Crazy is my second name

di AllisonHermioneEverdeen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Pensa all'ambiente attorno a te. Concentrati su ciò che è certo. Non lasciare che l'oscurità ti inghiottisca.
 I cancelli di fronte a lei, le sbarre che l'avevano rinchiusa per cinque, lunghi anni, si aprirono con un cigolio.
 Lei è sana di mente, signorina, pertanto è libera di andare.
Sana di mente. Sana di mente...
Il primo passo è il più difficile: il primo passo la allontana per sempre da quella realtà distorta, ma che dopo cinque anni era quasi rassicurante, facendole capire che le cose stavano per cambiare per sempre. Ad accompagnarla verso il nuovo e sconosciuto viaggio, solo uno zainetto. Uno zainetto rosso, lo stesso con cui è arrivata.
Sana di mente. Sana di mente...
G​otham City è lì, di fronte a lei, con le sue luci sperdute nell'oscurità della notte. Quella città sarebbe diventata la sua nuova casa, il dottore gliel'aveva promesso. E per quanto Daphne detestasse i dottori, che fossero pricologi o anche solo pediatri, voleva credergli. Perchè il dottor Strange era sempre stato sincero con lei. Perchè aveva bisogno di credere che esistesse un luogo che potesse essere la sua casa.
Sana di mente. Sana di mente...
Sapeva dove doveva andare. Lei e Strange avevano programmato tutto proprio per evitare che si sentisse smarrita. Per "attutire il cambiamento", diceva lui.
Sana di mente.
Con un respiro profondo, Daphne strinse le cinghie dello zainetto rosso e salì sull'auto che l'avrebbe portata a Gotham.
La sua nuova vita stava per cominciare.
 
ANGOLO MALATA DI MENTE
Ohilà!
Sto divorando questa serie tv ormai da qualche settimana, e poi questa idea è apparsa nella mia testolina bacata in un attimo. Ma, vi assicuro, non sono più riuscita a togliermela dalla testa.
Questo prologo è un po' come un Pilot, anche se corto: se vi piace l'idea, continuerò. Altrimenti dovrò arrendirmi al fatto che le mie idee stanno diventando sempre più folli.
Spero a presto!
AllisonHermioneEverdeen
​​
 

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Capitolo uno



Una ragazzina con uno zainetto rosso entrò nella caserma

- Ha bisogno di qualcosa? -. Un poliziotto si fece avanti, l'espressione tra il seccato e il finto amichevole.
Aveva una cascata di capelli biondi sulle spalle e due brillanti occhi blu, più profondi del mare in tempesta, più brillanti del sole del mattino

- Signorina? -. Il poliziotto cominciava a spazientirsi: aveva quasi finito il turno, non voleva seccature.
Il suo cuore era in tumulto, le mani sudavano, le arrivavano zaffate di caldo e freddo nello stesso momento

- Signorina?! - la chiamò per la terza volta il poliziotto. Finalmente, i due pozzi blu si alzarono dalle scarpe da ginnastica e si posarono su di lui.
I dettagli. Doveva concentrarsi sui dettagli.

- Allora, cosa desidera? -.
La divisa mezza stropicciata: non la lavava da una settimana. Occhiaie vecchie due giorni: due notti insonni. Pallido: non lasciava Gotham da mesi. Segno mezzo sbiadito dell'anello attorno al dito: la moglie lo aveva lasciato due mesi prima.

- Sto cercando una persona, - rispose Daphne, finalmente ritrovando il respiro. Il cuore si quietò e la ragazzina smise di sudare freddo. Doveva calmarsi. Era in una stazione di polizia, stava per incontrare l'uomo che l'avrebbe aiutata. Adesso-doveva-solo-calmarsi.
- Il nome? - chiese il poliziotto, pregustando la fine del turno.
- Gordon. James Gordon -.


- Gordon, ti cercano! -. Jim scambiò uno sguardo preoccupato con Harvey: la lista di persone che potevano cercarlo includeva pazzi, assassini, ex fidanzate folli o vendicative.
- Un consiglio: scappa dal retro, - gli disse Bullock. Jim scosse la testa.
- Allora buona fortuna, ti auguro di non incontrare un folle maniaco, - scrollò le spalle Harvey. Gordon lo salutò e scese le scale fino al piano di sotto della caserma.
Quando arrivò all'ingresso, osservò stupito la persona che lo cercava: era una ragazzina, più o meno dell'età di Bruce, esile e con una cascata di capelli biondi. Appena le arrivò vicino, due pozzi blu lo scrutarono.
- Sei tu James Gordon? - chiese. Aveva una voce delicata.
- Si -
- Io... -
Calmati, spiegagli la situazione con tranquillità
- Mi chiamo Daphne, Daphne Becker, mio padre era un militare, mi ha detto che se avessi avuto bisogno d'aiuto avrei dovuto cercarti -. Gordon rimase per un attimo paralizzato: quella ragazzina era la figlia di Becker?Quel Becker? Il vecchio Bill?
- Si sente bene? - gli arrivò la voce incerta della ragazzina. Jim si scosse.
- Certo, - affermò - Di cosa hai bisogno? -
- Per ora solo di un posto dove stare, - rispose sollevata Daphne. Parte di lei credeva che Gordon l'avrebbe cacciata senza tante cerimonie.
- Non hai una casa? -
- No... io... - esitò: doveva dirglielo? Non avrebbe acquistato molti punti ai suoi occhi... D'altro canto, Gordon doveva sapere a cosa andava incontro.
- Sono appena uscita da... - fece un respiro profondo - Da Arkham. Ma sono sana di mente, adesso! - si affrettò ad aggiungere. Come per avvalorare la sua tesi, tirò fuori dalla tasca dei jeans un certificato. Jim gli diede un'occhiata: era firmato da Hugo Strange.
Daphne rimase immobile a fissare Gordon: lo sapeva, avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa! Adesso si che l'avrebbe cacciata senza cerimonie!
Gordon era tentato di voltare le spalle a quella ragazzina e tornare alla sua vita incasinata: non aveva bisogno di qualche altro pazzo a scombussolargli le giornate! Così decise: avrebbe detto a Daphne che purtroppo non poteva aiutarla.
Ma poi alzò lo sguardo: gli occhi blu della ragazzina erano lucidi, la mano che stringeva il certificato tremava. Era solo una bambina, spaventata e disorientata: come poteva cacciarla via?
- Ti aiuterò -. Le parole sembravano uscite da sole, ma non si pentì di averle pronunciate quando vide gli occhi di Daphne illuminarsi.
- Davvero? - chiese questa. Gordon annuì, e fu allora che vide il primo, vero sorriso di Daphne.
No, decisamente non si sarebbe pentito dell'aiuto che stava offrendo.

- Ma ti sei ammattito? -. Per fortuna aveva mandato Daphne ad aspettarlo in auto: i toni soavi di Harvey non sarebbero stati d'aiuto.
- Harvey... -
- No, Jim! Non ci posso credere: ogni volta che riesci, per miracolo, ad uscire da un guaio terribile in cui ti sei cacciato, ti ributti a capofitto in uno ancora peggiore! - replicò Bullock. Non aveva tutti i torti, ma Jim non poteva semplicemente cacciare via qualcuno in cerca d'aiuto.
- E' solo una ragazzina... - cercò di spiegare.
- Appena uscita da Arkham! Sia io che te sappiamo benissimo cosa combina Strange in quel manicomio! - ribattè Harvey.
- Non posso cacciarla, e non solo per il mio buon cuore: ho fatto una promessa a suo padre, - disse Jim. Harvey scosse la testa.
- Maledizione Jim, - sospirò. Ma alla fine si arrese.
- Cerca solo di non farti ammazzare, - disse.
- Mi conosci, non preoccuparti! - sorrise Gordon scendendo le scale. Bullock lo guardò uscire dalla caserma.
- Proprio perchè ti conosco mi preoccupo... -

ANGOLO MALATA DI MENTE
Ed ecco il primo, vero capitolo!
Lo ammetto: credevo che questa storia non sarebbe interessata a nessuno. E invece le visite crescevano ed è spuntata anche una recensione!!
Grazie, grazie davvero!
So che questo primo capitolo è solo di passaggio e anche un po' corto, ma allungarlo era una forzatura. Prometto che il prossimo, però, sarà più lungo!
Grazie a tutti i lettori silenziosi, e un grazie speciale a Evie Frances Free per la sua recensione ed i suoi complimenti! Mi hai dato la spinta finale a pubblicare questo primo capitolo, dichiarando ufficialmente aperta questa storia!
A presto!
AllisonHermioneEverdeen
P.S. A breve cercherò di inserire una copertina alla storia, ma per il momento il sito non collabora.

