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Quando
si arriva a un bivio della propria esistenza, saranno le nostre scelte sulla
direzione da seguire a determinare il futuro. Che sia buono o cattivo, felice o
triste dipende da cosa scegliamo.
****
Io ti amavo davvero Andrè, con tutto il cuore. Credo che
avrei potuto amarti già da molti anni, ma ho scoperto in me questo sentimento
troppo tardi. Se me ne fossi resa conto prima, avremmo potuto vivere dei
momenti meravigliosi, di amore intenso e travolgente.
Ma io non mi sono mai resa conto dell’ amore che tu
nutrivi per me…
Perdonami amore mio se non ti ho riconosciuto.
Non riconoscere l’amore è peggio che tradire.
****
Girodelle
appena seppe la notizia, corse ad informare il capitano Oscar.
André,
il suo attendente, era stato condotto davanti al sovrano, che lo riteneva
responsabile dell’incidente occorso alla Delfina di Francia, caduta da cavallo.
“Il
vostro attendente è stato arrestato. Sta per essere giudicato da Sua Maestà il
Re; nella migliore delle ipotesi, André finirà in prigione, o peggio
giustiziato”.
Oscar
reagì malissimo alla notizia, quasi aggredì il tenente Girodelle mentre
parlava.
“Che
cosa avete detto? André agli arresti?”
“Mi
dispiace capitano, ma è così…”
“Questa
è una cosa davvero assurda! Che cosa c’entra André, non ha fatto nulla!”
Dopo questo sfogo di rabbia, Oscar non perse tempo e corse
verso la sala dove André era stato condotto davanti al Re di Francia.
Non permetterò che ti
uccidano André… non accadrà. Non possono fare una cosa del genere.
Non ti voglio perdere!
Oscar corse a
perdifiato, senza curarsi della sua spalla ferita che perdeva sangue e intanto
un’angoscia terribile la invadeva: era il pensiero orribile di ciò che sarebbe
accaduto se non fosse riuscita a convincere il Re dell’innocenza del suo amico.
André rischiava
davvero di perdere la vita.
Intanto,
davanti al re si stava svolgendo il dramma del ragazzo e sembrava che non ci
fosse alcuna possibilità di appello. Il sovrano era arrabbiatissimo per quanto
era accaduto e sembrava deciso a fare in modo che qualcuno pagasse. Decise che
l’attendente di madamigella Oscar era l’unico responsabile dell’incidente e
quindi, come tale venne giudicato davanti ad una platea di cortigiani timorosi,
che aspettavano solo di vedere scorrere sangue che non fosse il loro. Un servo
poteva essere sacrificato come un capro espiatorio, per palesare la propria
autorità e potenza indiscussa, dimostrando così di essere un sovrano severo e
intransigente con chi sbagliava.
Senza
poter ribattere in alcun modo, André ascoltò angosciato, ma con coraggio, la
terribile sentenza che lo condannava senza alcuna possibilità di appello.
“Col tuo
comportamento hai messo in serio pericolo la vita della principessa Maria
Antonietta, non posso fare altro che comminarti la pena di morte!”
Dopo
aver udito quelle parole terribili e definitive, la prospettiva della morte lo
fece vacillare; per un attimo pensò ad Oscar.
Era
finita.
Gli passavano
davanti agli occhi quei 19 anni passati a coltivare un’amicizia che pensava
sarebbe durata per sempre, un legame che iniziava a diventare altro nel suo
cuore. I suoi sentimenti non avrebbero mai visto la luce, ma sarebbero caduti
nell’oblio, morti con lui.
Inesistenti
perché mai dichiarati.
Questa
era la cosa che più gli faceva orrore.
Gli
pareva un terribile spreco di tempo, come se fosse venuto al mondo del tutto
inutilmente.
Fino a
due giorni prima, non avrebbe mai creduto che sarebbe finita così. Perché?
Cosa
era valsa la sua vita di servo fino a quel momento, costantemente al fianco di
lei che non si curava più di lui?
Cosa
valevano i suoi sentimenti? Nulla.
Non
contava che avesse condiviso quasi tutto con lei, più di qualsiasi altra persona,
e che l’amasse più della sua stessa vita non era abbastanza. Per lei sarebbe
stato un ricordo vago, che non ha lasciato alcun segno di sé nel suo cuore. Gli
sembrava assurdo esserle vissuto accanto fino a quell’istante, per morire a 19
anni senza averle mai detto che l’amava.
Dio,
non era giusto!
Mentre André
indugiava sull’inutilità della sua vita, le porte della sala si spalancarono
all’improvviso; Oscar entrò trafelata e decisa e avanzò al centro
dell’ambiente, con passo sicuro e marziale, tra la piccola folla dei cortigiani
curiosi. Si portò davanti al re e si inginocchiò al suo cospetto, prima di
iniziare a perorare la sua causa: la salvezza del suo amico più caro.
E
mentre Oscar osava sfidare il Re, dopo averlo pregato, supplicato di perdonare
André, arrivando a sacrificare sé stessa per salvare lui, egli rimaneva
stupefatto e sconvolto di fronte al coraggio incosciente che gli stava
dimostrando la sua amica.
“Se
voi, Maestà, volete la morte di André, allora, io ho il dovere di difenderlo; è
il mio attendente e la colpa di ciò che ha fatto ricade su di me. Salirò sul
patibolo al posto suo!”
Quindi,
aveva estratto la spada dal fodero per deporla ai piedi del sovrano in segno di
sottomissione. Tutti i presenti avevano ascoltato increduli il giovane capitano
delle Guardie e molti si chiedevano perché quella strana ragazza volesse
mettere a repentaglio la sua vita soltanto per un servo.
Ma Oscar non si era posta
domande, non aveva esitato un attimo.
Anche
Luigi XV le aveva ascoltate e seppur con una lieve irritazione, adesso era
decisamente combattuto; non voleva dimostrarsi debole, ma avrebbe voluto essere
clemente.
Il
giovane conte di Fersen, che aveva preso a frequentare Versailles da poco
tempo, aveva assistito basito a tutta la scena, ed era rimasto impressionato
dalle parole e dal coraggio dimostrato da Oscar; ne ammirava il forte
temperamento, la lealtà orgogliosa di chi sa di essere nel giusto ed è pronto a
sfidare le regole per questo.
Sentiva
di avere delle affinità con quel giovane ufficiale che appariva a prima vista
stranamente riservato e scostante; in realtà, avrebbe voluto poter avere il
privilegio di una simile amicizia.
Sull’onda
di tanta determinazione e nobiltà d’animo, decise di farsi avanti per cercare
di salvare la vita a quel povero giovane sfortunato. Sperava così di riuscire
ad ammorbidire l’ostilità che il giovane capitano gli aveva sempre dimostrato,
fin dal loro primo incontro a Parigi, la sera fatale che aveva conosciuto Maria
Antonietta.
Il
suo gesto suscitò non poco clamore.
Si
fece avanti e chiese di poter esporre la sua supplica al sovrano.
“Maestà
vi sarei grato se voleste accogliere la mia richiesta. Se André deve morire, io
sono pronto ad essere giustiziato insieme a lui.”
Andrè
che già era rimasto esterrefatto dall’azione di Oscar, restò ancor più sorpreso
dallo slancio del conte. E ancor più, Oscar restò colpita dalle sue parole, ma
in cuor suo le accolse con speranza.
Due
voci erano meglio di una, in un simile frangente.
Era un
gesto nobile quello del conte, e lei lo aveva sempre giudicato male: null’altro
che un signorotto arrogante in cerca di favori e lustro alla corte francese.
Gli era
grata, ma le venne spontaneo chiedersi che cosa il conte dovesse dimostrare: per
lui André non rappresenta nulla, ma per lei era diverso.
Era il
suo migliore amico, o forse, era molto più di questo.
Se ne
rendeva conto solo ora.
Se
fosse morto…
Non
sapeva pensare la sua vita senza di lui.
Non
aveva mai pensato di poterlo perdere e invece, bastava il capriccio di un
sovrano a portarglielo via.
Se il Re mi concederà
questa grazia, giuro che imparerò ad ascoltare ciò che sento davvero.
Mentre
la mente di Oscar vagava inquieta in questi pensieri, la principessa Maria
Antonietta arrivò precipitosamente nella sala e si gettò ai piedi del sovrano,
afferrando un lembo della sua veste. Chiese che André venisse risparmiato,
appellandosi alla magnanimità del sovrano; nessuno doveva salire sul patibolo a
causa del suo capriccio. Finalmente, davanti alle suppliche della principessa,
Luigi XV cedette e concesse il suo perdono.
“D’accordo,
se questo può far felice la principessa Maria Antonietta, nessuno sarà punito. –
Poi il sovrano posò il suo sguardo sull’ attendente. – André, devi essere
orgoglioso di avere un così buon padrone.”
“Certo,
vi ringrazio, Maestà…” rispose il giovane, che non si curava di trattenere le
lacrime di sollievo che scendevano bagnandogli il viso sconvolto. Sollievo che
lo abbandonò subito dopo, quando vide Oscar crollare a terra esanime, mentre un
fiotto abbondante di sangue macchiava la manica della sua divisa candida.
Oscar
fu portata a casa dove il medico poté visitarla e curarle le ferite, ma disse
anche che avendo perduto molto sangue, rischiava di non superare la notte. Fu
in questo frangente che il conte di Fersen, con una gaffe clamorosa,
pretendendo di restare nella camera di lei durante la medicazione, scoprì con
sorpresa la vera identità di Oscar.
Ci
pensò la governante scandalizzata, a cacciarlo in malo modo. Tentò di scusarsi e
si giustificò di fronte ad André, che molto velocemente gli spiegò che Oscar
aveva ricevuto fin dalla nascita un’educazione maschile.
“Sono
davvero impressionato; io non sapevo, non avevo capito che Oscar fosse in
realtà una donna…” disse sentendosi anche un po’ idiota e forse inadeguato; non
si capacitava di come gli fosse sfuggita l’evidenza di una figura delicata e
troppo sottile per appartenere ad un uomo.
Si
interrogava meravigliato su quanto coraggio potesse avere quella fanciulla
allevata come un soldato; quanto ne avesse di fatto più di lui.
Lo
sorpresero ancora di più le parole di André.
“No
conte di Fersen, adesso Oscar è un uomo… e resterà per sempre un uomo se
vivrà!” urlò il ragazzo in preda all’angoscia, prima di scappare verso le
scuderie.
La
situazione era veramente drammatica e sembrava che non ci fossero speranze; il
capitano aveva perduto troppo sangue e si era intervenuti con eccessivo
ritardo.
Il
generale Jarjayes rientrò velocemente da Versailles, per essere vicino a suo figlio che lottava tra la vita e la morte. Il padre era orgoglioso
del coraggio dimostrato da Oscar, ma anche molto preoccupato.
“Il
Signore ti salverà.”
Diceva trattenendo
tra le sue la mano inerte della figlia, mentre gli occhi severi si
riempivano di lacrime.
André
suo malgrado, si sentiva in colpa e si vergognava per aver dubitato della sua
amica che era stata pronta a dare la sua vita per lui.
Insieme
alla nonna, che aveva recitato il santo rosario per gran parte della notte, finché
non era stata vinta dal sonno, il nipote vegliò al capezzale della ragazza fino
all’alba, pregando che lei si svegliasse, mentre il timore di perderla per
sempre lo tormentava senza requie.
Lei era
stata pronta a sacrificarsi per un servo.
Lei,
una nobile, figlia di un generale, destinata ad una brillante carriera.
Il peso
della differenze per lei non aveva mai avuto valore, adesso André lo sapeva con
assoluta certezza.
E
improvvisamente, guardando il suo viso pallido sul cuscino, capì che non era
mai cambiata: lei era la stessa persona di quando giocavano insieme da bambini
e non sarebbe mai stata diversa.
Resterai sempre la
persona meravigliosa, coraggiosa e un po’ incosciente che sei, la ragazza che
io amo.
Sì, Oscar… io ti amo. Se
tu potessi sentirmi, adesso…
Ma ti giuro, non farò
nulla che possa turbare la nostra intesa perfetta.
Saremo sempre buoni amici
e crederò che la nostra amicizia possa durare per sempre e mi basterà questo
per andare avanti. Me lo farò bastare.
Ma ti prego svegliati,
non abbandonarmi, non avrebbe senso per me sopravviverti.
Andrè,
vinto dal sonno, si era addormentato al suo capezzale, piegando la testa contro
il letto.
Era
stata una notte di veglia angosciosa per tutti, poi finalmente, la mattina
seguente Oscar si era svegliata e il primo sorriso che aveva incontrato era
stato quello di André.
“Oscar
sei salva! Hai corso un grosso rischio, ma ora il peggio è passato.”
Il sole
del mattino entrava allegro dai vetri della finestra e illuminava la stanza.
“Lo sai,
stavo sognando di noi due bambini e tu mi chiamavi con voce molto triste…”
“Davvero
Oscar?” chiese, con la voce incrinata di commozione, mentre il dottore insieme
ad altre persone della casa entravano per controllare le condizioni della
paziente.
Sì Oscar, ero io che ti
chiamavo; ti chiedevo di tornare da me e tu sei tornata. Forse lo hai fatto per
me? Potrebbe il mio amore per te, essere tanto forte da strapparti alle braccia
della morte?
Fersen era
tornato presto quella mattina per avere notizie di madamigella Oscar. Saputo
che la ragazza si era ripresa bene, si permise di unirsi a lei nel prendere in
giro il povero André, che era troppo turbato dalla gioia di saperla fuori
pericolo per ribattere alle loro parole di scherno.
“Anche
tu André ti sei preoccupato per me? Tu puoi dire di essere stato davvero
fortunato, hai evitato la morte pur avendo messo a repentaglio la vita della
principessa!”
Sia
Oscar che il conte ridevano allegramente, senza troppo curarsi del turbamento
del giovane attendente, che si sforzava di dominare la profonda emozione che lo
assaliva.
Ma
quando Oscar fu nuovamente sola nella sua stanza, il pensiero correva veloce a
quanto era accaduto e alla preoccupazione che, lei sapeva, aveva occupato
l’animo del suo amico.
La
governante le aveva detto quanto André fosse stato in pena per lei e si
vergognava un po’ di averlo trattato con sufficienza e poco rispetto.
Si pentì di averlo preso in giro proprio davanti al conte di Fersen, quasi un
estraneo per loro.
In realtà,
anche lei aveva avuto paura e non era abituata ad averne, né a mostrare agli
altri le sue debolezze.
Eppure,
nonostante tutto, non sapeva neppure dire quanto Andrè fosse importante per
lei.
Era
così abituata ad averlo al suo fianco, che lo vedeva come fosse un’estensione
di sè che nessuno poteva toglierle. Invece, di colpo aveva scoperto che sarebbe
bastato poco a ferirla in un modo tale, che la ferita che portava sul braccio
in confronto non sarebbe stato nulla.
Fu vero
sollievo, forse più forte di tutte le altre volte in cui era accaduto,
risvegliarsi e trovarlo al suo fianco e sapere poi, che l’ aveva vegliata tutta
la notte.
Per
essere tranquilla le bastava averlo accanto. In fondo, era così che andava da
sempre.
Ma qualcosa
doveva essere cambiato e il suo sentirsi stranamente diversa, lo dimostrava.
Tu sarai sempre con me,
vero Andrè?
Vieni qui e conferma
quanto sto pensando…
André
come se l’avesse sentita, entrò nella sua camera.
La
nonna lo aveva incaricato di portare a Oscar del latte caldo.
La
ragazza lo seguì con lo sguardo, mentre avanzava nella stanza e posava il
vassoio sul mobile vicino al suo letto.
“Come
ti senti Oscar?” le chiese con un sorriso aperto.
“Bene
André, non preoccuparti. Sento che potrei già alzarmi dal letto.”
“Non
avere troppa fretta Oscar. Ricordi cosa ha detto il dottore? Devi stare a
riposo per un po’ o la ferita potrebbe riaprirsi e non guarire bene.”
“Sei
peggio di tua nonna André…” protestò. Era tornata la solita Oscar.
“Sarò
anche peggio, ma ti proibisco di scendere da quel letto. Se hai bisogno di
qualcosa chiedila a me o agli altri domestici.”
Oscar
restò vagamente sorpresa dal tono perentorio del ragazzo, ma sentiva la
necessità di dover affrontare una questione di vitale importanza, senza
ulteriori indugi.
“Se non
hai altro da fare, vorrei che tu restassi qui con me, dobbiamo parlare André.”
“Certo
Oscar, cosa devi dirmi?”
“In
futuro, promettimi di stare più attento; quello che è successo ieri non dovrà
accadere mai più.”
Il tono
di Oscar era fermo e serio, non stava scherzando.
Si
guardarono negli occhi per qualche istante, prima che André le rispondesse.
Si sedette
sul letto accanto a lei voltandole le spalle.
“Non
hai bisogno di dirlo Oscar; non sai quanto mi dispiace aver messo in pericolo
la tua vita per una mia negligenza. Se fossi stato più attento al cavallo della
principessa…”
Oscar
lo fermò subito perché non era quella la piega che voleva far prendere alla
discussione.
“No, no
André, non devi sentirti in colpa per ciò che è accaduto. Forse eri un po’
distratto, ma non è stata solo colpa tua… - sospirò e poi proseguì. – André, cerca
di capire: cosa sarebbe accaduto se il Re non avesse voluto ascoltarmi? Potevi
essere ucciso per uno stupido incidente che poteva essere evitato…”
Oscar
parlava con una leggera agitazione intuibile dal movimento un po’ convulso
delle mani.
“Davvero
io… Io non lo so cosa avrei fatto. Non devi più mettere a rischio la tua vita,
promettimelo.”
André
restò impressionato; non l’aveva mai vista così in ansia, un lato del suo
carattere che raramente manifestava. Ne
fu in un certo qual modo lusingato e felice, ma altrettanto gli fu
dolorosamente chiaro quanto si era sbagliato sul loro rapporto.
Si era
sentito messo da parte, ma nulla era più lontano dalla verità.
Mestamente
chinò il capo prima di risponderle.
“Te lo
prometto, in futuro starò più attento, ma anch’io mi sono preoccupato per te.
Ho temuto davvero per la tua vita, ero disperato.”
“Lo so;
non fai altro che preoccuparti per tutto ciò che mi riguarda. Sei un caro amico
André, davvero, ma sei troppo apprensivo nei miei confronti; dovresti
rilassarti un po’ di più.”
“Come
se fosse facile con te… E poi, questa volta avevo delle valide ragioni.”
Lei prese
a sorseggiare la sua tazza di latte caldo, mentre parlava con ironia cercando
di stemperare la leggera tensione tra loro.
“Come
dice mio padre, io non sono una che muore facilmente… però, quando mi sono
svegliata nel mio letto e ti ho visto, lì accanto a me… credo di essermi
sentita felice, come se tornassi alla vita, per davvero.”
Disse
le ultime parole quasi in un soffio come se avesse timore di farsi sentire,
senza sospettare quanto fossero preziose per il cuore di André, che le accolse
con gioia segreta ma evidente e profondo stupore. Oscar si accorse della sua
ultima reazione e ne fu divertita.
