Ring a ding dong

di kyuukai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vigilia di Natale, la dottoressa peluche mi ha regalato … sbalzi d'umore a profusione ed una boccetta di shampoo all'abete silvestre. ***
Capitolo 2: *** All I want for Christmas is sex and breakfast. ***



Capitolo 1
*** La vigilia di Natale, la dottoressa peluche mi ha regalato … sbalzi d'umore a profusione ed una boccetta di shampoo all'abete silvestre. ***


N.d.V: Ovvero il tentativo di fare da Secret Santa alla mia migliore amica, e coprire l'angoscia che accompagna il nostro scambio natalizio di regali. Avevamo detto “Per il Natale che vorrei, MadaSaku all the way”, beh, eccoci qui <3

È vero che si può dare tutto l'anno, ma Natale viene solo una volta, e voglio associare la gioia di far qualcosa di gradito ad altri soprattutto in questa data, se possibile condividerla con chi è disposto ad accettarla, e rendere le feste più gradite, o solo i minuti che si impiegano a leggere una fanfiction scritta col pensiero proiettato alle feste.
Sarà una two-shots, divisa per giorni: la prima il 24 dicembre, il giorno più sfortunato per i bimbi che aspettano di scartare i regali, e dato i “natali” a Madara; la seconda tratterà invece del 25.

Buone abbuffate, spero tutti quanti resisterete all'invasione familiare e le montagne di carta da scartare <3

P.s.: La storia si svolge tre anni dopo i fatti raccontati in Ring a Ding Ding, la lettura è consigliata ma assolutamente non necessaria per capire cosa succede.
Buona proseguimento.

 

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1. La vigilia di Natale, la dottoressa peluche mi ha regalato … sbalzi d'umore a profusione ed una boccetta di shampoo all'abete silvestre.

 

“Ha attraversato tanti stati, solo per avere la possibilità di abbracciare il figlio!” si lamentò ad alta voce la donna, stesa sul divano accogliente e sommersa da una quantità indefinibile di plaid. Al di sotto, strofinava nervosamente le mani per tenerle al caldo, ma era una causa persa.

“Tu invece, ad averne la possibilità, mi abbandoneresti a Natale”.

Col tempaccio che imperversava fuori dalla finestra del salottino, oltre a provocargli dolore in ogni osso nel suo corpicino, le si era gelato anche il cuore a giudicare con che disprezzo si stava rivolgendo all'unico occupante della casa oltre lei, rinchiusosi in cucina per non sorbirsi i suoi rimproveri.

Non finché la crisi non sarebbe passata.

Sakura tirò con forza su col naso, affondandolo nel bavero del pigiama peloso nero, un regalo unico e raro. solo perchè era dotato di orecchie e coda da procione, l'animale preferito dell'insensibile con cui condivideva l'appartamento.

“Perfino quel nonno bacucco è più romantico di te, nell'andare a vedere la nipotina cantare in chiesa! Chi diavolo me lo ha fatto a fare a mettermi assieme ad un maiale malintenzionato come te?”.

I capelli rosati al lato del viso solleticarono le guance, mentre rivolgeva nuovamente gli occhi luccicanti alla porta fermamente chiusa. Un singhiozzo le tagliò il respiro, e la costrinse a stringersi le braccia attorno.

“Voglio il divorzio” mugugnò con aria depressa, una singola lacrima sfuggì dalle ciglia rosa e ruzzolò fino al mento, perdendosi tra gli strati di spessa stoffa e tristezza che l'avvolgeva.

“Avessi avuto un ryo per ogni volta che lo hai detto, negli ultimi mesi, avrei pagato Danzo Homura per smetterla di riproporci Mamma ho perso l'aereo, invece di esser costretti a soffrire l'ennesima replica in tv ogni dicembre” arrivò finalmente la risposta altrettanto tagliente di Madara, di ritorno dal cucinotto con una tazza fumante in pugno.

Sakura digrignò i denti, difendendo con coraggio e lacrime femminili il canale su cui lo stava guardando forse per la milionesima volta. L'uomo fece schioccare la lingua contro il palato, e dopo aver bisticciato con lei, glielo strappò dalle dita appiccicaticce e spense il televisore.

“Bevi” grugnì senza il minimo di tatto, appoggiandole il fondo del contenitore sulla zucca dura.

A Madara i suoi piagnistei senza senso scivolavano addosso, almeno all'apparenza; eppure non pareva del tutto contento, soprattutto dopo che la donna ebbe messo sotto il naso rosso la tazza, lo storse con forza.

“Che è sta roba? Ha un odore pungente che è tutto, fuorché buono per il mio stomaco delicato”.

Il marito strinse le braccia al petto, trapassandola da parte a parte con un'occhiata a dir poco arcigna.

“Prenditela con te stessa. Dieci minuti fa non ho fatto neanche in tempo a cambiarmi di ritorno dalle fustigazioni del coach che mi sei saltata addosso, lagnandoti che morivi dalla voglia di una tisana” grugnì, cadendo senza grazia al suo fianco sul divano, posando un braccio attorno allo schienale in pelle “Per Diana, bevi quella roba prima che ti ci faccia il bagno. Almeno ti terrà lo stomaco finché non romperai di nuovo il cazzo ad un'ora improbabile per mangiare. Ma bada: mai più bastoncini di pesce e crema. Ne sento ancora la puzza sotto le narici”.

Lei gonfiò le guance, bambinescamente, verso di lui, ma sentendo lo stomaco reclamare in quel momento, sbuffò sulla tazza e cominciò a sorseggiarla pian piano.

Le spezie erano forti tanto da sbloccare le sue vie respiratorie, il profumo di arancia la stordiva, ed una volta fatta scendere, si sentì un poco meglio. Lucida e tanto stupida.

“... Non intendevo...” mugugnò stranamente imbarazzata, tamburellando le dita contro la ceramica rosa mentre provava a trovar il coraggio di guardare l'uomo in viso. Lui fece una smorfia tirata mentre si stava ravvivando la chioma umida con le dita.

“Non è mica da ieri che non do peso a ciò che dici...”.

“Ehi! Sei proprio un cafone!”.

