Messaggi e Preghiere.

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Messaggi ***
Capitolo 2: *** Preghiere ***



Capitolo 1
*** Messaggi ***


 

MESSAGGI

"Ehi, Dean!! ascolta, ho avuto qualche indizio per una possibile pista da seguire, ma sono sempre convinto che non sia niente di collegato ad Asmodeus, ma solo un caso di omicidio. Di un efferato schifoso omicidio, ma comunque solo di un omicidio. Ti garantisco che mi godrò ogni “te l’avevo detto!” che dirò mentre ce ne torniamo a casa. Comunque, vado a dare un'occhiata e se trovo qualcosa che fa' per noi, ti richiamo. Tu aspettami al motel. Ci sentiamo dopo. Ciao!"

 

Il messaggio vocale era delle 10.45.

Dean non appena l'aveva ricevuto , la bellezza di venti minuti dopo - “linee telefoniche del cavolo!!” aveva imprecato quando vide l’ora del messaggio e quella di ricevimento - l'aveva subito ascoltato.

"Stavolta hai davvero ragione tu. Questo caso è un buco nell'acqua.", pensò rimettendo in ordine, mentalmente, quello che sapevano sulla vittima e su come era morta. Così provò a richiamare il fratello e convincerlo a lasciar perdere e ritornare al bunker.

C'aveva messo un'intera serata a convincerlo che quella era una caccia bella e semplice: un rugaru, da come era ridotto il corpo.

Ma quando erano arrivati in città: niente, nulla, nada!!

Se non che, ogni cosa, li riportava alla conclusione di Sam: solo un omicidio. Con tanto di colpevole alla macchia. Lo psicopatico, ignorando una telecamera in casa , messa a sua insaputa, era stato immortalato mentre cercava di macellare il corpo della moglie per evitare di doverlo trasportare intero e poterlo così occultare.

Sadico stronzo!! lo aveva accusato Dean.

 

Compose il numero di Sam e niente….

“Linee telefoniche del cazzo!” ribadì con più astio.

Così lasciò anche lui un messaggio vocale al minore.

 

Sam?, hai ragione fratellino. Stiamo girando a vuoto da stamattina e poi lo stronzo che ha commesso l’omicidio si è fatto immortalare da una candid camera, ma ti racconto tutto quando ci vediamo. Quindi molla tutto e torniamocene a casa. Io sono alla tavola calda, prendo qualcosa per il viaggio, faccio il pieno alla mia Piccola e ti aspetto al motel. Prima di sera voglio essere al bunker e godermi uno dei miei film preferiti , spaparanzato sul mio letto, con birra e patatine e no!!, non mi riferisco ad un porno. Quello, magari, dopo che sarai andato a letto per non turbare la tua sensibilità. Ok! Scherzi a parte. Muovi il culo e torna al motel!” e sorrise mettendo via il cellulare mentre la cameriera gli versava altro caffè.

 

In quel momento, una colonna di auto a sirene spiegate, sfrecciò veloce lungo la strada che costeggiava la locanda. Polizia, ambulanza, vigili del fuoco.

“Wow!!” esclamò Dean , seguendo con lo sguardo la rumorosa carovana. “E’ sempre così rumoroso da queste parti?!”

La donna lo guardò stranita. “Affatto, figliolo. Siamo a Lamar!! Direi che è piuttosto il contrario da queste parti!” ironizzò parafrasandolo.

Un attimo dopo , un ragazzo decisamente affannato e allarmato, spalancò la porta del locale.

“Ehi! Tutti fuori, serve aiuto alla stazione di polizia!” disse quasi gridando.

“Josh, che succede?!” fece la cameriera.

“Il bastardo che ha ucciso la povera Sally, a quanto pare ce l’aveva anche con lo sceriffo. È entrato nella centrale e si è fatto saltare in aria. Le colonne della stazione hanno retto appena per far uscire più gente possibile, ma poi hanno ceduto. Dicono che ci sia ancora qualcuno sotto quel casino. Perciò muovete il culo, servono braccia per scavare!!” e corse fuori.

“O mio Dio!” disse la donna visibilmente preoccupata e mentre si toglieva con gesti quasi isterici il grembiule. “Jenny….o mio Dio..Jenny!!” diceva in preda al panico.

“Ehi! Ehi!!” le andò vicino Dean non appena la donna fu oltre il bancone. “Non puoi andare lì. Vedrai che...”

“Jenny è mia figlia. Fa la segretaria alla centrale di polizia. Io devo andare!” sembrò rimproverarlo.

Dean rimase per qualche secondo senza parole. Poi , con gesto secco, tirò fuori le chiavi dell’Impala dalla tasca. “Ok! Vieni con me. Ti accompagno io e vedremo se possiamo dare una mano. Ma stai tranquilla, vedrai che Jenny sta bene!” e lo disse cercando di sembrane convinto. La donna, terrorizzata, provò a credergli e annuì.

 

Dieci minuti, i due, scesero dalla macchina. Dinnanzi a loro un cumulo di macerie e la puzza pungente dell’esplosivo bruciato. Dean disse alla donna di non muoversi e si allontanò solo di qualche metro per chiamare Sam.

“Ma che cazzo hanno le linee di questa città!!??” imprecò quando la chiamata andò a vuoto.

Ennesimo messaggio vocale!!

Sammy, sono alla stazione di polizia o meglio a quello che resta della stazione di polizia. Lo stronzo psicopatico che credevamo essere un mostro era solo uno stronzo psicopatico che si è fatto saltare in aria. Sono sul posto per dare una mano con i soccorsi, raggiungimi non appena senti questo messaggio.” e mise giù.