“E tu
non mi guardare così, con quell’aria sorpresa e incredula; pensavi davvero che
mi fossi scordata di te? Allora non mi conosci.”
Lui
incassò il colpo; non ebbe il coraggio di ribattere. Lei proseguì.
“Mi sei
sembrato così triste negli ultimi giorni; non è da te, rivoglio il mio amico
allegro e gioviale, che mi fa sentire bene.”
Era
vero.
Con lui
dimenticava di essere dura e inflessibile; se lo trattava male, in realtà lo
faceva solo per mascherare l’ondata di tenerezza che assaliva il suo cuore.
E lui
in fondo, lo sapeva benissimo che Oscar aveva imparato a soffocare i suoi
sentimenti più intimi. Ora, quegli stessi sentimenti avevano trovato un varco e
lentamente si stavano facendo strada attraverso le pieghe dell’anima, tornando
alla superficie, benché lei tentasse di ignorare quello che le suggeriva il
cuore: un bene profondo versol’unica
persona che potesse ricambiarla col medesimo affetto.
Andrè
aveva ascoltato le sue parole, ma lei nemmeno immaginava cosa rappresentassero
per lui.
Si
chiedeva se fosse davvero lei a parlare, e intanto, cercava di non alimentare
le sue false speranze.
Non
l’aveva mai sentita così vicina come ora; sentiva provenire da lei qualcosa di
diverso.
Avvertiva
come un’ incrinatura nella scorza dura, una breccia nel suo cuore da cui
spirava un soffio di vento più leggero.
Quasi
doveva costringersi a pensare di essere l’amico di sempre, e restare con i
piedi ben ancorati al suolo, perché se si fosse lasciato trasportare dalle sue
fantasie, la caduta dopo sarebbe stata assai dolorosa. La notte prima
dell’incidente della Delfina aveva fatto un sogno che al risveglio lo aveva
lasciato inquieto; adesso riusciva a interpretare quelle immagini oniriche, il
suo schiaffo, le sue parole dure: si era insinuata nei suoi sogni per
rimproverarlo di aver dubitato di lei.
Vorrei chiederti perdono…
Perdonami amore mio se
non ho capito, se non ho compreso il tuo cuore.
Adesso so la verità e la
custodirò gelosamente dentro di me.
Per
togliere entrambi dall’imbarazzo, André cercò di portare la conversazione su
argomenti che fossero meno intimi dei loro sentimenti personali.
“Sai Oscar,
la principessa Maria Antonietta ti ha mandato un biglietto dove ti saluta e
spera di rivederti al più presto a corte.”
“Mi fa
piacere. Sarò sempre grata alla principessa per aver preso le tue difese davanti
al Re. Alla prima occasione dovrò ringraziare anche il conte di Fersen. Sai
Andrè, lo avevo giudicato male; credevo che fosse un giovane arrivista come
tanti che si incontrano a Versailles, invece ieri ha dimostrato di avere dei
nobili sentimenti. In fondo, non era tenuto a fare quello che ha fatto.”
“Già, è
vero. Chissà cosa lo ha spinto davvero a compiere quel gesto. Forse, viste le
vostre precedenti incomprensioni, voleva guadagnarsi la tua fiducia, Oscar… o
forse no, e la ragione è un’altra. Lo sai che con lui ci eri quasi riuscita?”
“A cosa
alludi? Non capisco…”
“Forse
Fersen era l’unico a corte ad aver creduto che tu fossi davvero un uomo; questo
potrebbe spiegare in parte la sua condotta…”
“Quale
condotta?” chiese Oscar lievemente sorpresa.
“Credendoti
un uomo, potrebbe aver tentato di competere con te…”
Nella
voce di André c’era la sua consueta nota ironica che ad Oscar era sempre
piaciuta molto anche se non lo dava a vedere, e a volte fingeva di esserne
infastidita, come quando lui ironizzava sulla sua pretesa di essere un uomo. Si
aspettava una risposta seccata della ragazza, ma questa volta lei lo sorprese
prendendola sul ridere.
“Davvero?
Se fosse così, allora è meno sveglio di quanto pensassi, ma come ha fatto a…”
“Colpa
di mia nonna. Ti ha definito la sua "bambina" davanti a lui.”
A questo
punto i due giovani scoppiarono entrambi a ridere; andarono avanti così per
diverso tempo, assaporando la gioia di stare insieme, di parlare come non
facevano più da tanto, da quando gli impegni di Capitano delle Guardie Reali
non le lasciavano il tempo di fare altro.
E
mentre André parlava, Oscar lo ascoltava con un vago sorriso sulle labbra e
intanto pensava a tutto ciò che lui rappresentava per lei.
E si
rese conto con sorpresa, che per la prima volta la sua mente prendeva una
direzione nuova e ignota, mentre nel suo cuore sentiva crescere una sorta di
tenerezza sconosciuta, destinata a trasformarsi in ben altro. Non avrebbe avuto
la malizia per intuire che un sentimento come l’amicizia tra un uomo e una
donna, spesso è solo il preludio dell’amore.
Si
accorgeva all’improvviso di quanto le fosse mancato il tempo spensierato delle
loro risate, la complicità, lo stare insieme. Era certamente un amico
meraviglioso. Ma non sapeva cosa fosse quella mancanza che avvertiva nel petto
e le dava quasi una sorta di malessere irrazionale e inspiegabile.Lui era la sua gioia più bella e importante, ma non sapeva
dire perché lo fosse.
Era un
pensiero del tutto nuovo per lei.
Sapeva
che non avrebbe dovuto averne di pensieri simili, ma improvvisamente erano
diventati irrefrenabili; avrebbe dovuto soffocarli ma non ci riusciva.
Non era
più sicura di volerlo, perché pensare ai momenti divisi con lui la faceva stare
bene.
Era
sempre stata bene con lui, fin da bambina.
La
felicità era entrata nella sua vita quando lo aveva conosciuto.
I
pensieri turbinavano nella sua testa senza posa e confusamente; erano
contraddittori e difficili da dipanare. Il suo stato d’animo oscillava tra alti
e bassi che la sballottavano come una barchetta tra le onde; troppo spesso e senza
un motivo apparente, alla serenità subentrava quasi una cupa tristezza se
provava a immaginare una possibile, ma remota separazione fra loro.
E si
spaventava fino quasi farla tremare d’impotenza, se per un momento pensava che
una volontà superiore esterna alla sua, potesse liberamente dividerli.
Cosa mi succede? Non mi
sono mai sentita così… mi sento così confusa… ho bisogno di capire…
“Comunque
Oscar, volevo dirti che sei stata davvero molto coraggiosa a saltare da un
cavallo in corsa per salvare la principessa; sono tutti molto orgogliosi di te.
Soprattutto tuo padre”.
“Era
mio dovere André, ma tu non sei stato da meno. Hai affrontato l’ira del sovrano
con molto coraggio; tanti al tuo posto avrebbero tremato di paura”.
“Cosa
potevo fare? Sono solo un servo Oscar…”
Nella
voce di André, adesso c’era un velo di amarezza e Oscar ne restò turbata.
“No, no
André…- si sporse verso di lui e lo prese per un braccio - tu per me non sei e non
sarai mai solo un servo, hai capito? Non dimenticarlo mai. Sei l’amico più caro
che ho…”
Ti voglio bene André… che
sto pensando?
Disse
le ultime parole con gli occhi bassi e con una foga quasi eccessiva, di cui si
sorprese lei per prima. André l’ascoltava commosso; passò qualche
minuto prima che le rispondesse.
“Lo so
Oscar, l’ho capito. Voglio farti una promessa…”
“Cosa
Andrè?”
Andrè
si alzò in piedi e si allontanò dal letto dandole le spalle.
“Ti
prometto che un giorno, se Dio lo vorrà, io darò la mia vita in cambio della
tua, come tu hai fatto per me ieri; è un giuramento solenne Oscar”.
Non
avrebbe potuto dire altro, senza farsi travolgere dall’emozione; Oscar gli fu
grata per essersi voltato, perché anche per lei adesso il nodo in gola diventava
sempre più stretto. Non si era aspettata quelle parole; non riusciva a
coglierne il pieno significato, ma ancor meno si spiegava quell’emozione che il
suo cuore non riusciva più ad arginare.
Sentiva
le lacrime pungerle gli occhi e tentava disperatamente di ricacciarle indietro.
Per
fortuna André uscì dalla stanza senza guardarla né aggiungere altro.
Solo
quando fu sola si lasciò andare, travolta da una crescente commozione,
piangendo silenziosamente, sentendosi inevitabilmente stupida.
Ma cosa dici Andrè?
Cosa stai pensando, che
cosa ti fa parlare così? Cosa provi per me, Andrè?
Sento che le cose fra noi
stanno cambiando. Ma perché adesso? E perché così improvvisamente?
Il mio cuore è in tumulto
a causa tua; sono anni che ti conosco e non mi era mai successo prima.
Cosa ci sta succedendo,
Andrè? Dimmelo, voglio saperlo.
Continua…
27/3/2012 - Ho deciso di apportare modifiche alla storia, che potranno essere parziali o investire interi capitoli, ancora non lo so. Forse qualcosa andrà perso e qualcosa aggiunto, si vedrà.
Nell’impostazione,
questa è una storia un po’ diversa da quelle che scrivo di solito. Ma la
tematica mi interessava e poi volevo sviluppare una teoria personale. Mi sono
sforzata di evitare il mieloso, ma non so quanto ci sia riuscita. Grazie a chi
leggerà e mi dirà che ne pensa.
“Se riuscissi a dire, se riuscissi a
spiegare… è solo pelle che inizia a cambiare…”
“Tu che sei parte di me”
Pacifico e Gianna Nannini
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Capitolo aggiornato 5/04/2012
Il
dottore veniva tutti i giorni per medicare la ferita e cambiare la fasciatura
al braccio di Oscar, ma era stato categorico.
“Se
madamigella vuole guarire completamente, dovrà osservare un periodo di assoluto
riposo e non dovrà per nessun motivo usare il braccio, altrimenti la ferita non
guarirà. Quindi, niente allenamenti con la spada almeno per un mese”.
Inizialmente
con fastidio, Oscar dovette rassegnarsi a quel periodo di forzata inattività,
ma non rimase a letto più di un giorno. Il braccio certo, le faceva un po’ male
e le limitava molto i movimenti, ma questo non le avrebbe impedito di stare
all’aria aperta. Quando non leggeva, occupazione che l’assorbiva sempre
moltissimo, per vincere il tedio delle giornate primaverili, faceva lunghe
passeggiate nel parco della sua dimora.
André
naturalmente l’accompagnava.
Era
bello ammirare la natura che si ridestava lentamente; il verde del fogliame si
era fatto più lucido, le rose stavano iniziando a sbocciare in tutto il loro
splendore e l’aria era satura di profumi che risvegliavano i sensi dal letargo
del lungo inverno.
Tutto
sommato le giornate passavano piacevolmente; ci furono altre diverse ragioni
per cui Oscar arrivò a pensare che in fondo, quella vacanza forzata aveva anche
i suoi vantaggi.
Con
tranquillità ebbe modo di riflettere sugli ultimi accadimenti della sua vita,
sull’ amicizia che la legava ad André. Tornò con la memoria ad ogni dettaglio
prima e dopo l’incidente ed ebbe la netta sensazione di aver sempre
interpretato male, sottovalutandoli, certi atteggiamenti dell’amico.
Ora
cercava di guardarli sotto una luce diversa. Se prima Andrè le era sembrato
stranamente taciturno, ultimamente era tornato ad essere sereno e vivace come
al solito, fatto che le dava un inconsueto piacere.
Ebbe
modo di rivalutare anche Fersen.
Da un
paio di settimane veniva a farle visita spesso. Praticamente quasi ogni giorno.
I loro
rapporti di recente erano decisamente migliorati, e Oscar aveva lasciato andare
molta della sua ostilità iniziale verso lo svedese. In realtà provava verso di
lui una sincera gratitudine.
“Sono
felice di vedere che vi siete ripresa benissimo, madamigella Oscar. Tutti a
corte sentono la vostra mancanza, soprattutto la Delfina; non fa che chiedere
di voi ed è avida di ogni notizia che vi riguarda.”
“Vi ringrazio
Fersen. Ho già provveduto a informare e rassicurare Sua Altezza sul mio stato
di salute; la vostra visita mi permette di dirvi quanto vi sono riconoscente
del vostro gesto davanti al Re. Vi giuro che non lo dimenticherò mai.”
“Non
dovete ringraziarmi, sapete. Comunque sappiate che avete conquistato tutta la
mia stima; sono rimasto enormemente impressionato dal vostro coraggio. Per me
sarebbe un privilegio ed un onore poter godere della vostra amicizia. Siete una
persona fuori dall’ordinario.”
Oscar
capì immediatamente il senso di quelle parole.
“Volete
dire che sono una donna fuori dell’ordinario…”
“Beh,
questo è un fatto innegabile, ma il credervi un uomo ha condizionato il mio
comportamento con voi. Ho sbagliato.” Ammise Fersen.
Oscar emise
un sospiro di pura rassegnazione; il conte in fondo, non era molto diverso
dagli altri uomini con cui aveva a che fare, eccetto Andrè forse.
“Alla
luce dei fatti, possiamo dimenticare le nostre piccole incomprensioni iniziali.
Vista l’assiduità con cui frequentate la corte, immagino mi porterete liete
notizie della principessa.”
“Oh,
sì. Sua Altezza gode di ottima salute e ha nuovamente espresso il desiderio di
andare a cavallo. Evidentemente, la prima esperienza negativa non è servita a
scoraggiarla e Madame Noailles sta facendo di tutto per farle cambiare idea
senza successo, fra l’altro. Sua Altezza è una persona piena di vita e gioiosa;
è un piacere stare in sua compagnia.”
Fersen
aveva parlato con evidente entusiasmo. Troppo secondo Oscar.
“La Delfina
è una persona istintiva; questo purtroppo non sempre è un bene a corte.” Disse,
sforzandosi di mantenere un tono neutro.
“Cosa
intendete esattamente?” chiese incerto; aveva colto un certo allarmismo.
“Voi
siete straniero; forse non sapete quanto possa essere rigida l’etichetta di
corte, ma Maria Antonietta è una donna che si lascia prendere da facili
entusiasmi; chi le è vicino dovrebbe cercare di non alimentarli
pericolosamente."
Oscar
lo fissò decisa mentre il conte restava in silenzio per un momento; sembrava
insicuro, alla ricerca di parole da dire.
“Credo
di capire; posso dirvi che terrò a mente le vostre parole, madamigella Oscar.”
“Non ne
dubito affatto…” disse più per convincere se stessa.
Aveva
l’impressione che dalla sera del ballo a Parigi, fosse iniziato qualcosa
d’ineluttabile, che non si sarebbe spento tanto presto.
Fersen
poco dopo si congedò e Oscar restò sola con André; l’aveva raggiunta nel
salotto dove di solito ricevevano ospiti. Lui conosceva quello sguardo strano
che faceva incupire i suoi occhi celesti.
“Perché
sei preoccupata?” chiese; seguì un sospiro della ragazza.
“Vorrei
che la mia guarigione non fosse così lenta.” Commentò spazientita.
“Credi
che la tua presenza a corte potrebbe impedire quello che sta accadendo tra
Fersen e Maria Antonietta?”
Lei
quasi lo fulminò con lo sguardo.
“Cosa
significa? Allora anche per te sta succedendo qualcosa…” e mentre lo diceva
aveva la sensazione che stesse parlando di sé stessa.
“No,
non fraintendermi. Si capisce che tra il conte e Maria Antonietta c’è un
evidente simpatia, ma non credo che sia allarmante, nonostante le voci che
girano.”
“Voci?
Quali voci? Di cosa parli?” chiese alzando lievemente il tono di voce.
“Ecco,
si dice che Fersen abbia preso a frequentare assiduamente la corte perché
segretamente innamorato della Delfina… e che forse Sua Altezza…”
Non gli
lasciò finire la frase.
“Non
dirlo neanche per scherzo!”
Esclamò
con veemenza, ma non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che qualcosa
stesse cambiando inesorabilmente e definitivamente, e non era sicura che
riguardasse solo la Delfina.
Ci sono
cose che possono cambiare nel volgere di un giorno.
Altre
in poche ore. Non ci si può opporre.
Accade
e basta.
È la
svolta di quando si arriva al bivio.
Oscar era
arrivata al suo.
****
Madame
Jarhayes aveva lasciato gli alloggi di Versailles per essere più vicina alla
figlia in quel particolare momento; Oscar non aveva mai goduto tanto della sua
presenza e saperla lontana dagli intrighi della corte, le faceva solo piacere.
Madre e
figlia potevano stare in compagnia una dell’altra come raramente accadeva. Fu
durante una passeggiata nel roseto che Oscar si ritrovò a parlare con lei di un
argomento delicato che le stava a cuore e che in circostanze normali non avrebbe
mai affrontato con nessuno.
D’
altronde, solo con la madre avrebbe potuto confidarsi.
“Madre
è così raro per noi poter parlare liberamente; stavo pensando che voi potreste
chiarirmi… alcune cose.”
Madame
Jarhayes restò non poco sorpresa dal tono vagamente incerto di Oscar, di solito
molto più diretta.
“Di
cosa vuoi parlarmi, Oscar?” chiese con la solita calma che la distingueva
nettamente dalla figlia inquieta.
“Ecco,
io volevo sapere… voi credete che un sentimento che abbiamo sempre provato per
una persona, possa di colpo senza un motivo apparente trasformarsi in
qualcos’altro?”
Avevano
raggiunto i margini del roseto; madame Jarhayes si era seduta su una panca di
pietra bianca su cui cadevano come una tenda, le fronde di un salice che
cresceva nella tenuta. Oscar era rimasta in piedi di fronte a lei in silenzio;
sembrava nervosa e attendeva una risposta.
“Siediti
Oscar, qui vicino a me.” La invitò con un gesto delicato della mano sulla
panca.
La
figlia ubbidì stranamente docile.
“Si
tratta di qualcosa che riguarda te personalmente, o qualcun altro?” la contessa
era perplessa; Oscar se ne accorse, ma non osò dirle la verità.
“Non
parlavo di me, di nessuno in particolare; solo, recentemente ho avuto modo di
riflettere su alcune cose…” rispose senza essere certa di aver scansato il
dubbio che lesse negli occhi di sua madre.
“Tutto
cambia nella vita; può accadere improvvisamente e non sempre gli uomini possono
prevederlo. Le cose, le persone…”
“Capisco…”
aveva risposto, mentre puntava lo sguardo altrove per sottrarsi agli occhi
dolci, ma indagatori della contessa.
Madame
Jarhayes però non intendeva chiudere lì, il discorso appena iniziato.
“Oscar,
figlia mia…”
“Sì?”
chiese tornando a fissarla.
L’aria
attorno muoveva leggermente le fronde del salice, la luce filtrava tra le
foglie creando uno strano gioco di ombre.
