

Minaho ridacchió. -Vado a prendere qualcosa da sgranocchiare per tutti… immagino che intanto voi avrete tante cose da raccontarvi, no?
Manabe aveva fatto salire Rex sul letto e se lo teneva stretto. A giudicare da come canticchiava la sigla del cartone animato preferito del piccolo, era già decisamente a suo agio. Minaho sorrise… si stupiva sempre di quanto potesse essere tenero il lilla.


L’arancione uscì e mise mano alle monetine che teneva nella tasca dei pantaloni. Aveva visto dei panini preconfezionati nella macchinetta… probabilmente pessimi, ma già qualcosa per chi non aveva ancora pranzato.
Tornó in stanza sgranocchiando un tramezzino gommoso farcito di tonno. Socchiuse la porta… Rex stava steso con la testa sulla pancia di Manabe e giocava con i suoi occhiali. Sembrava a disagio… Minaho decise di non entrare per non agitarlo e, non visto, si accucció vicino al muro, dove poteva sentire cosa i due si dicevano.


-Ehi ehi… come mai sei così… così silenzioso? Hai litigato con Minaho? Guarda che certe cose possono succedere, sai… sono certo che non voleva farti male… è solo tanto stressato… e spaventato…
La voce del lilla era dolce. Minaho ricordò lo schiaffo che gli era scappato senza ragione dalle mani. Si sentì in colpa.
-Certo… certo fratellone… infatti non è questo che mi preoccupa… lo so che non voleva… e poi è stata colpa mia… ma… ma ho paura… anche io ho paura che.. che…

-Cosa Rex? Puoi dirmelo… in che senso colpa tua? Sfogati, non avere paura! -Manabe passò la mano tra i capelli del bambino.
-Ecco… io… io avevo tanta paura che tu non mi volessi più bene e… e che… stai male per colpa solo mia… io… ho… ho sognato che…
-Cosa… cosa piccolo? Dimmelo…dimmi tutto, non tenertelo dentro…

Il bambino si coprì gli occhi con le mani per un istante. -Io… nel mio… nel mio sogno… nel mio sogno tu.. fratellone…
-Io… io cosa? -Il lilla sorrideva.
-Tu… tu… veniva e tu stavi male… veniva e ti portava via… il… il mostro ti portava via e… e non tornavi più e… -Il bambino si lasciò sfuggire un singhiozzo.

Manabe, inizialmente stupito, sorrise dolcemente. -Rex… oh Rex… non è successo niente… io ti vorrò sempre bene! Vedi? Vedi che sono qui? Nessuno mi porterà via da te e da Minaho, lo giuro… puoi starne certo! Vieni qua… -Il lilla strinse a sé il bambino, che affondó il viso nel suo petto. -Non piangere… non piangere…
-Ho… ho offeso anche… anche Min e adesso… adesso… -Rex continuava a piangere.
-No… Non devi dire così… lui è nostro amico, lo sai che non si arrabbierebbe mai con noi…

-Già, però sbagliate una cosa.
Minaho si era avvicinato lentamente. Manabe sorrise e Rex smise per un istante di singhiozzare. Aveva gli occhi lucidi.
-Io non sono solo vostro amico. Io sono vostro fratello!



-Man, sicuro di stare bene? Non è ora di mangiare qualcosa?

Era passata circa un’ora. Minaho aveva messo in piedi una vera opera assistenziale e andava avanti e indietro come un tornado per provvedere ad ogni necessità del suo amico.
-Grazie Min… però ho mal di gola…
-Nessun problema! Vado a chiedere che ti facciano un brodo, ok?
-Mh… non so… -Il lilla sospirò.
-Man… tipregotipregotiprego! Fallo per me… fallo per Rex! Solo qualche cucchiaino… eddaaaai!

Il lilla sorrise. -I servizi segreti dovrebbero brevettare i tuoi occhi da cucciolo… come si fa a resisterti? E va bene… vada per il brodino! -Il ragazzo fece l’occhiolino a Minaho che sorrise sornione.
-Volo! Aspettami qua…


Cinque minuti dopo un ragazzo felice rientrava in stanza con una ciotola fumante.
-Ecco qua…
-Sssst… Min fai piano… Rex si è addormentato!
Minaho si avvicinò in punta di piedi. Il bambino si era addormentato con il sorriso sulle labbra, finalmente tranquillo. Con un braccio cingeva la vita di Manabe, l’altro era adagiato sulla sua fronte.
-Sigh… chissà perché i miei capelli piacciono proprio a tutti… dovrei brevettarli come antistress! -Il lilla sospirò esasperato, quindi scoppiò a ridere insieme a Minaho.

-Bene! -L’arancione bisbiglió. -Lasciamolo riposare qualche minuto… tanto il brodo è ancora bollente. Sarà stanco poverino… quando è agitato fa così tanti incubi…
Il lilla sorrise. -Già… mi spiace. In fondo era spaventato per colpa mia.
-Non dire così Man… non dire così. Tu lo hai salvato! Non è colpa tua.

Manabe sospirò. -È difficile sai? Questo periodo della mia vita è il più impegnativo che abbia mai affrontato… ma grazie a te anche il più bello. Sei la cosa più bella della mia vita, Min.


Dopo cinque minuti Rex si svegliò sorridendo, e Manabe poté bersi il suo brodino (insieme a due biscotti che Minaho, ricorrendo nuovamente alla sua faccia da cucciolo di panda, era riuscito a fargli sgranocchiare).
-Man… che noia essere bloccato qui! Spero che domani mi mandino a casa… dobbiamo pensare al processo! Domenica è alle porte…

Minaho ebbe un sussulto. Non sapeva come dire a Manabe che i medici volevano tenerlo lì dentro per… qualche giorno. Inoltre fra meno di un’ora l’orario di visita sarebbe finito, e non essendo parente di Manabe lo avrebbe dovuto lasciare solo fino alla mattina seguente… si sentiva svenire.
-Ehm… sí Man… dici? Ecco… non so… non vorrei che… comunque la priorità è che tu stia bene… insomma…

Il lilla lo fissò perplesso. -Min… devi dirmi qualcosa?
Il suo sorriso era troppo dolce, i suoi occhi troppo pieni di speranza. Il cuore di Minaho ebbe un sussulto.
-N… no Man. Tutto ok.


Il resto del tempo a loro disposizione lo passarono a guardare un pezzetto di telefilm straniero in TV e a chiacchierare. Rex non si staccava un istante da Manabe, che stava ben attento a non tossire rivolto verso di lui.
Minaho, da parte sua, si era piazzato a sua volta sul letto. Stretti ma felici!


Entrò un’ infermiera.
-Ragazzi… scusatemi se vi disturbo, ma purtroppo l’orario di visite di oggi è finito… il nostro primario è inflessibile… se fosse per me vi farei restare.
Minaho sospirò. -Non si preoccupi… purtroppo la capisco bene… ci dia solo cinque minuti per prepararci e usciamo.
La donna sorrise. -Ok…fate con calma. Vi aspetto fuori appena avete finito.


Minaho finí di sistemare la stanza e si assicurò che Manabe avesse tutto ciò che poteva servirgli a portata di mano.
-Senti Man… chiamami prima di cena, e ancora prima di andare a letto, e se ti svegli stanotte, e se hai paura, o se hai bisogno…
-Ahahah ok Min! Tranquillo… tranquillo, ti chiamerò ogni istante possibile, giuro! Del resto sto davvero meglio, e qui ho poco da fare… terrò sempre il telefono a portata di mano! Tu però promettimi che starai tranquillo e dormirai… guarda che ti leggo negli occhi la stanchezza, non riesci a nasconderti a me… ti voglio troppo bene!

Minaho sbuffó, ma sorrideva. -Mh… e va bene… però attento. Non farmi scherzi! Vieni Rex… temo proprio che sia ora.
Il bambino sospirò. Si buttò su Manabe e gli diede un grosso bacio sulla guancia. Il lilla sorrise e gli scompiglió i capelli. -Fai il bravo Rex… ci vediamo quando esco di qui ok?
-Ma… Ma fratellone! Io domani voglio tornare da te! Ti prego… papà ha detto che posso!

Manabe rise dolcemente. -Sono contento che lo chiami papà, sai? Bhe… se non sei troppo stanco mi farà piacere vederti, ovviamente! Speriamo di andarcene a casa tutti insieme domani…

Minaho fece un sorriso forzoso. -G… già…


Dopo aver salutato di nuovo Manabe, Rex e Minaho si diressero all’uscita. Salutarono l’infermiera che sorrise loro promettendo che per il giorno dopo avrebbe supplicato i dottori per farli rimanere un po’ di più. Minaho la ringraziò di cuore, pensando che in fondo nel mondo le persone buone erano un po’ di più di quelle cattive.


-Fratellone, perché sei preoccupato?
Rex e Minaho, tenendosi per mano, camminavano verso la fermata del bus. L’arancione sussultó.
-C…come… io non… come lo hai capito Rex? -Il ragazzo era allibito. Era stato così attento a non sembrare agitato per non spaventare il bambino…
-Fratellone… lo sento dalla tua mano, sai? Hai la mano preoccupata?

Minaho rise dolcemente. -Rex! Oh Rex sei fantastico… comunque… comunque si… purtroppo sono preoccupato. -L’arancione era stupito dall’empatia di quel bambino. Era decisamente fuori dal comune.
-Cosa… cosa ti preoccupa fratellone? Puoi dirmelo se vuoi…
Minaho sospirò. Pensó al processo, a come avrebbe fatto a dire a Manabe la verità… non voleva caricare Rex di quel peso.

-Niente… niente. Tranquillo, sono cose stupide. Domani te ne parlerò… spero che si risolvano da sole. Non avere paura Rex… finché siamo insieme, andrà tutto bene di sicuro… te lo prometto.

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Capitolo 54
*** Spirito guerriero ***


I would like a place I could call my own
Have a conversation on the telephone
Wake up every day that would be a start
I would not complain of my wounded heart


Minaho si arrovellava.
Era agitato, Rex lo era ancora di più… si sentiva doppiamente in colpa. Aveva mentito a Manabe e non aveva nemmeno il coraggio di dire la verità al piccolo. Non poteva reggere un pomeriggio simile… sarebbe crollato e Rex avrebbe sofferto. Gli veniva da piangere al solo pensiero.
Il bambino dai capelli castani, da parte sua, saltellava felice al fianco del suo amico. Deluderlo sarebbe stato un crimine. L’arancione non sapeva cosa inventarsi per trascorrere un pomeriggio “normale”. Poi. .. L’idea!

-Ehi Rex! Ti piace il calcio?

Il bambino rimase un attimo perplesso. -Sì… quando ero all’orfanotrofio guardavo sempre i bambini giocare nel cortile… però… però non mi facevano mai partecipare.
Minaho ebbe un sussulto. -Bastar… ehm… capisco. Vabbè… che ne diresti se ti insegnassi io? Guarda che bella giornata!
-D… davvero?!?!


Le decisioni dell’ultimo secondo, un po’ pazze,  a volte sono le migliori.
Erano bastati dieci minuti per arrivare al campo al fiume, e altrettanti per insegnare a Rex le regole di base del gioco. Minaho non finiva mai di stupirsi… Il bambino le aveva fatte sue al primo colpo.
Fu però quando iniziarono a giocare che avvenne l’incredibile. Il bambino giocava come lui! Come era possibile che non avesse mai toccato palla prima?

-Ma… Rex… come… come fai a giocare… così?
-Te l’ho detto fratellone… guardavo i bambini tutti i giorni!
-Ma… tu… solo guardando… -L’arancione non ci poteva credere. -Oddio quando lo saprà Manabe! Sarà così felice!


Rex era davvero un fulmine, ma c’era qualcosa di strano… qualcosa in più. Minaho aveva notato che i suoi movimenti accelleravano, i suoi sensi si adattavano al gioco sempre più …
-E va bene fratellino! Tira in porta!
-Ma… io non so se sono capace… -Il piccolo esitò.
-Certo che lo sei! Abbi fiducia… fallo per Man!
Rex ebbe un sussulto.  -Per… Man… e va bene! Per voi , fratelloni!!
Il bambino si preparò al tiro. Minaho sorrise, ma poi… poi notó qualcosa di strano. Una luce… una luce sempre più forte emanava dal pallone… e da Rex. Per un attimo alle sue spalle apparve un’ombra scura.

-Non… non può… non può essere! -Minaho spalancò gli occhi. Aveva sentito parlare di qualcosa di simile. Aveva sentito parlare di… spiriti guerrieri. Come era possibile?
Il bambino scagliò la palla verso la porta con grande potenza, quindi cadde a terra tenendosi il piede.


Minaho era ammutolito da quello che aveva visto. Non poteva crederci… solo un gemito di dolore del piccolo lo riscosse dallo stato di trance in cui era caduto. Corse da lui.
-Rex… Rex che hai fatto?
-Non… non lo so… ho sentito un calore… e adesso… adesso mi fa male il piede… molto male…
Minaho lo sorresse fino alla panchina. Il bambino gemeva di dolore. -Tranquillo Rex… hai un crampo… non è grave, adesso passa, promesso. Aspetta... ti tolgo le scarpe.
Il bambino sforzó un sorriso e si precipitò a mettere il piede dolorante sulle ginocchia di Minaho. L’arancione gli tolse immediatamente scarpa e calzino e vide che in effetti si trattava proprio di un crampo. Aveva le dita arricciate e una tremenda tensione sotto alla pianta del piede. -Tieni duro… ti aiuto io ok? Ti sei solo sforzato troppo. -Il grande sorrise al piccolo.
-Fratellone… le dita… ahia… mi… mi fanno impazzire… non riesco a muoverle… ti prego.. ti prego fai qualcosa! - Il povero bambino piangeva di dolore.
-Tranquillo… tranquillo… non è niente. Adesso ascoltami bene… prova a rilassare le dita… ti faccio un massaggio per sciogliertele.
Con le dita cercò il muscolo contratto, quindi iniziò a massaggiargli dolcemente la pianta del piede e a muovergli lentamente le dita contratte. Pian piano la contrattura si sciolse e le dita di Rex si rilassarono. Il piccolo gemette di sollievo.
-Va meglio ora? Prova a muovere le dita…
Rex mosse le dita e sospirò di sollievo. -Ahhhh...Molto meglio… mi hai sciolto le dita...grazie fratellone…


Mentre Minaho continuava a massaggiare dolcemente il piede del piccolo per calmargli i dolori e sciogliergli la tensione non riusciva a togliersi dalla testa quello che aveva visto. Uno spirito guerriero… doveva assolutamente parlarne al mister!
Certo, molti suoi compagni di squadra ne padroneggiavano uno, ma quel bambino… era così piccolo! Incredibile, pensò Minaho.


A casa l’arancione organizzò il pomeriggio nel modo più allegro possibile. Voleva che Rex fosse rilassato.
-Che ne dici… ci guardiamo un film?
Il piccolo sorrise.  -Perché no fratellone? Però vieni a sederti vicino a me… ho voglia di abbracciarti!
Minaho rise. -E va bene… guarda come sono carino e coccoloso! -Così dicendo si tuffó a pesce sul divano, facendo ridere il bambino.
-E ora… Buon divertimento!


Per cena l’arancione organizzò qualcosa con quanto avevano in dispensa… fra una cosa e l’altra aveva dimenticato di fare la spesa.
-Rex… spero ti piacciano le polpette di riso… non sono tanto bravo a cucinare! -L’arancione stava litigando con il pesce,  le mani immerse nella ciotola del riso bollito.
-Certo! Se le fai tu sono buone di sicuro!
Minaho sospirò. Quel bambino aveva sempre una parola dolce per lui… era incredibile. Prese un’altra polpetta.


