Legami Proibiti

di Mrs Montgomery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una tutor speciale ***
Capitolo 3: *** Il calice di fuoco ***
Capitolo 4: *** L'agguato ***
Capitolo 5: *** Cioccolato e caramelle ***
Capitolo 6: *** La Prima Prova ***
Capitolo 7: *** La magia del Natale ***
Capitolo 8: *** Sotto i fiocchi di neve ***
Capitolo 9: *** Giù nei profondi abissi ***
Capitolo 10: *** Vacanze di Pasqua ***
Capitolo 11: *** Gioco di Ombre ***
Capitolo 12: *** Il risveglio del male ***
Capitolo 13: *** Il nuovo giorno ***
Capitolo 14: *** Agosto 1995 ***
Capitolo 15: *** L'inizio di un nuovo anno ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
LP

Prologo


«Crescila come se fosse tua».
Furono le ultime parole che udì da quella donna.
Un sussurro dettato da un’immane sofferenza.
Una madre obbligata a lasciare sua figlia per metterla in salvo e darle una vita migliore.
Era disperata.
La sua vita era giunta ad un punto di non ritorno e non poteva trascinare con sé la sua dolce creatura. E Lucius Malfoy, che non era mai stato un esempio di generosità o bontà assoluta, promise di prendersi cura di quella bambina.
Diede la sua parola e intendeva mantenerla.
Da quella notte di fine Ottobre 1981, la famiglia Malfoy acquisì un nuovo membro. Una compagnia vivace che negli anni a venire donò allegria in quell’ambiente piuttosto freddo.
Victoria, questo era il nome della nuova arrivata, non possedeva i tratti tipici dei Malfoy. Non era bionda e non aveva nemmeno gli occhi chiari. Era impossibile scambiarla per una di loro.
Lucius non nascose mai di averla adottata da una lontana parente, la quale lo aveva supplicato di accogliere la sua unica figlia. Un atto che lo fece apparire come un uomo dal cuore d’oro - e i creduloni ci cascarono con entrambe le scarpe - mentre lasciò sbalorditi coloro che conoscevano la vera natura del patriarca dei Malfoy.
Il signor Malfoy e signora crebbero Victoria come se fosse davvero loro figlia, anche se Narcissa era solita marcare la sua preferenza verso il figlio biologico. Nonostante ciò, la ragazza non divenne solamente una sorella per il piccolo rampollo del maniero, ma anche la sua più fidata confidente.
Draco non mostrò mai gelosia nei suoi confronti, al contrario sviluppò una grande empatia con Victoria. Del resto non era facile sopportare Lucius quando tornava a casa con la luna storta per via di qualche affare andato male. Era più facile dividere il peso in due.
«Uniti come un pesce con l’acqua» diceva sempre Narcissa Malfoy parlando dei figli e non poteva esserci verità più assoluta.
Difatti erano cresciuti insieme e non vi fu una singola volta in cui menzionarono di non essere veramente fratelli.
Draco e Victoria si sentivano legati, anche quando cominciarono a frequentare Hogwarts e strinsero amicizie differenti. Era insolito trovare i fratelli Malfoy girare per i corridoi insieme. Draco era circondato dal suo gruppetto di coetanei e si riuniva alla sorella durante i pranzi o alla sera in Sala Comune.
Una di quelle rare volte cadde nel dodicesimo giorno di Ottobre 1994, quando Draco acconsentì ad accompagnarla in Biblioteca. Lo fece solamente per passare qualche minuto in sua compagnia.
«Ti stai preoccupando troppo. Stai diventando una svalvolata».
«Svalvolata io?» replicò immediatamente Victoria. Camminava a spasso svelto lungo il corridoio del terzo piano, facendosi largo tra la folla di studenti. «Quest’anno ho i G.U.F.O. La maggior parte dei professori è in subbuglio per il Torneo Tre Maghi e... e se proprio devo essere sincera è quel Moody ad essere uno svalvolato, non io!»
«Su questo non posso darti torto, sorella. Non c’è neanche tanto da stupirsi. Pare che Silente scelga i suoi insegnati guardandone la sanità mentale!» esclamò Draco, storcendo il naso. «È evidente che vuole accerchiarsi di gente pazza quasi quanto lui. Questo posto cade sempre più in basso» e si passò una mano sulla fronte.
«Difesa Contro le Arti Oscure è la materia in cui vado meglio, assieme a Storia della Magia. Pretendo un voto alto agli esami e se quello scellerato ex Auror non riesce a farci una lezione sensata, senza provocarci l’ansia, posso solo sognarmi la mia E!»
Victoria sbuffava e borbottava in continuazione, facendo pentire a suo fratello di aver accettato di accompagnarla in biblioteca. Draco detestava i lamenti delle ragazze e nemmeno sua sorella poteva risultare un’eccezione.
«Dovrò studiare più del previsto! Se Moody fosse bravo almeno la metà di quanto lo era Lupin, allora io…»
«Lupin? Stai scherzando, spero!».
«Perché?»
«E lo chiedi pure? Quell’uomo... anzi quell’essere era pericoloso e completamente fuori di testa!» sbottò Draco, non trovando alcuna capacità di giudizio nella sorella.
«Per quanto mi riguarda poteva anche essere un vampiro, ma almeno ho imparato qualcosa. E poi era molto gentile».
«Se nostro padre ti sentisse…»
«Non mi sentirà mai perché sono troppo furba dal proferire commenti che disapproverebbe» canzonò Victoria lanciandogli una lunga occhiata.
Draco accennò ad un ghigno e scosse il capo. La furbizia era una qualità che prevaleva parecchio nella giovane strega. In molte situazioni, soprattutto a scuola, se la cavò per quel tratto caratteriale che la infilò nella Casa di Salazar Serpeverde.
«Ci vediamo a cena, allora?» domandò Victoria una volta arrivata in biblioteca e prendendo i libri che suo fratello l’aveva aiutata a riportare.                                                                                                               
Draco annuì serio e le diede un bacio sulla guancia, prima di voltarsi per andarsene. La ragazza s’addentrò silenziosamente in Biblioteca, trovandola piuttosto vuota rispetto al solito. Alzò le spalle e si diresse verso lo scaffale per mettere i libri al proprio posto.
"Maledetto! Maledetto ex Auror dei miei stivali! UFF!"
Imprecò silenziosamente contro Moody per svariati minuti. A causa dei metodi d'insegnamento poco sensati di quel mago, era obbligata a far ricerche in più per capirci davvero qualcosa della materia!
Non che Victoria fosse una secchiona, anzi c’erano materie in cui se riusciva a prendere Desolante gridava al miracolo, ma ci teneva a primeggiare dove andava forte senza troppi sforzi. Dava il meglio di sé in Difesa Contro le Arti Oscure e Storia della Magia; Victoria aveva sete di conoscenza, non era solamente una questione di voti. Proprio per tale ragione,
quando avvistò un libricino sulla Ribellione dei Goblin decise di prenderselo per dargli una lettura, sebbene non fosse un argomento appartenente al suo programma di studi. Il professor Rüf l’aveva solamente accennato durante qualche lezione dell’anno precedente.
“Chissà perché non lo abbiamo approfondito per bene. Come sempre devo pensarci da sola!”
Il libro cadde a terra quando la mano di Victoria e quella di un altro studente provarono ad afferrarlo nello stesso momento. Lei si accovacciò subito per acciuffarlo, si bloccò solamente quando vide due grandi occhi verdi osservarla dietro un paio di lenti rotonde.
«M-mi… mi dispiace» riuscì a balbettare rialzandosi lentamente assieme a quel ragazzo alto quanto lei. Sgranò gli occhi quando si rese conto della sua identità.
«No, scusami tu. Prendilo pure».
Victoria non potè far a meno di accennare ad un sorriso, adorava le persone gentili.
«Ritengo sia meglio che non te lo lasci sfuggire. Io volevo solo saziare la mia sete di cultura. A te, invece, serve per davvero» e glielo rese con la stessa gentilezza.
Il ragazzo aggrottò la fronte e prese il libro. Non nascondendo la sua perplessità chiese: «Come fai a sapere che mi serve? Non potrei… ehm… voler saziare la mia sete di cultura pure io?».
«O sei un amante di Storia della Magia come la sottoscritta, oppure la Ribellione dei Goblin fa parte del tuo programma di studi e ti serve per una ricerca».
«Si vede così tanto che non sono un appassionato di Storia?» sussurrò lui a malapena mostrando un sorriso imbarazzato e girandosi il libricino tra le mani.
Victoria si trattenne dal ridere per non irritare Madama Pince. «Diciamo che so che devi fare una ricerca. Ho vinto facilmente».
«Lo sapevi? Quindi sei un asso in Divinazione!» esclamò divertito. Un po’ troppo divertito dal momento che la bibliotecaria lo richiamò, schioccandogli uno sguardo di rimprovero e indicandogli di fare silenzio.
«No, non sono un asso in Divinazione» replicò Victoria a bassa voce «come tu non sei molto furbo».
Il ragazzo arrossì leggermente sentendosi sotto osservazione da quella strega che aveva appena conosciuto. Poteva dirsi certo di averla già vista per i corridoi, ma non riusciva ad identificarla.
“Forse è di una classe avanti a me”, ipotizzò.
«A questo punto, credo sia opportuno dovermi presentare. Mi sento scorretta a parlarti conoscendo chi sei tu e sapendo che tu non hai idea di chi sono io» esordì Victoria con un tono di voce rilassante. Le piaceva mettere a suo agio le persone con cui interloquiva.
«Tu sai chi sono io?»
«Solo un cretino non saprebbe chi sei, Harry Potter».
Il Grifondoro si passò una mano tra i capelli neri con fare nervoso. Stare sotto ai riflettori lo rendeva a disagio, al contrario di ciò che molti altri credevano. 
«Ehm… sì, forse hai ragione».
Era timido, si vedeva chiaramente.
«Quindi tu sei?» domandò subito dopo.
«Victoria Malfoy» e gli tese la mano con naturalezza.
Harry rimase un attimo attonito. Senza rendersene conto sbarrò gli occhi, realizzando di aver di fronte a sé la sorella del suo peggior nemico. Sbattè le palpebre, non trovava alcuna somiglianza con quel damerino di Draco e benché meno con quel vigliacco di Lucius.
«Non mi stringi la mano per via del mio fratellino?»
La sua voce parve riportarlo alla realtà.
«Oh no, scusa non intendevo offenderti» disse frettolosamente e si prodigò a stringerle la mano, rendendola soddisfatta.
«Non preoccuparti. Che tu lo creda o no, mi piace conoscere le persone prima di giudicarle» continuò Victoria, mostrando un sorriso rassicurante. «Spero che questo ti incoraggi a vedermi sotto una luce diversa da quella di “sorella di Draco Malfoy” e da “stronza studentessa di Serpeverde”. La rivalità tra le nostre Case è rinomata e alle volte frena le persone ad andare oltre la nostra divisa. Un vero peccato, io credo!»
Harry rimase come incantato dalle sue parole. Per un attimo credette che lo stesse prendendo in giro e non solo per via della sua Casa di appartenenza, ma proprio perché non somigliava per nulla al fratello!
«Sono stata troppo schietta?»
Le labbra di Harry tirarono un sorriso di meraviglia. Non era ancora sicuro di chi avesse di fronte. 
Da quando mise piede ad Hogwarts venne a sapere che Draco Malfoy avesse una sorella più grande, ma mai prima d'allora ebbe occasione di incontrarla faccia a faccia. Difatti avrebbe scommesso che Miss Malfoy ostentava capelli biondi, un viso pallido e arcigni occhi grigi, esattamente come i suoi simpaticissimi parenti. Invece, in quel momento, avendola di fronte, ancora non si capacitava che quella giovane strega dai lunghi capelli scuri, gli occhi vivaci color nocciola e quel fare spontaneo fosse la VERA sorella di Draco. 
«Ehm... no, figurati! Sei stata piuttosto chiara» rispose Harry spontaneamente. 
«Alle volte vengo rimproverata per questo, ma tendo ad infischiarmene. Dico sempre ciò che penso e non a tutti sta sempre bene».
«Forse perché sono delle persone stupide».
«Forse hai ragione» disse Victoria, lanciandogli un’occhiata curiosa. «Ora devo andare. Ho promesso ad un’amica di aiutarla per un compito. In bocca al lupo per la tua ricerca».
«Quale ricerca?»
Victoria lanciò un’occhiata al libro sulla Ribellione dei Goblin che gli aveva ceduto.
«Oh è vero! Ma tu come facevi a sapere della ricerca?»
«Sei in classe con mio fratello e me ne ha parlato prima di venir qui».
«E a lui questo non serve?» domandò Harry alzando il libro. Non che fosse disposto a cederglielo, ormai era suo!
«Sono piuttosto brava in Storia della Magia, gli darò una mano».
«E non pensi che il libro ti possa servire?»
Victoria gli lanciò un’occhiata curiosa, ma tralasciò di dire ciò a cui pensò nell’immediato.
«Credo di poter trovare qualcos’altro sulla Ribellione dei Goblin, ma grazie della premura» e gli fece l’occhiolino, poi lo sorpassò. «Buona ricerca, Harry Potter!»
Madama Pince la riprese per aver alzato troppo la voce e Victoria alzò le mani in segno di resa, facendo capire che se ne stava andando.
Harry si voltò a guardarla fino a quando non la vide scomparire chiudendosi la porta alle spalle. Conoscere la sorella di Malfoy lo fece sentire strano, soprattutto quando si strinsero la mano. Una sensazione di sollievo. Non era stata sgarbata nemmeno per un attimo, non gli aveva fatto alcuna battuta.
Il Ragazzo Sopravvissuto dovette ammettere che la gentilezza di Victoria lo lasciò spiazzato. Ebbe il dubbio che fosse tutta una messa in scena e che prima di andarsene gli avrebbe detto qualcosa di sprezzante, non smentendosi come membro della famiglia Malfoy. Invece lo stupì. Scosse il capo e si avviò verso il tavolo per cominciare la sua ricerca. Si concentrò - annoiandosi, ovviamente - sul compito assegnato dal professor Rüf, sebbene il pensiero di Victoria Malfoy rimase nella sua mente.

 



Mrs. Montgomery
Ciao Potterheads!
Sarà una vita che non pubblico qualcosa e mi mancava farlo. Vi confesso che questa storia è in cantiere dalla scorsa estate e inizialmente mi ero messa a scriverla per passare il tempo, per fantasticare, per inoltrarmi in questa Saga a cui sono legata fin dall'infanzia. Poi mi sono davvero presa e dopo esser arrivata quasi a concluderla, ho deciso di pubblicarla.
Spero che questo prologo vi abbia incentivato a continuare a leggere e se non è così, vi ringrazio comunque per aver speso tempo a leggerlo. 
Un bacione grandissimo!


 

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Capitolo 2
*** Una tutor speciale ***


 

LP

Capitolo I
 Una tutor speciale



 
Harry uscì dalla classe sbuffando.
Non era mai stato una cima in Storia della Magia, però si era impegnato nell’ultima ricerca e senza nemmeno chiedere aiuto ad Hermione. Puntava alla sufficienza, nulla di più! 
«Maledetti. Maledetti, stupidi Goblin! Voi e la vostra Ribellione del…»
La sola occhiata di Hermione lo fece desistere sul proferir l’ultima parola volgare. Harry sbuffò nuovamente. Storia della Magia non era propriamente la sua passione. Forse l’avrebbe ritenuta più interessante se l’avesse insegnata un professore meno barboso di Rüf.
Quell’uomo… anzi quel fantasma sarebbe stato in grado di attirar la sua attenzione unicamente in un caso: ballando la samba sulla cattedra. Harry trovava più interessanti le lezioni di Piton, ed era tutto dire.
«Non hai fatto così schifo» gli disse Ron a mo’ di consolazione.
«Ho preso trentadue su cento. È un’insufficienza davvero grave, non credo di poter festeggiare!»
«Non è la prima che ricevi… senza offesa» replicò il suo migliore amico con un sorrisetto. «Vedrai che recupererai. Hai tutto l’anno davanti!»
Harry scosse il capo e stritolò il rotolo di pergamena, era ad un passo da farlo a brandelli.
«È frustrante vedere i propri sforzi ridotti ad un trentadue!» sbottò facendosi largo tra la folla del corridoio. «Non puntavo altissimo. Non mi aspettavo di raggiungere cento e nemmeno ottanta… ma prendere un trenta è come prendere Desolante. E ciò è davvero…»
«Desolante?» concluse ironicamente Ron.
«Ah ah ah… molto simpatico!»
Il ragazzo dai capelli rossi gli battè una pacca sulla spalla. «Sei fin troppo drammatico. La Cooman direbbe che la luna è entrata nel tuo raggio vitale o nel tuo segno zodiacale».
«Mi manca appena di sentire le previsioni assurde di quella donna e potrei dir conclusa questa giornata!»
Potter ci rimase davvero male per quel voto, soprattutto per via l’impegno e la fatica che aveva impiegato nel mettere insieme le informazioni sulla Ribellione dei Goblin. Non fu facile estrapolare le parti più importanti di un libro che pesava almeno tre chili, sintetizzarle al meglio e poi trascriverle su un rotolo di pergamena. Si sarebbe impegnato a renderla più lunga e dettagliata se Rüf non avesse imposto una lunghezza specifica.
In fondo, però, Ron aveva ragione. Erano solamente ad Ottobre e di tempo per recuperare ne godeva in quantità!
«Ehi Harry!»
Fu Seamus Finnigan a chiamarlo.
«Hai proprio la testa fra le nuvole, eh amico? Ti sto chiamando da un po’!»
«Che cosa c’è Seamus?» gli rispose un po' scorbutico.
«Il professor Rüf ti vuole nel suo ufficio. Ora».
Harry si scambiò un’occhiata rapida con Ron e inarcò le sopracciglia. «Ora?»
Il simpatico compagno di Casa annuì.
«Forse ti vuole parlare della ricerca» ipotizzò Ron con un’alzata di spalle. «Va’ pure. Io ti aspetto in Sala Comune, tanto non abbiamo lezioni nel pomeriggio».
«D’accordo».
«Io vengo con te, Weasley» disse Seamus.
Harry fece retrofront e tra uno sbuffo e l’altro s’incamminò verso l’ufficio del tanto adorato professore di Storia della Magia. Gli aveva già fatto una bella ramanzina in classe, quindi chissà che altro voleva!
«Mancano i punti salienti» aveva detto Rüf sventolando la sua ricerca. «Questo non si collega a quest’altro! Come si può? Come si può veramente? Non me ne capacito!».
Parve più afflitto l’insegnante che Harry, il quale rimase perplesso dalla foga che mise nel criticare il suo compito.
Il giovane Grifondoro prese un bel respiro, tentando di frenare i suoi nervi, e varcò la soglia dell’ufficio.
«Bentornato, signor Perkins!».
«È Potter, signore» lo corresse.
«Avanti, avanti Perkins! Entri pure e si sieda».
Harry alzò gli occhi al cielo, pensando che fosse proprio un rimbambito. Si chiuse la porta alle spalle e con fare svogliato raggiunse la cattedra. Il fantasma lanciò un’ultima occhiata alla miriade di fogli sparsi sulla sua scrivania, poi congiunse le mani e alzò gli occhi trasparenti sullo studente.
«Non ci siamo proprio, signor Perkins… ehm volevo dire Potter! Ahimè credo che lei abbia bisogno di un aiuto. Se il prossimo anno sosterrà così malamente i G.U.F.O. sarà rovinato, assolutamente rovinato!»
Harry lo guardò tra il perplesso e lo sbigottito.
«Come ho già informato tutti voi allievi del quarto anno, è mia intenzione assegnarvi un compito ogni settimana, di modo che arriviate ai G.U.F.O. preparati, anzi preparatissimi!»
«Ma signore, i G.U.F.O. sono l’anno prossimo» fece notare Harry.
«Lo so per certo, ragazzo!» sbottò Rüf alzando le mani verso il cielo. «La preparazione ad un esame tanto importante è essenziale e io pretendo che tutti i miei alunni svolgano il G.U.F.O. della mia materia nel miglior dei modi. Dubito che accadrà nel suo caso, signor Potter, se non imparerà a… ahm… a svolgere un semplice compito».
Il fantasma si prese un attimo di pausa. Borbottò qualcosa incomprensibile tra sé e sé, ed Harry preferì lasciarlo nel suo. Fu abbastanza certo che il professor Rüf stesse parlando da solo. Egli diede qualche occhiata al cielo continuando a parlottare.
«Signor Potter» finalmente tornò a interloquire con lui «notando il suo percorso negli anni passati, certamente per quanto riguarda la mia materia, le devo consigliare un tutor».
«Un tutor?»
«Un altro studente che l’aiuti a studiare e a svolgere ricerche migliori delle precedenti».
«So cos’è un tutor!» sbottò Harry istintivamente. Alle volte lo trattava come se fosse un babbeo. Il quattordicenne capì un attimo dopo di aver esagerato ad alzare la voce. «Mi scusi, professor Rüf. Ehm… quindi avrò un tutor?»
«Certamente!»
«E posso sceglierlo io?»
Hermione sarebbe stata perfetta. Era un po’ puntigliosa, ma lo avrebbe aiutato senza alcun dubbio.
«Negativo, signor Potter. Ho già provveduto io a cercare la persona più qualificata per aiutarla meglio» replicò l’insegnante, lanciando un’altra occhiata fugace ai numerosi fogli posti sulla scrivania. «Immaginavo che lei avrebbe desiderato rivolgersi alla signorina… la signorina…» si grattò il mento tentando di ricordarsi il nome della studentessa ed ebbe non poca difficoltà.
«Granger?» gli suggerì Harry.
«Ecco, certamente! La signorina Granger! Si tratta della migliore della sua classe, tuttavia non sono rimbambito. So che siete amici e più che aiutarla, credo che si prodigherebbe nel far tutto al posto suo. Inaccettabile e inutile al nostro scopo!»
Ad Harry venne voglia di sbuffare, si trattenne solo per non sentirsele su. In quel momento, alle sue spalle, s’aprì la porta dell’ufficio. Ancor prima di voltarsi, Harry udì una voce cristallina.
«Mi ha fatta chiamare, professore?»
Rüf alzò il capo e con un gesto leggero della mano le fece segno di avvicinarsi. Harry sgranò leggermente gli occhi, pensando che non fosse possibile. Più che infastidito, fu molto sorpreso. Osservò la figura di quella studentessa non troppo alta, la cui divisa era impeccabile e i capelli scuri erano legati in due trecce che scendevano lungo la schiena. Anche lei parve sorpresa di vederlo, ma non emise una parola. Silenziosa prese posto sulla sedia a fianco e accennò un sorriso al vecchio fantasma.
«Signorina Malfoy, l’ho chiamata qui per affidarle un compito che ritengo le verrà piuttosto semplice».
Victoria mise le mani congiunte e le poggiò sulle ginocchia accavallate. «Di che si tratta, signore
«Fin dal primo anno ha dimostrato passione per la mia materia, tanto da prendere dei voti eccezionali nel vero senso della parola. Ha sete di conoscenza e una buona padronanza delle informazioni, che l’aiutano negli opportuni collegamenti di…» l’insegnante abbassò il capo talmente in profondità che i due studenti temettero si stesse per addormentare «ehm… poi quest’anno dovrà affrontare i G.U.F.O. e potrebbe trarne un gran beneficio. Sarà come un allenamento supplementare. Le sue capacità la rendono una tutor ideale per coloro che non usano adeguatamente il proprio impegno» e rifilò un’occhiataccia a Harry.
«Una tutor?» domandò Victoria inarcando le sopracciglia.
«È una persona che segue strettamente…»
«So che cos’è!»
Il professor Rüf scambiò una rapida occhiata con Harry. «Credo proprio che andrete d’accordo» borbottò, poi si rivolse alla studentessa di Serpeverde. «Signorina Malfoy, se accetterà, sarà la tutor del signor Potter. Ciò le fornirà ulteriori crediti per i suoi esami, specialmente se il suo aiuto dimostrerà di essere proficuo».
Victoria inclinò il capo per vedere la reazione di Harry. Le parve piuttosto titubante. In effetti il giovane Grifondoro dubitava che la sorella del suo peggior nemico avrebbe accettato di aiutarlo. Il Ragazzo Sopravvissuto immaginò che, di lì a poco, si sarebbe inventata una scusa abbastanza plausibile da scaricare il fardello su qualcun altro.
«Mi auguro di essere all’altezza delle sue aspettative, professore».
Che cosa? Sta accettando veramente?”, pensò Harry strabiliato.
«Ottimo! Credo che possiate accordarvi da soli sul programma di studio e quant’altro. Non attendo altro che vedere i risultati di questa… di questa unione!» esclamò il professor Rüf con molto entusiasmo.
Non ci furono altri convenevoli. 
I due studenti uscirono dall’ufficio del fantasma e, una volta soli, l’imbarazzo non accennò a calare. Era una situazione strana per entrambi. Rimasero nel vuoto corridoio in silenzio, per qualche attimo, nessuno dei due pareva riuscir a trovare le parole giuste. Harry era impacciato, tanto quanto Victoria era divertita dalla situazione.
«In questi cinque anni non ho mai fatto da tutor a nessuno. Dovremmo venirci in contro a vicenda, suppongo».
Come durante il loro primo incontro, Victoria Malfoy mostrò una cortesia che la contraddistingueva in positivo rispetto ai suoi familiari. A distanza di tre anni, Harry ricordava ancora piuttosto bene il primo incontro con quello sbruffone di Draco. Il suo atteggiamento da classico figlio di papà, viziato ed egoista, gli ricordò quello di Dudley: capì subito che non doveva trattarsi di un gran simpaticone.
«Potresti darmi il tuo orario di… anzi no! Facciamo che ti farò avere il mio orario di lezione e tu mi farai sapere quando ti è più comodo cominciare a studiare» propose Victoria amichevolmente. «Non sarà necessario vedersi tutti i giorni. Magari due volte alla settimana».
«Va bene. Magari… ehm… potremmo guardare la mia ultima ricerca e vedere cosa non andava».
«Grande idea, Harry! Dopo cinque anni so cosa tenta di ottenere Rüf e potrei darti qualche dritta».
«Perfetto. Ehm… se vuoi domani potremmo già cominciare. Hai lezioni nel pomeriggio?»
«Ho solo un’ora di Incantesimi. Ti va bene trovarci in biblioteca per le quattro?»
Harry annuì subito.
«Allora… a domani!» lo salutò con un cenno della mano e se la filò lungo il corridoio.
 
L’indomani arrivò piuttosto in fretta.
Harry e Victoria s’incontrarono in biblioteca e scelsero il tavolo più lontano da Madama Prince, di modo che non continuasse a sgridarli per il troppo baccano. E per “troppo baccano” s’intendevano dei lievi sussurri.
La Serpeverde portò i suoi vecchi appunti riguardante la Ribellione dei Goblin mentre lui mise sul tavolo il libro preso in Biblioteca la settimana prima, oltre a fogli, matite, piume ed inchiostro.
Rimasero lì per almeno due ore. 
Lessero insieme le pagine del libro, Victoria lo aiutò a domandarsi quali fossero le parti più importanti da sottolineare e appuntare in vista del compito. Harry si trattenne dal risponderle che per lui non c’era nulla di importante; considerava la Ribellione dei Goblin una storia inutile, era tutta robaccia. 
Inizialmente non fu facile, ma tentò di spronarsi ad impegnarsi per ottenere dei buoni risultati. Dovette anche ammettere che Victoria sapeva come prenderlo per fargli assimilare meglio le nozioni. Lo sorprese molto. Si dimostrò paziente e alle volte ripeteva assieme a lui alcuni pezzi di quella noiosa vicenda storica. Quell'atmosfera piacevole, fece quasi dimenticare ad Harry di chi fosse parente la sua tutor.
«Dovremmo prenderci una pausa» esordì la ragazza, adocchiando l’ora sull’orologio da polso. «Per oggi abbiamo fatto un buon lavoro, non credi?»
«Sicuramente meglio di quanto avrei fatto da solo».
Victoria ridacchiò e chiuse il libro con delicatezza. «È questione di esercizio. So che la materia non ti piace. Me ne sono accorta con non poca difficoltà, ma noto anche il tuo impegno. Vuol dire molto».
«Per esser la prima volta che fai da tutor, non te la stai cavando male».
«Ti ringrazio molto!» La ragazza parve sorpresa di quel complimento. «Comunque il merito di questo va anche a te. Non sei un alunno difficile. Sei solamente svogliato. Se ad ogni nostro incontro ti impegnerai come oggi, credo che non ti sarà difficile raggiungere la sufficienza nel prossimo compito».
«Tu credi?»
«Certo!»
«Fidati che non ambisco ad andare oltre la sufficienza».
«Il mio lavoro è portarti lì. Se poi raggiungerai qualcosa di più, sarà una bella soddisfazione per entrambi».
Harry accennò ad un sorriso contento, in fondo gli era andata bene ad averla come tutor. Qualcuno alle sue spalle, probabilmente uno studente di Serpeverde, salutò Victoria e fu lì, quando alzò la mano per ricambiare il saluto, che Harry notò una cicatrice sulla mano destra della ragazza. Era dritta, come se qualcosa l’avesse tagliata di netto, e partiva dalla fine del mignolo fino al polso. Sembrò quasi che Victoria si fosse resa conto che la stava guardando, allora Harry voltò rapidamente lo sguardo verso le candele fluttuanti nel soffitto, trovandole improvvisamente molto interessanti.
«Tranquillo. Nessun mago oscuro ne è la causa».
«Come scusa?» domandò Harry ingenuamente.
Victoria alzò la mano, mostrando bene la sua cicatrice. «È alquanto stupido il motivo di questa. Mi sono arrampicata su un albero e poi sono caduta come un sacco di patate. Ero alquanto vivace da bambina!» concluse con una risata allegra.
Ed Harry che credeva fosse stata causata dai suoi diabolici genitori adottivi!
Fu naturale il modo in cui la ragazza cominciò a spiegargli la dinamica dell’incidente e da quel discorso ne nacquero altri legati alla sua infanzia. Erano ricordi spensierati, per lo più di marachelle divertenti. Harry la immaginava come l’unica macchia di colore nel tetro maniero dei Malfoy. 
Trovò incredibile la sua personalità vivace, in netto contrasto con l’altezzosità della sua famiglia. Lo mise a suo agio e senza rendersene conto, cominciò a raccontarle qualche aneddoto sulla famiglia che l’aveva cresciuti: i Dursley.
«Ha messo i vestiti smessi di tuo cugino in una bacinella per farli cambiar colore?» ripetè Victoria completamente scioccata e disgustata da quell’aneddoto. «E perché mai? Insomma… non avevano abbastanza denaro per comprarti una divisa tutta tua?»
«Spendono tutto per il loro unico figlio».
«Non ti hanno mai fatto un regalo per te, oltre quello del tuo compleanno?»
«Non mi hanno mai regalato niente nemmeno al compleanno».
Victoria sgranò gli occhi per l’ennesima volta e si portò una mano al petto. «Sei serio? Oh, che persone orribili!»
«Scommetto che i Malfoy, invece, siano stati più che generosi».
Lei annuì con naturalezza. «Si sono presi cura di me come fanno tutte le persone con un minimo di coscienza».
Harry dubitava che “coscienza” e “Malfoy” potessero star nella stessa frase, ma non replicò.
«Sicuramente il mio rapporto con Draco è nettamente diverso dal tuo con… come hai detto che si chiama tuo cugino?»
«Dudley. E sì, lui mi detesta e il sentimento è reciproco» specificò Harry allungando le braccia per sgranchirsi un po’. Quel maiale di ragazzo gliene aveva combinate di tutti i colori. La sua fortuna fu di arrivare ad Hogwarts. «Tu e Malfoy, ehm volevo dire Draco, andate… ecco… d’accordo, giusto?»
«Siamo molto legati» rispose sorridendo involontariamente. «Non siamo mai stati separati, fin quando io non cominciai a studiare qui. Lui arrivò l’anno seguente e, pur essendo smistati nella stessa Casa, abbiamo scelto compagnie diverse».
Harry pensò a quei due simpaticoni di Tiger e Goyle. Non ce li vedeva proprio in compagnia di Victoria. In realtà non si capacitava di vedere quella ragazza circondata da gente come i Malfoy. E pensava che la maggior parte dei Serpeverde fossero come il suo adorabile fratellino.
«Posso… posso domandarti com’è stato arrivar qui?» chiese Victoria lentamente, come se stesse parlando di un affare di stato. «I tuoi zii sono babbani, quindi non sanno nulla del nostro mondo. Mi chiedevo… sai no? Dev’esser stato strano. Un salto di qualità, senza dubbio».
«Ero nervoso. Per fortuna Hagrid mi ha dato una mano e anche i Weasley…»
“Sai la gente che la tua famiglia critica spesso?”, avrebbe voluto aggiungere Harry, ma si astenne.
«Io me la sarei fatta sotto» ridacchiò Victoria, portandosi una mano alla bocca e dando l’impressione di essersi immaginata lei al suo posto. «Probabilmente sarei svenuta dallo shock. Sapere di essere una strega, trovarmi in un mondo completamente diverso dal mio. Senza contare lo scoprire di essere famosa da quando indossavo il pannolino».
E lì fu Harry a scoppiare a ridere; Victoria aveva espresso il suo pensiero in una maniera davvero buffa.
«Sono seria! Io mi sarei sentita un po’ sballottata».
«La mia fortunata è stata di incontrare le persone giuste» le disse.
«Come la mia di esser stata accolta da una famiglia del mio retaggio. Sarebbe stato un disastro esser cresciuta da Babbani» e storse il naso al sol pensiero.
In quel preciso momento Harry trovò una somiglianza impressionante con Draco.
"Lo stesso dannato atteggiamento presuntuoso e arrogante! Come se loro fossero superiori, tzk!"
Ne rimase un po’ deluso, ma del resto doveva aspettarselo. Era stata cresciuta da una delle famiglie più razziste del Mondo Magico, figurarsi se aveva idee diverse.
«Non tutte le famiglie di Babbani sono come i miei zii» replicò istintivamente, quasi con fastidio. «Una mia amica è figlia di Babbani ed è una brillante strega! E anche mia madre era come lei!»
Victoria corrugò la fronte, come se non avesse capito quel suo breve sfogo. Mise le braccia conserte e si mostrò pensierosa. Rimase in quella posizione per svariati minuti, poi alzò lo sguardo su di lui e sgranò leggermente gli occhi, come se fosse arrivata alla conclusione di un grande enigma.
«Ti giuro che non era mia intenzione offendere qualcuno. Era una semplice constatazione» tentò di giustificarsi, sembrando sincera. «Penso sia difficile provenire da una famiglia senza magia e ambientarsi qui. Non si può negare che i Babbani siano diversi da noi, non possono capirci fino in fondo, nemmeno se hanno un figlio con poteri magici».
«So cosa pensa la tua famiglia dei Babbani» rispose Harry stizzito. 
«La mia famiglia non è me. Ho un cervello pensante, che credi?!»
«Mi vuoi far credere che adori i Babbani?»
«Io non li adoro» precisò Victoria, roteando gli occhi «e non li disprezzo neppure. Penso solamente che non sanno cosa significa avere un grande potere tra le mani e imparare a gestirlo a dovere. Sai, non tutti i Serpeverde sono… non siamo tutti degli stronzi. C’è chi sta nel suo e non bada a pregiudizi. Strano, vero?»
La ragazza si alzò dal tavolo rapidamente e con un colpo di bacchetta infilò tutte le sue cose nella valigetta. Harry rimase immobile ad osservarla. Ogni tratto scherzoso era sparito, lasciando spazio ad un gran fastidio.
Ma ce l'ha con me?”
Un lieve momento di pausa.
“Che stupida domanda, è ovvio che si è arrabbiata con me!”
Harry rifletté in silenzio.
Forse era stato troppo pungente, forse si era lasciato prendere dal cognome che Victoria portava. 
Harry si domandò se la sua reazione sarebbe stata uguale, se al posto di Victoria ci fosse stato un altro studente.
«Voi Grifondoro sparlate tanto di come noi Serpeverde passeremo sicuramente tutti al lato oscuro, di come siamo ingiusti verso gli altri e di come possediamo pregiudizi verso il prossimo. Per quanto riguarda l’ultimo punto, direi che oggi la situazione si è capovolta» gli disse fissandolo dritto negli occhi. «Immaginavo che saresti stato un po’ restio nei miei confronti. Non sono una stupida, so perfettamente che rapporto intercorre tra te e mio fratello o tra te e mio padre. Io non sono come loro e l’avresti capito, se non ti fossi fermato al mio cognome, che non dice proprio nulla di me».
Lui si sentì un perfetto idiota. E per chi? Proprio per la sorella di Malfoy!
«Continuerò ad aiutarti per quanto riguarda Storia della Magia. Ho dato la mia parola al professor Rüf e poi non intendo rinunciare a quei crediti in più. Quindi alla prossima, Harry Potter!»
Victoria alzò i tacchi e se ne andò come una furia dalla biblioteca. 
Il Grifondoro la guardò andar via con una faccia da pesce lesso: l’aveva proprio appeso per bene!
  
La giovane Malfoy tornò nel suo dormitorio più furibonda che mai! 
Rifiutò di giocare a carte con Adrian Pucey, salutò di sfuggita suo fratello e non si fermò nemmeno in Sala Comune a chiacchierare con Faye Sould, la sua migliore amica. Non appena arrivò in camera sua, scaraventò la valigetta a terra. Si sentiva profondamente offesa dalle continue insinuazioni di quel maledetto Potter!
"Come si è permesso di darmi poco velatamente della "fanatica" senza neanche conoscermi?" 
Forse si era espressa male, ma a suo parere quel ragazzo se l’era presa decisamente troppo.
«Moccioso impertinente!» sbottò mettendo le mani sui fianchi e sbuffando col naso.
«Hai litigato con Draco?»
Non le servì voltarsi per capire chi fosse appena entrato nel dormitorio. Una strega dalla folta chioma bionda e un’espressione curiosa sul viso s’avvicinò, andando a sedersi sul proprio letto.
«Appena ti ho vista correre come una furia verso il dormitorio, ho capito subito che qualcosa non andava» disse la coetanea, sedendosi sul suo letto. «Chi ti ha fatta arrabbiare? Tuo fratello o Allen?»
Victoria alzò gli occhi al cielo, mandando cento maledizioni al soggetto della sua rabbia. Poi abbassò lo sguardo su Faye, pronta a sfogarsi.
«È stato… è stato Harry Potter!»
«Harry Potter? Che stai dicendo?» a Faye scappò quasi da ridere, anzi meglio togliere il quasi. «E da quando conosci Harry Potter?»
«Da quando il professor Rüf mi ha chiesto di fargli da tutor».
La bionda strega, incrociò le braccia sul petto, supponendo che stesse per ascoltare una storia davvero interessante.
«Davvero sei diventata la sua tutor? E perché non me l’hai detto?»
Victoria andò a sedersi accanto alla sua migliore amica, muovendosi nervosamente. «Non credevo fosse un argomento così importante».
«Se non lo hai detto a me, dubito lo sappia tuo fratello. Oppure mi sbaglio?»
«Figurarsi!»
«Non avevo dubbi» sogghignò l’altra ragazza. «E come mai Potter ti avrebbe fatta andare su di giri?»
«Quell’idiota ha dei pregiudizi su di me. Riesci a crederci?»
«Com’è possibile?» chiese Faye toccandosi il petto in un teatrale gesto drammatico. «Come osa avere dei pregiudizi verso una studentessa di Serpeverde che, guarda caso, è la sorella del suo peggior nemico?»
«Lo trovi divertente?»
«Un vero spasso!»
«Questa storia non è divertente. Lo sai che detesto che…»
«Questa storia ha solo del divertente, Vicky!» esclamò Faye, prendendola per un braccio per tirarla a sé. Le mostrò un largo sorriso, cingendole le spalle. «Prova a pensarci. Tu, sorella di Draco Malfoy, dai lezioni private ad Harry Potter. Ecco già con queste parole mi viene da ridere».
La voce della verità.
«D’accordo» sospirò Victoria «Ammetto che i pronostici non sono dei migliori, ma tu mi conosci bene. Sai che ho una mente piuttosto aperta e prima di giudicare qualcuno, preferisco confrontarmi».
«A differenza di tuo padre e tuo fratello».
«Loro… loro hanno le loro idee e le rispetto. Alcune le condivido. Ciò non significa che io sia uguale a loro. È tanto difficile da crederlo?»
«So che ti da fastidio quando le persone hanno dei pregiudizi verso di te. Non lo hai malmenato vero?» domandò Faye, conoscendo il temperamento della sua migliore amica.
Victoria abbozzò un sorriso divertito e scosse il capo.
«In realtà credevo stessimo andando piuttosto d’accordo, mi ha persino raccontato qualcosa sulle orripilanti persone che lo hanno cresciuto» e inevitabilmente ripensò a quello che Harry le aveva raccontato. «Se sapessi lo squallore in cui ha vissuto per anni e non mi riferisco solo all’ambiente babbano. Praticamente l’hanno cresciuto dei mostri senza umanità!»
Rimase veramente attonita da alcuni aneddoti di Harry. Col caratterino che possedeva lei, era certa che anche senza magia avrebbe dato una lezione a quei maledetti Dursley.
«Con te posso essere sincera, Faye. Mi si è stretto il cuore a sentire quelle cose. Non è stato fortunato come me» confessò Victoria quasi sussurrando quelle parole. «La verità è piuttosto chiara. Entrambi siamo orfani adottati da parenti lontani. Solo che lui è finito in un posto orrendo, mentre in confronto io ho trovato il Paradiso. Che si dica quel che si vuole sui miei genitori, ma a loro devo molto!»
Faye le rivolse un sorriso tenero e le sfiorò la spalla. «So che vuoi bene ai Malfoy e loro ne vogliono a te. Sì, sei stata fortunata. Sicuramente più di Potter».
«Tu non hai idea di quante ne ho sentite sul famoso Harry Potter» continuò Victoria, alzandosi in piedi e prendendo a camminare per la stanza. «Per anni mio padre ha sostenuto l’ipotesi che lo vedeva come un nuovo Mago Oscuro e mio fratello ha preteso la sua amicizia per ricavarne qualche informazione. Se devo essere sincera, io l’ho sempre visto come un ragazzino sfortunato»
Si fermò vicino ad una finestra e osservò le creature marine sguazzare nelle acque profonde del lago nero. Passò con delicatezza la mano sul freddo vetro, perdendosi nei suoi pensieri più profondi. Victoria credeva di sapere cosa significasse essere orfani. Certo, lei venne cresciuta da una famiglia che realmente la desiderava. Eppure le capitò di pensare ai suoi veri genitori.
Lucius le disse che la sua vera madre era una lontana cugina dei Malfoy, ma allora perché alla Villa non c’era alcun ritratto o fotografia?
Narcissa le rispose che il rapporto con questa donna non fu mai troppo stretto e che decisero di tenerla con sé per buon senso. Una risposta piuttosto fredda a cui Victoria tendenzialmente preferiva non pensare. In fondo la sua era una vita piena di agio, non aveva alcunché da lamentarsi.
«Se tuo fratello ti sentisse compatire Harry Potter, credo impazzirebbe».
In effetti Victoria se lo immaginava strapparsi i capelli e minacciarla di “dirlo a nostro padre”, una minaccia piuttosto vana. Per quanto Draco cercasse in ogni modo di rendere orgoglioso Lucius Malfoy, non avrebbe mai tradito sua sorella.
«Draco è suscettibile all’argomento» commentò Victoria con un sorrisetto divertito.
Diede le spalle alla finestra e camminò in direzione dell’amica.
«E se tuo padre scoprisse che gli fai da tutor? Pensi gli verrebbe un infarto?»
«Sicuramente non farebbe i salti di gioia, ma in fondo lo faccio anche per i crediti».
«Anche?»
In quel momento qualcuno bussò alla porta. Erano Adrian Pucey e Lucian Bole; come riuscirono ad eludere la protezione dei dormitori femminili, lo sapevano solo loro. 
Gran furbastri e buoni amici. 
Piombarono lì per invitarle ad una partita a carte in buona compagnia e questa volta Victoria non rifiutò. In fondo le faceva bene stare con i suoi amici, le serviva per smaltire i pensieri negativi.
Andarono tutti in Sala Comune, piazzandosi al tavolo dove solitamente studiavano e vennero raggiunti anche da Draco e il suo gruppo.
«Siccome siamo in tanti, potremmo combinare delle coppie» propose Adrian Pucey, lanciando uno sguardo malizioso a Faye.
«Grande idea, amore!»
Victoria sogghignò, scuotendo il capo spensieratamente. La sua migliore amica andò a sedersi in braccio al ragazzo, ormai stavano insieme da un anno circa ed erano più uniti che mai.
«Theodore, giochi con me?» domandò Zabini con voce melliflua.
«Avrei preferito giocare a scacchi, però va bene» rispose con un’alzata di spalle e prese posto attorno al tavolo.
«Sorella, che dici? Li stracciamo?» chiese Draco ammiccando nella direzione di Victoria.
«Puoi contarci!»
Tiger e Goyle si esentarono, preferendo stravaccarsi sui divanetti a rimpinzarsi di dolci. Al loro posto si aggiunsero Pansy Parkinson e Millicent Bulstrode; la prima avrebbe preferito far coppia con la sua storica cotta, ma d’altro canto non si sarebbe mai permessa di scavalcare la sua “futura” cognata.
Theodore Nott mescolò le carte, Lucian tagliò il mazzo e Blaise prese a smistarle con la sua solita calma e raffinatezza. Victoria osservò ogni suo movimento, meravigliata che una persona fosse in grado di mostrarsi elegante pur distribuendo delle semplice carte da gioco.
Una volta cominciata la partita, ogni coppia cominciò a bisbigliare per attuare strategie e tenere sempre meno carte in mano. Adrian e Faye le lasciavano spesso cadere per andare a baciarsi sotto il tavolo.
«Nessuno vi vede!» gli urlava Theodore Nott per ogni santa volta.
Millicent sbuffava sonoramente quando le toccava pescare mentre Pansy era più interessata ad ammirare il suo grande amore piuttosto che impegnarsi nel gioco.
Di fronte a loro, Draco trascorreva il tempo a sussurrare all’orecchio della sorella. Erano discorsi che solo in minima parte avevano a che fare con la partita, per questo Victoria sghignazzò per tutto il tempo. E quando Malfoy si lasciava andare ad imprecazioni poco eleganti, per via del grosso numero di carte che continuava ad aumentare nella sua mano, solamente il tocco della sorella si dimostrò in grado di calmarlo.
«Troppe smancerie. Troppe smancerie» li prese in giro Adrian.
Pansy divenne bordeaux al sol pensiero che un’altra ragazza potesse soffiargli il “suo” Draco.
«Se non foste fratelli penserei che state formando un bell’inciucio» sbottò Blaise, senza alzar lo sguardo dalle sue carte.
«Non è che vuoi un po’ di coccole anche tu?» lo provocò scherzosamente Victoria.
Draco s’apprestò a passare un braccio attorno alle spalle della sorella e se la tenne ben stretta. «Mia sorella è solamente mia!»
«Non essere geloso» lo beccò Theodore, facendo l’occhiolino alla giovane Malfoy.
Victoria sorrise soddisfatta e prese a carezzare i capelli biondi del fratello adottivo.
«Continuiamo a giocare dai!»
Qualche istante più tardi furono proprio i fratelli Malfoy a vincere la lunga partita. Inutile descrivere la loro immensa soddisfazione. Draco si limitò a pavoneggiarsi dicendo che era il miglior giocatore di Serpeverde. Victoria s’alzò dalla sedia e cominciò a scalpitare lanciando baci volanti agli altri sfidanti. Adrian e Faye non si curarono molto della perdita, sgattaiolarono via in fretta dalla Sala Comune. Theodore si ritirò nella sala lettura. Blaise non si espresse e andò a vedere se Tiger e Goyle avevano lasciato qualche caramella ancora intatta o non leccata. Millicent sbadigliò a bocca aperta e fece per seguire Zabini mentre Pansy sperava di poter star da sola con Draco, ma lui preferì seguire la sorella nella sua camera.
«Che diamine è successo qui?» sbottò il ragazzo notando una certa confusione sul pavimento.
Victoria si voltò verso la sua valigetta a terra. Non si era accorta che metà dei suoi effetti erano usciti e non fece nemmeno in tempo a sistemare.
«Sarà caduta per sbaglio» rispose astutamente, notando che si trovava proprio sotto ad un tavolino.
Draco alzò le spalle e andò a spaparanzarsi sul letto della sorella.
«Sai, non ti ho più detto che ho preso ottantasette in Storia della Magia».
«Davvero? Bravissimo!» si complimentò sinceramente, prima di mettere a posto il casino che combinò poco prima.
«Se non contiamo quella Sangue-marcio della Granger, ti assicuro che sono stato il migliore».
«Papà sarà contento di saperlo».
«Quel fesso di Potter, invece, ha preso trentadue. È così patetico» continuò Draco con tono di scherno. «Scommetto che se non fosse il Bambino Sopravvissuto, Rüf gli avrebbe dato molto meno. È solo avvantaggiato per via della sua storia».
Victoria ripose tutti suoi effetti nell’armadio e alzò le spalle. «Onestamente lo trovo un ragazzo come tanti altri».
«E ci mancherebbe! Non ha nulla di speciale».
«Invece tu sei così pieno di qualità, sei un mago talentuoso…» gli disse avvicinandosi lentamente, utilizzando un tono di voce in cui non si capiva se stesse parlando o fosse semplicemente sarcastica «… sei il mio bellissimo fratellino» e gli si buttò addosso per scompigliargli i capelli e riempirlo di baci sul capo.
«Dai! Basta! Smettila, Vicky!» mugugnò lui.
Figurarsi se gli avrebbe obbedito.
Non solo Victoria continuò a coccolarlo come se fosse un tenero cucciolo di furetto, si mise pure a fargli il solletico. Tra schiamazzi e risate, finirono per cadere dal letto.
«Ecco! Con te finisce sempre così!»
«Oh, povero Dracolino» lo canzonò lei. «Ti ho spettinato il ciuffo?»
Draco grugnì qualcosa che sembrò un “sì!”. Tempo di lisciarsi i suoi delicati capelli biondi e poi le si buttò addosso, insinuando le dita affusolate sotto il maglioncino grigio per farle il solletico. Victoria prese a ridere sguaiatamente e lo supplicò di smetterla.
«Non otterrai mai la mia pietà!»
«Dai… ti prego… mi verrà male allo stomaco con… con tutte queste risate» continuò lei contorcendosi sul pavimento.
«Lo spero proprio, così impari a farmi cadere!»
«Disgraziato!» gli urlò dimenandosi tra una risata e l’altra. «E poi hai fatto tutto tu!»
«Io? Chi è la sorella maggiore?»
Continuarono fino a quando non s’accorsero che arrivò l’ora di cena.
Dovettero ricomporsi prima di partecipare al banchetto, o si sarebbero mostrati con i capelli arruffati e la divisa tutta scompigliata. Stare in compagnia delle persone a cui voleva bene, fece dimenticare a Victoria la discussione con il famoso Harry Potter. Be’… per lo meno la dimenticò fino a quando, durante la cena, il suo sguardo non s’incrociò a quello del Bambino Sopravvissuto.
La strega rivolse subito gli occhi altrove. Non si sarebbe fatta andare di traverso la cena per colpa di quello là!
Pareva decretato dal destino che ogni rapporto tra un Potter e un membro della famiglia Malfoy dovesse essere più che discordante.
Victoria non sarebbe stata l’eccezione e ne fu assolutamente certa fino al mattino seguente.
Stava camminando in direzione della Sala Grande al fianco di Faye, quando Harry la fermò per chiederle di parlare in privato. Accettò solo per cortesia e lo seguì in un angolo del corridoio, sotto il quadro di un mago appisolato.
«Senti… io… ecco io…» tentò di dire e pareva in difficoltà. Sospirò. «Io ci tenevo a chiederti scusa per ieri. È vero. Sono stato accecato dai pregiudizi. Ti ho messa sullo stesso piano di tuo fratello senza conoscerti. Mi dispiace».
Era sincero.
Lo era davvero.
Harry ripensò alla loro conversazione, non riuscendo a concentrarsi su altro, e si sentì in colpa. Victoria gli aveva sempre mostrato gentilezza, senza alludere a nulla di davvero offensivo. Era stato un suo errore paragonarla ai Malfoy, ma in fondo lo trovò persino inevitabile. I suoi familiari possedevano una fama piuttosto nitida e non credeva che una di loro potesse salvarsi.
«Scuse accettate».
Harry parve sollevato. Mise le mani in tasca e cominciò a dondolare sui talloni, non sapendo cos’altro dire.
«Allora… ehm… sai ricordo ancora tutto quello che abbiamo ripassato ieri».
«Davvero? È un buon segno» tentò di mostrarsi entusiasta, sebbene trovasse la situazione ancora un po’ strana. C'era dell'imbarazzo tra loro.
«Credi che potremmo vederci domani? Per continuare?»
«Domani?» ripetè Victoria pensandoci su. «Domani potrebbe andar bene, sì! Facciamo sempre in Biblioteca verso le quattro?»
Harry annuì freneticamente.
«Ottimo! Ora scappo a fare colazione. Passa una buona giornata» e gli accennò ad un sorriso, prima di scendere le scale e dirigersi in Sala Grande.
Il Grifondoro rimase a guardarla andar via, constatando ancora una volta che dei Malfoy pareva non aver nulla.
«Harry! Che ci fai qui?» lo raggiunse Ron al fianco di Hermione, che già di prima mattina aveva la testa fra le pagine di un libro. «Ti ho visto sgattaiolare via dalla Sala Comune, mi aspettavo di vederti già a far colazione».
Harry prese a grattarsi la testa in modo nervoso. «Già io… io dovevo risolvere una cosa».
«Che sarebbe?»
Il giovane Potter non aveva ancora messo al corrente i suoi amici del faccenda “tutor”. In realtà la sera precedente stava per dirlo a Ron, ma poi si misero a parlare di Quidditch e la questione passò in secondo piano.
«Niente di importante. Che dite? Andiamo a fare colazione?»
Hermione annuì e presero ad incamminarsi verso la Sala Grande.
Harry sentì una strana sensazione allo stomaco. Un groviglio causato dalla sua omissione riguardo il ruolo che Victoria Malfoy aveva assunto nella sua vita… scolastica.
Parlava di qualsiasi argomento con i suoi migliori amici, eppure perché faticava ad informarli di un nonnulla?
In fin dei conti si trattava proprio di nulla. Non c’era niente di imbarazzante nel confessare di avere una tutor.
Be’… naturalmente il problema non era quello.
Harry scosse il capo, pensando che avrebbe dovuto parlarne con Ron ed Hermione. E l’avrebbe fatto veramente, solo non quella mattina, non ne aveva voglia.




Mrs. Montgomery
Eccovi il primo capitolo!
Il ruolo che Victoria ha deciso di ricoprire verso Harry lascerà spiazzati Hermione e Ron, ma pure suo fratello Draco. Presto leggerete le loro reazioni!
Vi ho introdotto un paio di personaggi nuovi:
- La prima è Faye Sould, inventata completamente da me e come prestavolto ho pensato ad Anna Sophia Robb.
- Il secondo è Lucian Bole. In realtà si tratta di un personaggio già citato all'interno della saga della zia Row. L'ho aggiunto come migliore amico di Victoria e come prestavolto ho scelto Brant Daugherty.
Precisazioni: (Grazie ad Aven)
I voti, a differenza di quelli per i G.U.F.O. e i M.A.G.O., sono dati in centesimi. 
Ne "La Pietra Filosofale" Hermione dice di aver saputo dal professore Vitious che nell'esame di Incantesimi ha preso centododici su cento. Si presume che la sufficienza sia quindi sessanta cento. 
Come avrete notato le vicende di questa storia avvengono durante il quarto anno di Harry, quindi nel "Il calice di fuoco", mentre per Victoria è il quinto anno.
Vi dico già che seguirò la trama originale, certo qualche leggero cambiamento devo apportarlo... vedrete a cosa ho pensato ;)
Ringrazio i lettori / le lettrici che hanno inserito la storia nelle varie categorie e coloro che hanno recensito il prologo.
A presto!

 


 



 

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Capitolo 3
*** Il calice di fuoco ***




 
LP
Capitolo II
"Il Calice di Fuoco"


L’intera scuola era in pieno delirio per l’arrivo delle delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons.
La scuola francese planò a bordo di una gigantesca carrozza blu trainata da maestosi cavalli alati. La prima figura a celarsi fu una gigantessa donna elegante; era la preside, Madame Maxime. Subito dopo lei, scesero una dozzina di ragazzi e ragazze tremanti che provarono a scaldarsi stringendosi nelle loro mantelline cobalto. Chiaramente non erano abituati al clima scozzese di fine ottobre.
«Che imbecilli!» esclamò Adrian Pucey, indicandoli con un cenno del capo. «Potevano informarsi prima di venir qua. Si sono vestiti così leggeri per tirarsela... bah!»
«Ad occhio e croce, la divisa che indossano è stata realizzata con una seta pregiata» affermò Blaise Zabini con sguardo scrutatore.
Il giovane se ne intendeva poiché sua madre era un’appassionata di moda e pareva aver trasmesso quella caratteristica al figlioletto.
«Non hanno nemmeno il mantello» commentò Victoria, osservandoli con sufficienza.
«Affari loro» sbuffò Draco.
«Però le ragazze sono… come dicono questi francesi? Très jolie?» fece notare Theodore osservandole mentre salivano la scalinata in pietra.
«Su questo hai perfettamente ragione, socio».
Victoria accennò un sorriso e alzò gli occhi al cielo. «Siete sempre i soliti».
«Scusaci tanto, sorella, se noi apprezziamo le bellezze che ci capitano sotto gli occhi».
«Se ti sentisse Pansy» lo prese in giro lei.
«Piantala, Vicky! Ti ho già detto che non è la mia ragazza!»
«E per fortuna! Draco, ti giuro che se diventerà mia cognata…»
«Che cosa farai?» le chiese lui avvicinandosi al viso della sorella e mostrandogli il classico ghigno beffardo.
«Ti ammazzo e ti seppellisco sotto la fontana di Villa Malfoy!» lo minacciò puntandogli il dito contro.
Istintivamente Draco le afferrò l’indice e lo morse, fissandola dritta negli occhi con uno strano luccichio.
«Ahia! Cretino!»
Il biondo rise sguaiatamente e la tirò a sé, chiudendola in un abbraccio da dietro. Appoggiò la sua testa alla spalla della sorella e le diede un veloce bacio sul collo.
«Non essere gelosa, Victoria. Pansy non è minimamente una minaccia. Non ti ruberà il tuo adorato fratello» la canzonò.
«Adorato? Pff! Guarda, per me potrebbe portarti via anche subito, se avesse almeno qualche qualità» Victoria storse il naso pensando alla compagna di Casa innamorata persa di suo fratello. «Lei non è alla tua altezza, quindi non può diventare mia cognata!»
«Vogliamo parlare di quello stoccafisso che hai tu?»
«Allen non è uno stoccafisso. È carino!» mugugnò Victoria, ancora stretta tra le braccia del fratello.
Cominciò a pizzicargli le mani per farlo scostare, ma Draco era un vero osso duro, specialmente con sua sorella.
«È un idiota».
«Dici così perché non lo conosci bene» replicò lei.
Draco si scostò leggermente, senza togliere le mani dai fianchi della sorella, solo per lanciarle un'occhiata dubbiosa.
«E perché non è qui con te mentre attendiamo l’arrivo delle scuole?»
«È con i suoi amici. Dov’è scritto che dobbiamo stare sempre insieme? Non siamo delle piovre!»
«Per me rimane sempre un idiota».
Victoria voltò leggermente il capo per osservare il fratello con un sorriso divertito. «Ora chi è quello geloso?»
«Be’ sei mia sorella!»
«Sentilo come marca quel “mia”» ridacchiò Theodore, dandogli una gomitata.
Draco non ebbe tempo di replicare poiché ad attirare l’attenzione di tutti, compresa la sua, fu l’arrivo degli alunni di Durmstrang.
Gli sguardi capitolarono verso le acque del lago Nero, dalle quali sbucò l’albero maestro di una gigantesca nave. Fu uno spettacolo eclatante. Da un lento vortice apparve il veliero, le cui luci scintillavano in una leggera foschia.
Entrambe le scuole straniere fecero un’entrata notevole, lasciando a bocca asciutta gli studenti di Hogwarts. Ciò che, però, attirò maggiormente l’attenzione fu la presenza di Viktor Krum, il famoso cercatore della squadra bulgara di Quidditch. A quanto pare era niente di meno che uno studente di Durmstrang, ed il prediletto del preside ovviamente.
Una volta giunte entrambe le delegazioni straniere, tutte e tre le scuole si riunirono nella Sala Grande per il banchetto serale.
Gli studenti di Beauxbatons si accomodarono alla tavolata di Corvonero, mentre quelli di Durmstrang si sedettero fianco a fianco con le Serpi.
Draco scavalcò la sorella per andare a sedersi accanto al prezioso Cercatore bulgaro e cominciò a chiacchierare per allisciarselo.
«È così prevedibile» mormorò Victoria tra sé e sé, poco prima che Silente cominciasse il discorso di benvenuto. Fortunatamente durò solamente pochi minuti e, in un battibaleno, sulle tavolate apparirono una gran quantità di pietanze, alcune mai viste e fecero storcere il naso a non pochi allievi di Hogwarts.
«Se non fosse che trascorro ogni estate dai nonni a Marsiglia, sarei scandalizzato da tale pietanza» esordì Blaise, inforchettando la sua Bouillabaisse.
«Io anche se fossi stato in Francia non la toccherei nemmeno per sbaglio» commentò Theodore, preferendo lo stufato inglese.
«Quelle sono rane?!»
«E quelle lumache, ma loro le chiamano Escargot» specificò Blaise con fare altezzoso.
Adorava pavoneggiarsi quando ne sapeva più dei suoi amici e non c’era da stupirsi se nel corso della serata avrebbe tirato fuori altre nozioni.
«Possono chiamarle come pare a loro, io non le tocco. Theo, mi passeresti le carote?» domandò Victoria mentre con lo sguardo mirava al tavolo dei Corvonero dove sedeva il suo ragazzo. Con tutte quelle belle francesi bisognava tenerlo d’occhio.
«Ah la gelosia canaglia!» esclamò Pansy, schioccandole un’occhiata.
Victoria la ignorò come sempre e la Parkinson, che cercava di ingraziarsela in ogni maniera per avvicinarsi a Draco, continuò: «Lo dicevo per dire. Figurati se tu hai qualcosa da temere!»
Volgendo lo sguardo altrove, la giovane Malfoy beccò casualmente Harry Potter guardare nella sua direzione. Gli sorrise per pura cortesia e poi si girò per osservare i nuovi arrivati al tavolo dei professori. Riconobbe personaggi noti che lavoravano al Ministero della Magia, tra questi Ludo Bagman e il tenebroso signor Crouch.
Silente riprese a parlare e spiegò lo svolgimento di una competizione, composta da tre prove estremamente pericolose, conosciuta come il Torneo Tremaghi. Una grande sfida che prevedeva tre campioni, uno per ogni scuola, selezioni da un oggetto magico: il Calice di Fuoco.
Il vincitore del Torneo avrebbe portato gloria e onore alla scuola che l’aveva preparato nel corso degli anni.
«Pff! È una vera rottura che nessuno al di sotto dei diciassette anni possa partecipare!» si lamentò Lucian Bole, il quale compì quindici anni la primavera precedente. «Per due annetti di differenza potrebbero anche chiudere un occhio! Tanto non credo che queste fantomatiche prove saranno davvero pericolose. Meh... tutta colpa di quel barbagianni di Silente».
Theodore alzò lo sguardo dal suo piatto di stufato e fissò curiosamente il compagno di Casa.
«Mi vorresti dire che se avessi avuto l’età, avresti buttato il tuo nome nel Calice?»
«Certo che l’avrei fatto! Mi sento più che valido e avrei portato vanto e gloria alla nostra nobile Casa».
«Sicuramente qualcuno di noi Serpi getterà il proprio nome in quel coso» intervenne Adrian Pucey, buttando un’occhiata al Calice di Fuoco posto sopra l’antico forziere. «Certo che potevano scegliere una coppa più raffinata. Chiunque abbia intagliato quella sottospecie di vaso, deve esser stato un rozzo. Guardate che scempiaggine!»
«Scommetto che se fosse stato un torneo aperto a tutti, Potter si sarebbe lanciato questa sera stessa» prese la parola Draco, attirando la particolare attenzione della sorella. «Farebbe qualsiasi cosa per far parlar di sé».
Victoria lanciò un’occhiata veloce ad Harry e notò che stava osservando il Calice piuttosto affascinato, ma poi alzò le spalle.
«Lo farebbe se avesse molta autostima».
«Autostima? Quello là ama pavoneggiarsi. Si crede chissà chi!»
«È assolutamente vero» gli andò dietro Pansy con voce sdolcinata. «Tu non stai in classe con lui come noi. Non lo hai mai visto vantarsi per un voto o gongolare quando si ricorda il motivo di quella stupida cicatrice».
«È solo un idiota» commentò Theodore, infilandosi in bocca l’ultimo pezzo di stufato.
Blaise addentò un pezzo di pane, schioccando un’occhiata al ragazzo preso in causa. «Se Potter avesse l’opportunità di diventare un campione Tremaghi, ho valide ragioni per credere che schiatterebbe ancora alla prima prova» e si lasciò andare ad una boriosa risata.
«Peccato che noi minorenni non possiamo partecipare. Non sarebbe stato male liberarsi di Potter!» esclamò Draco, facendo cin-cin con il suo migliore amico.
Victoria non badò ai loro commenti di scherno. Non erano i primi che udiva, non sarebbero stati gli ultimi e ne aveva uditi anche di peggiori. Quando la cena terminò, si alzò da tavola con i suoi compagni, distaccandosi solamente un attimo per salutare il suo ragazzo e poi raggiunse i Serpeverde, tornando in Sala Comune.
 

