Mondo Capovolto

di clarisss95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




- Che problemi ci sono con questo ragazzo? - domandò Alec, osservandolo. Decisamente carino. Gli orientali non gli erano mai interessati, ma forse perché non si era mai trovato faccia a faccia con uno di loro.
- Si vuole imbucare alla festa, ma non è presente il suo nome da nessuna parte... - Alec lo osservò, prima di invitarlo dentro. La festa l'aveva organizzata lui, certo che poteva farlo.
Gli offrì immediatamente da bere, facendo in modo che la sua mano
casualmente poggiasse lungo il petto tonico dell'altro. Eccitante. - Io sono Alec Lightwood. E tu sei...?
- Magnus Bane - quell'uomo aveva un qualcosa di impacciato che il più altro trovava delizioso. Si leccò le labbra, prima che quello dicesse - Io dovrei andare....

Tranquillo che ti troverò prima o poi. Alec notò che si avvicinava a Clary, e mormorò: - Fa' il difficile...adoro le sfide.
E bevette il suo cocktail. 




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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Alec aprì gli occhi verdi non appena avvertì il rumore di uno scarico. 
Che schifo, Andrew ancora non l'aveva aggiustato. Sbuffò  contrariato. Aveva ripetuto più volte al proprietario dell'appartamento in cui abitava quanto lo scarico facesse rumore, lo aveva sottolineato, e quello gli aveva detto che sarebbe passato ad aggiustarlo. 
Questo era successo più di cinque giorni fa, ed ancora lui non era venuto. Iniziava ad odiare quel maledetto scarico, cominciando a pentirsi di essersi trasferito. 
Abitava come affittuale in un appartamento che a lui andava abbastanza bene: salotto, una camera, la cucina e un bagno. E poi aveva la veranda - amava osservare New York e prendere in giro quelli che al mattino lavoravano. Lui faceva il wedding planner e ritirava abbastanza da pagarsi l'affitto e andare in giro la sera per rimorchiare qualche belloccio che non vedeva l'ora di offrirgli da bere.
Alexander Lightwood aveva vent'anni e una buona reputazione che nessuno avrebbe mai potuto compromettere: la sua era una famiglia tradizionale, sposata da ventun'anni, con una sorella un po' troppo nerd per i suoi gusti - ma che infondo amava - e un fratellino che non era il più socievole del mondo. Erano le sole persone a cui voleva bene. Poi c'erano anche i suoi due migliori amici, è vero, ma il più delle volte amava prendersi gioco di loro e delle loro piccionerie: quei due non smettevano un secondo di sbacciucchiarsi, sembravano una di quelle coppie modello e Alec mentalmente si domandava il perché. Però poi era convinto che i loro figli sarebbero nati con degli splendidi occhi azzurri e i capelli color carota e che lui sarebbe stato lo zio e quindi si, erano carini. Per quanto potrebbero esserlo stati, certo. Era lui il più fantastico di New York e lo sapeva.
La passione per i matrimoni l'aveva sviluppata già ad otto anni, quando sua madre lo vide indossare un vestito da damigella. Non si era arrabbiata, al contrario, ma non pensava che ad Alec potessero piacere quelle cose. Ma lui non voleva dare l'esempio del gay stereotipato. Se l'avesse mostrato avrebbe portato del glitter per colorare gli occhi, ma non lo faceva. Anche se a volte i brillantini lo catturavano come sole poche cose al mondo....
A sedici anni aveva avuto la sua prima esperienza sessuale con un ragazzo di due anni più grande, che si chiamava Marc. Non era niente di serio, si piacevano entrambi e dopo qualche mese erano finiti dal pomiciare sul divano a sfornare gemiti e ansiti a non finire nella casa dell'altro. Si lasciarono dopo qualche anno. 
Il moro sapeva che gli amori erano così: passeggeri. Nulla durava per sempre, e quegli stupidi film amorosi non facevano che dargli certezza di queste parole. In ogni caso, non era nemmeno convinto di avere un cuore, lui, quindi perché sprecare del tempo alla ricerca di un qualcosa che alla fine non sarebbe mai arrivato?
Wow, che flusso di pensieri, Alec, rifletté. Era da giorni che non aveva un suo - ehm - inguine personale e un po' ne soffriva. Era convinto che alla festa di Valentine avrebbe rimorchiato qualcuno, e  invece si era ritrovato a secco.
Anche se....
Si ridestò non appena sentì una vibrazione che non proveniva da lui. Era il suo cellulare. Perché sua sorella lo chiamava alle nove del mattino?
- Iz - rispose al telefono sbadigliando.
- Alec.... - mormorò lei. 
Il ragazzo si alzò subito dal letto. Quella voce non era la sua. Sua sorella emanava felicità da tutti i pori e non smetteva un secondo di parlare. E soprattutto non mormorava mai. Si faceva sentire sempre più sveglia. 
- Che succede? - chiese subito. 
Quando la ragazza dall'altro capo parlò, Alec non la sentì perché bisbigliava, così la incitò a parlare più lentamente e più chiaramente. Fu allora che lei rivelò: - Simon ieri alla festa mi ha chiesto di andare a vivere con lui. 
Il ragazzo strabuzzò gli occhi. Davvero? - Non te lo aspettavi? - domandò.
- Be'...abbiamo solo diciannove anni e stiamo insieme da poco....
- Ti sei già stufato del tuo Stiles Stilinsky personale?
- Ehi! - lo sgridò lei - Non mi starai paragonando a Lydia Martin, vero? Perché io mi sento più Allison...
- Allison è morta 
- Che centra! Certi personaggi ti restano nel cuore - fece lei - Anche se Stiles Stilinski avrà per sempre il mio cuore.
- Anche Valentine?
- Chi? - la voce di sua sorella si fece di una tonalità più alta, e Alec ridacchiò: - Il padre di Clary, il tuo datore di lavoro. E anche di Stephen. 
- Si chiama Simon! - sbuffò Izzy, dall'altro lato del telefono - Quante volte dovrò ripetertelo?
- So come si chiama - il moro continuò a ridere - Mi piace vederti incazzata per come fingo di sbagliare il suo nome.
- Alexander Lightwood, sei un mostro!
- Aspetta di vedere cosa dicono di me quelli che hanno visto il mio-
- Non ho bisogno di particolari. Sono in ansia, fratello. Non so proprio cosa fare. 
Alec sospirò. Simon era un bravo ragazzo, si capiva subito dalla sua faccia. Era il migliore amico di Clary, e Izzy era subito ceduta alle sue avances dopo una serie di partite alla psp con Fifa10, il gioco preferito da entrambi. Infondo formavano anche una buona coppia, si ritrovò a pensare il fratello maggiore. - Secondo me dovresti essere sincera con lui e dirgli che per il momento non accetti, quando sarai più grande andrai...
- E se lui non capisse?  - la ragazza dall'altro lato della cornetta aveva la voce in panne, forse stava piangendo. 
- Se ti ama, capirà. 
- Grazie, Alec. Sai sempre come consolarmi - Alec a quella frase sorrise. Era raro che sua sorella lo ringraziasse, e si sentiva importante per quello. - ...che mi dici della festa? Ieri ti ho visto parlare con un ragazzo....
Già. Magnus Bane.... aveva quel nome inciso nella testa e non capiva il perché. Quel ragazzo era indubbiamente bellissimo - più basso di lui, capelli scuri e occhi dal tratto orientale, una pelle ambrata e sembrava timido e innocente. Alec aveva presupposto che nemmeno si accorgesse di quanta bellezza si celasse dietro un volto del genere. E chissà poi le cose nascoste dietro quei vestiti.....
- L'ho visto parlare con Clary - continuò la voce di sua sorella - A proposito, hai notato quanto fosse strana ieri?
- Si, ho notato - ci pensò su - Credi che lei possa conoscere il tipo?
- Secondo me si, si parlavano come se si conoscessero da una vita.
Alec a quella frase si accigliò. Perché Clary poteva avere tutte le cose che lui desiderava,  e lui no? Aveva già Jace, non gli bastava?
Inspirò, prima di dire a Isabelle che avrebbe fatto due chiacchiere con la pel di carota.