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


Capitolo due



Il viaggio in auto era alquanto silenzioso. Gordon ogni tanto guardava Daphne, che teneva le mani in grembo e lo sguardo al finestrino. Sembrava assolutamente determinata ad evitare ogni contatto visivo.
Jim cercò di riordinare le idee: cosa poteva chiedere ad una ragazzina appena uscita da Arkham?
Dì qualcosa... forza... - Tuo padre ti ha raccontato di me? -. Ok, non era esattamente l'argomento di cui avrebbe voluto discutere, ma almeno era riuscito a rompere quel silenzio imbarazzante.
Daphne spostò lo sguardo dal finestrino, ma non si voltò verso di lui: cominciò a parlare fissando la strada di fronte a sè.
- Parlava spesso della guerra, - spiegò - e in quasi ogni racconto c'eri anche tu -.
- Era un grande uomo, tuo padre, - sorrise Gordon - mi ha salvato la vita più di ogni volta -
- E tu a lui, - replicò Daphne, e anche se Jim non si girò a guardarla era sicuro stesse sorridendo.

Finalmente arrivarono all'appartamento di Gordon. Era modesto, non troppo grande, non troppo piccolo, con una cucina, due camere da letto (una per Jim, una per gli ospiti), un bagno e un salottino. Per Daphne era il paradiso: in cinque anni aveva visto solo una camera bianca, asettica, e una sala da pranzo dove dovevi filare basso se non ci tenevi a far impazzire la persona accanto a te e scatenare una rissa sanguinolenta.
- Non è niente di che, - scrollò le spalle Jim.
- E' bellissima, - sorrise Daphne. Non disse altro.
Jim la portò nella camera degli ospiti: era una stanza di tre metri per cinque, dalle pareti grigie, una scrivania di legno scuro vicino alla finestra, un armadio a muro e un letto dalle lenzuola blu. Daphne la trovava stupenda. Posò lo zaino sotto la scrivania e si stese sul letto, inspirando il buon odore di normalità. Le sembrava qualcosa di sfuggente, non meritato, come se dopo Arkham non potesse più essere una ragazzina, ma solo una pazza criminale.
Sono sana di mente, adesso , pensò quasi con rabbia. L'aveva detto Strange, se lo era ripetuto nella testa un'inifinità di volte e aveva anche un certificato che lo accertava. Allora perchè le sembrava che non fosse affatto vero?

La mattina dopo, Jim dovette portarsela a lavoro. Non voleva lasciarla sola a casa, ma sapeva anche che non avrebbe potuto portarsela sempre a lavoro. Avrebbe dovuto trovare un'altra soluzione.
Harvey non sembrò particolarmente felice di avere Daphne in auto per tutta la pattuglia: continuava a lanciarle occhiatacce, come se si aspettasse che da un momento all'altro la ragazzina li avrebbe aggrediti gridando come un'ossessa.
Daphne, però, non gli prestava attenzione: guardava fuori dal finestrino, come se volesse imprimersi nella mente tutti i più piccoli particolari di Gotham.
- Perchè quell'auto ci segue? - chiese improvvisamente. Gordon ed Harvey si voltarono di scatto.
- Come? - chiese Bullock.
- Quell'auto, - e Daphne indicò una camaro grigia poco distante. - Ci sta seguendo da quando abbiamo lasciato la caserma -.
- Ne sei sicura? - chiese Gordon. Daphne annuì. Jim ed Harvey si scambiarono uno sguardo allarmato, poi cercarono di velocizzare l'andatura dell'auto per arrivare al semaforo prima dei loro inseguitori.
- All'ottantatrè per cento ci raggiungeranno prima che saremo arrivati al semaforo, - affermò Daphne.
- Come fai a saperlo? - le chiese Gordon voltandosi a guardarla. Lei lo guardò confusa.
- Lo so.. e basta, - rispose esitante. Jim ed Harvey si scambiarono un'occhiata fugace, ma al momento avevano altre priorità. L'auto misteriosa che li seguiva, per esempio.
- Allora cosa suggerisci, Sherlock? - fece Bullock.
- C'è un percorso alternativo che farebbe in modo che i nostri inseguitori ci perdano di vista, - rispose Daphne.
- Spara, - disse Harvey. Daphne sembrava non vederli, come se stesse guardando qualcosa al di là della loro percezione.
- Gira a destra, - disse improvvisamente. Harvey fece appena in tempo ad obbedire: ancora qualche secondo e non sarebbe riuscito a svoltare.
- Magari la prossima volta avverti prima! - esclamò. Daphne non rispose: sembrava troppo concentrata per dargli retta. Harvey e Jim si scambiarono uno sguardo spaesato, ma nessuno dei due aveva idea di cosa fossero quelle strane capacità della ragazzina.
- Aumenta la velocità di dieci chilometri orari, o scatterà il rosso prima che arriveremo al semaforo, - disse Daphne. Harvey ovvedì: dieci metri dopo, passarono mentre scattava il giallo. Quando i loro inseguitori arrivarono al semaforo, scattò il rosso, e l'auto rimase imbottigliata nel traffico mattutino.
- Continua a guidare per dieci minuti sulla strada principale, poi diminuisci la velocità e torna alla centrale utilizzando vie secondarie, - continuò Daphne. Harvey, dopo aver visto cosa succedeva seguendo i consigli della ragazzina, obbedì senza obiezioni.



Mentre Gordon e Bullock facevano rapporto su quanto avvenuto, Daphne stava seduta nella sala d'attesa della centrale. Si abbracciava le gambe guardandosi intorno. Stare in un luogo affollato, per lei, era una tortura: troppe informazioni alla volta, il cervello sembrava scoppiarle. Doveva sforzarsi di focalizzare l'attenzione solo su un soggetto, e non deconcentrarsi. Per esempio: quell'uomo appena entrato nella centrale, scortato da due agenti, era stato arrestato davanti alla banca per rapina a mano armata. Quella donna dietro le sbarre, invece, era dentro per traffico di droga. L'agente a pochi passi da Daphne era sposato, ma tradiva la moglie. E il suo amico, poco più in là, non dormiva da due giorni per fare i doppi turni e passare il resto del tempo ad un bar ad ubriacarsi perchè la moglie lo aveva cacciato di casa.. più o meno una settimana prima.
- Daphne? -. La ragazzina sobbalzò: troppo concentrata per non impazzire di sovraccarico di informazioni, non si era accorta che Gordon le si era avvicinato.
- Si? -
- Il Capitano Barnes vuole parlarti, - rispose Jim con un sospiro. Non si fida di me perchè vengo da Arkham, Gordon rischia dei guai perchè mi ha accompagnata al lavoro con lui . Era la spiegazione più logica alla preoccupazione di Jim. Tesa, ma decisa a non far mettere nei guai il detective Gordon, Daphne lo seguì dal capo della polizia.
- Chiudi la porta, - fu la prima cosa che disse Barnes appena entrarono nel suo ufficio. Daphne si mise di fronte a lui, impassibile, aspettando che iniziasse "l'interrogatorio".
- Sei Daphne Becker, vero? -.
- Si, signore -. Se c'era una cosa che suo padre le aveva insegnato prima di tirare le cuoia, era come trattare i superiori.
- Uscita da Arkham da due giorni? -
- E' esatto, signore -
- Dichiarata sana di mente dal dottor Hugo Strange? -
- Si, signore -. Barnes la scrutò con aria critica e diffidente, ma lei rimase impassibile, nascondendo le mani che tremavano dietro le schiena.
- Non accetto che pazzi girino per la mia centrale, - affermò il capitano.
- Sono stata dichiarata sana di mente e rilasciata da Arkham, signore, ma se la mia presenza crea disagio, non entrerò più nella sua centrale di polizia -. Jim ed Harvey si scambiarono uno sguardo: era un osso duro, quella ragazzina!
- Non voglio neanche che accompagni i miei poliziotti a lavoro, - assottigliò gli occhi Barnes.
- Capisco, signore -
- Come mai, - continuò il capo della polizia - stavi insiema al detective Bullock e Gordon? -
- Li ho aiutati, signore -. Barnes scoppiò a ridere, ma era una risata vuota.
- Aiutati? Come potresti essere utile? -. Daphne lo guardò fisso negli occhi.
- Per esempio... - fece - potrei dirle che lei è stato militare per dieci anni, poi ha subito una ferita alla gamba che ha troncato la sua carriera da militare poco prima che diventasse generale... dopo ha avuto alcuni problemi con la riabilitazione che hanno portato alla separazione da sua moglie... circa tre mesi fa, vero, signore? -. Barnes non rispose: la fissava sgomento.
- Poi, - continuò Daphne - potrei dirle che ha due gatti, che si è rotto il molare destro a sette anni e che detesta la criminalità, che è diffidente verso gli ex criminali al punto che li tollera a mala pena e che vorrebbe scacciare tutta la criminalità della città, ma purtroppo sa che sarà un lavoro lungo che richiede sacrifici -. Gordon e Bullock guardarono il loro capo scuotersi per non avere una faccia troppo sgomenta.
- D'accordo, - disse Barnes. - Ho capito... ma non tollero comunque che tu accompagni i miei poliziotti durante i loro turni! Gordon, ha un posto dove può stare mentre stai a lavoro? -. Jim sapeva che, se la sua risposta fosse stata no, Daphne sarebbe probabilmente finita in orfanotrofio.
- Sì, - disse quindi, con una mezza idea che poteva funzionare.
- Molto bene, andate... - li congedò Barnes. I tre uscirono dal suo ufficio. Non parlarono finchè non uscirono dalla centrale. A quel punto, Harvey non ce la fece più.
- D'accordo ragazzina, - disse - come hai fatto? -.
- A fare cosa? - rispose Daphne, ma Jim vide che un piccolo sorriso le era spuntato in volto.
- Quel tuo "abracadabra" con cui hai smantellato l'intera vita del capitano Barnes! -.
- Non so, - scrollò le spalle la ragazzina.
- Vuoi dire che tutte quell informazioni, e tutti quei numeri e quelle indicazioni che hai sparato durante l'inseguimento, ti vengono naturali? - chiese Bullock, sempre più sgomento.
- Esatto... anzi, fatico a non dare ascolto a tutte le informazioni che mi arrivano -. Jim ed Harvey si scambiarono uno sguardo pensieroso.
- Tu intanto vai in macchina, ti porto da un amico, - disse infine Jim alla ragazzina. Daphne annuì ed obbedì, anche se un po' preoccupata: non conosceva mai gente nuova con tranquillità. Cioè, prima dell'avvenimento che l'aveva fatta finire ad Arkham, aveva delle amiche e una vita sociale moderatamente attiva, ma dopo i cinque anni ad Arkham l'idea di incontrare estranei la riempiva di panico.
- Che ne pensi? - chiese Jim al collega appena Daphne entrò in auto.
- Penso che tu debba tenere d'occhio quella diavoletta che darebbe del filo da torcere a Sherlock, - rispose Harvey.
- E gli inesguitori? - replicò Jim. - Hai idea di chi siano? -
- No, - rispose Harvey. - Mentre tu porti Sherlock a casa, o dove vuoi, comincio ad indagare... ma ricordati che tra poco è l'ora di pranzo! E non esiste che lavori durante l'ora di pranzo! -. Jim scosse la testa divertito e salutò l'amico.

