Bring Me Back To Life

di Myra11
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ain't No Grave Can Hold My Body Down ***
Capitolo 2: *** Hold On just one more night, I'll be your reason why. ***
Capitolo 3: *** And If You Need Me To, I'll Save You. ***
Capitolo 4: *** In This Life There's No Surrender. ***
Capitolo 5: *** I can’t stop this sickness taking over, it takes control and drags me into nowhere ***
Capitolo 6: *** My mind’s a loaded gun, there’s no one that can hear me screaming ***
Capitolo 7: *** There’s no one else to blame but the voices in my head ***
Capitolo 8: *** This sky Is lonely and grey But every night I feel your gravity waves ***
Capitolo 9: *** Am I The King without a Crown? ***
Capitolo 10: *** A thousand armies won't stop me I'll break through ***
Capitolo 11: *** There’s nothing I won’t go through Even if I have to die for you. ***
Capitolo 12: *** And I won't forget to put roses on your grave ***
Capitolo 13: *** Fallen angel, just let go You don't have to be alone ***
Capitolo 14: *** You're The Pulse In My Veins, You're The War That I Wage ***
Capitolo 15: *** And I Found In You What Was Lost in Me ***
Capitolo 16: *** Never Thought You'd Fall This Far ***
Capitolo 17: *** And If I’m Lost in The World Shadows, I’ll use the light that comes to me From your halo ***
Capitolo 18: *** In The End I'm Realizing, I was Never Meant To Fight On My Own ***
Capitolo 19: *** My Satellite, Are You Here Tonight? ***
Capitolo 20: *** Nobody wins when everyone's losing ***
Capitolo 21: *** Meet Me On The Battlefield, Even On The Darkest Nights ***
Capitolo 22: *** If our love is tragedy, why are you my remedy? ***
Capitolo 23: *** Now I'm alive, I'm feeling born again, And I will fight until the bitter end. ***
Capitolo 24: *** I'm bleeding out Said if the last thing that I do Is to bring you down I'll bleed out for you. ***
Capitolo 25: *** Because what you want is all, what you are is all of me ***
Capitolo 26: *** Just as long as you Stand By Me ***
Capitolo 27: *** I'm Breathing In, And Breaking Down, I Feel My Time Is Running Out ***



Capitolo 1
*** Ain't No Grave Can Hold My Body Down ***


Capitolo 1
“My life is nothing. Giving the future to those who want to see it…is everything.”-Nyx Ulric
 
Il primo raggio di sole gli sfiorò la pelle mentre inspirava a fondo.
Fumo, sangue e carne bruciata, ecco che odore avrebbe avuto il suo ultimo respiro.
Non era male, pensò, il silenzio improvviso che gli crollava addosso come un macigno.
Non era un brutto modo di andarsene, in fondo.
Almeno era in pace.
La città era salva, Libertus era al sicuro, Lunafreya e l’anello dovevano ormai essere lontani da lì.
Espirò profondamente, e la cosa lo fece accigliare.
Cos’era quella sensazione?
Sentiva ogni fibra muscolare tesa, il sangue che scorreva furioso, e il battito regolare del suo cuore.
Non avrebbe dovuto essere morto?
Non era quello che avevano deciso gli Antichi Re?
Si alzò a fatica dalle macerie, e notò che il suo braccio sinistro aveva smesso di sgretolarsi, lasciando una serie di lunghe, intricate cicatrici bianche si rincorrevano sulla sua pelle.
Il fuoco l’aveva avvolto, poco prima, pronto a portarlo lontano da quel mondo mortale, eppure era lì, era in piedi, e il vento gli accarezzava il viso.
«A quanto pare hanno cambiato idea.» Mormorò tra sé e sé, lasciandosi sfuggire un sorriso soddisfatto.
Subito dopo l’eco di una voce che conosceva bene gli raggiunse le orecchie.
«Regina! Tu e il Re Noctis sarete sempre i benvenuti a Galahd! Io e Nyx vi aspetteremo!»
Gli sfuggì una risata.
Libertus, che pensava che lui sarebbe tornato anche se era stato destinato a morire.
Non sei morto, si disse, quindi datti una mossa.
Nonostante sentisse il suo corpo protestare contro quel movimento repentino, recuperò i due pugnali abbandonati tra le pietre e scattò di corsa.
Eccolo là, Libertus, abbandonato sopra i resti di una colonna del ponte.
E più avanti, lo scintillio bianco dell’abito di Lunafreya.
Avrebbe potuto usare la proiezione istantanea, ma si sentiva svuotato, come una spugna alla quale era stata spremuta via tutta l’acqua.
<«Libertus!» Non era sicuro che lui l’avesse sentito, dato che aveva la voce più roca di ciò che si aspettava, ma non si arrese.
Lottò contro i segnali di protesta del proprio corpo e corse più in fretta.
Non poteva lasciarli andare via.
<«Principessa!»
La figura bianca si fermò sul ponte, e la vide indicare, e anche Libertus si voltò.
La gioia sui loro volti iniettò una scarica di adrenalina nel suo corpo martoriato, e lo aiutò a coprire gli ultimi metri che li separavano.
Appena fu a portata, Libertus gli volò addossò, stringendolo con tutta la sua considerevole forza.
«Nyx! Lo sapevo che saresti tornato!»
Non avrei dovuto, pensò l’uomo, ma tenne quel pensiero per sé.
Il suo migliore amico non aveva bisogno di conoscere quei dettagli, e nemmeno la giovane donna che gli stava sorridendo.
Inchinò brevemente il capo verso di lei. «Principessa. Lieto di vedere che Libertus ha fatto il suo lavoro.»
Lunafreya sorrise nuovamente, ma i suoi occhi stavano studiando il suo volto, e solo in quel momento si rese conto che anche la guancia sinistra sembrava indolenzita, e che le stesse cicatrici bianche che aveva sul braccio dovevano ornargli anche il viso.
«Sono lieta di vederti sano e salvo.» Ammise lei.
Un momento di gioia dopo il dolore, pensò, è ancora più grande del normale.
«Nyx.»
«Si, Principessa?»
«Devo iniziare un viaggio molto pericoloso, e necessito di un aiuto. Vuoi esaudire l’ultimo desiderio del tuo Re e accompagnarmi?»
Libertus gli diede una pacca sulla spalla regalandogli una fitta di dolore alla schiena che si guardò bene dal mostrare.
«Un compito degno di un eroe.» Notò l’uomo al suo fianco.
Nyx Ulric portò le mani dietro la schiena, unì i tacchi e s’inchinò brevemente.
«Sarebbe un onore, Principessa.»


 
“Questo non è l’ordine di un re al suo soldato, ma la supplica di un uomo ad uomo. Portala al sicuro, fa’ in modo che l’Anello arrivi a Noctis, per la salvezza di noi tutti.
Conto su di te, Nyx Ulric.”

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Capitolo 2
*** Hold On just one more night, I'll be your reason why. ***


Capitolo 2
 
Quando Nyx Ulric aveva accettato di accompagnare Lunafreya nel suo viaggio era certo che non sarebbe stato un viaggio normale, ma di sicuro non si aspettava qualcosa del genere.
«Allora, Principessa?» Domandò, sentendo il ginocchio destro che iniziava a cedere, costringendolo a rafforzare la presa sui pugnali incrociati per evitare che gli scivolassero dalle mani.
Avere un Dio arrabbiato che cercava di schiacciarlo sotto il proprio gigantesco pugno non era esattamente la sua idea di viaggio ideale.
Lunafreya esitò un attimo prima di rispondergli. «Allora, Nyx, cerca di non farti schiacciare ancora per un attimo. È arrabbiato, ma posso farlo ragionare.»
«Sene siete convinta.» Concesse, sperando sinceramente che lei riuscisse a placare la divinità incollerita. Aveva sentito il cuore saltare un paio di battiti quando erano giunti al Disco di Cauthess, e il meteorite rovente si era sollevato, rivelando il dio intrappolato al di sotto di esso, ma l’incredulità era stata prontamente spazzata via quando il gigantesco occhio arancione si era posato su di lui, in un misto di antica rabbia e sorpresa.
Titano spostò il braccio, pronto a caricare il colpo definitivo, l’altro braccio ancora sollevato a sorreggere il meteorite che gli gravava sulla schiena, ma la voce di Luna lo bloccò prima che potesse portare a termine il suo intento.
«Fermo! Quest’uomo è stato giudicato degno dagli Antichi Re!»
Più o meno, pensò Nyx con un sorriso ironico ma, se fosse servito a placare la divinità furibonda, di sicuro non sarebbe stato lui a smentire quell’affermazione.
Non aveva confessato né alla Principessa né a Libertus la reale entità della sua conversazione con gli Antichi Dei, e aveva scartato le loro preoccupazioni dicendo che le cicatrici che gli ornavano il viso erano causa della lotta contro Glauca, e non la lenta opera di distruzione che il Potere dei Re avrebbe dovuto compiere su di lui.
«Sono qui per chiederti di concedere la tua benedizione al Re dei Re, quando giungerà, e di guidarlo verso il sentiero che è stato tracciato per lui.» Continuò Lunafreya in tono solenne, e l’uomo alle sue spalle non poté far altro che ammirarne la calma, di fronte ad una creatura che avrebbe potuto spappolarla con un dito.
Quello che sembrava un ruggito riecheggiò nella vallata del Meteorite, facendo barcollare i due umani. Nyx fu svelto nell’avvolgere la giovane con un braccio, impedendole di cadere sul suolo arido. Lei gli si appoggiò quasi inconsciamente, come se non si rendesse conto di aver bisogno di aiuto.
«Non posso attardarmi, ma ti ringrazio infinitamente per la tua benevolenza, e per il rispetto dell’accordo.» Terminò Lunafreya con voce formale, ma stava tremando.
Qualsiasi cosa fosse successa tra lei e Titano sembrava averla indebolita, e fu proprio per questo che Nyx prese il controllo della situazione.
«Se avete finito, Principessa, credo che sia ora di andare. Titano non sembra avere molta pazienza rimasta per noi.» La incoraggiò, guidandola verso il sentiero roccioso che portava lontano da lì, verso le verdi praterie di Duscae.
Era stato strano e confortante allo stesso momento arrivare in quella regione, ricordò Nyx mentre scavalcava i detriti che occupavano la strada.
 «Assomiglia vagamente a casa.» Aveva confessato mentre, al volante di un rottame che si vergognava a chiamare auto, avevano superato il confine tra Leide e Duscae.
Sembrava incredibile, quella netta differenza tra deserto e infinite distese verdi, ma Nyx l’aveva apprezzata segretamente: Galahd era sempre ricoperta di piante, e il loro intenso profumo aveva accompagnato Nyx per tutta l’infanzia.
«Continua a seguire la strada, per favore. Abbiamo poco tempo e tante cose da fare.» l’aveva interrotto Lunafreya, apparentemente persa nei propri, inquietanti pensieri.
«D’accordo.» Aveva ceduto concentrandosi sul percorso, ma la sua mano destra era salita quasi involontariamente al petto.
Sentiva il peso dell’Anello di Lucis nella tasca interna della giacca di pelle bianca.
Erano state due le cose che avevano deciso prima di partire: l’Anello sarebbe stato con lui, l’unico tra loro che sapeva combattere, e l’uniforme delle guardie del re, usurata e bruciata, andava sostituita con qualcosa che avrebbe attirato meno l’attenzione.
 «Nyx.»
«Hm?»
«Stai bene?»
Quella domanda così inaspettata lo fece sorridere.
«Dovrei essere io a chiederlo a voi, Principessa.» Ritorse, accennando al fatto che Lunafreya si stava ancora appoggiando a lui per avanzare.
Quando se ne rese conto si allontanò rapidamente e abbassò lo sguardo mentre sistemava il lungo vestito bianco che si ostinava ad indossare nonostante non fosse pratico per il viaggio.
«Si, sto bene, perdonami. E…Nyx? Puoi chiamarmi Lunafreya, se lo desideri.»
L’uomo annuì con un breve sorriso, anche se sapeva che non gli sarebbe venuto naturale adempiere a quella richiesta. Lunafreya, in fondo, era la sua futura Regina.
«D’accordo, Lunafreya. Dove andiamo ora?»
 
 
«Credo che dovremmo fermarci.» Mormorò Nyx rallentando l’auto, anche se si aspettava esattamente la reazione che scoppiò poco dopo.
Lunafreya scosse vigorosamente la testa, rifiutandosi di scendere dall’auto dopo che lui ebbe parcheggiato in una piazzola sotto un rigoglioso albero.
«Non possiamo fermarci, Nyx, Noctis ha bisogno del mio aiuto, e io devo adempiere al mio compito e…»
L’uomo la interruppe. «Il vostro compito, Lunafreya, è quello di restare in vita, se davvero volete aiutare il Principe Noctis.»
«Io non…»
Nyx le sorrise. Ragazza cocciuta, pensò, ma forse era proprio quello il motivo per cui Re Regis si era fidato così tanto di lei. Avrebbe fatto di tutto per compiere il suo dovere di Oracolo, anche crollare dalla stanchezza, rifiutando di assecondare i bisogni del suo corpo mortale.
Era così giovane, pensò, troppo giovane per avere quella triste saggezza negli occhi.
«Siete solo umana, Lunafreya, non esagerate. Per ora…» Scese dall’auto e aprì il bagagliaio, estraendo le poche provviste che erano riusciti a procurarsi. «…il vostro dovere è quello di mangiare, dormire e prepararvi allo scontro con la prossima divinità offesa per essere stata svegliata dal riposino.»
Il suo tono scanzonato – e il fatto che si stesse allontanando sulla collina lasciandola sola – convinsero la ragazza a scendere dall’auto e seguirlo nella luce del sole calante.
Poche ore dopo era ormai notte fonda, ma entrambi erano rifocillati e tranquilli.
La presenza dell’Anello li difendeva dai daemon, perciò l’unico problema serio che avevano era la scomodità del terreno sul quale dormivano.
Lunafreya aveva ceduto poco dopo aver terminato la cena, e ora Nyx era l’unico a vegliare sulla ragazza. Sembrava ancora più minuta di quanto già non fosse, avvolta nella sua giacca, e l’uomo si chiese se sarebbe stata in grado di fare ciò che doveva. Non sempre la pura forza di volontà bastava.
Abbassò lo sguardo sulle proprie cicatrici, e per l’ennesima volta si chiese perché era vivo.
Ricordava benissimo ciò che gli Antichi Re avevano decretato per lui, dopo che lui aveva riso loro in faccia, disprezzandoli per le loro azioni.
Gli era sembrato naturale in quel momento, e i suoi pensieri erano immutati.
Gli Antichi Re, tanto celebrati, non avevano impedito che la loro città venisse saccheggiata, la loro reliquia rubata e il loro re brutalmente assassinato.
Si passò una mano sul viso, sentendo la pelle fragile del palmo.
Era consapevole che avrebbe dovuto riposare, ma ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva il capitano traditore, e la larga lama della spada che trapassava il corpo indebolito di Re Regis.
Quello sguardo non l’avrebbe mai abbandonato, ne era consapevole.
Il suo re si era affidato a lui, abbastanza da dargli il compito di proteggere Lunafreya, e l’Anello.
Il suo re era morto sapendo che non sarebbe stato deluso.
Se avesse indossato l’Anello prima, forse sarebbe riuscito a salvare il re che gli aveva donato una nuova vita, a salvare tutto il mondo che conosceva.
«Nyx…perché sei ancora sveglio?» La voce insonnolita dell’Oracolo lo colse di sorpresa.
«Continuate a riposare, Lunafreya.» Mormorò, cercando di sciogliere il nodo che gli chiudeva la gola.
«Sto bene. Cosa ti turba?»
Come faceva a sapere che era turbato?
Inarcò un sopracciglio osservandola mentre si metteva seduta, stringendosi nella giacca che la difendeva dal vento freddo delle radure.
«Vi chiedete mai perché gli Dei ci abbiano creati, se non come passatempo?» Le domandò a bruciapelo, e la vide sobbalzare.
«I Sei ci hanno dato la vita, e la morte, come un dono. Ogni secondo del nostro tempo è prezioso, e quando il nostro tempo scade, torniamo alla serenità della Luce. Siamo stati creati come parte di un Equilibrio che non possiamo comprendere.»
«E cosa succede se viviamo più del tempo che ci è stato concesso?» Le chiese sottovoce, senza riuscire a trattenersi.
«Cosa intendi?»
«Io…» Esitò un attimo; Lunafreya aveva già tante cose a cui pensare, si rese conto, e non era il caso di aggiungere sulle sue fragili spalle il peso della sua inquietudine.
Scrollò le spalle. «Nulla. È arrivata Gentiana.» Le fece notare, ringraziando in silenzio la Messaggera degli Dei per aver interrotto quel momento.
Lunafreya si alzò velocemente e andò incontrò alla donna dai capelli scuri.
Alla lieve luce del fuoco sembravano due ombre danzanti, nero e bianco fusi in un unico fascio.
«Oracolo. Il Re dei Re presto giungerà in questa regione. Il suo destino è quello di ricevere la Benedizione del Tuonante, e dell’Arcano. Il vostro, è di ripartire.»
Mentre terminava la frase la donna aprì gli occhi, fissandoli in quelli di Nyx.
La prima volta che l’aveva vista, fuori dalla capitale devastata, non era riuscito a decidere di che colore fossero, se dorati o verde chiaro, ma ora decise che erano un misto di entrambi i colori.
Erano occhi antichi, che vedevano il mondo in un modo differente.
Erano occhi che sapevano, si rese conto Nyx, sapevano che il suo tempo era scaduto.
“Non temere, Nyx Ulric. Il tuo cammino è ancora lungo.”
 
«Noct! Che succede?»
«Cosa diavolo era…» Mormorò, una mano premuta contro la tempia per cercare di tenere sotto controllo quell’improvvisa emicrania.
La voce pacata di Ignis gli venne in soccorso, pacata e pratica come al solito, e disfece la confusione della sua mente. «Noct, che cos’hai visto?»
Quella era una domanda interessante, gli concesse.
«Un disco, in fiamme…Il Meteorite, credo, e…»
«E?»
Esitò un istante. Sapeva benissimo cosa aveva visto, ma non sapeva chi.
«Ho visto Luna, al Meteorite. Dobbiamo andarci, subito.»
Mentre uscivano dalla Tomba Reale, Noctis si chiese ancora una volta chi potesse essere l’uomo dai capelli grigio scuro e gli occhi blu che aveva visto al suo fianco.


[Note dell'autore]
Eccoci al capitolo 2! ( io me stessa e me xD)
Spero che vi piaccia, e soprattutto spero di non andare troppo OOC >.< Nyx è un personaggio complicato, un po' triste, un po' allegro, tanto sexy XD
A parte le cavolate, ci vediamo al capitolo 3! Se ci sarà qualcuno a leggere xD <3

 

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Capitolo 3
*** And If You Need Me To, I'll Save You. ***


Capitolo 3
 
Era di nuovo ad Insomnia, si rese conto.
Ecco qual era la realtà, alla fine. Quella sensazione di vita, il flusso roboante del sangue nelle orecchie, l’abbraccio di Libertus, il viaggio con Lunafreya, era stato tutto un incubo delirante.
Era ad Insomnia, il sole stava sorgendo, e lui stava morendo.
«Nyx.»
Il fuoco esplose sulla sua carne, salendo velocemente lungo il braccio sinistro, corrodendo la pelle come se fosse carta.
«Nyx.»
Il dolore divenne insopportabile e, per un istante, pensò di cedere, di abbandonarsi alla silenziosa promessa che le fiamme gli stavano sussurrando sulla pelle.
Pace.
Una dolce, immensa pace dopo la lotta e le sofferenze.
«Non osare arrenderti, Nyx.»
Quella voce…conosceva quella voce.
«Meno male che non ti sei scordato di me. Apri gli occhi.» Il tono autoritario lo spinse ad obbedire e, così facendo, incontrò lo sguardo tormentato di Crowe, che lo osservava. Solo che non era la Crowe che lui e Libertus adoravano, era la Crowe pallida e terrorizzata dell’obitorio.
Quella visione gli spedì un brivido gelido lungo la schiena, che spense il dolore delle fiamme.
Le vedeva bruciargli la carne ma, semplicemente, non le sentiva più.
«Nyx Ulric. Non deludermi.»
La fitta al cuore annunciò chi aveva parlato. Regis Lucis Caelum, il petto e la mano sanguinante, lo trafisse con il suo sguardo acuto, e lui sentì il cuore incrinarsi un po’ nel guardare il re che non aveva potuto salvare.
Cosa ci facevano lì, i suoi morti?
Erano forse venuti a prenderlo?
«No.»
La risposta provenne da dietro di lui.
Voltandosi, la crepa nel cuore si allargò: la sua sorellina era là, e gli sorrideva, con quelle adorabili fossette ai lati della bocca e gli occhi del colore della tempesta.
«Non siamo venuti a portarti via. Siamo qui per aiutarti.»
Mentre lei parlava le ombre dietro di lui si avvicinarono, e sentì la delicata mano di Crowe posarsi sulla sua spalla, e quella tremante del re sulla schiena.
Il loro calore lo invase, concentrandosi al centro del suo petto, e vide le scintille allargarsi intorno a loro.
Le fiamme svanirono all’improvviso, come se fossero state spazzate via.
«Fratellone. Fidati.»
Era là, ora lo sentiva: il suo cuore batteva prepotente nel petto.
La ragazza gli tese una mano, e lui l’afferrò senza esitazione.
Se lei gli diceva di fidarsi non aveva dubbi.
Era vivo, si rese conto, e si sentiva meglio di com’era mai stato. C’era qualcosa di diverso, lo sapeva, ma non sapeva cosa.
Quando le loro dita s’intrecciarono la figura di lei scomparve, e Nyx si trovò davanti gli occhi celesti di Lunafreya.

«Nyx!»
Spalancò gli occhi di scatto sentendo una presenza vicina, e l’istinto da guerriero subentrò alla logica.
In un singolo movimento fluido estrasse il pugnale dal fodero sulla schiena e lo puntò alla gola chiara accanto a lui.
«Nyx, sono io. Va tutto bene.» La voce pacata dell’Oracolo lo raggiunse nella confusione dopo il sogno, e mise a fuoco il viso di Lunafreya che gli sorrideva pacatamente nonostante la lama appoggiata alla pelle.
«Perdonatemi.» Si scusò ritirando la lama, poi si passò una mano sul viso cercando di far svenire l’impronta del sogno.
Crowe, il re, la sua sorellina…li sentiva al suo fianco, vicini come se fossero vivi.
Ma non ci sono, si piantò quel pensiero prepotente nella mente, scacciando l’inquietudine forza del sogno e concentrandosi sulla realtà.
Lunafreya lo stava studiando, se ne rendeva conto, e si stava chiedendo cosa ci fosse che non andava.
Lui stesso se lo chiedeva.
Aveva sognato in passato, ma nulla era sembrato così reale, così potente.
«Com’è andata la chiacchierata con il Tonante?» Le chiese, cercando di liberarsi di quella nuova, insolita sensazione quasi elettrica che gli attraversava il corpo.
Gli aveva detto che il Tonante non sarebbe stato collerico come Titano, e a giudicare dal fatto che lei non sembrasse esageratamente provata, pensò che avesse avuto ragione.
L’Oracolo si concesse un sorriso. «Ramuh è stato gentile, e saggio come di consueto. E ha acconsentito a concedere la sua benedizione a Noctis, quando lo raggiungerà.»
Eccola lì, se ne accorse all’improvviso, ecco quella lieve sfumatura di dolcezza che s’insinuava nella voce di Lunafreya ogni volta che pronunciava il nome del principe. Chissà se lei stessa si accorgeva di quel piccolo particolare, si chiese Nyx.
«Se posso…Come avete conosciuto il principe?» Le chiese, curioso, e si sorprese nel vederla arrossire.
«Questa è una storia che ti racconterò presto, promesso. Ma ora dobbiamo andare, non posso permettere che l’Impero mi raggiunga, non ancora.» 
«D’accordo.» Concesse, lanciando un’ultima occhiata alla caverna dalla quale lei era uscita poco prima.
In quel momento un tuono esplose nel cielo.
Anche se non c’era una singola nuvola nella vastità azzurra.
 

 
Era ormai mattina quando sostarono nuovamente, in un motel ad un lato della strada.
Era stata lei stessa ad insistere, nonostante fosse consapevole dei rischi, ma non voleva sforzare Nyx, che iniziava ad accusare segni di stanchezza dopo aver guidato per gran parte del giorno, e tutta la notte.
Era contenta di averlo al proprio fianco, ammise a sé stessa.
Rendeva il suo compito meno solitario, e il peso che sentiva nel petto si alleggeriva quando c’era lui. E lui comprendeva i suoi silenzi, quando lei si perdeva nei ricordi, e lei sapeva che c’erano momenti in cui anche lui era con lei fisicamente, ma mentalmente era lontano.
In quei momenti i suoi occhi diventavano quasi neri, scuriti dal peso dei ricordi.
E dal senso di colpa?
Quando l’aveva svegliato la mattina precedente, e lui le aveva puntato il pugnale alla gola, era stato il soldato ad agire, ma l’uomo si chiedeva forse, se avrebbe potuto salvare la capitale indossando l’Anello prima?
«Lascia parlare me, per favore.» Gli chiese mentre entravano nella sala principale, e lui si limitò ad inarcare un sopracciglio osservandola.
«Sono l’Oracolo, nessuno mi negherà rifugio. Tu, senza offesa, potresti risultare inquietante.» Gli confessò, smorzando la frase con un sorriso che strappò una risata alla guardia.
«Inquietante, eh? Questo complimento non me l’ha mai fatto nessuno.» Borbottò, sfiorando quasi inconsapevolmente le cicatrici sulla guancia.
Lei gli voltò le spalle e si rivolse all’uomo dietro al bancone.
«Oracolo! Siete…siete…»
«Sono viva.» Confermò lei, allungando le mani su quelle dell’uomo. Sembrava avanti con gli anni, ma l’emozione sul suo viso era sincera, e aveva gli occhi lucidi mentre la guardava, stringendole le mani.
Speranza, ecco cos’era.
Speranza che il suo ritorno avrebbe sistemato le cose, e riportato la pace.
«Abbiamo bisogno di una stanza per la notte, vi pagheremo.» Continuò, ma lui scosse la testa, poi si allontanò da lei quei pochi secondi necessari a prendere le chiavi di una camera, che le consegnò con mani tremanti.
«Nessun pagamento necessario, solo…I miei figli…Sono malati, se poteste…»
«Certamente. Sarà un piacere.» Ammise lei, dipingendosi un sorriso educato sul viso.
Adorava aiutare il prossimo e non aveva mentito, lo faceva con piacere, anche se avrebbe preferito concedersi una notte di riposo prima.
«Nyx. Aspettami in camera, per favore.» Gli domandò, consegnandogli la chiave.
Non aveva pensato a prenotare due stanze, ma lui non glielo fece notare. Semplicemente prese la chiave e sparì al piano superiore.
Lunafreya lo osservò salire e, nemmeno lei seppe perché, il fatto che facesse le scale due gradini alla volta la fece sorridere.
Fu un sorriso che durò poco però, perché i due figli dell’albergatore arrivarono zoppicando poco dopo dalle medesime scale. Erano gemelli, e le sorrisero insieme quando lei gli andò incontro, ma poteva vedere che erano gravemente malati; la loro pelle era coperta da chiazze nere, gli occhi vitrei, ed erano così deboli che uno di loro inciampò sull’ultimo scalino e le finì addosso.
«Perdonateli mia signora, loro…»
«Va bene così, non scusatevi.» Interruppe il padre dei ragazzi, e poi li prese per mano entrambi.
C’era speranza, intorno a lei, ma dov’era la sua speranza?
Noctis, a chilometri di distanza da me ma sempre nel mio cuore.
Baciò la fronte dei sue giovani di fronte a lei.
Nyx, al piano di sopra, che lotta quando io non ho la forza di farlo.
«Oh sacra luce, aiutami.» Mormorò, chiudendo gli occhi.
Il futuro.
Quando entrò nella stanza al piano di sopra era passata circa un’ora, ed era più stanca di com’era da molti giorni. Guarire qualcuno le rallegrava il cuore, ma la sfiancava fisicamente.
«Dovreste distendervi, non avete un bell’aspetto.»
La frase le giunse inaspettata, ma il tono era preoccupato.
Nyx Ulric la stava aspettando, sprofondato in una poltrona accanto al letto matrimoniale, e la studiò finché non si fu seduta.
Lei si strinse nelle spalle. «Mi passerà presto, è solo impegnativo purificare qualcuno.» Confessò, anche se sentiva le palpebre pesanti.
L’uomo sorrise. «Dormite, ora.»
«E tu?» La domanda le crebbe spontanea dal cuore: non voleva che lui fosse costretto a stare sveglio per non disturbarla nel letto.
Nyx sorrise e buttò le gambe oltre il bracciolo della poltrona, la schiena appoggiata a quello dietro.
Il pugnale sul fianco era ancora nel suo fodero, notò la ragazza, e sicuramente anche il suo compagno stava riposando nel fodero sulla schiena. Nyx se ne separava mai?
«Ho passato metà della mia vita in un villaggio di campagna, e l’altra metà su un campo di battaglia in un accampamento. Una poltrona è già lussuosa per me.»
Luna si distese nel letto dopo essersi tolta le scarpe, e si avvolse nelle coperte.
«Parlami del tuo villaggio natale, hai voglia?» Gli domandò a bassa voce, osservando il suo viso, e quasi aspettandosi un rifiuto. Invece il suo viso sembrò addolcirsi, e lui sorrise nuovamente.
«Galahd. Il nome del mio villaggio era Galahd, io e Libertus siamo cresciuti lì, insieme.»
Lunafreya provò a stare sveglia, ma piano piano la voce morbida di Nyx la guidò nel mondo del sonno, e sognò praterie verdi e giaguari dal pelo azzurro.
La notte stava calando quando il rumore assordante dei motori magitek riempì l’aria, spezzando il loro riposo.
Nyx fu svelto a reagire. Saltò giù dalla poltrona e sbirciò al di fuori attraverso la finestra.
«Maledizione. Dobbiamo andare, principessa.»
La incitò estraendo il pugnale dal fodero al fianco.
Lei era già sveglia, e si chiese da quanto lo fosse, ma la domanda passò in secondo piano.
La logica spariva sempre dalla sua mente quando l’adrenalina prendeva il sopravvento. Gli piaceva combattere, l’aveva accettato, gli piaceva la sensazione di forza che gli scorreva nel corpo, il pensiero di poter fare tutto.
I tonfi del soldati che atterravano sull’asfalto sembravano rimbombare contro il suo petto.
“Non illuderti, Nyx Ulric. Tutta la forza che hai la devi al tuo re. Senza di essa, non sei niente.”
Le parole infide del capitano gli trafissero la mente all’improvviso, ma si sforzò di cacciarle.
Drautos era un traditore, alla fine, ciò che pensava non aveva peso.
Ma, non potè fare a meno di chiedersi, sarebbe stato abbastanza forte da proteggere Lunafreya dai soldati senza la magia?
«Lunafreya. Ascoltatemi bene, vi porterò fuori da qui, e dovete raggiungere l’auto più rapidamente che potete, chiaro?»
Lei si limitò ad annuire e, quando si rese conto che stava per chiedergli quale fosse il suo piano si sbrigò a zittirla. «Bene. Andiamo.»
La prese per un polso e la guidò giù per le scale il più rapidamente possibile. Se fossero stati abbastanza veloci, forse, non avrebbero nemmeno incrociato i soldati…
Il rumore assordante degli sparì frantumò i suoi pensieri e quella speranza.
Le truppe di ricognizione magitek avevano sfondato la porta, e stavano puntando i fucili contro di loro.
Istintivamente spinse Lunafreya dietro di lui, facendole scudo con il proprio corpo.
“Nyx. Fidati.”
La voce di sua sorella, la voce del sogno, echeggiò nella sua mente.
Fece un passo avanti, scendendo uno scalino.
I fucili si alzarono contro di lui.
“Nyx Ulric. Non deludermi.”
Alzò lentamente la mano armata, mordendosi una guancia per cercare di non sorridere in faccia ai soldati.
Era lì, dentro di lui, la sentiva.
Chiuse gli occhi ed inspirò a fondo.
“Apri gli occhi, Nyx.”
Aprì gli occhi e lasciò cadere il pugnale.
Prima che i loro assalitori si rendessero conto di cosa succedeva, i fulmini scaturirono dalla sua mano, riempiendo la stanza di luce blu.
E di puzza di robot bruciati.

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Capitolo 4
*** In This Life There's No Surrender. ***


Capitolo 4
 
 
«Noct, calmati.»
Era facile, pensò lui, dirgli di calmarsi, quando non era la tua auto ad essere stata rubata dal tuo peggior nemico. O ancora peggio, l’auto di tuo padre, e l’unica cosa che ancora ti legava a lui.
Morto.
Il suo cuore saltò un battito, mozzandogli il respiro.
Era ancora assurdo.
Era assurdo pensare che non avrebbe più rivisto il suo volto, la sua espressione corrucciata quando faceva qualcosa di poco adatto ad un principe.
«Hey, stai bene?» La voce rauca di Gladio tagliò il dolore.
Non era da solo, si sforzò di pensare, ma la sua mente traditrice gli inviò un altro pensiero.
Nemmeno Luna è da sola.
«Si, sto bene. Dobbiamo pensare a come riprenderci l’auto.»
Chi era l’uomo con Luna?
Ignis annuì. «Cindy la sta rintracciando per noi, poi penseremo ad un piano.»
Aveva avuto altre visioni, prima che si decidessero a raggiungere Titano, e lui era sempre presente.
Non portava simboli di nessun tipo, nulla che potesse aiutare ad identificarlo.
«Bene. Per ora mangiamo, che ne dite?» Il sorriso di Prompto fu come un calmante.
Non era da solo.
E, dato che non avevano ancora avuto notizie dall’Impero riguardo alla cattura dell’Oracolo, forse era un bene che nemmeno lei lo fosse.
Batté le mani, cercando di darsi una svegliata. «Prompto ha ragione, non possiamo stare con le mani in mano aspettando Cindy. E combatteremo meglio a stomaco pieno.»
«Concordo.» Ignis si sistemò gli occhiali, osservando il suo principe mentre si avviava al ristorante di Wiz. Sapeva che qualcosa lo turbava, aveva imparato a conoscerlo, ma sapeva anche che non ne avrebbe mai parlato finché non fosse stato pronto.
Fortunatamente la distrazione perfetta arrivò durante il pranzo, quando il telefono squillò e Cindy comunicò loro che aveva trovato la Regalia, in una base imperiale.
Gladio si concesse un ghigno. «Andiamo a spaccare qualche testa.»
 

 
«Nyx! Come…»
Le uniche scintille rimaste erano quelle che scaturivano dai resti dei loro assalitori, ma Nyx non perse tempo.
Afferrò Lunafreya e la guidò fuori dal locale. Come aveva fatto ad usare la magia?
«Non lo so. Andiamo ora.» Quasi saltò nell’auto, ringraziando che le navi magitek avevano l’abitudine di scaricare i loro soldati e poi svanire nel cielo.
Lunafreya, doveva immaginarselo, non voleva lasciar perdere. «Hai indossato l’Anello?»
Quella domanda gli strappò una breve risata. «No.»
«E allora come hai fatto ad usare la magia, solo il re…»
«…Solo il re e coloro a cui lui concede la sua magia possono usarla, lo so. Ero una Guardia del Re, ricordi?»
La sua interruzione sembrò non sorprendere la ragazza, e nemmeno disturbarla.
«Che cosa è successo la dentro?» Gli domandò, in tono meno concitato.
Nyx avrebbe voluto poterle rispondere, davvero. Ma come poteva, se nemmeno lui aveva la risposta?
Mentre i terreni verdi sfrecciavano di fianco a loro, provò ad accontentarla.
«Io…Non ho mai avuto problemi a padroneggiare la magia del re, a differenza di altri miei commilitoni. Nonostante questo, da quando abbiamo lasciato la capitale, non ho più sentito quel potere.»
Non avrei dovuto sentire più nulla.
Abbassò un attimo lo sguardo sulle sue mani: c’erano ancora piccole scintille che danzavano sulle sue dita.
«Ma davanti a quei soldati, prima, è tornato. Sapevo di avere la magia, sapevo di poterla usare. Non è del re, non so da dove sia venuta…L’ho semplicemente sentita. E l’ho usata.»
Era dentro di lui, era sua.
«Questo non ha senso. Devo…devo parlare con Gentiana. Andiamo verso il Ravatogh, dobbiamo allontanarci il più possibile da qui.»
«Sono d’accordo. Voi state bene?» Non gliel’aveva ancora chiesto, si rese conto. Stordito com’era stato da quell’esplosione di fulmini, e dalla sensazione che gli avevano donato, si era quasi dimenticato di colei che doveva proteggere.
Lunafreya annuì brevemente. «Sto bene. Grazie al mio eroe.»
Non riuscì a trattenersi, e scoppiò a ridere.
Ecco chi sono, pensò, Nyx l’eroe.
Gli stava bene, ammise a sé stesso, era stato considerato eroico per così tanto tempo che quasi non provava più nulla a sentirselo dire. Per lui era, semplicemente, normale proteggere coloro a cui teneva, anche se significava farsi del male.
Un suono insolito lo raggiunse e, voltandosi, si rese conto che era la risata delicata della giovane donna al suo fianco. Ascoltandola, si rese conto che assomigliava a quella della sua sorellina, e qualcosa nel suo cuore sembrò finalmente tornare al posto giusto.
Sorrise tra sé e sé, pensando che ora più che mai era convinto che avrebbe fatto di tutto, per lei.
Il resto del viaggio passò in un silenzio pacifico finché non videro il cielo oscurarsi a poca distanza da loro, e furono costretti a fermarsi quando la figura imponente di Ramuh comparve nel cielo.
Prima che se ne accorgesse, Lunafreya era scesa dall’auto e stava camminando verso quella figura divina.
«Dove state andando?» Le domandò precipitandosi a bloccarla per un polso. Quando lei si voltò vide che aveva gli occhi lucidi, ma sorrideva.
«Nyx, solo Noctis può evocare gli dei per aiutarlo. È là, a poca distanza!» Era la prima volta che la vedeva perdere il controllo, ma subito dopo il suo viso mutò nuovamente, e tornò seria.
«Dobbiamo andare.» Decretò, tornando indietro verso il loro mezzo. «Devo portare a termine il mio compito.»
Quel cambiamento repentino lo sorprese, ma Lunafreya stava avanzando a testa bassa, come se si stesse costringendo ad allontanarsi. «Posso andare io.» Propose ancora prima di rendersene conto.
E nonostante lo slancio seppe che ne valeva la pena, solo perché Lunafreya si voltò nuovamente verso di lui, e il sorriso sul suo volto era di una felicità che non le avrebbe mai associato inizialmente.
Si strinse nelle spalle e sorrise. «L’impero non conosce la mia faccia, non sarà difficile entrare nella base.» Sdrammatizzò, ma la ragazza gli afferrò le mani e vi posò un bacio delicato sopra.
«Grazie. Digli…digli che sto bene. E che ci vedremo presto.»
«D’accordo. Cercate di non attirare troppo l’attenzione mentre non ci sono.» La incitò voltandosi, ma le sue mani delicate lo trattennero ancora.
«Fai attenzione, Nyx.»
Sembrava così preoccupata…Il soldato scrollò le spalle e si allontanò con un cenno della mano. «Dovreste conoscermi ormai, Principessa. Faccio sempre attenzione.»
Mentre si avvicinava alla base imperiale e la figura di Ramuh iniziava a svanire, per un folle istante ebbe la sensazione che la divinità sapesse che lui era lì, e che gli sorridesse.
 

 
Lo individuò immediatamente. Non era difficile riconoscerlo, con quei capelli di un blu quasi nero, e i vestiti logorati dal lungo viaggio.
Non aveva molto di regale, pensò, ma se il suo Re si era sacrificato per difenderlo, e se Luna credeva così tanto in lui, forse, solo forse, ne valeva la pena.
Lo osservò parlare con i tre uomini al suo fianco, e lo guardò mentre si avvicinava all’auto parcheggiata poco distante. Ecco perché erano lì, allora. Per recuperare la Regalia.
Aveva visto l’auto un paio di volte, nel cortile del palazzo, e di sicuro non passava inosservata.
Nonostante fosse nascosto sulle scale di metallo accanto al muro della base, percepiva il potere del principe come se fosse un aroma. Era diverso da quello del Re, ma non sapeva dire in che modo.
Stava per annunciare la sua presenza quando lo scintillio di un’armatura bianca attirò la sua attenzione. Un uomo dai capelli bianchi come la neve e l’aria tormentata stava avanzando verso il gruppo, e lui lo riconobbe appena vide il braccio metallico che impugnava la spada.
Ravus, il fratello di Lunafreya, l’uomo che gli Antichi Re avevano giudicato indegno, e al quale avevano bruciato un braccio. Quasi istintivamente sfregò il braccio ustionato, e ricordò il dolore che l’aveva quasi distrutto mentre lottava con Glauca.
La voce rabbiosa di Ravus lo fece tornare alla realtà, e vedere cosa stava facendo gli fece scorrere una scarica di adrenalina lungo il corpo.
Noctis era di sangue reale, e si chiese se avrebbe potuto sfruttare il suo potere per intervenire anche se non gliel’aveva concesso.
Ebbe pochi secondi per pensare, ma gli sembrava di avere tutto il tempo del mondo.
La spada di Ravus si stava abbassando verso il Principe, e l’uomo dai capelli neri al suo fianco stava per intervenire, ma lui sapeva che non avrebbe fatto in tempo.
Mandò al diavolo la logica ed estrasse entrambi i pugnali.
Sapeva che nessuno di loro l’aveva visto quando sentì le loro esclamazioni sorprese alla sua apparizione. Rubare il potere del Principe per proiettarsi tra lui e la minaccia aveva funzionato, fortunatamente, ma decise che ci avrebbe pensato in seguito.
Il braccio metallico di Ravus era forte, molto forte, e Nyx fu costretto a fare forza sulle gambe per contrastarlo. Quando i suoi occhi viola si posarono su di lui gli concesse un ghigno.
«Togliti.» Gli ordinò, e lui si domandò come fosse possibile che quell’uomo così freddo fosse parente di Lunafreya.
«Devo parlare con il Principe, mi spiace.» Lo congedò prima di allontanarlo bruscamente.
Doveva aspettarsi che lo attaccasse di nuovo, ed era pronto.
Ravus era giovane e arrabbiato, ed era una brutta combinazione quando si combatteva; per quello fu semplice evitare il suo assalto e colpirlo sulla nuca con l’impugnatura del pugnale.
Fu un’azione rapida e precisa, che gli permise di stordirlo quel tanto che bastava per calciare via l’arma dalla sua mano artificiale e bloccarlo con i pugnali incrociati sulla sua gola.
Sentiva lo sguardo di Noctis trafiggerlo, ma lo ignorò per il momento.
Ravus era la priorità, ma la sua presenza era di troppo.
«Senti.» Iniziò a bassa voce. «Tua sorella non vorrebbe che ti facessi del male, quindi non costringermi a farlo. Vattene da qui.»
Qualcosa passò nello sguardo furibondo del Comandante, e lo placò. «Luna…sta bene?»
Nyx annuì. «Vattene.» Gli intimò facendo un passo indietro e abbassando le armi.
Per volere di qualche divinità Ravus non cercò di ribellarsi, ma si allontanò a passi veloci ignorando i suoi obbiettivi primari, e Nyx fu libero di concentrare la sua attenzione su ciò che davvero gli interessava.
Quattro paia di occhi lo stavano fissando attoniti mentre rinfoderava i pugnali.
«E tu chi sei?» La domanda venne dal più alto dei quattro, il giovane uomo dai capelli neri che stava per contrastare Ravus, e che in quel momento fece un passo avanti, parando Noctis.
Aveva un viso vagamente familiare, pensò Nyx, e la risposta gli balenò in mente all’improvviso.
«Il figlio di Clarus.» A giudicare dall’espressione stupita che le sue parole causarono, aveva indovinato.
Fu Noctis a troncare una conversazione ancora prima che nascesse. «Dov’è Luna? So che era con te.»
Nyx fece scorrere lo sguardo sul Principe.
Assomigliava vagamente al suo re, pensò, ma privo di quell’aura di nobile forza che aveva contraddistinto Regis.
Era un ragazzino.
«Sta bene.» Rispose, guardingo.
Avevano davvero sacrificato tutto, solo per lui?
«Mi ha detto di dirti che vi vedrete presto.» Terminò, cercando di ignorare lo sguardo pungente dell’uomo castano, e quello curioso del ragazzo biondo accanto a lui. Immaginò che tutti e quattro si stessero chiedendo come si fosse procurato le cicatrici che gli devastavano una guancia, ma lui aveva altro a cui pensare.
Un’occhiata all’orologio sul polso gli confermò che l’intervento di Ravus gli aveva fatto perdere tempo prezioso: non poteva lasciare Lunafreya indifesa e sola troppo a lungo, non se lo sarebbe mai perdonato se le fosse accaduto qualcosa. Voltò le spalle al gruppo curioso, ma la voce di Noctis lo bloccò sul posto.
Sembrava arrabbiato, e la cosa per qualche motivo era divertente.
«Chi sei tu?»
L’uomo morto che ancora cammina.
Si voltò nuovamente e portò una mano al petto, sentendo l’Anello pulsare nella tasca della giacca.
L’uomo dal sangue non reale che comanda la magia.
«Il mio nome è Nyx Ulric…Principe.» Si sforzò di usare il titolo che gli spettava, ma era così difficile, paragonando Regis e lui. Era davvero lui, il loro futuro?
«Ero tra le guardie del Re, quando la città è caduta.»
«Come conosci Lunafreya? Dov’è ora?» Di nuovo il futuro re. Nyx sorrise, divertito dalla sua apparente rabbia.
«Fai un po’ troppe domande, e io non ho il tempo di rispondere, ora.» Lo congedò con quella frase, e gli voltò le spalle. E nonostante questo, sentì il peso del suo sguardo sulla schiena finché non uscì dalla base imperiale abbandonata.
 
