Shades of Shadow

di _armida
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
Pianeta di Iranja, circa dieci anni dopo la battaglia di Endor
 
L’erba sotto le loro schiene era ancora umida della rugiada di quella notte e ogni tanto qualche spruzzo di acqua salata portato dal vento riusciva a superare l’ostacolo dell’alta scogliera, lambendo i loro visi. Il rumore del mare, più agitato del solito, era l’unico suono udibile insieme al gracchiare incessante dei gabbiani e ai loro respiri, affannati per la lunga corsa fatta. 
Si tenevano per mano, un bambino ad una bambina. Le espressione dei visi sorridenti, gli occhi rivolti al cielo azzurro. 
Quella scogliera a picco sul mare era il loro luogo segreto, un posto lontano da tutto e da tutti. Dalla corte di palazzo, sopratutto. 
Un piccolo velivolo cargo passò sopra le loro teste, fendendo a fatica l’aria con la sua forma tozza. Molti avrebbero detto che il suo era nient’altro che un brusio fastidioso, un rumore che rompeva la pace di quel luogo, ma per le orecchie dei due bambini quella era la più soave delle melodie.
La bambina rotolò nell’erba fino a trovarsi pancia a terra, più vicina al suo compagno di avventure. Nel farlo, un lungo ciuffo di capelli biondi le cadde sul viso e lei lo allontanò dagli occhi color cielo con uno sbuffo. “Poe”, lo chiamò. 
Il bambino, di qualche anno più grande di lei, si voltò un istante, per poi tornare a guardare il cielo limpido sopra alla propria testa. 
“Poe?”, lo richiamò. 
Un mugolio di protesta, una smorfia sul viso, ma alla fine lui si voltò, dandole la sua completa attenzione. 
La bambina sorrise, soddisfatta. “Che cosa vuoi fare da grande?”. Sapeva già la risposta, la conosceva a memoria ormai, ma non si stancava mai di chiederglielo. 
“Sarò un pilota, un comandante, e avrò un Ala-X tutto mio con un’intera divisione al mio comando”, rispose prontamente lui. 
Le labbra arricciate e un’espressione contrariata comparvero sul viso di lei. “Comandante? Al massimo sarai un capitano, ma comunque ai miei ordini: il comandante sarò io”, ribatté decisa. 
Fu il bambino a storcere il naso questa volta. “Lys, piantala. Tu sarai la principessa piagnucolosa nella torre”. Si mise in piedi, pronto a correre via. “Aiuto! Poe vienimi ha salvare, ho tanta paura!”, le fece il verso.
Non appena lei si alzò con tutta l’intenzione di dargli una sonora lezione, lui scattò agile come un felino, correndo a perdifiato giù dal pendio che portava alla spiaggia e lei gli fu subito dietro. Ovviamente a quella velocità non potevano pensare di arrivare in fondo sulle loro gambe data la forte pendenza e si lasciarono cadere a terra, rotolando tra le risate fino a che l’erba non lasciò spazio alla sabbia.
“Leia è una principessa e sa combattere”, gli fece notare lei con aria da saputella. 
La principessa Leia, Luke Skywalker, Han Solo… tutti e quattro i loro genitori avevano combattuto fianco a fianco a loro, nell’Alleanza Ribelle e le loro storie, quei racconti narrati la sera, a letto, prima di addormentarsi, erano i ricordi più preziosi che possedevano. 
Un giorno sarebbero stati come i loro eroi.
Guardarono il mare ridendo fino a quando il viso della bambina non si rabbuiò improvvisamente: una brutta sensazione che fin troppo spesso avvertiva. 
Notando il silenzio della propria compagna di avventure il bambino si voltò verso di lei. Le strinse la mano. “Ancora quei brutti sogni?”, chiese. La mamma gli aveva detto che capitava a tutti di fare incubi, ma a lui pareva che lei ne facesse troppi. E forse non era l’unico a pensarla così: a palazzo e per le strade aveva notato più volte le occhiate preoccupate con cui la gente la osservava. 
Lys annuì, rispondendo alla presa di lui. “Cosa faremo se la Galassia fosse in pericolo?”, gli chiese in un mormorio incerto, timoroso quasi. 
L’espressione sul viso del piccolo Poe si fece sicura, quasi quanto quella di un adulto. “Se la Galassia avesse bisogno, noi ci saremo”, rispose. 
I loro eroi avevano combattuto per la libertà, perché loro non avrebbero dovuto farlo? 


Nda
Ehilà! Salve a tutti. Questa è la mia prima ff ambientata nell'universo di Star Wars quindi abbiate tanta, tanta pazienza. Devo ancora prendere dimestichezza con i personaggi ma spero che il prologo vi abbia incuriositi almeno un pochino. Se vi va di lasciare un qualsiasi commento, sia in negativo che in positivo, non esitate a farlo, io ne sarò felice in ogni caso. 
Alla prossima con il primo capitolo!

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I
 
Mega Destroyer Supremacy, pochi mesi dopo la distruzione della Base Starkiller…
 
La sala del trono del Leader Supremo era perennemente avvolta nelle tenebre: esse sembravano addensarsi negli angoli e sul soffitto, nascondendoli, dando così l’idea che essa si estendesse all’infinito. Che le tenebre fossero infinite. 
C’erano delle luci a fendere quell’oscurità, ma esse si trovavano solo sulla parete di fondo, dietro l’ampio trono, e diffondevano una luce rosso sanguigna dal basso, cosicché l’effetto finale non era quello di dare respiro all’ambiente ma di incupirlo, se possibile, ancora di più: tenebre ai propri fianchi, tenebre sopra la propria testa e sangue che pareva colare copioso davanti a sé, era questa la sensazione che si aveva entrando nella sala. 
Snoke era come sempre seduto sul proprio trono, così grande rispetto alla sua figura, delle dimensioni simili a quelle di un comune umano. Forse lo era davvero stato, un tempo, prima che il suo corpo fosse totalmente corrotto dal Lato Oscuro. 
La sua postura era impeccabile, con la schiena dritta poggiata allo schienale, le gambe larghe su cui la veste scura cadeva senza la minima piega, le braccia adagiate sui braccioli in una maniera che si sarebbe potuto dire rilassata, ma un certo nervosismo era tradito dalle mani pallide e scheletriche che ne tenevano le estremità in una stretta tenace. 
Sotto di lui, uno affianco all’altro e inginocchiati sul liscio pavimento di pietra nera, il Generale Armitage Hux e il Comandante Kylo Ren attendevano istruzioni. Erano a capo basso, sguardo a terra in riverenza. 
“Generale Hux, Kylo Ren”, esordì in un saluto, rompendo il surreale silenzio che regnava nella sala.
I due alzarono lo sguardo osservandolo in volto. Il primo impassibile, con i propri occhi color del ghiaccio, talmente freddi che presi soli nessuno avrebbe mai detto appartenenti ad un umano, il secondo scrutando attraverso la feritoia del proprio elmo. 
Non una parola era uscita dalle loro bocche, attendevano in silenzio che il Leader Supremo dicesse altro, che esponesse il motivo di quella convocazione.
“Ho una missione da affidarvi”, proferì solenne, la voce amplificata dalla conformazione della sala che la faceva sembrare più cupa e cavernosa. “Andrete su Iranja”
“Il pianeta dell’eterna estate?”, domandò Hux.
Iranja era un pianeta favoloso, che pareva essere nato dalla fantasia di qualche avventuriero: clima costante e caldo, foreste, praterie, spiagge e campi coltivati a perdita d’occhio. Si trattava di una gallina dalle uova d’oro: la gallina dalle uova d’oro del Primo Ordine. 
Era retta da una monarchia, ma il re non appena intuito l’inesorabile declino della Nuova Repubblica, non aveva esitato a mettersi nelle mani del Leader Supremo. Hux lo considerava un debole, ma un debole intelligente, che aveva cara la propria vita e quella dei propri sudditi. Di fatto, quella che ufficialmente era un’alleanza, era a tutti gli effetti una totale sudditanza: il Primo Ordine chiedeva materie prime per la produzione di armamenti? Queste arrivavano. Chiedeva grano per sfamare gli eserciti? Loro davano. Spremevano quel pianeta senza pietà, eppure sembrava che l’abbondanza di risorse non avesse mai fine. 
“Ufficialmente si tratterà di una visita di cortesia ai nostri fedelissimi alleati…”. Quelle ultime due parole sulla bocca del Leader Supremo furono seguite da un sorriso sarcastico, che mise in mostra i denti affilati. “…e per controllare che la Resistenza non abbia contatti sul pianeta”
“Le nostre spie affermano che non vi è alcun legame tra il pianeta e la Resistenza”, lo informò Hux. 
“Ma voi indagherete comunque, o almeno fingerete di farlo”, ribatté Snoke.
“E ufficiosamente?”, chiese Kylo Ren.
“Lo hai percepito?”. La domanda di Snoke fu brusca e chiaramente rivolta al solo Cavaliere di Ren. 
Seguì un lungo silenzio ed alla fine quest’ultimo scosse la testa. “Non sento nulla”. La voce metallica e distorta proveniente dall’elmo che non lasciava trasparire alcuna emozione. 
“C’è stato un risveglio su Iranja. Flebile, ma c’è comunque stato”
La Forza. Questo significava che un altro detentore stava emergendo. 
Sotto la maschera, quegli occhi color pece ebbero un guizzo.
“Fonti certe mi hanno informato che la mercante di rottami ha raggiunto Skywalker, sai questo cosa significa?”, continuò il Leader Supremo. 
“L’addestrerà e ne farà un Jedi e noi saremo in minoranza…”. Alzò il viso su Snoke, sotto la maschera, quindi non visibile, un ampio sorriso faceva capolino. “…almeno che non trovassimo questo nuovo detentore della Forza e lo convincessimo a stare dalla nostra parte”
Anche il Leader Supremo sorrise, un ampio e sadico sorriso che avrebbe messo i brividi a chiunque. “Ti affido dunque il compito di trovarlo e portarlo da me, mio fedele apprendista”
“Non ti deluderò, maestro”