 
*

 
L’indomani mattina, assieme a Lucian Bole e Adrian Pucey, Victoria accompagnò Benedict Borrow nella Sala Grande per gettare il proprio nome nel Calice di Fuoco.
Essendo Halloween le decorazioni erano cambiate. C’era una zucca in ogni angolo e una marea di pipistrelli che svolazzavano verso il soffitto. Più di una ragazza evitò di far colazione temendo di ritrovarsi quei neri esserini tra i capelli.     
«Benny, sappi che se verrai scelto, dovrai offrici tante caramelle durante la prossima gita ad Hogsmeade».
«E perché mai Adrian?»
«Perché ti stiamo accompagnando e la nostra presenza ti può solo portar fortuna!» ridacchiò l’alto ragazzo dai capelli corvini.
«Come dire che sarebbe davvero merito vostro» borbottò nervosamente Benedict mentre infilava il proprio nome nel Calice. Gonfiò il petto d’orgoglio sentendosi pronto a portare onore ai Serpeverde.
«Dacci questa gioia!» esclamò Victoria, battendogli una pacca sulla spalla.
«Stanne certa, Malfoy» le rispose ironicamente. «Scommetto, però, che se non sarò scelto, non riterrete sia colpa vostra».
«Ovvio che no» replicò Lucian Bole con un gran sorriso.
«Sei… anzi, siete incorreggibili» e anche Benedict si lasciò andare ad una risata spensierata. «Sentite, ora scappo che devo incontrarmi con Montague prima di andare a lezione. Speriamo in bene per stasera» e si sfregò le mani, prima di correre via dalla Sala Grande.
Adrian, Lucian e Victoria scossero il capo, lanciandosi un’occhiata divertita. Comprendevano il nervosismo dell’amico. Se fosse stato scelto, si sarebbe preso la responsabilità di portar alla vittoria la propria Casa, ma soprattutto la loro scuola. Insomma non era un peso leggero!
In tal caso erano pronti a fargli da supporto morale e magari avrebbero ideato qualche tattica per le prove. Dubitavano che i Campioni potessero ricevere aiuto, eppure erano convinti che con un po’ d’astuzia si potesse arrivare dappertutto.
«Per caso sapete chi altro ha messo il proprio nome nel Calice?» domandò Victoria curiosa.
«Delle altre scuole non so ancora niente. Per Hogwarts ha provato la Johnson di Grifondoro, quel Diggory di Tassorosso e anche il nostro Warrington» rispose Lucian, tenendo sott’occhio il Calice e osservando altri studenti delle altre scuole farsi avanti. Pareva un uccello rapace che fissava la sua preda.
«Warrington?» ripetè Victoria storcendo il naso. «Onestamente preferirei Benedict, almeno non ci farebbe fare la figura degli idioti».
«Guarda che Warrington è più intelligente di quanto pensi» replicò Adrian mettendo le braccia conserte e rifilandole un’occhiata torva.
«Non è intelligente. È solamente bravo a Quidditch».
«Due o tre partite le abbiamo vinte grazie a lui».
«Appunto. Non significa che sia intell-… ma che hanno fatto?!» ed indicò i gemelli Weasley. Erano a terra e in una frazione di secondo apparvero come due vecchi decrepiti. Chiunque avesse assistito alla scena scoppiò in una fragorosa risata.
«Ne hanno combinata una delle loro. Non me ne stupisco» commentò annoiato Lucian.
Victoria non riuscì a trattenere il suo divertimento e ridacchiò, guardandoli uscire dalla Sala Grande con aria afflitta. Evidentemente avevano pensato di poterla passare liscia e magari diventare uno dei campioni. La giovane Malfoy li aveva sempre considerati dei gran burloni. Ne aveva sentite di storie sul loro conto, almeno c’era qualcuno che portava sempre una ventata d’allegria in quell’antica scuola.
«Adrian, sei passato a trovare Faye in infermeria? Ha ancora la febbre?»
«Sono passato ieri sera. Madama Chips mi ha detto che deve stare a letto per ancora due giorni».
«Oh, capisco» commentò Victoria desolata. Era da qualche giorno che la sua migliore amica stava in infermeria per via di una brutta influenza. «Peccato si perda la nomina dei campioni. E se dopo cena facessimo un salto da lei?»
Pucey scosse il capo. «Negativo. Già ieri è stata dura convincere Madama Chips che non vuole alcuna visita notturna. Sono riuscito ad intenerirla per miracolo!»
«Domattina?»
«Andata!» si ritrovò d’accordo Adrian.
«Quasi quasi io salgo ora. Altrimenti dubito di riuscire a vederla quest’oggi. Tra le lezioni e la nomina dei campioni non c’è un momento libero» pensò ad alta voce Victoria, poi si voltò verso i suoi amici. «Se qualcuno mi cerca mi troverà direttamente a lezione».
«Va bene. Dalle un bacio da parte mia» esordì Adrian.
«Dubito che vorrebbe essere baciata da me come la baci tu» lo prese in giro, facendogli l’occhiolino.
Adrian arrossì lievemente e con il braccio le indicò la via: «Incamminati, forza!»
Victoria scoppiò a ridere e girò sui tacchi, facendo per uscire dalla Sala Grande. Non appena svoltò l’angolo si ritrovò contro qualcuno. Le sue labbra carnose s’incresparono in un sorriso non appena s’accorse chi fosse.
Caro destino ti stai proprio divertendo con me, vero?”
«Oh! Ciao Victoria» la salutò Harry timidamente.
«Buongiorno!» ricambiò cordialmente e schioccò un’occhiata anche agli amici che lo affiancavano. «Avete visto la scena esilarante dei gemelli Weasley?»
«Sono i miei fratelli» borbottò immediatamente Ron.
«Sì, lo so» e anche se non lo avesse saputo, non sarebbe servita una grande mente per capirlo «sono molto simpatici, anche se a questo giro l’hanno combinata piuttosto grossa. Con loro non ci si annoia mai, vero?»
Ci fu un breve - imbarazzante - silenzio e fu nuovamente la studentessa di Serpeverde a prendere la parola.
«Con voi due non c’è mai stata occasione di presentarsi. Victoria Malfoy» e tese la mano ad entrambi.
Ron la fissò sospettoso mentre Hermione rimase piuttosto perplessa. Il sol udir quel cognome li mise sulla difensiva, sentirono dire in giro che Malfoy avesse una sorella, ma non avevano mai avuto il piacere di incontrarla.
Nessuno dei due accennò a stringere la sua mano e questo costrinse Victoria a ritirarla. Nonostante le parve una vera scortesia, conservò il suo sorriso cordiale.
«Capisco la vostra diffidenza, ma posso assicurarvi che non mordo».
Hermione lanciò un’occhiata veloce ad Harry e fece un passo avanti verso la strega. «Scusa, ti saremmo parsi come dei maleducati. È solo che non scorre un buon rapporto tra noi e tuo fratello, quindi…»
«Quindi la mia gentilezza risulta ambigua?»
«In poche parole, sì».
«Posso capirlo» si mostrò pensierosa «sì, posso capire che non tutti si astengano dai pregiudizi. Fortunatamente questo non fa parte del mio comportamento».
Quella frecciatina sprezzante, lanciata in una maniera così sottile, li lasciò a bocca asciutta. La loro reazione accontentò parecchio Victoria che tentò di non gongolare troppo apertamente. Scostò lo sguardo da Ron ed Hermione per posarlo sul giovane Potter e notò che, al contrario loro, era molto tranquillo e per nulla sulla difensiva.
Harry si sentì come al loro primo incontro. Osservava Victoria ed era incuriosito da quel suo modo di fare gentile e sebbene si fosse appena mostrata pungente, non scorgeva alcuna malizia in lei.
«Vi auguro una buona colazione» e li sorpassò, ma poco prima di salire le scale si voltò un’altra volta. «Oh, quasi dimenticavo… complimenti per il tuo compito, Harry. Da quanto ne so hai preso un bel voto».
Draco si era indignato molto per il successo del suo acerrimo nemico. Trascorse metà pomeriggio a lamentarsi con sua sorella, la quale si sentì fiera dei suoi insegnamenti.
«Le nostre lezioni fruttano bene» e gli fece l’occhiolino.
«G-grazie».
Victoria chinò leggermente il capo per poi continuare verso la sua strada. Lasciò i tre Grifondoro piuttosto interdetti e due di loro ebbero una grande curiosità da sfamare.
«Ora tu mi dici come fai a conoscere la sorella di Malfoy!» esclamò Hermione con tono imperativo e puntando bene i piedi a terra, si mise di fronte all’amico. Mancava appena che mettesse le mani sui fianchi e sarebbe stata la fotocopia di una guardia della Regina d’Inghilterra.
«Io…»
«E che cosa intendeva con “le nostre lezioni fruttano bene”?» continuò imperterrita fissandolo con occhi da falco.
«L’ho conosciuta in biblioteca» tagliò corto Potter, sperando di uscire dal quel discorso il prima possibile.
«In biblioteca? E da quando frequenti la biblioteca?» lo canzonò Ron.
Harry gli rifilò un’occhiataccia e tornò a guardar Hermione, la quale era palesemente sospettosa di quella conoscenza.
«Ci siamo scambiati sì e no qualche parola. Niente di che».
«E tu sapevi chi fosse?»
«Sinceramente no».
«Perchè? Tu sì, Hermione?» chiese Ron, in realtà poco interessato all’argomento. Era frettoloso di entrare in Sala Grande per abbuffarsi. Si era svegliato con una gran fame, come ogni giorno.
«Non mi pare fosse una novità che Malfoy avesse una sorella».
«Si sapeva, però noi non l’abbiamo mai incontrata. A quanto pare non va molto in giro con quell’idiota» s’affrettò a dire Harry e fece per entrare nella Sala, cominciava ad aver fame, ma Hermione lo bloccò nuovamente.
«Posso sapere di che cosa avete parlato? E poi perché sei così sfuggente?»
Lui aggrottò la fronte, guardandola perplesso. Non si premunì di domandare il motivo del suo quesito, in ogni caso Hermione avrebbe ottenuto la risposta che desiderava.
«Sinceramente non mi ricordo granchè» disse Harry, passandosi una mano tra i capelli e sbadigliando. «Stavo cercando un libro per la ricerca del professor Rüf e per sbaglio abbiamo preso lo stesso... poi lei me l’ha ceduto e si è presentata. È stata gentile con me».
«Una Malfoy gentile» sghignazzò Ron. «Sembra una barzelletta!»
«Non hai tutti i torti» borbottò Hermione, incrociando le braccia al petto.
«Victoria non è come suo fratello».
«Harry, tu non la conosci».
«Be’ vi ricordate come si presentò Draco?»
«Anche questo è vero» toccò ammettere all’acuta Grifondoro «però fai attenzione. Trovo strano questo avvicinamento, seppur appaia per pura casualità».
Harry corrugò nuovamente la fronte, non afferrando al volo la sua insinuazione.
«Che cosa intendi dire?»
«Con tutto quello che è successo alla partita, i Mangiamorte, le parole di Malfoy, il Marchio…» Hermione scosse il capo come se i suoi stessi pensieri le causassero il mal di testa «stanno accadendo fatti troppo strani. Se ora ti avvicinassi a Victoria Malfoy…»
«Starle vicino è inevitabile» confessò Harry prima di prendere un bel respiro. Era il momento di confessare. «Il professor Rüf mi ha assegnato una tutor e si da il caso che sia lei».
L’incantesimo di pietrificazione avrebbe sortito meno effetto di quella notizia.
«Che cosa?!» esclamò Hermione sconvolta.
«Una tutor?» continuò Ron.
«Rüf mi vuole preparato ai G.U.F.O. del prossimo anno e dice che non potrei mai farcela se non con un aiuto» sbuffò Harry, ripensando al discorso dell’insegnante. «Sapete che si è fissato a darci un compito alla settimana. Victoria mi sta dando una mano e visto il mio ultimo compito direi che fa bene il suo “mestiere”».
«Harry, se avevi bisogno di una mano potevi chiedere a me» Hermione parve offesa.
«Ti avrei chiesto aiuto se Rüf non me l’avesse velatamente proibito. È a lui che spetta la scelta dei tutor e ti ha esclusa. Se devo essere sincero, mi domando come avresti potuto darmi una mano. Frequenti troppi corsi per poterti dedicare a me» disse frettolosamente. A dire il vero quel terzo grado stava cominciando ad innervosirlo. Già non amava le chiacchiere di prima mattina, figurarsi gli accurati interrogatori. «Inoltre Victoria ha i G.U.F.O alla fine dell’anno e, a quanto pare, dare lezioni a me servirà a tenerla in allenamento…».
«In allenamento per cosa?»
Harry alzò le spalle. «Lo ha detto Rüf. Io non saprei…»
«Io ho capito» disse Hermione mostrandosi pensierosa. «E Malfoy… intendo dire… Draco lo sa?»
«Sinceramente non mi interessa».
«Dubito o credo ti avrebbe minacciato di starle lontano» affermò Hermione, arricciando le labbra e fissando un punto vuoto del muro. «Se non vado errato, una volta mi è parso di sentir dire dalla Parkinson che Malfoy è molto geloso di sua sorella. Stava raccontando un aneddoto a Daphne Greengrass e pare che Draco abbia lanciato una fattura ad un ragazzo che...»
«E da quando origli le conversazioni di quelle oche?»
Lo sguardo di Hermione si fiondò sul viso perplesso di Ronald. «È stato inevitabile. Quelle due erano sedute dietro di me e hanno cominciato a blaterare».
«Quindi Malfoy è geloso della sorella» constatò Ron e diede una pacca sulla spalla al suo miglior amico. «Prova a starle incollato, Harry. Voglio proprio vedere come farai impazzire quel bisbetico furetto!»
Il Ragazzo Sopravvissuto alzò gli occhi al cielo.
«Malfoy ti fa da tutor» ripetè Hermione, portandosi una mano alla fronte e scuotendo il capo preoccupata. Non riusciva a capacitarsene.
«Victoria» replicò Harry come se facesse differenza.
«È la sorella di quel dannato furetto. La figlia di quel viscido di Lucius!» esclamò Ron, storcendo il naso.
«Sorellastra e figliastra».
«Questo non cambia molto, amico».
«Ed è stato davvero il professor Rüf a deciderlo?» domandò Hermione con fare indagatore.
«Te l’ho già detto. A quanto pare è la migliore del suo corso. Credetemi anche io avrei scelto tutt’altra persona… anche se in fondo non è così male».
«Non è così male? Quella è figlia del demonio!» sbottò Ron.
«Figliastra».
«Poco importa chi ti mette al mondo. È chi ti cresce che fa la differenza».
«Stranamente Ron ha ragione» affermò Hermione con decisione.
«Anche io sono stato cresciuto dai Dursley, eppure non mi pare di esser come loro!» scoppiò Harry, capendo come doveva essersi sentita Victoria il pomeriggio in cui discussero. «E comunque non devo farci per forza amicizia. Mi deve solo seguire negli studi. Tutto qui».
«Tu vedi di starci attento. Quella non è gente per bene» ribadì Ron, mettendogli una mano sulla spalla e guardandolo dritto negli occhi.
Harry ribadì il ruolo della giovane Malfoy. Era la sua tutor, per il momento andavano d’accordo, tuttavia era impossibile che nascesse una vera amicizia. Non sarebbe avvenuto nemmeno nei suoi sogni più fervidi.
Harry Potter e Victoria Malfoy amici: un quadro piuttosto assurdo, no?
«Va bene. Se tocca a lei farti da tutor, ci tocca accettarlo» affermò Hermione con sicurezza, sebbene l’espressione sul suo viso la tradì. Non era tranquilla. Quella faccenda la turbava non poco. «Harry, mi raccomando, sta attento. È chiaro che per via delle vostre lezioni non puoi starle lontano, almeno togliti dalla testa di esserle amico».
«Quando mai ho detto di voler essere suo amico?»
«Se non vuoi farlo, tanto meglio. Credimi».
«Questa volta mi tocca dar ragione ad Hermione» disse Ron, mettendo una mano sulla spalla dell’amico. «È una Malfoy. Anche se è stata adottata e non condivide lo stesso DNA con quell’idiota, è stata cresciuta da Lucius Malfoy. È impossibile che sia uscito qualcosa di buono».
«Io comunque non ho mai detto di voler essere suo amico!» borbottò Harry, guardando entrambi. Il discorso lo stava innervosendo più del dovuto. Sbuffò sonoramente. «Possiamo andare a fare colazione? Ho bisogno di mettere qualcosa sotto ai denti».
«A chi lo dici, amico mio!»
«Ron, ma tu pensi sempre a mangiare?» brontolò Hermione.
E tra un battibecco e l’altro riuscirono ad accomodarsi al loro tavolo per la colazione.
Nonostante Ron ed Hermione continuarono a battibeccare sull’ingordigia del rosso, trascorsero una mattinata tranquilla e allegra, come la maggior parte degli studenti. Erano tutti eccitati e curiosi di scoprire chi fossero i tre campioni. Alcuni aprirono varie scommesse. Ognuno sperava di riuscir tifare un compagno della propria Casa, sperando che lui o lei non si sarebbe dimostrato scarso.
Quella sera stessa, dopo il banchetto, non si perse tempo.
Non appena le tavolate furono ripulite, Silente si avvicinò al Calice di fuoco. Nessuno, nemmeno i professori o i presidi delle scuole straniere riuscivano a mostrarsi calmi e senza emozioni. Ogni persona presente nella Sala Grande aspettava con ansia la selezione dei campioni.
«Il campione di Durmstrang è Viktor Krum!»
Il rumore degli applausi fu incredibile. Il ragazzo designato si alzò dal tavolo dei Serpeverde e raggiunse il preside di Hogwarts mostrandosi parecchio serio. Gli strinse la mano e oltrepassò la porta che lo conduceva nella stanza accanto. Karkaroff fu parecchio soddisfatto della scelta, del resto era il suo prediletto.
«Il campione di Beauxbatons è Fleur Delacour!»
La maggior parte dei ragazzi applaudì la splendida diciassettenne che raggiunse altezzosamente Silente. Victoria dovette ammettere che era di una bellezza maestosa, quasi magica. Quella Fleur possedeva un’eleganza nel muoversi davvero invidiabile.
«Il campione di Hogwarts…»
E lì sì che tutti trattennero il fiato, be’… per lo meno gli studenti della scuola inglese.
Sperando nel nome dell’amico, Adrian Pucey stringeva talmente forte la spalla di Benedict Borrow che il giorno dopo sarebbe rimasto il segno. Lucian Bole guardava fisso Silente. Victoria si lanciava vari sguardi divertiti con il suo ragazzo, che sedeva nella tavolata dei Corvonero. Entrambi speravano in un compagno della propria Casa e avevano persino fatto una scommessa. Se il campione di Hogwarts fosse stato un Serpeverde, il caro Allen avrebbe dovuto alla sua ragazza un pacchetto intero di Pallotti Cioccocremosi. In caso contrario, Victoria gli avrebbe dovuto almeno tre burro birre durante la prossima gita ad Hogsmeade.
Nella Sala Grande l’ansia era alle stelle!
«… Cedric Diggory!»
Tutti gli studenti di Tassorosso balzarono in piedi per acclamare il loro campione. Gli altri si limitarono ad applaudire, molti lo fecero blandamente, giusto per non sembrare maleducati. Victoria fu entusiasta per l’annullamento della scommessa con Allen. Benedict non si mostrò affatto avvilito per non esser stato scelto; se aveva messo il suo nome nel Calice, era stato un po’ per mettersi in mostra.
«Speriamo che quel bambolotto riesca a far trionfare Hogwarts» commentò Blaise, osservando Diggory con aria di sufficienza.
«Pensate che io nemmeno ci credevo che avesse messo il suo nome nel Calice. Sembra così delicato» aggiunse Theodore Nott fissando il loro Campione con scherno.
«È un bel ragazzo» considerò Victoria, osservandolo sparire dietro la porta.
«Speriamo non si rovini il faccino» lo canzonò Draco, che era stato molto più euforico per la scelta di Krum.
Al suo fianco, Victoria si lasciò andare ad una risata. Un istante più tardi le toccò spegnere la sua allegria. Come tutte le persone presenti in sala, s’accorse che il Calice di Fuoco non aveva finito di decretare i campioni.
«Ma che diamine…?!»
«Non dovevano essere solamente tre?» domandò Victoria.
«Ti pareva se quel vecchio Calice non era difettoso» mugugnò Draco scuotendo il capo e seguendo con sguardo maligno ogni passo di Silente, il quale si apprestò a prendere il quarto foglietto di carta. «Magari è una messa in scena per tenerci col fiato sospeso. Sarebbe perfettamente nello stile di quel vecchio pazzo!»
«Mi sembra troppo preoccupato per essere una messa in scena».
E Victoria si ritrovò ad aver ragione.
Quella non era una messa in scena e se ne accorse anche suo fratello nell’esatto momento in cui il preside lesse il nome sulla pergamena: «Harry Potter!»



 
 
Mrs. Montgomery:
Bene, cominciamo ad entrare nel vivo della trama del quarto libro!
Ron ed Hermione hanno incontrato ufficialmente Victoria e non si sono trattenuti dal dire la loro opinione ad Harry.
I due credono che l’avvicinamento di Victoria sia poco causale; e voi che dite? C’è qualche sotterfugio oppure è tutto frutto di una pura coincidenza?
Sia nello scorso capitolo che in questo è stato nominato un certo "Allen" di Corvonero. Come avete letto è il ragazzo di Victoria e lo "vedrete" tra un paio di capitoli. 
Posso anticiparvi che nel prossimo capitolo ci sarà un momento determinante che avvicinerà molto Harry e Victoria.
Concludo ringraziando coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli e i lettori che hanno inserito la storia tra le varie categorie.
Vi mando un grosso bacio!





 

 

 


 

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Capitolo 4
*** L'agguato ***


 

 
LP
Capitolo III

"L'agguato"


“Completamente inutile!”
Victoria tentò di rifugiarsi in ogni angolo di Hogwarts per studiare in santa pace, ma in ogni dove c’erano persone impegnate a parlottare di Harry Potter. I Grifondoro schiamazzavano esaltati perché il campione era uno di loro, mentre tutti gli altri, in particolar modo i Tassorosso, sfoggiavano il loro sdegno e si domandavano come fosse riuscito a farsi selezionare eludendo la linea dell’età.
Harry Potter di qua.
Imbroglione e canaglia!
Harry Potter di là.
Bugiardo e infame!
Ormai non si parlava d’altro. Victoria comprendeva lo stupore generale, in fin dei conti anche lei rimase piuttosto sbalordita, però gli altri studenti ne stavano facendo troppo un affare di stato!
«Non hanno proprio nient’altro cui pensare» sbuffò la ragazza camminando per l’ennesimo corridoio alla ricerca di un posticino vuoto.
La Sala Grande venne esclusa a priori, immaginando il solito baccano. La Sala Comune era certamente da eliminare. In cortile c’erano troppi schiamazzi. Sarebbe potuta andare in biblioteca, ma aveva bisogno di ripetere ad alta voce, quindi scartò anch’essa. Victoria, però, non demorse. Difficilmente era una che gettava la spugna facilmente, per tale ragione decise di tentare un ultimo posto. Se avesse trovato occupato anche quello, era pronta a battere in ritirata e lasciar star lo studio.
Con sguardo deciso, svoltò all’angolo destro del corridoio per raggiungere la torre di Astronomia.
Le parve il posto ideale, poiché veniva utilizzata solo durante le lezioni notturne. Secondo una buona logica non doveva esserci nessuno. E invece si sbagliò di grosso.
Il ragazzo più discusso del momento stava appoggiato al parapetto, con la testa verso il basso, molto probabilmente immerso nei suoi pensieri più profondi.
«Harry!»
Lo vide sobbalzare dallo spavento. Egli girò solamente la testa e, quando notò la sua presenza, non fece una piega. Victoria osservò il suo viso contratto e constatò che non fosse affatto di buonumore.
«Credevo di non trovar nessuno quassù».
«Anche io» mugugnò Harry e prese a fissare davanti a sé. Le acque del Lago Nero divennero improvvisamente molto interessanti dal canto suo.
Victoria capì che voleva starsene per i fatti suoi e per questo decise di andarsene, non era mai stata un’impicciona. Lei stessa quando si isolava, preferiva che nessuno la disturbasse. Tuttavia, quando poggiò il piede sul gradino delle scale, facendo per scendere, cambiò idea. Voltandosi, poggiò la valigetta a terra e prese a camminare lentamente nella direzione del ragazzo.
«Va tutto bene?»
Harry tentennò per qualche attimo. Strinse le mani attorno alla sbarra del parapetto e sospirò pesantemente. «Sono appena stato infilato in un torneo, durante il quale potrei schiattare e se non accadrà sarà un vero miracolo! Tu che dici?!»
Aveva i nervi a fior di pelle. Dava l’impressione di star per scoppiare da un momento all’altro. E in tutt’altro momento, Victoria gli avrebbe risposto a dovere per essersi rivolto a lei in quella maniera tanto sgarbata. Solitamente s’infuriava per tale atteggiamento, però chiuse un occhio. Comprendeva la sua preoccupazione e non se la sentiva di biasimarlo.
In verità gli suscitava tenerezza.
Harry si voltò di scatto per guardarla con occhi accusatori. «Scommetto che anche tu credi che io abbia imbrogliato».
«Be’ devi ammettere che sarebbe stato anche il tuo primo pensiero, se fosse capitato ad un altro» gli fece notare Victoria con molta calma. «In ogni caso, ciò che penso io non conta. Se devo essere sincera, non m’interessa come tu sia finito per essere il Campione Trem-…»
«A me sì! Io vorrei tanto sapere chi mi ha messo in questo… oh, lasciamo perdere!»
Il Grifondoro si staccò dal parapetto con veemenza.
Voleva andarsene da lì. Voleva allontanarsi da chiunque. Voleva cercare la solitudine, sebbene sentisse di averla già trovata. Da quando venne eletto come il quarto Campione Tremaghi si sentì abbandonato a se stesso e nessuno poteva capirlo. Quindi tanto valeva isolarsi.
«Aspetta!»
Victoria gli afferrò il gomito costringendolo a fermarsi.
«Non sei stato tu ad infilare il tuo nome nel Calice?»
«Mi pare ovvio che no!» e si liberò dalla sua presa.
«E non hai neanche la più pallida idea di chi possa essere stato?»
«Secondo te sarei qui se così fosse? Correrei a prenderlo per suonargliele!»
Victoria dovette dargli ragione. «Ti capisco. Pure io sarei furibonda se mi avessero tirato questo brutto scherzo».
«Magari fosse uno scherzo» e poi sospirò pesantemente. Era completamente avvilito. «Farei qualsiasi cosa per tirarmene fuori. Il problema è che c’è un contratto magico vincolante».
«Capisco. E quando si terrà la prima prova?»
«Tra due settimane».
«Non sai di che si tratta, vero?»
Harry scosse il capo.
«Che tu ci creda o meno, mi spiace».
Victoria era sincera.
Si stupì persino lei di provare pena per quel ragazzo che nemmeno conosceva tanto bene, se non per fama o per le battute di suo fratello. Ne aveva udite molte su Harry Potter. La sua storia era leggenda e quando arrivò ad Hogwarts tutti parvero curiosi di vedere ogni sua mossa.
La giovane Malfoy era di un anno più grande e poté affermare con certezza che, da quando Potter approdò ad Hogwarts, non ci fu un anno davvero tranquillo. Ricordava quando affrontò il professor Raptor e ancor meglio quando salvò Ginny Weasley dalla Camera dei Segreti. Episodi incredibili che Draco sminuì sempre e suo padre ancor di più. Victoria non aveva mai provato il loro stesso sdegno, anzi il loro odio - perché sì, si trattava di odio - verso quel ragazzo. Non che lo ammirasse o le piacesse in qualche modo.
Se doveva essere onesta, le stava indifferente. Almeno fu così fin quando non lo conobbe meglio durante le loro lezioni private. Sebbene si trattassero di incontri puramente a fine scolastico, Victoria prestò attenzione ai suoi gesti e ai suoi modi. Era tutt’altro che vanesio, come lo descrivevano Draco e i suoi amici, e non era nemmeno tanto arrogante. Quando gli stava accanto percepiva una sensazione positiva; non sapeva spiegarlo con esattezza. Sicuramente non gli andò in antipatia.
La gentilezza che Harry mostrò, soprattutto dopo aver scoperto chi fosse lei in realtà, la colpì parecchio.  
«Spero che tu possa cavartela» esordì Victoria con tono serio e guardandolo spietatamente negli occhi continuò, dicendogli: «Non lasciarti intimidire dalle prove. In fondo ne hai affrontate di peggiori… e non lasciarti nemmeno abbattere dagli stupidi commenti che senti in giro. Appartengono solo a gente invidiosa che vorrebbe essere al tuo posto. Sii superiore».
Harry rimase spiazzato dalle sue parole.
Lo stava davvero incoraggiando?
Lei?
La sorella di Draco Malfoy?
«Lo sai che tuo fratello fa parte di quella gente invidiosa?»
Victoria non rispose, si limitò a schioccargli un’occhiata accompagnata da un sorriso appena accennato.
«Mi risulta che mercoledì prossimo hai un compito di Storia della Magia. Ci conviene lavorare se vuoi arrivare quantomeno alla sufficienza».
Harry era confuso. «C-che cosa? Sei ancora la mia tutor?»
«Da quando avrei smesso? Il professor Rüf è stato chiaro. Io ti seguirò fino alla fine dell’anno. Immagino che sarai esonerato da qualche compito in vista del Torneo, ma una verifica o due ti toccherà farle ugualmente» calcolò Victoria, riflettendo sulla situazione. «Non ti abbandonerò, Potter. Sarò il tuo tormento».
«Un dolce tormento, rispetto a tuo fratello» gli scappò e quando se ne accorse si portò una mano alla bocca.
Victoria sorrise. La divertiva quella sua fresca ingenuità, non aveva mai incontrato un ragazzo come Harry.
«In bocca al lupo» gli augurò, raccogliendo la sua valigetta.
Scese le scale, stavolta andandosene veramente. Pensò di ritirarsi in Sala Comune. Non avrebbe studiato, aveva perso troppo tempo a girovagare per la scuola alla ricerca di un posto tranquillo e stava cominciando a sentirsi stanca. Senza contare che dalla Torre di Astronomia ai Sotterranei il percorso era bello lungo. Filò nel suo dormitorio per riporre la valigetta e mettere a posto i libri, poi raggiunse i suoi compagni nella saletta.
«Alla faccia! Sembra che tu sia tornata da una maratona!» esclamò Lucian vedendola buttarsi sul divano.
«Non parliamone» sospirò Victoria, mettendosi comoda.
«Non dovevi studiare?»
«Appunto».
Un boato di fragorose risate attirò immediatamente la loro attenzione. Uno stormo di persone capitanate da Draco Malfoy scesero le scale, addentrandosi nella Sala Comune. Dalle loro facce parevano essersi divertiti parecchio.
«Victoria!»
Lei salutò il fratello con un cenno del capo.
Draco si congedò dal suo gruppo di tirapiedi e andò a sedersi al fianco della sorella. La guardava con un ghigno stampato sul viso. Era ovvio che fosse accaduto qualcosa che lo aveva soddisfatto.
«Non mi chiedi perché sono così allegro?»
«Su, dimmi, Draco come mai sei così allegro?» lo assecondò fingendo interesse.
Il biondino infilò una mano nella tasca dei pantaloni e tirò fuori quella che pareva essere una spilla. La mise tra le mani della sorella. Victoria gli lanciò un’occhiata curiosa e osservò le lettere rosse che formavano una scritta scintillante: TIFATE PER CEDRIC DIGGORY.
«L’hai davvero fatta tu? Brillante!» si complimentò Victoria, stupefatta del talento propagandistico del fratello minore.
«E non è tutto!» esclamò l’altro entusiasta, premendo sulla spilla.
La scritta cambiò.
Le lettere si tinsero di verde: POTTER FA SCHIFO.
«Brillante, vero?» scoppiò a ridere Draco. Rideva di gusto, si sporse talmente tanto in avanti, tenendosi la pancia dal ridere, che Victoria pensò si sarebbe capottato.
“E forse sarebbe meglio, così si mette la testa apposto”  considerò nell’immediato, schioccandogli un’occhiataccia.
Il ragazzo parve riprendere il controllo di sé. Almeno ci provò. Indicò nuovamente la spilla e tra una risata e l’altra disse: «Questa l’ho fatta apposta per te. Vedi, c’è anche un brillantino a forma di V…»
«Non la indosserò mai» rise sarcasticamente Victoria, riponendogliela in mano. «La trovo alquanto offensiva e pacchiana».
Draco aggrottò la fronte, infastidito. «Non hai mai rifiutato un mio regalo».
«C’è sempre una prima volta. E poi questo non è un vero regalo…»
«Sì, invece. Ho fatto mettere apposta il brillantino…»
«…a  forma di V. Ho capito» concluse Victoria, sospirando esasperatamente.
La sua idea, però, non cambiò. Rimase turbata da quella spilla, non le piaceva la scritta contro Harry. Alzò lo sguardo con disinvoltura e si scontrò subito con gli occhi grigi del fratello.
Lo conosceva bene ed era infastidito.
«Vieni» le ordinò gelido.
Draco si alzò dal divano e risalì le scale, ignorando la voce di Pansy che lo chiamò più volte. La Parkinson notò subito il suo nervosismo e vedendo Victoria seguirlo, capì che avevano appena discusso o erano in procinto di farlo. Dovette trattenersi dal non corrergli dietro. Era curiosa, ma non avrebbe mai rischiato di far arrabbiare il suo grande amore. Le toccò aspettare con l’anima in pena.
Un’altra incuriosita era Victoria. Sapeva che, se il fratello la stava allontanando da tutti per parlarle, era per via della sua collera. Draco non amava le scenate in pubblico, tantomeno se doveva condividerle con la sorella.
Ma per quale ragione era arrabbiato?
Il biondino non emise una parola. La condusse in una stanza completamente vuota e illuminata da una grande finestra che mostrava le acque del Lago Nero. Da com’era impolverato doveva trattarsi di un ripostiglio, uno bello grande. Dopo una seconda occhiata, notò che in fondo c’erano delle vecchie scope e un paio di teli verdi.
«Non sono mai stata qui».
L’unica cosa che parve attirare la sua attenzione furono le creature che nuotavano nel lago e che dalla finestra si vedevano nitidamente.
«Speriamo che questi vetri tengano duro o ci ritroveremo con la Sala Comune allagata» ridacchiò tamburellando le dita sulla finestra per smorzare la tensione.
Draco non era in vena di risate e Victoria lo intuì dal suo mutismo.
«Che hai?»
«Perché non vuoi indossare la spilla che ti ho regalato?»
Era davvero arrabbiato per quello?
«Draco, è davvero pacchiana».
«E offensiva, hai detto prima. Offensiva per chi?»
«Per Potter».
«E allora?» domandò Draco, alzando le spalle.
«Non indosserò mai qualcosa che possa offendere qualcuno».
«Io non ti capisco. Da quando ti importa di Potter?»
«A me non importa di Potter, solamente non capisco perché andargli addosso così tanto» rispose Victoria con pacatezza e, notando la perplessità del fratello, continuò dicendo: «So che hai le tue ragioni per detestarlo e non mi interessano neanche. Sono affari tuoi. Personalmente non ho nulla contro quel ragazzo. In questo momento mi fa addirittura pena».
«Pena? Potter?» Draco sgranò gli occhi, prima di scoppiare in una fragorosa risata. «Lo stai dipingendo come la vittima che non è! Quel maledetto vuole solamente attirare l’attenzione. Non bramava altro che poter dimostrare quanto è bravo. È pieno di sé e questo Torneo gli farà abbassare la cresta, parola mia».
«Credi che lui abbia messo il suo nome nel Calice?»
«Non lo so. Forse avrà trovato un modo. Te l’ho detto, vuole solo pavoneggiarsi» insistette Draco, avvicinandosi alla sorella. Le mise le mani sulle spalle. «Non cascare nella sua rete. Sei troppo intelligente per farlo. Inoltre nostro padre non ne sarebbe contento».
«Invece sarà fiero del tuo operato».
Draco rise maligno e annuì, gonfiando il petto d’orgoglio. «Mi ha scritto e forse verrà a vedere le prove per osservare Potter fare la figura dello scemo. Non crede che resisterà nemmeno cinque minuti!» poi balzò sul posto, come se si fosse appena ricordato di qualcosa. «Devo scrivergli cos’è capitato oggi pomeriggio. Oh sorella, avresti dovuto proprio esserci. È stato uno spettacolo esilarante!»
Il suo entusiasmo parve presagire qualcosa di emozionante e Victoria assunse l’aria di una che desiderava ascoltare quella bella storia.
«Che mi sono persa?»
«Ho fatto vedere le mie spille a Potter e compagnia. Come al solito ha fatto lo sbruffone quindi ci siamo attaccati…»
«Che cosa?!» esclamò Victoria sbarrando gli occhi e portando istintivamente le mani al viso del fratello. «E tu stai bene? Qualcuno ti ha ferito? Vi siete attaccati e come…»
«Secondo te potrebbero mai farmi qualcosa?» Draco accennò ad un sorriso e le prese le mani, scostandole dal suo viso, ma tenendole dolcemente tra le sue. «A parte Goyle che ha la faccia tempestata di funghi, noi Serpi stiamo benone. Invece, quella Sanguemarcio ha avuto ciò che si meritava. Somiglia ad un coniglio, dovresti vederla! Ed è tutto merito mio!»
«Hai usato l’incantesimo di ingrandimento?»
«E mi è riuscito piuttosto bene» aggiunse il ragazzo con voce melliflua.
«Notevole!»
«Grazie».
Victoria rimase un attimo in silenzio pensando che non doveva esser trascorsa un’ora da quando aveva visto Harry sulla Torre di Astronomia. Ipotizzò che il duello fosse accaduto molto prima.
“Strano che non abbia fatto menzione dell’accaduto”.
Con una scrollata di spalle, allontanò quel pensiero e tornò a rivolgersi al fratello minore.
«Qualcuno vi ha visti?»
«Eravamo fuori dall’aula di Pozioni ed è intervenuto Piton. Ha tolto cinquanta punti ai Grifondoro e messo in punizione Potter e Weasley».
Victoria considerò una fortuna che fosse intervenuto il loro Capo Casa e si lasciò andare ad un sospiro sollevato. Tuttavia lanciò una lunga occhiata a Draco, doveva piantarla di rischiare una punizione per le sue scemenze.
«Devi stare attento. Se fosse arrivato un altro professore, ti saresti cacciato in guai seri. Poi lo sentivi bene nostro padre!»
«Guarda che non sono così stupido! So quando è il momento migliore per agire».
«Sarà meglio per te» marcò bene la ragazza, puntandogli un dito contro al petto.
«Oh, che premurosa. Ti preoccupi per il tuo fratellino» la canzonò Draco, mostrandole uno di quei sorrisi che le altre ragazze potevano solamente sognarsi di ricevere.
«Certo che mi preoccupo per te. Ti voglio bene e se tu dovessi cacciarti nei guai, sarei disposta a farmi in quattro per tirarti fuori».
Di questo Draco non aveva alcun dubbio.
Ecco perché non era mai stato geloso di lei e mai aveva percepito alcuna competizione tra loro. Victoria provava un affetto sincero, lo proteggeva e l’avrebbe sempre fatto. Incredibilmente strano da credere, ma anche Draco le voleva bene. Non era solito dimostrarglielo con eclatanti gesti d’affetto o smielate dichiarazioni, eppure non riusciva ad immaginare la sua esistenza priva di quella ragazza. Victoria faceva parte della sua vita da che aveva memoria. I ricordi più belli erano accostati per lo più alla sua figura.
Non gli importava se non condividevano lo stesso sangue.
A Draco fregava meno di zero se non era una vera Malfoy.
Provava un affetto immenso per Victoria.
«Pace fatta?»
Le sorrise e strinse subito la sua calda mano.
«Pace fatta» decretò lui.
«Senti, torniamo in Sala Comune che qua si gela?» domandò Victoria, strofinando le mani sulle braccia.
Draco acconsentì e tornarono insieme, scherzando come al solito.
Come diceva sempre Narcissa, erano come un pesce con l’acqua: inseparabili. Nessuno avrebbe potuto dividerli. Gli unici in grado di farlo erano loro stessi con le proprie decisioni. E per il momento filava tutto liscio come l’olio.
E se i fratelli Malfoy ritrovarono la serenità tra loro, c’era chi stava trascorrendo un momento difficile.
Da quando Harry era stato decretato un Campione del Torneo, in molti lo considerarono un imbroglione alla ricerca di più fama di quanta già non ne avesse. Hermione e Ron faticavano a parlargli; proprio i suoi migliori amici, le persone che dovevano sostenerlo lo stavano lasciando da solo.
Per quanto coraggioso potesse essere, Harry aveva solamente quattordici anni ed era intimidito sia dalle prove che lo attendevano e sia dagli altri Campioni che reputava più esperti. Le possibilità di cavarsela erano minime e quelle di vincere pari a zero.
Era un vero periodaccio.
Resisteva più che poteva agli insulti dei Serpeverde e ai maligni brusii dei Corvonero. C’erano giorni in cui sperava di risvegliarsi e scoprire che si trattava solamente di un incubo. E invece ogni mattina apriva gli  occhi e si scontrava con la dura realtà.
Il culmine delle giornate pietose giunse quel venerdì mattina. Sarebbe dovuto andare a lezione di Erbologia, ma preferì darsi malato e filare a letto.
Harry stava attraversando il corridoio per tornare in Sala Comune, quando s’accorse di non essere solo. Tre studenti comparvero da dietro la statua di un grosso gargoyle. Fu strano, era orario di lezioni e la maggior parte degli allievi stavano dentro le classi. Harry capì al volo che quei tre stavano aspettando proprio lui. Scrutò i loro visi e riconobbe Ernie McMillan. Il coetaneo era in compagnia di due studenti più grandi, il Ragazzo Sopravvissuto non ricordò subito i loro nomi, ma era certo che appartenessero alla squadra di Quidditch di Tassorrosso.
«Eccolo qui, il rivale di Cedric!»
Harry ingoiò il rospo e cercò di superarli, ma uno di quelli grandi lo spintonò costringendolo ad arretrare.
«Come hai fatto a inserire il tuo nome nel Calice? Quale incantesimo hai usato?»
«Nessuno. Io non ho fatto niente» rispose lui tagliente e cercò altre vie d’uscita.
Tentò di fare marcia indietro, ma vide un altro studente, appartenente a Corvonero, pronto ad ostacolare la sua fuga.
Era in trappola.
«Tanto non ce la farai mai, lo sai vero?»
«Non sei pronto per questo Torneo e dopo che ti avremo sistemato, nemmeno per il prossimo» ed il Tassorosso dalle spalle larghe scoppiò in una fragorosa risata.
«Questa volta non ti potrà aiutare nessuno» continuò Ernie, guardandolo sprezzante. «Hai voluto fare il furbo e ne pagherai le conseguenze».
«La pagherai cara» aggiunse il Corvonero alle sue spalle, scroccandosi le dita.
Harry gli lanciò una veloce occhiata. Che cosa avevano intenzione di fare? Picchiarlo?
Di certi non sarebbe stato lì fermo ad assecondarli. Il giovane Potter s’affrettò ad impugnare la bacchetta.
«Expelliarmus!» lo disarmò rapidamente il Tassorosso dietro a Ernie.
Il Corvonero alle sue spalle gli afferrò lo zaino. Lo aprì e cominciò a scuoterlo, svuotandolo di tutti i libri e delle pergamene. Ogni suo effetto personale finì sul pavimento in marmo. Un Tassorosso afferrò il flacone contenente l’inchiostro e fissando malevolmente Harry, lo versò a terra.
«Ops! Come sono sbadato!»
Harry sbuffò col naso, sentendo un moto di rabbia spingerlo in avanti per prenderlo a pugni. Ma lo studente di Corvonero lo afferrò per le spalle. Potter tentò di divincolarsi dalla sua prepotente presa, ci provò con tutte le sue forze.
Gli toccò guardare quei vigliacchi mentre calpestarono le piume, imbrattandole nell’inchiostro, e strapparono un foglio dove aveva scritto qualche appunto.
Risero tutti quanti, ed Harry assottigliò lo sguardo. Il desiderio di prenderli a schiaffi e di schiantarli contro al muro stava aumentando momento dopo momento.
«Cominciamo bene» prese a parlare il Tassorosso che lo disarmò. «Se sei così stupido, allora Cedric vincerà facilmente».
«Siete amici di Cedric. Credete che lui approverà tutto questo?» domandò Harry tenendogli testa.
«Non lo verrà mai a sapere».
«Zacharias ha ragione. Nessuno lo scoprirà mai, perché nessuno ti crederà… quando avremo finito» sibilò Ernie McMillan con un ghigno malevolo stampato sul viso smunto. «Tienilo ben stretto, Chambers!»
Ecco svelata l’identità del Corvonero alle sue spalle.
«Preparati a sentir un gran male, Potter» sibilò Zacharias Smith avvicinandosi lentamente e fregandosi le mani in maniera prepotente. Era pronto di dargliene di santa ragione.
«Rictusempra
Zacharias cominciò a muoversi convulsamente, lamentandosi per il solleticamento in ogni parte del corpo. Cadde a terra e prese a rotolare avanti e indietro per il corridoio. Ernie e il suo compagno di Casa si voltarono, Harry alzò lo sguardo e osservò la figura minuta di Victoria Malfoy farsi avanti con la bacchetta ben alzata.
«Forza! Lascialo andare, Chambers».
«Non impicciarti, Malfoy femmina!» strillò McMillan.
«Malfoy femmina?»
Victoria inarcò un sopraciglio prima di puntare la bacchetta su di lui. La lingua di Ernie cominciò ad arrotolarsi e non riuscì più a spiccicare nemmeno una parola.
«Così impari a non dire stronzate!»
Chambers gettò Harry di lato, tirò fuori la bacchetta e urlò su Victoria. «Incarceramus
Tre lunghe corde apparirono magicamente e s’attorcigliarono sul corpo della ragazza. Victoria non riuscì a reagire. Le vennero bloccati le caviglie, le gambe e i polsi. Le scappò un gemito di paura e avvertì le corde stringersi maggiormente e strisciare contro la sua pelle. La sua bacchetta cadde a terra.
Ernie parve entusiasta, ma non si capì nulla di ciò che disse per via della lingua attorcigliata. Si limitò ad applaudire fragorosamente verso Chambers.
«Siete un branco di idioti» ansimò Victoria, tentando di non agitarsi. Già fu problematico tenersi in equilibrio e non cadere a terra come un salame. «Mi stupisco persino di te, Chambers. Non credevo che il mio ragazzo avesse un amico tanto vigliacco. Siete quattro contro uno. Che vergogna!»
«Pensa per te, Malfoy. Non dovresti intrometterti in affari che non ti riguardano!»
«Ne parlerò con il professor Piton e con il Preside. Vedrai chi riderà per ultimo».
«Non ti credere sai» ghignò il terzo Tassorosso, mettendo le mani sui fianchi. «Piton detesta Potter e non ti darà mai retta. Per quanto riguarda Silente, credimi, non ha tutta l’autorità che credi. Inoltre sono le nostre parole contro le vostre!»
«Credimi, Hopkins, in qualche modo te la faccio pagare» lo minacciò Victoria, fissandolo dritto negli occhi.
Era troppo orgogliosa per fargliela passare liscia. Persino Chambers, che era amico di Allen, avrebbe pagato per quell’affronto, oltre che per la sua codardia.
«Expelliarmus
Furbamente, Harry si era impossessato della sua bacchetta e disarmò Wayne Hopkins e subito dopo anche Chambers.
«Finite Incantem
Le corde avvolte attorno al corpo di Victoria si dissolsero. La strega s’abbassò velocemente per riacciuffare la sua bacchetta. La impugnò saldamente, sentendosi di nuovo padrona della magia e rivolse un sorriso maligno ai due studenti. Era pronta a dar loro una lezione coi fiocchi.
«Allora… dov’eravamo rimasti?»
«Lascia stare» s’affrettò Harry, posandole una mano sul braccio.
La fronte di Victoria si corrugò.
«Non ne vale la pena».
La Serpeverde sbattè le palpebre, fissandolo incredula.
«Vuoi veramente fargliela passar liscia?» gli domandò scandendo bene le parole. «Spero tu stia scherzando, Potter!»
«Mai stato più serio».
«Hanno attaccato loro per primi».
«E per questo non dovremmo abbassarci al loro livello».
Harry le fece cenno di abbassare la bacchetta con uno sguardo che non ammetteva repliche. Victoria non riuscì proprio a crederci, si fece scappare un brontolio nervoso. Tirò indietro la bacchetta e lanciò un’occhiata ostile a Hopkins e Chambers.
«Pare proprio che la buona sorte vi abbia sorriso» e per un attimo guardò Harry con disappunto, poi tornò a rivolgersi a quei due. «Siete graziati solo per oggi. Vi avverto e vi giuro sul nome della mia famiglia che se oserete nuovamente attaccarci, non esiterò a farvela pagare molto cara».
Per settimane, Harry non notò alcuna somiglianza con i Malfoy. Victoria era sempre stata gentile, disponibile soprattutto durante le lezioni private e talvolta si mostrò piuttosto spiritosa. Invece, in quel breve momento, ad Harry parve di rivedere Lucius Malfoy. Sebbene fossero completamente diversi nell’aspetto, Victoria sfoggiò un portamento fiero e un modo di parlare intimidatorio. Era come se fosse uscita un’altra parte di lei.
«Dovete lasciarlo in pace».
La voce della ragazza lo riportò alla realtà. La vide fronteggiare Hopkins e Chamber senza alcuna paura, pur essendo più giovane d’età. Senza contare che l’aspetto fanciullesco di Victoria non incuteva granchè paura.
«Se chiaramente non siete apposto con la vostra inutile vita, non è colpa sua. E se vi preoccupa che possa battere quel bamboccio di Diggory, allora state sereni. Potter non batterà Diggory… lo straccerà!»
Harry inarcò le sopracciglia, non sicuro di ciò che aveva appena udito.
«Che cosa hai detto?»
La vide voltarsi verso di lui con lo stesso guardo superbo che aveva ereditato dal paparino.
«Dico sempre ciò che penso. E se servirà a zittire questi idioti, sarò lieta di darti una mano durante il Torneo. Per quanto riguarda voi due, volete sparire o devo farvi volare?!» gridò agitando la bacchetta nella loro direzione.
Hopkins sputò ai suoi piedi e grugnì. Chambers andò in soccorso di Zacharias, il quale si stava ancora contorcendo dal solletico. Victoria annullò le sue maledizioni e indicò loro di andarsene in fretta. Nessuno dei quattro si ribellò, sebbene i loro sguardi fecero intendere che non fosse finita lì.
«Codardi!»
Victoria scosse il capo, guardandoli andar via. Improvvisamente si sentì tirare per un braccio e, a pochi centimetri dal viso, osservò due grandi occhi verdi fissarla intensamente.
«Si può sapere che ti è preso?!»
Non le fece spiccicare parola.
«Non voglio sembrarti un ingrato» riprese calmo, mollando la presa ferrea attorno al suo gomito. «Anzi, ti ringrazio per avermi dato una mano, però dovevi per forza dire che avrei stracciato Diggory? Sappiamo entrambi che non accadrà».
Victoria corrugò la fronte e mise le braccia conserte, studiandolo con lo sguardo. «Mio fratello si sbaglia. Tu non hai autostima» sentenziò.
«Qua non si tratta di avere autostima o meno. C’è un motivo se il Torneo è aperto ai maggiorenni. Loro hanno una preparazione più ampia e io… io non sono pronto!»
«Per forza, se continui a dirlo. Non tirarti la sfortuna».
«Non mi tiro la sfortuna» precisò Harry con voce lenta. «È così che stanno le cose».
«Quindi è così? Vuoi mollare?» domandò stupefatta Victoria, allargando le braccia. «Voi Grifondoro non siete conosciuti per il coraggio e l’audacia?»
«Vorrei vedere te al posto mio».
«Infatti io non sono stata smistata a Grifondoro» gli fece notare con una punta di divertimento.
Harry sospirò, non riuscendo a replicare. Tentennò per qualche attimo, con lo sguardo perso in un punto vago del corridoio. Era proprio un periodaccio, gli sembrava incredibile non dar di matto ogni giorno. Inoltre dopo quell’agguato immaginò di doversi guardar bene alle spalle.
“Un anno tranquillo mai?”
Quando tornò a guardare il viso di Victoria, notò che i suoi occhietti furbi non avevano mai smesso di osservarlo. In quel momento gli stava mostrando un sorriso tra il divertito e il rassicurante, che riuscì a rasserenare il suo animo.
«Hai… hai dimostrato molto coraggio affrontando quei quattro. Ti devo un grosso favore, Victoria».
Doveva ammettere che se non fosse stato per lei, sarebbe andata a finire male. Era stato disarmato e messo con le spalle al muro. Grazie all’intervento della Serpeverde si era risparmiato una marea di botte e altre prese in giro dai suoi compagni.
«Tu mi hai liberata dall’incantesimo di Chambers» gli fece notare Victoria. «Se non fossi intervenuto, sarei ancora legata a quelle corde. Quindi il tuo debito è stato ripagato».
Cadde nuovamente il silenzio tra loro e Harry prese quel momento per osservarla.
Lo faceva ogni volta che gli stava vicino. Era più forte di lui; trovava strano che proprio la sorella di Malfoy mostrasse gentilezza e simpatia nei suoi confronti. Sebbene non condividesse davvero il sangue di quei pazzi, era stata cresciuta dal viscido capofamiglia, come Draco, e quindi gli pareva ancor più strabiliante il suo comportamento. Ron ed Hermione lo misero in guardia su quella strega, però ad Harry non piacevano i pregiudizi, nemmeno su Victoria.
«Fatichi davvero a vedermi simpatica solo perché sono la sorella di Draco?»
Harry parve risvegliarsi dai suoi pensieri. Non comprese subito il significato di quella domanda. Tardò un attimo e quando ci arrivò non potè che dimostrarsi dispiaciuto. Offenderla era l’ultima cosa che voleva.
«Sai, io e tuo fratello siamo parecchio discordanti».
«È un modo carino per dire “ci odiamo a morte”. L’ho capito».
«Credimi, è lui l’attaccabrighe».
«Non dubito della tua parola. È pur sempre mio fratello» le toccò ammettere, chinando leggermente il capo. «Mi vanto di conoscerlo piuttosto bene. A volte riesce a stupirmi e a volte è prevedibile come il sorgere del sole. Io non mi intrometto nelle sue amicizie o inimicizie, come nel tuo caso. Pretendo lo stesso da parte sua».
«E lui rispetta le tue decisioni?»
«Non ha scelta. Sono alquanto testarda».
Harry bofonchiò una risata, non faticando a crederlo. «Conosco tuo fratello da quattro anni e penso che avrebbe da ridire se sapesse cos’è successo poco fa».
«Sicuramente, ma io non me ne interesso. Come ho già detto, io pretendo lo stesso rispetto che gli concedo».
«Sei proprio sicura di esser stata cresciuta dai Malfoy?»
Victoria annuì, non nascondendo un sorriso simpatico. «Se posso farti una confessione, adoro il tuo stupore. Credevi che io fossi come Draco, giusto?»
«Non posso negartelo».
«E io non posso non concedertelo» Victoria fece una breve pausa e dopo un veloce sospiro, riprese a parlare. «Senti, non dico che dobbiamo essere per forza amici. Mi piacerebbe che, se capitasse, ci potessimo fermare a parlare come se fossimo due studenti normali e non… non chi siamo veramente. Sono sempre piuttosto schietta, non intendo fare un’eccezione per te. Ti trovo simpatico e mi dispiace per il modo in cui sei trattato in questo periodo».
«Tu mi trovi simpatico e io… io credo che tu sia sincera e gentile» confessò Harry sentendosi più leggero. «Non trovo un singolo motivo per cui non dovrei parlarti all’infuori delle nostre lezioni private».
Le sue parole fecero gioire Victoria, che si astenne dal mostrare troppa euforia.
«Sentirtelo dire mi fa davvero piacere!»
«Inoltre infastidirò tuo fratello e questo farà piacere a me».
Lei scoppiò a ridere. «Ah ecco perché vuoi parlarmi pubblicamente! Per infastidire Draco. Ti ho beccato!»
Harry si unì alla sua risata e realizzò che quello era il primo momento in cui provò una sincera spensieratezza da quando il suo nome sbucò dal Calice di Fuoco.
In fondo perché non poteva esserle amico?
Fino a quel momento non gli diede ragioni per decretare il contrario e poi un amico in più non faceva mai male nella vita, anche se si trattava di Victoria Malfoy.
«Che ne dici se ti aiuto a raccogliere le tue cose e poi andiamo a farci una passeggiata al lago?» propose Victoria tentando di contagiarlo con la sua allegria. «La prima prova si avvicina e hai decisamente bisogno di rilassarti».
«E se qualche tuo compagno ti vedesse? Non t’importa?»
«Sono tutti a lezione» gli fece notare.
«Oh giusto… e perché tu non sei a lezione?» domandò curioso.
«Potrei farti la stessa domanda».
Harry cominciò a straparlare e infilò una mano tra i ciuffi corvini, spettinandoli più di quanto già non fossero per via del duello.
«Hai voglia di quella passeggiata o no?» riprese Victoria con aria tranquilla. «Posso assicurarti che non mi importa di chi ci vedrà»
«Bene. Allora ci sto!»
«Ottimo! Forza, mettiamoci all’opera! Questi libri non si metteranno apposto da soli… oh, aspetta, noi siamo maghi!»
Saltellò sul posto e impugnò la sua bacchetta, puntandola verso gli oggetti finiti a terra.
«Wingardium Leviosa».
Tenendo la mano ben ferma e senza perdere la concentrazione, infilò magicamente infilò ogni libro e foglio di pergamena nello zaino di Harry.
«E per l’inchiostro finito a terra?»
«Conosco l’incantesimo perfetto… ma perché scomodarsi?» replicò riponendo la bacchetta nella manica dell’impeccabile divisa. «Ci penserà Gazza a pulire. Almeno avrà qualcosa di serio per cui brontolare».
Il sorriso di Harry s’allargò ancora di più.
«E ora andiamo al lago!» esclamò vivacemente, prendendolo sotto braccio.

 


Mrs. Montgomery 
Come vi avevo preannunciato nello scorso capitolo, c'è stata una svolta nel rapporto Harry/Victoria.
Ho voluto mostrarvi un'altra parte di lei durante il duello... che senza dubbio sarebbe continuato se Harry non l'avesse convinta a lasciar correre. Fa parte della natura di Victoria pareggiare i conti e ci sarà occasione di vederlo.
A quanto pare il caro Harry ha trovato un'amica in più. Amica forse è una parola troppo grossa, ma il loro rapporto continuerà in crescendo.
Siamo solo all'inizio della storia, andando avanti spunterà qualche problema anche alla nostra Victoria. In fin dei conti... l'ora più oscura è alle porte!
Anticipazione per il prossimo capitolo? Conoscerete il ragazzo di Victoria e... vi dico solo che Sibilla Cooman colpirà!
Ringrazio tutti voi che state seguendo questa storia. Un grazie a chi recensisce e a chi ha inserito la fanfiction nelle varie categorie.
Alla prossima!




 

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Capitolo 5
*** Cioccolato e caramelle ***


 


LP
Capitolo IV

"Cioccolato e caramelle"
 