Clary nel frattempo venne risvegliata da un ronzio che si accorse proveniva dal petto sdraiato con lei. Jace stava russando. Ma era bellissimo comunque..... quella sera avevano fatto le più grandi follie, lei si era donata a lui per la prima volta. Ed era stata proprio come se l'aveva immaginata: doloroso ma semplicemente unica. Sorrise ripensando ai baci che il biondo gli aveva dato, le carezze che gli aveva donato e i sospiri e i suoi gemiti. 
I "ti amo" di lui.... si conoscevano da poco più di un anno e lei era già convinta di aver trovato la sua metà. Era sempre andata alla ricerca di essa, perché non voleva sentirsi una goccia salata in un mare dolce. E Jace era arrivato piano, aveva scalato montagne che nessun altro avrebbe mai fatto per conquistarla. E alla fine aveva ceduto. Si amavano entrambi e questo era evidente agli occhi di tutti. 
Sbuffò quando vide una chiamata arrivare. Sua madre. Deglutì.
- Mamma! 
- Clarissa Fairchild. Dove sei?
- Sono....
- Quel Jace, non è vero? - la voce era severa - Hai dormito da lui e non mi hai neppure avvisato! Sono così le giovani di oggi? - domandò, più a se stessa che alla figlia - 'Mamma esco un attimo e ritorno gravida, sarai una splendida nonna, un bacio'.
- Mamma, cos-
- Niente ma, signorina. Voglio conoscere questo Jace. Portalo qua per cena. Non accetto risposte negative. - E con questo chiuse la chiamata. 
Clary si rese conto che era proprio nei guai. 
Jace ancora non si era svegliato. Le arrivò un sms. 

Alec 9:35
"Hei Fray, devo chiederti una cosa"

Clary 9:36
"Sono a tua disposizione! Dimmi tutto ;)"

Alec 9:38
"Conosci Magnus Bane?"

Clary si stranì. 
Clary 9:39
"Chi?"

Alec 9:40
"Il ragazzo con cui parlavi ieri alla festa, quello orientale"

Clary 9:41
"Non conosco nessun Magnus Bane, Alec. Sicuro che non ti stia confondendo con Raj? Non è orientale, ma ci parlavo ieri"

Alec 9:43
"Un viso come quello non si confonde facilmente. E no, non parlavo di Raj!"
Le arrivo subitò un altro messaggio
Alec 9:43
"Chi cazzo se lo carica Raj poi..."

Clary 9:45
"Scusa, Alec, ma secondo me ti sei confuso..."

Alec 9:46
"Quel tipo c'era sul serio e stava parlando con te. Magari ti sei dimenticata di lui dato che Jace ti stava mangiando la faccia"

Clary 9:47
"Alec!!Jace non mi mangiava la faccia....e poi siamo fidanzati"

Alec 9:48
"Qualcosa mi dite che avete pure scopato, ma se non vuoi parlarne fa niente, spero abbiate usato le precauzioni in modo adeguato. Anche se ammetto che l'idea di avere nipoti pel di carota mi eccita"
Clary iniziò a ridere, poi le arrivò un nuovo messaggio
Alec 9:48
"NON IN QUEL SENSO! Salutami Jace"

Clary 9:50
"Ci sentiamo, Alec"

Clary si avvicinò al suo fidanzato e gli diede un bacio sulle labbra. In pochi minuti Jace si svegliò ed entrambi stettero a stretto contatto. Poi rossa gli rivelò della madre e....









Alec stava facendo zapping in televisione. Non c'era niente di bello.
Dopo aver messaggiato con Clary la delusione si era fatta viva dentro di lui. Che lei stesse tenendo nascosto Magnus Bane? Come poteva non ricordarsi di quell'uomo? Ma soprattutto, era reale? Si toccò una guancia. Forse stava diventando pazzo.
Nell'esatto istante in cui la sua mente disse quelle parole, i suoi occhi vennero catturati da un'immagine. La pubblicità passava una foto di...Magnus? Magnus Bane era là, ed esisteva!
"Sono Magnus Bane, ed ho aiutato Lucian Greymark a ritrovare la sua strada. Anche voi siete disperati e alla ricerca del vostro futuro? Non perdete tempo a contattarmi. O venite nel mio studio"
Le immagini successive furono quelle di un numero e dell'indirizzo dove risiedeva lo studio. Brooklyn.
Dunque non era pazzo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Isabelle era intenta ad osservare le varie forme tridimensionali che passavano sullo schermo, eppure non riusciva ad identificare quali fossero le più adatte. I triangoli? I cerchi? I rettangoli? I pentagoli? Gli otto-
Una voce la risvegliò, mentre era assorta in quelle figure. Era la voce di Valentine che parlava con Raj, addetto alle vendite. Si soffermò più del dovuto a guardarlo. Quell'uomo era così....affascinante. 
Lei non aveva mai avuto nessun ragazzo - a parte Simon, con cui stava - nessuno l'aveva mai calcolata prima e si perdeva spesso a fantasticare sugli amori dei suoi romanzi preferiti. 
Con Simon invece era andato tutto di fretta, era stato troppo spontaneo. 
Si erano conosciuti  tramite un social che reclutava dieci dei più intelligenti ragazzi di New York. Erano il quinto e la seconda, loro. 
Inutile dire che avevano passato tutta la settimana parlando tra loro, da Star Wars agli Avengers, dalle serie tv più conosciute a quelle meno, a quelle che stavano andando in onda nel periodo. Si erano persi di vista, alla fine. Ma si erano ritrovati grazie a Jace e Clary, che avevano iniziato ad uscire insieme. 
 Ed era scoccata la scintilla dopo che lei lo aveva battuto a Fifa10. 
 Il moro l'aveva accompagnata alla porta di casa sua, e aveva parlato così velocemente che lei non l'aveva sentito, chiedendogli di parlare con calma.
- Izzy, mi piaci. Tanto - aveva mormorato. Lei era rimasta senza parole. Avrebbe creduto fosse uno scherzo, ma quello sguardo l'aveva davvero catturata. 
- Anche tu mi piaci, Simon - aveva detto lei, ad alta voce. 
Poi lui si era avvicinato e le aveva dato un bacio sulla guancia. 
Simon lo sapeva, che Izzy non era mai stata fidanzata, e non le aveva messo mai pressioni. Si diedero il primo bacio alla terza uscita, perché lei voleva andarci piano e voleva che fosse tutto il più bello possibile. 
Ed era così. Con Simon stava davvero bene.... 
- Non sei voluta venire ad abitare con me per lui, vero? - disse una voce dietro di lei. La voce del ragazzo a cui stava pensando.
- Eh? - fece lei, voltandosi per guardare Simon. 
Il suo ragazzo in quel momento sembrava arrabbiato. - Ti piace il nostro capo. Sei interessata a lui.
- Cosa? - Isabelle strabuzzò gli occhi. Come faceva lui a saperlo?
- Non sono stupido, Isabelle. Le noto certe occhiate...
- Simon, non è il momento di fare una scenata. 
- Sai che sono più responsabile di quel che sembra. Comunque okay, rimani invaghita di un uomo sposato che non ti noterà mai. 
- Dai, Simon devi capire..... 
- Cosa? Izzy io ti amo. Stiamo insieme da un anno, avrei capito se fosse stato questo il problema. Ma...lui? - adesso il ragazzo sembrava più...deluso. 
Ma Isabelle si difese per orgoglio. - E' solo una cotta platonica...tu stesso mi hai confessato di averla per Emilia Clarke. Eppure io non ho dato il via alle Nozze Rosse per questo...
- Si tratta di persone che non conoscerò mai! - Simon aveva alzato la voce. Si guardò intorno, poi, abbassandola lievemente - Invece Valentine....dannazione, è il nostro capo!!
- Sei geloso di lui?  - chiese Isabelle. Era davvero quello il problema?
- Sai bene che lo sono. Perché non sono mai abbastanza. 
- Sono io che non sono mai abbastanza per nessuno - disse Izzy, abbassando lo sguardo - E dunque ti arrendi solo perché mi piace il capo? - domandò poi.
- Al momento... - e Simon sospirò dicendo queste parole - ...voglio solo andarmene via e non vederti.
E così dicendo, com'era arrivato, sparì, lasciando Isabelle ammutolita, irritata e...colpevole.