Nda
Ok, diciamo che più che un capitolo vero e proprio qui è uscito una sorta di secondo prologo, la storia vera e propria inizierà nel prossimo.
Non fate l'abitudine a capitoli così corti, purtroppo il dono della sintesi è a me ignoto. 
Qui e nel capitolo scorso ho cercato di essere il più impersonale possibile (e non vi dico la fatica, non è il mio stile di scrittura), ma dal  prossimo ho intenzione di tornare su un terreno che mi è un po' più congeniale mettendo il punto di vista dai vari personaggi e non osservando la scena come spettatori esterni. Un prima persona raccontanto in terza, lo posso definire così? Boh speriamo in bene ahahah
Alla prossima!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II
 
Un casco sopra la testa, la visiera completamente abbassata, le cinture di sicurezza chiuse saldamente a premere sul torace e i comandi stretti tra le dita. C’era una sensazione più meravigliosa di quella per un pilota? 
Le mani si muovevano agili sulla cloche, le ali dell’X-Wing che si chiudevano per cercare maggior velocità e l’inebriante sensazione di sentirsi finalmente liberi. No, non c’era nulla di meglio. 
Il droide, nel proprio vano, cinguettava allegro mentre l’aria ne fendeva la parte superiore, solleticandolo piacevolmente. 
Pensava spesso che se il suo droide fosse stato un Tooka*, in quel momento avrebbe fatto le fusa. 
Stava andando tutto bene, meravigliosamente bene…
Non lo vide. Non vide il velivolo che aveva in scia. Si accorse solo di un raggio verde con la coda dell’occhio. Troppo tardi per schivarlo. Troppo tardi per fare qualsiasi cosa. 
Una lunga serie di spie e dei fischi insistenti annunciarono quello che già sapeva sarebbe accaduto: stavano precipitando. 
Osservò il suolo avvicinarsi velocemente: era bianco come la neve ma screziato di rosso, come se dei grossi fiumi di sangue ne scorressero sulla superficie. 
Un forte odore di salsedine impregnava l’aria…
 
Si svegliò urlando, scattando improvvisamente a sedersi e scaraventando lontano coperte e cuscini. 
Un rumore, il tempo di guardarsi intorno e di rendersi conto che si trovava nella propria camera da letto.
Gli infissi erano in parte aperti e la luce del sole filtrava gentile, attenuata anche dalle leggere tende che svolazzavano libere trasportate dalla brezza mattutina. 
Lys spostò lo sguardo nel punto in cui aveva udito un suono e vide una serva osservarla ad occhi spalancati, immobile come una statua di sale; la lunga veste bianca monospalla, fermata da una spilla a forma di orchidea blu, il simbolo di Iranja, screziata da un liquido nero e ai suoi piedi un vassoio in argento finemente cesellato era riverso a terra, il contenuto sparpagliato sulle pregiato pavimento di marmi policromi. 
“Mi dispiace”, mormorò, la voce appena udibile e che quasi stentava a riconoscere come propria e il respiro ancora affannato. 
Si alzò con l’intento di aiutarla, ma l’apertura delle porte che conducevano agli altri ambienti dell’appartamento la distrasse. Un cenno della nuova arrivata e la serva se la svignò a testa bassa, richiudendo alle spalle il portale in legno scuro e materiali preziosi. 
La nuova arrivata indossava la medesima divisa, ma con le braccia coperte da uno scialle che lasciava intravvedere alcuni sottili bracciali d’oro sull’avambraccio, indice che non si trattasse di una semplice serva. Si trattava di Mara, la sua istitutrice, nonché zia della persona a lei più cara al mondo: Poe. 
Quella donna si era presa cura di lei da quando era in fasce ed era come se le avesse fatto da madre, dal momento che la sua era morta di parto mettendola al mondo. Anche suo padre se ne era andato diversi anni prima, quando lei era poco più che un’adolescente. Ufficialmente si parlava di un incidente, una disgrazia causata forse da un meccanismo difettoso. Ufficiosamente, tra le file della Resistenza, si mormorava che fosse stato il Primo Ordine ad abbatterlo. Ed era per questo che da quel giorno non aveva più messo piede sopra a qualsiasi cosa fosse in grado di volare. 
Anche Poe era nella sua stessa situazione: padre morto combattendo per la Ribellione quando lui era ancora neonato e madre spenta da un male incurabile alcuni anni prima. 
Mara la osservò apprensiva, non potendo fare a meno di notare il contorno viola delle sue occhiaie, così in contrasto con l’ovale pallido del viso. 
“Un’altra notte in bianco?”, chiese preoccupata. 
“Continuo a fare incubi. Sempre lo stesso incubo”, mormorò Lys. Nonostante la temperatura fosse già calda, avvertiva freddo sul corpo completamente esposto. Tentò di risparmiare un po’ di calore stringendo le braccia intorno al corpo, ma ottenne scarsi risultati. 
Non faceva una dormita decedente da… quando era stata l’ultima volta che aveva potuto dormire tra le braccia di Poe? Doveva tornare al più presto, altrimenti lei sarebbe impazzita. 
Aveva provato a distrarsi in altri modi, per esempio la notte che era appena passata…
“Hai dipinto tutta la notte, cara?”, chiese Mara, notando le macchie di colore che le incrostavano le mani. 
Negli altri luoghi della Galassia si era persa da millenni la consuetudine di produrre arte, ma non lì: Iranja era una piccola enclave per tutti quei piccoli lavori manuali che erano stati dimenticati. C’era persino una cartiera e un antico monastero in cui ancora si copiavano e rilegavano libri, quei piccoli rettangoli fatti da tante pagine di un materiale bianco e poroso, oggetti sconosciuti o considerati fin leggendari dai forestieri. 
Un piccolo sorriso si fece strada sulle labbra di Lys, una rarità in quel periodo. Si osservò le mani su cui intere strisce di pigmenti variano dal giallo, al blu e al verde brillante, per poi passare ad altre sfumature indefinite e tonalità impossibili da riconoscere. 
“Un regalo per Poe”, disse, abbassando lo sguardo per non mostrare il diffuso rossore che aveva preso piede sulle guance. “Per festeggiare la vittoria sulla Base Starkiller”
Il Primo Ordine aveva subito un duro colpo in quell’occasione e da allora il controllo sulla Galassia si era fatto ancora più stretto, le repressioni ancora più intense e feroci. Per la Resistenza la vita si era fatta ancora più dura.
Aveva visto Poe forse un paio di volte da allora, ma si era sempre trattato di attimi, manciate d’ore, di minuti addirittura. Il tempo di caricare a bordo di un’anonima astronave merci di prima necessità per la Resistenza ed era già in partenza. 
Lei non poteva lasciare il pianeta, né schierarsi apertamente con i ribelli dal momento che suo zio, Re Nestor, aveva sottoscritto un’alleanza con il Primo Ordine, ma poteva fare altro, rendersi utile quando possibile. E quel rendersi utile per lei significava reperire dalle scorte di palazzo tutto ciò di cui la Resistenza necessitava e che il pianeta offriva. Nessuno le avrebbe mai fatto domande sulle quantità ingenti di parti di ricambio, alimentari e medicine che prendeva. Nessuno l’avrebbe mai scoperta. 
“Se è rimasto un minimo di discernimento in quel ragazzo, temo non si farà vedere da queste parti per un po’”, disse Mara, riferendosi all’arrivo imminente di alcuni pezzi grossi del Primo Ordine, previsto per quel pomeriggio. Scosse la testa, prima di indicare con l’indice alla sua pupilla il bagno: non poteva di certo ricevere gli ospiti sporca di colore. 
Nel mentre estrasse un abito dal grande armadio a muro che troneggiava sulla parete opposta all’entrata. 
“Sai che giorno è oggi?”. A scanso di equivoci era meglio chiedere, nel caso in cui la giovane se ne fosse scordata. 
Silenzio. Anche l’acqua aperta dei rubinetti aveva smesso di scrosciare. 
“Poe!”, la udì urlare. 
L’istitutrice non fece in tempo a ribattere che la ragazza uscì dal bagno in tutta fretta, le strappò il vestito dalle mani e lo indossò con foga, per poi prendere un paio di sandali alla schiava usurati abbandonati in un angolo e dirigersi di corsa alla porta. 
“Lys!”, la chiamò. 
“Credo che sia atterrato Poe, o che stia per atterrare… un’intuizione”. Doveva già essere ormai arrivata al portale di uscita dai propri alloggi a giudicare la lontananza dalla quale la sua voce giungeva. Se la immaginò ad indossare i sandali senza fermarsi, saltellando su una gamba sola come suo solito. 
“Fortuna che ho fatto riempire i magazzini segreti giusto ieri, anche se credo che i medicinali non siano abbastanza”, la sentì aggiungere. 
Fortuna che dentro e fuori al palazzo c’era chi appoggiava la causa della Resistenza e cercava di coprire i movimenti della giovane, pensò Mara.
Un sorriso malinconico comparve sul suo volto al pensiero di quanto la giovinezza rendesse impulsivi ed iperattivi, ma esso lasciò ben presto spazio di timore: e ora lei come lo spiegava al re che la principessa non sarebbe stata presente al ricevimento degli ospiti?

