Nel tempo delle cattedrali

di Always_sisters
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Prefazione: Partiamo dal concetto che questa fic è nata in maniera alquanto bizzarra; in poche parole è frutto di un qualche delirio, quindi non aspettatevi nulla di che. La nostra idea è quella di fare una rivisitazione del classico di Victor Hugo: "Il gobbo di Notre-dame". Tuttavia, è opportuno precisare alcune cose:
1) essendo una rivisitazione, la trama non segue fedelmente le vicende del libro, ma ne prende solo ispirazione.
2) Suddetta storia non si ispira soltanto al classico, ma anche al film disney e ad altre fonti
3) la storia, invece di essere ambientata nel 1482 è ambientata in un avanzato 1800
4) essendo delle frane in storia, avrete l'opportunità di morire dalle risate o dall'orrore (a vostra scelta XD) assistendo ad una quantità sproporzionata di anacronismi.
5) eccetto per i personaggi, la storia non si ricollega a death note
6) in conclusione di questa infinita lista che vi starà sicuramente snervando, per evitare incomprensioni, volevamo avvisare che Light si dovrebbe ispirare al personaggio di Frollo, mentre L dovrebbe ricondursi a quello del gobbo.
7) YAOI perevisto! Siete stati avvisati XD
Detto questo,finalmente (XD) buona lettura^^


Nel tempo delle cattedrali
-capitolo 1-



Non riusciva ancora a capacitarsi di quanto la vita, in un solo batter di ciglio, potesse cambiare radicalmente, trasformandosi in qualcosa di inimmaginabile fino a qualche attimo prima. Difatti, gli sembrava a dir poco irreale il fatto di trovarsi a condividere un simile delicato momento con un individuo che, nonostante gli anni trascorsi nella stessa dimora, gli sembrava un totale sconosciuto.
Per di più, estremamente bizzarro.
Il ragazzo in questione, appena diciassettenne, era appollaiato su una delle sfarzose sedie del salotto e, rifugiandosi sempre di più in quella nicchia creatasi fra il suo petto e le ginocchia premute contro di esso, lo guardava incuriosito, la testa leggermente reclinata contro la spalla. Per quanto lui stesso non potesse fare a meno di sentirsi alquanto interessato a quella nuova figura entrata a far parte della sua vita, trovava quasi irrispettosa la naturalezza dei gesti di quel nuovo compagno. A dire il vero, nemmeno lui, che era addirittura il figlio dei defunti, riusciva a sentirsi addolorato, o quantomeno coinvolto in quella tragedia; tuttavia, non sopportava il fatto che colui che magnanimamente era stato accolto dai suoi familiari non si struggesse per l'accaduto.

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla mano affusolata e pallida del ragazzo che si allungava ad afferrare avidamente i biscotti che una cameriera aveva portato poco prima, adagiati accanto ad un paio di tazze colme di un rassicurante e fumante thè. L'irritazione del ragazzo, a quel punto, non potè più essere contenuta:

-Ti sembra forse il momento di mangiare? - disse acido

-E' successo una settimana fa.

-Beh, non è comunque il caso di sminuire il tutto. Anche se, a giudicare dal tuo comportamento l'evento è per te del tutto irrilevante.

-Vorresti forse dire che per te è differente?

-Cosa intendi?

-Quante lacrime hai versato fino ad ora, Light? - chiese L, introducendosi in bocca un dolcetto, e biascicando le parole tra un morso e l'altro.

Il ragazzo rimase un attimo basito all'udire quelle parole, non sapendo bene cosa rispondere. Aveva cominciato a conoscere quella specie di fratellastro da appena qualche minuto, e già avrebbe voluto vederlo sparire.

L, notando l'esitazione del compagno, si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto mentre nuovamente allungava con lentezza , quasi ad enfatizzare il gesto, una mano
verso il vassoio.

-Sarò io a dovermi occupare di te, d'ora in poi - disse, trovando opportuno cambiare discorso

-Una buona occasione per conoscerci?

-No. E' solo un dovere.

-E cosa ti obbliga?

-...i miei genitori.

-Sono morti, Light - disse l'altro impassibile.

