There shouldn't be a good in goodbye.

di Myra11
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alec POV ***
Capitolo 2: *** Magnus POV ***



Capitolo 1
*** Alec POV ***


(Alec  POV)

Non era stato facile o bello, raccogliere tutte le sue cose, radunare frammenti di ricordi in quella casa che sapeva di lui, di loro.
Non aveva avuto nemmeno la forza di piangere mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Era tornato a casa, sotto la pioggia battente, quasi non accorgendosi delle violente gocce d’acqua sulla pelle.
Sentiva solo il freddo che gli stringeva il cuore, e l’enorme vuoto nel quale esso batteva, ogni pulsazione dolorosa come una coltellata.
Isabelle l’aveva accolto all’entrata dell’Istituto, le labbra dischiuse in una domanda che lui sapeva non gli sarebbe piaciuta, e per questo aveva scosso piano la testa, troncando le sue parole.
Sapeva che sua sorella avrebbe capito, forse non subito, eppure lasciarla là, curiosa e sconcertata, gli procurò un’altra minuscola ferita che andò ad aggiungersi al baratro che lo dilaniava.
La poca forza che gli rimaneva decise di abbandonarlo sulle ampie scale di legno, facendolo crollare contro il muro, gli occhi fissi nella penombra provocata dalle strega luci.
Persino quei piccoli oggetti su cui aveva sempre contato ora gli procuravano piccole stilettate di sofferenza: era come essere sotto tortura, tra la coscienza e l’incoscienza, eppure il dolore era forte, così forte da farlo piegare in due, quasi in posizione fetale, come se potesse proteggersi da quella tristezza.
Non aveva potuto fare nemmeno la sola cosa che, forse, l’avrebbe fatto sentire meglio: un’altra vampira, un essere selvaggio e feroce, l’aveva preceduto. Ma, per l’Angelo, perché aveva deciso di uccidere Camille proprio quel giorno?
Ma anche liberarsi della vampira non gli avrebbe ridato Magnus. Tremò sotto il freddo che lo avvolgeva, mentre la sua mente traditrice gli regalava nuovamente la sensazione straziante di essere tra le braccia dello stregone, di sentire le sue labbra sulle proprie e l’amarezza nella sua voce mentre pronunciava le parole che gli stava facendo disprezzare sé stesso.
L’unica cosa che non avevo mai provato era invecchiare con qualcuno. E ho pensato che quel qualcuno avresti potuto essere tu.
Aveva rovinato tutto. Avrebbe potuto avere ciò che desiderava, ma la sua impazienza, i suoi troppi pensieri, le preoccupazione, avevano rovinato tutto.
Avrebbe potuto avere Magnus al suo fianco per tutta la vita, se avesse aspettato. Invece ora non aveva niente.
Fu una parte piccolissima del suo cervello a registrare le voci che provenivano dai due piani dell’Istituto, sotto e sopra, e fu una stretta al cuore a comunicargli a chi appartenevano: Isabelle e Jace.
Ma cos’avrebbe potuto dire? Dove avrebbe trovato il coraggio di affrontare la vergogna di ciò che aveva fatto?
Se fosse stato completamente padrone di sé stesso, e non chiuso in quell’oscurità pulsante che minacciava di soffocarlo, avrebbe capito che le persone che si stavano avvicinando non avrebbero avuto bisogno di spiegazioni.
Sentì la vicinanza dei loro corpi accanto al proprio, la morbidezza del palmo di Isabelle sulla sua mano sinistra e il calore di quella di Jace sulla destra. Entrambi rimasero in silenzio.
Isabelle capiva e sapeva che quello non era il momento delle parole.
Jace sentiva ciò che provava, e soffriva con lui.
Così rimase tra loro due, sulle scale fredde, la pioggia che lentamente si asciugava, il corpo che si scaldava e il cuore ghiacciato.
Rimase là, come uno specchio rotto dalla cornice ancora integra, l’unica cosa che impediva ai frammenti di vetro di disperdersi nel buio.

 
 

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Capitolo 2
*** Magnus POV ***


(Magnus POV)

Erano passate quasi tre ore da quella drastica decisione che gli era sorta dal cuore e gliel’aveva distrutto.
Quando era tornato nell’appartamento, l’aveva trovato insolito, estraneo ... vuoto.
Ogni traccia di Alexander se n’era andata, e per sua volontà, oltretutto.
Ma allora cos’era quella strana sensazione che sentiva, come se gli mancasse un pezzo
?
Chiudendo gli occhi, fu il viso di Will a comparirgli dietro le palpebre, eppure servì meno di un secondo perché venisse sostituito da quello del giovane Lightwood.
In ottocento anni, si supponeva che non credesse più alle illusioni. Non era così.
Si era lasciato illudere di nuovo. Dopo Camille, dopo Woosley, dopo William.
Ma nessuno di loro l’aveva mai sconvolto così: solo Alexander Lightwood gli aveva fatto sorgere quel malsano desiderio di poter invecchiare.
Ci aveva pensato a lungo, davvero.
Aveva pensato a come sarebbe stato, e si era accorto con una fitta d’inquietudine che gli sarebbe piaciuto.
Vivere con Alexander, vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, non doverlo guardare mentre moriva sapendo di non poterlo raggiungere.
Quello sarebbe stato il loro “per sempre”. Insieme fino alla morte.
Ma quel Nephilim aveva rovinato tutto. Aveva pensato di accorciargli la vita di propria volontà, come se lui fosse un oggetto, qualcosa che si poteva buttare via quando più lo si desiderava.
Un sorriso amaro gli sbocciò sul viso: aveva avuto ragione, un secolo prima.
I Lightwood sono tutti uguali.
Meschini, infidi, egoisti. Ma lui aveva creduto che Alexander fosse diverso.
Povero illuso.
Quel Nephilim era come tutti gli altri, e lui si era lasciato intossicare da quella sua apparente purezza.
L’unico modo per liberarsi da quella droga che era l’amore era non incrociare mai più quegli occhi di un blu profondo.  Il tempo avrebbe fatto tutto il resto, come sempre.
I ricordi sarebbero diventati solo immagini senza sentimenti, come un libro d sfogliare senza provare nulla.
Semplice. Teoricamente doveva solo aspettare, aveva preso la sua decisione e non l’avrebbe cambiata.
Non si sarebbe mai più fatto coinvolgere da quel figlio dell’Angelo.
Eppure, il sapore di quell’ultimo bacio disperato non voleva andarsene dalle sue labbra.

 

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