 

Raggiunse di nuovo la donna, Tania. Presentazioni fatte in macchina.

“Ok! Vediamo di scoprire qualcosa.” e mettendole una mano intorno alle spalle, la portò con lui verso un paio di poliziotti, non proprio messi bene.

Tania li riconobbe.

“Fred? Darren?” e corse verso di loro.

“Tania!!” fecero i due.

“Jenny? dov’è Jenny?!” chiese la donna con le lacrime agli occhi.

“Era appena dietro di noi, quando tutto è venuto giù!” rispose quello che sembrava il più giovane dei due.

“O mio Dio!!” esclamò terrorizzata mettendosi le mani davanti alla bocca per reprimere lo sconforto. “E’….è ancora lì sotto?!”

“I vigili del fuoco stanno scavando, Tania. Tranquilla! L’hanno raggiunta e la tireranno fuori tra un po’!” sembrarono volerla rassicurare.

“Ci sono ancora molte persone lì sotto?!” intervenne Dean.

“Per fortuna no. La maggior parte è riuscita ad uscire grazie all’intervento di….” ma il giovane agente venne interrotto perché richiamato da un altro suo collega. “Scusatemi, devo..io devo andare.” fece allontanandosi dal gruppo.

 

Pochi minuti dopo, un altro gruppo esultante confermò il salvataggio di un altra persona.

“Tania!! Tania!!” venne richiamata la donna ancora abbracciata a Dean.

“Jenny?!” chiese preoccupata.

“Sì, l’hanno tirata fuori. E’ viva.” le dissero entusiasti.

“Oddio ti ringrazio!!”

“Vieni, ti portiamo da lei e poi andrete insieme in ospedale!” la incoraggiarono.

La donna si voltò verso quel giovane che , per quanto fosse sconosciuto, non aveva mai smesso di abbracciarla e rassicurarla. “Grazie, Dean!”

“Te l’avevo detto che stava bene!”

“Sì, l’avevi detto.” sorrise , abbracciandolo.

“Va’. Corri da tua figlia.” e la spinse dolcemente verso il soccorritore che l’aspettava.

 

Mentre la vedeva andare via, si sentì tirare un angolo del giacchetto. Si voltò e non vide nessuno. Dovette abbassare lo sguardo per rendersi conto di chi lo avesse richiamato.

“Ehi!” fece con cautela e modulando il tono di voce. “Problemi, campione ?” fece rivolto al bambino sporco di calce e con un evidente bozzo sulla testa e entrambe le gambe e le ginocchia sgraffiate.

“Non trovo il mio papà. Tu lo conosci il mio papà? Sai dov’è?!” chiese innocentemente. “Mi fanno male le gambe e la testa. Glielo puoi dire?! Voglio andare a casa.” disse cercando di essere forte e non piagnucolare.

“Ok! Ok!” fece Dean , decisamente preoccupato, ma voleva cercare di restare calmo per non agitare il piccolo. Si accoccolò alla sua altezza e gli mise le mani sulle spalle ma più per sorreggerlo che per altro. “Ora facciamo una cosa….” disse guardandosi intorno e cercando un ambulanza libera a cui consegnare il piccolo ferito.

Niente! O erano occupate e in piena attività, oppure partivano a razzo per accompagnare i feriti all’ospedale.

“D’accordo!” fece cambiando idea. “Quella cosa non la possiamo fare. Ne faremo un’altra più figa. Ti va?!” sorridendogli.

“Sì!” annuì il piccolo.

“Adesso ti faccio fare un giro nella macchina più bella del mondo. Sai?..” gli diceva mentre lo prendeva in braccio e lo portava verso l’Impala. “E’ una macchina magica!!”

“Magica?!”

“Già!!!” convenne con entusiasmo il cacciatore. “Chiunque abbia la fortuna di sedersi dentro questa macchina ...è certo di essere al sicuro, che niente di male potrà accadergli!”

“Wow!!”

“E indovina?” disse mostrandogliela. “La macchina è mia e ho appena deciso che tu ci potrai fare un giro!”

“Grandioso!! sarò al sicuro! Mi guarirà la testa e le gambe?!” chiese ingenuamente.

“No, ma...”

“Ohw!!” sospirò deluso.

“Ma correrà talmente forte per le vie di questa città che nemmeno Flash o Superman potrebbero raggiungerla!” disse orgoglioso mentre gli allacciava la cintura.

“Allora è davvero veloce!” asserì serio.

“Cavolo se lo è!!” fu d’accordo Dean.

Un attimo dopo era al posto di guida e dopo aver sorriso al piccolo al suo fianco, mise in moto e sgommò letteralmente verso l’ospedale.

Non appena fu arrivato, corse all’interno con il piccolo in braccio.

“Aiutatemi!! è svenuto mentre lo portavo qui. È uno dei feriti della centrale di polizia!”

Immediatamente il piccolo venne prelevato da un un infermiera e un medico.

“Grazie. Lo lasci ora. Ce ne occuperemo noi!” fece premurosa la ragazza in divisa che portò via il bambino.

 

“Dean?!” si sentì chiamare.

 

Il ragazzo si voltò.

“Tania? Come sta Jenny?!”

“Una bella botta in testa, qualche costola incrinata, tanti lividi e un mare di paura. Ma si rimetterà.” riferì. “Tra un po’ me la faranno vedere!”

“Grandioso!” convenne Dean.

“Tu? Come mai sei qui?!” chiese curiosa la donna.

“Ho accompagnato un bambino. Era ferito e non….” ma la donna non lo fece finire.

“Credo che tu abbia la cosiddetta sindrome dell’eroe, mio caro!” lo adulò.

