Nel tempo delle cattedrali di Always_sisters (/viewuser.php?uid=75359)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Prefazione:
Partiamo dal concetto che questa fic è nata in maniera
alquanto bizzarra; in poche parole è frutto di un qualche
delirio, quindi non aspettatevi nulla di che. La nostra idea
è quella di fare una rivisitazione del classico di Victor
Hugo: "Il gobbo di Notre-dame". Tuttavia, è opportuno
precisare alcune cose:
1) essendo una
rivisitazione, la trama non segue fedelmente le vicende del libro, ma
ne prende solo ispirazione.
2) Suddetta
storia non si ispira soltanto al classico, ma anche al film disney e ad
altre fonti
3) la storia,
invece di essere ambientata nel 1482 è ambientata in un
avanzato 1800
4) essendo delle
frane in storia, avrete l'opportunità di morire dalle risate
o dall'orrore (a vostra scelta XD) assistendo ad una
quantità sproporzionata di anacronismi.
5) eccetto per i
personaggi, la storia non si ricollega a death note
6) in conclusione
di questa infinita lista che vi starà sicuramente snervando,
per evitare incomprensioni, volevamo avvisare che Light si dovrebbe
ispirare al personaggio di Frollo, mentre L dovrebbe ricondursi a
quello del gobbo.
7) YAOI
perevisto! Siete stati avvisati XD
Detto
questo,finalmente (XD) buona lettura^^
Nel
tempo delle cattedrali
-capitolo 1-
Non
riusciva ancora a capacitarsi di quanto la vita, in un solo batter di
ciglio, potesse cambiare radicalmente, trasformandosi in qualcosa di
inimmaginabile fino a qualche attimo prima. Difatti, gli sembrava a dir
poco irreale il fatto di trovarsi a condividere un simile delicato
momento con un individuo che, nonostante gli anni trascorsi nella
stessa dimora, gli sembrava un totale sconosciuto.
Per di
più, estremamente bizzarro.
Il ragazzo in
questione, appena diciassettenne, era appollaiato su una delle sfarzose
sedie del salotto e, rifugiandosi sempre di più in quella
nicchia creatasi fra il suo petto e le ginocchia premute contro di
esso, lo guardava incuriosito, la testa leggermente reclinata contro la
spalla. Per quanto lui stesso non potesse fare a meno di sentirsi
alquanto interessato a quella nuova figura entrata a far parte della
sua vita, trovava quasi irrispettosa la naturalezza dei gesti di quel
nuovo compagno. A dire il vero, nemmeno lui, che era addirittura il
figlio dei defunti, riusciva a sentirsi addolorato, o quantomeno
coinvolto in quella tragedia; tuttavia, non sopportava il fatto che
colui che magnanimamente era stato accolto dai suoi familiari non si
struggesse per l'accaduto.
Il flusso dei
suoi pensieri venne interrotto dalla mano affusolata e pallida del
ragazzo che si allungava ad afferrare avidamente i biscotti che una
cameriera aveva portato poco prima, adagiati accanto ad un paio di
tazze colme di un rassicurante e fumante thè. L'irritazione
del ragazzo, a quel punto, non potè più essere
contenuta:
-Ti sembra forse
il momento di mangiare? - disse acido
-E' successo una
settimana fa.
-Beh, non
è comunque il caso di sminuire il tutto. Anche se, a
giudicare dal tuo comportamento l'evento è per te del tutto
irrilevante.
-Vorresti forse
dire che per te è differente?
-Cosa intendi?
-Quante lacrime
hai versato fino ad ora, Light? - chiese L, introducendosi in bocca un
dolcetto, e biascicando le parole tra un morso e l'altro.
Il ragazzo rimase
un attimo basito all'udire quelle parole, non sapendo bene cosa
rispondere. Aveva cominciato a conoscere quella specie di fratellastro
da appena qualche minuto, e già avrebbe voluto vederlo
sparire.
