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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio passato, il tuo presente ***
Capitolo 2: *** Una compatibilità matematicente perfetta ***
Capitolo 3: *** Notti insonni e colazioni bruciate ***
Capitolo 4: *** Giudizio divino ***
Capitolo 5: *** Attacco e difesa ***
Capitolo 6: *** Primo impatto con la squadra ***
Capitolo 7: *** Mi perdoni? ***
Capitolo 8: *** Qualcuno in casa mia ***
Capitolo 9: *** A short, sharp shock ***
Capitolo 10: *** Heart attack ***
Capitolo 11: *** In noctem ***
Capitolo 12: *** Il filo sottile che mi lega a te ***
Capitolo 13: *** Sospesi sul baratro ***
Capitolo 14: *** Buon Minaho Natale! ***
Capitolo 15: *** Qualcosa in meno in me ***
Capitolo 16: *** Abilitazione alla riabilitazione? ***
Capitolo 17: *** Ristoranti da... incubo ***
Capitolo 18: *** Una visita inaspettata ***
Capitolo 19: *** Vuoi fumare? ***
Capitolo 20: *** Preciso e potente ***
Capitolo 21: *** Non farlo mai più... ***
Capitolo 22: *** Oltre il danno, la beffa ***
Capitolo 23: *** Muro e barriera ***
Capitolo 24: *** Un passo dopo l'altro ***
Capitolo 25: *** Sorgi guerriero vindice ***
Capitolo 26: *** Torna subito indietro ***
Capitolo 27: *** Colpa ***
Capitolo 28: *** Tempesta e impeto ***
Capitolo 29: *** Ciuffi e orsacchiotti ***
Capitolo 30: *** Masterchef-Minaho ***
Capitolo 31: *** Fluff moments, welcome back! ***
Capitolo 32: *** Democrazia o demagogia? ***
Capitolo 33: *** Di coraggio e giustizia ***
Capitolo 34: *** Fever ***
Capitolo 35: *** Manabe, detto carino ***
Capitolo 36: *** Lo spavento è pronto in tavola ***
Capitolo 37: *** Cena a sopresa ***
Capitolo 38: *** Caccia al colpevole ***
Capitolo 39: *** Tre desideri e una lettera ***
Capitolo 40: *** Un piano...per prepararsi al piano! ***
Capitolo 41: *** Si aprono le danze ***
Capitolo 42: *** Chi non beve in compagnia... ***
Capitolo 43: *** Tribunale ***
Capitolo 44: *** Sotto pressione ***
Capitolo 45: *** Impatto ***
Capitolo 46: *** Dalla notte ti proteggerò ***
Capitolo 47: *** Fuori, alla luce del sole ***
Capitolo 48: *** A casa! ***
Capitolo 49: *** Giorno di pioggia ***
Capitolo 50: *** Tosse ***
Capitolo 51: *** Little trouble ***
Capitolo 52: *** Buttato fuori ***
Capitolo 53: *** Amici in visita ***
Capitolo 54: *** Spirito guerriero ***
Capitolo 55: *** Quando il vero salta fuori ***
Capitolo 56: *** Atto d'accusa, promessa di perdono ***
Capitolo 57: *** Folla ***
Capitolo 58: *** Alla sbarra ***
Capitolo 59: *** Guerra di testimoni ***
Capitolo 60: *** Un anomalo verdetto ***
Capitolo 61: *** Un nuovo cammino ***
Capitolo 62: *** Verso un nuovo Sole ***
Capitolo 1 *** Il mio passato, il tuo presente ***
If God had a name what would it be?
And would you call it to his face?
If you were faced with Him in all his glory
What would you ask if you had just one question?
Solo.
Sempre solo. Costantemente solo.
La pioggia ha battuto le strade di questa grande città per
giorni, prima di sfumare in un’ umidità diffusa.
L’asfalto sta sputando tutto il calore di questa terribile
estate che si è ormai avviata irrimediabilmente alla fine.
Un ragazzo cammina lungo il fiume, le mani nelle tasche per combattere
il freddo che inizia a insinuarsi sotto i vestiti quando si abbassa la
guardia, come le mani di un amante impaziente.
Il ragazzo si ferma vicino a una roccia e vi si appoggia, ignorando
l’umidità che gli inzuppa i pantaloni. Le mani
abbassano il cappuccio della felpa rivelando un cespuglio di capelli
arancioni ben disposti in ciuffi simmetrici. Alcune gocce scivolano
lungo il suo viso scavato, e no, non è colpa
dell’umidità.
Minaho Kazuto, il primo della scuola.
Minaho Kazuto, il maniaco delle investigazioni.
Solo.
Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente.
Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita
normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia
stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima
dell’incidente che gli porterà via il padre, vi
era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato. La
morte aveva abbracciato la sua vita e quella di sua madre, che se ne
era volata in cielo su un pavimento piastrellato, imbottita di
idromorfone e ansiolitici, mentre un bambino piangeva con la testa
coperta da un cuscino per non sentire quei singulti, quei respiri
sempre più flebili e quella voce che spegnendosi chiamava il
nome del padre, non il suo.
Oramai solo era stato accolto per pietà da una cugina della
madre, che chiamava Zia ma vedeva forse due volte alla settimana.
L’unico affetto che aveva conosciuto era quello delle
svogliate babysitter economiche che lo dovevano sorvegliare fino al
compimento dei quattordici anni, ovvero due anni prima, momento dal
quale aveva preso a vivere da solo in un appartamentino di poche
pretese.
Un ragazzo di quindici anni a vivere da solo. Poteva denunciarla a
quella strega, ma stava bene nella sua solitudine domestica e
finché aveva un affitto pagato mensilmente e una spesa fatta
e consegnata due volte alla settimana non vedeva il perché
di imporre la sua presenza a chi lo aveva sempre vissuto come un peso.
A scuola tutti lo scansavano come se avesse la peste, perché
ne avevano paura. Minaho sapeva leggere dentro alle persone una maniera
assai inquietante. Interpretava un movimento, l’inclinazione
del sopracciglio, un movimento del labbro e ne forniva una precisa
giustificazione. Lo aveva imparato dal padre, in quei pochi anni che
aveva vissuto in piena felicità. L’Uomo era un
grande investigatore.
Nessuno voleva stare accanto ad un ragazzo come Minaho. Troppo strano.
Troppo solo. Troppo secchione.
Era appena iniziato un altro anno scolastico. I suoi corsi sarebbero
cambiati, la sua fama no. Come se non bastasse ci pensó il
professore di storia a presentarlo ai nuovi compagni come
“primo della scuola! Ottimo allievo! Sono certo che
diventerete buoni amici!”.
Gli sguardi degli “amici” dicevano tutto su quello
che già pensavano di lui. Corse rapidamente con gli occhi
sulla classe e il suo spirito analitico afferrò subito i
principali tipi. La simpaticona (falsissima e ipocrita, a giudicare dal
movimento ciclico della mano che copriva il sorriso finto), il
teppista, il vagabondo, la stramba, il secchione….
Cosa cosa cosa???? Il secchione??
Lo sguardo di Minaho era andato a posarsi su un ragazzo dai capelli
lilla che gli aveva lanciato un sorriso strano. La sua mente allenata
non era riuscito a catalogarlo fra i sorrisi che che conosceva bene:
l’interessato, l’ipocrita, il pietoso, lo
sprezzante…
Che fosse… che fosse autentico? No…. Impossibile!
La lezione trascorse abbastanza rapida, e non ci volle molto
all’arancione per scordare lo strano sorriso.
Dopo una settimana di lezioni la situazione andava di male in peggio.
Incredibile a dirsi, ma non aveva scambiato una singola parola con
nessuno. NESSUNO. La sfilza di massimi voti che aveva preso non aveva
affatto aiutato, tra l’altro. Lo ignoravano con arte e
maestria, pensò. Solo quello strano ragazzo lilla continuava
a fissarlo. Lo vedeva con la coda dell’occhio quando lui
pensava che non lo avesse notato. Perché non riusciva a
capirne il perché? Lo mandava completamente in tilt.
Fu quel giorno che la sua vita subì l’ennesimo,
immeritato scossone. Era il suo sedicesimo compleanno e non si
aspettava, ovviamente, nessun augurio, ma sperava che almeno quel
giorno la sfortuna lo lasciasse in pace.
Svoltó nel vialetto di casa, infilò le chiavi
nella toppa e giró.
La porta non si aprì.
Riprovó ancora tre volte imprecando a bassa voce, prima di
dirigersi imbufalito verso la porta sul retro. Barricata anche questa.
Sembrava che le serrature fossero state cambiate. Stava chiedendosi
come fosse possibile quando vide un biglietto sullo zerbino, mezzo
pestato dato che non lo aveva affatto notato prima.
“MINAHO, CARO, SONO LA ZIA.
OGGI HAI SEDICI ANNI. SAI QUANTO TI VOGLIA BENE, MA HO
GIÀ SOSTENUTO TANTE SPESE IN MEMORIA DI TUA MADRE. SEI
CRESCIUTO BENE. SONO CERTO CHE TROVERAI UN BEL POSTO DOVE VIVERE. TI HO
LASCIATO QUALCHE BANCONOTA NELLA BUCHETTA DELLE LETTERE, QUANDO BASTA
PER UN PAIO DI MESI D’AFFITTO, FINO A CHE NON TROVERAI UN
BUON LAVORO PER LE TUE SPESUCCE.
PASSA A TROVARCI PRESTO!
LA ZIA”
Senza parole. Così si sentiva Minaho. La strega lo aveva
appena sbattuto fuori di casa. Un minorenne da solo, senza un posto
dove stare e con quattro soldi per pulirsi la coscienza. Cosa lo
tratteneva dall’andare dalla polizia e denunciarla? Forse la
poca voglia di lottare che gli rimaneva. Come poteva dimostrare le sue
ragioni? La donna aveva tutti i documenti sul suo affidamento
e lui non poteva dimostrare nulla senza andare a supplicare i servizi
sociali. Per cosa poi? Finire i pochi anni che gli rimanevano prima
della maggiore età in un maledetto orfanotrofio?
Infinitamente meglio cavarsela da solo, tanto ci era abituato, e
chissà se l’avrebbe vista, la maggiore
età…
Sì mosse stizzito verso il cancello mentre sentiva la rabbia
montare. Non che fosse più solo di prima, la donna non era
niente per lui, ma come diavolo avrebbe fatto a trovare un posto dove
dormire in mezza giornata?
Era così furioso che sbatté violentemente il
piede contro il gradino d’ingresso della casa, finendo solo
per farsi un male tremendo.
Sbatté con violenza il cancello e si sedette sul marciapiede
con le lacrime agli occhi per il dolore al piede e l’umore
più che disperato.
-Pure la pioggia? Grazie!- urló sarcastico mentre le prime
gocce d’acqua gli bagnavano i capelli.
Non seppe mai quanto rimase seduto sotto l’acqua con la testa
tra le mani. Il piede gli pulsava e non riuscì a trattenere
una lacrima. Nel suo cuore voleva solo un amico, gli bastava una
persona sola per andare avanti, ma così non ce la faceva
proprio più!
Non dovette passare molto tempo in quella posizione però,
perché era ancora quasi asciutto quando sentí una
mano appoggiarsi sulla sua spalla destra.
-Ehm… Ciao!
Minaho alzò gli occhi e spalancò la bocca dallo
stupore. Era quel ragazzo dai capelli lilla che frequentava il suo
stesso corso! Cosa ci faceva li con quello strano sorriso preoccupato
stampato in faccia?
-Co… cosa… Ciao…
cioè… cosa ci fai tu qui?
-Niente … abito dalla parte opposta della strada e non ho
potuto fare a meno di vedere la scena… non so cosa tu abbia
letto su quel biglietto, ma sembravi sconvolto… Minaho, vero?
Cosa? Il ragazzo si era interessato al suo nome? (non che ci volesse
tanto, bastava seguire gli appelli in classe, ma lui non aveva degnato
di interesse il nome di nessuno, quindi non aveva idea di come il lilla
si chiamasse).
-Sì. .. Minaho kazuto… e tu sei…
-Manabe, Manabe jinichirou, piacere! Mi domandavo proprio
perché non rivolgessi la parola a nessuno, a
scuola…. Ma in realtà posso immaginarlo. Anche io
non sto simpatico a tanti, sai?
E così dicendo fece un’espressione così
buffa che Minaho non poté fare a meno di increspare le
labbra in un sorriso mezzo paralizzato, ma spontaneo.
-ma… perché sei qui? Ti bagnerai, e con me perdi
solo tempo, mi odiano tutti come puoi immaginare.
-Sul bagnarmi non preoccuparti… piuttosto…
perché credi che la genti ti odi? Io non ti odio!
Anzi, ritengo che una probabilità accettabile sia
che tu possa risultare simpatico al… diciamo… 57
per cento delle persone? Sai.. razionalizzando il numero di persone che
incontriamo ogni giorno, le più recenti statistiche di
psicologia dei rapporti…
L’arancione ascoltava sbalordito questo fiume di commenti.
Cosa voleva questo qui da lui?
-... ed ecco come ho stimato il tuo coefficiente di simpatia! Ma cosa
sto dicendo? La matematica mi fa sempre parlare a vanvera…
perdonami…
-Tranquillo …. Le scienze piacciono tanto anche a me
… soprattutto mi piace scrutare gli altri, capirne la mente
e il corpo.
Cosa stava dicendo? Perché parlava a un quasi sconosciuto in
mezzo a una strada? Sarà forse quel sorriso…
strano? Quello sguardo che non lo lasciava un istante?
-Comunque arriviamo al dunque… non puoi rimanere qui fuori!-
esclamò Manabe
-e dove vuoi che vada?... Sono appena stato messo alla porta, se te lo
stai chiedendo… non ho idea di dove andare ancora.
-Vieni dentro da me, no? – esclamò il lilla come se
la cosa fosse sottintesa fin dall’inizio del discorso.
-Cos… cosa? Da t… te? No… meglio di
no…. Io do solo fastidio alle persone…
-Ma che dici! L’ho visto subito che sei simpatico!
È una settimana che ti scruto ma… a dire il vero
di solito nemmeno io piaccio alle persone sai… non ho avuto
il coraggio di parlarti prima….
-Io… s…simpatico?
Minaho sentiva rivolgersi quel termine per la prima volta nella sua
vita. Era spiazzato oltre ogni umana misura.
-Ed inoltre,- perseguí Manabe- non penso tu sia in grado di
andare lontano ora come ora…
Minaho non capí cosa intendesse, ma appena fece per alzarsi
una tremenda fitta al piede lo riportó alla
realtà dei fatti. Per ora non poteva camminare molto.
-Vieni, andiamo dentro. Ti asciughi e poi diamo un occhiata a quel
piede… lo sai che adoro le scienze no? Di medicina ci
capisco…
Minaho era sconvolto. Si lasciò sorreggere fino alla porta
dell’abitazione di fronte, quindi si sedette mentre il lilla
apriva la porta.
-Anche io vivo solo sai? Appena ho potuto mi sono liberato
dell’assillo continuo dei miei… così
pressanti! Non so se mi vogliano veramente bene sai? Non è
che siano lontani comunque… giusto un paio di quartieri da
qui.
Minaho aveva i denti stretti per il dolore, Ma non poté non
notare come il lilla parlasse a cuor leggero e sorridendo di argomenti
così tristi.
Manabe fece sedere L’arancione su un divano e come un fulmine
sparí sulle scale, per tornare dopo un istante con dei
vestiti asciutti.
-Tieni! Abbiamo la stessa taglia! Splendido no? Mettiti
questi prima che ti venga un raffreddore e togliti la scarpa, torno
subito con del ghiaccio per il piede.
Minaho fece appena in tempo ad accennare un
“Ma…” che Manabe era già
sparito di nuovo.
Prese in mano i vestiti del lilla. Profumavano di sapone ed
erano… ecco… leggermente pucciosi?
Si diede del pollo da solo e si cambió la maglietta. Si
accorse solo allora di essere gelato.
Manabe tornó dalla cucina con un sacchetto di ghiaccio
mentre L’arancione si sfilava le scarpe con un sospiro di
sollievo e si infilava i pantaloni asciutti. Quando vide il lilla
diventó rosso come un peperone.
-Ma… ma cosa guardi? Potevi girarti no?- Minaho aveva fatto
una faccia così buffa che Manabe scoppió a ridere.
-Tranquillo amico! Non ho visto nulla di compromettente, inoltre la
distanza è di circa due metri e l’inclinazione
della porta di 30 gradi… ne segue che…
Un mezzo sorriso seguito da un gemito di dolore
dell’arancione spezzarono a metà la frase. Il
lilla si grattó la nuca.
-Perdonami… dimenticavo che stai soffrendo. .. Quando parlo
il mondo si fa molto lontano a volte…
Così dicendo Manabe prese un cuscino, vi fece appoggiare
all’arancione il piede e gli diede il ghiaccio. Minaho non
trattenne un leggero mugugno di dolore quando lo mise sulla contusione.
Dopo cinque minuti stavamo parlando a raffica. A Minaho sembrava
impossibile di non riuscire a frenare le parole. Stava facendo uscire
anni di solitudine con quel ragazzo così simpatico, e lui
ascoltava.
Sapeva ascoltare e sdrammatizzare, ma anche raccontare, nonostante una
certa tendenza a cacciare dati e numeri nelle frasi.
Senza volerlo si resero conto che era calata la sera. Parlavano da
almeno tre ore! Una cosa mai vista per entrambi.
-ok… forse è meglio se preparo qualcosa da
mangiare, tu OVVIAMENTE sei mio ospite.
Manabe aveva calcato così buffamente la parola ovviamente
che Minaho non seppe rifiutare, anche perché non aveva idea
di dove andare… e poi… quel ragazzo gli piaceva
davvero. Non si era mai trovato così con qualcuno dopo la
morte del padre.
-ok… sei davvero gentile a farmi… a farmi
restare. Lascia almeno che ti aiuti a cucinare!
Appena provó ad alzarsi L’arancione
gridó di dolore. Qualcosa non andava. Il dolore aveva
risalito la caviglia e si irradiava nel polpaccio.
Manabe lo spinse di nuovo a sedere.
-ma come… una botta dovrebbe essersi già fatta
dimenticare…- disse guardando il sacchetto di ghiaccio
oramai sciolto.- lascia che ti dia un’occhiata.
Il lilla toccó delicatamente la caviglia del ragazzo. Non
bisognava essere appassionati di medicina per capire il problema.
-Minaho, hai una contrattura dovuta alla botta. Niente di rotto ma non
esiste che tu ti muova per un po’.
-Ma come faccio… devo cercare una casa…
-Lascia stare. Starai da me un paio di giorni ok?
Ok, adesso la situazione iniziava a farsi imbarazzante,
pensò l’arancione strabuzzando gli occhi.
Angolo dell’autore in prova:….
Buonsalve a tutti! Questa è la prima storia che pubblico
dalla mia iscrizione… non sono tanto pratico dei personaggi
ancora, spero di non aver fatto pasticci inenarrabili! (Già
capire come funziona l’html ha richiesto due ore di potenti
scleri)…
Ebbene, questo è il primo angolino dell’autore
aggiunto mezz’ora dopo la pubblicazione, appena mi sono reso
felicemente conto di averlo dimenticato preso dalla foga di aver
dominato il malefico codice html…
Grazie a tutti coloro che leggeranno, e spero avranno la
bontà di non uccidere la mia misera personcina…
almeno non subito, no? :)
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Capitolo 2 *** Una compatibilità matematicente perfetta ***
I'm very well acquainted,
too, with matters mathematical,
I understand equations, both
the simple and quadratical,
About binomial theorem I'm teeming with a lot o' news,
With many cheerful facts about the square of the hypotenuse!
I'm very good at integral and
differential calculus;
I know the scientific names of
beings animalculous:
In short, in matters vegetable, animal, and mineral,
I am the very model of a modern Major-General!
Minaho sedeva su un comodo divano addossato alla parete e rifletteva,
mentre aspettava che il suo nuovo amico (ma poteva esporsi a chiamarlo
così?) finisse di preparare la cena per entrambi.
La situazione era precipitata in un vortice che aveva completamente
impallato il suo proverbiale intuito. Prima la cacciata da casa, poi la
pioggia, tutti quei maledetti ricordi che ballano in mente, il dolore
al piede…
E poi lui. Manabe. La sua mano sulla spalla, la sua voce dolce,
l’invito a casa sua e lo sfogo. Aveva sputato fuori tutto il
dolore che si portava dentro, l’aveva espulso per qualche ora
mentre parlava con il lilla.
Erano anni che non parlava così tanto. Aveva sempre sognato
un momento simile, un amico, ma era paralizzato dal timore che sarebbe
stato difficile, che nessuno avrebbe sopportato la sua tristezza e il
suo dolore.
Con Manabe invece era così semplice… non aveva
nemmeno sentito il bisogno di piangersi addosso, di essere negativo.
Con quel ragazzo la risata era scontata. Era ironico senza essere
sarcastico, sapeva sempre cosa dire per alleggerire la discussione
eppure ascoltava come mai nessuno prima aveva fatto con lui.
Prese il mento tra indice e pollice e rifletté, come suo
padre gli aveva insegnato, ma proprio non riusciva ad analizzare quel
ragazzo. Si… sembrava anche lui solo, forse per
quella sua aria da secchione e per quei continui sproloqui sulla fisica
quantistica e la matematica applicata, ma continuava a non
capire… soprattutto non afferrava la ragione di questo
interesse per lui!
-Ehi Minaho! E’ pronta la pappa!! Riesci a trascinare le tue
fragili membra fino alla tavola oppure devo servirti su un vassoio il
cibo in salotto?
Minaho cercò di soffocare un sorriso.
-Sei ben imprudente a parlarmi così, sai? Ci sono motivi se
a scuola mi temono tutti!- disse con accento volutamente ironico. Come
diavolo faceva a sentirsi già a suo agio con lui?
-Ho capito…. Aaaarrivo….- Manabe
spalancò la porta con un calcio. Tra le mani aveva un
vassoio grande ne più ne meno come il ponte di volo di una
di quelle portaerei che Minaho aveva visto sul libro di storia,
orgoglio dell’impero nella seconda guerra mondiale. Sul
vassoio una ciotola di riso grossa come un catino, zuppa e un bel
po’ di polpette di riso e pesce.
-Cosa. È. Quella. COSA???? -Minaho spalancò gli
occhi allibito.
-Il minimo per uno che ha la faccia di non mangiare da almeno due
giorni.-rispose sornione il lilla.
In effetti Minaho aveva visto per l’ultima volta un pasto
decente a cena, quarantotto ore prima. La zietta non aveva fatto la
spesa questa settimana, a dimostrazione del fatto che premeditasse di
mettere l’arancione alla porta.
-Ooook… accetterò giusto per non offendere un
ragazzo sconosciuto, forse maniaco, che mi minaccia con il suo
grembiulino sporco di curry!-
Minaho fece una faccia particolarmente brigantesca, omaggio della casa
al suo nuovo amico.
Si fissarono qualche secondo e scoppiarono a ridere di gusto, mentre
Manabe prendeva posto vicino all’arancione.
Mangiarono a sazietà chiacchierando di tutto e di tutti.
Minaho si stupì di come Manabe riusciva ad intuire cose,
nella psiche dei loro compagni, che prima credeva fossero appannaggio
unicamente della sua mente investigativa.
Alla fine del pasto Manabe propose di guardare un film.
-Minaho, scegli tu … i DVD sono sotto la
televisione… io vado a prenderti un pigiama!
-Pure!- pensò l’arancione, ma del resto
non poteva certo andare a letto con la felpa prestatagli da Manabe, ne
tantomeno con la divisa scolastica umida di pioggia.
Si alzò a fatica e zoppicò fino alla televisione
… ovviamente la videoteca del lilla comprendeva una serie
spaventosa di documentari , ma per fortuna trovò qualcosa di
interessante. Un film sulla vita di un grande scienziato italiano,
Enrico Fermi. Dedusse in pochi istanti che Manabe doveva avere un gusto
speciale per i film stranieri ( ne individuò altri sette) e
che doveva avere più cura della casa di quanta ne avesse
lui. Il pianale era stato spolverato da poco, forse in
mattinata?
Manabe tornó con un pigiama azzurro. (-menomale, niente
abnorme pucciosità!- fu il pensiero di Minaho).
L’arancione si voltò verso di lui e fece un passo
verso il divano. Improvvisamente una fitta al piede ben più
forte delle altre lo fece sbiancare. Dovette perdere conoscenza per un
secondo, perché sentì qualcosa che lo afferrava e
si ritrovò … tra le braccia di Manabe!
Minaho arrossì come un pomodoro e si ritrasse, anche se non
c’era niente di ambiguo in quell’abbraccio. Il
lilla lo stava solo sostenendo per le spalle.
-Ohi Minaho… stai attento … qualcosa mi dice che
quel piede non va affatto bene, vero?
Manabe sorresse l’amico fino al divano e lo fece sedere.
-Rilassa il muscolo, provo a scioglierti la contrattura.
Era incredibile come, tra le tante capacità del lilla, ci
fosse anche un incredibile talento medico. Massaggiò certi
punti, allungò certi muscoli e, tempo dieci minuti,
L’arancione poté appoggiare il piede a terra senza
quasi provare dolore.
Minaho era sempre più stupito della sintonia che provava per
quel ragazzo. Non aveva mai permesso a nessuno di toccarlo
così, nemmeno ai dottori.
-Mhhh… vedo che hai scelto uno dei miei film preferiti!-
esclamò Manabe- Fermi è stato un
grande… forse il più grande fisico nucleare di
tutti i tempi. Ma era anche così solo…
è scappato dal suo paese a causa della dittatura,
e potrà tornarci solo dopo anni… inoltre ha avuto
un ruolo determinante nella scoperta della bomba…. Sai a
cosa mi riferisco. Deve essere stato terribile convivere con un peso
così sulla coscienza. Lui voleva che le sue scoperte
fornissero energia a scuole e ospedali, non distruggessero
città… poveretto.
Manabe parlava come se potesse capire lo scienziato meglio di chiunque
altro. Forse era per questo che capiva così bene anche lui,
pensò Minaho.
Il film piacque molto ad entrambi, nonostante la fatica fatta dal lilla
per spiegare all’amico che NON si trattava di un giallo, e
non bisognava cercare di capire perché Fermi non aveva
ancora rapito e seviziato nessuno.
Chiacchierando Manabe accompagnó L’arancione al
piano di sopra e gli mostró la sua stanza. Piccola e
confortevole. Il lilla non poté non notare che
l’altro si era oscurato in volto.
-Ehi, Minaho, qualcosa non va?
-Cos… NO! Niente niente non ti… non ti
preoccupare… pensavo a una cosa.
-Mhhh. .. oook… - Manabe non era affatto convinto di quello
che aveva detto Minaho, ma fece finta di nulla. -Allora… se
hai bisogno di qualcosa, mi trovi nella stanza a fianco ok? Buona notte
amico mio. – e così dicendo il lilla
toccó la spalla destra di Minaho.
L’arancione sforzó un sorriso e si
voltó salutando, ma non poté evitare che il lilla
notasse una lacrima sul suo viso, riflessa nello specchio.
Secondo angolino dell’autore (sempre più) in prova:
Ribuonsalve… devo ammettere che per uno come me che vuole
buttarsi nel magico mondo della psicologia questa coppia è
stimolante…
Man mano che prendo confidenza con i personaggi (il mio avvicinamento
alla “letteratura” giapponese e a questi personaggi
in particolare è avvenuto sotto minaccia di una turba di
fanciulle inferocite) spero di migliorare per incontrare meglio i gusti
di tutte/i voi che avete molta più esperienza…
Questo capitolo, come il primo, ha più che altro lo scopo di
chiarificare antefatto e nascita del rapporto, nonchè
cercare di caratterizzare i personaggi (forse un po Ooc, spero non
troppo.. . procedendo dovrebbero “rientrare nelle
righe”). Dal prossimo capitolo le cose si faranno
più movimentate!
Grazie a tutti/e coloro che leggeranno e a chi vorrà farmi
sapere cosa ne pensa e magari darmi qualche dritta… e
scusate lo sclero!
Ps: come avrete notato, ogni capitolo è introdotto da un
accenno ad una canzone (la prima dà addirittura il titolo
alla fic)… per chi volesse ascoltare durante la lettura,
questa volta ho scelto un’aria da operetta (major
general’s song di A. Sullivan) che mi sembrava rispecchiasse
bene la multiforme cultura scientifica del nostro amico lilla!
ROW99
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Capitolo 3 *** Notti insonni e colazioni bruciate ***
« When
it was dark now there's light
Where there was pain now's there's joy
Where there was weakness I found my strength
All in the eyes of a boy »
Tutto si poteva dire di Manabe Jinichirou, tranne che avesse passato
una nottata tranquilla. Appena si era infilato sotto alle coperte aveva
creduto di poter dormire… il giorno dopo non sarebbe stato
leggero. Bisognava andare a scuola, preparare colazione e pranzo per
due persone, aiutare Minaho a trovare una casa…
Al sopraggiungere di questo pensiero qualcosa scattò dentro
Manabe, qualcosa che lo fece sentire strano e un po’ egoista.
Era davvero sicuro di volersi separare da quel ragazzo strano che aveva
appena conosciuto? Sin da quando lo aveva visto ne aveva avvertito la
vibrazione, una forza sepolta da qualcosa che i suoi calcoli e la sua
matematica non riuscivano a spiegare. Voleva davvero tornare solo, a
scappare quotidianamente dalle attenzioni soffocanti dei suoi genitori?
Voleva separarsi da una persona che aveva appena conosciuto ma che lo
faceva stare bene?
Sentì un senso di oppressione all’altezza dello
stomaco. Chissà se L’arancione sarebbe stato
disposto a rimanere suo amico… chissà se era
sembrato abbastanza interessante, se era stato sufficientemente cortese
con lui.
Era immerso in questi pensieri quando il cellulare lo
informò che era passata la mezzanotte. Se non si fosse
sforzato di dormire il giorno dopo a scuola non sarebbe stato
abbastanza sveglio da seguire le lezioni, e sapeva bene cosa pensavano
i suoi genitori di un voto inferiore al massimo, possibilmente con lode.
Mise il cellulare in silenzioso e impostó la sveglia sulle
sette, quindi si rintanò sotto le coperte e chiuse gli
occhi. Appena il marasma dei suoi pensieri si fu zittito i suoi sensi
iniziarono ad assopirsi. Sarà una lunga giornata
domani…
Era solo, circondato da un’oscurità liquida.
Camminava ma non capiva Dove andasse. Cosa sono queste voci? Cosa
significa questo vento che lo spinge a terra?
Qualcuno gli toccava la spalla, qualcuno lo trascinava con
sé a terra….
Manabe si svegliò di soprassalto. Aveva la manica impigliata
nella testiera del letto… ecco cosa lo aveva afferrato!
Sorrise tra sé del passato spavento. La sveglia del telefono
segnava le due e quaranta. Stava per rimettersi a dormire quando senti
qualcosa che la paura gli aveva fatto ignorare prima.
Qualcuno piangeva? Ma chi? Era da solo in casa, no….
-MINAHO! -Si ricordò tutto di colpo e per poco
rotolò giù dal letto. Accese la luce nel
corridoio e si fiondò nella camera a fianco spalancando la
porta.
-EHI!! P… perché… perché
sei entrato? -Minaho era seduto sul letto, il volto rigato di lacrime
rosso per la vergogna.
- Come perché? Stai piangendo!! Cosa succede? Ti senti male?
Devo chiamare qualcuno? Dimmelo ti prego!- Il lilla era sinceramente
preoccupato.
-No… lascia… non voglio che tu mi veda
così. Torna. .. torna a dormire. Io… ho solo mal
di pancia ecco!
Manabe sospirò e si sedette vicino all’arancione
appoggiandogli una mano sulla spalla.
-Minaho, sei troppo intelligente per pensare che me la
beva…- la voce del lilla era bassa e dolce. -Sappiamo
entrambi che qualcosa non va. Vuoi parlarmene? Non
c’è niente di male nel piangere.
Minaho sembrava spaventato. Il suo cervello stava valutando alla
velocità della luce ipotesi e possibili conseguenze di ogni
sua azione. Se fosse sembrato patetico agli occhi di Manabe avrebbe
preso a disprezzarlo? Lo avrebbe preso in giro di sicuro.
Fu allora che avvenne qualcosa di incredibile. Per la prima volta nella
sua vita, Minaho Kazuto mise a tacere la sua mente deduttiva. Avrebbe
parlato. Basta silenzi, basta reticenze, il lilla non se lo meritava
dopo tutto quello che era successo.
-Ecco… vedi… è difficile da
spiegare… È stato così bello oggi con
te! Non ero mai stato così felice. Ho paura che domani
tornerà tutto come prima!- Minaho soffocò un
singhiozzo.
La gola di Manabe si chiuse per un istante. Come è possibile
che anche lui stesse pensando alle stesse cose che lo avevano
tormentato solo poco prima?
-Ma… ma no Minaho… dipende tutto da te! Sei
forte, no?
-Non… non mi riferisco alla scuola o a mia zia…
sono anni che convivo con il disinteresse dei miei parenti e con le
antipatie degli altri…
-E allora che cos’è che ti spaventa?- Manabe non
capiva, al massimo intuiva qualcosa ma non voleva illudersi.
-Non voglio perderti! Sei il mio unico amico!!- L’arancione
proruppe in una vera e propria crisi di pianto che spiazzó
completamente il lilla, cosa che aumentó ancora di
più l’agitazione dell’altro.
-Perdonami!! Perdonami! Non dovevo dire così….
Non volevo… forse non ti ritieni nemmeno mio amico e guarda
in che situazione ti ho messo…- Le lacrime fluivano
continue, ma ora il ragazzo più che spaventato sembrava
vergognoso.
-Minaho, ascolta! -Il lilla alzò di colpo il tono di voce.
L’arancione strinse gli occhi come se si aspettasse un
insulto. -Io SONO tuo amico! Capito? Gli amici non si lasciano nel
bisogno!
L’arancione rimase spiazzato. Il pianto gli si
strozzò in gola.
-D… davvero siamo amici?
-Amici.
La mattina dopo entrambi avevano delle occhiaie da far paura alla loro
ultrassettantenne prof di chimica, soprannominata con
epicità “L’eterna”, ma
nonostante tutto erano felici. Minaho per la prima volta si svegliava
al calduccio in un letto sapendo che qualcuno lo aspettava di sotto,
Manabe aveva avuto certe ideuzze mentre preparava la colazione e non
vedeva l’ora di dar loro seguito.
La colazione preparata in fretta e furia risultò leggermente
bruciaticcia (-Guarda manabe! Carbonella per il
camino! Almeno pranzeremo al calduccio !- esclamò Minaho
sornione reggendo tra due dita un pancake nero come la pece e duro come
la pietra) ma chiacchierando nessuno dei due ebbe il tempo di
lamentarsi troppo.
Si vestirono e si fiondarono in strada, prendendo al volo
l’ultimo autobus diretto a scuola, affollato oltre ogni umana
decenza e caldo come un forno per la fusione della ghisa. Manabe,
Schiacciato contro le portiere dalla mole immane di una signora sulla
quarantina, non poté fare a meno di vedere che
L’arancione se la rideva sotto i baffi.
La mattinata scolastica fu nella norma, se si esclude lo scambio di
posti tra il compagno di banco di Manabe (ben contento di spostarsi) e
Minaho, che ora se ne stava ben felice al primo banco.
Alla fine delle noiose lezioni giornaliere Manabe propose di mangiare
un panino fuori scuola, così da risparmiarsi il bis con
l’esperienza altamente formativa dell’autobus e
potersene poi tornare a casa con più calma.
Si sedettero ad un tavolino di un baretto in centro e pranzarono li,
tra orridi arredi e panini bollenti. Fu allora che il lilla prese
l’iniziativa.
-Ascolta Minaho… pensavo… ci vorrà del
tempo prima che tu possa trovare una nuova casa, e ora come ora non
puoi permetterti un albergo a lungo… perché non
rimani da me? Puoi passare da tua zia, ritirare le tue cose che erano
nel tuo appartamento e portare tutto da me… lo spazio
c’è! Così non rischi nemmeno di restare
indietro con lo studio…-aggiunse poi a mo’ di
giustificazione.
Minaho spalancò gli occhi.
-Davvero? Davvero posso rimanere con te qualche giorno?...
Pardon… volevo dire DA te! -L’arancione
arrossí.
-E certo! Anzi sarà meglio muoversi se vuoi recuperare tutto
e portarlo in casa prima di stasera.-
-Ma Manabe, non ne parli con i tuoi? Del resto la casa te la pagano
loro…
-Ehm… ma io… io gliel’ho già
chiesto, ovvio! Sono più che felici di farti stare da
me…
-Mmhh… Ok… -Minaho si grattò il mento.
Qualcosa non gli tornava. Non capiva cosa, ma era certo che il lilla
stesse nascondendo qualcosa.
Nonostante i dubbi Minaho effettuò il trasloco. La zia fu
ben lieta di liberarsi anche dei pochi scatoloni del nipote. In tutto
vennero scambiate qualcosa come dieci parole. Mezz’ora dopo
L’arancione sistemava biancheria in un cassetto nella sua
“nuova stanza”.
Passó una settimana e la vita procedeva tranquilla. Ora che
Minaho aveva qualcuno accanto tutta la sua personalità prima
soffocata era potuta emergere come non mai. Anche Manabe sembrava
più a suo agio. Parlavano di tutto, scoprendo di avere molte
cose in comune, a partire dall’ironia amara e
dall’amore per lo studio (se li avessero sentiti a scuola
mentre parlavano dell’ultimo giallo uscito o
dell’ultima equazione risolta probabilmente li avrebbero
isolati ancora di più!)
Nonostante questo clima idilliaco però a Minaho qualcosa non
tornava. Aveva notato che Manabe non parlava quasi mai al telefono con
i genitori, segno inequivocabile di brutti rapporti, e le poche volte
che chiamava stava bene attento ad evitare il padre, e non parlava mai
di lui.
L’idea che qualcosa stesse bollendo in pentola si
rafforzó un pomeriggio, quando notó che Manabe
parlava al telefono a voce più alta del solito, negando
qualcosa con tono veemente e andando avanti e indietro nel corridoio
come un invasato.
-No! Vi dico di no! Non so che voci abbiate sentito, ma qui non sta
succedendo assolutamente niente! NIENTE!!
Perché stava litigando? A che voci si riferiva?
Fece un mezzo sorriso. Avrebbe investigato, ovvio!
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Capitolo 4 *** Giudizio divino ***
Dies irae, dies illa,
solvet saeclum in favilla
teste david cum Sibylla.
Quantus tremor est futurus
Quando judex est venturus
Cuncta stricte discussurus!
Una giornata intera di appostamenti può comportare molti
rischi, ma anche dare grandi soddisfazioni… La mattina
seguente, il primo giorno della sia seconda settimana a casa di Manabe,
Minaho poteva dire di avere alcune fondamentali certezze.
1) Manabe era decisamente preoccupato per
qualcosa, e buona parte della sua preoccupazione veniva da quelle
telefonate che riceveva almeno tre volte al giorno… si
capiva da come si teneva lontano dal telefono, nel timore di trovarci
un messaggio o peggio, un avviso di chiamata.
2) Aveva buone ragioni per dedurre che
Manabe parlasse al telefono con i genitori. Aveva sentito
l’amico urlare “Mamma!” più
volte nelle conversazioni più accese. Niente di strano, in
fondo. Manabe non parlava mai dei suoi genitori, ma questo era per
L’arancione una prova fondamentale che il rapporto
presentasse dei problemi.
3) Era evidente che le telefonate
vertevano su una qualche bugia che Manabe doveva aver detto tempo prima
ai suoi genitori… non faceva altro che negare e supplicare
che gli credessero, dunque non dovevano più avere molta
fiducia in lui!
Poste queste tre condizioni, Minaho non riusciva proprio a capire quale
fosse la causa di tanto panico nell’amico.
Aveva pensato che i genitori del lilla non gradissero la sua presenza,
ma Manabe non faceva che confermargli che sapevano tutto e che andava
tutto bene… stava iniziando ad andare in tilt. Era certo che
bastava afferrare il capo del filo per sciogliere tutto il gomitolo, ma
l’appiglio proprio gli sfuggiva.
Manabe entró in cucina in quel momento. Aveva in mano il
telefono ed era impegnato in una conversazione ancora più
accesa degli standard abituali.
-Insomma! Dovete lasciarmi stare! Vi prego! Non succederà
nulla, nessuno dirà o penserà nulla! Vi ripeto
che non so quali voci abbiate sentito, ma la questione è
già chiusa!
Il lilla sbatté il telefono sul tavolo. (-la situazione sta
peggiorando! Non aveva mai chiuso la chiamata di colpo!-
pensó Minaho).
-Perdonami Minaho, questioni da poco… piuttosto,
oggi che facciamo di bello? Non abbiamo scuola!
-Mhhh… perché non andiamo a mangiare qualcosa al
parco, sulla collina della città? Conosco un posto dove
fanno dei panini a cinque stelle, e potremo giocare a calcio!
-L’arancione sorrise. Si sarebbero divertiti e avrebbe
portato per un po’ l’amico lontano dal maledetto
telefono.
-Perché no? L’idea non mi dispiace per niente sai?
Però bisogna assolutamente che io vada a comprare una palla
da calcio, quella che ho ha avuto un brutto incontro con un labrador in
astinenza. -il lilla sorrise sornione. Avevano da poco scoperto di
essere bravini dietro una palla. A dire il vero Minaho giocava spesso
da solo quando era piccolo, portandosi il pallone al campetto. Manabe
invece non aveva mai avuto occasione, ma si vergognava di dirlo
all’amico, così il giorno della loro prima sfida
si era procurato di straforo una palla che era durata ben poco, grazie
al migliore amico dell’uomo che risiedeva nella ciclopica
cuccia nel cortile del vicino.
-Facciamo così, Manabe… tu vai a comprare una
palla, intanto io preparo le borse. Verso le dieci partiamo, ok?
-Va bene… esco un attimo per comprare la palla allora! Non
bruciare la casa in mia assenza! La probabilità di un
disastro è inferiore al dieci per cento, puoi farcela!- E
cosí dicendo tirò un ciuffo all’amico
che lo inseguí nel corridoio minacciando vendetta e sadismo.
Manabe era uscito da pochi minuti. L’arancione era salito in
camera e aveva messo sul letto due piccoli borsoni, iniziando ad
infilarci dentro una maglietta pulita, calze e scarpe, pantaloncini
sportivi…quanto serviva per una partita di calcio a due
sull’erba.
Stava mettendo il deodorante nel suo borsone quando il campanello
trilló al piano di sotto. Perché Manabe era
già tornato?
-Avrà di sicuro dimenticato i soldi!- pensò
L’arancione. -Arrivo!!!-
Corse di sotto e iniziò ad armeggiare con la porta.
Perché il lilla doveva scegliere una serratura
così difficile da aprire anche dall’interno???
Finalmente la porta si spalancò mentre Minaho tirava fuori
il suo sorriso più brigantesco.
-Manabe! Già di ritor….
L’arancione sbiancò. Non c’era il suo
amico dietro a quella porta. C’erano due adulti, un uomo e
una donna. Lui era alto e ben vestito, lei sembrava una donna potente a
giudicare da come si muoveva con sicurezza al fianco del compagno.
-Siamo i genitori di Manabe. Tu devi essere Minaho Kazuto vero?
Prima avevano perquisito la casa come due cani da tartufo, ignorando
completamente il ragazzo spaventato che li seguiva, poi lo avevano
spinto a sedersi in salotto, di fronte a loro. La mente di Minaho non
riusciva ad elaborare niente. Non capiva più nulla.
I due adulti avevano iniziato un lungo discorso divagante, su quanto
fosse importante la reputazione per chi faceva come loro carriera
diplomatica, su quanto le voci corressero… Minaho aveva
iniziato ad intuire.
Giravano voci, dicevano, che insinuavano che il loro unico figlio, che
già gli dava troppi problemi con le sue pretese di
indipendenza, avesse preso in casa uno sconosciuto… e si sa,
le voci corrono!
Minaho aveva il cuore a mille. Quei due parlavano come se non si
trattasse di lui, come se raccontassero il fatto ad un estraneo.
A quanto pare qualcuno insinuava che lui si fosse introdotto
proditoriamente in casa del lilla, che lo avesse ingannato, costretto,
o peggio! Che avessero un rapporto, una love story “squallida
e ridicola” per usare le parole dei genitori del lilla.
L’arancione avrebbe voluto prima sprofondare, poi reagire,
difendersi da quelle accuse, da quel disprezzo mascherato di
pietà e prudenza, ma era come paralizzato. Sentiva di voler
piangere, ma sarebbe stato il colpo di grazia. Era completamente
bloccato, come se si aspettasse di essere messo alla porta da un
momento all’altro, di nuovo in strada, di nuovo solo.
I due adulti continuavano a parlare, a divagare e poi a colpire ancora,
come il serpente che gira intorno alla preda e morde più
volte piagando la carne e inoculando un veleno paralizzante. Minaho
sentiva la pressione calare, il panico salire. Non ascoltava
più le parole, percepiva solo dei concetti sputati come
bocconi velenosi. “Rispetto”,
“reputazione”, “capisci vero?”,
“responsabilità”….
L’Uomo ora era in piedi, la voce pacata ma lo sguardo gelido.
Lo sovrastava. La donna parlava in sottofondo. Minaho non ce la faceva
più. Sentì una fitta al petto e si
afflosciò sul divano con un gemito, ma mentre tutto si
faceva scuro riuscì ad intuire il rumore di una porta che
sbatteva, una palla che rimbalzava, qualcosa che si rompeva e una voce,
di solito pacata, che ruggiva -FUORI!!-
-Quante scintille, quanti lampi di luce davanti ai miei occhi!- Minaho
apriva la bocca per parlare ma non usciva nessun suono. Sentiva una
voce che lo trascinava verso di sé, qualcosa che lo forzava
e gli occhi che rimanevano ostinatamente chiusi. Il dolore al petto si
era fatto più forte.
Di punto in bianco Minaho riguadagnó la lucidità.
Ricordava vagamente cosa fosse successo. Aprí lentamente gli
occhi. Era steso su un divano. Qualcuno gli teneva la mano.
-M…M…Manabe?- sussurrò con un filo di
voce. Il lilla era seduto su una sedia di fianco a lui e gli reggeva la
mano. Aveva gli occhi rossi e i capelli arruffati.
-Minaho… ti sei svegliato! Ho avuto
così paura! -Manabe lo abbracciò.
L’arancione sentì alcune lacrime calde scivolargli
sul collo. -penso… penso che tu abbia avuto un attacco di
panico… non ti riuscivo a svegliare… sei rimasto
svenuto per quasi dieci minuti…
L’arancione trasalì. Dieci minuti? Era rimasto
svenuto cosí tanto?
-T… tranquillo Manabe… sto bene vedi?
-Grazie al cielo … se avessi saputo che sarebbero venuti non
ti avrei mai lasciato da solo! Sono stato un idiota ….
-Manabe si prese il volto tra le mani
-Lascia… lascia stare Manabe. Avevo intuito che qualcosa non
andasse con i tuoi. Lo stupido sono…. sono stato io a non
capire che la causa dei tuoi problemi ero io. Penso che sia
ora… che me ne vada.
-NO! -L’urlo di Manabe fu così acuto che
l’arancione si spaventò.
-Perdonami… perdonami! E’ solo che… non
voglio che i miei genitori mi rovinino ancora la vita! Non voglio che
ci separino! -Il lilla era sull’orlo delle lacrime.
Minaho era a sua volta commosso. Erano tanti anni che non era
più importante per qualcuno. Anche lui sentiva salire la
nausea al pensiero di non vedere più il lilla.
-Mi hanno tolto l’infanzia, mi hanno tolto la
libertà, ma adesso basta! Non mi toglieranno anche te! No,
no e no! -Manabe tremava e gli occhiali gli scivolarono sul naso.
-Manabe, sono i tuoi genitori… la casa
è pagata da loro, hanno il diritto di mettermi alla porta!
Siamo… siamo minorenni…
-No! E’ vero che la casa è loro, ma io ho
richiesto al tribunale minorile l’emancipazione…
se solo si decidessero a darmela , non potrebbero più avere
potere su di me. E’ per questo che sono riuscito a mandarli
via. Se… se riferissi al tribunale che mi fanno pressioni
andrebbe a loro sfavore nella causa.
-Ma ti metterebbero alla porta… e distruggeresti il rapporto
con loro. Non puoi fare questo per una persona che fino a dieci giorni
fa era quasi una sconosciuta. Non esiste.- L’arancione era
deciso a mostrarsi forte per proteggere l’unica persona che
gli voleva veramente bene.
-Ma… ma allora… allora non mi vuoi più
come amico? Lo sapevo, sono un incapace! Ho detto qualcosa di sbagliato
senza dubbio! Non sono stato abbastanza gentile… sono un
fallimento totale! Mi faccio schifo e mi fa schifo anche la matematica!
-Manabe scoppiò definitivamente a piangere come una fontana.
Minaho era allibito. Il lilla era stato fino ad allora quello
forte… come aveva fatto a non accorgersi di quanto fosse
sotto pressione? Anche lui aveva tanta insicurezza dentro, ma
l’arancione non era stato in grado di coglierla.
D’impulso si alzò seduto e abbracciò
l’amico.
-Non dirlo nemmeno per scherzo. Io sarò sempre tuo amico!
Volevo solo proteggerti... -Minaho faticava a spiegare.
-S… scusami. Non… non sospetto della…
della tua amicizia… è che
c’è qualcosa dentro di me che pensa sempre che le
cose vadano nel… nel modo peggiore possibile.- Manabe si
stava calmando e piangeva piano.
-Sistemeremo tutto, vedrai… però non voglio che
le cose tra te e i tuoi crollino per colpa mia… promettimi
che se qualcosa dovesse succedere, che se i tuoi facessero qualunque
manovra contro di te me lo dirai subito, d’ora in poi.-Minaho
teneva il lilla per le spalle.
-S.. Si … te lo prometto! -Il lilla tirò su col
naso e abbozzò un mezzo sorriso.
-E ora… se non erro noi si voleva andare al parco, no?-
Minaho picchiettò scherzoso sulla spalla
dell’amico.
-Sì, ma…
-Niente ma, gambe in spalla!
(-oggi sarò io quello forte, per te amico!- pensò
l’arancione.)
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Capitolo 5 *** Attacco e difesa ***
You make me blow
But I cover up, won’t let it show
So I’m putting my defenses up
Cause i don’t wanna fall in love
If I ever did that, I think I’d have a heart attack
I think I’d have a heart attack
I think I’d have a heart attack.
Minaho e Manabe, dopo essersi caricati in spalla i borsoni, avevano
preso il primo autobus ed avevano raggiunto in pochi minuti la collina.
Il parco, dedicato alla fortuna dell’imperatore, si estendeva
per tutta l’estensione del piccolo polmone verde della
città, permettendo il mantenimento di alcuni campi da
tennis, un campo da calcio e un’attrezzata area picnic.
Durante il viaggio nessuno dei due era voluto tornare
sull’argomento genitori di Manabe, ed avevano invece
preferito parlare di scuola, calcio e professori. Si erano fermati per
comprare qualche panino ai gusti improponibili e si erano fondati a
spazzolarselo sull’erba. Era ancora presto e
mancava più di un’ora a mezzogiorno, ma volevano
essere ben sazi per la partita che li aspettava.
Era una giornata di settembre particolarmente calda. Ovviamente il
lilla, incrociando previsioni e statistiche, aveva stimato con certezza
la presenza di un venticello leggero e la
possibilità (intorno al 18 per cento) che la
temperatura si tenesse al di sotto dei ventotto gradi, ottime
condizioni per giocare a calcio.
Ebbero la fortuna di trovare il campetto sgombro e di poter quindi
organizzare uno splendido, devastante uno contro uno senza esclusione
di colpi. Dopo nemmeno mezz’ora il lilla era già
sfiatato. Non era abituato ai ritmi di Minaho.
-Però! Sei bravo! – L’amico sembrava
ancora pieno di energie
-Mooooodestamente… quando ero piccolo venivo spesso qui a
giocare da solo! -Minaho sorrideva sornione.
L’arancione si sedette sull’erba al fianco
dell’amico e gli mise una mano su una spalla. Stettero
qualche minuto a guardare una donnina minuscola che teneva al
guinzaglio due belve tre volte più grosse di lei
interrogandosi sulle leggi della fisica che sembravano essere state
tutte infrante, quindi si rialzarono.
-Rivincita?
-Rivincita!
Manabe correva verso i due alberi che avevano eletto a porta. Era
riuscito miracolosamente a sottrarre la palla all’amico
(-probabilità al settanta per cento che se la sia fatta
prendere apposta- pensò il lilla).
“scartó” abilmente una buca e si
preparò al tiro.
In quello stesso istante un tuffo al cuore gli mozzó il
fiato. Rimase li con la gamba a mezz’aria qualche secondo,
poi si sedette a terra pesantemente. Era da un po’ che aveva
questo fastidio, ma mai così di colpo… di solito
era annunciato da una precedente sensazione di ansia, da un leggero
sudore freddo… il suo dottore aveva parlato di stress, di
stati angosciosi, nei quali lui si rivedeva perfettamente dunque non
aveva mai fatto più di tanto caso alla cosa.
-Ehi Manabe? Qualcosa non va? -Il lilla si
avvicinò all’amico. -Perché
non hai tirato? Ti fa male qualcosa?
-Ehi? …. Ehm… no niente di che… un
crampo, ecco! Ho un piccolo crampo alla gamba destra….
Niente di che, non temere! -E cosí dicendo il lilla finse di
tenersi la gamba simulando fastidio.
-Mh… forse abbiamo esagerato- disse Minaho che, dopo aver
tolto la scarpa all’amico, gli stava massaggiando dolcemente
il piede e il polpaccio. – Va meglio così? Rilassa
il muscolo Manabe, altrimenti non riesco a sciogliertelo. (Strano-
pensò- non sembra affatto che stia avendo un crampo!-).
-Niente di che… è solo poco esercizio! -Il lilla
sorrise all’indirizzo dell’amico.
-Mh… ti credo. Riesci a camminare? Sarà meglio
andare a casa così puoi stenderti e rilassare le
gambe…
-Ma no… sto meglio… adesso cambiamoci che ti
porto a fare un giro in centro, devo assolutamente farti vedere il
museo della scienza! Lo hanno aperto da poco ed
è… fantastico!- Il lilla era quasi sognante.
Minaho sorrise.
Si cambiarono (nonostante il gigantesco ragno che aveva preso dimora
nel borsone dell‘arancione, cosa che lo spinse a fuggire
nell’area picnic con solo i pantaloncini e un calzino
addosso) e si incamminarono fuori dal parco. Minaho teneva
d’occhio l’amico. Inizialmente aveva notato che
portava periodicamente la mano al petto, ma poi sembrava essere tornato
tutto a posto.
Passarono uno splendido pomeriggio al museo delle scienze, e se non
fosse stato che Manabe risolveva equazioni e giochetti di logica prima
ancora che l’arancione avesse finito di leggere i dati di
sicuro avrebbe potuto anche lui dare sfoggio delle sue
capacità deduttive. Aveva avuto paura di perdere
l’esercizio, ma da quando stava a casa del lilla le sue
capacità erano più brillanti che mai.
-Hey Minaho, visto quanto è interessante il decadimento
beta? -Il lilla era a dir poco innamorato di quel posto. Alcuni da
piccoli vedono i loro miti nei supereroi, altri nei
genitori… Manabe aveva sempre visto i suoi nei grandi della
scienza. Desiderava essere come Einstein, Fermi o Heisenberg, e di
notte sognava di scoprire sempre qualcosa di nuovo, di avere il suo
nome sui libri!
Quando uscirono dal grande complesso era ormai mezzo pomeriggio, e
pensarono di tornarsene a casa. Bisognava pensare alla cena…
e poi Minaho continuava a scrutare l’amico, alla ricerca di
segnali di allarme alla gamba e al petto. Manabe iniziava a sentirsi a
disagio!
Davanti alla porta di casa Minaho ebbe uno spiacevole brivido
ripensando al suo incontro con i genitori dell’amico, ma lo
scacció scrollando le spalle. -I problemi vanno risolti uno
alla volta- pensò, e ora le priorità erano altre.
Appena entrati insistette per far stendere Manabe sul divano, con la
scusa del crampo.
-Questa sera cucino io!- l’arancione sfoderó un
sorriso a trentaquattro denti. -Prega per te di avere uno stomaco
robusto!
Manabe voleva alzarsi, ma Minaho non volle sentire ragioni.
Mentre l’amico armeggiava ai fornelli il lilla rifletteva
sulla situazione generale. Non era particolarmente spaventato dal
dolore al petto. Aveva fiducia nel suo dottore e credeva fosse solo
stress. Era invece molto più preoccupato da cosa i suoi
genitori avrebbero architettato. L’udienza per vagliare la
sua richiesta di emancipazione era prevista fra un mese, ed era certo
che i suoi non sarebbero rimasti con le mani in mano. Era da solo
contro due diplomatici esperti, senza nessun avvocato se non la sua
stessa ragione e la sua maturità.
Scacció questi pensieri appena l’amico
entrò in salotto con il vassoio della cena e non ci
pensò più per tutta la sera. Era impossibile
preoccuparsi parlando con Minaho.
Il giorno seguente, a scuola, i ragazzi si dovettero impegnare per un
difficile test di letteratura straniera, così che nessuno
dei due si accorse dei cartelloni appesi alle porte di ogni classe. Se
ne avvidero al momento di uscire.
-Mh… il club di calcio della scuola cerca riserve? E se ci
provassimo?-Minaho sembrava più scherzoso che serio, ma
Manabe pareva riflettere profondamente.
-Ci sarà un provino da sostenere… io
non sono al tuo livello, dubito di avere qualche
possibilità.
-Almeno proviamoci! Sembra divertente! Ti prometto che se non passeremo
entrambi io ritireró la candidatura, non mi importa nulla di
giocare senza di te. -Minaho prese la mano del lilla.
-Va bene… massì dai! Proviamoci! -Manabe sembrava
più convinto. -Qui dice che dobbiamo presentarci alla sede
del club oggi pomeriggio alle quattro e mezza… facciamo in
tempo a tornare a casa per pranzo e prendere le borse.
- Grazie!!! -Minaho abbracció l’amico -Vedrai che
ci divertiremo. E’ l’occasione per svagarsi un
po’ e per studiare qualche altro nostro simile!
Il lilla rise di gusto.
-Minaho! Non cambi proprio mai eh?
Il pomeriggio si annunciava abbastanza piovigginoso, tanto da far
temere ai due ragazzi di aver fatto un viaggio a vuoto, ma arrivati
alla porta del club di calcio della scuola si resero conto che niente
avrebbe potuto impedire lo svolgimento dei provini. La loro scuola
teneva troppo al buon nome dei suoi club, dunque un poco di fango non
avrebbe di certo cambiato le carte in tavola.
Manabe, già in ansia di suo per la sua scarsa
familiarità con il gioco del calcio, non poté che
sentirsi mancare quando si rese conto che si erano presentati solo lui
e Minaho! Evidentemente non era stato un grande anno per le iscrizioni.
-Minaho... Io me ne vado!!!- Il lilla sussurró i suoi timori
all’orecchio dell’amico.
-Eddai… che ti costa… sarai bravissimo, te lo
assicuro!!
-Probabilità al sette per cento… che la fortuna
mi assista!
Il provino prevedeva una semplice serie di tiri in porta,
manovre e “duelli” uno contro uno con i giocatori
della squadra. Minaho se la cavava niente male, lo stesso non si poteva
dire del lilla che arrancava per il campo sporco di fango cercando di
non cadere.
Minaho si era messo il cuore in pace. Manabe non sarebbe passato, e di
conseguenza nemmeno lui avrebbe accettato un eventuale posto in
squadra. O con il suo amico o niente. Non aveva voglia di farsi isolare
di nuovo, e non poteva tollerare di lasciare che Manabe venisse messo
all’angolo.
Ultima parte del
provino: due contro due, attacco e difesa.
Minaho e Manabe si
trovarono di fronte due giganteschi attaccanti. (-Fine della
corsa… per entrambi- pensò
l’arancione). Immediatamente subirono il primo goal, poi un
secondo ed un terzo. Minaho riusciva a malapena a contrastare
un ragazzo per volta, e i due se ne approfittavano per organizzare
sortite con rapidi passaggi di palla che spiazzavano
l’arancione.
In tutto
questo Manabe se ne stava indietro a coprire malamente la porta. Si
sentiva inutile e incapace. Non riusciva nemmeno a pararsi davanti
all’avversario a causa della paura
di essere travolto. Eppure Minaho ce la
stava mettendo tutta… non poteva essere da meno,
L’arancione meritava di giocare in quella squadra e lui
avrebbe fatto di tutto per regalargli quella possibilità.
Il lilla si piazzó
davanti alla porta sopprimendo la paura e inquadró bene gli
avversari. Non era un buon calciatore, forse… ma
poteva usare i numeri! Il suo cervello iniziò a
processare i dati. Velocità,
inclinazione dei passaggi, muscoli e piede d’appoggio degli
avversari…
-Minaho!! Passerà a destra!
-Eh? – l’arancione non capiva.
-A destra! L’attaccante riceverà il passaggio e
scatterà alla tua destra!
Minaho non ci pensò neanche su. Sentiva di doversi fidare.
Si buttò a destra e… si ritrovò la
palla tra i piedi. Scattò a sua volta e fece comodamente
goal nella porta vuota.
-Evvai!! Manabe sei un genio!!! -L’arancione abbraccio il
lilla che divenne rosso come un peperone.
-Ma dai… ma… ho … ho solo usato la
testa visto che i piedi non funzionano…
In quel momento arrivó lo stop dell’allenatore. Il
test era finito.
-Bene. Ho preso la mia decisione. Minaho Kazuto, avvicinati. Sei in
squadra.
L’arancione sorrise, poi guardò Manabe e gli fece
un occhiolino complice.
-Mister! La ringrazio per l’offerta, ma purtroppo…
purtroppo senza Manabe non me la sento di giocare. La ringrazio ancora.
-L’arancione si inchinó con rispetto.
-Aspetta aspetta aspetta! E chi ha detto che il tuo amico sarebbe
rimasto fuori? Ho visto come ha diretto quell’azione! Ha
bisogno di allenamento, ma sono certo che diventerà un
grande regista difensivo.
I due ragazzi si guardarono un istante, poi scoppiarono a ridere felici
e si diedero il cinque.
-Grazie!! Grazie mille allenatore!
-Bene… benissimo. Benvenuti in squadra, ragazzi! Il mio nome
è Mamoru Endou.
- ……..
-CHE COSA???!?!?
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Capitolo 6 *** Primo impatto con la squadra ***
You are, enemy
You are my hated enemy
I am enemy
Number one rated enemy
I'm labeled enemy
I am your mortal enemy
My actions enemy
Make me your bitter enemy
Mamoru Endou. Il famoso Mamoru Endou, capitano della gloriosa nazionale
giapponese che un decennio prima aveva vinto il mondiale!
Anche Manabe, che non seguiva molto il calcio, lo conosceva di fama.
Minaho invece ricordava le sue partite con una punta di amarezza. Erano
state le sue ultime serate felici quelle, davanti alla televisione
sulle ginocchia del padre.
Come era stato possibile che nessuno dei due (e soprattutto Minaho, che
viveva per raccogliere dati e notizie) si fosse reso conto di chi
avevano davanti? Da quanto tempo il mister si era trasferito alla loro
scuola?
Era con questi pensieri in testa che i due ragazzi tornarono a casa
quella sera, e furono questi i discorsi che animarono la loro cena.
L’entusiasmo era tale che Manabe non si era affatto reso
conto di quanto parlare di calcio iniziasse a piacergli. In fondo aveva
appena dimostrato che poteva usare la matematica anche in campo no?
Dunque non poteva essere un brutto sport!
Andarono avanti fino a notte a parlare quasi senza riprendere fiato,
inframmezzando le loro riflessioni con le mosse di una lunga partita a
Risiko, gioco adorato dal lilla.
Manabe non aveva avuto dolori al petto per tutta la giornata. Che fosse
segno che la stress andava scemando? Il fatto che i suoi genitori non
si fossero più fatti sentire dal giorno prima di certo aveva
contribuito al miglioramento generale dell’umore.
A letto presero subito sonno. Il giorno dopo non solo avrebbero avuto
il compito in classe di lingue, ma anche il loro primo allenamento! Se
da un lato la maggior preoccupazione di Manabe era quella di essere
troppo sotto il livello degli altri, per Minaho la paura di non essere
accettato nel gruppo era mitigata solo dalla certezza che, se poteva
avere l’amico al suo fianco, il resto del mondo poteva anche
ignorarlo a vita.
Si svegliarono all’alba per un ripasso dell’ultimo
minuto, conclusosi con il lancio del vocabolario da parte
dell‘arancione, quindi fecero una abbondante colazione a base
di pane e marmellata. Avevano ancora una decina di minuti per lavarsi,
vestirsi e prendere l’autobus. Almeno per quella mattina
sarebbero stati puntuali!
Il test si rivelò più facile del previsto, con
grande gioia di entrambi, e al suonare dell’ultima campanella
erano già in strada per la sede del club, nel grande stadio
dalla parte opposta del campus. L’enorme struttura era stata
costruita con i finanziamenti che la scuola aveva ottenuto in grande
quantità dopo la vittoria della squadra
dell’allenatore Endou ai mondiali di dieci anni prima.
Minaho e Manabe, nell’entrare nella sala del club, non si
aspettavano di certo di trovare la squadra al completo! Rimasero
paralizzati sulla porta come due baccalà, finché
il mister non gli fece cenno di entrare e di piazzarsi vicino a lui.
-Ragazzi, è un piacere presentarvi i nostri due nuovi
membri! Minaho Kazuto e Manabe Jinichirou, che hanno sostenuto il
provino ieri pomeriggio e l’hanno superato con successo!
I due ragazzi erano spaventati, ma si accorsero con sollievo che quasi
nessuno li guardava con sospetto, anzi gli sorridevano. In particolare
un ragazzo castano, che scoprirono chiamarsi Matsukaze Tenma ed essere
il capitano. Invece, tra tanti sorrisi, due sguardi erano
più dubbiosi. Un ragazzo castano con i capelli lunghi, che
avevano visto in panchina il giorno precedente e che doveva essere il
famoso Shindou Takuto, l’unico membro della squadra che
conoscevano di fama essendo uno studente modello, e un ragazzo Moro e
alto che li fissava freddamente appoggiato alla porta.
Manabe aveva la spiacevole sensazione che lo sguardo di Shindou fosse
riferito nello specifico a lui. Il giorno prima gli era parso di
sentire che contestava la scelta del mister di prendere in squadra un
quasi principiante come lui.
-E ora a cambiarsi ragazzi! Allenamento al fiume!
-L’allenatore sfoderó un sorriso a trentadue denti.
-Perché proprio al fiume, quando hai a disposizione uno
stadio simile? -pensò Manabe, ma si lasciò
condurre agli spogliatoi maschili senza opporre resistenza. Oramai era
in gioco e doveva darci dentro senza esitazioni.
Il campo al fiume era niente più che una striscia di prato
delimitata dall’acqua da un lato e dalla scarpata
dell’argine dall’altro. Vi erano due
semplici porte ed alcune panchine a lato. Manabe non capiva proprio
cosa ci fosse di così speciale mentre lo scrutava con occhio
clinico.
-Ehi, Manabe vero? Vedo che il nostro campo ti interessa
particolarmente!
A parlare era stato il ragazzo castano che al loro arrivo gli aveva
rivolto quello splendido sorriso, Matsukaze Tenma. Gli si era
avvicinato in silenzio e ora sorrideva con calore alla sua destra.
-Eh…Cos… Ahi, sei tu. Si… il
mio nome è Manabe Jinichirou, ed è vero, questo
campo mi incuriosisce. Non capisco… perché avendo
a disposizione una struttura come quella della scuola preferite venire
in questo posto? Non fraintendere… mi piace…
però è strano comunque!
-Vedi Manabe… a volte certi posti hanno un valore
che si nasconde agli occhi.
-Che si nasconde… agli occhi? Cosa intendi?
-Intendo dire che a volte il cuore vede cose invisibili allo sguardo.
Su questo campo si allenava il mister al tempo della vecchia
nazionale… su questo campo abbiamo combattuto per prepararci
alle sfide del torneo cammino imperiale di qualche mese fa…
significa molto per tutti noi. -Tenma sembrava entusiasta, aveva una
gioia davvero contagiosa.
-Io… io credo di avere capito sai? Anche io …
anche io conosco un posto simile. Un giorno magari te ne
parlerò. -Manabe fece un piccolo sorriso. -E ora…
andiamo ad allenarci!
L’allenamento del giorno, dopo il riscaldamento, consisteva
in una partita simulata. Manabe e Minaho si trovarono divisi. (-Dovete
imparare a conoscervi meglio, per farlo non c’è
niente di più adatto di una bella sfida !- Aveva detto
l’allenatore. Manabe non aveva potuto evitare di pensare che
vi fosse qualcosa di più del semplice calcio, dietro a quel
“conoscervi meglio”… che
l’allenatore avesse qualcosa in mente?)
La partita inizió con il calcio di inizio della squadra del
lilla. L’azione si sviluppó con rapidi passaggi ma
finí per schiantarsi contro la difesa avversaria. Minaho
rubò palla.
-Bravo Minaho!! -Tenma era visibilmente emozionato.
Si andò avanti per un po’ fra attacchi e respinte
da ambo le parti. Tutti ci davano dentro. Solo Manabe non aveva ancora
toccato palla, aveva di nuovo quella spiacevole sensazione di paura ed
inadeguatezza.
-Manabe! Buttati! Vedrai che non succederà niente di male!
-L’allenatore lo invitava sorridendo, ma era più
facile a dirsi che a farsi.
Proprio non ce la faceva. Ogni volta che un avversario si muoveva verso
di lui inevitabilmente si paralizzava. Di sicuro inoltre lo sguardo
freddo di Shindou non aiutava a gestire l’ansia, e nemmeno
quello di sincera preoccupazione di Tenma.
-Concentrati Manabe! Guarda gli avversari! So che puoi farcela!
Minaho lo stava incoraggiando dall’altra metà del
campo. Possibile che tutti fossero così convinti delle sue
capacità quando invece lui si sentiva come un salmone che
risale le cascate del Niagara? (Ed un salmone lilla, per giunta!)
La partita finí con un perfetto pareggio. 2 a 2. I ragazzi
tornarono a scuola e si infilarono negli spogliatoi chiacchierando e
ridendo del più e del meno. Solo Manabe sembrava pensieroso.
Si sentiva sulle spalle gli sguardi di Shindou.
Uscendo per tornare a casa insieme a Minaho venne raggiunto proprio dal
castano in questione. Lo guardava in modo così freddo e
analitico… ma era diverso dallo sguardo di Minaho.
L’arancione ti scrutava dentro, ma il suo perenne sorriso
sornione e la sua pazienza facevano sperare che vedesse più
bene che male dentro le persone, mentre lo sguardo di Shindou era
spietato nella sua razionalità.
-Ascoltami, Manabe.
-S… Sì? Dimmi… e intanto scusa se la
mia prestazione non è stata all’altez…
-Così non va.
-Cosa… cosa intendi Shindou?
-Mi riferisco al fatto che non sei in grado di giocare a calcio.
Gelo. Manabe tremava leggermente e si vergognava come un cane. Sperava
che non glielo dicesse in modo così crudo, ma in fondo se lo
aspettava. Minaho era allibito, Shindou impassibile.
Di punto in bianco il silenzio si ruppe e Minaho si scosse dallo
stupore.
-Bhe, senti, non trovi che potevi essere più gentile con
lui? Non è bello offendere le persone! – Il
ragazzo aveva inconsciamente spinto Manabe dietro di sé come
per difenderlo.
-Ho detto le cose come stanno. Non è in grado di giocare in
questa squadra. E’ un dato di fatto.
-Ma come ti… -L’arancione ribolliva di rabbia e
fece per muovere un passo verso il castano
-Fermati Minaho, ti prego! Ha ragione… ha
completamente ragione. -Manabe lo aveva afferrato per la manica.
-Ma… ma non è vero! Ti ha deliberatamente
insultato!
-No… lo sapevo di non essere in grado. Non so
perché sia entrato in squadra, e non so perché il
mister mi abbia preso… è stato tutto un
errore… anche pensare di essere buono in qualcosa, presumo .
-Manabe stringeva i pugni, lo sguardo fisso al suolo. Una lacrima gli
rigava le guance.
-Manabe! …. Sei contento, emerito idiota? Sei
contento si o no? Hai ferito una persona! Era questo che volevi? Ma sai
che ti dico, hai ferito la persona sbagliata, perché si da
il caso che sia il mio migliore amico!! -Minaho sventolava il pugno
sotto il naso del castano, che lo fissava gelido. Shindou si
voltó e se andò senza proferire parola.
Minaho, mugugnando e imprecando sottovoce, portò Manabe a
casa. Il lilla si era calmato ma rimaneva in totale silenzio. Arrivati
a casa si chiuse in camera e non volle saperne di uscire, nemmeno per
la cena nonostante le suppliche di Minaho.
-Veramente Min, sto bene! Sono solo molto stanco… penso che
andrò a letto presto!
La voce forzatamente allegra di Manabe metteva Minaho in agitazione e
faceva salire in lui una rabbia furiosa nei confronti di Shindou.
Odiava chi giudicava gli altri. Lo aveva provato troppe volte sulla sua
pelle.
Il giorno dopo, alla fine delle lezioni. Minaho diede una pacca sulle
spalle dell’amico.
-Andiamo! Vedrai che oggi sarà tutto già risolto!
-L’arancione fece un occhiolino complice all’amico
che sorrise debolmente.
-No… no. Oggi non verrò. Mi spiace… mi
spiace Min, ma proprio non me la sento. Ho mal di pancia…
-Ma… Manabe…
L’arancione non aveva nemmeno iniziato a parlare che il
lilla, con la cartella in spalla, era sparito nel corridoio.
Minaho entrò nella sala del club come un uragano. Erano
già arrivati solo Tenma, Tsurugi (questo era il nome del
moro), Kirino, Kariya e… Shindou.
L’arancione marció attraverso la sala e si
piantò davanti al castano, guardandolo con astio.
-Vedo che sei da solo. Il tuo amico si è ritirato? In
effetti era la cosa migliore che potesse fare.
Minaho, di solito pallido, era rosso fuoco. C’era da stupirsi
che non emanasse fiamme dagli occhi.
-Ehi ragazzi che succede? Perché Manabe non è
venuto con te Minaho? -Tenma si era avvicinato sorridendo come al
solito.
-Vuoi sapere che è successo?? Davvero? Diglielo tu Shindou,
digli come hai insultato Manabe!
-Cosa? Insultato? Ragazzi. .. Cosa avete combinato? Shindou hai detto
qualcosa per errore? Può succedere se si è un
po’ arrabbiati… - Tenma era preoccupato, e Minaho
non poté fare a meno di provare simpatia per lui.
-Ho solo detto che è inetto a giocare a calcio. Non
è in grado di rimanere in squadra, lo avete visto tutti.
È chiaro.
-Ma… Ma io ti….- Minaho fece per mollare un
cazzotto al castano, quando un paio di robuste braccia lo bloccarono.
Era Tsurugi.
-Minaho, non alzare le mani, i problemi non si risolvono
così. E tu Shindou, non ti sembra di avere esagerato? -La
vice del moro era pacata e fredda.
Tenma in tutto ciò era terrorizzato, e Kariya
spaventosamente eccitato.
-Volete darvele? Finalmente qualcosa di interessante!
-Taci Kariya, non è il momento! -Kirino tappó con
la mano la bocca al suo irrequieto amico.
Minaho era stato forzatamente messo a sedere su una panca mentre
Tsurugi lo teneva fermo.
-Ma lo vuoi capire che è fragile? Lo vuoi capire che si
sente inadeguato? Io odio chi fa soffrire le persone! Non mi importa
del tuo talento, non mi importa del tuo genio o del tuo benedetto
virtuoso! -L’arancione era furioso.
-Il calcio non accetta debolezze. O sei forte dentro, o non sopravvivi.
– Come faceva Shindou a essere così calmo?
-Shindou -Questa volta era Kirino a parlare. -non so cosa ti sia preso,
ma non è assolutamente così che la pensi e lo so
benissimo! Perché noi non eravamo forse fragili quando
avevamo paura di perdere il nostro sport per colpa del quinto settore?
Non abbiamo pianto entrambi tante volte?
-Era diverso! Noi non eravamo stupidi ragazzini presuntuosi! Noi
amavamo il calcio!
Minaho era disgustato.
-Ma cosa ne sarai tu? Cosa ne sai? Sono stato io a convincerlo a fare
questo provino, e sai perché? Perché è
solo come una cane, dannazione! Perché sta male!
Perché i suoi genitori lo odiano, e perché gente
spocchiosa come te lo insulta da quando aveva cinque anni!!
Per un istante la corazza di Shindou si incrinó.
-Lui… è… solo?
-Perché credi che si comporti così? -Minaho era
un po’ più calmo ora- non è il tipo da
entrare in un club solo per darsi delle arie! La verità
è che nessuno in questa maledetta scuola si è mai
accorta di lui, di che persona splendida sia in
realtà!
Shindou era come fulminato. Di colpo gli passarono davanti agli occhi
gli anni in cui i suoi ricchi genitori lo costringevano a rimanere
prigioniero in casa, la rabbia, la solitudine… ricordava il
suo incontro con il suo migliore amico, Kirino, così diverso
da lui… perché Minaho glielo ricordava
così tanto? Una lacrima rigó il suo viso.
-Io… io ho sbagliato. Ero così fissato sulle mie
idee, così convinto di fare il bene della squadra che sono
stato cieco e crudele. Perdonami, Minaho!
Ora era l’ex capitano a piangere. Minaho era
stupito… la sua rabbia stava scemando. Non seppe dire come,
ma si ritrovó a mettergli una mano sulla spalla.
-Per quanto mi riguarda, scuse accettate. Capisco che volessi fare il
bene della squadra… ma ti prego, parla a Manabe! Odio
vederlo stare male… solo tu puoi risolvere questa cosa!
– L’arancione chinó il capo in segno di
rispetto.
-Sì… credo… credo di dovergli delle
scuse. Posso… posso venire a casa con te dopo
l’allenamento? Gli parlerò oggi stesso se me lo
permetti.
-Io… io ti ringrazio Shindou. Anche io ti avevo giudicato
male in fondo. Ammettere un piccolo errore dimostra che sei una buona
persona. -L’arancione fece un piccolo sorriso.
-Ebbene? Se è quasi tutto risolto, forse è il
caso che andiate subito! Vi esento dagli allenamenti, ma
badate… solo per oggi!
L’allenatore era entrato senza che nessuno lo sentisse, presi
come erano dalla lite tra i due compagni, e aveva sentito tutto. Ora
sorrideva e faceva l’occhiolino ai due ragazzi.
-Mister! Mister… Grazie … prometto che non
succederà più niente di simile! -Shindou fece un
piccolo inchino.
-Di nulla, di nulla! La vostra amicizia ne uscirà
rinforzata, e questo vale più di ogni allenamento! Ora
però andate… Ah Shindou… per la
cronaca… capisco i tuoi timori, ma ti assicuro che quel
ragazzo ha delle capacità nascoste, non l’ho preso
così per fare. -Endou sorrise rassicurante.
-Bene… allora andiamo! – L’arancione era
felice. Tutto si sarebbe risolto.
-Sì… andiamo.
Si incamminarono verso casa, chiacchierando. Minaho dovette ammettere
che Shindou sembrava davvero simpatico in fondo, ed era davvero pentito.
Che avessero trovato un nuovo amico?
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Capitolo 7 *** Mi perdoni? ***
Conte (in tono supplichevole)
Contessa, perdono.
Contessa
Più docile io sono,
E dico di sì.
Senza l’autobus, il tragitto dalla scuola alla casa di Manabe
richiedeva quasi mezz’ora, attraversando il centro cittadino
fino al quartiere di villette dove risiedeva il lilla. Il sole
pomeridiano scaldava ancora a sufficienza e non tirava vento, il tempo
perfetto per una passeggiata.
Pian piano l’imbarazzo tra Minaho e Shindou era venuto meno,
ma non l’agitazione. Il castano era decisamente dispiaciuto.
Sapeva che le sfide affrontate, le battaglie combattute contro il
quinto settore prima e l’Eldorado poi lo avevano fatto
crescere, ma temeva che gli avessero indurito il cuore. È
vero che anche con Tenma, al suo arrivo alla Raimon, era stato duro, ma
la situazione era molto diversa e il calcio in pericolo. Inoltre erano
bastati pochi giorni perché tutto si accomodasse, e non vi
era mai stato bisogno di aggredire il capitano.
Perché allora si era comportato così con Manabe?
Cosa lo aveva spinto ad essere così duro, così
aggressivo? Credeva di avere letto in lui la falsità, la
superbia?
-Come mi sono ridotto, ho sentenziato un giudizio in dieci minuti, solo
perché l’ho visto in difficoltà in
campo! -Pensò, sentendosi ancora di più in colpa.
Minaho aveva cercato di rassicurarlo.
-In fondo pensavi al bene della squadra no? Se sei sotto stress
è comprensibile compiere errori, ma vedrai, Manabe
è una persona fantastica, si risolverà tutto e
non ci penseremo più.
L’arancione era certo che l’amico avrebbe perdonato
il castano, e più si avvicinavano a casa lungo il viale
alberato più se ne sentiva convinto.
-Eccoci qua! -Minaho fece un sorriso incoraggiante a Shindou mentre
apriva il cancelletto con le chiavi che il lilla aveva fatto fare
apposta per lui dopo il suo trasferimento a casa sua. -Mi
raccomando le scarpe, è un maniaco della pulizia e ho
già rischiato la vita più volte per una
macchiolina di fango sul parquet...
Il castano sorrise. Forse li aveva davvero giudicati male…
sembravano simpatici.
Entrati nell’ingresso notarono dubito l’assenza del
lilla. Minaho, con il suo occhio clinico, notó
l’assenza di piatti nel lavello e di odor di cucina e facendo
due più due dedusse che l’amico non aveva pranzato.
-Vieni con me, vedrai che lo troveremo in camera sua, al piano di sopra.
Dopo essersi tolti le scarpe salirono le scale e piano piano si
avvicinarono alla porta della stanza del lilla. Minaho fece cenno a
Shindou di aspettare a parlare.
-Ehiehi Man, so che sei li dentro!
Nella stanza qualcosa si mosse e si sentì un oggetto cadere.
-Minaho!! Perché… perché sei
già a casa? Hanno annullato l’allenamento?
La voce del lilla era agitata, come se l’avessero colto di
sorpresa. Shindou non poté fare a meno di notare una leggera
incrinatura… sperava che non stesse piangendo, non voleva
credere di averlo ferito così, ma allo stesso tempo ora
aveva la riprova che il lilla ci teneva davvero al calcio.
-Man, sono successe alcune cose interessanti sai? Ho una sorpresa per
te! -L’arancione aveva sfoderato la sua voce più
dolce.
Shindou adesso rivedeva davvero Kirino in Minaho. Quante volte
l’amico lo aveva tirato fuori da una stanza chiusa a chiave
quando litigava con i genitori?
-Per favore Minaho, ho bisogno di stare un po’ da solo, non
mi sento bene… prometto che dopo esco…
(-dio, sta piangendo davvero!- Shindou ebbe una fitta di sensi di
colpa).
L’arancione appoggió il palmo della mano sulla
porta e accostò l’orecchio al legno, quindi
afferrò il pomello della porta.
-Eddai Man… solo qualche minuto! Ti prometto che la sorpresa
che ti ho portato ti lascerà senza parole!
Tipregotipregotiprego!!
Dall’interno della camera si sentì un leggero
sospiro.
-Uff! Perché non riesco a resistere quando fai la vocetta
pucciosa? E va bene… entra pure. -Il lilla si arrese.
-Evvai! -Minaho aprì la porta ed entrò nella
stanza, facendo cenno a Shindou di seguirlo in silenzio. Il lilla era
steso sul letto voltato dalla parte del muro. Shindou ebbe la certezza
che avesse pianto.
Minaho si buttò sul letto e abbracció da dietro
l’amico mettendogli una mano sugli occhi.
-Ma… Min che cosa stai facendo? Lasciami andare! -Il lilla
protestó debolmente.
-Ssst! Lascia fare a me!
L’arancione tiró a sedere l’amico.
-E uno… e due… e tre!
Minaho tolse la mano dagli occhi del lilla. Shindou intanto si era
piazzato di fronte al letto, imbarazzato in maniera spaventosa e rosso
come un peperone.
Manabe aveva gli occhi rossi. Come vide il castano sobbalzó
di paura e inconsciamente si coprì la faccia con il braccio.
-Shindou… Che… che ci fa lui qui? Cosa lo hai
costretto a fare Minaho!? Gli ho già dato abbastanza
fastidio non ti pare?
Il lilla cercava di darsi un contegno e di nascondere le lacrime.
-Manabe, Minaho non mi ha costretto a venire. L’ho fatto di
mia volontà.
Il castano aveva deciso di prendere la questione in mano. La sua
risolutezza che veniva fuori nei momenti più drammatici
faceva da contraltare alla sua sensibilità. Era una delle
cose che Kirino amava di lui.
-Io… io mi sono ritirato, ho sbagliato
qualcos’altro? Vi ho fatto perdere tempo vero? Mi…
mi dispiace! Credimi non volevo… -Il lilla sembrava nel
panico.
Minaho in tutto questo non smetteva di tenergli la mano, Shindou
iniziava a capire il valore di chi si trovava davanti.
-No. Non sono qui per offenderti ancora. Sono qui per chiederti scusa.
Sono stato cattivo e cieco, potrai mai perdonarmi?
Shindou chinó il capo vergognoso. Aveva quasi urlato le
ultime parole da quanto si vergognava.
-Io… perdonare te? E per… per cosa? Hai solo
detto a tutti la verità.
-No, non è vero. Le sfide, le battaglie che ho combattuto
dovevano insegnarmi a riconoscere la bontà nelle persone,
invece che cogliere questa lezione sono stato diffidente e offensivo,
non ricordando che il calcio è prima di tutto amicizia.
Shindou si era fatto coraggio e si era avvicinato al lilla. Il ragazzo
tremava.
-Se dunque c’è qualcuno che ha fatto perdere tempo
a tutti -continuó il castano- quello sono io. Posso solo
sperare di non averti ferito così tanto da averti fatto
passare la voglia di giocare con noi… vorrei davvero essere
tuo amico, sai? Minaho mi ha detto che persona fantastica sei.
Manabe era paralizzato. Davvero quel ragazzo era venuto a chiedergli
scusa? Davvero voleva essere suo amico?
-Io… -L’emozione fu decisamente troppa. Il lilla
si rimise a piangere come una fontana.
Shindou si fece coraggio e si avvicinò mettendogli una mano
sulla spalla. Anche lui sentiva le lacrime premere per uscire.
Si sedette sul letto, dalla parte opposta rispetto
all’arancione e tiró fuori dalla tasca un piccolo
involto.
-Ehi, ti va se ci mangiamo tutti e tre un bel biscotto?
Minaho era stupito. Doveva averli comprati al bar della scuola nel
breve lasso di tempo in cui lui era andato a prendere il borsone. Quel
ragazzo gli piaceva sempre più.
Manabe alzò lo sguardo e si asciugó le lacrime.
-Perdonami, Shindou… scusami. .. Sto facendo… sto
facendo una figura indegna… È che. .. Non avrei
mai creduto che tu volessi… che tu volessi uno come me come
amico! Certo… continuerò a giocare con voi! E
cercherò di migliorare, lo prometto!
-Allora… allora accetti le mie scuse? Mi perdoni? -Il
castano ci sperava tantissimo.
-Non sono mai stato arrabbiato con te, solo con me stesso e con la mia
inadeguatezza. Scuse… scuse accettate. -Il lilla
abbozzó un sorriso e prese la mano di Shindou.
-Ti ringrazio con tutto il cuore, ma ti prego, non pensare mai di
essere inadeguato. In campo siamo tutti uguali, non
permetteró più a nessuno di umiliarti!
Minaho era entusiasta. -E ora che tutto si è sistemato,
pappiamoci quei biscotti!
Tutti e tre scoppiarono a ridere, mentre Shindou distribuiva i dolcetti.
-Shindou…- Manabe stava masticando un biscotto al
cioccolato. -scusa se ho pianto… a volte non riesco a
trattenermi…
-Non ti preoccupare, succede anche a me… piango spesso, sai?
-Shindou fece un sorriso un po’ vergognoso
all’indirizzo del lilla.
Parlarono insieme per un’oretta, mangiando i
dolcetti e imparando a conoscersi meglio, quindi Minaho propose di
uscire a mangiare un panino. Nessuno dei tre aveva pranzato.
La città era illuminata da uno dei più bei
tramonti dell’anno quando i tre, dopo mangiato, si sedettero
sul prato dell’argine, davanti al campo al fiume dove avevano
fatto in tempo a salutare i compagni che finivano di allenarsi. Tutti
erano stati entusiasti di sapere che Manabe sarebbe tornato con loro
dal giorno seguente. Il lilla ricevette un buffetto sulla spalla anche
da Kariya e Tsurugi!
Minaho era raggiante e Manabe sembrava avere recuperato un poco di
autostima. La serata prometteva bene. Avevano invitato Shindou e il suo
migliore amico Kirino a cena, per mettere definitivamente una pietra
sopra a tutto e cementare meglio la nuova amicizia.
Fu proprio mentre Manabe impiattava la tempura in cucina che ebbe una
nuova, violenta fitta al petto che gli mozzó il
fiato e gli fece cadere di mano un vassoio che si infranse a terra con
un rumore secco e violento.
-Manabe! Che è successo? -La voce dell‘arancione
risuonó dalla cucina.
-Nulla nulla! Sono stato solo sbadato. Sono un tale pasticcione! -Il
lilla rise mentre si massaggiava il petto. Qualcosa non ne voleva
sapere di funzionare li dentro, ma non era il momento di
pensarci, si preparava una bella cena!
La serata proseguì davanti alla televisione ( dopo
che Shindou aveva fatto onore al fritto con la terza porzione, cosa che
per Manabe valse molto di più di mille scuse) per finire
oltre la mezzanotte, quando il lilla e l’arancione
accompagnarono in strada la coppia di amici, dandosi appuntamento per
il giorno dopo.
-E’ stata una bella serata, vero Manabe?
-Sì…e… Minaho, grazie di tutto.
L’arancione tiró all’amico un ciuffo
lilla. -E di cosa?’
-Minaho, inizia a scappare!
Angolo
della discussione post – storia che neanche porta a
porta…:
Buonsalve a tutti,
lettori e recensori! Grazie mille per la voglia con cui continuate a
leggere questa storiella eheheh…
Stavolta trovare la
canzone è stato un incubo… ho dovuto ripiegare su
Mozart, ma vedere Shindou che chiama Manabe
“contessa” richiede una certa mente
perversa… che forse potrei anche avere, chissà!
Perdonate se questo
capitolo è un po’ troppo narrativo… non
temete, dal prossimo molte cose inizieranno a mettersi in moto!
A presto!
ROW99
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Capitolo 8 *** Qualcuno in casa mia ***
With Cat-Like Tread
Upon our prey we steal
In silence dread
Our cautious way we feel
No sound at all
We never speak a word
A fly's foot-fall
Would be distinctly heard
Era passata una settimana dal ritorno in squadra di Manabe e non era
passato giorno senza che ci fossero almeno tre ore buone di
allenamento. Minaho e il lilla avevano così potuto scoprire
le gioie di un allenatore che ritiene cinque ore ininterrotte di
tempesta un motivo non sufficiente a sospendere gli allenamenti
giornalieri! (-Ehi… ma sono già dieci minuti che
non piove! Cosa volete che sia un po’ di fanghiglia?)
Pian piano i due ragazzi si erano ben integrati nella squadra, e anche
Manabe iniziava ad affrontare i contrasti con meno timore. Le sue
capacità di regista difensivo iniziavano lentamente ad
emergere ed avevano fatto di lui il perno della difesa della squadra,
che oramai si basava sui suoi calcoli e sulle sue previsioni per
impostare ogni manovra.
Tutto sembrava andare decisamente bene, nonostante quel fastidioso
doloretto al petto che ogni tanto si faceva sentire con una certa
violenza, tanto che Manabe iniziava a valutare una nuova visita, tanto
per andare sul sicuro.
Il pomeriggio del primo di ottobre, uno splendido lunedì di
sole che sembrava quasi estivo, a scuola si sarebbe tenuta la prima
partita ufficiale della stagione, valida per le qualificazioni ai
campionati regionali. Minaho ovviamente non stava nella pelle, mentre
Manabe avrebbe decisamente preferito passare la giornata sotto le
coperte abbracciato al suo libro preferito. Tutto piuttosto che essere
messo in ridicolo davanti ad uno stadio pieno!
-Buooongiorno a queeesto gioooorno che si sveglia oggi con teeee !!
-L’entusiasmo dell‘arancione, mentre preparava la
colazione, era… palpabile.
-Minaho!!! Lasciami dormire… fino a domani!! -Il lilla
piagnucoló sprofondando sotto le coperte.
L’arancione fece irruzione in camera da letto con un vassoio
coperto di paste farcite, latte fumante e dolcetti vari.
-Eddai dormiglione… ti ho portato i biscotti allo zenzero!
Lo so che sono i tuoi preferiti! -La voce di Minaho era splendidamente
delinquenziale.
(-Teppista! Ricattatore! -Pensò il lilla) -E va bene!!
Adesso mi sveglio…
Il ragazzo si tiró su a sedere, si sgranchí e si
defiló in bagno a lavarsi, mentre l’arancione
iniziava a mangiare. Due minuti dopo erano seduti entrambi sul letto
del lilla a divorare la colazione.
-Prima o poi dovremo renderci conto di avere un tavolo, lo sai vero?
-Manabe minacciò l’amico con un cornetto al
cioccolato.
-Sì ma… così è
più divertente! -Minaho avvicinò pericolosamente
un biscotto alla marmellata al copriletto dell’amico, che da
bravo fanatico della pulizia sentì la pressione finire sotto
i piedi.
Dopo colazione fu il tempo di preparare i borsoni e le cartelle, quindi
si incamminarono verso la fermata del bus, che per loro grande fortuna
passó senza ritardo esagerato.
La mattinata trascorse senza particolari problemi, eccezion fatta per
un bel massimo voto di Manabe nel test della settimana precedente
(-secchione! -fu il commento dell’ex compagno di banco del
lilla, immediatamente falciato da uno sguardo omicida di Minaho).
Il momento di prepararsi alla partita era arrivato. Non avrebbero
dovuto affrontare chissà quale avversario… si
trattava della Eito Gakuen, squadra eccezionalmente scarsa ma della
quale avevano un brutto ricordo dal campionato precedente. Era contro
di loro che Shindou aveva segnato il primo gol della rivoluzione contro
il quinto settore, spinto dalla tenacia di Tenma.
Manabe ebbe un conato di vomito al pensiero che quella maledetta scuola
per secchioni sarebbe stata la sua, se non avesse anche lui iniziato
una personale ribellione contro i genitori. Se le cose non fossero
andate così… niente Minaho, niente calcio, niente
vita da solo! Non riusciva nemmeno a pensarci.
Nello spogliatoio l’allenatore fece un discorso tranquillo ma
pieno di voglia di vincere. Tutti erano eccitati per l’inizio
di una nuova avventura, e anche se Manabe era così agitato
da faticare anche ad infilare un calzino, in fondo in fondo anche lui
sentiva di potercela fare.
Minaho intanto era perplesso. Fissava con insistenza Kirino. Il ragazzo
aveva un vistoso occhio nero, che aveva giustificato con
l’incontro poco piacevole con la mensola di camera sua.
Le squadre scesero in campo tra gli applausi. (-Non avrei mai
immaginato che questa struttura facesse così paura se piena
di gente! -Pensò Manabe) e si disposero in formazione in
attesa del fischio di inizio.
Il lilla era stretto tra Kirino, a sinistra, e Minaho, alla sua destra.
Nonostante fosse la prima partita l’allenatore gli aveva
affidato il ruolo di perno della difesa. Manabe
pensò che quell’uomo fosse pazzo, oppure un genio,
chissà!
Il fischio arrivò come un fulmine a ciel sereno. Tutti i
giocatori scattarono in avanti iniziando a darsi battaglia. Non erano
passati nemmeno cinque minuti che Shindou aveva già sfondato
la fragile difesa degli avversari e insaccato la prima rete.
-Evvai! Shindou sei un grande! -Minaho fece un sorriso a trentadue
denti.
Manabe non poteva che essere felice. Ancora non aveva dovuto fare molto
e sperava di poter andare avanti così ancora a lungo!
Come a voler infrangere immediatamente le sue speranze,
l’attacco avversario riuscì a superare la
metà campo portandosi pericolosamente vicino alla sua area.
Manabe era paralizzato. Non sentiva nemmeno le urla
dell’allenatore.
Fu in un istante. Guardò Minaho, il suo
migliore amico che lo fissava sorridendo, guardò Shindou che
ora gli dava fiducia… non poteva deludere chi credeva in
lui, dopo tutta la fatica che aveva fatto per ottenere qualcosa dalla
sua nuova vita.
Di colpo la sua mente si sbloccó. Inizió a
elaborare dati e a disegnare grafici in aria con le dita. Gli servirono
pochi secondi per leggere tra le righe della banale strategia
avversaria e impartire le giuste direttive. Un secondo dopo Kirino
aveva la palla.
Fu un lampo. Pochi passaggi e la palla fu di Tsurugi, ancora un istante
ed avevano segnato.
Lo stadio esplose in un boato. Manabe si riscosse da quella sorta di
trance in cui era caduto solo per vedere i suoi compagni esultare e
correre verso di lui.
-E’ solo grazie a te se abbiamo segnato!
-Bravo Manabe!
Anche Tsurugi, l’artefice materiale del goal, gli sorrise
dall’altra metà del campo. Non gli sembrava vero.
Sugli spalti qualcuno salmodiava il suo nome.
La partita riprese con più forza, e il primo tempo si chiuse
sul due a zero.
A bordo campo Endou si complimentó con i giocatori e la
manager distribuí le bottigliette d’acqua. Manabe
aveva un gran sorriso stampato sulle labbra.
-Ehi, hai visto che non ci voleva nulla? Lo sapevo che potevi farcela!
-Minaho sorrise all’amico.
Shindou, che in tutto ciò era rimasto in disparte, si
avvicinò al lilla e gli mise una mano sulla spalla.
-Bravo. È stata una bellissima azione, ora sono sicuro che
questa squadra è il posto giusto per te. – Il
castano fece l’occhiolino.
Queste parole valsero per Manabe più di tutte le altre. Se
era vero che era servito alla squadra, se era vero che lo apprezzavano,
voleva dire che forse anche lui aveva qualche capacità, no?
La partita riprese, al termine della pausa, con una nuova azione di
attacco della Eito. Manabe oramai ne aveva interpretato le elementari
tattiche, e intuiva come gli avversari non sarebbero stati in grado di
modificarle.
