Lumina Mundi

di Costantine
(/viewuser.php?uid=3220)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Alaria ***
Capitolo 3: *** Ricordi ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


I CAPITOLO
L’incontro



“ Potrei raccontarvi la storia di una ragazza dal volto parzialmente sfigurato e di un ragazzo un po’ superficiale.
Potrei raccontarvi una favola dal gusto un po’ amaro.
Potrei raccontarvi di quello che definisco amore.
Mi limiterò invece a cominciare dal principio, dalle lumina mundi, da quando tutto ebbe inizio… ”

Settembre 2004

Il sole era sorto da poco quando PG entrò nel bar del centro che lui e i suoi amici frequentavano abitualmente. La testa gli faceva un po’ male ma era troppo euforico per accorgersene: la notte appena trascorsa era stata a dir poco magnifica.
Se solo Maddalena mi avesse invitato a casa sua…

- Ciao PG, che cosa ti porto?- gli domandò il barista.

Il ragazzo parve pensarci un attimo. – Un bel caffè lungo o non arriverò all’una- rispose sbadigliando.

- Sei stato in discoteca fino a quest’ora?

PG annuì entusiasta.
- Sbaglio o oggi ricomincia la scuola?- replicò il barista, sorridendo.

- Grazie per avermelo ricordato- sbuffò PG.

- Non per farti la predica ma non dovevi passare la notte in bianco. Come farai a stare sveglio per tutta la mattina?

- Dormirò nell’ora di inglese… la professoressa non sa nemmeno dove abita…

Il barista sorrise, ripensando ai vecchi tempi passati quando poteva ancora trascorrere tutta la notte a ballare e si trattenne a stento dal mettere PG in guardia dal matrimonio. Con passo affranto tornò al bancone per preparare il caffè.
PG si guardò intorno con aria annoiata, tutta l’adrenalina che aveva accumulato cominciava a svanire come l’effetto delle dieci birre che aveva bevuto e iniziava a sentire il mal di testa. Sperò vivamente che Pirata avesse un’aspirina o qualcosa di simile da dargli.
Merda…
Cercando di ignorare il dolore osservò la stanza cercando qualcosa su cui concentrare tutta la sua attenzione. I tavoli a quell’ora erano quasi tutti vuoti. Due universitarie sedevano vicino alla finestra. Una era bionda e l’altra ancora più bionda. Entrambe cercavano di attirare la sua attenzione parlando e ridendo ad alta voce. Quando riuscivano ad allacciare lo sguardo con il suo, abbassavano immediatamente gli occhi, fingendosi imbarazzate.
PG sorrise: adorava quei giochetti femminili che le ragazze studiavano su qualche stupido giornale di gossip. Adorava i loro finti impegni per farsi desiderare. Adorava tutto l’universo femminile.
Quando le due bionde si accorsero di essere state notate cominciarono immediatamente a parlare fitto fitto, probabilmente stavano decidendo chi ci dovesse provare prima con lui.
Ma era un’altra la ragazza che lo interessava, sebbene non avesse ancora un volto: mentre attraversava il locale con passo spedito, agevolato dalle comode Polo che indossava, i suoi fianchi larghi si muovevano come a ritmo di musica. Una lunga coda di cavallo castana le ricadeva poco più in alto del fondoschiena che, notò PG, non era niente male.
Il barista gli coprì per qualche secondo la visuale mentre gli serviva il caffè e, quando PG ebbe di nuovo libero il campo visivo, vide che la ragazza era seduta ad un tavolo vicino al suo. L’unica cosa che poteva scorgere era la curva della guancia destra, niente di più. I capri che indossava, nonostante fosse settembre inoltrato, lasciavano intravedere un polpaccio affusolato. Una festa per gli occhi di PG che si era già rassegnato ai jeans e ai pantaloni lunghi. Rimase a fissarla con un sorriso strafottente, certo che lei lo avesse notato. Era ancora indeciso se andare da lei per studiarla meglio o aspettare una sua qualunque reazione, quando la ragazza si voltò a guardarlo.
PG non riuscì a distogliere lo sguardo: stava osservando uno dei visi femminili più grotteschi che avesse mai visto. Una linea irregolare correva giù dalla guancia sinistra in un’irosa cicatrice rossastra, che le piegava all’insù il labbro costringendola a sorridere con metà bocca. Mentre la ragazza osservava la sua reazione anche l’altro lato della bocca si piegò in un sorriso. Gli occhi neri come la notte erano molto distanti l’uno dall’altro e le sopracciglia scure si univano sopra un naso dritto, l’unico lineamento perfetto di quel volto. Quando PG si accorse che lei si stava divertendo alle sue spalle, distolse lo sguardo, leggermente imbarazzato.
Merda…

