Punti di vista

di Giuf8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Punti di vista ***
Capitolo 2: *** Mi fido di te ***



Capitolo 1
*** Punti di vista ***


“Non è possibile possedere un gatto.
Nella migliore delle ipotesi si può essere con loro soci alla pari.”
Sir Harry Swanson
 
 

Punti di vista

Non posso dire di non essere fortunato. La mia vita all’inizio era stata difficile, certo. Cavarsela da soli per le strade di New York non è un gioco da ragazzi, nemmeno per un tipo come me. Quindi posso affermare, senz’ombra di dubbio, che la mia intera esistenza sia migliorata di gran lunga quando la mia strada incrociò quella di Magnus Bane.

“Ehi, Chairman Meow, che ne dici ti faccio la pappa?” mi disse con quella voce ebete che assumeva sempre quando parlava con me.
“Ti faccio il salmone, che ne pensi?” e muovendo le dita fece apparire una ciotola piena di salmone fresco.
Osservai il salmone stizzito e posai di nuovo lo sguardo su Magnus. Alla vista della mia espressione anche il suo sorriso svanì.
“Niente salmone eh? Magari del tonno?” e con un puff e una nuvoletta azzurra il contenuto della ciotola cambiò, ma io continuai a non mostrare il minimo interesse. Il sommo stregone di Brooklyn intanto si affannava continuando a cambiare il mio cibo.
Non so perché lo facessi, non avevo gusti così complicati, in realtà mi accontentavo di poco. Ma vedere quello stregone così potente darsi tanto da fare per soddisfare le esigenze di un gatto, le mie esigenze, beh, mi divertiva e inteneriva al contempo. Quando pensai di averlo fatto penare abbastanza mi interessai al contenuto della ciotola e mangiai due bocconi, giusto per farlo smettere di andare a tentoni, ma abbastanza da non dargli troppo soddisfazione.
“Ogni giorno sei sempre più difficile” mi disse con un sospiro. Esagerai offrendogli un flebile miagolio offeso e mantenni lo sguardo fisso su di lui che si chinò dandomi un buffetto sulla testa e dicendo:”Non importa sei sempre il mio complicatissimo Chairman Meow.”
Le mie giornate passavano tranquille, ci pensava il mio stregone da compagnia a movimentarmi la vita.
Con l’esperienza avevo capito che era meglio non entrare nel suo ufficio mentre lavorava, lezione appresa dopo che un demone appena evocato, aveva rischiato di inghiottirmi tutto d’un pezzo. Sapevo quali pozioni erano da evitare a tutti i costi e quali innocue, anche questa lezione l’avevo appresa dopo degli spiacevoli inconvenienti, come quella volta in cui il mio bellissimo manto cinerino diventò blu per una settimana. Per non parlare delle feste, l’anno scorso sono riuscito a sfuggirli per tutto il periodo natalizio vivendo in angoli oscuri dell’appartamento, l’allarme nella mia testa era scattato non appena Magnus era entrato in casa dicendo:”Vedrai come sarai bello questo Natale con questo completino da renna!” Ho dovuto rinunciare al divano e ai film natalizi che amo tanto, ma è un piccolo sacrificio confronto lo smacco morale che avrei subito andando in giro vestito come mi conciava quello là.
Come padrone del mio Magnus domestico era mio dovere prendermene cura, mi assicuravo che non lavorasse troppo richiedendo la sua attenzione quando mi accorgevo che si stava facendo tardi. Gli ricordavo di vestirsi tutte le volte che tentava di uscire di casa in mutande guardandolo storto. Mi assicuravo che mangiasse regolarmente. Insomma mi occupavo proprio di tutto. Erano solo due le cose che sfuggivano al mio controllo: l’alcool e gli amanti.
Per quanto riguarda l’alcool ci avevo provato in tutti i modi e ormai ci avevo rinunciato, era una cosa al di sopra delle mie potenzialità. Ormai era consuetudine che non appena si avvicinava alla bottiglia del whisky lasciandosi sprofondare nel divano io mi posizionavo proprio davanti a lui osservandolo di sottecchi.
“Non ti preoccupare, non sono ubriaco” mi assicurava tutte le volte sbiascicando.
Io sospiravo con aria greve, aspettavo si addormentasse dopodiché mi accoccolavo sulle sue gambe facendo le fusa, perché si, fondamentalmente sono un bel mascalzone.
Il problema amanti, invece, era una questione per la quale non mi sarei dato per vinto tanto facilmente. Ma anche Magnus era un osso duro. Da quando vivo in questa casa ho visto varcare quella porta da ogni tipo di creatura inimmaginabile. Stregoni, selie, vampiri, demoni, mezzi-demoni, gnomi, elfi, mondani e, ahimè, perfino lupi mannari. Quella storia non mi andava ancora giù, per tutti i croccantini del mondo! I lupi mannari sono cani sotto mentite spoglie, fino a prova contraria, che genere di genio porta un cane in una casa in cui c’è già un gatto? Il sommo stregone di Brooklyn, ovviamente.
Mi chiedo spesso come faccia il mio stregone a coprire questa carica eppure a essere anche così ingenuo. Ad ogni modo i miei tentativi per disfare le tresche amorose del mio compagno sono più o meno evidenti. A volte faccio solo l’indispettito, qualche volta soffiò teatralmente e poi schizzo via, per il caso del lupo mannaro la situazione era talmente grave che serviva un intervento più invasivo. Si mormora ancora che per le strade newyorkesi si aggiri un lupo mannaro dal naso mutilato da un orrenda bestia assetata di sangue con enormi artigli ricurvi e un bellissimo pelo cinerino.
Comunque sia raramente gli ospiti di Magnus soddisfavano i miei standard, quella che si era avvicinata di più fino a questo momento era stata quella vampira: Camille. Mi fidavo di lei, stava seriamente iniziando a piacermi, una volta avevo addirittura emesso un mormorio di consenso, troppo tardi mi ero reso conto di quanto ci stesse prendendo in giro. Quella che per me era stata solo un’offesa alla mia autostima, ruppe il cuore al mio stregone.
 