«Sette! Io dico… proprio sette pagine su Potter!» esclamò Draco, spalancando le braccia. «Scommetto che si sarà messo a piangere come una femminuccia per ottenere tutto quello spazio. Ci rendiamo conto che di Krum hanno parlato per due righe, per di più storpiando il nome? È inaudito! Lui è un cercatore famoso».
«Anche Potter è famoso» commentò annoiato Blaise, intento a mangiucchiarsi il suo toast.
«Sì, per un fatto accaduto tredici anni fa. Capirai!»
«Be’ te lo ricordi l’articolo, no? È ovvio che avrà fatto una sceneggiata epocale».
«Concordo con Blaise» s’intromise Theodore agitando lentamente la bacchetta per versarsi il succo di zucca nel bicchiere. «Nemmeno della francese e di Diggory hanno parlato, se non nell’ultima riga. Lo trovo assurdo!»
Draco mostrò un ghigno malevolo e da sotto al tavolo tirò fuori un numero della Gazzetta del Profeta. Guarda caso, proprio quello che trattava del Torneo Tre Maghi.
Con finto fare intellettuale si mise a leggerlo:
«Credo di aver ereditato la mia forza dai miei genitori. So che sarebbero molto fieri di me se potessero vedermi... sì, qualche volta la notte piango ancora per loro, non mi vergogno di ammetterlo... so che nulla mi potrà ferire durante il Torneo, perché loro vegliano su di me...»
Theodore emise un conato di vomito. Blaise storse il naso disgustato. Pansy sghignazzò talmente tanto che fece voltare metà della Casa Serpeverde intenta a fare colazione. Draco sventolò il giornale in direzione di Harry, il quale era in un cantone del suo tavolo a far colazione in silenzio.
«Nulla di potrà ferire, eh Potter?» continuò alzandosi in piedi. «Certo, se davvero hai ereditato la forza dai tuoi genitori sei messo male. La loro forza non sembra esser servita granchè quando…»
Con uno strattone Draco fu costretto a sedersi.
«Smettila! Stai facendo la figura dello scemo» lo sgridò a bassa voce Victoria, a cui era toccato assistere a quella scena pietosa. Voleva sprofondare per l’imbarazzo «Là in fondo ci sono i professori. Dubito tu voglia farti richiamare. Pensa a nostro padre».
Draco accigliò la fronte e sbuffò sonoramente, mettendo via il giornale.
«Sei una guastafeste» mugugnò Pansy, accingendosi a carezzare il braccio del suo grande amore. «Draco non stava dicendo nulla di male. Stava riportando le stesse parole di quello Sfregiato».
«Come dire che davvero usate quelle parole» replicò Victoria alquanto stizzita e battè una mano sul giornale. Scosse il capo e cominciò a bere il suo succo, con un’espressione piuttosto contrariata in viso.
«E tu come puoi sapere che cosa ha detto durante l’intervista?»
Victoria la fissò per un secondo. Percepì gli sguardi di suo fratello, di Blaise e di Theodore addosso. Alzò le spalle con naturalezza e poggiò il suo bicchiere vuoto.
«Hai ragione. Non lo so… però so che generi di articoli realizza Rita Skeeter. Il suo stipendio dipende da quanto è brava a screditare le persone» rispose mantenendo alto lo sguardo. «Non è così difficile capire che anche questo sia finto. È creato apposta per attirare l’attenzione. E se è unicamente incentrato su Potter, la spiegazione risulta banale».
«E sarebbe?» domandò Draco.
«Fratellino, ti credevo più arguto. Harry non doveva essere un Campione, è uno scoop e quindi la gente ne vuol sapere di più. A chi interessa della bella francese, del buzzurro bulgaro o di bel-faccino-Diggory? È Potter lo scoop del momento»  concluse con tono superbo, atteggiandosi come se fosse un pavone che ha appena aperto la coda. «Se fossi in voi mi preparerei per questo Torneo. Potter potrebbe finire al quarto posto in tutte le prove, eppure i giornali parlerebbero solo di lui. Mi auguro che riuscirete a sopportarlo».
E mostrando un sorriso beffardo, abbandonò il gruppetto. S’alzò dalla lunga tavolata e si diresse verso l’uscita della Sala Grande. Piuttosto che star ad ascoltare i loro commenti, preferiva presentarsi anticipatamente a lezione. Per strada incontrò Adrian Pucey, mano nella mano con Faye, niente poco di meno della sua migliore amica appena guarita dall’influenza. Li salutò con un cordiale cenno della mano.
«Vic! Dove stai andando?»
«A Divinazione».
Faye lanciò un’occhiata al suo orologio da polso. «È alquanto presto, non trovi?»
«Lo so, ma… ma magari te lo spiego dopo. Non voglio farvi tardare a colazione» tentò di liquidarli in fretta. «Ci vediamo dopo, va bene?»
«D’accordo» le sorrise Faye.
«Ciao Vic!» la salutò Adrian.
La giovane Malfoy riprese a camminare tranquillamente. In effetti era davvero presto, ma poco le importava, almeno poteva prendersela con calma. Percorse almeno quattro corridoi prima di giungere alla Torre Nord, dove si trovava la classe di Divinazione. Fu poco prima di salire le scale a chiocciola, che incontrò il suo ragazzo in compagnia di quel simpaticone di Chambers.
«Ciao ragazzi» li salutò con finto entusiasmo.
Allen si avvicinò più speditamente quando la vide. Le mostrò un sorriso smagliante, ed essendo decisamente più alto di lei, dovette abbassarsi per darle un bacio.
«Buongiorno, amore! Come mai sei qui così presto? La tua lezione non comincia tra venti minuti?»
«Sai che detesto arrivare tardi».
«Certo, ma sei decisamente in anticipo» ridacchiò il ragazzo, facendole passare un braccio attorno alla vita. «Senti, per sabato andiamo ad Hogsmeade come deciso?»
Lei annuì.
«Ci saranno anche Chambers con la Stebbins, poi penso anche Diggory…»
«Siamo sicuri che alla nostra Victoria stia bene questo assortimento?» la stuzzicò quel fessacchiotto di Chambers.
«Che stai dicendo?» domandò Allen ingenuamente.
«Dico solo che per quanto riguarda Hogwarts, la tua ragazza si è schierata da tutt’altra parte. Sarà un po’ strano girovagare con Diggory, no?»
Victoria corrugò la fronte, fissandolo malamente. Non capiva dove volesse arrivare con quei giri di parole. Da quando avvenne il duello per difendere Harry, lei e Chambers non ebbero occasione di parlarsi. La ragazza dubitava che quello spilungone avesse raccontato qualcosa ad Allen, dal momento che quest’ultimo non accennò mai a nulla.
Forse voleva informarlo proprio in quel momento?
In tal caso lei era pronta a rispondergli per le rime!
«Io non sto capendo niente, scusate!» scoppiò a ridere Allen e poi abbassò il capo sulla ragazza. «Per caso Cedric non ti sta simpatico? In tal caso, potremmo far la stessa strada per andare ad Hogsmeade e staccarci dal gruppo più tardi. Che ne dici di una passeggiata romantica? Soli, io e te?»
«Un programma perfetto! Mi piacerebbe moltissimo» rispose Victoria con fare svenevole. Allungò una mano per attirarlo a sé, si alzò sulle punte e gli diede un bacio sulle labbra.
Ti ho fregato Chambers!
1 a 0 per Serpeverde.
Allen si scostò mostrando un ampio sorriso. Si vedeva che era completamente perso per la giovane Malfoy.
«Ora noi dobbiamo scappare. Abbiamo lezione di Erbologia e dobbiamo ancora scendere tutte le scale».
«Andate e fate i bravi, mi raccomando» rispose Victoria sorridendo al suo ragazzo.
Vide gli occhi di Chambers ridussi a due fessure e lei ricambiò con un bacio voltante.
 «Buona giornata, Vicky».
Allen la baciò un’ultima volta prima di andarsene assieme all’amico di sempre. La Serpeverde fu libera di proseguire per la sua strada. Salì senza fretta la scala a chiocciola, raggiungendo indisturbatamente la classe di Divinazione e attese l’inizio della lezione. Quell’ora si rivelò piuttosto divertente. Il compito della settimana era di esporre un sogno e cercare di interpretarlo. Ne uscirono di tutti i colori.
Lucian raccontò di aver sognato un campo di grano e lui se ne stava tutto solo a fissare il sole, fino a quando non salì sulla sua scopa e volò via. L’interpretazione che diede fu: «Quest’estate mi dirigerò in un campo per prendere il sole e quando mi annoierò chiamerò la mia scopa e sfreccerò verso casa. Fiù!».
Il ragazzo di origini irlandesi parlava sempre con un tono serioso e per questo scatenò l’ilarità di tutta la classe.
«Oppure potrei diventar un contadino, ma l’idea mi fa alquanto ribrezzo».
La professoressa Cooman gli lanciò un’occhiata ostile e passò ad un altro studente.
Ognuno di loro fece una predizione alquanto bizzarra ed altamente improbabile. C’era chi disse che presto sarebbe stato mangiato da un grosso fiocco di neve, chi avrebbe vinto il campionato di Quidditch, chi avrebbe conseguito un G.U.F.O. con il massimo dei voti e chi si sarebbe messo a vendere calzini spaiati.
Stufa di quelle che sembravano - e probabilmente lo erano - delle prese in giro, la professoressa Cooman decise di continuare la lezione in maniera differente.
Prese le carte astrologiche e ne mise una su ogni tavolo. Affidandosi all’astrologia, alla data di nascita di ciascun studente e ovviamente al suo “occhio interiore”, l’eccentrica professoressa avrebbe dedicato loro una predizione.
Erano già tutti pronti a farsi delle grosse risate.
«Cominciamo da voi tre!» esclamò la Cooman indicando Lucian, Faye e Victoria che si lanciarono più di un’occhiata divertita. «Signor Bole, mi dica. Che pianeti circolano attorno lei?»
Il giovane Serpeverde sospirò e con occhi perplessi cominciò a darci un’occhiata. «Ehm… Marte».
«Oh cielo! Ragazzo mio, quanto mi dispiace! Sarai soggetto ad un tragico incidente» urlò la professoressa scalpitando. Andò a battergli una mano sulla spalla. «Mi creda, signor Bole, ne sono profondamente rammaricata».
Lucian non fece una piega e, alzando le spalle, disse: «Eh pace! Sarà la visuale della mia intera e tetra vita».
Le risate furono molte e il viso della professoressa Cooman divenne così rosso che, a confronto, il colore di un peperoncino maturo era di una lieve tonalità.
«Noto anche la presenza di Nettuno. Cosa ne pensa, professoressa?»
«Ebbene… si tratta del pianeta più mutabile e illusorio nella natura. La mia esperienza mi induce ad informarla che non ha un aspetto positivo per lei, signor Bole» borbottò la donna, quasi compiaciuta. «Prevedo un mare di delusioni».
Lucian fece finta di svenire per poi bofonchiare una risata divertita.
La professoressa Cooman si prodigò ad indicare Faye come prossima rivelatrice del proprio futuro. Lei non se la cavava male in Divinazione. Riusciva veramente a capirci qualcosa, solo che non credeva ad una singola predizione.
«Io vedo… anzi intravedo la Luna. Secondo quanto studiato, definisce la mia sensibilità e sensitività verso il prossimo o almeno così ricordo».
«Molto bene! Molto bene davvero» si complimentò la professoressa Cooman dandole una pacca sulla spalla. «Almeno qualcuno di voi prende seriamente le previsioni del futuro. La sua visione mi pare per lo più del presente e guardando bene, devo dire che non varierà nemmeno nel suo futuro. Ti toccherà portare pazienza verso chi ti sta accanto… e non dubito di ciò» concluse lanciando un’occhiataccia al povero Lucian.
Poi fu il turno di Victoria. Con il gomito poggiato sul tavolo e la testa comodamente postata su un pugno chiuso, cominciò a roteare la propria carta astrologica con aria rilassata. Al contrario dei suoi amici, trovava interessante la materia, sebbene reputasse piuttosto squinternata la propria insegnante. Era fermamente convinta che se ci fosse stato un altro docente, forse sarebbero stati davvero in grado di predire il futuro. Ma finchè riusciva a mantenere una buona media dei voti, non credeva di doversi lamentare.
«Vedo… sì sono alquanto sicura che si tratti di Marte» poi schioccò un’occhiata a Lucian «amico, siamo partner di sfortuna!»
E si batterono il cinque, sotto un’accigliata professoressa Cooman. La donna allungò il collo verso la carta astrologica, come se fosse in cerca di un errore da parte della sua studentessa.
«Mi spiace anche per lei signorina Malfoy, dei forti litigi sono in arrivo e disturberanno il suo equilibrio vitale!» scattò la Cooman, mostrandosi interessata.
Lanciò un’altra occhiata.
«Oh per bacco! Intravedo anche il pianeta Venere avvicinarsi pian piano… eccolo lì! Signorina Malfoy, sta per approdare il vero amore!»
Victoria inarcò un sopracciglio e lanciò un’occhiata a Faye, che preferì astenersi da ogni commento.
«Il mio occhio interiore mi sta aiutando in questa predizione. Oh sì… ora ne sono certa… lo vedo nitidamente! Qua sta scoppiando l’amore!» esclamò trepidante l’insegnante di Divinazione, gesticolando le mani in aria. La Cooman saltellò sul posto, impressionando - più di quanto già non facesse solitamente - i suoi alunni. «È piuttosto nitida e quasi certamente le assicuro che riconoscerà il suo vero amore sotto una bella nevicata!»
Tutti scoppiarono a ridere, Victoria compresa. Adorava quella materia, ma dubitava di molte previsioni della Cooman. Il giro proseguì e le visioni degli altri suoi compagni di classe parvero più assurde della sua. Più che una lezione di scuola, pareva di esser spettatori di un magico spettacolo comico.
Victoria, Lucian e Faye uscirono dalla classe sbellicandosi dalle risate. Tra un futuro di campagnoli e il grande amore innevato ne saltarono fuori tante di previsioni assurde!
Fu una giornata piuttosto spensierata, come quelle che susseguirono, sebbene Victoria fosse un po’ preoccupata per la gita ad Hogsmeade. Temeva che Chambers tirasse in ballo il duello nel corridoio e ciò che la rendeva nervosa non era tanto dover dar spiegazioni su Potter, bensì litigare con Allen per nulla.
Detestava quando le persone s’impicciavano nei suoi affari e se Chambers avesse commesso quell’errore, poteva star certo che l’avrebbe pagata cara.
Fortunatamente andò tutto bene. L’unica nota spezzata di quella bella giornata fu che una strega svenne in mezzo alla strada, poco lontana dal loro gruppetto. Venne assistita immediatamente dalle persone lì attorno. Non era nessuno che Victoria conoscesse, nonostante ciò si prese un bello spavento.
Quell’episodio singolare non le impedì di godersi appieno il sabato a girovagare per i negozi del piccolo borgo magico, con al fianco il suo bel ragazzo che la riempiva di attenzioni e coccole. Stavano insieme dall’estate scorsa. Ad Hogwarts si conoscevano di vista, mentre si conobbero meglio in una vacanza in Irlanda. Da lì parve esser nato il colpo di fulmine. A Draco non stava granchè simpatico, lo riteneva uno stoccafisso. Lo tollerava solo per gioia della sorella, anzi per non andarci a litigare.
«È stata una bella giornata vero?»
«Sì, mi piacciono queste gite. È un modo per non pensare alle lezioni e a…» Victoria non terminò la frase che fu aggrappata da Allen e rapita da uno dei suoi soliti baci. Non era propriamente casto. Il Corvonero ci metteva sempre molta foga, aveva un istinto alquanto passionale.
«Perdonami…» Allen si scostò per riprendere fiato «è che non ne posso farne a meno. Da quando ci siamo incontrati… be’ per me sei tutto. Lo so che ti può sembrar banale, ma ti giuro che è così! Mi hai stregato».
Victoria lo fissò negli occhi e si lasciò scappare una risata dolce. Allen le carezzava le guance morbide e fissava le sue labbra, voleva fiondarsi nuovamente, eppure si trattenne.
«Stiamo insieme da pochi mesi e posso assicurarti che il mio cuore è totalmente tuo. Mai nessuna mi ha fatto sentire… ehm non saprei… ecco… come fai tu!»
La ragazza arrossì, non era abituata a quei slanci d’affetto. I Malfoy non erano mai stati molto calorosi e quindi per Victoria era una grossa novità. Sebbene lei possedesse un animo tenero, non riuscì a ricambiare l’affetto di Allen a parole. Preferì annullare le distanze tra i loro visi semplicemente baciandolo. Le risultava più semplice. E a lui non dispiacque.
Percepì le mani del ragazzo scendere lungo le sue braccia e posizionarsi avidamente sui fianchi. La spinse contro il muro, incastrandola al suo corpo.
«Non hai idea di quanto io vorrei… io ti desidero più di ogni altra cosa. Voglio fare l’amore con te».
Victoria rimase piuttosto spiazzata.
«Be’… io… ecco… io credo che dovremmo aspettare ancora un po’».
«Ma certo, certo. Fino a quando non ti sentirai pronta, amore mio» le sussurrò contro l’orecchio. «Ti aspetterò per tutto il tempo necessario».
Era un bravo ragazzo, a volte un po’ geloso, ma la riempiva sempre di attenzioni; Victoria si riteneva fortunata. Eppure in quel momento dolce quanto ardente, non si sentì molto a suo agio. Forse era stata quella sua proposta poco velata. Se doveva essere sincera, non aveva mai pensato di “consumare”.
L’argomento le creò non poco imbarazzo, soprattutto perché era letteralmente alle prime armi. Guardò Allen, lo vide sorriderle rassicurante e si sforzò di mostrargli lo stesso sorriso. Provava un grande affetto per lui e credeva che, prima o poi, sarebbe certamente accaduto.
Preferibilmente molto poi.
«Ti dispiace se ci vediamo a cena?» disse quando si staccò da lui. «Vorrei portare questo pacchetto di caramelle a Faye e poi so che mi cercava per una cosa urgente».
Allen annuì e le posò un bacio casto sulle labbra. «Capisco perfettamente, amore. Ci vediamo a cena più tardi!»
Le loro strade si divisero.
Allen prese le scale per salire sulla torre di Corvonero mentre Victoria continuò a camminare fino alla fine del corridoio. Per scendere verso Sotterranei avrebbe dovuto voltare all’angolo destro, ma preferì proseguire. Era tutt’altra la sua meta. Almeno una ventina di metri dopo si trovò di fronte al quadro della signora Grassa.
«Oh chi abbiamo qui? Non mi pare di averti mai visto, giovincella!»
Per fortuna Victoria non indossava la divisa dei Serpeverde o sarebbe stata riconosciuta con una facilità disarmante.
«Cerco Harry Potter! Potresti andare a chiamarlo?»
«Ragazza, ma chi credi che io sia? Non sono di certo un gufo! Oh perdinci bacco!»
«Te lo chiedo per cortesia».
«Assolutamente no!»
«Che succede qui? Cos’è tutto questo baccano?!»
Un uomo dall’armatura scintillante entrò nel quadro della signora Grassa e, non appena vide Victoria, sfoggiò un sorriso splendente.
«Una bella donzella, eccola qui! Non ricordi forse la parola d’ordine, cara?»
«Ehm… io» tentò di dire.
«Questa qua non fa parte dei Grifondoro!» la bloccò la guardiana della Sala Comune dei Grifondoro. «Pretende che io vada a chiamarle un famoso giovanotto. Mi ha scambiata per un piccione viaggiatore!»
«In realtà io…»
«Oh per bacco! E quale bel giovanotto di questa illustre Casa stai cercando?» domandò curioso l’uomo in armatura.
«Sto cercando…»
«Sir Cadogan, non vorrai assecondare questa maleducata!» strillò la signora Grassa… o forse stava intonando una canzone, questo non fu ben comprensibile alle orecchie di Victoria.
«Madama, costei è una donzella in cerca d’aiuto. Come cavaliere è mio compito porgerle i miei servigi».
I due personaggi cominciarono a battibeccare e per Victoria fu impossibile interromperli. Sbuffando decise di lasciar stare, nemmeno si accorsero che stava andando via. Il pacchetto di caramelle che teneva tra le mani era destinato ad Harry, ma gliel’avrebbe consegnato in un’altra occasione. Lo rimpicciolì con la bacchetta e lo nascose nella tasca interna della giacca.
Udì l’orologio della scuola scoccare le sette, quindi tanto valeva dirigersi nella Sala Grande. La fortuna sembrò girare dalla sua parte quando intravide Harry entrare dal cortile e camminare nella sua direzione. Victoria accelerò il passo e, quando lo vide sorriderle, si piantò di fronte a lui.
«Ciao, ti stavo proprio cercando!»
«Davvero? Come mai?» domandò curioso Harry.
Victoria tirò fuori dalla tasca interna il pacchetto di caramelle e lo fece tornare alla normalità.
«Oggi sono stata ad Hogsmeade e ho fatto un po’ di scorta. Queste sono per te. L’altro giorno mi hai detto che ne andavi matto».
«Te ne sei ricordata?»
Harry sbarrò gli occhi luccicanti, prendendo in mano il pacchetto e osservando quanto ne fosse pieno. Il suo sorriso s’allargò istintivamente. Percepì una sensazione di serenità pervadere il suo cuore ed era grazie a lei.
«Grazie mille, Victoria. In realtà anch’io ho qualcosa per te…» e si accinse a frugare in una borsa di carta che possedeva lo stemma di Mielandia.
Victoria fremeva dalla curiosità e quando Harry le rese una lunga tavoletta di cioccolata, balzò sul posto dall’emozione. Non era contenta solo perché aveva azzeccato la sua cioccolata preferita, ma anche per il gesto. Adorava i regali semplici senza alcuno sfarzo. Saltellò sul posto come se le avesse donato una quantità di galeoni. Era al settimo cielo!
«Questo è… oh, sei stato così carino. Grazie!» esclamò emozionata toccandosi il petto. «Quindi sei stato ad Hogsmeade? Non mi pare di averti visto in giro».
In effetti c’era stato, ma sotto al mantello dell’invisibilità. Almeno nessuno avrebbe potuto tormentarlo con battute o insulti.
«Ehm sono rimasto per poco. Sapendo che ti piaceva la cioccolata, ho pensato di farci un salto».
«Sei davvero buono, grazie davvero» continuò a sorridergli Victoria.
Era così piena di vita. A guardarla dall’esterno pareva una ragazza molto composta e riservata, invece Harry imparò che bisognava proprio conoscerle le persone. Gli stava molto simpatica, nonostante il cognome che portava. Il Grifondoro considerò che sarebbe stato un errore interrompere la loro conoscenza per dei stupidi pregiudizi.
«Sei un po’ agitato per la Prima Prova?»
«Non me ne parlare» Harry si passò una mano sul viso. «Credo che le prossime notti saranno tremende e non ho neanche la più pallida idea di che si tratti».
Victoria gli posò una mano sulla spalla con fare rincuorante. «Dai il meglio di te e andrà tutto bene. Se posso aiutarti in qualche maniera, non hai che da chiedere…»
«Credo sarebbe impossibile chiederti di cucire la bocca a tuo fratello, vero?»
«Abbastanza improbabile».
«Ieri però sei riuscita a zittirlo» disse Harry e quando la vide perplessa continuò «ieri mattina a colazione, ricordi? Stava sventolando l’articolo di Rita Skeeter».
La ragazza sospirò desolata. «Oh, certo. Draco stava proprio esagerando».
«Esagerando? Ieri? Evidentemente non lo hai mai sentito aprir bocca in mia presenza».
Victoria si trovò in difficoltà. A quanto capì, Draco doveva essere molto tremendo nei suoi confronti e, sebbene non fosse colpa sua, non riuscì a fare a meno di dispiacersi. Harry parve comprendere il suo stato d’animo.
«Va tutto bene, ormai mi sono abituato. Se devo essere sincero, l’opinione di tuo fratello conta meno di zero, in questo periodo è solo fastidioso» e le accennò un sorriso per rassicurarla.
«Mi auguro che possa maturare» disse Victoria tesa.
Harry pensò che se Draco fosse maturato quanto suo cugino Dudley allora sarebbero stati messi proprio male.
«Chi può dirlo!»
«Vicky!»
La Serpeverde guardò oltre Harry e vide Faye stretta al braccio di Adrian. Erano appena rientrati dalla gita ad Hogsmeade, si capiva dai loro nasi rossi a causa del freddo. I suoi amici puntarono lo sguardo su Potter e rimasero piuttosto sbigottiti, vedendolo in presenza di una loro compagna di Casa.
«Va’ pure! Io per stasera non credo di cenare» le disse Harry.
«D’accordo. Allora ci vediamo domani per la nostra solita lezione?»
Il Grifondoro annuì.
«Grazie per la cioccolata».
«Grazie a te per le caramelle».
Victoria si lasciò scappare un sorriso divertito e gli lanciò uno sguardo interessato. «Pensa all’empatia che condividiamo! Ci siamo fatti un regalo a vicenda senza saperlo. Che sia l’inizio di una vera amicizia?»
«A me non dispiacerebbe» confessò Harry, facendo un passo avanti e abbozzando un tenero sorriso.
«Nemmeno a me» e gli fece l’occhiolino. «Buona serata, Potter».
«Io non ti chiamerò mai per cognome, lo sai vero?» le fece notare Harry con un’espressione buffa sul viso.
Victoria esplose in una fragorosa risata, chiunque nelle vicinanze riuscì a sentirla. Lo salutò con una pacca sulla spalla e poi scese le scale, raggiungendo i suoi amici. Faye e Adrian la guardarono sospettosi.
«Che stavi facendo con Potter?»
«Chiacchierando?» replicò Victoria come se fosse qualcosa di ovvio.
«Hai sentito Faye? Stava solo “chiacchierando”» la scimmiottò Adrian. «Se Draco lo venisse a sapere, si butterebbe dalla Torre di Astronomia».
«Addirittura! Mio fratello non è così melodrammatico».
Faye bofonchiò una risata divertita mentre il suo ragazzo continuò: «Se scopre che parli con Potter, lo diventerà sicuramente e sai che scassamento di Pluffe?».
«Harry non è mai stato sgarbato nei miei confronti. Non comincerò ad esserlo io» affermò seriamente Victoria, rimanendo nella sua posizione. «A Draco sta antipatico Potter, e allora? Nemmeno a me sta simpatica Pansy eppure non gli vieto di parlarci o di esserle amico».
«Vic, la situazione è differente».
«Lo credi davvero, Adrian?»
«Stiamo parlando di futilità, ragazzi» s’intromise Faye, dando uno strattone ad Adrian. «Sarà meglio andare a cena, prima che i bulgari finiscano tutto. Vi siete resi conto di quanto mangiano?»
«In effetti mi è salita fame» l’assecondò Victoria.
«Ne riparleremo» disse Adrian accigliato.
La giovane Malfoy cedette loro il passo per entrare nella Sala Grande. Andarono a sedersi a tavola assieme agli amici di sempre e cominciarono la cena, senza che l’argomento “Harry Potter” saltasse fuori.
Quella sera, prima di cominciare il banchetto serale, il Preside presentò un nuovo membro dello staff scolastico. Tale Artemide Herter sarebbe stata d’aiuto a Madama Chips sia durante le prove del Torneo Tremaghi e sia nell’infermeria della scuola. Fortunatamente, Silente non si dilungò nel suo discorso di benvenuto. Per Lucian era durato anche fin troppo, aveva troppa fame.
«Che ore sono? Quando si mangia?» continuò a ripetere alle orecchie delle sue migliori amiche.
Faye e Victoria sedevano accanto a quel brontolone, a turno gli fecero cenno di starsene zitto.
«Quel vecchio bacucco non poteva sfamarci e poi presentare la nuova tizia?»
Victoria lo ignorò e puntò gli occhi sul nuovo acquisto di Hogwarts. Madame Artemide Herter era una donna anziana, dai capelli brizzolati, acconciati in una crocchia di trecce annodate morbidamente sulla nuca, che le dava un aspetto piuttosto signorile ed elegante. Non una ciocca di capelli si trovava fuori posto. Era l’immagine della perfezione.
Poche rughe solcavano il suo viso a forma di cuore e quegli occhi castani fissavano con fare vigile sugli allievi.
«Oh finalmente!» esclamò Lucian quando le numerose pietanze comparirono sul tavolo di Serpeverde.
Faye, accomodata alla sua sinistra, ridacchiò. 
«Cerca di non ingozzarti troppo o vedrai che bel mal di stomaco ti arriverà».
«Potresti essere tu il primo studente a farsi visitare da quella Madame Herter» aggiunse Victoria, seduta alla destra del ragazzo.
«Come siete simpatiche!»
«Comunque Faye ha ragione» intervenne Adrian Pucey, allungando una mano verso il vassoio stracolmo di crumble di mele. «Domani c’è il nostro allenamento agli Scacchi dei maghi, ricordi? Vedi di presentarti, perché se perdo a causa tua te la faccio pagare cara».
«Pucey, i tuoi metodi di convinzione sono sempre più efficaci» bofonchiò Theodore Nott.
Lucian alzò gli occhi al cielo, masticando le sue patate arrosto. Deglutì e, tenendo la forchetta dorata salda in una mano, disse: «Rilassati, Adrian. Ieri ti ho già spifferato delle mosse vincenti e vorrei ricordarti che ci siamo allenati per tre ore consecutive!»
«Da quando giochi a scacchi, Lucian?»
«Da piccolo ero un bambino molto solo» cominciò il ragazzo con fare melodrammatico e inclinò il capo verso Zabini, il quale gli schioccò un’occhiata dubbiosa «e la mia unica compagnia era il prozio Julius. Lui era un vero maestro degli Scacchi dei maghi e trascorrevamo i pomeriggi a giocare. Dopo un po’ c’ho preso la mano e sono riuscito anche a batterlo. Quella fu una vera soddisfazione!»
E ricordando quel momento sublime con un gran sorriso, inforchettò una grossa patata e se la cacciò in bocca.
«Sei disgustoso» storse il naso Draco.
«E non l’hai visto far uscire il frappé dal naso» aggiunse Victoria.
Quell’affermazione scatenò un grosso conato di vomito generale mentre Lucian se la rideva, mangiucchiando placidamente la patata arrostita. La cena continuò con una serie di aneddoti riguardanti le bizzarre avventure di Lucian con il cibo. Il gruppetto di Serpeverde tirò un sospiro di sollievo, non appena udirono che il banchetto fosse giunto al termine.
«Ricordate quella volta in cui mi è finita una bistecca sulla testa?»
«Ovvero quando da bambino hai usato la magia per rubarla ad un babbano?» gli fece presente Faye, conoscendo quella storia a memoria, quasi l’avesse vissuta lei.
«Rubare? Piano con le parole, amica» si difese il ragazzo seguendo la folla di Serpeverde, che stava scendendo verso i Sotterranei. «Avevo nove anni, ero ancora ingenuo e inconsapevole della mia magia. Ho desiderato che quella succulenta bistecca finisse tra le mie mani. L’ho desiderata così ardentemente che mi piombò sulla crapa».
Victoria scosse il capo, lanciandogli un’occhiata perplessa. «Mi domando ancora come tu abbia fatto a mangiarla».
«Con la bocca» replicò l’altro, marcandone l’ovvietà.
Improvvisamente la giovane Malfoy si fermò, piantando i piedi ben a terra.
«Dai!» esclamò Lucian, bloccandosi poco più avanti assieme a Faye. «Non dirmi che la mia battuta ti ha freddata?»
«Ma va, stupido» rispose lei, con la fronte aggrottata intenta a frugare nelle tasche della toga. «Credo di aver perso la mia fascetta. Sai quella che mi hai regalato al secondo anno?»
Alzò le maniche per mostrargli i polsi nudi.
«Credo mi sia scivolata dalla tasca. L’ho cacciata dentro alla rinfusa dopo che Draco ha smesso di giocarci» rifletté e cominciò a fare marcia indietro. «Voi andate pure in Sala Comune. Ci vediamo là».
Facendosi largo tra la folla di ragazzini, che spettegolavano o parlottavano delle lezioni dell’indomani mattina, Victoria ripercorse l’intero corridoio. Scese la scalinata principale per giungere di fronte alla Sala Grande ormai svuotata e quando fu pronta ad entrarci, una voce maschile la fermò.
«Sta andando da qualche parte, signorina?»
La studentessa s’immobilizzò sul posto. Albus Silente era comparso dal portone che conduceva al cortile, con indosso un lungo abito smeraldo. Il suo volto traspariva curiosità.
«Buonasera, signor Preside» lo salutò Victoria chinando leggermente il capo.
Era la prima volta che rivolgeva la parola a quell’uomo tanto odiato dalla sua famiglia. Solitamente lo vedeva ai banchetti e raramente in giro per i corridoi. Non c’era mai stata occasione di scambiare quattro chiacchiere e Victoria non ne soffrì.
Poco le importava di quel vecchio bacucco, se gli dimostrava gentilezza era solo perché doveva. Trovandoselo faccia a faccia, ricordò le parole poco cortesi che suo padre Lucius dedicò all’uomo alla fine del terzo anno. Il signor Malfoy lo incolpò del suo licenziamento come membro del Consiglio d’Amministrazione, senza contare di quando Draco venne ferito dall’Ippogrifo del Mezzo Gigante. Se le toccava essere onesta, nemmeno lei vedeva di buon occhio l’anziano Preside.
«Aveva intenzione di far una passeggiata?»
La voce di Silente suonò inaspettatamente gentile.
«Ho dato una rapida occhiata là fuori» continuò il mago, indicando il cortile con un cenno del capo «e alzando gli occhi mi sono accorto delle maestosità delle stelle che brillano questa notte. Se avesse bisogno di schiarirsi le idee, le consiglio di farsi una capatina in cortile. In fondo il coprifuoco è alle dieci, credo che abbia sufficiente tempo».
Il Preside le sorrideva in una maniera che Victoria non riusciva a concepire. Le parve gentile, quasi affettuoso, come se stesse parlando con una parente e non una comune studentessa. Un comportamento che spiazzò la Serpeverde, ma non servì a mutare la sua opinione sul conto di quel vecchio rimbambito.
«Ero venuta solo per…»
«Cercare questa?» l’anticipò Silente, aprendo la mano e mostrandole una fascetta.
Argentea e con lo stemma di Salazar Serpeverde ricamato accuratamente.
Era proprio la sua.
Il Preside gliela rese, senza togliersi quell’ambiguo sorriso dalle labbra sottili. Congiunse le mani, portandole in grembo e osservò la studentessa mentre infilava la fascetta al polso.
«L’ho trovata sull’uscio della Sala Grande. È molto deliziosa».
«Grazie» biascicò Victoria a fatica. «Ehm… credo che tornerò nel mio Dormitorio» e fece per andarsene in fretta.
«Buonanotte, signorina Malfoy».
La ragazza si fermò ai piedi della scalinata per voltarsi verso il Preside. Notò uno strano luccichio in quei suoi occhi azzurri, nascosti parzialmente dagli occhiali a mezzaluna. Victoria preferì salutarlo chinando leggermente il capo e poi si dileguò nel buio del corridoio.
Albus Silente rimase immobile nella sua posizione. Tentennò per qualche attimo, poi inclinò il capo verso la sua destra, udendo dei passi preannunciare l’arrivo di una persona.
«Credo di doverti delle scuse» sussurrò il Preside, voltandosi completamente verso il suo interlocutore. «La somiglianza di cui mi hai parlato è lieve, ma esiste. Potrebbe mutare oppure accentuarsi in futuro. In fondo è ancora una ragazzina».
«Come hai potuto non notarlo?»
Silente allargò le braccia, eppure un cipiglio severo comparve sul suo rugoso viso. «Non sono coinvolto quanto te. Forse in un’altra circostanza, in un faccia a faccia più esplicito, sarei riuscito a scovare quella somiglianza. D’altronde è trascorso molto tempo…» lasciò il discorso in sospeso per qualche minuto. «Non offenderti. È un bene se in questi pochi anni non ho fatto caso alla ragazza. Significa che nessuno può aver capito».
«E nessuno dovrà capire fino a quando non agirò!»
«Ti ho dato la mia parola e intendo rispettarla. A patto che tu faccia lo stesso».
«Lo farò».
«Si prospettano tempi duri» sospirò Silente, da tempo preoccupato per gli strani avvenimenti che si stavano verificando nel Mondo Magico.
L’evocazione del Marchio Nero alla Coppa del Mondo di Quidditch, la scomparsa di Bertha Jonkins e infine il nome di Harry che sbucò dal Calice di Fuoco. Parevano esser eventi scollegati fra essi, eppure Albus Silente cominciò a farsi numerose domande e tutti i suoi sospetti trovarono un solo colpevole.
«Se Tom dovesse tornare, dobbiamo tenerci pronti a proteggere il ragazzo».
«E riguardo lei?»
«Tienila d’occhio e riferiscimi ogni cosa. È importante capire quanta influenza ha ricevuto da Lucius Malfoy» continuò il vecchio Preside, lanciandole una lunga occhiata oltre gli occhiali a mezzaluna. «Se dovessimo scoprire che la sua lealtà non può essere condizionata… sì, mi duole dirtelo, ma è meglio che non ti fai illusioni. Conosciamo bene quella famiglia e dopotutto la mela non cade lontana dall’albero».
«E va bene, Albus» disse la misteriosa figura, schioccando la lingua sul palato. Incrociò le braccia al petto e tentò di mostrarsi sicura delle proprie sensazioni. «Ma se ci fosse anche solo una lieve speranza, sappi che farò qualunque cosa per riprendermela. I Malfoy non sono la sua vera famiglia!»
Il Preside rimase in un silenzio rispettoso.
«Comprendo le tue emozioni dirompenti, ma fa’ attenzione. La situazione è delicata, dovresti saperlo bene. Un solo errore ti può costare ogni cosa» fece riflettere Silente, facendo un passo avanti e abbassando il tono di voce. «Per avere successo, dovremmo pazientare e osservare il corso degli eventi. Come ho già detto, tempi duri sono alle nostre porte».



Mrs. Montgomery:
Le acque si stanno muovendo.
Avete conosciuto Allen, ragazzo di Victoria, dall'animo molto passionale. Vedrete come si evolverà il loro rapporto nel corso degli eventi e come influirà la presenza di Harry.
C'è una new entry, ovvero Madame Artemide Herter, che nei prossimi capitoli vedrete poco... ma dovrete tenerla d'occhio non appena comparirà sulla scena.  
E chi sarà la figura misteriosa che ha raggiunto Silente? 
Infine state attenti alla predizione della Cooman, potrebbe aver azzeccato molto più di quanto pensiate. State attenti ai prossimi capitoli ;)
Per ora è tutto. 
Ringrazio come sempre chi ha letto il capitolo, chi recensisce e coloro che hanno inserito la mia fanfiction nelle varie categorie.
Un grosso bacio a tutti!




 

 


 

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Capitolo 6
*** La Prima Prova ***




LP
Capitolo V

"La Prima Prova"



Quel martedì mattina, l’intera scuola era in fermento per la Prima Prova.
Lo svolgimento incuriosì parecchio Victoria, ma ciò che le fece più piacere fu l’annullamento delle lezioni del pomeriggio. Quella sì che fu una gran notizia!
Il programma prevedeva due ore di Erbologia e si annoiava sempre parecchio durante le spiegazioni della professoressa Sprite.
Visto il clima freddo, si vestì a dovere prima di raggiungere il parco scelto per ospitare la prova. Indossò un paio di stivali fino al ginocchio, pantaloni scuri, un maglione di lana azzurro, il basco che Blaise le portò dalla Francia e la sciarpa di Serpeverde per tenersi la gola protetta.
Mi manca appena di ammalarmi quando le vacanze di Natale sono alle porte!
Victoria si diresse alle tribune assieme ad Allen, Faye, Adrian e Lucian. Presero posto accanto a Draco e la solita combriccola; figurarsi se il giovane Malfoy non avrebbe tenuto vicino a sé un posto per la sorella.
«Pansy, perché hai quella scatola di fazzoletti bianchi?» domandò Faye, allungando il collo e gettando un’occhiata curiosa alla compagna di Casa.
«Per Potter, ovviamente. Oggi potrebbe essere l’ultimo giorno in cui lo vedremo vivo… si spera».
Sghignazzarono tutti e afferrarono un fazzoletto dal cestino. L’unica eccezione fu Victoria, che si limitò ad alzare gli occhi al cielo, prima di rivolgerli al campo dove i Campioni erano in procinto di affrontare la prova.
«Vicky» la chiamò Pansy con voce stridula «prendi un fazzoletto, forza!»
«Non ci penso proprio!»                      
Era stata piuttosto sgarbata, se ne accorse qualche attimo dopo. Le loro prese in giro demenziali la misero rapidamente di cattivo umore, ma non aveva tempo di replicare ogni commento sgradevole, voleva concentrarsi sulla prova. Sperava che Harry riuscisse a superarla senza farsi del male.
«È tutto apposto?» le domandò Allen, sfiorandole la spalla.
Victoria annuì tranquillamente, eppure la sua faccia parlava per lei. Draco, in special modo, lo notò subito. Sua sorella era come un libro aperto e cominciò ad essere sospettoso. L’avrebbe tenuta d’occhio.
La Prova cominciò con un breve discorso di Ludo Bagman. Gli spettatori divennero euforici, quando s’accorsero che i draghi erano l’elemento cardine della Prima Prova del Torneo. Uno per ciascun Campione, il cui compito era quello di arraffare un uovo d’oro. Naturalmente c’erano dei maghi appostati per intervenire in caso di pericolo mortale, eppure ciò non rassicurò Victoria che temette per la vita Harry. Dubitava potesse morire, ma rischiava di farsi più di un semplice graffio.
“Se fossi stata nei suoi panni, me la sarei già data a gambe!”
La giovane Malfoy seguì attentamente le prove di ciascun Campione, i suoi occhi non si scostarono mai dalla recinzione. Cedric si dimostrò parecchio furbo; trasformò una pietra in un cane per distrarre il drago, ma si bruciò poco prima di afferrare l’uovo.
Fleur ipnotizzò il drago, riuscendo quasi ad addormentarlo. Il problema fu quando, emettendo uno sbuffo, uscirono delle fiamme dal naso del suo Gallese Verde e la gonna della bella francesina prese fuoco. Fortunatamente conosceva un incantesimo per spegnerla in fretta.
Krum preferì accecare il drago, una tattica che funzionò egregiamente.
Victoria applaudì per i tre Campioni. Se l’erano cavata piuttosto bene e sperava che Harry non si facesse prendere dal panico alla vista dell’Ungaro Spinato.
Quando toccò a lui, la Serpeverde ebbe un tuffo al cuore. Lo vide uscire dal tendone pian pianino, sembrava intimorito dall’ambiente circostante. Pareva un cucciolo in una gabbia di animali feroci. Trovarsi mille occhi ad osservarlo non doveva essere il massimo.
«Accio Firebolt!» gridò Harry alzando la bacchetta verso l’alto.
In pochi attimi fu raggiunto dalla sua scopa, si mise a cavallo e cominciò a sfrecciare attorno al drago, stimolando l’entusiasmo degli spettatori.
Per tutta la durata della Prova, Victoria tenne gli occhi fissi su Harry. L’osservava volare a bordo della sua Firebolt come se fosse nato per farlo. E dire che più volte lo vide giocare a Quidditch, ma era come se solo in quel momento avesse realmente aperto gli occhi sulla sua innata abilità.
«È incredibile» mormorò con occhi sognanti.
Harry schivò l’Ungaro Spinato con facilità e lo distrasse spostandosi velocemente. Trovò la sua idea geniale. Si stava destreggiando più che bene!
Attorno a lei, la maggior parte dei Serpeverde incoraggiavano il drago a dargli fuoco o a buttarlo giù dalla scopa. Draco e Pansy furono gli incitatori per eccellenza. Non attendevano altro che vedere Potter fare la figura dell’idiota.
«L’ha ferito alla spalla!»
Victoria sobbalzò sul posto. Tirò un sospiro di sollievo, vedendo che non fu niente di grave. La ferita non impedì ad Harry di volare ancora più in alto per distrarre il drago.
Fu uno spettacolo da mozzare il fiato. Il pubblico andò completamente in delirio quando Harry scese in picchiata e riuscì ad impossessarsi dell’uovo d’oro.
«Ma guardate!» strillò Bagman. «Ma guardate un po'! Il nostro campione più giovane è stato il più veloce a prendere l'uovo! Bene, ciò abbasserà le quote sul signor Potter!»
Istintivamente Victoria si alzò in piedi e si unì ai fragorosi applausi, sotto gli occhi sbigottiti dei suoi amici.
«È impazzita? Qualcuno mi dica che le hanno fatto un Confundus bello potente!» esclamò Allen, voltandosi verso Draco e gli altri Serpeverde.
«Qualche Grifondoro ha preso il suo posto utilizzando la Polisucco non ci sono dubbi» constatò Theodore, massaggiandosi il mento e osservandola da capo a piedi. Sembrava davvero contenta di Potter, ciò avrebbe dato adito ad una grossa barzelletta.
Blaise corrugò la fronte, portando una mano alla fronte e scosse il capo allibito.
«Draco? Draco, a che stai pensando?» lo strattonò Pansy preoccupata per una sua reazione. «Draco?»
Il ragazzo non accennò a muoversi. Fissava la sorella con occhi sospettosi e incattiviti. Non riuscì a crederci: stava davvero facendo il tifo per Potter?
“Per caso le piace Potter?
Me la stanno facendo sotto al naso?”
La sua ipotesi avrebbe chiarito il comportamento strano di Victoria negli ultimi giorni.
Draco sperò vivamente di sbagliarsi e rifletté in fretta che qualsiasi cosa ci fosse stato dietro, sarebbe stato meglio nasconderlo al buon Lucius. Almeno per il momento.
«Pare proprio che Potter se la sia cavata egregiamente».
«Ora ti ci metti pure tu?» domandò Adrian, voltandosi verso la sua ragazza.
Faye lo ignorò e si sporse verso Victoria. «Ammetto che ha del fegato. E vola piuttosto bene».
«Vero? È davvero bravo!» rispose entusiasta la Malfoy, continuando ad applaudire. 
In realtà non furono le sole ad ammirare la bravura di Harry durante la Prima Prova. In molti fecero il tifo per lui, non solo i Grifondoro. Al giovane campione vennero assegnati dei voti considerevoli. Otto, nove, nove, dieci e… quattro: quest’ultimo apparteneva ad Igor Karkaroff. Figurarsi se avrebbe sganciato un voto alto, dandogli la possibilità di superare il suo pupillo.
«È al primo posto, alla pari con Krum! Incredibile!» esclamò Victoria stupefatta.
Se le toccava essere onesta, non credeva riuscisse ad arrivare a tale posizione. Fu felice del sorprendente esito.
«Per forza! Lo sanno tutti che è il cocco di Silente e pure Bagman stravede per la sua storia» mugugnò Draco, alzandosi scocciato per andar via. Lanciò un’occhiata di sdegno a Potter. La sua bravura nella prova lo avrebbe reso ancora più celebre e… amato. «Pansy, andiamocene! Qua è tutto così ridicolo!»
La ragazza lo seguì come un fedele cane seguiva il suo padrone. Un comportamento del genere fece scuotere il capo a Victoria: quello è ridicolo!
Scesero tutti in fretta dagli spalti, non vedendo l’ora di tornare al calduccio dentro al castello.
«Io vado a congratularmi con Potter» disse istintivamente Victoria.
Allen la prese per un braccio, facendola voltare. Era stupito. «Fai sul serio?»
«È uno dei Campioni della nostra scuola. Se non rivolgiamo a lui il nostro sostegno, a chi dovremmo rivolgerlo?»
«A Cedric, per esempio» arrivò Chambers, il solito impiccione «ma forse non sei così in buoni rapporti come con Potter, o mi sbaglio?»
Victoria si liberò dalla presa del suo ragazzo per mettersi di fronte al Corvonero. Le sue insinuazioni cominciavano a stancarla e non si sarebbe lasciata intimidire facilmente.
«Se devi dire qualcosa, sii più chiaro».
Era certa che Chambers non avrebbe mai aperto bocca sul duello per difendere Harry. Se lo avesse fatto, Allen sarebbe venuto a sapere che anche lui l’aveva attaccata e senza dubbio si sarebbe arrabbiato come una iena. Chambers era un po’ sbruffone, ma non stupido: era impossibile che si giocasse l’amicizia con Allen.
«Magari noi possiamo andare da Ced, no?» domandò il Corvonero girandosi verso l’amico. «Ad ognuno il suo campione preferito di Hogwarts».
«Ehm… va bene» rispose Allen un po’ confuso. Salutò velocemente Victoria e poi sparì tra la folla assieme a Chambers.
Ancora una volta, Victoria l’ebbe vinta.
«Noto una sottile antipatia tra voi due» esordì Adrian Pucey, tenendo per mano Faye. «È successo qualcosa che non sappiamo? Avete discusso?»
Victoria alzò le spalle, fingendo di non sapere nulla. «È solo un idiota».
«Una curiosità. Andrai davvero a fare le tue congratulazioni a Potter o ci stavi prendendo in giro?»
«Dal tono che siete soliti usare, pare che Harry sia un appestato da non poter toccare o addirittura a cui non si può rivolgere la parola per paura di un contagio» disse Victoria, lasciandosi scappare una risata di scherno. «Capisco se vi preoccupa la reazione di Draco, ma in fondo non è colpa mia se io gli sono stata simpatica subito e lui no».
In fondo diceva il vero.
Draco detestava Potter solamente perché anni prima rifiutò la sua amicizia e preferì scegliersi un Weasley come compagno di scorribande. Victoria ricordava ancora le lamentele del fratello minore ed il modo in cui il suo disprezzo aumentava mentre Harry acquisiva più fama. Per tale ragione, lei non badò mai ai commenti di Draco sul famoso Bambino Sopravvissuto.
«Se tuo fratello ti sentisse» scoppiò a ridere Faye, infilando le mani gelide nelle tasche del mantello
«Sto solo dicendo la verità. E se Draco avrà qualcosa da ridire su un mio possibile avvicinamento a Harry Potter, sarò lieta di informarlo di persona» affermò Victoria assumendo un tono altezzoso e duro, che certamente ereditò dai suoi genitori adottivi.
Adrian lanciò un’occhiata veloce a Lucian Bole, migliore amico della giovane Malfoy fin dal loro primo anno. Entrambi potevano vantarsi di conoscerla bene e, dallo sguardo che Victoria mostrava, compresero che nella sua testolina stavano volando parecchie idee. Idee che potevano cacciarla nei guai. Non le dissero nulla perché sarebbe stato uno spreco di fiato. Era fin troppo cocciuta e se l’avessero infastidita, sarebbe stata capace di tener loro il muso per un bel po’.
«Ci vediamo in Sala Comune» li salutò Victoria, prima di girare sui tacchi e dirigersi da Harry.
Gli amici rimasero ad osservarla in lontananza. Videro come venne accolta dal nemico giurato di Draco, come si sorridevano amichevolmente e soprattutto come Victoria lo guardava mentre gli porgeva le sue congratulazioni. Adrian, Faye e Lucian tirarono le loro conclusioni piuttosto in fretta: del resto la conoscevano.
«Scommettete che entro fine anno ci sarà una bella litigata tra i fratelli Malfoy?»
«Lo puoi ben giurare, Lucian».
«Bah… io non vi capisco» commentò Faye, facendo segno ai due di cominciare ad incamminarsi verso il castello. Soffrendo il freddo in maniera pazzesca, non vedeva l’ora di sedersi davanti al caminetto della loro Sala Comune.  «Capisco la rivalità tra noi Serpi e quegli stupidi Grifoni. Capisco l’antipatia tra Draco e Potter. Capisco anche la vostra di antipatia. Ma ognuno può farsi gli amici che vuole e se Victoria…»
«Faye, il problema nasce se quell’amico è un nemico della propria famiglia» asserì Adrian piuttosto serio.
«Nemico. Che esagerazione! Draco e Potter…»
«Non solo Draco, intende Adrian» sopraggiunse Lucian abbassando il tono di voce. «Tu hai idea di chi siano i Malfoy?»
«I genitori di Victoria».
«E poi?» la incitò Lucian.
«Ehm… una delle famiglie più ricche del Mondo Magico».
«E poi?»
«Una delle poche Purosangue rimaste?» Faye alzò lo sguardo su entrambi e capii che c’era ben altro sotto. «Ehi! Tirate fuori il rospo. Che altro c’è da sapere sui Malfoy?»
Adrian lanciò un’occhiata vacua all’amico. «Parli tu?»
Lucian annuì e continuando a camminare in direzione del castello, disse: «Tredici anni fa, quando Tu-Sai-Chi scomparve, molti dei suoi sostenitori furono imprigionati ad Azkaban e altri riuscirono a cavarsela, diciamo. Uno di questi fu il caro Lucius».
Faye aggrottò la fronte e si bloccò all’istante. «Che stai dicendo? Il signor…»
Adrian le mise un braccio attorno alle spalle e la incitò a continuare a camminare.
«Il signor Malfoy fu uno dei sostenitori più accaniti di Tu-Sai-Chi, però in qualche maniera è riuscito a scampare alla prigionia. Vi ricordate cos’è successo alla Coppa del Mondo di Quidditch, no?» fece presente Lucian e Adrian capì perfettamente dove volesse arrivare. «Io scommetto le mie chiappe che uno di quei simpatici Mangiamorte era il padre di Victoria e Draco».
«Dove vuoi arrivare?» lo interruppe Faye, lanciandogli uno sguardo torvo.
«Dubito che la figlia di un Mangiamorte possa essere amica del Bambino che è Sopravvissuto».
«Che c’entra? Anche Draco si era proposto di diventare il suo amichetto ed è andata come noi sappiamo bene. Che differenza fa se Victoria ci riuscisse?»
«Sei così dolcemente ingenua, mia cara Faye Sould» la derise Lucian, dandole un buffetto sulla guancia. «Draco voleva avvicinarsi a Potter per interesse, magari per passare qualche informazione al suo paparino. Noi tre conosciamo Vicky e lei non si avvicina mai alle persone per interesse».
«Be’ dipende» lo corresse la ragazza.
«Va bene, potrebbe farlo. Ma hai visto come si rivolge a Potter? Dubito sia per convenienza. La nostra amica non è così falsa».
«Lucian ha ragione. Victoria sa essere spietatamente vendicativa, su questo non c’è il minimo dubbio, ma… ma lei dona il cuore alle persone» disse Adrian con tono serio. «Ha varie qualità che hanno spinto il Cappello Parlante a smistarla in Serpeverde, eppure non è come suo fratello o suo padre. Se questa vicinanza a Potter dovesse prolungarsi in qualsiasi maniera, si comprometterà».
Faye non sembrava d’accordo. «Per me state esagerando».
«Vedrai tu stessa».
«Per me può essere amica di chi vuole, anche di Potter».
«Io sono d’accordo» disse Lucian mettendo le mani avanti. «Mi frega meno di zero con chi decide di frequentarsi. Potrebbe pure sposarsi quello Sfregiato. Quello che mi preoccupa sono le difficoltà che incontrerà e, se farà di testa sua, ne incontrerà. È mia amica e mi dispiacerebbe».
«Ma dai! Nel profondo hai anche tu un animo tenero?» lo canzonò Faye tirandogli una guancia e facendo sghignazzare Adrian.
«Non sono tenero» borbottò Lucian stringendosi nel mantello scuro. «Sono un amico fedele e onesto. Che voi ci crediate o no, mi dispiacerebbe vedere Victoria commettere dei passi falsi che sicuramente rimpiangerebbe».
«Credo che su questo siamo tutti d’accordo» disse Adrian.
«Io dico di non dirle niente. Forse l’affair con Potter è solo passeggera» ipotizzò Faye mostrandosi tranquilla sulla questione. «Non fasciamoci la testa prima di rompercela».
«Speriamo di non intervenire troppo tardi».
«Oh, Lucian! Sei sempre così pessimista!»
«È la vita… così amara» bofonchiò il Serpeverde prima di addentrarsi nel castello.
 
Quel pomeriggio e gran parte della serata, Victoria lo trascorse in compagnia di Harry e dei suoi amici, festeggiando l’andamento della Prima Prova. Inizialmente si sentì un pesce fuor d’acqua accerchiata da tutti quei Grifondoro, si abituò man mano e la considerazione di Harry fu di grande aiuto.
Il ragazzo fu felice di averla al suo fianco. Ormai non poteva più nascondere di trovarsi bene in sua compagnia e non intendeva dimenticarsi il suo sostegno durante un momento davvero difficile, dove mancò il suo migliore amico. Per fortuna chiarì con Ron e tornarono inseparabili sotto gli occhi lucidi di una commossa Hermione. Non erano solo un paio di amici, tutti e tre formavano una piccola famiglia e per Harry significavano tutto. Fu un momento bellissimo quando si ritrovarono.
«Ti sei divertita?»
«Non è stata una festicciola poi così male» rispose Victoria uscendo dalla Sala Comune dei Grifondoro. «A parte qualche occhiataccia da chi sapeva chi fossi, direi che mi sono trovata piuttosto bene. I fratelli del tuo amico sono uno spasso. Non ho mai riso fino alle lacrime!»
«Fred e George sanno come intrattenere gli ospiti» rise Harry, ripensando a quando fecero mangiare “sbadatamente” delle Crostatine Canarine al povero Neville, a cui spuntarono piume sull’intero corpo.
«Credo che la nottata sarà ancora lunga per te. I tuoi amici vorranno tenerti sveglio per continuare i festeggiamenti».
«Molto probabilmente. Ogni buon motivo è ottimo per far baldoria».
«Se fossi una Grifondoro sarei del loro stesso parere!» esclamò Victoria piuttosto entusiasta, superando la soglia del quadro della Signora Grassa. «Peccato che io debba tornare al mio Dormitorio, ma credo di non aver scelta. Se Piton scoprisse che ho trascorso la serata qui… be’ sarebbe un grosso problema!»
Più che altro se lo scoprisse Lucius.
«Immagino» disse Harry, passandosi una mano tra i capelli corvini. «Ehm… vuoi che ti riaccompagni nei Sotterranei?»
«Per caso vuoi rischiare la vita?» lo canzonò lei.
«Be’ ho appena affrontato un drago. Credo che riuscirei a cavarmela».
Victoria si divertiva quando Potter tirava fuori la sua ironia, mista ad una leggerissimo orgoglio.
«Ti ringrazio per questa proposta galante, ma sarà meglio che tu rimanga a festeggiare. Te lo sei guadagnato».
«Sarà per la prossima!»
«Indubbiamente».
Calò un imbarazzante silenzio tra i due. Harry abbassò lo sguardo sulle punte dei piedi e Victoria si guardò attorno, sorridendo tra sé e sé.
«Allora… buonanotte» ruppe lei il ghiaccio.
«Ehm… sì, buonanotte» rialzò lo sguardo il Grifondoro. Alle volte si sentiva timido in sua presenza.
Victoria fece un passo avanti e con slancio gli diede un bacio sulla guancia, facendolo diventar rosso come lo stendardo della sua Casa. La mano del ragazzo salì subito a sfiorare la zona calda del suo viso.
«Sai… potrei farti avere l’orario delle mie lezioni» disse la strega dondolando sui talloni. «Una certa Cho Chang è nella mia stessa classe e potresti casualmente incontrarla tra uno spostamento e l’altro per cambiare aula».
Il rossore di Harry si accentuò.
«C-che cosa?»
«Tranquillo, terrò l’acqua in bocca» lo rassicurò facendogli l’occhiolino. «Credo che potrei anche origliare qualche sua conversazione se il soggetto sei tu».
«I-io… no, be’…»
«Sarà il nostro segreto».
Harry si ritrovò ad annuire con la faccia da pesce lesso. Quando Victoria fece per andarsene gli scappò un “grazie” che lei accolse con un sorriso. Il giovane Potter tornò in Sala Comune pensando - in quel momento più che mai - che era proprio bello esser amico di Victoria Malfoy.
La Serpeverde s’accorse della sua cotta in qualche occasione. In realtà solo un cieco poteva non esserne a conoscenza. Quando Cho gli passava accanto, Harry cominciava a blaterare assurdità che non stavano né in cielo né in terra. Senza contare l’arrossimento e la salivazione azzerata.
A Victoria non stava granchè simpatica. Considerava Cho piuttosto insipida, ma forse Harry aveva scorso qualche qualità in più. Scrollò le spalle, pensando a cosa potesse trovare di bello nella Chang. Era piuttosto popolare ed anche un’abile giocatrice di Quidditch: questo bastava per attirare l’attenzione del famoso Harry Potter?
«Bah» commentò Victoria tra sé e sé. «Se piace a lui…»
Victoria percorse le vie dei sotterranei pensando alla faccia del suo nuovo amico, quando la morettina girava nei suoi dintorni. Fu impossibile trattenere un sorriso; trovava estremamente dolci i ragazzi che possedevano una cotta così evidente. E poi Harry era davvero impacciato.
Scese le scale della Sala Comune con parecchia spensieratezza, in fondo aveva trascorso una bella serata e per di più grazie a dei Grifondoro. Tutto ciò aveva dell’incredibile.
«Eccola qua!»
Il suono di quella voce le fece alzare lo sguardo. S’accorse solo in quel momento che un po’ di persone si erano riunite ad aspettarla. Blaise e Theodore erano seduti su uno dei divanetti di pelle scura, voltarono subito la testa nella sua direzione. Adrian, Faye, Pansy e Draco stavano comodi sul divanetto opposto e bastò loro guardare avanti per vederla arrivare. Allen era in piedi, a pochi metri di distanza. Nessuno di loro sembrava esser contento.
«È successo qualcosa?»
«Ci prendi in giro?» replicò il suo ragazzo accigliando la fronte. «Dove sei stata fino ad ora?»
Victoria rimase impassibile e schioccò un’occhiata a tutti, cercando di capire esattamente che stesse accadendo. Allen le schioccò le dita davanti al viso. Un gesto che le diede dannatamente fastidio.
«Rispondi alla domanda!»
«Innanzitutto abbassiamo i toni» disse lei mettendo una mano avanti. «Ho solamente fatto un giro in cortile. Un lungo giro all’aria aperta e direi che ho fatto bene, visto che qua l’aria è avvezza».
«Tu non sei andata in cortile» replicò secco Allen, mettendo le mani sui fianchi. «Tu eri nella Sala Comune dei Grifondoro a festeggiare Harry Potter!»
Victoria non battè ciglio e guardò solamente il viso del suo ragazzo. Evitò di buttare un occhio a suo fratello, tanto immaginava che fosse infastidito e sicuramente le avrebbe fatto un discorsetto in privato.
«Se sapevi dov’ero, perché me l’hai domandato? Una mossa poco intelligente per un Corvonero».
La naturalezza e la calma con cui gli rispose, fece bofonchiare una risata divertita a Theodore Nott. Era quel genere di risposta che causava divertimento o stupore, ed Allen era parecchio stupito.
«Smettila, Vicky! Non c’è proprio niente da ridere. Credo che tu debba un paio di spiegazioni a tutti noi».
«Davvero? Credevo di dover render conto solamente ai miei genitori. Per caso sono qui?»
Allen sbuffò col naso. Il tono arrogante della Serpeverde lo stava seccando parecchio.
«Forse dovreste parlarne voi due da soli» consigliò Faye.
«Io penso che bisogna rendere chiaro anche a noi la situazione con Potter» trillò Pansy, impegnata fino a quel momento di carezzare i biondi capelli di Draco. «Capisco che il corvetto qua presente sia il suo ragazzo, ma noi siamo i suoi amici e visto che la conosciamo da più tempo…»
«Giusto per essere chiari, tu non sei mia amica» saltò subito Victoria. Stava cominciando ad innervosirsi e quella presa di posizione lo fece ben capire. «E se mi conosceste così bene, avreste affrontato il discorso in maniera meno plateale. Non credo di dover dare alcuna spiegazione riguardo a niente!»
Adrian sussurrò qualcosa nell’orecchio di Faye che annuì seria. Blaise rimase in silenzio, spostava gli occhi piccoli e scuri da Victoria a Draco: l’amico sembrava un palo di ghiaccio, al contrario sua sorella era pronta ad esplodere. Fu Theodore a prendere la parola, alzandosi dal divano.
«Capisco che ti sembriamo il tribunale dell’Inquisizione e in effetti non è stata l’idea migliore accoglierti in questa maniera tanto rude» la prese molto alla larga per alleggerire la tensione «però cerca di comprendere anche tu. Un giorno sei una persona e il giorno dopo ti troviamo a fare comunella con Potter. Converrai anche tu che è parecchio strano, soprattutto perché non ci hai mai detto niente».
«Theo, si torna al discorso di prima. Io sono libera di avvicinarmi a chi voglio e non penso di meritare questo trattamento, dal momento che non ho fatto del male a nessuno».
«Fare l’amichetta del nemico di tuo fratello non è un bel comportamento» s’intromise Pansy.
«Se mio fratello è tanto seccato, può parlarmene di persona».
«Non parlare come se io non fossi qui» sibilò Draco con freddezza.
«Sapete una cosa? Me ne vado a letto!» sbottò Victoria esasperata, sorpassando Allen e dirigendosi verso il corridoio del dormitorio femminile.
«È da codardi andarsene!»
Victoria tornò indietro come una furia. Blaise e Theodore sbarrarono gli occhi pensando che avrebbe tirato un sonoro schiaffo ad Allen.
«Chiedi al tuo amico Chambers cosa significa essere codardi».
Il ragazzo aggrottò la fronte. «Che c’entra ora Chambers?»
«Io sapevo che doveva essere accaduto per forza qualcosa» borbottò Adrian.
«Sono più piccola di voi due, ma questo non mi rende più stupida» replicò Victoria a testa alta, guardandolo dritto in faccia. Era livida di rabbia. «Credi che non sappia che il tuo amichetto fa insinuazioni poco velate su di me? Se lo fa in mia presenza, figurarsi quando siete da soli».
La faccia di Allen gliene diede una conferma.
«Prima di tirare conclusioni affrettate, saresti dovuto venir da me a chiedere spiegazioni. Non mi pare di averti mai dato modo di dubitare della mia lealtà, ma se è così forse dovresti farti qualche domanda e potremmo anche interromperla qui».
Le placide parole di Victoria lo fecero tentennare qualche attimo. Quando Allen si rese conto del loro vero significato, sgranò gli occhi e le cinse saldamente le spalle con fare preoccupato.
«No… io… io non voglio che noi due… ero venuto qua a cercarti e poi mi hanno detto dov’eri e ho pensato male, però io non…»
«La gelosia ha un bel significato. Lo ha anche la mancanza di fiducia e questa patetica sceneggiata» rispose freddamente Victoria, assumendo molto il tratto dei Malfoy. Si scostò dal ragazzo in malo modo. «Ora fammi il piacere di tornare nella tua Sala Comune e stanotte rifletti bene sulle tue azioni. Sempre che tu ci riesca».
«Ora sei troppo dura con me».
«Io so solo che pensavo di andar a dormire spensierata e invece mi è salito il mal di testa» sbuffò annoiata.
Allen fece un passo indietro. Pareva un cane con la coda tra le gambe.
«M-mi… mi dispiace».
Victoria scosse il capo e, senza aggiungere nient’altro, se ne andò. Non le piacevano le discussioni, cercava di tenersene alla larga il più possibile perché le portavano solamente tanta negatività, senza contare che non era una che le mandava a dire. Difficilmente si tratteneva dal rispondere, specialmente alle provocazioni. Quando udì dei passi alle sue spalle, immaginò che Faye la stesse raggiungendo per parlare dell’accaduto. Era la sua migliore amica dal primo anno ed erano piuttosto unite: la sua opinione contava più di altre.
Quando si voltò vide che la figura appena avvicinata non apparteneva a Faye, bensì a suo fratello.
«Sono stanca di discutere».
«Dovresti darmi qualche spiegazione».
«Non possiamo parlarne domattina?»
«No» replicò secco.
Victoria sospirò pesantemente e gli fece cenno di seguirla. Lo portò alla fine del corridoio del dormitorio femminile, dove un divanetto stava appoggiato ad una grossa finestra. Lei si buttò e tendendogli la mano gli fece segno di sedersi accanto, ma Draco rimase nella sua posizione. Con le mani sui fianchi e lo sguardo accigliato era la fotocopia di Lucius Malfoy.
Quando si diceva: tale padre, tale figlio…
«Che stai combinando con Potter?»
«Combinando» ripetè lasciandosi sfuggire una risatina. Era inevitabile trovare un pizzico di divertimento. Tutti si stavano immaginando degli scenari assurdi, a suo parere. «Io non capisco perché ne siete tanto sconvolti. È così assurdo che mi trovi simpatica?»
«No. Assurdo è che tu trovi simpatico lui».
«Non per mettere il dito nella piaga, ma se Harry avesse accettato la tua amicizia, ti saresti reso conto che…» si bloccò improvvisamente.
Stava per dirgli che si sarebbe accorto delle qualità del famoso Bambino Sopravvissuto, se l’avesse conosciuto veramente, e sicuramente l’avrebbe ferito senza volerlo. Victoria possedeva un bel caratterino, e ne era ben conscia, ma si era sempre impegnata per non far alcun male al suo bisbetico fratello.
«Ho incontrato Harry per pura casualità» continuò Victoria con fare naturale «e sempre per caso le nostre strade si sono incrociate. Infatti… infatti il professor Rüf mi ha assegnato come sua tutor».
Per un attimo, Victoria credette che a suo fratello sarebbe venuta una sincope. Draco sgranò gli occhi e sbattè le palpebre un paio di volte, come se non avesse capito bene.
Sperò di non aver capito bene.
Fissando l’espressione seria della sorella, comprese che il messaggio gli era arrivato forte e chiaro.
«Sei la sua tutor?! E quando credevi di dirmelo?»
«Sinceramente speravo di tirarla tanto per le lunghe».
Draco serrò la bocca, incredulo dalla sfacciata risposta della sorella. Unì i palmi delle mani, le strinse portandosele verso la bocca. Era più che frastornato.
«Io non ti capisco proprio. Hai perso il lume della ragione. Dev’essere per forza così. La sua tutor…»
«È stata una scelta dell’insegnante».
«Non prendermi in giro. Potevi benissimo rifiutare».
«Ottengo dei crediti in più».
«Come se fosse strettamente necessario».
«Ho i G.U.F.O alla fine dell’anno!» tentò Victoria arrampicandosi malamente sugli specchi.
«Non crederai davvero di darmela a bere?!» replicò secco Draco, puntandole il dito contro. «Sei incapace di ingannarmi. Non ci riuscirai mai. Sei… sei troppo prevedibile per me».
La ragazza mantenne lo sguardo alto per qualche istante. Doveva uscire da quella situazione il più in fretta possibile, ma più scorreva il tempo e più si rendeva conto che era con le spalle al muro.
Le toccò arrendersi.
«Fargli da tutor mi ha permesso di stargli vicina. Nemmeno io mi aspettavo che potesse nascere un’amicizia, anzi a dire il vero non è ancora nata. Noi… io ed Harry… stiamo imparando a conoscerci senza alcun tipo di pregiudizio. È una bella cosa».
«Sì, vallo a dire a nostro padre».
«Non serve che lo sappia» e gli lanciò una lunga occhiata.
«Da me non uscirà nemmeno una parola. Vita tua, scelte tue. Mi auguro che non te ne pentirai».
«Parli come se dovessi frequentarlo per tutta la vita. Draco non è così» provò a rassicurarlo apparendo sincera. «La vita è così imprevedibile, forse tra qualche settimana neanche ci saluteremo più o forse… chissà!»
«Forse chissà che cosa?» ripetè Draco con occhi allarmati. «Spiegati bene, Victoria!»
Lei si chiuse nelle spalle. «Non saprei. Era tanto per dire».
Draco storse il naso e cominciò a camminare avanti e indietro. Si massaggiava il mento pensieroso e sua sorella gli lasciò il suo spazio. Intendeva farlo riflettere in santa pace. Victoria si limitò a guardarlo, tenendo le gambe unite e i gomiti sulle ginocchia. Non aveva idea di cosa gli stesse passando per la mente. Possedeva sempre la stessa indecifrabile espressione. Come ogni santa volta, toccò a lei rompere il ghiaccio.
«Temi che Potter rubi l’affetto di tua sorella?»
Lo disse scherzando, non lo pensava davvero, eppure quando vide Draco girarsi verso di lei, capì che poteva aver azzeccato il nocciolo della questione.
«Allora mi vuoi bene, eh?»
«Smettila di sogghignare. Non mi pare mai di avertelo mai tenuto nascosto» replicò seccato, fermandosi davanti a lei e guardandola dall’alto. «Tra tutte le persone che potevi farti amico, proprio Potter? Non hai un briciolo di rispetto per me?»
«Dai, Draco! Non fai sul serio, spero. Credi davvero che scaleresti dietro Potter nella mia lista degli affetti?» lo canzonò Victoria, carezzandogli una mano e guardandolo dritto negli occhi. «Sei mio fratello. Ho vissuto tutta la mia vita con te e continuerò a farlo, fino a quando non prenderemo strade diverse…»
«Che strade diverse?» borbottò.
«Be’ stiamo crescendo. Prima o poi incontreremo una persona, la classica persona giusta, e ci sposeremo».
«E quindi?»
«E quindi non potremmo vivere tutti al Maniero» ridacchiò Victoria.
Fu in quel momento che Draco le prese la mano e intrecciò le sue dita a quelle della sorella. «Il Maniero è grande. Potremmo starci tutti quanti… e comunque non ti sposerai senza il mio consenso. Non voglio ritrovarmi un cognato idiota come Allen. Ecco, lui non sposartelo. Fai la brava».
Victoria sorrise con gli occhi. «Non so se arriveremo a domani, figurati quando saremo maggiorenni!»
«Be’ comunque non te lo sposi e nemmeno Potter».
«Potter non è il mio genere di ragazzo».
Senza staccare la mano da quella di Victoria, Draco le sedette accanto. Non osava scostare lo sguardo dai vivaci occhi della sorella: riceveva molte risposte soltanto guardandoli.
«E che genere di ragazzo ti interessa?»
«Fammi pensare!» esclamò la strega, volgendo lo sguardo al soffitto.
La trovò una domanda complicata. Nei suoi quindici anni non aveva mai pensato seriamente al ragazzo ideale. Le piaceva ammirare i giocatori di Quidditch, soprattutto quelli belli come il sole, e anche a scuola ce ne erano un paio che la lasciavano poco indifferente. Arrivando al sodo, però, non seppe fornire una risposta esaustiva.
«La verità è che… non è ho la più pallida idea» e alzò le braccia.
Draco accennò ad un sorriso forzato e scosse il capo. «Sei impossibile!»
«E mi vuoi bene anche per questo».
«Anche?» inarcò un sopracciglio. «E per cos’altro? Sentiamo».
«Be’ naturalmente perché sono una strega talentuosa, carismatica, splendida e…» continuò con fare eccentrico, sbattendo le folte ciglia che non aveva.
«…e molto modesta» aggiunse Draco sul finale, soffocando una risata.
«Se la mia lista non ti soddisfa, dammi tu la risposta!»
«Nah, non ne ho voglia» mugugnò l’altro, spostandosi dall’altro lato del divano e poggiando un gomito sul bracciolo.
Victoria lo imitò prendendolo in giro. «Sei noioso. Vieni qua e fatti dare un bacino» e allungò le labbra continuando a scimmiottarlo.
Draco si alzò dal divano e mise le mani avanti, tentando di sfuggirle. «Smettila di fare la scema! Non ti avvicinare che ti denuncio!»
Girarono attorno, giocando come quando erano bambini. Non badarono al rumore che fecero balzando dal divano a terra in continuazione o soffocando malamente le loro risate. Victoria, in special modo, causò un rumore con il suo passo pesante.
«A chi mi denunci?»
«A nostro padre!»
«A nostro padre?» ripetè lei facendosi una grossa risata.
«Esattamente! Nostro padre lo verrà a sapere!»
«Oh che paura!» esclamò Victoria portandosi le mani al petto e fingendo di tremare.
Fece qualche passo adagio per avvicinarsi. Lo abbracciò in vita e lo guardò da giù pur stando in piedi. Era un tantino più bassa e questo causò non poca confusione agli sconosciuti, che durante le presentazioni la credevano la sorella minore.
«Sai cosa dice sempre nostra madre di noi? Dice che siamo come un pesce con l’acqua. Niente e nessuno può separarci, ci credi?»
Draco si mostrò dubbioso, ma fu solo per prendersi gioco di lei. Quando posò i suoi occhi su quelli di Victoria, annuì mostrandole un lieve sorriso. Le carezzò una guancia, sentì la sua pelle calda a contatto con quella fredda delle sue dita. Gli causò un fremito lungo la schiena.
«Siamo i Malfoy. Nessuno è in grado di ostacolarci» le disse con voce roca.
«No, proprio nessuno» affermò Victoria e poi abbassò il capo per posarlo sul petto del fratello.
In verità se Draco le avesse chiesto di allontanarsi da Potter, Victoria avrebbe accettato. Per carità Harry le stava simpatico e sicuramente intendeva continuare a tifare per lui durante quel Torneo, però non si era legata tanto da soffrirne la lontananza. Era ancora in tempo per tornare indietro e per Draco l’avrebbe fatto. Gli voleva talmente bene che era disposta a qualunque cosa per lui.
Il giovane Malfoy possedeva il potere di frenare una possibile amicizia tra Victoria e Harry Potter, eppure non fece nulla. Volle lasciarla libera, credendo che il tempo avrebbe lenito quella vicinanza. Draco non aveva idea che quella conoscenza nata per caso sarebbe stata determinante per il loro futuro.


Mrs. Montgomery:
Eccomi tornata!
Non so se la reazione di Draco è stata all'altezza delle vostre aspettative.
Io posso solo aprire una parentesi sul rapporto dei fratelli Malfoy: al momento sono molto legati, hanno questo rapporto viscerale, quasi morboso. Draco è legatissimo a Victoria perché hanno avuto la stessa infanzia e lei, pur avendo un'indole diversa e man mano lo vedrete sempre di più, ha messo il fratello adottivo su un piedistallo. Per questo vi dirò che i veri problemi non nasceranno adesso. La mia premura attuale è farvi conoscere e caratterizzare i nuovi personaggi, inserendo le "mie" vicende all'interno della trama originale. E a proposito della trama, io intendo seguire quella dei libri, capiterà infatti che troverete frasi di dialogo estrapolate dal testo e sarà mia premura trascriverle in corsivo, per una questione di correttezza.
Tempo al tempo che di sorprese ce ne saranno parecchie.
Al momento sto scrivendo i capitoli ambientati ne "il Principe Mezzosangue" e da qui a quel punto ne passerà di acqua sotto i ponti: per me è emozionante vedere il percorso e l'evoluzione di qualche personaggio.
Vi ringrazio per aver speso il vostro tempo leggendo que
sto capitolo, spero continuerete a seguire la storia :)
Grazie mille a chi recensisce e ha inserito "Legami Proibiti" nelle varie categorie!
Un bacione a tutti!