Vittoria sorrideva ancora quando il barista le si avvicinò per l’ordinazione. Ignorando il fatto che l’uomo non la guardasse in volto per l’imbarazzo, chiese un cappuccino e una brioche al cioccolato.
Senza nemmeno spostare la testa, fissò con la coda dell’occhio il ragazzo che fino a qualche minuto prima era sembrato così interessato a lei. Lo aveva riconosciuto subito: PG.
Tanto tempo prima sbavava per lui. Sorrise. Quanti interventi di chirurgia avevano seguito quel periodo della sua vita?
Tanti, troppi forse, se pensava al tempo trascorso in ospedale.
Pochi se osservava il risultato allo specchio.
Già…
Un sorriso amaro le increspò per qualche secondo le labbra morbide ma Vittoria si riprese subito, notando che il ragazzo la stava fissando nuovamente. Lei non fece nulla per impedirglielo, aveva superato da molto ormai il timore del giudizio della gente.
Trovò quel gesto insolente ma lo apprezzò, da troppo tempo ormai la trattavano tutti con i guanti a causa del suo ‘difetto’.
Consumò la sua colazione leggendo l’Amleto; stranamente però non riusciva a concentrarsi come avrebbe voluto: ogni tanto la sua attenzione si fissava su PG. Non era più la ragazzina sciocca di un tempo ma il fascino da bello e dannato di PG la impressionava ancora.
Sto diventando patetica…
L’orologio a muro segnava le otto meno dieci quando lei si alzò per andare a pagare: non voleva fare tardi il primo giorno di scuola.
Mentre si dirigeva alla cassa, passò davanti al tavolo di PG e si accorse che lui la stava ancora fissando così rallentò il passo.

- Ciao Narciso- lo salutò, mettendo in mostra la cicatrice che le deformava il volto.

PG la guardò attonito. – Come?

- Sei una persona vanesia e anche piuttosto irriverente. Ma questo lo sai già, vero?

- Ma che ca…

PG non riuscì a terminare la frase, neanche molto educata, perché la ragazza aveva già oltrepassato il suo tavolo e si dirigeva alla cassa. Lui valutò se raggiungerla per replicare o se lasciar perdere. Scelse la seconda opzione: quella tizia sfigurata in fondo gli faceva una gran pena.
E poi non l’avrebbe neanche più incontrata…

Vittoria uscì dal bar leggermente delusa.
Probabilmente aveva sopravvalutato PG, forse l’aveva fissata così a lungo senza nemmeno rendersene conto.
Tanto meglio per me…
Sorrise comunque ripensando alla piccola rivincita che si era presa. Le sue parole avevano lasciato PG attonito, probabilmente non aveva nemmeno capito a che cosa lei si riferisse. Vittoria sapeva di essersi comportata in modo infantile ma non le importava. Lui non l’aveva riconosciuta.
Ovviamente…
E poi non l’avrebbe neanche più incontrato…

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Alaria ***


Ringrazio sciapa, marylu, Noesis, Nemesis e klretta che hanno commentato, sn contenta ke il primo cap della mia ff sia piaciuto! Cmq PG non sta x Principe Giovanni anke se l’idea non è male… prima o poi vi spiegherò xkè l’ho scelto cm soprannome x il protagonista. Il II cap è ‘soft’ tanto x presentarvi 1 po’ di più i personaggi, cercherò cmq di nn rendere la storia banale! Grazie alla prossima!