-Ecco cosa significa stare troppo sui libri e non allenarsi!
-Esclamò, ridendo insieme a Minaho che si era reso conto di
quanto quella frase suonasse strana detta da lui.
Respinto il nuovo attacco il lilla prese il coraggio a due mani e si
rivolse all’allenatore.
-Mister! Chiedo il permesso di riorganizzare le marcature!
Endou sorrise. -Permesso accordato Manabe, mi affido a te!-
Una scarica di adrenalina scosse il lilla. Ora la
responsabilità era sua.
-Kirino! Marca sempre l’attaccante di destra! Qualunque cosa
accada non spostarti mai oltre i 35 gradi rispetto alla tua attuale
posizione!
Il rosa sorrise ed annuì, mostrandogli il pollice.
-Minaho! Sempre sulla loro punta! Rimani in asse con i suoi movimenti e
affrontalo quando supera i due terzi del campo!
Anche L’arancione fece segno di aver capito.
Con le nuove disposizioni della difesa la strategia d’attacco
della Eito venne completamente sconvolta. Nemmeno più una
sola azione riusciva a passare oltre la difesa della Raimon, e gli
avversari erano allibiti.
In breve tempo, liberi dall’ansia della difesa, Shindou,
Tenma e Tsurugi dilagarono nella metà campo avversaria e
insaccarono altri tre goal, portando la partita a chiudersi su un poco
onorevole cinque a zero!
Lo stadio esplose in deliri di gioia. Il primo turno di qualificazioni
era superato.
-Manabe! Ti faccio i miei complimenti, questa vittoria la dobbiamo a
te! -Endou era raggiante e sorrideva all’indirizzo del lilla.
-Io… io … vi ringrazio… non
è stato… niente di che…
Manabe era letteralmente sommerso dai compagni, e in particolare da uno
scatenato Minaho che, perso ogni contegno da detective, lo abbracciava
istericamente.
-Hai visto? Hai visto? E tu che non volevi nemmeno venire!! Sei stato
così bravo!!
Fu un dopopartita memorabile, e i ragazzi si avviarono agli spogliatoi
pieni di gioia.
Mentre si cambiavano però qualcosa doveva guastare la
felicità del lilla. L’ennesima fitta al petto.
-Mh. .. Da quando… da quando così… di
colpo? -Boccheggió, sperando che nessuno lo avesse sentito.
-Man, va tutto bene? Hai un colorito strano…
-l’arancione gli mise una mano sulla spalla.
-Sì… si… tutto bene! Non sono abituato
a tante emozioni così… tutte insieme! -Il lilla
sorrise e fece l’occhiolino all’amico.
-Mh… sarà! Però è meglio
andare a casa ora… siamo stanchi e per me tu hai bisogno di
zuccheri… ti vedo davvero pallido.
Salutati i compagni e l’allenatore i due ragazzi si
incamminarono verso casa. Era un tramonto molto bello quello che
rosseggiava alle spalle della scuola. Si preannunciava una serata
tiepida.
Parlando del più e del meno e discutendo della partita con
entusiasmo, i due ragazzi finirono per svoltare nel viale di casa senza
quasi rendersene conto. Arrivati al cancello però qualcosa
li fece trasalire.
La porta era aperta.
-Min, non possiamo averla lasciata aperta noi! Ricordo benissimo di
averla chiusa a doppia mandata!- Il lilla era spaventato.
-Non possono essere… i tuoi genitori? -Nella voce di Minaho
si avvertiva una punta di agitazione.
-Non è possibile… sono in viaggio di lavoro e non
torneranno prima di domenica…
Parlando i due si erano avvicinati alla porta, e ora esitavano ad
entrare.
-Man, stai dietro di me. -L’arancione si mise davanti
all’amico.
Spalancarono la porta di colpo ed entrarono nell’ingresso. In
casa tutto era silenzioso. Aguzzarono l’udito alla ricerca di
un qualsivoglia suono, di uno scricchiolio o di un
bisbiglio… niente.
Entrare nel salotto fu un fulmine a cielo sereno. Non c’era
un oggetto al suo posto. I cassetti aperti, il contenuto lanciato
all’aria, le tende strappate e i mobili ribaltato o
trascinati per scoprire i muri. I quadri a terra, tolti forse per
cercare una cassaforte. Erano stati dei ladri. La cosa incredibile era
che la porta non era stata scassinata, ma aperta con la chiave di
emergenza che il lilla teneva ben nascosta sotto un pesante vaso, al
centro del giardino. Come avevano fatto a trovarla? Sembrava fossero
andati a colpo sicuro…
Manabe sbiancó. La situazione al piano di sopra era, se
possibile, anche peggiore. Minaho invece si preoccupò per
prima cosa di controllare che fossero soli in casa, quindi si
avvicinò al telefono.
-Pronto? Polizia del distretto? Siamo…..
-No!! -Manabe gli strappó la cornetta di mano e chiuse la
chiamata. -Non… non possiamo!
-Ma… Manabe… guardati intorno…
-Se sporgiamo denuncia chiameranno i miei genitori… gli
daremo una scusa per farmi chiudere casa, riportarmi da loro e
separarci! -Il lilla era sotto shock, sull’orlo delle lacrime.
Minaho era allibito.
-Io… io… perdonami Manabe, non capisco come abbia
fatto a non pensarci.
-Tranquillo… -Il lilla gli prese la mano. -Ora…
ora cerchiamo di capire cosa hanno rubato.
Ispezionarono la casa da cima a fondo. Incredibilmente ritrovarono
quasi tutti i soldi nascosti nel cuscino del divano, uno dei pochi
posti che i ladri non avevano frugato. Invece erano stato rubati molti
suppellettili, i loro portafogli, un computer e l’argenteria.
Manabe era nel panico. Quella roba era di suo padre!
Minaho aveva scoperto che avevano portato via, insieme al suo
portafoglio, la foto del padre che portava sempre con sé. Ne
rimase distrutto, più che dalla perdita di qualunque altra
cosa.
-Ti prometto che la ritroveremo Min…Magari l’hanno
buttata in mezzo a tutto questo marasma… guarda! Li ci sono
i miei documenti, vuole dire che hanno frugato nei portafogli!
Il lilla cercava di confortare l’amico, che a sua volta
rimuginava su come risolvere la situazione.
Si fece l’ora di cena. Avevano messo a posto la casa al
meglio delle loro possibilità, e per fortuna la foto del
padre dell‘arancione era saltata fuori da sotto il divano.
Quei maledetti l’avevano appallottolata. Manabe
l’aveva messa sotto la sua enciclopedia matematica
più pesante mentre l’arancione si asciugava una
lacrima. Quella foto era tutta la gioia del suo passato.
Manabe portò in sala il vassoio con la cena. Minaho
rimuginava da due ore ormai sul furto. Era certo che chiunque fosse
stato dovesse aver lasciato una traccia. Il padre gli aveva insegnato
che ogni gomitolo aveva sempre un filo, magari nascosto, ma che se
afferrato avrebbe potuto sciogliere la matassa.
-Mamma mia che mal di testa! Ho le meningi in
fiamme...eppure… eppure ci deve essere una
soluzione… ne sono più che certo!-Minaho si
teneva la testa dolorante.
Il lilla si mise alle sue spalle e iniziò a massaggiargli
dolcemente le tempie. Minaho sospirò di sollievo.
-Ascoltami Min… lascia stare… ti esaurirai su
questa storia! Qualunque cosa sia successa… oramai
è andata.
L’arancione però non voleva arrendersi. Qualcosa
non gli tornava… sentiva qualcosa dentro il suo cervello che
gli indicava la strada, ma non riusciva a inquadrare bene quella
vocetta.
-Senti Min, sei una contrattura unica- disse il lilla che non aveva mai
smesso di massaggiargli le tempie e la fronte cercando di alleviargli
il dolore- Andiamo a dormire… hai bisogno di rilassare la
testa…
-Aspetta… dammi solo un minuto…
La cosa più strana era di certo la faccenda della chiave
nascosta… i ladri si erano mossi come se sapessero Dove
cercare, ma chi oltre a loro sapeva del vaso e del nascondiglio?
L’arancione chiuse gli occhi e si rilassó sotto il
tocco dell’amico. Dopo nemmeno trenta secondi
scattò in piedi.
-Eureka! Ho la mia pista!
Il lilla, che aveva fatto un salto indietro terrorizzato, lo fissava
incredulo.
-E… e quale sarebbe?
Minaho sorrise, prendendosi il mento tra le dita.
-Ma è ovvio! L’occhio di Kirino, no?
Manabe spalancò gli occhi e la bocca.
-Cooooosa???????
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Capitolo 9 *** A short, sharp shock ***
Il tempo passa, la vita si
ripete
Corsi e ricorsi, tornano le storie
Fatti e misfatti, oggi come ieri
Solo i sogni, i sentimenti
Poveracci, prepotenti
Ed i vigliacchi in cerca di un padrone
Con la paura come vocazione
E ti distrugge, ordina e protegge
Forze oscure, spaventose
Su ogni cosa, su ogni legge
Manabe era seduto sul divano del salotto, lo sguardo allibito fisso sul
suo amico arancione, che marciava avanti e indietro nella sala
tenendosi il mento tra le dita.
Cosa significava che L’occhio di Kirino era la soluzione di
tutto? Quale rapporto poteva esistere tra l’occhio nero del
compagno di squadra reduce da un incontro – scontro con la
mensola sopra il proprio letto e i ladri che gli avevano svaligiato
casa?
-Min… io proprio non ti capisco! Capisco che sei sotto
shock, lo sono anche io… ma proprio non vedo come…
-Manabe! Ma è chiarissimo! -L’arancione sembrava
ben sicuro di sé.
-Chiarissimo cosa? -Il lilla si prese la testa tra le mani. -A me non
è chiaro ancora molto… anzi direi che sono in
piena confusione! – concluse sconsolato.
L’arancione sorrise e si piazzó davanti a lui
appoggiandogli una mano sulla spalla.
-Ascoltami bene Manabe… provo a spiegarti. Sei
d’accordo con me sul fatto che chiunque sia stato a compiere
il furto doveva conoscere la posizione della chiave di scorta?
-Certo, ma… -Il lilla provava a seguire l’amico.
-Bene. La prima domanda che dobbiamo porre, posta questa fondamentale
condizione, è “chi poteva, oltre noi, conoscere la
posizione della chiave suddetta?”
Minaho fissava l’amico e parlava con dolcezza. Sapeva che un
ragionamento deve sempre essere spiegato chiaramente, altrimenti si
rivela inutile come tutte le stupide nozioni fini a sé
stesse che si studiano a scuola. È inutile imparare senza
capire!
-Mh… oltre a me e te nessuno sa dell’esistenza di
quella chiave… l’ho fatta fare
all’insaputa dei miei. -Il lilla si sforzava di collaborare.
Minaho sorrise.
-Ovvio. I tuoi inoltre non trarrebbero nessun vantaggio dal rubare in
casa tua, no? -L’arancione cercava di sdrammatizzare. Al
lilla, che si figurava gli impeccabili genitori mentre svaligiavano
casa, scappò un mezzo sorriso.
-Dobbiamo tenere conto, però, che non solo chi ha ricevuto
da te l’informazione della sua presenza poteva essere a
conoscenza della chiave. Qualcuno potrebbe averla vista per caso. Mi
segui?
Il lilla strizzava gli occhi cercando di capire.
-Sì… si, ti seguo.
-Tu hai detto che prima di conoscere me, nessuno aveva mai messo piede
in casa tua eccezion fatta per i tuoi genitori… dunque
possiamo restringere il campo di indagine alle ultime settimane.
L’arancione iniziava a scaldarsi. Quando parlava di
investigazioni si faceva sempre prendere dall’entusiasmo.
-Solo due persone hanno frequentato questa casa oltre a me. Shindou e
Kirino, quando sono venuti a cena l’altra sera, no?
-Sì… certo… ma… ma come
puoi sospettare di loro? È assurdo! -Il lilla scosse la
testa con forza.
L’arancione sorrise e si sedette vicino all’amico.
Gli mise il braccio intorno alle spalle e riprese a parlare.
-Infatti non sospetterei mai di loro! È qui che ho avuto
l’intuizione geniale… non riuscivo a trovare
niente che collegasse i nostri amici al furto… poi
l’illuminazione!
L’arancione disegnò un arco in aria con la mano.
Era decisamente soddisfatto del suo ragionamento.
-Dunque… andiamo per ordine. La chiave di emergenza
è stata tirata fuori quando… ehm…
qualcuno ha dimenticato in casa il mazzo
“ufficiale”, se non sbaglio…
Il lilla arrossì. Quel giorno aveva avuto troppe emozioni, e
la memoria gli aveva fatto cilecca. Al momento di entrare in casa con
gli amici aveva dovuto ricorrere alla chiave di emergenza.
-Certo… ma… continuo a non capire cosa colleghi i
nostri amici al furto…
Minaho scosse la testa.
-Mentre recuperavi la chiave da sotto il vaso, come potrai ben
ricordare Shindou era insieme a me dalla parte opposta del
cortile. Stavamo parlando, e posso escludere categoricamente che abbia
visto qualcosa. Dunque…
Minaho calcó con decisione la sospensione. Il lilla era
ancora più in confusione.
-Dunque Kirino solamente, che era con te, poteva avere visto
la posizione della chiave.
-Ma Min, ti rendi conto di cosa stai dicendo? -Manabe era scioccato.
-Ssst! -Minaho mise un dito sulla bocca dell’amico. -Te
l’ho già detto! Non sto accusando Kirino! Ora
finisci di ascoltare…
Il lilla si sedette più comodo e cercò di fare
ordine tra i suoi pensieri. Minaho riprese a spiegare.
-Ieri ho notato perfettamente l’occhio nero di Kirino, e ne
ho sentito la scusa. Quando con molta nonchalance ne ho parlato con
Shindou, lui mi ha assicurato che nella camera del suo migliore amico
non esiste l’ombra di una mensola. Ne segue che Kirino sta
mentendo.
-Ma… ok ma… cosa significa?
Il lilla stava iniziando a vedere una luce. Forse intuiva cosa
l’amico aveva individuato.
-Allora… fermo restando che si tratta di una semplice
congettura logica… ma non sarebbe possibile che Kirino,
unico conoscitore della posizione della chiave, sia stato minacciato da
qualcuno cui non stiamo molto simpatici? Quel qualcuno potrebbe averlo
costretto a parlare, e quindi averci giocato questo orrido scherzetto!
Manabe ora era completamente fuso. Si… il ragionamento
filava in linea teorica… ma sembrava così
assurdo! Non poteva essere andata in modo così incredibile!
In effetti era pieno di persone a cui non stavano
“simpatici”. Minaho in particolare conosceva i
bulletti di quella scuola meglio di chiunque altro, ma arrivare dalle
offese e gli spintoni fino ad un furto il passo sembrava
lungo…
-Ascoltami, Man. Se è andata così bisogna
assolutamente andare a parlare con Kirino. Solo lui può
dirci la verità. Se troviamo i responsabili poi ci
inventeremo qualcosa… sarebbe già un primo passo!
-Hai ragione ma… se ci stessimo sbagliando? Non voglio
offendere Kirino!
Il lilla era un esperto di insulti gratuiti, visti quanti ne aveva
ricevuti. Non voleva mettere l’amico in difficoltà.
-Stai tranquillo. Gli parleremo in privato, domani, dopo gli
allenamenti. Nessuno lo saprà oltre noi tre. -disse Minaho
con voce pacata.
Il giorno seguente, agli allenamenti, Manabe iniziava effettivamente a
notare un comportamento anomalo da parte di Kirino che il giorno
precedente non aveva notato. Sembrava sfuggente, faticava a sostenere
il suo sguardo.
-Forse sono le parole di Minaho che mi hanno influenzato…
però in effetti… -pensava il lilla.
Kirino stesso doveva essersi reso conto di essere osservato,
perché evitava gli sguardi e si teneva a distanza.
Addirittura faticava ad eseguire bene gli ordini di Manabe nelle
manovre difensive.
Decisi a vederci chiaro, i due amici decisero di aspettare Kirino fuori
dagli spogliatoi e parlargli in privato per non metterlo in
difficoltà.
Il rosa uscì pochi minuti dopo i due amici, il borsone in
spalla. L’occhio aveva cambiato colore passando dal nero al
viola scuro, ancora più evidente del giorno prima.
Appena vide Minaho e Manabe ebbe un fremito, ma si affrettò
a nasconderlo e stiró un difficile sorriso accelerando il
passo.
-Ehi Kirino, scusa, potremmo parlare un minuto? -Minaho aveva sfoderato
la sua voce più pacifica.
-Ehm… cosa… a dire il vero vado di
fretta…
Manabe corse verso il rosa e gli appoggió la mano sulla
spalla.
-Aspetta Kirino, ti prenderemo un solo minuto… abbiamo
bisogno del tuo aiuto, ti prego!
Kirino sospiró e si fermò voltandosi lentamente
verso i due amici. Sembrava molto agitato.
-O… ok… ditemi tutto!
Minaho si avvicinò sorridendo.
-Ascoltaci Kirino…
In pochi minuti i due amici avevano raccontato al rosa del furto, della
storia della chiave e della loro intuizione. Kirino era decisamente
atterrito.
-Io… io… cosa…
Farfugliava parole senza senso, mentre Minaho cercava di
tranquillizzarlo.
-Kirino tranquillo! Sappiamo che tu non hai niente a che fare con tutto
questo… è solo che… ecco, se qualcuno
ti ha fatto qualcosa, a prescindere dal furto, dovresti
parlarcene… non possiamo accettare che qualcuno ti minacci
per causa nostra!
Kirino aveva cercato di negare in tutti i modi, ma era così
agitato che non seppe dare nessuna spiegazione valida. Alla fine
cedette scoppiando a piangere.
-Mi… mi hanno visto con voi… vi
prego…. Mi hanno costretto! Io non volevo… vi
scongiuro!
Il lilla abbracció dolcemente Kirino.
-Non avere paura Kirino… stai tranquillo… -la
voce di Manabe era dolcissima. -Dicci chi è
stato… dicci chi ti ha fatto questo!
Tra le lacrime il rosa biascicava parole a caso, inframmezzandole con
singhiozzi e richieste di perdono. Era sotto shock.
-Io… io non ce la faccio!! Vi prego… dicono che
mi picchiano se parlo… dicono che sembro una
femmina… vi prego, ho paura!!
Minaho era perplesso. Non conveniva di certo forzare Kirino ora. Non
volevano che soffrisse.
-Tranquillo… tranquillo… Ne parleremo domani se
desideri… vieni a casa nostra, vedrai che troveremo una
soluzione. Non permetteremo che ti facciano nulla!
Il rosa strinse i denti e annuì.
-Va… Va bene… in fondo… in fondo ve lo
devo…è tutta colpa mia!
Il lilla prese la mano del rosa.
-Non è vero Kirino… non è colpa tua.
Ricorda… nella vita può succedere di tutto. Basta
solo cercare nel cuore, e troverai la forza per opporti ad ogni
sventura.
Kirino si asciugó le lacrime. Quelle parole gli ricordavano
quelle di Shindou… trovare la forza, questa è la
strada.
Gli amici rincuorarono ancora il rosa e gli dissero di non preoccuparsi
di nulla, quindi lo salutarono allegramente e gli diedero appuntamento
per il giorno dopo.
Tornando a casa rifletterono a lungo sul discorso appena concluso. Si
dissero che comunque andassero le cose le priorità erano
due: difendere Kirino e non coinvolgere la polizia, e di conseguenza i
genitori del lilla che avrebbero potuto usare il pretesto del furto per
togliergli la casa.
Quel pomeriggio lo passarono così, tra una congettura e
l’altra senza arrivare a capo di nulla ma molto speranzosi
per il giorno dopo.
-Vedrai Man, andrà tutto a posto. Te lo prometto.
– L’arancione fece un occhiolino
all’amico.
Era quasi l’ora di andare a letto quando arrivò il
messaggio di Kirino.
“Manabe, ho
pensato molto alle tue parole. Bisogna trovare la forza, ricordi? Io ho
fatto il disastro, io devo riparare. Ho chiamato la polizia e fatto
tutti i nomi.”
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Capitolo 10 *** Heart attack ***
"Cominciai a sognare
anch'io insieme a loro
poi l'anima d'improvviso prese il volo"
Da ragazzo spiare i ragazzi giocare
Al ritmo balordo del tuo cuore malato
E ti viene la voglia di uscire e provare
Che cosa ti manca per correre al prato
E ti tieni la voglia, e rimani a pensare
Come diavolo fanno a riprendere fiato
Da uomo avvertire il tempo sprecato
A farti narrare la vita dagli occhi
E mai poter bere alla coppa d'un fiato ma
A piccoli sorsi interrotti
E mai poter bere alla coppa d'un fiato ma
A piccoli sorsi interrotti
Si avvicinava l’alba.
Manabe e Minaho non riuscivano a ricordare l’ordine in cui le
cose erano successe. Sapevano solo di essere in strada. Da soli.
Un poliziotto aveva bussato alla loro porta, una macchina nera nel
vialetto. Rumore… voci…
I genitori di Manabe erano stati avvertiti subito e si erano
precipitati a casa del lilla. Avevano trovato il ragazzo affranto sul
divano. Minaho al suo fianco.
-Forza, alzati. Stasera questa storia finisce, si torna a casa! -Il
padre del lilla lo aveva afferrato per il braccio
strattonandolo. Manabe era in confusione. Qualcosa dentro di
lui cercava di opporsi ma non capiva nemmeno bene cosa stesse
succedendo intorno a lui… gli faceva male il petto.
-Lo lasci subito! Non vede che è sotto shock?
-Un’altra mano sul suo braccio… questa volta un
tocco gentile.
-Sparisci! Lascia in pace nostro figlio e non farti più
vedere! -L’Uomo spinse Via Minaho e tiró in piedi
il lilla.
-So ben io come trattare certa gentaglia! -L’adulto si
rivolgeva alla moglie. -Forza, portalo in macchina. Arrivo subito.
La donna prese Manabe artigliandogli la spalla e fece per portarlo
fuori dalla stanza. Il lilla si sentiva debole… il petto lo
stava facendo impazzire.
Voleva solo chiudere gli occhi e dormire. Fu però nel dare
un ultimo sguardo alla stanza che incroció gli occhi di
Minaho. Non stava piangendo… era qualcosa di diverso. Paura.
Un terrore animalesco, antico e bestiale. Non aveva mai visto degli
occhi più disperati.
E il padre… il padre sorrideva, con quella sua solita aria
di superiorità! Quanto lo odiava… quanto odiava
quel loro essere sempre così insensibili. Sorrideva,
incredibile no? Sorrideva perché stava umiliando il suo
migliore amico, sorrideva perché lo stava riportando sotto
il suo controllo, sorrideva consapevole di distruggergli la vita.
Sorrideva.
Uno schiocco fulmineo, un rumore sordo. Era libero.
Manabe Jinichirou, il ragazzo più dolce del mondo che non
avrebbe fatto male a una mosca, aveva steso la madre con un ceffone. Ci
sarebbe stato di che scrivere una storia di dark Humour di quelle che
piacevano tanto a Minaho, pensó.
La donna, tramortita, aveva lasciato il braccio del lilla che
scattò come un fulmine. Spinse il padre, prese la mano
dell’arancione e si buttò fuori dalla porta nel
freddo delle tre del mattino.
Corsero, corsero senza parlare per minuti, forse ore. Si fermarono solo
quando furono al campo al fiume, sedendosi sull’erba senza
fiato. Minaho guardò l’amico. Il lilla era
immobile, gli occhi fissi nel vuoto.
-Man…
Manabe si teneva la mano destra sul petto. Nelle orecchie gli pulsava
un battito irregolare.
-E’ finita.
-Ma… Manabe…
-Tu dico che è finita!!! -Il lilla aggredí Minaho
con tutta la rabbia che portava dentro.
L’arancione si ritrasse. Una lacrima gli rigava il viso.
-E’ finita! Chiusa! Andata! È finita, maledetta la
mia vita e quando ti ho incontrato!!!
Il lilla urlava come un ossesso. Sputava tutto il veleno che aveva in
corpo, tutta la rabbia verso il mondo.
-Io… io non… scusa!! Perdonami!!!!
-L’arancione scoppiò in un pianto disperato. Si
sentiva colpevole di tutto.
Il guscio di furia del lilla si ruppe come una bambola di cristallo
nella tempesta, e la lucidità lo colpì come un
fulmine.
-Dio… cosa ho fatto…
Si avvicinò all’arancione che singhiozzava a
faccia in giù sull’erba e gli sfioró la
schiena.
-Minaho… Min… guardami… Io…
io non so cosa mi sia preso… ti prego guardami!
L’arancione continuava a piangere, scosso dai singhiozzi. Il
lilla lo abbracció e lo attrasse a se, facendo combaciare il
suo torace con la schiena dell’amico.
-Non… non pensavi davvero… non pensavi davvero
quelle… quelle cose vero? Ti prego… dimmi che non
ti ho fatto così tanto male! -L’arancione aveva il
fiato mozzato dal pianto.
-No! Non le ho pensate nemmeno per un minuto, nemmeno per un secondo!
Io non so cosa… cosa mi sia preso… Sono
così arrabbiato!
L’arancione iniziò a calmarsi mentre il lilla gli
accarezzava i capelli.
-Anche… anche io sono arrabbiato… non solo non
sono stato capace di difenderti, ma ho… ho anche creduto per
un attimo che… che tu volessi andartene.
-Io non ti lascerò mai, Min, mai, lo giuro su quello che mi
resta da vivere, che sia un’ora o diecimila anni.
-B… banzai? -L’arancione sorrise debolmente fra le
lacrime.
-Sì Min, banzai. (*)
Il sole ora aveva superato la linea dell’orizzonte. Dovevano
essere quasi le sei del mattino. L’erba dell’argine
era umida di rugiada.
I due ragazzi dovevano essersi addormentati qualche minuto,
perché si ritrovarono abbracciati.
-Man… ehi Man… è ora di
alzarsi… dobbiamo trovare un posto dove andare…
-L’arancione scosse il lilla delicatamente.
-Cos.. Cosa… devo essermi addormentato… Ciao Min,
andiamo a scuola? -Il lilla fece un leggero sorriso.
-Mh… vista la corrente situazione… forse conviene
fare buca, no?
Entrambi scoppiarono a ridere. Era dal giorno prima che non avevano un
attimo di leggerezza.
-I grandi Manabe e Minaho che fanno buca! Orrore e raccapriccio! -Il
lilla rideva rideva a crepapelle.
Purtroppo ci volle molto poco per rendersi conto della
realtà della situazione. Erano soli, non sapevano dove
andare e temevano che i genitori del lilla mandassero la polizia a
riprenderselo.
-Ascolta Man… e se chiedessimo a Tenma di appoggiarci a casa
sua per oggi? Aspettiamo che si calmino le acque, poi potremmo andare
da mia zia… non è una regina della simpatia, ma
suo marito è un valido avvocato. Forse
c’è una piccola speranza che in nome del ricordo
di mia madre, e dietro a promessa di non infastidirla mai
più, ci aiuti a ottenere subito la tua
emancipazione…
L’arancione cercava da una parte di ragionare con criterio,
dall’altra di rassicurare l’amico. Aveva
un’ultima arma di ricatto nei confronti di sua
zia… la minaccia di denunciarla per averlo messo fuori di
casa. Anche se il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo…
l’orfanotrofio. Non disse nulla al lilla di tutto
ciò. Era certo che altrimenti non gli avrebbe permesso di
provare.
-Min… Sì, credo sia una buona idea…
non riesco a pensare a nulla ora… Va bene. Andiamo da Tenma.
-Il lilla sorrise all’amico.
Minaho gli fece un occhiolino e gli allungó la mano per
aiutarlo ad alzarsi. Il lilla la afferrò e si
issó in piedi.
Tempo un istante e la fitta più forte che avesse mai avuto
gli mozzó il fiato. Sembrava che il cuore dovesse spezzarsi
in due. Minaho, che intanto si era avviato sulle scale
dell’argine, corse verso di lui.
-Manabe! Oddio Manabe che hai? – l’arancione gli
passò un braccio intorno alla vita per sorreggerlo.
-Non… non è… non
è niente… niente… giuro…
Gli fischiavano le orecchie. Sentiva goccie di sudore gelato corrergli
lungo la schiena e il battito impazzito che gli pulsava nelle vene.
Aveva la vista annebbiata. Gli girava la testa… si
accasció al suolo.
-Man!! Rispondimi Man!! -L’arancione cercava di sbottonargli
la camicia ma le mani gli tremavano troppo.
Il lilla muoveva le labbra ma ne usciva solo un rantolo soffocato.
Tutto sopra di lui girava rapidamente.
-Aiuto!! Qualcuno venga ad aiutarmi!! -L’arancione urlava a
gola spiegata. A quell’ora quasi nessuno passava in strada.
Manabe ora sentiva caldo. La sensazione delle dita dell’amico
che gli palpavano la gola… il polso…
Un’uomo scese precipitosamente le scale dell’argine
e buttò a terra una valigetta. Quindi si chinó
sul lilla.
-Mi aiuti!! Mi aiuti!!! Il mio amico sta male!! -L’arancione
piangeva. Si rifiutava di lasciare la mano del lilla.
-Prendi questo! -L’adulto lanciò un telefono ai
piedi di Minaho. – chiama immediatamente un ambulanza!
-Un’ambulanza? Un’ambulanza? Cosa succede? La prego
mi dica come sta!!
-Zitto e chiamala subito!! Non puoi perdere nemmeno un istante!! Il tuo
amico sta morendo.
Morendo? Il lilla si sentiva così… bene. Un
grande tepore lo avvolgeva. Perché Minaho… o
l’ombra che aveva la forma di Minaho... urlava?
Perché… perché lo sentiva parlare di
ambulanza? Lui stava… stava morendo? Impossibile!
Una sirena suonava in lontananza. Il lilla girò la testa
verso l’amico.
-M… Min….
Tepore e silenzio. Pace. Tutto si fece buio.
Angolino molto drammatico
manco fosse una telenovelas spagnola…:
Ciao a tutti! Grazie a
chi legge e a chi recensisce questo pastrocchietto!
Le cose iniziano a farsi
un filino tragiche? Quando De Andrè scende in campo
significa disperazione imminente? Non temete… non sono
trooooppo cattivo… lascio sempre acceso un lumicino di
speranza eheheheh.
Ci avviamo verso una fase
cruciale della storia… le cose iniziano a farsi complicate
eh? ;)
Piccola nota
(*)… l’espressione banzai, alla lettera
traducibile come “diecimila anni (di vita)”
è tipica dell’estremo oriente non solo
giapponese… ed indica incoraggiamento e auguri di una vita
quasi eterna. il mio sadismo in questa storia è infinito.
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Capitolo 11 *** In noctem ***
From the highest spire of
contentment
My fortune is thrown;
And fear and grief and pain for my deserts
Are my hopes, since hope is gone.
Hark! you shadows that in darkness dwell,
Learn to contemn light
Happy, happy they that in hell
Feel not the world's despite.
Sirene, sirene, sirene.
Minaho ricordava solo il suono delle sirene.
Quando aveva chiamato il soccorso, sforzandosi di scandire bene le
parole tra i singhiozzi (e stando bene attento a non pronunciare la
parola morte… sentiva di dover vomitare) gli avevano detto
che c’era un’ambulanza a due isolati di distanza,
sarebbero arrivati subito.
Furono i due minuti più lunghi della vita
dell‘arancione. Non lasciò nemmeno per un secondo
la mano del lilla riverso a terra. Lo sentiva sempre
più freddo…
-Ragazzo, forse dovresti venire vicino a me… -
L’Uomo che aveva soccorso Manabe cercava dolcemente di
allontanare l’arancione dal corpo esanime del lilla.
-No!! No!! Io non… io non lo lascio!!
-Ragazzo… io ci ho provato…
-L’ambulanza sta arrivando! Tieni duro… tieni duro
Man ti prego!! – Minaho piangeva a dirotto.
-Ascoltami… - La voce dell’uomo era incrinata.
– Tu… tu non hai nessuna colpa…
lui… lui non poteva farcela. Se ne è andato
dicendo il tuo nome… ti guarderà da
lassù. Il tuo amico ti aspetterà nel cielo.
-No!!! Non puoi essere morto!!! Avevi promesso che non mi avresti mai
lasciato!! Avevi promesso!!! -Minaho non sentiva nulla, non vedeva
nulla. L’erba gli entrava in bocca mentre gridava riverso a
terra, prendendo a pugni le foglie secche.
-Non… non è stata colpa sua, ragazzo…
devi essere forte… lui non ti vorrebbe vedere
così… ti prego, farai piangere anche me!
-L’uomo si voltó per asciugarsi furtivamente una
lacrima.
-Perché non sono morto io al posto tuo!! Perché
Dio non si è preso la mia inutile vita al posto della tua!!
-Minaho aveva una mano sanguinante. Continuava a mordersela.
Non avrebbe più rivisto gli occhi di Manabe, non ne avrebbe
più ascoltato la voce calcolare le probabilità di
qualcosa, non avrebbe più fatto colazione insieme a lui, il
suo banco sarebbe rimasto vuoto e presto sarebbe stato occupato da un
altro ragazzo.
Non poteva sopportare di vedere intorno a sé alberi, le
panchine, le scale dell’argine… tutte cose che per
anni sarebbero invecchiate lì incuranti del tempo
che passava, vedendo bambini divenire adulti e poi anziani, mentre
Manabe sarebbe rimasto un ragazzo per sempre. Non avrebbe mai preso la
patente, non avrebbe mai sentito il peso di un bambino sulle
ginocchia… Minaho voleva solo buttarsi nel fiume e andarsene
con lui.
L’ambulanza arrivò dopo minuti che sembrarono ore.
L’uomo spiegò in poche parole al paramedico cosa
fosse successo. Il dottore chinó la testa.
Minaho non voleva lasciare il corpo dell’amico.
L’unico modo per poterlo spostare fu promettergli che avrebbe
potuto salire sul mezzo per tenere la mano del suo amico fino
all’ospedale.
Minaho era certo di aver sentito la parola
“obitorio” uscire dalla bocca di qualcuno.
Vomitó nell’erba. Quasi si stupì che
Manabe non gli sorreggesse la fronte come… come quella sera
che erano usciti per festeggiare e lui aveva bevuto quel maledetto
drink… inizió a piangere ancora più
forte di prima.
Il corpo di Manabe fu sollevato con dolcezza ed adagiato su una barella
a ruote. I suoi capelli lilla gli ricaddero mollemente sulla fronte, e
Minaho glieli sistemó con delicatezza. Sembrava
così… sereno.
La barella fu issata sul mezzo. L’infermiere fece salire
Minaho sfiorandogli una spalla con un gesto leggero. Conosceva troppo
bene il dolore di chi perdeva un amico, un padre, un fratello, ma non
aveva mai visto due occhi come quelli di quel ragazzo… due
pozzi verdi pieni di una disperazione sconsolata.
Il paramedico prese un telo e fece gesto di coprire il lilla.
-No!! -L’arancione scattò. -Vi… vi
prego… non… non copritelo!
Il paramedico sospiró e sfioró la mano di Minaho.
Rimise il telo dove lo aveva preso.
Minaho teneva stretta la mano dell’amico, fredda come il
marmo.
-Man… sarai sempre il mio migliore amico! Sarai sempre la
cosa più bella… più bella della mia
vita!! -L’arancione bagnava di lacrime la manica della felpa
e la mano dell’amico.
Chiuse gli occhi e cercó di trattenere la nausea. Gli girava
la testa e il suo subconscio gli dava, chissà
perché, strane fitte alla mano destra.
Le lacrime scorrevano copiose. L’arancione non credeva di
poterne avere così tante. Riuscì a smettere di
iperventilare e riprese un minimo di equilibrio, mentre la mano
continuava a pulsare.
Aspetta… la mano a pulsare?
Minaho si fissò con sguardo vacuo il polso. La mano reggeva
quella di Manabe.
Una stretta alla mano.
Un’altra.
Una stretta al cuore.
-Ehi!! Ehi!!! Minaho tempestava di pugni il portello
dell’ambulanza. -Aiuto!! Aiutatemi!!
L’ambulanza inchiodó a bordo strada. Il paramedico
spalancò il portellone.
-Ragazzo… sei sotto shock. Vieni, ti do un
tranquillante…
-Mi ha stretto la mano!! Mi ha stretto la maledettissima mano!!!
-Minaho urlava come non aveva mai urlato prima.
-Cosa? Non è possibile… lui se ne è
andato, ragazzo… so che è difficile…
-Vi dico che mi ha stretto la mano!!! Vi supplico! Vi imploro!! Fate
qualcosa!! -Minaho era in ginocchio e tirava il dottore per il camice
piangendo a dirotto.
Il paramedico ebbe una stretta al cuore… si
ricordò di quando aveva iniziato a lavorare…
credeva di poter salvare tutti allora. La sera del suo primo decesso in
ambulanza era tornato a casa in lacrime.
Sapeva che quel ragazzo steso sulla barella non c’era
più, ma… cosa gli costava accendere un attimo
l’ecografo cardiaco? Quel povero ragazzo lo stava
supplicando…
Il dottore aveva scoperto il petto del lilla e vi aveva applicato degli
elettrodi.
-Ascolta… io lo faccio per te… ma non…
non aspettarti… ecco, hai capito…
Minaho aveva il cuore in gola. Si mordeva il labbro con così
tanta violenza da farlo sanguinare.
Il paramedico disse una preghiera silenziosa e accese la macchina.
Sul monitor comparve una linea piatta, accompagnata da uno sgradevole
suono continuo.
La speranza a cui Minaho si era aggrappato si sgretoló in un
minuto. Era troppo intelligente per non capire cosa quel suono
significasse. Fu come se qualcuno gli pugnalasse il cuore.
Il medico tiró su col naso. Forse non avrebbe dovuto
illudere quel ragazzo…
Bip.
Calò un silenzio assoluto.
Bip.
Minaho liberó il labbro dal morso. Una goccia di sangue gli
coló sul mento.
Bip.
Il medico lasció cadere il foglio che aveva in mano.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Sul monitor comparve una minuscola increspatura, poi
un’altra, poi un’altra ancora e così via
ad intervalli deboli ma regolari.
Minaho fissò il dottore con uno sguardo che trasudava
speranza.
Il medico si era fiondato sui macchinari premendo alcuni pulsanti,
quindi si era chinato sul petto del lilla prendendogli dolcemente il
polso.
-Dio del cielo… non è possibile…
è stato in arresto quasi cinque minuti…
Minaho sentí il ritmo respiratorio aumentare. Il lilla aveva
mosso un dito.
Un altro infermiere entró di corsa e mise un respiratore sul
viso di Manabe.
-E’ stabile… è debole ma stabile! Non
torna in arresto… non è un riflesso elettrico,
sta battendo davvero! Non ho mai visto in vita mia una cosa
così!
Minaho credeva di essere in un sogno. Un’ondata di calore lo
scosse dalle piante dei piedi alle punte dei capelli.
Vedeva il respiratore sul viso dell’amico
appannarsi… stava respirando!!
-Ragazzo – il medico gli mise una mano sulla spalla. -Io sono
uno scienziato, e come tale ti dico che quello che qui sta accadendo
è fuori dalla mia comprensione. Ricordiamoci bene di questo
momento. Quando ne parleremo, racconteremo di un miracolo.
In ospedale gli dissero che Manabe aveva avuto un grosso infarto.
Parlarono di malformazioni cardiache congenite… di malattie
rare. Gli dissero anche che il lilla aveva solo una
possibilità su cento di passare la notte.
Minaho non sentiva nulla. Sapeva solo che il suo amico era vivo, vivo!
Era un guerriero, sapeva che ce l’avrebbe fatta.
Il lilla fu portato in terapia intensiva, nel reparto di cardiologia.
Minaho seguiva la barella con il cuore in gola. Avrebbe voluto urlare
“più piano! Più delicati!” Ma
si tratteneva. Non sapeva come fosse possibile ma il suo cuore era in
festa, nonostante le poche possibilità. Fatto il miracolo,
sentiva che ne sarebbe arrivato un altro.
Il dottore dell’ambulanza si era fatto dare il cambio. Voleva
continuare a seguire quel ragazzo lilla così speciale e il
suo amico che gli aveva fatto ricordare le emozioni degli inizi, che
credeva di avere dimenticato.
-Ehi, ragazzo… - si avvicinò
all’arancione che si era seduto al capezzale
dell’amico, in una stanza che risuonava del rumore delle
macchine. – il mio nome è Konoe… sono
un cardiologo anche se sembro giovane. Posso sedermi?.
-Certo… certo dottore… si sieda. Io…
io mi chiamo Minaho… Minaho Kazuto.
Il dottore prese una seggiola e vi si sedette.
-Kazuto, eh? Mi piace, significa “persona
armoniosa”…
-Già… piaceva anche a mio padre…
-l’arancione fece un debole sorriso.
-Beh… Minaho. Quello che è successo oggi
è incredibile. Devi essere magico.
-Io… Io non sono niente. È Manabe quello
forte… è Manabe che mi ha sempre aiutato. -Minaho
accarezzava la mano del lilla.
-Sarà, ragazzo… ma non ci sono spiegazioni
logiche per quello che abbiamo visto su quell’ambulanza.
Qualunque filo ti leghi al cuore di quel ragazzo, sappi che lo ha
tenuto stretto quando cadeva nel buio, e lo ha fatto rimanere qui.
Minaho sentí la voce del lilla risuonare nella mente.
“Staremo insieme per sempre!”
-Beh… -il dottore gli mise una mano sulla spalla.
– Anche io vorrei avere un amico speciale come te, Minaho
Kazuto.
E così dicendo uscì dalla stanza per andare a
consultarsi con i colleghi.
Angolino tragico e
devastato:
Buonsalve! Grazie a tutti
i lettori e i recensori! Non mi esprimo sul capitolo… la mia
malvagità parla da sola eheheheh…
La canzone che ho scelto
stavolta è “Flow my tears”,
un’antica aria di J. Dowland considerata tra le
più tristi e dolenti che siano mai state scritte. Da
lì è tratta la famosa “pavana delle
lacrime” che nessun chitarrista non ha mai suonato almeno una
volta nella sua vita…
Che dire…
buona lettura e grazie ancora a tutti!
ROW99
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Capitolo 12 *** Il filo sottile che mi lega a te ***
Why God, why God do I
gotta suffer?
Pain in my heart carry burdens full of struggle
Why God, why God do I gotta bleed?
Every stone thrown at you restin' at my feet
Why God, why God do I gotta suffer?
L’ospedale era un ambiente asettico, nei toni del bianco. Le
pareti coperte di quadri scadenti e le piante in vaso nei corridoi
cercavano di creare un’atmosfera di serenità, ma
non potevano nascondere l’odore di disinfettante che
impregnava i vestiti di tutti e il rumore sordo delle
macchine. Ogni macchina una vita, ogni macchina un filo che trattiene
un’anima quasi perduta.
Minaho fissava i medici e gli infermieri passare come ombre leggere
fuori dalla porta della stanza. Il rumore dei loro passi creava una
strana armonia.
Il ragazzo non si era mai mosso dalla sedia. Aveva i crampi alla mano
da quanto l’aveva tenuta stretta a quella di Manabe e non
aveva toccato cibo per non lasciare l’amico nemmeno un
secondo.
La stanchezza non esisteva, la fame non esisteva, il dolore non
esisteva. Non aveva permesso che gli medicassero il labbro che si era
ferito e nemmeno i morsi che si era inflitto sulla mano. Qualunque
distrazione avrebbe potuto farlo crollare, lo sentiva.
A mezzogiorno il dottor konoe gli portò un vassoio con un
po’ di riso e del succo di frutta.
-Tieni, devi mangiare qualcosa o non potrai essere utile in caso di
necessità! -Il dottore sorrise all’arancione.
Sapeva per esperienza che l’unico modo che aveva per farlo
mangiare era convincerlo che così avrebbe aiutato
l’amico oltre a sé stesso.
Minaho fissò il cibo e si rese conto di essere digiuno dal
pranzo del giorno prima. Tutto ciò che era successo gli
aveva fatto dimenticare ogni bisogno. Prese un po’ di riso e
lo masticó lentamente.
Il dottore osservò la cartella clinica del lilla. Quel
ragazzo era davvero messo male.
Quando si voltó verso l’arancione, vide che stava
piangendo. Non un pianto disperato, non un pianto isterico.
Semplicemente qualche lacrima che come cristallo gli bagnava le guance.
-Minaho, devi essere forte.- Il dottore gli mise in mano il bicchiere
con il succo. -Sai che lui potrebbe sentirti? A volte le persone in
coma sono più coscienti di quanto sembri … anzi
sono sicuro che ti sta sentendo benissimo!
Minaho ebbe un sussulto. Un lampo di luce gli baluginó negli
occhi.
-Dice… dice davvero che può sentirmi?
-Ne sono certo. Ma adesso mangia però, oppure quando si
sveglierà sarai troppo debole per portarlo a casa in braccio
come un bravo principe azzurro! -Il dottore fece l’occhiolino
all’arancione.
Minaho sorrise debolmente e riprese a mangiare. Uscendo, il dottore
pregò chiunque ci fosse in cielo di salvare quel ragazzo.
Non era mai stato particolarmente religioso e sapeva che il paziente
aveva così poche possibilità di farcela che forse
anche solo sperare era una bestemmia… ma era certo che se
davvero qualcosa regge i fili di questo mondo, non avrebbe permesso che
Minaho restasse solo. Quel ragazzo lo aveva commosso.
Nel tardo pomeriggio la notizia si era diffusa e la squadra al completo
corse in ospedale, tanto che dovettero entrare in piccoli gruppi da
quanti erano.
Tutti cercavano di fare forza all’arancione, ma nessuno
riusciva a credere che sarebbe andato tutto a posto. Si odiavano per
questo, ma quello che avevano sentito dire ai dottori nel corridoio era
impresso nelle loro menti …
Minaho era troppo intelligente per non accorgersi del loro imbarazzo e
ne soffrì, ma sapeva che non avevano colpa-
I più sconvolti erano Tenma, che piangeva come una fontana e
aveva portato il suo pallone preferito, quello che gli aveva salvato la
vita da piccolo, per regalarlo al lilla e Kirino, che si dava la colpa
di tutto ed era totalmente sotto shock, sorretto dalle braccia di
Shindou.
Minaho non era arrabbiato con lui, per nulla. Era furioso con
sé stesso, con la sua stupidità. Se avesse fatto
più attenzione, se non avesse avuto bisogno di darsi aria da
detective preso dalla sua smania di inseguire misteri, tutto questo non
sarebbe successo. Era certo che la malattia del lilla fosse degenerata
per lo stress e se ne attribuiva tutta la colpa.
Purtroppo si fece sera ed avvenne quello che temeva. Nonostante tutto
l’appoggio e i tentativi del dottor Konoe e degli infermieri
del reparto, tutti commossi dalla storia di quei due ragazzi, Minaho fu
messo alla porta. Non era parente del lilla e non poteva restare per la
notte.
-Coraggio… ti prometto che domattina alle sette
sarò già qui e ti farò entrare con
me… -il medico cercava di fare forza
all’arancione.
Minaho era terrorizzato. Nella sua mente analitica percepiva
qualcosa... qualche angolo recondito del suo cervello aveva capito che
a scanso di miracoli quella sarebbe stata la sua ultima volta con
Manabe. Voleva stare con lui.
Non ci fu niente da fare e si minacciò di chiamare la
sicurezza. Konoe geló con lo sguardo il suo insensibile
superiore, ma in fondo sapeva che quell’uomo faceva solo il
suo dovere.
-Minaho, vieni a casa mia! Abito in un appartamento qui vicino, nel
condominio di mia zia.... così domattina potremo subito
essere qui… lei sarebbe felicissima di ospitarti…
e anche io! -Tenma prese la mano di Minaho e si sforzó di
avere una voce allegra.
L’arancione odiava l’idea di stare delle ore
lontano da Manabe, ma sapeva di non poter fare altrimenti.
-G...Grazie Tenma… sei un amico.
Il castano abbracció Minaho.
La casa del castano era davvero vicina all’ospedale. Se ne
vedevano le luci dalla finestra del secondo piano, dove
c’erano le camere da letto.
Minaho non aveva la forza di parlare. Si limitò a
ringraziare ancora Tenma e sua zia e poi si mise a letto ancora tutto
vestito, con le scarpe ai piedi e la foto del padre stretta tra le mani.
Rumori come di tempesta, urla… ma chi sta urlando?
Minaho si sente congelare. Le sue mani non riescono ad afferrare niente
nel buio, nonostante le muova freneticamente. Poi di colpo fiamme,
fiamme altissime come solo nel cuore dell’inferno possono
essere. Minaho sente la voce di Manabe, sente che lo chiama e chiede
aiuto, piange e lo implora.
Minaho corre verso la voce ma non capisce dove stia andando. Qualcosa
di simile a rami in fiamme gli strappa i vestiti, il terreno
è bollente e cede ad ogni passo. E poi quelle
urla…
-Minaho!! Aiutami! Non voglio! Non voglio!!
L’arancione si svegliò urlando, coperto di sudore
gelato. Qualcuno lo aveva spogliato. Ora indossava un pigiama morbido
ed era scalzo.
-Minaho, che ti succede? Un incubo? -Tenma apparve nella stanza dal
nulla.
-E… e tu… come hai fatto ad entrare? -Minaho era
ancora terrorizzato.
-A dire il vero sono sempre stato qui… mentre salivo le
scale ti sentivo parlare nel sonno, e ho pensato che dopo…
Dopo i fatti di oggi, chissà cosa avresti
sognato… magari se avessi avuto un incubo avresti voluto
avere qualcuno vicino a te … Scusa se sono stato importuno!
-Tenma era agitato e rosso di vergogna.
-No… non… non scusarti Tenma.. è stato
davvero gentile… da parte tua. -Minaho si stava calmando
pian piano. -Se desideri… se desideri puoi andare anche a
letto… dormire sul tappeto non deve essere
comodo… non voglio darti… darti
fastidio…
-Min… posso chiamarti così? Penso che Manabe ne
sarebbe felice… Min… preferirei restare qui con
te, se non è un problema…
Minaho fece un piccolo sorriso forzato. Ora era tutto chiaro.
-Tenma, puoi chiamarmi come desideri, mi fa solo piacere… ma
credimi, non mi ammazzeró. Di pure a chi ti ha detto di
controllarmi che non mi lascerò andare. Non
finché Manabe è in vita.
Tenma arrossí di vergogna.
-Ma… Minaho… io…
-Lascia stare, so come funzionano queste cose.
Il castano gli prese d’impeto la mano.
-Ti prego! Non lo faccio perché me lo hanno
chiesto… ti prego fammi rimanere con te! Non voglio. .. Non
voglio che i miei amici soffrano….
Minaho sorrise ancora. Quel ragazzo era limpido come una sorgente di
montagna. Non era capace di mentire… gli piaceva.
-Va bene… se le cose stanno così…
però vieni su. Il letto è a due piazze, non ti
lascerò dormire a terra.
Tenma sorrise debolmente e salí sul letto.
-Min… Sii forte, ce la farà.
La mattina seguente Minaho si svegliò alle sei e mezza, con
un orrido sapore in bocca. Non capiva dove fosse… poi il
ricordo del giorno prima lo investì di colpo e gli
mozzó il respiro.
Si girò di colpo. Tenma non c’era. Scese dal letto
e corse alla porta. Sentí dal ballatoio Tenma parlare con la
zia.
-Minaho, ben svegliato!
-Tenma… come sta? -L’arancione si sentiva come se
l’aria non riuscisse ad espandere i polmoni.
-Min…
Minaho sentiva una spada penetrare tra le costole.
-E’ ancora tra noi. Ha passato la notte.
La punta della spada si allontanò di colpo e Minaho si
riempí i polmoni di ossigeno. Saltò addosso a
Tenma e lo abbracció con foga.
-Grazie!! Grazie Tenma!
Il castano era imbarazzatissimo.
-Eddai… Min… io non… io non ho fatto
niente…
-Forza!! Devo correre da lui! Tenma scusami da parte mia con i
professori, te ne prego!
L’arancione era agitatissimo.
Tenma sorrise.
-Minaho… tranquillo. Ci stanno aspettando. Vengo con
te… la zia mi fa rimanere a casa da scuola, così
posso darti sostegno. Ora però vatti a vestire o non ci
faranno nemmeno entrare!
Minaho si guardò e si rese conto di essere in pigiama. Corse
in camera come un fulmine.
Durante la breve camminata verso l’ospedale un terribile
sospetto si era impadronito del cuore dell‘arancione. Di
sicuro l’ospedale aveva avvertito i genitori del lilla. Non
lo avrebbero fatto avvicinare… il suo amico avrebbe lottato,
e forse se ne sarebbe andato, senza di lui!
Tenma aveva visto Minaho rabbuiarsi. Soffriva così tanto per
quel ragazzo… lui era fatto così. Gli amici erano
tutta la sua vita, l’unica cosa più importante del
calcio.
Erano nemmeno le sette quando arrivarono
all’accettazione. Il dottor Konoe li aspettava.
-Dottore! Ci… ci sono i suoi genitori, vero?
Avranno… avranno dato disposizione di non farmi entrare!
-Minaho non riuscì a fermare un singhiozzo.
Il medico si avvicinò al ragazzo e gli sorrise.
-Minaho Kazuto… in questo ospedale un medico è in
grossi guai.
L’arancione non capiva… cosa significava quella
frase sibillina?
-Pensa! Un dottore del reparto di cardiologia ha commesso un reato
gravissimo. Ha ricoverato un ragazzo molto malato.
-Un… un reato? E… e perché?
-Perché questi ragazzo ha un amico speciale che lo tiene in
vita. Il dottore scellerato non ha detto nulla ai genitori del ragazzo,
perché un altro ragazzo dai capelli castani, di nome
Shindou, gli ha detto quanto quei genitori siano cattivi. Il dottore ha
falsificato gli atti del suo paziente. Se lo scoprissero perderebbe il
lavoro, forse andrebbe in prigione, ma il dottore sa di essere prima di
tutto responsabile della vita del suo paziente. A quel dottore non
gliene importa nulla della prigione, quel dottore sa che senza il suo
amico quel bel ragazzo lilla muore, e il dottore vuole a tutti i costi
tenerlo in vita.
Minaho era allibito. Corse ad abbracciare il medico, così
davanti a tutti, piangendo a dirotto.
-Dottore!!! Grazie! Grazie con tutta l’anima!!!
-Ssst!!! Se ci scoprono siamo nei guai!! -Konoe mise la mano sulla
bocca dell‘arancione, però sorridendo.
La camera di Manabe era identica al giorno precedente. Il ragazzo
riposava sereno e il monitor pulsava in maniera debole ma regolare.
-Ha passato la notte -Il dottore parlava con voce colma di speranza- le
possibilità di farcela sono ancora pochissime, ma possiamo
rivederle al rialzo. Diciamo una su dieci.
Minaho ebbe una fitta al cuore, ma allo stesso tempo sorrise. Quello
era proprio un discorso matematico che sarebbe piaciuto a Manabe.
Sperava potesse sentirlo dal lettino.
-Ora… ora cosa dobbiamo fare dottore?
-Aspettare. Se resiste ancora fino a domani, avremo la certezza che il
cuore non tende ad arrestarsi ancora, e potremo valutare di operarlo.
La sua malformazione al cuore è gravissima, ma possiamo
provare a sistemarla. Se ci riuscissimo… se ci riuscissimo
avrebbe qualche speranza in più.
Minaho si aggrappó a quelle parole come ad
un’ancora di salvezza. Doveva solo aiutare Manabe a superare
un altro giorno.
-Vedrai Man, ce la faremo. Insieme.
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Capitolo 13 *** Sospesi sul baratro ***
A moment continuing for
miles
Stars lay overhead your everywhere
Don't need anything as much
So shed on a thread stranded in air
When you get to far to touch
I'm a a ship sailing
And the seas are rough
L’arancione trascorse la giornata in uno stato di ansia
crescente. Le ore scorrevano con una lentezza assassina, e la sedia su
cui si costringeva dalla mattina presto era scomoda e dura.
Per provare a placare l’ansia fissava l’orologio a
muro. Immaginava che ogni ora passata aumentasse le speranze per
Manabe, e se lui fosse rimasto su quella sedia, se non si fosse arreso,
l’orologio non si sarebbe fermato.
Tenma andava da una parte all’altra senza posa. Portava
qualcosa da mangiare all’amico, faceva una carezza al lilla
bisbigliandogli una parola gentile, parlava con tutti i dottori di
quegli argomenti che Minaho non avrebbe sopportato perché
gli ricordavano quante poche fossero le speranze, correva in farmacia a
comprare delle vitamine per l’arancione, che a parere del
dottore era debole e provato… Minaho gli era infinitamente
riconoscente. Si ripromise di sdebitarsi appena tutto fosse tornato a
posto… se lo fosse…
Nel pomeriggio ci fu una vera e propria processione di membri della
squadra che portarono qualcosa per il lilla. Kirino il suo ciondolo
portafortuna, Shindou un mazzetto di fiori, Tsurugi un libro di
scienze…
-Voglio che quando si sveglia, abbia qualcosa da fare di divertente.
-Il moro si sforzava di mantenere la sua freddezza, ma Minaho lo
adoró per il gesto.
All’ora dei saluti l’arancione tornó a
casa di Tenma, che si era offerto di ospitarlo fino a che la questione
non si fosse chiusa… in un modo o nell’altro.
Minaho non faceva altro che pensare a Manabe, a quanto fosse diventato
importante per lui, a quanto la sua vita dipendesse da quel ragazzo.
-Papà, mamma… vi prego… aiutatelo a
farcela…
La notte passò. L’arancione si stupì di
quanto insensibile possa essere il corpo. La sua vita stava crollando,
ma nonostante questo doveva dormire, doveva mangiare. Era qualcosa che
disprezzava fortemente.
Quando all’alba seppe che Manabe era ancora vivo, si rese
conto quanto la sua esistenza fosse appesa a un filo. Se prima o poi la
risposta non fosse stata più quella, quel filo si sarebbe di
certo spezzato.
“Insieme per sempre…”
In ospedale l’equipe di dottori non faceva altro che
stupirsi. Quel ragazzo lilla stava superando tutte le loro aspettative
e contraddicendo tutti i loro studi. Rimaneva attaccato alla vita con
le unghie e con i denti.
-Ciao Minaho. -Il dottor Konoe vide arrivare l’arancione
accompagnato da Tenma. -Ho appena finito di parlare con i miei
colleghi… credimi, la discussione è stata
complessa.
Minaho ascoltava con il cuore in gola.
-Ho rischiato grosso mettendo sul piatto tutta la verità.
Sapevo di potermi fidare… lavoro con queste persone da anni,
so di che pasta sono fatti! -Così dicendo guardò
il gruppetto. -E poi, a dire il vero… qui siamo tutti
commossi. Abbiamo visto che non lo lasci mai solo… abbiamo
visto i vostri amici… Insomma, è deciso. Ci
sottoporremo ad un grande rischio ad agire senza la firma dei suoi
genitori… ma siamo pronti ad operare il tuo amico.
Minaho sentí esplodere dentro di sé una gioia che
aveva dimenticato negli ultimi giorni. Intervento significava salvezza,
seppure con così poche speranze…
-Però… però non voglio darti false
speranze. È un intervento ad altissimo rischio…
le possibilità che riesca sono davvero pochissime. Del
resto, se non operiamo…
-No! -Minaho non riuscì a trattenere un urlo.- Non lo dica!!
La prego...
Konoe abbassò la testa.
-Quando… quando lo… porterete in sala operatoria?
Alla fine del nostro turno… l’intervento
è lungo e dovremo esserci tutti, in modo da darci il cambio
e diminuire la possibilità di fare errori. Lo porteremo in
sala dopo pranzo.
Minaho fu scosso dal tremore. Dopo pranzo… sarebbero state
le sue ultime ore con il lilla? Aveva un presentimento che faticava ad
interpretare.
-Va… Va bene… ora se non vi dispiace
però… vorrei stare con lui…
ecco…
Konoe sorrise.
La stanza era fredda. Minaho chiuse la finestra, quindi si sedette
sulla solita sedia e prese la mano del lilla. Alcune lacrime gli
rigavano il volto.
-Ascolta, Man… sai… oggi è un grande
giorno… ti opereranno! Ci pensi? Starai… starai
bene… dopo… Sì starai bene!!!
L’arancione scoppiò a piangere sul petto
dell’amico esanime.
-Ti prego Man non mi lasciare!!! Ho bisogno di te!! Ti supplico!!
L’arancione strinse un patto con chiunque ci fosse
lassù, nel cielo.
-Ti prego… salva Manabe, e porterò
un’icona sulla vetta del monte Fuji… il punto
più vicino al cielo che conosca… e ti
ringrazieró ogni singolo giorno della mia stupida vita.
Quella che poteva sembrare una promessa ingenua invece richiedeva una
grande forza di volontà. Salire a piedi sul monte
Fuji significava camminare per decine di Kilometri nel bosco,
rischiando di cadere, di perdersi e di farsi male.
-Qualunque cosa per te, Man.
Arrivò l’ora di pranzo. Minaho non era uscito
dalla stanza nemmeno un istante.
Tenma entrò con un vassoio e lo appoggió sul
tavolo. L’arancione era di spalle, seduto sulla solita sedia.
-Ecco… ti ho portato qualcosa da mangiare! Ma…
Min… che hai?
L’arancione tremava aggrappato alla sedia. Le nocche delle
dita erano bianche dallo sforzo di stringere il legno, i denti stretti
sul labbro.
-Ehi ehi… non avere paura! Sono certo che… sono
certo che andrà tutto benissimo, vedrai! Ci pensi?
Forse… forse tra poco potrai parlare con Manabe!
Tenma si sforzava di sembrare allegro e fiducioso, ma quello che gli
avevano detto i medici poco prima non gli era piaciuto per
nulla…
Il castano si avvicinò all’amico e
iniziò a massaggiargli le spalle. L’arancione si
rilassó lentamente.
-Tenma… ho così paura!
-Anche io, Min… anche io. Però Manabe vorrebbe
che fossimo allegri e fiduciosi, ne sono certo. Penso… penso
che nemmeno lui veda l’ora di svegliarsi e parlare con te!
I due ragazzi sorrisero debolmente. In quell’istante un
infermiere entrava in stanza.
-Ragazzi…è ora.
Manabe fu intubato e gli fu inserita un’altra flebo. Un
respiratore fu posto sul suo viso e fu completamente spogliato. Il
dottor Konoe teneva la mano sulla spalla di Minaho.
-Vedrai… questi sono i migliori dottori del
paese… combatteremo fino a che non ti avremo ridato il tuo
amico!
Minaho abbracció il medico.
-Grazie… mi fido di voi… e di Manabe.
Tenma e Minaho aspettavano notizie da più di cinque ore. Nel
frattempo erano arrivati Shindou e Kirino, con un biglietto di tutti
gli altri membri della squadra e dell'allenatore Endou. Il rosa aveva
voluto aspettare notizie, e non aveva faticato a convincere Shindou
che, del resto, non sarebbe stato di certo in pace fino a che non
avesse saputo qualcosa di preciso sulle condizioni del suo nuovo
compagno di squadra.
La paura di Minaho era tale che gli sembrava di sentire il bisturi
tagliare la sua carne, invece di quella del lilla. Quanto avrebbe
pagato per essere lui al posto dell’amico! Perché
nessuno veniva a dare informazioni?
Ci vollero altre due ore perché un dottore uscisse. Minaho
vide i suoi guanti sporchi di sangue e dovette mordersi il labbro sano
fino a farlo sanguinare per non cadere a terra in lacrime.
-Come… come procede dottore? -Tenma prese in mano la
situazione.
-Abbiamo avuto molte complicazioni… una grave
emorragia… non avevamo abbastanza sangue…
Minaho cadde sulle ginocchia, gli occhi fissi a terra e le mani sullo
stomaco.
-… ma siamo riusciti a stabilizzarlo. Le fasi preliminari
sono state un successo. Ora inizia la procedura vera e propria. Appena
avremo fatto progressi ve lo comunicheremo.
L’arancione si accasció a terra. Ridendo di
sollievo.
Tic… Tac… Tic… Tac…
L’orologio scandiva implacabile le ore. Tenma aveva
supplicato tanto che aveva praticamente costretto Minaho a mangiare
qualcosa. Era riuscito a tenere nello stomaco solo un pezzetto di toast
e mezzo bicchiere di latte. Kirino gli teneva la mano.
Si fecero le dieci, poi le undici, poi scoccó la mezzanotte.
Nessuna notizia ancora. Nei fumi dell’ansia, Minaho
si chiedeva cosa stessero facendo i genitori del lilla. Di sicuro
avevano chiamato i loro avvocati, ma sperava che non avessero fatto lo
stesso con la polizia. Già avergli nascosto il ricovero del
figlio era un reato estremamente grave.
Le tre di notte. Shindou faticava a rimanere in piedi, Kirino e Tenma
barcollavano, ma nessuno di loro voleva cedere. Il giorno dopo ci
sarebbero stati parecchi banchi vuoti a scuola.
Minaho fu bombardato dai messaggi della squadra. Non aveva la forza per
leggerli con attenzione, ma pensare che fossero tutti svegli ad
aspettare con lui lo commosse.
Le quattro del mattino, poi le cinque e le sei. Il sole iniziava a
sorgere. Minaho era stupito dalla resistenza dei dottori in sala, che
nonostante i cambi non dormivano da quasi due giorni.
Alle nove l’ospedale iniziò a popolarsi. Shindou
era crollato sulle ginocchia di Kirino e Tenma si era appena svegliato.
Si era addormentato un paio d’ore e Minaho lo aveva lasciato
riposare.
Una luce scattò e le porte della sala operatoria si
aprirono. L’arancione saltò in piedi con il cuore
in gola.
Il dottor konoe uscì dalla sala. Aveva i capelli inzuppati
di sudore sotto la cuffia, gli occhi rossi e le spalle curve.
-Minaho…
L’arancione ricordò le parole di un poeta italiano
che aveva studiato a scuola, che dicevano parafrasando:
“Prendi tutte le tue forze e mettile di guardia al
cuore”. Ora avrebbe saputo. Ora si decidevano due destini.
Quello di Manabe e il suo.
-Il tuo amico ha un cuore speciale. Qualcuno da lassù lo
deve avere benedetto. L’intervento è pienamente
riuscito. La malformazione è corretta per sempre…
Manabe è fuori pericolo.
Minaho tacque, immobile. Il suo cervello si spense.
Poi fu un istante. Un brivido di gelo seguito da una potente ondata di
calore ed energia gli scosse tutto il corpo. L’arancione
saltò addosso al medico coprendolo di benedizioni e
abbracciandolo istericamente.
-Ehi ehi! Io non ho fatto proprio nulla… è lui
quello forte! Si vede che voleva restare con te!
Tenma, Shindou e Kirino si riebbero dalla stanchezza e dalla sorpresa e
corsero addosso all’amico. Si abbracciarono saltando di gioia.
-Dottore! Quando si sveglierà Manabe? Quanto sono felice!!
-Minaho piangeva, ma di gioia.
-Non avere fretta Minaho… è vero, grazie
all’intervento si risveglierà dal coma, ma i
farmaci lo faranno riposare almeno fino a domani… poi potrai
parlargli, te lo prometto.
L’arancione non stava nella pelle dalla gioia. Avrebbe
cantato, ballato ed esultato se il minimo di senso logico che gli
rimaneva non gli avesse fatto notare che si trovavano in un ospedale!
Gli dissero che Manabe doveva riposare, e che per quel giorno sarebbe
stato meglio se non fossero rimasti troppo in camera. Il tempo di un
saluto, e poi a casa a riposare. Oramai il lilla era fuori pericolo
dunque potevano rilassarsi.
Minaho annuì. Seguì la barella fino alla stanza
di ricovero e si avvicinò al suo amico.
-Ehi Manabe. .. Sono. .. Sono così felice! -Una lacrima
cadde sul braccio del ragazzo addormentato. Minaho gli
sfioró dolcemente con le dita la cicatrice. I dottori
avevano fatto un capolavoro, il taglio era piccolo e sottile.
-A… a domani amico mio… Non vedo l’ora
di… di parlare con te e dirti… dirti quanto mi
sei mancato!
Il piccolo gruppo di ragazzi uscì dall’ospedale.
Il clima era di colpo leggero, allegro.
-Che ne dite se prima di andare a riposare ci facessimo tutti un bel
gelato? -Tenma voleva festeggiare.
Si sedettero al tavolino di una gelateria famosa più per la
quantità che per la qualità ed ordinarono. Mentre
mangiava il suo gelato fragola e limone, Minaho ebbe
un’intuizione.
-Ragazzi… ho avuto un’idea! Andiamo pure a
riposare… ma dovete assolutamente svegliarmi per
mezzogiorno… ho delle commissioni in centro da fare!
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Capitolo 14 *** Buon Minaho Natale! ***
'Twas the night before
Christmas, when all thro' the house
Not a creature was stirring, not even a mouse;
The stockings were hung by the chimney with care,
In hopes that St. Nicholas soon would be there.
La sveglia trilló allegramente.
Minaho saltò giù dal letto come un fulmine. Aveva
dormito pochissimo ma si sentiva già fresco e riposato.
Camminó silenziosamente fino alla porta
dell’appartamento di Tenma per non svegliare i suoi amici,
quindi si infilò le scarpe e uscì di corsa nel
tiepido sole del primo autunno.
Aveva del lavoro da fare.
Mentre camminava nel viale che conduceva alla casa del lilla, si
sentiva il cuore in tumulto. Quante cose erano successe da quando lo
aveva conosciuto! Quanta… gioia. Aveva provato emozioni
nuove e ne aveva provate ancora di vecchie che credeva dimenticate.
Arrivato al cancelletto si rese conto di quanta voglia aveva di tornare
in quella casa con Manabe. Non pensò ai genitori del lilla,
non pensò all’intervento. Voleva solo
stare insieme al suo amico.
Ora che la vita del lilla era fuori pericolo sarebbe tornato tutto come
prima. L’arancione ne era certo.
Si guardò intorno con circospezione, quindi entrò
in casa con la chiave di scorta.
Nessuno si muoveva. Era solo.
Sapeva che di certo i genitori di Manabe avevano perquisito la casa e
mosso stuoli di avvocati, ma sperava ancora che non avessero denunciato
la scomparsa del figlio alla polizia. Avrebbero messo a rischio la loro
causa per riportarlo sotto il loro controllo se il tribunale avesse
saputo che erano perennemente in conflitto.
Minaho salí in camera e trovò quello che cercava.
Saltò di gioia.. Era certo che i genitori del
lilla non avrebbero frugato troppo a fondo la sua stanza… ne
erano schifati come erano schifati da lui stesso.
Afferrò il pacchetto con i soldi che gli aveva dato la zia
il giorno del suo primo incontro con Manabe. Sentì frusciare
in mano le banconote fino ad allora nascoste fra due cassetti. Se le
avesse dovute impiegare per vivere sarebbero state una miseria, ma
impiegate per fare acquisti. .. erano una bella sommetta.
L’arancione fece per uscire in corridoio e scendere le scale,
ma una forza lo trascinò verso camera di Manabe.
Entrò con un sospiro. Tutte le cose del lilla erano ancora
lì. Quel posto profumava di lui.
Si infilò sotto la maglietta l’album di foto che
il lilla teneva sempre sotto il cuscino e mise in tasca la fascia che
usava per legarsi i capelli dopo la doccia (-Minaho! Non prendermi in
giro… io odio i capelli infeltriti!-). Pensò che
al lilla avrebbe fatto piacere averli con sé al suo
risveglio.
Diede un’ultimo saluto alla casa pensando che presto
l’avrebbe rivista con l’amico al suo fianco e si
precipitó in centro, i capelli spettinati e il cuore pieno
di gioia. Aveva degli acquisti da fare.
Quel pomeriggio Minaho tornó a casa di Tenma con una strana
luce negli occhi.
Gli amici si erano svegliati da poco quando lo videro salire le scale
con due borse grandi come il sacco di Babbo Natale la sera della
vigilia. L’arancione sorrise sornione e si
trascinò in camera, le borse al seguito, sbuffando di fatica.
Dopo cena i quattro amici si sedettero sul pavimento a giocare a
Risiko, bevendo un succo di frutta in onore di Manabe e della sua
guarigione. Fu a metà partita che Minaho si alzò
in piedi guardandoli tra il serio e il divertito.
-Aspettatemi qui, torno subito.
I tre si guardarono sorpresi senza riuscire a proferire parola. Tempo
un minuto e l’arancione era già ritornato. Aveva
con sé tre pacchetti avvolti in carta luccicante.
-Hanno anticipato Natale? -Shindou rideva allegramente.
-No signori miei, è arrivato di meglio, questo è
Minaho Natale! O Babbo Kazuto se preferite… ma suona meglio
Minaho Natale, credo…
L’arancione si era portato la mano al mento come faceva
sempre quando si interrogava su qualcosa.
Gli altri tre erano sbalorditi. Cosa stava succedendo?
-Vedete… quando mia zia mi ha sbattuto fuori di casa
(già Tenma, non tutte le zie sono uguali!) mi sono
ritrovato con dei soldi da parte… qualcosa mi diceva che
prima o poi avrei avuto un’idea geniale su come impiegarli!
Ed ecco la cosa migliore da farsi… fare un bel regalo a
tutti voi, che siete sempre stati così vicini a me e
Manabe… è stato davvero importante…
non ce l’avrei mai fatta altrimenti.
L’arancione sorrise ai tre amici e distribuí un
pacchetto a testa. I ragazzi non si raccapezzavano.
-Ma… Min… non dovevi spendere i tuoi soldi
per… per noi… -Tenma balbettava parole a raffica.
Minaho sorrise sornione.
-Cosa c’è di più bello del fare regali
agli amici? E poi… ognuno di voi ha fatto qualcosa di grande
per noi. Tu Kirino hai avuto la forza di dirci la verità,
anche se poi le cose sono precipitate… non è
stata colpa tua. Tu Shindou hai dato a Manabe la forza di
giocare… non lo ammetterebbe mai, ma senza le tue parole di
quel pomeriggio ora sarebbe uscito dal club e non avrebbe tanti nuovi
amici.
Il rosa e il castano farfugliavano scuse e giustificazioni. Minaho con
un sorriso e un buffetto li mise a tacere.
-Tu Tenma… non ci sono parole per dire quello che hai fatto.
Non solo mi hai ospitato, ma mi hai sostenuto come un fratello. Te ne
sarò grato per sempre! E ora su… spacchettate!
-L’arancione saltellava intorno agli amici.
I tre amici erano titubanti, ma la gioia di Minaho era contagiosa.
Shindou trovò nel suo pacchetto il più bel
quaderno di musica che avesse mai visto. Rilegato in pelle con incise a
fuoco le sue iniziali e la scritta “compositore” in
lettere gotiche.
-Come… come hai saputo che scrivo musica? -Il castano era
sbalordito.
-Non immagini quante cose possa spifferare un Kirino
agitato… -L’arancione fece l’occhiolino
al rosa, che arrossì.
Kirino stesso era incredulo. Nel suo pacco aveva trovato un bellissimo
ciondolo a forma di fulmine, in argento smaltato.
-Ma… Ma ti sarà costato una fortuna…
non posso accettare! – Il rosa porse l’oggetto a
Minaho.
-Oh no… tu lo accetterai se non vuoi che a scuola compaiano
volantini con scritto “Shindou e Kirino/si bacian sotto un
pino…”
I due ragazzi risero e arrossirono come peperoni. Inutile chiedersi
come lo avesse scoperto. L’arancione era un detective, no?
Infine Tenma. Nel suo pacco c’era il più bel
pallone che avesse mai visto.
-Non ho dimenticato che il tuo lo hai regalato a Manabe…
è stato un bellissimo gesto. -L’arancione
accarezzò la spalla del castano che lo fissava a bocca
aperta.
Nonostante tutti i tentativi e le proteste, Minaho rifiutò
categoricamente di riprendersi gli oggetti. Continuava a ripetere che
non c’era spesa sufficiente per amici così. Alla
fine furono costretti ad accettare tutto, ringraziando commossi
l’arancione.
-E non avete visto niente… ho qualcosa in serbo anche per il
nostro Manabe, che si è divertito a farci spaventare
così!
La serata passò in tranquillità e allegria, e a
mezzanotte tutti e quattro si infilarono a letto emozionati. Shindou e
Kirino avevano ottenuto il persmesso di dormire da Tenma e di saltare
scuola un’ultima volta.
Minaho non riusciva a dormire al pensiero che il giorno dopo Manabe si
sarebbe svegliato!
Si girava e rigirava nel letto cercando di prendere sonno, ma ogni
volta che chiudeva gli occhi temeva di risvegliarsi
nell’incubo … temeva che fosse tutto un sogno.
Si avvolse intorno alla mano la fascia del lilla e la portò
al cuore, addormentandosi infine così.
La mattina seguente l’agitazione era palpabile. Si respirava
un clima di catena di montaggio, tra Shindou che litigava con Kirino
per la doccia (arrivando ad accordarsi su un molto
imbarazzante… insieme), Tenma che imburrava pane a raffica
non rendendosi conto che dieci fette a testa fossero un po’
troppe e Minaho che cantava a gola spiegata una romanzetta sdolcinata
trovata nell’mp3 di Shindou.
Dopo una decisamente abbondante colazione i quattro ragazzi si
fiondarono all’ospedale, travolgendo gli infermieri a guardia
del reparto di cardiologia. Il dottor Konoe li aspettava con un
colossale sorriso sulle labbra.
-Dottore!! Come sta? È… è sveglio? -A
Minaho tremava la voce. Aveva paura di rimanere deluso.
-Prima di rispondere a questa domanda, vorrei che venissi con me.
Potrai trovare da solo la tua risposta.
Minaho rimase perplesso, ma il sorriso del medico lo faceva ben
sperare. Inizió a seguirlo lungo il corridoio verso la porta
della stanza del lilla.
Arrivato a metà tragitto una voce che conosceva fin troppo
bene gli invase il cuore.
-Ma… insomma… vi prego…
voglio… voglio solo andare da lui! Non… non mi
sento affatto debole!
L’arancione si immobilizzó.
-È sveglio da tre ore, e non si è nemmeno chiesto
dove fosse e cosa ci facesse qui...non fa altro che chiedere di te!
Sarà meglio che tu vada o le infermiere saranno costrette a
sedarlo per impedirgli di darsela a gambe! -Il dottore rise
allegramente.
Gli occhi dell’arancione si illuminarono, e mentre si
precipitava dall’amico Konoe non poté fare a meno
di pensare a quanto lo stimava. Non li avrebbe mai dimenticati.
Arrivato sulla porta Minaho esitò. Gli sembrava tutto troppo
bello per essere vero, e poi aveva paura di agitare Manabe…
appoggió lentamente la mano sulla maniglia e la
girò deciso.
Aprì la porta come si coglie un fiore, con la stessa
trepidante cura. Dentro si respirava profumo di bucato.
Il lilla era seduto sul letto, e fissava fuori dalla finestra. A Minaho
si sciolse il cuore. Era tutto vero!!
L’arancione si avvicinò lentamente alle spalle
dell’amico. Dopo tutto quello che era successo aveva quasi
paura di parlare, come se bastasse un niente, un soffio di vento a
portarlo via.
Lentamente, Minaho posò le mani sugli occhi del lilla, che
sussultó.
-M… Minaho. .. Sei venuto…
Il ragazzo si girò verso l’arancione. Si fissarono
negli occhi per un lungo, interminabile istante.
Fu un secondo. Entrambi scattarono all’unisono trovandosi
abbracciati.
-Io… io credevo che non ti avrei rivisto più!
È stato così terribile! -Minaho piangeva.
-Min… amico mio… non so… non
posso… -Il lilla faticava a spiegarsi, il cuore in tumulto.
Si tennero stretti per un tempo lunghissimo. Minaho sentiva il cuore
dell’altro battere di un battito sano, coraggioso.
Ringraziò il cielo.
-Man… quante cose ho da raccontarti! Ora però
stenditi. .. Sei debole… devi riposare.
L’arancione aiutò l’amico a distendersi,
quindi gli alzò lo schienale del lettino in modo che fosse
quasi seduto.
Parlarono per più di un’ora, raccontandosi
l’un l’altro. Minaho fece uscire tutto il suo
dolore e la sua paura, il lilla lo ascoltò e lo
tranquillizzó.
-Sai… sai Min… quando ho chiuso gli
occhi… stavo andando in un posto così bello! Era
caldo… luminoso… però il mio cuore era
pesante. Sentivo… sentivo che qualcosa mi faceva soffrire.
Poi di colpo ho visto te. Mi tenevi… mi tenevi la mano, non
è vero?
L’arancione ricordò del tragitto in ambulanza.
-Sì. .. Si. Ti tenevo la mano.
-Ecco… sei tu che mi hai trattenuto. Mi hai salvato. Ti devo
la vita…
I due ragazzi si abbracciarono ancora. Minaho non voleva essere un
eroe, non gli importava niente di avere la riconoscenza di qualcuno.
Voleva solo stare con il suo amico per sempre.
Dopo aver salutato Shindou, Kirino e Tenma, arrivò
l’ora per il lilla di fare i conti con… la furia
regalosa di Minaho.
-Mentre tu mi facevi impazzire di preoccupazione…
-Chiosó l’arancione sornione- mi sono permesso
di… prenderti qualche regaluccio. Uno per ogni
qualità del mio migliore amico.
Minaho aprì una borsa piena di pacchetti. Il lilla era
allibito.
-Cosa… cosa hai fatto… quanto avrai speso!
Non… non dovevi!
- E tu non dovevi giocarci questo scherzetto… sai, se le
cose fossero andate in modo diverso, in un modo o nell’altro
sarei venuto con te.
Il lilla rimase scioccato.
-Non dirlo nemmeno per scherzo! Io non… non avrei mai voluto
che tu ti togliessi la vita! I morti… i morti sanno
aspettare.
-Beh.. vuol dire che mi avresti tirato due ceffoni appena arrivato
lassù! Io non ti lascio.
Il lilla era a metà tra il basito e il commosso, ma decise
di sdrammatizzare… per fortuna erano ancora tutti
lì!
-Ebbene… vediamo questi pacchetti pericolosi!
L’arancione non aspettava altro. Sorrise sornione e estrasse
il primo pacchetto dalla borsa.
-Pacchetto numero 1: Prima qualità di Manabe. Il mio
migliore amico è un genio!
Minaho passò il pesante pacco all’amico, che lo
aprì lentamente senza rovinare la carta. Minaho amava anche
la sua precisione… era così tenero!
-O… mio… Dio…
Dal pacco venne fuori la più grande, completa e assoluta
storia della matematica che fosse mai stata scritta. Due volumi
rilegati e rinforzati, con una carta bianchissima e soprattutto
strapieni di… formule!
Manabe era allibito. Da un mese a quella parte faceva la corte a quei
libri, ma il costo era proibitivo, assolutamente troppo alto per lui.
-Come… come lo hai saputo? È troppo…
non dovevi spendere quella cifra esagerata!
-Man… sei un libro aperto per me, sono un detective! E
poi… e poi ogni mattina andando a scuola ti attaccavi alla
vetrina di quella libreria come un cagnolino al sacchetto dei
biscottini… diciamo che ho intuito, ecco! -Minaho sorrise
con espressione brigantesca. -E ora non perdiamo tempo! Pacchetto
numero 2: Seconda qualità di Manabe, il mio migliore amico
è il miglior regista difensivo della storia del calcio
studentesco!
Manabe aprì il morbido pacco avvolto in carta velina. Ne
spuntò fuori una bellissima tuta sportiva, in materiale
traspirante e fresco, con lo stemma della squadra sul petto.
-Ho chiesto all’allenatore Endou di accompagnarmi dal sarto
che fa le divise della squadra… volevo che avesse il nostro
simbolo! -Minaho toccó lo stemma.
-È. .. è bellissima Min… io non ho
parole!
-Ne ho io… terzo e ultimo pacchetto! Terza
qualità di Manabe: il mio migliore amico
è… è come mio fratello. Ti voglio
tanto bene Man, come non ne ho mai voluto a nessuno. -Una lacrima
rigó il viso dell‘arancione.
Nel piccolo pacchetto c’era una scatolina. Manabe la
aprì con delicatezza. Dentro un bellissimo bracciale. Il
lilla aguzzó la vista… vi era inciso sopra
“Manabe e Minaho, amici per sempre”.
-Ne ho preso uno uguale anche per me… spero che non ti
vergognerai a portarlo… -Minaho era improvvisamente
arrossito.
-È… è la cosa più bella che
qualcuno… che qualcuno abbia fatto per me in tutta la mia
vita! Min… non mi vergognerei mai! Anzi, aspetta!
Il lilla si infilò il bracciale.
-È davvero bello… bellissimo.
I due ragazzi si guardarono. Forse ci si potrebbe aspettare un pianto
liberatorio, un altro commovente abbraccio… e invece no,
scoppiarono a ridere come non mai. La paura era finita, era tornata la
gioia.
Angolino della tragedia
scampata:
Ciao a tutti…
scusate il ritardo… di solito pubblico ogni giorno, ma
scopro adesso che ieri per qualche strano motivo non si è
caricato il capitolo… avrò fatto qualche
pasticcio senza ombra di dubbio!
Grazie a chi legge e a
chi recensisce!
A presto
ROW99
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Capitolo 15 *** Qualcosa in meno in me ***
Look at me I'm trying
Every day I fall down
Make mistakes, get back up
Try again, next time that, see me
I'm walking I'm walking I'm walking
I'm walking I'm walking I'm walking
Minaho rimase in ospedale fino a sera tardi. Manabe si era fatto
raccontare tutti i fatti degli ultimi due giorni, ed era rimasto
incredibilmente stupito e felice quando l’arancione gli aveva
raccontato di come i suoi genitori fossero rimasti all’oscuro
di tutto.
-Per fortuna si è risolto tutto in pochi giorni…
ogni giorno in più aumenta il pericolo che decidano di
chiamare la polizia. -Concluse Minaho, il mento tra le dita.
Il lilla era molto curioso di sapere cosa fosse successo di
interessante, ma qualcosa gli oscurava lo sguardo. Minaho si era
accorto di qualcosa di strano, ma non capiva proprio cosa potesse
esserne la causa.
-Allora ragazzi! -Il dottore entrò in camera sorridendo. -Vi
siete ritrovati vedo! Minaho, vuoi portare a casa il tuo principe
azzurro già stasera? Se promettete di stare attenti alle
medicazioni della cicatrice …
L’arancione faceva i salti di gioia. Sarebbero tornati
davvero a casa? Gli sembrava incredibile.
Manabe sembrava molto felice, ma di colpo quell’ombra
attraversò di nuovo il suo sguardo. Abbassò gli
occhi.
-E va bene… ecco i fogli di dimissione firmati da me.
Presentateli in accettazione e potrete andare… e badate di
non farvi più vedere qui dentro, se non per venire a
salutarmi! -Il dottore appoggió sul tavolo un plico di
fogli. In quel momento un’infermiera entrò di
corsa. Un anziano signore stava poco bene.
-Perdonatemi ragazzi… è un uomo molto debole, ma
vi prometto che aiuteremo anche lui! Ora scappo… intanto
preparate le vostre cose. Verrò a salutarvi in accettazione.
-E cosí dicendo Konoe uscì dalla stanza.
Minaho sorrise dietro al dottore. Era davvero grato a
quell’uomo incredibile.
-Benissimo Man! Ora riposa… in dieci minuti raccolgo tutte
le tue cose e poi siamo pronti ad andare!
-Andare… -di nuovo quell’ombra negli occhi del
lilla.
-Man… qualcosa non va? Ti vedo strano…
Il lilla sorrise. -Niente di che… non preoccuparti.-
Dopo nemmeno un quarto d’ora l’arancione aveva
raccolto in un borsone tutti gli oggetti del lilla e i regali che gli
avevano fatto.
-Siamo pronti Man! Ci credi? Se stiamo attenti a non farci vedere
possiamo anche tornare a casa tua… i tuoi non dovrebbero
sospettare nulla per ora!
Così dicendo Minaho si era avvicinato al letto porgendo la
mano al lilla per aiutarlo ad alzarsi. Manabe non
l’afferró.
-Io… scusami Min… non ci riesco.
Minaho non capiva… -Sei ancora troppo debole?
Aspetta… vengo ad aiutarti. Mettimi le braccia intorno al
collo… -E cosí dicendo prese la mano
dell’amico.
-No… no… io non… io non
posso… perdonami.
Adesso l’arancione iniziava a preoccuparsi seriamente. Cosa
stava succedendo?
-Man! Cosa ti succede? Ti senti forse male? Devo chiamare il dottore?
-Il ragazzo era davvero spaventato.
-No… no Min. Non… non ti hanno detto nulla vero?
-Il lilla fece un sorriso sforzato, aveva una grande tristezza negli
occhi.
-Ma… cosa avrebbero dovuto dirmi? È successo
qualcosa?
-Min… - il lilla faticava a parlare
-Cosa? Dimmi tutto Manabe, non avere paura… sono qui con
te… - l’arancione accarezzava la mano
dell’amico.
-Io… io credevo che lo sapessi. .. L’intervento
è andato a buon fine ma… sai… a volte
succede. ..
-succede cosa, Man? Non farmi spaventare così…
-Ecco… non sapevo come dirtelo… ho
cosí tanta paura di deluderti…ho… ho
una gamba paralizzata.
Era calato il silenzio. Minaho era rimasto a bocca aperta, senza sapere
bene cosa dire. Il lilla tratteneva qualche piccolo singhiozzo.
-Man…
L’arancione corse ad abbracciare l’amico. Manabe
rimase sorpreso per un istante, poi ricambió
l’abbraccio piangendo.
-E perché avevi paura di deludermi? A me non importa nulla
di come sei fuori… io voglio bene a quello che sei dentro!
Però… però è
terribile… come faremo per il calcio?
-Io… io non lo so. So solo che mi sono svegliato
così. -Il lilla era molto triste. Più gli
infermieri cercavano di dirgli quanto fosse fortunato, più
lui rimpiangeva quello che aveva perso.
-Non avere paura. .. troveremo una soluzione! -Minaho prese la mano del
lilla. -Insieme la troveremo senza dubbio.
La gamba immobile era la sinistra. Minaho aiutò
l’amico a scendere dal letto, a vestirsi e ad alzarsi, quindi
gli passò una stampella.
-Min… odio questo oggetto già da adesso,
dannazione!! -Il lilla si guardò le gambe sconsolato.
-E invece dovrai imparare a usarlo, se non vuoi che ti porti in giro in
braccio davanti a tutti! -L’arancione sorrise
all’amico. Il lilla scoppiò a ridere.
Manabe doveva ancora prendere confidenza con la sua nuova situazione, e
Minaho non lo lasciò per un secondo mentre avanzava un
po’ insicuro lungo il corridoio asettico del reparto di
cardiologia.
-Mamma mia quanto sono brutti! -Minaho guardava disgustato gli orridi
quadri d’arte pseudo-moderna che infestavano le pareti.
-Già… da infarto! -Rispose Manabe sarcastico.
Scoppiarono a ridere.
L’accettazione aveva sede nella prima palazzina che si
incrociava entrando dai grandi cancelli dell’ospedale. Grandi
cartelli ricordavano di presentarsi li prima di recarsi alla ricerca
dei propri cari nel labirinto di corridoi della struttura. Era una
semplice architettura in legno e vetro, niente più che un
piccolo palazzo a due piani.
I due ragazzi presentarono all’impiegata i fogli di
dimissione. Lei li accettó sorridendo.
-E con questo per ora i rischi di guai con i tuoi sono messi da
parte… -Minaho sorrise all’amico che intanto
litigava con la propria stampella, la quale proprio non voleva saperne
di fare il suo dovere.
Il dottore li aspettava davanti al cancello. Minaho non aveva mai
notato quanto fosse bianco il suo camice che contrastava con gli occhi
nerissimi. Emanava una strana luce, un’aura positiva.
-Dottore! -Minaho corse ad abbracciare il medico. -Grazie di tutto! Non
la dimenticherò mai!!
-Spera di dimenticarmi invece! Il mio reparto non è un bel
posto dove stare! -Il medico rise. -A parte gli scherzi…
venite a trovarmi presto! E comunque ci rivedremo a breve per la prima
visita di controllo di Manabe.
Anche il lilla ringrazió il dottore con tutto Il
cuore. Era ora di andare.
Manabe percorse il viale che conduceva a casa sua con il cuore in gola.
Aveva paura di avere brutte sorprese, e sapeva chi accusare dei suoi
timori… i genitori.
Minaho gli aveva assicurato che non si erano fatti sentire, e che se
fossero rimasti nascosti e attenti a non farsi notare troppo nel
quartiere non avrebbero mai saputo che erano tornati.
Manabe prese dunque il coraggio a due mani, e percorso il vialetto
fiorito infilò la chiave nella toppa. La serratura
scattò e l’uscio si aprì sul familiare
salotto.
-È tutto… è tutto come lo abbiamo
lasciato, vedi? Nessuno è entrato qui. -Minaho sorrise
all’amico.
Manabe era felice di essere tornato. La casa era il simbolo della sua
libertà. Amava il divano sbiadito ( lo aveva trovato in
soffitta!) e la piccola cucina che aveva riempito di libri, comprati
nel tentativo di imparare a cucinare. Lui era fatto
così… appena voleva scoprire qualcosa di nuovo
comprava un libro.
-E ora… sul divano, forza! Non sei abituato a forzare
così una sola gamba… a preparare qualcosa da
mangiare ci penso io! -L’arancione si legò dietro
la schiena il grembiule da cucina, provocando un irrefrenabile
ridarella nell’amico.
-Ehi! TI faccio ridere? -Minaho fece il finto offeso.
-Sc… scusa ahahahahah ma non avevo mai visto un gufetto
arancione in grembiule da cuoco! -Il lilla fece una faccia
spaventosamente da schiaffi.
-Ah. Ah. Ah.- fece Minaho sarcastico. -Ha parlato il mio fiorellino
lilla preferito!
Era tornato tutto come ai vecchi tempi. Manabe ne fu entusiasta.
Il pranzo fu accettabile… nonostante il pollo fosse andato a
fuoco un paio di volte. I due ragazzi si sedettero sul divano per
consumarlo.
-E pace se cadrà un po’ di salsa sulla
stoffa… se qualcosa mi ha insegnato questa esperienza,
è a curare solo le cose davvero importanti… come
te!
Minaho arrossí come un peperone.
Quella sera, appena Manabe fu uscito in cortile per innaffiare le
piante, Minaho stando bene attento a non farsi sentire prese il
telefono e chiamò l’ospedale.
-Vorrei parlare con il dottor konoe, se possibile.
-Glielo faccio chiamare subito. -La voce della receptionist era cortese.
Minaho aspettò in linea meno di due minuti, osservandosi le
punte dei piedi. Era un po’ agitato. Finalmente una voce
rispose.
-Pronto?
-Dottore! Sono Minaho… la disturbo? Ho bisogno di farle una
domanda…
-Dimmi tutto ragazzo… anche se penso di sapere cosa mi
chiederai. Te l’ho letto negli occhi oggi, quando non me ne
hai parlato per non farti sentire da Manabe. Vuoi sapere se ci sono
speranze per la sua gamba.
L’arancione era allibito. Non era lui il detective???
-Dottore… ma… come…
-Credimi, gli occhi delle persone dicono tante cose a chi li sa
ascoltare. E poi… ho una certa esperienza, ricordalo! -Il
dottore rise. -Comunque… riguardo alla gamba di
Manabe… si, c’è una piccola
possibilità, ma è tutto da vedersi.
Minaho fece un saltello di gioia. -Evvai!!-
-Ehi ehi… frena l’entusiasmo… sono solo
supposizioni mie e dell’equipe che lo ha seguito.
Vedi… il problema dipende dal fatto che quando era in
arresto per molti minuti il suo cervello non ha ricevuto abbastanza
sangue… è già un miracolo che non
abbia subito altri danni oltre la gamba…
Minaho inorridì al ricordo di quel giorno. Aveva avuto una
tale paura che non l’avrebbe mai potuta dimenticare.
-Però… però mentre operavamo, abbiamo
visto che i suoi nervi ricevono ancora una seppur minima risposta
elettrica. Pensiamo che… pian piano… magari con
l’esercizio… pensiamo che possa riprendere
l’uso della gamba. Non fraintendere… non
sarà facile né veloce… ma crediamo sia
possibile.
L’arancione si aggrappó a quelle parole. Per lui
Manabe era sempre Manabe, gamba o non gamba, ma sapeva quanto soffrisse
il lilla per la sua condizione.
-Aiutalo, portalo a fare esercizio e soprattutto tienilo su di
morale… fra due settimane alla visita valuteremo se ha fatto
progressi.
-Grazie dottore… farò sicuramente
così! Le dovrebbero fare un monumento!! -Minaho
era grato al medico con tutto il cuore.
-A me? No… dovrebbe farlo a te, e alla medicina! Ora devo
scappare… ho molte visite. Ci vediamo presto… e
state tranquilli… il peggio è decisamente passato.
Minaho ringraziò ancora il medico e chiuse la chiamata.
-Min…
L’arancione raggeló. Si voltó
lentamente e alle sue spalle vide il lilla, con un paio di forbici da
giardiniere in una mano e l’altro braccio appoggiato alla
stampella.
-Tu… Man… hai… hai sentito tutto?
-Tutto. -Il lilla guardava fisso a terra.
-Non… non credere. .. -Minaho era imbarazzatissimo
– non credere che l’abbia… che
l’abbia fatto per me… a me vai bene come sei!
È che ti vedo così triste…
Il lilla guardò negli occhi l’amico. La stanza
sembrava diventata improvvisamente piccola e Minaho si sentiva
soffocare.
-Ti ringrazio. Ti ringrazio con tutto me stesso.
L’arancione impallidí. -Ma come, non sei
arrabbiato?-
-E di cosa? -Il lilla scoppiò a ridere.- di avermi dato una
speranza? Hai avuto il coraggio di chiedere quello che io non avevo
avuto la forza di osare. .. e mi hai portato la più bella
notizia in assoluto! -Manabe abbracció Minaho, ancora
scioccato.
L’arancione si riebbe.
-Beeeene… sai cosa significa? -Il lilla notó una
punta di ironia nel suo sguardo. -Che da oggi pomeriggio…
allenamento!!
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Capitolo 16 *** Abilitazione alla riabilitazione? ***
Revive all my fears
Revive wasted tears
Revive void within
Revive once again. . .
Reach for the sky
Touch the sky
Revive a hope
For mankind
-Insomma Min, è proprio necessaria questa cosa? Non
è proprio una posizione comoda… non credi?
Il salotto era stato stravolto. I mobili addossati alle pareti per
sgombrare il centro della stanza e il divano spostato indietro, verso
la porta della cucina.
Il lilla era steso sul divano suddetto con le gambe sulle ginocchia
dell’amico.
-Il dottore ha detto che devo farti fare esercizio… ed
esercizio farai! -L’arancione piegò ancora la
gamba dell’amico con forse un po’ troppa energia.
-Ammettilo… ammettilo che è solo un tuo becero
trucco per vedermi senza pantaloni, pervertito! -Il lilla fece una
faccia molto ma molto offesa. I due ragazzi scoppiarono a ridere.
