[Per quanto riguarda Yu-gi-oh!, questa storia si ambienta da qualche parte prima de "Le memorie del Faraone", ma per comodità i ragazzi sanno il nome di Atem.]
«È inutile, non
riesco a concentrarmi!» sbottò
un’esasperata
Anzu, seduta alla sua scrivania nel vano tentativo di stesura di una
relazione
di scienze. Posò la penna e si alzò.
Aveva cercato di mandar via il senso
d’inquietudine che le
attanagliava lo stomaco per tutto il pomeriggio, ma non c’era
stato verso. Si
affacciò alla finestra. Era sera ormai, il sole era
tramontato da un’ora.
Mentre faceva scorrere lo sguardo sui
tetti di Domino City,
i suoi pensieri andarono a Yugi. Non che l’avessero mai
lasciato, in realtà. Il
motivo della sua inquietudine era proprio lui.
Era sulle tracce di un nuovo,
pericoloso criminale da ormai
tre mesi. Non sapeva i dettagli, ma aveva sentito da Jonouchi giusto il
giorno
prima che avevano finalmente trovato una traccia.
Lei avrebbe voluto rendersi utile, ma
Yugi – il Faraone, in
realtà – aveva dichiarato che era una questione
personale e doveva occuparsene
lui, da solo. Aveva chiesto ai suoi
amici di fidarsi di lui.
A lei in particolare aveva fatto
promettere che non si sarebbe
preoccupata.
“«Fidati
di me, Anzu.
Mi occuperò anche di questa minaccia, e tutto
tornerà come prima. Mi conosci
ormai, no? Non preoccuparti.»”
E lei si fidava, davvero.
L’aveva visto affrontare
moltissime minacce negli ultimi anni, una più oscura e
potente dell’altra, e
uscirne sempre vincitore. Non aveva dubbi che potesse affrontare anche
questa,
eppure…
…eppure
qualcosa di
diverso c’è. Non sapeva cosa, non aveva
un motivo logico per pensarlo; era
solo… un presentimento.
Anzu si sarebbe data della stupida,
in condizioni normali.
Ma dopo tutte le avventure vissute al
fianco di un Faraone
la cui anima era stata sigillata 5000 anni prima, dopo aver assistito
in prima
persona all’oscuro potere delle ombre, non poteva
semplicemente ignorare i suoi
presentimenti.
Prese una giacca
ed uscì. Fortunatamente i suoi non
erano in casa quella settimana, non aveva voglia di inventare una scusa.
Conscia che Atem si sarebbe
probabilmente arrabbiato,
s’inoltrò nelle vie di Domino alla sua ricerca.
Stava per chiamare Jonouchi,
quando una specie di vortice oscuro apparì in cielo.
Pericolosamente vicino al
negozio di giochi dello zio di Yugi.
Anzu affrettò il passo,
sperando non fosse troppo tardi.
¤
«Equipaggio Libro
di
Magia Nera al mio Mago Nero, che guadagna 500 punti
d’attacco! Posiziono
una carta trappola e finisco il turno».
«Tutto qui ciò
che sai fare, Faraone?»
Si trovavano nella strada accanto al
negozio di giochi. Yugi
aveva lasciato che l’altro
sé stesso prendesse
il controllo del suo corpo per affrontare l’ombra che avevano
inseguito negli
ultimi mesi.
L’ombra in questione, in
quel momento separata dal giovane
duellante solo dal campo di gioco che aveva evocato lui stesso con il
potere
delle ombre, era in realtà un uomo. Indossava un mantello
nero che rendeva
impossibile farsi un’idea chiara della sua corporatura, ed
una maschera
rappresentante un corvo. Il fatto stesso che fosse un uomo avevano
potuto
dedurlo solo dalla voce, ammesso quindi che non l’avesse
distorta in qualche
modo.
I due Yugi non erano riusciti a
capire quale fosse
esattamente il suo obiettivo, ma sapevano che per raggiungerlo aveva
bisogno di
tre manufatti. Uno l’aveva rubato da un museo egizio tre mesi
prima, era uno
smeraldo che, esposto alla luce della luna, brillava rivelando
un’altra pietra
al suo interno.
Inizialmente non conoscevano
l’identità degli altri due
oggetti, ma l’uomo stesso gliene aveva rivelato uno quella
sera. Sfidandoli,
aveva infatti chiesto che mettessero in palio il Puzzle del Millennio. Naturalmente, di perderlo non se ne parlava
neppure.