“Detto da una donna impossibile, che non riesce manco lei a star dietro agli sbalzi d'umore” esclamò con dura sincerità, battendo il palmo della mano contro il bracciolo, volgendosi verso di lei.

Sakura inghiottì dell'aria, richiudendo piano la bocca prima di replicare, e tornò crucciata a guardare il liquido ambrato tra le dita.

Erano stati otto mesi d'inferno, per entrambi.

Lo leggeva nel suo viso pallido e stanco, nelle occhiaie più pronunciate, il leggero tic nervoso all'angolo dell'occhio mentre cercava di non guardarla in viso, e forse farla sentir più in colpa di come si sentiva al momento.

Era vero, lo aveva letteralmente trascinato via dalla doccia nel bel mezzo dello shampoo per farle una dannata tisana, e lei non aveva fatto altro che peggiorare la situazione, lamentandosi angustiata ancora una volta.

Per cosa poi?

Dannati ormoni sballati. Dannata MediaKonoha per il film che ormai conosceva a memoria, ma da cui aveva sviluppato una dipendenza, nel periodo natalizio.

La ragazza sporse il labbro inferiore più che poté, abbassando di nuovo il viso verso il basso, gli occhi color primavera già umidi; solo allora Madara si concesse di osservarla, e mugugnando una maledizione al soffitto, fece cadere il braccio attorno al bozzolo che era lei e tirarla contro il suo maglione color castagna.

Sakura si accoccolò immediatamente contro il suo fianco, singhiozzando piccola sulla pelle tesa del mento.

“Mi dispiace”.

“Sta zitta una buona volta, moglie” sentì la voce grave far vibrare le corde vocali, mentre l'abbracciava più forte a sé “Sei solo un impiccio. Quindi fa un favore ad entrambi, e fa riposare le mie orecchie, sono ancora bagnate”.

Lei a malincuore annuì, stringendo i pugni contro il torace nell'avvertire il respiro caldo dell'uomo soffiare contro i suoi capelli, portando con sé un debole profumo di abete alle sue narici.

Si ritrovò a sorridere e strusciarsi contro il collo pallido, più serena, solo nel sentirlo tenerla tra le braccia, seppur brontolante di quanto fosse diventata espansiva da incinta.

“Sai di buono”.

“So di quell'obbrobrio che hai avuto il coraggio di scambiare per me. Un regalo peggiore non potevi trovarlo, per il mio compleanno” grugnì lui, indicando con sgarbo l'albero di Natale addobbato nel bel mezzo del salotto monocromatico.

La notte prima, in un lapsus di coccole, aveva ricercato il marito per la stanza, finendo per abbracciare il complemento d'arredo. Di ritorno dal balcone, dove era uscito per riattivare il contatore della luce, l'aveva trovata abbarbicata tra le fronde sintetiche, tutta sorridente ed in vena di fusa. Ce n'era voluto per calmarlo, ed evitare che in un impeto di rabbia e cieca gelosia, non lanciasse l'albero fuori dalla finestra.

Sakura rise civettuola, individuando una punta d'irritazione nella sua voce, ma non gliene fece una croce, preferendo posare un bacio aperto contro la vena pulsante appena in superficie.

“Tu hai un profumo migliore, e sei più spazioso, duro. Relativamente comodo come cuscino e sedile. Forse ti preferisco”.

“Certo, forse” commentò lui, guardandola con complicità ed anticipare il suo sorriso.

Stranamente, Madara inclinò mite il capo di lato, facendo scivolare le ciocche scompigliate contro lo schienale e garantirle più spazio, sospirando esortante mentre faceva scivolare le mani ad agguantare i lati della sua tuta da casa.

Vibrazioni percorsero la schiena indolenzita della donna a quel tocco conosciuto, e con luce ringalluzzita in viso si premette maggiormente contro il suo petto.

“Veramente lo shampoo era per il 25, anticipato dato che avevi appena finito una bottiglia. Per oggi, penso di avere qualcosa di meglio in serbo per te” canticchiò con fare succinto, provando ad allungare un braccio verso la sua spalla e salirgli sulle gambe, ma le forze l'abbandonarono a metà strada: mentre si destreggiava fuori dalle coperte, il pancione ben evidente anche sotto le vesti larghe diede una bella fitta di dolore, e la povera ragazza si ritrovò ad accovacciarsi addosso a lui, tenendosi con le mani malferme alle spalle ampie.

“Lascia perdere, prima che il tuo tentativo di seduzione malriuscito finisca in una slavina, Kirby. Lo hai sentito il medico” mormorò con un filo di apprensione lui, prendendola da sotto le ascelle e rimetterla comoda al suo posto.

Lei rise a bassa voce, trovando assai strano che per una volta la voce della ragione dovesse farla lui, a proposito di sesso. Madara la intercettò con un'occhiata raggelante, al che lei esplose in una risata più sguaiata, scalciando le gambe da sotto le coltri.

“Chi me lo ha fatto a fare a metterti incinta?”.

“Oh, suvvia, non ti sei lamentato troppo con gli effetti che gli ormoni mi davano, alle volte” punzecchiò lei, provando a combattere contro le sue mani calde e riaccoccolarglisi addosso. Il marito dovette rassegnarsi a sentir i suoi settanta chili tutte sulle ginocchia dolenti per l'ultimo allenamento, e gemette basso contro la sua fronte spaziosa, più per sentirla crucciarsi in un misto di vergogna e giocosa rabbia, che per altro.

“Quella era la parte migliore, finché il demonietto non ha cominciato a farsi sentire” aggiunse, sogghignando sottile mentre le avvolgeva i fianchi possessivamente, agguantando il pigiamone all'altezza del fondoschiena.

Il posto migliore dove far riposare le mani, almeno a detta sua.

Sakura sorrise maliziosa, scoccando un bacio sul ponte del naso di Madara, e poi guardò in basso, tra i loro corpi, il pancione bello tondo gravante sui comodi pantaloni larghi di lui.

Era talmente enorme da costringerla ormai a chiedergli abbracci da dietro.

Il figlio del demonio, chiamato così dopo che l'ultima radiologia aveva rivelato il sesso del bambino o ciò che si spacciava per tale, si era risvegliato attorno al quinto mese, rendendo la routine altrimenti invariata di Sakura un inferno sulla terra.

