L’ombra della vendetta

di stellinabg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 – COMBATTERE PER QUALCOSA DI IMPORTANTE ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 – VOGLIO STARE CON TE ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 – RIALZATI! NON SCAPPARE! ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 – COMBATTERE PER QUALCOSA DI IMPORTANTE ***


CAPITOLO 1 – COMBATTERE PER QUALCOSA DI IMPORTANTE

 
If you want to fight and die for something, that's fine with me,
but do it for something meaningful.
” (Cora Hale, S3x12)


Brasília (Brasile), novembre 2013
La luna piena si stagliava nel cielo, grande e luminosa, rischiarando il bosco poco lontano dal centro urbano che, solitamente, era completamente immerso nel buio; rumori di spari risuonavano nell’aria, spezzando il silenzio che generalmente regnava in quel luogo remoto, in cui il chiasso della città non arrivava mai a turbarne la tranquillità.
Se ci fosse stato qualcuno fermo in un punto qualunque, avrebbe potuto vedere due sagome longilinee farsi largo tra gli alberi e i cespugli, seguite a poca distanza, da 3 o 4 tizi in moto da cross, vestiti di scuro e armati di fucili o balestre.

I capelli lunghi e castani ondeggiavano in aria, mossi dal movimento di quella corsa sfrenata per scappare ai propri inseguitori. Dietro di lei, una ragazza dai lineamenti tipicamente brasiliani, cercava di mantenere il passo, ma continuava ad incespicare e a cadere.
- Anita, corri! Non ti fermare! -
Sapeva che era fiato sprecato. La sua compagna di branco era sfinita e ben presto si sarebbe fatta catturare e uccidere da quelli che avevano tutta l’aria di essere dei cacciatori, probabilmente gli stessi che da qualche mese, stavano decimando i licantropi e le altre creature magiche della zona.

- Perché torni a Beacon Hills, Derek? Ti è per caso andato di volta il cervello? Non capisci che è una trappola? Lo capirebbe anche un bambino! -, chiese fuori di sé.
- Devo farlo, Cora! E’ la nostra città. -, rispose deciso il ragazzo.
- E’ questa ora la nostra città! -, protestò.
- Gli Hale sono stati i protettori di Beacon Hills per secoli, non possiamo tirarci indietro ora. -
- Sì che possiamo! Cosa hanno fatto gli abitanti di Beacon Hills per noi? La nostra casa è andata a fuoco e nessuno se ne è mai preoccupato, Laura è stata uccisa e hanno pensato bene di incolpare te, persino quei ragazzini a cui hai parato il culo per tutto il tempo, non hanno fatto altro che metterti nei guai… -
- Non puoi capire Cora -, la interruppe, per poi emettere un lieve sospiro di rassegnazione. -  Non ti chiedo di seguirmi, ma almeno non cercare di fermarmi…


Non sapeva nemmeno lei perché all’improvviso le era venuto in mente quel dialogo con suo fratello. Derek era partito già da un mesetto, abbandonando lei e i suoi compagni ad un destino ormai segnato. Le morti continuavano a susseguirsi, senza che loro potessero fare niente per fermarli; mentre i superstiti, impauriti per quella situazione, partivano in quantità sempre più maggiori. Cora si sentiva impotente e frustrata. Avrebbe voluto reagire, combattere, ma era consapevole che non avrebbero mai potuto avere la meglio. Inoltre, anche se avessero ucciso quei cacciatori, ne sarebbero venuti di nuovi e anche più agguerriti, stimolati dall’odio e dalla paura che quelle morti avrebbero causato in loro. E non importava se fosse stata legittima difesa, per i cacciatori erano i licantropi i mostri della situazione.
Un altro rumore di sparo risuonò nell’aria, interrompendo i suoi pensieri; uno sparo che Cora riuscì ad evitare per un soffio, grazie alla sua grande prontezza di riflessi. Essere una Hale la dotava di un istinto innato che tanti altri licantropi, seppur più grandi di lei, non avevano; tuttavia, la castana temeva che quell’istinto non l’avrebbe potuta proteggere per sempre. Fin troppe volte era riuscita a scamparsela da morte certa e una brutta sensazione l’attanagliava, permettendo alla paura di farsi largo in lei.
Ancora uno sparo e dietro di lei sentì nuovamente Anita incespicare su qualcosa e finire a terra. Cora si fermò a vedere, pronta ad aiutarla a rialzarsi, ma ancor prima che potesse voltarsi, percepì un forte odore di sangue.
- A-anita! -, esclamò con una punta di preoccupazione, notando che la compagna aveva una ferita d’arma da fuoco sulla coscia. Era sicuramente un proiettile con dello strozzalupo, considerando che la licantropa sembrava non essere in grado di rimarginare la propria ferita.
- Cora, va’! -, esclamò l’altra, probabilmente intuendo che per lei ormai la fine era vicina. La giovane Hale esitò qualche istante, osservando prima quanto si erano fatti più vicini i cacciatori e poi posando nuovamente lo sguardo sulla ragazza a terra che, pur cercando di rialzarsi in piedi, non ci riusciva. Non avrebbe più potuto correre e Cora non sarebbe riuscita a trascinarla, non senza farsi catturare lei stessa.
- Ti vendicherò! -
Fu l’unica cosa che poteva prometterle in una situazione del genere e, pure quella, non era sicura di riuscire a mantenerla. Riprese a correre veloce, mentre le lacrime le offuscavano la visuale.
- Maledizione! -, esclamò tra i denti, sorprendendosi lei stessa di quanto si stesse lasciando andare all’emotività. Si voltò indietro e notò come i suoi inseguitori avessero ignorato completamente Anita, per poter raggiungere lei. La paura e la consapevolezza che con ogni probabilità non avrebbe potuto tenere fede alla promessa fatta all’amica, le annebbiarono la mente. I cacciatori erano sempre più vicini e Cora era ormai esausta e senza idee per poter uscire incolume da quell’inseguimento. Ritornò con lo sguardo avanti a sé e tentò di aumentare la velocità, ma anche così sentì il rombo dei motori sempre più forti, segno che ormai mancava davvero poco agli uomini per esserle addosso.
Si voltò ancora indietro e spalancò gli occhi, non appena si rese conto di avere uno di loro a pochi metri da lei con una strana arma in mano. Non ebbe il tempo di pensare a nulla o di fare qualcosa che, improvvisamente, si ritrovò intrappolata in una rete elettrificata, senza nemmeno capire come l’uomo ci fosse riuscito. Una forte scossa le provocò un dolore indescrivibile e istintivamente la ragazza assunse la sua forma da licantropo, mentre un ululato di dolore risuonò nell’aria, probabilmente arrivando ad udirsi persino in città che, a quell’ora della notte, era immersa nel silenzio.


Beacon Hills, gennaio 2014
Era l’ultimo giorno di vacanze invernali, ma Liam aveva avuto davvero poco tempo per godersi quella pausa. Con tutte le lezioni che aveva perso per combattere il sovrannaturale e successivamente i cacciatori, il giovane licantropo si ritrovava con parecchie materie da recuperare, se non voleva rischiare di venire bocciato. Non poteva permettersi di deludere nuovamente sua madre e il suo patrigno che, anche se ormai non ne parlavano più, avevano dovuto affrontare un duro colpo quando il ragazzo era stato espulso dalla Devenford per il suo carattere violento. Per due persone affermate come loro (il patrigno era un medico rinomato e la madre era l’avvocato più richiesto della zona), era uno smacco davvero pesante da subire.
Come se non avesse già fin troppo da fare, i genitori di Liam avevano deciso di trasformare il piccolo studio che usavano per portarsi a casa il proprio lavoro, in una camera da letto per Theo che ormai abitava in pianta stabile da loro e che, fino ad allora, condivideva la stanza con Liam, dormendo in una piccola brandina posizionata vicino al suo letto. Ovviamente Theo, per mostrarsi riconoscente di quella decisione, si era offerto di provvedere lui stesso ai lavori, così Liam per non sembrare da meno, aveva detto che avrebbe dato una mano anche lui.
- Ancora non ci posso credere che Theo abiti a casa tua… -, commentò Mason, mentre lo seguiva con uno dei tanti scatoloni da portare in garage, -…ed ora, solo dopo due mesi, i tuoi genitori hanno deciso di chiederne la custodia legale e di creargli una stanza tutta per lui! -
- Eh già… -, rispose distrattamente. Liam aveva ospitato la chimera a stare a casa sua subito dopo la lotta contro la Monroe, con la scusa di volerlo tenere sotto controllo: in fin dei conti, era stato lui a riportarlo indietro dall’inferno, quindi si sentiva responsabile, non solo di quel che avrebbe potuto fare, ma anche della vita stessa del ragazzo. Così, quando aveva saputo che Theo per mesi aveva dormito in auto, Liam non ci aveva pensato due volte ad ospitarlo a casa. D’altronde, la chimera aveva ormai dimostrato di non essere un pericolo per gli altri e gli aveva salvato la vita diverse volte, tanto da convincere il giovane licantropo che non sarebbe stato un problema per l’incolumità dei suoi genitori.
- Che ci vuoi fare?! I signori Dunbar mi adorano! -, commentò Theo con spavalderia, sopraggiungendo proprio in quel momento nel garage con un altro scatolone, seguito da Corey che pareva un po’ in difficoltà con quello che trasportava lui, tanto che Mason si affrettò subito a corrergli incontro per aiutarlo, ignorando completamente l’altra chimera.
- Tsk…giusto perché non sanno cosa tutto hai fatto! -, rispose in tono leggermente acido il giovane licantropo, - Se lo sapessero, non acconsentirebbero mai ad avere in casa un assassino come te! -
In effetti, Liam per convincere i suoi genitori a prendersi cura del ragazzo, si era dovuto inventare una scusa plausibile, dato che i due erano completamente all’oscuro di tutto ciò che riguardava il sovrannaturale, cosa alquanto strana, considerata la tanta propaganda che la Monroe e Gerard avevano fatto in città.
- Eh? – Theo parve sorpreso di quella risposta o forse si divertiva solo a farlo credere.
- Ma come? Ti vuoi per caso rimangiare le belle parole che mi hai detto l’altra settimana? -, chiese la chimera, fingendosi rattristato. Liam doveva ammettere che era davvero un ottimo attore e forse era proprio per quello che aveva conquistato i suoi genitori in così poco tempo.
- Di cosa sta parlando? -, chiese Mason, dopo essersi scambiato un’occhiata interrogativa con il proprio ragazzo. A Liam sembrava che quei due a volte parlassero con la mente, quando si scambiavano certe occhiate di complicità, una cosa che un tempo a lui succedeva con Hayden, la sua bella e amata Hayden. Ripensare a lei, gli fece venire una grande nostalgia e si rese conto di quanto gli mancasse, a differenza della ragazza che, dopo aver ignorato ogni suo messaggio e ogni sua telefonata, aveva poi iniziato a non essere nemmeno più raggiungibile, segno che molto probabilmente aveva addirittura deciso di cambiare numero.
- Il qui presente Liam Dunbar… -, esordì Theo con fare teatrale, interrompendo i suoi pensieri, - …ha detto di tenere a me. -
- Bugiardo! -, lo ammonì il più giovane, - Ho detto solo di considerarti un amico… Ed è successo almeno due settimane fa! -
- Solo? -, chiese scioccato Mason, mentre Corey ridacchiava, visibilmente divertito da quel loro battibecco.
- Ragazzi…! -, la voce della madre di Liam giunse in lontananza, interrompendo la loro discussione, per avvisarli che aveva preparato un po’ di tè caldo, in modo che facessero una pausa. Erano ore che imballavano le cose nello studio per portarle nel garage e ora che ormai quella parte così noiosa era finita, era giusto che riposassero un po’, prima di iniziare a montare il letto e l’armadio, da aggiungere ai mobili che già erano presenti nella stanza, cioè la scrivania e la libreria.

Massachusetts Institute of Technology, gennaio 2014
Quella notte, tanti incubi avevano tormentato il sonno della giovane banshee che, finite la vacanze invernali, era rientrata proprio quel giorno nel Massachusetts. In realtà, non era stata molto sicura di lasciare Beacon Hills perché una terribile sensazione si era fatta largo in lei, ma un po’ tutti l’avevano spronata a partire, convincendola che la sua fosse solo paura di tornare a lezione. Lydia ne dubitava, dato che non era mai stata una con timori del genere, ma alla fine si era convinta ad andare. Aveva già perso troppi mesi di lezioni e, anche per una persona intelligente come lei, perderne altri, avrebbe potuto significare non passare gli esami di quell’anno e ritrovarsi a ripetere l’anno.