L, notando
l'esitazione del compagno, si lasciò sfuggire un sorriso
soddisfatto mentre nuovamente allungava con lentezza , quasi ad
enfatizzare il gesto, una mano
verso il vassoio.
-Sarò
io a dovermi occupare di te, d'ora in poi - disse, trovando opportuno
cambiare discorso
-Una buona
occasione per conoscerci?
-No. E' solo un
dovere.
-E cosa ti
obbliga?
-...i miei
genitori.
-Sono morti,
Light - disse l'altro impassibile.
-E' proprio
questo il punto- rispose l'altro, gongolando di una soddisfazione
puerile nell'aver azzittito il suo interlocutore.Percepiva il dolore
quasi come un elemento marginale, come fosse stato un inutile
accessorio rispetto alla soddisfazione derivante anche solo da pochi
minuti di un sottomesso silenzio proferito da L. Tuttavia, svanita
quella piacevole sensazione, gli bastarono pochi attimi per realizzare
l'effettiva situazione: lui, da quel momento, era davvero divenuto
responsabile del destino di quel giovane ragazzo con cui non aveva
avuto mai nulla a che fare e con cui mai avrebbe voluto rapportarsi.
Dopotutto, era un
comune gitano, come quei disperati che affollavano le strade di Parigi
e che, invano, invocavano la pietà di Notre-dame.
I minuti
trascorsero avvolti da un consapevole silenzio, talmente gravoso per
quelle due figure, da incurvare ancor di più la schiena di
L, come fosse stata schiacciata da un enorme macigno. Light, osservando
quella figura, ingobbita dagli eventi di una vorticosa vita, si
ritrovò a considerarsi quasi grato della presenza del
più giovane. Non che avesse un animo filantropico come
quello dei suoi genitori, e nemmeno gli interessava particolarmente di
lui. Semplicemente, privato della sua famiglia, si sentiva quasi
svuotatato di qualcosa, e questo, più che causargli dolore,
animava in lui un moto di enorme fasitdio a cui solo un appiglio come
quel gitano poteva porre rimedio.Occuparsi di lui in quell'istante
sembrò quasi essere l'unico scopo della sua vita, l'unica
fonte di salvezza da un baratro di insopportabile monotonia.
Quasi l'avesse
fatto apposta, L interruppe nuovamente i suoi pensieri, alzandosi
delicatamente dalla sedia e avvicnandosi al davanzale dell'imponente
finestra che dava sulla piazza. I suoi profondi pozzi neri vagavano
attenti su ogni piccolo angolo di quel luogo frenetico e nuovo,
guizzando vivi e curiosi, volenterosi di conoscere qualcosa mai visto.
E fu allora che il più grande realizzò che non
avrebbe mai potuto permettere qualcosa di simile. Non avrebbe mai
potuto permettersi di perdere anche lui e scivolare definitivamente nel
nulla.
-Pensi forse che
vi sia qualcosa d'interessante lì fuori? O quantomeno meglio
di questo posto?
-Non è
forse così?
Rise di gusto,
quasi trattenendo le lacrime.
-qui hai un
rifugio e tutto ciò che puoi desiderare. Cosa pensi di
trovare là fuori?
-Io...non so...
-appunto.
Credimi, non ne vale la pena.
-Perchè
non lasci che sia io a giudicare?
Per un attimo, fu
quasi tentato di porgli un secco divieto, di stabilire nuovamente la
sua tanto decantata superiorità su di lui. Ma poi,
soffermandosi su quello sguardo freddo e al tempo stesso impertinente,
si rese conto che sarebbe stato come regalargli una vittoria sicura.
Così, invece di gettarsi in un'avventata risposta, sorrise
caldamente.
-Sei libero di
farlo. Ma una volta fuori chi pensi che si prenderà cura di
te? Credimi: la pietà, il mondo là fuori non la
conosce.
