Amori (S)Piacevoli di Miki93 (/viewuser.php?uid=72291)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1_ Roma ***
Capitolo 2: *** 2_ Stefano ***
Capitolo 3: *** 3_Telefonate ***
Capitolo 4: *** 4_Punizione ***
Capitolo 5: *** 5_Appuntamento... Con Sorpresa! (Parte Prima) ***
Capitolo 6: *** 6_Appuntamento... Con Sorpresa! (Parte Seconda) ***
Capitolo 1 *** 1_ Roma ***
1- Roma
Roma
Scesi
dall’aereo sbadigliando. Ero ancora mezza intontita.
Be’, lo
sareste stati anche voi dopo nove ore di volo.
Seduta
senza far nulla, al massimo della depressione.
Perché
proprio a me? Cosa avevo fatto di male?
Ero
un’ottima studentessa, una figlia modello, una ragazza diligente e matura.
E
allora, perché mio padre aveva accettato quella stupida proposta di lavoro... a
Roma?
Inutilmente
avevo pregato mamma di poter rimanere a New York.
Niente,
non avevo ottenuto il benché minimo risultato.
Ed ora
eccomi lì. In una città di cui non sapevo niente, e di cui non mi importava
sapere niente.
Tutto
ciò che desideravo, era di poter tornare a casa mia. Nella mia vera casa!
Non in
quell’appartamento al Centro che avevano comprato solo per farmi felice.
Io non
ero felice. Non lì.
Mia
sorella minore, Elizabeth, si aggrappò al mio maglione rosa, con sguardo
vigile.
Non le
era mai piaciuto viaggiare, al contrario di me.
Ma in
quell’occasione, come darle torto?
Le
sorrisi e le presi la mano. I suoi capelli mossi e castani le ricadevano sulle
spalle scintillando. Sembravano fatti di seta. E i suoi occhi azzurri si
guardavano attorno, studiando ogni minimo movimento.
Aveva
solo dieci anni e già si comportava da detective. Sempre alla ricerca di
qualcosa.
Trascinai
il trolley accanto al taxi e sospirai.
-Vedrai,
ti troverai benissimo qui-, mi disse mio padre, euforico.
Come
potevo smontarlo? Era talmente felice.
-Si, lo
so-, risposi affaticata.
-Cos’è
quel faccino triste, allora?-, mi chiese mia madre, mentre aiutava Elizabeth a
salire sul taxi.
-Sono
solo stanca per il viaggio, mamma. Davvero. Come voi-, risposi, sfoggiando un
sorriso stanco.
Fortuna
che ero brava a mentire! E lo dovevo a Matt.
Matthew
Miller, il mio adorato Matt! Il mio migliore amico.
Chiusi
gli occhi e sorrisi al ricordo del suo volto.
Quei
suoi capelli castani chiari, lunghi quasi fino alle spalle, i suoi occhi
marroni, così profondi ma ancora innocenti, come quelli di un bambino. Perché
era questo che sembrava. Un tenero bambino... seppur già sedicenne.
Come
dimenticare tutte le nostre avventure? Eravamo inseparabili, nemmeno fossimo
fidanzati.
E come
potevo dimentica il suo addio?
Niente
parole o prese in giro. Solo un bacio. Solo lui ed io. Di sera. Nel nostro
posticino preferito; quel ponte che si affacciava sull’Oceano.
Sarei
tornata da lui, prima o poi. A ridere e scherzare come una volta. Solo io e
lui.
Mia
madre mi diede uno strattone, facendomi riprendere.
Mi ero
nuovamente lasciata andare ai ricordi. Per tutto il viaggio in aereo, non avevo
fatto altro che pensare a Matt, a New York, a tutto ciò che avevo lasciato.
-Tesoro,
vuoi salire? Aspettiamo solo te-, esclamò mio padre.
-Ah...
subito!-, mi affrettai.
Accanto
a me, mia madre mi lanciava occhiate preoccupate.
Decisi
di ignorarle e di controllare il mio stato. Dovevo sembrare la sorella della
befana in quel momento.
-Mamma,
hai per caso uno specchietto?-.
-Certo,
tieni-, me lo porse frettolosamente, come avesse paura di notare una mia
ricaduta.
Lo
aprii e mi specchiai. Avevo proprio ragione.
I miei
capelli rosso scuro erano tutti in disordine, i miei occhi verdi erano gonfi a
causa del sonno e dell’intontimento, le guance erano arrossate e la testa
cominciava a farmi male.
Richiusi
lo specchietto e lo porsi a mia madre.
-Avrei
proprio bisogno di darmi una sistemata-, sospirai.
-Non
preoccuparti, in poco tempo arriveremo a casa. Una volta lì, potrai sistemarti
come vorrai-.
-Si-,
risposi e chiusi gli occhi, lasciandomi trascinare nuovamente dai ricordi.
E
questa sono io: Julie Davis.
Ho
sedici anni e sono una ragazza abbastanza razionale, che poche volte si fa
controllare dai sentimenti.
Ho
imparato a mantenere il sangue freddo in ogni situazione nel corso degli anni,
cercando di sembrare controllata.
Ma
quando avevo ricevuto la notizia del trasloco imminente tutti i miei sforzi
erano svaniti.
Era
novembre. L’anno scolastico era già cominciato ed io ero già indietro.
Che
cosa futile pensare alla scuola, lo so. Ma quello era il mio meccanismo di
difesa.
Pensare
all’ultimo dei miei problemi per non stressarmi con quello più importante.
-Tesoro,
Julie, svegliati, siamo arrivati-, la voce di mia madre mi riportò alla realtà,
spezzando la magia del sogno che stavo facendo.
Era
tutto come prima che partissi. Ero con Matt, a New York, a ridere e scherzare.
Poi,
qualcosa, o per meglio dire qualcuno, mi aveva riportata alla realtà.
Io non
ero più a New York e, con la fortuna che mi ritrovavo, non ci sarei tornata per
molto tempo.
Scesi
dal taxi barcollando. Ero distrutta.
Osservai
l’orologio. Segnava le 17.30. Ci avevamo messo un’ora e mezza dall’aeroporto al
Centro. Eravamo giunti a casa. Non che la considerassi veramente casa mia.
Diciamo, che pensavo a quell’appartamento come ad un rifugio. Da dove prima o
poi sarei andata via.
Mi
guardai intorno e feci un respiro profondo.
Entrai,
seguita a ruota dalla mia Elizabeth, nel palazzo dal colore freddo. Era bianco,
ma sembrava ghiaccio.
Un uomo
sulla cinquantina venne ad accoglierci. Indossava la tipica divisa che i
portieri indossano all’entrata di un Hotel di lusso.
-Buongiorno,
signori. Prego, seguitemi-, disse l’uomo alto e magro, guidandoci verso
l’ascensore.
-Il
vostro appartamento è al terzo piano, il numero 103-, continuò.
Mi
voltai emettendo un piccolo mugugno. Mia madre si voltò e ricominciò a
guardarmi preoccupata. Sapeva quanto era stato doloroso per me il trasloco.
Certo, anche per lei le cose non erano state altrettanto facili. Aveva dovuto
lasciare il suo lavoro per seguire papà.
“Che
cosa stupida”, pensai, “abbandonare le proprie ambizioni... per amore!”.
Ero un
tantino acida su quel punto. Avevo avuto un solo vero ragazzo nella mia vita. E
mi aveva persino tradita... con una delle mie migliori amiche.
Mi ero
ripromessa di non fare sciocchezze da sentimentalista e di seguire la ragione
invece del cuore. Certo, non essendo innamorata, era facile mettere in atto il
mio buon proposito.
Ma
sarei stata sempre così ragionevole da poterlo mantenere fino a tempo
indeterminato?
-Eccoci,
siamo arrivati. Da questa parte-, disse il portiere, guidandoci lungo il
corridoio color giallo ocra. Era molto lungo. Adesso capivo perché il numero
dell’appartamento era il 103 pur essendo solo al terzo piano. Su un solo piano,
dovevano trovarsi molti, ma molti appartamenti.
-Prego,
questo è il vostro. Ecco le chiavi. Per qualunque cosa, sono giù. Arrivederci-,
e si dileguò più in fretta della luce.
-Pronti
per la nostra nuova vita?-, chiese mio padre con tono ironico, facendo spuntare
un sorriso a mamma e a Elizabeth.
Io
invece sbuffai e mi limitai a picchiettare con le dita sul mio trolley. Papà,
temo, se ne accorse e si voltò per aprire.
Mamma
ed Elizabeth corsero dentro con gli occhi che luccicavano per l’emozione.
Io mi
fermai sulla soglia, ad osservare come era strutturato l’ingresso.
Era
molto diverso dall’appartamento in cui vivevo a New York.
Molto,
troppo diverso da casa mia.
Le
pareti erano bianche, ma non gelide come quelle dell’esterno del palazzo.
L’ingresso era abbastanza largo, e lasciava intravedere la sala da pranzo. Vi
erano due scalini all’inizio.
Salii e
percorsi velocemente l’ingresso, dirigendomi verso la cucina, molto spaziosa e
illuminata.
Poi,
senza soffermarmi troppo, andai a vedere la sala da pranzo, ed infine le camere
da letto.
Erano
quattro. Bene, una avanzava persino.
Ogni
camera aveva il proprio bagno, cosicché nessuno si intralciasse la mattina.
Ogni
camera era organizzata in modo diverso.
La
camera dei miei genitori, aveva quel giallo ocra che avevo notato nel
corridoio, un balcone ed era quasi la più grande.
La
camera scelta da Elizabeth aveva le pareti di un leggero azzurro, una finestra
normale, e non era tanto più piccola di quella dei miei genitori.
A me,
non restava che decidere fra quella dalle pareti bianche, e quella dalle pareti
rosa.
Ciò che
mi spinse verso la seconda, fu l’aver notato la sua grandezza.
Credo,
quasi certamente, che fosse la più grande.
Aveva
il balcone, proprio come quella dei miei genitori.
Era la
più luminosa, almeno secondo il mio punto di vista.
Poggiai
il mio trolley fucsia accanto al letto a due piazze e corsi ad aprire la
finestra per godermi il panorama.
Ma la
nostalgia di casa mi invase il cuore. Era tutto così diverso.
Anche
se, secondo ciò che mi aveva raccontato Matt, Roma era una città così antica
che non avrebbe dovuto possedere certi palazzi moderni.
Ma che
ne poteva sapere Matt? Non era informandosi su internet che avrebbe trovato le
risposte alle mie mille domande.
Mi
poggiai per qualche istante alla ringhiera e abbassai lo sguardo su di essa.
Dopo
pochi secondi, ero già tornata la
Julie di prima!
