Heroes Never Die - A Pharmercy fanfic.

di mercysheals_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Heroes Never Die - A Pharmercy Fanfic.

Osservó la foto, cercando di memorizzarne ogni dettaglio, quasi come se avesse paura di dimenticarla. Sentirne la consistenza tra le mani le faceva ricordare che, nonostante avesse visto numerose vite essere spezzate dalla violenza della guerra, lei era viva. Le ricordava il suo scopo, perché si esponeva costantemente alla furia della battaglia, nonostante il suo cuore amasse e desiderasse la pace. 
Angela adorava prestare il proprio aiuto ai bisognosi, più di qualsiasi altra cosa. Amava prendersi cura degli altri, dei deboli, dei feriti. Viveva la sua vita all'insegna dell'amore, della speranza in un futuro felice e pacifico. Non si sarebbe mai pentita di essere diventata una dottoressa, e di essersi unita ad Overwatch, sebbene non apprezzasse l'idea del combattere la violenza con la violenza. Aveva deciso di unirsi a quest'associazione semplicemente perché sapeva bene che le avrebbe permesso di aiutare coloro che soffrono su larga scala. 
Mentre questi pensieri le riempivano la mente, continuava a stringere la foto. Guardò meglio, si distanziò dai suoi precedenti pensieri, e mise a fuoco l'immagine. Raffigurava una ragazza, bellissima, dalla carnagione abbronzata e dai capelli neri. Osservó il tatuaggio sotto l'occhio, il suo sorriso fiero, e il suo bel portamento. Le mancava, da morire. Pensava spesso a lei, nei suoi pochi momenti liberi, ma anche mentre era al lavoro, qualche volta addirittura sul campo di battaglia. La imbarazzava ammetterlo, ma si era ritrovata a mormorare il suo nome prima di addormentarsi, come se si stesse cantando una ninna nanna per calmarsi. 
"Fareeha", sussurrava, mentre stringeva a sè il cuscino. 
Era passato diverso tempo dall'ultima volta che si erano viste, che avevano combattuto fianco a fianco, che si erano abbracciate, e sembrava essere passato ancora di piú dall'ultima volta che le loro labbra si erano toccate. Angela rivedeva spesso il loro ultimo incontro nei suoi sogni. 
Prima di partire, Fareeha le aveva fatto promettere di prendersi cura di sè, e di non morire. Lei le aveva detto che gli eroi, proprio come loro due, non muoiono mai. Ricordava lo sguardo intenso e serio di Fareeha, la sensazione che aveva provato quando l'egiziana le aveva stretto le mani e poi aveva sorriso, dicendole che aveva ragione. Angela l'aveva stretta in un abbraccio, e poi l'aveva baciata con passione, incurante degli sguardi altrui. Le sarebbe mancata, lo sapeva. Sperava soltanto che stesse bene, e che non le succedesse nulla.
Sorrise al ricordo di quel dolce, ma contemporaneamente amaro saluto, e posò la foto accanto alle sue cose. Era ora di concentrarsi, e di mantenere la promessa che aveva fatto alla ragazza. Doveva restare viva.
Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla, e si voltò, lentamente. Ana Amari la guardava con comprensione, sembrava non volesse interrompere il flusso dei suoi pensieri, ma Angela stessa sapeva di dover abbandonare i propri sentimenti, almeno per ora.
"È ora di andare", le disse. 
Mercy lanciò un ultimo sguardo alla foto, prima di allontanarsi.
"Combatterò, per te."
 

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Capitolo 2
*** 2. ***


Heroes Never Die - A Pharmercy fanfic.