L'altro rimase
immobile per qualche attimo, per poi abbassare la testa
impercettibilmente. II sorriso di Light crebbe a dismisura, divendendo
quasi rassicurante.
-Sei un gitano,
L; nessuno ti vuole. Ma non ti preoccupare: io mi prenderò
cura di te.
E così
dicendo, abbandonò la stanza, sentendo lo sguardo dell'altro
indugiare sulle sue spalle, quasi riconoscente.
***
Light, in quanto
uno dei nobili più influenti di tutta Parigi, aveva preso,
da alcuni mesi a quella parte, o, per meglio dire, dal decesso dei suoi
genitori, l'abitudine di frequentare alcuni dei personaggi
più importanti della città, e, quindi, di
occuparsi di politica. Come se ciò non bastasse, avendo
ricevuto un'educazione cattolica, frequentava assiduamente Notre-Dame,
cercando un capro espiatorio per giustificare le sue colpe e tutte
quelle dei suoi concittandini. Perciò, passava spesso del
tempo fuori dalla dimora, per poi venire avvolto da un caloroso senso
di tranquillità una volta che vi aveva rimesso piede. E' da
ammettere che parte di quella piacevole sensazione era dovuta alla
presenza di L.
Una sera,
rientrato poco prima del tramonto, trovò il compagno ad
aspettarlo seduto sulle scale interne dell'ingresso, accovacciato nella
solita posizione, mentre si mordicchiava freneticamente il pollice. I
suoi gesti tradivano una certa impazienza, quasi come se avesse passato
l'intero pomeriggio ad aspettarlo, ma al tempo stesso apparivano
contenuti, nel tentativo di non darlo a vedere. Light sorrise a quella
scena, mentre Watari, uno dei suoi più fedeli e dediti
maggiordomi, gli sfilava di dosso il cappotto, per poi esibirsi in un
lieve inchino. Nel frattempo, il ragazzo, facendo scivolare le ossute
mani nelle tasche dei suoi umili jeans, si diresse verso il compagno,
in un tentativo rudimentale di accoglierlo.
-Buonasera L
-Buonasera Light.
Stanco?
-Più
che altro affamato - rispose l'altro sbuffando.
- mi unisco
volentieri a te per la cena- concluse L.
Accomodati a
tavola, servita la cena, presero a mangiarla di buona lena, anche se
Light, delle volte, si trovava a dover reprimere qualche risatina
nell'osservare la mania per dolciumi dell'altro: infatti, era
già alla terza fetta di torta e, le due povere dita che
utilizzava per impugnare la forchetta, apparivano ormai esauste e
tremolanti.
-La situazione
tra i gitani e la chiesa non cambierà, vero? - chiese ad un
tratto.
-Non saprei, L.
Non tutti loro sono brave persone: creano innumerevoli disordini e
Parigi non può sopportare una simile situazione. Vanno
repressi.
-Ma...
-Non tutti sono
come te, inutile prendere le loro difese. Tu sei diverso.
L'altro
chinò il capo, titubando prima di addentare il boccone
successivo.
Light, dal canto
suo, non era affatto soddisfatto quando l'amico gli poneva domande
simili. Avrebbe preferito che semplicemente ignorasse qualsiasi cosa
accadesse al di fuori. Ma, avendo imparato che reprimere la
curiosità di L portava soltanto ad una reazione ostile da
parte di questo, aveva cominciato a concedergli qualche piccola notizia
sulla vita Parigina, badando che lui si accontentasse solo di
ciò, senza indagare ulteriormente.
-Sai, ho sempre
trovato buffa la tua passione per i dolci!
-E
perchè? tu hai sempre avuto un'ossessione per le mele! -
disse in tono ovvio.
-Beh, le mele
fanno bene.
-Anche i dolci!
-Certo...e come?
facendoti venire la carie?
-No...lenendo le
pene dell'animo
-filosofico!-
esclamò Light, annegando nel suo stesso sarcasmo.