La cena fu tutto sommato mangiabile, con grande sollievo di Minaho, e quando Endou venne a prendere Rex promettendo che il giorno dopo lo avrebbe riportato in tempo per andare da Manabe, l’arancione ebbe l’impressione di salutare un bimbo felice.

Lo stesso non si poteva certo dire di lui.

Il senso di colpa per aver mentito al lilla unitamente al l’ansia per il giorno dopo, quando avrebbe dovuto dirgli la verità, gli prudevano nella pancia. Non aveva idea di come fare… in tutti i sensi. Non potevano perdere il processo, ma Manabe… la situazione era grave.
Per concludere la serie dei problemi, si aggiungeva la preoccupazione per la salute del suo amico. Se di notte fosse stato ancora male? Se fosse peggiorato? Non poteva neanche pensarci.
Si accorse di essere stanco. Molto stanco.

Non ebbe nemmeno la forza di studiare. Andò a letto subito, e cadde in un sonno agitato.


La mattina seguente Minaho si svegliò più stanco di quanto si sentisse prima di andare a dormire. Non cercò nemmeno di dare un senso ai sogni che aveva fatto durante la notte… ricordava solo che fossero stati tutt’altro che piacevoli.
Mentre si lavava, mentre faceva colazione, mentre andava a scuola e addirittura durante le lezioni il suo unico pensiero fu come fare a dire la verità a Manabe. I suoi compagni di squadra, che avevano saputo degli ultimi eventi ed erano accorsi per aiutarlo, non poterono essergli di molto aiuto. Tenma, in compenso, un po’ per dargli sostegno e un po’ perché viveva i problemi dei suoi amici con grande sofferenza personale, chiese a Minaho di poterlo accompagnare da Manabe dopo le lezioni.
-Così magari… magari ti aiuto anche a parlargli… ci manca tanto qui agli allenamenti.
L’arancione sorrise debolmente. -Va bene… grazie Tenma.


Chimica, fisica, matematica e inglese… ogni ora sembrava uguale alla precedente. Professori svogliati, sguardi ipocriti, sorrisi finti. Minaho non ci faceva troppo caso… aveva altri problemi.
-Minaho! Se non sbaglio ieri volevi venire interrogato… ottimo! È il tuo momento!

L’arancione fissava il professore di chimica con sguardo allucinato. Come poteva essere così idiota da non capire perché si fosse offerto? E ora? La sera prima non aveva nemmeno guardato chimica… aveva avuto altro a cui pensare. Cosa poteva inventarsi?
Si alzò dal banco.


Fu un disastro.
Parlare di scena muta sarebbe stato esagerato, ma Minaho in un’intera carriera scolastica non aveva mai fatto un’interrogazione così penosa. Il professore era molto deluso, e lo aveva addirittura rimproverato per la sua “presunzione”. Inutile dire che la classe era pervasa dalla più profonda soddisfazione, inutile ugualmente dire come a Minaho importasse meno di zero dell’opinione di quella gente.
L’unica persona che sentiva di avere deluso era Manabe… lo stesso cui aveva mentito. Una nuova fitta di senso di colpa. E dire che amava così tanto la chimica e la biologia… era stato il lilla a farlo riflettere sulla bellezza della vita, a fargli cogliere la struggente poesia del DNA, il meccanismo universale che lega ogni essere del creato, la chiave del nostro futuro nello spazio infinito. “Un giorno saremo capaci di sconfiggere ogni malattia… di cancellare ogni debolezza, ogni sofferenza. Ci pensi Minaho? Ci pensi… è così… così poetico.” La voce dell’amico risuonava nelle orecchie dell’arancione.
-Ti ho deluso… ti ho deluso ancora.


Finalmente le lezioni finirono.
Ora Minaho aveva poco tempo per tornare a casa e preparare qualcosa per lui e per Tenma. Poi il mister avrebbe portato Rex e sarebbero partiti tutti insieme verso l’ospedale. Angoscia, solo questo provava l’arancione.
-Min… perché sei così giù di morale? Sai com’è Manabe… lui non si arrabbierebbe mai e poi mai con te! Sei il suo migliore amico… -Tenma teneva la mano sulla spalla dell’arancione e gli parlava dolcemente.
-Questa… questa volta è diverso. Si parla… si parla dei suoi genitori e della sua vita… questa volta è diverso.

-Min…
-Dimmi Tenma.
-Sei tu la sua vita.



Quando Endou scese dalla macchina per accompagnare Rex fino al cancello,  si stupì di vedere Tenma e ne fu molto felice.
-Mister… se posso… questa sera vorrei dirle una cosa su Rex.
-Certo Minaho… certo. Ma devo preoccuparmi?
-No… non si preoccupi. È una cosa incredibile.
L’arancione si riferiva allo spirito guerriero di Rex. Il bambino, da parte sua, aveva immediatamente fatto amicizia con Tenma e gli era saltato in braccio.

Partirono tutti insieme per l’ospedale mentre Endou ripartiva per andare al lavoro. Minaho sospirò. -È ora.

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Capitolo 55
*** Quando il vero salta fuori ***


Scared of my own image
Scared of my own immaturity
Scared of my own ceiling
Scared I'll die of uncertainty
Fear might be the death of me
Fear leads to anxiety
Don’t know what’s inside of me



L’ospedale quel giorno sembrava più movimentato del solito. Molti dottori chiacchieravano amabilmente nei corridoi, e le infermiere erano impegnate come non mai.
Minaho si chiese il perché di tanta attività… al suo fianco Tenma sorrideva. Quel ragazzo era uno specchio per la gioia. La percepiva,  ed essa si rifletteva in lui.

-Visto che bel clima Min? Come può essere una brutta giornata? Sono certo che Manabe capirà… ne sono più che convinto!
-Io… io non lo so… non lo so proprio! Se almeno ci fosse una soluzione… se almeno potessimo inventarci qualcosa… -L’arancione sospirò sconsolato.
-Vedrai fratellone andrà tutto bene! Ne sono sicuro! -Rex strinse la mano  di Minaho
L’arancione sorrise debolmente, mentre continuava a rimuginare. Le sue ultime speranze erano crollate quando, la sera prima, intento nelle ricerche del caso, aveva scoperto che l’assenza del richiedente ad un processo di emancipazione equivaleva alla rinuncia all’emancipazione stessa. Non erano previste deroghe per malattia, né posticipazioni.

Mancavano solo due giorni al processo… come si poteva fare? I dottori dicevano che Manabe era decisamente troppo malmesso per sperare di essere dimesso dopodomani… del resto Minaho non riusciva a togliersi di dosso il terrore che peggiorasse.


-Ehi… Min, mi fai un sorriso? -Tenma tiró fuori la lingua e fece una smorfia. -Dai… mi fa male vederti così giù…
L’arancione sospirò. -Ho così paura… tu non puoi immaginare quanta.
Il castano gli mise un braccio intorno al collo. -Sai? Una volta anche io avevo paura per una cosa molto grave… è stato tanto tempo fa.
Minaho si fermò di colpo. -Anche… tu… - Il capitano era la persona più coraggiosa del mondo… non veda tremato di fronte al quinto settore, cosa poteva spaventarlo?

-Sì! Vedi… ero molto piccolo. Mamma e papà lavoravano sempre, però io sapevo che ogni sera sarebbero tornati a casa. Ebbene… un giorno al loro posto venne mio zio. Mi disse… mi disse che mamma aveva avuto un incidente con la macchina… che era in ospedale.
Il castano si fece scuro in volto. Minaho era stupito.
-Quella notte nessuno mi diceva nulla. Papà piangeva… vedevo tanti dottori andare avanti e indietro. Io aveva tanta paura da morirne… infatti ad un certo punto, non so perché, presi e scappai. Corsi nei corridoi bui, corsi nel labirinto che è un ospedale agli occhi di un bambino… fino a che non sbattei contro una persona speciale.
-Una persona… speciale? -Minaho non capiva.

-Sì! -Tenma sorrise. -Era un dottore… un uomo alto alto e anziano… magro e solenne! Sembrava così cattivo… mi guardò con occhi corrucciati… poi mi sorrise. Non so come, ma due minuti dopo ero seduto sul lettino del suo ambulatorio, con un leccalecca in mano. Gli raccontai tutto… lui ascoltava bene, sai? Mi disse… mi disse che anche se ero così piccolo dovevo essere forte. Mi disse che nella vita tante cose ci sconvolgeranno, tante cose ci faranno soffrire… ma se continueremo a lottare per la giustizia, a difendere chiunque sia debole, bisognoso, ad amare piuttosto che a odiare… niente, niente potrà andare storto.
Minaho era sconvolto. Quella storia… perché gli toccava il cuore?

-Infine… -Tenma sorrise nostalgico. -posso dirti che la mattina dopo papà mi prese in braccio e mi disse che mamma era fuori pericolo. Non ho più rivisto quel dottore… non so nemmeno come si chiamasse, ci credi? Però.. però è stata la persona più importante della mia infanzia.
Minaho aveva le lacrime agli occhi.
-Io… io non… oddio… forse hai ragione… forse hai ragione davvero. Se lotteremo insieme, tutti uniti… tutto potrà andare a posto.
Si abbracciarono. Tenma era rassicurante… stringeva Minaho a sé con braccia sicure, e sapeva calmare la sua angoscia. L’arancione si rilassó di colpo e iniziò a lacrimare. Il castano gli sussurrava all’orecchio di stare tranquillo.

-Ehm… scusate…
Minaho alzò il volto dalla spalla di Tenma. Aveva gli occhi lucidi. -S… sí… Rex?
Il bambino si alzò sulle punte dei piedi per sussurrare all’orecchio dell’arancione -Ho un dubbio…
Minaho si staccò da Tenma e si inginocchió davanti al bambino. Tenma sorrideva a sua volta. -Dicci tutto fratellino.. che succede?

-Bhe… ho pensato… tu e Man siete i miei fratelloni… e… e Tenma è un vostro grande amico no? Ecco… io non so come si chiama l’amico di un fratellone! Ma… Ma forse ho un’idea!
Tenma era perplesso. -Io… tu…
-Tenma! Sei mio zio!
Minaho e il castano si guardarono per un istante negli occhi, muti… prima di scoppiare a ridere di cuore!


Mezzogiorno e mezza…  iniziava l’orario di visite. Minaho sapeva che era ora di farsi forza. Altrimenti perché uscire prima da scuola? Non poteva mentire oltre a Manabe.
Rimuginando si erano portati sulla porta del corridoio del reparto di pneumologia. Quando le infermiere aprirono, furono i primi ad entrare.

La porta della stanza di Manabe era la quinta da sinistra… si trattava di pochi metri, perché a Minaho allora sembravano Kilometri? Sentiva le gambe pesanti… Tenma e Rex al suo fianco lo spingevano ad andare avanti.
Spalancò la porta.
-Man…


Nessuno.
La stanza era vuota. Il letto approssimativamente rifatto, la finestra spalancata a far entrare il tepore delle ore centrali del giorno. Minaho ebbe un tuffo al cuore.
-Manabe… Manabe dove…  dove sei!
L’arancione andò immediatamente nel panico. Se Manabe era stato portato via significava che era peggiorato!  Peggiorato e forse… forse… si sentì svenire.
Corse verso il letto e aprì il cassetto del comodino. Vuoto… le cose di Manabe erano sparite. Un conato di vomito.

Due minuti dopo un ragazzo arancione piangeva seduto su un letto d’ospedale,  mentre un ragazzo castano cercava disperatamente di consolarlo tenendogli la mano.
-Ehi ehi Min… respira… vedrai che non è nulla! Avranno fatto degli spostamenti… avranno cambiato camera di sicuro!
-Ma… ma … perché… perché non mi hanno detto… oddio… ecco perché ieri… ieri non mi ha… non mi ha telefonato nonostante… oddio… -L’arancione farfugliava tra le lacrime.

-Tranquillo… Min tranquillo…. Adesso vado a chiedere ok? Riesci a rimanere da solo qualche secondo? Torno subito… vedrai che ti porterò una buona notizia, ok?
Il castano si alzò, e dopo aver dato una carezza al ragazzo in lacrime uscì dalla stanza.


Minaho piangeva con il volto affondato nel cuscino di Manabe, che conservava il suo odore. Perché doveva essere così difficile la sua vita? Perché non gliene andava dritta una? Fu sconvolto da un violento singhiozzo.
-Man… ma… ma… perché mi… perché…
Una mano si appoggió sulla sua spalla.
-T… Tenma… cosa… cosa ti hanno… detto…
-Ehi Min perché piangi?


Silenzio. L’arancione si immobilizzó.
-Ohila? È successo qualcosa di grave?
Il lilla, in piedi grazie all’aiuto di una stampella e con un sacchetto di patatine in mano, passò dolcemente la mano tra i capelli del suo amico.
-M… Manabe?
-E chi sennò? -Il lilla sorrise.
Minaho si girò di scatto e si buttò ad abbracciare il suo amico.
-Perché… perché… dove eri? Io… io ho pensato che… che ti avessero portato via… che…

Manabe era perplesso. -Min… Io… ero semplicemente andato a prendere qualcosa da mangiare… visto che sto meglio? Posso alzarmi in piedi! Volevo farti una sorpresa… ho preso le tue patatine preferite…
L’arancione sorrise tra le lacrime. -Sono stato proprio un cretino… come ho potuto pensare che… la prossima volta farò meglio a starmene zitto credo…

Manabe lo abbracció di colpo. -Scusa… è stata colpa mia. Ti prego, non dire mai più che sei un cretino… fa stare male anche me.


Al ritorno di Tenma il mistero fu dunque chiarito, e tutto si concluse in una risata. In fondo Manabe stava meglio, e questo per tutti significava più di qualsiasi spavento passato.
-Mi hai fatto prendere una paura pazzesca! -Minaho ora rideva tranquillo, sgranocchiando patatine. -Anche il tuo cassetto era vuoto!  Ho preso un colpo!
Manabe ridacchió. -Guarda che per un investigatore come te capire lo stato delle cose doveva essere semplice! Il portafogli era con me… come ti ho detto, ero andato a comprare le patatine… e dovresti sapere che non tolgo mai dalla tasca la nostra foto insieme… mi fa stare tranquillo.

L’arancione si intenerí in un istante. Manabe sapeva essere così dolce… -Ma… Ma allora perché ieri non mi hai mai telefonato? Ho avuto paura…
-Bhe… altro mistero facile da risolvere… sei entrato in camera mia?
Minaho si prese il mento fra le dita. -Mh… in effetti no.
-Bene… -Manabe sorrise. -Altrimenti avresti visto che il caricatore del mio telefono è rimasto lì… purtroppo senza quello non ho potuto chiamarti. Spero che potrai scusarmi… questa mattina me ne hanno prestato uno, non si ripeterà più.

L’arancione gli prese la mano. -Non devi scusarti… anzi perdonami,  sono troppo pressante.
-Lo sei perché mi vuoi bene?
-Sì…
-Allora no problem. Puoi esserlo finché vuoi!


Il lilla era decisamente di buon umore. Nonostante le ancora grandi difficoltà di respirazione, la febbre era scesa gradualmente ed ora non era presente quasi per nulla. Fu entusiasta di vedere Tenma.
-Allora… come vanno le cose a scuola? Se penso che domenica prossima abbiamo la finale… spero che questa piccola pausa non mi impedisca di dare il massimo in campo!
Il castano sorrise mentre gli si illuminavano gli occhi. -Hai ragione! Sarà bellissimo!