-Per questo non avevo bisogno di farti fare riabilitazione…
il mondo intero sa che dormi in mutande, Man! -L’arancione
lanciò la sua frecciata con voce calma e pacata. Il lilla
divenne rosso fuoco.
-Tu… tu… delinquente assatanato, mi spii mentre
dormo dunque!
L’arancione sorrise sornione. -Non sai quante cose
si scoprono a guardarti mentre dormi… sei così
tenero Manabe-chan!
Il lilla cercò di afferrare un ciuffo di capelli
dell’amico ridendo, ma quello si sottrasse con incredibile
agilità finendo poi per fargli il solletico senza
pietà.
-Ora basta fare gli scemi dai … in fondo questa è
una cosa seria! Prima sistemiamo la tua gamba, prima torneremo a
giocare a calcio insieme! -L’arancione diede una pacca
all’amico.
-Insieme… speriamo che sia presto… ho…
ho paura Min. Paura di rimanere per sempre così. -Il lilla
si oscuró un istante, fissando la stoffa del divano.
L’arancione gli sorrise dolcemente. -Non pensarci Man, vedrai
che ce la faremo.
Manabe sospirò. Sperava davvero di poter tornare a usare
presto la gamba, ma aveva così paura… gli
sembrava di avere qualcosa di artificiale al posto
dell’arto, un peso che non rispondeva ai suoi
comandi. Però… però a volte gli
sembrava di sentire come un leggero prurito… aveva un
briciolo di speranza.
-Senti nulla se faccio così Man? -L’arancione
stava muovendo dolcemente la caviglia dell’amico. -Ti sembra
di percepire qualcosa?
-Ehm… no. Ad essere sincero no… -Il lilla era
depresso.
Minaho era certo che prima o poi qualcosa si sarebbe mosso.
Provó a muovere il ginocchio e i muscoli del polpaccio.
Ancora niente.
-Min… lascia stare… non… non penso sia
ancora ora. Non sento proprio. .. Ahi!
Il lilla si fermò e Minaho smise di toccarlo. Rimasero
immobili qualche secondo.
-Ho… ho sentito qualcosa, ne sono sicuro. Una fitta alla
caviglia! -Manabe era agitato ma ora aveva una piccola speranza in
più che gli prudeva nel cuore.
-Ti… ti ricordi dove ti stavo toccando? -Minaho
guardava Manabe con occhi colmi di speranza.
-No… no maledizione! Non stavo guardando…
Minaho iniziò a massaggiare dolcemente il piede
dell’amico. – Concentrati… fai uno
sforzo!
-Non sento nulla, dannazione… mi sarò sognato
tutto…
Il lilla si concentrò fissando la stanza. La sua collezione
di film sotto la televisione, la porta della cucina, il borsone di
Minaho a terra vicino alla porta… una scarica di adrenalina
gli risalí la gamba facendolo trasalire.
-Min… ho sentito di nuovo qualcosa… stavolta
più forte! -La voce di Manabe era eccitata.
L’arancione sorrise all’amico. -Bene…
sappiamo che hai sensibilità al piede almeno…
possiamo lavorarci su! Vediamo un po’… -
l’arancione lesse alcune righe dal libro che aveva di fianco.
Ovviamente non poteva mancare, nella biblioteca di scienze del suo
amico, un bel libro di riabilitazione medica! Lo aveva pescato nello
scaffale più alto, dietro a “Studi applicati sul
bosone di Higgs, una sinossi storica breve” (in 7895 pagine).
-Qui dice che devo farti fare esercizi di allungamento del muscolo una
volta che abbiamo trovato un accenno di
sensibilità… te la senti o sei stanco?
-No… non sono stanco! Proviamoci… non so quanto
potrò andare avanti con una gamba bloccata e il mio migliore
amico che mi fa violenza tutti i giorni! -Il due ragazzi risero di
gusto.
-Allora… concentrati bene… ho bisogno che provi a
muovere le dita.
-Ah! Tu la fai semplice… ho più controllo sulla
mia vita di quanto ne abbia sul mio piede… e questo ti
dovrebbe dare un’idea della situazione, no? Ogni movimento
è faticoso… Ahia! Si…nel piede ho
decisamente sensibilità… questo è un
crampo… -il lilla strinse i denti, non sapendo se essere
felice o piangere per il dolore.
Minaho rise. -Aspetta Man, ti aiuto io… rilassa il piede,
vedrai che passa subito…-L’arancione
iniziò delicatamente a massaggiarlo cercando di sciogliergli
la contrattura e calmargli il dolore.
Manabe sospirò di sollievo mentre il muscolo si rilassava.
Per fortuna il dolore era sparito.
-Certo che se fossi bravo a Risiko quanto lo sei a fare massaggi non ti
batterei inevitabilmente ogni volta!
Minaho lo guardò storto. -Stai rischiando grosso Man, ma
proprio grosso… non farmi approfittare della tua condizione
per segregarti in camera tua con come unico cibo i miei pancake
carbonizzati!
-Non sia mai! Le probabilità di digerirli sono al quattro
per cento!-Rise Manabe.
-Va bene… per oggi direi di fermarci. Non vorrei che ti
venisse un’altra contrattura. Sei bravo! Vedrai che faremo
progressi in breve… ora riposa qualche minuto,
più tardi andiamo a farci un giro, così vediamo
se appoggiando il piede a terra senti qualcosa…
-L’arancione sorrise all’amico lilla, che
ricambió.
Manabe fissava il soffitto dell’appartamento mentre sentiva
l’amico trafficare in cucina. Sperava si stesse limitando a
dei panini… la sua cucina era devastante, anche se si
sarebbe cucito la bocca piuttosto che dirglielo. (-Probabilmente lo sa
già… è un detective del resto, no?-
pensò.)
Mentre scrutava una macchiolina di umido (regalo della perdita che
aveva avuto in bagno prima di conoscere Minaho e che gli era costata
cara, visti i prezzi degli idraulici) si chiedeva quanto tempo sarebbe
stato necessario a riprendere l’uso della gamba…
sempre ammesso che tornasse come prima!
Ignoró queste paure e si concentrò sul
pomeriggio… chissà dove lo avrebbe portato
Minaho… sapeva che adesso che si era messo in testa di
rimetterlo in piedi, non si sarebbe arreso fino a che la sua gamba non
fosse tornata normale. Poteva aspettarsi di tutto… ma gli
voleva davvero bene per quello che stava facendo per lui.
Mentre era immerso in questi pensieri, una testa arancione
spuntò dalla cucina.
-Ho fatto i panini per oggi pomeriggio… (-Grazie al cielo!
-Pensò Manabe.) ma se vuoi mangiarne uno ti consiglio di
sbrigati. .. altrimenti non potrai entrare subito in acqua. Ti porto in
piscina!
Minaho camminava a fianco dell’amico verso il centro
città stando bene attento ad adattarsi al suo passo. Non
voleva che il lilla pensasse che lo rallentava.
Si felicitava da solo del suo colpo di genio. Tutti i medici erano
concordi che per la riabilitazione non ci fosse niente di meglio degli
esercizi in acqua! Inoltre sperava di fare qualcosa di divertente con
l’amico… era la loro prima uscita dopo il ricovero
e voleva che si svagasse.
La piscina comunale era situata in un vasto complesso vetrato, sempre
inondato di luce. Era un ambiente molto allegro… Minaho ci
andava da piccolo, quando il padre gli aveva insegnato a nuotare.
Nella stessa struttura trovavano posto una piscina olimpionica, una
più piccola adatta a chi non fosse nuotatore esperto e
alcuni ambulatori che sfruttavano le acque termali che raggiungevano la
città dalle pendici dei monti. Tutto era impregnato da un
forte odore di cloro e zolfo.
Minaho pagò due ingressi evitando agevolmente le proteste
del lilla che non voleva fargli spendere un solo centesimo, quindi
tappó la bocca al suo amico e lo trascinò quasi
di peso negli spogliatoi.
-Ragazzi… scusate ragazzi! -Un inserviente li raggiunse di
corsa sulla porta. -Non so come dirvelo ma…
vedete… le regole sulla sicurezza…
insomma… ecco…
-Si spieghi, non sia imbarazzato. -Manabe odiava impietosire le persone.
-Ecco… non potete entrare con quella. -L’Uomo
indicò la stampella del lilla.
Effettivamente dovevano pensarci… un oggetto interamente
metallico di quella lunghezza… avevano già
sentito di incidenti avvenuti anche con cose impensabili.
-Ma… Ma come farà a camminare? Non vede che il
mio amico…
-Non preoccuparti Min -Il lilla interruppe Minaho. -Ce la possiamo
fare. Il signore ha ragione… le regole sulla sicurezza
devono essere rispettate. Tenga. -Manabe diede la stampella
all’inserviente.
-Grazie ragazzo, perdonami se l’ho dovuto fare.
All’uscita potrai ritirarla senza nessun problema…
scusa ancora.
L’uomo sembrava sinceramente imbarazzato. Manabe gli sorrise
mentre si allontanava.
-Bene… ci mancava anche questa! -Minaho sospirò
buffa mente facendo ridere l’amico. -Vuol dire che
dovrò farti io da stampella umana! Eccellenza, mi metta il
braccio intorno alle spalle e si regga a me!
Minaho aiutò l’amico a sedersi sulla panchina e a
cambiarsi. Tempo cinque minuti ed erano pronti. Si assicurarono quindi
di aver chiuso bene gli armadietti (dovettero riaprirli due
volte… la prima perché il lilla aveva rischiato
di chiuderci dentro anche la chiave, la seconda perché
arrivati alla porta un certo gufetto arancione si rese conto che
entrare in piscina in costume e con le scarpe ai piedi non fosse
proprio la cosa più conveniente da fare.).
-Olimpionica o piscina normale Man? -L’arancione
guardò l’amico.
-Direi… normale. Mi vergogno di farmi vedere da troppa gente
così…
Infatti il lilla non riusciva a liberarsi dal pensiero che lo stessero
guardando tutti. Si sentiva decisamente in agitazione… e se
la piscina lo spaventava così, figuriamoci quando il giorno
dopo sarebbero dovuti tornare a scuola!
-Man, non devi avere paura. Non hai proprio niente che non va, e se
qualcuno si azzardasse a darti problemi non preoccuparti,
sarà troppo impegnato a riattaccarsi i denti per
infastidirti di nuovo! -L’arancione sorrise innocentemente
all’indirizzo del lilla, che gli prese la mano.
-Grazie.
Fatta la doccia entrarono in acqua. Era decisamente calda, quasi troppo.
-Benissimo Man, forza, iniziare a muoversi! -Minaho era partito
immediatamente con il programma di riabilitazione. Il lilla
sospiró.
-Sento che non tornerò a casa intero… ma non ti
fermi proprio mai Min? -I due ragazzi risero.
Ci volle circa un’oretta perché il lilla si
adattasse alla nuova sensibilità data dell’acqua.
Alcuni movimenti erano decisamente più facili, altri molto
più difficili.
-Come va? -L’arancione sembrava molto soddisfatto.
-Bene… abbastanza bene direi! Inizio proprio a sentire il
piede e la caviglia. È un inizio, no? -Il lilla sorrideva.
-Il problema ora è usare i muscoli… Anca e
ginocchio non li sento proprio, la caviglia è bloccata anche
se la sento e muovere le dita mi fa decisamente male!
-Non preoccuparti… è comunque un inizio.
È meglio concentrarsi sul quello che abbiamo guadagnato
oggi, piuttosto che cercare di bruciare le tappe. Dici che muovere le
dita ti fa male?
-Già… è come cercare di forzare un
movimento che… che il mio fisico rifiuta, ecco!
Però qualche piccolo movimento riesco a farlo, per quanto mi
faccia male..
L’arancione sorrise. -Ma è un’ottima
notizia! Un bellissimo traguardo, Man! Vieni con me, vediamo la
situazione.
Minaho portò Manabe fuori dall’acqua e lo mise a
sedere su una panca.
-Fammi vedere un po’… la caviglia è
proprio bloccata eh? Vabbè. .. Ci lavoreremo… le
dita?
Manabe provó a fare un minimo movimento.
-Ahia! Fa…fa male… fuori dall’acqua fa
ancora più male… forse mi ero illuso troppo
presto… -il lilla si rattristó, mentre una
lacrima di dolore gli sfuggiva dall’occhio.
-Non devi arrenderti! Ci sei riuscito prima… ci riuscirai
anche adesso… è normale che ti faccia male, il
muscolo è contratto e non lo usi da giorni. .. Hai appena
ripreso sensibilità, non è un buon traguardo?
Aspetta… ti aiuto io. Dimmi quando fa troppo male, ok?
L’arancione prese il piede dell’amico e
iniziò con estrema delicatezza a muovergli le dita. Il lilla
stringeva i denti dal dolore. Perché gli faceva
così male?
-Ahia… Min fermiamoci un istante per favore… mi
fa davvero molto male.
-sei bravissimo Man… stai andando benissimo! Riposa un
istante ora… ce la farai senza dubbio!
Il lilla sorrise debolmente mentre l’arancione gli
massaggiava dolcemente il muscolo dolorante. -Va meglio ora?
-Sì. .. Si grazie... Ora lasciami riprendere fiato un
istante… credimi, non è piacevole affatto! -Il
lilla si concentrò con tutte le sue forze sulla finestra che
aveva davanti, affacciata su un bellissimo giardino tradizionale che
isolava la struttura dalla strada, quasi coperta dagli alberi.
-Ok… riproviamo.
Il lilla si stupì. Il dolore era decisamente diminuito e
resistette per molto più tempo. Dopo ogni pausa la sua
resistenza aumentava, e di conseguenza anche la sua capacità
di effettuare il movimento da solo.
Minaho era entusiasta come un bambino che avesse scoperto che il mondo
era fatto di zucchero. Non gli sembrava vero di avere avuto un piccolo
risultato già il primo giorno. Allora il dottore diceva il
vero! Manabe avrebbe recuperato la gamba!
Ci volle circa un’altra oretta di esercizi perché
il dolore cessasse e il lilla fosse in grado di muovere il muscolo da
solo, ma alla fine aveva ripreso completo controllo del piede. Non che
gli servisse molto senza il resto della gamba… ma adesso
anche lui era fiducioso!
-Ottimo, ottimo… sei così bravo Man! -Minaho era
entusiasta mentre accompagnava l’amico negli spogliatoi e lo
aiutava a vestirsi. -Questa sera ti porto a cena fuori! Dobbiamo
festeggiare!
Il lilla non voleva che Minaho spendesse altri soldi per
lui… ma non voleva spegnere il suo entusiasmo, era
così tenero…poi pensò alla sua cucina,
unica alternativa per la cena.
-E ristorante sia, Min!
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Capitolo 17 *** Ristoranti da... incubo ***
Starless night will cover
day
In the veiling of the sun
We will walk in bitter rain
But in dreams
(But in dreams)
I still hear your name
And in dreams
(And in dreams)
We will meet again
When the seas and mountains fall
And we come to end of days
In the dark I hear a call
Calling me there
I will go there
And back again
-Che posticino… curioso! -Pensò per
l’ennesima volta Manabe mentre cercava disperatamente di
evitare che una cameriera un po ’ troppo discinta gli
rovesciasse in testa una pentola piena di trippa al sugo.
-Ti piace? -Me lo ha consigliato Kariya al telefono .. Io non sono
molto pratico di questa parte della città…
-L’arancione era seduto dalla parte opposta del tavolo con
sguardo preoccupato.
(-Kariya? Non avevo dubbi!) Ehm… si Min…
molto… molto pittoresco, ecco! Pittoresco e…
colorito? -La voce del lilla era leggermente imbarazzata mentre sperava
che l’impalcatura che reggeva il suo sorriso di circostanza
non franasse .
Il locale era sotto il livello della strada. Uno stanzone fumoso
illuminato da lampadacce polverose che sembravano risalire
all’occupazione della Corea, e nella penombra stormi di
cameriere (e camerieri!) procaci che si destreggiavano fra i
tavoli… se si potevano definire tavoli quei pianali laidi e
bisunti. (-Che orrida bettola! -Aveva pensato Manabe entrando.)
-Se pensi che sia troppo alla buona possiamo cambiare posto
Man… non so se ho fatto bene a fidarmi di Kariya quando ha
detto che era un posto “adatto alla nostra raffinata
personalità”…
Il lilla rise. Si sarebbe vendicato del verde quanto prima.
-No… non preoccuparti Min… senti che…
ehm… che delizioso profumino di…
bleargh… cucina! (-Ma cosa stanno bollendo, topi ripieni di
amianto?)
Dalle cucine infatti, situate non vicino ma si potrebbe quasi dire
“dentro” i bagni, emanava un terribile miasma
portatore di malattia. Il fatto di non aver visto cadaveri sul
pavimento non consolava il lilla, pensò che si fossero
sciolti!
Il menu prevedeva quanto di più pesante la cucina
internazionale poteva offrire. Si partiva da ravioli di fegato
galleggianti in un sugaccio che sembrava fango per arrivare ad arrosti
talmente duri da lasciare Il sospetto che fossero stati
ripescati dal Titanic. Manabe non osava immaginare che sorprese
avrebbero riservato la pasta al ragù e l’insalata
che aveva ordinato.
Minaho invece era molto più distratto dall’evitare
che le gocce di umidità che precipitavano dal soffitto
accompagnate da discrete quantità di intonaco gli
speziassero ulteriormente la pietanza franandogli nel piatto.
Quell’antipasto di pesce urlava pietà agli dei del
cielo già di suo. Iniziava ad avere seri dubbi
sull’affidabilità di Kariya.
Un cameriere barbuto, sudato come la mano di un politico davanti ad una
cartella esattoriale, scaricó con un mezzo grugnito le
pietanze (se così le si poteva chiamare) davanti a
Manabe.
-Ehm… ottimo! Delizioso… -Il lilla sorrideva
all’amico mentre cercava di ingoiare una forchettata di una
pasta così scotta che si sarebbe potuto apprezzare di
più usando un cucchiaio, impastata di un sugo unticcio
basato sulla carne di qualche bestia indefinibile.
L’arancione non sembrava del tutto convinto, ma
sorrise di rimando al lilla.
Manabe fissò l’insalata. Non aveva avuto mai
l’impressione di trovarsi in un territorio sconosciuto come
ora. Quella ciotola nascondeva insidie letali. Le foglie si erano
oramai arrese al peso dell’esistenza ed erano defunte
probabilmente da mesi a giudicare da come erano mosce e flaccide,
mentre l’olio e il sale erano stati evidentemente dosati con
il bilancino da gioielliere.
Sputó il primo boccone nel tovagliolo. Forse non era una
natura morta, ma di certo era in avanzato stato di decomposizione.
-Man, qualcosa non va? Non credere… nemmeno questo pesce si
può proprio dire… delizioso. Sa di cuoio
ammuffito…
Il lilla rise a vedere l’amico più in
difficoltà di lui.
-Vieni con me, ti porto io in un posto decente!
-E… e il conto? -L’arancione era spaesato.
-Il conto? Qui sono loro a dover pagare a noi le cure necessarie a
riprenderci da questo incubo! Comunque sia … lascio qualcosa
sotto il piatto Così non potranno lamentarsi,
sempre ammesso che riescano a scollare la banconota
dall’untume del tavolo!
Minaho rise mentre si dirigevano a grandi passi verso la porta.
Fendettero il fronte delle cameriere semisvestite (anche grazie alla
stampella di Manabe) e si trovarono di colpo fuori. Respirarono a pieni
polmoni.
-Finalmente! Aria pulita! -Il lilla sorrise a Minaho. -Ricordami che
devo dire due paroline a Kariya quando lo vedo!
I due ragazzi si diressero verso il parco. Minaho notó come
il lilla avesse già preso una certa confidenza con la
stampella… faticava a stargli dietro!
La città era un’unica pozza di rosso acceso sotto
la luce del tramonto. L’aria di ottobre era fresca e
asciutta… avevano ancora un’oretta buona di luce,
forse anche più tenendo conto che si preannunciava una
serata limpida e luminosa. La luna era quasi piena.
Si sedettero ai tavoli di un localino ai piedi della collinetta del
prato e ordinarono due piatti di pasta. Era decisamente un altro mondo.
-Finalmente del cibo decente! Perdonami per averti portato in quella
bettola! -Minaho rise. In fondo la situazione era decisamente buffa.
Come si poteva essere di cattivo umore dopo una giornata che aveva
riacceso così tante speranze?
I due ragazzi parlarono a lungo, toccando tanti argomenti, ma
soffermandosi a lungo sulla scuola. Manabe aveva paura che lo avrebbero
preso in giro. I suoi compagni di classe non erano paragonabili ai suoi
amici della squadra.
-Si devono solo azzardare. Quella stampella può avere
molteplici usi, sai? -Minaho sembrava più serio del solito.
Il lilla sorrise… era così protettivo!
-Beh… probabilità al 97 per cento che mi prendano
in giro. Del resto ci siamo abituati. -Il lilla sospirò.
Minaho fissava il sole che tramontava dietro la collina. La sera gli
metteva sempre malinconia e si trovava a sperare che arrivasse presto
la mattina. Quelle sí che erano ore che gli piacevano!
Quando la mente è fresca, il sole alto e la città
brulica di vita.
-Senti Man, ti va di andare al campo al fiume?
Manabe era colpito. Perché quella frase messa
così a caso? E perché Minaho sembrava agitato?
-Ma… Va. .. va bene Min… ma
c’è un motivo particolare?
L’arancione arrossí e chinó la testa.
Manabe capí che era agitato. Quando era sotto stress muoveva
sempre i pollici facendoli ruotare l’uno intorno
all’altro.
-Bhe… ecco…
-Parla Min, non ti preoccupare! -Manabe sorrise.
L’arancione ingoió la saliva.Non sapeva come dirlo.
-Ecco...io… quel posto… -Il ragazzo, di solito
pallido, era diventato rosso fuoco.
-Insomma Min… mi fai spaventare! Se ho detto qualcosa che ti
ha agitato… -Il lilla prese la mano dell’amico.
-No… non ti preoccupare… è che ho
paura di sembrarti ridicolo, solo questo. -L’arancione
sospirò. -Vedi… da quando è
successo… l’incidente… proprio
lì… ecco… io quel posto lo sogno ogni
notte Man!! Sogno che tu stai male e… stai male
e… -L’arancione iniziò a singhiozzare
in silenzio. Manabe capí.
-O Min… mi dispiace così tanto! Non immaginavo
che tu avessi subito un trauma simile… -il lilla
abbracció l’amico che prese a piangere sulla sua
spalla. -Ma vedi? Va tutto bene adesso… sto bene e non
c’è più pericolo, ne ora ne mai
più… vedi che va tutto bene? -Il lilla parlava
con il suo tono di voce più dolce mentre accarezzava i
capelli di Minaho.
-Lo… lo so… ma… ma è
così vero, capisci? Mi… mi fa così
paura!
-Ma… Ma perché vuoi andare lì allora?
Non voglio che tu stia male! -Manabe stringeva con forza a
sé il ragazzo arancione.
-È che… che ho pensato che forse…
forse se vengo con te in quel posto e ci stiamo un po’
insieme… e vedo che non succede niente… magari
gli incubi finiranno, ecco! Sono così…
così infantile!-L’arancione tiró su col
naso.
-No, cosa dici… non sei affatto infantile! -Il lilla
accarezzava la mano di Minaho. -Anzi… sai che hai avuto una
bellissima idea? Cancelliamo quel brutto ricordo e sostituiamolo con
uno nuovo! Magari io che ti faccio rotolare sull’erba come un
sacco di patate ad esempio! -Il lilla fece l’occhiolino a
Minaho, che sorrise tra le lacrime.
-Man… io non so se ce la faccio!
L’arancione sentiva le gambe farsi pesanti man mano che si
avvicinavano al campo.
-Fatti forza Min! Approfittiamo di questo ultimi minuti di
luce… e poi guarda quanta gente che passeggia…
sarà facile se lo facciamo insieme, vedrai. Vuoi darmi la
mano?
L’arancione trattenne un singhiozzo e afferrò la
mano dell’amico.
Erano sul bordo dell’argine. Presto lo avrebbero passato e
avrebbero visto il campo sotto di loro. Manabe sentiva la mano
dell’amico rinforzare la stretta. Il ragazzo tremava.
Delicatamente lo strinse più vicino a sé.
-Se hai paura o ti senti male dimmelo… ti porto a casa, ok?
-Manabe sorrise all’arancione.
-Grazie… Grazie Man. Proviamo… devo provarci.
Fu un istante. Passarono l’orlo dell’argine con un
salto e corsero giù fino a ritrovarsi ai piedi delle scale
di pietra. Il fiume scorreva tranquillo. Alcuni bambini giocavano
lì vicino.
-Ecco… è proprio qui che è
successo… quando… quando ti sei sentito male sono
sceso di corsa… tu eri steso qui.
-L’arancione sentiva il cuore in tumulto e un accenno di
nausea salire alla gola al ricordo di quel giorno maledetto.
Il lilla sorrise all’amico. -È qui che mi vedi nel
sogno?
-S… si… sei steso, e qualcuno mi porta
via… c’è come una mano invisibile che
mi tira via da te! -L’arancione si teneva lo stomaco.
-Mh… caaapisco…. Ci penso io. -Il lilla sorrise
sornione. -Vieni qua!!
Manabe era scattato come un fulmine, gettando a terra la stampella e
tuffandosi addosso ad un Minaho incredulo. Rotolarono
sull’erba. A Manabe faceva male il piede, ma pensò
che fosse più un buon segno che altro!
-Ora, -Manabe sovrastava l’amico steso a terra bloccandogli i
polsi. -hai dieci secondi… se non ti liberi prima ti
farò rimpiangere di esserti scelto un amico fuori di testa
come me!
Minaho era allibito. Provó a muoversi ma era bloccato sia
dall’incredulità sia dalla presa ferrea di Manabe.
-Tre… due… e uno! Preparati Min…
solletico!!
Il ragazzo lilla si avventó sull’amico e
iniziò a fargli il solletico ovunque fosse possibile.
-Ahahahah basta!!! Mi arrendo!! Mi arrendo!! – Minaho rideva
come un matto.
I due ragazzi erano rossi in faccia e accaldati. Si sedettero
sull’erba ridendo di cuore.
-Allora… allora Min, che ne pensi di questo nuovo ricordo?
-Il lilla sorrise sornione.
-Lo vuoi sapere davvero?
L’arancione abbracció l’amico buttandolo
lungo disteso sull’erba.
-Grazie.
Quella notte Manabe dormí ben poco. Voleva ascoltare con
attenzione i movimenti di Minaho. Se si fosse svegliato in preda a un
incubo sarebbe corso subito da lui... Si era accampato sul tappeto
fuori dalla sua porta!
Nella stanza tutto taceva… non seppe nemmeno lui come fosse
successo, ma doveva aver ceduto al sonno. Quando si svegliò
il sole era già sorto e il telefono segnava le nove del
mattino. Manabe si alzò e si stiracchió.
-Chissà se Min ha avuto incubi… dannazione a me e
al mio sonno! -Il ragazzo si batté sul viso i palmi delle
mani.
Aprì dolcemente la porta della camera
dell‘arancione ed entrò, avvicinandosi al letto.
Minaho dormiva beato, con un bel sorriso sulle labbra.
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Capitolo 18 *** Una visita inaspettata ***
A new life
What I wouldn't give to have a new life
One thing I have learned as I go through life
Nothing is for free along the way
A new start
That's the thing I need to give me new heart
Half a chance in life to find a new part
Just a simple roll that I can play
A new hope
Something to convince me to renue hope
A new day
Le due settimane successive passarono senza notizie dai genitori di
Manabe. Il fatto che nessuno si fosse fatto vivo li tranquillizzava, ma
allo stesso tempo gli metteva una grossa pulce
nell’orecchio. Avevano paura di brutte sorprese.
Manabe faceva esercizio tutti i giorni con l’aiuto di Minaho,
e aveva recuperato mobilità. Ora riusciva a fare piccoli
movimenti con la caviglia, ma non potevano azzardare nemmeno un passo
senza la stampella. Il ginocchio non avrebbe retto e sarebbe caduto.
Si annunciava una splendida mattina di ottobre. L’aria era
tiepida e il sole brillava. I giornali avevano parlato di qualcosa come
“l’autunno più caldo degli ultimi
cinquant’anni”… ciò si
rifletteva nella possibilità di uscire con solo una felpa
indosso e di giocare a calcio senza paura di infangarsi o prendere il
raffreddore.
Quella mattina Manabe si sentiva particolarmente positivo.
L’arancione avrebbe avuto la seconda partita di campionato e
lui sarebbe stato in panchina, con il permesso speciale
dell’allenatore che non voleva si perdesse nemmeno un
incontro.
-Altrimenti come farai a leggere le tattiche dei nostri avversari
quando tornerai? Vedrai…forse già alla prossima
partita sarai dei nostri! -Aveva detto.
Il giorno seguente inoltre avrebbe avuto la prima visita di controllo
in ospedale. Sperava in una risposta positiva riguardo alla
gamba… non ne poteva più di quella stampella!
-Ehi Man,- L’arancione camminava di fianco
all’amico nei corridoi della scuola, diretti al campo. -Non
trovi che questa mattina la lezione di chimica sia stata
particolarmente interessante? Non credevo che esistessero
così tante proteine! A casa mi leggi qualcosa a
riguardo?
Manabe sorrise. Sapeva che faceva di tutto per non farlo
annoiare nei lunghi pomeriggi sul divano, mentre faceva i suoi esercizi.
-Certo… certo che leggeremo qualcosa insieme…
è un argomento così bello!
Parlando avevano raggiunto la struttura dello stadio. Manabe
entrò con Minaho nello spogliatoio e chiaccheró
con i suoi compagni mentre aspettava che l’arancione si
cambiasse. Aveva portato la tuta che Minaho gli aveva
regalato in ospedale e l’aveva indossata per lui.
-Mi raccomando Min, dai il massimo in campo! -Il lilla gli fece
l’occhiolino. Minaho sorrise, ma ebbe una fitta di tristezza
quando pensó che Manabe non sarebbe stato con lui. Per
fortuna che era in panchina… era sicuro che la sua voce lo
avrebbe guidato, e poi cosí poteva tenerlo
sott’occhio… non voleva che si sforzasse troppo.
La partita andò benissimo. Nonostante un inizio non proprio
fortunato (avevano preso un goal, ma più per distrazione di
Minaho stesso che per reale superiorità
dell’attacco avversario) si erano immediatamente rimessi in
pista. L'arancione seguiva le indicazioni che l’amico gli
dava dalla panchina e riuscì a bloccare vari attacchi. Il
risultato finale fu un bel 3 a 1.
Mentre i ragazzi tornavano festeggiando nello spogliatoio, Minaho
guardò l’allenatore portandosi la mano al mento.
Quell’uomo aveva capito che Manabe poteva essere utile alla
squadra anche dalla panchina. Non solo era un genio, ma aveva anche un
grande cuore. Riusciva sempre a coniugare
l’utilità della squadra con la tutela dei suoi
ragazzi… per il lilla era davvero importante sentirsi ancora
parte del gruppo. Gli ricordava che sarebbe tornato a giocare, presto o
tardi.
Nello spogliatoio i ragazzi parlavano animatamente e con gioia della
vittoria. Tutto sommato, non era stata una partita facile e la difesa aveva dovuto darsi da fare. Ne era prova il povero Kirino, che si era preso tanti di quei pestoni dall'attacco avversario da lacrimare di dolore. Nemmeno questo però aveva placato il suo entusiasmo, e mentre lasciava che Shindou, preoccupato ed in ginocchio davanti a lui, gli massaggiasse i piedi nudi continuava a sorridere, inframmezzando risate a gemiti di sollievo. -Fiuuuu... ora va molto megli Shin. Ti ringrazio- Il rosa sospirò di sollievo. -Non ringraziarmi e rilassati. Hai gli archi plantari tesi come corde di violino. Vuoi i crampi?- Shindou rise.
Shindou si avvicinò a Manabe e gli prese la mano. -Grazie,
Il tuo aiuto in difesa è stato fondamentale!
Il lilla arrossí vistosamente. -Ma. .. ma cosa
dici… non è niente di che… dalla
panchina si vede bene il gioco…
-Ehi… volevo dirti una cosa a nome della squadra, se posso.
Manabe sembrava perplesso. -Va… va bene Shindou.. dimmi
tutto.
-Ecco… ieri abbiamo avuto una discussione con
l’allenatore. Abbiamo deciso di non convocare i provini per
nessuna riserva. Lui ha detto che non ne vale la pena perché
presto la tua gamba sarà a posto… e noi abbiamo
accettato volentieri. Ti aspettiamo tutti con ansia, Manabe.
Il lilla era commosso. Adesso aveva un motivo in più per
fare esercizio e tornare a giocare. Tutti gli davano
fiducia… non poteva deluderli, e doveva fare in fretta!
A cena uscirono tutti a festeggiare con la squadra. Avevano
scelto un ristorante in centro molto alla buona, ma pulito e carino.
Ordinarono delle pizze.
-Certo che pizze buone come quelle che fanno in Italia qui non le
trovi! -Ryoma rideva rideva a bocca piena.
Tutti erano felici. Kariya alzò pure un filino il gomito,
attirando le ire del rosa. Tutti sapevano che nonostante le loro
continue liti in realtà si volessero molto bene, e il rosa
non intendeva permettergli di farsi del male per causa della sua
leggerezza.
Shindou e Kirino si appartarono in bagno a metà serata.
Minaho sapeva, gli altri ipotizzavano… risate e parole
affettuose corsero da un capo all’altro del tavolo mentre
tutti si scambiavano occhiate sornione.
Dopo cena uscirono alla luce della luna. Si salutarono
sull’argine e si diedero appuntamento per il giorno dopo,
mentre Manabe inforcava la sua stampella. Era l’ennesima
serata tiepida di un autunno strano, e la luna brillava alta nel cielo
avvolta in un manto di stelle come una ragazzina che si stringe attorno
al collo la sciarpa preferita, imbevuta del suo profumo.
Manabe e Minaho erano pensierosi e parlarono poco per tutto il tragitto
fino a casa. Il lilla era preoccupato per la visita del
giorno seguente, l’arancione per la situazione generale. Il
silenzio dei genitori di Manabe lo impensieriva.
Entrati in casa si abbandonarono sul divano. L’arancione si
buttò sull’amico e si abbandonò sul suo
petto.
-Man… sei pronto per domani?
-Io… -al lilla tremava la voce. -Io credo di sì.
Abbiamo… abbiamo fatto del nostro meglio, no?
L’arancione sorrise. -Sì, hai fatto un bel
lavoro… non ho mai visto una volontà come la tua.
Incontrarti è stata la cosa più bella della mia
vita, Man.
-Anche per me... non ce l’avrei mai fatta senza di te. -Il
lilla prese la mano di Minaho e gli fece l’occhiolino.
La mattina seguente, l’ospedale vide entrare nel suo grande
cancello una curiosa spedizione.
Dal momento che la visita di controllo del lilla era stata segnata per
la mattina, i due ragazzi erano stati costretti a rinunciare ad andare
a scuola. Minaho voleva che l’amico fosse calmo e riposato,
dunque non prese nemmeno in considerazione di uscire in anticipo dalle
lezioni. La scuola era troppo lontana. Si può dunque
immaginare quale fu la sorpresa dei ragazzi quando si trovarono davanti
alla porta di casa, alle otto di mattina… Kariya Masaki!!
-E… e tu… e tu che ci fai qui? -Minaho era
allibito.
-Bhe… ecco… vedi…
Il lilla apparve alle spalle dell’amico. Anche lui era in
confusione. Kariya era così distaccato di solito! Cosa ci
faceva li?
-Ciao Kariya! Non sei a scuola… cosa è successo?
-Come… come cercavo di dire… ecco! Vorrei venire
con voi in ospedale!
Silenzio. I due ragazzi si guardarono basiti.
-Ma… sei sicuro Kariya? E come mai? -Il lilla sorrise un
po’ imbarazzato.
-Sì... Il motivo è… ehm…
sí! Il motivo è che non volevo fare il compito di
matematica! Così ho pensato di venire con voi…
magari potreste avere bisogno di aiuto, no? -Il verde si mangiava le
parole.
Manabe sorrise con tenerezza. -Allora ti ringrazio… vieni
pure, mi fa piacere passare del tempo con te, e credo sia la stessa
cosa anche per Minaho! Vero Min?
-Eh?… Sì certo! Sono felice anche io!
-L’arancione si era affrettato a sorridere, ma non riusciva a
capire… qualcosa nella sua mente investigativa gli lasciava
qualche dubbio. Era convinto che Kariya non la raccontasse giusta...
L’impiegata dell’accettazione sorrise quando vide i
tre ragazzi. Si ricordava di Minaho. In ospedale le notizie
viaggiano in fretta, come in una vera e propria piccola
città isolata, con le sue regole e le sue leggende. I due
amici erano una di queste.
-Scala B, secondo piano!
I tre presero l’ascensore per evitare a Manabe le scale e
percorsero un lungo corridoio finestrato. Erano soli nella saletta
d’attesa del dottore. L’ultima signora anziana
infatti era entrata proprio mentre loro si sedevano ad aspettare.
Kariya continuava a giocherellare con le mani senza riuscire a
fermarsi. Teneva lo sguardo fisso a terra e sembrava nervoso. Minaho
ebbe come l’impressione che dovesse dire qualcosa fin da
quando si era presentato alla loro porta, ma qualcosa evidentemente lo
frenava. -E se fossi io? -pensò.
-Ragazzi… posso lasciarvi da soli un minuto? Ho una
sete… vado al bar a comprare una bibita… vi
dispiace?
Una scintilla brilló negli occhi di kariya. Minaho
capí di aver fatto centro.
-No Min, non ti preoccupare! Tanto ci sarà un po’
da aspettare… noi non ci muoviamo da qui! -Il lilla sorrise
all’amico.
Minaho si allontanò saltellando, curiosissimo di scoprire
cosa Kariya stesse nascondendo. Qualcosa gli diceva di aver fatto la
scelta giusta.
Appena l’arancione fu fuori portata uditiva Kariya
iniziò ad agitarsi. Si avvicinò al lilla senza
però riuscire ad iniziare un discorso.
-Ehm… si Kariya? Qualcosa non va? -Manabe era perplesso.
Il verde sforzó uno dei suoi soliti sorrisi strafottenti ma
con ben poco successo. Si sedette sulla sedia vicina a quella di Manabe.
-Senti… senti Manabe, volevo... -La voce di Kariya era
sforzata. -… ecco… c’è una
cosa che volevo dirti…
Il lilla era davvero sconvolto. Non avrebbe mai creduto che Kariya
potesse essere preso in un momento di difficoltà simile.
Sembrava sempre così sicuro e sprezzante!
-Dimmi… dimmi senza problemi!
-Ecco… ci tenevo che sapessi che ti capisco. - il verde
abbassò lo sguardo.
-Mi… mi capisci? -Il lilla non capiva.
-Sì, ti capisco. Vedi… anche io non ho avuto
genitori come tutti gli altri bambini quando ero piccolo…
sono. … sono cresciuto in orfanotrofio. Volevo…
volevo che sapessi che se hai bisogno di qualcosa. .. ecco…
puoi contare su di me. -Il verde aveva buttato fuori tutto
d’un fiato. -Ecco! L’ho detto!
Il lilla sorrise. Sapeva quanta fatica fosse costato per uno come
Kariya dire una cosa simile. Era commosso.
-Grazie… Grazie Kariya! -Manabe abbracció il
ragazzo verde che rimase come paralizzato.
-Ehi ehi!! Non prenderti troppa confidenza! -Kariya di
sforzó di rimanere serio e distaccato.
-Va bene… va bene Kariya! -Il lilla si strinse ancora di
più al verde che sospirò sconsolato…
prima di ricambiare l’abbraccio.
Pochi minuti dopo il ritorno di Minaho (che dallo sguardo dei due amici
capí subito essere successo qualcosa di importante!) il
dottor Konoe, salutando i due amici, li invitò ad entrare.
-Vedi che c’è un vostro compagno! Che piacere di
conoscerti! Vuoi entrare anche tu?
-Dai Kariya… vieni! Mi avrebbe davvero piacere…
-Manabe fece due irresistibili occhi da cucciolo. Minaho rise vedendo
Kariya sbuffare ed unirsi a loro.
-Allora… vedo che avete fatto progressi!
Il dottore colpiva con un martelletto la caviglia di Manabe, osservando
i piccoli scatti che ne conseguivano. Il lilla sorrideva imbarazzato
seduto sul lettino.
-Abbiamo recuperato l’uso del piede ed iniziamo a muovere la
caviglia… è un ottimo inizio, sapete? Tenendo
conto che sono passati solo quindici giorni, possiamo sperare di
recuperare la piena funzionalità in breve tempo…
un recupero davvero eccezionale! -Il dottore era impressionato.
Minaho si tratteneva a fatica dal fare i salti di gioia, e anche Kariya
sotto la sua scorza sarcastica faticava a trattenere un piccolo
sorriso. Manabe chiese al dottore cosa dovesse fare nelle settimane
successive.
-Mh… direi di lavorare sul ginocchio. Pian piano dovrai
riprendere a muoverlo… poi potremmo pensare a qualche seduta
di riabilitazione per far recuperare forza ai muscoli, anche se vedo
che ti sei tenuto allenato! Non hai perso tono muscolare.
-E’ stato Minaho ad aiutarmi… è tutto
merito suo! -Il lilla guardò l’amico che
arrossí come un peperone.
Prima di lasciare andare i ragazzi il dottore controlló la
ferita dell’intervento. La cicatrice si era schiarita e ora
quasi non si vedeva. Il chirurgo aveva fatto un capolavoro.
-Bene… ottimo ragazzi! Direi che ci si rivede fra due
settimane… continuate così, e per Natale potremmo
avere raggiunto il nostro risultato… anche se poi ci
vorrà tempo per riprendere bene l’uso
dell’arto, dunque non ti spaventare. -Il dottore
strinse la spalla del lilla.
I ragazzi ringraziarono Konoe e uscirono dirigendosi verso
l’accettazione. Minaho vide che sia Manabe che Kariya
sorridevano… ed era un occhiolino quello che aveva visto?
Tutto era moooolto interessante!
Di ritorno a casa chiaccherarono di tutto.
-Ehi Kariya… grazie per essere venuto con noi
oggi… ti va di venire a cena? -Il lilla sorrise al verde.
-No… non ho tempo! Purtroppo, con mia grande disperazione,
devo studiare! Vi ringrazio… e su con la vita Enrico Toti!
Minaho rimase perplesso, ma Manabe colse l’allusione al
famoso eroe italiano che aveva lanciato la sua stampella contro il
nemico. Rise di gusto.
-Aspetta… Kariya!
I due ragazzi non avevano nemmeno fatto in tempo a salutarlo, che il
verde era sparito come un fulmine, così come era venuto.
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Capitolo 19 *** Vuoi fumare? ***
Baby, I got it
What you need
Do you know I got it
All I'm askin'
Is for a little respect
when you get home (just a little bit)
I giorni passavano e ottobre si avviava alla fine. Le piogge si erano
intensificate anche se le temperature rimanevano più che
tiepide, e le serate invitavano a rimanere in casa davanti ad un buon
libro o ad un film interessante.
Minaho continuava a seguire Manabe giorno per giorno. Il lilla faceva
tutti gli esercizi, ma i progressi erano lenti. Non che la cosa li
preoccupasse (il dottore li aveva avvertiti che sarebbe servito molto
tempo per recuperare il ginocchio) ma per Manabe era davvero
frustrante. L'arancione aveva vinto con la squadra la terza partita e
ora si avvicinava la semifinale del girone regionale. Voleva tantissimo
partecipare alla finale, ma questo significava essere in piedi prima di
Natale… sembrava impossibile.
Inoltre faticava sempre di più a nascondere a Minaho il suo
ultimo cruccio. Le prese in giro a scuola si erano intensificate,
soprattutto grazie all’arrivo in classe di un
nuovo”amico”. Era costui una sorta di avanzo di
galera che sembrava pescato da Guantanamo, con il quoziente
intellettivo di un tubo di stagno, ma “fighetto”
oltre ogni umana decenza e dunque preda dello sfrenato desiderio di
chiunque. Le ragazze volevano averlo per sé, i ragazzi
sfruttare la sua prepotenza per emergere, anche a costo di strisciare
ai suoi piedi.
Inutile dire che Manabe e Minaho non volevano avere niente a che fare
con questa faccenda. Erano abituati a stare da soli, potevano
permettersi di ignorarlo ed essere ignorati.
Il curioso soggetto però (Kitama era il suo nome) sembrava
essersi da subito molto interessato ai due ragazzi. Aveva capito che si
proteggevano a vicenda e dunque, individuato l’elemento a suo
parere più debole, aspettava che l’altro si
allontanasse per attaccare.
-Di’, storpio! Il fidanzatino non è con te adesso,
eh? Perché non ti avvicini così ti posso dire
cosa penso degli sfigati come voi?
Manabe era terrorizzato da quel pazzo e dalla sua banda. Cercava di non
allontanarsi mai da Minaho, ma se questo succedeva si faceva forza e
tratteneva le lacrime. Non voleva farsi vedere debole.
Da un paio di giorni aveva iniziato anche a prenderle. La prima volta
lo aveva aspettato fuori dal bagno e gli aveva dato uno schiaffo, la
seconda invece gli aveva teso un agguato davanti alla biblioteca.
Minaho era agli allenamenti e il lilla si era trovato con le spalle al
muro. Per fortuna i pugni allo stomaco non lasciano lividi,
pensò.
Manabe non avrebbe mai permesso a Minaho di scoprire cosa stava
succedendo. Sapeva che l’amico si sarebbe lanciato a
difenderlo, ma cosa poteva fare da solo contro quell’animale
e la sua banda? No, non era proprio possibile. Doveva stare attento a
tenerlo fuori.
-Ehi, scemo! Sei ancora in giro? La vuoi capire che non voglio vederti
davanti a me? Togliti di mezzo zoppo!
Era comparso da dietro una colonna, percorrendo il corridoio a grandi
passi, seguito da due scagnozzi del suo codazzo. Manabe
arretró alzando le mani come a difendersi il petto. Una
nuvola di fumo si alzava dalla sigaretta che aveva in bocca, stretta
fra denti.
-Io… io… non…
-Ma sentitelo come piagnucola! Dove hai lasciato l’amichetto?
Uno di questi giorni vorrei fargli assaggiare due ceffoni, sai? Proprio
non capite cosa serva per essere uomini, in questa scuola!!
Manabe tremava. Una scossa fai adrenalina gli percorse il corpo come un
fulmine.
-Non ti azzardare a parlare di Minaho, idiota!
Il lilla si rese conto in un secondo di cosa avesse fatto. Si morse
violentemente la lingua. Perché aveva parlato senza pensare?
Quando gli toccavano Minaho non riusciva più a
contenersi… ora era davvero nei guai.
Inizió ad indietreggiare stringendo i denti. Kitama era
rimasto inizialmente stupito, poi aveva iniziato a farsi crescere sulle
labbra un sorriso sarcastico e cattivo.
-Bene. Bene. Bene! Credo di averti giudicato male, sai? Non sei affatto
un debole… sei proprio un idiota!! Uno scemo inutile!! Sai
contro chi ti sei messo? Lo sai?
Il ragazzo urlava avvicinandosi a Manabe a grandi passi.
Perché in quel dannato corridoio non passava nessuno?
Afferrò il lilla per il colletto della camicia. Manabe stava
per piangere.
-Piangi pure! Sei proprio una femminuccia! Vieni… vieni con
me!- Kitama gli diede un pugno su una spalla facendolo gemere di
dolore, quindi incredibilmente lo attrasse a sé. Manabe
poteva sentire il puzzo di fumo che gli impregnava la divisa.
-Ecco… sediamoci qui! -Costrinse il lilla a sedersi su una
sedia e gli si piazzó al fianco. -Che ne dici di fumarci una
sigaretta?
-Io… lasciatemi!! Lasciatemi andare!! -Il lilla non riusciva
più a trattenere le lacrime.
-Non vuoi? Non sei abbastanza uomo da fumare neanche una semplice
sigaretta? Idiota! Vuol dire che dovrò insegnarti io! -Il
ragazzo rise sguaiatamente, quindi diede un pugno nello stomaco al
lilla che si piegò trattenendo i conati.
Kitama mandò uno sguardo di dominazione ai suoi
“amici” che se la ridevano (assai spaventati a dire
il vero) e afferrò una mano del lilla aprendogli con
violenza le dita.
-Oh! Ma che bella manina! Non sei abituato a fare a pugni o sbaglio?
Manabe non vedeva più nulla a causa delle lacrime. Aveva una
paura folle.
-Adesso ci penso io a farti diventare uomo!
Kitama su tolse lentamente la sigaretta dalla bocca. La tenne tra le
dita fissandola con aria di superiorità, quindi la
sventoló davanti alla faccia dei suoi stupidi scherani.
Dovevano vedere. Lo avrebbero temuto e rispettato ancora di
più.
Increspó le labbra in un accenno di sorriso cattivo e
accennó un movimento con le sopracciglia. Per un attimo
sembrava che non dovesse succedere nulla, poi si mosse con la
rapidità di un gatto. Premette con forza la sigaretta sul
palmo della mano di Manabe, tenendola schiacciata contro la sua pelle
mentre il lilla urlava di dolore.
-Visto? Adesso sai fumare! -Kitama rise. Diede uno schiaffo a Manabe e
se ne andò ridendo, seguito dai suo scagnozzi, lasciando il
lilla in terra a piangere.
-Ora come faccio a tornare a casa, maledizione? -Il lilla era in bagno,
appoggiato ad un lavandino. Aveva il viso arrossato per lo schiaffo e
bagnato di lacrime. I capelli spettinati gli ricadevano sugli occhi in
ciuffi sparsi.
Aveva vomitato. Il pugno che aveva ricevuto allo stomaco era davvero
forte. Sperava di non avere lividi evidenti… anche se il
principale problema sarebbe stato nascondere la mano.
Aveva un’ustione grossa come una moneta in mezzo al palmo che
gli bruciava da impazzire. L’acqua del rubinetto del bagno
non gli dava nessun sollievo. Si fasció la mano con un
fazzoletto e si avviò zoppicante verso l’uscita,
reggendosi alla stampella.
-Ehi Min, sono a casa! -Il lilla si era tranquillizzato ed
era riuscito a far sparire ogni accenno di dolore dalla voce.
-Cosa si mangia di buono?
Quel giorno Minaho infatti lo aspettava a casa. Manabe si era
trattenuto a scuola un’oretta in più per aiutare
un professore con certi incartamenti. -Non l’avesse mai
fatto, dannazione! -Pensò tra sé e sé.
-Sei fortunato! Ho bruciato il pesce! Ci hanno appena portato la
pizza… -Nella voce del lilla si notava l’amara
delusione per la rovina del suo pranzo. Manabe sorrise. Non sapeva
cucinare, ma si impegnava tanto…
-Ottimo… oggi ho bisogno di digerire…
sai… ancora devo finire di metabolizzare i tuoi bucatini di
tre giorni fa! -Il lilla aveva una splendida faccia da schiaffi.
-Stai rischiando grosso Manabe… ma tanto! Guardia che ci
metto un attimo a ripescare il pesce dal bidone… sempre
ammesso che riesca a staccarlo dalla teglia… stai attento!
-L’arancione lo minacciò con il pentolino.
Scoppiarono a ridere.
-Beh… allora arrivo, vado un attimo a sciacquarmi le mani e
sono da te!
Il lilla si mosse verso il bagno allegramente, prima di sentire una
stretta alla spalla.
-Manabe. -La voce di Minaho era serissima.
-Ehm… si? Che hai Min?
-Fammi vedere la mano.
Il lilla sbiancó. Dannazione, lo aveva visto!
-Min… scusa Min ora ho bisogno di andare in bagno…
-Fammi vedere la mano!! -Minaho urló, ma si pentí
subito. -Scusa… scusa Man. Lascia che ti guardi la mano, per
favore.
Il lilla era confuso. Si sentiva con le spalle al muro.
Non reagì mentre Minaho gli apriva dolcemente le dita
sgranando tanto d’occhi.
-Manabe, chi ti ha fatto questo? CHI È CHE SI È
AZZARDATO A FARTI QUESTO???
L’arancione era furente. Manabe non lo aveva mai visto
cosí.
-Min… lascia stare… è stato un
incidente…
-Un incidente? UN INCIDENTE??? Chi è stato!! Devi dirmelo!!-
L’arancione si fermò. Un lampo gli aveva
attraversato lo sguardo. -È… è stato
Kitama vero? Ho notato come ti guarda, quel maledetto bastardo!
È stato lui!
Manabe abbassò gli occhi.
-Aveva ragione quindi! È stato quel troglodita! Giuro che lo
ammazzo! LO AMMAZZO!! Ma… Manabe… che hai?
– L’arancione si calmó di colpo. Il
lilla stava piangendo.
-Ti… ti prego non… non andare da lui! Ti
picchierà… ti scongiuro!! Non voglio che tu
vada!! Ti farà del male!!
Minaho sospirò abbracciando Manabe e attraendolo a
sé. -Man… non posso lasciarlo impunito.
Tranquillo. .. Adesso sto qui con te, ma non è finita qui,
lo giuro su mio padre.
Manabe sospirava di sollievo mentre le dita dell’arancione
gli spalmavano una pomata sull’ustione con la maggior
delicatezza possibile. -Grazie… non… non ne
potevo più….
-Vedrai che domani sarà già
cicatrizzata… non è grave per fortuna.
– Minaho soffiava delicatamente sulla mano
dell’amico.
Manabe era decisamente preoccupato. Aveva paura che Minaho progettasse
qualcosa di pericoloso. Non voleva che si facesse picchiare per lui. Da
domani sarebbe stato ben attento a non incrociare Kitama nemmeno con lo
sguardo.
Minaho non riusciva a dormire. Come si era permesso
quell’animale di toccare Manabe? Ma la verità era
che non era arrabbiato con Kitama, ma con sé stesso. Non
aveva capito nulla, non si era accorto di nulla. Era un investigatore
fallito e un pessimo amico. Senti una lacrima rigargli la guancia.
Non aveva intenzione di lasciare che Kitama la passasse liscia, a costo
di farsi picchiare. Doveva escogitare qualcosa. Conosceva quel tipo di
persona. Fanno tanto i coraggiosi, ma appena sono soli si comportano
come bambini impauriti. Dio quanto li odiava quelli come
lui… era stato il padre a trasmettergli il senso della
giustizia.
-Ora riposa, Manabe… -parlò come se il lilla, che
ronfava felice nella stanza a fianco, potesse sentirlo. -Domani ci
penserò io a difenderti… non mi farò
mai più cogliere di sorpresa. Te lo prometto!
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Capitolo 20 *** Preciso e potente ***
Squilli, echeggi la tromba
guerriera,
chiami all'armi,
alle pugne, all'assalto:
fia domani la nostra bandiera
di quei merli piantata sull'alto.
No, giammai non sorrise vittoria
di più liete speranze finor!
Ivi l'util ci aspetta e la gloria,
ivi opimi la preda e l'onore,
Ivi opimi la preda e l'onor!
La mattina seguente Minaho avrebbe voluto che Manabe rimanesse a casa,
ma il lilla si oppose con tutte le sue forze.
-Min…se pensa che abbia paura se la prenderà
ancora di più con me… non posso non venire!
L’arancione aveva sospirato, ma in fondo condivideva il
parere di Manabe. Sarebbe stato come darla vinta a Kitama…
però era preoccupato al pensiero che quell’essere
potesse azzardarsi a toccare di nuovo l’amico.
Si incamminarono verso la scuola come ogni giorno, stando
però attenti a prendere l’autobus precedente a
quello che prendevano di solito, così da arrivare prima in
classe e non rischiare di fare brutti incontri nel corridoio. Classe
significava professore, e per quanto vagabondo e ipocrita fosse,
professore significava protezione. Se fosse scoppiata una rissa in
mezzo ai banchi non poteva di certo chiudere gli occhi no?
Manabe ora stava meglio. L’ustione non gli faceva
più tanto male, e un comodo cerotto aveva sostituito la
benda bianca che Minaho gli aveva fatto tenere la sera precedente. Non
aveva nemmeno lividi evidenti… mentre lo picchiavano era
riuscito a proteggere le parti delicate.
Al loro arrivo in classe non c’era quasi nessuno. Le lezioni
iniziarono in orario e precedettero stancamente, mentre Minaho
scagliava sguardi di fuoco a destra e a manca come un animale che
protegge i suoi cuccioli. Non si allontanò dal lilla un
istante per tutta la prima metà della mattinata, scontandolo
fino al campo per gli allenamenti pomeridiani. Una volta arrivati li
sarebbero stati al sicuro, lontani dagli sguardi di Kitama e dei suoi
“amici” che li avevano fissati ridacchiando per
tutta la mattina.
Il pomeriggio si prometteva tiepido, e l’allenatore propose
quindi di andare ad allenarsi al fiume. Tutti accettarono entusiasti.
-Meglio… saremo ancora più lontani da qui e da
quei bifolchi! -Minaho fece l’occhiolino a Manabe, che
sorrise.
-Bene ragazzi, attacco contro difesa! -Tenma organizzava la squadra con
voce squillante. Era solo l’ennesima partitella di
allenamento ma tutti gioirono.
-Finalmente un po’ d’azione! -Rise Kirino.
Il gioco procedeva fluido, interrotto solo occasionalmente da qualche
ordine dell’allenatore o dai consigli di Manabe, che in
panchina poteva dare il massimo nella gestione della difesa.
-Presa! -Ryoma aveva rubato la palla ad uno sconvolto Shindou.-Adesso
segno!
Minaho rise. L’azione del ragazzo era bella ma prevedibile.
Si sarebbe mosso a destra… facile da bloccare. Si
preparò a scattare.
Fu in quell’istante che qualcosa di interessante attrasse il
suo sguardo. Sul grande ponte che attraversava il fiume poco oltre il
campo passava, solo e con le mani in tasca, Kitama.
Minaho elaborò subito l’informazione. Stava
andando a casa? Di certo non era una casualità…
sapeva che abitava poco lontano. Gliel’aveva detto un
professore al quale aveva rifilato una bufala a base di compiti da fare
insieme. Figuriamoci! Ma tanto i professori non avevano idea di chi
frequentasse… solo la prof di lingua aveva una certa
simpatia per lui e Manabe, dunque nessun problema.
-Attento Minaho! Ti sei fatto superare! – Shindou riprese
l’arancione.
Minaho si riscosse dai suoi pensieri accorgendosi di essere stato
dribblato da Ryoma. Facile… non si era neanche mosso!
-Scusa Shindou, ero distratto. Non succederà più!
-Minaho alzò la mano in segno di scusa e riprese a correre.
Aveva un sacco di pensieri che gli frullavano in testa… e
qualche idea che aspettava di uscire.
-Bravi ragazzi! Bella sfida! Domani lavoreremo a qualche nuova tattica
ok? -Endou sorrise alla squadra. Anche Tenma sembrava fiero dei
risultati e l’incontentabile Shindou aveva uno sguardo
splendidamente soddisfatto.
Minaho e Manabe si incamminarono verso casa con
tranquillità. Avevano tutto il tempo di prenderla lunga e
farsi una bella passeggiata lungo il fiume prima che fosse ora di
andare a casa per decidere cosa mangiare a cena.
-Min… qualcosa non va? Mi sembri pensieroso… -Il
lilla sorrise all’indirizzo dell’amico. Lo vedeva
strano… come se stesse riflettendo su qualcosa.
-Eh?... ehm… no Man, sono solo stanco! -Minaho sorrise. -Non
preoccuparti… vedrai che con un bicchiere di latte e una
bella doccia tornerò quello di sempre!
Manabe lo guardò dubbioso. -Mh.. oook…
Il fiume scorreva placido attraverso la città. Era
abbastanza grande a tratti, fino ad un’ampiezza di 15/20
metri, ma le sue acque erano sempre tranquillissime e tiepide, poco
profonde e adatte al nuoto.
Seguendo le anse di quel serpente argentato si poteva godere delle
bellezze della città come da nessun’altra
prospettiva. Il fiume costeggiava infatti il quartiere dei negozi, con
le sue botteghe tradizionali e i ristoranti, finendo per accarezzare il
cuore finanziario della cittadina con i suoi pochi grattacieli.
Corteggiando poi dolcemente il parco, si spingeva fino al campo e al
complesso scolastico nei quartieri residenziali.
Minaho e Manabe lo avevano costeggiato fino a dove possibile, poi si
erano allontanati lungo un piccolo viale alberato che conduceva alla
strada principale. Da lì erano bastati quindici minuti per
arrivare a casa del lilla.
I due ragazzi erano entrati, quindi immediatamente Minaho si era
precipitato a fare la doccia lasciando Manabe con i suoi dubbi a
preparare qualcosa da mangiare. Il lilla si stupì che non
gli avesse imposto di andarsi a riposare sul divano come faceva
sempre… qualcosa doveva davvero bollire in pentola.
Quando andarono a letto però Manabe si era rappresentata
ormai calmato, e il giorno dopo non aveva più dubbi che
tutto si fosse sistemato da solo. Minaho fu normale tutto il giorno, a
parte qualche insolito momento di stasi durante gli allenamenti. In
serata era comunque tutto passato, a giudicare da come si divertirono
insieme giocando a carte.
-Man, domani non penso di venire agli allenamenti. Devo andare in un
posto.
Minaho aveva interrotto il gioco con la faccia di chi avesse ragionato
a lungo sulle sue parole. Manabe alzò la testa dalle carte.
-Come mai Min? È successo qualcosa per caso?
-No, tranquillo… -Minaho sorrise. -Solo che devo
assolutamente… devo assolutamente andare a
comprare… a comprare i calzini, ecco! Sono a corto di
biancheria…
Il lilla contrasse le sopracciglia. Non ci credeva minimamente.
L’arancione era un fanatico dell’igiene e il suo
cassetto straripava di biancheria pulita pronta all’uso. Non
gliela contava giusta, ne era certo.
-Mh… ma scusa Min, se hai bisogno urgentissimo di biancheria
puoi servirti dal mio cassetto… e poi proprio
nell’ora dell’allenamento?
L’arancione era evidentemente in difficoltà.
-Ecco… ehm… vedi… è
che… devo assolutamente andare! Ci sono i saldi, dobbiamo
economizzare … sai che ora come ora non abbiamo entrate!
Manabe non capiva più nulla. Le argomentazioni di Minaho
erano evidentemente assurde, ma odiava l’idea di metterlo in
difficoltà. In fondo se aveva qualcosa da
nascondere chi era lui per intromettersi ? Erano così poche
le cose che non condividevano, che pensò dovesse essere
senza dubbio qualcosa di importante. Era certo che poi gliene avrebbe
parlato.
-Va bene Min… qualunque cosa sia però…
mi raccomando, attento!
L’arancione sapeva che il lilla non gli aveva creduto, ma era
certo che appena avesse fatto quello che doveva fare avrebbe capito.
-Tranquillo Man. Io sto sempre attento.
Molte cose quella sera avevano fatto aumentare i dubbi del lilla.
Minaho aveva passato la serata stranamente pensieroso, e strani lampi
gli attraversavano lo sguardo. A Manabe preoccupava soprattutto un
gesto inconsueto che gli aveva visto fare più volte,
sovrappensiero. Si accarezzava in maniera inquietante il pugno destro.
La mattinata scolastica, tutto sommato, andò benone. Minaho
era stranamente eccitato, anche più del solito, e rispondeva
agli sguardi di Kitama con sorrisi pieni di sicurezza. Manabe era
pervaso da una strana sensazione. La presenza dell’amico al
suo fianco lo rassicurava ma percepiva che qualcosa sarebbe successo da
lì a poco.
Dopo le lezioni la squadra tutta unita si mosse verso il campo al
fiume. Solo Minaho faceva eccezione. Alla fine della mattinata aveva
infatti salutato il lilla dandogli appuntamento per dopo gli
allenamenti.
Manabe continuava a sentirsi agitato mentre osservava il gioco dalla
panchina. Qualcosa gli diceva che l’arancione si stava
mettendo nei guai. Cercò di concentrarsi sulla partitella
che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi e pregó di non
avere brutte sorprese.
Minaho camminava con le mani in tasca lungo una strada tappezzata di
piccole botteghe. Davanti a lui il ponte. Si sedette su una panchina
incrociando le gambe.
-Sta arrivando. Manabe… per te.
Si fasció la mano con un fazzoletto di stoffa.
Manabe era davvero preso dall’azione in corso. Quando pensava
alla matematica, e specialmente al binomio matematica –
calcio, il cervello gli si accendeva di un’energia nuova.
Aveva già dato indicazioni a Kirino ed ora si accingeva ad
osservare il risultato.
Il rosa scattò fulmineo prendendo la palla dai piedi di
Tenma, che rimase con un palmo di naso. -Ottimo!- urlarono quasi
all’unisono Endou e Manabe.
Fu Kariya a notare qualcosa di strano.
-Ehi ragazzi! Guardate! Qualcuno se le sta dando sul ponte!!
Il gioco si fermò. Tutti guardarono in alto. Effettivamente
era vero, qualcuno si stava picchiando sul ponte. Apparentemente si
trattava di due ragazzi. Uno di loro era particolarmente alto e
sembrava il più rabbioso. Colpiva dovunque senza nessuna
strategia, come un animale feroce. L’altro, invece,
nonostante tutti i colpi che incassava in tutto il corpo aveva tattica
e precisione. Ogni volta che colpiva faceva barcollare il suo
avversario.
Manabe fissava la scena con occhi stralunati. Sul ponte non
c’era nessuno che potesse separarli. I ragazzi della squadra
parlottavano tra loro chiedendosi cosa stesse succedendo.
Ora il ragazzo più massiccio sembrava davvero furioso. Una
scarica dei suoi pugni raggiunse l’altro in pieno viso.
Manabe pensò che gli dovesse aver rotto il naso o uno zigomo
a giudicare da come il ragazzo si era accasciato. L’altro,
approfittando del momento, iniziò a coprirlo di calci. Tutti
si agitarono. Chissà perché ma parteggiavano per
il ragazzo di media statura.
In un secondo il grande cadde a terra. Manabe immaginó che
l’altro dovesse essere riuscito ad afferrargli la gamba e a
farlo sbilanciare. Tutti esultarono. Dopo mezzo minuto eccoli di nuovo
in piedi. La furia del grande era scatenata e totale.
-Dio, lo sta ammazzando!! -Kirino si sentiva mancare. Il ragazzo
più piccolo cercava di coprirsi il volto ma
l’altro lo stava massacrando di botte. Calci, pugni, non
c’era una parte del corpo che non venisse letteralmente
sommersa di colpi.
Fu un lampo.
Il piccolo scattò come un fulmine. Furono solo tre colpi, di
precisione assoluta. Il primo pugno colpì il grande alla
spalla, facendolo sbilanciare e aprendo uno spiraglio. Il secondo,
diretto alle parti basse, lo fece piegare in due. Il terzo non fu un
pugno, bensì un potente e precisissimo schiaffo. Qualcosa di
meno doloroso, ma molto più umiliante. La testa del grande
si girò di novanta gradi a causa del colpo preso in pieno
volto. Il ragazzo cadde, quindi si rialzó tenendosi il viso
e fuggì a gambe levate.
Non seppero mai perché, ma tutti i ragazzi della squadra di
ritrovarono ad esultare. Qualcosa nel modo di battersi del grande
glielo aveva fatto percepire come malvagio, feroce.
Solo Manabe era rimasto impassibile, nonostante avesse osservato tutto
con apprensione. Qualcosa lo preoccupava.
Il ragazzo vincitore barcolló fino al bordo del ponte. Si
era accorto del suo “pubblico”? Alzò una
mano in segno di vittoria… sembrava fissare qualcosa o
qualcuno in particolare… vicino alle panchine.
Rimase qualche secondo così, le braccia aperte come in
croce, ad abbracciare un cielo che sembrava così vicino,
quindi si accasció, cadendo all’indietro come un
petalo di ciliegio.
I ragazzi urlarono preoccupati. Kirino abbracció Shindou e
Tenma si rifugiò tra le braccia di Tsurugi.
Manabe era come paralizzato. Aveva notato una cosa che lo aveva
sconvolto.
Quando il ragazzo si era avvicinato al parapetto, qualcosa aveva
brillato sotto la luce calda del primo pomeriggio.
Un ciuffo arancione.
-Minaho!!
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Capitolo 21 *** Non farlo mai più... ***
This is my fight song
Take back my life song
Prove I'm alright song
My power's turned on
Starting right now I'll be strong
Manabe era a terra. Si era alzato proiettandosi in avanti senza nemmeno
ricordarsi della sua stampella, ed era malamente caduto.
Si tiró in piedi con la forza della disperazione e,
afferrato l’oggetto, si mise a correre verso le scale
dell’argine, seguito da Shindou e Tenma che avevano intuito
cosa fosse successo.
-Maledetti scalini… sono troppo ripidi! -Il lilla rischiava
di inciampare ad ogni passo e cadere pericolosamente
all’indietro ma non gli importava, voleva raggiungere il
ponte il prima possibile.
-Aspetta, appoggiati a me, ti aiuto io. -Shindou gli aveva messo una
mano sulla spalla.
Manabe si aggrappó al suo collo e insieme si issarono sul
parapetto dell’argine. Il ponte era molto vicino a loro, ma
Shindou continuò a sorreggere il lilla. Aveva paura che
l’agitazione lo spingesse a mettersi in pericolo.
-Minaho!! -Il lilla corse sul ponte verso il ragazzo steso al
suolo. -Minaho!! Rispondimi!!
Manabe si chinó sul corpo esanime dell’amico. Era
coperto di graffi e lividi, e aveva le mani tagliate in più
punti. Sembrava svenuto.
-Min! Min dannazione rispondimi!! Svegliati… ti prego
svegliati…
Shindou e Tenma si erano avvicinati e osservavano la scena con il cuore
in gola. Non avevano idea di cosa fosse successo. Perché
Minaho aveva fatto a botte con quel ragazzone?
-Minaho… ti supplico… non puoi lasciarmi
così dopo questa enorme cazzata!! È tutta colpa
mia! È… colpa… mia!!! -Il lilla
piangeva.
-N…n…non credo… non credo
proprio…
L’arancione aveva aperto gli occhi. Sembrava facesse una
grandissima fatica a parlare, ma sorrideva sornione!
Manabe rimase come paralizzato.
-M… Minaho…? -bisbiglió con un filo di
voce.
-Sì… si… lo so… lo so come
mi chiamo! -Il respiro dell’arancione era spezzato.
-Ma… Ma io ti… questa non te la faccio passare
liscia!! Lo giuro!!! -Di certo era difficile prendere il lilla sul
serio, a giudicare da come abbracciava piangendo l’amico che
intanto era riuscito a tirarsi a sedere. Shindou e Tenma sospirarono di
sollievo.
-E… e perché?… Quel… quel
cretino ci… ci penserà due volte prima di
avvicinarsi ancora ancora a te! -Minaho sorrideva soddisfatto dietro
alla maschera di sangue che gli copriva il volto.
Manabe era sconvolto. Si sentiva responsabile.
-Ma… guarda come ti sei ridotto!! Ti avevo detto
che… che non dovevi farlo!! -Il lilla continuava a piangere
contro il petto dell’amico.
-Ma no… sono solo… sono solo due lividi e qualche
graffio! Niente… niente di che! -L’arancione
sorrideva. Il dolore era grande ma non insopportabile, era anche
riuscito a normalizzare il respiro. -Su Man… smetti di
piangere… va tutto bene.
Minaho o accarezzava i capelli dell’amico. Manabe intanto era
completamente sconvolto. Aveva tirato fuori un fazzoletto e cercava di
pulire il sangue dal volto dell’arancione, che
però gli fermò la mano con delicatezza. -Non ti
preoccupare… adesso vado a sciacquarmi, è solo un
graffietto vedrai…
Minaho non aveva previsto che si sarebbe sentito in colpa. Sapeva di
rischiare e sapeva che Manabe si sarebbe preoccupato, ma quegli occhi
spaventati lo facevano soffrire più delle sue strigliate.
In quel momento faceva la sua apparizione sul ponte
l’allenatore con il resto della squadra, in piena confusione
e spaventati.
-Cosa… non voglio sapere cosa sia successo qui! Minaho! Che
ti è successo?
La voce dell’allenatore era calma ma seria. Non sembrava
arrabbiato, ma decisamente preoccupato e confuso.
-Mister… io… -Minaho non sapeva come spiegarsi, e
la voce gli tremava.
-Lascia… lascia stare. Non è il caso di sforzarti
ora. Manabe, portalo a casa… domani però mi
aspetto che mi raccontate tutto. Vi conosco e so che se avete fatto
questo ci deve essere un motivo serio e valido, ma cercate di capirmi,
il mio compito è di proteggervi. -Endou li guardò
serio. -Avete bisogno che qualcuno vi accompagni? Shindou! Vai con
loro…
-Eh… certo! -Shindou si scosse dalla confusione dei suoi
pensieri e corse vicino a Manabe.
-Bene… state attenti ragazzi. Domani vi aspetto per
discutere di quello che è successo.
Manabe non era ancora riuscito a frenare le lacrime. Endou gli fece un
sorriso di incoraggiamento. Sapeva che i suoi ragazzi non avrebbero mai
fatto una cosa del genere se non per un motivo estremamente grave.
Voleva vederci chiaro.
Rimasti soli, Manabe e Shindou aiutarono Minaho ad alzarsi in piedi.
Aveva forti dolori ad un ginocchio e temeva di essersi rotto un piede.
-Appoggiati a noi Min… andiamo a casa.
I due ragazzi si misero uno a destra e uno a sinistra
dell’arancione e gli fecero girare le braccia intorno alle
loro spalle, sostenendolo. Procedevano estremamente piano e ad ogni
passo il piede di Minaho gli lanciava fitte di dolore.
-No… così non possiamo procedere. Gli fa troppo
male… Aspettami qui Manabe, torno subito. -Shindou corse a
prendere il cellulare nel borsone e si appartó dietro alcuni
alberi. Pochi minuti dopo ne uscì con un sorriso
-Fatto… ora dobbiamo solo aspettare.
Non erano passati nemmeno dieci minuti che una colossale limousine
aveva accostato davanti a loro. Manabe era allibito.
-Uao! Questa sì che è una macchina! Da dove salta
fuori Shindou? -Minaho aveva spalancato gli occhi come un bambino,
dimenticandosi del dolore.
-Ecco… -Il castano era arrossito. – I miei sono
molto ricchi, anche se odio che gli altri lo sappiano…
sapeste quanto mi hanno preso in giro da piccolo! In passato ho avuto
un rapporto difficile con loro, ma ora è andato tutto a
posto… sono contenti che io mi sia fatto nuovi
amici…
Manabe abbracció Shindou.
-Sei un ragazzo speciale. Grazie.
I due ragazzi, aiutati dall’autista nella sua linda divisa di
servizio, fecero stendere Minaho sul sedile posteriore della vettura.
Shindou e Kirino si sedettero davanti a lui.
Il lilla teneva la mano dell’amico. -Tieni duro
Min… a casa starai più comodo, ok?
Shindou disse all’autista l’indirizzo dei due amici
e la macchina si mise dolcemente in moto. L’uomo stava molto
attento a non prendere buche e a non fare frenate brusche. Minaho rise.
Chissà che ansia, avere un ferito in auto!
Dopo dieci minuti erano arrivati. L’autista aiutò
i due ragazzi a portare dentro Minaho e ad adagiarlo sul divano, quindi
si inchinó e se ne andò dopo aver salutato i
ragazzi. Minaho sembrava vergognarsi molto della situazione.
-Uff…. Vi dico che sto bene! -Si lamentó
debolmente. In fondo gli piaceva essere al centro delle attenzioni del
lilla!
Manabe sorrise e fece cenno di dargli uno schiaffone se non avesse
taciuto. Shindou rise di gusto.
Manabe era sparito in bagno ed era ricomparso con una cassetta del
pronto soccorso. L’aveva appoggiata sul pavimento e aveva
iniziato a tirare fuori cerotti e disinfettante.
-Min… perdonami… brucerà un
po’! Anche se dopo la paura che mi hai fatto prendere un
po’ di dolore te lo meriteresti! -Il lilla passava un
batuffolo imbevuto di disinfettante sul viso dell’amico. Per
fortuna dopo averlo ripulito si erano accorti che aveva pochi graffi.
Il naso non era rotto e il sangue evidentemente non doveva essere solo
il suo!
L’arancione ridacchió. Era stato attento a non
fare troppo male a Kitama, non voleva abbassarsi al suo livello,
però aveva assetato alcune discrete
“carezze”!
Minaho si accorse solo allora che Shindou si era abbandonato sulla
poltrona bianco come uno straccio.
-Scusate… scusate ma il sangue mi fa troppo senso! -Il
castano si lamentó amaramente. Minaho e Manabe
risero allegramente. -Non avere paura Shindou… non
è niente di grave… abbiamo quasi finito!
Dopo aver ripulito per bene il volto e le mani di Minaho e aver
applicato qualche cerotto sui graffi, Manabe si rivolse al castano.
-Shindou… avrei bisogno del tuo aiuto per favore! -Il lilla
sorrise al castano.
-Certo… dimmi tutto… ora il sangue è
sparito per fortuna! -Il castano era rosso di vergogna.
-Tieni ben ferma la gamba di Minaho… devo togliergli la
scarpa e verificare che il piede non sia rotto.
Shindou ubbidí come meglio poteva. Manabe tolse la scarpa
all’amico e gli tastó dolcemente il piede. Per
fortuna niente di rotto. Anche il ginocchio era a posto.
-Ragazzi… ve lo aveva detto che non era niente di
che… Ahia! -Minaho sorrise stringendo i denti. Il piede gli
aveva dato una fitta.
-Sarà meglio che vada a prendere del ghiaccio…
ringrazia che sei ferito, Min! Con la paura che mi hai fatto prendere
mi ci vorranno giorni e giorni per riprendermi! -Manabe sorrideva ma
l’arancione si sentì ancora più in
colpa.
Dopo un’oretta Shindou decise di tornare al campo per
informare i compagni e il mister dello stato di Minaho. -Per qualunque
cosa chiamami Manabe… arrivo in un istante!
Il lilla abbracció Shindou. -Grazie di tutto
Shin… Kirino è davvero fortunato.
Manabe era triste. Non è che fosse arrabbiato con Minaho.
Sapeva che voleva solo difenderlo, ma aveva avuto così
paura… il pensiero che il suo amico avesse rischiato ferite
molto gravi lo faceva sentire male.
Minaho aveva notato la sofferenza dell’amico, e se ne sentiva
responsabile.
-Man… Man, vieni un minuto vicino a me?
Il lilla tiró su col naso. Si mise a sedere vicino
all’arancione e abbracció le ginocchia, guardando
fisso nel vuoto.
-Man… mi dispiace così tanto! Io non…
non volevo farti soffrire… solo che non resistevo! Non
riuscivo a tollerare quello che quell’essere ti aveva fatto!
-Lo so… lo so ma… se ti perdessi non so cosa
farei Min. Sei la mia ancora… la mia forza! Non fare mai
più una cosa del genere a mia insaputa , ti imploro!
Minaho sospirò. -Ti giuro su mio padre che non
farò mai più niente di simile. Sei troppo
importante per me… troppo. D’ora in poi le cose le
risolveremo insieme, ok?
-Su… su tuo… padre? -Il lilla sapeva cosa quel
giuramento significasse per l’arancione.
-Su mio padre, Man, lo giuro.
Il lilla abbracció di slancio Minaho, facendolo gemere di
dolore. -Grazie Min! Grazie!
-Mi… mi perdoni? – L’arancione fece due
splendidi occhi da cucciolo.
-Ahimè… lo sai che sono troppo buono! -Il lilla
rise. -Ti perdono...
Quella sera nessuno dei due pensò più agli
avvenimenti del pomeriggio… avevano una partita a carte da
finire! Niente di meglio per festeggiare un piccolo lieto fine per una
giornata così movimentata!
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Capitolo 22 *** Oltre il danno, la beffa ***
Oh hold me in your arms
tonight
I can be your hero baby
I can kiss away the pain
I will stand by you forever
You can take my breath away
Would you swear that you'll always be mine
La mattina seguente Minaho si svegliò tutto dolorante. Aveva
i muscoli indolenziti, il collo irrigidito e gli facevano male le
braccia. I postumi dello scontro con Kitama si facevano
sentire… se non altro era contento di non avere il viso
tumefatto. Non l’avrebbe mai ammesso, ma si sarebbe
vergognato tanto a farsi vedere coperto di lividi. Ringraziò
il cielo che gli aveva regalato solo qualche graffio.
Fece per alzarsi, ma come inarcó la schiena una fitta di
dolore lo fece gemere. -Maledizione! –
Piano piano riuscì a mettersi seduto sul letto. Si
fissó le mani. Per loro non si poteva dire quello che aveva
detto per il viso… erano coperte di tagli chiusi da cerotti
colorati (Made in scorte mediche di Manabe).
L’arancione sospirò e si alzò in piedi
con esasperante lentezza. Le ginocchia erano come irrigidite e ad ogni
passo il piede gli mandava fitte di dolore.
-Ehm… Min? Perché ho come il sospetto che
qualcosa non vada? -Manabe sorrise all’amico mentre friggeva
due fette di pancetta per colazione. Minaho era appena entrato
trascinandosi fino alla sua sedia.
-Mh… -mugugnó,-mi fa male tutto…
Manabe sospirò. -Così impari a fare a botte!
-Disse con voce seria.
Minaho abbasso gli occhi. Il lilla pensò di essere stato
troppo duro… il suo amico si sentiva ancora in colpa per
aver agito d’impulso facendolo preoccupare. Provó
un moto di tenerezza nei confronti dell‘arancione…
in fondo era unico. Non aveva esitato un istante a mettersi in pericolo
per proteggere il lilla.
-Scusa Min… -Il lilla aveva addolcito la voce. -Non volevo
essere duro. Vuoi che chiami il dottore? Intanto sarà meglio
che ti prenda un antidolorifico e del ghiaccio per il piede…
-No… no Man, meglio lasciare da parte il dottore…
mi… mi vergogno, ecco! – Minaho era arrossito di
colpo. Manabe rise.
-E va bene… comunque non devi vergognarti, eroe! Vuol dire
che oggi staremo a casa a riposarci… tanto oramai non passa
settimana senza una nostra assenza! -I due ragazzi risero. Minaho
strinse i denti, il collo gli faceva male se rideva.
-Mh… possibile? -Il lilla sorrideva. Si era messo alle
spalle dell’amico e gli stava massaggiando dolcemente il
collo. – Da quando ci conosciamo abbiamo accumulato
più assenze da scuola che in tutto il resto della nostra
carriera… sarà un segno!
Minaho si sentiva pervaso da una strana gioia, come sempre quando era
con l’amico. Sospirò di sollievo mentre sentiva i
muscoli sciogliersi sotto il tocco di Manabe.
-Abbiamo diritto di prenderci il nostro pezzetto di
normalità, no? E poi in effetti hai ragione… non
voglio vedere Kitama nemmeno da lontano oggi. Stiamo a casa.
Fu deciso quindi di lasciare perdere la scuola. Sarebbero andati agli
allenamenti nel pomeriggio per parlare con il mister Endou, ma la
mattina si sarebbero riposati.
-Forza Min… a letto! Ti porto la colazione in camera. Hai
bisogno di riposo… -Il lilla si legò il grembiule
da cucina dietro alla schiena sorridendo. Minaho provó
debolmente a protestare.
-Ma… Ma non sono così…
-Sssst! A letto Min! -Il lilla sorrise sornione. -Dammi cinque minuti e
sono da te con la pappa e qualcosa di bello da fare!
Minaho sospirò e se ne tornó allegramente in
camera. In fondo era contento di avere le attenzioni di Manabe. Si
stese sul letto e rilassó tutti i muscoli.
-Eccellenza! È pronta la colazione! E…. pancetta
e uova! Vai di Stati Uniti! -Manabe fece irruzione in camera con un
bellissimo vassoio fumante tra le mani. Minaho si
tiró a sedere con l’acquolina in bocca.
-Vieni Man… sai che se parli di cibo mi commuovo! -I ragazzi
risero.
Manabe si sedette in fondo al letto e appoggió il vassoio in
precario equilibrio sulle coperte. La quantità di cibo era
davvero sorprendente. Il lilla si era superato! La pancetta
era gradevolmente dorata e si accompagnava a un bel piattone di uova
strapazzate.
Mangiarono chiacchierando allegramente di scuola e calcio,
soffermandosi appena sul discorso “rissa”.
-Min… comunque non ti facevo così abile a dar
pugni, sai? -Il lilla muoveva l’indice con la bocca piena di
pancetta.
-Bhe... Sono contro la violenza, preferisco il ragionamento e
la deduzione… ma diciamo che ho imparato a difendermi
presto… potenza dei corsi di autodifesa!
-L’arancione si ricordava che era stata una spesa
importante… aveva risparmiato mesi per iscriversi a quel
corso, due anni prima.
I due ragazzi risero fino alle lacrime quando Minaho
raccontò di come fosse caduto rovinosamente alla prima
lezione trascinando con sé l’istruttore. Diciamo
che ci era voluto un po’ per recuperare pienamente il
controllo del suo fisico!
Il ragazzo arancione però, nonostante
l’allegria, non riusciva a togliersi dalla mente
una preoccupazione. Doveva sbrigarsi a rimettersi pienamente in
piedi… Manabe si stava sforzando troppo e aveva paura che
questo potesse avere ripercussioni sulla sua gamba.
-Man… lascia stare il vassoio e i piatti… ci
penso io a portarli in cucina dopo… non pensi che dovresti
riposare anche tu? La tua gamba…
Il lilla sorrise. -Tranquillo Min… adesso mi siedo un
po’ qui con te. Piuttosto… come va il piede? Oggi
forse sarebbe il caso che tu non ti allenassi…
-No Man.. no ti preoccupare… va tutto molto meglio oggi!
-L’arancione fece l’occhiolino a Manabe.
In realtà non andava affatto bene, ma l’arancione
non aveva nessuna intenzione di ammetterlo. Il giorno dopo avevano la
semifinale del girone regionale e mai e poi mai ai sarebbe fatto
lasciare in panchina. Aveva promesso a sé stesso che avrebbe
vinto per Manabe, come buon auspicio per la sua guarigione in tempo per
giocare la finale. Non sarebbe stata qualche fitta al piede a fermarlo.
La mattinata passó tranquilla. I muscoli di Minaho andavano
molto meglio quando saltò giù dal letto per
andare a pranzare con l’ottima pastasciutta di Manabe. (-Come
diavolo fa ad essere un cuoco così bravo?
-L’arancione sospirò pensando al suo pollo arrosto
che riposava nel bidone della cucina dalla cena del giorno precedente.)
I due ragazzi sapevano che avrebbero dovuto spiegare
all’allenatore cosa fosse successo il giorno precedente, ma
non erano troppo preoccupati. Potevano giustificare tutto, ed Endou
sapeva capire quando qualcuno era sincero. Manabe era certo che Minaho
non avrebbe ricevuto punizioni.
Fu con questo spirito che si incamminarono verso la fermata del
l’autobus che li avrebbe condotti al campo al fiume. Quel
giorno la squadra si era data appuntamento direttamente li per una
grande partita di allenamento in vista della semifinale, organizzata in
collaborazione tra Endou e Tenma, che aveva messo tutto il suo impegno
nella divisione della squadra in due compagini equilibrate.
I ragazzi si cambiarono e si disposero in campo. Insieme a Minaho erano
Shindou, Kirino, Tenma stesso e Ryoma. In porta giocava Shinsuke. La
squadra avversaria contava tutti gli altri ragazzi.
La sfida si preannunciava difficile. Manabe però non capiva
perché Endou non li avesse ancora interrogati sui fatti di
ieri… era molto strano.
Il lilla trovò risposta alle sue domande quando il mister si
sedette alla sia sinistra, in panchina.
-Allora Manabe… dimmi tutto. Quello che è
successo ieri ha di sicuro una motivazione. Non può essere
altrimenti… vi conosco.
Manabe era sorpreso. Il mister chiedeva a lui… significava
che aveva capito che sotto la sua scorza di forza e coraggio Minaho
aveva delle fragilità nascoste, e non voleva
metterlo sotto stress. Quell’uomo era speciale.
Il lilla sospirò e iniziò a raccontare senza
omettere nulla. Le umiliazioni che aveva subito, la
violenza… la rabbia di Minaho. Il mister lo guardava con
dolcezza, ma in certi punti del racconto, in corrispondenza dei momenti
più umilianti, nei suoi occhi baluginava il fuoco
dell’indignazione.
-Sapevo… sapevo che doveva esserci una ragione per tutto
questo. Minaho! -L’allenatore chiamò
l’arancione in panchina, facendo continuare il gioco agli
altri. -Minaho… Manabe mi ha detto tutto.
-Mister… io…
-Minaho, non ti puniró, non avere paura.
L’arancione rimase a bocca aperta. Cosa significava tutto
quel discorso? Non... Non voleva punirlo?
-Ascoltami. -Endou continuò, -La violenza è
sempre la soluzione sbagliata, sempre! D’ora in poi
promettimi che parlerai con Manabe, e soprattutto con me, o con un tuo
insegnante prima di fare qualsiasi follia, ok?
-Sì… sí, lo prometto. .. perdonatemi
vi prego! -L’arancione abbassò gli occhi e
guardò a terra, chinando il capo.
-Tranquillo Minaho. Per questa volta è chiusa qui. Manabe mi
ha detto i motivi del fattaccio… ammetto che anche io alla
vostra età avrei rischiato di lasciarmi prendere la mano!
-Endou fece un sorriso simpatico all’indirizzo di Minaho, che
sembrò tranquillizzarsi. -Ora torna in campo…
domani abbiamo una partita da vincere!
La partita riprese. Minaho aveva il cuore più leggero e si
sentiva felice, ma forse fu proprio la minor preoccupazione a
fargli sentire di più i messaggi che il suo corpo gli
mandava. Il piede non sembrava reggere molto bene le sollecitazioni.
Ogni azione gli lanciava fitte più forti. Decise di non
farci caso.
Manabe aveva notato dalla panchina che qualcosa nei dati di Minaho non
tornava… la sua velocità era calata del
ventuno per cento, i riflessi del diciassette…
Chiamò Shindou.
-Dimmi Manabe… cosa devo fare?
-Lascia stare le tattiche Shin… È
un’altra la cosa che vorrei chiederti. -Il lilla sorrise al
castano. -Puoi tenere d’occhio Minaho per favore? Le sue
prestazioni sono calate… non vorrei che gli facesse male
qualcosa e il suo orgoglio gli impedisce di dircelo, ecco!
Shindou sorrise. Tipico di Minaho nascondere il dolore… da
quel punto di vista assomigliava a Tenma!
-Va bene Manabe, ci penso io… lasciami osservare qualche
azione e poi ti riferiró le mie conclusioni. -Il castano
fece l’occhiolino al lilla.
La partita riprese con più impegno da parte di entrambe le
squadre. La semifinale sarebbe stata difficile e tutti
volevano dare il massimo per prepararsi al meglio. Minaho stava
mettendo nel gioco un’energia incredibile!
Shindou, che lo osservava, iniziò a notare in effetti
qualcosa di strano. L’arancione teneva un piede sollevato e
sembrava soffrire molto in certe azioni dove doveva impiegarlo nel
dribbling o per fare perno.
Le azioni si susseguivano senza tregua. L’attacco avversario
non riusciva a farsi strada verso la porta, ma questo significava un
superlavoro per la difesa. Shindou iniziava ad essere sicuro che ci
fosse qualcosa che non andava con Minaho. Gli sembrava sempre
più sofferente.
-Manabe! Ascolta… -Il castano si accostò alla
panchina per riferire a Manabe le sue conclusioni riguardo
Minaho… ma proprio in quell’istante Tsurugi
riuscì a rubare palla a Tenma, e dribblato Kirino si
lanciò verso la porta difesa da Shinsuke. Il ragazzo era
atterrito. Sapeva che non era ancora abbastanza forte per parare la sua
Stoccata Invertita.
Minaho si trovò come unico ostacolo lungo il percorso del
moro, che gli sorrise determinato. Negli ultimi minuti le fitte si
erano acutizzate sempre più, ma Minaho ora sapeva di essere
L’unica speranza per salvare la porta. Era il momento di
provare quello a cui stava lavorando da giorni nei momenti di
solitudine… era il momento di mostrare a Manabe la sorpresa
che aveva preparato per lui!
-Imitazione istantanea!
Minaho venne avvolto da una sorta di bolla temporale e imitó
alla perfezione le mosse del moro, riuscendo ad anticiparlo e a rubare
palla!
La squadra era entusiasta.
-Vai Min! Una nuova supertecnica! -Manabe era scattato in piedi, gli
brillavano gli occhi.
-Grande!! -Tenma era commosso.
Minaho sorrise arrossendo… aveva funzionato!!
L’arancione guardò Tsurugi che lo fissava
soddisfatto, quindi si preparò per avanzare palla al piede
verso l’area avversaria.
-Arriv… ARGH!
Minaho aveva sentito un preoccupante scricchiolio a livello del piede e
subito dopo una terribile fitta lancinante. Cadde a terra seduto
tenendosi la gamba.
-Min! che è successo?? -Manabe corse in campo seguito
dall’allenatore e dal resto della squadra.
-Ecco… - La voce dell’arancione era incrinata dal
dolore. Gli lacrimavano gli occhi anche se si sforzava di
sorridere. -Temo… temo di essermi fatto male!
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Capitolo 23 *** Muro e barriera ***
Per pietà,
bell'idol mio,
non mi dir ch'io sono ingrato;
infelice e sventurato
abbastanza il Ciel mi fa.
Se fedele a te son io,
se mi struggo ai tuoi bei lumi,
sallo amor, lo sanno i Numi
il mio core, il tuo lo sa.
Quando Minaho era caduto a terra il gioco si era fermato. Shindou aveva
guardato Manabe sconvolto. Non immaginava che sarebbe successo
così di colpo.
L’arancione sorrideva di un sorriso sforzato. Non aveva idea
di cosa si fosse fatto, ma le fitte che a intervalli regolari gli
trapanavano il cervello non promettevano bene. Era pallido e aveva
sentito la vista offuscarsi, ma si era fatto forza per rimanere lucido
e tenersi seduto.
-Minaho! Cosa ti è successo? Non ho visto niente di
strano… qualcuno ti è venuto addosso? -Endou si
era inginocchiato davanti all’arancione.
-N… no… no mister… ho… ho
sentito una fitta e… -La voce gli si ruppe. Ci mancava solo
che si mettesse a piangere, pensò.
Manabe sospirò preoccupato -Mister…
dell’incidente di ieri aveva strani dolori al piede, ma non
aveva nulla di rotto e…
-Manabe! Come hai potuto permettere che giocasse in queste condizioni?
E se si fosse rotto qualcosa? E se non potesse più giocare?
-Tsurugi fissava severo il lilla. Manabe sbiancó.
-Io… io… -Gli tremava il labbro. Minaho sapeva
perfettamente cosa significava… era tutta colpa sua e ora
Manabe si stava prendendo la colpa… stava per piangere per
causa sua.
-No!
Tutti si votarono verso Minaho, che si sforzó di parlare
chiaramente nonostante il dolore lancinante.
-No… lui non c’entra! Sono stato io a mentirgli!
Gli ho detto che stavo bene, ma lui non voleva che giocassi! Vi
prego, non prendetevela con lui per una mia decisione idiota!
Manabe guardò Minaho stroppicciandosi gli occhi per
nascondere le lacrime che stavano per spuntare. Si era preso la
colpa…
-Ho comunque… ho comunque delle responsabilità,
ragazzi. Se… se io fossi stato più…
più attento avrei capito che non era in… in
condizione di giocare. Chiedo… chiedo perdono a tutti voi!
-Manabe abbassò lo sguardo stringendo i pugni.
-Insomma ragazzi! Basta parlare… non è il momento
di parlare di colpe… non è colpa di nessuno dei
due. Manabe non poteva immaginare, e Minaho non voleva farci
preoccupare. È stato impulsivo, ma non lo ha fatto con una
cattiva intenzione, è ovvio! -Endou era intervenuto per
fermare la discussione. -Ora ci sono altre
priorità… Tenma, Shindou, aiutate Minaho a
sedersi in panchina. Manabe, vai nel bagagliaio della mia macchina,
troverai una cassetta di pronto soccorso. State con lui e dategli una
mano, poi valuteremo se chiamare un dottore.
I tre ragazzi annuirono e si misero in moto. Shindou e Tenma sorressero
Minaho fino alla panchina e lo aiutarono a sedersi, mentre Manabe
recuperava la cassetta di pronto soccorso.
-Non… non vi dovete preoccupare affatto amici…
non è niente… niente di… -La voce
dell‘arancione si incrinó e la frase si spense in
un gemito di dolore.
Manabe appoggió a terra la cassetta di pronto soccorso e la
aprì. -Mamma mia, questa roba risalirà ai
dinosauri! Ma il mister non ha mai fatto rifornimento di medicine da
quando giocava lui, nella Raimon?
I ragazzi risero, compreso Minaho.
-
Bene… adesso devo farti un po’ male…
devo toglierti la scarpa. -Manabe sospirò preoccupato.
-Ehi Min, tienimi la mano, ok? -Tenma sorrise e prese la mano
dell’arancione. Manabe armeggió con i lacci della
scarpa e l’allargó il più possibile, ma
nonostante tutte le premure Minaho gemette di dolore.
-Scusami Min… scusa! -Manabe accarezzò la mano
dell’amico. -È andata… sei stato
bravissimo!
Cinque minuti dopo Manabe aveva individuato il problema. (-Grazie al
cielo ho comprato tutti quei libri di medicina, pensó!)
-Allora Min… ho due belle notizie e una cattiva
notizia… quale vuoi sentire prima?
-Mh… dammene una bella… -Minaho
sospirò sconsolato. -Ne ho bisogno!
Manabe sorrise. -Bene… la prima bella notizia è
che non hai una frattura.
I ragazzi esultarono. -Splendido!- Anche Minaho rise di sollievo.
-La seconda bella notizia è che il piede è a
posto. Il dolore che senti è dovuto alla slogatura e alla
grande contrattura. Si risolve con massaggi e riposo, in un paio di
giorni, massimo tre o quattro.
-E… e allora la brutta? -Minaho era perplesso.
-Bhe… la brutta è che non esiste che tu domani
possa giocare la partita. Rischieresti di non poter più
giocare a calcio se lo fai.
L’allenamento era finito in una desolante amarezza. Dopo
l’incidente Minaho si era chiuso nel silenzio e non aveva
più alzato gli occhi da terra. Manabe gli aveva tenuto un
braccio intorno alle spalle per tutto il tempo… non lo aveva
mai viso così disperato da quando era stato in ospedale.
-Ehi… ehi Min… Minaho Kazuto? Terra chiama
Minaho? Ti va di comprare del gelato per questa sera? Ci guardiamo il
tuo film preferito! E poi sai che ti dico? Vengo a dormire in camera da
te, e se ti va parliamo anche tutta la notte! -Manabe sorrideva
all’amico e gli accarezzava i capelli.