II CAPITOLO
Alaria



Luglio 2005

PG sghignazzava senza ritegno ascoltando il racconto di Pirata, che lo guardava offesissimo.
Sedevano entrambi al tavolo dell’unico bar di Alaria, la piccola località balneare in cui erano confinati per tutta l’estate. Il televisore del locale trasmetteva un film degli anni ‘60 a cui nessuno dei due ragazzi prestava attenzione. Tre donne anziane guardavano PG, disgustate: con la sua risata impediva loro di sentire che cosa i protagonisti della sceneggiata stessero dicendo.

- Non ci credo!- esclamò il ragazzo, tra una risata e l’altra. – Non può essere vero!

Pirata, soprannominato così perché portava in ogni stagione i capelli rasati a zero e un’orribile bandana, gli lanciò uno sguardo assassino.
- Non mi aspettavo una reazione simile da parte di quello che consideravo il mio migliore amico- sibilò a denti stretti, guardandosi intorno con aria circospetta.

PG inarcò le sopracciglia, guardandosi intorno smarrito. – Amico? Come si chiama il tuo amico?

- Pezzo di merda!

- Poverino! Chissà come lo prendono in giro a scuola per colpa di quel nome! Io comunque non riesco a concepire come si possa chiamare il proprio figlio Pezzo Di Merda!- fece PG, con tono canzonatorio.

- Vuoi morire, pezzo di merda?- lo minaccia Pirata, anche se sta cominciando a divertirsi.

- AH! Ti stavi riferendo a me, Ciccio Bello!- mormorò l’altro scoppiando nuovamente a ridere.

Pirata saltò in piedi tappandogli la bocca con una mano. – Sei impazzito?! Vuoi che diventi lo zimbello di tutto il paese?- ringhiò preoccupato.

PG addentò la mano dell’amico che lanciò un urlo, attirandosi addosso gli sguardi furiosi delle vecchiette.

- Ehi, tu!- lo apostrofò una, arrabbiata, - dove credi di essere? A casa tua?

Il pelato la guardò con aria assassina. – Questo è il bar di mio padre- sillabò sdegnoso, - posso fare quello che mi pare qui dentro. E se a lei non va bene non deve fare altro che alzare quelle chiappe avvizzite e portarle fuori di qui!

Il gruppetto di anziane lo guardarono sconvolte, con l’espressione di chi sta per avere un attacco di cuore. PG valutò mentalmente che aveva ancora bisogno di un amico che lo facesse sbellicare dalle risate e si decise a trascinare Pirata fuori dal locale.

- Che ti è saltato in mente? Quello è il mio locale e posso fare quel cazzo che mi pare!- strepitò Pirata, scocciato. – Non avrei tirato il collo a quelle galline avvizzite anche se non mi sarebbe dispiaciuto.

- Infatti ti ho portato fuori dal bar per evitare che quelle simpatiche vecchiette ti sbranassero- gli fece notare PG con aria serafica. – Non volevo che facessero del male al mio Ciccio Bello…

Pirata afferrò l’amico per il collo. – Ripetilo se ne hai il coraggio!

- Che cosa?- domandò PG, fingendosi smarrito, - Ciccio Bello, forse?

Il pelato strinse ancora più forte. – Se ti azzardi a raccontare a qualcuno quello che ti ho detto, di te non rimarrà altro che il piercing di cui ti vanti tanto!

- Raccontare che cosa?- chiese ingenuamente PG, - che mentre stavi palpando Alessandra in camera da letto tua mamma è arrivata a casa e ha cominciato a chiamare il suo Ciccio Bello?

- Maledetto bastardo!

- E che Alessandra è scoppiata a ridere e ti ha chiesto dove avevi lasciato il biberon?- aggiunse quasi soffocando per le risate.

Pirata lasciò il collo dell’amico per arrivargli un pugno nello stomaco, a cui PG rispose con un calcio negli stinchi. Erano amici fin dall’infanzia e il loro modo preferito per dimostrarselo era fare a botte.
Avrebbero continuato ancora per molto se Camilla e Alessandra non fossero passate davanti a loro, ridendo come delle oche. Alla vista di Alessandra Pirata bloccò il pugno diretto al naso di PG e boccheggiò per qualche secondo come se non riuscisse a respirare.

- Il mio Ciccio Bello non dovrebbe fare a botte- disse Alessandra, soffocando le risate. – Che cosa direbbe la tua mammina se tu tornassi a casa con il naso che sanguina?