“Tu hai
già 18 anni, sei una giovane bella donna che si affaccia alla vita…”
“Madre,
io…”
“Ascoltami,
Oscar; non ne abbiamo mai parlato, e tuo padre non affronterebbe mai seriamente
l’argomento, però… per caso stai mettendo in discussione la tua scelta di
vivere come un uomo? Sarebbe un dubbio legittimo il tuo; forse ti stai
accorgendo che desideri altre cose?”
La
figlia esitò un momento, spiazzata, in cerca delle parole più giuste da dire.
“Vi
assicuro madre: io sono soddisfatta della vita che conduco e sono orgogliosa di
servire la principessa.”
“Sì
Oscar, non ne dubito, ma… - e la donna aveva afferrato improvvisamente le mani
della figlia, trattenendole tra le sue – forse non ti basta più.”
In quel
gesto Oscar lesse un sentimento di apprensione, che si affrettò a sedare con
parole sincere e un sorriso rassicurante.
“Vi
giuro madre che non c’è niente che io voglia di più che fare al meglio il mio
dovere; ho tutto quello che mi serve e la mia vita mi soddisfa pienamente.”
“Se è
così, io sono felice per te, ma rammenta una cosa importante, Oscar: il cuore
di una donna può avere altri desideri e può essere naturale e necessario
cercare il modo di soddisfarli. Quindi, vivi la tua vita come meglio credi e
non soffocare mai il cuore. Ascoltalo con estrema attenzione. Tuo padre non ti
direbbe mai queste cose, ma io sono tua madre e devo farlo.”
Oscar
si alzò in piedi e rimase di fronte alla donna col sorriso sulle labbra.
“Vi
ringrazio madre. È stato bello parlare con voi; farò tesoro delle vostre
parole, non temete.”
Oscar
si trovava a riflettere spesso sul colloquio avuto quel pomeriggio con la
madre.
Rifletteva
sul cambiamento che si era messo in moto in lei.
Si
chiedeva se davvero desiderasse altro dalla sua vita.
Un
marito, dei figli…
Vivere
come una donna normale.
No,
solo l’idea la inorridiva.
Naturalmente
rifletteva su Andrè; anzi, lui era il tema principale delle sue riflessioni da
quando si erano riavvicinati. Proteggere e scortare la principessa Maria
Antonietta ovunque volesse andare, era una responsabilità che assorbiva molte
delle sue energie. Erano stati i suoi impegni militari a creare una certa
distanza tra loro. Distanza che ultimamente pareva colmarsi quasi con una sorta
di urgenza. Almeno da parte di lei.
Era
indubbio che una schietta amicizia si stava evolvendo in qualcosa di più
profondo.
A
Versailles André la seguiva sempre, ma a corte entrambi dovevano rispettare un
ruolo che non lasciava spazio all’amicizia e se qualcuno come il tenente
Girodelle, notava l’eccessiva familiarità che André si prendeva con Oscar, si
sentiva subito in dovere di ricordare al servo il suo posto nel mondo. [1]
André
non poteva ribattere e mestamente faceva finta di nulla, mentre Oscar non tentava
neppure di mascherare il suo fastidio per quegli atteggiamenti che
coinvolgevano il suo amico.
Ma lì,
a Palazzo Jarjayes, loro erano solo due amici, due complici, compagni di
duelli, di bevute e di solitarie cavalcate al tramonto.
Entrambi
erano consapevoli che in quei momenti non c’erano ruoli da rispettare o
distanze da tenere.
E non
le mantenevano.
Solo la
nonna di André ogni tanto cercava di rammentare al nipote il fatto di essere
solo un servo; a volte si sentiva quasi in dovere di ammonire Oscar, che lo
incoraggiava nel suo atteggiamento eccessivamente libero.
“Voi
sbagliate madamigella a trattare quel buono a nulla di André come un vostro
pari. Servi e padroni non possono essere amici. Non è normale.”
“A me va
bene così, e poi io e Andrè siamo cresciuti insieme; se dobbiamo parlare di
normalità, anche la mia educazione è stata tutto, tranne che normale. Quindi
non voglio più sentire discorsi di questo genere, intesi?”
Così
Oscar zittiva la governante, che usciva dalla stanza borbottando improperi
contro il generale che era stato l’artefice di tutto quel caos.
Un
giorno per caso, erano soli nel parco del palazzo e André stava raccontando
all’amica gli ultimi pettegolezzi sulla contessa Du Barry, dei recenti costosi
regali che le aveva fatto il sovrano, quando Oscar espresse il desiderio di
fare una cavalcata.
Il
ragazzo obbiettò immediatamente che non sarebbe stato saggio per lei sottoporsi
ad un simile sforzo, ma Oscar non si lasciò convincere.
“Non
vorrai farmi passare il resto della settimana nella più assoluta inattività! Se
non faccio qualcosa divento matta, lo sai che non mi piace stare senza far
niente”.
“Sii
ragionevole, non puoi cavalcare col tuo braccio ferito. Rassegnati.”
“È
vero, ma posso salire a cavallo con te. Monterò dietro e andremo giù al fiume,
al solito posto e non ti permetto di dirmi di no!”
Il tono
che aveva usato era stato deciso, ma suadente. Era la prima volta che Oscar gli
proponeva una cosa del genere e la richiesta lo lasciò senza parole: c’era in
essa un’implicita ricerca di intimità.
André
ne restò turbato e confuso, ma segretamente felice e non seppe rifiutare.
“Va
bene, come vuoi tu”. Le disse.
Oscar
non si era resa conto di cosa significasse quella richiesta, finché non montò a
cavallo con lui e avvertì l’inconsueta vicinanza dei loro corpi. La sensazione
la lasciò interdetta per qualche secondo; poteva percepire i muscoli forti
della schiena del ragazzo contro di lei, mentre con le braccia gli cingeva
leggermente la vita. Non era come quando si assalivano con la spada, o quando
facevano a pugni; quellierano attimi
fugaci che sembravano non lasciare altra traccia se non la loro violenza.
Adesso
si accorgeva che quel contatto, così insolito per lei, le piaceva molto.
La vicinanza
fisica del suo amico le dava una sorta di leggera eccitazione, che le fece
desiderare di appoggiare la guancia sulla sua spalla e lei non tardò ad
assecondare quell’impulso strano.
Che
male poteva esserci? Non erano forse amici?
Continuava
a dire a sé stessa.
Le
sensazioni di André erano le medesime.
Quella
situazione gli piaceva; non poteva non pensare al corpo di lei, agile e snello
premuto contro il suo, alle sue mani che lo stringevano dolcemente.
Avrebbe
voluto cavalcare per ore, solo per sentirsela addosso in quel modo.
Sembrava
addirittura arrendevole.
No,
nulla di quello che stava accadendo quel giorno tra loro, era abituale o
consueto.
Soprattutto
non lo era per Oscar, che per indole ed educazione, non si lasciava mai andare
a manifestazioni aperte di affetto o debolezza.
Da
quando la conosceva, era la prima volta che non riusciva a decifrare di lei
quel comportamento anomalo. Aveva quasi paura a chiederle cosa avesse.
O forse
lo capiva, ma temeva di fraintendere i segnali che riceveva.
E se
tutto fosse stato frutto della sua immaginazione? In fondo, si era già
sbagliato una volta.
Osava
quasi pensare che piacesse anche a lei; non trovava un altro modo di spiegare
quello strano abbandono e la sensazione che lei volesse ben altro, una diversa
e nuova intimità fatta di pelle.
Mentre
cavalcavano allontanandosi dalla tenuta, sentiva che si stringeva di più.
Improvvisamente
la sua voce ruppe il filo dei suoi pensieri; il suo tono era tale che si sentì
confuso ancora di più.
“Non ti
dispiace se mi appoggio a te, vero André?”
“Niente
affatto, Oscar.”
Arrivarono
presso la radura vicino al fiume, dove lasciarono il cavallo ad abbeverarsi.
Oscar
scese a terra un po’ a malincuore; le spiaceva interrompere quel contatto.
Si
accorgeva con un lieve sgomento di volere sentire il vigore del suo corpo e
sapeva perfettamente che non avrebbe dovuto avere un simile desiderio, eppure
non poteva ignorare quello che sentiva.
Tutte
quelle nuove e strane pulsioni non facevano altro che generare sempre maggior
confusione in lei; nulla di quello che stava accadendo era legittimo ed era
consapevole che avrebbe dovuto fare di tutto per soffocare quello strano
impulso da cui si sentiva pervasa.
Ma la
verità forse più semplice e immediata era che non voleva farlo; si accese in
lei solo la volontà di ritrovare quelle emozioni, di capire da dove
provenissero.
Erano
solo una pura e semplice reazione del suo corpo che si svegliava agli istinti
più vitali, oppure no?
Lo
guardò dopo essere scesa da cavallo, e cercò nei suoi occhi una risposta ai
suoi dubbi, ma vi trovò solo il medesimo turbamento. Forse a lui stava
succedendo la stessa cosa.
Poi era
andata a sedersi sotto un albero, dove André l’aveva raggiunta qualche secondo
dopo.
Erano
rimasti in silenzio sull’erba.
Avevano
sempre saputo stare vicini senza parlare, ma in quella particolare situazione,
il silenzio stava diventando difficile da gestire per entrambi; esso
contribuiva ad accendere i loro pensieri, che prendevano direzioni un tantino
pericolose.
Era
come se due pietre focaie fossero state fregate insieme, fino a generare delle
scintille che era meglio spegnere prima che divampassero in un fuoco più
grande.
André
pensò prima di lei di porre un freno a quei pensieri bizzarri.
Per
evitare imbarazzi era necessario tornare su terreni più sicuri e conosciuti.
“Era da
tanto che non venivamo quaggiù. L’ultima volta abbiamo fatto a pugni, ti
ricordi Oscar?”
“Sì, è
passato qualche anno. Avevo 14 anni, ero in ansia per il mio futuro e dovevo
decidere cosa fare della mia vita.”
“Non
volevi diventare capitano, ma poi cambiasti idea. Ti sei mai pentita di quella
scelta, Oscar?”
Lei
ebbe un’esitazione prima di rispondere.
Che
strano, pensò; con parole diverse, giorni prima la madre le aveva fatto la
stessa domanda.
“Avevi
detto André, che non ne avremmo più parlato.”
“Scusa
Oscar, se vuoi non ne parliamo.”
“No,
voglio risponderti”.
Oscar
parlò, tenendo gli occhi fissi sull’acqua del fiume, che scorreva placida
davanti a loro.
“In
quel momento mi parve la scelta più facile, anche se non sapevo dove mi avrebbe
portato. In fondo, ero stata educata per quello scopo e non volevo scontrarmi
ancora con mio padre. Poi ho pensato a cosa sarebbe accaduto se avessi deciso
di vivere come una donna normale…”
André
fece tanto d’occhi perché comprese subito dove Oscar sarebbe andata a parare.
Ma tutto andava bene, se si trattava di allentare la strana tensione salita fra
loro.
“A cosa
alludi?” le chiese, forse per incoraggiarla.
“Ti
ricordi cosa è accaduto a tutte le mie sorelle? Avrei condiviso la loro sorte,
mi sarei dovuta sposare… Mi ci vedi sposata, André?”
Il tono
della ragazza era diventato ironico con l’ultima frase.
André
sorrise prima di rispondere.
“L’abito
bianco e la spada su un fianco – ridacchiò. -Sì, avresti scoraggiato qualsiasi pretendente.”
“André
onestamente; quale uomo potrebbe sopportarmi? O io sopportare lui?”
“Io ti
sopporto.”
“Ma tu
sei obbligato; mio padre ti paga per questo.”
“Non è
poi così terribile.” Disse pacato.
Lei lo
osservò per un attimo, poi riprese a seguire la corrente del fiume.
“Il
ruolo che ricopro ora, mi permette di godere di una libertà, che altrimenti non
avrei mai avuto e di questo penso di dover ringraziare mio padre. Ma c’è
un'altra cosa a cui ho pensato solo in seguito, che mi avrebbe fatto soffrire
maggiormente; - Oscar aveva smesso di guardare l’acqua e puntava il suo sguardo
serio su di lui. - Avrei dovuto rinunciare alla nostra amicizia. Ci avrebbero
separato, André.”
Lui
restò impressionato dalla sua franchezza, ma sapeva che aveva ragione.
Era
sempre stato grato alla sorte e quasi contento che lei avesse scelto quella
vita che gli permetteva di starle accanto, anche se in modo anomalo. Era
l’unica maniera per non perderla.
“Sarebbe
stato molto triste anche per me Oscar, credimi.” Ammise.
Anche
lui avrebbe sofferto, non avrebbe saputo dire quanto.
Non
riusciva a credere che fosse proprio lei a parlare così; ma la sua ammissione
implicava anche qualcos’altro, implicava forse un coinvolgimento che sarebbe
potuto andare oltre l’amicizia, ma Andrè si sforzava di relegare certi pensieri
fantasiosi nel profondo del suo essere, cercando di trattenerli e di non farli
uscire.
Passò
un breve momento in cui restarono in silenzio a scrutarsi reciprocamente.
Poi
Oscar parlò di nuovo.
“Andrè…”
“Sì?”
“Come…
cosa avresti fatto, se io fossi morta davvero?”
“Oscar,
ma che dici?! Non pensarlo neanche!!” rispose esterrefatto.
“No,
sul serio; cosa avresti fatto della tua vita?”
Andrè
la guardò fisso senza sapere cosa risponderle; non riusciva a immaginare una
vita qualsiasi senza di lei, gli sarebbe sembrata priva di senso. Non ricordava
neppure una vita prima di lei.
“Non lo
so Oscar. Davvero, io non riesco neppure a pensarci.”
“Senti
Andrè, io non te l’ho mai chiesto, ma tu non hai mai avuto altri sogni, altri
desideri in questa vita? Hai mai pensato di andar via, a cercar fortuna altrove
ad esempio? Lontano da… qui?”
Lontano da me avrebbe voluto dire, ma
non osava formulare una frase simile.
“No, ma
che ti viene in mente? – Domandò divertito. - Non ho mai pensato di andarmene
da qui e non credo che lo farei mai; la mia vita non è poi così male, tutto
sommato. Io mi sento già molto fortunato. Devo solo stare attento a non farmi
tagliare la testa dal Re.”
Andrè
ridacchiava e anche a Oscar venne un po’ da ridere.
E
risero ancora di tutto, dei cortigiani a corte che sgomitavano per ottenere
favori, degli adulatori e delle dame svenevoli che arrossivano davanti al suo
sguardo ammaliante ed enigmatico.
Parlarono
ancora di svariate cose, della loro vita insieme, delle loro speranze.
Solo
più tardi tornarono verso Palazzo Jarjayes.
In loro
c’era la certezza non espressa ancora a parole, che non avrebbero mai
rinunciato uno all’altra.
E se la
vita avesse provato a dividerli, avrebbero sfidato tutte le regole di quel
mondo che non poteva ammettere neppure l’amicizia tra una fanciulla
aristocratica e il suo servo, meno che mai l’amore.
Quell’amore
che aveva già messo radici nei loro cuori.
Continua…
[1]In una puntata dell’anime c’è un colloquio in lingua originale
tra André e Girodelle dove quest’ultimo ricorda ad André di essere solo un
servo. Non ricordo le parole esatte, ma il senso era molto chiaro. L’atteggiamento
del tenente era quello del nobile che si sente superiore, inoltre ho sempre
interpretato le parole di Girodelle come un sintomo della sua gelosia nei
confronti dell’attendente che era sempre vissuto accanto a madamigella.
Con la lenta ma graduale guarigione di Oscar, la vita per
tutti a Palazzo Jarjayes tornò quella di prima, con i suoi ritmi, le sue regole
e le sfuriate della governante al nipote.
Pur non avendo riacquistato del tutto la sua forma ottimale,
Oscar riprese il suo posto a corte, al fianco della Delfina di Francia.
Era stata lontana da Versailles per quasi un mese e
rientrando aveva notato con disappunto che i pettegolezzi di cui la giovane
Maria Antonietta era oggetto non sembravano essersi placati; a parte l’amicizia
chiacchierata con Fersen, c’erano anche i commenti velenosi sul matrimonio dei
principi ereditari, che qualcuno insinuava non fosse stato ancora consumato.
- Deve
far molto freddo in quel letto…
-
Povero principe! La piccola austriaca dev’essere poco affettuosa…
Purtroppo non era più solo un’ insinuazione maligna; era un
problema delicato e reale che poteva compromettere oltre all’unione
matrimoniale degli eredi al trono, anche gli equilibri di due potenti nazioni.
Addirittura l’imperatrice Maria Teresa d’Austria si era scomodata a scrivere
alla figlia per invitarla a essere più dolce e gentile col marito nel talamo
nuziale. La colpa però non era della Delfina, che pure si sentiva non poco
frustrata dalla situazione, ma manteneva il più stretto riserbo sulle
defailanse del reale consorte.
Era un faccenda che iniziava a mettere in crisi anche lei,
ma per ragioni diverse.
Le era difficile immaginare il disagio della principessa;
pur essendo coetanee non avrebbe saputo cosa dire o fare per consigliarla al
meglio, e si sentiva estremamente sollevata che non le fosse richiesto un
parere su quella particolare situazione.
Lei non aveva mai dovuto pensare al problema dell’intimità
con un uomo o compagno che fosse; era una questione troppo lontana, o almeno,
le era sempre sembrata una possibilità remota nella sua esistenza, ma da un po’
di tempo alcune cose nella sua vita avevano preso una piega del tutto nuova.
Oscar si accorgeva di quanto i commenti acidi dei cortigiani
urtassero la sensibilità di Maria Antonietta; la irritava la propria impotenza,
mentre si preoccupava e si dispiaceva di vedere quello sguardo limpido,
offuscato da un velo d’ansia.
Oscar vagando per i corridoi di palazzo era costretta a
cogliere i pettegolezzi dei cortigiani e allora certe volte, lanciava al loro
indirizzo occhiate furiose, che avrebbero incendiato un fienile in pochi
istanti.
Al suo passaggio, impressionati da quegli sguardi, si
zittivano intimiditi; non poteva minacciarli con la spada, ma avrebbe tanto
voluto poterlo fare.
Non sapendo come agire, tentò di ignorare quelle fastidiose
voci di palazzo, con scarsi risultati.
A tutto, si aggiungevano certi pensieri poco casti che si
affacciavano sempre più spesso alla sua mente e Andrè ne era l’oggetto.
Cercava di scacciarli con furia, ma più tentava di porvi un
freno, più quelle immagini insidiose e tentatrici le annebbiavano la testa.
- Non
dovrei pensare a lui in questo modo. È da pazzi!
Si sentiva preda dello sgomento nei momenti più impensati.
Accadeva ad esempio, quando duellava con André: si distraeva
come una dilettante mentre osservava il suo corpo, il torace che si gonfiava
sotto sforzo, gli avambracci robusti e decisamente più forti dei suoi; una
volta era arrivata addirittura ad abbassare la guardia mentre lui l’attaccava.