 

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Capitolo 7
*** La magia del Natale ***





LP
Capitolo VI

"La magia del Natale"



«Ora che tu ed Allen avete chiarito, sarà lui ad accompagnarti al Ballo del Ceppo?»
La voce sussurrante di Faye arrivò all’orecchio di Victoria, la quale finì di copiare l’ultimo appunto di Trasfigurazione scritto alla lavagna e poi dedicò tutta la sua attenzione alla sua migliore amica.
«Sì… non me l’ha chiesto direttamente. Diciamo che lo da per scontato».
«Be’ state insieme. È normale».
«Credo di sì» mormorò a bassa voce, per evitare che la McGranitt le sgridasse.
Faye attese che l’insegnante tornasse a scrivere sulla lavagna, per sporgersi verso l’amica.
«Non mi sembri convinta, o sbaglio?»
«Quando mai ti sbagli, amica mia?» e sospirò.
Il suono della campanella fu un sollievo per gran parte degli studenti del quinto anno che si erano sorbiti ben due ore di Trasfigurazione. Avendo i G.U.F.O. a fine anno, la McGranitt fu una di quelle professoresse a metterli più sotto torchio.
Era una sua premura averli ben preparati e non si stancava mai di metterli in guardia.
«Studiate il capitolo spiegato oggi ed esercitatevi, altrimenti vi troverete impreparati…»
«… ai G.U.F.O. Vi ricordo che mancano pochi mesi agli esami» mimò Faye con le labbra, conoscendo quella tiritera a memoria.
Una volta congedati dall’insegnante. Ogni studente prese i propri libri ed uscì dalla classe, riprendendo a respirare a pieni polmoni. Quel giorno furono davvero stravolti. Durante la parte teorica, a Victoria s’incrociarono continuamente gli occhi mentre tentava di seguire il testo sul libro.
Inserire Trasfigurazione nelle ultime due ore del pomeriggio non era stata una vera genialità!
«Quindi che succede con Allen?» riprese il discorso Faye una volta immerse nel corridoio.
«Niente di ché» alzò le spalle Victoria con poco entusiasmo.
«Credevo aveste chiarito. Ha persino obbligato Chambers a chiederti scusa».
«Lo so. Il fatto è che sta cominciando ad essere un po’ pesante» spiegò Victoria, guardandosi attorno certa di non beccarlo sulla sua strada. «Quando passeggiamo per la scuola e incrociamo Harry, comincia a stritolarmi la mano e guai se mi metto a chiacchiere. A malapena me lo fa salutare. Lo riempie sempre di occhiatacce».
«Questo perché è geloso. È una cosa buona».
«Non ho dubbi che ci tenga a me, però… non so… conoscendolo meglio sto capendo che non siamo perfetti per stare insieme. È affettuoso, per carità, forse troppo…» si morse il labbro inferiore e si strinse i libri al petto. «Sembrerò antipatica, ma credo di dover dar ragione a mio fratello su di lui».
«Penso che Draco criticherebbe ogni tuo pretendente solo per fare il dispettoso. Ciò non toglie che se non ti trovi più bene con Allen… be’ sai che devi fare».
Da qualche settimana, Victoria non provava lo stesso entusiasmo nel vedere Allen e - le pareva brutto da ammettere - ma preferiva stare in compagnia dei suoi amici piuttosto che con lui. La ragazza si annoiava in continuazione. Parlavano poco, quasi niente, per lo più trascorrevano il tempo a baciarsi.
Cominciò a farsi domande sul suo disagio.
Era certa di volergli bene.
Forse era un po’ stremata dallo studio e da altri pensieri.
In effetti nella sua mente svolazzavano una miriade di riflessioni legate alla scuola, alla sua famiglia, ai suoi amici, a suo fratello, al Torneo e pure su Harry. Spendeva un pensiero al giorno persino sui capelli unticci del professor Piton, ma nessuno su Allen.
Victoria scosse il capo e lanciò una lunga occhiata a Faye. «Voglio aspettare ancora un po’. Forse è solo un periodo un po’ turbolento per via delle verifiche e interrogazioni che abbiamo. Praticamente siamo piene fino a Natale!» e sbuffò sonoramente.
«Questo è vero!» sbottò Faye, maledicendo nella mente tutti gli insegnanti che fissarono le interrogazioni all’ultimo momento. «Credevo di esser libera per l’ultima settimana. Mi ero persino portata avanti con le materie più faticose… stronzi!»
«Non potevano annullarli in vista del Torneo?»
«Annullare i G.U.F.O.
«Potevano anche farci passare tutti con il minimo. Non sarebbe stato un problema!» esclamò Victoria con ovvietà.
«Quanto ti do ragione. Che maledetti!»
«Credo che stasera finirò il compito di Divinazione così domani potrò concentrarmi unicamente su Incantesimi».
«Io ho l’acqua alla gola, invece» mugugnò Faye facendo un calcolo mentale delle pagine che le mancavano da studiare e non erano poche. «Mi ero organizzata così bene! Pozioni sono apposto. Storia della Magia mi dai una mano tu. Mercoledì scorso ho scritto due rotoli di pergamena per Moody. Doveva mancarmi solamente Incantesimi e invece oggi, a gran sorpresa, mi sono trovata Divinazione, Trasfigurazione ed Erbologia
«Non avevi terminato ieri Erbologia?»
«No, perché mi sono resa conto di aver studiato la pagina sbagliata».
Victoria scosse il capo, bofonchiando una risata divertita. Le battè una mano sulla spalla e decisero di attraversare il cortile per tagliare un po’ di strada. Fu a metà percorso che s’imbatterono in due Grifondoro piuttosto pensierosi. Uno aveva i capelli rossi stranamente tenuti in ordine mentre l’altro aveva tutto l’aspetto di un Campione.
«Ehi, ragazzi! Come va?»
Victoria li salutò vivacemente mentre Faye si limitò ad un gesto timido della mano.
«Sai già con chi andare al Ballo, vero? Be’ noi no!» borbottò scontrosamente Ron Weasley.
«Come no? Credevo che le ragazze facessero la fila per il nostro Campione» e lanciò un sorriso malizioso ad Harry, che era di tutt’altro umore. «Dico sul serio. Pensa che mi sono accorta della tua presenza dai gridolini d’eccitamento di quel gruppo di ragazzine laggiù. Sei in voga, mio caro».
«Ha ragione» aggiunse Faye, che mai prima d’allora gli rivolse parola. «Ho sentito dire che Gorby Shader ti ha chiesto di andare al Ballo e hai rifiutato».
Ron lanciò un’occhiata interrogativa all’amico, il quale rispose subito: «Quella è alta trenta centimetri più di me. È del vostro anno, vero?» domandò rivolgendosi alle studentesse di Serpeverde.
Annuirono entrambe.
«Gorby non è una brutta ragazza. Potevi accettare» aggiunse la bionda dalla chioma leonina.
«È quello che gli ho detto anche io!» s’intromise Ron. Guardandola da vicino, trovò molto carina Faye, ma non l’avrebbe mai ammesso perché via della sua Casa d’appartenenza.
«Ragazzi non fate i pettegoli. Magari Harry sta aspettando la ragazza giusta» affermò Victoria, sorridendo sorniona. Conosceva perfettamente la dama che il suo amico bramava di avere al proprio fianco.
Harry arrossì leggermente e strinse la spallina del suo zaino. «Ha ragione e poi pensate a che figura avrei fatto ballando con Gorby!»
Ron si tenne la pancia dal ridere. Si era appena immaginato la scena. «Saresti sembrato un nano da giardino!»
«Molto gentile, davvero».
Victoria si mise al fianco di Harry e gli circondò le spalle con un braccio. «Scommetto che porterà una ragazza davvero carina! Ho saputo che aprirai le danze, sei emozionato?»
«Agitato, a dire il vero».
«Sicuramente il primo ballo sarà un Valzer. Non è difficile».
«Dici così perchè avrai preso lezioni di ballo da quando avevi dieci anni» la stuzzicò Ron con fare un po’ burbero.
«In realtà da quando ne avevo otto» lo corresse con un sorriso cordiale. «Harry, se ti servisse qualche lezioncina, sarei fiera di aiutarti. Tra un ripasso di Storia e l’altro, mi potrei inventare qualcosa per migliorarti anche in questo campo».
«Lo terrò a mente».
«Bravo!» esclamò Victoria, battendogli una mano sulla spalla e poi tornò ad affiancare Faye.
«Quindi voi rimanete per Natale…» indugiò Harry, preferendo cambiare argomento.
«E con voi, intende chiederti se tuo fratello ci farà il piacere di levarsi dai piedi almeno per le vacanze?» fu più diretto Ron, scatenando l’ilarità delle ragazze.
Harry lanciò un’occhiataccia all’amico per via del suo poco tatto e il rosso non potè che alzare le spalle.
«Mi spiace deludervi, ragazzi. Entrambi i fratelli Malfoy si fermeranno apposta per il Ballo» disse Victoria con enfasi, come se fosse l’annuncio di una buona nuova. «Non siate tristi. Sbaglio o Draco ha calato le battute riguardo al Torneo?»
«Si sta limitando» confermò Harry, sperando che fosse stata lei a metterci una buona parola.
«Visto che siete in buoni rapporti» Ron si mise in mezzo «non hai qualche amica carina da presentarci, magari non Serpeverde…»
«Ron!» lo riprese Harry.
«Che ho detto ora?» replicò l’altro ingenuamente.
Faye lanciò un’occhiata divertita a Victoria che annuì, mostrandosi d’accordo col suo pensiero. Erano talmente unite che bastava uno sguardo per capirsi al volo.
«Mi spiace deluderti di nuovo, Weasley, ma tutte le mie conoscenze femminili hanno già trovato un partner» rispose la giovane Malfoy, passandosi una mano tra i capelli marroni e oscillando sui talloni. Possedeva un animo talmente vivace da non star ferma nemmeno quando parlava. «Posso assicurarti che non tutte le Serpeverde sono antipatiche e vanitose. Quindi drizzerò le orecchie per voi».
Ron era sul punto di dir qualcosa ed Harry, temendo che stesse per fare l’ennesima gaffe, gli tirò una gomitata nello stomaco.
«Ahia!»
«Grazie, Vic. Quindi se senti qualcosa… faccelo sapere» e le lanciò una lunga occhiata. Ovviamente lui si riferiva ad una certa Corvonero dai tratti orientali.
Victoria afferrò immediatamente il concetto e gli fece l’occhiolino.
«Conta pure su di me».
Si salutarono e ognuno andò per la propria strada.
Il Ballo del Ceppo era un’altra occasione per fraternizzare con le scuole straniere. Più di uno studente non vedeva l’ora di approcciarsi alle splendide allieve di Madame Maxime e molte studentesse non vedevano l’ora di esser invitate dai superbi bulgari. C’era anche chi mirava ad invitare una dama della propria scuola, magari una per cui aveva una cotta.
Quest’ultimo caso fu molto popolare fra gli studenti di Serpeverde.
Quel pomeriggio, la Sala Comune del nobile Salazar pullulava di allievi impegnati in varie discussioni riguardo il Ballo: con chi andarci, che cosa indossare o come fare ad invitare una ragazza. C’era chi non si pose alcun problema per via di una grossa autostima.
«Stamattina mi è arrivato il pacco da mia madre» esordì Blaise, muovendo la sua pedina. «Le avevo detto che oltre al mio abito, doveva infilare qualche fiocco per voi due. Tranquilli, non è nulla di stravagante».
«Sei un amico» bofonchiò Theodore, cercando di non deconcentrarsi. Voleva assolutamente vincere quella partita a scacchi. «Cerca di tener il tuo nuovo completo lontano da Tiger e Goyle o te lo ritroverai nuovamente infangato».
«Il mio fiocco è del colore che ti avevo chiesto?» s’intromise Draco, voltando una pagina dal suo libro di pozioni.
«Naturalmente».
«Perfetto».
«Ti accompagna Pansy?»
«Oh sì! Dovevi esserci quando glielo ha domandato» sghignazzò Theodore senza staccare gli occhi dalla scacchiera. «Si è immobilizzata, pareva che l’avessero pietrificata. Poi ha cominciato ad annuire convulsamente e non appena abbiamo svoltato l’angolo si è messa ad urlare assieme alle altre sue amichette! Sono grato di esser stato lontano o potevo dire addio al mio udito».
«Tu, invece, con chi ci vai Blaise?» domandò Draco atono.
«Stamattina ho invitato Daphne. Ha avuto una reazione decisamente più contenuta».
«La Greengrass è sempre stata un esempio di fredda educazione. Figurarsi se si sarebbe scomposta».
«Già! Sei sicuro di non andare al Ballo con un pezzo di ghiaccio?» lo prese in giro Theodore.
Blaise alzò gli occhi e lo fissò accigliato per mezzo minuto. «Taci, Nott!»
Draco chiuse il suo libro e lo appoggiò sul tavolo. Ormai capì che era impossibile trovare la concentrazione per studiare. Si alzò dalla poltrona e andò a sedersi sui divanetti, accanto a Blaise.
«Invece di burlarti di noi, perché non ci dici con chi vai tu al Ballo? O forse pensi di fare il fesso e andarci da solo?»
Theodore sorrise furbamente e con una mossa rapida fece scaccomatto a Zabini, il quale imprecò volgarmente. Nott sospirò soddisfatto e con gesti lenti si mise comodo. Incrociò le braccia dietro al capo e allungò le gambe sul tavolino che divideva i due divanetti.
«Amici miei, io mi sono portato avanti da un bel pezzo!»
«Quindi a chi l’hai chiesto?» domandò Blaise a denti stretti. Gli bruciava la sconfitta.
«A Tracey Davis. Credo proprio mi attenda una serata meravigliosa!»
Facile capire il motivo di tale contentezza.
«Finalmente hai deciso di provarci come si deve?»
«Esattamente, mio caro Malfoy! Ho già programmato tutto. L’aspetterò qui, le porgerò il braccio e galantemente la condurrò nella Sala Grande, dove sfileremo in tutta la nostra bellezza di fronte al mondo intero» concluse guardando sognante il soffitto e immaginandosi la scena con tanto di bacio allo scoccare della mezzanotte.
Fra i tre era certamente il più romantico. Aveva una cotta per Tracey dal secondo anno e non riuscì mai a prendere coraggio per dichiararsi. Theodore Nott possedeva una buona arguzia e dei modi tranquilli. Nulla a che vedere con l’arroganza di Malfoy o l’altezzosità di Blaise. Non che fosse uno stinco di santo, Nott sapeva ben il fatto suo, però era alquanto timido in fatto di ragazze. Quando annunciarono il Ballo del Ceppo scoppiò di gioia; lo trovò un pretesto ideale per avvicinarsi a Tracey. 
«Tu pensi di concludere qualcosa con Daphne?» chiese Draco, volgendo la sua attenzione a Blaise.
«Mah… chi può dirlo» rispose l’altro annoiato. «Diciamo che se capiterà l’occasione, non mi tirerò di certo indietro. Tu sicuramente avrai campo libero con Pansy».
Malfoy non disse nulla, mostrò un ghigno malevolo.
In fondo sapeva che la Parkinson stava ai suoi piedi e da lei poteva ottenere tutto ciò che voleva. Una conquista facile e non era la sola. Un po’ di ragazze, anche di altre Case avrebbero fatto carte false per lui. Questo appagò ancora di più Pansy quando la invitò. Credeva che Draco la preferisse alle altre e in un certo senso era così, sebbene non c’era una vera ragazza che gli interessasse. Nessuna tra quelle che conosceva lo entusiasmava o lo faceva apparire un pesce lesso come Theodore con Tracey. Persino Zabini aveva un reale interesse per Daphne. Lo avrebbe negato fino alla morte, ma Draco vantava di conoscerlo bene e notò le occhiatine che lanciava alla compagna di Casa durante le lezioni. In quell’ultimo periodo specialmente, Blaise non toglieva gli occhi di dosso alla bella Greengrass.
In quel momento arrivarono Victoria e Lucian, che scesero la scalinata ridacchiando.
«Smettila, scemo!»
«Dico sul serio. Un leggero raffreddore e sarai libera!»
«Sciocchezze, non lo conosci!»
Blaise si voltò e li seguì con lo sguardo fino a quando non si accomodarono anche loro sui divanetti in pelle.
«Di che state parlando?»
Victoria e Lucian si scambiarono un’occhiata divertita.
«Oh, niente di importante» rispose lui. «E voi?»
«Parlavamo del Ballo» rispose il moretto.
«Ho sentito dire che Silente ha ingaggiato le Sorelle Stravagarie. Amo da morire i balli lenti, ma un po’ di musica sfrenata è proprio quel che ci vuole per svecchiare questa scuola!» esclamò Victoria entusiasta. Evitò palesemente lo sguardo di Lucian altrimenti sarebbe scoppiata nuovamente a ridere. Sicuramente ne stavano per combinare una delle loro. 
«Bole, con chi vai al Ballo?» domandò Draco.
«Ho invitato una di Corvonero, amica della Chang» rispose Lucian con il suo classico fare da tenebroso. «Volevo invitare lei in realtà, ma la signorina Malfoy me l’ha severamente vietato».
Gli occhi furono tutti su Victoria.
«E perché gliel’hai vietato?» chiese curiosamente Blaise non nascondendo un sorrisetto.
Lei prese il viso di Lucian tra le mani per mostrarlo agli altri. «Vedete quant’è bellino il nostro amico? Quell’ameba della Chang non se lo merita!» e lasciò la presa sulle guance del coetaneo.
«Non è che la Chang ti sta semplicemente antipatica?» ipotizzò Draco, inarcando entrambe le sopracciglia.
«Ce l’ho in classe da cinque anni e la trovo un po’ insipida, ma non antipatica. Tranne quando ci batte a Quidditch. Lì ha tutto il mio odio» affermò beccandosi l’approvazione di tutti i ragazzi seduti lì attorno. «Voi siete apposto in quanto a partner?»
Annuirono tutti. Victoria si voltò verso Theodore, il quale non salutò neanche, aveva il capo ancora rivolto verso il soffitto. Sembrava vagare in un mondo tutto suo. La strega gli sventolò una mano davanti e non fece una piega.
«Ma sta bene?»
«È l’amour!» esclamò Blaise, scuotendo il capo divertito.
«Oh, è adorabile» lo osservò Victoria e poi si voltò nuovamente verso di loro. «E chi sarebbe la fortunata?»
«La Davis» rispose Draco.
La ragazza fece mente locale e capendo di chi si trattasse parve compiaciuta.
«Tu sarai accompagnata dallo stoccafisso?»
«Mi tocca».
Blaise corrugò la fronte e accavallò le gambe, assumendo una posizione elegante e fiera. «Che entusiasmo! Frenati un po’ o ci contagerai tutti quanti».
Ridacchiarono tutti… tranne Draco. Il bel biondino era fisso sulla sorella e notò che quando toccarono il tasto del “fidanzatino” spense quella sua caratteristica vivacità.
«Avete litigato?» cominciò ad indagare.
Victoria scosse il capo tranquillamente.
«Quindi? Che cosa c’è che non va?»
«Sono un po’ stressata per lo studio, tutto qui» e alzò le spalle, ma a suo fratello non la diede a bere. In realtà non riuscì a darla a bere a nessuno dei presenti. La sua faccia parlava per lei, come sempre.
All’improvviso Theodore parve svegliarsi dal suo mondo delle meraviglie. Quasi sobbalzò quando vide Victoria e Lucian seduti accanto a lui. Sbattè le palpebre un paio di volte.
«Tranquillo, siamo veri» disse il giovane Bole.
«Mi fa piacere» rispose Nott, stirandosi la camicia con le mani e lanciando occhiate a tutti. Pareva un po’ confuso.
«Ci pensate che manca una settimana a Natale?» esordì Victoria trattenendo a stento l’entusiasmo. «Ora che ci faccio caso è il primo anno che lo trascorro qua a scuola».
«Davvero?»
La ragazza si voltò verso Theodore e annuì. «Li ricordo tutti. Il primo anno tornai a casa. Il secondo pure. Il terzo è stato quando Draco decise di rimanere qua a scuola e io andai a sciare con Faye. Il quarto è stato l’anno scorso e siamo andati alla festa di Efesta Rosier, ti ricordi?»
Draco annuì, sogghignando. «Come posso scordarmelo? Eri caduta nella fontana di cioccolato».
«Per fortuna nessuno mi vide» commentò ricordando ancora l’imbarazzo.
«Io sì» replicò il biondo.
«E i vostri genitori cosa dissero?» domandò curioso Theodore, conoscendo bene la rigidità dei coniugi Malfoy.
«Da bravo fratello, ho studiato un escamotage per non farle passare dei guai» si vantò Draco, gonfiandosi il petto d’orgoglio. «Mi devi ancora quel favore, carina» le lanciò una lunga occhiata.
Victoria scoppiò fragorosamente a ridere. «E sottolineiamo pure che bravo fratello sei!»
«Ovviamente» e le fece l’occhiolino.
Da bravo fratello tirò fuori altri aneddoti fortunatamente meno imbarazzanti. Rimasero a parlare fino a tarda sera, a momenti si addormentarono lì. Accadeva spesso ed era uno dei momenti che Victoria preferiva. Le chiacchierate con gli amici, nella Sala Comune, davanti al fuoco caldo, superavano di gran lunga qualsiasi festa mondana organizzata dalla sua famiglia o dalle altre poche Purosangue rimaste.
Nonostante fosse cresciuta nell’agiatezza - ed i Malfoy erano davvero ricchi - lei bramava la semplicità e i piccoli momenti davvero felici. Usava l’apparenza quando le faceva comodo, ma ciò non significava che la soddisfacesse pienamente. Per Victoria, vivere d’apparenza era un’infausta condanna. E lei lo sapeva bene. Conosceva molte streghe o maghi che vivevano unicamente per apparire migliori agli occhi degli altri. Erano persone che spendevano denaro per oggetti che non erano di loro gusto e lo scopo era di impressionare qualcuno o magari ottenere un favore da esso. Talvolta era la tecnica che utilizzava suo padre Lucius. Victoria vide anche Narcissa mostrarsi cortese e svenevole con chi poco le aggradava per favorire il marito. Erano mezzi per continuare a far brillare la nobile casata dei Malfoy. In questo Victoria non ci vedeva niente di male, sebbene preferisse conoscere la sostanza di una persona piuttosto che fermarsi all’apparenza.
La mattina di Natale, Victoria si ritrovò al settimo cielo. Era il primo che trascorreva ad Hogwarts e non credeva minimamente che si sarebbe ritrovata una montagna di regali nella Sala Comune.
Quell’anno la maggior parte degli studenti rimasero apposta per partecipare al Ballo del Ceppo e quindi ogni dormitorio era colmo di pacchetti regalo. Ci si poteva navigare dentro!
Victoria si comportò come se fosse a casa. Rimase in pigiama, che per lei si trattava di una corta camicia da notte blu con i ricami d’argento, il tutto ben nascosto da vestaglia d’argento. Non intendeva mostrare le sue grazie proprio a nessuno!
«Hai intenzione di andar in giro tutto il giorno vestita in quella maniera?» le domandò Faye, che al contrario si era messa addosso un maglione di lana e un paio di pantaloni pesanti.
«Rimarrò così fino a quando non avrò scartato tutti i miei regali» disse lei, seduta a terra, con le gambe incrociate, intenta a contare i suoi pacchetti. «Non senti anche tu la magia del Natale?»
La sua amica si portò la mano alla fronte e scosse il capo.
«Che dici, Malfoy? Lo spirito natalizio si è impossessato di tua sorella?»
Era la voce scherzosa di Blaise. Si era svegliato di buonumore ed era una vera fortuna, quando aveva la luna storta era un continuo di risposte taglienti e battute sprezzanti. Praticamente si trasformava in Draco Malfoy.
Faye si sedette sul divano e Victoria alzò il capo osservando l’arrivo dei tre Serpeverde. Era radiosa per via del suo giorno preferito dell’anno, nemmeno al suo compleanno si mostrava così felice.
«Avete già scartato i vostri?»
«Ci siamo appena svegliati» ridacchiò Theodore, passandosi una mano tra i capelli castani e sbadigliando. «Fossimo tutti come te, avremmo la Sala Comune piena di carte regalo».
«Mi auguro che il mio sia di tuo gradimento. Ho chiesto consiglio a tuo fratello e sono lieto che la mia idea non era tanto distante da ciò che mi ha proposto» sopraggiunse Blaise con i suoi soliti modi eleganti.
«Be’ Draco si è reso utile anche per i vostri regali» gli sorrise Victoria.
«Io non sono utile. Io sono indispensabile» si pavoneggiò Malfoy, mettendosi in mostra nel piccolo salotto. «Ora vado a far colazione. Sorella, il mio regalo te lo do dopo».
Lei annuì tranquillamente e li salutò con un gesto della mano. Victoria rimase in Sala Comune per tutta la mattinata, non andò via nemmeno per mangiar qualcosa, anche perché era certa che sua madre le mandò una confezione dei suoi biscotti preferiti.
Era troppo presa dall’aprire i suoi regali e a goderseli.
Prima di iniziare l’anno scolastico a tutti gli studenti venne fatta menzione di portarsi un abito elegante, ma i signori Malfoy insistettero per farglielo ricevere sotto le festività natalizie. I suoi genitori le fecero confezionare l’abito per il Ballo del Ceppo e le bastò lanciare una fugace occhiata, notare i piccoli dettagli, per comprendere che doveva esser costato più di qualche galeone.
Faye le regalò un ciondolo d’argento formato dalle loro iniziali intrecciate. Il regalo di Lucian fu una giacca nera, lunga fino alla vita, dal colletto impellicciato. E Theodore ipotizzò che sarebbe impazzita per un libro di storia antico, ed ebbe pienamente ragione.
Solamente un regalo non aveva mittente. Fu piuttosto strano, soprattutto perché erano un paio di orecchini dall’aspetto antico e prezioso. Victoria alzò le spalle, immaginando fosse da parte dei suoi genitori assieme all’abito per il Ballo.
Una volta finito di scartare i regali, la strega li afferrò tutti fra le braccia e li portò in camera sua, sistemandoli a dovere. Essendo da sola, si fermò qualche istante ad osservare l’abito per il Ballo e ne ammirò ogni strato. Non vedeva l’ora di indossarlo, era certa che avrebbe fatto proprio una bella figura.
Godendosi il silenzio del suo dormitorio, prese carta e piuma per scrivere ai suoi genitori. Spese qualche riga per ricambiare gli auguri di Natale, mentre impegnò metà lettera per ringraziarli dell’abito. Era grata a Lucius e Narcissa per quel regalo e per tutto quello che fecero negli anni scorsi. Si erano presi cura di lei, non facendole mancare nulla e trattandola alla pari di Draco. Se non fosse stato per loro, chissà quale sarebbe stata la sua fine. Alle volte si poneva quel quesito e con rapidità cercava di toglierselo dalla testa. Le salivano solo cattivi pensieri.
TOC-TOC
Victoria imbustò la lettera e poi andò ad aprire, trovandosi davanti suo fratello. Gli fece segno di entrare.
«Ho appena finito di scrivere a mamma e papà. Non sai che magnifico abito mi hanno preso!»
«Lo vedrò domani» commentò Draco, andando a sedersi sul letto della sorella «mi auguro di vederti indossare anche il mio regalo».
La ragazza drizzò subito le orecchie. Posò la busta sul suo baule e balzò sul letto rapidissima. Nei suoi occhi brillava una luce di genuina curiosità. Fremeva dalla voglia di vedere il regalo di suo fratello. Immaginò che doveva trattarsi per forza di un dono incantevole, in fondo conosceva i suoi gusti.
«Dov’è?» domandò battendo le mani come una bambina.
Draco inarcò un sopracciglio, non comprendendo tutta quell’euforia. Se qualche estraneo avesse osservato la scena, avrebbe certamente notato quanto i fratelli Malfoy fossero diversi. Il giovane rampollo, sempre con quell’aria altezzosa, conteneva la sua emotività e la nascondeva dietro un armatura d’acciaio e ghiaccio. Al contrario, Victoria liberava le sue emozioni come se fossero farfalle in mezzo ad un campo di fiori.
«Dai, non tenermi sulle spine!»
Il biondino scosse il capo, frugando nella tasca dei pantaloni. Tirò fuori una scatolina nera e gliela mise sotto al naso. Victoria batté le palpebre un paio di volte, afferrandola con delicatezza. Alzò lo sguardo sorridendogli, si aspettava qualche suggerimento, ma Draco rimase impassibile. Cercando di tenere a freno l’entusiasmo - e riuscendoci un gran poco - aprì la scatolina e fu colta dalla sorpresa quando notò il suo contenuto. Era un anello formato da ghirigori dorati e una pietra opaca che rifletteva la lettera M.
«Credo risalga ai primi Malfoy» spiegò Draco mentre la sorella ispezionava l’oggetto. «La pietra è un cristallo antico. Da quello che mi ha spiegato nostra madre, un nostro antenato l’ha fabbricato per la sua sposa. È sempre stato tramandato da generazione in generazione, fino a quando non venne rubato».
«E come hanno fatto a ritrovarlo?»
«È stato il nonno, poco prima che morisse. Non ricordo dove l’abbia ripescato, però era certo che appartenesse alla sua bis-nonna, in quanto lo vide raffigurato in un quadretto» continuò il giovane Malfoy, ricordando ciò che gli raccontarono sul prezioso anello. «So che quando il nonno lo recuperò, il fidanzamento tra i nostri genitori era in atto da parecchio tempo, per questo la mamma non lo indossa».
«Quindi è un cimelio di famiglia» constatò Victoria, ammirandolo nella sua bellezza. Ne fu subito affascinata.
«Sì».
«Senza offesa, ma non credi che sia fuori luogo?»
«Perché? Tu fai parte della famiglia».
«Grazie… però questo genere di regalo» e gli mise l’anello davanti al viso «si dona alla propria sposa, come ha fatto in passato il nostro antenato. Non penso lo potessero donare alle proprie sorelle».
«Be’ quell’anello fa parte della mia eredità e io posso disporre come voglio!» replicò Draco infastidito dall’affermazione della ragazza. «Volevo regalarlo a te e l’ho fatto».
«I nostri genitori lo sanno?»
«In verità ci ho messo un po’ a convincerli quest’estate…»
«È da quest’estate che ci stavi pensando?» sorrise Victoria meravigliata.
Lui annuì serio. «Ne ho parlato con nostro padre durante la finale della Coppa di Quidditch. Ho preso la palla al balzo siccome non c’eri. Gli ho detto che era un atto simbolico per tenerci più uniti. Ha riflettuto sulla questione per un paio di giorni e alla fine ha acconsentito».
«E bravo il mio fratellino!» si complimentò sinceramente impressionata.
Da che avesse memoria, Draco non aveva mai preteso niente da Lucius, soprattutto perché era un uomo difficile da convincere, pur avendo valide ragioni. Il patriarca dei Malfoy era un vero mastino. Duro nei modi e duro da esortare. Solo Narcissa riusciva ad ottenere qualcosa con più rapidità e Victoria era abbastanza certa che avesse più metodi di persuasione del figlio. Solitamente Draco chiedeva a sua madre di intercedere, ma sua sorella fu pronta a scommettere che nel caso dell’anello, fece tutto da solo. Era una sensazione a pelle.
«Posso?»
Victoria annuì, mostrandogli un lieve sorriso. Draco prese l’anello, stringendolo bene tra l’indice e il pollice prima di infilarlo nell’anulare sinistro della sorella. La ragazza si portò la mano sotto gli occhi. Trillò di gioia e poi si lanciò addosso al fratello, abbracciandolo stretto e riempiendo la sua faccia di baci. Si stupì di non sentirlo lamentarsi, solitamente era allergico alle manifestazioni d’affetto.
«Lo spirito del Natale ha contagiato pure te!»
«Che cosa?» lo sentì borbottare.
«Niente, piccolo piantagrane».
«Sei sempre così dolce» si lamentò Draco, eppure la teneva stretta a sé.
Le mani sui fianchi, il viso affondato nei capelli scuri della sorella, aspirò il suo profumo alla vaniglia e fremette. Non si sarebbe scostato da lei nemmeno se la scuola fosse andata a fuoco.
Udì la sua risata fragorosa e sincera. Era difficile trovare una persona più luminosa di Victoria Malfoy.
Una luce così pura.
Ecco svelata la ragione per cui Draco provava gelosia nei confronti della sorella e detestava l’idea che Potter o qualcun altro potesse portargliela via. Condivideva un legame viscerale con quella ragazza e non gli passava nemmeno per l’anticamera del cervello di privarsene. Era pronto ad affatturare chiunque tentasse di allontanarla da lui.
«Sappi che è un regalo meraviglioso. Grazie davvero, grazie di cuore» gli disse sciogliendo l’amorevole abbraccio.
Quando Victoria si scostò, Draco trattenne il respiro per qualche attimo e si buttò all’indietro, contro la testiera del letto a baldacchino.
«Naturalmente è meraviglioso. È un mio regalo».
«Modesto come sempre».
Draco ammiccò ad un ghigno e rimase in silenzio ad osservarla mentre fissava il suo anello. Ne era davvero entusiasta e questo provocò nel ragazzo una strana sensazione. Non sapeva come definirlo, ma… percepì uno strano calore proprio al centro del petto.



Mrs. Montgomery:
Eccomi tornata con un altro magico capitolo.
Fra tutti i capitoli che ho scritto, questo è uno dei miei preferiti per via della dolcezza e per il fatto che amo il Natale quanto Victoria.
Si tratta di un capitolo leggero, a volte ci vogliono anche questi.
Nel prossimo ci sarà il tanto atteso Ballo del Ceppo e vi chiedo di tener a mente la profezia della Cooman su Victoria.
Ringrazio tutti voi che state continuando a leggere la mia fanfiction, coloro che la inseriscono nelle varie categorie e ovviamente chi recensisce!
Un grosso bacio a tutti quanti.
 

 
 


 

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Capitolo 8
*** Sotto i fiocchi di neve ***




LP
Capitolo VII

"Sotto i fiocchi di neve"

 


La sala d’ingresso pullulava di persone con indosso abiti eleganti e appariscenti.
Gli studenti che ebbero la possibilità di partecipare al Ballo del Ceppo si tirarono a lucido. Fu strano vedersi riuniti senza la classica divisa o l’immancabile mantello nero. Gli abiti colorati e scintillanti davano colore all’ambiente. Erano tutti eccitati per l’inizio della serata. Le coppie arrivarono direttamente dalla propria Sala Comune, alcuni s’incontrarono direttamente nella Sala d’Ingresso, come capitò a Victoria che doveva trovarsi con Allen.
«Fai la strada con me e Adrian?»

Immaginando che il suo ragazzo sarebbe arrivato in ritardo, come al solito, Victoria rispose a Faye d’incamminarsi senza di lei. Il programma era di incontrarsi direttamente nella Sala Grande. L’unica fortuna di aver un ragazzo ritardatario - e non “ritardato”, come puntualizzava Draco - fu di aver più tempo per prepararsi.
Nella sua vivacità, Victoria possedeva quel pizzico di vanità di cui si servì durante la preparazione per la serata. Si ammirò più di una volta di fronte al lungo specchio che aveva nel suo dormitorio. Non era il primo Ballo a cui partecipava, ma non aveva mai indossato un abito elegante come quello. Lucius e Narcissa avevano azzeccato perfettamente il suo gusto; era un vestito semplice e raffinato.
Quando si sentì pronta, uscì dal dormitorio e notò che nella Sala Comune c’era ancora qualche studente che aspettava la propria dama. Victoria percorse i corridoi dei Sotterranei provando un po’ di freddo, per fortuna il clima migliorava man mano che saliva verso i piani superiori.
Non appena sbucò dalla scalinata, tentò di adocchiare Allen o qualche suo amico. L’unico che beccò nel raggio di pochi metri fu Harry Potter. Gli andò subito in contro.
«Ehi, campione! Ti trovo davvero molto elegante» si complimentò dandogli un bacio sulla guancia. Notando la presenza di Calì Patil, che la stava già fulminando con i suoi occhietti scuri, si preparò a sorriderle cordialmente. «E anche tu… tu sei davvero splendida. Il tuo abito richiama l’elegante stile indiano e questi bracciali dorati sono adorabili».
Harry se la rise sotto i baffi vedendo la sua dama arrossire per tutti quei complimenti - probabilmente falsi - da parte della giovane Malfoy.
Victoria continuò ad elogiarla con fare svenevole, in fondo conosceva la tecnica giusta per far contenta una ragazza, ed Harry si prese quell’attimo per osservare l’abbigliamento della nuova amica. L’abito era argenteo e coperto interamente da uno strato in pizzo che dava quel tocco di raffinatezza in più. Le maniche erano lunghe e in merletto, la scollatura a cuore faceva parte di un corsetto che la stringeva dolcemente in vita e poi si apriva la lunga gonna di velluto.
«A me piacciono molto i tuoi capelli!» esordì Calì, osservando come Victoria fosse riuscita a tirarli indietro, acconciandoli in un groviglio di trecce, per poi farne scendere una solitaria lungo la schiena. «Hai fatto tutto da sola?»
«Assolutamente no, sarebbe stato impossibile» rispose Victoria, sventolando una mano delicatamente. «Le mie compagne di dormitorio mi hanno aiutata, specialmente per questo groviglio. Osserva qua dietro…»
Calì annuì molto incuriosita dai piccoli dettagli e Harry si domandò come le ragazze trovassero tanto interesse per quelle robe!
«La tua treccia è davvero lunga. Immagino lo siano anche i tuoi capelli, quindi...» continuò Victoria.
«Oh sì!» la interruppe Calì con fare entusiasta. «Ho dovuto...»

Fortunatamente per Harry, arrivò la professoressa Mcgranitt. L’insegnante di Trasfigurazione non si perse via a commentare le loro scelte di abbigliamento, disse subito a Potter e alla sua dama di avvicinarsi agli altri Campioni. Era giunto il momento. Con l’aprirsi delle porte della Sala Grande, Victoria trovò finalmente il suo cavaliere.
«Amore, sei davvero bellissima!» la complimentò Allen, dandole un bacio a fior di labbra. «È questo il vestito che ti hanno regalato i tuoi genitori?»
Lei annuì entusiasta e poi si perse a guardarlo. L’eleganza non gli mancava di certo. Allen indossava un completo blu scuro e una scintillante cravatta rossa. Fu un accostamento di colori che Victoria trovò azzardato, ma se piaceva a lui - si disse - non si sarebbe lamentata.
«C’è da ammettere che i nostri insegnanti si sono superati» continuò la studentessa di Serpeverde osservando com’era decorata la Sala Grande. «Adoro queste ghirlande e anche la brina sulle pareti. Sembra un castello di neve… uhm un castello di ghiaccio… anzi un regno di ghiaccio. Ne sono incantata!»
«Lo vedo» rise Allen, tenendola per mano.
«E non ci sono neanche i tavoli delle Case! Be’… meno male. Preferisco questi piccoli tavolini e hanno pure quelle lanterne così carine».
Victoria osservava ciò che le stava attorno con occhi scintillanti e Allen osservava lei allo stesso modo. La coppietta si unì al tavolo dove si erano appena accomodati Faye, Adrian, Lucian con la sua dama e poi c’erano alcuni bulgari con qualche studentessa di Beauxbatons. Ogni singolo tavolo ospitava circa una dozzina di persone.
«Peccato non aver beccato il tavolo di Draco» mugugnò Victoria, cercando suo fratello con lo sguardo. Stranamente trovò arduo trovare la sua testolina bionda. C’era una marea di gente.
«Tranquilla che non gli mancherai. Sarà in compagnia della sua adorata».
«Non scherzare, Allen. Io quella non la voglio come cognata» replicò secca Victoria, versandosi dell’Acquaviola nel calice d’argento. «Tanto lo so che Pansy è solo un passatempo».
Allen fu in procinto di replicare, ma Faye prese la parola.                         
«Secondo voi che cosa si mangia?»
«Poco fa, Roger mi ha detto che si può ordinare ciò che si vuole» disse la dama di Lucian. Era una Corvonero timida e dai lineamenti molto dolci. «Basta fissare il piatto e dire qualcosa. Ad esempio io desidero uno stufato di maiale!»
E magicamente nel suo piatto apparve l’ordinazione desiderata.
I bulgari esclamarono sbalorditi e poi scoppiarono a ridere cominciando ad ordinare i loro piatti tipici. Capendo il meccanismo, cominciarono tutti a farsi servire i propri piatti preferiti. Adrian ordinò roastbeef in continuazione, Faye si buttò sulle ali di pollo piccanti, Allen ordinò porridge con verdure cotte e Victoria s’abbuffò con l’arrosto.
La giovane Malfoy fu incuriosita dal piatto di affettati di uno dei bulgari e non resistette a chiedere informazioni.
«Scusa. Che cos’è quello?»
«Qvesto? Qvesto è Lukanka… ehm… come dire per tu inglese» e chiese aiuto al suo amico «qvesto essere carne di… di grosso» e fece il verso del maiale scatenando l’ilarità degli altri a tavola.
«Tu piacere piccante io avere visto» disse l’altro bulgaro in direzione di Faye. «Io consiglia tu di assaggiare Ljutenica. Oh molto piccante» e le fece l’occhiolino.
«Sarà il mio prossimo ordine, ti ringrazio!»
«Che ne dite di presentarci?» esordì la dama di Lucian. «Io mi chiamo Rebecca Waterson» e tese loro la mano.
«Io Ivan Botev» si presentò chinando leggermente il capo.
«Dimitri Javorov» si presentò l’altro, compiendo il medesimo gesto.
Il primo era biondo e sbarbato, dalla voce molto profonda. Il secondo possedeva i capelli mori, leggermente ricci, e un naso pronunciato. Cominciando a far amicizia si mostrarono piuttosto simpatici. Raccontarono com’era il castello di Durmstrang e dell’amicizia che legava entrambi a Viktor Krum. Dimitri lo conosceva fin da piccolo, erano parenti alla lontana, mentre Ivan lo conobbe al primo anno di scuola. Frequentavano lo stesso anno di corso e giocavano nella stessa squadra di Quidditch della loro scuola.
«Nostro preside adora Viktor ovviamente perché famoso» disse Dimitri.
«Sì, Karkaroff va molto a preferenza. Vuole Viktor vincitore, ecco perché dato voto basso a vostro piccoletto».
«Intendi Harry Potter» constatò Victoria, assaggiando qualche fetta di Lukanka.
«Sì, sì, piccoletto Potter».
«Potter famoso da noi, tu sa!»
«È famoso ovunque» mugugnò Allen, giocando con il porridge con fare annoiato. Continuava a sollevarlo e a farlo ricadere nel piatto. A momenti non schizzò contro l’abito di Faye, che gli rifilò un’occhiataccia.
«Io sembrava vedere te con piccoletto» disse Ivan, tamburellando le dita sul mento. «Io… sì, sono sicuro. Io visto te dopo prova con drago. Sua amica è con Viktor».
«Che cosa?! La Granger con Krum?!»
Adrian sembrava sconvolto e cominciò a guardarsi attorno volendo vederli con i suoi occhi.
«Alla tua sinistra amico» lo aiutò Lucian, indicandoli con un cenno del capo.
Persino Victoria e Faye si voltarono, mostrandosi impressionate.
«Non credevo che loro due…»
«Nemmeno io. Questo sì che è uno scoop!» esclamò la giovane Malfoy.
Non ci fu tempo di altre chiacchiere. La cena si concluse in quel momento e quando Silente vide che tutto il cibo fu consumato, s’alzò dal proprio tavolo e invitò gli studenti ad imitarlo. Non appena tutti si levarono dal proprio posto, i tavoli si deposero lungo i muri e si formò la pista da ballo. Sul palco comparvero le famose Sorelle Stravagarie che furono accolte con un fragoroso applauso. Si munirono dei loro strumenti e cominciarono a suonare quello che pareva un walzer, uno stile piuttosto diverso dal loro genere musicale. I quattro campioni aprirono le danze insieme ai partner. Victoria trascinò Allen a guardarli in prima fila, ma il ragazzo non volle accontentarla.
«Queste cose non mi interessano. Vado in fondo alla sala, là c’è un tavolo per bere. Ho visto Chambers, magari ci faccio quattro chiacchiere, dato che a cena non siamo stati insieme» le disse, marcando le ultime parole.
Ormai Chambers non si vedeva più negli stessi dintorni di Victoria e i motivi erano palesi. Si detestavano a morte. Ad Allen toccava vedere il suo amico solo staccandosi dalla ragazza e nell’ultimo periodo lo fece pesare molto alla giovane Malfoy.  
«Potter è pieno di sorprese. Sa pure ballare!» esordì Faye, accanto a Victoria.
«Ho provato a dargli lezione».
L’altra Serpeverde mostrò un sorriso divertito e si voltò verso di lei. «Davvero?»
«Gli ho insegnato le basi».
«Allen non lo sa, vero?»
Victoria le lanciò uno sguardo che dava già la risposta.
«E Draco?»
Figurarsi!
Adrian invitò Faye ad unirsi e Lucian fece lo stesso con Rebecca. A Victoria, invece, toccò rimanere a guardare. Anche se Allen fosse stato lì, non ci sarebbe stato verso di farlo danzare. Detestava i balli classici. Si sarebbe scatenato solo con canzoni più movimentate. Quindi le toccò star ferma per più di un ballo e si potè unicamente limitare ad osservare i suoi amici e applaudirli. Intravide Blaise intento a far volteggiare Daphne, andavano perfettamente a ritmo con la musica. Theodore non era da meno, ma il suo sguardo era più dolce di quello del coetaneo. Lucian danzava una canzone sì e una no. Draco e Pansy preferì non guardarli proprio, ghignò solo quando gli scappò l’occhio sul fratello che decise di allontanarsi dalla pista e la Parkinson gli rivolse più di un lamento, seccandolo.
Alla quinta canzone che le toccò saltare, Victoria pensò di andare a ripescarsi il suo ragazzo. Allen era rimasto  per tutto il tempo rimase al tavolo delle bevande a scherzare con Chambers e altri ragazzi che la strega non conosceva. Più di una volta gli fece segno di raggiungerla, ma Allen rispose con un cenno che le fece intendere di dover aspettare.
Ora mi ha rotto le pluffe!
Victoria sbuffò sonoramente e alzò i lembi della gonna per farsi largo verso di lui.
«Ops! Scusami!»
«Harry, dobbiamo smetterla di incontrarci così» gli disse con voce dolce, notando che le era sbadatamente andato addosso. «Dove stai andando?»
«A prendere da bere. E tu?»
«Stesso tavolo, ma non per bere. Vado a vedere se Allen mi degna della sua attenzione».
«Brutta serata?» azzardò a chiederle Harry, preoccupandosi nel vederla abbattuta.
«Lo diventerà se quello stoccafisso non mi farà ballare!» sbottò lasciando andare la presa sulla sua gonna. Mise le mani sui fianchi e sbuffò col naso. «Perdonami. Sono alquanto fastidiosa quando mi lamento, me ne rendo conto da sola. È che proprio non lo capisco. Fino a cena mi sembrava di buon umore, poi sono cominciate le danze ed è là a bere con Chambers!»
«È Chambers il problema?»
Victoria sospirò, guardando in lontananza Allen. Lo vedeva allegro assieme ai suoi amici e non le dispiaceva. «No. Non so nemmeno io quale sia il problema».
«C’è qualcosa che posso fare per farti star meglio?»
La studentessa di Serpeverde abbassò lo sguardo su di Harry e sorrise mesta. «Sei gentile… ma a meno che tu non voglia tuffarti nella mischia» ed indicò la pista da ballo «temo proprio che non ci sia niente che tu possa fare. Grazie per il pensiero».
Stava per sorpassarlo quando Harry la frenò.
«Un ballo? Tutto qui?»
Victoria lo guardò dubbiosa. Harry le tese la mano, invitandola con lo sguardo ad accettare.
«Non mordo sai. Affronto solo i draghi!»
La strega rise a quella battuta, in fondo era così carino a volerla tirar su di morale. Lanciò un ultimo sguardo ad Allen e pensò che anche lei meritava di divertirsi. Si voltò verso Harry e accettò il suo invito. Victoria udì il pezzo musicale che stavano suonando le Sorelle Stravagarie ed era un po’ più lento del valzer iniziale.
«Spero che le mie lezioni siano fruttate».
«Be’ non mi dispererò se condurrai tu» le disse Potter.
«Molto bene allora» gli sorrise Victoria, appena prima di entrare in pista e unirsi alle altre coppie.
I primi passi furono lenti, soffici, Harry non poteva commettere errori.
«Dicono che il segreto di un buon ballo sia quello di guardar sempre il partner negli occhi».
Il ragazzo arrossì e spostò gli occhi smeraldini dalla folla a quelli vivaci della sua dama. Man mano che la musica procedeva, il ritmo si velocizzava, ma ormai Harry era entrato nello spirito del Ballo. I due giovani si sorridevano ballando allegramente e volteggiando assieme alle altre coppie, incuranti di aver più di uno sguardo addosso.
Lucian era a bordo pista e si dissociò dalla conversazione con Rebecca per osservarli. Lì di fianco, Adrian era appena tornato dal tavolo delle bevande, porse un bicchiere di idromele a Faye che già guardava sorridente l’amica mentre ballava sprizzando tutta la gioia che aveva in corpo. Dall’altra parte della sala, occhi più infastiditi erano spettatori di quella scena.
«Ditemi che è uno scherzo. Non lo sta facendo veramente!» strillò Pansy, strattonando il braccio dell’amica Daphne.
«Incredibile davvero» commentò quest’ultima storcendo il naso.
Blaise preferì non esprimersi.
«Almeno stanno azzeccando il ritmo» fu l’unico commento di Theodore.
«Convieni con me che tua sorella è impazzita, vero?»
Allen si presentò al fianco di Draco; il Corvonero era appena avvertito da qualche compagno di Casa. Malfoy, però, non spiccicò parola. Il giovane rampollo continuò a fissare la sorella intenta volteggiare tra le braccia di Potter.
Quel maledetto di San Potter!
Draco strinse la mano in un pugno feroce, immaginava di riempire di botte quel faccino insolente. Percepì il sangue pulsargli, stava pullulando di rabbia. Rabbia perché quel dannato Sfregiato si stava beando di sua sorella.
Sua e non di Potter.
Victoria era sua.
La gelosia lo stava divorando. Draco stava per impazzire per via di quell’accecante sentimento. Nemmeno si accorse di star stritolando la mano di Pansy, la quale cominciò a gemere dal dolore, pregandolo di lasciare la presa. Draco era sordo a qualunque voce o suono.
«Mi fai male!» gli urlò, dandogli una scrollata per scostarsi e finalmente se ne liberò.
«Dai, Pansy, andiamo a prendere da bere» le consigliò Daphne.
Draco non si accorse dell’allontanamento della sua dama. Era troppo impegnato a fissare quei due. Più guardava Potter e più gli saliva la voglia di prenderlo a pugni. E se guardava sua sorella, gli cresceva un calore nel petto ed appurò fosse la solita gelosia canaglia.
Nel bel mezzo del ballo una finta neve cadde sui ballerini.
Victoria se ne accorse subito e alzò il capo, sorridendo impressionata. Se c’era una cosa che amava oltre alla danza, quella era proprio la neve morbida e soffice. Era conscia che quella che stava scendendo addosso a loro non era vera, però ne rimase incantata.
«Se perdi il controllo andiamo fuori pista» la richiamò Harry, facendola roteare come poteva. «Stai guidando tu. Non abbandonarmi proprio ora!»
Victoria tornò a guardare il suo partner e si scusò, riprendendo a condurre quel ballo. L’atmosfera attorno a loro la stava facendo impazzire dalla gioia. Era tutto così perfetto. La musica, il ballo, la neve. Sentiva come se il mondo fosse ai suoi piedi. Era un bellissimo sogno dal quale non avrebbe mai voluto svegliarsi. Purtroppo accadde quando la musica terminò.
Harry ne fu sollevato, non ce la faceva più di stare al passo.
«Dopo questo valzer, dico addio alla mia carriera di ballerino non provetto!»
Victoria scoppiò a ridere. «Sei riuscito a seguire i miei passi. Mi congratulo» e gli imitò un piccolo applauso.
«Merito della mia brava insegnante» e le mimò un inchino. «Spero che ora tu stia un po’ meglio».
«Che tu ci creda o no, c’è stato un attimo in cui ho dimenticato tutto quello che non andava» rispose Victoria con aria serena. «Mi capita sempre quando ballo. La mia è una vera passione».
«Come ricordarsi tutte le date a memoria!»
«Sì, vagamente» ridacchiò.
Si trovava proprio bene in sua compagnia e, dall’espressione spensierata sul volto di Harry, immaginò fosse reciproco. Chi l’avrebbe mai detto che un Potter e una Malfoy sarebbero riusciti ad andare in armonia?
Più di un mese fa pareva uno scenario utopico ad entrambi. Invece, una volta superata la fase iniziale con gli stupidi pregiudizi, capirono che un cognome non additava in male una persona e non lo facevano nemmeno le voci di corridoio.
«Sai, sto vedendo Cho Chang sola in un angolo. Forse Cedric è andato al bagno. Dovresti approfittarne».
Harry volse immediatamente lo sguardo verso la splendida Corvonero. Sospirò sognante, godendosi quel momento infinito in cui potè guardarla nella sua bellezza raffinata. Abbassò il capo pensieroso e si voltò verso Victoria.
«Tu… tu stai bene?»
Era così puro.
«Grazie di cuore, Harry» gli disse carezzandogli una guancia amorevolmente. «Sei davvero un buon amico».
Il ragazzo le prese la mano e vi pose sopra un bacio galante. «È un piacere, signorina Malfoy» e si stupì di esser riuscito a pronunciare quel cognome senza che un’espressione nauseata apparisse sul suo volto.
I due si allontanarono con la finta neve che ricadeva ancora sopra di loro. A Victoria bastò fare un passo indietro per trovarsi contro qualcuno.
«Allen!»
«Dobbiamo parlare» affermò duramente il ragazzo, afferrandola per il polso e trascinandola con la forza fuori dalla Sala Grande.
Allen non si curò dei lamenti della ragazza. Continuò a tirarla, stringendo con forza il suo piccolo polso, portandola nel cortile innevato. La fece uscire al freddo e non si curò nuovamente dei suoi gemiti. La voleva allontanare dalla baraonda del Ballo. Voleva lui stesso allontanarsi dagli sguardi indiscreti e da quelli curiosi che li avrebbero certamente visti a litigare. Ad Allen poco importava del parere delle persone, poteva anche dar spettacolo, intendeva però evitare che qualcuno s’intromettesse nella loro discussione.
La trascinò su una scala a chiocciola che portava dritti al secondo piano e si fermò in un angolo illuminato da una grande finestra. Lasciò la presa sulla ragazza con fare esasperato.
«Era ora! Che diamine ti è saltato in mente?!» gli urlò Victoria, massaggiandosi il polso arrossato.
Per un attimo credette che Allen volesse saltarle addosso ferocemente. Nei suoi limpidi occhi scrutò una cieca rabbia contro di lei. Lo sguardo in fiamme. La testa che gli pulsava e il respiro affannoso, Victoria lo sentì contro il suo viso.
«Io mi domando... che diamine è saltato in mente a te?!» gridò ancora più forte, lasciandosi trasportare dalle sue scalpitanti emozioni. «A che gioco stai giocando, eh? Credi di potermi usare come una marionetta?! Credi che io sia la tua marionetta?!»
«Reagisci così per via di un ballo? Seriamente?»
«Non era un ballo qualunque e lo sappiamo entrambi. Io ti ho portata al Ballo, tu dovevi stare al mio fianco!»
Victoria rimase sconcertata. «Oh davvero? E credi che mi sarei divertita stando accanto a te che bevi e bevi e bevi?»
«Non avrei bevuto tutta la sera».
«Non avresti nemmeno ballato e si da il caso che è quello che si fa ad un Ballo!»
E dire che essendo Corvonero, ti vantavi di essere intelligente!
«Se ci tenevi tanto a ballare, non potevi domandare a tuo fratello?»
«Onestamente non mi sono preoccupata con chi ballare e con chi no. Mi si è presentata l’occasione e…»
«Sì, con Potter!» ruggì di rabbia.
«E quindi? È solo un amico».
La voce di Victoria era calma, nonostante cominciasse ad essere stufa delle sue scenate di gelosia. Litigare era l’ultima cosa che desiderava. Sperava di evitarlo per non demolire una serata davvero magnifica. In verità non sarebbe stata la prima volta che Allen le rovinava un bel momento cominciando discussioni inutili dettate unicamente da un’insana gelosia. Victoria iniziava ad essere stanca delle sue sfuriate.
«Solo un amico. Si dice sempre così, no?» la canzonò.
«Harry è davvero solo un amico. Non credevo che la mia vicinanza a lui ti desse tanto fastidio. Non hai nemmeno replicato tanto quando ti dissi che gli facevo da tutor».
«Giusto! Ecco come è nato tutto. La maestrina e l’alunno… è abbastanza disgustoso».
Victoria si portò una mano alla bocca, sperando di non aver veramente udito quelle parole.
«Sei un’idiota».
«E tu sei un’infame, cara la mia Victoria Malfoy!»
Quella voce forte la fece rabbrividire. Si strinse nelle spalle e lo guardò dal basso con timore. Il viso di Allen era tinto di rosso e i suoi occhi parevano esser diventati più grandi; era completamente fuori di sé.
«Credevo fosse tornato tutto come prima, a quanto pare mi sbagliavo» continuò il ragazzo forzando un sorriso. «Quel Potter è sempre in mezzo ai piedi. Ti fa la corte e a te piace! Ti piace essere al centro dell’attenzione!»
Victoria fece un passo indietro, fissandolo con occhi perplessi. Il discorso di Allen non aveva né capo né coda.
Harry mi fa la corte?
E com’è che sbava palesemente per la Chang?
Le scappò quasi da ridere al pensiero di Harry Potter intento a guardarla con una faccia da pesce lesso. L’immagine del ragazzo mentre correva da ogni parte del castello solo per vederla era completamente assurda.
Eppure Allen era convinto delle sue parole, vedeva fantasmi dove non ce n’erano e cercava ragioni inesistenti per prendersela con lei.
«Da quando è diventato un campione non hai occhi che per lui! Cos’ha di meglio rispetto a me?!» continuò sentendosi veramente minacciato da Harry. Credeva gli stesse portando via la sua ragazza. «È piccolo e bruttino. Non è meglio di me. Dicono non sia nemmeno così brillante. Se non ci fosse la Granger a parargli le spalle, starebbe a piangere tutto il tempo!»
«Dubito che tredici anni fa ci fosse la Granger con lui» borbottò istintivamente Victoria, mettendo le braccia conserte.
L’avesse mai detto.
«Ecco! Figurarsi se non l’avresti difeso. Dovevo aspettarmelo. Pendi dalle sue labbra nemmeno fosse davvero un grande mago. Ha solo una fortuna spacciata e se ne vanta parecchio da quel che sento in giro».
Per un momento le parve di sentire la voce di Draco.
Osservò l’espressione disgustata di Allen e quel suo modo seccato di rivolgesi a lei. Non era la prima volta che litigavano, ma mai prima d’allora lo vide in quello stato. Victoria non capì veramente che diamine gli stesse accadendo. La gelosia era comprensibile, dimostrò più volte di posseder quel tratto caratteriale, però stava davvero esagerando per un nonnulla!
Victoria rimase in silenzio, continuando a guardarlo mentre le sbraitava addosso. Le accuse diventarono sempre più pesanti e assurde.
Allen camminava avanti e indietro. Lanciò qualche pugno contro al muro facendola sobbalzare e sperare di non essere il suo prossimo obiettivo. In quel momento scoprì un lato di lui che la spaventava.
«Avrei dovuto dar retta a Chambers e agli altri miei amici! Loro mi misero in guardia sul tuo avvicinamento a Potter, ma io no… io non volevo dar retta a loro perché ero sicuro che ricambiassi i miei sentimenti» sbuffò con ardore. «Invece pare proprio che tu mi voglia sostituire. Sappi che uno come me non lo troverai mai».
L’idea è proprio quella, si ritrovò a pensare Victoria.
«Stai commettendo una grossa stronzata e nemmeno te ne rendi conto. Potter non ti renderà mai felice e la tua famiglia non ti permetterà mai di frequentarlo. Sei così stupida» commentò scuotendo il capo fissandola come se fosse stata colpevole di chissà quale crimine.
«Io non ho intenzione di frequentare Harry, se non come amico» reagì Victoria.
Poteva vaneggiare quanto gli pareva, ma insultarla… quello mai! 
«E anche se fosse, credimi che avrei risolto prima ciò che c’era tra noi. Se davvero credi in ciò che hai detto fino adesso… be’ tu… tu proprio non mi conosci!» sbottò liberando le mani e agitandole in aria. «Sei accecato dalla rabbia e posso comprenderlo, ma non ti permetto di trattarmi in questa maniera. Non ti ho mai preso in giro. La nostra storia sarebbe finita in ogni caso. È dannatamente ovvio che non siamo fatti per stare insieme!»
«Dannatamente ovvio?» ripetè Allen sporgendosi in avanti. «Io e te potevamo avere un brillante futuro. Entrambi Purosangue e con una grande vitalità. Fin dal primo momento che ti ho vista, sapevo di essermi invaghito perdutamente e sapevo che eri la ragazza adatta a me. Poi è arrivato quel Potter ed ha rovinato tutto quanto!»
Victoria scosse il capo desolatamente, provando pena per la sua stupidità.
«Harry non ha alcuna colpa. Siamo noi che non andiamo bene l’una per l’altro e devi accettarlo».
Allen si sentì colpire in pieno petto.
Avvertì un crack al cuore quando la vide ballare con quel dannato di Potter. Lo fece infuriare parecchio. Osservò com’era raggiante mentre danzava tra le braccia di un ragazzo che non era lui. Quell’immagine lo ferì parecchio e più di quanto si aspettasse mai. Ed in quel momento, dopo aver capito che Victoria voleva uccidere la loro relazione, Allen percepì il suo cuore farsi a brandelli.
Mai si sarebbe aspettato che Victoria diventasse così importante per lui. L’aveva fatto innamorare in un battere di ciglia e con lo stesso battito di ciglia lo distrusse.
«Sei fredda come tutti quanti loro. Non sei capace di veri sentimenti. La tua è un’anima arida. Sei tu a perderci, stanne pur certa» le sputò con disprezzo e le puntò il dito contro. «Facci quello che vuoi con Potter! Sarà la tua rovina!»
Senza aggiungere una sola parola, la sorpassò.
Victoria rimase attonita e immobile. Le parole di Allen le rimbombavano nella testa.
L’aveva insultata poco velatamente. La denigrò. L’accusò di essere incapace di provare sentimenti.
“Sei fredda come tutti loro”
Si riferì ai Malfoy, non ci voleva un bravo mago per capirlo. In quel momento avrebbe dovuto ribattere. Avrebbe dovuto schiaffeggiarlo per aver offeso la sua famiglia. In fondo lui che ne sapeva?
I Malfoy potevano non mostrare tanto calore, ma non erano aridi. A lei diedero tutto ciò di cui ebbe bisogno e gliene sarebbe stata per sempre grata.
Ricordava ancora quando Narcissa passava in camera sua per darle il bacio della buonanotte o quando Lucius le insegnò a volare sulla scopa, senza perdere la pazienza.
Amava la sua famiglia.
Mai la fecero sentir un’estranea o indegna di possedere quel cognome importante. Dal canto suo, Victoria si sentiva una Malfoy fino al midollo e ne andava fiera. Poco le importava di non possedere il loro sangue, sapeva che ciò non la escludeva dalla famiglia. Lucius e Narcissa le volevano bene come se fosse figlia loro. Mai l’avrebbero esclusa, nemmeno in quel momento in cui le venne da piangere per tutto il male che Allen le gettò addosso.
Sentì le lacrime calde scenderle lungo le guance.
Non pensava di meritarsi il suo disprezzo o forse era colpevole di qualche scorrettezza?
Rifletté sulle sue ultime azioni e non capì come potesse aver fatto del male a qualcuno. In fondo l’amicizia con Harry era nata da sé, senza alcun doppio fine e senza malizia. Venne spontaneo ad entrambi, ed era qualcosa difficile da fermare.
Forse aveva volato troppo in alto?
Era stata egoista?
«Dimmi che non fai sul serio» disse una voce lenta alle sue spalle. Una voce che conosceva fin troppo bene.
Victoria si passò il dorso della mano sotto agli occhi e poi si voltò. Era ben conscia di non riuscir a nascondere le sue emozioni, ma avrebbe fatto del suo meglio.
«Che c’è?»
«Stai veramente piangendo per quel deficiente, sorellina
«Se tu avessi sentito cosa mi ha detto…»
«Ho sentito tutto perfettamente» rivelò Draco, avvicinandosi e mostrandosi sotto la luce che penetrava da una grande finestra. «Prima, di sotto, stavo venendo da te, ma quel cretino ti ha raggiunta per primo e ti ha trascinata via. Vi ho seguiti. Mi sono nascosto là dietro aspettando il momento giusto per intervenire».
«Il momento giusto?» ripetè Victoria, guardandolo scettica. «E secondo te qual’era? Hai una strana predisposizione per i momenti giusti, visto che non sei mai apparso nemmeno quando ha offeso la nostra famiglia!»
Draco mise le mani in tasca, continuando a guardarla senza emozioni sul viso.
«Be’ non dici più nulla, simpaticone?»
«Sto aspettando che ti calmi».
«Aspetta e spera! Non accadrà, non stanotte almeno» borbottò Victoria agitando le mani in aria.
Era sul punto di scoppiare.
Necessitava di conforto e forse di un abbraccio, non della classica freddezza di suo fratello. Preferì andarsene da lì e sollevando i lembi del vestito, facendo per incamminarsi.
Con una rapida mossa, Draco la frenò e la riportò di fronte a lui. La tenne stretta per il braccio. L’avvicinò a sé con più delicatezza. La vide abbassare il capo demoralizzata e scorse piccole lacrime scendere lungo le sue guance.
L’ultima volta che la vide piangere fu a otto anni, quando cadde dall’albero su cui si era arrampicata e si ferì alla mano. Ricordò anche che Victoria non sarebbe mai salita su quel grande faggio, se non fosse che la scopa giocattolo di Draco si era andata ad incastrare dopo che lui stesso provò a farla elevare con la magia.
E quando vide sua sorella a terra, che strillava per il dolore, il piccolo Draco si preoccupò molto. Cercò di prenderla in braccio come meglio riusciva per portarla da mamma e papà, che non furono affatto entusiasti di quella bravata.
Poteva non darlo a vedere, ma Draco si preoccupava per lei. Persino in quel momento in cui la considerava una sciocca piagnucolona.
«Se non sono intervenuto è perché so che detesti quando s’intromettono nelle tue questioni» le disse a bassa voce. Allungò una mano dentro la giacca da sera e tirò fuori il suo fazzoletto.
«Asciugati quelle lacrime. E permettimi di dirti che sono sprecate per quel deficiente».
Victoria abbozzò un sorriso divertito. Si sforzò molto, di sorridere aveva poca voglia.
«Avrei dovuto lasciarlo settimane fa» mugugnò ripensando alle ultime e recenti discussioni. «È colpa mia se mi ha rovinato la serata. Non dovevo permettergli di accompagnarmi».
«Io sarei stato un cavaliere migliore».
Lei alzò il capo e lo guardò con una pura tenerezza negli occhi. «Tu sei mio fratello».
Draco parve pronto a replicare, però qualcosa lo fece desistere. Rimase in silenzio qualche attimo prima di riprendere la parola. «Perché non torniamo giù a goderci il Ballo?»
«È tutto rovinato».
«Lo è solamente se glielo permetti».
«Che filosofo!»
«Sì, ho anche questa qualità» si gonfiò il petto d’orgoglio senza trattenere un sorrisetto. «Dico seriamente. Torna giù con me. Ci penso io a farti divertire».
«Una proposta più che invitante, fratellino, ma hai già una dama. Sia mai che me la ritrovo addosso pronta a strapparmi i capelli!»
«Pansy può arrangiarsi a trovare un altro cavaliere».
«Questo lo dici tu».
«No, questo lo decido io» puntualizzò Draco, fissandola dritta negli occhi.
Victoria lo fissò a sua volta, lo trovò strano.
Era come se con un’occhiata intendesse dimostrarle qualcosa, ma che cosa?
Che sapeva prendere il controllo della situazione?
Che era una compagnia migliore di Allen?
La ragazza scosse il capo, sapendo quanto fosse impossibile entrare nella testa del fratello. Era sempre troppo indecifrabile. Si stupì di non udirlo sbraitare, rimproverandola per il ballo con Potter. In realtà se Draco l’aveva seguita era proprio per cantargliene dietro, ma vedendola in quello stato preferì fingere di essersi dimenticato. E Victoria, temendo di sentirsi altre urla addosso, non menzionò il fatto e decise di acconsentire alla sua richiesta.
Draco mostrò un sorriso soddisfatto e le allungò il gomito per farsi scortare. Victoria rifletté; suo fratello poteva avere tutti i difetti del mondo, ma conosceva la galanteria.
Scesero nuovamente le scale a chiocciola, stavolta con più lentezza e certamente Malfoy stava attento a non farla inciampare. Poco prima di attraversare il cortile innevato, Draco si tolse la giacca e gliela porse, desiderava evitare di farla ammalare per il freddo. La prese per mano e camminarono fianco a fianco per raggiungere la Sala Grande. Ci fu solamente un attimo, in cui Victoria si fermò e sollevò lo sguardo verso il cielo.
«Guarda! Sta nevicando».
Draco alzò il capo a sua volta, ma non fu incantato quanto la sorella.
Quella era vera neve.
Victoria socchiuse gli occhi sentendo i fiocchi di neve posarsi delicatamente sul suo viso. Era una sensazione che le piaceva sin da bambina. Adorava il freddo, il vento gelido le dava vitalità. Strano, ma era davvero così. Preferiva di gran lunga una vacanza in mezzo ai ghiacci piuttosto che in qualche isola esotica. Forse perché era nata nel più gelido degli inverni, o così le disse una volta il buon Lucius.
Quando Victoria riabbassò il capo e aprì gli occhi trovò il viso del fratello a pochi centimetri dal suo. Riuscì a specchiarsi in quei taglienti occhi grigi. Percepì il suo respiro dolce confondersi con quello di Draco. Le scappò un sorriso genuino.
«Che cosa c’è?»
«N-niente» rispose lui con naturalezza.
«Che dici? Entriamo?»
Draco annuì silenziosamente.
Victoria si strinse nella giacca prestata dal fratello e cominciò ad avviarsi. Il biondo Serpeverde rimase immobile, la seguì con lo sguardo qualche istante per poi seguirla passo dopo passo.
Trovarono Adrian, Faye, Lucian, Blaise e tutti gli altri in un angolo a scherzare.
Al loro arrivo Draco fece segno, alle spalle della sorella, di non dire niente. Capirono subito a cosa si stesse riferendo e ogni volere del Principino era automaticamente un ordine. Victoria disse subito ai suoi amici, e piuttosto brevemente, che lei ed Allen si erano lasciati. Fu palese che non ne volesse parlare. Probabilmente si sarebbe confidata solamente con Faye.
«Che sono quelle facce? Vi devo ricordare che siamo ad una festa?» fece presente Victoria riacquistando la sua spensieratezza e spronandoli ad andare in pista, dove le Sorelle Stravagarie stavano già cominciando a suonare canzoni più movimentate. Si abbandonarono completamente alla musica. Ormai non c’erano più balli di coppia, si potè persino ballare in gruppo e Victoria lo trovò più divertente. Le toccò dar ragione a suo fratello, fu un bene tornare al Ballo. Riuscì a svagarsi lasciandosi contagiare da quell’atmosfera frizzante e allegra. Se avesse fatto di testa sua, avrebbe trascorso il resto della serata a piangere nel letto. Invece, continuò la serata a scatenarsi sulle note di molteplici brani musicali, lasciandosi andare completamente al divertimento e ne fu felice. Trascorse una serata incantevole.
Capì che il Ballo del Ceppo stava per concludersi quando le Sorelle Stravagarie introdussero un lento ballo. Non erano rimasti in molti, Harry no di certo, eppure molte coppie tornarono in pista per dedicarsi un ultimo romantico momento.
In quell’istante Victoria non potè negare che le salì un po’ di malinconia.
«Dove credi di andare?»
Draco stava sulla soglia della Sala Grande, appoggiato al muro e con le braccia conserte.
«Ora la mia festa è decisamente finita» e gli fece cenno verso la pista da ballo alle sue spalle.
«Sei stanca?»
Victoria scosse il capo. «È andata meglio di quanto pensassi e grazie a te. Puoi pure gongolare, non mi costa ammetterlo».
«Io non ho fatto nulla, se non darti un consiglio».
«Che sono stata contenta di seguire» e gli rivolse un tenero sorriso. «Buonanotte, fratellino».
Ancora una volta, Draco le si piantò davanti e non accennò minimamente a muoversi. Le tese una mano. «Un ultimo ballo?»
«È un lento, Draco. È per le coppiette».
«Noi siamo una coppia… siamo fratello e sorella».
«Dubito intendano quel genere di…»
«Siamo comunque in due».
Victoria apprezzò i suoi tentativi. Strano da pensare, eppure Draco stava agendo in buona fede.
«È un po’ diverso».
«Non è che stai inventando delle scuse perché credi che io ti farò sfigurare?»
«Che cosa?!» esclamò Victoria, facendosi scappare una risata divertita. «Figurati! So perfettamente che sei un bravo ballerino. Mi costa sfamare il tuo ego, ma sei anche di bella presenza. Nessuna strega sfigurerà mai al tuo fianco».
«Lo stesso vale per te. Allen era uno stoccafisso e un vero idiota, non ti meritava minimamente» disse Draco indirizzando i suoi occhi grigi in quelli nocciola della sorella.
Una miriade di pensieri si frapposero nella mente del ricco rampollo. Pensieri che non s’azzardava ad esprimere ad alta voce.
«Un ultimo ballo, allora?» chiese Victoria, ormai convinta.
Draco non disse nulla, le prese la mano per condurla pista.
 