“No!!” fece sornione il ragazzo. “E’ che mi piace mettermi nei guai!!” scherzò.

Poi si guardò intorno. Confusione. Lamenti. Volti sporchi di polvere. Di sangue. Di paura.

“Ne sono arrivati altri tre, dopo che sono arrivata io!” disse la donna intuendo i pensieri del ragazzo al suo fianco.

“Lo vedo.”

“ E già ce ne erano prima del mio arrivo. Uno è messo davvero male. Dicono che sia quello che ha cercato di mediare con quel pazzo e che subito dopo l’esplosione ha portato verso l’uscita quasi tutti, ma non è riuscito a ...”

“Tirarsene fuori in tempo?!” azzardò.

“Già!” ammise la donna.

“Il lato negativo di fare davvero l’eroe!” asserì amareggiato Dean. “Cosa è tutta quella roba?!” disse indicando delle buste infilate in alcuni contenitori.

“Gli oggetti personali, o almeno quello che hanno addosso, quelli che vengono ricoverati.”

“Sì, giusto!” fece mentre prendeva il suo cellulare.

“Chi chiami?!”

“Chi provo a chiamare.” Ironizzò. “Non ti offendere, ma le vostre linee telefoniche fanno schifo!”

“Non mi offendo. Linee telefoniche del cavolo!!” asserì invece invece convinta, Tania.

Dean le sorrise, compiaciuto, mentre per aspettava , come ogni volta , da quando erano in quella città, che una segreteria gli dicesse che il numero di Sam non fosse raggiungibile.

Invece…. Lo squillo.

“Cazzo! Sta squillando. Non ci credo!” fece entusiasta.

Ma Sam non rispondeva. “Andiamo, Sammy. Rispondi al telefono!” e mise giù , decidendo , poi, di lasciare l’ennesimo messaggio.

 

Sammy, andiamo!! porta via il culo da qualsiasi cosa tu stia facendo e raggiungimi al Saint Jude. Muoviti!!” e riattaccò.

Un telefonino smise di squillare in quello stesso momento.

 

Ma non soddisfatto, pochi minuti dopo, riprovava ancora a richiamarlo.

“Forza! Dannazione!!” diceva allo squillo nelle sue orecchie mentre nella stanza, di nuovo, uno squillo suonava insieme a quello che trillava nel cellulare di Dean.

Questa volta, Dean lo notò.

Mise di nuovo giù la comunicazione. Conosceva quel trillo che ora taceva di nuovo.

Una stretta allo stomaco.

 

“Dean che succede? Non risponde?!” chiese la donna vedendo il repentino cambio di espressione del giovane.

 

Dean non rispose. Ricompose il numero.

Squillava nel suo cellulare. Squillava anche nella sala d’aspetto del pronto soccorso.

Quella stretta divenne preoccupazione.

 

“Dean!?” lo richiamò ancora. E ancora Dean non le rispose, ma con passò incerto, si avvicinò verso le buste dei ricoverati.

Ricompose il numero. Un luce si accese in una delle buste.

Il telefonino. Quel telefonino.

Nella busta , solo quello e la chiave del motel.

Il loro motel. E la chiave era la loro chiave.

E quella stretta divenne panico.

 

“No, no, no...” sussurrò Dean. “Dov’è?” chiese all’infermiera che gli era appena passata vicino.

“Come scusi?!”

“Il ragazzo a cui appartiene questa busta. Dov’è?!” le gridò addosso.

“Stia calmo. Chi è lei?!”

“Sono suo fratello. E ora mi dica dov’è Sam?!” ringhiò furioso.

“Dean sta’ calmo!” cercò di calmarlo Tania che lo vide decisamente alterato. “Ora, l’infermiera controlla il codice della busta e vedrai che...” ma si zittì preoccupata quando vide l’espressione della ragazza alla reception mentre controllava proprio il codice.

“Lui..lui è...” e fu allora che Dean dovette poggiare le mani al bancone. Per controllare la rabbia. O solo per sorreggersi.

“Non lo dica. Non dica niente. Voglio solo la stanza. Voglio solo sapere dov’è!” sibilò tra i denti.

La ragazza deglutì.

“Stanza 401” e Dean corse via ma al centro dell’ampia sala si fermò perso tra i vari corridoi. “Dove?!” gridò alla ragazza alludendo alla direzione da prendere.

“Il corridoio alla sua destra. Infondo, l’ultima stanza sulla sinistra!” fece lei e poi lo vide correre verso quella stanza.

 

Tania restò stranita. “Ma...”

“E’ il ragazzo che ha portato quasi tutti fuori dalla centrale prima che venisse tutto giù. E’ messo male. I dottori disperano che riesca a superare i prossimi giorni. O la notte!” disse mentre appuntò il nome “Sam” sulla cartella e cancellò quello riportato. Sconosciuto: John Doe.

 

 

Dean arrivò velocemente alla stanza di Sam. Stava per entrarci quando una sorta di forza invisibile sembrò bloccargli le gambe.

“Ti prego...ti prego...fa’...fa’ che lui...che lui non sia….” pregò disperatamente mentre la sua mano si poggiava tremante sulla maniglia della porta e quando stava per abbassarla e poter così entrare. La porta si aprì da sola.

Un medico uscì dalla stanza trovandosi di fronte il ragazzo.

“Chi è lei? Posso aiutarla?” chiese severo.

“Io...io sono suo fratello. Sam...il ragazzo lì dentro. Sono suo fratello. Voglio vederlo. Come sta?!” chiese apprensivo, cercando di sbirciare oltre la spalla del dottore.

“Sam?!” fece il medico.

“Sì, è il suo nome.”