 

 
Le rune sulla roccia erano quasi ipnotiche, quella notte.
«Dici che sta bene?» Prompto arrivò furtivo alle sue spalle, ma l’unica risposta che Ignis poté offrirgli fu una scrollata di spalle.
«Tu come ti sentiresti se comparisse all’improvviso un uomo che usa il tuo stesso potere, che non hai mai visto, e che porta notizia della tua futura moglie?» Fu Gladio ad intervenire, portando le ciotole della cena terminata. Noctis non aveva mangiato, quella sera, ma si era seduto al bordo dell’accampamento, lo sguardo basso, e non aveva più detto una parola.
«Male, immagino.» Prompto si morse il labbro inferiore osservando il suo migliore amico ma, quando fece un passo avanti per raggiungerlo, la mano decisa di Gladio lo inchiodò sul posto. «Lascialo riflettere. Gli passerà.»
Avrebbe dovuto essere lui lo scudo del re, pensò, eppure quell’uomo comparso dal nulla aveva neutralizzato Ravus in pochi istanti. Rapido, efficiente e forte, si era mosso come se combattere fosse naturale per lui, e non aveva mostrato nessun segno di fatica in seguito.
Come faceva a conoscere suo padre?
Sbuffò pesantemente e distese la schiena.
«Noct!» Chiamò, attirando l’attenzione del Principe.
Mentre lui lo guardava, Gladio materializzò la spada a due mani che prediligeva per combattere.
«Muoviti, è ora di allenarsi!» Gli ordinò e, mentre lo osservava alzarsi controvoglia, pensò che almeno in quel modo nessuno di loro due avrebbe potuto pensare troppo a lungo a cos’era successo.

 

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Capitolo 5
*** I can’t stop this sickness taking over, it takes control and drags me into nowhere ***


Capitolo 5
 
“I can’t stop this sickness taking over, it takes control and drags me into nowhere”
 
 
«Stava bene?»
Nyx annuì con un sorriso divertito all’ennesima domanda dell’Oracolo.
Aveva iniziato a tempestarlo di domande appena l’aveva visto avvicinarsi all’auto, e non aveva finito nemmeno ora che erano di nuovo in viaggio.
«Lunafreya. Rilassatevi. Noctis sta bene, e vostro fratello anche.»
Le aveva raccontato dell’incontro con il Comandante Supremo, e di come aveva deciso di ritirarsi nel sapere che lei stava bene, ignorando lo scopo per il quale era arrivato. Non era giusto, pensò, che due fratelli fossero separati in quel modo. Lui avrebbe protetto sua sorella con tutto sé stesso, se ne avesse ancora avuto l’occasione.
Ma qualcosa l’aveva privato della possibilità di rivederla. Aveva accettato di donare la sua vita per salvare il futuro, ma era lì, ed era vivo.
«Bene.» Lunafreya annuì piano, rilassandosi contro il sedile e chiudendo gli occhi.
Sentiva la presenza di Nyx come un piccolo sole al suo fianco, e ancora una volta fu lieta che lui fosse lì. Anche se era servito a salvarli, non riusciva a capire come avesse fatto ad usare la magia.
In modo del tutto illogico e irrazionale.
«Nyx.»
«Si, Principessa?» La risposta fu rapida e pacata. Luna pensò che la voce del suo guardiano le ricordava il vento autunnale: poteva preannunciare una tempesta, oppure portare una bella giornata.
«Le tue cicatrici…» Le era venuto in mente all’improvviso, sentendo nominare Ravus. «Non te le ha procurate Glauca, vero?»
Per un po’ l’unico rumore tra loro fu il motore dell’auto, e Lunafreya riaprì gli occhi osservando il guidatore. Nyx stava quasi stritolando il volante con la mano ustionata.
«No» Confessò alla fine, quando lei iniziava a pensare che non le avrebbe più risposto. «Quando ho indossato l’Anello, sulla piazza, gli Antichi Re mi hanno parlato. E mi hanno giudicato indegno.»
Si stava sforzando di parlare, si accorse la ragazza notando la mascella irrigidita e il modo in cui i suoi occhi si erano scuriti. Viaggiavano insieme da quasi un mese, calcolò, e ormai conosceva le sue reazioni.
«Quindi come…» Lo incitò, ma lui la interruppe senza staccare gli occhi dalla strada.
«Re Regis è intervenuto, e alla fine mi hanno donato il loro potere, per dodici ore. Dopodiché, avrebbero preteso il loro tributo.»
«La tua vita.» Finì per lui, sentendo un brivido correrle lungo la schiena. Ecco cos’erano quelle cicatrici, alla fine. L’Anello aveva bruciato la carne di un uomo indegno ma, per qualche motivo, lui era sopravvissuto al decreto degli Antichi Re, e lei immaginò come mai.
«Ero pronto a donare la mia vita per il futuro, e qualcosa mi ha tolto quella promessa di pace.» Terminò, e lei percepì che era confuso, e arrabbiato.
«Fermati un attimo, per favore.»
Quando l’auto fu parcheggiata al lato della strada lei gli posò una mano sul viso, e lo costrinse a guardarla. «Nyx, c’è un motivo se sei ancora vivo. Gli Dei hanno deciso che sei degno, e che il tuo aiuto è indispensabile per salvare il futuro. Mi dispiace che tu non abbia avuto la pace che cercavi, ma permettimi di essere egoista, e di dire che sono lieta che tu sia qui. E credo che anche tua sorella sia contenta nel saperti ancora vivo.»
Vide il suo viso sciogliersi in un sorriso, schiarendosi come il cielo autunnale, e sorrise di ricambio, lieta di essere stata in grado di raggiungere il suo cuore. Lui coprì la sua mano con la propria e la strinse piano.
«Non fraintendetemi, Lunafreya. Sono contento di essere qui, vorrei solo capire perché.»
Lei annuì piano, tornando al proprio posto quando lui la lasciò andare. Mentre ripartivano, diretti verso l’imponente vulcano che troneggiava all’orizzonte, si chiese cosa avrebbe significato la presenza di Nyx per il mondo.
Nessuno l’aveva mai calcolato, nella profezia del Re della Luce.
 

 
Era passato troppo tempo, pensò, doveva essere successo qualcosa.
Lunafreya gli aveva chiesto di aspettarla ai piedi del vulcano, ma erano passate quasi due ore da quando l’aveva vista avanzare, solitaria scheggia di luce, tra le fiamme del Ravatogh.
Doveva intervenire, decise, ma aveva appena fatto un passo sulla roccia calda quando il dolore gli esplose nel braccio sinistro.
Gli sembrava che l’Anello sul suo petto stesse prendendo fuoco, espandendo quel dolore lungo le cicatrici che gli aveva donato, costringendolo in ginocchio. Afferrò il braccio con forza e respirò a fondo un paio di volte.
Hai sopportato di peggio.
L’urlo echeggiò tra le rocce, terrorizzandolo quando riconobbe a chi apparteneva.
«Lunafreya!» Cercò di chiamarla, di farle sapere che stava arrivando, ma la vista gli si appannò quando il dolore si estese alla testa sotto forma di un’emicrania improvvisa.
Estrasse un pugnale dal fodero e lo piantò con tutta la forza che gli restava nella roccia accanto a lui. La lama affilata affondò nella roccia friabile, e lui potè usarla per fare forza e tirarsi in piedi.
Muoviti, Ulric. La tua regina ha bisogno di te.
Strano, pensò, la voce nella sua testa era quella di Crowe. La immaginò davanti a lui, a braccia incrociata, ad aspettare che lui si desse una mossa.
«D’accordo, d’accordo.» Concesse alla sua visione, ed estrasse la lama dalla roccia.
Il braccio sinistro gli penzolava inerte lungo il fianco, ma non provò nemmeno ad alzarlo; lo sentiva come se fosse morto, se non fosse stato per le fitte di dolore che correvano lungo le cicatrici.
Piantò nuovamente il pugnale e, usando quel metodo, superò gran parte del percorso iniziale. Lunafreya gli aveva detto che avrebbe cercato di comunicare con Ifrit, di placare la sua rabbia, ma quell’urlo che ancora echeggiava tra le rocce significava che la divinità del fuoco aveva rifiutato il Legame con l’Oracolo.
Gli sembrava di aver percorso chilometri, trascinandosi dietro il braccio dolorante, con la vista annebbiata che gli faceva vedere Crowe su ogni roccia, ad ogni metro, che giudicava la sua lentezza.
Finalmente intravide la chioma bionda della ragazza, ma era in ginocchio sulla roccia, il vestito bianco annerito dalla cenere. Era sangue, quello vicino alle sue mani?
«Lunafreya…» Arrancò verso di lei e, quando finalmente le fu vicino si piegò in ginocchio davanti a lei. I suoi occhi solitamente così brillanti fecero fatica a metterlo a lucido.
Aveva un rivolo di sangue che le scivolava dalle labbra, e lui si chiese cosa fosse successo tra lei e Ifrit.
«Nyx…Ti avevo detto di aspettare…» Cercò di rimproverarlo, ma l’unica cosa che ottenne fu farsi venire un accesso di tosse che culminò con altro sangue sulla roccia.
Nyx, nonostante fossero in un vulcano, sentì il sangue gelarsi.
Che cosa le stava succedendo?
«Obbedire alle regole non è mai stata una mia abitudine.» Confessò sorridendo, poi fece passare un braccio intorno ai fianchi della ragazza, e la costrinse ad alzarsi. L’avrebbe anche portata giù in braccio, se solo quel dolore acuto fosse sparito per il tempo necessario.
Ma l’emicrania sembrava solo peggiorare, e fu costretto a farla camminare al suo fianco, quasi trasportandola di peso sulle rocce infuocate. Le avrebbe chiesto in seguito cos’era accaduto, decise, appena avesse smesso di tremare in quel modo, e di sputare sangue.
Fu come un trillo di campane.
Si voltò verso sinistra, giusto il tempo necessario per vedere la frana staccarsi dal lato del vulcano, dritta verso di loro.
Si costrinse a distendere il braccio ferito, sperando con tutto il cuore che la magia gli venisse in soccorso ancora una volta, e così fu. Solo che non furono i fulmini a salvarli in quell’occasione: le sfere di fuoco si materializzarono dal nulla, andando a distruggere con precisione chirurgica la minaccia della frana.
«Nyx...?» La voce debole dell’Oracolo gli ricordò che non era il momento per sorprendersi del fatto che aveva appena usato un altro tipo di magia.
Rafforzò la presa su di lei. «Va tutto bene.» La rassicurò, e un ricordo prese il sopravvento sulla sua mente.
Era di nuovo a casa, ma gli spari e i motori al di fuori avevano coperto la musica floreale di Galahd.
La sua sorellina era davanti a lui, e gli stava stritolando le mani.
«Nyx! Salva la mamma!»
«Va tutto bene.» L’aveva rassicurata. «Torno subito.»
Scosse la testa. Quello era il passato, e lui non avrebbe fallito di nuovo.
Erano quasi arrivati, finalmente, l’auto era là ad attenderli, davanti alle rocce, e mai in vita sua Nyx fu così contento di vedere un rottame del genere.
Ma il suo sollievo svanì quando vide chi li stava aspettando accanto alla macchina.
Minacciare il Comandante Supremo dell’esercito imperiale non era stata un’idea geniale, ammise a sé stesso osservando il contingente magitek in attesa.
«Lunafreya, ascoltatemi. Cercate di stare il più nascosta possibile.» La istruì in fretta, continuando ad avanzare piano. Aveva la magia, ora, poteva farcela.
«Non fare sciocchezze…» Lo supplicò lei, ma lui ridacchiò nonostante la situazione disperata.
Era proprio in quelle situazioni che dava il meglio di sé.
Aiutò la ragazza ad appoggiarsi alla roccia. «Sentite chi parla.»
Le voltò le spalle e coprì i pochi passi che li separavano dai magitek.
L’emicrania esplose in tutta la sua forza mentre loro iniziavano a sparare, ma questa volta era pronto. Le fiamme scaturirono in un’ondata diretta verso i soldati, interrompendo il primo assalto, e Nyx le seguì subito dopo, i pugnali estratti.
Fu come un’iniezioni di adrenalina pura dopo settimane di inattività.
Non era la sua mente a muoversi, era il suo corpo che ricordava ogni movimento, ogni azione da compiere. Fu come se fosse nuovamente sul campo di battaglia, e gli sembrava di vedere, ai margini del suo campo visivo, Crowe che lottava con lui.
Falciò le gambe di un soldato con una spazzata a terra, e sollevò la mano sentendo gli spari.
Lo scudo si materializzò davanti a lui come se fosse un’estensione della sua volontà, bloccò le pallottole e poi esplose, confondendo i soldati il tempo necessario perché Nyx potesse trovare il modo di liberarsi di loro.
Lunafreya, febbricitante, lo stava guardando, e osservò le scintille comparire intorno al suo braccio.
Quando lui posò la mano a terra e i fulmini corsero sul terreno fino ai soldati, friggendone i circuiti, lo vide sorridere, e le sembrò assurdo che lui fosse così soddisfatto a lottare, e le sembrò appropriato.
Nyx, che combatte quando io non ho la forza di farlo.
L’istante dopo la sua attenzione era di nuovo tutta per lei, e fu di nuovo al suo fianco.
Nyx Ulric, lo Scudo della Regina.
Riuscì a sfiorargli una mano, ma il suo viso si stava offuscando.
«Aiutami.»
Crollò contro di lui, e sentì le sue braccia avvolgerla.
 La giacca bianca era fresca contro il suo viso, e lei si appoggiò al suo petto quando lui la sollevò tra le braccia.
«Sono qui, Lunafreya. Non ti accadrà nulla di male, te lo prometto.»
Mentre sveniva con l’eco della voce di Nyx nelle orecchie, Lunafreya gli credette con tutto il cuore.
Nyx non avrebbe mai permesso che le succedesse qualcosa.

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Capitolo 6
*** My mind’s a loaded gun, there’s no one that can hear me screaming ***


Capitolo 6

My mind’s a loaded gun, there’s no one that can hear me screaming
 
 
La prima volta che riprese conoscenza fu la pioggia ad accoglierla.
Era notte, e quando cercò di sedersi vide che era notte, e il temporale imperversava ai bordi della grotta che fungeva da rifugio.
E là, seduto su una roccia, come una sentinella, c’era una figura pensierosa.
Quando vide le fiamme danzare sulle cicatrici lucide, qualcosa dentro di lei si rilassò.
Nyx Ulric era là, era con lei.
Chiuse gli occhi, ma subito dopo sentì una voce che conosceva.
Cosa ci faceva lì Gentiana?
Cercò di capire il discorso che si stava svolgendo, ma riuscì a sentire solo alcune frasi.
«…non ha senso.»
«Questo è l’unico modo in cui puoi aiutarla.»
«Gli Antichi Re…»
«Gli Dei, Nyx, loro…»
«D’accordo.»
Le fiamme sulla mano di Nyx si spensero, e Luna ripiombò nel buio.
 

 
Piantò la lama ancora una volta nella carne della sua sfortunata preda ed inspirò a fondo il bruciante odore del sangue. Con uno sbuffo irritato si caricò l’animale sulla schiena e si mise in marcia verso la grotta.
Lunafreya gli era crollata addosso, stremata, e lui aveva sentito il cuore accelerare.
Non era la fatica della lotta.
Era stato un rifugio casuale, ma finora aveva funzionato al suo scopo, anche se Nyx sperava che avrebbero potuto abbandonarlo presto. Ricordava ancora la fuga rocambolesca oltre il vulcano, e i motori magitek che gli rimbombavano nelle orecchie, e Lunafreya delirante al suo fianco.
L’aveva supplicato di aiutarla prima di svenire, e lui aveva capito perché era così agitato.
Era terrorizzato, si rese conto, terrorizzato che lei potesse morirgli tra le braccia.
Si era affezionato a quella ragazza dagli occhi tristi, che gli era scivolata nel cuore e gli aveva fatto capire che si sbagliava, a vivere nel passato. Quella ragazza che nel giro di un giorno aveva preso la sua vita e l’aveva rivoltata.
Ciò che non si aspettava, però, fu la sua reazione.
Quando attraversò la barriera magica che chiudeva la caverna ebbe a malapena il tempo di accorgersi che lei era sveglia, perché gli barcollò addosso quasi istantaneamente.
Più che abbracciarlo gli cadde addosso, ma le sue braccia sottili gli si avvolsero sulla schiena e la sentì stringere con la poca forza che aveva.
Rimase interdetto, respirando il misto di sangue e profumo di fiori.
Quanto tempo era passato dall’ultimo gesto di affetto che aveva ricevuto?
Lui, Crowe e Libertus si volevano bene, ma in guerra raramente si cedeva alle emozioni, e prima, a casa, l’unica persona a sorprenderlo con gesti simili era stata sua sorella.
Immobile contro quella ragazza che gli arrivava a malapena alle spalle, Nyx Ulric sentì il suo cuore rimettere insieme i pezzi.
«Hey. Sono contento di vedere che state in piedi, ma immagino siate ancora debole, per questo ho portato una cena abbondante.» Scherzò, ma qualcosa dentro di lui sembrava tremare.
Era come un colpo di martello in pieno petto che continuava a vibrare nei suoi nervi, sciogliendo la tensione che non si era nemmeno accorto di provare.
Quando lei sollevò il viso verso di lui con un sorriso, lui vide che era ancora pallida, ma sembrava sollevata, e quell’espressione gli fece inarcare un sopracciglio.
«Mi sono svegliata, e tu non c’eri, avevo paura che ti fosse successo qualcosa, e sarebbe stata tutta colpa mia, e io…»
Ecco cos’era, allora.
Sostenendo la sua preda con un braccio e la ragazza con l’altro l’aiuto a risedersi accanto al focolare. Quando lei fu sistemata con la schiena contro la roccia lui iniziò a scuoiare il bufalo, poi ravvivò il focolare sfruttando la magia di fuoco e mise a cuocere la carne.
Mentre attendeva si alzò e aprì lo zaino che aveva salvato dall’auto prima di abbandonarla lontano, depistando le tracce. Estrasse le bottiglie d’acqua e il sacchetto di frutta secca che aveva rubato – cercando di non guardare l’uniforme rovinata che giaceva al fondo - e posizionò tutto accanto al fuoco.
Lunafreya continuò ad osservarlo mentre si muoveva, e lo guardò così a lungo che alla fine lui fu costretto a chiederle quale fosse il problema.
Lei si strinse nella sua giacca e sorrise debolmente. «Non lo so. Per la prima volta, da tanto tempo, mi sento…a casa.»
Sembrava imbarazzata, e finalmente Nyx vide quanto era giovane in realtà.
Così giovane, e gravata da un destino troppo pesante, troppo triste.
Sorrise, intenerito. «Dobbiamo ri-arredare allora.»
La sua battuta scanzonata le strappò una risata, e Nyx ne fu lieto. Era contento che lei gli avesse aperto la sua mente, e forse fu proprio quel fatto a fargli accettare ciò che doveva fare.
Mentre mangiavano, vide che i suoi occhi erano fissi sulle sue cicatrici, scoperte dato che lei stessa indossava la sua giacca. «Fanno male?» Gli domandò all’improvviso, lasciandolo interdetto.
Fletté il braccio sinistro, sentendo la pelle tendersi fino al collo, poi scosse la testa. «Ormai non più.»
«Bene. Potrei guarirle, credo.» Propose lei, e lui rimase un attimo silenzioso osservando quei disegni quasi artistici che si espandevano sulla sua pelle, sparivano sotto la manica della maglia e ricomparivano sul collo, arrampicandosi fino alla sua guancia. Erano storie, pensò, raccontavano cos’avevano fatto per salvare la sua città, e coloro a cui teneva e, anche se immaginava che aspetto terribile dovesse avere, scosse la testa.
«Punto primo, state a malapena in piedi, e punto secondo, non mi disturbano. Mi ricordano quanto sono egoisti gli Antichi Re.» Ghignò, e Lunafreya lo rimproverò.
«Non dovresti parlare così, i Re ti hanno salvato la vita!»
Dopo avermi messo a morte.
Spazzò via quel pensiero dalla testa e distese la schiena indolenzita.
Presto avrebbe dovuto fare ciò che Gentiana gli aveva detto, pensò.
Il tuono esplose all’esterno, facendola sobbalzare, e lui si lasciò andare ad una breve risata.
«Non temete, Principessa. Sono qui, ricordate? Va tutto bene.»
La giovane donna annuì. Ricordava.
Ricordava la voce di Nyx che placava il dolore, la sensazione di essere al sicuro accanto a lui.
«Sono qui, Lunafreya. Non ti accadrà nulla di male, te lo prometto.»
Mentre il fuoco le penetrava nella pelle e la pioggia iniziava a cadere, un’altra figura entrò nella caverna, ma lei capì istantaneamente chi fosse.
Umbra si scrollò la pelliccia accanto a loro, riempiendoli di piccole gocce d’acqua, poi trotterellò accanto a lei e sollevò la gola, permettendole di prendere il piccolo quaderno rosso.
Dentro, a metà di una pagina bianca, vi era una sola domanda.
Chi è?
Lunafreya sentì una piccola fitta al cuore, come le accadeva spesso, nell’avere notizie di Noctis, ma si prese un momento per pensare ad una risposta.
Umbra era coricato accanto a Nyx, la testa poggiata sulle sue gambe, e si stava lasciando coccolare come un cucciolo. E Nyx, notò lei intenerendosi, aveva le labbra piegate in un sorriso lieve, come se ricordasse tempi migliori con situazioni simili.
Estrasse la penna e scrisse la risposta nel modo più conciso possibile, promettendosi che avrebbe spiegato tutto a Noctis di persona.
La mia forza.
«Umbra.» Chiamò dolcemente, quasi a scusarsi di interrompere quella condivisione silenziosa tra uomo e animale, e legò nuovamente il quaderno al collare del cane.
Lui si allontanò in fretta, sparendo nella pioggia battente come se non la sentisse, ma lei rabbrividì solamente a guardarlo.
Nyx lo notò subito, si spostò al suo fianco e, senza dire una parola, passò un braccio intorno alle sue spalle.
Nonostante fuori piovesse, e lui indossasse una semplice maglia a maniche corte, emanava un calore dolce che l’aiutò a scaldarsi.
Il suo sole personale, pensò, lasciando che la musica della pioggia all’esterno la cullasse.
«Nyx.»
«Si?»
«Grazie, di tutto.» Sussurrò, e immaginò che la sorridesse in quel suo modo ironico, piegando solo un angolo della bocca, mentre le rispondeva.
«È stato un piacere.»
 

 
Si svegliò al mattino dopo, con una coperta rossa addosso.
Vi si strinse dentro e si tirò a sedere guardandosi intorno.
Era lì, pensò rilassandosi. Anche se non ci fosse stato, lo sapeva, sarebbe tornato da lei.
I raggi del sole che filtravano dall’entrata scintillarono sulle lame affilate dei suoi pugnali, e lei si rese conto che li stava affilando.
Seduto all’entrata della caverna, era così impegnato nella manutenzione delle sue armi favorite che non si rese conto che era sveglia, e sobbalzò lievemente quando lei si avvicinò.
«Bellissima giornata, vero?»
Lui annuì piano, sorridendo tra sé e sé; erano poche le persone in grado di coglierlo di sorpresa.
«Lo è, in effetti.» Ammise prima di continuare. «Dov’è la prossima divinità?»
Lunafreya si strinse ancora nella coperta. «Altissia, dove io e Noctis avremmo…avremmo dovuto sposarci.» Sospirò, e il suo viso s’incupì.
Nyx si chiese cosa si provasse ad amare qualcuno in quel modo particolare, ad essergli leale per dodici anni senza mai rivedere il suo viso, e decise che non sapeva rispondere. Lunafreya amava, e basta, e non era sicuro che nemmeno lei comprendesse appieno quel sentimento.
«Come avete conosciuto il principe?» Le chiese, ma qualcosa dentro di lui si strinse nel definire principe quel ragazzo dalla faccia capricciosa che aveva incontrato poco tempo prima.
Lunafreya si sedette al suo fianco, e i suoi occhi si persero nel cielo che andava schiarendosi, illuminando le praterie verdi che li circondavano.
«Era venuto a Tenebrae per cercare di guarire da una ferita quasi mortale, inflittagli da un daemon. La prima volta che l’ho visto…un ragazzino su una sedia a rotelle, che non riusciva nemmeno a pronunciare il mio nome.» Rise piano, ma sentiva gli occhi bruciarle. Voleva tornare indietro, a quei tempi migliori, a quando i loro destini erano ancora lontani dal compiersi, ma si sforzò di continuare a parlare. «Non pensavo che sarebbe stato in grado di assumere il ruolo di Re della Luce, anche se il Cristallo l’aveva già decretato come tale. Eppure...Un giorno stavamo parlando, e mi ha guardato negli occhi, e aveva otto anni, ma mi fece una promessa: mi disse che non mi avrebbe delusa. Credo di essermi innamorata di lui da quel momento.» Confessò, sentendo il viso arrossarsi.
Nyx le sorrise. Aveva posto la domanda con curiosità, ma l’aveva aiutato a capire un po’ meglio sia Lunafreya che Noctis, pensò.
«Principessa, c’è una cosa che dovete sapere. Ho parlato con Gentiana.»
«Oh, è vero. Di cosa avete discusso?»
«Quello che hai detto non ha senso.»
«Questo è l’unico modo che hai per aiutarla.» La voce di Gentiana era comprensiva, ma lui non riusciva ancora a credere a ciò che lei gli aveva appena detto.
«Gli Antichi Re mi hanno giudicato indegno.»
«Gli Dei, Nyx, loro no. Indossa l’Anello, e aiutala…» Un tremito nella voce della donna, la scintilla di una lacrima oltre il fuoco. «Ti prego.»
Vedeva la figura pallida della ragazza con la coda dell’occhio, e fu sicuro che non ce l’avrebbe mai fatta da sola. Ma Gentiana gliel’aveva assicurato, era l’unico modo, e lui avrebbe fatto di tutto per lei. Anche se significava lasciarla nelle mani dell’Impero.
Aveva serrato il pugno, e spento le fiamme che vi danzavano sopra.
«D’accordo.»
«Mi ha…chiesto di fare una cosa.» Si costrinse a dire, estraendo l’Anello dalla tasca interna della giacca e soppesandolo sul palmo della mano.
Quel gesto ebbe il potere di allarmare Lunafreya, che divenne un fascio di nervi tesi, gli occhi incupiti dalla preoccupazione. «Nyx, che vuoi fare?»
L’uomo sorrise tra sé e sé, chiedendosi quando la ragazza avesse iniziato a parlargli con quel tono affezionato. Era bello avere qualcuno che si preoccupava per lui, ammise a sé stesso, qualcuno che non dava per scontato che eri in grado di farcela.
Sollevò lo sguardo verso di lei, sentendo il sorriso morirgli sul volto.
Era come in passato, pensò: era costretto a lasciare qualcuno a cui teneva per aiutare qualcun altro.
«Nyx! Salva la mamma!»
E le aveva perse entrambe.
Deglutì cercando di sciogliere quel nodo in gola che minacciava di soffocarlo. «Principessa, ora indosserò l’Anello.» Le spiegò, ma la parte peggiore non era quel piccolo oggetto che sembrava chiamarlo a gran voce, pretendendo di essere ascoltato.
«E poi l’Impero vi troverà, e sarete scortata ad Altissia.»
Una parte di lui urlò di poter rimanere, di poterla proteggere, che ripetere l’errore del passato e andarsene avrebbe avuto conseguenze gravi.
Avvicinò l’Anello al dito. «Senza di me.»
Quando il metallo freddo gli scivolò sul dito e le fiamme esplosero sulla sua pelle, Nyx scoprì perché, contro ogni ragione, era ancora vivo.

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Capitolo 7
*** There’s no one else to blame but the voices in my head ***


Capitolo 7

There’s no one else to blame but the voices in my head
 
 
Arrivarono due ore dopo, e lei stava congelando.
«Nyx, sei sicuro?»
Si alzò traballando, osservando quella piccola grotta.
Lui aveva annuito, e dietro il suo sorriso era balenato qualcos’altro. Tristezza.
Inspirò a fondo. L’odore di cenere e natura selvaggia di Nyx aleggiava ancora sulla giacca che le aveva lasciato.
«La prossima volta che ci rivedremo, Principessa, avrò il vostro principe con me.»
Un attimo di silenzio, i loro occhi si erano incrociati.
Avanzò verso l’uscita della caverna, e vide lo scintillio di un’armatura bianca venirle incontro.
L’aveva abbracciato d’istinto, e lui aveva appoggiato la fronte sulla sua spalla.
Erano rimasti in silenzio per un po’, stretti l’uno all’altro.
«Ciao, fratello.» Fu la prima a parlare quando Ravus la raggiunse, e raddrizzò la schiena cercando di darsi un contegno. L’Oracolo non aveva debolezze.
Era stato lui a separarsi per primo, e le aveva sistemato una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Ricordate, Lunafreya. L’eroe sono io qui, non fate sciocchezze.» L’aveva istruita, e lei aveva sorriso nonostante l’inquietudine. L’ultima volta che si era comportato da eroe era quasi morto.
«Lunafreya.» Gli occhi viola del Comandante Supremo scrutarono l’ambiente circostante. «Dov’è lui?»
«Torna da me, Nyx Ulric. Sano e salvo.»
Lui aveva annuito e aveva fatto un passo indietro.
«Morto.» Fu la cinica risposta. «I tuoi uomini l’hanno ucciso, e io sono scappata.»
In quel modo, pensò, non gli avrebbero più dato la caccia.
L’inchino che le aveva rivolto era stato elegante e distaccato, ma l’intensità del suo sguardo l’aveva rasserenata. «Tornerò sempre da te, mia Regina.»
Ravus non sembrò convinto. «Perlustrate l’area.» Fece un cenno ai suoi soldati, e poi le porse il braccio.
Lunafreya lo accettò volentieri, e si lasciò guidare verso la nave magitek in attesa.
Era come essere senza un pezzo di sé stessa, si rese conto. La presenza di Nyx le era diventata familiare e gradita, e senza di lui le sembrava di precipitare nel vuoto, indifesa.
Era con il suo fratello di sangue eppure, il soldato che le aveva salvato la vita le stava molto più a cuore di lui.
 

 
Sentì i motori rombare a distanza, e si permise di fermarsi un istante.
Privo di un mezzo di trasporto, si era dovuto allontanare di corsa dalla caverna, prima che le navi che aveva attirato bruciando gli alberi accanto alla grotta arrivassero.
Avrebbe preferito essere là con lei piuttosto che sulle tracce di un Re che non considerava tale, ma era consapevole del suo compito.
Protetta dall’Impero, Lunafreya sarebbe stata al sicuro, almeno per il momento.
Giusto il tempo per aiutare il suo futuro marito a raggiungerla, e per diventare ciò che doveva essere.
L’Anello, che ora era con lei, gli aveva mostrato ciò che non sapeva, e ora era consapevole del suo destino.
Proseguì a lunghe falcate e, quando le navi magitek sorvolarono il cielo sopra di lui, alzò lo sguardo, permettendosi di immaginare che Lunafreya stava guardando in basso, e forse avrebbe visto la sua figura solitaria sulla piana.
Era così sovrappensiero che se ne accorse all’ultimo secondo.
Scartò e il proiettile gli sfiorò una ciocca di capelli, andando poi a piantarsi nell’albero dietro di lui. E subito dopo l’enorme Garulessa scese dalla collina caricando.
Estrasse i pugnali dai loro foderi, ne lanciò uno contro il collo dell’animale e poi decise di sfruttare il nuovo dono che l’Anello gli aveva fatto. Il suo corpo si smaterializzò in cristalli blu e viola e meno di un secondo dopo si riformò sulla testa dell’animale. Il secondo pugnale affondò facilmente in quel punto vulnerabile tra la testa e la schiena e, dopo un ultimo, disperato tentativo, la creatura crollò a terra, sfiancata dalle ferite e da quell’ultimo colpo letale.
«Ancora tu!»
Quasi si mise a ridere; era stato facile trovarli, pensò quando la voce del futuro re lo raggiunse.
Erano stati così vicini a loro, eppure il fato aveva altri piani prima che si ricongiungessero.
Recuperò le sue armi, e poi concesse un ghigno al gruppo dietro di lui. Fece un cenno in direzione del ragazzo dagli abiti scuri. «Noctis.»
Fu l’uomo con gli occhiali ad avvicinarsi per primo. Sembrava anche il più ragionevole, notò lui, e il meno incline a lasciarsi sopraffare dall’istinto.
«L’altra volta non ci siamo presentati come si deve.»
Nyx annuì scivolando giù dalla carcassa dell’animale, e poi vi pulì i pugnali sopra. «Ero impegnato. Tu sei?» Gli domandò con un breve sorriso, cercando di ignorare gli occhi pungenti del Principe fissi su di lui. E le altre due paia di occhi che si stavano chiedendo da dove spuntasse quell’uomo dalla pelle bruciata che aveva viaggiato con la loro futura regina.
«Ignis. Loro sono Prompto…»
Il biondo lo salutò allegramente, come se ignorasse di star ancora impugnando le pistole, e Nyx ricambiò il cenno, provando un’istintiva simpatia per quel ragazzo dall’aria così spensierata. «E lui è Gladio, lo Scudo del Re, che giustamente hai riconosciuto come il figlio di Clarus Amicitia.»
Nyx si alzò osservando il giovane uomo appoggiato alla spada a due mani. Sempre un passo davanti a Noctis, notò, sempre pronto ad intervenire.
«Mi dispiace per tuo padre.» Mormorò, e lo vide sgranare gli occhi a quell’affermazione. «Tu…come fai a…?»
«Vi spiegherò tutto, ma non qui. Le navi magitek pattugliano l’area, e noi abbiamo tutto il tempo del mondo per parlare, se lo desiderate.» Scrollò le spalle e fece scivolare i pugnali ai loro posti, sperando che non volessero effettivamente parlare troppo. Non era sicuro che viaggiare con loro gli sarebbe piaciuto.
Ignis si rese di nuovo la voce della ragione, bloccando sul nascere la protesta di Noctis.
«Ha ragione, lo sai. Cerchiamo un accampamento per la notte, e poi potrai chiedergli ciò che desideri. Non è sicuro stare qui.»
Il Principe annuì e voltò loro le spalle senza aggiungere altro, e quel gesto fece alzare gli occhi al cielo a Nyx. Aveva avuto ragione, la prima volta che l’aveva visto, era un ragazzino, e si comportava come tale.
Come poteva esserci un legame tra lui e Regis?
Serrò la mascella a quel pensiero.
Avrebbe costretto quel ragazzino capriccioso a fare ciò che doveva, se fosse stato necessario.
Le vite di centinaia di persone erano state sacrificate nel suo nome, compresa quella del suo re.
«Nyx, giusto?»
La voce del pistolero lo riportò alla realtà. Era accanto a lui, e gli fece un sorriso a trentadue denti indicando la carcassa. «Ce la dai una mano a procurarci la cena?» Gli chiese, porgendogli un lungo coltello scintillante.
Non era un’arma, ma un utensile da caccia.
«Certo.»
E, mentre era impegnato a scuoiare la sfortunata bestia con i suoi nuovi, improvvisati compagni di viaggio, gli sembrò quasi assurdo che il primo passo fosse immergersi nel sangue per loro.
 

Il pasto di quella sera fu probabilmente il migliore della sua vita.
La carne di Garulessa era fresca, e cucinata in maniera sublime, ammorbidita e speziata.
Fece un cenno in direzione di Ignis, che si era messo ai fornelli mentre Gladio montava la tenda.
«I miei complimenti al cuoco.» Affermò, ricevendo in cambio un breve sorriso. «Lieto che il pasto sia stato di tuo gradimento, Nyx. Se posso…cosa ti ha spinto a viaggiare con noi?»
Ecco, pensò, è arrivato il momento.
Aveva cose da dire a tutti loro, ed era sicuro che Noctis non l’avrebbe presa per niente bene.
Furono i suoi occhi che incontrò, e li sostenne senza fatica. «Lunafreya mi ha chiesto di scortarvi fino ad Altissia.»
«Perché?» Fu la domanda lapidaria.
Nyx sorrise, divertito. «Perché crede che abbiate bisogno di me, e di cosa so fare.»
Ignis interruppe ogni domanda alzando una mano, e gli altri tacquero.
«E quali sono le tue…abilità?»
Il cervello, pensò guardandolo, poi fece scorrere lo sguardo su coloro che lo stavano osservando in attesa di una risposta.
Prompto, il cuore.
Gladio, i muscoli.
E Noctis, si chiese, come s’integrava tra di loro?
Si permise di essere arrogante, perché voleva togliere quell’aria di superiorità dal viso del futuro re.
Aprì il palmo di una mano, e lasciò che la magia fluisse.
Era facile, ora che l’aveva ritrovata, e fuoco, ghiaccio e fulmine si fusero in una danza sfrenata sulla sua pelle, come se fossero parte di lui.
E lui sapeva che avrebbe ricordato l’espressione interdetta di Noctis per molto tempo.

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Capitolo 8
*** This sky Is lonely and grey But every night I feel your gravity waves ***


Capitolo 8

This sky
Is lonely and grey
But every night I feel your gravity waves


 
 
Gladio lo raggiunse quella notte e si sedette accanto a lui, le gambe penzolanti oltre il bordo del rifugio.
La luna rendeva facile vedere ciò che li circondava, e Nyx vide il viso di Gladio incupirsi prima che gli ponesse la domanda che probabilmente gli premeva da tutto il giorno. «Conoscevi mio padre?»
Fu costretto a scuotere la testa. «Non bene, ma so cos’ha fatto per il mio re, ed è abbastanza per rispettarlo.» Fu schietto, e sincero, perché sapeva cosa doveva provare quel giovane uomo in quel momento, e perché rispettava veramente quell’uomo che non conosceva nemmeno.
«Come…» La voce di Gladio venne smorzata da qualcosa che Nyx conosceva bene, così non lo costrinse ad andare avanti. «Come un eroe, difendendo il re contro un nemico troppo forte.»
«Bene. Grazie.»
Nyx gli diede una breve pacca sulla spalla. «Nulla.» Avrebbe voluto dire altro, ma poche cose potevano consolare una perdita del genere.
Rimasero in silenzio per un po’, poi Gladio parlò di nuovo. «Hai detto di essere tra le guardie del re, giusto?»
«Hm-hm. Il corpo di soldati scelti formato dagli scarti dei paesi invasi dall’Impero.» Scherzò Nyx, poi vide l’uomo dai capelli neri alzarsi.
La luna scintillò sulla spada a due mani quando la evocò.
«Fammi vedere che sai fare, allora.»
Nyx sogghignò, soddisfatto di aver trovato un modo interessante di passare il tempo. Si alzò ed estrasse i pugnali. «Fatti sotto.»
 

 
Era assurdo, e sapeva che lo pensavano tutti.
Di loro quattro Gladio era il più allenato, e il più forte, eppure in quel momento aveva il respiro pesante, ed era costretto sulla difensiva. «Sembra che gli abbiano messo coltelli nella culla al posto dei giocattoli.» Prompto incrociò le braccia, concedendosi un breve fischio di ammirazione. Ignis, accanto a lui, annuì: Nyx Ulric combatteva come se fosse nato per farlo. «Ancora non spiega perché possa usare la magia.»
Noctis uscì dalla tenda, osservando la sfida in corso. L’uomo che aveva accompagnato Luna fino al giorno prima, che usava la magia senza un re che gliela concedesse e che spariva e riappariva davanti a loro in scintilli argentati sotto le stelle, aveva messo Gladio alle strette.
Sentì una fitta al cuore, ma si rifiutò di darci peso: era impossibile che fosse geloso di lui solo perché aveva avuto la possibilità di vedere Luna prima di lui.
«E…» La sua voce ironica focalizzò la sua attenzione sullo scontro. Un pugnale era ai piedi di Gladio, ma l’istante dopo era appoggiato alla sua gola, lo scintillio della proiezione di Nyx che ancora brillava nell’aria. «Ho vinto.» Terminò lui, sogghignando.
«Te lo concedo, questa volta.» Sorrise Gladio, e poi tese una mano all’uomo che l’aveva sconfitto.
Nyx ridacchiò divertito, poi strinse la mano che gli veniva porta. «Sei un bravo combattente, ma puoi ancora migliorare molto.»
Il giovane uomo dai capelli neri annuì e lasciò che la sua arma sparisse e, quando si voltarono, non potè fare a meno di chiedere a Noctis perché avesse quell’espressione sorpresa sul viso.
Il futuro re si accigliò. «Ulric. Che cosa sei tu esattamente?» La domanda gli venne naturale, ma strappò una risata a colui che l’aveva ricevuta. C’era potere, in quegli occhi tra il grigio e il blu, pensò Noctis, un potere che non conosceva e non era sicuro di voler conoscere.
Era qualcosa di arcano che lo fece rabbrividire.
«Sono solo una pedina in più.»
Se solo sapessi cosa sono, Principe.
«Come sei finito a viaggiare con Lun…con l’Oracolo?»
Nyx inarcò un sopracciglio e decise che era ora di dare una svegliata a quel ragazzo.
«Tuo padre mi ha chiesto di accompagnarla da te.»
Eccola lì, la fitta di stupefatto dolore nello sguardo blu del giovane, qualcosa che gli fece chiedere che razza di rapporto ci fosse tra padre e figlio.
Noctis deglutì a fatica, e si costrinse a fare la prossima domanda. «Perché lei non è con te, allora?»
Il soldato esitò, ma quella domanda aleggiò su tutto il gruppo come un macigno, e alla fine fu costretto a rispondere. «Perché ho lasciato che l’Impero la trovasse, e la scortasse ad Altissia.»
«Tu cosa hai fatto?!»
La voce furiosa di Noctis lo colpì come un martello in pieno petto mentre il ragazzo si avventava su di lui. Quando gli afferrò la maglia, furioso, Nyx alzò una mano per impedire ai suoi amici di intervenire.
«Punto primo…Principe.» Lasciò che la sua voce si flettesse in un’intonazione sarcastica nell’usare il titolo nobiliare. «Lunafreya è come una sorella per me, e se non fossi stato più che sicuro della sua salvezza non l’avrei lasciata sola. Non le torceranno un capello finché sarà loro utile, e noi la raggiungeremo prima che la sua utilità termini. E secondo.» Mise le mani su quelle del principe e lo costrinse ad allontanarsi; era più forte, lo sapeva, e Noctis non tentò di ribellarsi, specialmente quando piccole scintille di fulmini danzarono sulle loro mani. «Io sono molto più utile a voi qui, e ora. E c’è una cosa che devo fare.»
Fece un passo indietro e osservò il gruppo che lo osservava.
Ciò che vide lo fece sospirare. Ritirò la magia che era comparsa in risposta alle sue emozioni.
Era la prima volta che vedeva il timore negli sguardi di coloro che avrebbero dovuto essergli alleati.
«Non sono un mostro. Voglio aiutarvi, ma voi dovete permettermelo.» Parlò guardando Noctis, ma ciò che incontrò fu uno sguardo di pietra.
Ignis prese la parola. « Dobbiamo tutti quanti farci una dormita, e partiremo con le luci dell’alba. Non è sicuro viaggiare ora, con i daemon in giro.»
Come di consueto, le parole ragionevoli placarono gli spiriti.
Qualche ora dopo, però, Noctis era ancora sveglio, senza sapere che, fuori dalla tenda, sotto la delicata luce delle stelle, anche Nyx lo fosse.