ANGOLO MALATA DI MENTE
Lo so: avete chiamato gli elicotteri, la polizia, l'FBI, la CIA, lo SHIELD, il Pentagono, la NASA... ma alla fine eccomi riapparsa, e no, non mi hanno rapito gli alieni, o l'HYDRA, o quant'altri. Nonostante ogni tanto possa fare dei mostruosi ritardi, sappiate che non abbandono i miei personaggi. Quindi eccomi tornata con un nuovo capitolo!
Grazie di cuore a Geh_, one_bad_day ed Evie Frances Free per le loro recensioni! Davvero, è fantastico sapere che vi piaccia questa storia, per questo vi chiedo scusa per il mio vergognoso ritardo: non lo meritavate!

Geh_ : Sono contentissima che ti intrighi molto la mia storia, e come vedi non sono sparita nel nulla. Insomma, meglio tardi che mai!

one_bad_day : Sto rendendo la storia più interessante possibile, sono felicissima che non vedevi l'ora di leggere il mio prossimo capitolo, e per questo ti chiedo -di nuovo- scusa per il mio terrificante ritardo!

Evie Frances Free : spero che anche la lunghezza di questo capitolo non sia stato un problema, ma dopo il ritardo spaventoso che ho fatto mi sembrava fuori luogo dividerlo. Già, povero Harvey! Purtroppo anche l'arrivo di Daphne porta guai... Hugo Strange, d'altro canto, non è in grado di non causare guai, e la povera Daphne ci va di mezzo! (E anche Jim ed Harvey, che sono i più sfortunati poliziotti di Gotham... certo, non contando la squadra di novellini che è stata -SPOILER ALERT- fatta fuori in pochi episodi). Per quanto riguarda il rapporto tra il padre di Daphne e Jim, sì, verrà approfondito.

Alla prossima, allora, che, prometto, sarà il prima possibile!
AllisonHermioneEverdeen

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre



- E' solo per poche ore, - disse Jim.
- Ha detto che quella ragazzina è appena uscita da Arkham! Non posso far avvicinare una pazza criminale al signorino Bruce! - ribattè Alfred. Stavano discutendo da circa un quarto d'ora... più o meno da quando Gordon era apparso all'ingresso di Villa Wayne in compagnia di Daphne Becker, che in quel momento stava aspettando in auto.
- Ti assicuro che è una ragazza a posto, - cercò di rassicurarlo Jim. - La sua unica stranezza è l'essere incredibilmente intelligente -.
- Le persone non finiscono ad Arkham senza un motivo, - replicò Alfred.
- Guardala, - replicò Jim indicando l'auto. Daphne aveva le gambe strette al petto e si guardava intorno con curiosità. Come Alfred poteva vedere, era solo una ragazzina...
- D'accordo... - sospirò infine. - Ma solo per poche ore -.
- Grazie Alfred! - gli sorrise Jim, sollevato: non aveva piani di riserva per Daphne.
- Però mi prometta una cosa, - lo bloccò il maggiordomo.
- Certo... -
- Scopra per quale motivo è finita ad Arkham, e starò davvero tranquillo -. Gordon annuì.

Quando il detective Gordon venne ad aprirle la portiera, Daphne ne leggeva in volto il sollievo.
- Puoi restare a Villa Wayne finchè non finirò il turno, - la rassicurò con un sorriso. - A patto che ti comporti bene -. Daphne annuì e scese dall'auto, seguendo Jim all'interno della villa.
Nella Sala d'Ingresso c'era un maggiordomo che li attendeva.
- Allora lei è la signorina Becker, - la accolse e, anche se Daphne poteva leggerne in volto la preoccupazione (Jim doveva averlo informato di Arkham), apprezzò lo sforzo e la gentilezza.
- Può chiamarmi Daphne, signore, - rispose con un sorriso timido. Non sembrava male, quel maggiordomo, ed in più aveva un passato da militare, come poteva vedere dalla postura, e Daphne provava un moto di fiducia per gli ex militari.
- Il signorino Bruce è in camera sua, glielo presento, - riprese il maggiordomo. La ragazza annuì. Gordon li guardò salire le scale e scomparire al piano di sopra.



- Allora? Dove hai lasciato Sherlock? - fu la prima frase che gli rivolse Harvey. Aveva un panino in mano: doveva essere l'ora del pranzo. Con tutto quello che era successo, Jim si era dimenticato del pranzo!
- A Villa Wayne, - rispose con un sospiro Gordon. Poco ci mancò che Harvey si strozzasse con il boccone che aveva appena ingoiato. Jim aspettò che riuscisse a tornare a respirare, ben sapendo cosa lo attendeva...
- A Villa Wayne?! - esclamò, infatti, Bullock. - Hai lasciato una ragazzina che è appena uscita da Arkham a Villa Wayne?! -
- E' solo per poche ore, una sistemazione temporanea, - si affrettò a rispondere. - Adesso concentriamoci sugli inseguitori: cosa hai scoperto? -. Harvey parve combattuto tra il continuare la scenata incredula o lasciar perdere. Alla fine sospirò, scosse la testa e lasciò perdere.
- Non molto, purtroppo: ho visto l'auto solo di sfuggita, e di certo non ho potuto prendere la targa! Così mi sono limitato a fare una lista di tutti quelli che ci siamo inimicati qui a Gotham... Come puoi vedere, non sono pochi, - e gli indicò un foglio pieno di nomi.
- E...? - lo incitò a continuare Jim.
- Ho cercato tra le loro proprietà un'auto che assomigliasse a quella che ci inseguiva... sai quante ne ho scoperte? -
- Quante? -
- Zero. Nada -.
- Quindi siamo ad un punto morto, - sospirò Gordon.
- Non proprio, - replicò Harvey. Jim si fece più attento.
- Che vuoi dire? -
- Ho controllato i conti bancari dei maggiori influenti in città... Falcone ha fatto un versamento piuttosto generoso ad un conto anonimo, - spiegò Bullock.
- Falcone? - esclamò Jim. - Ma non era fuori città, molto lontano da qui? -
- Infatti la cosa mi puzzava... - affermò Harvey. - Così ho fatto un controllo veloce: ha affittato una stanza in un albergo in periferia di Gotham -. Non ci fu bisogno di aggiungere altro: Jim si infilò la giacca precipitandosi fuori dalla caserma.
- Aspetta...! - cercò di richiamarlo Bullock. - Sicuro di non voler prima pranzare...?! -. Ma Jim era già in auto.