Andai
in cucina, dove i miei genitori stavano esplorando ogni centimetro di spazio,
per decidere dove sistemare le cose primarie.
Elizabeth
correva da una parte all’altra della casa, felice come una bambina quando
riceve il suo regalo di Natale.
Io
cercai di farmela piacere in qualche modo, anche perché oramai la mia vita era
lì. Dovevo accettarla, che mi piacesse o no.
-Julie,
Elizabeth-, ci richiamò all’ordine mio padre, -cosa ne pensate? Vi piace la
nostra nuova casa?-.
Elizabeth
corse verso di lui con un sorriso a trecentosessanta gradi.
-Certo,
è bellissima!-, esclamò.
Tutti
si voltarono verso di me.
“Bene,
Julie, è arrivato il momento della verità. Renderli felici... o essere te
stessa?”, mi chiesi in fretta.
Piegai
leggermente il volto e sorrisi.
-É
veramente splendida-, risposi infine, certa di aver perso l’ultima occasione
per potermi ribellare.
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Capitolo 2 *** 2_ Stefano ***
Stefano
Stefano
Mentre
rifacevo il letto, cominciai a pensare al sogno che mi aveva torturata
per
tutta la notte.
Sapevo
bene che era uno sbaglio ricominciare a pensare a New York, a Matt, ai
miei
amici, alla mia immensa fortuna che all’improvviso mi aveva
voltato le
spalle... ma ero fatta così.
I
pensieri si formavano da soli, ed io non riuscivo più a
trattenerli.
Mi
piegai sulle ginocchia e ricacciai indietro le lacrime che minacciavano
di
uscire.
No, non
potevo assolutamente cedere così facilmente.
Dovevo
tenere duro a tutti i costi.
In
fondo, non avevo ancora perso del tutto!
Nelle
mie speranze più profonde, desideravo quasi che
papà si trovasse male col suo
nuovo lavoro e che fosse costretto a lasciarlo.
Ma
sapevo che era solo un mio desiderio egoistico.
Degno
dell’egocentrismo che regnava dentro di me. Si, sapevo
pensare solo a me
stessa, fregandomene delle altre persone.
Solo
Matt, però, conosceva questo lato del mio carattere.
-Julie,
forza! Non vorrai far tardi il primo giorno di scuola, vero?-,
strillò mia
madre dalla cucina.
Mi
specchiai un’ultima volta.
Indossavo
una t-shirt viola, dei jeans neri e delle scarpe da ginnastica nere.
Avevo
legato i capelli in una coda di cavallo ed ero truccata leggermente
come
sempre.
Forse,
l’unica cosa pesante che avevo era la matita nera.
L’immancabile
matita nera!
Quel
giorno era importante, secondo ciò che pensava mia madre.
Perciò,
il giorno prima, presa da una voglia irrefrenabile di shopping, mi
aveva
comprato molti più vestiti di quanti ne desiderassi.
Non che
la cosa mi disturbasse poi molto.
I soldi
ce li avevamo, no? E allora perché non spenderli per
qualcosa che ci faceva
sorridere?!
Sospirai
e testai il mio sorriso.
Perfetto.
Quel giorno ero al meglio della mia forma!
Indossai
il mio giacchetto viola e presi lo zaino.
-Eccomi,
mamma!-, esclamai entrando in cucina.
-Oh,
tesoro, sei bellissima!-, disse lei, prendendomi le mani.
-Perfetto,
allora possiamo andare. Julie, ti darò un passaggio a
scuola, va bene?-, disse
mio padre, prendendo la valigetta di lavoro.
-Quanta
eleganza, papà-, osservai, lanciando occhiate furtive al suo
nuovo completo.
-Be’,
la prima impressione è sempre quella più
importante!-, rispose sistemandosi
bene la giacca.
-Credo
che anche tu lo sappia-, esclamò lanciandomi
un’occhiata fugace.
Sorrisi
e schioccai due baci a mia madre e alla mia sorellina Elizabeth.
-Ci
vediamo dopo, mamma! Ciao, Beth!-.
-Papà,
meglio se ti fermi qui-, esclamai a qualche metro dalla scuola.
L’ultima
cosa che desideravo era di farmi vedere insieme a mio padre.
-Ho
capito! Vuoi che tua madre ti venga a prendere?-.
-Ehm,
ma no, non c’è n’è bisogno!
Ho capito quali mezzi devo prendere-, risposi,
inutilmente.
-Tesoro,
sai bene che tua madre si annoia. Ha dovuto lasciare il suo lavoro per
seguirmi
qui. Se fa qualcosa, evita di crogiolarsi nella nostalgia di casa-,
disse.
-Sai,
papà-, cominciai, aprendo lo sportello della macchina,
-mamma non è l’unica ad
aver abbandonato tutto per seguirti. E non è
l’unica che si crogiola nel
dolore. Forse, è solo l’unica che non si
dà da fare per andare avanti. Ma è un
piacere sapere che consideri New York ancora casa nostra-, finii,
scendendo.
-Julie!
Julie, torna qui!-.
-Ci
vediamo questa sera, papà!-, lo salutai, chiudendo lo
sportello.
Corsi
velocemente nella direzione della scuola, con i sensi di colpa che mi
torturavano.
Cosa
accidenti mi era preso? Non era da me mancare di rispetto a mio padre.
Mi
fermai e cercai di sistemarmi. Dovevo assolutamente fare una buona
impressione
ai miei professori e ai miei nuovi compagni di classe.
“Coraggio,
Julie!”, pensai tra me e me, avvicinandomi con passo felpato
al cancello in
ferro battuto.
Ed
eccola lì. La mia nuova scuola.
Avrei
frequentato il terzo anno del Liceo Classico Virgilio.
Ovvero,
per meglio dire, il primo liceo!
Non ero
molto agitata per ciò che mi stava accadendo.
Mia
madre era Greca, perciò, conoscevo abbastanza bene la lingua.
Senza
contare che, subito dopo aver saputo del trasloco, mi aveva comprato
dei
dizionari e mi aveva aiutata ad imparare le basi della lingua.
Sapevo
parlare meglio il Greco dell’Italiano, cosa veramente assurda.
Mi
guardai intorno, notando gli sguardi e i bisbigli dei ragazzi.
Sbuffai
mentalmente, correndo verso l’entrata.
-Buongiorno-,
dissi alla signora della Segreteria, una donna sulla quarantina con il
mio
stesso colore di capelli.
Mi
squadrò e poi sorrise.
-Scommetto
che sei Julie Davis, giusto?-.
-Ehm,
si!-, risposi un po’ imbarazzata.
Aveva
sicuramente riconosciuto l’accento straniero.
-Benvenuta,
cara. Tieni, questo è il tuo orario. La classe è
la 1^C. Si trova al secondo
piano. Le lezioni stanno per cominciare, ma ti consiglio di aspettare.
I
professori vorranno certamente presentarti. Ti conviene entrare per
ultima-.
-Terrò
a mente il consiglio-, dissi osservando l’orario.
Almeno
le ore di lezione non erano molte.
-Spero
ti troverai bene, qui!-.
-Si, lo
spero anch’io-, risposi cortese, sorridendole.
Nel
voltarmi, un ragazzo mi venne addosso, facendomi cadere.
-Vuoi
guardare dove cammini?-, esclamò adirato.
-Ma
sentitelo! Sei tu quello che mi ha letteralmente buttata a terra!
Dovresti
chiedermi scusa-, risposi a tono.
-Come
hai detto? Abbassa la cresta, piccoletta-, disse alzandosi.
Ma come
osava? Non ero poi tanto bassa.
Anzi,
per avere sedici anni ero anche troppo alta.
Alzai
lo sguardo per guardarlo in faccia. Di sicuro era un teppista, o un
bullo!
Ma per
essere un maleducato era molto bello.
Aveva i
capelli dorati e gli occhi neri. Era magro, ma si notava che andava in
palestra.
Ed era
alto. Molto più di me.
-Potresti
anche aiutarmi-, sbraitai.
Mi
guardò inarcando un sopracciglio.
-Povera,
Principessa! Si sarà sporcata i reali jeans-, rispose
ironico ma con tono acido,
mentre mi porgeva la mano.
Stavo
quasi per rispondergli male, quando arrivarono due ragazze.
La
prima aveva i capelli biondi legati in una treccia, gli occhi azzurri
ed era
magra come uno stecchino. La seconda, invece, aveva i capelli castani
chiari e
gli occhi marroni. Era molto più bassa della bionda, forse
perché più piccola.
-Stefano,
che fai?-, chiese la bionda al ragazzo che mi aveva buttata a terra.
-Niente,
Stella! Adesso arrivo-, rispose lui in modo scortese, voltandosi verso
di me.
Bene,
dunque era antipatico con tutti.
-Se
vuoi ti aspettiamo-, continuò lei, imperterrita.
-No,
grazie-, rispose freddo.
La
bionda, Stella, si irrigidì e lui si calmò.
-Davvero!
Farete tardi a lezione. Ci vediamo dopo-, continuò con tono
dolce.
-Ah, va
bene, come vuoi! A dopo-, rispose Stella, per poi scomparire in mezzo
alla
folla insieme alla sua amica.
Be’,
niente di meglio che essere bellamente ignorata.
-Stai
bene?-, mi chiese lui, stranamente gentile.
Cambiava
umore troppo facilmente per i miei gusti.
-Si,
niente di rotto! Ma sto ancora aspettando le tue scuse-, risposi.
-Aspetta
e spera, allora! Ci vediamo in giro-, disse e cominciò ad
incamminarsi verso le
scale.
La
folla di studenti stava diminuendo, perciò riuscii a
raggiungerlo più
facilmente.
-Aspetta...
per caso, puoi accompagnarmi nella mia classe? Sono nuova e...-, non mi
lasciò
terminare.
-In che
classe sei?-.
-1^C,
terzo anno-.
-Be’,
se davvero sei nuova, allora devi cominciare ad abituarti alla scuola-,
disse
salendo uno scalino.
-Cosa
vorrebbe dire, scusa?-.
-Trovatela
da sola la classe-, rispose freddo e corse su.
Ma che
razza di maleducato! Che antipatico!
Sospirai
e, con l’orario delle lezioni in mano, mi trascinai su per le
scale, fino al
secondo piano.
Il
corridoio era molto lungo, ma non potevo perdere tempo.
Gli
studenti erano già entrati, ed alcune porte erano
già chiuse.
La
seconda campanella suonò.
Avevo
fatto tardi per colpa di quel maleducato che non si era nemmeno preso
la briga
di aiutarmi.
Ma
quando l’avrei rivisto gliene avrei dette quattro.
Se
pensava di passarla liscia così, allora si sbagliava di
grosso.
Finalmente,
dopo aver percorso l’intero corridoio, arrivai davanti alla
mia classe.