 
Successe al mattino seguente.
Ignis fu come di consueto il primo a svegliarsi ma, quando uscì dalla tenda, gli sembrò che ci fosse troppa luce. C’era il sole, alto nel cielo, ma quella strana luce che gli infastidiva gli occhi non proveniva dall’astro celeste, ma dal basso, davanti a lui.
Quando riuscì a focalizzare la vista si rese conto che, in mezzo a quella luce, c’era il loro nuovo compagno di viaggio.
Inginocchiato sulla roccia, le mani avvolte intorno ai pugnali, Nyx Ulric era circondato da una strana aura mista tra blu e viola che brillava come un diamante, e si piegava intorno a lui a formare grandi ali metalliche. Erano spade, quelle che formavano quegli arti supplementari?
«…Nyx.»
Bastò la sua voce: l’aura si ritirò velocemente, lasciando solamente uno scintillio fugace che seguiva le cicatrici sulla pelle del soldato, così vago da fargli pensare che forse si era immaginato tutto. «Sei rimasto sveglio tutta notte?»
L’uomo annuì e, quando gli sorrise, sembrò che non fosse successo nulla, e lui era imperscrutabile ed ironico come di consueto. Ignis scosse la testa, cercando di convincersi che era stata un visione dettata dal sonno eppure, mentre gli altri si svegliavano e lui preparava la colazione, fu sicuro di aver visto gli occhi di Nyx brillare di una sfumatura argentata.

 

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Capitolo 9
*** Am I The King without a Crown? ***


Capitolo 9
 
Am I the king without a crown?
 
 
«Ricordatemi come siamo finiti qui, per favore.» Esordì Prompto, ricaricando velocemente la pistola, la schiena appoggiata al freddo muro di pietra.
Aranea scoppiò a ridere, descrivendo una mezzaluna con la lancia che falciò gli scheletri che li avevano attaccati. «Siamo qui, biondino, perché il tuo re ha bisogno del mithril, ricordi?»
«Oh, giusto. Mithril e un gruppetto di daemon incavolati. Vanno a braccetto.»
«Prompto!» Il rimprovero arrivò da Gladio. «Meno parole, più fatti!»
Il pistolero ghignò prima di tornare all’attacco, mandando una pallottola a piantarsi nel cranio di uno scheletro alle spalle di Noctis. «Sissignore!»
Nyx si concesse un sorriso tra sé e sé nell’udire quello scambio di battute, ma la sua mente continuava a tornare a quella mattina.
La camminata nella foresta era stata umida, lunga e divertente, dato che ogni due passi Prompto finiva in una pozza di fango. Nonostante Noctis continuasse a essere diffidente, Ignis distaccato e gli unici con i quali avesse conversazioni degne di tale nome fossero Prompto e Gladio, Nyx si era sentito rilassato.
Al Lago Vesper la natura era nella sua forma più selvaggia, e lui si era sentito bene ad evitare rami e pesci carnivori mentre si avvicinavano alle rovine. Ma quella sensazione svanì come la fiamma di una candela al vento quando vide chi li stava aspettando all’entrata.
La rabbia salì improvvisa e immensa, e il sorriso sornione del Cancelliere Imperiale Ardyn Izunia non lo aiutò certo a calmarsi.
Fu Gladio a tirarlo indietro, con discreta decisione, e poi gli si parò davanti. «Nyx, calmati.»
Qualcosa, nel tono del giovane uomo, gli fece chiedere come se ne fosse accorto e abbassando lo sguardo notò che la magia aveva reagito alle sue emozioni, e si era manifestata come un sottile strato di fiamme sulla sua pelle.
«Che succede?»
«Izunia. È opera sua, è stato lui a proporre il trattato di pace, lui a imporre la condizione del matrimonio, ha orchestrato tutto.» Parlò a bassa voce mentre spiegava, cercando di ignorare il fatto che il responsabile della morte del suo re fosse lì a pochi passi da lui.
Gladio annuì. «Ti credo. Ma Noct non deve saperlo, non ancora. Andrebbe fuori di testa, e farebbe qualche sciocchezza. Ci servi, Nyx, quindi cerca di stare tranquillo, ok?»
Quel tono da paternale da parte di qualcuno che aveva dieci anni in meno di lui lo fece ridacchiare, ma ebbe il potere di fargli riprendere il controllo. Non sarebbe servito a nulla staccare la testa dal collo del Cancelliere in quel momento ma, mentre gli passava davanti entrando nelle rovine, era sicuro che quando sarebbe giunto il momento si sarebbe goduto ogni singolo istante.
Noctis e i suoi ci stavano mettendo troppo, pensò. Era ora di finirla, e c’era un’unica persona che sapeva essere d’accordo con lui.
Emise un breve fischio e tese una mano ad Aranea.
Non ebbe bisogno di parlare: erano soldati, e nella lotta entravano in un mondo di sintonia solamente loro. Si liberò di un daemon e poi gli gettò la sua lancia senza esitazioni.
Nyx l’afferrò al volo, le fece un cenno di ringraziamento e poi lasciò che la magia scorresse nell’arma, concentrandosi sulla lama affilata. Quando pensò che fosse sufficiente la rilanciò alla sua legittima proprietaria e, di nuovo, lei non ebbe bisogno di spiegazioni.
Il salto che fece fu impressionante, ma ancora più impressionante fu l’effetto che il suo schianto procurò: i daemon intorno a loro vennero letteralmente polverizzati, e i fulmini si propagarono nella pietra, correndo in cerca di obbiettivi, friggendo qualsiasi cosa che classificavano ostile.
«Chi hai detto che sei?» Fu sempre Aranea ad avvicinarsi a lui con un sorriso divertito.
La lancia era intaccata, ma Nyx sorrise quando notò che lei aveva i capelli spettinati dall’energia statica trasmessa dalla sua magia.
«Qualcuno che sa come sbarazzarsi in fretta dai demon.» Fu una frecciatina deliberata, e ottenne l’occhiataccia che si aspettava da Noctis.
Sogghignò, e la sua espressione fu rispecchiata da quella del commodoro quando lei si accorse dell’effetto che la sua battuta aveva procurato. «Andiamo bambini. Ulric.»
Nyx sorrise quando lei gli fece l’occhiolino e continuò sul ponte di pietra.
«Solo un attimo.» La voce affannata di Noctis lo raggiunse all’improvviso, congelandolo sul posto.
Lui e il principe avevano scambiato circa tre frasi in tutto nel viaggio fino al lago, ma erano bastate.
Noctis non lo sopportava perché lui era lo sconosciuto che aveva chiaramente un posto nel cuore di Luna.
Nyx non riusciva ancora a capacitarsi come fosse possibile che il suo re avesse sacrificato tutta la capitale, e la sua vita, per un ragazzino del genere, che di regale aveva ben poco.
Irrigidì la mascella e lo guardò da sopra la spalla. «Hai due minuti.» Decretò prima di voltarsi nuovamente continuando a camminare.
Di sicuro non avrebbe aspettato che lui riprendesse fiato, non ora che erano vicini al materiale che serviva a riparare la nave che li avrebbe portati ad Altissia.
Ancora poco tempo, mia Regina, pensò, e non sarai più sola.
Il nodo allo stomaco si strinse. L’aveva sentito dal pomeriggio in cui si era allontanato da Lunafreya, era lì quando pensava che lei era in territorio ostile, da sola.
«Ulric, vieni qui.» Aranea attirò la sua attenzione con un cenno.
«Hm?» Si mise al suo fianco, e non gli sfuggì che, probabilmente, lei voleva parlargli per dare tempo ai ragazzi di riprendersi.
«Ho visto la tua reazione davanti al Cancelliere. Chi è sul serio?»
Nyx fu costretto a stringersi nelle spalle. «Non ne sono sicuro, ma so per certo che l’idea dell’assalto alla Capitale è stata sua.»
Il sorriso di Aranea fu un misto tra il comprensivo e il feroce. «E pagherà per quello che ha fatto, giusto?»
I suoi compagni d’armi che si tradivano a vicenda in nome di una promessa vuota.
Piegò il collo, sentendo le cicatrici tirare.
La città in fiamme, Crowe morta, Libertus in pericolo.
Distese le labbra in un lento sorriso, sentendo un unico desiderio bruciargli nel cuore.
Gli occhi del suo re fissi su di lui, la spada attraverso il petto. “Non deludermi, Nyx Ulric.”
«Oh sì, la pagherà molto cara.»
Il futuro del mondo nelle mani di uno smidollato.
 

 
Gladio si caricò il sacco con il mithril in spalle e sbuffò pesantemente.
Avevano scoperto che il mithril aveva un guardiano, grosso, piumato e feroce, ma ora giaceva sul suolo in una pozza di sangue che andava allargandosi.
Nyx ripulì con cura le lame dei pugnali su quelle piume setose, e lanciò un’occhiata ai suoi compagni di viaggio. Ignis, chissà come, era riuscito ad evitare di intaccarsi i vestiti, e stava rimproverando Prompto per qualcosa che non riuscì a capire. Noctis era seduto per terra, gli occhi chiusi e un’aria stanca che gli fece pensare che aveva bisogno di un allenamento più serio.
L’unica che sembrava quasi rilassata anche se macchiata di sangue era il commodoro Aranea Highwind, pigramente appoggiata alla sua grande lancia.
Nyx non sapeva cosa pensare, di lei: lavorava con l’Impero, ma aveva detto di volerli abbandonare, di lavorare per salvare coloro che l’Impero calpestava. Era senza ombra di dubbio ben addestrata e forte, ma nel suo cuore si nascondeva una donna comprensiva e decisa, con obbiettivi precisi in mente, anche se non era sicuro di quali fossero.
Gli sorrise con aria sorniona quando incrociò i suoi occhi, e gli sembrò incredibile che fosse stata proprio lei, una formosa donna dai lunghi capelli biondo cenere a piantare brutalmente una lancia nel cuore di una bestia gigante.
Lo percepì all’improvviso, e con la coda dell’occhio vide Noctis alzarsi di scatto, e la cosa gli fece pensare che anche lui doveva aver avuto la stessa sensazione.
Era come un sussurro, un invito dal profumo irresistibile.
Doveva trovarne la fonte.
«Ma che…»
«Taci.»
Le voci di Prompto e Gladio scivolarono via dalla sua mente mentre avanzava nel sangue, verso la porta nella pietra. C’era qualcosa, là, qualcosa che lo chiamava.
Noctis arrivò con lui, e si scambiarono un’occhiata veloce, sapendo che entrambi sentivano quel richiamo tanto assurdo quanto invitante.
«Aprila.»
Il futuro re annuì ed estrasse la chiave dei mausolei, facendola girare velocemente nella serratura.
L’aria dell’interno sapeva di polvere e pietra ma, respirando più a fondo, Nyx sentì qualcos’altro.
Sembrava lo stesso profumo che l’aveva avvolto quella mattina ad Insomnia, mentre aspettava che il suo corpo si sfaldasse nel cielo.
Vita mista a morte.
Gli sembrò quasi di essere lontano miglia mentre osservava Noctis avanzare e tendere una mano sull’arma poggiata sulla tomba al centro.
Sorrise quando non successe nulla.
«Noct, che c’è?» Ignis arrivò alle loro spalle, accigliato.
Noctis sembrava interdetto, e allungò nuovamente la mano sull’alabarda. «Non funziona. Non riesco a reclamarla.»
«Perché non è per te.»
Gli era venuto naturale, come la magia alla locanda. Semplicemente, sapeva.
Si avvicinò alla tomba, e gli sembrò di inspirare aria fresca dopo un viaggio in galleria mentre guardava la meravigliosa arma: un lungo bastone che univa due lame che disegnavano una mezzaluna, e al centro, l’incastro che permetteva di usarle unite o separate.
Allungò la mano bruciata sulla lama, e la luce fu improvvisa e accecante mentre questa si sollevava dalla fredda pietra, volteggiando piano davanti a lui.
Quando scomparve, Nyx sorrise: Le Gemelle dell’Inestinguibile erano sue, l’Anello aveva avuto ragione quando gli aveva mostrato ciò che doveva fare.
«Che cosa vuol dire?! Le Armi degli Antichi Re sono mie!» Sbottò Noctis, incapace di trattenersi oltre. Prima Luna, poi la magia, ora un’arma antica, quell’uomo lo stava eguagliando in tutto, senza nemmeno essere di sangue reale.
«Noct, calmati, non è il caso di arrabbiarsi…»
«Già, capiremo perché Nyx è così...» Prompto gesticolò con le mani verso di lui, incapace di trovare le parole adatte. Nonostante i suoi amici che lo incoraggiavano a stare calmo, però, Nyx poté vedere la rabbia negli occhi del principe, e gli sorrise.
«Credo che sia ora di sistemare questa cosa.» Mormorò, e lo vide annuire.
Fu lieto che avesse capito cosa intendeva senza bisogno di spiegazioni, e mentre uscivano dalle rovine pensò che dare una lezione a quel ragazzo arrabbiato e insicuro sarebbe stato un ricordo che avrebbe conservato a lungo.
Aranea si voltò verso di loro appena furono al di fuori, ma furono gli occhi di Nyx che incrociò mentre parlava. «Il mio compito qui è finito, ma posso darvi un passaggio fino a Capo Caem, se lo desiderate.»
«Ci piacerebbe.» Fu la risposta che ricevette da lui e, mentre salivano sulla grande nave imperiale rossa e lei impartiva ordini, Nyx pensò che, tra tutti coloro che conosceva, almeno lei era qualcuno che non si sarebbe fatto uccidere facilmente.
Il viaggio fino a Capo Caem passò in un silenzio teso per la maggior parte.
Ad occhi chiusi e gambe distese sul freddo pavimento, Nyx non poté far a meno di ascoltare la conversazione tra il futuro re e il suo scudo.
«Hai visto come combatte, vuoi davvero affrontarlo?»
«Devo farlo, devo capire perché ha tutte le qualità di un membro della famiglia reale, senza esserlo.»
«Noct, ha battuto me, e io sono molto più allenato e forte di quanto tu sia mai stato.»
«Non importa.»
«…Ti farà a pezzi.»
«Siamo arrivati!» La voce squillante del commodoro coprì il resto della conversazione ma, quando riaprì gli occhi e vide che Noctis lo stava studiando, dovette trattenere un sorriso.
Il principe irrigidì la mascella mentre il soldato davanti a lui si alzava, pronto per scendere dalla nave; forse, pensò, Gladio aveva ragione. Nyx Ulric si muoveva come un predatore, sembrava sempre pronto ad attaccare, e a fare letteralmente a pezzi la sua vittima.
Deglutì mentre Ignis, Prompto e Gladio scendevano dalle nave.
No, pensò, non avrebbe lasciato che un uomo qualunque uscito dal nulla lo intimorisse, e per di più usando i suoi poteri. Avrebbe lottato con Nyx, e avrebbe vinto.
«Glady!» La voce dolce di Iris lo raggiunse insieme al profumo salmastro del mare. Era ora di andare e, dopo un cenno di ringraziamento ad Aranea, abbandonò la nave imperiale, e si ritrovò sul sentiero di ciottoli che portava alla casa sulla scogliera.
Sembrava tutto così sereno, pensò Nyx osservando l’ambiente.
C’era il dolce rumore del mare in sottofondo, e il cielo era coperto da nuvole scure che preannunciavano un futuro temporale, e quell’atmosfera incupita faceva risaltare il verde della vegetazione che li circondava.
Seguì a grandi passi Gladio, che stava quasi correndo dalla ragazza che lo chiamava sbracciandosi.
Prompto, l’unico che sembrava non avere nessun tipo di problema con lui, gli aveva detto che ad aspettarli ci sarebbe stata Iris, la sorella minore di Gladio, e, mentre li guardava abbracciarsi con gioia, quella parte del suo cuore che conservava il ricordo del viso di sua sorella gli spedì una fitta dolorosa.
Espirò profondamente e rimase in attesa, le braccia dietro la schiena, le dita intrecciate.
Non era fortunato, con le donne che considerava come sorelle.
È vero, forse sei tu che porti sfortuna.
Quasi sorrise alla visione di Crowe. Lei c’era sempre, quando lui aveva bisogno di lei.
«Può darsi.» Si strinse nelle spalle, e la vide sorridere.
Lo sai che non è vero, non auto commiserarti, Ulric.
«Iris, lui è Nyx Ulric, un…» Gladio esitò, ma Prompto passò un braccio intorno alle sue spalle, anche se era più basso di lui, e ghignò allegramente. «Un amico, che ci ha salvati un paio di volte.»
Visto? Devi solo avere pazienza.
«Piacere di conoscerti, Iris.» Le sorrise, sperando che lei non fosse impressionabile. Fu fortunato: anche se le sue cicatrici le fecero qualche effetto, non le diede a vedere e gli dedicò un sorriso a trentadue denti.
«Grazie per averli tenuti al sicuro, allora. Se volete, tra poco sarà pronta la cena!»
«Bene.» Fu Noctis a prendere la parola, sorridendo lievemente alla ragazza, che arrossì. «Puoi chiamarci? Abbiamo una cosa da fare prima.»
«Hm? D’accordo, ma non fate tardi!»
Nyx s’intromise nel discorso, ed ebbe la soddisfazione di vedere la faccia irritata del futuro re. «Non preoccuparti. Non ci vorrà molto.»
Non preoccupatevi, Lunafreya, non gli farò male. Non troppo, almeno.

 
Non ci era andato piano, lo ammise, e Noctis avrebbe avuto una bella collezione di lividi e tagli il giorno dopo, ma in quel momento non gli importava.
«Alzati.» Gli ordinò rabbioso.
Noctis, a bocconi davanti a lui, scosse la testa. Tremava dalla fatica, ma Nyx non era soddisfatto.
Il principe, il futuro del mondo, aveva retto ben poco contro di lui.
Strinse la presa sui pugnali.
Il viso terrorizzato di Crowe, pallido sul tavolo dell’obitorio. Era per quello?
Noctis si rifiutava di guardarlo, e quando Prompto si avvicinò per controllare che stesse bene Nyx sentì la rabbia montare come un’onda rovente. Pioveva copiosamente, ma lui quasi non sentiva le gocce posarsi sul suo corpo.
Lunafreya delirante al suo fianco, il sangue sulle labbra. Era per quello?
«Allontanati. Noctis, alzati.» Sentiva la sua stessa voce fredda come una lama d’inverno.
Al secondo ordine, il principe lo guardò: la sua rabbia era svanita, sostituita da…rassegnazione?
La spada attraverso il corpo debole di Regis, i suoi occhi fissi su di lui. Era per quello?
Perse la pazienza.
Gettò entrambi i pugnali a terra, coprì la distanza che li separava in due passi e tirò su a forza il futuro re.
«Ho dovuto guardare i miei amici morire, la mia città bruciare, e il mio re venire brutalmente assassinato davanti ai miei occhi, e tutto perché lui credeva in te.» Gli ringhiò in faccia, e lo vide sgranare gli occhi.
Le nuvole sopra di loro si riempirono di tuoni e lampi fugaci.
Strinse la presa sulla maglia di Noctis, e il ragazzo non cercò di liberarsi. Anche se avesse voluto, non ci sarebbe riuscito.
«Ho indossato il tuo Anello e subito il giudizio dei tuoi maledetti antichi re.» Abbassò la voce ma, a giudicare dal fatto che nessuno stesse intervenendo per separarli, immaginò che tutti capissero che era meglio stargli lontano.
Gli capitava raramente di perdere la pazienza in quel modo, ma era troppo.
«Ho combattuto per ottenere la mia vendetta su colui che aveva ucciso il mio sovrano, nonostante i tuoi re mi avessero condannato a morte.» Allontanò Noctis da lui, sentendo la magia ribollirgli nel corpo.
Ora sentiva le gocce, pensò distrattamente, ma non avevano il tempo di posarsi che evaporavano, dissolte dal fuoco che sentiva nel corpo.
«Quindi, ragazzino, sappi che se devo ti trascinerò fino ad Altissia, e oltre se devo.» Si chinò a recuperare le sue armi, e per un folle istante si chiese quanto a fondo sarebbe andata la sua lama nel collo di Noctis.
«Non permetterò che il sacrificio del mio re venga sprecato da un ragazzino viziato.»
Si allontanò a grandi passi e tornò nella casa.
Saggiamente, nessuno cercò di fermarlo.

 

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Capitolo 10
*** A thousand armies won't stop me I'll break through ***


 Capitolo 10

A thousand armies won't stop me
I'll break through
 
Venne da lui un paio d’ore dopo, dopo aver mangiato, probabilmente.
Seppe che era lui ancora prima che bussasse, perché il potere dei re lo precedeva.
«Avanti.» Sbottò tirandosi a sedere sul letto.
Noctis entrò con cautela, e Nyx vide finalmente a mente lucida cosa gli aveva inflitto durante il loro scontro: l’occhio destro si stava gonfiando velocemente per colpa del taglio che vi correva sotto, aveva un livido sulla guancia opposta dove l’elsa del suo pugnale si era abbattuta, e le braccia ornate di simili lividi e tagli. Zoppicava anche, notò, e si chiese se non gli avesse danneggiato la gamba in modo irreparabile.
Sospirò pesantemente e gli fece cenno di sedersi sull’unica sedia della stanza.
La tensione calò su di loro, ma c’era qualcosa, negli occhi di Noctis, che smorzò la voce di Nyx.
«Perché sei qui?» Gli domandò pacatamente e, quando lui rispose, pensò che avrebbe dovuto aspettarselo.
«Mio…mio padre. Prima hai detto che eri con lui quando è successo.»
Fu il turno di Nyx di abbassare lo sguardo. Inspirò a fondo, sentendo il nodo in gola formarsi.
Quel ragazzo aveva bisogno di sapere, si rese conto.
Aveva bisogno di sapere che suo padre aveva sacrificato tutto, per lui.
Annuì e rialzò il viso. «Io e Lunafreya eravamo presenti. Re Regis, lui…sapeva che non sarebbe uscito vivo dalla città, abbiamo provato a portarlo via, ma ce l’ha impedito. Il Generale Glauca l’ha impalato di fronte ai nostri occhi, e ci siamo salvati solo perché aveva creato una barriera tra di noi.» Esitò un attimo, i flashback di quella scena davanti agli occhi.
Il suo viso era stata l’ultima cosa che Regis aveva visto prima di morire.
Vide Noctis stringere i pugni cercando di mantenere il controllo. «Glauca?»
Almeno poteva dargli una buona notizia. «L’ho ucciso. Lui, e il daemon che stava distruggendo la città.»
Il futuro re sembrò rincuorato da quella notizia, ma Nyx non si aspettava ciò che fece dopo.
Si alzò e si avvicinò a lui e, dopo un attimo di immobilità, gli tese una mano.
«Grazie, Nyx Ulric. Grazie per aver fatto ciò che io non ho potuto.»
Il soldato si concesse un breve sorriso e strinse la mano che gli veniva porta. «Era anche il mio re.»
In quella stanza spartana, con il temporale che imperversava fuori, qualcosa si aggiustò tra di loro.
 

 
Lunafreya si abbandonò nella poltrona lussuosa, osservando lo scintillio viola e bianco dell’armatura del fratello. Ravus aveva nuovamente tentato di convincerla a desistere dalle sue intenzioni, che Noctis non era il Re dei Re, e lei era una stupida a rischiare la sua vita per lui.
Abbassò lo sguardo sull’anello che giaceva nel suo palmo.
Non è solo per lui, avrebbe voluto dirgli, è per Nyx, anche.
Sorrise brevemente e chiuse la mano, nascondendo lo scintillio nero del gioiello.
Nyx sarebbe tornato da lei come aveva promesso, ne era sicura.
Era il suo Scudo, la sua forza, il suo salvatore.
E avrebbe portato Noctis, come aveva promesso.
Sentì il cuore accelerare i battiti: li avrebbe rivisti entrambi, presto.
Doveva solo resistere.
Poteva resistere?
Le ferite inflittale dal rifiuto di Ifrit erano ancora in fase di guarigione, e ciò era anomalo, e lei si sentiva sempre più debole. Il suo corpo avrebbe ceduto prima della fine.
Sentì la porta aprirsi, e un soldato entrò di corsa, mormorò qualcosa all’orecchio di Ravus ed uscì.
«Sorella.» Esordì lui, osservandola con cautela.
Se c’era una cosa positiva della sua cattività ad Altissia, pensò, era che aveva finalmente riscoperto quel lato di Ravus che aveva creduto perso per sempre, quel fratello maggiore malinconico e dolce che era sempre stato al suo fianco prima di cedere all’Impero.
«Dimmi.» Lo esortò dolcemente, e lui sospirò piano. «Mi sono appena state riportate segnalazioni dell’avvistamento del Principe in città.»
Quella notizia le diede un’iniezione di forza. «Davvero?»
Ravus annuì. «Sta bene, a quanto pare. Lunafreya, io…»
Lo interruppe e si alzò dalla poltrona, sentendo una nuova forza scorrerle nelle vene.
Sono vicini.
«Lo so cosa pensi, fratello. Sto bene, e ho accettato il mio destino molto tempo fa.»
Le porte si aprirono di nuovo, lasciando entrare un contingente di soldati magitek. Erano venuti a prenderla come se dovessero scortare una persona pericolosa, pensò, come se lei avesse potuto rivoltarsi contro di loro da un momento all’altro.
«Devo andare, il mio popolo ha bisogno di me.»
Restava pur sempre l’Oracolo, pensò, la stella al quale tutti guardavano in cerca di speranza.
Raddrizzò la schiena e scostò bruscamente un fucile puntato contro di lei.
La sua speranza era vicina e, se fosse stata fortunata, loro sarebbero stati nella piazza insieme alla folla venuta ad ascoltarla parlare.
Camminò per i corridoi cercando di non mettersi a correre, i suoi passi echeggiati da quelli dei soldati, che le aprirono le pesanti porte del palazzo. La luce accecante di Altissia le inondò il volto, portandole l’odore dell’acqua dolce, dei fiori e del cibo della città.
Altissia era una città viva, e lei sperò di essere abbastanza forte per impedire a Leviatano di distruggerla.
Sarebbe stata una bella città per un matrimonio, pensò con rimpianto.
Si fermò davanti al podio che avevano preparato per lei, e lasciò scorrere lo sguardo sulle persone disperate che la guardavano trepidanti. Se non avesse saputo che loro erano lì, da qualche parte, non sarebbe stata in grado di parlare con tanta convinzione, pensò, di dimostrare tanta forza.
Inspirò a fondo, ma prima che potesse parlare, lo vide.
Era lì, scuro contro il marmo bianco, cupo contro i colori della folla.
Vestiti usurati dal viaggio, capelli spettinati ma gli stessi, straordinari occhi blu scuro, inquieti e forti.
Le sembrava di avere le vertigini.
Era lì, a pochi passi da lei.
Incrociò il suo sguardo, e lo vide sorridere, emozionato.
Presto, si ripromise, presto saremo insieme.
 

 
Nyx abbassò lo sguardo sulla piazza, e sentì il cuore rasserenarsi.
Lunafreya brillava come una stella nel cielo invernale, un punto bianco nel buio.
Avrebbe voluto fare irruzione nella folla, salire quelle scale e dirle che era lì, che era tornato, che non era più sola, che qualsiasi cosa avesse che la faceva stare male avrebbe trovato un modo per aiutarla.
Sapeva che lei stava male, lo percepiva come un sapore amaro sulla lingua, ma non sapeva cosa fosse. E invece si era costretto a stare lontano, appollaiato sul tetto di un palazzo che sovrastava la piazza, ad osservare Noctis ascoltare Lunafreya parlare al popolo.
Erano arrivati da circa una settimana ad Altissia, e si erano attirati le attenzioni di un paio di daemon, del Primo Ministro e qualche soldato magitek il cui corpo stava affondando lentamente nelle acque cristalline della città.
Il viaggio ad Altissia era stato breve, dopo i due giorni di riparazione dello yacht reale, ma ciò che davvero Nyx non si era aspettato era chi era venuto a salutarli alla partenza.
«Nyx, lui è…» Aveva iniziato Prompto a fare le presentazioni, ma Nyx sapeva perfettamente chi era l’uomo slanciato vestito di nero che li aspettava a braccia incrociate nel seminterrato.
Gli era venuto naturale portarsi una mano sul petto e piegarsi in un inchino rispettoso. «Generale Cor. È un onore.»
L’uomo aveva piegato le labbra in un sorriso quasi invisibile.
«L’onore è mio, Nyx Ulric.»
«Voi due vi conoscete?» La domanda era venuta da Gladio, la risposta da Cor.
«Più o meno. Il comando delle guardie reali era affidato al Generale Drautos, ma abbiamo lavorato insieme qualche volta.» Cor si rivolse di nuovo a Nyx, studiando le ustioni sul suo volto. «Ero in città, quella notte. Ho visto cosa hai fatto…eroe.»
Nyx non riuscì a trattenere un sorriso. «Ho fatto ciò che dovevo. E il Generale Drautos si è rivelato un traditore, e ha pagato.»
«Notizia funesta.» Concordò Cor, e poi tese una mano a Nyx. «Tienili al sicuro, Ulric.»
L’uomo gli strinse la mano e annuì. «Sissignore.»
Inspirò a fondo l’aria fresca della città, e quando vide Lunafreya rientrare nel palazzo prese la sua decisione.
C’era una finestra aperta, nel palazzo, e si stava chiedendo se fosse quella giusta quando la risposta gli giunse inaspettata. Gentiana lo stava osservando dalla stanza, e sorrise facendogli un cenno.
«Se insisti.» Sogghignò Nyx tra sé e sé, poi estrasse il pugnale dal fodero sulla schiena e lo soppesò un attimo. Avrebbe dovuto avvertire Noctis, forse, pensò osservandolo allontanarsi tra la folla per tornare dal gruppo. Da quando avevano parlato andavano più o meno d’accordo, se si escludeva il fatto che lui fosse uno smacco in faccia a tutto ciò che Noctis aveva creduto vero per tutta la vita.
No, si disse, era la sua riunione, con la sua Regina.
Il lancio fu preciso e rapido, e il pugnale si piantò nella parete accanto allo specchio mentre la porta si apriva lasciando entrare l’Oracolo.
Lunafreya ebbe a malapena il tempo di rendersi conto dell’arma prima che Nyx le apparisse davanti in una nuvola di cristalli viola e blu che scintillarono sotto il sole di Altissia.
Nyx ritirò il pugnale con cautela mentre lei osservava per pochi secondi.
«Nyx.» Sembrò che il tempo si sbloccasse. Lei gli saltò quasi addosso, stringendolo come se volesse legarlo a lei, come se lui fosse la cosa più preziosa del suo mondo. «Nyx!»
Fu come un’iniezione di gioia dritta nel cuore: le passò un braccio intorno ai fianchi e l’altro intorno alle spalle e la strinse a sé, respirando il suo profumo di fiori e sole.
«Nyx, sei tornato.» Lunafreya gli prese il viso fra le mani. Sembrava che non riuscisse a smettere di sorridere e dal canto suo, Nyx sentiva il cuore esplodergli.
Erano nuovamente insieme, andava tutto bene. «Ve l’avevo promesso.»
Quasi non riusciva a parlare, il battito del suo stesso cuore che l’assordava rimbombandogli nelle orecchie. Non riusciva a crederci. «Lunafreya, sono contento di rivedervi.»
Coprì la sua mano con la propria, facendo scorrere lo sguardo sul suo viso. Era più pallida, ma era lì, accanto a lui, bellissima e brillante come una stella.
La sua frase fu ricambiata da un sorriso luminoso. «Anch’io, Nyx. Non vedevo l’ora che tornassi.»
Non riuscì a trattenersi, e la tirò nuovamente verso di lui in un abbraccio, sollevandola da terra per colpa dell’impeto del suo movimento. Lei scoppiò a ridere per quel gesto inaspettato, e Nyx sentì il cuore rinsaldarsi; avere Lunafreya accanto sembrava incastrare un pezzo del suo cuore che era altrimenti mancante, e solo accanto a lei si sentiva davvero vivo, e sereno.
La loro riunione fu interrotta dalla porta che si apriva di nuovo, e per Nyx fu un istinto naturale spostarsi davanti a lei. Sentì le sue mani avvolte intorno alla propria, e per un attimo fu sicuro che l’avrebbe persa presto. Era troppo debole, troppo calda, sembrava preda della stessa febbre che l’aveva colpita sul vulcano, la febbre che l’aveva dilaniata quasi fino allo stremo.
Le strinse la mano e, mentre Ravus entrava, promise a sé stesso che l’avrebbe guarita.
La gioiosa atmosfera che li aveva circondati quando si erano rivisti si congelò quando gli occhi viola di Ravus si posarono sull’occupante della camera.
«Tu.»
«Sorpresa.»
Il Comandante Supremo dell’esercito Imperiale si chiuse la porta alle spalle, bloccando la visuale alle altre pattuglie.
Nyx fece scivolare un piede all’indietro, pronto a scattare al minimo segnale di pericolo, ma ancora una volta ricevette una sorpresa. Ravus estrasse la spada e la buttò a terra, poi alzò le mani.
«Domani hai il permesso di evocare Leviatano, Luna. Ero venuto qui per avvisarti, e visto che sei qui, Ulric, voglio chiederti una cosa.»
Nyx inarcò le sopracciglia e, senza che l’uomo se ne accorgesse, fece scivolare il pugnale indietro nel fodero. Era stato Noctis a parlamentare con il Primo Ministro per permettere l’evocazione e il conseguente Legame con la collerica dea del mare. «Parla.»
Il tono di Ravus divenne più pacato. «Devi proteggerla, Ulric. Quando Leviatano verrà invocata l’Impero interverrà per impedire che il Re dei Re possa riceverne la benedizione. E lei sarà nell’occhio del ciclone, perciò proteggila, ti supplico.»
“Questa è la supplica di un uomo ad un altro uomo. Non deludermi, Nyx Ulric.”
Deglutì a fatica, ricordando un’altra voce che l’aveva supplicato.
Sentiva il calore di Lunafreya contro la schiena, la sua sofferenza batteva nel suo cuore, e Ravus sembrava disperato di avere qualcuno che garantisse la salvezza della sorella.
«Lo farò.»
Strinse la mano di Lunafreya, sapendo che l’avrebbe protetta anche se l’accordo con il Primo Ministro prevedeva che lui, Ignis, Prompto e Gladio si occupassero della protezione della città e dell’evacuazione dei suoi abitanti.
«La proteggerò a costo della mia vita, se serve.»

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Capitolo 11
*** There’s nothing I won’t go through Even if I have to die for you. ***


Capitolo 11
There’s nothing I won’t go through
Even if I have to die for you

Nyx si passò le mani sul petto, cercando di lisciare l’uniforme da Guardia Reale.
L’ultima volta che l’aveva portata era stata quella notte ad Altissia.
La notte della mia morte.
Quel pensiero si fece strada subdolamente nella sua mente, e gli chiuse la gola. Aveva senso, però. Quella notte, il vecchio Nyx Ulric che rimpiangeva il passato era morto, e lui era nato.
Scrollò le spalle e distese la schiena, notando con piacere che l’uniforme gli calzava a pennello.
«Non ha un’aria molto regale.» Fu il commento sarcastico di Prompto alle sue spalle.
Nyx si concesse una breve risata. «Non posso darti torto.» Acconsentì; d’altronde non poteva fare altro, visto che la manica sinistra e il medesimo lato del colletto erano sfilacciati e anneriti, in ricordo del destino al quale era sfuggito. Se fosse stato per lui non l’avrebbe indossata, ma aveva ceduto ad Ignis quando gli aveva spiegato che le persone di Altissia non si sarebbero fidate di un uomo ricoperto di cicatrici e bruciature, ma si sarebbero potute fidare di un membro delle guardie reali, ordine conosciuto e ammirato.
«Cosa stai facendo?» Ridacchiò notando che Prompto stava studiando le due lunghe strisce viola chiaro che cadevano sulla sua schiena.
«Oh nulla.» Prompto si allontanò grattandosi la testa, imbarazzato, e Nyx s’intenerì. Erano ragazzini, appena usciti dalla scuola, catapultati in qualcosa più grande di loro.  
«Lo so che è un’uniforme particolare.» Ammise. «Ma è stata disegnata apposta per me quando mi sono unito alle guardie, e quindi ho avuto occasione di integrarvi dettagli del mio paese.»
«Galahd. Fanno del cibo strepitoso là!» Si entusiasmò Prompto, e Nyx si voltò verso di lui. Gli posò una mano sulla spalla e gli sorrise. «Quando questa storia sarà finita ci andremo. E potrai mangiare quanto vuoi.»
Il ragazzo sorrise, gli occhi che scintillavano davanti a quella promessa. «Promesso?»
Qualcosa dentro il suo cuore s’incrinò un po’.
Non sono pronti, è troppo per loro.
«Promesso.» Confermò, e poi Prompto lo trascinò accanto a sé con un ghigno.
«Perfetto, ora sorridi.» E Nyx sorrise mentre ancora si chiedeva quando l’accanito fotografo avesse estratto il suo fidato strumento.
E promise a sé stesso che si sarebbe procurato una copia di quella fotografia.
 

 
Si costrinse a distogliere lo sguardo dall’immensa figura in lontananza per spostarlo sulla donna in lacrime davanti a lui: il potere di Leviatano era immenso, ad Altissia, scorreva in ogni rivolo e goccia d’acqua presenti nelle città, e la dea era chiaramente furibonda.
Lunafreya.
«Mia figlia, la prego, è ancora in casa.»
Annuì con un movimento automatico e fece cenno alla donna di aspettare mentre entrava nella casa scricchiolante. La rabbia della dea stava soverchiando tutto, erodendo le fondamenta delle abitazioni che a lei si erano affidate, ma lui non era presente a sé stesso.
Continuava a pensare a ciò che Gentiana gli aveva confidato, quella notte piovosa nella caverna.
L’Oracolo morirà.
Riportò la bambina al genitore e osservò la famiglia allontanarsi di corsa verso il porto, dove le navi che avrebbe portato il più lontano possibile la popolazione erano in trepidante attesa di partire.
Lunafreya delirante al suo fianco, il sangue che le colava dalle labbra mentre lei gli scivolava via come sabbia tra le dita.
Il cuore gli mandò una fitta così dolorosa che fu costretto a massaggiarsi il petto.
Lo scintillio blu delle proiezioni di Noctis compariva e svaniva in continuo ai margini del suo campo visivo.
Leviatano l’avrebbe divorato, e il futuro sarebbe finito nel suo stomaco con lui.
Irrigidì la mascella sentendo il vento della tromba d’aria formarsi intorno a lui, sollevando la stoffa dell’uniforme in una danza folle.
“Non deludermi, Nyx Ulric.”
No, pensò, non avrebbe deluso il suo re.
Gentiana l’aveva supplicato di aiutare l’Oracolo.
Non era per quello, che Bahamut gli aveva donato il suo cuore?
Estrasse entrambi i pugnali e si tuffò tra la folla nella direzione opposta alla loro, facendosi strada tra famiglie in fuga, uomini, donne e bambini che cercavano la salvezza.
Le navi imperiali oscuravano il cielo, cercando inutilmente di sottomettere Leviatano al proprio volere, ma l’unica cosa che interessava a lui era il cerchio semi distrutto dell’altare dell’evocazione.
Lanciò il primo pugnale all’ultimo piano del palazzo davanti a lui, e il secondo dopo stava osservando la devastazione dall’alto: Noctis stava lottando con tutte le forze contro Leviatano, Prompto e Gladio stavano difendendo un gruppo di civili e, più lontano, Ignis stava combattendo contro una fanteria magitek, schiena contro schiena con Ravus.
«Proteggila, Nyx Ulric. Proteggila se io non potrò farlo.»
Ecco cosa intendeva, pensò. Ravus aveva voltato le spalle all’Impero, ed era sicuro che avrebbe pagato con la vita. Spostando lo sguardo, Nyx individuò colei che cercava, e decise che avrebbe onorato il sacrificio del Supremo Comandante.
C’era qualcuno, davanti a Lunafreya, si rese conto, e ci mise poco a riconoscerlo.
Fu in quel momento che la fitta lo colpì, e sentì il sapore del sangue sulle labbra anche se non era ferito.
Era lei, si rese conto mentre il dolore gli dilaniava il ventre, propagandosi come scosse elettriche nel suo corpo. Stava sentendo ciò che lei stava vivendo.
Lanciò il secondo pugnale sul tetto del palazzo oltre l’altare, e non si diede nemmeno il tempo di terminare la proiezione prima di effettuare un nuovo, preciso lancio.
L’arma sfiorò i capelli della ragazza, piantandosi nel pavimento davanti.
E la sua mano ustionata si abbatté sul viso soddisfatto del Cancelliere Imperiale Ardyn Izunia.
Esisto per salvarla.
Ardyn non sembrò scomporsi troppo, anche se il colpo lo scaraventò all’indietro.
Si passò una mano sul viso con un ghigno, ma quando sollevò lo sguardo la sorpresa gli attraversò il volto.
Fu il turno di Nyx di sorridere.
Sentiva il battito del suo cuore scandire il tempo come un tamburo, e quando la luce cristallina della sua proiezione si addensò intorno a lui sentì le ali aprirsi come se fossero le sue braccia.
Ardyn si lasciò andare ad una risata. «Sono immortale, Bahamut, che cosa speri di fare?»
Nyx non si prese la briga di rispondere: sentiva Lunafreya dietro di lui come una fiamma sempre più debole, ma non fu sorpreso quando lei, in un disperato tentativo di aiutare il suo principe, usò il Tridente per evocare le altre armi antiche e donarle all’avversario della dea.
Ritirò i pugnali, e nelle sue mani si formarono, obbedienti, le Gemelle dell’Inestinguibile.
«Sarai anche immortale, Izunia, ma hai tralasciato un particolare.»
Un sopracciglio inarcato, il tono ironico di chi era sicuro di avere il coltello dalla parte del manico. «E sarebbe?»
«Io non sono Bahamut.»
Forse fu per la sorpresa o per la falsa sicurezza della sua immortalità, ma il primo assalto di Nyx lo colse impreparato, e lo costrinse a parare con il braccio rinforzato. Osservò quegli occhi misti tra il blu e l’argento, e per la prima volta dopo anni sentì un freddo brivido di paura scorrergli lungo la schiena.
Devo liberarmi di lui, e in fretta, si ripromise: qualunque cosa fosse quella creatura, non era né divina né umana.
Era qualcosa a metà, e più potente di entrambe.
Lo spinse all’indietro e, prima che tornasse all’assalto, lasciò che il fumo nero lo avvolgesse, nascondendolo alla vista di quella creatura di luce, e permettendogli di scappare. Era quasi sicuro che avrebbe sentito il peso di quel potere entro pochi secondi, ma così non fu, e non gli fu difficile immaginare come mai.
«Nyx…»
La voce fievole dell’Oracolo spense l’ondata di rabbia e potere che l’aveva avvolto poco prima.
Le armi scomparvero, la luce si affievolì, e il dolore tornò.
Cadde in ginocchio accanto a lei, e lasciò che si abbandonasse sulle sue gambe.
La pozza di sangue si allargava sempre di più, contaminando il candore del suo abito, ma ciò che davvero fece preoccupare l’uomo fu che il dolore pungente della coltellata stava diminuendo, e ciò significava che Lunafreya stava perdendo la sensibilità del proprio corpo.
«Nyx…sei qui…»
Annuì piano, sentendo gli occhi pungere.
Strinse le mani della ragazza, non riuscendo a staccare gli occhi dal suo viso sempre più pallido.
«Mi sembrava di avervi detto che sono io l’eroe, qui.» Si costrinse a dire, e poi lo sentì.
C’era un secondo battito nel suo petto, un cuore sempre più debole, sempre più lento.
Alzò il viso e chiuse gli occhi, senza sentire il rombo assordante dell’acqua che vorticava, né i ringhi di Leviatano e il rumore cupo del marmo che si sgretolava.
Ti prego.
Solo il respiro forzato di Lunafreya contava.
Non qui, non ora.
Sentì le proprie mani tremare intorno a quelle, sempre più fredde, dell’Oracolo.
Non lei.
Le forze lo stavano abbandonando, ma non poteva cedere, non ancora.
«Nyx…Devi…»
«Non parlate.» La interruppe. «Sono qui, andrà tutto bene.»
Si chinò su di lei, la fronte sulla sua e, mentre chiudeva gli occhi, lasciò che una singola lacrima si tuffasse nel biondo dei suoi capelli.
 

 
Quando Noctis riaprì gli occhi, fu un brumoso cielo blu scuro ad accogliere il suo risveglio.
Dove sono?
Si mise in piedi e, abbassando lo sguardo sulle proprie mani, vide che non erano quelle ruvide e grandi, erano quelle morbide e sottili del sé stesso bambino.
«Noctis.»
Quella voce.
Si voltò di scatto, e fu quasi accecato dalla sua presenza.
«Luna. Cosa…cosa ci facciamo qui?»
La bambina bionda davanti a lui gli sorrise, con quel tono malinconico e pacato che l’aveva sempre caratterizzata. Si chinò a raccogliere un fiore dal gambo lungo e i petali blu, e ne annusò il profumo.
«Ricordi i fiori di Tenebrae, Noctis?»
Sentì gli occhi pungergli, e fece un passo verso di lei, prendendo il fiore che lei gli porgeva.
Annuì, incapace di distogliere gli occhi dal suo viso. «Certo. Luna…»
E all’improvviso lei era di nuovo adulta, splendida e triste come l’astro solitaria del quale portava il nome, e c’erano lacrime sul suo viso.
«Luna…no…» Sentì il proprio cuore spezzarsi mentre lei veniva trascinata via da quelle lunghe dita di nebbia fumosa, e cercò di raggiungerla, ma più correva verso di lei più lei era lontana.
«Luna!»
«Addio, caro Noctis.» Mormorò lei, tendendo una mano in un ultimo, disperato tentativo di un contatto che sapeva che non sarebbe mai giunto.
Una mano rugosa di cicatrici si strinse intorno alla sua e lei, voltandosi, incontrò un viso sfigurato dagli occhi blu.