“La tua è solo paranoia, Lydia. E’ tutto tranquillo ora: la Monroe è fuggita chissà dove e a ritrovarla ci stanno pensando Stiles e Braeden, utilizzando le risorse del F.B.I. Tutto quello a cui devi pensare adesso è al tuo futuro, Lydia. A Beacon Hills ci pensiamo noi Hale, Liam e gli altri.”

Le aveva detto così Malia e, sebbene erano rare le volte in cui una cattiva sensazione di Lydia poi si dimostrasse infondata, era rimasta rincuorata dal fatto che comunque ci sarebbe stato chi avrebbe vegliato sulla città.

Aveva da poco varcato la soglia dell’enorme edificio in pietra e, dopo aver osservato sull’enorme tabellone in quale aula andare, aveva iniziato a salire la grande scalinata in marmo, tipica degli edifici molto antichi come quello. Ad ogni gradino, però, il senso di irrequietezza aumentava in lei, facendole ripensare all’incubo avuto quella notte. Un gradino, poi un altro. I passi diventavano sempre più difficili, finché non perse l’equilibrio e per poco non finì in terra. Fortunatamente, però, qualcuno l’afferrò giusto in tempo, impedendole di rotolare giù per le scale.
- Tutto bene? -
Davanti a sé, vide il viso di uno sconosciuto che, ad occhio e croce, poteva essere della sua stessa età: capelli corti e castani chiaro e occhi azzurri, altezza media; un tempo avrebbe anche potuto pensare che fosse affascinante, ma da quando si era legata a Stiles, si rendeva conto di non prestare più attenzione agli altri ragazzi. Affianco a lei, c’era una ragazza dai lunghi capelli ricci color castano e occhi nocciola; anche lei una bella ragazza e Lydia era sicura di averla già incrociata, probabilmente nel residence universitario in cui pernottava o magari a qualche lezione.
- Sì, grazie. Ho solo messo male il piede… -, si affrettò a rispondere. I due parvero crederle, così li vide allontanarsi da lei, mano nella mano, lasciandola sola con i suoi pensieri.

Beacon Hills, gennaio 2014
Natalie Martin era appena entrata nel proprio ufficio da preside del Liceo, quando il proprio cellulare iniziò a squillare. Lo prese in mano e vide subito che la chiamata proveniva dal telefono di sua figlia e la donna credeva anche di sapere il motivo per cui la ragazza la stava chiamando. La sera prima, infatti, prima di recarsi in aeroporto, Lydia le aveva consegnato una pennetta usb, raccomandandosi tanto di farla avere a Liam Dunbar. La donna non sapeva esattamente quale fosse il contenuto di tale penna, ma aveva capito che era qualcosa di molto importante e, considerando che il destinatario era Liam, che da quel che Lydia le aveva detto era un licantropo, Natalie era convinta che si trattasse di qualche files che riguardava il mondo soprannaturale.
- Buongiorno, tesoro! -, la salutò allegramente la donna, appena aperta la chiamata, sedendosi sulla propria sedia - Non ti devi preoccupare, ho Liam proprio qui davanti a me ora… -
Natalie, infatti, aveva appena incrociato il ragazzo nel corridoio e lo aveva convocato nel suo ufficio. In quel momento, anche lui era seduto su una delle sedie, dall’altro capo della scrivania, e la osservava con espressione visibilmente perplessa. La cosa era più che comprensibile, visto che ancora non aveva avuto modo di rivelargli il motivo per cui gli aveva detto di seguirla nel suo ufficio.
- E’ Lidya? -, le chiese Liam. Natalie annuì con un cenno del capo per poi tornare a concentrarsi sulle parole della figlia.
- Oh, sono sicura che fosse solo un incubo. Non ti devi preoccupare per nulla… -
A quelle parole, vide Liam saltare su dalla sedia, visibilmente preoccupato. Con il suo super-udito da licantropo, doveva aver sentito perfettamente ogni parola della ragazza e, con ogni probabilità, non credeva che fosse qualcosa da liquidare così alla leggera. Natalie però era più preoccupata per sua figlia e non voleva che sprecasse il proprio futuro, rimanendo nuovamente immischiata in qualche pericolo soprannaturale. Le esperienze passate avevano segnato la donna a tal punto da portarla alla conclusione che doveva pensarci lei ad evitare che Lydia ripiombasse in quei problemi. Aveva già rischiato di perderla una volta, quando era stata costretta a chiuderla ad Eichen House, non avrebbe permesso che qualcos’altro potesse metterla nuovamente in pericolo.
- Me la può passare, per favore? -
Natalie fece cenno al ragazzo di fare silenzio, portandosi un dito davanti al naso e poi gli fece cenno di tornare a sedersi, mentre si affrettò a chiudere quella telefonata.
- Hai una lezione adesso, no? Pensa a quello. Qui è tutto sotto controllo. – La figlia non sembrava molto convinta, ma dovette cedere subito, dicendo di essere arrivata in aula e che il professore era già lì.
- Buona giornata, tesoro! -
Posò il telefono sulla scrivania e puntò nuovamente il proprio sguardo sul giovane licantropo che pareva piuttosto deluso di non aver potuto parlare con Lydia.
- Questo vale anche per te, Josh -, esordì con lo stesso tono materno che aveva usato con la figlia.
- Liam, signora Martin… -, lo corresse il ragazzo.
La donna rimase perplessa qualche secondo, mentre un leggero prurito sul collo, la portò a grattarselo con le dita, prima di proseguire a parlare: - Sì, scusa, mi devo essere confusa. Comunque hai dei voti molto bassi e troppe insufficiente, Liam. Se non recuperi, rischi di non superare l’esame finale… -
- Oh…! -, esclamò il ragazzo. Sembrava nuovamente sorpreso, ma poi parve assumere un’espressione più seria. – Se mi ha convocato per ricordarmi del mio pessimo rendimento, non ce n’era bisogno. Me lo ricordano già troppo spesso in troppe persone… -
La donna iniziò a giocherellare con la pennetta usb, chiedendosi se fosse il caso o meno di farla avere al ragazzo: la situazione scolastica di Liam era molto grave e un'altra distrazione dai suoi doveri da studente gli sarebbero costati davvero la bocciatura.
- E’ per questo che ho chiesto a Lydia di darmi una mano. Con i suoi appunti, sono sicuro di poter recuperare. Sono quelli, vero? -
La donna si destò dai propri pensieri, non appena vide il dito di Liam, puntare proprio la pennetta che aveva in mano e, dopo aver esitato qualche istante, si decise a porgergliela. Era evidente che il ragazzo aveva origliato tutta la conversazione telefonica tra lei e sua figlia, quindi era inutile tenergli nascosto che quella pennetta era proprio per lui e la donna sperava proprio che si trattasse solo di materiale scolastico e non di qualche files sul mondo soprannaturale, come aveva creduto inizialmente.
- Immagino di sì… -

***
Per la prima volta in vita sua, Theo credeva di potersi ritenere felice: aveva finalmente una famiglia che lo amava e degli amici. La giovane chimera non credeva nemmeno di meritarsele così tante cose positive nella propria vita e gli incubi che aveva ogni notte, da quando era tornato dall’inferno, gli ricordavano ogni atrocità che aveva commesso, facendogli sentire un dolore atroce al petto. Ovviamente era solo suggestione per colpa dell’incubo, ma ogni volta che nel sogno la sorella gli strappava il cuore, Theo aveva l’impressione che succedesse realmente.
Da un paio di settimane, però, gli incubi sembravano svaniti, gettando la chimera nel panico più totale. Ovviamente era un sollievo non provare più quel dolore, ma Theo temeva che, non avendoli più a ricordargli con tanta forza le sofferenze che aveva inflitto agli altri, potesse ricadere nei vizi del passato. Cosa sarebbe successo se avesse perso nuovamente il controllo? Paradossalmente, la paura che ciò potesse accadere, sembrava tormentarlo  anche più degli incubi che aveva avuto.
Era immerso in questi pensieri, quando entrò nell’aula di letteratura e, dopo aver fatto un rapido cenno di saluto a Mason e a Corey, prese posto dietro a quest’ultimo.
- Dov’è Liam? -, gli chiese Mason, voltandosi verso di lui.
- Dalla preside… -, tagliò corto, sistemandosi meglio nel banco dietro a Corey che vide scambiarsi un’occhiata perplessa con il proprio ragazzo.
- Dalla preside? E come mai? -
- E che ne so!? -, rispose leggermente spazientito. Gli stava simpatico Mason, ma a volte destava quando gli faceva delle domande tanto stupide. Come poteva pensare che lui potesse sapere una cosa del genere? – Non sono mica la sua balia! -
Per fortuna, in quel momento, entrò il professore, salvandolo da ulteriori domande idiote e qualche istante dopo, comparve anche Liam, con espressione trafelata, segno che doveva aver corso per non fare tardi.
- Cosa ti ha detto la signora Martin? -, gli domandò subito Mason, senza nemmeno dargli il tempo di sedersi, ma Liam non fece in tempo a rispondere, perché il professore richiamò tutti all’ordine per iniziare la lezione. Mason e Corey, quindi, dovettero girarsi in avanti per evitare di venire sgridati dall’uomo; mentre Theo, invece, rimase lievemente voltato verso il giovane licantropo che, probabilmente intuendo la sua curiosità, gli mostrò una pennetta usb, per poi dire a sottovoce: - Gli appunti di Lydia… -
- Oh…! – Era una vera fortuna che Lydia si fosse offerta di mettere insieme tutti quegli appunti. L’andamento scolastico di Theo non era stato tanto brillante nel periodo in cui era un seguace dei Dread Doctors: non era da bocciatura, ma comunque era troppo mediocre. Dopo essere stato riammesso al liceo ad anno iniziato, nonostante la preside Martin gli avesse dato parola che avrebbero utilizzato anche i voti dell’anno che aveva interrotto, Theo voleva assicurarsi di fare bella figura. Lo doveva ai genitori di Liam per ripagarli della fiducia che avevano riposto in lui, facendo pressioni affinché fosse riammesso, ma anche alla preside Martin che  si era mostrata gentile nei suoi confronti, anche se quasi sicuramente, doveva essere stata malleata dalla figlia.
- Con gli appunti di Lydia, prenderò sicuramente dei bei voti… -, commentò, cercando di mantenere un tono di voce basso per non farsi sentire dal professore.
- E chi ti ha detto che ho intenzione di condividerli con te? – Theo lo guardò male: quando cercava di fare l’antipatico a quel modo, lo detestava da morire, ma la cosa non sembrò impensierire Liam. – Lydia li ha preparati per me. -
Avrebbe potuto supplicare, ma non era decisamente nel suo stile, così si limitò a rispondere in modo altrettanto provocatorio: - Hai per caso paura che possa uscire con una media più alta della tua? -
Fu in quel momento che la voce del professore si fece più alta, interrompendo la loro conversazione: - LIAM! THEO! Visto che avete così tanto voglia di parlare, venite qui alla cattedra interrogati! -

Massachusetts Institute of Technology, gennaio 2014
Lydia era nell’aula di fisica e prendeva tutti gli appunti della lezione con la sua solita meticolosità. A differenza di tanti altri che parevano avere lo sguardo perso nel vuoto o espressioni che lasciavano intuire che non avevano capito granché della spiegazione, alla ragazza sembrava ormai di essersi messa egregiamente in pari, tanto che spesso c’era chi le chiedeva una copia dei suoi appunti, elogiandola per la chiarezza con cui li scriveva. Era successo tutto quando aveva cercato di contraccambiare il favore di una ragazza che le aveva prestato gli appunti di tutte le lezioni che aveva perso: questa ragazza si era assentata qualche giorno perché si era presa l’influenza, così Lydia aveva fatto una copia dei suoi appunti da darle. Fu così che si sparse la voce che la ragazza dai capelli rossi era molto brava e i suoi appunti molto chiari e semplici da studiare.
- Ehy Lydia, non è che mi faresti vedere i tuoi appunti? -, le chiese una sua compagna di corso, seduta poco distante da lei, - Non sono sicura di aver capito la lezione di oggi… -
Senza protestare, la ragazza le porse subito il proprio quaderno, in modo che la compagna potesse darci un’occhiata e decidere se ne volesse fare una copia. Nel frattempo, Lydia stava rimettendo in borsa le proprie cose, per prepararsi ad andare alla lezione successiva, così non notò l’espressione perplessa della ragazza, almeno non fintanto che questa non commentò quel che stava leggendo.
- Sei sicura che questi siano gli appunti della lezione di oggi? -
- Sì… -, rispose, alzando lievemente le spalle, non capendo quale fosse il problema. Istintivamente posò il proprio sguardo sul foglio e solo allora comprese cosa avesse spiazzato la compagna.
- Ti prego, non un’altra volta… -, commentò, ad occhi spalancati, rendendosi conto di aver riempito almeno tre pagine con dei simboli strani. Pareva proprio una specie di codice, come quello che aveva poi prodotto la lista dei bersagli del benefattore.
- Eh? -
- Scusami, devo scappare. Ti prometto che ti farò avere gli appunti. -