-E' proprio questo il punto- rispose l'altro, gongolando di una soddisfazione puerile nell'aver azzittito il suo interlocutore.Percepiva il dolore quasi come un elemento marginale, come fosse stato un inutile accessorio rispetto alla soddisfazione derivante anche solo da pochi minuti di un sottomesso silenzio proferito da L. Tuttavia, svanita quella piacevole sensazione, gli bastarono pochi attimi per realizzare l'effettiva situazione: lui, da quel momento, era davvero divenuto responsabile del destino di quel giovane ragazzo con cui non aveva avuto mai nulla a che fare e con cui mai avrebbe voluto rapportarsi.
Dopotutto, era un comune gitano, come quei disperati che affollavano le strade di Parigi e che, invano, invocavano la pietà di Notre-dame.

I minuti trascorsero avvolti da un consapevole silenzio, talmente gravoso per quelle due figure, da incurvare ancor di più la schiena di L, come fosse stata schiacciata da un enorme macigno. Light, osservando quella figura, ingobbita dagli eventi di una vorticosa vita, si ritrovò a considerarsi quasi grato della presenza del più giovane. Non che avesse un animo filantropico come quello dei suoi genitori, e nemmeno gli interessava particolarmente di lui. Semplicemente, privato della sua famiglia, si sentiva quasi svuotatato di qualcosa, e questo, più che causargli dolore, animava in lui un moto di enorme fasitdio a cui solo un appiglio come quel gitano poteva porre rimedio.Occuparsi di lui in quell'istante sembrò quasi essere l'unico scopo della sua vita, l'unica fonte di salvezza da un baratro di insopportabile monotonia.

Quasi l'avesse fatto apposta, L interruppe nuovamente i suoi pensieri, alzandosi delicatamente dalla sedia e avvicnandosi al davanzale dell'imponente finestra che dava sulla piazza. I suoi profondi pozzi neri vagavano attenti su ogni piccolo angolo di quel luogo frenetico e nuovo, guizzando vivi e curiosi, volenterosi di conoscere qualcosa mai visto. E fu allora che il più grande realizzò che non avrebbe mai potuto permettere qualcosa di simile. Non avrebbe mai potuto permettersi di perdere anche lui e scivolare definitivamente nel nulla.

-Pensi forse che vi sia qualcosa d'interessante lì fuori? O quantomeno meglio di questo posto?

-Non è forse così?

Rise di gusto, quasi trattenendo le lacrime.

-qui hai un rifugio e tutto ciò che puoi desiderare. Cosa pensi di trovare là fuori?

-Io...non so...

-appunto. Credimi, non ne vale la pena.

-Perchè non lasci che sia io a giudicare?

Per un attimo, fu quasi tentato di porgli un secco divieto, di stabilire nuovamente la sua tanto decantata superiorità su di lui. Ma poi, soffermandosi su quello sguardo freddo e al tempo stesso impertinente, si rese conto che sarebbe stato come regalargli una vittoria sicura. Così, invece di gettarsi in un'avventata risposta, sorrise caldamente.

-Sei libero di farlo. Ma una volta fuori chi pensi che si prenderà cura di te? Credimi: la pietà, il mondo là fuori non la conosce.

L'altro rimase immobile per qualche attimo, per poi abbassare la testa impercettibilmente. II sorriso di Light crebbe a dismisura, divendendo quasi rassicurante.

-Sei un gitano, L; nessuno ti vuole. Ma non ti preoccupare: io mi prenderò cura di te.

E così dicendo, abbandonò la stanza, sentendo lo sguardo dell'altro indugiare sulle sue spalle, quasi riconoscente.

***

Light, in quanto uno dei nobili più influenti di tutta Parigi, aveva preso, da alcuni mesi a quella parte, o, per meglio dire, dal decesso dei suoi genitori, l'abitudine di frequentare alcuni dei personaggi più importanti della città, e, quindi, di occuparsi di politica. Come se ciò non bastasse, avendo ricevuto un'educazione cattolica, frequentava assiduamente Notre-Dame, cercando un capro espiatorio per giustificare le sue colpe e tutte quelle dei suoi concittandini. Perciò, passava spesso del tempo fuori dalla dimora, per poi venire avvolto da un caloroso senso di tranquillità una volta che vi aveva rimesso piede. E' da ammettere che parte di quella piacevole sensazione era dovuta alla presenza di L.