Mentre Clary vedeva la madre alle prese con i fornelli, le si avvicinò con calma. Stava preparando il pollo e le patate arrosto, perché lei gli aveva specificato quanto piacessero al suo fidanzato.
- Mamma... - mormorò. La donna non si voltò, lasciandola continuare - Per favore, Jace è timido...comportati bene con lui - le disse.
- Timido? - domandò sua madre, voltandosi - Siete già stati a letto? - chiese schietta.
Clary inorridì a quella domanda - Mamma! 
- Niente 'ma', signorina. - Il tono di Jocelyn era ammonitore - Ti ha trattata bene, almeno? Le precauzioni?
La ragazza alzò gli occhi al cielo, esclamando - Papà! Puoi dire alla mamma di smetterla? Tu alla festa hai conosciuto Jace...
Valentine entrò in cucina indossando un sorriso - E' un bravo ragazzo, Jocelyn. E poi anche tu ed io ci siamo conosciuti a diciannove anni. Chissà che non nasca qualcosa di profondo....
- E' la nostra bambina! - la voce di Jocelyn si fece più dolce. 
- C'è anche Jonathan, mamma. - Le ricordò Clary.
- Jonathan è lontano, a Bristol e lo sai. Ci ha lasciato.
Valentine la rassicurò - Oh, amore, dai, è andato all'università e tornerà qua per le feste.
- Non voglio che....
Ma Valentine sapeva come stavano le cose - Tu non vuoi vedere i tuoi figli crescere. - Gli prese il volto tra le mani - Ehi, amore. I tuoi figli ti vorranno sempre bene.
- Ovvio, mamma. Ti vorrò sempre bene - fece Clary, avvicinandosi.
- Clarissa, smettila di copiarmi - sorrise Valentine.
- E dai, papà...
- Scherzavo! Ma, secondo me è stata una buona idea far venire Jace. Così tua madre si tranquillizzerà. 
- In che mondo un padre non è preoccupato del ragazzo della figlia? - domandò Jocelyn, ritornando ai fornelli.
- Perché mi fido di Clarissa, e so che è responsabile né farà mai niente di contorto - disse Valentine, guardandola. 
Clary pensò a quanto dovesse essere fortunata ad avere un padre come lui. Andava più daccordo con lui che con la madre.
Ebbe quasi ansia della madre, quando andò ad aprire il campanello che aveva appena suonato. 
Fece un sorriso al nuovo arrivato, che si sporse per darle dei fiori. - Questi...ehm, sono per tua madre... 
Clary li prese, facendo un cenno con la testa e invitandolo ad entrare. 
Jace era sempre timido ed imbarazzato, in ogni occasione. 
- Salve - salutò, quando vide Jocelyn e Valentine giungere da lui. 
- Ehi.... mamma, lui è Jace. Jace... conosci già mio padre. 
- E' un piacere rivederla, signor Fairchild. Signora Fairchild...
- Clary mi ha detto che ami il pollo con le patate arrosto. L'ho preparato - fece svelta la madre.
- Oh...non ce n'era bisogno... - mormorò Jace.
- Certo che ce n'era bisogno. Non vorrei sfigurare di fronte al ragazzo di mia figlia.
- Be'...io mangio qualunque cosa. Lavoro in un fast food, quindi mi sarei adeguato - disse, facendo spallucce. 
E lui forse non lo sapeva, ma aveva già guadagnato punti per la madre di Clary.


Jace aveva scoperto che Jocelyn non era così severa come dava a vedere: era semplicemente attaccata in modo morboso alla figlia, e poteva sapere anche il perché. Clary gli aveva raccontato che Jonathan, suo fratello, aveva deciso di lasciare New York per vivere a Bristol e frequentare la facoltà di medicina. Sua madre era caduta in depressione, per mancanza del figlio primogenito. Non voleva che anche l'altra figlia lasciasse il nido. 
Al momento, lui e Clary erano seduti sul divano, da soli, perché i genitori di Clary stavano parlando tra loro in cucina. 
- Come ti sembra la mamma?  - domandò la ragazza, avvolgendosi tra le sue braccia.
- Un po'...attaccata. Ma è okay.
- Stai pensando ai tuoi? - gli domandò. 
Il biondo fece un mezzo sorriso - Ai miei saresti piaciuta. Ma ti presenterò ai Lightwood, e ti ameranno anche loro. 
- La prima volta che ti ho incrociato per strada ho creduto seriamente di aver visto un angelo... 
- Non esistono gli angeli, Clary. 
- Lo so...
- Però anche io. Anche io ho visto qualcosa di bellissimo. Ho continuato a passare per strada negli stessi giorni affinché potessi incontrarti, e poi...
- Poi un giorno sono caduta da quei tacchi orrendi che avevo e sei venuto a salvarmi. E' stata tutta colpa di Simon, comunque! - gli ricordò Clary.
- Quello è stato il mio giorno preferito  - confessò Jace - avrei voluto sempre guardarti negli occhi e finalmente ne avevo la possibilità... 
- Quel che si suol dire 'segno del destino' - disse Clary, ridendo. 
- Adoro questo destino.
I due ragazzi si osservarono. Jace deglutì, prima di andare verso la sua bocca e toccarle le labbra.
- Non di fronte ai nostri occhi - sentirono una voce in lontananza. 
I due si allontanarono subito
- Scusa mamma - Scusi signora Fairchild   - fecero contemporaneamente, sistemandosi sul divano.