Nda 
*i Tooka, citando Javapedia (sia ringraziata la Forza che esiste), a quanto pare sono delle sottospecie di gatti. Non intendendomene ("Come è possibile che non esistano i gatti? Quanto sarebbe triste un mondo senza gatti?" si lamenta la mia gattara interiore), incrocio le dita che sia così. Se avete idee migliori, sono tutta orecchie! 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Capitolo III
 
Il Fathier che aveva preso nelle stalle di palazzo galoppava veloce sulla spiaggia, lasciando profonde impronte sul bagnasciuga e alzando grandi manciate di sabbia con gli zoccoli possenti. 
Non erano animali autoctoni, ma come molti altri erano stati importati quando i suoi antenati avevano colonizzato il pianeta secoli prima.
Era difficoltoso cavalcare senza sella, ma Lys andava troppo di fretta per pensare di perdere tempo a sellarlo. Tirò le briglie all’improvviso, causando le proteste del povero animale, che fu costretto ad arrestarsi in corrispondenza di un ripido sentiero che portava alla cima della scogliera. La città era ormai lontana, così come i suoi rumori: il vociare della gente operosa, lo sfrecciare dei velivoli e il rumore delle consuete attività giornaliere lì non si udiva, c’era solo il lento e cadenzato frangersi delle onde sulla spiaggia. 
Smontò dal Fathier con un balzo, incurante della gonna lunga dell’abito, che si era sollevata ben oltre il consentito durante la cavalcata. Se gliene fosse importato qualcosa, forse avrebbe imparato a cavalcare anche all’amazzone.
Lasciò che l’animale si mettesse a brucare l’erba ai margini della spiaggia e, sempre tenendo la gonna alzata per non inciampare, si inerpicò per  il sentiero. 
Aveva appena fatto una svolta, quando dalla cima vide una persona osservarla con le mani poggiate sui fianchi in una posa che di paziente aveva ben poco e che scrutava attento il sentiero. Lo osservò mentre portava quelle stesse mani messe a coppa alla bocca. 
“Sempre con le sottane alzate, Vostra Grazia”, lo sentì urlare a squarciagola. 
“Nessun uomo se ne è mai lamentato, Comandante”, ribatté prontamente in tono malizioso, accelerando il passo, mettendosi a correre quasi.
Arrivò sulla cima con un sorriso a trentadue denti mentre lui la osservava con sguardo penetrante, quasi la stesse spogliando solo con quello. Forse avrebbe voluto ribattere con una frase altrettanto piccante, magari sussurrata, ma lei non gli lasciò il tempo, fiondandosi ad abbracciarlo. 
“Mi sei mancato, Poe”, mormorò stringendolo a sé. 
L’uomo si premurò subito di rispondere a quell’abbraccio all’istante, alzandola da terra e facendole fare una giravolta. Rise a sua volta quando la sentì ridere per la felicità. 
“Ti sei fatta bella per me?”, le chiese con una punta di malizia e un sorriso sfrontato, lasciando vagare lo sguardo sul suo corpo longilineo. 
“Oh… Ehm”. Talmente presa dal correre alla scogliera il prima possibile, Lys nemmeno si era resa conto di quello che aveva indossato: si trattava di uno degli abiti delle grandi occasioni, quello di tulle verde che si allacciava con un nodo dietro al collo e che lasciava scoperta la schiena fino al limitare delle fossette di Venere. Sul corpetto e sul fondo della gonna svasata, con fili d’argento, erano state cucite delle perline piatte del medesimo metallo prezioso a imitazione delle venature delle foglie. Mara l’avrebbe uccisa quando avesse saputo cosa quel povero indumento aveva dovuto sopportare. 
“Non ti sei nemmeno accorta di quello che stavi indossando?”. Poe era divertito dalla situazione. E non era nemmeno la prima volta che accadeva. 
Lys stava per ribattere, ma dei colpi di tosse provenienti da dietro il migliore pilota della Resistenza la distrassero, portandola ad andare con lo sguardo oltre a lui. 
C’era BB-8, che cinguettò un saluto allegro, un ragazzo dalla pelle scura, probabilmente era stato lui a tossicchiare, un Wookiee e… spalancò gli occhi quando mise a fuoco l’astronave su cui erano arrivati: una forma inconfondibile, che non lasciava alcun dubbio sul suo nome. 
“Il Millenium Falcon”, mormorò, staccandosi da Poe e avvicinandosi ad esso. 
Non udì l’amico ridacchiare mentre la osservava allungare la mano per sfiorarne la superficie metallica della fiancata.
 
L’Ala-X che precipitava senza alcun controllo. 
Il suolo bianco che si faceva sempre più vicino.
Fiumi rossi che ne correvano sulla superficie come sangue che sgorga copioso da una ferita. 
 