Non aver paura
Di essere ferito
Non lasciare che questa magia muoia
 
I loro sguardi non si scostarono mai, parevano incatenati. Victoria sorrise ascoltando le parole di quella canzone dolcemente melodiosa. A distrarla per un brevissimo momento fu la mano di Draco, che si posizionò sul suo fianco sinistro. Presero posizione e con naturalezza danzarono sulle note di quel magico lento.
 
La risposta è lì
Oh, guarda nei suoi occhi
E fai la tua mossa finale
Non aver paura, vuole che tu lo faccia
Sì, è difficile, devi essere coraggioso
 
Pensandoci bene, non avevano mai ballato in quella maniera, eppure non lo trovarono affatto strano. Né Victoria né tantomeno Draco percepirono imbarazzo. Anzi una sensazione di piacere e di spensieratezza li avvolse, avvicinandoli maggiormente.
Occhi contro occhi.
Petto contro petto.
Erano in perfetta sintonia.
 
La risposta è lì
Sì, basta guardarla negli occhi
E non credere che la magia possa morire
No, no, no, questa magia non può morire
Quindi balla il tuo ballo finale
Perché questa è la tua ultima possibilità
 
Quando la musica terminò, rimasero in quella posizione per molto più di un momento. Solo la voce del Preside, che dal palco annunciava la fine della serata e augurava una buona notte a tutti quanti, parve ricondurli alla realtà.
Draco e Victoria tornarono nella Sala Comune dei Serpeverde con la stessa naturalezza che li tenne legati durante il ballo lento. Dovendosi dividere per andare ognuno nel proprio dormitorio, si augurarono buonanotte. Una volta tolti gli abiti di quella notte e indossato il pigiama, s’infilarono sotto le lenzuola del letto a baldacchino.
La stanchezza prese il sopravvento e s’addormentarono in un baleno, entrambi con un dolce sorriso sulle labbra.



Mrs. Montgomery
Pensavate fossi sparita e invece sono tornata!
Vi confesserò che questo capitolo (come gli altri che "seguono" il quarto anno di Harry) era già bello che pronto, però credetemi non ho trovato il tempo per rileggerlo, verificare alcuni dettagli, ecc...
Precisazione: le strofe della canzone finale fanno parte della colonna sonora del film.
La rottura tra Allen e Victoria è definitiva e ci saranno delle conseguenze, sopratutto durante la trama de "l'Ordine della fenice"
Il rapporto tra Victoria e Harry sta decollando e più andranno avanti bene, più sarà difficile per gli altri distruggere il loro rapporto.
E Draco? Con lui non è mai detta l'ultima parola... quindi aspettare per credere.
Mi scuso profondamente per il tardivo aggiornamento.
Vi ringrazio di cuore per aver ripreso la lettura e non aver abbandonato Victoria&compagnia.
Grazie a chi recensisce e grazie a chi inserisce la storia nelle varie categorie.
Un grosso bacio!

 

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Capitolo 9
*** Giù nei profondi abissi ***


 


LP
Capitolo VIII

"Giù nei profondi abissi"

 



«Se devo essere sincera, non mi viene in mente proprio niente».
«Assolutamente niente?»
La speranza pareva non aver ancora abbandonato Harry.
Victoria scosse il capo desolata. Rifletté a lungo sulla sua domanda, ma non ricordava alcun mago che fosse riuscito nell’impresa di respirare sott’acqua. Lesse parecchi libri di storia riguardo stregoni prodigiosi, eppure non venne menzionato nessuno con tale capacità acquisita da pozioni o altro.
«Credo che nessun mago con un briciolo di sanità mentale voglia fare una gara d’apnea. A meno che non abbia scovato un tesoro e intende andarselo a prendere» pensò ad alta voce massaggiandosi il mento «ed anche in quel caso non mi viene in mente proprio nessuno».
Harry si lasciò andare contro lo schienale della panchina. Sbuffò, era completamente abbattuto.
«Ehi! Non fare così. C’è sempre una soluzione o una via di fuga, dipende dai punti di vista» tentò di rincuorarlo Victoria, battendogli una pacca sulla spalla. «Hai controllato in biblioteca nel reparto delle pozioni? Forse c’è qualche intruglio che ti permetterà di respirare per almeno un’ora».
Mancava un giorno alla Seconda Prova. Per miracolo, Harry riuscì a capire l’indizio dentro l’uovo e venne pure aiutato da quel bamboccio di Cedric Diggory. Storceva il naso ogni volta che ci pensava. Il tizio che gli fregò la ragazza al Ballo - e nella vita in generale - gli porse felicemente il suo aiuto.
«Sei sicuro di aver capito bene l’indizio?»
Harry si strinse nel suo mantello e annuì cupamente.
«Com’è che faceva? Prova a ripetermelo»
«Vieni a cercarci dove noi cantiamo, che sulla terra cantar non possiamo, e mentre cerchi, sappi di già: abbiam preso ciò che ti mancherà, hai tempo un'ora per poter cercare quel che rubammo. Non esitare, che tempo un'ora mala sorte avrà: ciò che fu preso mai ritornerà» recitò Harry tutto d’un fiato. Era tormentato da quella cantilena. Se la sognava pure di notte.
«Sai… è a tratti inquietante» ridacchiò Victoria, beccandosi un’occhiataccia da parte del Grifondoro. Alzò le mani. «Va bene, sto zitta. Cerca di essere positivo. Ricordi la prima prova? Credevi fosse insuperabile e invece sei arrivato alla pari con Krum. Sono sicura che ce la farai anche stavolta».
«Be’ la scorsa volta non dovevo smettere di respirare per un’ora».
«La prova non può essere impossibile. Una maniera per superarla la troveremo. La tua amica Granger non ha alcuna idea?»
«Hermione ha pensato alla trasfigurazione umana, ma non si fa prima del sesto anno e rischiare di impararla per i cavoli miei è troppo azzardato».
«Idea geniale, in effetti» considerò Victoria. Peccato che nessuno dei due ne fosse pratico. «Secondo me dovresti consultare i libri di pozioni. Se vuoi posso domandare al professor Piton…»
«No!» la interruppe immediatamente Harry.
Solamente udire il nome del professore che più lo osteggiò in quei quattro anni, gli fece passar la voglia di ascoltare altro.
«Sei gentile a fornirmi altre soluzioni, ma domandare qualunque cosa a Piton sarebbe una pessima idea».
«A me darebbe retta» borbottò Victoria.
«Non ne dubito, ma credo che scoprirebbe subito la tua intenzione di aiutarmi. E, credimi, non voglio farti passare dei guai a causa mia».
«Tu sei davvero carino a preoccuparti per me» gli disse voltandosi e mostrando un sorriso. Sospirò spensieratamente, abbandonando la sua idea. «E va bene. Non chiederò nulla al professor Piton, però ti consiglio di dare una sbirciata a qualche volume di pozioni».
«Non so quanto possa servirmi. Anche se trovassi una pozione che mi permette di respirare sott’acqua, può volerci tempo per la preparazione e trovarne una pronta significa dover andare a sgraffignarla a quel simpaticone del tuo Capo Casa!»
Fu buffo il modo in cui Harry si sfogò, talmente buffo che Victoria dovette astenersi dal ridergli in faccia. Non sarebbe stato un gesto educato e sicuramente era poco appropriato visto il momento di panico che stava attraversando l’amico.
«La prova è domani e ho altri volumi che aspettano di essere letti e riletti nella mia Sala Comune».
«E allora perché stai perdendo tempo con me?»
«Credevo, anzi, speravo che mi dessi la soluzione ai miei problemi» confessò Harry più avvilito che mai. Affondò il capo tra le mani e sbuffò esasperato. «Domani mi toccherà presentarmi di fronte alla giuria per squalificarmi dalla prova. Farò la figura dell’idiota!».
«Non farai la figura dell'idiota».
«Sì, invece. Non sono preparato per affrontare qualsiasi cosa stia sul fondo del Lago Nero e non voglio nemmeno affogare».
Victoria si alzò dalla panchina per mettersi di fronte all’amico. Prese un bel respiro profondo e mise le sue mani sulle spalle del ragazzo.
«Ora fallo anche tu! Fai un bel respiro e torna subito nella tua Sala Comune. Cerca di concentrarti, tenta di non agitarti ulteriormente e domani mostrati come il leone che sei!»
Harry fu contento di quel motto d’incoraggiamento. Dubitava di riuscire a seguirlo alla lettera. Concentrarsi sarebbe stato difficile, non agitarsi era praticamente impossibile e invece che un leone, avrebbe mostrato il pollo che era!
«Andrà tutto bene. Credo in te, Harry Potter» lo rassicurò Victoria.
Ed era sincera. Sì, era dannatamente sincera. Credeva nelle sue capacità e nella sua forza d’animo. Imparando a conoscerlo, non potè negare che tutti gli avvenimenti della sua vita lo plasmarono per diventare sempre più forte. Victoria gli riconosceva un talento per i guai, ma anche le sue notevoli capacità e il grande impegno che metteva in ciò che credeva.
«Forza!» lo incitò nuovamente, prendendolo per le mani e alzandolo in piedi. Gli diede una pacca sulla spalla. «Va’ torna nella tua Sala Comune e studia!»
Harry tentò di nascondere il nervosismo e si passò una mano fra i capelli corvini. Fissava gli occhi vispi di Victoria e quel sorriso fiducioso che gli rivolgeva anche durante le loro lezioni private. In fondo sperava di non deluderla.
«Grazie del supporto, Victoria».
«Sempre presente quando ne avrai bisogno».
Le sorrise, prima di salutarla con un veloce cenno della mano. Harry tornò in Sala Comune pensando che era stata una fortuna conoscerla meglio, superando ogni pregiudizio. Victoria Malfoy si rivelò un’ottima tutor e soprattutto una buona amica. Non era una ragazza che ricorreva a gesti plateali, eppure ogni sua parola di incoraggiamento rincuorava Harry nei momenti più turbolenti. La considerava una brava ragazza. Ormai si trovava più che a suo agio in compagnia di Victoria, talvolta scordava persino chi fossero i suoi parenti. Erano arrivati ad un buon punto.

 
*
 
 
Il giorno seguente, Victoria si svegliò alla buonora. Difficile a credersi per via della sua pigrizia. Era talmente agitata lei stessa per Harry, che quella notte faticò a chiudere occhio. Sperava tanto che avesse escogitato un piano per la Prova e si sentì anche un po’ in colpa per non essergli stata d’aiuto. Sospirò pesantemente, tentando di raggruppare energia positiva per quella giornata. Raggiunse la tribuna sulla riva del Lago Nero assieme agli amici di sempre. Loro non erano molto speranzosi verso Potter, anzi gli augurarono le peggiori nefandezze, come la maggior parte della Casa di Serpeverde. Victoria provò a diventar sorda in quelle poche ore e cieca quando adocchiava Allen gironzolare verso la sua zona. Da quando si erano lasciati lo evitava. In fondo era meglio così.
«Quale creatura devono affrontare?» le domandò Faye, che tremava dal freddo nonostante avesse indosso un cappotto pesante, un cappello e la sciarpa di lana dei Serpeverde.
«Non credo che si tratti di una creatura. Penso che lo scopo di questa prova sia recuperare un tesoro».
«Che genere di tesoro?»
Victoria alzò le mani, domandandoselo pure lei.
«È una prova del cavolo! Non possiamo nemmeno guardarli» si lamentò Faye, appoggiandosi alla ringhiera della tribuna. Sbuffava in continuazione. «E in più ci tocca starcene qua al gelo!»
«Tutta colpa di quel rimbambito di Silente» mugugnò Adrian. Abbracciò da dietro la sua ragazza provando a scaldarla.
«Oh che cucciolini» li prese in giro Lucian.
Nell’attesa di vedere qualcosa di concentro della Seconda Prova, Victoria e Faye cominciarono ad ipotizzare il tipo di tesoro che ciascun campione doveva recuperare. Il primo pensiero comune fu un gran forziere con all’interno una marea di gioielli e galeoni. Lucian smontò subito quell’idea.
«Guardate che gli organizzatori non sono così ricchi da cacciarci dentro il loro patrimonio. E nemmeno così cretini, spero».
Le ipotesi proseguirono. Faye s’immaginò un baule con dentro tutti i vestiti dei Campioni: era qualcosa che - secondo lei - bisognava recuperare assolutamente.
«… altrimenti dovranno andare in giro nudi».
«Puah! Potter nudo!» Adrian Pucey mimò un conato di vomito.
«Forse si tratta di qualche cimelio della propria scuola» rifletté Victoria
«Oh di sicuro» affermò Draco, facendosi largo fra la folla per raggiungere il gruppetto dove stava sua sorella. «Mi domando se ci può essere qualcosa di più vecchio di quel rimbambito di Silente. Forse questa prova ce ne darà atto!»
Victoria alzò gli occhi al cielo e scosse il capo per quell’intervento tanto stupido. La loro attenzione venne catturata improvvisamente da Cedric Diggory che spuntò dall’acqua, tenendosi ben stretto Cho Chang. I due nuotarono fino alla tribuna, raggiungendo Fleur che risalì molti minuti prima.
«Persone? È questo il loro tesoro? Delle persone?!» esclamò sbalordita Faye. «M-ma sono fuori di testa? Quindi il “tesoro” della Delacour rimarrà laggiù?»
L’idea non terrorizzò solamente lei.
Victoria stessa lanciò uno sguardo preoccupato a Lucian: era una prova inconcepibile. Possibile che fossero così crudeli? Non possedevano un briciolo di umanità?
La giovane Malfoy ricordava bene l’indizio sotto forma di ritornello. Be’… in realtà non sarebbe stata in grado di ripeterlo nel dettaglio, la sua memoria non era così ferrea, tuttavia rimembrava il passaggio: “ciò che fu preso mai ritornerà”.
«Siamo al limite della decenza» brontolò.
«Silente è un rincitrullito e non merita di essere il Preside di questa scuola» l’affiancò Draco, poggiandosi al parapetto e osservando con noia le acque del lago nero «però dubito metterebbe a rischio la vita di San Potter o del suo “tesoro”. Vedrai se non ho ragione, come sempre ovviamente. Puoi metterti l’anima in pace».
Victoria inclinò il capo e gli lanciò un’occhiata dubbiosa. «È da un paio di giorni che sei strano. Che hai?»
Draco la fissò per un istante, un istante davvero lungo, pareva esser pronto a dirle qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì una singola parola.
I minuti trascorsero lentamente, il tempo pareva essersi veramente rallentato. Man mano ogni Campione risalì dalle gelide acque. Krum portò a galla Hermione Granger, dopodichè risalirono Ron Weasley e la sorellina di Fleur. Di Harry non pareva esserci traccia.
Victoria alzò gli occhi sul grande orologio. Il tempo della prova era scaduto già da qualche minuto. Che diamine era accaduto a Harry?
Ecco che improvvisamente il più giovane Campione sbucò dalle acque del lago. La maggior parte delle persone lì attorno s’alzarono in piedi per applaudire fragorosamente. Si sgolavano tifando per Harry e Victoria non fu da meno.
«Io scendo per vedere come sta» sussurrò all’orecchio di Faye e senza dire altro si allontanò dal gruppetto di Serpeverde.
Attraversò la grande folla urlante e scese dagli spalti della tribuna per raggiungere la riva dove stavano i giudici, i campioni e tutto lo staff per supportarli. C’era un gran via vai. Madama Chips e un’altra donna si stavano prodigando a portare gli asciugamani ai Campioni e ai loro “tesori”. Non appena Harry la vide, alzò la mano per salutarla. Il poverino non aveva ancora ripreso fiato per parlare.
«Te l’avevo detto che ci saresti riuscito!»
Victoria gli mostrò un gran sorriso, era immensamente fiera di lui.
«Devo ammettere che hai stupito tutti quanti, persino me a dire il vero. Per quanto avessi fiducia nelle tue strabilianti capacità, c’è stato un momento in cui pensavo che non avessi la più pallida idea di come comportarti. Hai tirato fuori il leone che c’è in te, come un vero Grifondoro!»
Il ragazzo tremava come una fogliolina, non spiccicò parola, ma Victoria afferrò il suo ringraziamento da un lieve cenno del capo.
«Signor Potter, tenga e beva lentamente. Servirà a scaldarla» gli disse amorevolmente il braccio destro di Madama Chips. Indubbiamente si trattò di una pozione bollente. Lo si capì dal fumo che uscì dalle orecchie di Harry un istante dopo aver bevuto pochi sorsi.
«Bene così. Ottimo!» esclamò la nuova infermiera. «Vedrai che presto ti sentirai meglio».
Inclinando leggermente il capo, notò la presenza di Victoria e le sorrise gentilmente. Madame Herter era una strega all’apparenza molto misteriosa e austera, eppure ogni studente che venne assistito da lei in Infermeria raccontò di quanto fosse premurosa e molto meno bacchettona di Madama Chips.
Victoria ricambiò volentieri il sorriso di Madame Herter e, avendo l’occasione di osservarla da vicino, presuppose che dovesse essere di qualche anno più grande di Madama Chips. Non che sembrasse una vecchia arcigna con un piede nella fossa, assolutamente no. La strega che prestava aiuto, tra l’altro con molta passione, possedeva ancora una vivida bellezza, mantenuta tale indubbiamente dai suoi modi zelanti.  
«Credo le servono altre coperte, signor Potter. Vado a prenderle così si scalderà meglio» poi voltandosi verso Victoria, disse: «Mi aiuterebbe a recuperarne un paio, cara? Temo che quei delicati francesini tenteranno di rubarcele tutte quante!»
«L’aiuto volentieri, Madame».
Victoria seguì la strega, addentrandosi in una piccola tenda che ospitava parecchie coperte, asciugamani e pozioni di vario genere. C’era da dire che si erano ben attrezzati!
«Quel giovanotto ha davvero un coraggio mostruoso. Peccato sia arrivato tardi» commentò desolata l’infermiera. «Credo abbia voluto fare l’eroe. Secondo me pensava che Silente avrebbe lasciato il signor Weasley e la signorina Delacour sul fondo del lago» e ridacchiò.
La giovane Malfoy sorrise imbarazzata, in fondo lo aveva pensato pure lei.
«Potrebbero dargli qualche punto in più».
«Lo spero vivamente. È un così caro ragazzo» affermò Madame Herter, afferrando un paio di coperte e mettendole fra le braccia tese di Victoria. «L’ho medicato io alla fine della Prima Prova, sai? Oh, mi si stringe il cuore ogni volta che lo vedo. Così piccolo invischiato in questo brutale Torneo. Sono stati dei pazzi incoscienti a permettergli di partecipare contro la sua stessa volontà!»
«Crede anche lei che non si sia proposto di sua spontanea volontà?»
«Certo che no! Non mi pare uno sprovveduto. Forse un po’ ingenuotto, ma chi non lo è alla vostra età?».
«È vero. Harry è un bravo ragazzo».
«Tu lo conosci bene?»
«Il professor Rüf mi ha assegnata come sua tutor e ho imparato a capirlo, anche se credo che una persona non la si conosca mai abbastanza fino in fondo».
La strega le mostrò un sorriso stupito. «Lei sa il fatto suo, signorina. Ed io sono proprio una sciocca, sa? Stiamo parlando da qualche minuto e non mi sono ancora presentata. Proprio io che amo le formalità! Diamo colpa alla vecchiaia» e le fece l’occhiolino, prima di tenderle una mano. «Artemide Herter».
Victoria tentò di spostare le coperte sotto il braccio sinistro, così da poterle stringere meglio la mano.
«Victoria Malfoy» si presentò.
Il sorriso della strega rimase intatto. «Malfoy? Come Lucius Malfoy?»
«Proprio così. Sono sua figlia. Lo conosce?»
«Di vista. Se la memoria non mi inganna, credo proprio andasse a scuola con mia figlia» disse frettolosamente Madame Herter, ritirando la sua mano, e cominciò ad incamminarsi fuori dalla tenda. «Perdona la mia curiosità, ma i Malfoy non sono famosi per i loro tratti? Capelli biondi, quasi bianchi, e quegli occhi chiari?».
«Io…»
«Naturalmente potresti aver ereditato i tuoi meravigliosi tratti da tua madre o da qualche nonno» continuò la strega rallentando il passo per camminare di fianco a lei.
«In realtà i Malfoy sono miei cugini alla lontana» rispose Victoria con naturalezza.
Quella non era la prima volta che incontrava una persona che mostrava confusione per via del suo aspetto. Fin da bambina venne messa di fronte alla curiosità altrui e solitamente erano Lucius e Narcissa a spiegare - con molta freddezza - ai ficcanaso la sua provenienza. Il suo non-essere propriamente una Malfoy la fece imbattere in più di una vicenda sgradevole. Udì le malelingue insinuare che fosse la figlia illegittima di Lucius o di qualche parente bistrattato di Narcissa. Una volta a nove anni venne persino insultata da un mago a cui suo padre aveva sottratto una proprietà.
«Mala carne. Voi Malfoy siete tutti mala carne!»
E non era nemmeno l’insulto più brutto che ricevette. Ciò portò Victoria a detestare i pregiudizi. Non comprendeva come una persona potesse avere la presunzione di conoscere ogni cosa, sul conto di qualcuno, basandosi unicamente sul ceppo famigliare. 
«E ti sei trovata bene con i tuoi genitori adottivi?»
«Non mi hanno mai fatto mancare niente».
Madame Herter sorrise forzatamente. «Questa è la cosa più importante, presumo. E ti hanno mai parlato dei tuoi veri genitori?»
Victoria non badò a quella serie di domande dettate da una frenetica curiosità. Immaginava che al suo posto, le avrebbe poste a sua volta, essendo anche lei piuttosto curiosa.
«Oh… in realtà non ho mai chiesto troppo» rispose sinceramente, stando al passo dell’anziana strega. «Ero bambina quando mi spiegarono che la mia vera madre si ammalò di una malattia magica e prima di morire pregò Lucius di accogliermi in casa sua. Da quel che ho capito doveva essere una sua cugina di quarto o quinto grado».
«Devono averti cresciuta piuttosto bene. Hai una tale sicurezza quando rispondi, appari audace per aver solo quindici anni» la complimentò, voltandosi a guardarla solo per un istante.
«In realtà ne ho sedici. Sono nata il tre gennaio».
Madame Herter si fermò qualche istante. Lo sguardo vacuo, la sua mente stava navigando verso ricordi lontani, eppure tanto nitidi da formare un’espressione triste sul volto. Silenziosamente riprese a camminare e raggiunse nuovamente Harry. Gli posò una coperta sulle spalle e recuperò le altre dalle braccia di Victoria.
«T-t-ti sei appena p-p-persa la lettura d-d-dei punti» le disse Harry ancora tremante.
«Davvero? E com’è andata?»
«Fleur è ultima perché non ha recuperato l’ostaggio e non ha superato gli avvincini» disse Hermione, sfregandosi le mani per riscaldarsi. «Le hanno assegnato venticinque punti».
Alla sua destra c’era Ron che stava trangugiando una pozione calda.
«Quello zuccone di Krum se ne è beccati quaranta, ma solo perché Karkaroff è stato alto» disse lanciando un’occhiataccia al preside bulgaro.
«Sarà il suo cocco» commentò Madame Herter, aggrottando la fronte. «E non dubito affatto che quell’uomo faccia tante preferenze. È un viscido e non fatemi aggiungere altro!»
Victoria condivise la sua opinione in un cenno d’assenso, poi si sporse verso il giovane Potter. «Chi se ne importa degli altri. A te quanti punti hanno dato?»
Il ragazzo abbassò il capo afflitto. «Ehm… io… sai sono risalito per ultimo. Mi hanno dato… quarantacinque punti» e rialzò il capo mostrando un sorriso smagliante.
«Quanto sei scemo, Harry Potter!» scoppiò a ridere Victoria, dandogli una sberla sulla spalla. «Mi hai fatto prendere uno spavento. Io credevo che… oh maledetto, sei proprio un maledetto! Be’ meglio così» e sospirò sollevata, posando una mano sul petto.
«Tutto merito della tempra morale» ridacchiò Ron, dando una spintarella al suo migliore amico.
Victoria strepitò di gioia. «Dunque stasera brinderemo alla tua tempra morale!»
«Puoi dirlo forte, Vic» le disse Harry, facendole l’occhiolino.
«E Diggory? Sempre al primo posto?»
«S’è preso quarantasette punti» rispose Hermione. «È stato il primo a tornar su e il suo incantesimo è stato molto efficace».
«Che incantesimo ha usato?»
«Testabolla! È stato furbo il ragazzo» commentò Artemide.
«Sì, è stato bravo» toccò ammettere a Victoria.
Lanciò uno sguardo verso di lui, era acclamato dai suoi compagni di Tassorosso e ammirato da Cho. Victoria volse lo sguardo a Harry, gli sorrise comprensiva. Il ragazzo parve capire e annuì.
«Sei stato straordinario. Dico sul serio» gli disse sedendosi accanto e cingendogli le spalle. «Ora devi riposare. Mi racconterai più avanti che strategia hai usato e com’era là sotto».
«Va bene. E grazie… grazie per tutto» le rivolse un sorriso di gratitudine.
Victoria si sentì più che lusingata, in fondo non aveva fatto niente di speciale. Si era semplicemente comportata da amica. Lo sostenne e lo consigliò non meglio di quanto fecero Hermione e Ron.
Madama Chips li raggiunse invitandoli freneticamente a tornare al castello. I Campioni e i loro ostaggi erano ancora fradici e avevano bisogno di abiti asciutti o rischiavano un brutto malanno. Con lo spirito vittorioso Harry fece ritorno al castello al fianco dei suoi amici.
E anche quella prova se l’era tolta dai piedi.
 

 
*
 

Il mese di Marzo aprì le porte ai venti freddi, ma anche ad un incontro che Harry attendeva da mesi. Sirius gli scrisse dove poteva trovarlo, si era rifugiato in una caverna poco lontana da Hogsmeade. Chiese cortesemente di procurargli del cibo, del resto lui non poteva aggirarsi indisturbatamente per il villaggio magico a fare la spesa: era un latitante, uno dei più pericolosi, secondo il Ministero della Magia.
Era un sabato pomeriggio, quando assieme a Ron ed Hermione, Harry camminò per le vie di Hogsmeade e superando il piccolo paese, raggiunse un sentiero ripido che li conduceva dritti al rifugio segreto di Sirius Black. Gli fecero compagnia per varie ore. Parlarono di quello che accadde alla Coppa del Mondo di Quidditch, del Marchio Nero, di come Harry era divenuto misteriosamente un Campione Tremaghi e soprattutto si aprì una bella discussione sul signor Crouch che da mesi non si mostrava in pubblico. L’argomento si spostò sui ricordi del passato. Anni di paura, colmi di oscurità.
«Voi non c’eravate. Non potete capire» disse Sirius con sguardo vacuo.
L’atmosfera era lugubre.
«Crouch era ossessionato dai maghi oscuri e lo è tutt’ora. Un tempo, però, era disposto a qualunque cosa, pensate che permise agli Auror di usare le Maledizioni Senza Perdono, pur di catturare dei Mangiamorte» raccontò Sirius, percependo un brivido lungo la schiena. Nonostante la lunga prigionia ad Azkaban, ricordava bene gli avvenimenti di quattordici anni prima. «Una volta ha persino tentato di arrestare la zia di James».
Harry drizzò le orecchie udendo il nome del padre e lanciò un’occhiata interessata al padrino.
«Nessuno ti ha mai parlato di Diana?».
Il ragazzo scosse il capo.
«Già… quasi dimentico che… oh be’ la storia è più o meno questa» disse Sirius sbrigativamente. «Crouch vedeva il male ovunque, persino in leggere insinuazioni e questa zia… ecco… si diceva avesse una predilezione per la magia oscura. Alcuni azzardarono nell’affermare che avesse frequentato Voi-Sapete-Chi ai tempi di Hogwarts. Alcune sono solo dicerie, altre possono essere verità, sinceramente non ero presente quindi non so fino a che punto arriva la verità e dove cominciano le menzogne. Sta di fatto che riuscirono a dimostrare la sua innocenza per un pelo e grazie a Silente per giunta!»
«E chi era questa strega?» chiese Harry interessato.
«Io la conoscevo come Diana Potter…»
«La conoscevi?!» esclamò Hermione.
Sirius annuì sgranocchiando una coscia di pollo. «Diana sposò un certo Septimus Potter. Io non l’ho mai conosciuto, ma da quel che ho capito era il fratello di Fleamont… ehm tuo nonno, Harry!» finì di spolpare l’osso e lo lanciò a Fierobecco che agitò le ali dall’emozione in fondo alla caverna. «Ho conosciuto Diana durante le vacanze estive a casa Potter. Mi pare di ricordare che il suo nome da nubile fosse Lennox, Diana Lennox. Preferiva essere conosciuta come la signora Potter e non stento a crederlo!»
Harry, Ron ed Hermione si lanciarono occhiate curiose. Dal tono che usò Sirius pareva esserci qualcosa sotto riguardo quella strega. Non fecero in tempo a formulare la domanda, che Black continuò il discorso.
«Da ragazzo udii molte storie riguardo Diana Lennox. Dicevano discendesse da una stirpe magica piuttosto potente... comunque in casa mia si parlava di lei con timore. Una volta mio padre raccontò un episodio piuttosto violento, accaduto proprio ad Hogwarts, tra Diana e un’altra studentessa» fece una pausa per ingoiare il pezzo di pollo. Spolpò l’osso e poi lo lanciò a Fierobecco, il quale se ne beò. «Sinceramente non so quanta verità ci fosse. A sentir come le raccontava mio padre, sembravano le classiche storie per far mangiar le verdure ai piccoli maghi. Difatti quando ho avuto l’occasione di incontrarla, Diana mi è parsa una strega a modo e con i Potter, i tuoi nonni Harry, andava molto d’accordo. E loro erano per bene, quindi…» concluse con una scrollata di spalle.
«Forse erano davvero storielle per spaventare i bambini» disse Hermione.
«Io non ne ho mai sentito parlare» aggiunse Ron.
Harry evitò di esprimersi, fino a quattro anni prima nemmeno sapeva dell’esistenza del Mondo Magico, figurarsi se poteva conoscere delle leggende.
«I miei genitori sostenevano che ai tempi di scuola, Diana e Voldemort fossero in combutta… ed io continuai a dubitarne. Ve l’ho detto, ragazzi miei. Diana Lennox era una strega educata e cortese. Nulla a che vedere con le altre bisbetiche Purosangue che ci sono in giro!»
Dicendo così, pareva stesse parlando di…
«Come Victoria Malfoy!»
Harry lo pensò e Ronald lo disse a gran voce.
«Chi?»
«La nuova amichetta del tuo figlioccio» continuò Ron, dando una pacca sulla spalla all’amico, che nel frattempo era sprofondato in una buca colma di imbarazzo.
Sirius accigliò la fronte e fece saettare il suo sguardo sul figlio di James. «Non ne sapevo niente».
«Ops».
Harry si chiuse nelle spalle e cominciò a giocherellare con un osso di pollo, finito ai suoi piedi. Percepì gli occhi del suo padrino fissi sul suo viso.
«Non credevo fosse un’informazione importante» tentò di giustificarsi in fretta.
«Ho capito bene? Hai detto Malfoy?» sbottò Sirius, girandosi verso Ron che annuì a fatica.
Gli era sfuggito di bocca e in quel momento pensò che sarebbe stato meglio mordersi la lingua. Lo sguardo di Hermione fece presumere che la pensasse allo stesso modo.
«Scommetto che questa ragazza è imparentata con quei Malfoy» riprese il latitante spostando lo sguardo su Harry, che continuava a tenere lo sguardo a terra. Pareva essere molto concentrato su quell’osso di pollo. «Quelle personcine tanto simpatiche e buone che non vedono l’ora di vederti gravemente ferito in questo Torneo o addirittura morto!»
«Victoria non è così!» la difese rabbioso il giovane Potter alzandosi in piedi. Rimasero esterrefatti da quella reazione, persino Harry capì di aver alzato troppo i toni. Si rimise subito a sedere. «Scusa. Sto dicendo la verità, però. Lei non è come suo padre o suo fratello. Ha una maniera diversa di vedere le cose e mi è stata vicina. Non è una cattiva persona».
«Credo di poterlo confermare anche io» azzardò cautamente Hermione. «Non usa dei toni altezzosi come Draco. Pare non abbia nulla a che fare con quella famiglia. Con questo non dico che bisogna fidarsi ciecamente, rimane pur sempre una Malfoy».
«Non è una vera Malfoy. È stata adottata» puntualizzò Harry a denti stretti.
«Addirittura? Lucius che adotta un’orfana. Tzk! Ora credo di averle sentite tutte» scoppiò a ridere Sirius.
Rimasero in quella caverna a parlottare per un’altra oretta. Cominciarono ad avviarsi prima dell’imbrunire. Sirius insisté per accompagnarli almeno fino all’inizio del villaggio, ovviamente sotto forma di cane nero. L’uomo si premunì di avvertire il figlioccio riguardo Victoria. Lo mise in guardia perché “da quella famiglia non può uscire nulla di buono”
Scesero lungo il sentiero e quando giunsero in pianura si prepararono a salutarsi. Fu in quel punto che videro due figure avvicinarsi. Harry consigliò subito Sirius di andarsene, ma qualcosa parve trattenere l’Animagus.
«Oh guarda chi abbiamo qui! Signorina Granger, signor Weasley e signor Potter, anche voi state passeggiando per le vie di questa magnifica radura?»
Madame Herter, l’infermiera che diede una mano a curare i Campioni durante le prove del Torneo e che da poco si era insidiata anche nell’infermeria di Hogwarts, li accolse con un amorevole sorriso. Gli studenti che ebbero a che fare con lei si affezionarono subito. Era come Madama Chips, però meno severa.
«A saperlo prima vi avrei chiesto di unirvi a me e alla signorina Malfoy» e indicò la ragazza al suo fianco con un cenno del capo. «Sto procurando qualche erba curativa per Madama Chips. È sempre meglio avere una scorta ben fornita!»
«E voi ragazzi? Fate un giro ad Hogsmeade o tornate subito al castello?» domandò allegramente Victoria, osservando un istante dopo il grosso cane nero. «Oh che carino, è…»
«Non è nostro!» esclamò immediatamente Ron.
«È un randagio. L’abbiamo trovato per strada» aggiunse Hermione con più calma. «Credo, però, non ci seguirà fino al castello» marcò bene le sue parole così da farle arrivare dritte al diretto interessato.
«State facendo una passeggiata anche voi allora?» chiese Harry per sviare il discorso.
Victoria annuì, spostando la sua attenzione su di lui. «Non era in programma a dire il vero. Ero con i miei amici, finchè non ho visto Allen e mi sono innervosita. Continuava a seguirci. Per fortuna ho incontrato Madame Herter che mi ha proposto di venir quaggiù a raccogliere qualche erba. Almeno ho potuto cambiare aria» concluse ispirando spensieratamente.
«Ancora con questo Madame Herter, mia cara?» ridacchiò l’anziana strega dandole un colpetto alla spalla. «Quante volte ti ho detto di chiamarmi Artemide?»
La ragazza le rivolse un sorriso timido.
«Giovanotti, noi abbiamo programmato un altro giro per Hogsmeade. Vi unite a noi?»
«In realtà stavamo per tornare al castello» rispose prontamente Hermione. «Sarà per la prossima volta».
«Già! Siamo un po’ stanchi» aggiunse Ron, stiracchiandosi le braccia.
«Oh, nessun problema. Vi auguro buon ritorno» sorrise caldamente Artemide, salutandoli con un cenno del capo.
Victoria agitò la mano e seguì Madame Herter, prendendo una strada differente rispetto al trio. Le piaceva stare in compagnia di quella donna, riusciva a metterla sempre a suo agio.
Quel pomeriggio a selezionare erbe magiche non era stato minimamente calcolato. Artemide capitò nel momento giusto e piuttosto che stare nelle vicinanze di Allen, che oltre a seguirla continuava a fissarla insistentemente e a parlottare di lei alle sue spalle, preferì seguire l’infermiera. Victoria percepì una buona sensazione standole vicino, un senso di sicurezza e… e qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Possedevano un’ottima intesa, si capivano al volo!
«Ti mancano due annetti e otterrai i M.A.G.O.» riprese a parlare Madame Herter. «Hai già pensato a cosa fare una volta terminati gli studi?»
«Pensavo di infiltrarmi al Ministero» rispose con spontaneità, forse troppa. Victoria si fermò e scoppiò a ridere. Per come l’aveva detto sembrava che dovesse diventare chissà quale spia segreta. «Quello che intendo dire è che mi piacerebbe lavorare là. Papà mi ha già trovato un praticantato estivo all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia. So che si divide in molti rami e infatti sono davvero indecisa».
«Uhm e dove saresti orientata per ora?»
«All’Ufficio dell’Uso Improprio delle Arti Magiche… però ti confesso che non mi dispiacerebbe far parte anche dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale».
Madame Herter aggrottò la fronte e inclinò il capo confusa. «Ma… fanno parte di due diversi e ben definiti settori».
«Lo so» mugugnò la studentessa di Serpeverde, arricciando le labbra. «Sono davvero combattuta. All’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia mi troverei bene, senza dubbio, conosco qualche amico di papà che mi ha già spiegato il mestiere di ogni settore e trovo tutto maledettamente affascinante! Tuttavia lavorando per l’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale mi darebbe modo di conoscere meglio come funzionano gli altri Ministeri della Magia, magari imparerei qualche lingua straniera e conoscerei persone importanti!» esclamò Victoria con occhi sognanti.
Riusciva ad immaginarsi bene mentre stringeva la mano a numerosi maghi stranieri, che lavorano per ottenere un buon equilibrio tra i vari Ministeri. Circondata da persone importanti e vestita sempre di tutto punto mentre interloquiva con i funzionari più importanti. Senza contare che avrebbe sempre dei posti gratuiti nelle tribune durante i giochi magici internazionali.
«Sei davvero una ragazza ambiziosa!»
«Dicono che l’abbia ereditato da mio padre» affermò soddisfatta.
«So che il signor Crouch era il direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, mentre ora è l’attuale a capo dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Ha una carriera brillante alle spalle. Potresti ottenerla anche tu. Certo, calcola gli enormi sforzi che dovrai fare».
«Sì, sapevo del signor Crouch e ad essere onesta non mi ci vedo come lui. È un uomo che pensa solo al lavoro. Io auspico ad avere una famiglia…»
«Anche Barty aveva una famiglia. Non so se conosci la storia».
Victoria annuì tristemente, mordendosi il labbro inferiore. «Davvero tragica».
«Come molte di quegli anni».
Il modo in cui lo disse celava una gran sofferenza, fu piuttosto palese.
«Hai perso anche tu qualcuno che amavi?»
Una domanda inutile e - molto probabilmente, pensò Victoria - inopportuna. Doveva esser così per forza, glielo si leggeva in faccia. Per la prima volta in compagnia di Madame Herter, Victoria si sentì fortemente in imbarazzo.
"Dannata sia la mia curiosità e la mia linguaccia!"
«Avevo una figlia» l’anziana strega interruppe il silenzio «era tutto per me, tutto ciò che era rimasto di mio marito. Sai, lui è morto a causa di un tragico incidente. Era un brav’uomo e nostra figlia non fu da meno. Ho cercato di proteggerla come meglio ho potuto, o così credevo, ma non bastò. Tempi oscuri furono i nostri. La gente viveva nel terrore».
Naturalmente Victoria udì parlare di quegli anni dai suoi genitori. Un racconto leggermente differente. Spesso suo padre mostrava rincrescimento per la scomparsa del famoso Signore Oscuro, che per un pelo non prese il comando della comunità magica.
“Con Lui non ci sarebbero più sangue-marcio che ci infettano l’aria. Via dalle strade e via da Hogwarts” fu uno dei numerosi pensieri del patriarca dei Malfoy. La maggior parte dei facoltosi maghi Purosangue la pensavano come lui.
In contraddizione, Lucius disse che probabilmente Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto, poteva mostrarsi come un mago più potente e più oscuro di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Una teoria che si basava unicamente sulla sua vittoria quella notte del 31 Ottobre. Nel giro di pochi anni quel suo pensiero cambiò.
Victoria rifletté che suo padre si sarebbe mostrato il fan numero uno di Harry se si fosse mostrato all’altezza delle sue aspettative. La giovane strega ricordava ancora il giorno in cui suo padre si sfogò nel salotto di Villa Malfoy dopo che “quel maledetto bastardo” liberò con l’inganno il loro elfo domestico. Da quel giorno piovvero unicamente insulti e minacce velate verso il Ragazzo Sopravvissuto. Draco seguì il pensiero di Lucius con entusiasmo; in fondo era rinomata la sua antipatia per Potter.
«Credo che la sorte peggiore sia capitata a quel giovanotto. Orfano e cresciuto da dispotici babbani».
«Dispotici è un complimento per quella gentaglia!» replicò secca Victoria, ripensando a tutti gli aneddoti che Harry le raccontò in confidenza. «Sono persone senza cuore e senza pietà. Credimi, Artemide, se ti dico che mi è venuta la pelle di gallina udendo certe storie. Mi stupisco di come Harry sia cresciuto così bene. Educato e senza un briciolo di malignità. Mi sale una rabbia… è una fortuna che io non sappia che facce abbiano».
In preda a lanciare mille maledizioni ai Dursley, Victoria s’accorse dopo qualche passo che Madame Herter aveva arrestato la sua camminata. Le toccò fermarsi a sua volta. Si voltò e notò di avere lo sguardo dell’infermiera su di sé. Era fissa sulla sua figura da un po’. Era come se la stesse studiando.
«Che cosa c’è?»
«Niente» rispose l’anziana signora, come se si fosse risvegliato di colpo. Accennò ad un sorriso intenerito. «Trovo bello questo tuo attaccamento a Harry Potter. Gli vuoi molto bene, vero?»
«È mio amico» rispose Victoria come se fosse ovvio.
«Certo. Certo che lo è».
Madame Herter le si avvicinò e con un cenno del capo indicò la strada che portava dritti ad Hogsmeade. Silenziosamente tornarono nel villaggio magico dove conclusero al meglio quella giornata.


Mrs. Montgomery
Doppio aggiornamento per ripagarvi della pazienza e per ringraziarvi.
Ho apprezzato ogni messaggio, ovviamente anche ogni recensione, avete speso qualche minuto del vostro tempo per chiedermi quando avrei aggiornato e strapparmi qualche segretuccio... ma ehi!
Non posso svelarvi nulla, altrimenti niente sorpresa... perché sì, ci saranno molte sorprese!
Nulla è come appare.
Qua avete letto di Sirius che svela com'erano i tempi prima della caduta di Voldemort, racconta di alcuni parenti di Harry (Diana e Septimus) inventati di mia sana pianta. Sono nuovi personaggi di cui sentirete ancora parlare.
Questi dettagli e altri che spargerò hanno un preciso scopo e vedrete come si collegherà il tutto!
Spero vi piaccia come sta continuando la storia.
Vi mando un grosso bacione!

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Capitolo 10
*** Vacanze di Pasqua ***


 
LP

Capitolo IX 
"Vacanze di Pasqua"


 

Liberi.                                                                                    
Liberi sfrecciarono contro il vento, superando l’ampia vallata rigogliosa e infiltrandosi nella folta selva, dove scorreva un fiume che l’attraversava. D’inverno si trasformava in un letto di ghiaccio e conduceva ad un piccolo laghetto, che venne utilizzato molte volte dalla piccola Victoria come pista di pattinaggio. Quando tornava da Hogwarts, durante le vacanze natalizie, era il suo luogo preferito in cui giocare. Amante del freddo, si sentiva la regina dei ghiacciai. Ogni inverno tentava di trascinarci anche i suoi genitori, voleva unirli al suo divertimento e le poche volte in cui ci riuscì provò una gran soddisfazione. Narcissa non si lasciò mai andare sulla pista di pattinaggio, preferiva badare a Draco che si lamentava continuamente del freddo. Lucius tenne un comportamento diverso. Per tutti gli anni in cui Victoria visse in quella famiglia, il signor Malfoy l’assecondò in ogni castroneria che le saltò in mente. Strano, viene da pensare, soprattutto conoscendo il carattere rigido dell’uomo, eppure fin dal primo momento che prese quella bambina tra le sue braccia, qualcosa in lui cambiò. Uno spiraglio, una fioca luce fece breccia nella sua oscurità. Non che fosse diventato un mollaccione. Nossignore! Lucius crebbe anche Victoria con severità, pur notando varie sottili differenze con il figlio biologico. Fin da bambini fu palese una diversità comportamentale e caratteriale tra i fratelli Malfoy e il meraviglioso legame che li univa. Un legame che sarebbe andato oltre, ed oltre, ed oltre...
«Secondo te papà si sta ammalando?»
Erano appena arrivati al fiume. Victoria appoggiò la sua scopa contro un albero, accanto alla Nimbus 2001 del fratello, e fece per raggiungere Draco, che se ne stava seduto beatamente sull’erba.
«Dubito sia lo stesso male del nonno, forse è il classico raffreddore di primavera. Sono alquanto certa che non stia bene».
«Nah! Papà sta benone» rispose Draco senza alcun cenno di inquietudine. «È solo preoccupato per il lavoro, io credo. Onestamente a me pare il solito di sempre e poi finchè nostra madre non comincia a diventar troppo ansiosa, possiamo star tranquilli».
Era vero. Narcissa era una donna impeccabilmente austera, ma quando si trattava del marito o dei figlioletti lasciava fuoriuscire tutta la sua umanità e diventava parecchio irrequieta in vista di un ipotetico problema, che poteva creare squilibri all’interno della famiglia.
«Dici che ha scoperto che mi sono avvicinata ad Harry?»
Udir quel nome, fece assottigliare lo sguardo di Draco. Lo detestava a morte e detestava ancor di più che fosse sempre di più a stretto contatto con la sorella. Ogni notte s’addormentava sperando che il giorno seguente, Victoria andasse a dirgli che non voleva più avere niente a che fare con lo Sfregiato.
«Draco, mi stai ascoltando?»
Il ragazzo parve tornare alla realtà. Inclinò leggermente il capo, sentendola arrivare alle sue spalle.
«Non credo che nostro padre lo sappia. In tal caso ti avrebbe fatto una sonora ramanzina fin dal primo giorno di vacanza» le fece notare e ancora una volta Victoria dovette dargli ragione.
«Grazie per non avergli spifferato nulla».
«Riguardo?»
«Me e Harry».
Draco imitò un conato di vomito e si strinse la pancia con entrambe le mani. «Ti prego, non dire più una cosa del genere. Sembra quasi che voi due abbiate una tresca e ciò mi darebbe il voltastomaco».
Victoria non potè che ridere per quella sua buffa performance. Piegando le ginocchia, si accomodò su quel morbido manto d’erba, stando proprio di fronte al fratello. Osservò l’espressioni di Draco cambiare rapidamente e nessuna di esse
fece trasparire qualche sintomo di gioia. Era tutto un “bleah” e un “puah”.
«Dici che rischio di farti venir la dissenteria, se cominciassi una tresca con Potter?»
Draco s’immobilizzò immediatamente. «Perché me lo domandi? Per caso… hai quella intenzione?»
«Affatto!» esclamò Victoria divertita. «Harry non è propriamente il mio genere di ragazzo, ma mi sembrava di avertelo già detto».
«Fidati, una volta in più non guasta mai» e tirò un sospiro di sollievo. «Tornando al discorso, non direi nulla che possa metterti nei guai, specialmente con nostro padre».
«Mi fido di te, Draco».
«Davvero? Perché in quel “grazie” di poco fa, sembrava esserci molta sorpresa» replicò secco.
Victoria bofonchiò una risata e si lasciò cadere all’indietro, sdraiandosi sull’erba. «Il dubbio è lecito. Tu odi Potter».
«Sì, ma… voglio bene a te» disse con voce profonda, come se dovesse esserci dell’altro. Lei non potè vederlo, ma gli occhi di Draco erano fissi sul suo corpo. «E poi spero che tu rinsavisca da questa amicizia, se così possiamo definirla. Non è la persona adatta per starti vicino in qualunque senso. Appartenete a due mondi differenti e mi auguro che lo capirai prima che sia troppo tardi».
La ragazza ascoltò attentamente ogni parola e aggrottò la fronte sul quel finale ambiguo. Si tirò sui gomiti, così da poterlo guardare in faccia. «Cosa intendi dire per “prima che sia troppo tardi”?»
Draco scrollò le spalle guardando in basso. «Era tanto per dire».
«E da quando dici le cose tanto per dire?» domandò cercando il suo sfuggente sguardo. «Draco potrai essere molte cose, ma non uno sprovveduto. C’è qualcosa che io non so?»
Il giovane Malfoy tentennò per più di un momento. Pareva concentrato a giocare con i sottili fili d’erba ed era più che intenzionato a sviare lo sguardo sospettoso della sorella. C’era davvero qualche verità che voleva nasconderle? E perché? Da sempre si confidavano qualsiasi cosa, certi che l’uno non avrebbe tradito l’altra. Perché, allora, Draco fu restio a continuare quel discorso?
La sua reazione non fece altro che aumentare i di Victoria, però non lo incitò. Gli voleva dare tutto il tempo per riflettere e magari convincersi a sputare il rospo. Dubitava che ci sarebbero mai stati segreti tra loro.
«Io penso solo» finalmente Draco si decise a parlare «che un giorno, tu possa trovarti sul fronte opposto a quello di Potter. Conosci anche tu le storie sul possibile ritorno di Tu-sai-chi e se accadrà, come molti sperano, che pensi di fare?»
Adesso la stava fissando dritta negli occhi. Draco era di una serietà disarmante, una lieve preoccupazione solcava quelle sue iridi cinerine.
«Non so proprio dove vuoi andare a parare».
O forse sì, ma sperava di aver capito male.
«Allora lascia che mi spieghi meglio, sorella» il tono del ragazzo si fece grave. «Se un giorno Tu-Sai-Chi dovesse tornare e potrebbe capitare tra cinque anni, come potrebbe essere domani… che cosa hai intenzione di fare? Conosci le idee della nostra famiglia sulla purezza del sangue. Quindi che farai? Starai al fianco della nostra famiglia o ti schiererai con quello Sfregiato?»
Victoria sbuffò col naso e si rialzò in piedi velocemente; quel discorso la stava innervosendo.
«Parli di sciocchezze».
«Non parlo di sciocchezze!» replicò duramente Draco, alzandosi a sua volta per fronteggiarla.
Lo sguardo di Victoria si posò altrove. Con le mani strette sui fianchi rifletté che non si era mai posta quel problema. Principalmente perché dubitava del ritorno dell’Oscuro Signore. Se era tanto potente come dicevano, allora avrebbe potuto trovare un’altra maniera, forse più veloce ed efficace, che attendere tredici anni o più. Victoria non credeva nemmeno che fossero attendibili le voci che lo davano per disperso in qualche foresta nell’est dell’Europa. Tutte dicerie con il solo scopo di far spaventare i bambini creduloni.
«Non ho detto niente ai nostri genitori riguardo te e Potter, per non metterti nei guai. Non voglio che se la prendano con te per un qualcosa che per ora non ha importanza» marcò bene Draco, avvicinandosi alle sue spalle. «So che sei fedele alla nostra famiglia e so che sei grata ai miei… ai nostri genitori per averti cresciuta. Tuttavia so che da quando sei amica di quello sfigato, qualcosa è cambiato…»
«Nulla è cambiato, Draco» lo interruppe lei, voltandosi e trovandoselo ad un palmo dal viso. Il suo cuore perse un battito per tale vicinanza, ma non la deconcentrò dal suo discorso. «Sono sempre io. Sono la stessa persona con cui venivi qui a fare il bagno d’estate e quella che ti aiuta a ripassare Storia della Magia. Mi vesto ancora uguale e le mie amicizie sono rimaste invariate, anzi l’unica variazione è che Harry Potter ne fa parte».
Draco inarcò un sopracciglio. «E la consideri una variazione da poco?»
Solitamente Victoria detestava essere continuamente osteggiata riguardo le scelte personali, ma le fu impossibile arrabbiarsi con suo fratello. Comprese il suo stato d’animo.   
«So che sei preoccupato e che non stai facendo il dispettoso con me per il gusto di farlo. Sei preoccupato per la mia incolumità. Questo ti fa onore, dico davvero» gli sorrise amorevolmente, poggiando entrambi le mani sul viso del ragazzo. «Per te la famiglia è importante. Sei disposto a tutto per noi e, credimi, vale lo stesso per me. Non farei o direi nulla che possa mettere in pericolo anche solo uno di noi. Narcissa, Lucius e tu… significate tanto per me. Il mio non è solo dovere. Vi voglio bene».
La vedeva così pura. Draco fissava quelle iridi nocciola, così sincere e colme di una luminosità che pareva discordante all’atmosfera di Villa Malfoy. Ne era affascinato. Lo era sempre stato.
Fin da bambino la considerò come una preziosa bambola appartenente a lui, unicamente a lui. Però non come un giocattolo. Victoria fu la sua compagna di giochi, la sua confidente, la sua spalla durante le cene noiose che organizzavano i suoi genitori e colei che coprì i suoi pasticci per non destare la furia di Lucius. Rappresentavano un caldo e sicuro rifugio l’uno dell’altra. Era sempre stato così. Uniti da un legame in cui il sangue non c’entrava un bel niente.
Draco posò le sue mani su quelle della sorella, che ancora tenevano il suo viso. Con un sorriso appena accennato, il ragazzo rifletté che doveva smetterla di dubitare di lei. Victoria era l’unica, fatta eccezione per sua madre, a cui volesse veramente bene e che a sua volta volesse bene a lui.
«Hai voglia di rivangare i vecchi tempi?» le domandò indicando il fiume con un cenno del capo. «Ti va di fare un bagno?»
«Fai sul serio? Ma non abbiamo il costume!» rise Victoria.
Draco si scostò da lei e si tolse il maglione scuro assieme alla canotta bianca, rimanendo a torso nudo. «E allora? Chi dice che ne abbiamo bisogno?»
Il ragazzo cominciò a spogliarsi del tutto, sotto lo sguardo imbarazzato della sorella che tentò di guardare altrove. Sì, tentò, in realtà non ci riuscì. Qualche occhiata fugace le fece capire che Draco fosse ben messo.
«Io non posso crederci che tu lo stia facendo veramente!» ridacchiò coprendosi gli occhi con le mani. «Se nostro padre lo venisse a sapere…»
«Ben detto! Ma nostro padre non verrà mai a saperlo. Forza, Vic! Vuoi lasciarmi andare da solo?»
«Non penso sia il caso di farlo davvero… insieme, per giunta!»
«Che male c’è? Siamo fratelli!» replicò l’altro con molta tranquillità. «Chissà quante volte nostra madre ci avrà fatto fare il bagnetto insieme».
«Suppongo che ora sia diverso».
«Nah!»
E Draco si tuffò nel fiume. Victoria si rifiutò di guardare, rimase tutto il tempo lì, in piedi, con gli occhi coperti. Udì il rumore dell’acqua muoversi e le risate di suo fratello echeggiare.
«Buttati anche tu, Victoria! L’acqua è sublime!» esclamò il ragazzo, passandosi le mani sul viso e sui capelli inzuppati.
Lei non parve convinta.
«E dai! Prometto che mi volto e non ti guardo, se è questo il problema».
Forse stava per cedere.
«Uh com’è fresca quest’acqua! Paradisiaca!»
«Come dire che ci sei stato per davvero in Paradiso» borbottò Victoria.
Lo udì sbuffare. «È un modo di dire, simpaticona. Allora, cosa aspetti ad unirti a me?»
Victoria sospirò profondamente. Cominciava ad attirarla l’idea di farsi un bel bagno. Era dalla scorsa estate che non ne faceva uno.
«E va bene!» cedette finalmente. «Però girati!»
Draco alzò le mani in segno di resa e si voltò. La strega lo apprezzò, sebbene non la mettesse completamente a suo agio. Del resto non era abituata a spogliarsi completamente di fronte a qualcuno, nemmeno se questo qualcuno fosse suo fratello. Be’ fratello si faceva per dire. Non lo erano veramente e Victoria non lo pensava in senso cattivo, però era da qualche tempo che un pensiero strano s’impadronì della sua mente. Un pensiero che le martellava continuamente nella testa. Ci rifletté anche in quel momento mentre si liberò di tutti i suoi abiti. A volte stava in compagnia di Draco e si scordava che fosse suo fratello, era come se d’un tratto fosse diventato un ragazzo qualunque con cui però si trovava molto bene… fin troppo bene.
«Ora mi tuffo! Sta’ ancora girato!» lo ammonì pronta a calarsi nel fiume.
Lui obbedì e si voltò solamente dopo aver udito il rumore del tuffo. Rapidamente, Victoria sbucò con la testa dalla superficie chiara dell’acqua. Le scappò un gridolino di gioia.
«Mi tocca darti ragione, fratellino. La temperatura è fantastica!»
«Quando mai ti dico le bugie?»
Lei rispose schizzandolo con l’acqua.
«Come hai osato?!»
Victoria rise e continuò, divertendosi come quando era bambina.
«Vuoi la guerra, eh?» replicò Draco avvicinandosi a lei con due lunghe bracciate. «E guerra sia!»
Il biondo cominciò a schizzarla d’acqua a sua volt, iniziando una lotta continua circondata da risate spensierate. Entrambi tirarono fuori il loro lato fanciullesco, il più puro, il più ingenuo. Non un pensiero negativo solcò le loro menti. Fu un pomeriggio all’insegna del divertimento, uno di quelli impossibili da dimenticare. Come in ogni cosa che li legava, Draco e Victoria trovarono complicità, una di quelle davvero rare.
«Ora vengo a prenderti!»
«Se ci riesci» lo beffeggiò Victoria prendendo a nuotare velocemente per allontanarsi.
«E se ci riuscissi? Cosa mi daresti in cambio?»
E in quell’istante Victoria si voltò lentamente e gli lanciò una lunga occhiata.
«Che cosa posso offrirti che desideri tanto?»
Vedendola lì, con i lunghi capelli scuri completamente bagnati, immersa in quell’acqua fresca che dava piacere solamente sguazzandoci dentro per pochi istanti, a Draco venne in mente una sola cosa.
Un bacio.
Lo pensò talmente rapidamente che si rese conto un attimo più tardi di ciò che stava desiderando.
Voleva baciare sua… oh, il sol pensiero gli fece venir il voltastomaco. Eppure appena sollevò lo sguardo verso quella ninfa, che pareva fluttuare in mezzo al fiume assieme alle sue grazie, non vedeva sua sorella. Non ci riusciva proprio. Laggiù c’era Victoria, una ragazza splendida che desiderava tanto… no, non poteva far quei pensieri!
«Ti sbrighi o ti arrendi?»
Bastò il suono della sua voce a richiamare il suo istinto predatore.
Draco cominciò ad avanzare per raggiungerla. Fu più forte di lui. Possedeva il desiderio incontrollabile di averla accanto a sé, pelle contro pelle, entrambi nudi, in mezzo alla natura.
Riuscì a raggiungerla dopo poche bracciate. La bloccò subito tra il suo corpo e un enorme masso scivoloso. Victoria non sembrava dispiaciuta della sconfitta, lo fissava con ingenuità.
Nel suo sguardo c’è una purezza eccitante.
Draco scalpitava, trattenne a stento i suoi istinti. Possedeva l’animo irrefrenabile di chi voleva godersi il suo premio. Fissò le labbra carnose di Victoria come se d’un tratto non avesse mai visto niente di più bello.
«Quindi? Qual è il tuo premio?» ridacchiò Victoria.
L’atmosfera era perfetta, ma Draco si tirò indietro. Non poteva farlo. Non poteva baciarla e né fare altro. L’avrebbe preso per pazzo. Scostò le mani dal masso e indietreggiò lentamente.
«Diciamo che la mia vittoria non farà altro che aumentare il mio profondo ego» e cominciò a nuotare verso la riva.
«Oh davvero? Non mi fai pagare pegno? Come sei buono e generoso» lo prese in giro lei.
Draco si voltò e con aria ammiccante disse: «Come potrei non esserlo con te?»
Pochi istanti dopo furono entrambi fuori dall’acqua. Evitando momenti imbarazzanti si vestirono uno alla volta, senza che l’altro potesse guardare. Poi raggiunsero le loro scope e volarono in direzione di Villa Malfoy. Si scambiarono più di un sorriso mentre sfrecciavano oltre le grandi vallate del Wiltshire.
Una leggera pioggerellina di primavera cominciò a scendere dal cielo, che lentamente si stava scurendo, non appena posarono i piedi a terra. Ritennero una fortuna esser arrivati prima di beccarsi il classico acquazzone che giungeva in quella stagione. Avevano anche la scusa pronta se avessero beccato i loro genitori, del resto non fecero in tempo ad asciugarsi dopo il lungo bagno.
«È stata proprio una bella giornata!» esclamò Victoria con la sua classica vivacità. «È da molto che non trascorrevamo così tanto tempo insieme o sbaglio?»
Lasciarono le scope all’ingresso.
«Sei tu che sei sempre troppo impegnata con altre persone» calcò Draco, affiancandola nell’attraversamento di un lungo corridoio. «Io ho sempre tempo per te».
«Non dire così. Mi fai sentire in colpa».
«Fai bene».
Victoria spalancò la bocca stupita e gli passò un braccio attorno alla vita per abbracciarlo stretto.
«Sei veramente uno stronzo!»
«Ah mi insulti pure, sorella?»
«Te lo meriti!»
«Sei tu che mi trascuri!»
La ragazza continuò a tenerlo stretto a sé e gli poggiò il capo sul braccio. «Prometto che quando torneremo a scuola mi farò perdonare».
Victoria teneva lo sguardo basso, non poteva vederlo, ma Draco la stava guardando dall’alto e aveva ammiccato un tenero sorriso. In fondo adorava essere coccolato, specialmente da lei.
Il rumore di un chiacchiericcio attirò la loro attenzione. Alcuni uomini vestiti completamente di scuro scesero la scalinata che portava al salotto. I giovani Malfoy riconobbero i soliti amici del padre, più qualche mago che sicuramente rientrava nelle amicizie di Lucius. Draco e Victoria si scostarono l’un l’altro, assumendo una compostezza seria ed elegante e si prepararono a salutare gli ospiti. Uno di loro impallidì improvvisamente e afferrò il braccio del mago che lo stava affiancando.
«Non è p-possibile. Diana?»
In quel preciso istante dalla cima della scalinata un’altra voce si sovrappose: «Victoria, Draco, venite in salotto!» tuonò Narcissa Malfoy.
I due fratelli chinarono il capo in segno di rispetto e sorpassarono gli stregoni. Una strana sensazione avvolse Victoria, che percepì un insistente sguardo addosso. Quando raggiunsero il salotto vennero inondati da un gran calore. Il caminetto era stato acceso e la sua luce dava una tonalità più chiara alle pareti viola scuro.
«Eccoli qua! Le nostre giovani promesse per il futuro!»
Fu Corban Yaxley a parlare. L’uomo stava in piedi a sorseggiare il miglior whiskey della casa e fino a quel momento aveva intrattenuto i padroni del maniero. I coniugi Malfoy erano entrambi seduti sulle poltrone davanti al caminetto di marmo.
«Draco» lo salutò con una pacca sulla spalla «e Victoria. Mio Dio, è da un anno che non ti vedo e sei splendida. Manca poco e ti ritroverai una marea di corteggiatori fuori dal cancello, se già non ne hai a scuola» e le fece l’occhiolino.
«C’è tempo per selezionare il giusto partito» borbottò Lucius Malfoy.
Yaxley ridacchiò, cingendo le spalle di Victoria e accompagnandola a sedersi sul divanetto, accanto al fratello. «Sentitelo, il padre geloso! Amico mio, se non impari a gestirti, sarà dura lasciar lavorare tua figlia nel mio ufficio quest’estate…»
«Che cosa?! Farò il praticantato con te?» esultò Victoria con occhi avidi di potere.
L’uomo annuì.
«Oh, grazie!» balzò in piedi per abbracciare Yaxley con gran vivacità. «Te ne sarò eternamente grata e ti prometto che non te ne pentirai!»
«Tesoro, dovresti ringraziare tuo padre» s’intromise Narcissa, intenta a sorseggiare il suo tè alle rose. «È stata una sua idea affiancarti a Corban e a concederti il suo permesso, naturalmente».
La ragazza si voltò e vide il padre corrucciato in un’espressione piuttosto seria. Senza contenersi, Victoria gli si buttò addosso per stampargli uno schioccante bacio sulla guancia.
«Victoria, ma che maniere sono mai queste?» brontolò l’uomo, alzando le braccia. «Quante volte ti ho detto di contenerti? Non è elegante che una signorina della tua età e del tuo retaggio si lasci andare a simili comportamenti!»
La solita ramanzina che si beccava quando attorno c’erano persone all’infuori della famiglia. Victoria non replicò e rimase seduta sul bracciolo della poltrona, osservandolo con astuta curiosità. Poteva rimproverarla quante volte voleva, tanto non avrebbe mai cambiato il suo modo di fare e nel profondo nemmeno Lucius voleva che cambiasse. Infatti, un attimo più tardi, sua moglie lo vide sollevare lo sguardo verso la figlioletta e ammiccare ad un sorriso.
«Sarà un piacere insegnarti il mestiere. La prossima estate la trascorrerai a farmi da assistente, ma ti avviso fin da ora che dovrai sudare. Il nostro mestiere non è facile» la mise in guardia Yaxley con fare severo. «Ti senti all’altezza?»
«Naturalmente».
«Era proprio ciò che volevo sentire. Se sarai brava, ti prenderò per un altro praticantato e quando finirai gli studi… be’ ci sarà un bel posticino ad aspettarti!»
Victoria sorrise soddisfatta. Era ormai certa che le si prospettasse un bel futuro. In quel frangente s’intravedeva una somiglianza quantomeno perfetta tra lei e Lucius. Lo stesso sguardo fiero, il ghigno vittorioso di chi aveva ottenuto ciò che desiderava e quell’aria pavoneggiante dannatamente fastidiosa.
“La principessina di casa sta ottenendo ciò che vuole” pensò Corban Yaxley, osservando come Victoria gongolava durante il piccolo brindisi che Lucius innalzò per lei. Il padrone di casa non aveva occhi che per quella ragazzina, pur non condividendone il sangue. Alle volte sembrava preferirla a Draco, ma non come figlia. Quello no. Lucius non fece mai differenze tra loro due, eppure rivolgeva più di uno sguardo d’apprezzamento verso Victoria.
Forse perché lei non si sforzava di accontentarlo come faceva Draco?
O forse perché nella sua audacia di pensiero e parole riusciva a distinguersi?
“Strano modo di comportarsi, vecchio mio”.
Yaxley ci rifletteva ogni tanto e ogni volta giungeva alla solita conclusione: il nulla. Ciò che legava tanto Lucius a quella ragazza, lo poteva sapere solamente lui.
Rimasero in salotto a parlare per una buona ora, dopodichè Yaxley si ritirò nella sua dimora. Narcissa andò dall’elfo domestico per dar disposizioni riguardo la cena e Draco prese quel momento per correre a finir di preparare la sua valigia, l’indomani li aspettava il treno di ritorno per Hogwarts. Lucius e Victoria restarono da soli, seduti sulle poltrone a gustarsi gli ultimi pasticcini e a scambiare qualche chiacchiera innocente.
«Draco si è lasciato sfuggire che non frequenti più quel ragazzo dell’estate scorsa».
«Allen?» chiese Victoria roteando gli occhi solo al pensiero di quella faccia da sberle. «Ci siamo lasciati la notte di Natale ed è stata una fortuna. È un completo idiota. Sai qual era il suo unico pregio? Essere un Purosangue».
«Qualità fondamentale per un buon partito» si precipitò a dire Lucius «ma da quanto dice tuo fratello, non era degno di starti accanto nemmeno per questa ragione. Tengo conto dell’opinione di Draco. Ti è affezionato e non ti darebbe in pasto al primo allocco che ti gironzola attorno».
«L’hai addestrato come un bravo mastino» lo complimentò Victoria alzando la sua tazzina da tè.
«Gli conviene».
«Papà, lo sai che so difendermi anche da sola».
Lucius le lanciò un lungo sguardo d’intesa. «Credo che sai il fatto tuo. Hai sempre dimostrato di saper maneggiare bene la bacchetta, sebbene credo che riusciresti a dare del filo da torcere anche senza» e rise bonariamente.
La sorprese quel complimento. «Grazie!»
«E con la teoria come sei messa? I G.U.F.O. sono vicini e dovrai impegnarti molto, se un giorno desideri lavorare al Ministero».
«Non ti deluderò».
“Non lo hai mai fatto”, si ritrovò a pensare Lucius.
Orgoglioso com’era non glielo avrebbe mai detto. Un Malfoy non si lasciava andare a quel genere di emozioni. Era un dovere di Victoria renderlo fiero e provvedere a non deluderlo. Non che fosse la prima cosa a cui pensò quando la sua vera madre gliela mise praticamente tra le braccia.
In realtà Lucius non aveva mai preteso lo stesso impegno che esigeva da Draco, eppure Victoria si sforzò sempre per raggiungere il massimo e renderlo fiero di averla scelta come figlia. Fin da bambina voleva dimostrare di meritare la sua appartenenza alla famiglia Malfoy. Quella fu la principale ragione per cui insistette per fare il praticantato al Ministero. Lucius ripeteva sempre che “il Ministero della Magia necessita di un Malfoy” e Victoria ambiva ad essere la prescelta.
«Credo che mi troverò bene da Yaxley» esordì poggiando la sua tazzina sul tavolino. «Starò attenta a tutto ciò che mi insegnerà. Farò una brillante carriera e renderò la vita dura a chiunque mi metterà i bastoni tra le ruote».
Era quello che Lucius voleva sentirsi dire e difatti ammiccò ad un ghigno soddisfatto.
«Questo è parlar bene! E non dubito che te la caverai. Hai la stoffa giusta per conquistare ciò che fa parte dei tuoi desideri».
«Papà, con tutti questi complimenti mi farai arrossire» disse lei con fare civettuolo, facendolo ridere.
Improvvisamente Lucius venne colto da un dolore al braccio sinistro. Si piegò su quel lato, facendo rovesciare il whiskey sul tappeto bianco e cadere a terra il bicchiere di cristallo, che andò in mille pezzi. Victoria precipitò subito e s’inginocchiò al suo fianco. I suoi occhi erano sbarrati dalla paura, non sapeva cosa fare, tentò di chiamare aiuto ma l’uomo la fermò.
«Va… va tutto bene… tutto bene…»
«Papà, non va tutto bene. Stai male, chiamo la mamma ora…»
«No!» si ribellò Lucius afferrandola per il gomito e trovandosi ad avere il fiatone. «Ora passa. Ora passa tutto» e lentamente prese a respirare meglio.
Victoria l’osservava con occhi preoccupati, ormai era certa che non stesse bene. Non insisté per chiamare Narcissa solo per non infastidirlo, ma se la situazione fosse precipitata non avrebbe atteso un singolo istante in più.
Gli strinse la mano e lo aiutò a rimettersi sulla poltrona. Lo vide far fatica e lanciare più di un’occhiata al braccio sinistro. La sua fronte era sudata. La ragazza frugò impertinente nella tasca interna della giacca del padre, sapendo di trovare il  fazzoletto e gli asciugò le tempie.
Lucius le lanciò più di uno sguardo. Si stava prendendo cura di lui e non lo faceva con alcun doppio fine. Ma in fondo perché stupirsene? A differenza di loro, Victoria era sempre stata un libro aperto, mostrava le sue emozioni con molta trasparenza. Un dettaglio del suo carattere che Lucius non avrebbe mai desiderato mutare. C’era una ragione profonda legata a questa sua decisione.
«Stai un po’ meglio?».
L’uomo annuì serio.
«Vuoi un bicchiere d’acqua?».
Lucius scosse il capo. Di colpo le afferrò una mano, la strinse contro il suo petto e le lanciò un lungo sguardo. Voleva dirle “grazie”, le era riconoscente per quell’affetto puro e sincero che gli aveva appena dimostrato. A discapito della sua freddezza e all’apparente assenza di cuore, Lucius voleva bene alla sua famiglia e amava moltissimo quella figlia in più. Gli ricordava una persona che non c’era più, ma che viveva nei suoi ricordi più teneri.
Era il genere d’uomo che si teneva alla larga da smielate dichiarazioni o da calorosi gesti d’affetto, ma Lucius Malfoy non era esente dai sentimenti. Evitare di celebrarli non dava a significare una mancanza di cuore. Sicuramente la purezza d’animo non faceva parte di lui, non era buono e né generoso, però mai avrebbe messo a repentaglio la sua famiglia. Amava sua moglie sopra ogni cosa e avrebbe sempre protetto Draco e Victoria dai pericoli, persino se questi fossero stati vicini… troppo vicini.
 