Beacon Hills, gennaio 2014
- Ti odio! -, disse Liam, mostrando un espressione seria verso Theo. Quest’ultimo, però, non sembrò scomporsi più di tanto: - Sai che novità? Me lo hai detto talmente tante volte che ormai ha perso anche valore… -
- Dai non ti è andata poi così male… -, cercò di calmarlo Mason, - …se non altro, non hai preso un’insufficienza. -
- Stai cercando di difenderlo? -, chiese il giovane licantropo, mostrandosi leggermente risentito. Non poteva credere che il suo migliore amico potesse schierarsi contro di lui.
- Se avessi voluto difenderlo, avrei detto che tu per primo hai iniziato a chiacchierare… -
- Mason! -, esclamò, in tono di rimprovero, mentre Corey se la rideva sotto i baffi e Theo mostrava quella sua espressione compiaciuta che aveva ogni volta che qualcuno gli dava ragione.
- Sai che vi dico? Vi odio, tutti e tre! – Sebbene avesse mostrato un’espressione seria, non lo pensava veramente e i suoi amici lo sapevano perfettamente, tanto che in tutta risposta scoppiarono a ridere.
- Mason, sarà il caso di andare… -, intervenne poi Corey, ricordando non solo al proprio ragazzo, ma anche a lui e a Theo che dovevano muoversi ad andare alla lezione successiva. Mentre i primi due sarebbero andati ad una lezione avanzata di biologia, Theo e Liam avevano invece una lezione di biologia intermedia. Stavano per separarsi, quando il telefono di tutti e quattro iniziò a vibrare nelle loro tasche; così, quasi simultaneamente, presero i propri cellulari e notarono che c’erano dei nuovi messaggi nel gruppo di whatsapp che avevano con Scott, Lydia e gli altri.
- Oh, cavolo! -, esclamò Liam non appena visualizzò le immagini che la banshee aveva inviato nella chat. Era l’unico tra loro a sapere della lista del benefattore, oltre a Mason che però non aveva mai visto la forma originaria con quel codice strano.
- Che cos’è? -, chiese Theo, osservandolo con espressione perplessa, la stessa che aveva anche Corey.
- Credi che sia una lista come quella del benefattore? – Mason, sebbene avesse sempre visto quella lista solo già decriptata, doveva aver intuito che le foto inviate da Lydia dovevano essere qualcosa di simile.
- Potrebbe… -, rispose, mentre leggeva i messaggi sul telefono. A quando pareva, anche la ragazza, Scott e Stiles erano di quel parere. – Dobbiamo assolutamente decriptare il codice e scoprirne il contenuto! -


Los Angeles, novembre 2013
Una pesantezza assurda alla testa, alcuni stralci di conversazione e degli sballottamenti, quest’ultimi probabilmente erano il segno che forse la stavano trasportando da qualche parte, ma non riuscì a capire dove, dato che tutto intorno a lei c’era solo del metallo. Inoltre, ogni volta che Cora provava ad aprire gli occhi e sembrava riprendersi, sentiva un ago sul suo collo e, pochi attimi dopo perdeva nuovamente conoscenza.
Non seppe dire quante volte ciò accadde, così come non seppe calcolare quanto durò quel viaggio, ma ad un certo punto, attorno a lei ci fu silenzio e gli sballottamenti sembrarono finiti. Aprì gli occhi e si rese conto di essere sdraiata sul pavimento di una stanza, mentre attorno ai polsi, sentì qualcosa che la stringeva. Provò a fare forza per levarsi ciò che aveva ai polsi, ma una scossa elettrica partì immediatamente, facendola desistere dal continuare a tentarci.
- Buongiorno, dolcezza! -, la salutò una voce maschile. Il tono sembrava volutamente provocatorio, così Cora si alzò a sedere di scatto e, ignorando il leggero capogiro che le era venuto per quel movimento improvviso, puntò le proprie iridi nella direzione da cui era venuta la voce. Fu così che davanti a sé, vide un viso famigliare con due occhi color ghiaccio e dei capelli ricci di color castano chiaro.
- Tutto bene? -, le chiese il ragazzo, questa volta in tono più tranquillo.
- Sarebbe andata meglio se non avessi dovuto vedere il tuo muso come prima cosa al risveglio, ragazzino! -, rispose in tono sarcastico.
- Ok, sta bene! – Lo vide voltarsi di lato per dire quelle parole, così Cora seguì il suo sguardo e, solo in quel momento, si rese conto che c’era una terza persona con loro: si trattava di una ragazza, sicuramente più giovane di loro, dai lunghi capelli leggermente mossi e di colore castano scuro.
- E’ sempre così simpatica? – Sentì una punta di sarcasmo nel tono della sconosciuta e le parve anche che l’avesse guardata un po’ male.
- Oh, no… Oggi è anche fin troppo gentile -, rispose il ragazzo, in tono di presa in giro.

 
N.d.A.
Ciao a tutti!
Innanzitutto, vorrei precisare che nella sezione in cui Theo e Liam parlano di quando Liam ha confessato alla chimera di considerarlo un amico, si riferisce ad una one shot che ho scritto recentemente, dal titolo "Mai più rimpianti". Quando l'ho scritta, non aveva ancora in mente di inserirla temporalmente nella timeline di questa storia, mi è piaciuto farci un piccolo riferimento.
Per quanto riguarda questa storia, invece, la trama si colloca principalmente qualche mese dopo alla sconfitta della Monroe e prima dell'episodio del salvataggio del giovane licantropo di nome Alec, ad opera di Scott e Chris Argent. Sono previsti però dei flashback ambientati in periodi differenti (di volta in volta specificherò sempre il periodo temporale).
La trama principale c'è l'ho già in mentre, si tratta solo di scriverla ed ampiarla bene. Per ogni aggiornamento, quindi, spero di non dovervi fare aspettare più di due settimane, salvo imprevisti (in realtà, spererei di riuscire ad aggiornare con cadenza settimanale, ma i miei impegni non mi consentono di garantirvi che ciò succederà).
Per finire, ci tengo a ringraziare tutti quelli che seguiranno questa mia fan fiction (la mia prima long e la cosa mi spaventa un po') e spero che qualcuno di voi si soffermerà per lasciarmi un proprio riscontro (sia positivo che negativo).
Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 – VOGLIO STARE CON TE ***


CAPITOLO 2 –  VOGLIO STARE CON TE


“I'm with you, all of you... because you're right about Scott.
And whatever happens next, I want to be with you.”
 
(Hayden Romero – S5x17)



Interstatale 5 (Beacon Hills-Los Angeles), agosto 2013
Hayden era seduta sul sedile del passeggero, accanto a sua sorella che, mentre guidava, le descriveva il posto in cui sarebbero andate a vivere e altre cose per convincerla che lasciare Beacon Hills non sarebbe stato così terribile. La ragazza però non era d’accordo. Lasciare i suoi amici era stato straziante, soprattutto lasciare Liam. Aveva fatto quegli occhioni così dolci a cui Hayden non riusciva mai a negare nulla, ma questa volta la mora aveva potuto fare ben poco per evitare un dispiacere al ragazzo perché la decisione non dipendeva da lei. Era già da tempo che Valery pensava ad un trasferimento, ma Hayden era riuscita a convincerla a ripensarci e, molto probabilmente, anche lo sceriffo Stilinski e Parrish, con cui lavorava sua sorella, avevano contribuito a farle rimandare quella decisione. Quella volta, però, era stata irremovibile. Aveva visto troppe cose terribili e inspiegabili a Beacon Hills e i propri nervi non avrebbero più retto oltre; inoltre, riteneva che fosse più sensato un trasferimento prima che Hayden iniziasse il nuovo anno al liceo perché poi, altrimenti, avrebbe dovuto aspettare che la ragazza si diplomasse per cambiare città.

“Non posso vivere un altro anno di questo inferno, Hayden.”

Era così che le aveva detto la sorella e la giovane licantropa non aveva saputo cosa dire per convincerla a resistere ancora un altro anno. Il suo animo era totalmente diviso in due: voleva molto bene a sua sorella e l’avrebbe seguita davvero ovunque; ma al tempo stesso, l’amore che provava per Liam le rendeva quella partenza troppo difficile da affrontare e sapeva che era così anche per il ragazzo.

“Continueremo a sentirci e poi, potrei anche venire a trovarti per le vacanze. Un anno passa in fretta! E poi, dopo possiamo vedere di iscriverci alla stessa università.”

In realtà, Hayden più che rassicurare il ragazzo, cercava di convincere soprattutto sé stessa che avrebbe potuto resistere tutto quel tempo senza Liam, ma solo un paio d’ore dopo essere partita, già sentiva la mancanza del ragazzo. Figurarsi resistere un anno intero! Poi, come se fosse fatto a posta, la stazione radio che stavano ascoltando in auto, proprio in quel momento aveva deciso di trasmettere la canzone che lei e Liam sentivano sempre quando stavano insieme. A quel punto, non seppe più resistere, non con la loro canzone in radio: Hayden prese il telefono e iniziò a fare un video da inviare poi al ragazzo. Filmò un po’ sé stessa e un po’ la strada, mentre canticchiava la canzone; poi, finita la canzone, iniziò a dire qualche parola per esprimergli quanto lo amasse e quanto fosse dura stare lontana da lui.
Sua sorella, probabilmente capendo quanto fosse importante quel video per lei, rimase in silenzio tutto il tempo, finché un furgoncino bianco con uno strano logo sopra, non iniziò a sfanalare e poi ad aumentare la velocità, fino a portarsi al loro fianco e iniziare a dare dei colpi alla loro auto.
- Ma che fa? -, chiese Hayden, perplessa, decidendo a quel punto di fermare il video, - Vuole portarci fuori strada? -.
Era spaventata sì, ma sapeva anche che se si fosse trasformata in licantropa, avrebbe senza dubbio risolto ogni cosa. Peccato che non poteva assolutamente farlo davanti a sua sorella o le sarebbe preso sicuramente un colpo.
- Hayden, tieniti forte! -, esclamò Valery, aumentando la velocità. Non sapeva cosa avesse in mente la sorella, ma la ragazza non era molto sicura che gli sconosciuti sul furgone avrebbero desistito tanto facilmente. Infatti, qualche secondo dopo, sentì un colpo dietro, poi le parve di sentire uno sparo e lo scoppio di una gomma. A quel punto, sua sorella sembrò non avere più il controllo della vettura, che si andò a schiantare contro un albero. Il colpo fu davvero forte, tanto che sia lei che Valery furono sbalzate fuori con violenza. Hayden non ci mise molto a riprendersi e si affrettò a raggiungere la sorella.
- VALERY! -
Non ci voleva un genio per capire che ormai era morta: nessuno avrebbe potuto sopravvivere ad uno sbalzo simile, nessuno a parte una con dei poteri soprannaturali come lei. Tuttavia, Hayden continuava imperterrita a chiamare la sorella, nella vana speranza che potesse riprendere i sensi.  Nel frattempo che la licantropa era concentrata su Valery, gli sconosciuti del furgone l’avevano già raggiunta e circondata e, appena Hayden se ne rese conto, si trasformò in lupo mannaro, decisa a farla pagare a quelle persone.
- Cosa pensi di fare, piccola beta, tutta sola? -, domandò uno di loro, in tono di sfida. Fu così che Hayden capì di non essere davanti a dei delinquenti qualunque, ma che con ogni probabilità quelli erano dei cacciatori e la morte di Valery era stato solo un effetto collaterale per arrivare ad uccidere lei. Si osservò velocemente intorno, alla ricerca di una via di fuga, ma non c’era modo di scappare in alcun modo; tuttavia, ci volle provare lo stesso, ma riuscì a muovere solo un passo, prima di venire colpita da un proiettile.