Angela inizió a togliersi, lentamente e con molta attenzione, la sua tuta Valchiria. Valutó rapidamente i danni che aveva subito durante la battaglia, qualche graffio sparso sul corpo, e qualche livido, ferite superficiali che sarebbero guarite presto. Sciolse i capelli — raccolti in un'alta, stretta coda — che le ricaddero sulle spalle incorniciandole il viso come una cascata dorata. Sospiró, mentre si osservava allo specchio. Studió il suo viso, gli occhi stanchi, le chiazze nere che li cerchiavano a causa della mancanza di sonno. Era sempre molto scossa dopo le battaglie. Era ancora molto faticoso per lei, nonostante avesse visto cose ben peggiori, abituarsi alla vista di persone sofferenti, al suono che le armi producono quando colpiscono un'essere umano, all'odore di polvere da sparo che ormai respirava piú spesso della stessa aria. Di solito, dopo una missione, aveva incubi per diverse notti. Sognava di ritrovarsi in battaglia con Fareeha al suo fianco, di nuovo. Prima che andassero a combattere, entrambe erano felici di ritrovarsi fianco a fianco. Sarebbe quasi sembrato un bel sogno, se non fosse che, proprio mentre le due seguivano il proprio team, pronte a dare del loro meglio, Fareeha venisse colpita. Alla testa. Da un cecchino nascosto.
Nonostante Angela avesse avuto questo sogno centinaia di migliaia di volte, ancora non riusciva a reagire in tempo, ad avvisare la sua amata della pallottola che le avrebbe perforato il cranio pochi secondi dopo. Nel momento in cui il colpo veniva sparato dal fucile, si sentiva solo un fischio, e poi un tonfo, quello del corpo dell'egiziana che colpiva il suolo. In genere, questo era il punto in cui Angela apriva gli occhi, si sedeva in mezzo al letto, ed urlava, e piangeva. Era successo centinaia di migliaia di volte, e lei non ci aveva ancora fatto l'abitudine. Dopo essersi svegliata di soprassalto, non riusciva mai a dormire, e allora andava a sedersi sul divano, con le gambe e le mani ancora tremolanti per lo spavento. 
Scosse la testa, come se stesse cercando di scacciare via quell'aura di negatività che l'aveva circondata. 
Si avvió verso la doccia, e cercó di rilassarsi. Dopotutto, se lo meritava. 
Quando ebbe finito, uscì lentamente, fece attenzione ad asciugare bene ogni angolo del corpo, ed indossó qualcosa di comodo. Si sentiva estremamente stanca, come se il suo corpo si fosse appesantito. Detestava sentirsi senza forze, debole. Ció che odiava di più, peró, era la solitudine. Quella casa sembrava immensa, senza nessuno con cui condividerla. Faceva male vedere la poltrona preferita di Fareeha vuota, la sua tazza ancora riposta con cura nella credenza. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarsi. Aveva bisogno di discutere con una persona che provasse gli stessi sentimenti, e che potesse capirla. 
Non ebbe alcun dubbio su chi chiamare. Afferrò la cornetta del telefono, quasi fosse la sua ancora di salvezza. Compose il numero velocemente, mentre le mani prendevano a tremarle. Sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi, per una volta era lei quella che aveva bisogno di supporto. 
Il telefono squilló un paio di volte, poi sentì la voce rassicurante e calma di Ana Amari, che sussurrava “Pronto?” 
Angela sospiró, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
“Per favore, ho bisogno di parlare” disse, con voce tremolante ed incerta. “So che puoi capirmi. Potresti venire? Preparo del tè.” 
Poteva quasi immaginare il viso di Ana, dall'altro lato della cornetta. Stava probabilmente guardando il terreno con aria comprensiva e triste, e giocando con il filo del telefono.
“Certo, Angela.” Rispose, dopo qualche secondo. “Saró lì da te molto presto.”

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Capitolo 3
*** 3. ***


Heroes Never Die - A Pharmercy fanfic.