Mrs. Montgomery:
Sono passati quasi due anni dall'ultima pubblicazione. Vi chiedo profondamente scusa e comprenderei chiunque abbia pensato di abbandonare la storia. Nonostante io abbia pronti molti capitoli, avevo smesso di frequentare EFP inizialmente per una pausa, poi sono subentrate gravi questioni personali, tant'è che dubitavo di tornare. Invece sono tornata e ho deciso di riprendere a pubblicare. Posso solo promettervi che farò del mio meglio. Intato grazie di esser arrivati fino a qui e spero che le avventure di Victoria&Co continuino ad appassionarvi!

 

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Capitolo 11
*** Gioco di Ombre ***



LP

Capitolo X 
"Gioco di ombre"



L’avvicinarsi del Giudizio Unico per Fattucchieri Ordinari non fece crescere l’entusiasmo negli studenti che rientrarono dalle vacanze di Pasqua dopo una bella settimana trascorsa con i familiari, anzi lo abbatté definitivamente. Non fu affatto piacevole tornare nella propria Sala Comune e trovare affisso alla bacheca un nuovo annuncio.


 
ORIENTAMENTO PROFESSIONALE
DURANTE LA PRIMA SETTIMANA DEL TRIMESTRE ESTIVO, TUTTI GLI STUDENTI DEL QUINTO ANNO SOSTERRANNO UN BREVE COLLOQUIO COL DIRETTORE DELLA PROPRIA CASA PER DISCUTERE DELLA LORO FUTURA PROFESSIONE.

DI SEGUITO SONO ELENCATI GLI ORARI DEGLI APPUNTAMENTI INDIVIDUALI
 
 

E assieme all’annuncio c’erano anche pile di opuscoli e volantini in riferimento alle diverse professioni magiche.              
Victoria notò di essere attesa, nell’ufficio del professor Piton, giovedì alle undici, esattamente durante l’ora di Storia della Magia, il che significava perdere un’interessantissima - solo ed esclusivamente per lei - ora sulle ultime guerre dei Giganti.
«Tutta la fortuna sempre agli altri!» borbottò, tirando una manata sulla bacheca con tanto di sbuffo furioso.
Lanciò un’ultima occhiata imbronciata alla lista e poi si allontanò.
Lucian le gettò un’occhiata furtiva e fece dietro-front, seguendola.
«Non so cosa ci sia di sfortunato nel saltare un’ora di Rüf» disse il ragazzo con tono asciutto. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa. «Sebbene io ammetta che non mi è andata male. Piton mi aspetta lunedì alle quattro, mi toccherà saltare l’ora di Divinazione… che peccato!»
«Nemmeno Faye ha di che lamentarsi. Lei salta la McGranitt».
«Credo che la nostra amica non avrebbe posto alcuna lamentela in ogni caso» continuò Lucian, seguendo Victoria su per le scale che li avrebbe allontanati dalla Sala Comune. «Faye gioirebbe anche se dovesse saltare il pranzo. È alquanto emozionata per l’Orientamento».
«Tu no?»
Il ragazzo scrollò le spalle palesando la sua indifferenza. «A dire il vero non so ancora in che cimentarmi dopo Hogwarts. Sai, non tutti abbiamo il futuro spianato» e le lanciò un’occhiatina loquace. «Tuo padre e Piton non sono vecchi amici? Magari il buon Lucius gli ha già scritto una lettera con tutto ciò che ha in mente e il nostro caro Severino ti terrà nel suo ufficio solo cinque minuti».
«Non mi dispiacerebbe affatto» soffiò Victoria, pensando alla sua sfortuna di dover saltare un’ora della sua materia preferita.
Un forte rumori di passi balzanti anticipò l’arrivo di una bionda studentessa dalla chioma leonina.
«Vi siete già fatti un’idea su cosa dire a Piton?»
«E ciao anche a te, Faye» salutò Lucian facendole un cenno.
«Allora vi siete…»
«Possiamo parlarne mentre andiamo verso la Serra?» li invitò Victoria, prendendoli entrambi sotto braccio. Immaginava che se avessero cominciato a discutere non sarebbero mai arrivati in tempo per la lezione di Erbologia e, col senno di poi, sarebbe stato più interessante ascoltare i suoi amici rispondersi a mo’ di botta e risposta, piuttosto che ripassare l’argomento sugli Arbusti Autofertilizzanti.
«Mi auguro che questa robaccia non mi capiti il giorno dell’esame perché so già che non ricorderei nulla!» esclamò Victoria qualche giorno dopo, in preda a riscrivere i suoi appunti di Erbologia. «Preferirei nettamente scrivere un tema sul Geranio Zannuto».
«Come dire che ti ricorderesti tutte le sue proprietà e gli utilizzi per…»
Il sonoro sbadiglio di Victoria, frenò Faye dal continuare a dire il suo pensiero.
«Dormito poco anche stanotte?»
La Malfoy annuì e strofinandosi un occhio col lembo della manica del golfino.
«Perchè non provi a chiedere a Madama Chips qualche tonico?» le consigliò Lucian, esercitandosi con l’incantesimo della Levitazione sulla caraffa di succo di pera. Fu impressionante la sua concentrazione dopo aver trascorso due ore consecutive di Difesa Contro le Arti Oscure, una di Incantesimi e una di Trasfigurazione. Con man ferma, riuscì a versare il contenuto della caraffa nel suo calice. Alcune ragazzine lì attorno lo applaudirono, guardandolo con aria sognante.
Faye alzò gli occhi al cielo. «Neanche avessi prodotto un Patronus Corporeo».
«Ma… bleah… bevi su-succo di zucca a pranzo?» chiese retoricamente Victoria tra uno sbadiglio e l’altro. Appoggiò il gomito sui suoi appunti e il capo sulla mano, senza accorgersi che si era sporcata la manica della divisa con l’inchiostro fresco. «Sapete una cosa, ragazzi? Questi G.U.F.O. sono davvero massacranti! Chissà quando ci toccherà i M.A.G.O., credo che arriverò il giorno dell’esame in uno stato pietoso. Minimo mi scambieranno per uno Zombie».
«E magari riusciresti a prendere un bel voto in Trasfigurazione!» ridacchiò Lucian.
«Ti credi simpatico?» replicò Victoria, sebbene le fosse sfuggito un risolino divertito per quella battuta. «È da quando sono tornata dalle vacanze che fatico a dormire. Lo studio mi sta massacrando».
«Domanda a Madama Chips un tonico o finirai davvero per sembrare uno Zombie agli esami» suggerì Faye.
«Altrimenti chiedi a Madame Herter, siete in buoni rapporti mi pare» aggiunse Lucian.
Il suono della campanella impedì loro di continuare il discorso. Faye arricciò le labbra e sbuffò, ricordandosi che li attendeva un’ora di Divinazione. Victoria raccolse i suoi appunti e imprecò, accorgendosi di essersi sporcata la manica destra della divisa.
«Se indossi il mantello non si noterà per nulla!» suggerì Lucian.
«Noteranno me» replicò Victoria, alzandosi dalla panca e guardandosi come se avesse ingerito Puzzalinfa. «Chi va a lezione con addosso il mantello e per giunta in piena Primavera?!»
Lo scambio di opinione tra Lucian e Victoria sul tipo d’abbigliamento idoneo in quella stagione li accompagnò fino alla cima della Torre Nord. Dieci estenuanti minuti in cui le frasi “metti il mantello” e “togli il mantello” si susseguirono parecchie volte. Il trio di Serpeverde prese svogliatamente posto nella calda e densa aula di Divinazione, dove l’odore di strani aromi s’infilava velocemente nelle loro narici. Quella splendida giornata di lezioni stava concludendosi con una doppia ora della materia ritenuta meno affidabile dall’intero istituto magico.
«Bene miei cari ragazzi! Quest’oggi ho intenzione di stimolare le vostre conoscenze apprese nel corso dell’anno e perché no, spunterà anche qualche piccola domanda su argomenti affrontati negli anni scorsi» annunciò la professoressa Cooman esaltata come sempre e come sempre i suoi allievi finsero malamente di esserne entusiasti. «Cominceremo con le Foglie di Tè, passeremo per la Lettura della Mano, qualche predizione veloce di fronte alla sfera di Cristallo e non dimentichiamoci l’Oracolo dei sogni» concluse con una risata sardonica e poi con un veloce applauso, incitò gli alunni per mettersi all’opera. Due ore trascorse nella noia e nel continuo cambiare metodo per predire il futuro.
Lucian si divertì molto a descrivere le sue fantomatiche previsioni, era l’unico a sghignazzare apertamente, il che gli conferì numerose occhiatacce da parte dell’insegnante… non che a lui importasse molto, chiaramente.
Faye seguiva alla lettera le indicazioni, come aveva fatto per gli ultimi tre anni, difatti conosceva ogni passaggio a memoria di pappagallo.
Victoria era l’unica tra i suoi amici a covare un minimo di reale interesse verso Divinazione. Trovava interessante la lettura delle carte e ricordava come predire il futuro attraverso la Crommiomanzia, in semplici parole la divinazione che fa uso dei germogli di cipolla.
«Non male… niente affatto male!» decretò la Cooman, dopo aver udito da Katie Bell una previsione attraverso l’Oracolo del Sogno. «Credo proprio che siete sufficientemente preparati per gli esami. Alcuni di voi eccelleranno, ne sono sicura, il mio Occhio Interiore me l’ha previsto. Oh, mi renderete assai fiera… solamente alcuni, altri potrebbero infaustamente incappare in qualche ostacolo… e del resto non ce n’è da stupirsene, visto lo scarso impegno» e ridusse gli occhi a due fessure, fissando intensamente Lucian.
L’insegnante attraversò l’aula fino ad arrivare alla cattedra, si sedette comoda e congiunse le punte delle dita, continuando ad osservare la classe. Aveva un’aria strana, più strana del solito.
«Miei cari… cari… tu, sì proprio tu!» ed indicò McLaggen che alzò lo sguardo annoiato su di lei. «Entro un lustro… sì… il tuo orgoglio da leone dorato verrà ferito e ti sentirai surclassato per ben due volte dallo stesso leone rosso».
Lucian avvicinò le labbra all’orecchio di Victoria. «Ecco che riattacca con le previsioni personali per dimostrare che il suo Occhio Interiore funziona. Pff!»
La giovane Malfoy si coprì la bocca con una mano per evitare di farsi veder ridere.
«E tu!» indicò Katie Bell, allungando un braccio. «Attenzione alle promesse e ai regali. Sì… i regali… i tuoi occhi rischieranno di non aprirsi più per via di un regalo… uhm… speciale. Oh no cara… non spaventarti… andrà tutto bene vedrai».
Ma osservando il suo viso non si poteva dire che Katie le credesse.
«Ho capito cosa sta facendo!» Faye ebbe l’illuminazione e fece segno a Victoria e Lucian di avvicinarsi a lei, cosicché potessero sentirla pur bisbigliando. «Le previsioni del Lustro, ecco cosa sta facendo!»
«Ovvero?»
«Ma sei tonto, Lucian?» continuò la bionda Serpeverde. «Previsoni del Lustro. Sono previsioni che avvengono entro cinque anni dalla predizione».
«Oh carina!» esclamò la professoressa Cooman, indicando proprio Faye, la quale si scostò dagli amici per fingere di prestare interesse alla sua docente. «Una persona ti sorprenderà, non chiudergli la porta in faccia. Sarà la chiave della tua fortuna».
«E tu» stavolta fu il turno di Victoria. «Le bugie risiedono nel tuo presente e nel passato. Occhi ben aperti, mia dolce fanciulla, il manico della bacchetta sarà nella tua mano».
Lucian tamburellò l’indice contro la sua tempia, come per dire “questa è pazza!”. Eppure la Cooman spese parole sospirate anche per lui.
«Vedo un’ombra attorno a te. Quest’ombra non è ancora sul tuo cammino, arriverà presto e… e proverà ad ostacolarti, ma fuggirai e quando tornerai sarà per l’ultima volta».
Per la prima volta, gli alunni del quinto anno uscirono dalla classe di Divinazione con un’aria tetra addosso. Non una singola predizione diede loro alcuna speranza per il futuro. Persino coloro che solitamente voltavano le spalle alle parole della Cooman e ridevano delle sue parole, sentirono un gelo addosso e una chiara preoccupazione s’infittì nei loro occhi. Lucian propose di andare in Biblioteca per mettere in ordine gli appunti raccolti in quelle ore, il che significava che lui avrebbe ricopiato dalle sue migliori amiche le annotazioni, siccome non era solito prestar molta attenzione in classe.
«Quindi di che parlerete voi?»
Faye ruppe il ghiaccio con un sospiro.
«Riguardo?» replicò Victoria, sottolineando i passaggi fondamentali…
«L’Orientamento Professionale».
«Oh, cavolo!» esclamò l’altra sbattendosi una mano sulla fronte. «I deliri della Cooman mi hanno fatto scordare completamente del colloquio di giovedì».
«Non trovo alcuna ragione per cui proprio tu debba preoccuparti» intervenne Lucian con la sua solita calma, mentre sfogliava un opuscolo stropicciato, ne aveva la borsa piena. «Paparino avrà già interloquito con Piton».
Victoria arrotolò un pezzo di pergamena e glielo tirò beccandolo dritto sulla fronte.
«La verità brucia, tesorino» e le mimò un bacio.
«Finitela voi due! Questa è una questione importante» li richiamò all’attenzione Faye. Sbuffò sonoramente. «Fate i seri e ascoltatemi. I G.U.F.O. sono alle porte e già i professori sono pensierosi e occupati con la gestione del Torneo Tremaghi, che a mio parere sta degenerando…»
«E cadendo nel ridicolo» aggiunse Lucian. «È da un po’ che non si vede in giro il vecchio Bartemius. Strano. Un uomo integerrimo come lui, che fa tutti quei gran discorsi, manca alla Seconda Prova e manda al suo posto quell’insopportabile di Percy Weasley».
Faye inarcò le sopracciglia e sembrò pensarci su qualche secondo. «Io non so cosa ci trovi di strano. Il signor Crouch è malato, lo sanno tutti».
«Io nutro qualche dubbio, carina».
«E quali sono questi tuoi dubbi? Sentiamo, carino».
Lucian lanciò occhiate furtive attorno al loro tavolo. La Biblioteca non pullulava di studenti, la maggior parte erano fuori a godersi quella bella giornata. C’era solamente Madama Prince seduta alla sua scrivania, due alunni del primo anno in fondo al corridoio, un Corvonero del terzo che stava cercando un libro fra gli scaffali, una studentessa di Beauxbatons in compagnia di un Tassorosso ed era quasi certo di aver adocchiato Roxanne Pulsey intenta a sfogliare un libro sulle Pozioni Trasfiguranti qualche tavolo più in là. Nonostante fossero tutti quantomeno distanti, Lucian fece segno alle sue migliori amiche di avvicinarsi, in quanto intendeva solamente bisbigliare ciò che aveva da dire.
«A me pare ovvio che stia succedendo qualcosa fuori dalle mura di questa scuola» cominciò con un’aria più seria del normale. «Rifletteteci bene. Il signor Crouch è stato a capo del Dipartimento Applicazione della Legge sulla Magia, tutti sanno quanto all’epoca fosse ferocemente coinvolto nella lotta contro le Arti Oscure e soprattutto contro Voi-Sapete-Chi».
A Faye e Victoria venne spontaneo annuire. Era vero, una storia che bene o male conoscevano tutti, sebbene alcuni genitori non preferissero parlare di quei tempi.
«Perfetto! Dunque… cos’è accaduto la scorsa estate? Il Marchio Nero è apparso alla finale della Coppa del Mondo di Quidditch, dopo che tante brave persone incappucciate hanno seminato il panico» fece un brevissimo riassunto. «Non tutti ne saranno a conoscenza, ma noi che facciamo parte di una particolare Elite sappiamo che qualche seguace di Voi-Sapete-Chi è ancora in circolazione. In tanti quando sono stati beccati hanno finto di non averci avuto niente a che fare…»
«Lucian dove vuoi andare a parare?» lo interruppe Victoria con un gesto secco della mano.
Udire quelle storie le faceva salire un brivido sulla schiena.
«C’è qualcosa che non quadra là fuori».
«Per me ti sbagli. Non sta accadendo niente che non sia la normalità».
«Lo credi davvero, Victoria?»
Lei annuì seria.
«Non è normale evocare un Marchio Nero…»
«È accaduto mesi fa. Che cosa c’entra ora?»
Faye seguiva la conversazione in silenzio, spostando lo sguardo da l’uno all’altra.
«Forse hai ragione» Lucian parve mollare la presa, sebbene il suo sguardo faceva intendere tutt’altro. «Io dico solo che nel nostro Mondo ci sono fatti e avvenimenti che non possono essere lasciati passare in osservato».
Victoria alzò le spalle. Niente di ciò che le aveva detto l’amico la sfiorò minimamente.
«Tornando all’Orientamento Professionale» riprese Faye con fare sbrigativo. Voleva cambiare argomento il più in fretta possibile e respirare un’aria meno tesa. «Voi cosa sceglierete? Sono davvero curiosa, non ne abbiamo mai parlato prima d’ora… sapete… mi sembra una cosa da “grandi”».
Lucian sospirò profondamente e mise le braccia conserte. «Una cosa da grandi. Be’… non ci avevo mai riflettuto prima d’ora ma… stiamo veramente crescendo. Caspita, siamo al quinto anno… anzi alla fine! Ancora due e saremo fuori di qui per sempre» concluse con un’aria che sfiorava la malinconia.
Quei tre non avevano mai affrontato il discorso post-scuola, in effetti non ci spesero nemmeno un pensiero, eppure in quel momento sembrò loro che una fredda verità era stata messa sotto i loro nasi da apprendisti maghi.
«Ragazze, tra meno di due anni saremo adulti. Pensateci veramente. Niente più scuse per saltare le lezioni, niente notti insonne a parlare del più e del meno, niente bighellonate per i corridoi o maratone di studio dell’ultimo minuto. Ora che mi soffermo a pensarci bene, credo che non ho mai dato a questa scuola una vera importanza, quando invece ce l’ha… eccome se ce l’ha!»
«Hogwarts è casa nostra» mormorò Victoria, centrando appieno cosa intendesse dire il suo migliore amico.
Faye sospirò, percependo un leggero magone in gola. «Mi mancheranno le tende verde-argento e gli stendardi di Serpeverde. A casa ne ho di simili, ma… non sarà la stessa cosa».
«Già» convenne Lucian.
L’aria era diventata un po’ triste, ma sempre migliore di quella di poco prima.
«Ehi, non pensiamoci!» esplose Victoria, mostrando un sorriso raggiante. «Ragazzi, siamo solo al quinto anno. Okay, siamo alla fine, ma dobbiamo affrontare ancora gli esami e altri due anni. Credetemi, il tempo non passerà così in fretta come temiamo, ma nemmeno troppo lento… indi per cui bisogna concentrarsi su cosa dire a Piton durante il colloquio di orientamento».
La giovane Malfoy afferrò in fretta e furia gli opuscoli e man mano li esponeva ai suoi amici.
«Siete per caso interessati a fare pubbliche relazioni con i Babbani?»
Lucian emise un conato di vomito e Faye scosse la testa febbrilmente.
«Bene, visto com’è facile? Passiamo oltre» continuò Victoria, lanciando alle sue spalle l’opuscolo che ritraeva un uomo mentre era impegnato in una conversazione con un Babbano. «Siete interessati a seguire la via per diventare Guaritori?»
«Troppi M.A.G.O. da conseguire» scialacquò Lucian, sventolando una mano.
«Idem».
«E che mi dite di intraprendere una carriera alla Gringott?»
«E lavorare a stretto contatto con i Goblin? Anche no!» esclamò Faye, orripilata alla sola idea.
«Chi vuole addestrare Troll?» esclamò Lucian in una risata, afferrando uno dei tanti opuscoli. «Diamine, perché non c’è un lavoro come intrattenitore per Veela o magari…»
«Perché non ti butti sul Quidditch? Insomma sei bravo a giocare!»
«Oh sì, te la immagini la faccia di Piton se gli dico che voglio diventare un astro del Quidditch?»
«Be’… potresti dirgli che gli farai avere biglietti omaggio per ogni partita».
«Sicuramente!» esclamò sarcastico Lucian, prima di scoppiare a ridere e le sue amiche lo seguirono trasformando il clima decisamente più allegro e spensierato.
Il tanto “atteso” colloquio di Victoria arrivò quel martedì e constatò che Lucian aveva visto giusto. Lucius scrisse una lettera a Piton e il loro incontro fu puramente formale. Dopo neanche dieci minuti, la giovane Malfoy uscì dall’ufficio del professore. Per quanto le avesse fatto piacere non essersi fermata molto, era seccata per aver perso minuti preziosi - sempre a detta sua - di Storia della Magia. Le venne la mezza idea di salire al primo piano e intrufolarsi a lezione, ma in ogni caso avrebbe perso una decina di minuti solamente facendo la strada, quindi camminò in direzione della Sala Grande. Mancava poco all’ora di pranzo.
«Victoria cara».
Madame Herter stava camminando nella sua direzione, sorridendole amorevole come sempre.
«Sei appena uscita dal colloquio con Piton?»
La ragazza annuì.
«E com’è andato?»
«Tutto bene. Mi ha dato preziosi consigli e…»
Non fece in tempo a continuare che Madame Herter le mise delicatamente una mano sotto al mento, le alzò leggermente il capo per osservare meglio il suo viso.
«Mia cara, e queste occhiaie? Non riposi bene?»
«Non tanto, no» rispose Victoria con un sorriso mesto. «Ma sto bene. Non sono influenzata o altro… sarà lo stress per gli esami. Lei per caso può suggerirmi un tonico?»
La strega assistente della Capo-Infermiera scosse il capo, continuando a sorriderle. «No, piccola mia. Hai centrato pienamente la tua diagnosi. È lo stress dovuto ai G.U.F.O. ed è assolutamente normale».
«Allora passerà presto» rispose Victoria con un sospiro e mostrandosi più positiva.
«Sì, mia cara, tra poco tutto passerà».
Qualche altra piccola chiacchiera innocente e poi le loro strade si divisero. Victoria camminò verso la Sala Grande mentre Madame Herter si diresse con calma al secondo piano e superati i massicci Gargoyles di pietra, continuò il suo cammino verso l’ufficio del Preside. Trovò Silente in piedi, con le mani dietro la schiena, a guardare fuori dalla finestra.
«Tira una buona aria, vero Albus?»
La strega si fece largo nella circolare stanza con piglio esaltato.
«Tutto sta procedendo secondo i piani. E se le nostre previsioni si verificheranno corrette, avremo un asso in più nella manica da tirar fuori al momento opportuno».
Il Preside si voltò nella sua direzione, continuando ad ascoltarla.
«Sono lieto di udirti speranzosa» mormorò Silente, avvicinandosi alla sua scrivania con lo sguardo di Madame Herter fisso sulla sua persona. «Confido che stai tenendo la faccenda sott’occhio. Conoscendoti dubito che tu stia commettendo passi falsi, eppure ti raccomando prudenza».
L’anziana strega andò a sedersi di fronte a lui e mostrò un cenno del capo, congiungendo le mani in grembo.
«Il tempo è prossimo. Se Tom sta tornando, come sospettiamo, bisogna calcolare ogni mossa per fermarlo».
«Il tuo piano non comporta solamente fermarlo» affermò Silente calmo. «Tu vuoi qualcosa che credi ti sia stato rubato e per questo ti chiedo cautela».
«Non è che lo credo, effettivamente mi è stato sottratto!» replicò seccamente la donna, stringendo le mani e i denti. «Te l’ho giurato fin dal nostro primo incontro che sono disposta a qualunque cosa per riprendermi…» sospirò profondamente e lanciò all’anziano Preside più di un’occhiataccia. «Tu… tu non sai cosa si prova a credere per anni di… di aver perso qualcosa… di non averlo mai avuto… di… oh diamine! Il mio volere è più che lecito».
«Certamente» rispose Silente con gentilezza, fissandola da sopra i suoi occhiali a mezzaluna. «Tuttavia conosci la situazione e sai che non sarà facile».
«Quando scoprirà la verità…»
«Ci sono molte verità, ti ricordo».
«Alcune contano più di altre» ribattè Madame Herter a denti stretti.
«Spetta alla ragazza giudicarlo».
«Victoria capirà».
«Me lo auguro per te».
Ci fu un breve silenzio, poi fu la strega a riprendere la parola.
«Lei e Potter hanno stretto una bell’amicizia. Ho avuto la possibilità di osservarli e pare che il loro legame si stia rafforzando ogni giorno di più. È una bella vittoria questa!»
Silente annuì, eppure un bagliore di perplessità balenò nei suoi occhi azzurri. «Ricorda a quale famiglia appartiene la ragazza. Se Voldemort dovesse tornare, il legame tra i due ragazzi potrebbe svanire» intercettò subito l’occhiata seccata di Madame Herter e proseguì prima che potesse interferire col suo discorso. «Ti conviene prepararti un piano di riserva o credo proprio che lasceremo in mani sbagliate una grande protezione per Harry».
La strega scattò in piedi talmente in fretta e con furia che la sedia cadde all’indietro.
«Attento alle parole, Silente!» esclamò facendo rimbombare la sua voce nell’ufficio e risvegliando qualche quadro di Presidi addormentati. «Ti ricordo che la nostra alleanza ha come base un solido patto. Entrambi abbiamo i nostri obiettivi da raggiungere e ci siamo promessi che non avremmo interferito l’uno contro l’altra. Tuttavia abbiamo concordato che i ragazzi devono uscirne sani e salvi. Tutti e due. Sia Harry che Victoria».
Albus Silente rimase a fissarla in silenzio per qualche istante, poi corrugò leggermente la fronte. Chiunque altro sarebbe apparso piuttosto arrabbiato, invece l’anziano e potente Preside mantenne una calma impeccabile.
«Non perdere le staffe con me. Posso ricordarti che sono il tuo unico alleato? E posso sempre ricordarti che se non fosse per me, saresti ancora chissà dove nel mondo a nasconderti?»
Madame Herter ingoiò quel boccone amaro.
«Manterrò la parola che ti ho dato e tu farai altrettanto» continuò severamente Silente. «L’intera faccenda è legata da fili invisibili. Se ne salta uno, salta tutto e tu perderai nuovamente ciò che ritieni di aver più caro».
Quelle furono le ultime parole di Albus Silente.

 


Mrs. Montgomery
Ri-eccomi!
Forse alcuni di voi avevano notato l'ambiguità di Madame Herter. Sarà un personaggio che ci terrà compagnia per gran parte della storia e - come avete capito - si sta muovendo nell'ombra per ottener qualcosa.
Tra lei e Silente la differenza può parer minima, anche il Preside di Hogwarts sa giocar bene(chi ha letto i libri sa), però devo avvertirvi che giocano su due fronti diversi, sebbene pare abbiano un obiettivo in comune.
Insomma... tante carte da scoprire e Victoria verrà spesso tirata in ballo.
Grazie per aver letto e per qualunque cosa non esitate a domandare :)
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Capitolo 12
*** Il risveglio del male ***


LP

Capitolo XI - Il risveglio del male 


Mancavano pochi giorni alla Terza Prova, Harry si era messo in testa di imparare qualche Schiantesimo e naturalmente trovò l’appoggio di Ron, di Hermione e anche di Victoria. La maggior parte del loro tempo libero lo trascorrevano a studiare stregonerie e s’infiltravano in ogni classe vuota per esercitarsi. L’ideale sarebbe stato scendere al parco di Hogwarts o stare fuori dalle mura, ma da quando il signor Crouch era sparito - si pensava fosse stato addirittura rapito - a Harry venne imposto di starsene dentro al castello. Gli insegnanti temevano per la sua incolumità, specialmente Silente che ormai credeva fosse presto in arrivo un periodo davvero oscuro.
«Proviamo l’Incantesimo di Ostacolo. Sembra interessante!» esclamò Hermione entusiasta.
Victoria si avvicinò per dare un’occhiata al libro che la Granger teneva tra le mani. «Ha ragione. Sicuramente sarà efficace se lo impari bene. Ce ne sarebbe anche un altro interessante che conosco io. Weasley mi faresti da cavia?».
«Una più o una in meno» sbuffò Ronald, tirandosi in piedi dopo esser stato schiantato per l’ennesima volta. «Prego, Malfoy. Sono pronto».
«Tranquillo non ti schianterò» gli disse tirando fuori la bacchetta e preparandosi ad enunciare l’incanto. «Harry, osserva il movimento della mia mano. Obscuro
Una benda magica apparì sugli occhi di Ron, che cominciò a toccarsi la faccia convulsamente.
«Che cos’è?! Che cos’è?! Toglietemelo!»
Ron era in completo panico a causa della repentina cecità. Hermione andò a tranquillizzarlo. Harry rimase senza parole e volle subito imparare quell’incantesimo.
«Non ne avevo mai sentito parlare! Grazie, Vic!»
La Serpeverde sorrise compiaciuta e con un veloce gesto della bacchetta annullò la sua stregoneria.
«Tutto apposto, Weasley?».
«Tu!» le puntò il dito contro lanciandole mille occhiatacce. «Potevi anche dirmi che intendevi accecarmi!»
Victoria scoppiò a ridere, trovandolo eccessivamente buffo. «E poi dove sarebbe stato l’effetto sorpresa?»
Ron era sul punto di replicare, ma l’intervento di Hermione lo fermò. «Questa volta farò io da cavia ad Harry. Bisogna aiutarlo se vogliamo che superi la prova nel migliore dei modi».
«Allora perché non si fa schiantare o accecare la signorina frufru
Ron continuò a borbottare indicando Victoria, che nel frattempo si era seduta comoda su un banco e mostrava ad Harry altri incantesimi che potevano tornargli utili. Lui l’ascoltava con attenzione, cercava continuamente la sua opinione e talvolta il suo consenso. Era palese la considerazione che aveva della Serpeverde. Ormai avevano instaurato un rapporto di vera amicizia di cui si stupirono persino loro stessi. Fino a qualche mese fa pareva uno scenario utopico: un Potter e una Malfoy amici era pura follia. Invece a discapito di tutti, soprattutto dei pregiudizi iniziali, Harry e Victoria distrussero quelle barriere, creando qualcosa di sincero. Un rapporto che più a lungo veniva protratto e meno avrebbe potuto scalfirsi.
«Ho visto il labirinto che hanno costruito al posto del campo da Quidditch. È il luogo della Terza Prova, vero? Uhm… l’incantesimo dei Quattro Punti ti sarà molto utile» gli disse indicandolo su una pagina del libro. «Ti aiuterà ad orientarti».
Harry annuì serioso, ma più che serio sembrava piuttosto preoccupato.
«Che hai? La solita ansia pre-prova?».
No, non era solo quello. Era il ritorno di Voldemort a spaventarlo. Ormai ogni stranezza che accadeva sembrava dar credito a quell’ipotesi.
«Ehm sì, si tratta della prova» mentì.
Victoria mise le braccia conserte e gli lanciò un’occhiata poco convinta. In fondo Harry non era mai stato un gran bugiardo, nemmeno quando s’impegnava a fondo.
«Ti ha fatto ancora male? La cicatrice intendo?»
Gli faceva male in continuazione. Più passavano i giorni e più il dolore si ripresentava con più forza. Harry si sentì male durante una delle loro lezioni private, mancò poco che svenisse tra le braccia di Victoria. Fu in quel frangente che le raccontò cosa significava quando la cicatrice cominciava a bruciargli.
«Credi… credi che Lui possa tornare?».
Victoria era terrorizzata alla sola idea.
«Non è mai stato veramente morto. È come… è come se fosse un’anima che vaga» le spiegò a bassa voce, rendendo l’atmosfera attorno a loro ancor più lugubre. «Io penso che un giorno tornerà. Vorrà finire il lavoro di tredici anni fa ed io sarò pronto per affrontarlo. Lo sconfiggerò. Vendicherò i miei genitori e tutte quelle persone che ha ucciso, quelle famiglie che ha diviso».
«Ha davvero fatto del male a tante persone vero?» domandò Victoria con sguardo vacuo, come se non ne fosse molto sicura.
E Harry credeva nella sua ingenuità. Figurarsi se i Malfoy, grandi sostenitori delle Arti Oscure, le avevano raccontato la parte più brutale di quel mostro che ammirarono. Il giovane Potter era curioso di sapere che cosa ne sapesse lei. In effetti, avrebbe potuto fornirgli qualche informazione in più. Scosse il capo in fretta, togliendosi quell’idea stupida dalla testa. Non poteva usarla.
«Oh scusami. È… è ovvio che ha fatto tanto male, i tuoi… e te… e…» Victoria si coprì il viso arrossato. «Mi sento in un profondo imbarazzo. Perdonami, Harry».
Lui le tolse le mani dal viso e le mostrò un sorriso gentile. «Va tutto bene. Non c’è nessun problema. Lui ha fatto male a moltissime persone, oltre ai miei genitori».
«Credo di non essermi mai sentita più stupida come in questo momento».
«Dubito che in casa tua se ne parli molto».
Victoria mostrò un cenno d’assenso. «Non se ne parla proprio. Conosco poche storie sul conto di Tu-Sai-Chi. Le ascoltavo quando ero piccola durante qualche cena o incontro tra i miei genitori e altre persone. Spesso teorizzavano sulla sua dipartita. Dubitano possa tornare» raccontò con non-chalance, come se stesse parlando di cavoli a merenda. «Se devo essere sincera, dubito anche io di un suo ipotetico ritorno. È stato sconfitto da un neonato. Non doveva essere così potente. Per me era un ciarlatano. Chissà quali idiozie si è inventato per farsi seguire da persone ancor più rincitrullite».
Harry bofonchiò una risata divertita. Riconosceva in Victoria una grande capacità: smorzare i momenti di tensione con naturalezza e una pungente ironia. Eppure, quel pomeriggio, il giovane Grifondoro non riuscì a farsi contagiare pienamente.
«Tu-Sai-Chi era davvero potente. Mi piacerebbe credere alla tua teoria, che fosse un fanfarone e nulla più» continuò Harry con tono preoccupato. «Ma credo proprio che un giorno ci troveremo nuovamente faccia a faccia».
«Immagino che la sola idea ti spaventi».
«Mi terrorizza, non lo nego. Pensando, però, a tutte quelle persone che sono morte provando a fermarlo…» compresi i suoi genitori, ricordò a malincuore «troverò coraggio o almeno lo spero».
Victoria gli lanciò uno sguardo pieno di compassione e di rassicurazione. Gli carezzò una spalla amorevolmente, appoggiandosi a lui. Harry le circondò la vita con il suo braccio, tirandola di più a sé. Si sentiva così bene quando l’aveva vicina. Una sensazione di contentezza che non sapeva spiegarsi. Non era come quando vedeva Cho; era risaputo che della Chang fosse cotto a puntino. Tuttavia non provava quel sollievo come quando stava accanto ad Hermione. Victoria Malfoy era magia.
«Tu sei un ragazzo coraggioso, Harry» disse Victoria alzando il capo e guardandolo dritto negli occhi. «Hai dimostrato il tuo valore in questo Torneo e, credimi, vali molto. Confido che diventerai un mago eccezionale e un giorno pareggerai i conti in sospeso».
Il ragazzo non disse niente, si godette il silenzio dopo quelle importanti parole. Poco dopo suonò la campanella. Ciò sembrò l’unica cosa che riuscì a fermare i borbottii di Ron. I quattro studenti uscirono dall’aula di Trasfigurazione e ognuno andò per la sua strada.
 
***
 
La mattina della Terza Prova ci fu un gran trambusto nella Sala Grande, soprattutto perché uscì un nuovo articolo di Rita Skeeter e su chi mai poteva essere incentrato?
Al tavolo di Serpeverde echeggiarono molte risate. Draco e il suo gruppetto si divertirono ad imitare Harry, il quale riuscì a non dar loro troppo peso. Era troppo nervoso a causa della prova per badare a quei deficienti. Inoltre notò che non molti Serpeverde diedero corda a Malfoy come ad inizio anno. Alcuni di loro erano stufi delle sue bambinate.
A quel giro, Draco raccontò alla terribile giornalista che Harry parlava il Serpentese, un dettaglio che metteva in risalto la particolare inclinazione di un mago verso le Arti Oscure. La Skeeter lo definì “disturbato e pericoloso”, insinuando poco velatamente che Harry potesse accingere alla magia oscura per superare l’ultima misteriosa prova del Torneo Tremaghi.
«Ti sei proprio superato questa volta!» esclamò Victoria posizionandosi davanti al fratello.
Era entrata nella Sala Grande come una furia, non andò nemmeno a salutare Harry, che invece l’avvistò immediatamente e con la coda dell’occhio continuò ad osservarla. La ragazza rimase in silenzio all’uscita dei precedenti articoli, non si espose mai troppo, ma quella mattina pareva essersi svegliata decisamente col piede sbagliato.
«Un paio di anni fa si sono verificate parecchie aggressioni ai danni di studenti, e tutti pensavano che dietro ci fosse Potter: aveva perso la testa al Club dei Duellanti e aveva aizzato un serpente contro un altro ragazzo. Ma è stato tutto messo a tacere. Lui però ha anche fatto amicizia con lupi mannari e giganti. Siamo convinti che farebbe qualunque cosa per un briciolo di potere» lesse testualmente Victoria con tono irritato, talmente irritato che il povero Theodore Nott si mise a sedere senza nemmeno salutare per paura di essere sbranato dalla compagna di Casa. «Praticamente Harry è il nuovo Signore Oscuro. Tzk, che idiozia!» commentò la giovane Malfoy sbattendo malamente il giornale sul tavolo.
Draco le lanciò un’occhiata annoiata. Si versò da bere e fece segno agli altri di starsene in silenzio. Quella mattina non tirava un’aria buona.
«Credi veramente che Harry possa far del male volontariamente a qualcuno?!»
«Da quanto non dorme bene?» sussurrò Adrian Pucey all’orecchio di Faye, la quale gli borbottò qualcosa.
«Se le tue insinuazioni avessero fondamenta, caro fratellino, dovresti cominciare a guardarti le spalle».
«Perché?».
Victoria appoggiò i palmi delle mani sul tavolo e si sporse verso il fratello. «Se Harry Potter fosse un mago oscuro con un’indole piuttosto spietata, andrebbe a caccia dei suoi nemici e non ne lascerebbe più alcuna traccia» cercava il suo sguardo in continuazione, ma Draco preferiva evitarla quando era su di giri. «Dovresti star attento o potrebbe sguinzagliarti addosso i suoi lupi mannari».
«Guarda come tremo» reagì il biondino con una sottile ironia, agitando le mani per aria. «Sai, dovresti proprio rilassarti. Capisco che gli esami per i G.U.F.O. possano essere pesanti, ma credo tu stia andando verso una crisi nervosa».
«Può essere» gli diede corda. «Meglio una crisi nervosa, che un’immaturità persistente».
«Hai altro da dirmi, sorella?».
«Dai, Victoria, siediti a far colazione. Evita di rompere già di prima mattina» le disse Pansy Parkinson, avvinghiata al braccio di Draco, con fare morboso, come sempre. «Ti stai comportando come una pazza e ciò risulta seccante al nostro fine udito. Credi di esser l’unica preoccupata per gli esami?».
Lo sguardo di Victoria saettò immediatamente sul viso della ragazza.
«Che cosa hai detto, prego?»
«È dall’inizio del Torneo che ci disturbi con le tue moine su Potter. Non credi di doverci dare un taglio? Per lo meno per rispetto verso tuo fratello, visto che verso la Casa di Serpeverde non ne hai!» sbottò Pansy, congiungendo le mani e puntando i suoi occhietti scuri sul viso di Victoria.
Solitamente non le rispondeva per paura che Draco si arrabbiasse, ma giunti a quel punto, voleva dimostrare al bel biondo che possedeva più carattere della sorella e che era adatta ad essere la sua ragazza. Pansy l’Impavida, ecco come dovevano chiamarla!
«Quindi stai dicendo che vi do fastidio?».
«Proprio così!»
Victoria mise le braccia conserte e cercò di trattenersi dal riderle in faccia. Mantenne un contegno gelido e la fissò dall’alto con fare sprezzare.
«E sostieni che non ho rispetto per mio fratello?».
«Se difendi Potter, proprio non ne hai».
«Praticamente stai dicendo che sono una vergogna per la mia famiglia e per la nobile casa di Salazar Serpeverde?».
Si creò un’atmosfera colma di ansia e imbarazzo. Nessuno osò fiatare. Blaise non si sarebbe intromesso per principio, non intendeva sprecare fiato per quelle sciocchezze. Theodore continuò a far colazione, ma si preparò ad intervenire se i toni si fossero alzati troppo. Tiger e Goyle sghignazzavano ad ogni botta e risposta. Gli altri attorno attendevano il proseguimento di quell’interessante dibattito, sebbene Faye credesse che fosse destinato ad un esito catastrofico.
«È un pensiero comune?» continuò Victoria, lanciando uno sguardo ad ogni singolo membro del gruppetto.
«Lo è!» s’alzò in piedi Pansy, ormai pronta a darle battaglia. «Se nessuno ti ha mai detto niente è stato per rispetto di tuo fratello…»
«E mio fratello non ha niente da aggiungere?».
Draco tenne lo sguardo basso e alzò le mani.
«È troppo signore per intromettersi. Victoria, come fai a non capirlo?» continuò Pansy cambiando tono e sembrando un’attrice da commedia tragica. «Sei sempre stata un esempio per i Serpeverde, ma da quando frequenti quel Potter stai cambiando. Noi, i tuoi amici, non ti riconosciamo più. Pare tu abbia perso il lume della ragione. Ti stai rovinando con le tue stesse mani. Non a caso Allen ti ha mollata…»
«IO ho mollato quel deficiente e per ovvi motivi!»
«Sì, per Potter! E sempre per quello Sfregiato stai perdendo i tuoi amici».
«Davvero? Se il motivo è Potter, un motivo piuttosto banale, allora significa che non erano veri amici e francamente posso farne a meno».
«Perderai tuo fratello!»
E fu lì che Draco alzò lo sguardo per replicare e s’accorse che sua sorella impugnava la bacchetta mentre Pansy era volata fuori dalla Sala Grande in seguito ad un “POP”.
In un attimo scoppiò il caos. La maggior parte degli studenti seguirono Victoria, la quale corse fuori per affrontare Pansy. Nel corridoio gli studenti cominciarono ad accalcarsi per assistere esaltanti al duello. Battevano fragorosamente le mani, incitando lo scontro, e i più subdoli cominciarono a scommettere.
«Tarantallegra!».
Victoria s’abbassò velocemente e provò a schiantarla, ma Pansy evitò il colpo nascondendosi dietro una statua.
«Serpensortia
Un grosso serpente spunto dalla bacchetta della Parkinson e cominciò ad avvicinarsi rapidamente a Victoria per morderla.
«Chiama il tuo amico Potter! Potrebbe salvarti la pelle sussurrando dolci parole al mio animaletto» ghignò la Parkinson sapendo che il ragazzo era lì ad ascoltare. «O forse no. Forse lo aizzerà contro di te come fece con Finch-Fletchey!»
«Pietrificus totalus
E il serpente evocato da Pansy si pietrificò divenendo impotente.
«Lo devi lasciare in pace!» gridò Victoria tornando alla carica con uno sguardo che non prometteva nulla di buono. Udì qualcuno annunciare l’arrivo del professor Piton, ma ciò non bastò a fermarla. Era troppo arrabbiata. Era come se si fosse innescato un meccanismo impossibile da fermare.
«Expelliarmus
La bacchetta di Pansy volò dall’altra parte del corridoio, colpendo in testa il povero Vitious. Il duello poteva considerarsi concluso lì. Qualche studente sbuffò, pensando che il divertimento fosse finito troppo presto. Ma Faye e il-da-poco arrivato Lucian sapevano che Victoria non era disposta a fermarsi, non fino a quando non avrebbe ottenuto ciò che voleva e in quel momento voleva vendicarsi della cattiveria di Pansy. Da troppo tempo aveva fatto orecchie da mercante. Da troppo tempo le aveva permesso di accanirsi non solo contro Harry, ma contro chiunque fosse indifeso. Ormai non riusciva più a restare indifferente.
«Alarte Ascendarai
Il corpo di Pansy volò verso il soffitto per poi cadere rovinosamente. Gridò pensando di andare a schiantarsi sul pavimento, ma a pochi centimetri da esso venne scagliata contro le scale.
«Aguamenti
Victoria fece apparire una grossa bolla d’acqua e la scagliò furiosamente contro Pansy. Le fu impossibile trattenere un sorriso vittorioso. Averla messa al tappeto, in maniera plateale tra l’altro, le fece provare un profondo senso di piacere. Impugnando ancora saldamente la bacchetta, camminò lentamente verso l’avversaria, la guardò tirarsi in piedi a fatica.
«E ora chi è la vergogna della Casa di Serpeverde?» le sibilò. Allungò una mano e l’afferrò forte per la camicia. «Se oserai ancora sfidarmi, nessuno riuscirà a salvarti».
«Che sta succedendo qui?!».
La voce rabbiosa di Piton lo precedette. Osservare la folla che accerchiava le sue studentesse gli lasciò ben pochi dubbi sull’accaduto. Trovò concretezza nei suoi sospetti quando schioccò un’occhiata sulla bacchetta ancora sfoderata di Victoria. Pansy boccheggiò, tentando di dir qualcosa, ma i singhiozzi prevalsero sulla dialettica, e per Piton ormai era tutto definitivamente chiaro.
«Che diavolo le è saltato in mente, signorina Malfoy?!».
Lei volse lo sguardo altrove, gesto che fece inasprir ancor di più il professore.
«Nel mio ufficio. Ora!».
«Severus» lo chiamò la voce calma del preside.
Gli studenti presenti nel corridoio si voltarono, osservando la figura di Albus Silente in cima alla scalinata. Egli era in compagnia di Madame Herter. Alcuni sussurrarono che fossero lì da prima che le due studentesse di Serpeverde finissero di combattere.
«Professor Piton, scorti la signorina Parkinson in Infermeria. Credo necessiti di un calmante» esordì il Preside con lo stesso tono tranquillo. «Per quanto riguarda lei, signorina Malfoy, le chiedo la cortesia di seguirmi».
Victoria schioccò un ultimo furente sguardo a Pansy e la sorpassò per seguire Silente. Sospirò profondamente immaginando la lunga predica che stava per ricevere e la verità - pensò - era che non sarebbe servita a nulla. Qualsiasi discorso Silente avesse intenzione di propinarle, le sarebbe entrato da un orecchio e uscito dall’altro. Non perché credeva di esser ottusa o smisuratamente arrogante. La ragione - anzi la SUA ragione - era più semplice: non si pentì del suo gesto. Sapeva di rischiare l’espulsione per il duello, era severamente vietato scontrarsi a colpi di bacchetta magica soprattutto in quella maniera feroce.
“A ‘sto giro papà mi disereda!”
Percepì una mano posarsi delicatamente sulla spalla. Victoria inclinò il capo e avvistò Madame Herter, la quale le rivolse uno sguardo compassionevole. Quella donna era sempre gentile nei confronti degli studenti. Sentirla accanto mentre stava andando al patibolo…
“Okay forse non sto andando al patibolo, ma ci siamo quasi”
… le rasserenò l’animo.
Arrivarono al secondo piano e giunsero fino all’angolo del corridoio, dove stava un imponente Gargoyle a far da guardia all’ingresso dell’ufficio del Preside. Silente sventolò la bacchetta per liberar il passaggio e cedette il passo alle signore, le quali salirono per prime i gradini di marmo della scala a chiocciola. Attesero il Preside che aprì la porta del suo ufficio.
Victoria strabuzzò gli occhi di fronte alla grande stanza circolare adornata dai dipinti dei precedenti Presidi. Ognuno di loro diede il proprio contributo per rendere lustro alla scuola di magia e molti erano piuttosto famosi. La giovane studentessa di Serpeverde riconobbe Phineas Nigellus Black, antenato di sua madre Narcissa. Victoria tese le labbra in un sorriso, fiera che Hogwarts avesse avuto un Preside proveniente dalla Casa di Salazar Serpeverde. I suoi occhietti furbi vennero attirati ben presto dagli innumerevoli oggetti magici posti sulle mensole. Balzò alla sua attenzione la lucente spada di Godric Grifondoro, tenuta in una preziosa teca. Ricordò quando Harry le raccontò di come uccise il Basilisco, due anni prima, proprio con suddetta arma. Victoria fantasticò sulla scena, immaginando Potter come un principe dalla scintillante armatura che sconfisse con coraggio la bestia maligna. Sospirò sognante, andando a sedersi di fronte al Preside. Rifletté di non esser mai stata nell’ufficio di Silente, nemmeno per una comunicazione sbagliata o per qualche altro piccolo pasticcio. Solitamente se ne occupava Piton.
«Dunque, signorina Malfoy, lascio la parola a lei. Confido nella sua sincerità» disse osservandola dietro gli occhiali a mezza luna. «È stata lei a cominciar il duello?».
Victoria prese un bel respiro profondo. Non avrebbe mentito. Era fiera del suo operato, un gesto che era disposta a ripetere altre cento volte. Fu una tale soddisfazione zittire e mettere al tappeto quell’oca petulante della Parkinson.
«Sì e sono pronta a prendermi le mie responsabilità» rispose rapidamente, tagliando inutili giri di parole. Considerò fosse inutile giustificarsi. Non aveva alcuna intenzione di fingere di essere dispiaciuta oppure di pregare per passarla liscia. Non era nel suo stile.
«E qual è stata la ragione che l’ha spinta a compiere tale sconsiderato gesto?» la sorprese Silente con la sua smisurata calma. «Mai prima d’ora ho ricevuto una singola lamentela riguardo il suo comportamento».
«Io e la signorina Parkinson abbiamo avuto una discussione alquanto aspra riguardo alcune mie scelte. Lei ha toccato un tasto che oso definire dolente. Prima di tutto tirando in mezzo la mia famiglia e poi insultando il mio onore come studentessa di Serpeverde» Victoria mise le mani congiunte e drizzò la schiena, assumendo una posizione che richiamava la sua nobile educazione. «Noi allievi della Casa di Salazar Serpeverde siamo orgogliosi di farne parte. È un piacere tener alto il nome del nostro Fondatore, sebbene alcuni credono che per farlo bisogna screditare gli studenti delle altre Case o addirittura complottare contro di loro. Io non sono così, molti di noi non sono così. C’è chi pensa al proprio futuro e non si perde via con queste sciocchezze».
«E lei stava pensando al suo futuro quando ha aggredito la signorina Parkinson?».
“Chiaramente no”.
Prese un altro bel respiro profondo. Ormai era in pieno ballo, non poteva fermarsi. Silente e Madame Herter erano attenti e particolarmente interessati alle sue parole.
«Essere una studentessa di Serpeverde significa saper raggiungere i propri obiettivi. Utilizzare i mezzi necessari per giungere uno scopo. Trovare gli amici migliori e mostrarne la lealtà» continuò schiettamente. «Conosco la fama della mia Casa. Dicono che tutti i maghi Oscuri appartenessero a Serpeverde. Ebbene sì, in parte è vero, ma ciò non significa che tutti noi siamo destinati all’oscurità. Sono gli sciocchi pregiudizi a rovinare le persone, non gli studenti di Serpeverde».
«Le sue parole le fanno onore, signorina Malfoy» disse Silente con uno strano luccichio negli occhi. «Ma temo lei abbia circuito la mia domanda. Involontariamente, s’intende».
«Perdonate l’intromissione» esordì Madame Herter, sedendosi sulla sedia accanto a Victoria per rivolgersi direttamente a lei. «Credo che il professor Silente desideri sapere con esattezza che cosa ti ha detto la signorina Parkinson per farti reagire in quella maniera furiosa. Se ti saprai ben spiegare, forse potresti auspicare un’indulgenza».
Victoria spostò lo sguardo da Madame Herter al Preside.
«Se proprio ci tiene a saperlo, Pansy Parkinson sottolinea che la mia amicizia con il signor Potter porti vergogna alla Casa Serpeverde e soprattutto alla mia famiglia!» sbottò Victoria ancora carica di rabbia. «Io sarei una vergogna? Lei è una vergogna! Pansy fornisce dettagli di vita privata, talvolta inventati, a quella giornalista da quattro soldi che li usa per scrivere articoli di pessimo gusto e di dubbia credibilità!».
«Si riferisce a Rita Skeeter?» il vecchio Preside sospirò. «Quella strega è una radice difficile da estirpare. Meglio imparare a conviverci come meglio si può».
«Quindi hai attaccato Pansy per difendere Harry» riprese Madame Herter con placidità.
«Ho anche difeso me stessa dalle sue angherie».
«Si rende conto che questo gesto le costerà caro sull’esito finale dei suoi G.U.F.O?» le fece presente Silente con tono severo. «Apprezzo la sua lealtà verso un amico. Ciò non toglie la gravità delle azioni compiute. Non ho intenzione di espellerla, dal momento che la sua condotta fino ad oggi è stata impeccabile. Tuttavia verranno tolti 50 punti a Serpeverde e per quanto riguarda i suoi esami, ne dovrò discutere con gli altri insegnanti. Ora può andare» e con un colpo di bacchetta le aprì la porta.
La studentessa salutò Silente con una stretta di mano, poi vide Madame Herter farle l’occhiolino, prima di accompagnarla fuori dall’ufficio. Victoria fu sollevata dell’esito. Abbandonare Hogwarts rientrava nell’ultimo dei suoi desideri, anzi non era affatto un desiderio, e non tanto dalla reazione disperata che avrebbero esternato i suoi genitori, bensì dal profondo sentimento che la teneva legata a quel magico luogo. Hogwarts era stata la sua casa per cinque anni. Le aveva dato modo di conoscere i suoi migliori amici, di aumentare la sua autostima come strega e, dulcis in fundo, di conoscere meglio il Leggendario Harry Potter. Scendendo silenziosamente la scala a chiocciola, si diede della stupida per aver ceduto all’impulsività.
“Avrei dovuto dare una lezione a Pansy di nascosto!”
«Conosco Albus Silente da decenni. Sono certa che terrà conto di ciò che hai detto» le disse mentre scendevano verso il secondo piano. «Se potrò prender parte alla riunione, sta pur certa che metterò qualche buona parola con gli altri docenti. Ti appoggio pienamente. Ho trovato più che giusto il tuo modo di sistemare i conti con quella ragazza, anche se sarà meglio dire che lo stress per gli esami unito alla tua fedele amicizia con Potter ha sollecitato questa tua brutale reazione».
Victoria si voltò e le sorrise grata. «Sei veramente gentile, però ammetto di aver esagerato. Non sono mai stata brava a mantenere il controllo, senza contare che era da molto che desideravo darle una lezione».
«Io avrei agito nella stessa identica maniera».
Continuarono a camminare per i corridoi. Pensarono di scendere al parco, una passeggiata era ciò che serviva per stemprare la tensione.
«Ai miei tempi, quando ero una promettente studentessa come te, avevo una predilezione per i duelli. Affrontavo chiunque mi osteggiasse, ammetto di esser stata un peperino. Feci più di un giro nell’ufficio del Preside» ricordò Artemide Herter facendosi una risata. «La verità è che raramente ti espellono per un duello. Capita solo se ferisci gravemente l’altro studente. Altrimenti si può girare il tutto come la messa in mostra di un gran talento e modestamente ero davvero talentuosa. Forse un po’ troppo incline a raggirare il regolamento…»
«Davvero? Non ti facevo una ribelle» affermò Victoria impressionata.
«Alla tua età credevo di aver il mondo ai miei piedi ed avevo talento nel duello, proprio come te. Ti ho vista combattere. Investi molta grinta. Quella è sempre la chiave giusta per vincere».
«Tu credi?».
«No, non lo credo. Ne sono certa!»
«Quando mio padre lo verrà a sapere saranno guai» borbottò Victoria tra sé e sé, passandosi una mano sul viso. «Se ne parleranno assieme al Consiglio d’Amministrazione, si spargerà la voce che ha una figlia turbolenta. Dovrò inventarmi qualcosa per pararmi le spalle, altrimenti chi ha il coraggio di sentirlo?».
Stavano per raggiungere il parco, quando videro Faye e Lucian Bole camminare speditamente dalla loro parte. Immaginando che volessero parlarle da soli, Madame Herter si congedò da Victoria, ribadendo l’orgoglio che provava nei suoi confronti. L’anziana strega svoltò l’angolo per salire verso l’infermeria e in quel preciso istante, Faye e Lucian si piazzarono di fronte alla loro beniamina.
«Allora com’è andata? Ti hanno punito? Hanno convocato tuo padre?».
«Faye, lasciala parlare» la interruppe Lucian con la sua caratteristica calma. Comprendeva la sua agitazione, ma c’era modo e modo.
«Toglieranno cinquanta punti a Serpeverde e quasi sicuramente abbasseranno i miei voti».
Faye si schiaffò una mano sulla fronte e scosse il capo ripetutamente. «Maledizione, maledizione! Questo non ci voleva proprio. Sospettavo che avrebbero agito in questa maniera. Del resto è inutile sospenderti, mancano pochi giorni alla fine dell’anno scolastico!»
«Era proprio necessario sbattere Pansy al tappeto in maniera così plateale?» domandò Lucian.
Victoria stava per replicare, ma s’intromise Faye che le prese le mani e cominciò a saltellare.
«Sei stava incredibile! Hai fatto bene a dare una bella registrata a quella cretina».
«Mi sono sfogata».
«Era ora che ricevesse una bella lezione. Non che qualcuno la calcolasse veramente… »
«Aggiungo che ti sei beccata il rispetto di gran parte dei Serpeverde» affermò Lucian.
«Oh sì!» esclamò Faye mostrando un ghigno soddisfatto e orgoglioso. «Hai dimostrato di essere un’abile combattente. C’è chi condanna la tua impulsività, ma in fondo che importa? Gliele hai proprio suonate!».
«E riguardo quello che ha detto Pansy stamattina» continuò il ragazzo con la sua caratteristica aria cupa «nessuno crede tu sia la vergogna della nostra Casa. Naturalmente non tutti approvano la tua amicizia con Potter, ma non è che importi davvero qualcosa. I più infastiditi sono tuo fratello e i suoi amici».
«Specifichiamo quali amici» precisò Faye lanciandogli una lunga occhiata. «Theodore e Blaise non fanno i salti di gioia, ma dubito che smetteranno di esserti amici. Pansy continua a parlare male di Potter, lo farà fino al suo ultimo anno, anche se credo che ora baderà bene a non farti infuriare più».
«E Draco? Ha detto qualcosa?».
Lucian mise le mani nelle tasche dei pantaloni e alzò le spalle. «A noi non ha detto niente».
Victoria annuì con aria tranquilla, se la sarebbe risolta più tardi con il fratello.
«Oggi è il nostro giorno libero. Niente esami e niente più studio. Che ne dite di goderci la giornata?» propose con vena allegra. «Potremmo scendere al lago. Ci facciamo una lunga passeggiata e poi posteggiamo i nostri sederini laggiù».
«Non rifiuterei mai di allontanarmi dalla baraonda. Incamminiamoci subito!» esclamò Lucian, lanciandosi verso il parco con lo sguardo divertito delle sue amiche su di sé.
Formavano terzetto comico che legò fin dal primo anno, in cui non si conoscevano tra loro. Provenivano entrambi da tre luoghi differenti. Lucian era l’unico figlio di due maghi Purosangue, residenti in un villaggio magico nell’Irlanda del Nord. Sua madre possedeva un negozio di abiti, Victoria la conobbe l’estate precedente e ricordò la sua simpatica e calorosa accoglienza. Il signor Bole, invece, lavorava al Quartier Generale della Lega Brittanico-Irlandese del Quidditch. Un uomo piuttosto introverso e gentile, indubbiamente Lucian ereditò da lui il carattere mentre d’aspetto era tutto sua madre; capelli castani chiaro e scintillanti occhi azzurri.
«Ora non mi muovo da qui fino a quando non sarà ora di cena!» esclamò Lucian, facendo apparire una coperta e sdraiandosi ai piedi di un albero.
«Buon riposino!» gli augurò Faye.
La ragazza si tolse le scarpe e le calze che la coprivano fino al ginocchio. Voleva immergere i piedi dentro la fresca acqua del lago, quel pomeriggio faceva un gran caldo. Victoria era allettata dall’imitarla, ma preferì sedersi su un grosso masso e lasciarsi beare dal venticello. Cominciò a rilassarsi, dimenticando il duello di quella mattina. Alzò gli occhi verso il cielo; era limpido, non una singola nuvola lo copriva. Udì le grida di gioia di Faye, abbassò il capo e vide che stava tentando di far saltare ripetutamente un sasso piatto sul ciglio dell’acqua. Era un vero asso!
Victoria ricordava ancora il momento in cui si conobbero. Accadde la prima notte ad Hogwarts, essendo dello stesso anno capitarono nello stesso dormitorio, e quella volta nessuna delle due riuscì a dormire per via dell’emozione ma anche dell’agitazione. Entrare ad Hogwarts significava esser cresciute, abbandonare la famiglia e imparare a cavarsela un po’ da sole. Si fecero coraggio a vicenda e chiacchierarono tutta la notte. Fu lì che Victoria scoprì la provenienza di Faye. Sua madre era una fiera strega scozzese mentre suo padre un orgoglioso mago della Cornovaglia. Li conobbe di persona durante un week-end estivo. Entrambi Purosangue e con idee simili a quelle dei Malfoy. Il signor Sould era un’abile pozionista mentre sua moglie non lavorava. Vivevano in una bellissima villetta che si affacciava sulla baia di St.Ives. Al contrario dei Malfoy non amavano esibire le loro ricchezze ed erano persone piuttosto generose con chi gli entrava in simpatia.
«Guarda che se vai a farti un sonnellino come Lucian, non mi offendo» Faye richiamò la sua attenzione giungendo fino al grosso masso su cui si era posata. «So che hai dormito poco stanotte. Ancora quegli incubi?».
Victoria annuì, sapendo di non poterle mentire. «Non mi danno tregua e il brutto è che non ricordo nemmeno cosa sogno. Qualunque cosa sia mi spaventa molto. Mi sveglio con il cuore in gola e sono tutta sudata».
«Hai provato a chiedere a Madame Herter? Siete in buoni rapporti e magari ti può consigliare qualche rimedio da prendere».
«Che rimedio può esserci?» domandò Victoria poco fiduciosa. «In fondo non si tratta di insonnia o di qualcosa che mi causa dolore fisico. È solo un… un grosso groviglio allo stomaco e oggi sembra più forte che mai. È come se avessi la netta sensazione che qualcosa di brutto sta per accadere».
«Magari hai un sesto senso infallibile e hai previsto il duello con Pansy».
«No, non è quello. Tutt’ora sono preoccupata».
«Stress per gli esami?».
«È una valida supposizione. Ci ho pensato anche io, per questo ho preferito non disturbare Madame Herter».
Faye le sorrise, carezzandole la spalla. «Vedrai che sarà quello. Nient’altro di preoccupante» le disse fiduciosa.
Trascorsero insieme tutto il pomeriggio. Incredibilmente - o non più di tanto per chi lo conosceva - Lucian sonnecchiò fino alle sei di sera, ovvero quando si mossero per tornare al castello e partecipare al banchetto serale. Arrivarono sulla soglia del portone della Sala Grande, quando una voce chiamò Victoria. Voltandosi, vide Harry scendere velocemente le scale.
«Andate pure a sedervi. Vi raggiungo tra cinque minuti».
Faye e Lucian annuirono e andarono a prendere posto alla tavolata dei Serpeverde.
«Campione!» lo salutò con un gran sorriso. «Pronto per l’ultimo passo? Ho scommesso su di te con i gemelli Weasley, fammi vincere» e gli fece l’occhiolino.
«Io devo chiedert-… che cosa? Hai davvero scommesso?» le chiese con tono agitato.
«Ti stavo prendendo in giro. Rilassati» ridacchiò, appoggiando l’avambraccio sulla spalla del ragazzo alto quanto lei. «Sai, credo che tu abbia davvero la possibilità di vincere questo Torneo…»
«Cambiamo argomento, ti prego. E, parlando d’altro, è vero che oggi hai duellato con la Parkinson per causa mia?».
Victoria spense il suo sorriso al ricordo di quel recente episodio e cercò di mostrarsi tranquilla. «Be’… qualcuno doveva tapparle la bocca».
Harry non sembrò contento. Affatto. Non era innervosito, però un’espressione preoccupata solcò il suo viso.
«Io… io ti ringrazio, dico davvero, ma… ma non voglio che ti metta contro le persone della tua stessa Casa per me» disse con fare dispiaciuto, neanche l’avesse costretta lui a combattere. «So di aver stravolto le tue abitudini e forse ti ho messo in difficoltà più di una volta con le mie richieste d’aiuto…»
«Potter, frenati» lo interruppe lei mettendo le mani in avanti. Gli sorrise, toccata da quella sua pura sensibilità. «Posso ricordarti che ho un cervello funzionante? Ho scelto io di esserti amica e conoscevo… ehm… le conseguenze. Anche se ad essere onesta non dovrebbero essercene. Non è un problema degli altri di chi scelgo di essere amica. Sei un bravissimo ragazzo e mi rende fiera poter contar su di te».
Harry arrossì. Victoria aveva quel potere su di lui, lo rendeva facilmente in imbarazzo con quella sua schiettezza e, al tempo stesso, lo faceva sentire rilassato per via di quel suo modo di fare rassicurante e spensierato.
«Credimi, è per me un onore averti come amica. Sei stata una bella sorpresa» sussurrò sincero, fissandola in quei grandi occhi nocciola. Le sfiorò la mano, abbozzando un sorriso tenero. «Grazie per il sostegno e l’amicizia che mi hai dimostrato quest’anno. Hai fatto tanto, credimi».
«E questo non può che rendermi felice, Harry».
E fu così che, senza esser condizionata dai mille occhi che li osservavano, Victoria si gettò tra le braccia di Harry e lo abbracciò. Il ragazzo fu sorpreso da quel gesto istintivo e colmo di calore. Capì che era il suo modo per dirgli “ti voglio bene”. Ricambiò quell’abbraccio con energia. Nemmeno a lui importò chi li stesse a guardare o cosa mormoravano.
Si divisero un attimo più tardi, poco prima dell’inizio del banchetto. Harry andò a sedersi accanto a Ron, che subito lo torturò con mille domande. Victoria raggiunse Faye e Lucian, che intelligentemente si sedettero lontani da Pansy e da tutti gli altri. Loro furono più discreti del rosso Grifondoro e proiettarono le loro chiacchiere su altro.
Una volta terminata la cena gli studenti delle tre scuole magiche, accompagnati dai professori, si diressero al campo da Quidditch dove era stato eretto un grosso labirinto alto sei metri. Le tribune erano posizionate all’inizio, i presenti intuirono subito che non sarebbero riusciti a vedere i quattro campioni nel delirio della prova.
«Ecco che succede di nuovo! Esattamente come durante la seconda prova! Che Pluffe!».
«Andiamo Faye, almeno stavolta non puoi lamentarti che fa freddo» ridacchiò Adrian, il quale aveva preso posto accanto alla sua ragazza.
«Sì, ma tanto valeva rimanere al castello».
«Davvero? Perché che cosa avresti fatto al castello?» la provocò Lucian, lanciando varie occhiate maliziose a lei e al compagno di Casa.
Il viso di Faye diventò color peperoncino mentre Adrian si fece una gran risata. Victoria dovette trattenere l’amica dal lanciare qualche fattura a Lucian.
Il tempo volò, tanto che a momenti nemmeno si accorsero della fine della prova. E forse non avrebbero prestato attenzione al ritorno del vincitore, se non fosse avvenuto in maniera plateale. Tragicamente plateale.
«Guardate laggiù» esordì Lucian alzandosi in piedi.
Gli sguardi curiosi di Faye e Victoria balzarono verso il fondo della tribuna. Dai loro visi scomparve l’espressione gioiosa che le accompagnò durante l’attesa. Accadde qualcosa di insolito. Ogni spettatore s’alzò in piedi e si sporse oltre il parapetto per curiosare, ma nessuno era in grado di capire a meno che non fosse in prima fila, e anche in quel caso c’erano le figure dei professori e delle autorità a celare la verità. Fu solo dalle grida di Harry Potter che ogni studente capì cos’era accaduto.
«È tornato! È tornato! Voldemort è tornato!»
E non solo.
«Diggory è morto» cominciarono a sussurrare dal fondo delle tribune.
Le cattive notizie correvano veloce e rapidamente giunsero agli spalti occupati da Victoria, Lucian, Faye e da tutti gli altri Serpeverde. In pochi attimi scoppiò il caos. Iniziarono le grida di terrore, le urla di dolore, alcuni provarono a scendere dagli spalti ma vennero bloccati prontamente dai professori, ed esortati a far ritorno al castello. Victoria fu obbligata a seguire la folla. Era incredula, non riuscì a spiccicare una singola parola. I suoi occhi, sbarrati dalla paura e dalla confusione del momento, scattavano continuamente verso la figura minuta di Harry. Il ragazzo venne tirato in piedi da Silente. A malapena si reggeva in piedi per via di una grave ferita alla gamba. L’ultima immagine che Victoria riuscì ad intercettare fu l’avvicinarsi di Moody, che trascinò via Potter.
Nessuno studente venne a conoscenza di quanto accaduto quella notte, fino al mattino seguente. A colazione, una fin troppa mormorata colazione, Silente prese parola e raccontò di com’era morto Cedric Diggory. Non si dilungò in grossi dettagli, restò piuttosto discreto, chiese infine di non porre domande a Harry e di lasciarlo in pace.
«Direi che quest’anno abbiamo chiuso col botto!» esclamò Lucian Bole.
Faye gli rifilò immediatamente un’occhiataccia. «Potresti essere meno cinico? Un ragazzo è stato ucciso!»
«Il mio non era cinismo. Dovevo pur esordire con qualcosa» tentò di difendersi nervosamente e guardandosi attorno aggiunse «qua nessuno intendeva spiccicar parola e io non volevo restar in silenzio!»
«Potresti se non hai niente di intelligente da dire!»
Vedendo Lucian pronto a risponderle, Victoria s’intromise cercando di far da paciere.
«La smettete, cortesemente?».
Ci fu una breve pausa.
«Sarà bene che io restituisca un libro che ho preso in prestito dalla biblioteca» esordì Faye, visibilmente seccata, e si alzò dal tavolo con il piatto della colazione ancora pieno. «Lungi da me far infuriare Madama Prince».
E abbandonò la Sala Grande a passo svelto.
«Io… io vado a farmi un giro!» esclamò Lucian facendo cadere nervosamente il cucchiaino nella sua ciotola di cereali, schizzando inevitabilmente il povero Theodore Nott.
Victoria non reagì all’uscita dei suoi migliori amici, si limitò a versarsi del succo di melagrana nel bicchiere. Già aveva faticato ad addormentarsi la scorsa notte, per via della miriade di pensieri riguardo la Terza Prova, almeno voleva godersi le prime ore di quel nuovo giorno.
«Allora… chi scommette che il prossimo articolo della Skeeter parlerà unicamente di Potter?» domandò Blaise.
«Io scommetterei tutta la mia eredità» rispose prontamente Daphne, seduta alla sua sinistra. Fu l’unica a dargli attenzione. «E vogliamo parlar della grande mossa finale? Inventarsi il ritorno di Voi-Sapete-Chi per giustificare la morte di Diggory… tzk, io lo trovo semplicemente assurdo. Un patetico tentativo per attirare tutta l’attenzione su di sé».
Ed anche lì, nessuno intervenne. Victoria fissava intensamente il suo piatto, spostando le briciole qua e là con la forchetta. Theodore guardò di sottecchi Draco. Tiger e Goyle ridacchiarono tra di loro. Pansy rimase in disparte.
«Chissà che tra qualche anno non scopriamo che è stato proprio Potter, spinto dalla sua sete d’ambizione, a causar un incidente a Diggory».
Fu lì che gli occhi di Victoria s’alzarono su Daphne. La fissò sconcertata.
«Harry non farebbe mai una cosa del genere» sussurrò.
«Non dico l’abbia fatto di proposito» si mise sulla difensiva la bionda Greengrass «però di qualcosa è pur morto».
«Hai visto com’erano pericolose le prove. Sicuramente l’ultima lo era di più e…»
«Victoria, è ammirevole come difendi Potter» le disse attirando lo sconcerto dei suoi amici. «Lo hai scelto come amico e, al contrario di ciò che tutti pensano, noi della Casa di Serpeverde siamo molto leali. Il tuo comportamento è normale, tuttavia non puoi negare l’evidenza. O credi davvero che Tu-Sai-Chi sia tornato?»
Gli occhi di Theodore si fiondarono nuovamente su Draco, fissandolo intensamente. Il principino lo ignorò deliberatamente, preferendo osservare sua sorella e attendendo la sua risposta. Victoria tentennò, non sapeva davvero che rispondere. Quel quesito la tenne sveglia la notte precedente e ancora non era in grado di darsi una risposta. In casa sua udì spesso parlare del Signore Oscuro e ogni volta, suo padre e i suoi amici, palesavano il loro dubbio su un possibile ritorno. Ciò che accadde tredici anni fa era leggenda. LUI morì per mano di un bambino e sparì nel nulla. Se fosse stato potente come credevano i suoi sostenitori, allora sarebbe tornato anni addietro.
«No, io non credo sia tornato. È impossibile».
«Allora credi che Potter sia un bugiardo» sentenziò Daphne.
«Io credo sia sotto shock per la morte di Cedric» replicò Victoria con convinzione. Considerava che fosse l’unica spiegazione plausibile. «Forse ha bisogno di tempo per riprendersi e raccontare cos’è davvero accaduto».
Draco strinse prepotentemente la forchetta, infastidito dal tono comprensivo che la sorella maggiore stava donando a quel maledetto di Potter. Ancora una volta era riuscito a far breccia nel suo cuore. Lo odiava. Lo odiava a morte. “Peccato che il Signore Oscuro non sia riuscito a finirlo una volta per tutte” si ritrovò a pensare.
«Andrò a cercar Faye» sbuffò Victoria, facendo scivolare completamente la sua forchetta nel piatto pieno di briciole. Alzandosi in piedi si stirò per bene la gonna della divisa. «Sia mai che stia litigando con Lucian e ci scappi qualche colpo di bacchetta. Ormai non mi stupisco più di nulla».
I suoi compagni la salutarono senza aggiunger altro. Solamente Theodore pareva aver qualche pensiero di troppo e alla fine di quella lunga colazione, non si trattenne dal farne parola col suo migliore amico.
«Come fa a non saper nulla?!»
Draco lo ignorò, continuando a camminare per il cortile. In assenza di lezioni, non gli dispiaceva mettersi sotto una pianta a leggere un libro su antiche pozioni. “È sempre utile imparar qualcosa di nuovo, soprattutto se oscuro e soprattutto in tempi come questi” rifletté silenziosamente.
«L’ho osservata bene a colazione e non aveva la più pallida idea di… di un bel niente!»          
Theodore lo seguiva passo dopo passo, aumentando la sua ansia minuto dopo minuto.
Il giovane Malfoy si sdraiò sull’erba finemente tagliata, appoggiando la schiena contro il tronco dell’albero, e continuando ad ignorare l’amico prese a leggere il suo libro.
«Credi che tuo padre la renderà partecipe o farà finta di nulla?».
Draco non rispose, fingendo di esser concentrato sulla pagina che spiegava come preparare una pozione di illusione. In realtà aveva l’udito parecchio fine sull’argomento. Theodore diceva il vero, Victoria non aveva idea che Potter stesse sbandierando la verità e soprattutto non aveva idea che Lucius fosse uno dei più grandi sostenitori del Signore Oscuro. O meglio, lei sapeva che in passato aveva partecipato a qualche riunione, ma non sapeva delle numerose operazioni a cui prese parte. Fin da piccolo, Draco sentì di esser stato privilegiato nell’esser venuto a conoscenza della grandezza di suo padre proprio dai racconti di Lucius stesso. E si era spesso gonfiato il petto d’orgoglio udendo queste esatte parole: «Non osar dir niente di tutto ciò a tua sorella». Spesso era suonata come una minaccia, ma Draco non ci diede peso. A lui importava solo che fosse più avanti della sorella. Per quanto le volesse bene, non era mancata una leggera competizione fra loro, e talvolta Draco ebbe il dubbio che Lucius la preferisse a lui. Ma ogni volta che suo padre gli raccontava le sue prodezze, tale dubbio maligno spariva.
«Tu non le dirai niente?».
L’ennesima domanda di Theodore cominciò ad alterare lo stato già nervoso di Draco.
«Senti, Nott» prese parola, alzando di scatto i suoi occhi gridi sul viso dell’amico «se mio padre riterrà opportuno metterla al corrente, lo farà. Fino a quel momento, non uscirà una sillaba dalla mia bocca, e spero nemmeno dalla tua».
«No, no, figurati» si mise sulla difensiva Theodore, capendo di averlo seccato. «Starò muto come un pesce».
«Bene!»