Con grande dispiacere di Madara, i tacchi erano stati i primi a dover sparire dalla circolazione, dopo che per poco non aveva rischiato di capitombolare per le scale, sulla via del lavoro.

“Neanche Reneesme ha dato tanti problemi come questo piccolo karateka qui” si lamentò lei, carezzando comunque con gentilezza il pancione. Madara sbuffò contro la sua fronte spaziosa.

“Non poteva mancare l'ennesima citazione a Twilight. Sei più soddisfatta di te ora?” chiese, inclinando il capo di lato, e venendo contagiato dal sorriso luminoso e divertito della moglie.

“Molto” cinguettò serena, incontrando le labbra del marito a metà, lasciandovi l'ennesimo lamento di spossatezza sopra “Non mi dà tregua! È intrattabile come te”.

“E manesco come te. La colpa è soprattutto tua, per aver insistito di non mettere il profilattico quella notte”.

Nonostante le parole, rispose con gusto al bacio, affondando le dita callose nei capelli sulla nuca, sentire il peso della testa appoggiarsi sul palmo e concedergli di farle inclinare il viso e baciarla ancora più profondamente.

Il suo alito sapeva di cannella, spezie ed arancia, una piacevole punta di acidità sulla lingua ad incontrare la propria.

“Ricordi ancora che fosse notte? Dopo tutto questo tempo, e le volte che abbiamo fatto l'amore?” scherzò facendo la romantica, solcando le guance incavate con i pollici tiepidi, deliziandosi di come l'avesse incontrati con la bocca e baciati entrambi.

C'era qualcosa nella mitezza del suo carattere di merda a casa che le scioglieva le viscere ogni volta che gli concedeva quei gesti.
Iridi tenebrose fecero capolino dietro la frangia pettinata di lato, un sorriso sbieco ad incontrare il suo visino curioso.

“Lo sai che il mio pene è uno stacanovista, soprattutto nel turno serale, ma in generale, ho tirato ad indovinare”.

“C'era da aspettarselo” rise di cuore lei, picchiando piano la spalla destra, prima di infilarsi sotto il collo della maglia e carezzarla, con movimenti appena percettibili delle dita delicate, capaci di dare immediatamente sollievo ai muscoli. Madara la osservò pensoso, godendosi in silenzio le effusioni affettuose della moglie senza scadere in qualcosa di volgare, e chiedendosi come avesse notato il malore alla schiena con cui era tornato dagli allenamenti.

Non le sfuggiva davvero nulla.

Tranne tenere le dita arpionate ai glutei sodi e tondi. Neanche i pantaloni erano riusciti a tenerlo lontano da ciò che gli apparteneva di diritto, dal matrimonio, o forse anche prima.

Lei però sorrise, socchiudendo gli occhi ed appoggiandosi contro la sua guancia si godette i maneggiamenti, che in quel momento era ciò di più vicino a delle vere e proprie coccole.

“Devi partire presto?” chiese all'improvviso, spostando una ciocca di capelli foschi lontani dal viso. Lui reclinò il capo contro il poggiatesta, sospirando profondamente.

“Per le vacanze siamo a posto, è l'anno prossimo che...”.

“Non ci sarai”.

Per un attimo, l'unico rumore nella stanza fu la stufa a pellet scoppiettare vivace. Perfino le sue dita callose si arrestarono, in evidente tensione. Fu Madara il primo a ricercare lo sguardo della giovane moglie, stringendole la vita con forza, per rassicurarla.

“Posso sempre farmi sostitu...”.

Lei però scosse il capo, sorridendo paziente.

“Non è un'accusa, solo una constatazione. Posso farcela anche da sola”.

Era così chiaro quanto gli dispiacesse non garantirle di esserci, il giorno del parto. Lo conosceva abbastanza per dire con certezza che stava combattendo contro se stesso e prendere la decisione più giusta per entrambi, per la nuova vita che portava metà del suo corredo genetico in grembo.

Seppur da parte di uno stronzo patentato fosse davvero difficile ammetterlo, e quasi divertente da osservare, se non fosse stata una tematica importante per entrambi.

Era della loro famiglia che si discuteva, dopotutto.

Le labbra sottili si fecero più pallide, il dubbio evidente sul suo viso cinereo mentre scandagliava con la mente ogni soluzione; alla fine fu lei a trovare il modo migliore di rincuorarlo, posando il palmo appena tiepido sulla guancia.

“Io starò bene comunque, devo solo star lì, ore, e farlo nascere, sarà una noia mortale. Non ti perderai niente, quindi sta tranquillo. Almeno tu ti divertirai a tirar calci e pugni alla gente nel frattempo. Come minimo devi vincerla quella partita, per l'onore degli Uchiha, o sennò mi senti!”.

“Sakura”.

La fermezza nel modo con cui la chiamò, col suo vero nome invece di nomignoli, la destabilizzò un poco nell'animo, ma continuò comunque.

Tutto pur di non farlo sentire peggio, sciogliere la rigidità della sua schiena solitamente dritta e capace di regger tutto, e sollevarlo da quel senso di inadeguatezza che sentiva risuonare nel suo petto.

Per una volta, la sua spiccata empatia l'avrebbe aiutata con Madara.

“E poi fiiiinalmente potrò tornare a lavorare! Mi manca la palestra, so che Hinata se la cava benissimo, ma... È una cosa di cui ho nostalgia, in questi giorni uggiosi” sospirò serena lei, appoggiando il mento contro la spalla spaziosa, osservando lente gocce di piovischio scivolare lungo il vetro della finestra. Nell'individuare lo sguardo stranito di lui, rispose con un sorriso dolce.

“Proprio perché so che è una parte importante della tua vita, non voglio che ti manchi, o ti guardi indietro e realizzare a distanza di anni che era meglio far altrimenti”.

Rughe profonde si disegnarono sulla fronte del marito.

“Tu e Lucifero siete importanti” abbaiò quasi a disagio, puntando gli occhi decisi verso la sua forma ridacchiante “Se magari non mi prendi in giro”.

“Scusa, è solo che, eheh” si posò una mano sulla bocca, provando a bloccare l'ilarità che stava dando sui nervi al compagno burbero “Non ne abbiamo mai parlato effettivamente, e sarebbe quasi ora”.