In tutto ciò Minaho era rimasto pensoso. Doveva assolutamente parlare a Manabe, ma non sapeva come iniziare… non sapeva come dirgli la verità.
Guardó il suo amico.
I suoi capelli, i suoi occhi luminosi, il suo sorriso dolce… la sua voce misurata, le sue risate gioiose ma equilibrate… le sue mani sulla sua pelle. Pensó a suo padre.

-Minaho, ricorda… quando una cosa è giusta, la devi fare. Falla anche se ti fa paura, e sarai una persona grande.


Prese fiato.
-Man… devo dirti una cosa.

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Capitolo 56
*** Atto d'accusa, promessa di perdono ***


Caro mio ben
credimi almen,
senza di te
languisce il core.

Il tuo fedel
Sospira ognor,
cessa crudel
tanto rigor.


Un raggio di Sole, filtrando dalla finestra, scherzava disegnando giochi di luce sul letto e accarezzava i capelli di Manabe. Il ragazzo sembrava così fragile, con gli occhi arrossati e la carnagione pallida.

-Dimmi tutto Min… però non fare così, mi spaventi! -Il lilla rise. Non riusciva a capire il perché della grande agitazione che leggeva in volto a Minaho.
L’arancione guardò Tenma, poi Rex, poi il pavimento. Si sentiva come un animale in trappola.
-Io… ecco… vedi…

-È successo qualcosa a scuola? -Manabe non capiva, e provava ad aiutare il suo amico. -Hai litigato con qualcuno? Hai rotto qualcosa a casa? Guarda che sono cose che succedono… eddai… dimmi tutto! Stasera o domani, quando uscirò  di qui, sistemeremo tutto…
Minaho sbiancó. -Ecco… è proprio questo il problema…

Il lilla ebbe un sussulto. -A… a cosa ti riferisci? Sai… sai qualcosa che io non so?
Minaho guardò supplichevole Tenma, come in disperata ricerca d’aiuto. Il castano si morse il labbro agitato.
-Vedi Man… c’è… c’è un piccolo problema riguardo al tuo… al tuo ricovero. -Tenma si girava i pollici angosciato. Minaho sentí dentro di sé una voce che diceva “ma come, non era lui quello che diceva che sarebbe andato tutto bene”?
-Un… un problema? Ragazzi mi state spaventando… ho… ho diritto di sapere cosa sta succedendo?


-Vieni Rex, andiamo a prendere un dolcetto. -Il castano prese per mano il bambino riluttante e lo portò fuori. Minaho aveva iniziato a parlare.
Uscirono dalla porta. Un grido. -No!!
Tenma coprì con le mani le orecchie del bambino.


-Min… mi dispiace così tanto…
Tenma, seduto su una delle panche davanti alla macchinetta del caffè, cercava di rincuorare Minaho che piangeva a dirotto incurante degli sguardi dei passanti. Del resto nessuno si stupiva di vedere quelle scene in un ospedale.
-Lui… lui… è colpa… mia…
-No che non è colpa tua… cerca di capirlo… è stato un colpo duro per lui…
-Ma… mi ha… mi ha detto che… che gli ho mentito… che… che non vuole che… che gli rivolga… più… la parola… Man… no…

Tenma sospirò sconsolato. Rex, che intanto non capiva cosa stesse succedendo, se ne stava quieto in un angolino. Non voleva disturbare anche se moriva dalla voglia di abbracciare Minaho per consolarlo.
-Min… adesso vado io lì dentro e ci parlo ok? Rimani qui con Rex. -Il castano aveva scandito bene le parole perché Minaho le capisse tra le lacrime. Si alzò ed entrò dritto filato nella stanza di Manabe.


Rex si era fatto coraggio e si era avvicinato a Minaho.
-Io… io non so perché piangi fratellone però… però se vuoi puoi darmi un altro schiaffo così… così magari stai meglio…
L’arancione fissò il bambino con gli occhi pieni di lacrime. Lo strinse forte a sé.
In quel momento Tenma usciva dalla stanza. Aveva lo sguardo vuoto.
-T…Tenma… cosa… cosa ha detto…

Il castano sospirò.
-Vieni Min, ora è meglio andare a casa.


Porta, corridoio, porta, autobus, Endou, Rex, cancello, vialetto, porta, salotto.
Minaho aveva solo immagini fotografiche impresse nella mente delle due ore successive all’abbandono dell’ospedale. Dolore al petto, si chiese se il suo cuore fosse rimasto davanti alla macchinetta del caffè, stretto tra due anziani soli, o tra le mani di un bambino.

La foto di lui e Manabe, incorniciata sul mobile dell’ingresso, aveva il volto tragico dell’ironia. Fece passare dolcemente i polpastrelli sul volto del lilla. Capolinea.
A letto senza cena. Del resto cosa gli importava di mangiare? Voleva solo vomitare. Odore di Manabe intorno a lui. Profumo dei suoi capelli, eco del suo sorriso, ricordo delle sue parole dolci. Capolinea.
Coperte fredde. Buio nella stanza rotto solo dalla luce intermittente del caricatore del telefono. Manabe non riposa nella stanza accanto, perché allora Minaho attende una traccia del suo respiro, un accenno della sua voce? Capolinea.
Alba, niente colazione, doccia gelida per pura abitudine, divisa, scarpe, chiavi nella toppa,  autobus. Capolinea.


L’arancione era a scuola. Non si era accorto di essere in così grande anticipo… non c’era nessuno in classe.
Fissava con sguardo vacuo lo schermo del telefono. Chissà perché aveva nutrito una folle speranza… quella di ricevere un messaggio da Manabe.Non voleva accettare che fosse tutto finito… che il lilla non volesse più avere nulla a che fare con lui.
Odiava il pensiero di doversene andare. Sia chiaro, non gli importava nulla della casa. Avrebbe dormito sotto un ponte, si sarebbe fatto picchiare, avrebbe camminato scalzo sui carboni ardenti, qualunque cosa, ma purché ci fosse Manabe con lui. Senza il suo amico non voleva vivere.
Del resto gli aveva mentito sull’unica cosa che il lilla non poteva accettare… era tutta colpa sua, pensò. Debole come sempre, inutile come sempre, fallito come sempre.

I compagni iniziarono ad entrare non degnandolo di uno sguardo, poco dopo anche il professore.Iniziava un incubo di cinque ore di durata.


Finita la mattinata scolastica l’arancione tornó a casa rapidamente. Non voleva essere visto e compatito. Sapeva che i suoi amici gli volevano bene, ma non potevano sostituire Manabe.
Entrato in casa si forzó a mangiare un po’ di pane. Se fosse svenuto non avrebbe potuto pensare, e pensare a Manabe lo manteneva in vita. Il ricordo della sua voce…

Si sedette sul divano e prese in mano il telecomando, ma non accese la televisione. Fissò l’orologio… iniziava l’orario di visite, laggiù all’ospedale. Il labbro iniziò a tremare… scoppiò in un pianto disperato trattenuto dal giorno prima.
-Man… io… io non… non voglio. .. ti… ti… ti prego!!! Ti… prego… ho… ho bisogno di… di te!!

Pianse a lungo, abbracciando il cuscino del divano. Sentiva il fiato mozzo e il cuore accelerato. Guardó l’orologio... meno di mezz’ora alla fine dell’orario di visita.
Sedeva sul divano fissandosi le mani con sguardo vuoto.
La sua mente era d’improvviso vuota. Seguiva i disegni leggeri dei muscoli, il leggero tremore delle dita. Si vide più pallido del solito.

Il cellulare sul tavolino vibró.

-No…
L’arancione si preparò a leggere un qualche messaggio pietistico dei suoi compagni di squadra. Li adorava, ma non era il momento. Si dovevamo fare i fatti loro per un po’.
Prese il telefono e lo sbloccó. Un messaggio. Toccó delicatamente con l’indice sulla notifica lampeggiante. Ebbe un tuffo al cuore. Il mittente era Manabe.
Rimase immobile qualche istante, le mani tremanti, quindi aprì il messaggio.

“Min, forse mi odi e fai bene, però ti supplico, vieni da me. Sono un mostro, merito il tuo disprezzo.”


Minaho impiegó qualche secondo per elaborare quanto appena letto. Manabe… Manabe lo stava cercando!
Aveva solo venticinque minuti e nessun autobus passava a quell’ora… avrebbe dovuto correre come un lampo. Si lanciò fuori dalla porta con quanto aveva indosso, ovvero una felpa un paio di pantaloni da casa e i calzini. Dentro di sé pensò che avrebbe avuto freddo, e arrivato sul cancello si rese conto che di sicuro correre scalzo per strada non sarebbe stato conveniente. Doveva perdere tempo prezioso per rientrare in casa?
Imprecó, lui che odiava le parolacce, e chiuso il cancello riprese a correre.


Arrivò in ospedale quando stavano per chiudere le porte.
-Ragazzo, dove vai? -L’infermiera di turno, la solita, aveva strizzato gli occhi alla vista di Minaho e delle sue condizioni. -L’orario di visita è appena finito!
-La supplico! Solo cinque minuti! È… è davvero importante. .. Posso pagare!! -L’arancione mise le mani in tasca e tiró fuori il portafogli. La donna scoppiò a ridere.
-Addirittura! Non provare a corrompermi… sono onesta, io! Comunque… a volte le persone oneste sono un po’ ingenue, e dunque molto ingenuamente fingeró di non vederti mentre sgattaioli dentro… trattieniti pure finché vuoi… dovete avere molte cose da dirvi. Il tuo amico piange da stamattina… chiaritevi. -E cosí dicendo, con un sorriso, la donna se ne andò lungo il corridoio prima ancora che Minaho potesse ringraziarla.


L’arancione, tramortito ma commosso, si precipitó lungo il corridoio. Manabe aveva pianto? Forse… forse lo voleva perdonare?
Davanti alla porta ebbe un istante di esitazione. Si morse il labbro…e aprì la porta.


Manabe era in piedi al centro della stanza, pallido come uno spettro e con gli occhi rossi. La febbre era salita di nuovo quella notte.
-Man…
Il lilla aveva il labbro che tremava.
-Sono un mostro schifoso.


Non seppero come avvenne, ma si ritrovarono abbracciati e in lacrime.
-Senza di te non vivo, non posso. -Il lilla stringeva i pugni contro la schiena di Minaho. -Non me ne frega nulla del processo… io voglio te. Sono stato un idiota cattivo. Potrai mai perdonarmi? Io… io non ho mai pensato quello che ho detto…. Non ho mai pensato di non… di non volerti più parlare… ero così sconvolto…
Minaho mise un dito sulle labbra dell’amico.
-Se mi abbracci, è tutto, tutto perdonato.


Pochi minuti dopo erano seduti sul lettino. Era tutto passato… Minaho non avrebbe mai portato rancore, in fondo sapeva di essersi comportato male mentendo a Manabe, e il lilla aveva capito di aver fatto un passo falso. Anche questa volta la loro amicizia si sarebbe rafforzata, lo sapevano.
-Man… quando ho letto il tuo messaggio mi sono fiondato qui… è stato così bello da parte tua… non eri tenuto a voler parlare di nuovo con me.
-Cosa stai dicendo Min? Guarda che qui l’errore più grosso l’ho fatto io… dovrei darmi uno schiaffo per ogni lacrima che ti ho fatto versare. Sei tu a dovermi perdonare. Piuttosto… Min, guarda che stai perdendo sangue!
L’arancione non capiva. Guardó a terra. Una piccola chiazza rossa si stava espandendo sotto il suo piede sinistro.
-Cavolo! Non lo avevo notato! Ecco cos’era quella fitta… devo aver calpestato un coccio di bottiglia!
Manabe lo guardò preoccupato. -Ma… Ma perché non hai le scarpe??
L’arancione scoppiò a ridere. -È una lunga storia!



Alla fine di tutto, il taglio di Minaho non era niente di che… appena un graffio. Manabe disinfettó l’amico e gli mise un cerotto. -Visto il bello di essere in ospedale? Servizio istantaneo!
I due ragazzi scoppiarono a ridere. -Ascolta Man… volevo dirti una cosa.
Il lilla fissò l’amico. -Dimmi tutto…
-Ti prometto che troverò una soluzione per il processo di domani… te lo giuro! -L’arancione prese le mani del lilla. -Vedrai… ce la faremo.
Manabe sospirò. -Sembra assurdo ma sai… al tuo fianco, ci credo anch’io!

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Capitolo 57
*** Folla ***


Vieni t'affretta! Accendere
Ti vo' quel freddo core!
L'audace impresa a compiere
Io ti darò valore;



Manabe e Minaho avevano passato tutto il tempo che gli era stato concesso dall’infermiera nella disperata ricerca di una soluzione per il processo, ma non avevano cavato un ragno dal buco.
-Min… se non… se non vengo al processo… se non vengo al processo sarà tutto finito. Non esiste… non posso permetterlo.
-Man, io non so cosa succederebbe… non lo so proprio. -L’arancione era sconsolato. -Penso che i tuoi genitori. .. I tuoi genitori ti allontanerebbero da me… sbaglio?
Il lilla trattenne un singhiozzo. -N…non sbagli. Loro sono… così… -gli occhi gli si riempiono di lacrime. -Dove… dove andresti… e… e poi io non voglio vederti di nascosto due ore al mese… io… io voglio rimanere con te!! -Il labbro di Manabe tremava pericolosamente. Minaho lo abbracció. -Non piangere… andrà tutto bene, e non ci separeranno mai, te lo prometto.


Di ritorno a casa l’arancione si torceva le mani in preda all’angoscia. Avevano deciso di telefonarsi dopo cena per cercare una soluzione, ma in cuor suo Minaho sapeva che purtroppo non era così semplice.
Il peggioramento della febbre del lilla inoltre,  nonostante le rassicurazioni dei dottori che avevano garantito si trattasse solo di una normale fase del decorso, dove il sistema immunitario combatte e sconfigge il batterio, rendeva ancora più difficile all’arancione sperare in un esito favorevole della situazione.
Del resto la salute di Manabe per lui veniva prima di tutto, compresa la sua felicità. Il suo amico doveva stare bene.


Entrato in casa si chiuse in camera. Non aveva voglia di parlare con nessuno… ignoró i messaggi preoccupati di Tenma, anche se dopo pochi minuti la ragione e il senso di colpa lo spinsero a rispondere. In fondo il castano voleva il loro bene.
Lasciò che le cuffie lo trasportassero in un mondo di pace.
Mozart, adagio dal concerto per pianoforte e orchestra in la maggiore. Una delle cose più belle mai scritte.

Minaho pensava che ci fosse una musica fuori dal tempo e dallo spazio… quella era una di quelle. Gli piaceva Mozart… era stato un ragazzo sensibile, un anticonformista che si basava sull’intuito e sull’ironia, proprio come lui.
Ecco… i corni di bassetto prendono il tema. Una melodia struggente, a note legate che salgono lentamente, indugiando in singhiozzi di dolore. Non è la musica della malinconia, non è la musica del languore… è la musica del dolore di una vita intera. Una musica che mette a nudo una sofferenza infinita, ma allo stesso tempo così bella e struggente da togliere il fiato.
Il pianoforte accarezza la melodia. Una danza lenta, dolente come di bambole tristi. Un sapore lontano di infanzia, di malinconia. Un tramonto, un’alba trasfigurata.
L’arancione non si rese conto delle lacrime che gli rigavano il viso.