“Mi manca, ogni giorno che passa la situazione sembra peggiorare. Non riesco a concentrami, ho gli incubi.” Angela sospirò, mentre stringeva le dita intorno alla calda tazza di tè. 
Ana la guardava con sguardo comprensivo, quasi materno. Le poggiò una mano sulla spalla, accarezzandola leggermente, quasi temesse di ferirla.
“Anche a me. Purtroppo è qualcosa con cui dobbiamo convivere, almeno per ora. Non essere cosí dura con te stessa, Angela. Nonostante tu abbia dedicato tutta la tua vita alla ricerca medica, dubito che ci sia una cura per i sentimenti, cara.” Ana osservava il fumo che la tazza emetteva salire al cielo lentamente. ”Sai, avrei desiderato una vita diversa per lei, lontana dalla guerra. Una vita normale. Ma lei non ha voluto, ha preferito battersi. E adesso è lontana perchè sta realizzando il suo sogno. Lei è una combattente, la giustizia è forse la cosa più importante per lei.”
Quell'ultima frase irruppe nella stanza con lo stesso fragore di un masso. Perforò il tetto, scavò un profondo buco nel pavimento. Angela si sentí sopraffatta, schiacciata. Prima di allora, aveva creduto che se Fareeha avesse dovuto scegliere tra la guerra e lei, non avrebbe esitato a scegliere lei, la sua amata. Nonostante i fatti le avessero dato torto precedentemente — dato che Pharah, come si faceva chiamare in battaglia, era partita ugualmente lasciandola sola —, le parole di Ana avevano messo in crisi quella convinzione che albergava ormai nel suo cuore da lungo tempo. Faceva male, ma al tempo stesso era fiera di lei. Di come avesse perseguito ciò che desiderasse, sacrificando se stessa. 
Continuava a fissare un punto imprecisato, come se si fosse bloccata. Ana doveva essersi accorta dell'improvviso cambio che aveva subito, perché sorseggiò lentamente il suo tè e sospirò.
“Ricordo ancora il giorno in cui mi avete detto di voi. Ti ricordi? Eravamo sedute in veranda, era una sera d'estate. Tu non riuscivi a smettere di mangiarti le unghie, mentre Fareeha picchiettava costantemente le dita sul tavolo.” Sorrise malinconicamente, mentre osservava Angela. Le sembrava quasi di poter sentire il suono delle dita di sua figlia che tamburellavano sul legno del tavolo. “Poi, vi scambiaste uno sguardo d'intesa. Tu sollevasti il viso, e mi guardasti dritta negli occhi. Poi iniziasti a parlare con quel tono che usi quando citi tutti quei termini scientifici e complicati che sei l'unica a capire. Dicesti, “Signora Amari, io e sua figlia volevamo dirle che siamo innamorate e che abbiamo scelto di stare insieme.” Potevo percepire il tuo nervosismo, e quello di Fareeha, che ti stringeva la mano e che ti sussurrava qualcosa all'orecchio, forse per calmarti.”
Angela rise sottovoce, portando alla mente quel dolce ricordo. Si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, continuando a sorridere. 
“Non puoi neanche immaginare quanta paura avessi. Non credevo che l'avresti accettato.” La dottoressa poggiò la tazza sul tavolino, e strinse le mani di Ana. “Non sapevo se io ti piacessi o no, eri sempre così indifferente a me. Non hai idea di quante volte Fareeha ed io abbiamo provato quella conversazione davanti allo specchio.” 
Risero entrambe, mano nella mano, mentre i ricordi riaffioravano, uno ad uno. Era la prima volta — da quando lei era andata via —  che Angela rideva per davvero. La prima volta, da tempo immemore che lei si sentiva felice. 
Ana strinse le sue mani con più forza, mentre le diceva ciò che lei avrebbe desiderato sentire tempo fa. 
“Tu mi sei sempre piaciuta, Angela. Sei una ragazza intelligente e altruista. Sei sempre stata perfetta per mia figlia, e lo pensavo anche allora. Non ho mai dubitato di te. Non volevo darti una cattiva impressione, ma sai com'è.” Ana abbozzó un'espressione divertente. “Una madre deve essere severa, qualche volta. Volevo il meglio per Fareeha, e tu lo sei.”
Sorrisero entrambe. Nonostante tutti la definissero un angelo custode, Angela non era affatto una creatura soprannaturale. Era un essere umano, come tutti gli altri. Anche lei era piena di tristezza, rabbia, paura, talvolta codardia. Anche lei, come tutti, aveva bisogno di supporto, una volta tanto. Era felice di avere qualcuno come Ana al suo fianco, era estremamente grata a quella donna per averla aiutata a sentirsi meglio, per aver colmato anche se solo per un po' la solitudine di quella casa. 
Guardò fuori dalla finestra. 
“Posso farcela.” Pensò. “Devo resistere, per lei. Tornerà.”

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