Quando sua madre lo aveva chiamato per vedersi da Joseph, un ristorante che faceva delle eccellenti créme brulée, gli era venuta subito l'acquolina. Alec amava quel dolce, lo preferiva anche al tiramisù. Non si aspettava certo di conoscere un ragazzo. 
Sua madre era così ansiosa di presentarglielo, le brillavano gli occhi. Prima di farli conoscere l'aveva preso da parte dicendogli che sia lei che Robert erano fieri del suo lavoro con il party di Valentine, così tanto che il padre di Clary si era congratulato con loro, dicendo che avrebbe chiamato Alec ogni volta che doveva organizzare dei ricevimenti. 
I Lightwood erano benestanti, non pativano certo la fame, ma sapere che il loro figlio maggiore fosse così importante li rendeva fieri. Avrebbero amato comunque Alec - anche se fosse stato scorbutico, acido e perennemente arrabbiato con il mondo - ma invece si trovavano di fronte un figlio in gamba, che amava la sua passione, che dedicava ore intere per realizzare ciò che voleva. Non chiedevano di meglio.
Dopo avergli lanciato un occhiolino, Maryse Lightwood andò via, orgogliosa del figlio e di quel regalo che gli aveva lasciato. 
Alec e sua madre parlavano tanto, a volte anche troppo. Né Maryse - e neanche Robert - avevano fatto problemi per il suo coming out. Semplicemente, accadeva. Non si può odiare un figlio per il proprio orientamento sessuale. E poi Alexander era un ragazzo tranquillo e responsabile, in ogni caso lui avrebbe scelto da sé cosa fosse stato giusto. 
Il ragazzo si trovò colto di sprovvista quando vide quel francese lasciatogli dalla madre. Maryse conosceva i suoi gusti, ovvio. Era sua madre, dopotutto.
Ma Jean Jacque era un tipo così noioso. Aveva il viso ossuto, capelli biondi e occhi luminescenti, ma Alec non riusciva a capirlo. I francesi erano propri bei uomini, eppure..... 
Eppure si ritrovò in bagno, dopo aver improvvisato una scusa, e aveva attaccato la faccia al muro ghiacciato. Volse lo sguardo indietro poi, guardandosi allo specchio. Era un bel ragazzo, lo sapeva. I suoi occhi e il suo metro e novanta di altezza facevano impazzire tutti, ragazzi e ragazze, ma lui era attirato solo dai primi. C'era stato perfino un periodo in cui credeva di esser innamorato di Jace, che poi aveva scartato brutalmente perché era solo un'amicizia e profonda stima. La cosa era reciproca, ovviamente. Guardandolo bene, Jace e quel Jean Jacque avevano in comune i capelli biondi. E, dalla volta di Martin Streisand lui aveva giurato di non uscire più con nessuno dal cuoio cappelluto dorato. 
Al momento gli interessavano i mori... magari con una provenienza orientale, bassottini ma non troppo, e magari anche che fosse timido. 
Nelle notti passate a fare sesso sfrenato non aveva mai incontrato alcun ragazzo che avesse problemi di timidezza, anzi, si mostravano fieri e accaniti, a volte anche troppo. 
Il concetto di timidezza, per Alec era un vero e proprio mistero. Perché le persone dovevano avere il timore di ogni cosa? Di stringere amicizia? Di lasciarsi andare qualche volta? Non credeva possibile qualcosa del genere, ma infondo lui era cresciuto al centro dell'attenzione, insieme a Izzy e a Max, e alla loro combriccola poi verso i nove anni si era aggiunto Jace, figlio di un amico dei suoi genitori, che era morto in un brutto incidente d'auto. Da allora la battaglia per essere al centro dell'attenzione era continua: Alec contro Jace, Jace contro Alec, tutti contro tutti....ed ognuno aveva acquisito il carattere che aveva adesso. 
La timidezza era un difetto, e Alec non poteva permettersi di averne. Aveva scelto semplicemente di ignorare ogni cosa si dicesse sul suo conto e guardare in faccia la realtà per com'era: schifosa ma coerente. 
Proprio com'era lui, del resto, e non si stupì quando si trovò con il telefono in mano, a comporre il numero della pubblicità di quella mattina.
- Parla Magnus Bane, re dei Tarocchi. Vuoi conoscere il tuo futuro? Chiama per un colloquio- iniziò a dire la voce squillante. Sembrava così...sé stesso, si ritrovò a riflettere Alec. Alla festa quell'uomo era stato sbrigativo, come se avesse timore. Invece lì, al telefono, mentre esponeva parole su parole, non sembrava nemmeno timido. 
Ad Alec, venne da sorridere, mentre esclamava, sottovoce, in quel tono che sapeva riuscirgli sexy: - L'unico colloquio che vorrei fare in questo momento è tra me e te su un tavolo. Con te probabilmente sotto. 
Non riusciva ad essere serio nemmeno in quella situazione. Okay, quel Magnus Bane era strano forte, e un po' gli piaceva vederlo timoroso di lui. Sapeva di avere potere, almeno. E lui amava avere il potere su chiunque.
- C-chi parla? - fece ancora la sua voce. Sembrava aver perso il tono di poco prima, quasi vi fosse stato un calo.
- Non mi riconosci? - domandò Alec. Insomma, ovviamente era un tipo che non passava in osservato, e andiamo....
- Dovrei?
Il moro sospirò, prima di presentarsi: - Sono Alec Lightwood. Ci siamo conosciuti ieri, al party di Valentine Fairchild..
- Oh... - fece solo la voce al telefono. 
- Ti manca già il fiato, fiorellino? - calcò più del dovuto quel nominativo alquanto bizzarro, avvertendo il sospiro pesante dell'uomo con cui parlava tramite il telefono. 
- Perché mi hai chiamato? - la voce era calma, ma Alec lo immaginò agitato - Vuoi che ti legga le carte o....
- Nah - Alec scosse la testa - Questa roba non mi interessa. Volevo vedere se ti ricordavi di me. - Dato che dall'altro lato del telefono non vi furono risposte, continuò: - E a quanto pare ti ricordi. 
- Perché? - domandò solo, Magnus. 
Alec scoprì che la voce di questi era stupita. - Perché non dovrei?
- Senti, questo numero è solo per coloro che richiedono un colloquio nel mio studio e-
- Allora potresti darmi direttamente il numero di telefono. Che te ne pare? 
Quello era il suo modo di flirtare. Conosceva un bel ragazzo, ci passava del tempo, e dopo la prima uscita si recavano a casa dell'uno o dell'altro per passare la notte. Due giorni, al massimo, e poi ognuno ritornava per la sua strada. Erano queste le avventure passeggere. Quelle che si sperimentavano, quelle per cui ne valeva la pena. L'amore, dopotutto, per lui era sopravvalutato. Perché innamorarsi quando ci si può divertire?
Ma Magnus, ed il moro se ne  rese conto, non era come gli altri. Anche solo da uno sguardo, Alec lo aveva capito. Timido, maldestro e innocente. Almeno, qualche lato innocente doveva avercelo per forza
Odiava il fatto che fosse stato sfuggente e che quella conversazione con lui fosse ad un vicolo chiuso, perché l'altro non si sarebbe mai sbilanciato. Quella non era una sfida, certo che no, lui avrebbe potuto avere chiunque. Magnus....quel volto, quegli occhi, quei gesti e quella fottuta timidezza....era da scoprire. E Alec lo voleva scoprire. 
- Non mi sembra il caso - fece infatti, colui che praticava i tarocchi - ...non ti conosco nemmeno - continuò poi.
- Mi hai conosciuto al party - gli ricordò Alec, come se questo bastasse.
- Abbiamo solo parlato qualche minuto.... 
- Che ne pensi di uscire a  cena? - gli domandò schietto. 
Una cena? Al massimo avrebbero potuto andare a bere una birra, sbronzarsi e poi fare tante di quelle porcherie sul divano....
- Non ho accettato.
- Non hai neppure rifiutato - sospirò leggero - Devo dedurre che non ti sono affatto indifferente, Magnus Bane?
- Sono...al momento sono occupato, Alec.
- Occupato nel senso....? - la sua mente aveva già pensato all'immagine di quel ragazzo che si toccava mentre lo pensava - Uh, se me lo dicevi avrei fatto la mia dolce voce suadente e sarebbe-
- Senti - disse Magnus, autoritario - Questo flirtare non fa per me. Non mi piacciono queste cose. 
- Ah si? E che ti piace? - ovviamente Alec alludeva a ben altro.
Ma Magnus non lo colse: - Essere lasciato in pace, per esempio. Perché mi cerchi? Cosa...cosa vuoi da me? - sembrava esasperato, in realtà.
- Voglio conoscerti - Alec iniziò a camminare per la stanza. Parlare era difficile, a volte - Non ti piace il modo in cui cerco di flirtare con te, sei scappato subito alla festa perché sei timido.... mi incuriosisci. E pochi mi incuriosiscono così facilmente. - Non ricevette nessuna risposta, dall'altro lato, e si passò la mano sul collo: - Ti ho lasciato senza parole? 
La risposta impiegò mezzo secondo, prima di arrivare: - In realtà si.
- Questo - Alec non lo avrebbe mai ammesso, ma il suo cuore aveva iniziato ad aumentare di velocità - Questo vuol dire che verrai a cena? 
- Ciao, Alexander - disse Magnus, prima di staccare. 
Il moro rimase con il cellulare all'orecchio, pur avvertendo che la chiamata fosse finita.  Lo allontanò dall'orecchio e rimase a fissare la chiamata terminata. Sorrise. Non avrebbe certo smesso di parlargli o fargli delle avances. Voleva quell'uomo, e lo avrebbe avuto. 
Magnus....
Magnus Bane.... un'incognita.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3  

Magnus Bane si trovava nel salotto del loft, e aveva attaccato il telefono. 
Che strana conversazione aveva avuto. Quel ragazzo...Alec Lightwood ci aveva provato spudoratamente. 
Si alzò dalla sedia che iniziava a stargli stretta, e camminò lungo la finestra. Avvertendo un miagolio si voltò a controllare che Church e Presidente Miao stessero bene, dopo di ché uscì in veranda. 
La notte a New York era calma, quella sera, l'aria calda, tipica di agosto, lo avvolgeva con il lento sospiro, e lui chiuse gli occhi. 
Abitava a New York da dieci anni, ed erano gli anni più belli della sua vita. Scappare dal Montana, dove si trovavano sua madre e il suo nuovo marito, era stata la cosa più saggia da fare quando aveva quindici anni. 
Il patrigno - che terminologia orribile - orribile quanto lui, si disse, dopo aver sposato la madre aveva fatto in modo che gli andasse contro, infondendo diffamie che non erano vere. Sua madre - che sciocca donna - era innamorata. Talmente innamorata che non accettava la realtà, voleva stare con il suo uomo. Così Magnus aveva deciso di andarsene da quella casa che ormai non trasmetteva più niente, soltanto dolore e tristezza. 
Non rimpiangeva, certo, di essere fuggito. A New York aveva trovato un appartamento suo, nella zona di Brooklyn, e si era interessato alle carte, così aveva deciso di dedicarsi a quell'arte. E, a quanto pare aveva fatto un ottimo lavoro, dato che aveva molti clienti. 
Leggere le carte gli piaceva. Lo faceva sentire importante, come se avesse uno scopo nella vita. Lui però non se le faceva mai. Ci aveva provato, una volta, e gli era uscito l'incontro del Destino
Magnus amava l'amore. Così tanto, che conoscendo la sua ex, Camille, aveva pensato che sarebbero rimasti insieme tutta la vita.  Ma lei non era della stessa opinione, andava e ritornava ogni qualvolta ne aveva bisogno. Fino a quando Magnus non si era stancato, e l'aveva lasciata. Non si vedevano più da cinque anni, e il ragazzo dai tratti orientale sperò davvero di non rivederla.  L'incontro del Destino, però, era stato svelato dopo essersi lasciato con lei. Dopo che aveva conosciuto una ragazza dai capelli arancioni - rossi non erano, erano per forza arancioni, come le carote - ed aver scoperto che queste carte funzionavano davvero e che la magia in un mondo contemporaneo al suo esisteva, si aveva letto le sue carte. 
E il caso volle che proprio quella sera conobbe Alec Lightwood. Un giovanotto sexy e.... parecchio interessante, Magnus lo doveva ammettere. Ma preferiva comunque essere cauto, non voleva sbilanciarsi né dare allusioni. Voleva stare bene. E cercava l'amore perfetto, dopotutto. Nonostante ne avesse passate tante, era convinto che prima o poi sarebbe arrivato qualcuno nella sua vita, e l'amore che entrambi provavano sarebbe stato così grande che non si sarebbero mai potuti separare per la troppa astinenza nel restarsi lontano almeno un giorno intero. 
Sapeva che quelle erano solo sciocchezze dettate dalla sua mente, eppure lui aveva scelto di continuare a sperare. La speranza, dopotutto, era l'ultima a morire.