“Sam e poi ?!”

Dean lo guardò in cagnesco. Davvero non era il momento per fare il pignolo.

“Smith, ok?!” rispose seccato e poi con uno spintone, spostò di lato il medico e si infilò nella camera.

 

Il cervello andò in panne. Il cuore perse un battito. Il respiro smise di riempirgli i polmoni. Il sangue smise di circolargli nelle vene e la paura divenne , per la prima volta, una sensazione insopportabile.

 

“Sammy..” sussurrò vedendo il fratello in quel letto.

Il minore aveva una vistosa fasciatura intorno al torace, da cui, comunque macchie livide, facevano tristemente capolino. Il braccio destro e la gamba sinistra erano strette in bende elastiche. Il viso arrossato dai graffi della polvere. Un vistoso ematoma gli deturpava il volto dal sopracciglio sinistro fino alla guancia. Un tubo infilato in gola a quando pare lo aiutava a respirare e una miriade di tubicini gli entravano o nelle braccia o finivano al di sotto delle lenzuola. “Oddio...” pregò ancora.

 

“Signor Smith?!” lo richiamò il medico vedendo lo stato di ansia in cui Dean era come congelato. “Signore??”

“Lui...” e non riuscì a dire altro.

Il medico aprì la cartella clinica e lesse.

“Suo fratello ha una ferita alla testa come può vedere, che coinvolge il lato sinistro e...”

“Quanto è grave? Intendo la ferita?!” si ritrovò a chiedere. Stava già pensando a quanto aveva per trovare un aiuto soprannaturale di qualsiasi genere: angelico, demoniaco o magico.

“Abbastanza.”

“Che significa?!” fece fissandolo severamente.

“Significa che stiamo parlando del lato sinistro del cervello che è il lato in cui sono stanziate le attività principali: cognitive, movimento basico, linguaggio...” e si fermò quando si accorse che sul viso del suo interlocutore c’era la confusione e il panico più totale. Così cercò di rimediare: “Ma suo fratello non si è ancora ripreso, quindi non sappiamo quali siano i danni effettivi.”

Dean deglutì e spostò lo sguardo di nuovo sul suo fratellino troppo alto perfino per quel letto di ospedale. “Che mi può dire ancora?!”

“Alcune ossa rotte, lesioni multiple e un’ematoma all’altezza del polmone destro dovute alla cosiddetta sindrome da schiacciamento, per questo abbiamo dovuto intubarlo.” concluse richiudendo la cartella.

“Sammy….ma che ci facevi lì dentro?! Dannazione!!” imprecò, sperando che Sam sentisse quel suo rimprovero.

“Stiamo facendo il possibile. Mi creda signor...”

“Mi chiami Dean. Dean va più che bene!”

“Ok! Stiamo facendo il possibile per suo fratello, Dean.” e lo lasciò da solo con Sam.

Il maggiore si avvicinò al letto.

Guardò Sam , respirando piano come se non volesse disturbarlo.

“Dovevi tornare al motel, ti avevo detto di….” disse sottovoce e poi facendo mente locale. “Linee telefoniche del cavolo!!” fece sarcastico.

Molto probabilmente, Sam, nemmeno li aveva letti o sentiti i suoi messaggi!!

Gli spostò una ciocca ribelle che gli ricadeva sulla fronte. “Sempre troppo lunghi, Sammy. Sempre troppo lunghi!!” volle perfino scherzare, mentre invece avrebbe voluto urlargli di aprire gli occhi e portare fuori il culo da sotto quelle lenzuola.

 

Si massaggiò le tempie. La testa gli scoppiava a causa dei mille pensieri e dalle mille soluzioni che stava valutando per salvarlo.

Cas?? era in giro a cercare di rintracciare Jack, fuggito dopo il fattaccio a Dodge City. Lo avrebbe di certo chiamato e chiesto di andare da loro, e Cas di certo lo avrebbe fatto. Ma chissà quanto ci avrebbe messo, dato che l’ultima volta che si erano sentitit, l’angelo era a tre stati di distanza. Compose il numero e si attivò la segreteria telefonica:

Cas, siamo al Saint Jude di Lamar in Colorado. Sammy è messo male, amico. Per favore, ho bisogno che tu venga qui. Al più presto possibile. Cas, per favore fa’ presto!”

Chuck? Lui era stato chiaro: “Non posso intervenire sempre. Devo lasciare che i miei figli crescano da soli!” , ma Sam non stava crescendo, stava morendo. E poi l’aveva già pregato, per Cas, e niente!

Pensò perfino – stupidamente - a Crowley? Cavolo!! lui aveva definitivamente reso l’anima all’Inferno, così come Rowena.

 

Tirò piano, vicino al letto, una poltroncina. Vi ci sedette e poggiò il viso alle mani giunte davanti al mento.

Quasi fosse assorto in una preghiera supplichevole.

Inconsciamente la sua mente ritornò all’ultima volta che Sam era ridotto male in un letto di ospedale. Le Tre Prove lo stavano consumando e , ironicamente , un medico gli disse : “La vita di suo fratello è nelle mani di Dio!”, proprio quando di quel Dio non c’era più traccia.

 

“Come sta?” fece una voce di donna appena alle sue spalle.

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Capitolo 2
*** Preghiere ***


PREGHIERE

Dean si passò velocemente una mano sugli occhi. Imbarazzato. Scoperto.

Non rispose immediatamente. Non ci riuscì.

In gola, ancora quella morsa di disperazione che gli aveva appannato gli occhi.

Si sforzò di deglutire, quando sentì quella presenza, ormai, quasi alle sue spalle.