Era una di quelle giornate tranquille che trascorrevo poltrendo sul divano, leccandomi il mio bellissimo pelo cinerino. Vi avevo già detto che ho un bellissimo pelo?
Ad ogni modo, me ne stavo bello tranquillo pensando agli affari miei, quando venni riscosso dal suono del citofono.
Sentii Magnus far rimbombare la sua voce per le scale:”Chi vuole il sommo stregone?”
Alzai gli occhi al cielo. “Esibizionista” pensai e corsi in un posto da cui potevo assistere alla scena senza essere visto.
Non appena il nostro ospite fece il suo ingresso rimasi attonito. Avevo visto molte creature entrare da quella porta, ma uno shadowhunter… quello mai. Iniziai a indispettirmi, quegli essere per quelli come il mio Magnus domestico sono come i cani per i gatti, una gran brutta faccenda.
Dal mio punto di osservazione, però, vedevo decisamente troppo poco. Non abbastanza per farmi un’idea. I due intanto si erano accomodati sui divani, uno di fronte all’altro. Strana situazione, il mio stregone non ci va così con calma di solito.
Ne approfittai e saltai in braccio a Magnus accoccolandomi nell’incavo del gomito e osservando il nuovo arrivato con sospetto. Il tipo nuovo intanto stava dicendo qualcosa a proposito del fatto che il mio stregone gli avesse salvato la vita, gran brava persona il mio stregone, gli ho insegnato io quasi tutto quello che sa.
Ciò che mi sorprese fu la risposta di Magnus. Era sinceramente stupito dal ringraziamento dello shadowhunter, ma fu un’altra cosa a stupire me. Mentre me ne stavo rannicchiato contro il suo petto potei sentirlo chiaramente, quella cosa che a tutti in quella stanza sfuggiva, dalla mia posizione sentii il cuore del mio stregone, temprato da secoli di dura esperienza, perdere un battito e accelerare mentre quel ragazzino che gli stava davanti continuava blaterare di qualcosa riguardo la sua famiglia.
Mi presi un secondo per osservarlo davvero, senza scartarlo a priori come facevo, lo ammetto, con praticamente tutti gli altri. Osservai i folti capelli corvini che ricadevano disordinatamente sulla fronte, squadrai critico l’abbigliamento scuro e trasandato, mi compiacqui del rossore sulle sue gote ed infine, mi fermai sugli occhi. Fu allora che accadde. Mi guardò.
Molti altri ospiti di Magnus mi avevano già rivolto uno sguardo prima, ma spesso o mi snobbavano subito dopo oppure mi venivano incontro pretendendo di posare le loro luride manacce sul mio bellissimo pelo.
Questo qui, questo Alexander, era diverso. Mi guardò dritto degli occhi e, per un secondo, sono certo che mi abbia sorriso. Rimasi folgorato da quello sguardo, aveva qualcosa di così sincero che era spiazzante, era profondo come non ne avevo mai visti, dello stesso blu del mare che facevano vedere nei documentari in tv.
Decisi. Lasciai lo spazio sicuro tra la braccia del mio compagno e mi avventurai vicino alle gambe dello shadowhunter, rimasi sorpreso dell’odore che aveva, così estraneo eppure così famigliare, non riuscivo a spiegarmelo. Ad un certo punto si protese verso di me e mi mise una mano davanti al muso e lasciò che gliela annusassi. Non fu prepotente, non cerco di accarezzarmi, mosse solo la mano gentilmente e lasciò che fossi io a strusciarmi su di essa.
“Al Chairman piaci.” Sentii Magnus dire.
“É una cosa positiva?”
“Non esco mai con nessuno che non piaccia al mio gatto” quando udii questa frase per poco non mi venne un colpo apoplettico, lui non faceva cosa? Dovevo ricordargli l’episodio del lupo mannaro? Dopo gliene avrei cantate quattro, al momento però mi stavo godendo le carezze dello shadowhunter. Quando Alexander acquisì confidenza e iniziò a flettere le dita intrecciandole al mio bellissimo pelo non riuscii più a contenermi e delle fusa rimbombanti mi uscirono dalla base del petto.
Il mio stregone si interruppe a metà frase e mi guardò sbalordito.
Non so per quando le dita di quel ragazzo mi accarezzarono, ma avrei voluto che non finisse mai, per questo mormorai risentito quando entrambi si alzarono dal divano.
Guardai Magnus accompagnarlo alla porta.
“No dai, non farlo, fallo restare ancora un po’” implorava una vocina dentro di me.
Li vidi sulla porta, li vidi baciarsi, le labbra inesperte del ragazzo contro quelle del mio stregone.  Ad un certo punto si staccarono e Magnus chiuse la porta dietro le spalle di Alexander e si voltò con un sorriso a trentadue denti che non gli vedevo da interi decenni.
Il mio stregone domestico guardò verso mi me che ero rimasto immobile dove lo shadowhunter mi aveva lasciato. Sentivo ancora le sue dita calde nella mia pelliccia, il suo odore nelle mie narici e il magnetismo dei suoi occhi era ancora un ricordo vivido.
Magnus mi raccolse da terra e mi baciò sulla testa “Lo so come ti senti, fa lo stesso effetto anche a me”.