Finita la cena,
si trasferirono, come di consueto, nel salotto, per leggere un buon
libro. Si adagiarono sul divanetto, l'uno accanto all'altro.
Durante gli
innumerevoli momenti che condividevano, non potevano fare a meno di
notare come le loro occhiate si facessero poco a poco più
intense, quasi a portare un lieve alito di imbarazzo quando si
trovavano a fissarsi anche solo incuriositi l'uno dall'altro. E questo
accadeva soprattutto quando, immersi in intrepidi duelli di
chissà quali paesi e tempi lontani, osavano sollevare gli
occhi dal libro per scrutarsi. Si beavano della semplicità
di quei momenti, senza trovare la necessità di fare altro,
nè di comprenderne il perchè.
D'improvviso,
Watari entrò nella stanza e si avvicinò a Light,
sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Qualunque cosa fosse, il ragazzo
ne rimase sconvolto, tanto che, spalancati gli occhi, si
alzò bruscamente e lasciò la stanza in tutta
fretta, senza proferire parola.
L
abbassò il libro, osservando basito la scena e ricercando
sul volto dell'anziano signore una qualche spiegazione. Tuttavia,
quello si limitò a dire:
-il signorino
sistemerà tutto.
Nel frattempo, il
suddetto, arrivato nel suo studio, afferrò con rabbia il
telegramma adagiato sulla sua scrivania, leggendo le righe con una
furiosa frenesia. Ciò che aveva temuto si stava realizzando:
persino Notre-dame aveva perso il controllo di ciò
che stava accadendo, e ora che la confusione creata da quel pugno di
miserabili stava strozzando Parigi in una morsa feroce, il destino
dell'intera città era nelle sue
mani.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Nel
tempo delle cattedrali
-Capitolo
2-
Dopo
l’improvvisa reazione del compagno, essendo rimasto qualche
attimo a fissare il vuoto, L richiuse il libro e lo appoggiò
sul divano.
Preferendo
evitare di recarsi subito da Light, nel rischio di incorrere in qualche
crisi isterica a malapena contenuta e mascherata da qualche sorrisetto
forzato, si mise di fronte al piccolo camino per riscaldarsi le sue
mani costantemente fredde.
A dire la
verità, nonostante le parole di Watari, era sempre alquanto
curioso di sapere cosa passasse per la testa del più grande
e in quale modo ciò si collegasse con quel mondo che
avanzava all’esterno della dimora, per lui del tutto
inesplorato.
Ogni tanto aveva
addirittura la tentazione di sbirciare fuori dalla finestra,
chiedendosi se davvero nessuno sarebbe stato in grado di accoglierlo.
Ma poi, dandosi dello stupido, resisteva a quell’impulso,
accontentandosi di ciò che Light gli diceva, dicendosi di
non necessitare di altro.
Ad ogni modo,
doveva ammettere che quella volta la curiosità era in un
certo qual senso più forte e pressante, forse per via
dell’insolita reazione di qualche attimo prima, oppure
perché da qualche giorno a quella parte il desiderio di
calarsi negli eventi politici di Parigi si era impossessato, in qualche
modo, di lui.
Beandosi del
contatto fra i suoi piedi scalzi ed il tappeto, si avvicinò
ancora un po’ al fuoco. Lo fissò intensamente, per
poi risvegliarsi da quella specie di trance nel momento in cui
udì qualche strano e brusco rumore provenire dai piani
più alti, lì dove c’era lo studio di
Light.
Quindi, deciso
che fosse il momento opportuno (mera giustificazione per un interesse
non più trattenibile), lasciò il salotto per
raggiungere lo studio e sapere cosa stesse accadendo.
Arrivato davanti
la stanza, bussò, attendendo una risposta, che non
arrivò. Poi, notando che la porta, invece di essere chiusa a
chiave come di consueto, era solamente accostata, appoggiò
delicatamente la punta delle sue dita sottili, spingendo quella
barriera lignea con una studiata delicatezza.