Il rumore di un auto che passava nella zona li fece staccare appena da quel lungo bacio che si erano dati. Entrambi erano daccordo sul fatto di volersi sentire sempre in quel modo, ma non potevano. 
Erano due gocce dello stesso mare che si erano trovate inaspettatamente. 
- E' stato bello passare la serata con i tuoi - gli disse il ragazzo.
Clary si risvegliò, come immersa in un sogno ad occhi aperti: - Vorrei tanto venire nel tuo appartamento... - gli sussurrò, baciandolo sulla guancia.
ll biondo represse un brivido: - Credo che i tuoi ci stiano guardando dalla finestra... è parecchio imbarazzante se pensassero che io ti molesti mentre sei tu che dai il via a tutto..... 
Clary si allontanò il tanto per guardarlo negli occhi: - Ti amo - gli rivelò. 
Era la prima volta che gli e lo diceva. Anche Jace sembrò stupito, ma la ricambiò, seppur non dicendolo a parole, dandole un altro lungo bacio che sapeva di amore, certezza e passione. Una passione che solamente loro conoscevano.






Quando Alec era tornato al suo appartamento da quell'incontro - alla fine aveva abbandonato Jean Jacque e si era fermato in un bar a bere - fu inevitabile sentire dei singhiozzi. Aveva visto Isabelle felice,  e dunque aveva potuto udire la sua risata, aveva sentito sua sorella starnutire, l'aveva sentita arrabbiata, delusa....e ovviamente l'aveva anche sentita piangere.
- Ehi - le fece, chiudendo la porta.
Lei aveva la seconda chiave, gli e l'aveva lasciata per ogni eventuale problema. 
- Ho litigato con Simon - fece lei, con la voce rotta. I capelli erano un ammasso di grovigli, non indossava gli occhiali - li teneva in grembo - e aveva gli occhi rossi. Piangeva da un po'.
- Oh Izzy... - disse lui, andandola ad abbracciare. - Perché gli permetti di farti soffrire? - le domandò.
- Perché lo amo. 
Okay. Alec non aveva mai amato nessuno, ma era sicuro che l'amore non facesse soffrire. Almeno, questo è ciò che dicono nei film. Non sapeva come comportarsi, così scelse la via più facile: - Parlagli. Chiarite ogni cosa. Così non potete andare avanti, né tu né lui.
- Ma se lui....
- Se ti ama ti starà a sentire - credo. 
Ma Izzy era già un po' tranquilla, quindi Alec stava meglio nel vederla in quel modo. 
Passarono qualche minuto così, silenziosi e abbracciati, fino a quando qualcuno non bussò alla sua porta. Il moro si alzò svogliato e sbuffando per trovarsi di fronte un Jace solare. 
- I genitori di Clary mi odiano - disse, sedendosi sul divano.
Alec era rimasto ancora sulla porta lasciata aperta, con un'espressione confusa sul viso: - Fa' con comodo, fratello - esclamò, chiudendola.
- Dico sul serio. Sua madre mi odia. 
- Interessante. E tu odi lei? - domandò Alec, guardandosi le dita. Doveva limarsi le unghie, incominciavano a crescere.
- Certo che no! L'avete vista? - chiese Jace - E' una Clary più adulta.
- Allora penso proprio che dovrai fartela piacere - mormorò Alec, senza prestare attenzione - Guardatevi - gli indicò, poi - Due tra i più bei ragazzi di New York che hanno problemi d'amore. Contento io che non ho nessuna intenzione di accasarmi o sposarmi o conoscere i genitori di qualcuno!!
I tre passarono la notte insieme, ed Alec fu costretto a sorbirsi le lamentele dei suoi fratelli. Ma lo fece perché aveva un cuore. Forse....







Simon stava guardando le foto al telefono, prima che gli arrivasse un messaggio. Clary. Era stata tutta colpa sua se aveva conosciuto Isabelle, se n'era innamorato, e lei l'aveva ricambiato. Era stata colpa sua se aveva preso l'iniziativa di chiederle di trasferirsi. Dannata Clary. 
Isabelle era stata la cosa più bella della sua vita, e si chiese se sarebbe mai riuscito ad andare avanti. 
Un momento. 
Non si erano mica lasciati! Avevano solo avuto una sfuriata. 

Prese il telefono, leggendo il messaggio della sua amica. 

Clary 21:43
"Come stai, Simon?"

Simon 21:45
"Hai parlato con Izzy?"

Clary 21:46
"Non ho ancora avuto il tempo. Che succede tra voi?"

Simon 21:48
"Abbiamo avuto una discussione. Abbiamo litigato e me ne sono andato..."

Clary 21:49
"Una discussione a proposito di cosa?"

Simon 21:50
"Sono estremamente geloso, Clary. E' la cosa più importante della mia vita ed io non la voglio perdere...."

Clary 21:51
"E allora diglielo, Simon. Quando si ama una persona gli e lo si deve dimostrare. A parole siamo tutti bravi."

Simon 21:54
"Forse domani. Adesso ti va di guardare in contemporanea Avengers II?"

Clary 21:55
"Tutto per il mio splendido migliore amico"









Alec quella mattina aveva ricevuto una chiamata di lavoro. 
Era parecchio conosciuto a New York e le persone contavano su di lui quando si trattava di party o eventi d'alta moda. 
Questa volta a chiamarlo, e il moro ne era sicuro, era stato qualcuno prossimo al matrimonio, che gli aveva chiesto d'incontrarlo. Non gli aveva specificato il motivo, ma Alec ne era davvero certo: sapeva riconoscere ogni cosa dal tono della voce, era un esperto ormai. 
Gli piacevano parecchio i matrimoni a dire il vero, lo mettevano di buon umore e ogni volta in qualità di wedding planner veniva invitato, quindi aveva possibilità di mangiare gratis e soprattutto di conoscere nuove persone. E con persone lui intendeva nuovi uomini da scoprire. 
Si umettò le labbra, prima di entrare in quella chiesa. 
Era di  Saint Jones, non distava molto da casa sua, aveva un bel parco verde sul retro e anche la facciata formata da mattoni e guglie sul tetto era carina. Sembrava il posto perfetto per sposarsi. 
Attraversò la navata centrale, notando due persone sull'altare intente a parlare tra loro. Il ragazzo era basso e con i capelli scuri, in un abito perfettamente elegante quasi si dovesse sposare in quel momento, e parlava fitto accennando movimenti con le mani. La ragazza aveva capelli biondi legati in una treccia e lo osservava come se fosse la cosa più importante del mondo. Alec non si sentiva a suo agio, in quel momento.
Quello sguardo... il ragazzo che le aveva preso la mano e aveva fatto incrociare le loro dita.... bleah. Si scosse dallo stato di trance in cui era caduto, schiarendo la voce per accertare la sua presenza.
I due si voltarono, e subito il ragazzo gli andò incontro: - Oh, salve signor Lightwood.  - Evidentemente quello lo conosceva - Io mi chiamo Raphael e questa è Lydia. 
Si scambiarono un cenno di saluto con la testa, e Alec, sospirando, domandò: - Come mai volete il mio aiuto?
Guardandoli meglio si accorse che avevano all'incirca diciotto anni. 
Quindi le questioni matrimoniali erano fuori luogo, pensò accigliandosi. Non sbagliava mai. Ma cosa volevano quei ragazzini? Un party di compleanno?
- Vogliamo sposarci - disse Lydia, raggiungendo il suo fidanzato e prendendogli la mano - Tutti sono contrari a questo matrimonio perché sostengono che siamo giovani, ma.....stiamo insieme da cinque anni ed io non posso più immaginare la mia vita senza di lui. 
Alec alzò gli occhi al cielo. Questi stupidi commenti amorosi.....
- Io... - era la prima volta che non sapeva cosa dire - Forse dovreste pensarci. Un matrimonio è una cosa seria. 
I matrimoni erano qualcosa che legavano due persone. Per sempre. Nonostante gli piacessero, lui era convinto che non si sarebbe mai sposato. Niente lega due persone per sempre. 
- Lo sappiamo e vogliamo farlo - ribatté Raphael, con un sorriso. - Ci può aiutare? Altrimenti.... 
Si sentì il rumore della porta principale che veniva aperta, e il ragazzo continuò a sorridere: - E' un nostro amico, farà a entrambi da testimone... sa, ci siamo conosciuti grazie a lui.
- Vi ha presentati? - domandò Alec, infischiandosene del nuovo arrivato. 
- No. Tramite la lettura delle carte.... ci siamo conosciuti su un autobus. Da lì è nato tutto. 
Il moro sospirò. Che sciocchezze... - Il vostro amico deve essere un fanatico.
- In realtà pratica i tarocchi, oh, eccolo! - disse Raphael, sorridendo al nuovo arrivato - Alec Lightwood, ti presento...
Alec a questo punto si voltò, riconoscendo quei capelli, quel ciuffo tirato e soprattutto quel volto: - Magnus Bane - esclamò, e, chissà come,  fu molto sorpreso di vederlo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