- Perché non vai a sculettare da qualche altra parte, Lessa?- ringhiò il pelato, di nuovo furioso.

- Questo paese è talmente piccolo che la puzza di latte che hai in bocca si sente ovunque!

Pirata fece qualche passo avanti con un sorrisetto minaccioso stampato in viso. Camilla, che fino a quel momento si era limitata a ridere alle battute dell’amica, si frappose tra lui e Alessandra.
- Quello che la mia amica voleva chiedervi, con un gran giro di parole, è se stasera andiamo a fare un giro- disse, lanciando un’occhiata maliziosa a PG.

Pirata parve calmarsi immediatamente e lanciò uno sguardo penetrante ad Alessandra, che nel frattempo era arrossita di colpo. – Sarebbe bastato dirlo, Lessa.

- Non mi sarei mai persa l’occasione di vedere la tua faccia sbiancare al nomignolo Ciccio Bello- mormorò lei, ma con meno sicurezza.

- La verità è che vuoi sempre fare la donna di mondo! Allora andiamo?- domandò poi a PG.

L’altro parve pensarci un po’, anche se aveva già deciso, poi annuì. – E sia, ci vediamo stasera- sorrise in modo affascinante, allontanandosi insieme all’amico.

Quando furono fuori dal raggio visivo di Camilla ed Alessandra i due scoppiarono a ridere. Il fatto che i loro genitori li avessero confinati in quel paesino quasi sconosciuto perché avevano rischiato la bocciatura, non aveva tolto loro il buonumore. Trovavano sempre un modo per divertirsi e rimorchiare ragazze. Non a caso il loro motto era: “fighi come siamo potremmo rimorchiare anche in Alaska”. Ovviamente quella frase era più adatta a PG che a Pirata ma nessuno glielo aveva fatto notare.

- Sappi che stasera esco con voi solo per fare un piacere a te. Ricordati che mi devi un grossissimo favore- mormorò PG con fare sornione.

Pirata lo guardò scettico. – Sei tu che mi devi ringraziare! Ti ho visto benissimo mentre spogliavi Camilla con gli occhi! Sei qui nemmeno da tre giorni e hai già trovato una che ti sbava dietro, gran figa per lo più.

PG annuì con fare modesto. – Che ci vuoi fare… il mio soprannome non è mica Ciccio Bello!

Il pelato gli arrivò una gomitata nello stomaco, punto sul vivo. – Vorrà dire che te ne troverò uno peggiore del mio.

***

Il treno cominciò a rallentare e Vittoria guardò fuori dal finestrino. La località della stazione portava il nome di “Alaria”. Tanti bei ricordi erano legati a quel posto.
Era lì che aveva baciato il suo primo ragazzo.
Era lì che aveva vinto la gara di ballo più importante della sua vita.
Era lì che aveva trascorso gli ultimi giorni prima dell’incidente.
Un sorriso nostalgico le increspò le labbra mentre indossava gli occhiali da sole.
Quando scese dal treno una leggera brezza le colpì il viso. Si guardò intorno: la stazione era quasi deserta. L’unica persona che intravide fu una figura snella che la salutava da lontano sventolando un cartellone con scritta due sole, semplicissime parole: “ Vi, bentornata!”
Vittoria sentì le lacrime bruciarle gli occhi e corse verso la figura che la stava aspettando. Quando furono a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra, Vittoria spiccò un salto e circondò il collo del ragazzo in un tenero abbraccio.

- Vi, mi sei mancata moltissimo- disse lui, stringendola a sé.

- Anche tu, Andrea, anche tu- mormorò Vittoria, con la voce rotta dal pianto.

Il ragazzo sciolse l’abbraccio per studiarla dalla testa ai piedi. – Mamma mia! Sei veramente in ottima forma!- esclamò in modo sincero.

Vittoria sorrise. – Trovi?

- In effetti c’è qualcosa che però rovina tutto- fece Andrea, serio.

- Che cosa?- domandò la ragazza, guardandosi a sua volta.

Lui le girò attorno con aria critica. – Era come pensavo… Ti sei ingrassata, vero?

- Si nota molto?- piagnucolò Vittoria, fingendosi preoccupata.