Minaho non rispondeva. Aveva stretto la mano del lilla, ma non si
azzardava nemmeno ad alzare gli occhi per perdersi nei suoi. Sapeva che
avrebbe pianto, ne era certo.
Il ritorno a casa fu difficile. -Sembriamo due invalidi di guerra!
– Manabe si era reso conto della particolarità
della situazione. Lui si reggeva ad una stampella con una gamba mezza
paralizzata, ma a sua volta sorreggeva un ragazzo alto come lui che
saltellava su una gamba sola. In strada si voltavano a guardarli!
Minaho continuava a rimanere muto. Non lo guardava e non parlava.
L’unico rumore che emetteva era qualche piccolo gemito quando
il piede fasciato sbatteva contro l’altra gamba per errore.
Arrivati a casa Manabe mise Minaho sul divano e, preso il telefono,
ordinò due pizze e una sontuosa porzione di patate fritte.
Per finire telefonò in pasticceria e si fece mandare una
bella torta gelato “con glassa arancione”.
-Eddai Min… qualcosa devi pure mangiare… ci sono
tutte le cose che ti piacciono di più… vuoi che
ti tagli la pizza? Un cuscino? Hai freddo? -Manabe era nel panico.
Minaho non era mai stato in silenzio per ore, soprattutto con lui.
L’arancione sospirò e chiuse gli occhi, facendo
cenno di no con la mano.
-Minaho… ma perché? In fondo è solo
una partita… una partita sola… è colpa
mia se non vuoi più parlarmi? Ti prego… dimmelo
se ho fatto qualcosa io! Non… non riesco a
capire… non…
Manabe singhiozzava piano. Non voleva piangere…
-Perché piango sempre? Sono un debole, solo un
debole… - pensò.
Minaho si accorse subito che il lilla soffriva. Ecco, questo era il
iimite invalicabile. Se la sarebbe fatta tagliare la gamba pur di non
vederlo stare male. Alzò gli occhi.
-Man…
Il lilla tiró su col naso e lo guardò.
-S..sí Min? – I suoi occhi brillavano di speranza.
-Scusa… sono stato egoista. È che… che
non immagini nemmeno quanto quella partita fosse importante per
me… Doveva essere il tuo regalo… volevo vincere
per portarti in finale, così avresti potuto giocare con noi
e vincere il girone insieme… la tua gamba va… va
meglio ed io ero… ero sicuro che… -Minaho
scoppiò a piangere. Non seppe nemmeno se
la colpa fosse della rabbia, della frustrazione o del dispiacere di
aver fatto star male Manabe, ma si ritrovò in lacrime.
-O Min… -Il lilla lo abbracció e lo strinse a
sé. -Sfogati… sfogati fino in fondo…
io sono qui con te…
L’arancione stringeva la maglia dell’amico mentre
gli bagnava il petto di lacrime. Dopo il ricovero di Manabe si era
ripromesso di non piangere mai più di fronte
all’amico, e invece non ci era riuscito… non ce la
faceva più a sopportare tutto quello che gli stava
capitando.
-I…io… io volevo. .. Volevo solo…
Man… io… per te… -Minaho farfugliava
frasi sconnesse.
-Respira Min… respira con me. -Il lilla accarezzava i
capelli dell’amico. -Non ti devi preoccupare… sono
certo che senza di te sarà molto più difficile
vincere domani, ma vedrai che i nostri compagni ci
riusciranno… invece se tu giocassi e… e ti
facessi male… non potrei sopportare di non poter giocare
più a calcio con te! Tutto… tutto
l’impegno che ci sto mettendo per… per recuperare
la gamba… ho così voglia di giocare con te Min!
Il respiro dell‘arancione si stava normalizzando. Manabe
riusciva sempre a farlo sentire bene… la sua
voce… il suo profumo…
-Scusa… scusa Man… sono stato un
egoista…
Manabe sorrise. -No Min… non sei egoista… sei
solo troppo buono.
La serata procedette decisamente meglio di come era iniziata. Minaho
mangiò di gusto dopo essersi sfogato, e Manabe gli
dedicò tutte le attenzioni del mondo.
-Ho deciso Min, domani vado a comprare una macchina per fare il gelato
e poi inizio a viziarti in una maniera indegna!
I due ragazzi risero. Minaho stava molto meglio grazie a ghiaccio e
pomata, e si era rassegnato a non poter giocare.
-Guarda il lato positivo Min… potremo lavorare insieme sulla
riabilitazione domani! Ora sono più che mai convinto che per
la finale la gamba sarà a posto e giocheremo insieme!
Questa motivazione serví a consolare l’arancione
più di ogni altra. Niente lo rendeva più felice
di pensare a quando avrebbero di nuovo inseguito una palla insieme,
senza preoccupazioni.
Quando fu ora di andare a letto, Minaho afferrò Manabe per
il colletto del pigiama.
-Man! Mi hai fatto una promessa!
Manabe lo guardò perplesso… a cosa si riferiva?
-Eddai… lo so che ti ricordi… ti preeeego!
-L’arancione sfoderó gli occhioni da cucciolo.
Manabe si ricordò di colpo. -Ti avevo promesso che avrei
dormito con te, se non sbaglio! Volo a prendere coperta e cuscino!
Passarono tutta la notte a parlare. Minaho non avrebbe mai detto che
Manabe fosse così bravo a raccontare storie di paura! Sotto
alle lenzuola, illuminando il piccolo antro con una torcia, il lilla
gli aveva parlato di spiriti e creature dei boschi, di diavoli e fuochi
fatui. Manabe non ne aveva mai abbastanza. Amava il brivido che si
provava… da piccolo suo padre gli raccontava delle
bellissime storie. Non se le ricordava bene, ma si ricordava il viso
serio ma buffo dell'uomo… dio quanto era bravo Manabe!
Sembrava… sembrava papà.
Andarono avanti così per ore, nonostante qualche
piccolo… incidente. (Verso le due un gufo aveva scambiato il
davanzale per un trespolo e aveva lanciato il suo
“allegro” grido alla luna. Due secondi dopo,
chissà perché, un ragazzo arancione e un ragazzo
lilla si nascondevano sotto il letto.)
Il sole stava per sorgere quando decisero di fermarsi. Manabe non
riuscì nemmeno ad allestirsi il letto sul tappeto. Si
addormentó abbracciato all’amico, stretti in un
letto ad una sola piazza, semisepolti tra i lenzuoli.
La mattina dopo, al risveglio, arrossirono come peperoni, prima di
scoppiare a ridere!
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Capitolo 24 *** Un passo dopo l'altro ***
Saggio guerriero antico
mai non ferisce in fretta:
esamina il nemico,
il suo vantaggio aspetta,
e gli impeti dell'ira
cauto frenando va.
Muove la destra e il piede,
finge, s'avanza e cede,
fin che il momento arriva
che vincitor lo fa.
Il giorno seguente era una bellissima domenica di sole. Il tempo
perfetto per giocare a calcio.
Siccome la mattina non avevano l’impegno della scuola, Minaho
e Manabe se la presero comoda. Negli occhi dell’arancione si
leggeva ancora una nota di delusione all’idea di non poter
giocare il pomeriggio, ma l’idea di starsene in panchina
insieme a Manabe lo consolava un po’.
-Sarà una partita molto difficile… ho sentito
parlare bene dei nostri avversari. -Il lilla sorrise a Minaho.
-Temo di sì… -L’arancione
sospirò e abbassò lo sguardo.
Manabe gli accarezzò una mano. -Eddai Min…
promesso che la finale la giocheremo insieme! Già oggi sento
di poter fare qualche piccolo movimento in più…
tra poco cammineró senza stampella, vedrai.
L’arancione sorrise debolmente. Manabe era troppo dolce
quando gli parlava così… non riusciva a stare
male se aveva l’amico vicino.
-Ho fatto una deduzione prima, Man. Posso esprimertela?
-Certo Min! Dimmi tutto!
Minaho si prese il mento tra le dita e fissò
l’amico. -Penso che i tuoi genitori abbiano saputo qualcosa a
riguardo della tua pratica di emancipazione. Non voglio darti false
speranze… ma altrimenti perché sparire nel nulla?
Non vorrei che i loro avvocati gli abbiano detto di tenere un basso
profilo… segno che non sono più tanto sicuri di
vincere!
Il lilla spalancò gli occhi -Magari!! Sarebbe una
bellissima notizia! Potremmo stare per sempre in questa casa senza
pericoli! Potremmo… -La voce del lilla si incrinó.
-Man, che succede? -Minaho era perplesso.
-Niente… è che… scusa, non dovevo dire
“potremmo”. Tu dovrai andare a cercare una casa,
no…? Del resto prima o poi doveva… Doveva
succedere.
Minaho scrutó l’amico che si era fatto di colpo
scuro in volto e sorrise.
-E chi ti ha detto che io voglia lasciare questo nido pieno di cibo
delizioso?
Il lilla si immobilizzó. -Vuoi… vuoi davvero
restare con me?
Minaho sorrise sornione e gli fece l’occhiolino.
-Sì, voglio rimanere con te… però
dovremo trovarci un lavoretto, i soldi non sono infiniti…
Manabe saltò addosso all’amico abbracciandolo.
-Ma… Ma è bellissimo!! Non saremo mai
più soli… sarà come avere un fratello!!
L’arancione sorrise. -Più che un
fratello… tu sei una parte di me.
Per pranzo andarono in paninoteca. Volevano festeggiare
l’arrivo del giorno delle semifinali, inoltre era a due porte
da casa loro, cosa ottima dato che Minaho non riusciva ad appoggiare il
piede a terra.
-Ho mangiato troppo… sono abituato alla tua cucina.. che
è un po’ più leggera! -Minaho
sospirò guardando il lilla. Il pranzo era stato decisamente
abbondante e piacevole.
-Bhe… se è per questo la tua lo è
ancora di più, tenendo conto che due volte su tre buttiamo
il cibo e andiamo a letto con un sacchetto di patatine e un bicchiere
d’acqua nella pancia! -Il lilla rise. Minaho fece una faccia
estremamente offesa, quindi lanciò la bottiglietta vuota
dell’acqua in faccia all’amico.
-Chi di offesa ferisce, di minerale perisce. È la legge
della vita Man!
Il lilla era completamente spettinato e i capelli gli ricadevano sugli
occhi in ciuffi vaporosi. Scoppiarono a ridere in contemporanea.
-Man, sei pronto? Allora, sei pronto?
Minaho era appostato davanti alla porta da dieci minuti. Mancavano
ancora due ore all’inizio della partita, ma non voleva
tardare nemmeno di un istante.
-Min! insomma… vuoi che venga allo stadio in mutande? Dammi
un istante! -Il lilla protestó dalla camera da letto.
-La verità è che saresti già pronto,
se non perdersi tempo ad abbinare alla perfezione capelli, mutande,
pantaloni e calzini! -Minaho ribattè in tono sarcastico.
-Senti chi parla, carotino! Io non occupo il bagno per ore per
pettinarmi la mattina!
-Infatti… tu lo occupi per darti il balsamo! Pensi che io
non abbia intuito il trucco dei tuoi capelli morbidosi come la faccia
di Shinsuke?
Un rumore sordo provenne da dietro la porta chiusa. -Minaho Kazuto, non
avrai abbastanza tempo per pentirti della tua curiosità,
quando mi troverai a infilare puntine da disegno nel tuo materasso!
I due ragazzi risero. Quei loro finti battibecchi erano un modo di
avvicinarsi ancora di più.
Mezz’ora dopo erano allo stadio, con un netto anticipo.
Manabe non era riuscito ad impedire all’arancione di correre
nonostante il dolore. Arrivò rosso in faccia e mezzo
lacrimante, ma decisamente felice… al piede c’era
tempo di pensare, ora aveva altre priorità!
La struttura era strapiena… se avessero vinto la finale
sarebbe stata giocata nello stadio cittadino, che era ancora
più capiente.
I due ragazzi presero posto in panchina dopo essersi cambiati. La
divisa li faceva sentire partecipi anche se non potevano giocare.
Tutta la squadra, allenatore compreso, si era raccomandata che stessero
attenti alla partita. -Con voi due in panchina… avremo la
migliore strategia difensiva di sempre! -Aveva detto Endou sorridendo.
Manabe e Minaho risero. L’allenatore sapeva quanto gli
costasse non giocare e cercava di farli sentire utili e partecipi.
-Ehi Man, non trovi che sia molto buffo? Non sono passati nemmeno due
mesi… Ehi Kirino!! Più a destra la prossima
volta… ho notato che il loro attaccante passa sempre da
lì!... dicevo… non sono passati nemmeno due mesi
da quando ci siamo conosciuti, e sono successe tante cose quante ne
accadono in una vita intera. Senza di te probabilmente non sarei qui.
-Nemmeno io Min… nemmeno io. Sarei morto quella notte, solo
come un cane.
-E io sarei andato in cielo con le vene aperte, temo. Non avevo nessuno
al mondo, lo sai.
Manabe sospirò. Gli faceva molto più male pensare
all’immagine di Minaho senza vita, che pensare a
sé stesso morto in ospedale.
-Niente di questo è successo Min, e mai dovrà
accadere ormai… ci siamo trovati, no? -Il lilla sorrise. Si
diedero un fugace abbraccio.
-Mh… temo che dovremo fare del nostro meglio oggi
Man… la partita sembra difficile.
-Già… dividiamoci i compiti. Tu pensi a
studiare la loro difesa, io penso al loro attacco.
I due ragazzi si sorrisero e si misero al lavoro.
Il primo tempo finí sull’1 a 1. Dopo aver preso un
goal la squadra si era scossa, e guidata dalle indicazioni di Minaho e
Manabe e dalla determinazione di Tenma era riuscita a pareggiare.
-Bravissimi tutti! Ora attenti… di sicuro nel secondo tempo
i nostri avversari cambieranno strategia.. sanno che abbiamo capito
come si muovono. -Endou era perplesso. Cosa dovevano aspettarsi adesso?
-Beh… credo di sapere cosa fare. -Manabe sorrise
sistemandosi gli occhiali.
Tutta la squadra aveva il fiato sospeso. Come aveva fatto ad
intuire… come era possibile?
-Dicci Manabe… non tenerci sulle spine! -Tenma sembrava
eccitato.
-Ecco… dovete mettervi tutti in attacco. E quando dico
tutti… intendo anche il portiere.
-Anche… il… -Shindou era allibito. -Ma
è una follia! Non possiamo!
Tutti parlavano uno sopra l’altro. Nessuno capiva.
-Silenzio ragazzi! Fate… fate come dice. Credetemi,
è la cosa migliore. -Endou sorrise.
-Abbiate fiducia… io e Minaho li abbiamo studiati bene.
Faremo goal… subito dopo potrete tornare alle vostre
posizioni normali, e saremo in vantaggio!
La squadra tornó in campo. I ragazzi erano confusi e
preoccupati, ma volevano fidarsi dei loro amici e
dell’allenatore.
Shinsuke era ancora in porta, mentre tutti e dieci gli altri
erano disposti in una lunga fila ai limiti della loro metà
campo.
-Incredibile! La Raimon adotta una nuova formazione! Cosa ci aspetta??
-Lo speaker era emozionato, il pubblico ancora di più.
Il gioco riprese. Manabe fissò Shinsuke.
-Al mio segnale…
Il portiere annuì sorridendo.
La squadra avversaria marció nella metà campo
della Raimon svuotata dai giocatori. Non capivano cosa stesse
succedendo. Perché li avevano fatto passare così?
-Tre…
Il lilla iniziò a contare a voce alta.
-Due…
Shinsuke si preparò. L’attaccante avversario
caricó il tiro. Sembrava volesse usare una supertecnica!
-Uno! Vai Shinsuke!
Il portiere scattò uscendo dalla porta.
L’attaccante avversario rimase paralizzato. Quella sorta di
coniglietto gli aveva scippato la palla dai piedi!
-Evvai!! Tua Tenma! -Shinsuke effettuò un lungo passaggio in
altezza. Tenma prese palla e travolse il portiere avversario. Era goal.
Lo stadio esplose in un boato di gioia.
I ragazzi della squadra erano entusiasti. -Come… come avete
fatto? -Shindou era perplesso.
-Niente di che… -Manabe sorrise e Minaho si
grattó il mento. -Abbiamo solo notato che i nostri avversari
sono privi di una buona difesa. .. Quella che hanno sale troppo, supera
addirittura la metà campo! Così li abbiamo
attirati in una trappola… come avete potuto vedere, Tenma ha
avuto campo libero davanti a sé!
Endou sorrideva felice. Tutti erano sconvolti dalla
genialità dei loro amici. Tenma addirittura non sapeva chi
abbracciare prima… nonostante la paura di fare male a Minaho.
La partita era praticamente chiusa. La difesa della Raimon, gestita dal
lilla, era insuperabile. Si tornó negli spogliatoi sul 2 a 1.
-Abbiamo vinto!! Siamo in finale!!!- Kirino abbracció
Shindou davanti a tutti, mentre Shinsuke e Tenma facevano i salti di
gioia. Anche Tsurugi sembrava entusiasta! -È stato tutto
merito vostro…
Manabe e Minaho sorrisero. -Niente di che… siete stati tutti
bravissimi! Grandi!!
La serata, poi, fu splendida. Mai dire la parola
“sushi” in presenza di Kariya.. Il ragazzo
conosceva i migliori ristoranti (-oltre che i peggiori! –
pensò Manabe con ironia.) della città. Brindarono
alla finale. Ora erano davvero vicini al campionato nazionale!
-Man… Man, ti prego… possiamo
fermarci… un istante?
Manabe sospirò. Era la terza pausa nel tragitto verso casa.
Il sole era oramai tramontato del tutto.
-Ti avevo detto di non correre così prima… vedi
che adesso il piede ti fa molto più male? Non si sforzano le
contratture! -La voce del lilla era pacata ma allegra. Si sedette
vicino all’amico.
-Lo so… scuuuuusa!! -L’arancione fece un sorrisone
a Manabe che scoppiò a ridere. -È che ho i piedi in fiamme, davvero! Ho le dita in avaria...
-E va bene… fermiamoci un po’… vuoi che
ti faccia un massaggio ai piedi? Altrimenti ho un’aspirina…
-No… odio prendere farmaci. Vada per il massaggio ma fai... fai presto... ho... ho i crampi!
L'arancione strinse i denti. Manabe sorrise scuotendo la testa e gli mise dolcemente le gambe sulle sue. -Tieni duro... vediamo di spegnere queste fiamme prima che i tuoi poveri piedi vadano a fuoco! Sono preziosi per la squadra, sai?
L'arancione sorrise e inarcò la schiena per il dolore mentre Manabe gli toglieva le scarpe ed i calzini. -Min! Le tue povere dita!
Le dita del ragazzo in preda ai crampi erano arricciate e accavallate l'una all'altra. Manabe prese tra le mani i piedi dell'amico. Erano bollenti e i cuscinetti delle dita erano rosso fuoco. Manabe sussultò. Conosceva ogni centimetro di pelle di Minaho, piedi compresi, e sapeva che le piante dei piedi del suo amico erano solo leggermente rosa. Poichè a casa stavano quasi sempre a piedi nudi, lo aveva visto scalzo migliaia di volte... era ancora abbastanza caldo, e in genere in casa non portavano i calzini. Era un bel sollievo per entrambi, dopo un allenamento, camminare a piedi nudi su un bel pavimento fresco. Quando guardavano un film, le gambe intrecciate sul divano, aveva avuto modo di osservare per bene le sue piante dei piedi. Minaho aveva dei bei piedi, muscolosi ma proporzionati, dalla pelle morbida e curata, e non era la prima volta che gli massaggiava i piedi... guardando la tv, alle volte semplicemente glieli prendeva delicatamente e iniziava a massaggiargli le piante dei piedi con i pollici, mentre Minaho si rilassava e gemeva di piacere. Doveva stare patendo le pene dell'inferno. Indviduò immediatamente il muscolo contratto e vi fece pressione con i pollici, disegnando movimenti circolari sotto le piante dei piedi dell'amico che gemette di sollievo, mentre allo stesso tempo gli soffiava dolcemente sotto i piedi per rinfrescarglieli. -Min, rilassa le piante dei piedi... lascia andare le dita! Sei tutto in tensione... ecco, cosi! Lascia che ti aiuti a rilassarti...
-Ci... ci sto provando, Man... Ahhhhhhhh!!! -Minaho fece un immenso sospiro di sollievo. Manabe aveva trovato un punto magico, sul cuscinetto dell'alluce. Le dita dei piedi di Minaho si rilassarono di colpo mentre il lilla si precipitava a tirarle leggermente e a massaggiarne le basi, rimettendole dolcemente al loro posto. Minaho gemeva piano di sollievo. -Man... come... come va laggiù? Cosa... cosa vedi? Mi sembri preoccupato... qualcosa non va? Come... come sono i piedi sotto?
Manabe smise per un attimo di soffiare. -Due bistecche, Min. Hai i polpastrelli in avaria. Abbiamo bisogno di acqua, ti serve un pediluvio. Qui stai andando a fuoco...
Ci vollero dieci minuti buoni di massaggio per dare un minimo di sollievo a Minaho, ma la contrattura era davvero forte e la temperatura era aumentata ancora, insieme al bruciore ai piedi del povero Minaho. Manabe era riuscito a diminuire un poco la tensione che l'arancione sentiva sotto i piedi, ma i muscoli erano ancora rigidi e doloranti.
-Man... fanno male...
-Lo so Min. Tranquillo... a casa ti aiuterò a trovare sollievo, costi quel che costi.
Ci volle un’altra mezz’ora per arrivare a casa. Far rimettere le scarpe a Minaho era impensabile, così decisero che sarebbe tornato a casa a piedi scalzi, camminando sull'erba. Mentre facevano gli ultimi metri verso casa, con Minaho che camminava dolorante, le scarpe con dentro i calzini in mano, Manabe non perdeva di vista nemmeno per un secondo i suoi piedi nudi. A giudicare da come saltellava, il suo amico stava camminando sui carboni ardenti. Era preoccupato soprattutto per i suoi polpastrelli, accesi come braci ardenti. Gli mise una mano sulla spalla e lo spinse delicatamente, assicurandosi che immergesse i piedi in una piccola pozza di fango fresco. Immediatamente un piccolo filo di fumo si alzò dalle sue dita dei piedi. Minaho sussultò e gemette di sollievo.
-Ahhhhhh... M... Man...
Manabe sorrise. -Tranquillo Min... per una volta non farò caso al pavimento sporco. I tuoi piedi sono più importanti. E ora, forza! Spingi bene quelle dita nel fango! Voglio vederti immergerle tutte!
Appena entrati Minaho si gettò sul divano mentre il lilla si precipitava a riempire un catino d'acqua.
-Un pediluvio!! presto, togliti i calzini!! devi fare un pediluvio!! Acqua!! Acqua per i tuoi piedi!!
-Man... brucia!!! Brucia!!! AHI!! UHI!!! AHI!!! UHI!!! Ti prego, fai presto!!! I piedi mi vanno arrosto!!! AHI!! UHI!! AHI!!! UHI!!! Brucia!!!! -Minaho armeggiava disperatamente con i calzini, urlando di dolore. Quando finalmente riuscì a strapparseli dai piedi li gettò a terra, muovendo freneticamente le dita dei piedi nudi nel tentativo di rinfrescare lo spazio tra le dita e raffreddare le piante dei piedi, cercando disperatamente di calmarsi i bruciori. Si afferrò i piedi ed iniziò a soffiarci sotto. Quando vide che aveva le piante in fiamme, urlò di preoccupazione.
-Le mie piante!! Man!! Le mie piante dei piedi!! Acqua!! Acqua, per pieta!! Dammi dell'acqua!!
-Resisti Min!! Resisti!!- Manabe corse in salotto con il catino tra le mani. -Ok Min... i pompieri sono arrivati! i piedi nell'acqua, presto!!! Datti sollievo!!!
Minaho obbedì e immerse precipitosamente i piedi nel catino. Immediatamente urlò e gemette di sollievo. -AHHHHHH.... ahhhhhhh.... ahhhhhh.... fiuuuuuu!! Man... senti anche tu questo fischio? Fsssssssss... sono i miei piedi in fiamme che si stanno spegnendo... che... che sollievo... -Minaho sventagliò le dita dei piedi per raffreddare gli spazi tra le dita, quindi mosse lentamente le dita dei piedi con un gemito. -Ahhhh... che sollievo ai piedi! Ho... ho di nuovo il controllo delle mie dita dei piedi...
Manabe rise, prendendo delicatamente tra le mani i piedi scalzi di Minaho, iniziando a soffiargli aria fresca sotto i piedi e guardandogli le piante. Sotto i piedi dell'arancione la situazione si stava normalizzando. Anche se aveva ancora i polpastrelli, i cuscinetti delle dita dei piedi e i talloni fortememte arrossati, le piante dei piedi di Minaho stavano tornando pallide come sempre. Il lilla sospirò di sollievo. -Fammi vedere i piedi... fiuuuu!! Molto meno rossi, grazie a Dio. Abbiamo spento le fiamme. Come ti senti? Come senti i piedi? Bruciano molto? Vado a prendere della pomata rinfrescante da spalmarti sotto i piedi e tra le dita... tieni duro.
-B...bruciano ancora un po'...
Manabe scosse la testa, preoccupato. -Aspetta Min... ho un'idea.-
Manabe si sedette sul divano a fianco dell'arancione, che si stava sventolando con le mani per dare aria ai piedi doloranti, si slacciò le scarpe e se le tolse. Quindi si levò i calzini e li buttò per terra accanto a quelli di Minaho, alzando le gambe e sistemandole sul divano.
-Ok Min... proviamo così. -Manabe allungò le gambe verso l'amico. -Appoggia le tue piante dei piedi contro le mie. Equilibriamo la temperatura.-.
Minaho sembrava titubante. Non voleva fare male al suo amico, ma il bruciore era troppo forte. Mugolando di dolore appoggiò le piante dei piedi contro quelle di Manabe, intrecciando leggermente le dita con le sue. Ebbe subito un piccolo fremito di sollievo... la pelle di Manabe era fresca e morbida. Guardò i loro piedi... quelli di Manabe erano leggermente più piccoli dei suoi, ma il lilla si era assicirato di sistemarsi in modo da rinfrescare tutte le zone più arrossate di Minaho. L'arancione non riuscì a trattenere un gran gemito di sollievo, rilassando le spalle e chiudendo gli occhi. Manabe, per dargli più sollievo, aveva iniziato a usare le dita per massaggiargli le piante dei piedi. Minaho ringraziò mentalmente i piedi di Manabe, e il calcio che glieli aveva resi così flessibili e forti. Desideroso di ricambiare piacere e sollievo, aveva iniziato a sua volta a usare le dita per massaggiare i piedi a Manabe. In poco tempo gemevano entrambi di sollievo, massaggiandosi i piedi a vicenda.
-Ehi… ehiehiehi Min… riesci a trascinanti fino al
letto? -Il lilla bisbigliava all’orecchio
dell’amico che era crollato sul divano.
-Mh… cos… -Minaho mugugnó nel
dormiveglia.
-Sigh… ho già capito! -Il lilla
sospirò sorridendo.
Manabe prese dolcemente l’amico tra le braccia e lo
portò sul letto. (-Ma quanto… pesi…
Min?) Gli rimboccó le coperte e gli sistemó i
capelli, quindi si voltó per uscire. Aveva già rassicurato i compagni di squadra sulla sua condizione di salute mandando sul gruppo della sqyadra uno scatto delle sue piante dei piedi, che andavano molto meglio ed erano tornate pallide come sempre.
Era già sulla porta quando sentì un bisbiglio nel
buio, proveniente dal letto.
-Ti… ti voglio bene.
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Capitolo 25 *** Sorgi guerriero vindice ***
Oh man, what a world, the
things I hear
If I could act on my revenge, then, oh, would I?
Some kill, some steal, some break your heart
La notte passò rapida come era venuta, in un sospiro,
appannando appena i vetri del cielo. In un istante, o forse due,
sembrò arrivare la mattina.
-Dai Min… eddai… dobbiamo andare! Purtroppo
abbiamo scuola… -Il lilla stava scuotendo l’amico
per le spalle, ma Minaho non sembrava avere intenzione di svegliarsi.
-Mh… brh…. C… cosa vuoi Man?
-L’arancione si accucció più
profondamente sotto alle coperte. -Lasciami dormire… ti
preeeego…
Manabe rise. -Non esiste Min! Fooorza!
L’arancione si tiró le coperte sul naso e riprese
beatamente a ronfare, in spregio a quanto detto dal lilla.
Manabe si prese il mento tra le mani, in un gesto che ricordava
particolarmente Minaho. -Mh… a mali estremi…
Il lilla prese la coperta e le diede un violento strattone.
L’amico spalancò gli occhi di colpo.
-Man… mi hai tolto la coperta vero?
-Sì. -Il lilla sorrise sornione.
-E… e io dunque sono…
-Sì carotino, sei in mutande. Per l’esattezza sto
osservando dei bellissimi orsacchiotti rosa.
L’arancione balzò in piedi come una molla. -Manabe
Jinichirou! Cosa… cosa guardi? Sono… sono le
ultime mutande pulite che mi erano rimaste, sono stato costretto!
-Mh… -Il lilla sorrise sarcastico. -Dunque anche quelle di
ieri, con i gattini gialli…
Minaho sbiancó,, quindi arrossí come un fuoco
d’artificio.
-Tu… tu… tu.. I miei… i miei boxer. ..
Cosa. ..
-Ahhh! Capisco Min! -Il lilla era spietato. -Anche quelle di
due giorni fa, con i cuoricini rossi erano tra le ultime! Ora
è tutto chiaro!
Minaho saltò addosso all’amico e gli
tappó la bocca buttandolo sul letto. Risero di gusto. -E va
bene… vado a lavarmi. -L’arancione si arrese.
-Bravo…- il lilla gli prese le guance. L’arancione
fece una faccia offesa.
-E comunque… -Minaho si diresse verso la porta. -E comunque
erano carine!
I ragazzi fecero colazione in pochi minuti. Adesso Minaho era ben
sveglio e come suo solito si era lanciato in lunghe deduzioni su come
Manabe, a suo dire, avesse fatto a cuocere così bene la
pancetta o ad abbrustolire il pane. Il lilla sorrideva di quei
complimenti venati di bonaria invidia.
-Oggi abbiamo inglese... che noia! -Minaho odiava le lingue straniere.
Strano per uno che voleva fare il detective.
-Ma Min… se hai dieci anche li! Di cosa ti lamenti! -Il
lilla rise dando un buffetto sul braccio dell’amico.
-Il fatto di andare bene non vuol dire che una materia mi debba
piacere… purtroppo! -Minaho sospirò sconsolato.
-Vabbè… non ti preoccupare…
un’ora passa in fretta, poi abbiamo matematica! -Il lilla
sospirò sognante.
-Ceeeerto… peccato che quello che la prof fa adesso tu lo
facessi a due anni… -Minaho sorrise all’amico, che
arrossí.
La giornata scolastica iniziò subito con una bella
notizia… sciopero degli autobus, una cosa che in Giappone
avviene ogni morte di papa.
-Che gioia! -Manabe sorrise sarcastico. -Forza… dobbiamo
sbrigarci!
I due ragazzi, come potevano fra cerotti, stampelle e doloretti vari,
si fiondarono lungo la via principale verso la scuola. La
città si stava svegliando. I bottegai alzavano le serrande e
uomini e donne ben vestiti si avviavano al lavoro.
Si respirava odore di colazione provenire dai bar e dai locali, insieme
al l’odore acre dell’inchiostro. Le edicole stavano
ricevendo ed esponendo i giornali del giorno.
La scuola, con i suoi cancelli e il suo vialetto costeggiato da ciliegi
vigorosi, apriva le sue porte ai due ragazzi. Erano riusciti ad
arrivare in orario, e molti studenti ancora di attardavano in cortile o
nei corridoi a chiacchierare e scambiarsi libri e quaderni.
Minaho e Manabe entrarono in classe quando ancora non c’era
quasi nessuno e si sedettero ai loro banchi estraendo dallo zaino i
libri della prima ora.
-Con cosa si inizia già, Min?
-Mh… chimica credo… non male.
La lezione fu molto strana. Manabe fu felice di vedere che
l’insopportabile Kitama era ancora più pesto di
quando immaginasse. Di certo la sua spocchia aveva avuto un bel colpo!
Nonostante questo però il lilla non riusciva a non pensare
che tutti stessero guardando Minaho.
Il professore stesso, inoltre, era sembrato molto stupito di vedere
l’arancione. Era uscito subito per tornare pochi minuti dopo,
e lo aveva poi osservato imbarazzato per tutta la mattina. Minaho, da
parte sua, sembrava non essersi accorto di nulla, e si stupì
quando alla fine della lezione fu chiamato fuori dalla porta.
Manabe era perplesso… cosa stava succedendo? Minaho gli
sorrideva e gli diceva di stare tranquillo, che di sicuro erano
questioni di segreteria… ma lui non sapeva se crederci
davvero. Con la coda dell’occhio aveva visto qualcosa che non
gli era piaciuto… la preside aspettava dietro la porta.
Passò qualche minuto. Kitama, un occhio nero semichiuso e
l’altro iniettato d’odio, lo guardava sorridendo
cattivo. Qualcosa non andava… perché Minaho non
tornava?
La porta si aprì di colpo. Minaho rientrò
accompagnato dal professore dell’ora successiva.
Marció attraverso la classe e afferrò i suoi
libri, cacciandoli nello zaino. Aveva gli occhi iniettati di sangue e
un colorito arrossato. Manabe sentiva che respirava in
maniera esageratamente rapida.
-Ma… Ma cosa stai facendo Min? Perché…
perché metti via tutto? -La voce del lilla tremava
-Manabe, me ne devo andare.
-Co… cosa? E dove, di grazia?? Che…
Minaho strinse i pugni. Manabe mi era convinto che si trattenesse
dall’urlare, o forse dal piangere… non riusciva a
capire. L’arancione prese la mano dell’amico. -Se
ti fa male lo ammazzo. Stagli… stagli lontano.
Manabe era sconvolto e confuso. Guardò spaventato
l’amico, che sospirò prima di infilarsi la felpa e
uscire dalla classe senza voltarsi indietro.
I professori delle ore seguenti non proferirono parola su quanto
accaduto, preoccupando ancora di più il lilla che ormai non
sapeva più cosa pensare. Aveva mandato un messaggio a Minaho
a ricreazione, aveva provato a telefonargli e a telefonare a
casa… nessuno rispondeva. Iniziava ad essere davvero
spaventato.
Finalmente le lezioni giusero a conclusione. Manabe si
precipitó nel corridoio… voleva correre a casa il
prima possibile, aveva un brutto presentimento. Doveva essere successo
qualcosa.
Era preso da questi pensieri quando sentì qualcuno
afferrarlo per il colletto della camicia. Era Kitama.
-Ehilá, storpio!- Le botte prese da Minaho gli avevano fatto
gonfiare una guancia, e ora aveva una voce ridicola e cattiva. -Il tuo
amichetto ha avuto quello che si meritava, non trovi?
-Cos… cosa stai dicendo? Parla! A cosa ti riferisci?
-Al fatto che lo hanno espulso da scuola… mi ha picchiato,
sai? Ho rischiato di morire!
Manabe era sconvolto. Non aveva mai odiato qualcuno così
intensamente… falso, spia, malvagio e codardo, questo era
Kitama.
-Tu… hai… tu lo hai denunciato?
Kitama sorrise sarcastico. Valeva più di mille risposte.
Manabe scattò in un istante. Afferrò la gola del
ragazzo e lo schiantó contro il muro. Non pensava di avere
così tanta forza… miracoli
dell’adrenalina. Gli teneva il gomito sotto la gola e la mano
sinistra a pugno contro la bocca dello stomaco.
-Tu! Feccia schifosa!! Ti dovrei ammazzare di botte, ma sai cosa
c’è? Che so che gli idioti come te sono solo dei
ridicoli, stupidi, inutili codardi, e non ne varrebbe la pena!
Kitama, per la prima volta nella sua vita, sembrava preso di sorpresa e
spaventato. Nemmeno i suoi “amici” nel corridoio si
azzardavano ad intervenire. In fondo godevano a vederlo per una volta
umiliato.
Manabe lo fissò con gelido disprezzo. -Ringrazia il cielo
che non ti faccio ingoiare la tua stessa lingua. -Il lilla
sputó in faccia al ragazzo. -E ora sparisci dalla mia vista
e dalla mia vita!
Manabe molló la presa. Kitama si rese conto di essere
circondato. I suoi sgherri non si muovevano, e molti altri ragazzi
erano accorsi accorsi a vedere la scena parteggiando per Manabe. Col
tempo si erano resi conto di chi fosse il grande, che si faceva sempre
più prepotente e violento.
Kitama lanciò alla folla uno sguardo imbevuto
d’odio e corse via, sparendo alla loro vista.
Manabe aveva preso un taxi per arrivare a casa. Il bus era lento, e lui
con la sia stampella ci avrebbe messo ancora più tempo.
Appena entrato nel vialetto capí subito che qualcosa non
andava. La luce del salotto era spenta e non si sentiva nessun rumore.
Entrò in casa… nessuno in vista.
Corse in tutte le stanze in preda all’ansia prima di sedersi
sconsolato sul divano. Perché Minaho non
c’era? Perché non rispondeva al telefono?
Fu allora che vide qualcosa sul tavolino. Un biglietto. Lo
afferrò e lo lesse immediatamente. Era scritto nella bella
calligrafia di Minaho, e bagnato di piccole chiazze rotonde…
lacrime.
“Manabe, amico mio.
Come vedi tutto è precipitato più in fretta,
più velocemente di quanto avremmo mai potuto immaginare.
Questa mattina mi hanno espulso da scuola. È solo
l’ennesimo colpo di una vita dolorosa, avrei potuto
reggerlo… ma non quello che ne segue.
La preside ha cercato i miei genitori, ovviamente non trovandoli.
È venuto fuori tutto, Man. Vogliono mettermi in
orfanotrofio… mia zia non mi riprende in casa, ovviamente.
Non posso permetterlo, capisci? Se mi trovassero qui sarebbe la fine
anche per te e per la tua causa di emancipazione. È ora che
me ne vada.
Man, sei stato la cosa più bella della mia vita, e voglio
che sappia che non è colpa tua. Non è mai stata
colpa tua… quello che hai fatto per me è
incredibile.
Un grande poeta diceva “alta è la
notte”… la notte della mia vita non è
mai finita. Credevo di avere assaggiato il sapore
dell’alba, ma evidentemente non era destino. Io non
so cosa ci sia in cielo, cosa ci guardi da lassù, ma sappi
che l’unica cosa che mi fa soffrire, ora che arriva per me
l’ora dell’ultimo rimpianto, è sapere
che ti lascerò da solo.
Se un giorno potrai perdonarmi, forse ti ricorderai di me come di un
debole, ma un debole che ti ha voluto bene come ad un fratello.
Ti guarderò sempre. Ti guarderò nei tramonti, ti
guarderò dalle nubi scure cariche di pioggia e dalla foschia
dell’autunno che profuma il bosco. Ti guarderò nel
Sole e ricorderò il tuo sorriso, ti guarderò nei
fiori del monte e crederò di accarezzare i tuoi capelli. I
morti non hanno rimpianti, ricordi? Me lo dicesti tu. Spero che sia
vero… è che se non possono avere rimpianti,
possano però avere ricordi. Io ti ricorderò
sempre e ti aspetterò lassù.
Tuo Min.”
Manabe era sconvolto, distrutto, annientato
Non sapeva chi chiamare, a chi chiedere aiuto. Sentí le
lacrime premere per uscire e la nausea sconvolgergli lo stomaco.
No.
No. Basta essere deboli. Manabe si riscosse per la forza del dolore e
della paura. Doveva correre. Forse non era troppo tardi. Doveva correre.
-Minaho… sto arrivando. Dio, dammi solo qualche istante
ancora…
|
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Capitolo 26 *** Torna subito indietro ***
Suicidio!... - In questi
fieri momenti
tu sol mi resti,
e il cor mi tenti.
Ultima voce
del mio destino,
ultima croce
del mio cammin.
Manabe correva al massimo della velocità che gli permetteva
la stampella. La strada era ancora piena di ragazzi e bambini che
tornavano da scuola, e un tiepido sole scaldava la città.
Il lilla teneva ancora stretto in pugno il foglietto che Minaho gli
aveva fatto trovare, coperto di parole, al suo ritorno da scuola. Non
era possibile fraintendere cosa l’amico intendesse con
“andarsene”. Era qualcosa di troppo orribile
perché Manabe potesse anche solo immaginarlo.
Sapeva dove andare. Si era mosso a colpo sicuro… qualcosa lo
guidava. Del resto aveva una sola possibilità. Se avesse
sbagliato… ma poteva anche essere già troppo
tardi. Ricacció indietro le lacrime e la nausea.
Correva. Correva e inciampava sui suoi stessi passi e sulla stampella,
cadendo e poi rialzandosi ogni volta. Doveva arrivare a destinazione
subito, o qualcosa si sarebbe spezzato per sempre.
Il rumore della città che pranzava lasciò il
posto al dolce suono del fiume. Il ponte brillava sotto la luce della
tarda mattinata come un diamante d’acciaio. Manabe
avvistó l’argine.
Attraversò la strada con il cuore in gola e
superò la china. Lasció che il suo sguardo
corresse per il campo… non c’era nessuno in giro a
quell’ora, e si sentiva lo scrosciare placido
dell’acqua impegnare l’aria.
Lo vide.
Era di spalle, seduto a gambe incrociate davanti all’acqua,
la testa ripiegata sul petto.
Manabe senti una fitta di sollievo. Non era troppo tardi.
Corse giù per le scale finendo per cadere e sbattere il
ginocchio. Ignoró il dolore e si rialzó
immediatamente trascinandosi verso il ragazzo seduto.
-Minaho!! Minaho!! Qualsiasi cosa tu stia facendo, fermati subito! -La
voce del lilla era rotta dall’angoscia e dalla mancanza di
fiato.
L’arancione non si voltó. Manabe vide che la testa
tremava leggermente, come se stesse piangendo.
-Min… Minaho… aspetta…
Aspettami… -Il lilla cadde sull’erba di fianco
all’amico, senza più fiato e in preda ai crampi.
-Cosa… cosa vuoi…
L’arancione respirava piano. Perché non
alzava gli occhi?
-Min… insomma… perché…
perché non mi guardi… ho avuto così
paura…
Manabe prese la mano dell’amico. Era freddo. Con
l’altra mano gli accarezzava dolcemente i capelli.
-Minaho… perché sei così
gelido… guardami…
L’arancione alzò gli occhi e fissò
Manabe. Il suo sguardo era disperato, vuoto.
-
Man… Man… non… non dovevi vedere
questa… questa scena…
Il lilla sentiva qualcosa colargli sul polso che reggeva la mano di
Minaho. Abbassò gli occhi lentamente. In cuore pregava di
non vedere quello che temeva…
Sangue.
Sangue rosso che scolava lentamente da un grosso taglio preciso sul
polso dell’arancione.
Manabe si immobilizzó. Aprì la bocca senza
pronunciare parola né emettere nessun suono. Non poteva
essere vero.
-P…per…perdonami. -Minaho sussurrò con
un filo di voce mentre lentamente si appoggiava a terra. -P…
perdonami…
Manabe non sentiva più niente. Gli sembrava di essere dentro
una campana di vetro. Sentiva solo un suono.
L’urlo, lo stridio violento e selvaggio di
un’anima che si alza dal corpo per raggiungere il cielo.
Davanti agli occhi del lilla passò tutta la sua vita. La sua
solitudine, la sua lotta continua per essere amato, il suo
dolore… e poi questo.
-Tutta la mia vita… una sequenza di fallimenti…
-pensò.
Non aveva saputo proteggere l’unica cosa che amava, e ora
avrebbe vissuto con un rimorso in più, con una ferita
sanguinante in più nel cuore. Se solo fosse corso
più veloce… se fosse uscito prima da scuola, se
non avesse riletto due volte quel biglietto che gli sembrava troppo
assurdo per essere vero… aveva fallito ancora. La vita si
era vendicata, la vita gli aveva fatto capire che sarebbe sempre stato
un’ombra di passaggio in un mondo lontano.
-No.
Se un Dio esiste, qualunque sia il suo nome, mostrò al mondo
di essere padrone del destino degli uomini. Manabe sentiva qualcosa
dentro, qualcosa di nuovo. Non avrebbe più accettato il
dolore. Avrebbe combattuto, anche solo contro il mondo, non si sarebbe
mai arreso. Mai.
Si tolse la camicia rimanendo in maglietta e la strappò con
i denti ricavandone un qualcosa di simile a una striscia. La
legò con forza sul polso di Minaho. Si sfiló
quindi il bracciale che gli aveva regalato l’arancione quando
era stato in ospedale. Guardandolo per un istante ebbe una fitta di
dolore, ma si riprese subito.
Strinse il bracciale all’altezza del gomito
dell’amico al massimo possibile. Non era un laccio
emostatico, ma sperava che potesse rallentare il flusso del sangue.
Mise due dita sotto la mandibola di Minaho. Il battito, debolissimo, si
percepiva ancora.
-M…Man… -Il lilla si immobilizzó.
Prese tra le mani il viso dell’arancione. Era sveglio? Poteva
sentirlo?
-Minaho!!! Minaho!! Mi senti??
-S.. Si… scu… scusa… -La voce
dell’arancione era poco più di un sussurro. Non
riusciva a tenere gli occhi aperti.
-Ssst! Silenzio… non parlare…. Pensa solo a
tenere duro! Ci penso io… ce la farai… ce la
farai… -Il lilla non capiva se lo diceva a Minaho o a
sé stesso.
Manabe passò delicatamente un braccio sotto la schiena di
Minaho e lo sollevò adagiandoselo sulle spalle. Non sapeva
nemmeno lui come facesse ad avere una forza simile… era come
con Kitama, poco prima.
-Tieni… duro… adesso… andrà
tutto.. Bene…
Il lilla, puntando la stampella sotto l’ascella e reggendola
nell’incavo del braccio in un modo che nemmeno lui avrebbe
creduto possibile, passo dopo passo risaliva l’argine.
Arrivato in strada ebbe solo la forza di chiamare aiuto, poi cadde,
riuscendo a malapena a fare scudo con il suo corpo a Minaho.
Rimase più di un minuto sotto il corpo
dell’arancione. Sentiva il suo respiro debole…
sentiva che cercava di dirgli qualcosa… forse voleva dire
che gli dispiaceva?
-Ragazzo! Ragazzo, cosa succede? -Un uomo anziano aveva parcheggiato la
sua piccola utilitaria e si era precipitato dai due. Li aveva visti con
la coda dell’occhio ed aveva immediatamente inchiodato.
-Io… lui… a… aiuto… -Manabe
era stremato.
Il signore non fece domande. Issó sulle spalle Minaho e lo
adagió sul sedile posteriore della piccola macchina, quindi
corse ad aiutare Manabe ad alzarsi. Gli porse la stampella e lo
sorresse fino alla macchina.
-Io… grazie. -Il lilla lacrimava.
-Lascia stare… non so cosa sia successo, ma qualunque cosa
sia dobbiamo muoverci. L’ospedale è troppo
lontano… non ce la farebbe… Dove diavolo posso
portarvi!! -L’uomo era nervoso e preoccupato. Si torceva le
mani.
-Io… io ho un’idea! Ci porti… ci porti
alla scuola … siamo della… siamo della
Raimon… C’è una buona
infermieria… ed è l’unico posto
vicino… -Il lilla riusciva a ragionare solo grazie alla sua
volontà assoluta di salvare l’amico.
L’uomo non fece domande. Ripartí spingendo al
massimo la sua macchinetta e superò vari limiti di
velocità. Tempo cinque minuti ed erano a scuola.
Manabe vide dal finestrino l’allenatore. -Mister!
Mister!!! Ci aiuti la prego!
Endou era sconvolto. Cosa stava succedendo ora? Perché
Manabe urlava? Quando vide un uomo anziano estrarre dalla macchina un
corpo esanime ebbe una stretta al cuore. Riconobbe Minaho.
-Portatelo dentro! Corro a chiamare la dottoressa!
Avvenne tutto in pochi minuti.
Minaho fu steso sul lettino dell’infermeria e la dottoressa
della scuola gli suturò e fasció il taglio.
-Non avere paura… per poco, ma è salvo.
Penso… penso che sia merito di questo laccio emostatico
improvvisato. Chiunque l’abbia messo è stato
bravo. -La donna sorrise debolmente a Manabe che si torceva le mani su
una sedia.
Il lilla sospirò di sollievo… era arrivato in
tempo dunque! La dottoressa aveva detto che Minaho aveva perso molto
sangue, ma gli aveva fatto una trasfusione. Ora il ragazzo stava
riposando, ma non era in coma e si sarebbe svegliato presto.
Dopo aver salutato Manabe che lo aveva ringraziato fino alle lacrime il
signore anziano se ne era andato come era venuto… -Forse
è un angelo. -Pensò il lilla.
Endou, sconvolto, si era fatto raccontare tutto dopo aver permesso a
Manabe di prendere fiato ed averlo costretto a bere una camomilla.
Camminava avanti e indietro per l’anticamera
dell’ambulatorio gesticolando e insultando la preside e i
professori. Manabe non lo aveva mai sentito imprecare. .. Era strano.
-Come hanno potuto! Maledetto idioti, stupidi ipocriti! Se
pensassero alle conseguenze delle loro azioni… maledetti!
Ovviamente il soggetto della sfuriata erano quegli insegnanti che
avevano espulso l’arancione senza nemmeno sentire le sue
ragioni. Endou odiava le ingiustizie. -Mi farò
sentire… mi farò licenziare se serve, ma lo
riammetteranno a scuola, lo giuro sul mio onore!! Guarda cosa gli hanno
fatto… orfanotrofio! Non esiste!! Non è
possibile!! Troveremo una soluzione… dobbiamo trovarla!
Nel frattempo Manabe sospirava, la testa tra le mani. Vide la
dottoressa uscire dalla stanza.
-Dottoressa!! Dottoressa… la prego… posso entrare
con lui? Non… non voglio che stia da solo…
-A dire il vero… sarebbe meglio…
Gli occhi di Manabe si riempirono di lacrime.
-Oh! Al diavolo le procedure! Entra pure… è
meglio che tu sia con lui quando si sveglierà. -La donna
guardò Manabe con determinazione. Il lilla si
inchinó in segno di rispetto e la ringraziò con
voce rotta.
Erano passate quasi tre ore. La squadra aveva saputo cosa era successo
e uno ad uno erano passati per salutare Minaho… ma solo
Manabe era rimasto ogni istante di fianco a lui, tenendogli la mano.
Gli aveva parlato a lungo, come se fosse stato sveglio. Il suo cuore si
era riempito di gioia quando aveva visto il respiro rinforzarsi e un
minimo di colore tornare pian piano sulle guance dell’amico.
-Min… io… io non so perché tu abbia
fatto una cosa così… Dio… non
dormirò più la notte con il terrore che tu
possa… che tu possa rifarlo! Perché…
perché lo hai fatto??
Il lilla aveva il cuore a mille. Si sentiva pieno d’angoscia.
Sospirò e abbassò il capo appoggiandosi al petto
dell’amico. Sí abbandonò in
quell’abbraccio respirando il profumo di arancio del
bagnoschiuma di Minaho mentre gli accarezzava i capelli. Chiuse gli
occhi.
-M… Man?
Il lilla si riscosse immediatamente. Alzò lo sguardo, gli
occhi velati di lacrime. Il suo cuore esultó quando si
tuffó nell’oceano verde degli occhi
dell’amico.
-Man… Dove siamo? Cosa… cosa è
successo? -Minaho sospirò debolmente. Sembrava che
avesse ricordato di colpo tutto.
-Min … oh Min…. -Manabe piangeva
-Scusami. Io…
Il lilla gli chiuse la bocca con la mano. -Non parlare,
abbracciami… amico mio.
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Capitolo 27 *** Colpa ***
Why can't you see this
boat is sinking
(this boat is sinking this boat is sinking)
Let's go down to the water's edge
And we can cast away those doubts
Some things are better left unsaid
But they still turn me inside out
Turning inside out turning inside out
Tell me...
Why
Tell me...
Why
Quando furono passate un paio d’ore dal risveglio di Minaho,
e si andava oramai verso metà pomeriggio,
l’allenatore Endou propose ai ragazzi di riportarli a casa in
macchina. Non era possibile altrimenti, visto che Minaho era ancora
troppo debole per camminare.
-Per quanto riguarda la questione orfanotrofio… non
preoccupatevene per ora. Mi presenterò in commissariato e
rilasceró una dichiarazione in vostro favore. Ho degli amici
dei tempi della scuola lì… non mi piace usare le
amicizie per ottenere favori, ma stavolta il gioco vale la
candela. Così guadagneremo tempo. Poi tornerò a
scuola, seguirò gli allenamenti e a fine giornata
passerò in presidenza a parlare con la preside. Quella donna
non è cattiva, spero di farle capire come stanno le cose.
Vedrete… troveremo una soluzione a tutto.
Manabe si fidava dell’allenatore, e comunque non potevano
fare altrimenti. Del resto ora gli interessava solo del suo
amico, che se ne stava sul lettino mangiando un panino al prosciutto.
Aveva perso abbastanza sangue e doveva riprendersi.
-Minaho, te la senti di andare? Ti sorreggo fino alla
macchina… -Il lilla inforcó la stampella.
-Certo… certo. Andiamo a casa.
Minaho si sedette, quindi fece per alzarsi. Come appoggió
piede a terra gli credettero le gambe e cadde in ginocchio.
-Sc… scusatemi… non… non ce la
faccio…
-Manabe, per favore, vai ad aprire la portiera della macchina.
È parcheggiata sul retro… quella rossa, ricordi?
A lui ci penso io… -Endou sorrise al ragazzo lilla, che
corse ad obbedire all’ordine.
-Bene… Ti prendo in braccio! Mettimi le braccia intorno al
collo… ti tengo stretto, ok? -L’allenatore fece
l’occhiolino a Minaho e lo sollevò delicatamente.
-Ti fa male qualcosa? Va bene così?
-Sì. .. va bene… -Minaho si strinse
all’allenatore.
Deposto Minaho sul sedile posteriore Endou si mise alla guida. Tempo
dieci minuti ed erano davanti a casa del lilla.
Manabe aiutò il mister a portare dentro l’amico e
a distenderlo sul divano, quindi si sedette finalmente sulla poltrona.
Non aveva ancora avuto tempo di rendersi conto di quanto fosse stanco.
-Bene ragazzi… io vado allora, non c’è
tempo da perdere. Questa sera passerò a portarvi qualcosa da
mangiare e a dirvi tutti gli sviluppi, ok? -Endou sorrise ai due
ragazzi.
-Ma… non si deve disturbare… -Manabe fece per
alzarsi. -Cucineró… Cucineró io
qualcosa…
-No Manabe, devi riposarti anche tu, e stare insieme a Minaho.
Penso… penso che abbiate delle cose da dirvi.
Un’altra cosa… puoi darmi del tu senza problemi.
-Il mister sorrise.
-Io… la ringrazio… ehm… ti ringrazio!
-Manabe sorrise debolmente. -A dopo allora… non
preoccuparti, ci penso io a Min…
L’allenatore sorrise. Quei ragazzi gli piacevano.
Uscì di casa determinato a farsi valere.
Minaho era sul divano, preso dai suoi pensieri. Come gli era passato
per la mente di cercare di uccidersi? Era davvero così
debole, o così disperato, da non tenere conto del dolore di
Manabe? Leggeva la paura nei suoi occhi. Questa volta gli aveva fatto
male davvero. Era una ferita che non sapeva guarire.
-M…Min… ti ho… ti ho portato del
latte… b… bevilo tutto… devi
riprendere le forze. -Il lilla si sforzava di sorridere.
-Grazie… grazie Man… adesso lo bevo,
promesso.-Minaho sentiva il trauma dell’amico. Il senso di
colpa gli scavava lo stomaco come un pugnale spuntato.
Mentre guardava Manabe salire le scale, lento e fragile sulla sua
stampella, la schiena ricurva, per andare a prendergli una coperta.
Aveva già visto quel tipo di fisicità nelle foto
dei profughi di guerra. Il fisico che faticava a sostenere il peso
dell’anima. Le lacrime gli invasero gli occhi.
-Man… Man, io…
-Per… per favore, non voglio parlare Min, non adesso.
-Io. .. -Minaho si mordeva le labbra.
-Perdonami, sto male. Non badare a me.
Per tutto il pomeriggio l’arancione aveva seguito con gli
occhi l’amico. Vedeva che gli tremavano le mani e che era
pallido. Non era mai successo che non gli volesse parlare.
Era tutta colpa sua… voleva sparire, voleva buttarsi a terra
e piangere, ma a cosa sarebbe servito?
Manabe da parte suo stava malissimo. Sentiva come una palla di cannone
nello stomaco e un coltello infilato nel petto. Aveva gli occhi
offuscati dalle lacrime e sentiva dentro di sé che non
sarebbe più stato bene. Aveva paura. Una paura folle, una
paura terribile. Davanti agli occhi gli passava continuamente la scena
di Minaho riverso al suolo, di Minaho sporco di sangue, la sua voce che
gli diceva addio… non se ne sarebbe liberato più.
Voleva solo chiudersi in camera a piangere, ma non poteva lasciare
Minaho. Sentiva che se lo avesse perso di vista sarebbe successo di
nuovo, lo sentiva…
A sera l’allenatore suonò il campanello come
promesso. Manabe lo fece entrare e lui scaricò sul tavolo della cucina
una grande quantità di pacchetti. -Mia moglie ha cucinato
qualcosina… non è la cuoca migliore del mondo, ma
ci mette tanto impegno. .. -Endou arrossí.
-Grazie… è davvero troppo… siete
troppo gentili… -Manabe sorrise debolmente. Gli tremava il
labbro.
-Ehi, Manabe… sei arrabbiato con lui, non è vero?
-Endou si sedette e mise la mano su braccio del lilla.
Sospirò.
-Io… io…
-Non devi tenere tutto dentro. A volte le cose devono crollare per
tornare come prima, anzi più belle di prima.
-L’allenatore aveva chiuso con noncuranza la porta della
cucina. -Se devi dire qualcosa, fallo.
-È che… è che… è
stato così egoista!! -Manabe era rosso in volto e lacrimava.
-Perché? Perché mi ha fatto questo?
Come farò ora… vivrò nel terrore che
ci riprovi… che…
-Manabe… non è stata colpa sua… a
volte. .. a volte ci sono cose che si fanno perché si
è accecati da qualcosa… credo che ci sia qualcosa
di profondo sotto. Dovete… dovete parlarne tra voi. -Endou
accarezzava la mano del lilla per tranquilizzarlo.
-Io… lo so… è… è
che ho così paura di perderlo, allenatore Endou!!! -Manabe
respirava rapidamente, in preda all’angoscia.
-Manabe… quello che dentro di lui si è rotto
è qualcosa di serio, credo. Comunque… comunque
penso che essere ancora tra noi gli faccia capire le conseguenze del
suo gesto, che preso dal dolore non aveva considerato. Io non penso che
lo rifaccia… anzi ne sono certo.
Manabe stringeva i pugni. Dentro di lui bruciava una rabbia incredibile
alimentata dall’ansia e dal terrore. Avrebbe voluto credere
alle parole del mister, ma sapeva di non potercela ancora fare.
-Comunque, Manabe… i miei amici della polizia mi hanno detto
che per qualche giorno chiuderanno un occhio… ma dobbiamo
trovare una soluzione definitiva. Ho un’idea, ma non posso
parlartene ancora, è una cosa così
assurda… però ci proverò. Tu non
preoccuparti. Domani ritieniti libero da scuola e
allenamenti… Minaho deve riprendersi. Ho parlato con la
preside e non hai idea di quanto si sia sentita in colpa. Mi ha detto
di riferirvi che le dispiace, che non immaginava e che potete rimanere
a casa finché…
-Finché? FINCHÉ? Cosa vuole quella donna? Se non
fosse stata così idiota da credere a Kitama non…
-Manabe urlava. Endou lo interruppe.
-Parla piano Manabe… Lei sa di avere sbagliato, credimi.
Domani ti porterò altre notizie, e ti assicuro che saranno
buone, come è vero che mi chiamo Mamoru Endou.
L’allenatore era uscito da una decina di minuti. Manabe era
seduto sulla sedia della cucina, la testa tra le mani.
Non sapeva cosa pensare. Sapeva solo che era spaventato,
angosciato e dolorante. Aveva un gran bisogno di abbracciare Minaho, di
tenerlo stretto, di dirgli che gli volta bene… eppure
qualcosa lo fermava, qualcosa di forte. Un misto di rabbia, di orgoglio
e di sofferenza.
Cenarono in perfetto silenzio, sul divano. Manabe percepiva il senso di
colpa dell’arancione, mentre Minaho, che intanto era in preda
al mal di testa, non sapeva come dire all’amico quanto gli
dispiacesse.
Sembrava che nessuno dei due volesse iniziare a parlare. E pensare che
avevano così bisogno l’uno
dell’altro…
-Man…
-Non parlare Minaho. Non è il momento.
-Ma…
-No! Non ho nessuna voglia di parlare con te! Non ne ho voglia!!
Manabe si alzò di scatto. Aveva il viso rosso e i capelli
spettinati. Teneva i pugni stretti sul tavolo e lanciava sguardi di
odio dagli occhi. -Tu non hai idea!! Non hai idea di cosa significhi
tutto questo per me!! Tu non mi vuoi bene!!!
Minaho fu trafitto da quell’ultima frase come da un ferro
rovente. Sentí di perdere un battito.
-M… Man… io…
Non fece in tempo a costruire una frase, che Manabe era già
corso via dal salotto. Minaho sentí la porta della sua
stanza sbattere con violenza e qualcosa che sembrava decisamente un
urlo soffocato. Il senso di colpa lo divorava.
L’arancione provó a guardare un po’ di
televisione, ma gli esplodeva la testa e si sentiva estremamente
debole. O forse era il senso di colpa…
Decise di spegnere la luce e di provare a dormire. Si distese con un
sospiro e chiuse gli occhi.
Passarono dieci minuti, poi venti, poi un’ora. Non
riusciva a dormire. Il polso gli pulsava e aveva il cuore pesante.
Riaccese la luce. In fondo alla testa sentiva un rumore ovattato.
Temeva che Manabe stesse piangendo, di sopra da solo.
Basta. Doveva andare da lui.
Provó ad alzarsi, ma non poteva farcela. Scivoló
a terra e fece appello a tutte le sue forze. Si trascinò
fino alle scale, e poi si issó gradino per gradino
aiutandosi con le mani e le ginocchia. Gli sembrava di scalare
l’Everest e sentiva il cuore accellerare. Aveva il fiato
mozzo e sentiva pulsare la testa.
Alla fine si ritrovò di sopra. Ci volle poco a trascinarsi
fino alla porta del lilla ed appoggiarvisi.
Era impossibile sbagliare, Manabe stava piangendo disperatamente.
Minaho ebbe un tuffo al cuore. Appoggió la mano sulla
maniglia, indeciso se aprire o meno la porta.
-Minaho!! Perché!! Razza di idiota…
perché mi… mi… mi hai fatto questo!!
Io… io non voglio perderti… non voglio!!!
Io… dio aiutami… io… -Manabe
singhiozzava disperato. -Perché non mi vuoi bene…
perché non capisci… non capisci…
che… sei la mia vita!!
Minaho si sentí morire. Non aveva mai avuto la percezione
del suo errore come in quel momento. Si allontanò dalla
porta e si trascinò fino alle scale. Non poteva fare nulla,
se non pregare. Manabe non avrebbe accettato nemmeno di vederlo.
Poco dopo era di nuovo sul divano. Si addormentó stringendo
al petto la maglietta di Manabe, inzuppandola di lacrime.
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Capitolo 28 *** Tempesta e impeto ***
And I need you like a
heart needs a beat
But it's nothin new
Manabe si svegliò fradicio di sudore. Aveva dormito
pochissimo, facendo sogni orribili. Sentiva la testa in fiamme.
Si trascinò giù dal letto, si fece la doccia
senza nessuna voglia e scese le scale per preparare la
colazione… per lui e per Minaho.
Quando spalancò le tende del salotto e aprì la
grande portafinestra che dava sul cortile l’arancione dormiva
ancora. Manabe era arrabbiato fino alla punta dei capelli, ma al
vederlo ebbe un brivido nel cuore. Gli mancava… voleva
abbracciarlo? Strinse i denti e si diresse in cucina.
-Dannazione! -Manabe imprecó mentre il secondo uovo gli
cadeva per terra. Era così nervoso che non riusciva a fare
nemmeno un’azione così semplice senza farsi
prendere dall’ansia.
Pulì il pavimento mentre imprecava sotto voce. Non si
sentiva affatto bene. Dove era finita la sua rabbia? Perché
si sentiva arrabbiato sí, ma con sé stesso?
Riprese a friggere la pancetta finendo per scottarsi le dita con
l’olio bollente. Pianse di frustrazione mentre teneva la mano
sotto il getto del rubinetto. Senza Minaho si sentiva vuoto. Non
ce la faceva più, aveva bisogno del
suo amico.
-Man…
Manabe si paralizzó. Si era svegliato… si
girò lentamente, il cuore in gola.
Minaho era lì. Pallido come un fantasma, il polso fasciato,
si appoggiava sofferente allo stipite della porta. Con le mani si
reggeva come poteva al legno, mentre cercava di non cadere.
-M…Min…
Fu un istante. Il lilla corse ad afferrare Minaho proprio mentre cedeva
e si accasciava . Caddero in ginocchio abbracciati.
-Man… io…
-Sssst… non parlare Min, non parlare… sei
debole… oddio quanto sono stato stupido… io non
ricordavo quanto avessi… quanto avessi bisogno di te, dei
tuoi abbracci… -Il lilla piangeva tenendo l’amico
stretto a sé, con la testa contro la sua spalla.
Manabe sentiva il cuore di Minaho battere contro il suo petto, ed ebbe
l’impressione di ricevere da quel battito tutta la sicurezza
che la paura gli aveva strappato. Accarezzava dolcemente i capelli
dell’arancione e inspirava il suo profumo. Era davvero
lì con lui. Non era un’allucinazione.
-Min.. aggrappati a me. -Il lilla prese in braccio l’amico
che si raggomitoló contro il suo petto… sembrava
leggero ora. Lentamente, sostenendosi alla stampella, lo
portò in salotto e lo adagió sul divano. Gli
accomodó dei cuscini sotto la testa e gli sorrise.
-Ehi… vado a prenderti qualcosa da mangiare ok?
Si voltó e fece un passo, quando sentì una mano
serrarsi sul suo polso.
-No… Man… ti prego… puoi rimanere qui
con me? Ti… ti prego…
Manabe ebbe una stretta al cuore. Si sedette vicino
all’arancione e gli prese le mani. -Sono qui con
te… sono qui con te. Dammi solo un istante, almeno un
bicchiere di latte lo devi bere. Torno in un solo secondo.
Minaho sospirò affermativamente. Manabe si
precipitó in cucina, mise su un vassoio tutto quello che gli
capitava sotto mano e tornó alla massima velocità
consentitagli dalla gamba in salotto, appoggiando la colazione sul
tavolino.
-Eccomi… eccomi qui.
-Man… ascolta… devo dirti una cosa. -Minaho
abbassò gli occhi.
-Min, non devi se non vuoi… non… non devi.
-No, devo farlo. -Minaho si tiró a sedere.
Altrimenti… altrimenti non… non mi
darò più pace.
Manabe sorrise dolcemente all’amico. Prese una fettina di
pane, ci mise sopra un pezzetto di pancetta e gliela porse. -Ti
ascolto, però mangia, altrimenti ti imboccheró io
con l’imbuto!
Minaho ridacchió, quindi diede un morso al panino
improvvisato. Prese fiato prima di parlare.
-Ecco… volevo che sapessi che sono un idiota.
Manabe si immobilizzó. -C… cosa stai
dicendo… non d… devi dire così!
-No, sono proprio un emerito idiota. Sono un dannato egoista, debole,
codardo e stupido… ti capisco se pensi che io non ti voglia
bene.
Manabe ebbe un tuffo al cuore. Quelle parole gli erano uscite senza che
se ne accorgesse, spinte da una rabbia selvaggia e da una paura folle.
Se ne pentiva più che di ogni altra cosa.
-No… Min… io… io non volevo…
-No, tu non volevi, tu dovevi. Paradossalmente…-Minaho fece
una pausa per masticare.- paradossalmente dovevi farlo, per farmi
capire fino in fondo i miei errori… ora so quanto sono stato
egoista.
Manabe era allibito. Non sapeva cosa pensare… non voleva che
Minaho gli chiedesse scusa… bastava solo che gli promettesse
che non lo avrebbe lasciato solo…
-Min… io… la verità è che
anche io sono un egoista. Invece di capire il tuo dolore, invece di
starti vicino sono… sono stato così cattivo
e… e… -Manabe scoppiò a piangere.
Minaho lo attrasse a sé con delicatezza e gli
scostó i capelli dagli occhi. -Man… tutto quello
che è successo è solo colpa mia, solo e
unicamente colpa mia!
Il lilla lo fissò fra le lacrime. Aveva tanto bisogno di
rifugiarsi fra le sue braccia… non era stato in pace con lui
per un giorno, e già si sentiva morire dentro.
-Ho avuto… ho avuto così paura Min!
C’era… c’era il sangue e… e
tu eri freddo e bianco… e… e poi… -Il
lilla piangeva disperato. Non aveva mai provato così tanto
dolore e gioia insieme.
-Manabe, Non succederà più, mai più.
Te lo prometto su quello che vuoi. Sulla mia vita, sulla memoria dei
miei genitori… te lo giuro su tutto quello che abbiamo di
più caro. Ho capito quanto fossi stupido e cieco. Non ti
lascerò mai, mai e poi mai. -Minaho parlava con voce
dolcissima mentre accarezzava il castano e gli massaggiava dolcemente
le tempie. -Ora respira… calmati. Ho tanta voglia di ridere
con te… di essere felice…
Manabe tiró su col naso. -P… prometti…
davvero?
-Sì. -Minaho sorrise. – A patto che tu faccia lo
stesso giuramento, però…
Manabe sorrise tra le lacrime che ancora gli rigavano il volto. -Lo
prometto.
Finirono di fare colazione insieme. Manabe era tutto spettinato e aveva
il viso coperto di chiazze rosse. Piangendo gli si erano dilatati i
capillari.
-Sembro un puffo… -Il lilla sospirò sconsolato.
-Io ti trovo molto carino!- Minaho sorrise sornione.
-M… Min… non prenderti gioco di me…
potrei farti il solletico…
-Eh no! Non infierirai su un ferito! -L’arancione fece un
sorrisetto ironico. -E comunque conosco un metodo infallibile per far
sparire quelle macchioline… portami del ghiaccio.
Manabe non era proprio sicuro di fidarsi della scienza medica
dell’amico, ma decise di accontentarlo. Minaho, che intanto
si era seduto (dopo colazione si sentiva molto più in
forze.), estrasse alcuni cubetti dai loro stampi.
-Vieni qui vicino a me… chiudi gli occhi e rilassati.
Manabe era sempre meno convinto di potersi fidare… si
preparò al peggio.
L’arancione iniziò a massaggiargli il viso con il
ghiaccio, stando attento a non fargli male. Il lilla credette
di essersi appisolato, perché gli
sembrò passassero pochi secondi prima che l’amico
sorridente dicesse -Finito!-
Manabe aprì gli occhi e si guardò riflesso nello
specchio del tavolino. I segni erano spariti.
-Incredibile… come hai fatto!?
-È… è una cosa che mi aveva insegnato
papà… quando da piccolo piangevo
perché avevo… avevo paura a dormire la notte
senza di lui. -L’arancione arrossí. -Il
ghiaccio… il ghiaccio fa contrarre i capillari, e dunque il
colore rosso sparisce. Intelligente, no?
Manabe sorrise. Era davvero semplice… perché non
ci era arrivato da solo?
Nella mattinata i rapporti tra i due ragazzi tornarono quelli di
sempre. Minaho si sentiva più forte e non provava
più dolore. I tagli si erano cicatrizzati, ma
comunque Manabe non gli permise di alzarsi se non dopo un
sostanzioso pasto proteico.
-Come stai… ti senti ancora debole? Riesci a stare in piedi?
-Il lilla era preoccupato.
-Tranquillo Man… tranquillo. Ora va decisamente meglio.
L’arancione non aveva nemmeno più vertigini e
giramenti di testa. Aveva recuperato buona parte delle energie perdute
e aveva anzi molta voglia di uscire di casa e respirare un
po’ di aria fresca.
Manabe aveva raccontato a Minaho della conversazione avuta con
l’allenatore, e l’arancione si era tranquillizzato
molto sapendo che per ora non sarebbe finito in orfanotrofio. Avevano
fiducia nelle parole di Endou, e sapevano che se gli aveva promesso una
soluzione, si potevano assolutamente fidare.
-Vedrai Min.. Si sistemerà tutto. Dobbiamo solo rimanere
uniti, io e te.
Minaho si sentiva felice. Gli sembrava di avere rimosso un velo che gli
copriva gli occhi.
-Forse… forse è vero Man che quando si rischia di
morire ci si rendo conto di cosa… di cosa realmente conti
nella vita. Nel mio caso quella cosa sei tu.
Manabe tratteneva le lacrime. Ma di felicità questa volta.
Anche per lui era lo stesso, anche per lui Minaho significava tutto.
Non poteva non pensare a come quel fulmine arancione gli avesse
cambiato la vita. Erano diventati una cosa sola, insieme. Erano
qualcosa di più bello quando stavano vicini.
I ragazzi passarono il pomeriggio a parlare di tante cose. Minaho
raccontò a Manabe episodi della sua vita che teneva
gelosamente dentro il cuore da anni, mentre il lilla sfogó
finalmente la sua insicurezza e la sua paura di essere lasciato solo.
-Penso… penso che dipenda dai tuoi, Man. Hai paura che gli
altri ti abbandonino perché pensi che… che
nessuno potrebbe volerti mai bene, vero?
Il lilla abbassò la testa.
-Lo sapevo… io non sbaglio mai! Bhe… una cosa
posso dirtela. -Minaho fece una carezza sulla guancia
dell’amico. -Previsione sbagliata.
Il lilla non fece in tempo a spalancare la bocca dallo stupore che
Minaho gli era già saltato addosso facendogli il solletico.
Rotolarono a terra in un gomitolo di gambe, braccia, ciuffi bicolori e
stampelle.
-Ahahah Minaho mi vendicheró! Giuro che mi
vendicheró!- Il lilla era in preda ad un attacco di risa
irrefrenabili mentre l’arancione ansimava felice.
-Prima dovrai liberarti dal mio dolce peso! -Minaho si buttò
a peso morto sul petto del lilla. -Guarda come sono carino e
fedele… sembro un Labrador!
-Mh… -Manabe faticava a parlare sotto il peso
dell’amico. -Un labrador? Direi piuttosto un Carlino
arancione! –
Minaho rise, facendo il finto offeso.
-È così eh? Stai a vedere come abbaia, questo
bellissimo, e sottolineo bellissimo Carlino! -Così dicendo
l’arancione si lanciò nella sua personale
interpretazione delle più becere canzoni della Disney.
Manabe gli tappó la bocca con la mano. -Pietà,
tutto ma non la Sirenetta!
Minaho rise. -E allora vediamo un po’ come te la cavi se ti
faccio… grattini nella pancia!
Il lilla faticava decisamente a contenersi… non resisteva al
solletico…e scalciava come un matto.
-Ehi! -Minaho si immobilizzó.
-Oddio Min ti ho fatto male? -Il lilla era spaventato. -Ti ho dato un
calcio… perdonami! Ma… Ma perché mi
guardi così?
Minaho sembrava prima allibito, poi entusiasta.
-M…Man…
Manabe non capiva.
-Oddio… oddio cosa ti ho fatto? Riesci a muovere la schiena?
Ti senti male?
L’arancione sorrise radioso.
-Man… la tua gamba!!!
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Capitolo 29 *** Ciuffi e orsacchiotti ***
(And I) ride the winds of
a brand new day
High where mountain's stand
Found my hope and pride again
Rebirth of a man
Manabe e Minaho erano immobili.
Entrambi a terra, l’arancione sulla pancia del lilla,
sembravano incapaci di dire qualsiasi cosa.
-M.. Man… hai… hai visto… hai
mosso… la… -Minaho era incredulo.
-Io… -Il lilla chiuse gli occhi, come se avesse paura di
fallire. -Io… non so se…
L’arancione scese dalla pancia dell’amico e lo
sollevò, aiutandolo a sedersi sul divano. -Man…
tu puoi… prova…
Manabe strinse i denti. Era agitato. Non si decideva a trovare il
coraggio… poi di colpo si decise. Si concentrò
e… mosse la gamba.
Minaho esplose di gioia come un fuoco di artificio. -È un
miracolo! Un miracolo!! Un miracolo!!!
Manabe non si raccapezzava… non si aspettava che succedesse
così di colpo! Riusciva a sentire tutti i
muscoli… -che sensazione strana!-pensò.
-Ma è fantastico!! Man hai… hai recuperato la
gamba!! È… così bello che…
che… -Minaho scoppiò di nuovo a piangere.
Manabe sorrise e lo abbracció. -Nemmeno… nemmeno
io ci credo… fino a poco fa… non…
oddio Minaho non lo so! Non lo so come ma è successo!
Dici… dici che potremo di nuovo giocare a calcio?
Minaho tiró su col naso e sorrise.
-Sì… certo che sì!
Giocheremo insieme la finale Man!! Come sono felice!!
-L’arancione saltava di gioia.
Il lilla si sentiva come nuovo. Non si ricordava più la
sensazione che si prova facendo cose semplici ma importanti come
piegare una gamba… era splendido. Fece per alzarsi... e
ricadde riverso sul divano.
-Man!! Stai attento… non sei più
abituato… è normale! -Minaho si era precipitato
vicino a lui e gli aveva preso la mano. -Vieni… ti aiuto io!
Proviamo a fare qualche passo.
L’arancione aiutò l’amico a mettergli il
braccio intorno alle spalle, quindi lo sostenne mentre provava a
camminare.
-È… è bellissimo Min! Sono
così contento di essermi… di essermi liberato di
quell’affare! Il lilla indicò la stampella.
-Vedrai… vedrai che in pochi giorni potrai tornare a correre
come prima! Ci pensi Man? Tutto come prima!!
I due ragazzi erano così entusiasti che non si resero conto
che ogni residua freddezza era sparita. Del resto Minaho era
così felice che si rese conto di quanto fosse stato assurdo
immaginare di togliersi la vita. Non ci voleva nemmeno più
pensare e mai più si sarebbe lasciato andare, lo promise a
sé stesso.
Dopo nemmeno mezz’ora di delicati esercizi Manabe riusciva
non solo a stare in piedi senza stampella, ma addirittura a camminare,
anche se lentamente e con qualche doloretto.
-Non ti preoccupare Man… pensa che quei muscoli sono fermi
da settimane… domani starai benone! -Minaho sorrise
all’amico.
-Speriamo… -Il lilla lo guardò speranzoso.
-Piuttosto… ordiniamo immediatamente qualche quintale di
sushi da asporto… oggi si festeggia!
Minaho fissò il soffitto del salotto. Prima o poi avrebbe
dovuto convincere il lilla a ripulire quella dannata macchia di
umido… ma non ora, era pieno da scoppiare!
Avevano mangiato così tanto da fare quasi indigestione, e
ora si erano trasferiti sul divano per una bella maratona dei loro film
preferiti. Quella notte erano certi che non avrebbero
dormito… troppe cose da dirsi! Troppe previsioni da fare!
Passata ormai la mezzanotte si infilarono in camera del lilla e si
costruirono una tenda con le coperte.
-Man… mi sembra di essere tornato bambino! Quanto mi piaceva
nascondermi… adoravo i giochi come questo!
Il lilla rise. Minaho sembrava proprio un bimbo, con i suoi ciuffi
arancioni che spuntavano sopra le orecchie e gli occhi luccicanti di
felicità.
-Non trovi che siamo un po’ troppo cresciuti per giocare agli
indiani? -Il lilla fece una finta faccia seria. -Dovremmo essere
già a nanna! Domani si va a scuola!
Manabe si morse la lingua. -Dannata boccaccia! -pensò.
Minaho si era oscurato. Aveva abbassato la testa e si fissava i piedi.
-Min… perdonami! Sono uno stupido… non ho pensato
a quello che dicevo! Io non… non volevo…
Minaho guardò Manabe. Era agitatissimo e rosso come un
pomodoro.
-Lascia… lascia stare Man. Non fa niente. Tanto…
tanto io non ci voglio tornare in quel posto, ecco!
Manabe sospirò. -Min… vedrai che Endou
troverà una soluzione. C’è lo ha
promesso… ti fidi di lui? – Così
dicendo il lilla abbracció Minaho e lo attrasse a
sé.
-Io… io credo di si…
-E allora non starci male. Quegli stupidi capiranno che errore hanno
fatto. -Il lilla accarezzava i capelli di Minaho. -E comunque
io domani a scuola non ci vado… se non vogliono te, non
avranno nemmeno bisogno di me!
Minaho sorrise commosso. -Io… io ti ringrazio tanto
Man… ma penso che dovresti andare.
Così… così nessuno avrà
nulla da dire, e… e poi magari vedi Endou che ti
dà qualche notizia!
Manabe non aveva smesso di accarezzargli dolcemente i capelli e
arricciargli i ciuffi. -Mh… forse hai ragione…
però se ti dovessi sentire solo… anche un solo
istante… mi chiami e vengo a casa. Prometti!
-Man… io prometto… però anche tu
credimi. Non farò mai, mai e mai più una
sciocchezza quando non ci sei. Fidati di me.
Manabe era stupito. Minaho aveva davvero la stoffa del grande
investigatore. Aveva capito subito quale fosse la sua vera
preoccupazione.
-Io… grazie Min. Sì, mi fido di te
perché so che mi vuoi bene.
I due ragazzi si abbracciarono. -E ora… che ne dici di fare
una gara di storie paurose?
-Man… posso farti una domanda? -Minaho era steso di fianco
all’amico, le braccia incrociate dietro la nuca.
-Probabilità al 100 per 100 che ti risponda, Min!
L’arancione ridacchió. -Oook…
ascolta… non è per prenderti in giro, mi
incuriosisce davvero. Perché dormi con un orsacchiotto lilla?
Manabe sbiancó,, quindi divenne rosso come un
peperone.
-Eh… cos… ma come…
-Man… sono un detective, non vorresti sapere come trovo le
mie informazioni, credimi!
Manabe sospirò, però sorrideva. -E… e
va bene… io… -Si alzò e prese da una
mensola un’orsetto dello stesso colore dei suoi capelli.
-Io… ti presento Pat.
Minaho si tiró a sedere e si prese il mento tra le dita.
-Pat? Interessante…
-Ecco… lui… il fatto è che. ..
-Man, -Minaho interruppe l’amico. -Guarda che non sei
obbligato a dirmelo… era così per
ridere… -L’arancione aveva notato
l’agitazione del lilla.
-No… non… non ti preoccupare. .. è che
per me lui è molto importante… me lo hanno
regalato i miei genitori quando ero piccolo… avevo imparato
a contare fino a cento, e una sera papà e tornato a casa con
lui… io…
Gli occhi del lilla si inumidirono.
Minaho sospirò. -La realtà è che ti
mancano, vero? Gli vuoi bene, e ci stai male per questa situazione.
-Io… -A Manabe tremava il labbro. -Io…
ecco… sí, mi mancano da morire… mi
mancano ogni giorno.
-Oh Man… Man vieni qui… -Minaho prese le mani del
lilla e gli sorrise. -Lo sai? Io sono sicuro che si
sistemerà tutto!
Il lilla lo guardò speranzoso. -Dici… dici
davvero? Io… io ci terrei così tanto…
non… non voglio che i miei genitori smettano di volermi
bene… anche… anche se non so se me ne…
se me ne vogliono più….
-Non dire queste cose nemmeno per scherzo! -L’arancione
strinse a sé il lilla. -I genitori ti vogliono bene per
sempre… Anche i miei genitori da lassù continuano
a volermi bene, sai? Magari… magari sbagliano nei modi, ma
credimi, ti vorranno bene sempre.
Manabe sorrise debolmente. I due ragazzi si abbracciarono.
La mattina seguente si svegliarono di buon’ora.
-Min… ma possibile che la notte scalci in questa maniera? Ho
la schiena a pezzi…
-Senti chi parla! -Minaho rise. -Tu dormi come un panda!
-Qualcosa contro i panda? Sono pucciosi! E poi… e poi mica
ti ho detto io di dormire nel mio letto!
-Mh… sicuro? -Minaho sorrise sornione. -Vorrà
dire che la prossima volta che per il troppo cibo sognerai di essere
inseguito dalla figlia dell’esorcista e ti sveglierai urlando
io non sarò lì a consolarti…
Manabe arrossí.
-E vogliamo parlare dell’attacco di malinconia delle quattro
e mezza?
-M… ma tu non dormi mai? -Il lilla era imbarazzatissimo.
-Non cercare di cambiare discorso… diceeevo…
L’attacco di malinconia delle quattro e mezza, quando mi hai
abbracciato e hai iniziato a succhiare il pollice?
Manabe a questo punto andò direttamente nel pallone.
-Ma… io… ehm… guarda che…
-E ti dirò di più. ..
Il lilla cercò inutilmente di zittire l’amico
lasciandoli un cuscino, che l’arancione schivó
agevolmente.
-Non ci sarebbe stato nessun problema se quello non fosse
stato… il MIO pollice!
Il lilla sbiancó di colpo, facendo due occhi buffissimi e
imbarazzatissimi. Minaho scoppiò a ridere e gli diede un
buffetto sui capelli. -Eddai Man… eri tenerissimo!
Manabe crollò sulla poltrona, ma poi si mise a ridere pure
lui.
Dopo aver come al solito litigato per scherzo sulla doccia (-Manabe!!
Quanto ci vuole ancora? Sto per deporre un uovo!) i due ragazzi scesero
a prepararsi una bella colazione. I viveri in casa non mancavano, anche
grazie alle scorte di avanzi della cena della moglie del mister di due
giorni prima, che ancora gli invadevano il frigorifero.
-Man… quei dolcetti sono tossici… sanno di
pesce… non so come faccia il mister a mangiarli!
-Questioni domestiche. – Il lilla rise. -Credo che gestire
una mogliettina come quella non sia tanto facile nemmeno per
Endou… deve avere un caratterino!!
-Qualcosa mi dice che quelle bombe chimiche finiranno a fare un
incontro del terzo tipo con il mio pesce di due giorni fa…
nella pattumiera!
Manabe sorrise sornione. Scoperchió il bidone e vi
svuotó il vassoio.
Il lilla era ancora sconvolto dal recupero della gamba. Quella mattina
camminava quasi normalmente, e aveva ripreso completamente
sensibilità! Il giorno dopo aveva la visita dal
dottore… chissà come sarebbe stato stupito!
Minaho, di par suo, era più felice che mai. Quella mattina
aveva sbandato i polsi. Le cicatrici erano più piccole del
previsto e non gli facevano male. Ringraziò il cielo di non
avere mai avuto la barba, e quindi di non sapere usare bene un rasoio.
I due ragazzi erano così entusiasti che quasi non si
contenevano. Chiacchieravano, scherzavano e saltavano. La loro gioia
non si spense nemmeno quando Manabe riuscì chissà
come a rovesciarsi su un piede il latte bollente. La sua
felicità non si incrinó, anche se
scoprì il valore dei piselli surgelati come rimedio di
emergenza per le ustioni!
Quando il lilla se ne uscì per andare a scuola, Minaho
iniziò a programmare la sua giornata. Si era sentito triste
al pensiero di non poter andare con il lilla, ma aveva scacciato il
pensiero e aveva deciso di dedicarsi a preparare una
sorpresa… ci avrebbe messo tutto il suo impegno!
-Vedrai Man… ti piacerà!
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Capitolo 30 *** Masterchef-Minaho ***
Don Giovanni
Ah, che piatto saporito!
Leporello
(Ah, che barbaro appetito!
Che bocconi da gigante!
Mi par proprio di svenir. )
Don Giovanni
(Nel veder i miei bocconi
gli par proprio di svenir!)
Manabe era arrivato a scuola in orario. Si sedette al suo
banco ed estrasse i libri dallo zaino.
La classe era ancora vuota, i suoi compagni preferivano rimanere in
corridoio fino all’ultimo, mentre lui amava il silenzio di
quelle ore mattutine. Inoltre era triste e anche leggermente
preoccupato per Minaho, da solo in casa.
Sospirò quando si rese conto che, per quel giorno, il banco
vicino al suo sarebbe rimasto vuoto. Si prospettava una mattinata lunga
e noiosa, da passare in silenzio e senza nessuno con cui ridere o
condividere qualcosa. Non vedeva l’ora che suonasse la
campanella dell’ultima lezione per tornare a casa…
era così triste che non gli importava nemmeno di avere due
ore di fila di matematica!
-Ehi… Buongiorno Manabe…
Il lilla si voltó. La professoressa di inglese era entrata
in classe e gli si era avvicinata. -Volevo dirti che il consiglio
d’istituto ha parlato di quello che è
successo… domani è convocata una seduta per
decidere il da farsi. Se vuoi venire a testimoniare sei ben
accetto… per quanto mi riguarda, il mio voto sarà
per riammetterlo.
Manabe sorrise... Quella era una delle poche insegnanti che stimava.
-Grazie… grazie professoressa…
cercherò di esserci.
La mattinata era stata lunga. Spesso e volentieri il lilla si era
voltato col sorriso sulle labbra per dire qualcosa a Minaho salvo
rimanere deluso alla vista del suo banco vuoto. Il suono
dell’ultima campanella fu una vera liberazione.
Manabe prese l’autobus ed arrivò a casa alla
solita ora… anzi prima. Non si era accorto di avere quasi
corso nonostante la gamba fosse ancora un po’ debole.
Aprì il cancelletto ed entrò in cortile.
-Cos’è questo odore di bruciato?- Pensò.
Vide una colonna di fumo nero uscire dalla finestra della cucina. Stava
per sfondare la porta terrorizzato dall’idea che fosse
scoppiato un incendio e Minaho non riuscisse ad uscire, quando vide
qualcosa che ben conosceva emergere dal fumo denso e oleoso. Un ragazzo
pallido con tanto di ciuffetti arancioni.
-Oddio.. oddio Minaho, cosa sta succedendo qui? -Il lilla era
allibito.
-Ehm… soooorpresa! Ti ho preparato un buon…
ehm… bel pranzetto! È tutta questa mattina che ci
lavoro… mi sono tenuto occupato così! Sei felice?
Manabe sbiancó, portandosi istintivamente la mano sullo
stomaco. -Un… un pranzo? Ehm… che… che
bella idea! -Nella voce del lilla di percepiva il terrore.
-E… e questo fumo?
L’arancione arrossí imbarazzato portandosi la mano
destra dietro la nuca. -Penso… penso sia quello che rimane
dei miei peperoni al forno che si innalza verso il cielo…
nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma no?
Manabe sospirò sconsolato. Si sforzó di sorridere
e lasciò che l’amico lo conducesse in salotto. Il
tavolino davanti al divano era stato apparecchiato con attenzione per i
dettagli. Addirittura c’era un vasetto di lillà!
-Mh… con cosa iniziamo? -Manabe si preparò al
peggio.
-Carpaccio di salmone affumicato, ricetta modificata da me! Ho aggiunto
un paio di cosette… tutte innovazioni del Minaho –
pensiero.
Detto fatto. L’arancione saltelló in cucina e
tornó con un vassoio. Manabe sorrise. Almeno il pesce non
cercava di fuggire dal piatto…
Prese una forchetta e si portò alla bocca un bel pezzo di
pesce. Chiuse le palpebre e mandò giù.
Spalancò gli occhi e si immobilizzó.
-N… non … non ti piace? Lo sapevo… non
dovevo fare questa cosa… non sarò mai bravo come
te… scusami Man, vado ad ordinare una pizza…
-Minaho era depresso. Sembrava che anche i capelli gli si fossero
abbassati.
-No… aspetta… questo pesce…
L’arancione si voltó verso Manabe.
-Questo pesce è delizioso! Come hai fatto!?
Minaho sembrava commosso. Era così felice!
-Ecco… ho solo aggiunto un paio di cosette… che
ho trovato in quel libro là. -E cosí dicendo
indicò un volume rosso aperto sul divano.
Manabe osservò il testo. -Questo non è uno dei
miei libri Man… da dove viene?
L’arancione sembrava imbarazzato. -Ecco…
ehm… lo sono andato a prendere in biblioteca.
Manabe sbiancó. -Cosa? Ma è dall’altra
parte della città, e non ci sono autobus che vadano da
quella parte vicino a casa nostra!
-Infatti… sono andato… ehm… a piedi.
Manabe ricadde sulla poltrona. -Tu… tu hai…
Minaho! Sei un pazzo! Sei ancora debole, come ti è venuta in
mente una cretinata simile??
Il lilla sembrava decisamente agitato. L’arancione, da par
suo, si vergognava ed aveva abbassato il capo.
-Man… p…perdonami Man… io…
io volevo solo farti felice!
Manabe sospirò e sorrise. -Sei uno scemo. Ma sei lo scemo
più dolce del mondo… vieni qua!
Minaho si tuffó addosso all’amico. Si
abbracciarono ridendo.
-Però non pensare mai più di fare una cosa del
genere senza dirmelo… chissà quanto hai faticato,
sono quasi dieci kilometri tra andata e ritorno!
Minaho rise. -In effetti il mio fisico non ha gradito così
tanto… a giudicare dalle vesciche che mi sono venute!
Manabe lo minacciò con l’indice teso. -Che ti
serva di lezione! Il dolore è educativo sai?
-finí l’ultima forchettata del suo piatto.
-Mh… vabbè… vai a prendere cerotti e
pomata, ti faccio una medicazione.
Il pranzo era stato decisamente eccezionale. Manabe si stupì
del miglioramento dell’amico. Il pesce era stato seguito da
una zuppa di cereali gustosa e fresca e da un ottimo pollo arrosto
morbido e succoso.
-Mamma mia quanto sono sazio… era tutto così
buono!
-Minaho era entusiasta. Non gli sembrava vero di essere stato capace di
preparare qualcosa di commestibile… e soprattutto era felice
di avere fatto un regalo al suo migliore amico.
-Man.. Sei pronto per oggi pomeriggio? Hai la visita in ospedale,
ricordi?
-Certo… certo che sono pronto. Oggi la gamba va molto
meglio… adesso la sento quasi normale… sono
così emozionato!
-Sono certo… -Minaho prese la mano dell’amico.
-… che il dottore dirà che puoi tornare ad
allenarti… sarà bellissimo! Sarà tutto
come prima…
Manabe sorrise. -Meglio di prima, Min.
La visita si sarebbe tenuta nel solito ambulatorio in ospedale. Manabe
e Minaho aspettavano nel corridoio inondato di luce chiacchierando per
sfogare l’agitazione… speravano davvero in una
buona notizia.
Manabe aveva lasciato a casa la stampella per la prima
volta… era stato faticoso e ora aveva i muscoli in preda ai
crampi, ma si sentiva di nuovo quello di prima e ne era entusiasta.
-Bravissimo… bravissimo Man… ma non ti sarai
sforzato troppo? -Minaho sorrise all’amico mentre gli
massaggiava dolcemente il polpaccio.
-No… ne… ne avevo bisogno. Ora… ora mi
sento meglio!
Minaho era felice, soprattutto perché sapeva che quello a
cui Manabe si riferiva era più uno star bene a livello
psicologico piuttosto che fisico. Avevamo sognato tanto questo
momento… erano ad un passo solo dal risultato.
-Manabe Jinichirou! -La voce squillante di una giovane infermiera
risuonó per il corridoio.
Minaho scattò in piedi prima ancora di Manabe, eccitato
più che mai.
-M…Man… è… è il
momento della verità… sei pronto?
-S… sí… sono pronto. Andiamo.
I due ragazzi percorsero il corridoio con il cuore in gola. Manabe era
agitatissimo e gli tremavano le spalle.
-Man… tranquillo. .. prendi la mia mano, ok?
-L’arancione sorrise porgendo la mano aperta. Manabe la prese
e la strinse con forza.
Entrarono nello studio accolti da un gran sorriso del loro vecchio
amico, il dottor Konoe. Il giovane uomo, appena vide il lilla reggersi
in piedi senza stampella, rimase senza parole.
-Manabe! Che cosa è successo? Come… come
è possibile?
Il lilla arrossí. -Io non… non lo so…
stavamo scherzando tra noi… e di colpo…
Il dottore ascoltava assorto. Appena Manabe e Minaho, parlando a turno,
ebbero finito di raccontargli i fatti si alzò da dietro la
sua grande scrivania e, dopo aver fatto spogliare Manabe e averlo fatto
sedere sul lettino, iniziò a visitarlo.
Verificò la tonicità di tutti i muscoli, mosse la
caviglia, flesse il ginocchio e lo palpó praticamente
ovunque.
-Incredibile. .. davvero incredibile! E dire che manca
più di un mese e mezzo a Natale. .. che risultato
eccezionale!
Manabe era rosso come un peperone. Non pensava di aver fatto niente di
speciale… però era così contento che
di sicuro non si sarebbe messo a contestare le parole del dottore!
Per concludere il medico controlló il cuore del lilla.
Andava tutto bene… non c’era più
traccia del difetto cardiaco, e non si sarebbe ripresentato
più.
-Che dire ragazzi… non avevo mai visto niente di simile,
continuate a stupirmi!
-Dottore… Man… Man potrà tornare a
giocare a calcio? -Minaho aveva il cuore in gola.
Il dottore sorrise. -Se lo desidera, anche subito.
I due ragazzi esplosero in una risata liberatoria e si abbracciarono.
Ce l’avevano fatta!
-Obbiettivo raggiunto Man! Che bella notizia… sono
così… così felice! -Una lacrima scese
sul viso di Minaho.
Manabe da parte sua era completamente allibito e incredulo. Non gli
sembrava ancora vero… era troppo bello per essere vero!
Dopo aver ringraziato infinitamente il dottore e averlo invitato a
pranzo a casa loro per le feste di Natale, invito che l’uomo
accettó ridendo, i due ragazzi si precipitarono a casa senza
fermarsi un istante.
-Man… abbiamo ancora qualche ora di luce ed è una
giornata molto calda… ti va…
-Sì Min… mi va, mi va! Vado subito a prendere il
pallone!
Manabe e Minaho pensarono di andare al campo al fiume, ma decisero
all’ultimo di andare al parco sulla collina. Era
più tranquillo e avevano bisogno di vedere quel
posto… era lì che avevano iniziato a giocare
insieme.
Il parco era pieno di gente, ma i campi da calcio erano liberi.
Poterono entrare subito e giocare per oltre due ore, fino al tramonto.
Manabe riprese subito l’abitudine al gioco. Minaho ne fu
entusiasta. Si divertirono un mondo, e quando si sedettero su una
panchina per cambiarsi non riuscivano a smettere di ridere e
chiacchierare. Quanto avevano sognato quel momento!
-Man… credo… credo che questa sera dovremmo
festeggiare! È… è decisamente un nuovo
inizio!