Beacon Hills, gennaio 2014
Buio, irrequietezza, paura. Liam corre in un bosco, più veloce possibile. Teme di non arrivare in tempo.
Ed ecco, il rumore di uno sparo.
- Aiuto! -, la voce di Hayden risuona chiara al suo orecchio. Aumenta allora l’andatura. Deve farcela! Non può deluderla.
-No, ti prego! -, la sente supplicare. Percepisce la sua paura e l’odore del suo sangue. E’ vicina ormai.
Un altro sparo, proprio nel momento in cui era riuscito a raggiungerla.
- HAYDEN!!!! -
La vede cadere, in terra, con una ferita mortale in corpo, proprio accanto al corpo senza vita di sua sorella, l’agente Clarke. E’ arrivato troppo tardi…


Liam si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva all’impazzata. Quell’incubo lo aveva sconvolto sul serio. Ovviamente, non era la prima volta che sognava la ragazza, ma quella era la prima volta che la sognava in una situazione di pericolo e non sapeva dire se fosse per tutto ciò che stava accadendo in quel periodo, con Lydia che aveva avuto presagi di omicidi a Beacon Hills e poi quel codice che ancora dovevano decifrare,  o se forse quella era veramente una premonizione di ciò che sarebbe successo alla ragazza. Sempre che non le fosse già successo. Per quel che ne sapeva, Hayden poteva già essere morta, visto che da quando era partita, non aveva avuto più sue notizie e non aveva avuto alcun modo per rintracciarla.
- Tutto bene, Liam? -, la voce di Theo, ovviamente ad un tono di voce percettibile solo a lui per non svegliare i suoi genitori, gli arrivò dall’altra stanza, interrompendo i suoi pensieri.
- Sì, torna a dormire… -, rispose, anche lui mantenendo un tono molto basso.
In realtà, Liam non stava per niente bene. Si sentiva irrequieto e non credeva di poter chiudere nuovamente occhio. Sapeva già che avrebbe passato il resto della nottata a pensare ad Hayden, a tutti i bei momenti passati con lei, a domandarsi come mai avesse voluto tagliare i contatti con lui dopo la promessa che si erano fatti e, soprattutto, se stesse ancora bene.
Oltre il muro, sentì il letto di Theo cigolare leggermente, poi il rumore di passi da lì fino alla sua stanza, finché non vide comparire il ragazzo sulla soglia della sua porta. Istintivamente, Liam si portò le coperte fin sopra alla testa. Non voleva farsi vedere in quello stato da lui, anche se sapeva che dal suo battito cardiaco la chimera doveva comunque intuire ogni cosa.
Lo sentì afferrare le coperte per tirargliele giù e per qualche secondo, Liam riuscì a fare resistenza; ma Theo era più forte di lui e alla fine dovette cedere.
- Ti ho detto che va tutto bene! -, sibilò nel buio.
- Davvero? Beh, non si direbbe proprio -, rispose il più grande in tono piatto, - E francamente, non posso dormire con il rumore assordante che fa il tuo cuore per l’ansia che hai… -
- Oh, scusa se ti tengo sveglio… -, commentò in tono sarcastico, sebbene sapesse che la protesta di Theo, in realtà nascondeva una grande preoccupazione per lui.
- Allora, mi dici cosa ti tormenta? -, gli domandò la chimera, sedendosi sul materasso.
Esitò qualche secondo, prima di rispondere, poi si decise a parlare, consapevole che Theo non avrebbe mollato tanto facilmente: - Si tratta di Hayden… ho sognato che lei e sua sorella venivano uccise… -
- E quindi? Era solo un incubo, Liam! -, minimizzò il ragazzo.
- Lo sapevo che non avrei dovuto dirtelo! -, tuonò il più piccolo, rigirandosi nel letto, in modo da dargli le spalle.
- Non capisco perché ti arrabbi così tanto… -. Questa volta Theo cercò di mantenere un tono più pacato.
- Non capisci? -, chiese voltando nuovamente verso l’amico, - E se Hayden e sua sorella fossero in pericolo? -
Theo rimase in silenzio. Ovviamente doveva essere in difficoltà a rispondere ad una domanda del genere.
- Ora capisci perché mi angoscio tanto? -
Ancora silenzio, poi finalmente la chimera riprese a parlare. – Liam… -, ci fu un’altra breve pausa, poi proseguì, - …da quando in qua sei una banshee? -
- Eh? - Fu l’unica cosa che riuscì a dire il licantropo, troppo sorpreso da quella domanda.
- Ti devo ricordare che è Lydia la banshee? E si dà il caso che lei non ha predetto nulla, quindi non hai niente di cui preoccuparti – A quel punto, senza nemmeno aspettare che lui replicasse qualcosa, lo vide alzarsi dal letto. – Sei proprio stupido, Liam! -
Messa in quel modo, il più piccolo non poteva davvero ribattere, né offendersi perché gli aveva dato dello stupido. In quel momento, anche lui si sentiva tale perché, di fatto, il ragionamento di Theo non faceva una piega. Nulla faceva pensare che Hayden potesse essere realmente in pericolo, ma Liam aveva lasciato che uno stupidissimo incubo lo facesse preoccupare senza motivo.
- Hai ragione, grazie… -
- Wow! -, esclamò Theo con quell’aria compiaciuta che Liam davvero detestava vedergli.
- Piantala! -, gli ringhiò, gettandogli addosso il cuscino, prendendolo in pieno. Theo, ovviamente, come era logico pensare, non rimase senza fare niente e glielo rilanciò subito sulla faccia.
Liam si tolse il cuscino dal viso e tornò ad assumere un’espressione seria. Nonostante Theo fosse riuscito a tranquillizzarlo, altre domande gli frullavano nella testa.
- Credi che sia una persona orribile? -
- Eh? – Questa volta fu il più grande a sembrare sorpreso e senza parole. – Non credo di essere la persona più adatta a cui chiederlo. Non credi? -
- E allora perché Hayden ha tagliato i contatti con me? -
Theo alzò le spalle e Liam non poteva biasimarlo per quello. In fin dei conti, gli aveva posto una domanda a cui era impossibile rispondere. L’unica che poteva dargli una spiegazione era la ragazza stessa, ma era a troppi chilometri di distanza e irrintracciabile al suo solito numero telefonico.
- Magari è stata la sorella a dirle di tagliare con te… - L’ipotesi della chimera non era poi tanto inverosimile: l’aveva già convinta a lasciare Beacon Hills e il branco, quindi poteva perfettamente averla convinta a non sentirlo più.
- Forse hai ragione e forse l’incubo che ho avuto è un modo che ha il mio subconscio di affrontare la situazione. Forse una parte di me, avrebbe voluto che l’agente Clarke non sopravvivesse a tutti i casini che ci sono stati. – Dette quelle parole, Liam si tirò le coperte fin sopra la testa. Si vergognava molto di quel che aveva detto. – Sono una persona orribile! -
- Ah beh, io non posso dire nulla su questo. Se fossi stato al tuo posto, il vecchio me sicuramente l’avrebbe fatta fuori con le sue stesse mani. -

***
Da un paio di settimane, a Beacon Hills si stavano susseguendo degli omicidi. Non si sapeva ancora se gli eventi fossero collegati o meno, ma lo sceriffo Stilinski credeva proprio di sì, anche se ancora non aveva capito lo schema dell’assassino. Così, lo sceriffo continuava ad osservare la lavagnetta trasparente su cui aveva attaccato le foto delle 5 vittime che avevano ritrovato fino a quel momento. Sotto ad esse, aveva scritto alcune delle caratteristiche principali di ogni vittima: età, lavoro, hobby e tutto ciò che poteva essere rilevante per cercare un collegamento tra loro. Sulla mappa della città attaccata alla parete,  poi, aveva segnato con dei pallini rossi il luogo in cui erano stati ritrovati i cadaveri e con dei pallini verdi dove abitavano.
Tuttavia, più continuava ad osservare tutti quei dati, e più non capiva che collegamento potessero avere, perché di fatto, non parevano assolutamente averne. L’unica cosa che li accumunava era il modo in cui erano morti: sembrava avvelenamento, anche se non era chiara la sostanza usata. Ciò che pareva chiaro era che era stata somministrata tramite iniezione sul collo, con un ago un po’ più spesso del normale.
Si andò a sedere sulla sedia e chiuse gli occhi per immaginarsi suo figlio Stiles che, con del filo rosso, univa i vari punti per cercare un collegamento. Lo sceriffo non aveva mai capito come quel metodo potesse aiutare il figlio a capire qualcosa, perché di fatto, ciò che risultava era solo un ammasso di fili intrecciati in modo sconfusionato.
- Le ho portato il caffè…  -
Parrish, con due bicchieroni fumanti, entrò nell’ufficio destandolo da quei pensieri.
- Ti ringrazio -, disse l’uomo, facendogli cenno di sedersi sulla sedia davanti a lui.
- E’ già arrivato il referto del coroner? -, chiese con sorpresa il ragazzo, notando le informazioni segnate sulla lavagna.
- Già…e come previsto, la causa della morte è la stessa delle quattro vittime precedenti. -
Emise un sospiro e sorseggiò un po’ del caffè che il suo vice gli aveva portato.
- Ci sfugge qualcosa. Nessun collegamento tra loro, nessun testimone che possa fornire qualche indizio… Stiamo brancolando nel buio. -
- Già… -, confermò Parrish con espressione totalmente assorta nei propri pensieri.
- Credi che si tratti di qualche essere soprannaturale? -
- Se me lo chiede in qualità di vice sceriffo, no. – Disse, giocherellando con il proprio bicchiere di caffè. - Non mi sembra che possa esserci coinvolta una creatura sovrannaturale, ma solo una persona molto abile a nascondere le proprie tracce… -
- E se te lo chiedessi in qualità di segugio infernale? -, domandò lo sceriffo, notando come il ragazzo avesse specificato quella cosa, come se la risposta potesse essere diversa in condizioni differenti.
Parrish in quel momento stava sorseggiando un po’ del suo caffè, così scosse lievemente la testa.
- No, anche come segugio infernale, non penso che si tratti di qualcosa di sovrannaturale… -
- Capisco… -, commentò, decisamente sollevato da quella risposta.
- Tuttavia, il fatto che Lydia abbia previsto queste morti, deve voler dire qualcosa. Ok, di fatto, solo l’ultimo cadavere lo abbiamo trovato grazie alle sue informazioni, tuttavia ha sognato anche dettagli sulle morti della altre quattro vittime, dettagli che non poteva conoscere, dato che sul giornale non erano indicati… -
- E non è possibile che abbia previsto queste morti anche se non hanno a che fare con il soprannaturale? -, chiese lo sceriffo, con espressione assorta. Nonostante fosse a conoscenza da un po’ del mondo soprannaturale, c’erano ancora tanti dettagli che gli sfuggivano.
- Non saprei… -, rispose Parrish, alzando leggermente le spalle.

***
Peter Hale era comodamente sdraiato sul divano del loft di suo nipote Derek e leggeva un libro, mentre quest’ultimo era al telefono con qualcuno e, a giudicare da quel che il ragazzo stava dicendo, Peter aveva anche capito di chi si trattasse e quale fosse il motivo della telefonata, senza dover usare il proprio super-udito da licantropo per origliare la conversazione.
- Davvero intendi aiutare lo sceriffo Stilinski a fare il suo lavoro? -, chiese l’uomo senza distogliere lo sguardo dal libro, non appena la telefonata fu conclusa.
- Non si tratta di fare il suo lavoro, se dovesse esserci il coinvolgimento di un essere soprannaturale… -
- E pensi che sia così? -
- Non lo so ancora… E’ per questo che lo sceriffo mi ha chiesto di andare con lui in ospedale a riesaminare i corpi, nel caso che al coroner fosse sfuggito qualcosa… -
- Uhm capisco… -, commentò, questa volta posando lo sguardo sul nipote. – Vuoi che venga anch’io? -
- Non dovevi vederti con Malia? -, domandò Derek, sorpreso che suo zio si offrisse di aiutare.
- Ha annullato… Deve vedersi con Liam e gli altri. Sai, la questione del codice che ha scritto Lydia…? -, disse, dando per scontato che anche il nipote fosse aggiornato su quelle cose. Malia aveva informato Peter su tutte le novità e, da quel che sapeva, tutti gli altri si tenevano costantemente in contatto tramite una chat su whatsapp, chat in cui credeva che fosse presente anche Derek.
- Codice? Quale codice? -, domandò allarmato quest’ultimo.
- Fammi capire, tu non ti senti su whatsapp con gli altri? -, domandò perplesso.
- E cosa sarebbe? -, chiese a sua volta il moro, totalmente spaesato.
- Dio, Derek! Ma dove vivi?! -, esclamò Peter, ritenendo incredibile come il ragazzo fosse sempre così poco aggiornato sulle novità tecnologiche. – Dovresti rimanere a passo con i tempi! -
In tutta risposta, il ragazzo alzò gli occhi al cielo.