- Credo che quest’estate non potrai più posare per me… a meno che tu non perda qualche chilo!- esclamò Andrea, abbracciandola nuovamente.
- Te l’ho già detto che mi sei mancata moltissimo?- chiese togliendole gli occhiali da sole per osservarla meglio.

Vittoria non fece nulla per sottrarsi allo sguardo indagatore dell’amico, anzi mise ancora più in mostra la cicatrice che le sfigurava il volto. – Già. Cominci a diventare noioso, Picasso.

Andrea sorrise al nome Picasso. Da quando si conoscevano lei gli aveva affibbiato quel soprannome a causa della sua passione per la pittura. Ogni tanto Andrea era persino riuscito a farla posare per lui. Dipingere Vittoria aveva la priorità su tutto il resto. Era la sua Venere.
Prima dell’incidente Vittoria si faceva ritrarre sempre con l’entusiasmo degno di una diva di Hollywood, ora si rifiutava quasi sempre. E dire che lui non aveva mai smesso di trovarla affascinante e avvenente. A differenza ovviamente di tutte le persone superficiali che un tempo si professavano sue amiche. E che l’avevano lasciata sola. Come un cane. A soffrire per le ferite fisiche e morali. A guardare un volto che poco tempo prima lasciava la gente a bocca aperta.

- Questa è tutta la riconoscenza che mi dimostri? È quasi commuovente, ragazza mia. E pensare che mi sono anche dato da fare perché quelli delle pulizie si sbrigassero!

Vittoria parve ricordarsi solo in quel momento che non trascorreva le vacanze ad Alaria da ben tre anni e sentì una voglia irrefrenabile di rivedere la sua casa. Un desiderio pericoloso le si insinuò nella mente: forse in quel periodo sarebbe cambiato qualcosa. Scosse la testa. Non era possibile.
Ovviamente…

- Basta con le lamentele, Picasso, portami a casa!- ordinò.

- Ogni suo desiderio è un ordine, mia signora.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ricordi ***


III CAPITOLO
Ricordi



Grazie a marylu e Aerya ke continuano a seguire la ff… Scusate per il ritardo!

Il cuore di Vittoria perse un colpo quando lei infilò la chiave di casa nella toppa.
Respirando a fondo varcò la soglia seguita da Andrea che era pronto a farle da sostegno morale. Le labbra della ragazza si piegarono in un sorriso di gioia mentre sfiorava i mobili dell’ingresso. Andrea aveva fatto un bel lavoro: la casa, nonostante fosse disabitata da tre anni, risplendeva tanto era pulita.

- Grazie- mormorò all’indirizzo dell’amico.

Andrea sorrise compiaciuto non tanto per il complimento quanto per l’espressione di Vittoria. Gli faceva una gran tenerezza quella ragazza dai lineamenti sfigurati che mostrava di avere una forza interiore incredibile. Lui l’ammirava con tutto se stesso. Non l’avrebbe mai lasciata sola.
Mai.

- E’ tutto quello che la mia signora sa dire? Ho trattato quelli delle pulizie come degli schiavi per due giorni interi… non mi stupirei se mi citassero per sfruttamento…

- In tal caso assolderei uno dei miei killer migliori per farli tacere per sempre- fece Vittoria con aria minacciosa.

Andrea si finse turbato. – Con la violenza non si risolve niente- la ammonì.

- Hai ragione- assentì la ragazza. – Allora dovresti marcire in prigione, picciotto.

Andrea sorrise costatando che Vittoria dopo l’incidente si serviva del sarcasmo e dell’ironia per affrontare i problemi. La sua ammirazione cresceva ogni volta che poteva parlarle.
- Ripensandoci ho sempre approvato i tuoi metodi. Ti accompagno in camera così disfiamo i bagagli e poi ce ne andiamo un po’ in giro per il paese.

Vittoria annuì, pensierosa. Mentre si dirigeva verso la scalinata che portava alle stanze da letto, la sua attenzione fu attirata da una porta in fondo al corridoio. Sentì un nodo che le stringeva lo stomaco e fu costretta a fermarsi. Quella era la stanza che un tempo amava più di tutte.
Un tempo…
Doveva entrare. Se voleva dimostrare a se stessa il coraggio di cui intimamente tanto si vantava.
Quando Andrea le sfiorò un gomito si riscosse dai suoi pensieri. Lui la guardava con aria preoccupata, incerto sul da farsi.