“Di quanto tu sia insopportabile specialmente da incinta? Troppe volte” mormorò, stendendo la schiena all'indietro ed allargare le braccia contro il divano. Sakura gli diede un pugno contro il petto.

“Di Yorushi, bestia”.

Per un attimo rimase lì a guardarla, manco avesse bestemmiato in una lingua straniera.

Sakura alzò gli occhi al cielo, e prendendogli la mano, la posò sul pancione.

“Yorushi, Yoru, o se vogliamo far i trasgressivi anche Noctis è un bel nome” senza cavar risposta, la donna sbuffò con forza, sbraitando “Il frutto del tuo sangue demoniaco, imbecille!”.

“Non è il mio sangue ad aver contribuito alla creazione di una razza superiore, penso lo ricordi ancora bene, Strawberry” mormorò con fare provocante, piegando indietro le labbra per lasciar intravedere i denti brillanti, così vicini al suo orecchio “E poi lo sai che quando mi chiami con rudezza, penso solo a delle por...”.

Schivò appena un pizzicotto al fianco, ridendo rude in faccia alla moglie.

“Insomma, in breve non ho voce in capitolo sul nome del coso?”.

“Sempre meglio dell'ultima tua opzione proposta! Madara Jr. è orripilante” bofonchiò lei, fingendosi offesa dalla sua aria strafottente.

“Bah, bubbole” aggiunse lui, appoggiando meglio il palmo contro la pancia “Però magari evitiamo di infrangere il copyright. Di Madara ce n'è uno solo”.

“E meno male, con l'ego smisurato che ti ritrovi, Scrouge, mi stupisco che ci sia posto per altri su questo pianeta”.

Lui tossì una bassa risata, avvicinando il viso a quello della moglie, che aveva tanto insistito nel farsi una cultura di cartoni animati, con il bebè in arrivo. Lei ci teneva a crescer bene il figlio, e non farlo diventare come il padre orco.

“Buona questa” mormorò, solleticando le labbra gelide. Sakura sogghignò, facendosi strada tra la foresta dei suoi capelli per appoggiarla sulla sua.

“Vuoi sentirne una ancora migliore?”.

“Spara, intanto mi do al maneggio” aggiunse, stringendo con l'altra mano il gluteo. Quando e come fosse tornata lì, era sconosciuto ai più.

Lei singultò sonoramente, era bollente rispetto alla temperatura della sua pelle, ma poi sorrise.

“Sai perché vorrei chiamarlo così, a parte che si, quando l'abbiamo concepito, era notte?”.

“Non la finivi di chiedere di più, di più, più forte... Quando le doghe del letto hanno ceduto hanno fatto un casino inaudito, ma di certo non ti ha distratto dal montarmi selvaggiamente, né riuscito a farti star zitta un attimo quella sera. I vicini hanno addirittura chiamato la polizia, ed anche loro non hanno avuto il coraggio di suonare, per quanto gemevi languidamente”.

“MADARA!” gridò scandalizzata lei, schiaffeggiando via le dita prima che potessero andare oltre. Era già tanto ricordare come era venuto al mondo il piccolo, abbastanza da farle andare in fiamme le guance, e lui scalciare incattivito nella pancia.

Era un tasto dolente per entrambi.

Non appena si riprese, massaggiandosi la pelle livida, rincontrò il viso complice del marito, la luce passionale nei suoi occhi ancora lì, dopo anni di conoscenza e convivenza.

Era stata sicuramente un toccasana, con la rapida crescita del pancione e le situazioni nuove in cui si era ritrovata, sapere che, senza bisogno di parole, lui la voleva ancora, più di quando l'aveva incontrata.

Forse più di quanto la ginecologa fosse a suo agio consigliarle, visto che la data della nascita si avvicinava. Il veto era stato motivo di tristezza per entrambi.

Ovviamente le voleva anche bene, quando l'amministrazione del sistema nervoso passava di rado al cervello, e non al suo pene.

“Da rifare” commentò quasi rapito dall'emozione genuina fiorita in viso a sua moglie, ridendo roco si fece strada con le dita per scoprirglielo e mordicchiare la punta del naso rosso “Ma ora fammi sentire questa battutona, prima che ti offendi per non avertela fatta dire”.

“Ok, senti qui” disse lei, saltellando sulle sue gambe “Perché mi picchia così tanto forte che mi sta facendo diventare nera”.

Occhi lucenti di entusiasmo e divertimento non trovarono gli stessi sentimenti nel marito, che reprimette uno sbadiglio per miracolo.

“Con le mani ci sai fare, Zuccherino, ma lascia perdere la carriera di comico, fai ridere i polli”.

“Mamma mia, che maritino esortante che ho... Yato [1] infatti una bella risata se la sarebbe fatta” si lamentò lei, gonfiando le guance rosse “Ma il nome mi piace, e l'ho dovuto portare con me per tutto questo tempo, quindi si chiamerà così!”.

Madara ciondolò il capo contro il divano. Non aveva senso opporsi, contro la sua determinazione, non se, per la piccola vittoria avuta, lei non saltellò contenta addosso a lui, e buttarsi al collo con gioia e riempirlo di baci in ogni dove.

Aveva rischiato per un soffio di perdere la possibilità di aver altri figli con lei, col ginocchio appuntato pericolosamente contro i suoi genitali, ma si concesse un sorriso sofferente contro la sua maglia, larga e morbida.

Adorava come da qualche mese a quella parte ci vivesse dentro, e la vedesse brancolare testardamente per casa a far faccende qua e là, seguita dalla coda a cono.

“Non vedo l'ora di condividere la felicità che mi hai regalato con questo piccolo maestro delle arti marziali! Non te lo dico abbastanza, ma ti amo davvero, davvero tanto” sussurrò commossa lei, affondando il viso tra i suoi capelli appena umidi, dall'odore di abete silvestre.

Preda dell'ennesimo sbalzo di umore, che fece sospirare profondamente l'uomo, col mezzo sorriso sulle labbra pallide.