La
porta era già chiusa. Perfetto. Avevo fatto tardi il mio
primo giorno!
La
giornata era iniziata proprio nel peggiore dei modi.
Presi
un bel respiro profondo e bussai.
-Avanti-,
gridò una voce femminile dall’interno
dell’aula.
Aprii
leggermente la porta, entrando imbarazzata.
Chissà
che faccia avevo!
-Oh,
buongiorno-, esclamò con sorpresa la donna.
Era
molto giovane, doveva avere all’incirca trent’anni.
I suoi
capelli castani erano legati in uno chignon e i tratti del viso erano
molto
spigolosi.
Mi
osservò attentamente per qualche istante – nei
quali non osavo voltarmi verso
la classe -, poi le si illuminarono gli occhi azzurri.
-Ma
certo-, disse, -lei è la signorina Davis. Si, mi avevano
avvertita del suo
arrivo! Benvenuta! Be’, immagino che abbia girato molto prima
di trovare la
classe e che sia molto stanca. Non le chiederò di farmi
nessuna presentazione,
ci penserò io a presentarla-.
Quella
notizia mi risollevò un po’ il morale.
Almeno,
non sarei stata costretta a guardare negli occhi gli studenti, forse.
Decisi
di voltarmi per osservare di sfuggita i miei compagni, che mi
scrutavano con
attenzione fra un bisbigliò e una risatina.
Speravo
che non stessero ridendo di me.
Percorsi
l’aula con lo sguardo, finchè non arrivai ad
osservare l’ultimo banco accanto
alla finestra.
Misi a
fuoco l’immagine del ragazzo che vi era seduto e per poco non
corsi da lui.
Stefano!
Quel maleducato che mi aveva trattata con tanta freddezza... era pure
in classe
con me! Respirai cercando di calmarmi.
-Bene,
ragazzi. Da oggi avrete una nuova compagna. Il suo nome è
Julie Davis, viene da
New York. Cercate di essere educati e fate amicizia-, disse severa, poi
si
voltò verso di me, sorridendomi, -spero ti troverai bene,
Julie. Prego,
accomodati vicino a Luca-, mi disse, indicando un ragazzo seduto al
primo
banco.
Aveva i
capelli neri e gli occhi marroni scuri.
Sorrideva
gentile, e non era niente male.
Bene,
sembrava proprio il contrario di Stefano.
Gli
sorrisi a mia volta, cercando di non posare lo sguardo su quel
maleducato
dell’ultimo banco, e mi accomodai accanto a lui.
-Piacere,
sono Julie-, dissi tendendogli la mano.
-Il
piacere è tutto mio, Julie! Io sono Luca Mancini-, mi
rispose cordiale,
stringendo la mia mano.
-Spero
ti troverai bene! Se hai bisogno di aiuto, di qualunque cosa si tratti,
conta
pure su di me-, mi disse.
-Grazie,
sei davvero molto gentile-, risposi sorridente.
“Tutto
il contrario di quel bifolco”, pensai, trattenendomi dal
voltarmi verso
Stefano.
Almeno
una persona normale e gentile c’era!
Luca mi
sorrise e poi tornò a posare lo sguardo sul suo quaderno.
*Spazio
Autrice*
Ecco
a voi il secondo capitolo, spero vi sia piaciuto^^
Tenete
bene a mente il personaggio di Stefano! Ne farà passare
tante a Julie!
Ah,
per chi non lo sapesse e avesse dei dubbi, il Liceo Classico
è composto dai
primi due anni che sono IV e V ginnasio! Poi, ci sono gli altri tre che
sono I –
II – III Liceo!
Per
questo, Julie, frequentando il terzo anno, fa il I Liceo^^
Ed
ora i ringraziamenti alle mie tre recensioniste, xD:
LallaYeah: Grazie
per aver aggiunto la storia ai seguiti^^ Spero che continuerai a
leggere, e che
continuerà ad ispirarti^^
Kiss
kiss
SweetCherry:
Grazie
mille! Mi fa davvero molto piacere che la storia ti
piaccia^^ Continua a seguirmi... ^_^
Kiss
kiss
Sabrina91:
Amoreeee,
grazie mille per la tua recensione *.*
E
grazie per averla aggiunta nei preferiti! Sei meravigliosa!
Tvttttttttttttttttttttttttttttb,
sorellona!
Kiss
kiss
Al
prossimo capitolo^^
Kiss
kiss
**Miki**
|
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Capitolo 3 *** 3_Telefonate ***
Telefonate
La
giornata scolastica non fu pesante come pensavo.
Luca mi
aveva aiutata moltissimo con la lingua italiana e mi era già
molto simpatico.
Certo,
la sua fortuna più grande era di essere il contrario di quel
maleducato di
Stefano Esposito!
Quell’antipatico
non aveva fatto che prendermi in giro per tutta la giornata, persino ad
alta
voce e davanti ai professori, i quali non si erano stupiti
più di tanto.
Allora
era veramente maleducato con tutti.
-Lascialo
perdere, Stefano! É fatto così! Di rado
è dolce e gentile. Forse solo con
Stella, la sua migliore amica. Ma poi basta-, mi aveva detto Luca.
Stella...
era la ragazza che lo aveva salutato quella mattina.
Be’,
non mi era parso che fosse molto gentile con lei.
-Ciao,
tu sei Jenny?-, mi salutò una ragazza dai capelli neri e gli
occhi marroni,
durante la ricreazione.
-Ehm,
Julie!-, corressi.
-Ah,
scusa!
Piacere, io sono Angela!-, mi porse la mano. Aveva davvero un bel
sorriso.
-Piacere
di conoscerti, Angela-, le strinsi la mano.
-Allora,
tu vieni dal New England, eh?-.
-Ehm,
New York-, la corressi nuovamente.
-Ah,
scusa-, ripeté lei.
-Niente,
figurati!-, dissi io, irritata.
-E...
vivi dalle Suore, vero?-, chiese, soffocando una risata.
Inarcai
un sopracciglio.
-Mi
stai prendendo in giro, per caso?-, le chiesi.
-No! In
verità, avevo ascoltato la presentazione della
professoressa, ma Stefano mi ha
detto di dirti queste cose... scusami! Ma non te la prendere! Era uno
scherzetto da niente-.
Solo a
sentire il nome di quel bifolco mi venne la pelle d’oca.
Il mio
nervosismo aumentò di parecchio!
-Be’,
dì al tuo Stefano che certi scherzetti su di me non hanno
effetto!-, risposi
cercando di mantenermi tranquilla.
-E vedi
di starmi lontana-, aggiunsi gelida.
Lei
cambiò totalmente aspetto, incenerendomi con lo sguardo.
-Sai,
Americana, non ti conviene metterti contro di me... o contro Stefano!
Sei
appena arrivata, decidi da che parte stare! Ma ti do un consiglio da
amica:
cerca di non rovinarti il resto dell’anno frequentando i
ragazzi sbagliati.
Chiaro?-.
Ressi
il suo sguardo e mi avvicinai a lei.
-Io dei
tuoi consigli non me ne faccio niente. Soprattutto perché
non sei mia amica! E
adesso, se vuoi scusarmi-, le dissi facendole segno di andarsene.
Si
spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e
poi se ne andò.
Un
applauso partì alle mie spalle.
Mi
voltai e vidi due ragazze. Le avevo notate verso gli ultimi banchi.
La
prima aveva la pelle bianca come il latte, era bionda e con gli occhi
verdi.
La
seconda era più scura di carnagione, dai capelli neri e gli
occhi marroni
scuri.
-Complimenti-,
disse la prima.
-Non
capita tutti i giorni che qualcuno tenga testa ad Angela-,
continuò la seconda.
-Be’,
non mi lascio influenzare dalle minacce-, risposi sicura.
Sorrisero
e mi si avvicinarono lentamente.
-Io
sono Alessandra, piacere!-, disse la prima, porgendomi la mano.
-Piacere,
Julie-, risposi cortese.
-Io,
Valeria!-, aggiunse la seconda, salutandomi con un cenno della mano.
-Non
siete tifose di Angela?-, chiesi ironica.
-No,
non facciamo nemmeno parte del fan club dedicato a Stefano-, rispose
Alessandra.
Non
potevo credere alle mie orecchie.
-Come?
Stefano, quel maleducato, ha un suo fan club?-.
-Già!
Dall’anno scorso! É stata proprio Angela a
fondarlo! Non che a Stefano importi
molto. Sta sempre per i fatti suoi-, disse Valeria.
-Se si
comporta male con gli altri... è normale che stia sempre
solo-, aggiunsi acida,
ripensando al nostro incontro.
-Si,
forse hai ragione-, esclamò Alessandra, pensierosa.
All’uscita
trovai mia madre ad attendermi.
Sperai
che mio padre non le avesse riferito le terribili cose che avevo detto
quella
mattina, su di lei... e anche sul resto del trasloco.
Entrai
e chiusi la portiera senza proferire parola.
-Come
è
andato il primo giorno, Julie?-.
Sospirai
di sollievo. Forse, avrebbe aspettato ancora un po’ prima di
farmi la predica.
-Bene.
Ho conosciuto delle persone simpatiche-, risposi, decidendo di lasciar
stare le
bestemmie che avevo pensato su Stefano.
-Ah,
sono contenta. Con la classe ti trovi bene? E gli insegnanti?-.
-Si,
mamma, tranquilla, va tutto bene! Ho già fatto amicizia con
alcuni compagni di
classe. E gli insegnanti non sono niente male. Mi sembrano molto
disponibili-.
-Devono
essere disponibili! Soprattutto con te. E la lingua? Vedo che stai
migliorando!-.
-Si, il
mio compagno di banco mi ha aiutata molto. Si chiama Luca Mancini-,
risposi.
-Oh,
bene! Menomale che hai trovato dei compagni gentili! Tutto questo ti
aiuterà
molto ad adeguarti al trasloco. Ah, a proposito del trasloco, tesoro...
poco
prima che ti venissi a prendere mi ha telefonato tuo padre-.
Ecco,
lo sapevo! Non mi aspettava niente di buono, così decisi di
passare subito alla
difesa.
-Mamma,
mi dispiace! Non volevo! Non penso veramente quello che ho detto-.
-Oh, si
che lo pensi. Eccome-, rispose lei.
Abbassai
lo sguardo, dispiaciuta.
-Mi
dispiace, mamma. Non volevo-, dissi.
-No,
non hai niente di cui scusarti. Perché quelle cose le penso
anch’io! Certo,
sono molto contenta per tuo padre... ma nemmeno per me è
stato facile. E voglio
darmi da fare!-.
-Darti
da fare? Che intendi?-.
-Be’,
non mi è mai piaciuto fare la casalinga! Voglio trovare un
lavoro, anche se
immagino che non sarà facile! Ma ci posso provare!-.