Light, ricurvo
sula scrivania, osservava con attenzione ogni documento che capitava
fra le sue impazienti mani, le quali spostavano, rimescolavano e
afferravano fogli con un evidente nervosismo.
-Qualcosa non va?
– si sorprese quasi per la stupidità della sua
domanda, vista l’ovvia risposta. Tuttavia, fece finta di
nulla.
-Non credo tu
possa capire, L
-Io, invece,
credo di riuscirci. Almeno…perché non provare?
-No, direi che
è inutile.
L’altro,
nel sentire quelle parole, non poté fare a meno di percepire
una scintilla d’ira, piccola e avida d’ossigeno,
avvampare sempre di più in lui. Inutile dire che non lo
diede a vedere, anche se Light, il quale lo conosceva ormai da quasi un
anno, riusciva vagamente a distinguere un tale sentimento nel suo
sguardo.
-Non penso che la
tua opinione sia universale, Light, a dispetto di ciò che tu
sostieni. Smettila di giudicare: non sei in una condizione tale da
permettertelo.
Si
alzò di colpo dalla sedia, emettendo un sonoro tonfo che
risuonò per l’intera stanza. Le sue mani, ormai
rosse dallo sforzo, arpionavano con eccessiva forza il margine della
scrivania.
-Non ti ho
chiesto di capirmi, L; non è di tua competenza.
Semplicemente, lascia perdere.
-Già,
d'altronde, a tuo parere, non ho un intelletto sufficiente per
eguagliare il tuo, giusto Light?
-Zitto!
– gridò, alzando sempre più la voce,
che si fece quasi graffiata sotto le brucianti proteste della sua gola.
–
Credimi, tu non vuoi sapere ciò che accade là
fuori… Non ti basta ciò che hai? –e la
sua voce, adesso, si era fatta più dolce, quasi carezzevole
– Non capisci quanto sei fortunato a rimanere estraneo a
tutto ciò? Quanto sia fortunato a poter scegliere?
-…da
quando ho una scelta?
- L’hai
sempre avuta.
-Sì…ma
l’hai presa tu per me.
-Non dire
idiozie! Io ti ho salvato, io ho fatto solo il tuo bene! E’
stato solo per aiutarti che ti abbiamo tenuto lontano e
all’oscuro dal mondo! E’ grazie a me se tu sei
così, e non come tutto il resto della tua gente!
- Cosa intendi
per la “mia gente”? E’ così
che definisci chi non ha potuto permettersi altro lusso che il
sacrificio? E io? Adesso faccio parte di loro…o forse
è sempre stato così, eh Light?
-Io…non…
Stette zitto per
qualche attimo, nel tentativo di riordinare i pensieri: non aveva
alcuna intenzione di perdere contro L. Quindi, per guadagnare tempo,
versò qualche goccia di scotch in un bicchiere, agitandolo
lento e pensoso fra le mani.
Preso
nell’osservazione di quel liquido ambrato che oscillava
pericolosamente da un lato all’altro, senza riuscire a
placare il suo tumulto, così come i pensieri di Light
seguitavano a turbinare vorticosi nella sua testa, si
avvicinò al camino che illuminava quella stanza,
così come poco prima lo stesso L aveva fatto nel salotto.
Infine, abbassò la testa, quasi fosse stata schiacciata da
quei gravosi pensieri, mentre i capelli ricadevano lievemente sui suoi
occhi color nocciola. Bevve a grandi sorsi per evitare di parlare, e,
quando infine vuotò in bicchiere, se ne riempì un
altro, quasi meccanicamente.
L lo
fissò con una punta di disgusto insita nello sguardo e il
più grande, nonostante fosse lievemente rintontito
dall’alcol, non faticò a coglierla.