- Signorino Bruce, questa è Daphne Becker, starà con noi questo pomeriggio -. Bruce, che stava sfogliando con fare assorto dei documenti, sollevò lo sguardo e, vedendo la ragazzina accompagnata da Alfred, sorrise.
- Piacere, - disse, alzandosi e andando loro incontro. Mentre si stringevano la mano, Daphne lo studiò incuriosita: sembrava prestare loro solo metà della sua attenzione. I suoi peniseri dovevano essere ancora a quei misteriosi documenti che stava sfogliando poco prima.
- La signorina Becker al momento è ospitata dal detective Gordon, ma Jim non poteva portarla anche a lavoro, così ci ha chiesto un favore - spiegò intanto Alfred.
- Davvero? Come conosci Gordon? - chiese Bruce, e questa volta nei suoi occhi c'era vera curiosità. Daphne era intimorita da quella situazione: era in un luogo sconosciuto in presenza di estranei, persone sane di mente, non i pazzi con cui aveva condiviso gli ultimi cinque anni. Per quanto sembrasse assurdo, Daphne si sentiva meno intimorita ad Arkham: con i pazzi, ormai, sapeva come comportarsi... Ma con le persone sane di mente? Come si faceva a fare bella figura con loro?
Si impose di smetterla di tastullarsi: doveva buttarsi, e basta. Se restava lì impalata a fissarli, si sarebbe ritrovata ad Arkham in un batter d'occhio! Il ricordo di quel posto bastò a spronarla.
- Mio padre, - cominciò quindi a spiegare - mi ha parlato di Gordon: si sono consciuti in guerra e hanno stretto un bel rapporto, salvandosi la vita a vicenda -.
- Tuo padre è un militare? - chiese Bruce, curioso.
- Era, - lo corresse Daphne. Il ragazzino impallidì.
- Mi dispiace... - sussurrò.
- Tranquillo,- lo rassicurò lei. - Sono passati cinque anni, ormai... e poi, so che sai come ci si sente -. Il sorriso di Daphne fece tornare colore nel volto di Bruce, che annuì: altrochè se sapeva come ci si sentiva...




Falcone alloggiava in albergo un po' sgangherato al confine con la città. Si vedeva lontano un miglio che voleva passare inosservato.
Jim ed Harvey si fecero dare il numero della sua stanza e corsero a fare quattro chiacchiere con il loro caro amico.
- Jim, che ci fai qui? - lo accolse subito Falcone. Sembrava stanco.
- Curioso, - fece Harvey - Stavamo per farti la stessa domanda -.
- Perchè hai pagato per farci inseguire? - andò dritto al punto Gordon. In realtà il loro era solo un sospetto - un forte sospetto - ma mostrarsi sicuri era sempre l'arma migliore.
- Non so di cosa stiate parlando, - ribattè impassibile Falcone. Jim ed Harvey estrassero le loro pistole, pronti a far parlare l'ex mafioso... ma si ritrovarono con una pistola ciascuno puntata alla testa.
- I tuoi amichetti? - ironizzò Bullock.
- Mettetele giù e non vi accadrà niente, - disse Falcone. Non c'era molta scelta: i due poliziotti lasciarono cadere a terra le armi. Falcone fece un cenno ai suoi scagnozzi, che rinfoderarono le loro pistole ed uscirono dalla stanza.
- Statemi bene a sentire, - esordì non appena furono soli. - Questa è una faccenda più grande di voi, stetene fuori finchè siete in tempo -.
- Non prima che ci avrai detto perchè volevi farci inseguire, - ribattè Gordon.
- Non inseguivano voi, - replicò Falcone. Jim non capiva: chi altro potevano...? Oh... Adesso aveva capito.
- Daphne... - sussurrò. Falcone si limitò a fare un cenno del capo.
- Non mettetevi in mezzo, è l'ultimo avvertimento, - affermò poi. - E se tornerete di nuovo, potreste non incappare nella stessa calorosa accoglienza -. Con questo li congedò.




Daphne si stava trovando straordinariamente bene. Per prima cosa, Bruce ed Alfred non cominciavano improvvissamente a gridare parole sconnesse o dare capocciate alla finestra, come invece faceva la sua compagna di stanza ad Arkham. In più, con loro riusciva ad avere normali conversazioni senza la sensazione di essere sotto esame, come con quello sociopatico di Strange. Decisamente, a Villa Wayne l'atmosfera era più rilassante che ad Arkham.
- Quindi neanche vai a scuola? - chiese Daphne a Bruce. Ormai stavano chiacchierando sul divano da almeno un paio d'ore. Il tempo sembrava volare!
- Studio privatamente: i miei genitori pensavano fosse la soluzione migliore, dato che andavamo nella nostra casa in Svizzera in mezzo al semestre scolastico - spiegò il ragazzino. Daphne sgranocchiò un'altra patatina (non ne toccava una da cinque anni!).
- In questi anni ho studiato... privatamente anche io: per me è stato uno schifo, il professore sembrava uno psicopatico che non aveva idea di come spiegare - disse.
- Di solito i professori privati sono bravi, devi aver avuto davvero sfortuna! - esclamò Bruce. Daphne emise uno sbuffo divertito.
- A te invece chi insegnava? Un professore differente per ogni materia? Funziona così da voi miliardari? - chiese. Bruce scoppiò a ridere.
- No! Mia madre mi insegnava tutto... e a volte anche Alfred, - spiegò.
Il diretto interessato era fuori dalla porta socchiusa, ogni tanto guardava come fosse la situazione. Era strano vedere il signorino Bruce così rilassato: da quando aveva scoperto che Hugo Strange aveva tradito suo padre, si era chiuso in se stesso... Forse Gordon aveva ragione: quella ragazzina sembrava a posto. Allora perchè era finita ad Arkham?




- Jim, hai idea di che ore sono? - fece Harvey. Gordon era al computer ormai da un'ora, sembrava essersi dimenticato del mondo esterno.
- Jim? - lo richiamò Bullock. Nessuna risposta.
- Ehi, collega? Sveglia! - riprovò Harvey, passando una mano davanti allo schermo del computer. Jim si scosse.
- Scusa Harvey, ero preso... - disse, spegnendo rapidamente il computer.
- Non dirmi che stai ancora cercando informazioni sui nostri inseguitori? Non ricordi le parole di Falcone? Credo che per una volta dovremmo dargli ascolto... -
- Non dirai sul serio! - replicò Gordon. Bullock sospirò: sapeva che il suo collega non avrebbe mollato. Beh, lui ci aveva provato...
- D'accordo partner, ma torniamo sul problema domani, che ne dici? - disse - Sono già le otto di sera, dovresti andare a riprendere una certa parente di Sherlock a Villa Wayne... -.
- Vero! - esclamò Jim. - Vado subito: ci vediamo domani! - e, infilandosi la giacca, corse fuori dalla caserma.
In realtà non stava cercando informazioni sui loro inseguitori, ma su Daphne. Se qualcuno la stava cercando, e addirittura Falcone sembrava temere quel "qualcuno", allora la faccenda era grave. Certo, non immaginava che quella ragazzina così esile potesse essere entrata ad Arkham per un motivo tanto allucinante...