-Ah...
ehm... si, sono d’accordo-, risposi imbarazzata.
-Bene!
Adesso che ci siamo chiarite... com’è questo Luca
Mancini?-, mi chiese
lanciandomi un’occhiata maliziosa.
Abbassai
nuovamente lo sguardo, imbarazzata.
Quasi
quasi, preferivo la predica!
-Mamma!
Dai!-, dissi.
-Cosa
c’è? Forza, dimmi com’è
fatto! É carino? Gentile? Che voti ha a scuola?-.
-Smettila,
mamma! É carino, si, e anche molto gentile! Ma non ti dico
altro!-.
Non che
mi stesse ascoltando molto. Già vagava con la fantasia.
-Mmm,
hai detto che ti ha aiutata molto con la lingua... se è
così, deve essere bravo
a scuola! Si, ne sono certa!-, esclamò tra se e se.
Mi
voltai, seccata. Sempre la solita storia. Tutte le volte che nominavo
un
ragazzo, chiunque fosse, lei ricominciava a fantasticare su come fosse.
-Mamma,
ma che ne puoi sapere? L’italiano è la sua lingua
madre, è normale che lo
sappia parlare!-, dissi.
-Domani
me lo devi far vedere-, continuò imperterrita, ignorandomi.
-Cosa?-,
esclamai sbigottita.
-Si!
All’uscita! Devo vedere che faccia ha! Capirò
tutto su di lui in un batter
d’occhio!-.
-Ma...
ma, mamma! No! Scordatelo!-.
-Oh,
tesoro, non ti sto mica chiedendo di presentarmelo! Voglio solo
vederlo!-.
-E sia!
Ma la dovrai smettere di farmi domande!-.
-Va
bene, va bene!-.
-E non
dirlo con quel tono! L’ho conosciuto solo oggi-, dissi
esasperata!
-Si,
l’hai conosciuto solo oggi! Ma è l’unico
di cui hai fatto il nome!-, esclamò
con tono melenso.
-Mamma,
sai bene come sono fatta!-, dissi.
-Si, ma
un giorno o l’altro ti innamorerai anche tu! E scommetto che
il tuo primo
amore, sarà proprio questo Luca!-.
-Mamma!-,
urlai, -ma che ne sai? Smettila! Certo, meglio Luca che Stefano-,
mugugnai tra
me e me.
-Stefano?
E chi è Stefano?-, mi chiese tutta eccitata, di nuovo quello
sguardo malizioso
nei suoi occhi.
Oh, no,
cosa diamine avevo combinato?
-Nessuno!
Solo un maleducato, rozzo, antipatico ragazzo della mia classe!-,
risposi,
trattenendomi.
Quando
mi arrabbiavo non andavo molto per il sottile.
-Oh,
già mi è simpatico-, esclamò.
-Mamma,
mi hai sentita? É tutto il contrario di Luca!-, dissi, pur
sapendo che sarei
stata ignorata! Invece, con mia grande sorpresa, rispose inarcando un
sopracciglio.
-Infatti,
ti ho detto che sarà Luca il tuo primo amore!-.
-Mamma,
smettila! Nemmeno lo conosci! Nemmeno io lo conosco! Non metterti a
fantasticare come al tuo solito... che poi ci rimani sempre male!-.
-Sei tu
quella che mi ci fa rimanere male! Devi imparare a fidarti un
po’ di più dei
ragazzi! Mica è detto che sono tutti uguali!-.
-Si,
si, dicono tutti così... e poi...-, sbraitai.
-Certo,
tu il tuo grande amore già ce l’avevi! Che peccato
averlo abbandonato così-,
disse con aria amareggiata.
La
guardai scettica. Tanto valeva stare al gioco.
-E chi
sarebbe stato il mio grande amore?-.
-Ma che
domande! Matt, no?-.
Matt.
Matt. Matt.
-Mamma...
quanto costano le chiamate all’estero?-.
-Oh,
tranquilla, abbiamo una tariffa vantaggiosa! Fatta apposta per te!
Stasera
potrai parlare con lui-, rispose guardandomi negli occhi.
-Non mi
guardare così! Matt... è stato il mio migliore
amico! Niente di più-, dissi
imbarazzata.
-Se
fossimo rimasti a New York, però, sarebbe sicuramente
diventato qualcosa di
più-, sussurrò.
-Smettila-,
esclamai, pur sapendo che aveva perfettamente ragione.
Peccato
che non fossi più a New York.
Perciò,
qualunque sogno avessi, avrei dovuto rinunciarvi!
Sei ore
di differenza passavano fra New York e Roma.
Per
essere certa che Matt si trovasse a casa, dovetti aspettare le 21.00
per
chiamarlo!
-Ehi,
Matt, come va lì?-, chiesi.
-Bene,
Jul, tranquilla! Ce la caviamo! Anzi, a dirla tutta, non ci manchi
nemmeno un
po’-, rispose lui, ironico.
-Scemo!-.
-Dai,
Jul,
non te la prendere! Dico tanto per sdrammatizzare! Ci manchi tanto!
Lauren, non
si è ancora ripresa, Kirsten, non sa più a chi
chiedere consigli sui ragazzi e
Michelle non trova una compagna adatta per lo shopping! Per non parlare
di
John, Paul e Brad. Sono tutti andati fuori di testa!-.
-E
tu?-, chiesi. Mi importava molto di più cosa facesse lui.
-Io...
be’, io cerco di tirare su il morale alle altre!-.
La
risposta era un po’ deludente, ma decisi di continuare.
-Mi
mancate tutti-, dissi.
-Lo so,
anche tu ci manchi! Soprattutto a me-, rispose.
Sorrisi
e mi rilassai, sdraiandomi sul letto.
-La
scuola? Ti trovi bene? É difficile?-, mi chiese a raffica.
-Calmo,
adesso ti spiego tutto con calma! Be’, la scuola non
è difficile come temevo, e
i compagni non sono niente male! Alcuni...-, dissi agitandomi.
-E gli
altri? Tanto antipatici?-, mi chiese, intuendo qualcosa.
-Due in
particolare! Li detesto! E li ho conosciuti solo oggi!-, sospirai
esasperata.
-Dimmi
tutto! Aspetto tanti bei gossip da raccontare agli altri! Soprattutto
alle
ragazze!-.
-Scemo!
Comunque, si chiamano Stefano e Angela! Stefano è di
un’antipatia assoluta! Non
lo sopporto, veramente! E si comporta acidamente con tutti!
É un gran
maleducato! E Angela, poi! Gli ha fondato un fan club, capisci? Un fan
club!
Dio, non riesco a capire cos’abbia in testa certa gente!-.
Matt
scoppiò a ridere. Non era la stessa cosa confidarsi per
telefono. Ma era
qualcosa.
-Non
c’è niente da ridere! Ci sto pure in classe
insieme, capisci? Li dovrò
sopportare per il resto dell’anno... e se mi va male, per
altri due! Accidenti!
La mia solita fortuna!-.
-Dai,
Jul, calmati! Ce la farai, come hai sempre fatto! Te la caverai alla
grande, ne
sono certo!-.
-Prima
me la cavavo, perché c’eri tu al mio fianco...
adesso sono sola!-.
-Non
sei sola! Per quanti chilometri ci possano separare, noi due saremo
sempre
uniti! E poi, non hai bisogno di me per tenere testa a due bulletti-.
-Ma ho
bisogno di te per sopravvivere a tutto questo!-, sussurrai.
In
realtà, avevo un po’ paura a farmi sentire.
Non
avevo la minima idea di quale potesse essere la sua reazione.
-Si, lo
so!-, rispose con tono rassegnato, -ma sei abbastanza forte da
provarci!-.
Avrei
voluto chiedergli qualcos’altro, ma decisi di fermarmi
lì.
Cambiai
abilmente discorso, in modo da non dover interrompere la telefonata in
modo
brusco.
Chiacchierammo
per due ore, rivangando i vecchi tempi e prese in giro.
Ma
tutte le cose belle finiscono, e così, a malincuore, dovetti
salutarlo.
-Stammi
su, Jul! E inviami almeno un e-mail a settimana! Devo sapere cosa ti
accade!-.
-Contaci,
Matt! Ci sentiamo presto! Ti voglio bene!-.
-Anch’io
ti voglio bene, my best friend!-.
Sorrisi
e gli lanciai un bacio immaginario.
-Salutami
gli altri-, dissi infine.
-Contaci!
Mi faranno mille domande! Almeno ho degli argomenti nuovi di zecca!-.
-Bravo!
Ma non esagerare! Allora... a presto!-.
-Si, ci
sentiremo presto! Ti voglio tanto bene, Jul-, poi riattaccò.
Rimasi
qualche istante a fissare il telefono.
“Anche
io ti voglio tanto bene, Matt. Più di quanto
immagini”.
*Spazio
Autrice*
Bene,
spero che anche questo terzo capitolo vi sia piaciuto!
Nel
prossimo verrà svelata una parte del carattere di Stefano!
Ed ora
i ringraziamenti alle mie tre recensioniste, xD:
Saku_Cele: Sono
contenta che la mia fic ti piaccia^^ Spero che continuerai a seguirmi!
Kiss
kiss
SweetCherry: Sono
contenta che continui a leggere la mia fic^_^
Non
preoccuparti, molto presto conoscerai il vero carattere di Stefano... e
anche
quello di Luca^^ Grazie!
Kiss
kiss
Sabrina91: Amoreee,
ma anche io ti adoro^^ Come farei senza di te? La mia recensioni sta
per
eccellenza! Merci per i complimenti alla mia fic^^
Molto
presto dovremmo sentirci... anche perché mi devi raccontare
ogni più piccolo
particolare di ieri sera, xD
Tvttttttttttttt,
La tua Sorellina!
Kiss
kiss
Poi, un
ulteriore ringraziamento a chi ha aggiunto la mia fic ai seguiti:
- LallaYeah
- mora1992
- SweetCherry
E a chi
ha avuto il coraggio di inserirla fra i preferiti:
- nene_cullen
- pirilla88
- Sabrina91
Grazie
a tutti^^
Spero
che continuerete a seguire e a recensire!
Kiss
kiss
**Miki**
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Capitolo 4 *** 4_Punizione ***
Punizione
La
mattina seguente mi svegliai con uno strano senso di calma mescolato ad
agitazione.
Corsi
ad aprire le tende e vidi che stava per piovere.
Sarebbe
stato meglio farsi accompagnare a scuola da papà...
già, papà!
Solo in
quel momento ricordai di non avergli chiesto minimamente scusa per il
mio
comportamento.
Dovevo
sbrigarmi! Altrimenti mi avrebbe punita per due mesi, minimo!