“Non bene. Non sta affatto bene!” disse preoccupato. “Il medico non me lo ha detto apertamente ma l’ho capito che pensa che Sam non…..” e non riuscì ad andare oltre.

Tania, si avvicinò alla testiera del letto e toccò appena i piedi di Sam. Chiuse gli occhi come se stesse pregando per lui.

“Tranquillo, vedrai andrà tutto bene. Lui si rimetterà. Gli eroi non muoiono, Dean!” disse poi, dolcemente.

Dean le sorrise amaramente. “Non nella nostra vita, nel nostro lavoro. In quello che facciamo io e Sam, gli eroi, sono i primi a cadere!” ammise amareggiato.

“Dean...”

“Come sta Jenny?!” provò a cambiare discorso.

“Si è svegliata. Sta bene e ha raccontato quello che è successo.” rispose. “Quello che ha fatto Sam!” precisò, sorridendo gentile allo sguardo stranito e curioso con cui Dean la stava guardando in quel momento.

“Cosa...”

“Sam era entrato in centrale per parlare con lo sceriffo quando poi è arrivato quel pazzo che si è fatto saltare in aria. Jenny ha detto che farneticava sullo sceriffo, sulla moglie, su qualcosa che c’era tra i due e avrebbe messo fine a tutto. Sam ha cercato di parlargli, di farlo ragione, ma quando ha capito che quel tipo era completamente fuori controllo e gli ha visto azionare il detonatore, ha gridato a tutti di stare giù, dopo di che si è lanciato sopra di lei e le ha fatto da scudo durante l’esplosione. Quando lo stordimento è passato, Sam si è reso conto che l’edificio non avrebbe retto ancora per molto e ha detto a tutti di raggiungere l’uscita.” raccontava senza poter non nascondere l’emozione.

“E’ per questo che erano quasi tutti fuori!” fece mente locale , Dean,

“Già! , ma Jenny era ferita alla testa ed era confusa. Sam l’ha presa in braccio e quando stavano per uscire il resto del solaio ha ceduto. Jenny dice che l’ha praticamente lanciata verso l’esterno prima di rimanere schiacciato dal tetto che crollava. E’ per questo che lei era solo sotto una trave e pochi calcinacci.” concluse il racconto di quell’atto palesemente eroico.

Dean fissò lo sguardo su suo fratello.

L’orgoglio che lo aveva invaso durante quel racconto, divenne, subito dopo, una scarica violenta di frustrazione e come circa dieci anni prima, si ritrovò a domandarsi:

“Che cosa posso fare? Sammy, che cosa mai posso fare???!”

 

“Dean!” lo richiamò la donna preoccupata per quella disperazione così dolorosamente trattenuta in quella che sembrava un’altrettanta dolorosa richiesta di aiuto.

“Fino a qualche tempo fa avrei avuto molti….modi….per salvarlo. Avrei saputo cosa fare, a chi rivolgermi.”

“E ora?!” chiese perplessa, lei.

“Ora non so dove sbattere la testa. Chiunque sarebbe stato in grado di aiutarmi, ora come ora, non può farlo. Non ho niente per….” ammise frustrato mentre crollava con la schiena verso la spalliera della sedia.

 

“E allora prega!” disse ingenuamente la donna.

 

Dean si voltò verso di lei.

Sul volto un’espressione di rabbia e sarcasmo.

“Pregare? Pregare chi?” replicò ironico. “Dio??!” rispose prima che Tania potesse dire quel nome.

“Sì, Dean. Dio. Lui ascolterà le tue preghiere. Ascolterà il tuo dolore e saprà...”

Ma Dean la fermò con un verso seccato.

“Saprà fare cosa? Aiutarmi? Consolarmi? Far risvegliare Sam? Cosa???” e istintivamente una sua mano andò a toccare quella del fratello abbandonata sul bordo del letto.

“Dean..” lo richiamò dolcemente. Cautamente.

Ma il ragazzo sembrava così perso in quelle dolorose emozioni di paura, rabbia e impotenza.

Poi, lo sentì parlare ancora, senza però, che Dean alzasse gli occhi dal volto del fratello addormentato. “L’ho pregato, Tania. L’ho supplicato!” fece con trattenuto astio. “L’ho implorato di ridarmi il mio migliore amico quando lo hanno ucciso davanti a me. L’ho supplicato di riportami mia madre quando mi è sparita davanti agli occhi. Cazzo!, l’ho pregato perfino per il mio peggior nemico!” confessò ritornando con la mente al retro di quella tavola calda di North Cove e a quella porta presa a pugni inutilmente. Provando per un attimo, lunghissimo, il dolore la frustrazione e la disperazione di quei momenti. “A causa di quello che ci accade ogni giorno, lo imploro ogni notte di tenerlo al sicuro...” ma non disse nomi. Bastarono i suoi occhi fissi su Sam a far capire alla donna per chi implorasse protezione Dean. “Eppure...eppure, guarda!” fece , poi, alludendo al fratello ferito e in fin di vita.

 

Tania si fece poco più vicina e gli mise una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento. “Dean, Lui può..”, ma il giovane si scostò da quel gesto.

“Perdonami...perdonami, Tania. Ma se tu sapessi quello che so io, credimi ….cominceresti a vedere le cose in maniera decisamente diversa. Cominceresti a vedere Lui in maniera diversa!!”

“Non potrei mai vedere Dio in maniera diversa.” cercò di mediare , la donna.

Dean scosse , sconsolato, la testa. Ridendo sommessamente.

“Credimi, Tania. Lui e tutte le sue regole, tutti i suoi buoni propositi, tutti i suoi insegnamenti non sono altro che giustificazioni infilate ad arte nelle nostre vite per giustificare la sua assenza.” fece con risoluta convinzione.