Ritrasse la mano come scottata e fece alcuni passi indietro, dando le spalle all’astronave per studiare  le due facce nuove, dissimulando i propri brutti sogni dietro ad un sorriso di circostanza.
Se quello era il Millenium Falcon, allora… 
“Lui è Chewbecca, vero?”, chiese a Poe riferendosi al Wookiee. 
Ad un cenno affermativo dell’amico con il capo e ad un suono emesso dalla stessa creatura, il sorriso della giovane si fece ampio. Fece uno scatto per abbracciarlo ma si arrestò quasi subito: più di due metri e con zanne aguzze… poteva abbracciarlo senza rischiare la vita?
Stava per domandarlo a Poe, ma il gigante peloso la precedette, avvicinandosi ed abbracciandola di propria spontanea iniziativa. 
Emise altri suoni nella propria lingua natale. 
“Dice che è un piacere conoscerti e che, se ti va, puoi fare un giro sul Falcon”, tradusse Dameron. 
Ancora quel repentino cambio di modi in lei: irrigidita, si era staccata da Chewbe, tornando ad osservarlo con un sorriso stentato. Quei modi potevano apparire travisanti se osservati da chi non conosceva la sua storia, ma Poe invece si aspettava una simile reazione. Decise di sviare l’attenzione su altro. 
“Lui invece è Finn”, disse, indicando l’ex stormtrooper. 
Lys rivolse anche a lui un ampio sorriso, per poi, mentre Finn le tendeva la mano per stringerla, abbracciare di getto anche lui. 
“Non sono come ringraziarti, Finn. Salvare il mio Poe dalle grinfie di quel bastardo di Kylo Ren, sei stato fantastico!”. 
Il ragazzo balbettò qualcosa di incomprensibile e rispose impacciatamente all’abbraccio, per poi ritrarre immediatamente le mani una volta avvertita la pelle nuda della schiena di lei sotto ai polpastrelli. 
“Lei è Lys”, si intromise Dameron. “La Principessa Lys di Iranja”
La diretta interessata gli scoccò un’occhiata seccata a sentirsi nominare con quel titolo che per nulla le aggradava, ma si morse la lingua per non dire altro. 
Osservò Finn allontanarsi di un paio di passi. Era improvvisamente intimorito da lei? 
“Io… ehm… se avessi saputo di te, di voi, devo darvi del voi… di voi e Poe…”. Sembrava imbarazzato. Molto imbarazzato. “Forse è il caso che io, Chewbe e BB-8 vi lasciassimo un po’ di intimità…”
Poe strabuzzò gli occhi mentre la ragazza, confusa, osservava entrambi senza capire. Quando ci arrivò, il suo viso pallido virò immediatamente ad un rosso acceso. 
“Noi non…”, balbettò.
“Sarebbe come…”, aggiunse Dameron. 
“Per me Poe è come un fratello maggiore”
“Non ho mai pensato a lei in quel senso”
“Sarebbe imbarazzante”
“Estremamente imbarazzante”
Sembrava di essere ad una partita di ping-pong, a vedere la testa di Finn che passava da l’uno all’altra.
“Finn, credo tu abbia preso un abbaglio”, disse il pilota.
“Un enorme abbaglio”, fece eco lei. 
“È successo solo una volta, oltretutto”
“Quasi successo”, lo corresse Lys. 
“Ma abbiamo chiarito”
“Abbiamo chiarito”, confermò  la ragazza con un cenno di del capo.
“Amici”, dissero all’unisono in chiusura. 
Finn non ne era per nulla convinto, ma era meglio non discutere (e aveva male al collo per il troppo voltare la testa da una parte all’altra). 
“Bene”, disse passandosi una mano sulla nuca, ancora imbarazzato. “Io e Chewbe… noi andiamo a recuperare i materiali che ci occorrono”
BB-8 cominciò a spostarsi verso la boscaglia che cresceva sul fianco opposto a quello che dava sul mare. 
“Seguite BB-8, lui sa dove andare”, spiegò Lys, indicando un punto dove, se si aguzzava la vista, si poteva notare uno stretto sentiero. “Si tratta di un vecchio bunker. È mimetizzato nel verde, ma se state attenti lo troverete. Attivate i droidi protocollari all’interno, faranno tutto loro”
Il nascondiglio per le scorte per la Resistenza si trattava di un vecchio magazzino risalente ai primissimi tempi della colonizzazione umana del pianeta. Era stato poi utilizzato da bracconieri e contrabbandieri e alla fine dimenticato fino a quando due bambini troppo curiosi lo avevano scoperto per caso: solo Lys e Poe sapevano della sua esistenza. 
Chewbe diede conferma di aver capito con alcuni urli e lui e Finn si avviarono, lasciando gli altri due soli. 
“Le scorte mediche sono poche questa volta, ma c’è stata un’epidemia di febbre nella città bassa. Mi dispiace”, disse a Poe. 
La città bassa era dove si trovavano gli strati più poveri della popolazione. Questa volta l’epidemia era stata contenuta, ma cosa sarebbe successo se si fosse ripresentata? Il Primo Ordine risucchiava la quasi totalità delle risorse e il re non faceva nulla per impedirlo. Se non avessero allentato presto la presa sul pianeta, la situazione sarebbe peggiorata. E come sempre sarebbero stati i più poveri a pagarne le conseguenze. 
“Non importa”, disse Poe, sorridendole per cercare di tirarle su il morale, intuendo i suoi pensieri. “Fai già così tanto per noi”. Le si avvicinò, lasciandole una carezza sulla guancia. 
“Ma non è abbastanza, vorrei poter fare di più, combattere mag-”
“No! Di questo ne abbiamo già discusso”. Il suo tono non ammetteva repliche. 
“Ma…”, provò lei.
“Lys, no”, la interruppe di nuovo lui. “Ho bisogno di saperti al sicuro”, aggiunse rabbonendo la voce. 
La giovane abbassò il capo, sottraendosi alle carezze dell’amico, dandogliela vinta. 
Per stavolta. 
“Come fai a sapere sempre di cosa abbiamo bisogno? Arrivo all’improvviso sperando di farti una sorpresa e ti scopro già qui. Va a finire che si scopre che sei una Jedi”, disse ironico. 
Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere. Poi il viso della giovane cambiò repentinamente espressione. “Sei un incosciente, Poe”, disse incrociando le braccia al petto, contrariata. 
Il pilota della Resistenza la osservò confuso. “Cosa ho fatto questa volta?” 
“E me lo chiedi anche? La Finalizer è appena atterrata o atterrà a breve qui e tu mi chiedi perché ti dò dell’incosciente?” 
La pista di atterraggio si trovava sul capo opposto dell’isola da cui l’interno piccolo pianeta prendeva il nome, da lì non si poteva capire se una nave atterrava o partiva, almeno che non passasse proprio sopra alla scogliera.
Lo vide strabuzzare gli occhi. Era di paura il lampo che passò per un istante nel suo sguardo? 
“Tu non lo sai?”, domandò Lys.
“Non so nulla, altrimenti non sarei qui”. Passato il panico iniziale, la sua espressione si fece seria: il pilota stava facendo calcoli, analizzando scenari differenti, proprio come quando si trovava alla guida del suo Ala-X in missione. “Dimmi tutto quello che sai”
“So poco in verità, tutti sappiamo poco, re compreso”. Sospirò. “Kylo Ren e il Generale Hux si fermeranno da noi per un po’, una visita amichevole ai loro fedeli alleati. Ma hanno con sé circa un migliaio di troopers”, rivelò. “Un’invasione mascherata”, aggiunse con sarcasmo. 
“Pensi ci sia sotto dell’altro?”
“Assolutamente”
Poe non voleva chiederglielo, sentiva che sarebbe stato troppo, ma lei lo anticipò. “Indagherò e appena scoprirò qualcosa te lo farò sapere”
Lui avrebbe voluto opporsi, ma sapeva che da quei gesti la Resistenza ne avrebbe tratto vantaggio. E la Resistenza doveva venire prima di tutto. 
“Però stai attenta”, riuscì solamente a dirle. 
“Suvvia, chi mi crederebbe una simpatizzante per la Resistenza con questo visino innocente e gli occhioni da cerbiatto?”, chiese con un’espressione virginale, sbattendo lentamente le ciglia. 
Per un attimo Dameron ne fu ammaliato, ipnotizzato quasi. “Certo, un angioletto che nasconde il peggiore dei demoni”, commentò una volta che si fu ripreso, ironico. Le scompigliò i capelli solo per il divertimento di vedere la sua espressione contrariata, che aveva un che di buffo. 
In quell’istante i primi droidi protocollari comparvero nella radura, trainando alcuni carrelli a levitazione magnetica ricolmi di scatole. 
“Andiamo a fare un giro in città?”, chiese Finn, fuoriuscendo anche lui dalla boscaglia con dietro BB-8 e Chewbe. 
“So che te l’avevo promesso, amico, ma temo di dover rimandare alla prossima volta: finiamo con il carico e leviamo le tende al più presto”, rispose Poe. “Ren e Hux sono qui con un migliaio di troopers”, spiegò prima che giungessero domande. 
“Che cosa?!”. La voce del ragazzo era di almeno un paio di ottave più acuta del normale. “Dobbiamo avvisare subito il Generale Organa”, disse. 
“Sì, lei e Rey lo devono sapere al più presto”, concordò Dameron.
“Rey, eh?”, domandò Lys, osservandolo maliziosamente. Aveva sentito parlare della ragazza, Poe la nominava spesso, anzi, intere conversazioni erano incentrate su di lei e su ciò che sapeva fare. Sapeva che aveva la Forza e che era andata a cercare Luke Skywalker per essere addestrata come una Jedi, ma non sapeva che fosse tornata alla base ribelle. Questo spiegava perché Poe era arrivato con il Falcon, che da quando Han Solo era morto, era affidato a Rey. 
Vide il Comandante della Resistenza abbassare lo sguardo e arrossire. Sapeva che non lo avrebbe mai ammesso, eppure era cotto a puntino. 
“Un vero peccato che i Jedi facciano voto di castità”, disse in tono allusivo, mettendo ancora più in difficoltà l’amico. Quanto si divertiva a farlo? 
I droidi avevano quasi finito di caricare tutto: il tempo era quasi finito. 
“Quando pensi di impiegarci a scoprire qualcosa senza destare sospetti?”, domandò Poe, cambiando discorso e tornando serio. 
Così era facile… gli sorrise con un’espressione da ‘non credere che te la caverai così facilmente’. “Se stasera ci sarà abbastanza vino potrei averle già per domani”, rispose ironica. 
Dameron alzò gli occhi al cielo, per poi farsi serio. “Un paio di settimane?”
La giovane annuì. “Ma voglio qui anche Rey, altrimenti non parlo”
“Lys…”
“Informazioni per informazioni, mi sembra uno scambio alla pari”
Poe sbuffò e lei gli sorrise, tendendogli la mano per chiudere la contrattazione. Con non poca esitazione, lui la strinse. 
“Cosa non si fa per la Resistenza, vero, Comandante?”, lo punzecchiò. 
L’ultimo droide scese dal Falcon e Chewbe corse all’interno ad accendere i motori, Finn lo seguì. Entrambi le rivolsero un saluto con la mano.
Anche BB-8 salì, ma prima di farlo si strusciò contro la gonna della ragazza, come se si fosse trattato di un Tooka. Poe scherzando ripeteva spesso che il giorno in cui avessero dovuto aprire BB-8 tra i circuiti avrebbero trovato il cervello di quel felino. Lys gli accarezzò la calotta superiore e ottiene come risposta una serie di beep allegri. 
Rise, per poi tornare a farsi seria. “Promettimi che prima o poi tutto questo finirà, Poe”
Il pilota l’abbracciò: un arrivederci. 
“Lo prometto, Lys”


Nda
Scusatemi, so che ora mi darete della matta, ma metto qui il link (cliccate sopra alla parola link) dell'abito indossato da Lys. Diciamo che la domanda "E questi come saranno vestiti?" è la prima che mi pongo quando scrivo (sì, Lys è una principessa anche e SOPRATUTTO per lasciarmi campo libero e sbizzarrirmi con gli abiti lunghi) e finchè non trovo quello giusto sono proprio bloccata. E poi secondo me sono anche molto utili per capire l'ambiente in cui i personaggi si muovono. 
Non venite a cercarmi sotto casa con fiaccole e forconi, per favore. 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV
 
La città pareva deserta, nessuna anima in giro fatta eccezione per alcuni Tookas randagi. E per Lys, lei sembrava essere l’unica presenza umana tra quei vicoli stretti e solitari. 
Tutti gli abitanti dovevano trovarsi ammassati alle porte del palazzo per osservare la lunga processione di stormtroopers e quei due pezzi grossi del Primo Ordine di cui tanto si parlava. A quanto pare, più i crimini erano efferati, più la gente scalpitava per vederli. 
Lys, dal canto suo, avrebbe fatto volentieri a meno di quella pagliacciata, ma la sua presenza sarebbe dovuta essere indispensabile. 
Sarebbe, dal momento che ormai dovevano aver iniziato senza di lei. 
Già si immaginava le scenate che suo zio le avrebbe fatto, una volta che l’avesse trovata. 
Va bene che il palazzo era immenso, ma non avrebbe potuto evitarlo per sempre. 
Rabbrividì al pensiero dell’imminente litigata e diede di speroni, incitando il Fathier al galoppo. 
Attraversò tutta la città bassa, per poi iniziare a risalire la collina su cui la città si sviluppava. Il palazzo era di fatti proprio in cima, su di una scogliera a picco sul mare. 
Cominciò ad incontrare persone a circa metà della salita e più saliva, più gente incontrava e alla fine dovette smontare dal Fathier per non rischiare di calpestare qualcuno. Anche l’animale cominciava ad innervosirsi per via del gran vociare e di tutte quelle facce sconosciute, se si fosse imbizzarrito nessuno sarebbe stato in grado di trattenerlo. Decise di allontanarsi e provare a entrare a palazzo da uno degli ingressi secondari, magari uno di quelli più lontani. Senz’altro la gente sarebbe stata meno, ma non poteva dire lo stesso della sicurezza, quella sarebbe stata un problema. 
Le stalle avevano un ingresso secondario tutto loro, avrebbe potuto passare da lì.
Sorrise e si diresse a passo deciso da quella parte. 
Mantenne quel sorriso fino a quando non vide che oltre alle guardie di palazzo, a controllare il perimetro erano stati messi di guardia alcuni stormtroopers. Le guardie di palazzo erano relativamente facili da raggirare, si allenava spesso con loro e conosceva le loro abitudini e le loro tempistiche. E loro conoscevano lei, erano quasi più leali a lei che al re e, molto probabilmente, nello sfortunato caso in cui l’avessero colta in flagrante suo zio non ne sarebbe stato informato. Ma con l’elitè d’assalto del Primo Ordine… 
Li studiò mentre percorrevano il perimetro: erano in due e parevano mantenere una camminata regolare, inoltre la lunghezza che coprivano era molto ampia. Forse, se avesse aspettato il momento giusto, ci sarebbe stata una speranza. Osservò oltre a loro, all’interno della recinzione in ferro battuto che delimitava il parco: uno degli stallieri stava controllando alcuni Fathier lasciati liberi a brucare l’erba. 
Approfittando del momento in cui gli stormtroopers erano entrambi lontani e di spalle, fece alcuni segni con le mani al giovane, che parve notarla e corse ad aprire il cancello. 
Le guardie si voltarono poco dopo, intimando al ragazzino di dirgli per quale motivo avesse aperto e puntandogli i loro blaster al petto. Quello non fece una piega, indicando con un dito il Fathier che Lys aveva cavalcato, mentre lei si nascondeva dietro ad un albero. Portò all’interno l’animale mentre le guardie tornavano alla loro marcia. E così anche la giovane sgusciò silenziosa all’interno, nascondendosi poi tra le piante fino a quando non fu in vista dell’edificio con le stalle e corse fino all’interno, al sicuro. 
Chiuse il grande portone delle stalle alle sue spalle per sicurezza. 
“Princ… Lys, il re vi… ti cercava”. Non voleva che gli altri la chiamassero con il proprio titolo o le dessero del voi. Non persone che conosceva da anni e di cui si fidava. 
“Grazie, Zim”. Il ragazzo si chiamava così e proveniva dalla città bassa, quasi tutta la servitù proveniva dalla città bassa. 
“Il re sbraitava e urlava quando non ti hanno trovata”. Il tono del giovane sembrava di sincera preoccupazione. 
Un sorriso quasi divertito comparve sul viso di Lys: era quasi un piacere far dispare quell’uomo, in un certo senso le dispiaceva esserselo perso. 
Si ricordò improvvisamente della cerimonia e si allontanò correndo, per poi fermarsi e tornare ad osservare il ragazzo. “Passa in cucina e parla con la cuoca, dille che ti mando io e che puoi prendere tutti i dolci che desideri”. 
E si rimise a correre. 
 