Manabe sorrise e guardò negli occhi l’amico.
-Certo… certo, dobbiamo festeggiare…
però rimaniamo a casa. Vorrei che mi prepararsi tu qualcosa
di buono, sai?
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Capitolo 31 *** Fluff moments, welcome back! ***
Dove sono i bei momenti
Di dolcezza e di piacer,
Dove andaro i giuramenti
Di quel labbro menzogner?
Perché mai, se in pianti e in pene
Per me tutto si cangiò,
La memoria di quel bene
dal mio sen non trapassò?
I ragazzi cenarono in salotto, chiacchierando del più e del
meno.
Manabe non sapeva se dire o meno a Minaho dell’incontro a
scuola, il giorno dopo… lui sarebbe andato, ma non sapeva se
voleva che l’arancione si esponesse. Si doveva discutere
della sua espulsione, e non aveva assolutamente la certezza che sarebbe
finita bene… perché portarlo se fosse servito
solo a farlo soffrire? Del resto aveva però il diritto di
difendersi… doveva assolutamente parlargli.
-Min… ascolta… devo dirti una cosa.
L’arancione spalancò gli occhi e sorrise,
infilandosi in bocca una cucchiaiata di gelato. -Vai Man dimmi tutto!
Non aver paura…
Il lilla non trovava le parole. Voleva essere chiaro ma
delicato… -maledizione quanto è difficile!
-Pensò.
-Ecco… diciamo che questa mattina a scuola ho parlato con la
prof di inglese… -Manabe parlava cercando di sembrare
tranquillo mentre Minaho ascoltava con un sorriso. -Mi ha
detto… mi ha detto che domani ci sarà una
riunione del consiglio scolastico per decidere se confermare o meno la
tua espulsione.
Manabe sospirò… gli era costato arrivare fino in
fondo alla frase. Minaho sbiancó di colpo, lasciando cadere
il cucchiaio.
-E… e… cosa… cosa pensi che
diranno… Man?
-Ecco… io… io credo che… -Il lilla si
torturava una ciocca di capelli. -La prof di inglese ha detto che
voterà per farti tornare… anche il mister
è nel consiglio… la preside poi…
forse… io non…
Minaho fece cenno di smettere con la mano. Non voleva far agitare
Manabe, anche se aveva il cuore in tumulto. -Lascia stare
Man… non possiamo sapere come andrà. Dimentichi
che nel consiglio ci sono anche quattro studenti, quattro genitori e un
altro insegnante… non possiamo fare previsioni con
così pochi dati... -L’arancione si
rabbuió.
Manabe si sentì stringere il cuore. Dovevano
riammetterlo… altrimenti tempo pochi giorni e sarebbero
venuti a prenderlo… lo avrebbero messo in orfanotrofio? Non
voleva nemmeno immaginare… forse lo avrebbero costretto a
tornare da sua zia, ma se lei non lo avesse voluto…
Scacció questi pensieri. Avevano una possibilità,
avrebbero combattuto.
-Ascolta… ascolta Min, qualunque… qualunque cosa
succeda, noi non ci separaremo mai, mai! Capito? Io non ti lascio
portare via da me… non lo permetteró. Te lo
prometto, ok?
Minaho sorrise debolmente. -G… grazie amico… io
non… non saprei come fare… non ho paura
dell’orfanotrofio… è che non voglio
allontanarmi da te nemmeno un istante, capisci?
Manabe sorrise e gli prese la mano. -Non puoi parlare di queste cose
Min… inutile avere paura, e sai perché? Le
probabilità sono alla zero per cento…
l’equazione non ha soluzioni… insomma,
è impossibile!
La serata trascorse quindi su un binario più leggero, anche
se Minaho si sentiva come chi sta per subire un’intervento
non pericoloso, ma di certo doloroso.
-Mi… mi sembra di dover andare dal dentista, Man! Hai
presente… hai presente quel disagio ansioso che ti viene la
sera prima? Quando sai che solo una notte ti divide dalle tue paure?
Manabe sorrise. Conosceva alla perfezione quella sensazione.
-Non avere paura… puoi stare a casa se vuoi… vado
io a difenderti, e dovranno passare sul mio cadavere per separarci!
-Manabe sembrava risoluto come non mai. Era ora di tirare le somme
della sua vita. Voleva essere un amico migliore e più
coraggioso.
Minaho sospirò. -Io… io penso che
verrò Man… ne ho bisogno. Voglio che mi guardino
in faccia, che ci guardino. Non lascerò ancora che la vita
mi colpisca alle spalle, voglio guardarla negli occhi.
Un bel film contribuì ad alleggerire l’armosfera.
Era la serata thriller, niente di meglio per uno come Minaho!
-Ehi… Man…
-Mh? -Il lilla mugugnó assorto, preso dal film avvincente.
-Sai? Riguardo all’assassino…
Manabe si riscosse di colpo guardando spaventato l’amico.
-No… no!
-Ecco… penso che…
-Minaho Kazuto fermati immediatamente!
-Penso che sia… -L’arancione sorrise sornione. -Il
camer…
-Stooooop! -Il lilla si lanciò addosso all’amico e
gli tappó la bocca. -Ti supplico! Almeno questo film
lasciamelo finire! Ti scongiuro! Dopo dieci minuti mi sveli subito il
finale! -Manabe finse di piagnucolare. Minaho rise.
-Che ci posso fare… sono un detective!
-Mh… -Manabe gli fece il verso imitando il suo modo di
portare la mano al mento. -Come interpreta il mio detective il fatto
che questa sera col cavolo che viene a dormire in camera mia se si
azzarda a spoilerare?
I due ragazzi scoppiarono a ridere.
-E va bene Man… non ti dirò nulla… ci
tengo troppo alla tua favola della buonanotte e al nostro accampamento
di coperte! -Minaho finse di mettere il broncio.
Manabe, che intanto si era portato alle sue spalle, appoggió
la testa sulla sua schiena. -Non vedo l’ora di andare a nanna
sai? Se non fosse che questo film è così bello
sarei già nel mondo dei sogni… è stata
una lunga giornata!
Minaho sorrise. -Sei tenerissimo Manabe – chan, ma devi
proprio dormirmi addosso? Peeeesi!
Il lilla mugugnó. -Eddai… i tuoi capelli sono
così soffici… e poi profumi di pulito come un
cuscino morbidoso!
L’arancione arrossí. -Mpf… devi proprio
arricciarmi i ciuffi, vero?
-Sì. .. Sei antistress! Ho la testa che mi
scoppia… troppe emozioni in un solo giorno! Però
sono felice… tanto.
Minaho sorrise. -Vuoi che vada a prenderti un’aspirina?
-Mh… no… preferisco evitare, mi danno sempre mal
di pancia i farmaci. E poi tu sei molto più
antidolorifico… sei così soffice!
Minaho arrossí vistosamente. -Cos…
come… io sarei… uffa! Sei troppo puccioso, poi
vedi che non riesco mai a dirti di no!
L’arancione fingeva di aver messo su il broncio, ma in
realtà ridacchiava. Aveva fatto accoccolare Manabe contro il
suo petto e gli aveva tolto gli occhiali. -Dovresti riposare di
più… ti sei stancato tanto in questi giorni.
Manabe mugugnó qualche parola di scusa che suonava tanto
come un “ti voglio così bene…
“, mentre Minaho lo stringeva di più a
sé. L’arancione iniziò dolcemente a
massaggiargli le tempie con le dita… si stupì da
quanto lo sentí contratto. Per forza aveva mal di
testa…-Va meglio così? Rilassati…
cerco di darti un po’ di sollievo.
Manabe sussurrò qualcosa. Aveva chiuso gli occhi.
Alla fine del film, Minaho si accorse che l’amico dormiva
profondamente con la testa contro la sua spalla. Si sentiva tutto
dolorante, visto che lo teneva stretto da qualcosa come
un’ora, ma era così dolce… lo prese
delicatamente in braccio e lo portò in camera, adagiandolo
sul letto. Gli rimboccó le coperte e gli fece un gran
sorriso. Manabe si svegliò per un istante. Guardava nel
vuoto e teneva la mano di Minaho.
-P… papà… mi vuoi di nuovo…
bene…
Minaho ebbe una stretta al cuore. Manabe era tornato a dormire
profondamente.
Il ragazzo arancione sospirò.
-E va bene… questa notte dormirò sul tappeto!
Quando la mattina dopo Manabe si svegliò, non si ricordava
affatto di come avesse fatto ad arrivare nel letto…
notó solo che il mal di testa era sparito. Dalla finestra
socchiusa filtrava una bella luce mattutina e si sentivano gli uccelli
salutare il Sole.
Sbadiglió, si stiró e fece per uscire dal
letto… da quando il tappeto era così alto e
morbido?
-Manabe… potresti per… cortesia…
togliere… i piedi… dalla…
mia… pancia? -Minaho ansimava. -Ma quanto… pesi??
Il lilla fece un salto terrorizzato con tanto di gridolino poco virile.
-Oddio!!
Manabe atterró sul letto, portandosi le mani al petto e
ansimando. -E tu cosa… cosa… perché
sei sul mio tappeto??
-Ieri sera ti sei appisolato addosso a me… ti ho portato nel
letto…
Il lilla arrossí. -Ma… Ma perché sei
rimasto qui vicino? Potevi… potevi andare in camera, oppure
venire nel letto con me…
Minaho rise. Non voleva metterlo in imbarazzo, per cui non gli disse di
cosa aveva bofonchiato nel sonno. -Avevi bisogno di dormire bene
stanotte, Man… il letto è piccolo e io ti avrei
dato fastidio. Però non volevo lasciarti solo… e
così eccomi qua! Hai un tappeto davvero comodo, sai?
Manabe scoppiò a ridere. -Grazie, Min! Sei così
premuroso!
Minaho prese la sovraccoperta e se la mise sulla testa, ad imitazione
di San Giuseppe. -Lo sai… ho un’anima santa!
Il lilla gli tiró un cuscino ridendo. -Forza… a
far colazione! Devo andare a scuola, io!
Minaho si oscuró di botto.
-Scusa Min… non dovevo dirlo. E comunque… e
comunque oggi questa situazione si risolverà positivamente,
te lo prometto! -Manabe abbracció l’amico.
Minaho sorrise. Sarebbe stata una giornata impegnativa e decisiva. Era
pronto.
I due ragazzi fecero colazione rapidamente, subito dopo la doccia. Non
fecero nemmeno in tempo a litigarsi l’ultimo biscotto al
cioccolato che era già ora di prepararsi.
-Allora Min… facciamo così. Questa mattina
riposati… oggi dovrai essere preparato e fresco. Il
consiglio si riunirà verso le tre, quindi hai tutto il tempo
di organizzarti. Io ti aspetto a scuola… ci incontriamo
fuori dalla classe alla fine delle lezioni e quando è
ora andiamo a dar battaglia! Ci stai? -Manabe fece
l’occhiolino all’amico.
Minaho sospirò. Era agitatissimo… da quel giorno
dipendeva una grossa fetta del loro futuro insieme. Se fosse andata
male… non voleva nemmeno immaginare le conseguenze per lui e
per Manabe.
Nonostante tutto doveva essere forte. Lo aveva promesso
all’amico e a sé stesso. Qualunque cosa fosse
successa, qualunque fosse stato il verdetto, sarebbe andato
avanti nella sua lotta. Non gli avrebbero mai portato via Manabe.
Il lilla, da par suo, ostentava sicurezza ma era nel panico. Avrebbe
voluto avere vicino i suoi genitori… loro erano diplomatici,
avrebbero saputo cosa dire e cosa fare. Lui invece…
cos’era lui? Un secchione asociale. Nonostante dal giorno
dell’ingresso di Minaho nella sua vita avesse imparato a
credere in sé e a non dare per scontato che gli altri lo
avrebbero lasciato solo, era ancora fragile.
Quel giorno però era troppo importante. Il lilla apparteneva
a quella categoria di persone timide e timorose, che però
messe di fronte a un pericolo che minaccia chi amano, o a
un’ingiustizia, prendono la situazione tra le mani e la
reggono come i migliori leader, nonostante la paura e il dolore.
Non era forte come Minaho, ma forse lo era in modo diverso. Coraggioso,
attivo, con un forte senso del dovere l’arancione, stoico,
resiliente, determinato ed eroico lui. In comune avevano
l’odio per le ingiustizie e la grande capacità
logica e riflessiva. Insieme erano dinamite, lo sapevano.
-Min… insieme?
-Insieme Man. Andiamo insieme a darci dentro!
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Capitolo 32 *** Democrazia o demagogia? ***
When you're alone at night
Does it feel all right
And does your heart feel content
Lord knows I hope it might
On every corner you turn
There's a heartache
Well, love's a challenge
Minaho salutò Manabe con la mano mentre lo vedeva
allontanarsi verso la fermata del bus. Nascose i suoi timori, voleva
sorridere.
Rientrò in casa chiudendosi la porta alle spalle, ma aprendo
immediatamente la portafinestra del salotto che dava sul cortile. Si
sentiva soffocare al pensiero di quante ore aveva davanti. Era fatto
così… si agitava quando doveva aspettare qualcosa
di importante senza poter fare nulla.
La sera prima si era sentito sicuro. Sarebbe apparso davanti al
consiglio portando le sue ragioni, affrontando gli sguardi dei suoi
detrattori insieme a Manabe, ma ora ogni sua certezza era venuta meno.
Cosa avrebbe detto? Come avrebbe retto la tensione senza scoppiare a
piangere, o peggio insultare qualcuno? Riusciva quasi a immaginare
nella sua mente il momento del verdetto, lo sguardo triste di Manabe,
il sorriso beffardo di Kitama e il vociare confuso dei
consiglieri…
Immaginó l’orfanotrofio. Corridoi bianchi
illuminati da una luce ipocrita, bambini piccoli che corrono e lui
solo, un ragazzo fuori posto. Cinque anni… cinque anni
ancora per arrivare a ventuno, la soglia della maggiore età
nel suo paese. Cinque anni senza poter vedere Manabe se non nei rari
momenti di visita, cinque anni di vergogna e di solitudine, tenendo
conto che mai e poi mai sua zia lo avrebbe ripreso in casa.
Provó con tutte le sue forze a scacciare questi pensieri.
Contestualmente si rese conto di quanto la situazione fosse ridicola.
La sua felicità appesa al giudizio di perfetti sconosciuti,
incaricati di dirigere una scuola superiore. E tutto per cosa?
Si sedette sul divano e accese la televisione. I telegiornali della
mattina erano insulsi, come sempre. Un furto, una festa, un attentato
in occidente…
-la solita iniezione di ottimismo mattutino! -pensò
sarcastico.
Chiuse gli occhi.
Immaginó di volare. Sognava di alzarsi al di sopra dei tetti
e di vedere scorrere sotto di lui la vita della
città… poteva quasi sentire i profumi. Il pane
caldo, le cucine dei ristoranti che cuocevano il riso, i fiori del
parco… le voci si mischiavano in una sinfonia infinita e
trascinante. Voci felici, voci disperate, voci affacendate.
Vedeva Manabe seduto al suo banco girarsi i pollici e fissare con
dolore il suo banco vuoto. Non si ricordava…
perché non era lì? Forse. .. forse era morto?
Sì… doveva essere morto… vaghi ricordi
al campo al fiume… sangue..
Voleva toccare Manabe. Voleva parlargli… gli sembrava
così triste… vide che teneva stretta in pugno una
loro foto insieme. Una lacrima gli rigó il volto.
Fece per correre verso di lui, per atterrare nel banco accanto al suo,
ma una forza lo tratteneva. Qualcosa lo tirava indietro,
qualcosa lo allacciava ai polsi, alle caviglie. Manabe piangeva e lui
era trascinato sempre più nel buio… nel
buio…
Sì svegliò di soprassalto, sudato fradicio. La
televisione trasmetteva programma di cucina. Si portò le
mani al petto e sentì il cuore battere a mille…
aveva avuto un incubo.
-Dannata subconscio! -Minaho rise tranquillizzato. -Beh… mi
spiace, ma questa volta hai fallito! Sono salvo, vivo e vegeto e ben
sicuro che non succederà mai più niente di simile!
Si stiracchió. Aveva bisogno di riposarsi… quanto
aveva dormito?
-Per le mutande rosa della preside! -L’orologio segnava
l’una e tre quarti. Doveva ancora prepararsi, e la sudata lo
costringeva a rifare la doccia… era tardissimo.
Corse in bagno lanciando nel tragitto vestiti a destra e a manca, e si
lavó con l’acqua quasi fredda rabbrividendo,
quindi, con solo un’asciugamano stretto attorno ai fianchi,
si lanciò verso camera sua.
-Ma porc….. !! -Si trattenne a fatica
dall’imprecare . In curva aveva preso in pieno lo spigolo
della cassettiera.
Si massaggió lacrimando il piede dolorante. Era dannatamente
tardi… tardissimo!
Iniziò a scavare nell’armadio, lanciando sul letto
pantaloni e mutande, calzini e magliette. Non aveva tempo…
Dove diavolo era la divisa?
Finalmente la trovò. Manabe l’aveva lavata e
stirata per lui… Doveva assolutamente ringraziarlo. Sapeva
quanto odiasse quei lavoretti.
Lanciò via l’asciugamano, infilò la
biancheria e i pantaloni stando bene attento a non stropicciarli,
quindi con estrema cura indossò la camicia inamidata e la
giacca della divisa. Allacció i bottoni dorati uno ad uno e
si sistemó il colletto… non lo aveva mai sentito
così stretto.
Si osservò allo specchio. Il colore scuro della divisa dal
taglio militare risultava con il suo colorito pallido e gli occhi
verdi. Prese un pettine e iniziò a ravvivare i
capelli arancioni. Non si era mai considerato bello, ma da
quando aveva conosciuto Manabe aveva imparato ad apprezzarsi di
più.
Il tempo di lavarsi ancora una volta i denti e di darsi una spruzzata
di profumo ed era pronto ad uscire di casa.
Mentre si richiedeva la porta alle spalle pensó a cosa lo
aspettava. Con che occhi avrebbe rivisto quel cortile? Con che umore
varcato quella porta?
Il tragitto fu più rapido del previsto, e
l’arancione riuscì ad essere a scuola in orario.
Varcó il cancello con il cuore in gola. Il cortile pullulava
di ragazzi e Minaho si sentiva osservato. Come se tutti
sapessero… si vergognava.
Percorse a passo svelto il corridoio che conduceva alla sua classe.
Perché Manabe non era lí ad aspettarlo?
Perché non lo vedeva?
Guardò nella stanza. Nessuno.
L’ansia aumentò a dismisura… mancavano
solo dieci minuti.. poi cinque… il lilla continuava a non
vedersi. Minaho appoggió i palmi delle mani contro la porta
e chiuse gli occhi. Respirava accelleratamente e sentiva la testa
dolergli… perché era solo? Perché
Manabe non si vedeva?
-Ehi… Min, che hai?
L’arancione si voltó con il cuore in gola. Manabe
era lì che gli sorrideva.
-M..Man… dove…
-Scusa … ero andato a prendere una bottiglietta
d’acqua… -Il lilla sventoló una
minerale. -Pensavo che avresti potuto avere sete più
tardi… ma che hai? Perché…
perché piangi? Min qualcuno ti ha fatto qualcosa?
Dimmelo… dimmi che hai!
Manabe corse dell’amico e lo abbracció. Minaho
tiró su col naso.
-Scusa… scusa Man… è che…
è che non so se sono pronto… non ti
ho… non ti ho visto e ho… ho avuto
paura…
Manabe capí. -Scusa Min… avrei dovuto aspettarti
prima di assentarmi un attimo. Ora sono qui con te, vedi?
Dai… vieni qui…
Il lilla sorrise stringendosi al petto Minaho. L’arancione si
asciugó le lacrime e fece un debole sorriso.
-Ok… ci sono. Penso che… penso che sia ora di
andare.
Il consiglio si riuniva in aula magna. I due ragazzi fecero il loro
ingresso nella sala inondata di luce e presero posto intorno al grande
tavolo. Avevano riservato loro i due posti più
centrali… sarebbero stati sotto gli occhi di tutti. Minaho
sentí un brivido percorrergli la schiena.
Pochi minuti dopo entrò il mister accompagnato da un ragazzo
con i capelli neri. Manabe era sicuro di averlo già visto da
qualche parte… ma non aveva idea di dove. Endou li
salutò con un cenno della mano e una pacca sulle spalle. Era
la prima volta che lo vedevano in divisa… non sembrava il
tipo da cravatta.
Il momento era giunto. Entrò la preside. Dietro di lei il
resto del consiglio. La prof di inglese sorrise ai due ragazzi, mentre
gli altri due insegnanti non sapevano nemmeno chi fossero…
non erano del loro corso. I rappresentanti degli studenti presero posto
tutti tronfi nelle loro divise, simbolo di un potere ipocrita ottenuto
più con promesse di elargizioni che per meriti nei confronti
della scuola, e per finire, in abiti civili ma eleganti, i genitori.
Manabe rabbrividí. Aveva visto l’ultima cosa che
avrebbe voluto vedere… il padre di Kitama. Non aveva idea
del fatto che fosse consigliere, ma sapeva che era un uomo ricco, quasi
più ricco del padre di Shindou. Inoltre aveva fama di essere
superbo e prepotente quanto il terribile figlio.
L’uomo, vestito con una giacca pesante di foggia antica
impreziosita da gemelli dorati e da una cravatta di raso,
osservò freddamente Minaho. L’arancione si
sentì male. Sapeva riconoscere quando una persona emanava
carisma… sarebbe stato un bel problema.
Il dibattito era in corso da quasi mezz’ora. La preside aveva
prima esposto i fatti così come le erano stati riferiti,
quindi aveva proseguito citando il provvedimento preso nei confronti di
Minaho (qui il padre di Kitama espresse con gli occhi il suo spietato
consenso) e infine citando le testimonianze contrarie che le erano
giunte, tali da giustificare la necessità di sottoporre il
caso al consiglio. Del resto si trattava di un’espulsione,
non una semplice sospensione!
I professori erano in assoluto i più partecipi al dibattito,
forse timorosi di passare per vagabondi. I rappresentanti degli
studenti non seguivano quasi per nulla la discussione e i genitori
sembravano divisi. Il padre di Kitama e una donna sostenevano la
colpevolezza di Minaho, due signore invece la sua innocenza.
L'arancione, da par suo, sudava freddo. Ripercorrere quei momenti era
stato doloroso, e sentiva tutti gli sguardi su di lui. Sentiva la
schiena fradicia e gli sembrò di respirare male.
-Insomma! La situazione è palese! -Il padre di di Kitama
aveva di nuovo prevalso sulle altre voci. -Mio figlio è
stato ferito seriamente da questo… da questo animale!
-Moderi i termini! -Endou era scattato in piedi. -Lei forse non sa cosa
fa suo figlio la mattina, in questa scuola!
-Mio figlio? Mio figlio ha perso un dente! Mio figlio è
andato in ospedale! Potrei denunciarvi tutti! Potrei farvi chiudere!
Voi non sapete chi sono io!!!
La preside scattò in piedi a sua volta. -Non vi sembra di
esagerare? La invito a rispettare di più chi fa il suo
lavoro! Dovreste sapere cosa significa questa parola, dato che
possedete un’azienda fra le più grandi del paese!
Minaho era terrorizzato… sentiva che la testa gli girava.
Manabe gli teneva la mano e cercava di rassicurarlo.
-Ed è proprio per questo… -L’uomo si
era alzato in piedi minaccioso. -Ed è proprio per questo che
avrei dovuto iscrivere mio figlio ad una scuola migliore! Una scuola
decente! Noi saremo sempre una spanna sopra di voi!
Gli insegnanti erano scandalizzati. La situazione stava degenerando e
anche i rappresentanti degli studenti ora si facevano sentire.
-Noi… -Il padre di Kitama si avvicinò minaccioso
a Minaho. Manabe gli si paró davanti. -Noi non dovevamo mai
prendere contatti con questa ridicola scuola! Un’istituto
dove si permette a gente simile… -Indicò Minaho
con violenza. L’arancione era atterrito. Si teneva il petto.
-Dove si permette a gente simile di frequentare i corsi! Un orfano
figlio di genitori degeneri non poteva che diventare un violento! Siete
pazzi a sostenere le ragioni di gente simile!
Manabe era allibito. Fece gesto di scagliarsi contro l’adulto
quando sentì una mano trattenerlo.
-M… Man… non…
Minaho cadde a terra.
-Oddio Min! Minaho! Rispondimi! -Il lilla sorreggeva la testa
dell’amico in preda al panico.
-Guardi cosa ha fatto, idiota! -Endou era corso verso i due ragazzi.
-Non temere Manabe… è solo svenuto…
è stato lo stress… vieni, portiamolo un attimo
fuori.
Il mister e Manabe portarono fuori Minaho svenuto proprio mentre la
preside riprendeva quasi urlando il padre di Kitama. -Lei ha passato
ogni limite! Taccia finalmente oppure la sbatto fuori! Questa
è ancora la mia scuola!
Il corridoio era fresco e luminoso.
-M… Man.. allenatore… che… che
è successo? -L’arancione, adagiato su alcuni
cappotti, si era appena ripreso.
-Minaho… sei svenuto. Stai tranquillo… adesso va
tutto bene. -Endou gli sorrise.
-Io… io ho avuto… così
paura… perdonatemi! -Minaho si sentiva in colpa è
si vergognava.
-Non devi sentirti in colpa Min… quell’uomo lo
avrei picchiato, giuro! Come ti senti? Vado a prenderti qualcosa di
caldo? Una camomilla? Una bibita? -Manabe era preoccupato e teneva
stretta la mano dell’amico.
-No….Non serve Man… sto già molto
meglio. Purtroppo però temo… temo che il verdetto
sia già deciso! Quell’uomo è
così potente…
Manabe voleva fare di no con la testa, voleva rassicurare Minaho, ma la
verità era che anche lui in fonda ormai nutriva poche
speranze.
-Fermi.
L’allenatore si era avvicinato sorridendo.
-Ragazzi… è tutt’altro che finita,
abbiate fiducia. Abbiamo un’arma segreta!
Minaho e Manabe lo fissarono increduli.
-Un… un’arma segreta???
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Capitolo 33 *** Di coraggio e giustizia ***
Battles are fought by
those with the courage to believe
They are won by those who find the heart
Find a heart to share
This heart that fills the soul will point the way to victory
If there's a fight then I'll be there, I'll be there
I due ragazzi proprio non capivano cosa intendesse il mister parlando
di “arma segreta”. Cosa aveva in mente per
modificare un verdetto che sembrava già deciso? Per quanto
antipatico e superbo, il padre di Kitama era un uomo potente.
Metà dei finanziamenti della scuola venivano dalle sue
tasche… non potevano permettersi di perderli.
-Fidatevi… possiamo ancora averla vinta. Manabe…
vieni qui per favore... fammi vedere la mano… ok! Perfetto!
Il lilla non capiva assolutamente cosa stesse succedendo. Che il mister
fosse impazzito? Lo stress gioca brutti scherzi.
Minaho, da parte suo, se ne rimaneva seduto con sguardo curioso. Era
più forte di lui… non resisteva davanti a un bel
mistero.
-Mister… ci aiuti… ci aiuti a capire.
Arma… segreta?
Endou sorrise.
-Segretissima! Vedete… dovete sapere che, il giorno in cui
Kitama ha picchiato Manabe…
Il gruppetto rientrò in sala accolto dal rumoreggiare
dell’assemblea. A quanto pareva, il clima non si
era affatto rasserenato. L’unica differenza sostanziale era
che la preside, oramai schierata, aveva costretto il padre di Kitama a
retrocedere dalle posizioni conquistate in mezzo alla sala e rifugiarsi
al suo posto, dal quale continuava a lanciare ingiurie e minacce.
Quando videro rientrare i due ragazzi accompagnati
dell’allenatore, la preside, la prof di inglese e
le due signore rappresentanti dei genitori sorrisero. Erano contenti di
vedere che l’arancione stesse bene.
-Va bene… temo… temo che sia ora di passare al
verdetto.
La preside sembrava amareggiata. Sapeva che non avevano abbastanza voti
per salvare Minaho. Gli studenti erano succubi di Kitama e avrebbero
votato contro , due genitori su quattro e due professori su quattro
avrebbero fatto lo stesso… anche se lei si fosse schierata
votando, in spregio alla tradizione che la voleva imparziale,
mancava un maledettissimo voto al pareggio… in caso di
parità il suo voto valeva per due, ma così era
tutto inutile.
Il padre del bulletto sorrideva soddisfatto, dopo aver lanciato uno
sguardo di disprezzo a Minaho.
-Ottimo! Possiamo chiudere questa pagliacciata!
Vot…
-Aspettate!
Endou si era alzato tenendo una mano sulla spalla del ragazzino
misterioso che era entrato con lui. Manabe e Minaho si resero conto che
non aveva mai aperto bocca… perché il mister lo
aveva portato con sé?
-Aspettate… prima chiedo il permesso di sottoporre al parere
del consiglio un’ultima testimonianza.. Sarà
davvero breve e non vi ruberà tempo, cari colleghi, ma penso
che si rivelerà fondamentale per capire dove sta la
ragione…
Il padre di Kitama si morse la lingua. -Protesto! Il tempo della
discussione è…
-Silenzio! -La preside lo interruppe con un sorriso speranzoso.
-Permesso accordato. Parli, allenatore.
Endou sorrise. -Non sarò io a parlare… ma il mio
giovane amico Kobe.
Il ragazzino tremava come una foglia. Il mister gli diede una pacca
sulla spalla e gli fece l’occhiolino. -Kobe… ci
racconti dov’eri una settimana fa, dopo le lezioni?
Il ragazzo deglutí rumorosamente. -Ecco…
io… io stavo passando per il corridoio della biblioteca. Ero
appena uscito dai bagni.
Endou sorrise ancora. -E… ricordi cosa hai visto?
Il padre di Kitama lo fulminó con lo sguardo. Cosa diavolo
stava succedendo?
-Io… io ho visto Kitama… ho visto Kitama con
alcuni suoi amici… e… e ho visto quel ragazzino
con i capelli lilla… da solo… credo si chiami
Manabe, vero?
Manabe spalancò gli occhi, Minaho la bocca. Stava succedendo
qualcosa di notevole, se lo sentivano.
-Cosa facevano? Te lo ricordi? -Il mister era incalzante, ma la sua
voce dolce.
-Man... Manabe era appena uscito dalla… dalla biblioteca
mentre il gruppetto. .. Con Kitama… camminavano nel senso
opposto al suo.
Endou strinse i pugni in un malcelato gesto di trionfo. Minaho
ridacchió.
-Quando… quando il ragazzo lilla ha provato ad allontanarsi
lo hanno… lo hanno seguito e aggredito a parole…
io mi sono nascosto dietro la porta del bagno… è
stato spaventoso!
-Che idiozie sono queste! Rifatti gli occhiali, cretino! -Il
padre di Kitama era scattato in piedi.
-Chiuda quella boccaccia abbaiante o la sbatto fuori! -La preside aveva
perso ogni ritegno e si era fatta prendere
dall’entusiasmo. Iniziava ad intuire. Il padre di
Kitama si sedette mugugnando, gli occhi fiammeggianti.
-Vai avanti Kobe… non avere paura. Siamo tutti dalla tua
parte. Poi… cosa hai visto?
Ora tutti prendevano dalle labbra del ragazzino.
-Ecco… io ero nascosto… non ho visto
tanto… ma sentivo grida e colpi… quando mi sono
sporto un attimo ho visto Kitama che… che lo prendeva a
pugni… e poi un urlo molto più forte…
penso che gli abbia fatto qualcosa di molto doloroso…
poi… poi sono scappato! Perdonatemi!! Non
c’è la facevo più! -Il ragazzino si
sedette e nascose la testa tra le mani.
-Tranquillo Kobe… va tutto bene. Sei stato davvero
coraggioso… potresti avere salvato un tuo compagno. Colleghi
del consiglio! Cosa pensate ora di tutto ciò? -Endou aveva
una voce stranamente tonante… Manabe se ne stupì.
I consiglieri erano stupiti e perplessi. Le certezze di alcuni
iniziarono a incrinarsi.
-Che prove avete a sostegno di queste idiozie? Sono menzogne!
Spergiuri!! -Il padre di Kitama sembrava un cacciabombardiere in
picchiata. Era furibondo.
Endou sorrise placido. -Manabe… puoi venire un istante qui?
Ci vorrà un secondo…
Manabe si scosse stupito. Cosa… cosa voleva il mister da
lui? Strinse forte la mano di Minaho.
-Vai Man… qualunque cosa sia… fidiamoci del
mister.
Manabe sorrise debolmente e si alzò, piazzandosi vicino ad
Endou, nel mezzo della sala.
-Volete le prove? Eccovele qua! -L’allenatore prese
dolcemente il braccio di Manabe e gli fece aprire la mano, alzandola
così che tutti potessero vederla. Sulla pelle del palmo
spiccava una grossa cicatrice di forma inequivocabile. Ustione.
Si alzò un brusio sconvolto. Il padre di Kitama era rimasto
senza parole. Ricadde sulla sedia come un sacco di patate.
-Ecco le prove che volevate… mi sembrano fin troppo
evidenti, così come è evidente quanto questo
ragazzo abbia sofferto. Sappiamo tutti che Minaho ha sbagliato, ma ora
io vi chiedo, cosa doveva fare? Cosa fareste voi… -e
così dicendo fece correre lo sguardo sulla tavolata- se il
vostro migliore amico, la persona a cui tenete di più al
mondo, venisse malmenata in questo modo? Kitama avrebbe inoltre potuto
rifiutare la lotta, sottrarvisi, ma ha invece scelto di ingaggiarla
picchiando e mirando al danno altrui. In ciò non
è meno colpevole di Minaho. Chiedetevi ora però
quale sia stata la motivazione di tutto ciò! Chi ha colpito
per difendere, chi per umiliare! Chi ha sacrificato sé
stesso per un altro, chi ha usato la sua forza per ferire!
Endou era rosso in volto. L’assemblea era ammutolita e Minaho
era commosso.
Il padre di Kitama, invece, era sconvolto. Sembrava che
qualcosa di grosso stesse avvenendo dentro di lui, a giudicare dagli
occhi vitrei e dalla respirazione accelerata. Stringeva i
pugni… sembrava deluso, più che arrabbiato.
-Bene. .. bene. Ora… ora molte cose sono chiarite.
Procediamo… procediamo a votare. -La preside si
alzò in piedi. -Chi vuole che la punizione di Minaho sia
cancellata e che sia riammesso a scuola? Esprimetevi… ora.
Sembrò per un attimo che la sala stessa sospirasse. Le mani
scattarono quasi all’unisono verso l’alto.
-Approvato… all’unanimità.
Nel corridoio Manabe e Minaho non avevano ancora smesso di
abbracciarsi, ridendo e piangendo.
Avevano ringraziato fino alle lacrime Kobe, che era diventato rosso e
aveva portato la mano alla nuca.
-Io… io sono sempre stato uno… uno
pauroso… ma… ma questa volta non potevo stare
zitto. La… la verità è che io
non… non ho mai avuto tanti amici… e
voi due siete tutto quello che… che io avrei voluto essere.
Ve… ve lo dovevo, capite?
Manabe era commosso. Abbracció il ragazzino. -Non
più… non più. Ora hai due amici. Due
amici strani, ma che non dimenticheranno mai il tuo coraggio. Vediamoci
qualche volta, sei un ragazzo interessante!
Kobe arrossí ancora di più, sorrise e strinse le
mani dei due ragazzi, prima di fuggire nel corridoio mugugnando un
-A…. A domani!
Poi fu il turno del mister, letteralmente sommerso di abbracci e
ringraziamenti.
-Ragazzi… Ragazzi… vi avevo detto che.. che avevo
un’arma segreta! Quando… quando quel ragazzo
è venuto da… da me quasi per caso… ho
capito che avrebbe avuto il coraggio necessario. L’ho capito
al primo sguardo!
Minaho era ancora incredulo… il primo tassello si era messo
al suo posto! Certo… rimaneva ancora il problema
dell’orfanorofio e quello dei genitori del lilla…
ma una cosa su tre si era risolta per il meglio.
-Mister… se non fosse stato per lei…
-No. Non è stato merito mio, ma vostro. Vostro e di
Kobe… comunque non temete, sto lavorando a qualcosa anche
per la questione orfanotrofio, ma sono in alto mare ancora e non posso
farvi promesse. Abbiate solo fiducia… cercherò di
non deludervi. E ora… che ne dite di un bel gelato con la
squadra? Oggi ci alleneremo sulle nuove tattiche per la
finale… è ora che Manabe torni a osservare il
gioco… dal campo!
Gioia.
Questa era la parola che poteva descrivere quel pomeriggio. Manabe e
Minaho abbracciarono i loro compagni di squadra commossi…
tutti avevano fatto il tifo per loro, fuori dalla porta!
Minaho si fece prestare un cambio di biancheria e una divisa di riserva
da Shindou e si lanció nell’allenamento. A Manabe
invece non sembrava vero di poter tornare a giocare…
L’allenamento tattico in panchina era servito. Ecco cosa
progettava l’allenatore! Non aveva mai letto così
chiaramente il gioco. Ogni mossa, ogni azione erano un libro aperto per
lui e Minaho.
I due ragazzi si coordinavano alla perfezione l’uno con
l’altro. Erano fatti per giocare insieme.
Dopo l’allenamento la squadra, Endou in testa, si diresse
alla gelateria all’angolo. Bisognava festeggiare!
-Ci voleva proprio! -Minaho sorrideva dietro a una bella coppa arancio
e lampone.
-Min… come puoi tradire la cioccolata! Oggi dobbiamo
festeggiare con il dolce! -Manabe sorrise aggrendo il suo cono fondente
e nocciola.
L’arancione gli fece l’occhiolino -Guarda
bene… in questo gelato ci siamo noi due, Manabe-chan!
Il lilla osservò i colori… poi
l’amico… poi i suoi capelli che gli cadevano
davanti agli occhiali… capí di colpo, esplodendo
in una risata entusiasta.
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Capitolo 34 *** Fever ***
Never know how much I love
you, never know how much I care
When you put your arms around me, I get a fever that's so hard to bear
You give me fever - when you kiss me, fever when you hold me tight
Fever - in the the morning, fever all through the night.
-A domani ragazzi! Preparatevi… la finale è tra
meno di due settimane!
L’allenatore Endou salutò con la mano la squadra.
Gli allenamenti erano stati spossanti, e la sosta in gelateria non era
stata certo sufficiente a far riprendere i ragazzi! Tutti non vedevano
l’ora di andarsene a riposare.
Minaho e Manabe salutarono i compagni all’incrocio davanti
alla scuola e imboccarono la strada di casa. Era un pomeriggio molto
luminoso e tiepido.La città era in piena attività
e i ragazzi erano pieni di gioia.
-Min… Min ci credi che è tutto andato per il
meglio? Non… non mi sembra vero!
Manabe saltellava come un bambino. L’arancione
rise… era raro vedere il suo amico, di solito
così serio, comportarsi così. Anche lui era
emozionato… però non si sentiva proprio di
correre e saltare. Aveva freddo…
-Ehi Manabe, ma la temperatura è… è
scesa di colpo o sbaglio? Che… che venga a piovere?
Il lilla guardò il cielo stupito. Non c’era
l’ombra di una nuvola…-Mh… non credo
Min… a me poi sembra che sia una giornata molto tiepida! Si
potrebbe quasi stare in maglietta…
Minaho lo guardò dubbioso. Perché allora lui si
sentiva congelare, e gli facevano così male i muscoli? Non
si sentiva quasi più le gambe dalle ginocchia in
giù…
Manabe fissò l’amico. L’arancione era
molto pallido e si stringeva nella felpa.
-Ehi… ehi Min ma va tutto bene? Hai… hai un
aspetto strano… prima non lo avevo notato…
-Io? No… perché dovrei… dovrei avere
un aspetto strano? -L’arancione sorrise. La verità
era che si sentiva molto debole… ma perché?
Il lilla si avvicinò all’amico e lo
osservò con occhio clinico. Gli prese il polso e gli
guardò delicatamente la pupilla… Minaho sentiva
sonnolenza… che cosa gli stava succedendo?
L’arancione stava quasi per fermare Manabe e riprendere il
cammino quando… il lilla, senza preavviso, gli
appoggió le labbra sulla fronte. Solo uno sfioramento
leggero, ma Minaho arrossí come un peperone.
-Ma cos… Man… che… che…
Manabe sorrise. -Min… hai la febbre! Ma come mai…
hai preso freddo per caso?
L’arancione sospirò. Si era ricordato della doccia
fredda della mattinata. -Dannata fretta! – pensò.
Minaho raccontò tutto a Manabe che lo riprese dolcemente, ma
poi gli sorrise.
-Tieni, mettiti questa e poi vieni vicino a me.
Il lilla si tolse la felpa e la diede all’amico.
-Ma… Ma così prenderai freddo… -Minaho
provó a rifiutare.
-Sst… sono solo pochi minuti! -Manabe chiuse con un dito la
bocca all’amico. -Taxi!!
Un veicolo si fermò a bordo strada. Manabe pregò
silenziosamente di avere abbastanza soldi… era uscito con il
portafogli semivuoto.
Il lilla fece sedere l’amico e gli accarezzò una
guancia, quindi riferì l’indirizzo
all’autista che parta velocità sostenuta.
-Man… guarda che… che sto più che
bene! -L’arancione sorrise scosso dai brividi. Odiava
l’influenza, ma sapeva per esperienza che la sapeva
combattere bene. Gli bastavano un paio di giorni per liberarsene del
tutto.
-Non metto in dubbio… ma pensi che saresti riuscito a
tornare a casa a piedi? Da come tremi dubito che tu te li senta
più, i piedi… e io non sarei riuscito a portarti
in braccio per così tanta strada! -Manabe sorrise
all’amico cercando di sdrammatizzare.
Minaho dovette arrendersi all’evidenza… e comunque
erano ormai arrivati.
-Sono quindici yen. -L’autista si accomodó gli
occhiali.
-Ma… Ma non è possibile! È troppo
poco! -Manabe non capiva. -Ricontrolli… non voglio
approfittare della sua buona fede…
L’uomo sorrise. -Porta dentro il tuo amico, ha bisogno di
riposo… quando faccio servizio ambulanza tariffa dimezzata!
Manabe non fece in tempo a ringraziare quel buffo ometto che era
già sparito dietro l’angolo, lasciandolo sul
marciapiede con un palmo di naso.
Il lilla portò dentro Minaho, che al calduccio di casa si
sentì subito meglio.
-Aspetta qui e mettiti comodo sul divano… vado a prendere il
termometro e qualche coperta.
Tempo due minuti e Minaho era infagottato come un involtino in due
trapunte, i piedi in un catino pieno di acqua calda. Dalla mole di
coperte spuntava una testa arancione decisamente contrariata con in
bocca un termometro azzurro.
-Beeene… fai vedere… dai! Pensavo peggio!
Trentotto e cinque… per fortuna non è troppo
alta. -Manabe sorrise. -Vedrai che presto starai meglio.
Minaho non si sentiva poi così male… anche se
“sentire” era un concetto relativo. Aveva
così freddo che non gli sembrava più di avere
mani e piedi.
-Mh… vediamo…-Manabe si sistemó gli
occhiali sul naso mentre con la mano sinistra reggeva uno dei suoi
libri di medicina. -Allora… adesso ti prendo
un’aspirina per abbassare la febbre... Le coperte le
hai… dobbiamo scaldarti le estremità. Hai freddo
a mani e piedi?
Minaho sorrise depresso. -Perché, ho ancora delle
estremità?
-Simpaticone! -Manabe ridacchió. -Dammi le mani…
Il lilla prese le mani dell’amico. Erano gelide. -Minaho, ma
quanto sei freddo? Aspetta… - Il ragazzo iniziò a
massaggiargliele. -così va meglio?
Minaho sorrise. -Molto meglio!
-Tieni Min… prendi questa. -Il lilla porse
all’amico una pasticca e un bicchiere d’acqua. -Non
è niente di che… semplice Tachipirina per farti
passare la febbre. -Manabe sapeva che l’amico non aveva un
bel rapporto con le medicine dopo la morte della madre.
-Mh… di cosa sa? -La voce lamentosa di Minaho non riusciva a
nascondere la sua ansia. Aveva visto la madre spegnersi
davanti a lui imbottita di antidepressivi… non riusciva a
pensare alle medicine senza ricordare quel trauma.
-Sa… sa di medicina, ma la devi buttare
giù… ci vuole poco Min…
dai… poi starai meglio, te lo giuro! -Manabe gli sorrise
incoraggiante.
-Io… io non la prendo quella cosa Man! -Minaho mise il
broncio. Manabe non riuscì a non intenerirsi.
-Mh… ci penso io! Aspetta un secondo…
Manabe volò in cucina e tornó dopo pochi minuti
con qualcosa stretto nel pugno. -Guarda qua cosa ho portato!
Il ragazzo aprì il palmo. Aveva preso una caramella gommosa
all’arancio, che sapeva essere un punto debole del suo
migliore amico.
-Prendi la medicina… e poi ti mangi questa per rifarti la
bocca, ok? -Manabe fece l’occhiolino all’amico.
Minaho bofonchió qualcosa… ma due minuti dopo
stava succhiando la sua caramella. Il lilla sorrise dolcemente.
Tempo nemmeno mezz’ora e la medicina aveva fatto effetto. La
febbre si era abbassata fin quasi a sparire e Minaho si era
addormentato. Ora russava felice sul divano.
Manabe gli appoggió la mano sulla fronte e sentì
che era sudato. -Ovvio… la temperatura scende…
-pensò.
L’amico si era scoperto muovendosi nel sonno…
evidentemente sentiva caldo. Manabe pensò di cambiarlo, non
voleva che il sudore gli si gelasse addosso.
Salì in camera e prese un pigiama dal cassetto
dell’amico. Non poté evitare di far cadere gli
occhi sulla parete. Minaho aveva appeso una loro foto insieme che aveva
fatto stampare in grande formato. Il lilla sorrise.
-Min… scusa se ti muovo… continua pure a
riposare. Ti cambio i vestiti.
L’arancione bofonchió qualcosa nel sonno. Manabe
gli sbottonó la divisa e gliela sfiló
dolcemente, quindi fece lo stesso con camicia e pantaloni.
-Minaho… perdonami… cercherò di non
guardare… -Il lilla ridacchió. Prese un
asciugamano e tamponó dolcemente il petto
dell’amico, quindi gli infilò la maglietta del
pigiama e i pantaloncini. Con la mano gli scostó un ciuffo
arancione dalla fronte e gliela asciugó con un fazzoletto.
-Ora va meglio… riposa Min, ne hai bisogno.
Quando Minaho si svegliò si sentiva molto meglio. Il freddo
era sparito, e così i dolori muscolari. Ringraziò
mentalmente Manabe per averlo costretto a prendere la
medicina… aveva bisogno di stare bene per il giorno dopo,
doveva tornare a scuola!
Si accorse di essere in pigiama. Arrossí al pensiero di
Manabe che lo spogliava… si pentí di aver ceduto
al sonno, ma poi non poté fare a meno di ridere pensando al
lilla che, tutto vergognoso, gli toglieva i pantaloni.
Si alzò in piedi stiracchiandosi e si diresse verso la
cucina… aveva fame!
-Man… ehi Man, ho visto che mi hai cambiato…
grazie. Però non vorrei che la vista dei miei bellissimi
pettorali ti avesse troppo sconvolto… sai
com’è… -Minaho ridacchió.
Manabe era di spalle intento a cucinare. Si voltó di colpo
con un gran sorriso.
-Ehi… Min! Che bello che stai meglio! Guarda che non
è stato… ho dovuto… ecco…
non volevo che ti si raffreddasse il sudore addosso! E poi non ho
guardato … insomma… i tuoi muscoli, ecco!
Il ragazzo era arrossito. Minaho rise guardandolo con affetto. -Sta di
fatto che la mia bellezza ti ha stregato! Del resto so di essere
troooppo fascinoso!
Manabe lo fissò ironico. -Ah.Ah.Ah… che simpatica
canaglia! Invece di prenderti gioco del tuo povero migliore amico vatti
a preparare per la cena… ti vedo affamato! E non stare
scalzo… prendi freddo!
Minaho fece ironicamente il verso all’amico. -Va bene mamma!
Vado a mettermi i calzini mamma! È pronta la cena mamma?
Manabe gli lanció una fetta di pane come un freesbee. Minaho
la afferrò agevolmente e le diede un morso. Scoppiarono a
ridere in contemporanea.
I due ragazzi si sedettero al tavolo con una discreta voglia di
spazzolarsi qualunque cosa si trovasse nel raggio di un kilometro.
-Ho una fame! -Minaho era commosso di fronte all’abbondanza
della tavolata. -Tu non sai quanto ti adoro…
Manabe sorrise e gli fece l’occhiolino. -Mangia…
devi riprenderti! Mi ci sono impegnato in questa cena, sai?
È la nostra cena della vittoria! Ho fatto anche le polpette
di pesce che ti piacciono tanto…
Minaho non se lo fece dire due volte. Fece onore alla cena
dell’amico e poi si buttò con lui sul divano a
guardare la televisione.
-Man… grazie per tutto quello che hai fatto per me oggi. Ti
voglio bene. Vieni qui… devo contagiarti!
Minaho abbracció strettissimo Manabe che scoppiò
a ridere.
-Mh… non penso che tu sia infettivo, sai? Altrimenti non
starei qui vicino a te! Ti avrei già chiuso in camera con
come unico contatto con l’esterno un buco nella porta! -Il
lilla fece una faccia buffissima.
Passarono una serata tranquilla. La febbre non era risalita…
doveva essersi trattato di una semplice sfebbrata dovuta più
allo stress che ad altro. Manabe ne fu molto contento…
l’amico ne aveva già passate troppe.
Per sicurezza comunque decise di rimanere con lui tutta la notte. Si
infilarono insieme sotto le coperte ridendo.
-Man… questa notte cercherò di non
scalciare… scusa per l’altra sera…
Manabe lo abbracció. -Ma va… io dicevo per
ridere… sei tenerissimo quando dormi, stai tranquillo e
rilassati il più possibile, ne hai bisogno.
Aspetta… ti faccio un massaggio al collo.
Minaho non lo avrebbe mai ammesso, ma adorava le attenzioni del suo
amico. Si addormentó dolcemente sotto il suo tocco, con il
sorriso sulle labbra.
-Min! Ehi min, che succede?
Manabe si era svegliato di soprassalto sentendo l’amico
urlare. Aveva acceso la lucetta sul comodino e aveva afferrato gli
occhiali, senza i quali vedeva poco e niente.
Minaho era pallido e sudato. Stava tremando.
-Hai fatto un brutto sogno? -Il lilla gli prese la mano.
Minaho annuì con la testa, un po’ imbarazzato.
-Capisco… mi dispiace… ma non ti preoccupare,
è lo stress che si scioglie… in realtà
è un segno buono. Vuole dire che stai buttando fuori tutta
la paura di questi giorni, sai?
-Io… scusa Man… scusa se ti ho disturbato.
-Nessun disturbo Min… basta che tu stia bene. Vuoi che tenga
accesa la luce?
L’arancione fece cenno di no con la testa. -Non…
non ti preoccupare, ce la faccio. -Sì sforzó di
sorridere.
Il lilla non era tanto sicuro che il suo amico stesse dicendo la
verità, ma lo accontentó. Spense la luce e si
voltó verso la porta. -Min… abbracciami se vuoi.
Io sono qui, e non devi avere paura di niente perché ti
difenderó!
Passò qualche minuto. Minaho si pentí
di aver chiesto a Manabe di spegnere la luce… vedeva un
sacco di ombre spaventose…anche se in realtà si
trattava solo dei mobili, del lampadario e delle luci della strada che
filtravano attraverso le tende.
Aveva sognato un essere che si nascondeva nel buio… qualcosa
che doveva aver visto in un film horror, poco tempo prima. Rimpianse
amaramente le sue scelte televisive… iniziava a sentire il
cuore battere forte.
-Man… Man sei sveglio?
Il lilla mugugnó nel sonno, quindi si svegliò.
-Mh… Min… dimmi… non… non
riesci a dormire vero?
-Io… in realtà.. sí... -Minaho si
vergognó della voce infantile che gli era uscita…
ma come era possibile che appena sentita la voce del suo amico il suo
timore fosse sparito?
-Cosa possiamo fare? Vuoi una camomilla? Vado a fartela… -Il
lilla sbadiglió.
-No… non ti devi alzare… sei stanco…
scusa per tutto il disturbo che ti do! -Minaho era davvero imbarazzato.
-Nessun… nessun disturbo Min. Vorrei aiutarti…
-Il lilla sbadiglió ancora. – vorrei aiutarti ma
non so come…
Minaho si fissava i pollici. -Ecco… ecco una cosa ci
sarebbe…
-Dimmi… dimmi tutto, non aver paura.
-Io… posso… ecco… posso toccarti i
capelli? È una cosa che mi rilassa tantissimo…
Manabe rimase un attimo senza parole. I suoi capelli erano off limits!
Ne sapeva qualcosa l’arancione, costretto ad aspettare ore
per il bagno, visto che fra shampoo, balsamo e pettine ci impiegava
un’era geologica.
Minaho si accorse della sua esitazione. -Vabbè…
scusami… non dovevo chiedertelo… notte…
Il lilla sospirò e si rimise disteso… prendendo
la mano dell’amico e appoggiandosela sui capelli.
-Solo perché sei tu… e sono circostanze
eccezionali, ed io ho eccezionalmente sonno!
Minaho sorrise. -Grazie!! Ti devo un favore… e ti voglio
bene.
L’arancione giocherelló una decina di minuti con i
ciuffi dell’amico, quindi si addormentó come un
sasso. Manabe si voltó dalla sua parte e gli mise un braccio
intorno alle spalle.
Vedendo il suo sorriso beato pensò che ne fosse valsa la
pena.
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Capitolo 35 *** Manabe, detto carino ***
O Dio del cielo,
se fossi una rondinella,
O Dio del cielo,
se fossi una rondinella,
vorrei volare,
vorrei volare
vorrei volare
in braccio alla mia bella.
Prendi la secchia
e portalo alla fontana,
là c'è il tuo amore
là c'è il tuo amore
là c'è il tuo amore
che alla fontana aspetta.
Manabe rifletteva.
Adesso toccava a lui non riuscire a dormire… il sonno era
sparito.
Mentre accarezzava con estrema delicatezza i capelli
dell’amico che ronfava beato, lasciava che la sua mente
spaziasse agli ultimi giorni e a quelli che ancora lì
aspettavano.
Il tempo stringeva. Bisognava risolvere il problema di Minaho e
dell’orfanotrofio… ma non aveva assolutamente idea
di come fare. La sua unica speranza era riposta nelle parole
dell’allenatore e nel suo “progetto
segreto”.
Del resto non poteva immaginare il suo amico in orfanotrofio.
È vero, non aveva i genitori, ma forse era ancora
più “adulto” di lui… e poi
era troppo fragile. La reclusione, la vergogna e il dolore lo avrebbero
spento lentamente.
Non voleva vederlo per due ore alla settimana, non voleva smettere di
stare con lui… per la prima volta ammise a sé
stesso che desiderava vivere insieme a lui. Non era amore, ne era
certo… ma qualcosa di diverso… o forse no?
Vedeva l’amico come tante cose. Poteva essere un fratello,
poteva essere un padre, e più spesso poteva essere
semplicemente il suo migliore amico. Gli piaceva come suonava
l’espressione “migliore
amico”… era quello che aveva sempre desiderato.
Ricordava quanto aveva sofferto da piccolo. .. quanto aveva pianto in
camera sua perché nessuno lo voleva come amico. Si sentiva
così solo… quando poi era entrato in crisi con i
suoi genitori tutto era crollato.
Guardava dalla finestra gli altri ragazzini giocare nel parco sotto
casa dei suoi e desiderava con tutto il cuore essere con loro, ma loro
non lo invitavano mai. Nessuno si ricordava mai di Manabe Jinichirou.
Poi… poi era arrivato Minaho.
Quando lo aveva visto aveva provato qualcosa di nuovo. Gli sembrava
così buono… non sapeva spiegarsi il
perché. Dovette tirare fuori tutto il suo coraggio per
avvicinarlo, quel giorno sotto la pioggia… e poi
il miracolo.
Minaho era la sua ancora di salvezza. Quando si sentiva solo, o triste,
bastava che gli parlasse, che lo chiamasse e lui subito era
lì, lì per abbracciarlo, per dirgli che andava
tutto bene, per farlo ridere con le sue trovate.
Sospirò. Era davvero tardi… molto tardi. Per
fortuna il giorno successivo le lezioni sarebbero finite in anticipo a
causa di alcuni consigli docenti… sapeva che si sarebbe
appisolato sul banco altrimenti!
Si accoccoló contro il petto di Minaho e inspiró
il suo profumo. Arancio… il suo preferito. Chiuse gli occhi.
La mattina seguente, come da previsione, si alzarono tardi! Volarono in
bagno e trangugiarono alcune fette di pane con la marmellata. Non
avevano tempo da perdere… Minaho tornava a scuola quel
giorno.
-Non trovi che così staresti meglio?
Manabe infilò il pettine nei capelli dell’amico e
glieli sistemó.
-Man… tanto non c’è niente da
fare… i miei capelli sono autonomi, torneranno al loro stato
naturale fra pochi istanti…
Detto fatto. I ciuffi si raddrizzarono da soli. Manabe
sospirò ridendo.
-Mh… -Minaho si portò la mano al mento.
-Piuttosto… hai i pantaloni storti!
Ill lilla arrossí di botto. -Dannata fretta!
-Guarda che sei carino uguale… tanto carino!
Manabe fissò l’amico con sguardo omicida.
-Min… stai attento… la mia vendetta potrebbe
essere terribile…
L’arancione sorrise sornione. -Sarà… ma
tu continui ad essere caaaaarino!
Manabe puntò l’indice contro il petto
dell’amico fingendo di essere estremamente
arrabbiato. -Stai attento… non tirare troppo la
corda…
-Oh Man… che indice carino che hai! -L’arancione
scoppiò a ridere mentre Manabe si metteva sconsolato le mani
tra i capelli.
-Min… ultimo avvertimento… prima che la mia furia
si abbastanza su di te… stiamo facendo tardi!
Minaho gli fece l’occhiolino.
-Hai ragione… meglio arrivare in anticipo… anche
se sei carin…. Ahia!!
Manabe, impassibile, gli aveva assestato un pestone letale. -Io ti
avevo avvertito… ti avevo avvertito..
Il lilla poté finalmente abbottonarsi la camicia mentre
l’amico saltellava per la stanza guaendo come un cane ferito.
-Ahhh… che pace… non trovi anche tu che il
silenzio sia adorabile? -Il lilla sorrise sarcastico.
-Manabe… questa me la paghi… non
potrai… ahia… non potrai più camminare
senza. .. ahia! Senza temere la mia tremenda vendetta! Per
poco… ahia! Per poco non mi azzoppi!
Manabe sbuffó ironico. -Che tragico il mio amicone!
È stata solo una carezza di affetto e
comprensione… nient’altro! E poi non ho
nemmeno le scarpe… cosa potrò mai averti fatto!
Minaho mise il broncio. -Violento… io volevo solo essere
simpatico e amichevole… sei così
carin… AHIA!!!
-Manabe due, Minaho zero. -Il lilla aveva colpito per la seconda volta.
-Ne ho pronto un terzo se desideri!
Minaho piagnucolava buffamente. -E va bene… me ne
vado… persona rustica e poco tollerante!
Il ragazzo arancione zoppicó fuori dalla stanza mentre
Manabe ridacchiava sotto i baffi. -Finalmente posso finire di
prepararmi… Dove ho messo la giacca…
vediamo…
Al lilla ci volevo solo cinque minuti per finire i suoi preparativi.
Scese le scale tutto allegro, lo zaino sulle spalle.
-Min! Io sono pronto… andiamo?
L’arancione era in cucina, seduto sul pavimento e intento a
tenersi una busta di surgelati premuta sul piede.
-Vattene… Vattene e lasciami qui! Solo con le mie colpe e i
miei rimpianti! -L’arancione si portò teatralmente
la mano alla fronte. Manabe scoppiò a ridere.
-Vieni qua teppista… oppure ti porto a scuola in braccio!
-Magari! Sei così carin… non ci provare!
Manabe aveva alzato minacciosamente la gamba destra. Minaho si ritrasse.
-Tu ti rendi conto che se mi dai un pestone con quelle scarpe mentre io
sono scalzo me lo rompi, il piede, vero?
Il lilla rise. -Allora se vuoi uno scapaccione non hai che da
chiedere… oppure preferisci il solletico?
Scoppiarono a ridere entrambi.
-Ma ascolta Man… per curiosità…
perché non vuoi che ti dica che sei carino?
Manabe sorrise sornione.
-Io non sono carino. .. Io sono carinissimo!!
Minaho e Manabe fecero il loro ingresso trionfale in classe in perfetto
orario.
All’arancione non sembrava vero di tornarsene al suo
banco… quella stessa scuola che aveva tanto odiato ora gli
sembrava un posto bellissimo dove passare il suo tempo insieme al
lilla… aveva il gusto dolce della vittoria!
A ricreazione decisero di fare un salto in biblioteca…
volevano cercare un buon libro di biologia per integrare gli appunti
della mattina.
Proprio mentre erano seduti al tavolo Shindou fece il suo ingresso in
sala.
-Ehilá Ciao ragazzi! Vi ho cercato dappertutto! Il
mister… il mister vuole parlarvi in privato dopo gli
allenamenti… mi ha detto di riferirvelo.
Il castano sembrava senza fiato. Doveva aver corso per mezza scuola per
trovarli.
-Vieni Shindou… siediti con noi e prendi un sorso
d’acqua. -Manabe porse all’amico la bottigliietta.
Il castano sorrise e si sedette con loro. Passarono il resto della
ricreazione a parlare di calcio e della finale… erano tutti
carichi ed emozionati.
Al momento di rientrare in classe si diedero appuntamento alla sala del
club per gli allenamenti e si separarono. Minaho non riusciva a
togliersi dalla testa le parole del castano… cosa
poteva volere da loro l’allenatore?
-Man… dici… dici che Endou ha qualche notizia
positiva per noi?
Il lilla si sistemó gli occhiali sul naso. -Io…
io lo spero proprio! Altrimenti perché farci chiamare
così?
I due ragazzi si sorrisero fiduciosi. Avevano grandi
aspettative… e una grande paura di venire delusi. Allo
stesso tempo la loro fiducia in Endou era totale.
Il resto delle lezioni passò con grandissima lentezza.
Manabe e Minaho non vedevano l’ora di fiondarsi agli
allenamenti e la curiosità gli faceva sembrare lo scorrere
delle lancette come qualcosa di lento e insopportabile. Da come
fissavano l’orologio sembrava che volessero mangiarlo con gli
occhi!
Finalmente la desiderata campanella suonò. Era ora! Corsero
fuori nel corridoio pieno di ragazzi. Chi raccoglieva lo zaino, chi
chiacchierava… la luce inondava il corridoio.
Corsero alla sede del club e si fiondarono dentro… erano i
primi! Mentre aspettavano ebbero modo di fare altre ipotesi…
ma proprio non trovavano capo alla faccenda. Di sicuro Endou aveva in
mente qualcosa di grosso… o almeno lo speravano.
Quando Endou arrivó si limitò a sorridergli, e
così fece per tutta la partita di allenamento. Nessun segno,
nulla che facesse pensare a qualcosa di strano o diverso dal solito.
-Man… pensi che… pensi che ci siamo illusi troppo
presto?
Manabe sorrise cercando di incoraggiare l’amico. -Dobbiamo
avere fiducia… ho un buon presentimento, sai?
Minaho ingoió i suoi timori. Doveva fidarsi.
Alla fine dell’allenamento i due ragazzi si cambiarono.
L’ansia era decisamente calata… erano
stanchissimi!
-Ehi Minaho! Cos’è quel livido che hai sul piede?
-Kirino si era chinato davanti all’amico, preoccupato.
-Ehm… nieeeeente… colpa… colpa dello
zaino! Mi è caduto e…
Manabe rise sotto i baffi.
Fu quando ormai si erano dimenticati del motivo per cui erano stati
così in agitazione che il mister li prese da parte.
-Ragazzi… devo parlarvi.
Minaho si illuminó. -Ha… ha delle notizie
su… sulla questione… ecco… ha capito a
cosa mi riferisco…
Manabe prese la mano dell’amico… ci speravano
tanto…
-Sì. Ho delle notizie… ma non posso parlarvene
qui. Vi va bene se questa sera venite a cenare a casa mia? Vi
presenterò mia moglie… e vi dirò tutto.
Minaho e Manabe si guardarono allibiti. Andare a cena da Endou?
-Va… va bene allenatore… lei è troppo
gentile… -Minaho balbettava.
Endou rise. -Aspetta di sentire la cucina di mia moglie e ti pentirai
di queste tue parole! Ma comunque… a parte gli
scherzi… penso che sia ora di rivelarvi alcune cose, a
tavola si parla meglio… più in
tranquillità. Ci sono notizie abbastanza dire da
digerire… ma penso che alcune cose vi interesseranno. -Fece
l’occhiolino ai ragazzi.
-Rivelarci… alcune cose… sí! Ci
saremo! -Manabe si inchinó. -Grazie mille allenatore!
Endou sorrise e gli appoggió la mano sulla spalla. -Ottimo!
Allora vi aspetto per le sette… state tranquilli, quello che
vi dirò potrebbe essere la soluzione a Buona parte dei
nostri problemi.
Minaho spalancò gli occhi speranzoso.
-D… davvero??
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Capitolo 36 *** Lo spavento è pronto in tavola ***
Viva il vino spumeggiante
Nel bicchiere scintillante,
Come il riso dell’amante
Mite infonde il giubilo!…
L’invito del mister era stato come un fulmine a ciel sereno.
Minaho e Manabe, tornando a casa dagli allenamenti, non smettevano un
istante di parlare e di fare ipotesi di tutti i tipi. Endou aveva
promesso che gli avrebbe parlato di una possibile soluzione ai loro
problemi… chissà cosa aveva in mente!
Conoscendolo, bisognava aspettarsi qualcosa di grosso, di molto grosso!
-Man… secondo me ha trovato un avvocato amico suo che
polverizzerà quelli dei tuoi genitori! -Minaho
sorrideva entusiasta.
-Ma no… o forse sì? Non ne ho idea! -Manabe
allargò le braccia con un sospiro. Erano davvero in alto
mare!
-E se… e se avesse parlato direttamente con i tuoi genitori?
-No… -Man scosse la testa. -Impossibile! Non lo avrebbero
nemmeno ascoltato, è assolutamente certo.
Parlando e facendo congetture i due ragazzi si erano ritrovati in pieno
centro. L’aria del primo pomeriggio profumava di foglie
secche e di caffè caldo, mentre un allegro vociare proveniva
dai bar sulla strada dove si attardavano gli impiegati in pausa
reticenti a tornare al lavoro.
-Senti Man… compriamo qualcosa per stasera? Che ne so.. Un
dolce?
-È una bellissima idea! Anche perché…
-Manabe si sistemó gli occhiali sul naso. -Anche
perché… meglio prevenirci. Sai… la
cucina della moglie del mister…
Minaho fece una faccia disgustata. -Non farmela ricordare…
non oso pensare a cosa troveremo in tavola questa sera!
Entrambi scoppiarono a ridere, mentre entravano nella migliore
pasticceria della zona.
-Mh… Min, che ne pensi di un panettone? Il panettone fa
sempre allegria!
Minaho sospirò ridacchiando. -Man… il panettone
si mangia a Natale… siamo alla fine di ottobre…
non trovi sia un po’ prestino?
Il lilla fece una faccia perplessa. -Bhe… in
effetti… tu cosa proponi?
-Io? Fammici pensare… -Minaho si portò la mano al
mento. -Biscotti? Fanno troppo pomeriggio tra amici… torta
gelato? Arriverebbe liquida… torta alla crema? Troppo a
rischio allergie… e se prendessimo una bella crostata?
A Manabe si illuminarono gli occhi.
-Sei un genio!!
Due minuti dopo un ragazzo lilla e uno arancione uscivano dal negozio
con in mano un.pacchetto profumato. Crostata more e lamponi, la loro
preferita!
-Allora… abbiamo tutto il tempo di riposarci un paio
d’ore prima di prepararci per uscire… sei stanco
Min? -Manabe aprì il cancelletto di casa.
L’arancione sorrise. -No… non
particolarmente… tu? Oggi in allenamento hai sforzato
molto… vuoi che ti prepari qualcosa di caldo? La tua gamba
è ancora debole…
Manabe lo guardò sornione. -Debole? Ne sei proprio sicuro?
Questa mattina non mi sembrava così debole! -Il lilla
scoppiò a ridere, memore del pestone tirato al suo migliore
amico.
Minaho fece una faccia buffissima fingendo di essere offeso. -Ehi!
Guarda che mi hai fatto male… potevi rompermi il piede, ecco!
-O povero piccino… vuoi che ti dia un bacino? Le
possibilità sono del settanta per cento, sai?
-Manabe… -I due ragazzi erano entrati e Minaho aveva chiuso
la porta… a chiave. -Inizia a scappare!
Il lilla sparí su per le scale come una scheggia impazzita,
seguito a ruota dell’amico che rideva come un matto. Adorava
quando facevano un po’ i bambini… gli sembrava di
risarcire Manabe per tutte le volte che, da piccolo, non era stato
accettato o era stato escluso dai giochi dei suoi coetanei.
-Guarda che ti prendo… anche se ti sei nascosto! -Minaho si
aggirava di stanza in stanza con fare furbesco.
Silenzio… dove si era cacciato il suo amico?
Entrò in camera sua.
-Maaaaaaaan? Dove sei? Ti devo fare i grattini! Vieni fuori, piccolo
panda coccolone!
Manabe, che intanto se ne stava appostato sotto il letto e il cui campo
visivo non andava oltre i piedi dell’arancione, faticava a
non tradirsi per colpa della ridarella… e del rossore! Panda
coccolone?
Aspettò che l’amico fosse voltato di
spalle, quindi uscì dal suo nascondiglio e gli
saltò addosso. Minaho si sbilanció
pericolosamente finendo a pancia all’aria sul letto. Manabe
lo bloccò.
-E ora chi comanda? Eh, Carotino? -Il lilla sorrideva trionfante.
-E va bene… mi arrendo! Non sono pronto per tattiche di
guerriglia da esperto della giungla!
Scoppiarono a ridere. -Ascolta Man… ti va di vedere un film
mentre aspettiamo? Shindou mi ha detto che danno un
bell’horror fra dieci minuti!
Il lilla sorrise. -Ci sto!
I due ragazzi passarono l’ora seguente a sgranocchiare
patatine sul divano, godendosi la trasmissione. Era un film
inquietante, con una certa dose di sangue… Manabe non era
impressionato (sapeva ben riconoscere la finzione cinematografica!)
mentre Minaho non sembrava troppo a suo agio…
-Ehi Min, guarda che se hai paura cambiamo canale…
-N… no tranquillo! Io non ho… non ho mai paura!!
Il lilla lo fissò perplesso. -Mh…
sarà…
Fuori dalle finestre il sole incominciava a tramontare e le ombre si
allungavano dolcemente sulla casa. Avevano ancora più di
un’ora di luce prima del buio.
Sullo schermo correvano le immagini di un turpe omicidio. Minaho non lo
avrebbe mai ammesso, ma quella cosa lo inquietava… lui
voleva fare il detective, era vero, ma si immaginava sulle scene del
crimine dopo il crimine stesso, non durante, come spettatore!
Si strinse le ginocchia al petto ritirando le gambe sul
divano… aveva paura che qualcosa lo afferrasse. -Quanto sono
infantile! -Pensò.
Manabe ridacchiava tra sé e sé. Troppo
intelligente per non leggere negli occhi dell’amico il suo
disagio, aspettava un suo cenno di cedimento per intervenire.
Minaho, da parte sua, cercava di dissimulare il terrore che provava.
Malediceva la sua debolezza e soprattutto la scelta di guardare un film
del genere! Per fortuna che Manabe era vicino a
lui…
-Min… ho bisogno di andare in bagno... torno tra due
minuti… Aspettami!
Sbam. Come non detto! All’arancione si geló il
sangue nelle vene… da solo no! Assolutamente no! Eppure il
suo orgoglio non voleva cedere…
Il lilla, sorridendo sornione, si alzò e si diresse verso le
scale… la paura del suo amico era palpabile. Minaho aveva
gli occhi fissi e quasi tremava, ma non aveva nessuna intenzione di
cedere! Ne andava della sua reputazione…
Sentì i passi del lilla allontanarsi. Si sforzó
di pensare a cose allegre, di non concentrarsi sul film, ma il buio che
avanzava lo faceva impazzire di angoscia. Temeva di sentire una mano
afferrargli la spalla, o peggio…
La televisione stava trasmettendo una scena apparentemente
calma… la protagonista tranquilla nella sua
camera… ma ecco inquadrato l’armadio. Il
buio si percepisce fra le ante socchiuse… un rumore simile a
un gemito e la luce che inizia ad andare e venire…
-Arghh!
Minaho sentí qualcosa appoggiarsi sulla sua gola. Qualcosa
di simile a una lama di metallo gelido… una mano gli
toccó la spalla…
Il ragazzo urló con tutto il fiato che aveva in corpo. Cadde
a terra gridando e tenendosi la testa nascosta tra le braccia,
implorando pietà.
-Ehi!
Minaho urló ancora più forte, stava piangendo.
-Ehi! Min sono io!
Il lilla si tolse dalla faccia il passamontagna che aveva recuperato in
fondo a un cassetto e sventoló il suo
“coltello” … nient’altro che
un mestolo da cucina!
-Perdonami… non potevo resistere!! Sei troppo buffo!!
Minaho però non rideva. Continuava a piangere accucciato ai
piedi del divano coprendosi il viso con le mani e respirando in maniera
irregolare.
Il lilla si inginocchió davanti a lui. -Ehi…
scusami… volevo solo farti uno scherzo… io
non… non è che volessi…
Minaho tiró su col naso.
-P…perché… perché lo
hai… io… io mi… -Riprese a
singhiozzare.
Manabe si sentiva in colpa… effettivamente ci era andato
giù pesante, e poi non aveva tenuto conto del fatto che la
paura dell’amico avesse radici più
profonde… nei suoi ricordi della morte dei genitori.
-Senti… sono stato un cretino, ok? Non… non avrei
dovuto fare una cosa così stupida. Ti prego…
guardami… -Il lilla scostó le mani dal viso
dell’amico. -È tutta colpa mia! Solo colpa
mia… chiedimi qualunque cosa… voglio farmi
perdonare…
Minaho si strinse al petto dell’amico, senza parlare. Si
sentiva ridicolo, ma non aveva potuto trattenersi…
pensò a Manabe ed ebbe anche lui un piccolo senso di colpa.
Non voleva farlo sentire colpevole.
-Lascia stare… devo essere sembrato così buffo!
Scusa… scusa tu per questa scenata da bambino
piccolo…
-Min… -Manabe strinse a sé l’amico.
-Non sei sembrato affatto buffo… mi hai stretto il
cuore… sono stato sciocco a farti uno scherzo del genere.
Non sei infantile… con tutto quello che hai
passato… avrai dovuto pensarci… e
invece… -Il lilla sospirò. -Aspetta, ho un idea!
Guarda guarda cosa ti permetto di fare…
Manabe si mise carponi vicino all’amico e chinó la
testa. -Vai… ti lascio giocare con i miei capelli
finché vuoi… spero che apprezzerai il sacrificio!
Minaho si intenerí come neve al sole… non
poté trattenersi dal sorridere. Come poteva tenere il
broncio a Manabe… era impossibile! Impossibile… e
poi non era colpa sua… gli aveva solo fatto uno
scherzo…
-E va bene… perdono accordato! Preparati
però… qualcosa mi dice che questa sera andrai da
Endou con un bel paio di treccine!
Per fortuna Minaho si era limitato a scherzare… il lilla non
avrebbe retto alla vergogna di un taglio di capelli
“treccioso”… sarebbe sembrato una
piccola Heidi incrociata geneticamente con Camilla, la mucca
lilla…
Questi erano i pensieri del ragazzo mentre si dirigeva, con Minaho al
suo fianco completamente ristabilito dallo spavento e sorridente come
non mai, verso la casa dell’allenatore.
Si erano fatti una bella doccia e avevano indossato i loro vestiti
più belli… non immaginavano che tipo fosse la
moglie del mister… meglio essere eleganti e profumati! In
mano Manabe reggeva il pacchetto con la crostata, mentre Minaho un
mazzolino di fiori comprato al volo all’angolo del
viale… era stata un’idea dell’ultimo
minuto.
-Sembriamo due allegri sposini! -Minaho ridacchió.
-Già… speriamo che nessuno ci veda
conciati così… -il lilla si allentó il
nodo del farfallino che gli stava quasi opprimendo la gola. -altrimenti
domani lo saprà tutta la scuola!
La casa dell’allenatore era in una palazzina vicino al campo
al fiume. Niente di speciale in quanto a dimensioni, ma molto carina e
con un bel cortile.
-Man… io suono… sei pronto?
-Prontissimo! -Manabe gli fece l’occhiolino.
Suonarono al campanello e si fecero riconoscere. La voce
dell’allenatore sembrava imbarazzata…
-Ehm… Ciao ragazzi! Venite pure… mia moglie
ci… ci ha preparato il suo famoso sushi…
è già quasi in tavola!
Minaho e Manabe ringraziarono felici. Fecero per entrare nel vialetto
quando la voce dell’allenatore proveniente dal citofono li
fece tornare un istante indietro.
-E… a riguardo della cena… una preghiera mentre
salite le scale forse aiuterebbe… io sto già
implorando il cielo da ore, circa da quando lei ha acceso il fornello
sotto alla pentola del riso!
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Capitolo 37 *** Cena a sopresa ***
Viva la pa-pa-pappa
Col po-po-po-po-po-po-pomodoro
Ah viva la pa-pa-pappa
Che è un capo-po-po-po-polavoro
Viva la pa-pappa pa-ppa
Col po-po-pomodor!
La casa del mister era arredata palesemente da una donna.
Ovunque immagini di gatti. Gatti ovunque, e una tappezzeria nei toni
del rosa accompagnavano lo sguardo su un mobilio tradizionale, tipico
delle abitazioni dei quartieri benestanti.
Manabe e Minaho entrarono nel piccolo ingresso e vennero accolti dal
mister, in tuta sportiva, e da quella che doveva essere sue moglie. Una
bellissima ragazza in verità. Disse di chiamarsi Natsumi e
di essere stata compagna di scuola dell’allenatore.
I ragazzi salutarono con garbo. Gli sembrava una ragazza
simpatica… non poteva essere una cuoca così
letale, no?
Dopo essersi tolti le scarpe Manabe e Minaho seguirono Endou nel
salotto.
-Sediamoci un po’ qui ragazzi… mentre Natsumi
prepara la tavola vorrei che mi raccontaste qualcosa in più
di voi! Adesso che ci penso… non mi avete mai raccontato di
come vi siate conosciuti!
-Bhe… mister. .. vede… -Minaho non sapeva come
iniziare.
-Ecco, è una storia lunga…
Mentre i ragazzi raccontavano di come si fossero conosciuti e poi
fossero diventati inseparabili il mister ascoltava interessato con il
mento appoggiato sulla mano destra, annuendo e sorridendo.
-Sapete che è una bellissima storia? Che fortuna che avete
avuto a trovarvi, quindi!
Minaho sorrise. -Non so cosa avrei fatto senza di lui…
-E io senza di lui… -Manabe sospirò.
-E dire che ne avete passate tante… vedrete che risolveremo
tutto! La mia idea si sta concretizzando. -Il mister gli fece
l’occhiolino. -È proprio di questo che vorrei
parlarvi questa sera… sapete, è una cosa grossa.
Molto grossa.
Manabe e Minaho spalancarono gli occhi… cosa aveva in mente
l’allenatore?
-Allora… per il mio piano c’è un
requisito fondamentale. Manabe deve ottenere la sua emancipazione.
Il lilla sussultó. Da quanto tempo non sentiva i genitori?
Il processo… non sapeva nemmeno quando sarebbe stata
convocata la sua udienza!
-Ma… mister… io… -Il lilla balbettava.
-Non temere… ho alcune notizie che…
-È in tavola! -La voce squillante di Natsumi
risuonó nel salotto. Endou sorrise.
-Bene… vuol dire che dovremo parlarne dopo cena! Mia moglie
non ama aspettare…
-Endou! Mi farai sembrare una strega! -La ragazza lo riprese dalla
cucina. Manabe e Minaho risero.
-Naaaa… sei solo molto pericolosa! Andiamo a
mangiare… spero che la cena sia di vostro gradimento!
I due ragazzi si sedettero al capo opposto del tavolo rispetto al
mister e alla moglie. Il clima della cucina era familiare e caldo, e la
cena li aspettava già in tavola. C’era di tutto.
Pesce, riso in grande quantità e fritture… Manabe
si leccó i baffi, mentre Minaho gli sussurrava
all’orecchio -Scommetto che i tuoi sono
più buoni!- Facendogli l’occhiolino.
Natsumi insistette per fare personalmente i piatti… o forse
sarebbe stato meglio dire le montagne, vista la quantità di
cibo che riversó davanti a ciascun commensale.
-Dei ragazzi giovani e forti come voi devono mangiare molto! Mica come
Endou, che invece deve tenersi leggero!
-Guarda… -L’allenatore sorrise- che non ho nemmeno
dieci anni più di loro. .. Non mi trattare da anziano!
La ragazza rise e gli diede un buffetto sulla testa.
Il cibo era… letale.
Al primo boccone Minaho ebbe un mezzo conato di vomito, ma la sua
estrema forza di volontà gli permise di ingoiare sorridendo.
A giudicare dagli occhi con cui lo aveva guardato, il mister aveva
apprezzato il gesto.
Manabe da par suo armeggiava con il farfallino come se allargare la
gola potesse rendere il cibo più tollerabile… era
qualcosa di devastante.
Il pesce sapeva di cuoio, ma la cosa peggiore era il riso.
Già al momento di scoperchiare la pentola una nube tossica
aveva investito il ficus alle loro spalle facendogli piegare
le foglie come morte, ma Il sapore… il sapore era
l’arma definitiva.
Colla liquida versata in bocca sarebbe stata più buona e
commestibile. Come era possibile che sapesse di cavolo avariato? Minaho
e Manabe non riuscivano o a spiegarselo.
Ogni boccone poteva essere l’ultimo. Il rischio di vomitare
tutto era alle porte, e i due ragazzi non si spiegavano come potesse il
mister vivere così…
La frittura poco ci mancava che fuggisse dal piatto in preda alla
fregola. Cruda dentro, unta e bisunta fuori.
-Ci vuole arte per questa cucina degli orrori…
-pensò Minaho.
-Bene! È l’ora del dolce! Spero che la cena sia
stata di vostro gradimento… -Chiosó Natsumi.
Endou guardò supplicante i due ragazzi.
-Ehm… sí certo! Ottima! Gusto incredibili!
Eccellenti! -Manabe fece un sorriso di circostanza.
-Sì.. gusti che mai avrei immaginato potessero essere tirati
fuori da del povero pesce innoc… ahia! -Manabe aveva pestato
un piede all’amico. -Cioè…
ehm… tutto ottimo! -Sorrisone dell’arancione.
-Per fortuna il dolce lo avete portato voi! -Il mister
sussurrò ai ragazzi. -Abbiamo così qualche
speranza di sopravvivere…
Minaho e Manabe risero, mentre Natsumi si fiondava in cucina a prendere
la crostata.
Mentre finivano di sgranocchiare la loro fetta di torta,
Manabe e Minaho tornarono a interrogarsi su cosa li aspettasse. Non
volevano fare pressione sul mister, ma non resistevano più
alla curiosità!
-Bene! -Endou si alzò in piedi con un sorriso. -Se volete
tornare con me in salotto… abbiamo un discorso da finire,
no? Natsumi verrà con noi appena finito di lavare i
piatti… sapete, è una maniaca
dell’ordine!
La ragazza gli lanciò un mestolo, che lui agevolmente
schivó. -Endou!
Ridendo come matti Manabe e Minaho seguirono il mister in salotto,
riaccomodandosi nelle posizioni di poco prima.
-Dove eravamo rimasti… -Il mister si grattó il
mento.
-Ci stava parlando del fatto che… che Manabe deve ottenere
l’emancipazione perché il suo… il suo
piano funzioni. -Minaho sorrise agitato.
-Esatto! Adesso ricordo! Allora… vedete… la mia
idea è molto, molto pazza! Tenete a mente che abbiamo due
priorità. La prima, impedire che Minaho vada in
orfanotrofio. La seconda, trovare un sistema che faccia sí
che nessuno possa più infastidirvi, e che Manabe mantenga la
sua casa…
I due ragazzi arrossirono. Il mister aveva capito che volevano vivere
sotto lo stesso tetto! Annuirono emozionati.
Il mister lasciò passare qualche secondo, poi riprese.
-Tenetevi forte. .. Sto per svelarvi la mia idea! -Fece
l’occhiolino ai ragazzi. -Ecco, il piano è questo.
Cercheremo di ottenere che il tribunale mi affidi Minaho nominando suo
tutore, quindi…
Sbam. La tazza di tè che Minaho stava sorseggiando cadde per
terra. Non si ruppe, ma inzuppó la moquette, i
pantaloni e le calze del ragazzo.
-Oddio! Mi… mi perdoni… io… io
non… -Minaho si riscosse agitato come non mai.
Endou rise. -Lascia stare… è solo acqua! Non
dovevo essere così brusco, temo! Vuoi andare a sciacquarti?
Minaho fece cenno di no con la testa… era in confusione.
Manabe gli prese la mano. Anche lui era sconvolto, ma vedeva una
scintilla di ragione in quel piano apparentemente folle.
-Vada… vada avanti la prego!
Endou annuì. -Bene… dicevamo… se il
tribunale mi rendesse tutore di Minaho, poi non dovremmo fare altro che
ottenere l’emancipazione per te, Manabe… a quel
punto… sarebbe tutto a posto! Per la casa… per la
casa ci inventeremo qualcosa in un secondo momento.
Manabe credeva di essere in un sogno. Sembrava tutto così
assurdo… Minaho invece era direttamente fuso.
-Ma… Ma come… io non so nemmeno quando
avrò la perizia psicologica e poi l’udienza in
tribunale per l’emancipazione… -Il lilla era
confuso.
-Questo non è un problema… era la notizia che
volevo darvi! I miei amici della polizia mi hanno detto che la tua
perizia è fissata per domenica… e sai che, per
legge, l’udienza deve avvenire nella settimana successiva.
Domani dovresti trovare la convocazione ufficiale nella buchetta delle
lettere!
Manabe a questo punto era direttamente partito per altri lidi.
-Cos… davvero? Ma… oddio…
Endou sorrise e gli toccó la spalla. -È il
momento che tanto aspettavi no? Sei un guerriero si o no? Lotta!
Lottiamo insieme! -Gli occhi del mister brillavano.
-Io… io credo di si… anzi! Sì! -Manabe
strinse i pugni. -Sì… sono pronto!
-Scusate ma… manca un requisito fondamentale…
-Minaho era mogio. -Mia… mia zia è la mia
tutrice… lei mi… mi odia e non… non mi
lascerà mai andare…
-Mh… devo parlare con questa donna! È imperativo.
-Endou sorrise. -Non avere paura, la spunteremo.
Buona parte della serata fu passata a cercare di convincere Minaho che
tutto stesse avvenendo realmente… era incredibile, assurdo!
Quando si giunse ai saluti e ci si diede appuntamento per il giorno
dopo a scuola, il ragazzo arancione stava appena prendendo realmente
coscienza dei fatti.
-Man… dimmi… dimmi che non sto
sognando…
Manabe aveva il viso rigato di lacrime.
-No… non stiamo sognando. Stiamo andando a prenderci la
nostra vita insieme.
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Capitolo 38 *** Caccia al colpevole ***
Dieci poveri negretti
se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.
Nel tragitto per tornare a casa Manabe e Minaho parlarono fittamente
del piano del mister.
Erano così eccitati e increduli che quasi non capivano se si
trattasse di un sogno o meno… sembrava un piano
così assurdo! Però…
però aveva il suo senso.
Entrando in casa Manabe realizzò di colpo le
difficoltà che fino ad allora aveva rinchiuso in un angolo
della sua mente, preso dalla gioia e dall’eccitazione. Prima
fra tutte la sua perizia psicologica, che avrebbe dovuto dimostrare che
era maturo e pronto ad essere emancipato dai genitori. Del
resto si trattava di dichiarare adulto un ragazzo di sedici
anni…
Poi, passato questo scoglio, bisognava affrontare il processo. Avrebbe
rivisto il suoi genitori… e i loro avvocati, mentre lui era
solo a difendere la sua causa.
Infine… infine il problema di Minaho. La zia aveva in mano i
documenti del suo affido, e anche se lo aveva scaricato in strada,
Manabe era certo che continuasse a percepire gli assegni del suo
mantenimento. Non lo avrebbe mai lasciato andare.
-Min… penso che alla fine sia… sia tutto molto
difficile. Forse ci conviene pensare a qualcosa…
di più semplice, ecco…
Manabe era steso sul letto vicino all’amico, le mani dietro
la nuca, e fissava il soffitto.
L’arancione si voltó verso di lui.
-Man… ma cosa dici? Dobbiamo lottare… non abbiamo
scelta! Vuoi… vuoi che ci separino? Non… non vuoi
rimanere con me?
Il lilla sospirò. -Sei tutto per me… non vorrei
mai lasciarti andare, ma forse dovremmo provare con strade
più semplici… con idee meno pazze…
-E quali Man? Tu… tu oggettivamente vedi altre…
altre soluzioni possibili? Lo so… lo si che è
qualcosa di incredibile, ma dobbiamo provarci… dobbiamo!
Il lilla era triste. Si chiese dove fosse finito tutto il suo
entusiasmo… ora era pieno di angoscia, e non era certo di
saperne la causa reale.
-Min… ho così paura… sono
così tanto angosciato… ti rendi conto che se
sbagliamo anche una sola mossa sarà tutto finito?
Tutto… oddio non voglio…
Minaho soffriva a sentire parlare così Manabe. Sapeva bene
quali fossero i rischi… anche lui si rendeva conto di quanto
fosse difficile… ma doveva provarci.
-Man… io non so cosa… cosa dirti… cosa
vorresti fare?
Il lilla sospirò. -Forse… forse dovremmo
aspettare altro tempo… forse è troppo
presto…
Minaho si girò dalla parte opposta. -Io… tu la
pensi così… capisco.
Silenzio.
Per alcuni minuti non parlarono. Manabe fissava il soffitto con il
cuore pieno di angoscia, mentre Minaho non si muoveva.
Il lilla aveva bisogno di fermarsi… di fermare il cervello.
Aveva mal di testa, angoscia che gli premeva sul petto…
decise di andare a prepararsi una camomilla. Temeva una notte insonne.
-Min… scendo a fare qualcosa di caldo da bere…
magari una camomilla. Ne vuoi? Te ne porto una bella tazza…
Nessuna riposta.
-Ehi? Min? Ci sei? -Manabe toccó la spalla
dell’amico che se ne stava in posizione e fetale, le mani sul
viso, rivolto sul lato esterno.
Un singhiozzo.
Un altro. Manabe si scosse.
-Min? Min ma stai piangendo? È… è
colpa mia? Ho detto qualcosa… qualcosa che non dovevo dire?
Dimmelo ti prego…
L’arancione non rispose. Il lilla gli passò le
dita fra i capelli con delicatezza. -Che… che hai? Non stai
bene? Io… se è colpa mia…
-No… non è… non è colpa
tua. ..-Le parole di Minaho erano spezzate dai singhiozzi. Il
lilla non era convinto che stesse dicendo la verità. -Tu. ..
Tu non c'entri… non… io… -Il ragazzo
tremava.
-Minaho… -Il lilla gli scostó le mani dal viso.
-Non ti credo… devo aver detto qualcosa! Qualcosa che ti ha
sconvolto.. amico mio… ti prego…
L’arancione lo guardò tra le lacrime.
-T… tu… tu non lascerai che mi… che
portino in… in orfanotrofio vero? Hai… hai
ragione… bisognerebbe aspettare… ma ho
paura… ho paura che se aspettiamo. .. domani. .. o
dopodomani… vengano qui e mi…
mi… -Il ragazzo respirava acceleratamente, divenendo viola
dall’agitazione, poi pallidissimo. Si portò le
mani al petto.
Manabe spalancò gli occhi. Aveva capito… era
colpa del suo discorso sulla necessità di
aspettare… come aveva potuto essere così stupido?
Ogni giorno poteva essere quello in cui sarebbero venuti a
prenderlo… e lui parlava di aspettare…
-Sono un dannato idiota! -Il lilla urló come se parlasse tra
sé e sé. -Min… Oddio Min stai avendo
un attacco di panico… devi respirare! Respira ti
prego…
L’arancione si sentiva soffocare. Aveva gli occhi
terrorizzati. Afferrò la manica di Manabe guardandolo
spaventato.
-Min! Guardami! Guardami! -Il lilla prese il volto dell’amico
tra le mani. -Respiriamo insieme, ok? Respira con me!
Manabe mise il palmo della mano sulla pancia dell’amico e,
premendo dolcemente, lo aiutò a normalizzare il respiro.
Minaho riprese colore. Ricadde sul letto con il volto rigato di
lacrime. -Sono… sono ridicolo… sono
così ridicolo! -Riprese a piangere sommessamente.
Manabe lo afferrò e lo strinse a sé,
senza parlare. Minaho rimase un istante senza parole, smettendo di
piangere.
-Colpa mia.
-Ma… no… cosa…
-Sst… dovevo pensarci prima di parlare e dire cazzate.
Perdonami… domani ci lanciamo in battaglia e ci prendiamo la
nostra vita. E al diavolo gli avvocati! Al diavolo tua zia! Devono solo
lasciarci in pace… noi… noi non facciamo male a
nessuno.
L’arancione tiró su col naso e si strinse contro
il petto di Manabe.
-E… Min, una cosa.
-S… sí?
Il lilla gli asciugó una lacrima col dito.
-Finché sei in questa casa non lascerò che
nessuno, nessuno ti porti via da me.
Quanto può essere difficile la vita. Manabe rifletteva, non
riuscendo a dormire.
Ci aveva messo tanto a far addormentare Minaho. Il ragazzo era
così sconvolto… aveva paura che facesse un
incubo. Gli teneva la mano nel sonno e gli accarezzava la
fronte… sperava che bastasse a calmarlo.
La mattina dopo avrebbe insistito perché restasse a casa da
scuola. Non poteva rischiare che avesse un crollo in classe…
magari poteva anche rimanere con lui, anzi era meglio, lo avrebbe fatto
di sicuro.
Non lo avrebbe mai confessato al suo amico, Ma Manabe si era figurato
la scena dell’arrivo degli agenti sociali decine di volte ,
nei suoi incubi e nei momenti di paura. Il campanello che suona, una
macchina nera davanti al cancello… Minaho che piange, lui
che piange… non credeva che gli amici di Endou potessero
rimandare questo orrore ancora per molto.
Crollò proprio quando aveva ormai rinunciato a provare a
dormire, sprofondando in un sonno agitato.
La mattina seguente al suo risveglio vide che Minaho si era
già alzato.
Scese le scale rabbrividendo a contatto con il pavimento freddo. Il
clima autunnale iniziava a farsi sentire, e le foglie cadute riempivano
le strade come coriandoli tristi.
L’arancione era in cucina, gli occhi rossi e i capelli
spettinati. Sedeva al tavolo con in mano una tazza di latte caldo.
Manabe gli si avvicinò. -Min… torna a
letto… stamattina stiamo a casa.
Minaho lo guardò sorridendo debolmente. -Man…
-Dimmi…
-Non credevo che ci si potesse sentire soli anche in mezzo alla gente.
Il lilla percepiva la paura dell’amico. Rimuginare su come
farlo rilassare un po’, ma non trovava nessuna soluzione.
-Mh… potrei portarlo a giocare a calcio… no,
meglio di no. -Pensava tra sé e sé, grattandosi
il mento.
E poi… idea!
-Min! Ehi Min… ho un’idea per tirarti su di
morale! Aspetta… devo uscire un secondo… tra
nemmeno cinque minuti sono a casa... Aspettami!
Manabe uscì di casa preso dalla sua idea geniale lasciando
Minaho senza parole.
-M… ma… Min… sei… sei
in… in pigiama…
Il lilla, il portafogli in mano, correva a perdifiato verso
l’angolo della strada. Era entusiasta della sua idea!
Letteralmente entusiasta… tanto entusiasta da stupirsi
quando finalmente si rese conto che qualcosa non andava. Aveva freddo
alla pancia, e avvertiva dolore ai piedi… -e che…
-Sì fermò.
Manabe ebbe un mezzo attacco di panico quando si rese conto della causa
di tutto i suoi disturbi… addosso aveva solo la camicia e i
pantaloni del pigiama di cotone, ed era scalzo!
Il lilla si sentì mancare… pensò alla
strada più rapida per precipitarsi a casa… poi
gli venne in mente l’immagine di Minaho al tavolo e dei suoi
occhi rossi…
-Oh… al diavolo! -Il ragazzo si rimise a correre verso la
sua meta.
Il commesso della grande libreria all’angolo era convinto di
essere un uomo incapace di stupirsi.
Non si era stupito quando aveva avuto il posto da bibliotecario che
aveva sempre desiderato, non si era stupito quando aveva scoperto che
una libreria immensa come quella potesse sopravvivere fuori dal centro
cittadino, in un tranquillo quartiere residenziale fatto di
scuole e case tradizionali… ma non poté evitare
di stupirsi quando vide entrare un ragazzo dai capelli lilla, tutto
spettinato e trafelato, con gli occhi color persona illuminati da una
strana luce… ma soprattutto in pigiama e a piedi nudi!
-Ehm… sí? Desidera? -L’Uomo sorrise
sconvolto.
Manabe spalancò la porta di casa ed entrò come un
turbine. -Min!! Ehi Min sono a casa!!
L’arancione era ancora sconvolto. Non poté non
sorridere debolmente quando vide il suo amico con tutti i capelli
arruffati nel suo pigiama lilla.
-Guarda… guarda cosa ti ho portato! -Il lilla
appoggió sul tavolo un sacchetto di plastica rigonfio.
-Man… che cosa… oddio quanto sei buffo!
-L’arancione scoppiò definitivamente a ridere.
Manabe ne fu entusiasta… se avesse saputo sarebbe uscito in
mutande!
-Minaho! Ti sfido! -Il lilla aprì la borsa e ne
tiró fuori un libro non particolarmente grande. -Sai
cos’è questo? È uno dei più
bei gialli che siano mai stato scritti... è dieci piccoli
indiani di Agatha Christie!
L’arancione spalancò gli occhi interessato. Aveva
sentito parlare di quel libro, ma non aveva mai avuto occasione di
leggerlo.
-Bello… anzi splendido ma… cosa vuoi
che… ehm…
-Bhe… ecco la mia idea geniale per tirare su di morale il
mio amico dectective! Se… se riesci, in un’ora, a
individuare l’assassino senza leggere gli ultimi
capitoli… ti permetteró di esprimere tre
desideri! Ci stai?