La donna sospirò affranta, decisamente delusa e poi incrociò le braccia al petto.

 

“Te l’ho già detto una volta, Dean. So che hai avuto un’ infanzia difficile, ma smettila di confondermi con tuo padre!!!”

 

Cuore e respiro, per la seconda volta in quell’assurda giornata, smisero di funzionare nel cacciatore.

Dean sentì una sorta di panico sovrastarlo e lentamente voltò il viso verso la donna che gli aveva appena rivolto quelle parole. La guardò. La scrutò come se volesse oltrepassarla con lo sguardo stesso.

“Tu?” fece perplesso e anche spaventato.

 

Bastò un battito di ciglia e dinnanzi a lui, ai piedi del letto di Sam, Tania smise di essere Tania, per prendere le sembianze conosciute di Dio.
Chuck!

 

Questi fece un leggero gesto con le mani e la porta della stanza si chiuse alle sue spalle così da garantire maggiore privacy.

“Sei...sei tornato?!” azzardò Dean che con movimenti lenti si era alzato dal suo posto accanto a Sam. “Sei sempre stato tu?” riferendosi a Tania.

“No, Tania è sempre stata Tania e ora è di là con sua figlia.” rispose semplicemente. “Gli ultimi dieci minuti sono stati un prestito...temporaneo.” spiegò con naturalezza.

E poi, come se qualcosa si fosse accesso nel cervello di Dean. Un’ipotesi assurda. “Aspetta...aspetta!! Ho ucciso Morte. Cas ha ucciso Billie anche se a quanto pare ha avuto una promozione , ma tu...” guardò Sam e poi guardò Chuck. “Non sarai...non sarai venuto per..”

“Andiamo Dean!!” lo fermò , con aria dolce ma leggermente offesa l’Altro. “Credi che sia qui per prendermi la vita di Sam?!” poi con un misto di affronto e presunzione: “Credi che abbia bisogno di palesarmi per prendermi la vita di qualcuno? ”

Dean gli si avvicinò appena e benchè fosse sconcertato da quella presenza, non voleva mostrarsi debole.

“Non so perché tu sia qui, ma se tra le tue motivazioni c’è il volermi consolare per quello che sta succedendo, beh!, puoi andartene anche a farti...”

“Dean!!” lo fermò prima che potesse dire altro. “ Ricorda con chi stai parlando!” lo ammonì severo. “Ti ho già perdonato un “figlio di puttana” di troppo!!”

Dean deglutì e allo stesso tempo capì a cosa si riferiva Chuck. La sua sfuriata a North Cove era stata piuttosto esplicita.

Ma non cedette all’imbarazzo.

“Andiamo, non fare il puritano con me!” lo provocò Dean. “So che hai detto e fatto di peggio durante la tua lunga vacanza. Perché sei qui?!”

Chuck fece spallucce. “Amara sta sperimentando la creazione di un mondo tutto suo e io volevo rivedere dei vecchi amici!” rispose con gentilezza.

“Beh! Se intendi quei vecchi amici che ti hanno salvato la vita aiutandoti a rimettere a posto le cose con tua sorella?, arrivi tardi. Sono tutti morti. Crowley, Rowena E non grazie a te abbiamo riavuto Castiel...” poi istintivamente spostò per un attimo lo sguardo anche su Sam, per poi riportarlo, furioso, sul volto del Dio che gli stava davanti. “Solo Lucifero se l’è goduta. Anzi, tanti auguri ...nonnino!!” lo provocò ancora, alludendo al nephilim.

“Sì, ho sentito!” fu la più che banale risposta che invece, il cacciatore, ebbe in ricambio.

Dean era senza parole. Completamente sconcertato.

“Hai...tu hai sentito?!” replicò ironico, incredulo. “Questa è l’unica cosa che sai o puoi dire? Tu hai sentito?!” acuendo indispettito , la voce.

“Sai che non intervengo mai con i piani divini.” fece e poi alzando gli occhi al cielo. “Con i miei piani!!” precisò , un po’ troppo compiaciuto.

 

Dean sentì una voglia irrefrenabile di prenderlo a pugni, ma sapeva che sarebbe stato inutile oltre che doloroso. Fu doloroso quando prese a pugni Cas in quella stanza dove lo aveva portato Zaccaria, figurarsi prendere a pugni….Dio!!

 

“I tuoi piani? Uccidere Rowena , costringere Crowley al sacrificio, lasciare che Castiel morisse in quel modo per mano di Lucifero...era un tuo piano?!” chiese sarcastico.

“Il mio disegno era portare un Lucifero di nuovo fuori controllo oltre quello strappo dimensionale. Il modo lo avete scelto voi. Vostro era il piano. Vostre, le scelte. Libero arbitrio, Dean. Libero arbitrio. Conseguenze comprese.” rispose pacatamente, mentre, piano si spostava lungo il bordo del letto di Sam.

 

Dean era decisamente frastornato. Praticamente, Chuck, stava dando loro la colpa di tutto quello che era successo, di tutte le morti che quelle decisioni avevano causato. In pratica, Chuck, se ne stava lavando di nuovo le mani.

“Non ci posso credere!”

“In effetti è da un po’ che non credi più a niente, Dean!” lo spiazzò Chuck.

Dean in quel momento si rivide dire a Sam che non credeva più a nulla, che aveva bisogno di una piccola vittoria e poi...poi era tornato Castiel, ma nonostante quello sprazzo di luce, tutto era tornato incasinato e avevano perso Jack.

E ora, il cacciatore, oramai era stanco. Fisicamente. Psicologicamente.