Quando Gordon venne a prenderla, Daphne salutò velocemente Bruce ed Alfred e salì in auto. Si era divertita a Villa Wayne, qualcosa che non succedeva da secoli... Si ripromise di chiedere al detective di portarla pià spesso a trovare Bruce, ma appena si voltò a guardarlo il sorriso le si spense: Jim sembrava teso, al limite dello spaventato...
- Qualcosa non va? - chiese la ragazzina con voce flebile. Gordon sospirò.
- Oggi ho fatto delle ricerche sul motivo per cui sei entrata ad Arkham... - sussurrò. Daphne si irrigidì.
No... no... no... Ma i ricordi sembravano inarrestabili.
- Daphne... ho trovato la notizia... c'era scritto che sei entrata ad Arkham perchè hai ucciso tuo padre... -. Adesso la voce era poco più di un sussurro, ma rimbombò comunque nella testa della ragazza.
Daphne chiuse gli occhi, li serrò, ma anche così le sembrava di vedere il sangue imbrattarle le mani... sporcargli il vestito bianco che suo padre le aveva comprato per il compleanno... E rivide lui... suo padre...
- Non... - la voce le si spezzò, ma doveva riuscire a spiegarsi... doveva...!. - Non è come crede... - riuscì a sussurrare. Il cuore le batteva all'impazzata. Si stava torturando le mani. Le sembrava di fare fatica a respirare...
- Allora spiegami, - la incitò Jim. L'avrebbe ascoltata. E poi avrebbe saputo se era davvero una psicopatica omicida, o la ragazzina di cui gli aveva parlato Bill Becker.
Ma Daphne non ebbe modo di spiegare niente, perchè in quel momento un'auto si schiantò contro la loro. E tutto divenne buio.




ANGOLO MALATA DI MENTE
Ok, lo so di essere in ritardo... ma vi ho regalato un capitolo più lungo del solito, no? Perciò potrete perdonarmi... vero? *occhioni da Gatto con gli Stivali*
Oooook, allora Jim ed Harvey indagano sull'inseguimento incappando in strani indizi e avvertimenti, Daphne conosce la Banda Wayne e... BUM! La bomba su Daphne è stata sganciata. E per finire in bellezza, un'auto misteriosa è andata addosso ai nostri poveri protagonisti.
Piaciuto il capitolo? Spero di sì, sono stata male e ci ho messo tre secoli per finirlo. Spero anche che non incappiate in errori. Se così fosse, segnalatemeli all'istante e li correggo prima di subito! .
Grazie a tutti i lettori silenziosi - che nonostante il mio ritardo spaventoso e gli intoppi, non siete scomparsi -.
Grazie di cuore a dolcetta_forever per la sua recensione. Non sai quanto mi ha fatta felice sapere che la mia storia piace così tanto! Per non parlare del fatto che ti piace il personaggio di Daphne! Il mio terrore è di creare una protagonista che tutti odino!
Spero con tutto il cuore che questo capitolo ti sia piaciuto, nonostante il finale cliffanger per cui mi odierete tutti. *faccina angelica*
Bene, allora passo e chiudo! Ci si vede al prossimo capitolo - che sarà prima della prossima era glaciale, giuro!
A presto
AllisonHermioneEverdeen

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


Capitolo quattro



Jim sbattè violentemente contro il finestrino e rimase intontito per qualche istante, inghiottito da un oblio nebuloso. Quando si riprese, sentì Daphne gridare. Si voltò verso il sedile della ragazzina, che era vuoto. Subito aprì lo sportello ed uscì dall'auto, barcollante ma impugnando la pistola. Si guardò intorno: un furgone era parcheggiato poco più in là, ancora in moto, e quattro persone vestite di nero e con il volto coperto erano scese; una di queste stava trascinando Daphne verso il furgone. La ragazzina strillava e lo colpiva con pugni e calci, ma riusciva solo a rallentarlo. Jim alzò la pistola e sparò all'uomo che teneva Daphne. L'uomo si accasciò a terra, morto, e Daphne cadde con lui, sporcandosi di sangue.
Adesso i restanti tre inseguitori si voltarono verso Jim e tirarono fuori le loro pistole; Gordon corse a ripararsi dietro l'auto mezza sfasciata. Una pioggia di proiettili lo seguì. Il detective mirò dal finestrino mezzo rotto e riuscì a colpire un altro uomo, che raggiunse il primo nell'Aldilà. Daphne era come paralizzata, seduta accanto all'uomo morto, il vestito e le mani sporche di sangue. Jim riuscì a ferire il terzo uomo, che insieme all'ultimo decise di ritirarsi: non sarebbero riusciti a rapire Daphne quel giorno, erano a corto di preoiettili, disarmati contro una pistola.
Gordon li vide correre sul furgone e ripartire svelti. Cercò di prenderne la targa, ma era troppo buio, così dovette rinunciare. Si precipitò da Daphne: la ragazzina si stava fissando le mani sporche di sangue, aveva gli occhi spalancati e un'espressione terrorizzata in volto.
- Daphne? - la chiamò Gordon. Lei non rispose: sembrava distante mille miglia dalla realtà.
- Daphne? - fece di nuovo Jim, sempre più preoccupato. Provò a scuoterla, ma la ragazzina sembrava spiritata. All'improvviso il viso le si stese in un sorriso.
- Sangue, sangue... Cade per terra, gocciola, gocciola... C'è una pozza, una pozza scarlatta... - cantilenò. Jim la guardò sconcertato e lei rise, gli occhi spalancati persi nel vuoto. All'improvviso, però, gridò e si agitò. Gordon provò a toccarla, ma lei si scostò, terrorizzata.
- Sembrano foglie, rosse, che cadono... - sussurrò infine. Poi svenne.
Gordon si avvicinò cauto: Daphne era stesa per terra, immobile, i capelli biondi sparsi sul terreno, le mani rosse di sangue in grembo, il viso pallido alla luce della luna. Gordon sospirò e la prese in braccio. Non sapeva cosa fosse successo, ma non poteva abbandonarla al suo destino: aveva intenzione di chiarire un bel po' di cose con lei, ma anche di aiutarla. In fondo, aveva fatto una promessa a Bill Becker...


- E' lei? -. Bill sobbalzò e nascose in fretta la foto, ma poi si accorse chi era stato a prenderlo alle spalle.
- Maledizione, Gordon - rise. - Si può sapere perchè ti diverti tanto a sorprendermi alle spalle? -. Jim scrollò le spalle e si sedette accanto all'amico.
- Allora, è lei? - ripetè la domanda.
- Lei chi? - fece Bill, un brilluccichìo divertito negli occhi.
- La ragione per cui ti impegni a rimanere prudente e non morire quaggiù, - rispose Gordon. Bill sospirò.
- Sei un gran figlio di puttana, sai? - disse. Jim sorrise.
- Ma ho ragione, - replicò.
- Sì, - si arrese Bill. - Hai ragione - e dispiegò la foto. Gordon la guardò: era una bambina, più o meno di otto anni, con una cascata di capelli biondi e gli occhi blu che sembravano brillare.
- Si chiama Daphne, - spiegò Bill. - E' mia figlia -.
- Devo dirtelo, - disse Jim. - Non ti somiglia granchè! -. Bill scoppiò a ridere.
- Per fortuna sua, ha preso da sua madre! - esclamò. Poi ripiegò la foto e se la infilò nel taschino.
Non si separò mai da quella foto, la tenne sempre con sè. Ce l'aveva in mano, quando Jim, un mese dopo, lo trovò in una pozza di sangue nel campo di battaglia. Stringeva quella foto come potesse aggrapparvici per non provare dolore.
- Bill! - si inginocchiò Jim.
- Ce ne hai messo di tempo, - sussurrò Becker.
- Ti porto dal medico, - affermò Gordon. Prima che potesse sollevarlo, però, Bill gli afferrò la mano e gli consegnò la foto di Daphne.
- Se non dovessi farcela, - disse, serio in volto come Jim non l'aveva mai visto. - Proteggi mia figlia -.
- Bill... - provò a dire Gordon.
- No, - lo interruppe Becker. - Lasciami parlare, Jim, e prega che non cada nello smielato -. Tossì e sputò un po' di sangue.
- Daphne è... speciale, - disse poi. - Che io sia dannato se riescono a prenderla -. Jim voleva chiedergli di cosa diamine stesse parlando, ma optò per rimanere in silenzio: Becker non era nelle condizioni di intavolare una discussione.
- Se io non ce la dovessi fare, proteggila. Ti chiedo solo questo, Gordon: proteggi mia figlia - lo guardò negli occhi. - Promettimi che lo farai -.
- Lo farò, - affermò Jim. - Lo prometto -. Bill sospirò di sollievo.
Quando Gordon riuscì a portarlo dal medico, gli dissero che era arrivato appena in tempo.
- Probabilmte gli hai salvato la vita, - affermò il medico. - Ancora qualche minuto e sarebbe stato spacciato. Purtroppo non potrà più camminare, ha subito danni gravi, dobbiamo rimandarlo in patria -.
Jim non lo rivide più, ma non si dimenticò mai della promessa fatta: c'era una foto insanguinata a ricordargliela.