***
 
Sgusciò in fretta tra i corridoi, alternando corridoi consueti e più rapidi e deserti corridoi per la servitù fino a trovarsi nel cortile d’onore. Si guardò intorno, a disagio per via della grande quantità di persone, per lo più sconosciute intorno a lei. 
Alcune si voltarono nella sua direzione e dovettero averla riconosciuta, dal momento che per la maggior parte si scansarono per lasciarla passare, seguendola con un mormorio sommesso e additandola ad altri. 
Quel comportamento l’aveva sempre messa a disagio, specialmente in cui momenti in cui non aveva nemmeno un viso conosciuto a cui aggrapparsi. Tentò di tenere il capo alto e le spalle dritte, ma la tentazione di camminare osservando il pavimento e non tutti gli occhi che aveva addosso era troppo forte. 
Non aveva alcuna intenzione di raggiungere suo zio sul patio, ma di osservare la cerimonia mantenendosi alla larga. 
“Lys!”. 
La voce conosciuta di Mara fu per lei un sollievo. 
“In quali condizioni ti sei ridotta, cara ragazza?”
Lys non ci aveva pensato ma, osservando il proprio abito, con l’orlo zuppo di acqua di mare, che aveva lasciato un alone di sale che andava a mischiarsi con la polvere, il fango e la sabbia, capì. 
Per non parlare delle condizioni in cui dovevano trovarsi i capelli dopo ben due cavalcate.
Se Kylo Ren e Hux l’avessero vista ora, magari avrebbero avuto paura e sarebbero tornati da dove erano arrivati. Ridacchiò tra sé e sé a quel pensiero, per poi mettersi sulle punte per poter osservare meglio.
Gli stormtroopers in parata stavano finendo di disporsi in schieramento. Tra le due ali, un paio di persone stavano camminando lentamente: il primo, più minuto e dai capelli rossicci, andava a passo di marcia e si capiva fin da dove si trovava Lys che doveva trattarsi di un militare; il secondo invece indossava un elmo che al sole caldo di Iranja risplendeva in maniera quasi accecante e sulle spalle portava un pesante mantello nero che svolazzava al vento. Le temperature sul pianeta erano alte tutto l’anno e a peggiorare le cose vi era una forte umidità. Non invidiava affatto quell’uomo vestito completamente di nero. 
Anche se di soffrire un po’ lo meritava. Sì, meritava decisamente di stare sudando sette camice sotto tutti quelli strati d’armatura. 
Quello con l’elmo in testa doveva trattarsi di Kylo Ren, mentre il rosso doveva essere il Generale Hux.
Osservò suo zio alzarsi dal trono e raggiungere il limitare del patio sopra cui si trovava. Le preziose gemme della corona sul capo di re Nestor brillavano alla luce. E pure la sua testa pallida e completamente pelata brillava. Aveva indossato una lunga tunica dai ricami floreali e intessuta utilizzando fili d’oro, una delle più preziose che possedeva. Anche il cinturone in vita era d’oro e così l’elsa gemmata della spada da cerimonia che portava agganciata ad essa. 
Storse in naso un po’ per quello e un po’ per l’ampio e falso sorriso con cui lo zio accoglieva i suoi ospiti. I loro dominatori, in poche parole. 
Stava per andarsene quando avvertì qualcosa, una strana vibrazione nell’aria che la portò a rimanere  ferma e con gli occhi incollati al patio. Osservò Kylo Ren voltare il capo dalla sua parte. 
C’erano troppe persone presenti perché lui notasse proprio lei, eppure le pareva proprio che la stesse guardando. Come un predatore osserva la propria preda prima di compiere il balzo per catturarla e mangiarsela.
Ed era lei la preda in questione. 
Le pareva di stare soffocando, più lo guardava e più le mancava il fiato. Erano i suoi potere di Jedi Oscuro a fare quello? E perché le pareva di essere l’unica a sentirsi a disagio in quel momento?
Scappare dal suo sguardo, era l’unica mossa che in quel momento le venne in mente. 
E fu quello che fece.  

Nda
Ed anche la seconda parte (quella che nella mia testa è la seocnda parte di... boh, non so con esattezza che piega prenderà) è andata.
Mr "Darth Vader era mio nonno" avrà usato la Forza volontariamente o è stato solo un colpo di caldo? Si accettano scommesse. 
Alla prossima! 

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Capitolo V
 
Arretrò tra la folla che ormai a lei faceva ben poco caso, tutti troppo concentrati sul patio e suoi nuovi arrivati per notare lo strano comportamento di quella che per la maggiore era considerata una strana ragazza: strano per strano, ormai nessuno si stupiva più di nulla. 
Solo Mara si accorse di quella inconsueta ritirata, del suo volto più pallido del solito e delle goccioline di sudore sulla sua fronte. Si rese conto che stava tremando e istintivamente le afferrò un braccio, cercando di aiutarla a sostenersi ma in modo discreto. 
Si allontanarono dalla ressa e Lys si sedette a terra, poggiando la schiena contro il muro di uno dei numerosi piccoli edifici del complesso della residenza reale che si affacciavano sul cortile d’onore. 
Chiuse gli occhi e prese fiato più volte. 
“Lys?”, provò a chiamarla Mara. Una tacita domanda sulle sue condizioni. 
“Sto… sto bene”, mormorò. 
“No, non stai bene. Si può sapere cosa ti è preso?”. Dopo l’incidente che era costato la vita al padre aveva sofferto di attacchi di panico, ma con il tempo si erano diradati fino a sembrare scomparire. Che si fosse trattato di un attacco di panico? Che il problema si fosse ripresentato?
“Tu… tu non lo hai sentito?”, chiese la ragazza. 
La donna si fece perplessa. “Sentito che cosa?”
Lys corrugò la fronte: stava pensando. “Credo fosse… sì, credo fosse Kylo Ren. È stato… orribile”. Raccolse le ginocchia al petto in un gesto inconscio di protezione. “Quando si è voltato dalla nostra parte… mi è sembrato che qualcosa mi soffocasse”
“Magari è stato solo un caso: fa caldo, c’era molta gente in poco spazio e sei arrivata già spossata… da non so esattamente cosa”. Le scoccò un’occhiata contrariata. “Potrebbe essere stato un malore, dopo sarebbe meglio che faccia chiamare il medico in stanza”, disse raddolcendo la voce.
“E se invece fossero stati i suoi poteri? Dicono sia un Sith”
“Girano molte storie sul suo conto”
“Ma è stato sgradevole, con un Jedi non dovrebbe succedere”
“E tu cosa ne puoi sapere, hai mai incontrato un Jedi prima di oggi?”
No, non lo aveva fatto. Magari era come diceva Mara, lei senz’altro aveva vissuto più esperienze e un paio di Jedi almeno li aveva di sicuro incontrati. Ma la sensazione sgradevole restava. Se lo avesse dovuto incontrare di nuovo - e di certo sarebbe successo entro la fine della giornata -, avrebbe dovuto tenere sotto controllo le proprie sensazioni. 
E non pensare a fatti compromettenti: Poe le aveva detto che era in grado di leggere nel pensiero. Lui lo aveva provato sulla sua pelle e non era stato per nulla piacevole. Doveva fare molta attenzione. 
Prese un lungo respiro e si rimise in piedi. 
Un malore dovuto al caldo… sì, era possibile. Non sarebbe stata la prima a cui veniva un malore a causa delle alte temperature e della ressa. 
Si convinse che era così e si passò entrambe le mani sul volto, sentendo il sudore imperlarle la fronte. Mosse alcuni passi tenendosi appoggiata al muro, per constatare se effettivamente le gambe la reggessero e una volta certa si staccò anche da esso, assumendo una camminata più decisa. 
Osservò la gente sciamare, segno che la cerimonia fosse ormai finita. 
“Io…”
Se fosse tornata subito in camera propria si sarebbe di sicuro ritrovata in tempo zero il re nelle proprie stanze intento in quella che era certa sarebbe stata la peggiore tra le ramanzine - ed erano parecchie - di quegli anni. Quanto si scommetteva sul fatto che avrebbe tirato in ballo i suoi genitori? 
No, ora come ora non le andava proprio. 
“Io vado nelle cucine a prendere un bicchiere d’acqua”, disse alla fine, congedandosi da Mara. 
Nelle cucine il re non sarebbe mai sceso - mischiarsi ai comuni mortali, ma quando mai? - e lei avrebbe potuto stare tranquilla e coccolata da persone che conosceva. 
La servitù era la sua famiglia, lo era sempre stata da ben prima che suo padre morisse. E poi la cuoca l’adorava: teneva sempre almeno un bicchiere di granita o dei dolci nel caso in cui avesse trovato la principessa a vagare per la sua cucina. 
Quanto era bello fare colazione ed ascoltare i pettegolezzi freschi freschi di prima mattina?
Un sorriso le comparve sulle labbra mentre, cercando di passare inosservata, si dirigeva verso l’entrata di servizio per la servitù. 
Il fascino di quel palazzo era che, oltre al dedalo di sontuosi corridoi d’accesso alle varie sale, ne correva un secondo, ancora più intricato del primo, estremamente spartano, utilizzato solo dalla servitù. 
Era facile, utilizzandolo, passare da un punto all’altro della dimora senza che il re se ne accorgesse. 
 