Mani piene di calli la abbracciarono col calore che né la stufa, né i tanti strati di vestiti premaman le avevano potuto dare, facendola sentire più in forze e felice, nonostante il prossimo mese sarebbe stato difficile.

Baci passionali avrebbero scacciato la tristezza che sarebbe arrivata, la sua presenza dato coraggio e spinta per stringere i denti fino all'ultimo.

“Parli davvero troppo, Sakura” mormorò impercettibilmente sulla bocca color pesca, mentre le loro mani tornavano inconsciamente ad intrecciarsi sul pancione mentre il piccolo scalciava come un cavallo imbizzarrito “Questo qui ti ha rimbambito di botte, come hai fatto con me quando ci siamo conosciuti”.

“Ti ho conciato a dovere” sussurrò lei, appoggiandosi meglio contro la sua maglia poco natalizia, ma comoda, mentre lui appuntava le labbra tra i capelli rosa e soffici.

“Fin troppo, moglie degenere, se sei riuscita a convincermi a passar la Vigilia assieme all'asilo nido che mi ritrovo per squadra e la coppia di ninfomani con la passione per il pollice verde”.

Sakura scoppiò a ridere di cuore contro la sua mascella tesa al solo ricordo di quel che avrebbero passato quella sera, ed uggiolò nel sentirlo pizzicare il fianco morbido per vendetta.

Madara sarebbe stato accanto a lei finché possibile.

E non poteva chiedere davvero niente di meglio, a Natale.

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[1]: in un headcanon al limite dell'incredibile, Elisa ed io abbiamo deciso all'unanimità di rendere Yato, di Noragami, uno dei fratelli perduti di Madara. Oltre ad Izuna ne aveva tre, e noi ci divertiamo così. Il nomignolo affibbiato dai cari fratelli maggiori è “pollo”, ergo la battuta che, comunque, non fa ridere nessuno.

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Capitolo 2
*** All I want for Christmas is sex and breakfast. ***


2. All I want for Christmas is sex and breakfast.

 

 

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Era il venticinque mattina, e quando Madara aprì gli occhi lentamente, nelle orecchie lo snervante suono del carillon posato sullo scaffale accanto al letto, sapeva già che purtroppo il giorno tanto temuto era arrivato.

Temuto ed adorato.

Si rialzò mugugnante dalle calde coperte, la sua parte scalciata via nottetempo, probabilmente perché la moglie ad un certo punto aveva cominciato a tremare, se per il freddo od un incubo non lo sapeva.

Pareva comunque star meglio a giudicare da come scorrazzava, seppur brancolante, per la loro stanza da letto, una mano appuntata dietro la schiena dolorante per via del pancione.

Dalla porta aperta, un odore di zabaione bruciacchiato arrivava dalla cucina, l'ennesimo tentativo della ragazza di farglielo per colazione. Era qualcosa di tipico la mattina del venticinque dicembre, e nonostante gli sarebbe costato sudore ed olio di gomito per scrostare la pentola, le labbra si tesero in un mezzo sorriso involontario.

“Porti doni anche ai cattivi?” la richiamò dopo un paio di minuti, comodamente appoggiato ai gomiti ad osservarla.

La giovane donna subito si girò verso di lui, rischiarando l'atmosfera sonnolenta con uno dei suoi luminosi sorrisi.

Madara detestava il Natale, prettamente perché pareva far dimenticare a tutti il fatto che lui fosse nato il giorno prima, ma aveva avuto la sfortuna di innamorarsi di un folletto adorante della festività.

E che aveva saputo come fargliela apprezzare di più.

Suddetta ragazza trottò contenta al suo fianco, sedendosi delicatamente sul ciglio del letto, si sporse a baciargli le labbra per un breve istante, senza smettere di canticchiare Mariah Carrey, e quando si staccò gli porse un bel pacco infiocchettato con un sorriso che le arrivava alle orecchie.

“Tieni, o Babbo”.

… E che purtroppo sapeva come ammazzare un'erezione mattutina e quel pallido entusiasmo che poteva nutrire per quel giorno in generale.

Madara si irrigidì immediatamente, tenendo appena tra le dita il regalo, gli occhi sgranati nel vuoto e sudore freddo scivolava lungo la tempia pulsante.

Lei rise gioviale alla reazione, posando le mani sui fianchi nudi, trionfante.

“Meglio che ti ci abitui, papino, il nostro frugoletto ti ci chiamerà parecchio. Lo sentirai risuonare per ogni stanza di casa... Papino, papino, papiiiino!” trillò come delle campane a morte, spostando il peso sul materasso per farsi vicina, con fare provocante stringere le braccia sotto il petto e mettere in risalto il costume striminzito da Babba Natale che aveva addosso.

Era diventata una sorta di tradizione, la mattina del venticinque dicembre, e solo perché era molto incinta, non l'avrebbe infranta.

Madara in tutta risposta le lanciò un'occhiataccia, alzando il mento mentre tirava via il fiocco rosso senza garbo. I suoi occhi neri sostarono appena un secondo sulla sua forma succinta, poi storse la bocca e tornò a scartare.

“Tch, manco da versione balena sei riuscita ad avere un poco di seno” osservò sprezzante, tra le lamentele della moglie, che provava a convincerlo che ce lo aveva eccome.

La domanda vera era, come era riuscita ad infilarsi la minigonna microscopica con un pancione del genere?

Lei fece schioccare la lingua, continuando a fargli una treccia mentre provava ad aprire senza successo il pacco.

“Tanto comunque mi vendicherò, domani, a casa dei miei. Non la scampi come l'anno scorso, facendomi perdere la cognizione del tempo, e vergognare come una ladra nell'arrivare cinque ore in ritardo” brontolò già complottando contro di lui, cavando una mezza risata sprezzante.

“Posso sempre provare. Tutto sommato, non sei totalmente da buttar via, conciata così” disse, spingendo con le dita il ponpon che pendeva dal cappellino calzato sui capelli rosa e lisci. Sakura strinse le labbra e si ritrasse.

“Perché anche quando fai dei complimenti pare che mi vuoi dir male?”.

Sorrisero entrambi della battuta.

Alla fine, rassegnata, Sakura gli prese il pacco dalle mani e provò ad aprirlo lei. Nel frattempo, Madara la agguantò per i fianchi e la tirò verso di lui, facendola sedere tra le sue gambe.