Mentre ne osservava i movimenti veloci, le era venuto il
desiderio di sentirselo addosso; lui per evitare di colpirla si era
sbilanciato, urtandola pesantemente col busto. Perso l’equilibrio le era caduto
addosso sull’erba, e lo scontro fisico le aveva procurato una sottile
eccitazione.
Lui si era bloccato, allarmato e quasi spaventato dalla sua
imprudenza.
”Oscar! Mi sembri distratta, perché non ti concentri?”
chiese ansimando, mentre il sudore gli imperlava il viso e un ciuffo ribelle di
capelli neri scivolava davanti sulla fronte.
Oscar guardandolo, si accorse all’improvviso e con
imbarazzo, di trovarlo sensuale.
“Scusa André, farò più attenzione.” Rispose in un soffio.
“Smettila di pensare alla principessa, almeno quando ci
alleniamo.”
“Hai ragione. – Si affrettò a rispondere. - Bene, in
guardia…”
E riprendevano il duello come prima.
Andrè capiva che qualcosa non andava, ma non avrebbe mai
scommesso sui primi turbamenti adolescenziali dell’amica.
Anche a corte le accadevano cose strane; negli sguardi di
certe giovani dame le sembrava di cogliere un certo interesse malcelato verso
il suo giovane e attraente scudiero, ma tentava di convincersi che fossero
frutto della sua fantasia malata.
In fondo quale dama avrebbe mai prestato più di un’ occhiata
distratta ad un servo?
In realtà, certe giovani damigelle erano molto più maliziose
di quanto lei credesse.
Anche lei si soffermava a scrutarlo di nascosto; gli occhi,
di un verde ombroso e affascinante, contrastavano col sorriso luminoso e
sincero, mentre si lasciava contagiare dalla risata allegra e spontanea.
Non erano altro che i primi forti sussulti del cuore e del
corpo di un’ adolescente inquieta.
Oscar aveva il forte timore di potersi tradire in pubblico,
con gran danno per il suo ruolo, e cercava di ricomporsi dietro la solita
maschera seria e severa.
Rimase interdetta quando proprio la principessa parve notare
qualcosa dei suoi turbamenti.
Fu durante un’udienza privata, dove colse l’occasione di
ringraziarla per il suo intervento in favore del suo attendente.
“Se Sua Maestà il Re ha potuto perdonare André, Altezza, è
anche per merito vostro. Sono state le vostre parole a convincerlo. Vi sarò
sempre riconoscente…”
“Madamigella Oscar, non dovete ringraziarmi. Sarebbe stato
molto triste che qualcuno finisse sul patibolo a causa mia, non vorrei mai
rendermi responsabile di una cosa del genere. Soprattutto, non vorrei mai darvi
un dispiacere, Oscar. Ho capito quanto siete legata al vostro amico; perderlo
vi avrebbe sicuramente dato un grosso dolore. Tenete molto a lui, non è così?”
“Sì, ecco… - esitò - è più di un fratello per me.”
- Più
di un fratello?
“Certo, capisco Oscar. In effetti, voi non parlate mai con
le dame, ma neppure con i gentiluomini. Non vi ho mai vista con altri giovani,
se non con lui. Evidentemente André è l’unico con cui vi sentite a vostro agio,
per un qualche motivo che ignoro…”
“È che ci conosciamo fin dall’infanzia; credo sia per questo…”
disse, avvertendo una nota stonata nelle sue stesse parole.
Oscar faticava a nascondere un inconsueto imbarazzo per
quella conversazione e Maria Antonietta lo notò.
La Delfina sorrise con garbo dietro il ventaglio e con
tatto, chiuse l’argomento.
“Siete fortunata Oscar; l’amicizia è un dono raro e
prezioso. – Commentò serafica, poi con assoluta naturalezza spostò il suo
interesse su altro. - Ah, sapete che a cavallo sto facendo rapidi progressi?
Sono diventata un’amazzone quasi perfetta! Uno di questi pomeriggi dovete
accompagnarmi; sarebbe bello cavalcare in vostra compagnia.”
“È uno dei miei doveri, Altezza; sarà un vero piacere per
me, potervi accompagnare.”
E così avvenne qualche giorno più avanti; un pomeriggio,
Oscar e André si unirono al seguito della Delfina, durante una cavalcata.
Maria Antonietta era accompagnata da alcune dame e
altrettanti giovani gentiluomini attraverso il parco, lungo il percorso tra
fontane, chioschi e boschetti all’inglese.
Era una splendida giornata con un cielo limpido e terso, i
raggi del sole erano tiepidi e giocavano a rincorrersi tra il folto fogliame
degli alberi.
Oscar, nella sua divisa bianca, cavalcava quasi di fianco
alla principessa, leggermente più indietro, mentre Andrè era nelle retrovie.
Da quella posizione, Oscar coglieva vagamente e senza troppa
attenzione i leggeri schiamazzi e i risolini soffocati delle dame al seguito,
finché dopo un lasso di tempo non precisato, la principessa le fece cenno di
accostarsi maggiormente al suo cavallo. Fu allora che la Delfina le bisbigliò
alcune curiosità maliziose all’orecchio.
“Madamigella Oscar, avete notato la giovane figlia della
contessa De Fontegnac? Ha fatto di recente il suo debutto in società… - Maria
Antonietta fece una pausa, quasi a voler creare un’aspettativa. Oscar era
rimasta in silenzio, limitandosi ad un cenno affermativo del capo, ma
continuava a prestare la massima attenzione alla Delfina. – Voi non ci
crederete Oscar, ma pare che la fanciulla spasimi di segreto amore per il
vostro attendente. E non è l’unica, sapete? Pare che anche la moglie del
marchese De Lille ne sia innamorata. Sembra che il vostro André abbia infranto
già diversi cuori femminili.”
Oscar era rimasta basita, mentre la principessa si era
sciolta in una risata argentina.
“Non dovreste essere così sorpresa, Oscar. Bisogna ammettere
che è un bel giovane anche se è un semplice attendente; immagino abbia già la
fidanzata.”
“Veramente io non saprei, Altezza…”
Si era girata alle sue spalle per osservare le giovani
nobili al seguito, e allora le era sembrato evidente quello che Maria
Antonietta si era premurata di farle notare.
Un’ ondata di malessere l’assalì: sentì lo stomaco contrarsi
in una morsa, e si sorprese di sé e della sua strana reazione; si sentiva
irritata, irrequieta, quasi le avessero fatto un dispetto.
“Se posso permettermi, Vostra Altezza non dovrebbe prestare
attenzione a certi volgari pettegolezzi.”
“Oh, state tranquilla Oscar. Non è mia intenzione farlo.”
Per il resto della cavalcata, di soppiatto, aveva lanciato
strali alle dame, e puntato André come un falco, per controllare se l’amico
ricambiasse con identica ammirazione gli sguardi delle giovani dame.
- L’amicizia
è un dono raro e prezioso.
Già…
Prezioso.
Amicizia.
Non trovava più un senso in quella parola applicata al loro
strano rapporto: era certa che ormai quella definizione non bastasse più a
qualificarlo.
Sgomento e incertezza l’attraversavano quando rifletteva
sulla vera natura di ciò che la univa ad André: oramai, sentimenti ed emozioni
rivelavano sfaccettature diverse che la sorprendevano e forse, la spaventavano.
La principessa aveva ragione su molte cose: André era un
grande amico per lei, in realtà, il solo con cui avesse costruito un legame
simile.
Solo con lui si sentiva davvero bene.
Ma qual’era il motivo reale di quello star bene?
Era la confidenza, la fiducia e la stima reciproca?
La complicità facile e innata che avevano sempre avuto?
Anche sì.
Ma le era chiaro che doveva andare oltre.
Ed era proprio quell’oltre a renderla inquieta.
Dal momento dell’incidente, Oscar aveva percepito una sorta
di rottura nel suo essere; aveva perso il suo equilibrio emotivo che adesso
faticava a ritrovare.
In realtà, un’ unica parola molto semplice, avrebbe potuto
risolvere la confusione del suo animo.
Una parola che Oscar non riusciva ad applicare a sé stessa.
Non ancora, almeno.
Per André invece, era più facile chiamare tutto questo,
amore.
Era bastata quella notte spaventosa passata accanto al suo
letto a pregare, dominato dalla paura di perderla, a rendere tutto molto chiaro
e comprensibile.
Lui la seguiva, come e più di prima, ma adesso era più
tranquillo, decisamente più tranquillo di lei; aveva ormai maturato la certezza
che avrebbe sempre avuto un posto esclusivo nel cuore di Oscar.
A Versailles erano quasi sempre attenti a rispettare le
convenienze, soprattutto davanti a persone come il tenente Girodelle.
Ma appena erano soli, si permettevano di assumere la solita
familiarità.
Oscar confidava ad Andrè le sue preoccupazioni circa le
chiacchiere spiacevoli sul matrimonio dei principi, e poi c’era il
comportamento eccessivamente amichevole che la principessa aveva assunto da
qualche tempo verso il conte di Fersen; per una donna nella posizione di
quest’ultima, consorte dell’erede al trono, un simile atteggiamento a
Versailles poteva risultare molto pericoloso.
“In certi casi c’è l’esilio o il convento; spero che una
cosa simile non le accada mai.”
André per tranquillizzarla, cercava di minimizzare.
“Stai esagerando come al solito, Oscar. Comunque, Fersen mi
sembra una persona corretta, non farà nulla che possa mettere in cattiva luce
la principessa, vedrai.”
Parlava a voce bassa per non farsi sentire dai cortigiani
che incrociavano camminando lungo uno dei sentieri del vasto parco della
reggia.
“Non è lui che mi preoccupa, André: il conte è un gentiluomo
e lo ha dimostrato ampiamente. È quello che la gente può pensare di una simile
simpatia tra la Delfina di Francia e un nobile svedese.”
“Le chiacchiere di palazzo, quando prive di fondamento,
nascono e muoiono in fretta, lo sai. Finirà tutto prima di quanto pensi.”
Fu il suo commento tranquillo.
“Se almeno Maria Antonietta restasse incinta… la gente
smetterebbe di preoccuparsi del conte di Fersen.”
“Questo non potrà accadere finché il principe non farà il
suo dovere.”
Alla sua affermazione Oscar restò davvero basita.
“Tu come fai a sapere se non l’ha già fatto? Che ne sai?”
“Ecco… ho le mie fonti Oscar.” disse enigmatico.
“Fonti? Vuoi spiegarmi per favore?” chiese, in tono
decisamente incredulo.
Però Andrè non sapeva esattamente come affrontare
quell’argomento. Era qualcosa di troppo intimo anche per loro; dovette tirar
fuori tutto il tatto che possedeva, omettendo certi particolari su commenti più
piccanti.
“Emh… uno dei camerieri del principe ha raccontato a uno
stalliere che il Delfino passa da solo le sue notti, e spesso si rifugia nella
bottega del fabbro fino al mattino. Qualcuno azzarda che l’erede al trono
potrebbe avere qualche problema di carattere… fisiologico.”
“Sono tutte ipotesi, ma c’è chi ne trarrebbe dei vantaggi.
Comunque è già stata chiesta la valutazione del medico di corte.”
“Pare di sì. Mi hanno raccontato altri dettagli, ma…”
“Ma Andrè, ti metti ad ascoltare queste cose? Da quando sei
diventato pettegolo?” chiese divertita e fintamente scandalizzata.
“Sono sulla bocca di tutti, non puoi non sentirle. E io non
sono pettegolo, le dico a te per la prima volta.”
Oscar sospirò.
“Sai Andrè, che in certi paesi, una moglie che non mette al
mondo dei figli può essere ripudiata? Essere donne è più complicato di quanto
immaginassi.”
“È davvero strano che tu faccia un commento del genere.”
Andrè sorrise con la consueta ironia che Oscar colse
bonariamente.
Furono interrotti dall’arrivo di Girodelle che li incrociò
lungo il sentiero. Oscar gli rivolse il saluto.
“Tenente, tutto a posto?”
“Sì capitano. Avete bisogno di me per altri servigi? Potrei
accompagnarvi durante l’ispezione.”
“No, potete andare. La presenza di Andrè è sufficiente.”
Il tenente lanciò un’occhiata torva all’attendente prima di
obbiettare.
“Con me sarebbe più sicuro.”
“Vi ho già detto che non occorre.”
Girodelle batté sui tacchi; si incamminò lungo il sentiero
che serpeggiava tra le siepi, non prima di aver lanciato un’altra occhiata
truce al giovane.
L’attendente lo osservò allontanarsi, poi apostrofò Oscar
che si era già scordata del suo secondo ufficiale.
“Sai, a volte mi chiedo cosa possa pensare Girodelle della
nostra amicizia. Quando c’è lui, devo sempre stare attento a come mi rivolgo a
te. Secondo me, lo infastidisce il semplice fatto che mi permetto di darti del
tu. Non sarà geloso, per caso?”
Oscar si mise a ridere di gusto al sarcasmo dell’amico.
“Non ti preoccupare di quello che può pensare un uomo come
Girodelle. Io non me ne curo affatto, e poi lui non vale un tuo capello”.
“Hai così poca stima di lui? Eppure mi sembra un buon
ufficiale.”
“È un buon ufficiale, ma a parte questo, è pieno di quei
pregiudizi che appartengono alla nobiltà, come l’idea stupida di considerare i
membri della servitù, persone inferiori.” [1]
“È normale. Tra i nobili, sono molti coloro che ragionano
come Victor De Girodelle”.
“Sì, lo so André. Ma tu sai che non apprezzo certi personaggi
che appartengono all’aristocrazia, né il loro modo di pensare: neppure si
rendono conto che il loro atteggiamento danneggia la stessa nobiltà. Io e te
siamo uguali, André. Al diavolo il maledetto rango sociale.”
André sorrise nascondendo un moto d’orgoglio; sarebbe stato
meraviglioso se fosse stato davvero così.
Ma la verità era un'altra purtroppo, e lui lo sapeva
esattamente come lei.
Lui non era altro che un servo, innamorato senza speranza
della sua padrona, con l’assoluta consapevolezza che si sarebbe reso ridicolo
con la più semplice delle dichiarazioni d’amore.
Eppure amava quando la giovane prendeva le sue difese in
questo modo.
“A volte mi chiedo dove tu abbia preso simili idee
rivoluzionarie, Oscar.” diceva ironico.
“Non c’è niente di strano in quello che ho detto, Andrè. È
solo la pura verità: siamo tutti uguali.”
“Certo. Considerazioni di un animo fondamentalmente buono e
idealista, le tue…” ma André sapeva che lei non diceva mai cose in cui non
credeva fermamente.
Intanto Oscar continuava la sua invettiva.
“Prima o poi, con Girodelle perderò davvero la pazienza e
allora lo metterò a posto definitivamente.”
“Non fare polemiche per me. Lascia che dica quello che
vuole, non mi importa poi molto.”
“D’accordo André, ma sei il mio attendente e il nostro
rapporto riguarda solo noi, non il tenente Girodelle, o altri come lui.”
Il tono di Oscar si era fatto piuttosto deciso.
“Agli ordini capitano! Ma smettiamola di parlare di
Girodelle e andiamo a casa. Sono stanco e affamato; per oggi ne ho abbastanza
di Versailles e della sua corte.”
Avevano raggiunto i cavalli.
André montò in sella e partì al galoppo verso Palazzo
Jarjayes.
Oscar lo seguì altrettanto velocemente; anche lei non vedeva
l’ora di abbandonare Versailles per quel giorno.
****
La sera dopo cena erano andati a battersi in prossimità
della fontana che sorgeva davanti all’ingresso principale del palazzo.
Dal giardino si potevano vedere alcune finestre della casa
illuminate.
Il cielo volgeva all’imbrunire e la serata era piacevolmente
fresca. Oscar aveva ripreso i suoi costanti allenamenti con la spada e il
braccio ormai, non le dava più tanto fastidio.
Ma aveva perso un po’ in velocità e scioltezza, per questo
Andrè qualche volta riusciva a disarmarla.
Alla fine dell’ennesimo duello, la spada di Oscar era volata
in aria, ed era finita poco distante tra l’erba.
Lei sbuffò e non nascose per questo una velata irritazione.
“Accidenti! Stai diventando davvero bravo André. Spesso
riesci a mettermi in difficoltà.”
Il respiro di entrambi era affannato.
“Già, ma riesco a batterti solo perché non sei in forma. Di
solito sei avvantaggiata perché non hai peso, così sei troppo veloce perché io
riesca a prevedere le tue mosse. È un caso se ti ho battuto. Devo ammettere che
certe volte mi fai rabbia: di solito vinci sempre tu.”
“Non te la prendere, sono solo più allenata di te. Ho
imparato ad usare la spada ancora prima di camminare, e con mio padre non
potevo permettermi di sbagliare.”
“Già, mi ricordo. Beh, con me ti puoi rilassare; se qualche
volta perdi, io non mi offendo.”
Oscar aveva riso.
I loro sguardi avevano indugiato a lungo, rincorrendosi tra
i pensieri di entrambi, poi Oscar si era seduta sul bordo della fontana ad
osservare il cielo diventare scuro, con l’aria assorta di chi ha i pensieri
altrove.
Presto si sarebbero accese le stelle.
“Si sta facendo buio, non dovremmo andare a dormire?
Domattina dovremo alzarci presto.”
Oscar non rispose, ma fissò André con una strana espressione
negli occhi, che egli non seppe decifrare.
Lo osservava intensamente, col volto ancora acceso per la
foga dello scontro di poco prima, e lui non immaginava la piega che stavano
prendendo i suoi pensieri, fissi sul corpo di André, al contatto che aveva
avuto con lui alcuni giorni addietro.
Erano settimane che desiderava ritrovare quello strano
brivido del corpo che l’aveva attraversata; l’aveva cercato in carezze appena
accennate e contatti vaghi o casuali che l’avevano esasperata.
Non erano più stati tanto vicini, e quella sera Oscar sentiva
la voglia assurda di stingersi a lui, come quel giorno. Era qualcosa di
impellente che quasi le bloccava il respiro e generava ansia fatta di vuoto
allo stomaco. Doveva toccarlo.
E trovò il modo di manifestargli le sue intenzioni.
“Non ho sonno Andrè.”
“Vuoi batterti ancora per caso? Mi dispiace, ho esaurito
tutte le mie forze.”
“Non voglio battermi. In realtà… voglio fare una cavalcata
con te.”
“Ma Oscar…”
“Vai a prendere il tuo cavallo, io ti aspetto qui.”
André ubbidì senza discutere, quasi senza capire quella
stranezza; davanti a quello sguardo non seppe ribattere né opporsi.
Si avviò verso le scuderie e sellò il proprio cavallo, montò
in sella e si diresse verso la fontana dove Oscar era rimasta ad attenderlo.
Quando la raggiunse, lei si aggrappò al suo braccio e senza
sforzo, saltò dietro di lui.
Non emise un soffio, ma la sentì aderire al suo corpo senza
la benché minima esitazione.
Era vicina, troppo vicina per non suscitare in André un
turbamento profondo.