 
 
 
 Capitolo deprimente per Halloween! Auguri!
 
 

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Capitolo 12
*** And I won't forget to put roses on your grave ***


Capitolo 12

And I won't forget to put roses on your grave
 
Riaprì nuovamente gli occhi, inspirando bruscamente per la prima volta da quelle che gli parvero settimane. L’aria era pungente e odorava di sangue e polvere.
Si guardò freneticamente intorno, e ciò che vide non fu il campo di fiori blu di Tenebrae, ma le pareti chiari e i mobili spartani di una stanza sconosciuta.
«Sei sveglio, finalmente.»
La voce di Ignis penetrò come un ago nella confusione, e lui vide che era seduto a poca distanza dal letto, appoggiato ad un bastone bianco. Portava gli occhiali come al solito, ma c’era qualcosa di diverso dietro le lenti.
«Iggy, cosa ti è successo?» Riuscì a borbottare, sedendosi al bordo del letto. Vide il suo amico sorridere mestamente mentre si toglieva gli occhiali, rivelando le brutte cicatrici che gli deformavano l’occhio destro, e l’altro occhio, opaco come un cielo invernale.
Il freddo invase il corpo di Noctis. «Sei…cieco? Come è…»
Ignis si alzò titubante, appoggiandosi pesantemente al bastone. «Ho fatto il mio dovere. Sarà il caso di andare dagli altri ora.» Propose l’uomo, e Noctis sentì il nodo alla gola stringersi.
«Luna?» Riuscì a domandare mentre si alzava titubante, sentendo il corpo protestare.
Ignis lo guidò piano tra i corridoi di quello che scoprì essere l’Hotel Leville, saggiando il terreno con il bastone. «Credo sia meglio che tu veda di persona.»
«Ignis, cosa è successo?» Gli domandò nuovamente, ma l’uomo non rispose, troppo concentrato a capire dove mettere i piedi facendo affidamento solamente sul bastone.
Capì che erano arrivati a destinazione dalla quantità di gente che si affollava nella stanza. Erano per la maggior parte sconosciuti, ma una chioma bionda attirò la sua attenzione. «Prompto!»
Si fece strada verso di lui ma, quando l’amico lo vide, lo raggiunse di corsa e lo spinse fuori dalla stanza, nel corridoio. Aveva una mano fasciata, ma per il resto sembrava illeso. «Noct, sei sveglio.»
«Luna, dov’è?» Chiese, ma sapeva che lei era là, oltre quella folla che gli impediva di vederla.
Scostò bruscamente il suo migliore amico, sentendo il cuore accelerare furiosamente i battiti, e andò a scontrarsi contro un petto muscoloso ricoperto di bende.
«Gladio, fammi passare!» Quasi gli urlò contro.
Perché tutti cercavano di tenerlo lontano da lei?
Il suo Scudo non si mosse di una virgola, e gli mise entrambe le mani sulle spalle, impedendogli di muoversi. «Noctis, devi sapere che ciò che è successo non è colpa tua. Quando hai sconfitto Leviatano il ponte dell’altare è crollato, ma non è colpa tua. Li hanno trovati insieme, loro…»
Fu troppo.
Scostò bruscamente entrambe le mani del suo difensore e si fece strada tra la folla.
Il suo corpo urlava di dolore ma lui lo ignorava.
C’era solo una cosa che contava.
I fedeli lo lasciarono passare quando si accorsero della sua identità, alcuni gli sfiorarono i vestiti mormorando “altezza” o suppliche, ma erano solo un’eco lontana nella sua mente.
C’erano due corpi, su letto matrimoniale al centro della stanza.
La testa iniziò a girargli mentre si avvicinava sempre di più.
Sembravano notte e giorno l’uno accanto all’altro, così rilassati che, se non fosse stato per il vestito candido macchiato di rosso, sarebbero sembrati addormentati.
«Nyx la stava proteggendo.» La mano di Prompto si posò sulla sua spalla. «Ha…ha impedito che il crollo dell’altare la schiacciasse.»
Si sottrasse alla mano dell’amico e ordinò al suo corpo di muoversi, trascinandosi fino accanto al letto.
«Luna…»
Era davvero sua, quella voce spezzata?
Ignis riprese la conversazione. «Non sappiamo perché Nyx non si svegli. Fisicamente sta bene, ma non dà segni di vita. Né lui, né Lunafreya. Sembrano entrambi in una specie di coma.»
Spostò lo sguardo sul viso bruciato del soldato. Ancora una volta, Nyx aveva fatto ciò che lui non aveva potuto.
«Fuori.» Mormorò, sforzandosi di respirare normalmente anche se si sentiva soffocare. «Uscite.»
Fu Gladio il primo a muoversi, ordinando a gran voce alla folla di levarsi di torno.
Una volta che il vociare fu solo un ricordo, Noctis si lasciò cadere in ginocchio accanto al letto, allungando le mani a prendere quelle dell’Oracolo.
Non era possibile che gli dei fossero così crudeli, pensò.
Li avevano tenuti separati per dodici anni, e ora che erano insieme, lei era fredda e immobile come una statua.
Per la seconda volta in poco tempo, Noctis sentì nuovamente il cuore spezzarsi, e si permise, da solo in quella stanza illuminata dal sole, di dare sfogo al dolore che aveva soffocato.
 

 
La luce fievole del Cristallo sembrava incolparlo.
«Oh, non esagerare.» Sbottò, continuando la sua camminata inquieta per la stanza.
Doveva capire chi, o cosa, era l’uomo che l’aveva attaccato ad Altissia.
 Aveva percepito una grande potere venire da lui, e aveva visto chiaramente le grandi ali metalliche di Bahamut aprirsi nel cielo. Ma non era possibile, pensò, Bahamut era rinchiusa nel Cristallo.
«Non esattamente.»
Il calore bruciante invase la stanza all’improvviso, dando fuoco al morbido tappeto che la ricopriva.
Ardyn sapeva cosa significava, e non si scompose quando Ifrit comparve davanti a lui in un’esplosione di fiamme e calore ustionante. «Che cosa significa?»
Il dio si avvicinò e allungò una mano verso di lui.
«Lascia che ti mostri.»
Il Cancelliere esitò. Ifrit era dalla sua parte, ma suo era il fuoco che corrodeva gli impuri attraverso l’Anello di Lucis, sue le fiamme punitrici.
Il calore s’intensificò, segno che il Dio si stava adirando, e Ardyn cedette.
Fece un passo avanti, posando la fronte sulla mano rovente di Ifrit, e chiude gli occhi.
Quando li riaprì non era più nella stanza del Cristallo, ma nella piazza di una città distrutta.
«Guarda là.» Ifrit gli indicò una profonda spaccatura nella piazza, e Ardyn fece qualche passo avanti, osservando il cadavere del Generale Glauca.
«Non è un brutto modo di andarsene, in fondo.»
La voce dell’uomo che l’aveva attaccato lo spinse a spostare lo sguardo più avanti.
Nyx Ulric era seduto sulle macerie, e l’aria fresca dell’alba stava portando via ciò che sembrava cenere dal suo braccio.
All’improvviso, però, la luce divenne più intensa, e Ardyn vide ciò che sembrava il fantasma di Bahamut calare sul soldato morente, l’armatura che scintillava sotto al sole, e fece un passo all’indietro, andando a sbattere contro Ifrit.
«Sei in un ricordo, la sua luce non può farti nulla.» Lo rassicurò la divinità, ma nonostante questo il Cancelliere sentì un brivido freddo di paura lungo la spina dorsale.
Vide Bahamut tendere le mani verso l’uomo, e lo scintillio brillante di qualcosa che sembrava una pietra, ma non lo era.
«Il Cristallo. Perché ha usato il Cristallo per salvarlo?» Si voltò verso Ifrit, che fece un cenno con la mano, disperdendo la visione e riportandoli nella sala. L’immensa pietra scintillava piano sul suo piedistallo, silenzioso e consapevole.
Ifrit si concesse un sorriso sprezzante. «Nemmeno tu sai cosa sia in realtà ciò che tanto cerchi. Il Cristallo, come lo chiamate, non è altro che il cuore di Bahamut, dentro il quale lei si è ritirata dopo la guerra. È la fonte del potere dei Re ma, a quanto pare, quando Ulric ha indossato l’Anello, Bahamut ha visto un futuro diverso da ciò che gli Antichi Re avevano decretato, e per quel motivo gli ha donato il suo cuore. Era l’unico modo di salvarlo, e aiutarlo a compiere il destino che lei ha scelto per lui.»
Ardyn sistemò meglio il cappello, osservando il dio del fuoco.
«Cioè?»
Le fiamme danzanti che comparvero all’improvviso gli fecero intuire che Ifrit trovava divertente la risposta.
«Ucciderti.»
 

 
La nebbia fluttuante che li avvolgeva sembrava diventare più fitta ogni secondo.
«Cosa ci fai tu qui?»
Nyx sorrise, osservando la ragazza inginocchiata tra i fiori. «Quello che ho sempre fatto. Resto al vostro fianco, qualsiasi cosa succeda.» Si strinse nelle spalle, ma lei sollevò lo sguardo, inchiodandolo con quel suo sguardo triste.
«Ma tu non dovresti essere qui, Nyx. Ti ho visto, non eri ferito.»
Un attimo di silenzio, e Nyx si massaggiò il petto cercando di far sparire quella sensazione di pesantezza. Sapeva cosa doveva fare, ma come avrebbe fatto a dirglielo?
«Ma tu si, Lunafreya.» Le rispose, abbandonando le formalità: erano inutili, in quel limbo tra la vita e la morte. Lei spalancò gli occhi, sorpresa quando comprese ciò che la sua frase significava.
Si alzò e gli venne incontro, abbracciandolo forte. «Oh Nyx, mi dispiace così tanto, è tutta colpa mia, io…»
Nyx inspirò a fondo il suo profumo di fiori, e quando parlò lo fece sulla sua spalla. «Non è vero. È stata una mia scelta, e se serve a salvarti, ne sono felice.»
Lei si allontanò, osservandolo con aria corrucciata. «Salvarmi? Ma, Nyx, ormai siamo qui, e lo sai cos’è questo posto.»
«Hm-hm. Ma tu devi andare via, Noctis ha bisogno di te, il mondo intero ha bisogno di te.»
Quando i suoi occhi si velarono di lacrime, Nyx sentì il cuore spezzarsi.
«Non voglio.» Scosse la testa, cercando di trattenerlo quando lui si allontanò.
E, nonostante il suo intero essere stesse andando in frantumi, Nyx le sorrise mentre la nebbia si apriva, lasciando entrare la luce.
«Salutami il Re.» Mormorò, lasciando che fosse lei a piangere per entrambi, mentre lui soffocava quel dolore che minacciava di divorarlo.
«Nyx!» Lunafreya cercò di raggiungerlo, di portarlo via con lei, ma ben presto la luce l’avvolse, e non lo vide più.
Quando lei fu sparita, Nyx espirò pesantemente, cercando di sciogliere quel nodo alla gola.
«Va bene così.» Si disse, ma sapeva benissimo che si stava prendendo in giro da solo.
Colse un guizzo con la coda dell’occhio, e si voltò.
«Non è da te arrenderti così.»
Nyx piegò le labbra in un breve sorriso a quel rimprovero. «Ciao, Crowe.»
 

 
«Noct!»
Gladio spalancò la porta, svegliando il sonno agitato del futuro re, che scattò a sedere.
«Che succede?» Domandò, temendo il peggio, ma c’era qualcosa di strano nel viso del suo Scudo.
Sembrava che stesse trattenendo un sorriso, e ciò lo fece accigliare.
«Primo, fai sparire la spada, magari.» Lo invitò l’uomo, e solo in quel momento Noctis si rese conto che, svegliandosi così bruscamente, aveva evocato un’arma senza nemmeno accorgersene.
La fece svanire e scese dal letto, buttandosi addosso la giacca sopra il pigiama.
«Perfetto, ora muoviti. Lunafreya è sveglia.»

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Capitolo 13
*** Fallen angel, just let go You don't have to be alone ***


Capitolo 13

Fallen angel, just let go
You don't have to be alone
 
Fu qualcosa di surreale entrare nella stanza.
L’intero mondo si ridusse alla figura vestita di bianco seduta sul letto.
Lei sembrò quasi accorgersi della sua presenza, perché si voltò appena lui entrò.
Il sorriso che le comparve sul volto cancellò tutti gli avvenimenti delle ultime settimane, e non poté fare a meno di ricambiarlo.
Si mossero insieme, ma fu Noctis a raggiungerla per primo, vicino al letto.
Ignorò il fatto che c’erano i medici con lei, che dietro di lui c’erano i suoi amici, solamente lei contava in quel momento.
Le prese il viso fra le mani, affondando le dita nei suoi capelli, e fece ciò che aveva sempre desiderato: la baciò all’improvviso, lasciando che fosse quel gesto a trasmettere ciò che aveva provato e provava in quel momento, tutta la gioia di rivederla e il dolore precedente.
Quando si separarono lui le sorrise. «Luna. Mi sei mancata così tanto.»
Lei arrossì, e Noctis la trovò adorabile. «Anche tu mi sei mancato, e sono felice che tu stia bene.»
Un fischio tra il divertito e l’ammirato li distrasse, ed entrambi si voltarono verso la porta. Prompto ridacchiò e si grattò la testa, imbarazzato nel trovarsi di fronte all’Oracolo.
Aveva sempre voluto conoscerla, e ringraziarla per ciò che aveva fatto per lui, ma ora che lei era lì, bellissima e sorridente, non riusciva a trovare le parole giuste.
Fu Noctis a fargli un cenno, a fargli capire che poteva avvicinarsi, che doveva parlare.
«Principessa…» Si schiarì la voce avvicinandosi, e poi piegò un ginocchio, chinando la testa davanti a lei. «Io…io sono Prompto.»
«Prompto! Tu hai guarito la mia Pryna!» La gioia nella voce di lei gli strappò un sorriso e, quando l’Oracolo si chinò a prendergli le mani e tirarlo in piedi arrossì, imbarazzato, e annuì.
«Sono io. Sono lieto di incontrarvi, finalmente.»
«Dammi del tu, per favore. E questo vale anche per voi.» Continuò Lunafreya, osservando Gladio e Ignis, fermi davanti alla porta.
Noctis sorrise nel guardare quella scena pacifica, ma poi si rese conto di una cosa. «Luna…se tu sei sveglia…perché lui non lo è?» Domandò, voltandosi verso il letto.
Quando Lunafreya gli strinse una mano, la sentì tremare. «Lui…» Le si spezzò la voce, e quando Noctis la guardò si asciugò bruscamente le lacrime. «Lui è rimasto per farmi tornare indietro.»
«Aspetta…è…è morto?» Fu Prompto a chiederlo, gli occhi lucidi.
E non riuscì a trattenere le lacrime quando Lunafreya annuì piano.
 

 
Gladio sospirò pesantemente osservando i suoi interlocutori. «Mi state ascoltando?»
«Cosa?» Prompto scosse la testa e alzò lo sguardo verso di lui, confuso, e lo Scudo del Re si concesse l’ennesimo sospiro esasperato. Prompto era stato con la testa fra le nuvole da quella mattina, e Gladio sapeva perché: dal suo braccio destro si muoveva piano nel vento una striscia di stoffa viola, la medesima che portavano, in posti differenti, tutti loro. «Lascia stare. Vai a riposarti, finiamo noi qui.» Gli concesse, e poi spostò lo sguardo verso le altre due persone nella stanza.
Noctis e Lunafreya non si erano separati per un istante, dal momento in cui lei si era svegliata la mattina prima, e anche in quel momento le loro mani erano intrecciate, la guancia di lei appoggiata sulla sua spalla.
Era bello vederli insieme, ammise a sé stesso, ma era doloroso sapere che dietro di loro avrebbero dovuto esserci qualcun altro, che invece mancava.
Solo in quel momento, osservando la striscia viola che dal suo polso scivolava sinuosa sulla mappa, Gladio capì che, nonostante Nyx Ulric fosse stato uno sbruffone, era loro amico e, ammise in silenzio, gli sarebbe mancato quel suo modo di fare quasi arrogante, ma sempre affidabile.
«Quindi, per recuperare il Cristallo dobbiamo andare a Gralea, il che ci permetterebbe di fare sosta a…»
«Galahd.» L’Oracolo e il Re parlarono nello stesso momento, ma fu Lunafreya a continuare il discorso. «Dobbiamo portare Nyx a Galahd, è la sua casa, credo che…che avrebbe voluto essere sepolto lì.» Gladio la vide deglutire a fatica, sforzandosi di mantenere il controllo, ma era una facciata inutile con lui.
Era cresciuto con Noctis, e si era fatto strada nel guscio freddo che si era dipinto intorno: leggere le emozioni altrui gli veniva facile, ormai. Lunafreya era affezionata a Nyx in modo particolare, lo riconosceva, e ciò rendeva Noctis geloso anche se, in cuor suo, sapeva che lei sarebbe sempre stata sua.
Il sole espanse lo scintillio del fermacapelli dell’Oracolo sulla mappa, e la luce si colorò di viola a causa del brandello di stoffa che lei vi aveva legato intorno. «Galahd.» Concesse, poi riprese a parlare. «Oltre a Galahd, saremo a poca distanza da una Tomba degli Antichi, dove potrai recuperare un’altra arma, Noct.»
Il futuro re annuì in silenzio. Gladio aveva sentito lui e Lunafreya parlare per ora, la notte prima, li aveva sentiti ridere, aveva sentito lei piangere, e lui consolarla. Erano due pezzi di uno stesso puzzle, finalmente ricongiunti. «E poi inizieranno i problemi, perché saremo in territorio imperiale. Ci saranno addosso daemon e soldati da ogni parte, se non faremo attenzione.»
«L’Anello potrebbe proteggerci.» La voce di Ignis lo fece quasi sobbalzare: silenzioso com’era stato fino a quel momento, Gladio si era quasi dimenticato della sua presenza. Aprì la bocca per rispondergli, ma Noctis lo precedette. «L’Anello proteggerà me, Gladio e Prompto. Tu resterai con Luna, in un posto sicuro.»
«Cosa? Noct, posso badare a voi anche così.»
«Questo è il punto, Iggy.» Gladio intervenne prima che la situazione degenerasse. Ignis era la persona più paziente che conoscesse, ma Noctis, e lui lo sapeva bene, aveva il talento particolare di toccare i nervi giusti per far infuriare qualcuno. «Non devi badare a noi, ma a te stesso. La tua ferita è molto più grave delle nostre, e ti impedirebbe di essere al sicuro sul campo di battaglia.»
L’ormai ex cuoco del gruppo si alzò, rassegnato. «D’accordo. Vuol dire che la mia presenza qui non è necessaria.»
Restarono in silenzio finché lui uscì, evitando di confonderlo con i suoni delle loro voci, poi il futuro re riprese la parola, rivolgendosi alla sua promessa sposa. «Luna, nemmeno tu puoi venire con noi, è troppo pericoloso.»
«Ma tu hai bisogno di me!» Esclamò lei, accigliandosi. «Hai bisogno dell’Oracolo al tuo fianco.»
Noctis indurì lo sguardo, e Gladio pensò che stava per fare un casino, e che era ammirevole che riuscisse a parlare in quel modo alla donna che amava. «Ho bisogno dell’Oracolo vivo. Nyx si è sacrificato per riportarti da me, non sprecare il suo gesto.»
Ecco come ci si sentiva, pensò Noctis all’improvviso.
Ecco perché Nyx si era infuriato, quella sera a Caem.
Voleva onorare il gesto che suo padre aveva compiuto, e che lui stava sprecando perché non ci dava peso.
«Pensi forse che passi anche solo un minuto al quale io non pensi al perché sono viva, Noctis?»
«Lunafreya, non intendeva dire…»
«Zitto.» E Gladio si zittì, perché in fondo lei era la sua Regina, e perché non c’entrava molto con la conversazione. Nyx era qualcosa che legava quei due, come se fosse una barriera protettiva che li teneva uniti e al sicuro: senza di lui probabilmente sarebbero andati alla deriva.
Noctis si alzò mentre la giovane donna faceva altrettanto. «Luna, so che cosa è successo, e non ti sto incolpando. Voglio solo dire che devi stare al sicuro, altrimenti sarà stato tutto inutile.»
Lunafreya esitò un attimo, sembrando combattuta tra il continuare quelle fiamme che continuavano a crescere o smorzarle subito. Alla fine optò per l’ultima opzione e annuì. «Ne sono consapevole. D’accordo, non verrò con voi, ma non voglio stare qui. Io e Ignis ci fermeremo a Galahd, è un posto meno noto di Altissia, e l’Impero non verrà mai a cercarci laggiù.»
«D’accordo. Ora vi conviene andare a parlare con il Primo Ministro, non sarà contenta del casino che abbiamo combinato.» Ancora una volta Gladio intervenne, lanciando un’occhiata severa a Noctis quando stava per ribattere.
Si lasciò cadere sulla sedia solo quando loro due furono usciti, e sollevò il polso, osservando la danza pigra della stoffa nell’aria.
«Sei stato pigro, Nyx.» Mormorò. «Troppo facile andarsene lasciando i problemi agli altri.»
 

 
«Come mai sei qui, Crowe?»
La donna si strinse nelle spalle e inarcò un sopracciglio. «Io sono morta. E tu?»
Nyx esitò un attimo. «A quanto pare lo sono anch’io, finalmente.»
«Finalmente? È questo che vuoi?» Gli domandò lei, curiosa.
Nyx la osservò prima di rispondere. Era lei, la Crowe dall’aspetto selvaggio che aveva sempre conosciuto, la stessa Crowe che l’aveva salutato quel pomeriggio nel parcheggio.
Crowe dagli occhi di tenebra, come la chiamavano i novellini delle guardie.
Dopo la sua morte era andato tutto a rotoli. «Non lo so. Voglio la pace, e voglio…»
«Cosa vuoi, Nyx? Per tutto questo tempo l’hai sempre saputo, quindi dillo.»
«Tu cosa ne sai?» Le domandò all’improvviso, incuriosito dalla sua frase, e la vide sorridere.
«Secondo te? Tutte le volte che mi hai visto, cosa hai pensato?»
Nyx ridacchiò. «Pensavo di essere diventato pazzo, ma a quanto pare non era così, giusto?»
Crowe annuì. «Sono sempre stata con te, quando avevi bisogno di me.»
«Quindi…Perché sei qui?»
La donna alzò gli occhi al cielo. «Cosa vuoi veramente, Nyx?»
«Voglio che Lunafreya sia felice.» Sospirò Nyx, arrendendosi all’evidenza. «Voglio che il suo destino non sia quello di essere un oggetto nelle mani degli dei, voglio che Noctis impari ad essere un buon Re.»
Sorrise e si alzò dal campo di fiori. «Voglio che Ignis impari a dire cosa pensa, e non ciò che è giusto. Voglio che Gladio mi batta in un duello. Voglio portare Prompto a Galahd, gliel’ho promesso.»
Crowe ricambiò il suo sorriso e si avvicinò a lui con quella cupa grazia da pantera che l’aveva caratterizzata in vita. «Vai avanti. Lo so che non hai finito.»
Aveva ragione, si rese conto Nyx. D’altronde, lei e Libertus l’avevano conosciuto come nessun altro. «Voglio portare dei fiori sulla tua tomba, voglio assicurarmi che Libertus stia bene, che tutti stiano bene, a casa.»
«E?»
Nyx strinse i pugni, sentendo la rabbia montargli nel corpo.
Le scintille scattarono dalle sue dita, bruciando i fiori intorno a lui. «E voglio vedere Ardyn Izunia morire nel peggior modo possibile.»
«Bene! Quindi?» Gli chiese con un tono allegro che lo sorprese.
«Quindi cosa?»
La vide tendere le mani, e all’improvviso sopra di esse comparvero i suoi pugnali.
Li prese con titubanza, e all’improvviso gli sembrò di non essere più in un limbo fluttuante: sentiva il peso delle armi, l’uniforme che grattava contro la pelle, l’aria che gli sfiorava il viso.
«Quindi cosa ci fai ancora qui?
»

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Capitolo 14
*** You're The Pulse In My Veins, You're The War That I Wage ***


 Capitolo 14
 

You’re the pulse in my veins
You’re the war that I wage
 
Tolse la fasciatura e chiuse lentamente la mano, sentendo la pelle tirare.
La ferita si stava rimarginando, per fortuna, e sarebbe bastato un guanto un pochino più lungo per nasconderla, quando non sarebbe stata altro che una cicatrice.
Sospirò piano e prese le bende nuove che un medico gli aveva lasciato.
La luce della luna entrava timidamente dalla finestra, permettendogli di vedere la sua mano, e meno ciò che era sul letto. Si fasciò lentamente la mano, ascoltando il suono del suo stesso respiro, poi si alzò per andare a chiudere la finestra, dato che la notte di Altissia si stava facendo particolarmente fredda. Si appoggiò al davanzale, ed estrasse la foto dall’album: Nyx stava sorridendo come se non ci fossero problemi, quel ghigno che ormai aveva imparato a conoscere.
«Lo sapevi che sarebbe finita male, vero?» Chiese in un mormorio al viso nella foto e, subito dopo, rischiò di prendersi un infarto.
«Lo sospettavo.» Gli rispose la voce alle sue spalle, e quando si voltò rimase pietrificato.
Nyx era seduto sul letto, i gomiti appoggiati alle ginocchia, e gli stava sorridendo.
«Sono impazzito, perfetto.» Si arrese Prompto. «Vedo i fantasmi, ora.»
Il soldato rise e si alzò dal letto. «Se fossi un fantasma potrei fare questo?» Gli domandò, avvicinandosi a lui e bloccandolo con un braccio intorno alle spalle. Gli spettinò i capelli con la mano libera, e Prompto non poté fare a meno di accettare la situazione.
«Sei vivo!» Esclamò con una risata sollevata, e Nyx annuì. «A quanto pare non mi vogliono nel mondo dei morti.»
Il biondo gli sorrise. «Sei troppo irritante per loro?»
«Sembra di sì.» Nyx stette al gioco, sentendosi stranamente rilassato.
Era la seconda volta che la morte lo allontanava da sé a calci, e sperò che non diventasse un abitudine. Quando aveva riaperto gli occhi non si era aspettato di vedere qualcuno al suo fianco, eppure Prompto era là, davanti alla finestra, e non aveva resistito alla tentazione di annunciarsi in modo teatrale. 
«Hey, e questo cos’è?» Domandò, prendendo tra due dita la striscia di stoffa viola che penzolava dal braccio del ragazzo. Prompto sembrò imbarazzato, e si strinse nelle spalle, ma quando parlò lo fece con voce mesta.
«Abbiamo tutti una striscia simile. Era…era per te.» Ammise, e Nyx sentì che quel piccolo, all’apparenza insignificante gesto, gli si era piantato per sempre nel cuore: non si erano dimenticati di lui, e avevano voluto onorarlo portando i suoi colori. Piegò le labbra in un sorriso e scompigliò nuovamente i capelli disordinati del ragazzo.
«Grazie.»
E il suo ringraziamento gli fece guadagnare un sorriso soddisfatto.
«Allora, visto che sei…vivo.» Era incredibile dirlo, pensò Prompto, visto che fino a cinque minuti prima l’aveva considerato morto. «Verrai con noi a Galahd, giusto?»
«A Galahd? Cos’ha il re da fare laggiù?» Domandò, incuriosito, allontanandosi da Prompto e mettendosi a girovagare per la stanza, aprendo l’armadio per primo.
Il pistolero scrollò le spalle. «Ora nulla, immagino. Lunafreya e Noctis volevano seppellirti a casa.»
Confessò, e quella frase fece fermare Nyx per un attimo. «Sarebbe stato un bel gesto.» Ammise, e poi aprì la cassa riposta nell’ultimo ripiano dell’armadio. I suoi pugnali scintillarono come a voler salutare il suo ritorno e, quando il soldato li impugnò sembrarono infondergli nuova forza: erano i suoi compagni affidabili, che non l’avrebbero mai abbandonato e mai deluso.
«Immagino che dovrei dire agli altri che mi avranno tra i piedi ancora per un po’.»
«Non ti conviene ora, stanno dormendo tutti.» Prompto indicò la luna fuori dalla finestra, e Nyx sorrise, ma poi notò una cosa.
«E tu cosa ci facevi qui?» Domandò, incuriosito. Prompto gli stava simpatico, era stato così dal primo momento che aveva visto quel ragazzo impacciato. Lui si strinse nelle spalle. «Io…pensavo che non fosse giusto lasciarti solo.» Sospirò, e Nyx s’intenerì.
«Dai, andiamo. Non ha senso restare qui, e ho bisogno di sgranchirmi le gambe.»
Prompto annuì, e insieme uscirono dal palazzo, nella notte stellata di Altissia.
 

 
L’alba li trovò ancora impegnati nell’allenamento improvvisato che aveva iniziato durante la notte.
Con sorpresa di Nyx, era stato Prompto a chiederlo, sostenendo di non sentirsi all’altezza degli altri.
«Sarai il più utile tra noi, in territorio imperiale.» Ammise Nyx, soppesando le due pistole, e strappando un sorriso al biondo. Prompto sembrava ormai aver preso confidenza con i pugnali.
«Se lo dici tu.» Ammise, asciugandosi la fronte con una mano.
Allenarsi con Nyx era come una marcia forzata nel deserto, ammise a sé stesso, e nonostante si fossero scambiati le armi per cambiare stile di lotta, si sentiva in pace con sé stesso. L’ex membro delle guardie reali era un treno in corsa, a combattere, veloce, agile e inarrestabile, ma quelle caratteristiche spingevano il suo avversario a dare il meglio di sé in ogni momento.
«Spade e pugnali saranno meno utili di un proiettile ben piazzato a distanza.»
«Prompto! Che cosa ci…fai…qui.» La voce di Noctis s’insinuò nella loro conversazione, e Nyx lo vide bloccarsi appena incrociò i suoi occhi. Attese, e poi il futuro re si mosse verso di lui senza dire una parola e lo abbracciò, stringendolo brevemente a sé. Nyx ebbe a malapena il tempo di vedere la stoffa avvolta intorno all’avambraccio del sovrano prima che lui parlasse.
«Nyx. Non so come tu abbia fatto, ma grazie.»
«Per…per cosa?» Domandò l’uomo, confuso da quella dimostrazione d’affetto improvvisa. 
Noctis gli sorrise, e per la prima volta Nyx non vide quella sfumatura cupa nel suo sguardo. «Hai riportato Luna da me, senza curarti della tua vita.»
Il soldato sorrise e scrollò le spalle. «Era il minimo che potessi fare. Lei…sta bene?»
«Si.»
Fu come se il mondo si annullasse, e Nyx sentì di nuovo quel secondo battito cardiaco nel petto, ma era forte e sicuro, ora, e sincronizzato con il suo.
Superò Noctis, e lei era là, bellissima, luminosa e sorridente.
È viva.
S’incontrarono a metà strada, e lei gli si buttò tra le braccia come aveva fatto quel giorno nella grotta, quando aveva paura che lui non sarebbe tornato. Era così minuta e così concreta nel suo abbraccio, pensò Nyx, ed era meraviglioso averla lì, quando aveva pensato che non l’avrebbe più rivista.  «Nyx, il mio Nyx, sei qui, sei vivo.» Mormorò lei, in un misto di risa e lacrime che gli fece sciogliere il cuore.
«Avevo promesso che sarai sempre tornato dalla mia regina.»
«Noi andiamo.» Fu una sorpresa sentire la voce di Noctis pronunciare quelle parole, ed entrambi si voltarono verso lui e Prompto per un attimo. Nyx incrociò il suo sguardo, e gli fece un breve cenno di ringraziamento, che lui ricambiò con un breve sorriso, poi trascinò Prompto lontano da loro.
Nyx si morse la guancia cercando di trattenere un sorriso ma, quando le due figure furono lontane, tornò a dedicare la propria attenzione a Lunafreya.
Affondò le mani nei suoi capelli, godendosi quella sensazione di morbidezza, e lei si abbandonò alle sue mani, senza riuscire a staccare gli occhi dal suo viso.
«La mia regina.» Mormorò, sentendo quelle semplici tre parole come la sua verità assoluta.
Lunafreya era la sua regina, l’unica ragione per cui era morto, e per la quale era in vita.
Sorrise di nuovo quando vide il fermacapelli con la striscia di stoffa viola nel biondo. «State bene?»
L’Oracolo annuì, le mani appoggiate sul cuore del suo Scudo. I loro battiti erano all’unisono, sincronizzati come se fosse un cuore solo. «Ora che sei qui sì. Nyx, cosa è successo all’evocazione? Mi ricordo che sei arrivato, e poi mi sono svegliata nel limbo, ma perché eri là?» Confessò lei, accigliandosi lievemente.
L’uomo soppesò un attimo la risposta, poi decise per la sincerità assoluta. «Sono venuto da voi perché sapevo che era il posto giusto dove avrei dovuto essere. E quando Ardyn vi ha pugnalata, io…»
Io mi sono sentito morire all’idea di perderti.
«…Io ho sentito lo stesso dolore, e ho subito la stessa ferita. Non so come, non perché, ma quando siete morta, sono morto anch’io.» Mormorò, sentendo il cuore impazzito come se volesse uscirgli dal petto. Era stato come se il suo intero essere fosse fatto a brandelli, masticato, sputato e calpestato mentre lei moriva tra le sue braccia.  Ebbe un brivido involontario, e lei gli si strinse contro, comprendendo ciò che gli passava per la mente.
Intrecciò le dita alle sue e gli sfiorò la guancia ustionata con un bacio lieve. «Sono qui, mio angelo.» Mormorò, sorridendogli piano. Nyx era qualcosa di feroce, splendido e unico, e lei era fiera di averlo al suo fianco. «Sono qui grazie a te, e sarò qui per sempre.»
Lui annuì e, insieme, stettero a guardare l’alba che sorgeva sulla devastazione di Altissia.
Lo stesso sole che, qualche metro più lontano, stava scintillando sullo schermo del telefono di Prompto. «Noct, stai bene?» Domandò il ragazzo, osservando il suo migliore amico, impegnato in una pesca pigra nelle acqua intorpidite dalle macerie.
«Perché non dovrei?» Fu la pacata risposta.
«Beh, hai lasciato Lunafreya con Nyx, e quei due si adorano, è ovvio, e pensavo che…»
Un guizzo di lenza, e un piccolo pesce dalle scaglie d’argento stava dondolando nel vuoto. «Nyx ha protetto la mia città, vendicato mio padre, e salvato la mia sposa.» Lo interruppe, stringendosi nelle spalle. «Non potrei chiedere nessuno migliore, al fianco di Luna e, anche se vorrei che fosse completamente mia, una parte di lei è innamorata di Nyx, e di tutto ciò che ha fatto per lei. E Nyx…Ogni suo respiro, ogni suo gesto, ogni pensiero, sono per lei, è chiaro. Non volevo rovinare il momento della loro riunione, visto che pensavano non si sarebbero più rivisti.»
«Molto maturo, Noct.» La voce di Ignis s’insinuò nella loro conversazione, e fece sorridere il futuro re. «Grazie. Novità?»
Il cieco annuì. «Decisamente sì. Andate a fare le valigie, partiamo stasera.» 

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Capitolo 15
*** And I Found In You What Was Lost in Me ***


Capitolo 15

And I Found In You
What Was Lost in Me
 
Il vento marino gli scompigliava i capelli, ma era l’ultimo dei suoi pensieri.
Chiuse gli occhi e inspirò a fondo l’aria fresca della notte sul mare.
Erano salpati da poco da Altissia, e lui avrebbe voluto poter conservare quel momento in eterno.
Non c’era rabbia, né dolore, né morte, sullo yacht reale.
«Nyx!»
C’erano sole i consigli pacati di Ignis, le risate di Prompto, gli sbuffi di Gladio che portava i piatti e i suoi rimproveri al principe pigro.
«Nyx, non mi hai sentito?»
Sorrise nel sentire le dita sottili avvolgersi intorno alle sue.
C’era Lunafreya. «Perdonatemi Principessa.» Riaprì gli occhi e si voltò a guardarla, incapace di non sorridere davanti al suo ciglio accigliato. «Ero sovrappensiero.» Si strinse nelle spalle, e lei non fece ulteriori domande, limitandosi a tirarlo verso il piccolo tavolo al centro del ponte.
Sedettero insieme, Lunafreya tra lui e Noctis, e al soldato non sfuggì il breve sorriso sul viso del principe quando lo raggiunsero. Non sapeva cosa gli passasse per la testa, ma sembrava molto più rilassato, ora, a vederlo accanto alla sua futura sposa.
«La cena è servita!» Esclamò Prompto, salendo le scale con le braccia cariche di vassoi pieni di cibo, mantenendo un equilibrio precario.
Quando rischiò di inciampare fu Gladio ad intervenire, sfruttando il braccio libero per sostenere il ragazzo, che lo ringraziò con una risata imbarazzata prima di posare i vassoi e prendere il proprio posto accanto a Nyx.
«Iggy ci ha guidati passo passo, quindi fate attenzione ai commenti, perché è come se avesse cucinato lui.» Li redarguì il biondo, strappando una risata al cuoco cieco. «E ora, buon appetito!»
Era la prima volta che erano tutti insieme nella calma, pensò Nyx mentre iniziava a mangiare. Per un motivo o per l’altro erano sempre stati separati, ma ora erano lì, pensò guardandoli uno ad uno.
Ignis e la sua espressione sempre accigliata, logico e saggio.
Gladio, con la sua figura imponente e il cuore d’oro.
Prompto e i suoi sorrisi improvvisi e luminosi, un guscio intorno ad un nucleo innocente e affettuoso.
Noctis, il controverso e irritante futuro sovrano, che nascondeva una mente matura dietro un atteggiamento infantile.
La sua risata era come un balsamo sul cuore. La sua Lunafreya.
«Allora, che ne dite di un gioco?»
«Tipo indovina quanto tempo passerà prima che Nyx si faccia uccidere di nuovo?» Fu Noctis a chiederlo, scherzando, ma la sua battuta gli fece guadagnare una gomitata nel fianco dall’Oracolo.
Nyx rise. «Ooh, questa era pungente.» Ammise, spostando lo sguardo sul principe. «Ho io un gioco: indovina quanti secondi Noctis reggerà contro di me?»
«Te la sei meritata, Noct. Mi hai fatto fare una figuraccia perdendo così in fretta.» Commentò Gladio, poi si rivolse all’unico fra di loro che era un vero soldato.
«Nyx.»
«Hm?»
«Allenaci.»
Nyx rischiò di strozzarsi con il boccone che stava mangiando, e tossì un paio di volte prima di rispondere. «Cosa? E perché io?»
«Eri tra le guardie reali, la protezione più efficace della città, e combatti come se l’avessi sempre fatto. Chiunque ti abbia addestrato ha fatto un bel lavoro, e voglio che questo branco di scapestrati sia in grado di difendersi.»
«Ulric! Più veloce!»
La voce tagliente del suo addestratore lo fece scattare sull’attenti.
«Sissignore!» Obbedì, eseguendo di nuovo lo schema d’attacco.
«Meglio. Hai del potenziale, ragazzo.»
«Grazie, Generale Drautos.»
«Si.» Mormorò, passandosi una mano fra i capelli. «Davvero un bel lavoro…»
«Tutto bene, Nyx?» Luna gli posò una mano sulla spalla, attirando la sua attenzione. Le sorrise brevemente, ma lesse comprensione nel suo sguardo. Lei gli leggeva dentro, leggeva la stanchezza della guerra negli occhi del soldato, il dolore sepolto dei compagni perduti.
«Si, Principessa, grazie.»
Prompto scattò in piedi, rischiando di ribaltare il tavolo, e spezzò quel clima teso. «Perfetto! Al lavoro, allora!»
«Adesso?»
Nyx non poté fare a meno di essere d’accordo. «Dobbiamo passarlo il tempo, in qualche modo, e non c’è nulla di meglio di una nave sull’oceano per acquistare l’equilibrio necessario a lottare.»
Poco dopo, quando ebbero liberato il ponte, Nyx notò Ignis in disparte. Gli si avvicinò in silenzio, estrasse uno dei suoi pugnali e glielo mise tra le mani. «Tu ti alleni con me.»
«Ma…»
Nyx sorrise. «Non ti servono solo gli occhi per lottare, Ignis.»
E fu lieto di vedere la mano dell’uomo stringersi intorno all’elsa del kukri.
 

 
La mattina dopo erano arrivati al treno che li avrebbe portati a Galahd prima, e a Gralea poi, e furono tutti sorpresi di scoprire che, nonostante avesse diversi vagoni, sarebbe stato tutto per loro.
«Datemi un letto vi prego!» Si lamentò Prompto, massaggiandosi la mano fasciata.
Tra di loro, Gladio sembrava l’unico meno provato dalla nottata di allenamenti, e d’altronde, era anche il più abituato agli sforzi fisici. «L’hai chiesto tu, biondo. Non lamentarti.»
«Cosa? È stata una tua idea!» Si lamentò il ragazzo, e la loro amichevole discussione continuò lungo tutto il vagone, finché non sparirono oltre la porta.
Nyx ridacchiò tra sé e sé, e si appoggiò al bancone del vagone ristorante, osservando il liquore nel bicchiere. Non era mai stato un gran bevitore, ma aveva bisogno di qualcosa che lo stordisse momentaneamente.
Da quando si era risvegliato dalla morte, c’era stata quella strana sensazione di pesantezza nel petto, come la nuvola di una tragedia in arrivo, e lui iniziava ad essere stanco.
Stanco di vedere morti nella sua vita, i suoi amici, la sua famiglia.
Sospirò pesantemente e ingoiò ciò che restava nel bicchiere.
Quando sarebbe finita, quella storia?
Quando avrebbe potuto finalmente avere la pace che cercava?
«Hey, Nyx.»
Spostò a malapena lo sguardo su Noctis mentre si sedeva accanto a lui.
Sollevò il bicchiere in un muto brindisi. «Noctis.»
«Non ti hanno che è maleducato bere da soli?» Scherzò il futuro sovrano, ma poi notò l’espressione dell’uomo al suo fianco. «Sei sicuro di stare bene?» Domandò in un mormorio, e Nyx sorrise mestamente.
«Sta diventando un’abitudine, farmi questa domanda?»
«Ci preoccupiamo per te. Fai parte della famiglia ora, è normale.» Noctis scrollò le spalle e prese un bicchiere per sé, senza sapere che quella semplice frase aveva scosso Nyx più di quanto desse a vedere: la sua vera famiglia era ormai cenere nel vento, anche le guardie reali erano solo un ricordo, e ora quel ragazzino che aveva considerato arrogante e debole gli stava dando un’ancora di salvezza.
«Forse non sei così male, Altezza.» Scherzò mentre Noctis gli riempiva di nuovo il bicchiere.
Il ragazzo sorrise. «È un bel complimento, fatto dallo Scudo della Regina.»
Quando Nyx si limitò ad inarcare un sopracciglio, Noctis abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere.
«Nei due giorni in cui eri morto, Luna non era sé stessa. Era finalmente al mio fianco, ma in realtà era come se una parte di lei fosse lontana, persa.» Tornò a guardarlo e, quando incrociò quegli occhi malinconici, seppe che aveva ragione, e che le sue prossime parole erano le più giuste che avesse mai pronunciato.
«Voglio che, quando ci saremo ripresi la Capitale, tu assuma ufficialmente il ruolo di suo Scudo. Sei morto, per lei, e non c’è nessun altro che vorrei per proteggerla.»
Nyx sorrise e sollevò nuovamente il bicchiere. «A me, allora.» Parlò in tono scherzoso, ma qualcosa dentro di lui si strinse.
Sarebbe stato presente, quando Insomnia sarebbe stata riconquistata?
Il bicchiere di Noctis produsse un suono cristallino contro il suo. «A te.»
Bevvero insieme e poi, per la seconda volta, Nyx rischiò di restare secco.
«Accompagnerai Luna all’altare, quando la sposerò?»
Tossì di nuovo, poi annuì e sorrise. «Volentieri, Altezza.»
Rimasero al bancone per un po’, a bere e parlare di cose inutili, ed entrambi dimenticarono, almeno per il momento, l’oscurità che si addensava al di fuori del treno.
 