Quando Daphne si svegliò, vide subito che erano tornati nell'appartamento di Jim. La mente della ragazzina faticava a rimettere insieme ciò che era successo... Era stata da Bruce Wayne... Gordon era venuto a riprenderla... Poi le aveva chiesto di suo padre... C'era stato uno schianto... E il sangue... il sangue...
Daphne balzò a sedere di scatto, fissandosi le mani: erano pulite. Si guardò intorno: era sola nel salottino, Jim l'aveva stesa sul divano e cambiata. Daphne si alzò: era malferma sulle gambe, ma doveva trovare Gordon. Barcollò e rischiò di cadere a terra, ma raggiunse la soglia della sala.
- Jim? - chiamò con voce roca. In un attimo, il detective stava correndo nel corridoio verso di lei.
- Daphne! - esclamò. - Ti sei svegliata, finalmente. Non avresti dovuto alzarti... Forza, vieni - e la guidò di nuovo verso il divano. A Daphne non sfuggirono le occhiate che le lanciava ogni tanto per studiarla.
- Cosa è successo? - chiese. - Come siamo tornati? E la macchina? -
- Distrutta, ho detto di aver avuto un incidente e ti ho riportata a casa - spiegò Jim. - Tu... ti sei comportata in modo strano ieri sera -.
No... no... no...
Gordon continuava a fissarla, ma Daphne non voleva dare spiegazioni. Non voleva pensare, voleva prendersi una pausa dal mondo, cessare di esistere anche solo per qualche ora... Ma il suo cervello non si fermava mai.
- Ho avuto... una ricaduta, - riuscì a sussurrare. Tremava sul posto. Aveva paura che Gordon la rimandasse ad Arkham senza pensarci due volte.
- Riesci a ricordarti cosa hai detto? - chiese Jim. Daphne scosse la testa. Strange l'aveva registrata, l'aveva sottoposta a test e simulazioni, ma lei non riusciva mai a ricordarsi cosa succedeva dopo che cadeva nell'oblio oscuro. Nelll'ultimo anno, però, non era più successo, perciò Strange l'aveva dichiarata sana di mente e l'aveva rilasciata. E adesso, ecco la prova che si era sbagliato: Daphne non era affatto sana di mente. Aveva avuto una ricaduta, e poteva solo ringraziare il cielo per non aver ferito Gordon.
- Ed è una cosa che succede da sempre? - chiese Jim.
- No... è cominciata quando... quando mio padre è morto, - rispose in un sussurro Daphne. Gordon restò un attimo in silenzio, indeciso se chiedere o no, ma alla fine la necessità di sapere prese il sopravvento.
- Daphne... - esordì a bassa voce. - Ho letto che ti hanno ritrovata accanto al suo cadavere con un coltello sporco di sangue in mano, ma non ricordavi nulla, perciò ti hanno mandata ad Arkham -. La voce era calma, rilassata, ma Daphne tremava lo stesso.
- E' così, - disse, cercando di mantenere la voce ferma. - Non so cosa sia successo: ho avuto una ricaduta e quando mi sono ripresa papà era... ed io... - la voce le si spezzò. Daphne non aveva il coraggio di guardare Gordon. Era terrorizzata: adesso che Jim sapeva che razza di mostro fosse, l'avrebbe rimandata ad Arkham senza tante storie. Ma lei non voleva tornare ad Arkham: quel posto la spaventava a morte. Una volta un malato di mente l'aveva quasi accoltellata a mensa, senza un motivo apparente... e la sua compagna di stanza? Non faceva che gridare e battere la testa contro la finestra, doveva indossare una camicia di forza per ore per evitare che attaccasse qualcuno. E poi c'era lui: Strange. Con la sua voce soave, calma, i suoi modi gentili ed i metodi terrificanti era quello che spaventava di più Daphne. Però, non poteva neanche rimanere da Gordon: adesso sapeva che poteva avere una ricaduta da un momento all'altro, non poteva rischiare di ferirlo. Non lui: l'unico che l'avesse aiutata nonostante tutto. Non era colpa di nessuno, ma Daphne non meritava quell'aiuto: era pericolosa. Doveva andarsene da quella casa... andarsene da Gotham... Rifugiarsi in un posto isolato, lontano da mondo, dove avrebbe potuto vivere senza la paura costante di ferire qualcuno. Sì, era l'unica soluzione...
- Mi dispiace, - disse Jim, scuotendola dai suoi pensieri. Daphne sembrò cadere dalle nuvole.
- Ti... dispiace? - ripetè senza capire. - E di cosa? -
- Di tutto quello che ti è successo: deve essere stato terribile per te -. Daphne restò come congelata sul posto. Mai nessuno in tutta la sua vita aveva detto quelle due semplici parole: nessuno si era mai interessato a come si dovesse sentire, lei era un'assassina, una pazza, non meritava altro tipo di attenzioni, se non quelle di quel sociopatico di Strange.
- Posso andarmene anche stasera, - esordì la ragazzina senza alzare lo sguardo. Doveva andarsene adesso, prima di rischiare di ferire Gordon, che era così buono e gentile con lei.
- Andare? - ripetè Jim. - Guarda che non te ne devi andare, sopratutto non adesso -.
- Che intendi? - risollevò lo sguardo Daphne. Solo ora si rese conto che Gordon era teso e preoccupato, ma non di lei: per lei. Era così terrorizzata da non essersene accorta prima. Doveva aver scoperto qualcosa di grave, qualcosa che riguardava lei...
- Gordon, - disse Daphne. - Cosa succede? -
- Gli inseguotori che abbiamo incontrato a lavoro non cercavano me ed Harvey, ma te, - confessa Jim con voce ferma.
- Me? - ripetè Daphne. - E perchè? Chi mai potrebbe volere me? -. Gordon sospirò.
- Non lo so ancora, ma ho... dei sospetti - disse cauto.
- Cioè? - lo incitò lei.
- Daphne, non so se è il caso... - provò a dire Jim.
- Cioè? - incalzò di nuovo lei con voce ferma e sguardo duro. La fragile ragazzina di poco prima sembrava scomparsa. Lo guardava negli occhi senza timore, reclamando una risposta. Sembrava volergli dire che era abbastanza forte per reggere la notizia, che non sarebbe crollata. In quel momento Gordon si stupì di come una ragazzina così fragile potesse essere anche di una forza d'animo straordinaria. Ma, d'altro canto, Daphne era uscita da cinque anni ad Arkham, e lì la sopravvivenza non era semplice. Così, Jim decise di dirle la verità.
- Credo che sia stato qualcuno che tu conosci molto bene, - disse. - Hugo Strange -.




ANGOLO MALATA DI MENTE
Lo so, lo so, ormai mi davate per morta e stavate organizzando il mio funerale... Ma eccomi qui!
Ci ho messo un secolo e mezzo a concludere questo capitolo, e non per via dell'ispirazione (quella va a gonfie vele!), piuttosto per mancanza di tempo: sono stata via in vacanza per settimane senza rete wi-fi, e quando sono tornata sono stata fagocitata dallo studio. Spero che comunque questo capitolo vi piaccia!
Grazie a tutti i lettori silenziosi, che aumentano al di sopra delle mie aspettative.
Grazie di cuore a Evie Frances Free per la sua recensione via messaggio privato: ho apprezzato moltissimo il gesto ed i pensieri, e non so dirti quanto sono felice che questa pazza idea ti piaccia!
Cercherò di aggiornare il prima possibile, sperando che sia prima che finisca questo secolo...
Si spera a presto
AllisonHermioneEverdeen