Mrs. Montgomery:
Buonasera cari lettori e lettrici!
Siamo al penultimo capitolo che tratta la trama de "Il calice di Fuoco". Sto continuando a seguire la trama dei libri e ve ne sarete accorti da qualche dettaglio proveniente dal libro. Ci tengo molto a seguire i passaggi originali, poi naturalmente aggiungo e aggiungerò ancora qualcosa dal mio sacco. Molti eventi, però, sono legati alla trama originale.
Venendo a "Legami Proibiti" posso pre-annunciarvi che presto avverrano taaaanti cambiamenti.
Victoria non crede al ritorno di Voldemort, ma dovrà farci i conti. Come avete letto, lei non sa nemmeno che Lucius è un Mangiamorte, al contrario di Draco. Il rapporto genitore-figlio è diverso. Lucius ha sempre mantenuto una certa imparzialità con Draco e Victoria, ritenendoli entrambi suoi figli, tranne che sulla questione "Mangiamorte". Alcuni di voi si chiederanno perché a Draco ha raccontato le sue vecchie imprese mentre a Victoria no? è come se Lucius l'abbia volutamente tenuta alla larga da qualunque questione fosse coinvolto Lord Voldemort. C'è sempre una spiegazione dietro le scelte della mia trama, ogni cosa verrà svelata e non manca molto ;)
Non aggiungo altro o rischio di parlar troppo!
Ringrazio infinitamente coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli e chi ha inserito la storia nelle varie categorie.


   

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Capitolo 13
*** Il nuovo giorno ***


LP

Capitolo XII - Il nuovo giorno


 
I giorni seguenti alla Terza Prova furono piuttosto duri per Harry. Gli parve di tornare a quando tutti credevano che avesse messo il suo nome nel Calice. Questa volta, però, al posto di prenderlo in giro o ridergli in faccia, gli studenti di Hogwarts borbottavano al suo passaggio, lanciandogli varie occhiatacce. Immaginò che molti credessero all’articolo della Skeeter di qualche settimana prima; era certo che molti lo reputassero pericoloso o - più probabilmente - un pazzo.
Un pazzo pericoloso.
A Harry non importò granchè. Era talmente scosso dagli ultimi eventi che poco badava a cosa dicevano alle sue spalle. Gli bastava la compagnia dei suoi amici. Ron ed Hermione non lo lasciarono mai solo ed evitavano di porgli domande scomode. Gli stavano lasciando il suo spazio ed Harry lo apprezzava molto. Il giovane Potter cominciò a contare i giorni che mancavano all’inizio delle vacanze estive. Non che avesse fretta di tornare dai Dursley - no, signore! - però era anche stufo di sentirsi un appestato ad Hogwarts.
«Harry!»
A chiamarlo era stata una strega dalla voce piuttosto allegra. Una voce che gli ronzava spesso nel cervello e apparteneva a Victoria Malfoy.
«Hey!» la salutò alzando appena la mano.
La vide aumentare il passo per raggiungerlo. Osservare il suo viso luminoso, gli trasmise una leggera gioia e scaldò il suo animo triste per via della morte di Cedric e del ritorno di Voldemort.
«Finalmente riesco a beccarti!» esclamò Victoria, abbracciandolo di slancio.
Ron ed Hermione, che non lasciavano mai Harry da solo tranne che per casi eccezionali, si scambiarono un’occhiata perplessa. Effettivamente erano piuttosto sorpresi di vederla raggiante e amichevole nei confronti del loro amico dopo quanto accaduto. Harry riuscì ad inclinare leggermente il capo, il giusto per far capire ai suoi amici di lasciarlo solo con lei. Nuovamente, Ron ed Hermione si guardarono indecisi, ma alla fine ponderarono che accettare la sua richiesta era la cosa giusta da fare. Allontanandosi dal porticato insieme, s’accordarono per aspettare Harry dietro l’angolo. Andava bene lasciarlo da solo… ma in sicurezza.
«Stai meglio?».
Victoria sciolse il loro abbraccio, ma tenne per qualche attimo le mani sulle sue spalle, regalandogli uno dei migliori sorrisi.
«Un po’ sì, grazie».
Per un attimo, Harry dimenticò ciò che gli stava capitando attorno. Non diede più peso agli studenti che lo scansavano nei corridoi, ai mormorii, alle occhiatacce. Ogni nota negativa venne cancellata da quel caldo sole chiamato Victoria.
«Perdonami se non sono venuta a trovarti in infermeria. Silente ci ha espressamente ordinato di non starti addosso» gli raccontò la verità. «Mi auguro che tu ti senta davvero meglio».
Harry abbozzò un sorriso, contento per le sue premure. «Quindi Silente ha informato tutti riguardo quello che è accaduto…»
«Sì» lo interrupe rapidamente Victoria, mostrandogli palesemente il suo dispiacere. «Ciò che è accaduto… be’… è stato semplicemente terribile».
Il ragazzo concordò e fissando lo sguardo buono della Serpeverde, che non accennava a mutare, ebbe compassione di lei. Più la frequentava e più si domandava come avesse fatto quel vile di Lucius Malfoy a crescere una creatura così pura come Victoria?
«Posso solo immaginare quanto sia difficile per te» continuò la strega, stringendosi nelle spalle. Provava una sincera pena per lui. Aveva quasi quindici anni e portava sulle spalle dei carichi pesanti. Al suo posto non era certa di poter resistere, per tale ragione lo ammirava. Era molto coraggioso.
«Ed io immagino quanto lo sia per te».
Victoria aggrottò la fronte, domandandosi se avesse udito bene.
«Per me?»
«Sì, saper che tuo padre… cioè l’uomo che ti ha cresciuta… ecco è uno di loro».
«Uno di loro?» replicò lei sempre più confusa.
«Un seguace di Tu-Sai-Chi. Un Mangiamorte».
Victoria sgranò lentamente gli occhi mentre quelle parole fecero eco nella sua mente. In un primo momento le stava scappando da ridere, ma osservando l’espressione seria e cupa sul viso di Harry, capì al volo che non la stava prendendo in giro.
«Che stai dicendo, Harry?».
Il Bambino Sopravvissuto parve esser colto da un incantesimo di pietrificazione. “Forse ho fatto una gaffe” rifletté, guardando come Victoria si stava infastidendo ogni secondo che passava. “Ma no! È impossibile che non lo sappia. Suo fratello lo sa. E i Malfoy mi sembra gente che si vanta di certe cariche”.
E invece, ad Harry bastarono pochi attimi per capire che Victoria stava scendendo dalle nuvole… o quasi.
«Harry, si può sapere perché lo hai detto? Cosa ti fa credere che mio padre sia un… un… uno di quelli, ecco!»
«Lui era là… al cimitero» le rispose con un filo di voce.
«Al cimitero?» ripetè Victoria con fare indagatore e con la fronte sempre più corrugata.
Ricordò poi ciò che udì da alcuni suoi compagni di classe. A qualcuno di loro sfuggì cosa Harry raccontò la notte in cui morì Diggory e menzionarono un cimitero. Proprio un fantomatico cimitero era luogo in cui Harry disse di aver assistito al ritorno di Tu-Sai-Chi, il quale venne raggiunto dai suoi più fedeli seguaci. Un racconto confuso, anzi confuse erano le voci che Victoria udì man mano nei giorni seguenti, senza però darci troppa importanza. Credeva che una volta incontrati, Harry le avrebbe raccontato la verità e vista la gravità dell’accaduto, Victoria era disposta a concedergli pazienza. Ma in quel momento, c’erano delle informazioni che non le tornavano.
«Harry, io capisco che assistere alla morte di Diggory ti abbia sconvolto» riprese a parlar con fredda tranquillità «e forse, per via dello shock, credi di aver visto cose irreali. La mente sa ingannare bene e tu hai…»
«Non mi credi?» la interruppe subito Harry.
Victoria sbattè le palpebre, come se fosse meravigliata da tale domanda. Non capì la perplessità di Harry. Gli avrebbe creduto se avesse detto cose sensate e non credeva fosse il caso. La giovane Malfoy era convinta che lui fosse ancora sotto shock.
«Io ti capisco, davvero…»
«No, invece!» sbottò Harry. Sentì la rabbia nascergli dai piedi e risalirgli fino alla testa a velocità rapidissima. «Tu pensi che io sia un bugiardo! Be’ non lo sono e potrai benissimo chiederlo a tuo padre!»
E fu lì che nacque anche la rabbia di Victoria.
«Ancora con questa storia?! Che diamine c’entra mio padre?!» urlò cominciando ad attirare non pochi sguardi.
Harry storse il naso. «Non fingere di non conoscere le sue idee!»
«Io le conosco bene le sue idee, ma ciò non implica che debba essere un seguace di Tu-Sai-Chi
«E che mi dici di quando lo hanno interrogato tredici anni fa?»
Victoria percepì le guance scottarle dalla rabbia. «Lo hanno assolto!»
«Oh miseriaccia!» arrivò tempestivamente Ron, anch’egli col viso rosso come i suoi capelli. Dietro di lui c’era Hermione che tentava di fermarlo tirandolo per un braccio. «Lo sanno tutti che razza di gente sono i Malfoy! Vi credete superiori per il sangue puro e per quei quattro stupidi pavoni che tenete nel vostro ridicolo giardino!»
«Ron» lo chiamò Harry, voltandosi per lanciargli uno sguardo intenso. Non voleva che s’intromettesse.
Il Weasley sbuffò col naso, raggruppando tutte le sue forze per restar in silenzio, ma non era intenzionato ad abbandonare l’amico.
«Ascolta, Victoria» riprese il Bambino Sopravvissuto guardandola sfacciatamente negli occhi «non mi interessa se non mi credi. Ho detto la verità. Voldemort è tornato e tuo padre era al suo fianco».
Il sol sentir nominare il SUO nome, fece venir la pelle d’oca a Victoria. I suoi occhi erano fissi in quelli di Harry. Quelle pagliuzze color smeraldo palesavano una cruda verità e, dentro di sé, Victoria sentiva che non le stava mentendo. Non era nella natura di Harry. Era così buono. Avvertì una strana sensazione partirle dal petto e irradiarsi in tutto il suo corpo minuto. Una parte di lei gli credeva a spada tratta. Era suo amico, l’aveva scelto, e lei donava fiducia incondizionata ai suoi amici. Dall’altra parte però c’erano i Malfoy. Draco, Narcissa e Lucius. Erano le persone che avevano deciso di renderla una di loro. L’accudirono e l’amarono. E per quanto conoscesse bene le idee che condividevano sulla purezza del sangue, le pareva assurdo che suo padre si fosse spinto a tanto. Diventare un Mangiamorte equivaleva a trasformarsi in un assassino.
“Il mio papà non può essere un assassino”.
«Tu menti» sibilò Victoria.
Si guardarono a lungo negli occhi e dopo aver udito le sue ultime parole, Harry provò un dolore al petto e non replicò.
«E tu sei una stupida!» esclamò Ron non riuscendo a contenersi.
Gli occhi di Victoria saettarono su di lui. «Non ti permettere…»
«Sennò che fai? Lo dici a tuo padre e ai suoi amici?».
Hermione gli tirò una forte gomitata nello stomaco, vergognandosi per lui, sebbene fosse dubbiosa sulla natura di Victoria. All’apparenza le sembrava veramente che non fosse a conoscenza di nulla, ma osservandola qualche volta capì velocemente che era una strega molto scaltra e forse era in grado di fingere bene. Qualunque fosse stata la verità, una cosa era certa: l’amicizia tra Harry Potter e Victoria Malfoy giunse a capolinea.
«Se è questa l’educazione che ti hanno impartito i tuoi genitori, allora mio padre ha ragione su voi Weasley» disse Victoria, ammiccando un sorriso subdolo.
Gli occhi di Ron strabuzzarono. Boccheggiò indicandola ripetutamente, prima di rivolgersi a Harry: «Ora lo vedi? Lo vedi che è proprio figlia loro?!»
Potter non rispose, si limitò a fissare Victoria con occhi dispiaciuti. E lei, notandolo, non riuscì a mantener il contatto visivo. L’aveva deluso.
«È meglio se ce ne andiamo» suggerì Hermione pacatamente dando una leggera spinta a Ron, per farlo incamminare, e attese la reazione di Harry.
Lo conosceva bene e comprendeva quanto stesse soffrendo in quel momento. Si era affezionato in fretta a Victoria, talvolta mettendola persino su un piedistallo, credendo che fosse diversa dalla sua famiglia adottiva. E invece… forse non lo era così tanto.
Harry tentennò per qualche istante. Ormai ne era certo, ciò che avevano costruito durante l’anno stava per esser spazzato via. Per questo tentennava. Andarsene via, significava andarsene per sempre da lei.
«Apri gli occhi finchè sei in tempo».
Le parole appena sussurrate di Harry esprimevano una sua profonda speranza. Lui sperava che Victoria fosse davvero diversa da suo padre e suo fratello, e che potesse salvarsi.
Voltarle le spalle fu più doloroso di quanto potesse immaginare. Victoria restò a vederlo andarsene senza batter ciglio, incapace di muovere la bocca o le gambe. Dentro di sé pensò che fosse giusto così.
“Non poteva esserci finale diverso”.
Anche se sperava non accadesse. Perdendo Harry le parve di perdere una parte di sé… ma quella era solo una sua sensazione.

 
***
 
 
«Finalmente sei tornata normale!»
Draco provò una somma gioia nello scoprire la fine dell’amicizia tra la sua amata sorella e lo stupido Sfregiato. Ciò bastò a fargli passare il malumore per le recenti scelte di Victoria e indubbiamente gli conferì una grande euforia per l’intera estate, anzi per tutta la vita!
«Tutto è bene ciò che finisce bene!»
Passò l’intero pomeriggio a gongolare. C’era stato più di un momento in cui ebbe paura che non se lo sarebbe più levato dai piedi. Invece, per sua fortuna, era tutto finito. Tra quella notizia e quella del ritorno dell’Oscuro Signore, Draco cominciò a pensare che il 1995 sarebbe stato decisamente il suo anno fortunato.
«Chissà quante altre gioie mi attendono. Non vedo l’ora!»
«Mette tranquillità questo posto vero?»
Victoria troncò il discorso con una domanda piuttosto pacata.
Draco si avvicinò a passo lento e andò a sedersi dietro di lei, su quel grande masso in riva al Lago Nero. La news sancì ufficialmente la pace tra i fratelli Malfoy, tornarono uniti come sempre. Non che i loro amici avessero mai avuto dubbi a riguardo. Come sosteneva Narcissa: «È più facile vedere Hogwarts volare, che quei due smettano per sempre di stare l’uno al fianco dell’altra».
«Finalmente domani si torna a casa» esordì Draco allungando le braccia per stiracchiarsi «un’estate di meritato riposo».
«Parla per te. Io lavorerò con Yaxley fino alla fine di Agosto».
«E di che ti lamenti? Non eri tu che ti esaltavi man mano che s’avvicinava il giorno d’inizio del praticantato?»
Victoria sospirò, effettivamente non vedeva l’ora. Forse il lavoro l’avrebbe tenuta a distanza dai brutti pensieri. Scosse il capo, pensando che non poteva permettere a qualunque cosa le stesse accadendo di sabotare il suo futuro. Quel praticantato era importante, desiderava far carriera, una brillante carriera!
«Sarà meglio incamminarci verso il castello. Tra poco meno di mezz’ora comincerà il banchetto d’addio» affermò Victoria, alzandosi velocemente in piedi e a momenti non perse l’equilibrio.
Fu la prontezza di Draco e tenerla salda su quel grande masso. Il ragazzo evitò di farla cadere in acqua, le mise entrambe le braccia attorno alla vita e l’attirò a sé. Una strana paura avvinghiò il cuore di Victoria. Non temeva di finire in acqua, sapeva nuotare, il fatto era che ormai conviveva con la paura. Da quando Harry le mise la pulce nell’orecchio, temeva la risposta ai suoi più profondi timori. Era talmente confusa e spaventata che non palesò i suoi dubbi nemmeno a Draco. Preferiva convivere con il dubbio, piuttosto che esser certa di aver un padre Mangiamorte.
“Sono una codarda”.
Ma non appena sentì la fronte toccare il petto di Draco, la paura scomparve. Inspirò il profumo del fratello, strinse le mani attorno alle sue braccia. Erano appiccicati, parevano incollati l’uno all’altra, mai accadde prima una vicinanza simile.
Non fu intenzionale. Draco voleva solamente evitarle un bagno, nulla più, eppure non desiderava scostarsi da lei. Percepiva il corpo di Victoria premuto contro il suo e gli piaceva… gli piaceva forse troppo. Solamente quando la sentì irrigidirsi si scostò leggermente, il giusto per guardarla in faccia. Erano talmente vicini che i loro nasi si sfiorarono.
«Ti senti bene?»
«S-sì, certo».
«Sei sicura?» le domandò inarcando un sopracciglio.
Victoria annuì freneticamente. «Sto sempre bene quando sto con te».
Draco sentì le guance accaldarsi velocemente, fu quasi certo che stesse arrossendo. Cercò di mantenere il suo classico gelido contegno, tentando di mostrarsi orgoglioso quanto i pavoni che scorrazzavano nel giardino di Villa Malfoy.
«Sono pur sempre tuo fratello».
Lei sorrise, il primo sorriso dopo ore di angoscia.
Draco le tese la mano e insieme scesero da quel masso, l’acqua arrivava poco sopra le caviglie, raggiunsero la terra dove si rimisero le scarpe e fecero ritorno al castello. I fratelli Malfoy intrapresero il sentiero, inconsapevoli che qualcuno li aveva spiati, origliando la loro lunga conversazione. Tale strega raggiunse in fretta e furia l’ufficio del Preside.
«Io lo sapevo!»
Madame Herter sbattè le mani sulla cattedra di Silente. Era furibonda come non mai. Il viso paonazzo e gli occhi aggressivi puntavano il Preside, il quale invece, per quanto fosse teso, restò impassibile.
«Dovevamo agire quando abbiamo scoperto la verità. Ora è tutto perduto!» continuò la strega, non dandosi pace. «Tom è tornato e Victoria si è messa contro Harry. Contro il…»
Silente alzò pacatamente una mano. Un semplice gesto che bastò a zittirla.
«Non è tutto perduto» disse il Preside, congiungendo le mani e posandole sullo stomaco. «Avevamo previsto, che qualora Tom tornasse, la lealtà della giovane Malfoy sarebbe vacillata. È vero o non è vero?»
Madame Herter non rispose, la risposta era piuttosto palese.
«Come proponi di agire? Spero tu abbia già pensato ad un piano» riprese parola la strega con fare risoluto «perché forse non ricordi che io devo lasciare Hogwarts. Il Torneo Tremaghi era la mia perfetta copertura. Ora che è terminato, non posso restare. Puzzerebbe troppo avere un’altra strega in Infermeria e adesso non possiamo rischiare passi falsi».
Silente annuì un paio di volte col capo. «Ho riflettuto intensamente a come procedere e credo di aver trovato una buona soluzione. Bisogna tenere occhi e orecchie ben aperte. Qualunque passo falso manderebbe a monte l’intera operazione» sospirò profondamente portandosi una mano alla tempia. La massaggiò preoccupato. «C’è tanto in ballo. Ho già rifiutato la richiesta della signora Weasley di tenersi Harry con sé per le vacanze estive. Per quanto io confidi nel buon cuore di quella famiglia, non sono in grado di proteggere il ragazzo da eventuali pericoli».
E se lo diceva Silente, bisogna fidarsi ciecamente.
«E Victoria? Chi la proteggerà?» avanzò Madame Herter, conservando la sua diffidenza verso chiunque. «Lucius Malfoy è un Mangiamorte. Con quelle persone non è al sicuro. Per questo dovevi permettermi di…»
«La tua impulsività ti ha sempre condannata» la interruppe nuovamente Silente. «Posso immaginare quanto sia faticosa la tua posizione, ma ti chiedo ancora un po’ di pazienza. Solo così riusciremo ad ottenere successo».
Madame Herter compì un respiro profondo, comprendendo lo stato grave della situazione, ed erano solamente all’inizio. Mantenendo la sua alterigia, posò i palmi delle mani sul piano della cattedra.
«Quando mi hai chiamata, io sono corsa da te. Ti stimo e mi rammarica non averti ascoltato in passato. Probabilmente non sarei dove sono ora, così… così sola» ammise tristemente, conservando però la sua impeccabile dignità. «Albus, ti aiuterò, ad ogni costo, pur di fermare Tom. Sono disposta a tutto… anche ad aspettare. L’unica mia richiesta è di sostenermi e di aiutarmi. Quando arriverà il momento non sarà semplice per me e nemmeno per…»
In quel momento bussarono alla porta. Senza nemmeno attendere risposta, Severus Piton entrò nell’ufficio del Preside, sentendosi immediatamente in imbarazzo quando notò la presenza di Madame Herter.
«Perdonatemi. Attendo…»
«Resta, Severus. Io e Madame Herter abbiamo terminato» disse Albus, lanciando un’occhiata breve ed intensa alla sua ospite.
La strega afferrò al volo e si congedò dal Preside, uscendo dal suo ufficio e lasciandolo alla sola presenza del professore di Pozioni.
«Severus, ti stavo aspettando».
«Lo so, per questo ho cercato di esser qui il prima possibile» disse il giovane insegnante, andando ad accomodarsi di fronte a Silente. «Possiamo parlare liberamente?»
Silente annuì. «A riguardo, voglio solo sapere se è andato tutto come previsto».
«Sì, signore. Sono riuscito a riconquistare la fiducia dell’Oscuro Signore».
«Bene. Non ho mai nutrito alcun dubbio a riguardo» e gli sorrise scaltramente. «Ora, desidero giungere subito al nocciolo della questione per cui ti ho chiamato. Ciò che ti sto per dire, anzi chiedere, dovrà rimanere tra noi».
«Naturalmente».
«Vorrei parlarti di una tua studentessa» continuò Silente con tono gentile, incuriosendo l’insegnante. «Sono certo che tu la conosca meglio di me. Si tratta di Victoria Malfoy».
«La figlia di Lucius» aggiunse Severus.
«Figlia adottiva di Lucius Malfoy» tenne a precisare il Preside e dal tono che utilizzò, Severus intuì che non fosse un caso. Con Silente nulla era lasciato al caso, nemmeno il più piccolo ed apparente insignificante dettaglio. «Una lunga amicizia ti lega a Lucius. Al di là che eravate dei Mangiamorte di importante fiducia, ricordo che durante gli anni di scuola, Malfoy ti prese sotto la sua ala. Nonostante la caduta dell’Oscuro Signore, avete conservato quell’amicizia. Vai d’accordo anche con la moglie, Narcissa Black. E praticamente hai visto Draco e Victoria crescere. So che entrambi provano stima nei tuoi confronti».
Severus annuì, pur non comprendendo ancora quel rammentargli.
«Tutto ciò renderà semplice il tuo prossimo compito» aggiunse Silente, mantenendo il sorriso scaltro. «Ho bisogno che tu ottenga la fiducia di Victoria Malfoy. Veglia su di lei. Osservala. Dovrai raccontarmi tutto».
«Perché ha uno spiccato interesse su Victoria Malfoy? Teme che possa diventare una Mangiamorte?»
«Be’ spero proprio di no, altrimenti avremmo un altro grosso problema tra le mani e mi pare che ne siamo già zeppi!» esclamò, dando sfogo ad una risata amara. Ormai non avrebbero più avuto nemmeno il tempo di bearsi di una sana allegria. «Sai… ti ritengo un amico fedele, Severus. E un coraggioso mago. Credo sia doveroso darti una spiegazione riguardo la mia attenzione verso la giovane Malfoy».
Finalmente!” pensò Piton tra sé e sé, anche se non diede per scontato di ricevere le sue ragioni. Talvolta Silente era troppo misterioso e machiavellico persino da interpretare. “Indubbiamente il mago più potente che ci sia al mondo”.
«Sono tutto orecchi, Preside».
«Prima di tutto, vorrei sapere se sei a conoscenza del retaggio di Victoria Malfoy. Lucius, te ne ha mai parlato?»
Per rispondergli, Piton dovette tornare indietro nel tempo con la mente.
«Credo di sapere esattamente ciò che sanno tutti» disse con voce atona. «Victoria è figlia di una sua lontana cugina. Francamente non si è mai dilungato con le spiegazioni, né io avevo interesse di approfondire l’argomento. Ai tempi avevo ben altri pensieri e lei dovrebbe saperlo, Silente».
Il Preside comprese perfettamente a che periodo si stava riferendo il professor Piton ed ebbe rispetto per la sua anima ancora angosciata. Tuttavia non poteva permettere che un triste ricordo, fermasse i suoi piani.
«Victoria non ha niente a che fare con i Malfoy, nemmeno nel sangue» disse Silente in tono grave. «La sua discendenza magica la lega a maghi e streghe di un certo spessore. È stata una recente scoperta e, a tratti, la ritengo piuttosto fortuita. Siamo ancora in tempo per cambiare le carte in tavola e portarla dalla nostra parte».
Severus ascoltò pazientemente, sebbene lo irritava il suo modo di fare criptico. In realtà Albus Silente impiegò pochi minuti per metterlo al corrente, dandogli tutte le informazioni necessarie. Svelò più di un segreto a cui Severus reagì con gran stupore e, oltre a mantenere il segreto, gli promise che avrebbe adempiuto all’ennesimo compito affidatogli.



Mrs. Montgomery:
E con questo capitolo concluso la trama de "Il calice di fuoco".
Quindi Victoria non crede a Harry, o almeno è combattuta ma decide di tener la parte ai Malfoy. Tra lei e Draco è sancita la pace. E dulcis in fundo il nostro machiavellico Silente è in combutta con Madame Herter riguardo Victoria e Piton viene messo al corrente di un segreto che verrà svelato durante la trama de "l'ordine della fenice". Ci saranno molti colpi di scena. Salterà fuori un rapporto d'amore, le amicizie vacilleranno così come le alleanze. Insomma verrà messa molta carne sul fuoco. Victoria verrà tirata da due fazioni. Da un lato c'è l'amore sinceroche prova verso la sua famiglia adottiva, questo aspetto verrà approfondito molto nella prossima trama. E dall'altro c'è il legame con Harry che verrà sviluppato.
Scusate se mi dilungo nelle spiegazioni a fine capitoli, ma adoro commentare ahahah
Per qualunque domanda o chiarimento non esitate a scrivermi. 
Vi mando un grosso abbraccio!


 

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Capitolo 14
*** Agosto 1995 ***


LP

Capitolo XIII - Agosto 1995 

 

 
«Appena ho ricevuto la tua lettera, mi sono organizzata» disse Victoria, inzuppando il cucchiaino nel gelato.
La gelateria Fortebraccio era il suo luogo preferito di Diagon Alley. Ogni volta che sua madre usciva per qualche compera, Victoria la pregava fino allo sfinimento per farci un salto. Amava sedersi ai tavolini, osservando i maghi, le streghe, persino le creature che gironzolavano per la via centrale della cittadina magica. Spesso chiacchierava con il proprietario, tale Florean, per via delle sue conoscenze sui maghi medievali. Qualsiasi accenno alla storia antica era per Victoria un vero toccasana. Per questo scelse suddetto posto per incontrarsi con Madame Herter, che da poco era tornata da un viaggio in America.
«Quindi oggi è il tuo unico giorno libero dal tirocinio? E come sta procedendo?».
Gli occhi di Victoria brillarono. «Splendidamente! Yaxley mi sta aiutando molto e credo di imparar bene stando nel suo ufficio. È piuttosto meticoloso» e gustò nuovamente il suo gelato. Emetteva un gemito di piacere ogni volta. Il gelato di Florean era imbattibile. «E il tuo viaggio in America, invece? Sei stata a New York?»
«Anche» rispose Madame Herter ammiccando un sorriso cortese. «Più che altro sono passata per salutare qualche vecchio amico. Ho soggiornato per un lungo periodo in Massachusetts, la terra dove sono nata».
«Sei americana?» domandò Victoria perplessa. «Avrei scommesso sulla tua nazionalità inglese. Il tuo accento è impeccabile».
«Ti ringrazio, cara».                                                 
«Ma non avevi detto di aver studiato ad Hogwarts?»
Il sorriso della strega s’accentuò. «La tua memoria è lodevole. Ebbene sì, ho avuto il piacere di studiare nella più grande scuola di magia del mondo» confermò, confondendo ancor di più le idee di Victoria. «Io e i miei genitori ci siamo trasferiti a Londra quando avevo otto anni. Mio padre lavorava al MACUSA e ricevette una promozione che lo obbligò a trasferirsi. Il cambiamento non fu affatto drammatico. Ci inserimmo bene».
«Ora capisco» annuì Victoria. «Sai, anche io spero di andar a lavorare a New York. Mio padre dice che sarebbe un’ottima opportunità, così avrei la possibilità di veder il mondo al di fuori dell’Inghilterra».
«Tuo padre crede questo?» il tono di voce di Madame Herter divenne improvvisamente freddo. «Non ha paura ad averti così lontana da casa?»
«Lui vuole il meglio per me».
La risposta di Victoria venne emanata con una tale naturalezza e accompagnata da un sorriso tranquillo, che nessuno avrebbe captato ciò che stava tentando di nascondere. Da quando era tornata a casa, le cose erano molto cambiate. Prima di tutto, il suo peggior timore prese fondamento in un pomeriggio di Luglio, quando Lucius chiamò lei e Draco, li fece accomodare su uno dei loro raffinatissimi divani e raccontò la verità sul ritorno dell’Oscuro Signore.
“Harry disse la verità”.
E nel profondo, prima ancora di ricevere l’amara conferma, Victoria lo aveva sempre saputo.
Ciò che sperava di non ascoltare fu la parte in cui Lucius raccontò di come era diventato un Mangiamorte e del ripristino dei suoi doveri verso l’Oscuro Signore.
E forse Victoria aveva sempre saputo anche quello. Non era mai stata una sciocca. Ingenuamente - anzi, vigliaccamente - preferì non udire e non vedere. Ma sarebbe stato ancora così?
 
 
«Vorrei che tu sapessi…» le disse Lucius, quando rimasero soli su sua esplicita richiesta «tu non devi diventare ciò che sono io».
Sentirglielo dire la rassicurò.
«Tu devi avere un futuro brillante e lo avrai» continuò, guardandola con occhi affettuosi, pur mantenendo quel vero di rigidità che lo contraddistingueva. «Il professor Piton si è esposto molto per te, lodando la tua scaltrezza e la tua ambizione, senza contare i tuoi ottimi risultati ai G.U.F.O.».
Victoria sospirò profondamente. «Sarebbero stati migliori se non avessi ottenuto una riduzione dei punti. Ma ammetto di essermela meritata, non dovevo attaccare Pansy Parkinson. Ti chiedo ancora scusa, papà» disse abbassando gli occhi.
Talvolta provava soggezione nei confronti di Lucius. Era sempre così altezzoso e superbo, nonostante era ben conscia del suo affetto per lei.
«L’importante è che tu abbia capito dai tuoi errori» le rispose il mago freddamente «e spero eviterai di esporti nuovamente per persone non degne della tua attenzione».
E gli erano giunte le voci sulla vicinanza tra lei ed Harry.
“Inevitabile” pensò Victoria. E si stupì di non aver ricevuto una sonora ramanzina. Ipotizzò che il professor Piton e forse Draco gli avessero addolcito la pillola.
«Non ti deluderò più, papà. Promesso».
Gli voleva bene. Mangiamorte o meno, era l’uomo che l’aveva cresciuta ed educata al Mondo Magico. Per quanto le spezzasse il cuore saperlo uno di quei maghi malvagi che facevano del male ai Babbani o a chi ritenevano impuro, proprio non riusciva a detestarlo. L’affetto che provava per Lucius, per Narcissa e per Draco, era il suo più gran peccato ed esso la condannava alla dannazione.
«Sei un dono, Victoria» le disse Lucius, posando una mano sulla sua nuca e avvicinandola sé l’abbracciò. «E sei mia figlia».
 
 
«Sei una strega piuttosto promettente. Non nutro alcun dubbio sul tuo successo!»
La voce di Madame Herter la riportò alla realtà.
«Grazie. Sai, sono molto contenta che ci siamo potute rivedere prima dell’inizio della scuola» affermò Victoria mostrando un sorriso sincero, che illuminò il viso della strega. «È un vero peccato che non sei potuta restare ad Hogwarts».
«Madama Chips è la capo infermiera da tanti anni e non sarebbe stato giusto scavalcarla. Ma non temere, avremmo modo di rivederci».
Victoria le lanciò un’occhiata curiosa.
«Lo dico perché sono in buoni rapporti con Silente e, se capiterà di fargli visita, verrò a farti un saluto».
«Oh, sarebbe meraviglioso».
Madame Herter allungò una mano per prendere quella di Victoria e gioirono insieme. Avevano instaurato un bel rapporto amichevole, nonostante la grande differenza di età. Victoria non glielo avrebbe mai detto per evitare di offenderla, ma la vedeva come una dolce e simpatica nonnina. Peccato che sia i genitori di Lucius e sia quelli di Narcissa fossero morti. Ad ascoltar i racconti di Faye e di Lucian, doveva proprio esser bello avere dei nonni che viziavano, coccolavano e insegnavano anche qualche incantesimo. Tuttavia Victoria non si lamentava troppo della sua condizione, ritenendosi già molto fortunata ad esser stata adottava dai Malfoy, che nonostante tutto le dimostrarono tanto affetto. Pensandoci, ripensava anche ad Harry e a come era stato cresciuto lui. E subito s’incupiva.
«Che succede, cara?»
«Niente, solo qualche pensiero nebuloso» rispose Victoria, lasciandole la mano. Tirandosi indietro, s’appoggiò allo schienale della sedia, chiudendosi nelle proprie spalle. «A volte ripenso a quel povero Diggory. Chissà che pena i suoi genitori».
Fu la prima cosa che gli venne in mente. Di certo non poteva dire di esser preoccupata per Harry, tanto più che si vergognava da morire per come l’aveva trattato l’ultima volta.
«Perdere un figlio è ciò che di peggio possa capitare ad un genitore».
Madame Herter lo sapeva bene.
«Purtroppo, piccola mia, viviamo in tempi difficili, soprattutto se la parola di Albus Silente viene messa in discussione» cambiò discorso la strega, storcendo il naso. «Parliamo del mago che ha sconfitto Gellert Grindelwald e di cui la conoscenza sulle arti magiche sfiora l’eccezionale. La Gazzetta del Profeta lo tratta come un rimbambito. La gente pare abbia dimenticato ciò che avvenne quattordici anni fa!»
Victoria evitò di replicare. Prima di tutto perché in casa sua non si parlava d’altro e affrontare sempre lo stesso argomento l’annoiava. E poi il silenzio era la miglior risposta di quei tempi, specialmente se eri la figlia di Lucius Malfoy.
«Estrometterlo dalla Presidenza della Confederazione Internazionale dei Maghi è stato un colpo basso!»
«State parlando di Silente, vero?» domandò Florean Fortebraccio, uscendo dal suo negozio per prendere una boccata d’aria. «Io pure sono basito dal comportamento del Ministero nei suoi confronti. Avete sentito che l’hanno persino retrocesso dalla carica di Stregone Capo del Wizengamot?»
Madame Herter annuì, sempre più indispettita. «E ho sentito dire che stanno valutando se togliergli l’Ordine di Merlino».
«Per tutti i folletti della Cornovaglia, è inaudito!»
Victoria si sentì piuttosto piccola stando in silenzio ad ascoltare tutta quella serie di notizie di cui era già al corrente. Eseguendo un praticantato al ministero, proprio nel reparto della legge sulla magia, scopriva le notizie ancor prima che uscissero. 
«Se devo essere sincero, non apprezzo nemmeno come stanno trattando Harry Potter» continuò Florean Fortebraccio con tono risoluto. «Ho avuto il piacere di conoscerlo qualche estate fa, ed è un mago educato e gentile. Detto fra noi, non credo minimamente ad una parola di ciò che attesta la Gazzetta del Profeta!»
«Quindi crede anche lei al ritorno di Lei-Sa-Chi?» gli domandò Madame Herter con voce melliflua.
«Signora, io dico che bisogna tener occhi ben aperte e orecchie ben drizzate» rispose il magico gelataio sottovoce. Poi si rivolse a Victoria. «Desidera un’altra coppa di gelato, signorina?»
Lei scosse il capo, sorridendo.
«In realtà è arrivata l’ora di andare» disse con voce gentile, issandosi dalla sedia. «Le pago tutto io».
«Ma no, cara, non disturbarti!» trillò Madame Herter.
«Insisto».
«Fanno due galeoni» rispose Florean.
Victoria glieli rese con qualche falce in più da tener come mancia.
«Oh, grazie! Grazie infinite, signorina Malfoy!»
E rientrò tutto felice.
«Sei una strega davvero generosa, Victoria» si complimentò Madame Herter alzandosi a sua volta dal tavolino.
«Non saranno quelle poche falci a mandare a monte il mio patrimonio» ridacchiò la giovane strega, infilando il sacchetto pieno di monete nella borsetta. «Ti ringrazio infinite per esserci incontrate. È stato un piacere e spero di rincontrarti ad Hogwarts».
«Il piacere è stato tutto mio, cara» le disse, dandole una dolce carezza sul viso. I piccoli occhi azzurri della donna brillarono. «E non temere, avremo modo di rivederci».
Victoria lo sperava sinceramente. Ormai le era molto affezionata e non le sarebbe bastato scambiarsi qualche lettera via gufo.
«Signorina Malfoy! Signorina Malfoy, sono qui!» gracchiò la voce di un elfo domestico in fondo alla via.
Non appena Victoria lo avvistò, s’apprestò a salutare Madame Herter. Tre baci sulle guance e un arrivederci, dopodichè la giovane Malfoy venne smaterializzata a Villa Malfoy.
 