Il campanello.
Minaho si riscosse dal torpore… si era appisolato. Vide che il sole stava tramontando.
-Chi può essere a quest’ora?  -L’arancione corse alla porta. Quando la spalancò rimase a bocca aperta.
-K… Kariya? E tu che ci… che ci fai qui?
-Bhe, prima di tutto potresti avere la buona educazione di farmi entrare, carotino!

Minaho sussultó. Era in confusione totale. Fece largo al verde che si piazzó senza tanti scrupoli sul divano.
-Bene bene… sapevo che ti avrei trovato in avaria! Non stavi mica piangendo, vero?
L’arancione corse con le mani alle guance… umide, dannazione!
-Ecco.. Io. ..
Il verde sorrise sornione. -Tu piangevi come una fontana, mi sembra ovvio. Adesso mi dici cosa sta succedendo, poi vieni con me. Ti porto a mangiare qualcosa e a svagarti. E… già, non accetteró un no come risposta.


Minaho, ripresosi dallo stupore iniziale, aveva raccontato lo stato dei fatti al verde che incredibilmente aveva ascoltato senza fare commenti.
-Brutta situazione, hai ragione. Ho però qualcosa che ti farà vedere le cose sotto una luce diversa… vieni con me.


Mezz’ora dopo i due ragazzi si erano ritrovati in discoteca. Esattamente, proprio uno di quei locali che Minaho avrebbe evitato come la peste. Troppi sguardi, troppo caos… si sentiva inadeguato.
-Kariya… io… non sono proprio dell’umore per queste cose stasera, scusa… ci vediamo dom…
-Non ti azzardare! -Il verde aveva preso la mano dell’arancione. La sua stretta era incredibilmente forte, ma gentile. -Ti ho detto che devo farti vedere una cosa… ora devi darmi ascolto. Vieni!

Kariya aveva trascinato l’arancione nel bel mezzo della calca. -Bevi questo… non temere, non è alcolico. -Mise in mano all’arancione un bicchiere di succo frizzante.
-Ma… Kariya… io ho… lo sai… non mi piace la… folla… -L’arancione sentiva il respiro accelerare.  Dove diavolo era finito il verde? Sentì l’angoscia crescere.

-Minaho! -La voce di Kariya, quasi coperta dalla musica a volume altissimo, proveniva da un punto imprecisato nel mezzo della sala. -Minaho! Raggiungimi!
L’arancione andò nel panico. Odiava le folle… si sentiva soffocare. Fin da piccolo era stato un poco claustrofobico, ma in mezzo a tutta quella gente si sentiva davvero svenire. Se Manabe  fosse stato con lui… gli girava la testa.
-M…Man… aiutami…
-Minaho! Non chiamare Manabe, non può aiutarti né risponderti! Datti da fare! -La voce del verde sembrava sposarsi rapidamente…o erano le orecchie dell’arancione ad essere in confusione totale? Perché? Perché godeva a farlo stare male?

Troppa gente… troppi sguardi. Minaho chiuse gli occhi… sentiva di stare per accasciarsi al suolo.
-No! Questa pagliacciata deve finire… KARIYA!
L’arancione trattenne il respiro per un istante e poi si lanció nella folla sgomitando. Per un attimo si sentì sommergere, quindi la situazione cambiò di colpo. Ora era lui a comandare. Si faceva largo tra la massa di persone verso il centro della sala, quindi svoltó a destra fino ad un tavolino… dove Kariya lo aspettava, un bicchiere di birra in mano.
-Ottimo! Benvenuto amico mio!

-Sei un’idiota!! Potevo farmi male! Perché mi hai trascinato in questa cretinata? Devo ancora telefonare a Manabe! Si sarà preoccupato per colpa tua!! -L’arancione era paonazzo, il verde invece sorrideva tranquillo.
-Però non ti sei fatto male, o sbaglio?
Minaho si immobilizzó. -Bhe… si… ecco…
-Hai preso in mano la situazione, hai controllato le tue paure e ti sei fatto largo verso il tuo obiettivo! Non pensi di avere imparato qualcosa?
L’arancione spalancò la bocca.  -Tu… quindi… o mio Dio…

-Minaho, Manabe sarà sempre con te, ma non potrà risolvere tutti i tuoi problemi… ed è giusto così! Dovete essere amici, non succubi l’uno dell’altro,  altrimenti con il tempo stareste solo male. Se tu riesci a farti valere anche da solo, potrai difenderlo meglio, e con lui difendere la vostra vita insieme.
Minaho era sconvolto. Non sapeva se dargli un pugno o un bacio.
-E ora… ti porto a casa, così potrai telefonargli.


Durante il tragitto Minaho non parlò, e non parlò quando Kariya se ne andò così come era venuto. Stava uscendo dal cancelletto con il suo solito sorrisetto quando l’arancione si risolse a fermarlo.
-Kariya…
-Dimmi.
Minaho abbracció stretto il verde, che arrossí come un peperone.
-Ehi!! Io sono cattivo! Cattivo,  ricordalo!
-Già… -L’arancione lo strinse ancora di più a sé, sorridendo. -Sei proprio cattivo…


Rientrato in casa l’arancione si sentiva stranamente scombussolato. Oramai era abituato alla perenne agitazione che aveva capito essere uno dei suoi punti deboli, ma quella sera… le cose erano andate in modo assai curioso. La sua mente analitica ne era stimolata.
Portò la mano al mento. Kariya… un altro, come Manabe, che sfuggiva ai suoi elenchi mentali di tipi umani. Si rese conto di aver osservato e studiato per anni solo le persone più aride e indifferenti, invece di cercare di leggere il cuore di chi realmente se lo meritava.
Non importava come lo dimostrasse… il verde era una persona buona.

Prese il telefono… era ora di parlare con Manabe , forte della nuova sicurezza che sentiva nel cuore. Compose il numero e aspettò.
-Pronto? Min! Stavo per chiamarti io sai? Ho appena finito di cenare… tu?
-Guarda Man… è una storia lunga! Domani, di persona, te la racconterò… penso che ci faremo due risate!


La conversazione andava avanti da  mezz’ora senza che nessuno dei ragazzi trovasse il coraggio di portarla sul problema più scottante. Manabe, da parte sua, litigava con la febbre che non voleva sapere di andarsene e con il mal di gola.
Minaho cercò di ricordare le parole di Kariya. -Man… senti… a proposito di domani…
-Tranquillo Min. Ho una soluzione.
Minaho si immobilizzó con il braccio a mezz’aria e la bocca aperta. Una… soluzione?
-D…davvero? Man, ma è fantastico! Di cosa si tratta?
Il lilla sospirò nella cornetta. -Non posso dirtelo… è una sorpresa, sai?

Minaho era perplesso… si fidava di Manabe, ma aveva uno strano presentimento.
-Man… non stai progettando qualche follia vero? Non ci provare… non farmi avere brutte sorprese!
-Tranquillo amico… so quello che faccio. Nella mia testa è tutto calcolato… come un logaritmo… come un limite di funzione!
Minaho sorrise. Quando il suo migliore amico iniziava a parlare con la matematica, voleva dire che era felice.

-A proposito Man… non ti ho detto… la prof di matematica ha riportato le verifiche… hai presente quella del giorno in cui sei svenuto? Quella che sembravi aver fatto con così tanta fatica? Quella mattina mi hai fatto morire di paura…
-Sì la ricordo… mamma mia se stavo male… sarà stata un disastro!Non riuscivo nemmeno a leggere i numeri. Come siamo andati?
-Beh… io ho preso nove e mezzo! Grazie a te e alle tue dritte, ovviamente…
-Bravissimo!! Sono così felice per te!! E la mia? Tre o quattro?

-Lo vuoi davvero sapere? -Nella voce di Minaho qualcosa di furbesco aveva preso il posto dell’agitazione.
-Sì… tanto non è la morte di nessuno in fondo dai… dammi questo colpo.
Un istante di silenzio. -Dieci, maledetto genietto lilla! Anche quando stai male mi devi battere?
Un istante dopo, due ragazzi felici ridevano come matti.


-Min, ascolta… tu domani presentati al processo, non venire da me in ospedale… mi raccomando.
-Ma… Man… se non ci sarai tu a cosa servirebbe… io non voglio lasciarti solo!
-Non preoccuparti per me. Ti ho detto che ho trovato una soluzione no? Devi solo presentarti in aula come se nulla fosse… del resto abbiamo coinvolto due testimoni, Endou e il dottore, e non possiamo certo deluderli! Abbi fiducia e vedrai… rimarrai sorpreso!


Quando Minaho chiuse la chiamata non poté fare a meno di sentirsi a disagio. Qualcosa nel tono di Manabe lo allarmava… non aveva idea di cosa stesse progettando, ma sperava non fosse niente di pericoloso.
Andò a letto con il cuore in tumulto… paura, certo, ma anche fiducia.
-Resa dei conti dunque… Manabe, mi fido di te… amico mio.

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Capitolo 58
*** Alla sbarra ***


Don Giovanni
Da qual tremore insolito
sento assalir gli spiriti!
Donde escono quei vortici
di fuoco pien d’orror?

Demoni

Tutto a tue colpe è poco!
Vieni! c’è un mal peggior!

Don Giovanni

Chi l’anima mi lacera!
Chi m’agita le viscere!
Che strazio, ohimè! che smania!
che inferno! che terror!



Minaho fece una smorfia. La camomilla era troppo dolce… non era riuscito a controllare il tremolio della mano mentre versava lo zucchero. Del resto, aveva preparato la tisana proprio per rilassarsi, no?
Sfoglió ancora qualche pagina del manga che aveva iniziato il giorno prima e, tra una cosa e l’altra, aveva lasciato a metà. Pensó a quanto la gente giudicasse in continuazione senza sapere. Tutti lo prendevano in giro fin da quando era piccolo, ma lui era un ragazzo come tutti gli altri… amava i fumetti e sapeva farsi valere dietro a una console. Nessuno si era mai preoccupato di essere suo amico, e quindi nessuno aveva mai avuto modo di rendersene conto.

Ricordò le parole di suo padre. “essere speciali non significa essere diversi.” Chissà perché ebbe la suggestione di sentire pronunciare quella frase non alla voce profonda del grande investigatore, ma a quella fresca e rotonda di Manabe.

Il telefono vibró. Messaggio del lilla.
“Vado a nanna che domani è una giornatona… non credere, siamo in due ad avere paura. Non vedo l’ora di essere a casa con te! Ricordati che i vestiti sono nel cassetto, stai attento a non scottarti le mani mentre prepari la colazione e dormi tranquillo… ti voglio bene amico mio.”


Minaho sorrise debolmente. Manabe aveva sempre il pensiero giusto e le parole giuste per lui.
Dopo aver risposto al messaggio (-Avrò messo troppi cuoricini?) l’arancione riprese a sorseggiare la bevanda e a leggere. Il sonno non ne voleva sapere di arrivare… pensò di guardare qualcosa in TV.
-Allora… vediamo un po’. Cartoni animati… bah, replicacce che non interesserebbero nemmeno a Rex! Telegiornali della notte… meglio di no.. che angoscia! Telenovelas filippine nemmeno… film horror coreano pieno di zombi mangiacarne… col cavolo!  Stanotte voglio dormire senza avere il terrore che qualcuno mi assaggi… documentario di scienze. Mh… non male!


Passò quasi un’ora e il sonno non ne voleva proprio sapere di arrivare. Minaho gemette di frustrazione e ridacchió. -Cavolo… è l’una!
Niente da fare. Passare alla telenovelas non aiutò, e nemmeno stendersi sul divano con gli occhi chiusi. Aveva mal di testa.
Pensó a Manabe… sperava stesse riposando tranquillo. Ne aveva di certo più bisogno di lui… quella dannata febbre che non scendeva!
Come se non bastasse, tra corse e agitazioni, aveva doloretti ovunque. Pensó di farsi una doccia, nella speranza che l’acqua calda gli sciogliesse i muscoli. Risultato? Il sonno si allontanò ancora di più.

Si guardò intorno… la casa non era proprio come sarebbe piaciuta a Manabe. Non era bravo come il lilla a fare ordine e la sua mente eclettica tendeva anche ad essere ben poco ordinata sulle cose della vita pratica… qualcosa gli diceva che Man non avrebbe gradito. Pensó di fare un po’ d’ordine visto che il sonno non veniva.
Si mise a rassettare divani, spolverare mobili, raccogliere calzini e piegare magliette. Erano le due di notte. .. scoppiò a ridere rendendosi conto dell’ironia della situazione.

In capo a un’ora la casa aveva assunto un aspetto molto più accettabile. Minaho fissò soddisfatto il suo lavoro, le mani sui fianchi. Allora perché non riusciva a farsi venire sonno? Iniziò a  indagare dentro di sé. Ovvio… aveva paura.
Odiava essere così debole… non riusciva ad essere un appiglio sicuro per Manabe e non riusciva a lottare per lui come avrebbe voluto. Per quanto potesse provare a nasconderlo a sé stesso, l’angoscia gli appesantiva lo stomaco.


Guardó il telefono. Perché sentiva prudere la mano? Non sarebbe stato così egoista da disturbare Manabe a quell’ora, vero?
Però… però aveva così bisogno di una parola dolce… si sentiva come quando, da piccolo, piangeva tutta la notte perché papà non era tornato a casa.
Prese in mano il cellulare. -Sono un debole…


Manabe si svegliò di colpo. Perché il suo telefono stava squillando? Nel dormiveglia faticava a leggere il nome sul display.
-P…pronto? Chi…
-M…Man?
Manabe sussultó. -Minaho! Oddio Minaho è successo qualcosa? Sono le tre di notte!
Silenzio dall’altra capo del telefono. Si sentiva solo un piccolo gemito… un uggiolio sommesso interrotto da piccoli singhiozzi.
-M…Min? Stai piangendo? È…è successo qualcosa? -Il lilla sbadiglió per il sonno nonostante l’angoscia.
-Io… non… io no sto piangendo! -La bugia fu svelata dalla voce rotta dell’arancione.
-A no? E allora cosa sono questi singhiozzi? -La voce del lilla era dolce. -Dai Min… dimmi cosa succede ti prego…

-Man… mi… mi… mi sento così solo! Mi manchi… tanto… e… e ho così paura!
Il lilla sospirò. -Min… oh Min mi manchi tanto anche tu! Dai… sono solo pochi giorni ancora… tieni duro… fallo per me!
-Io… io non… non so se ce la faccio! La… la casa è spaventosa se sono… sono da solo… sento… sento tanti rumori…

Minaho si vergognava. Aveva paura del buio come un bambino piccolo? Sapeva che era colpa dell’angoscia, ma non poteva fare a meno di sentirsi in imbarazzo.
-Oh Min… ascoltami… respira. Adesso ti sto abbracciando, ok? Ti tengo stretto stretto! Senti che ti sto accarezzando i capelli? Non sei più da solo… non sei da solo.
Minaho normalizzó lentamente il respiro. Smise di piangere pur continuando a singhiozzare. -Man… quando. .. quando finirà tutto questo?
-Presto Min… presto. Ora riposa… ne hai bisogno. Io rimango qui con te finché non senti che stai per addormentarti, ok? Ti racconto una storia…

Minaho si stese sul divano e chiuse gli occhi. La voce di Manabe che dolcemente iniziò a raccontare una splendida storia tratta da uno dei suoi libri più belli lo cullava. Una storia poetica, che parlava di un pallido cavaliere e di una dama dagli occhi selvaggi, figlia di una fata. Non si accorse nemmeno di essersi addormentato… aveva solo fatto in tempo a sussurrare -Grazie…



Le undici di mattina.