- Vai in camera, ti raggiungo tra poco- gli disse, sforzandosi di sorridere.

Andrea annuì senza fare nessuna domanda. – Mettici tutto il tempo che ti occorre- si limitò a dire.

Vittoria aspettò che l’amico avesse girato l’angolo prima di posare una mano sulla maniglia. Un brivido le scosse tutto il corpo.
Maledizione! Non sono una vigliacca!
Con decisione aprì la porta e fece un passo avanti. Respirando a fondo si guardò attorno: tutto era rimasto tale e quale dall’ultima volta in cui c’era entrata. Con passi incerti si spinse fino al centro della stanza poi si sedette sul pavimento freddo. Il suo sguardo si posò prima sul lettore CD in un angolo, poi sulla sbarra di legno attaccata al muro infine sull’immenso specchio che rifletteva la sua immagine.
Una sala da ballo.
La sua personale sala da ballo.
Chiuse gli occhi sfibrata e si lasciò sommergere dai ricordi.

Luglio 2002

Vittoria sta ballando al ritmo di ‘Everybody Hurts’ dei REM e la sua insegnante di danza la guarda esterrefatta. Si chiede perché i genitori della ragazza continuino a pagarla per farle lezione. L’ideale sarebbe che Vittoria frequentasse una scuola specializzata di danza. Forse però non si rendono di che figlia prodigio abbiano o forse non vogliono separarsi da quell’adorabile creatura. Naturale.

Well everybody hurts sometimes
Everybody cries
And everybody hurts sometimes
And everybody hurts sometimes
Hold on

Vittoria conclude l’esibizione mentre per la stanza risuonano le ultime note della canzone. Si asciuga il sudore con un asciugamano poi fissa la sua insegnante con aria penetrante.

- Allora?- chiede tesa.

- Allora è perfetto!- esclama la donna, sincera. – Sono sicura che vincerai il concorso di danza con una facilità sconvolgente!

Vittoria sbuffa, evidentemente insoddisfatta. – Per l’ultima piroetta sono partita in anticipo. Non l’hai notato?

L’insegnante la guarda seria. – Ti ripeto che era fantastica, nessuno si sarebbe accorto dell’imperfezione.

- Io sì e anche la giuria, probabilmente se fossi stata in gara avrei perso per una stupidaggine simile. Rifacciamolo.

- L’hai provato sette volte, non voglio che ti affatichi troppo! Tra qualche giorno c’è il concorso e tu devi essere fresca come una rosa- la rimprovera in tono dolce l’insegnante. – E poi posso sapere perché ti interessa tanto vincerlo?

Vittoria arrossisce di colpo, imbarazzata. – Adoro vincere.

- Non è vero, la competizione non ti ha mai preoccupato molto. Piuttosto in questo periodo sembri più interessata ai ragazzi- dice l’insegnante con fare allusivo.

- Che cosa stai dicendo, Maria!- esclama Vittoria ancora più rossa in volto.

- Allora ho fatto centro! Vuoi vincere quella competizione per farti notare da un ragazzo che ti piace!

- Veramente lui mi ha già notata… ha detto che se vinco il concorso festeggeremo insieme…- ammette Vittoria con aria sognante.

- Posso conoscere il nome del fortunato?

- Non credi di essere un po’ troppo curiosa, Maria?- la rimprovera la ragazza.

- Ho avuto anche io quindici anni! Allora chi è lui?

- PG- mormora lei in soffio.

PG, il ragazzo più figo che Vittoria avesse mai conosciuto. Moro, con un paio di occhi azzurri da delinquente su una faccia angelica… la faceva impazzire. Era il sogno di tutte le ragazze del paese e ora poteva essere suo!

Maria storce il naso, disapprovando. – E’ un ragazzo bellissimo ma dicono anche che sia un gran dongiovanni. A quanto pare si diverte molto a mietere vittime tra le giovani donne.

- Stai forse insinuando che lui si stia prendendo gioco di me?- sibila Vittoria, offesa.