Tenere testa ai mostri , alla magia e a chiunque fosse parte del soprannaturale era una cosa, ma tenere testa a Dio, Beh!, questo era decisamente fuori dalla sua portata e ora , ora , non ce la faceva più.

 

“Lucifero è un grandissimo figlio di puttana infernale, ma su una cosa aveva ragione: è sfiancante parlare con qualcuno quando quel qualcuno è Dio!!” e poi, decisamente rassegnato continuò. “Ascolta, se sei qui per fare qualcosa ...per Sam. Falla e basta!” disse con tono sconfitto. “Se per farla, vuoi che ti supplichi ancora, lo farò!”, proseguì Dean. Gli occhi liquidi per la stanchezza e la disperazione. “Se hai bisogno di vedermi in ginocchio per poter salvare la vita di mio fratello, io...” e chiudendo gli occhi, Dean , si inginocchiò a capo chino davanti a Dio.

 

L’uomo giusto ai piedi del suo Dio!

 

Per la prima volta, forse anche Chuck, nella sua incommensurabile esistenza, si lasciò sorprendere da un simile gesto.

Quando era grande l’amore fraterno che legava quei due ragazzi? Fin dove era capace di spingersi quel fratello maggiore pur di salvare il minore? Fin dove si sarebbe spinto anche Sam, per Dean?

L’aveva davvero creato lui quel legame così profondo? O era qualcosa insita e preziosa in quei due semplici esseri umani, che di semplice non avevano decisamente niente?

 

“Dean..” fu l’inatteso e gentile richiamo.

“Ti prego...ti prego salvalo..” sussurrò Dean senza avere il coraggio di alzare lo sguardo. Piegato. Seduto sui talloni per sottomettersi in cerca di pietà.

“Dean, alzati!” lo incoraggiò docilmente, Chuck, mettendogli le mani intorno alle spalle.

“Se hai bisogno di questo da me, lo avrai. Se vuoi che io creda di nuovo, io….io ci proverò...ti giuro che ci proverò, ma tu...”

“Dean, alzati e guardami!” fece ancora, stringendo appena la presa intorno all’uomo prostrato.

“Tu devi salvarlo. Lui ha diritto ad una vita. Lui non è...me. Lui è...migliore di me. Lui deve vivere!” fu l’ennesima supplica.

 

Chuck si ritrovò, in quel momento, a socchiudere gli occhi.

 

L’ultima volta che Dean lo aveva pregato, anzi , l’ultima volta che lo aveva supplicato, lo aveva fatto per lui, perché stava soffrendo profondamente. Voleva stare bene, rivoleva sua madre, rivoleva Cass. Rivoleva perfino Crowley!!

Quella volta aveva pregato esclusivamente per lui.

Ora...ora invece...

Aveva appena udito la preghiera più bella. Quella fatta per la salvezza non della propria vita ma per la vita di un altro.

L’estremo sacrificio.

 

“Dean, ascoltami.” fece poi, con tono risoluto, riportando in piedi, il cacciatore.

“Tu devi...ti prego...” continuava Dean, mentre i suoi occhi diventavano sempre più lucidi.

“Ascoltami!” lo fermò severo e Dean si zittì, colpito da quel rimprovero. “Il tuo destino ancora non si è compiuto….” iniziò mentre il ragazzo, ansioso, cercò di mediare ancora per la vita di Sam.

Ma Chuck non gliene diede tempo. “Così come non è compiuto il destino di tuo fratello. Ha rischiato la sua vita per la vita di altre persone. Gli eroi non sempre muoiono, Dean. A volte, hanno la forza, il desiderio e la tenacia di riaprire gli occhi!” disse sorridendogli e accennando a qualcosa alle sue spalle. “Continua ad essere forte, continua ad essere tenace. Continua a desiderare di esserlo!”

Lasciò la presa e permise a Dean di voltarsi.

 

Dean boccheggiò. Sorpreso. Immediatamente sollevato.

Sam era sveglio. Lo guardava e sembrava, sembrava addirittura che gli stesse sorridendo.

“Sei sveglio!” sussurrò il maggiore che rinsavendo immediatamente si voltò di nuovo verso Chuck, trovandosi però, di nuovo da solo.

Si guardò stranito attorno. Nessuno. Più nessuno.

 

Perchè Chuck era tornato? Perché quello strano incontro?

Che avesse solo voluto spingerlo a quel gesto di sottomissione?

Che avesse solo voluto vederlo umile ?

Che avesse voluto fargli capire che, nonostante tutto, Lui , c’era ancora?

Che , davvero, non erano soli a combattere quella loro infinita battaglia contro il Male?

 

Ma avrebbe risposto a quelle sue domande, o per lo meno c’avrebbe provato, un’altra volta.

Ora, ora Sam era sveglio e lo stava addirittura chiamando. Flebilmente, a causa dell’intubazione parziale, ma comunque ci provava.

“Sono qui, Sammy! Sono qui fratellino.” rispose a quel richiamo , quando si avvicinò di nuovo a lui. “Mi hai davvero fatto prendere un colpo questa volta. Mi devi un pranzo , una cena e una colazione abbondante quando saremo fuori di qui!!” scherzò sorridendo e sospirando più rilassato quando vide anche il sorriso di Sam.

 

 

Pochi giorni dopo, Sam e Dean, erano fuori da quell’ospedale. Quando fu dimesso , con grande sorpresa da parte dei medici, Sam fu ringraziato calorosamente per il suo gesto eroico. Tania e sua figlia Jenny, per prima.