***
Era appena finita la lezione di economia, quando Corey e Mason uscirono dall’aula per raggiungere Theo e Liam in biblioteca. Il primo non aveva più lezioni per quell’ora, mentre Liam aveva volontariamente saltato la lezione del coach per evitare che partisse la copertura per giustificare la sua assenza agli allenamenti del pomeriggio. Non poteva di certo dire al signor Finstock che lui, co-capitano con Nolan, non si sarebbe presentato agli allenamenti per decriptare una lista che gli aveva inviato Lydia. Innanzitutto, avrebbe detto che la lista avrebbe potuto aspettare, soprattutto perché essendo stata scritta da Lydia, avrebbe pensato a qualche sciocchezza da ragazza; poi, avrebbe iniziato con tremila discorsi su quanto fosse importante che desse il buon esempio ai suoi compagni.
- Siete sicuri che non serve che vengo? -, chiese Corey. Quando veniva escluso da quelle cose, seppur meno importanti rispetto all’azione vera e propria, la giovane chimera si sentiva un po’ come se non facesse veramente parte del gruppo. Persino Mason, che di fatto non aveva alcun potere soprannaturale, sembrava avere un ruolo più fondamentale di lui nel branco.
- Ci sono gli allenamenti, non puoi saltarli. Questo fine settimana abbiamo una partita importante. Il coach potrebbe escluderti se non ti alleni… - Fu proprio Liam a parlare e, sapeva che lo diceva per esperienza personale. La sua posizione di capitano era stata messa in discussione proprio per l’incostanza che aveva mantenuto negli allenamenti e tanti ragazzi avevano perso il posto da titolare per la stessa ragione. – La squadra può stare senza di me, ma non senza di te. -
- Tu dici? -, chiese perplesso. Il discorso di Liam gli sembrava troppo inverosimile ai suoi occhi. Per Corey, la presenza di Liam in squadra era fondamentale, dato che era uno dei giocatori migliori, mentre non si poteva dire lo stesso della sua presenza che, nonostante i duri allenamenti, continuava a non brillare molto in campo.
- Certo! C’è un altro capitano, ma non un altro ragazzo in grado di fare il portiere. -
A quelle parole, la giovane chimera allargò le labbra in un sorriso, leggermente rincuorato da quelle parole.
- Ti facciamo sapere appena ci sono delle novità, ok? -, lo rassicurò Mason, dopo avergli impresso un lieve bacio sulle labbra.
Fu in quel momento che il telefono di Liam squillò.
- Ok, ragazzi…Malia è arrivata. Muoviamoci! -

***
Stare davanti al liceo di Beacon Hills, seppur si fosse diplomata da mesi e non lo frequentasse più, le faceva davvero uno strano effetto. Appoggiata al fianco della propria auto, osservava i ragazzi che uscivano dal cortile, mentre parlottavano e scherzavano tra loro e, mentalmente, rivisse i momenti che aveva trascorso con Scott, Lydia e Stiles. Ne avevano passate davvero tante lì dentro e, mentre i suoi amici avevano trovato la loro strada, Malia era ancora lì in città a chiedersi cosa fare della propria vita. Se c’era una cosa che però le era stato chiaro, era che odiava studiare e pensare di passare degli anni all’università era decisamente fuori discussione; sebbene le dispiacesse rimanere separata da Scott, non aveva intenzione di lasciare suo padre adottivo, il signor Tate, non dopo che si erano appena ritrovati. Era stato così che, dopo aver fatto finalmente la vacanza a Parigi che aveva dovuto rimandare a causa della battaglia contro la Monroe, appena ritornata a Beacon Hills aveva trovato lavoro come cameriera in un bar. Gli orari e la paga non erano un granché, ma erano comunque un buon inizio. Se non altro, riusciva a mantenersi le proprie spese, senza pesare su suo padre.
- Eccoci, Malia! – Liam, ormai a pochi passi da lei, le fece cenno con una mano. Dietro di lui, c’era ovviamente Mason, il migliore amico del giovane beta, e Theo che, per qualche strana ragione, Liam aveva preso a portarselo sempre con sé.
- Sia chiaro, lui non sale sulla mia auto! -, tuonò Malia, assottigliando lo sguardo verso la chimera. Nonostante tutti sembrassero disposti a dimenticare tutte le cose brutte che il ragazzo aveva fatto, la coyote ancora non riusciva a perdonarlo. Si era sentita presa in giro più di tutti perché Theo era riuscito a conquistare la sua fiducia che, raramente dava a chiunque, per poi tradirla per i suoi scopi personali.
- Malia…! - Liam disse il suo nome in tono di supplica, ma lei rimase con un’espressione seria, per mostrare che era irremovibile in quella decisione.
- Tsk…intanto non mi fiderei mai a salire in un auto guidata da te! -, sbottò Theo, dirigendosi verso la propria auto.
Malia notò un attimo di indecisione in Liam, poi però si decise ad aprire la portiera e salire in auto, nel sedile accanto al suo, mentre Mason aveva già preso posto dietro.
- Non guardarmi in quel modo, Liam! -, lo rimproverò la ragazza, mettendosi alla guida della propria auto. - Dopo tutto quello che ha fatto, io davvero non capisco come facciate a fidarvi di lui… -
- So cosa significa fare qualcosa di orribile, Malia… -, la interruppe il licantropo, riferendosi a quando aveva tentato di uccidere Scott. - Nemmeno il senso di colpa è sufficiente per espiare le proprie azioni. A te non è mai successo di fare qualcosa di imperdonabile?  Qualcosa che continua a tormentarti e a farti credere di non meritare ciò che c’è di buono ora nella tua vita? -
A quelle parole, Malia istintivamente ripensò alla sera di tanti anni prima, in cui aveva perso il controllo della sua forma da coyote e aveva ucciso sua madre e sua sorella. Il senso di colpa continuava a tormentarla costantemente; ed era proprio come diceva Liam, non credeva di meritare tutte le cose belle che le erano capitate negli ultimi anni.
- Tutti meritano una seconda possibilità, non credi? -, proseguì ancora il ragazzo.
Nonostante si ritrovasse molto nel discorso del giovane licantropo, però, Malia non era disposta ad applicarlo per Theo. Era più forte di lei: non riusciva proprio a perdonarlo e, molto probabilmente, non lo avrebbe mai fatto.

***
Nonostante fosse già qualche mese che era tornato a Beacon Hills, quella era la prima volta che aveva modo di rivedere la signora McCall, così la saluto con cordialità non appena la vide dietro al bancone dell’accettazione.
- Derek, non sapevo che fossi ancora a Beacon Hills… -
- Eh sì, alla fine ho deciso di rimanere. Pare che mi sia davvero impossibile stare tanto a lungo lontano da Beacon Hills… -
Fu in quel momento che arrivò anche lo sceriffo Stilinski, insieme al suo vice, interrompendo ulteriori interazioni tra loro.
- Melissa, Derek! Buongiorno! -
- Sceriffo! Parrish! -, li salutò a sua volta la donna, mentre Derek si limitò ad un cenno del capo.
La signora McCall sembrava pronta ad accompagnarli nella camera mortuaria per le autopsie, quando un medico si avvicinò a loro per dare una cartella alla donna.
- Monitora il post-operatorio e avvisami se succede qualcosa di anomalo… -
- Va bene -
Solo a quel punto, il medico sembrò accorgersi della presenza dello sceriffo e del suo vice. – Buongiorno, sceriffo Stilinski, posso fare qualcosa per voi? -
- Buongiorno, dottor Geyer. Oh, niente, volevo solo riesaminare i corpi dei recenti omicidi. Ho chiesto a Melissa di accompagnarci nella stanza… -
- Oh, capisco… - Lo sguardo dell’uomo a quel punto fu proprio su Derek, di cui probabilmente non riusciva a capire il ruolo lì in mezzo.
- E il signore…? -
- E’ con noi… -, si intromise lo sceriffo, evitando di dare ulteriori spiegazioni.
- Oh…! – L’uomo parve sorpreso, ma non fece altre domande e si limitò a tendere una mano verso di lui. – Piacere, di conoscerla! -
- Piacere, Derek Hale! -
- Uhm…perché il suo nome non mi è nuovo? -
Derek fece spallucce: non poteva di certo ricordargli dei suoi trascorsi burrascosi con la giustizia di cui, al tempo, avevano parlato tutti i giornali.
- Derek è un vecchio amico di mio figlio… -, intervenne Melissa, -…probabilmente ne avrai sentito parlare da Liam. -
Questa volta fu Derek ad essere sorpreso, ma si trattene dal fare commenti: solo in quel momento aveva collegato che quello era il patrigno del beta di Scott.
- Uhm, può essere… -, commentò l’uomo.

***
Theo era arrivato davanti a casa Stilinski già da un paio di minuti e, seduto su uno scalino, attendeva che anche gli altri arrivassero. Fu Malia a fare strada, con la chiave di casa in mano, presa in precedenza dallo sceriffo che era già al corrente di quel che avrebbero dovuto fare i ragazzi.
- E’ successo qualcosa? -, chiese sottovoce a Mason, notando la tensione improvvisa che c’era tra Malia e Liam. Impossibile non notare le occhiatacce e le risposte fredde che si davano, quando solo pochi minuti prima sembravano andare d’accordo.
- Oh, niente di preoccupante, solo una piccola differenza di opinioni… -, rispose Mason, affrettandosi a raggiungere la stanza di Stiles, dove Malia stava già accendendo il computer del ragazzo.
Theo lo seguì, senza dire nient’altro. Non ci voleva uno studio per capire che con molta probabilità, era proprio lui il motivo per cui i due avevano litigato e non poteva di certo biasimare la ragazza per avercela così tanto con lui.
- Lydia? -, chiese sorpreso Theo, notando che Malia stava digitando quelle lettere come password di accesso del computer, - Certo che è davvero prevedibile quel ragazzo! -
Malia si limitò a lanciargli addosso un’occhiataccia, mentre si spostò per fare spazio a Mason in modo che procedesse.
- Uhm, allora… -, esordì il migliore amico del licantropo, sedendosi alla scrivania, mentre con il mouse andava a cercare il programma da usare per la decriptazione del codice. Era una vera fortuna che Stiles avesse tenuto installato quel programma sul computer e soprattutto che lo avesse lasciato lì, invece di portarselo dietro a Quantico.
– Trovato! -, esclamò Mason, aprendo la finestra del programma. - Ok, Liam, dettami il codice… -

***
Derek continuava ad osservare i corpi delle cinque vittime e, come era stabilito dal referto medico, anche a lui pareva che l’arma potesse essere un’iniezione sul collo, anche se il foro era forse un po’ troppo grande per essere quello di una normale siringa.
- Allora? -, lo esortò lo sceriffo. Erano lì dentro già da 10 minuti e lui ancora non aveva espresso un parere in merito; aveva solo ascoltato le informazioni mediche e osservato i corpi, senza dire nemmeno una parola.
- Questi fori non sono un po’ troppo grandi? -, domandò Derek, in tono perplesso.
- E’ quello che credo anch’io… -, fu  Chris Argent a rispondere, entrando nella stanza proprio in quel momento. – Scusate il ritardo, ma stavo facendo un paio di ricerche… -
- Non sapevo che sarebbe venuto anche lei, signor Argent… -, disse lo sceriffo, -…ma sono contento che ci abbia raggiunto. -
- Scusate… -, si intromise la signora McCall, -…sono stata io a chiamare Chris. – Diede una rapida occhiata al licantropo dagli occhi di ghiaccio, prima di proseguire a parlare, - Proprio come Derek, avevo notato che i fori erano troppo grossi per una siringa e la sostanza che risulta essere la causa della morte non mi convinceva, così ho chiesto un consulto a Chris… -
- Si tratta di una combinazioni di diverse erbe tossiche, alcune presenti solo in Giappone… -, si intromise il vecchio cacciatore di licantropi.
- Hai mai visto qualcosa del genere? -, domandò lo sceriffo. Se c’era qualcuno lì dentro che poteva fornire dettagli importanti per risolvere il caso, sembrava essere proprio il signor Argent.
- Personalmente no, ma sono sicuro di aver già sentito di casi del genere… -, disse l’uomo, -…sfortunatamente però al momento non so darvi altri dettagli. -
- Capisco… -, commentò lo sceriffo Stilinski, assumendo un’espressione pensierosa.
- Credi che sia un essere soprannaturale? -, fu Parrish questa volta ad intervenire.
- Non necessariamente… -, rispose per poi lanciare una breve occhiata verso Derek che, per tutto il momento, non aveva più parlato.
Sebbene quello sembrasse un normalissimo caso di omicidio, Derek aveva una strana sensazione in merito. Ma come poteva esprimerlo, senza dare una vera motivazione valida?