“Buon Natale, comunque, amaro amore mio” gli augurò lei con sarcasmo, alzando il viso per schioccargli un bacio sulle labbra, e passargli la carta del dono. Lui rispose di buon grado, sorridendo a contatto con la sua bocca calda, dolce come sempre.

“Buon giorno dopo il mio compleanno, pena della mia esistenza”.

“Il romanticismo!” rise godereccia lei, una mano ad accarezzare il suo petto nudo, ma comunque attenta allo spacchettamento. Era evidente che ci tenesse, e gli fece un poco tenerezza, giusto un po'.

Non appena lo tirò fuori però, la guardò in tralice, mentre sfarfallava con eccessiva forza le ciglia rosate.

“Non se ne parla”.

“Devi far la tua parte, papà, anche in trasferta”.

Lui scosse con forza i lunghi capelli neri, buttando il regalo alle sue spalle prima di avvolgerla tra le braccia con forza e baciarla di nuovo, sentendo il buon sapore di lambire la sua bocca assieme alla lingua giocosa di lei, dal sapore di menta piperita.

Quanti zuccherini si era mangiata? L'albero ormai era rimasto quasi senza bastoncini natalizi.

“Posso chiedere se hai comprato qualcosa a me, mio bel festeggiato più vecchio di un anno ed un giorno?” chiese ridacchiante, muovendosi nel suo abbraccio per sedersi meglio addosso a lui, e carezzare il collo scoperto con le dita fredde.

“Dipende, se hai fatto la brava” mormorò, con un ghigno davvero poco raccomandabile sulla bocca, troppo vicina alla pelliccia del suo costume.

“Mica sei Babbo Natale, non puoi deciderlo tu”.
Sakura rise ancora più forte, ed arrossì appena un poco nel sentire le mani bollenti alzare la gonna, scoprendo il sedere sodo e pizzicarlo.

“Chiamarmi papino non è stata una mossa da brava bimba, Sakura. E senza caffè trovo molto difficile trovare lucidità di fronte a quel poco che questi vestiti lasciano all'immaginazione” la rimproverò, mordicchiandole il labbro inferiore, assaporando con i polpastrelli la pelle soffice al di sotto, appena scossa per le carezze che lasciava contro le sue gambe vacillanti.

“Affamarti ha sempre i suoi lati positivi” scherzò amabile lei, socchiudendo gli occhi ardenti di passione, nascondendo dietro una carezza calda lungo il busto l'ennesima fitta alla schiena.

Il peso del pancione era davvero troppo.

Notandolo, Madara piano la fece stendere piano sotto di lui, deliziandosi di come i capelli rosa si perdessero in morbide onde sopra il piumino candido, lei già piena di trepidazione.

“Se io sono stata cattiva, tu sei poco innovativo, Capitan Senza Mutande” sussurrò lei, tirandolo senza riguardo per i lunghi capelli spettinati e far rincontrare le loro bocche.

“Per una volta che mi sono impegnato”.

“Hmm, in cosa di preciso?” mugugnò lei, lasciandogli libero accesso al suo collo niveo reclinando la testa all'indietro.

“Il regalo, lo vuoi o no?”.

Occhi onice incontrarono quelli verdi, davvero confusi.

“Non è questo?” chiese piano, sconcertata del perché si fosse fermato così bruscamente e si stesse alzando dal letto, lasciandola palpitante ed in attesa col ridicolo vestitino di Natale a coprirla a malapena.

Eppure, appena tornò su ciglio della stanza, non poté non scoppiare a piangere, per le risate.

A nulla valsero le suppliche, la sua resistenza ilare e provare a tenerlo lontano da sé per non prender fuoco sul posto, Madara la tallonò con un cipiglio dittatoriale, agguantandola per i fianchi e tirarla a sedere su di lui, indicando il gigantesco fiocco rosso che stringeva le sue anche snelle.

“Lo vuoi scartare questo cazzo di regalo o no?” ruggì volgare, contento di sentirla dimenare addosso, fingendosi scandalizzata mentre l'ennesima risata irrompeva dalle labbra rosate che tanto adorava.

Nel sentire la battuta orrenda appena uscita dalla sua bocca, quasi si diede uno schiaffo in faccia.

Sakura invece gettò la testa all'indietro, scalciando le gambe nude all'aria con l'innocenza ed ilarità di una bimba. Le toccò scusarsi col marito ed il broncio burbero che nel frattempo aveva messo sul viso.

“Ti dirò, è bello così com'è, neanche vorrei rovinare un così bel...” si premette le dita alla bocca tremante, prima di alzare lo sguardo al suo e muovere le sopracciglia con fare saccente “ … Pacco”.

Madara non ci mise molto a riaccompagnarla tra le coltri e riprendere da dove aveva lasciato, premurandosi di tapparle la bocca e farle godere il suo regalo, senza far altre battute raccapriccianti che glielo facessero ammosciare.

 

Un mese dopo.

 

Al Sacro Cuore di Konoha regnava il caos più assoluto, quel venerdì 17.

Era gennaio, e benché le festività avessero levato le tende, e lasciato la popolazione della città alla loro regolare routine noiosa, le persone che riempivano le sale del reparto nascite non parevano voler stare tranquille.

Hanabi per prima, dopo aver accompagnato in fretta ed in furia la sorella maggiore ed il suo capo di lavoro, stava bestemmiando in tsuchinese [1], preoccupata per la giovane donna che stava perdendo i polmoni oltre la porta della sala parto.

Hinata, che era rimasta a casa con lei dopo che Madara era dovuto partire per Uzu, ovunque quella terra si trovasse, dopo che la giovane moglie aveva insistito tanto. Era una questione di tre giorni, di sicuro l'anticristo avrebbe atteso il ritorno del papà per venire alla luce.

Sfortuna per loro, al pargolo piaceva fare il trasgressivo, ed alle dieci di sera, mentre Sakura stava dando fondo alle riserve di gelato rimaste in frigo sotto sua gentile richiesta, le si erano rotte le acque.

E dato che le due si erano mostrate troppo apprensive, chi per le lacrime di commozione, chi dimostrava la preoccupazione tuonando parole poco carine e consone, erano state allontanate dalla sala.