- No, ma tu hai solo 15 anni, non sai ancora nulla dell’amore…

- Non sono più una marmocchietta! E ora rimetti da capo quella musica!

La sua insegnante lo spera vivamente mentre riaccende il lettore CD. Non vorrebbe mai che la sua ballerina migliore soffrisse, è così giovane ed inesperta. Le note della canzone risuonano vaghe nella stanza mentre Maria si augura che PG ricambi l’affetto di Vittoria.
When the day is long
And the night
The night is yours alone
When you’re sure you’ve had enough
Of this life
Well hang on

Vittoria riaprì gli occhi e prese la testa tra le mani sudate. Era sfinita.
Con il senno di poi pensava che avrebbe dovuto dar retta a Maria e non prendersi una cotta per quel narcisista di PG. Lui amava solo se stesso.
Prima o poi affogherai in un lago…
Sorrise tristemente pensando a come il ragazzo alla fine non l’avesse mai fatta soffrire direttamente. Non l’aveva mai illusa, per lui Vittoria non era altro che una delle tante. Per mesi lei gli aveva sbavato dietro come un’oca senza cervello e PG se ne era approfittato. Quando aveva voglia la chiamava per una passeggiata in riva al mare e si ripeteva sempre la stessa storia: lui che la baciava con veemenza, come un drogato in astinenza, e lei che se ne restava buona sperando che alla fine lui si innamorasse di lei. A fine serata PG tornava a casa soddisfatto e Vittoria si buttava sul suo letto a piangere.
Stupida…
Un sorriso amaro increspò le labbra della ragazza mentre le si alzava. Aveva un assoluto bisogno di prendere un po’ d’aria così decise di andare a chiamare Andrea per fare una passeggiata.

***

PG e Pirata stavano palleggiando in mezzo alla strada discutendo nel frattempo di calcio. L’idea che un’automobile potesse passare per la strada non li sfiorava nemmeno: in quel posto passavano solo delle biciclette. E poi giocare a calcio faceva molto figo, le ragazze adoravano fermarsi a guardarli. Peccato che a quell’ora fossero già tutte chiuse a casa per rendersi presentabili per la sera.

- Credi che Alessandra si sia dimenticata di quella storia?- chiese Pirata, colpendo la palla con la testa.

- Quale storia? Quella del Ciccio Bello?- replicò PG, a voce molto alta.

Pirata gli lanciò uno sguardo assassino, fortunatamente in giro non c’era nessuno. – Proprio quella, bastardo.

- Se stasera eviti di presentarti all’appuntamento con biberon e sonaglio credo che si lascerà ancora baciare da te. Mi raccomando però non bere latte stasera.

- Molto spiritoso! Come se non giocassimo ancora entrambi con la Play…

- Io lo faccio solo perché tu mi costringi- sottolineò PG, serio.

- Ceeeeerto!- cantilenò Pirata, che cercava continuamente di prendersi una rivincita verbale con l’amico. - Attento!- esclamò poi.

Entrambi i ragazzi osservarono il pallone, di cui PG aveva perso il controllo, colpire in pieno viso un ragazzo dai capelli rossi che passava vicino a loro insieme ad una morettina. Dal momento che erano contro luce poterono solo distinguere i contorni delle due figure.

- Bravo Kakà!- lo canzonò Pirata, - un tiro perfetto!- disse mentre aspettavano che il malcapitato rilanciasse loro il pallone.

- Non si gioca a calcio per strada- urlò loro il rosso, scocciato, mentre si teneva il naso con le mani.

- Già, già- lo assecondò PG con tono strafottente. – Ora ti dispiacerebbe restituirci il pallone?

- Sei proprio un ragazzo vanesio, Narciso.
La morettina, che fino a quel momento era rimaste in silenzio, prese il pallone dalle mani dell’amico e si fece avanti in modo che i due ragazzi potessero vederla in volto. Sorrise osservando i loro volti esterrefatti e non fece nulla per celare la causa della meraviglia. Anzi, lasciò che la luce del sole le bagnasse il viso e fece un altro passo avanti.
La cicatrice spiccò ancora di più sulla pelle lattea della ragazza.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=37090