Mi
preparai in fretta, non soffermandomi troppo davanti al guardaroba.
Indossai
una maglietta bianca e dei jeans.
Lasciai
i capelli sciolti, acconciati solo da un cerchietto nero.
Mi
truccai in fretta e andai in cucina.
Sperai
che papà fosse da solo. Non mi andava proprio di chiedere
scusa davanti a
tutti.
C’era
solo Elizabeth, in cucina, ma la ignorai momentaneamente.
-Papà?-,
lo chiamai.
-Si?-.
-Ehm...
io, mi vorrei scusare per ciò che ti ho detto ieri mattina!
Non so cosa mi sia
preso!-.
-Tranquilla,
tua madre mi ha già spiegato tutto. Certo, mi hai sorpreso
un bel po’! Non è da
te dire certe cose-, esclamò.
-Già,
è
vero! Chissà, forse era solo per via del primo giorno di
scuola! La tensione mi
gioca brutti scherzi-, dissi.
-Si,
sarà stato sicuramente così! So che sei una
ragazza matura e ragionevole!-, mi
sorrise e bevve il suo caffè.
Sicuri
che fossi così matura e ragionevole?
-Papà...
c’è un’altra cosa di cui devo scusarmi-,
dissi improvvisamente.
-Sarebbe?-,
mi chiese dubbioso.
-Ecco...
io... ho desiderato che tu lasciassi il tuo nuovo lavoro, pur sapendo
quanto ci
tieni, per tornare a New York. Un ragionamento un po’
egoistico-.
-Dai,
non devi scusarti per queste sciocchezze. Mi sarei sorpreso se tu non
lo avessi
fatto!-, mi rispose sorridente.
Sembrava
proprio di buonumore!
-Buongiorno-,
salutò mamma, entrando in cucina.
-Buondì,
mamma!-, la salutai allegra io!
-Ehi,
ma come siamo raggianti questa mattina! Merito della telefonata di ieri
sera?
Oppure di Luca?-, mi chiese con fare indagatore, guardandomi maliziosa.
-Mamma!-,
urlai.
-Ehi,
chi è Luca?-, chiese mio padre, improvvisamente agitato.
Temeva
da sempre il momento in cui gli avrei presentato un ragazzo.
-Nessuno,
un mio compagno di classe-, risposi con nonchalance.
-Compagno
di banco, per l’esattezza-, cinguettò mia madre.
La
fulminai con lo sguardo.
-Ah,
bene! Non mi avevi parlato di un compagno di banco! Comunque, non
c’è fretta!
Stasera a cena risolveremo tutto! Io vado-, disse mio padre.
Deglutii
e poi mi ricordai il secondo motivo per cui ero andata da lui.
-Papà,
aspetta! Puoi accompagnarmi? Temo che stia per piovere-.
-Ti
accompagno io-, intervenne mia madre.
Sapevo
il motivo per cui ci teneva tanto...
-Allora,
qual è Luca?-, mi chiese mamma, con aria troppo, troppo curiosa.
Sbuffai.
-Non lo
vedo-, risposi.
-Forza,
Julie! Dimmi qual è!-, insistette lei.
-Uffa!
É quel ragazzo accanto al cancello. Sta parlando con la
bionda. Lo vedi?-.
-Oh,
si! Be’, complimenti, è davvero molto, molto
carino! Ah, credo proprio che
andrete d’accordo!-.
-Mamma,
smettila! Come fai a saperlo?-.
-Perché
una mamma queste cose le sente!-.
-Come
vuoi! Io vado-, risposi.
-Vuoi
che ti venga a prendere?-.
-Solo
se piove!-, risposi e scesi dall’auto.
-Cammini
troppo lenta per i miei standard-, disse una voce alle mie spalle.
L’avrei
riconosciuta fra mille.
Mi
voltai seccata.
-Allora
superami! Lo spazio c’è-, risposi seccata.
Stefano
fece una risata, divertito.
-Ti
faccio ridere?-, gli chiesi, pur sapendo la risposta, evidente davanti
ai miei
occhi.
-Molto!
Ma non abbastanza da starmi simpatica! Soprattutto se frequenti i
secchioni
come Luca Mancini!-, disse scuotendo la testa.
-Luca,
è un ragazzo molto gentile e simpatico. Qualità
che tu non possiedi affatto-,
risposi a tono.
-E tu
che ne sai? Non mi conosci...-.
-E
nemmeno intendo farlo! Perciò, stammi lontano!-, dissi, e
corsi verso Luca.
Non mi
voltai a vedere la faccia di Stefano, ma sperai che mi avesse
riconsiderata un
po’.
E che
fosse rimasto di stucco, magari!
-Buongiorno,
Julie-, mi salutò Luca.
-‘Giorno!-,
risposi tutta trafelata.
-Hai
corso?-, mi chiese, piegando leggermente il volto per guardarmi negli
occhi.
-Si!
Sono scappata da Stefano!-, risposi acida.
-Non
riesce a starti simpatico, eh?-, mi chiese, un sorrisetto ad
incorniciargli il
volto.
-No!
Meno lo vedo e meglio sto!-.
Anche
se doveva ancora pagarmela per la maleducazione e la poca
disponibilità del
giorno prima!
-Allora
cominciamo ad entrare! Così non lo vedrai per le scale-, mi
prese in giro Luca.
-Ma che
battuta! Andiamo, dai!-.
-Buongiorno,
ragazzi-, salutò la professoressa Conte, facendoci segno di
sederci, -oggi ci
dovremmo occupare di una cosa. Perciò, faremo poca lezione-,
annunciò
pensierosa.
-Che
cosa?-, chiese Alessandra, chiudendo il suo libro di Greco.
-Di una
gita. Sarà di una settimana. Andremo proprio in Grecia!
Contenti?-, chiese, più
come domanda retorica.
-Certo!
Tutto pur di non fare lezione! E per una bella settimana! Senza contare
che le
Greche sono molto, ma molto meglio... delle Americane!-,
esclamò Stefano,
facendo annuire gran parte della classe.
Mi
voltai innervosita. Ci mancava poco che andassi da lui a
schiaffeggiarlo.
Angela
rideva divertita, cercando invano di attirare l’attenzione
del maleducato.
La
professoressa tirò fuori un sorriso tirato.
-Il
solito spiritoso, Esposito! Chissà se sarai così
spiritoso anche durante
l’interrogazione! Alla lavagna!-, sentenziò,
aprendo il suo registro.
Stefano
sbuffò e si alzò.
-Professoressa,
dovrebbe prendersi una camomilla! Era solo una battuta... tanto per
ridere!-.
Quando
mi passò accanto gli feci una smorfia, ottenendo un
risultato diverso da quello
che volevo.
Invece
di arrabbiarsi aveva cominciato a ridere, fermandosi solo davanti allo
sguardo
inquisitore della professoressa.
La
quale, con mia grande soddisfazione, lo torturò durante
l’interrogazione.
Peccato
che Stefano se la cavasse bene con il Greco quanto se la cavava con le
battute.
-Bene,
Esposito, hai confermato il voto della settimana scorsa. Un bel nove!
Puoi
tornare a posto! Ed ora, con vostro sommo piacere, cominciamo a
discutere della
gita-.
Stefano
sorrise e si fermò davanti al mio banco.
-Esposito,
cosa stai facendo?-, gli chiese la professoressa.
-Niente,
mi scusi. Dovevo solo chiederle scusa per la battuta di prima. La
ragazza è
molto sensibile-, rispose.
-Bene,
chiedi scusa e poi smettila! Stamattina ti sei già fatto
notare abbastanza!-,
esclamò lei, severa.
-Ma
certo, professoressa!-, poi si voltò verso di me,
-Dispiaciuta per prima? Non
volevo... sai com’è, sono un ragazzo sincero! Non
mi piace raccontare bugie-,
mi bisbigliò divertito.
-Senti
un po’, tu, ma perché non te ne vai a quel
paese?-, risposi io, scordandomi di
regolare il tono di voce.
Tutti
si voltarono a guardarmi, compresa la professoressa, che
lanciò occhiate
adirate a me e Stefano.
-Adesso
basta! Esposito, Davis, fuori dalla classe! Finchè non
imparerete a comportarvi
civilmente, almeno a scuola, non resterete un secondo di più
dentro quest’aula-,
urlò, indicando la porta.
-Ma...
è stato lui-, provai a difendermi.
-Silenzio,
signorina Davis! Ho già sentito abbastanza! Siete fortunati
che non vi metta
una nota! Per punizione, però, dovrete tradurre un brano di
Latino che vi darò
alla fine della prossima ora. E domani lo voglio vedere! Ed ora
fuori!-,
strillò, spaventandomi.
Stefano
ridacchiò, scuotendo la testa.
-E
levati quel sorrisetto dalla faccia, Esposito! Ricorda che il voto in
condotta,
conta! Non farti fregare proprio tu! Sei talmente bravo a scuola!-,
disse la
Conte, afflitta.
Stefano
sbuffò e poi mi trascinò fuori dalla classe.
-Io
vado alle macchinette, ho sete. Tu che fai? Mi accompagni? Dovrei dirti
alcune
cose-.
Feci
spallucce e lo seguii indifferente.
-Cosa
vuoi?-.
-Angela
mi ha detto che ieri avete parlato-.
-Ah,
si-, risposi acida.
-Scusala!
Non le ho veramente chiesto io di dirti certe cose! Mi sta persino
antipatica-.
-Ma
dai! Ha fondato un fan club in tuo onore! Dovresti amarla!-.
-Vedo
che sei ben preparata sul mio conto! Allora, non ti sono
così indifferente come
vuoi far credere-, sorrise.
-Ma
smettila! Solo che in questa scuola è impossibile non sentir
parlare di te! Il
nome di Stefano Esposito regna sovrano!-.
Scoppiò
a ridere e prese due bottigliette d’acqua.
Me ne
offrì una.
-Se
pensi di farti perdonare con questa... ti sbagli!-, esclamai voltandomi.
-Non
devo farmi perdonare di niente... io!-.
-Si,
come no! Facevo bene a restarmene fuori dalla classe-.
-Sei
sempre così acida? Quanto sei antipatica-.
-Veramente,
da quello che mi risulta, l’antipatico qui saresti tu.
Persino con la tua
migliore amica-.
-Almeno
io ce l’ho una migliore amica-, rispose vago.
Sbuffai
e cominciai a camminare.
-Dove
vai?-, mi chiese.
-Davanti
alla finestra, quella di fronte alla classe! Lasciami in pace!-, dissi.
-Se
continui a comportarti male, non avrai mai degli amici. Non qui-,
esclamò.
-Tu ce
li hai!-.
-Perché
io sono bello! Tu non lo sei abbastanza da poterti permettere un fan
club!-.