A Minaho si illuminarono gli occhi… Manabe aveva avuto una
splendida idea!!
-Man… considerati ai miei ordini!! Tra pochi minuti
saprò chi è l’assassino!
-Mh… vedremo! -Il lilla gli fece l’occhiolino.
Tempo mezzo minuto e l’arancione, preso il suo taccuino, si
era immerso nella lettura sulla poltrona, vicino alla grande porta
finestra.
Manabe sorrise entusiasta. Era riuscito a tirarlo su di
morale… ringraziò il cielo per l’idea
che aveva avuto… aveva fatto tornare Minaho quello di
sempre, e anche lui ora si sentiva più determinato.
Sapeva che avrebbero affrontato tante difficoltà, ma per la
prima volta la soluzione a tutti i loro problemi gli sembrava a portata
di mano.
Si diresse in cucina… aveva un’ora di tempo per
preparare una torta… sempre ammesso che Minaho non trovasse
prima la soluzione!
Sorrise guardando l’amico.
-Insieme è una bellissima parola, Min.
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Capitolo 39 *** Tre desideri e una lettera ***
I have become a direct
I have become a current
I have become a direct
I have become insurgent
I will be the power surge
Shock to the system
Electrified, amplified
Shock to the system
La ciambella cuoceva lentamente nel forno riempiendo la casa con il suo
profumo di arancio e vaniglia. Manabe era molto soddisfatto…
tenendo anche in conto un paio d’ore perché si
raffreddasse, a mezzogiorno sarebbe stata pronta per la tavola.
Mentre lavava le ciotole che aveva usato per
l’impasto, il lilla osservava Minaho con la coda
dell’occhio. L’amico aveva preso un sacco
di appunti e ora stava sfogliando il libro con fare distratto, come se
riflettesse su qualcosa.
Gli occhi dell’arancione brillavano. Doveva essere vicino
alla soluzione.
Manabe era così felice di essere riuscito a tirare Minaho su
di morale con la sua idea della sfida che quasi non si rese conto del
tempo che passava. Salvò la torta per un pelo!
Erano passati quaranta minuti dall’inizio della prova, e
Minaho si alzò in piedi.
-Eureka!! Ci sono!!
L’arancione saltelló verso l’amico e gli
mise il libro tra le mani. Manabe sorrideva.
-Mh… vediamo un po’…
Manabe era stupito. Sapeva benissimo quanto il suo amico fosse
geniale, ma non avrebbe mai immaginato fino a questo
punto…
Minaho aveva sciorinato nomi, deduzioni e dimostrazioni per dieci
minuti. Aveva capito subito che l’assassino doveva essere,
paradossalmente, un cadavere… ovvero qualcuno che fingeva di
essere morto.
Da li, in poco tempo, aveva ricostruito moventi e procedure. In quattro
e quattr’otto l’assassino era scoperto. Il capitolo
finale non poté, quando lo sfogliarono insieme, che
confermare la tesi dell’arancione.
-Evvai!! Ce l’ho fatta!! Ci sono riuscito!!! -Minaho saltava
per la stanza dimentico della sua precedente malinconia. Amava fare
indagini, e quel lavoretto gli aveva sollevato l’umore in
maniera incredibile. -Adesso ho diritto a tre desideri! Vero? Lo hai
promesso…
Manabe sorrise arruffandogli i capelli. -Esatto… abbi
pietà di me però! Non maltrattarmi troppo!
L’arancione sorrise sornione. -So che lo hai fatto per
me… non infieriró, prometto!
Manabe rideva tra sé e sé mentre spalmava un
numero importante di fette di pane con la marmellata
all’arancio adorata dal suo amico. Il primo desiderio
dell’arancione era stato “fammi mangiare quanti
dolci voglio fino all'ora di pranzo.”
Il lilla sapeva che poche cose facevano perdere a Minaho il suo
equilibrio… e una fra quelle erano i dolcetti. Ne andava
ghiotto.
Portando il vassoio in salotto fece in tempo a notare che
l’amico si era sistemato sul divano. Si andò a
sedere al suo fianco, prendendo una bellla fetta di pane e addentandola.
-Ehi Man… -Minaho masticava beato la sua colazione speciale.
-Ho pensato al secondo desiderio…
-Davvero? Mh… devo preoccuparmi! -Il lilla sorrise.
-Naaa… non temere… è una cosa
seeeemplice semplice!
Manabe socchiuse gli occhi. -Dimmi tutto…
L’arancione sorrise. – Vorrei che mi
raccontassi di… di quando eri piccolo.
Il lilla era spaesato. Raccontargli la sua infanzia? E
perché voleva saperne di più? Non aveva fatto
niente di interessante… aveva avuto un’infanzia
triste.
-Min… ma… io… -Sospirò. -E
va bene… cosa vuoi sapere esattamente?
-Ecco… -Minaho ci pensò su.
-Raccontami… Raccontami di quando sei nato.
Manabe continuava a non capire. Perché? Ovviamente per
raccontargli quelle cose doveva basarsi sui racconti dei suoi
genitori…
-Ehm… ok. Va bene, ti racconterò di quando sono
nato… ovvero ti riferiró quello che mi hanno
detto a riguardo.
Minaho si avvicinò all’amico e si strinse contro
il suo petto. Inizió a fissarlo curioso. Manabe prese fiato
ed iniziò.
-Allora… sono nato la notte del venticinque di agosto di
sedici anni fa… i miei genitori si erano sposati da poco,
dopo essersi conosciuti sul lavoro, in ambasciata. Mi hanno sempre
detto di avermi desiderato tanto… ma capirai che non ne sono
più così sicuro. -Manabe si oscuró un
istante.
L’arancione gli prese la mano. -Non soffermarti su quello che
ti fa male… non devi, Man…
Manabe sorrise debolmente. -Grazie Min… allora…
stavamo dicendo… -Prese fiato. -Alla nascita ero abbastanza
piccino, e papà… e papà era molto
felice che avessi i suoi stessi capelli, sai? -Il lilla
sospirò ancora. -Mi hanno portato a casa subito…
dicevano che mangiavo come un lupo! Mamma non aveva abbastanza latte a
volte…
Minaho sorrise immaginando il suo amico da piccolo. -Vai…
vai avanti Man!
-Dunque… -il lilla riprese. -appena ho compiuto tre anni i
miei hanno iniziato a litigare… mamma voleva mandarmi in un
asilo privato, papà voleva prendere un precettore in casa.
Io ancora ero troppo piccolo per pensarci però…
mi sarebbe andato bene tutto, credo… sai? Sapevo
già leggere e scrivere, e anche contare e fare piccole
operazioni! Papà… papà mi aveva
insegnato tante cose.
L’arancione pensò a suo padre… anche
lui aveva imparato tante cose così. Gli mancava
terribilmente.
-Poi… -Il lilla abbassò gli occhi. -Poi ho
iniziato a capire che la scuola era un posto spaventoso. Pensa cosa
potesse significare per un bambino vedere che nessuno vuole parlare con
lui… che nessuno lo considera nient’altro che un
fenomeno da baraccone.
-Man… non parlare di cose che ti fanno male, non
volevo…
-No. Non ti preoccupare, non è troppo doloroso parlarne ora
che ho te… -Il lilla sorrise all’amico. -Solo che
vedi… non era facile. La mattina stavo malissimo, vomitavo e
avevo sempre mal di pancia per la paura e il disagio che mi dava la
scuola, poi tornavo a casa e i miei genitori non… non erano
mai contenti… non facevo mai abbastanza per loro…
mai.
Minaho abbracció l’amico. -Scusa Man, non dovevo
farti parlare di queste cose. Speravo che raccontando questa storia
ricordassi cose felici… non ti avrei mai costretto
se… se avessi saputo…
Manabe gli accarezzò i capelli. -Va tutto bene, non temere.
È che non ho avuto un’infanzia molto interessante
Min… mi spiace.
L’arancione sorrise. -Sei un ragazzo speciale, sai?
Minaho, mentre si avvicinava l’ora di pranzo, rimuginava su
cosa chiedere all’amico come terzo e ultimo desiderio. Fu il
brontolio della sua pancia a dargli l’idea…
nonostante fosse già in piena digestione per la colazione
“speciale” consumata insieme al suo amico!
-Ehi Man… ho avuto l’illuminazione riguardo al
terzo desiderio!
Manabe, che stava sistemando i piatti sulla tavola, sorrise radioso.
-Vai! Spara!
-Ecco… -Minaho si sentiva un bimbo goloso, ma non poteva non
ridacchiare dentro di sé. -Man… mi fai il
caramello?
Manabe si immobilizzó, poi scoppiò spudoratamente
a ridere.
-Oh Min… sei un inguaribile golosone!! E va bene…
prendi lo zucchero dall’armadio, che io metto su la
pentola…
Tempo nemmeno dieci minuti e lo zucchero profumato, ormai liquido,
stava bollendo nel pentolino. Minaho si laccava i baffi.
-Man… ho sentito il rumore della moto del postino, vado a
dare un’occhiata!
Manabe annuì sorridendo.
L’arancione si alzò e corse fuori. In un minuto
era già tornato con alcune buste che sistemó sul
tavolo in una bella pila.
-Allora… che cosa abbiamo di bello? -Manabe era
intento a rigirare con il mestolo il liquido morbido e profumato.
-Vediamo… -Minaho iniziò ad aprire le buste.
-Questa è pubblicità…
niente… a meno che non ti interessi un paio di pinne! Questa
è una promozione per una palestra… dunque niente
di che… questa è di un’associazione di
carità… magari possiamo mandare qualche
yen… e infine…
Manabe fischiettava allegro.
-E infine… -Minaho si prese il mento tra le dita.
-Una… una convocazione del tribunale minorile! Oddio!
Manabe urló. Era scattato alle parole dell’amico e
si era rovesciato il caramello sulle dita.
-Dannazione!! -Minaho scattò in piedi, si
precipitó ad afferrare i posti dell’amico e gli
tenne le mani aperte sotto il getto dell’acqua fredda. Manabe
sospirò di sollievo.
-Stai attento Man! Rischi di farti male davvero…
-Io… io… oddio… quella
busta…
Minaho prese la lettera rimasta sul tavolo. -La… la apriamo?
Manabe sospirò. -Credo… credo di sì.
“Gentile Manabe Jinichirou.
Il tribunale minorile della prefettura, presa visione della Sua
richiesta di emancipazione pervenuta a questa corte, richiede la sua
presenza presso il Palazzo di giustizia per la domenica ventura allo
scopo di sottoporLa alla perizia psicologica necessaria ad aprire il
processo stesso.
Confidando nella sua collaborazione la salutiamo cordialmente.
Ufficio relazioni con il pubblico della prefettura.”
Dunque Endou aveva ragione… la perizia era stata fissata.
Manabe ebbe per la prima volta la percezione di essere
nell’occhio del ciclone.
-Min… oddio Min…
-Man… stai tranquillo… -L’arancione
stava massaggiando le mani dell’amico con una pomata per
calmargli il bruciore. -andrà… andrà
tutto bene, lo sai vero?
-Io… io credo di si… Ahi! -Manabe strinse i
denti. Minaho aveva premuto un po’ troppo su una scottatura.
-È che… che vedere questa cosa scritta sulla
carta fa un certo effetto, sai?
Minaho sorrise. -Lo sai che io sono con te.
Pranzarono in maniera abbastanza allegra nonostante l’ansia.
Manabe aveva deciso di lottare, dunque era consapevole che prima o poi
quella lettera sarebbe arrivata ed era pronto ad affrontare il destino.
-Man… che ne dici… ci finiamo il caramello che
abbiamo salvato? -Minaho sorrise all’amico.
-Mh… -Manabe si fissò le mani arrossate. -E va
bene… finiamo in dolcezza!
Tempo nemmeno cinque minuti e … c’era una pentola
in meno e due ragazzi felici in più!
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Capitolo 40 *** Un piano...per prepararsi al piano! ***
I been thinking sitting on
a pole.
I'm getting sick of doing what I'm told.
Just me and the mirror and my brain.
But that was when I got an idea.
Came like a gun and shot in my ear.
I giorni che separavano l’arrivo della lettera dalla perizia
psicologica di Manabe trascorsero con estrema lentezza, e vennero
vissuti dal lilla con ansia crescente.
A scuola ascoltava a malapena e agli allenamenti sembrava apatico e
disinteressato. Guardava perennemente in basso e i suoi occhi erano
sempre velati di angoscia.
Minaho non riusciva più a vederlo così. Arrivati
alla mattina del sabato, quando cioè la situazione era
all’apice del suo sviluppo, l’arancione vide il suo
amico così triste e depresso che si rese conto di dover fare
qualcosa… ma cosa?
Era certo che Manabe non avesse dormito. Lo aveva sentito rigirarsi nel
letto tutta la notte senza pace, alternando momenti di requie a sospiri
e addirittura singhiozzi. Aveva pensato di andare da lui, ma alla fine
aveva preferito rimanersene in camera. Non era certo che il suo amico
avesse voglia di parlare.
Quella mattina, a scuola, l’arancione rimuginava su come fare
a dare un po ’ di coraggio al lilla. Rischiò
addirittura di venire cacciato fuori dalla classe tanto era distratto e
preso dai suoi pensieri.
Non aveva idee… o almeno nulla di efficace.
Sospirò tenendosi la testa. Aveva bisogno di un consiglio,
di un aiuto…ma come fare?
Suonò la campanella della ricreazione. Manabe si immerse
nella lettura e come da alcuni giorni a quella parte non volle parlare
con nessuno. Minaho era angosciato. Doveva inventarsi subito qualcosa.
-Man… scusa Man…
-Dimmi.
-Vado un istante in bagno… torno tra cinque minuti.
Il lilla annuì sorridendo debolmente. Aveva gli occhi rossi
e i capelli in disordine… sembrava un rifugiato di guerra.
Minaho correva per il corridoio diretto verso la classe di Shindou.
Aveva poco tempo, ma doveva assolutamente parlare con lui. Con la sua
serietà e la sua maturità era la persona migliore
per aiutarlo a trovare una soluzione.
Entrò nella classe come un turbine e si guardò
intorno. Era un’aula luminosa, che si affacciava sul parco
della scuola e dalle cui finestre si vedeva lo stadio. Shindou era
seduto al suo banco, intento a ripassare matematica.
-Ehi… Shindou, posso disturbarti?
Il castano alzò gli occhi dal libro cercando lo sguardo di
chi lo stava chiamando. Appena vide Minaho sorrise e gli fece cenno di
sedersi vicino a lui.
-Certo! Nessun disturbo… vieni qua e dimmi tutto.
L’arancione si sedette sospirando e fissò Shindou.
Il castano capí subito che qualcosa non andava, e a
giudicare da quello che aveva visto in allenamento, credeva anche di
sapere cosa.
-È… è per Manabe, vero?
Minaho raccontò tutta la situazione all’amico.
Shindou si stupì enormemente scoprendo i piano di Endou e
spalancò gli occhi sorridendo. Era felice per i due ragazzi,
ma capiva le difficoltà e i rischi. Era un piano molto
pericoloso.
L’arancione spiegò a Shindou perché lo
era andato a cercare. Il castano sospirò. -Sei davvero un
buon ragazzo, Minaho.
Nonostante tutto il loro impegno comune, dopo dieci minuti avevano una
sola certezza. Bisognava fare qualcosa.
-Mh… -Shindou rifletteva. -Se… se gli regalassimo
un bel libro?
-Temo che non cambierebbe molto le cose… in questi giorni
non studia nemmeno… lui che è un
genio… sono così preoccupato Shin… non
puoi immaginare quanto! -Minaho era decisamente giù di
morale.
-Capisco…-Il castano sospirò. -Allora…
fammi pensare…idea! Una festa! Questa sera!
Minaho spalancò gli occhi. -Una festa? Come…
cosa…
Shindou si alzò in piedi entusiasta. -Ma certo! Una festa
per Manabe, stasera, con tutti i nostri compagni! E
soprattutto… deve essere una sorpresa!
L’arancione era spiazzato. Era una splendida idea! Geniale!
-Shin… sarebbe un sogno! Ma… Ma come facciamo?
Non ho un posto dove organizzare… né…
né il denaro per pagare… -Minaho
abbassò gli occhi.
Shindou gli mise una mano sulla spalla.
-Non temere… ho io la soluzione. Dove? A casa mia! Sai che i
miei sono ricchi… la casa è enorme e mamma e
papà sono fuori fino a dopodomani… è
perfetto! Per i soldi poi non ti preoccupare… penso io a
cibo, bevande, inviti e decorazioni! Oddio sarà
così eccitante preparare tutto in poche ore! Dobbiamo farlo
assolutamente!
Minaho non si raccapezzava. Shindou era eccitato come un
bambino… non lo aveva mai visto così! Ma in
fondo… in fondo questo suo aspetto gli piaceva!
-Shin… non esiste che tu spenda il tuo denaro per noi, a
prescindere da quanto i tuoi genitori poss… -Minaho si
trovò la mano del castano sulla bocca.
-Tranquillo! Ci divertiremo tutti… e poi… e poi
anche a me manca il Manabe di sempre, sai?
Minaho sorrise. -Shin… oh Shin io…
Niente da fare. L’arancione si lasciò trascinare
dall’entusiasmo del castano e alla fine decise di buttarsi
nell’impresa. -Shindou… ti sarò grato
finché vivo!! Ti restituiró tutto,
giuro… piano piano ti rimborseró di ogni spesa.
-Non dirlo neanche per scherzo! -Shindou fece il finto offeso. -Io non
voglio un centesimo! Sarà il mio regalo per voi! E poi ti
ripeto, ci divertiremo tutti… sarà una bellissima
serata, vedrai.
Minaho non poté non abbracciare l’amico. -Grazie.
-Bene! -Shindou si avviò alla porta con Minaho. -Dobbiamo
metterci in moto. Io vado da Kirino e gli dico di pensare alle bibite,
tu vai da Tenma e digli di pensare alle decorazioni! Ci troviamo fuori
scuola e ci organizziamo, ok? Sono certo che ci aiuteranno
volentieri… lavorare tutti insieme è
l’unico modo che abbiamo di farcela con i tempi… e
mi raccomando! Acqua in bocca con Manabe! -Il castano fece
l’occhiolino all’amico.
Minaho annuì determinato. -E va bene… diamoci
dentro!
Convincere Kirino fu semplice. Accettò felice. Con Tenma
invece la principale difficoltà fu… farlo
smettere di saltellare entusiasta per spiegargli il suo compito!
Si diedero appuntamento fuori scuola, alla fine delle lezioni. Nessuno
di loro sarebbe andato agli allenamenti (con l’appoggio del
mister, debitamente informato dal castano e ben felice di essere
d’aiuto) ma era fondamentale che Manabe ci andasse, allo
scopo di guadagnare tempo.
-Ci penso io a inventarmi qualcosa… non temete! -Endou li
aveva rassicurati. Infatti, a metà dell’ultima ora
di lezione, Endou entrò in classe e chiese di parlare con
Manabe. Il lilla si sentì convocare con urgenza
“per provare una nuova fondamentale tattica” e non
poté rifiutare. Minaho sospirò di sollievo.
A quel punto fu sufficiente inventare un mal di pancia imprevisto per
avere la scusa per andarsene prima dell’inizio degli
allenamenti. Minaho salutò Manabe e sparí nel
corridoio, pronto a mettere in atto il suo piano. Per quanto riguardava
l’assenza degli altri membri, Endou aveva assicurato che
avrebbe inventato una scusa.
Davanti al cancello della scuola si tenne un gran consiglio. Shindou,
già arrivato quando Minaho si era presentato, aveva
già istruito Kirino su cosa acquistare nello specifico.
Succhi, bibite, alcuni alcolici leggeri e stuzzichini in
quantità.
-Alla cena ci penso io… non abbiate paura! -Il castano
sorrise.
Per quanto riguardava Tenma, gli fu chiesto di comprare una buona
scorta di festoni, l’occorrente per scrivere cartelloni,
palloncini, candele e decorazioni varie. Il ragazzo sapeva esattamente
dove andare… vicino a casa sua c’era un negozio
più che fornito.
-Minaho… -Shindou si rivolse all’arancione. -Tu
penserai prima di tutto agli inviti… poi ovviamente
dipenderà da te trovare una scusa per portare Manabe a casa
mia senza che sospetti nulla… ed infine già che
ci sei e conosci i suoi gusti, che ne dici di pensare alla musica?
Siamo ancora in tempo a scaricare quello che gli piace… e se
non lo troviamo, lo suoneró io al pianoforte.
Minaho annuì felice. -Certo… farò
tutto al meglio!
-Un’ultima cosa ragazzi! -Shindou alzò la mano per
richiedere la parola nel gruppetto in preda all’eccitazione.
-Penso che dovremmo anche pensare ad un regalo… qualcosa di
buon auspicio che lo faccia davvero felice!
L’arancione era sconvolto dalla generosità dei
suoi amici. -Shindou… spenderesti un patrimonio…
non puoi fare una cosa simile…
Il castano lo fissò dubbioso. -E perché no? A
cosa servono i soldi se non a fare felici i propri amici?
Sarà una bellissima serata e ci divertiremo fino
all’alba, cosa possiamo chiedere di più? -Sorrise
allegro.
Minaho pensò che prima o poi avrebbe dovuto trovare un modo
di ringraziarlo davvero.
-Ottimo! -Il castano sospirò felice. -È tutto a
posto… per quanto riguarda le spese dite di mettere tutto
sul conto di casa Shindou… i miei genitori sono conosciuti
in tutta la città e non avrete problemi. -Il ragazzo era
arrossito. Si sentiva a disagio a parlare dei soldi dei suoi genitori,
per quanto fossero persone abbastanza alla mano e non particolarmente
snob.
Il piano era pronto a scattare, e Minaho aveva gli occhi lucidi dalla
gioia e dalla riconoscenza. Aveva fatto bene a rivolgersi a
Shindou… era certo che sarebbe andato tutto per il meglio.
Alle tre del pomeriggio, quando mancava ancora un’ora al
ritorno a casa di Manabe dagli allenamenti, buona parte del lavoro era
fatto.
Kirino aveva scritto agli amici che le bevande e gli stuzzichini erano
a posto. Aveva comprato di tutto e di più approfittando di
un ottimo sconto al supermercato e aveva fatto spedire tutto a casa di
Shindou… ci sarebbe voluto un furgone intero! Per quanto
riguardava Tenma, aveva a sua volta comunicato che decorazioni e simili
erano pronti. Minaho aveva mandato tutti gli inviti, ricevendo solo
risposte entusiaste e positive… ci sarebbero stati
tutti… era commosso.
Shindou aveva assicurato che tutto era pronto per la cena. Gli impianti
stereo erano stati preparati nella grande veranda e la musica preferita
di Manabe scaricata… non mancava nulla, se non la scelta del
regalo.
-Min… hai qualche idea? -La voce di Shindou risuonava
allegra dal cellulare dell’arancione, che si grattava il
mento perplesso.
-Mh… sai che è difficile? Manabe si vergogna a
dirmi che cosa desidera… ha paura di sembrare
infantile… però forse un’ideuzza ce
l’ho!
-Davvero? Splendido! Dimmi tutto… abbiamo tempo
ancora…
-Ecco… -Minaho sorrise sé e sé.
– Ascoltami bene…
Minaho aspettava con ansia crescente il ritorno di Manabe. Ogni minuto
il suo timore di tradirsi e fare fallire tutto aumentava di
più.
Era stato bene attento a non lasciare tracce dubbie. Aveva addirittura
cancellato la cronologia del cellulare nel timore che il lilla notasse
che aveva cercato e scaricato la sua musica preferita pensando
così a qualche strano inghippo.
Quando sentì l'amico girare la chiave nella serratura aveva
il cuore letteralmente a mille. Il salotto era inondato di luce dalla
grande portafinestra e lui aveva anche tirato le tende per rendere
l’ambiente ancora più fresco e luminoso. Tutto
doveva essere perfetto.
Manabe entrò in casa silenziosamente. Aveva gli occhi
rossi… possibile che avesse pianto ancora? Minaho si
sentì stringere il cuore.
-Ciao… Ciao Min… passato il mal di pancia? -Il
lilla si sforzó di sembrare tranquillo.
-Sì… sí grazie! Forse era solo un
po’ di stress… tu tutto ok?
-Eh? Ah… si… diciamo di sì. -Il lilla
sospirò.
Minaho era spaventato. Non pensava che Manabe arrivasse a questi
livelli di depressione e paura… quasi non alzava gli occhi
da terra e si teneva le mani sulla pancia.
-Ascolta Man…
-Sì? -La voce del lilla era quasi spezzata.
-Ecco… questa sera prima di cena dobbiamo assolutamente
andare in un posto.
-Min… -Il lilla si prese la testa tra le mani.
-Io… Io stasera non me la sento proprio di uscire. Non ho
mai avuto un mal di testa simile… ho il collo irrigidito e
la testa che mi scoppia… penso che andrò a
dormire.
-Perfetto!- Pensò Minaho. -E… e ora cosa mi
invento??
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Capitolo 41 *** Si aprono le danze ***
I hurt myself today
To see if I still feel
I focus on the pain
The only thing that's real
Minaho se ne stava abbacchiato sul divano, le mani sulle ginocchia. Era
quasi ora di andare alla festa ma…
Appena rientrato dagli allenamenti Manabe si era fatto la doccia e poi
si era chiuso in camera. Non aveva praticamente nemmeno rivolto la
parola all’amico, anzi sembrava più che altro
desideroso di non sentire né vedere proprio nessuno.
L’arancione era nel panico. Tutto il suo piano andava a
rotoli se non riusciva a portare Manabe a casa di Shindou…
che cosa poteva inventarsi? Il lilla non lo guardava nemmeno in
faccia…
Sì alzò deciso a provarci. Percorse a grandi
passi il salotto luminoso e aggredí le scale con piglio
deciso, alleggerendo il passo solo in prossimità della porta
della camera del suo amico.
-Ehi… Man… posso… posso entrare?
Nessuna risposta, solo un sospiro scocciato.
L’arancione prese il coraggio a due mani e aprì
lentamente la porta, entrando in camera di Manabe.
Il lilla era steso sul letto e fissava il soffitto, le mani dietro la
nuca. La stanza era in ordine come al solito, ma non vi era traccia
della gioia che di solito la riempiva. Niente libri aperti, niente
fogli mezzi scritti… niente vestiti buttati qua e
là.
-Cosa… cosa vuoi Minaho? Non sono dell’umore
giusto… non voglio litigare con te, ti prego….
lasciami solo, ok? -Il lilla si giró verso il
muro.
-Man… -Minaho decise di sfidare la pazienza del ragazzo.
-Man, ascolta, lo so che hai paura….
-Lo sai? Ma davvero?? Tu sai cosa sto passando? No che non lo sai! Non
ne hai proprio idea! Ma sai che ti dico? Dovresti averne, dato che
buona parte di questa situazione è legata a te! -Il lilla
aveva alzato la voce senza nemmeno accorgersene.
Minaho si irrigidí, smettendo di avanzare.
-È… così che la pensi? Pensi che sia
colpa mia…
Nessuna risposta.
Minaho era corso via. Fuori dalla stanza, fuori dall’eco di
parole troppo taglienti per non farlo sanguinare.
Lui poteva capire tutto. Lo stress, il dolore… ma la colpa
non la poteva reggere. Non ancora… non ancora colpa sua,
come quando non era riuscito ad impedire la morte dei suoi genitori.
Una lacrima gli corse lungo il viso. Spalancò la porta e
fuggì nel tramonto.
-Tenma, sistema lì quei palloncini… di fianco al
tavolo delle bibite se riesci! -Shindou, in piedi su una scaletta e
intento ad appendere un cartello disegnato con la scritta
“Amici per sempre”, stava supervisionando gli
ultimi preparativi. Tra meno di un’ora sarebbero arrivati
tutti… erano emozionati. Fortunatamente Tenma, Kirino e
Kariya, debitamente informato e ben lieto di partecipare alla
sorpresa (-E va bene. .. Lo so che non è uno
scherzo ma una festa… però queste cose mi
eccitano! Che posso farci?-) erano accorsi in aiuto del castano.
-Ok! Piuttosto… quando Kirino torna dalla mansarda
chiediamogli di spostare un poco lo stereo… è
proprio davanti al buffet! -Tenma rise, e Shindou con lui.
In quel momento suonò il campanello.
-Vado io! -Shindou saltò giù dalla scaletta
sorridendo. Chi poteva essere in anticipo?
Il castano corse alla porta perdendo solo qualche secondo per infilarsi
le scarpe. Il giorno prima aveva piovuto e non voleva infangarsi.
Percorse il vialetto e… vide Minaho, sconvolto e da solo.
-Ma… Min ma che… Manabe
dov’è? È troppo presto poi…
ma… oddio Minaho che hai?
Il ragazzo arancione era crollato in ginocchio tenendosi la testa tra
le mani. Piangeva.
Cinque minuti dopo l’arancione era seduto su una poltrona,
circondato dagli amici.
Piangeva a dirotto ed era stato estremamente difficile cavargli fuori
un racconto comprensibile, ma bene o male i fatto erano chiari a tutti.
Minaho era in uno stato così pietoso che anche Kariya non
aveva potuto mantenere a lungo la sua aria sprezzante…
addirittura gli teneva una mano sulla spalla!
-Oh Min… che pasticcio… -Tenma sospirava.
-Non doveva dirti quelle cose! -Shindou sembrava alterato. -Non
è stato affatto…
-No… -Minaho singhiozzó più forte.
-Non… non dategli la colpa… lui… lui
è così… lui è
così triste! Io… -Il pianto inghiottí
la fine della frase.
-Non è giusto! Comunque non è giusto!!! Se ci
penso mi viene una rabbia… adesso basta! Lasciate fare a
me!! -Kariya scattò in piedi.
Un istante dopo era calato lo stupore. Il verde si era lanciato fuori
dalla porta, e nessuno aveva idea di cosa avesse in mente.
Manabe, sul suo letto, aveva il cuore in subbuglio.
Perché aveva offeso Minaho? Perché continuava a
distruggere tutto quello che creava? Si odiava. Gli venne una
grandissima voglia di sbattere la testa contro il muro.
Del resto però sentiva bruciargli ancora la rabbia, che
alimentata dalla fiamma dell’orgoglio gli impediva qualsiasi
azione. Aveva sentito chiudersi la porta… Minaho era uscito?
Cosa era che gli impediva di correre da lui?
Sospirò stringendosi i capelli nei pugni chiusi. La testa
gli faceva meno male, ma ora era sopraggiunta la nausea… la
nausea del conflitto interiore. Il suo senso di colpa contro il suo
orgoglio.
-Certo che sono stato proprio cattivo però…
-ripensó a come aveva aggredito l’amico.
-Dio… stavolta ho fatto… ho fatto proprio un
pasticcio…
Lo scontro nel suo cuore stava per essere vinto dal senso di colpa. Era
molto vicino allo scattare in piedi per correre a cercare Minaho. La
goccia che fece traboccare il vaso fu il ricordo di cosa era successo,
l’ultima volta che Minaho era uscito di casa
sconvolto…
Strinse i denti. Non voleva nemmeno ricordare certe cose. Scese dal
letto e fece per correre di sotto. In quel preciso istante
suonò il campanello.
Manabe si precipitó ad aprire. -Min! Sei torn…
-Certo che sei proprio un deficiente! -La voce di Kariya travolse il
lilla. Il sorriso lasciò il posto
all’incredulitá e allo stupore.
-E… e tu cosa….
-Manabe Jinichirou! Sai da dove vengo? Vengo dalla casa di Shindou! E
sai perché? Perché in casa di Shindou, e per
l’esattezza sul divano del salotto, c’è
quello che credevo fosse il tuo migliore amico che piange tutte le sue
lacrime! Pensi che se lo meritasse?? Hai idea di quanto tu lo abbia
ferito, dannazione??
Manabe era letteralmente spiazzato da quel fiume di parole urlate.
-L… lui è… piange…
io… io non…
Kariya lo fulminó con lo sguardo. -Hai mezzo minuto per
vestirti. Stai al mio passo, non ti aspetterò se rimani
indietro.
Pochi minuti dopo Manabe, con il cuore in tumulto, correva verso casa
di Shindou insieme a Kariya.
Il verde in fondo non era affatto arrabbiato. Sapeva però
che doveva smuovere Manabe a tutti i costi, e aveva ottenuto
pienamente il suo scopo a giudicare dall’angoscia con cui il
lilla accellerava il passo nella luce del tramonto.
Arrivati al cancello lo afferrò per una spalla.
-Ascoltami bene, Manabe! Tu ora vai dentro e sistemi tutto! Guai a te
se non tornate amici come prima!
Il lilla annuì. -Io… certo.
-Ah… un’ultima cosa. -Kariya lo fermò.
-Io so cosa voglia dire avere problemi con i genitori, lo sai. Quando
mi hanno abbandonato, ho trovato la forza di andare avanti nei miei
amici.. compreso quella bambola rosa di Kirino! Non lasciatelo scappare
Manabe… né oggi né mai.
Il lilla sospirò. In un istante, prese in mano tutte le sue
forze, marció determinato verso la porta di casa. Kariya,
alle sue spalle, sorrise.
Manabe entrò come un fulmine travolgendo Shindou. Era
così sconvolto che nessuno ebbe il coraggio di dirgli nulla,
se non di seguirli.
-Vieni… è di qua.
Manabe si lasciò condurre nel salotto. Entrando lo vide
subito, seduto sul divano e completamente sconvolto.
-M… Min…
L’arancione alzò gli occhi. Quando vide
l’amico si affrettò ad asciugarsi le lacrime e
sforzarsi di sorridere. Manabe ebbe una fitta di senso di
colpa… lui lo aveva offeso e accusato e ora il suo amico si
preoccupava di sorridergli dolcemente? Si sentì un verme.
-Oddio… oddio Man! Cosa… io … non
guardarmi. … io … non devi vedermi
così…
Manabe si buttò in ginocchio davanti a lui e gli
abbracció le gambe. -Dio mio… perdonami!
Perdonami! Sono stato un mostro… un mostro schifoso!
Picchiami, sputami addosso ma lasciami essere… lasciami
essere ancora tuo amico, ti scongiuro!
Minaho era come paralizzato. -Ma… Man… che
cosa… che cosa dici…
-No! È la verità! Io… io non
so perché ho detto quella cosa mostruosa… io non
la penso! Non l’ho mai pensata nemmeno per un istante! Te lo
giuro sulla mia vita… ti prego! Credimi!
Il lilla era in piena agitazione. Non aveva ancora alzato gli occhi da
terra e bagnava di lacrime i pantaloni dell’amico.
-Man… io… io non ho mai pensato che
tu… che tu davvero… insomma… oddio le
parole… perdonami… ecco…
Manabe alzò gli occhi e li lasciò immergersi nel
suo sguardo. Il viola e il verde delle loro iridi si mischiarono.
-Posso abbracciarti?
Minaho sorrise. -Tienimi stretto tutta la vita.
Gli amici, che avevano assistito a tutta la scena, fecero irruzione in
salotto con un vassoio di pasticcini e una bottiglia di succo.
-Evviva!! Avete visto che si è risolto tutto? Ne ero certo!
Cielo come sono felice!! -Tenma faceva letteralmente i salti di gioia.
-Manabe.. Hai fatto la cosa giusta. Si può sbagliare,
l’importante è riconoscerlo e chiedere scusa.
Poi… poi è giusto che torni tutto come prima.
-Shindou sorrise al lilla.
Kariya non parlò. Si limitò a fare a Manabe un
leggero, piccolo occhiolino.
-Ma… ragazzi… scusate… nessuno si
ricorda per cosa siamo qui? -Minaho si era asciugato le lacrime e ora
sorrideva felice.
-Giusto! Ormai dovrebbero…
Suonò il campanello. -Eccoli!- esclamò Shindou
che corse con Kirino ad aprire. Manabe non capiva.
-Cos…
-Ehi Man… capisco che sei accecato dalla mia
bellezza… -Minaho sorrise sornione. -Ma… che ne
dici di guardarti intorno?
Manabe non capiva… è vero, per
l’emozione non aveva fatto caso per nulla alla casa ma cosa
mai…
Palloncini.
Festoni.
Cibo.
La squadra al completo che faceva irruzione nella grande sala.
Un cartellone lilla e arancione con scritto a lettere colorate
“Amici per sempre:”.
Minaho ridacchió. Manabe spalancò la bocca
allibito.
-O…o mio… o mio dio!!
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Capitolo 42 *** Chi non beve in compagnia... ***
ALFREDO
Libiam ne' lieti calici
Che la bellezza infiora,
E la fuggevol ora
S'inebri a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
Che suscita l'amore,
Poiché quell'occhio al core
Onnipotente va.
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci
avrà.
TUTTI
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
VIOLETTA
Tra voi saprò dividere
Il tempo mio giocondo;
Tutto è follia nel mondo
Ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
È il gaudio dell'amore;
È un fior che nasce e muore,
Né più si può goder.
Godiam c'invita un fervido
Accento lusinghier.
TUTTI
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.
Manabe era paralizzato sul posto, incapace di fare qualsiasi
movimento o di pronunciare qualsiasi parola che non fosse un
buffo suono simile a un “ciuf!”
Minaho, da parte sua, rideva di gusto. Mise la mano sulla spalla del
suo amico e gli sorrise dolcemente. -Ecco… questo era il
motivo per cui volevo chiederti di uscire stasera.
-Io… ma… -Manabe si sentiva decisamente
colpevole. -Se… se avessi saputo… ma anche se non
avessi saputo… ho sbagliato comunque… oddio che
caos che ho in testa! -Il lilla cadde seduto sul divano.
L ‘arancione si sedette sulle sue gambe. -Questa è
la sorpresa che tutti noi ti facciamo per farti capire quanto ti
vogliamo bene… e che non devi avere paura per domani,
andrà tutto per il meglio!
Manabe era commosso. -Io… amici miei…
Min… -Lo sguardo di Manabe passava rapidamente sui volti dei
suoi compagni di squadra e su quello del suo migliore amico.
-Voi… voi siete stati così…
così carini nonostante io fossi stato così
antipatico… voi…
Il lilla dava l’impressione di stare per crollare in lacrime.
-Eh no! Man stasera non serve piangere! Dobbiamo essere felici! -Minaho
abbracció allegramente il suo amico che ridacchió.
-E cosí sia… allegria allora! -Shindou
rifiló in mano al lilla un bicchiere di succo di pesca e un
bombolone.
La stanza risuonava di musica e allegria.
I ragazzi parlavano fittamente e rumorosamente, Kirino azzardava un
lento con Shindou (mentre Kariya prendeva la mira, da dietro un tavolo,
e scagliava in faccia al rosa un pasticcino alla crema usando il
cucchiaio come catapulta) e Tenma si divertiva a fare giochini stupidi
con le mani di Tsurugi che fingeva di essere scocciato.
-Ehi Man… -Minaho sussurrò all’orecchio
dell’amico. -Mi sa che qui sta nascendo una nuova coppietta!
Manabe guardò il moro intento a ripulire con un dito una
macchia di crema dalla guancia del capitano. Annuì
sorridendo. -Già… e ti dirò che sono
molto carini insieme… aspettiamoci qualsiasi cosa!
-È pronto in tavola! -Shindou, di ritorno dalla cucina,
aveva dato l’annuncio con voce forse eccessivamente pacata,
così che nessuno lo degnó di un minimo di
attenzione.
Il castano, determinato, si sedette al pianoforte e attaccò,
con discreta violenza, il tema della quinta di Beethoven.
Metà dei ragazzi fecero un salto spaventato,
l’altra metà ammutolí immediatamente.
-Beeeene…. Sono felice di avere ottenuto la vostra
attenzione con metodi non violenti! -Shindou sorrise. -Come
dicevo… si mangia!!!
Un vociare allegro accompagnò il passaggio del gruppo in
sala da pranzo. Manabe fu fatto accomodare a capotavola,
nonostante la sua timidezza che lo fece diventare rosso come un
pomodoro maturo. Minaho, che aveva preso posto alla sua destra, si mise
il tovagliolo sulle gambe e osservò quasi commosso la
quantità di cibi deliziosi che venivano portati a flusso
continuo dalla cucina, da parte di camerieri impeccabili nelle loro
uniformi. Shindou era evidentemente a disagio, ma non poteva fare
altrimenti… per fortuna dopo cena il personale sarebbe
andato a casa, e lui avrebbe potuto smettere di sentirsi
così in imbarazzo!
La cena fu ottima, nonostante il tentativo di qualcuno di far affogare
un certo ragazzino rosa nella zuppiera… (leggasi Kariya,
costretto alla fuga inseguito da una furia inzuppata di brodo per tutta
la casa).
Primi, secondi, contorni a non finire si susseguivano da più
di un’ora quando finalmente giunse il momento del dessert.
Una torta a sette strati che fu posta al centro del tavolo, proprio
davanti a Manabe.
-Oddio… non si capisce dove finisca la torta e inizi il
lampadario… -Manabe era emozionato.
-Forza Man! Tagliala… è giusto che lo faccia tu!
Questa è la tua festa! -Shindou gli porse un coltello. Le
pile di piattini erano già in tavola, pronte a essere
utilizzate.
Il lilla sorrise. Essere al centro dell’attenzione lo metteva
in agitazione e gli faceva piacere insieme. Inizió a
tagliare la torta in fette importanti per dimensioni e ricchezza.
-Evvai! -Minaho batteva le mani come un bambino. Manabe
pensò che fosse dolcissimo quando era felice.
La torta era buonissima, a giudicare da come Tenma ci si era tuffato
imbiancandosi di panna tutto il naso. Shinsuke, che invece faticava a
raggiungere il tavolo, si era dovuto adattare ad una scandalosa
condivisione con Kariya, che mentre lo teneva sulle ginocchia
permettendogli di mangiare allo stesso tempo lo tormentava con la
forchetta, ridendo allegramente delle smorfie del piccoletto.
Minaho pensò bene di fare il bis… e poi il
tris… e sarebbe andato avanti, se Shindou non gli avesse
rammentato che aveva uno stomaco solo, e che distrutto quello la sua
vita sarebbe stata molto più impegnativa!
Manabe, che aveva superato l’imbarazzo, si alzò
con il bicchiere in mano, facendo correre lo sguardo sui suoi amici.
-Grazie… grazie a tutti ragazzi! Grazie a te,
Shindou… immagino che… che tutto ciò
ti sia costato un occhio della testa! Grazie a te Min… e
scusami ancora. Io senza di te non sono niente.
I ragazzi chiamati in causa arrossirono.
-Ora… -Manabe continuò. -Ecco… io non
so esattamente cosa dire. Domani sarà una giornata
difficile… però voglio avere fiducia!
Fiducia… perché so che siete con me! Vorrei solo,
dopo che tutto questo starà finito… che potessimo
continuare a giocare insieme! E… e vedrete…
vedrete che sarà così!- Il lilla
trangugió d’un fiato il contenuto del bicchiere,
tornando a sedersi tra gli applausi.
Tutti erano entusiasti… e qualcuno (leggasi sempre Kariya)
iniziava anche ad essere un po’ brillo… Kirino non
sembrava troppo contento!
-Masaki… se non lasci subito quella bottiglia io giuro che
ti liscio le penne come un tornado!
-E… eddai… Kirino… io… mi
sto solo. .. divertendo un po’!
Il rosa sospirò esasperato.
Dopo cena fu il turno dei giochi di società. Gare di
indovinelli, tornei di resistenza e chi più ne ha
più ne metta. La musica preferita di Manabe risuonava
rallegrando la stanza… Tenma e Tsurugi erano andati in
bagno… da circa mezz’ora.
L’eccitazione arrivó alle stelle quando Kirino
fece il suo ingresso in sala… vestito da donna.
-Punizione… ho perso una partita a carte contro
Kariya… come diavolo fa a giocare così bene anche
da brillo?? -Il rosa cercò di giustificarsi mentre tre
quarti dei ragazzi in sala cercavano di trattenersi dal ridere a
crepapelle.
-Ehi Man… -Minaho si era avvicinato silenziosamente
all’amico, seduto sul divano.
-Dimmi… dimmi tutto Min.
-Ecco… -L’arancione si tormentava un ciuffo di
capelli con le dita. -Io… io volevo dirti che domani vorrei
essere con te, in quella stanza, sai?
A Manabe si illuminarono gli occhi. Era perfettamente a conoscenza del
terrore che Minaho aveva per tribunali, psicologi e simili…
tutte conseguenze del trauma che aveva subito da piccolo.
Ricordava ancora tutti quei dottori che cercavano di nascondergli la
verità… i giudici… lui lo aveva capito
subito che mamma e papà erano andati in cielo. Non aveva
parlato per settimane.
-Io.. Io non so come ringraziarti, Min. Se lo desideri verrai con
me… verrai con me. Non avere paura
però… ora anche io credo che andrà
tutto bene!
I due ragazzi si sorrisero felici e si presero la mano. Quella di
Minaho era calda e delicata, ma la stretta salda. Manabe si
sentì rassicurato.
-Ehi Min… sai che hai le mani morbide? Si vede che in casa
è qualcun altro che lavora! -Il lilla sorrise sornione.
-Che simpatico il mio amicone Man! Guarda che a me non servono mica le
mani… io lavoro di cervello! -L’arancione diede un
buffetto sulla fronte al suo amico.
-Silenzio in sala, prego! -Shindou alzò la mano con fare
solenne. -È il momento!
Minaho fece un saltello di gioia. -Evviva! Non stavo più
nella pelle dalla voglia!
Manabe non capiva… a cosa si riferivano?
-Vedi Manabe… -il castano sorrise. -Abbiamo pensato
che… che la festa non fosse completa senza una piccola
sorpresa finale, a memoria di questa bella serata e per dimostrarti
quanto sei speciale e quanto ti vogliamo bene!
Il lilla era allibito. E ora cosa doveva aspettarsi? Proprio non
capiva…
-Luci! -Shindou batté le mani e tutte le luci si spensero.
Un gran brusio riempì la sala.
Manabe, preso dallo spavento e dall’emozione,
inciampó in una sedia… qualcuno lo
afferrò prima che cadesse. Minaho, o almeno ne era
convinto… anche se la buio lo sentiva sotto le
dita…avrebbe riconosciuto il suo viso tra mille.
-G… grazie Min! Non… sono proprio un pasticcione!
In quell’istante le luci si riaccesero di colpo. Manabe ne fu
quasi accecato e per qualche istante socchiuse gli occhi. Quando li
spalancò vide un pacco sul tavolo… come cavolo
era comparso?
-Forza… forza Man, aprilo! È il regalo di noi
tutti per te! Lo abbiamo fatto insieme… anche se
l’idea è di Minaho… -Shindou era
arrossito. Il lilla non sapeva che fare… era come
paralizzato.
Alla fine prese il coraggio a due mani e si avvicinò al
tavolo… prese il pacco e iniziò a scartarlo
lentamente, staccando lo scotch con delicatezza. Minaho
pensò che fosse estremamente carino il modo con cui lo
faceva.
Dalla carta uscì una scatola… Manabe la
aprí.
-O… oddio!!
Dalla scatola era saltato fuori un computer.
Ultimo modello, prestazioni eccellenti, solido e funzionale…
un sogno. Manabe ne aveva estremo bisogno, ma pensava che fosse
destinato a rimanere un semplice desiderio… non avrebbe mai
avuto abbastanza soldi!
-Non… non è… oddio ragazzi…
Shindou sorrise. -Ci ho fatto installare tutti i programmi
più recenti per chi lavora con la matematica…
dovrebbe essere quello che ti serviva, no?
Il lilla aveva la bocca aperta, ma non emetteva suono. Fissava gli
amici senza riuscire a muovere un muscolo.
-Man! Hai ingoiato la lingua? Vieni qua! -Minaho spalancò le
braccia. Il lilla ci si tuffó dentro. -Forza!
Abbraccio di gruppo ragazzi!
Un istante dopo Manabe era stretto come un salsicciotto nel bel mezzo
di una torma di ragazzi entusiasti. Si sentiva sull’orlo
delle lacrime da quando era felice.
-Oddio… ragazzi… è stata la serata
più bella della mia vita!
Dopo un paio d’ore (e una camomilla per Kariya, che aveva
quasi vomitato anche le budella) i ragazzi si avviarono alle rispettive
case. Erano ancora eccitati e felici.
Manabe ringraziò tutti fino all’inverosimile. Si
sentì fare una marea di auguri e di raccomandazioni di
riposarsi bene… il giorno dopo sarebbe iniziata la battaglia.
-Min… non ti ringrazieró mai abbastanza
per… per quello che hai fatto per me! -Il lilla prese le
mani dell’amico. -Però… promettimi una
cosa! La prossima volta che la mia stupidità farà
sí che io ti tratti male… tirami uno schiaffo!
Minaho rise a crepapelle e gli diede un buffetto sulla schiena. -preso!
Il lilla rimase un po’ stupito, ma poi iniziò ad
inseguire l’amico fino a casa.
-Notte Man… -Minaho si stringeva all’amico nel
letto della camera del lilla.
-Notte Min… domani si combatte! -Il ragazzo adesso era
davvero determinato.
-Sì… si combatte, tu ed io insieme.
Si addormentarono abbracciati, certi che sarebbe andato tutto bene.
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Capitolo 43 *** Tribunale ***
I have come that you may
drive out the evil which is in me
All that I have done before the lords of eternity
Since I came forth from the womb
Let me be cleansed by fire
Let no evil lay talon or claw upon me
Let my heart not be devoured
Necrosaeropagus
Mattina.
Una splendida mattina, per essere precisi. Questo sognava Minaho per il
giorno in cui il suo amico avrebbe dato battaglia al mondo, pronto a
prendersi la sua libertà. E invece…
-Iniziamo bene… -L’arancione fissava la strada
dalla finestra. Pioveva a dirotto ed era ancora buio nonostante fossero
le sei del mattino. Il rumore della pioggia ricordava quello di una
mitragliatrice, tanto era forte.
Minaho sospirò e si avvicinò al letto sul quale
ancora dormiva beato Manabe. Era ancora presto per
svegliarlo… lui invece non aveva resistito. Si era dovuto
alzare… non ce la faceva più a stare nel letto.
Il lilla dormiva con un bel sorriso sulle labbra. Minaho gli fece una
leggera carezza. Perché sentiva di dover piangere? Era uno
strano miscuglio di tristezza e gioia quella che gli invadeva il cuore.
Paste alla marmellata, succo di pesca, caffè, un panino con
il prosciutto, due muffin… Minaho saliva le scale
schiacciato dal grande vassoio che portava tra le mani, terrorizzato
all’idea di far cadere tutto.
Si era impegnato tantissimo per preparare quella colazione, e si erano
fatte le sette. Un timido sole aveva rotto la coltre di nubi notturne e
pioveva di meno. Era ora di svegliare Manabe, visto che la sua udienza
era fissata per le dieci del mattino. Bisognava lavarsi, vestirsi e
recarsi al tribunale, dall’altra parte della città.
-Ehi… ehi Man… mi senti? -Minaho fece passare
delicatamente le dita tra i capelli dell’amico. -Mi dispiace
svegliarti ma… così avrai il tempo di prepararti
bene, no?
Il lilla mugugnó e fece un buffo versetto da panda. Minaho
ridacchió.
-E va bene… a mali estremi…
L’arancione prese il cornetto e lo piazzó
esattamente sotto il naso dell’amico. Manabe aprì
gli occhi di colpo. -B… Buongiorno Min!
Minaho fece il finto offeso. -Ma come! Ignori le dolci maniere del tuo
migliore amico e ti svegli subito davanti al vile richiamo del cibo?
Il lilla sorrise. -Già… ho fame, sai?
Minaho gli diede un buffetto sulla fronte. -E allora… Buon
appetito!
Ci volle circa un’ora perché il lilla mangiasse,
si facesse la doccia e si vestisse. Erano le otto quando Minaho si
trovò sul divano insieme a lui, a ripassare orari e a
raccogliere idee.
La tensione del lilla era palpabile.
-Min… sai che penso di stare per svenire?
Minaho spalancò gli occhi e afferrò
l’amico per le spalle. -Non ti azzardare! Se ti fai
male… non voglio pensarci!
Il lilla rise debolmente. Adorava Minaho anche per il suo essere
così premuroso. -E va bene… non
crolleró, contento? Però ho così
paura… penso che mi farò una camomilla per il mal
di pancia. -Manabe fece per alzarsi.
-Aspetta! -Minaho lo bloccò. -Ci penso io… metti
che ti scotti… o che ti cada la tazza e ti
ferisci… rimani qui!
Manabe rise ancora più forte. -Min… ma lo sai che
mi sa che ci sia qualcuno ancora più agitato di me qui?
Eddai… stai tranquillo… vedrai che
andrà tutto bene.
Minaho sorrise sornione. -Mh… comunque vado io! Non si
è mai abbastanza sicuri…
Due minuti dopo Minaho tornó in salotto con due belle tazze
calde. Il lilla sorrise. Il liquido dolce era proprio quello che ci
voleva per tranquillizzarsi un po’… non potevano
permettersi errori.
-E ora… -Minaho fece sistemare Manabe davanti a se
appoggiandogli le mani sulle spalle. Il lilla ebbe una piccola fitta di
dolore. Strinse i denti.
-M…Min… scusa…è
che…
Il lilla lo guardò sorridendo. -È che ti fa male
il collo da ieri, ma non lo dici perché vuoi fare il forte e
il coraggioso.
Manabe era stupito. -Ma… cosa. ..
-Sono o non sono un detective? Non farti domande… piuttosto
togliti la maglietta, che ti faccio un massaggio per scioglierti i
muscoli.
-Manabe, al prossimo verso equivoco che fai chiamo la polizia! -Minaho
sorrideva nonostante si fingesse scandalizzato.
-E che devo farci… sei bravo a fare i massaggi, sai?
-Mpf… Sarà… comunque sia cerca di
rilassarti di più… le tue povere spalle chiedono
pietà…
Manabe sospirò di sollievo. Era dal giorno prima che quei
muscoli lo facevano impazzire e finalmente li sentiva rilassarsi sotto
le dita di Minaho. Gemette mentre il suo amico gli scioglieva una
contrattura al collo.
-Quanto cavolo somatizzi lo stress… povero… va
meglio così? -Minaho passò a massaggiargli
dolcemente le tempie.
Il lilla mugoló affermativamente. -Dio mio che
sollievo… non ne potevo più… grazie
Min.
L’arancione sorrise. -Detective e medico… che bel
binomio, eh?
Manabe gli diede.un buffetto sui capelli. -Ti voglio bene, sai?
Uscirono di casa che stava smettendo di piovere.
-Che fortuna Man… il bus passa tra quasi dieci
minuti…così non ci inzupperemo!
Il lilla gli diede un cinque. Si sentiva carico… miracoli
dell’adrenalina!
L’autobus passò con alcuni minuti di ritardo
(vissuti da Minaho con vero terrore!) ma poi recuperó il
tempo perduto. Manabe, seduto a fianco del suo amico, rifletteva.
Guardava i passeggeri e pensava che, in fondo, nessun uomo sa mai la
lotta che ciascuno dei suoi simili combatte in silenzio ogni giorno.
Nessuno sapeva del suo dolore, ma niente lo poteva assicurare che anche
queste persone, queste donne e questi uomini, non stessero combattendo
lotte grandi come la sua.
Quanti di loro potevano essere soli? Forse quella ragazza triste con il
telefono stretto tra le dita? Quanti di loro senza casa, come quel
signore vestito di stracci che si nascondeva in fondo al bus? Quanti
sofferenti nel corpo e nello spirito? Quanti di loro feriti dalla vita?
Per un attimo, si sentì meno solo.
Capolinea.
Il palazzo del tribunale della prefettura sorgeva in un quartiere
simile a quello di Manabe e Minaho, dalla parte opposta della
città.
Era un palazzo immenso, sproporzionato nel suo sembrare
un’astronave calata nel bel mezzo della città. In
stile razionalista, era costituito da un colossale corpo centrale a
forma di nave stilizzata, feroce nella secca potenza del suo sperone,
dal quale si dipartivano due imponenti colonnati a sottolineare
altrettanti corridoi, simili a braccia che si aprivano verso la
città.
Dopo aver passato i controlli all’ingresso, aiutati
da un soldato falla faccia gentile, Minaho e Manabe si ritrovarono
nell’atrio della struttura.
Era una grande stanza a tripla altezza, illuminata dalle pareti vetrate
che facevano sembrare tutto più pulito, giusto e imponente.
Al centro, in corrispondenza dell’accettazione, un altare
recava incisi i nomi degli uomini d’ogni tempo morti per la
giustizia. Al di sopra una vittoria alata, nelle vesti della legge,
reggeva una bilancia.
-La legge… è uguale per tutti. -Manabe si
ritrovò a sussurrare, colpito dalla solennità del
luogo.
-Bene… ragazzi, corridoio B, in fondo… vicino
alla parete vetrata. Quando è ora vi chiameremo noi. Lo
psicologo non è ancora arrivato.
Minaho guardò l’orologio. Infatti era
presto… mancava mezz’ora.
-E va bene… vieni Man… andiamo a sederci ok?
-Andiamo… -Il lilla era decisamente agitato.
Il corridoio sembrava non finire mai. I due ragazzi camminavano lungo
la grande parete vetrata da cui si poteva osservare il parco.
Finalmente giunsero davanti alla porta su cui capeggiava la scritta
:”Dottor Mizuki, Psicologo”. Si sedettero in
attesa. Vicino a loro c’era solo un uomo, immobile. Non
leggeva il giornale, non parlava al cellulare né sembrava
interessarsi di nulla in particolare… Minaho si chiese cosa
ci facesse lì.
-Man… Man, sei pronto?
-Io… -Il lilla tremava vistosamente.-Io penso proprio di no,
ma comunque dobbiamo farlo! Dobbiamo…
Minaho sorrise dolcemente. -Io e te insieme. Spero… spero
che mi facciano entrare con te.
-Ma… Min… la tua paura di questi
posti… non posso chiederti una cosa così! -Il
lilla si ritrasse. -Andró da solo.
Minaho gli prese la mano. -Infatti non me lo stai chiedendo…
sono io che voglio farlo! Man… non ti lascio! Non ti
lascerò mai… ce lo siamo promessi, ricordi?
Il lilla lasciò che una lacrima gli solcasse la guancia.
Abbracció il suo amico.
La mezz’ora era abbondantemente passata, ma nessuno ancora si
vedeva. Minaho aveva provato in tutti i modi a tranquillizzare Manabe,
ma l’unico modo che aveva dato qualche risultato era stato
tenerlo stretto a sé, senza lasciarlo nemmeno un secondo.
Manabe si sentiva sicuro tra le sue braccia.
L’uomo vicino a loro non smetteva di fissarli. Inizialmente
Minaho si era sentito a disagio, ma poi aveva pensato che in fondo non
gli importava proprio nulla di cosa pensasse la gente. Prima Manabe,
poi qualunque altra cosa.
Fu in un secondo che avvenne. L’uomo si alzò e si
schiarí la voce. Aveva i capelli argentei ben pettinati e
gli occhiali cerchiati in ferro… sembrava un politico
d’altri tempi.
Si diresse verso la porta e… la aprì.
Lo studio era vuoto… Minaho pensò che fosse
ovvio, lo psicologo non era ancora arrivato!
Un istante dopo la voce del misterioso signore risuonava per il
corridoio.
-Manabe Jinichirou, vero? Sono il dottor Mizuki, vieni pure
dentro… dobbiamo parlare un po’ insieme, se non
sbaglio.
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Capitolo 44 *** Sotto pressione ***
All these precious moments
That we carved in stone
Are only memories after all
Manabe e Minaho erano paralizzati sulle sedie, fissando con sguardo
vuoto la porta nel bel mezzo della quale si stagliava, alto e
sorridente, l‘uomo che aveva per quasi mezz’ora
atteso insieme a loro l’arrivo dello psicologo.
-Cosa… ma come… -Manabe era più che
sconvolto. Non era possibile… lo psicologo era quel signore?
E allora perché li aveva osservati di nascosto per tutto
quello tempo?
Minaho, da parte sua, si sentì crollare il mondo addosso. Se
è vero che quello era lo psicologo, doveva essersi appostato
vicino a loro per osservarli senza essere visto… del resto
aveva un senso! Così aveva visto Manabe per quello che era,
e non per quello che sarebbe voluto sembrare davanti a una scrivania,
nello studio. Perché era stato così stupido?
Doveva capirlo… e ora era troppo tardi.
-Dunque? Ragazzo non avere paura… vieni dentro forza! -Il
dottore sorrise. -E… anche tu. -Indicò Minaho.
-I…io…
I ragazzi si alzarono ed entrarono nello studio a testa bassa. Minaho
era nel panico. Li aveva visti… fragili e disperati,
confessarsi le proprie paure tenendosi stretti su una sedia…
di sicuro non avrebbe reputato Manabe un ragazzo maturo, ed era tutta
colpa sua!
Entrati, i due ragazzi si sedettero, ed anche il dottore prese posto
dietro alla scrivania. Si tolse il cappotto e rivelò un
camice bianco… ora non c’erano più
dubbi.
-Bene… tu devo essere Manabe vero? -Il dottore si rivolse al
lilla. Nelle mani aveva un fascicolo che comprendeva anche delle foto
del ragazzo. -E… con chi ho il piacere di parlare oltre a te?
Minaho si immobilizzó. -Io… io… mi
chiamo Minaho Kazuto, e sono il suo migliore amico. -Aveva buttato
fuori tutto d’un fiato e fu preso dal terrore di avere detto
già qualcosa di sbagliato.
Il dottore si sistemó gli occhiali sugli occhi e lo
scrutó. Passarono istanti lunghi come ore prima che
sorridesse all’arancione. -Va bene… piacere di
conoscerti. -Gli porse la mano.
Minaho la strinse e si stupì di quanto la sua stretta fosse
sicura e gentile allo stesso tempo. Gli trasmise
l’impressione di essere un uomo equilibrato.
-Allora… vediamo un poco… -Il dottore
iniziò a sfogliare il fascicolo che teneva tra le mani.
-Manabe Jinichirou, raccontami della tua vita.
Il lilla era in grande imbarazzo.
Parlava da quasi dieci minuti, ma ancora non riusciva ad apparire
né tranquillo né tantomeno sicuro di
sé. Il suo cervello cercava disperatamente di leggere negli
occhi del medico un cenno, un indizio su cosa dire per soddisfare le
aspettative che tutti avevano su di lui… per ora si limitava
a raccontare e raccontarsi come poteva. Non aveva ancora toccato
l’argomento genitori né tantomeno quello Minaho,
ma il dottore non sembrava farci troppo caso. Ascoltava attentamente,
sorridendo gentilmente e facendo piccoli cenni di interesse con le mani
e gli occhi.
-Ed ecco perché… perché non stavo bene
a scuola. Nessuno mi voleva come amico… -Il lilla si
oscuró.
Il dottore sospirò e sorrise. -Ascoltami Manabe…
vorrei chiederti una cosa.
-Mi… mi dica dottore… -Il lilla era
già nel panico.
Il medico si sistemó il colletto del camice.
-Dimmi… come ti sentivi quando uno dei tuoi compagni,
all’asilo o a scuola, ti offendeva o ti lasciava solo?
Il lilla tremava. -Io… ecco… mi… mi
sentivo in colpa… tantissimo… sempre in colpa.
Minaho temeva che Manabe iniziasse a piangere. Se fosse successo, a
quel paese pudori e dottori, lo avrebbe abbracciato e tranquillizzato.
Non sopportava più di vederlo stare così male per
colpa della pressione cui era sottoposto.
-Lo immaginavo. -Il medico sorrise e parlò in tono pacato.
-Vedi… io penso che tu abbia sempre avuto la tendenza a
ripetere con i tuoi coetanei quello che succedeva nella tua famiglia. I
tuoi genitori… loro non erano mai contenti di te, vero?
Credevi che volessero sempre di più… vero?
Manabe si lasciò sfuggire un singhiozzo..-G…
già… -Sì vergognó del tono
lamentoso che gli era uscito.
-Ecco… -Il dottore gli diede un buffetto su una mano. -Vedi?
È per questo… tu pensi sempre che gli altri,
qualunque cosa tu faccia, non siano contenti di te! Che comunque vada
ti disprezzeranno… e che tu non potrai mai essere come loro,
anche se lo desidereresti tanto…
Minaho si stupì della voce gentile che il medico usava. Era
una persona buona, non c’erano dubbi.
Manabe annuì a testa bassa. Si sentiva sconvolto,
soprattutto perché il medico aveva fatto venire a galla
qualcosa che negava a sé stesso da anni.
-Ora.. Ora se puoi continua a raccontare. Vorrei che mi parlassi dei
tuoi genitori, e di come la situazione è arrivata a questo
punto. -Il dottore continuò. -E ascolta… se hai
bisogno di piangere non trattenerti… non
influenzerà il mio giudizio, anzi… sai? Le
persone più forti sono proprio quelle che piangono! Chi non
piange è vuoto dentro…
L’uomo parlava con la voce di un nonno gentile. Manabe gliene
fu grato… anche perché non ce la faceva
più a trattenere le lacrime.
-I… i miei genitori… io non so se mi vogliono
più bene… anzi… io credo di no! -Il
lilla nascose il viso nell’incavo del gomito singhiozzando.
Il racconto proseguì per quasi mezz’ora, anche
perché Manabe, in lacrime, impiegava molto più
tempo a mettere insieme frasi e argomenti. Minaho in tutto questo tempo
non aveva mai smesso di tenergli una mano sulla spalla.
-Capisco… -Il dottore sospirò. -Dunque tu vuoi
l’emancipazione perché non sopporti più
le pressioni dei tuoi genitori… e vorresti lasciarteli alle
spalle.
-NO! -Manabe urló, poi si morse immediatamente la
lingua… di male in peggio, pensò… ora
anche gli scatti isterici… -Mi… mi…
loro…
-Forza… dillo! Buttato fuori… butta fuori tutto
ragazzo! -Il dottore gli prese una mano.
-Loro… loro mi mancano tanto!! Mi mancano ogni minuto della
mia vita! Non voglio che non mi… rivolgano…
più la… la parola… io… io
non voglio che mamma e papà smettano di volermi bene!!
Il lilla a questo punto piangeva disperato. Minaho lo
abbracció. -Dottore… scusi, devo
farlo… spero che lei non pensi male, ma devo.
-No… no fai pure… questa cosa è
fondamentale… -Il dottore non sembrava scandalizzato. Minaho
però non aveva il tempo di pensare alle sue frasi
sibilline.
Il lilla, aggrappato alla felpa dell’amico che si stava
inzuppando di lacrime, iniziò a normalizzare il respiro
mentre Minaho gli passava ritmicamente le dita tra i capelli
sussurrandogli all’orecchio di stare tranquillo. Pian piano
si riprese.
-Mi… mi perdoni! Io… io non volevo. ..
è stato più forte di… di
me… -Manabe si vergognava tantissimo.
-Non ti preoccupare. -Il dottore sorrise ancora. -È stata
colpa mia… ma la domanda che ti ho fatto mi serviva a capire
tante cose. È importante, anche se non sembra, che tu voglia
avere ancora un bel rapporto con i tuoi genitori, credimi…
il contrario sarebbe stato un problema.
Minaho sospirò di sollievo tra sé e
sé. Per fortuna non avevano compromesso tutto.
-Ora… per conludere vorrei che mi parlassi di questo bel
ragazzo qua! Come siete diventati amici? Mi hai detto poco fai dei tuoi
problemi nei rapporti… -Il dottore si predispose
all’ascolto con un sorriso.
Manabe raccontò per filo e per segno, interrotto solo da
qualche singhiozzo, la storia della sua amicizia con Minaho iniziata da
poche settimane ma già così profonda come
nessun’altra. Non aveva più paura di
parlare… sentiva di dover dire tutta la verità.
Il dottore si stupì molto al racconto del ricovero del lilla
e dello scontro con Kitama. Manabe giurò di averlo visto
lanciare uno sguardo di ammirazione a Minaho.
-E… ecco… la scuola ha cercato di espellere
Minaho per colpa di quella rissa. Se penso che… per colpa
mia… ha… ha tentato il suicidio…
io…
Minaho scattò sulla sedia. Il dottore si
immobilizzó. Manabe si sentì crollare il mondo
addosso. -Oddio… ho… ho combinato un disastro.
Inutile dire che il dottore pretese di farsi raccontare per filo e per
segno tutta la storia. Nessun particolare fu tralasciato nonostante il
dolore che provocava a Manabe ricordare quei fatti. Minaho si teneva la
testa tra le mani… era finita. Il dottore non avrebbe
lasciato passare sotto silenzio questa storia. Manabe non poteva essere
dichiarato maturo se era stato coinvolto in un tentato suicidio.
Alla fine calò un grande silenzio. Il dottore
sospirò. -Abbiamo finito.
Manabe ebbe un tuffo al cuore. -Io… noi…
cosa… cosa succederà ora?
-Nulla. -Il dottore era di spalle, le mani dietro la schiena. -Ti do il
mio consenso. Il processo si può aprire.
Manabe e Minaho erano spiazzati. -C… cosa? Ma…
noi credevamo che… la storia del…
-Del tentativo di suicidio? -Il medico si voltó verso di
loro sorridendo. -Pensavate che mai e poi mai vi avrei concesso il mio
supporto, vero? Bhe… di certo è una cosa seria,
gravissima. Ma… Ma è anche il segno di quanto vi
vogliate bene. Manabe ha affrontato i suoi mostri, i blocchi della sua
psiche, e ti ha salvato. Questa è la prova di
maturità che dimostra che in lui qualcosa è
cambiato.
Manabe era commosso… non poteva essere vero… non
poteva…
-Inoltre… inoltre ho visto come ti tiene la mano sulla
spalla… come ti consola quando soffri. Penso che questo
ragazzo, simbolo della lotta che hai deciso di intraprendere contro le
tue paure, sia la chiave di tutto. Vi do il mio consenso a procedere,
ma a due condizioni.
-Dottore… dica… tutto quello che… che
desidera! Le siamo… le siamo così riconoscenti!
-Il lilla piangeva di gioia.
-Prima condizione! -Il dottore sorrise. -Devi cercare di recuperare il
rapporto con i tuoi genitori … voglio che la prossima volta
che ci parleremo, dopo il processo, siate tornati a volervi bene.
-Io… io ci proverò con tutto me stesso
dottore… lo giuro! -Il lilla tremava di emozione.
-Bene…ora la seconda condizione. Voglio che tu, nei limiti
del giusto e del possibile, rimanga vicino a Minaho. Lui può
aiutarti a superare tutte le tue paure… ed è
l’amico che hai sempre desiderato, no?
Minaho abbracció Manabe. -Non lo lascerò un
secondo! Anche… anche lui mi ha salvato.
Tornando a casa i due ragazzi quasi volavano. Non gli sembrava
vero… il primo passo era fatto! Si erano separati dal
dottore ringraziandolo fino alle lacrime. Lui li aveva rassicurati. Era
certo che sarebbe andato tutto bene.
Imboccarono il viale di casa chiacchierando allegramente di tutto
quello che era successo. Minaho sembrava incontenibile e Manabe non era
da meno! Meglio di così non poteva andare… era
stata dura, ma ce l’avevano fatta!
-Bene! Il prossimo passo è l’udienza. .. dovrebbe
essere domenica prossima, no? -Minaho sorrise.
-Sì… così ha detto il
dottore… saranno i sette giorni più lunghi della
mia vita! -Manabe sospirò.
-Dai Man… pensa che il giorno dopo c’è
la finale! Non sei contento?
-Certo. .. certo che lo sono. Ma… e quelli chi sono?
Una macchina nera era parcheggiata davanti al cancello. Al suo interno
un uomo vestito di scuro e una donna sulla trentina.
-Ma… cosa… non capisco…
Endou stava lavando i piatti. Natsumi lo aveva particolarmente messo
alla prova quel giorno, con un pranzo a base di carne dura come la
pietra.
Squilló il cellulare e l’allenatore si
affrettò ad asciugarsi la mano per rispondere. Sul display
compariva il nome di Manabe.
-Ehi… Manabe! Com’è andata la perizia?
Ti serve il mio aiuto per…
-Mister! -Il tono del lilla era terrorizzato. -La supplico venga
subito! Stanno portando via Minaho!
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Capitolo 45 *** Impatto ***
You're never alone in the
world
You're never alone in the world
You believe in each and everyone of us
You're never alone in the world
Era a successo tutto in pochi istanti.
Quando Minaho e Manabe avevano percorso i pochi metri che li separavano
dal vialetto di casa i due occupanti della macchina nera li avevano
fermati. Manabe aveva subito avuto un brutto presentimento…
se lo sentiva sulla pelle.
La donna aveva estratto una foto dell’arancione. -Tu sei
Minaho Kazuto, vero?
Il ragazzo era sbiancato, incapace di dire alcunché. Manabe
gli si era parato davanti.
La donna sorrise come se avesse ricevuto una risposta affermativa e
fece un cenno al suo collega.
-Sai perché siamo qui, immagino… non è
una cosa piacevole, purtroppo, ma c’è una
legge…
Minaho ebbe la conferma di tutti i suoi timori. Un terrore folle si
impossessó di lui. Urló e iniziò a
correre verso la porta di casa. Manabe non aveva ancora
capito… non voleva capire.
La donna sospirò e si voltó verso il collega.
-Prendilo.
L’uomo aveva afferrato Minaho da sotto le ascelle e lo aveva
trascinato fino alla macchina, mentre l’arancione urlava e
scalciava. -Perdonami ragazzo, devo farlo.
Manabe assistette senza poter fare nulla a quella scena assurda.
Riuscì solo a prendere in mano il telefono per chiamare il
mister… fino a che l’occhio non gli cadde sulla
portiera del suv nero.
Orfanotrofio della prefettura.
Il mondo crollò in un istante.
Fu tutto incredibilmente rapido.
Minaho fu caricato in macchina in lacrime come un bambino piccolo,
mentre la donna diceva qualcosa che Manabe non capiva. Era come
paralizzato, fuso. Senti che gli veniva messo in mano un foglio.
La macchina partí alzando un polverone frammisto alle prime
foglie secche dell’autunno. Manabe
guardò la testa arancio del suo migliore amico allontanarsi
in un fiato, il palmo della sua mano sul vetro… e gli occhi.
Manabe senti il cuore trafitto da quello sguardo… era come
fuoco, come ghiaccio. Un pozzo nero di disperazione e terrore.
Il lilla rimase solo in strada, paralizzato a fissare
l’asfalto caldo e le foglie cadute dai rami dei platani,
incapace di capire… incapace di accettare.
Rimase così a lungo… forse per un’ora.
Seduto sul bordo del marciapiede, la testa fra le mani. Non
piangeva… non sapeva nemmeno cosa significasse provare
dolore ormai… non aveva più un cuore. Glielo
avevano portato via. Sentí una mano appoggiarsi sulla sua
spalla.
-Manabe…
Il lilla alzò gli occhi. Era l’allenatore, corso
immediatamente in loro aiuto. Era giunto troppo tardi… ma
non avrebbe potuto fare comunque molto.
-M…mister… è… è
successo qualcosa… credo. -La voce di Manabe era priva di
espressione. Sentiva la testa girare.
Endou prese dolcemente la busta che il lilla teneva in mano. Non era
stata aperta… il ragazzo non si era nemmeno reso conto di
averla. La aprì e la lesse a voce bassa.
“Il tribunale minorile della prefettura comunica, a scopo di
semplice presa visione, a voi accompagnatore/collega/presente in loco
del minore Minaho Kazuto, che è stata emessa nei suoi
confronti un’ordinanza di recupero affinché sia
ospitato in un orfanotrofio alla luce della sua minore età.
Da tempo risulta egli non essere più domiciliato presso la
sua tutrice legale, dunque ogni diritto sul suo affidamento
è da ritenersi decaduto. Si rimanda ad altra sede la
discussione riguardante la denuncia per negligenza che è
stata depositata nei riguardi della ex-tutrice legale del minore
stesso.
Cordiali saluti,
Ufficio prefettizio per la tutela dei minori.”
Endou sospirò. Rimesse la lettera due volte… di
colpo gli si illuminarono gli occhi.
-M… Manabe… guardami.
Il lilla piangeva. Non si era nemmeno reso conto di avere
iniziato, ma ora non riusciva più a smettere. Si
buttò tra le braccia dell’allenatore.
-L… lui… io… perché!!
Perché lo hanno portato via! Io… io non voglio!
Endou accarezzava dolcemente i capelli del lilla. -Man…
Ascoltami… Ascoltami! Non piangere… abbiamo una
bellissima notizia! Una splendida notizia!
Manabe non capiva. Come poteva parlare di splendida notizia? Avevano
portato via Minaho! Glielo avevano portato via… forse per
sempre. -No…
-Aspetta! Lascia che ti legga la lettera! Guarda…
sua zia non è più la sua tutrice legale! Sai che
significa??
Manabe smise di piangere. Guardò il mister con gli occhi
velati di lacrime.
-Vuol dire che…
-Che possiamo farlo uscire… se otterremo che io diventi il
suo nuovo tutore!
Freddo.
Freddo intenso.
Minaho aveva faticato a capire dove fosse. Credeva di essere
svenuto… o sedato, non lo sapeva.
Lo stanzone era buio, gelido. Era disteso tra coperte bianche
inamidate, addosso un pigiama che odorava di disinfettante. Sentiva
rumori intorno a lui. Rumori striscianti, rumori velati, freddi.
Era in una camerata. Un ragazzo solo tra tanti bambini
piccoli… in un posto così si sentiva davvero un
tremendo dolore, pensò il ragazzo. Quanti orfani…
quante morti nascondevano quelle mura? Quante famiglie
spezzate… come la sua.
Non aveva mangiato… in compenso aveva vomitato. Sentiva di
avere la febbre e tremava in preda alla nausea. Aveva visto tanti visi
passargli davanti, sfocati e indefiniti. Dottori…
psicologi?
Voleva dormire. Dormire e non svegliarsi più.
Solo… solo e imprigionato nel suo stesso corpo.
Nessuno… nessuno con cui parlare… lunghi anni
chiuso li dentro? Vedendo Manabe solo un’ora, o meno alla
settimana, in occasione delle visite? Forse… forse il lilla
si sarebbe dimenticato di lui!
Scacció subito questo pensiero. Manabe… Manabe
sarebbe venuto a salvarlo… a salvarlo…
Pianse tutte le sue lacrime. Pianse disperatamente, lui solo tra
bambini che avevano dimenticato cosa significasse piangere, travolti da
un dolore che non può essere descritto con le parole delle
lingue degli uomini.
Se c’è un inferno in terra, quello è
l’orfanotrofio. Scrigno di mancanze, sigillo di storie
spezzate. Dal ventre dell’orfanotrofio, come
dall’albero senza radici, partoriscono frutti deboli, malati.
Quanta solitudine tra quelle mura… quanti ricordi che
sbiadiscono. Bambini che ogni giorno perdono un pezzo, vedono scolorire
i visi dei genitori, perdersi le loro voci come bruma al mattino. La
traccia delle carezze sulla loro pelle si raffredda, i baci affettuosi
sostituiti da quelli di pietà.
-Ragazzo… ragazzo, per favore… devi mangiare.
Una donna in camice bianco teneva un cucchiaio sotto il naso
dell’arancione.
Minaho ci vedeva doppio da quanto era debole… Doveva essere
mattina a giudicare dal sole che filtrava dalle imposte. Non ricordava
di essere crollato addormentato….
-Ti prego. ..
La bocca del ragazzo rimase serrata. La donna sospirò e si
allontanò con il vassoio.
Endou camminava a passo svelto per le strade del centro. Manabe, che
non vedeva nemmeno dove poggiava i piedi, si teneva stretto alla sua
mano.
La notte era stata terribile, ma di domenica non avrebbero potuto fare
nulla… Manabe era stato costretto ad aspettare.
Aveva pianto per ore quando si era reso conto di essere solo in casa,
tra gli oggetti di Minaho e il suo profumo.
Il giorno dopo, di mattina presto, Endou si era presentato alla sua
porta.
Aveva detto qualcosa a riguardo di uno psicologo che lo aveva aiutato
in passato… voleva chiedere immediatamente
l’affidamento dell’arancione, dunque bisognava
sbrigarsi. Aveva fatto una telefonata a Natsumi per avvertirla e lei
aveva promesso che li avrebbe sostenuti.
-Vedrai Manabe… è un dottore davvero
bravo… inoltre è molto conosciuto in
città perché è davvero un buon
uomo… se garantirà per noi, ottenere
l’affidamento di Minaho sarà molto più
semplice, te lo prometto.
Manabe si aggrappó a quella speranza. Ancora faticava a
rendersi conto di cosa stesse succedendo… qualunque cosa gli
andava bene pur di fare uscire Minaho da lí.
-Dice.. dice che ci vorrà molto? -La voce del lilla era
spezzata.
-Io… non so… spero di no. Vedrai che fra pochi
giorni sarà tutto finito. Non aver paura.
Lo studio del medico era in pieno centro, vicino ad un grande tempio
tradizionale e al quartiere commerciale. Si trovava in uno stabile
moderno, dalle pareti vetrate sulle quali si rifletteva il sole della
mezza mattinata.
Entrando il mister sorrise a Manabe. -Dai… non piangere.
Vedrai che usciremo di qui con una bella notizia in mano!
Il lilla si asciugó le lacrime con la manica.
La porta di ingresso immetteva su un raffinato salottino d'attesa
illuminato dalle grandi pareti vetrate. Non c’era nessuno.
-Bene… il dottore sta per arrivare. Gli ho scritto un
messaggio… ha detto di sederci qui ed aspettare.
Sai… lavora anche in un altro posto, e gli spostamenti sono
lunghi…
Manabe sospirò. Prese un giornale dalla pila di fianco alla
sua sedia… una rivista di sport. Inizió a
sfogliarla meccanicamente.
Trascorsero una decina di minuti prima che la porta si aprisse ed
entrasse un uomo alto. Endou si alzò e corse a stringergli
la mano.
-Manabe… ti presento il grande dottore di cui ti parlavo!
Manabe era allibito.
-Ecco… -L’uomo si tolse il cappello scoprendo la
capigliatura candida perfettamente pettinata. -Penso che noi due ci si
sia già conosciuti… dov’è il
tuo amico, Manabe? Ieri mattina mi ero raccomandato che rimaneste
sempre insieme!
Minaho era in bagno, riverso sul lavandino.
Gli girava tutto, e la testa gli pulsava da impazzire… non
toccava cibo da quarantotto ore e aveva la pressione sotto i piedi.
Nonostante ciò continuava a rifiutare il cibo…
era convinto che finché non avesse ceduto quel posto non lo
avrebbe potuto inghiottire. Senti alle sue spalle il rumore di uno
sciacquone tirato.
Cadde sulle ginocchia.
-Manabe… aiutami ti prego…
Il lilla non poteva crederci… quel dottore era lo psicologo
che lo aveva ascoltato, insieme a Minaho, la mattina precedente!
Anche Endou era incredibilmente stupito… ma capiva quanto
fosse positiva la cosa.
-Dottore… dunque crede che sia possibile ottenere
l’affidamento di Manabe in tempi brevi?
-Ecco… non posso garantire la brevità di pratiche
che dipendono dalla struttura e non da me… però
se lo desiderate domani mattina verrò con voi. Inizieremo
subito le procedure… credo che sia molto importante che sia
lei a parlare con loro.
Endou annuì. Manabe si sentì andare a fuoco il
petto. Aspettare ancora un giorno? Minaho era lì dentro da
solo! Non poteva più accettarlo…
Ill dottore dovette leggere qualcosa nei suoi occhi, perché
gli sorrise dolcemente e gli prese la mano.
-Non devi avere paura, Manabe.
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Capitolo 46 *** Dalla notte ti proteggerò ***
I have faith
that you are safe
On your last stop
you said
the bright warm light
will bring you home
did you lie my dear
did you lie?
The day is dark
I’m all alone
if you are there
just let me know
When the ashes arise
the light shall fall
will you find me
oh will you find me
When the sky is dead
and forever gone
will you find me
oh will you find me...
Un’altra notte.
Minaho guardava la luna scendere lentamente dalla finestra della
camerata. Aveva pianto tutte le sue lacrime, mentre i bambini
nei letti vicini dormivano già da ore.
Non mangiava da tre giorni. Oramai non riusciva più ad
alzarsi in piedi e la vista era sfocata, ma non soffriva più
fisicamente… la nausea era passata, il suo posto preso da un
immenso vuoto. Perché Manabe non gli telefonava…
certamente non poteva sapere che la struttura non accettava contatti
con l’esterno al di fuori dei parenti, nei giorni non
destinati alle visite.
Era riuscito a dormire per mezz’ora, e aveva sognato di
essere a casa. Quando si era svegliato il dolore lo aveva travolto
ancora più forte. Quel cuscino che abbracciava,
per quanto sforzasse l’immaginazione, non sarebbe mai stato
Manabe.
Si accorse di sentirsi sporco. Non amava i bagni di quel
posto… li usava solo di notte, per non incontrare nessuno.
Pensò che forse una doccia lo avrebbe rilassato.
Si alzò a fatica e si trascinò in bagno, aprendo
l’acqua calda mentre si spogliava.
Non aveva calcolato il fatto che il calore del vapore non sarebbe stato
il meglio per la sua pressione bassa, e così si
ritrovò sul pavimento della doccia… era svenuto
ancora. Si sentiva morire, ma rifiutava ancora il cibo. Meglio morto
che accettare tutto quello, pensava.
Cinque minuti dopo, sfregandosi i capelli con un asciugamano, si
trascinó di nuovo verso il letto. Le coperte erano
già fredde… una culla mortale, pensó.
Manabe non riusciva a dormire.
-Come può un profumo svenire in così poco
tempo… -Erano passati solo due giorni, e la casa senza
l’arancione stava cambiando aspetto .
Manabe, di solito fanatico dell’ordine, non avrebbe mai
pensato di trovarsi a rimpiangere le carte di merendina sui divani, i
tappeti con gli angoli piegati e i calzini sparsi per la
casa… ironia della sorte, pensò.
Si portò le mani alle tempie… era stanco,
estremamente stanco. Il senso di impotenza lo stava
divorando… quando quel pomeriggio l’orfanotrofio
gli aveva impedito di parlare con Minaho gli era sembrato che una lama
gli perforasse lo stomaco.
Si aggrappava alla speranza che il mister gli aveva dato… il
giorno dopo forse avrebbe visto il suo amico. Con quel pensiero e una
felpa di Minaho stretta tra le braccia, riuscì finalmente a
cadere in un sonno agitato e senza sogni.
Dovevano essere le tre, o forse le quattro. Minaho aveva
perso la cognizione del tempo… non vedeva l’ora
che fosse l’alba, ma in fondo per cosa? I suoi
giorni non avevano più scopo…
Sì girò di nuovo nel letto voltandosi verso la
finestra. Un gufo cantava di fuori, alla luce della luna. Una nuova
lacrima scese sulla guancia dell’arancione… stava
per rimettersi a piangere quando sentì qualcosa tirarlo per
la maglietta.
-S… scusa…
Spaventato si voltó di colpo.
Un bambino… molto piccolo, forse sui cinque anni,
terrorizzato dal suo movimento improvviso, piangeva con tra le braccia
un orsacchiotto di pezza.
-Cos… -Minaho si asciugó in fretta le lacrime con
la manica del pigiama. -Cosa vuoi? Chi sei tu?
Non voleva che la voce suonasse burbera, ma l’agitazione la
fece suonare tale. Il bambino sconosciuto prese a singhiozzare
più forte.
-Scusa… ho fatto un… un brutto sogno…
tu sei grande… ho paura... tanta paura…
-E allora? Cosa vuoi da me? Vattene dalla mamma!
Il bambino emise un piccolo gemito. Minaho ricordò dove si
trovasse e si rese conto della bestialità che aveva appena
detto. Fu colpito da una fitta di senso di colpa.
Il piccolo tremava come una foglia, scosso dalle lacrime, con
l’orsacchiotto a penzoloni. Minaho
sospirò… pensò a sé stesso
da piccolo, in lacrime vicino al corpo della madre…
pensò a Manabe. Loro sapevano cosa significasse non avere
una mamma pronta a consolarti, un papà che ti stringe tra le
braccia…
-Io… senti… maledizione a me e al mio buon cuore!
-L’arancione scostó le coperte. -Vieni
qui…
Il bambino smise di piangere di colpo. Alle lacrime si
sostituì un sorriso radioso. Si arrampicó sul
letto e si sistemó sul bordo… come avesse paura
di disturbare.
Nei minuti seguenti Minaho percepì la sua paura. Non
riusciva ancora a dormire?
-Guarda qua cosa mi doveva capitare… -Minaho
sospirò. -Senti… vieni qua.
L’arancione prese la mano del bimbo e se la mise intorno al
collo. Il piccolo sorrise.
-Non lasciarmi mai e riposa… se si avvicina un mostro ci
penso io. -Minaho sussurrava dolcemente nell’orecchio del
bambino.
Il piccolo sorrise beato, stretto al suo orsacchiotto e al collo del
suo nuovo amico grande e forte.
-Ti… ti voglio bene, papà.
Manabe si svegliò con un grande senso di ansia concentrato
come un macigno sullo stomaco. Non aveva dormito affatto bene, come
dimostrava il sapore acre che aveva sulla lingua.
Si lavó e scese in cucina, forzandosi a buttare
giù un paio di fette di pane e una tazza di latte. Gli
sembrava di dover vomitare.
Il lilla aspettava il suono del campanello con il cuore in gola. Endou
gli aveva promesso che sarebbe passato a prenderlo insieme al dottore,
per andare subito da Minaho.
Minaho… non sentire la sua voce per tre giorni era stato
come morire. Chissà come stava ora…
chissà se lo odiava per non avergli telefonato. Il lilla si
asciugó una lacrima e tiró su col naso. Sentiva
il rumore di una macchina che accostava… era ora di andare.
-Amico! Ehi… amico! Perché non ti
svegli… ho paura! Ho paura!
Minaho sentiva un grande caldo. Qualcosa di liquido… caldo e
liquido. Un peso sullo stomaco… un peso che lo opprimeva. Si
sentiva immerso in morbide coperte, avvolto da un profumo…
il profumo di Manabe.
-Ti… ti prego… ti prego svegliati! Non lasciarmi
solo…
L’arancione aprì lentamente gli occhi. Si sentiva
malissimo. Era steso sul letto e sul suo stomaco stava seduto il bimbo
che aveva accolto nel suo letto.
-Cosa… cosa…
-Amico! Ti sei svegliato… ho avuto tanta paura! Eri
bianco… non ti svegliavi…
Minaho sorrise debolmente. -Non avere paura… sono ancora
qui…
Il piccolo sorrise radioso e si buttò tra le braccia
dell’arancione, accucciandosi contro il suo petto. Minaho
arrossí… in fondo sentiva empatia per quel bimbo.
Sembrava molto più intelligente e maturo della sua
età… sapeva che gli orfani dovevano crescere
presto.
-Sai? Mi piaci tanto… sei buono come il mio papà.
-Il piccolo tremava. Minaho lo coprí con la coperta.
L’arancione si sentiva in imbarazzo… non stava
facendo niente di speciale a suo parere, ma quel bambino era
così dolce…
-Non… pensi che sia ora di… di andare a mangiare
qualcosa? Devi fare una bella colazione se vuoi giocare con i tuoi
amichetti dopo… devi essere in forze! -L’arancione
sorrise. Si sentiva così debole… era
l’alba del terzo giorno senza cibo.
-Io non ho amici.
La frase era caduta come un fulmine tra i due ragazzi. Manabe
sentì una stretta al cuore. -E… e
perché non… non dovresti avere amici?
-Dicono che sono strano… ma io non sono strano…
è che faccio i sogni brutti, a volte… e
perché sogno mamma e papà che mi parlano e mi
dicono che sono bravo… e loro dicono che sono
pazzo… ma io non so cosa significhi essere una persona
pazza! Deve essere come quelli che si vedono in TV, quelli con le
mutande in testa…
Minaho non poté non ridere. -Ma dai… non sei
strano! Non credere alle cose cattive che ti dicono…
ehm… scusa, non ti ho chiesto il tuo nome…
-Mi chiamo Rex!
-Rex? Che bel nome… è straniero, sai?
In una lingua tanto antica significa “re”!
È un nome proprio bello. Comunque… ti
dicevo… lascia stare chi ti dice cose cattive! Io sono
sicuro che tu senti davvero i tuoi genitori! Anche io… anche
io a volte parlo con i miei. -Minaho sorrise dolcemente al bimbo.
-Ecco… se lo dice il mio fratellone allora è vero
di sicuro!
Minaho spalancò la bocca. -Come… come mi hai
chiamato…
-Fratellone! Ho deciso che sarai il mio fratellone sai? Sei il mio
unico amico…
L’arancione era commosso. -Va… va bene,
fratellino. Ora però vai a mangiare… altrimenti
non ti farò più venire nel mio letto!
Il bimbo sorrise e scappò nel corridoio… non
prima di aver dato un bacino sulla guancia ad un imbarazzatissimo
Minaho!
Passarono venti minuti prima che Rex tornasse… con un panino
in mano.
-Fratellone! Ti ho parlato un panino al prosciutto… anche i
ragazzi grandi come te devono mangiare!
Minaho arrossí… come faceva a spiegare al bambino
il concetto di “sciopero della fame”? Del resto
prima o poi doveva cedere… non voleva morire. Non
finché non avesse perso anche l’ultima speranza di
tornare a casa.
Prese il panino e lo morse con gusto.
-Fratellone… lo sai che i tuoi capelli mi piacciono tanto?
-Il bimbo arricciava con le dita un ciuffo dell’arancione.
Minaho sospirò fintamente scocciato. -Non sei
l’unico a dirlo… vedrai che presto ti
presenterò un nuovo amico… una persona molto
importante per me.
Una donna entrò nella camerata. Teneva in mano un foglio e
sembrava molto assonnata.
-Minaho Kazuto? Devi venire con me. Hai una visita.
Minaho si vestì in preda al l’agitazione.
Forse… forse era arrivato il salvataggio!
Percorse il corridoio con il cuore in gola. La sala delle visite era
vicino al giardino, illuminata da luminose pareti vetrate.
Manabe era lì.
L’arancione corse ad abbracciarlo piangendo. Manabe non
riusciva a parlare… riuscì a malapena a spiegare
il perché delle telefonate non fatte… poi
scoppiò anche lui a piangere, ma di gioia.
-Dottore. .. mister… ci siete… ci siete anche
voi… -Minaho sorrise debolmente ai due uomini.
Il dottore gli fece l’occhiolino ed Endou gli rispose con un
sorriso ancora più grande.
-Sì. .. Ci siamo tutti. Ti tireremo fuori, promesso.
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Capitolo 47 *** Fuori, alla luce del sole ***
“Marching
onward, marching onward
Marching to that lovely tune
Marching onward, marching onward
Happy as a bird in June
Sliding onward, sliding onward
Listen to that rag
Hop and skip now do that slow, oh
Do that slow drag
Dance slowly, prance slowly
Now you hear that pretty rag
Dance slowly, prance slowly
Now you do the real slow drag
Waltz slowly, waltz slowly
Listen to the ragtime
Hop and skip
Now do the slow, oh, do the slow drag”
Mentre Manabe rimaneva nella sala delle visite con Minaho e
l’allenatore, il dottore era andato a parlare con la
direttrice della struttura. La avrebbe avvertita del fatto che un uomo
desiderava intraprendere un percorso di affido, e che di
quell’uomo ci si poteva fidare.
Il lilla era nel pallone dalla gioia. Minaho gli era mancato
così tanto… abbracciarlo, sentire il suo profumo
e le sue mani sulle spalle… non poteva più vivere
senza quelle sensazioni.
L’arancione, da parte sua, aveva accolto l’amico
come un salvatore. Se era vero che il piano di Endou aveva una piccola
possibilità di andare in porto… voleva dire che
le cose potevano ancora sistemarsi, per quanto fosse difficile.
La porta si aprì ed entrò il dottore accompagnato
da una donna di mezza età.
-Ecco… ecco il ragazzo che vorrebbe l’affidamento
di Minaho Kazuto. Come vede, nonostante non abbia nemmeno
trent’anni, è maturo e in salute. Inoltre ha
già una buonissima moglie che lo aspetta a casa…
sono una famiglia molto affidabile, garantisco io per loro.
-Non fatico a crederlo, Mizuki… non fatico a
crederlo. -La donna, vista da vicino, sembrava più
giovane. Aveva un viso abbastanza rassicurante anche se sembrava una
donna forte. -del resto da quando lavori con noi tanti bambini hanno
potuto trovare una famiglia… i tuoi consigli e le tue
perizie sono estremamente validi. I problemi sono tanti,
però… innanzitutto di matrice legale. La
precedente tutrice legale del ragazzo è stata denunciata per
negligenza… inoltre lui è appena arrivato da
noi… non lo conosciamo quasi per nulla. Si rifiuta di
mangiare da quando è arrivato…
Manabe trasalí. -Minaho… è vero?
Dannazione non avevo notato quanto fossi pallido! Siediti
subito!
Minaho sorrise. -Tranquillo… stamattina ho fatto colazione.
È… è una lunga storia.
L’arancione aspettava con ansia insieme a Manabe che
succedesse qualcosa. Endou aveva iniziato a parlare con la direttrice
che ne stava vagliando l’affidabilità insieme al
dottore… il momento era importante.
Fu allora che l’arancione lo vide. Il piccolo Rex, nascosto
dietro la porta.
-Ehi! Ehi Rex! Fratellino! Vieni qua… vieni! Ti presento una
persona speciale!
Manabe non capiva… un bambino era appena saltato sulle
ginocchia di Minaho! Lo guardò sconvolto… cosa
significava?
-Vedi Man… è una lunga storia anche
questa…
Il lilla aveva ascoltato prima dubbioso, poi stupito ed infine
divertito il racconto del suo migliore amico. Quel bambino sembrava
davvero speciale… non si stupiva affatto che avesse legato
con Minaho.
-Sei il migliore amico del mio nuovo fratellone? Che bello! Sono tanto
felice di conoscerti!
Rex, senza farsi scrupoli, si buttò tra le braccia di
Manabe. -Ti voglio già bene! – Il lilla
arrossí come un pomodoro maturo e inizialmente rimase come
paralizzato, ma come si poteva resistere a quel bimbo? Lo strinse a
sé. -Anche io sono tanto felice di conoscerti, sai?
Un minuto dopo ogni timore di Rex per Manabe era sparito. Parlava come
se lo conoscesse da sempre e raccontava di tutto. Il lilla si stupiva
della capacità di comprensione, del linguaggio e della
maturità di quel bambino… sembrava un ragazzo
come loro!
-Vedi Man… Rex ha deciso che io diventassi il suo nuovo
fratellone… ma anche tu sei un po’ mio
fratello… quindi sai che significa?
-Che ora ho due nuovi fratelloni! -Rex, ancora sulle ginocchia di
Manabe, giocava felice con i suoi occhiali mettendoseli sul naso e
provocando risate irrefrenabili da parte dei due ragazzi.
-E va bene… vada per fratellone! -Manabe fece il solletico a
Rex. -E adesso… che ne dici di andare a prenderci qualcosa
da mangiare? Abbiamo tanta fame, ma non sappiamo ancora a chi chiedere
per un panino…
Rex si illuminò. -Ci penso io! La cuoca è mia
amica… tra cinque minuti sarò tornato con i
panini! -Sparí ridendo nel corridoio.