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


Capitolo cinque



Non reagiva. Jim la guardava preoccupato, ma Daphne aveva lo sguardo perso nel vuoto. Non sembrava nè sconvolta, nè impaurita... In effetti, non sembrava provare niente. Gordon stava per scuoterla, quando lei si alzò in piedi.
- Lo sapevo, - sussurrò, più a se stessa che a Jim.
- Daphne? - la richiamò il detective. Lei parve scuotersi.
- Strange mi faceva un sacco di test, era molto interessato ai miei buchi di memoria, e l'anno scorso ha cominciato a farmi fare delle sedute di ipnosi per entrare in contatto con la parte di me che agiva durante i buchi di memoria, - cominciò a spiegare velocemente. - Provai ad oppormi, ma non c'erano documenti ufficiali che mi salvaguardiassero... Dopo due mesi di queste sedute smisi di avere buchi di memoria, ma ogni mattina mi risvegliavo spossata, come se non avessi affatto dormito -. Si bloccò e lo guardò negli occhi, come cercando di farlo arrivare da solo alla soluzione orripilante.
- Vuoi dire, - disse lentamente Gordon. - Che la parte di te che agiva durante questi buchi di memoria era controllata da Strange? -
- Se non controllata, di sicuro scatenata, - sospirò Daphne, poi tornò a sedersi sul divano e si passò nervosamente una mano tra i capelli biondi.
- E' per questo che mi ha dato quel certificato, - sussurrò. - Non sono mai stata completamente sana di mente, era solo una finzione per vedere come avrei agito nel mondo al di fuori di Arkham... -. A questa dichiarazione segue un silenzio teso. Alla fine, Jim sospira e si inginocchia per terra, guardando la ragazzina negli occhi.
- Ti aiuterò, - afferma. - Strange è un folle, non sarai un semplice esperimento, meriti di più -.
- Ho ucciso mio padre, - sussurrò Daphne, gli occhi lucidi. - Come puoi dire che meriti qualcosa di più? -
- Non hai prove certe per affermarlo, - la riprende Gordon. - Strange potrebbe anche averti incastrato -. Daphne sgranò gli occhi, il cervello che elaborava questa novità inaspettata.
- Pensi che Strange abbia sempre voluto studiarmi? - chiese senza fiato.
- In guerra, tuo padre mi ha detto che qualcuno cercava di arrivare a te perchè eri speciale: secondo me si riferiva a Strange - affermò Gordon. Daphne si rialzò in piedi asciugandosi in fretta gli occhi lucidi.
- Bene, - affermò. - Se Strange ha ucciso mio padre per incastrarmi e studiarmi la pagherà cara... - poi si diresse verso il corridoio. - Andiamo ad arrestare qualcuno - dice a denti stretti.




- Che ci fa qui? -. Gordon non fece in tempo neanche a fare due passi nella caserma che Harvey lo raggiunse. Stava indicando Daphne.
- Dei criminali vogliono rapirla, la caserma è il posto più sicuro per lei, - rispose secco Jim. Non dormiva da dodici ore, non aveva ancora uno straccio di prova che incriminasse Strange e lo attendeva una giornata mooolto lunga .
- E' questo che dirai a Barnes? - chiese Harvey.
- Più o meno, - scrollò le spalle Gordon. Daphne li seguì alle loro scrivanie, guardandosi intorno, probabilmente alla ricerca di qualcosa su cui catalizzare la concentrazione per non impazzire.
- Non la prenderà bene, - affermò Harvey.
- Ti prego, - lo guardò Jim. - Lasciami un attimo di tregua, lo affronterò io -. Bullock sospirò.
- Prima o poi mi farai licenziare... - sussurrò. Gordon gli sorrise grato.
- Chi le sta dando la caccia? - chiese Harvey indicando Daphne. La ragazzina stava guardando attentamente i poliziotti al piano di sotto.
- Strange, - rispose Gordon. - Purtroppo non ho prove, ma ne sono sicuro -
- E come fai a saperlo? - fece Harvey. In breve, Jim gli spiegò le ultime scoperte.
- Mi stai dicendo che la nostra Sherlock potrebbe aver compiuto un omicidio?! - esclamò Bullock.
- Ti dispiacerebbe non rendere partecipe della discussione tutta la caserma? - sibilò a denti stretti Gordon. Harvey fece un respiro profondo per calmarsi e si spostò in modo da non dare le spalle a Daphne, che stava guardando i documenti sulla scrivania di Jim.
- E' una criminale, Jim, - sussurrò Bullock.
- Non ne era consapevole, - ribattè Gordon.
- Esatto! Una criminale folle! - affermò Harvey.
- Tecnicamente il termine adatto sarebbe "Criminale che si Appella all'Infermità Mentale e pertantanto non può essere considerato responsabile delle proprie azioni", - disse Daphne facendo sobbalzare i due poliziotti, che si voltarono a guardarla: non credevano stesse seguendo la loro conversazione, sembrava del tutto presa dai documenti di Jim. In quel momento alzò gli occhi e guardò Harvey. - Ma ammetto che criminale folle è pià breve - disse solo.
- D'accordo, - borbottò Bullock. - Mettiamo che decida di aiutarvi: come facciamo ad incastrare Strange? -
- Ci avete già provato per le vie legali e vi ha fregato, - commentò Daphne.
- E tu come lo sai? - chiese Gordon.
- Ho letto i documenti relativi a Strange, i rapporti e le prove che avete provato ad accumulare contro di lui, - rispose con una scrollata di spalle la ragazzina.
- Ma sono decine di documenti! - esclamò Jim.
- Sì, - lo guardò senza capire Daphne.
- E siamo in caserma da dieci minuti al massimo, - disse allora Gordon.
- Otto minuti e diciotto secondi, - affermò la ragazzina. Harvey e Jim si scambiarono uno sguardo, poi decisero di lasciar perdere.
- Gordon! - esclamò una voce terribilmente familiare. Jim si alzò e si voltò verso il capitano Barnes.
- Capitano, - provò a dire innocentemente.
- Mi sembrava di essere stato chiaro sulla tua amichetta proveniente da Arkham, - tuonò Barnes.
- Ci sono stati dei risvolti interessanti nella nostra indagine, - affermò Gordon. Barnes sospirò impaziente.
- Quali risvolti? - chiese a denti stretti.
- Degli uomini armati, probabilmente mercenari assoldati da Strange, mi danno la caccia, - disse Daphne.
- E perchè? - chiese il capitano.
- Vogliono studiare il mio cervello, - rispose serafica la ragazzina. Barnes guardò Harvey e Jim con esasperazione.
- Avete delle prove? -
- Hanno provato a rapirla ieri notte, - rispose Jim.
- Ma avete prove che siano stati assoldati da Strange? - riformulò la domanda Barnes.
- Non ancora, - sospirò Gordon.
- Non posso far arrestare un uomo basandomi su un sospetto, Gordon, lo sai bene, - affermò il capitano.
- Troveremo delle prove, - si intromise Harvey. - Ma nel frattempo la piccola Sherlock ha bisogno di un posto sicuro dove stare -.
- E la caserma è il luogo più sicuro della città, al momento, - annuì Barnes controvoglia. Guardò Daphne, che lo stava scrutando con i suoi occhi blu, all'apparenza indifferente.
- D'accordo, - acconsentì alla fine il capitano. - Ma starà nel mio ufficio, dove posso tenerla d'occhio -. Detto questo, si voltò, diretto all'ufficio. Daphne guardò i due poliziotti, come per chiedere conferma.
- Tranquilla, - la rassicurò Jim con un sorriso. - Abbaia molto, ma è innocuo -. Daphne sorrise timidamente, poi si voltò e seguì Barnes.

ANGOLO MALATA DI MENTE
Ed eccomi qua!
Dàì, ammettetelo: potevo essere in un ritardo molto peggiore. Dal momento che mi sono buttata sullo studio stamattina, ho avuto tempo per finire e riguardare questo capitolo, perciò ritenetevi fortunati!
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e di riuscire a pubblicare al più presto il prossimo capitolo.
Grazie di cuore a merenwen inglorion per la sua recensione, non sai quanto sono stata felice di sapere che ti piace la storia! Spero di non averti fatto attendere troppo!
Grazie anche a tutti i lettori silenziosi: nell'ombra, con le vostre visualizzazioni rendete il mio cuoricino più felice ogni giorno che passa.
A presto con il prossimo capitolo!
AllisonHermioneEverdeen
P.S. Ho appena visto la prima puntata della quarta stagione di Gotham. Non so voi, ma io non vedo l'ora di vedere la seconda!