 
«Forza.» Lo incitò ancora una volta, e Ignis si lanciò contro di lui.
Nyx si limitò a spostarsi di lato, facendo finire l’uomo contro la parete dietro di lui. Lo sentì mormorare un’imprecazione a denti stretti, e non poté fare a meno di comprenderlo.
Doveva essere terrificante, perdere l’uso della vista che avevi avuto tutta la vita, e trovarti a brancolare nel buio, costretto a imparare nuovamente i movimenti da compiere.
«Ignora tutto il resto.» Gli spiegò pazientemente, e la voce di un ricordo echeggiò la sua.
«Ignora tutto il resto, Ulric.» Drautos gli camminava intorno, a passi cadenzati. «Concentrati sui suoni. I passi, il respiro, il suono delle lame.»
Nyx inspirò a fondo, cercando di ignorare l’istinto di strapparsi la benda dagli occhi.
«Combatti e schiva senza vedere, e nessuno riuscirà a toccarti.»
Era stato lo spostamento di un battito d’ali di farfalla, ma era stato sufficiente.
La sua mano chiusa a pugno era affondata nello stomaco del Generale.
Si concesse un sorriso soddisfatto nel ripensare a quella scena, ma si smorzò subito.
Se avesse capito prima, il Re sarebbe stato ancora vivo.
Il rimorso gli chiuse ancora una volta lo stomaco, e sentì il movimento in ritardo: bloccò la mano di Ignis ad un soffio dalla sua faccia e sogghignò di nuovo. «Complimenti, stavi quasi per prendermi. Come hai fatto?»
Ignis abbassò il braccio e si strinse nelle spalle. «Non lo so. Per un attimo è stato come se vedessi la tua energia chiara davanti a me, e ho saputo dov’eri.»
«Iggyyyyyyy!» La voce squillante di Prompto tagliò l’aria, e l’ex cuoco sospirò con un sorriso proprio mentre il ragazzo entrava nel vagone, e là si bloccava.
«Oh, Nyx, ciao. Non sapevo che foste insieme.» fece notare, e Nyx si limitò a stringersi nelle spalle.
Ignis era venuto da lui due giorni prima, la prima sera di viaggio, nel vagone ristorante dopo che Noctis se n’era andato, e gli aveva chiesto di allenarlo singolarmente, di aiutarlo a riprendere il controllo di sé stesso e dei suoi movimenti.
«Perché sei qui, Prompto?» Domandò pacatamente Ignis, afferrando il bastone che aveva temporaneamente abbandonato.
«Oh già. Siamo arrivati.»
Nyx sentì la scarica di adrenalina scoppiargli nel corpo, come un colpo che riverberava dal petto in tutto il suo essere. Scattò all’improvviso, superò il biondo e corse fino all’uscita del treno.
Spalancò la porta mentre l’immenso mezzo di trasporta si fermava, e inspirò a fondo.
C’era odore di erba appena tagliata, carne sul fuoco e legna bruciata.
«Casa.» Mormorò piano, osservando le distese verdi che precedevano Galahd. Gli alberi erano in frutto, notò, e gli operai zelanti stavano raccogliendo quei doni sotto il sole cocente del mattino.
Non attese nemmeno che il treno si fermasse del tutto, e saltò giù sulla pietra della stazione, guardandosi intorno, beandosi di ogni angolo.
Ricordava quel posto.
Era stato Libertus a trascinare lui e Crowe fino a lì, mentre la città bruciava in sottofondo.
Loro, e decine di altri rifugiati.
«Nyx, muoviti, dobbiamo andare!»
Non ci aveva mai fatto caso, notò in quel momento: se non fosse stato per Libertus lui sarebbe morto là, troppo stordito all’idea che sua madre e sua sorella erano morte sotto i suoi occhi per potersi muovere.
Sentì i movimenti alle proprie spalle, ma li ignorò e imboccò il sentiero che portava direttamente alla città dalla stazione. «Nyx, aspetta!» Fu Gladio a chiamarlo ma, nonostante si rendesse conto che stava quasi correndo, non si fermò.
Dodici anni erano passati, da quando aveva abbandonato la sua casa distrutta, e ora la ritrovava prosperosa e rumoreggiante come la ricordava. Anche se non c’erano stati cancelli, all’entrata della città, quando viveva lì. La cosa lo lasciò interdetto per un attimo, ma poi la guardia si rese conto di chi era.
«Nyx! Ce ne hai messo di tempo!»
Quella voce era inconfondibile anche sotto l’elmo, e Nyx rise mentre stringeva brevemente a sé il guardiano della porta. «Beh, valgo la pena di aspettare.» Scherzò mentre l’uomo si toglieva l’elmo dell’uniforme.
Si strinsero nuovamente la mano.
«Ciao Libertus.»
«È bello rivederti, eroe.»
«Maledizione Ulric, ti davano fulmini da mangiare da bambino?» La voce ansimante di Gladio interruppe la loro riunione e strappò un sorriso ad entrambi. Nyx si allontanò e indicò ad uno ad uno i componenti del suo nuovo gruppo.
«Libertus, permettimi di presentarti Gladio, il figlio di Clarus e lo Scudo del Re. Lui e Ignis, il consigliere del re, e lui è Prompto, il migliore amico del re.» Mentre li presentava si salutarono, e poi arrivarono gli ultimi due componenti del gruppo.
Libertus si portò una mano sul petto e si profuse in un inchino. «Altezza. Principessa.»
Lunafreya gli dedicò un sorriso smagliante. «Libertus! È bello vedere che sei tornato a casa sano e salvo.»
Noctis gli fece un cenno. «Alzati pure.» Mormorò, e Nyx sorrise nel notare che sembrava quasi imbarazzato a comportarsi come un re davanti a gente che lo trattava come tale, e non come un amico.
«Andiamo, voglio vedere gli altri.» Esortò Nyx, e si affiancò a Libertus mentre i cancelli della città si aprivano per lasciarli passare. E non poté fare a meno di cogliere le parole di Noctis.
«Un giorno mi racconterai come hai conosciuto questi due, esattamente.»
«D’accordo.» Gli concesse Luna con un sorriso divertito.
 

 
Era quasi da vertigini, tutta quella gente che lo abbracciava, e gli dava pacche sulle spalle.
E fu ancora più strano scoprire che anche i bambini che non l’avevano mai visto di persona conoscevano storie su di lui, anche se sospettò che fosse opera di Libertus, e dei pochi delle guardie reali che erano tornati a casa con lui.
Li aveva rivisti tutti, e aveva dimenticato il tradimento ad opera di Drautos, e la falsa promessa dell’Impero: erano famiglia, e non avrebbe mai potuto provare risentimento per loro.
La festa che gli abitanti avevano organizzato nel giro di un pomeriggio per loro era rumorosa, colorata e così familiare che Nyx si sentì trascinato indietro nel tempo.
«Sarebbe bello se Crowe fosse qui.» La voce di Libertus lo raggiunse prima del suo padrone, e lui annuì. Crowe avrebbe fatto qualche commento tagliente sul fatto che Lunafreya stava ballando con Prompto perché il suo futuro sposo si era rifiutato di ballare, o sulla velocità con cui Gladio aveva trovato una compagnia femminile con la quale condividere la serata.
«Dov’è?» Domandò Nyx, e Libertus non chiese spiegazioni, si limitò a fargli cenno di seguirlo.
Si allontanarono dal centro festeggiante della città, camminando verso ciò che l’uomo riconobbe come la Strada del Silenzio, che portava al cimitero della città.
L’ultima volta che ci era stato non c’erano tutte quelle tombe, ma cercò di ignorare i nomi scritti sopra, anche se sapeva a chi appartenevano, dato che il disegno di Bahamut spiccava su ognuna di loro.
«Non ho potuto recuperare il suo corpo ma ho pensato che forse, così, sarà in pace…» Mormorò Libertus, fermandosi davanti ad una lapide poco distante dal muro di pietra che cingeva il luogo. Il suo compagno d’armi gli posò una mano sulla spalla e annuì. «Hai fatto bene, ne sarebbe stata contenta. Puoi…puoi lasciarmi un attimo solo?» Domandò, e Libertus annuì, comprensivo.
Lui stesso aveva passato ore davanti a quella lapide, e uscì dal cimitero senza dire una parola.
Nyx s’inginocchiò davanti alla tomba, osservando il nome che vi era inciso sopra.
Crowe Altius.
«Ciao.» Mormorò, e non fu sorpreso di ciò che successe dopo.
Lei era là, era là perché lui aveva bisogno di lei. Gli sorrise, e lui ricambiò.
«Ciao Nyx. Sei a casa, finalmente.»
Lui annuì, il cuore stretto in una morsa dolorosa. «Se solo non fossi stato così accecato dal mio passato, avrei potuto salvarti. Avrei potuto evitare tutto questo.»
Crowe si sedette davanti a lui con un ghigno. «Se avessi evitato tutto non saresti qui, con Libertus e gli altri.»
«Sai sempre cosa dire tu, vero?» La punzecchiò con un sorriso, e lei ridacchiò. La sua voce sembrava echeggiare nel cimitero, e nel suo cuore.
La vide stringersi nelle spalle. «Che cosa ci posso fare? È un dono.»
Il sorriso di Nyx si smorzò. «Ti avevo promesso che ti avrei portato dei fiori, ma…»
«Li ho portati io.» Lunafreya s’inginocchiò accanto a lui e depose il mazzo di fiori contro la pietra.
Nyx li riconobbe subito, i delicati fiori a stelo lungo di Tenebrae, di quel colore misto tra il blu e il nero, gli stessi che avevano accompagnato la sua permanenza nel limbo.
Ciò che davvero lo sorprese fu che Lunafreya stava guardando Crowe dritta negli occhi. «Nyx, è lei il soldato che doveva darmi questo?» Gli domandò, sfiorando il fermacapelli che indossava sempre.
Quando l’uomo annuì, lei sorrise al fantasma. «Sono lieta di conoscerti, finalmente.»
«Piacere mio, Principessa. Mi dispiace non essere riuscita a raggiungervi.»
«Non dimenticherò il tuo coraggio, Lady Crowe. Grazie.»
Lei sembrò divertita dal titolo. «Lady Crowe, questa è una novità. Nyx…»
«Si, Crowe?»
«Faresti qualcosa per me?»
«Qualunque cosa, lo sai.»
Il fantasma sorrise, e per un attimo davanti ai loro occhi scintillò l’immagine di lei bianca come un lenzuolo, gli occhi bui e l’espressione terrificata.
«Salutami Libertus, e fai soffrire Ardyn Izunia il più possibile.»
Quelle richieste strapparono un ghigno a Nyx, che annuì senza esitazione.
«Promesso. Ci vediamo, Crowe.»
«Molto tardi, se non fai cavolate…eroe.»
Quando lei scomparve in un soffio di vento, Lunafreya allungò la mano, intrecciando le dita con le sue, e posò la guancia sulla sua spalla. Nyx le posò un bacio delicato sui capelli, godendosi quella sensazione di pacifico silenzio, mentre la festa in sottofondo continuava.
Sarebbero partiti presto, lo sapeva, e quella era l’ultima tappa del suo viaggio con Lunafreya.
«Promettimi che farai attenzione, Nyx.» Mormorò lei dopo un tempo che gli sembrò eterno.
Si voltò a guardarla, e la preoccupazione nel suo sguardo era enorme e sincera. «Ve l’ho già detto, mi pare. Faccio sempre attenzione.»
Lei lo colpì piano su un braccio. «Non è vero, sei uno spericolato!»
Risero insieme, ma ben presto quel suono si smorzò, e Nyx non riuscì a trattenersi.
Le accarezzò una guancia, intrecciando le dita tra i suoi capelli, e lei sembrò sciogliersi al contatto della sua pelle bruciata. Si abbandonava a lui, in quei momenti, perché sapeva di essere al sicuro, sapeva che lui era con lei e tutto il resto del mondo diventava insignificante.
«Non so cosa ci aspetta.» Rispose, sincero, perché lei non avrebbe accettato un “andrà tutto bene”.
«Sei sempre tornato da me, Nyx. Fallo anche questa volta, ti prego.»
Fu la scintilla di un momento, e nessuno di loro due cercò di combatterla.
Luna gli avvolse le braccia intorno al collo e lo attirò a sé, e lui, per una volta nella sua vita, si arrese.
Le prese il viso tra le mani e, mentre i fuochi d’artificio esplodevano in cielo e le loro labbra s’incontravano, Nyx sentì di poter conquistare il mondo.

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Capitolo 16
*** Never Thought You'd Fall This Far ***


Capitolo 16

Never Thought You'd Fall So Far
 
 
«Altezza.»
Le aveva preso la mano, depositandovi un lievissimo bacio sopra. Lei gli aveva sorriso, e lui sapeva che, qualunque cosa fosse successa, l’avrebbe ricordata così, in quell’istante.
Unicamente sua, e meravigliosa.
«Ci hanno messo poco a trovarci.» Ammise Prompto mentre il treno veniva colpito nuovamente.
Gladio materializzò la grande spada a due mani. «Viaggiamo a tutta velocità su un treno non autorizzato verso la capitale imperiale, che ti aspettavi?»
«Che ci avrebbero accolto a braccia aperte e offerto il Cristallo?» Ironizzò il biondo, strappando una risata ai suoi compagni. «Prompto, se non ci fossi dovrebbero inventarti.» Ammise Nyx, tenendo d’occhio le navi imperiali che sfrecciavano intorno a loro. Erano in viaggio da soltanto due giorni, ed erano già iniziati i problemi.
Compreso il fatto che non riusciva a togliersi di dosso il ricordo di quel bacio rubato.
Scosse la testa e focalizzò la propria attenzione sul momento attuale.
«Dobbiamo uscire di qui, se non distruggiamo quelle navi il treno non reggerà a lungo.»
«Noct ha ragione. Muovetevi.»
Nyx sorrise, e Noctis ricambiò con un cenno. Si mossero insieme, lanciando le armi fuori da una finestra spaccata, e comparvero insieme sulla nave che fiancheggiava il vagone.
E sempre insieme piantarono le spade nel motore magitek, mandandolo in avaria.
Mentre esplodeva scomparvero di nuovo, e Nyx si trovò in un’altra nave.
Si guardò intorno, le armi spianate, ma i soldati non lo attaccarono.
«Fai esplodere la mia nave, Ulric, e ti faccio saltare la testa.» La lancia nera gli si appoggiò alla gola e, seguendo la linea dell’arma, incontrò un sorriso feroce e una massa di capelli biondo cenere.
Sorrise e alzò le mani. «Sissignora. È bello rivederti, Aranea.»
Il comandante abbassò l’arma. «Altrettanto. Sembra che vi serva una mano.»
«Sembra che tu abbia ragione. Ci vediamo.» Le fece un cenno e saltò giù dalla nave seguito dalla sua risata, e atterrò sul treno in corsa.
Appena lo fece, la sua attenzione fu attirata da una sfumatura viola nelle esplosioni rosse.
Lo riconobbe immediatamente, e si lanciò di corsa verso di lui, scartando i soldati magitek che continuavano ad atterrare sul treno in viaggio.
«Ardyn!»
Lo vide fermarsi, e istintivamente materializzò le Gemelle.
Finalmente era lì, ad un soffio da lui.
Lo vide allargare le braccia, un ghigno arrogante sul volto.
Noctis abbassò lo sguardo verso il treno.
Ardyn stava correndo verso Nyx, in attesa poco distante. Sembrava che non avesse intenzione di muoversi, e Noctis intervenne d’istinto.
La Balestra comparve obbediente nelle sue mani, e i dardi viaggiarono precisi, sbalzando il loro obbiettivo giù dal treno.
Noctis ebbe a malapena il tempo di vedere i dardi piantati nel fianco destro e nella spalla di Ardyn.
Solo che non era Ardyn, ma se ne accorse in ritardo.
«Nyx!»
 

 
«Fammi capire. Credevi che fosse Ardyn, e hai molto probabilmente ammazzato Nyx buttandolo giù da un treno in corsa?»
«Io…»
«Sei un disastro, Principe.» Il commento di Aranea fu come l’ennesima scheggia, e Noctis sospirò pesantemente, passandosi una mano sul viso. «Luna mi ucciderà.»
«Probabile. Sei solo una delusione, altezza.»
La voce melliflua di Ardyn lo fece scattare sull’attenti.
Eccolo, era là, pigramente appoggiato al bancone.
«Che cosa vuoi?» Ringhiò Noctis, guardandosi intorno. Prompto, Gladio, perfino Aranea, erano immobili come se fossero bloccati nel tempo. «Che cosa hai fatto?»
Ardyn si portò una mano al petto con aria ferita. «Pensavo fossimo amici. In fondo, hai ucciso il tuo amico al posto mio…»
«È morto?» La domanda gli uscì prima che potesse trattenerla, e ciò fece sogghignare Ardyn. «No. Non ancora, almeno.» Fece un cenno noncurante con la mano.
«Dov’è? Che cosa gli stai facendo?» Noctis avanzò di un passo verso di lui.
Ardyn scrollò le spalle. «Vicino.»
Noctis sentì il cuore perdere un colpo quando il Cancelliere estrasse un kukri, e iniziò a giocarci distrattamente. «Dovresti fare attenzione a cosa fai, la prossima volta. Ah ah ah altezza, non è educato prendere ciò che non è tuo.» Ardyn allontanò la mano di scatto quando Noctis cercò di riprendersi l’arma. Il suo ghigno non perse la sua arroganza.
«Dovresti sbrigarti, Noctis. La vita di Nyx è legata al Cristallo, e i miei uomini stanno per distruggerlo.»
Un battito di palpebre, e Noctis si ritrovò nuovamente solo.
«Noct, che è successo?» Prompto sembrava stordito, e Noctis non riusciva a togliersi dalla testa le parole di Ardyn.
«Ardyn, lui…era qui. Mi ha detto che Nyx è vivo, ma…»
Aranea intervenne, stufa di quella sensazione stordita che aleggiava nel vagone. Afferrò il principe per le spalle e gli piazzò uno schiaffo sulla guancia. «Riprenditi! Dov’è Nyx, e come sta?»
Noctis si massaggiò la guancia, ma stranamente la sberla l’aveva aiutato a schiarirsi la mente.
«Non ho idea di dove sia, ma Ardyn ha detto che la sua vita e quella del Cristallo sono legate, e che ha dei soldati pronti a distruggere il Cristallo.»
«Quanto manca a Gralea?» Gladio fu il più pragmatico di loro, e Aranea scosse la testa. «Un giorno, se Ardyn non ci regala altre sorprese.»
«Noct, non dovevi recuperare un’arma dalla Tomba degli Antichi?»
Il principe scosse la testa. «Non c’è tempo. Non so quanto il Cristallo reggerà a qualsiasi cosa Ardyn gli lancerà contro. Salviamo il Cristallo, troviamo Nyx, e poi penseremo al resto.»
«Pragmatico, mi piace. Ma sarebbe bello avere un’idea di dove cercare Ulric.»
 

 
Sbatté un paio di volte le palpebre, e lentamente tornò anche la consapevolezza del proprio corpo.
«Dannazione, Noctis. Ti ammazzo appena ti vedo.» Borbottò tra sé e sé, tirandosi su con un grugnito di dolore.
Abbassò lo sguardo sul sangue che gli si stava espandendo intorno, e alzò gli occhi al cielo.
Avrebbe decisamente fatto pagare quel gesto al principe, anche se aveva intuito cos’era successo, si era comunque beccato tre dardi di balestra nel corpo.
Ma da quando il suo sangue aveva quelle sfumature argentate?
Strinse la mano bruciata intorno ad una freccia ed inspirò a fondo. Poteva farcela, si disse, aveva sopportato di peggio, compreso l’essere morto.
«Coraggio Ulric.» Estrasse la prima freccia, e il dolore gli mozzò il fiato. Ancora due, e poi la sua preoccupazione sarebbe stata quella di non morire dissanguato.
La seconda freccia era nel fianco, e fortunatamente non aveva colpito nessun organo, ma quel pensiero positivo non gli fece provare meno dolore nell’estrarla.
La vista iniziò ad offuscarsi mentre estraeva il terzo dardo dalla coscia.
«Nyx! Meno male, ti ho trovato!»
Decise che aveva perso troppo sangue quando Lunafreya comparve davanti a lui.
Crollò in ginocchio, la visuale sempre più sfocata. «Luna…»
«È stato facile scoprire il tuo punto debole, eroe.»
Davanti a lui non c’era Luna, ora.
Ardyn lo sbeffeggiò con un inchino e si tolse il cappello. «Questa volta non fai tanto il coraggioso, vero?»



Note:
Capitolo corto, lo ammetto, ma è più che altro di transizione, quindi accontentatevi! xD Scherzo, spero vi piaccia lo stesso! <3

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Capitolo 17
*** And If I’m Lost in The World Shadows, I’ll use the light that comes to me From your halo ***


Capitolo 17
 
And If I’m Lost in The World Shadows,
I’ll use the light that comes to me
From your halo
 
 
Gralea era caotica e inquinata come nessun altro posto, notò Noctis quando il treno si fermò alla stazione fuori dalla città. Scesero dal vagone insieme, invasi dal rumore dei macchinari e delle fabbriche, e Prompto fischiò brevemente. «Cavolo, questo posto è terrificante.»
Gladio annuì, e la sua spada si materializzò tra le sue mani. «Assolutamente. State pronti, potrebbe succedere qualsiasi cosa in qualsiasi momento.»
Noctis li ascoltò solo in parte, impegnato a studiare l’enorme fortezza che svettava all’orizzonte.
Il Cristallo era di sicuro là, ma ciò che davvero lo angosciava era il peso dell’Anello nella sua tasca.
«Dovrai indossarlo, Re dei Re.» Lunafreya gli aveva consegnato il piccolo gioiello, e lui ne aveva sentito l’enorme e pericoloso potere.
«Io non…»
«Non devi temere il suo potere, Noctis.» Lei gli aveva sorriso, ma lui non era convinto.
In fondo, quell’Anello era la causa di tutto.
«Noct!» La sua distrazione gli impedì di sentire lo scricchiolio, e solo l’avvertimento di Prompto lo spinse all’azione. Evitò il crollo del muro con una capriola, poi si voltò velocemente.
«State bene?» Domandò, e dall’altra parte sentì un colpo di tosse. «Si, tutto okay! Vai, noi troveremo un modo per raggiungerti.» Fu Gladio a spronarlo a muoversi ma nonostante ciò esitò un istante.
«Maledizione! Noct, muoviti, ci sono addosso! Troveremo un modo per raggiungerti, vai!»
Il rumore di lame che si scontravano e proiettili sembrò sbloccarlo. Scattò di corsa lungo la ferrovia, lontano dai soldati magitek e dai suoi amici, verso la fortezza Zegnatus.
Aveva perso il senso del tempo quando salì per l’ennesima volta su un ascensore diverso, ma fu in quel momento che lo vide: le due lunghe strisce viola, il braccio bruciato, Nyx svoltò l’angolo.
«Nyx, aspetta!» Lo chiamò, cercando di raggiungerlo ma, quando svoltò l’angolo, lui era sparito, e due soldati magitek lo stavano aspettando, le lame sguainate.
Un fruscio robotico, e la voce di Ardyn si espanse nella fortezza deserta.
«Altezza, ce ne hai messo di tempo. Non ti conviene perdere tempo, le lancette scorrono…»
Noctis imprecò a denti stretti e scartò di lato, evitando il primo attacco.
«Combatti bene, ma sei troppo riflessivo.» La voce di Nyx era stata pacata, e l’uomo gli aveva sorriso. Noctis aveva atteso, e Nyx aveva estratto i suoi kukri.
«Non deve essere la tua mente a comandare, ma il tuo corpo. Le tue armi devono essere prolungamenti di te, non oggetti.»
Fu di puro istinto che si abbassò, e la lama del soldato che l’aveva attaccato per primo andò a piantarsi nell’elmo del secondo.  Con un calcio ben piazzato si liberò anche dell’ultimo assalitore, e rimase ad osservarlo mentre i circuiti saltavano.
Era un guscio vuoto, si rese conto, diverso dai comuni soldati magitek.
«Tic, toc, tic toc…»
«Al diavolo, Ardyn.» Borbottò lui nel risentire la sua voce echeggiare negli altoparlanti, e riprese il suo cammino. L’angoscia gli strinse il cuore quando, attraversando la porta, lo vide.
«Nyx!»
Era coperto di sangue, legato ad una sedia, gli occhi appannati.
Gli si avvicinò di corsa, terrorizzato che fosse troppo tardi, e che avrebbe assistito, impotente, alla morte di Nyx in quel posto maledetto.
 

 
Quando riprese nuovamente i sensi era in una stanza piena di scatoloni e cadaveri magitek.
Provò a muovere le braccia, ma si rese presto conto che era incatenato, e digrignò i denti, frustrato.
Un’altra cosa da far pagare ad Ardyn.
«Non sei più tanto coraggioso ora, vero?»
Era impossibile che lui fosse lì, pensò. Lui era a Galahd, al sicuro.
Eppure, quando sollevò lo sguardo, Libertus era là, le braccia incrociate e l’aria severa sul viso. «Sei sempre stato esagerato, desideroso di metterti in mostra.»
«Io non…» Provò a parlare, ma il suo compagno d’armi lo interruppe. «Taci, “eroe”. Non hai nemmeno salvato Crowe, e un eroe dovrebbe salvare tutti. È colpa tua, se è morta.»
Fu come ricevere una coltellata, e Nyx non trovò le parole per replicare a qualcosa che lui stesso credeva. «Tu l’hai uccisa.»
Chiuse gli occhi, e quando li riaprì la visione era sparita.
«Pensi di essere furbo? Sei solo feccia di un paese disgraziato, accolto nella capitale.»
Gladio.
Nyx ne osservò i lineamenti, l’espressione di disprezzo. Faceva male, sentire quelle parole, ammise a sé stesso, ma non reagì. Aveva imparato anni prima a non mostrare le sue emozioni a coloro che lo disprezzavano.
«Pensi di essere forte? Vediamo quanto lo sei sul serio.»
Il suo urlo di dolore si perse nei corridoi quando l’uomo gli piazzò un calcio sul fianco ferito.
Quando riacquistò la lucidità era solo, e ne fu lieto.
Tuttavia il suo breve momento di gioia fu spazzato via quando Prompto si spostò davanti a lui.
«Avresti dovuto essere morto. Nessuno ha bisogno di te, nemmeno io. Chi sei tu?»
Nyx scosse le catene, cercando di ritrarsi, ma il biondo gli si avvicinò. Era terribilmente reale, e lo fu anche il dolore che gli scoppiò nel cuore quando il ragazzo parlò di nuovo.
«Sei solo un uomo morto, e non ti vogliamo.»
Chiuse gli occhi, e cercò di placare il respiro.
«Perfetto, ora sorridi.»
Lo scatto della macchina fotografica risuonò nella stanza, e Nyx si sentì scaldare il cuore.
Sorrise e riaprì gli occhi, fissandoli in quelli azzurri del ragazzo. «Bugiardo.»
«Nyx!»
Una figura scura comparve oltre le sbarre che chiudevano la stanza, e il soldato si sentì rincuorato.
Noctis l’aveva trovato finalmente, quella lenta tortura mentale sarebbe finita.
Ma perché il principe non apriva le porte, allora?
«Non hai molto tempo rimasto, vero?» La domanda gli fu posta con voce pacata, ma negli occhi di Noctis balenò un lampo di soddisfazione mentre lo guardava.
«Apri la porta…» Mormorò Nyx, cercando di mantenere lo sguardo a fuoco.
«Pensi che io abbia sbagliato mira, sul treno? Era da un po’ che cercavo di liberarmi di te, e ho colto l’occasione.» Continuò il futuro re, maligno, e Nyx si sentì soffocare.
«Tu morirai qui, e Luna sarà solo mia.»
Luna.
Ecco di cos’aveva bisogno, di un’ancora.
Le braccia di Lunafreya intorno a lui.
«Torna da me, Nyx Ulric. Sano e salvo.»
«Sei un bastardo.» Riuscì a sputargli in faccia, e lui rise.
«Forse. Ma quello in catene sei tu.» Noctis si strinse nelle spalle, tamburellando le dita sulle sbarre.
Il suo sorriso luminoso, pieno di gioia nel rivederlo.
«La mia regina.»
Abbandonata totalmente a lui, gli occhi fissi sul suo viso come se non ne avesse mai abbastanza.
«Quando morirai, Ulric, nessuno ricorderà il tuo nome.»
Il futuro re aprì le porte ed evocò la spada mentre si avvicinava a lui.
Nyx sapeva cosa stava per succedere, ma non avrebbe mai dato a quella delusione di ragazzino la soddisfazione di vederlo soffrire.
Chiuse gli occhi, e si concentrò sull’unica cosa che davvero contava.
Il cielo illuminato dai fuochi d’artificio, i loro cuori sincronizzati.
Le labbra di Lunafreya sulle sue.
Quasi non sentì cosa successe dopo.
 

 
L’Oracolo scattò in piedi all’improvviso, e Ignis percepì il movimento come un lieve spostamento d’aria.
«Qualcosa vi preoccupa, Altezza?» Le domandò pacatamente, anche se immaginava la risposta.
Lunafreya aveva accettato che lui l’accompagnasse per protezione, anche se Galahd era sicura e festosa, e lui aveva imparato a riconoscere i suoi stati d’animo dal modo in cui si muoveva.
«C’è una grande oscurità che si avvicina, e presto non sarò abbastanza forte da tenerla a bada.» Mormorò lei mestamente, ma Ignis le sorrise brevemente.
«Sei più forte di ciò che credi, Principessa, e non sei da sola, non dimenticarlo.»
La sua mano delicata sulla spalla. «Ti ringrazio, ma ho un pessimo presentimento.»
«Riguardo?»
«Sento che li perderò. Entrambi.» Confessò lei, e l’uomo esitò un attimo prima di rispondere.
La sua lealtà andava prima di tutto a Noctis, ma Nyx e Lunafreya erano come il cielo e la luna, inseparabili, e senza senso privi l’uno dell’altro. E, nonostante non capisse a fondo quel legame, si alzò.
«Allora dobbiamo muoverci.»

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Capitolo 18
*** In The End I'm Realizing, I was Never Meant To Fight On My Own ***


Capitolo 18

In the end I'm realizing
I Was Never Meant To Fight On My Own
 
Quando sentì le catene spezzarsi sentì il corpo cedere, ma qualcosa gli impedì di crollare al suolo.
Riaprendo gli occhi, intravide la maglia blu scuro e i capelli disordinati di Noctis, e reagì d’istinto.
Ritrasse la gamba e gli piazzò un calcio nel petto che lo spinse contro il muro, e poi gli volò contro, le mani strette intorno al suo collo, incurante del fatto che il suo stesso corpo si stesse ribellando a quei movimenti troppo veloci.
«Nyx…che diavolo…fai…» Il futuro re posò le mani sulle sue, cercando di tirarlo lontano dalla sua gola, ma senza troppo successo.
Nyx lo buttò a terra senza troppi problemi, poi lo bloccò sul posto con le ginocchia. «Se volevi uccidermi sul treno, hai sbagliato mira.» Ringhiò, sollevando la mano bruciata mentre i fulmini vi si raccoglievano intorno.
«Nyx, sono io!» Gridò Noctis, alzando la mano per creare una barriera tra di loro, che esplose quando i fulmini vi si schiantarono sopra, mandando scintille in tutta la stanza e sbalzandoli l’uno lontano dall’altro.
Nyx si rialzò velocemente, mentre una piccola parte della sua mente registrava che avrebbe dovuto smetterla, o avrebbe perso troppo sangue per essere al sicuro, ma la ignorò. «Lo so chi sei.»
Noctis riuscì a schivare il pugnale solo per un soffio, e la lama gli lasciò un lungo taglio sulla guancia. Non riusciva a capacitarsi del perché Nyx stesse cercando di ucciderlo. Va bene, l’aveva colpito, ma era stato uno sbaglio, Nyx doveva averlo immaginato.
O no?
Schivò di nuovo, sfruttando le barriere per tenerlo lontano, ma sotto i suoi attacchi sparivano come carta tra le fiamme. Mentre nei suoi occhi scintillava una luce furiosa, Noctis sentì un brivido gelido nel corpo: per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, aveva paura di Nyx.
Deglutì a fatica, e poi si rese conto di una cosa.
Il sangue nella stanza era troppo, e le luci deboli che oscillavano nel corridoio strappavano sfumature d’argento al liquido. Doveva essere di Nyx, pensò, e ciò significava che gli era rimasto poco tempo.
«Nyx.» Sollevò le mani, lasciando svanire l’ultima barriera magica tra di loro. «Non voglio farti del male, non ho mai voluto. Sei come un fratello per me.»
Ecco, l’aveva ammesso; nonostante fosse stato geloso di lui, nonostante non comprendesse appieno il legame tra lui e Luna, rispettava quel soldato che aveva vendicato suo padre.
Ora capiva gli altri, si rese conto. Non era difficile affezionarsi a Nyx, sebbene potesse essere arrogante a volte, era anche quel tipo di persona che, se la prendevi dal verso giusto, ti donava tutto sé stesso.
E ti faceva a pezzi se facevi del male a qualcuno che gli stava a cuore.
Le sue parole sembrarono sortire l’effetto desiderato, perché il suo avversario si bloccò all’improvviso, e il fuoco che circondava il suo pugnale scomparve.
«Luna mi ucciderà, se muori qui, quindi, per favore, calmati.»
Nyx sembrò interdetto, ma fortunatamente ritirò le armi. «Tu…tu non vuoi che io muoia?»
Noctis scoppiò a ridere, incapace di trattenersi, per il sollievo. «No, certo che no! Perché dovrei volerlo?»
«Ma prima hai detto…» Nyx vacillò, e Noctis fu lesto nel sorreggerlo per impedirgli di crollare. «Eri contento della mia morte, sei addirittura entrato qui dentro per uccidermi di persona.»
«Che idiozie.»
Capirono insieme, all’improvviso, e si scambiarono uno sguardo consapevole.
«Ardyn.»
«Quel maledetto pagherà ogni secondo.» Mormorò Nyx, appoggiato al principe. Noctis annuì cupamente. «Prima dobbiamo rimetterti insieme, o Luna mi ucciderà sul serio.»
Risero insieme, ma ben presto la risata del soldato si mutò in un gemito di dolore.
«Scusami per quelle. Pensavo che fossi Ardyn…Come vanno?»
Nyx sogghignò. «Me la cavo. E se vuoi uccidere Ardyn devi perfezionare la mira.»
Gli cedette una gamba mentre uscivano da quella che era stata la sua cella, e Noctis fu costretto a portarlo quasi di peso nel corridoio. I rumori scricchiolanti dei soldati magitek che si trascinavano verso di loro precedette la comparsa di quelle armature vuote dagli occhi scarlatti, e Nyx imprecò tra i denti.
«Lunafreya ti ha dato l’Anello, vero?»
«Hm-hm.» Noctis fece un passo indietro, guardingo.
Nyx allungò la mano verso di lui. «Dammelo.»
«Sei impazzito del tutto, vero? Stai a malapena in piedi.»
Quel rimprovero fece ridacchiare Nyx, e il gesto gli strappò un altro gemito.
«Non posso crederci…Hai due proiettili nel corpo e ti muovi ancora. Non sai proprio quando arrenderti, vero Nyx?»
«Beh, se tu vuoi continuare a stare in piedi, ti conviene darmi l’Anello ora.»
Noctis si morse il labbro inferiore, poi prese la sua decisione. Aiutò Nyx ad appoggiarsi contro il muro del corridoio mentre i soldati partivano alla carica, e tolse il gioiello dalla sua tana nella tasca.
«Cosa stai…»
«Taci, Nyx. Per una volta nella vita, stai zitto.» Lo esortò Noctis con un sorriso sarcastico, poi si voltò verso i loro avversari.
«È il mio compito.» Noctis espirò profondamente, osservando lo scintillio dell’Anello. Era suo di diritto, per linea di sangue, non gli avrebbe fatto del male. «Sono il Re.»
L’Anello scivolò sul suo dito come se non avesse aspettato altro.
 

 
Prompto lanciò a terra il fucile ormai scarico, e fece cenno a Gladio di seguirlo.
«Libero.» Mormorò, estraendo le sue fidate pistole. Fino a quel momento aveva preferito sfruttare le armi magitek, e nelle base c’erano molte a disposizione.
Gladio gli si parò davanti, tenendo lo scudo alto per proteggerli entrambi. «Te la cavi con le armi.»
Il biondo ghignò soddisfatto. «Era un complimento?»
«Non tirartela troppo. Giù!»
Si abbassò all’improvviso, e Prompto sentì solo l’immenso spostamento d’aria che lo fece traballare, e poi il crollo di metallo sul metallo. «Che diavolo è successo?»
Esclamò, sbirciando dietro lo scudo del suo protettore, e ciò che vide lo fece ridere e agitare al tempo stesso.
Noctis era davanti a loro, la mano tesa verso i soldati immobili sul terreno, ma lo scintillio blu argento dell’Anello illuminava anche il sangue che macchiava l’uniforme di Nyx.
«Noct! Nyx! Eccovi!» Si mossero insieme verso di loro, e Prompto non riuscì a trattenersi, e li abbracciò entrambi, ma quando fu il turno della guardia reale il suo gesto ebbe come conseguenza un gemito.
«Piano piano. Non sono esattamente nella mia forma migliore.» Scherzò l’uomo, ma Noctis prese la parola al posto suo. «Colpa mia. Dobbiamo trovare un posto dove bendarlo.»
Gladio annuì. «Seguitemi.»
Sorretto da Prompto e Noctis, a Nyx venne quasi da ridere: era l’unico ad essere stato nei campi di battaglia dell’eterna guerra tra Lucis e Nifheleim, era colui che sapeva combattere meglio, e si stava quasi facendo trasportare da due ragazzi.
Lo Scudo del Re li guidò fino ad un dormitorio magitek e, appena furono dentro, sigillò la porta.
Nyx si abbandonò su quei letti scomodi, ma sapeva di non potersi rilassare troppo.
«Noct, hai indossato l’Anello?» La domanda venne da Prompto, che prese la mano dell’amico e studiò il gioiello dei re sul suo dito con aria curiosa. Noctis si limitò ad annuire, e poi focalizzò la sua attenzione sul ferito.
«Nyx, che cosa sei esattamente?» Gli domandò pacatamente, osservandolo mentre armeggiava per liberarsi dell’uniforme.
Il soldato sorrise, ricordando il modo rabbioso con cui il ragazzo gli aveva parlato la prima volta che l’aveva incontrato. «Ad Insomnia, durante l’attacco…» Si tolse la maglia con un grugnito di sofferenza, e iniziò a tagliarla in lunghe strisce. Sorrise mestamente quando vide l’espressione esterrefatta di Prompto, e si rese conto che era la prima volta che i suoi compagni di viaggio – i suoi amici –vedevano la devastazione sul lato sinistro del suo corpo, le ustioni e le lunghe cicatrici biancastre lasciate dal fuoco. «Gli Antichi Re mi hanno condannato a morte, quando ho indossato l’Anello. Ero indegno, secondo loro.» Il suo tono di disprezzo lasciava chiaramente capire cosa pensasse dei Re, ma Noctis non commentò, limitandosi a fargli cenno di continuare.
«Ero pronto a morire ma, per qualche ragione che ancora non mi ha rivelato, Bahamut ha deciso di salvarmi. Mi ha donato un frammento del Cristallo, che non è altro che il suo cuore.»
Si avvolse le strisce di stoffa attorno alla spalla, e poi fece la medesima cosa con il foro del dardo sul fianco. «Per questo posso usare la magia senza il volere del Re. È sempre stato facile, per me, ma ora…» Si strinse nelle spalle e schioccò le dita, facendo comparire la fiamma. «È fin troppo facile.»
Estrasse uno dei suoi kukri e lo fece passare sulla fiamma.
«Nyx, non vorrai fare ciò che penso…» Prompto si alzò, l’aria spaventata. «Non voglio guardare.»
Nyx stava ancora ridendo quando si posò la lama rovente sulla ferita alla gamba.
Ma le sue risate vennero smorzate quando l’intera fortezza venne scossa da un’esplosione, e sentì il cuore fermarsi per un istante. Si artigliò il petto boccheggiando in cerca d’aria, e vide la consapevolezza sul viso di Noctis.
«Ardyn mi ha avvertito.»  Il principe si alzò. «Sta cercando di distruggere il Cristallo.»
«E Nyx.» Terminò per lui Gladio con aria grave.
Da parte sua, Nyx non fece altro che infuriarsi. Si fece scivolare l’uniforme sulla pelle, sentendo la stoffa grattare contro le cicatrici, e la richiuse velocemente. Fermò Prompto – pronto a sostenerlo mentre si alzava – con un cenno. «Sto bene. Andiamo.»
La porta si aprì prima che uno qualsiasi di loro avesse la possibilità di sbloccarla, ma tutti loro estrassero le rispettive armi appena videro chi c’era dall’altra parte.
Nyx fu il primo a rilassarsi, perché aveva visto quella parte di lui che gli altri non conoscevano.
«Ravus.»
«Ulric. Non hai fatto un bel lavoro a proteggere mia sorella, vero?»
«Beh, è viva ora.»
Nyx sogghignò, e alla fine anche Ravus si concesse l’ombra di un sorriso prima di fare un cenno al gruppo. «Non arriverete mai al Cristallo se andate alla cieca. Andiamo.»
 

 
Contattare Aranea era stato più facile che pregare sulla sua rumorosa nave, pensò Lunafreya, sciogliendo le mani. Ciò che davvero l’aveva terrorizzata dall’inizio del viaggio erano state le notizie che lei aveva portato: il treno per Gralea era stato attaccato dalle navi imperiali, e Nyx era caduto giù da un vagone mentre il mezzo era in corsa.
Si portò una mano al cuore.
L’avrei sentito, se fosse morto.
Non riusciva a fare a meno di pensare a quella sera nel cimitero. Nyx si era arreso a lei e lei, per la prima volta, l’aveva visto abbandonato a qualcuno, e non guardingo com’era di consueto.
E il sapore delle sue labbra non la voleva abbandonare.
Dolcezza e morte unite insieme.
È vivo. Deve esserlo.
Un fischio, il rumore brusco dei motori fermi e dello sportellone in apertura.
«Siamo arrivati.» Aranea le passò davanti a passo di marcia, e La ragazza non poté fare a meno di ammirarne la forza intrinseca in ogni azione. Era una donna, ed era un guerriero.
Si alzò e si unì a lei nel contemplare la rivelazione della città imperiale mentre lo sportellone si abbassava.
Il Tridente dell’Oracolo comparve nella sua mano, e lei sentì la presenza di Ignis al suo fianco.
«Te la senti?» Gli chiese, ma quando lo vide sorridere pensò che avrebbe dovuto immaginarsi la risposta: Ignis era un amico fidato di Noctis, un uomo del re, ovviamente era pronto a lottare per lui.
«Ovvio.»
«Bene. Principessa, reggiti.» Aranea le passò un braccio attorno alla vita, l’altra mano stretta attorno alla lunga lancia nera. E  poi saltò nel vuoto.

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Capitolo 19
*** My Satellite, Are You Here Tonight? ***


Capitolo 19
My Satellite
Are you here tonight?
 
L’atterraggio di Aranea sulla strada che portava alla fortezza fu delicato come una passeggiata sulla spiaggia, e l’ormai ex commodoro imperiale lasciò andare delicatamente l’Oracolo.
Quando aveva ricevuto la richiesta di aiuto da Galahd ne era rimasta sorpresa, ma lo era stata ancora di più quando Lunafreya e Ignis erano saliti a bordo della sua nave chiedendole di portarli a Gralea.
«Questa è una pazzia, lo sai vero?» Si rivolse ad Ignis, perché Lunafreya si era già incamminata tra le rovine della strada. L’uomo cieco annuì. «Ne sono consapevole. Ma a volte bisogna fare pazzie per compiere miracoli.»
La donna sogghignò. «Forse hai ragione. Ora andiamo, o la nostra pazzia sarà quella di uccidere l’Oracolo.»
Scattarono insieme dietro di lei, e Aranea sospirò piano mentre scrutava i dintorni in cerca di minacce.
 Era nella capitale imperiale con un cieco e una giovane donna, contro la possibilità di un incontro con l’esercito imperiale.
«Siamo morti.» Sogghignò tra sé e sé. Nonostante il pericolo, si rese conto, si stava divertendo.
La cosa che la divertì di meno, però, fu che un fianco della fortezza esplose all’improvviso.
Fu di puro istinto che si gettò contro l’Oracolo, spingendola fuori dalla traiettoria del crollo, e subito dopo si voltò a guardare il terzo componente della loro missione suicida. Fortunatamente Ignis stava bene, anche se lei si chiese come avesse fatto ad evitare le grandi sbarre di metallo, che gli erano finite a pochi centimetri di distanza dai piedi.
«Dobbiamo fare in fretta.» Lunafreya si rialzò facendo leva sul Tridente e riprese il suo cammino. Aranea, dietro di lei, si concesse un basso fischio ammirato. Quella ragazza era esile come un fuscello fisicamente, ma aveva una volontà di ferro. Colse un movimento con la coda dell’occhio, e sollevò nuovamente lo sguardo: tra il fumo dell’esplosione, lo scintillio dei fulmini illuminò una figura che lei riconobbe subito.
Nyx Ulric era stato una sorpresa, ammise. Un’ex guardia reale dalla faccia sfigurata, si era aspettata che fosse silenzioso e obbediente al proprio re, e invece si era trovata davanti un uomo che non solo non obbediva, ma che derideva il suo sovrano apertamente, e che sprigionava energia come una super nova.
«Grazie per il tuo aiuto, Aranea.» La voce di Ignis la fece voltare.
Si strinse nelle spalle. «Nessun problema. Mi stavo annoiando, quando mi avete chiamato.» Congedò i suoi ringraziamenti in quel modo, ma sapeva che la realtà era diversa: quella chiamata era la sua possibilità di distruggere l’Impero, e tutti i suoi terribili esperimenti, liberando tutte le persone innocenti dal suo giogo. Era la sua occasione, e l’aveva colta.
Bloccò il gruppo con una mano, poi indicò l’entrata della fortezza.
«Abbiamo compagnia.»
Quando Ignis evocò le proprie daghe, la donna scosse la testa. «Voi non state qui.»
«Hai bisogno di noi.» Protestò lui, e il comandante rise. «Avrei bisogno di un esercito, se vogliamo essere precisi. C’è una strada secondaria poco più avanti, aggira la fortezza ed entra dalla seconda porta. »
Quando Ignis stava per ribattere di nuovo, fu Lunafreya ad intervenire. Strinse piano la mano libera della donna e le sorrise. «Grazie per il tuo aiuto. Ci rivedremo quando questa storia sarà finita.»
Aranea inarcò le sopracciglia. «D’accordo. Ora muovetevi.»
Abbassò l’elmo e scattò all’attacco, lieta di sentire che, dietro di lei, i suoi due compagni stavano correndo verso la strada che lei aveva indicato loro.
«Se la caverà?» Gli domandò Lunafreya quando furono davanti alla porta secondaria, scoperta, della fortezza, e Ignis non poté fare a meno di piegare le labbra in un sorriso. «Aranea è una donna forte. Se la caverà.»
L’Oracolo annuì, poi raddrizzò le spalle. «Andiamo allora.»
 