La tensione nell'aria era palpabile. E imbarazzante. 
Da un lato c'erano Raphael e Lydia, che guardavano a turno i due ragazzi, curiosi di sapere quali sarebbero state le loro prossime mosse. Dall'altro c'era Magnus, con gli occhi sbarrati, memore di quella strana conversazione avuta la sera prima, e Alec, un ghigno stampato sul suo volto.  Magnus deglutì e sbatté le palpebre più volte. Dannazione, questo ragazzo mi vuole male. 
Quel gioco di sguardi tra i due finì quando Raphael prese parola: - Vi conoscete? -  aveva domandato in un sorriso.
Magnus conosceva quel sorriso. E no
- Ci siamo incontrati a un party - disse Alec, concentrato a squadrarlo. 
Raphael sogghignò, pensando ad altro, ma lo sguardo che gli rivolse il suo amico gli bastò per non fare commenti.  - Quindi, Magnus sarà il nostro testimone.
- A quel party ha pensato a quanto io fossi carino - continuò Alec, ignorando il commento del futuro sposo.
Magnus abbassò la testa e fece una smorfia: - Non l'ho mai detto. 
- Non ancora, babe - il più alto gli schioccò un occhiolino. 
Magnus allargò ancora di più gli occhi: - Possiamo concentrarci su loro due? Dovrebbero sposarsi, sai... 
Alec annuì, contiuando a guardarlo come se fosse un cioccolatino. 
Magnus si sentiva a disagio. Non era mai stato guardato in quel modo e ciò che provava - questo - era ansia. Aveva cercato di non pensarci, non aveva voluto avere niente a che fare con lui ed ora se lo ritrovava come wedding planner del suo migliore amico. Decisamente no. Avrebbe chiesto a Raphael di cambiare l'uomo del party, e il suo amico avrebbe capito. Si, insomma, erano sempre in sintonia..... perché non avrebbero dovuto esserlo anche in quel momento?
Si accorse che Alec, Lydia e Raphael avevano preso a parlare tra loro, e l'ultimo sembrava...felice. Non l'aveva mai visto così. 
- Mi piace molto il posto. Potrei abbellirlo, naturalmente, ampliare i colori.... - stava dicendo Alec, orgoglioso. - E, se mi permettete, potrei dare anche un consiglio di moda alla futura sposa.
Lydia sorrise: - Quindi...quindi accetti l'incarico?
Magnus non perse di certo lo sguardo che Alec gli rivolse, prima di rispondere un chiaro e sonoro: - Si - seguito da un battito di mani di Lydia, felice, e di Raphael che sorrideva. 
- Finalmente diventerai la signora Santiago, amore mio - le aveva detto il suo migliore amico, baciandola. 
Magnus distolse lo sguardo imbarazzato, sentendo dei passi e poi un profumo di...era sandalo, quello?  Alzò gli occhi. Alec gli si era avvicinando  e lo stava ancora guardando come se fosse una sostanza appetibile. 
Il più basso in quel momento si domandò se fosse sbagliato sentirsi desiderato come mai prima d'allora. E forse fu proprio per questo che rispose con un cenno alla domanda di Alec, di uscire nel cortile della Chiesa mentre i due futuri sposi parlavano con il prete.

Il prato era verde e splendido. L'aria aveva un sapore diverso, ma forse era il profumo di Alec a dargli quel nuovo odore. 
- Non sono un po' troppo giovani per sposarsi? - gli domandò il ragazzo, il centro dei suoi pensieri in quel momento. 
Magnus non lo osservò, rispondendo cauto: - Non devi fare il loro wedding planner se non li vuoi sposare.
- Chi ha detto che non lo voglio? - fece subito l'altro.
- Da come ne parli... - il più basso si sforzò davvero per non cercare di guardarlo, ma quegli occhi. Erano così strani. Non riusciva a decifrarne il colore.
- Ritengo solo che sia strano. 
Magnus aggrottò la fronte: - La stranezza non fa parte della vita?
- Immagino di si. Altrimenti non ti avrei mai incontrato.
A questo punto il ragazzo dalla pelle ambrata non poté fare a meno di posare il suo sguardo su quel ragazzo. Naturalmente lo stava ricambiando. Magnus continuò a tenere il volto aggrottato: - Mi stai dicendo che sono strano?
Alec incrociò le labbra, pensieroso, prima di rispondere: -Mh..più che strano..... riservato. Non è da tutti. 
- Ho i miei motivi per esserlo - rispose in maniera sofisticata, Magnus. 
- Ne sono certo.
- E...questo ti crea problemi? - domandò Magnus. Strinse le mani a pugno, capendo di aver fatto un errore, difatti si corresse poco dopo: - Non che ci debbano essere per forza problemi, dato che nemmeno mi piaci, sia chiaro...
Adesso il ragazzo dagli occhi magnetici pareva contrariato: - Non ti piaccio?
- No.
Alec accennava un sorriso: - Ma davvero?
- Perché mentire? - domandò Magnus, lo sguardo che scivola dal volto al prato. Maledetti occhi. 
- E' per questo che non vuoi uscire con me? O perché hai paura di scoprire che in fondo potrei anche piacerti?
All'ennesima battuta, Magnus gli rivelò la semplice verità. Era ovvio che quello non gli sarebbe mai piaciuto, non erano nemmeno compatibili, ma dai! - Uno come te non potrebbe mai piacermi...mettitelo in testa, Alec.
Il ragazzo non demorse: - Adoro quando dici il mio nome - disse in un sussurro. 
Magnus si stupì a ritrovare quel suono...piacevole. 
- Perché fai i tarocchi? - continuò a chiedergli, Alec.
Era la seconda volta che il più basso veniva stupito nel giro di un minuto. Nessuno, ad eccezione di Raphael, gli aveva posto quella domanda. E il fatto che in quel momento gli e la stesse rivolgendo Alec Lightwood, un ragazzo che aveva conosciuto alla festa era così....così....così.... 
Accidenti
. Non riusciva a trovare un termine adatto. Così sospirò, prima di rispondere: - Mi...è un modo per tenermi impegnato. Leggere le carte a qualcuno è ciò che mi riesce meglio. Amo stare a contatto e aiutare le persone in difficoltà. Sono...solo cresciuto in questo modo.
Notò Alec che lo guardava, con un misto di malizia e curiosità e divenne nuovamente imbarazzato. - Che c'è? - perciò gli domandò.
Sapeva che non avrebbe dovuto fare quella domanda. 
La petulante voce da cascamorto tornò a farsi presente. 
- Sul serio non ti piaccio? Nemmeno un po'? - domandò il ragazzo più alto.
Magnus perse la pazienza: - Perché ti stupisci? Mica sei il centro del mondo!
- E' che.... - Alec sembrava spiazzato - E' la prima volta. 
- C'è sempre una prima volta - rispose subito Magnus. - Non mi interessano i tipi come te.
Alec sbufflò: - Io non ho niente di strano. 
- Il primo passo è cercare di trovare la cosa che ti rende strano. Poi chissà.... - mormorò Magnus. 
- Sappi che non accetto un no come risposta. Da nessuno. Né mi arrenderò. - Il ragazzo dagli occhi verdi lo indicò, squadrandolo: - Ma ti sei visto! Sei....impeccabilmente attraente. 
Magnus deglutì, a corto di parole. Alec - evidentemente notando il suo pomo d'adamo - gli si avvicinò, sussurrandogli all'orecchio: - Ho capito come sei. Ed io penso che ne vali la pena.... intanto ti lascio il mio numero. Così, quando vorrai uscire....ci vedremo.
Gli istanti successivi Magnus non capì cosa accadde: sentì prima Alec muoversi, scrivendo su un foglietto il suo numero - perché si portava a presso quelle cose? - poi lo vide mettendoglielo in tasca con una lentezza estenuante e poi avvertì uno schiocco sulla guancia. Strabuzzò gli occhi, ma prima che potesse dire qualcosa quello se ne andò, camminandogli davanti, mettendo in mostra il sedere e facendo dei passi sensuali. 
Il ragazzo dalla pelle ambrata si toccò il punto dove Alec l'aveva baciato, il cuore a mille e il respiro affannato. 
Aveva bisogno di uno psicologo.