***
 
Alcune ore più tardi…
 
Il tempo nelle cucine era passato in fretta tra chiacchiere e risate. Cercavano tutti di alleggerire l’atmosfera intorno alla giovane, Lys se ne rendeva perfettamente conto. Che fosse in vista della bufera che si sarebbe a poco scatenata? Dirigendosi nei propri alloggi sapeva che stava dando inizio ad un ciclone. Un ciclone di potenza catastrofica: suo zio. 
Ma non poteva rinviare all’infinito il momento. 
Aveva bevuto un infuso alle erbe. 
Cosa, un infuso caldo d’estate? Aveva storto il naso in un primo momento, ma poi era stata convinta a mandarlo giù. E doveva ammettere che aveva avuto un effetto rigenerante. Giusto in tempo per lo scontro. 
Aveva reperito un mantello di colore scuro e scivolava silenziosa tra i corridoi con quello ben calato sul viso. Non aveva incontrato guardie di alcun genere, ma sapeva che prima o poi sarebbe accaduto. 
Era arrivata nell’ala ovest, l’ala dove aveva il proprio alloggio e che terminava in una torre un tempo utilizzata per la guardia ma ora in disuso. Là, sulla cima, cullata solamente dal rumore delle  onde del mare, là era la sua oasi di pace, il suo regno della creatività, dove i suoi dipinti prendevano forma. 
Nessuno era autorizzato a salire e fino a quel momento l’unica persona ad averci mai messo piede era stato Poe, ma solo in rarissimi casi. 
Avrebbe voluto dirigersi lassù, ma era meglio tornare nella propria camera e prepararsi per l’imminente banchetto di quella sera e pregare che al re la rabbia fosse almeno in parte sbollita. 
Aveva appena svoltato un angolo e vedeva la sua stanza: l’ultima porta a sinistra, proprio di fianco a quella per salire sulla torre. Ma avvertì dei passi troppo regolari per essere quelli di qualcuno della servitù o delle guardie di palazzo: potevano essere solo strormtroopers. 
Presa dal panico abbassò la prima maniglia che trovò ed entrò. 
Quella ala del palazzo aveva solo camere per gli ospiti, ma, a parte le sue stanze, le altre non venivano mai utilizzate dal momento che il re preferiva concedere gli alloggi dell’ala est, più moderni. C’era solo lei in quell’ala… o no? 
Richiuse la porta in fretta dietro di sé, osservandone i delicati intagli floreali nel legno scuro e stando all’erta per avvertire quando l’elitè del Primo Ordine se ne sarebbe andata. 
Ma non furono gli stormtroopers quelli che avvertì alle sue spalle. 
Talmente concentrata sul corridoio esterno, non si era resa conto di chi ci fosse all’interno. Avvertì un improvviso calore dietro la schiena, come se qualcuno le tenesse un tizzone ardente a poca distanza dal mantello. 
“Chi sei?”
Una voce metallica, distorta e minacciosa. Non umana. 


Nda
Eccomi qui! In ritardo rispetto a quello che avevo detto (problemi di connessione, scusatemi), ma comunque qui. 
Volevo dirvi che ho modificato (ho abolito la parola "gatto", grazie a Superlight777 per la dritta) e aggiunto piccoli dettagli ai capitoli. 
Tra morti e feriti da sessione invernale di esami, spero di riuscire a farmi viva il fine settimana prossima con un nuovo capitolo. Alla prossima!


 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI
 
“Ho chiesto chi sei. E non lo ripeterò una seconda volta”
Di nuovo quella voce metallica. E di nuovo quello strano calore puntato sulla schiena, questa volta più forte. 
Lys sussultò involontariamente ma riprese in fretta il controllo del proprio corpo. Chi era quello per dire a lei cosa fare? No, non glielo stava dicendo, lo stava proprio pretendendo. E senza nemmeno chiedere per favore. “Sarei io che dovrei chiedere chi è lei”. Quella frase le uscì spontanea, la voce  più acida di quanto avrebbe voluto. 
Silenzio dalle sue spalle. Zittito, chiunque fosse, con una sola frase? Stava facendo progressi. La prossima volta avrebbe puntato a farlo semplicemente con una parola. E quella ancora dopo con uno sguardo. 
Un sorriso soddisfatto le comparve sulle labbra, ma esso sfumò non appena cercò di voltarsi per vedere chi o che cosa la stesse minacciando: non appena ci provò sentì ogni fibra del proprio corpo bloccata, come se qualcuno la stesse tenendo ferma. Ma nessuno la stava toccando. 
Vide il fiocco che le legava il mantello al collo sciogliersi da sè, come se una mano invisibile ne stesse tirando le estremità. Le scivolò sulle spalle nude e cadde infine a terra.
Passarono alcuni attimi e si ritrovò improvvisamente voltata, con la schiena premuta contro la parete affianco alla porta. Un gemito di paura più che di dolore le sfuggì dalle labbra. 
Le ci vollero alcuni secondi per mettere a fuoco l’arma che era puntata al suo ventre… e chi la stava impugnando. 
La prima era inconsueta, di un tipo che aveva potuto vedere solo su vecchi libri e in qualche ologramma dei tempi passati: si trattava di una spada laser, ma era diversa. Innanzitutto era rossa, poi sembrava instabile, dai bordi irregolari che emettevano uno sfrigolio, ed infine la luce si propagava in tre direzioni: la lama ed altre due parti a protezione dell’elsa. 
Riguardo al suo proprietario… temeva di sapere di chi si trattasse. Ma forse lo aveva sorpreso in un momento non propriamente… consono. Indossava giusto i pantaloni e quell’odiosa maschera, mentre il petto nudo era ancora bagnato da alcune gocce d’acqua. Forse aveva appena finito di fare una doccia. 
Studiò quel corpo attentamente, non potendo fare a meno di pensare che quando le avevano parlato di Kylo Ren, paragonandolo a Darth Vader, si erano scordati di menzionare anche le differenze. 
Differenze che non passavano inosservate. 
Sbattè un paio di volte le palpebre, prima di mutare la propria espressione in una annoiata. “Ah… è lei”, disse con un livello di entusiasmo pari soltanto a quello che aveva provato ai tempi che suo zio aveva avuto la bella idea di farle iniziare un corso di cucito. Infatti era durato appena un paio di ore. Se se ne fosse aggiunta una terza, probabilmente l’insegnante se ne sarebbe uscita dalla sala studio con un occhio in meno.  
Era stata abituata a studiare le espressioni facciali degli altri e ad agire di conseguenza, pronunciando le esatte parole che le avrebbero permesso di ottenere la reazione desiderata. Ma con quella maschera come poteva riuscirci? 
Avvertiva ancora quella strana sensazione: era un’idea di soffocamento, come quando c’è troppa umidità e si fa fatica a respirare. Ma di sicuro non era di quello che si trattava. 
Sentì come una forte pressione premere dall’interno della sua testa, ma non fece in tempo a dire o fare qualcosa che bussarono alla porta e, di qualsiasi cosa si trattasse, smise. 
“Comandante Ren, sono Sua Altezza. Sono venuto a chiederle se il soggiorno è di suo gradimento fino a questo momento”
A Lys si gelò il sangue nelle vene, forse ancora di più dell’aver avuto una spada laser puntata addosso. 
“Avete con voi delle guardie, Vostra Altezza?”, domandò Ren. La maschera che non si era nemmeno voltata per un istante in direzione della porta, ma che rimaneva fissa su di lei. Chissà come era lo sguardo sotto ad essa…
“Sì, certo, la mia scorta”. Dal tono di voce il re appariva perplesso. 
“Ottimo”, rispose il Comandante, asciutto. “C’è un’intrusa nei miei alloggi”. 
Quello che si sentì subito dopo fu la porta aprirsi di colpo ed il re entrare trafilato con dietro le proprie guardie con armi alle mani. 
Lys chiuse gli occhi e sbuffò, per poi sporgersi leggermente alla propria sinistra per mostrarsi. “Zio…”, salutò con ben poco entusiasmo nella voce. Se con Ren aveva retto alla perfezione lo sguardo penetrante del suo elmo, ora non aveva esitato abbassare gli occhi per non vedere il re in faccia. Notò di sfuggita il Comandante del Primo Ordine irrigidirsi un istante, per poi tornare alla posa consueta: questa a quanto pare non se l’aspettava. Lo vide fare un passo indietro e disarmare la spada laser, che senza la lama d’energia appariva come un comune - ed innocuo - tubo di metallo. Ma forse questo era meglio che se lo tenesse per sé. 
“Cosa ci fai tu qui?”.
La voce del sovrano era trattenuta a stento. Se fossero stati soli, probabilmente quello sarebbe stato detto con un urlo. 
“La porta era aperta, non sapevo che avevi sistemato qui i tuoi ospiti”, si difese lei, sottolineando però quel “tuoi”, ad indicazione che lei si dissociava completamente da quell’azione. 
Suo zio non disse nulla, facendole silenziosamente segno di uscire, guardandola con gli occhi dardeggianti di rabbia. 
“Aspettami qui fuori”, sibilò quando lei gli passò accanto. 
Fulmini e tempeste, ecco cosa l’aspettava.