Si allontanarono senza fretta e si diressero verso la radura
sulla riva del fiume. André poteva sentire le curve della ragazza; le piccole
rotondità dei seni premevano leggermente contro la schiena. Trattenne il fiato
quando lei lo abbracciò portando le mani sul suo petto. A quel punto, fu
naturale portare la sua mano su quelle di lei e stringerle con dolcezza.
Oscar emise un sospiro quasi impercettibile, ma non cercò di
sottrarsi a quella carezza appena accennata.
Intanto, mille perché annebbiavano la mente del giovane.
I segnali che riceveva gli parevano inequivocabili o lo
sarebbero stati se lei fosse stata una ragazza come tutte le altre, ma lei non
era mai stata come le altre.
Non
sarai mai come nessuna io potrei incontrare.
Sto
diventando altro nel tuo cuore?
Dio volesse
ti stessi innamorando di me.
Forse
stasera scoprirò se sono un illuso
La mano di André era calda e gentile sulle sue.
Oscar poteva sentire il battito del cuore del ragazzo
accelerare leggermente. In quel momento, le fu chiaro che quella sera sarebbe
accaduto qualcosa che aveva sempre giudicato impensabile tra loro, eppure non
riuscì ad avvertire alcun tipo d’ inquietudine.
Si sentiva in pace e serena.
La pervadeva una strana felicità mai provata prima.
Era bello sentirlo così vicino a sé e quell’abbraccio era un
desiderio che veniva appagato, finalmente.
Sentì l’eccitazione del suo corpo di ragazza, nel contatto
dei muscoli delle loro gambe. Sentiva il suo profumo che scopriva così diverso.
Pensieri nuovi l’assalivano, pensieri che non aveva mai
avuto su di lui, che mai avrebbe pensato di avere, ma che da giorni la
tormentavano.
Voleva diventassero concreti.
Come sarebbe stato averlo addosso?
Cosa avrebbe provato baciandolo?
Era quello l’amore di cui sentiva tanto parlare?
Io so
così poco dell’amore.
Non so
nulla, in realtà.
Possibile
che sia questo strano languore che avverto quando ti sono vicino?
Ma se
non fosse così? Se io mi stessi ingannando?
Dimostrami
che non si tratta di una mia stupida illusione.
André arrestò il cavallo in prossimità della radura, ma non
accennò a voler scendere. Restò immobile, in attesa di un gesto di lei, che però non
venne; Oscar rimaneva stretta a lui
come fosse incapace di muoversi.
Passarono lunghi minuti; il silenzio era rotto solo dal
canto dei grilli.
Quando André parlò, c’era un’eco d’ansia vibrante nella sua
voce.
“Cosa ti succede Oscar?”
Bruscamente lei ritornò alla realtà.
Per un momento ebbe paura e istintivamente tentò di allentare
la stretta sul torace del ragazzo. Il suo cuore accelerò repentinamente, quando
sentì André trattenerla con dolce fermezza.
“Ti prego, aspetta Oscar; dimmi la verità. Io conosco il tuo
cuore e da qualche giorno avverto che sei diversa, oserei dire… più dolce. Non
ti sei mai comportata così con me. Io mi sono fatto un’idea precisa, ma non
vorrei illudermi. Ma il tuo comportamento mi confonde enormemente. Ti prego,
non aver paura e parla con me.”
Oscar avrebbe voluto apparire sicura, ma la voce tradì la
sua commozione.
“D’accordo André. Ti prego, sediamoci e parliamone.”
Scesero da cavallo e si sedettero vicini sull’erba. La luce
di luna e stelle illuminava leggermente l’oscurità.
Oscar fu grata al buio che la proteggeva.
“Devo farti una domanda personale André, vorrei che mi
rispondessisinceramente.”
“Dimmi Oscar, cosa vuoi chiedermi?”
“Io vorrei sapere se… sei mai stato… sei mai stato
innamorato?”
Era impreparato ad una domanda così diretta. Prima di
risponderle, parve valutarla.
“Sì, Oscar.”
Lei ebbe un moto di leggera sorpresa.
“Come ti sentivi?”
“Dovresti chiedermi come mi sento.”
Oscar esitò.
“Adesso, sei innamorato?”
“Sì Oscar, profondamente innamorato.”
Di
chi?
Per un attimo, ebbe timore di scoprire la verità.
Ma il suo bisogno di sapere fu più forte.
“Sei ricambiato?”
André la guardò per un lungo istante, senza sapere come
risponderle.
Alla fine si decise e solo allora, si avvicinò scuotendo la
testa in segno d’ incertezza e le sollevò il viso.
“Non lo so Oscar, dimmelo tu. Io ti voglio bene, da tanto
tempo. – Lesse stupore nel suo sguardo azzurro. - Ti amo. Sono innamorato di
te. Ecco, adesso lo sai. Forse non te lo avrei mai detto se non ti avessi
sentita così vicina da un po’ di tempo a questa parte.”
Andrè aveva smesso di parlare e la guardava con un misto di
ansia e sgomento nello sguardo; sperava che la sua confessione non fosse stata
eccessivamente azzardata e ora aspettava che lei gli dicesse qualcosa.
Ma Oscar aveva la gola troppo serrata dalla commozione e non
trovava forza né parole per rispondergli.
“Oh André…”
“Ti prego Oscar, dimmi qualcosa, qualunque cosa, ma non
lasciarmi qui, così. Se mi sono ingannato ti prego, dimmelo… e dimentica ciò
che ti ho detto.”
“Oh André, no hai ragione. Io sento qualcosa di molto profondo
per te… qualcosa di speciale.” sussurrò.
“Davvero Oscar?”
“Sì. Me ne sono resa conto nel momento in cui ho rischiato
di perderti. Ultimamente mi sono sentita molto confusa riguardo a noi due,
credevo che fossimo solo buoni amici… - parlò abbassando lo sguardo, un attimo
prima di tornare a guardarlo - poi ho capito che non si trattava di pura e
semplice amicizia e io non sapevo dare un nome a ciò che sentivo.”
“Oscar, mi stai dicendo che tu…”
Lei alzò una mano per fermarlo.
“Ti prego lasciami finire, per me è già difficile parlarti
così…”
Si fece coraggio e proseguì.
“Io so così poco dell’amore, anzi, non so proprio nulla, ma
so che mi sento felice quando siamo insieme. Non vorrei mai avere nessun altro
al mio fianco che non fossi tu, perché anch’io ti voglio bene e senza di te non
so immaginare la mia vita. Vedi, io… io non so se sia amore, questo… io mi
sento così strana… Dimmi André, è così anche per te?”
A quelle parole, il cuore di Andrè si allargò in uno slancio
di tenerezza che pareva voler traboccare e travolgerla.
Non si era sbagliato, Oscar lo amava e glielo stava
confessando in maniera singolare, come solo lei avrebbe potuto fare.
Sentì forte il bisogno di abbracciarla e l’attirò a sè.
Lei si lasciò circondare dalle sue braccia e lo strinse a
sua volta, posando il capo sul suo petto.
Restarono così per un po’ senza parlare, entrambi
sopraffatti dalla gioia.
Poi lui le rispose, mentre continuava a tenerla stretta, e
intanto le loro guance finivano per sfiorarsi.
“Sì Oscar, per me è la stessa cosa; mi sento felice quando
siamo insieme, quando mi concedi un tuo sorriso, quando gioisci per qualcosa e
mi rendi partecipe della tua gioia. Ma io sono meno confuso di te e capisco che
tutto questo è solamente amore, puro e semplice.”
Le sollevò il viso.
Quando Andrè la baciò, Oscar rispose con tenerezza e un po’
di timore all’inizio; poi la sensazione divenne così dolce e avvolgente, che fu
semplice lasciarsi andare.
Il suo primo bacio; era troppa l’emozione.
Non immaginava che fosse così bello baciare chi si ama; le
labbra accarezzavano le sue, erano morbide, calde e le davano una strana
sensazione di calore.
Una mano si era tuffata tra i suoi capelli e la tratteneva
per la nuca, mentre l’altra la stringeva per la vita.
Oscar si era avvinghiata a lui quando il bacio si era fatto
più profondo e intenso; aveva sentito la sua lingua cercarla, esplorare
teneramente la sua bocca e piano, era stato istintivo aprirsi e giocare nello
stesso modo.
Non avrebbe più voluto fermarsi, mentre l’erba umida della
notte accoglieva i loro corpi febbricitanti e un po’ convulsi, per le carezze
che scivolavano sopra i vestiti.
Accoglieva le sue parole colme di affetto senza parlare.
Poi un bacio e un altro ancora.
Ogni tanto rideva di gioia e lui ne restava inebriato,
stupito e altrettanto felice.
E lui le accarezzava il viso, le spalle, la curva dei
fianchi, mentre si perdeva nei suoi occhi lucenti.
Persero la cognizione del tempo; a malincuore dovettero
tornare verso Palazzo Jarjayes che li accolse al buio.
Portarono il cavallo alle scuderie e mentre André toglieva i
finimenti all’animale, Oscar chiuse il portone e si gettò nuovamente tra le sue
braccia.
Pochi attimi e si ritrovarono sulla paglia e questa volta le
mani si insinuarono sotto i vestiti a cercare la pelle sconosciuta, mentre ad
ogni carezza sempre un po’ più audace il desiderio li accendeva. Quando André
capì che la situazione poteva sfuggire di mano a entrambi, fece un notevole
sforzo di volontà per dominare se stesso e non ferire lei.
“Oscar… Oscar, non dobbiamo.” sospirava, ma lei continuava a
baciarlo quasi fosse incapace di fermarsi, finché non pronunciò il suo nome in
un sussurro.
“Oh, André ti prego; possiamo restare qui, ancora un po’?
Non voglio andare a dormire proprio ora.”
Le parlò con dolcezza.
“Oscar, amore mio, lo vorrei anch’io e non sai quanto, ma è
meglio di no. Dobbiamo essere prudenti e rallentare un po’; ti sento così
ardente e viva da togliermi la ragione.”
“Oh, André, lo so… ma come sei razionale!”
“È meglio stare attenti; è per il tuo bene.”
“Sai, non mi sono mai sentita come ora; non sono abituata,
ma è tutto così bello André. È bellissimo quello che sta succedendo tra noi.”
“Mi sembra ancora un sogno. Non ho mai sperato che tu
potessi davvero provare altro che amicizia per me. Poi mi sono accorto del tuo
cambiamento; non volevo illudermi e ho sempre cercato di essere obbiettivo e
realistico. La gioia che provo ora… non ho parole sufficienti ad esprimerla. Te
lo giuro.”
Rise insieme a lei prima di baciarla ancora.
Lasciarono le scuderie controvoglia e si avviarono verso il
palazzo che era quasi avvolto nel buio.
Poche candele illuminavano i corridoi.
Si salutarono con un bacio frettoloso e poi ciascuno si
diresse verso la propria stanza.
Non si sarebbero addormentati facilmente.
L’eccitazione di scoprirsi amati li avrebbe tenuti svegli a
pensare all’indomani, bruciando dall’impazienza di poter restare soli.
Continua…
[1]Lo
so che qui non faccio un bel ritratto di Victor, non me ne vogliano le sue
ammiratrici, ma in un dialogo originale dell’anime tra Girodelle e André, ho
sempre percepito una nota di gelosia da parte di Victor per il servo cresciuto
accanto a madamigella Oscar.
L’indomani
la corte di Versailles li attendeva come consuetudine.
Al
mattino, Oscar faticò non poco a camuffare un lieve imbarazzo, quando si
incontrarono nelle cucine del palazzo.
Entrambi
volevano essere disinvolti mentre si cercavano con gli sguardi, tentando di
apparire gli amici abituali che erano sempre stati fino alla sera precedente.
Non fu
affatto facile, ma per quanto le cose fossero cambiate in modo repentino, era
necessario evitare complicazioni inutili se non pericolose.
La
governante, la vecchia Nanny, donna sagace e attenta, stava preparando la
colazione per i due ragazzi, che consumavano insieme quasi ogni mattina,
praticamente dall’infanzia.
Seduti
uno di fronte all’altra, si scambiarono solo poche parole come d’abitudine.
“Buongiorno
Oscar, hai dormito bene?”
André
parlò puntando su di lei uno sguardo carico di promesse che sarebbe stato
difficile non notare.
E lei lo
notò e sentì un brivido poco famigliare correrle lungo la schiena.
“Benissimo
André… grazie. E tu?” e accompagnò la frase con un sorriso convincente, mentre
Nanny asciugava alcune stoviglie di rame, squadrando il nipote con cipiglio
severo e sospettoso.
“Io sì…
anche se mi sono addormentato molto tardi.”
“Ah, capisco.”
rispose molto semplicemente in tono tranquillo.
Era
rimasto sveglio a pensare a lei.
Anche
Oscar non aveva quasi chiuso occhio; aveva pensato molto a loro, a come
avrebbero dovuto comportarsi adesso, soprattutto in pubblico.
Prima,
non si sarebbe mai sognata di doversi preoccupare del suo contegno in società,
in relazione ad una vicenda di cuore.
Una
novità assoluta, per lei.
La
faccenda poteva esporla al pubblico ludibrio, di cui in realtà, non si era mai
curata.
Non ve
n’era mai stato motivo.
Fino ad
ora.
Le cose cambiano, si disse.
Doveva
ammettere che si sentiva un po’ sciocca; il ricordo della sera precedente era
ancora troppo fresco da sembrarle irreale, ma era così turbata e felice, da
aver paura che gli altri potessero cogliere sul suo viso le sue emozioni.
Si
chiedeva se sarebbe stata capace di abituarsi a questa eccitante felicità e
alla necessità di doverla nascondere.
Era così
nuova e intensa per lei: era come essere travolti da un’ ondata improvvisa che
per un attimo ti faceva mancare l’aria nei polmoni.
Era
essere trasportati in alto come se il cuore potesse volare.
Trovava
sorprendente la strana intensità che avvertiva in ogni fibra del suo giovane corpo,
l’urgenza di ogni minima cosa legata a lui: vederlo, parlargli, toccarlo e
desiderare di essere toccata.
E quel
malessere quasi fisico, se lui non c’era.
Dunque,
era quello l’amore?
In
realtà, non ne era certa.
Non ne
sapeva poi molto.
Ma la
sua mentalità militare tentava d’imporsi con il vizio di razionalizzare tutto.
A
Versailles le era capitato di osservare altre coppie di innamorati; ricordava
le sue sorelle maggiori sospirare trasognate per amori platonici e le aveva
sempre trovate ridicole.
Non le
pareva di riconoscere negli altri il suo stesso turbamento, come se per lei
fosse qualcosa di assolutamente unico.
Forse lo
era; una donna-soldato non poteva amare come le altre.
Come ama
una donna-soldato?
Più
intensamente? Più violentemente?
In
maniera più ruvida?
Era la
prima volta che metteva la donna davanti al soldato.
Sopra
ogni cosa, temeva la reazione irosa del padre se lo avesse scoperto; l’avrebbe
accusata di portare il disonore e la vergogna sulla famiglia. Possibile che il generale
non avesse mai preso in considerazione l’ipotesi che un giorno potesse
innamorarsi?
Mentre
lasciava che la sua mente vagasse distratta attraverso mille nuovi dubbi, Andrè
finì velocemente la sua colazione e per togliere entrambi dall’imbarazzo, pensò
di allontanarsi con una scusa.
“Vado a
sellare i cavalli. Vieni quando sei pronta, ti aspetto di sotto.”
“Va bene
André. Un momento e sono da te.”
Oscar
finì di vestirsi indossando la giubba della sua divisa.
Raggiunse
André e insieme si allontanarono silenziosi da palazzo, lungo la strada
serpeggiante tra il verde della campagna che portava alla reggia di Versailles.
Cavalcavano
fianco a fianco come sempre, ma Oscar a stento tratteneva il fremito che
l’agitava.
André
percepiva la sua ansia ed era preoccupato; gli appariva più emotiva del solito,
anche se faceva lo sforzo di nasconderlo.
Quando
furono abbastanza lontani dal palazzo da non essere visti, né sentiti, lei
bruscamente arrestò il cavallo e scese a terra, intimando ad André di fare
altrettanto. Lui obbedì.
Prese i
cavalli per le redini, guidandoli lontano dalla strada, per nascondersi tra la
boscaglia.
Avvertiva
la tensione fra loro.
Un po’
era spaventato.
Da lei,
dalla sua reazione.
Si stava
forse pentendo?
“Oscar, lo
so che è tutto nuovo e imprevisto per te, lo capisco. Se hai dei timori, puoi
parlarmene. Ti ascolto.”
Era
ferma di fronte a lui, le labbra stirate in una vaga smorfia che le dava un’
aria ansiosa.
“Sì, è
vero… Non ero preparata a tutto questo.”
“Sai, avevo
paura che mia nonna si accorgesse di qualcosa: stamattina mi lanciava delle
strane occhiate.”
“Già…
volevo parlarti proprio di questo.”
André si
accostò lentamente, sfiorandole una guancia, ma appena le labbra furono vicine
nessuno seppe trattenersi: si baciarono con la passione propria della loro età,
aggrappandosi uno all’altra.
Le
tenere curve nascoste sotto la divisa bianca premevano contro il petto del
giovane.
Rinnovarono
così, la promessa fatta la sera prima.
“André,
dobbiamo essere molto prudenti. Lo capisci vero?”
“Temi lo
scandalo, Oscar? O solo tuo padre?” le chiese continuando a tenerla fra le
braccia.
“Non è
lo scandalo che mi preoccupa, credo…Quella sarebbe solo una conseguenza… ma mio
padre… beh, un po’ si.”
Oscar
abbassò lo sguardo corrucciata, ma Andrè dolcemente le sollevò il viso.
“Non
farei mai niente che possa nuocerti, crearti dei problemi a corte e fuori. Sarà
il nostro segreto Oscar.”
“Soprattutto
mio padre, André, non dovrà mai saperlo. Neppure sospettarlo; non capirebbe, né
accetterebbe una cosa simile. Lui potrebbe… potrebbe allontanarti da me, forse
farti del male.”
“Non lo
saprà, Oscar. Né lui, né altri. Te lo giuro. Staremo attenti.”
Si
strinsero fremendo, come se quell’abbraccio dovesse scacciare le paure e
soddisfare la loro fame d’amore, per tutte le ore seguenti in cui non avrebbero
potuto nemmeno sfiorarsi.
Rimontarono
a cavallo e ripartirono verso Versailles.
Erano
solo all’inizio della loro storia e non immaginavano ancora quanto sarebbe
stato difficile portarla avanti, nascondere l’amore sul quel palcoscenico di
ipocrisie che era il loro mondo.
E non
erano solo i pettegolezzi dei nobili da temere, ma anche le chiacchiere della
servitù di palazzo che poteva scoprirli e magari denunciarli al generale, allo
scopo di trarne qualche vantaggio.
Di
giorno si abituarono a far finta di nulla, ma la sera appena restavano soli si
gettavano una tra le braccia dell’altro ed erano frenati solo dalla paura di
venir scoperti. E il rischio c’era, eccome.