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Capitolo 2
*** Mi fido di te ***


Avevo pensato a questa storia come una one shoot di un solo capitolo, tuttavia tutte le persone che hanno speso tempo a leggerla, a commentarla e ad aggiungerla ad una delle loro liste - a proposito: grazie! Grazie! Grazie! Siete fantastici- unito al fatto che più mi immagino i Malec più mi vengono in mente le reazioni di Chairman Meow, ecco, tutto questo, mi ha portata a proseguire quest’avventura.
Probabilmente non aggiornerò con costanza, sarà più un punto fermo in cui mettere tutte le storie che mi vengono in mente della nostra controparte felina preferita. Detto questo, spero vi godiate la lettura.
Giuf8
 
Allert: questo capitolo si rifà all’episodio 1x06 e 2x18 della serie tv.
 
 
“Non mi  piace l’amore a comando,
come ricerca,
l’amore deve venire da te,
come un gatto affamato alla porta.”
Bukowski
 

Mi fido di te

 
Un Empire state Building di croccantini al tonno, era questo che stavo sognando quando udii il mio Magnus domestico spalancare le porte e quasi urlare:”Che cosa è successo?”
Mezzo intontito e assonnato mi tirai a sedere sul divano e vidi… emh com’è che si chiamava? La ragazzina con i capelli arancioni? Che, chiariamoci, gran bel colore, ma nulla a che vedere con il mio bellissimo manto cinerino. Ah già! Biscottino, ecco come si chiama.
Ad ogni modo vidi entrare lei e lo Sfigatello che sostenevano un signore che sembrava gravemente ferito. Annusai l’aria. C’era odore di sangue, di sudore, di morte e di… lupo. Soffiai contro il nuovo arrivato e scappai in un angolo. Per tutto il salmone del mondo, lo aveva rifatto. Il mio Magnus domestico mi aveva portato a casa un altro lupo, pensavo di essere stato chiaro in proposito. I lupi, mannari o non, sono comunque cani e i cani non vanno bene con noi gatti.
Dal mio angolo buio iniziai ad emettere un cupo brontolio per dimostrare la mia indignazione, non solo il mio stregone mi ignorò del tutto, ma iniziò pure a prestare le prime cure al lupo. Una rabbia che non avevo mai provato prima si impossessò di me ad era tutta rivolta all’uomo che ora perdeva il suo sangue canino sul mio bellissimo divano in pelle nera e che catalizzava su di sé tutta l’attenzione del mio Magnus.
Con un grande sforzo lasciai lo spazio sicuro che mi ero trovato e mi avvicinai ignorato da tutti che sembrava un gran affaccendati. Riuscii, in mezzo a tutto il trambusto, a salire sulla spalliera del divano e mi ritrovai muso contro muso col licantropo. Tutti i miei sensi si calmarono, per un secondo il miei occhi incrociarono i suoi, ma ciò che vi lessi non me lo sarei mai aspettato, perché in quello sguardo c’era tanta sofferenza, ma sotto di questa vi scorsi solo bontà. Osservai le facce delle persone lì intorno tese dalla preoccupazione e pensai che tutto sommato quel lupo non doveva proprio essere un mostro, ma pur sempre un cane rimaneva. Avrei capito se il mio Magnus non avesse avuto tutta quella voglia di salvargli la vita.
Improvvisamente l’uomo iniziò a urlare e ad agitarsi preda delle convulsioni, saltai via spaventato. Prestai poca attenzione alle parole del gruppo che blaterava di alfa, pozioni e incantesimi e annusai l’aria che si impregnava sempre più dell’odore acre della morte. Osservai il mio stregone agitare le dita sul corpo del lupo e Biscottino versargli una brodaglia giallognola nella gola, mi stupii a provare gelosia per quelle cure e subito dopo mi diedi del pazzo, sarei morto piuttosto che ingoiare qualcosa che avesse quel colore. Al lupo, però, parve piacere e smise subito di fare tutto quel baccano, non sapeva nemmeno essere ferito con stile. Mi sedetti in un angolo e iniziai a leccare il mio bellissimo pelo cinerino notando distrattamente i ragazzi uscire dal mio loft.
Un silenzio statico invase la stanza, sentivo Biscottino e il mio Magnus parlare di tempi lontani, approfittai della loro distrazione per avvicinarmi nuovamente al lupo. Se ne stava riverso sul divano semisvenuto con la mascella contratta dal dolore. Quell’essere era tutto, fuorché pericoloso. Gli annusai cautamente una mano che lasciava penzolare altre il bordo. Nel suo odore percepii il lupo, ma anche qualcosa che non avevo mai annusato, era come se qualcuno avesse preso la sensazione di sentirsi al sicuro, ne avesse fatto un profumo e lo avesse sparso su quel corpo dolorante.