-Maleducato!-.
-Acida!-.
-Antipatico-.
Rise e
andò dalla parte opposta alla mia.
-Ci
ritroviamo davanti alla classe fra un po’! Così ti
lascio ai tuoi pensieri!-.
-Ecco,
bravo!-, dissi e tornai davanti alla classe.
Incredibile
come potesse farmi arrabbiare tanto.
Non
avevo mai preso una punizione in vita mia, mai!
Quel
ragazzo era capace di far uscire il mio lato peggiore, quello nascosto
a tutti.
Ma un
giorno o l’altro me l’avrebbe pagata cara... molto
cara!
-Forse
la professoressa ha esagerato-, disse Luca a ricreazione, -ma potevi
risparmiarti quella risposta ad alta voce-.
-Lo so!
Non ho mai reagito così, con nessuno! Ma Stefano tira fuori
il peggio di me-.
-E tu
cerca di resistere-, intervenne Valeria.
-Ci
provo, ma... uffa, lo conosco solo da due giorni e già lo
vorrei menare!-.
-Si,
Stefano fa quest’effetto a molti-, intervenne Alessandra.
-Ma se
vanno tutte dietro a lui-, notai.
Alessandra
sorrise.
-Tutte,
appunto, non tutti! Distingui il maschile dal femminile-.
-Ah,
giusto! Però, se non mi sbaglio, anche i ragazzi lo
invidiano molto... non mi
sembra abbiano l’aria di volergli menare!-.
-Be’,
ci fanno l’abitudine! E poi, entrare nel suo fan club ti fa
diventare popolare!
E chi non vorrebbe essere popolare?!-.
-Giusto!
Allora, mi sa che devo seriamente darmi una calmata! Altrimenti rischio
di
rimetterci anch’io!-, sbuffai.
-Si! E
poi, per la vendetta c’è sempre tempo-,
osservò Valeria, facendomi
l’occhiolino.
-Giusto!
Com’è che dice il proverbio?-, chiese Luca,
guardandomi.
Socchiusi
gli occhi a due fessure e sorrisi diabolica.
-La
vendetta è un piatto che va servito
freddo-.
**Spazio autrice**
Grazie per i commenti, ragazze^^
In particolare a:
Saku_Cele:
Grazie,
Celeste^^ Si, anche a me piace troppo la mamma di Julie! Mi sembra
quasi un'adolescente, a volte!
spero che continuerai a seguire!
Kiss kiss
La_presuntuosa_94:
Grazie
per il consiglio^^! Be', questa storia l'ho scritta anni fa, quando
frequentavo le medie, infatti la sto modificando un pò!
Cercherò di non farla sembrare troppo banale, xD
Kiss kiss
Sabrina91: Amore mioooo!!! Che
dirti, se non un enorme GRAZIE?!
Tvtttttttttttttttttbxs! Kisssssss
Grazie anche a chi legge solamente!
a chi ha inserito la mia storia nei "Seguiti" e nei "Preferiti".
Alla prossima^^ spero che continuerete a seguirmi!
La storia comincerà a smuoversi un pò!
Kiss kiss
**Miki**
|
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Capitolo 5 *** 5_Appuntamento... Con Sorpresa! (Parte Prima) ***
Appuntamento...
con sorpresa!
(Parte Prima)
Nelle
due settimane successive, Stefano continuò con le sue
frecciatine.
Non
capivo cosa ci trovasse di così divertente a prendermi in
giro.
E non
riuscivo a capire dove trovasse la fantasia di pronunciare certe cose.
Alcune
molto imbarazzanti, altre a dir poco scioccanti.
E tutti
ridevano. A volte, con mio sommo dispiacere, anche gli unici amici che
ero
riuscita a farmi: Alessandra, Valeria e Luca.
Già,
Luca! Lui si che era un ragazzo d’oro!
Non mi
prendeva mai in giro, né si comportava sgarbatamente con me!
Era sempre gentile
e disponibile nei miei confronti.
A
volte, mi veniva l’assurda idea di paragonare il carattere di
Stefano con
quello di Luca! E ne era uscito che unendoli fra loro, risultava il
carattere
di Matt.
Certo,
Matt non mi avrebbe mai presa in giro come lo faceva Stefano.
Ma
quando voleva sapeva essere davvero fastidioso.
Fatto
sta, che Stefano Esposito era diventato il mio peggior nemico... e con
lui,
tutto il resto del suo fan club, che comprendeva almeno ¾
dei ragazzi e delle
ragazze della scuola!
E io
che volevo far colpo ed essere accettata!
Certo,
una proposta per avere il rispetto che mi meritavo era arrivata, ma io
l’avevo
rifiutata categoricamente.
Non mi
abbassavo alle pretese di Stefano. Era stato proprio lui a farmi la
proposta.
-Puoi
entrare nel mio fan club! Solo così, otterrai il rispetto
che tanto brami-, mi
aveva detto, con quella voce maledettamente suadente e quegli occhi
furbeschi.
Ma io
non cedevo così facilmente. Poco importava che fosse bello.
Lo
odiavo! E non l’avrei mai venerato come facevano quelle
stupide ochette delle
sue fan!
-No,
grazie! E ora togliti di mezzo-, avevo risposto acida.
Una
piccola vocina dentro di me mi urlava di ripensarci.
Era
Stefano Esposito, diamine! Il ragazzo più bello della scuola!
Ed ero
la prima ragazza a cui chiedeva di entrare nel suo fan club, di cui non
gli
importava nemmeno un tubo!
Ma ero
troppo ostinata ed arrabbiata per il modo in cui mi trattava, per
ripensarci.
In
fondo, meglio pochi amici ma buoni!
Ed io
stavo benissimo così... almeno fino a quando...
-Ehi,
sei impegnata domenica?-, mi chiese Luca, accompagnandomi fino alla
fermata
dell’autobus.
Inarcai
un sopracciglio. I miei sospetti erano dunque fondati.
Già il
fatto che Alessandra e Valeria avessero voluto lasciarci da soli non mi
convinceva... e adesso sapevo il perché!
-Domenica?
Penso di si... perché?-, gli chiesi.
La mia
mente era divisa in due.
La
prima parte, sperava che mi stesse solo chiedendo di studiare assieme,
per il
compito di Greco che si sarebbe tenuto il mercoledì
successivo.
La
seconda parte, invece, desiderava ardentemente che Luca mi chiedesse di
uscire
con lui. Anche solo per un cinema!
-Ecco,
be’, volevo chiederti di uscire con me! Avrei intenzione di
farti visitare la
città! É bellissima! E poi...-, si interruppe,
abbassando lo sguardo.
E poi?
-E
poi-, riprese come niente, -volevo sapere se ti andava di andare in
biblioteca!
Ci sono molti testi antichi... è da molto che non ci vado!
Così, sarà
un’occasione in più per...-, okay, stava
straparlando!
Decisi
di aiutarlo, divertita dalla sua timidezza.
-Si,
accetto molto volentieri-, risposi, fermamente convinta delle mie
parole.
Gli si
illuminarono gli occhi.
-Perfetto!
Cioè... bene! Bene, si... ehm, allora io vado! Ci vediamo...
domani! Così, ci
mettiamo d’accordo sull’orario e tutto il
resto...-, balbettò imbarazzato.
Sorrisi.
-Ma
certo, Luca! A domani-.
-Ciao-,
mi salutò, dandomi un bacetto sulla guancia.
-Lo
sapevo che avresti accettato!-, esultò felice Valeria,
sull’autobus.
Lei ed
Alessandra erano salite alla fermata successiva, lanciandomi occhiate
maliziose
e accomodandosi ai due posti in fondo che avevo tenuto per loro.
-Calmati!
Mi ha solo chiesto di uscire! Niente di che!-, risposi, scettica.
-Dai, è
chiaro come il sole che gli piaci! E che a te piace lui!-, mi
punzecchiò
Valeria.
-Non
sei d’accordo con me, Ale?-, chiese poi ad Alessandra, che
non aveva detto una
sola parola da quando era salita sull’autobus.
Teneva
lo sguardo basso, voltato verso il finestrino.
-Si...
sono perfettamente d’accordo-, disse, la voce seria e lo
sguardo distante.
-Che
cosa c’è?-, le chiesi preoccupata.
Mi
voltai verso Valeria, che invece non fece una piega davanti al
comportamento di
Alessandra, come se ci fosse abituata.
Alessandra
si voltò e mi sorrise.
-Niente...
ma non mi piace quando piove! Mi mette tristezza-, mi rispose,
facendomi segno
di osservare fuori dal finestrino.
-Già,
sta piovendo! Ha cominciato poco prima che arrivasse
l’autobus. Ma sei sicura
che sia solo per questo?-, continuai, poco convinta dalle sue parole.
Non
rispose.
-Sta
tranquilla-, intervenne Valeria, ed io mi voltai verso di lei.
Teneva
gli occhi chiusi e le mani giunte dietro la nuca.
Sorrideva
sorniona, già in preda alle sue fantasie su cosa avrei
dovuto indossare
all’appuntamento, su come mi sarei dovuta pettinare, di cosa
avrei dovuto
parlare...
-Fa
sempre così quando il tempo peggiora! É
meteoropatica, o come diavolo si
dice...-, disse in un sussurro.
-Ah,
davvero?-, mi voltai, improvvisamente sollevata.
Avevo
quasi temuto che fosse arrabbiata per via del mio appuntamento con Luca!
Come
sempre, il mio egocentrismo stava avendo la meglio!
Non ero
la prima per nessuno! Dovevo ricordarmene più spesso!
-Si...
odio la pioggia, le nuvole... non posso uscire... me ne resto rintanata
a casa
tutto il giorno...-, sospirò sconsolata, spostandosi una
ciocca di capelli
dietro l’orecchio.
-Perciò,
credo che l’inverno non ti piaccia per niente!-, dissi.
Non
rispose nemmeno stavolta!
Credo
che trovasse inutile esprimersi su cose così evidenti.
Decisi
di starmene zitta! Mi sentivo a disagio certe volte.
Alessandra
era molto più matura di come volesse far credere, e Valeria
non era da meno,
nascondendosi dietro la maschera di una bambina.
Matt.
Il suo
ricordo mi invase la mente e dovetti trattenere le lacrime fino a
quando non
tornai a casa.
Mi
sentivo una traditrice.
Come
potevo sentirmi felice lì... mentre Matt non era con me?
L’unica
cosa che desideravo era di poter tornare da lui... volevo che tutto
tornasse come
una volta... prima di quel maledetto bacio d’addio!
Quel
bacio, così dolce ma triste, aveva rovinato tutto!
La
tensione tra noi era aumentata a dismisura.