***
Mason aveva finito di inserire tutto il codice e avevano anche ricontrollato per sicurezza che fosse stato scritto correttamente. Ora tutto quel che mancava, era la chiave di decriptazione. Fu per quello che tramite il computer di Stiles, i ragazzi fecero una videochiamata su skype a Lydia, l’unica che poteva essere in grado di decifrare il codice. Tuttavia, pure la banshee sembrava in difficoltà e lo dimostrava il fatto che continuava a sparare parole a casaccio.
- Provate Argent! -, esclamò la ragazza, come se avesse avuto un’illuminazione improvvisa.
- Niente… -, rispose sconsolato Mason, dopo aver verificato che anche quella chiave non andava bene.
- Se continui a sparare parola a caso, non ci riusciremo mai… -, commentò Liam, leggermente spazientito, mentre Theo si era arreso già da un po’ e si era sdraiato sul letto di Stiles a leggere un fumetto del ragazzo, ignorando le proteste di Malia che non era per niente d’accordo che la chimera usufruisse in quel modo delle cose del vecchio compagno di scuola.
- Lydia, concentrati! -, intervenne la coyote, avvicinandosi al computer, - Solo tu puoi trovare la chiave! -
- Allora… -, esordì la ragazza dai capelli rossi, assumendo un’espressione assorta, - Abbiamo già provato Monroe e Gerard… -
- Dai per scontato che la lista sia collegata a loro, ma se non fosse così? – Questa volta fu Theo a parlare, distogliendo per un attimo lo sguardo dal fumetto di Stiles.
- Odio doverlo ammettere, ma potrebbe avere ragione… Se fosse collegata agli omicidi che ci sono in città? -, disse Liam, dicendo la prima opzioni che gli era passata per la mente.
- No, sento che ha a che fare con loro… -, rispose la banshee, con lo sguardo perso nel vuoto, -…però forse mi è venuta in mente la parola. -
- Quale, Lydia? -, la esortò Mason.
- Prova con “Beacon Hills” -
Il ragazzo inserì il nome tutto attaccato e, come per magia, il codice si trasformò in una lista di nomi, alcuni dei quali con accanto la lettera “k”.
- Funziona! -, esclamò Malia e, a quel punto, pure Theo, che fino a quel momento aveva perso ogni interesse, si alzò dal letto per osservare lo schermo del computer.
- Beh, considerando che la “k” è vicino ai nomi di Brett e Lori e di altre persone che sappiamo essere morte, direi che è molto chiaro cosa sta ad indicare… -, disse la chimera.
- Wow! Come sei perspicace! -, commentò sarcasticamente Liam, - Meno male che ci sei tu, altrimenti noi non ci saremmo mai arrivati che “k” sta per “killed”… -
- Oh, sì, vuoi farmi credere che c’eri arrivato anche tu? -, domandò Theo, in tono provocatorio, mentre sul computer comparivano altri nomi, ma i due ragazzi erano troppo presi a litigare tra loro per accorgersene.
- Che bambini! -, esclamò Malia, incrociando le braccia al petto, osservando distrattamente lo schermo del computer. Mason era l’unico veramente attento ai nomi che uscivano fuori.
- Ragazzi, io vi saluto… -, affermò la banshee, facendo un cenno con la mano, - La mia compagna di stanza sta per tornare. Inviate la lista nel gruppo appena avete fatto… -
- Ok, Lydia… -, rispose Mason.
Tempo pochi secondi e il ragazzo riprese a parlare. - Ragazzi… -, li chiamò, con gli occhi fissi sullo schermo e l’espressione totalmente scioccata.
- Non ora! – lo mise a tacere Liam, ancora preso a discutere animatamente con Theo. A volte non si capiva se i due facessero così per scherzare, o se erano seri quando iniziavano a trattarsi in quel modo.
Malia fu l’unica a portarsi più vicino a Mason per leggere con maggiore attenzione i nuovi nomi che erano stati decodificati e anche lei ne rimase sconvolta.
- Se lo vede Liam, va fuori di testa… -, commentò la ragazza, mantenendo un tono di voce basso.

- Se vedo cosa? -, domandò il licantropo, tutto ad un tratto incuriosito, tanto da abbandonare la discussione con Theo e avvicinarsi anche lui allo schermo. Immediatamente, senza nemmeno a farlo apposta, tra i tanti nomi, gli saltò agli occhi il nome di Hayden, seguito dalla lettera “k”.
- No, non può essere vero! -, esclamò Liam, - Non… può… -
D’un tratto, respirare iniziò a diventare difficoltoso per il ragazzo. Era troppo sconvolto per quella scoperta e solo in quel momento capiva che se la ragazza non gli aveva più dato sue notizie, la ragione era diversa da quella che aveva ipotizzato fino ad allora. Non aveva smesso di scrivergli perché voleva lasciarselo alle spalle, ma per un motivo ben peggiore: stando a quella lista, infatti, Hayden era morta e questo  spiegava come mai fosse sparita di punto in bianco. Eppure, nonostante non ci fosse dubbio che quell’Hayden Romero era proprio la sua Hayden e che la “k” indicava che era stata uccisa, Liam non poteva accettarlo. Non riusciva proprio a credere che potesse essere successo.
- Ci deve essere un errore… -
Prima che potesse dire qualcos’altro, sentì Theo avvicinarsi a lui e posargli una mano su una spalla, nel vano tentativo di dargli conforto. Ma come poteva trovare pace, quando l’unica ragione della sua vita sembrava non esserci più?
- Cosa significa quell’asterisco? -, domandò all’improvviso la chimera.
- Che importa? -, sbottò innervosito. Qualunque fosse il significato, non cambiava il fatto che Hayden era morta, no?
- Uhm…non saprei… -, rispose Mason, - Ci sono solo altri due nomi con la “k” e l’asterisco… -
- Fate vedere… -, disse Malia, osservando gli altri due nomi, per poi indicarne uno in particolare. – Cora Hale?! Questa dovrebbe essere parente di Peter e Derek! -
Liam aveva sentito parlare della ragazza e da quel che ricordava era la sorella di Derek e si trovava in Brasile, o almeno era così finché Derek non aveva lasciato il Sudamerica per tornare a Beacon Hills.
- Dovremmo parlare con loro, allora… -, decise Mason, con un tono di voce fin troppo tranquillo per quel che riguardava Liam.
Davvero non riusciva a capire come il suo migliore amico potesse mantenere tutta quella calma, ma forse il problema non era Mason, ma lui: si lasciava andare troppo facilmente alle emozioni.  Era sempre stato così e quella volta non era stato da meno. Sopraffatto dal dolore, indietreggiò lentamente, lasciando che gli altri tre parlassero tra loro per discutere di quella faccenda e decidere cosa fare. Le loro voci giungevano sempre più ovattate alle sue orecchie, mentre le proprie iridi celesti venivano sempre più offuscate dalle lacrime che stava cercando di trattenere. D’un tratto, Liam si voltò e si diresse verso la porta d’uscita: aveva assolutamente bisogno di prendere una boccata d’aria.

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 – RIALZATI! NON SCAPPARE! ***


CAPITOLO 3 – RIALZATI! NON SCAPPARE



“It's not up to them, it's up to you.
You have to want this, because they're gonna keep coming at you.
They're gonna keep knocking you down.
And you have to get back up.
You have to show them that you can get back up.
Leaders don't run!”

(Scott McCall  – S6x02)



Beacon Hills, gennaio 2014

Theo era preoccupato per Liam. Alla girata degli occhi, aveva lasciato la casa di Stiles, senza dire niente a nessuno e, nonostante le tante chiamate al telefono, sia da parte sua che da parte di Mason, il ragazzo non dava cenni di vita.
Aveva già visto una volta come il licantropo aveva reagito alla notizia della morte di Hayden e, in quel momento, Theo sapeva che l’amico era una mina vagante. Poteva essere un pericolo sia per sé stesso, sia per gli altri. Avrebbe potuto perdere il controllo. O forse lo aveva già perso.
- Prima di andare da Derek, non dovremmo cercare Liam…? -, domandò, con un tono di voce che tradiva tutta la sua preoccupazione.
- A meno che tu non muoia dalla voglia di farti prendere a calci in culo da lui, è meglio lasciarlo in pace per ora… - Nonostante la risposta sarcastica di Mason, Theo sapeva che era preoccupato anche lui. E come poteva non esserlo? Era il suo migliore amico fin dall’infanzia, quindi lo conosceva anche meglio della chimera stessa.
- Se ci provasse, li piglierebbe lui tanti calci nel culo! -, esclamò, fingendo la sua solita spavalderia. Tuttavia, poteva fingere quanto voleva, ma non poteva mentire a sé stesso: nonostante si stesse mostrando indifferente, era davvero in pensiero per il ragazzo.
- Ti ricordo che lui è il beta del vero Alpha… -, Malia sottolineò quelle due ultime parole con il tono di voce, - ...Mentre tu solo una stupida chimera genetica. -
A quelle parole, tramite il riflesso dello specchietto retrovisore, Theo lanciò un’occhiataccia alla ragazza che era seduta nel sedile posteriore della sua auto. Aveva capito molto bene quello che voleva insinuare la coyote con quel commento e sapeva anche che la sua era una offesa intenzionale e non una battuta scherzosa.
- Vi prego, non iniziate… -, intervenne subito Mason, prevedendo come sarebbe andata a finire quella conversazione se avessero continuato a parlare. – Abbiamo già fin troppi problemi ora… -

***

Dopo aver lasciato casa Stilinski, Liam aveva fatto di tutto per cercare di sfogare quei sentimenti a metà tra la rabbia e la disperazione per aver perso Hayden. Nulla di stupido, stranamente, almeno non che si ricordasse. Per evitare di combinare disastri, si era precipitato verso il bosco e dopo una lunga corsa, si era messo a dare dei pugni contro gli alberi. Inutile dire che, ovviamente i tronchi rimasero danneggiati e alcuni alberi crollarono a terra.
Dopo qualche minuto di devastazione, gli occhi di Liam brillarono di giallo e un ululato risuonò nel buio della sera, un ululato che faceva trapelare tutta la sua disperazione e che, probabilmente era stato udito ovunque in città. Dopo ciò, il giovane licantropo si lasciò cadere a terra, in ginocchio, e iniziò a battere le mani sul suolo, mentre le lacrime non accennavano a volersi fermare, nonostante fosse da parecchio tempo che gli scivolavano sulle guance.
- Non dovevi lasciarmi -
Diede un altro colpo sul terreno.
- Hayden, avevi promesso… -
A quel punto, la voce fu rotta dal pianto. Non ce la faceva più. Gli sembrava che nulla avesse più senso a quel punto. Scott gli aveva lasciato il compito di proteggere la città, di essere una specie di alpha per il gruppo. Ma come poteva esserlo? Come poteva riuscirci se non era nemmeno stato in grado di proteggere la propria ragazza, la persona a cui teneva di più al mondo?

“Sei ferito?”

La voce di Brett gli risuonò inspiegabilmente nella mente. Alzò la testa che, fino a quel momento era chinata verso il terreno, e davanti a sé si immaginò di vedere il licantropo con la divisa verde della squadra di Lacrosse della Devenford. Istintivamente scosse la testa, proprio come aveva fatto la volta che, durante una partita, il ragazzo gli aveva rivolto quella stessa domanda.

“Sei vivo?”

A quella domanda però non rispose. Anche se era vivo, non era certo di potersi definire tale perché in realtà si sentiva morto dentro.

“Alzati!”

La voce del licantropo del branco di Satomi risuonò decisa e la sua espressione seria sembrava non ammettere repliche.

“Alzati, Dunbar!”

Si immaginò la mano del più grande tesa davanti a lui, per aiutarlo a rimettersi in piedi. Anche se era tutto frutto della sua immaginazione, Liam allungò il proprio braccio in avanti, come a voler afferrare quello del vecchio compagno di scuola, e si alzò da terra. Doveva reagire, o almeno provarci. Non poteva lasciare che i propri sentimenti gli facessero perdere la lucidità. Eppure, nonostante cercasse di convincersi di ciò, non ci riusciva: si sentiva terribilmente vuoto e inutile.