***
 
Bollare. Imbustare. Catalogare.
Era così per tutto il santo giorno. Yaxley le faceva trovare le carte già controllate e firmate, Victoria aveva il permesso di darci un’occhiata, ma poi doveva assolutamente seguire la procedura e portarle nell’archivio. Non lo trovò affatto male come lavoro. Un po’ monotono, però le diede modo di imparare un bel po’ di leggi sulla magia e conoscere tante persone del mestiere.
Dovette ammettere che si trovò meglio del previsto. L’idea del praticantato nell’ufficio di Yaxley le era venuta per far contento suo padre. Lucius non desiderava altro che avere un contatto stretto al Ministero, qualcuno che non gli toccava corrompere lautamente, senza contare che una Malfoy in carriera avrebbe dato maggior lustro al loro nobile casato. Inoltre il praticantato le forniva maggiori crediti che avrebbero alzato i suoi voti ai M.A.G.O., dato che i G.U.F.O. non erano stati brillanti. O meglio, lo sarebbero stati se il Consiglio Studentesco non avesse deciso di abbassarli in seguito al duello contro Pansy.
«Signorina Malfoy!» la chiamò una strega dall’aria severa e con un tailleur a righe beige e viola. «Ho bisogno che porti queste carte a Corban. È urgente!» e corse via, ticchettano sul pavimento piastrellato.
Victoria alzò le spalle, pensando a quanto fosse poco simpatica quella Mafalda Hopkirk. Troppo pignola e superba per i suoi gusti. A discapito della sua personale opinione, le toccò obbedire. Fece retrofront e tornò verso l’ufficio di Yaxley. Solitamente era la sua postazione lavorativa, Corban le lasciava libero uso dell’intera stanza; era molto gentile con lei. Talvolta la mandava a fare delle commissioni all’interno del Ministero e, tolto l’imbarazzo iniziale, Victoria cominciò ad amare i suoi giretti per gli uffici. Le diede modo di farsi conoscere e di conoscere nuove persone a sua volta. Ascoltò numerosi pettegolezzi dalle segretarie più indiscrete. Accolse consigli dai maghi più esperti. Ricevette complimenti per la sua eleganza, che consisteva in un tailleur nero e una camicetta di vario colore, dipendeva dai giorni. E se c’era una frivolezza che adorava, era il rumore delle sue décolleté quando camminava per i corridoi.
«Avanti!»
Nonostante lavorasse lì da ormai un mese e mezzo, Victoria bussava sempre alla porta dell’ufficio di Yaxley.
«Piccolina, sei tu! Entra, entra» le disse con un cenno della mano e quel classico sorriso sghembo. «Sei passata da Runcorn per quella faccenda?»
«Tutto sistemato» lo informò con soddisfazione. «Avevi ragione tu. La sua assistente ha creato quello scambio e l’altra strega, Griselda, non aveva idea di come risolvere l’inghippo. Allora ho detto quello che mi hai consigliato e mi hanno dato ascolto!» esclamò con entusiasmo.
Yaxley rise, aspirando il fumo dal suo sigaro. «Continua a seguire i miei consigli e farai carriera in pochissimi anni. Hai qualcosa da darmi?»
«Oh sì!» e gli mise sulla scrivania il fascicolo che Mafalda le consegnò poco prima. «La signora Hopkirk mi ha detto che era urgente».
Corban aprì il fascicolo con un colpo di bacchetta. In realtà si trattava di un unico foglio che parve attirare subito l’attenzione del mago. Un sorriso maligno comparve sul suo viso. Non parlò, ma a Victoria non servì tanto per capire che su quel documento c’era scritto qualcosa che lo entusiasmava. Fu sul punto di chiedergli di che si trattava, era molto curiosa, ma glielo impedì l’arrivo di un rampante mago dai capelli rossi e l’aria puntigliosa.
«Questo arriva dal Ministro in persona» s’affrettò a dire, ancor prima che Yaxley potesse chiedergli il motivo della sua presenza lì. «Credo sia correlato al documento della signora Hopkirk. La signora Bones ha già firmato e…»
«So perfettamente come funziona la procedura, ragazzo! Lavoro qui da prima che tu imparassi a fare il tuo primo incantesimo» gli rispose Yaxley con fare annoiato. Firmò il foglio e glielo riconsegnò in fretta. «Ecco a te, Weasley. A buon rendere e porta i miei ossequi a Caramell».
Il ragazzo, che Victoria riconobbe essere Percy Weasley, osservò con fare diligente il documento e ad un certo punto annuì soddisfatto.
«Dunque sarai presente all’udienza?»
«Non me la perderei mai per alcuna ragione, credimi» ridacchiò Yaxley.
«Io l’ho sempre sospettato che prima o poi sarebbe finito in un grosso guaio. La fama del suo nome gli avrà dato sicuramente alla testa» poi Percy scosse il capo sconcertato «mi vergogno ad ammettere che la mia famiglia fa parte di quella gente sciocca che gli concede anche solo il minimo dubbio».
«Sì, l’ho sentito dire» commentò Yaxley annoiato «so anche che per tale ragione ti sei trasferito a Londra. Dunque non sei un fan del Leggendario Harry Potter?»
Il suon di quel nome fece drizzare le orecchie di Victoria.
«Certamente no! La mia fiducia è riposta unicamente nel nostro saggio Ministro».
«Molto bene, ragazzo. Sono sicuro che Cornelius sarà fiero di avere al suo fianco un collaboratore così fedele».
«Caramell è fiero del mio operato e naturalmente della mia lealtà» affermò Percy Weasley mostrandosi orgoglioso di sé stesso. «Non a caso sono stato promosso suo Assistente Cadetto!»
«Ogni merito è guadagnato».
«Sicuramente il mio lo è!» replicò il giovane Weasley con grande foga. Il suo viso poteva far concorrenza ai suoi capelli rossastri. «Non ho alcun dubbio sulla veridicità dei fatti. Potter è sempre stato uno spostato in cerca di attenzioni, lo diceva pure la Skeeter…»
«La Skeeter è famosa per i suoi articoli spazzatura» si lasciò sfuggire Victoria e, in una frazione di secondo, ebbe gli occhi dei due maghi puntati addosso.
Percy Weasley fu il primo a prendere la parola: «La signora Skeeter ha raccontato una verità inconfutabile. Harry Potter è un cantastorie e sfrutta la sua tragica vicenda familiare per ottenere anche solo un briciolo di notorietà».
«Solamente un disperato marcerebbe sopra l’uccisione dei propri genitori per ottenere un briciolo notorietà».
«Esattamente. Un disperato è proprio ciò che Potter ha dimostrato di essere» sottolineò Yaxley con velata malignità.
«Ed ora è stato anche sbattuto fuori dalla scuola per la sua idiozia» aggiunse Percy.
Victoria aggrottò la fronte. «Come? Harry è stato espulso?»
«Quel rimbambito di Silente ha frenato la procedura, ma lo sarà presto! Non si può usare la magia al di fuori di Hogwarts e lui ha violato questa sacra legge!» convenne Weasley con il dito indice ben alzato. «Tra gli uffici si vocifera che sia stato a causa dei Dissennatori, ma chi può crederci? I Dissennatori sono i guardiani di Azkaban, non vanno in cerca di quel fanatico».
«Dissennatori?» ripetè incredula Victoria, poi rifletté meglio «ma… se Potter ha usato la magia per difendersi, non ha commesso alcun reato. La legge parla chiaro a riguardo. Il Comma Sette del Decreto per la Ragionevole Restrizione per i Maghi Minorenni stabilisce che la magia può essere usata in presenza di Babbani in circostanze eccezionali. Queste circostanze eccezionali includono situazioni che minacciano la vita del mago o della strega in questione o di qualsiasi strega, mago o Babbano presente al momento di una possibile aggressione. Certamente trovarsi di fronte ad un Dissennatore lo è!»
«Ho i miei dubbi sulla veridicità di questa ipotesi» intervenne Yaxley con tono ragionevole. «L’episodio dei Dissennatori è per l’appunto una storia assurda che Potter si sarà inventato o chi per lui».
«Silente» disse Percy stringendo i denti. «Ci scommetto la mia carica che ha a che fare con questa storia».
«È risaputo che Silente desidera la carica di Caramell da anni. Mi raccomando, Weasley, tieni le orecchie lunghe e cerca di far qualunque cosa per preservare il nostro amatissimo Ministro» gli disse Yaxley con voce incantevole.
«Naturalmente! Difatti ho appoggiato la proposta che desidera interrogare Potter di fronte al Wizengamot».
«Al Wizengamot, seriamente?» scoppiò a ridere Victoria, ritenendola un’idea assurda. «Scusate se mi intrometto, ma a me pare una vera esagerazione. Harry non è un criminale. Ha solo prodotto un incantesimo per salvarsi la pelle, non dovrebbero nemmeno interrogarlo».
Yaxley congiunse le mani e la fissò intensamente, scrutandola con una luce sinistra negli occhi. «Il signor Potter sta diventando un pericolo per la nostra comunità. Il Ministro si sta comportando doverosamente per proteggere tutti noi. Egli sta seguendo il suo dovere e dovresti saperlo bene, lavori qui da abbastanza per comprenderlo» concluse lanciandole una lunga occhiata.
E lì, Victoria non replicò. Conosceva bene Yaxley, non era solamente il suo tutor del praticantato, era un amico di famiglia e un Mangiamorte come suo padre. In quel mese e mezzo di vacanza da Hogwarts, Victoria ascoltò molti discorsi riguardo la situazione. Cornelius Caramell non credeva a mezza parola sul ritorno di Tu-Sai-Chi e incoraggiava la Gazzetta del Profeta a screditare sia Harry che Silente, facendoli passare distintamente per pazzo e credulone.
Al Ministero lavoravano molte persone alleate dell’Oscuro Signore e naturalmente marciavano sopra la paura del Ministro per schiacciare l’immagine del giovane Potter e al contempo aumentare il potere del loro Signore. Erano rari i maghi e le streghe che credevano al suo ritorno e coloro che non appoggiarono il Ministro diedero le dimissioni dal proprio ufficio. Il mondo stava lentamente andando a rotoli, Victoria poteva confermarlo.
«Se la fortuna ci assiste, Potter non metterà più piede ad Hogwarts» continuò Yaxley poggiandosi contro lo schienale della sua poltrona. «E se tutto andrà bene, anche Silente presto si toglierà dai piedi».
Percy sogghignò. Victoria osservò l’ex studente di Grifondoro e lo considerò un vero stupido. Poteva ammirarne l’ambizione, con un colpo di fortuna era riuscito a ricoprire un ruolo importante dei piani alti nel giro di due anni, eppure la sua meschinità la irritava moltissimo.
Era risaputo che il giovane Weasley se ne fosse andato di casa per trasferirsi a Londra, in seguito ad una litigata con i suoi genitori. Un gesto che servì a dimostrare al Ministero che egli confidava nella giustizia e non in Harry Potter, al contrario della sua famiglia.
Victoria ricordava bene il giorno in cui una pettegola segretaria le raccontò di quel fatto. Quel diligente ragazzo aveva voltato le spalle ai suoi genitori e ai suoi fratelli: come aveva potuto?
Ad opinione di Victoria, la famiglia era ciò che di più sacro esisteva al mondo e Percy la rinnegò per leccare i piedi a quell’idiota di Caramell.
“Un comportamento deplorevole!”
Victoria finì il turno alle 18.00 in punto, Yaxley la lasciava sempre andare via prima di cena. La strega utilizzava il caminetto dell’atrio per tornarsene a casa ed ogni volta era sempre più esausta. Il lavoro d’ufficio rivelò essere più stancante del previsto. Per lo meno, riusciva sempre a farsi un buon bagno prima di raggiungere la sua famiglia per il pasto serale. Non appena varcava la soglia della sua camera, sfilò le décolleté lanciandole oltre il letto matrimoniale, poi toccò alla stretta giacca nera. Praticamente lasciò ogni indumento lungo il tragitto prima di chiudersi nel suo bagno privato. Rimase in ammollo nell’acqua tiepida e profumata per un tempo che non riuscì a calcolare, persa nei suoi pensieri. Con tutto quello che udiva al Ministero, era difficile concentrarsi ad altro. Avrebbe tanto desiderato scrivere a Faye e Lucian, ma era troppo pericoloso. Intendeva recuperare una volta tornati ad Hogwarts, loro meritavano di sapere la verità su quanto stava accadendo. Soffiò sulla schiuma, cominciando a giocarci. Pensò a Faye in Olanda insieme al suo Adrian. Era la loro prima vacanza romantica. I signori Sould permisero alla figlia di andarci solo perché Pucey era diventato maggiorenne e, in caso di pericoloso, sarebbe stato in grado di difenderla.
«Signorina Malfoy!»
La voce gracchiante del suo elfo domestico interruppe i suoi pensieri.
«Vostra madre vi prega di sbrigarvi!»
Victoria roteò gli occhi. Sconfiggendo la sua pigrizia, uscì dalla vasca e infilò l’accappatoio.
«Grumpy!»
L’elfo domestico si smaterializzò nel bagno.
«Puoi asciugarmi?»
Era davvero una seccatura non poter usare la magia fuori da Hogwarts. Quando andava a scuola, bastava un colpo di bacchetta per tornare asciutta. Fortunatamente c’era Grumpy ad agevolarle il compito. Alla creatura bastò agitare la mano per colpire Victoria con una forte folata di vento ed ella parve non essersi inzuppata nemmeno per un secondo.
«Mentre mi pettino, mi prepari gli abiti per la cena?»
In meno di dieci minuti era pronta per scendere e cenare con la sua famiglia. Fu scendendo gli ultimi gradini della scalinata che incontrò sua madre andar nella direzione opposta, ipotizzò che la stesse andando a chiamare.
«Oh, santo Salazar! Lavorando con Yaxley stai diventando più puntuale» affermò strabiliata Narcissa.
Victoria ridacchiò, pensando che effettivamente era un notevole miglioramento. Solitamente perdeva la cognizione del tempo, distraendosi facilmente, e arrivando puntuale per un soffio. Esercitando al Ministero, aveva imparato addirittura ad arrivare in anticipo.
«Corban mi sta trasformando in una brillante strega!»
«Non dire sciocchezze, tu sei già una brillante strega» le disse stringendole le guance con affetto. Le avvicinò il viso per darle un bacio sulla fronte. «A proposito di lavoro, com’è andata oggi? Ti vedo un po’ provata».
«Non è niente, solo stanchezza» rispose Victoria, prendendole la mano e appoggiandola all’interno del suo gomito. A braccetto camminarono verso la sala da pranzo. «Oggi c’è stato un bel po’ di lavoro. Ho aiutato Yaxley a sbrigare un po’ di pratiche e poi mi insegna sempre una legge nuova. Mi manda anche negli altri uffici per conoscere chi lavora. Vuole che io abbia occhi e orecchie ben aperte. Sommando il tutto non è un gioco da ragazzi».
«Posso solo immaginarlo, tesoro. Credo, allora, che ti risolleverai sapendo chi è stato invitato a cena».
«Ti prego, mamma, non dirmi che sono ancora i signori Goyle?» domandò sperando di ricevere un no. I genitori di Gregory erano di gran lunga la coppia più noiosa di Purosangue e sebbene facessero parte delle Sacre ventotto, non possedevano un minimo di grazia.
Narcissa rise e scosse il capo. Arrivarono davanti all’ingresso della sala da pranzo, quando Victoria avvistò la figura inconfondibile di Severus Piton, impegnato in una profonda conversazione con il padrone di casa. Indossava sempre abiti scuri, i suoi capelli non potevano che essere gli unticci di sempre, per non parlar del suo portamento fiero.
«Professore, che piacevole sorpresa!».
Victoria gli andò in contro sfoggiando un sorriso sincero.
«Buonasera anche a te, sorella cara» borbottò Draco, la cui testa spuntò tra i due uomini. Stando seduto sulla poltrona, Victoria non lo vide fin da subito.
«Draco, sii più garbato con tua sorella» intervenne Lucius con voce tenue, inclinò il capo per far l’occhiolino alla figlia. «Direi che possiamo perdonare le sue maniere poco signorili, dal momento che avrà avuto una giornata piuttosto impegnativa».
Victoria sogghignò tra sé e sé, e quando fu certa di non esser vista fece la linguaccia a Draco.
«Ci accomodiamo?» domandò Narcissa.
La cena fu piuttosto tranquilla. Spesso capitava che il professor Piton presenziasse, era capitato anche anni addietro, ed era un ospite molto apprezzato dai giovani Malfoy. Draco e Victoria provavano ammirazione nei suoi confronti per via della sua vasta conoscenza delle pozioni, ma anche delle Arti Oscure. Senza contare la sua predilezione per gli studenti della Casa di Serpeverde, sfacciatamente li avvantaggiava sempre.
«Silente dovrebbe dare a lei la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure!» era la ricorrente frase di Draco.
«Il Preside è sempre stato un mago piuttosto astuto e ha le sue ragioni per non conferirmi tale carica» rispondeva Piton, ogni volta che Draco cominciava il suo discorso adulatorio. Nonostante i suoi occhi neri, profondi come lunghi e bui tunnel, fossero inespressivi, era palese il disappunto di Severus riguardo l’ostinazione di Silente a tenerlo lontano dall’ambita cattedra.
«Curioso che tale portatore di pace, caschi in sciocchi pregiudizi» affermò Lucius.
Victoria udì il discorso pur fingendo disinteresse e mostrandosi impegnata a scegliere qualche dei tanti dolci, serviti in tavola, mettersi nel piatto. Ma intuì che si stavano riferendo al passato del professore. Scoprire che anche il suo insegnante preferito era un Mangiamorte fu un boccone amaro da digerire.
«Signorina Malfoy» richiamò la sua attenzione proprio il professor Piton «come sta procedendo il praticantato al Ministero?»
«Splendidamente, signore».
«Corban ripete in continuazione che la nostra Victoria se la sta cavando egregiamente» disse la signora Malfoy, lanciando uno sguardo orgoglioso verso la figlia maggiore.
«Presumo, quindi, di dover leggere un’eccellente valutazione».
«Naturalmente e non dovresti dubitarne, Severus» continuò Narcissa. «Victoria è una Malfoy. È destinata al successo. E confido che nei prossimi due anni lavorerà duramente per ottenere degli ottimi M.A.G.O.».
Victoria mostrò un cenno d’assenso.
«Mi aspetto, anzi ci aspettiamo» disse guardando suo marito Lucius «che, una volta conclusi gli studi, possa trovare un posto all’ufficio sull’Applicazione della Legge Magica. Sono certa che Yaxley le aprirà le porte giuste. Non ha forse detto che ti darà una mano, figliola?»
«Sì e ne sono contenta, anche se vorrei esser premiata solo per i miei sforzi e le mie competenze».
Severus Piton osservò il modo di parlare risoluto e orgoglioso di Victoria. Le parve di notarlo per la prima volta da quando la conobbe e gli riportò alla mente vecchi ricordi.
«E lo sarai» la incoraggiò Narcissa con un sorriso raggiante. «Sei una strega di talento e col tempo il tuo nome diventerà ancor più importante, vero Lucius?»
Lucius guardò la moglie con dolcezza, poi posò lo sguardo sulla figlia e le mostrò un sorriso fiero, rimanendo in silenzio. Difficile che la elogiasse apertamente, stesso comportamento che manteneva con Draco. Amava i suoi figli con distacco, diversamente da sua moglie, la quale era più avvezza a parole dolci e carezze. Egli provava orgoglio verso Victoria. L’adorava sotto ogni suo aspetto. Considerava la sua forza di volontà impenetrabile ed era disposta a tutto per raggiungere i suoi obiettivi. Non sarebbe mai riuscito a separarsi da lei.
«Mia sorella diverrà la persona più influente in quella marmaglia di zoticoni» ridacchiò Draco, strizzando l’occhio in direzione della sorella.
«La nostra Victoria riuscirà a lasciare un’impronta sul Mondo Magico» affermoò Lucius con il suo caratteristico tono freddo, poi voltò il capo verso la figlia «ma devi prestare attenzione a ciò che proferisci con ingenua naturalezza o avrai la strada piena di ostacoli».
Inizialmente parve come una frase buttata lì a caso. Invece, quelle parole apparentemente gentili, possedevano un significato ben più profondo.
«Oggi Yaxley mi ha riferito che hai detto qualcosa di… curioso».
«Di curioso?» Victoria finse di non capire.
«Il mio fidato amico si è allarmato e ha mostrato una particolare preoccupazione nei tuoi confronti. Preoccupazione che condividerei se, ciò che mi ha riferito, fosse la verità».
Victoria si paralizzò, ma sapendo di esser sotto osservazione, riprese a comportarsi normalmente, fingendo nuovamente di non capire.
«Yaxley sostiene che hai preso le difese di Potter» riprese Lucius tirando mezzo sorriso, un sorriso molto forzato. «In un primo momento credevo si stesse burlando di me. Invece pare proprio che tu abbia commentato in sua difesa e con lauto interesse».
A momenti Draco non si strozzò con il suo dolce alle mele. Narcissa ne era già al corrente e non palesò stupore. Il professor Piton, invece, era molto interessato alla vicenda, tuttavia imitò Lucius Malfoy nel suo disappunto.
«Oggi è stata una giornata davvero stancante» cercò di dire Victoria sfuggendo allo sguardo indagatore del padre. Doveva trovare una scusa plausibile, del resto non poteva difendere Harry di fronte ad uno dei suoi peggiori nemici. «È stata davvero stancante. Francamente non ricordo nemmeno cosa ho detto riguardo a quel Potter».
Mentì con gran disinvoltura. Un talento che acquisì dalla sua famiglia adottiva.
«Yaxley è rimasto leggermente infastidito e dubbioso sul tuo comportamento».
«Problema suo» sussurrò istintivamente Victoria.
«No, il problema è tuo!» urlò Lucius, battendo violentemente il tovagliolo sul tavolo. «Noi stiamo lavorando per screditare il ragazzo e tu lo difendi? Ti è piombato addosso un incantesimo Confundus?!»
Victoria lasciò cadere seccamente le posate nel piatto. «Be’ non state lavorando tanto bene, dal momento che la legge tutela quel ragazzo. Come ho tentato di rammentare a Yaxley, l’accusa di Harry Potter cadrà facilmente dato che gli è concesso usare la magia di fronte ai Babbani in caso di pericolo» affermò guardando suo padre dritto in faccia. «È questo ciò che ho detto a Yaxley. La mia non era una difesa alla reputazione di Harry Potter. Gli ho solo ricordato la nostra legge, ciò che dovrebbe ricordare di per sé».
Ci fu una lunga pausa.
«Mi spiace se Yaxley ha frainteso il mio comportamento. La prossima volta resterò in silenzio».
«Lo spero per te» rispose Lucius gelidamente. «Conosci la condizione in cui viviamo. Sei una strega intelligente, sarebbe davvero un peccato se perdessi la via corretta. Capisci?».
Victoria annuì seriamente.
«Bene» asserì Lucius.
La cena proseguì in un’atmosfera tesa, nonostante Narcissa tentò di riportar un po’ di brio raccontando alcuni aneddoti riguardanti i suoi anni ad Hogwarts. Qualche sorriso di circostanza e pochi commenti frivoli. Lo scambio di battute tra Lucius e Victoria fu talmente secco e freddo da impedir la nascita di qualunque altre chiacchiera spensierata. Un momento più unico che raro, eppure inevitabile. Per quanto i coniugi Malfoy amassero la figlia adottiva, erano consapevoli che Victoria non fosse docile quanto Draco. Ciò poteva rivelarsi un problema.
«Se non fossi certo che l’avessi adottata, direi che è proprio tua figlia» affermò Severus Piton, quando lui e Lucius si ritirarono in salotto, comodi su raffinate poltrone di pelle nera, per conversar e bersi un bicchiere di vino.
«Victoria ha tempra. Stasera si è salvata solo perché c’eri tu a cena, sennò…» ruggì bagnandosi le labbra col suo
vino elfico. «Ti chiedo di tenerla d’occhio quando tornerà a scuola. Ho paura che possa mettersi nei guai. Per il buon nome di Salazar Serpeverde… so che ha la testa sulle spalle e sa a chi rivolgere la sua fedeltà, ma è ancora troppo giovane. Ingenuamente può parlare a sproposito come quest’oggi».
«Ingenua non è il termine giusto per descrivere Victoria» sogghignò Piton. Bevve un sorso di vino, poi cominciò a girarsi il calice tra le mani. «Per me ti preoccupi troppo».
«Dici così perché non hai figli».
«È vero, tuttavia ho sott’occhio i tuoi da sei anni. Draco da meno preoccupazioni, lo riconosco, ma Victoria possiede prontezza di spirito e non è una sciocca. Ti ricordo che è nella Casa di Salazar Serpeverde e conosci i requisiti dei suoi studenti» gli disse Piton con voce melliflua. Osservò la preoccupazione dipinta sul viso del vecchio amico, ne catturò ogni sfumatura, e proseguì: «Veglierò su tua figlia per quanto mi sarà possibile. Credimi, però, se ti dico che preoccuparsi per lei è soffrire il doppio. Hai visto cosa accade se tenti di controllarla. Lei impazzisce e si ribella».
Lucius alzò lo sguardo pensieroso su Severus. «Dunque il tuo suggerimento è di lasciare che scorrazzi tra idee sbagliate, correndo il rischio di finire in guai seri? Più seri di una punizione scolastica?»
«Io dico solo di lasciare che gli eventi facciano il loro giusto corso. Victoria vi ama e vi è grata per averla cresciuta, sarà arduo che possa allontanarvi da voi».
Eppure Lucius non parve della medesima opinione. Il signor Malfoy pur restando in un bieco silenzio, trasmetteva la sua preoccupazione attraverso lo sguardo, i movimenti incerti, il continuo tamburellare le dita contro il suo calice di vino elfico ormai finito. Un comportamento che incuriosì Severus, al contempo stranendolo.
«Sono colpito, Lucius. Mai avrei pensato di vederti in pena per una figlia con la quale non condividi il tuo prezioso retaggio».
«Victoria ed io siamo parenti alla lontana» sentenziò Lucius. «E comunque io l’ho cresciuta. Io e Narcissa le vogliamo lo stesso bene che desideriamo per Draco».
«Se non ricordo male è figlia di una tua cugina scozzese».
«Sì».
«E il padre?»
«Scappato appena ha scoperto la notizia».
«Ammirevole» commentò Piton con disgusto.
«Fu quello che mi disse mia cugina sul letto di morte».
«Capisco. Be’ sei un uomo eccezionale per esserti fatto carico di un peso non tuo».
Lucius alzò gli occhi di scatto, scontrandosi con quelle pozze nere che lo fissavano intensamente. «Che dovevo fare? Lasciar morire la bambina?!» si scaldò.
«No, assolutamente. Dico solo che non è semplice crescere il figlio d’altri, anche se immagino che per te sia stato semplice visto che Victoria è effettivamente una tua parente. E il sangue conta molto nel nostro Mondo».
«Esatto!» affermò Lucius risolutamente. «Parlando di cose più importanti. È vero che Silente si fida ciecamente di te?»
Severus sorrise beffardamente. Non tanto per la domanda appena posta, ma per la rapidità con cui Lucius volle cambiar argomento. Ad ogni modo, seguì la sua linea.
«Naturalmente. La sua fedeltà aiuterà l’Oscuro Signore a raggiungere con più fretta i suoi obiettivi» rispose.
E mentre i due uomini cominciarono a parlar di affari sporchi e piani futuri, al terzo piano di Villa Malfoy, Draco stava camminando per il corridoio con molta fretta. Giunto di fronte alla porta della camera della sorella, l’aprì senza nemmeno aver l’accortezza di bussare.
«Dobbiamo parlare».
Victoria era seduta sul letto, con già indosso il pigiama, intenta a leggere una rivista di moda per streghe.
«Ti sei dimenticato di bussare» gli disse senza alzar lo sguardo dalle pagine.
Draco chiuse la porta alle sue spalle, per poi precipitarsi davanti alla sorella.
«Hai rischiato grosso oggi. Che ti è venuto in mente quando hai difeso Potter di fronte a Yaxley?!»
«Non l’ho difeso. Ho solo ricordato a Yaxley la legge magica» replicò Victoria con fare annoiato, non avendo mai amato dar troppe spiegazioni.
«Mi auguro tu non stia sperando di tornar amica dello Sfregiato o io…»
Victoria chiuse la rivista di colpo e alzò gli occhi sul viso teso di Draco.
«Non essere sciocco, fratello».
Parole secche che bastarono a rallentare la rabbia del giovane Malfoy.
“E poi figurarsi se Harry sarebbe disposto a perdonarmi dopo che mi sono rifiutata di credergli” pensò tristemente Victoria tra sé e sé. Ormai il danno era stato fatto. Da un lato considerava che da quell’evento spiacevole potesse trarre del bene. La loro amicizia avrebbe avuto i giorni contati, Victoria accelerò solamente la sua fine.
«Me ne rallegro, credimi» le disse Draco sedendosi sul letto, accanto a lei. «Eppure non ti credo. Ti conosco troppo bene. A nostro padre potrai anche darla a bere, in fondo sta invecchiando, ma a me no».
Victoria inarcò le sopracciglia e lo lasciò parlare.
«Non so come sia nata la conversazione con Yaxley, ma sono alquanto sicuro che le tue intenzioni erano chiare».
«Sì. Ricordargli la legge».
«No. Difendere Potter» replicò freddamente Draco, somigliando molto a Lucius.
Victoria sbuffò sonoramente, alzandosi dal letto.
«È inutile che fai così» continuò il biondo, restando comodo sul letto. Le gambe allargate, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e uno sguardo piuttosto severo. «L’anno scorso ho evitato di discutere a riguardo. Onestamente ho sempre sperato che ti ricredessi su quello sfigato. Mi sembrava impossibile che mia sorella, cioè proprio mia sorella, fosse diventata amica di Harry Potter».
«Solo perché tu non ci sei riuscito al tuo primo anno, non significa che io dovessi ripeterti».
La fronte di Draco s’accigliò ancor di più. Non gli era mai andato giù che Potter avesse scelto un poveraccio come Weasley e, ancor peggio, una sporca Nata Babbana come Hermione Granger, al posto suo. Lui, Draco Malfoy, un mago purosangue, rifiutato per della feccia. Non gli andò proprio giù e Victoria lo sapeva bene, visto che fu costretta ad ascoltare i suoi continui lamenti per mesi.
«Sai una cosa, Victoria? Meglio così» rispose Draco sprezzante. «Volevo esser suo amico, anzi alleato, perché all’epoca c’era il dubbio che fosse un grande mago. Siamo sinceri. Un infante che sconfigge l’Oscuro Signore, ovvero il più grande mago degli ultimi decenni, deve per forza possedere grandi poteri».
«E, invece, Harry è un mago come tanti» soffiò Victoria.
Lei ricordava come suo padre, molte volte durante la loro infanzia, aveva alluso ai possibili grandi poteri di Harry Potter. Non era l’unico mago adulto a pensarlo. Naturalmente i suoi amici, quelli che come lui scamparono ad azkaban alle prime retate dei Mangiamorte, confidarono nel prodigioso Bambino Sopravvissuto. Essi credevano che, un giorno, li avrebbe condotti ad un nuovo dominio sul Mondo Magico e naturalmente loro avrebbe cambiato bandiera volentieri. Lucius Malfoy e i suoi commilitoni desideravano star dalla parte del vincitore e, quattordici anni prima, tale vincitore fu proprio il piccolo Harry Potter.
«Esattamente. Lo Sfregiato è niente in confronto all’Oscuro Signore» sostenne fieramente Draco. Non fece altro che ripetere le parole di Lucius degli ultimi mesi. «Noi siamo dalla parte giusta. E con noi, intendo anche te».
Victoria annuì annoiata, preferendo assecondarlo piuttosto che cominciare a discutere.
«Smettila di essere incosciente» l’ammonì Draco. Ma nei suoi occhi non c’era rabbia o fastidio, bensì timore. «Tu ami prendere alla leggera le situazioni e fino all’anno scorso poteva funzionare. Io stesso ho cercato di non mettermi in mezzo. Ora è diverso».
Il cambiamento di tono usato da Draco la colpì.
«Nostro padre oggi ha voluto crederti, ma non pensare che sia un fesso. Se scopre che hai passato lo scorso anno a fare da amichetta allo Sfregiato…»
«Non lo scoprirà mai».                                                                     
«Se baderai a tenere la bocca chiusa, forse».
«Credo di essere abbastanza astuta, fratellino».
«Ti sbagli se credi di esserlo più di nostro padre» replicò duramente Draco, poi congiunse le mani pensieroso. «Vedi di star alla larga da Potter quest’anno… sempre se sarà riammesso a scuola. Ho sentito dire che il Ministero ha tutta l’intenzione di sbatterlo fuori» e ridacchiò sperando di non rivederlo più.
«L’ultima parola spetta a Silente. È lui il Preside».
«Per ora».
Victoria abbozzò un sorriso ironico. «È la stessa cosa che ha detto Yaxley» poi incrociò le braccia al petto «so quali sono i loro piani, ma dovranno impegnarsi molto per far licenziare Silente. Non c’è riuscito nostro padre quando la Camera dei Segreti venne aperta, sarà dura anche adesso. Il vecchio sarà un po’ rimbambito, ma ha ancora molto potere. Senza contare che è il mago più…»
Draco le afferrò il polso e con un rapido strattone la tirò a sé, chiudendole la bocca con l’altra mano.
«Attenta» le mormorò «non è bene esprimere tali pensieri. Importa gran poco che sia la verità. Tu non elogiare in alcun modo Albus Silente. Ricorda cosa ripete nostro padre. Lui è il nemico».
Pur non potendo parlare, Victoria gli mostrò un’espressione poco convinta.
«E lo è anche Potter».
Quello fu un colpo più duro da digerire. Come ogni volta che veniva tirato in ballo, il cuore di Victoria partiva a martellare e una grande agitazione l’afferrava, trascinandola in un oblio d’inquietudine.
«Lascialo perdere» continuò Draco con tono più fievole. «Può anche aver detto la verità sul ritorno di Tu-Sai-Chi, ma nell’ultimo guaio c’è finito da solo. È solo a caccia di fama. Se non fosse per la storia dei suoi genitori, sarebbe un bamboccio insignificante».
Victoria poggiò le mani su quella del fratello e l’abbassò dalla sua bocca. «Non parliamo più di lui, va bene?» domandò con tono stanco. «Non fa parte delle nostre vite. Non ha alcun senso discutere a riguardo. Oggi ho sbagliato. Lo ammetto. Sei contento? Baderò bene a non commentar più nulla riguardo Harry Potter».
Draco corrugò la fronte e la fissò dubbioso, mai udì tali parole nell’ultimo mese. Solitamente si infuriava, mostrandosi piuttosto contrariata, invece parve arrendersi. Non che gli dispiacesse. Nossignore, era da mesi che sognava di allontanare definitivamente Victoria da Potter. Quel maledetto Sfregiato non meritava di averla accanto, non meritava di vedere i suoi sorrisi e nemmeno di udire la sua risata.
Draco ricordava ancora il Ballo del Ceppo, serata in cui quel maledetto di Potterino riuscì a danzare con Victoria e come si era divertita lei a volteggiare tra le sue braccia!
In quell’occasione, il giovane Malfoy dovette trattenersi dal prenderlo a pugni. Mantenne un degno autocontrollo, in fondo era un Malfoy e non poteva abbassarsi a fare a botte come un sudicio babbano. 
«Meglio così» commentò Draco, tenendo un tono di voce tranquillo. Pura apparenza. Dentro di sé moriva dalla voglia di far festa.
Il suo desiderio era stato esaudito.
«Quindi non gli farai più da tutor?».
Victoria alzò le spalle. «Vedremo cosa deciderà Rüf».
«Puoi sempre rifiutare».
«Rifiutando anche degli ulteriori punti sull’esito degli esami di fine anno?» gli fece presente. «La mia ambizione viene prima di tutto».
Draco roteò gli occhi. «D’accordo. Se dovessi tornare a fargli da tutor… be’… credo di poterlo sopportare. Solo quello».
Victoria inarcò le sopracciglia, mostrandogli un sorriso divertito.
«Credi di poterlo sopportare? Addirittura?».
Draco le mostrò un largo sorriso mentre cercava di incastrare le sue dita fra quelle della sorella. Con un forte strattone la tirò sopra di sé. Udì la sua risata, amava quando gli dedicava tutta la sua allegria. Percepì i capelli scuri di Victoria solleticargli il viso. Il ragazzo allungò il collo per sprofondare in quella folta chioma profumata. Una mano rimase stretta a quella di Victoria, l’altra andò a carezzarle la nuca. La sentì accoccolarsi lentamente contro il suo petto. Ormai era la quotidianità. Da quando tornarono a casa, si erano avvicinati ancor di più, dormivano persino insieme. Era un toccasana quando la prendevano all’assalto dei terribili incubi. Talvolta si era svegliata nel cuore della notte in uno stato di affanno, ma volgendo lo sguardo alla sua destra, Victoria vedeva Draco e immediatamente ritrovava un’intensa calma e un rifugio sicuro. Se in alcune giornate non impazziva, era grazie a suo fratello. La sua sola presenza bastava a trasmetterle quiete.
Rimasero sdraiati sul letto abbracciati, con Draco che giocava con i lunghi capelli di Victoria, in un silenzio sereno che venne interrotto proprio dalla ragazza.
«Stanotte dormirò qui».
«Perché?» domandò subito Draco.
«Tra meno di un mese comincia la scuola e dovrò abituarmi a dormire da sola»
«Dimentichi che sono stato nominato Prefetto».
«E allora?»
«Mi farò assegnare una camera tutta mia e sarò buono… ti permetterò di usufruirne con me»
Victoria alzò il capo e gli rivolse un sorriso divertito. «Grazie per la tua immensa bontà fraterna, ma dubito che otterrai quel tipo di favoreggiamento».
«Questo lo dici tu» replicò Draco, drizzando la schiena. Si mise seduto e tirò su anche lei. La fissò dritta negli occhi, quegli occhi nocciola in cui vedeva tutto il suo mondo. «Ottengo sempre ciò che voglio».
Parole piene di una gran sicurezza e di un desiderio persistente.
“Un giorno otterrò anche te”.
 
***
 
Il dodici Agosto l’intero Ministero sembrava in fermento o forse era questa l’impressione di Victoria perché lei stessa stava in balia di una gran agitazione.
Quella mattina sarebbe avvenuta l’udienza disciplinare di Harry Potter ed era agitatissima, si versò perfino il caffè addosso. Per fortuna Yaxley non la vide. Era sola in ufficio, l’uomo era occupato a tenersi informato e probabilmente era in qualche corridoio a confabulare con chissà chi. Victoria andò in bagno per cambiarsi la camicia, per fortuna ne portava sempre una di scorta, quel giorno addirittura tre.
“Fossi stata ad Hogwarts, avrei fatto scomparire questa macchia con un colpo di bacchetta!”
Sbuffò.
“Incredibile! Esercito al Ministero della Magia e non posso usarla. Insensato!”
Si era svegliata decisamente con il piede sbagliato.
La giovane strega trascorse la maggior parte del tempo seduta sul divanetto a fissare l’orologio. Sperava che qualcuno entrasse a portarle notizie sull’udienza di Harry e sperava fossero buone nuove. Dopo un’ora di attesa, vide Yaxley entrare come una furia e sbattere energicamente la porta.
«Quel maledetto vecchio!» strillò, facendo rimbombare la propria voce in tutto l’ufficio, ed era un ufficio piuttosto grande. Victoria osservò Yaxley avvicinarsi alla scrivania, appoggiò i palmi delle mani e abbassò il capo ringhiando ferocemente.
«Che cos’è successo?»
«È stato assolto».
Era suo padre. Lucius Malfoy chiuse la porta alle sue spalle, s’avvicinò a salutare sua figlia, dandole un bacio sulla fronte.
«Harry Potter è stato assolto» ripetè Yaxley a denti stretti.
Victoria dovette trattenersi dal sorridere ed esultare. Finse di esser indifferente, quasi dispiaciuta, eppure per tutto il tempo che rimase in ufficio assieme a suo padre ed a Yaxley, scalpitò di gioia. Era tentata di chiedere come si era svolta l’udienza, ma gli animi dei due maghi erano già piuttosto agitati, era meglio non girare il coltello nella piaga. E poi l’importante era che avessero assolto Harry, il come lo considerò piuttosto irrilevante.


Mrs. Montgomery:
Eccoci arrivati alla trama de "L'ordine della fenice".
Victoria ormai conosce la verità sul ritorno di Voldemort e nel prossimo capitolo avrà modo di confrontarsi con Harry. Lui la perdonerà per non avergli creduto fin dall'inizio?
E Draco? Il nostro piccolo Malfoy comincia a riconoscere l'affetto sempre meno fraterno che prova per Victoria. 
Madame Herter è sempre più vicina a Victoria. Tanto più che hanno mantenuto una corrispondenza durante l'estate. Quali piani avrà per la nostra protagonista?
Come dico sempre, ogni cosa verrà svelata man mano. Tenete duro! <3
Ringrazio di cuore a chi sta recensendo, chi ha inserito la storia nelle varie categorie e chi segue la storia silenziosamente.

 

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Capitolo 15
*** L'inizio di un nuovo anno ***


LP

Capitolo XIV - L'inizio di un nuovo anno

 

Il sesto anno.
Le mancavano due annetti, ancora un’estate di praticantato nell’ufficio di Yaxley, dopodichè avrebbe finalmente terminato gli studi. Una parte di sé desiderava diplomarsi al più presto per intraprendere la vita di una strega adulta. L’altra parte, però, era affezionata ad Hogwarts e a ciò che rappresentava. Quella scuola non era stata solamente la sua seconda casa, bensì era il luogo dove ebbe la fortuna di far amicizia con persone leali e astute, con le quali trascorse i più bei momenti dei suoi anni scolastici. A Victoria scappava sempre da sorridere, ripensando alle birichinate combinate assieme a Lucian o ai metodi ben studiati per copiare durante le verifiche assieme a Faye. Metodi che si rivelarono per la maggior parte un gran fallimento.
Cominciando il nuovo anno scolastico, Victoria credette di poter trascorrere un anno più tranquillo rispetto al precedente. Sicuramente non sarebbe stata stressata per degli esami importanti come i G.U.F.O. e non ci sarebbe stata una grande distrazione qual era stato il Torneo Tremaghi. Fattore ancor più rassicurante era il rapporto con Draco.
L’estate trascorsa insieme lì unì più di quanto già non fossero e Victoria la considerò una gran fortuna. Si rese conto che la sola presenza di suo fratello rendeva il suo mondo più giusto. Quando lo aveva accanto a sé, ogni sorta di preoccupazione spariva come per magia.
«La nomina a Prefetto è stato il modo migliore per cominciare il nuovo anno!» esclamò Draco camminando con le mani infilate nella tasche dei pantaloni e lo sguardo fiero. «Ora posso togliere punti a quei cretini delle altre Case, soprattutto ai Grifondoro. Oh sì… mi divertirò parecchio» e cominciò a studiare dei modi per irritare Harry Potter e i suoi amici impuri.
«Sono davvero orgogliosa di te» gli disse Victoria carezzandogli il braccio premurosamente.
La strega ricordò che l’anno precedente, prima di cominciare il suo quinto anno ad Hogwarts, il professor Piton le propose a sua volta di diventar Prefetto. Inaspettatamente Victoria rifiutò, dicendo di aver troppi impegni durante l’anno e le avrebbero impedito di adempiere adeguatamente i suoi doveri, tuttavia la motivazione era un’altra. Lei desiderava veder Draco come unico Prefetto tra loro due. E non perché suo fratello avrebbe percepito una sorta di competizione, anzi sarebbe stato felice di seguire le orme della sorella maggiore, tuttavia Victoria voleva che Draco possedesse qualcosa che lei non aveva ottenuto.
Lucius non s’arrabbiò per il suo rifiuto verso la nomina a Prefetto, sebbene non l’avesse nemmeno applaudita. Quando giunse la lettera del professor Piton, il quale assegnò la medesima nomina a Draco, il signor Malfoy faticò a trattenere l’orgoglio che provava verso il figlioletto sotto gli occhi emozionati di Narcissa. E Victoria fu soddisfatta di aver previsto tutto, compresa la pacca fiera che suo padre battè sulla spalla di Draco. Un gesto che conferì parecchio orgoglio al giovane Malfoy.
«È un peccato che ti sei persa il momento in cui nostro padre ha informato i genitori di Nott e Tiger» sogghignò Draco, atteggiandosi a pomposo Purosangue. «Dovevi vedere come si vantava della mia nomina a Prefetto di Serpeverde e del tuo il praticantato al Ministero. Ha enfatizzato il discorso con altisonanti paroloni, tessendo le nostre lodi, nemmeno fossimo la nuova guida del Mondo Magico!».
I suoi occhi grigi brillavano di superbia.
«Siamo il suo orgoglio. Forse è un po’ duro nel dimostrarlo, ma ci vuole bene» disse Victoria accennando un sorriso dolce.
Draco alzò le spalle con fare indifferente. «È il suo carattere. Sai, non siamo tutti come te che… che abbracciamo e facciamo gli smielati».
«Io non sono affatto smielata!» replicò lei, scoppiando a ridere. «Inoltre si chiama dimostrare affetto e mi pare che a te non dispiacciano le mie tenerezze. Sbaglio, fratellino?» gli domandò con quel suo solito fare vivace.
Improvvisamente gli si parò davanti, gli arruffò i capelli biondi e ridacchiò, prima di cominciare a correre. Draco si preparò subito alla caccia. Le andò dietro spintonando chiunque gli capitasse a tiro. Udiva unicamente la sua risata, essa si elevava sopra il chiacchiericcio degli studenti più mattinieri. Tanto sapeva che Victoria si stava recando nella Sala Grande e quindi astutamente optò per una scorciatoia. Gli toccò correre su per qualche rampa di scala in più, ma quando la ragazza sbucò all’angolo del piano terra, riuscì ad afferrarla per imprigionarla tra le sue braccia.
«Presa!»
Victoria scoppiò in una risata ancor più fragorosa.
«Che diamine hai da ridere? Hai perso, come sempre contro di me» si vantò Draco ammiccando un sorriso furbo. «Ora dovrai pagare il tuo pegno comprandomi almeno due sacchi di caramelle a Mielandia».
«Questo è il prezzo da pagare?»
«Assolutamente sì!»
«D’accordo. Mi pare qualcosa di ragionevole, però ora lasciami andare che muoio di fame».
Draco si scostò da lei e preso dall’impulso le mostrò il gomito.
«Ah, mi vuoi scortare come un vero galantuomo?»
«Mai si dica che un Malfoy non abbia buone creanze».
Victoria scosse il capo, continuando a sorridergli, alle volte lo trovava davvero buffo. Accettò quella sua galanteria e percorrendo insieme l’ultimo corridoio che portava dritti alla Sala Grande, rifletté che da un po’ di tempo Draco si comportava in maniera strana, anzi ancora dalle vacanze di Pasqua dell’anno precedente.
Era sempre stato gentile nei suoi riguardi, raramente litigarono, anche da bambini, eppure c’era qualcosa di strano nei suoi gesti, come se la stesse vedendo sotto un’altra luce. Lo percepiva quando l’abbracciava, quando camminavano sempre molto vicini e quando la guardava senza dire nulla. Era come… come se le piacesse. Piacesse in un determinato senso.
“No, è impossibile!”
Victoria aveva sempre dimostrato di possedere una buona fantasia, ma quell’ipotesi era altamente ridicola. Forse Draco stava tirando fuori una dolcezza sopita prima d’allora, o forse si comportava come sempre e lei stava ingigantendo i suoi comportamenti.
«Eccoli! I fratelli Malfoy!» li annunciò Theodore Nott con un gran sorriso, vedendoli arrivare insieme.
Pansy scattò sul posto, sperando che Draco andasse a sedersi accanto a lei, fece addirittura alzare Tiger per lasciare lo spazio vuoto sulla panca. Bruciò di nervoso quando lo vide mettersi accanto alla sorella. Invidiava Victoria Malfoy per averlo strettamente vicino ogni giorno, anche se era sua sorella.
“Be’… sua sorella adottiva in realtà”  le suggerì una malevola voce.
 Dopo il duello dello scorso anno, Pansy non tentò più di allisciarsi la sua possibile futura cognata. Anzi cominciò a detestarla per come l’aveva ridicolizzata davanti a mezza scuola. Giurò a sé stessa che, al momento opportuno, gliel’avrebbe fatta pagare.
«Come mai ci avete messo così tanto ad arrivare?» domandò Faye, intenta a versarsi del succo d’arancia nel bicchiere.
«Scommetto che qualcuno si è alzato tardi» Lucian stuzzicò Victoria, conoscendo la sua pigrizia, e la colpì al braccio con una gomitata scherzosa.
«No, quel qualcuno ha voluto correre attorno alla scuola» replicò Draco, guardando la sorella con la coda dell’occhio e trattenendosi dal ridere per l’espressione imbronciata che lei stava esibendo.
«Attorno alla scuola, che esagerazione!» esclamò Victoria alzando una mano per aria. «Ringrazia quel qualcuno, altrimenti ora saremmo ancora nei Sotterranei visto che qualcun altro cammina a passo di lumaca».
«Non scaricare la colpa su di me».
«Che colpa ne ho se sei lento?»
«Io non sono lento».
Victoria gli lanciò un’occhiata dubbiosa, poi si voltò verso il banchetto mattutino e s’apprestò ad afferrare un toast. «Sei irritante» disse al fratello e diede un grosso morso al caldo tramezzino.
«Ah io sarei irritante? Grazie. Grazie mille. Me lo ricorderò» farneticò Draco fingendosi offeso. Le voltò le spalle e si mostrò innervosito. Era certo di toccar la sensibilità della sorella e difatti, come previsto, un attimo dopo, Victoria aveva mollato il suo toast e cominciò a carezzargli le ampie spalle per farlo voltare.
«Dai, non fare così».
«Hai urtato il mio animo sensibile».
«Draco» lo chiamò con voce dolce.
«Hai lacerato il mio cuore tenero».
Victoria roteò gli occhi al cielo e si domandò quando suo fratello avrebbe terminato quella pantomima.
«Devi vergognarti. Mi hai ferito nel profondo, Vic».
«Hai finito di fare la prima donna?»
Continuarono così per gran parte della colazione. Fu uno spettacolo comico per i loro amici, ai quali non sfuggì la sintonia che pareva essersi creata tra i fratelli Malfoy durante l’estate appena trascorso. Si beccarono e replicarono tenendosi continuamente testa. Draco fingeva di essere una buona anima ferita e Victoria tentava di farsi ascoltare con voce sempre più suadente.
«Se aggiungo due stecche di cioccolata a quei due pacchetti di caramelle, mi perdoni?» propose lei.
«Tre stecche e non se ne parla più?»
«Va bene, fratellino».
Draco si voltò e con disinvoltura le strinse la mano, mostrando un ghigno malevolo degno di Lucius Malfoy. Non trattenne la soddisfazione di esser riuscito ad arricchire il suo montepremi, era troppo facile battere Victoria. Da sempre lo aveva accontentato in tutto e per tutto, per questo l’aveva sempre adorata. Victoria lo viziò più di Narcissa ed era tutto dire.
«Non mettere il broncio» le sussurrò in un orecchio. «Tre stecche di cioccolato e due pacchetti di caramelle sono tanti. Con chi credi io voglia condividerli?»
E come da copione, la ragazza abbozzò un sorriso. Draco le mise un braccio attorno alle spalle e la tirò a sé. La colazione proseguì con più tranquillità. Le chiacchiere del gruppetto di Serpeverde ebbero come argomento principale le vacanze estive di ognuno.
«Noi siamo stati per due settimane in Olanda» disse Adrian trangugiando le sue fette di bacon. «Per me e Faye è stato un po’ difficile destreggiarsi con la lingua. Fortunatamente abbiamo trovato qualche venditore ambulante che masticava l’inglese».
«Hai ricevuto la mia cartolina, vero?» domandò Faye in direzione di Victoria che annuì. «Lucian, tu invece che hai combinato?»
«Uhm niente di che. Ho trascorso l’estate in Irlanda» era sempre di poche parole. «Tu, Blaise, sempre in Francia?»
«Naturellement» rispose con fare vanesio. «C’era troppo caldo per i miei gusti, ma non sono stato poi così male. Magari la prossima estate possiamo andarci tutti insieme. La villa di famiglia è così grande che ci starebbe tutta la Casa di Serpeverde, però ovviamente non tutti sarebbero degni di camminare sul pavimento dei miei bis-bis-bis-bis nonni materni. Estenderò il mio invito a pochi eletti».
«Cioè a noi ovviamente» aggiunse Theodore, dandogli uno scappellotto. «Ora che il giro dei racconti estivi è terminato, possiamo fare un brindisi?» esordì alzando il suo calice colmo di semplice succo di zucca.
Draco inarcò un sopracciglio e si scambiò un’occhiata confusa con la sorella. «Un brindisi a che cosa?»
«A te e Pansy che siete i nuovi Prefetti. Ragazzi, sono fiero di voi!»
Scoppiarono tutti a ridere e mimarono quel brindisi, complimentandosi con Draco e Pansy. Non avevano dubbi che si sarebbero impegnati nel loro nuovo “mestiere”, sicuramente togliendo molti punti agli allievi delle altre Case e infliggendo subdole punizioni.
Il suono della campanella richiamò tutti gli studenti all’attenzione. Cominciarono ad uscire dalla Sala Grande, ognuno verso la propria aula di lezione. Quella mattina, Faye e Victoria avevano Cura delle Creature Magiche mentre Lucian si staccò da loro per andare nella classe di Aritmanzia.
«È una mia impressione o tu e Draco siete davvero più… ehm… uniti diciamo?»
«Lo siamo sempre stati» replicò Victoria con naturalezza.
«Intendo dire che lo sembrate di più».
«È una bella cosa andar d’accordo con il proprio fratello».
«Oh, io non lo so. Sono figlia unica, ma suppongo che lo sia» finì per dire Faye svoltando l’angolo e prendendo la scalinata che portava al terzo piano. «E riguardo Potter? Il professor Rüf ti ha chiesto di continuare a fargli da tutor? Visti gli ottimi risultati dello scorso anno potrebbe capitare, giusto?»        
«Ed è già accaduto infatti. Mi è arrivata una nota prima di colazione e non me la sono sentita di rifiutare. Quest’anno tocca a lui conseguire i G.U.F.O.» le ricordò Victoria «dovrà lavorare sodo e non so quanto gli sarà facile vista l’atmosfera di quest’anno».
Faye palesò un’espressione di preoccupazione sul viso a forma di cuore. «Sicura sia la scelta giusta? Tuo padre potrebbe arrabbiarsi molto, se lo venisse a scoprire».
«Non l’ha scoperto l’anno scorso e non accadrà nemmeno quest’anno. In caso, mi giustificherò dicendo che ho accettato solo per aver dei crediti in più a fine anno».
«La stai prendendo troppo alla leggera».
«Sono le stesse parole che ha usato Draco» disse Victoria facendosi scappare una risata divertita.
Faye le lanciò un’occhiata dubbiosa. Lei non ci trovava granchè da ridere, anzi cominciava a credere che avesse un’amica fin troppo incosciente.
«Vic, sei ancora in tempo per tirarti indietro e io ti suggerisco di farlo» disse, consapevole di poterla far arrabbiare con la sua intromissione. Ma preferiva farla arrabbiare, portandola a riflettere, piuttosto che lasciarla fare e danneggiarla. «Le cose sono cambiate dall’anno scorso. Se Lucius ti avesse scoperta, poteva anche bersi la storia dei crediti. Invece, se accadesse quest’anno, credo che si infurierà da impazzire».
Pur cercando di far finta che le parole di Faye l’entrassero da un orecchio e le uscissero dall’altro, Victoria era ben conscia che la sua migliore amica avesse ragione. Stava per cacciarsi in un enorme guaio, eppure dentro di sé sentiva che era la scelta giusta. E a Victoria piaceva seguire il suo istinto, a costo di sbagliare.
«Non sei disposta a tirarti indietro» si rassegnò Faye.
Victoria le sorrise benevola, ritenendosi fortunata ad avere come amica quella strega splendida di Faye, e circondandole le spalle con un braccio le disse: «Cambiamo argomento? Ti va di parlare del tuo nuovo riscoperto talento magico?»
Faye strinse i libri al petto e accennò ad un sorriso imbarazzato. «Talento, che parola grossa! Non sopporto di faticar a controllarmi. E perdonami se talvolta capita di leggere i tuoi pensieri. Be’ non solo i tuoi, anche quelli dei miei genitori e di Adrian. Se sapessi a cosa pensano Tiger e Goyle…» cominciò a straparlare.
«Non scusarti per il magnifico dono che possiedi» la rassicurò Victoria, allungo una mano su quelle dell’amica. «In pochi riescono ad usufruire della Legilimanzia come te».
Era un talento magico speciale. Non tutti i maghi o le streghe lo possedevano. E Faye scoprì di esserne custode nella trascorsa estate. Durante una litigata con un venditore ambulante, desiderò leggergli nella mente per capire se la stese imbrogliando e magicamente accadde. In realtà si rese conto di esser sempre stata capace di leggere le menti altrui, anche se prima credeva di aver solo un buon sesto senso.
«Te lo invidio un sacco! Spesso vorrei nascondere le mie emozioni come fai tu o capire cosa pensa la gente!» esclamò entusiasta Victoria, osservando ogni studente che incontravano con curiosità.
«Se ti consola, è anche un’arma a doppio taglio. Non sempre è un bene leggere nella mente altrui».
Faye arrestò la sua camminata, rabbuiandosi improvvisamente. Il suo riscoperto dono le piaceva a giorni alterni. Più che altro detestava accedere liberamente alla mente dei suoi amici. Si sentiva colpevole per violazione di privacy. Victoria s’accorse del suo stato d’animo e la tirò in un angolo.
«Che hai, Faye?»
«A me spiace davvero, davvero, davvero tanto» era quasi sull’orlo delle lacrime. «Talvolta mi tappo persino le orecchie, ma non serve a niente!»
Victoria mise a terra la sua valigetta e prese entrambe le mani dell’amica.
«Ohi, va tutto bene» tentò di rassicurarla con un sorriso complice. «Se accedi a qualche mio pensiero, non è un problema. Tanto ti direi tutto ugualmente. Mi risparmi tempo» e rise, cercando di contagiarla.
Faye era grata della sua comprensione. Solo guardando il viso luminoso e tranquillo di Victoria riuscì a tranquillizzare il suo animo. Senza contare i bei pensieri sul suo conto che trovò nella mente dell’amica. Era facile leggerle nella mente, ma difficile apprendere i suoi turbamenti interiori. Faye avrebbe preferito saper legger solo i pensieri belli. Voleva troppo bene a Victoria per carpire le sue più recondite paure.
«Io… io non so se faccio bene a dirtelo, però… credo tu non debba preoccuparti troppo… per… be’…»
Era difficilissimo aprire quel discorso con Victoria. Non tanto per Victoria in sé, Faye conosceva già la sua reazione, solo che non le piaceva intromettersi troppo. Se apriva il discorso era solo per cercar di rassicurarla dandole una sua opinione obiettiva.
«Non preoccuparti riguardo tuo padre. Essere figlia di un ingoiatorte» s’inventarono quel nomignolo per parlarne più liberamente «non ti rende tale. Seguendo questa tua logica piuttosto idiota, tutti i figli degli ingoiatorte diventano ingoiatorte. Immaginati Tiger e Goyle, dimmi se lo credi possibile?»
Scappò da ridere ad entrambe riguardo l’ultima ipotesi e l’atmosfera divenne subito più leggera.     
In effetti era una teoria che non reggeva granchè. Diventar un Mangiamorte richiedeva un gran fegato, oltre che una brama per le Arti Oscure e un forte ideale. Victoria pensò che nemmeno suo fratello era adatto a diventar uno di loro. Draco possedeva due requisiti su tre, gli mancava il più fondamentale per reggere alla pressione e il coraggio non compariva da un momento all’altro... a meno che non fosse stato incentivato.
«Sei diversa da loro, credimi a me» le sussurrò Faye con sincerità.
E nel profondo, Victoria credeva la stessa cosa.
«Credi che io sia stupida ad aver paura?»
Faye corrugò la fronte e inclinò il capo, fissandola con occhi compassionevoli.
«Non c’è niente di stupido nell’aver paura, Victoria».
«Quindi dubiti che, un giorno, terminati gli studi, chiederà a me e Draco di diventare… ingoiatorte?».
«Sì, lo dubito. Quale padre getterebbe nella mischia i propri figli?» replicò Faye con fermezza.
Per quanto riconoscesse a Lucius Malfoy di essere un mago arrogante, superbo e - non l’avrebbe mai ammesso davanti a Victoria - era anche meschino, gli riconosceva l’amore sincero che nutriva per la moglie e per i figli.
«Tua madre non è un’ingoiatorte. Se non ha obbligato la sua bella sposa, non obbligherà neanche voi» la fece riflettere.
«Lo spero tanto. E spero anche che il Supremo ingoiatorte non lo obblighi a reclutare anche noi per aver più schiavi nella sua schiera. In fin dei conti è quello che il ruolo che ricoprono, schiavi. Lui ordina e loro obbediscono» concluse imitando un conato di vomito. «Servi. Bah. Personalmente non lo concepisco. Nessun mago dovrebbe essere schiavo di un altro. Di certo non lo sarò mai io».
«Parole sagge!» esclamò Faye prendendola sottobraccio e riprendendo la camminata per il corridoio. Se si fossero fermate ancora un po’ a chiacchierare avrebbero perso l’intera ora di lezione di Antiche Rune. Ad un certo punto scoppiò a ridere. «Sai, amica mia, questa storia dell’ingoiatorte sta diventando decisamente assurda. Non potevamo trovare un nomignolo meno divertente?»
Victoria dovette darle ragione e fu facilmente contagiata dalla vena allegra di quel mattino. Ogni pensiero che la turbava venne spazzato via dalla doppia ora di Cura delle Creature Magiche e dalle altre lezioni della giornata. Il loro primo giorno non fu molto pesante. Ebbero un’ora di Storia della Magia, una di Difesa Contro le Arti Oscure e conclusero con due ore di Pozioni. Il professor Piton si complimentò con gli studenti che avevano ottenuto un G.U.F.O. Eccezionale nella sua materia e mostrò un lieve cenno di contentezza verso gli studenti della sua Casa che decisero di continuare gli studi, ovvero la maggior parte. La classe di Victoria si dimezzò per quanto riguardava Pozioni e suppose bene il motivo principale: molti erano terrorizzati da Piton e non aspettavano altro che sbarazzarsene.
«Quindi oltre a Greyhound, alla Bell e Kirke, alla Mercier, a quella stronza di Barbagette, la Chang e quella cretina della Edgecombe, siamo tutti Serpeverde» notò Lucian mostrando soddisfazione. «Ammetto che lo immaginavo. Non mi stupirei se scoprissi che Piton ha corretto qualche nostro esame, dandoci una mano per entrare nella sua classe di M.A.G.O.».
«Il mio di sicuro» ammise Victoria che da sempre non brillava in Pozioni.
«Logico. A noi Serpeverde ha dato sicuramente un occhio di riguardo. Mai avrebbe accettato di far brutta figura con gli altri insegnanti!» esclamò Faye, uscendo dall’aula e incamminandosi verso la Sala Comune che distava poco dall’aula di Pozioni.
«Sapete cosa non mi è piaciuto di questa giornata?» Victoria li richiamò all’attenzione. «Quella Umbridge. Lavora al Ministero e credo sia pappa e ciccia con Caramell. Non sapete quanto mi ha irritata il suo discorso di ieri sera» e fece una buffa imitazione della nuova insegnate, scatenando le risate dei suoi amici.
«Non posso che darti ragione, Vic. A me sembra tanto una presa in giro. Fin dalla primissima lezione di Difesa Contro Le Arti Oscure abbiamo utilizzato la bacchetta, poi di punto in bianco arriva questa tizia spacca-pluffe e dice che faremo solo teoria. Inaudito!» sbottò Faye alzando le braccia al cielo.
Non era l’unica a pensarla come lei. Quando tornarono nella Sala Comune udirono altri commenti dei loro compagni, per lo più lamenti sul fatto che fosse stata una lezione noiosa, peggio di quelle del professor Rüf e ce ne voleva!
Il Ministero aveva mandato Dolores Umbridge ad Hogwarts per rivoluzionare lo studio di Difesa Contro le Arti Oscure, un ridimensionamento puramente teorico. Per alcuni pareva una gran barzelletta, ma alla fine della giornata tutti convennero che fosse una grande idiozia. Lo scopo principale della materia era di istruire gli apprendisti maghi a difendersi. La teoria veniva spiegata al minimo indispensabile.
Victoria pensò che l’arrivo della Umbridge non prevedeva solo il mutamento dello studio di Difesa Contro le Arti Oscure. Lo scopo di quella donna andava ben oltre. La giovane Malfoy era pronta a giocarsi la bacchetta, scommettendo che Dolores Umbridge era stata mandata ad Hogwarts da Caramell per sorvegliare Silente o Harry.
«… e quindi anche io davo ragione agli altri. Come si fa ad arrivare all’esame senza essersi praticati?!»
Theodore Nott era in preda ad un attacco isterico. Era lo studente più diligente di Serpeverde del suo anno e, nonostante approvasse che Dolores Umbridge fosse contro Silente, detestava veder ridotta la sua materia preferita a semplice teoria.
«Intende farci fare la figura degli idioti? Crede che siamo dei bambocci? Io non mi abbasserò al suo insegnamento deleterio. Mi allenerò di nascosto!» e balzò in piedi mettendo le mani sui fianchi e alzando la testa. Sembrava il generale di chissà quale esercito.
Faye lo afferrò per una manica, tirandolo giù. «Torna a sederti, Cavaliere delle battaglie perse. È ovvio che a nessuno piaccia il suo insegn-»
«Piacere o non piacere c’entra ben poco! Io quest’anno ho i G.U.F.O. e voglio arrivarci ben preparato!»
Victoria gli battè una pacca sulla spalla. «Amico mio, fatti coraggio che da qui a Maggio è lunga».
«Sei molto utile» borbottò sconfortato.
Faye ridacchiò. «E poi com’è proseguita la vostra lezione?» domandò con fare curioso.
«La Umbridge ha tolto dieci punti ai Grifondoro perché Potter ha nominato Voi-Sapete-Chi».
Era stato Blaise a parlare. Il moretto era seduto sul divanetto opposto a quello di Theodore, Faye e Victoria, impegnato a sfogliare Teoria della Magia Difensiva. Di tanto in tanto aggrottava la fronte e scuoteva il capo per le scemenze che era obbligato a leggere, perciò preferì unirsi alla conversazione dei suoi compagni di Casa. Indubbiamente catturò la particolare attenzione di Victoria, la quale drizzò le orecchie, non appena udì il nome del protagonista del momento.
«Potter ha pronunciato il nome di Tu-Sai-Chi?» domandò Faye abbastanza perplessa.
«E non solo» proseguì Blaise, fingendo di leggere il libro imposto dall’Umbridge. «Quell’idiota ha continuato a ripetere che Voi-Sapete-Chi è tornato, che ha ucciso Diggory e che si trova là fuori pronto ad ucciderci tutti. Un concetto piuttosto errato. Lui ucciderà solo chi è impuro, quindi non tutti».
Victoria lanciò un lungo sguardo a Faye, sperando le stesse leggendo la mente. Quando la vide aprir bocca, capì che aveva accolto la sua muta richiesta.
«E la Umbridge come si è comportata in proposito?».
«Non si è scomposta» rispose Blaise.
«Vero! A me è parsa piuttosto soddisfatta dalla scenata di Potter, possa cadermi una Pluffa in testa se non è la verità» aggiunse Theodore con fervore. «E se posso dire la mia, non mi importa se Potter le sta antipatico. Può fare ciò che vuole con lo Sfregiato. Io pretendo di utilizzare la bacchetta nelle sue ore!»
Blaise roteò gli occhi, appurando che l’amico era diventato un caso perso.
«E non è successo altro?» incalzò Faye, conscia che Victoria volesse saperlo. «Ha solo tolto dei punti a Grifondoro?»
«Chiaramente ha sbattuto Potter in punizione».
«Dovevate vederlo, ha perso il lume della ragione!» esclamò Blaise, chiudendo il libro e unendosi completamente alle chiacchiere. «Dopo che la Umbridge gli ha dato una punizione, si è alzato e le ha urlato addosso. Continuava ad insistere sulla morte di Diggory e sul ritorno di Voi-Sapete-Chi. Ha persino insinuato che la nostra nuova insegnante conoscesse la verità. È andato avanti per un po’ prima di esser spedito dalla Mcgranitt».
«E lì, finalmente, le mie orecchie hanno trovato pace» commentò Theodore scuotendo il capo.
In quel preciso istante, Victoria s’alzò dal divanetto e fece per uscire dalla Sala Comune.
«Ehi! Dove stai andando?» domandò Theodore, stranito dalla sua reazione fulminea.
Faye, che chiaramente sapeva dov’era diretta, strattonò Nott e con una scusa aprì un nuovo argomento. Victoria si voltò solo per mostrarle un sorriso grato. Aveva talmente fretta che non era in grado di inventarsi una scusa decente. Ne avrebbe studiata una nel viaggio di ritorno. Nel frattempo accelerò il passo. Chiunque ebbe occasione di incontrarla, constatò che dovesse avere una gran fretta. Uscì dai Sotterranei, raggiungendo il corridoio del primo piano, quello che ad ogni studente toccava attraversare per raggiungere gli altri piani, e guarda caso proprio lì si trovava l’ufficio della professoressa Mcgrannit. Quando vide Harry uscire dalla suddetta stanza, prese un gran bel respiro e gli andò incontro. Gli occhi smeraldini del ragazzo saettarono subito sulla sua figura. La fissò per un infinito istante, poi le voltò le spalle, facendo per andarsene.
«Fermati, dai!» lo bloccò prima che potesse sorpassarla. Lui sbuffò. «Ho saputo cos’è successo oggi con l’Umbridge. Harry devi stare attento a quella strega».
Victoria si guardò attorno per assicurarsi che quella sottospecie di rospo in rosa non spuntasse all’improvviso.
«Lavora per Caramell e credo tu sia abbastanza intelligente da capire perché è stata mandata qui» gli sussurrò, lanciandogli un’occhiata intensa. «Per favore, non ribellarti al suo stupido metodo di insegnamento. Non servirebbe a nulla, se non a farti assegnare altre punizioni».
Harry rimase in silenzio, con la bocca stretta e le braccia tese lungo i fianchi. Victoria non aggiunse altro, aspettava una sua replica, una sua qualunque replica. Era da mesi che non si rivolgevano la parola e a malincuore dovette ammettere che era tutta colpa sua.
«Mi stai suggerendo di tener la testa bassa?» le chiese ad un tratto con voce tagliente, come mai lo udì prima d’allora. Non la stava nemmeno guardando in faccia.
«Sì».
«La Mcgranitt mi ha suggerito la stessa cosa».
«Allora sarà meglio che tu segua quel consiglio».
Lo sguardo di Harry saettò improvvisamente sul suo volto, facendola sussultare. I suoi occhi erano così diversi dall’ultima volta che li vide, era come se tutta la sua luce fosse stata risucchiata, come se un velo di rabbia li coprisse, impedendo ad altre emozioni positive di uscire.
«Sai, un tempo mi avresti suggerito tutt’altro» il respiro del ragazzo era affannato. «Forse saresti stata l’unica a consigliarmi di reagire e di non farmi calpestare. Be’ mi pare logico che l’estate ti abbia cambiata e posso immaginare di che si tratta. Tuo padre si sarà premunito di istruirti per bene».
Victoria detestava quando parlavano a sproposito della sua famiglia, ma comprese bene che non era il caso di replicare in maniera rabbiosa. Serrò le labbra, le strinse forte, come se bastasse a non far uscire la cascata di cose che voleva dirgli… e funzionò. Osservò quelle iridi verdi e, per un attimo, abbassò il capo sentendosi in colpa.
«So che non sei un bugiardo» sussurrò Victoria.
Era incapace di sostenere lo sguardo furente di Harry.
«Oh! Il paparino ti ha raccontato la verità, allora? Ottimo. Ne sono entusiasta, Victoria!» esclamò lui sprezzante. I pugni erano serrati lungo i fianchi. «Immagino ti abbia anche ordinato di starmi alla larga. O forse vuole che tu mi stia vicino per spiarmi? È per questa ragione che hai deciso di continuare a farmi da tutor? È per questa ragione che ora fingi di essere preoccupata per me?».
La stava accusando e Victoria non potè far altro che incassare il colpo. Se lo meritava.
«Io sono davvero preoccupata per te. Credimi».
«Ne dubito» replicò duramente. Sistemò bene lo zaino sulla spalla. «Il professor Rüf insiste per farti essere ancora la mia tutor. Sostiene che senza il tuo aiuto non riuscirò a conseguire bene i G.U.F.O. e mi costa ammettere che ha ragione! Quindi metterò da parte… ehm… quello che c’è da mettere da parte e torneremo a vederci per le lezioni».
Victoria fece per dire qualcosa, ma Harry la frenò bruscamente.
«Il nostro rapporto sarà puramente scolastico. Non voglio più niente da te, Victoria Malfoy» e con quell’ultima dichiarazione rabbiosa se ne andò.
La strega non tentò nemmeno di fermarlo. Riconosceva le sue colpe e credeva che Harry avesse ragione ad essere arrabbiato con lei. Al suo posto avrebbe reagito nella medesima maniera, anzi sarebbe stata ancor più tagliente e fredda.
Rimase sola in quel corridoio. Passò entrambe le mani sul viso, sentendo un grosso nodo alla gola. A sé stessa non poteva mentire; voleva bene ad Harry. Lo considerava una persona buona, non meritava l’astio da parte dell’intero Mondo Magico e nemmeno di esser fatto passare per bugiardo. Rifletté che gli sarebbe mancata la sua amicizia. Lo conosceva da poco meno di un anno, eppure trascorsero dei bei momenti insieme. Harry era stato sempre gentile nei suoi confronti e l’aveva persino consolata al Ballo del Ceppo. E invece lei che fece? Lo abbandonò nel momento in cui più ebbe bisogno, additandolo come bugiardo senza nemmeno dargli il beneficio del dubbio.
“Ho rovinato tutto”.
Victoria si colpevolizzò parecchio, ma ormai era impossibile tornare indietro. Il passato non poteva esser cambiato. Quando fece ritorno nella Sala Comune di Serpeverde, ebbe l’aspetto di chi aveva appena ricevuto una grande batosta. Era abbattuta. Camminava mogia e teneva lo sguardo basso, persa nei suoi pensieri tutt’altro che spensierati. Se il suo umore avesse avuto potere sul tempo atmosferico, in quel momento il cielo si sarebbe coperto da tristi nuvole nere.
«Eccoti finalmente!»
Era la voce di suo fratello. Victoria lo vide accomodato sul divano di pelle nera, impegnato a parlottare con Tiger e Goyle, i quali vennero prontamente mandati via da Draco. I due bestioni grugnarono qualcosa e si spostarono al tavolo da studio, dove Blaise e Theodore si stavano sfidando agli scacchi dei maghi. Victoria andò a sedersi accanto al fratello, senza mostrare troppo entusiasmo.
«Conosco quella faccia. Che cosa ti turba?»
Lei alzò le spalle. Poggiò un gomito sul bracciolo del divano e cominciò a giocherellare con una ciocca di capelli.
«Ho la luna storta. Tutto qui».
«Qualcuno deve avertela stortata» replicò calmo Draco, continuando a guardarla. «Stamattina eri di tutt’altro umore e non sei mai stata lunatica. Un po’ bizzarra, ma non lunatica».
Victoria avrebbe dovuto ridere a quella battuta, invece non fece una piega. Ciò diede adito ai sospetti di Draco.
Era difficile vedere Victoria di cattivo umore e quelle rare volte pareva trascinare via con sé ogni luminosità. Un tratto caratteriale che possedeva fin da quando era bambina. Le sue emozioni erano sempre estreme e contagiose. Quando era felice riusciva ad irradiare positività a chiunque, sarebbe stata in grado di far splendere il luogo più oscuro. Al contrario, quando era sotto tono, come in quel momento, faceva trasparire malinconia. Fortunatamente era un evento più unico che raro.
Draco si avvicinò di un posto e le punzecchiò la spalla.
«Mi dici che cos’hai? Hai discusso con qualche professore?»
Victoria si chiuse nelle spalle. «Mi fa solo strano tornare a scuola. Mi manca lavorare al Ministero» mentì, ed immaginando che suo fratello non se la sarebbe bevuta tanto facilmente, aggiunse: «E poi, se devo dirtela tutta. Dolores Umbridge non mi piace per niente. La trovo troppo spocchiosa e credo ci insegnerà davvero un gran poco».
«Sì, credo tu abbia ragione. L’unica nota positiva di quella donna è che…»
Sicuramente stava per tirar fuori la sua palese antipatia per Harry, quindi Victoria lo frenò abbracciandolo improvvisamente. Non era proprio il momento di udir malignità verso il Ragazzo Sopravvissuto. S’aggrappò alle spalle di Draco, cercando di allontanare i pensieri negativi. E quando percepì le mani del fratello posarsi sulla sua schiena, carezzandola affettuosamente, si sentì pervadere da una sensazione di pura tranquillità. Era l’unico a donarle sollievo e dunque l’unico che desiderava avere accanto in quei momenti. Faye aveva ragione, quell’estate si erano avvicinati di più. Quando le stava vicino, un istante di noia si trasformava in un momento allegro. Camminare insieme per i corridoi della scuola non era mai stato più divertente. Persino ascoltare i suoi discorsi a cena era diventata un’attività interessante. In poche parole, Victoria stava sempre bene quando aveva Draco accanto.
Quella sera, accoccolata al petto del fratello, rifletté su come la sua compagnia riusciva a rendere positivo qualsiasi momento. Era come se Draco avesse il potere di cambiare il suo umore. Le cominciò persino a venir un po’ d’angoscia al pensiero che, quando lei avrebbe concluso gli studi, non sarebbe più riuscita a vederlo tutti i giorni e dire che mancavano ancora due anni ai suoi M.A.G.O.
Non poteva far a meno di lui. Draco era una persona fondamentale della sua vita, molto più di quanto dovrebbe esserlo un fratello. E presto se ne sarebbe accorta.



Mrs. Montgomery:
La situazione è abbastanza tesa per Victoria. Oltre ad affrontare la verità su Lucius, deve anche affrontare la rabbia giustificata di Harry.
La giovane Malfoy ha comprenso di aver sbagliato; saprà provi rimedio?
Il nuovo clima che c'è ad Hogwarts non migliorerà gli eventi. Sappiamo bene come Dolores Umbridge instaurerà il suo regime dittatoriale, appoggiata da Caramell, e anche nella mia storia la figura della futura Preside lascerà il segno con i protagonisti di Serpeverde che ho messo sulla scena. Insomma arriveranno tante novità e vi annuncio che durante la trama de "l'ordine della fenice" scoprirete le vere origini di Victoria. 
Per ora vi mando un grosso bacio e un abbraccio. Spero che la storia continui ad entusiasmarvi e se qualcosa non è chiaro, non esitate a domandare <3
Grazie di cuore a chiunque sta seguendo "Legami Proibiti".



 

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