Per
fortuna, la casa era grande e c’erano tanti posti in cui nascondersi: la
soffitta, le stanze abbandonate del palazzo dove nessuno andava mai, la
torretta centrale da cui si dominava la campagna circostante; una sera al
tramonto si erano rifugiati lì.
In quei
loro incontri, lei sapeva essere davvero appassionata e lui si sorprendeva di
scoprirla così viva e calda.
Il suo
slancio contrastava fortemente con la sua apparenza; chi avrebbe saputo
immaginarla così?
A volte,
André ne rideva con lei.
“Che
sorpresa desterebbe scoprire l’altra faccia del capitano Oscar. Rido se penso
alle facce che farebbero certi signori a corte, se ti vedessero così:
stenterebbero a riconoscerti.”
“Oh, hai
proprio ragione, André. Immagina Girodelle! Forse ti farebbe arrestare per salvare
il mio onore, e per completare l’opera mi chiederebbe in moglie.”
Commentò
ironica.
“Già… tu
ridi, ma lui potrebbe farlo sul serio… chiedere la tua mano, intendo… e tuo
padre potrebbe pure acconsentire, se mai cambiasse idea, un giorno.”
“Non
temere André: io non mi sposerò tanto presto e mai con il tenente Girodelle.”
“D’accordo
Oscar. Comunque se sapesse di noi, di certo gli verrebbe un colpo! Ma quello
che resterebbe più imbarazzato è il conte di Fersen: sarebbe ancor più confuso
sulla tua identità sessuale.”
Oscar
rise sommessamente, unendosi al suo scherno.
“Povero
Fersen. Non è cattivo, ma certe volte mi sembra proprio ridicolo e anche
piuttosto vanesio, soprattutto quando è al centro di attenzioni femminili.
Dev’essere un difetto degli uomini come lui.”
Ma a
palazzo c’era sempre un gran via vai di gente tra servitù, ospiti in visita e
naturalmente il generale e la moglie. Oscar tremava solo all’idea di come
avrebbe potuto reagire suo padre se avesse scoperto tutto.
Immaginava
le parole dure che le avrebbe rivolto; non poteva fare a meno di pensarci con
angoscia.
- Il mio erede, mia figlia
che si comporta come l’ultima delle sgualdrine! Ti sei concessa a un servo.
Dovrei uccidervi per salvare il prestigio della famiglia Jarjayes!
A
Versailles e nella società dei salotti parigini erano molte le storie del
genere finite male; gente caduta in disgrazia per colpa di scandali che
coinvolgevano persone di ceto diverso: nobili, plebei, addirittura alti
prelati; circoli viziosi che coinvolgevano tutti.
E tutti
erano ricattabili e corruttibili.
Certo,
il padre non l’avrebbe ricattata, ma fare del male ad André per lavare l’onta,
beh, quella era una possibilità neppure tanto remota.
Loro non
avevano ancora tutta la malizia e l’esperienza per evitare certe insidie, forse
neppure per intuirle, ma impararono presto cosa volesse dire calcolare ogni
rischio ed eventualmente cavarsi d’impaccio.
Impararono
cosa volesse dire fingere di essere ciò che non si è, e nel tempo scoprirono
che anche la menzogna è un arte che si affina con talento.
Capitò a
palazzo che furono incoscienti e poco accorti, rischiando di essere scoperti
dalla nonna di Andrè.
Fu
durante un allenamento con la spada; non era durato tanto.
Uno
scambio rapido di sguardi e senza dire una parola, avevano gettato le spade tra
l’erba e poi erano andati a nascondersi dietro alcune siepi in fondo al
giardino, e lì si erano abbandonati alle loro tenere effusioni con molto
slancio.
Erano
caduti sull’erba mentre André baciava Oscar ovunque; scendendo sul collo,
l’aveva liberata dalla seta del nodo della cravatta.
Lei lo
tratteneva per le spalle facendo correre le mani sulla schiena, eccitata dalla
situazione proibita, mentre lui tentava di riprendere fiato.
“Oh,
Oscar… Potrebbe arrivare qualcuno, non è prudente… mia nonna gira sul retro
armata di mestolo…” bisbigliava tra un bacio e l’altro, lanciando rapide
occhiate attorno.
“Non mi
dirai che hai paura… Se ci scopre le diremo che stavamo facendo la lotta
sull’erba…”
E lo
attirava a sé prendendolo per la nuca e scompigliandogli i capelli neri.
Sotto
quel dolce assalto, André dimenticava ogni cautela, e riprendeva a baciarla con
foga crescente.
Fu la
voce di sua nonna che lo chiamava a riportarli bruscamente alla realtà.
Si
staccarono velocemente guardandosi per un momento smarriti, poi riacquistando
un po’ di sangue freddo, Andrè si alzò in piedi e tentò di ricomporsi e
aggiustarsi i vestiti troppo sgualciti, mentre Oscar si toglieva un po’ di
foglie secche dai capelli scomposti.
La vecchia
continuava a chiamarlo e intanto si avvicinava al loro nascondiglio.
Andrè,
con presenza di spirito le si parò davanti.
“Nonna
sono qui! Mi cercavi?”
“Ma dove
ti eri cacciato? Oscar è con te? Ho trovato le vostre spade, pensavo fosse
successo qualcosa… Madamigella non è ferita vero?”
Fu Oscar
a intervenire.
“Non
preoccuparti, ci stavamo solo riposando dopo l’allenamento… ero un po’ stanca.”
Era una
buona attrice, senza dubbio.
“Certo
bambina, ti rubo questo scansafatiche per un po’; ho bisogno di due braccia
forti.”
Disse
col solito cipiglio fiero l’arzilla nonnina.
Anch’io ho bisogno di due
braccia forti, pensò
Oscar. Naturalmente non lo disse.
Il
giovane alzò le mani sconsolato, guardando verso l’amica che gli sorrideva
rassegnata, vagamente delusa dall’interruzione della loro piacevole parentesi
sull’erba.
A corte
erano molto più prudenti.
Oscar
aveva il vantaggio di una certa rigidità di carattere che le permetteva di
mascherare bene ogni turbamento, mentre lui da servo, passavainosservato restando vigile: due amanti
clandestini non avrebbero potuto essere più discreti.
Nessuno
avrebbe mai sospettato nulla e l’immagine pubblica di Oscar era quella che
tutti conoscevano; non c’erano sbavature di sorta nella vita del giovane
capitano delle Guardie Reali del Re di Francia, e guardia del corpo della
futura regina.
Senza
dubbio, l’interesse di tutti per il riservato capitano delle guardie di Palazzo
era sempre allerta ed erano tanti coloro che erano incuriositi dalla sua figura
ambigua.
Qualche
malignità era da mettere nel conto, ma Oscar era brava ad evitare di soddisfare
le loro fantasie.
Un
pomeriggio, Oscar dovette accompagnare la Delfina durante una delle sue
cavalcate attraverso il parco; Maria Antonietta aveva fatto progressi
nell’equitazione, ma era imperativo seguirla a breve distanza. O almeno essere
nei paraggi.
Nel
gruppo al seguito della principessa si era unito anche il conte di Fersen su
invito esplicito di Maria Antonietta.
Il conte
e la principessa si erano persi in una lunga e coinvolgente conversazione,
ignorando quasi del tutto Oscar e le altre persone del seguito, dame e
cavalieri. A Oscar non dispiaceva ogni tanto poter restare in disparte, sola
con i suoi pensieri. Era stata una giornata piacevole e tutte le volte che le era
capitato di incrociare lo sguardo di Andrè, aveva sorriso enigmatica pensando
al loro intrigante segreto: aspettava solo che arrivasse il momento in cui
finalmente sarebbero stati soli lontano da Versailles.
Col
tempo certe esigenze diventavano sempre più pressanti e la resistenza di
entrambi era messa a dura prova. Stavano attraversando il bosco di Venere,
quando Andrè le si era avvicinato accostando i loro cavalli, e con discrezione,
le aveva sussurrato qualcosa all’orecchio senza essere udito da altri.
“Spero
che potremo andarcene subito dopo aver accompagnato Sua Altezza…”
“Un po’
di pazienza, Andrè. Devo consegnare la Delfina alle cure di Madame Noailles,
prima di potermene andare…poi il mio compito per oggi sarà finito.”
“Bene,
non vedo l’ora. Queste giornate sembrano interminabili.” Commentò l’attendente.
Oscar trattenne un risolino divertito.
Nello
stesso momento Fersen le si avvicinò per parlarle.
“Madamigella,
avete l’aria di chi vorrebbe essere da tutt’altra parte. Se è lecito posso
chiedervi a cosa pensate?”
Oscar lo
guardò incerta; la famigliarità ormai acquisita, permetteva al conte di parlare
anche troppo liberamente, tanto che a volte le domande di Fersen la mettevano
in allarme.
Andrè
poco distante tendeva l’orecchio.
“A nulla
di importante, in realtà… ho solo voglia di andarmene a casa.”
“Credevo
che vi piacesse cavalcare… forse preferite attività e svaghi più d’intelletto.”
“Qualcosa
del genere…” tagliò corto Oscar, sperando di smorzare la curiosità del conte.
“Sapete,
vi ho osservato di recente; da un po’ di tempo ho notato qualcosa d’insolito in
voi.”
“Insolito
come??” chiese con un vago sospetto.
“Nel
vostro sguardo mi pare a volte di leggervi una luce diversa. Forse si tratta di
qualcosa che non avevo notato io all’inizio. I primi tempi che vi ho conosciuto
mi sembravate un’ altra persona, molto più rigida e severa, ecco.”
“Siamo
partiti col piede sbagliato fin dall’inizio conte; è per questo che vi apparivo
diversa. Ma sapete anche voi che le apparenze ingannano.”
“Avete
senz’altro ragione Oscar!” Disse in tono ilare, prima di tornare al fianco
della principessa.
Fersen
non le rivolse altre domande per tutto il resto della cavalcata, con buona pace
di Andrè che aveva udito ogni cosa.
Un’
abbondante mezzora dopo, lei e il suo attendente si erano lanciati al galoppo
lungo la strada che li riportava a casa.
Era
tardo pomeriggio e il sole era ancora alto nel cielo.
Giunti a
un bivio, decisero di cambiare direzione; si allontanarono parecchio dalla
strada che portava a palazzo Jarjayes. La allungarono di proposito.
In
realtà volevano assaporare il piacere di stare insieme, cavalcando solo per il
gusto di farlo, attraverso la campagna fino ai margini del fiume. Oscar guidò
il suo cavallo alla solita radura; ormai quello era diventato il loro rifugio,
il loro piccolo mondo segreto.
Passavano
in quel luogo gran parte dei loro pomeriggi all’ombra dei grandi alberi che
crescevano rigogliosi lì vicino, e che offrivano un riparo sicuro da occhi
indiscreti.
Quanti
baci e quante promesse erano state sussurrate tra l’erba alta che nascondeva i
loro corpi stretti e febbricitanti, timorosi e ardenti di poter superare quel
lieve imbarazzo, che stava cedendo sotto i colpi di una passione giovanile
sempre più difficile da frenare.
Lasciarono
i cavalli a pascolare liberamente.
Oscar
era rimasta in piedi a guardare l’acqua del fiume che scorreva placida e
brillava al riverbero della luce solare. Prima che potesse pensare a qualsiasi
cosa, si sentì afferrare le mani da André e si ritrovò a fissare i suoi occhi
verdi e maliziosi.
“Hai
voglia di fare una nuotata nel fiume, Oscar?” e prima che lei avesse il tempo
di reagire, si era già tolto la giacca e il panciotto, scarpe e calzini.
Arrossì
lievemente quando lo vide sfilarsi rapidamente anche la camicia e lanciarsi
verso l’acqua sollevando spruzzi attorno a sé. Fece due bracciate, poi si girò
verso di lei per chiamarla. Oscar era ancora ferma e immobile sulla riva, ma
con un’ espressione di assoluta sorpresa dipinta in volto. Aveva avuto una fugace
visione del suo torace nudo e ora gli occhi le brillavano di emozione mentre i
palpiti del cuore acceleravano.
Sudava.
Il sole
era davvero cocente in quel tardo pomeriggio. Sentiva le gocce di sudore
scorrere sulla pelle accaldata sotto l’uniforme. Fu davvero tentata di imitare
il suo amico, tuffarsi per bearsi del fresco dell’acqua, ma era un po’ restia a
spogliarsi.
André la
invitò ancora.
“Dai
Oscar, si sta benissimo!”
Finalmente
anche lei si decise; tolse la giacca dell’uniforme e gli stivali e li abbandonò
sull’erba vicino ai vestiti di André.
Liberarsi
dei vestiti in quella calura era un vero sollievo, come respirare a pieni
polmoni aria nuova.
Entrò
piano nell’acqua a piedi nudi e lasciò che il liquido fresco le lambisse
lentamente le gambe, la vita e il busto fino alle spalle.
“Hai
ragione, con questo caldo ci voleva.” Sorrise.
Nuotò
fino ad André e si aggrappò a lui e sotto le sue mani avvertì il contatto
fresco della sua pelle, mentre ne ammirava la muscolatura forte e ben
sviluppata delle spalle che uscivano dall’acqua. Andrè l’ avvolse piano a sé e
la baciò mentre con le mani sott’acqua le stringeva la vita e avvertiva il
tessuto sottile della camicia che ancora la ricopriva, e che bagnandosi era
diventato semitrasparente. Poteva intuire abbastanza chiaramente le sue forme e
avrebbe voluto che fosse nuda almeno quanto lui.
E anche
lei si ritrovò ad avere lo stesso desiderio; si premeva contro il suo corpo e
intanto, lasciava correre le sue mani sulla pelle nuda della schiena e del petto,
sentendosi elettrizzata da quel contatto.
E i baci
diventavano sempre più famelici e il respiro sempre più corto.
Giocarono
così tra una nuotata e l’altra, inseguendosi e divincolandosi nell’acqua,
lasciando crescere l’eccitazione fino allo spasimo, sfiorandosi e ritraendosi
come in un duello a singolar tenzone. Un duello di corpi prolungato e teso allo
sfinimento, dove ognuno cercava di far arrendere l’altro.
“Non è
leale Oscar… io sono seminudo…” la voce di Andrè era un sussurro ammaliante.
“Non ti
preoccupare; non mi dà fastidio, anzi, lo apprezzo molto…” rispose deliziata.
Poi
André diventò più audace e infilò le mani sotto la camicia a sfiorarle
delicatamente la pelle; Oscar sussultò brevemente e chiuse gli occhi con un
gemito soffocato. Sentì la sua mano calda posarsi sul seno e restare lì, ferma,
mentre lui scendeva con la bocca nell’incavo del collo. Poi sentì la sua voce
roca che le parlava.
“Questa
non ti serve – le disse, afferrando un lembo di tessuto bianco. - Perché non la
togli, Oscar… e resti senza?”
Lei non
rispose subito, restò ferma ad ascoltare il suo cuore che esplodeva impazzito.
“Ma…
potrebbe passare qualcuno… se ci vedono?”
“Non ci
vedrà nessuno… siamo solo noi.” e riprese a baciarla con voluttà mentre piano
le scioglieva i lacci della camicia.
Allora
lei emise un sospiro più forte, come una resa incondizionata.
“Oh, era
questo che volevi, vero? Per questo sei entrato in acqua?”
“Sì. Ti
prego Oscar, lo desidero così tanto… sono giorni che ci sto pensando e tu non
mi rendi le cose facili.”
Andrè
non smetteva di provocarla e Oscar sentiva la sua debole resistenza scivolare
via.
“Oh, sì…
tutto quello che vuoi.” fu l’unico debole suono che riuscì a emettere, prima di
girarsi, dandogli la schiena, togliersi la camicia e lanciarla verso la riva.
Lei non si voltò subito, lottando tra la vergogna di mostrarsi così e la voglia
di avvinghiarsi al suo corpo.
Il
respirò di André si fermò e lui restò incantato a guardare la linea aggraziata
delle spalle e delle braccia che si movevano lievi.
Temerario
si avvicinò lentamente, posandole le mani sulle spalle nude, poi sfiorò la
pelle del collo con le labbra e scese lungo la linea della spalla, insistendo
dolcemente quando lei si abbandonava a una reazione estatica, buttando la testa
all’indietro.
Sotto
l’acqua, le mani del giovane correvano sul suo corpo in carezze rapaci che
avrebbero voluto molto di più.
Vinta,
finalmente Oscar si girò verso di lui e lo baciò sulle labbra vorace, mentre
lui la stringeva scatenando lunghi brividi sulla sua schiena.
Lo
abbracciò con impeto e i baci riaccesero la loro passione bruciante e la pelle
si infuocava alle carezze nascoste sotto l’acqua.
Il
desiderio si fece incontenibile; uscirono dal fiume per sdraiarsi sulla riva,
dove Andrè poté ammirarla in tutta la sua bellezza, e lei si sentì
piacevolmente indecente e un po’ impudica mentre lo lasciava fare, senza aver
alcun desiderio di fermarlo.
Si
concentrò solo sulle sue mani grandi e forti e sull’esaltazione che le davano,
mentre correvano in ogni anfratto del suo corpo e scoprivano ogni tenera
sporgenza. E lei osava fare altrettanto.
E mentre
si perdevano a scoprirsi in carezze sempre più languide, il cielo si tingeva di
lingue di fuoco rossastro e il sole bruciava le ultime nuvole in sfumature
violacee.
E loro
bruciarono insieme a quel cielo serale per molto tempo ancora.
*****
La luce
crepuscolare scendeva sul paesaggio attorno a loro, dando una tenue sfumatura
di grigio alle foglie verdi mosse dalla lieve brezza che si agitava nell’aria.
Il fiume
che aveva lambito i loro corpi scorreva tranquillo, come i loro cuori che
avevano ormai rallentato la loro corsa.
Erano sdraiati
sull’erba, nascosti sotto gli alberi, uno di fianco all’altro. Si tenevano per
mano.
Oscar
era calma e rilassata; si era coperta con la camicia di André e lui era rimasto
a torso nudo, un braccio incrociato sotto la testa.
Ogni
tanto volgeva lo sguardo verso di lei; teneva gli occhi chiusi e sembrava che
dormisse.
“Oscar,
sei sveglia?”
Lei
lasciò passare qualche minuto.
“Sì,
Andrè…”
“Dovremmo
rientrare a palazzo, prima che faccia completamente buio.”
“La mia
camicia è ancora umida… se tua nonna se ne accorge…” lo guardò.
“La
lasceremo nelle scuderie, te la riporterò in camera più tardi.”
“Buona
idea, sei più scaltro di me… Sai, oggi Fersen mi ha fatto delle strane
domande.”
“Ho
sentito; credi che sospetti qualcosa?” Il ragazzo si era steso su un fianco e
sosteneva la testa con la mano.
“No, non
penso, voleva solo catturare la mia attenzione, credo. Ma dobbiamo stare
attenti; non si sa mai.”
André si
perdeva ad osservarla; ricordava ogni dettaglio del suo corpo splendido che
aveva tenuto tra le braccia poco prima.