Atem non poteva vedere il volto del
suo avversario, ma
immaginarsi un ghigno sprezzante era fin troppo facile, visto il suo
tono.
Poteva capirlo, aveva dei mostri abbastanza potenti.
Ma lui non
crede nel
cuore delle carte quanto me. I miei amici
non mi tradiranno mai. Perché è questo che sono
per me le mie carte: amici, non mostri.
«Se è
così che vuoi giocare, non avrò certo
pietà» affermò
l’avversario. «Il mio Octopus basterebbe
già da solo ad eliminare il tuo
inutile mago, ma voglio schiacciarti completamente» disse,
procedendo ad
attivare una carta rituale che gli permetteva di rimpiazzare il suo
mostro con
un altro, di qualsiasi livello fosse, dalla sua mano. «Ti
presento Lord Raven Renya,
Faraone. Con i suoi 5000 punti d’attacco
cancellerà per
sempre il tuo mago, sottraendoti i 2000 Life Points che ti
rimangono».
Atem non tentennò
minimamente a quella notizia. Rimase in
silenzio.
«Vuoi mantenere una poker
face? Benissimo, fai pure. Attacca, Lord
Raven Renya! Distruggi il suo mago!» E
quando l’avrai fatto, avrò finalmente
l’anima del Faraone. Poi basterà unirla a
Pandora seguendo le istruzioni dell’antica
pergamena… E nessuno potrà più anche
solo pensare di fermarmi!
Immerso nei suoi sogni di grandezza,
l’uomo neanche notò
l’accenno di sorriso formatosi sul volto del ragazzo.
«Non sarà così facile.
Attivo la carta trappola: Alleanza
Oscura!»
«Cosa credi di fare? La tua
misera trappola non fermerà il
mio attacco!»
«Convincitene, se vuoi. Se
il mio Mago Nero viene attaccato,
questa trappola mi permette di evocare una carta compatibile dal deck,
e io
evoco Giovane Maga Nera!»
Sul campo, accanto al mago, apparve
la giovane maga,
sorridendo al suo maestro.
«Poi i miei maghi uniscono
i loro poteri d’attacco,
arrivando a 5500 grazie al bonus di 500 garantitogli dalla trappola. Il
tuo
corvo può solo soccombere!» esclamò
Atem con un sorriso trionfante. Anche
questo nemico era stato sconfitto. Quel Lord
Raven Renya, carta che non aveva mai visto prima, sembrava
essere l’asso
nella manica del suo avversario; distrutto quello, dubitava ci fossero
altre
carte realmente pericolose nel suo deck. Anche se ci fossero state,
comunque,
le avrebbe semplicemente sconfitte grazie al legame che aveva con le sue carte. Aveva la vittoria
praticamente in mano.
Osservò l’uomo
dall’altro lato del campo. Era difficile
dirlo per via della maschera, ma gli sembrò ribollire di
rabbia.
«Te ne pentirai amaramente,
Faraone».
Era stato quasi un sibilo,
l’aveva sentito appena. Subito
dopo, sentì l’energia oscura che li circondava
intensificarsi. Guardò in alto,
e vide che si stava formando un vortice nero.
Che stava succedendo?
Con una calma glaciale,
l’uomo pescò. «Speravo fosse
più
facile prenderti, ma ti sei dimostrato una vera seccatura. Non mi lasci
altra
scelta» disse.
Per qualche motivo, Atem fu percorso
da un brivido.
L’energia malvagia era sempre più forte.
L’uomo
materializzò una carta in campo. Stupendo i due Yugi,
che si aspettavano un mostro, aveva scelto una carta magia. Non
l’avevano mai
vista prima. Somigliava a Tifone Spaziale Mistico, ma era viola e
rosso. «Ma
cosa..?»
«Qui sei troppo potente, ti
avevo sottovalutato. Ti porterò
dove ti ho in mio potere, allora!» esclamò,
prorompendo in una risata resa
ancora più cupa dal rimbombo nella maschera.
«Attivati, Altra
Dimensione!»
Il vortice violaceo iniziò
ad ingrandirsi. Nel frattempo
Atem pensava. Altra Dimensione? Che pensa
di fare? Vuole “portarmi dove mi ha in suo potere”?
Intende il Regno delle
Ombre? Controllò freneticamente le carte che
aveva in mano, ma non c’era
nessuna magia che potesse neutralizzare quello strano vortice. Che succederà ai miei maghi?
Finalmente il vortice smise di
crescere. Fu allora che
iniziò a muoversi. Dritto nel suo campo.