Mosse la mano. Spaventato feci un balzo indietro e incrociai lo sguardo con quello stanco dell’uomo, avvertivo il suo lupo che mi guardava dal profondo di quegli occhi. Rimanemmo in quella posizione per un tempo infinito, cane e gatto, il mio sguardo perso nel suo, immobili e poi lo disse :”Vorrei che il mio lupo avesse il pelo bello come il tuo”.
Rimasi attonito a quelle parole, sentii il mio corpo reagire da solo, le pupille dilatarsi e delle fusa partirmi dalla base del petto. “Chairman Meow datti un cantegno”.
Il licantropo sorrise, mi diede in buffetto sulla testa, poi lo vidi stringere i denti e iniziare a urlare. Il mio Magnus domestico arrivò di corsa trafelato e iniziò a sprizzare scintille blu dalle dita, vidi la sua fronte concentrata per lo sforzo imperlarsi di sudore e la sua voce mi parve arrivare da un altro pianeta quando disse:”Chiamate Alexander”.
“Oh Alexander! Si, vado a chiamarlo io” pensai. Ma Biscottino mi anticipò usando uno di quei telefoni, la osservai di sottecchi sbuffando. Dopo che ebbe parlato con chiunque ci fosse dall’altra parte del telefono il mio stregone la mandò a prendere l’ultimo ingrediente che serviva alla pozione per poter salvare il lupo. Nel mio profondo iniziai ad avvertire l’angoscia che avevo sperimentato solo quando il mio Magnus mi lasciava solo per andare in qualche missione, non potevo lasciar morire quel licantropo, non dopo quello che mi aveva detto.
Accorsi di nuovo vicino al divano, dove il mio stregone stava ancora inginocchiato e teneva a bada il dolore del lupo con un incantesimo. Il mio Magnus è molto forte, quasi quanto me, eppure per me che lo conoscevo come le mie tasche era chiaro come il sole quanta fatica gli costasse mantenere quella magia. Lo capivo chiaramente dal sudore che gli imperlava la fronte, dal lieve ondeggiare del suo corpo e dal tremore delle dita. All’improvviso lo scorsi accasciarsi, miagolai con quanto fiato avevo in corpo, miagolai come non avevo mai fatto e lo vidi riaprire gli occhi, guardarmi riconoscente e tirarsi di nuovo diritto. Ma potevo fare davvero poco altro, mi sentivo inutile come non mai.
Ero sull’orlo della disperazione quando lo sentii arrivare, il passo svelto e deciso, quel profumo così famigliare che aveva solo lui. Alexander.
Si inginocchiò accanto al mio Magnus che praticamente si accasciò su di lui interrompendo momentaneamente l’incantesimo e lo sentii sussurrare :”Mi serve la tua forza”.
La mano di Alexander strinse quella del mio stregone con un movimento deciso e delicato al contempo, mi balzò alla mente l’effetto che facevano quelle mani intrecciate alla mia pelliccia.
“Prendi ciò che ti serve” e con quel legame il mio Magnus poté continuare l’incantesimo. Io riuscivo solo a guardare lo shadowhunter riconoscente e, credo che se ne sia accorto, perché alzò lo sguardo su di me e mi sorrise.
Sentivo l’energia del ragazzo fluire nel corpo del mio stregone che la tramutava in magia a velocità inaudita, fortunatamente non dovemmo attendere molto l’arrivo degli altri con l’ultimo in gradiente della pozione. Non appena la bevve il lupo parve stare subito meglio, quasi fosse stata tutta una finta per attirare l’attenzione, ma non appena provò a mettersi seduto una fitta di dolore gli attraversò il volto. “Esibizionista”.
Mentre gli altri si complimentavano tra di loro per l’incredibile lavoro svolto, che, detto tra noi, era per gran parte merito mio, perché ho insegnato io al mio stregone domestico gran parte delle cose che sa. Offeso dalla poca attenzione riservatami mi rintanai in un cantuccio per finire di acconciarmi il pelo che decisamente non era più presentabile.
Sbucai nella stanza attigua giusto in tempo per vedere il biondino abbracciato ad Alexander “Lascialo stare” pensai “Lui e solo nostro, mio e di Magnus”.
 
