racconti ff parte due
PARTE 2
Alla parola “lasciati definitivamente”, ognuna ebbe una reazione
diversa. A Pan cadde la teiera che per poco non andò addosso ad un cliente,
mentre Bra presa dalla rabbia frantumò il bicchiere d’acqua che aveva in mano.
“Cameriera! Un altro bicchiere!” urlò a Pan.
“L’autocontrollo è il tuo migliore amico, non è vero?”
“Oh piantala, sono nervosa. Pan, a che ora stacchi?”
“Alle sei e mezza. Perché?”
“Facciamo ADESSO. Non vedi come è ridotta la povera Marron!”
Io nemmeno stavo ascoltando la loro conversazione. Me ne stavo là a
fissare un punto, senza un motivo. Eppure un motivo c’era. Guardavo un tavolo,
adesso occupato da una coppia di studentesse intente a studiare; ma un paio di
mesi prima quello stesso tavolo era occupata da altre persone. Da un’altra coppia.
Non dimenticherò mai quel tardo pomeriggio di ottobre.
Avevo appena terminato le lezioni
all’università, così decisi di andare al “Dalia”, il mio locale preferito dove
ti servono in inverno una cioccolata calda con tripla panna montata e
marshmallow giganti.
Era giovedì, il giorno libero di
Pan, perciò non avrei potuto scambiare quattro chiacchiere; andavo di fretta.
Dovevo consegnare un pacco a mio padre: come al solito aveva scritto il mio
indirizzo come destinatario. Glielo avrei portato più tardi.
Mi sedetti al bancone. Il locale
era pieno come sempre, uno dei locali più frequentati da studenti e lavoratori
in centro.
“Una tazza di caffè caldo con
latte per favore” dissi togliendomi il cappello.
Quello era il mio quarto caffè
della giornata.
Tirai fuori gli appunti presi a
lezione quel pomeriggio e cominciai a darci un’occhiata veloce; per quanto
riguardava gli esami ero piuttosto zelante.
Arrivò il mio caffè caldo, anzi
bollente. Volevano bruciarmi le tonsille? Buttai l’occhio sul resto della gente
che popolava il locale, ma la mia attenzione fu catturata da una risata. La
conoscevo quello risata, o sì che la conoscevo. Era la risata che conoscevo
meglio al mondo. Era LUI.
In compagnia. Già, perché non era
solo. Non era Goten, no, era una ragazza. Una bella ragazza dai capelli
castani. Li vidi appena, lei mi era del tutto estranea. Chi era quella lurida…
“Tè al tavolo cinque” sentii la
cameriera che parlava al suo collega. Un momento. Il tavolo cinque era il loro.
Dovevo andare a fondo. Ecco che uscii la Marron che tanto odiavo: quella
perfida, quella maliziosa portatrice di zizzania. Mia madre me lo ripeteva
sempre “Se gli altri sono perfidi con te, tu sii perfida il doppio”.
“Se vuole lo porto io! Sono amaci
miei” dissi al cameriere che mi sbolognò senza troppo entusiasmo il vassoio.
Arrivai al loro tavolo, così
potei scrutare la bella brunetta dagli occhi color sterco. Ecco, stavo
diventando pure volgare e aggressiva: me lo sentivo.
“Il tè per la signorina. I
signori desiderano altro?” avevo la faccia come il bronzo.
“Marron?”
“La conosci, Trunks?” disse la
ragazza. Volevo sbattergliela in faccia quella maledetta tazza. Davvero volevo
ustionare una persona? Magari era solo un’amica, oppure un’altra ex di Goten.
Pare fosse arrivato a quota otto. Come faceva? Io a malapena sapevo tenermene
uno di ragazzo, che a quanto pare mi stava per l’appunto mettendo le corna “Ci
risiamo. Io avevo ordinato del tè nero. Che schifo. Lo vuoi tu?”
“No, a lui fa schifo il tè. Lo
beve solo nei dopo sbronza quando ha vomitato anche l’anima. E guarda caso sono
io che gli preparo il tè” stavo esagerando? No. Avevo i nervi a fior di pelle.
Forse quel mese non avrei fatto in tempo con gli esami. Mi stava salendo
l’ansia.
“Senti Nina, io devo andare, anzi
dobbiamo andare. Sì, la conosco, è…”
“…la sua fidanzata! Capito
stupida oca giuliva? Non ci vengo a casa con te. Perché non vai a casa con
Nina? Magari trovate qualcosa di più interessante da fare…”
Prima che potesse scatenarsi il
finimondo, Trunks buttò un biglietto da cinquanta sul tavolo, chiese scusa a
Nina, e mi portò fuori come fossi una matta schizofrenica da legare.