Dopo aver salutato Lydia e Raphael, Magnus s'incamminò verso il suo loft a Brooklyn. Doveva ammetterlo, gli piaceva camminare. Lo faceva riflettere su ogni cosa. Inutile cercare di capire a cosa stava pensando in quel momento. La risposta era chiara, limpida, trasparente. E portava il nome di maledetto stronzo. Magnus non riusciva a crederci. Perché gli aveva lasciato il suo numero? Perché gli aveva dato un bacio sulla guancia? Ma soprattutto, perché in quella zona dove avevano toccato le sue labbra si sentiva bruciare? 
Sapeva che tipo era, si notava chiaramente, ma vedere con i propri occhi in che modo ci provava spudoratamente con lui....gli fece fare delle capriole al cuore. Ma, comunque, lui ci andava cauto. E non era ancora del tutto sicuro che Alec Lightwood gli piacesse. Era perfino convinto - anzi, più che sicuro - che se fosse stato al suo gioco poi quello l'avrebbe lasciato. Ma lui valeva molto più di un gioco. Sapeva di valere tanto, forse troppo, per le persone che lo circondavano, era forse per questo che non aveva mai legato con nessuno in particolare. Si sentiva fuori posto.
E dunque come aveva potuto permettere a quel ragazzo di baciargli una guancia e di fare il cascamorto con lui? Come?
Questo non ha niente a che vedere con l'incontro del Destino, si ripeté in quella mattinata. Ma la sua mente non gli voleva dare alcuna ragione, scegliendo di stare invece dalla parte del cuore.
All'improvviso Magnus avvistò una testa arancione. Ah, la causa dei suoi problemi. Era stata a causa sua se era andato alla festa e aveva conosciuto....be', la testa dell'uomo con la pelle ambrata non lo vuole nominare in questo momento. 
Clary Fairchild. 
Parlava al telefono e sembrava avere un obbettivo prefissato, indossava una borsa quindi quasi sicuramente era uscita da scuola. Decise di avvicinarsi e parlare un po' con lei. Anzi, era curioso anche di sapere se aveva aggiustato le cose nell'universo parallelo al suo. 
Se gli e l'avessero detto non ci avrebbe mai creduto, ma erano successe delle cose strane di cui lui era stato il primo partecipe e dunque si, era tutto reale. Probabilmente - a quanto gli aveva detto Clary - nell'altro mondo vi era un Magnus stregone. Fantastico! Aveva letto da qualche parte che gli stregoni erano immortali. Sarebbe stato bello fare due chiacchiere con lui, comunque. Magari poteva aprire un portale per l'altro mondo....  Nah. Lui era di questo, apparteneva a questo mondo e questa era la sua vita da ormai ventotto anni. Non poteva certo cambiarla una ragazza dai capelli arancioni venuta dall'altro posto per dirgli che lui era un potente stregone di Brooklyn. Li, in questo mondo, in questo mondo capovolto, Magnus era semplicemente un uomo che leggeva i tarocchi. E gli piaceva essere in questo modo. 
- Clary Fairchild! - disse, andandole incontro. 
La ragazza lo osservò storcendo il naso e Magnus si stupì. Ma certo...certo, era la Clary dell'altro mondo che aveva parlato con lui, non questa. 
- Ci...ci conosciamo? - domandò la ragazza. 
Aveva smesso di parlare al telefono. 
- Devo essermi confuso con qualcun altro, mi spiace...
- Da come mi ha vista devo essere proprio quella che stava cercando. Insomma, i miei capelli sono difficili da scordare. Con chi ho il piacere di parlare?
- Mi chiamo Magnus Bane.
Notò la ragazza aggrontare la fronte, cercando di ricordarsi. E poi la vide sorridere, forse un po' troppo forzatamente, come se si fosse ricordata di qualcosa. Ma non era possibile....


Quello che l'uomo non sapeva, era che Clary si ricordava del Magnus Bane nominatogli da Alec, proprio perché gli e ne aveva parlato il suo amico. Sorrise dentro di sé. E' proprio un bell'uomo. Alec ne sapeva in fatto  a gusti. 
- Magnus! Eri alla festa di mio padre, giusto? - gli domandò. - Come mai? Sei un suo dipendente? Io non ti ho mai visto nei dintorni... 
- S-sono solo.... ero un amico di un amico della festa.
- Intendi Alec? 
Clary vide l'uomo strabuzzare gli occhi, imbarazzato: - N-non sono un amico di Alec.... 
Clary annuì. Pure timido! Una caratteristica che ad Alec faceva impazzire! Era quello perfetto. - Che ne dici di andare a berci qualcosa? - lo invitò. Prima che lui potesse parlare aggiunse: - Non accetto un no come risposta!


Al bar Magnus aveva conosciuto tutti quelli della cerchia della ragazza: c'era Jace, il suo ragazzo, che gli era sembrato simpatico. Lavorava come cuoco in un fast food e sembrava molto innamorato di lei. E poi era arrivato anche Simon, il migliore amico di Clary, che a quanto pare si era lasciato con una ragazza. Aveva ordinato due piatti di patatine fritte - ed erano solo le dieci del mattino - più una torta al cioccolato nella quale voleva 'affondare i suoi dispiaceri'. 
Clary lo rassicurava e lo stesso faceva Jace. Parlavano di una certa Isabelle con una grazia negli occhi. 
Poi loro due avevano iniziato a fare i romantici in luoghi pubblici e lui li aveva dovuti lasciare.
Magnus era ritornato a casa sua ed estrasse dalla tasca il numero di Alec. 
Senza rifletterci, compose un numero. 
- Non posso farti il testimone se viene anche Alec Lightwood.
- Perché? non mi dire che ti sei preso una cotta per lui. E' proprio il tuo tipo... - gli disse la voce di Raphael, al telefono.
Magnus sospirò, e per l'amico oltre la cornetta non ci fu alcun dubbio. 
- Non starai ancora cercando il vero amore? - gli infatti.. 
Si conoscevano da quando Magnus aveva messo piede a New York. Per un po' avevano vissuto a stretto contatto, poi Raphael aveva trovato un lavoro e se n'era andato. Ma erano rimasti sempre amici. 
Magnus guardò il numero di Alec: - Non credo lui sia abbastanza per me.
E gettò quel pezzo di carta nella battumiera.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


Alec avvertì il rumore dello scarico.
Ancora? Dannazione!
Si coprì la testa con il cuscino, eppure quel rumore c'era ancora. 
Buttò il cuscino dall'altra parte della stanza e sbuffò, prendendo il telefono. Si sorprese quando notò che vi erano due messaggi. 

Jace 9:45
"Buon giorno raggio di sole, ho conosciuto il tuo Magnus ieri"

Clary 10:00
"So che Jace ti ha scritto, quindi volevo dirti che è vero, ieri abbiamo conosciuto il famoso Magnus Bane. Mi sembra parecchio carino e tranquillo. Adesso che ci penso, è davvero il tuo tipo!"

Alec 10:45
"Vaffanculo Jace. Non è il mio Magnus. E poi...che vuol dire che l'avete conosciuto?"

Alec 10:47
"Fray quante volte ti devo ripetere di non sputtanare le mie cose? Ma cazzo... avete parlato di me?"