***

Derek stava tornando a casa, quando un ululato risuonò nell’aria, lasciandolo piuttosto sorpreso. Sembrava Liam. Ma per quale ragione stava ululando in quel modo tanto disperato? Era forse in pericolo?
Nel dubbio, si sarebbe lanciato in suo soccorso, se non avesse notato l’automobile di Theo davanti all’edificio in cui si trovava il suo loft e sapeva che se la chimera era lì, significava che il problema era piuttosto grosso. Lasciò la propria auto nel parcheggio, senza curarsi troppo di come l’aveva parcheggiata, poi salì in fretta le scale, dato che l’ascensore sembrava aver deciso di non funzionare più da quella mattina.
Non appena aprì l’enorme porta scorrevole, vide davanti a sé Peter insieme a Theo, Malia e Mason. Dalle loro espressioni e dal loro odore, era evidente la loro enorme preoccupazione.
- Dov’è Liam? Era lui ad ululare? -
- Sì… -, rispose Theo con un filo di voce. Era davvero strano che il ragazzo fosse così taciturno, segno che era successo qualcosa di grosso.
- Ha a che fare con questa… -, intervenne Mason, porgendogli qualche foglio pinzato insieme. Da lontano, pareva una lista stampata a computer e immediatamente capì che poteva essere la famosa lista di cui gli aveva accennato Peter quel pomeriggio.
Afferrò i fogli e prese a dargli un’occhiata veloce. Gli fu subito chiaro che era qualcosa di molto simile a quella del benefattore, ma con la differenza che accanto ai nomi non era stato assegnato alcun valore e l’unico segno di distinzione era una “k” che capì subito che stava ad indicare chi era stato ucciso.
Alzò lo sguardo dai fogli e osservò con espressione confusa i tre ragazzi davanti a sé che erano stranamente in silenzio, invece di strepitare e dire le loro solite sciocchezze da adolescenti.
- Derek, hanno ucciso Cora… - Fu Peter a parlare e il moro spostò subito lo sguardo su di lui. Era uno scherzo? No, a giudicare dall’espressione seria dello zio, stava dicendo la verità.
- Com’è successo? Quando? -, domandò sconvolto. L’ultima volta che aveva visto Cora era stato in Brasile, quando Derek aveva deciso di tornare a Beacon Hills, nonostante sua sorella non fosse d’accordo. Avevano anche discusso per quello: lei lo aveva pregato di rimanere a proteggere il branco, ma lui invece aveva preferito occuparsi della sua città natale, convinto che Cora e gli altri potessero cavarsela da soli. E invece, non era stato così e la colpa era solo sua.
- Non dovevo partire… -, disse con un filo di voce, abbassando il viso.
- Derek, non è il momento di lasciarsi andare ai sensi di colpa… - La voce di Malia risuonò decisa nella stanza, mentre Mason si avvicinò a lui, per indicargli il nome di Cora sulla lista.
- Sai cosa può significare l’asterisco? -, domandò il ragazzo, quasi come se sperasse che potesse essere qualcosa di positivo, qualcosa che potesse indicare che ancora nulla era perduto. - Ci sono altri due nomi con quel simbolo… -
In tutta risposta, Derek scosse la testa. Non aveva la più pallida idea di cosa potesse indicare quel simbolo, ma a differenza del giovane, non era per niente speranzoso.
- Quali sono gli altri due nomi? -, chiese poi, sebbene non pensasse che fosse troppo rilevante la domanda.
- Hayden Romero, la ragazza di Liam… -, rispose Theo, con espressione visibilmente accigliata. Ora Derek capiva come mai il giovane beta di Scott non era con loro in quel momento e perché lo avesse udito ululare in quel modo disperato.
- …e l’altro è un certo Isaac Lahey.- Non appena udì Theo fare quel nome, Derek sgranò gli occhi.
- Come hai detto? -, senza aspettare risposta, prese a cercare quel nome sui fogli e, non appena lo individuò, capì che si trattava proprio di chi pensava.
- Lo conosci? -, chiese Malia che ovviamente doveva aver capito che anche quel nome era importante quanto quello di Cora e di Hayden.
- Certo che lo conosce! - Fu Peter a rispondere, con un certo tono di saccenza che Derek riteneva un po’ fuori luogo in quel momento. – Isaac era uno dei beta di Derek quando è stato alpha, potere che ha ottenuto dopo avermi ucc… -
- Taci! -, tuonò il ragazzo, - Non è questo il momento di stare a recriminare sul passato. -
- Come vuoi, ma questo non cambia ciò che hai fatto… -, rispose lo zio, incrociando le braccia al petto.
Derek, in tutta risposta, si limitò a lanciargli un’occhiataccia, per poi tornare con lo sguardo sui tre giovani.
- Isaac veniva da una situazione famigliare difficile. Poi è rimasto orfano e fu accolto a casa McCall come uno di famiglia… -
- Questo prima o dopo che lo hai morso? -
Derek ignorò la domanda posta da Malia, dato che la risposta gli sembrava del tutto irrilevante in quel momento, e proseguì con il proprio racconto. Era evidente che i tre non avevano mai sentito parlare del ragazzo, quindi era suo dovere informarli su quanto fosse importante Isaac per tutti loro.
- Successivamente, iniziò una relazione con Allison Argent, la figlia di Chris Argent… -
- Come? Credevo che Allison fosse la ex di Scott… -,intervenne ancora una volta Malia.
- Già, anch’io avevo sentito dire così… -, confermò Mason.
- E’ vero anche questo. -, disse Derek, in tono piatto. – Allison è stato il primo amore di Scott, ma nonostante si amassero molto, le cose tra loro non riuscivano a funzionare. Scott amava così tanto Allison e provava talmente rispetto e affetto per Isaac da non opporsi alla loro frequentazione, nonostante in parte gli facesse male. Fu disposto a mettere i propri sentimenti in secondo piano, per il bene di due persone a cui teneva molto. -
- Tipico di Scott… -, commentò Theo.
- E poi cosa successe? Come mai non abbiamo mai conosciuto Isaac? – Ancora una volta fu Malia a fare la domanda.
- Dopo la morte di Allison, Isaac era troppo sconvolto, così come Chris Argent. Quando Argent decise di partire per la Francia, Isaac lo seguì e ci rimase anche quando Chris tornò a Beacon Hills… -
- Isaac in Francia, Hayden a Los Angeles e Cora in Brasile… -, esordì Mason, come se avesse avuto un’illuminazione, e probabilmente era giunto alla stessa conclusione a cui Derek era già arrivato qualche minuto prima.
- Già, l’asterisco probabilmente sta ad indicare che non erano a Beacon Hills al momento dell’uccisione, dato che questa è una lista di tutte le creature magiche della città… -
- Bisogna avvisare gli altri… - , intervenne Malia con la sua solita freddezza che la contraddistingueva.


California Healing Arts (Los Angeles), gennaio 2018

Era ormai sera e Scott, dopo una giornata di lezioni alla California Healing Arts di Los Angeles, stava rientrando nella propria stanza nell’enorme edificio che ospitava parecchie stanze per gli studenti iscritti a quel college.
All’inizio era stata dura vivere lì, lontano da casa e dai suoi amici, soprattutto considerando che essendo arrivato qualche mese dopo all’inizio delle lezioni, si erano giù formati alcuni gruppetti, così Scott si era sentito un po’ un pesce fuor d’acqua. Per fortuna, però, non gli ci volle molto ad ambientarsi e, nel giro di pochi giorni, aveva già fatto amicizia con alcuni ragazzi che avevano le stanze nel suo stesso piano.
- Ehy Scott… - Era a pochi passi dalla porta della sua stanza, quando una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione. Si voltò e davanti a sé vide un ragazzo alto e magro con i capelli corti e biondi, con affianco uno un po’ più basso e con i capelli scuri, leggermente mossi.
- Ciao ragazzi! -
- Stavamo andando a mensa… - Questa volta fu il ragazzo più basso a parlare. – Vieni con noi? -
- Sì, aspettate che lascio lo zaino con i libri… -
In quel momento, proprio mentre inseriva la chiave nella toppa, il proprio telefono prese a squillare, così Scott, mentre apriva la porta, tirò fuori il telefono dalla tasca per rispondere e, come vide che sullo schermo c’era il nome “Liam”, il ragazzo capì che poteva essere una conversazione lunga.
- Ehm, ragazzi…andate avanti. Vi raggiungo appena ho finito la telefonata. -
Senza aggiungere altro, entrò nella propria stanza e si chiuse la porta alle spalle, lasciando leggermente perplessi i suoi due nuovi amici. Una volta rimasto solo, il ragazzo rispose alla chiamata e si portò il telefono all’orecchio.
- Ehy, ciao Liam! Ci sono novità? -
Si aspettava una risposta da parte del giovane licantropo, ma tutto quello che udì fu il suono del respiro del ragazzo. Pareva leggermente accelerato, come se avesse qualcosa che non andava, così Scott iniziò subito ad allarmarsi.
- Ehy, Liam, tutto bene? -
Ancora silenzio, poi sentì un lieve singhiozzo.
- Liam, cos’è successo? -, lo esortò ancora a parlare e, dopo qualche altro attimo di silenzio, finalmente udì la voce del piccolo beta.
- Scott… -, esordì con un filo di voce, con la voce leggermente rotta dal pianto, - …è morta… -
- Di chi stai parlando? -, domandò, subito allarmato da quell’affermazione, temendo che si riferisse a sua madre. – Com’è successo?
- Hayden…non lo so Scott…ma è su quella lista di Lydia…è morta, Scott! -
Il giovane alpha non sapeva cosa rispondere. Sapeva molto bene cosa significasse perdere la persona che si amava perché a lui era successo con Allison. In quel preciso momento, gli ritornò alla mente la scena di lui che stringeva la ragazza tra le braccia. Era stata un’esperienza che lo aveva devastato e da cui probabilmente non si era ancora ripreso del tutto. Cosa poteva dire quindi per consolare l’amico?
In un certo senso, Liam già una volta aveva dovuto affrontare quel tipo di perdita e la cosa lo aveva sconvolto a tal punto, da perdere completamente la testa. Poi, per fortuna, Theo era riuscito a riportarla in vita con uno dei composti chimici creati dai Dread Doctors e successivamente, quando la ragazza aveva rischiato nuovamente di non farcela, era intervenuto Scott, trasformandola in uno dei suoi beta. Tutto sembrava andare bene, nonostante i tanti problemi che avevano dovuto affrontare, ma poi la ragazza era dovuta partire e da lì non si erano più avute sue notizie. Ancora una volta, Liam si era lasciato andare alla disperazione ed era stato difficile per Scott riuscire a fare reagire il piccolo beta. Ed ora, questa notizia. Sembrava che il destino volesse prendersi gioco del ragazzo e dei suoi sentimenti.
- Gerard… -, sibilò Scott all’improvviso, rendendosi conto che poteva esserci lui dietro a tutto ciò. In fin dei conti, anche Lydia, quando aveva scritto involontariamente quel codice, aveva avuto l’impressione che avesse un collegamento con l’operato di Gerard e della Monroe e, nonostante il primo fosse morto e la seconda non si sapesse dove fosse scappata, erano ancora una minaccia.

“Dove sono i tuoi due beta, eh, Scott? Quel ragazzetto, Liam, ha perso il controllo, non è vero? E l’altra? Hayden, giusto? Dove si trova, eh, Scott?”