Dean, dopo aver salutato quella nuova imprevista amica e dopo essersi assicurato di aver preso le medicine di cui Sam aveva ancora bisogno, mise in moto e partirono. Direzione: Bunker, Lebanon, Kansas.

 

Durante il viaggio che sembrava uno dei soliti loro viaggi in macchina, Sam all’improvviso si fece serio e Dean lo notò.

“Ehi, stai bene?!” chiese il maggiore preoccupato.

“Cos…? Sì, sì. Sto bene!” lo rassicurò, l’altro.

“E allora che hai?!” insistette, Dean.

Sam lo guardò e Dean potè notare sul volto del fratello una certa indecisione nel voler parlare. “Andiamo, Sammy!! sputa il rospo. Che hai!?” chiese, però, senza astio.

Sam sbuffò appena e si lasciò convincere.

“Senti...lo so che può sembrare strano...”

“Strano?” replicò ironico Dean. “Sammy, siamo noi. I Winchester. Cacciamo il male, abbiamo a che fare con angeli, demoni e tutto il resto. La parola “strano” non ci appartiene!!” scherzò per alleggerire la tensione che vedeva in Sam.

“Hai ragione!” convenne sorridendo sommessamente, il minore. “Il fatto è che quando mi sono svegliato..in ospedale...io..io, credo di aver...” e davvero non voleva crederci.

Lo aiutò Dean.

“Hai creduto di aver visto Chuck?!” lo spiazzò, sorridendogli sghembo.

Sam stralunò gli occhi.

“Cazzo!! allora non me lo sono immaginato!!” fece il giovane girandosi meglio verso il fratello.

Dean fece spallucce.

“Ok!” disse risoluto Sam. “Ferma questa macchina e raccontami tutto.”

“Sam, possiamo farlo al bunker.”

“No, lo facciamo adesso. Ferma tu o tiro il freno a mano io!!” lo minacciò mettendo una mano sul freno.

“Ok! Ok!!” lo tranquillizzò il maggiore. “Cavolo, fratellino. Dovresti davvero prendere qualcosa anche per la tua sindrome premestruale!” lo prese in giro, mentre accostava ai lati della statale e spegneva il motore.

“Allora? Era davvero Chuck? Perchè è tornato? Che succede? Che cosa vuole? Problemi con Amara? Perchè...” lo inondò di domande.

“Ok!Ok! Sammy, datti una calmata o ti verrà un ictus!” fece Dean.

“D’accordo. Ma tu parla!”

Dean lo guardò e sospirò. Avrebbe tanto voluto rispondere a tutte le domande di Sam, ma il problema era che nemmeno lui sapeva le risposte.

“Non ti mentirò, Sam, ma la risposta alle tue domande è che non lo so.”

“Non lo sai!?” ripetè perplesso, il giovane.

“Credimi, gli ho fatto le tue stesse domande quando me lo sono ritrovato davanti nella tua stanza di ospedale e come al solito Lui...non ha risposto.” fece sconsolato. “Ma sai?!, credo davvero che non ci fosse un motivo ben specifico della sua presenza. Lui deve essersi trovato lì per caso e ha sentito che io...insomma ha sentito....” e quello che disse Sam, lo spiazzò definitivamente.

“La tua preghiera….per me!” disse Sam, sapendo di aver detto il giusto, quando vide il tipico imbarazzo sul volto di suo fratello maggiore.

Per un attimo silenzio. 

“Non potevo non pregare per te , Sammy. Anche perché sei l’unico per cui lo faccio!” si ritrovò ad ammettere, arrossendo appena.

Sam, si sentì in colpa. Inspiegabilmente.

“Dovresti pregare anche per te , ogni tanto!” cercò di rimediare così all’imbarazzo del fratello e al proprio senso di colpa.

Dean sorrise a quella richiesta. “A quanto pare non funziona così, Sammy!”

“Che significa?!” domandò curioso.

“Niente tornaconto personale!”

“Quindi dovrei essere io a pregare per te?!” fece con tono scherzoso Sam.

“A quanto pare, fratellino!!” replicò con lo stesso tono, il maggiore.

“Hai idea di quello che significa?!” lo provocò, l’altro.

“Ho paura a chiedertelo!”

“Se tu hai pregato per me e Dio...Chuck...ti ha ascoltato, potrebbe farlo anche con me, il giorno in cui, io pregherò per te.”

“E allora?” fece , rimettendo in moto.

“Potrei chiedergli di farti rinsavire.”

“Ti annoieresti. Io sono Ian Solo e non Yoda!!”

“O essere meno avventato!”

“Il mio istinto ci ha salvato il culo parecchie volte! ”

“O meno ossessivo nei miei confronti.”

“E chi pregherebbe per te , poi?!”

E punto sul vivo, Sam ricambiò.

“O magari meno fissato con le donne!”

“Ehi!! ora calma fratellino. O mi riprendo il bonus vitae che Chuck ti ha appena dato!!!” lo minacciò bonariamente e subito dopo, entrambi, scoppiarono a ridere.

E tra una risata e l’altra, fu Sam il primo a riprendere fiato.

“Ehi, Dean?!” fece.

“Sì?” ancora leggermente affannato.

“Lo farò!” disse un attimo dopo.

“Farai cosa, Sammy!?” chiese perplesso ma non preoccupato.

“Pregherò io per te.”

Dean si ritrovò a deglutire. Niente più scherzi. Niente più battute. Solo loro e il loro essere legati.

“Lo so, Sammy. Lo so.”

 

Mai nessun dubbio su quella promessa!
 

 

(Brother, Gavin de Graw ft. Needtobreathe

https://www.youtube.com/watch?v=0N1ti_pD-eg

cantata da Jensen!!!!)

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