Jace 10:48
"Avevo intenzione di mandare una gru per svegliarti. L'ho conosciuto ieri al bar, era con Clary"
Jace 10:48
"Dimenticavo quanto fossi dolce appena sveglio"

Alec 10:49
"Mi stai dicendo che Magnus e Clary erano fuori insieme? E da quando sono amici?"

Clary 10:49
"Calmati, Alec. Jace ha fatto due più due, sai bene che ti conosce meglio di me. E comunque per rispondere alla tua domanda no, non volevo metterlo ancor più in imbarazzo."

Alec 10:50
"Si, ho notato che si tiene spesso alla larga dalle persone"

Jace 10:50
"Non lo so, comunque sembra uno a posto. Anzi, forse troppo strambo per i tuoi gusti. Non ha parlato un granché"

Alec 10:51
"E' timido, Jace, tu dovresti saperlo."

Clary 10:53
"Sai, sono rimasta piacevolmente sorpresa della sua conoscenza. Sembra una persona leale e degna di fiducia. Se davvero vuoi provarci con lui...non rovinare tutto come al solito"

Jace 10:53
"L'ho notato. Comunque se ci tieni davvero, non rovinare tutto come al solito"

Alec osservò lo schermo. 
I suoi migliori amici erano per caso in simbiosi? Adesso mandavano insieme i messaggi, oltre a farsi le carezze e tutte quelle cose là?
Non aveva tempo di pensare a loro. 
Doveva fare qualcosa.
Voleva fare qualcosa.
Doveva capire Magnus Bane.
Aveva deciso di lasciar passare qualche giorno, poi l'avrebbe cercato. Sapeva dove quell'uomo si nascondeva, dopotutto.



Izzy osservava annoiata il computer. 
Non c'era niente di nuovo. 
Era spettinata, indossava gli occhiali e aveva una giacca vecchia, forse di suo fratello, ma non le importava. Stava male, era sicura che tutti se ne accorgessero: Raj, con il quale non parlava mai, le aveva gettato uno sguardo e aveva fatto un passo in avanti, come per voler fare conversazione, e poi si era tirato indietro scuotendo la testa. Faceva pena pure a lui. 
La verità era che le mancava Simon. Le mancava come l'aria, erano passati tre giorni e lei non ce la faceva già più, lo voleva. Era la sua altra metà, e lo sapeva. Lo sapeva fin dal principio. Fin dal loro primo bacio. Non aveva sentito le farfalle svolazzare, aveva sentito il muro di mattoni che si era creato intorno a lei rompersi. Simon era quello giusto e ovviamente avrebbe scelto sempre lui al posto degli altri. Ma come poteva fare a dimostraglierlo, se lui nemmeno la calcolava?
Guardò il ragazzo in questione entrare nel suo studio, con un cipiglio sul volto. 
- Valentine mi ha assegnato il compito di trasportare dei server dall'altra parte della città, alla ditta Genious. Vuoi venire?
La ragazza parve sorpresa:  - Sono stata la tua prima scelta?
- Certo che no - disse Simon, serrando gli occhi - Ho chiesto a Raj, ma aveva da fare. E sai che con Duffer non ci vado d'accordo. Così...
Izzy annuì, seppur delusa: - Va bene. 
Simon fece per andarsene ma lei lo fermò, prendendolo per la mano.
- Simon ti amo - sputò d'un fiato. Non gli e l'aveva mai detto - Ti amo tantissimo, e ti giuro che in un futuro verrei a vivere con te. Ma non adesso. Abbiamo solo diciannove anni... - mormorò. Non lo guardava negli occhi perché aveva paura di non vederci niente. - Sei l'unica persona che scegliere sempre. Sei l'unica persona che amerei per sempre.
Sentì la mano di Simon scivolarle sul viso, per portarlo alla sua altezza. Si guardarono. E il ragazzo accennò un sorriso: - Sono stato uno stronzo. Ho reagito in maniera esasperante. Mi dispiace.
- Non importa...
- Quando avremo l'età giusta andermo a vivere insieme. 
- Si - fece Isabelle, ed i due si scambiarono un bacio.




Quando Magnus vide Alexander Lightwood entrare nel suo studio, pensò si trattasse di un'allucinazione. 
Erano passati due giorni da quando aveva buttato il suo numero di telefono nella spazzatura, e quella notte l'aveva perfino sognato, e il sogno era stato anche piacevole. Ma non era la realtà. Per questo quando lo vide appoggiarsi al tavolo e sedersi sulla sedia di fronte a lui si toccò una guancia, facendo scaturire nell'altro un sorriso. E che sorri...
Magnus no, gli disse una voce nella sua testa, riprenditi. 
- C-che ci fai tu qua? - gli domandò, cercando di stare calmo. 
Ma la voce lo tradì. 
Alec non lo perse di vista un'istante: - Tu cosa credi? Sono qua per farmi leggere le carte. 
- Ma se nemmeno ci credi... - mormorò Magnus.
Adesso si che era strano. Raphael gli aveva detto che il moro era un tipo scettico che non credeva in niente, eppure era venuto là. Magnus non era certo un idiota. 
- Se sei venuto qui per me.... - iniziò, venendo subito bloccato. 
Infatti il ragazzo di fronte a lui aveva alzato una mano, il volto stretto in una morsa seria: - Voglio che mi leggi le carte. Non sei...non lo fai ogni giorno? 
L'uomo dalla pelle ambrata non ebbe il coraggio di ribattere. 
Cos'è, lo stava mettendo alla prova? Ebbene, accettava la sfida. 
Annuì, prendendo il mazzo di carte e posizionandole sul tavolo. 
- Pescane tre - gli disse. 
- Come mai solamente tre? 
- Dicono che il tre sia il numero perfetto. E segna i tre momenti più belli della vita: la nascita, l'adolescenza e l'età adulta. Tre carte per tre constatazioni future. 
- Interessante.... - disse Alec, prendendone una a caso.
Magnus aveva notato che non guardava il mazzo ma teneva gli occhi fissi sul suo volto. Improvvisamente si sentì a disagio e non vide l'ora di terminare quella cosa. 
Quando Alec scelse le tre carte, Magnus girò la prima: - Bellezza - esclamò. 
Alec fece un mezzo sorriso, sentendosi lusingato. Anche le carte lo amavano. 
Magnus girò l'altra carta e aggrottò la fronte.
- Che c'è? - domandò Alec, sporgendosi. 
- Questa è la carta della solitudine. 
- Cosa vuol dire? 
- Vuol dire... - Magnus deglutì - Che forse avrai a che fare con essa.
- Intendi dire che rimarrò solo? - Alec iniziò a ridere - Un paio di carte non possono guidare la mia vita!
Magnus si sentì offeso: - Allora perché sei qui a fartele leggere?
- Perché non mi hai richiamato? - gli domandò Alec.
Quindi è per questo... - Ho perso il numero - disse Magnus velocemente.
Ma Alec non la bevette: - Quindi l'hai gettato nella spazzatura. - Il ragazzo sembrò tranquillo mentre parlava - Vuoi uscire con me qualche volta? Potremmo prenderci un drink e parlare, solo questo. 
Magnus rimase stupito dalla naturalità con la quale gli era uscita quella domanda - Perché? - fu solo capace di chiedere.
- Perché... te l'ho detto. Vorrei ancora parlarti, se me lo concedi. 
- Io.... non sono....cioé, non lo so...
Alec lo fece azzittire sollevando un dito e portandolo accanto alla bocca, ma non toccando le sue labbra: - Per prima cosa ti riscrivo il mio numero. Non voglio affrettare le cose. Ma non farmi aspettare nemmeno tanto. In ogni caso saprò dove cercarti. 
Alec trafficò con un foglio, gli fece un occhiolino e poi andò via, mentre Magnus tornò a respirare guardando il numero. Accanto ad esso c'era la carta che non era stata ancora girata. 
Spinto dalla curiosità, la volto e ne rimase pietrificato.
L'incontro del Destino. Non era possibile.... non era possibile, aveva sbagliato.
Deglutì più volte, incapace di fare altro. 
L'ultima volta che aveva fatto le carte gli avevano detto lo stesso.




angolo autrice
Mi dispiace per il ritardo immane! Ma purtroppo con l'università e le altre cose, il tempo non lo si trova quasi mai! Vi prometto che aggiornerò ogni qualvolta potrò. Mi fa piacere che seguiate così in tanti questa storia, sono contenta che vi piaccia e spero abbiate gradito anche il capitolo di oggi.
Alla prossima.

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