Quando tutti se ne furono andati Alexander insistette per pulire le ultime tracce di sangue dal mio bellissimo divano. “Magnus se non lo sposi tu lo faccio io” sono quasi certo di avergli detto.
Osservavo le sue braccia muscolose muoversi per pulire il divano quando sentii il mio Magnus dire:”Ho la magia giusta per quello,  sai?”
Mi voltai di scatto ad osservarlo sbigottito:”E perdersi questo spettacolo? Ma ti sei ammattito?”
“Ne hai già usata abbastanza di magia per oggi” gli rispose Alexander e lo guardai soddisfatto, finalmente uno che sembrava ragionare.
Vidi il mio stregone domestico dirigersi verso il mobile degli alcolici, “Oh no”.
“Piccola pausa?” gli ammiccò il mio Magnus. Avrei voluto avvertirlo del pericolo a cui andava in contro, dubitavo che avesse già visto Magnus alle prese con gli alcolici, per lo meno non come lo vedevo io quasi tutte le sere. Ma potei solo guardarlo avvicinarsi a lui e prendergli dalle mani il calice che gli stava porgendo e che incendiò con un rapido movimento delle dita, perché per quello aveva sempre magia a sufficienza.
“A noi”
Osservai rapito Alexander bere e storcere il naso in quella maniera adorabile ed iniziai a fare le fusa prima ancora di accorgermene.
Lo shadowhunter sembrò ricordarsi improvvisamente della mia presenza ”Ehi Chairman, ottimo lavoro” mi disse ammiccando. Venne verso di me che mi ero appollaiato sullo spigolo del divano e, tendendo una mano, prese ad accarezzarmi proprio in quel punto in mezzo alle scapole. Per la prima volta nella mia vita non mi importava di come mi stesse conciando il pelo, riuscivo solo a pensare alle sue carezze, mi erano mancate così tanto. Li sentivo parlare, ma ero completamente in un altro mondo. Riacquistai lucidità quando le mani del ragazzo si interruppero e feci appena in tempo a sentire il mio stregone dire:”Per quasi un secolo mi sono rifiutato di provare qualcosa per qualcuno, uomo o donna,tu mi hai sbloccato dentro”.
Lo disse così, su due piedi e parve quasi che non gli costasse fatica ammetterlo, ma io sapevo la verità, sapevo che il motivo per cui si attaccava tanto spesso a una bottiglia non era il semplice piacere dell’alcol, ma soprattutto una forte solitudine, solitudine che io, anche col mio bellissimo pelo, non potevo colmare completamente. Ero forse l’unico sulla faccia della terra a sapere cosa si celasse veramente oltre quello strato di glitter e a quelle pettinature appariscenti, io ed ora Alexander. L’affetto che provavo per quel ragazzo andava ad aumentare coi giorni, mano a mano che vedevo il mio stregone farsi sempre più felice, canticchiare più spesso in giro per la casa  e sorridere al nulla senza alcun motivo specifico. Era tutto merito suo, ne ero consapevole.
Lo shadowhunter sembrò capire quanto quelle parole fossero sofferte e sincere, al punto che dovette distogliere lo sguardo, un silenzio carico di tensione ed aspettativa li avvolse e… E poi il cellulare di Alexander prese a squillare rovinando tutto quanto. L’ho sempre detto io che quei cosi rovinano le atmosfere, mica per niente noi gatti non li usiamo, molto meglio miagolare.
“Il dovere chiama”: disse una volta interrotta la chiamata.
“No ti prego, non andare! Magnus, diglielo anche tu. Digli di restare” supplicai fra me.
“Che aria preoccupata, tua madre ha chiamato per un compito sconveniente?”