Il
diciassettenne, perforando Light con un’occhiata, si chiese
se questo volesse davvero tenergli nascosto il mondo o, invece, celare
lui dagli sguardi di coloro che vi abitavano
-L, non puoi
uscire fuori da questa casa…finiresti soltanto per ferirti
da solo.
-Non
potrò rimanere rinchiuso qua dentro per sempre.
-E invece
sì! Tu non puoi andartene! – urlò con
veemenza, mentre il volto si arrossava sempre più sotto
l’effetto dello scotch.
-Cosa intendi
dire? Light, non sono di tua proprietà-
-Dopo tutto
quello che abbiamo fatto per te….così ci
ripaghi…? Volendo fuggire?
L scosse la
testa, quasi rassegnato a non poter più ottenere delle
risposte concrete dal compagno
-Sei ubriaco
– sussurrò appena, esprimendo in quel lieve soffio
tutta la delusione che in quel momento andava stagnandosi
all’interno del suo animo.
Light si
accasciò di fronte al camino, continuando a stringere fra le
dita il marmo liscio e freddo del focolare. Gli occhi erano strizzati
fra loro, come stesse compiendo un grande sforzo, ma L poteva scorgere
qualche piccola goccia d’acqua, probabilmente dovuta alla
pesantezza dell'intera situazione,scivolare leggera su ogni piega di
quelle palpebre contratte. Si avvicinò lentamente
a lui e appoggiò delicatamente la mano sulla sua spalla,
quasi rabbrividendo a quel primo contatto che avessero mai avuto.
Tuttavia, L non ebbe nemmeno pienamente il tempo di provare a placare
il fastidio derivato da quel tocco che l’altro gli
afferrò repentinamente i polsi, stringendoli con violenza.
Emise un gemito dovuto al dolore e alla sorpresa mentre Light lo
attirava con forza a sé. I loro occhi si incontrarono per un
breve attimo, fissandosi però con
un’intensità estranea a qualunque volta
precedente, tanto che quel breve momento sembrò durare molto
di più ad entrambi.
Infine, Light
posò le sue labbra su quelle dell’altro, tentando
di appropriarsi di quelle in maniera disperata, contraendo leggermente
la bocca durante quel tentativo e strizzando gli occhi fino
all’inverosimile.
Tuttavia, il
bacio durò ben poco: L si separò bruscamente,
mentre l’altro, respirando a fatica, si prese la testa fra le
mani, rannicchiandosi ancor di più su sé stesso.
-Ci sono circa
l'89% di possibilità che tu stia impazzendo, Light
E così
dicendo, accompagnato da quel pesante silenzio che lo avvolgeva come
una fitta coltre di nebbia, infilò le sue mani tremanti
nelle tasche dei jeans e abbandonò la stanza.
Beh,
eccoci alla fine del secondo capitolo. Questo ci ha creato qualche
problema, principalmente per colpa mia (è Umpa_lumpa che vi
parla, tanto per la cronaca XD) che mi sono messa a piantare grane di
buona lena. Beh, speriamo sia di vostro gradimento e vi invitiamo a
commentare in tanti, anche solo per dire che fa pena...almeno ci diamo
una regolata XD Ad ogni modo, ringraziamo tanto Sweet chocolate che
è stata così gentile da recensire: grazie mille
dei complimenti, speriamo che l'intera fic continui a piacerti!^^
Ultimo avviso: la frase pronunciata ad un tratto da L (" E’
così che definisci chi non ha potuto permettersi altro lusso
che il sacrificio?") è una libera citazione di un aforisma
di Oscar Wilde che, per l'appunto, dice che l'unico problema di chi
è povero è quello di non potersi permettere altro
lusso che il sacrificio.
Beh, direi di aver concluso sul serio, stavolta^^" Grazie ancora a chi
ha recensito, a chi ha inserito questa storia fra le seguite e a chi ha
anche solo letto. Al prossimo capitolo!
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