Minaho non capiva. -Man… ma…
perché lo hai mandato via? Non ho fame…
Il lilla rise. -Min… devo parlarti. Quando…
quanto tu uscirai di qui… che ne sarà di lui? Se
ti si affeziona troppo… sarà dura per lui
separarsi da te. Lo sai… lo sai vero?
L’arancione sbiancó. -Io… io non ci
avevo pensato! È così solo Man… hai
visto come è… come è speciale. Non ha
amici… mi ricorda tanto noi due. Se… se noi lo
lasciamo solo, come farà? Oddio che disastro…
Il lilla sospirò. -Min… non so proprio come fare.
Bisogna… bisogna parlarne con il mister. Di sicuro
potrà darci una mano, e un buon consiglio.
Quando Endou uscì dall’ufficio della direttrice e
rientrò nella sala delle visite, sorrideva come non mai e
portava con sé ottime notizie. Trovò Minaho e
Manabe intenti… a mangiarsi un panino. Rex glieli aveva
portati poco prima di venire quasi trascinato via da quella che doveva
essere la sua maestra…
-Temo che la prima elementare sia un dramma anche per lui! -Minaho
aveva sorriso amaramente.
Dopo aver superato l’iniziale stupore, Endou aveva fatto
alcune domande ai due ragazzi, che gli avevano raccontato tutta la
storia di Rex e della loro paura. Endou li aveva ascoltati come solo
lui sapeva fare. La storia lo aveva commosso.
-C’è… c’è una sola
cosa fa fare, temo.
-Cosa… cosa possiamo fare? Ce lo dica mister…
quel bambino se lo merita… ci impegneremo al massimo per
aiutarlo! -Manabe e Minaho erano a loro volta commossi.
-Io… io devo adottarlo.
Manabe pensò che così tanti colpi di scena in un
solo giorno fossero decisamente troppi.
-Coooosa? Lei vuole… vuole adottare quel bimbo?
Così? Senza pensarci nemmeno su? O cielo…
Anche Minaho era sconvolto. Solo Endou poteva pensare una
cosa del genere!
-Bhe… è un gesto che prima o poi avrei dovuto
fare. Sapete… Natsumi e io ci pensavamo da tempo, ad
adottare un bambino. Lei… lei non può avere
figli, sapete? O forse… o forse la colpa è mia. I
dottori hanno detto che le possibilità di concepire sono
bassissime, e lei ci sta male ogni giorno… io le ho promesso
che continueremo a provarci, ma lei… lei ha davvero tanta
paura. Così… così pensavamo di fare
qualcosa per un orfano, intanto… e questa è
proprio una coincidenza da cogliere al volo!
-Ma… mister… qui non si parla di un semplice
affidamento, come quello che vuole ottenere per Minaho… qui
non si tratta di diventare tutore legale! Qui… qui si parla
di adozione! -Lei… lei si sente davvero pronto per un passo
simile? -Manabe era pallido.
Endou sorrise debolmente. -Io… io penso di
sì… anche Natsumi ci sosterrà,
credetemi. Ora la chiamo…
Due minuti dopo Endou rientrò in sala. -Lei… lei
è felice fino alle lacrime. Ragazzi… come tutte
le cose assurde, per farla andare in porto bisogna farla senza pensarci
troppo! Io mi butto… mi butto!
Endou si lanciò di nuovo verso l’ufficio della
direttrice. Minaho e Manabe rimasero a bocca aperta…
l’allenatore non smetteva mai di stupirli. Scoppiarono a
ridere.
L’attesa fu estenuante. Endou rimase chiuso
nell’ufficio per quasi due ore, e quando ne uscì
accompagnato dalla direttrice erano quasi le undici del mattino. La
donna sorrideva.
-Ragazzi… certe cose succedono solo una volta nella vita
credo… siete stati voi a convincere il signor Endou a fare
richiesta per l’adozione di Rex?
Minaho sorrise. -Quel bambino è speciale.
La donna sospirò. -Lo sappiamo… per questo siamo
stupiti. Non aveva mai legato con nessuno… deve avere
trovato in voi qualcosa di unico.
Quando la direttrice fu tornata in ufficio, Endou prese da parte Minaho
e Manabe.
-Ragazzi… l’emozione di prima mi ha fatto
dimenticare di darvi una grande notizia! Minaho… da oggi
sono il tuo nuovo tutore legale!
L’arancione si sentì mancare dalla gioia. Ce
l’avevano fatta!!!
-E… questo significa che… che…
-Che torniamo a casa, Min! -Manabe abbracció
l’amico.
Minaho si lasciò scappare un grido di gioia. Non gli
sembrava vero… quei tre giorni erano stati i più
lunghi della sua vita. Sarebbe stato fantastico tornare a
casa… con Manabe.
Stava per correre a fare le valigie quando fu preso da un dubbio
bruciante.
-Allenatore…
-Dimmi Minaho.
-Ecco… che le hanno detto a proposito di Rex?
Endou sorrise. -Posso… posso adottarlo, ma per questioni di
sicurezza oggi pomeriggio un ispettore deve venire a casa mia e di
Natsumi. Domani… domani potrò portarlo a casa, se
tutto va bene.
Minaho e Manabe si diedero il cinque. -Evvai!
Minaho sospirò sorreggendosi alla sedia.
-Però… però Man… se questa
sera Rex avesse un incubo come l’altra notte… io
non sarei con lui a consolarlo! Io… io penso di dover
rimanere qui ancora una notte. Dimmi… dimmi che non ti
arrabbierai per questo. .. Per favore…
Manabe sorrise dolcemente. -Dio quanto sei buono Min… ti
voglio bene proprio per questo. Rimani pure…
dormirò felice sapendo che domattina presto tornerai a casa
da me… magari in tempo per fare colazione insieme!
L’arancione sorrise e fece l’occhiolino al suo
amico. -Promesso!
Quella sera, tre ragazzi faticarono ad addormentarsi.
Endou, che aveva ricevuto l’ispettore
dell’orfanotrofio insieme al piccolo Rex (che si era subito
innamorato di lui… -I miei fratelloni hanno detto che sei
tanto buono! Posso chiamarti papà?) e da lui aveva avuto la
certezza che l’adozione gli sarebbe stata concessa,
rifletteva su come la sua vita sarebbe cambiata il giorno dopo, mentre
Natsumi dormiva al suo fianco.
Manabe, steso sul letto dell’arancione, pensava a quando, la
sera dopo, si sarebbero nascosti sotto i lenzuoli con una torcia, a
raccontarsi storie dell’orrore e a ridere insieme come veri
fratelli.
Minaho, per l’ultima notte tra le coperte
dell’orfanotrofio (dopo una bella cena!) stringeva a
sé il piccolo Rex che si era addormentato giocando con i
suoi capelli. Pensava agli altri bambini della struttura…
quanto dolore doveva ancora attraversare quelle sale! Ma
finché ci fossero state persone buone come il dottor Mizuki
e la direttrice, ci sarebbe stata speranza per tutti… per
tutti.
Il giorno dopo sarebbe stato speciale per tutti e tre. Sarebbe stato
felice, dopo tanta sfortuna e tanta paura.
Tutti e tre su chiedevano se fossero pronti.
Minaho pensò che la guerra non era ancora finita, ma la
battaglia era vinta.
Manabe pensò che era ora di mostrare al mondo, a Minaho e a
sé stesso che anche lui poteva lottare per quello in cui
credeva.
Endou pensò che, per la prima volta nei suoi venticinque
anni di vita, l’età adulta bussava alla sua porta.
Tre ragazzi, tre sogni che si mischiano nella densa notte che separa il
dolore della gioia.
Tre albe diverse che annunciano una vittoria.
Tre cuori che meritano un giorno di pace.
Si addormentarono sorridendo… il giorno dopo li attendeva a
braccia aperte.
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Capitolo 48 *** A casa! ***
It's almost night, I
should be sleeping.
But the moon's so bright, as if it's praying with me.
Round and round, I walk in circles aimlessly.
Where could you be?
The purple skies were so inviting
When we used to fly.
But the excitement slowly fades away.
Feels like there's nothing I wanna do.
Not without you.
L’alba.
Una delle più belle albe di quello strano autunno. Il sole
sorgeva immergendo ogni cosa in una luce tiepida e accogliente, mentre
gli uccelli alzavano al nuovo giorno il loro canto di gioia.
Manabe si svegliò riposato come non gli succedeva da giorni.
Il mal di testa era sparito, i riflessi pronti, la mente fresca. Scese
dal letto come un fulmine e si fece una bella doccia calda.
Anche quel giorno aspettava con ansia l’arrivo di
Endou… ma questa volta sarebbe stata una bella attesa.
Dovevano andare a prendere Minaho… per riportarlo a casa!
Diede un morso a una fetta di torta al cioccolato che aveva preparato
la sera prima. Era aromatizzata all’arancio e vaniglia, come
piaceva a Minaho. Osservò la casa… non avrebbe
mai detto che troppo ordine potesse metterlo a disagio. Non vedeva
l’ora di riprendere a lottare contro le briciole, i libri e
la biancheria del suo amico.
Sorseggió lentamente il suo succo di pesca mentre sfogliava
distrattamente una rivista di calcio… mancava
così poco alla finale della fase eliminatoria…
lui e Minaho avrebbero giocato insieme!
Rumore di un’automobile che accosta davanti al cancelletto.
-Finalmente! Arrivo Min, tieni duro!
Minaho si era svegliato con una strana gioia in corpo. Era rimasto
ancora qualche minuto immobile nel letto però…
Rex dormiva ancora, stretto al suo braccio e con la testa sul suo
petto. Chissà cosa stava sognando…
l’arancione pensò che assomigliasse a Manabe.
Forse il modo di parlare. .. o il sorriso. Sì, doveva
trattarsi del sorriso…
-C…ciao fratellone… hai dormito bene? -Mentre era
immerso nei suoi pensieri, Minaho fu svegliato dalla voce del bambino.
Sorrise. -Sì…sí grazie, e
tu? Hai passato una bella notte?
-Certo! Ho sognato mamma e papà, sai? Hanno…
hanno detto che posso rimanere con voi… che loro
continueranno a volermi bene da lassù anche se ora
avrò un nuovo papà… e una nuova mamma.
L’arancione sospirò. Era ingiusto che un bambino
di pochi anni fosse costretto a fare simili ragionamenti. Gli
passò la mano tra i capelli. -Andiamo a fare la doccia, ok?
Poi… poi si preparano le valigie!
Endou guidava con il cuore in gola. Stava davvero per diventare
padre… lui, che fino a poco tempo prima andava ancora a
scuola! Eppure si sentiva davvero pronto… aspettavano da
tanto questo momento…
Sul sedile posteriore Manabe tremava. L’agitazione era forte
per entrambi mentre si avvicinavano alla grande struttura
dell’orfanotrofio e parcheggiavano l’auto sotto una
palma, vicino all’ingresso principale.
-Mister… è pronto?
-Pronto… e tu? Pronto a rivedere Minaho?
-Certo… certo che sono pronto!
Entrarono insieme dalla grande porta d’ingresso e si
ritrovarono nell’atrio luminoso. Ora si trattava solo di
andare dalla direttrice e firmare qualche documento… il
momento era quasi giunto.
Trovarono la donna seduta alla scrivania intenta a leggere dei fogli,
gli occhiali ben calcati sul naso.
-Signor Endou! Che bello vederla così presto questa mattina!
Si vede proprio che abbiamo fatto bene a concederle questa procedura
accelerata… del resto il dottor Mizuki non sbaglia mai!
Endou arrossí un poco. -Ecco… io…sa...
l’emozione…
-La capisco perfettamente! Ora però ci aspetta una trafila
di noiosi documenti da esaminare e firmare… magari se
intanto il ragazzo vuole andare dai suoi amici… ci
vorrà una buona oretta, e lui qui si annoierebbe! -La donna
fece l’occhiolino a Manabe, che non se lo fece ripetere due
volte. Sorrise all'allenatore e corse fuori verso la camerata
di Minaho.
Il corridoio era più lungo di quanto Manabe ricordasse, o
forse era colpa dell’emozione… chissà.
Quando arrivò davanti alla porta traboccava di
felicità,, che non poté che aumentare quando
sentì la voce del suo amico provenire dalla stanza!
-Cavolo… Dove ho messo le mutande…
Manabe ridacchió… Minaho era disordinato come suo
solito. Spalancò la porta.
-Ehila… si può? Guardate un po’ chi
è venuto a trovarvi!
-Fratellone! -Il piccolo Rex corse in braccio al lilla che gli fece
fare due giravolte in aria.
-Ohoh come siamo agitati oggi! Dimmi… hai aiutato Minaho a
fare la borsa? Ti confido un segreto… dimentica sempre tutto!
-Ehi! -L’arancione rise. -Bada a come parli…
guarda che ti sento!
Rex scoppiò a ridere. -Siete così buffi! Quando
sarò a casa dai miei nuovi genitori mi verrete a trovare
spesso, vero? -Gli occhi del piccolo supplicavano.
-Certo! -Il lilla sorrise. -Anzi… perché non
vieni tu a passare qualche pomeriggio da noi? Ti prepareró
delle torte buonissime!
Il bambino abbracció il lilla. Gli arrivava a mala pena alla
vita…il ragazzo gli passò le mani tra i capelli.
-Sei proprio speciale… speciale.
-Min… quante volte te lo devo dire… metti prima
le maglie e i pantaloni, poi mutande e calzini, oppure nel borsone si
mischierà tutto! -Il lilla diede un buffetto sulla nuca
dell’amico.
-Va beeeene mamma! -L’arancione ridacchió.
-E bravo il mio simpaticone… scherza scherza, poi vedrai
quando il borsone esploderà in macchina lanciando biancheria
addosso a tutti!
Il piccolo Rex, che aveva raccolto le sue cose in perfetto
ordine nel suo zainetto, si mise a piegare i pantaloni di Minaho.
-Guarda fratellone… mi ha insegnato la maestra! Ti aiuto io!
L’arancione rise. -Grazie… sei davvero gentile,
sai?
-Tranquillo fratellone… è divertente!
Piuttosto… posso farti una domanda? È una cosa
segreta… -Il bambino tiró Minaho per la manica.
-Ehi… tranquillo… Manabe può sentire,
no? Lui è o non è nostro fratello?
-L’arancione rise. -Dimmi tutto senza problemi.
Il bambino sorrise… sembrava imbarazzato. -Prometti che non
ti arrabbi.
Minaho fece una faccia fintamente severa. -Mh… prometto!
-Ecco… -Rex si girava i pollici. -Dove… Dove sono
la tua mamma e il tuo papà? Non mi hai mai parlato di
loro… questa notte ho sentito che li chiamavi…
Minaho sbiancó. -Io…io…
-Vieni Rex, ti porto a vedere una cosa speciale… andiamo a
vedere la macchina del tuo nuovo papà!- Manabe prese la mano
del piccolo.- Ci sediamo un po’ e ti faccio giocare con i
miei occhiali… Min deve finire di fare la valigia
sai…
L’arancione sospirò. -Aspettate…
aspettate. Rex… vieni qua.
Il bambino corse tra le braccia di Minaho, che lo fece sedere sul letto
vicino a sé. Manabe si sistemó al suo fianco.
-Ecco… -Minaho sembrava in
difficoltà.-Vedi… non ti ho mai parlato di mamma
e papà perché…
perché… ecco… loro sono in cielo.
Il piccolo spalancò la bocca. -Come… come i miei
genitori…
Minaho sorrise triste. -Già… sono tutti
lassù in cielo. Ma questo non vuole dire che… che
non ci guardino e ci vogliano bene, sai? Anche io li sento tante volte
quando dormo… loro sono sempre con noi.
Rex non rideva. -Fratellone… scusa se ti ho chiesto dei tuoi
genitori… non volevo farti piangere!! -Il bambino si era
accorto di una lacrima sul viso dell’arancione. -Sono stato
cattivo! Non… non volevo…. farti…
piangere!!
Minaho sorrise tra le lacrime. -No… piango perché
sono tanto felice di averti conosciuto, sai? Non sono
triste… non lo sono. Vieni qua! Vieni…
Il bambino tuffó il viso nel petto dell’arancione.
Minaho lo abbracció sussurrandogli dolcemente di stare
tranquillo.
Manabe sorrise… prima di unirsi all’abbraccio.
-Bene! Vedo che vi volete già tanto bene, voi! -La
direttrice era entrata a sorpresa nella stanza seguita dal mister.
Entrambi sfoggiavano sorridi radiosi. -E ora… che ne direste
di andare tutti insieme a casa?
Endou non finiva più di ringraziare, Manabe non finiva
più di ringraziare… la direttrice non si era mai
sentita così sommersa di gratitudine. In fondo lei faceva
solo il suo dovere… però cui metteva tutta
l’anima per farlo.
Era contenta di aver trovato una casa per quel piccolo bimbo
speciale… temeva che sarebbe diventato grande tra le mura di
quella struttura. Certo… le difficoltà non erano
finite, ma si poteva dire di aver fatto un grande passo avanti!
Sorrise mentre salutava il gruppetto che si avviava verso una macchina
rossa, nel parcheggio. Aveva fatto il suo dovere… eppure
sentiva di essere più ricca dentro, nonostante tutto.
-Bene ragazzi… eccovi a casa! -Endou aveva accostato davanti
al cancello di casa di Manabe. -Se non vi serve nulla porterei Rex
a casa… Natsumi non fa altro che parlare di lui da
ieri pomeriggio!
Manabe e Minaho sorrisero. -Grazie mister! Grazie di tutto! -Salutato
Rex, scesero dalla macchina. Endou ripartí salutandoli con
la mano.
Casa.
Finalmente a casa! Minaho si lanciò sul divano a tuffo.
-Man… quattro giorni e mi sembra di non entrare qui da
mesi… non sai quanto mi sei mancato.
-Anche… anche tu… la prima notte ho
pianto… sono sempre una femminuccia, nonostante tutto.
Minaho sorrise. -Guarda che ho pianto anche io… e pure la
seconda, ah già! Anche la terza… non ti
preoccupare… piangere è normale.
Manabe sospirò. -Ti voglio bene. E ora… che ne
dici di un bel panino?
I due ragazzi pranzarono raccontandosi di tutto. Erano felici come
delle pasque. Minaho raccontò di quanto triste sia
l’’orfanotrofio… di quanto dolore e
quando speranza vi convivano dentro. Manabe da parte sua
raccontò dell’incredibile coincidenza del dottor
Mizuki e dei giorni in cui era rimasto solo.
Il pomeriggio passò come un fulmine tra un racconto e una
partita a carte, un gioco di società e una storia di paura.
In pochi istanti era già ora di andare a letto!
-Bene Man… è stata una giornatona, sono molto
stanco, ho bisogno di coccole e sappi che dormirò con te.
Manabe ridacchió. Tipico di Minaho… mettere
insieme tante informazioni per nascondere il suo vero
obiettivo! -E va bene… mio letto o tuo letto?
In quel momento suonò il telefono fisso.
-Oddio… chi può essere a
quest’ora? -Nella voce di Manabe si percepiva
l’angoscia. Erano passate le undici!
V… vai a rispondere Man… preghiamo che
non… che non siano i tuoi genitori!
Il lilla corse al telefono con il cuore in gola. Alzò la
cornetta e…
-Allenatore Endou! Santo cielo che paura! Che… che cosa le
serve?
Minaho sospirò di sollievo… niente di grave
pareva.
-Certo… certo. Capisco… aspetti, le passo
Min…
L’arancione corse al telefono e prese la cornetta.
-P…pronto?
-Minaho! -La voce di Endou era spaventata. -Minaho… non
riusciamo a fare addormentare Rex! Piange… piange in
continuazione… io non capisco… dice che ci vuole
bene e che la colpa non è nostra… Natsumi
è terrorizzata! Non so cosa fare… non capisco!
Minaho si sentiva stringere il cuore. -Me… me lo
può passare mister? Ci parlo io…
Endou non se lo fece ripetere. Appena seppe chi era al telefono, il
piccolo si precipitó ad afferrare la cornetta. Piangeva a
dirotto.
-F… fratellone… io… io ho tanta
paura! Ho… ho tanta… tanta
paura… ci… ci sono i mostri! Ho… ho
paura…
Minaho capi subito. -Rex scusa… passa un attimo il telefono
all’allenatore… ti prometto che andrà
tutto bene ok? Te lo prometto! -Scandí bene le parole.
-Minaho… oddio… hai capito cosa gli sta
succedendo? -La voce di Endou era rotta dall’angoscia. Faceva
impressione sentirlo così.
-Mister… per caso gli avete fatto fare un sonnellino?
-Ecco… sí… noi… noi
pensavamo che dopo la merenda… è ancora
piccolo…
-Vede… -Minaho sospirò. -Penso che abbia avuto un
incubo… ne fa di terribili. Deve… deve avete
avuto qualche trauma da piccolo. Me lo ripassi per favore…
Di nuovo la voce spaventata del piccolo. -F…
fratellone…
-Rex… hai avuto un incubo, vero? Cosa… cosa pensi
che ti farebbe stare tranquillo ora? Vuoi che ti racconti una favola?
-Fratellone… ecco… io vorrei…
Due minuti dopo, Endou aveva ancora la cornetta.
-Io… io non so che dire… è davvero un
disturbo troppo grande per voi… Natsumi ha paura che non
riposiate abbastanza… non so se possiamo chiedervi
tanto…
L’arancione sorrise a Manabe, che gli fece segno di ok con la
mano.
-Non si preoccupi… per lui questo e altro… fate
come desidera… poverino, deve essere terrorizzato!
Portatelo… Portatelo da noi.
Tempo nemmeno un quarto d’ora e la macchina del mister aveva
accostato davanti al cancello di Manabe. I ragazzi, in pigiama,
uscirono nel vialetto. La portiera si aprì e un piccolo
bambino in lacrime corse tra le braccia dell’arancione.
-Scusa… scusatemi… e scusa anche tu
Rex… non… non sono un buon padre.
-No… sei… sei meraviglioso papà!
Scusa… è solo per stanotte… di solito
non faccio così tanti brutti sogni… prometto!
Il mister sorrise debolmente. -G… grazie… sei
dolce. Allora buona nanna! E scusate ancora…
Cinque minuti dopo, un letto da una piazza e mezzo si trovava invaso da
ben tre persone.
-Man... Sei felice? Sembriamo proprio una famigliola!
Il lilla rise. -Sst… sta già dormendo credo!
Ed era vero… il piccolo Rex si era addormentato, stretto tra
le braccia dei suoi nuovi amici.
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Capitolo 49 *** Giorno di pioggia ***
'Cause baby, when you're
gone
All it does is rain, rain, rain down on me
-Ehi! Fratelloni? Sveglia! Il sole è
già alto!
Un bambino dai capelli castani e con gli occhi color ambra se ne stava
in piedi su un letto. Sullo stesso letto, semisepolti dalle coperte, un
ragazzo lilla e uno arancione ronfavano beati come panda in piena fase
digestiva.
-Ehi… voi ragazzi grandi non dovete andare a scuola? -Il
piccolo si tuffó addosso a Minaho, che borbottava assonnato.
-Mpf… cos.. un minuto….
-Ma… sono già le otto…
fratellone…
Minaho scattò come una molla, finendo per travolgere Rex.
-Coooooosa? La sveglia! Perché non ha suonato? Aiuto! -Il
ragazzo era estremamente buffo, rosso come un pomodoro e con i capelli
arruffati sparati di qua e di là.
-Man! Svegliati, svegliati razza di micio in letargo! Siamo in un
ritardo assassino!
Il lilla si riscosse dal sonno. -Min… che… che
ore sono…
-Sigh… le 8 e un quarto!
Manabe scattò proprio come aveva fatto Minaho. Rex si
trovò di nuovo a gambe all’aria, e fu solo grazie
all’arancione che lo afferrò al volo se non cadde
dal letto!
-Aiuto… e come facciamo ora? La… la scuola
è già iniziata… anche correndo non
arriveremmo prima delle nove passate…
Rex saltò addosso a Manabe e gli diede un bacino sulla
guancia. -Fratellone. .. Io ho un’idea, sai?
-D… davvero?
-Certo! Rimanete a casa con me!
Minaho e Manabe si guardarono… prima di scoppiare a ridere
ed abbracciare il loro fratellino.
Alla fine avevano deciso di seguire il consiglio di Rex… se
consiglio si poteva definire! Telefonarono ad Endou e gli dissero che
il bambino sarebbe rimasto con loro fino allora di pranzo, quindi
corsero a fare colazione.
Inutile dire che passarono una splendida mattinata. Manabe
preparò una torta di ciliegie e dei pancake, mentre Minaho
si fiondava in videoteca a fare scorta di film per sé e
Manabe e cartoni animati per Rex. Si installarono sul divano con in
mano una ciotola di salatini… e così passarono la
loro mattinata, con un bambino felice stretto tra di loro e tanta,
tanta voglia di volersi bene.
A pranzo ordinarono qualcosa dal ristorante all’angolo e si
rimpinzarono come non mai. Nonostante la gioia
però… Minaho notó che qualcosa non
andava in Rex.
Il bambino sembrava agitato nonostante si sforzasse di sorridere
sempre… e più il tempo passava, più
sembrava in ansia. Minaho non poté non notare la paura nei
suoi occhi quando Endou venne a prenderlo. Non capiva cosa non
andasse… era certo che Endou e Natsumi piacessero molto al
piccolo, che li descriceva con affetto e tenerezza.. Allora
perché quello sguardo? Perché la paura?
-Min, avresti mai detto che sarebbe scoppiata una tempesta simile?
È vero che era nuvoloso, ma
così…-Manabe si stringeva all’amico,
tremando di freddo sul divano. Erano le tre del pomeriggio.
-Già… per fortuna in TV hanno detto che fra poche
ore dovrebbe smettere, e prima del tramonto uscirà il
sole… in effetti fa abbastanza freddino!
-L’arancione si scaldó le mani con la coperta che
teneva sulle ginocchia.
Stavano guardando un film interessante. Parlava di guerra… i
film storici erano tra i loro preferiti.
-Man… che ne pensi di un biscotto al cioccolato?
-L’arancione, dopo aver ricevuto un segno di assenso
dell’amico, si alzò e si diresse verso la cucina.
In quel momento squilló il telefono.
-Vado io Min… non ti preoccupare! -Manabe si alzò
stiracchiandosi e prese la cornetta.
-Manabe! -Di nuovo la voce di Endou… il lilla ebbe il
presentimento che le cose con Rex non andassero ancora bene.
-Mister… mister che succede? Rex ha fatto un altro brutto
sogno?
Minaho si era avvicinato di corsa, un vassoio in mano, appena aveva
sentito che si trattava del mister il cuore gli era balzato
in gola.
-Manabe… io… io sono un pessimo padre! Faccio
pena… Rex… Rex è… -La voce
dell’allenatore era rotta dal pianto.
-Allenatore! Parli.. parli la prego! Cos’è
successo?
Endou singhiozzó. -Lui… lui è scappato!
Il vassoio cadde sul tappeto, mentre Minaho sbiancava.
Due minuti dopo, Manabe cercava di consolare Minaho che piangeva come
una fontana, seduto sul divano, con la maglietta umida del succo che si
era rovesciato addosso.
-È… è tutta colpa…
mia… mia! Io… avevo capito che…
qualcosa non andava ma… ma non sono… non gli ho
chiesto… oddio è colpa mia!
Il lilla teneva la mano di Minaho e cercava di consolarlo. Aveva capito
quanto si fosse affezionato a quel bambino. Gli permetteva di sentirsi
importante per qualcuno… lo faceva diventare protettivo.
-Proprio come con me… -pensò Manabe.
-Ascolta Min… sai quanto è maturo e intelligente
Rex… figurati se si mette in pericolo…
-Ma… Ma. .. Fuori piove! Ci sono i fulmini…
avrà paura… sarà tutto solo!
Manabe sorrise dolcemente. Sapeva bene quanto fosse premuroso Minaho
con le persone alle quali voleva bene. Però purtroppo aveva
ragione… un bambino di cinque anni… solo nel
mezzo della tempesta…
-Min, lo vado a cercare. Ti giuro che lo riporteró a
casa… te lo giuro.
Endou aveva girato in macchina tutto il quartiere… Dove
poteva essere quel bambino? A casa Natsumi stava impazzendo di
angoscia, e lui non era da meno. Si sentiva così
incapace… forse non era pronto a fare il padre.
Il vento ululava tra le chiome degli alberi. Erano le tre e mezza,
eppure sembrava notte. Una spessa coltre di nubi copriva il Sole.
-Dove sei… dove sei…
Manabe e Minaho erano imbacuccati nei loro impermeabili. Stavano
pattugliando il parco. L’arancione continuava a piangere,
mentre sul suo viso le lacrime si mischiavano alla pioggia. Aveva i
capelli schiacciati sulla fronte a causa dell’acqua, mentre
gli occhiali di Manabe erano così appannati da impedirgli
completamente la vista oltre pochi passi da sé.
-Rex! Dove sei! Rex! -Le urla si perdevano nella vastità del
parco sulla collina. Nessuno intorno a loro.
L’idea di cercarlo lì era stata di Manabe. Il
parco, estendendosi nel bel mezzo della città, collegava
quasi perfettamente il quartiere di Endou con quello del lilla. Anche
Minaho era convinto che fosse la strada giusta… qualcosa gli
diceva che il bambino stesse cercando di tornare da loro.
-Rex! Vieni fuori… ti… prego… -Minaho
aveva la voce rotta dal pianto. Il vento urlava… urlava e
gemeva. Eppure… eppure perché gli sembrava di
sentire qualcosa…
-…uto!
-Man! Man! Ho sentito qualcosa! -Il lilla si
aggrappó alla manica dell’impermeabile
dell’amico. Manabe si concentrò.
-Aiuto!
Questa volta avevano sentito entrambi! -Rex!! Rex dive sei!!!
Fu allora che Minaho ebbe un terribile sospetto. -Man… Man
il canale!
Nel mezzo del parco infatti passava un piccolo canale, usato per
ossigenare la zona ed irrigare il parco stesso. Niente di
che… era profondo poco più di un metro e largo
due, massimo tre metri, ma con una forte pioggia poteva diventare un
piccolo torrente, e rischiava di essere letale per un bimbo incapace di
nuotare.
Corsero sul ponticello che intersecava il canale a metà del
suo corso e guardarono in basso… Rex era lì.
Doveva essere scivolato dall’argine, e ora si teneva
aggrappato con le mani ad una sporgenza dall’argine stesso,
immerso nell’acqua fino alle cosce.
-Fratelloni! Aiuto! Io… io non riesco più
a… tenermi…
-No!! -Minaho urló mentre il bambino lasciava la presa e
veniva trascinato via dell’acqua. La sua piccola testa
scompariva a tratti sotto il pelo dell’acqua fangosa.
L’arancione cadde in ginocchio urlando. Era totalmente nel
panico, incapace di muovere un muscolo. Non vide dunque Manabe intento
a lanciare a terra l’impermeabile… non vide Manabe
correre lungo l’argine… non vide Manabe togliersi
le scarpe e soprattutto… non vide Manabe buttarsi in acqua.
Dal ponte, Minaho vide il suo amico farsi strada nel canale,
contrastando la tumultuosità delle acqua, verso il punto
dove Rex era sparito. Lo vide immergersi… e riemergere
tenendo il piccolo tra le braccia.
Fu allora che l’arancione si sbloccó. Con un grido
corse verso l’argine proprio mentre Manabe lo risaliva con il
bambino in braccio.
Manabe mise in terra Rex, che corse ad abbracciare Minaho.
L’arancione cadde in ginocchio stringendoselo al petto e
piangendo.
-Non… non farlo mai più!
-Scusa… scusa… -Il piccolo si strinse al petto
dell’arancione.
Manabe tremava.
L’acqua era gelida, e continuava a piovere. Era impregnato
d’acqua e fango e si sentiva svenire per lo sforzo. Minaho lo
sorrise fino a casa, cercando di scaldarlo con il suo corpo. Rex si
stringeva a loro impaurito.
Arrivati a casa l’arancione aiutò il lilla a
togliersi i vestiti zuppi d’acqua e gli preparò un
bagno caldo… non voleva che si ammalasse.
-G… grazie Min… va… va tutto bene,
giuro. -Manabe continuava a tremare, ma sorrideva.
-Man, non dimenticherò mai quello che...Quello che hai fatto
per me! Sei… sei un eroe.. Il mio eroe preferito. -Minaho
abbracció ancora l’amico.
Rex, per tutta la serata, non si staccò un istante da
Manabe.
Si sentiva terribilmente in colpa, e temeva di aver perso per sempre
l’affetto del suo fratellone.
-S… scusa se… per colpa mia…
tu…tu ti sei bagnato…e… e rischi di
stare male… e sei quasi svenuto… e capisco se non
mi vuoi più bene, sai…
Manabe sospirò. -Vieni immediatamente qui.
Il bambino si avvicinò tremando, lo sguardo rivolto a terra.
Manabe gli prese le spalle e… lo sollevò da terra
mettendoselo sulle ginocchia. -Non dire mai più una cosa del
genere… io e Minaho ti vorremo sempre, sempre bene! Sei il
nostro fratellino! -E cosí facendo iniziò a
fargli il solletico.
Rex scoppiò a ridere mentre guardava felice Manabe. -Siete
così buoni…
Quella sera, davanti ad una tavola imbandita, due ragazzi si trovarono
a fissare un bambino intento a mangiare come un lupo.
Endou era stato avvertito e aveva acconsentito a lasciarlo a casa di
Minaho e Manabe, non senza una fitta di delusione. Sentiva di non
essere il padre di cui quel bambino aveva bisogno.
-Ma… Rex… adesso che è tutto a
posto… mi dici perché sei scappato? -Minaho era
preoccupato.
-Ecco… io … io voglio bene ai miei nuovi
genitori… però… però senza
di voi ho paura… ho sempre paura! Papà
è andato a lavorare, mamma a fare la spesa… io
gli avevo assicurato che sarei stato bene anche da solo per una ventina
di minuti, ma poi… i tuoni… ho avuto tanta paura!
Manabe era intenerito. -Poverino…
Anche Minaho sorrise al piccolo, ma non poteva non essere preoccupato.
Bisognava affrontare e risolvere quei timori, prima o poi…
La mattina dopo era tornato il sole, e le temperature si erano alzate.
Minaho si svegliò allegro e pieno di energie.
Lui e Manabe, lavati e vestiti, prepararono una bella colazione per
loro e per Rex. Lo avrebbero portato da Endou prima di andare a
scuola… la strada era la stessa.
L’arancione, nonostante la sua allegria e il buonumore, aveva
però notato che qualcosa di strano stava avvenendo
in Manabe. Sorrideva ma era pallido, e sembrava avere poco equilibrio.
-Mh… sarà meglio che ti tenga d’occhio,
amico mio…
|
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Capitolo 50 *** Tosse ***
I'm waiting for this cough
syrup to come down,
Life's too short to even care at all
I'm coming up now
-Man, questa tosse non mi piace… sicuro che non vuoi una
caramella?
Minaho, seduto di fianco al suo migliore amico sul sedile duro
dell’autobus, gli diede alcune delicate pacche sulla schiena.
-No… no Min… lascia stare… il bagno di
ieri mi ha lasciato solo un po’ di mal di gola…
niente di che! -Manabe sorrise. Minaho lo osservò
dubbioso. -E va bene...
Quella mattina il sole faceva brillare le strade, ancora
umide dopo l’acquazzone del giorno prima. Con un simile
caldo, si sarebbero asciugate in poche ore. La città si era
svegliata come una testuggine che esce dal riparo del suo guscio.
Arrivati a scuola, Manabe e Minaho si accomodarono nei loro soliti
banchi e tirarono fuori libri e quaderni. Li aspettava una verifica di
matematica, due ore di pesantissima chimica… sarebbe stata
una mattinata impegnativa.
Come se non bastasse, il lilla era sempre più pallido, e di
conseguenza Minaho sempre più preoccupato… temeva
che stesse incubando qualche malattia.
-Bene ragazzi! Il compito è questo… auguri, e
guai a chi cercasse di fare il furbo!
La prof di matematica si sedette alla cattedra e mise mano al plico di
fogli che ancora doveva finire di leggere e firmare. La classe si
gettò nel compito con vivo terrore.
Minaho rise tra sé guardando il foglio. Il solito. .. un
compito apparentemente impossibile, che a una seconda lettura risultava
tutt’altro che complesso. Niente di nuovo. Da quando aveva
conosciuto Manabe inoltre le sue già notevoli
capacità nella matematica erano migliorate
ancora… e chissene se i compagni trovano qualcosa da
dire… lui aveva sempre aiutato chi chiedeva consiglio, e
aveva tutto il diritto di dare il massimo.
Si accinse con tranquillità al lavoro. Un equazione qua, un
limite là… procedeva spedito… allora
cosa c’era di strano… cosa lo agitava?
Manabe non scriveva. Assurdo… Manabe, campione nazionale
alle gare di calcolo complesso, nettamente più esperto della
stessa professoressa, fissava il foglio con sguardo vuoto e si teneva
la fronte. Qualcosa non andava.
Minaho non poté togliersi questo senso di ansia di dosso per
tutta l’ora… anzi aumentó quando si
rese conto che lui consegnava con largo anticipo un compito fitto di
appunti e soluzioni, mentre Manabe aspettava ancora per dare
infine un semplice foglio con qualcosa scarabocchiato sopra,
tornandosene poi al posto barcollando. C’era decisamente
qualcosa di strano nel modo in cui si teneva la testa e respirava con
la bocca.
Ora seguente… chimica. Il professore entrò con il
suo solito passo pendente a sinistra e si accomodó in
cattedra. Era un ometto dagli occhiali cerchiati di metallo,
apparentemente molto timido ma tutto sommato buono.
-Salve ragazzi… spero che abbiate svolto tutti i vostri
compiti a casa. Oggi interrogo… sapete che inizia il secondo
giro di interrogazioni, no? Vediamo un po’…
L’uomo preso il registro e lo aprì, calcandosi
sugli occhi gli occhialini.
-Non Manabe… non Manabe… ti prego non
Manabe…-Minaho stringeva i pugni. Non era così
pronto… a causa dell’incidente con Rex aveva
potuto studiare solo un’oretta dopo cena, ma il suo amico
stava poco bene… Doveva salvarlo. Alzò la mano di
scatto. -Prof, se accetta volont…
-Manabe Jinichirou! Vieni alla lavagna!
Minaho lasciò cadere il braccio sul banco e si morse la
lingua.
-Minaho Kazuto, tranquillo, ti ho visto. Oggi sento Manabe, ma domani
se lo desideri…
Il professore sospirò. Minaho sforzó un sorriso
di circostanza mentre mezza classe borbottava… -Secchione!
Lecchino! -L’arancione non gli diede importanza. .. sapeva
che alla fine se fosse andato volontario quella banda di ipocriti
sarebbe stata zitta per decenza. Faceva comodo a tutti.
Manabe si alzò a fatica dal banco. Era pallido come uno
straccio. Si sistemó vicino alla cattedra mentre Minaho lo
fissava angosciato.
-Benissimo… dimmi, Manabe… cosa si intende per
Oogonio?
-Dunque… l’oogonio è…
è una cellula diploide… che…
che… -Manabe ansimava vistosamente.
-Manabe, ti senti bene? -Il professore si accomodó gli
occhiali sul naso.
-Certo! Niente… niente di che… dicevo…
l’oogonio è una cellula diploide che
si… si divide per mitosi originando… un ovocita
primario il quale… -Il lilla si fermò tenendosi
il petto, sconvolto da un colpo di tosse.
-Manabe, se ti senti poco bene rimandiamo a domani… sei uno
studente eccellente… non sarà un problema per una
volta.- L’uomo sembrava preoccupato.
Manabe alzò la mano come a fermare il discorso, quindi
riprese. -L’ovocita primario attende anni in fase
… di Meiosi 1… prima di…
di… -Manabe sbiancó.
-Manabe! Il professore scattò in piedi, in contemporanea
anche Minaho faceva lo stesso.
Il lilla cadde a terra, privo di sensi.
Caldo… caldo che risale dai piedi lungo le gambe…
un dolore strano, soffuso, alla testa… una mano calda e una
fredda.
Manabe aprì lentamente gli occhi su un cielo bianco.
No… nessun cielo. Era il soffitto di una stanza.
Girò lentamente la testa… era disteso. Minaho,
seduto su una sedia vicino a lui, si fissava le mani.
-M…Min… dove…
dove… sono…
L’arancione alzò la testa di scatto. -Man!! Oddio
Man!! Ti sei svegliato. .. Sei rimasto privo di sensi per quasi dieci
minuti… oddio è stato terribile!
Perché… perché sei venuto a scuola? La
dottoressa dice che… che hai quaranta di febbre!
È… è altissima! Come…
oddio… che paura…
Manabe non capí molto da quel fiume di parole. Si sentiva il
petto pesante come non mai… la testa gli faceva male, e il
naso era chiuso.
-Io… scusami… non credevo…
-Sssst… non parlare… sei debole. Adesso
la dottoressa viene a visitarti bene, poi ti porto a casa…
andiamo a casa.
Il lilla si ridistese e chiuse gli occhi. -Min… scusa
ancora… dopo… dopo mi… mi
farò perdonare giuro… io non credevo di stare
così… male. Prima… prima era molto
più sopportabile… dio, ho la testa in
fiamme…
Minaho sorrise. -Non preoccuparti… non preoccuparti.
Ho… ho solo avuto paura, ecco… so che non
è colpa tua. È stato il bagno gelato di
ieri… aspetta.
L’arancione bagnó un fazzoletto, lo
strizzó e lo mise sulla fronte dell’amico. -Dove
ti fa male?
-Mi sembra che mi stiano trapanando la fronte… deve essere
colpa della febbre, credo…
Minaho si soffió sulle mani per scaldarle. -Man, chiudi gli
occhi e rilassa completamente la fronte…ti faccio un
massaggio… magari ti dà un minimo di sollievo.
Appoggió le dita delicatamente sulle tempie
dell’amico e iniziò a massaggiarlo con dolcezza.
Era bollente. Gli scostó un ciuffo di capelli per
massaggiargli la fronte. Sentí i muscoli contratti
sciogliersi lentamente sotto alle sue dita. Manabe sospirò
di sollievo.
-Ascolta… non vorrei che… insomma…
è una cosa grave… -Minaho aveva il
terrore di rivivere i momenti del ricovero di
Manabe… si sentiva mancare a solo pensiero.
In quel momento entrò la dottoressa. -Bene… vedo
che sei sveglio! Non sapevi di avere la febbre così alta?
Hai commesso una grave imprudenza!
Manabe arrossí. -Io… io non immaginavo,
davvero…
La donna sorrise. -E va bene… ti credo. Ora però
devo visitarti… togliti la maglietta per favore e siediti
sul lettino.
Manabe fece per spogliarsi, ma ebbe un capogiro. Minaho lo sorresse e
lo aiutò a togliersi la maglietta… era davvero
debole.
-Dunque. .. vediamo un po’…
Minaho era nel panico.
La dottoressa stava visitando Manabe da dieci minuti. Gli aveva preso
il polso, la pressione, misurato l’ossigeno e ascoltato i
polmoni… la tosse del ragazzo peggiorata a vista
d’occhio e la donna non sembrava affatto tranquilla.
-Mh… mi dispiace, non ho belle notizie…
No… non un'altra volta… Minaho cadde in
ginocchio, scoppiando a piangere. La tensione era esplosa di colpo.
-No!! No!! Non morire!! Non morire non morire non morire!!! Non
voglio!! -Era una crisi di panico in piena regola. La donna era rimasta
come paralizzata.
-Ehi… ehi!!! Minaho Kazuto!! Respira! Respira,
su… stai tranquillo! -La donna lo prese per le spalle e gli
diede alcuni colpetti sulle guancie. Minaho aveva il respiro
accelerato. -Tranquillo… non morirà nessuno!
Manabe non morirà! È solo una
polmonite… è pesante, è vero, ma non
morirà assolutamente… credimi!
Minaho smise di piangere di colpo. -Una… polmonite?
-Sì… una polmonite. È grave,
certo… ma abbiamo gli antibiotici… non
c’è pericolo, te lo assicuro. Non esiste
alcuna possibilità che muoia, stanne certo!
Minaho si vergognó di colpo della scenata che aveva fatto.
Gli era passata davanti una parte terribile della sua vita…
tutta la sua logica e il suo intuito erano stati incapaci di frenare il
suo cuore.
-Io… io… scusatemi. Sono stato ridicolo e
infantile.
La dottoressa sorrise e gli mise in mano un bicchiere d’acqua
e zucchero. -No… non sei stato infantile. So cosa hai
passato… è colpa mia, dovevo subito dirti che non
c’era pericolo. Scusami… bevi questo, hai bisogno
di liquidi.
In tutto ciò Manabe era rimasto pensieroso sul lettino, un
po’ perché si sentiva malissimo e un po’
perché si sentiva in colpa… doveva starsene a
letto, quella mattina.
-Bene!- La dottoressa si tolse i guanti. -Vi firmo il foglio di
uscita… Minaho, riportalo a casa… mettilo a letto
e fallo riposare. Questa è la prescrizione
dell’antibiotico che deve prendere… ve ne do un
paio di scatole, vedrete che basteranno. Prendine una al mattino, una a
pranzo e una a cena e vedrai che in tre o quattro giorni il peggio
sarà passato. Se dovessi sentirti male, o se dovessi
faticare a respirare chiamate subito il vostro dottore… per
sicurezza vi do anche il mio numero. E…Minaho, stai calmo,
non succederà nulla, credimi.
I ragazzi, dopo aver ringraziato, si avviarono
all’uscita. Ovviamente Manabe non poteva camminare,
e si dovette far portare a casa da Endou, chiamato per
l’occasione e precipitatosi subito.
-Ragazzi… sapeste quanto mi sento in colpa…
è stato per salvare Rex… non doveva succedere.
-Mister… non si preoccupi! -Manabe si sforzó di
parlare normalmente. -Non… non è niente di grave,
in fondo. Rex… come sta?
Endou sorrise. -Bhe… meglio, credo. Stamattina non ha
pianto… mi ha anche chiamato papà… e
ha detto a Natsumi che è una mamma bellissima! -Minaho e
Manabe scoppiarono a ridere felici. -Ottimo!
Dieci minuti dopo erano davanti a casa di Manabe. Endou li
salutò e tornó a casa dopo essersi raccomandato
che stessero attenti e che lo chiamassero in caso di bisogno, mentre
Minaho prendeva dolcemente in braccio l’amico.
-Vieni Man… tieniti al mio collo.
L’arancione portò Manabe a letto e lo
coprì ben bene. -Adesso vado a prenderti il
pigiama… -Manabe non fece in tempo a fermarlo che era
già tornato. Guarda! Azzurro… starà
benissimo con i tuoi capelli!
Il lilla rise. -Oddio… temo che tu debba spogliarmi!
All’ora di pranzo Minaho insistette affinché
l’amico mandasse giù un brodino. Manabe, da parte
sua, non si dovette sforzare troppo. Di solito, nonostante la febbre,
non perdeva mai del tutto l’appetito.
-Bravo Man… la febbre?
-Trentanove e mezzo…
-Allora… tachipirina! Non sentirò obiezioni!
-L’arancione corse a prendere la pastiglia e costrinse
l’amico a ingoiare. -Vedrai… così la
febbre scenderà.
-Ascolta Min… ho un brutto presentimento su una
cosa…
-Dimmi Man.
-Ecco… tra tre giorni abbiamo il processo per
l’emancipazione! Come… come cavolo facciamo??
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Capitolo 51 *** Little trouble ***
Era un grosso problema.
Un enorme problema.
Mancavano solo tre giorni all’udienza, dove sarebbero stati
presenti gli agguerritissimi genitori di Manabe con i loro avvocati, e
il lilla era a letto con una brutta polmonite. Le speranze che tornasse
in pista in così poco tempo erano al lumicino.
Come se non bastasse, i fatto degli ultimi giorni gli avevano fatto
perdere di vista una necessità fondamentale. Trovare persone
d’accordo a testimoniare!
Il mister Endou aveva già accettato, ma chi altri sarebbe
stato pronto a sostenere davanti a un tribunale che Manabe era degno di
essere considerato adulto?
-Min… Min siamo perduti… è tutta colpa
mia… ho rovinato tutto! -Il lilla si mise le mani tra i
capelli, prima di venire sconvolto da un attacco di tosse violento.
-Man! Non sforzarti… non sforzarti. Non è colpa
tua… non è colpa tua assolutamente! E poi abbi
fiducia… troveremo una soluzione, la troveremo senza dubbio.
Fammi pensare…
Manabe sospirò mentre il suo amico si portava la mano al
mento e rifletteva. -Ci sono!
-Cosa… cosa hai pensato Min?
-Bhe… che ne dici del dottore che ti ha operato? Mi era
sembrato una persona affidabile!
Manabe spalancò gli occhi. -Ma… Ma è
un’ottima idea! Sei un genio! Dobbiamo andare subito a
chiam…- La frase del lilla fu spezzata da una scarica di
colpi di tosse estremamente violenti.
-Man! Non devi alzare la voce… vedi poi cosa
succede… aspetta, ti prendo un bicchiere d’acqua.
-L’arancione si diresse verso la cucina con passo leggero.
Il resto del pomeriggio passò nell’incertezza
più totale. Non avevano idea di chi convocare a
testimoniare… e Manabe non stava affatto meglio.
-Ahhh… pe’ quanfo ancofa defo stae in
‘uesta posisione? -Manabe, a bocca spalancata, si teneva a
una spalla dell’amico che, con l’ausilio di una
piccola torcia, gli stava scrutando la gola.
-Man… porta pazienza… ho quasi fatto! Siamo messi
maluccio eh? Hai le tonsille coperte di ulcere… Evvai!
-L’arancione ricadde a sedere sul divano sospirando. Manabe
ridacchió. -Mica è colpa mia!
-Non ho idea di come farai a guarire in soli due giorni Man…
preghiamo in un miracolo.
-Eddai… qualcosa devi pur mangiare! -L’arancione
sventolava un cucchiaio sotto il naso dell’amico. -Ti ho
fatto il risotto al curry che ti piace tanto…
-Scusa Min… mi fa troppo male ingoiare.
L’arancione sospirò. -Mh… proviamo con
un brodino? Oppure ti faccio una zuppa…
Manabe sorrise. Non riusciva a deluderlo. -Dai… e va bene.
Proviamo questo buonissimo risotto! Mh… buono! Sai che sei
sempre più bravo? -Il lilla cercò di nascondere
il dolore.
Gli occhi dell’arancione si illuminarono.
-D…davvero? Grazie! Ci… ci tengo tanto a
te…
-Lo so… è lo stesso per me Min.
Piuttosto… è rischioso che tu stia tanto vicino a
me… non voglio contagiarti…
-Stop! -Minaho mise un dito sulla bocca del lilla. -Non ti
lascerò solo un singolo istante finché non sarai
guarito! Non sento ragioni!
Manabe sorrise, sospirando rassegnato.
Minaho avrebbe voluto dormire in camera con Manabe, ma il lilla fu a
sua volta irremovibile. Troppo rischioso, aveva detto.
L’arancione aveva dovuto, a malincuore, dargli ragione.
Steso sul suo letto rifletteva sulla difficoltà che di punto
in bianco era sorta, l’ennesima.
-E ora? Domani devo assolutamente trovare una soluzione…
-pensò, le mani dietro la nuca, fissando il soffitto.
A intervalli quasi regolari il silenzio della notte era rotto dai colpi
di tosse di Manabe. Quanto lo angosciava quel suono…
ripensó alle parole della dottoressa, che gli aveva
assicurato che non ci fosse pericolo, e cercò di
calmarsi. Aveva comunque deciso di rimanere sveglio, per ogni
evenienza. Avrebbe dormito il giorno dopo un paio d’ore, dopo
colazione.
Pensó a Rex. Avevano chiamato a casa di Endou prima di
andare a letto, per salutarlo. Era la sua prima notte a casa del
mister… gli aveva promesso che avrebbe cercato di farcela.
Quel bambino era straordinariamente maturo per la sua età.
Le coperte erano calde… così calde. Non si era
reso conto di quanto fosse stanco. Se avesse chiuso gli occhi un
minuto, per riposare la testa, non sarebbe successo nulla…
Minaho si svegliò di colpo. -Dannazione… mi sono
addormentato! -Prese in mano il cellulare… le quattro e
mezza di mattina. -Ho dormito quasi tutta la notte. .. Presto
sorgerà il sole. Cavolo… dannata stanchezza!
Minaho fece per stendertsi di nuovo quando udì qualcosa,
come un rumore in sottofondo. Inizió a chiedersi
perché si fosse svegliato di colpo… non aveva
fatto brutti sogni. Doveva… Doveva aver sentito qualcosa.
Tese le orecchie e ascoltò con attenzione. Come un rumore di
passi.
-Dio… per pietà i ladri no! No… non
anche questa…
L’arancione si alzò in silenzio e si
avvicinò alla porta. Prese in mano un libro, il
più pesante che trovò sulla scrivania. Non era di
certo un arma, ma non aveva altro.
Mentre appoggiava l’orecchio sulla porta sentì che
i passi si avvicinavano. Deboli… strascicati.
Ricordò il film sugli zombi che aveva visto due giorni prima
e rise della sua autosuggestionabilità. Mise la mano sulla
maniglia… e spalancò la porta.
-Manabe!!
Il lilla cadde tra le braccia dell’amico. Era bianco.
Spaventosamente bianco. Boccheggiava e un fischio inquietante
sottolineava ogni respiro.
-Man! Man che hai?? Oddio!! Oddio che hai??
Manabe non era privo di sensi, ma dalla sua bocca aperta non usciva
suono. Solo le braccia dell’arancione lo trattenevano dal
cadere a terra.
Minaho lo prese in braccio e lo distese sul suo letto. -Manabe! Manabe!
Dio è colpa mia… mi sono addormentato
maledizione… che hai? Perché non parli Man!!
-A… a… aiutami…
Sbam.
Minaho si paralizzó.
Mai. Mai Manabe gli aveva chiesto aiuto. Nemmeno quando stava per
morire, nemmeno quando si trascinava su una sola gamba. Mai.
Andò nel panico.
-Manabe! Devo chiamare un’ambulanza? Man rispondimi!!
-L’arancione sorreggeva la testa dell’amico e gli
sfregava la fronte con le dita. Era spaventosamente pallido e scottava.
-N… non… non… -Manabe emetteva strani
suoni gutturali dalla gola. -Non… riesco…
a… a… respirare…
Minaho andò nel panico più totale. -Come?? Come
non riesci a respirare!!? Oddio!! E adesso che faccio!! Che faccio!!
Una scossa di adrenalina lo attraversò. Afferrò
il cellulare e compose il numero del soccorso. In due minuti, con una
chiarezza che stupì anche lui, aveva spiegato lo stato dei
fatti. La voce spaventata dell’infermiera del Call Center lo
terrorizzó ancora di più.
-Cercate di resistere… tra cinque minuti
L’ambulanza sarà da voi.
Minaho benedisse mentalmente il fatto di abitare a pochi isolati
dell’ospedale. -Man… tieni duro! Tieni duro ti
prego…
Il lilla aveva gli occhi lucidi. L’arancione gli
sbottonó la camicia del pigiama e gli scoprì il
petto appoggiandovi sopra l’orecchio. Sentí un
gorgoglio agghiacciante. -Man… calmati… cerca di
fare entrare aria nei polmoni!!
Minaho era nel panico. Non sapeva nemmeno fare una respirazione
artificiale, cavolo! -Maledetto me e quando a scuola ho rinunciato al
corso di pronto soccorso…
L’angoscia era tale che non si rese nemmeno conto
dell’arrivo dei dottori. Al suono del campanello corse ad
aprire la porta, permettendo l’ingresso ad una serie quasi
infinita di paramedici.
Gli eventi successivi erano stati confusi.
Minaho era seduto in un corridoio di ospedale, reparto di pneumologia.
Un dottore uscì dalla porta della stanza dove Manabe, in
barella e con una maschera di ossigeno in faccia, era stato portato.
-Tu sei il ragazzo che ci ha chiamati, vero? Sei stato bravo.
Minaho era angosciato. -Dottore… Non morirà,
vero? La supplico mi dica che non morirà!!
Il dottore si sedette. -No, non morirà, non temere.
L’arancione sentì un pugno allo stomaco.
L’angoscia si sciolse di colpo.
-Ecco… la brutta polmonite che il tuo amico ha contratto gli
ha provocato un versamento di liquido in un polmone. Per quello non
respirava… comunque non temere. È una cosa
davvero grave, ma ora è in ospedale, non corre
più nessun rischio. Se ti può tranquillizzare
sappi che non dovremo nemmeno operarlo… pensiamo che
l’edema si riassorbirà senza problemi da solo con
gli antibiotici. Certo… dovremo tenerlo ricoverato tre o
quattro giorni, ma poi ti prometto che tornerà come nuovo!
Credimi, non gli succederà nulla.
Minaho fissava il vuoto. Certo, sapere che Manabe era al sicuro era la
cosa più importante ma… così il
processo era definitivamente un capitolo chiuso. Ringraziò
il dottore con voce atona. -Quando… quando posso parlare con
lui?
-Bhe… il dottore era dubbioso. -Penso che sia meglio che
questa notte riposi. Lo abbiamo dovuto sedare…
dormirà almeno fino a mezzogiorno. Vai a scuola…
quando uscirai vedrai che sarà sveglio e potrai parlarci.
Minaho represse un singhiozzo. -Posso… posso almeno
salutarlo?
-Bhe… non so se…
-La prego! Solo un istante… solo un brevissimo istante!
-Minaho prese un lembo del camice del medico.
-E va bene… -Il dottore sospirò. -Un secondo
solo, però…
La stanza era bianca. Minaho odiava la freddezza di quegli ambienti.
Manabe dormiva sereno. Gli avevano tolto il respiratore per sostituirlo
con uno più piccolo e leggero, e aveva una flebo di fianco
al letto. Minaho si avvicinò.
-Man… Man, hai sentito? Non è una
cosa… una cosa grave… solo qualche giorno.
-L’arancione si sentiva a disagio. -Io… io devo
andare, ma quando ti sveglierai domani sarò di nuovo qui,
promesso… stai attento eh… attento…
ti… ti prego…
Minaho dovette uscire. Non voleva scoppiare in lacrime.
Tornato a casa si rese conto che il sole stava sorgendo. Inutile
tornare a letto… anche volendo non sarebbe riuscito a
dormire.
Si fece una doccia senza troppa voglia e mangiò un pezzetto
di pane. Aveva lo stomaco chiuso. Mentre si metteva la divisa ebbe la
spiacevole sensazione di essere ammalato. La ignoró.
Si sentiva male per colpa della maledettissima ansia.
Prese l’autobus. La scuola sembrava più lontana
senza Manabe seduto al suo fianco… non ricordava nemmeno
più che fino a pochi mesi prima faceva quel tragitto sempre
così, in silenzio e guardando il mondo con dolore.
Cercó di consolarsi pensando che Manabe era al sicuro e che
era questione di pochi giorni… Doveva sfoggiare un finto
sorriso in classe… davanti ai compagni.
Ipocriti. Non li odiava nemmeno più… aveva smesso
di farlo quando aveva scoperto che amare è più
degno di odiare. Piuttosto li ignorava.
Entrò in classe.
-E via… diamoci dentro… sono solo poche
ore…
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Capitolo 52 *** Buttato fuori ***
I see those tears in your
eyes
I feel so helpless inside
Oh love, there's no need to hide
Just let me love you when your heart is tired
Cold hands, red eyes
-Dunque, come si può dedurre dal PowerPoint,
l’arte barocca in Italia si caratterizza, dopo il concilio di
Trento, per…
Il professore di storia dell’arte andava avanti imperterrito
da quasi un’ora… e ne aveva un’altra
davanti a sé. Minaho non aveva voglia di alzare gli occhi
dal banco, figurarsi ascoltare.
-… una estrema ricchezza di decorazione, opulenza e
magnificità. Nello stesso periodo, l’interesse
crescente…
L’arancione sentiva le palpebre farsi pesanti.
Chissà come si doveva stare bene nel letto a
quell’ora. .. Non aveva chiuso occhio a parte le due ore di
sonno prima del ricovero di Manabe, e si sentiva distrutto.
Sentí una grande pace impossessarsi di lui e perse la
cognizione del tempo.
-MINAHO KAZUTO!
Minaho si svegliò di scatto, agghiacciato. -S…
sí? D…dica professore…
-Immagino che saprai dirmi la principale differenza tra architettura
gotica e barocca, vero? Ne ho appena parlato.
L’arancione sbiancó. -E…
ecco… io…
-Tu stavi dormendo. -Il professore lo fissava con rabbia. -Non pensi
sia il caso di andare a letto prima la sera? Da te non me lo sarei mai
aspettato! Perdere tempo a fare baldoria invece di studiare, e questi
sono i risultati! Tu e quel tuo amico…
-COSA STA INSINUANDO? -Minaho non era riuscito a trattenersi e la voce
si era alzata. Era decisamente un grido. Si morse la lingua.
-Bene bene… -L’insegnante era impassibile. -Che ne
pensi di andare a farti un giretto? E bada bene, non voglio vederti
rientrare questa mattina. Passa pure in presidenza. Arrivederci!
Minaho si alzò dal banco tenendo gli occhi bassi. Fu scosso
da un singhiozzo che non riuscì a reprimere.
-Piangere non servirà a nulla! Forse è ora di
crescere, ragazzo mio. Fuori!
L’arancione prese lo zaino con mani tremanti e corse fuori
dall’aula… troppo silenziosa perché non
risuonasse in sottofondo la voce di chi, ridacchiando, sussurrava
-Piagnucolone! Sei proprio un debole, Minaho!
Non aveva intenzione di piangere.
Cercó di camminare per il corridoio a testa alta, ma si
sentiva sporco. Non era mai stato sbattuto fuori e gli sembrava che
tutti sapessero e giudicassero… senza Manabe si sentiva
vulnerabile.
Si infilò in un bagno. Aveva bisogno di un cantuccio per
calmarsi… solo cinque minuti, pensò.
La preside si stupì quando vide un ragazzo pallido, con gli
occhi rossi e i capelli arancioni spettinati entrare silenziosamente
nel suo ufficio. Dove lo aveva già visto? Si
ricordò di colpo… era il ragazzo che aveva
picchiato un bullo per difendere il suo migliore amico! Le avevano
anticipato che si era beccato una sanzione disciplinare…
-Salve! Minaho, vero? Sei sconvolto… perché non
ti siedi e mi racconti un po’ cos’è
successo? Sono sicura che ci sarà una spiegazione.
L’arancione era esitante, ma alla fine si lasciò
andare e raccontò tutto. Non solo dell’incidente
in classe, ma anche di Manabe, dell’orfanotrofio…
non sapeva perché. Non si rendeva nemmeno conto di stare
dicendo cose che non avevano nessun rapporto con il motivo per cui era
lì. Sembrava che le parole gli uscissero dalla bocca senza
che lui potesse fermarle.
La donna, da parte sua, lo ascoltava con attenzione e non sembrava far
cenno di essere stufa o di volerlo interrompere. Aveva addirittura
mandato via una segretaria dicendo di tornare l’ora seguente.
-Bhe… mi sembra di capire che la situazione sia
stata… come dire… movimentata, negli ultimi
giorni. Come… come hai detto che si chiama il tuo amico?
-M… Manabe Jinichirou, signora.
-Manabe… capisco. -La donna sorrise. -Sai… anche
io avevo una cara amica quando avevo la tua età.
Lei… lei però non c’è
più. Mi manca ogni giorno. Ogni giorno.
L’arancione spalancò gli occhi. -Anche…
lei…
-So cosa si prova quando rischiamo di perdere le persone cui vogliamo
bene. Non temere, parlerò io con il tuo
professore… lui non sapeva, altrimenti non avrebbe
reagito così. Comunque sia… forse è
meglio se per oggi torni a casa. Non fraintendere, non ti sto
sospendendo… lo dico solo perché penso che tu
possa essere più utile vicino al tuo amico, piuttosto che
qui a girarti i pollici.
Minaho abbozzó un sorriso speranzoso. -Lei… lei
crede?
-Credo, credo! E ora vai a farti un bel sonno… mi pare
d’aver capito che per l’ora di pranzo devi essere
in ospedale, no? Hai ancora qualche ora… vai su! A domani!
La donna sorrise. L’arancione, un po’ frastornato,
ringraziò balbettando e uscì con il cuore in gola.
Minaho passò il resto della mattinata a letto.
Dopo essere tornato a casa si era reso conto di quanto fosse distrutto,
e da li il passo verso camera sua era stato breve. Aveva fatto appena
in tempo a puntare la sveglia su mezzogiorno.
Lo svegliò uno squillo quando mancavano ancora dieci minuti
al suono della sveglia. L’arancione si alzò e si
precipitó a rispondere. Ora si sentiva molto meglio. Chi
poteva chiamarlo a quell’ora? Aveva il terrore che
fosse l’ospedale… prese in mano la cornetta.
-Pronto, Minaho?
L’arancione tiró un sospiro di sollievo. Era la
voce di Endou.
-Ma… allenatore… come fa a sapere che sono a
casa…
Nella cornetta la voce del mister ridacchió. -Mi ha
avvertito la preside… so tutto, non temere. Piuttosto ho un
altro problema…
-Dica pure mister… se posso aiutare lo faccio
volentieri…
-Ecco… -La voce dell’uomo era leggermente
imbarazzata. -Dopo gli ultimi avvenimenti Rex sta molto meglio e non ha
più problemi a dormire da noi… però ha
sentito me e Natsumi, poco fa, parlare della polmonite di
Manabe… come puoi immaginare, sveglio
com’è, ha capito subito che il bagno imprevisto
dell’altro giorno era la causa principale… adesso
piange come una fontana, dice che è colpa sua e che non gli
vorrete più bene… non riusciamo a
calmarlo… non è che potresti portarlo con te da
Manabe? Ha promesso che non darà nessun fastidio…
ha così paura che non vogliate più
vederlo…
Minaho sospirò. -Certo… nessun problema. Se lo
porta qui da me… io tra dieci minuti mi preparo per andare
in ospedale.
Il mister sospirò a sua volta. -Grazie… scusatemi
davvero per la situazione. Non fa che parlare di voi… Il
pensiero di perdervi è un po’ troppo, per lui.
Minaho ridacchió. -Capisco… non si preoccupi, ci
pensiamo noi a lui!
Dieci minuti dopo la macchina del mister accostava davanti al
cancelletto e un Minaho già vestito e pronto sorrideva
all’insegna del bambino che ne scendeva.
Il bambino in questione, con gli occhi rossi, sembrava quasi spaventato
dell’arancione. Camminava piano e tirava su col naso.
-Eddai Rex… non vieni a salutare il tuo fratellone?
Il bambino o su immobilizzó un istante, sembrò
tentennare… quindi corse a tuffarsi tra le braccia di
Minaho, nascondendo il volto nelle pieghe della sua felpa e
stringendosi a lui. Piangeva.
-Fratellone… Man non è… non
è … vero? Vero? Ti prego…
Minaho sospirò. -Tranquillo… Man starà
bene! Non è affatto arrabbiato con te… non vede
l’ora di vederti, ne sono sicuro. Andiamo?
-L’arancione sorrise.
Rex smise per un istante di piangere. -V… va
bene… andiamo…
Minaho prese la mano del bambino e con lui si incamminó
verso l’ospedale. Rex continuava imperterrito a non
parlare, e l’arancione non sapeva che fare per
tranquillizzarlo.
-Ehi Rex! Ti stai divertendo a casa del tuo nuovo papà?
Pensavo… e se quando Manabe esce di ospedale andassimo tutti
insieme a fare un picnic al parco? Cosa ne dici? Ti va?
-Mh… ok… -Il bambino non alzava la faccia da
terra. Minaho sospirò.
Camminarono ancora una decina di minuti. Man mano che si avvicinavano
l’agitazione del bambino sembrava aumentare.
-Fratellone…
Minaho spalancò gli occhi. Finalmente… che Rex
avesse deciso di riprendere a parlare?
-Se Manabe muore è colpa mia. Significa che devo morire
anche io.
L’arancione si fermò di botto, dopo aver avuto un
tuffo al cuore.
-Rex… -La voce gli uscì come strozzata. Si
girò verso il bambino fissandolo con occhi vuoti.
Passò un istante lungo come una vita… Minaho
alzò leggermente la mano come per portarla al
mento… quindi tiró un ceffone al bambino.
Rex cadde in ginocchio per il colpo. Gli occhi gli si riempirono di
lacrime.
L’arancione si fissava la mano come instupidito.
-Cosa…- si riebbe di colpo quando vide il bambino in lacrime.
-Io… io non volevo!! Non so cosa mi sia preso!! Perdonami ti
supplico!! -Prese in braccio il bambino che iniziò a
singhiozzare con il viso affondato nell’incavo del suo collo.
-Non… non ero in me… ti prego. ..
perdonami…
-Scusa. -Il bambino strinse i pugni. -Non… non dovevo dire
quella cosa… ma… ma mi hanno detto…
mi… mi hanno detto…
Minaho stringeva a sé il bambino. -Cosa… cosa
è successo? Chi ti ha detto quelle cose brutte? Chi
è stato?
-Sono… sono stati i miei sogni… i miei
sogni…
Minaho capí immediatamente. Ovviamente… il senso
di colpa aveva dovuto far aumentare in maniera incredibile gli incubi
del bambino. Come aveva fatto a non rendersene conto?
-Rex… fratellino… non devi dare ascolto a quelle
voci! Non… non sono assolutamente vere! Manabe non
è in pericolo, non morirà! Mi credi? Te lo
prometto… lo sai che io mantengo sempre le promesse no?
Qualunque… qualunque cosa viva nei tuoi sogni, non devi
permetterle di dirti cosa fare… sei forte, non arrenderti!
Sono… sono solo brutti sogni. Non pensare mai, nemmeno per
un momento, di dover pagare tu per quello che è stato solo
un incidente, ok?
Il bambino tiró su col naso.
-O…ok… fratellone.
L’ospedale era quello di sempre. Freddo e meccanico, con i
suoi lunghi corridoi luminosi e le piante in vaso.
Minaho, tenendo per mano il bambino, raggiunse la guardiola delle
infermiere del reparto di Manabe. Era orario di visite, e alcune
persone camminavano per il corridoio entrando e uscendo dalle varie
stanze.
-Salve dottore… potrebbe indicarci la stanza di Manabe
Jinichirou, per favore? -Minaho sorrise.
-Certamente ragazzi… camera 34, poco dopo le macchinette del
caffè… si è svegliato già
da un paio d’ore.
-Grazie mille! Ma… non ci dà una mascherina? Non
avete paura che qualcuno possa venire contagiato?
-L’arancione non pensava a sé, ma a Rex.
-Non temete… -Il dottore sorrise. -La forma di polmonite che
ha il ragazzo è estremamente poco contagiosa, non correte
pericoli particolari. Sentito piccolo? -L’uomo si rivolse
direttamente a Rex. -Stai attento a non farti tossire in
faccia… ma per il resto puoi dargli anche un bacino se vuoi!
Sei suo fratello vero?
Minaho fece per precisare, ma Rex lo anticipó.
-Sì! Lui è il mio fratellone!
Minaho sorrise. Perché parlare oltre?
-Vieni Rex! Andiamo a trovare il nostro caro Man!
Il bambino sorrise. -Non vedo l’ora!
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Capitolo 53 *** Amici in visita ***
All I'm sayin' is if you
don't love me no more then lie, lie
Lie, Lie
Minaho, con al seguito un bambino fin troppo agitato, aprì
la porta della stanza numero 34.
Il lilla, steso sul lettino in posizione quasi seduta, fissava la porta
e vide subito entrare il suo amico. Sorrise e gli si illuminarono gli
occhi.
-Ehila? Man? Guarda un po’ chi ti ho portato!
-Rex! -Il lilla stese le braccia mentre il bambino correva a gettarvisi
dentro. -Quanto mi sei mancato! Avevi voglia di vedermi? Spero che non
ti annoierai in questo posto così freddo…
Minaho sorrise mentre il bambino uggiolava felice, le mani tra i
capelli del lilla. -Mh… hai un bel colorito Man! Come ti
senti oggi?
-Meglio… meglio. Scusa se ti ho fatto spaventare
stanotte… non ti mentiró, ho avuto paura. Ora
però va tutto bene, no? La febbre si è abbassata
molto e respiro decisamente meglio!
-Fiuu.. Sono contento! -Minaho ricadde su una poltroncina. -Non hai
idea… ho avuto così paura…
Manabe sospirò. -Mi… mi spiace tanto, sai?
Però… però sono così felice
che siate qui! Rex! Sei stato bene dal mister? Oh… sono
così contento che tu sia venuto!
Minaho ridacchió. -Vado a prendere qualcosa da sgranocchiare
per tutti… immagino che intanto voi avrete tante cose da
raccontarvi, no?
Manabe aveva fatto salire Rex sul letto e se lo teneva stretto. A
giudicare da come canticchiava la sigla del cartone animato preferito
del piccolo, era già decisamente a suo agio. Minaho
sorrise… si stupiva sempre di quanto potesse essere tenero
il lilla.
L’arancione uscì e mise mano alle monetine che
teneva nella tasca dei pantaloni. Aveva visto dei panini
preconfezionati nella macchinetta… probabilmente pessimi, ma
già qualcosa per chi non aveva ancora pranzato.
Tornó in stanza sgranocchiando un tramezzino gommoso farcito
di tonno. Socchiuse la porta… Rex stava steso con la testa
sulla pancia di Manabe e giocava con i suoi occhiali. Sembrava a
disagio… Minaho decise di non entrare per non agitarlo e,
non visto, si accucció vicino al muro, dove poteva sentire
cosa i due si dicevano.
-Ehi ehi… come mai sei così…
così silenzioso? Hai litigato con Minaho? Guarda che certe
cose possono succedere, sai… sono certo che non voleva farti
male… è solo tanto stressato… e
spaventato…
La voce del lilla era dolce. Minaho ricordò lo schiaffo che
gli era scappato senza ragione dalle mani. Si sentì in colpa.
-Certo… certo fratellone… infatti non
è questo che mi preoccupa… lo so che non
voleva… e poi è stata colpa mia…
ma… ma ho paura… anche io ho paura che..
che…
-Cosa Rex? Puoi dirmelo… in che senso colpa tua? Sfogati,
non avere paura! -Manabe passò la mano tra i capelli del
bambino.
-Ecco… io… io avevo tanta paura che tu non mi
volessi più bene e… e che… stai male
per colpa solo mia… io… ho… ho sognato
che…
-Cosa… cosa piccolo? Dimmelo…dimmi tutto, non
tenertelo dentro…
Il bambino si coprì gli occhi con le mani per un istante.
-Io… nel mio… nel mio sogno… nel mio
sogno tu.. fratellone…
-Io… io cosa? -Il lilla sorrideva.
-Tu… tu… veniva e tu stavi male…
veniva e ti portava via… il… il mostro ti portava
via e… e non tornavi più e… -Il
bambino si lasciò sfuggire un singhiozzo.
Manabe, inizialmente stupito, sorrise dolcemente. -Rex… oh
Rex… non è successo niente… io ti
vorrò sempre bene! Vedi? Vedi che sono qui? Nessuno mi
porterà via da te e da Minaho, lo giuro… puoi
starne certo! Vieni qua… -Il lilla strinse a sé
il bambino, che affondó il viso nel suo petto. -Non
piangere… non piangere…
-Ho… ho offeso anche… anche Min e
adesso… adesso… -Rex continuava a piangere.
-No… Non devi dire così… lui
è nostro amico, lo sai che non si arrabbierebbe mai con
noi…
-Già, però sbagliate una cosa.
Minaho si era avvicinato lentamente. Manabe sorrise e Rex smise per un
istante di singhiozzare. Aveva gli occhi lucidi.
-Io non sono solo vostro amico. Io sono vostro fratello!
-Man, sicuro di stare bene? Non è ora di mangiare qualcosa?
Era passata circa un’ora. Minaho aveva messo in piedi una
vera opera assistenziale e andava avanti e indietro come un tornado per
provvedere ad ogni necessità del suo amico.
-Grazie Min… però ho mal di gola…
-Nessun problema! Vado a chiedere che ti facciano un brodo, ok?
-Mh… non so… -Il lilla sospirò.
-Man… tipregotipregotiprego! Fallo per me… fallo
per Rex! Solo qualche cucchiaino… eddaaaai!
Il lilla sorrise. -I servizi segreti dovrebbero brevettare i tuoi occhi
da cucciolo… come si fa a resisterti? E va bene…
vada per il brodino! -Il ragazzo fece l’occhiolino a Minaho
che sorrise sornione.
-Volo! Aspettami qua…
Cinque minuti dopo un ragazzo felice rientrava in stanza con una
ciotola fumante.
-Ecco qua…
-Sssst… Min fai piano… Rex si è
addormentato!
Minaho si avvicinò in punta di piedi. Il bambino si era
addormentato con il sorriso sulle labbra, finalmente tranquillo. Con un
braccio cingeva la vita di Manabe, l’altro era adagiato sulla
sua fronte.
-Sigh… chissà perché i miei capelli
piacciono proprio a tutti… dovrei brevettarli come
antistress! -Il lilla sospirò esasperato, quindi
scoppiò a ridere insieme a Minaho.
-Bene! -L’arancione bisbiglió. -Lasciamolo
riposare qualche minuto… tanto il brodo è ancora
bollente. Sarà stanco poverino… quando
è agitato fa così tanti incubi…
Il lilla sorrise. -Già… mi spiace. In fondo era
spaventato per colpa mia.
-Non dire così Man… non dire così. Tu
lo hai salvato! Non è colpa tua.
Manabe sospirò. -È difficile sai? Questo periodo
della mia vita è il più impegnativo che abbia mai
affrontato… ma grazie a te anche il più bello.
Sei la cosa più bella della mia vita, Min.
Dopo cinque minuti Rex si svegliò sorridendo, e Manabe
poté bersi il suo brodino (insieme a due biscotti che
Minaho, ricorrendo nuovamente alla sua faccia da cucciolo di panda, era
riuscito a fargli sgranocchiare).
-Man… che noia essere bloccato qui! Spero che domani mi
mandino a casa… dobbiamo pensare al processo! Domenica
è alle porte…
Minaho ebbe un sussulto. Non sapeva come dire a Manabe che i medici
volevano tenerlo lì dentro per… qualche giorno.
Inoltre fra meno di un’ora l’orario di visita
sarebbe finito, e non essendo parente di Manabe lo avrebbe dovuto
lasciare solo fino alla mattina seguente… si sentiva svenire.
-Ehm… sí Man… dici? Ecco…
non so… non vorrei che… comunque la
priorità è che tu stia bene…
insomma…
Il lilla lo fissò perplesso. -Min… devi dirmi
qualcosa?
Il suo sorriso era troppo dolce, i suoi occhi troppo pieni di speranza.
Il cuore di Minaho ebbe un sussulto.
-N… no Man. Tutto ok.
Il resto del tempo a loro disposizione lo passarono a guardare un
pezzetto di telefilm straniero in TV e a chiacchierare. Rex non si
staccava un istante da Manabe, che stava ben attento a non tossire
rivolto verso di lui.
Minaho, da parte sua, si era piazzato a sua volta sul letto. Stretti ma
felici!
Entrò un’ infermiera.
-Ragazzi… scusatemi se vi disturbo, ma purtroppo
l’orario di visite di oggi è finito… il
nostro primario è inflessibile… se fosse per me
vi farei restare.
Minaho sospirò. -Non si preoccupi… purtroppo la
capisco bene… ci dia solo cinque minuti per prepararci e
usciamo.
La donna sorrise. -Ok…fate con calma. Vi aspetto fuori
appena avete finito.
Minaho finí di sistemare la stanza e si assicurò
che Manabe avesse tutto ciò che poteva servirgli a portata
di mano.
-Senti Man… chiamami prima di cena, e ancora prima di andare
a letto, e se ti svegli stanotte, e se hai paura, o se hai
bisogno…
-Ahahah ok Min! Tranquillo… tranquillo, ti
chiamerò ogni istante possibile, giuro! Del resto sto
davvero meglio, e qui ho poco da fare… terrò
sempre il telefono a portata di mano! Tu però promettimi che
starai tranquillo e dormirai… guarda che ti leggo negli
occhi la stanchezza, non riesci a nasconderti a me… ti
voglio troppo bene!
Minaho sbuffó, ma sorrideva. -Mh… e va
bene… però attento. Non farmi scherzi! Vieni
Rex… temo proprio che sia ora.
Il bambino sospirò. Si buttò su Manabe e gli
diede un grosso bacio sulla guancia. Il lilla sorrise e gli
scompiglió i capelli. -Fai il bravo Rex… ci
vediamo quando esco di qui ok?
-Ma… Ma fratellone! Io domani voglio tornare da te! Ti
prego… papà ha detto che posso!
Manabe rise dolcemente. -Sono contento che lo chiami papà,
sai? Bhe… se non sei troppo stanco mi farà
piacere vederti, ovviamente! Speriamo di andarcene a casa tutti insieme
domani…
Minaho fece un sorriso forzoso. -G…
già…
Dopo aver salutato di nuovo Manabe, Rex e Minaho si diressero
all’uscita. Salutarono l’infermiera che sorrise
loro promettendo che per il giorno dopo avrebbe supplicato i dottori
per farli rimanere un po’ di più. Minaho la
ringraziò di cuore, pensando che in fondo nel mondo le
persone buone erano un po’ di più di quelle
cattive.
-Fratellone, perché sei preoccupato?
Rex e Minaho, tenendosi per mano, camminavano verso la fermata del bus.
L’arancione sussultó.
-C…come… io non… come lo hai capito
Rex? -Il ragazzo era allibito. Era stato così attento a non
sembrare agitato per non spaventare il bambino…
-Fratellone… lo sento dalla tua mano, sai? Hai la mano
preoccupata?
Minaho rise dolcemente. -Rex! Oh Rex sei fantastico…
comunque… comunque si… purtroppo sono
preoccupato. -L’arancione era stupito dall’empatia
di quel bambino. Era decisamente fuori dal comune.
-Cosa… cosa ti preoccupa fratellone? Puoi dirmelo se
vuoi…
Minaho sospirò. Pensó al processo, a come avrebbe
fatto a dire a Manabe la verità… non voleva
caricare Rex di quel peso.
-Niente… niente. Tranquillo, sono cose stupide. Domani te ne
parlerò… spero che si risolvano da sole. Non
avere paura Rex… finché siamo insieme,
andrà tutto bene di sicuro… te lo prometto.
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Capitolo 54 *** Spirito guerriero ***
I would like a place I
could call my own
Have a conversation on the telephone
Wake up every day that would be a start
I would not complain of my wounded heart
Minaho si arrovellava.
Era agitato, Rex lo era ancora di più… si sentiva
doppiamente in colpa. Aveva mentito a Manabe e non aveva nemmeno il
coraggio di dire la verità al piccolo. Non poteva reggere un
pomeriggio simile… sarebbe crollato e Rex avrebbe sofferto.
Gli veniva da piangere al solo pensiero.
Il bambino dai capelli castani, da parte sua, saltellava felice al
fianco del suo amico. Deluderlo sarebbe stato un crimine.
L’arancione non sapeva cosa inventarsi per trascorrere un
pomeriggio “normale”. Poi. .. L’idea!
-Ehi Rex! Ti piace il calcio?
Il bambino rimase un attimo perplesso. -Sì…
quando ero all’orfanotrofio guardavo sempre i bambini giocare
nel cortile… però… però non
mi facevano mai partecipare.
Minaho ebbe un sussulto. -Bastar… ehm… capisco.
Vabbè… che ne diresti se ti insegnassi io? Guarda
che bella giornata!
-D… davvero?!?!
Le decisioni dell’ultimo secondo, un po’
pazze, a volte sono le migliori.
Erano bastati dieci minuti per arrivare al campo al fiume, e
altrettanti per insegnare a Rex le regole di base del gioco. Minaho non
finiva mai di stupirsi… Il bambino le aveva fatte sue al
primo colpo.
Fu però quando iniziarono a giocare che avvenne
l’incredibile. Il bambino giocava come lui! Come era
possibile che non avesse mai toccato palla prima?
-Ma… Rex… come… come fai a
giocare… così?
-Te l’ho detto fratellone… guardavo i bambini
tutti i giorni!
-Ma… tu… solo guardando…
-L’arancione non ci poteva credere. -Oddio quando lo
saprà Manabe! Sarà così felice!
Rex era davvero un fulmine, ma c’era qualcosa di
strano… qualcosa in più. Minaho aveva notato che
i suoi movimenti accelleravano, i suoi sensi si adattavano al gioco
sempre più …
-E va bene fratellino! Tira in porta!
-Ma… io non so se sono capace… -Il piccolo
esitò.
-Certo che lo sei! Abbi fiducia… fallo per Man!
Rex ebbe un sussulto. -Per… Man… e va
bene! Per voi , fratelloni!!
Il bambino si preparò al tiro. Minaho sorrise, ma
poi… poi notó qualcosa di strano. Una
luce… una luce sempre più forte emanava dal
pallone… e da Rex. Per un attimo alle sue spalle apparve
un’ombra scura.
-Non… non può… non può
essere! -Minaho spalancò gli occhi. Aveva sentito parlare di
qualcosa di simile. Aveva sentito parlare di… spiriti
guerrieri. Come era possibile?
Il bambino scagliò la palla verso la porta con grande
potenza, quindi cadde a terra tenendosi il piede.
Minaho era ammutolito da quello che aveva visto. Non poteva
crederci… solo un gemito di dolore del piccolo lo riscosse
dallo stato di trance in cui era caduto. Corse da lui.
-Rex… Rex che hai fatto?
-Non… non lo so… ho sentito un calore…
e adesso… adesso mi fa male il piede… molto
male…
Minaho lo sorresse fino alla panchina. Il bambino gemeva di dolore.
-Tranquillo Rex… hai un crampo… non è
grave, adesso passa, promesso. Aspetta... ti tolgo le scarpe.
Il bambino sforzó un sorriso e si precipitò a mettere il piede dolorante sulle ginocchia di Minaho. L’arancione gli
tolse immediatamente scarpa e calzino e vide che in effetti si trattava proprio di un
crampo. Aveva le dita arricciate e una tremenda tensione sotto alla pianta del piede. -Tieni duro… ti aiuto io
ok? Ti sei solo sforzato troppo. -Il grande sorrise al piccolo.
-Fratellone… le dita… ahia…
mi… mi fanno impazzire… non riesco a
muoverle… ti prego.. ti prego fai qualcosa! - Il povero bambino piangeva di dolore.
-Tranquillo… tranquillo… non è niente.
Adesso ascoltami bene… prova a rilassare le dita…
ti faccio un massaggio per sciogliertele.
Con le dita cercò il muscolo contratto, quindi
iniziò a massaggiargli dolcemente la pianta del piede e a muovergli lentamente le dita contratte. Pian
piano la contrattura si sciolse e le dita di Rex si rilassarono. Il
piccolo gemette di sollievo.
-Va meglio ora? Prova a muovere le dita…
Rex mosse le dita e sospirò di sollievo. -Ahhhh...Molto
meglio… mi hai sciolto le dita...grazie fratellone…
Mentre Minaho continuava a massaggiare dolcemente il piede del piccolo per calmargli i dolori e sciogliergli la tensione
non riusciva a togliersi dalla testa quello che aveva visto. Uno
spirito guerriero… doveva assolutamente parlarne al mister!
Certo, molti suoi compagni di squadra ne padroneggiavano uno, ma quel
bambino… era così piccolo! Incredibile,
pensò Minaho.
A casa l’arancione organizzò il pomeriggio nel
modo più allegro possibile. Voleva che Rex fosse rilassato.
-Che ne dici… ci guardiamo un film?
Il piccolo sorrise. -Perché no fratellone?
Però vieni a sederti vicino a me… ho voglia di
abbracciarti!
Minaho rise. -E va bene… guarda come sono carino e
coccoloso! -Così dicendo si tuffó a pesce sul
divano, facendo ridere il bambino.
-E ora… Buon divertimento!
Per cena l’arancione organizzò qualcosa con quanto
avevano in dispensa… fra una cosa e l’altra aveva
dimenticato di fare la spesa.
-Rex… spero ti piacciano le polpette di riso… non
sono tanto bravo a cucinare! -L’arancione stava litigando con
il pesce, le mani immerse nella ciotola del riso bollito.
-Certo! Se le fai tu sono buone di sicuro!
Minaho sospirò. Quel bambino aveva sempre una parola dolce
per lui… era incredibile. Prese un’altra polpetta.
La cena fu tutto sommato mangiabile, con grande sollievo di Minaho, e
quando Endou venne a prendere Rex promettendo che il giorno dopo lo
avrebbe riportato in tempo per andare da Manabe, l’arancione
ebbe l’impressione di salutare un bimbo felice.
Lo stesso non si poteva certo dire di lui.
Il senso di colpa per aver mentito al lilla unitamente al
l’ansia per il giorno dopo, quando avrebbe dovuto dirgli la
verità, gli prudevano nella pancia. Non aveva idea di come
fare… in tutti i sensi. Non potevano perdere il processo, ma
Manabe… la situazione era grave.
Per concludere la serie dei problemi, si aggiungeva la preoccupazione
per la salute del suo amico. Se di notte fosse stato ancora male? Se
fosse peggiorato? Non poteva neanche pensarci.
Si accorse di essere stanco. Molto stanco.
Non ebbe nemmeno la forza di studiare. Andò a letto subito,
e cadde in un sonno agitato.
La mattina seguente Minaho si svegliò più stanco
di quanto si sentisse prima di andare a dormire. Non cercò
nemmeno di dare un senso ai sogni che aveva fatto durante la
notte… ricordava solo che fossero stati tutt’altro
che piacevoli.
Mentre si lavava, mentre faceva colazione, mentre andava a scuola e
addirittura durante le lezioni il suo unico pensiero fu come fare a
dire la verità a Manabe. I suoi compagni di squadra, che
avevano saputo degli ultimi eventi ed erano accorsi per aiutarlo, non
poterono essergli di molto aiuto. Tenma, in compenso, un po’
per dargli sostegno e un po’ perché viveva i
problemi dei suoi amici con grande sofferenza personale, chiese a
Minaho di poterlo accompagnare da Manabe dopo le lezioni.
-Così magari… magari ti aiuto anche a
parlargli… ci manca tanto qui agli allenamenti.
L’arancione sorrise debolmente. -Va bene… grazie
Tenma.
Chimica, fisica, matematica e inglese… ogni ora sembrava
uguale alla precedente. Professori svogliati, sguardi ipocriti, sorrisi
finti. Minaho non ci faceva troppo caso… aveva altri
problemi.
-Minaho! Se non sbaglio ieri volevi venire interrogato…
ottimo! È il tuo momento!
L’arancione fissava il professore di chimica con sguardo
allucinato. Come poteva essere così idiota da non capire
perché si fosse offerto? E ora? La sera prima non aveva
nemmeno guardato chimica… aveva avuto altro a cui pensare.
Cosa poteva inventarsi?
Si alzò dal banco.
Fu un disastro.
Parlare di scena muta sarebbe stato esagerato, ma Minaho in
un’intera carriera scolastica non aveva mai fatto
un’interrogazione così penosa. Il professore era
molto deluso, e lo aveva addirittura rimproverato per la sua
“presunzione”. Inutile dire che la classe era
pervasa dalla più profonda soddisfazione, inutile ugualmente
dire come a Minaho importasse meno di zero dell’opinione di
quella gente.
L’unica persona che sentiva di avere deluso era
Manabe… lo stesso cui aveva mentito. Una nuova fitta di
senso di colpa. E dire che amava così tanto la chimica e la
biologia… era stato il lilla a farlo riflettere sulla
bellezza della vita, a fargli cogliere la struggente poesia del DNA, il
meccanismo universale che lega ogni essere del creato, la chiave del
nostro futuro nello spazio infinito. “Un giorno saremo capaci
di sconfiggere ogni malattia… di cancellare ogni debolezza,
ogni sofferenza. Ci pensi Minaho? Ci pensi… è
così… così poetico.” La voce
dell’amico risuonava nelle orecchie dell’arancione.
-Ti ho deluso… ti ho deluso ancora.
Finalmente le lezioni finirono.
Ora Minaho aveva poco tempo per tornare a casa e preparare qualcosa per
lui e per Tenma. Poi il mister avrebbe portato Rex e sarebbero partiti
tutti insieme verso l’ospedale. Angoscia, solo questo provava
l’arancione.
-Min… perché sei così giù
di morale? Sai com’è Manabe… lui non si
arrabbierebbe mai e poi mai con te! Sei il suo migliore
amico… -Tenma teneva la mano sulla spalla
dell’arancione e gli parlava dolcemente.
-Questa… questa volta è diverso. Si
parla… si parla dei suoi genitori e della sua
vita… questa volta è diverso.
-Min…
-Dimmi Tenma.
-Sei tu la sua vita.
Quando Endou scese dalla macchina per accompagnare Rex fino al
cancello, si stupì di vedere Tenma e ne fu molto
felice.
-Mister… se posso… questa sera vorrei dirle una
cosa su Rex.
-Certo Minaho… certo. Ma devo preoccuparmi?
-No… non si preoccupi. È una cosa incredibile.
L’arancione si riferiva allo spirito guerriero di Rex. Il
bambino, da parte sua, aveva immediatamente fatto amicizia con Tenma e
gli era saltato in braccio.
Partirono tutti insieme per l’ospedale mentre Endou ripartiva
per andare al lavoro. Minaho sospirò. -È ora.
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Capitolo 55 *** Quando il vero salta fuori ***
Scared of my own image
Scared of my own immaturity
Scared of my own ceiling
Scared I'll die of uncertainty
Fear might be the death of me
Fear leads to anxiety
Don’t know what’s inside of me
L’ospedale quel giorno sembrava più movimentato
del solito. Molti dottori chiacchieravano amabilmente nei corridoi, e
le infermiere erano impegnate come non mai.
Minaho si chiese il perché di tanta
attività… al suo fianco Tenma sorrideva. Quel
ragazzo era uno specchio per la gioia. La percepiva, ed essa
si rifletteva in lui.
-Visto che bel clima Min? Come può essere una brutta
giornata? Sono certo che Manabe capirà… ne sono
più che convinto!
-Io… io non lo so… non lo so proprio! Se almeno
ci fosse una soluzione… se almeno potessimo inventarci
qualcosa… -L’arancione sospirò
sconsolato.
-Vedrai fratellone andrà tutto bene! Ne sono sicuro! -Rex
strinse la mano di Minaho
L’arancione sorrise debolmente, mentre continuava a
rimuginare. Le sue ultime speranze erano crollate quando, la sera
prima, intento nelle ricerche del caso, aveva scoperto che
l’assenza del richiedente ad un processo di emancipazione
equivaleva alla rinuncia all’emancipazione stessa. Non erano
previste deroghe per malattia, né posticipazioni.
Mancavano solo due giorni al processo… come si poteva fare?
I dottori dicevano che Manabe era decisamente troppo malmesso per
sperare di essere dimesso dopodomani… del resto Minaho non
riusciva a togliersi di dosso il terrore che peggiorasse.
-Ehi… Min, mi fai un sorriso? -Tenma tiró fuori
la lingua e fece una smorfia. -Dai… mi fa male vederti
così giù…
L’arancione sospirò. -Ho così
paura… tu non puoi immaginare quanta.
Il castano gli mise un braccio intorno al collo. -Sai? Una volta anche
io avevo paura per una cosa molto grave… è stato
tanto tempo fa.
Minaho si fermò di colpo. -Anche… tu…
- Il capitano era la persona più coraggiosa del
mondo… non veda tremato di fronte al quinto settore, cosa
poteva spaventarlo?
-Sì! Vedi… ero molto piccolo. Mamma e
papà lavoravano sempre, però io sapevo che ogni
sera sarebbero tornati a casa. Ebbene… un giorno al loro
posto venne mio zio. Mi disse… mi disse che mamma aveva
avuto un incidente con la macchina… che era in ospedale.
Il castano si fece scuro in volto. Minaho era stupito.
-Quella notte nessuno mi diceva nulla. Papà
piangeva… vedevo tanti dottori andare avanti e indietro. Io
aveva tanta paura da morirne… infatti ad un certo punto, non
so perché, presi e scappai. Corsi nei corridoi bui, corsi
nel labirinto che è un ospedale agli occhi di un
bambino… fino a che non sbattei contro una persona speciale.
-Una persona… speciale? -Minaho non capiva.
-Sì! -Tenma sorrise. -Era un dottore… un uomo
alto alto e anziano… magro e solenne! Sembrava
così cattivo… mi guardò con occhi
corrucciati… poi mi sorrise. Non so come, ma due minuti dopo
ero seduto sul lettino del suo ambulatorio, con un leccalecca in mano.
Gli raccontai tutto… lui ascoltava bene, sai? Mi
disse… mi disse che anche se ero così piccolo
dovevo essere forte. Mi disse che nella vita tante cose ci
sconvolgeranno, tante cose ci faranno soffrire… ma se
continueremo a lottare per la giustizia, a difendere chiunque sia
debole, bisognoso, ad amare piuttosto che a odiare… niente,
niente potrà andare storto.
Minaho era sconvolto. Quella storia… perché gli
toccava il cuore?
-Infine… -Tenma sorrise nostalgico. -posso dirti che la
mattina dopo papà mi prese in braccio e mi disse che mamma
era fuori pericolo. Non ho più rivisto quel
dottore… non so nemmeno come si chiamasse, ci credi?
Però.. però è stata la persona
più importante della mia infanzia.
Minaho aveva le lacrime agli occhi.
-Io… io non… oddio… forse hai
ragione… forse hai ragione davvero. Se lotteremo insieme,
tutti uniti… tutto potrà andare a posto.
Si abbracciarono. Tenma era rassicurante… stringeva Minaho a
sé con braccia sicure, e sapeva calmare la sua angoscia.
L’arancione si rilassó di colpo e
iniziò a lacrimare. Il castano gli sussurrava
all’orecchio di stare tranquillo.
-Ehm… scusate…
Minaho alzò il volto dalla spalla di Tenma. Aveva gli occhi
lucidi. -S… sí… Rex?
Il bambino si alzò sulle punte dei piedi per sussurrare
all’orecchio dell’arancione -Ho un
dubbio…
Minaho si staccò da Tenma e si inginocchió
davanti al bambino. Tenma sorrideva a sua volta. -Dicci tutto
fratellino.. che succede?
-Bhe… ho pensato… tu e Man siete i miei
fratelloni… e… e Tenma è un vostro
grande amico no? Ecco… io non so come si chiama
l’amico di un fratellone! Ma… Ma forse ho
un’idea!
Tenma era perplesso. -Io… tu…
-Tenma! Sei mio zio!
Minaho e il castano si guardarono per un istante negli occhi,
muti… prima di scoppiare a ridere di cuore!
Mezzogiorno e mezza… iniziava l’orario
di visite. Minaho sapeva che era ora di farsi forza. Altrimenti
perché uscire prima da scuola? Non poteva mentire oltre a
Manabe.