“Niente scenate isteriche,
intesi? Sali” il suo tono non ammetteva obiezioni.
Due ore di litigio, per
ritrovarmi attaccata alla tavola del cesso con lo stomaco sottosopra; questione
di nervi: quando mi agito troppo e lo stress sale alle stelle ecco il
risultato.
Alla fine quella Nina, era la
figlia di una degli azionisti dell’azienda e bla bla bla, tutte cose economiche
di cui non so un bel niente. Studio sociologia, non economia.
“E te che pensavi avessi
un’altra. Se avessi un’altra mica mi farei vedere qui in giro alla luce del
sole, ti pare?”
“Piantalaaaa! Mi vien da
vomitare…” dissi esasperata. Trunks mi raggiunse in bagno e si fermò
all’entrata.
“Cosa vuoi buttare fuori? Non hai
mangiato niente e… oh cazzo!” fece appena in tempo e sollevarmi la fronte e
tirarmi indietro i capelli. Che bella giornata.
“Te l’avevo detto…” ansimai per
lo sforzo “ma te…non ti fidi mai…di me”
“Ok, Mary Mary; senti è stata una
giornata da buttare nel cesso, usando una metafora, va bene? Lasciamoci tutto
alle spalle”.
Fanculo le metafore. Nessuno
sapevo quanto lo amavo.
“Goten, che devo fare con il tuo amico depresso che fuma sul divano?”
la sua voce era urticante. Oppure ero io che non volevo sentire volare una
mosca. Come quando ero bambino, quando mamma e papà litigavano; la mattina
seguente però tornava tutto magicamente a posto. A otto anni penavo fosse una
magia, più avanti ho scoperto la magia del sesso riparatore.
“Perché, mi vuoi cacciare, KARMA?
“KEMBRA! Io mi chiamo così. Quando lo imparerai il mio nome?”
La guardai storto “Mai, e adesso levati che c’è la partita in tv”
“Goteeennn!” si mise ad urlare come un altoparlante. Quanto rimpiangevo
Valese…
“Cristo, vuoi farmi saltare i timpani? Perché non lo chiami più forte,
magari ti risponde”
“Come ti permetti di prendermi in giro, io sono un’artista affermata,
mia nonna ha inventato…” per fortuna arrivò Goten a salvarmi da quella tortura
umana. Gli davo una settimana, non di più.
“Dai, adesso basta Kem. Te l’ho detto, non cominciare discussioni con
Trunks, non ne vale la pena; soprattutto quando è in questo stato” avevo
intuito il tono sarcastico di Goten, il che mi faceva incazzare. Ma io ero
l’ospite, quindi dovevo mandare giù tutto.
Finalmente Kembra se ne tornò a casa sua, dopo aver limonato il suo
ragazzo per l’eternità. Sapevano che avevano un osservatore? Forse no.
“Bella limonata. Molto teatrale” aggiunsi quando quella stronzetta
chiuse la porta.
“Detto da te non so se prenderlo come un complimento; ma davvero vuoi
vedere la partita di baseball?” a Goten luccicavano gli occhi: lui venerava il
baseball.
“No, cosa te lo fa pensare. Era una scusa per mandare via Karma” dalla
sua espressione ci rimase male. Prese il telecomando e accese la tv.
“Si chiama Kembra: azzecca il nome per una volta, magari è quella
giusta e mia madre la finirà di contarmi le ragazze con cui esco. Spegni la
sigaretta, Gohan poi se ne accorge” disse Goten aprendo due bottiglie di birra
“ha tipo un quadruplo senso. Alle volte mi chiedo se siamo davvero fratelli!”
In effetti quella era la casa di Gohan. Lui e Videl erano fuori per il
week end.
Andai in cucina e buttai il mozzicone nella pattumiera; aprii il frigo
mezzo vuoto e presi una bottiglia di birra. Effettivamente se non si conosceva
Gohan, era inimmaginabile pensare che Goten fosse suo fratello. La partita
stava per cominciare. Goten prese posizione sul divano.
“Che ne dici di pizza surgelata e birra, amico?” gli proposi,
mandandomi giù mezzo litro dalla bottiglia.
“Ottima idea, ci sono delle pizze nel congelatore, ma prima che finisca
il prepartita, toglimi una curiosità Trunks. Hai una casa tua e quella dei
tuoi, perché hai deciso di venire qui?”
“Goten, è una domanda idiota. Te non vivresti due giorni in quella
casa, fosse solo per guardare il sedere di mia sorella” dissi sedendomi accanto
a lui.