Minaho non poteva credere di avere dormito così tanto. Era dannatamente tardi e lui era ancora sotto le coperte come un panda!
Balzò giù dal letto e si lanció in bagno a lavarsi, mentre con la mente già andava al processo. Si aspettava qualcosa di grosso.
Mentre con una mano cercava di infilare la maglietta e con l’altra un calzino, squilló il telefono.

-Fratellone!!! -La voce di Rex invase la stanza riempiendola di gioia. -Papà ha detto che oggi è una giornata speciale! Sai che mi ha promesso di portarmi con lui? Non ho capito proprio tutto tutto eh… però penso che se questa cosa serve a fare stare insieme te e Man, allora andrà bene di sicuro!
L’arancione rise. -Sono contento che vieni Rex! Spero che non ti annoierai e… che non rimarrai deluso.

Dentro di sé Minaho aveva ancora un’incertezza grossa come una portaerei. Come era possibile che Manabe avesse trovato una soluzione? Lui era chiuso in ospedale e avevano letto i regolamenti decine di volte… in sua assenza il processo si sarebbe chiuso con il rifiuto all’emancipazione.
-Tranquillo fratellone prima papà ha chiamato Man e me l’ha passato… ha detto che ha un piano!
Minaho sospirò. Era proprio quella la sua paura… e non poté scacciarla mentre salutava il bambino, dandogli appuntamento per il primo pomeriggio in tribunale.


L’arancione pranzó con un panino. Aveva la stomaco chiuso. Rimanevano ancora due ore di tempo da aspettare e lui non sapeva proprio come ingannare l’attesa e placare l’ansia. Estrasse il telefono.

-Min! Ciao amico mio! Come va… oggi? -La voce di Manabe era stata spezzata da un violento colpo di tosse.
-Guarda… lasciamo stare Man. Mi viene da vomitare. Piuttosto… tu stai male! Oddio sei peggiorato!
-No… -Un altro colpo di tosse. -No… niente paura… è… è normale… sto… sto benissimo!
-Mh… la febbre? -Minaho era poco convinto.
-Fa qualche scherzetto… ma non parliamo di me ora! Vedrai Min… oggi si risolverà metà dei nostri problemi! Potremo stare insieme… insieme! Ci pensi?

L’arancione, che proprio non capiva, rinunciò a esprimere i propri dubbi. Aveva solo paura di qualche sciocchezza.
-Man… oggi cosa… cosa devo… ecco… se mi chiamano… a parlare io…
-Min, quello che ti senti. -La voce del lilla era calda e sicura. -Quello che ti senti.


L’autobus puzzava di cadavere quel giorno, pensò Minaho. O forse era colpa della nausea?
Aveva indossato giacca e cravatta… non lo faceva mai .. odiava quei vestiti freddi e scuri, ma quel giorno sentiva che era necessario. L’unica concessione che si era fatto era un paio di sobri jeans e scarpe bianche da tennis. Si era addirittura pettinato… cosa non facile, con i suoi capelli.

Non si ricordava che il tribunale fosse così lontano… però in effetti non si rendeva nemmeno conto di dove fosse. Aspettava solo la fermata per scendere. Il segnale era la facciata bianca del tribunale stesso, scandita da un grande colonnato razionalista. Quando la vide, seppe che doveva scendere.
Entrò nella struttura con passo insicuro. Non riconobbe nessuno, ma del resto che si aspettava? Una marcia di protesta a sostegno suo e di Manabe? Erano soli.

Su un muro una serie di cartelli informavano i cittadini sui vari ambienti della struttura. Minaho seguì le indicazioni per “punto informazioni”. Arrivato trovò una segretaria seduta dietro una lastra di plexiglas, con ben poca voglia di lavorare a giudicaredalla foga con un si curava le unghie.
-Salve… l’aula del processo di emancipazione di Manabe Jinichirou, per favore.
-Ehm… aspetta.  -La donna, scocciata, digitó qualcosa sul computer. -Ecco… aula 5, in fondo al corridoio. La vedrai facilmente… è la più grande. Di solito è adibita al processo penale, ma oggi le aule di processo civile erano tutte occupate…

L’arancione sospirò ringraziando. Percorse il corridoio ed entrò in aula.
Era davvero enorme. A destra una grande gabbia di plexiglas ricordava ai presenti che si trattava di un’aula adibita a processi ben più gravi di quello, mentre una gigantesca bilancia in bassorilievo occupava la parete terminale, alle spalle dei giudici.

La stanza era ancora quasi vuota. Minaho salutò il dottor Konoe, il medico che aveva operato Manabe. Era venuto per testimoniare… un uomo buono, pensò l’arancione.

Minaho si sedette in posizione abbastanza defilata. Aveva visto, in prima fila, i genitori di Manabe.  L’uomo indossava un raffinato completo nero, la madre era elegantissima. L’arancione sperava che non lo avessero visto ma… a giudicare dai loro sguardi alterati, lo avevano notato subito.
Dieci minuti dopo entrarono in sala Endou, anche lui chiamato a testimoniare, e Rex. Il bambino teneva il padre adottivo per mano, ma appena vide Minaho corse ad abbracciarlo.
-Sei profumato fratellone… ti sei fatto proprio bello.
Minaho sorrise e arrossí. -Ma… Ma cosa dici…


Mancavano dieci minuti all’inizio del processo. I giudici stavano per uscire dalla camera di consiglio… per annunciare la rapida risoluzione  della disputa. Manabe non era presente,  dunque era tutto perduto. Minaho non capiva proprio cosa potesse far mutare un esito già deciso. Sospirò e gemette di preoccupazione.


Fu in quel momento che lo vide.
Dalla porta principale, con piglio deciso, era entrato Manabe! Indossava una camicia e un pullover. Sorrise all’arancione che lo fissava in preda alla più totale angoscia e confusione e si sedette al banco, dalla parte opposta rispetto ai genitori.


Minaho era sconvolto.
-C…cosa???

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Capitolo 59
*** Guerra di testimoni ***


Su, venite a consiglio,
O pensieri.
Com’esser mai può
ch’io serva a Semira,
che scopo è dellira
di chi m’infiammò?
No, no, no, no!
E meglio soffrire,
penare, morire,
che mai rimirare
oggetti sì fieri.
Eh! lasciate i consigli,
o pensieri, o pensieri.




Dire che Minaho fosse allucinato sarebbe stato riduttivo.
Aveva appena visto il suo migliore amico, quello che sarebbe dovuto essere in ospedale con la febbre alta e una brutta polmonite, steso su un letto d'ospedale a leggere fumetti, entrare dalla porta principale con piglio deciso e sistemarsi davanti ai banchi dei giudici! Non riusciva proprio a capire.
Come era possibile che lo avessero dimesso? L’arancione aveva parlato con i medici il giorno prima.. erano preoccupati per il lento risollevarsi della salute del lilla, e avevano garantito che ne avrebbe avuto almeno per altri tre giorni, senza contare le due settimane di riposo e leggera attività fisica che lo aspettavano poi, per riprendere pienamente possesso delle sue facoltà corporee!

-M..Man… -Sussurrò. Endou da parte sua aveva assunto la sua stessa espressione.  Solo Rex sembrava entusiasta come suo solito alla vista del lilla. Si sbracciava per farsi vedere, e siccome Manabe non lo notava sfuggì al controllo del padre adottivo per correre da lui.
Manabe lo vide, sorrise e lo abbracció. Rex, tutto felice, tornò a prendere posto vicino ad Endou.


Suonò una campanella.
Entravano i giudici. Tutti scattarono in piedi mentre una voce proclamava, con forza, “Entra la corte!” Minaho li osservò.
Erano due uomini e una donna.  Lei, anziana e dallo sguardo gentile, assomigliava a una nonna sotto alla pesante parrucca bianca e fissava uno dei due colleghi, un uomo giovane dagli occhi estremamente acuti. Completava il trio un uomo anziano con due grossi occhiali di corno adagiati sul naso. Si sedettero, e con loro gli altri occupanti della sala.


Ora che tutti erano in posizione Minaho poté farsi un’idea migliore dei ruoli. Laddove il banco vicino a Manabe era vuoto, quello accanto ai suoi genitori era occupato da un uomo alto e sottile vestito con una toga nera.  Doveva essere il loro avvocato. L’arancione sapeva che la legge ne assegnava uno d’ufficio a chi non poteva permetterselo, dunque lesse l’assenza di quello di Manabe come una conseguenza della scelta del ragazzo di difendersi da solo insieme ai suoi testimoni.
Immediatamente dietro di loro sedevano, appunto, i testimoni. Endou e il dottor Konoe per Manabe, un uomo sconosciuto per i suoi genitori.

L’arancione fu colto da un orrendo sospetto. Manabe aveva detto che lui avrebbe potuto essere chiamato a testimoniare… perché non era seduto lì con loro? Ecco il perché di quella sedia vuota!
Il ragazzo si alzò e si diresse verso la seduta, sentendosi addosso il peso degli sguardi di tutta la sala. Era calato il silenzio e lui era rosso come un peperone. Si sedette con un sospiro di sollievo.

Endou gli appoggió una mano sulla spalla mentre i giudici preparavano i loro incartamenti.
-Pronto? Si comincia


Minaho faticó a seguire i primi minuti del processo, un po’ per l’ansia e un po’ perché si trattava più che altro di dati e informazioni private di Manabe.
I giudici fecero l’appello delle presenze, quindi lessero un riassunto delle carte processuali ricordando lo stato dei fatti e le istanze del ragazzo e dei genitori con le relative date di deposizione. Minaho poté così scoprire che i problemi legali del lilla si trascinavano da quasi tre anni. Ebbe una fitta al cuore pensando al suo amico tutto solo a soli tredici anni.

-Ora gli appelli iniziali. Se qualcuna delle due parti intende dire qualcosa lo faccia ora. Quando inizierà l’interrogazione dei testimoni non sarà più possibile per loro intervenire se non su nostra richiesta. -Il giudice più anziano si sistemó gli occhiali con fare sussiegoso. -Iniziamo da voi. -L’uomo indicò i genitori di Manabe. La madre guardò il padre facendogli cenno con il capo. L’uomo si alzò.
-Niente da dichiarare. Solo vorremmo che questa pagliacc… situazione si risolva al più presto. È già durata fin troppo, e nostro figlio è sottoposto da troppo tempo all’influenza di gentaglia da quattro soldi.
-La invito ad astenersi dal dare giudizi.-Il giudice fece un cenno con la mano. -Sentiamo ora la parte richiedente… ragazzo, qualcosa da dichiarare?


Manabe tremava ed era molto pallido. Si alzò a sua volta in piedi ma sembrò avere poco equilibrio. Si riebbe e si sostenne alla sbarra.
-Io… io voglio… io vorrei… solo… essere libero.



Minaho sospirò. Non sarebbe stato facile.
Era appena iniziata l’audizione dei testimoni e lui era sconvolto da sensazioni contrastanti. Da una parte la rabbia per le menzogne del testimone dei genitori del lilla, che a quanto pare era uno zio di terzo o quarto grado pescato chissà dove che stava dipingendo Manabe come un fragile squilibrato in balìa di pulsioni pericolose e manipolato da “persone cattive”, dall’altra il terrore che il suo amico crollasse per lo stress e per la febbre.

Manabe, da parte sua, stava tutt’altro che bene. All’angocia si sommava la febbre altissima. Il caldo umido del riscaldamento lo stordiva e gli seccava a gola dolorante, mentre la tosse non gli dava tregua.
-Forse… forse… non dovevo… non dovevo scappare dell’ospedale.


I giudici fermarono il teste dei genitori. Il suo tempo era scaduto e lui aveva vomitato tutta la sua marea di bugie e banalità. Minaho era disgustato. Ora toccava ai teste di Manabe.
-Bene… chi vuole parlare per primo? Il signore con il bambino?
La giudice sorrise a Rex. Endou prese un respiro e si alzò in piedi. -Sono pronto.

-Benissimo. Signor Endou, vero? Ci racconti la sua versione dei fatti.
-Io… io conosco Manabe Jinichirou dall’inizio di quest’anno scolastico, ovvero da quando lui e il suo amico Kazuto Minaho si sono iscritti al club di calcio da me gestito alla Raimon junior high. Per… per vari ragioni ho avuto modo di approfondire il rapporto con il ragazzo venendo a conoscenza dei suoi problemi.  Posso garantirne la più assoluta maturità… Manabe ha fatto cose, combattuto battaglie che nessun’altro alla sua età può dire di avere affrontato.

Minaho era commosso. Il racconto di Endou proseguì toccando vari episodi salienti degli ultimi mesi, mentre i giudici ascoltavano attenti. Quando gli fu detto di tornare a sedere aveva avuto modo di tessere un quadro molto positivo della maturità di Manabe.
Lo stesso fece il dottor Konoe, chiamato a testimoniare subito dopo. Raccontò gli episodi drammatici del ricovero e dell’intervento del lilla, soffermandosi soprattutto sul suo rapporto con Minaho.. Anche questa volta i giudici sembrarono positivamente impressionati.  Di contro, i genitori del lilla parlottavano scocciati tra loro con  fin troppo evidente disprezzo di chi gli stava intorno. Minaho si sentiva i loro sguardi addosso ogni volta che voltava le spalle.


Ci fu una breve pausa. I giudici lavoravano sui loro plichi di fogli mentre i testimoni e gli interessati parlavano con gli avvocati.  Manabe, che si sentiva vicino al collasso, trovò la forza di fare un sorriso a Minaho che lo fissava a metà tra l’incredulo, il ferito e l’angosciato. Ebbe una fitta di senso di colpa per non averlo avvertito dei suoi piani… non aveva voluto preoccuparlo senza motivo, però quello sguardo…

L’arancione da parte suo stava riflettendo. Voleva disperatamente andare da Manabe, ma aveva il terrore dei suoi genitori e non voleva rendersi conto di quanto stesse male… sapeva che non avrebbe retto all’angoscia. Una lacrima gli rigó una guancia. Trattenne un piccolo singhiozzo. Non era il momento di avere voglia di un abbraccio… si sentiva debole. Bisognava prendere una decisione.
Appoggió le mani sulla sbarra e strinse i denti. -Ora mi alzo e vado da lui…
-Minaho Kazuto! Al banco dei testimoni!


Calò un silenzio di tomba. Tutta l’aula poté vedere Minaho, già pallido di suo, sbancare come una tazza di latte. Il ragazzo si strinse una mano sul petto. -I... Io. ..
I genitori del lilla lo guardavano con odio. Si sentì mancare… poi il suo sguardo si soffermó su Manabe. Lo guardava con gli occhi lucidi. Avrebbe capito se non ce l’avesse fatta? Se si fosse tirato indietro? Aveva degli occhi così tristi...

Una scossa di adrenalina. L’arancione si alzò di scatto e si posizionó al banco dei testimoni. -Sono pronto, vostro onore.


-Bene… ci parli del suo amico. Vorremmo sapere… lei lo ritiene maturo? Ritiene che sarebbe capace di sostenere un ruolo autonomo  nella società di questo paese?
-Io… -Minaho era spaventato. -Io… io ne sono certo, vostro onore! Questo ragazzo… cioè Manabe… lui… lui riesce a provvedere a tutto quanto occorre al suo sostentamento, nonché al mio…
-Prego? Lei vive a carico del ragazzo?-Il giudice era stupito, ma sembrava interessato.