Non
avevo più trovato il coraggio di telefonargli. Sarei
sicuramente scoppiata a
piangere, mentre lui si sarebbe arrabbiato con me, per via della mia
reazione.
Lo
faceva sempre, quando eravamo a New York.
Io
piangevo e lui, prima si arrabbiava e poi mi consolava... infilandoci
sempre
qualche critica in mezzo.
Anche
lui era molto maturo.
Solo io
non lo ero. Anche se tutti mi dicevano il contrario, io sapevo
benissimo che
invece non era vero.
Era la
mia maschera, quella che mostravo a tutti gli altri... tutti
fuorché Matt.
Il
telefonò squillò.
In casa
non c’era nessuno, perciò mi tocco rispondere,
rimandando il mio sfogo.
-Pronto?-.
-Ehi,
Jul! Fortuna che sei in casa-, esclamò una voce familiare
dall’altra parte del
telefono.
-Matt-,
esclamai sorpresa, -ma... perché... che ore sono
lì, adesso?-, chiesi, in preda
alla confusione.
-Sono
le 8.30-, rispose.
-E non
sei a scuola?-, chiesi, pur sapendo che certe domande non erano
rilevanti.
-No,
oggi non dovevo andare. Che c’è, non sei contenta
di sentirmi?-.
-No, ma
come ti salta in mente! Mi hai fatto una sorpresa bellissima!-. Ed era
vero.
-Per
fortuna! É che non ti sei fatta più sentire...
perciò ne ho approfittato per
chiamarti... adesso... sono le 14.30, lì, vero? Speravo che
fossi già tornata a
casa! Avevo tanta voglia di sentirti-.
Sentii
i miei occhi inumidirsi. Cercai di non piangere, ma lo sforzo non
servì a
molto.
-Jul?
Jul, che hai? Perché piangi?-, mi chiese, preoccupato.
Aveva
frainteso le mie lacrime.
-Niente-,
risposi, -è solo che sono felice di sentirti-.
Lo
sentii sospirare.
-Sei
sempre la solita! Mi ero preso un bello spavento! Scema! Mi fai sempre
preoccupare! Ma non cresci mai?-, me lo immaginai mentre scuoteva la
testa e si
innervosiva.
Sorrisi.
-Perdonami!
Non cambio mai-, dissi.
La
telefonata con Matt durò ore ed ore.
Era
talmente bello poter parlare con lui. Mi mancava ancora tantissimo,
nonostante
mi stessi abituando a sopravvivere senza di lui.
E
riecco il telefono che squillava.
-Pronto,
chi parla?-.
-Julie,
ciao! Sono Vale!-.
-Valeria!
Dimmi-.
-Senti,
sei libera?-.
-Adesso?-.
-Si,
adesso! Ho voglia di fare shopping, ma Ale non è
disponibile! Quando piove non
si azzarda a mettere il naso fuori di casa! E, comunque, dovrai pur
comprarti
qualcosa da mettere all’appuntamento, no?-.
Sospirai.
Lo sapevo che aveva un doppio fine.
-Verrò
con te... ma non cominciare a correre da un negozio
all’altro! Non è che mi
debba vestire da Regina! É un’uscita come
un’altra-, dissi.
-Ma
dai, smettila! É il vostro primo appuntamento! Devi essere
impeccabile! Ti
aspetto sotto casa mia fra mezz’ora! Sbrigati-,
esclamò.
-Fra
mezz’ora? Vale... ma... Vale? Valeria?-, niente, aveva
già chiuso la
conversazione.
Sospirai
di nuovo e mi preparai per uscire.
Presi
l’ombrello e feci una corsa per raggiungere casa di Valeria.
-Sei
arrivata! Bene, possiamo andare!-, esclamò tutta raggiante,
umore che si
addiceva poco a quella giornata così tetra.
-Dove?-,
chiesi, un po’ intimorita.
-Hanno
appena inaugurato un nuovo centro commerciale! É
meraviglioso! Ci sono
tantissimi negozi! Passeremo delle ore lì dentro!-,
esclamò.
Abbassai
lo sguardo e mi maledii per averle detto di si.
Cioè,
io adoravo lo shopping. Ma adoravo un
pomeriggio normale di shopping.
Valeria,
invece, sembrava unire tre pomeriggi insieme!
Era
come una trottola impazzita, incapace di resistere di fronte a
qualunque capo
d’abbigliamento.
-Questo
è carino... però non mi convince... si, carino,
ma non ti sembra troppo verde? Ma guarda che carina
questa maglietta... peccato che sarebbe nascosta dal giacchetto!-,
aveva
ripetuto tutto il pomeriggio.
Aveva
una critica per ogni capo che mi provavo.
Erano
già le sette passate. Avevo lasciato un biglietto a casa,
avvertendo i miei
genitori che ero andata a fare shopping con Valeria.
-Vale,
io devo tornare a casa! Quello che ho comprato mi basta!-, dissi,
alzando in
aria le varie buste.
Avevo
comprato una maglietta viola e dei jeans neri, una nuova trousse e
degli
orecchini a forma di stella, secondo suggerimento di Valeria.
Dopotutto,
lei conosceva i gusti di Luca molto meglio di me.
-Va
bene!-, disse un po’ sconsolata. Sicuramente, da come
guardava il negozietto
vicino all’entrata, aveva intenzione di continuare il suo
giro.
-Se
vuoi restare... io posso andare da sola-, dissi.
-No, ci
tornerò domani con Ale! Adesso tocca a lei!-,
esclamò.
E così,
dopo due giorni di ansiosa attesa, il fatidico giorno arrivò.
Luca
sarebbe passato a prendermi verso le 9.30.
Sotto
suggerimento dei miei genitori, che erano all’oscuro del mio
appuntamento, mi
ero comprata la tessera per i mezzi pubblici.
Anche
se detestavo prenderli.
In
America si poteva prendere la patente già a sedici anni.
Perché
in Italia no?
Avevo
una patente sprecata!
Quando
Luca arrivò, io mi feci trovare già sotto casa,
sperando che mia madre, in
preda ai suoi soliti sospetti, non si fosse affacciata al balcone per
controllare che uscissi veramente con Alessandra e Valeria. Per mia
fortuna,
non lo fece!
Era una
splendida giornata! Il sole batteva forte, ed il freddo dei giorni
precedenti
era più sopportabile.
-Partiremo
dalla biblioteca, va bene?-, mi chiese Luca.
-Va
bene!-, risposi entusiasta.
Per due
motivi.
Primo: ero
veramente molto felice di essere con lui.
Secondo:
la biblioteca era frequentata da gente colta ed educata! Ergo: non
avrei fatto
brutti incontri! Come con ragazzi maleducati, tipo un certo Stefano
Esposito...
Figuriamoci
se quello andava in biblioteca.
Sorrisi
al solo pensiero. Che idea assurda!
Stefano
Esposito... in una biblioteca? Solo sotto tortura...
**Spazio
Autrice**
Ecco a
voi un nuovo capitolo^^
Spero
vi sia piaciuto!
Vedrò
di aggiornare presto la seconda parte, xD
Adesso,
i ringraziamenti a chi lascia un commento ogni volta!
Saku_Cele:
Si, la
mamma di Julie fa sempre ridere, xD Spero che il nuovo
capitolo ti sia piaciuto! Grazie!
Kiss
kiss
Sabrina91:
Amoreeeeee,
grazie mille! Ma
come farei senza di te?? xD
Ti
amoooooooooooooo
La_Presuntuosa_94:
Sono
veramente
felicissima che la storia ti piaccia *-*
xD mi
sa che hai già intuito quello che accadrà, xDxD
Merci,
merci
Kiss
kiss
Vorrei
anche ringraziare Fatina
Viola per aver commentato il terzo
capitolo.
Spero
che continui a piacerti la mia storia!
Bene,
adesso ho finito^^
Alla
prossima!
Kiss
kiss
**Miki**
|
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Capitolo 6 *** 6_Appuntamento... Con Sorpresa! (Parte Seconda) ***
Appuntamento...
con sorpresa!
(Parte Seconda)
-Allora,
da dove vuoi cominciare?-, mi chiese Luca, indicandomi i maestosi
scaffali
strapieni di libri.
-Da
quelli... mmm, vediamo...-.
-Io
vado a restituirne uno, d’accordo? Tu intanto scegli-.
-Si...
allora, cosa potrei prendere?-.
-Ingombri,
ti vuoi togliere?-, disse una voce alle mie spalle.
Mi
voltai di scatto, pronta al litigio, ma quasi svenni.
-E tu
che diavolo ci fai qui?-, chiesi.
-Secondo
te? Che si può fare in una biblioteca?-, mi rispose lui,
alzando gli occhi al
cielo.
-Ma...
ma... non è possibile!-, sibilai tra me e me.
-Allora,
ti togli?-, continuò lui, scontroso più che mai.
-No,
sto decidendo che libro leggere!-, risposi.
-Guarda
che i libri delle favolette sono là in fondo-,
esclamò, indicandomi un punto
lontano.
Gli
feci una smorfia.
-Non ti
facevo un tipo da biblioteca!-, dissi.
-Non
sei brava a capire la gente. E non sei brava a capire me! Proprio come
tutti
gli altri-, sogghignò.
-Ma
smettila! Io ti ho capito benissimo!-.
-Non è
vero. E adesso togliti di mezzo-, rispose brusco.
Non
dirmi che l’avevo offeso?
Delle
persone si voltarono a guardarci, infastidite, ed io abbassai lo
sguardo
imbarazzata.
Riusciva
sempre a mettermi in brutte situazione quel bifolco!
Mi
spinse di lato e si fermò davanti ad uno scaffale.
Lo
seguii e notai che si trattava di libri... storici?
Stefano Esposito leggeva libri storici?
Io non
credevo nemmeno che sapesse leggere, a dir la verità!
-Sai,
su una cosa mi fai ridere-, esclamai.
-Cosa?-,
chiese lui, distratto, continuando ad osservare i libri.
-Hai
detto che frequento i secchioni, ma, dai tuoi voti a scuola e dalle
letture che
scegli, mi sembra chiaro che anche tu non scherzi-.
Lui mi
lanciò un’occhiata curiosa.
-Ma se
ti sto veramente antipatico-, iniziò, prendendo in mano un
libro e cominciando
a sfogliare piano le pagine, -Come mai sei tanto informata su di me?-.
Rimasi
a bocca aperta.
-Io...
io non sono informata su di te! Per esempio... non so nemmeno quando
sei nato!-
dissi, incrociando le braccia sul petto.
-Il 2
maggio! Adesso lo sai-, ridacchiò.
-Smettila!
Adesso, io prendo un libro e torno al mio appuntamento!-.
-Appuntamento?
Ah, si, quello con Mancini-, sussurrò pensieroso,
incamminandosi con il suo
libro in mano.