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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


Capitolo sei



- Smettila di fissarmi -. Daphne abbassò gli occhi azzurri sui documenti della scrivania del capitano Barnes.
- Non guardare neanche quelli, - la rimbeccò subito quello. La ragazzina distolse gli occhi dalla scrivania e tornò a fissare il capitano, che a quel punto sbuffò. L'ultima cosa che voleva era tenere quella strana ragazzina nel suo ufficio, ma non si fidava a lasciarla girare per la centrale, e se era davvero in pericolo non poteva semplicemente voltarle le spalle, andava contro i suoi principi. Ma questo non voleva dire che gli piacesse averla vicina.
Daphne passò altri dieci minuti a fissarlo senza dire una parola, in piedi, con le spalle alla porta dell'ufficio.
- Lei mi detesta, vero? - chiese infine. Il capitano Barnes alzò gli occhi su di lei, sorpreso.
- Cosa te lo fa pensare? - chiese.
- Evita di guardarmi, - rispose subito la ragazzina. - Quando è costretto a farlo arriccia il naso in un'espressione di fastidio e alza il mento in un gesto di rabbia, con la coda dell'occhio sta attento a tutto ciò che faccio e... -
- Va bene, va bene, ho capito... - la fermò Barnes. Daphne si zittì e tornò a fissarlo con i suoi occhioni blu. Barnes sospirò.
- Non è che ti detesto, - disse. - Solo... non mi fido di te, - spiegò, dopodichè sembrò a disagio. - Non hai niente da fare? - chiese infine.
- Posso mettermi a leggere, se non le dà fastidio, - rispose Daphne.
- Fallo, ma non rimanere in piedi, siediti, forza -. La ragazzina obbedì, si sedette su una delle due sedie davanti alla scrivania del capitano, poi dalla sua borsa a tracolla tirò fuori un librone, lo aprì alla prima pagina e cominciò a leggere. Barnes diede un'occhiata al titolo: Resurrezione, di Tolstoj. Riportò lo sguardo su Daphne per chiederle se non fosse una lettura un po' troppo pesante per una ragazzina della sua età, ma si bloccò, osservandola scorrere gli occhi sulle parole ad una velocità impressionante: non sembrava aver bisogno di più di qualche secondo per pagina. Decidendo di non chiedere nulla per non avere qualche altra risposta criptica, Barnes tornò ai suoi documenti.

- Pare che la situazione sia tranquilla, - disse Harvey indicando l'ufficio del capitano a Jim. Gordon alzò gli occhi dai fascicoli che stava guardando e vide Daphne seduta davanti al capitano, a leggere, mentre Barnes guardava i suoi documenti.
- Sembra che abbiano trovato un compromesso, - sospirò di sollievo. Daphne aveva dimostrato più di una volta diffidenza verso gli estranei, e tra lei e Barnes vigeva un clima di educato fastidio reciproco, perciò vederla rilassata, per la prima volta da quando la conosceva, era un sollievo.
- Trovato qualche indizio vincente? - chiese Harvey.
- Niente di importante, tu? -
- Nada, - sbuffò Harvey.
- Comincio a credere che l'unico modo per incriminare Strange è farsi fare un mandato e perquisire Arkham, - disse Jim.
- Ci abbiamo già provato, senza ottenere assolutamente niente, - gli fece notare l'amico.
- Lo so, - sospirò Jim. Avevano provato davvero di tutto, ma Gordon non poteva semplicemente arrendersi: aveva fatto una promessa, e l'avrebbe onorata a tutti i costi.
Il cellulare gli squillò improvvisamente, facendolo ripiombare nella realtà. Lo tirò fuori dalla tasca: Sconosciuto. Scambiò uno sguardo accigliato con Harvey, poi rispose.
- Pronto? -
- Ho informazioni che le interessano - affermò una voce artefatta. -Sulla ragazzina di Arkham e su come incastrare Hugo Strange-
- Chi è? -
-Piazza principale, tra mezz'ora - e la chiamata si chiuse.
Jim rimise il telefono in tasca, ancora più confuso di prima.
- Oh no, - disse Harvey. - Conosco quella faccia, premette solo guai -
- Era una voce artefatta che ha affermato di avere informazioni su Daphne che ci interessano, - spiegò Jim. - Che può aiutarci ad incastrare Hugo Strange -
- E noi ci fidiamo e basta? - replicò Bullock. Jim gettò un'occhiata all'ufficio del capitano Barnes: Daphne sembrava sembrava molto piccola, tutta accovacciata sulla sedia, a leggere un librone.
- E' l'unica pista che abbiamo, - affermò.
- Temevo che l'avresti detto... - sospirò Harvey.
Jim si mise la giacca e andò all'ufficio di Barnes.
- Scusate, - esordì, mentre il capitano alzava gli occhi su di lui. Daphne sembrava completamente assorbita dal libro, anche se sfogliava le pagine troppo veloce per riuscire effettivamente a leggerle... o no?
- Abbiamo una pista, - spiegò Gordon. - Io e Bullock dobbiamo incontrare un possibile informatore nella piazza principale... -
-... e la ragazzina è più al sicuro qui, - completò per lui Barnes. Jim gli fece un sorriso imbarazzato.
- Andate, - affermò con uno sbuffo il capitano. - La controllo io -.
Daphne non sembrava essersi neanche accorta che Jim era nella stanza, infatti quando lui le tocco la spalla, sussultò.
- Tutto apposto, - le sorrise rassicurante lui. - Io ed Harvey dobbiamo andare, potrebbe esserci un informatore in grado di aiutarci -
- Bene, - affermò Daphne, chiudendo il libro. - Andiamo allora, - e fece per alzarsi.
- E' meglio se rimani qui, - la bloccò Jim. Due occhioni blu lo fissarono, attoniti. Gordon si sentiva a disagio davanti a quello sguardo, come se la stesse abbandonando...
- E' per la tua sicurezza, - spiegò. - Hugo Strange non può attaccarti in caserma, sei più al sicuro qui che in giro per Gotham -. Daphne continuava a fissarlo.
- Tranquilla, - Jim si inginocchiò alla sua altezza. - Torneremo subito -
- Promesso? - sussurrò Daphne.
- Promesso -.

La Piazza Principale era gremita di persone a quell'ora del giorno, tra spacciatori, vagabondi senza-tetto, semplici cittadini e straccioni che chiedevano l'elemosina. A Jim sembrò anche di scorgere Selina che stava salendo da una scala antincendio... Beh, non ci sarebbe stato niente di strano!
Bullock e Gordon rimasero ad aspettare qualche minuto, guardandosi intorno: data la voce artefatta, non avevano nessun indizio su chi potesse essere l'informatore...
Un passante di corsa diede per sbaglio una spallata a Jim.
- Scusi, - disse, per poi affrettarsi di nuovo verso la parte opposta della piazza, sparendo tra la folla.
- Stai un po' attento! - gli gridò dietro Bullock.
Jim si massaggiò la spalla, un po' seccato... e trovò un foglietto nascosto nelle pieghe del giubbotto. Lo prese, guardandosi intorno alla ricerca del misterioso passante: doveva essere stato lui a lasciargli quel biglietto, per forza...! Ma non si vedeva da nessuna parte.
- Cosa dice? - gli chiese Harvey. Jim lo spiegò. Sopra c'erano solo tre parole: Alla Tua Destra. Accigliato, Gordon guardò nella direzione indicata... e rimase congelato. Continuò a fissare la figura fin troppo familiare che intravedeva tra la folla. Non poteva... insomma, non era possibile...
Senza accorgersene, cominciò a correre attraverso la folla. Non sentiva le grida di Harvey che gli chiedeva dove stesse andando, nè si accorse se aveva colpito qualche passante o no. Tutto quello che riusciva a pensare era che non credeva ai suoi occhi.
Quando arrivò a destinazione, si fermò a fissare, ancora attonito, l'uomo di fronte a lui.
- Ciao, Jim, - sorrise questi. - Sembri piuttosto sorpreso di vedermi -
Tutto quello che Gordon riuscì a dire, fu: - Bill?! -

ANGOLO MALATA DI MENTE
E............. sono viva!
Ok, non ci giurerei, potrei essere morta per il troppo studio, e adesso il mio fantasma è rimasto sulla terra per tutte le fanfiction ancora non concluse che ho lasciato indietro...
Va bene, mi dispiace. Davvero, non avete idea di quanto mi dispiaccia essere stata lontana da questa fanfic così a lungo, e purtroppo non posso promettervi che non succederà di nuovo: sono talmente immersa nello studio, che anche il mio studio deve studiare...
Ciancio alle bande, mi impegnerò a non farvi aspettare più così tanto.
Allooooora, la storia va avanti, e compare.... rullo di tamburi Bill Becker!
Eh già, il papà di Daphne è tornato dal regno dei morti, o almeno, così pare...
Sarà vero? Oppure no? E chi lo sa... *io, ma sono crudele e non ve lo dico (risata malefica di sottofondo)*
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Grazie a tutti coloro che seguono, preferiscono e mettono tra le ricordate: non avete idea di quanto sia importante per me...
Grazie di cuore (e scusate di nuovo!) a one_bad_day e Evie Francis Free per le loro recensioni: mi avete scaldato il cuore!
Cercherò di farmi perdonare per il lungo ritardo!
A presto
AllisonHermioneEverdeen

P.S. Avete visto la quarta stagione??!?!?!?!?!?!?!?! Io sono ancora in fase di shock!!!!! E la quinta sarà l'ultima!!!!!!!!!!!!

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