Una sera, rientrato poco prima del tramonto, trovò il compagno ad aspettarlo seduto sulle scale interne dell'ingresso, accovacciato nella solita posizione, mentre si mordicchiava freneticamente il pollice. I suoi gesti tradivano una certa impazienza, quasi come se avesse passato l'intero pomeriggio ad aspettarlo, ma al tempo stesso apparivano contenuti, nel tentativo di non darlo a vedere. Light sorrise a quella scena, mentre Watari, uno dei suoi più fedeli e dediti maggiordomi, gli sfilava di dosso il cappotto, per poi esibirsi in un lieve inchino. Nel frattempo, il ragazzo, facendo scivolare le ossute mani nelle tasche dei suoi umili jeans, si diresse verso il compagno, in un tentativo rudimentale di accoglierlo.

-Buonasera L

-Buonasera Light. Stanco?

-Più che altro affamato - rispose l'altro sbuffando.

- mi unisco volentieri a te per la cena- concluse L.

Accomodati a tavola, servita la cena, presero a mangiarla di buona lena, anche se Light, delle volte, si trovava a dover reprimere qualche risatina nell'osservare la mania per dolciumi dell'altro: infatti, era già alla terza fetta di torta e, le due povere dita che utilizzava per impugnare la forchetta, apparivano ormai esauste e tremolanti.

-La situazione tra i gitani e la chiesa non cambierà, vero? - chiese ad un tratto.

-Non saprei, L. Non tutti loro sono brave persone: creano innumerevoli disordini e Parigi non può sopportare una simile situazione. Vanno repressi.

-Ma...

-Non tutti sono come te, inutile prendere le loro difese. Tu sei diverso.

L'altro chinò il capo, titubando prima di addentare il boccone successivo.
Light, dal canto suo, non era affatto soddisfatto quando l'amico gli poneva domande simili. Avrebbe preferito che semplicemente ignorasse qualsiasi cosa accadesse al di fuori. Ma, avendo imparato che reprimere la curiosità di L portava soltanto ad una reazione ostile da parte di questo, aveva cominciato a concedergli qualche piccola notizia sulla vita Parigina, badando che lui si accontentasse solo di ciò, senza indagare ulteriormente.

-Sai, ho sempre trovato buffa la tua passione per i dolci!

-E perchè? tu hai sempre avuto un'ossessione per le mele! - disse in tono ovvio.

-Beh, le mele fanno bene.

-Anche i dolci!

-Certo...e come? facendoti venire la carie?

-No...lenendo le pene dell'animo

-filosofico!- esclamò Light, annegando nel suo stesso sarcasmo.

Finita la cena, si trasferirono, come di consueto, nel salotto, per leggere un buon libro. Si adagiarono sul divanetto, l'uno accanto all'altro.
Durante gli innumerevoli momenti che condividevano, non potevano fare a meno di notare come le loro occhiate si facessero poco a poco più intense, quasi a portare un lieve alito di imbarazzo quando si trovavano a fissarsi anche solo incuriositi l'uno dall'altro. E questo accadeva soprattutto quando, immersi in intrepidi duelli di chissà quali paesi e tempi lontani, osavano sollevare gli occhi dal libro per scrutarsi. Si beavano della semplicità di quei momenti, senza trovare la necessità di fare altro, nè di comprenderne il perchè.

D'improvviso, Watari entrò nella stanza e si avvicinò a Light, sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Qualunque cosa fosse, il ragazzo ne rimase sconvolto, tanto che, spalancati gli occhi, si alzò bruscamente e lasciò la stanza in tutta fretta, senza proferire parola.
L abbassò il libro, osservando basito la scena e ricercando sul volto dell'anziano signore una qualche spiegazione. Tuttavia, quello si limitò a dire:
-il signorino sistemerà tutto.

Nel frattempo, il suddetto, arrivato nel suo studio, afferrò con rabbia il telegramma adagiato sulla sua scrivania, leggendo le righe con una furiosa frenesia. Ciò che aveva temuto si stava realizzando: persino  Notre-dame aveva perso il controllo di ciò che stava accadendo, e ora che la confusione creata da quel pugno di miserabili stava strozzando Parigi in una morsa feroce, il destino dell'intera città era nelle sue mani.              

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nel tempo delle cattedrali
-Capitolo 2-


Dopo l’improvvisa reazione del compagno, essendo rimasto qualche attimo a fissare il vuoto, L richiuse il libro e lo appoggiò sul divano.
Preferendo evitare di recarsi subito da Light, nel rischio di incorrere in qualche crisi isterica a malapena contenuta e mascherata da qualche sorrisetto forzato, si mise di fronte al piccolo camino per riscaldarsi le sue mani costantemente fredde.