-E tu
come lo sai?-.
-Ehi,
non sei l’unica che si informa!-, sorrise, facendomi
l’occhiolino, e se ne
andò.
Io me
ne rimasi imbambolata.
Ma...
ma...
Luca
tornò sorridente.
-Allora,
hai deciso?-, mi chiese.
-Io...
vorrei andare via. Se non ti dispiace!-, esclamai, un po’
imbarazzata.
-Ah,
no, certo! Ehm, scusa, sapevo che ti saresti annoiata!-.
-No,
no, no, no! Non mi sto annoiando! Solo che... c’è
brutta gente!-.
-Ah...
davvero? Sai, prima ho visto Stella. Te ne ho parlato, vero? La
migliore amica
di Stefano! Non avrei mai pensato di vederla in una biblioteca-.
Abbassai
lo sguardo.
-Nemmeno
io, fidati!-.
Mi
sentivo un po’ imbarazzata.
Speravo
che Luca non ci fosse rimasto male.
Ma non
volevo più vedere la faccia arrogante di quel maleducato.
-Allora,
dove mi porti?-, gli chiesi.
Lui si
voltò con un sorriso.
-Al
lunapark! Ti sta bene?-, mi chiese.
-Benissimo!-,
risposi.
Mettendo
caso che anche Stefano fosse stato là... quando mai ci
saremmo potuti
incrociare?
Scossi
la testa ed eliminai quel pensiero dalla testa.
Essere
troppo positiva mi portava sempre male!
-Allora,
Julie, cominci a trovarti bene qui?-.
-Oh,
si, mi sto abituando! Dopotutto, non ho altra scelta!-, feci spallucce
e lo
guardai di sottecchi.
Mi
rendevo conto che stavo per fargli la domanda che mai
si dovrebbe fare ad un appuntamento, ma non riuscii a
resistere!
-Senti...
tu conosci da tanto... Stefano?-.
Lui si
voltò, pensieroso.
Sperai
che non credesse che glielo avevo chiesto perché mi
interessava il Bifolco!
-Be’,
dalle medie. Eravamo nella stessa scuola, classi diverse. Sai, Stefano
si dà
molte arie, ma sotto sotto è un bravo ragazzo-.
-A me
non sembra-, mugugnai.
-Sai,
anche se dici di non sopportarlo, non fai altro che nominarlo! Anche se
per
lamentarti. La cosa è sospetta-.
Mi
voltai e cercai di correre ai ripari.
E poi...
non era vero che parlavo sempre di Stefano!
-No,
dai! Ma come ti saltano in mente certe fesserie? Io quello lo odio!
É soltanto
un gran maleducato! Un bifolco! Un animale! Un...-.
-Okay,
okay! Ho capito!-, disse, sorridendo imbarazzato.
Io
abbassai lo sguardo.
-In
biblioteca c’era anche lui, vero? É per questo che
sei voluta andare via-, la
seconda non era una domanda.
-Non
sopporto la sua presenza!-.
-Dovresti
provare a riconsiderarlo un po’. É simpatico!
Veramente-, disse, di fronte al
mio sguardo allibito.
-Dai,
basta parlare di lui! Altrimenti rischio di andarlo a cercare per
picchiarlo!-.
Luca
rise, scuotendo la testa.
-Se lo
dici tu! Dai, vieni, siamo arrivati-.
Sorrisi
e decisi di lasciarmi Stefano Esposito alle spalle!
Ma,
come al solito, la fortuna aveva deciso di ignorarmi!
-Ma
guarda! I due piccioncini al loro primo appuntamento! Che teneri-,
sghignazzò
un’ochetta.
Sospirai.
-Ma
insomma! Si può sapere che vuoi?-, chiesi, quasi urlando, al
bifolco.
Lui mi
guardò con finta aria innocente.
-Che
vuoi da me? Non ho fiatato! Tu, piuttosto, che ci fai qui?
Cos’è, mi stai forse
pedinando?-.
-Ah,
sarei io quella che pedina? A me sembra tanto il contrario!-, risposi
alzando
il tono di voce.
Luca si
mise in mezzo, allontanandoci.
-Va
bene, calmatevi, ragazzi! Non fate che litigare! Cercate di fare un
discorso...
senza insultarvi, magari. É un caso se ci troviamo tutti
qui!-.
Stella,
l’amica del bifolco, aveva gli occhi fissi su di me.
Aveva
uno sguardo di fuoco.
Ma che
voleva?
-Luca
ha ragione, ragazzi! Smettetela di fare i bambini-, esclamò
lei.
-Dovete
fare amicizia-, continuò, avvicinandosi a Luca.
Non
potevo credere alle mie orecchie.
Era
forse arrabbiata per il modo in cui trattavo il suo amichetto?
Stefano
sbuffò e incrociò le braccia sul petto.
-Smettetela
voi due, piuttosto! Sembra una coalizione. Noi due ci comportiamo come
ci pare
e piace-.
Stella
gli lanciò un’occhiataccia.
-No!
Dovete smetterla! Allora, per far si che questo accada, io e Luca
togliamo il
disturbo-.
Sgranai
gli occhi, furente.
-Ehi,
Stellina, forse non te ne sei accorta durante il pedinamento-, e
lanciai
un’occhiata furiosa a Stefano, -Ma questo è un
appuntamento! Lasciateci stare-.
Lei mi
si parò davanti.
-Stammi
a sentire, Giulietta dei miei stivali, Stefano è il mio
migliore amico, più o
meno da quando andavamo all’asilo. Voglio vederlo sereno! E
non lo è più da
quando sei arrivata tu. Perciò, facciamo così. Io
e Luca ci facciamo un
giretto. Fra dieci minuti al massimo ci ritroviamo qui. E guai a voi se
state
litigando. Potrai scordarti il tuo appuntamento definitivamente-.
Sgranai
gli occhi e rimasi a bocca aperta, incapace di controbattere.
Stefano
ci stava ignorando. Era troppo intento a fissare me e Luca per prestare
attenzione al discorso di Stella.
-Bene-,
esclamò quest’ultima, prendendo sottobraccio Luca,
-Dieci minuti! A dopo-, e si
trascinò dietro l’inebetito Luca.
Poverino!
Gli stavo rovinando la giornata.
E, come
sempre, la colpa era sua! Di quel maleducato!
-Allora...
che vuoi fare?-, mi chiese, con tono alquanto disinteressato, Stefano.
-Tornare
al mio appuntamento! Anzi, no, tornare indietro e posticipare
l’uscita!-,
sbraitai.
-Mancini
ti piace?-, mi chiese disinvolto.
Lo
fissai.
-What?-.
-Ti
piace? Si o no! La risposta è semplice-.
-Ma...
ma che domande sono? Non sono affari tuoi, comunque-.
Lui
sorrise beffardo.
-Ahia!
Scommetto che un po’ ti piace... ma non abbastanza-,
continuò.
-Smettila,
psicologo! Che ne sai tu? Per tua informazione... lui... mi piace
tanto, si!-.
-Davvero?-,
continuò, trattenendosi dal ridere.
Lo
fissai. Volente o nolente, dovevo continuare.
Non
gliel’avrei data vinta!
-Si,
davvero! Mi piace tanto! Tantissimo! Sento la fiamma
dell’amore!-, forse stavo
un pochino (molto!) esagerando!
Ma
volevo che ci credesse veramente.
-Addirittura?
Attenta a non prendere fuoco!-, scoppiò a ridere.
-Ah ah,
sei sempre talmente spiritoso-.
-Dai,
Davis, nemmeno un bambino ci crederebbe! “Sento la fiamma
dell’amore”-,
esclamò, imitandomi in maniera teatrale.
Strinsi
i denti. Quel maleducato, bifolco, antipatico!!!
-Si,
esatto! Mi piace! Perciò, te lo chiedo con la massima
gentilezza, togliti dai
piedi! Voglio cercare di riparare questo appuntamento!-.
Scoppiò
a ridere.
-Per
adesso me ne vado... ma non finisce qui!-.
Gli
feci una smorfia, ottenendo il solito risultato!
Lui si
divertiva, io mi incavolavo!
-Mi
spiace averti rovinato la giornata!-, mi scusai con Luca.
-Non fa
niente, avremo modo di rifarci!-, mi rispose lui, gentile.
Cercai
di sorridere, ma non ci riuscii.
Stefano
mi aveva davvero stancata.
Finchè
si trattava di qualche battutina, okay, ma addirittura rovinarmi il
primo
appuntamento... me l’avrebbe pagata cara!
Molto,
molto, moltissimo cara!
E con
gli interessi!
-Grazie
per avermi riaccompagnata a casa, comunque-.
-Ci
vediamo a scuola! Ciao-, e se ne andò.
Non
sembrava molto triste, anche se si notava il suo nervosismo.
Strinsi
i pugni e corsi a casa.
Mi ero
improvvisamente ricordata che mia madre, nonostante la sua
curiosità, era
ottima a dare consigli. Il tutto, all’insaputa di
papà, ovviamente!
-Oh,
tesoro, pensaci! Tieniti stretti gli amici... e ancor più i
nemici!-, mi disse
con tono saggio e sguardo furbesco.
-E che
devo fare, insomma?-, le chiesi esasperata.
-Il
contrario di ciò che fai ora! Invece di arrabbiarti, ridi
insieme a lui! Invece
di rispondere male, dagli ragione!-.
-Ma sei
matta? Io lo ammazzo!-.
-Calmati,
non essere impulsiva, e segui il mio consiglio... ma, adesso...
c’è un’altra
cosa che devi dirmi...-, si incupì improvvisamente.
-Che
cosa?-.
-Sei
uscita con Lucaaa!!! Lo sapevo!!!! Devi dirmi tutto! Quando te
l’ha chiesto,
come era vestito, di cosa avete parlato... dai, forzaaa!!!!-, si
entusiasmò
come una bimba!
Scossi
la testa.
-Non
cambi mai!-.
**Spazio Autrice**
Questo capitolo non
è stato un granché, (ringraziate mio fratello che
non mi fa mai usare il
computer ç__ç) ma, come sempre, tocca a voi
giudicare!
Vi dirò,
sarei
molto felice anch’io se uno come Stefano interrompesse un mio
appuntamento, xD
Un ringraziamento
particolare a:
La_presuntuosa_94:
Grazie^^ Si, Luca
non è da sottovalutare!!
Spero
non ti abbia fatto troppo schifo, questo new chappy!
Kiss
kiss
Sabrina91:
Amoreeeeeeee^^
Merciii^^ Ti amuuuuuuu
Un
ringraziamento
anche alle 8 persone che hanno inserito la mia fic tra i preferiti e le
10 che
l’hanno inserita fra le seguite!
Alla
prossima
**Miki**
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