Facendo incazzare come una bestia la donna sul lettino.

“Sakura, stia calma e si rilassi, ricordi di respirare ed andrà tutto bene” la implorò per l'ennesima volta Shizune, provando a far stare a posto la ragazza scalmanata che proprio non ne voleva sapere di star appoggiata al letto e dar alla luce il suo piccolo.

“PIANTATELA CON QUESTE CAZZATE ED ACCENDETE QUELLA DANNATA TV!”.

“Ma signorina, le sembra il momento di pensare alla sua soap opera preferita? Sicuramente qualcuno a casa gliela sta registrando!” esclamò la capo-reparto, tamponandosi la fronte madida di sudore. Era da un'ora che la ragazza non si dava pace, da quando aveva rotto le acque era stata portata di peso in sala operatoria.

La procedura stava andando benissimo, lei in piena salute ed il bimbo pronto a venire alla luce, eppure non pareva intenzionata a farla, finché non avessero portato una televisione davanti a lei.

Nella sala parto! Che richiesta assurda!

“LASCIATEMI VILLANE, QUESTO DEMONIO NON S'HA DA FARE SE NON VEDO IL DERBY ORA TRA LE MIE COSCE!” strillò, dimenandosi sul lettino con fin troppa forza per una donna al nono mese.

Non era una neo mamma, era una furia rosa!

Le altre ostetriche si scambiarono sguardi indecifrabili, mentre tentavano di tenerle le gambe ferme sui poggiapiedi. Tutte e tre si rivolsero infine a Shizune, che sospirando andò a fare la strana richiesta al citofono. Si vergognava quasi di riferirla al bancone principale, ma ne andava della vita della giovane ed incosciente donna e del piccolo che portava in grembo.

“Soddisfatta?” le riferì con un barlume di risentimento nella voce, non appena tornò al suo fianco. Sakura annuì con forza, sbuffando dalle narici, quasi fosse un toro.

Neanche dieci minuti dopo, fu la primaria del piano di sopra a portarle l'occorrente e montarlo, tra i ringraziamenti sinceri della ragazza stesa sul letto, intenta a spingere con tutte le sue energie.

Aveva aspettato davvero troppo.

“T-ti prego... accendila” farfugliò senza respiro, stritolando le dita della poveraccia trovatasi al suo fianco per caso.

“Sei assurda, ragazza mia, quel bastardo ti ha davvero rincretinito. E neanche si è presentato il giorno della nascita del figlio” la riprese con acidità la dottoressa, posando le mani sui fianchi nel frapporsi tra lei e la tv “Che razza di padre sarebbe?”.

Iridi verdi lampeggiarono, un mezzo ringhio scaturì dalle labbra piegate dal dolore.

“Non è colpa di mio marito di sicuro se questo demone vuol fare outing prima del tempo” scandì con determinazione prima di gemere profondamente, e ripiegarsi su se stessa per lo sforzo. Rivoli di sudore grondavano dalla fronte scoperta.

“Metti il canale dello sport, Tsunade!”.

“Non ha senso quello che dici! Pensa col cervello, per una volta in questi anni!” esclamò con forza lei, affiancandola e tenendola giù per le spalle quando l'ennesima doglia la fece urlare “Ora tu ed il piccolo avete la precedenza su tutto!”.

Iridi umide e stanche la fissarono con lucidità attraverso le ciglia chiare, nonostante il patimento che l'affliggesse.

“Va-vai fuori, ci sono le sorelle Hyuuga col mio cellulare”.

“Sakura” grugnì la donna, affilando gli occhi color nocciola.

“Madara non sarà l'uomo perfetto, non l'ho sposato pensandolo, ma merita di sapere che suo figlio sta nascendo” disse irremovibile, stringendo le dita ossute a quelle della maestra preoccupata “Non starò qui ad ascoltarti mentre infanghi il nome della mia famiglia! Quindi fa quello che ti dico, o quando riprendo sensibilità alle gambe è la volta buona che ti gonfio di botte se non permetti al padre di assistere!”.

Le due si guardarono in cagnesco per un minuto buono, prima che la giovane donna tornasse a mordersi le labbra a sangue e spingere con tutta la sua forza, strillando.

“Primario!”.

“Shizune, lo vedo, sta uscendo!”.

“Si sforzi, signorina Uchiha!”.

“Sa-sakura-chan!”.

“PORCA TROIA, PASSATEMI QUELLA DONNA PRIMA CHE ITACHI VI MALEDICA, VOI E LA VOSTRA STIRPE!!”.

“Hanabi!”.

Il petto della paziente si gonfiava aritmicamente, non pareva trovar pace né respiro.

“Non posso resistere ancora a lungo! Ti prego!” ululò in quella confusione generale, ed il basso commento della partita in sottofondo.

La donna bionda sbuffò, lasciando il fianco dell'allieva sulla branda, solo per aprire la porta e tuonare, alle due ragazze fuori dall'uscio. Hinata teneva la sorella da sotto le braccia, tremante di furia.

“Datemi quel dannato aggeggio e state zitte, che quella cretina forse s'è finalmente decisa di partorire, una buona volta!”.

Lacrime calde di gioia uscirono dagli occhi di Sakura, non appena la maestra gli appoggiò il telefono all'orecchio.

Nel frattempo, sullo schermo la partita si era arrestata per un'improvviso time out. I Corvi di Konoha erano letteralmente volati in panchina al richiamo di Itachi, che immediatamente passò il telefono a Madara.

“Ehi” lo sentì mormorare trafelato dall'altra parte della cornetta. La moglie si appoggiò di più alla mano, quasi volesse sentirlo più vicino.

“C-come va la partit...” ma si bloccò, lamentandosi debilitata all'arrivo di un'altra fitta al basso ventre.

“Stupida, hai aspettato fino ad ora?” la rimproverò aspramente, schiacciando la bocca al telefono per avere un minimo di privacy.

“Avevi detto... che saresti stato...”.

“Sono qui, Sakura” mormorò a bassa voce, con decisione “Ora tira fuori quel malefico nano che quando torno lo voglio vedere e, dirtene tre per aver patito così tanto fino ad ora”.