Ricordava
il desiderio prepotente da cui era stato preso, e aveva sentito lo stesso
fremito attraversare lei. Non si era ancora donata completamente, ma erano
andati molto vicino. Sarebbe potuto accadere anche lì, sull’erba e nell’acqua
l’aveva sentita circondarlo ai fianchi con le gambe.
La
voleva sempre di più ormai.
Le
accarezzò un braccio e lei sorrise.
“Sei
bellissima, amore mio…”
Oscar
con un dito seguì il contorno dei suoi pettorali, sembrava pensierosa.
“André,
ho bisogno di sapere una cosa.”
I suoi
occhi azzurri luccicavano e lui restò in attesa.
“Quello
che abbiamo fatto oggi… il modo in cui mi hai toccata… sembravi così… esperto.”
“Vuoi
sapere se ho avuto altre donne?”
“È
successo?”
“No, te
lo posso giurare. Ma io ti voglio, Oscar… tanto. Sto facendo uno sforzo enorme
per trattenermi.” La voce di Andrè era un sussurro roco.
Oscar lo
sapeva, lo capiva tutte le volte che Andrè la toccava e anche lei era stata
vicino a perdere il controllo oggi.
Lo
voleva anche lei e se non era ancora successo era solo perché non si era
presentata ancora l’occasione più propizia; c’erano sempre troppe persone
attorno a loro. Ma sentiva che era solo questione di tempo; attendeva quel
momento con trepidazione crescente.
“Anch’io
ti voglio Andrè; vorrei che quel momento fosse perfetto, senza che tua nonna
venga a interromperci sul più bello…”
C’era un
velo di sarcasmo nella sua voce, Andrè le sorrise e le diede un bacio in
fronte.
Alcuni
minuti dopo si rivestirono e tornarono verso il palazzo. Oscar era nuda sotto
la giacca della sua uniforme e la cosa accendeva la fantasia del suo giovane
compagno. Era quasi buio quando furono davanti ai cancelli della dimora.
Nelle
scuderie nascosero sotto la paglia la camicia di Oscar, prima di allontanarsi
tranquillamente verso la casa.
*****
Quella
sera il generale Jarhayesfece chiamare
suo figlio nel suo studio.
“Mi
volevate parlare padre?”
“Sì,
Oscar. Tra due giorni sarò al confine col mio reggimento, in missione per conto
del sovrano. Mi raccomando, il tuo compito principale è quello di proteggere la
principessa Maria Antonietta, non perderla mai di vista. Allenati costantemente
con la spada; sei stato fermo per quasi un mese e nulla come l’inattività
rallenta i riflessi. Io sono molto orgoglioso di te e sono certo che saprai
onorare i tuoi compiti.”
“Non
dubitate padre, non vi deluderò… Quanto tempo starete lontano da casa?”
“Due
settimane o forse più.” Rispose inspirando fumo dalla sua pipa.
Quando
Oscar lasciò lo studio del padre, tornò rapidamente in camera sua, rifugio
sicuro dove nascondere i pensieri più intimi.
La sua
mente correva già al futuro.
Due
settimane da sola.
Con André.
Già le
immaginava: si preannunciavano travolgenti e cariche di passione.
Non
avrebbe sprecato quell’occasione.
Sentì
bussare; era André che le portava la sua camicia. Lo accolse in silenzio con un
sorriso enigmatico.
Gli
allacciò le braccia al collo e lo baciò.
Dopo un
breve momento, André si staccò da lei e notò il suo sguardo acceso da una
sottile eccitazione.
“Sei
euforica, lo vedo. Che è successo?” domandò, scrutandola curioso.
“Oh,
nulla di straordinario, Andrè… - rispose con falsa indifferenza. - Mio padre parte
tra due giorni e starà lontano un paio di settimane.”
“Davvero?
- Il giovane le restituì uno sguardo complice e malizioso. - Meraviglioso!! Ho
già una mezza idea di come passare il tempo. Un’ idea molto piacevole.”
“Sì, davvero
piacevole… e nessuno ci disturberà.”
Risero e
si baciarono di nuovo e finirono per cadere sul grande letto di Oscar.
Parlarono
fino a tarda notte; per quella sera resistettero alla tentazione e ressero le buone intenzioni, ma
per quanto ancora, non sapevano immaginare.
La loro
resistenza si fiaccava col passare dei giorni.
La carrozza elegante varcò a sprone battuto il cancello
della tenuta, e attraversò il viale principale, sollevando nugoli di polvere
che andavano a dissolversi nell’aria tersa del primo pomeriggio.
La vettura si arrestò quasi di botto con uno scalpiccio di
cavalli, davanti allo scalone dell’ ingresso di palazzo Jarjayes; la portiera
si aprì e ne scese una giovane donna dai capelli biondo cenere e gli occhi del
colore del mare in tempesta.
L’ ampia veste indossata dalla nuova arrivata era indizio
che la donna fosse incinta e dalle dimensioni della pancia, non doveva mancare
molto al lieto evento, forse un paio di mesi o poco più.
Con zelo, la vecchia governante corse incontro alla giovane
per accoglierla come si conveniva a una signora dell’alta società, e si inchinò
in segno di rispetto mentre la donna le porgeva il saluto.
“Buongiorno Nanny, sono venuta a trovare mia madre, credo mi
stia aspettando.”
“Infatti vostra madre vi attendeva con ansia e preoccupazione:
nelle vostre condizioni non dovreste affrontare un viaggio in carrozza, per
quanto breve.”
“Suvvia Nanny, non rimproverarmi. Parigi non è agli estremi
del mondo, e la mia gravidanza sta andando benissimo. Non è la prima, del
resto.”
Catherine entrò in casa e si diresse decisa verso il salotto
dove Madame Jarhayes stava attendendo l’arrivo della figlia appresso ad un
ricamo. La moglie del generale sollevò gli occhi dal punto croce e li puntò in
direzione della porta, mentre la quartogenita entrava nella stanza e tendeva le
mani verso la madre prima di salutarla. Assomigliava molto a Oscar nei tratti
del volto, ma gli occhi erano diversi, accesi ma meno severi.
“Buongiorno cara madre.” Esordì baciandola sulla guancia e
sorridendo.
“Buongiorno a te, mia cara. Com’è stato il viaggio? Siediti
e riposati, non devi affaticare il tuo fisico. Come sta mio nipote? Perché non
hai portato anche George?”
All’assalto delle domande, la figlia rispose con pazienza,
contenendo l’apprensione di Marguerite. Madre e figlia parlottarono per un po’,
soprattutto del nascituro erede del marchese De Mayne, e delle aspettative
attorno ad esso.
Poi Catherine fu distratta da un cozzar di spade che
proveniva dall’ esterno; si affacciò alla finestra del primo piano che dava sul
retro del giardino e vide la sorella minore mentre duellava con il suo giovane
attendente. Osservò la scena qualche istante e colse l’espressione concentrata
di Oscar, le gote arrossate per l’affanno e uno strano sorriso che ogni tanto
affiorava sulle labbra color ciliegia.
“Madre, non sapevo che Oscar fosse a casa. Credevo fosse a
Versailles dalla Delfina. Vi dispiace se vado a salutare la mia sorellina?
Altrimenti non so quando avremo un’ altra occasione per vederci, io e lei.”
“Ma no, certamente. Farà piacere anche a Oscar. Non vi
vedete da molto.”
Catherine si allontanò dal salotto e puntò in direzione
delle grandi porte finestre che davano sul magnifico giardino della villa.
Uscì e percorse il breve tratto tra l’erba che la separava
dal luogo in cui si trovava Oscar. Mentre si avvicinava, poteva sentire il
clangore forte dell’ acciaio delle lame e le voci concitate dei due ragazzi che
si sfidavano; li colse nel momento in cui André parava un affondo della sua
avversaria.
“Oscar!”
I due ragazzi si bloccarono di colpo voltandosi al suono
della sua voce. Mentre si arrestava davanti a lei, la sorella minore le
restituì uno sguardo vagamente sorpreso, al che Catherine si sentì stranamente
a disagio sotto l’espressione indagatrice di Oscar che indugiava perplessa
sulle forme rotonde della sua figura.
Erano mesi che non si incontravano, e l’ultima volta che si
erano viste, il suo stato interessante non si notava ancora.
“Oscar come stai? Non mi saluti nemmeno?”
“Ciao Catherine. Non mi aspettavo di vederti.” Le rispose
l’altra con voce incolore.
“Scusa se ho interrotto il tuo allenamento con André. Volevo
fare quattro passi in giardino e potresti accompagnarmi. Ti dispiace?”
“Certo che no. – Poi si rivolse ad André – Per oggi basta
così, vai a posare le spade, per favore.”
André si apprestò a fare ciò che gli era stato ordinato, e
mentre si allontanava, Catherine espresse un’ altra richiesta.
“Per favore, dì a Nanny di prepararmi una buona tazza di tè.
La prenderò più tardi.”
“Sarà fatto, Madame.” Rispose l’attendente prima di
allontanarsi verso il palazzo, lasciando sole le due sorelle.
Cinque anni le separavano, ma Catherine era forse tra le
sorelle maggiori, quella con cui Oscar aveva minor confidenza: poco affini
caratterialmente, Catherine possedeva da sempre un temperamento decisamente
vacuo e capriccioso, talvolta esuberante, troppo lontano dallo spirito
riservato della sorella minore. Eppure Oscar provava verso la sorella una
profonda tenerezza e talvolta, si lasciava coinvolgere dal suo genuino
entusiasmo.
“Sei sempre bellissima, mia cara. Anzi, mi sembri ancora più
affascinante dall’ultima volta che ci siamo viste. Sai Oscar, che
tendenzialmente potresti avere un mucchio di ammiratori, se solo volessi? Sono
certa che farebbero la fila per te.”
“Che assurdità. Non ho certo il tempo di pensare a queste
cose: il mio essere un soldato viene prima che essere una donna.”
“Questa è una grossa sciocchezza, mia cara. Sei una donna, e
sarebbe innaturale e azzardato non tener conto di questo…” obbiettò Catherine
di rimando.
“La maggior parte di coloro che potrebbero farmi la corte,
sono soggetti assai poco interessanti che mi farebbero annoiare a morte con i
loro stupidi discorsi. E al primo che osasse fare una cosa simile, gli farei
passare subito ogni estro di conquista.”
“Sei prevenuta, ecco tutto; tu sei una ragazza, e
l’educazione maschile non può mutare la tua natura, nonostante quello che dice
nostro padre. Prima o poi, dovrai fare i conti con questa realtà.”
Oscar sbuffò.
“È il tuo stato che ti fa parlare così. Non deve mancare
molto ormai.”
“Circa due mesi e mezzo, poi diventerai zia un’ altra
volta.”
“Se per questo, ho già perso il conto dei miei nipoti: una
decina se non sbaglio.”
“Stai parlando dei figli delle tue sorelle come se fossero
le pistole nella bacheca di nostro padre.”
“Scusa Catherine la mia poca sensibilità per queste cose;
non mi preoccupo molto di mantenermi aggiornata e sai che la mia pazienza con
bambini e infanti è molto scarsa.”
“Lo so, lo so. Però io stavo parlando sul serio. Tu hai già
diciotto anni, l’età più bella per innamorarsi.”
Catherine fece una pausa con l’aria di chi stesse
rimuginando su qualcosa. Quando accadeva, Oscar sapeva che doveva preoccuparsi;
certi silenzi della sorella erano preludio di parole audaci e di solito
sfrontate.
“Tu pensi mai a… certe
cose, Oscar?”
“Ehh!!! Ma che domanda è?”
“Suvvia, hai capito benissimo quello che intendo; - quindi
le si avvicinò per bisbigliarle qualcosa nell’orecchio. – Il sesso, Oscar.
Avrai anche tu certe esigenze. Devi trovare il modo di soddisfarle e non si può
sempre fare da soli. È una cosa naturale, sia per gli uomini che per le donne.”
Oscar sgranò gli occhi di fronte all’incredibile
sfacciataggine della sorella maggiore, che si permetteva di parlare con libertà
eccessiva di argomenti che una signora avrebbe dovuto evitare, per buona
educazione.
“Catherine, ma che ti salta in mente! Sei impazzita? Nostra
madre non approverebbe il tuo linguaggio.”
“Non deve per forza venirlo a sapere, e noi non glielo
diciamo.” Ribatté Catherine, prendendo Oscar confidenzialmente sotto braccio e
trascinandola lungo il sentiero tra le file di siepi.
“Non riesco a credere che non ci sia nessuno che ti piace. E
la vita militare non deve precluderti tutte le esperienze appaganti che
potresti avere, si tratta solo di essere prudenti.”
“Ma che stai dicendo? Dovrei avere rapporti carnali con un
uomo? Non voglio ritrovarmi con una pancia come la tua! Mi ci vedi così, a
comandare le truppe?” ironizzò Oscar indicando la rotondità prominente della
sorella.
Catherine non poté fare a meno di ridere.
“Le gravidanze si possono evitare Oscar, basta essere
accorte. Potrei suggerirti qualche utile indicazione. Ma prima di tutto ti devi
procurare la materia prima. Stavo pensando, quel tuo attendente… come si
chiama? Ah sì, André… è davvero un gran bel ragazzo…”
Oscar guardò la sorella stralunata e anche piuttosto
indispettita.
“Ma che vai blaterando, Catherine! Mi stai suggerendo di… -
si interruppe bruscamente, ammutolita dalla disinvoltura della sorella. - Tu
stai parlando come una stupida. Non ti credevo tanto superficiale.” Protestò
irritata.
“Oh, insomma, che bisogno c’è di scandalizzarsi tanto?
Conosci il nostro ambiente. Succede più spesso di quanto tu possa credere.
Potrei raccontarti di certe signore insospettabili che frequentano cocchieri e
segretari personali, ma sono troppo discreta. André sarebbe perfetto: è
giovane, bello, non è un estraneo e non sarebbe un amante occasionale, ed è un
amico fidato e discreto. Neppure nostro padre sospetterebbe nulla, visto che,
ironia della sorte, è stato lui a mettervi insieme.”
“Non capisco il senso di questa assurda conversazione, sarà
meglio chiuderla qui. Se non hai altro da dirmi, torno al mio allenamento con
la spada.”
“Uff, d’accordo Oscar. Sei sempre così seria. Ma dovresti
imparare a gustare le cose belle e piacevoli della vita. Credimi, il brivido
dell’ amore è una delle cose essenziali per cui valga la pena vivere e correre
qualche rischio. Tutto il resto è noia.”
“Grazie Catherine, per questa perla di saggezza. Ne farò
tesoro.” Rispose Oscar sarcastica, nascondendo un velo d’imbarazzo. Ma
Catherine sapeva essere perseverante e puntigliosa in maniera stupefacente.
“Ricorda Oscar: se hai bisogno di qualche consiglio femminile, se devi confidarti con un’amica, o hai bisogno di
una complice, io sono disponibile. E soprattutto discreta. Davvero Oscar, mi
piacerebbe poter essere d’aiuto alla mia sorellina soldato.”
Le ultime parole le uscirono con un’inflessione tenera nella
voce, che a Oscar fece effetto. Cedette suo malgrado.
“Va bene. È superfluo, ma ti ringrazio. Adesso devo proprio
andare. E tu non devi stancarti troppo, potrebbe far male al bambino.”
Le due sorelle si incamminarono attraverso il giardino, per
tornare verso il palazzo; Catherine col suo pancione ingombrante si era
aggrappata al braccio di Oscar, che la sosteneva con gentilezza.
*****
Gli appartamenti privati di Maria Antonietta erano in
allegro disordine. La Delfina aveva deciso di ordinare l’ennesima, superflua
serie di nuovi abiti e stava valutando con madame Bertine, la sua sarta
personale, alcune pregiate stoffe fatte arrivare da Parigi da pochissimo tempo:
sete damascate, broccati finemente ricamati erano sparsi un po’ ovunque nella
sala, e la principessa si deliziava accarezzando le pezze di stoffa colorata e
sgargiante, ammirandone i preziosi ricami.
Provava una gioia infantile di fronte a quelle superbe
creazioni e le dame attorno a lei emettevano dei gridolini eccitati di
entusiasmo, davanti ad ogni nuovo modello che veniva presentato.
Oscar presente alla scena, era ferma e immobile,
apparentemente attenta a ogni movimento della Delfina.
In realtà, era come se non ci fosse, lontana mille miglia da
lì; nulla di quello che stava avvenendo in quel momento davanti ai suoi occhi,
la poteva davvero coinvolgere.
I suoi pensieri non avrebbero potuto essere più distanti di
così.
Suo padre era partito quattro giorni prima la mattina
presto, mentre lei ancora dormiva.
Non aveva neppure fatto in tempo ad incontrarlo.
Quattro giorni.
Lei e André si erano sentiti quasi del tutto liberi.
Quasi, perché non potevano mai dimenticare cosa avrebbe
significato essere scoperti lì o altrove.
Occorreva essere sempre cauti anche in assenza del generale,
perché la casa aveva mille orecchi e occhi.
Eppure riuscirono a vivere quel loro amore illecito, segreto
e inconfessabile, in maniera più intensa che mai, con esaltazione e forse, un
pizzico d’ incoscienza.
Ogni momento, ogni luogo poteva divenire teatro delle loro
schermaglie amorose.
E ce ne furono più del solito in quei soli quattro giorni.
Ogni mattina, nelle scuderie si abbandonavano sulla paglia,
in un fugace delirio di baci e carezze, la divisa semisbottonata, le mani di Andrè
un po’ maldestre e frenetiche che cercavano di superare il tessuto della
camicia, tutto questo prima di ricomporsi in fretta e montare a cavallo per
dirigersi verso Versailles.
Nel giardino vicino alla fontana.
Un duello corpo a corpo.
L’ incrocio delle spade ora li divideva, ora li avvicinava.
Lo avevano trasformato in un gioco stuzzicante.
Ma anche pericoloso.
Era stato André ad iniziare.
Durante lo scontro se l’era ritrovata addosso, e senza
pensarci l’aveva colta di sorpresa stampandole un bacio sulla bocca.
“Sei matto? Vuoi che ci vedano?” aveva risposto lei
allibita. Lui aveva riso prima di risponderle malizioso.
“No. Volevo solo rendere più eccitante il duello…”
Superata la prima esitazione, Oscar aveva riso e accettato
la sfida con altrettanto entusiasmo.
“Oh, ma davvero! Attento a te, Grandier. Se vuoi
l’eccitazione, l’avrai… Vediamo chi getta la spada per primo…”
“Oh, se vuoi, io mi arrendo anche subito!”
“Ma così, non c’è gusto…” Aveva detto lei, per provocarlo.
Si erano divertiti moltissimo, proseguendo lo strano duello
in un angolo meno esposto del parco.
Certo, nella scherma vera e propria, non si erano applicati
al meglio. Alla fine, non si erano applicati affatto.
Ogni sera, alla fine della giornata, salivano sulla torretta
di Palazzo Jarhayes per guardare il tramonto. Restavano lì, quasi muti e
abbracciati, mentre a oriente il cielo sfumava in una tinta scura e si tingeva
di striature rosa e arancio, e il globo incandescente del sole scendeva dietro
l’orizzonte lontano.