“Senti Magnus io… io vorrei e… è solo che io non so quello che…” il mio stregone lo fermò coprendogli le labbra con un dito.
“Lo capisco” disse “Resta per un altro drink e poi decidi”.
Magnus è proprio un gran bravo stregone, devo ammetterlo, fa sempre tutto quello che gli chiedo.
Iniziarono a parlare, dapprima era un dialogo impacciato, con molti silenzi, occhi bassi e viso in fiamme, da parte dello shadowhunter soprattutto. Ma molto presto si fece talmente fitto che mi risultava difficile seguirne il nesso logico. Complice della cosa il fatto che nel parlare si erano seduti uno accanto all’altro sul divano e mi ero acciambellato sulle gambe di Alexander che, con una mano teneva il calice e con l’altra accarezzava il mio bellissimo pelo cinerino.
Non so esattamente quanto bevvero, il lato brutto del bere con uno stregone è che è in grado di farti comparire in mano un bicchiere nuovo non appena finisci quello vecchio, di modo che tu non abbia l’opportunità di calcolare quanta roba ti sei scolato. Una volta in questo modo mi ha fatto fare indigestione di salmone. Ad ogni modo persi il conto io, figurarsi loro.
Si arrivò ad un certo punto della serata in cui Alexander aveva ormai una perenne sfumatura rossastra sulle guancie e parlava lento, come se mettere in ordine le parole gli costasse un enorme fatica. Anche il mio stregone non se la passava tanto meglio, ma aveva dalla sua anni di esperienza, anche se l’energia consumata durante l’incantesimo si faceva sentire.
Mi ritrovai in mezzo a loro sul divano, il corpo dell’uno che tendeva verso all’altro quasi come ne fosse attratto da una sorta di magnetismo misterioso.
“Cosa vorresti essere se non fossi uno shadowhunter?”
“Io c… ma che vuol dire? Io sono quello che sono e…” biascicò Alexander.
“Sì, ma se non lo fossi?”
“Se non fossi uno… emh, vediamo… Penso che vorrei essere uno shadowhunter” il mio Magnus sospirò un po’ deluso, ma il ragazzo riprese il suo dicorso:”Però ci sono delle cose che mi piacerebbe cambiare…”
“Tipo cosa?” chiese speranzoso il mio stregone e Alexander si chinò sempre più verso di lui, arrivò con le labbra a sfiorare l’incavo del suo collo, tanto che mi sorpresi a trattenere il respiro.
“Tipo…” degluitì “Tipo…” e le parole gli morirono in bocca.
“Alexander?” chiese il mio Magnus e si voltò a guardare lo shadowhunter che si era accasciato sulla sua spalla, vinto dal sonno.
Delicatamente il mio stregone si sfilò da sotto il suo peso e lo accompagnò dolcemente fino a distenderlo completamente sul divano, con uno schiocco di dita fece comparire una coperta che gli rimboccò attentamente intorno alle spalle. Mi persi a guardare quei piccoli gesti che non li avevo mai visto fare, era dolce anche con me, il mio stregone, ma di certo non poteva farmi ubriacare e poi coprirmi in quel modo.
Mentre il mio Magnus se ne stava fermo con un sorriso ebete a osservare Alexander che dormiva io mi accoccolai meglio sul divano accanto allo shadowhunter. Vidi il mio stregone chinarsi, inizialmente pensai per darmi la buona notte con un buffetto come faceva sempre. Rimasi attonito quando le sue labbra si posarono morbide sulla fronte dell’altro e si fermarono per più tempo di quanto fosse necessario, per poi dare un dolce bacio anche a me.
Con un movimento della mano spense la luce e si sdraiò sul divano di fronte, sentivo il suo sguardo su di noi e non potei impedirmi di fare le fusa.
 