 
Era difficile stare dietro a Ravus, ammise Nyx, ma forse era solo perché la sua gamba destra continuava a ribellarsi dopo la cauterizzazione. Nonostante questo, quando arrivarono in un lungo corridoio dalle pareti di vetro e metallo fu lui a prendere il controllo della situazione, superando il comandante supremo e ponendosi davanti ai soldati che gli correvano intorno.
Fu naturale com’era sempre stato per lui, e i fulmini saltarono da un lato all’altro del corridoio, friggendo i gusci vuoti magitek e schiantandosi contro il vetro, facendolo esplodere in mille pezzi e strappando i supporti metallici, che andarono a schiantarsi sulla strada sottostante. Per un istante gli sembrò di vedere, ai lati del suo campo visivo, il lampo bianco dell’abito di Lunafreya sulla strada, ma fu lesto a togliersi quell’idea dalla mente. Lei non era lì, e non poteva lasciare che Ardyn giocasse ancora con la sua mente.
«Barbaro, ma efficace.» Ravus tornò a guidarli, e ben presto arrivarono alla parte centrale della fortezza.
Il comandante supremo indicò l’ascensore. «Il Cristallo è all’ultimo piano, andi…»
Non ebbe il tempo di terminare la frase, perché i daemon sfondarono le pareti e gli si lanciarono addosso, nel giro di un battito di ciglia stava cadendo di decine di piani, costretto a difendersi come poteva con il braccio metallico.
«Ravus!» Fu Noctis ad agire per primo, evocando la balestra mentre saltava giù dal parapetto.
«Sei un idiota!» Gli gridò dietro Gladio ma, quando si affacciò, vide che il ragazzo aveva la situazione in pugno: sfruttava la velocità dei dardi per proiettarsi velocemente verso il fratello di Lunafreya, liberandosi man mano dei daemon.
La loro caduta terminò in un piano vuoto che sembrava essere l’inizio del percorso dell’ascensore, e non fu esattamente delicata, dato che Ravus rovinò a terra malamente. Noctis lasciò svanire la balestra ed evocò il pesante martello, usandolo per togliersi di mezzo gli ultimi, fastidiosi daemon. Una volta che ebbe adempiuto a quel compito, allungò una mano verso Ravus. L’uomo esitò un istante, osservandolo con aria guardinga, poi afferrò la sua mano e lasciò che lo aiutasse a rialzarsi. «Non mi aspettavo che lo facessi.» Confessò, posando una mano sull’elsa della spada che gli pendeva al fianco.
Il futuro re inarcò un sopracciglio, poi spostò lo sguardo verso l’alto, studiando un modo per tornare dai compagni. «E perché non avrei dovuto? Tu ci hai aiutato, non potevo lasciarti morire così.»
«Perché è stato un comportamento degno di un re, e io non ho mai creduto tu potessi essere un sovrano.»
Noctis sentì lo stridio della spada contro il fodero, e gli si tesero i muscoli mentre si preparava a contrattaccare.
La confessione di Ravus era stata un misto di sollievo e stupore, pensò, ma non avrebbe avuto senso se lui avesse provato ad ucciderlo.
«Credo che sia ora che questa torni dal suo proprietario.»
Voltandosi, Noctis non riuscì a credere ai suoi occhi.
«Quando potrò averla?»
Era bambino, nella grande sala del trono di Insomnia, e stava osservando la spada di suo padre.
Regis gli aveva sorriso scompigliandoli i capelli. «Potrai impugnarla solamente quando sarai pronto.» Lo sguardo di suo padre si era incupito, annebbiato da pensieri funesti. «Quando compirai il tuo destino, lei sarà al tuo fianco.»
Ravus, un ginocchio a terra e le braccia tese verso di lui, gli stava porgendo la spada argentata con l’ala sull’elsa.
«È tua di diritto, mio re.»
Noctis la prese con deferenza, costringendo le sue mani a smettere di tremare, e la sentì adattarsi perfettamente alla sua mano: era fatta per lui, era sua. La sollevò davanti al viso, e appoggiò la fronte al metallo freddo della lama, chiudendo gli occhi. «Grazie papà. Di tutto.»
«Noctis!» La voce di Nyx li raggiunse per tutti quei piani, e sollevando lo sguardo il sovrano vide che era a due piani sopra di loro, appollaiato sulla ringhiera come se fosse seduto su qualcosa di solido, una gamba penzolante nel vuoto e un sorriso sul volto. «Tutto bene?»
Noctis aveva rinunciato da tempo a capire come facesse ad essere sempre così spensierato, e si limitò ad annuire. «Stiamo bene. Ravus, devi fidarti ora. Potrebbe metterti lo stomaco sottosopra.» Confessò, poi afferrò il polso del comandante e lanciò la spada di suo padre nel muro sopra di loro.
Proiettarsi con qualcuno era una cosa nuova per lui, ma non fu difficile, e usò quella tecnica per risalire velocemente i molteplici piani che li separavano dal Cristallo. Nyx compariva e scompariva al suo fianco, proiettandosi ad una velocità tale da essere quasi invisibile. Sembrava veramente nato per la magia, pensò Noctis, ricordando la fatica che aveva fatto lui per la sua prima proiezione.
Allungò una mano, e quella grande di Gladio si chiuse intorno al suo polso. Li tirò su entrambi con un grugnito.
«Tutti interi?» Domandò Prompto allegramente, ricevendo una serie di conferme. «Bene.»
Si voltarono verso l’ascensore, e Ravus tese una mano verso Prompto. «Vieni qui, fammi vedere il polso.» Lo incitò nella sorpresa degli altri.
Il biondo annuì senza una parola, ma l’inquietudine che gli cresceva nel petto rischiò di soffocarlo.
Quando Ravus sollevò il guanto che gli copriva il polso e piegò le labbra in un sorriso Prompto ritirò la mano di scatto e fece un passo indietro. «Che succede?» Chiese Noctis accigliandosi, facendo un passo avanti per mettersi davanti all’amico. Ravus incrociò le braccia sul petto. «Succede che il tuo amico non è di Lucis, ma di Nifheleim, e il codice sul suo polso lo dimostra. È stato creato qui, e ci serve per accedere all’ultimo piano, e al Cristallo.»
Gladio sentì Prompto tremare al suo fianco, e la disperazione nel suo sguardo lo spinse a muoversi. «Stronzate. Non è uno di voi.»
Ravus non perse il suo contegno impeccabile, e quando parlò, lo fece con Prompto. «Avvicina il polso al lettore se non mi credi.»
Il ragazzo esitò un istante, poi superò i suoi compagni di viaggio e fece ciò che gli era stato suggerito.
Quando la luce del lettore passò da rossa a verde, però, si ritrasse di nuovo, terrorizzato. «Cosa…»
Ravus si strinse nelle spalle. «Sei una creazione dell’Impero, rubata da bambino.»
«Non toccarmi, Noct.» Esortò Prompto, spostandosi quando l’amico cercò di posargli una mano sulla spalla. «Non sono degno di stare con voi, sono un mostro.» Mormorò, mesto, abbassando lo sguardo, ma le sue parole scatenarono la risata divertita di Nyx.
Il soldato lo afferrò per le spalle e lo costrinse a guardarlo. «Prompto, guardami. Dovrei essere morto per ben due volte, e sono un metaforico schiaffo in faccia a tutte le regole del mondo. E nonostante tutto, sono ancora qui, e vado avanti.»
«Nyx ha ragione.» Gladio gli sorrise, e Prompto piegò le labbra nell’ombra di un sorriso. «Sei uno di noi.»
«Giusto. E non hai mai dato importanza a chi fossimo. D’altronde, non mi hai mai trattato come il tuo re.» Sogghignò Noctis, divertito, poi gli fece un cenno. «Andiamo, suddito.»
Prompto ridacchiò piano, poi fece un passo avanti per entrare nell’ascensore, ma nessuno di loro ne ebbe mai il tempo.
Non quando i daemon comparvero dalle ombre intorno a loro, a centinaia.
Fu Nyx a reagire per primo, e spinse Noctis dentro l’ascensore, bloccando i suoi tentativi di uscirne.
«Noctis, calmati!» Quasi fu costretto ad urlargli contro per attirare la sua attenzione, e superare i rumori di lame e colpi di pistola intorno a loro.
«Non me ne vado.» Decretò il re, ma Nyx scosse la testa. «Si invece. Devi raggiungere il Cristallo.»
«Ma voi…»
Gli passò una mano dietro al collo, e posò la fronte sulla sua. Per un breve, eterno istante furono solo loro due.
«Noi niente. Noi siamo qui per te, siamo sempre stati qui per te. Non l’ho capito prima, ma ora sì.»
Nyx sorrise, e si allontanò per primo, uscendo dalla piattaforma dell’ascensore.
«Salvaci, mio Re.»
E Noctis fu costretto a guardare i suoi amici lottare senza di lui mentre l’ascensore saliva veloce verso l’ultimo piano, e verso il Cristallo.

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Capitolo 20
*** Nobody wins when everyone's losing ***


 Capitolo 20

Nobody wins
when everyone's losing

 
 
Quando Noctis arrivò all’ultimo piano si trovò davanti un singolo corridoio chiuso da una ringhiera traballante. Seguendolo, lo vide: il Cristallo era immenso, di un colore misto tra il viola e il blu, e dal suo cuore pulsante usciva piano una luce bianca simile a nebbia.
Gli aveva sempre fatto provare soggezione ma ora, sapendo cos’era veramente, l’emozione gli strinse la gola. Era davanti al cuore di una divinità.
Vide i soldati magitek in ritardo, mentre cercavano di scalfire la corazza del Cristallo con asce e granate. Lo stesso cuore che batte nel petto di Nyx, si ricordò, immaginando l’uomo al piano di sotto lottare contro le fitte che gli bloccavano il cuore ogni volta che un’arma si scontrava con il cuore di Bahamut.
Doveva agire in fretta.
Corse lungo il corridoio e si liberò velocemente dei soldati, dato che quei gusci vuoti sembravano programmati per ignorare qualsiasi altra cosa che non fosse l’oggetto da distruggere. Mentre l’ultimo di loro si stava schiantando sulla ringhiera del piano di sotto, Noctis dedicò la sua attenzione alla fonte del potere dei Re.
Sembrava pulsare di vita, e fu d’istinto che allungò la mano che indossava l’Anello verso quella luce silenziosa. Il Cristallo sembrava chiamarlo, e Noctis non cercò di combatterlo mentre si avvicinava. Ma la paura lo attanagliò quando la luce scattò intorno al sul braccio e vi si avvolse, tirandolo verso quel nulla bianco che era l’interno del cuore. Puntò i piedi contro la pietra, cercando di fare forza.
Non era così che doveva andare, pensò, il Cristallo non avrebbe dovuto reagire in quel modo, non aveva senso.
«Ed è così che te ne vai.»
La voce melliflua di Ardyn fu il danno oltre la beffa. Noctis si sforzò di guardarlo mentre i tentacoli di luce bianca lo trascinavano sempre più a fondo. «Tu…»
Il Cancelliere si tolse il capello e si profuse in un profondo inchino. «Lascia che mi presenti come si deve. Ardyn Lucis Caelum, erede al trono. Non indovinerai mai chi fosse Izunia.» Sogghignò crudelmente, godendosi ogni istante della scena che gli parava davanti.
«I tuoi amici saranno morti, a quest’ora. Forse potrei portare la notizia al tuo amato Oracolo…» Lo provocò, e Noctis ebbe solo il tempo di gettargli un’occhiata rabbiosa prima che il Cristallo lo risucchiasse completamente nel suo nucleo di potere bianco.
«Noctis!» Prompto corse lungo il corridoio, seguito da Gladio, Ravus e Nyx, ma quando furono tutti lì trovarono solamente Ardyn ad accoglierli.
«Ma guarda, siete vivi. Se permettete, ho molti impegni.» Si congedò il cancelliere, incamminandosi verso l’uscita come se fosse da solo.
Il proiettile si piantò precisamente nella sua fronte, spingendolo all’indietro, ma il loro giubilo durò poco, perché Ardyn si rialzò come se non fosse successo nulla, e si risistemò il cappello in testa.
Quando Gladio si mosse per colpirlo, Nyx lo fermò.
«Non sprecate energie. È immortale.» Spiegò in un ringhio, ma lui stesso fu costretto a trattenersi quando Ardyn gli passò vicino e gli dedicò uno sguardo di superiorità.
Era sicuro di aver vinto, ma Nyx era sicuro che avrebbe avuto la sua vendetta, prima o poi.
«Il vostro amico morto ha ragione.» Ardyn era alla porta, ma si fermò per rivolgere loro un’ultima frase. «Vi conviene andarvene.» Il tono divertito, uno schiocco di dita, e il rumore roboante di decine di navi magitek su di loro riempì l’aria.
«Merda! Dobbiamo andarcene!» Ravus calcolò velocemente le uscite, ma ancora prima che qualcuno di loro potesse fare qualcosa il vetro della cupola venne ridotte in briciole dai proiettili. Nyx evocò velocemente la barriera intorno a loro, lo sguardo sollevato verso la nave che li stava attaccando.
«Siamo messi male.» Commentò Prompto, rannicchiato sotto la protezione magica, ma poi sentì Nyx ridere.
L’uomo abbassò lo sguardo su di lui mentre il rampino veniva calato verso di loro.
«Guarda meglio il colore della nave.» Lo esortò, e tutto il gruppo si rese conto di ciò che lui aveva già visto.
La nave sopra di loro era rossa.
«Volete darvi una mossa, laggiù? Non ho fatto fuori mezzo esercito imperiale per finire fritta da quattro soldati su una nave.» La voce autoritaria di Aranea li raggiunse e li spronò all’azione.
Prompto fu il primo a salire, seguito da Gladio.
Quando Ravus esitò un attimo, Nyx sollevò lo sguardo su di lui. «Cosa c’è?»
«Il Cristallo. Che facciamo?»
La risposta gli fiorì nella mente mentre osservava il cuore. «Ci penso io, ora vai.»
Il comandante esitò ancora un attimo, poi obbedì e si arrampicò velocemente sul rampino, permettendo a Nyx di lasciar svanire la barriera e concentrarsi sul Cristallo.
Eccolo lì, il motivo della sua sopravvivenza.
Vi saltò sopra, ignorando le imprecazioni decisamente poco femminili del comandante della nave, e vi piantò un pugnale dentro. La pietra sembrò quasi aprirsi sotto la lama, cedevole alla sua presenza, e Nyx sentì il proprio cuore aumentare i battiti.
Estrasse il secondo pugnale e sollevò lo sguardo verso la nave in attesa.
Doveva muoversi, o le altre navi avrebbero distrutto il loro unico mezzo di salvataggio.
Stava per lanciare il secondo pugnale quando lo sentì: il secondo battito nel suo petto voleva dire solamente una cosa.
Comparve tra il fumo, una lampo bianco nella notte.
«Lunafreya.»
Era impossibile e innegabile, pensò, ma non era quello il momento di stupirsi.
Lanciò il pugnale, l’altra mano stretta intorno all’elsa di quello nel Cristallo, e sperò che funzionasse.
La sua proiezione lo catapultò nell’hangar della nave, e la sua prima preoccupazione fu quella di evitare che il cuore scivolasse al di fuori dello sportellone. Bloccò il Cristallo, e Aranea ordinò di chiudere la nave mentre si sollevavano in volo, lontano dalla capitale imperiale, e dalle navi magitek che continuavano a crivellarli di proiettili.
«Quello è il cristallo?» La domanda venne da Aranea stessa che, nonostante fosse sorpresa, era pragmatica fino al midollo, e ordinò ai suoi uomini di bloccare la pietra con dei pesi per impedirle di essere sballottala per la nave.
«Già.»
Sarebbe stato sempre così, con lei?
Quella scarica di adrenalina pura nel corpo, il cuore che saltava un battito e l’emozione che gli stringeva la gola solamente a sentire la sua voce?
Si affacciò oltre il Cristallo, e si costrinse a trattenersi dal correrle incontro.
«Ciao, Nyx.»
Piegò il capo in un breve inchino, mordendosi una guancia per trattenere un sorriso.
Gli occhi di Lunafreya sembravano scintillare di gioia nel rivederlo.
«Altezza.»
 

 
Ravus sorrise tra sé e sé, osservando la sorella agitata.
Lunafreya sembrava incapace di stare ferma, e continuava a tormentarsi le mani osservando il fratello al lavoro. Era un miracolo che fossero tutti vivi, ammise a sé stessa. Quando Aranea li aveva congedati era stata quasi sicura che non l’avrebbero più rivista ma, miracolosamente, lei era comparsa nel corridoio del quarto piano, sfondando una finestra, e aveva spiegato che raggiungere il resto del gruppo era impossibile, perché ogni accesso dal sesto piano in su era sigillato.
«Luna, calmati, mi metti inquietudine.» La rimproverò pacatamente, anche se era contento di rivederla. Era stato terrificante ad Altissia, vedere l’altare crollare sopra la sua figura esile, ma era lì, era viva, ed era stupendo. Lei ridacchiò nervosamente, ma obbedì e si sedette accanto a lui.
Ravus la guardò con la coda dell’occhio e le sorrise, ricambiato. Quello era il momento perfetto, pensò, finalmente era con lei, e non erano separati dall’Impero e dalle sue stupide idee.
«Se la caverà?» Domandò lei, osservando l’uomo disteso sulla branda.
L’ex comandante imperiale tagliò il filo che aveva usato per ricucire le ferite del suo paziente, poi si alzò e usò le garze per ripulirsi dal sangue.
«Sorellina. Vieni qui.» Le fece un cenno, e fu deliziato nel vederla stupita, ma si alzò e si avvicinò a lui senza una parola, gli occhi lucidi.
Quando lo abbracciò e nascose la testa sul suo petto, Ravus l’avvolse con le braccia, una guancia appoggiata alla sua testa: era esattamente come quando erano bambini, quando lei veniva a nascondersi da lui perché il peso del suo destino era troppo da sopportare. Era stato l’unico a vederla piangere, e aveva promesso a sé stesso che non sarebbe più successo.
«Mi sei mancato, fratello.» Confessò lei sollevando il viso con un sorriso. Quello era il suo Ravus, che parlava poco e agiva nel modo giusto, non l’uomo spietato che l’Impero aveva creato.
«Anche tu. Non preoccuparti per lui, comunque. Ha la pellaccia dura.»
Lei annuì con un sorriso, poi fece scorrere la mano sul suo braccio metallico. «Mi dispiace, ma non avresti dovuto indossare l’Anello.»
«L’ho capito troppo tardi. Hai sempre avuto ragione, Noctis è il Re.»
«Già…» La sua voce si smorzò, e Ravus sapeva perché. La notizia che Noctis aveva raggiunto il Cristallo e poi era scomparso l’aveva scossa profondamente, dato che nessuna profezia di nessun genere aveva mai accennato ad un evento del genere.
«Luna.» Attirò la sua attenzione, e lei lo guardò nuovamente. «Si sveglierà tra poco.» Accennò al suo paziente, e lei annuì. «Ha perso molto sangue, quindi tienilo buono finché non arriviamo a Galahd, okay?»
«Va bene.» Ravus si mosse verso la porta, ma la mano di Lunafreya si chiuse intorno alla sua, trattenendolo ancora per un attimo. Il sorriso che lei gli rivolse spazzò via ogni dubbio sulla sua decisione di voltare le spalle all’impero. «Grazie di essere qui.»
Le sorrise piano. «Prego.»
Quando lui fu uscito, Luna tornò a sedersi accanto alla brandina, osservando il viso dell’uomo svenuto.
Quando il Cristallo era comparso sul ponte della nave lei aveva sentito il cuore accelerare i battiti, e l’emozione prendere il sopravvento. Tra i rumori assordanti delle mitragliatrici e il rombo dei motori, lui si era affacciato oltre l’enorme pietra, e lei si era sentita a casa.
Finché lui non era svenuto, crollando addosso a Prompto come se fosse un cadavere.
E ora era lì, dopo che Ravus, pazientemente, aveva ricucito le ferite che lui aveva imprudentemente allargato lottando.
Era pallido, e ciò faceva risaltare ancora di più le cicatrici sulla sua guancia, ma era lui, era lì.
Allungò una mano a sfiorargli il viso, e si sentì arrossire quando lui premette la guancia contro il suo palmo, aprendo gli occhi, quegli straordinari occhi del colore di un cielo in tempesta, tra il grigio e il blu, che sembravano trafiggerle l’anima ogni volta che si posavano su di lei.
«Ciao, Nyx.» Mormorò di nuovo, sorridendogli senza riuscire a trattenersi.
Nyx sorrise debolmente, alzando una mano per posarla sulla sua. Le loro dita s’intrecciarono come se fosse naturale. «Lunafreya. State bene?»
La sua prima preoccupazione era la sua salute, si rese conto, e la cosa le scaldò il cuore. Quando cercò di mettersi seduto lei gli posò una mano sul petto, impedendoglielo. «Stai giù. Io sto bene, ma tu no. Hai perso troppo sangue, devi riposarti.» Gli ordinò, e poi avvampò quando si rese conto che la sua mano era a diretto contatto con la sua pelle, e la ritrasse velocemente. Quel gesto strappò un sorriso addolcito al soldato, che ben presto si smorzò.
«Cosa ci fai sulla nave di Aranea, comunque? Ti avevo detto di restare al sicuro, non di…»
«Ho avuto un brutto presentimento, che tu e Noctis sareste morti qui.» Confessò lei tutto d’un fiato, lasciando Nyx interdetto. Si era tuffata nel cuore imperiale solo per loro?
«Siete una pazza.» Ridacchiò, ma il gesto gli strappò un breve gemito di sofferenza quando la cucitura sul fianco si tese dolorosamente. Abbassò lo sguardo sul fianco. «Chi mi ha ricucito?»
«Ravus.»
«Wow. Ha fatto un bel lavoro.» Ammise Nyx, notando la cucitura precisa e pulita sulla sua pelle.
Luna si strinse nelle spalle. «Già. È bravo.»
Vi fu un momento di silenzio, e Nyx riprese la parola. «Riguardo a quella sera, prima della partenza, io…»
Lo rifarei mille volte ancora.
«Si, Nyx?» Luna si morse il labbro inferiore, osservando il viso dell’uomo. Era raro vederlo parlare dei suoi sentimenti, tantomeno di qualcosa di così importante e, anche se immaginava, e sperava che lui dicesse cosa lei pensava, non gli diede corda. Ma doveva aspettarsi cosa lui fece dopo.
Obbediente al suo ordine, non si alzò dalla sua brandina, ma tirò giù lei, ignorando il suo peso sopra le ferite, e le strappò un altro bacio.
A differenza di quello nel cimitero, che era stato dolce, quasi imbarazzato, questo sembrava quasi feroce, ma Luna vi si abbandonò lo stesso: sembrava che Nyx fosse disperato, che non ne avesse abbastanza di lei.
Un colpo di tosse li distrasse, e si allontanarono velocemente, imbarazzati.
Nyx, nonostante tutto, non riuscì a trattenere un breve sorriso nel notare il viso paonazzo di Luna mentre lei si alzava lisciandosi il vestito e cercava di darsi un contegno.
Gladio gettò loro uno sguardo tra il severo e il divertito, e poi si spostò per far passare Ignis.
«Io…io vi lascio soli.» Mormorò Luna, uscendo, e Nyx adorò il fatto che lei non riuscisse a trattenersi e si voltasse a guardarlo prima di uscire.
Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle Nyx si sforzò di mettersi a sedere, stringendo i denti.
«Che succede?» Domandò, dato che Ignis e Gladio sembravano pronti a fargli il terzo grado.
Fu l’uomo cieco a parlare, sedendosi con cautela sulla sedia. «Gladio mi ha spiegato del tuo…legame con Bahamut, e con il Cristallo, e credo che tu possa dirci dov’è Noctis.»
Nyx inarcò le sopracciglia ma, mentre stava per dire loro che si erano sbagliati gli sembrò di sentire la risposta come un lampo nella tempesta. Deglutì a fatica, e indicò la stanza oltre di loro.
«Nel cuore. Bahamut ha richiamato Noctis da lei.»
 

 
La nave rossa era al di fuori di Galahd, e Libertus stava cercando le sistemazioni per la squadra di Aranea quando se ne accorse. Chiese ai soldati di aspettarlo, e corse verso la periferia della città, così in fretta che quasi sfondò la porta della casa di Nyx.
Il suo compagno d’armi era seduto sul divano, e sollevò distrattamente lo sguardo su di lui quando entrò con tanto impeto. «Libertus, che succede?»
«La luna…»
Quell’iniziò sembro attirare l’attenzione di Nyx.
«La luna cosa?»
«Le stelle, sono sparite…è tutto sparito, Nyx. C’è solo buio in cielo.»

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Capitolo 21
*** Meet Me On The Battlefield, Even On The Darkest Nights ***


Capitolo 21
 
Meet Me on The Battlefield
Even on The Darkest Nights
 
Noctis riaprì piano gli occhi, ma fu costretto a sbattere le palpebre un paio di volte prima di mettere a fuoco il luogo dove si trovava.
Le pareti di pietra erano gelate, ma il vento che proveniva da fuori lo fece rabbrividire ancora di più.
Si alzò a fatica, sentendo il corpo che protestava, e scese i pochi scalini incisi nella roccia.
Quando ad accoglierlo fu una distesa di mare burrascoso e un cielo cupo, si accigliò.
Non era notte, si rese conto. L’atmosfera era diversa, più pesante, come una cappa di oscurità che chiudeva il mondo, e gli mozzava il respiro.
L’abbaiare del cane lo spaventò ma, abbassando lo sguardo, vide che Umbra lo stava aspettando paziente vicino alla costa. Rinunciando a chiedersi come avesse fatto l’animale a raggiungere Angelgard in mezzo al mare Noctis prese il biglietto che gli stava porgendo.
Galahd.
Lo stavano aspettando, pensò con un sorriso, ma come avrebbe fatto a raggiungere la città, così lontana? Si passò una mano tra i capelli, e sentì le sue dita andare più giù di quanto avrebbero dovuto. Si afferrò una ciocca e fu esterrefatto della sua lunghezza, proprio come lo fu nel sentire la corta barba che gli cresceva sul mento.
«Quanto tempo è passato?» Si domandò, e Umbra abbaiò nuovamente prima di incamminarsi verso la costa. Se c’era una cosa che sapeva, era che il cane nero di Luna non era una bestia qualunque, quindi lo seguì obbedientemente, e lui lo guidò fino allo yacht reale.
Nel vederlo, Noctis non riuscì a trattenere un sorriso.
Ancora una volta, suo padre gli aveva fatto un dono.
Vi salì titubante sopra, e poté finalmente specchiarsi. Il suo viso era diverso, pensò, più definito e squadrato, evidenziato dalla barba e dai capelli che gli solleticavano il collo, sfiorando le spalle.
Era invecchiato, ma di quanto?
«Cos’è successo?» Si accigliò mentre si metteva ai comandi, e guidava l’imbarcazione verso il lontano molo di Galdin. Ricordava di essere stato trascinato nel Cristallo, Ardyn che minacciava Lunafreya e i suoi amici, e poi una luce intensa. E ricordava anche la conversazione con Bahamut.
«Il Re dei Re ripulirà il mondo e caccerà l’oscurità, ma il prezzo da pagare sarà una vita.»
Lo yacht lo condusse sano e salvo fino alla terraferma e, appena scesa, trovò ad accoglierlo Pryna, la delicata cagnolina bianca dell’Oracolo, e lo interpretò come un buon segno: se erano vivi, Lunafreya doveva essere sana e salva.
«D’accordo.» Scrollò le spalle e s’incamminò sul molo. «Andiamo.»
Ricordava il ristorante pieno di vita, le persone sedute che gustavano i deliziosi piatti di Coctura, il sole che scintillava sull’acqua.  Dov’erano ora, quelle persone? E soprattutto, si chiese sollevando lo sguardo verso quel cielo inquietante, dov’era la luce?
Il suono di passi in corsa lo distrasse, e subito dopo una lunga lancia sottile gli sfrecciò sopra la spalla, piantandosi dietro di lui. Il suono gorgogliante del daemon che scompariva gli fece gelare il sangue, e voltandosi vide ciò che restava della creatura.
«Noct!»
La voce sembrava provenire direttamente dal suo passato, e lo rincuorò. Si voltò nuovamente, e rimase interdetto per un attimo. «Ignis, sei tu?» La domanda gli venne spontanea dal cuore: l’uomo davanti a lui indossava occhiali scuri che nascondevano i suoi occhi ciechi, ma per il resto assomigliava poco all’Ignis che lui conosceva, sempre ordinato e impeccabile. Quello davanti a lui, invece, era un uomo dai capelli disordinati, e gli abiti logorati da viaggi e battaglie, e si muoveva come se ci vedesse meglio di chiunque altro.
«Chi altro conosci che ti salva proprio quando hai bisogno?» Lo schernì lui scherzosamente, poi gli si avvicinò e lo strinse brevemente a sé.
«Sono contento di incontrarti, Noct.» Ammise, ma Noctis si sentiva stordito, e gli ci volle un attimo prima di essere in grado di rispondere. «Anch’io sono lieto di vederti così in forma. Cos’è successo qui, dove sono gli altri?»
Ignis gli fece cenno di seguirlo, e insieme si avviarono verso il parcheggio, dove c’era un furgone con il motore acceso. «Circa sette anni fa l’Oracolo ha avuto un crollo, e l’oscurità ha preso il controllo del mondo. Non c’è più giorno, né sole, solo notte, e daemon.»
Gli indicò la strada tra le colline, e Noctis si domandò come avesse fatto ad accorgersi della presenza del grosso daemon armato di spada al centro di essa. «Iggy, aspetta, cosa vuol dire che Luna ha avuto un crollo? Sta bene?»
L’uomo annuì, poi batté un paio di volte sul fianco del camion, e lo sportellone sul retro fu aperto.
«Sta bene. L’importante è che tu sia tornato, e che questa storia stia per finire.»
Salì agilmente sul retro del furgone, e Noctis lo seguì, salutando con un cenno gli altri due soldati presenti, che si profusero in inchini quando si resero conto di chi era.
Quando il furgone partì, Noctis riprese con le sue domande.
«Hai detto sette anni fa?»
Ignis, acuto come di consueto, intuì dove lui volesse andare a parare. «Sei stato via dieci anni, Noct. E prima che tu me lo chieda, stanno tutti bene, ma ultimamente non passiamo molto tempo assieme, anche se tutti noi passiamo sempre da qui quando siamo in zona.»
«Che è successo?» Domandò il re, incapace di trattenere le domande, e la cosa fece sorridere Ignis. «Nulla di particolare. Semplicemente, abbiamo preso strade diverse. Prompto è diventato un tiratore scelto, ed è sposato con Cindy, Gladio e Iris sono inseparabili, e lei è diventata molto brava con i daemon.»
«E…»
Ignis posò una mano sulla spalla del suo sovrano. «Sono vivi. Sono la coppia di sterminatori di daemon più efficiente al mondo, e sono inseparabili.» Noctis annuì, poi abbassò lo sguardo sulla propria mano: l’Anello scintillava di potere represso, e sembrava spingerlo a sbrigarsi.
Lo coprì con la mano opposta, e tornò a rivolgersi al suo ex cuoco.
«Iggy, come fai a muoverti così tranquillamente?»
La risposta fu un misto tra mesto e sarcastico.
«Sono più abituato degli altri a stare al buio.»
 

 
Galahd sembrava un sole in mezzo al buio quando la raggiunsero.
Le sue mura erano intervallate da alti lampioni che espandevano una luce brillante in ogni angolo, lasciando intravedere coloro che montavano di guardia contro gli orrori di quella notte perenne.
Il suono di un fucile caricato li bloccò davanti ai cancelli, e Ignis alzò le mani in segno di resa.
«Pensavo fossi io quello cieco, Prompto. Non vedi chi c’è con me?» Scherzò, e vi fu un attimo di silenzio, poi il pesante portone si spalancò, lasciando uscire il guardiano.
«Sei davvero tu?»
Anche se Prompto era invecchiato e non era più il ragazzo spensierato che Noctis ricordava, l’emozione nella sua voce gli fece sciogliere il cuore, e lo spinse a muoversi.
Scostò il fucile che lui ancora impugnava e lo abbracciò senza dire una parola; poco dopo il suo abbraccio fu ricambiato, e sentì Prompto ridere e piangere nello stesso momento.
Quando si separarono, il ragazzo fece un lungo fischio. «Hey! È Noctis!»
Il suo richiamo attirò l’attenzione delle altre guardie, e ben presto Noctis si trovò circondato da gente che s’inginocchiava o gli baciava la mano con deferenza, mormorando la propria gioia nel rivederlo, nell’incontrare colui che erano sicuri li avrebbe salvati.
Noctis, dal canto suo, fece del suo meglio per assecondarli tutti, consolandoli e salutandoli come se fossero vecchi amici, ma fu grato alla persona che lo strappò da quel delirio. «Noct!»
La voce di Gladio era addirittura più roca di ciò che ricordava, e lui sembrava ancora più massiccio ma, sotto i capelli lunghi e i segni della fatica, lo Scudo del Re era sempre lo stesso brusco, affettuoso uomo, e Noctis si lasciò stritolare volentieri dalla sua stretta.
«Gladio, amico mio. Come stai?»
«Alla grande, ora che sei qui. Ehi voi! Circolare, lasciare un po’ di spazio al re!» Cacciò bruscamente i cittadini venuti a vederlo, poi gli circondò le spalle con un braccio e lo guidò nel cuore della città, davanti all’enorme falò che bruciava in continuazione.
Noctis si guardò intorno, ma erano poche le facce a lui familiari, e la cosa lo mise in agitazione.
«Ragazzi.» Richiamò la loro attenzione, cercando di ignorare quanto fossero cambiati, in tutti quegli anni senza di lui. «Dove sono gli altri?»
Ancora una volta fu Ignis a rispondergli. «Cindy e suo nonno sono al momento all’opera in officina, Aranea è partita per la caccia ieri, e Ravus è…»
«Qui.» Noctis si voltò di scatto verso la voce, e ricevette l’ennesima sorpresa. Il fratello maggiore dell’Oracolo era, come tutti loro, invecchiato, aveva i capelli più lunghi, che sparivano sotto il colletto dell’armatura argentata che indossava, ma la cosa che lo sorprese di più, a parte la cicatrice che gli attraversava il viso, fu cosa fece quando gli fu di fronte.
Posò un ginocchio a terra, la mano metallica sul cuore, e il viso abbassato. «Altezza.»
Noctis si fece forza, e sorrise brevemente. Era il Re, doveva abituarsi a quei saluti. «Ravus, è una gioia vederti sano e salvo. Alzati, per favore.»
Lui lo fece, e poi Noctis gli pose la domanda che gli premeva nel cuore da un po’.
«Dov’è tua sorella?»
Il soldato indicò la periferia della città, e solo in quel momento Noctis notò che la luce là era più forte, come se vi fosse una fonte pura laggiù. «Andiamo.»
Ravus li condusse davanti alla porta, poi l’aprì, e gli fece cenno di entrare.
«Vai, Noct. Noi aspettiamo qui.» Prompto lo spinse piano dentro, e Noctis si trovò in una casa dall’arredamento spartano ma confortevole. In un angolo della grande sala brillava il fuoco nel camino, e le luci erano accese, rivelandogli il divano e la televisione accanto alle fiamme.
«Non devi proteggermi sempre, lo sai.»
La voce ebbe il potere di focalizzare la sua attenzione, e la seguì titubante verso quella che intuì dovesse essere la cucina.
«Oh certo, lo so, ma sei avventata, e se non ci fossi stato io saresti già morta. E poi chi l’avrebbe sentito Noctis?»
Una breve risata, e lui si sentì mancare il fiato mentre apriva la porta della stanza.
«Noctis non…»
Gli occupanti della stanza lo videro insieme, e la donna lasciò cadere il bicchiere che stava impugnando. «Noctis.»
Non aveva mai visto Lunafreya senza un abito, si rese conto, e ora era davanti a lui, i lunghi capelli legati in una treccia le sfioravano i fianchi, e indossava un’armatura sottile a scaglie nere e bianche, che sembrava brillare dall’interno di una luce che veniva da lei. Era più bella che mai, e sembrava illesa, fortunatamente.
«Ti sei fatto aspettare.» Lo rimproverò l’uomo appoggiato al bancone della cucina, e il re spostò lo sguardo su di lui. Nonostante fossero passati dieci anni, l’unico segno di invecchiamento in lui erano le cicatrici aggiuntive che s’intravedevano sulle braccia, e una lieve sfumatura argentata nei suoi capelli disordinati. Inarcò un sopracciglio mentre lo guardava. «Beh, che vuoi fare, stare lì impalato per sempre?»
Sembrava un rimprovero, ma era una cosa così sua, quel tono pungente e divertito, che ebbe il potere di sbloccare la situazione. Noctis mosse un passo avanti, e Lunafreya gli corse incontro, abbracciandolo con tutta la forza che aveva e, come notò il sovrano, ora ne aveva molta.
«Sei tornato.» Mormorò lei quando si allontanarono, e gli sorrise, gli occhi lucidi di gioia.
«Andiamo, fallo salutare anche a me.»
La donna si fece da parte, e Noctis si trovò davanti il ghigno divertito e il viso sfigurato di Nyx Ulric.
«Bentornato.» Gli sorrise, porgendogli una mano, ma Noctis la strinse e la sfruttò per stringerlo in un breve abbraccio.
Luna si stava mordendo il labbro inferiore per nascondere un sorriso, e si mise a pulire il bicchiere rotto mentre parlava. «Stavamo per cenare. Rimani con noi, Noctis, ti prego.»
E nonostante fossero alla fine del mondo, e l’oscurità minacciasse di soffocarli tutti, osservando quei due visi così familiari che gli sorridevano, Noctis non poté fare a meno di annuire.
Era a casa.
 

 
Sembravano danzatori, si disse, osservandoli mentre si muovevano per la cucina ritirando i piatti della cena ormai finita. Si sfioravano senza mai toccarsi, sempre consapevoli della presenza dell’altro senza il bisogno di guardarsi, e Noctis ricordò le parole di Ignis.
«Luna, posso farti una domanda?» Le chiese, e lei si voltò con un sorriso luminoso verso di lui. «Certamente.»
Era lei il motivo per cui Galahd era ancora in piedi, si rese conto, lei era la luce che reggeva ancora quell’angolo di mondo. «Mentre viaggiavamo, Ignis mi ha detto cos’è successo sette anni fa, ma non mi ha spiegato molto. Stai bene?»
Lei annuì, scambiando uno sguardo veloce con Nyx, poi si sedette davanti al Re. «Ora sì. Quando sei…scomparso, quella notte a Gralea, non c’era più luce, di notte. I giorni duravano di meno, ma c’erano ancora, anche se il peso di combattere quella piaga aumentava sempre di più. Finché un giorno, sette anni fa, Ifrit ci ha attaccati, e abbiamo scoperto che era sotto il comando di Ardyn.»
Nyx si avvicinò a lei, e le posò una mano sulla spalla, che lei coprì con la propria. La sua vicinanza sembrò rafforzarla, e riprese a parlare. «Abbiamo lottato, tutti noi, e alla fine sono riuscita a respingerlo, ma mi è costata un’enorme quantità d’energia. Dopo quello scontro non sono più riuscita a respingere il buio, l’oscurità si è mangiata il mondo, e io ho fallito come Oracolo.»
«Non è vero.» Noctis si accigliò davanti al suo racconto. «Sei ancora qui, e combatti. In ogni modo.» Accennò alla sua armatura e al Tridente, appoggiato contro il muro accanto alla porta.
Nyx sogghignò. «Visto? Lo sapevo che te l’avrebbe detto anche lui.»
«Tu sapevi che sarei tornato?» Domandò il re, stupito, sollevando lo sguardo mentre lui annuiva. «Cuore di Bahamut, ricordi?» Nyx si indicò il petto. «Ho sempre saputo che eri vivo, e dov’eri. Sono stato io a dire a Ignis di andare a Galdin, quando ho sentito la presa del Cristallo allentarsi su di te. Non sapevo precisamente quando, ma sapevo che saresti tornato.»
«Non smetti mai di stupirmi, Nyx, devo ammetterlo.»
L’uomo si strinse nelle spalle e finse modestia. «Non ci posso fare nulla purtroppo. È un dono.»
Noctis si concesse una breve risata. «Come siete diventati cacciatori?»
Prima che uno chiunque di loro potesse parlare la porta si spalancò, e Noctis sentì un vociare di bambini che lo sommerse quando loro entrarono ridendo. «Lady Luna, Lady Luna! È vero che il Re è qui?»
Fu Noctis ad alzarsi, sorridendo ai bambini, e loro lo osservarono stupiti da capo a piedi.
Uno di loro si fece avanti, un bambino paffuto dalle guance tonde e i capelli scuri. «Non ha la faccia di un re.» Commentò, e Lunafreya intervenne a rimproverarlo.
«Non dire così!»
Noctis sorrise e scosse la testa, poi si accovacciò di fronte al bambino. «Non fa niente, Luna. Tu sei?»
Il bambino gonfiò il petto fieramente. «Il mio nome è Drautos Ostium, mio padre si chiama Libertus Ostium, e protegge la città!»
La sua presentazione pomposa strappò una risata ai componenti della sala, poi Lunafreya richiamò i bambini attorno a sé. «Forza, lasciate andare il re.» Si rivolse a Nyx, e Noctis non poté fare a meno di notare che il modo in cui si guardavano era ancora lo stesso, intenso sguardo che si erano sempre scambiati: sembrava che osservassero la loro metà perfetta, il motivo della loro stessa vita. «Nyx, perché tu e Noctis non fate due passi mentre io mi occupo di questi irrispettosi?» Scherzò, e l’uomo annuì, facendo un cenno al re di seguirlo.
Mentre uscivano di casa, la risata dell’Oracolo li seguì.
«È incredibile.»
«Cosa?» Sorrise Nyx mentre camminavano per le vie della città, incrociati da gente che si fermava ad inchinarsi ogni volta che si accorgeva della presenza del sovrano. Noctis fece un cenno con la mano, indicando ciò che li circondava. «Tutto quello che avete fatto qui. Gladio, Ignis, Prompto, tu che sei sempre lo stesso…Luna.»
Il soldato al suo fianco annuì. «Ne ha passate molte, da quando sei sparito.»
«Non era mia intenzione, il Cristallo…»
«Lo so.» Lo interruppe Nyx alzando una mano. «Non ti stavo incolpando, io più di tutti so cos’è successo.»
Aveva ragione, come al solito, si rese conto Noctis. Non importava quanto tempo fosse passato, Nyx restava sempre dalla parte della ragione, e la cosa lo fece sorridere.
«Allora…l’hai addestrata tu?»
Nyx non ebbe bisogno di chiedere a chi si riferisse, e annuì. «Veramente non volevo farlo. Ma è stata lei ad insistere, sostenendo che doveva essere in grado di aiutarci anche lottando, e non solo come guida spirituale, quindi ho ceduto.» Si strinse nelle spalle, e ripresero la loro camminata. «Non pensavo che una Principessa potesse lottare così bene, sembra che le venga naturale.»
Risero insieme, e poi Noctis toccò quell’argomento che una volta l’aveva tanto tormentato.
«Quindi, tu e lei…»
Nyx piantò su di lui i suoi occhi tempestosi. «Noctis, non volevo rubartela. Ma è stato come…»
Il re lo interruppe con un sorriso. «Non me l’hai rubata, Nyx. Luna, forse, era mia vent’anni fa, ma dal primo momento che ti ha incontrato ha smesso di esserlo. La mia gelosia mi ha impedito di rendermene conto, ma il suo cuore è sempre stato tuo.» Gli posò una mano sulla spalla, sentendosi stranamente sereno mentre parlava. Niente dolore, niente gelosia. «Non vorrei nessun altro al suo fianco.» Gli disse, e si rese conto che era vero. L’uomo davanti a lui era comparso dal nulla nella sua vita, l’aveva fatto arrabbiare, ingelosire, l’aveva anche pestato un paio di volte, ma ora vedeva la semplice verità dei fatti: Lunafreya non era sua, da molto tempo, c’era qualcosa in lei e Nyx che s’incastrava alla perfezione, e lui la capiva in un modo che non gli era mai stato possibile. E se doveva morire, voleva che lei fosse al sicuro.
Nyx annuì piano, sorridendo. «Grazie, vuol dire molto. È un piacere riaverti qui.»
«È un piacere essere tornato. Ma Luna non verrà con noi ad Insomnia, quando partiremo.»
L’uomo ridacchiò divertito e alzò le mani. «Prova tu a fermarla, se riesci.»
«Nyx ha ragione. Nonostante tu sia il re, è lei che comanda qui.» La voce squillante gli permise di riconoscerla ancora prima di vederla, e si voltò con un sorriso.
«Ciao Cindy. Ignis mi aveva detto che eri in officina.»
La ragazza annuì, e quando sollevò una mano a spingersi indietro i capelli disordinati, Noctis vide l’anello scintillare sull’anulare, e si ripromise di fare i complimenti a Prompto. «Non potevo non venire da te. La tua ragazza ti sta aspettando.»
Quella semplice frase ebbe il potere di emozionarlo e, mentre seguiva il meccanico verso la piccola officina, si chiese come avessero fatto a recuperarla. Lui non ricordava nemmeno l’ultima volta che l’aveva vista, eppure, quando Cindy sollevò il portellone, lei era là, rimessa a nuovo, e lucida come il giorno che avevano lasciato la capitale.
Si sentì soffocare dall’emozione mentre la sfiorava.
Oltre i chilometri, oltre la distanza, le ferite, oltre il tempo, lei era là.
«Papà!»
L’auto si era fermata davanti alle scale, e Regis ne era sceso con un sorriso.
Appena l’aveva visto aveva allargato le braccia, e lui ci si era gettato in mezzo.
«La Regalia.»