-Ecco… io… io vivo con Manabe da qualche mese… ne abbiamo passate tante! Vi assicuro che mi ha tolto da una brutta situazione… non avevo mai avuto un amico come lui. È… è perfettamente autonomo e in grado di provvedere a tutto… sa cucinare, insieme teniamo pulita la casa… potete vedere i suoi rendimenti scolastici! Sono i più alti della scuola... fa sport,  ha subito un intervento e relativo recupero! A prescindere dalla sua età anagrafica… il mio amico… cioè… Manabe fa… fa cose che forse pochi adulti fanno. Io… Io lo stimo con tutto me stesso.

-Perfetto. La sua testimonianza è chiara e univoca. Ora… se le parti volessero avvicinarsi, è ora degli appelli finali prima che questa Corte si riunisce per deliberare.


Minaho ricadde sulla sedia sospirando di sollievo. Era andata.
Osservò i genitori del lilla alzarsi in piedi molto stizziti ed avvicinarsi al banco dei giudici, e con loro ma dalla parte opposta il figlio.
Manabe era pallido e sudato. Non si era mai sentito così debole e non aveva idea di come sarebbe potuto rimanere in piedi e addirittura parlare. Il caldo e i rumori lo stordivano… si sostenne alla sbarra e trovò la forza sovrumana di sorridere a Minaho, facendogli cenno di stare tranquillo e ringraziandolo.

I giudici si rivolsero prima ai genitori. -Dunque… è il momento del vostro appello. Diteci perché dovremmo negare l’emancipazione a questo ragazzo.
L’uomo prese la parola.
-È evidente, vostro onore! Nostro… figlio è sempre stato emotivamente fragile e problematico! Guardate con quali compagnie si accompagna!  È succube di quel ragazzaccio orfano ripescato dalla strada e di quella combriccola di...

-Sa? I miei genitori sono morti quando avevo sette anni, uccisi dalla malavita. Perché pensa che sieda su questo seggio? Sia attento ai pareri che esprime su quel ragazzo, la prego. -A parlare era stato il giudice più giovane. Il padre del lilla sbiancó, ma fu un istante. Diede immediatamente l’impressione di aver superato l’imbarazzo… si vedeva che era un diplomatico esperto.
-Capisco… non potevo sapere. Comunque ribadisco, nostro figlio è incapace di difendersi da chi lo sfrutta. Deve tornare a casa prima che la situazione degeneri e lui ne venga irrimediabilmente ferito.


Manabe tremava di rabbia e di freddo. Strinse i denti.
-Perfetto. .. sentiamo ora l’altra parte. Ragazzo, perché dovremmo concederti l’emancipazione?

-P…perché … perché la mia… -Manabe batteva i denti e si sentiva svenire. -La mia fragilità è…è causa… del disinteresse di chi… di chi ora mi… accusa.  -Fu sconvolto da un accesso di tosse. -Queste… persone e questo… ragazzo sono la mia… vita… la mia possibilità di… di riscatto… vi supplico… ho… ho diritto a essere… libero, dopo tanto dolore.

I giudici parlottavano tra loro. Avevano letto le carte del processo e sapevano delle difficoltà che Manabe aveva avuto nella sua infanzia. Sapevano che il lilla non scherzava e non cercava di farsi compatire.
-Perfetto… è ora di iniziare la discussione in camera di consiglio. Presto avremo il verdetto.
I giudici si ritirarono, e un brusio invase l’aula.


Minaho voleva correre dal suo amico, ma qualcosa lo tratteneva… non voleva che i genitori del lilla lo vedessero con il figlio… -Non si sa mai… -pensò. Magari potevano usare un abbraccio per rinforzare davanti ai giudici le loro tesi… anche se oramai i giochi erano fatti.

-Man… -Guardò l’amico, che era pallido e respirava con la bocca. -Man… tieni duro ti prego… ci siamo quasi!

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Capitolo 60
*** Un anomalo verdetto ***


Volli, volli, fortissimamente volli



Il brusio in sala impediva di capire esattamente cosa stesse succedendo. Minaho era molto confuso e aveva in sé impressioni contrastanti.
I testimoni di Manabe avevano parlato bene ed erano stati convincenti,  certo… ma i giudici non conoscevano il ragazzo, e dunque per loro la loro parola non valeva di più di quella dei genitori del lilla e del loro viscido testimone. Le probabilità di avere successo erano equilibrate, non certo sbilanciate a favore di Manabe.

L’arancione si passò la mano tra i capelli e poi la portò al mento, riflettendo. Aveva elaborato i tipi psicologici dei tre giudici, e gli sembravano persone imparziali. In effetti, disgustato dalle parole dei genitori del lilla, aveva passato molte fasi del processo a concentrarsi sui tre magistrati più che su quello che si diceva. Allenare la sua deduzione, usare i trucchi che aveva imparato dal padre aveva su di lui un effetto rassicurante.


Manabe, dall’altra parte della sala, sentiva un trapano battergli in testa.
Doveva essere molto pallido, a giudicare dal colore delle sue mani. Sorrise debolmente pensando alla carnagione lattea di Minaho.
Quella mattina, quando si era svegliato, si era subito reso conto che la febbre era molto alta. Alla prima misurazione aveva rilevato 39.4, un valore che l’infermiera aveva immediatamente riferito al dottore.

Il lilla però non aveva pensato nemmeno per un istante di rinunciare alla sua fuga. Era stato facile approfittare dei minuti di caos conseguenti all’apertura delle porte per l’orario di visita. Tante persone entravano per andare a trovare i propri cari… lui, in abiti normali, era sgattaiolato tra coppiette e bambini tenuti per mano imboccando facilmente il corridoio d’uscita.
Aveva superato la guardiola  delle infermiere senza problemi. Le aveva osservate e sapeva che a quell’ora andavano a prendere un caffè, rassicurate dalla presenza dei dottori che accompagnavano i parenti in visita. -Grazie Min… per avermi insegnato qualcuno dei tuoi trucchi! -Il lilla ridacchió mentre imbucava l’uscita.

Passare l’accettazione approfittando della fila fu uno scherzo, e il lilla si ritrovò in strada.
Dovette fermarsi a riprendere fiato su una panchina per colpa di un eccesso di tosse, ma tutto sommato poteva dirsi felice. Non gli importava di stare male… aveva ben altre preoccupazioni.

L’autobus che lo portò fino al tribunale, dall’altra parte della città, fu un calvario.
Faceva un caldo bestiale che acuí terribilmente il mal di gola di Manabe, che, pigiato come una sardina, faceva del suo meglio per non cadere a terra svenuto. Ad ogni respiro gli sembrava di respirare umidità pura che gli faceva peggiorare terribilmente la tosse e sentiva le gambe deboli.

Quando poté finalmente uscire sospirò di sollievo. Da lí in poi la strada era stata tutta lineare… nonostante l’angoscia. Aveva solo un minimo di senso di colpa per avere tenuto nascosto a Minaho il suo piano, ma era certo che lo avrebbe capito.
Prese un respiro profondo e fu sconvolto da una violenta scarica di colpi di tosse. Si rese conto di non aver tenuto conto di una cosa fondamentale mentre preparava il suo piano… come avrebbe fatto a tornare in ospedale senza che nessuno si rendesse conto della sua fuga? Anzi… probabilmente se ne erano già accorti! Questo era un bel problema…
Il lilla decise di non pensarci prima del tempo. Ora aveva problemi ben maggiori.


Minaho si accorse di essersi completamente spettinato. Era ovvio… era mezz’ora che giocherellava con i suoi ciuffi per sfogare la tensione. Quanto cavolo ci mettevano quei giudici? L’arancione immaginó una discussione molto accesa che vedeva, chissà perché, il giudice più giovane prendere strenuamente le difese del suo amico.
-Scherzi dell’autosuggestione! -Pensò.

Rex, seduto al fianco di Endou, gli mandava continuamente sorrisi radioso che l’arancione si sforzava di ricambiare con il cuore. Il bambino aveva capito molte cose.


La porta della sala di consiglio si aprì. Tutti scattarono di nuovo in piedi, anche Manabe nonostante lo sforzo evidente che gli procurò un tremendo giramento di testa e lo spinse a ritornare a sedere dopo pochi istanti, pallido in viso.
I tre giudici entrarono in aula reagendo cartelle piene di documenti e si sedettero sugli scranni che fino a poco prima avevano occupato. Non sembrava essere cambiato nulla, ma tanto poteva cambiare grazie o per colpa delle parole che da lì a poco avrebbero pronunciato.
L’arancione strinse i pugni con tanta forza da farsi male. Si guardò i palmi delle mani. Sulla pelle lattea i segni delle unghie premute a viva forza. Si accorse di stare tremando. Come era possibile che Manabe sembrasse così calmo?

Il lilla in realtà era semplicemente rassegnato. Non osava sperare per paura di venire deluso, e aspettava con angoscia il verdetto della Corte. Mai come allora si era sentito appeso ad un filo, e il malessere fisico di certo non aiutava.

Il giudice più anziano si alzò in piedi. Per un lungo istante fece correre lo sguardo per l’intera estensione della sala, soffermandosi su tutti e nessuno. Era molto serio. Quando aprì la bocca per parlare, lo fece con calibrata intensità.
-Annunciamo che questa Corte ha preso una decisione.
Manabe sentì il cuore balzargli in gola, Minaho impallidì. Dal lato opposto della sala si alzò un leggero brusio, mentre i genitori del lilla, come il figlio, si alzavano in piedi.

-Questa Corte… -Il giudice proseguì -… ha avuto modo di discutere a lungo riguardo al caso che quest’oggi ci è stato sottoposto. Dobbiamo segnalare come nessuna delle due parti, data la particolarità della materia trattata, abbia portato prove tangibili a sostegno delle proprie tesi. Da qui ogni nostra perplessità, nell’impossibilita di basarci su qualunque cosa che non sia la semplice testimonianza.
Minaho ebbe un sussulto. Non gli piaceva affatto quell’inizio.

-Ecco dunque… -L’Uomo proseguiva con crescente vigore. -… perché questa Corte, nel prendere la propria decisione, si è dovuta basare sul giuramento solenne pronunciato dai testimoni, consapevoli del proprio impegno nei confronti non solo della propria parte, bensì della nazione intera in nome della quale esercitiamo il potere giudiziario.
Minaho sospirò di sollievo. Era solo un preambolo di circostanza con il quale i giudici spiegavano come si fossero basati sulla parola dei teste per prendere la loro decisione! Niente di preoccupante… non troppo almeno, no?

-Procediamo ora con la lettura del verdetto!- In sala calò il silenzio. L’ansia era palpabile. -Alla luce di quanto emerso da questo processo e dagli atti depositati presso questo tribunale, la presente Corte delibera…
Ansia. Minaho si sentiva la pressione sotto i piedi. Manabe, invece, iniziava a vederci doppio.
-… che il presente Manabe Jinichirou è potenzialmente in grado di ottenere dalla Corte suddetta l’emancipazione!


Silenzio.
Ci volle qualche istante perché Minaho e Manabe realizzassero le parole dei giudici.
Manabe spalancò gli occhi. -Non… non ci… non ci credo!

Dalla parte opposta il silenzio fu rotto da un grido soffocato. Minaho aveva fatto una mezza piroetta sul piede destro e non era riuscito a trattenersi. Si era portato una mano sulla bocca, rosso come un peperone.
-Silenzio! -Il giudice fulminó l’arancione con gli occhi, ma per un istante nel suo sguardo sembrò baluginare un accenno di sorriso. -La Corte ritiene, come già detto, Manabe Jinichirou potenzialmente, e ribadiamo, potenzialmente in grado di ottenere l’emancipazione!
-Ecco… lo sapevo che mi ero illuso troppo presto… -Minaho si morse il labbro.

-Questa Corte,  nell’impossibilità di esprimersi univocamente sulla sola parola dei testimoni, decreta che Manabe Jinichirou debba sostenere un test sulla sua maturità prima di poter ottenere a tutti gli effetti l’emancipazione.
-Un… un test? -Manabe era allibito. Cosa volevano da lui? Guardó alla sua destra… suo padre era impallidito e sembrava furibondo. Ebbe una fitta di paura.

-La Corte decreta che, per due mesi a partire da domani, Manabe Jinichirou sia sottoposto al test. Egli dovrà dimostrare di poter trovare un lavoro o una qualunque valida fonte di introito, senza per questo far calare il proprio rendimento scolastico. Inoltre ogni dimostrazione ulteriore di maturità sarà tenuta in considerazione da questa Corte. Se al termine dei due mesi queste condizioni saranno verificate e non sarà avvenuto nulla di talmente grave da cambiare il nostro giudizio, l’emancipazione diverrà effettiva.


Minaho era sconvolto. Doveva essere felice o piangere? Quella cosa era assurda… però… però era una possibilità che forse dovevano cogliere… avevano alternative? Anche Manabe sembrava fortemente perplesso.
-È…è un’assurdità! -Il padre di Manabe alzò forse un po’ troppo la voce.
-È un verdetto di una corte di Stato, sa benissimo che è suo dovere attenervisi. Stia attento, ogni sua azione ai limiti del tollerabile potrebbe influire sul nostro giudizio finale. -Il giudice anziano fulminó l’uomo con lo sguardo.

Il padre del lilla digrignó palesemente i denti.  -Almeno… almeno dovete togliere di mezzo quello stupido ragazzino che parassita nostro figlio! Voi non vi rendete conto…
-Basta! -Questa volta era stata la donna ad intervenire. -La invito a portare più rispetto ai testimoni! Inoltre il ragazzo di nome Minaho Kazuto è fondamentale in tutta questa situazione. Egli non solo potrà, ma dovrà continuare la proprio convivenza con Manabe Jinichirou, essendo egli elemento di stabilità per il ragazzo. Siamo una corte di giustizia, ma abbiamo un cuore anche noi. Forse fareste meglio a farvi delle domande! Non vedete come si vogliono bene? Quel ragazzo non ha mai smesso di guardare vostro figlio per due ore! La seduta è tolta.

L’uomo strinse i denti, quindi,  presa per mano la moglie, uscì a precipizio dalla stanza borbottando furioso. -Ci rivedremo!


Minaho ora era convinto. .. poteva gioire! Si precipitó da Manabe e lo abbracció, insieme ad Endou, Rex, il dottore e tutti quelli che avevano assistito al processo parteggiando per loro. Solo allora l’arancione notó Tenma e Shindou… si commosse.
-Ragazzi… siete… siete venuti….
-E come potevamo mancare? Min fatti abbracciare! -Tenma, come al solito leggiadro come un elefante, si buttò addosso all’arancione che divenne rosso come un peperone.

-Dite ragazzi… e ora che farete? Avete un bell’impegno davanti! Saranno due mesi fondamentali. -Shindou era pragmatico come sempre.
-Bhe… penso che… penso che inizieremo subito a darci da fare! Vero Man?
L’arancione sorrideva. Per la troppa emozione il lilla non lo aveva sentito.
-Ehila… Terra chiama Manabe?


Minaho si voltó.
Il lilla era a terra, privo di sensi.

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Capitolo 61
*** Un nuovo cammino ***


Just remember to fall in love
There's nothing else
There's nothing else



-Toglietevi di qui! Fatelo respirare!
-Oddio papà! Papà che ha Man!! Papà ho paura!
-Manabe! Manabe mi senti?