Rimuginando si erano portati sulla porta del corridoio del reparto di
pneumologia. Quando le infermiere aprirono, furono i primi ad entrare.
La porta della stanza di Manabe era la quinta da sinistra…
si trattava di pochi metri, perché a Minaho allora
sembravano Kilometri? Sentiva le gambe pesanti… Tenma e Rex
al suo fianco lo spingevano ad andare avanti.
Spalancò la porta.
-Man…
Nessuno.
La stanza era vuota. Il letto approssimativamente rifatto, la finestra
spalancata a far entrare il tepore delle ore centrali del giorno.
Minaho ebbe un tuffo al cuore.
-Manabe… Manabe dove… dove sei!
L’arancione andò immediatamente nel panico. Se
Manabe era stato portato via significava che era peggiorato!
Peggiorato e forse… forse… si sentì
svenire.
Corse verso il letto e aprì il cassetto del comodino.
Vuoto… le cose di Manabe erano sparite. Un conato di vomito.
Due minuti dopo un ragazzo arancione piangeva seduto su un letto
d’ospedale, mentre un ragazzo castano cercava
disperatamente di consolarlo tenendogli la mano.
-Ehi ehi Min… respira… vedrai che non
è nulla! Avranno fatto degli spostamenti… avranno
cambiato camera di sicuro!
-Ma… ma … perché…
perché non mi hanno detto… oddio… ecco
perché ieri… ieri non mi ha… non mi ha
telefonato nonostante… oddio…
-L’arancione farfugliava tra le lacrime.
-Tranquillo… Min tranquillo…. Adesso vado a
chiedere ok? Riesci a rimanere da solo qualche secondo? Torno
subito… vedrai che ti porterò una buona notizia,
ok?
Il castano si alzò, e dopo aver dato una carezza al ragazzo
in lacrime uscì dalla stanza.
Minaho piangeva con il volto affondato nel cuscino di Manabe, che
conservava il suo odore. Perché doveva essere
così difficile la sua vita? Perché non gliene
andava dritta una? Fu sconvolto da un violento singhiozzo.
-Man… ma… ma… perché
mi… perché…
Una mano si appoggió sulla sua spalla.
-T… Tenma… cosa… cosa ti
hanno… detto…
-Ehi Min perché piangi?
Silenzio. L’arancione si immobilizzó.
-Ohila? È successo qualcosa di grave?
Il lilla, in piedi grazie all’aiuto di una stampella e con un
sacchetto di patatine in mano, passò dolcemente la mano tra
i capelli del suo amico.
-M… Manabe?
-E chi sennò? -Il lilla sorrise.
Minaho si girò di scatto e si buttò ad
abbracciare il suo amico.
-Perché… perché… dove eri?
Io… io ho pensato che… che ti avessero portato
via… che…
Manabe era perplesso. -Min… Io… ero semplicemente
andato a prendere qualcosa da mangiare… visto che sto
meglio? Posso alzarmi in piedi! Volevo farti una sorpresa…
ho preso le tue patatine preferite…
L’arancione sorrise tra le lacrime. -Sono stato proprio un
cretino… come ho potuto pensare che… la prossima
volta farò meglio a starmene zitto credo…
Manabe lo abbracció di colpo. -Scusa…
è stata colpa mia. Ti prego, non dire mai più che
sei un cretino… fa stare male anche me.
Al ritorno di Tenma il mistero fu dunque chiarito, e tutto si concluse
in una risata. In fondo Manabe stava meglio, e questo per tutti
significava più di qualsiasi spavento passato.
-Mi hai fatto prendere una paura pazzesca! -Minaho ora rideva
tranquillo, sgranocchiando patatine. -Anche il tuo cassetto era
vuoto! Ho preso un colpo!
Manabe ridacchió. -Guarda che per un investigatore come te
capire lo stato delle cose doveva essere semplice! Il portafogli era
con me… come ti ho detto, ero andato a comprare le
patatine… e dovresti sapere che non tolgo mai dalla tasca la
nostra foto insieme… mi fa stare tranquillo.
L’arancione si intenerí in un istante. Manabe
sapeva essere così dolce… -Ma… Ma
allora perché ieri non mi hai mai telefonato? Ho avuto
paura…
-Bhe… altro mistero facile da risolvere… sei
entrato in camera mia?
Minaho si prese il mento fra le dita. -Mh… in effetti no.
-Bene… -Manabe sorrise. -Altrimenti avresti visto che il
caricatore del mio telefono è rimasto
lì… purtroppo senza quello non ho potuto
chiamarti. Spero che potrai scusarmi… questa mattina me ne
hanno prestato uno, non si ripeterà più.
L’arancione gli prese la mano. -Non devi scusarti…
anzi perdonami, sono troppo pressante.
-Lo sei perché mi vuoi bene?
-Sì…
-Allora no problem. Puoi esserlo finché vuoi!
Il lilla era decisamente di buon umore. Nonostante le ancora grandi
difficoltà di respirazione, la febbre era scesa gradualmente
ed ora non era presente quasi per nulla. Fu entusiasta di vedere Tenma.
-Allora… come vanno le cose a scuola? Se penso che domenica
prossima abbiamo la finale… spero che questa piccola pausa
non mi impedisca di dare il massimo in campo!
Il castano sorrise mentre gli si illuminavano gli occhi. -Hai ragione!
Sarà bellissimo!
In tutto ciò Minaho era rimasto pensoso. Doveva
assolutamente parlare a Manabe, ma non sapeva come iniziare…
non sapeva come dirgli la verità.
Guardó il suo amico.
I suoi capelli, i suoi occhi luminosi, il suo sorriso dolce…
la sua voce misurata, le sue risate gioiose ma equilibrate…
le sue mani sulla sua pelle. Pensó a suo padre.
-Minaho, ricorda… quando una cosa è giusta, la
devi fare. Falla anche se ti fa paura, e sarai una persona grande.
Prese fiato.
-Man… devo dirti una cosa.
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Capitolo 56 *** Atto d'accusa, promessa di perdono ***
Caro mio ben
credimi almen,
senza di te
languisce il core.
Il tuo fedel
Sospira ognor,
cessa crudel
tanto rigor.
Un raggio di Sole, filtrando dalla finestra, scherzava disegnando
giochi di luce sul letto e accarezzava i capelli di Manabe. Il ragazzo
sembrava così fragile, con gli occhi arrossati e la
carnagione pallida.
-Dimmi tutto Min… però non fare così,
mi spaventi! -Il lilla rise. Non riusciva a capire il perché
della grande agitazione che leggeva in volto a Minaho.
L’arancione guardò Tenma, poi Rex, poi il
pavimento. Si sentiva come un animale in trappola.
-Io… ecco… vedi…
-È successo qualcosa a scuola? -Manabe non capiva, e provava
ad aiutare il suo amico. -Hai litigato con qualcuno? Hai rotto qualcosa
a casa? Guarda che sono cose che succedono…
eddai… dimmi tutto! Stasera o domani, quando
uscirò di qui, sistemeremo tutto…
Minaho sbiancó. -Ecco… è proprio
questo il problema…
Il lilla ebbe un sussulto. -A… a cosa ti riferisci?
Sai… sai qualcosa che io non so?
Minaho guardò supplichevole Tenma, come in disperata ricerca
d’aiuto. Il castano si morse il labbro agitato.
-Vedi Man… c’è…
c’è un piccolo problema riguardo al
tuo… al tuo ricovero. -Tenma si girava i pollici angosciato.
Minaho sentí dentro di sé una voce che diceva
“ma come, non era lui quello che diceva che sarebbe andato
tutto bene”?
-Un… un problema? Ragazzi mi state spaventando…
ho… ho diritto di sapere cosa sta succedendo?
-Vieni Rex, andiamo a prendere un dolcetto. -Il castano prese per mano
il bambino riluttante e lo portò fuori. Minaho aveva
iniziato a parlare.
Uscirono dalla porta. Un grido. -No!!
Tenma coprì con le mani le orecchie del bambino.
-Min… mi dispiace così tanto…
Tenma, seduto su una delle panche davanti alla macchinetta del
caffè, cercava di rincuorare Minaho che piangeva a dirotto
incurante degli sguardi dei passanti. Del resto nessuno si stupiva di
vedere quelle scene in un ospedale.
-Lui… lui… è colpa…
mia…
-No che non è colpa tua… cerca di
capirlo… è stato un colpo duro per lui…
-Ma… mi ha… mi ha detto che… che gli
ho mentito… che… che non vuole che…
che gli rivolga… più… la
parola… Man… no…
Tenma sospirò sconsolato. Rex, che intanto non capiva cosa
stesse succedendo, se ne stava quieto in un angolino. Non voleva
disturbare anche se moriva dalla voglia di abbracciare Minaho per
consolarlo.
-Min… adesso vado io lì dentro e ci parlo ok?
Rimani qui con Rex. -Il castano aveva scandito bene le parole
perché Minaho le capisse tra le lacrime. Si alzò
ed entrò dritto filato nella stanza di Manabe.
Rex si era fatto coraggio e si era avvicinato a Minaho.
-Io… io non so perché piangi fratellone
però… però se vuoi puoi darmi un altro
schiaffo così… così magari stai
meglio…
L’arancione fissò il bambino con gli occhi pieni
di lacrime. Lo strinse forte a sé.
In quel momento Tenma usciva dalla stanza. Aveva lo sguardo vuoto.
-T…Tenma… cosa… cosa ha
detto…
Il castano sospirò.
-Vieni Min, ora è meglio andare a casa.
Porta, corridoio, porta, autobus, Endou, Rex, cancello, vialetto,
porta, salotto.
Minaho aveva solo immagini fotografiche impresse nella mente delle due
ore successive all’abbandono dell’ospedale. Dolore
al petto, si chiese se il suo cuore fosse rimasto davanti alla
macchinetta del caffè, stretto tra due anziani soli, o tra
le mani di un bambino.
La foto di lui e Manabe, incorniciata sul mobile
dell’ingresso, aveva il volto tragico dell’ironia.
Fece passare dolcemente i polpastrelli sul volto del lilla. Capolinea.
A letto senza cena. Del resto cosa gli importava di mangiare? Voleva
solo vomitare. Odore di Manabe intorno a lui. Profumo dei suoi capelli,
eco del suo sorriso, ricordo delle sue parole dolci. Capolinea.
Coperte fredde. Buio nella stanza rotto solo dalla luce intermittente
del caricatore del telefono. Manabe non riposa nella stanza accanto,
perché allora Minaho attende una traccia del suo respiro, un
accenno della sua voce? Capolinea.
Alba, niente colazione, doccia gelida per pura abitudine, divisa,
scarpe, chiavi nella toppa, autobus. Capolinea.
L’arancione era a scuola. Non si era accorto di essere in
così grande anticipo… non c’era nessuno
in classe.
Fissava con sguardo vacuo lo schermo del telefono. Chissà
perché aveva nutrito una folle speranza… quella
di ricevere un messaggio da Manabe.Non voleva accettare che fosse tutto
finito… che il lilla non volesse più avere nulla
a che fare con lui.
Odiava il pensiero di doversene andare. Sia chiaro, non gli importava
nulla della casa. Avrebbe dormito sotto un ponte, si sarebbe fatto
picchiare, avrebbe camminato scalzo sui carboni ardenti, qualunque
cosa, ma purché ci fosse Manabe con lui. Senza il suo amico
non voleva vivere.
Del resto gli aveva mentito sull’unica cosa che il lilla non
poteva accettare… era tutta colpa sua, pensò.
Debole come sempre, inutile come sempre, fallito come sempre.
I compagni iniziarono ad entrare non degnandolo di uno sguardo, poco
dopo anche il professore.Iniziava un incubo di cinque ore di durata.
Finita la mattinata scolastica l’arancione tornó a
casa rapidamente. Non voleva essere visto e compatito. Sapeva che i
suoi amici gli volevano bene, ma non potevano sostituire Manabe.
Entrato in casa si forzó a mangiare un po’ di
pane. Se fosse svenuto non avrebbe potuto pensare, e pensare a Manabe
lo manteneva in vita. Il ricordo della sua voce…
Si sedette sul divano e prese in mano il telecomando, ma non accese la
televisione. Fissò l’orologio… iniziava
l’orario di visite, laggiù all’ospedale.
Il labbro iniziò a tremare… scoppiò in
un pianto disperato trattenuto dal giorno prima.
-Man… io… io non… non voglio. ..
ti… ti… ti prego!!! Ti…
prego… ho… ho bisogno di… di te!!
Pianse a lungo, abbracciando il cuscino del divano. Sentiva il fiato
mozzo e il cuore accelerato. Guardó l’orologio...
meno di mezz’ora alla fine dell’orario di visita.
Sedeva sul divano fissandosi le mani con sguardo vuoto.
La sua mente era d’improvviso vuota. Seguiva i disegni
leggeri dei muscoli, il leggero tremore delle dita. Si vide
più pallido del solito.
Il cellulare sul tavolino vibró.
-No…
L’arancione si preparò a leggere un qualche
messaggio pietistico dei suoi compagni di squadra. Li adorava, ma non
era il momento. Si dovevamo fare i fatti loro per un po’.
Prese il telefono e lo sbloccó. Un messaggio.
Toccó delicatamente con l’indice sulla notifica
lampeggiante. Ebbe un tuffo al cuore. Il mittente era Manabe.
Rimase immobile qualche istante, le mani tremanti, quindi
aprì il messaggio.
“Min, forse mi odi e fai bene, però ti supplico,
vieni da me. Sono un mostro, merito il tuo disprezzo.”
Minaho impiegó qualche secondo per elaborare quanto appena
letto. Manabe… Manabe lo stava cercando!
Aveva solo venticinque minuti e nessun autobus passava a
quell’ora… avrebbe dovuto correre come un lampo.
Si lanciò fuori dalla porta con quanto aveva indosso, ovvero
una felpa un paio di pantaloni da casa e i calzini. Dentro di
sé pensò che avrebbe avuto freddo, e arrivato sul
cancello si rese conto che di sicuro correre scalzo per strada non
sarebbe stato conveniente. Doveva perdere tempo prezioso per rientrare
in casa?
Imprecó, lui che odiava le parolacce, e chiuso il cancello
riprese a correre.
Arrivò in ospedale quando stavano per chiudere le porte.
-Ragazzo, dove vai? -L’infermiera di turno, la solita, aveva
strizzato gli occhi alla vista di Minaho e delle sue condizioni.
-L’orario di visita è appena finito!
-La supplico! Solo cinque minuti! È… è
davvero importante. .. Posso pagare!! -L’arancione mise le
mani in tasca e tiró fuori il portafogli. La donna
scoppiò a ridere.
-Addirittura! Non provare a corrompermi… sono onesta, io!
Comunque… a volte le persone oneste sono un po’
ingenue, e dunque molto ingenuamente fingeró di non vederti
mentre sgattaioli dentro… trattieniti pure finché
vuoi… dovete avere molte cose da dirvi. Il tuo amico piange
da stamattina… chiaritevi. -E cosí dicendo, con
un sorriso, la donna se ne andò lungo il corridoio prima
ancora che Minaho potesse ringraziarla.
L’arancione, tramortito ma commosso, si precipitó
lungo il corridoio. Manabe aveva pianto? Forse… forse lo
voleva perdonare?
Davanti alla porta ebbe un istante di esitazione. Si morse il
labbro…e aprì la porta.
Manabe era in piedi al centro della stanza, pallido come uno spettro e
con gli occhi rossi. La febbre era salita di nuovo quella notte.
-Man…
Il lilla aveva il labbro che tremava.
-Sono un mostro schifoso.
Non seppero come avvenne, ma si ritrovarono abbracciati e in lacrime.
-Senza di te non vivo, non posso. -Il lilla stringeva i pugni contro la
schiena di Minaho. -Non me ne frega nulla del processo… io
voglio te. Sono stato un idiota cattivo. Potrai mai perdonarmi?
Io… io non ho mai pensato quello che ho detto….
Non ho mai pensato di non… di non volerti più
parlare… ero così sconvolto…
Minaho mise un dito sulle labbra dell’amico.
-Se mi abbracci, è tutto, tutto perdonato.
Pochi minuti dopo erano seduti sul lettino. Era tutto
passato… Minaho non avrebbe mai portato rancore, in fondo
sapeva di essersi comportato male mentendo a Manabe, e il lilla aveva
capito di aver fatto un passo falso. Anche questa volta la loro
amicizia si sarebbe rafforzata, lo sapevano.
-Man… quando ho letto il tuo messaggio mi sono fiondato
qui… è stato così bello da parte
tua… non eri tenuto a voler parlare di nuovo con me.
-Cosa stai dicendo Min? Guarda che qui l’errore
più grosso l’ho fatto io… dovrei darmi
uno schiaffo per ogni lacrima che ti ho fatto versare. Sei tu a dovermi
perdonare. Piuttosto… Min, guarda che stai perdendo sangue!
L’arancione non capiva. Guardó a terra. Una
piccola chiazza rossa si stava espandendo sotto il suo piede sinistro.
-Cavolo! Non lo avevo notato! Ecco cos’era quella
fitta… devo aver calpestato un coccio di bottiglia!
Manabe lo guardò preoccupato. -Ma… Ma
perché non hai le scarpe??
L’arancione scoppiò a ridere. -È una
lunga storia!
Alla fine di tutto, il taglio di Minaho non era niente di
che… appena un graffio. Manabe disinfettó
l’amico e gli mise un cerotto. -Visto il bello di essere in
ospedale? Servizio istantaneo!
I due ragazzi scoppiarono a ridere. -Ascolta Man… volevo
dirti una cosa.
Il lilla fissò l’amico. -Dimmi tutto…
-Ti prometto che troverò una soluzione per il processo di
domani… te lo giuro! -L’arancione prese le mani
del lilla. -Vedrai… ce la faremo.
Manabe sospirò. -Sembra assurdo ma sai… al tuo
fianco, ci credo anch’io!
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Capitolo 57 *** Folla ***
Vieni t'affretta! Accendere
Ti vo' quel freddo core!
L'audace impresa a compiere
Io ti darò valore;
Manabe e Minaho avevano passato tutto il tempo che gli era stato
concesso dall’infermiera nella disperata ricerca di una
soluzione per il processo, ma non avevano cavato un ragno dal buco.
-Min… se non… se non vengo al
processo… se non vengo al processo sarà tutto
finito. Non esiste… non posso permetterlo.
-Man, io non so cosa succederebbe… non lo so proprio.
-L’arancione era sconsolato. -Penso che i tuoi genitori. .. I
tuoi genitori ti allontanerebbero da me… sbaglio?
Il lilla trattenne un singhiozzo. -N…non sbagli. Loro
sono… così… -gli occhi gli si
riempiono di lacrime. -Dove… dove andresti…
e… e poi io non voglio vederti di nascosto due ore al
mese… io… io voglio rimanere con te!! -Il labbro
di Manabe tremava pericolosamente. Minaho lo abbracció. -Non
piangere… andrà tutto bene, e non ci separeranno
mai, te lo prometto.
Di ritorno a casa l’arancione si torceva le mani in preda
all’angoscia. Avevano deciso di telefonarsi dopo cena per
cercare una soluzione, ma in cuor suo Minaho sapeva che purtroppo non
era così semplice.
Il peggioramento della febbre del lilla inoltre, nonostante
le rassicurazioni dei dottori che avevano garantito si trattasse solo
di una normale fase del decorso, dove il sistema immunitario combatte e
sconfigge il batterio, rendeva ancora più difficile
all’arancione sperare in un esito favorevole della situazione.
Del resto la salute di Manabe per lui veniva prima di tutto, compresa
la sua felicità. Il suo amico doveva stare bene.
Entrato in casa si chiuse in camera. Non aveva voglia di parlare con
nessuno… ignoró i messaggi preoccupati di Tenma,
anche se dopo pochi minuti la ragione e il senso di colpa lo spinsero a
rispondere. In fondo il castano voleva il loro bene.
Lasciò che le cuffie lo trasportassero in un mondo di pace.
Mozart, adagio dal concerto per pianoforte e orchestra in la maggiore.
Una delle cose più belle mai scritte.
Minaho pensava che ci fosse una musica fuori dal tempo e dallo
spazio… quella era una di quelle. Gli piaceva
Mozart… era stato un ragazzo sensibile, un anticonformista
che si basava sull’intuito e sull’ironia, proprio
come lui.
Ecco… i corni di bassetto prendono il tema. Una melodia
struggente, a note legate che salgono lentamente, indugiando in
singhiozzi di dolore. Non è la musica della malinconia, non
è la musica del languore… è la musica
del dolore di una vita intera. Una musica che mette a nudo una
sofferenza infinita, ma allo stesso tempo così bella e
struggente da togliere il fiato.
Il pianoforte accarezza la melodia. Una danza lenta, dolente come di
bambole tristi. Un sapore lontano di infanzia, di malinconia. Un
tramonto, un’alba trasfigurata.
L’arancione non si rese conto delle lacrime che gli rigavano
il viso.
Il campanello.
Minaho si riscosse dal torpore… si era appisolato. Vide che
il sole stava tramontando.
-Chi può essere a quest’ora?
-L’arancione corse alla porta. Quando la spalancò
rimase a bocca aperta.
-K… Kariya? E tu che ci… che ci fai qui?
-Bhe, prima di tutto potresti avere la buona educazione di farmi
entrare, carotino!
Minaho sussultó. Era in confusione totale. Fece largo al
verde che si piazzó senza tanti scrupoli sul divano.
-Bene bene… sapevo che ti avrei trovato in avaria! Non stavi
mica piangendo, vero?
L’arancione corse con le mani alle guance… umide,
dannazione!
-Ecco.. Io. ..
Il verde sorrise sornione. -Tu piangevi come una fontana, mi sembra
ovvio. Adesso mi dici cosa sta succedendo, poi vieni con me. Ti porto a
mangiare qualcosa e a svagarti. E… già, non
accetteró un no come risposta.
Minaho, ripresosi dallo stupore iniziale, aveva raccontato lo stato dei
fatti al verde che incredibilmente aveva ascoltato senza fare commenti.
-Brutta situazione, hai ragione. Ho però qualcosa che ti
farà vedere le cose sotto una luce diversa… vieni
con me.
Mezz’ora dopo i due ragazzi si erano ritrovati in discoteca.
Esattamente, proprio uno di quei locali che Minaho avrebbe evitato come
la peste. Troppi sguardi, troppo caos… si sentiva inadeguato.
-Kariya… io… non sono proprio
dell’umore per queste cose stasera, scusa… ci
vediamo dom…
-Non ti azzardare! -Il verde aveva preso la mano
dell’arancione. La sua stretta era incredibilmente forte, ma
gentile. -Ti ho detto che devo farti vedere una cosa… ora
devi darmi ascolto. Vieni!
Kariya aveva trascinato l’arancione nel bel mezzo della
calca. -Bevi questo… non temere, non è alcolico.
-Mise in mano all’arancione un bicchiere di succo frizzante.
-Ma… Kariya… io ho… lo sai…
non mi piace la… folla… -L’arancione
sentiva il respiro accelerare. Dove diavolo era finito il
verde? Sentì l’angoscia crescere.
-Minaho! -La voce di Kariya, quasi coperta dalla musica a volume
altissimo, proveniva da un punto imprecisato nel mezzo della sala.
-Minaho! Raggiungimi!
L’arancione andò nel panico. Odiava le
folle… si sentiva soffocare. Fin da piccolo era stato un
poco claustrofobico, ma in mezzo a tutta quella gente si sentiva
davvero svenire. Se Manabe fosse stato con lui…
gli girava la testa.
-M…Man… aiutami…
-Minaho! Non chiamare Manabe, non può aiutarti né
risponderti! Datti da fare! -La voce del verde sembrava sposarsi
rapidamente…o erano le orecchie dell’arancione ad
essere in confusione totale? Perché? Perché
godeva a farlo stare male?
Troppa gente… troppi sguardi. Minaho chiuse gli
occhi… sentiva di stare per accasciarsi al suolo.
-No! Questa pagliacciata deve finire… KARIYA!
L’arancione trattenne il respiro per un istante e poi si
lanció nella folla sgomitando. Per un attimo si
sentì sommergere, quindi la situazione cambiò di
colpo. Ora era lui a comandare. Si faceva largo tra la massa di persone
verso il centro della sala, quindi svoltó a destra fino ad
un tavolino… dove Kariya lo aspettava, un bicchiere di birra
in mano.
-Ottimo! Benvenuto amico mio!
-Sei un’idiota!! Potevo farmi male! Perché mi hai
trascinato in questa cretinata? Devo ancora telefonare a Manabe! Si
sarà preoccupato per colpa tua!! -L’arancione era
paonazzo, il verde invece sorrideva tranquillo.
-Però non ti sei fatto male, o sbaglio?
Minaho si immobilizzó. -Bhe… si…
ecco…
-Hai preso in mano la situazione, hai controllato le tue paure e ti sei
fatto largo verso il tuo obiettivo! Non pensi di avere imparato
qualcosa?
L’arancione spalancò la bocca.
-Tu… quindi… o mio Dio…
-Minaho, Manabe sarà sempre con te, ma non potrà
risolvere tutti i tuoi problemi… ed è giusto
così! Dovete essere amici, non succubi l’uno
dell’altro, altrimenti con il tempo stareste solo
male. Se tu riesci a farti valere anche da solo, potrai difenderlo
meglio, e con lui difendere la vostra vita insieme.
Minaho era sconvolto. Non sapeva se dargli un pugno o un bacio.
-E ora… ti porto a casa, così potrai telefonargli.
Durante il tragitto Minaho non parlò, e non parlò
quando Kariya se ne andò così come era venuto.
Stava uscendo dal cancelletto con il suo solito sorrisetto quando
l’arancione si risolse a fermarlo.
-Kariya…
-Dimmi.
Minaho abbracció stretto il verde, che arrossí
come un peperone.
-Ehi!! Io sono cattivo! Cattivo, ricordalo!
-Già… -L’arancione lo strinse ancora di
più a sé, sorridendo. -Sei proprio
cattivo…
Rientrato in casa l’arancione si sentiva stranamente
scombussolato. Oramai era abituato alla perenne agitazione che aveva
capito essere uno dei suoi punti deboli, ma quella sera… le
cose erano andate in modo assai curioso. La sua mente analitica ne era
stimolata.
Portò la mano al mento. Kariya… un altro, come
Manabe, che sfuggiva ai suoi elenchi mentali di tipi umani. Si rese
conto di aver osservato e studiato per anni solo le persone
più aride e indifferenti, invece di cercare di leggere il
cuore di chi realmente se lo meritava.
Non importava come lo dimostrasse… il verde era una persona
buona.
Prese il telefono… era ora di parlare con Manabe , forte
della nuova sicurezza che sentiva nel cuore. Compose il numero e
aspettò.
-Pronto? Min! Stavo per chiamarti io sai? Ho appena finito di
cenare… tu?
-Guarda Man… è una storia lunga! Domani, di
persona, te la racconterò… penso che ci faremo
due risate!
La conversazione andava avanti da mezz’ora senza
che nessuno dei ragazzi trovasse il coraggio di portarla sul problema
più scottante. Manabe, da parte sua, litigava con la febbre
che non voleva sapere di andarsene e con il mal di gola.
Minaho cercò di ricordare le parole di Kariya.
-Man… senti… a proposito di domani…
-Tranquillo Min. Ho una soluzione.
Minaho si immobilizzó con il braccio a mezz’aria e
la bocca aperta. Una… soluzione?
-D…davvero? Man, ma è fantastico! Di cosa si
tratta?
Il lilla sospirò nella cornetta. -Non posso
dirtelo… è una sorpresa, sai?
Minaho era perplesso… si fidava di Manabe, ma aveva uno
strano presentimento.
-Man… non stai progettando qualche follia vero? Non ci
provare… non farmi avere brutte sorprese!
-Tranquillo amico… so quello che faccio. Nella mia testa
è tutto calcolato… come un logaritmo…
come un limite di funzione!
Minaho sorrise. Quando il suo migliore amico iniziava a parlare con la
matematica, voleva dire che era felice.
-A proposito Man… non ti ho detto… la prof di
matematica ha riportato le verifiche… hai presente quella
del giorno in cui sei svenuto? Quella che sembravi aver fatto con
così tanta fatica? Quella mattina mi hai fatto morire di
paura…
-Sì la ricordo… mamma mia se stavo
male… sarà stata un disastro!Non riuscivo nemmeno
a leggere i numeri. Come siamo andati?
-Beh… io ho preso nove e mezzo! Grazie a te e alle tue
dritte, ovviamente…
-Bravissimo!! Sono così felice per te!! E la mia? Tre o
quattro?
-Lo vuoi davvero sapere? -Nella voce di Minaho qualcosa di furbesco
aveva preso il posto dell’agitazione.
-Sì… tanto non è la morte di nessuno
in fondo dai… dammi questo colpo.
Un istante di silenzio. -Dieci, maledetto genietto lilla! Anche quando
stai male mi devi battere?
Un istante dopo, due ragazzi felici ridevano come matti.
-Min, ascolta… tu domani presentati al processo, non venire
da me in ospedale… mi raccomando.
-Ma… Man… se non ci sarai tu a cosa
servirebbe… io non voglio lasciarti solo!
-Non preoccuparti per me. Ti ho detto che ho trovato una soluzione no?
Devi solo presentarti in aula come se nulla fosse… del resto
abbiamo coinvolto due testimoni, Endou e il dottore, e non possiamo
certo deluderli! Abbi fiducia e vedrai… rimarrai sorpreso!
Quando Minaho chiuse la chiamata non poté fare a meno di
sentirsi a disagio. Qualcosa nel tono di Manabe lo
allarmava… non aveva idea di cosa stesse progettando, ma
sperava non fosse niente di pericoloso.
Andò a letto con il cuore in tumulto… paura,
certo, ma anche fiducia.
-Resa dei conti dunque… Manabe, mi fido di te…
amico mio.
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Capitolo 58 *** Alla sbarra ***
Don Giovanni
Da qual tremore insolito
sento assalir gli spiriti!
Donde escono quei vortici
di fuoco pien d’orror?
Demoni
Tutto a tue colpe è poco!
Vieni! c’è un mal peggior!
Don Giovanni
Chi l’anima mi lacera!
Chi m’agita le viscere!
Che strazio, ohimè! che smania!
che inferno! che terror!
Minaho fece una smorfia. La camomilla era troppo dolce… non
era riuscito a controllare il tremolio della mano mentre versava lo
zucchero. Del resto, aveva preparato la tisana proprio per rilassarsi,
no?
Sfoglió ancora qualche pagina del manga che aveva iniziato
il giorno prima e, tra una cosa e l’altra, aveva lasciato a
metà. Pensó a quanto la gente giudicasse in
continuazione senza sapere. Tutti lo prendevano in giro fin da quando
era piccolo, ma lui era un ragazzo come tutti gli altri…
amava i fumetti e sapeva farsi valere dietro a una console. Nessuno si
era mai preoccupato di essere suo amico, e quindi nessuno aveva mai
avuto modo di rendersene conto.
Ricordò le parole di suo padre. “essere speciali
non significa essere diversi.” Chissà
perché ebbe la suggestione di sentire pronunciare quella
frase non alla voce profonda del grande investigatore, ma a quella
fresca e rotonda di Manabe.
Il telefono vibró. Messaggio del lilla.
“Vado a nanna che domani è una
giornatona… non credere, siamo in due ad avere paura. Non
vedo l’ora di essere a casa con te! Ricordati che i vestiti
sono nel cassetto, stai attento a non scottarti le mani mentre prepari
la colazione e dormi tranquillo… ti voglio bene amico
mio.”
Minaho sorrise debolmente. Manabe aveva sempre il pensiero giusto e le
parole giuste per lui.
Dopo aver risposto al messaggio (-Avrò messo troppi
cuoricini?) l’arancione riprese a sorseggiare la bevanda e a
leggere. Il sonno non ne voleva sapere di arrivare…
pensò di guardare qualcosa in TV.
-Allora… vediamo un po’. Cartoni
animati… bah, replicacce che non interesserebbero nemmeno a
Rex! Telegiornali della notte… meglio di no.. che angoscia!
Telenovelas filippine nemmeno… film horror coreano pieno di
zombi mangiacarne… col cavolo! Stanotte voglio
dormire senza avere il terrore che qualcuno mi assaggi…
documentario di scienze. Mh… non male!
Passò quasi un’ora e il sonno non ne voleva
proprio sapere di arrivare. Minaho gemette di frustrazione e
ridacchió. -Cavolo… è l’una!
Niente da fare. Passare alla telenovelas non aiutò, e
nemmeno stendersi sul divano con gli occhi chiusi. Aveva mal di testa.
Pensó a Manabe… sperava stesse riposando
tranquillo. Ne aveva di certo più bisogno di lui…
quella dannata febbre che non scendeva!
Come se non bastasse, tra corse e agitazioni, aveva doloretti ovunque.
Pensó di farsi una doccia, nella speranza che
l’acqua calda gli sciogliesse i muscoli. Risultato? Il sonno
si allontanò ancora di più.
Si guardò intorno… la casa non era proprio come
sarebbe piaciuta a Manabe. Non era bravo come il lilla a fare ordine e
la sua mente eclettica tendeva anche ad essere ben poco ordinata sulle
cose della vita pratica… qualcosa gli diceva che Man non
avrebbe gradito. Pensó di fare un po’
d’ordine visto che il sonno non veniva.
Si mise a rassettare divani, spolverare mobili, raccogliere calzini e
piegare magliette. Erano le due di notte. .. scoppiò a
ridere rendendosi conto dell’ironia della situazione.
In capo a un’ora la casa aveva assunto un aspetto molto
più accettabile. Minaho fissò soddisfatto il suo
lavoro, le mani sui fianchi. Allora perché non riusciva a
farsi venire sonno? Iniziò a indagare dentro di
sé. Ovvio… aveva paura.
Odiava essere così debole… non riusciva ad essere
un appiglio sicuro per Manabe e non riusciva a lottare per lui come
avrebbe voluto. Per quanto potesse provare a nasconderlo a
sé stesso, l’angoscia gli appesantiva lo stomaco.
Guardó il telefono. Perché sentiva prudere la
mano? Non sarebbe stato così egoista da disturbare Manabe a
quell’ora, vero?
Però… però aveva così
bisogno di una parola dolce… si sentiva come quando, da
piccolo, piangeva tutta la notte perché papà non
era tornato a casa.
Prese in mano il cellulare. -Sono un debole…
Manabe si svegliò di colpo. Perché il suo
telefono stava squillando? Nel dormiveglia faticava a leggere il nome
sul display.
-P…pronto? Chi…
-M…Man?
Manabe sussultó. -Minaho! Oddio Minaho è successo
qualcosa? Sono le tre di notte!
Silenzio dall’altra capo del telefono. Si sentiva solo un
piccolo gemito… un uggiolio sommesso interrotto da piccoli
singhiozzi.
-M…Min? Stai piangendo? È…è
successo qualcosa? -Il lilla sbadiglió per il sonno
nonostante l’angoscia.
-Io… non… io no sto piangendo! -La bugia fu
svelata dalla voce rotta dell’arancione.
-A no? E allora cosa sono questi singhiozzi? -La voce del lilla era
dolce. -Dai Min… dimmi cosa succede ti prego…
-Man… mi… mi… mi sento così
solo! Mi manchi… tanto… e… e ho
così paura!
Il lilla sospirò. -Min… oh Min mi manchi tanto
anche tu! Dai… sono solo pochi giorni ancora…
tieni duro… fallo per me!
-Io… io non… non so se ce la faccio!
La… la casa è spaventosa se sono… sono
da solo… sento… sento tanti rumori…
Minaho si vergognava. Aveva paura del buio come un bambino piccolo?
Sapeva che era colpa dell’angoscia, ma non poteva fare a meno
di sentirsi in imbarazzo.
-Oh Min… ascoltami… respira. Adesso ti sto
abbracciando, ok? Ti tengo stretto stretto! Senti che ti sto
accarezzando i capelli? Non sei più da solo… non
sei da solo.
Minaho normalizzó lentamente il respiro. Smise di piangere
pur continuando a singhiozzare. -Man… quando. .. quando
finirà tutto questo?
-Presto Min… presto. Ora riposa… ne hai bisogno.
Io rimango qui con te finché non senti che stai per
addormentarti, ok? Ti racconto una storia…
Minaho si stese sul divano e chiuse gli occhi. La voce di Manabe che
dolcemente iniziò a raccontare una splendida storia tratta
da uno dei suoi libri più belli lo cullava. Una storia
poetica, che parlava di un pallido cavaliere e di una dama dagli occhi
selvaggi, figlia di una fata. Non si accorse nemmeno di essersi
addormentato… aveva solo fatto in tempo a sussurrare
-Grazie…
Le undici di mattina.
Minaho non poteva credere di avere dormito così tanto. Era
dannatamente tardi e lui era ancora sotto le coperte come un panda!
Balzò giù dal letto e si lanció in
bagno a lavarsi, mentre con la mente già andava al processo.
Si aspettava qualcosa di grosso.
Mentre con una mano cercava di infilare la maglietta e con
l’altra un calzino, squilló il telefono.
-Fratellone!!! -La voce di Rex invase la stanza riempiendola di gioia.
-Papà ha detto che oggi è una giornata speciale!
Sai che mi ha promesso di portarmi con lui? Non ho capito proprio tutto
tutto eh… però penso che se questa cosa serve a
fare stare insieme te e Man, allora andrà bene di sicuro!
L’arancione rise. -Sono contento che vieni Rex! Spero che non
ti annoierai e… che non rimarrai deluso.
Dentro di sé Minaho aveva ancora un’incertezza
grossa come una portaerei. Come era possibile che Manabe avesse trovato
una soluzione? Lui era chiuso in ospedale e avevano letto i regolamenti
decine di volte… in sua assenza il processo si sarebbe
chiuso con il rifiuto all’emancipazione.
-Tranquillo fratellone prima papà ha chiamato Man e me
l’ha passato… ha detto che ha un piano!
Minaho sospirò. Era proprio quella la sua paura…
e non poté scacciarla mentre salutava il bambino, dandogli
appuntamento per il primo pomeriggio in tribunale.
L’arancione pranzó con un panino. Aveva la stomaco
chiuso. Rimanevano ancora due ore di tempo da aspettare e lui non
sapeva proprio come ingannare l’attesa e placare
l’ansia. Estrasse il telefono.
-Min! Ciao amico mio! Come va… oggi? -La voce di Manabe era
stata spezzata da un violento colpo di tosse.
-Guarda… lasciamo stare Man. Mi viene da vomitare.
Piuttosto… tu stai male! Oddio sei peggiorato!
-No… -Un altro colpo di tosse. -No… niente
paura… è… è
normale… sto… sto benissimo!
-Mh… la febbre? -Minaho era poco convinto.
-Fa qualche scherzetto… ma non parliamo di me ora! Vedrai
Min… oggi si risolverà metà dei nostri
problemi! Potremo stare insieme… insieme! Ci pensi?
L’arancione, che proprio non capiva, rinunciò a
esprimere i propri dubbi. Aveva solo paura di qualche sciocchezza.
-Man… oggi cosa… cosa devo…
ecco… se mi chiamano… a parlare io…
-Min, quello che ti senti. -La voce del lilla era calda e sicura.
-Quello che ti senti.
L’autobus puzzava di cadavere quel giorno, pensò
Minaho. O forse era colpa della nausea?
Aveva indossato giacca e cravatta… non lo faceva mai ..
odiava quei vestiti freddi e scuri, ma quel giorno sentiva che era
necessario. L’unica concessione che si era fatto era un paio
di sobri jeans e scarpe bianche da tennis. Si era addirittura
pettinato… cosa non facile, con i suoi capelli.
Non si ricordava che il tribunale fosse così
lontano… però in effetti non si rendeva nemmeno
conto di dove fosse. Aspettava solo la fermata per scendere. Il segnale
era la facciata bianca del tribunale stesso, scandita da un grande
colonnato razionalista. Quando la vide, seppe che doveva scendere.
Entrò nella struttura con passo insicuro. Non riconobbe
nessuno, ma del resto che si aspettava? Una marcia di protesta a
sostegno suo e di Manabe? Erano soli.
Su un muro una serie di cartelli informavano i cittadini sui vari
ambienti della struttura. Minaho seguì le indicazioni per
“punto informazioni”. Arrivato trovò una
segretaria seduta dietro una lastra di plexiglas, con ben poca voglia
di lavorare a giudicaredalla foga con un si curava le unghie.
-Salve… l’aula del processo di emancipazione di
Manabe Jinichirou, per favore.
-Ehm… aspetta. -La donna, scocciata,
digitó qualcosa sul computer. -Ecco… aula 5, in
fondo al corridoio. La vedrai facilmente… è la
più grande. Di solito è adibita al processo
penale, ma oggi le aule di processo civile erano tutte
occupate…
L’arancione sospirò ringraziando. Percorse il
corridoio ed entrò in aula.
Era davvero enorme. A destra una grande gabbia di plexiglas ricordava
ai presenti che si trattava di un’aula adibita a processi ben
più gravi di quello, mentre una gigantesca bilancia in
bassorilievo occupava la parete terminale, alle spalle dei giudici.
La stanza era ancora quasi vuota. Minaho salutò il dottor
Konoe, il medico che aveva operato Manabe. Era venuto per
testimoniare… un uomo buono, pensò
l’arancione.
Minaho si sedette in posizione abbastanza defilata. Aveva visto, in
prima fila, i genitori di Manabe. L’uomo indossava
un raffinato completo nero, la madre era elegantissima.
L’arancione sperava che non lo avessero visto ma…
a giudicare dai loro sguardi alterati, lo avevano notato subito.
Dieci minuti dopo entrarono in sala Endou, anche lui chiamato a
testimoniare, e Rex. Il bambino teneva il padre adottivo per mano, ma
appena vide Minaho corse ad abbracciarlo.
-Sei profumato fratellone… ti sei fatto proprio bello.
Minaho sorrise e arrossí. -Ma… Ma cosa
dici…
Mancavano dieci minuti all’inizio del processo. I giudici
stavano per uscire dalla camera di consiglio… per annunciare
la rapida risoluzione della disputa. Manabe non era
presente, dunque era tutto perduto. Minaho non capiva proprio
cosa potesse far mutare un esito già deciso.
Sospirò e gemette di preoccupazione.
Fu in quel momento che lo vide.
Dalla porta principale, con piglio deciso, era entrato Manabe!
Indossava una camicia e un pullover. Sorrise all’arancione
che lo fissava in preda alla più totale angoscia e
confusione e si sedette al banco, dalla parte opposta rispetto ai
genitori.
Minaho era sconvolto.
-C…cosa???
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Capitolo 59 *** Guerra di testimoni ***
Su, venite a consiglio,
O pensieri.
Com’esser mai può
ch’io serva a Semira,
che scopo è dellira
di chi m’infiammò?
No, no, no, no!
E meglio soffrire,
penare, morire,
che mai rimirare
oggetti sì fieri.
Eh! lasciate i consigli,
o pensieri, o pensieri.
Dire che Minaho fosse allucinato sarebbe stato riduttivo.
Aveva appena visto il suo migliore amico, quello che sarebbe dovuto
essere in ospedale con la febbre alta e una brutta polmonite, steso su
un letto d'ospedale a leggere fumetti, entrare dalla porta principale
con piglio deciso e sistemarsi davanti ai banchi dei giudici! Non
riusciva proprio a capire.
Come era possibile che lo avessero dimesso? L’arancione aveva
parlato con i medici il giorno prima.. erano preoccupati per il lento
risollevarsi della salute del lilla, e avevano garantito che ne avrebbe
avuto almeno per altri tre giorni, senza contare le due settimane di
riposo e leggera attività fisica che lo aspettavano poi, per
riprendere pienamente possesso delle sue facoltà corporee!
-M..Man… -Sussurrò. Endou da parte sua aveva
assunto la sua stessa espressione. Solo Rex sembrava
entusiasta come suo solito alla vista del lilla. Si sbracciava per
farsi vedere, e siccome Manabe non lo notava sfuggì al
controllo del padre adottivo per correre da lui.
Manabe lo vide, sorrise e lo abbracció. Rex, tutto felice,
tornò a prendere posto vicino ad Endou.
Suonò una campanella.
Entravano i giudici. Tutti scattarono in piedi mentre una voce
proclamava, con forza, “Entra la corte!” Minaho li
osservò.
Erano due uomini e una donna. Lei, anziana e dallo sguardo
gentile, assomigliava a una nonna sotto alla pesante parrucca bianca e
fissava uno dei due colleghi, un uomo giovane dagli occhi estremamente
acuti. Completava il trio un uomo anziano con due grossi occhiali di
corno adagiati sul naso. Si sedettero, e con loro gli altri occupanti
della sala.
Ora che tutti erano in posizione Minaho poté farsi
un’idea migliore dei ruoli. Laddove il banco vicino a Manabe
era vuoto, quello accanto ai suoi genitori era occupato da un uomo alto
e sottile vestito con una toga nera. Doveva essere il loro
avvocato. L’arancione sapeva che la legge ne assegnava uno
d’ufficio a chi non poteva permetterselo, dunque lesse
l’assenza di quello di Manabe come una conseguenza della
scelta del ragazzo di difendersi da solo insieme ai suoi testimoni.
Immediatamente dietro di loro sedevano, appunto, i testimoni. Endou e
il dottor Konoe per Manabe, un uomo sconosciuto per i suoi genitori.
L’arancione fu colto da un orrendo sospetto. Manabe aveva
detto che lui avrebbe potuto essere chiamato a testimoniare…
perché non era seduto lì con loro? Ecco il
perché di quella sedia vuota!
Il ragazzo si alzò e si diresse verso la seduta, sentendosi
addosso il peso degli sguardi di tutta la sala. Era calato il silenzio
e lui era rosso come un peperone. Si sedette con un sospiro di sollievo.
Endou gli appoggió una mano sulla spalla mentre i giudici
preparavano i loro incartamenti.
-Pronto? Si comincia
Minaho faticó a seguire i primi minuti del processo, un
po’ per l’ansia e un po’
perché si trattava più che altro di dati e
informazioni private di Manabe.
I giudici fecero l’appello delle presenze, quindi lessero un
riassunto delle carte processuali ricordando lo stato dei fatti e le
istanze del ragazzo e dei genitori con le relative date di deposizione.
Minaho poté così scoprire che i problemi legali
del lilla si trascinavano da quasi tre anni. Ebbe una fitta al cuore
pensando al suo amico tutto solo a soli tredici anni.
-Ora gli appelli iniziali. Se qualcuna delle due parti intende dire
qualcosa lo faccia ora. Quando inizierà
l’interrogazione dei testimoni non sarà
più possibile per loro intervenire se non su nostra
richiesta. -Il giudice più anziano si sistemó gli
occhiali con fare sussiegoso. -Iniziamo da voi. -L’uomo
indicò i genitori di Manabe. La madre guardò il
padre facendogli cenno con il capo. L’uomo si alzò.
-Niente da dichiarare. Solo vorremmo che questa pagliacc…
situazione si risolva al più presto. È
già durata fin troppo, e nostro figlio è
sottoposto da troppo tempo all’influenza di gentaglia da
quattro soldi.
-La invito ad astenersi dal dare giudizi.-Il giudice fece un cenno con
la mano. -Sentiamo ora la parte richiedente… ragazzo,
qualcosa da dichiarare?
Manabe tremava ed era molto pallido. Si alzò a sua volta in
piedi ma sembrò avere poco equilibrio. Si riebbe e si
sostenne alla sbarra.
-Io… io voglio… io vorrei…
solo… essere libero.
Minaho sospirò. Non sarebbe stato facile.
Era appena iniziata l’audizione dei testimoni e lui era
sconvolto da sensazioni contrastanti. Da una parte la rabbia per le
menzogne del testimone dei genitori del lilla, che a quanto pare era
uno zio di terzo o quarto grado pescato chissà dove che
stava dipingendo Manabe come un fragile squilibrato in balìa
di pulsioni pericolose e manipolato da “persone
cattive”, dall’altra il terrore che il suo amico
crollasse per lo stress e per la febbre.
Manabe, da parte sua, stava tutt’altro che bene.
All’angocia si sommava la febbre altissima. Il caldo umido
del riscaldamento lo stordiva e gli seccava a gola dolorante, mentre la
tosse non gli dava tregua.
-Forse… forse… non dovevo… non dovevo
scappare dell’ospedale.
I giudici fermarono il teste dei genitori. Il suo tempo era scaduto e
lui aveva vomitato tutta la sua marea di bugie e banalità.
Minaho era disgustato. Ora toccava ai teste di Manabe.
-Bene… chi vuole parlare per primo? Il signore con il
bambino?
La giudice sorrise a Rex. Endou prese un respiro e si alzò
in piedi. -Sono pronto.
-Benissimo. Signor Endou, vero? Ci racconti la sua versione dei fatti.
-Io… io conosco Manabe Jinichirou dall’inizio di
quest’anno scolastico, ovvero da quando lui e il suo amico
Kazuto Minaho si sono iscritti al club di calcio da me gestito alla
Raimon junior high. Per… per vari ragioni ho avuto modo di
approfondire il rapporto con il ragazzo venendo a conoscenza dei suoi
problemi. Posso garantirne la più assoluta
maturità… Manabe ha fatto cose, combattuto
battaglie che nessun’altro alla sua età
può dire di avere affrontato.
Minaho era commosso. Il racconto di Endou proseguì toccando
vari episodi salienti degli ultimi mesi, mentre i giudici ascoltavano
attenti. Quando gli fu detto di tornare a sedere aveva avuto modo di
tessere un quadro molto positivo della maturità di Manabe.
Lo stesso fece il dottor Konoe, chiamato a testimoniare subito dopo.
Raccontò gli episodi drammatici del ricovero e
dell’intervento del lilla, soffermandosi soprattutto sul suo
rapporto con Minaho.. Anche questa volta i giudici sembrarono
positivamente impressionati. Di contro, i genitori del lilla
parlottavano scocciati tra loro con fin troppo evidente
disprezzo di chi gli stava intorno. Minaho si sentiva i loro sguardi
addosso ogni volta che voltava le spalle.
Ci fu una breve pausa. I giudici lavoravano sui loro plichi di fogli
mentre i testimoni e gli interessati parlavano con gli
avvocati. Manabe, che si sentiva vicino al collasso,
trovò la forza di fare un sorriso a Minaho che lo fissava a
metà tra l’incredulo, il ferito e
l’angosciato. Ebbe una fitta di senso di colpa per non averlo
avvertito dei suoi piani… non aveva voluto preoccuparlo
senza motivo, però quello sguardo…
L’arancione da parte suo stava riflettendo. Voleva
disperatamente andare da Manabe, ma aveva il terrore dei suoi genitori
e non voleva rendersi conto di quanto stesse male… sapeva
che non avrebbe retto all’angoscia. Una lacrima gli
rigó una guancia. Trattenne un piccolo singhiozzo. Non era
il momento di avere voglia di un abbraccio… si sentiva
debole. Bisognava prendere una decisione.
Appoggió le mani sulla sbarra e strinse i denti. -Ora mi
alzo e vado da lui…
-Minaho Kazuto! Al banco dei testimoni!
Calò un silenzio di tomba. Tutta l’aula
poté vedere Minaho, già pallido di suo, sbancare
come una tazza di latte. Il ragazzo si strinse una mano sul petto.
-I... Io. ..
I genitori del lilla lo guardavano con odio. Si sentì
mancare… poi il suo sguardo si soffermó su
Manabe. Lo guardava con gli occhi lucidi. Avrebbe capito se non ce
l’avesse fatta? Se si fosse tirato indietro? Aveva degli
occhi così tristi...
Una scossa di adrenalina. L’arancione si alzò di
scatto e si posizionó al banco dei testimoni. -Sono pronto,
vostro onore.
-Bene… ci parli del suo amico. Vorremmo sapere…
lei lo ritiene maturo? Ritiene che sarebbe capace di sostenere un ruolo
autonomo nella società di questo paese?
-Io… -Minaho era spaventato. -Io… io ne sono
certo, vostro onore! Questo ragazzo… cioè
Manabe… lui… lui riesce a provvedere a tutto
quanto occorre al suo sostentamento, nonché al
mio…
-Prego? Lei vive a carico del ragazzo?-Il giudice era stupito, ma
sembrava interessato.
-Ecco… io… io vivo con Manabe da qualche
mese… ne abbiamo passate tante! Vi assicuro che mi ha tolto
da una brutta situazione… non avevo mai avuto un amico come
lui. È… è perfettamente autonomo e in
grado di provvedere a tutto… sa cucinare, insieme teniamo
pulita la casa… potete vedere i suoi rendimenti scolastici!
Sono i più alti della scuola... fa sport, ha
subito un intervento e relativo recupero! A prescindere dalla sua
età anagrafica… il mio amico…
cioè… Manabe fa… fa cose che forse
pochi adulti fanno. Io… Io lo stimo con tutto me stesso.
-Perfetto. La sua testimonianza è chiara e univoca.
Ora… se le parti volessero avvicinarsi, è ora
degli appelli finali prima che questa Corte si riunisce per deliberare.
Minaho ricadde sulla sedia sospirando di sollievo. Era andata.
Osservò i genitori del lilla alzarsi in piedi molto stizziti
ed avvicinarsi al banco dei giudici, e con loro ma dalla parte opposta
il figlio.
Manabe era pallido e sudato. Non si era mai sentito così
debole e non aveva idea di come sarebbe potuto rimanere in piedi e
addirittura parlare. Il caldo e i rumori lo stordivano… si
sostenne alla sbarra e trovò la forza sovrumana di sorridere
a Minaho, facendogli cenno di stare tranquillo e ringraziandolo.
I giudici si rivolsero prima ai genitori. -Dunque…
è il momento del vostro appello. Diteci perché
dovremmo negare l’emancipazione a questo ragazzo.
L’uomo prese la parola.
-È evidente, vostro onore! Nostro… figlio
è sempre stato emotivamente fragile e problematico! Guardate
con quali compagnie si accompagna! È succube di
quel ragazzaccio orfano ripescato dalla strada e di quella combriccola
di...
-Sa? I miei genitori sono morti quando avevo sette anni, uccisi dalla
malavita. Perché pensa che sieda su questo seggio? Sia
attento ai pareri che esprime su quel ragazzo, la prego. -A parlare era
stato il giudice più giovane. Il padre del lilla
sbiancó, ma fu un istante. Diede immediatamente
l’impressione di aver superato
l’imbarazzo… si vedeva che era un diplomatico
esperto.
-Capisco… non potevo sapere. Comunque ribadisco, nostro
figlio è incapace di difendersi da chi lo sfrutta. Deve
tornare a casa prima che la situazione degeneri e lui ne venga
irrimediabilmente ferito.
Manabe tremava di rabbia e di freddo. Strinse i denti.
-Perfetto. .. sentiamo ora l’altra parte. Ragazzo,
perché dovremmo concederti l’emancipazione?
-P…perché … perché la
mia… -Manabe batteva i denti e si sentiva svenire. -La mia
fragilità è…è
causa… del disinteresse di chi… di chi ora
mi… accusa. -Fu sconvolto da un accesso di tosse.
-Queste… persone e questo… ragazzo sono la
mia… vita… la mia possibilità
di… di riscatto… vi supplico…
ho… ho diritto a essere… libero, dopo tanto
dolore.
I giudici parlottavano tra loro. Avevano letto le carte del processo e
sapevano delle difficoltà che Manabe aveva avuto nella sua
infanzia. Sapevano che il lilla non scherzava e non cercava di farsi
compatire.
-Perfetto… è ora di iniziare la discussione in
camera di consiglio. Presto avremo il verdetto.
I giudici si ritirarono, e un brusio invase l’aula.
Minaho voleva correre dal suo amico, ma qualcosa lo
tratteneva… non voleva che i genitori del lilla lo vedessero
con il figlio… -Non si sa mai… -pensò.
Magari potevano usare un abbraccio per rinforzare davanti ai giudici le
loro tesi… anche se oramai i giochi erano fatti.
-Man… -Guardò l’amico, che era pallido
e respirava con la bocca. -Man… tieni duro ti
prego… ci siamo quasi!
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Capitolo 60 *** Un anomalo verdetto ***
Volli, volli,
fortissimamente volli
Il brusio in sala impediva di capire esattamente cosa stesse
succedendo. Minaho era molto confuso e aveva in sé
impressioni contrastanti.
I testimoni di Manabe avevano parlato bene ed erano stati
convincenti, certo… ma i giudici non conoscevano
il ragazzo, e dunque per loro la loro parola non valeva di
più di quella dei genitori del lilla e del loro viscido
testimone. Le probabilità di avere successo erano
equilibrate, non certo sbilanciate a favore di Manabe.
L’arancione si passò la mano tra i capelli e poi
la portò al mento, riflettendo. Aveva elaborato i tipi
psicologici dei tre giudici, e gli sembravano persone imparziali. In
effetti, disgustato dalle parole dei genitori del lilla, aveva passato
molte fasi del processo a concentrarsi sui tre magistrati
più che su quello che si diceva. Allenare la sua deduzione,
usare i trucchi che aveva imparato dal padre aveva su di lui un effetto
rassicurante.
Manabe, dall’altra parte della sala, sentiva un trapano
battergli in testa.
Doveva essere molto pallido, a giudicare dal colore delle sue mani.
Sorrise debolmente pensando alla carnagione lattea di Minaho.
Quella mattina, quando si era svegliato, si era subito reso conto che
la febbre era molto alta. Alla prima misurazione aveva rilevato 39.4,
un valore che l’infermiera aveva immediatamente riferito al
dottore.
Il lilla però non aveva pensato nemmeno per un istante di
rinunciare alla sua fuga. Era stato facile approfittare dei minuti di
caos conseguenti all’apertura delle porte per
l’orario di visita. Tante persone entravano per andare a
trovare i propri cari… lui, in abiti normali, era
sgattaiolato tra coppiette e bambini tenuti per mano imboccando
facilmente il corridoio d’uscita.
Aveva superato la guardiola delle infermiere senza problemi.
Le aveva osservate e sapeva che a quell’ora andavano a
prendere un caffè, rassicurate dalla presenza dei dottori
che accompagnavano i parenti in visita. -Grazie Min… per
avermi insegnato qualcuno dei tuoi trucchi! -Il lilla
ridacchió mentre imbucava l’uscita.
Passare l’accettazione approfittando della fila fu uno
scherzo, e il lilla si ritrovò in strada.
Dovette fermarsi a riprendere fiato su una panchina per colpa di un
eccesso di tosse, ma tutto sommato poteva dirsi felice. Non gli
importava di stare male… aveva ben altre preoccupazioni.
L’autobus che lo portò fino al tribunale,
dall’altra parte della città, fu un calvario.
Faceva un caldo bestiale che acuí terribilmente il mal di
gola di Manabe, che, pigiato come una sardina, faceva del suo meglio
per non cadere a terra svenuto. Ad ogni respiro gli sembrava di
respirare umidità pura che gli faceva peggiorare
terribilmente la tosse e sentiva le gambe deboli.
Quando poté finalmente uscire sospirò di
sollievo. Da lí in poi la strada era stata tutta
lineare… nonostante l’angoscia. Aveva solo un
minimo di senso di colpa per avere tenuto nascosto a Minaho il suo
piano, ma era certo che lo avrebbe capito.
Prese un respiro profondo e fu sconvolto da una violenta scarica di
colpi di tosse. Si rese conto di non aver tenuto conto di una cosa
fondamentale mentre preparava il suo piano… come avrebbe
fatto a tornare in ospedale senza che nessuno si rendesse conto della
sua fuga? Anzi… probabilmente se ne erano già
accorti! Questo era un bel problema…
Il lilla decise di non pensarci prima del tempo. Ora aveva problemi ben
maggiori.
Minaho si accorse di essersi completamente spettinato. Era
ovvio… era mezz’ora che giocherellava con i suoi
ciuffi per sfogare la tensione. Quanto cavolo ci mettevano quei
giudici? L’arancione immaginó una discussione
molto accesa che vedeva, chissà perché, il
giudice più giovane prendere strenuamente le difese del suo
amico.
-Scherzi dell’autosuggestione! -Pensò.
Rex, seduto al fianco di Endou, gli mandava continuamente sorrisi
radioso che l’arancione si sforzava di ricambiare con il
cuore. Il bambino aveva capito molte cose.
La porta della sala di consiglio si aprì. Tutti scattarono
di nuovo in piedi, anche Manabe nonostante lo sforzo evidente che gli
procurò un tremendo giramento di testa e lo spinse a
ritornare a sedere dopo pochi istanti, pallido in viso.
I tre giudici entrarono in aula reagendo cartelle piene di documenti e
si sedettero sugli scranni che fino a poco prima avevano occupato. Non
sembrava essere cambiato nulla, ma tanto poteva cambiare grazie o per
colpa delle parole che da lì a poco avrebbero pronunciato.
L’arancione strinse i pugni con tanta forza da farsi male. Si
guardò i palmi delle mani. Sulla pelle lattea i segni delle
unghie premute a viva forza. Si accorse di stare tremando. Come era
possibile che Manabe sembrasse così calmo?
Il lilla in realtà era semplicemente rassegnato. Non osava
sperare per paura di venire deluso, e aspettava con angoscia il
verdetto della Corte. Mai come allora si era sentito appeso ad un filo,
e il malessere fisico di certo non aiutava.
Il giudice più anziano si alzò in piedi. Per un
lungo istante fece correre lo sguardo per l’intera estensione
della sala, soffermandosi su tutti e nessuno. Era molto serio. Quando
aprì la bocca per parlare, lo fece con calibrata
intensità.
-Annunciamo che questa Corte ha preso una decisione.
Manabe sentì il cuore balzargli in gola, Minaho
impallidì. Dal lato opposto della sala si alzò un
leggero brusio, mentre i genitori del lilla, come il figlio, si
alzavano in piedi.
-Questa Corte… -Il giudice proseguì -…
ha avuto modo di discutere a lungo riguardo al caso che
quest’oggi ci è stato sottoposto. Dobbiamo
segnalare come nessuna delle due parti, data la
particolarità della materia trattata, abbia portato prove
tangibili a sostegno delle proprie tesi. Da qui ogni nostra
perplessità, nell’impossibilita di basarci su
qualunque cosa che non sia la semplice testimonianza.
Minaho ebbe un sussulto. Non gli piaceva affatto quell’inizio.
-Ecco dunque… -L’Uomo proseguiva con crescente
vigore. -… perché questa Corte, nel prendere la
propria decisione, si è dovuta basare sul giuramento solenne
pronunciato dai testimoni, consapevoli del proprio impegno nei
confronti non solo della propria parte, bensì della nazione
intera in nome della quale esercitiamo il potere giudiziario.
Minaho sospirò di sollievo. Era solo un preambolo di
circostanza con il quale i giudici spiegavano come si fossero basati
sulla parola dei teste per prendere la loro decisione! Niente di
preoccupante… non troppo almeno, no?
-Procediamo ora con la lettura del verdetto!- In sala calò
il silenzio. L’ansia era palpabile. -Alla luce di quanto
emerso da questo processo e dagli atti depositati presso questo
tribunale, la presente Corte delibera…
Ansia. Minaho si sentiva la pressione sotto i piedi. Manabe, invece,
iniziava a vederci doppio.
-… che il presente Manabe Jinichirou è
potenzialmente in grado di ottenere dalla Corte suddetta
l’emancipazione!
Silenzio.
Ci volle qualche istante perché Minaho e Manabe
realizzassero le parole dei giudici.
Manabe spalancò gli occhi. -Non… non
ci… non ci credo!
Dalla parte opposta il silenzio fu rotto da un grido soffocato. Minaho
aveva fatto una mezza piroetta sul piede destro e non era riuscito a
trattenersi. Si era portato una mano sulla bocca, rosso come un
peperone.
-Silenzio! -Il giudice fulminó l’arancione con gli
occhi, ma per un istante nel suo sguardo sembrò baluginare
un accenno di sorriso. -La Corte ritiene, come già detto,
Manabe Jinichirou potenzialmente, e ribadiamo, potenzialmente in grado
di ottenere l’emancipazione!
-Ecco… lo sapevo che mi ero illuso troppo presto…
-Minaho si morse il labbro.
-Questa Corte, nell’impossibilità di
esprimersi univocamente sulla sola parola dei testimoni, decreta che
Manabe Jinichirou debba sostenere un test sulla sua maturità
prima di poter ottenere a tutti gli effetti l’emancipazione.
-Un… un test? -Manabe era allibito. Cosa volevano da lui?
Guardó alla sua destra… suo padre era impallidito
e sembrava furibondo. Ebbe una fitta di paura.
-La Corte decreta che, per due mesi a partire da domani, Manabe
Jinichirou sia sottoposto al test. Egli dovrà dimostrare di
poter trovare un lavoro o una qualunque valida fonte di introito, senza
per questo far calare il proprio rendimento scolastico. Inoltre ogni
dimostrazione ulteriore di maturità sarà tenuta
in considerazione da questa Corte. Se al termine dei due mesi queste
condizioni saranno verificate e non sarà avvenuto nulla di
talmente grave da cambiare il nostro giudizio,
l’emancipazione diverrà effettiva.
Minaho era sconvolto. Doveva essere felice o piangere? Quella cosa era
assurda… però… però era una
possibilità che forse dovevano cogliere… avevano
alternative? Anche Manabe sembrava fortemente perplesso.
-È…è
un’assurdità! -Il padre di Manabe alzò
forse un po’ troppo la voce.
-È un verdetto di una corte di Stato, sa benissimo che
è suo dovere attenervisi. Stia attento, ogni sua azione ai
limiti del tollerabile potrebbe influire sul nostro giudizio finale.
-Il giudice anziano fulminó l’uomo con lo sguardo.
Il padre del lilla digrignó palesemente i denti.
-Almeno… almeno dovete togliere di mezzo quello stupido
ragazzino che parassita nostro figlio! Voi non vi rendete
conto…
-Basta! -Questa volta era stata la donna ad intervenire. -La invito a
portare più rispetto ai testimoni! Inoltre il ragazzo di
nome Minaho Kazuto è fondamentale in tutta questa
situazione. Egli non solo potrà, ma dovrà
continuare la proprio convivenza con Manabe Jinichirou, essendo egli
elemento di stabilità per il ragazzo. Siamo una corte di
giustizia, ma abbiamo un cuore anche noi. Forse fareste meglio a farvi
delle domande! Non vedete come si vogliono bene? Quel ragazzo non ha
mai smesso di guardare vostro figlio per due ore! La seduta
è tolta.
L’uomo strinse i denti, quindi, presa per mano la
moglie, uscì a precipizio dalla stanza borbottando furioso.
-Ci rivedremo!
Minaho ora era convinto. .. poteva gioire! Si precipitó da
Manabe e lo abbracció, insieme ad Endou, Rex, il dottore e
tutti quelli che avevano assistito al processo parteggiando per loro.
Solo allora l’arancione notó Tenma e
Shindou… si commosse.
-Ragazzi… siete… siete venuti….
-E come potevamo mancare? Min fatti abbracciare! -Tenma, come al solito
leggiadro come un elefante, si buttò addosso
all’arancione che divenne rosso come un peperone.
-Dite ragazzi… e ora che farete? Avete un
bell’impegno davanti! Saranno due mesi fondamentali. -Shindou
era pragmatico come sempre.
-Bhe… penso che… penso che inizieremo subito a
darci da fare! Vero Man?
L’arancione sorrideva. Per la troppa emozione il lilla non lo
aveva sentito.
-Ehila… Terra chiama Manabe?
Minaho si voltó.
Il lilla era a terra, privo di sensi.
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Capitolo 61 *** Un nuovo cammino ***
Just remember to fall in
love
There's nothing else
There's nothing else
-Toglietevi di qui! Fatelo respirare!
-Oddio papà! Papà che ha Man!! Papà ho
paura!
-Manabe! Manabe mi senti?
In aula un vociare pazzesco. Minaho era seduto in terra, gli occhi
sbarrati. Manabe non riprendeva conoscenza...su di lui Shindou, intento
a prendergli il polso, mentre Rex piangeva tra le braccia di Endou.
Tenma cercava di fare forza all’arancione.
-Dannazione! Cercate subito un dottore! Datevi una mossa! -Shindou
urlava in preda all’agitazione. Il dottor Konoe era dovuto
scappare poco prima della fine del processo… la sfortuna
voleva proprio accanirsi, pensò il castano.
-Min… dai… dai fatti forza…
adesso… adesso si sveglia! Vedrai che… adesso si
sveglia…. -Tenma non era molto rassicurante, visto come
tremava.
Finalmente Minaho si riebbe. Gattonó fino a Shindou e si
aggrappó alla sua spalla.
-Shin… Shin… lui… lui
è… è…-Scoppiò a
piangere come una fontana.
Shindou sussultó e prese le spalle dell’arancione.
-Min! Min guardami! Non ti agitare così…
non… non è… credimi!
È… è la febbre… ha il
battito, stai tranquillo… tranquillo. -Abbracció
l’amico. -Non piangere… non piangere, ok?
Minaho singhiozzó con violenza. Era confuso e soffriva.
-Lo… lo sapevo che avrebbe… che avrebbe fatto una
follia! È… è colpa mia!
Dovevo… dovevo impedirglielo… dovevo!!
Shindou sospirò. -Min… Min non è colpa
tua. Vieni… vuoi tenergli la mano? Vedrai… adesso
si sveglia, ok?
Il ragazzo singhiozzó ancora. Prese la mano del lilla e si
stupì che fosse calda come al solito. Nei suoi pensieri
angosciosi se la figurava fredda come il marmo. Ebbe un fremito di
sollievo quando vide che, ovviamente, Manabe respirava. Sotto il capo
del lilla era stato piegato un cappotto, e il busto era stato sollevato
contro la spalliera di uno dei banchi. Sembrava così
sereno… Minaho aveva gli occhi offuscato dalle lacrime,
così che non vide quando il lilla, pian piano,
aprì i suoi.
-M…Min?
L’arancione si riscosse. -Man! Man sei… sei
sveglio! Oddio Man mi hai fatto preoccupare…
Manabe era pallido. I suoi occhi erano lucidi… si sentiva
spaventosamente in colpa.
-Min… lo… lo so che mi vorresti picchiare
però… però… mi…
mi abbracci? Ti voglio… così…
bene…
Minaho guardò il suo amico negli occhi per un lunghissimo
istante. Non aveva mai notato quanto fossero belli, con quel color
pervinca profondo come il mare. Sospirò e lo
abbracció tenendolo stretto a sé.
-Anche io ti voglio bene… ma non farmi mai
più uno scherzo del genere!!
Manabe fu fatto sedere e gli fu portato un bicchiere d’acqua
e un cornetto. Minaho gli poggió le labbra sulla fronte,
gesto che fece arrossire tremendamente il lilla.
-Scusa Man… mamma faceva sempre così per sentire
se avevo la febbre!
-O…ok però… insomma dimmelo quando
vuoi baciarmi!
Scoppiarono entrambi a ridere. -Senti Man… hai la febbre
alta! Che cosa ti è saltato in mente di venire qui?
È stata una pazzia! Se lo avessi saputo….
-Se lo avessi saputo mi avresti impedito di farlo, e non saremmo potuti
più stare insieme.
La voce calma del lilla aveva colpito Minaho. Poteva dire che avesse
torto? La sola prospettiva di perdere la compagnia del suo amico, di
dover rinunciare a stare con lui, gli toglieva ogni senso alla vita.
-Io… io lo so però…
però… Man potevi… potevi…
-Morire? -Il lilla rise dolcemente. -Sarei morto da eroe no? Pensa che
bellezza!
-Man!! Non… non lo dire! Non lo dire mai più!!
-Il tono angoscioso del lilla fece sorridere Manabe. Gli fece una
carezza.
-Ehi… ehi, scherzavo! Figurati se rischierei di
morire… non devi avere paura! Sono svenuto perché
qui dentro fa un caldo pazzesco! E poi non ho mangiato
nulla… ci facciamo un panino?
Minaho non poté fare a meno di sorridere. Manabe stai
facendo di tutto per tranquillizzarlo e sdrammatizzare.
-Va bene… vada per il panino! Poi però dritti in
ospedale… tra due, massimo tre giorni ti voglio a casa con
me! Sono stufo di stare solo… e poi senza il mio migliore
amico chi mi salverà dalla mia cucina tossica? Chi mi
aiuterà a trovare i miei libri? Chi mi correrà
dietro raccogliendo mutande e calzini? Chi… chi mi terra
stretto la notte se faccio… se faccio un brutto sogno? -La
voce dell’arancione si ammorbidí di colpo.
-Ho… ho paura la notte a volte. Sono proprio un bambino.
-No… sei solo tanto sensibile. Tieni duro… tra
poco sarò a casa da te e ti difenderó da
qualunque cosa! -Manabe abbracció l’amico.
Scoppiarono a ridere insieme.
La faccia dell’infermiera di guardia, quando il lilla
rientró, avrebbe meritato un monumento. Manabe
ridacchió.
Rientrato in camera si beccó la sua dose esagerata di
rimproveri, ma in fondo cosa gliene importava? Ora la vita gli sembrava
molto più lieta!
Si stese sul lettino con un sospiro di sollievo. Paradossalmente si
sentiva bene. La misurazione della febbre, contro ogni previsione,
segnò 37 gradi! Un mezzo miracolo.
-Man… ma… ma hai preso una medicina quando non
guardavo? Come è possibile??
-Io… io ti giuro che non ho preso nulla! -Il lilla rideva.
-Sei tu la mia medicina.
Quella sera a casa Minaho era davvero di buon umore. Per combattere la
solitudine e festeggiare aveva pensato bene di invitare Shindou,
Kirino, Tenma e Rex a dormire da lui… unicamente
perché la casa era piccola, altrimenti avrebbe invitato
l’intera squadra!
Per cena aveva fatto venire una quantità smodata di roba dal
miglior ristorante della zona, più una vaschetta di gelato
che sarebbe stata adatta per i duecento stile libero.
-Dal momento che non è andata proprio benissimo, ma nemmeno
male, vale la pena di pensare positivo e festeggiare!
-L’arancione si buttò sul divano con in mano un
bicchiere di aranciata. -Da domani dovremo darci da fare… ma
stasera si fa festa in onore di Manabe!
Mentre Minaho si interrogava su quale musica mettere per rallegrare la
serata, Tenma se la rideva a vedere Rex, tutto felice e sereno,
abbracciare stretto stretto il collo di un imbarazzatissimo Shindou.
-Oddio… io… io non ci so fare con i
bambini… ma ti piaccio così tanto? -Il castano
ridacchió rosso come un peperone.
-Sì… tanto tanto! Piaci ai miei
fratelloni… quindi sei buono di sicuro!
Tenma rise mentre Shindou attraversava nuove e più intense
gradazioni di rosso carminio.
Mozart invase la sala. Sonata per pianoforte in do minore.
-Ehi! Questa la so suonare! -Shindou rise. -Mi piace Mozart.
-Anche a me… -Minaho si accovacció sul divano
stringendo le ginocchia al petto. Il secondo tempo di quella sonata
aveva un grosso difetto… lo faceva piangere. Si nascose
dietro le proprie gambe.
-E ci credo! Ti doveva assomigliare così tanto! -Il castano
passò Rex a Tenma, che iniziò a farlo saltare tra
le sue braccia. -Ti devo prestare una delle sue biografie…
era proprio come te da certi punti di vista.
L’arancione arrossí. -Ecco…
io… la sola differenza è che lui era un genio.
Shindou sorrise. -E perché… tu e Manabe cosa
siete?
Minaho non ricordava quanto fosse divertente giocare a scacchi con
qualcuno che avesse una mente strategica come quella di Manabe. Dovette
riconoscere che Shindou non se la cavava affatto male.
-Ragazzi… che ne dite, dopo ci guardiamo un film? Io sono
troppo emozionato per dormire! -Tenma saltellava per la stanza come un
bambino.
Minaho rise. -Certo! Questa notte non si dorme!
-Cos… cosa? Ma io ho sonno! -Shindou sbadiglió.
-Suvvia… non fare il guastafeste! Ti preeeeego! -Tenma prese
la mano del castano, che sospirò.
-Sigh... e va bene…
Scelsero un film d’azione. Inutile dire che dopo nemmeno un
quarto d’ora Shindou dormiva in maniera indegna. Tenma, che
teneva in braccio Rex, sbuffava buffamente. Minaho sorrise.
-Eddai Ten… lascialo riposare poverino…
-L’arancione aveva delicatamente sistemato un cuscino sotto
la testa di Shindou.
-Bhe… dovrei? Anche quando usciamo la sera dopo poco si
schianta… i suoi pretendono che vada a letto alle dieci, i
suoi orologi biologici sono troppo potenti! -Tenma sospirò.
-Chissà come fa Kirino a tenerlo sveglio…
-Credimi Ten, meglio non farsi questa domanda. Meglio non farsela! -Il
rosa lo guardó sornione.
Il castano trattenne a stento una risata. -E va bene… vuol
dire che lo sveglierò io! Rex scusa un istante…
Il castano si alzò. Minaho si prese il mento tra le dita.
-Tenma… cosa hai intenzione di…
Sbam!
Il castano tiró un pestone pazzesco ai piedi nudi di Shindou, che
balzò in piedi urlando. Tenma aveva mirato alla delicata zona tra i pollicioni e il cuscinetto delle dita, che Shindou aveva particolarmente sensibile.
Nel giro di due secondi Minaho aveva assistito alla trasformazione malvagia di
quello che aveva sempre visto come il suo pacifico, dolce capitano,
mentre il pacatissimo Shindou saltellava per la stanza urlando di
dolore e tenendosi il piede tra le mani.
-Ahiahiahiahia! Tenma ma che… ahiahi!! Che ti salta in
mente… Ahiahiahiahia!! I piedi!! Ahiahia!!!
Il castano rideva. -Forse non ho proprio calibrato bene la
forza…
-Ahiahiahiahia!! Ma davvero? Ahiahiahi… i miei poveri
piedi!!! Ahiahi!! Che dolore!! Ahiahia!! Che dolore!!!
Kirino, preoccupato, saltò in piedi riuscì a far sedere il suo ragazzo vicino a
sé e a prendergli il piede. Immediatamente gli tolse i calzini, gettandoli a terra, e iniziò a esaminargli i piedi nudi. Shindou aveva le dita dei piedi bloccate. Il pestone gli aveva mandato in panne i pollicioni. - Presto!! Portate del ghiaccio!! Tieni duro Shin… ti
faccio subito un massaggio! Presto!! Qualcuno porti del ghiaccio per i piedi di Shin!
-oddio sì sì... presto... fai... fai qualcosa...
-Shin! O povero Shin... lasciati andare! Lasciati andare!! -Kirino teneva tra le mani il piede in fiamme del suo ragazzo, disegnandogli profondi cerchi con i pollici sotto i cuscinetti delle dita.
-Ran... gli alluci... i miei poveri alluci...
Minaho, che si sforzava di non ridere e di sembrare serio, tornò con il ghiaccio e si
avvicinò al castano che gemeva di sollievo mentre il rosa
gli massaggiava dolcemente la pianta del piede cercando di sciogliergli i muscoli. -Ehm… vuoi un bicchiere d'acqua?
-No… voglio una pistola e Tenma legato davanti ad un bel
bersaglio rosso! Ahhhh… -Shindou, la fronte sudata, non trattenne un gemito di piacere. -Kirino grazie al cielo ci sei tu... che sollievo!! Ahhhhhhh.... sì... proprio lì... spingi... spingi con i pollici.... fiuuuuu...
Kirino posò dolcemente il ghiaccio sulle piante dei piedi del suo ragazzo. I pollicioni di shindou erano ipersensibili per i suoi allenamenti da regista, e ne trassero un grande sollievo.
-Ahhhhhhh....questa notte dobbiamo parlare di alcune cose che…
-… che è meglio non facciate in casa mia! -Minaho
scoppiò a ridere mentre i due ragazzi arrossivano.
-Vedete… ho il sonno moooooolto leggero!
-Ma… Min! Se Kirino e Shindou vogliono parlare non vedo
perché… -Tenma era perplesso.
-Tenma… sai cosa mi piace di te?
-Ehm… no?
-La tua innocenza! -Minaho saltò addosso all’amico
e prese a fargli il solletico.
Per fortuna il ghiaccio unito all'abilità delle mani di Kirino erano riusciti a dare il meritato sollievo al piede di Shindou, il quale, sgranchendo lentamente le dita per sciogliere i muscoli, potè tornare a sedere con l'espressione di chi si era salvato per miracolo. Guardarono un film, poi un altro… fino a crollare tutti e quattro... o forse no?
La mattina seguente, dopo una buona colazione preparata
da Kirino, l’unico che avesse un minimo di
capacità ai fornelli, i tre ragazzi si incamminarono insieme
per andare a scuola.
Mentre si sorbiva le lentissime ore di lezione previste
dall’orario del giorno, Minaho pensava. Quel pomeriggio
avrebbe dovuto, insieme a Manabe, iniziare a programmare le loro mosse
per le settimane a venire. Non potevano permettersi errori di sorta se
volevano che il tribunale confermasse l’emancipazione del
lilla.
L’arancione era entusiasta di essere stato scelto dal
tribunale per rimanere sempre vicino al suo amico, anche se non lo
avrebbe ammesso di fronte a nessuno. Si era reso conto di voler stare
con lui… non solo come ospite in attesa di trovare una casa.
Ora ne era certo… per lui Manabe era un fratello, e non
poteva immaginarsi una vita senza averlo sempre al suo fianco.
-Bene… interroghiamo Minaho Kazuto! -Il professore si
alzò in piedi. -Vieni alla lavagna e calcola queste
derivate…
-Matematica…- L’arancione pensò a
Manabe. -E sia! Manca solo un’ora alla fine delle
lezioni… Man, sto arrivando!
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Capitolo 62 *** Verso un nuovo Sole ***
Dalla sua pace la mia
dipende,
quel che a lei piace vita mi rende,
ciò che le incresce morte mi dà.
La mattinata scolastica si era conclusa, finalmente.
Minaho, con un dieci in matematica che aspettava solo di essere
riferito al suo amico, se ne tornó a casa di buon umore,
sopportando di buon grado anche il caos
sull’autobus, la gente che gli tirava i capelli e prestava i
piedi.
La casa sembrava particolarmente luminosa quel giorno.
L’arancione spalancò le tende ed aprì
le finestre. Gli sembrava di dover rinnovare il clima che si respirava
lí dentro.
-Bene... e ora vediamo cosa abbiamo di buono da mangiare…
Minaho si diresse in cucina e aprì il frigorifero.
Tiró fuori una confezione di pollo surgelato e delle patate,
li aprì e li mise nel microonde pregustando il pranzo
precotto.
-Sempre meglio dei miei sformatini di patate di due giorni
fa… -pensò. -Man, torna presto ti prego!
Quando il campanello del microonde suonò il ragazzo mise il
cibo su un piatto e si piazzó sul divano, accendendo la
televisione. Aveva due ore di tempo prima che fosse ora di andare da
Manabe, e già pregustava un po’ di relax con un
bel film.
-Che abbiamo di bello?
L’arancione trovò subito un programma di suo gusto
e si immerse nell’ascolto, non rendendosi conto
degli occhi che gli si chiudevano. Era davvero stanco… non
si era accorto di quanto sforzo gli fosse costato tirare avanti in quei
giorni difficili.
Sentí un grande tepore avvolgerlo…
pensò per un istante di alzarsi prima di cadere
addormentato, ma non trovò la forza.
-Sarà… sarà solo per qualche
minuto… poi… poi mi alzo…
promesso…
Minaho si svegliò stiracchiandosi. Aveva proprio bisogno di
un pisolino… ora si sentiva molto meglio. Aveva ripreso il
controllo della sua mente analitica.
Si chiese se fosse già ora di andare da Manabe. Non vedeva
l’ora di parlargli… avevano così tante
cose da programmare! Li aspettavano giorni difficili.
Prese il telefono tra le mani. -Vediamo un po’…
Il cuore dell’arancione perse un battito. Erano le sette di
sera!
-Io… cosa… non… non è
possibile!!
Minaho non riuscì a trattenere un urletto di angoscia. Aveva
perso l’orario di visite!
-Sono un maledetto idiota!! -Vide tre messaggi… tutti da
parte di Manabe, preoccupato per l’assenza
dell’amico nel primo, angosciato nel secondo per la mancata
risposta e definitivamente terrorizzato nel terzo, arrivato meno di
un’ora prima.
L’arancione si sentì tremendamente in colpa.
-Man… io… cosa ho combinato…
Compose il numero e si portò il telefono
all’orecchio con mano tremante. Squillava. Ci volle un minuto
perché Manabe rispondesse.
-Man!! Man perdonami!!!
Il lilla, all’altro capo del telefono, si vede aggredito dal
grido del suo migliore amico ed andò in piena confusione.
-M. .. Min. .. ma che… perché non sei
venuto…
-Perdonami!! Perdonami ti prego!! Io… io sono un idiota!
Mi… mi sono addormentato…
Manabe rise dolcemente. L’arancione rimase muto per un
istante.
-Oh Min… come fai ad essere così
tenero… non avere paura, non è niente di grave!
Avevo solo paura che non stessi bene o cose così…
è tutto a posto! Guarda… sono così
felice! Devo darti una bella notizia sai?
La voce del lilla era carica d’eccitazione.
L’arancione ebbe un tuffo al cuore.
-Non… non vorrai dirmi che…
-Domani mi fanno uscire!! Finalmente fuori di qui, ci credi?? Non ho
più la febbre ora… domani saremo di nuovo insieme!
Minaho non riuscì a trattenere un urlo di gioia. Manabe
scoppiò a ridere.
-Davvero??? È… è bellissimo!!!
È… è….
-L’arancione scoppiò a piangere come un bambino.
-Ehiehiehi Min! Che… che succede? Non… non sei
felice?
-Io… io sono so…solo troppo… troppo
felice!!! Mi… mi sei mancato così tanto!!
-L’arancione tiró su col naso. -O Man…
Il lilla ridacchió. -Anche tu… anche tu mi sei
mancato tanto, Min.
La conversazione era andata avanti senza problemi per più di
mezz’ora, finché Minaho non aveva pensato che
fosse ora di dare anche lui il suo contributo alla gioia di quel giorno.
-Ehi Man… sai? Anche io ho una bella notizia!
-Una… una bella notizia?
-Sì! Vedi Man… l’ho saputo
solo stamattina e aspettavo il momento giusto per dirtelo!
-L’arancione rise. -Ricordi la finale, no?
Manabe sospirò. -Sì… si, la
ricordo… era ieri vero? Come è andata?
Avrei… avrei tanto voluto giocare anche io…
L’arancione ridacchió. -Vedi Man…
è proprio questa la bella notizia! La partita è
stata rimandata!! L’allenatore dei nostri avversari si
è slogato una spalla, e tutto è stato rimandato a
fra quindici giorni!
Manabe era senza parole.
-Quindici giorni… questo… questo
significa…
-Che giocheremo insieme!! -Minaho non trattenne un urletto di gioia.
-Insieme… -Manabe faticava ancora a realizzare quello che
aveva appena sentito uscire dalla bocca del suo amico.
-Giocheremo… insieme… ma è
fantastico!!! Fenomenale!! -Il lilla si lanciò in un
balletto improvvisato sul suo candido letto d’ospedale.
-Insieme!!!
Minaho sorrise. -Man… non vedo l’ora che sia
domani, sai? Quando ti faranno uscire?
-Hanno detto che… che quando alle otto apriranno le
porte, potrò firmare e venire a casa. Spero solo
di trovare un autobus… stasera faccio le valigie!
-E no Man… non esiste che tu venga a casa da solo! Sei
debole, e poi… e poi…
-E poi? Min… mi vuoi dire qualcosa? -La voce del lilla era
tranquilla.
Minaho mugugnó qualcosa tra i denti.
-Parla più forte Min… non ti ho sentito!
-Ho voglia di abbracciarti, ecco! -L’arancione
sbuffó. Per fortuna al telefono non si poteva vedere il suo
rossore!
Manabe scoppiò a ridere. -Anche io!
Non ci fu niente da fare. Minaho insistette così tanto che
Manabe dovette accettare di aspettarlo in ospedale per farsi aiutare
nel tragitto verso casa.
-Entrerò a scuola alla seconda ora Man… non
è un problema. -L’arancione era troppo dolce
perché Manabe potesse resistergli e poi… in fondo
anche a lui piaceva qualche volta essere al centro
dell’attenzione.
-Ma… dovrai svegliarti presto! Sicuro di non voler dormire?
-Man! Che mi importa di dormire? Io è con te che voglio
stare… non potrei rimanere a scuola senza sapere che sei a
casa e stai bene. Credimi… va meglio così.
Dopo i saluti e la promessa di sentirsi di nuovo dopo cena, Minaho si
era messo al lavoro per preparare al lilla qualcosa che gli facesse
piacere. Era tardi e i negozi erano chiusi… cosa poteva
pensare di portargli per tirargli su il morale? Ci voleva qualcosa di
buon auspicio…
Pensò a lungo prima di avere l’illuminazione. Il
suo amico sarebbe stato entusiasta!! Si buttò al tavolo
della cucina, lasciando stare le pentole. Avrebbe avuto
bisogno di tutta la notte! Si sarebbe accontentato di tonno e
insalata… ora il problema principale era mettersi in
contatto con una persona che era certo potesse aiutarlo…
Yamano Akane, una delle manager della squadra nonché prima
pretendente di Shindou, per il quale nutriva un amore ai limiti del
feticismo fin dalla prima media, aveva appena finito di sorseggiare una
leggera tisana e si preparava per andare a cenare insieme ai suoi
genitori quando ricevette la telefonata.
-Ehi… Akane? Scusa se ti disturbo, sono
Minaho… ho un gigantesco favore da chiederti… mi
vergogno un po’…
La ragazza, timida ma dolcissima, ridacchió. Aveva capito
Minaho più di tanti altri perché sotto certi
aspetti erano simili. -Minaho… certo che ti
aiuterò. Dimmi tutto.
-Ecco… puoi… puoi venire da me? Appena avrai
cenato ovviamente… ti prego, solo tu puoi aiutarmi a fare
una bella sorpresa a Manabe… mi sdebiteró in
qualsiasi modo… ti prego!
La ragazza sorrise. Pensó a cosa avrebbe fatto per
Shindou… sapeva che gli piacevano i ragazzi e lo aveva, in
fondo al cuore, accettato, però…
-Non ti preoccupare Minaho. Arrivo subito.
Manabe, steso sul letto a leggere un fumetto portatogli
dell’arancione il giorno prima, cercava di fare mente locale
su cosa doveva raccogliere e mettere nel borsone.
La lavanderia dell’ospedale era stata rapidissima. Tutta la
sua biancheria era già stata sistemata… doveva
solo raccogliere i suoi appunti. In quei giorni la noia era stata tale
che aveva passato ore e ore sui libri, a fare matematica.
Aveva scoperto una nuova formula per calcolare alcuni tipi complessi di
equazione differenziale. Non era la prima volta che faceva qualcosa di
simile… a cinque anni aveva scoperto da solo una semplice
formuletta per velocizzare i calcoli che la maestra di prima elementare
gli dava. Da quel giorno aveva scoperto che matematica non è
solo studio, ma anche caccia al tesoro e ricerca. Da allora
aveva studiato e sviluppato tante cose… se non si fosse
vergognato così tanto di sé stesso, ne avrebbe
avute abbastanza per proporre a qualche istituto di ricerca un breve
saggio con le sue conclusioni. Chissà… magari
poteva essere un’idea per fare qualche soldo… gli
sarebbe bastato quel poco che poteva garantire a lui e Minaho
un’eventuale affitto e il cibo.
-A proposito di affitto… chissà perché
i miei genitori non ci hanno ancora sbattuto fuori… in fondo
viviamo in casa loro. Oddio… temo proprio che stiano
tremando qualcosa… -Il lilla non riusciva ad evitare di
avere un brutto presentimento sulla loro futura condizione abitativa,
nonstante il giudice avesse diffidato i suoi genirori dal metterlo alla
porta.
Scacció i brutti pensieri e sorrise pensando al suo amico.
Gli aveva garantito che quel fumetto gli sarebbe piaciuto…
aveva proprio ragione.
Con un sospiro divertito si lanciò di nuovo nella lettura.
Era quasi l’alba quando Minaho, distrutto dal sonno, aveva
salutato Akane.
La ragazza aveva fatto miracoli, ottenendo dai genitori il permesso di
“dormire” dall’arancione.
-Una ragazza da sola a casa di due ragazzi… i tuoi genitori
devono essere molto aperti! -Minaho aveva sorriso.
-Sì… e poi il mister gli ha parlato molto bene di
voi. Non preoccuparti… si fidano. -La ragazza aveva
sospirato dolcemente. -Magari Shindou mi invitasse a dormire da lui!
Quando se ne era andata sorridendo e dandogli appuntamento a scuola,
Minaho aveva rimirato il loro lavoro. Era venuto benissimo! Corse in
camera sua e tiró fuori da sotto il letto un grosso pezzo di
compensato, di forma rettangolare. Lo aveva trovato nello sgabuzzino,
probabilmente residuato da qualche lavoro di riparazione. Era proprio
della misura necessaria!
Tornó in cucina. Fece ciò che doveva fare e,
sospirando di gioia, si buttò sotto le coperte per dormire
almeno un’oretta. Non vedeva l’ora di
vedere Manabe e di dargli la sua sorpresa!
La mattina seguente (o per meglio dire… un’ora e
mezzo dopo!) l’arancione si svegliò abbastanza
fresco nonostante l’emozione e il poco sonno.
Si alzò, si lavó, fece colazione con latte, pane
e marmellata, quindi si vestì, si
pettinó (con poco successo… tempo tre
minuti e i ciuffi erano tornati al proprio posto) e uscì di
casa sorridendo.
Il tragitto in autobus, a quell’ora della mattina, fu
tranquillo. In dieci minuti si trovò davanti
all’ospedale.
Salutò le infermiere mentre si dirigeva verso la camera 34.
Si sentiva leggero e felice.
Manabe stava finendo di sistemare gli ultimi pigiami nel borsone quando
sentì la porta aprirsi.
-Min!!
Il lilla corse ad abbracciare l’amico. L’arancione
rischiò quasi di cadere per il peso del ragazzo che gli si
era lanciato in braccio. Scoppiarono a ridere.
-Man!! Finalmente! Non vedo l’ora di essere a casa con
te… sai che con l’aiuto di Akane ti ho preparato
una sorpresa?
Il lilla spalancò gli occhi. -Mi avete…
una… una sorpresa? Di cosa si tratta Min?
L’arancione sorrise sornione. -Ehhhh…. Lo
scoprirai a casa!!
Per tutta la durata del viaggio Manabe si era arrovellato su cosa
avesse preparato il suo migliore amico insieme ad Akane… era
proprio un mistero!
Fece l’ultimo prezzo di strada, tra la fermata del bus e
casa, sorreggendosi a Minaho. Stava benone ma si sentiva ancora debole
se si sforzava troppo.
Entrati dovette trattenere Minaho dal lasciarsi prendere la mano
dall’agitazione. Manabe pensò che fosse
dolcissimo… se lo avesse lasciato fare gli avrebbe anche
messo il pigiama!
-Tranquillo Min… sto bene! Non ho nemmeno più la
tosse, senti? Adesso fammi vedere questa sorpresa dai! Mi hai
incuriosito e poi… vedo dai tuoi occhi che non resisti
più!
L’arancione arrossí e ridacchió.
-Ecco… è che mi ci sono impegnato
tanto… aspetta, vado a prendere il regalo!
Minaho uscì dalla stanza trotterellando felice. In due
istanti era tornato con in mano un pacco rettangolare e piatto. Lo
allungó con un sorriso al suo amico, che lo prese con
espressione curiosa.
-Vai Man… spacchetta!!
Il lilla tolse dolcemente lo scotch e iniziò a svolgere la
carta. Rimase senza parole.
-Ma… Ma. .. oddio che… cosa…
non… non ci posso credere!!
Dalla carta era saltato fuori qualcosa di incredibile.
Ben incollato sulla sottile base di compensato era un magnifico
carboncino di Manabe. Minaho sapeva che Akane era bravissima a
disegnare grazie al suo “allenamento” con
Shindou… e gli era sembrato che fosse il regalo perfetto per
il suo amico!
-Min… Min è… è bellissimo!!
Siete… siete stato troppo… troppo gentili!
È… è il più bel
regalo che poteste farmi!
Il disegno, di grande formato simile a quello di un vero e proprio
dipinto, era un capolavoro.
Manabe, raffigurato di tre quarti con il capo leggermente reclinato
verso destra, era dipinto a mezzo busto. Indossava una giacca nera con
un elegante colletto ad ala di gabbiano, mentre sul petto gli ricadeva
dolcemente una cravatta vaporosa. Era stato Minaho a scegliere per quei
vestiti… erano molto formali, ma l’arancione
voleva che Manabe nel disegno sembrasse quello che in fondo era, un
grande matematico.
I capelli del lilla, perfettamente resi con il carboncino, gli
incorniciavano il viso in morbidi ciuffi, mentre le delicate
ombreggiature facevano risaltare la pelle candida del ragazzo. Le
braccia, incrociate morbidamente sul petto, creavano un elegante
contrasto con la solennità dei vestiti.
La cosa più eccezionale però erano gli occhi. La
ragazza era riuscita a rendere uno sguardo di una dolcezza infinita,
ingentilito da un simpatico sorriso. A Manabe veniva da piangere da
quanto era commosso.
-Min… io… io non so che
dire… è… è incredibile!
-Ti piace? Sono così felice! Pensa che bello quando
sarà appeso in salotto!! Lo vedranno tutti… tutti
vedranno quanto è bello il mio migliore amico!
Manabe arrossí. -Min… lo… lo pensi
davvero? Nessuno… nessuno mi aveva mai detto una cosa
così carina, sai? Ho sempre pensato di non essere niente di
speciale. Ho gli occhiali… e non ho tanti muscoli…
-Man… tu sei bellissimo.
Il lilla era sull’orlo delle lacrime. Abbracció il
suo amico.
-Man… ascolta. Domani dobbiamo darci da fare. Hai sentito
cosa ha detto il giudice…
-Lo so… lo so. Ho paura… tanta paura. Dovremo
cercare un lavoro… e stare molto attenti a non fare errori.
L’arancione sorrise. I due ragazzi erano seduti sul divano,
abbracciati.
-Manabe… sai cosa ho imparato a stare in questa casa, con te?
Il lilla sembrava perplesso.
-Ho imparato a non cedere mai. -L’arancione prese la mano del
suo amico. -Mai. Sei la cosa più bella della mia vita. Mi
prometti che combatteremo insieme?
Il lilla sospirò.
-Te lo prometto. Amici… amici per sempre.
Angolino dell’autore ritardatario:
Buonsalve a tutti! Grazie mille a chi ha letto e ha recensito…
Come ho già detto ad alcuni di voi in privato, siamo
arrivati alla fine di quella che è la prima parte di una
trilogia incentrata sui personaggi del Go… già,
ho la tendenza a tirarla molto per le lunghe! :)
A parte gli scherzi… niente, quando lavoro su dei personaggi
mi piace sviscerarli al massimo! Da domani inizierò a
pubblicare la seconda parte della trilogia… ritroveremo i
nostri amici, e entreranno in scena tanti nuovi personaggi!
Grazie ancora a tutti, e specialmente a chi vorrà seguirmi
in questo luuuungo percorso!
ROW99
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