Durante uno dei suoi ultimi confronti con il vecchio, l’uomo aveva pronunciato quelle esatte parole e, lì per lì, Scott aveva creduto che fossero solo domande poste a caso per innervosirlo e fargli perdere la lucidità. Ma ora che ci pensava, quando mai era successo che Gerard dicesse qualcosa a caso? Le sue parole erano sempre ben ponderate e, considerando che amava i giochetti, Hayden probabilmente era una delle sue tante sorprese che voleva usare per fare uscire Liam di testa, così che Gerard potesse rafforzare la propria propaganda contro i licantropi.
- Scott… - La voce di Liam interruppe i suoi pensieri.
– Io non posso…-, il suo tono lasciava trapelare quanto fosse sconvolto, - Mi hai affidato Beacon Hills e gli altri, ma io non posso…Non l’ho protetta, non posso proteggere nessuno. Non posso essere il loro alpha. Io non sono niente… -
A quel punto, Scott lo interruppe: - Liam, non è vero che non sei niente… -
Sapeva molto bene cosa significasse perdere qualcuno di importante e non riuscire più a trovare la forza per andare avanti. Era successo anche a lui, e non solo quando era morta Allison.
- Liam, ascoltami. Anche ai migliori leader può succedere di perdere persone importanti o di fare degli errori, ma ciò che conta veramente è non abbattersi mai. -
- Vuoi farmi credere che è successo anche a te? -, chiese alzando leggermente il tono di voce, evidentemente incredulo a quelle parole.
- Sì, Liam… Ho perso diverse persone che amavo e altre ho rischiato di perderle. Ci sono stati momenti in cui ho fatto degli errori di giudizio, rischiando di fare soffrire persone importanti; altre volte, mi sono ritrovato come se fossi solo contro tutti. Sono un alpha, ma sono anche un umano e gli umani possono commettere errori. Ma sono sicuro di non sbagliare quando dico che tu puoi essere un grande leader. Devi rialzarti e combattere per chi ancora crede in te. Mason, Corey e tutti gli altri contano su di te. Devi essere il loro alpha. Solo tu puoi farlo. So che puoi riuscirci. -

Beacon Hills, gennaio 2014
Chris Argent era piuttosto pensieroso quella sera. Per la prima volta, dopo tanti anni come cacciatore, gli sembrava di brancolare nel buio. I tanti omicidi che si stavano susseguendo, nonostante apparentemente sembrassero del tutto normali, presentavano delle particolarità piuttosto curiose e il suo istinto gli suggeriva che quelle morti erano legate al mondo soprannaturale. Tuttavia, non riusciva a venirne a capo. Non aveva mai incontrato un caso del genere e, sebbene avesse un lontano ricordo di un racconto con particolari simili, non era stato in grado di trovare nulla a riguardo nella libreria di famiglia e l’unico che forse avrebbe potuto avere informazioni a riguardo, Gerard, era morto.
Era a torturarsi con questi pensieri, quando improvvisamente la voce di Melissa lo riportò alla realtà: - Non c’era bisogno che mi venissi a prendere all’ospedale. Potevo tornare a casa da sola… -
- Non con un assassino in giro! -, tuonò l’uomo, mentre parcheggiata l’auto nel vialetto di casa McCall.
- Dopo tutto quello che è successo, credo di essere in grado di badare a me stessa… -
- Può darsi… -, si ritrovò ad ammettere, - Però, non voglio rischiare. -
Chris teneva davvero molto alla donna, anzi si poteva dire che l’amava, forse anche più della sua defunta moglie e questo lo spaventava da morire. Si erano conosciuti per caso, inizialmente le loro conversazioni erano limitate al minimo indispensabile; successivamente, a causa dei vari eventi, avevano preso a passare più tempo insieme e a conoscersi meglio, fino a legarsi a tal punto da provare dei sentimenti l’uno per l’altro.
- Beh, in tal caso, credo che dovrò ringraziarti a dovere per il tuo servizio di guardia del corpo… -
Notò una punta di malizia nel tono usato dalla donna nel dire quelle parole, prima di scendere dall’auto e avviarsi alla porta di casa.
- Direi proprio di sì… -, rispose lui, con il medesimo tono malizioso, seguendola dentro casa, ma non appena furono dentro, Chris le fece cenno di rimanere in silenzio e di rimanere in soggiorno. Lui, nel frattempo, tirò fuori una delle pistole dalla fondina e iniziò a salire al piano di sopra, da cui gli era parso di sentire un lieve rumore. Forse era solo una sua impressione, dato che Melissa invece pareva non aver percepito nulla a giudicare dal suo sguardo perplesso, o forse i tanti anni di addestramento lo avevano portato ad affinare l’udito, ma l’uomo preferiva accertarsene di persona.
Salì lentamente le scale, assicurandosi di non fare rumore, poi percorse il corridoio con altrettanta lentezza e circospezione, perlustrando le varie stanze, man mano che le raggiungeva, fino ad arrivare alla cameretta di Scott. Rimase a bocca aperta quando, spalancando la porta, vi trovò Liam che, per il rumore improvviso, da sdraiato si tirò a sedere sul letto, con gli occhi visibilmente arrossati.
- Liam? Cosa ci fai qui? -, domandò l’uomo perplesso.
Lo sentì singhiozzare.
- Mi dispiace per Hayden… - Fu Melissa, con quell’intervento a chiarire ogni cosa. Era arrivata alle sue spalle all’improvviso, senza che se ne rendesse conto.
- Ti avevo detto di rimanere di sotto… -, commentò con severità, voltandosi verso di lei, ma si bloccò, notando le lacrime che bagnavano il viso della donna e la sua espressione sconvolta.
- I…I… -
Stava cercando di dire qualcosa ,ma era evidente che c’era qualcosa che la turbava a tal punto da non riuscire a parlare e Chris conosceva ormai bene Melissa da sapere che doveva essere qualcosa di grave.
- Scott… -
Ancora una volta la donna si interruppe, ma notò che aveva il cellulare in mano. Che fosse successo qualcosa al figlio? No, era impossibile. Scott era troppo in gamba per finire male.
- Melissa, calmati! Dimmi cosa è successo! -, esclamò, in tono deciso, ma mantenendo uno sguardo rassicurante.
- Te lo ha detto Scott, non è vero? -, intervenne Liam, con la voce leggermente incrinata.
Melissa annuì con un cenno del capo, poi si gettò tra le braccia di Chris che ancora non aveva ben compreso cosa fosse successo di preciso.
- E’ mort… -
Ancora una volta la donna si interruppe e questa volta scoppiò in un pianto. Gli sembrò esagerata la reazione della donna, che sebbene fosse affezionata alla ragazza, aveva dimostrato sempre una grande forza, a parte quando si trattava di suo figlio.
- Lydia ha generato un codice con i suoi poteri, un codice che ha rivelato essere una lista di nomi di tutte le creature magiche di Beacon Hills, con indicato chi è morto. Tra queste c’è Hayden… -, spiegò il giovane licantropo in tono piuttosto incerto, dovuto al fatto che cercava di trattenersi dal piangere, - …la mia Hayden. -
- Oh…! – Adesso, il vecchio Argent iniziava a capire e, con delicatezza, cercò di scostare la donna da sé, con l’intenzione di avvicinarsi a Liam. – E posso vedere questa lista? -
Ancor prima di muovere un passo, si sentì afferrare al braccio dalla donna. D’istinto, si voltò ad osservarla. Era perplesso. Davvero non capiva il suo comportamento tanto insolito.
- E’ morto, Chris… -
Inarcò un sopracciglio. – Scott? Com’è possibile? -
Melissa scosse la testa, lasciando l’uomo ancora più confuso. Dalla reazione della donna, dopo aver vagliato diverse ipotesi, Chris aveva dato per scontato che si trattasse del figlio.
- E allora chi? -
- Isaac! -
A quel nome, Chris spalancò gli occhi per la sorpresa. Stava scherzando, vero? Ovviamente no. A giudicare dalla disperazione di Melissa che aveva accolto il ragazzo in casa per più di un anno, considerandolo come un figlio. Ora si spiegava la sua reazione tanto disperata; tuttavia, il vecchio cacciatore di licantropi, non riusciva a credere che Isaac potesse essere morto, che avesse raggiunto la sua amata Allison.
- Chi è Isaac? -, fu Liam questa volta ad intervenire, salvando Chris dall’immergersi in pensieri e ricordi tristi che, già avevano iniziato ad affacciarsi nella sua mente, costringendolo a combattere contro le lacrime.



Toulouse-Blagnac (Francia), settembre 2013

Con un piccolo zainetto sulle spalle, Isaac attraversò in gran fretta la hall dell’aeroporto, guardandosi di tanto in tanto alle spalle per accertarsi di non essere seguito, fino ad arrivare al bancone dietro cui si trovava una vecchia impiegata, visibilmente stanca di essere lì.
- Mi scusi, mi potrebbe dare un biglietto sola andata per il prossimo volo per Los Angeles? -, domandò in un perfetto francese che, dopo averlo studiato al liceo, aveva avuto modo di affinare vivendo in Francia.
- 450 euro -
Con velocità, Isaac porse alla commessa la carta di credito che il signor Argent gli aveva dato per le emergenze e quella era proprio un’emergenza. Al ritorno dall’università aveva trovato dei tipi loschi ad aspettarlo ed era riuscito a scappare per un soffio, peccato che nella fuga, aveva perso il cellulare. Avrebbe potuto comprarne un altro, certo, ma l’istinto gli aveva suggerito che la cosa migliore era scappare il prima possibile da lì, così eccolo all’aeroporto con le poche cose che gli erano rimaste.
- Bon voyage! -, esclamò, con poca enfasi la donna, porgendogli la carta d’imbarco. Qualcuno avrebbe potuto dire che sembrava che sapesse che quello non era un viaggio di piacere, in realtà Isaac era sicuro che l’anziana signora aveva ormai perso la voglia di fare quel lavoro.
Il ragazzo, dopo aver ringraziato frettolosamente, prese il biglietto e, dopo essersi dato un’altra occhiata alle spalle, si diresse verso il gate, già aperto all’imbarco del suo volo.



Beacon Hills, gennaio 2014

Dopo una lunga e pesante giornata di lavoro, non c’era nulla di peggio per il professore Finstock di dover sistemare il porcile che i ragazzi della squadra avevano lasciato nello spogliatoio. Possibile che, nonostante i vari rimproveri e le varie punizioni, ancora non avessero imparato ad essere più responsabili? Sospirò frustrato, brontolando di tanto in tanto qualche frase di protesta, sicuro che a quell’ora tarda della sera, ormai non fosse rimasto più nessuno nell’edificio, come praticamente quasi sempre. Se fosse stato possibile, avrebbe potuto mettere una brandina nel proprio ufficio, da quante ore passava dentro alla scuola. Talvolta, così preso dagli impegni scolastici, finiva con l’attardarsi a correggere qualche compito in classe, per poi ritrovarsi al mattino che si era addormentato sulla propria scrivania.
In fin dei conti, a casa non aveva niente e nessuno ad attenderlo, così non gli faceva alcuna differenza rimanere un po’ di più lì dentro; tuttavia, trovava davvero fastidioso dover ogni volta tenere in ordine gli spogliatoi, quando sarebbe stato compito dei propri studenti.
Sbuffò un’altra volta, mentre riponeva le palline da lacrosse in un cestone. Fu in quel momento che gli parve di udire dei passi dietro di sé. Si voltò di scatto, lievemente in ansia: tra le cose strane che si erano susseguite negli anni a Beacon Hills e la storia dei recenti omicidi, pure un uomo incosciente come lui si ritrovava ad essere un fascio di nervi.
- Cazzo, mi hai fatto paura! -, esclamò d’un fiato, per poi rilassarsi. – Cosa ci fa qui uno dei miei vecchi giocatori migliori? -, domandò poi al suo interlocutore, con quel suo tono che gli studenti non sapevano mai come interpretare, se come un rimprovero o come un segno di contentezza.
Seguì qualche secondo di silenzio, poi proseguì ancora il professore: - Voi ragazzi siete davvero imprevedibili! Pensare che solo qualche mese fa sono passati Jackson e il tuo fidanzato…uhm, come si chiamava? -, assunse un’espressione incerta, mentre pensava al nome del ragazzo che aveva visto insieme al vecchio capitano della sua squadra, - Aiden? O forse Ethan? -
D’un tratto, smise di parlare e sul proprio viso apparse un’espressione leggermente terrorizzata, notando come un’unghia del ragazzo si fosse allungata d’un colpo, in modo decisamente anomalo: - Ma cos…?! -. Indietreggiò, fino a ritrovarsi con le spalle contro gli armadietti. – Cosa vuoi fare? -, domandò ancora spaventato, rendendosi conto di non aver vie di fuga. Se avesse provato a scappare, il ragazzo lo avrebbe sicuramente raggiunto. All’improvviso, il proprio volto si illuminò, come se gli fosse venuto in mente qualcosa di rassicurante: - Dio, Danny! Devo ammettere che me l’hai fatta! Ottimo scherzo e quell’effetto speciale…Scommetto che è opera di Stilinski! A voi ragazzi non passa mai la voglia di burlarvi di me, eh? -
Nonostante quelle parole, però, il ragazzo mantenne un’espressione seria e, senza dire una parola, si fece sempre più vicino all’uomo, fino a sovrastarlo.

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