A dire la verità, nonostante le parole di Watari, era sempre alquanto curioso di sapere cosa passasse per la testa del più grande e in quale modo ciò si collegasse con quel mondo che avanzava all’esterno della dimora, per lui del tutto inesplorato.
Ogni tanto aveva addirittura la tentazione di sbirciare fuori dalla finestra, chiedendosi se davvero nessuno sarebbe stato in grado di accoglierlo. Ma poi, dandosi dello stupido, resisteva a quell’impulso, accontentandosi di ciò che Light gli diceva, dicendosi di non necessitare di altro.

Ad ogni modo, doveva ammettere che quella volta la curiosità era in un certo qual senso più forte e pressante, forse per via dell’insolita reazione di qualche attimo prima, oppure perché da qualche giorno a quella parte il desiderio di calarsi negli eventi politici di Parigi si era impossessato, in qualche modo, di lui.  

Beandosi del contatto fra i suoi piedi scalzi ed il tappeto, si avvicinò ancora un po’ al fuoco. Lo fissò intensamente, per poi risvegliarsi da quella specie di trance nel momento in cui udì qualche strano e brusco rumore provenire dai piani più alti, lì dove c’era lo studio di Light.
Quindi, deciso che fosse il momento opportuno (mera giustificazione per un interesse non più trattenibile), lasciò il salotto per raggiungere lo studio e sapere cosa stesse accadendo.

Arrivato davanti la stanza, bussò, attendendo una risposta, che non arrivò. Poi, notando che la porta, invece di essere chiusa a chiave come di consueto, era solamente accostata, appoggiò delicatamente la punta delle sue dita sottili, spingendo quella barriera lignea con una studiata delicatezza.
Light, ricurvo sula scrivania, osservava con attenzione ogni documento che capitava fra le sue impazienti mani, le quali spostavano, rimescolavano e afferravano fogli con un evidente nervosismo.

-Qualcosa non va? – si sorprese quasi per la stupidità della sua domanda, vista l’ovvia risposta. Tuttavia, fece finta di nulla.

-Non credo tu possa capire, L

-Io, invece, credo di riuscirci. Almeno…perché non provare?

-No, direi che è inutile.

L’altro, nel sentire quelle parole, non poté fare a meno di percepire una scintilla d’ira, piccola e avida d’ossigeno, avvampare sempre di più in lui. Inutile dire che non lo diede a vedere, anche se Light, il quale lo conosceva ormai da quasi un anno, riusciva vagamente a distinguere un tale sentimento nel suo sguardo.

-Non penso che la tua opinione sia universale, Light, a dispetto di ciò che tu sostieni. Smettila di giudicare: non sei in una condizione tale da permettertelo.

Si alzò di colpo dalla sedia, emettendo un sonoro tonfo che risuonò per l’intera stanza. Le sue mani, ormai rosse dallo sforzo, arpionavano con eccessiva forza il margine della scrivania.

-Non ti ho chiesto di capirmi, L; non è di tua competenza. Semplicemente, lascia perdere.

-Già, d'altronde, a tuo parere, non ho un intelletto sufficiente per eguagliare il tuo, giusto Light?

-Zitto! – gridò, alzando sempre più la voce, che si fece quasi graffiata sotto le brucianti proteste della sua gola.

– Credimi, tu non vuoi sapere ciò che accade là fuori… Non ti basta ciò che hai? –e la sua voce, adesso, si era fatta più dolce, quasi carezzevole – Non capisci quanto sei fortunato a rimanere estraneo a tutto ciò? Quanto sia fortunato a poter scegliere?

-…da quando ho una scelta?

- L’hai sempre avuta.

-Sì…ma l’hai presa tu per me.

-Non dire idiozie! Io ti ho salvato, io ho fatto solo il tuo bene! E’ stato solo per aiutarti che ti abbiamo tenuto lontano e all’oscuro dal mondo! E’ grazie a me se tu sei così, e non come tutto il resto della tua gente!

- Cosa intendi per la “mia gente”? E’ così che definisci chi non ha potuto permettersi altro lusso che il sacrificio? E io? Adesso faccio parte di loro…o forse è sempre stato così, eh Light?