Da lì, lo sguardo vagava sul panorama della campagna
circostante, e oltre, in mezzo al verde dei boschi si distingueva il profilo
imponente della reggia.
Si godeva una splendida vista che allargava il cuore.
A Oscar piaceva appartarsi in quell’angolo della sua dimora
dove non andava mai nessuno. Quando erano lì, soli contro il cielo che
imbruniva, lui non aspettava mezzo minuto prima di stringerla e baciarla con
passione quasi selvaggia.
E lei si abbandonava con totale slancio e uguale trasporto,
mentre le sue dita giocavano coi suoi capelli scuri e morbidi.
La prendeva la smania di poterlo toccare ogni momento e si
sentiva frustrata se non riusciva a soddisfare il suo desiderio; si sorprendeva
di sé, della sua impulsività che normalmente controllava con rigore.
Era come se si fosse trasformata in due persone distinte;
una, quella pubblica, era fredda e compassata, l’altra più intima era
passionale e travolgente.
Ma si trattava di una maschera difficile da portare, a volte
decisamente scomoda.
In quel particolare momento tendeva a scivolarle dal viso,
incapace com’era di concentrarsi su questioni di servizio e troppo presa dai
suoi pensieri. Le parole di Catherine tornavano ad assillarla, e Oscar le
scopriva vere col passare delle ore, dei giorni.
Stava scoprendosi curiosa.
I gesti diventavano sempre un po’ più audaci. Le bocche
impazienti. Voleva che André fosse suo, fino in fondo, e voleva essere sua.
Ma accanto al desiderio, c’era la paura.
Prima
o poi, accadrà quello che deve accadere…
lo
vogliamo entrambi. Però…
Dio
non voglia, ma cosa farò se dovessi restare incinta? Non ci possiamo permettere
una cosa del genere.
L’ eccitazione cresceva, la resistenza era una pratica dura
che richiedeva forza e a ciascuno era chiaro cosa volesse l’altro; non
riuscivano più a nasconderlo, né lo avrebbero fatto per molto ancora. Ma il
sesso per una come lei, poteva essere un problema non da poco. Solo certi
timori bloccavano l’ evolversi naturale delle cose.
Mentre pensava a tutto questo, come se provenisse da un
punto lontano, la voce della Delfina si fece strada nella sua mente,
riportandola al presente.
“ Oscar… madamigella Oscar! Avete sentito quello che vi ho
detto?”
Maria Antonietta l’aveva chiamata gentilmente, ma con
insistenza, e ora la stava guardando con leggera perplessità, mentre teneva una
pezza di stoffa tra le braccia.
“Sì? Oh, scusate Altezza Reale… ero concentrata su altro e
così… perdonatemi, che cosa mi avete chiesto?”
Mentre poneva la domanda, avrebbe voluto darsi della
stupida; si era lasciata cogliere di sorpresa proprio dalla principessa e se ne
rammaricava. Fu assalita da un’ ondata di nervosismo represso che trattenne con
tutto il contegno di cui era capace, ma ignorò volutamente gli sguardi curiosi
delle dame che la stavano osservando dietro i loro ventagli variopinti.
Maria Antonietta le mostrava una pezza di stoffa di un
delicato color grigio tortora.
“Oscar, volevo sapere che ne pensate di questo colore…
sapete, siete davvero strana ultimamente: c’è qualcosa che vi preoccupa?”
“Vi assicuro, nulla di serio, Altezza Reale.” Rispose Oscar
reclinando leggermente la testa.
Maria Antonietta sorrise.
“Sono un po’ sorpresa; non è da voi essere distratta. Se non
vi conoscessi bene direi che sembrate quasi innamorata.”
E dopo quelle parole, Maria Antonietta si lasciò scappare
una piccola risata argentina. Oscar non nascose lo stupore, poi si mise a
ridere anche lei, solo per celare l’ansia scatenata dal commento della Delfina.
No, così non andava bene.
Doveva smettere di dare simili impressioni agli altri; era
troppo pericoloso, ed essere costantemente al fianco della principessa la
metteva decisamente troppo in vista.
Almeno quando era in presenza di un pubblico, non doveva
pensare al suo problema. Cosa non facile, perché
l’ amore infiammava il suo cuore, invadeva ogni pensiero, ogni fibra del suo
essere. Per questo, doveva apparire ancora più rigorosa di quanto non fosse di
solito. Ammetteva che Andrè era più abile di lei in questo gioco, o forse per
lui era solo più facile essendo in una posizione meno esposta; non si presta
particolare attenzione ad un servo.
Pensava con spavento alla possibilità che altri notassero
qualcosa; bastava un banale pretesto per scatenare pettegolezzi a corte, e una
chiacchiera del genere sarebbe arrivata anche all’orecchio di suo padre, con
conseguenze gravi. Si sentì sollevata pensando che il generale sarebbe rimasto
lontano due settimane.
Non voleva correre un simile rischio.
Non era una variabile che voleva prendere in considerazione,
semplicemente non doveva accadere.
Lasciati gli appartamenti della principessa, Oscar raggiunse
il cortile della reggia dove l’attendente la stava aspettando trattenendo i
cavalli.
Non riuscì a nascondergli la sua espressione; un’ ombra di inquietudine
le velava lo sguardo azzurro. André le passò le redini di Caesar, poi si portò
sul fianco del suo cavallo scuro per montare in sella, e si decise a chiedere
spiegazioni.
“Vuoi dirmi che cosa c’è che non va?”
Oscar non rispose subito.
“Un attimo fa, la principessa mi ha detto che sembro
innamorata…” era rimontata a cavallo e guardava il ragazzo dritto negli occhi.
“Io spero sia vero. Mi sembra una bella cosa, ma tu hai
l’aria preoccupata…”
“Lo sai qual è il problema, André.”
“Temi che ci possano scoprire… è questo, vero?”
“Lo ammetto, a volte ho un po’ di paura, ma non del fatto
che possano scoprirci: siamo piuttosto attenti. In realtà, temo di non saper
nascondere ciò che provo. Se anche Maria Antonietta ha intuito qualcosa, allora
chiunque potrebbe arrivare alle stesse conclusioni; la corte è un nido di
vipere ed è molto pericoloso dare certe impressioni...”
Dalle labbra le uscì un sospiro pesante. Spinse ai fianchi
del cavallo per avviarsi lentamente. André la guardò indulgente e si apprestò a
seguirla verso l’ala sinistra del parco, dove c’era l’ orangerie.
“Ti stai allarmando per nulla; sei sempre con la principessa
ed è normale che lei possa aver captato un tuo cambiamento, ma non può intuirne
la causa.”
Le parlò in tono rassicurante; anche lui in realtà, un po’
era preoccupato, ma cercava di non darlo a vedere.
“Dimentichi Fersen; anche lui mi ha fatto delle domande
strane.”
“Io di Fersen non mi preoccuperei; è troppo preso dalla
principessa per preoccuparsi di altre cose. Probabilmente quella frase a cui ti
riferisci è stata detta senza reale malizia.”
Oscar fu un po’ sorpresa di sentirlo così sicuro, eppure ne
fu rassicurata.
”Può darsi, ma non so cosa aspettarmi da Fersen; che sia
preso dalla principessa è cosa abbastanza evidente, e lei lo incoraggia un po’
troppo: spesso lo riceve in privato e questo fatto ha già scatenato delle
velate critiche al comportamento della Delfina.”
Seguì un breve silenzio, saturo per Oscar di un assillo che
non poteva più nascondere.
“Sai, non pensavo fosse così difficile vivere un amore
clandestino… tutti questi sotterfugi, gli incontri di nascosto, non so… A volte
mi sembri così tranquillo, Andrè. Io non lo vivo come te…”
Le parole di Oscar lo spaventarono; non aveva mai riflettuto su come stesse vivendo tutto quanto.
“Cerco solo di mantenere la calma, mi sembra la cosa
migliore e più semplice da fare. Neppure io voglio correre rischi, ma spero che
non diventi un problema per te.”
“No. Per ora non lo è, non preoccuparti…”
Lentamente si avviarono lungo il parco restando in silenzio.
Passarono lungo le siepi del giardino all’inglese e notarono
diverse persone che passeggiavano lungo i sentieri, dame e gentiluomini che
conversavano tranquillamente.
Percorsero alcuni metri e si imbatterono in una giovane dama
vestita di giallo, che correva e rideva con una leggera civetteria, mentre
fingeva di fuggire dalle braccia del suo corteggiatore.
I due sconosciuti amanti non prestarono attenzione a loro, troppo
presi da se stessi e dalle gioie del loro sentimento. Lei si nascondeva dietro
un arbusto, mentre lui si avvicinava di soppiatto, e improvviso la catturava
stretta tra le sue braccia.
La fanciulla sospirava e opponeva una leggera resistenza, ma
in realtà non cercava altro che il momento giusto per la resa.
Oscar per qualche attimo prese ad osservarli; era un gioco,
il solito gioco che spesso si poteva incontrare lì.
Il gioco furtivo degli amanti che si inseguivano finché
finalmente l’uomo non fosse riuscito a rubare un bacio alla sua amata.
Un gioco che si faceva alla luce del sole, qualcosa di
innocente e leggero, in fondo.
Qualcosa di falso, in un mondo che lo era altrettanto.
Ma i baci tra lei e Andrè erano veri, rubati al tempo in un
raro momento di solitudine, allo spazio, schiacciati dietro un muro o nascosto
tra le foglie di un arbusto.
I loro baci proibiti erano infrazioni alle regole del vivere
civile e attentati rischiosi al cuore che tremava per ogni sussulto, per ogni
foglia calpestata.
Erano baci di un amore incredibile e sfrontato, che osava
dove gli altri non osavano e per questo rischiava mille volte di più.
Anche adesso Oscar aveva voglia di osare, voleva prendersi
ciò che era suo.
La giornata era ancora piuttosto lunga e altre mansioni
l’attendevano. Ma l’attesa era qualcosa che la logorava e ogni stratagemma
poteva essere attuato per vincere il lento stillicidio delle ore che la
separavano dalla sera, dal tramonto che scendeva sulla reggia e che li avrebbe
accompagnati verso il loro vero momento d’intimità, nella casa famigliare e
sicura che li accoglieva sempre alla fine di ogni giornata.
“Andrè, più tardi Sua Altezza uscirà per una cavalcata; devo
controllare il percorso che farà fino all’estremità del parco della reggia. Tu
vai avanti e aspettami in prossimità del Gran Canal: ti raggiungerò subito.
Devo dare alcune disposizioni a Girodelle. Poi finalmente potremo stare un po’
da soli.”
Una buona mezzora più tardi erano insieme in prossimità dei
boschi che crescevano all’estremità opposta dei vasti giardini di Versailles, un posto poco
frequentato, che confinava con la riserva di caccia del re.
Erano fermi in prossimità di una radura, i cavalli vicini
quasi a toccarsi con i fianchi.
Oscar dalla sella si sporse verso Andrè e con una mano si
era aggrappata alla sua nuca per attirarlo a sé.
Quando erano a Versailles, Andrè lasciava sempre che fosse
lei a scegliere il momento in cui avvicinarsi.
Le loro bocche si fusero in un bacio lungo e intenso, si
persero in quel contatto intimo e segreto delle lingue che li bruciò come
fuoco.
Attorno a loro il rumore delle fronde e il silenzio della
boscaglia.
Quando Andrè si staccò da lei, diede una rapida occhiata
attorno.
“È sempre rischioso qui… ma l’ azzardo rende tutto più
eccitante…” La voce era un sussurro roco.
“Non ce la faccio, Andrè… non ce la faccio a starti lontano
per troppo tempo; le ore qui a Versailles sembrano non finire mai.”
André era sceso da cavallo e si era piazzato davanti a lei,
le aveva posato una mano sulla coscia nervosa fasciata dai pantaloni della
divisa e Oscar era stata colta da un fremito, mentre un piacevole calore le
invadeva il ventre.
Il desiderio divenne palpabile per entrambi.
“Scendi da cavallo, Oscar…”
La sua voce arrochita, fu come un colpo di frusta. Oscar con
un balzo fu a terra e si gettò fra le sue braccia.
Si assalirono aggrappandosi disperati uno al corpo
dell’altra, trasportati da fremiti brucianti, col desiderio sempre più vivo e
lancinante di andare oltre, di gettarsi a terra e strapparsi le vesti.
Finirono contro il tronco di un albero e poi tra l’erba, e
le mani di Andrè osarono impudiche sul corpo di Oscar, tra le cosce, sopra e
sotto i suoi vestiti, e quando lei sentì che stava per trovare la sua pelle
segreta e delicata, lo fermò trattenendo il respiro quasi con sforzo.
Lui per un momento ne fu sorpreso; non pensava di essersi
sbagliato, ma aveva creduto che lo volesse anche lei.
“Non qui, Andrè… lo voglio quanto lo vuoi tu, ma non in questo
posto…” e mentre parlava con voce lievemente alterata, gli accarezzava le
guance e la bocca con le dita lunghe e bianche.
“Tutto ciò che voglio, io l’ho già qui, tra le mie braccia.”
“Non vorresti di più? Mi sembra che tu…”
La sentiva tremare leggermente.
“Sì, Oscar… - rispose baciandola con più dolcezza – io ti
voglio… ma se hai paura, io posso aspettare… e alla fine, sarà bellissimo,
vedrai…”
Lei sorrise felice, con lo sguardo commosso.
In quei momenti, quando loro erano insieme, la paura
scompariva.
Si fidava di lui, delle sue parole. Dei suoi gesti gentili.
Con un lungo sospiro, lui le posò la testa sul seno, che si
mostrava pallido tra pizzi e pieghe di seta della camicia aperta, mentre le
mani di Oscar accarezzavano leggere i riccioli scuri e umidi che gli cadevano
sulla fronte. Nel cielo, oltre le fronde degli alberi, le nuvole in viaggio
correvano nel vento della sera.
Continua…
Aggiornato in
data 4.11.2013
In origine,
nella prima pubblicazione del 2009 questo capitolo era molto più lungo, ma in
questa versione l’ho diviso in due parti, e fin da ora presenta delle
differenze; quella più sostanziale è l’introduzione di questa disinvolta
sorella maggiore di Oscar – direte che ho la fissa - che ritroveremo anche nel
prossimo capitolo. Da qui in poi, la storia subirà qualche notevole cambiamento
che potrebbe influenzare il suo sviluppo finale. Alla fine, io spero che vi
piaccia come, e magari, più dell’altra versione. Grazie sempre per tutta l’attenzione
che ci mettete e per gli eventuali commenti che vorrete fare. Sono davvero uno
stimolo importante per me. Grazie grazie grazie!!!!
Messaggio
dell’autrice: questa storia è in fase di revisione, e al momento sono stati
aggiornati e conclusi i primi 5 capitoli.
“La
scoperta di Fersen” che in origine chiudeva questa ff verrà pubblicato a parte,
probabilmente come one shot, ma farà sempre riferimento a questa storia, perché
qui è collegata.
Il finale
di ‘Al bivio’ subirà variazioni, più o meno rilevanti, ma non so ancora dire di
che entità.
Intanto,
per correttezza, vi lascio una breve traccia del testo precedente, che
cancellerò in seguito appena posterò il capitolo, o i capitoli conclusivi. Scusate
il disagio. Un saluto.
Ninfea.
****
Era
mattina presto.
Una
leggera foschia rendeva il paesaggio vagamente irreale; le sagome scure degli
alberi apparivano di uno strano colore violaceo contro il cielo livido che stava
schiarendo lontano sull’orizzonte.
Un uomo a
cavallo si allontanava senza alcuna fretta da Versailles.
Era solo.
Era reduce
da uno dei suoi incontri segreti con una tra le donne più belle del paese.
L’unica a
cui non avrebbe mai dovuto avvicinarsi. L’unica da cui non sapeva allontanarsi
davvero.
Nel corpo
e nell’anima si sentiva perso, se lontano da colei che amava più di se stesso;
la felicità lasciata alle spalle, nel cuore solo il dolore per le lacrime di
lei e la necessità di riempire il vuoto delle ore, lontano da Maria Antonietta.
E non
bastavano le sue numerose amanti a riempire quella desolazione.
Voci
scandalose da un po’ di tempo circolavano fuori e dentro la corte; erano le
chiacchiere sulla sua presunta relazione amorosa con la regina.
Ormai a
Versailles non si parlava d’altro.
Viveva col
terrore che potessero giungere alle orecchie del sovrano e creare imbarazzo a
lei.
Quando si
incontravano in pubblico, non c’era sguardo, parola o gesto che non fosse
seguito con morbosa attenzione, nel tentativo di scoprire nuovi retroscena
della loro chiacchierata storia: erano come due primi attori sul palco di un
teatro, costantemente in primo piano.
Non sapeva
come evitare tutto questo e per quanto malessere portasse quella situazione,
non aveva la forza né il coraggio per impedire che accadesse.
Aveva
rotto anche il suo fidanzamento, e aveva detto a Oscar, che se non poteva avere
l’unica donna di cui era innamorato, meglio essere di nessuna.
“Ho deciso
che non mi sposerò mai, Oscar: è l’unico modo che ho per restarle fedele…” le
aveva confidato un pomeriggio con un dolore che non era riuscito a dissimulare.
All’inizio,
Oscar era rimasta in silenzio, assorta in un pensiero lontano, ma quando aveva
risposto, le sue parole lo avevano sorpreso.
“Riesco a
comprendervi più di quanto non crediate; a volte per restare fedeli ai nostri
sentimenti, bisogna avere il coraggio di accettare qualche sacrificio e
rinunciare a qualcosa.”
Erano
state parole sorprendenti, dette da una donna come Oscar.
L’amica
gli aveva manifestato una comprensione che non era del tutto certo di aver
capito.
Anzi, era
sicuro che avesse voluto dire qualcos’altro.
Era
concentrato nei suoi pensieri e non si preoccupava di guidare il cavallo verso
la sua casa.
La strada
che stava percorrendo portava direttamente verso Palazzo Jarjayes.
Aveva
voglia di incontrare Oscar e parlare un po’ con lei senza pensare ad altro.
Solo con
madamigella era riuscito ad aprirsi completamente, manifestando il suo disagio,
la sua ansia e il dolore che lo accompagnava, da quando era iniziato tutto.
Lei era
un’ ottima amica, lo comprendeva senza giudicarlo mai, non si era espressa in
nessuna maniera verso di lui o la situazione che lo vedeva coinvolto con la
regina.
Eppure lui
sapeva che Oscar era molto in ansia per Maria Antonietta, a causa delle dicerie
di cui era fatta oggetto a corte. Egli sapeva anche che aveva consigliato alla
regina di assumere un atteggiamento più cauto, per evitare il pericolo di uno
scandalo.
Fersen comprendeva
la sua preoccupazione e se ne dispiaceva; non avrebbe voluto essere la causa di
tutto, ma allo stesso tempo, non sapeva rinunciare a quell’ amore accompagnato
da un’ intensa agonia.