In aula un vociare pazzesco. Minaho era seduto in terra, gli occhi sbarrati. Manabe non riprendeva conoscenza...su di lui Shindou, intento a prendergli il polso, mentre Rex piangeva tra le braccia di Endou. Tenma cercava di fare forza all’arancione.
-Dannazione! Cercate subito un dottore! Datevi una mossa! -Shindou urlava in preda all’agitazione. Il dottor Konoe era dovuto scappare poco prima della fine del processo… la sfortuna voleva proprio accanirsi, pensò il castano.
-Min… dai… dai fatti forza… adesso… adesso si sveglia! Vedrai che… adesso si sveglia…. -Tenma non era molto rassicurante, visto come tremava.

Finalmente Minaho si riebbe. Gattonó fino a Shindou e si aggrappó alla sua spalla.
-Shin… Shin… lui… lui è… è…-Scoppiò a piangere come una fontana.
Shindou sussultó e prese le spalle dell’arancione. -Min! Min guardami! Non ti agitare così… non… non è… credimi! È… è la febbre… ha il battito, stai tranquillo… tranquillo. -Abbracció l’amico. -Non piangere… non piangere, ok?

Minaho singhiozzó con violenza. Era confuso e soffriva. -Lo… lo sapevo che avrebbe… che avrebbe fatto una follia! È… è colpa mia! Dovevo… dovevo impedirglielo… dovevo!!
Shindou sospirò. -Min… Min non è colpa tua. Vieni… vuoi tenergli la mano? Vedrai… adesso si sveglia, ok?
Il ragazzo singhiozzó ancora. Prese la mano del lilla e si stupì che fosse calda come al solito. Nei suoi pensieri angosciosi se la figurava fredda come il marmo. Ebbe un fremito di sollievo quando vide che, ovviamente, Manabe respirava. Sotto il capo del lilla era stato piegato un cappotto, e il busto era stato sollevato contro la spalliera di uno dei banchi. Sembrava così sereno… Minaho aveva gli occhi offuscato dalle lacrime, così che non vide quando il lilla, pian piano, aprì i suoi.

-M…Min?
L’arancione si riscosse. -Man! Man sei… sei sveglio! Oddio Man mi hai fatto preoccupare…
Manabe era pallido. I suoi occhi erano lucidi… si sentiva spaventosamente in colpa.
-Min… lo… lo so che mi vorresti picchiare però… però… mi… mi abbracci? Ti voglio… così… bene…

Minaho guardò il suo amico negli occhi per un lunghissimo istante. Non aveva mai notato quanto fossero belli, con quel color pervinca profondo come il mare. Sospirò e lo abbracció tenendolo stretto a sé.
-Anche io ti voglio bene…  ma non farmi mai più uno scherzo del genere!!


Manabe fu fatto sedere e gli fu portato un bicchiere d’acqua e un cornetto. Minaho gli poggió le labbra sulla fronte, gesto che fece arrossire tremendamente il lilla.
-Scusa Man… mamma faceva sempre così per sentire se avevo la febbre!
-O…ok però… insomma dimmelo quando vuoi baciarmi!
Scoppiarono entrambi a ridere. -Senti Man… hai la febbre alta! Che cosa ti è saltato in mente di venire qui? È stata una pazzia! Se lo avessi saputo….
-Se lo avessi saputo mi avresti impedito di farlo, e non saremmo potuti più stare insieme.

La voce calma del lilla aveva colpito Minaho. Poteva dire che avesse torto? La sola prospettiva di perdere la compagnia del suo amico, di dover rinunciare a stare con lui, gli toglieva ogni senso alla vita.
-Io… io lo so però… però… Man potevi… potevi…
-Morire? -Il lilla rise dolcemente. -Sarei morto da eroe no? Pensa che bellezza!

-Man!! Non… non lo dire! Non lo dire mai più!! -Il tono angoscioso del lilla fece sorridere Manabe. Gli fece una carezza.
-Ehi… ehi, scherzavo! Figurati se rischierei di morire… non devi avere paura! Sono svenuto perché qui dentro fa un caldo pazzesco! E poi non ho mangiato nulla… ci facciamo un panino?
Minaho non poté fare a meno di sorridere. Manabe stai facendo di tutto per tranquillizzarlo e sdrammatizzare.

-Va bene… vada per il panino! Poi però dritti in ospedale… tra due, massimo tre giorni ti voglio a casa con me! Sono stufo di stare solo… e poi senza il mio migliore amico chi mi salverà dalla mia cucina tossica? Chi mi aiuterà a trovare i miei libri? Chi mi correrà dietro raccogliendo mutande e calzini? Chi… chi mi terra stretto la notte se faccio… se faccio un brutto sogno? -La voce dell’arancione si ammorbidí di colpo. -Ho… ho paura la notte a volte. Sono proprio un bambino.
-No… sei solo tanto sensibile. Tieni duro… tra poco sarò a casa da te e ti difenderó da qualunque cosa! -Manabe abbracció l’amico. Scoppiarono a ridere insieme.


La faccia dell’infermiera di guardia, quando il lilla rientró, avrebbe meritato un monumento. Manabe ridacchió.
Rientrato in camera si beccó la sua dose esagerata di rimproveri, ma in fondo cosa gliene importava? Ora la vita gli sembrava molto più lieta!
Si stese sul lettino con un sospiro di sollievo. Paradossalmente si sentiva bene. La misurazione della febbre, contro ogni previsione, segnò 37 gradi! Un mezzo miracolo.

-Man… ma… ma hai preso una medicina quando non guardavo? Come è possibile??
-Io… io ti giuro che non ho preso nulla! -Il lilla rideva. -Sei tu la mia medicina.


Quella sera a casa Minaho era davvero di buon umore. Per combattere la solitudine e festeggiare aveva pensato bene di invitare Shindou, Kirino, Tenma e Rex a dormire da lui… unicamente perché la casa era piccola, altrimenti avrebbe invitato l’intera squadra!
Per cena aveva fatto venire una quantità smodata di roba dal miglior ristorante della zona, più una vaschetta di gelato che sarebbe stata adatta per i duecento stile libero.

-Dal momento che non è andata proprio benissimo, ma nemmeno male, vale la pena di pensare positivo e festeggiare! -L’arancione si buttò sul divano con in mano un bicchiere di aranciata. -Da domani dovremo darci da fare… ma stasera si fa festa in onore di Manabe!

Mentre Minaho si interrogava su quale musica mettere per rallegrare la serata, Tenma se la rideva a vedere Rex, tutto felice e sereno, abbracciare stretto stretto il collo di un imbarazzatissimo Shindou.
-Oddio… io… io non ci so fare con i bambini… ma ti piaccio così tanto? -Il castano ridacchió rosso come un peperone.
-Sì… tanto tanto! Piaci ai miei fratelloni… quindi sei buono di sicuro!
Tenma rise mentre Shindou attraversava nuove e più intense gradazioni di rosso carminio.


Mozart invase la sala. Sonata per pianoforte in do minore.
-Ehi! Questa la so suonare! -Shindou rise. -Mi piace Mozart.
-Anche a me… -Minaho si accovacció sul divano stringendo le ginocchia al petto. Il secondo tempo di quella sonata aveva un grosso difetto… lo faceva piangere. Si nascose dietro le proprie gambe.

-E ci credo! Ti doveva assomigliare così tanto! -Il castano passò Rex a Tenma, che iniziò a farlo saltare tra le sue braccia. -Ti devo prestare una delle sue biografie… era proprio come te da certi punti di vista.
L’arancione arrossí. -Ecco… io… la sola differenza è che lui era un genio.
Shindou sorrise. -E perché… tu e Manabe cosa siete?


Minaho non ricordava quanto fosse divertente giocare a scacchi con qualcuno che avesse una mente strategica come quella di Manabe. Dovette riconoscere che Shindou non se la cavava affatto male.
-Ragazzi… che ne dite, dopo ci guardiamo un film? Io sono troppo emozionato per dormire! -Tenma saltellava per la stanza come un bambino.
Minaho rise. -Certo! Questa notte non si dorme!
-Cos… cosa? Ma io ho sonno! -Shindou sbadiglió.
-Suvvia… non fare il guastafeste! Ti preeeeego! -Tenma prese la mano del castano, che sospirò.
-Sigh... e va bene…


Scelsero un film d’azione. Inutile dire che dopo nemmeno un quarto d’ora Shindou dormiva in maniera indegna. Tenma, che teneva in braccio Rex, sbuffava buffamente. Minaho sorrise.
-Eddai Ten… lascialo riposare poverino… -L’arancione aveva delicatamente sistemato un cuscino sotto la testa di Shindou.
-Bhe… dovrei? Anche quando usciamo la sera dopo poco si schianta… i suoi pretendono che vada a letto alle dieci, i suoi orologi biologici sono troppo potenti! -Tenma sospirò. -Chissà come fa Kirino a tenerlo sveglio…

-Credimi Ten, meglio non farsi questa domanda. Meglio non farsela! -Il rosa lo guardó sornione.
Il castano trattenne a stento una risata. -E va bene… vuol dire che lo sveglierò io! Rex scusa un istante…
Il castano si alzò. Minaho si prese il mento tra le dita. -Tenma… cosa hai intenzione di…

Sbam!
Il castano tiró un pestone pazzesco ai piedi nudi di Shindou, che balzò in piedi urlando. Tenma aveva mirato alla delicata zona tra i pollicioni e il cuscinetto delle dita, che Shindou aveva particolarmente sensibile.
Nel giro di due secondi Minaho aveva assistito alla trasformazione malvagia di quello che aveva sempre visto come il suo pacifico, dolce capitano, mentre il pacatissimo Shindou saltellava per la stanza urlando di dolore e tenendosi il piede tra le mani.
-Ahiahiahiahia! Tenma ma che… ahiahi!! Che ti salta in mente… Ahiahiahiahia!! I piedi!! Ahiahia!!!
Il castano rideva. -Forse non ho proprio calibrato bene la forza…
-Ahiahiahiahia!! Ma davvero? Ahiahiahi… i miei poveri piedi!!! Ahiahi!! Che dolore!! Ahiahia!! Che dolore!!!
Kirino, preoccupato, saltò in piedi riuscì a far sedere il suo ragazzo vicino a sé e a prendergli il piede. Immediatamente gli tolse i calzini, gettandoli a terra, e iniziò a esaminargli i piedi nudi. Shindou aveva le dita dei piedi bloccate. Il pestone gli aveva mandato in panne i pollicioni. - Presto!! Portate del ghiaccio!! Tieni duro Shin… ti faccio subito un massaggio! Presto!! Qualcuno porti del ghiaccio per i piedi di Shin!
-oddio sì sì... presto... fai... fai qualcosa...
-Shin! O povero Shin... lasciati andare! Lasciati andare!! -Kirino teneva tra le mani il piede in fiamme del suo ragazzo, disegnandogli profondi cerchi con i pollici sotto i cuscinetti delle dita.
-Ran... gli alluci... i miei poveri alluci...
Minaho, che si sforzava di non ridere e di sembrare serio, tornò con il ghiaccio e si avvicinò al castano che gemeva di sollievo mentre il rosa gli massaggiava dolcemente la pianta del piede cercando di sciogliergli i muscoli. -Ehm… vuoi un bicchiere d'acqua?
-No… voglio una pistola e Tenma legato davanti ad un bel bersaglio rosso! Ahhhh… -Shindou, la fronte sudata, non trattenne un gemito di piacere. -Kirino grazie al cielo ci sei tu... che sollievo!! Ahhhhhhh.... sì... proprio lì... spingi... spingi con i pollici.... fiuuuuu...
Kirino posò dolcemente il ghiaccio sulle piante dei piedi del suo ragazzo. I pollicioni di shindou erano ipersensibili per i suoi allenamenti da regista, e ne trassero un grande sollievo.
-Ahhhhhhh....questa notte dobbiamo parlare di alcune cose che…
-… che è meglio non facciate in casa mia! -Minaho scoppiò a ridere mentre i due ragazzi arrossivano. -Vedete… ho il sonno moooooolto leggero!


-Ma… Min! Se Kirino e Shindou vogliono parlare non vedo perché… -Tenma era perplesso.
-Tenma… sai cosa mi piace di te?
-Ehm… no?
-La tua innocenza! -Minaho saltò addosso all’amico e prese a fargli il solletico.


Per fortuna il ghiaccio unito all'abilità delle mani di Kirino erano riusciti a dare il meritato sollievo al piede di Shindou, il quale, sgranchendo lentamente le dita per sciogliere i muscoli, potè tornare a sedere con l'espressione di chi si era salvato per miracolo. Guardarono un film, poi un altro… fino a crollare tutti e quattro... o forse no?



La mattina seguente,  dopo una buona colazione preparata da Kirino, l’unico che avesse un minimo di capacità ai fornelli, i tre ragazzi si incamminarono insieme per andare a scuola.

Mentre si sorbiva le lentissime ore di lezione previste dall’orario del giorno, Minaho pensava. Quel pomeriggio avrebbe dovuto, insieme a Manabe, iniziare a programmare le loro mosse per le settimane a venire. Non potevano permettersi errori di sorta se volevano che il tribunale confermasse l’emancipazione del lilla.
L’arancione era entusiasta di essere stato scelto dal tribunale per rimanere sempre vicino al suo amico, anche se non lo avrebbe ammesso di fronte a nessuno. Si era reso conto di voler stare con lui… non solo come ospite in attesa di trovare una casa. Ora ne era certo… per lui Manabe era un fratello, e non poteva immaginarsi una vita senza averlo sempre al suo fianco.


-Bene… interroghiamo Minaho Kazuto! -Il professore si alzò in piedi. -Vieni alla lavagna e calcola queste derivate…
-Matematica…- L’arancione pensò a Manabe. -E sia! Manca solo un’ora alla fine delle lezioni… Man, sto arrivando!

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Capitolo 62
*** Verso un nuovo Sole ***


Dalla sua pace la mia dipende,
quel che a lei piace vita mi rende,
ciò che le incresce morte mi dà.


La mattinata scolastica si era conclusa, finalmente.
Minaho, con un dieci in matematica che aspettava solo di essere riferito al suo amico, se ne tornó a casa di buon umore, sopportando di buon grado anche il  caos sull’autobus, la gente che gli tirava i capelli e prestava i piedi.

La casa sembrava particolarmente luminosa quel giorno. L’arancione spalancò le tende ed aprì le finestre. Gli sembrava di dover rinnovare il clima che si respirava lí dentro.
-Bene... e ora vediamo cosa abbiamo di buono da mangiare…

Minaho si diresse in cucina e aprì il frigorifero. Tiró fuori una confezione di pollo surgelato e delle patate, li aprì e li mise nel microonde pregustando il pranzo precotto.
-Sempre meglio dei miei sformatini di patate di due giorni fa… -pensò. -Man, torna presto ti prego!

Quando il campanello del microonde suonò il ragazzo mise il cibo su un piatto e si piazzó sul divano, accendendo la televisione. Aveva due ore di tempo prima che fosse ora di andare da Manabe, e già pregustava un po’ di relax con un bel film.
-Che abbiamo di bello?
L’arancione trovò subito un programma di suo gusto e si immerse nell’ascolto,  non rendendosi conto degli occhi che gli si chiudevano. Era davvero stanco… non si era accorto di quanto sforzo gli fosse costato tirare avanti in quei giorni difficili.
Sentí un grande tepore avvolgerlo… pensò per un istante di alzarsi prima di cadere addormentato, ma non trovò la forza.
-Sarà… sarà solo per qualche minuto… poi… poi mi alzo… promesso…


Minaho si svegliò stiracchiandosi. Aveva proprio bisogno di un pisolino… ora si sentiva molto meglio. Aveva ripreso il controllo della sua mente analitica.
Si chiese se fosse già ora di andare da Manabe. Non vedeva l’ora di parlargli… avevano così tante cose da programmare! Li aspettavano giorni difficili.
Prese il telefono tra le mani. -Vediamo un po’…
Il cuore dell’arancione perse un battito. Erano le sette di sera!
-Io… cosa… non… non è possibile!!