“Se vogliamo dirla tutta, nemmeno quello di tua madre è da
buttare…no?!”
“Goten, te guardi il culo di mia madre?” dissi. Quasi quasi mi stava scappando
un sorriso. Non sorridevo da giorni, da quel giorno.
“Assolutamente no…ops, la partita sta per cominciare. Facciamo che non
ho ti ho detto nulla” mettendosi le braccia dietro la testa.
“Toglimi una curiosità: con Kembra, hai superato la prima base o hai
fatto touch down? Perdona la metafora, ma io non seguo il baseball”.
“Ti stimo e ti odio allo stesso tempo. Te si che mi capisci, amico!”
Goten si voltò con un sguardo mogio e depresso, peggio del mio a momenti “No!
Ho fallito: ho fatto touch down!”
“Va bene, non te l’ha data. Scarta Karma, o Kembra come si chiama. Ti
conviene scaricarla”.
“Dove è andata Valese?” chiese
Marron.
“Via. Ha detto che ha il
coprifuoco prima della mezzanotte, altrimenti i suoi si arrabbiano” rispose
Goten tornando a prendere posto. A Marron scappò una risata acutissima. Troppi
drink?
“Oddio, mi raccomando, ricordati
di prendere la scarpetta di cristallo. Magari l’ha mollata davanti all’uscita
del locale. Ma quanti pensano che abbia? Povera Valese!” quella sera era
particolarmente felice e spensierata. Quella sera si trovavano al Moody’s, uno
dei locali notturni più in e cool di tutta la città. Le prevendite Trunks se le
era accaparrate facilmente. Erano lui, Goten, Marron, Al (un collega di Trunks,
suo caro amico), la “Cenerentola Valese” e Bra. Bra non era ancora maggiorenne
ma il fratello grazie alle sue conoscenze era riuscito a metterla nella vip
list.
Al raggiunse Goten e Marron con
quattro Cosmopolitan e un whiskey. Marron prese con foga il suo drink.
“Stasera mi sento raggiante! Non
so il perché…”
“Non sarai mica incinta, Mary
Mary!” esordì Trunks baciandole i capelli e sedendosi vicino ad Al. Poco più
indietro arrivò Bra: indossava un vestito a lustrini rosso che metteva in
risalto i suoi occhi e la sua pelle giovane e diafana.
“Questo posto è assurdo. Mamma me
lo aveva detto. Papà sa che sono qui?” prese posto accanto a un Goten sconsolato
per la mezza bidonata di Valese.
Trunks appoggiò il braccio sulle
spalle della sorella; diceva sempre che era un impiccio, insopportabile, ma le
voleva un bene dell’anima.
“Stai scherzando? Mamma ha
giurato che sarebbe stata muta come un pesce” le disse Trunks.
“Certo che sei fortunato, amico. Circondato
da due ragazze del genere faresti invidia a tutti” disse Al scolandosi il suo
Cosmopolitan.
“Già, le donne della mia vita” fece
l’occhiolino a Marron, e lei ricambiò.
“Marron, me lo daresti un bacio?”
ecco che Goten venne fuori con le sue brillanti idee. Perché Valese non era lì
con lui? Maledetto coprifuoco.
“Non ricordi, piccolo Son:
abbiamo già provato a baciarci quando avevano poco più che nove anni! E la cosa
ha fatto abbastanza pena per entrambi” Marron si mise a ridere e continuò a
punzecchiare Goten con vecchi aneddoti della loro infanzia. A loro si unii anche
una Bra alquanto incuriosita.
“Ehi, posso farti una domanda? Ma
quella è davvero Marron? Stasera è una bomba ad orologeria!” disse Al
avvicinandosi al suo capo con il quale aveva un rapporto molto stretto.
“Che ci vuoi fare, è lunatica. Mi
fa perdere la testa” aggiunse Trunks, allentandosi il nodo della cravatta. Effettivamente
Al non aveva tutti i torti: coda alta, frangia leggermente spettinata,
minigonna corta, top striminzito che lasciava soltanto spazio all’immaginazione.
La sua MARRON era una favola. LEI era sua.
Fu proprio la voce di Marron a
riportarlo sulla Terra.
“Ehi tesoro, ti ricordi quella volta
che Goten perse quella scommessa delle lumache? Dovette mangiare per penitenza
tre lumache vive! Oh mamma, una scena orribile!”
“Che schifo” aggiunse Bra
guardando Goten come se sulla fronte avesse scritto “HO MANGIATO LUMACHE VIVE”.
Trunks si guardò attorno “Ma,
qualcuno sa dov’è Valese? Si è persa?”