Mi svegliai quando Alexander, alzandosi a sedere, mi scaraventò giù dal divano. Lo osservai guardarsi intorno spaesato, doveva avere un gran mal di testa.
“Mi sono addormentato” mugugnò.
“Insieme a me” completò il mio stregone sedendosi sul divano e facendo alzare il ragazzo come una molla.
“E a me” gongolai nella mia mente.
“Su divani diversi non temere”, ma ormai il clima della sera prima era sfumato.
Mentre mi ripulivo il mio bellissimo pelo sentii il mio Magnus chiedere allo shadowhunter perché avesse fatto tutto quello per salvare un lupo, dalla risposta di Alexander intuii che anche a lui i lupi non dovevano stare troppo simpatici. Che dire? Eravamo fatti per stare insieme.
“Mi fido di te, non so perché, ma è così”
Quelle parole mi pietrificarono insieme al mio Magnus. Uno shadowhunter che si fida di un nascosto non è certo roba da tutti i giorni.
“Resta almeno per colazione” ebbe la forza di rispondere il mio stregone.
“Si si per colazione almeno, il mio Magnus fa apparire degli ottimi croccanti al manzo che..”
“No”
“Ma come no? Non ti piacciono i croccantini, forse?”
Li sentii parlare d’altro, mai io ero troppo sconsolato dal fatto che presto quel ragazzo dagli occhi blu se ne sarebbe andato e chissà quando lo avrei rivisto. Mi misi  accanto a loro imbronciato.
Li sentii parlare di fiducia e di altre cose riguardo al fatto che il mio Magnus era uno stregone e l’altro uno shadowhunter. Io avrei tanto voluto poter colpire il mio stregone e dirgli qualcosa tipo:”Ma che stai facendo? Legalo da qualche parte che così rimane con noi per sempre”. Posso ammettere che non fosse l’idea migliore che avessi avuto, ma ero disperato.
Alexander trasse un profondo respiro, si aggiustò la giacca e se ne andò, senza nemmeno salutarmi, lasciandomi col cuore infranto.
Mi voltai lentamente verso il mio stregone con uno sguardo che voleva dire:”Tutta colpa tua. Sei tu che ti metti a fare questi discorsi di prima mattina, lo hai spaventato”.
Il mio Magnus domestico, però stava ancora fissando la porta. Lentamente il suo volto prima scuro si rischiarò con il sorriso più luminoso che gli avessi mai visto. Corse verso di me, mi prese in braccio, sollevandomi sopra la testa e quasi urlando iniziò a intonare un motivetto:”Ha detto che si fida di me. Si fida di me”.
“Per tutti i tonni del mondo, qualcuno lo fermi.”
Continuando a volteggiare per la stanza mi abbracciò e respirò sulla mia pelliccia.
“Profumi di lui” mi disse e mi abbracciò ancora più stretto.

 

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