Con grande sorpresa sia di Yugi che
di Atem, quello strano
vortice passò attraverso i suoi mostri, lasciandoli intatti.
Ma non si fermò.
Proseguì dritto verso il duellante, e lo
inghiottì.
Ritrovandosi immerso in un indefinito
spazio rosso, il
Faraone si trovò a lottare per non perdere conoscenza. Era
difficile, sentiva
moltissimi rumori indistinti intorno a lui, diversi suoni che non
capiva…
Poi sentì una voce nota.
Se fino ad allora aveva
miracolosamente conservato un
briciolo di calma e freddezza, la perse in quel momento.
«Yugi! Atem!!!»
Conosceva bene quella voce,
l’avrebbe riconosciuta in mezzo
a mille simili.
Anzu.
Beep, beep.
Una mano assonnata andò
alla ricerca del cellulare, pensando
di spegnere la sveglia.
Solo dopo aver guadagnato un minimo
di lucidità si rese
conto che lui non aveva impostato nessuna
sveglia.
Non solo, prendendo in mano il
cellulare sul comodino si
rese conto che non era quello a suonare.
Sempre più stupito, il
bambino noto come Conan Edogawa
recuperò il farfallino-modulatore vocale e prese il
cellulare di Shinichi da
una tasca dello zaino. Fortuna che Kogoro aveva il sonno pesante.
Il numero era sconosciuto. Sempre più strano. Chiunque lo
stesse chiamando doveva avere
davvero urgenza di parlargli, perché il cellulare
continuò a suonare tutto il
tempo che gli ci volle per chiudersi in bagno ed impostare il
modulatore sulla
voce di Shinichi. «Pronto?» mormorò,
sperando di non svegliare Ran.
«Perché ci hai
messo tanto, detective?!»
Per Shinichi quello fu il colpo
definitivo. «Kid?! Come fai
ad avere questo numero?»
«Non ho tempo per queste
sciocchezze» rispose Kid
sbrigativo, aggiungendo però subito «ed ovviamente
per me è stato un gioco da
ragazzi». Era facile per il bambino immaginare il volto ghignante del ladro
fantasma, ma nel
suo tono avvertì anche altro. Se non l’avesse conosciuto,
Conan avrebbe pensato che
fosse… preoccupato? Difficile da
credere.
«Stanotte mi trovavo dalle
parti di Haido» iniziò a
raccontare il ladro. Aveva ormai tutta l’attenzione del
piccolo detective.
«Improvvisamente è successa una cosa…
Strana. Hai presente quando faccio apparire
qualcosa dal nulla?»
«Quando fingi
di
farlo, vuoi dire?» replicò Conan, incapace di
trattenersi. Istinto da
detective. «È sempre un piacere svelare i tuoi
trucchi». Aveva nel frattempo
messo via il farfallino, non valeva la pena di fingere con Kid. Non
sapeva
come, ma quel ladro conosceva bene la sua vera identità.
«Sì,
ecco… Stanotte qualcuno è apparso davvero
dal nulla. Nessun trucco. Su un tetto vicino a dov’ero,
così, da un momento all’altro».
Il bambino inarcò un
sopracciglio. «Ti sei addormentato, hai
avuto un sogno realistico e per questo hai sentito il bisogno di
chiamarmi?»
indagò scettico. D’accordo che aveva sviluppato un
margine di tolleranza per la
fantascienza – insomma, lui aveva diciassette anni e ne
dimostrava sette a
causa di una pillola –, ma a tutto c’era un limite.
Cosa doveva pensare, che
esistesse un mantello dell’invisibilità? Ma per
favore.
«Non ho dormito. Era uno
strano uomo, indossava una maschera
da corvo. Piuttosto inquietante, se vuoi saperlo. Comunque, non mi ha
notato, e
mi sono avvicinato per capirci qualcosa. All’inizio pensavo
anch’io ci fosse un
trucco, una botola nascosta o qualcosa del genere».
«E non l’hai
trovato, quindi vuoi che ci pensi io?» Shinichi
era sempre più incredulo. Kaito Kid gli stava davvero
passando un caso?
Surreale.
«No» rispose
però il ladro, spazientito. «Non c’era
nessun
trucco, ti dico – ma non è questo il punto.
Quell’uomo ha fatto una telefonata.
Ha ordinato a qualcuno di trovare e portargli un
ragazzino…» Un
sequestratore?
«…e il qualcuno
a cui l’ha ordinato si fa chiamare Gin, per
quel che ho sentito» concluse.