“Se n’è andata. Deve tornare a
casa prima di mezzanotte” aggiunse Goten sprofondando nel divanetto in pelle. Tutti
si misero a ridere.
Ad un tratto arrivò al loro
tavolo un giovanotto tutto ben vestito, sicuramente con le tasche piene di
grana. “Scusate, posso chiedere a quello splendore in rosso se vuole ballare
con me?”
A Bra le se illuminarono gli
occhi: adorava essere al centro dell’attenzione. Si alzò dal tavolo, scivolando
via agile fra le braccia del fratello.
“Ecco, pure le sedicenni si
divertono più di me!” Goten cominciò a lagnarsi.
“Davvero tua sorella ha solo
sedici anni? Non oso immaginare fra qualche anno…è divina” disse Al “anche se
preferisco la madre!”
“Ehilà, che fai Al, me le freghi
entrambe? Per me sarebbe una liberazione!”
Al era sempre stato un tipo
diretto a cui piaceva il pericolo, non era un tipo ordinario. Marron si alzò,
si aggiustò la minigonna anche se Goten era riuscito a scorgere della
biancheria nera in pizzo; per poco non ebbe un mancamento.
Si sedette vicino a Trunks. Al tirò
fuori un pacchetto di sigarette e disse a tutti di usufruirne. Marron ne prese
una, seguita da Trunks che gliela accese. Goten non fumava. Era ancora imbambolato
dalla vista delle mutandine di Marron. Catalessi totale.
Al prese il posto di Marron, vicino
a Goten “Eppure all’inizio non avrei scommesso niente su voi due; come coppia
intendo. La bionda tutta perfettina e l’amministratore delegato in giacca e
cravatta. Siete una strana coppia”.
“Cosa te lo fa pensare? Io perfettina,
per favore. Ha sedici anni ho gareggiato alla gara liceale di rutti” disse
Marron finendo l’ennesimo drink.
“Che classe Mary Mary” aggiunse
Trunks sorseggiando piano il suo Jack Daniel’s.
“Insomma Trunks, ti avrei visto
meglio con un’altra; ad esempio Seila? Lei era proprio spudorata, oserei dire
porca. Senza offesa Marron, te sei meglio: se una ragazza di classe.
“Posso essere anch’io come Seila,
che ci vuole?” Marron aveva preso il commento di Al come una specie di sfida personale.
Appoggiò la sigaretta sul posacenere in cristallo.
“Al, perché non me la fai
conoscere?” disse Goten.
“Assolutamente no. Al, tienilo
lontano da “Seila la sanguinaria” Trunks si mise a ridere seguito dal collega.
Eppure Marron se la ricordava
benissimo. Seila. Quando Marron frequentava ancora l’ultimo anno di liceo,
Trunks usciva con Seila. Corpo da urlo, capelli curatissimi, unghie smaltate alla
perfezione. Aveva sempre provato una tale invidia per quella ragazza. Ma ora
lei seduta accanto a lui. Seila non c’era. C’era LEI.
“Senti Al, voglio proporti una
scommessa. Se vinco io, paghi a me e alla mia coinquilina tre mesi di affitto. Ci
stai?” allungò la mano verso Al.
“Non ti dò la mano, se prima non
so di che scommessa si tratta. Avanti Marron, che vuoi fare? sono curioso. Aggiungo:
molto molto curioso”.
Colpa dell’alcol, colpa dell’euforia
del momento: Marron si tolse il copri spalle mentre Trunks si mise a ridere
sommesso. Avrebbe vinto lei.
“Come hai detto Al, Seila era
quella per me? Forse ti sbagli amico” appena finì la frase, Marron si mise a cavalcioni
sulle sue gambe; era divertita. Si stavano divertendo come dei matti, come
degli adolescenti. Le loro bocche si scontrarono in un bacio appassionato,
vorace. Praticamente si stavano divorando. Trunks cinse la sottile vita di
Marron e la strinse di più a sé.
Ora sì che Goten vedeva gli slip in
pizzo di Marron.
“Hai capito la coppia di
perfettini” aggiunse Al, come se stesse guardando una programma tv, in diretta
però.
Trunks lo sentiva. Era rimasto
via cinque giorni, e questa era la reazione della sua ragazza; i loro corpi
erano calamite. Per fortuna erano nella zona privé fuori da occhi indiscreti,
tranne quelli di Al e Goten.
Marron non si era mai comportata
così. Doveva essergli mancato tanto. Non poteva stare senza quella bomba dai
capelli biondi.
Il bacio finì. Al capii tutto al
volo.