Lacrime bollenti scivolarono lungo le guance incavate della giovane donna, un altro gemito aprì la sua bocca.

“Spingi, dannazione!”.

“Fanculo, è colpa tua!!”.

“Tch, ti amo anch'io”.

Lei spalancò gli occhi vitrei, girandosi con fomento verso la cornetta, e tuonare:

“E dopo tutti questi anni te ne esci ora a dirmelo, mentre mi sto tagliando a metà per far nascere nostro figlio, con fare di sufficienza?! Sei proprio un bastardo sadico! Ahhhhh!! Ti amo anch'io, bastardo!”.

Strillò così forte che stordì tutte le infermiere, tranne Tsunade, che accanto alla ragazza tratteneva a malapena un sorriso.

“Un ultimo sforzo!”.

“Signorina Uchiha!”.

“Spingi, allieva deficiente!” ululò Tsunade, stringendole con forza la mano arrossata libera.

“M-madara... !”.

“Fagli vedere chi comanda!” mormorò con enfasi il marito, tendendo avaro l'orecchio per non perdersi neanche un attimo di quel momento prezioso.

Un attimo di silenzio quasi raccapricciante gli fece venire la pelle d'oca sulla nuca, i suoi compagni di squadra tutti preoccupati per il pallore improvviso sceso sul viso del capitano. I tifosi erano a dir poco imbufaliti della pausa troppo duratura, ma il loro clamore fu sovrastato da un singolo vagito.

“È nato” sussurrò incredulo ai suoi amici, ancora in trance neanche si accorse delle pacche e dei sorrisi più sereni dei ragazzi, né da dove fosse uscito Hashirama, che si catapultò ad abbracciarlo e piangere le lacrime virili che lui non avrebbe mai versato per commozione.

Anche se il cuore stesse esplodendo sotto la protezione, alimentato da tale emozione così vera e genuina da parer aliena al suo corpo.

“... A-amore”.

“Sakura” mugugnò a fatica al telefono, tra il frastuono tutto attorno e le suppliche di Hashirama di farlo diventare padrino del frugoletto. Tornato un poco lucido, lo calciò via, prontamente riacchiappato da Mito, che sorridente gli carezzò la guancia e lo consolò, come al solito.

“C-ce l'abbiamo fatta... sono così conten...”.

Le parole pregne di emozione rimasero sulla punta della lingua, dato che Tsunade le tolse il telefono da vicino, facendole una carezza sulla testa, un attimo prima che svenisse dalla fatica.

“Fine della pagliacciata, ora torna a giocare prima che vi buttino addosso dei pomodori” commentò storcendo il naso, poi si costrinse a dire “Stanno bene. Hanno bisogno entrambi di riposo”.

Lui storse le labbra, sputando per terra.

“Primaria Tettona, qual nefasto evento”.

“Non tutti i giorni nascono i figli di Satana, ero pronta a disfarmene nel caso avesse avuto corna e coda, ma purtroppo è un bambino sano come un pesce”.

“...”.

“No, tranquillo, non ha i capelli rosa” mormorò alzando gli occhi dorati al cielo, interpretando quel silenzio a modo suo “Niente toglie gli potrebbero venire più tardi, e far diventare i tuoi bianchi per lo stre ...”.

“Grazie, vecchia bacucca”.

Fu il turno suo di ammutolirsi, e riattaccare senza aggiungere altro.

Madara era un poco di buono, buzzurro e bastardo, che aveva levato tanto buonsenso alla sua pupilla, sposandola e dando alla luce un figlio che probabilmente da grande sarebbe stato il ritratto della sua faccia di cazzo.

Eppure, Tsunade si diede la briga di svegliare Sakura a fine partita, che ovviamente avevano vinto, sorridente e raggiante di felicità, che nello stringere il frugoletto tanto aspettato, guardavano in tv il marito rendersi a dir poco ridicolo, spogliarsi della divisa ed indossare, assieme agli altri fresconi degli amici, delle magliette nere con delle lettere a formare la parola “Noctis Uchiha”.

Hinata ed Hanabi, che avevano rischiato seriamente di essere portate via dalla sicurezza più di una volta, erano state miracolosamente richiamate dentro per consegnare il cambio di vestiti alla neo mamma. La maggiore era accucciata al lato del letto, a far piccole carezze sul capo al piccolo profondamente addormentato, le guance rosse di felicità e lacrime.

Hanabi stava riprendendo la scena con lo smartphone, e lo avrebbe venduto a caro prezzo a tutti.

“Immagina se fosse nata femmina” sussurrò sghignazzante alle altre donne. Loro sorrisero di rimando, contente che in generale fosse finalmente nato.

“Quell'adorabile bastardo del tuo papà ti avrebbe adorato comunque” mugugnò adorante al piccolino tra le sue braccia, neanche fece una piega quando gli diede un bacio sulla testolina delicata e provò ad indicarglielo.

“E mantiene sempre le sue promesse” disse, asciugandosi con la mano sinistra una lacrimuccia, nel vederlo portar l'anulare alle labbra e baciarlo, l'emozione sul viso stanco celata appena dai lunghi capelli neri appiccicati alla fronte.

 

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N.d.V.: [1]: Nell'universo di RADD, la geografia del mondo di Naruto viene rispettata, ed ogni paese ha delle caratteristiche ben precise. Il paese della Sabbia è la Cina di quel mondo, nel Tuono sono più rigidi e quadrati di mentalità come nell'immaginario comunitario (e sbagliato) della Germania. Uzu è il Molise, dato che nel manga è sparito e nessuno sa più che fine abbiano fatto gli abitanti. Il paese dell Terra... beh, è la terronia, quindi Hanabi bestemmia ricordando i bei dialetti del sud.

Noctis è ovviamente tratto da Final Fantasy XV. Oltre gli Uchiha perduti, ci divertiamo anche a trovare figli per i nostri personaggi preferiti, e quando abbiamo cominciato a guardare quello, lui ci ha colpito. Elisa lo ha adottato col nome di Yoru e qualche opportuna modifica nelle sue storie (che consiglio tutte per combattere l'abbiocco dopo abbuffate lol), a me invece piace semplicemente di più il suo nome <3

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