«Ho pensato ti potesse
interessare, visto che l’uomo che mi
ha fatto quasi saltare in aria mentre vestivo i panni della tua
amichetta si fa
chiamare Bourbon, e mi chiamava
Sherry. Insomma meitantei, non so chi siano questi tizi fissati con
l’alcool,
ma il tono con cui ha dato gli ordini l’uomo-corvo non mi
è piaciuto per
niente. Sono ore che giro alla ricerca del ragazzino».
Shinichi si accorse di tremare. Gin. In più, l’uomo
che aveva dato l’ordine indossava una maschera
con un corvo… Ricordava fin troppo bene le parole
sussurrategli da Akemi in
punto di morte.
“«Si
vestono sempre di
nero, come dei corvi…»”
Possibile che?!
«Dov’è
quell’uomo ora?!» quasi urlò al
telefono. Si
maledisse mentalmente ricordandosi che Ran – e Kogoro
– erano a poca distanza.
«Scusami?»
«L’uomo con la
maschera! Quello che sarebbe apparso dal
nulla! Dov’è?!» chiese ancora, agitato.
«Non ne ho idea»
rispose piatto il ladro. «Mi hai ascoltato
o hai fatto finta, detective? Ti dico che c’è
qualcuno in pericolo in giro per
la città e tu mi chiedi dell’uomo?»
«Come hai potuto lasciarlo
andare!» sbottò Shinichi. Kid
aveva ragione, bisognava trovare l’obiettivo di quegli
assassini, ma se quello
fosse davvero stato il capo dell’Organizzazione…
Pensare che il mago gli era
arrivato così vicino…
Conan non poteva saperlo, ma
dall’altra parte della città
Kaito fece una smorfia. «Quel tipo emanava un’aura
strana» disse. «E comunque
che potevo fare, con la mia pistola spara-carte? Sono abbastanza certo
che
fosse armato, e per quanto mi secchi ammetterlo, avrebbe avuto buone
probabilità di sopraffarmi. Soprattutto se può
materializzarsi dal nulla. Sono
stato fortunato che non si sia accorto di me»
terminò seccato. Giustificarsi
era l’ultimo dei suoi pensieri in quel momento.
Non stava facendo tutto quello solo perché c’era
qualcuno in pericolo, o perché la vista di
quell’uomo gli avesse dato i brividi. Quell’uomo
era vestito di nero ed
indossava una maschera da corvo.
Nero ed un
animale.
L’idea che fosse coinvolto con l’Organizzazione che
aveva provocato la morte di
suo padre, Toichi Kuroba, non sembrava così astratta.
Per questo Kaito aveva messo, una
volta tanto, da parte
l’orgoglio ed aveva telefonato a Kudo Shinichi, il suo
rivale. Non conosceva i
dettagli, ma anche lui era coinvolto con un’Organizzazione
simile a quella. Un
alleato poteva fargli comodo.
«D’accordo. Ma
come troviamo l’obiettivo di quegli uomini?
Devi darmi un indizio», disse Conan, una volta ritrovata la
lucidità mentale.
Il ladro aveva ragione, non era il momento di perdere la calma.
«L’uomo
l’ha descritto così: un ragazzo di circa 17 anni,
con i capelli neri e le punte viola, ritti a formare quasi una stella.
Ha anche
una frangia bionda, insomma non passa proprio inosservato. Ha anche
detto che
sarà quasi sicuramente spaesato, in giro per la
città».
Conan rimase zitto qualche secondo,
assimilando le
informazioni. «Non è proprio la descrizione che mi
aspettavo, ma grazie, Kid.
Certo non rischiamo di confonderlo con qualcun altro. Spero solo non sia già
finito nelle mani di
Gin».
«Se lo speri, sbrigati ed
esci anche tu a caccia,
detective» commentò Kaito, attaccando subito dopo.
Conan restò qualche secondo a fissare il
cellulare.
Quel ladro riusciva sempre ad
irritarlo, anche quando gli
proponeva un’alleanza.
- Angolo Autrice -
Grazie per aver letto :)
Come accennato nell'introduzione, ho
iniziato questa fic per partecipare alla Crossover challenge! di
Elettra.C . Era un po' che volevo provare a scriverne uno comunque!
Spero mi venga bene.
Per ora che ne pensate? Fatemi sapere!
Alla prossima,
Mari
P.S.
Chiedo perdono per i duelli, non tocco Yu-gi-oh da una vita e ho inventato metà delle carte. Siate clementi :)
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