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Capitolo 22
*** If our love is tragedy, why are you my remedy? ***


Capitolo 22

If our love is tragedy
why are you my remedy?
 
«Non osare farti uccidere Ulric, hai capito?»
Nyx sorrise divertito, e scosse la testa. «Ci vuole più di qualche daemon a farmi fuori, Libertus, dovresti saperlo.»  
Ridacchiarono divertiti, poi Nyx raddrizzò le spalle e guardò il gruppo che lo stava aspettando.
«Devo andare, ora. Fai attenzione, amico mio.»
Libertus annuì. «Anche tu, eroe.»
Si salutarono così, e Nyx voltò ancora una volta le spalle alla sua casa, verso la capitale, e verso una battaglia che non sapeva come sarebbe finita. Montò sulla moto che usava di solito, e, quando sollevò lo sguardo, non poté fare a meno di concedersi un sorriso divertito. Prompto lo stava guardando, e sollevò i pollici mentre gli faceva l’occhiolino.
Portavano tutti le uniformi della guardia reale, lui compreso, e ammise a sé stesso che si trovava meglio in quegli abiti che in armatura o abiti casuali. Erano i vestiti che avevano segnato la sua vita.
Arrivarono preceduti dalla sua aura, e Nyx si sentì stringere il cuore di emozione.
In quei dieci anni, aveva avuto la risposta alla sua domanda: ogni volta che la vedeva era una scarica di vita, e di gioia pura.
Stava sorridendo mentre usciva dalla città al fianco del re, e lui si prese tempo per osservarla.
Aveva indossato l’armatura che Ravus aveva fatto forgiare per lei, di un bianco così abbagliante che faceva sembrare i suoi capelli biondi bianchi come luce lunare, e la rendeva ancora più bella.
«Andrà tutto bene, siamo insieme.» L’aveva rassicurata, e lei aveva annuito.
«Lo so.»
«Siete pronti?» La domanda arrivò da Noctis e, quando Nyx lo guardò, gli sembrò di tornare indietro nel tempo, quando, per la prima volta, Regis li aveva accolti ad Insomnia.
Ora aveva un’aria regale, si disse, e assomigliava tantissimo al padre, e alla sua triste saggezza.
Quello era un uomo che avrebbe potuto chiamare re, pensò sentendo il cuore stringersi.
Strinse la presa sul manubrio della moto.
Lo proteggerò, Regis, promise in silenzio, ad ogni costo.
Gladio annuì, e lui e gli altri salirono sulla Regalia.
Noctis si mise al posto di guida, Luna salì dietro di lui sulla moto, e la sua luce lo invase, insieme alla gelida soddisfazione che la loro vendetta si stava avvicinando.
Mentre partivano, Nyx si chiese di che colore fosse il sangue di Ardyn.
 

 
Viaggiarono per ore, in silenzio a volte, evitando le strade sterrate che pullulavano di daemon rabbiosi, guidati dall’unico, collettivo obbiettivo di riprendersi ciò che era stato loro sottratto.
Prompto sollevò nuovamente la macchina fotografica e scattò l’ennesima foto del suo migliore amico, poi osservò lo schermo per osservare il risultato.
Facendo scorrere le foto, finì su una che lo fece sorridere. Cindy lo stava osservando con un sorriso brillante davanti all’officina, ed era ancora vestita da sposa. Lui le aveva rubato quella foto appena lei aveva finito di parlare con Aranea, che aveva la nave bisognosa di manutenzione dopo un brutta lotta.
«Sei sicuro che sia il caso di andare?» Gli aveva chiesto lei mentre lui faceva scivolare le pistole nelle fondine. Lui si era voltato, e aveva visto la preoccupazione sincera sul suo viso.
«Rilassati. È Noctis, ha bisogno di noi.»
Si era rifugiata tra le sue braccia nonostante fosse più alta di lui.
«Lo so. Fai attenzione.»
Lui aveva ridacchiato. «Ti ho chiesto di sposarmi, non c’è nulla di più pericoloso.»
La moto li superò all’improvviso, e Prompto vide Noctis piegare le labbra in un sorriso.
«Noct, non farlo.» Fu Ignis a cercare di fermarlo, dal sedile posteriore, ma il guidatore non aveva intenzione di ascoltarlo.
«Lo sai che lo farà, Iggy.»
Si voltò verso Gladio, seduto al suo fianco. «Indovinato.»
E poi accelerò, accettando la sfida che Nyx gli aveva lanciato con il suo gesto, e ben presto furono fianco a fianco sulla strada buia.
«Ci sono andato leggero.»
«Oh sì, immagino.» Rise il re, guardando l’uomo con la coda dell’occhio.
Vedendo Lunafreya sorridere, le braccia avvolte intorno a lui, si rese conto che era giusto così, lei era fatta per lui, e lui le aveva dato tutto, ogni suo respiro, ogni battito del suo cuore, erano dedicati a lei.
Era qualcosa di magnifico, di prezioso, che lui non avrebbe mai potuto eguagliare.
E non voleva farlo, si rese conto all’improvviso. Voleva che Luna fosse felice, ma nel suo cuore trovò solo un immenso affetto verso di lei, e comprese che la sua permanenza nel Cristallo l’aveva aiutato a comprendere meglio, il mondo e sé stesso, e aveva chiarito ogni cosa.
Gladio si distese accanto a lui, le lunghe gambe costrette in auto.
La voce di sua sorella al telefono sembrava tremare.
«Glady, fai attenzione, la capitale è circondata di daemon.»
Sorrise. «Iris, lo sai che senza di me sono spacciati.» Era riuscito a strapparle una risata, poi Ignis era entrato dalla porta. «Devo andare, sorellina.»
«D’accordo. Ci vediamo presto.»
«Scusami, non volevo interromperti. Tutto bene?» Ignis, cieco o no che fosse, era sempre arguto.
«Si. Tu?»
Ignis annuì. «Si. Sono solo preoccupato, spero che vada tutto bene.»
«Sei sempre il solito.» Lunafreya rimproverò Nyx, e lui ridacchiò, divertito dal suo rimprovero.
«Come sei riuscita a convincere Ravus a non seguirti?»
L’Oracolo sorrise, il viso appoggiato contro la sua schiena. «Gli ho detto che non potevo lasciare che il mio adorato fratello rischiasse la vita con noi, e che ci sarebbe stato più utile difendendo Galahd, se noi fallissimo.»
«E riguardo alla mia, di vita? Non ti importa di me?» La punzecchiò Nyx con un ghigno, e la sentì ridere piano contro la sua schiena. «Non essere sciocco, lo sai che non lascerò che ti accada nulla di male.»
Quelle parole gli strinsero il cuore in un misto di commozione e orgoglio. «A proposito…»
«Si?»
Esitò un attimo, poi si fece coraggio. «Quando questa storia sarà finita, tu…»
Comparve davanti a loro all’improvviso, l’enorme spada del daemon, dal buio, e fu costretto ad inchiodare. La moto rovinò di lato, scivolando sull’asfalto, e il suo corpo reagì prima della sua mente: si voltò nella caduta e strinse le braccia intorno alla donna, lasciando che l’inerzia della caduta lo facesse rotolare lontano dalla strada e parando i danni che lei avrebbe subito.
Sentì i freni della Regalia fischiare, e il lampo blu della proiezione di Noctis contro il loro assalitore. «Nyx! State bene?» Fu Gladio a correre loro incontro, ma fu Lunafreya ad annuire, alzandosi a fatica.
Tese una mano a Nyx e lui, con un breve sorriso, lasciò che lo aiutasse a rialzarsi, poi si concentrò sullo scontro in corso, o meglio, su ciò che restava dello scontro. Non c’era traccia del daemon, e Noctis si stava massaggiando una mano mentre li guardava.
Quando si rese conto che tutti lo stavano fissando, storditi, inarcò le sopracciglia. «Beh?»
Fu Gladio a stringersi nelle spalle. «Nulla.» Lanciò un’occhiata al corpo del daemon che stava lentamente scomparendo nel terreno, la spada ancora piantata nella fronte. «Una volta sarei stato io quello ad attaccare per primo.»
«Lo so.» Confessò Noctis con un breve sorriso, osservandoli.
Erano i suoi amici, pensò, coloro che stavano rischiando la vita per lui, che l’avevano sempre protetto. «Ma non dovete più proteggermi. È il mio compito ora, proteggere voi.»
Ci fu un attimo di silenzio mentre Nyx rimetteva in piedi il suo mezzo di trasporto, e poi un breve fischio di ammirazione che veniva da Prompto. Il biondo sembrava divertito e fiero allo stesso momento. «Attenzione ragazzi, inchinatevi al Re.» Scherzò, e Noctis fu costretto a tirargli una gomitata di rimprovero quando si avvicinò a lui, ma la cosa lo fece ridere.
«Il Re decreta che è ora di darsi una mossa. Dobbiamo arrivare ad Insomnia nel più breve tempo possibile.»
«Sissignore.» Scherzò ancora Prompto mentre ripartivano, e Noctis si concesse un sorriso, osservando le due lunghe strisce di stoffa viola danzare oltre la schiena di Nyx dalla moto.
Se doveva morire, pensò, non avrebbe lasciato che nessun altro venisse con lui.
Dovevano aver viaggiato per quello che una volta era stato il giorno, decise quando Nyx si affiancò alla Regalia, suggerendo di trovare un riparo dove riposare.
«Va bene.» Concesse, una volta individuato uno spiazzo nella foresta che li circondava. «Fate attenzione, i daemon potrebbero essere ovunque.»
«Lo sappiamo.» Commentò Ignis mentre scendevano dall’auto, e si mettevano al lavoro, armandosi di sedie e dell’immancabile cucina da campo.
Gladio batté le mani tra di loro con aria soddisfatta. «Si mangia.»
«Iggy, cucini tu?» Domandò Noctis, sorpreso, osservando l’uomo mettersi all’opera tra spezie e ingredienti.
«Una volta, un uomo saggio mi disse che non mi servivano solo gli occhi per combattere.» Rispose l’uomo, e lui vide Nyx soffocare un sorriso. «Quindi ho deciso di applicare il suo consiglio anche alla cucina, sfruttando gli altri sensi per cucinare.»
«Bene. La tua cucina è la cosa che mi è mancata di più.» Commentò Noctis, abbandonandosi su una delle sedie da campo.
Mentre Prompto ritirava i resti della cena, un paio d’ore dopo, il re si chiese come facesse Nyx ad essere così attivo dopo aver mangiato così tanto. Sembrava che consumasse energia come il sole.
«Oh andiamo, puoi fare di meglio.» Lo sentì schernire Gladio, e sorrise brevemente osservandoli.
Il suo Scudo combatteva con la stessa consueta, brutale forza che conosceva, anche se c’era più precisione nei suoi movimenti, una preparazione che non era mai stata presente.
«Nyx ci ha allenati tutti, in questi anni, ma il problema è che nessuno di noi è mai riuscito a batterlo.» Commentò Ignis mentre si sedeva accanto a lui, e Noctis inarcò un sopracciglio.
«Com’è possibile?»
«Più ci allenava più noi miglioravamo.» Spiegò Lunafreya al lato opposto. «Ma più noi miglioravamo, più lo faceva lui. Ci conosce così bene che anticipa i nostri movimenti ancora prima che noi li compiamo.»
La donna esitò un attimo, poi abbassò su di lui i suoi occhi celesti. «Il Cuore di Bahamut potrebbe essere la nostra chance di vittoria, Noctis.» Il re non rispose, limitandosi ad osservare Nyx che, con un’abile torsione dei polsi, bloccava la spada a due mani di Gladio tra i suoi kukri e poi gliela strappava di mano, mandandola a piantarsi a qualche metro di distanza.
Era sempre stato un combattente formidabile, e nel suo petto batteva il cuore di un dio.
Nyx, in catene nella cella, il viso pallido, il suo sangue sparso nella stanza.
Gli venne la nausea. «No.» Scosse la testa, abbassando lo sguardo sull’infido Anello che portava al dito. Era il suo compito, non avrebbe sopportato di vedere qualcuno a cui teneva morire a causa sua. «Nyx ha già fatto tantissimo per noi, per me. Non gli chiederò questo.»
L’Oracolo gli posò una mano sulla spalla e Nyx, davanti a loro, raddrizzò la schiena e ritirò i pugnali con un sorriso divertito.
«È bello averti qui, Noctis.» Sorrise Lunafreya, osservando quel viso che una volta aveva amato.
Era invecchiato, in quegli anni, e ora era più saggio, e più triste, e qualcosa dentro di lei risuonò con quelle emozioni: Noctis conosceva il suo destino, e l’aveva accettato, come aveva fatto lei in passato.
Prima che arrivasse Nyx.
L’uragano Ulric aveva sconvolto tutto, nelle loro vite.
Sollevò lo sguardo su di lui, sentendo lo stomaco stringersi in quel misto di piacere e dolore che le procurava sempre guardarlo. Era saltato nella sua quieta vita di principessa e l’aveva rivoltata, e l’aveva migliorata.
Le mura di Galahd erano in fiamme, le urla dei suoi cittadini le risuonavano nella mente.
«Lunafreya! Aiutateci!»
Le preghiere dei disperati che fuggivano verso di lei, cercando riparo nella sua luce.
Ma lei era debole, Ifrit era là, davanti a lei, sicuro che l’avrebbe schiacciata.
La meteora era partita dritta verso di lei, inginocchiata sul terreno, ma non l’aveva mai raggiunta.
Sollevando lo sguardo, aveva visto la barriera scintillare sulle cicatrici di Nyx.
«Alzati.» Le aveva ordinato, concentrato a mantenere la protezione contro la collera del dio.
Lei aveva scosso la testa, incapace di muoversi. «Non ce la faccio, è troppo forte.»
Nyx l’aveva guardata con la coda dell’occhio, le aveva sorriso, in quel suo modo speciale che le faceva mancare il fiato. «Si che ce la fai.»
Le aveva teso una mano, e lei l’aveva presa.
Lui l’aveva sfruttata per tirarla a lui e, una mano sollevata a mantenere la barriera e l’altra sul suo collo, Nyx aveva pronunciato le parole che sapeva le sarebbero servite. «Sul Ravatogh, non eri sola. Contro Leviatano, non eri sola.»
«Lo so, c’eri tu con me.» Aveva mormorato tra il rombo del fuoco, e lui aveva annuito, e le aveva dato un delicato bacio sulla fronte.
«E ci sono ora. Andrà tutto bene. Ce la faremo.»
E alla fine, con lui al suo fianco, ce l’aveva fatta.
«Noctis, che stai facendo?» Gli domandò, riportando l’attenzione su di lui mentre il re si alzava e iniziava a chiudere le sedie sulle quali avevano riposato.
«Mi dispiace, ma dobbiamo andare.» Decretò lui, e l’atmosfera serena che li aveva avvolti venne frantumata dalla consapevolezza che quello non era un viaggio di piacere, ma un viaggio verso l’ignoto, verso sofferenze, e una morte quasi certa.
Quando furono nuovamente in viaggio, Luna strinse le braccia intorno al suo cavaliere, e chiuse gli occhi per un istante, come aveva fatto nella caverna, in un tempo che sembrava così lontano da essere inesistente.
Già allora, Nyx era stato la sua ancora di salvezza.
«Stai bene?» Lo sentì chiedere, e sorrise brevemente: lui sapeva sempre cosa le passava per la testa.
Lo strinse ancora. «Sì. Nyx…»
«Dimmi.»
«Grazie. Di tutto.»
Lui rimase un istante silenzio, perso negli stessi ricordi che vorticavano nella mente di lei, e poi sorrise.
«Prego. È stato un piacere.»
Nyx socchiuse gli occhi, cercando di focalizzare l’attenzione sulle luci che gli si stavano formando davanti, e meno sul fatto che il tono e le parole di Lunafreya suonavano come un addio.
Rallentò quando si rese conto di cosa stava guardando, e affiancò la Regalia dal lato del guidatore.
«Noctis, siamo arrivati.»
Il re decelerò, e alla fine frenò davanti al ponte immenso che sembrava comparso dal buio.
«Casa dolce casa.» Commentò Prompto, e nessuno di loro rispose.
A poca distanza, le rovine scintillavano, illuminate dai fuochi che ancora bruciavano.
Noctis strinse la mascella osservando quel macabro spettacolo.
È quasi finita, padre.
«Coraggio.» Riaccese l’auto e partì sul ponte. «Riprendiamoci Insomnia.»

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Capitolo 23
*** Now I'm alive, I'm feeling born again, And I will fight until the bitter end. ***


 
Capitolo 23
 
Now I'm alive, I'm feeling born again,
And I will fight until the bitter end.
 
 
Rimettere piede ad Insomnia fu come entrare nella propria tomba.
Aveva davvero combattuto lì?
Gli sembrava impossibile, eppure le statue degli Antichi Re, l’Antica Barriera che aveva evocato, erano ancora là, e alla fine del ponte, il cratere di cemento crepato.
Nyx vi si avvicinò con cautela, con la sensazione che un fantasma l’avrebbe aggredito da un momento all’altro, se non fosse stato pronto. Sentiva dietro di lui i passi del gruppo, ma non era presente ai loro discorsi.
L’armatura era ancora là, ormai piena solo di ossa scomposte, ma ebbe comunque il potere di fargli gelare il sangue. Non sarebbe dovuto essere lì, pensò, se quel miracolo insensato della sua seconda vita non fosse accaduto, di lui non sarebbe rimasto nulla, solo ceneri sparse nel vento.
«Nyx, hai trovato qualcosa?»
La voce di Ignis lo raggiunse prima di lui, e fu lieto che l’uomo non potesse vedere ciò aveva davanti. Scosse la testa e si allontanò a forza da lì. «No.»
Tutti quei cupi pensieri vennero spazzati via quando si voltò, e lei gli sorrise.
Inspirò a fondo e ricambiò il sorriso, celando i suoi pensieri perfino a lei, che era metà di lui, che condivideva ogni secondo di vita. Non poteva permettere che fosse distratta da pensieri che nemmeno le appartenevano, l’avrebbe messa in pericolo.
Seguì Noctis sulle vie distrutte, e tacque il fatto che metà di quella devastazione era opera sua, e dei Re che a lui avevano risposto per quella notte. «Dobbiamo trovare Ardyn.»
«Sarà al Palazzo. Pensa di essere l’erede al trono di Lucis.» Commentò Noctis amaramente, proseguendo la sua marcia forzata tra i detriti, verso il Palazzo in lontananza.
«Queste strade erano piene di gente, una volta, ricordate?» Esordì Prompto, spezzando la tensione che li attanagliava. Indicò un edificio dal quale penzolava un’insegna semi distrutta. «Il cinema.»
Gladio ridacchiò, osservando il re. «Intendi dire il posto dal quale un certo re di mia conoscenza è uscito rischiando di prendersi un infarto per la paura?»
Noctis e Ignis scoppiarono a ridere. «Oh no, non era un infarto, Gladio. Non sopportavo più di vedere la tua brutta faccia.» Lo provocò il sovrano, strappando un'altra risata generale.
Nyx, al loro fianco, si chiuse fuori da quella rievocazione del passato.
Mentre loro si divertivano con quei problemi futili, lui e i suoi compagni venivano letteralmente fatti a pezzi su campi di battaglia di cui loro non erano neanche a conoscenza.
Buh.
Non ebbe neanche bisogno di voltarsi per controllare chi fosse.
Le sorrise, e lasciò che li seguisse, lei e i suoi capelli più neri della notte eterna.
Dove tutto ha avuto inizio, continuò Crowe, camminando al suo fianco come un’ombra. E dove tutto avrà fine, Nyx.
Annuì solamente, consapevole che, se si fosse messo a parlare da solo, o avesse confessato che c’era un fantasma al suo fianco, Noctis e gli altri l’avrebbero preso definitivamente per pazzo.
Ma si chiese come mai lei fosse lì, visto che ogni volta che l’aveva vista era successo qualcosa.
Attento!
Il suo avvertimento venne richiamato da quello di Gladio, e lui ebbe pochi secondi di puro istinto di sopravvivenza per reagire, proiettandosi oltre l’enorme behemot alato che era atterrato su di loro dal tetto del palazzo che avevano accanto. Si voltò velocemente, estraendo il pugnale dal muro nel quale l’aveva lanciato, e vide la creatura spalancare le immense ali, pronta ad attaccare.
Quando ruggì, sentì il suono vibrargli nelle costole, e un brivido gli attraversò il corpo; ma non aveva paura, si rese conto, era aspettativa. Quello era il primo degli avversari che Ardyn aveva scelto per loro, e più velocemente se ne fosse liberato, più era sicuro che lui si sarebbe infuriato.
Non ebbe mai il tempo di effettuare una seconda proiezione, però, perché le ombre sembrarono esplodere, vomitando daemon di ogni razza, dai grossi giganti armati di spada ai piccoli e altrettanto infidi folletti dalle lunghe unghie.
Erano centinaia e, anche se spesso s’intralciavano a vicenda, il loro numero era soverchiante.
Intravide Noctis tra il caos, lo scintillio dell’Anello, e seppe cosa stava per fare.
Lanciò il pugnale nella schiena del folletto davanti a lui ed effettuò la proiezione nel giro di pochi secondi. Mentre estraeva la lama, scosse la testa. «Non esagerare ad usarlo.» Gli ordinò, e lo vide sorpreso che lui fosse a conoscenza delle sue intenzioni.
Nyx si voltò verso i loro avversari. «Ho visto gli effetti di quell’oggetto su tuo padre, e su me stesso.» Gli spiegò, lasciando che il suo corpo schivasse gli attacchi mentre parlava. «Se esageri morirai prima di scrivere la parola fine a questa storia.»
Noctis annuì qualche secondo dopo, e nella sua mano comparve la spada del padre. «D’accordo, ma ora liberiamoci del Behemot.»
«Buona idea. Giù!» Tirò il re in ginocchio mentre il tentacolo li superava, andando a schiantarsi contro lo scudo metallico di Gladio alle loro spalle. L’uomo si concesse un ghigno. «Prompto!»
Il biondo fu subito al suo fianco e, usando lo scudo come riparo, mandò un proiettile a piantarsi nella fronte della creatura tentacolare che li aveva attaccati.
«Sono diventati bravi.» Commentò Noctis, e vide Nyx annuire con un ghigno. In quel momento, si rese conto, nonostante fossero circondati da daemon e con poche possibilità di sopravvivenza, Nyx si stava divertendo.
Quando la zampa del Behemot calò su di loro si proiettarono in direzioni opposte, e poi si voltarono nuovamente: erano gli unici a poter usare le proiezioni, e ciò significava che erano gli unici a potersi occupare della maestosa creatura che cercava di ucciderli.
Vide Nyx indicargli il collo della bestia, e poi alzare tre dita.
Annuì,
Due dita.
Doveva fidarsi di Nyx, si disse, sapeva di sicuro cosa stava facendo.
Un dito.
Inspirò a fondo, sentendo il tremore causato dagli attacchi della creatura rimbombargli nel corpo.
Zero.
Lanciò la spada nel collo del Behemot e vi si proiettò, affondando ancora la lama.
Il suo gesto fece ruggire il daemon, che sollevò la gola, e in quel momento Nyx intervenne.
Il kukri andò a piantarsi nella gola scoperta dell’animale e, sfruttando lo slancio della proiezione, si aprì la strada nella pelle cedevole. Il Behemot sgozzato crollò al suolo in una cascata di sangue, costringendo i daemon inferiori a disperdersi.
Noctis balzò giù dal cadavere con una breve risata. «Ottimo lavoro.»
Il soldato si strinse nelle spalle con un sorriso. «Grazie. Non abbiamo ancora finito.»
Osservarono i loro compagni lottare oltre il cadavere del Behemot, e Noctis non poté fare a meno di notare quanto fosse insolito vedere l’Oracolo estrarre il Tridente insanguinato dal corpo di uno spirito in decomposizione.
«Allora diamoci una mossa.»
L’attimo dopo, di loro restava solo più lo scintillio blu e viola delle proiezioni.
 

 
«State tutti bene?»
«Beh, la tua domanda è relativa. Starei meglio se fossi su un materasso gigante a giocare.» Ridacchiò Prompto, e Noctis non poté fare a meno di ricambiare l’espressione.
«Lo so. Presto tornerà tutto normale.» Promise, e la sua attenzione fu attirata da un scintillio bianco ai lati del suo campo visivo.
Voltandosi, vide Nyx e Luna, l’uno di fronte all’altra, che parlavano sotto voce. Sembravano incapaci di starsi lontani perfino in quel momento, tesi verso il compagno, chiusi in un mondo che era solamente loro.
Li aveva visti lottare insieme, ed era stato uno spettacolo da ammirare.
Sembrava che fossero due parti dello stesso corpo e, nonostante Luna non potesse proiettarsi, Nyx era sempre lì, quando lei aveva bisogno, scompariva e tornava da lei come un magnete, e Luna, anche nel caos di una lotta, sembrava sapere sempre dove lui fosse.
Quando il suo Tridente si era piantato nell’esatto punto dove Nyx si era proiettato un secondo più tardi, uccidendo il daemon che era lì, Noctis aveva sentito un brivido a guardare quel gesto così naturale, e così significativo.
«State pronti, siamo quasi a Palazzo. Non sappiamo cos’abbia in serbo per noi Ardyn.»
Gladio indicò la colonna di fuoco che era appena caduta dal cielo, nel cortile del palazzo reale. «Tipo quello?»
Si voltarono a guardare la direzione indicata. «Ifrit?» La domanda venne da Ignis, che non aveva avuto modo di osservare l’accaduto.
Noctis annuì, e vide Lunafreya rabbrividire. «Ifrit.» Confermò, rimettendosi in cammino.
Lottare nuovamente con i suoi amici era stato come incastrare l’ultimo pezzo in un puzzle.
C’era ancora la stessa naturalezza di sempre, la stessa empatia.
Non amici, pensò, sentendo Prompto ricaricare le pistole, e Gladio rimproverarlo perché aveva sprecato troppe pallottole.  Famiglia.
Abbassò lo sguardo sull’Anello, e lo vide scintillare di consapevolezza.
Tu lo sapevi, vero papà? Quando li hai fatti partire con me, quando hai chiesto a Nyx di proteggere Luna, l’hai sempre saputo.
Sorrise tra sé e sé, stringendo la mano, poi sentì Ignis al suo fianco.
«Noct, cos’è successo nel Cristallo?» Gli chiese, e dal suo tono curioso intuì che era una cosa che dovevano domandarsi tutti. Perché era stato via dieci anni, perché ora aveva la forza necessaria?
«Sono sicuro che Nyx lo sa, ma preferirei sentirlo spiegare da te.»
Noctis sorrise. Ovvio che Nyx lo sapeva, pensò, ciò che era successo nel Cristallo doveva essersi riflesso sul suo cuore, e sulla sua vita.
«Non so come spiegartelo bene.» Ammise. «Bahamut mi ha detto cos’è Ardyn, e mi ha anche detto che non devo essere io ad ucciderlo.»
«Non è compito del Re dei Re riportare la luce?»
Noctis annuì. «Tuttavia, il mio compito è separato dall’uccidere Ardyn, non legato ad esso come la profezia ha sempre fatto credere. Io riporterò la luce, ma prima, Nyx dovrà uccidere Ardyn.»
«Nyx?» Ignis inarcò un sopracciglio, ma subito dopo rispose al suo stesso dubbio. «Ha senso, immagino. In fondo, doveva esserci un motivo molto importante se Bahamut gli ha salvato la vita.»
Noctis si voltò ad osservare il soggetto dei loro discorsi.
Quando pensava che nessuno lo guardasse, come in quell’istante, lo scudo spensierato cadeva, e i suoi occhi si velavano, annebbiati dalle crudeltà che aveva subito, e dall’orrore che aveva vissuto sui campi di battaglia. Quello era il vero Nyx, il soldato stanco di combattere, stanco di essere circondato dalla morte, e vederlo così lo convinse ancora di più che non avrebbe chiesto aiuto a nessuno, tantomeno a lui, nel compito che lo aspettava.
I cancelli del Palazzo si stagliarono davanti a loro, guidandoli verso la strada che portava allo spiazzo circolare.
Nyx sollevò lo sguardo, e vide chi li aspettava.
Pigramente adagiato su un trono di fiamme, il viso malignamente divertito, il dio del fuoco sembrava schernirli solamente guardandoli, convinto che li avrebbe distrutti.
Vide Lunafreya superarlo e spostarsi al comando del gruppo, e sentì il cuore saltare i battiti, ma fu Gladio a porre la domanda al suo posto. «Lunafreya, cosa pensi di fare?»
L’Oracolo parlò senza voltarsi verso di loro, la mano stretta sul Tridente.
«Questo è il mio compito, il mio destino. Voi dovete andare avanti.»
Le fiamme sul corpo di Luna, le sue ceneri sparse nel vento, perse per sempre.
Nyx sentì la testa girargli, e si avvicinò a lei.
«Non fare pazzie, ci pensiamo noi.» La costrinse a voltarsi, e si sentì morire quando incrociò il suo sguardo. Ecco cos’era stato, quel discorso durante il viaggio, quelle parole che avevano il sentore di un addio: la donna sapeva che Ifrit sarebbe stato lì, sapeva che, se non fosse riuscita a batterlo, l’avrebbe portato via con sé.
«Luna…Ti prego, non farmi questo.» Mormorò, incurante di coloro che lo ascoltavano. Non voleva perderla di nuovo, non poteva perderla di nuovo.
Ma lei aveva deciso, e gli accarezzò il viso con una mano, sorridendogli.
Quando si allontanò da lui, e la stretta delle loro mani si sciolse, Nyx sentì il proprio cuore andare in frantumi.
«Nyx.» La voce gli arrivò come un eco, e la sua mente annebbiata non la registrò subito.
Era davanti ad Ifrit, ora, e vide il dio sorridere con aria crudele nell’ottenere ciò che voleva.
La mano pesante di Gladio sulla spalla. «Nyx, dobbiamo muoverci.»
La sua aura si espanse, scintillando sulle rifiniture dorate delle mura intorno a loro.
Noctis gli si parò davanti e lo scrollò pesantemente. «Nyx, mi servi lucido. Prima uccidi Ardyn, prima potrai tornare da lei, quindi datti una mossa.»
Quelle parole riuscirono a raggiungerlo, e focalizzò la sua attenzione sul re.
Aveva ragione, con Ardyn morto lui sarebbe stato libero di salvare Lunafreya dalla vendetta di Ifrit.
Raddrizzò le spalle, chiuse quella terrificante sensazione che gli sbriciolava il cuore in quell’angolo dove conservava tutto il resto delle sue sofferenze, e annuì. «Andiamo.»
Scattarono tutti insieme, mentre la prima, rovente palla di fuoco svaniva contro la luce purificatrice dell’Oracolo.
Quando le porte del Palazzo si chiusero alle sue spalle, il silenzio calò su di loro, e le mura che li circondavano li trascinarono nel passato.
Per un motivo o per l’altro, tutti loro avevano attraversato quei corridoi, e forse fu proprio per quello che nessuno parlò, mentre i loro passi risuonavano contro i muri come una sentenza di morte.
Nyx conosceva quella strada a memoria, e ricordava il giorno in cui l’aveva percorsa correndo, rischiando di far adirare il suo re esigendo un’udienza.
Era stato il giorno in cui tutto il suo mondo si era accartocciato su sé stesso ed era bruciato.
«Noctis, aspetta.» Lo richiamò notando dov’erano, e il re si voltò ad ascoltarlo.
Nyx gli indicò la porta davanti a loro. «Quella è la stanza dove tuo padre è morto. Sei sicuro di volerci entrare?»
Fu brusco, ma era necessario, e non c’erano mezzi termini per comunicare una notizia del genere.
Vide gli occhi di Noctis oscurarsi e poi, per tutta risposta, il re si voltò ed entrò a grandi passi nella sala rotonda, accolto dal gelido vento che proveniva dall’esterno attraverso i muri semi distrutti.
E là, al centro, c’era la ragione di tutto.
Noctis si avvicinò lentamente a ciò che restava di suo padre, e s’inginocchiò sul pavimento.
Le macchie di sangue erano sbiadite ormai, i vestiti consumati dal tempo. Avrebbe chiesto che gli fosse costruito un mausoleo, promise, ascoltando il cuore rimbombargli nelle orecchie.
 Regis aveva sempre saputo, sapeva che l’Impero li avrebbe traditi, eppure, quel giorno sulle scale, gli aveva sorriso con affetto.
Cammina a testa alta, figlio mio.
Chiuse gli occhi prima che le lacrime gli sfuggissero.
Quel mattino il sole scintillava alto, e lui aveva guardato in faccia l’assassino di suo padre.
«Lo affido alle tue cure, Generale Drautos.»
D’istinto, si voltò verso Nyx, e vide nei suoi occhi il cupo ricordo di cos’era successo in quella stanza.
Si rialzò con uno sforzo di volontà, e quando incrociò il suo sguardo gli fece un breve cenno.
Sapeva che lui avrebbe capito le parole che non era in grado di pronunciare, e quando lo vide piegare un angolo della bocca in un sorriso che non raggiunse mai i suoi occhi, seppe che era vero.
Nyx non rimpiangeva di aver ucciso il suo mentore, ed era fiero di aver vendicato il suo re.
Si affiancò a lui, e restarono un istante in silenzio, donando l’ultimo tributo ad uomo che entrambi avevano ammirato e al quale erano legati.
Fu la scossa a risvegliarli, e Nyx decise di ignorare il fatto che veniva dall’esterno.
Doveva convincersi che Luna ce l’avrebbe fatta.
«Andiamo.» Mormorò Prompto superandoli, evitando di proposito di guardare il centro della stanza.
Nyx lasciò che li superassero e poi bloccò Noctis per un polso.
«Che succede?» Gli domandò il re, accigliandosi.
Nyx accennò alla sua mano, sulla quale correvano sottili linee scarlatte che scintillavano come fuoco.
«Conosco il potere di quell’anello meglio di chiunque altro, Noctis. Non ti permetterò di suicidarti.»
«Non mi sto suicidando, è il mio destino.»
Nyx indicò le ossa davanti a loro, e quando parlò lo fece con tono severo. «Non deluderò tuo padre all’ultimo momento. Se Luna muore…» Gli si mozzò il respiro al solo pensiero, e dovette farsi forza per terminare la frase. «Promettimi che darai l’Anello a me.»
Noctis osservò i suoi lineamenti duri, la feroce convinzione nel suo sguardo e sotto, ciò che non aveva detto: se Lunafreya moriva, la sua vita non aveva più senso, e non voleva viverla. Scosse la testa. «Non morirà, Nyx, e io non posso chiederti di aiutarmi a sostenere il potere dell’Anello, è compito mio.»
«Ehi, voi due. Avete intenzione di stare lì per sempre?» Fu Gladio a richiamarli, dalle scale, ed entrambi annuirono e raggiunsero il resto del gruppo.
Proseguirono in silenzio fino alle ampie porte che chiudevano la sala del trono, e là si fermarono un istante. Noctis si voltò verso di loro, e li osservò uno ad uno.
«Ci siamo.» Esordì, sentendo il nodo in gola stringersi. Quella era l’ultima volta che avrebbe visto i loro visi, pensò, e loro il suo. Prompto si stava tormentando le mani, e Noctis gli sorrise brevemente, poi si voltò prima che loro potessero vedere il dolore sul suo viso, e le lacrime che minacciavano di fuggire al suo controllo. Era il Re, doveva essere forte quando loro non lo erano.
Spalancò le porte ed entrò ad ampi passi nella stanza del trono.
La conosceva meglio di qualsiasi altra cosa, e alzando lo sguardo, per un folle istante, vide suo padre seduto sul trono, che lo aspettava.
Scosse la testa per scacciare quella visione, e vide che là, in realtà, c’era Ardyn, pigramente abbandonato sull’ampio trono, un sorriso soddisfatto sul volto.
Sentì la rabbia montargli nel petto. «Alzati.» Gli ordinò. «Quel trono è mio.»
Il cancelliere si concesse una breve risata. «Mi dispiace, Noctis. C’è posto per uno solo.»
Il sovrano fu distratto quando Prompto gli indicò qualcosa ai piedi di Ardyn, e fu una reazione istintiva tendere un braccio per bloccare Nyx, quando lui si rese conto di cos’era.
«Nyx, non è reale.» Gli disse, ma lui non sembrava ascoltarlo e, quando Ardyn calciò il corpo semi bruciato di Lunafreya giù dalle scale, lo sentì fremere, ma non seppe dire se fosse rabbia o dolore.
Ardyn sorrise e si strinse nelle spalle. «Ops. Preferivate rivederla viva?»
Gladio fu costretto ad intervenire quando Nyx scostò bruscamente il braccio del re, partendo quasi di carica, e lo bloccò prima che si avventasse contro Ardyn.
«Nyx, niente di tutto ciò che riguarda Ardyn è reale. Luna sta bene, ne sono sicuro.» Noctis tentò di calmarlo, ma lui non gli rispose. I suoi occhi erano fissi sull’usurpatore, e sembrava furioso, quindi si arrese.
Lui stesso aveva provato sulla sua pelle la rabbia incontrollata di Nyx, ed era sicuro che allora si fosse ancora trattenuto, ma non voleva essere nei panni di Ardyn, pensò, quando gli avrebbe messo le mani addosso.
Fu in quel momento che il caos si scatenò nella stanza.
Le porte vennero sfondate dai daemon, costringendo Prompto, Ignis e Gladio a voltarsi e formare una barriera tra loro e il re, e Ardyn fece un cenno al sovrano e al soldato, intimandogli di seguirlo.
Nyx non se lo fece ripetere due volte, proiettandosi oltre lo squarcio nella parete dal quale lui era scomparso, e Noctis fu costretto a seguirlo frettolosamente; si sarebbe fatto uccidere, combattendo in quello stato, ne era convinto.
La sua proiezione terminò nella strada oltre il palazzo e, per un istante, gli sorse un dubbio.
Non c’era traccia né di Ifrit né dell’Oracolo da nessuna parte.
Fu costretto a schivare un corpo che rischiava di finirgli addosso e, quando si accorse che era Ardyn lui era già in piedi, e lo stava guardando con aria divertita. «Allora, Altezza, non ti unisci a noi?» Gli domandò tergendosi il sangue dalla bocca, ma il secondo dopo il suo avversario gli era addosso, ma Ardyn riuscì a sbalzarlo all’indietro quando le tredici armi ancestrali comparvero in un cerchio scarlatto attorno a lui.
«Come…»
Il Cancelliere scoppiò a ridere, ma c’era una nota amara nella sua voce. «IO dovevo essere il Re dei Re!» Sbraitò, indicandosi il petto. «Io dovevo riportare la luce, ma il vostro adorato Cristallo mi ha giudicato indegno, anche se avevo sacrificato me stesso per salvare i miei sudditi!»
Fu un movimento ai lati del suo campo visivo ad attirare la sua attenzione: Nyx si era rialzato, e sulla sua schiena si stavano aprendo piano le grandi ali metalliche di Bahamut.
Era finita, pensò, Ardyn non poteva nulla contro il potere di un dio.
«Noctis, stanne fuori.»
Era davvero la voce di Nyx?
Incrociò i suoi occhi, e restò sbalordito quando vide il loro colore.
Non erano più di quel misto tra il grigio e il blu, ma argentati, e gelidi come il ghiaccio.
Annuì piano, e fece un passo indietro, sentendo il rumore della lotta che ancora imperversava nella stanza del trono. «Non farti uccidere, Nyx.» Gli ordinò prima di proiettarsi lontano.
Una volta che Ardyn fosse morto, pensò, lui avrebbe potuto assolvere al proprio dovere.
Sentiva il potere di Bahamut, scatenato da Nyx, vibrare dall’Anello al suo corpo, e quando la sua proiezione lo portò nuovamente nella stanza del trono, seppe che aveva avuto ragione.
Il corpo dell’Oracolo ai piedi delle scale era svanito.