Nda
Ed eccomi qui nonostante la sessione invernale si avvicini sempre di più. Pregate per me (davvero tanto tanto tanto)! Come sempre, spero di sentire presto le vostre impressioni. Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII
 
Erano passati non più di una decina di minuti quando la porta degli alloggi di Ren si aprì e il re ne uscì con un falso e largo sorriso sulle labbra ma, non appena i suoi occhi incontrarono quelli della nipote, la sua espressione mutò, facendosi cupa e severa. 
Lys abbassò immediatamente lo sguardo. Meglio non sfidare la limitata pazienza del re. 
Ma anche quel gesto servì ben a poco, dal momento che suo zio l’afferrò per un braccio, affondando le dita nella carne tenera e trascinandola verso i suoi alloggi. 
Aprì il portale malamente, per poi spingerla dentro con ben poca delicatezza e richiudere con un tonfo. 
La giovane si massaggiò il braccio dolorante e non nascose la conseguente smorfia di fastidio sul viso. “Come minimo qui mi uscirà un livido”, fece notare acida. “E la gente si chiederà quale mostro abbia osato sfiorare la principessa. Quando dirò che sei stato tu, non farai una bella impressione”. Un sottile tono di sfida che proprio non era uscita a trattenere.
“Meglio un livido su un braccio che essere trapassata da una spada laser”, ribattè lui, dirigendosi verso la grande vetrata che dava sul mare. Ma a metà strada però si fermò voltandosi verso di lei. “Si può sapere cosa ti è saltato in testa?!”. Un urlo che probabilmente era stato avvertito anche nei sistemi vicini talmente era forte. 
“Non sapevo che lo avevi messo qui, credevo fossero tutti lontani nell’ala est”, si giustificò. “E la porta era aperta”
“Era chiusa, Ren me lo ha assicurato”, disse lui. Scosse la testa, come a non volersi troppo soffermare su quel dettaglio e tornò alla propria ramanzina. “E se tu avessi letto le comunicazioni di corte, avresti saputo che nell’ala est abbiamo sistemato l’intera divisione di stormtroopers e che, non essendoci più uno spazio adeguato, si è deciso di sistemare il Comandante Ren e il Generale Hux in quest’ala”
La giovane sbuffò e incrociò le braccia al petto. Forse avrebbe potuto leggere qualche comunicazione in futuro… ma lui avrebbe anche potuto dirglielo a voce. 
Lo osservò e per un solo istante le parve che la sua espressione si facesse più dolce, magari un pensiero che però lei non riuscì a captare dal momento che così repentinamente come era apparsa, era scomparsa. Il suo volto tornò a farsi duro. “Sei adulta, ormai. È ora che tu ti prenda le tue responsabilità. Io non sarò sempre qui a proteggerti”
“Me la potevo cavare benissimo anche da sola”
“E spiegami come, di grazia”
Lys sbuffò di nuovo, dandogli le spalle e osservando l’anticamera dei propri alloggi. Chiuse gli occhi e si morse la lingua per non ribattere con qualcosa che avrebbe portato conseguenze spiacevoli. Sentì la rabbia montarle dentro, ma cercò di tenerla controllata. 
“Sei un’incosciente e una delusione per me!”, sbraitò il re. 
Niente che lei non avesse già sentito. E ormai non le faceva più né caldo né freddo. 
“Voglio augurarmi che fatti spiacevoli come quello di oggi non accadano più per tutta la durata del soggiorno dei nostri ospiti”, continuò.
Forse era fattibile. Se non si fosse più fatta viva per tutta la durata della visita. “Quanto staranno qui?”, chiese. 
“Il Leader Supremo non me lo ha detto”
Snoke che convocava suo zio - un re suo alleato, per giunta! - al proprio cospetto come un qualsiasi  damerino del Primo Ordine! A quel pensiero le venne quasi da ridere. E trattenersi si rivelò più difficile del previsto quando pensò a quel ridicolo ologramma appositamente ingigantito per apparire più minaccioso. Non riuscì davvero a trattenersi da quella battuta detta con pungente sarcasmo. “Sei stato a colloquio da lui? E immagino che tu abbia calato le real braghe e abbia…”
Non riuscì a finire dal momento che Re Nestor la interruppe. Gli occhi che dardeggiavano di rabbia mentre alzava nuovamente la voce. “Non ti permetto di parlarmi in questo modo!”
La pelata sopra alla sua testa livida di rabbia era diventata di un rosso acceso, così come il viso. Era stato un  uomo imponente da giovane, di quelli che intimoriscono al solo passaggio, e, nonostante fossero passati ormai molti anni, aveva conservato quella caratteristica. 
Lys si aspettava quella reazione da parte sua e non ne restò troppo impressionata. Qualcosa in lei cresceva e non sarebbe riuscita a controllarlo: un fiume in piena di parole, l’unico modo di scaricare la rabbia in quel momento. “Me lo permetto io, invece! Non mi risulta che tu, scusami, che il Primo Ordine abbia già abolito la libera parola su questo pianeta”, sbraitò a sua volta. “Come puoi dare alloggio a questa gente?! A… a quelli che hanno torturato Poe!”. Appena nominò l’amico però spalancò gli occhi e si tappò la bocca con una mano, ben consapevole di aver parlato troppo: tutti sull’isola sapevano che Poe faceva parte della Resistenza e molti, per evitare guai, fingevano che non fosse mai esistito. Suo zio invece lo ricordava bene, per lui era sempre stato il cattivo ragazzo, quello che l’aveva portata sulla strada sbagliata e, il giorno che si seppe che si era unito alla Resistenza, aveva giurato che se se lo fosse ritrovato davanti, lo avrebbe consegnato al Primo Ordine. 
Non avrebbe dovuto nominarlo. 
“Chi?!”, fece il re. Più una minaccia che una domanda. Si avvicinò a lei a larghe falcate, con un atteggiamento che non prometteva nulla di buono. “Non ti permetto di nominare quel poco di buono sotto al mio tetto. MAI!”
Lys fece istintivamente alcuni passi indietro, improvvisamente intimorita. Ma quella rabbia che sentiva dentro non le permetteva di smetterla di vomitare parole. “Lo nomino invece, lui e tutta la Resistenza!”, ribattè, urlando a sua volta. “Mamma e papà credevano in loro, hanno combattuto per loro e per la libertà e tu invece… sarei io la delusione? No, sei tu quello che l’ha delusa, che ha deluso mamma, che sta infangando la sua memor- ”
Si zittì nell’istante esatto in cui vide la mano di sui zio scattare verso il suo volto e chiuse gli occhi: non sarebbe stata la prima volta. E di sicuro non sarebbe stata l’ultima.
Ma il rumore che avvertì non fu lo schiocco dello schiaffo sulla propria guancia, bensì il suono di qualcosa di vetro che andava in frantumi. Ma non vi era nulla di vetro nelle immediate vicinanze. 
Aprì gli occhi confusa, osservando il re con la mano ancora alzata. L’abbassò gradualmente e fece un paio di passi indietro, per poi lanciare un’occhiata al tavolo, distante alcuni metri: un bicchiere su di esso era andato in frantumi e le schegge di vetro e l’acqua che conteneva erano andati spargendosi ovunque per lo spazio circostante. 
Anche Lys guardò in quella direzione, estremamente perplessa per quella che aveva tutta l’aria di essere stata una vera e propria esplosione e sconvolta dalle parole che si erano scambiati. Che fosse stato il sole che filtrava dalla vetrata a far esplodere il bicchiere?
“Manderò una serva a pulire. Mi auguro che stasera ci degnerai della tua presenza al banchetto”, disse il re, estremamente asciutto, sfilandole accanto ed uscendo sbattendo i battenti del grande portale dietro di sé.  


Nda
Innanzitutto mi scuso per il ritardo con la pubblicazione, ieri avevo un esame (sopravvissuta, che sia ringraziata la Forza) e non ho avuto nemmeno il tempo di respirare.
Ennesimo capitolo di transizione, ma il prossimo vi prometto che sarà meglio. Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate e alla prossima! 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII


Schiena dritta, testa alta, passo lento. Era questo che suo zio - che il re - voleva da lei? Una bambola di porcellana pronta a sorridere a comando, a parlare a comando, a dire assolutamente e soltanto quello che gli altri avrebbero voluto sentirsi dire, era questo quello che voleva? 
No, non lo avrebbe avuto. 
Si sentiva furiosa, una rabbia all’interno che non riusciva a scaricare e che le pareva espandersi anche all’esterno, intorno a lei. Dalle occhiate nervose che le serve si erano lanciate mentre l’aiutavano a prepararsi, avrebbe detto che l’avvertivano pure loro. 
Camminò per i corridoi della reggia agghindati a festa con il passo svelto, ben consapevole del proprio ritardo. Probabilmente avevano già iniziato senza di lei. 
Passò davanti ad uno specchio dalla complicata cornice di legno dorato e si fermò un istante ad osservarsi: i suoi occhi mostravano una furia trattenuta a stento e in generale l’espressione del suo viso non era delle più rassicuranti, di certo non era un volto a cui le persone si sarebbero lasciate andare a confidenze; in quello stato non poteva di certo aiutare Poe. Doveva calmarsi. 
Poggiò entrambe le mani al mobile sottostante, anch’esso di legno dorato, per sostenersi e chiuse gli occhi, concentrandosi solo suoi suoni che le arrivavano alle orecchie, in cerca di qualcosa che l’aiutasse: i rumori della festa, il chiacchiericcio delle persone e le note dell’orchestra furono le prime che individuò, riuscì ad isolare delle singole voci, le più conosciute, ma esse non l’aiutarono affatto; capì anche di quale melodia si trattasse, ma essa non fu abbastanza. Si concentrò di più, alla ricerca del rumore delle onde del mare e non ci mise molto a trovarlo e a visualizzarlo nella propria mente: poteva quasi vedere le onde infrangersi violentemente contro la scogliera e la sua torre con un ritmo regolare, avvertì un forte odore di salsedine e respirò a pieni polmoni, più volte, fino a quando non fu certa che la rabbia fosse tornata ad un livello controllabile. 
Aprì gli occhi e tornò a guardarsi nello specchio: sì, ora poteva andare. 
Riprese a camminare sempre a passo deciso, ma questa volta con un po’ più di grazia. 
Una volta arrivata in corrispondenza del portale d’accesso alla sala dei banchetti rallentò, fermandosi poi davanti ad esse nell’attesa che le quattro guardie all’ingresso aprissero i battenti; erano vestite con i tipici abiti del guerriero Horuruok, l’antica tribù di umanoidi che aveva abitato quelle terre prima della colonizzazione. C’era stato un tempo in cui la loro pelle era stata scura come il carbone e sulla loro testa vistosi palchi di corna avevano indicato il ruolo di ognuno nella tribù, ma poi i nativi si erano fusi con i colonizzatori e la pelle dei loro discendenti si era mano a mano schiarita, prendendo sfumature dai toni cioccolato e le corna erano diventate esili protuberanze appena notabili sotto al cuoio capelluto. 
Un panneggio di stoffa grezza, colore della terra, a coprire il basso ventre, il petto nudo e al collo molteplici fili su cui andavano ad intrecciarsi perle, conchiglie e piume dai diversi colori, era questo il loro abbigliamento per le occasioni speciali.
Lys fece un veloce cenno di saluto rivolto a tutti e quattro, per poi entrare con passo autorevole. 
L’etichetta avrebbe richiesto che si dirigesse subito a porre i propri omaggi al re, invece si fermò più volte a scambiare parole e saluti con gli altri invitati: c’era il Capitano Tel Dak`win, capo delle truppe di Iranja, anch’egli con indosso gli abiti sgargianti del guerriero, ma con anche polsiere e gambali d’oro, ad indicazione del proprio alto grado. C’era Aren Saar, personaggio di spicco della Corporazione dei Lavoratori, unica opposizione nel Parlamento al potere smisurato di re e nobiltà; a Lys le idee innovative di quell’uomo piacevano e per questo non perdeva mai occasione di dargli il proprio appoggio, fatto che mandava il re su tutte le furie. 
Ai margini della sala intravvide l’anziano Voth Passik, capo spirituale dell’ormai esigua tribù degli Horuruok. Gli rivolse un cenno di saluto con la mano, prima di dirigersi al proprio posto, al tavolo del sovrano, proprio davanti alla pista da ballo e su di un podio rialzato. 
Dal proprio trono, Re Nestor, in posizione centrale, la osservava con uno sguardo glaciale che non passò inosservato a nessuno. Perfino la musica e le chiacchiere si zittirono all’istante non appena zio e nipote furono faccia a faccia. Il sovrano si alzò, porgendole la mano.
Per l’etichetta si sarebbe dovuta inchinare e baciare l’anello d’oro con il sigillo reale che il re portava ad un dito ma la giovane non lo fece, rimanendo con un’espressione severa e passandogli oltre, per poi sedersi al posto vuoto al suo fianco. 
Il re rimase in piedi ancora qualche istante, con la mano tesa e tutti i propri ospiti ad osservarlo, per poi fingere che nulla fosse successo e tornare a sedersi. Dall’irritazione dell’aver visto la propria autorità venire sminuita in quel modo davanti alle personalità più importanti del proprio regno, poggiò malamente le mani sul tavolo, chiudendole poi a pugno. 
Lys notò ogni suo singolo movimento con celata soddisfazione, permettendosi solo un appena percettibile segno di sorriso. Diede una veloce occhiata alle altre persone presenti al tavolo: il Generale Hux occupava la sedia alla propria sinistra, mentre quel Kylo Ren si trovava di fianco al re. 
“Non mi presenti i tuoi ospiti, zio?”, chiese la giovane, sottolineando nuovamente quel “tuoi”.
Il volto del sovrano si girò appena nella sua direzione, per poi tornare a prestare tutta la propria attenzione a Io Chias, suo fidato consigliere, che nel frattempo gli si era avvicinato. 
Lys scrollò le spalle. “Non importa”, disse, tendendo poi la mano in un gesto amichevole, ma secondo il galateo non adatto ad una principessa, al generale Hux. “Piacere di conoscerla, Generale”. Finse un sorriso garbato, nonostante gli occhi glaciali di quest’ultimo le mettessero non poca soggezione. 
“Il piacere è tutto mio, principessa”, rispose a sua volta. 
La giovane arricciò il naso. “Chiamatemi Lys”, ribattè prontamente, facendo mostra dei propri grandi occhi azzurri, un’espressione alla quale era impossibile dire di no. 
“Voi potete chiamarmi Armitage”, disse a sua volta l’uomo, con un tono di voce affabile, così in contrasto con lo sguardo.
Che avesse fatto amicizia già così in fretta? Meglio così, sarebbe stato più facile reperire le informazioni per Poe. 
Osservò l’uomo fissarla attentamente con una malcelata bramosia nello sguardo glaciale che le fece venire i brividi. Se avesse potuto assecondare la vocina che dentro di lei gridava a gran voce di scappare, in quel momento se la sarebbe data a gambe levate, ma invece di quello si limitò a sorridere e a balbettare qualche scusa sul doversi presentare anche agli altri ospiti. E per altri ospiti intendeva Kylo Ren. 
Lanciò un’occhiata incerta alla figura incappucciata di nero seduta affianco al re, prima di avvicinarglisi alle spalle. Stava parlando, parlare era una parola grossa, con uno dei tanti nobili bavosi di cui il re si circondava e che, come tanti altri, sperava di poter ottenere grandi vantaggi dalla presenza del Primo Ordine su Iranja. Povero illuso. 
L’uomo tutto ingioiellato gli parlava, ma lui rimaneva in silenzio, forse nemmeno lo guardava in faccia, difficile capirlo quando si porta una maschera. Di certo non lo stava ascoltando. 
Aspettò pazientemente che il monologo avesse fine e quando vide l’altro congedarsi stava quasi per aprire bocca, ma Ren fu più veloce. 
“Non mi piace sentire il fiato caldo di un avvoltoio dietro alle spalle”, disse, voltandosi poi verso di lei. 
“Quella è una sua prerogativa, vero?”, ribattè prontamente la giovane con una punta di fastidioso sarcasmo nella voce. “Ha terrorizzato qualcun altro nel mentre con la sua spada laser?”
Lo vide alzarsi e mettersi i fronte a lei, minaccioso, ma nonostante questo Lys non si lasciò intimidire, mantenendo il mento alto e lo sguardo fisso nella fessura scura dell’elmo. 
Che cosa vedeva? Senz’altro doveva apparirle molto diversa da poche ore prima: i capelli, arruffati e sciolti sulle spalle, ora si trovavano chiusi in un severo e alto chignon, le occhiaie erano scomparse sotto al trucco e uno sfumato dai toni scuri le esaltava lo sguardo, ravvivato anche da due brillantini applicati agli angoli. 
E del resto cosa ne pensava? L’aveva visto chinare l’elmo verso il basso e soffermarsi a lungo a studiare il suo corpo. Niente che tutti gli altri ospiti di sesso maschile e non solo non avessero già fatto. Senz’altro lo apprezzava più di quello malconcio del pomeriggio. 
Ciò che indossava non era esageratamente ad effetto, né più sontuoso di quelli indossasti dalle altre donne presenti, ma forse Ren non era abituato simili costumi. Avrebbe dovuto farci l’abitudine se intendeva restare a lungo su Iranja, lì i costumi erano molto liberi e il rapporto stoffa-carne mostrata il più delle volte pendeva vistosamente a favore della seconda. Niente a che vedere con le divise castigate del Primo Ordine. 
L’abito di quella sera era sui toni del grigio, formato da due parti: un corpetto di una stoffa più spessa, che andava al allacciarsi dietro la schiena, completamente nuda, e che terminava come se si trattasse di body, e un secondo strato, questa volta semitrasparente, la cui parte superiore all’altezza della vita andava a dividersi in due lembi incrociati sul petto e che poi sul retro formavano uno strascico, e una gonna, il cui finale era completamente incrostato da cristalli, che sfumavano verso l’alto, lasciando visibili completamente sotto al tessuto trasparente le gambe dal ginocchio in sù. 
Lys sorrise, soddisfatta alla vista di quella reazione. Tese la mano. “Credo di non essermi presentata a dovere prima, nel suo alloggio”, esordì. Un piccolo tentativo di porgere un ramoscello d’ulivo. 
L’elmo si rialzò, tornando ad osservarla in viso. “Io so chi siete e voi sapete chi sono io, non c’è bisogno di questi convenevoli”, ribatte brusco Ren. 
E così come si era voltato, tornò a darle le spalle e a sedersi. 
La giovane rimase ancora per qualche istante con la mano tesa, per poi abbassarla e incrociare le braccia sotto al seno, più che irritata. Sbuffò. 
Si guardò in giro, non potendo fare a meno di notare i calici vuoti del loro tavolo e lo sguardo annoiato del Generale Hux. 
Se Ren era troppo scontroso per darle le informazione che le servivano - e per avere una conversazione civile in generale - allora avrebbe trovato qualcun altro. 
Fece segno al coppiere di avvicinarsi. 
“Non offrite nemmeno una goccia di vino ai vostri ospiti, Vostra Altezza?”, domandò al re, nascondendo dietro ad un sorriso di cortesia tutta la propria ostilità. “Propongo un brindisi”
Che la seconda parte del piano ‘fingiti-una-spia-e-trova-quelle-informazioni-per-Poe’ avesse inizio.


Nda 
Innanzitutto mi sento in dovere di scusarmi per il moltissimo tempo passato dall'ultima volta che ho messo online un capitolo. So che un anno è tanto tanto tempo, ma prometto che cercherò di essere un pochettino più puntuale con le pubblicazioni. 
Secondo: che sia aprano le danze! E non solo in modo figurato... 😇
L'abito (perchè non me ne sono scordata) è questo: abito

PS. Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi sapere cosa ne pensate!

PPS. Il prossimo capitolo lo pubblico il prossimo mese 
Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto

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