“Ehi Goten, vieni con me. Andiamo
a prenderci qualcosa da bere. Magari c’è anche Seila” Trunks gli fece un segno di
sì con la testa. Ora erano da soli.
“Mi sei mancato tanto, lo sai
vero?” disse Marron, ancora seduta sulle sue gambe. Appoggiò la testa nell’incavo
tra la spalla sinistra e il collo di LUI. Il suo profumo.
“Lo so, piccola. Per colpa dello
stress ho ricominciato a fumare. Che palle, avevo giurato che non ci sarei
ricaduto” ammise accarezzandole le scapole nude.
“Che ci vuoi fare? È una
dipendenza. Tu sei la mia dipendenza; perché credi mi sia vestita così stasera?”
“Per me sei sexy anche in pigiama,
però devo ammettere che stasera mi attizzi parecchio. Dove vuoi andare dopo?”
un gridolino di piacere uscì dalla bocca di Marron.
“Facciamo così, prima che mia
sorella torni” con mani veloci, Trunks sfilò le mutandine di Marron e cominciò
ad armeggiare con le dita sotto la minigonna. Sentii subito il corpo della
ragazza irrigidirsi di piacere “Appoggia la testa sulla mia spalla…ok” Marron
sibilò un gemito di piacere “fa’ piano. Cinque giorni: sono passati troppo
lentamente. Non ce la facevo più”.
“Non parlare…ora siamo qui…è
questo quello che conta, no?” disse Marron affondando le unghie sul suo collo.
“Sì, siamo qui. Merda, cominci a
bagnarti…no, che fai. Aspetta!” dissi sottovoce. Marron stava per slacciare la
cintura dei pantaloni quando Bra torno al tavolo mezza rintronata.
“Ammazza, quel tipo ci sapeva proprio
fare. Ci siamo pure scambiati i cellulari. Che hai fratellone, hai una faccia
strana?”
“Nulla. Sono contento per te,
sorellina”.
Verso le quattro e qualcosa
uscirono dal locale. Goten ubriaco marcio, correva dietro a tutte le ragazze,
mentre Al se ne stava là impalato, anche lui mezzo alticcio a ridere di gusto.
Bra invece era più lucida che
mai; era la prima volta che frequentava “luoghi per adulti”. Lunedi a scuola si
sarebbe vantata con le sue compagne di classe dicendo che era stata al Moody’s.
Chissà che faccia avrebbero fatto. Il suo sguardo però venne catturato da due
ragazzi che si baciavano appassionatamente contro un muretto del locale, circondati
da gente che urlava mezza ubriaca. Riconobbe subito la sagoma di suo fratello,
alto, possente, protettivo nei confronti della sua ragazza. Sì, LUI e LEI erano
fatti per stare insieme.
“Perché proprio il parco giochi. Io volevo andare al karaoke” sbuffò
Pan sopra lo scivolo “non abbiamo più l’età da giardinetti pubblici, mi sembra”.
Il parco era pressoché deserto. Ero seduta su un’altalena, mentre Bra
occupava quella affianco “Piantala Pan, ci andremo un’altra volta al karaoke;
magari quando Marron non è in procinto di tagliarsi le vene”.
“Cosaaa? Non dire idiozie Bra. Marron non farebbe mai una cosa del
genere. Vedrai che le cose torneranno a posto. È solo questione di tempo” disse
Pan. Lei sì che vedeva sempre il bicchiere mezzo pieno in tutto.
“Non ho intenzione di farla finita per un ragazzo…”
“Marron…non è solo un ragazzo. Io so quanto lo ami. Vi ho visti quella
sera al Moody’s. Vi serviva soltanto una camera d’albergo!” disse Bra cercando
di usare dell’ironia.
“So che per te deve essere difficile vedere Trunks afflitto, ma sono
problemi nostri. Tocca a noi due trovare una soluzione. Fammi un favore: quando
torni a casa non dirgli dell’incontro con me oggi, okay?”
Bra si mise a ridere a squarciagola; una risatina isterica, molto
sgradevole “Forse mia cara Marron devi ancora capirlo. Pensi davvero che mio
fratello sia a casa? Se vuoi saperlo, non c’è. E nemmeno nel suo appartamento
in centro, ho controllato stamattina io stessa. Pan? I tuoi genitori sono fuori
per il fine settimana, giusto?”
“Esatto, mio padre ha un’altra di quelle noiosissime conferenze. Ma certo!
Ora chiamo quel bastardo” Pan spiccò un salto e scese dallo scivolo.
Cominciavo a non capire. Cosa stavano facendo quelle due?
“Telefonerò al mio amatissimo zietto!”
Cosa c’entrava Goten in tutto ciò?
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