-Io…non…

Stette zitto per qualche attimo, nel tentativo di riordinare i pensieri: non aveva alcuna intenzione di perdere contro L. Quindi, per guadagnare tempo, versò qualche goccia di scotch in un bicchiere, agitandolo lento e pensoso fra le mani.
Preso nell’osservazione di quel liquido ambrato che oscillava pericolosamente da un lato all’altro, senza riuscire a placare il suo tumulto, così come i pensieri di Light seguitavano a turbinare vorticosi nella sua testa, si avvicinò al camino che illuminava quella stanza, così come poco prima lo stesso L aveva fatto nel salotto. Infine, abbassò la testa, quasi fosse stata schiacciata da quei gravosi pensieri, mentre i capelli ricadevano lievemente sui suoi occhi color nocciola. Bevve a grandi sorsi per evitare di parlare, e, quando infine vuotò in bicchiere, se ne riempì un altro, quasi meccanicamente.

L lo fissò con una punta di disgusto insita nello sguardo e il più grande, nonostante fosse lievemente rintontito dall’alcol, non faticò a coglierla.
Il diciassettenne, perforando Light con un’occhiata, si chiese se questo volesse davvero tenergli nascosto il mondo o, invece, celare lui dagli sguardi di coloro che vi abitavano

-L, non puoi uscire fuori da questa casa…finiresti soltanto per ferirti da solo.

-Non potrò rimanere rinchiuso qua dentro per sempre.

-E invece sì! Tu non puoi andartene! – urlò con veemenza, mentre il volto si arrossava sempre più sotto l’effetto dello scotch.  

-Cosa intendi dire? Light, non sono di tua proprietà-

-Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te….così ci ripaghi…? Volendo fuggire?

L scosse la testa, quasi rassegnato a non poter più ottenere delle risposte concrete dal compagno

-Sei ubriaco – sussurrò appena, esprimendo in quel lieve soffio tutta la delusione che in quel momento andava stagnandosi all’interno del suo animo.

Light si accasciò di fronte al camino, continuando a stringere fra le dita il marmo liscio e freddo del focolare. Gli occhi erano strizzati fra loro, come stesse compiendo un grande sforzo, ma L poteva scorgere qualche piccola goccia d’acqua, probabilmente dovuta alla pesantezza dell'intera situazione,scivolare leggera su ogni piega di quelle palpebre contratte.  Si avvicinò lentamente a lui e appoggiò delicatamente la mano sulla sua spalla, quasi rabbrividendo a quel primo contatto che avessero mai avuto. Tuttavia, L non ebbe nemmeno pienamente il tempo di provare a placare il fastidio derivato da quel tocco che l’altro gli afferrò repentinamente i polsi, stringendoli con violenza. Emise un gemito dovuto al dolore e alla sorpresa mentre Light lo attirava con forza a sé. I loro occhi si incontrarono per un breve attimo, fissandosi però con un’intensità estranea a qualunque volta precedente, tanto che quel breve momento sembrò durare molto di più ad entrambi.
Infine, Light posò le sue labbra su quelle dell’altro, tentando di appropriarsi di quelle in maniera disperata, contraendo leggermente la bocca durante quel tentativo e strizzando gli occhi fino all’inverosimile.
Tuttavia, il bacio durò ben poco: L si separò bruscamente, mentre l’altro, respirando a fatica, si prese la testa fra le mani, rannicchiandosi ancor di più su sé stesso.

-Ci sono circa l'89% di possibilità che tu stia impazzendo, Light

E così dicendo, accompagnato da quel pesante silenzio che lo avvolgeva come una fitta coltre di nebbia, infilò le sue mani tremanti nelle tasche dei jeans e abbandonò la stanza.




Beh, eccoci alla fine del secondo capitolo. Questo ci ha creato qualche problema, principalmente per colpa mia (è Umpa_lumpa che vi parla, tanto per la cronaca XD) che mi sono messa a piantare grane di buona lena. Beh, speriamo sia di vostro gradimento e vi invitiamo a commentare in tanti, anche solo per dire che fa pena...almeno ci diamo una regolata XD Ad ogni modo, ringraziamo tanto Sweet chocolate che è stata così gentile da recensire: grazie mille dei complimenti, speriamo che l'intera fic continui a piacerti!^^

Ultimo avviso: la frase pronunciata ad un tratto da L (" E’ così che definisci chi non ha potuto permettersi altro lusso che il sacrificio?") è una libera citazione di un aforisma di Oscar Wilde che, per l'appunto, dice che l'unico problema di chi è povero è quello di non potersi permettere altro lusso che il sacrificio.

Beh, direi di aver concluso sul serio, stavolta^^" Grazie ancora a chi ha recensito, a chi ha inserito questa storia fra le seguite e a chi ha anche solo letto. Al prossimo capitolo!






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