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Capitolo 24
*** I'm bleeding out Said if the last thing that I do Is to bring you down I'll bleed out for you. ***


Capitolo 24
 
I'm bleeding out
Said if the last thing that I do
Is to bring you down
I'll bleed out for you
 
Quando il dardo gli attraversò la spalla, impalandolo al muro dietro di lui, quasi non si accorse del dolore.
Ardyn sogghignò, e la balestra scomparve dalle sue mani, subito sostituita dalla lancia, che lui soppesò tra le mani. «Mi deludi, Nyx. Pensavo potessi fare di più.» Lo derise, nonostante le numerose ferite che gli ornavano il corpo, sapeva di essere in vantaggio.
L’uomo sputò un grumo di sangue a terra, consapevole che, anche se faceva fatica ad ammetterlo, non stava combattendo al massimo. E sapeva anche perché, lo percepiva come se schegge di vetro gli trafiggessero il cuore: ogni battito di palpebre, rivedeva il suo viso davanti agli occhi.
«Nyx.»
La lancia gli si piantò nel fianco, e lui boccheggiò in cerca d’aria quando il dolore lo invase.
Il suo sangue gocciolava piano sul terreno strappando riflessi argentati al buio.
«Guardami, Nyx.»
Si sforzò di sollevare lo sguardo, e lei era là, puntuale come al solito, e lui ignorò Ardyn che si avvicinava brandendo il martello.
«Crowe…»
«Ti sembra il modo di comportarti, Nyx? Stai deludendo il tuo re.»
Ridacchiò a quel rimprovero e, anche se la cosa gli inflisse un’altra fitta, sorprese Ardyn.
«Nyx Ulric.»
La voce non era quella di Crowe, ora, ma quella profonda e saggia di un uomo che Nyx avrebbe per sempre rimpianto di non aver potuto salvare. Regis piantò su di lui i suoi occhi grigi.
«Conto su di te.»
Chiuse gli occhi, ascoltando il battito del proprio cuore. Bahamut era furiosa, la percepiva chiaramente, furiosa contro l’uomo che aveva ingannato gli dei, che aveva giocato con il mondo.
Sentì lo spostamento d’aria all’ultimo minuto, e reagì d’istinto.
Ignorando il dolore, strappò la spalla dal muro al quale era inchiodata, e il martello si abbatté sul punto dov’era poco prima. Afferrò la lancia mentre il suo avversario materializzava l’alabarda, e la usò per parare il colpo successivo.
Ardyn sembrava sorpreso che lui fosse riuscito a muoversi, e la cosa gli diede una scossa di nuova energia.
Se lei non c’era più, lui se ne sarebbe andato in grande stile, e avrebbe trascinato l’uomo che gliel’aveva strappata due volte nel buio con sé. «Sorpresa. Ora si fa sul serio.»
«Bene.» Il viso di Ardyn si deformò in un ghigno, che non scomparve nemmeno quando Nyx sfruttò il loro stallo per estrarre un kukri e lanciarlo oltre di lui, proiettandovisi subito dopo.
Ebbe poco tempo di pausa, però, perché Ardyn gli fu addosso, solo che la sua proiezione era rosso sangue, così come l’aura che li circondava. Era un colore malato, per qualcosa che era un dono divino.
Fu costretto ad evitare un colpo con un balzo all’indietro, e Bahamut venne in suo soccorso ancora una volta: le ali si mossero da sole, permettendogli di effettuare un atterraggio sicuro.
Se la dea era dalla sua parte, era tutto più facile.
Si proiettò nuovamente, e lo scontro a mezz’aria mandò una scarica di scintille intorno a loro.
Ardyn fu il primo ad allontanarsi, e le sue personali, corrotte versioni delle armi ancestrali si chiusero in cerchio intorno a lui. «Ho un regalo per te.» Ghignò crudelmente l’uomo, e spostò le braccia in avanti con uno scatto.
Obbedienti, le armi si lanciarono contro di lui ad una velocità impressionante, ma non lo raggiunsero mai. Le spade di Bahamut le intercettarono una per una, e Nyx ebbe la sua occasione.
Estrasse entrambi i pugnali e li lanciò verso il suo avversario.
«Pessima idea.» Sogghignò mentre si proiettava contro di lui a mezz’aria, i pugnali piantati nel suo petto. «Ora sei disarmato.»
Rovinarono a terra, di nuovo nel cortile del Palazzo reale, e Nyx seppe di dover agire in fretta; evocò le Gemelle e si lanciò contro il suo avversario, e Ardyn, impreparato, non riuscì ad evitare il suo colpo.
Le lame lo trafissero da parte a parte, ma, mentre il suo sangue scivolava sulle armi e sulle mani di Nyx, sorrise. «Se io muoio, tu vieni con me.» Decretò mentre nelle sue mani si riformava la spada, e l’attimo dopo la visuale di Nyx fu spaccata dal dolore mentre la lama gli scivolava via dal corpo.
Irrigidì la mascella, pregando in silenzio la dea che con lui condivideva il cuore.
Non ancora, ti prego. Dammi ancora un po’ di tempo.
Estrasse le lame sorelle dal corpo del cancelliere, e lasciò che lui scivolasse in ginocchio.
«Finalmente…» Ardyn rischiò di soffocarsi con il proprio sangue. «Riposerò in pace.»
Fu la frase che gli fece perdere il controllo. Strappò i pugnali da quel corpo morente, poi gli posò una mano sulla spalla e gli dedicò un ghigno gelido.
«No. Tu marcirai all’Inferno.» Rafforzò la presa sul kukri, e poi lo piantò dritto nel cuore dell’uomo che gli aveva distrutto la vita.
Sua madre, e sua sorella.
Piantò ancora la lama.
Crowe.
Ardyn crollò a terra, ma lui continuò ad infierire.
Regis.
«Nyx, basta!»
Luna.
Impugnò l’arma con entrambe le mani e l’affondò ancora una volta.
«Nyx, è morto.» Fu la voce di Noctis a focalizzare la sua attenzione, e furono sempre le sue mani a posarsi sulle sue spalle, tirandolo delicatamente lontano da ciò che restava di Ardyn.
Aveva aperto gli occhi e si era voltato nel letto.
«Buongiorno.» Una mano delicata gli aveva sfiorato il viso, e lui aveva sorriso senza riuscire a trattenersi.
Era il primo giorno che si svegliava accanto a lei, e mentre lei gli aveva sorriso, meravigliosa come il sole, aveva desiderato di poter rimanere là per sempre.
«Sei messo male.» Aveva commentato il re, e Nyx gli aveva gettato un’occhiata, poi gli aveva rivolto un ghigno.
«Senti chi parla.»
Non erano andati lontano, anche se avevano provato ad allontanarsi.
Scivolarono sul terreno, schiena contro schiena, e Noctis sentì Nyx ridacchiare.
«Cosa c’è di divertente?» Gli domandò, respirando l’odore del sangue e della polvere.
Solo un attimo, si disse, e poi avrebbe evocato il potere dell’Anello.
Nyx si strinse nelle spalle. «È la seconda volta che muoio qui.»
«Non sei morto.»
«Non ancora, ma lo saremo presto, tutti e due.» Un attimo di silenzio, e Nyx riprese a parlare.
«Lo so che sei troppo debole per sostenere il peso dell’Anello. Non hai abbastanza vita da offrirgli.»
«Non importa. Non ti lascerò morire così.» Si accigliò Noctis, notando la strana nebbia azzurra che si stava formando intorno a loro.
«Non ho più un motivo per vivere.» Fu la mesta risposta, e il tono gli fece sentire una fitta al cuore.
«Nyx, Luna è…» Non riuscì a finire la frase, perché la nebbia si condensò intorno a loro, assumendo tredici forme ben distinte.
«Gli Antichi Re.» Nyx rise contro la sua schiena. «Non sembrano molto contenti di vedermi.»
 

 
La luce dell’Anello rischiava di accecarlo, ora che loro erano là.
Sapeva cosa sarebbe successo, ma ciò che non si aspettava era la figura che comparve davanti a loro.
«Altezza…»
Regis era l’unico ad avere ancora il suo aspetto normale, e Nyx s’irrigidì contro la sua schiena mentre guardava il suo re. Noctis, dal canto suo, gli sorrise. «Ciao papà.» Mormorò, sentendo un incredibile stanchezza invaderlo, unita a quella strana sensazione di pace che suo padre era, in un modo o nell’altro, sempre riuscito a fargli provare.
«Ciao, Noctis.» Il re si rivolse a Nyx. «Grazie di non avermi deluso, Nyx Ulric.»
Il soldato annuì piano. «Lieto di rivederti, Maestà.»
Prima che la loro conversazione potesse continuare, gli altri re si fecero avanti, e Regis fece un passo indietro. «Mi dispiace, figlio mio. Sei pronto?»
Noctis annuì: aveva accettato il suo destino. «Nyx, vattene.» Gli chiese, ma subito dopo una voce femminile rimbombò attorno a loro.
«Lui resta. Si è preso gioco di noi, ingannando il nostro decreto. Nonostante l’intervento della dea, deve pagare.»
La risata sprezzante di Nyx fece accigliare Noctis. Davvero non provava rispetto per loro?
«Rilassatevi. Tanto non andavo da nessuna parte.» Schernì gli antichi re.
«Nyx, di cosa stanno parlando?»
«I tuoi re egoisti erano pronti ad uccidermi, ignorando la distruzione della tua città. E ora vogliono vendicarsi del fatto che, alla faccia loro, sono ancora qui e respiro, almeno per un po’.» Gli spiegò Nyx, e Noctis non riuscì a trattenere un breve sorriso.
Regis li stava guardando, quella sua saggia aria triste fece commuovere il figlio, e allo stesso tempo gli fece prendere la sua decisione. «Sono contento che tu sia al mio fianco, Nyx.»
«Fino alla fine, mio Re.»
Regis scostò lo sguardo mentre le figure si chiudevano attorno a loro.
Quando la katana li trafisse entrambi, Nyx sputò sangue e, dietro il dolore, gli venne da ridere, dato che la lama aveva trovato la strada già aperta nella sua carne, nella ferita che Ardyn gli aveva inflitto.
Uno dopo l’altro, senza pietà, i re e le regine del passato usarono le loro armi predilette per trafiggerli, e ogni volta Nyx sentì il re contro la sua schiena irrigidirsi, sempre più debole.
«Nyx…» Attirò la sua attenzione quando restavano solo Regis e un re disarmato.
Il soldato ci mise qualche secondo a focalizzare la sua voce, e a rispondergli. «S-si?» Quel tono tremante terrorizzò il sovrano: Nyx era troppo debole, non sarebbe sopravvissuto.
«Guarda.» Gli indicò i cancelli del palazzo, e lo sentì fremere mentre l’indistinta figura bianca diventava più nitida, e il suono dei passi diventava più chiaro.
«Nyx!»
«Ho cercato di dirtelo. Non era reale.» Mormorò Noctis mentre Nyx tentava inutilmente di alzarsi, di andare da lei, scivolando sul suo stesso sangue.
Lunafreya quasi gli cadde addosso, stringendolo a sé, e sentì la sua mano tra i capelli, troppo debole, troppo insicura.
 «Sei viva…»
Anche Noctis la vedeva, quindi non era un’allucinazione dovuta al fatto che stavano morendo. Le accarezzò il viso, osservando ogni dettaglio del suo volto.
«Perché piangi?» Le chiese, accigliandosi. Erano insieme, sarebbe andato tutto bene.
«Io…» Alzò lo sguardo, e la vide irrigidirsi, tesa mentre i due re in attesa la guardavano.
«Re Regis.» Lo salutò con aria formale, e poi spostò la sua attenzione sull’ultimo re, che le stava porgendo una mano, in silenziosa attesa. Sapeva cosa voleva, ma esitò prima di consegnarglielo.
«Luna…»
Tornò a focalizzare la sua attenzione su Nyx, sentendosi soffocare a vedere lo stato in cui era ridotto, l’uniforme coperta di sangue argentato, gli occhi velati di dolore.
«Sono qui amore mio, va tutto bene.» Gli prese il viso fra le mani, e lui si abbandonò al suo tocco.
«Sposami, Luna.» Esordì lui. «Quando sarà tutto finito, dimmi che mi sposerai.»
Lei sorrise tra le lacrime, dilaniata tra l’emozione della sua richiesta e la paura di quel momento.
Annuì, e poi si sporse verso di lui, sfiorandogli le labbra in un bacio delicato.
«Sopravvivi, Nyx.»
Si alzò con uno sforzo, ed evocò il Tridente.
Dopo che l’ebbe consegnato al re, però, non riuscì a guardare ciò che successe.
Il suono delle lame che penetravano la carne, e i gemiti soffocati di dolore le fecero venire la nausea. Si portò una mano alla bocca, soffocando un singhiozzo, e poi spostò lo sguardo su Regis.
«Maestà, vi prego…» Cercò di farlo desistere, ma seppe che non poteva quando lui la guardò, la mano stretta sulla spada che Noctis stesso gli aveva consegnato.
«Mi dispiace, Lunafreya, ma è l’unico modo.»
Fu ciò che le disse, ma lei vide qualcos’altro nel suo viso, un silenzioso consiglio.
L’Anello richiedeva una vita, per riportare la luce, ma quel folle di Nyx aveva condiviso quel fardello con Noctis: c’era una possibilità, si rese conto.
Si voltò mentre Regis si muoveva, e vide la spada attraversare Noctis, e la lama spuntare dal petto di Nyx, e seppe cosa stava per succedere.
Quando la luce esplose dall’Anello e le fiamme corsero sul braccio di Noctis, espandendosi in seguito al soldato al suo fianco, Luna attese, incapace di staccare gli occhi da quelli di Nyx.
Poteva salvarli, ne era sicura, e l’avrebbe fatto, ma era una tortura vederli agonizzanti sul terreno, mentre la luce si espandeva verso il cielo, trafiggendo quella notte eterna.
Inspirò a fondo, e l’odore del sangue le mozzò il respiro.
Nyx si sforzò di sorriderle, vedendola là, in piedi accanto a loro.
Morire guardando il suo viso, pensò, era un bel modo per andarsene.

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Capitolo 25
*** Because what you want is all, what you are is all of me ***


Capitolo 25
 

Because what you want is all, what you are is all of me
 
Quando Noctis riaprì gli occhi, il vociare dei bambini gli esplose nella testa, infliggendogli una stilettata di dolore. Si portò una mano al volto con un gemito, ma poi un particolare attirò la sua attenzione: aveva la mano destra e tutto il braccio fasciato e, quando abbassò lo sguardo, vide che anche le ferite inflittagli dai re erano state pulite e fasciate con cura.
«Certo che la tua pigrizia non ha limiti. Non importa che tu ce l’abbia fatta, dovevi darti una mossa.» La voce roca di Gladio accolse il suo risveglio, e lui guardò il suo Scudo. L’aveva visto l’ultima volta nella sala del trono, quando gli aveva ordinato di lasciargli fare il suo lavoro, e di adempiere al suo compito, e ora era lì, sano e salvo.
«A fare cosa?» Gli domandò, sentendo la sua stessa voce come se fosse estranea al suo corpo. «Hai riportato la luce, Noct. Guarda.» Si alzò e scostò le tende, lasciando che il sole invadesse la stanza. Quella luce improvvisa ferì gli occhi appannati del re, che alzò una mano per difendersi.
«Gladio…che è successo?» Gli domandò, abbandonandosi nuovamente sui cuscini.
L’uomo davanti a lui si strinse nelle spalle. «Versione lunga o breve?»
«Spiega e basta, per favore.» Mormorò Noctis, un braccio appoggiato agli occhi chiusi.
«Quando i daemon sono stati spazzati via, e noi abbiamo capito che era finita, siamo usciti dal Palazzo, e c’era Lunafreya ad accoglierci.» Iniziò Gladio, accigliandosi. Non era un bel ricordo.
Aveva alzato un braccio, fermando l’avanzata di Ignis, e poi aveva sceso le scale con un senso di oppressione sempre crescente. Lunafreya alzò gli occhi su di lui, le lacrime che scivolavano libere sul viso, l’armatura ammaccata e semi bruciata, le mani macchiate di sangue argenteo mentre tamponava le ferite.
«Gladio, aiutami.» Gli aveva chiesto, e la sua voce aveva il tono di una supplica.
Davanti a lei, i due corpi erano immobili, e Gladio aveva sentito la disperazione stritolargli il cuore.
La spada e lo scudo erano crollati a terra, e lui aveva sentito vagamente Prompto spiegare ad Ignis cosa stava succedendo.
«Cos’è successo?» Aveva chiesto, osservando il suo re inerme sul suolo e, accanto a lui, Nyx.
L’Oracolo si asciugò rabbiosamente le lacrime. «Gli Antichi Re hanno riportato la luce. Possiamo salvarli, Gladio. Aiutami.»
Ecco di cosa parlava la profezia, si era reso conto, del sacrificio dei Re dei Re.
Ancora una volta, però, Nyx si era messo in mezzo, e aveva salvato la situazione.
«Respirano ancora.» Notò, e la donna davanti a lui annuì.
Quando il rombo di una nave magitek aveva spezzato il silenzio del giorno appena risorto, entrambi avevano alzato lo sguardo.
Ravus li aveva guardati dallo sportello aperto. «Andiamo.»
«Tutto qui.» Terminò Gladio, e si rese conto che Noctis lo stava guardando con un breve sorriso sulle labbra.
 «Che c’è?» Gli domandò bruscamente.
«Eri preoccupato per me?» Gli chiese, e Gladio ridacchiò divertito.
«Le cose sarebbero state noiose, senza i tuoi continui lamenti.»
Risero insieme, e la cosa costrinse Noctis a piegarsi in due dal dolore quando la fitta lo colpì al petto. «Quanto ho dormito?» Domandò mentre la porta si spalancava, e una furia bionda gli si buttava addosso.
«Noooct! Sei sveglio!» Prompto sembrava volerlo stritolare e, anche se la sua gioia gli riscaldava il cuore, fu costretto ad allontanarlo.
Quando Ignis lo seguì con un sorriso, il re vide che erano pieni di bende, ma altrimenti illesi.
«Sei k.o. da più o meno una settimana. Iniziavamo a pensare che non ce l’avresti fatta.» Gli rispose Gladio, e lui annuì, poi cercò di mettersi in piedi, e Prompto fu costretto a passargli un braccio intorno alla vita per tenerlo in piedi.
«Dove vuoi andare conciato così?»
Noctis sapeva benissimo dove voleva andare, pensò osservando la striscia di pelle bruciata sul suo dito, dove un tempo aveva risieduto l’Anello. C’era un solo motivo, se era ancora vivo.
«Nyx.» Si limitò a dire, e i suoi amici annuirono.
Lasciando che si appoggiasse a lui, Prompto lo guidò fuori dalla stanza. «Andiamo.»
 

«Da quanto tempo è sveglio?» Chiese il Re, sollevando una mano per fermare le proteste di Prompto quando si allontanò da lui.
Erano arrivati sulla torre di guardia di Galahd, e lui era là, seduto con le gambe a penzoloni nel vuoto.
«Tre giorni.» Rispose Ignis, e poi Noctis avanzò zoppicando verso di lui.
Nyx era coperto di bende dalle spalle fino ai fianchi, le cicatrici bianche della sua prima morte scoperte, eppure era là, sano e salvo. Era messo decisamente peggio di lui, l’ultima volta che l’aveva visto, eppure si era svegliato prima. «Ma come fa?» Si chiese, e fu Prompto a rispondergli. «Beh, non è del tutto umano, ricordi?»
«Giusto.» Sorrise Noctis. «Andate, per favore. Sto bene.» Li rassicurò prima che potessero protestare, e poi zoppicò verso l’uomo davanti a lui.
Nyx non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi per vedere che era lui. «Maestà.»
«Ho perso il conto di tutto ciò che hai fatto per me, Nyx.» Esordì Noctis, sedendosi a fatica accanto a lui. L’immensità delle pianure di Galahd accolse il suo arrivo, e capì perché l’uomo si era rifugiato lassù: non arrivavano i suoni della città, là, solo il fruscio del vento, la carezza del sole, e la pace.
Nyx si voltò verso di lui con un ghigno. «Non so se ti hanno avvertito, ma sono io l’eroe qui.»
Noctis rise a quella frecciatina, poi gli mise una mano sulla spalla.
«Cosa c’è?» Gli domandò Nyx, osservandolo.
Noctis gli sorrise, e per un istante, Nyx vide il volto di Regis al posto del suo. «Mio padre sarebbe fiero di te, Nyx.»
Vide l’uomo sgranare appena gli occhi, e seppe quanto la sua frase significava per lui. «Grazie.»
Noctis ricambiò il sorriso, e poi spostò lo sguardo sulla pianura che aveva davanti. «Come hai fatto?» Gli venne naturale chiederlo, e Nyx, ancora una volta, lo capì senza bisogno di spiegazioni.
Si strinse nelle spalle, ma il movimento lo costrinse a massaggiarsi la spalla ferita. «Ho semplicemente dato ai tuoi simpatici antenati ciò che volevano, cioè il mio sangue. E facendomi ridurre ad un colabrodo con te, ho diviso il prezzo dell’Anello, evitandoti di finire in cenere. Bahamut non è stata contenta di ciò che i re hanno fatto, però.» Ghignò, ricordando come, in quello stato di quasi morte, lei gli era comparsa davanti.
«Gli Antichi si sono illusi di poter cambiare il volere degli dei, e di ucciderti, perciò li ho cancellati da questo mondo.»
Era meravigliosa, e terrificante come solo la dea suprema avrebbe potuto essere.
«Tu hai protetto la luce, e il futuro, a scapito della tua stessa vita. Sii la Barriera, Nyx Ulric, e sappi che sarò sempre al tuo fianco.» Avrebbe giurato che stava sorridendo, anche se gli era impossibile dirlo dato l’elmo che le copriva la faccia.
Quando i suoi occhi si erano posati su di lui, aveva sentito la vita invaderlo.
«Sono fiera che tu sia il mio cuore.»
«Noctis.»
«Si?»
«Era reale? Lei era là?»
Non aveva aspettato altro che fargli quella domanda, da quando aveva riaperto gli occhi e lei non era al suo fianco.
Vide il re sorridere. «Si Nyx. Era là. A proposito, dov’è ora? »
«Aranea ha detto che è stata costretta ad andare a Lestallum, ad adempiere al suo ruolo di Oracolo ancora una volta, e che dovrebbe tornare entro poco, con Ravus.» Spiegò, anche se la cosa gli procurava un senso di oppressione che gli impediva di respirare.
Era la stessa sensazione che aveva provato anni prima, quando aveva messo piede fuori dalla caverna a Duscae.
Lui avrebbe dovuto essere al suo fianco, com’era stato ogni istante negli ultimi dieci anni.
Non erano fatti per essere separati.
«L’importante è che sia sana e salva, Nyx. Tornerà presto, vedrai.» Lo rassicurò Noctis e, per qualche ragione, Nyx si calmò.
Era sorprendente rendersi conto di quanto fosse cambiato, pensò Nyx, osservando il suo viso pacato, velato dal dolore di ciò che avevano passato.  Non sarebbero mai guariti del tutto, pensò.
«Quando ti ho incontrato eri davvero irritante, lo sai?» Esordì strappandogli una risata.
«E ora, invece?»
«Ora ti seguirei all’Inferno e ritorno, Altezza.» Fu schietto e sincero, com’era di consueto, e Noctis sorrise.
«Sarebbe un onore.»
Restarono in silenzio, uniti dal sangue che avevano condiviso, da tutto ciò che avevano affrontato insieme.
Quando spostò lo sguardo, Nyx non poté fare a meno sentire una breve fitta di rimpianto: Crowe non era più là, pronta a punzecchiarlo con i suoi commenti.
Non seppe mai quanto tempo passò prima che Noctis si alzasse, e si congedasse da lui con un sorriso e un saluto, lasciandolo solo.
Nyx si appoggiò meglio alla colonna che sorreggeva il tetto, lasciando penzolare una gamba oltre il bordo, gli occhi fissi sulla coppia di giaguari blu che stava cacciando nella pianura.
Era stato brutto, svegliarsi senza Lunafreya dopo dieci anni, ed era stato ancora peggio sapere che non era nemmeno in città. Era quasi morto ormai tre volte, pensò, e nulla era stato peggio di quei tre giorni da solo: sembrava che avesse un arto fantasma, che mandava fitte senza essere presente.
Chiuse gli occhi ed inspirò a fondo, sentendo le ferite tendersi.
Ancora una volta ringraziò silenziosamente Bahamut, dato che era opera sua se Ardyn e i re l’avevano quasi fatto a pezzi, ma la gran parte delle sue ferite fossero ormai cicatrici sbiadite.
Il suono delle auto gli giunse lontano, come un eco, e per un istante si chiese se fosse solo uno scherzo della sua mente ma, quando un secondo battito cardiaco riecheggiò nel suo petto, seppe che era stato reale.
Si alzò di scatto, e si sporse sul parapetto opposto mentre le auto sbucavano dal bosco e si fermavano davanti ai cancelli.
«Sarai di scorta alla Principessa, Ulric.»
Estrasse il pugnale e lo lanciò accanto alla prima auto.
Aprì la porta, e si sedette al posto di guida.
Aprì la portiera dove sapeva che lei sarebbe stata, e le sue labbra si incurvarono in un sorriso nel notare il suo viso sorpreso.
Un’occhiata allo specchietto retrovisore gli mostrò una giovane donna dal viso triste.
Scese dall’auto in fretta e gli gettò le braccia al collo, rischiando di stritolarlo.
Mentre guidava, Nyx si sorprese a desiderare di trovare un modo per farla sorridere.
«Ciao.»
Sorrise sulle sue labbra, le mani affondate nella sua chioma. «Ciao.»
 

 
I fuochi d’artificio esplosero nel cielo, ma Nyx quasi non ci fece caso.
Quella festa era per il re, non per lui, e anche se immaginò che Noctis sarebbe morto d’imbarazzo nel vedersi riverito come un salvatore, ciò che davvero gli importava era al suo fianco.
L’aveva letteralmente trascinata via dopo l’inizio della festa, ed ora erano nella calma della loro casa, soli.
«Da quanto tempo ti sei svegliato?» Gli chiese, curiosa, osservandolo.
Era stato impressionante vedere la portiera aprirsi, e il suo viso sfigurato comparirle davanti.
Nyx scrollò le spalle. «Tre giorni, più o meno.» Le puntò contro i suoi occhi tempestosi, e lei rabbrividì quando lo vide accigliarsi.
«Luna, cos’è successo ad Insomnia?» Le domandò, e lei sospirò piano.
Si sedette al suo fianco. «Quando siete entrati a Palazzo, ho iniziato il mio scontro con Ifrit, che ci ha portato lontano da voi. Era troppo forte per me, stavo per arrendermi, ma poi…» Sorrise lievemente, e allungò una mano, intrecciando le dita con quelle di Nyx. «Poi le ho viste, le ali di Bahamut nel cielo, e ho pensato che se tu stavi lottando, dovevo farlo anch’io. E nonostante questo, se non fosse stato per l’intervento di Shiva non sarei qui.»
«Shiva?»
«Hm-hm. Gentiana, in realtà.»
Quando vide l’espressione sorpresa del suo uomo, Luna sorrise. «Lo so, è stata una sorpresa anche per me, ma mi ha spiegato che ha assunto la forma di Gentiana, del mio Messaggero, per far credere a tutti che la Dea del Ghiaccio fosse morta, e poter agire senza intralci. Comunque sia, lei mi ha salvato la vita, e in questo modo ho potuto raggiungervi. Nyx…»
Le si mozzò la voce, e Nyx vide i suoi occhi inumidirsi.
L’attirò a sé, ignorando le fitte di dolore delle ferite, e le posò un bacio sulla fronte. Sapeva cosa aveva provato, vedendolo: la stessa, devastante sensazione che il cuore le andasse in briciole, lo stesso dolore che rischiava di soffocarla. «Hey, mi dispiace.» Mormorò, e lei sollevò lo sguardo verso di lui.
«Ma sono qui ora, ed è tutto grazie a te.»
Riuscì a strapparle un breve sorriso. «Non osare mai più rischiare di morirmi tra le braccia, Ulric.»
Lo rimproverò, e lui ridacchiò lievemente. «Sissignora. E non che mi dispiaccia, ma come mai sia io che Noctis siamo vivi?»
«Beh…»
«Luna, che cos’hai fatto?»
L’Oracolo si allontanò piano da lui e scosse la testa. «Niente. Re Regis mi ha detto che sareste sopravvissuti, e così è stato, anche se l’Anello è andato distrutto. Ma l’intervento di Ravus è stato provvidenziale.»
Nyx inarcò un sopracciglio. «Ravus? Non gli avevi detto di restare indietro?»
Incapace di lasciarla andare del tutto, lasciò che le loro dita restassero intrecciate, e mosse pigramente il pollice in piccoli cerchi sul suo dorso. Era un gesto che la calmava, di solito.
«Veramente no.» Si morse il labbro inferiore con aria colpevole. «Gli avevo detto di seguirci con un’aeronave, perché conoscevo la profezia della Luce, e volevo tentare di salvare Noctis.»
I suoi occhi diventarono severi, e lei gli strinse la mano. «Non immaginavo di dover vedere te impalato dal mio Tridente.»
Nyx piegò le labbra in un sorriso colpevole. «Ho dovuto farlo, Noctis non sarebbe sopravvissuto, sostenendo il potere dell’Anello da solo. E…pensavo che fossi morta.» Le confessò, lasciando non detto ciò che intendeva.
La mia vita senza di te non avrebbe avuto senso.
Lunafreya comprese quelle parole, perché erano le stesse che erano nel suo cuore, e si avvicinò a lui, intrecciandogli le mani dietro al collo. «Nyx, mio avventato, meraviglioso eroe.» Mormorò, lasciando scorrere lo sguardo sul suo viso, dalle cicatrici che salivano sulla guancia fino ai piccoli tatuaggi al lato dell’occhio, fino ad incontrare il suo sguardo.
Si era avvicinata a piccoli passi, il contegno di una regina e la tristezza di un fantasma.
L’uomo sorrise, divertito da quella descrizione, e le passò una mano fra i capelli. «Si?»
L’aveva guardata con la coda dell’occhio, mentre i fuochi d’artificio strappavano riflessi color arcobaleno dai suoi abiti bianchi.
«Ricordi cosa mi hai chiesto, ad Insomnia?»
«Non ci hanno presentati ufficialmente, questa mattina.»
«Certo.»
«La mia risposta è sì.»
«Nyx. Nyx Ulric, mia signora.» 

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Capitolo 26
*** Just as long as you Stand By Me ***


Capitolo 26

Just as long
As you Stand By Me
 
«Vuoi calmarti? Hai salvato il mondo, e sei così nervoso ora?»
Lo incitò con un sorriso, ma Nyx non riuscì a rilassarsi. Prompto rise dall’altro lato della stanza. «Lo capisco, anch’io ero nervoso.»
«Quando mai non lo sei?» Lo schernì Gladio con un ghigno pungente.
Nyx li stava ascoltando solo in parte, incapace di staccare lo sguardo dal suo riflesso allo specchio.
«Non è il mio stile.» Borbottò, e Ignis gli posò una mano sulla spalla, comprensivo.
«Lo sappiamo, ma un uniforme da soldato non è adatta in questa occasione.»
Il suo commento gli strappò una breve risata tesa, e vide il suo occhio destro scintillare.
Ricordava quando era uscito dalla sala operatoria, dopo ore di interventi, e il suo primo commento davanti ai suoi nemici tesi era stata una battuta. «Era meglio se continuavo a non vedere le vostre facce.», aveva detto, e la cosa aveva causato uno scoppio di risate nel corridoio.
Anche se era solo uno l’occhio che avevano potuto salvare, Ignis sembrava decisamente messo meglio di com’era stato solo un anno prima.
Libertus entrò nella stanza, e sogghignò divertito nel vedere il suo migliore amico davanti allo specchio. «Sembri una salsiccia soffocata, lì dentro.» Commentò, e Nyx rise.
«È così che mi sento.» Confessò. «Li hai presi?»
Libertus annuì. «Certo. Sei pronto?»
Nyx sospirò, e decise che, se quello era il suo giorno, l’avrebbe affrontato come voleva.
Si strappò la cravatta e si liberò della giacca, poi sciolse i primi due bottoni della camicia bianca ed inspirò a fondo. «Meglio.» Si concesse, e vide Prompto sogghignare.
Tutto quel completo era stato cucito apposta per lui, apposta per quel giorno, come testimoniava il simbolo delle guardie reali cucito in argento sulla schiena, e le decorazioni sulle gambe. Sentì Libertus invitare gli altri ad uscire, e poi la porta che si chiudeva.
«Nyx, rilassati. È quello che vuoi, no?»
Sorrise al riflesso del suo amico nello specchio. «È tutto ciò che ho sempre desiderato.»
«Bene. Allora fatti forza e andiamo.»
«D’accordo, testimone.»
Dopo due anni dal ritorno della luce, la sala del trono era ancora semi distrutta, e questo perché il re si era concentrato sulla ricostruzione della città, prima che del palazzo.
Noctis gli sorrise quando si fermò accanto a lui, davanti all’altare improvvisato tra le scale che portavano al trono.
«Possiamo iniziare.» Decretò il sovrano con un sorriso, e fece un cenno verso il fondo della sala.
Quando le porte si aprirono nuovamente e lei entrò, Nyx sentì il fiato mancargli.
Era meravigliosa, avvolta nell’abito bianco di raso e pizzo che si espandeva dietro di lei come una cascata e, quando vide le due strisce viola che dalle sue spalle ondeggiavano contro il bianco, non poté fare a meno di sorridere.  Così come quando vide il diadema di diamanti incastrato tra i suoi capelli.
Lei incrociò i suoi occhi a metà della navata, e il sorriso che gli dedicò fu più luminoso del sole che filtrava attraverso la parete distrutta.
«Nyx.» Sussurrò Noctis, divertito. «Chiudi la bocca.» Lo provocò.
Ravus l’accompagnò fino all’altare, e piantò su di lui i suoi occhi violacei.
«Trattala come una regina, Ulric. E non farla soffrire.» Gli chiese, e poi lasciò che lui le prendesse la mano, e si allontanò da loro, andando a sedersi in prima fila.
«Sei bellissima.» Sussurrò Nyx, cercando di smetterla di sorriderle, ma gli era impossibile.
Era Luna, era lì, era meravigliosa ed era sua.
Noctis prese la parola prima che lei potesse rispondergli. «Potete proseguire con le promesse.»
Li invitò, e fu Lunafreya a prendere la parola per prima.
Inspirò a fondo, stringendo le mani dell’uomo che aveva davanti.
«Nyx.» Esordì, sorridendogli.
 Il modo in cui la guardava la fece arrossire: sembrava che fosse la cosa più bella che avesse mai visto. «La prima volta che ti ho visto eri solo una guardia reale dagli occhi tristi, eppure, quando ho avuto bisogno di te, sei venuto a salvarmi. Non mi conoscevi, eppure sei corso da me.»
Si sorrisero, ricordando la loro fuga rocambolesca tra le navi magitek dell’Impero.
«Da quel momento, mi hai difeso senza curarti di nient’altro, nemmeno della tua stessa vita. Sei stato la mia forza, in ogni istante. Quando non vedevo altro che disperazione, tu sei stato la mia ragione di vita, il fuoco nel mio cuore.»
Si morse il labbro inferiore, sentendo il calore della sua pelle contro le mani, gli sguardi di suo fratello e dei suoi amici, e terminò il suo discorso. «Ti Amo, Nyx Ulric, e ti prometto questo: non dovrai più essere solo, e quando il buio stringerà il tuo cuore, io sarò la tua luce.»
Era la prima volta in assoluto che vedeva gli occhi di Nyx diventare lucidi, si rese conto, e, uniti al sorriso che lui si sforzava inutilmente di trattenere, lo rendeva ancora più bello.
«Nyx, tocca a te.» Lo invitò Noctis, e lui annuì.
«Lo sai che non sono un granché, a parlare dei miei sentimenti.» Esordì, strappandole una breve, adorabile risata. Era la dichiarazione che non aveva avuto l’occasione di farle, moribondo sul cemento, e si convinse che fossero da soli, e non davanti a decine di persone che ascoltavano.
«Lunafreya Nox Fleuret, mia regina, ogni mio respiro, ogni mio battito cardiaco, ogni mio secondo, sono per te, ora e per sempre. E io non avrò paura di nulla.»
Tutta la sua vita aveva portato a quell’istante, ogni cicatrice era solo la testimonianza di ciò che aveva fatto per lei.
Le sollevò le mani e vi posò un delicato bacio sopra, senza staccare gli occhi da lei.
«Finché sarai al mio fianco.»

 
Danzavano come combattevano, pensò, sempre terribilmente consapevoli della loro vicinanza, e chiusi in quell’universo solo loro.
Quando Nyx era venuto da lui chiedendogli di officiare il matrimonio era stato l’onore più grande che potesse mai fargli, e aveva accettato senza esitazioni: Nyx era parte della sua famiglia, aveva condiviso il proprio sangue, era più di un legame di sangue.
Hai visto, papà?
Si appoggiò meglio allo schienale del trono, osservando la festa che si svolgeva nel salone, e i due novelli sposi che aprivano le danze.
È la prima volta che non c’è traccia di dolore, nei loro sguardi.
Sorrise tra sé e sé, e il raggio di sole gli si posò dritto sulla bruciatura attorno al dito.
Regis vegliava ancora su di lui.
«Altezza, disturbo?» La voce di Cor lo strappò dai suoi pensieri.
«No, e lo sai che non devi chiamarmi così.» Sorrise. Cor lo conosceva fin da quando era bambino, le formalità erano inutili tra di loro, eppure il generale sorrise. Sapere che era sopravvissuto ai dieci anni di oscurità era stato, per lui, come se un pezzo di suo padre fosse ancora vivo.
«Tutto ciò che avete fatto è strabiliante.»
Noctis scosse la testa. «Loro lo sono.» Indicò i suoi amici, la sua famiglia. «Io non sarei nulla, senza di loro.»
«Sembra proprio una cosa che tuo padre avrebbe detto.»
«Maestà, posso interrompervi un momento?»
Una voce delicata s’intromise nella loro conversazione, e voltandosi, lui ne vide la proprietaria.
Era una donna dal viso fine, circondato da una massa di capelli rosso fuoco e gli occhi verdi.
«Certo.» Le sorrise, sentendo un’insolita fitta allo stomaco. «E chiamami Noctis.»

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Capitolo 27
*** I'm Breathing In, And Breaking Down, I Feel My Time Is Running Out ***


 
Capitolo 27


I'm Breathing In
And Breaking Down
I Feel My Time Is Running Out
 
Era stato strano, ma stranamente piacevole, tornare sul campo di battaglia.
Un anno dopo essere diventato un uomo sposato, Nyx Ulric era tornato ad essere un soldato.
E, in quel momento, mentre il vento gli sfrecciava tra i capelli e le due lunghe code viola ondeggiavano nel vento, si sentiva meglio di come fosse mai stato.
Era stato più semplice di ciò che si aspettava, abituarsi alla sua nuova vita.
Perfino stare lontano da lei rendeva quel periodo dolorosamente piacevole.
Le ultime, disperate truppe rimaste dell’Impero creavano ancora problemi, e Nyx era stato costretto a quasi un mese di lontananza da Insomnia.
«Hey Ulric.» La voce lo affiancò insieme al rombo del motore, e Nyx sorrise al suo guidatore.
Ravus era diventato, in modo del tutto inaspettato, un amico fidato, e un ottimo compagno sul campo di battaglia.
«Ravus.» Gli fece un cenno, e poi tornò a guardare la strada. «Problemi?»
L’uomo scosse la testa. «No. Piuttosto, tu stai bene? Sembri distratto.»
Forse, pensò Nyx, il fatto di aver sposato suo sorella li aveva aiutati ad avvicinarsi, e a superare la tensione che si era creata tra loro dal primo momento in cui si erano visti.
«Non particolarmente.» Ammise Nyx, poi osservò il sole scintillare sulla fede d’argento che portava al dito, e sorrise tra sé e sé. «Sono solo contento di tornare a casa.» Ammise, e Ravus annuì.
«Capisco.»
La loro conversazione s’interruppe quando Insomnia comparve davanti a loro, e quella vista li lasciò senza fiato: la città stava tornando allo splendore di un tempo, riprendendosi dalle ferite che le erano state inflitte.
Ormai, pensò Nyx, si era abituato anche al fatto che non ci fosse più una Barriera che la chiudeva fuori dal mondo. O meglio, la Barriera c’era, ghignò, ma non molti sapevano che era in grado di combattere meglio di chiunque altro, e che nel suo petto batteva il cuore di una dea.
«Ci vediamo più tardi, devo andare a Palazzo.» Comunicò a Ravus, che annuì e guidò il furgone che trasportava il resto dei soldati alle caserme.
Nyx sfrecciò tra le strade di Insomnia, circondato da gente che lo salutava o gli sorrideva.
Contro il suo volere e con la benedizione del re, stavano addirittura costruendo un monumento per lui nella piazza centrale dove, ironicamente, quindici anni prima si era condannato a morte indossando l’Anello.
Quando entrò nel Palazzo trovò la Regalia e il suo meccanico ad attenderlo, e smontò dalla moto mentre Cindy si alzava per salutarlo.
Era sporca di olio di motore e grasso, eppure gli dedicò un sorriso luminoso, che lui ricambiò con un cenno mentre saliva le scale. Forse, pensò, anche Lunafreya sarebbe stata sempre così gioiosa, se fosse stata incinta. Il pensiero se ne andò all’improvviso com’era comparso, lasciandolo stordito per qualche secondo.
Avrebbe potuto essere un buon padre?
Scosse la testa, scacciando quel pensiero e lo strano desiderio di scoprire la risposta, e si diresse a grandi passi verso il cortile principale del Palazzo reale. Aveva percorso quei corridoi così tante volte che i suoi piedi li conoscevano meglio di lui, e ciò permetteva, ogni tanto, alla sua mente di inviargli un pensiero traditrice, il flash di un passato buio, e di quelle mura macchiate di sangue.
Davanti alla Sala del Cristallo si fermò un istante, posando una mano sulle porte sigillate e chiuse gli occhi.
Gli sembrava giusto, quando passava da lì dopo tanto tempo, passare a salutarla.
Sentì il calore pulsare sul palmo, e sorrise.
Bahamut era sempre con lui, eppure, in quei momenti, gli sembrava che fosse ancora più vicina.
Il rumore di un rimprovero severo distolse la sua attenzione, e lo guidò verso la sua meta principale.
Inspirò a fondo e incrociò le braccia al petto, osservando il cortile pieno di soldati davanti a lui.
Erano giovani, concentrati e molti venivano da Galahd, e l’avevano seguito perché lo consideravano un idolo, e per lo stesso motivo si erano arruolati nelle guardie reali.
«Hey, eroe.» Libertus si staccò dal gruppo di soldati in addestramento, facendo un cenno all’amico. Aveva quasi dovuto minacciare di rompergli un braccio, per impedirgli di andare con lui, un mese prima; sua moglie aspettava il secondo figlio e, anche se sapeva che non avrebbe lasciato che nulla accadesse al suo migliore amico, aveva preferito saperlo al sicuro.
«Che ne pensi?»
Si strinse nelle spalle. «Spero di non averne mai bisogno.» Confessò con un sospiro e Libertus annuì, e prima che potesse parlare una voce che entrambi conoscevano si fece sentire.
«Nyx, mi avevano detto che sei tornato.»
Nyx si voltò con un ghigno, e piegò leggermente il capo. «Altezza. Sono appena rientrato, presenterò il mio rapporto questa sera. Regina.» Li salutò, e la nuova regina di Lucis gli sorrise delicatamente. Victoria Lucis Caelum, neo sposa del re, era una donna dall’aria dolce e i capelli di fuoco, mitigati dal verde brillante dei suoi occhi. Era pacata e riflessiva, e completava alla perfezione l’esuberanza del suo compagno.
«Non ti disturbare, Nyx. So che hai fatto un ottimo lavoro come al solito.» Noctis fece un cenno con la mano, congedando la questione.
Quando Noctis gli aveva detto di averla conosciuta al suo matrimonio, Nyx si era fatto una risata, pensando che era ironico che proprio lui, che aveva sposato la donna che avrebbe dovuto essere sua, era stato la causa del loro incontro.
Salutò anche Gladio, ombra immancabile del re ovunque andasse, e poi gli si tese il cuore quando spostò lo sguardo.
Era sempre l’Oracolo e, anche se quel ruolo aveva perso il suo significato originale, assumendo quello di consigliere, Lunafreya accompagnava il re praticamente sempre.
Era ancora più bello rivederla dopo quasi un mese di lontananza, e quando lei incrociò il suo sguardo, fu come se avesse ricominciato a respirare dopo una tremenda apnea.
Vide distrattamente Victoria colpire piano il marito al braccio, e mormorargli qualcosa.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, ogni fibra di lui urlava di averla accanto.
«Noi andiamo a salutare i soldati.» Comunicò Noctis, non riuscendo a trattenere un sorriso divertito.
«Va bene, Maestà.» Mormorò e, quando il trio si fu allontanato, lui coprì in due passi la distanza che li separava e l’attirò a sé mettendole le mani sui fianchi.
Sembrava scintillare come il sole tra le sue braccia, e lui la sentì rilassarsi contro di lui.
«Buongiorno, Oracolo.» Sorrise, e lei si allungò verso di lui, sfiorandogli le labbra con un bacio.
«Buongiorno a lei, Generale Ulric.»
Ridacchiò, divertito, ma fu in quel momento che qualcosa al lato del suo campo visivo attirò l’attenzione.
Il suo sorriso si smorzò quando la vide, appoggiata ad una delle colonne del cortile, il viso pallido e i capelli di notte.
Erano passati cinque anni dall’ultima volta che l’aveva vista, pensò, negli ultimi attimi di quella notte eterna, nei quali pensava che sarebbe morto, e lei era venuta in suo soccorso, ma da quel momento era sicuro che fosse in pace.
Gli si gelò il sangue quando lei gli sorrise.
«Ciao, Nyx.»
 
 
 
 
Note:
Sorpresa sorpresa!
Signore e signori, è giunta la fine che tanto aspettavate xD
Allora, un paio di chiarimenti.
1: Victoria Lucis Caelum è un personaggio creato da me, all’ultimo momento, per non lasciare Noctis solo u.u
2: Vi sarete ormai accorti che mi sono presa la “licenza poetica” di rendere Bahamut una dea femminile, un po’ perché ha gli occhi da donna xD e un po’ perché, così facendo, i Sei sarebbero più in equilibrio, dato che Shiva, Leviatano e Bahamut sono dee femminili e Ramuh, Ifrit e Titano sono maschi
3: L’intera storia è piena di Easter Egg, se non ve ne siete accorti xD E scriverò una flash/one-shot/drabble di sua scelta a chiunque ne troverà uno ^.-
4: Un ENORME GRAZIE e un mega abbraccione alle mie due recensitrici: ­_White_, e Sarah Bailee Cornwell <3 Senza di voi non so se sarei andata avanti nella stesura di questa storia, credo mi sarei demoralizzata xD
Quindi, GRAZIE <3 siete adorabili ^w^
5: e ovviamente, un grazie anche a tutti coloro che hanno visitato/letto senza recensire!
6: e nulla, siamo alla fine della storia…o forse no? ^.-

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