Minaho non riuscì a trattenere un urletto di angoscia. Aveva perso l’orario di visite!
-Sono un maledetto idiota!! -Vide tre messaggi… tutti da parte di Manabe, preoccupato per l’assenza dell’amico nel primo, angosciato nel secondo per la mancata risposta e definitivamente terrorizzato nel terzo, arrivato meno di un’ora prima.
L’arancione si sentì tremendamente in colpa.
-Man… io… cosa ho combinato…

Compose il numero e si portò il telefono all’orecchio con mano tremante. Squillava. Ci volle un minuto perché Manabe rispondesse.
-Man!! Man perdonami!!!
Il lilla, all’altro capo del telefono, si vede aggredito dal grido del suo migliore amico ed andò in piena confusione.
-M. .. Min. .. ma che… perché non sei venuto…
-Perdonami!! Perdonami ti prego!! Io… io sono un idiota! Mi… mi sono addormentato…
Manabe rise dolcemente. L’arancione rimase muto per un istante.

-Oh Min… come fai ad essere così tenero… non avere paura, non è niente di grave! Avevo solo paura che non stessi bene o cose così… è tutto a posto! Guarda… sono così felice! Devo darti una bella notizia sai?
La voce del lilla era carica d’eccitazione. L’arancione ebbe un tuffo al cuore.
-Non… non vorrai dirmi che…
-Domani mi fanno uscire!! Finalmente fuori di qui, ci credi?? Non ho più la febbre ora… domani saremo di nuovo insieme!

Minaho non riuscì a trattenere un urlo di gioia. Manabe scoppiò a ridere.
-Davvero??? È… è bellissimo!!! È… è…. -L’arancione scoppiò a piangere come un bambino.
-Ehiehiehi Min! Che… che succede? Non… non sei felice?
-Io… io sono so…solo troppo… troppo felice!!! Mi… mi sei mancato così tanto!! -L’arancione tiró su col naso. -O Man…
Il lilla ridacchió. -Anche tu… anche tu mi sei mancato tanto, Min.


La conversazione era andata avanti senza problemi per più di mezz’ora, finché Minaho non aveva pensato che fosse ora di dare anche lui il suo contributo alla gioia di quel giorno.
-Ehi Man… sai? Anche io ho una bella notizia!
-Una… una bella notizia?
-Sì!  Vedi Man… l’ho saputo solo stamattina e aspettavo il momento giusto per dirtelo! -L’arancione rise. -Ricordi la finale, no?
Manabe sospirò. -Sì… si, la ricordo… era ieri vero? Come è andata? Avrei… avrei tanto voluto giocare anche io…
L’arancione ridacchió. -Vedi Man… è proprio questa la bella notizia! La partita è stata rimandata!! L’allenatore dei nostri avversari si è slogato una spalla, e tutto è stato rimandato a fra quindici giorni!

Manabe era senza parole.
-Quindici giorni… questo… questo significa…
-Che giocheremo insieme!! -Minaho non trattenne un urletto di gioia.
-Insieme… -Manabe faticava ancora a realizzare quello che aveva appena sentito uscire dalla bocca del suo amico. -Giocheremo… insieme… ma è fantastico!!! Fenomenale!! -Il lilla si lanciò in un balletto improvvisato sul suo candido letto d’ospedale. -Insieme!!!
Minaho sorrise. -Man… non vedo l’ora che sia domani, sai? Quando ti faranno uscire?
-Hanno detto che… che quando alle otto apriranno le porte,  potrò firmare e venire a casa. Spero solo di trovare un autobus… stasera faccio le valigie!
-E no Man… non esiste che tu venga a casa da solo! Sei debole, e poi… e poi…
-E poi? Min… mi vuoi dire qualcosa? -La voce del lilla era tranquilla.
Minaho mugugnó qualcosa tra i denti.
-Parla più forte Min… non ti ho sentito!
-Ho voglia di abbracciarti, ecco! -L’arancione sbuffó. Per fortuna al telefono non si poteva vedere il suo rossore!
Manabe scoppiò a ridere. -Anche io!


Non ci fu niente da fare. Minaho insistette così tanto che Manabe dovette accettare di aspettarlo in ospedale per farsi aiutare nel tragitto verso casa.
-Entrerò a scuola alla seconda ora Man… non è un problema. -L’arancione era troppo dolce perché Manabe potesse resistergli e poi… in fondo anche a lui piaceva qualche volta essere al centro dell’attenzione.
-Ma… dovrai svegliarti presto! Sicuro di non voler dormire?
-Man! Che mi importa di dormire? Io è con te che voglio stare… non potrei rimanere a scuola senza sapere che sei a casa e stai bene. Credimi… va meglio così.


Dopo i saluti e la promessa di sentirsi di nuovo dopo cena, Minaho si era messo al lavoro per preparare al lilla qualcosa che gli facesse piacere. Era tardi e i negozi erano chiusi… cosa poteva pensare di portargli per tirargli su il morale? Ci voleva qualcosa di buon auspicio…
Pensò a lungo prima di avere l’illuminazione. Il suo amico sarebbe stato entusiasta!! Si buttò al tavolo della cucina, lasciando stare le pentole.  Avrebbe avuto bisogno di tutta la notte! Si sarebbe accontentato di tonno e insalata… ora il problema principale era mettersi in contatto con una persona che era certo potesse aiutarlo…


Yamano Akane, una delle manager della squadra nonché prima pretendente di Shindou, per il quale nutriva un amore ai limiti del feticismo fin dalla prima media, aveva appena finito di sorseggiare una leggera tisana e si preparava per andare a cenare insieme ai suoi genitori quando ricevette la telefonata.
-Ehi… Akane? Scusa se ti disturbo,  sono Minaho… ho un gigantesco favore da chiederti… mi vergogno un po’…
La ragazza, timida ma dolcissima, ridacchió. Aveva capito Minaho più di tanti altri perché sotto certi aspetti erano simili. -Minaho… certo che ti aiuterò. Dimmi tutto.
-Ecco… puoi… puoi venire da me? Appena avrai cenato ovviamente… ti prego, solo tu puoi aiutarmi a fare una bella sorpresa a Manabe… mi sdebiteró in qualsiasi modo… ti prego!

La ragazza sorrise. Pensó a cosa avrebbe fatto per Shindou… sapeva che gli piacevano i ragazzi e lo aveva, in fondo al cuore, accettato, però…
-Non ti preoccupare Minaho. Arrivo subito.



Manabe, steso sul letto a leggere un fumetto portatogli dell’arancione il giorno prima, cercava di fare mente locale su cosa doveva raccogliere e mettere nel borsone.
La lavanderia dell’ospedale era stata rapidissima. Tutta la sua biancheria era già stata sistemata… doveva solo raccogliere i suoi appunti. In quei giorni la noia era stata tale che aveva passato ore e ore sui libri, a fare matematica.
Aveva scoperto una nuova formula per calcolare alcuni tipi complessi di equazione differenziale. Non era la prima volta che faceva qualcosa di simile… a cinque anni aveva scoperto da solo una semplice formuletta per velocizzare i calcoli che la maestra di prima elementare gli dava. Da quel giorno aveva scoperto che matematica non è solo studio, ma anche caccia al tesoro e ricerca.  Da allora aveva studiato e sviluppato tante cose… se non si fosse vergognato così tanto di sé stesso, ne avrebbe avute abbastanza per proporre a qualche istituto di ricerca un breve saggio con le sue conclusioni. Chissà… magari poteva essere un’idea per fare qualche soldo… gli sarebbe bastato quel poco  che poteva garantire a lui e Minaho un’eventuale affitto e il cibo.

-A proposito di affitto… chissà perché i miei genitori non ci hanno ancora sbattuto fuori… in fondo viviamo in casa loro. Oddio… temo proprio che stiano tremando qualcosa… -Il lilla non riusciva ad evitare di avere un brutto presentimento sulla loro futura condizione abitativa, nonstante il giudice avesse diffidato i suoi genirori dal metterlo alla porta.
Scacció i brutti pensieri e sorrise pensando al suo amico. Gli aveva garantito che quel fumetto gli sarebbe piaciuto… aveva proprio ragione.
Con un sospiro divertito si lanciò di nuovo nella lettura.


Era quasi l’alba quando Minaho, distrutto dal sonno, aveva salutato Akane.
La ragazza aveva fatto miracoli, ottenendo dai genitori il permesso di “dormire” dall’arancione.
-Una ragazza da sola a casa di due ragazzi… i tuoi genitori devono essere molto aperti! -Minaho aveva sorriso.
-Sì… e poi il mister gli ha parlato molto bene di voi. Non preoccuparti… si fidano. -La ragazza aveva sospirato dolcemente. -Magari Shindou mi invitasse a dormire da lui!


Quando se ne era andata sorridendo e dandogli appuntamento a scuola, Minaho aveva rimirato il loro lavoro. Era venuto benissimo! Corse in camera sua e tiró fuori da sotto il letto un grosso pezzo di compensato, di forma rettangolare. Lo aveva trovato nello sgabuzzino, probabilmente residuato da qualche lavoro di riparazione. Era proprio della misura necessaria!
Tornó in cucina. Fece ciò che doveva fare e, sospirando di gioia, si buttò sotto le coperte per dormire almeno un’oretta.  Non vedeva l’ora di vedere Manabe e di dargli la sua sorpresa!


La mattina seguente (o per meglio dire… un’ora e mezzo dopo!) l’arancione si svegliò abbastanza fresco nonostante l’emozione e il poco sonno.
Si alzò, si lavó, fece colazione con latte, pane e marmellata, quindi si vestì, si pettinó  (con poco successo… tempo tre minuti e i ciuffi erano tornati al proprio posto) e uscì di casa sorridendo.


Il tragitto in autobus, a quell’ora della mattina, fu tranquillo. In dieci minuti si trovò davanti all’ospedale.
Salutò le infermiere mentre si dirigeva verso la camera 34. Si sentiva leggero e felice.


Manabe stava finendo di sistemare gli ultimi pigiami nel borsone quando sentì la porta aprirsi.
-Min!!
Il lilla corse ad abbracciare l’amico. L’arancione rischiò quasi di cadere per il peso del ragazzo che gli si era lanciato in braccio. Scoppiarono a ridere.
-Man!! Finalmente! Non vedo l’ora di essere a casa con te… sai che con l’aiuto di Akane ti ho preparato una sorpresa?
Il lilla spalancò gli occhi. -Mi avete… una… una sorpresa? Di cosa si tratta Min?
L’arancione sorrise sornione. -Ehhhh…. Lo scoprirai a casa!!


Per tutta la durata del viaggio Manabe si era arrovellato su cosa avesse preparato il suo migliore amico insieme ad Akane… era proprio un mistero!
Fece l’ultimo prezzo di strada, tra la fermata del bus e casa, sorreggendosi a Minaho. Stava benone ma si sentiva ancora debole se si sforzava troppo.

Entrati dovette trattenere Minaho dal lasciarsi prendere la mano dall’agitazione. Manabe pensò che fosse dolcissimo… se lo avesse lasciato fare gli avrebbe anche messo il pigiama!
-Tranquillo Min… sto bene! Non ho nemmeno più la tosse, senti? Adesso fammi vedere questa sorpresa dai! Mi hai incuriosito e poi… vedo dai tuoi occhi che non resisti più!
L’arancione arrossí e ridacchió. -Ecco… è che mi ci sono impegnato tanto… aspetta,  vado a prendere il regalo!


Minaho uscì dalla stanza trotterellando felice. In due istanti era tornato con in mano un pacco rettangolare e piatto. Lo allungó con un sorriso al suo amico, che lo prese con espressione curiosa.
-Vai Man… spacchetta!!
Il lilla tolse dolcemente lo scotch e iniziò a svolgere la carta. Rimase senza parole.
-Ma… Ma. .. oddio che… cosa… non… non ci posso credere!!

Dalla carta era saltato fuori qualcosa di incredibile.
Ben incollato sulla sottile base di compensato era un magnifico carboncino di Manabe. Minaho sapeva che Akane era bravissima a disegnare grazie al suo “allenamento” con Shindou… e gli era sembrato che fosse il regalo perfetto per il suo amico!
-Min… Min è… è bellissimo!! Siete… siete stato troppo… troppo gentili! È… è il più  bel regalo che poteste farmi!

Il disegno, di grande formato simile a quello di un vero e proprio dipinto, era un capolavoro.
Manabe, raffigurato di tre quarti con il capo leggermente reclinato verso destra, era dipinto a mezzo busto. Indossava una giacca nera con un elegante colletto ad ala di gabbiano, mentre sul petto gli ricadeva dolcemente una cravatta vaporosa. Era stato Minaho a scegliere per quei vestiti… erano molto formali, ma l’arancione voleva che Manabe nel disegno sembrasse quello che in fondo era, un grande matematico.

I capelli del lilla, perfettamente resi con il carboncino, gli incorniciavano il viso in morbidi ciuffi, mentre le delicate ombreggiature facevano risaltare la pelle candida del ragazzo. Le braccia, incrociate morbidamente sul petto, creavano un elegante contrasto con la solennità dei vestiti.
La cosa più eccezionale però erano gli occhi. La ragazza era riuscita a rendere uno sguardo di una dolcezza infinita, ingentilito da un simpatico sorriso. A Manabe veniva da piangere da quanto era commosso.

-Min… io… io non so  che dire… è… è incredibile!
-Ti piace? Sono così felice! Pensa che bello quando sarà appeso in salotto!! Lo vedranno tutti… tutti vedranno quanto è bello il mio migliore amico!
Manabe arrossí. -Min… lo… lo pensi davvero? Nessuno… nessuno mi aveva mai detto una cosa così carina, sai? Ho sempre pensato di non essere niente di speciale. Ho gli occhiali… e non ho tanti muscoli…
-Man… tu sei bellissimo.
Il lilla era sull’orlo delle lacrime. Abbracció il suo amico.


-Man… ascolta. Domani dobbiamo darci da fare. Hai sentito cosa ha detto il giudice…
-Lo so… lo so. Ho paura… tanta paura. Dovremo cercare un lavoro… e stare molto attenti a non fare errori.
L’arancione sorrise. I due ragazzi erano seduti sul divano, abbracciati.
-Manabe… sai cosa ho imparato a stare in questa casa, con te?
Il lilla sembrava perplesso.

-Ho imparato a non cedere mai. -L’arancione prese la mano del suo amico. -Mai. Sei la cosa più bella della mia vita. Mi prometti che combatteremo insieme?
Il lilla sospirò.

-Te lo prometto. Amici… amici per sempre.



Angolino dell’autore ritardatario:
Buonsalve a tutti! Grazie mille a chi ha letto e ha recensito…
Come ho già detto ad alcuni di voi in privato, siamo arrivati alla fine di quella che è la prima parte di una trilogia incentrata sui personaggi del Go… già, ho la tendenza a tirarla molto per le lunghe! :)
A parte gli scherzi… niente, quando lavoro su dei personaggi mi piace sviscerarli al massimo! Da domani inizierò a pubblicare la seconda parte della trilogia… ritroveremo i nostri amici, e entreranno in scena tanti nuovi personaggi!
Grazie ancora a tutti, e specialmente a chi vorrà seguirmi in questo luuuungo percorso!
ROW99

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